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MI
ANNALI D'ITALIA
DAL PRINCIPIO
DELL'ERA FOLGARE
SINO
ALL'ANNO MDCCXHX
COMPILATI
DA LODOVICO ANTONIO MUMTORI
VOLUME XIV.
Dall'Anno i5oi all'Anno iSyS.
'0
MILANO
Dalla Società Tipografica de' Clasuci Italiani
Contrada del Cappuccio
ANNO 1820.
PREFAZIONE
DI
LODOVICO ANTONIO MURATORI.
J^Jap POICHÉ ebbi condotto gli Anwdi d Italia
sino all'anno di Cristo i5oo, rtwva io depo-
sta la penna con intenzione di non proseguii-
più oltre, e ne avea anche avvertiti i lettori.
Dopo quel tempo abbondando in Italia le stO'
rie , e Jacili anche essendo a trovarsi , sem-
brava a me superjluo il volere ristrignere in
brevi Amudi ciò che potea la gente con tanta
JaciUtà raccoglie/'e da gli stoiici moderni, essendo
pei' lo più da antcpoire i fonti a i ruscelli. Ma
d altro parere suno stati non pochi de gli
amici miei ed altre persone , che han creduta
non inutile questa mia qualsisia fatica. Si riduce
a pochissimo il numeìX) di coloi'o che posseg-
gono tutte le storie italiane. Chi ne ha alcu-
na; i più ne pur una ne hanno. Il presentar
dunque raccolta di tante e sì vane storie la
sostanza de principali passati avvenimenti delle
italiche contrade, può chiamarsi un beiwjìzio
che si presta a tanta gente., la quale per man-
canza di libri è condannata ad ignorare i fatti
de sec ili addietro , o pur dovrebbe mendicarli
con fatica dalla lettura di non poche dilJei-enti
storie. Non può se non essere grato il vedersi
4 PREFAZIONE
poste davanti sotto un punto di vista quelle
principali umane vicende che di mano in mano
son succedute in ciascun anno nelle diverse
pai ti d' Italia. Il perchè , secondo l'avviso di
tali persone , mi deteìiìiinai di continuare t e-
difizio, e di condurre questi Jnnali sino al
compimento della pace universale, die nel pre-
sente anno ij^g ha rimessa la concordia fra i
potentati d' Europa. So , che in trattando di
avventure lontane da' nostri tempi , e di per-
sone alte passate all'altra vita si ridono delle
dicerie de' posieri , ma'^s^ior libertà i^ode , o do-
vivbbe godere lo storico pti- jìrofferire i suoi
giudizj. So altresì che non va esente da pericoli
e d'glianze (dliui clii esercita questo mestiere
in parh'iido di cose de nostri tempi e di pela-
sene viventi , stante la delicatezza che in esso
noi ingenera l aiìior proprio. JSoi accogliain
volontieri la verità in casa allird ; non così
nella nostra. Contuitocio spero io di non avere
oltrapassati i li, iti della libertà die conviene
ad ogni onorato scrittorr : perchè non f a-
more , né todio, ma un piu'o desiderio di
portiere il ver-o a miei lettori , Ita , per- quanto
Jio potuti, rrgolata la mia peiirui. Se anche
questo vero io talora non t avessi T'aggiunto ,
ciò sar'à avvenuto per- mancanza di migliori
notizie, e non già pei- mala volontà.
ANNALI D'ITALIA
OAL PRINCIPIO DELL' ERA ^ OLGARE
SINO
à L L' A N N O i\I D C C X L I X.
Anno di Cristo i 5o i . Indizione IV^.
di Alessandro VI papa io.
di Massimiliano I re de' Romani g.
1 maggiori pensieri di papa Alessandro in
questi tempi aveano per mira l' ingrandimento
di Cesare Borgia , appellato il duca Valentino ,
suo figlinolo. Gran copia di danaro , raccolta
con profusioni di grazie nel Giubileo dell'anno
precedente , era venuta a tempo per promuo-
vere e sostenere i bellicosi impegni di cpiesto suo
idolo. Nella Romagna restava tuttavia Faenza cbe
ricusava di sotloporsi al di lui giogo: però esso
duca , avendo tentato indarno sul principio del-
l'anno di prendere quella città cou una scalata,
andò poi a strignerla nella ])rimavera con po-
deroso esercito d'Italiani, Franzesi e Spagnuoli.
Due assalti , furiosamente dati a quelle mura ,
costarono la \ita a molti de' suoi. Nigorosa fu
6 ANNALI d' ITALIA
]a difesa de' cittadini, per l'amore che porta-
Vaìio ad Astorre o sia Astorgio de' Manfredi ,
loro sia;nore, giovinetto di rara avvenenza, e di
età di circa dicisette anni. Ma da lì a non molto
veggipndo essi crescere il pericolo, e tolta ogni
speranza di soccorso, capilolaroiio la resa della
città nel dì 26 d'aprile, salvo l'onore, la vita
e l'avere delle persone, e con patto che Astor-
gio restasse in libertà e possesso de' suoi allo-
diali (i). Il Valentino , che misurava tutte le
cose colle sole regole del proprio interesse, con-
servò il popolo che dovea restar suo suddito;
ma contro la fede condusse poi a Roma l' in-
nocente garzone Astorgio , e tanto a lui che
ad un suo fiatcllo bastardo levò dipoi barba-
ricamente la vii a. Dopo sì (atto acquisto non
fu difficile al Valentino di ottenere dal papa
suo padre , a cui nulla sapea negare il sacro
concistoro, l'investitura e il titolo di Duca della
Romagna. Quindi si rivolsero le di lui mire e
brame alla città di Bologna, con entrar minac-
cioso in quel territorio, e richiedere l' ingresso
in Castello San Pietro. Giovanni de' Rentivogli,
che in questi tempi veniva considerato come
signore di Bologna , e seco il reggimento di
essa città s' erano dianzi posti sotto la prote-
zione (li Lodovico XII re di Francia; né alcun
inqicgno aveano pr(\so in soccorso di Faenza ,
MilltM Ile il giovane Astorgio fosse nipote d'esso
Bentivoglio. A questo improvviso assalto prese
r armi tulio il popolo di Bologna , od assoldò
(1) Alcssuiidro Sardi Storia MS, Annali MS. di Bo-
logna. Guicciardini , Storia,
ANNO MDI • ^
quella gente che potè. E perciocché fu creduto
clx* il Borgia tenesse intelligenza con Aganien-
iicne , Giasone , Lodovico e Lancilotto de' Ma-
rescotti , famiglia potente, (vero o falso che
f()^se ) da alcuni giovani nobili, partigiani dei
Bentivo^li , furono essi dopo qualche tempo
uccisi. Fu anche scritto che il \ alentino stesso
rivelasse al Bi^ntivoglio 1' intelligen/.a sua con
que' gentiluomini , e che da ciò procedesse la
Ico morte. 0 sia che esso duca avesse riguardo
al a protezione accordata dal re di Francia a i
Bolognesi ; o pure che conoscesse , tali essere
le forze loro da non potere eseguire i suoi di-
segni, e massimamente venuta meno la sj)eran-
za, come fu divolgato , di qualche tradimento
nella città: spedì Paolo Orsino a Boloj;na , per
trattare d" accordo. Si convenne di cedergli Ca-
stel Bolognese , di dargli passo e vettovaglia
pel lenitorio, e una compagnia di cento uomini
d'arme pagati per tre anni al di lui sei-vigio ,
con mille o due mila fanti. Scrive il Guicciar-
dino che s' obbligò il Bentivoglio di pagare al
Borgia nox e mila ducati ogni anno. Ma gli An-
nali di Bologna che esistono manuscritti nella
Biblioteca IZstense , e sono di autore contem-
poraneo , siccome ancora il Buonaccorsi (i) ,
nulla dicono di questo pagamento. Alessandro
Sardi nella Storia Estense manusciitta scrive
che al Valentino furono promessi da' Bolo-
gnesi trenta mila scudi in tre anni , e cento
uomini d'armi, pagati per tre mesi.
Ciò fatto , il duca , benché abbandonato dalle
(i) Buonaccorsi . Diario.
8 AN.NALI d' ITALIA
milizie l'ranzesi che erano destinate pel regno
di Napoli , pure s' inviò col resto della saa
armata verso Firenze. iMandò a chiedere il
passo , e di aver di che vivere per quel do-
minio; e intanto, sei>za aspettarne risposta, e
tenendo a bada gli aHibasciatori de' Fiorentiri,
valicò l'Apeimino , e andò a postarsi a Barbe-
rino. Trovavasi allora Firenze in poco biior.o
stalo , sprovveduta d' armati , con interna dis-
unione e con po]X)lo dominante , pieno Ji
gelosia per sospetto che i nobili fossero az-
tori di questa mossa , a fin di mutare lo stato
e far ripatriare Pietro de' Medici. Il peggio era
che il re di Francia si dichiarava mal contenta
d' essi per crediti di danari che pretendea da lo-
ro : cose tutte che animavano il Valentino a pe-
scare in quel torbido. Però inoltratosi cinque mi-
slia lungi da Firenze , mandò a chiedere che si
facesse altro governo m quella città , e che vi
fosse rimesso in fatti Pier de Mediti ; bencliè
i più credono ciò da lui proposto con secondi
fini , e non con intenzione di aiutarlo davve-
ro. Fu dunque concordato che fosse lega tra ì
Fiorentini e lui ; che niun soccorso venisse dato
da essi a Piombino , dov' egli intendeva di andare
a mettere il campo; e che ]>er tre aimi fo.sse
condotto (la quella repubblica con salano di
trentasei mila ducati d' oro 1' anno ; obbligan-
dosi di mantenere trecento uomini d' armi al
servigio d essa , ma senza dover egli servire
colla persona. Fu questo luUo il suo guada-
gno , giacché non vide disposizione alcuna di
alterar quello Slato , uè avca gente da far pauia
ad una sì riguardcvol città, benché guernita
allora quasi non d'altro, diedi contadini fatti
venire dal Casentino e da Mugello. Intanto non
pochi saccheggi coniuielleano le sue genti nel
contado , ed egli chiedea una prestanza di da-
naro e di artiglierie , non trovando via per
uscire di que' contorni : finché venutigli ordini
eflicaci del ne di Francia di desistere da quella
molesta danza, passò in quel di Piombino, e
preso ivi qualche luogo , se ne andò jioscia a
Roma , per ivi pigliar quelle risoluzioni che
occorressero nell' impresa di Napoli , già de-
terminata da Lodovico re di Francia.
Non mancano mai ragioni o pretesti a chi
ha sete di nuovi acquisti , e forze per effet-
tuare i suoi disegni. Nel re Lodovico si fa-
ceano trasferiti tutti gli antichi diritti della
casa di Angiò, e i recenti di Carlo Mll suo
predecessore , già patlionc di Napoli ; il per-
chè , siccome principe magnanimo , e già grande
in Italia per l'acquisto del ducalo di Milano e
della signoria di Genova , s accinse in que-
st' anno alla conquista ancora di Napoli. A tale
effetto avca prese le sue misure ; cioè guatla-
gnato papa Alessandro coli' assistenza data al
duca ^alcntino, e con altri mezzi. Addormentò
parimente Massimiliono I re de Romani , con
fargli sperare Claudia unica sua figliuola per
isposa di Callo duca di Lucrmburgo di Ini ni-
pote , che fu poi Carlo V, aniendue di tenera
età , e collo sborso di non so quale quantità
di danaro : con che ottenne luia tregua di
molti mesi. Era Federigo re di Napoli ben
consapevole della voglia de'Franzesi d'invadere
il regno suo, e però avca fiuto ricxDrso per
IO AANAU D ITALIA
protezione al medesimo re de' Romani , con
pac^ar!^!! qiiaranLamila ducati, e prometterne
quindici mila al mese , aociocchè , occorren-
do, movesse guerra allo Stato di Milano ; e
ne riportò anche la promessa di non venir mai
ad accordo alcuno , senza incliiudei vi ancor lui.
Ma il buon ^Massimiliano , lasciatosi abbagliare
da' Franzesi , tutto dimenticò , senza né pur
avvertire che crollo potesse avvenire alle ra-
gioni dell'imperio dal lasciare cotanto ingran-
dire ili Italia un re di Francia. Le maggiori
speranze adunque d' esso re Federigo erano
intanto riposte nell' aiuto di Ferdinando il
Cattolico re d'Aragona , il quale , per esser
padrone della Sicilia , facilmente potea, e come
stretto parente , si crcdea clic volesse prestar-
gli soccorso in così brutto frangente. Ma le
parentele fra i principi son tele di ragno , e
cedono troppo facilmente al proprio interesse ,
che è il primo e polente lor cousigliere. Di
belle parole dimque e di promesse n'ebbe .
quante ne volle , il re Federigo: diversi poi
furono i fatti. Imperocché il re di Francia ,
conoscendo quale ostacolo potesse venire dal-
l'Aragonese alle sue idee , segretamente entrò
seco in un trattato: e fu conchiuso che amen-
due facessero 1' impresa di Napoli; e al re di
Frauda toccasse Napoli con Terra di L.woro
o coir Abbruzzo , e al re Cattolico le provincia
di Puglia e di Calaliria. Il Summonte ed altri
]inMidi)no qui a i;iusti(ìc;»r l'azione del re Fer-
din nido , allegali lo come giusta la d' lui pre-
tensione sul regno di Napoli , acquistato colle
forze dell'Aragona dal re Alfonso, quasiché non
ANNO MDI 1 i
fosse stato lecito ad esso Allbnso di lasciarlo
a Ferdinaiitlo suo fìj^linolo , bencliè bastardo.
Altri all'incontro il coiidcDii areno d'insaziabi-
lità , di Iradinicnlo e d ingiustizia , perrbè i
discpiidenli del re Alfonso iiodcano quel regno
coli investitura della santa Sede, e il re Cat-
tolico dava ad intendere di fare armamento in
Sicilia, tutto in difesa del re Fedi rigo , quando
unicainente tendeva alla di lui rovina , e ad
appagare la propria cupidità.
Per tanto si mossero i Franzesì dalla Lom-
bardia , condotti parte dal duca di Nemours e
dal signore d'Aubignj' per lena alla volta della
Toscana, menlre un'altra armata per mare si
mosse da Genova. Fece allora Federigo re di
Napoli istanza a Consalvo , generale del re
Cattolico in Sicilia , di unir seco le sue forze
e di venir a Gaeta, con andar egli stesso in-
tanto a San Germano jier contrastare il passo
a i Franzesi. Mosliossi Ccnsalvo simulatamente
pronto ; e ricbiesto ed ottenuto il possesso di
alcune terre in Calabria col j>releslo di difen-
derle , cominciò in esse ad esercitare la signo-
ria di parte della division fatta co' Franzesi.
Giunti in questo menlre a Roma i Franzesi,
si svelò il loro trattalo col re Cattolico, e ne
fu cbiesta 1' approvazione al papa, palliando
la lor lega e dimanda , per essere più vicine
queste due poler.ze a soccorrere la Cristianità
contro al Turco , anzi vantando di \oler por-
lare nell'Asia la guerra. Impetrarono quanto
vollero ; anzi lo stesso papa con loro si colle-
gò. A tali avvisi il re Federigo, tuttavia deluso
da Consalvo, che mostrava di non credere
J :>. ANNALI D ITALIA
1 accordo del suo sovrano co ì Frairzesi, mandò
il nerbo maggiore delle sue genti alla difesa
di Capoa , a cui da li a non molto i Fran-
zesi misero Tassodio , e diedero anche un fiero
assalto, ma con loro danno. Dentro v'era Fa-
brizio Colonna , Ugo di Cardona con altri ca-
pitani , i quali conoscendo di poter poco lun-
gamente resistere , massimamente percliè il
popolo s'era mosso a sedizione, cominciarono
a trattar d accoiflo. INla o sia che in lauto si
ralleutasse la guardia della città; o che qual-
che traditore giudicando di farai benevoli gli
assediatili, gì' invitasse a salir perle mura(i):
certo è die nel di 24 di luglio entrarono i
Franzesi furibondi per un bastione nella mi-
sera città , e le diedero il sacco, colla strage,
chi dice fin di otto mila persone , e chi d'i
sole tre mila. Il Buonaccorsi , forse più veri-
tiere de gli altri , parla solo di due mila. Non
si può leggere senza orrore la crudeltà usata
<la i vincitori, che non contenti, in tal con*
giuiilura, dell'avere de' cittadini e de' sacri
arredi delle chiese , sfogarono la lor libidine
sopra le donne d'ogni condizione, senza né
pur risparmiare le consecrate a Dio , con es-
sersi trovale alcune che , per non soggiacere
alla lor violenza, si precipitarono nel (iume e
ne' pozzi. Non ])0(;he d'esse furono condotte
prigioni , e vcndulc poscia in Roma. Il duca
Yaleiilino, che co' Franzesi si trovava a quella
impresa , fattane una scelta di quaranta delle
(i) ISuonaccorsi. Giovio. Guicciardino, Sardi.
ANNO MDl IJ
pili belle , le ritenne per sé , per non essere
da meno de Turclii.
La disavventura di Capoa tal terrore nìise
nell'altre eittà del rejjno , che quasi ninna si
attentò di llir da lì innanzi resistenza , ed ognuna
mandò le chiavi incontro ali esercito vittorio-
so. Il re Federigo , scorgendo già il popolo di
Napoli tumultuante e disposto ;» ricc\ere un
nuovo principe, si ritirò hi Castel Nuovo. Laonde
la città inviò subito a trattare la resa , che fu
accettata a mani baciate , con obbligar nondi-
meno i Napoletani allo sborso di sessanta mila
ducati d' oro. Non mantenne di poi l'Aubigny
questi patti , pei che da lì a qualche tempo im-
pose una taglia d' altri cento mila ducali in
pena della ribellion fatta a Carlo Vili , che
questa bagattella gli dovette scajìpar di mente
quando fece la convenzion suddetta. Non passa-
rono molti giorni che l'infelice re Federigo ca-
pitolò eoll'Aubigny di consegnargli tutte U- for-
tezze che si teneano per lui , con riserbarsi
solamente per sei mesi 1' isola e rocca d' I-
schia , e di poter non solo portar seco ogni suo
avere , a riserva delle artiglierie , ma anche
andarsene liberamente ovunque a lui (osse in
grado. Tanto era 1 odio che egli avea conce-
puto conlra del re Cattolico pel tradimento e
per r oppressione a lui fatta , che elesse più
tosto di pas.-are in Francia e di r'mel tersi alla
conosciuta generosità di quel re. die di fidarsi
mai più di chi egli avea .'■perimeiitato troppo iu-
leiiele. Impetrato (luir([ue nn .sai- ocondotlo . e
la.sciati andare al servigio di ConsìJvo , Prospero
e Fabrizio Coionnesi , che egli avea riscattati ,
1^ ANNALI d' ITALIA
con cinque galee sottili fu condotto in Fran-
cia , dove sulle prime fieddam^nte accolto
dal re Lodo%'ico, poscia i\y provveduto della
dncea d Angiò con rendita di trenta mila du-
cati , dove poi nel dì 9 di setteaii)re del 1 5o4
diede fine al suo vivere. Non istette in questo
mentre punto in ozio Gonsalvo Fernandez ,
chiamato il Gran Capitano, perciocché s'im-
padronì di tutte quante le terre destinate al
re Cattolico suo signore in Pu^dia e Calabria.
La sola città di Taranto fece una gagliarda di-
fesa. Colà sul primo avvicinamento dell' armi
nemiche avea il re Federigo inviato , come in
luogo di ricovero , don Ferrante suo primoge-
nito , duca di Calabria, appellato da alcuni
con errore don Alfonso, lidandolo a don Gio-
vanni di Ghevara conte di Potenza, e fattogli
poi sapere che in caso di disgrazie andasse a
trovarlo in Francia. Perduta in line la spe-
ranza di soccorso, convennero i rettori di Ta-
ranto di dar «juella forte città a Consalvo , fa-
cendolo piima giurare sull' Ostia con -.cerata di
lasciare in liberta il giovinetto duca di Cala-
bria. Ma Consalvo , in cui prevaleva piiì Y in-
teresse del re Ferdinando che il timor di Dio,
ritenne il duca, non senza grande infamia del
nome suo , e col tempo 1" inviò in Ispagna ,
dove i;omc in una libera ed onorata prigione,
ilopo a\er avuto ilue mogli (che, perchè ste-
rili gli iuroiio date , ninna prole lasciarono di
sé ) , dietle fine al suo vivere nel i55o. Al-
fonso secondogenito del re Federigo , passato
col padre in Francia, terminò i suoi giorni in
Granobltì nel i:n5 con sos])etlo di veleno. E
ANNO MDl I^>
Cesare terzogenito , ritiratosi a Ferrara , quivi
anch' egli in età d' ainii diciolto cessò di vivere.
Di tempo sì favorevole si servì ancóra il
pontefice Alessandro per abbattere le nobili
case de' Colonnesi e Savt^jli . che s' erano di-
chiarati in favore di Federigo re di ISapoli.
Fulminate prima conti a d'essi tutte le pene
spirituali e temporali , mosse guerra alle lor
terre , e portatosi in persona all' assedio di
Sermoneta , commise , come ha Giovanni Bur-
cardo nel suo Diario (i) , tutta la can.era sua
e tutto il palagio e i negozi occoiTcnti a donna
Lucrezia Bolgia sua figliuola, la quale nel
tempo di tuie assenza abitò le camere del papa.
E diedele autorità d aprire le lettere sue; e se
occoiresse alcufia cosa anhia , awsse il consi-
glio de'caidinali di Lisbona e d' altri , ch'ella
potesse perciò chiamare a sé. Questa maniera
di governo se iiicesse onore al papa , poco ci
vuole per conoscerlo, ^ennero all' ubbidienza
sua tutte le terre di que' baroni : per le quali
vane vittorie insuperbito, e in.-ieme dinuiilico
dell'uiizio apostolito, e delle minaccie di morte
a lui fptte dal cielo nell' anno precedente ,
lasciò la briglia ad ogni sfrenata licenza. Cm-
tinuò parimente il duca Valentino la guerra
contro di Piombino; ed avendo spedi'o colà
\ ilellozzo e Gian-Paolo Biiglione con nuove
genti , questo bastò ad intimidire sì fatti mente
Jacopo d'Appiano, signore di quella terra , che
lasciato ivi buon presidio , se ne ritirò per
andare in Francia ad implorare gli efletti della
(i) Raynaldus Annal. Eccles.
l6 ANNALI d' ITALIA
protezione di quel re, già a lui accordata. Ma
andò iiidariio , perchè al re maggiormente pre-
meva di soddisfare alle premure del papa , da
cui molto potea sperare , e molto ancora te-
mere. In questo mezzo per opera di Pandolfo
Petrucci da Siena s'arrendè quella terra, e
poscia la fortezza al suddetto <luca. Diede fine
al corso di sua vita nell' anno presente Ago-
stino Barbarigo doge di ^ enezia , e a lui succe-
dette a dì 3 d' ottobre Leonardo Loredano. Tro-
vavasi allora la veneta repubblica in non pochi
aflanni per la guerra col Turco, il quale ogni
dì pii\ insolentiva , e non meno in Grecia che
in Unglieria sempre più s' ingrandiva alle spese
de' Cristiani. Erasi ben fatta lega fra essa re-
pubblica , il papa, i re di Francia, Aragona
ed Inghilterra, e con altri sovrani, contro qiel
comune nemico ; ma attendendo ognun d' essi
a' proprj comodi e vantaggi , e nulla avendo
operato una bella flotta di Portoghesi che
venne apposta ne" muri di Lt-vante, convenne
a' Veneziani di sostener soli tulio il peso della
difesa delle lor terre e dell' Ilalia. Né si dee
tai-ere, che trovandosi in Pavia la nobile bi-
blioteca de i duchi di Milano , ricca di anti-
clu e preziosi manusciitli, circa questi tempi
per ordine del re Lodovico fu trasportata a
Bles in Iran. ia. Di questo spoglio, e d'altri di
antichi scritture, indarno si lagnò la povci'a
Lombardia.
ANNO MUll 17
Anno di Cristo i3o2. Indizione V.
di Alessandro VI papa 1 1.
di Massimiuano /e de' Romani io.
Quanto più andava crescendo in potenza il
duca Valentino , tanto più s aumentava in lui
la brama di uuovi acquisti , secondato in ciò
dal papa suo padre, che nulla più lueditava e
sospirava che di Ibrmare in lui un gran prin-
cipe in Italia. Non avea esso poiitetice meno
amore e premura per l' ingrandimento di Lu-
crezia sua Jiglia; e però contòrti maurggi fatti
alla corte del re Cristianissuuu tiu l'anno pre-
cedente , e col mezzo spezialmente del cardi-
nal di Roano, clie era, per conces>ioue d essQ
Alessandro , come un secondo papa in Fran-
cia , avea indotto quel re a proporre e a far
seguire 1 accasamento della stessa Lucrezia con
don Alfonso d Este , primogenito di Ercole I
duca di Ferrala. Tante halLeiie furono adope-
late per questo iilfare , con làr sopra tutto i
mediatori conoscere che questo parentado por-
tava seco 1 assicurarsi dall ambizione e dall'armi
del di:ca Valentino ( se pure , come dice il
Guicciardino , contro tanta perfidia era bastante
sicurtà alcuna), che gli hslensi condiscesero
a tali nozze. Portò ella in dote cento mila du-
cati d' oro contanti , immense gioie e suppel-
lettili , colla giunta ancora delle terre di Cento
e della Pieve, cedute al duca di Ferrara, oltre
ad altri vanlai??! della casa d' Este. Gran so-
lennità si fecero per questo in Roma e Fer-
rara , nella (jual città entrò essa principessa nel
MiRATORi. Jan, f^ol. Xlf^. 2
l8 ANNALI d' ITALIA
dì 2 di febbraio. Quanto al duca \ alenlino ,
amoreggiava egli forte il * ducato d' Urbino ;
ma essendo il dura Guidubaldo ubbidientis-
simo in lutto al papa, e per le sue belle doti
quasi adorato da' suoi popoli, né pretesto si
trovava , uè facilità appariva di jioterlo spo^
gliare di quegli Slati. Si rivolse dunque 1' ini-
quo Borgia a i tradimenti (i). Portatosi a No-
cera con poderoso esercito , e fingendo di voler
assalire lo Stato di Camerino , fece richiesta
d'artiglierie e di genti d'armi al duca d'Ur-
bino. Tutto gli III dato , percliè troppo peri-
coloso si considerò il negarlo. Ciò latto , con
tutta celerità s'imjiadionì di Cagli, e continuò
la marcia alla volla d' UiJjino , dove il disar-
n)alo duca Guidubaldo , con Francesco Maria
della Rovere, suo nipote, ad altro non pensò
che a salvare la vita , abbandonato tutto. Se
ne fuggì egli travestito ; e benché inseguito ,
ebbe K. (ortuna di potersi in fine rifilare a
Mantova , dove poco prima era giunfa la du-
chessa Isabella sua moglie , sorella di Fran-
cesco II marchese d'essa Mantova, la quale,
dopo avde acccmpagiiato a Ferrara Lucivzia
Borgia , cola s'era jiortala per visitare il fia-
tello. Con ((uesle aiti fece acquisto il duca ^ a-
leiitino di quattro città e di trecento castella
com[ionenti (juel ducato.
Gian rumore per tutta Italia fece un'azione
sì proditoiia , ninno tenendosi più sieiiio dalle
insidie di costui , il (juale ito jioscia conila di
(i) Tt:i]ilin('l VolalfiTiiiuis. Giiicriardiiio. l'uoiiaccorsi.
Bembo ed nitri.
ANNO MDIl ig
Camerino , mentre andava trattando d' accordo
con Giulio da N arano, signore di quella città,
ebbe con inganni maniera di entrare in essa
città. Inij)rigionalo Giulio con due suoi figliuo-
li, di lì a non mollo lo spieiato Naienlino
con farli strozzare se ne sbrigò. Fu ancora da i
Fioientini creduto che lo stesso Borgia e il
papa avessero mano nelle rivoluzioni che accad-
dero nel presente anno in Toscana ; dappoiché
il re di Francia non avea acconsentito che lo
stesso Borgia divenisse signor di Pisa. \ ogiiosi
sempre essi Fiorentini di ricuperar quella città,
altro mezzo [)iù non conosccano che di vin-
cerla colla fame. Però venuta la primavera ,
andarono a dare il guasto alle biade del ter-
ritorio di quella città, e quindi posero il campo
a \ ico Pisano , tolto loro poco innanzi per
tradimento d' alcuni soldati. iMa eccoli muo-
versi a ribellione il popolo di Arezzo, che te-
nea segreta corrispondenza con VileUozzo Vi-
telli , signore di Città di Castello , il quale
non tardò ad accorrere colà , e ad imprendere
l'assedio della cittadella. Ed ancor questa, per-
chè non venne mai suflìciente aiuto da' Fio-
rentini , costretta fu ad arrendersi , dopo di
che fu smantellata. Con Yilellozzo Mano con-
giunti Gian-Paolo Buglione , priucipal direttore
della città di Perugia , Fabio Orsino , il car-
dinale e Pietro de' iMedici fuoruscili di Firen-
ze , e Pandolfo Petrucci che era come signor
di Siena. Impadronironsi costoro dojjo Arezzo
anche di Castiglione Arci ino, della cillà di Cor-
tona , d'Anghiari , di Borgo San Sepolcro e di
altri luoghi. Sarebbe andata più innanzi questa
20 ANNALI D ITALM
tempesta, se i Fiorentini non avessero fatto
ricorso al re di Francia , rappresentandogli
come procedenti dall' avidità del papa e di
suo figlio sì fatte novità , e facendogli costare
il pericolo che soprastava anche a gli Stati
del medesimo re in Italia , se si lasciava an-
dar troppo innanzi l' ingrandimento del Borgia.
Per questo , e insieme pel danaro , la cui
virtù suole aver tanta efficacia, il re Lodo-
vico XII non solamente fece comandare al
Valentino e a gli altri suoi aderenti , che de-
sistessero dalle oflese de' Fiorentini , ma anche
spedì alcune compagnie di genti d' armi in
Ibscana , 1' aspetto delle quali lece litoinar in
breve Arezzo e l'altre terre perdute all'ubbi-
dienza di Firenze.
Fuiono cagione questi movimenti, e gl'im-
brogli del regno di Napoli , de' quali parle-
remo fra poco , che il re Lodovico tornasse in
Italia , portando seco non lie\e sdegno contra
del papa e del duca ^ alentino. Concorsero ad
Asti e a Milano varj principi e signori d'Ita-
lia; e siccome tutti erano in sospetto di ul-
teriori disegni di esso Borgia, così aggiunsero
legiia al fuoco. Già si aspettava ognuno di
mirar 1' ai mi del re volle alla drpiession del
\aleiitiiio. Ma così ben seppe maneggiarsi il
papa, clic mitigalo l'animo del re, questi ail
altro non attese dipoi che a far guerra in re-
gno di Majjdli, restando deluse le speranze di
tutti i potentati. Era questa guerra insorta fin
l'anno jirecedente; perchè ajipcua furono en-
trali in possesso Fianzcsi e Spagnuoli della
porzione lor destinata , che si vemic a contesa
ANNO MDII 2 1
fra loro \vr li confini. Consalvo tacqne, finche
si fu inipatlioiiilo di Taranto ; ma poi sfode-
rate le pretensioni del re Cattolico > cacciò im-
provvisamente dalla Tripalda e da altri luoqlii
i presidj franzesi , e si ap|)ropriù la B.isilica-
ta. Perciiè s' era per le malattie estenuata di
molto r armata franzese, il duca di Nemours
viceré giudicò mc«li(> di trattar colle buone , e
di stabilire una tregua col gran capitano sino
all'agosto dell anno presente, contentandosi
che prò interim si dividesse fra loro la Do-
gana di Foggia e il Capitanato , e si ritirassero
i Franzesi dal principato. Ma cresciute dipoi
le for/.e del viceré per le genti inviategli dal
re Lotlovico , nel mese di giugno diede l'Au-
bigny principio alle ostilità manifeste contro
gli Spagnuoli. E dopo avere occupato tutto il
Capitanato, si accampò a Canosa , e l'ebbe in
fine a patti. Inferiore in possanza trovandosi
allora Consalvo , si ritirò a Barletta , restando
ivi sprovveduto di vettovaglie e danari. Se
avessero saputo i Franzesi profittar di questa
sua ilebolezza , forse sbrigavano le lor faccende
in quel regno. Attesero essi a insignorirsi della
maggior parte della Puglia e Calabria ; presero
Cosenza , e le diedero il sacco ; venuto colà
soccorso dalla Sicilia , lo misero in rotta. Tale
prosperità dell' armi rendè poi negligente il re
di Francia a sostener con vigore la sua for-
tuna nel regno di Napoli , e ad altro non pensò
se non a tornarsene di là da' monti.
Era ilo travestito e con pochi cavalli per la
posta il duca \alentino ad inchinare esso re a
Milsno ; o siccome gli stava bene la lingua in
•j2 ANNALI D ITAÌIA
Jjocca , tanto seppe dire per dar buon colore
allf malvagie sue azioni passate , e tanto com-
mendò la svisceratezza del papa verso la corona
di Francia , che riguadagnò Y affetto e la pro-
tezione del re : il che recò non poro spavento
a Mtellozzo , al Baglione , a Giovanni Bentivo*
glio , a Pandolfo Petrucci, ad Oliverotto da
Fermo, che sera, con uccidere Giovanni suo
zio, fatto signore di quella città, e a Paolo
Orsino. Né tardò molto il ^alentino a richie-
dere colle minaccie la signoria di Bologna. U
perchè scorgendo ognun di essi di trovarsi gior-
nalmente esposti alle insidie e all' ambizione del
duca Valentino , fecero lega insieme contra di
lui. Richiamarono da Venezia Guidubaldo duca
d'Urbino, e dall'Aquila Giovanni da N'arano,
llglio dell' estinto signore di Camerino , con
ricuperar dipoi qiasi tutte quelle contrade : il
che frastornò le idee del Borgia sopra Bologna.
Ma inteso avere avuto ordine lo Sciomonte ,
generale del n; Lodovico , dL assistere ad esso
duca \ alentino , e che aveano da calare tre
mila Svizzeri assoldati da esso Borgia ; cadaun
di qne' collegati scorato cominciò a pensare alle
cose proj)ric, e a trattar separatamente di con-
coidia con chi pur sapeauo nulla aver più a
cuore clic la loro rovina. Non si può esprime-
re, <{uante dolci ]>;irole, quante belle promesse
usasse verso ognun di essi il perlido duca. A
questo amo si lasciarono |)rendcre tutti, e se-
gni accordo con lui, approvato dal papa. Per-
chè Bologna era osso duro, conlenlossi il Va-
lentino dì fu- lega con Giovanni Jienti\oglio, e
col reggimento di ([nella città , la (pialo con
ANNO Mnil 20
nuovo accordo ( se pur due furono quegli ac-
cordi ) si obbligò di piagargli per oUn anni
dodici mila ducati d'oro l'anno, a titolo di
condotta di cento uomini d'armi, e di fornirlo
per un anno di cento altri uomini d' armi e
di duceiito balestrieri a cavallo. Paolo Orsino,
il duca di Gravina, Vitellozzo ed Oliverotto ,
incantali dalle lusinghe e carezze del Borgia ,
tornarono a gli stipeiidj di lui. Dopo di che
colle foive costrinsero il duca Guidubaldo e il
Varano impauriti ad abbandonar di nuovo i
loro Stati di Urbino e Camerino, che torna-
rono in poter del Borgia (i). Per ordine di
lui andarono poscia questi condottieri a met-
tere il campo a Sinigaglia, città di Francesco
Maria della Rovere pnfetto di Roma , e la
forzarono alla resa. Per li quali servigi si aspet-
tavano forse qualche gran ricompensa dal Va-
lentino, ma l'ottennero ben diversa dalla loro
immaginazione. Imperocché venuto costui a
quella città , da cui prima avea ordinato che
uscissero le loro genti , e chiamati a parla-
mento i suddetti Paolo Orsino , il duca di
Gravina , Vitellozzo , Oliverotto , I^odovico da
Todi ed altri , fece lor mettere le mani ad-
dosso; e nel giorno seguente, ultimo dell'armo
presente ( il Sardi scrive che fu nel primo
dell'anno appresso) furono strangolati in una
camera esso \ itellozzo e Oliverotto. Uscito in
questo mentre il Valentino per la rocca colle
sue milizie , piombò all' improvviso addosso a
(i) Guicciardino. Sardi. Paulus de Clericis Carinelita
m Annal MS Raphael V'olaterraniis et alii.
^4 . ANNALI d' ITALIA
quelle de gV imprigionati signori , e tolse loro
armi e cnvalli. iSte restarono assai morti, e più
feriti , e il resto si sbandò. Pandolfo Petrucci ,
die non era entrato in gabbia , ebbe la fortuna
di salvarsi. Alla misera Sinigai:^lia fu dato il
sacco. Con queste sceleraggini compiè il dete-
stabil Valentino l'anno presente, non senza
oiTore e terrore delf Italia tutta. Or vatti a fi-
dar di tiranni.
Anno di Cristo i5o3. Indizione f^I.
di Pio III papa i.
di Gir LIO II papa i.
di Massimiliano le de Romani ii.
Ricco di novità gravissime fu 1' anno pre-
sente , e non meno di tradimenti , cbc erano
alla moda in questi tempi. Non sì tosto ebbe
il duca ^alonlino oppressi in Sinigaglia i due
Orsini con gii altri condottieri , che ne spedì
l'avviso a papa Alessandro. Aveva questi fatta
dianzi una solenne, ma canina pace con tutti
gli Orsini ; ed inteso poi come leliceinentc fos-
sero riuscite le insidie tese a que' condottieri
d' armi , tenendo in petto colai notizia , sotto
colore d' alcune fac(;ende , cliiamù a ])alaz/,o il
cardinale (ìiambatista Orsino, ed appena giunto,
il fece far prigione e metterlo nella torre Bor-
gia (i). Nello stesso lenij)0 ])er oidine suo fu-
rono presi Rinaldo Orsino arcivescovo di Fi-
renze , il protonolario Orsino, ed altri di quella
(i) SalM-Uiciis. Rapliatll Volalorranus. Bflnibus. Guic
dardino cil nitri.
ANNO Mniii a5
iiobil casa. Avuti poi i segnali delle fortezze e
terre de' medcsiini, mandò a prenderne il pos-
sesso. Durò la prif^ionia dell' infelice tradito car-
diiKilc sino al febbraio, in cui la morte il liberò
non solo da essa, ma da tutti i guai del mon-
do ; e voce comune fu clic il veleno gli avesse
abbreviata la vita, benché il papa facesse por-
tarlo scoperto alla sepoltura , per farlo credere
morto di naturale ÌTifermità. Così il duca Va-
lentino , andando ben d' accordo con Ini , da
che intese la cattura di esso cardinale , tro-
vandosi a CtiStel della Pieve , si sbrigò col
laccio di Paolo Orsino e di Francesco duca di
Gravina della medesima famiglia, il qual ultimo
nondimeno altri fanno morto prima. Erasi il
\ aleni ino senza perdere tempo portato a Città
di Castello, e trovato che ne erano fuggili tutti
quei della casa Vitelli , se ne impadronì. Al-
trettanto fece di Perugia , da die Gian-Paolo
de' Baglioni , U quale più accorto de gli altri
s'era guardato dalla trappola di Sini-gaglia, noi
volle aspettare nella patria sua. Quindi sempre
più avido il Borgia si avvisò di tentare la città
di Siena , facendo sapere a quel popolo die
cacciassero Pandolfo Petrucci, come nemico suo;
e senza aspettare risposta , s' inoltrò a Sar-
tiano e a Buonconvenlo, occupando quei luoghi
con altre castella. Il bello era che nel mede-
simo tempo tanto egli die il papa scrivevano
al Peirucci delle lettere le più dolci e piene
d' aflezione che mai si leegessero. Gran bisbi-
glio e timore msorse per questo in Siena: ma
Pandolfo per bene del pubblico suo ritiratosi
a Pisa, tentò di levare al Valentino i pretesti
2() ANNAf.l D ITALIA
di passare a maggiori insulti. Ne questi vera-
mente osò (li più , tra perchè Siena città forte
e di gran popolazione si /leceva assai rispet-
tare , e perchè essendo accorso Gian-Gior-
dano Orsino duca di Bracciano con gli altri di
sua casa , sottratti alla perfidia Borgia , e co i
Savelli a difendere il resto delle lor terre , il
pontefice richiamò il figlio colle sue truppe a
Roma. Andò il Valentino, mosse guerra a quei
baroni , senza riguardo sulle prime ad esso duca
di Bracciano che era sotto la protezione del re
di Francia , e senza rispetto al conte di Piti-
gliano che era a' servigi della repubblica di
Venezia. A riserva di Bracciano e di ^ icovaro,
prese lutto. Ma fattosi udire per tanti acquisti
e tradimenti il risentimento del re Cristianis-
simo , si mise in trattato quella pendenza fra
il papa e i ministri del re, i quali per altre
cagioni erano insospettiti , anzi disgustati forte
del medesimo pontefice, siccome consapevoli
del proverbio che allora correva: cioè, die il
papa 11011 fncam inni quello die diceva , e il
T alcntiiio non diceva nini quello die faceva.
Ancorché il papa per suoi fini politici li-
cenziasse allora gran parte delle sue genti ,
pure il duca \ alentino segretamente molle ne
raccoglieva , gravido sempre di più grandiose
idee. Dava di grandi sospetti a' Sancsi e Fio-
rentini, as|)irava al dominio di Pisa. Cercava
ancbe il papa di tirare i cardinali a consentire
cli(! si desse al figlio il titolo di Fìe della Uo-
magna, Marea ed Undn'ia. E giacché era a lui
riuscito di abbattere Colonne.si , Orsini e Sa-
velli , priiiri|i;)li baroni di Roma, slavano gli
ANNO MDIII aj
altri minori io continuo sosi>ctto e timore del-
l' infedeltà od iinihizioiic della regnante casa
Borgia , in guisa che molti ancora per loro
meclio si assentarono; quando la morte, che
sovente sconcerta o concerta le cose de' mor
tali, venne a fare impensatamente scena nuova.
Cadde maialo papa Alessandro, e nel dì i8 di
agosto fu chiamato da Dio a rendere conto
della vita tanto scandalosa da lui menata non
men prima , che durante il pontificato suo.
Talmente divulgata e radicata si è la voce che
egli morisse avvelenato, che non sì facilmente
si potrà svellere dalla mente di chi spezial-
mente inclina in tutti gli avvenimenti alla mali-
zia. Così parlano il Guicciardino , il N ola terra no ,
il Giovio , il Bemho , per tacere di tant" altri.
Dicono che in una cena preparata per cagiona
de' caldi eccessivi in una vigna , essendo ap-
prontati alcuni fiaschi di vino con veleno, per
iscacciar dal mondo Adriano cai'dinale di Cor-
neto ( esecranda iniquità , esercitata già verso
altii porporati ricchissimi per ingoiar le loro fa-
coltà , e molto pili sopra i nemici per vendi-
carsi), cambiati inavvertenteraente essi fiaschi,
toccasse il malefico beveraggio al papa stesso.
Diede maggior fomento a questa fama 1' essere
sopragiunta nel tempo stesso a due altri di
que' commensali , cioè al duca Valentino e al
sopradetto cardinal di Cornelo , una mortale
infennità , che essi poi superarono con potenti
riniedj e col \igore dell'età lor giovanile; ma
non già il papa , a cui nel medesimo tempo
fecero guerra settanta due anni di sua età ,
avvegnaché egli per la sua robustezza senile si
■j>S AK.nALI ì) ITALIA
promettesse molto più lunga carriera di vita.
Ma quel die lini di persuadere alla gente die
il veleno avesse liberata la Chiesa di Dio da
questo mal arnese , fu , die il corpo suo , espo-
sto alla vista d'ognuno, comparve gon[io, troppo
sfigurato e puzzolente: il che fu attribuito al-
l' attività del micidiale ingrediente.
Ora qui coiivien distinguere due punti , ma-
lamente confusi dal giudizio dtl vulgo. Il piimo
è, che veramente dovette succedere quella ce-
na, e die in essa per malizia del Valentino
restò avvelenato il cardinal di Corneto , e per
balordaggine dello scalco anche il duca Valen-
tino. Non si può mettere in dubbio 1 infermità
dell'uno e dell'altro, né si dee dare una men-
tita al Giovio , il quale nella Vita di Consalvo
scrive d'aver saputo dalla bocca del medesimo
cardinal di Corneto , come egli restò allora av-
velenato con incendio inesplicabile interno, e
con aver poi perduta tiitla la pelle. Ma per
conto del papa , o egli non intervenne a quella
cena, o se pur vi fu, a lui non toccò di quella
mortifera bevanda. Secondo il \ olaterrano (i),
la diceria del veleno dato anche al pontefice
si s])arse incerto auctore. Odorico Rinaldi (2)
produce im Diario Romano manuscritto , da
cui apparisce che papa Alessandro nel dì 12
d'agosto fu preso da febbre; die nel dì i5 di
agosto gli lurono cavate tredici once di sangue
o circa , e sopravenno la febbre terzana. Nel
(i) Volfitcrranus.
(7.) Aaynuldus Annal. Ecd.
ANNO MPUI 29
dì n prese medicina. Nel di 18 passò all' al-
tra vita , prol)abiliiiente per una di quelle ter-
zane perniciose clie anche a' dì nostri o nella
quinta o nella settima portano via gì' infermi ,
se ad esse non si taglia il corso colla china
china , 1' uso della quale in quel secolo era
ignoto all' Europa. Aggiungasi quanto lasciò
scritto Alessandro Sardi , contemporaneo del
Guicciardino e del Giovio , nella Storia che si
consena manuscritta nella Libreria Estense.
Dopo aver egli accennata la fama del \ elcno ,
seguita a dire (i): Ma Beltraudo Costabile,
che allora era ombasciatojr del duca Etvole di
FeiTara in Roma , e Nicola Bulicane Fioren-
tino, amico intrinseco del gonjaloniere Sode-
vino, con dieci letlejv in cinque diverf-i giorni
da loro scritte al duca e al caitlinale datste,
e lette da noi , rìwsirano la morte del papa ,
succeduta in otto giorni per febbre terzana , in
quel tempo estii'o rvgnante in Borna: dalla
quale egli il decimo giorno di agosto assalito ,
né mitigala per aper-tura di vena, né ririj-e-
scata per manna prvsa , spirò la ser-a che di-
cemmo. Pia per la subbullizione del sangue
putr'efatto in que' giorni restando il cada<,erx>
annerato e gonfio, sor'se la fama del \'eìeno da
chi non conobbe la causa di quegli effetti. Ba-
sta hen questo per abbattere l' insussistente
voce , sparsa allora intorno alla morte di que-
sto pontelice. La corte di Ferrara, dove era
una di lui figlia , si può credere che fosse
molto ben iulbrmata di questi affari.
(i) SaicU, Istor. MS.
3o ANNALI d' ITALIA
Non lascia Rufaello V'olatL-nano di rappre-
sentare ciò che di lodevole si osservò in Ales-
sandro VI , il suo ingegno , la sua memoria ,
r eloquenza in persuatlere , la destrezza in. go-
vernare, con altre doti spettanti ad un prin-
cipe, ma che sovente non si ricordava d" essere
principe cristiano, e , quel ciie è più, |)onte-
fice Vicario di Cristo. Certo è , tanti essere
stati i suoi vizj , taute le sue azioni malvagie
d'impvidicizia , d'infedeltà , di crudeltà, d'am-
bizione, delle quali parlano tante storie, e
che lo stesso Volaterrano non dissimulò, che
il pontilicato suo restò e resterà in una de-
plorabil uieuioria per tutti i secoli avvenire.
Roma perciò era divenuta una sentina d' mi-
qiiità; ninno vi si trovava sicuro, perohò piena
di soldati e sglierri, a'quuli tutto veuva p(;r-
messo. Guai, se alcuno sparlava: dapertutto
erano spie, e una menoma parola costava la
vita. Quanto poi patisse la religione (non già
ne i dogmi , che questi Dio ha preservato sem-
pre e proserverà , ma nella disci|)lina ) per
tanti scandali, per le indulgenze allora più che
mai messe ali ineanlo, e prr li benelizj che,
secondo il Bembo , si vende\ano , (; per altre
biasintevoli invenzioni di cavar danaio a line
di lltr gueria ed ingrandire 1' ini<|uissimo suo
figlio Cesare 15oi'gia : tutti i buoni lo conob-
bero allora , con dolerseni- indarno. E uaaggior-
mente si eonobbe da il a qualche anno, pel
j)relesto che di là presero le ruiove cr(!sie.
Nulla io dico <pii, che non dicano tante altre
fltoric manuscrilte e stampate : e nulla appimto
da me si dice in paragone del tanto che altri
AKNO MDJII 01
ne scrissero. Fortuna fu che in questa iiiuta-
zion di cose si trovasse gravemente infermo
il duca \ alentino , percliè non gli mancavano
forze , volontà e coraggio per tentar cose gran-
ili , ed accrescere od assodare la sua potenza.
Kon s' era mai aspettato costui un sì strano
contratempo. Contuttociò anche in quello stato
ebbe tanta libertà di niente , che si afci>icurò
di tutte le ricchezze del padre , e chiamò a
Roma tutte le sue soldatesche , sperando per
tal vita di coslrii:nere il sacro coliti, io a creare
un papa ben aflitto a lui , contando egli spe-
zialmente sopra i tanti cardinali spagnuoli
creali dal padre suo. E perciocché non si to-
sto s'udì la molte del papa, che tutti i ba-
roni romani fuqgiti o disgustati ripigliai ono
r armi , lauto per liciipeiar le lor terre, quanto
per vendicarsi del barbaro e disleale duca Na-
lentino , egli si pacificò co i Colonnesi , resti-
tuendo loio le tene occupate ; e cominciò a
trattare co' ministri di Francia e Spagna , ca-
daun de' quali si studiava di tirarlo dalla sua ,
sì per essere assistito da lui nella guerrd di
JSapoli , che per averlo favorevole nell' elezione
del nuovo papa. Conchiuse egli dipoi co i soli
Fraiizesi, perchè 1' esercito loro s' era avvicinato
a Roma , ed avea promessa la protezione del
re a lui e agli Stali da lui posseduti. Pi omise
anch' egli all' incontro di lailiuir colle sue .squa-
dre in favore del re per T impresa di JNapoli.
Intanto erano in armi gli Orsini, ed altri ba-
roni romani. 1 \ itelli se ne rilomaiono a Cillà
di Castello. A Gian-Paolo Baglione riu.scì colla
forza e coli' aiuto de' Fiorentini di rientrare
02 ANNALI d' ITArJA
in Perugia. Quei di Piombino richiamarono
r antico lor sijjnore Jacopo di Appiano. Si
mossero eziandio il duca d' Urbino , i si-
gnori di Camerino , Pesaro e Sinigaglia , per ri-
cuperare i loro Stati. Ora tro andosi Roma in
gran discordia per la comniozion de' baroni ,
per le milizie del duca \alentino che aveano
fatto de gl'insulti a i cardinali ed occupavano
il Vaticano , ma vie più per le armate fran-
cesi e spagnuole che erano accorse a quelle
vicinanze, tutte in apparenza per sostenere la
libertà nell' elezione del novello pontefice : a i
maneggi de' cardinali, che andavano lenendo
le lor sessioni nella Minerva, riuscì di far
uscire di Roma il Valentino colle sue tr ip-
pe , e d indiu'ro gli eserciti stranieri a fer-
marsi otto miglia lungi da quella nobiliss'ma
citta. iMa con sonmia fretta accorso da Fran-
cia Giorgio di Ambosia canhnale di Roano ,
tutto voglioso della tiara pontificia, e seco avea
condotto il cardinal di Aragona e il cardinale
Ascanio Sforza , cavato due aimi prima ilalla
prigione , con obbligo di trattenersi in quella
corte. Enlniti i cardinali in numero di tren-
tasetle in conclave , si \itlcio presto abortite
le speranze ambiziose del cardinal di Roano ,
e nel dì 2 3 di sellenibre concorsero i voti
nella persona di Francesco Piccolomini Sane-
se , diacono cardinale , ed arcivescovo eletto
della patiia sua , il qiial prese il nome di
Pio ili. Fra egli della fuiiiglia To leschina ;
Illa papa Pio 11 1' aveva innestato nella sua ,
perchè lij^lio di Ltiiulamia sua sorella. Nel dì
primo di ottobre iu egli coronalo; ma poco
ANNO MDIII 33
godè egli dell' onore , poco di luì la Chiesa di
Dio; perciocché nel dì i8 dello stesso oUobie ,
a cagion di una piaga che asea nella gamba ,
dopo soli venfisei giorni di pontificato , passò
a miglior vita, in età poco più di sessanta
quattro anni ; né mancò sospello di veleno :
ciarla lamiliare nella morte de principi in quei
secoli di tanta amlìizioue ed iniquità. Gran
perdita che fu questa per la religione. L'in-
tegrità della sua vita in lutti gli anni addietro,
la sua prudenza e il suo zelo faceano sperar
de i considerabili vantaggi alla Chiesa di Dio.
In fatti appena salilo sul trono poiititicio, at-
tese a convocar tosto un concilio generale per
la rilònna della disciplina ecclesiastica , ancor-
ché in vigore de'capitoli saggiamente stabiliti
nel conclave a ciò non fosse tenuto se non
dopo due anni : il che fa conoscere che né
pure allora mancavano in Roma personaggi ze-
lanti dell' onore di Dio e del ben della Chie-
se. Se questo succedeva, oh quanti mali, che
poi sopravennero alla religione , si sarebbono
forse impediti! Abborriva ancora la guerra , e
non meditava se non consigli di pace. Però
mancò di vita con dispiacere di tutti i buoni.
Ne' pochi giorni del suo pontificato passò a
Roma da Nepi , ove s'era ritirato, il duca Va-
lentino, per congratularsi col papa , e per ac-
conciar seco i suoi interessi , impetrato prima
un salvocondotto. Ma Gian-Paolo Baglioue, che
aneli' egli quivi si trovava , e gli Orsini tutti ,
ardendo di voglia di vendicarsi di questo odia-
lissimo tiranno , fatta raunata di gente , an-
darono ad assalirlo. Ne seguirono morti e
Mi'UATOiu. ^nn. Fol. XIV. 3
34 ANNALI d' ITALIA
ferite ; e prevalendo le forze de gii Orsini , al-
tro scampo e ripiego non ebbe il Valentino ,
che di rifugiarsi nel palazzo del Valicano. Po-
scia o spontaneamente , o per consiglio di 1
papa , cercando maggior sicurezza , si ritirò in
Castello Santo Angelo ; il che tenuto fu per
un colpo della divina provvidenza , a fin di
mettere fine alle ribalderie di questo pestifero
mostro; perchè si dissiparono a tale avviso le
genti sue, e si squarciò tutta la sua potenza.
Dopo la morte <ii Pio III si seppe così ben
maneggiare i! cardinale Giuliano della Rovere,
vescovo d' Ostia e penitenzier maggiore , nato
assai bassamente in Sa\ona, ma d'animo som-
mamente signorile, e nipote di pMpa Sisto IV,
che guadagnò i \ oti di lutti i j)oiporati, per
le ragioni che ne adduce il Guicciardino : laonde
con maraviglia universale restò nel dì primo
di novembre proclamato papa , prima che si
chiudesse il conclave , ed assunse il nome di
Giulio II. Concorrevano in lui le doti d'uomo
magr)i(ìco , di gran mente ed accortezza, di
non minor coraggio , e di lunga spericnza nelle
cose del mondo, col cornetto ancora di jier-
sona leale e vcritieia. Conosce\ ano i migliori
abbondare in lui l'alterigia, e il genio in(|uie-
lo, bellicoso e vendicativo anche delle offese
immaginate: ma ccmveinie Joio seguitar la cor-
rente. Aveva aneli «gli giurato di rimettere nel
suo primiero lustro la discijilina ec<"K'siaslica ,
di launare il concilio geneiaie , e di non fin'
guerra senza il consenso di due terzi del sacro
collegio. Come egli mantenesse la parola , in
breve ce ne accoigen nio. ISon polca cerio
ANNO MPUl 35
crearsi pontefice da cui fosse più iilieno l'a-
nimo dfl duca \alentino; perciocciiè Fra Ro-
derico , clie fu poi Alessandro VI papa , suo
jvidit' , quando era cardinale , ed esso Giu-
liano della Rovere erano state nemicizie pub-
bliche e private ; lalmeiile che un di si stra-
pazzarono con tante villanie , che di peggio
non avrebbe operato qualsivoglia più insolente
plebeo. Per questa cagione esso cardinal Giu-
liano , creato che fu papa il Borgia, di cui
aveva assai scandagliato il doppio e perverso
animo , destramente si ritirò ad Avignone e ia
Francia, dove si guadagnò 1' affetto e la stima
de i re Carlo IX e Luigi XII. Né per quante
esibizioni e carezze gli facesse papa Alessan-
dro, mai volle ritornare a Roma , solendo dire
fra sé: Giuliano, Giuliano, non ti fitlar del mar-
rano. Conlutlociò il novello ponlellce, perchè s'o-
rano imbrogliati gli affari della Roiuagna, &
già egli meditava di ricuperar gli Stati della
Chiesa, giudicò bene di far servire a' suoi di-
segni il medesimo Valentino. Ca. aiolo perciò
fuori di Castello Santo Angelo , con varie pro-
messe , e col confermargli tutti i suoi titoli ed
onori, il trasse dalla sua. S'ei-a, dissi, già
sconvolta la Romagna , perchè i Veneziani ,
persuasi che starebbe meglio in mano loro ,
o de' signori esclusi, quella provincia, che in
potere del Borgia, s'ingrossarono di gente in
Ravenna, da loro signoreggiata , e tanto fecero
che si misero in possesso di Faenza e della
sua rocca. Entn') in Forlì Antonio Viaria de
gli Ordelalli. Rimisero in Rimini Pandoll'o
Malalesta; poscia fatto accordo con lui, ne
36 ANNALI d' ITALIA
acquistarono il dominio. Tentarono Fano , ma
questa città tenne per la Chiesa. S' impadro-
nirono narimente di Porto Cesenatico, di Santo
Arcangelo, e di altre assai terre in quei d' I-
molii e Cesena , ed erano dietro a mettere il
piede anche in Forlì. /
Solamente restarono in potere de gli ufiziali
del Valentino le rocche o foltezze di Cesena ,
di Forlì, di Bertinoro , d'Imola e di Forlim-
popoli. Sommamente increbbe al papa il mo-r
\imento de' N'eneziani, conoscendo quanto poi
sarebbe mahigevole il trarre di mano alla lor
jx)&sar)za la Romagna. E giacché dall' un canto
la spedizione de' suoi oratori a \ cnezia , per
lamentarsi di quella occnjjazione , a nulla gio-
vò; e dall'altro ne' princijij del suo governo
genti e danari gli mancavano per farsi giusti-
zia coli' armi ; giudicò bene di spedir colà il
duca Valentino , colla sjicranza che la pre-
senza di lui potesse far mutale l'aspetto delle
cose in quelle contrade , se pur (juesto fu il
suo vero disegno. Andò il Valentino ad im-
barcarsi per passare alla Specia. Ma eccoti so-
pragiugnere il cardinal Soderino e Francesco
Remolino a chiedergli i segnali delle suddette
fortezze , mostrando essi mutata la lisoluzion
del papa per sospetto che i Veneziani con esi-
bizioni larghe di danaro gli cavassero di mano
quelle /<)rtczze. Ricusò il l'orgia di consegnarli,
e però d'ordin<! del j)a[)a fu ritenuto come
prigione in una delle galee pontificii'. Cagion
ili questo Iraltanieiito ch'egli poi s indusse a
darli: cosa nondimeno che a nulla servì , per-
chè ito con essi 1' arcivescovo di Ragusi , come
ANNO MDIII ^7
comincssario apostolico , i castellani di quelle
fortezze negarono di consegnarle , se non avcano
altro oidine dal Valentino, posto in luogo di
libertà. Per questo fu condotto esso N'alenlina
a Roma , alloggiato in palazzo , ed accarezzato
dal papa , acciocché tal dimostrazione il fa-
cesse comparir libero. Ma spedito dal Valen-
tino Pietro d' Oviedo suo familiare a quei
castellani con ordine di rilasciar le fortezze a
ì ministri del papa , altro non potè impetrare
da don Diego Ramiro castellano di Cesena ,
che se 1' intendeva con gli altri , se non che
gli fu posto un laccio alla gola, e tolta la vi-
ta, come a traflitore del suo signore. Ciò udito
in Roma , fu ristretto il V alenliuo in quella
stessa torre Borgia che era stata in addietro
il ric3tlacolo di tanti miseri caduti in mano
della s\ia barbarie. Produsse anche la sua de-
pressione che le genti spedite da lui innanzi
alla volta della Toscana furono tra Cortona e
Castiglione Aretino svaligiate e disperse da i
Fiorentini.
Bollì più che mai in quest' anno la guerra
fra gli S[)agnuoli e Franzesi nel regno di Na-
poli. A me non permette 1' istituto mio di
darne se non un breve ragcruaslio. Erasi in-
terposto Filippo arciduca , marito di Giovanna,
figliuola del re Cattolico Ferdinando , per ac-
conciar le differenze insorte in quel regno; e
gli riuscì di stabilire una convenzione di tre-
gua o ])ace con Luigi re di Francia , per la
quale esso re addormentato non attese j>iù , col
vigore che occorreva , a sostenere i proprj in-
teressi in quelle contrade. Restò egli poscia
'd^ ANNALI d' ITALIA
deluso , perciocché il re Caltolico H^ce intanto
varj preparamenti per continuare la guerra ,
con poi disapprovare 1' accordo fatto dal gè-
iiero. Però il gran capitano Consalvo , senza
ubbidire all' ordine venuto:;li dall' arciduca di
desistere dalle offese, segiiitij ad impiegare il
suo senno , e i rinforzi di gente che di mano
in ,mano gli andavano arrivan.lo , contra dei
Franzesi , bincliè sovente si trovasse inferiore
ad essi di forzo. \'aria era la fortuna della
guerra in quelle parti , grande la costanza di
Consalvo in sostenere Barletta. Memorabile fu
fra r altre azioni un duello fatto nel febbraio
di quest'anno. O sia che ito un trombetta
franzcse a Barletta pei- riscuotere alcun pri-
gione , qualche soldato italiano sparlasse dei
Franzesi , come scrive il Guicciardino ; o pure
( come è pii'i probabile, e fu scritto dal Sa-
bellico e dal Gio\ io ) che scappasse detto ad
alcun Franzese di nulla slimare i soldati ita-
liani (ingiusta s(;ntcnza,'i in cui anche oggidì
prorompe clii non sa ben pesare la situazion
delle cose): certo è, che volendo l'una e
r altra nazione sostenere il suo decoro , per
non dire la maggioranza, ne seguì pubblica sfida
fra tredici nomini d' arine italiani, scelti dalle
brigate di Prospero e Fabrizio Colonna, mili-
tanti con gli ^pagnuoli, ed altieltanti dalla
parte de' Franzesi , eletti dal duca di Nemours.
Il Giovio registra il nome de' primi, tace per
risjìctto quei de' secondi. La scommessa hi ,
che cadaun d*;' vinti pagasse cento ducati d' oro ,
e perdesse armi e cavalli. Alla vista de gli
eserciti ses^uì il licio coiiiballimciilo a Trani
fra Aiiilria e <)ii;irata. Dichiarossi la vilioria
in favore de ì;1 Italiani. Hai cinto ile' Fraiizosi
uno restò morto , e detto fu die sei meritava ,
perchè essendo da Asti , avea prese l' armi
contro la iiropria nazione. Gli allri quasi tutti
feriti, perchè seco non aveano portato il da-
naro p;;tliiito ( tanta era la lor baldan^.a e vana
fiducia di vincere ) , fuiono menati prigioni a
Barletta, dove ben accolti e consolati da Con-
salvo , dappoiché ehhero pagato , Ih loro con-
cessa licenza di tornarsene al campo franzese,
per predicare a i lor nazionali la moderazion
della lingua, e il rispettar gli uomini onorati
e valorosi di qualsivoglia nazione. Monsignore
di Belcaire vescovo di Metz si credette di po-
ter ([Ili sminuire la riputazion de gì' Italiani (i),
adducendo alcune particolarità toccate dal Sa-
bellico intorno a quel duello , quasiché la fro-
de, e non la virtù , avesse guadagnata la pu-
gna. Ma quel prelato non s" intenileva del me-
stiere dell'armi ; e per la gloria de gl'Italiani
altro non occorre rispondergli , se non che i
giudici deputati a quel conflitto dichiararono
legittima la vittoria ; né mai i vinli , o i lor
compagni pretesero di darle taccia alcuna.
Venuti poscia per mare nuovi rinforzi di
gente a Consalvo tanto di Spagna , quanto di
Germania , uscì vigoroso in campagna. Prese
Ruvo , lungi sette miglia da Trani > con farvi
prigione il signor delia Palizza. Nel qual tempo
anche ad Ugo di Cardona riuscì di dare una
(1) Bclcaiie Comment Rcr. Gallic, Ub. g.
^O AKNALI u' ITALIA
rolla in Calabria all'Aubigny, che vi restò fe-
rito. Più strepitoso poi fu un fatto d' armi ac-
caduto alla Ciiignuola in Puglia nel dì 28 di
aprile dell'anno presente, in cui lasciarono la
vita circa tre mila Franzesi, e da li a non
molto finì anche di vivere il duca di Nemours
generale de' medesimi. Il caldo e il rnmoie di
questa vittoria non solamente fece \enire in
poter di Consalvo più di sessanta terre nella
Puglia; ma indu'^se aiieora Cnpoa ed Aversa ,
e fin la stessa città di Napoli a chiamar gli
Spagnuoli, giacché per mare venivano impe-
dite le vettovaglie , e si mosse a tumulto per
la carestia il poj)olo di quella gran città. Entrò in
Napoli il gran capitano nel dì 14 di maggio con
ì)uoiia disciplina , e senza nuocere ad alcuno,
e tosto piesc a battere colle artiglierie Castel
Nuovo, e l'altro dell'Uovo. Fu preso il primo
nel dì 22 di giugno ])er assalto : il che fu giu-
dicato cosa maravigliosa. Eransi ritirati i Fran-
zesi a Gaeta e al (jarigliano. Consalvo , a cui
non mancò mai diligenza nel suo mestiere;,
uscito in campagna, li lece ritirar tulli a Gite-
la , della qual città non lardò a cominciar il
blocco. Al primo avviso ch'ebbe il re Luigi.
deluso dalla j)ace o ticgua fatta dall'arciduca,
come i suoi alFari jirendeano brutta piega nel
regno di Napoli , mise insieme iììì forte arma-
mento per mare e j>er terra , ilichiaranilo suo
generale monsignoi" della Tremoglia , e poscia
Francesco marchese di Mantova. Pei' varie ca-
gioni venne lenlamenl*' questo esercilo , com-
posto di Franzesi , Svizzeri , Grigioni ed Ita-
Hanij e .solamente alla fine di luglio passò per
ANNO MDIII 4*^
PoDlremoli in Toscana, e di là a Roma, in-
torno alla qual citta per la morte soprai^innta
a papa Alessandro VI si fermò, non pochi
giorni. E intanto il Castello dell" Uovo in Na-
poli , per una mina ( cosa allor nuova ) che
fece saltar colla polvere da fuoco Pietro Navar-
ro , vrinie in poter di Consalvo.
Finalmente s' inviò alla \olta del regno 1' ar-
mata franzcse, e giunse ad unirsi co' suoi a
Gaeta. S'era postato Consalvo a San Germano.
Vennero anche i Franzesi al Garigliano , e
riuscì loro di far un ponte su quel fiume , e
senza alcun progresso in que' contorni si ac-
camparono. Era quel sito assai disagiato, per-
chè i soldati stavano come impantanati nel
fango ; né jjotendo reggere a que' patimenti .
essendo anche mal pagali , parte s' inferma-
vano , parte disertavano , di maniera che molto
s' infievolì r esercito loro. Anche Francesco mar-
chese di Mantova , che fin qui avea esercitato
fra loro la carica di generale, essendo caduto
malato, o pur fingendosi tale , per non poter
più reggere o alla sujierbia o alla discordia o
alla disubbidienza de' Franzesi , impetrata li-
cenza dal re, se ne tornò a casa. Si rinforzò
intanto il gian capitano coli' arrivo di Bailolo-
nieo d'Alviano , fitmoso condottiere, innestalo
«ella casa Orsina , che con altri di quel cognome
al senigio del re Cattolico menò varie compagnie
d' aimati. Noce comune fu , averlo slesso Al-
viano con tante ragioni nicitato Consalvo ad
un fatto d" armi , che ad onta de' suoi capitani
di contrario pareie egli vi si lasciò indurre.
Gillalo dunque all' improvviso un ponte nella
^2 AMIvALI D ITALIA
notte del di 27 di dicembre ( ma dovrebbe
essere il dì ^8 ) sul Garigliano a Siiio , quat-
tro miglia al di sopra di quel de' Frauzesi ,
senza che questi se ne avvedessero, passò buona
parte . dell' armata spagnuola di qua. La mat-
tina seguente , giorno di venerdì felice alla lor
genie , f itlo assalire col resto di sue truppe il
ponte de' Pranzasi , nello stesso tempo Con-
salvo co' suoi spronò verso il loro campo. Più
a ritirarsi die a combattere pensarono i Fran-
zesi ; e lasciata addietro la maggior parte delle
munizioni ( il Guicciardino dice anche nove
pezzi grossi di artiglieria ), ordinatamente s'in-
viarono verso Gaeta , ma inseguiti sempre e
battuti da gli Spagnuoli sino alle mura di quella
città. Grande fu la lor perdita per li morti ,
feriti e prigioni , ma più per lo sbandamento
di assaissimi che andarono qua e là dispersi.
Vi perì fra gli altri Pietro de' Medici , fug-
gendo pel fiume sopra una barca, che carica
di quattro pezzi di cannoni si affondò. Stette
poco il gran caj)itano ad impadronirsi del monte
di Gaeta ; dopo di che si accampò intorno a
quella città. E tali furono i prosperosi avveni-
menti dfirarmi spagnuolc nel regno di Napoli,
correndo quest'anno: in cui ancora verso la
metà di giugno tornarono i Fiorentini a dare
la mala pasqua Ah' campagne di Pisa , e venne
lor fatto di acquistar la Verucola,e di ricupe-
rar Vico Pisano. Perchè né il jiapa né gli altri
moiiar(-1ii cristiani, pcidiilo ciascimo dieli'O ai
propri interessi , porgevano aiuto alcuno alla
reiiubniica veneta , la iirudeuza di ((nel senato
giudicò spcdienle il far [)ace , come potò , co
ANKO MBllI 4^
i Turchi. (Ili convenne restituir Santa Maura ,
e accomoflarsi ad altre dure condizioni , tolle-
rabili nondimeno, perchè troppo pericoloso tra
r o.^linarsi nella guerra contro di sì possente
nemico. Fece il papa in quest'anno nel dì 29
di novembre una creazione di quattro cardina-
li , fra' quali due suoi nipoti.
Aìtno di Cristo i5o4. Indizione VII.
di Giulio li papa 2.
di Massimiliano re de' Romani 12.
Uno de' maggiori pensieri di papa Giulio II
cominciò e continuò ad essere quello di ricu-
perar lutti gli Stati dilla Chiesa Romana. Per
conto de' Veneziani , che occupavano Ravenna,
Faenza e Rimini ^ con parole forti intimò ad
Antonio Giustiniano orator veneto la restitu-
zione di qiielle città (i). Spedì ancora lettere
risentite, che fuiono presentate a quel senato
dal vescovo di Tivoli ; e pulsò il re di Fran-
cia e Massimiliano Cesare a prestargli aiuto
per questo fine. Ma indarno tutto, perchè i
Veneziani adducevano varie ragioni in lor di-
fesa. Voltossi il pontefice al duca Valentino,
per carpire almeno da lui le fortezze che già
dicemmo tuttavia conservate da i suoi fedeli
ufiziali. E perciocché questi s'erano già espressi
di non volerle consegnare , se non venivano
gli ordini da esso duca, posto in libertà , ed
egli era tuttavia ritenuto prigione dal papa.
(1) Bembo, Guicciardino. Rajnaldus .\iuial. Ecrl.
/^^ ANAALI d' ITALIA
trovossi il ripiego clic esso Valentino fosse po-
sto in mano di BernaidiiTb Can ajal cardinale
di Santa Croce , ed inviato ad Ostia , per
essere poi rilasciato e condotto in Francia ,
subito che si avesse certezza clie le rocche
suddette fossero in potere de' ministri pontillzj.
Segretamente da Ostia proccurò il Borgia da
Consalvo un salvocondotlo ; ed appena fa giunto
r avviso che i castellani di Cesena , Imola e
Berlinoro aveauo fatta la consegna di quelle
fortezze , che il cardinale il lasciò in libertà ,
dandogli campo di ritirarsi occultamente a Na-
poli , dove fu molto ben accolto dal gran ca-
pitano nel dì 28 di aprile. Il pontefice , perchè
senza saputa sua seguì la liberazion di questo
scellerato , né la rocca di Forlì era stata con-
segnala , se l'ebbe forte a jiiale. Ne scrisse
con vigore a i re cattolici , cioè a Ferdinando
ed Isabella ( principessa gloriosa ^ che appunto
neir anno presente a dì 36 di novembre passò
a miglior vita ) , acciocché rimediassero al tra-
dimento fattogli. Quali ordini venissero di Spa-
gna, si scoprì dopo qualche tempo. Facea
credere il Valentino a Consalvo di poter im-
brogliare le cose di Toscana in favor di Pisa
e de gli Spagmioli ; e a questo effetto per lui,
e per alcune milizie da lui assoldale , s'erano
preparate le galee per trasportarlo a Pisa. Prese
egli congedo da Consalvo la notte con abbrac-
ciamcnli vicendevoli; ma la mallina seguente,
giorno 27 di mag;^io, allorché usciva di camera
per andare ad inil)arcarsi , fu latto prigione ,
toltogli il salvocondotlo , e da 11 a non mollo
invialo iu Ispagna sopra una galea solliie..
ANNO MI)IV 4^
servito da un solo paggio (i). Per quasi tre
anni stette ritenuto nella rocca di Medina; altri
dicono nel castello di Ciattiva, da dove iinal-
mente essendo fuggito , e passato a militare in
IN'avarra , quivi ucciso in un agualo , terminò
miseramente la vita , e vilmente fu seppellito.
Ed ecco dove andò a terminare la grandezza
di Cesare Borgia , cioè di un mostro , aspi-
rante al dominio dell'Italia : grandezza proc-
curata a lui dal disordinato amore del papa
suo padre , e da lui ottenuta col ii.e/.zo di
tante iniquità. Non si può né pure oggidì ram-
mentar senza orrore e indignazione il suo no-
me ; e Niccolò Macchiavello , che prese a lo-
dare, non che difendere un tiranno sì detestahile,
di troppo anch' egli oscurò la sua rijiutazione,
ed aggiunse questo a tanti altri reali della sua
penna. Riuscì poi a papa Giidio col potente se-
greto del danaro di cavar dalle mani del ca-
stellarlo la rocca di Forlì . «iaccliè la città
J O
dianzi a lui si era data. Mentre il papa mo-
strava tanto zelo per ricuperar gli stati ponti-
lizj , ed annullava perciò le concessioni fatte
da' suoi predecessori , non pensò già che do-
vesse essere sottoposta a questo rigore la pro-
pria casa. Imperocché non solamente confermò
il ducato d" Urbino al duca Guiduhaldo della
casa di Montefeltro ; ma perdi' egli si trovava
senza prole , 1' indusse ad adottare in figliuolo
Francesco Maria della Rovere , suo nipote ,
prefetto di Roma e signore di Sinigaglia , al
(0 Giovio. Buonaccorsi. Guicciaixiino. Panvinio. Ales-
sandro Sardi.
/^C ANNALI II" ITALIA
quale col oonsentimiuto di tutto il sacro collegio
fa confermata la successione in quel ducato.
Ciò fece parere ai Veneziani ingiusta 1' ira del
pa >a contro di loro, da che si esibivano an-
ch essi di pa^iar censo, e di riconoscere dalla
Chiesa quanto essi aveano tolto al Valentino,
cioè ad un tiranno , in Romagna.
Trovavansi i Franzesi ristretti in Gaeta, e
poco sperando soccorsi, e molto desiderando
di salvar le vite e gli amisi; però vinti an-
cora dal tedio, non tardarono a capitolar la
resa di quella città. Stabilissi l' accordo nel
primo giorno di quest'anno, e ne usci quel
presidio con tutlo onore, menando via le sue
robe , e con libertà di passare in Francia per
mare e per terra. GÌ' imbarcati per mare pe-
rirono quasi tutti o in cammino o in Francia.
Gli altri inviati per terra, parte per freddo,
parte per fame e per malattie , miserabilmente
lasciarono le vite nelle strade. la tal guisa , a
riserva di qualche luogo , reitò possessore del
regno di Napoli Ferdinando il Criltolico ; e la
Francia allinconlro si Irovò piena di mestizia
e di rabbia per tanto oro inutilmente speso ,
per la riputazione sminuita , e per tanta no-
biltà e milizie sacrllicate all' ambizione del le,
che non conlento di un sì fiorito regno , qnal
è la Francia , si era voluto perdere dietro alla
ronquistT de' rt^gni altrui e lontani. Per cagione
di questi sì fislidiosi contraleuipi si diede il
re Luigi a manrgiiiar «"ol re Cattolico una tre-
gua , di cui cadauno avca una st^reta \oglia
e bisogno ; e questa in fatti si conchiuse ,
restando le parti in possesso di quel che
ANNO Mni\ 4;
tenevano. Trallossi poi di ridurre questa tregua
iu pace , con propoi'si ivi clie si rcslituisse il
regno di Napoli al re Federigo. Ma perchè i
ministri del re Ferdinando aveaiio ben in bocca
parole di pace , quando nell' interno del loro
sovrano sì covavano altre intenzioni , il ne-
goziato andò in fascio. Si concbiuse bensì il
trattato di pace fra esso re Luigi , Massimi-
liano Cesare e Filippo arciduca suo figlio , il
quale per la morte della regina Isaljella co-
minciò in qiiest" anno a suscitar dell.- liti con-
tro il re Cattolico pel regno di Casliglia , de-
caduto a Giovanna sua moglie. Ma le condi-
zioni di quel trattato poco efl't Ito l' ebbero col
tempo ; se non che fin d' allora fu creduto che
I una e l'altra potenza si accordassero per
muovere gueria a i Veneziani : il clie dopo
qualelie anno vedremo eseguirsi. In qiicst anno
ancora i Fiorentini verso la metà di maggio
spinsero T esurcito loro addosso a' l'isani , per
dare il guasto a quel territorio , sperando sem-
pre clic alla perdita delle biade terrebbe die-
tro la fame, e a questa la resa della citta. Più
che ne' precedenti si stese tal flagello per quelle
campagne. Assediata Librafalta , 1' ebbero a di-
screzione. Lusingaronsi parimente i 1 iorenlini di
poter levare Amo a Pisa : tante belle promesse
Jie riportarono da gli architetti ed ingegneri. Se
ciò avveniva, di più non occorreva per ridurre
in agonia quella città. Di vasti fossi , di somme
spese si fecero a questo fine. .Ma il fiume si
rise di chi gli volea dar legge, e seguitò a
correre nel suo grand' alveo come prima: di-
singanno non poche altre volte accaduto . e
48 ANNAU d' ITALIA
die accaierà a chi prende simili grandiose
imprese, per mutare il sistema de' grossi fiu-
mi. ^'en!)e a morte in quest'anno Federigo
già re di Napoli nella città di To;:rs in Fran-
cia , da che erano svanite le lusinghevoli spe-
ranze sue di ricuperare il regno, troppo va-
namente credendo egli che non burlasse il re
Cattolico , ((u tlor mostrava sì graziose inten-
zioni di spogliarsi dell'acquistato : al clie ogni
principe si sente in cuore un troppo gran ri-
brezzo (i). Finì ancora di vivere nel di io di
settembre Filiberto duca di Savoia e priicipe
del Piemonte , in età solamente di venticuKjae
anni , lasciando vedova Margarita d'Austria sua
moglie , iiglia di Massimiliano re de' Komaiii ,
che divenuta poi governalrice de' Paesi Bassi ,
si acquistò gran nome nelle storie. Al duca Fi-
liberto succedette Carlo III suo fratello.
Anno di Cristo i5o5. Indizione Vili.
dì di! LIO II papa 3.
di Massi:\uliaìno re de Romani i3.
Non a\ea fin qui j)apa Giulio voluto accettar
gli ambasciatori che la ropubl)Iica di Venezia
avca proposto d'inviare a rendergli ubbidien-
za , persistendo sempre in prel'iideri' prima
la rcstituzion delie terre occupate tla essi Ve-
neziani in Romagna. Ma da che vide non va-
ler le minaccit; per muovere quel senato , e
che le i'orzc mancavano a lui per sostener le
(i) Pingon. Guichenon.
ANNO MOV ^9
parole: intronato ancora dalle tlogliauze de' po-
poli di Forlì, Imola e Cesena, che a cagion
delle castella del territorio loro , delenule da
essi \eiieti , pativano grande iiiconiodo e dan-
no; condiscese in line ail un accordo. Cioè
permise a' Veneziani il possesso di Rimini e
Faenza, ed eglino circa il di 12 di marzo re-
stituirono alla Chiesa Romana Porto Cesenati-
co, Savignano, Tossignano , Santo Arcangelo,
e sei altre terre col loro distretto. Parve con-
tento di questa cessione il papa . mentre nello
stesso tempo divisava de i mezzi per riavere il
resto. Nel di 3 di febliraio fece egli la pro-
mozione di nove cardinali , e fra essi si contò
un altro suo nipote. Sarebbe passato quest'anno
con sounna pace in Italia , se i Fiorentini ,
sempre più accaniti contra di Pisa, non ne
avessero turbata la quiete (i). Erano i lor
disegui di tornare anche nel! anno presente a
dare il guasto alle campagne pisane ; anzi me-
ditavano di andar a mettere il campo a Pisa
stessa, per ultimar quella impresa, e, come
essi diceano , per levarsi d' adilosso quella feb-
bre continua. Ma Gian-Paolo Baglione , che era
stato condotto da essi colle sue genti d'arme,
allegò scuse di non poter venire ; e proteggendo
il gran capitano Cousalvo Pisa , si venne a
sapere che anche inviava colà alcune poche
fanterie. Ma quel che maggiormente dava da
pensare a i Fiorentini , era che Bartolomeo d'Al-
viano , persona di molto ardiie , in quel di
(i) Buonaccorsi. Guicciai-dino.
Muratori, rlnn. Voi. XIF.
5o ANNALI d" ITALIA
Roma facea uiassa digeute, con vantarsi pub
bìicainente t!i voler passare in aiii'o de' Pisani,
e di condursi anche sotto Firenze. Per queste
cagioni non osarono i Fioreniiril di fare Del-
l' anno presente il solilo brutto gioco a i Pi-
sani. Ma eccoti snl principio di maggio passare
l'Ahiano colie sue soldatesclie pel Sanese , en-
trale nel Forcntino, aiii '.arsene dipoi a Piom-
bino: il che diede tempo a' Fiorentini di ac-
crescere , come poterono , le loro forze. Sco-
pertosi dipoi che l'Alviano era per condurre le
sue squadre a Pisa verso la meta d' agosto ,
Ercole Bentivoglio generale dell' armi tiorenti-
ne , tenuto consiglio coi! Marcantonio Colonna ,
Jacopo Savello ed altri condottieri , determinò
di contrastargli il passaggio. Si venne perciò a
battaglia, in cui restò disfallo lAlviano , e co-
stretto di fuggirsene a Siena , con aver perduto
più di mille cavalli e molti carriaggi, t'rcdeltc
allora il popolo di Firenze giunto il bealo
giorno di ricuperar Pisa; e quantunque molti
de' saggi ne dissuadessero 1' impresa , pure fu
presa la risoliri^ione di andar sotto quella città.
INel tli ti di seltend)re le artiglierie comincia-
rono la lor terribile sinfonia contro di Pisa.
Atterrata buona parte delle mura , si venne
all' a.ssalto ; ma con lai corai^gio si difesero i
Pi.'ani , (he-|o pertlerono gli assalitori. Da im al-
tra palle si fece breccia, e male e jieggio riu-
scì il secondo lintativo. Peilochè passò loro
la \oglia di far altre priiove dei proprio valo-
re, e pieni di vergogna se ne tornarono in-
dietro : e tanto più per aver inteso che da
Consalvo di notte erano stali intiodotli in Pisa
ANNO MDV 5l
trecento fanti. Dopo questo fatto ve ne inviò
egli altri mille e cinquecento : con che tra-
montarono per ora le speranze del popolo di
Firenze.
Nel dì 25 di gennaio dell'ainio presente
mancò di vita Ercole I duca di Ferrara, prin-
cipe , che dopo avere nnparato a sue spese
che pericoloso mestiere sia quel della guerra ,
avea atteso a conservar la pace, e ad ingran-
dire ed abbellir Ferrara con varie fabbriche e
delizie, e a rendere più felici i suoi popoli.
Lasciò dopo di sé tre figli legittimi , Alfonso
primogenito , Ferdinando e Ippolito cardinale.
Neil' anno precedente aveva egli inviato Alfonso
alle corti di Francia, Spagna ed Inghilterra,
acciocché la conoscenza di que' gran principi,
e de' costumi e governi delle varie nazioni ,
servisse a lui di scuola per ben reggere sé
stesso e gli altri. Trovavasi Alfonso in Inghil-
terra , disposto a passare in Ispagna , allorché
giuntogli l'avviso della grave malattia del pa-
dre , gli convenne affrettare il suo ritorno a
Ferrara, dove fu riconosciuto per duca e si-
gnore da tutti i suoi popoli. Pace bensì gotiè
in quest'almo l'Italia, ma non andò già esente
fla altre calamità. Fiero tremuoto si fece sen-
tire con varie scosse in più giorni in Venezia,
Ferrara, Bologna ed altri luoghi, per cui cad-
dero a terra non poche case, campanili e chie-
se, e a moltissime altre si slogarono le ossa;
di modo che'i popoli si ridussero a dormir
ziclle piazze e ne' campi. Non minor flagello
fa quello della carestia , e carestia universale
per tutta l'ilalia, essendo stato pesshxio il
52 ANNALI d' ITALIA
raccolto, di modo che la povera gente fu ridotU»
a iiKiiigiHi' erbe, e non pochi morirono per
questo. Infermatosi gravemente nel marzo del-
l' anno presente Lodovico XII re di Francia .
andò a battere alle porte della morte, ma poi
si riebbe. wSe moriva , voce comune fu che i
Ventziaiii , uniti col gran capitano e col car-
dinale Ascanio Siòrza , avessero disegnalo di
cacciare i Franzesi dallo J^talo di INiilano. M»
queslo cardinale fu cacciato egli fuori del
mondo in Roma mi tlì 38 del segutnle mag-
gio dalla peste, altra calamilà che si aggiunse
alle sopradette. Né si dee tacere, come cosa
in cui ebbe interesse anche Tltalia , che nel
mese d'ottobre leslò conchiusa pace fra il re
di Francia e Feidinando il Cattolico , il quale
dopo la morie della regina Isabella non usava
j)iù che il titolo ili Re dAragona. F.nuio in-
sorte liti fra esso re Cattolico e Filippo arci-
duca suo gencio, pretendendo questi che il
suocero non avesse j)iù da ingerirsi nel governo
della Casliglia. Pieparavasi in fatti esso arci-
duca per \rnlre di l'iaiidra in Isjingna. Ferdi-
nando giudicò bene in tal congiiuitura di ami-
carsi colla Francia. Ne' capitoli di quella pace
si stahili il di lui accasan.ento ccn Ciermana
«li lois, figliuola di una sorella del re di i ran-
cia, che portò in dote ciò che restava in man
de' Franzesi ni 1 regno di Napoli. Rinunziò il
re Lodovico alf altre sue pn tensioni sopra <|uel
regno , obbligandosi Feidinando di pacargli in
(licei anni settecento mila dueati d' 010. Resta-
rono con cii') liberi dalla piigi(ini;i i baioni del
regno die aveano militalo in iavore del re
ANNO MnV 53
Callolico , e levalo il coiilìsco fatto contro clii
avca seguitato il partito franzese.
Aìiìio di Cristo i 5o6. Indizione IX,
di Giuuo II papa 4-
di Massimiliano re de Romani i/^.
Maravigliaxasi la gente al vedere come papa
Giulio, personaggio che in addietro s' era fatto
conoscere di pensieri sì vasti e d' animo tor-
bido, fosse fin qui vivalo con tanta quiete.
Cessò questa lor maraviglia nell'anno presente ,
perchè esso papa , dopo aver più volte detto
in concistoro di voler nettare la Chiesa da i
tiranni, spezialmente mirando a Perugia e Bo-
logna, deliberò di eseguire il suo disegno (i).
Non volle commettere ad altri questa impresa;
ma siccome papa guerriero si mosse da Roma
nel di 2-^ d' agosto con ventiquattro cardinali
e quattrocento uomini d' armi , avendo già fatti
maneggi per aver soccorsi dal re di Francia ,
da Ferrara , da Mantova e da Firenze. In Pe-
rugia i Baglioni , in Bologna i Bentivogli , fat-
tisi capi del popolo , a poco a poco n' erano
divenuti come signori, con ileprimere cliiuu-
que si mostrava contrario a i loro voleri. In-
dirizzò Giidio i suoi passi alla volta di Peru-
gia, dove Gian-Paolo Baglione trovossi in grande
imbroglio , perchè troppo disgustoso era il ce-
dere, troppo pericoloso il resistere. Nel di lui
(i) Biionaccorsi. Guicciardino. Panviniiis. Ravnaldus
Anual. Er.i-l.
54 ANNALI D ITALIA
animo prevalsero i consigli del duca d' Urbi-
no , sotto la cui fede , arrivato che fu il papa
ad Orvieto, andò colà ad inchinarlo , e ad of-
ferirsi umilmente alla di lui volontà. Fu rice-
vuto in grazia , con rimetter egli le fortezze e
porle di Perugia in mano del papa , e con
promettere di andar seco in Romagna con
cento cinquanta uomini d arme. Entrò pacifi-
camente il pontefice in Perugia nel dì i3 dì
sellembre, e ne prese il dominio. Quindi mag-
gionmiite rinforzalo dal Baglione, s'inviò alla
volta d'Imola ; né parendogli decoroso il pas-
sar per Faenza occupata da i Veneziani, giro
per le montagne del Fiorentino, e andò a po-
sare in Imola , da dove intimò a Giovanni
Bentivogllo il rilasciar Bologna colla minaccia
di tutte le pene spirituali e temporali. Sulla
speranza di molte promesse della protezione
del re di Francia s' era il Bentivoglio messo
in islato di difesa. Ma il re , a cui maggior-
mente premeva per li suoi interessi (fi tenersi
amico il papa , che di giovare a' suoi racco-
mandati, mandò ordine al signor di Sciomonte
goveruidor di Milano di assistere con tutte le
sue forze il papa. E in efl'ello con seeenlo lance»
ed olio mila fanti si vide arrivare lo Sciomonte
a C:istelfranco. Anche il pontefice avea ricevuto
gente da' Fioiculiui , <la Alfonso duca di Fer-
rara e da Francesco marchese di Mantova , il
qn:de fu (iichiarato capitan generale dell' eser-
cito ponlili/.io. A sì gagliardo apparalo di forze
nemiche s'avvide il Bentivoglio che vano era
il ricalcitrare. l'I però jiiù tosto che ricorrere
alla clemenza del paj)a , dalla cui generosità
ANNO MBVI 55
forse avrebbe potuti) otleiier ma;;giorI vaiitng-
gi , passò nel tlì due di novembre al campo
li-anzesi' ; ed impetrato di poter m!;ltere in
salvo la sua famiglia e i suoi mobili, per riti-
rarsi poi sul Milanese, lasciò in libertà i Bo-
lognesi di trattare col papa. Entrò questi in
Bologna con gran pompa nel dì 1 1 di novem-
bre , tutto giubilo per si nobile acquisto. Mo-
rivano di voglia anclie i Franzesi d' entrare ,
non cerio per divozione , in quella grassa cit-
tà , ed usarono ancbe della forza ; ma il po-
polo in armi fi ce sì buona guardia, die con-
venne loro restarsene ili fuori , eccettuato lo
Sciomonte col suo corteggio , die fu a baciare
i piedi al papa , e riportò , oltre ad un regalo
in pecunia per lui , e ad un altro assai tenue
per le sue genti, la promessa di un cappello
per Ludovico d Ambosia vescovo d Albi , suo
fratello.
Erano entrati in cuor di Ferdinando il Cat-
tolico non piccioli sospetti contra di Consalvo
gran capitano , e viceré per lui nel regno di
Napoli. Xè manca\ano invidiosi e malevoli die
li fomentavano ed accresce\ ano , facendogli
credere die Consalvo , colla liberalità che
usava per affezionarsi i regnicoli con discapito
del regio erario , meditasse di usurpare per sé
quel regno; ovvero (il die è più probabile)
inclinasse a tenerlo per 1' arciduca Filippo suo
genero , il quale aveva assunto il titolo di Re
di Castiglia. Nel gennaio dell' anno presente
s'era esso aìciduca con cin((uanta vele e grande
accompagnamento di nobiltà fiamminga inviato
per mare alla volta di Spagna. Battuto da liera
5(3 ANNALI D ITALIA
tempesta , l'u spinto in Inghilterra ; ma ripi-
gliato il cammino , sbarcò finalmente in Ispa-
gna. Fu ad incontrarlo il re Ferdinando , e
si trovò maniera di calmare i lor dissapori, e
di conchiudere un accordo fra essi. Ora i sud-
delti sospetti di Ferdinando, avvalorati sempre
più da qualche disubbitlienza di Consalvo , e
massimamente percV: richiamato colle più af-
fettuose parole alla corte d'Aiagona , egli con
varie scuse e pretesti mai non s' era voluto
movere ; indussero il re a venir egli in per-
sona a Napoli. Mostravasi questa sua risolu-
zione in apparenza nata dal forte desiderio e
dalle vive istanze de' Napoletani di vedere di
nuovo il lor sovrano. Ma l'interno motivo era
di assicurarsi che Gonsalvo , caso che macchi-
nasse delle novità, non le potesse eseguire,
con levargli destramente il governo. Avvisato
Consalvo del disegno del re, spedì persona
apposta in Ispagna per mostrarne il suo con-
tento; e fu allora, se pur non avvenne più
lardi, che Ferdinando colla sua dote primaria,
cioè colla dissimulazione e simulazione confermò
tutti i feudi e le rendite, ascendenti a venti mila
ducali d'oro, ch'egli dianzi go: leva in regno di
Napoli , e il grado di gran contestabile. Imbar-
catosi dipoi, dopo avere ricevuto nel suo pas-
saggio ])er mare regali e segni di grande stima
da i (ìfuovesi e Fioientini, ari ivo alle spiagge
di Napoli sul fine di ottobre. Consalvo , an-
corché molti vogliano ( ed è ben probabile )
che fosse assai informalo e persuaso del mal
animo del re verso di lui ; pure con tutto
coraggio ed ilarità di volto, affidato for.sf nella
ANNO MDVI 3^
sua innocfiiza , andò a presentarsi a lui. Son
qui fliscortli il Giii<:i;ianliiio e il Giovio. Que-
gli scrive che andò sino a Genova; e i'allro,
secondo le apparenze più degno di fede, per
avere scritta la \ ita di lui, dice che si portò ad
inchinarlo al Capo Miseno presso jSapoli. Non
potea Consalvo desiderare accoglimento più
dolce e benigno; e lincile il re sì fermò in
Napoli, la confidenza in lui fu grande, e nulla
chiese , che non ottenesse. Nella sua venuta
per cagion de' venti contrarj obbligato esso
Ferdinando a fermarsi alquanti giorni a Porto
Fino , quivi avea ricevuta la nuova, come Fi-
lippo suo genero re di Castiglia ( verisimil-
menle perchè troppo amico de' lauti conviti)
era caduto infermo in Burgoé, e che nel dì 23
di settembre nel fiore della sua età era passato
air altra vita. Fece questo impensato accidente
credere a molti che Ferdinando fosse per vol-
tare le prore, e tornarsene in Ispagna a rias-
sumere le sospirate redini della Castiglia. Ma
standogli più a cuore il provedere a i bisogni
di Napoli , colà passò , e poscia un bel fune-
rale , ma senza lagrime , fece ivi alla memoria
dell'estinto genero.
A chiunfp.ie ha letto i precedenti Annali ,
uopo non è che io ricordi che la discordia
avea sempre in addietro tenuto il principal suo
seggio nella città di Genova. Ola le principali
case fra esse , ora i popolari co i nobili erano
m rotta : effetti della superbia , dell opulen-
za, dell'ambizione e d' altri malanni in quei
popolo, a cui in vivacità d'ingegno pochi altri
d Italia si possono paragonare. Tutte nondimeno
58 A-N-\AO d' ITALIA
le lor gare parca clic dovessero cessare sotto
il dominio e governo d' un re di Francia ,
padrone ancora di Milano. Non fu così. Mos-
sosi a sedizione il popolo contro la nobil-
tà, andò tanto innanzi il bollore de gii animi,
che finono forzali i nobili , cedendo al malto
furore del popolo, di uscire dalla città, con
restar perciò, saccheggiate le lor case. Ridotto
il governo in mano della plebe più vile, co-
storo andarono ad occupar le terre de'Fieschi,
e passarono infino ad assediar Monaco , che
era di Luciano Grim.ildi. Filippo di Ravenstt-n
regio governatore , dopo aver fallo il possibile
per ismorzar questo incendio, veduto che non
vi era p ù il suo onore in mezzo a tanta dis-
ubhidirnza j si ritirò, lasciamlo buon presidio
nel castelletlo. Al re Lodovico XII diedero de
gli affauiii e non poco da pensare sì fatte
insolenze , temendo egli che questa piaga
. avesse più profonde radici. In falli mentre egli
era, secomlo lo stile franzese , portato a favo-
rir la parlo de nobili , si scoprì che il papa,
siccome Savonese di nascila , si era dichiarato
favorevole al parlilo de' popolari. Diedesi per-
ciò il re a fare armamento per terra e per
mare a fin di rimediare al disordine colla for-
za , giacché a tndla aveaiio servilo le amore-
voli insinuazioni e le minaccie. Ne! luglio del
presente anno si scopri anche in Ferrara una
congiura contro la vila del duca AKbuso ("i).
Era (fucsia tramala da don Ferdinando suo
fiatello minore, per voglia di regnare, e da
(i) Aulidiità Esleiui l'art. 11.
ANNO MDVI 3f)
Giulio SUO fratello bastardo , per ispirilo di
vendetta, non avendo esso duca fatto risi nti-
menlo in occasiou d' avere il cardinal d' Este
tentato di fargli cavar gli occhi con barbane
di testata da ognuno. Convinti e confessi amen-
due , furono condennati a morte; ma mentre
avcatio il capo sotto la mannaia , Alfonso fa-
cenilo prevalere la clemenza alla giustizia , li
rimise ad una prigione perpetua. Campò dipoi
don Ferdinando sino al 1 54o ; Giulio sino al 1 559,
in cui riebbe la libertà.
Anno di Giusto \So~. Indizione X.
di Gli LIO li papa 5.
di Massimiuano re de Romani i5.
Trattcncvasi papa Giulio in Bologna , ma
non assai contento al vedere non ben peran-
cbe assodato il dominio suo in quella città ,
perchè i Eenlivogli si fermavano nello Stato
di jNlilano. Ne fece doglianze col re Lodovico,
il quale si alterò non solo per questo , ma
ancora perchè esso papa non avea restituiti i
suoi benttizj al protonotario, figlio di Giovanni
Bentivoglio, ancorché la facultà di dimorar nel
Milanese a i Benlivogli, e la restituzione sud-
detta fossero state dianzi accordate dal mede-
simo papa. Crebbe lo sdigno di Giulio, da
che intese risoluto il re di procedere coli' armi
centra di Genova : laonde senza più attendere
il concerto fatto col re di abboccarsi seco ,
allorché egli Ìussc venuto in Italia, nel dì 22
di febbraio si parli da Bologna , e s' inviò alla
volta di Boraa. Pria nondimeno di abbandonar
6o ANlNALI n' ITALIA
quella città, ordinò che si rificesse alia porta di
Gallerà una fortezza, col pretesto consueto della
sicurezza della città , ma in fatti per tenere in
brii^iia quel popolo : due azioni che rincrebbero
non poco, la prima a gli amici de'Bentivogli , e
Tallra ad o^nun di que'cilladini. Arrivò il papa
a Roma nel dì 27 di marzo, dove tutto si ap-
plicò a i maneggi di una forte lega contro i
Veneziani , per ricuperar le città da loro oc-
cupate in Romagna. E perciocché i Bentivogli
neir aprile seguente fecero un tentativo per
rientrare in Bologna; e veniva ior fatto, se
Ippolito cardinal d' Este non si opponeva ; nel
dì primo di maggio fu diroccato il palazzo di essi
Bentivogli in Stra'San Donato, che era de' più
belli d' Italia di que'tempi. Crebbe nell' anno
presente il tumulto di Genova (i). Perchè fu
forzato quel sedizioso popolo da i Franzesi a
ritirarsi dall assedio di Monaco, senza più ri-
spettare la maestà e padionanza del re Lodo-
vico, creò doge Paolo da iNt)vi, tintore di se-
ta, uomo della feccia della plebe, e venne ad
mi' apeita e total ribellione : tutto pazzamente
fatto, perchè niun v' era che Ior facesse spe-
rar soceorso per sostenere un sì ardito dise-
gno. Per (pianto il cardinal del Finale , cioè
Carlo del Carrello, gli esortasse ad implorare
il perdono , di cui si lìiceva egli mallevadore ,
rrelibe la loro Ostinazion semjìre più. Il re
Lodovico , che a sue spese aveva imparato qnal
dilfercnza vi sia tra il lare in persona la guerra
(i) Agostino Giustiuiani. Senarcga. Guicciaidino.
ANNO MDVII t)l
e il commetterla a i capilani , passato in Ita-
lia, si l'eniiò ad Asti; e da die ebbe fatto ve-
nir per mare molti lettili armali, si mosse
verso il fine d' aprile coli' esercito di terra per
passare il Giof^o- Poca resistenza polè fare alla
di lui possanza lo sforzo de popolari di Ge-
nova , di modo clie iiiviarojio ad otìt'riri;li l' in-
gresso nella città ; ed egli nel dì 28 di esso
mese colla spada nuda in mano , senza volere
che si parlasse di patti , vi entrò. Conluttociò
non pensò il buon re ad imitare i tiranni, ma
sì bene a seguir 1' esempio de' saggi ed amo-
revoli principi , clie mai non si dimenticano
d'essere padri, ancorché i sudditi si scordino
d' essere figli. Mise buona guardia alle porte
della città , afiinchè gli Svizzeri e venturieri
non vi entrassero e mettessero tutto a sacco.
Trovati gli anziani inginocchiali e dimandanti
misericordia, rimise la spada nel fodero, con-
tentandosi poi di mettere al popolo una taglia di
trecento mila scudi, da pagarsi in quattordici me-
si , con rimetterne da lì a poco cento mila.
Ordinò la fabbrica di una fortezza al Capo del
Faro; e dojìo aver falla giustizia di alcuni po-
chi, e data nuova forma a quel governo, nel
dì 14 di maggio se ne tornò in Lombaidia , dove
hcenziò r esercito per quetare i sospetti insorti
in varj potentati. Bramava egli di ripassare in
Francia ; ma perchè udì \i<;ina la pailcnza di
Ferdinando il Cattolico da Napoli , che desi-
derava di seco abboccarsi in Savona , si fermò
ad aspettarlo.
Oalle lettere de' suoi ministri d'Aragona , e
dalle istanze di Giovanna sua figlia regina (li
62 ANNALI D** ITALIA
Castiglia veniva esso re Cattolico sollecitalo a
tornarsene in Ispagna , per ripigliare il go-
verno anche della stessa Castiglia ; percioccliè
Giovanna dopo la morte del marito arciduca
tanto dolore provò di tal perdita, clie s'in-
fermò in lei non meno il corpo che la mente.
E intanto i due suoi figliuoli , Carlo, che fu
poi imperadoro , e Ferdinando , per la loro
età non erano peranclie atti al comando. Dopo
aver dunque il re Ferdinando lasciate molte
buone provvisioni in Napoli e pel regno, e
mutati tutti gli ufiziali messi nelle fortezze da
Consalvo , nel dì 4 di giugno sciolse le vele
verso Ponente colla regina sua consorte, e
senza volersi abboccare col papa , che si era
portato ad Ostia per questo, continuò il suo
viaggio. Obbligato da venti contrarj , prese
porto in Genova , e poscia nel di 28 di giu-
gno arrivò a Savona, accollo con gran pompa
e finezze dal re Cristianissimo , ma con aver
prima esatte buone sicurezze per la sua per-
sona. Furono per quattro giorni in «stretti e
segreti ragionamenti , dimenticate le precedenti
nemicizie , siccome conveniva a principi d' a-
nimo grande (i). Avea Ferdinando colle mag-
giori dimostrazioni di benevolenza e promesse
di vantaggi menato seco da Napoli anche il
gran capitano Consalvo. Non si saziò il re Lo-
dovico di mirare ed onorare un personaggio
che con tante pruove d' accortezza e valore
avea tolto a lui un regno ; impetrò ancora da
Ferdinando che (jueslo grand' uomo cenasse
(r) Giovio. Ouicciardino. Mariana de Reb. IIi$pau<
ANNO MDVII l3
alla medesima tavola (lo\e erano assisi ' essi
due re e la regina. Sì graziosa finezza del re
fianzese verso di Consalvo ad altro non servì
che ad accrescere le gelosie nella testa spa-
gnuola del re Cattolico. In fatti , siccome av-
vertirono il Giovio e il Guicciardino, quello fu
r nltimo ijiorno della gloria di ConsaKo; im-
perocché giunto in Ispagna non potè n,ai ot-
tenere il grado di gran maestro de' cavalieri di
San Jago, per cui gli aveva il re impegnala
la parola. Insorsero anche altri dissapori e
contratempì, per cagiou de' quali mai più di
lui si servì il re né in affari politici , né in
militari. Mancò di vita Consalvo nei dì 2 di
dicemhre del i5i5; né lasciò il re a lui morto
di far quegli onori che in vita gli avea negato,
con ordinare che dapertutto gli fossero cele-
hrali sontuosi funerali : ricompensa ben me-
schina ad uomo di tanto merito. Stette poi
poco a tenergli dietro lo .stesso Ferdinando .
come dirassi al suo luogo e tempo.
.■inno di Cristo i 5o8. Indizione XI.
di Gii'Lio II papa 6.
di Massimiliaro re de Romani 16.
L'anno fu questo in cui i principali poten-
tati dell' Europa meridionale si utiirono per
atterrar la potenza della repubblica veneta ,
sfoderando cadauno sì le recenti che le ran-
cide jjietensioni loro sojtra la Terra feima ,
posseduta da essi \ eneti. Ma prima di (jucsto
fatto avvenne che Massimiliano re de' Boniani
si era messo in pensiero di calare in Italia ,
t)4 ANNALI d' ITALIA
non tanto per prendere , secondo il rito de ì
suoi predecessori , la corona e il titolo impe-
riale in Roma , quanto per ristabilire i diritti
dell' imperio germanico in queste provincie , e
recare a Pisa , continuamente infestata da' Fio-
rentini , quel soccorso che , tante volte pro-
messo e non mai eseguito , fece poi nascere
il proverbio del Soccorso di Pisa (i). Chiesto
a' Veneziani il passo e V alloggio per quattro-
mila cavalli , ebbe per risposta da quel sena-
to , che s'egli volea venir pacificamente e
senza tanto apparato d'armi, l'avrebbono con
tutto onore ben ricevuto ; ma che apparendo
con tanto armamento diversi i di lui disegni ,
non poteano acconsentire al suo passaggio. A
questa risoluzion de' Veneziani diede maggior fo-
mento Lodovico XII re di Francia , che con
esso loro era in lega, perchè troppo si era
divolgato , non mirare ad altro i movimenti
di Massimiliano, che a spogliar lui dello Stato
di Milano in favore dell' aljbattuta casa Sfor-
zesca. Per questo rifiuto e per altri motivi sde-
gnato Massimiliano , circa il fine di geimaio
col marchese di Brandeburgo mosse lor guerra
dalla parte di Trento , dove i Veneziani posse-
devano Rovereto, tentando di aprirsi per le mon-
tagne un passaggio verso Vicenza. Poscia con
altre forze entrò nel Friuli , e s' impadronì di
Cadore con altri luoghi. Abbondava allora 1 I-
talia di valenti capitani , e il senato veneto
(i) Conlinuator Sabellici. Bembo. Guicciardino. Istoria
Veneta MS.
ANNO MDVIII 65
non fu lento a sceglierne i migliori , e ad in-
grossarsi di gente. Niccolò Orsino , conte di
Pitigliano , generale, fu spedito con Andrea
Gritti provveditore a Rovereto ; Bartolomeo
d'Alviaiio, altro generale , con Giorgio Coniaro
alla difesa ilei Friuli. Mosso a questo rumor»
il re di Francia , per sospetto che la festa
fosse fiitta per lo stato di Milano , ordinò
anch' Cijli a Carlo d'Amhosia signor di Scio-
nioiite, govcrnator di Milano, di accorrere in
aiuto de' Veneziani insieme col famoso mare-
sciallo di Francia Gian-Giacomo Trivulzio.
Seguirono molle barufle e saccheggi sul Tren-
tino e in que' contorni , ma non di conseguen-
za , perchè i Franzesi teneano ordini segreti di
attendere alla difesa e non all' offesa , per non
irritar maggiormente Massimiliano. Così non
fu dalla parte del Friuli. L'animoso AU'iano ,
entrato nella \'alle di Cadore , e messi in rotta
i Tedeschi., nel dì 2 3 di febbraio, cioè nel-
r ultimo giovedì di carnevale, ebbe a patti quel
castello. Nel dì seguente pose il campo a Cre-
mona, castello assai ricco e forte di sito , che
ricusò di rendersi. Si venne all' assalto e alla
scalala , che costò molto sangue a gli aggresso-
ri, e fra gli altri vi perì Carlo Mala testa, gio-
vane amatissimo nell' esercito e di grande espet-
tazione. Il Guicciardino e il Bembo mettono
la di lui morte sotto Cadore; la Cronaca \'e-
neta manuscrilta che presso di me si conser-
va, scritta da chi si trovò presente a tutta la
seguente guerra , il fa morto sotto Cremona.
Ebbe poi l'Alviano a patti quel castello , e
per rallegrare i suoi soldati , loro lascioUo iu
Muratori, ylnn. Fol XIV. 5
S6 ANNALI d' ita ma
preda. Quindi si spinse addosso a Gorizia , e in
quattro giorni che le batterie giocarono, ri-
dusse nel dì 28 di marzo quel presidio a ren-
derla. Di là s' inviò per istrade disastrose a
Trieste , città molto mercantile e popolata ,
il cui distretto fu in breve messo tutto a sac-
comanno. Posto l'assedio per terra, secondato
da una squadra di navi venete per mare , fu
aneli essa obbligata a capitolare la resa , salvo
r avere e le persone. Lo stesso avvenne a Porto
Naoiie e a Fiume. Allora fu che Massimiliano
al vedere andar ogni cosa a rovescio delie sue
speranze, e crescere il pericolo suo, cominciò
dalla parte di Trento a trattar di tregua , la
quale nel dì 3o d' aprile fu conclùusa per tre
anni fra esso re de' Romani e i Veneziani ,
senza voler aspettare le risposte del re di
Francia.
Si rodeva di rabbia Massimiliano coJitra de i
Veneziani , per essere uscito con tanta vergo-
gna e danno dal preso impegno, essendo restati
in man di essi i luoglii occupati. Al clie si
aggiunse ancora il suono di iilcune canzoni sa-
tiriche, pubblicate in Venezia contra di lui.
]Vlostra\ asi parimente mal soddisfatto de' \ e-
ncti il re Lodovico per 1' accordo seguito senza
consentimento suo con Massimiliano. Ciò servi
poscia a riunir segretamente gli animi di questi
due potentati contro la repubblica veneta ; e
tanlo più, perciiè nelle lor massime concorreva
il ponlelice , acceso di somma voglia di ricu-
perar le città della Romagna, e che perciò mag-
giormente acciiidiva il luoco altrui. Sotto dun-
que lo specioso titolo di acconciar le dilferenze
ANNO MDVin 6'J
vertenti fra Massimiliano e il duca di Guel-
dria patrocinato da' Fraifzesi , Giorgio d'Am-
bosia cardinale di Roano , personaggio di grande
accortezza , primo mobile della corte di Fran-
cia- e legato del papa , passò a Gambrai , per
trattar ivi di lega con Margherita \edova du-
chessa di Savoia , munita d' ampio mandato da
Massimiliano suo padre. Al qua! congresso in-
tervenne ancora col pretesto di accalorar la
pace r ambasciatore di Ferdinando il Cattoli-
co, principe che forse fu il primo a promuo-
vere questa alleanza. Nel dì io di dicembre
fu segnata la suddetta lega , olfensiva contro
la repubblica di Venezia, in Gambrai fi a Massi-
miliano Gesare , Lodovico re di Francia e
Ferdinando re d'Aragona , e per parte ancor
di papa Giulio II, ancorché il cardinal di
Boano non avesse mandato valevole a tal atto.
Fu insieme lasciato luogo d entrarvi a Garlo
duca di Savoia, ad Alfonso duca di Ferrara e
a Francesco marchese di Mantova , i quali a
suo tempo vi si aggiunsero anch'essi ; e fu
questa non meno ratificata da i principi con-
traenti , clic dal papa nel marzo dell' anno se-
guente. Per ingannare il pubblico, altro non
si pubblicò allora , se non la concoixlia ivi
stabilita fra Massimiliano e Cario suo nipote
dall' un cauto e il duca di Gueldria dall'altro,
e si tenne ben segreta la macchina preparata
centra de' Veneziani. Le pretensioni di queste
potenze erano per conto del pontefice di ricu-
perar le città di Ravenna , Cervia , Rimini e
Faenza, occupate le prime un pezzo fa, ed ul-
timamente le altre. L' autore della bella Storia
68 ANNALI d' ITALIA
fianzese della Lega di Ciiinbrai, cieduto da
molli il cardinale di Polignac , vi aggingne
nncora Imola e Cesena , quasi che ancor queste
fossero in mano de' Veneziani : il che non sus-
siste. La verità nondimeno è che ne gli atti
di essa lega , dati alla luce da più d' uno, e in
questi ultimi anni dal signor Du-Mont nel suo
Corpo Diplomatico , si leggono ancora le sud-
dette due città per negligenza del cardinal di
Roano. Pretendeva jMassimiliano, chiamato ivi
Iinperadore eletto , le città di Verona, Pado-
va, Vicenza, Trivigi e Rovereto, il Friuli, il
patri;ircato di Aquileia , co i luoghi occupati
nell'ultima guerra. Così Lodo\ ico re di Fran-
cia intendeva di riacquistare Brescia, Crema,
Bergamo , Cremona e Ghiaradadda , che erano
una volta pertinenze del ducato di Milano ,
quasiché la repulihiica veneta non le posse-
desse da gran teinpo in vigore di legittimi
trattati. Finalmente il re Cattolico volea riavere
ì porti del regno di Napoli , già impegnati a
i Veneziani dal re Feiilinando , tiglio d' Alfon-
so I , cioè Traili, Brindisi, Otranto e Monopoli
nel Golfo Adriatico. Delle altre condizioni di
questo trattato non occorre eh' io parli , se
non che, per disohbligar Cesare dal fresco giu-
ramento della tregua di tre anni, lii creduto
sulliciente che il paj>a fulminasse a suo tempo
un inlenlelto ed altre censure orribili contro i
^cnczialli, se in termine di quar;inta giorni
non ri'slitui\ano le terre della Chiesa : dopo il
qual tempo richiedesse d' assistenza 1' eletto
imperadore, come avvocalo della Chiesa PiO-
niuna.
ANNO MDVIII 69
Diede fine in quest' anno al suo vivere e a i
suoi affanni Lodovico Sforza, sopianominato il
ÌNIoro, già duca di Milano, dopo aver avuto
tempo di far buona penitenza in caicere de i
suoi trascorsi peccali. E siccome in que' tempi
troppo ora familiare il sospetto de' veleni , corse
anche voce eh egli per questa via fisse giunto al
fine de' suoi f;iorni; ma senza apparire alcun giusto
motivo di abbrev iargli la vita. Nel giugno ezian-
dio dell'anno presente tornarono i Fiorentini
a dare il guasto alle bia le de' Pisani , con giu-
gnere sino alle mura della città. Questo tante
volte replicato flagello estenuò talmente le forze
del popolo pisano , che sarebbe oramai stato
facile ad essi Fiorentini di ridurlo a rendersi ,
se non si fossero ritenuti per li riguardi che
aveano al re di Francia e al re Cattolico , ca-
daun de' quali volea far mercatanzia di quella
città : cioè esigea di gi'osse somme , se ne do-
veano permettere l'acquisto. Diedero in oltre
ossi Fiorentini un altro guasto a buona parte
del Lucchese, perchè non cessava quel popolo
di mandar soccorsi a Pisa.
/inno di Cristo i5og. Indizione XII.
di Giulio U papa '-.
di MASSIMILIANO re de' Romani 17.
Di grandi avventure, o, per dir meglio,
disavventure fu ben gravido l' anno preseute
in Italia. Non si potè tener così occulto il
trattato conchiuso in Cambra! , clic non tra-
spirasse al senato veneto ; e tanto più all'os-
servare i grandi armamenti, che si taceano in
^O ANNALI V ITALIA
pili parti. Si cominciarono perciò molti consì-
gli in Venezia per provvedere a turbine sì mi-
naccioso. Trovavasi certamente allora la repub-
blica veneta nel più beli' auge della sua fortuna.
Per l'Istria, per la Dalmazia, in Camlia, in
Cipri e in altre parti del Levante si steudea
la sua potenza. Uno de' più fertili e ricchi
pezzi dell Ilalia era sotto il suo dominio. La
sola raaravi^liosa e si popolata città di Vene-
zia potea dirsi un emporio di riccliezze tanto
del pubblico che de' privati , a cagione del
gran commercio che da più secoli facf ano i
Veneti per mare , della gran copia delle lor
navi , del dovizioso loro arsenale che non avea
pari in Europa. Colà si portavano le merci
deirOrienlc , e particolannente le specierie ,
che si distribtu'vano poi per la maggior parte
delle città dell' Italia , Germania e Francia.
Immenso era questo guadagno, se non che so-
lamente circa questi tempi cominciò a calare ,
per avere i Portoghesi trovato il passaggio per
mare all' Indie Orientali , e sempre più s'andò
smiinu^ndo da lì innanzi per l'industria d'al-
tre potenze marittime che passano oggidì a
dirittura nelle stesse Indie. Chi vuol avere un
saggio delle ricchezze die nel secolo decimo-
quinto colavano in quella potente città , non
ha che da leggere una parlata latta nell' an-
no i/{2i dal doge Tommaso Mocenigo , e re-
gistrata nella Cronica Veneta di Marino Sanu-
to , da me data alla luce(i). Perciò al bisogno
(i) Marino Sannto , Vite de' Dogi di Venezia toin. aa.
Rentm Ital. pug. 949.
ANNO MDtX 71
j^fandi erano le forzo di oiiella repubblica non
meno in mare , die per terra ; grande ancora
il coraggio, la fedeltà, l'unione. Sopra tutto
la saviezza , dote invelerafa in quel senato ,
presedeva a i lor consigli ; e per h linone e
puntuali paglie che dava èssa repnbl>!ica , fa-
cilmente correvano a lei le genti d' armi e i
jravi condottieri , de' quali allora abbondava
1 Italia. Tentarono bensì i Veneziani coli' of-
Irla di Faenza, e fors'anclie di Rimini, di
jlacare il pontefice. Fecero altri tentativi presso
Cesare e presso U re Cattolico : tutto indarno ,
prcbè niun d'essi credette compatiliile col
su» onore il recedere dal jtattuito nella lega.
Si accinsero dunque animosamente i Veneti ad
accescere le lor forze , risoluti alla difesa , e
misro insieme un esercito di due mila e cento
lanca o sia d'uomini d'arme, di mille e cin-
quecuto cavalli leggieri italiani, di mille e
ottociito stradioti greci , e di dieciotto mila
fanti Q guerra, a' quali aggiunsero ancora do-
dicimii altri finti delle cernide de' contadini.
La Crciica scritta a jienna di autore Anonimo
Padovaii j ma contemporaneo , la qual si con-
serva p>sso di me, riferisco il nome di tutti
i capitali (i); e poi confessa che almeno se-
cento di (uesti uomini d' arme erano vili fa-
migli , ptchè seelti in fretta , ed essere stati
que' contaiui piOi atti al badile e all'aratro,
che a' fattiji guerra. Poteano questi nondi-
meno servie per guastatori , e per fianco a i
presidiar j, ^condo le occorrenze. Oltre a ciò,
(i) Storia ^^eta MSt.
•JS ANNALI D ITALIA
gran preparamento si fece di legni armati per
mare e ne' fiumi e nel lago di Garda. Con-
dussero ancora alcuni della casa Orsina e Sa-
vella , e Fracasso da S. Severino , condottieri
di molta gente d'armi. Ma il papa impedì loro
il venire. Fu anche impedito il passo a Gio-
vanni conte di Comania , a Michele Frangipane
e a Botlìandreas capitano della Liburnia, che
doveano condurre mille e cinquecento cavalli.
Cliiamati in consiglio Bartolomeo d'AIviano e
il conte di Piligliano , generali delle lor armi,
per intenderei lor sentimenti , l'ultimo d'essi
come più vecchio, fu di parere che si fortifi
cassero le città di Terra ferma ; e provreduB
che fossero di buon presidio, si stesse ala
difesa , menando la cosa in lungo, per li vri-
taggi che poteano venire dal guadagnar tenflo
contro una lega facile a disciogliersi per arj
avvenimenti (i). Giudicò all'incontro rAl\<>no
che si avesse ad uscire in campagna , pima
che fosse calalo in Italia col preparato movo
esercito il re Lodovico, meglio essendo d far
la guerra in casa altrui , che 1' aspettar! nella
propria ; e potendo anche avvenire che jpren-
dpsse qualche città dello Stalo di Milno, la
cui conquista frastornasse i primi disedi de i
nemici. Prese il senato un partito dimezzo ;
cioè ordinò che l'esercito non pa.ssasf 1 Adda ,
ma si tenesse in qne' contorni. Nel )v"s« d'a-
prile attaccatosi il fuoco nell'arsenal di Ve-
nezia , ne bruciò gran parte , culla icrdila di
(i) Guicciai'dino. Slor. Venet. MS.
ANNO MDIX 73
dotlicì corpi di galee sottili e di molte muni-
zioni. Da li a poclii giorni a cagion d' un ful-
mine si bruciò la rocca del castello di Brescia
con tutta la polve da fuoco e tutte le muni-
zioni. Cadde ancora 1' archivio della repubbli-
ca: avvenimenti che dalla gente superfiziale fu-
rono prosi per preliminari e presagj di maggiori
sciagure.
Arrivarono di Francia in Italia nella prima-
vera di questo anno mille e ducento laucie ,
due mila cavalli leggieri , sei mila fanti Svizze-
ri , e sei altri mila Guasconi e Piccardi , che
si unirono con cinquecento lancie, mille ar-
cieri ed otto mila fanti , che erano nello Stato
di Milano. Giunse molto più tardi anche lo
stesso re Lodovico col duca di Lorena e co-
piosa nobiltà franzese. Nel dì i5 d'aprile ebbe
ordine Carlo d' Ambosia signor di Sciomonte
di dar principio alla danza con una scorreria.
Passato r Adda a Cassano , prese Treviglio ,
Rivolta ed altre castella, mettendo a sacco il
territorio. Nello stesso tempo Francesco Gon-
zaga marchese di Mantova , entrato nella le-
ga , assalì il \'eronese , ma fu respinto da Bar-
tolomeo d'Aiviano. Prese eziandio Casal Maggiore,
ma gli convenne abbandonarlo. In questo men-
tre fulminò il papa interdetti ed orribili cen-
sure contro i ^ cneziani , e diede principio
anch' egli alle offese. Francesco Maria della
Rovere , nipote d' esso papa , già divenuto duca
d'Urbino per la morte del duca Guidubaldo ,
e generale dell' esercito pontifizio , corse sul
Faentino, ed assediò Brisighella, do\e peri-
rono fra soldati e abitanti più di due mila
^4 ANNALI d' ITALIA
persone; e fa dato il sacco alla mìsera terra ,
con tratlar chiese e donne cofiie avrebbono
fallo i Turchi. Ebbe esso duca anche il ca-
stello di Russi , e di là andò a mettere il campo
a Ravenna , città creduta allora inespugnabile
per le tante fortificazioni fattevi da' Veneziani.
Da che si furono i Franzesi impadroniti di
Treviglio , il conte di Piligliano generale pri-
mario dell' armata veneta , che s' era postato a
Pontevico , si affrettò a raunar le sue genti , e
mossosi control nemici, gli ol)bligò a ritirarsi
di là dall' Adda. Ricuperati alcuni de' luoghi
perduti , percliè un buon presidio franzese
tenea saldo Treviglio, convenne adoperar le
artigherie e venire ali' assalto. Lo sostennero i
Franzesi ; ma provata la risolutezza de gli ag-
gressori , e perduta la speranza di soccorso ,
appresso si renderono prigioni. Dionisio de i
INaldi capitano della compagnia dei Brisighelli,
che innanzi a gli altri era slato all'assalto,
inviperito ancora per le disgrazie della sua pa-
tria, ottenne il sacco dell' infelice terra. Né pur
ivi tralascialo fu alcuno sfogo dell'empietà ,
della crudeltà e delia libidine , con rivolgersi
nondimeno in grave danno dell' armala veneta
si fatta barbarie ; perciocché non poterono i
capitani ritener gran copia d altri soldati , che
non concsse a cercar ivi bollino, di maniera
che ))er firli uscire di là , si ricorse al l)rutto
ripiego di attaccare il fuoco alla terra , la quale
dianzi ricca ed amena si ridusse all' ulliina mi-
seria. Di questo .scompiglio prolillando il ro
Lodovico, potè a man salva far transitare lutto
il suo esercito per li ponti che avea suU'Adda
a Cassano.
ANNO MBIX ^5
FuroDO a vista le due polenti armate , e il
re non altro sospirava che di venir ad un fatto
d'anui: il che non meno era desiderato e
proposto dall' Al viaiio governatore del campo
veneto, ed uomo assai caldo. Ma il saggio
conte di Pilij;liano stette costante in sostenere
che il meglio era di temporeggiare, e vincere
colla spada nel fodero, o pure di aspettar
buona congiuntura per assalirli. Vedutosi dal
re che né pur colla sfida inviata potea tirare
i Veneziani ad un conflitto , s' inviò in ordine
di battaglia dietro l'Adda per la via che con-
duce a Pandino. La vanguardia era guidata da
Gian-Giacomo Trivulzio , celebre capitano di
questi tempi. Il re con lo Sciomonte era nel
mezzo. Il signor della Palissa conducea la re-
trosuardia. Similmente si mosse 1' armata ve-
neta , e per altro cammino andò fiancheggiando
la nemica. L Alviano guidava la vanguardia , il
conte di Pitigliano il corpo di battaglia , e
Antonio de' Pii co i legati veneti la retroguar-
dia. O per accidente delle strade , o per in-
dustria de' Franzesi , tanto s' avvicinarono i due
eserciti, che l'AIviano, qur.ndo men sei pen-
sava , si trovò necessitato a menar le mani, e
si venne ad un terribil fallo d'armi nel di i4
di maggio , due miglia lungi da Pandino , in
luogo appellato T Agnadello. Con sommo va-
lore si combattè da ambe le j)arti. Ma non
passarono tre ore che toccò la vittoria a i
Franzesi. Circa dieci mila restarono morti .sul
campo, i più nondimeno Italiani. V'ha chi
dice otto , e chi solamente sei mila , secondo
il costume dell'altre battaglie. Slargò ben la
■^6 ANNALI D* ITALIA
bocca il B'ionaccorsi con dire uccisi quindici
mila e più de' \ eneziani. L Al\ iano , ferito in
volto , restò prigione , e solamente dopo tre
anni fu rimesso in libertà. La strage fu nella
fanteria veneta , perchè la cavalleria non tenne
saldo. Rimasero padroni i Franzesi del campo,
di molta artiglieria , insegne e munizioni. Più
strano è il trovar qui discordia fra gli scrit-
tori in nn punto di somma importanza : cioè,
se crediamo al Guicciardino (i) , il conte di
Pitigliano colla maggior parte si astenne dal
fatto d'arnie, o perchè già vide disperato il
caso per la rotta dellAlviano , o per isdegno
contra di lui per avere contro l'autorità sua
preso a combattere. Fra Paolo de Cherici Car-
melitano Veronese, ciie fiorì in questi tempi, e
condusse la sua Storia manuscrilta sino al loSy,
scrive (2) che esso conte e i provveditori ve-
neti, sbaragliato che fu l'Alviano , vergognosa-
mente se ne fuggirono. L" autore Anonimo
Padovano della Storia Veneta sopracitata asse-
risce (3) che il Pitigliano entrò colle sue schiere
nel fatto d'armi, e gli convenne voltar le spalle,
li che vien conftrmato da un'altra Storia Ve-
neta MSIh , il cui autore veneziano j)relcn-
de (j) che alenili ca[ntani italiani usassero tra-
dimento , conchiudeiido in fine che il Pitigliano
con pochi si salvò a Caravaggio. 11 Bembo (5)
(i) r.iiirriardino.
{■}.\ l'aiili •!.• ( Ipiici ITist. MSta.
(3i Stoni Veneta MSta.
l\) Mira Storia Veneta MSta,
(5) Bembo.
ANNO MDIX ']']
e Pietro Giustiniano ((>) passano sotto silenzio
questo punlo. Ben pare , che se il Pitijjliano
fosse stalo colle mani alla cintola in sì gran
bisogno, si sarebbe tirato addosso nn rigoroso
processo Certo è die tutto T esercito fninzese
unito combattè , laddove il Pitigl ano arrivò a
combattere solamente, dappoiché l'Alviano era
in rotta. Se unita tutta V armata veneta fosse
stala a fronte de nemici , poteva essere diverso
il line di quella giornata.
Dappoiché il re Luigi ebbe solennizzata in
più lorme qnesta vittoria , appellata di])OÌ di
Gbiaradadda, e ordinato che ivi si fabbricasse
una chiesa col titolo di Santa JNiaiia della Vit-
toria , non perde tempo a prolittare di sì buon
vento. Impadronissi di Caravaggio e di tutta la
Ghiaradadda; e giacché era corso il terrore per
tutte le città venete , poco stette a rendersegli
Crema , per opera di Soncino Benzoiie , di cui
troppo s' erano fidati i \eneziani. Appresso
vennero i Cremonesi alla divozion de' Franze-
si e da lì a qualche tempo anche la fortezza.
Altrettanto fece Bergamo. La nobiltà parimente
e il popolo di Brescia , veggendo imminente
l'assedio, e prevedendo la propria rovina, al
primo comparir dell'armi franzesi , m^mdarono
al re le chiavi della loro città , giacché aveano
dianzi ricusalo di ricevere dentro il presidio
veneto. Cavalcò dipoi il re al forte castello di
Peschiera, dove il Mincio esce dal lago , e fatta
colle artiglierie buona breccia, si venne all'as-
salto. Stanchi finalmente i cinquecento fanti
(i) Petras Justinianus Rer. Venetsu-.
■-8 ANNALI d' ITALIA
che erano ivi di presidio, più volte fecero se-
gno di volersi rendere ; ma non esauditi , fu-
rono in fine tagliati tutti a pezzi da' Franzesi,
entrati colà a forza d' armi. Pietro Giustiniano,
il Guicciardino e il Buonaccorsi scrivono che
Andrea Riva provvcditor veneto vi fu impiccato
a i meili col figlinolo. Con questa barbarie tur-
chesca si facea la guerra in que' tempi da i
principi cristiani. Avrebbe anclie potuto il re
Luigi passare il Mincio e insignorirsi di Vero-
na , perchè quel popolo suil' esempio de' Bre-
sciani non avea voluto amniPltere la enarni-
gion destinata da i Veneziani. ÌNIa perchè il
paese di là dal Mincio era riserbato a Massi-
miliano Cesare , non se ne volle ingerire. Per
tante calamità, e perchè riparo non v'era alla
diserzion continua delle poche milizie che
s' erano salvate , somma era la costernazione in
Venezia. Il creduto migliore ri[>iego a cui
s' appigliò quel saggio senato , fu di tentare
ogni via per placare il pnpa, Cesare e il re
Cattolico j giacché si scorgea inesorabile il re
Cristianissimo. Diedero dunque ordine a i cit-
tadini di Verona e Vicenza di rendersi a Massi-
miliano , subito che si presentassero l' armi
sue , senza fargli resistenza. Altrettanto fecero
sapere a' loro ufi/.iuli esistenti in Faenza, Ri-
mini, Cervia e Ravenna , clie rendessero quelle
città ; e ciò prima che spirassero i giorni pres-
critti nel monitorio. Questi ordini furono ese-
guiti, occcttothè per la locca di l\avenna,chc
tenne forte , e in line o per comandamento
del sonalo, o per mancanza di vettovaglie,
venne in potere del papa. Un bruito esempio
ANNO ^^D\X 79
di fede violata si vide allora . perchè i gover-
natori veneti di quelle città contro le capito-
lazioni furono ritenuti prigioni. Il duca d'Ur-
bino entrò in possesso di quelle città, e le
guarnigioni si ritirarono a Venezia. A i mini-
stri del re Cattolico nel regno di Napoli s' ar-
renderono poi le città che i \'eneziani posse-
dè ano ivi sulle spiaggie dellAdriatico: del che
contento il re più non s' impacciò in guerra
contro di loro. Quanto a Massimiliano Cesare,
miraLil era la negligenza sua in questo fran-
gente , raunando egli assai lentamente il suo
esercito in Trento. Venne finalnunte quel dì
in cui il vescovo di quella città ebbe ordine
di calare in Lombardia con un corpo di gente.
Se gli diedero tosto Verona e Vicenza. Man-
dato un araldo anche a Padova , che non avea
voluto ricevere le genti d'arme de'Vcneziani,
quel popolo a dì 4 tli giugno consegnò la città
a Leonardo Trissino , che vi aiidò per parte
dell' imperadore con soli trecento fanti tede-
schi. Anche la nobiltà di Trivigi mandò amba-
sciatori a Padova ad offerir la città al re dei
Romani ; ma quegli ufiziali affaccendati in ru-
bare , e in bere il buon vino , tanto tarda-
rono , che sollevatosi in Trivigi un certo Marco
C-alegaro, gridando f^iva S. Marco, mosse la
plebe centra de' nobili , diede il sacco a gli
Ebrei , e tempo a' Veneziani di spedir colà ot-
tocento fanti, che quetarono il tumulto e ten-
nero salda la città ^ molti de' cui nobili furono
mandati a provar cosa fossero i camerotti di
Venezia.
Nella lega di Cambrai era entrato anche
8r» ANNALI d' ITALIA
Alfonso duca di Ferrara; e per maggiormente
animarlo, il pipa 1' avea nel dì 19 d'aprile
creato gonfaloniere della Chiesa Romana (i).
Mandò egli nel di 19 di maggio trentadue pezzi
d' artiglieria al campo della Gliiesa, che era
sotto Ravenna. Poscia uscito colle sue genti in
campagna, nel dì 3o di quel mese s'impadronì
di Rovigo e di tutto il suo Polesine , e poscia
d' Este , Montagnana e Monselice , anliclii re-
taggi della casa d Este. Così Cristoforo Fran-
gipane prese nell'Istria alcune castella de' Ve-
neziani, ed il d ica di Brunsvich s' impadronì
di Feltre e Belluno con varie terre del Friuli.
Tutto in somma era in conquasso il dominio
veneto in Terra ferma. Per tanta confusione e
tracollo delle cose sue volle il senato veneto
tentar , se potea , di raddolcir 1' animo di Massi-
miliano Cesare : al qual fine gì' inviarono An-
tonio Giustiniano con ordine di fare ed esibir
tutto, purché potesse rimuoverlo dal continuar
le offese. Leggesi nella Storia del Guiociardino
la parlata d' esso oratore , piena di tanta
umiltà , che sembrando più to^to viltà a chi
visse parecchi anni dopo quello storico, la
giudicarono una mera invenzione di lui , come
son tante altre concioni fatture del solo suo
ingegno , ancorché egli scriva d aver tradotta
quesUi dal latino, nel qual linguaggio fu reci-
tata dal Giustiniano. Io non cnlrerò in questa
dispula , per cui si son molto scaldali varj
- autori , come dill'usamento si può vedere nella
(i) Muratori Antichità Estensi tom. a.
ANNO MDtX 8l
Storia franzesc della Legi di Cambiai. Sola-
iiii lite dirò che lo stesso Bembo attesta, dato
ordine al Giustiniano di proccurar la pace con
qualsivoi;lia dina condizione , e di riconoscere
da Cesare qualunque tei ra dell' imperio che la
repubblica possedesse in Friuli e Lombardia.
Questa ambasciata , o sia che seguisse dopo
tante perdite, come vuole il Guicciardino , o
pure prima , secondocbè s' ha dal Bembo , cre-
dendo altri cbe due volte il Giustiniano fosse
inviato a Massimiliano ; a nulla servì. Perciò il
senato veneto , non obbliando l' aulica sua ge-
nerosità , diedesi a faie ogni possibile sforzo
per accrescere 11 quasi annichilato esercito suo.
Vennero a Venezia i presidj cbe abbandonarono
la Romagna e il regno di Naj)oìi ; giunsjro
dall' Istria , Albania e Dalmazia non poohe
schiere di gente bellicosa ; e il conte di Piti-
gliano generale, colf esibir grosso ingaggiamen-
to, trasse alle sue bandiere asjaissimi soldati
italiani , di maniera che si mise insieme un
esercito capace di campeggiare. Intanto i cardi-
nali Grimani e Contarino aveano fitti buoni
ulizi in Pioma presso il papa , ficendo cono-
scere che la repubblica coli' avere restituite le
città della Romagna entro il termine de' venti-
quattro giorni prescritti dal monitorio , non era
incorsa nelle censure ; e parve loro di .scoprire
cpialcbe buon raggio d animo mitigato del pon-
tefice : del che avvisato il senato , mandò tosto
a Roma ambasciatori con isperanza di guada-
gnar molto più con questa sommessione. Non
iiuono pubblicamente ricevuti. Pretese il papa
non adempiuto ijiianlo era intimato dalla Bolla,
MuRATOKi. Ann. Fui. XIF. 6
83 ANNALI )J ITALIA
e però incorse le censure. IViosse ancoia varie
Altre dure pretensioni coiitra della repubblica.
Venuti sì fatti disgustosi avvisi al senato vene-
to, si scatenarono le lingue de i più centra
del papa , con giuqnere ( siccome abbiamo dal
Bembo ) Lorenzo Loredano (iglio del doge a
dire ad alla voce, cbe giacché il Turco, in-
formato delle lor disgrazie , s' era esibilo di
mandar loro soccorso , conveniva prevalersene
conlra di questo non pontefice , raa carnefice ,
d'ogni crudeltà maestro. 11 doge ed altri più
saggi presero poi la risoluzion di scrivere al
papa lettere piene d' umiltà e d' ubbidienza ,
coiifcssandosi rei, e rimettendosi alla clemenza
di Sua Santità: lettere che produssero poi buon
frutto , siccome diremo.
Avcauo già comincialo i Padovani ad assag-
giar più d' un poro qual fosse il disordinato
governo de' loro ospiti novelli. Freipieuti si
provavano i rubauicnti; non era salvo 1' onor
delle donne ; le risse , che spesso succedeano
co' soldati, costavano la vita a i cittadini e il
sacco alle lor case. Però non istctte molto (juel
popolo infermo a desiderare di mutar fianco.
Ì)i questa lor disposizione , e del poco presi-
dio e della mala guaiclia die si liiceva in i'a-
dova , essendo iniòrniali i Wneziaiii , fu pro-
posto in senato di ricuperar Padova. \i fuchi
ai riiiL;c"> in coiilrario ; ma sì «'llicacemenle pe-
rorò Lodovico Molino (i) , che fu decretato di
tentarne 1' ini|)r<'sa. Trovavasi in questi tempi
sotto Asolo, terra nobile del Trivigiano, lo
(i) Petms Justinianus Rcr. Vcnet. lib. ip.
ANNO MDIX 83
smilzo esercito imperiale , di pifl era stato
croato generale da Massimiliano Cesare, Co-
stantino despoto della Morea , spoglialo dal
Turco de' suoi Stati. L" armata veneta , eliceva
a Trivigi , gli diede un giorno una buona spe-
lazzala: il ctie accrebbe il coraggio per cose
maggiori. Si fece poi correre voce fra i villani
del Padovano che si avea da prendere Padova,
e permetterne il sacco : sinfonia che mirabil-
mente infiannnò il cuore di quella gente, di-
mentica di ogni dovere verso la propria cit-
tà, per sì fatta maniera, che otto mila d'essi
prese l'armi, volarono all'armata, invasati
dalla speranza di sì ricco bottino. Anche da
\'enezia gran copia di nobili e plebei accorse
alla desiderata conquista e preda , venendo in
barche per la Brenta e pel Bachiglione. Stac-
catosi dunque da Trivigi 1 esercito veneto sotto
il comando del conte di Piligliano , e passato
a Noale , fu spedito innanzi Andrea Gritti le-
gato con cinquecento cavalli leggieri ; il quale
unitosi con altri fanti che erano a Mirano , e
colle brigate de' contadini , sul far del giorno
tacitamente s' avvicinò a Padova , e mandate
innanzi alcune caira di fieno che fecero buon
giuoco, ebbe la fortuna di prendere la porta
di Codalunga , col cui capitano per altro passava
intelligenza. Arrivando poi di mano in mano
geuli fresche a sostenerlo^ s'inoltrò più avan-
ti. Gli ufiziali cesarei sì per questo , come per
udire il popolo gridar Marco , Marvo , spa-
ventati si rifugiarono nel castello ; e contutto-
ché seguisse qualche battaglia , pure poco stet-
tero i Veneti atl impadronirsi di tutta U città.
84 ANNALI n' ITALIA
Gli anal)biatì villani non furono pigri a menai
le griiFe. Rimasero saccheggiali tulli i banchi ,
le case e bolteghe de' Giudei , e circa oLlanta
case di nobdi padovani aderenti a gì imperiali ,
con perdita di grandi ricchezze, lutto era in
confusione, urli e grida. ^ olle Dio che tar-
dasse molto a 2;iui;iiere il trosso dell' armata ,
e che le infinile barche vegnenti per li canali
trovassero del contrasto : allrimcnti , se giu-
gneva tanta gente che diflicilincnte si sarebbe
frenala , tutta restava desolata 1' iid'elice cillà.
Ma in questo mentre si proclamò un bando ,
che sotto pena della forca niun più osasse di
saccheggiare ; laonde arrivato nello stesso giorno
il Pitigliano col maggior nerbo dell' armala,
e chiunque veniva per acqua , trovarono per
lor conio sparecchiala la tavola.
Se ascoltiamo 1' autor franzese della Lega di
Cambiai, fu ricuperata Padova dall' armi ve^
nete nel dì i8 di giugno. La verità si è, che
sì bel colpo riuscì Uno nel dì 17 di luglio di
qucst' anno , correndo la festa di santa Marina,
poi da lì innanzi , ed anche oggidì, molto so-
lennizzata in ^ enezia ])er memoria di questo
avvenimento, che fu il priticipio del risorgi-
mento della repubblica. Cosi ha il Bembo (i),
il Guicciardino (■?.'), Pietro Giustiniano (3) , la
Storia Ncneta manuscrilta (4). Nellallra Slori.»
Veneta, scrilta a penna, che è di un autor
(l) riciiilin.
{1} <>iii<<i.U(lirin.
(3) Jiislinìan Iter. Vcm-t,
(4) Stona \ cucia flKSt.
Asso MOtX 85
padovano , il quale si trovò presente a questi
l'alti, è scritto (i): Questo fu a dì ly del
mese di ìuglio , ì anno di nostra salute i5oi),
'giorno di santa Marina in martedì .' clie tale
appunto , spcoikIo la lelti'ia douiinicale G , fa
il dì 17 di quel mese; e non già del i5io,
co'.uc per errore si le^ge ne gli almanacclii di
^''en(•zia. Nò si dee tacere, avere qiiesl' ullinio
storico con gran franchezza attribuito a un
tradimento di Costantino despoto della iMorea ,
clic comandava allora le soldaleyclie italiane di
Massimiliano , il riacquisto di Padova fatto da
i Veneziani. Prt tende egli che papa Giulio
avesse già riconosciuto , essere il meglio della
Chiesa e dell' Italia che si conservasse la re-
pubblica di Venezia , per opporla non meno a
i Turclii , che alle potenze cristiane , le quali
venivano a conculcare e mettere in ceppi le pro-
vincie italiane: laonde dati ordini segreti ad esso
Costantino di favorir sotto mano i ^eneti, il
mandò a Trento a Massimiliano Cesare con cin-
rpianta mila ducati per sollecitarlo a calare in
Italia , per pania che i Franzesi non prendessero
il rimanente dello Stato \ eneto. Fu invialo cohIuÌ
a Padova colle genti imperiali. Per quanto quei
Padovani , che amavano il nome imperiale , lo
scongiurassero di non ispogliar la città dell' op-
•portimo presidio, volle egli andare a campo
ad Asolo. Crebbero le apparenze che Padova
fosse ili pericolo ; ma per quanto anche i suoi
capitani , cioè PandoKo Malatesta , Lodovico e
Federigo di Bozzolo , il marchese dAncida eil
'i) Anonimo Padov. Stor, Venet.
86 ANNALI d' n.KllX
altri , il consiglinssero di cacciarsi in Padova ,
troppo sprovvista di gente; nulla mai volle
consentirvi. Potrebbe essere che costui non
peccasse d'infe.leltà , ma bensì di superbia e
d" imperizia nel maneggio della guerra. E quando
mai fosse stato reo d'infedeltà , sembra più
verisimile clic da' saggi \'eneziani fosse egli se-
gi-etamenle guadagnato , e non già imbeccato
dal pontefice , il quale non per anche avea spo-
sati gì' interessi della repubblica veneta. Ebbe
Padova motivo di ringraziar Dio per essersi
salvata da un sacco universale ; ma non potè
per altro verso schivare la propria rovina. Im-
perocché , bisogna confessarlo, quasi tutta quella
nobiltà s'era mostrata vogliosa di mutar go-
verno, e dichiarata in favore de gl'imperiali.
Non ne mancò loro il gastigo. Preso che fu
da i Veneziani il castello di Padova a discre-
zione, sì quei nobili che colà s'erano ritirati,
che molti altri presi nella città, furono inviali
nelle carceri di Venezia , dove Leonardo de i
Trissini finì jn-csto la vita ; altri sul fine di
novendjre furono pubblicamente giustiziati ( ri-
gore nondimeno fin dallo stesso Bembo disap-
provalo ) , e que' pochi che poterono durar ivi
per molli anni , si vich'ro ])oi connnali in varj
luoghi delle coste marittime. Oltre a ciò la mag-
gior palle de gli altri nobili padovani fu chia-
mata a VcTiezia , con ordine di presentarsi ogni
dia un certo ufizio. Molti d'essi e delle princi-
pali famiglie , per paiua e per altre cagioni, se
ne fuggirono dipoi , con vt'iiire perciò dichia-
rati ribelli , ed app!ic;ili al list o liitli i lor
beni. L' autor padovauq registra il nome di
ANNO MPTX 87
chiunque soggiacque a lai flagello , per cui
perì il fiore di quella nobiltà. Qui nondimeno
non finirono le sciagure di quel povero po-
polo.
L' avere in questa maniera , cioè quasi dissi
tanto vilrncnle , Massimiliano Cesare lasciata
perdere la nobil città di Padova . mosse allora
le voci d'ognuno e poi le penne de gli storici
a pioverbiare la di lui somma disattenzione e
indolenza in'l non mai unire il suo esercito e ca-
lare in Italia. Già titubavano anche le città di ^'e-
rona e Vicenza , nella qual ultima si ritirò in
fretta il despola Costantino; e d' uopo fu che per
sostenerla accorresse il signor della Palissa con
settecento lancie franzesi. Intanto i Veneziani
ricuperarono tutto il contado di Padova , e
venne lor fatto di acquistar anche Lignago ,
terra o sia castello forte sull'Adige, che mira-
bilmente servì loro in questa guerra. Riuscì
eziandio a i medesimi un colpo che fece grande
strepito per Italia. Se ne stava Francesco mar-
chese di Mantova nell' isola della Scala con
poche truppe , dimentico della vigilanza e delle
precauzioni che ogni accorto capitano dee pren-
d>Me in tempo di guerra. Di ciò avvisato da I
villani Carlo Marino provveditor di Lignngo ,
segretamente disposte le cose , spedì colà Lucio
Malvezzi con ducenlo cavalli leggieri , e Citolo
da Perugia con ottocento fanti e molte brigate
di contadini, che giunti la notte, svaligiarono
d' armi , cavalli e arnesi tutti i soldati del mar-
chese. Fuggì egli in camicia , e nascoso in un
campo di miglio o saggina, promise molto
ad un villano , so il salvava ; ma da costui
88 AnNAlÌ d' ITALIA
tradito, cadde in niai)0 di chi gli faceva la
caccia. Fu condotto a Lignago , e quindi a
Venezia , dove fu carcerato nella prigion delle
Torreselle , e quivi per lungo t( mpo si riposò.
L' Erpiicola (i) e Fra Paolo Carmelitano (2)
riferiscono al dì 9 d' agosto la prigionia di que-
sto principe. Il Ruonaccorsi scrive (3) che nel
dì 7 di agosto s'intese questa miova in Firen-
ze. Ma filila , perchè il Bembo (|) va d' ac-
cordo coir Fquicola. Intanto il re Lodovico
era tornato in Francia. Per ordine di Massi-
miliano il principe di Anallo , il duca di Bruns-
vicli e Crislùfoio Frangipane frcero guerra a i
Veneziani , e misero sossopra il Friuli e 1' I-
stria , dove seguirono saccheggi , incendj e ba-
ruffe non poche. Udine capitale del Friuli fece
buona difesa ; più ancora ne fece Cividale con-
tro le arliglicrie e gli assalti d' esso duca. E
pcrcioccliè ben conoscevano i \'eneziaiii che il
pigro Massimiliano Cesare , dopo aver tante
volte dello di voler calare in Italia, una volta
in (ine calerebbe , e che il suo turbine s'an-
drebbe a scaricar sopra di Padova , si diedero
colla maggior sollecitudine a fori idear la città
e a provvederla di niaravigliosa <}uaiitilà di vi-
veri «; munizioni, da guerra. Colà ancoia spin-
sero il nerbo maggiore della lor fanteria e ca-
valleria , colla giurila di dugenlo giovani ve-
neti volontaij , cadauno de' quali menò seco a
(i) F.fniicoln Crnn. di IMnnlovn.
(2) l'iii.l. (le Clcr. Ilist. MSla,
(ì) lìiKni.iccorsi Diav.
{/\) ìicinlìO.
ANNO MDlX 89
sue spese dieci o quimlioi o venti uomini ar-
mati. Il doge Lorcdaiio servì d' esempio a gli
altri col mandarvi due suoi figliuoli. Lo stesso
conte di Pitigliano generale dell' esercito, quando
fu il tempo , s' andò quivi a rinchiudere.
Circa gli ullimi dì d' agosto venne alla per fine
alla volla di Padova 1' esercito di Massimiliano
re de' l^omani : esercito formidabile pel nu-
mero de' condjaltenti , ma senza ordine , senza
xmione, perchè composto di varie nazioni e di
molli volontari- Lo stesso re v'era in perso-
na ; ma seco non era venuto quell' oro che oc-
correva al bisogno delle grandi imprese , avendo
questo principe sempre avuto non minor cura
di raunare , che di lasciarselo fuggire di ma-
no , avaro insieme e prodigo. Cento cinquanta
cinque mila scudi d" oro, a lui pagati dal re
Luigi per 1" investitura di Milano , ottenuta nel
dì i4 di giugno dell' anno presente (1), e circa
cento sessanta mila ducati d'oro che per più
capi esso Angusto avea ricavato dal papa , fe-
cero presto l'ali. Però la principal paga diesi
dava a questa gente , era di pei meitcre che
saccheggiassero tutto il Padovano. Terribile fu in
fatti la desolazione di quel lértilissimo paese ;
ma costò anche non poco a que' nobili assas-
sini , perchè i contadini , oltre all' essere sem-
pre stati ben affetti e fedeli alla repubblica ,
initati dal crudcl trattamento d' essi imperiali ,
quanti ne poterono cogliere, tanti sacrificarono
alla loro vendetta. Venne a rinforzare l'arnata
cesarea Ippolito cardinale d'Este, personaggio
(i) Dumont Corp. Diplomat.
QO ANNALI D LAMA
intendente delle cose eli guerra , spedito da Al-
fonso duca di Ferrara suo fratello, con cento
lande , diicento cavalli leggieri , due mila fan-
li, pagati a sue spese, e gran copia di arti-
glierie. Giunse ancora Lodovico Pico conte della
Mirandola, mandalo da papa Giulio, con du-
cento lancie della Cliiesae ducenlo cavalli leg-
gieri. Mandovvi paiimente il governator fran-
zese di Milano molti uomini d' armi e miniizioni
da guerra in abbon lanza. Quando ognun si
credeva che Massimiliano con sì potente eser-
cito avesse da ass<irhir Padova , cominciò egli
a perdere il tempo in impadronirsi di Limone,
Monselice , Este , Monlagnana ed altri luoghi.
Lo storico padovano attribuisce ancor rpiesto
a i consigli del despota della Morea e del conte
della Mirandola , per le segrete commessioni
date loro dal papa. Si venne pure una volta a
stringere d'assedio Padova nel mese di set-
tembre: assedio strepitoso, descritto dal Guic-
ciardino , da gli storici veneti e dall'Anonimo
Padovano. Altro a me non permette di dire
r istituto mio , se non che per quindici giorni
vi si fecero di grandi prodezze dall' una parte
e dall'altra , e vi perirono migliaia di perso-
ne ; finché nel dì p.7 di settembre fu sì valo-
rosamente difeso IH» bastione dall' assalto de
-gl'imperiali, che loro calò la voglia di ten-
tarne di più. Avendo diuique assai conosciuto
iSIassimiliano 1' insuperabii difl'ieullà dell' im-
presa, scemata di mollo l'annata sua, vicine
le pioggie , che poteano fargli pi»\ guerra clie
gli stessi awersarj, nel priui'ipio d'ottobre si
ritirò con tutte le sue genti in \iceuza. t
A^^•o Miiix 91
quindi licenziata buona parte di esse , con poco
onore se ne tornò in Germania.
T^opo sì felice successo, maggiormente cre-
sciuto l'animo a i Veneziani, ricuperarono con
facilità \ icenza , aiutati da quel popolo, che
sospirava di tornare alla loro ubbidienza. Quindi
s' inoltrarono sotlo Verona , città che sarebbe
caduta anch essa , se il signor di Sciomonte
non l'avesse rinforzata con trecento lancie fran-
zcsi , con souniiinistrare anche Je pa,i;he a quel
presidio , a cui non poteva o sapeva provvedere
Massimiliano. Per questo l'armata veneta prese
quartiere nel verno a Soave , San Bonifazio e
Cologna, continuamente scorrendo poi sino alle
porte di Verona , e tenendola molto angustiata.
Ricuperarono eziandio i \'eneti Fellre , Cividal
di Belluno ed altri luoghi nel Friuli. INia il
loro sdegno maggiore era contra di Alfonso
duca di Ferrara , non solamente per aver egli
tolto loro il Polesine di Rovigo, ma per essersi
anche fìllio investire da Massimiliano Cesare di
Este e Montagnana , antichi dominj della sua
casa. Pertanto a' suoi danni spedirono per Po
un' armata di diciotto galee, di alcuni galeoni,
e di assaissime altre barche , tutte piene di
combattenti , sotlo il comando di Angelo Tri-
visano. I saccheggi ed incendj di qua e di là
dal gran fiume hnuno per più giorni il conti-
nuo loro esercizio: il che riempiè di spavento
la stessa città di Ferrara. A questo iiriprowiso
temporale non punto sbigottito il duca Alfon.«o,
unite che ebbe le sue genti , ed ottenuto anche
lui 1 infoi-zo di Franzesi , uscì contro i Vene-
ti , premendo a lui speziaJmenle «li sloggiali!
qtl ANNALI t> ITALIA
da lina bastia clie essi aveano piantata di
qua dal Po in faccia alla Polcsella. Saligni"
DOSO ed imitile riuscì l'assnllo dato a quel silo
nel dì 3o di novembre. Perl in quelle battaglie
Lodovico Pico conte della^ Mirandola , stando
a' fianchi del cardinal d' Este. Fu anche nel
ài 4 di dicembre presa da i ^'eneziani la città
di Comacchio , e saccheggiata con tulle le
barbare appendici della licenza militare. ^Ja-
iiiera non appariva di levarsi di dosso così
malefici spirili , se non che l' ingegno del car-
dinal d' Esle seppe trovare un valevol esor-
cismo. Non pochi cannoni e colubrine f^ce egli
postare di notte dietro gli argini del Po di so-
pra e di sotto della flotta veneta ; e col taglio
d'essi argini l'ormate le occorrenti troniere, sul
far dell' all)a nel dì 2 1 di dicembre cominciò
a s.ihilar con que' bronzi le galee e barche
nemiche. Due di quelle galee colarono a fon-
ilo, una restò consunta dal fuoco. Ognuno cercò
di fuggire. Lo stesso Trivisano elibe pena a
salvarsi. Giunte ancora addosso a loro molte
barche piene di soldati ferraresi , fecero del
resto, in maniera che vi restarono circa tre
mila ^'eneti 0 uccisi , o annegati , o presi.
Vennero in jioterc dAlfonso tredici galee con
assaissimi altri legni , molle bandiere , infinite
miini/.ioni da bocca e da guerra ; e il tulio
Irionliilmenle fu condotto a Ferr;;ra, dopo aver
presa a forza d' anni la bastia de' Veneziani ,
con tagliar a pezzi secenlo Schiavoiii che ivi
erano di presidio.
Con questi sì slrepilosi successi terminò la
camjiagna dell' anno presente in LoiubarJia-
ANNO MD1"S 93
Altri se ne coniarono iti Toscana. Impercioc-
cliè i Fiorentini, il maggior pensiero de' quali
era la ricuporazion di Pisa , mentre 1' altre
potenze erano impegnale altrove , si accinsero
a dar l'ultima mano a quell'impresa. Sajìeano
che queir ostinato popolo per la fame si tro-
vava ridotto ad un niisendiile slato, cibandosi
la jilebe de' più schilbsi alimenti. S'erano pre-
parati in Genova molli legni per condurre a
quella città una buona quantità di grano. Se
n' ebbe noiizia in Firenze , e però furono in-
viati uomini d' arme e artiglierie alle foci del-
1 Arno e in ^ al di Sercbio , per impedirne il
passo. Fmono astretti n-el dì 18 di Jebbraio i
Genovesi a tornarsene indietro. Fabbricate poi
due bastie con un ponte so])ra Arno, strinsero
i Fiorentini maggiormente quella città, i cui
rettori finalmente vedendo disperato il caso ,
mossi ancora da qualche interna solle\ azione j
inviarono ambasciatori a trallar della resa. Ben-
ché avessero i Fiorentini potuto aver quella
città da lì a poco tempo a discrezione , e ven-
dicarsi di quel popolo , da cui aveano ricevute
non poche ingiurie ; pure non lasciarono da
saggi di accettar la resa con delle condizioni
mollo amorevoli e vantaggiose a i Pisani : ca-
pitolazione che fu anche religiosamente osser-
vata ; dal che ne venne loro gran lode. Vi
entrarono dunque pacificamente nel dì 8 di
giugno, e vi fecero tosto rifiorir 1' abbondanza
e la pace.
^4 .ANNALI d' ITALIA
Aimo di Cristo i5io. Indizione XIII.
di Giulio II papa 8.
di Massimiluno re de' Romani i8.
Non fu mcn del precedente fecondo il pre-
sente anno di guerre, di spargimento di san-
gue e di rivoluzioni in Lombardia. Per conto
de' Veneziani , dolorosa bensì riuscì la perdita
che fecero di Niccolò Orsino conte di Pitiglia-
no , che per le tante v'qiiie e fatiche patite
nella difesa fli Padova intermatosi in Lunigo ,
sul fine di febbraio cessò di vi\'ere in età di
anni sessantoUo. Fu portato il suo caduvero
a Venezia , e datagli sepoltura ne' Santi Gio-
vanni e Paolo, con aver poi la gratitudine del
senato posta a sì fedele sperimentato generale
ima statua dorata , e una molto onorevole me-
moria. Ma raggi di speranze maggiori comin-
ciarono a trasjjarire per la repubblica veneta
dal canto di papa Giulio. Da die questi ebbe
riacquislalo quanto apparteneva di Slati alla
Chiesa Romana, fecero gran breccia nel cuore
di lui r umiliar-ione de' Veneziani, le insinua-
zioni de' cardinali veneti in Roma, e più di
ogni altra cosa il considerare die non era bene
il totale abbassamento della potenza veneta ,
che spezialiii'-nte veniva riguardata come so-
stegno dell' Italia centra del Turco j e per lo
contrario polca .solamente nuocere l' ingrandi-
mento de' potentati oltramontani in Italia. Però
fin d'allora coniepi comjiassione verso la re-
pul)blica, e abborrimento alla lega di Cambiai.
Vi volle del tempo a smaltir tutte le rigorose
ANNO MDX 95
contlizioni die il papa esigeva da' Veneziani ,
se hiamavaiio dafldovero di linieltcrsi in sua
grazia; ruu questi in tino prendendo legge dal
presente l)isogno e dall' inllessibilità del ponte-
fice , gli accordarono (manto ei voile. E però
nel di 2| di febbraio furono ammessi gli am-
basciatori veneti, e data l' assoluzione alla re-
publ)lica : del qual passo sopra gli altri si
mostrò malcontento il re di Fi ancia, clie da
ciò ben comprendea dove già piegasse 1' incli-
nazion del pontellce. Più cliiaramenle se ne
avvide egli dipoi ; penile (Giulio si diede a
maneggiar pace fra Massimiliano Cesare e i
Veneziani , e a muovere l' Ingiiillena contro
la Francia , e a tirar dalla sua gli Svizzeri.
De' suoi negoziati altro a lui non riuscì se
non qnesl' ultimo , avendo egli stabilita lega
con que' Cantoni : il clie latto , alzò mag-
giormente il capo, e cominciò a muovere liti
contra di Alfonso duca di Ferrara, mal dige-
rendo eli' egli fosse sì attaccalo alla Francia.
Imjieriosaniente dunque gli comandò di non
far da lì innanzi sale a Comacchio in pregiu-
dizio delle saline di Cervia , siccome dianzi
non ne facea, quando Cervia era in mano dei
Veneziani. Al clie 1 ispondeva il duca , di non
essere teimto per alcuna capitolazione col papa
per questo , né dovergli essere ciò inipeflito ,
da che egli riconosceva per le sue investiture
solamente dall' imperio la città di Comacchio.
Suscitò ancora altre querele col re Lodovico ,
una delle quali fu , eh' egli non avesse a rite-
ner sotto la sua protezione esso duca di Ferrara.
Intanto il re di Francia, che per tempo con
g6 ANNALI n' ITALIA
un trattato s'era assicurato del re d' Inghilterra,
assai chiarito della disattenzione del re de Ro-
mani, inCormato ancora de i disordini che erano
in Verona , con pericolo che quella città rica-
desse in potere de' Veneziani, stante la conti-
nuata vicinanza del loro esercito a quella città;
ehbe cura di assodar meglio quell'antemurale
allo Stalo di Milano. Dati perciò sessanta mila
ducati d'oro a Massimiliano, ne ricevette in
pegno la cittadella di Verona ( dove mise buon
presidio ) e il castello di Lignago , se poteva
ritorlo a' \eneziani. Quindi amendue si diedero
a far gran preparamenti d' armi . per continuare
più che mai la guerra contro la repubblica ,
la quale dal canlo suo non tralasciava d'armarsi
a fin di resistere a tanti nomici. Piesero i Ve-
neziani per governatore dell'esercito loro Lucio
Malvezzo, e per capitano della rjiiteria Lorenzo,
app' llalo Renzo, da Ceri; nel (|nal tempo, con
iiil. lllgenze clie aveano in Vemna, tentarono una
notiedi .sorprendere quella ciltà colle scale. Andò
il co!po fallilo ; il che costò la vita a molti die
furono creduti o trovati veramenle rei della
congiura. Venuto il mese d'aprile, eccoti com-
parire a Verona milh; cavalli ed olio mila finiti
inviati da Massimiliano Cesare sotto il comando
del principe d'yVnalt. Di là a non mollo Carlo
d'Andjosia governator di Milano con (lian-(ìia-
como Trivulzio , seco condueendo mille e cin-
quecento lancie, dicci mila fanti, tre mila cavalli
leggieri (' grosso treno d' arligheria, vennero a
passar l'/Vdigelto alla Canda , v eominciaiono
ad entrare sul Padovano. Alfonso duca di Fer-
rara mosse anch' egli ranni sue nel di la di
ANNO MD\ C)1
maggio , e tornò a farsi rendere ubbidienza dal
Polesine di Rovigo , da Este, e da gH altri luo-
gbi cbe anticamente furono signoreggiati da i
suoi maggiori , che nel precedente autunno gli
erano stali ritolti da' Veneziani. AH" approssi-
marsi di sì poderosi nemici s'era già l'esercito
veneto ritirato dal \'eronese a Vicenza ; ma
perchè né pur qui\i si tenne sicuro, passò
oltre sul Padovano alle Brentelle. Abbandonati
i poveri Vicentini , gente ben consapevole del
mal animo che nudriva il principe d'Analt con-
tra ili loro , pretendendoli ribolli, gli spedirono
ambasciatori. Solamente poterono ottenere che
la città restasse esente dal fuoco , purcbè pa-
gassero trenta mila ducali d' oro. Ebbe tempo
quel popolo di salvare in Padova ed in altri
luo2:lii il medio delle robe sue e moeli e li-
gli; ed essendo restati pochi abitatori in quella
città, arrivati cbe furono i Tedeschi, rubarono
ciò che poterono , ma non ciò clie speravano.
Un atto di somma crudeltà commisero dipoi i
Tedeschi. .\ Costo/a villa del \ icentino sotto la
montagna cavate si truovano srotte o caverne
di mirabil estensione ( dicono di tre miglia )
a guisa di labirinto , formate unicamente , per
opinion d alcioni , ila i cavatori di pietre alte
al fabbricare. Son chiamate il Covolo, o sia la
Grotta di Masano. Qualunque sia slata l'origine
d'esse, cbe è tuttavia in forse, colà entro si
era rifugiato uno sterminato numero tii ^ icentiui
infelici, ed ancbe di nobili colle lor famiglie e
massarizie, credendosi ivi in sicuro, come altre
volte , e speziahnente nella guerra dell' anno
precedente, erano stati. Informata l'avida gente
Muratori. j4im. f^ol. A'//". 7
f)8 A-MNALI »" ITALIA
tedesca che ivi si nascondeva un ricco bottino ,
corse per impadronirsene. Ala penile l'cnliala
era stretta , e ben dilesa da quei di deatro ,
raunala gran copia di fascine e paglie, e spin-
tala nella iiiihoccatiira delle civerne , tanto
furqo con altaccarvi-'Jl fuoco entrò colà, che
ne rimasero soffjcate da secenlo persone tra
{grandi e piccioli, e forse più: barbarie che
anche oggidì fa orrore.
Restò r esercito ti^desco sid \iccntino, perdio
impedito dal veneto di passar oltre. Intiwito i
Franzesi, a' quali premeva di accjuistar Lignago,
ne formarono l'assedio, in cui se n\ariivigliosa
fu la lor bravura, non minor fu (juella de i
difensori. Pure in sette soli giorni forniate le
hreccie , nel di 12 di giugno per forza entra-
rono i Franzesi in quid castello , creduto al-
lora inespugnabile, ed un orrido sacco vi die-
dero colla morte di ducento finiti veneziani, e
di moli issimi de gli abitanti. Scrive Fra Paolo
Cherici Carmelila, della cui Storia MS. mi
servo 10 ora , che essendo ivi fanciullo di nove
anni, vide quel (icro scempio, e quasi mira-
colosamente si salvp dalle spade franzesi. Carlo
Marino provverlilore co i capitani ritiratosi nella
rocca, non tarilo a rendersi a «liscrezione con
restar j)rigionier<'. Tale fu il principio di que-
sta campagna ; per cui i \ eneziani vedendo
andare di malo in l'Cggio le cose loro , con-
dussero al loro stipendio cin((uecenlo Turchi
sotto il comandf) di Tiiovan!»! ICpirola. Hieorsero
ancora in CoslantlnojxJi al gran Signore , rap-
presentandogli il pericolo suo , se lasciava tanto
ingrandire i principi cristiani. Ne ri])ortarono
ANNO MDX t)y
Ji graiuU promesse, die poi tutte finirono
il) fumo. Ma le magj^ioii loro speranze orano
riposte in papa Giulio, clie dimentico alFatto
(le gli obbligìii contralti nella lega di Cam-
brai , tutto avea rivolto V animo alla loro dife-
sa. Si stuiliù egli di separar Massimiliano Ce-
sare da' Franzesi , con oirciirgli il danaro
oci.'orrcnte per riscuotere da essi la cittadella
di Verona; e perciocché avea già fatto nascere
liti col re Lodovico, cominciò un liallato in
Genova, per fargli ribellare quella città. Cercò
ancora di muovere Arrigo re d'Inghilterra cen-
tra di lui. Quello che più impoita , prese al
suo soldo quindici mila Svizzeri , acciocché scen-
dessero a i danni del re nello Stato di Milano.
Calata poi la visiera, cacciò da sé gli oratori
d esso re e del duca di Ferrara ; e mentre
quest' ultimo si trovava colle sue genti ed ar-
ti-glicrie all'assedio di Lignago, gli fece coman-
dare che desistesse dall' aderenza de' Fiauzesi.
Per (juanle i agioni il duca sapesse allegare , e
per (juanio s' interponesse Massimiliano in fa-
\ore ili lui, il ponlelìce nel dì 9 d'agosto,
benché appoggiato a sole ragioni liivgle , per
non dir calunniose, fulminò centra d'esso Al-
fonso tutte le maggiori censure e maladizioni,
dichiarandolo decaduto e privato del dominio
di Ferrara, e di quanto egli riconosceva dalla
Chiesa. Quindi mosse tutte le sue forze, co-
mandiite da Francesco Maria suo nipote e duca
d' Urb'no , contra de i di lui Stati.
Per queste novità gli affari della repubblica,
che pareano in totiil decadenza , cominciarono a
mutare aspetto. Riuscì bensì all'armata franzese,
lOO ANNALI D ITALIA
clie s'era unita coli' imperiale , di tagliare
u pezzi per la mags,'ior jiarte la cavalleria tiir-
chesca che militava por li Veneziani. Dopo di
die si presentarono le due armate sotto Mon-
selice , e ne cominciarono con grand' empito
r assedio. Ma da i movimenti e trattali ilei
papa elle vennero a scoppiare , rimasero stur-
bati tutti i loro disegni. Cioè s' intese che
Marco Antonio Colonna con grossa compagnia
di cavalli e fanti avea passata la Magra , ed
occupata la Spezie; e giunte colà Iredeci ga-
lee , si disponevano a rimettere in Genova
Giovanni ed Ottaviano Fregosi. Gli Svizzeri già
Tannati minacciavano d' entrare nello Stato di
Milano. 11 duca d'Urbino col cardinale di Pa-
via e con grosso esercito nel dì 3 di luglio
diede principio anch' egli alle ostilità conlra
del duca di Ferrara , con prendere Massa de i
Lombardi , Bagnacavallo , Lugo ed altre terre.
Ed ecco dove s'impiegavano allora i tesori della
Chiesa Romana. A i primi avvisi di tali movi-
menti Carlo d Amhosia signore di Sciomonte
accorse col principal nerbo delle sue milizie
alla guardia dello Slato di Milano, e il duca
Alfonso a Ferrara. Nonne poi latto a gì' im|)e-
riali dopo molte fatiche di jìrendere jier assalto
la rocca di Monselice colla strage di lutto quel
presidio. Ma da lì innanzi convenne a i colle-
gati pensar più alla dilì-sa jiropria , che all'of-
fesa altrui. Mentre il duca di Ferrara attendeva
a preimmirsi conlra dell' arnrala ponlilicia in
Romagna , un maggiore inasjtettato inccudio
divampò in altra parie; percioccliè avendo gli
«liziali del papa intelligenza in Modena co i
ANNO MDX 10 t
conti Francesco Ilaria e Gherardo de' Rangoui,
appena comparvero a Castelfranco , che questa
città mandò loro le chiavi , di maniera che vi
entrarono pacificamente la iiolle precedente al
di 19 d'agosto, e la cittadella tardò poco a
capitolare anch'essa. Impadronì ronsi poscia di
Carpi, di San Felice e del Finale, e portarono
la guerra tìu presso a Ferrara colla sola sepa-
razione del ramo del Po , che allora scorrea
presso di quella cillà. Ad animar maggiormente
r armi pontilìzie ci mancava la persona dello
stesso guerriero papa Giulio ; ed egli non lasciò
di comparile a Bologna nel dì 22 <li settembre.
Nel qual mentre i Veneziani per terra e per
Po fecero aspra guerra nel Polesine e Ferra-
rese al duca Alfonso , il quale intrepidamente
or qua or là scorrendo, studiò di sostenersi in
mezzo a tante tempeste. Tali doglianze poi fece
Massimiliano Cesare col papa ]>er l'occupazion
di Modena città dell'imperio, che Giulio s'in-
dusse a depositarla in mano di lui nel dì 3i di
gennaio del seguente anno, con patto di non
restituirla al duca Alfonso, e che intanto si
esaminasse a chi essa dovesse appartenere. Era
fin qui stato prigione in Venezia Francesco
Gonzaga marchese di Mantova. V ha chi scri-
ve , che per le minaccie del Sultano de' Tur-
chi , guadagnato da i Vlantovani , o dal re di
Francia , fu messo in libertà. Tuttavia par più
probabile che ciò avvenisse per l'interposizione
di papa Giulio , e per li saggi riflessi del se-
nato veneto ; avendo essi conosciuto quanto
potesse lor giovare il tirar questo principe nel
ìor partilo in circostanze di tanto rilievo. La
102 ANNALI d' ITALIA
verità si è , eli' egli nel dì 3o di luglio non
solamente uscì di prigione, ma fu anche ri-
messo in grazia de' Veneziani ; e il papa , che
avea privato il duca Alfonso del grado di gon-
falonier della Cliiesa, conferì questa dignità allo
stesso marchese nel di 3 d'oltohre, come costa
dalla sua Bolla presso il Du-MoTit (i). Così
quel priiicijie sposò anch' egli ( almeno in ap-
parenza ) gl'interessi del papa e de' \ eneziani;
nel che nondimeno si comportò dipoi con moka
saviezza.
Dappoiché colla partenza dello Sciomonte e
del duca di Ferrara l' esercito di Massimiliano
si trovò troppo snervato in paragone del ve-
neto , prese la risoluzione di ritirarsi a Verona
e di ahhaudonar Vicenza, che tornò alla di-
vozione della repuhhlica. Nel ritirarsi ehbero
le sue genti sempre alla coda i Veneziani , i
quali , tuttoché fosse lor presentata la hallaglia,
mai non vollero accudire a sì azzardoso giuoco.
Di questo huou vento si prevalsero ancora gli
altri provveditori veneti per riacquistare Ascio
del Trivisano , Marostica, Cividal di Belluno,
il Polesine dì Bovigo ed altri luoghi. l'asso
dipoi il grosso loro esercito sotto Verona , e
messa mano alle aitiglieric , cominciarono a
hond.iinlare qucllii città. V'era dentro il duca
di Termine, uliziale del re Ferdinando, a cuij,
per psseie morto in qiu;l tempo di flusso il
priueijie di Arialto , eia toccato il comando delle
trup]ic collegalc. Fece egli buona difisa sì per
rijMilsare gli aggressori , come ])er tenere in
(i) Du-Moiit Corp. Dii'loniat.
ANNO Mnx io3
freno i Veronesi , molti de' qu;"1i niniitnieano
corrispondenze co Veneziani ; lincile un capi-
tano spaj^nnolo, cliiainalo Calandres, oltenula
licenza dal duca, nscì una nolle con quattro-
cento finti , e con tal valore assalì la guardia
delle neniiclie batterie, che ne fece strage glan-
de . con incliindar anclie quattro de' lor can-
noni e gi'.tarli nella Ibssa. ^i perì fa gli altri
Gitolo da Perugia , mio de più valorosi capi-
tani dell' armata veneta. Onesto colpo, e l'av-
viso clic gli Svizzeri , siccome dirò fra poco ,
erano tornati a casa loro , 'cagion fu che i
Veneziani dopo tre dì, cioè nel dì 12 di set-
tembre, levarono il campo, e si ritirarono a
Soave e a San Bonifazio. Mentre di qnesto te-
nore pioce(lev:;no nella bassa Loniliardia le
cose della guerra , ]ier opera di papa Giuho
tentato fu di far ribellare al re di Francia la
città di Genova (1). In quelle vicinanze già era
giunto il Colonna colle milizie del papa per
terra; e le galee venete anch'esse, dopo aver
jireso Seslri e Chiavaio, si presentarono a Ge-
nova, sperando ivi delle già manipolate solle-
vazioni. 3Ia niun si mosse; ed essendo accorsi
in ({iiclla città vavj aiuti , convenne ritirarsi ; e
a chi dovette tornar per terra, costò caro. Non
per questo si quetò il pertinace animo di papa
Giulio. Sul principio di settembre di nuovo spedì
verso Genova più numerosa flotta , sperando
che gli Svizzeri per terra venissero nello stesso
tempo a darle mano per assalire quella città.
(1) Agostino Giustiniani, Annali di Genova. Gnicciar-
dÌDO. Senarega de Reb. Genucns.
Io4 AlSSAti b' ITALU
Svizzeri non si videro ; ed usciti con hnona
copia di legni i Genovesi , diedero la caccia a
i pontifiz) , facendogli tornare con gran fletta
a Civita Vecchia. Quanto ad essi Svizzeri mossi
dal papa contro lo Stato di Milano , calarono
ben essi verso Varese , ma sprovveduti d' arti-
glierie , di jjonti e d' altri arnesi da guerra. Si
inoltrarono verso Appiano; e TAmbosia, o vo-
jjliam dir lo Sciomonte, quantunque assai de-
bole di forze , gli anda\ a costeggiando , e le-
nendoli ristretti con varie scaranniccie. Piegarono
dipoi verso Como; e in fine scorgendo le dif-
iicultà di passar oltre, o pure per mancanza
di vettovaglie , se ne tornarono bravamente alle
lor case, avendo mangiato a tradimento ^1 pane
del papa. Pretendono gli storici genovesi con-
temporanei, che costoro, dopo avere ricevuti
dal papa settanta mila ducati d'oro per venire,
ricevessero poi da' Franzesi altra buona somma
per tornare indietro, non senza infamia dei loro
nome.
Tornata che fu la quiete in Genova e nello
Stato di IMilano, l'Anibosia si mosse per ve-
nire in soccorso del duca di Ferrara , che era
battuto da tante parli. Si pensava egli di potere
ritujierar Motleiia ; ma essendo entrato in essa
cillà un buon presidio, e ridottosi a questa
parte lutto 1 esercito j)ontifizio, nulla potè per
mi pezzo operaie. Servì nondimeno (fiiesto suo
movimento a liir respirare il du<'a Alfonso, che
potè allora ripigliar il Finale e Cento. I\la men-
tre egli si preparava ad unirsi con lo Siiomonle,
gli fu d' uopo attendere a casa , perchè i Ve-
neziani con due armati! , parte per terra e
ANNO MDX lOt)
palle pel Po, vennero ad infestare il Ferra-
rese. Riuscì al prode duca nel dì 28 di set-
teinlire colle sue genti , comandate da Giulio
Tassoni, di dar loro due .sconfitte in Adria e
alla Polesclla , con condurre a Ferrara settanta
dei loro legni, itiolla artiglieria ed altre prede.
Deliberò in questi tempi lo Sciomonte , dopo aver
preso Carpi , di jiorlar la guerra sino a Bolo-
gna , commosso spezialmente dalle premure di
Annibale e di Ermes Bentivogli , che gli rajipre-
sentavano facile tjueir acquisto. Però nel dì 17
d' ottobre , occupato colle artiglierie il castello
di Spilamberlo , e poi Castelfranco, nel dì 19
fece scorrere alcune squadie di cavalleria fino
alle porte di Bologna. Gran paura n' ebbero i
cardinali e cortigiani del papa , che ivi si tro-
vava convalescente, ma non già il papa slesso;
e vi vollero gli argani ad induilo a trattar di
pace , perdi' egli aspettava a momenti un ga-
gliardo soccorso da' \eneziani e dal re Catto-
lico. Pure lasciatosi vincere , inviò Gian-Fran-
cesco Pico conte della Mirandola , e celebre
letterato ; allo Sciomonte , più per voglia di
guadagnar tempo , che di accellar pace alcuna.
Alte furono le condizioni proposte dal f^enerale
franzese , che si veggono registrate dal Guicr
ciardiiio; e si andò giocando di scherma alcuni
dì , finché sopragiunli a Bologna de i glossi
rinforzi di gente , questi fecero ritornare il
papa alla consueta alterezza e sprezzo de' ne-
mici. Lo Sciomonte, a cui mancavano le vet-
tovaglie , se ne tornò indietro sonoramente
deluso, pentendosi, ma inutilmente, di non
essere marciato a dirittura a Boloi^na , che
io6 A^«ALI d' ita ma
3gnnrnila allora potea facilmente cadere in sua
mano.
Fumava di rabbia papa Giub'o, tiomo , per
consenso di tulti gli storici , impastato di bile ,
e taccialo ancora di disordinato amore del vino,
per r insulto fatto da' Francesi ad una città pon-
fifizia , e città dove soggiornava egli slesso in
persona. Si rodeva tutto ancora d odio centra
di Alfonso duca di Ferrara , per vederlo so-
stenuto si poderosamente da' Franzesi. E giac-
cbè quf'sti s'erano per la maggior parte ritirali
nello Stato di iVIilano , pieno di ardore e di
speranza di conquistar Ferrara ;, dopo avere
unito ad un gagliardo esercito le sciiiere a lui
inviate dal re Cattolico , mosse le sue armi a
quella volta. Ma il verno era venuto, le strade
si trovavano quasi impraticabili; e però da lui
fu presa la risoluzione di assediar intanto la
Mirandola , piazza folte e fornita di presidio
franzfse. All' armata sua riuscì nel dì 19 di
dicembre di aver per fòrza la terra della Con-
coidia : il clie fallo , passò all' assedio della
Mirandola, col cui acquisto si veniva maggior-
mente a slrignere e bloccare Ferrara. Circa
questi tempi Lodovico XII re di Francia , ol-
ticinodo alteralo pel proceilere del pontefice,
il quale avea infin fallo mettere in Castello
Santo Angelo il cardinale d'Aneli, ministro de-
putato a gli all'ari del re in Poma, si diede a
.stvidiar le maniere di opporsi a i maggiori di.se-
gni e tentativi di lui. Nel di 17 di novembre
assodò con un nuovo trattalo la lega con Mas-
similiano Cesare. Avendo anche j'.illo raunare
ANKO MUX lO'j
nel dì 3 di siMb mhre un copioso concilio (i)
( con.-lliai)nlo iiiipellalo da altri) de' vescovi di
Francia , volle udire il lor parere , se era le-
cito a lui il difiiidt-rc conlro il [■apa un prin-
cipe dell' imperio , a cui esso papa avea mossa
guerra con prolonsioni sopra uno Stato ciie
quel princ'pe teneva dall'imperio con prescri-
zione pili che centenaria. Gli fu rispoto di sì.
Fu d' avviso !' autore franzese della Lega di
Canibrai (?.) c!ie c[upsta dimanda riguardasse i
Bentivogli , i quali Giulio li avea cacciati da
Bologna dopo un possesso centenario. INla chiara
cosa è che si parlava della città di Comacchio ,
posseduto dalla casa d Estc con sole investitine
imperiali per più di cento cinquanta anni. Se
quello scrittore avesse considtato il jMezerav (3)
e il Serres (4) storici franzesi , aM't bbe cono-
sciuto che la lite eia per un feudo dell' im-
perio , e nominatamente per Comacchio. I
Bentivogli interpolatamente signoreggiarono in
Bologna , né mai pretesero che quella l'osse
città dell' imperio , anzi ne riconobbero sem-
pre per sovrani i paj)). E fin qui si potcano
comportare le precauzioni del re Lodovico. Ma
egli si lasciò trasportare più oltre , essendo
convenuto con Massimiliano di far convocare
a Lione un concilio . generale , per trattarvi
della riforma della Chiesa , e con animo, per
Cjuanto fu creduto, di deporre papa Giulio, il
(i) Labbe Concil. tnm. i3. Belcairc Cointncut. Gali.
(2) Hisloire de la Ligiic de Cambray.
(3) Mezerav Iliitoiie de Franca tom. ?.
(4) Scrrcs Ili.stoire de l'i-aiice tom. ■>.
108 AIVNALl d' ITALIA
quale in vece di adempiere il giurametito da
lui falto di ranuar esso concilio, s'era dato
all'armi con iscandalo della Cristianità. E già
cinque cardinali disgustati di lui, e fuggiti dalla
sua corte , minacciavano questo scisma. Non
manca chi ha scritto, aver pensato Massimi-
liano di farsi eleggere papa , o di farsi dichia-
rar capo della Chiesa come imporadore. Sem-
bra ben più giuslo il creder questa una delle
vane, anzi ridicolose dicerie di que' tempi. La
pietà è stala sempre dote ereditaria dell' augu-
stissima casa d'Austria , e di questa ninno osò
dir mancante Massimiliano imperadore eletto.
Con ciò si diede il re Luigi a far nuovi pre-
paramenti di guerra, siccome all'incontro papa
Giulio dal suo canto a maggiormente tirare nel
suo partito Ferdinando il Cattolico , principe
che al pari di lui ahborriva T ingrandimento de
i Franzesi,e sommamente sospirava di cacciarli
d'Italia.
Aimo di CiusTo 1 5 1 1 . Indi-ione. XI F'.
di Giulio II papa g.
di Massimiluno re de Romani 19.
Videsi nel verno di ([uesl anno uno spelta-
colo che fu e sarà sempre deplorahilc nella
Chiesa di Dio : cioè un vecchio pipa fjre da
general d'armata, e cotnandir ari inlif-ric ed as-
salti, senza curare l'alta sua tlignità , e i do-
veri di chi è Vicario dtjl mansueto e pacifico
nostro Salvatore. Si continuava 1" assedio della
INliiandola dall' esercito ponlilizio , acciesciulo
da molle milizie venete ; ma non con quella
AKNO MDXI 109
celerilà cbe avrebbe \obito l' impaziente papa
Giulio II, passato a San Felice per accalorar
r impresa in quelle vicinanze (i). Natif;li in
cuore sospetti e difiirlenze conlra de' capitani,
e fin contro lo stesso suo nipote duca d' Ur-
bino, si fece egli portare in lettiga al campo.
Fu quel verno uno de' più rigorosi che mai
provasse 1 Italia. Per piT: giorni nevicò; tutto
era neve e ghiaccio, e frequente un aspris.>inio
vento. Pure nulla potè trai tenere il marziale
ardore del papa dall' assistere a i lavoii , a far
piantare le artiglierie e a regolar gli altacclii,
con essere più volte stata in pericolo della vita
la sacra sua persona ; mentre i caidiuaìi colla
testa bassa e coli' animo afflitto detestavano so-
migliante eccesso. La breccia formata , e il
grosso gliiaccio sopravenuto alle larghe e pro-
fonde fosse della Mirandola , indussero Fran-
C( sca figlia di Gian-Jacopo Trivulzio , e vedova
del fu conte Lodovico Pico, a cajiitolar la resa
di quella piazza. Tanta era la voglia del papa
d' entrarvi , che senza voler aspettare cbe si
disimbarazzasse ed aprisse la porla , per la
breccia con una scala v' entrò nel di 2 1 di
gennaio, e ne diede poscia il jìosscsso a Gian-
Francesco Pico , cbe la pretendeva di -sua
ragione. Si fermò il j ontefice dieci giorni ivi
per prendere riposo dopo tante falicbe, e poi
se ne andò lutto glorioftO a Ravenna , con te-
nersi oramai in pugno l'acquisto anche di Fer-
rara. Trovavasi Carlo d'Ambosia signor di Scio-
monte, e governator di Milano, svergognalo
(i) Bembo. Giùcciardino. Storia Veneta MS.
110 AKNAM D ITALIA
non poco , per essersi lasciato burlare sotto
Bologna , e per non aver dato soccorso alla
Mirandola : perlochè era caduto in disgrafia
anche presso i suoi soldati. Rondava egli in-
torno a Modena , e inteso che v' era dentro
poco presidio . ma senza sapere , o fingendo
di non sapere che questa città l'avesse ricevuta
Massimiliano Cesare in deposito, e mandato a
governarla un suo ufiziale , gli cadde in pen-
siero di ricuperarla nel dì i8 di febbraio, e
di cancellar con questa prodezza il disonor
passato. Ma non gli venne fatto, perchè niua
de' cittadini , come era il concerto , sì mosse.
Ritiratosi ])oi egli a Correggio, ed infermatosi,
diede fine al suo vivere nel dì io di marzo:
con che restò prò interim il comando dell'armi
franzesi a Gian-Jacopo Trivulzio maresciallo di
J''rancia, generale di gran nome nel mestier
della guerra.
Stando papa Giulio in Ravenna , avea spedito
un corpo di cinque mila fanti , sostenuti da
alcune squadre di cavalli leggieri e d' uomini
d'armi, con ordine di prendere la bastia della
Fossa Zaniola, antenuirale di Ferrara verso il
Po d' Argenta. Per secondar 1" impresa , passa-
rono a quella volta tiedici galee sultili e molti
legni minori de' Veneziani. Il duca di Ferrara,
a cui j)iemeva folle di sostenere quel silo,
messe insieme le sue gi.'nli , alle quali si unì
lo Scialti;;lione con alciuio s<:l)iere franzesi,
con tal segretezza marciò a quella parte, che
si scagli(') loro addosso nell' ultimo giorno di
febbraio, (juando a luti' altro jiensavano. Fu in
poco lenq:o sbaragliato quel picciolo csercilo
.ANNO MDXI I I l
con istfa£;e e prisjioiiia di molti, e coli' ac-
quisto tli molte baiiiliere, artiglierie e baga-
glio, liiiis ì il'poi al medesimo duca nel dì ^5
di maizo di battere e far fiigL^ire la flotta ve-
neta o! e s eia inoltrata fino a Santo Alberto,
ed applicata a combattere un bastione, con
prendere due faste, tre baibotte , e più di
quaranta legni minori e molti cannoni. Fu per
questi lempi trattato assai caldamente di pace ,
essendosi a questo fine por' alo a Bologna il
papa, dove ancora compiirvero il vescovo Gur-
gense per Massimiliano, e gli ambasciatori di
Francia , Spagna , Venezia , e d' altri potentati.
]\ia nulla si potè conchiudere. Però il Trivul-
zio, da che vide svanita questa speianza, tro-
vandosi alla testa d' un potleroso esercito fran-
zese , e ansioso di far qualche impresa , sul
principio di maggio arrivò alla Concordia sul
fiume Secchia, e, secondo il Guicciardino , la
prese. L' Anonimo Padovano mette più lardi
questo fatto , siccome diremo. Seco era Ga-
stone di Fois duca di Nemours , figlio d' una
sorella del re di Francia, giovane pieno di
spiriti , poco fa venuto di Francia ,. che diede
uno de' primi saggi del suo valore contra di
Gian-Paolo Manfrone , capitano di trecento ca-
valli leggieri v> neti , con far prigione lui a
Massa del Finale , e dissipar la sua gente.
Dissi uno de' primi saggi , perchè a lui pari-
mente s' attribuisce 1' aver dianzi parte uccisi
e parie presi duceuto e pii\ cavalli veneti ,
comandati da Leonardo da Prata cavalier Ge-
rosolimitano , che vi lasciò la vita. S' intollrò
poscia il 'Irivulzio coli' esercito suo fino a
112 ANNALI D ITAUA
Bomporto sul Panaro: nel qual tempo papa
Giulio , sentito che si avvicinava questo brutto
temporale , preso consiglio dalla prudenza , e
più dalla paura , determinò di abbandonar Bo-
logna. Ma prima di mettersi in viaggio , fece
un' eflicace parlata al senato e nobiltà , esor-
tando ognuno alla difesa della città: ai che
mostrarono essi una mirabil prontezza , che fu
poi derisa dal Guicciardino , ma difesa da una
penna bolognese. Nel dì i4di maggio il papa
se ne partì colla sua corte , e auuò a mettere
di nuovo la residenza in Ravenna. Restò go-
vernatore di Bologna Francesco Alidosio , detto
il Cardinal di Pavia, il quale vedendo cosi bene
animati i cittadini , fece dipoi prendere loro
r armi , per opporsi a i disegni de" nemici. In-
tanto il Trivulzio , costeggiato sempre dal duca
d' Urbino coli' esercito pontitìzio e veneto ,
giunse fino al ponte del La\ino. Allora fu che
si cominciò qualche tumulto in Bologna, parte
per le segrete insinuazioni de i fautori di An-
nibale ed tiiTnes Beiilivoirli che erano nel
campo Franzese e sofiiavano nella città , e
parte per ^aura nata nel popolo di perdere i
loro raccolti, e ili aver da softirire im asse-
dio. Volle il cardinale finii uscire , ed unirli
al duca d' Urbino : non se ne sentirono ^ o-
glia. Tenl<'> di f;ir entrare in città Ramazzotlo
con mille fanti : noi vollero ricevere tientro.
Perciò il cardinale accortosi della loro ribellio-
ne , giudicò bene di mettersi in .«^aho , e se-
gretamente s' inviò alla \olta ti' Imola. Dopo
di che i Bolognesi nella notte del dì 2i
di maggio , venendo il 23 , ammisero in città
ANNO MDXI I 1 3
i Bentìvogli con gi-an festa ed universa! tri-
pudio.
A questo avviso poco stette l' esercito pon-
tifizio a sfilare precipitosamente verso la Ro-
magna ; ma in passando dietro le mura di Bo-
logna, parte di quel popolo, e i villani e i
montanari accorsi alla preda , con altissime
gi'ida e villanie inseguendoli , tolsero loro le
artiglierie e munizioni , e buona parte de' car-
riaggi. Sopravenne poi la cavalleria franzese ,
che levò a costoro parte di quel bottino , e
fece del resto addosso a i fuggitivi, i quali chi
qua chi là attesero a salvar la vita. La Storia
manuscritta dell' Anonimo Padovano mette circa
tre mila morti , e gran quantità di prigioni. 11
Guicciardino pochi ne conta. Nel giorno se-
guente il Trividzio coir esercito marciò fuor
di Bologna , e la sera giunse a Castello San
Pietro. Avrebbe potuto con sì buon vento far
de' grandi })rogressi in Romagna, ma quivi si
fermò per ricevere nuovi ordini dal re Lodo-
vico. E cpiesti poi furono , che se ne tornasse
indietro, persuadendosi il buon re di poter
ammollire con tanto rispetto il cuor duro dei
papa, e di trarlo alla pace, oltre al non voler
accrescere la gelosia delle altre potenze , se
avesse continuato il corso della vittoria. Por-
lata intanto a papa Giulio in Ravenna la do-
lorosa nuova di questi avvenimenti , facile è
r immaginane con che traspoi ti di collera e di
dolore la ricevesse, mirando in un tratto sva-
nite tante sue glorie , dissipato 1' esercito suo
e il veneto , ed avere , in vece di prendere
Fcriara , perduta Bologna , la più bella e ricca
ML-nATORi. Ann. Fol. XIV, 8
I l4 ANNAU a' ITALIA
delie sue cillà dopo Roma. Maggiormente si
alterò egli dipoi all' avviso che il popolo di
Bologna aveva abbattuta , e con iscbcrno stra-
scinata e rotta la bellissima statua sua , opera
di Michel Agnolo Buonaroti , che era costata
cinque mila ducati d'oro; e che la cittadella
di Bologna , benché ampia e forte , mal prov-
veduta ili vettovaglie e di munizioni , s era
dopo cinque giorni renduta , ed essere poi stala
furiosamente smantellata tutta da i Bolognesi. A
tali disastri un altro si aggiunse che più di
tutto gli trafisse il cuore. Era corso a Bavenna
il cardinale Alidosio , ed avea rovesciata sul
duca d' Urbino tutta la colpa di sì giaii pre-
cipizio di cose, quando v' era gagliardo sospetto
che fra esso porporato e i Franzesi passassero
segrete intelligenze , e da lui fosse proceduto
il male. Capitato colà anche il duca , né po-
tendo ottenere udienza dallo sdegnato zio ])a-
pa , e intesone il perchè , talmente s' inviperì
centra d' esso cardinale , uomo per altro di-
pinto da alcuni come pieno di malvagità , che
trovatolo per accidente fuor di casa , colle sue
mani e coli' aiuto de' suoi seguaci spietatamente
r uccise .sulla strada, e poi si ritirò ad Ui bi-
no. Avrebbe! o lauti accidenti umiliato , anzi
abbattuto il cuor d' ognuno , ma non già quello
di papa Giidio ; il quale, lasciata riavcnua ,
passò a lìimini, dove .suo mal grado cominciò
a prestare orecchio alle jìroposizioni di jiace ,
ma con allontanars* ne ogni dì più , a misura
di (juigli avvenimenti che aiula\ano calmando
la sua paura , e facendo risorgere le sue
speranze. Tarlava (gli ordinariamente più da
I
ANNO MDXI I I 3
f incitore che da vinto. E quantunque fosse in
questi tempi intimalo un concilio , o concilia-
bolo , da tenersi in Pisa contra di lui , col
pretesto di rit")iiuare la Chiesa nelle membra
e no' Capo slesso, proclamato da i cardinali
ribelli per incorreggibile; pure sembrava che
egli non se ne mettesse gran pensiero. Si ri-
dusse poi a Roma , dove processò e dichiarò
decaduto da ogni grado il nipote duca d' Ur-
bino : gastigo nondimeno che non durò se non
cinque mesi , dopo i quali ( tanto perorarono
in favor d' esso duca i parz.iali , a forza di
screditare l' ucciso cardinal di Pavia ) se ne
tornò il duca a Roma , rimesso come prima
nella grazia ed amore del papa.
Tali mutazioni di cose servirono ad Alfonso
duca di P'errara , per ricuperare Lugo e tutte
l'altre sue terre di Romagna , e poscia Carpi ,
con farne fuggire Alberto Pio, che ebbe poco
tempo di goderne il possesso. Ricuperò ancora
il Polesitje di Rovigo , ed avrebbe anche po-
tuto riaver Modena ; ma di più non osò per
riverenza a Massimiliano Cesare che comandava
in questa città , e al re Cristianissimo a cui
non piaceva di dar maggiore molestia al poa-
tellce. Quanto al Trivulzio , da che egli ebbe
intesa la mente del re , lasciato qualche rinforzo
di gente a i Bentivogli , s' inviò coli' esercito
franzese alla Concordia ; e se vogliam credere
all' Anonimo Padovano , più che al Guicciar-
dino , fu in questo tempo, e non già prima,
che 1' espugnò. Fu presa a fo'va d' armi quella
terra , e ditta a sacco, colla murtc di quasi
tutto il presidio di Irecenlo fanti che ivi si
1 1 6 ANNALI U'~ ITALIA
trovarono sotto il comando del suddetto Al-
berto Pio. Il che fatto, si spinse sotto la Mi-
randola. Gian-Francesco Pico, non vedendo spe-
ranza di soccorso , e sapendo anche d' essere
odialo da quel popolo , giudicò meglio di ca-
pitolare la resa , e di ritirarsi dolenle colla sua
famiglia ed avere in Toscana ; con che rientrò
nella Mirandola la contessa Francesca , figlia
d' esso maresciallo Trivulzio , con Galeotto suo
figlio. Attesero da lì innanzi i Franzesi alla
guerra contro la signoria di \'enezia , uniti
con gì' imperiali in Verona. Nel mese di giu-
gno dall' armata veneta , che era a Soave e a
San Bonifazio , e continuamente infestava il
Veronese , fu spedilo un grosso corpo di gente
per dare il guasto alle biade già mature. Tre--
cento lance franzesi, uscite di Verona, ne la-
sciarono tornar pochi al loro campo. Un altro
giorno imperiali, Franzesi ed Italiani , in nu-
mero di sedici mila persone sotto il comando
del signor della Palissa e del signor di Rossa
Borgognone , niaiciarono verso Soave. Lucio
Malvezzo e Andrea Grilli, messo in armi l'e-
sercito veneto , aniniosameiilc s' aifioularono
con loro a Villanuova. La peggio toccò a i Vendi,
i quali poi si ritirarono a Lunigo, e di là a
Padova, lasciando aperta la strada a' nemici di
venire a postarsi a Vicenza. Passò dipoi 1' ar-
mata de' collegati solto Trivigi, ma lo trovò
ben guardato. Nel tempo stesso calò un eser-
cito tedesco, comandalo dal duca di Brunsvich,
nel l'riidi , stalo fuuiia campo di battaglia e
di miserie. S' impadronì di Caslehuiovo , Co-
negliano, Sacile, Udine ; in una parola , dì
ANSO MDXI 117
tutto il Friuli. Qiiinili passò sotto Gradisca ,
una delle luiglioii fortezze d' Italia ; e piantate
le batterìe, per viltà de' soldati che erano alla
difesa , furono obbligati gli uli/.iali veneti a
capitolar la resa con oneste condizioni. Ala che ?
non andò molto che si vide cangiar faccia la
fortuna. Era mancato di vita Lucio Malvezzo
governatore dell' armata veneta , e in suo luogo
eletto Gian-Paolo Baglione Perugino, persona
di gran credito nella milizia. Questi sapendo
essere Verona restata assai smilza di presidio
e con soli fanti , spedì cinquecento stradiotti a
cavallo , che si diedero ad infestar tutti i con-
torni di Verona ; così che quella città pareva
assediata, uè potea ricevere vettovaglie. Ve-
nendo ancora il conte di Prosnich Tedesco da
Marostica , per andare a Trivigi con trecento
cavalli , il Baglione spedì centra d' essi Giano
Fregoso e il conte Guido Rangone con ."^ecento
cavalli. La battaglia ne' contorni di Bassano fu
svantaggiosa a i Veneti sul principio , con re-
starvi prigioniere il Rangone, che senza vo-
lere o potere aspettar il compagno avea attac-
cata la zuffa. Sopragiunto pos-cia il Fregoso ,
non solo ricuperò i prigioni, ma ruppe affatto
i Tedeschi , che parte da i vincitori , parte da
i villani furono uccisi. Quel che è più , ve-
nute le pioggie, rotte le strade , non potendo
gli eserciti ricevere vettovaglie, si ritirarono i
collegati di sotto Trivigi e andarono a Verona
Anclie il duca di Brunsvich >>e ne tornò iiì
Germania. La loro ritirata servì di facilità a i
Veneziani per ricuperar l'infelice Vicenza, e
lutto il Friuli, a risei-ya di Giadisca, non so
IlS ANNALI d' ITALIA
se con p'ù loro onore, o più vergogna di
Massimiliano Cesare.
Gravemente s' infermò in Roma papa Giulio
verso la metà d" agosto , e fece sperare a molti
e temere ad altri il fine di sua vita. Né pur
questo ricordo dell' umana fragilità bastò ad
introdurre in quel feroce animo veri desiderj
di pace, benché tanfo v'inclinasse il re di
Francia con altri potentati. Appena si riebbe
egli , che tornò a i soliti maneggi di leghe e a
i preparamenti di guerra. S' era dato principio
in Pisa all'immaginario conciliabolo centra di
lui. Per opporsegli , intimò anch' egli un con-
cilio generale da tenersi nell'anno prossimo
nel Lateraiio. Tanto poi seppe fare l'indefesso
pontefice , che trasse affatto a' suoi voleri in
quest' anno Ferdinando il Cattolico, re d'Ara-
gona e delle due Sicilie , ed Alligo Vili re
d'Inghilterra. Veramente il primo avca mirato
sempre di mal occhio le nuove conquiste de i
Franzcsi in Italia; e da che ebbe ricuperato
ciò che a lui apparteneva nel regno di Napo-
li , sospirava ogni di una ragione o pretesto
per levarsi dalla lega di Cambiai, e romperla
col re di Francia. Siccome principe di mirabil
accortezza , sapeva per lo più coprir la sua
fina politica coi mantello della religione. Così
fu nella presente occasione. Col motivo di far
guerra a i Mori in Affrica, ottenne dal papa le
decime del clero ; e con far predicare questa
.santa impresa , ricavò tanto danaro dalla jiielà
do' suoi popoli , che mise insieme una buona
armata , la <|uale avca poi da servire con-
tro i Cristiani , conio ih; tre secoli precedenti
ANNO MDXI I ig
s' era tante altre volte praticato non senza
disonore della religion cristiana. 0 sia ch'egli
fosse prima d'accordo col papa per questo
aimamenlo , o die il papa il tirasse nel suo
pallilo in quest'anno; cerio è che fecero lega
insieme, compremlendo in essa i Veneziani; e
questa fu solennemente pubblicata in Roma
nel dì quinto d" ottobre. Indotto a ciò si mo-
strava il re Cattolico dal suo particolare zelo
di reli;;ione per difendere il pipa , oppresso
dall' anni franzesi coli' occupazion di Bologna ,
e con lo scismatico concilio di Pisa. Trasse il
papa , sccome poco fa dissi , in questa lega
anche il re d' Inghilterra; e si legge presso il
Rymer (i) e presso il Du-Mont (2) lo stru-
mento d unione fra esso re e il Cattolico ,
stipulato a dì 20 di dicemlire dell' anno pre-
sente prò siiscipienda Sanctae Ronianae Eccle-
sine Matris nostrne defensione pemecessaria.
Pertanto avendo Ferdinando inviato nel regno
di Napoli mille e ducento lance , o vogliam
dire uomini d' armi , mille cavalli leggieri e
dieci mila fanti , tutta gente di singoiar bra-
vura e fedeltà , pel cui mantenimento s' erano
obbligati il pontefice e il senato veneto di pa-
gare ogni mese quaranta mila ducati d'oro,
la metà per cadauno : ordinò che questo eser-
cito , sotto il comando di don Raimondo di
Cardona viceré di Napoli , venisse ad unirsi in
Romagna col pontifizio e veneto : il che fu
«seguito. Ma qui non finì la tela. Furono
(0 Rymer Act. Public.
(2) Du-Mont Corp. Diplojnatn
I20 ANNALI D ITALIA
di nuovo mossi dal danaro del papa gli Sviz-
zeri contro lo Stato di Milano ; e in fatti molte
migliaia d' essi sul principio di novembre ca-
larono a ^ arese, col concerto che l'armi ve-
nete e del papa avrebbono fatta una gagliaria
diversione. Portavano lo stendardo sotto il
quale nel precedente secolo aveano date le
memorabili rotte al duca di Borgogna. A questo
formidabil segno dovca tremar chicliessis. Lo
Storico Padovano scrive che nel loro generale
stendarlo a lettere d' oro era scritto : domato-
RES PRINCIPVM. AMATORES IVSTITIAE. DEFE^ISORES
SANCTAE ROMANAE ECCLESLAE.
Era intanto dichiarato per governator di
Milano , e suo luogotenente generale dal re
Cristianissimo, Gastone di Fois suo nipote ,
giovane che nell' età di soli ventidue anni
uguagliava , se non superava , in senno e va-
lore i più vecchi e sperimentati capitani. Poca
gente d' armi , poca fanteria aveva egli ; e in
Milano era non lieve il terrore e la costerna-
zione. Andò Gastone per consiglio del Trivul-
zio a postarsi a Saronno con quelle forze che
])Otè raunare. Ed essendosi inoltrati gli Sviz-
zeri a Galerale , con saccheggiar e bruciare
ogni cosa , seguitaiono il viaggio verso Milano ,
dove s'andò ritirando Gastone, o pure il Tri-
vulzio , come s' ha dall'Anonimo Padovano. Il
quale aggiugne che seguirono varj combatti-
menti colla peggio ora de gli uni, ora de gli
altri. Ma non osando gli Svizzeri di fare alcun
tentativo contra di quella gian città , piegarono
verso Cassano, con apj)aren/,a di voler passare
l'Adda. Quand' eccoli a tulio lui tempo ,
ANNO MUXI 121
spedito un loro iifiziale a Gastone , si ofibrirono
di toinarsone alle lor montagne , se si volea
dar loro un mese di paga.. Essendo intanto
arrivati quattro mila fanti italiani a Milano ,
Gastone allora parlò alto, e poco esibì. Da lì
a poco andarono a finir le miuaccie di quei
Barbari in ritirarsi al loio paese , lasciando
per la seconda volta delusi i commessarj del
papa e de' Veneziani, che erano con loro, ed
allegando per iscusa che non correvano le pa-
ghe , ed aver mancato i generali del papa e
de' Veneziani al concerto della lor venuta. Cosi
è raccontato questo fatto dal Guicciardino e
dal! autore franzese della Lega di Cambra!. Ma
l'Anonimo Padovano, forse meglio informato
di questi affari, scrive che Gastone col danaro
corruppe il capitano Altosasso , ed alcuni altri
condottieri svizzeri, i quali, mosso tumulto nel-
r armata , fecero svanire ogni altro disegno.
Usciti di questo pericoloso imbroglio i Fran
zesi , vennero dipoi a prendere il quartiere a
Carpi, alla Mirandola, a San Felice e al Fi-
nale ; e questo perchè gli Spagnuoli erano già
pervenuti a Forlì , ed uniti coli' esercito pon-
tifizio minacciavano l'assedio di Bologna. Riu-
scì in quest' anno a dì tre di settembre a i Fio-
rentini , dopo lungo trattato e molte minacele .
di cavar di mano de'Sanesi la terra di Mon-
tepulciano. Di grandi istanze fece loro il re
Lodovico, perchè uscissero di neutralità, ed
entrassero in lega con lui ; e le diuiande
sue erano avvalorate dal Soderini perpetuo
gonfaloniere di quella repubblica. Tuttavia pre-
valse il parere de i più di non mischiarsi in
122 ANSAU U ITALfA
SÌ arrabbiata guerra. Né si dee tralasciare che;
fu ilato principio in Pisa al conciliabolo de i
Franzesi; ma principio ridicolo, sì poco era il
numero de' concorrenti , né si vedea compa-
rire alcuno dalla parte di Massimiliano Cesare.
Avca papa Giulio colle buone tentato più vol-
te , ma sempre inutilmente, di far ravvedere
fjue' pochi sconsigliati cardinali; ma allorché si
vide forte in sella per le lei^he, delle quali s'è
parlato di sopra, nel dì 24 d' ottobre fulminò
le censure conlra di loi'o , privandoli del cap-
pello e d' ogni altro benefizio. Non sapea di-
gerire il popolo di Pisa di tenere in sua casa
«n sì fallo scandalo , e brontolava forte , e
faca temer qualche sollevazione. Perciò quei
prelati impetrarono da Firenze di poter tenere
una guardia di Franzesi , ma mediocre , per
lor sicurezza. I Franzesi di quel tempo , per
confcssion d' ognuno , erano senza disciplina ,
e gravosi anche a gli amici per la loro arro-
ganza ed insolenza , massimamente verso le
donne ; il che produsse delle risse fra loro e
i Pisani, ed una spezialmente in cui restarono
filili il signor di Lautrec e di Sciatliglione ,
che comandivano quella guardia. 11 perchè quei
cardinali paventando di peggio , giudicarono
mei,'lio di ritirarsi a Milano, aneli' ivi mal ve-
duti (la quel popolo , ma sostenuti da chi po-
lca farli rispettare. Un grande tremuolo nel
mese di marzo del presente anno recò non
lieve danno a Venezia, a Padova, al Friuli e
a molli di que' conloriii.
AKMO MDXIl
lad
Anno di Cristo i5i3. Indizione Xf^ .
di Giulio li papa io.
di Massimhjano re de Romani 20.
Si maravigliano talvolta alcuni al vedere a i
dì nostri le armate campeggiare in tempo di
verno, e fare assedj e battaglie , quasi prodezze
ignote a gli antichi. Ma noi ahbiam veduto
ciò che avvenne nel precedente verno • ora
vedremo ciò che nel presente. Dappoiché si fu
congiunto 1' esercito spagnuolo , sotto il co-
niando del viceré Raimondo di Cardona , col
ponlifizio , in cui era legato Giovanni cardinale
de' Medici , e sotto di lui Marcantonio Colon-
na : messo in consulta 1' andare addosso a Fer-
rara , o pure a Bologna , si trovò troppo diffi-
cile il primo disegno , per le strade rotte e pel
rigore della stagione ; e però fu presa la riso-
luzione di mettere il campo a Bologna , dove
si potea meglio campeggiare , e che intanto si
proccurasse 1' acquisto della bastia o sia for-
tezza che il duca di Ferrara teneva alla Fossa
Zaniola , siccome posto di grande importanza
per andar pici a Ferrara. Colà fu inviato verso
il fin di dicembre dell' anno precedente Pietro
Navarro , mastro di campo , generale della fan-
teria spagnuola , uomo di gran credito nell'ar-
mi. V'andò egli con due mila fanti (il Bembo
.scrive nove mila ) e con un buon treno d' ar-
tiglieria. L' Anonimo Padovano mette per ca-
pitano di questa impresa il signor Frauzotto
Orsino. Aggiugne ancora che in poche ore ,
124 AWNALl u' ITALIA
tolte le tlilese a gli assediati , se ne impadro-
nirono gli Spagnuoli a forza d' armi. Del me-
desimo tenore parla anche lo scrittore della
Lega di Cumbrai. Ma il Guicciardino e il Bembo
dicono che dopo tre dì di resistenza , Gasparo
Shrdi Ferrarese dopo cinque giorni , e Fra Paolo
Carmelitano dopo dieci dì, ebbero quella piazza.
Noti può certamente sussistere tanta brevità di
tempo , perchè convenne battere con artighe-
rie le mura , e , secondo il Bembo , vi fu for-
mata e fatta giocare una mina gravida di polve
da fuoco : cose che ricliieggono tempo. La verità
si è , che dopo fatta la breccia o colle palle da
cannoni , o colla mina, fu dato 1' assalto, che
costò non poco sangue a gli aggressori , ed
obbligò il valoroso Vestidello Pagano , coman-
dante di quella fortezza , con que' pochi de i
suoi che erano restati in vita, a rendersi, salve
le persone , nel dì ultimo di dicembre del pre-
cedente anno. Scrivono alcuni eh' egli fu ucciso
neir ostinata difesa ; ma Gasparo Sardi e 1' Ario-
sto , che megho sapeano i l'atti di casa loro ,
ci assicurano , avere que' mancatori di fede
tolta a lui la vita dopo la resa, in vendetta di
un loro bravo uOziaie ])erito con taiil altra
gente in (piell' assedio. Ecco lo parole del-
l'Ariosto (i) :
die pnicitc! in lor man vinto si fu messo
Il iniser Vostidel , lasso e. l'erilo ,
S1M17." arnie (u Ira fonto spade ucciso
Dal jiopol la più parte circonciso.
Alfonso duca di Ferrara, a cui slava forte sul
(i) Ariosto Canto XLll,
1
ANNO Mnxii laS
cuore la perdita di quel rilevante posto, nel
dì i3 di gennaio di quest'anno colà si portò
anch' egli colla gente e colle artiglierie occor-
renti , e seppe cosi destramente e valorosa-
mente condurre 1' impresa , che diroccato il
muro frescamente rifatto, in poche ore a forza
d'armi ripigliò quella fortezza, con esscivi
mandati a (ilo di spada tutti i difensori. Fu
colpito neir assalto lo stesso duca nella fronte
da una pietra mossa dalle artiglierie con tal
empito , che rimase tramortito pivi giorni. La
celata gli salvò la vita. Papa Giulio , uomo fa-
cilmente rotto ed iracondo, scrisse per questo
fatto lettere di fuoco a i suoi capitani.
Dopo varj consigli, finalmente nel dì 26 di
gennaio colla neve in terra Y eseicito pontifìzio
e spagnuolo imprese l' assedio di Bologna , po-
standosi verso quella città dalla parte della
Romagna per la comodità delle vettovaglie.
Piantate le hatterie , si diede principio alla lor
terribile sinfonia ; si formarono gli approcci , e
già erano diroccate cento braccia delle mura ,
e vacillante la torre della porta di Santo Ste-
fano. Dentro non mancavano ad una valorosa
difesa i Bentivogli con chi era del loro parti-
to , e Odetto di Fois ed Ivo d' Allegre capitani
franzesi , che con due mila Tedeyclii e dueento
lancia rinforzavano quel presidio. Erasi per dare
r assalto alla breccia , ma si volle aspettar
r esito di una mina , tirata sotto la cappella
della Beata Vergine del Baracane nella Strada
Castiglione da Pietro ISavarro. Scoppiò questa;
e niirabil cosa fu che la cappella fu balzala in
aria , e tornò a ricadere nel medesimo sito di
laS Annali d' itaua
prima , con restar delusa 1' espetlazion de gli
Spagmioli , quivi pronti per V assalto. Intanto
Gastone di Fois , ridottosi al Finale dì Motle-
na , andava ammassando le sue genti , e seco
si unì il duca di Ferrara colle sue. Udito il
bisogno de' Bolognesi , spedì loro mille fanti ,
e poi cento cinquanta lance , che felicemente
entrarono nella città : cosa che fece credere a
i nemici eh' egli non pensasse a passar colà
in persona; e tanto più perchè l'armata ve-
neta avea spedito di là dal Mincio un grosso
distaccamento , e si temeva di Brescia. Ma il
prode Gastone mosso una notte 1' esercito dal
Finale , ad onta della neve e de' ghiacci , con
esso arrivò a Bologna nel dì quinto di feb-
braio , e v' entrò per la porla di San Felice ,
sen'za che se ne avvedessero i neniici : il che
certo parrà inverisimile a più ti' uno , e pure
Io veggiamo scritto come cosa fuor di dubbio.
Pensava egli di uscir tosto addosso a gli asse-
diati ; ma deferendo a i consigli di ciii co-
noscea la necessità di ristorar la gente trojipo
stanca , intanto preso da gli Spagimoli uno
stradiotto, rivelò ad essi lo stalo presente della
città. Di pix'i non vi volle , perchè 1" armata de i
collegati levasse Ireltolosamonte il campo , e si
ritirasse alla volta d' Imola. Solamente alcuni ca-
valli fianzcsi ne pi/.zicarono la coda con prendere
qualche bngiiglio. Nella Storia del (ÌMÌcciardino
è messa la ritirata loro nel dì if) di febbraio,
ma ciò avveiMie nrll;i uoltt; del dì sesto aiite-
ccdenlc al giorno sci timo. Per (piesto avveni-
mento si dill'use r allegrezza j)er tutta Bologna ;
quando ccioli arrivar corrieii con delle disgu-
stose nuove che turbarono tutta lu il'sta.
ANNO MDXIt Ì2'J
Avea il eoiile Luii^i Avoj^adio nobile bresciano
con altri suoi compatrioti bene afi'etti alla re-
pubblica veriela , e stanchi del governo fran-
zese, invitati segretamente i \ eneziani all' acqui-
sto eli Uicscia , promettendo d' introdurli dentro
per la porla delle Pile, giacché poco presidio
era rimasto in quella città. A questo trattato
avendo accudito il senato veneto , Andrea Grilli
legato della loro armata, e personaggio di gran
coraggio, con trecento uomini d'armi, mille
e trecento cavalli leggieri e mille fanti , par-
tilo da Soave , andò a valicare il Mincio , ed
unito coU'Avogadro si presentò davanti a Brescia.
Ma essendosi scoperto il trattato , e presi al-
cuni de' congiurati , niun movimento si fece
nella città. 11 Grilli non iscoraggilo per que-
sto , giacché giunsero a rinforzarlo alcune mi-
gliaia di villani , volle tentar colla forza ciò
che non s' eia potuto ottener colia frode. Fu
dato nel dì tre di febbraio da più parti V as-
.salto e la scalata a Brescia ; e perciocché final-
mente sollevossi il popolo gridando ad alte voci
Ma^'Co, Marco, il signor di Liuia comandante
franzese co' suoi e co' nobili del suo s» guilo si
ritirò nel castello. Dato fu il sacco alle case
de' nobili fuggiti , e a quatilo v' era de' Fran-
zesi ; e stentò assaissimo il Grilli a trattenere
gì' ingordi soldati e villani dal far peggio. Sle-
sasi questa nuova a Bergamo, anche quella
città , a riserva del castello , alzò le bandiere
di San Marco : segno che i Franzesi non sa-
peano acquistarsi 1' amore de' popoli. Corse bene
il Trivulzio a Bergamo , ma ritrovò serrale ivi
le porte per lui j però si ridusse a Crema , e
laS ANNALI D ITALIA
quella città preservò dalla ribellione. In Vene-
zia per tali acquisti si fecero per tre dì ira-
mense allegrezze. Intanto a Gastone di Fois
giunsero, 1' un dietro l'altro, corrieri coli' av-
viso della perdita di Brescia e di Bergamo. Per
sì dolorosa nuova non punto sbigottito il ge-
neroso principe , dopo aver lasciato in Bologna
il signor della Foglietta con quattrocento lance
e secento arcieri , e Federigo da BokzoIo con
quattro mila fanti , nel lunedì 8 di febbraio
col resto della sua gente s' avviò a Cento. Fu
nel dì seguente al Bondeno e alla Stellata. Nel
mercordi passò il Po, e si fermò ad Ostia.
L' altro dì passò il Tartaro a Nogara ; dove
saputo che Gian-Paolo Baglione governatore
dell' armata veneta era pervenuto all' isola della
Scala con trecento lancio e mille fanti , scor-
tando dodici cannoni da batterìa e gran copia
di munizioni per 1' espugnazione del castello
di Brescia, subito spinse circa mille e ducente
cavalli a quella volta. Il Baglione avvertito da i
contadini , spronò co' suoi il più che potè.
Giunsero i Franzesi alla Torre del Magnano
addosso al conte Guido Kaiigone , che mar-
ciava con altre fuiterie e con trecento cavalli.
Fatta egli lesta , cominciò valorosamente a di-
fertdersi; ma soprafatto dalla gente che di mano
in mano arrivava , e cadutogli sotto il cavallo,
rimase egli con altri non pochi prigione. Sj
coniarono più di trecento fanti sul campo
estinti , olire a i prigionicii. 11 resto si salvò
col Baglione. Questa pugna seguì circa le quattro
ore della notte al chiaro della neve e al lume
delle stelle. \ eunero j)0Ì i vincitori ad alloggiare
ANNO MnXII 129
in varie ville , dove si /rovo aver eglino fatto
quel giorno , senza mai trarre la biiglia a i
cavili ti, miglia cinqitareta: cosa che so non
sarÀ credula: ma io che fui presente sul fatto,
ne jnccio vera testimonianza. Queste soii pa-
lutp (l"'H Aiiomino Padovano , la cui Storia nia-
nu-icritla è in mio potere.
Somma in questo mentre fu la sollecitudine
e lo sforzo di Andrea Gritti , per veder pure
se poteva espugnare il castello di Brescia ; uni
schiere assaissime di villani armati; dapertutlo
accrebbe le forlilìcazioni e le guardie, ani-
mando Sj)e7.ialinente con bella orazione il po-
polo alla diL'sa, e con rica\arne per risposta
che tulli erano pronti a mettere la vita loro
e de' proprj fio;liuoli, e quanto aveano , più
tosto che tornare sotto il crudel dominio ol-
tramontano. Nel martedì della seguente setti-
mana giunse Gastone in vicinanza di Brescia ,
e la notte introdusse nel castello quattrocento
lancie ( con rimandare indietro i lor cavalli ) e
tre mila fanti. Fece nel dì seguente intimare
al popolo , che se non si rendevano in quel
di , darebbe la città a sacco ; e che rendendo-
si , otterrebbe il perdono dal re. Altra rispo-
sta non riportò , se non che si voleano diieii-
dere sino alla morte. Attese quella notte chi
avea giudizio a mettere in monistero le lor
mogli e figliivole , e a seppellir ori , argenti e
gioie , dove più pensavano che fossero sicuri.
La mattina seguente all' apparir del giorno ,
che fu il di 19 di febbraio , cioè il gioiedi
grasso deli' anno presente , giorno sempre me-
morando , scesero dal castello i Franzesi. Si
Muratori. Ann. f^ol. XIV. q
l30 AKNAI.I d' ITAUA
leggeva ne i lor volti 1' impazienza e il furors
per la voglia e speranza del vagheggiato botti-
no. Battaglia fiera seguì a i primi ripari ile i
\'eneziani. Superati questi colla morte di circa
due 'mila Veneti , entrarono i Franzesi con
grande schiamazzo nella città , e ferocemente
a«;salila la gente d' armi che era alla difesa
della piazza , dopo un sanguinoso combatti-
mento la mise in rotta. Intanio il resto del-
l' armata franzese che era fuori della città ,
aspettando che s' aprisse qualche porta , vide
spalancarsi quella di San Nazaro , per cui fug-
giva con ducente cavalli il conte Luigi Avoga-
dro, promotore di quella congiura. Restò egli
prigione , ed entrale quelle milizie , linirooo
d' uccidere , dissipare e far prigioni i \ eneti e
Bresciani armati , con tante grida e rumoie , che
parea che rovinasse il mondo. Mirabili cose vi fece
Gastone di Fois , non solo come capitano, ma
come ottimo soldato. Si lece conto che vi mo-
nssero più di sei mila fra cittadini e Venezia-
ni , e fia gli altri Federigo Contarino capitano
di tulli i cavalli leggieri della repubblica. Ri-
masero prigioni Andrea Gritli legato , Antonio
Giustiniano podestà, Gian- Paolo Manfrone ed
altri assaissimi uliziali. De' Franzesi vi mori-
rono più di mille persone. Terminata la batta-
glia , si scatenarono gli arrabbiali vincitori per
dare il sacco a quell'opulenta ed infelice città.
Dino questo (piasi per due giorni , ne' quali
non si può dire (pianta fosse la crudeltà di
que'cani, giacchi; in sì falle occasioni gii ar-
mati non san più d' essere non dirò Cristiani,
ma né pur uomini , e peggiori si scuoprono
ANNO MDXII l3l
delle fiere stesse. Non contenti de' mobili di
qualche prezzo , fecero prigioni tutti i bene-
stanti cittadini , obbligandoli con tormenti iim-
diti a rivelar le robe e danari ascosi , o a pa-
gare delle esorbitanti taglie; e molti per non
poterle pagine furono trucidati. Entrarono an-
che in ogni nionistero di religiosi, e tutto il
bene ivi ricoverato restò in loro preda. Sul
principio ancora del sacco non pochi scellerati
soldati , senza far conto del divieto fatto dal
generale Gastone . forzarono le porte di alcuni
conventi di sacre vergini , commettendovi cose
da non dire. Ma avendone esso generale fatti
impiccare non so quanti , provvide alla sicu-
rezza di que' sacri luoghi , dove s' erano rifu-
giate quasi tutte le donne bresciane. La sera
finalmente del venerdì uscì bando, sotto pena
della vita , che cessasse il saccheggio , e che
nel dì seguente tutti i soldati uscissero di cit-
tà. Appena udirono sì grande scempio i Berga-
maschi , che nella seguente domenica tornarono
air ubbidienza de' Franzesi , e collo sborso di
venti mila scudi impetrarono il perdono. L'Avo-
gadro ed altii autori di tanto male alla loro
patria nel dì appresso furono decapitati e squar-
tati ; e due figli del primo da lì ad un anno
anch' essi ebbero reciso il capo in Milano. TuJ
fine ebbe questa lagrimevol tragedia , che fece
incredibile strepito per tutta l'Europa.
Intanto papa Giulio più che mai inviperito
centra del re di Francia , e risoluto, come egli
sempre andava dicendo , di voler cacciare i
B.ubari d' Italia , senza pensare se questo fosse
un mestiere da sommo Pastor della Chiesa e
I 3 5 AXNA.LI n' ITALIA
\ Ilario di Cristo , movea cielo e lena per le-
var" gli amici ad esso re Cristianissimo, e per
filargli addosso de i nemici. Gii riuscì di con-
durre Massimiliano Cesare ad una tregua di
dieci mesi co' Veneziani , mediante io sborso
di cinquanta mila fiorini renani, e in fine di
staccarlo alFallo da i Franzesi. Seppe far tan-
to, che Arrigo re d'Inghilterra si diede a fare
un potente preparamento d'armi per muovere
guerra alla Francia. Ferdinando il Cattolico ,
oltre a quella che faceva in Italia , fu incitato
ancoia a cominciarne un' altra a i Pirenei.
Nuovi e gagliardi maneggi lece parimente il pon-
tefice col danaro e con altri regali , per tirar
di nuovo gli Svizzeri conila dello Stato di Mi-
lano. Vedeva il re Lodovico tutti questi brutti
nuvoli in aria, ed intanto a^ea sulle spalle gli
eserciti ponlifizio , vineto e spagnuolo , che
maggior apprensione gli recavano per gli Slati
d' Italia. Perciò inviò ordine a (iasione di Fois
di tentar la loiluna con una battaglia. Gastone
seulendosi invitalo al suo giuoco , e sapendo
da ahra [)arte che Bologna si trovava conti-
iiuanienle iiilìstata , e come bloccata tlall' armi
del papa e del viceré Cardona , passò a Fer-
rara per concertare col duca Allììiiso quanto
era da fare. E da che ebbe ricevuto un rin-
forzo ili trecento lancie e di quattro mila fanti
gitasconi e piciardi , e cinque mila finti te-
deschi , condoni da Jacopo e Filippo capi-
tani (li gran nome in Cjeimania, fece la rasse-
gna dell'armala sua, che si ho\ò ascendere a
lance o sa uomini d'arme mille e ollocenlo,
a qiiallro mila arcieri e u «edìci luila fanti.
ANNO MPXII l33
Nel dì 26 (li ra<ir/.o nwsse dal Finale di Mo-
dena r armala sua verso la Romagna , e al
luogo di'l Bentivoglio seco si unì Alfonso duca
di Ferrara colie sue truppe , e con gran copia
d' artiglierie e munizioni. A questo avviso il
cardinal de" Mcil^ci legato e il Cardoua si riti-
rarono verso la montagna di Faenza col loro
esercito, consistente in mille e cinquecento
lancie, in tre mila cavalli leggieri e in diciotlo
mila fanti. Non aveano voglia di venire alle
mani, perchè sj)eravar)o clie tirando in lungo la
faccenda , calerejjbono gli Svizzeri nello Stato
di Milano , ed unicamente pensavano a diili-
cultar le vettovaglie al campo Franzese. Giunto
Gastone a Cotignola , arrivarono Oratori di
M.issini'liano Cesare ad intimar gl'avi pene a i
Tedeschi militanti al soldo del re Cristianissi-
mo ; ma senza frutto , avenrlo qne' capitani ri-
sposto di non voler mancare alla lor fede. Fu
• dunque presi le risoluzione nel campo fran-
7,ese di marciare alla volta di Ravenna. Per
non lasciarsi alle spalle il forte e ricco ca-
stello di Russi , giacché arrogantemente fu ri-
sposto da gli abitanti all' intimazione di rea-
dersi , convenne adoperar le artiglierie, e eoa
nn fiero e sanguinoso assalto impadronirsene.
Vi furono tagliate a pezzi ( se vogliam prestar
f'de all'Anonimo Padovano che sembra essere
intervenuto a quel macello ) circa mille per-
sone tra soldati e terrazzani, e dato un orrido
sacco all'infelice luogo. Il Gulcciardiuo mollo
meu dice de' morti. Indi passi) 1' esercito sol'o
Ravenna , alla cui difesa dianzi era .stito in-
viato Marciuitonio Colonna con cento laacie.
l34 ANNAM d' ITAI-TA
ducente cavalli leggieri e mille fanti. Disposte le
sue artiglierie, cominciò tosto il duca di Ferrara
a bersagliar quelle vecchie mura con un continuo
tremnolo. Formata la breccia , si venne al-
l'assalto nel venerdì santo, giorno ben santi-
ficato da qiiflla gente ; e durò la battaglia per
quattr' ore , sostenuta con tal vigore dal Co-
lonna , che vi perirono fra 1' una e 1' altra
parte da mille e cinquecento fanti , la maggior
parte Ilaliar)i , e vi restò malamenle ferito
Federigo da Bozzolo , valente capitano de' Fran-
zesi.
A questi avvisi il viceré Cardona , non vo-
lendo lasciar perdere Ravenna , fu necessitato
a muoversi coli armata col legata , e venne a
postarsi in un forte alloggiamento, tre miglia
lungi da quella città , dove si afforzò con al-
zar terra e cavar fosse fatte a mano colla mag-
gior celerilà possibile. Trovavasi il general
franzese in sommo iml)roglio , perchè vedea i
nemici ostinati a schivar la zufl'a ; e intanto
l'armata sua si trovava in gran disagio, per-
ch'erano cinque giorni ch« gli uomini campa-
vano di solo frumento cotto e d' acqua , e i
cavalli non islavano meglio , perchè cibali an-
ch'essi di solo frumento e di poche foglie di
salici ; sicché era necessario o \ilirarsi , o av-
venturare gioitiala campale. Fu preso 1' ultimo
partito , e lutto il sabbato santo fu impiegalo
a ])repararsi per sì oirida danza. La maltina
dunque del «lì i i di aj)rile , eoirendo la mag-
gior festa dell' anno, cioè la Hisurre/.ion del
Signore, giorno ci'lciiv.ito con lanla di\o/,ionc
Uà tulio il Ciislianesimo , ma funestalo ,da
ANNO MDXII l35
coloro con tanli sdegni e sp;irgimenti di san-
gue, l'esercito franzcse in ordinanza marciò
contra del collegato. Con essi Franzesi era il
cardinale San Severino, legato del conciliabolo
di Pisj , die pareva nn san Giorgio , perchè
armato da capo a piedi. Prevalse fra gli Spa-
gnnoli il parere di Pietro Navarro , che non
s'avesse ad uscir da' trincieramenli , credendo
egli maggior vantaggio l'aspettar di pie fermo
il nemico dietro a i ripari. iMa il senno del
duca di Ferrara tiovò la maniera di cacciarli
fuor della tana ; perciocché postate le batterie
de' suoi grossi cannoni in un buon sito , co-
minciò con tal furia a percuotere entro le lor
trincee i collegati , che , per attestato dell'Ano-
nimo Padovano il quale diligentemente descrive
questo gran fatto d' armi , vi restarono uccise
circa due mila persone , e più di cinquecento
cavalli sventrali. Allora i capitani, veggendo
cosi malmenata la lor gente senza poter fare
resistenza, chiesero licenza al viceré di uscire
a battaglia. Scrive il Guicciardino che fu il va-
loroso Fabrizio Colonna , che annoiato di sì
brutto giuoco , senza dimandarne la permissio-
ne, sboccò fuor de i ripari, e diede principio
alla mischia , seguitato poi dal resto dell' ar-
mata. Gareggiavano in bravura questi due eser-
citi. L' odio delle nazioni , 1' amor della gloria ,
la necessità infiammavano il cuor d'ognuno.
Però terribUe fu il combattimento, e una gior-
nata slmile non s'era da gran tempo veduta
in Italia. AH' istituto mio non lice il descri-
verne le circostanze. Però basterà di dire che
andarono in rotta i Pontifizj e Spagnuoli,
|36 ANXALI T)' ITALIA
spezialmente per la strage che ne fecero le bom-
barde del duca Alfonso , postate a i loro fian-
cln ; confessando il Bembo eh' egli con questi
bronzi e col suo stuolo fu ca<(ione della vit-
toria m g<an parte. Perderono i vinti Intte le
loro artiglierie , e buona parte delle insegne e
dell'equipaggio j con lasciar morti sul campo
otlocento uomini d' armi , mille trecento ca-
valli leggieri e sette mila fanti , e con restar
prigionieri il cardinale legalo , cioè Giovanni
de' Medici , il marchese di Bitonto , Ferdinando
d'Avalos marchese di Pescara , allora giovinet-
to , che poi riuscì capitano di gi'an nome , il
principe di Bisignano , il Carvajal e Pietro
Navarro Spagnuoli , con altri non pochi ufi-
ziali. 11 prode Fabrizio Colonna per sua buona
ventura restò prigione di Alfonso duca di Fer-
rara , cioè d' un principe che gli usò tutte le
maggiori finezze , né volle poi riscatto , sic-
come vedremo. Restarono fra i morti il duca
d'Alba , il conte di Montcbasso , il Valraon-
tonc ed altri capitani. Si salvò a Cesena il
Cardona , dove attese a raccogliere le reliquie
del tanto sminuito e sbandalo esercito.
Ma se piansero per la lor mala sorte i col-
legati , non ebbero già occasion di .ridere i
Franztsi ]ier la loro vittoria. Imperciocché,
secondo l'Anonimo Padovano die mostra da-,
ver avuta buona contezza di questa sì ?an-
gin'nosa giornata , vi periiono settecento no-
mini d'armi, ollocenlo uttaiila arcieri e nove
mila fanti , e Ira' principali uliziali loro Ivo d'Al-
legre con due tigli , aniendue ciipilani d" ar-
cieri , la Grotta, Villadura , i duo capilaui de i
ANNO Mnxii iS^
Tnlrsclii Filippo e Jacob , ed altri ch'io tra-
lascio. 11 signore di La ut ree , carico di ferite,
ritrovato fra i morti , e poi curato in Ferrara ,
salvò la \ita. Ccrtaineiito è uno sbaglio di stampa
il dirsi nella Storia del Guicciardino clie tra
J' uno e r altro esercito perirono almeno dieci
mila persone. Tanto il Giovio che il Moceni-
go , il Bembo , il Buonaccorsi , il Nardi ed al-
tri storici , mettono almen sedici migliaia di
morti. Ma ciò che contrapesò la perdita de i
collegati, fu la morte dello stesso generale
Gaston di Fois. A questo valoroso principe ,
giovane di ventiquattr' anni , dopo aver fatto
delle stupende azioni di valore e di saggia
condotta in quello spaventoso combattimento ,
parca di aver fatto nxdla , se non inseguiva
con circa mille cavalli im corpo di tre mila
fanti spagnuoli che ben serrato si ritirava dal
camj)0. Un colpo di archibuso il colpi in que-
sta azione , per cui diede fine alla sua vita e
alle sue vittorie , lasciando una perenne me-
moria del suo senno e coraggio, e una ferma
opinione che s'egli fosse sopravivulo, avrebbe
fatto conquiste e maraviglie maggiori. Fu poi
portato a Milano il suo corpo, edivi con ese-
quie magnifiche e in sepolcro nobilissimo sep-
pellito. Terminata la sanguinosa battaglia, Marco
Antonio Colonna , dopo aver consigliato i Ra-
vennati di andar la mattina per tempo ad of-
ferire la città a i vincitori , per ottener le migliori
condizioni che potessero , si ritirò nella cittadella.
Poi nella mezza notte, lasciato ivi un capitano
con cento fanti , perchè mancavano le prov-
visioni , col resto de' suoi se n' andò a Rimini
l33 ANNALI d' ITAUA
Comparvero sul far del di i deputati di Ravenna
al campo franzese ; ma mentre ivi si trattava
della capitolazione , i fanti guasconi, non sazi
del bottino fatto il dì innanzi , ed avidi di
far vendetta di tanti de' suoi uccisi nella bat-
tas^lia , si arrampicarono per la breccia delle
mura di Ravenna, e facilmente cacciati quei
pochi cittadini che vi erano in guardia , pene-
trarono nella città. Dietro loro di mano in
mano entrò il resto della fanteria , e tutti poi
si diedero non solamente a saccheggiar le ca-
se , ma anche ad uccidere chiunque scontra-
vano per le strade , senza riguardo a sesso od
età. Nmn rispetto si ebbe alle chiese e alle
cose sacre ; e il barbarico furore d' alcuni giunse
ad introdursi in un monistero di sacre vergi-
ni , con ivi commettere ogni maggiore eccesso.
Tutto era urli e pianti. Avvisato di tanto dis-
ordine il signor della Palissa, capo prò inte-
rim dell' armata , corse col legato e con altri
capitani all'infelice città , e i primi suoi passi
furono a quel monistero , e quanti vi si trova-
rono deutro ( erano trentaqualtro), li fece imme-
diatamente impiccar per la gola alle finestre.
Questo spettacolo e un bando generale servì
per mettere fine al saccheggio , e tutti i sol-
dati uscirono della città. Il terrore intanto sparso
per tutta la Ronnc;Ma cagion fu che le città di
Faenza , Cervia, Imola , Cesena , Rimini e For-
lì, a riserva delle rocche , mini lasserò lo chiavi
al campo franzese , pev esentarsi da mali mag-
giori ; e la cittadella di Il.iV(;nna per pochi
dì si sostenne. Fu esibilo al duca di Fer-
rara il comando dell'armata Gallica; ma egli
ANNO MDXn i39
conoscendo clie qoiile iiulisciplinala , ortjogliosa
e bestiale fosse (jaella , se ne scusò con bnona
maniera. E tanlo più se ne astenne, ppicliè
come principe savio già prevedeva clie il re
Cristianissimo con tanti minacciosi venti che
erano oltramoiiti per aria , non potrebbe più
atteiidere .i i^ii afTari d'Italia, né a rinfoivar
quella troppo iniievolita armata. Però ritiratosi
a Ferrara, cominciò a pensare come potesse
salvar se stesso nell imminente naufragio. In
fatti la famosa vittoria di Ravenna fu l'ultima
delle glorie franzesi nella presente guerra , e
la fortuna voltò loro da li innanzi le spalle.
Arrivata che fu a Roma , dove era tornato
il pontefice , la gran nuova del suddetto fatto
d' armi , non si può dire che paura e scompi-
glio ivi nascesse. Cominciarono allora più che
mai i saggi porporati a tempestar papa Giulio,
perchè venisse ad una pace; ed egli colla paura
in corpo una volta tenne delle strette pratiche
per essa , e massimamente per essersi traspi-
rato che Prospero Colonna, Roberto Orsino,
Pietro Margano ed altri baroni romani medi-
tavano delle novità. Ma da che si seppe il
netto della battaglia, e che si caro era costato
a' Fianzesi il loro trionfo , rinculò ben tosto,
e più di prima si confiM'mò nella brama e
speranza di cacciarli d Italia. A questa risolu-
zione maggiormente ì' accesero i sicuri avvisi
che i re di Spagna e d' Inghiltena raoveano
guerra alla Francia , e che venti mila Svizzeri ,
condotti dal cardinal Sedunense o sia di Sion,
co i danari d'esso papa e de' Veneziani , erano
pronti a calare in Italia. Venne intanto ordine
t4o ANXAt,I d' ITALIA
dal IT Lodovico al signor della Palissa , creato
goveniator di Milano , di ritirarsi alla d'fesa
di quello Slato. Tanto fece egli, con lasciar
leggieri presidj in Ravenna e Bologna. Ma da
che s'intese mosso 1' esercito pontifizio alla
volta della Romagna , Federigo da Bozzolo ,
lasciato in Ravenna, abbandonata quella città,
sen venne colia poca siia gente a rinforzar Bo-
logna. Diede papa Giulio principio al concilio
Lateranense nel dì 3 di maggio, con iscarso
concorso nondimeno di prelati; ed ivi fuono
dichiarati nulli tutti gli alti del ridicolo con-
cilaliolo pisano. S il principio ancora di giu-
gno pervennero per la via di Trento sul Ve-
ronese gli Svizzeri e T.-deschi , e alla mostra
furono trovali circa diciotlo mila fanti scelti.
Con loro si congiunse 1' esercito de' Veneziani,
consistente in mille uomini d'arme, due mille
cavalli leggieri , sei mila fanti e gran qiianlità
d' arligliene. Erasi postato il signor della Pa-
lissa a \aleggio presso il Mincio, per contra-
star loro il passo. Ma sentendosi troppo de-
buie di forze , nel dì 9 di giugno si ritirò ,
ai)! laudo verso Ponte Vico. Sopravenuto poi
ordine da Massimiliano Cesare, già dichiaralo
nemico de' Fr.tiizesi , che richiamava lutti i
fanti tedeschi che erano al loro soldo, ([ualtro
mila d essi nel nicdesimo dì se ne tornarono
alle lor case : il clic fu cagione che il Palissa
precipitosami-nli! si ricoverasse a Pizzighettone,
e passasse l'Adda, sempre infestato da i corri-
dori dell' esercito collegato , che era passato
di là dal Mincio, (iraii bisbiglio e movimento
era in questi tempi per tulle le città dello
ANNO MDXn l4l
Stato di Milano , a cai^ioii della voce sparsa
che Massitiiiliaiio Sforza, figlio del fu Lodo-
vico il Moro , avesse a !Ìac(|uistarne il domi-
nio : cosa soimnaaieiìte sospirata da' que' popoli ,
non tanto per T antica divozione verso nuella
casa , e per desiderio d' avere un proprio prin-
cipe, quanto ancora perchè i Franzesi d'al-
lora mettevano in opera, dovun([ue coman-
davano , 1 arte di farsi odiare. Questo in fatti
era il concordato da Massimiliano re de Ro-
mani col papa. Furono i primi ad arrendersi
senza contrasto alcuno i Cremonesi , ancorché
la cittadella restasse in man de' Franzesi ; e
nacque lite , olii avesse a prenderne il pos-
sesso, pretendendo non meno i \ eneziani che
il commessa rio dello Sforza , assistito da Ce-
sare , quella città. L' ultimo la vinse col favore
de gli Svizzeri, guadagnati da un regalo di
quaranta o cinquanta mila ducati che loro
sborsò il popolo di Cremona.
SeiTÌ ad accelerare il ])recip;zio del dominio
franzese in Italia la guerra nel medesimo tenq)0
mossa da i re d'Aragona e d Lighilterra alla
Francia ; per cui il re Luigi trovaatlosi mol'o
imbrogliato , fu costretto a richiam ire il Pa-
lissa di là da' monti , con ordine di lasciar ben
guernite le cittadelle più forti. Si ritirò dun-
que il Palissa a Pavia , lasciate guarnigioni in
Crema e Trezzo. Anche il Trivulzio , scorgendo
di non poter tenere la città di .Milano che tu-
multuava, parendo a que' cittadini un' ora mille
anni di veder lo Sforza rientrare nella signo-
ria de' suoi maggiori , dopo a\ er ben provve-
duto il castello di quella città, si ridusse a
l42 ANNALI d' ITALIA
Pavia ; perlochè i Milanesi alzarono 'tosto le
bandiere Sforzesche. Altrettanto fece Lodi , al-
lorché vi si appressò l' esercito della lega. E
Beigamo si diede a i Veneziani. Marciarono i
collegati con gran fretta a Pavia , per non la-
sciare pigliar fiato a i Franzesi , che s' erano
fortificati in quella città. Ma il Palissa, che
già scorgea commosso anche quel popolo a se-
dizione, e disperato il caso di sostenersi lun-
gamente, dapjjoichè i nemici aveano piantate
le bombarde e passato anche il Ticino , al-
l' improvviso colle artiglierie e bagaglio uscì di
quella città, per incamminarsi alla volta d'Asti.
Rottosi il ponte di legno , che era sul Grave-
Ione , al primo pezzo d" artiglieria grossa che
volle passare , ne restarono di qua tagliati faora
tredici altri con due mila fanti tedeschi; i quali
assaliti da gli Svizzeri fecero una nicmorabil
difesa, (inchè vedendo morta la metà di loro,
e perduta ogni speranza d'aiuto, pieni di le-
nte si gitlarono disperatamente nel Ticino per
pas.sare all'altra riva, dose i Franzesi erano
spettatori della crudel battaglia senza loro po-
ter recare aiuto. Se ne allogarono circa du-
cento. Aveano i Franzesi mollo prima in-
vialo con buona scorta il legato pontifìzio
prigione, cioè Giovanni cardinale de' Medici.
AUorcliè fu egli al pas.so del Po alla Stella , O
pure a Bassignana , tolto lii di mano a' Fran-
zesi, e ridotto in luogo di sal\ amento. Il Guic-
ciardino di (|u(slo fallo dà l'onore a i villani
del Cairo , guadagnali la nolle antecedente da
i familiari del caitlinale. L' Anonimo Padovano
ne fa autore il marchese P)ernabò Malaspina;
ANNO MBXn 143
e il Glovio scrive clie fu molto prima concer-
tata la sua fuga coli' abbate Bongallo e con al-
tii suoi amici. Gravissimi disagi pali poscia il
j cslo dell' armata fianzese ; pure continuò il
viaggio, e passò l'Alpi , portando seco un buon
documento a i principi di non maltrattare i
popoli, massimamente quei di nuova conijui-
sta. Certamente 1' alterigia loro , l' aspro go-
verno e il licenzioso procedere colle donne
aveano talmente esacerbati i popoli della Lom-
bardia , che tutti a gara , subito che se la \ i-
dero bella, si sottrassero al loro dominio, anzi
infierirono contro di loro. Appena partito da
Milano i4 Trivulzio, quel popolo furiosamente
si diede a svenar quanti soklati e mercatanti
franzesi erano rimasti in quella città, con sac-
cheggiarne le case e botteghe. V ha chi scri-
ve , averne uccisi circa mille e cinquecento.
Parimente in Como ne furono scannati non
pochi ; e nella lor fuga verso l' Alpi , con tra
di essi si scatenarono tutti i villani del paese,
uccidendo chiunque alquanto si scostava dal
corpo di battaglia. Intanto Pavia , Alessandria ,
Como , Tortona ed altre città inalberarono le
bandiere Sforzesche. Il marchese di Monferrato
colle sue genti entrò in Asti e in Novara ; ma
non ebbe la fortezza di quest' ultima città. In
tanta rivoluzion di cose trovarono maniera i
ministri pontifizj d' indurre i Piacentini e Par-
migiani a darsi alla Chiesa : il che aprì allora
un campo di doglianze e dispute del duca di
Milano e dell' imperio contro il papa : dispute
ravvivate poi a' giorni nostri , siccome diremo
a suo tempo. Pretese in oltre il papa che Asti
l44 ANNALI d' ITALIA
dovesse toccare a lui ; ma non gli riuscì di
aver quel boccone. Fu ancora spedito dall' eser-
cito della lega Giano Fregoso con mille cavalli
e tre mila fanti a Geno. a; alla comparsa de i
quali si ribellò tutto quel popolo , e i Fran-
zesi si chiusero nel castelletto e nella fortezza
della Lanterna. Fu esso Fregoso proclamato
poco appresso doge di quella repubblica.
Mentre sì gran tracollo davano in Lombar-
dia gli affari de' Franzesi , restando solamente
in lor potere Brescia , Crema e qualclie for-
tezza (i), il pontefice , rannate le reliquie del-
l'esercito disfatto sotto Ravenna, colla giunta
di quattro altri mila fanti , spedì sid liue di
maggio questa armata in Romagna , per cui
tornarono quetamente alla sua ubbidienza tutte
quelle città. Ne era generale Francesco Maria
duca d'Urbino suo nipote , il quale intimò poi
la resa a Bologna. Vedendo i Bentivogli dispe-
rato il caso , se n' andarono chi a Mantova ,
chi a Ferrara ; e la città di Bulogua nel dì io
di giugno capitolò col duca , e col cardinal Si-
gismondo Gonzaga legato , i quali poi vi fe-
cero solenne entrata nella douienica seguente ,
i3 di giu-no. A\eva intanto Alfonso duca di
Ferrara , per mezzo del marchese di Mantova
suo cognato , e di Fabrizio Colonna suo pri-
gione ( tiattato nondimeno non come tale, ma
come suo amico ) fatti varj maneggi per rien-
trare in grazia del ponleli<'e, ai era anche ve-
uuto il salvucoudotlo per lui e per li suoi Stali.
(i) Paris (li Gr.Tisis. Ciiiirciiiidino. Buonaccowi. Ano-
nimo i'adovauo. ISurdi , cii ulUi.
ANNO MDXn 145
In vigore di questo , dopo aver egli mnndato
innanzi il Coioiiiia ben regalato e senza taglia
alcuna, s'inviò nei dì 23 di giugno a Roma,
dove giunto, fu assoluto dalle censure, ed am-
messo al bacio del piede di Sua Santità. Ma
ciie ? I principi d' animo grande si fan gloria
di perdonare a i supplicanti nemici ; papa Giu-
lio al contrario parve clie si facesse gloria fino
di mancar di fede. Nel mentre che Alfonso era
in Roma , il duca d' Urbino non solamente oc-
cupò Cento , la Pieve e le terre della Roma-
gna spettanti «^I duca , ma eziandio inoltratosi
a Reg.;io , non ostante il richiamo del \ itfurst
governatore cesareo di Modena che gì' intimò ,
quella essere città dell imperio , costrinse i
Reggiani alla resa. Dopo di che spogliò il duca
anche di Carpi , Brescello , San Felice e Finale.
In oltre lo stesso papa cominciò a pontare,
volendo che esso duca gli cedesse il ducalo di
Ferrara. Perciò Alfonso , che non si sentiva
voglia di far questo sacrifizio, chiese licenza in
vigore del salvocoiidoto di tornarsene a casa j
nò la potè ottenere. I Colounesi coli' oratore
spagfiuolo , che aveva anch' egli persuaso ad un
principe di tanto credito il portarsi colà , iti a
piegare il papa di questo, non ne riportarono
che ingiurie e minaccie. Poscia si penetrò il
disegno di papa Giulio di ritenerlo prigione.
Allora gli onorati signori Colonnesi , cioè Fa-
brizio e Marco Antonio , che aveano obbligata
la lor fede al duca , con una brigata di lor gente,
sforzata la porta di San Giovanni , il cavarono
di Roma , e salvo il condussero a Marino ,
da dove poi dopo tre mesi travestilo , con
MuRATOiii. Ann, f^ol. XI y. io
l46 ANSALI d' ITALIA
deliulere tutte le spie messe fuori dal j)oiìtefice ,
felicemente passò a Ferrara. Se queste azioni
facessero onore a papa Giulio ; sei può ciascuno
immaj^inare.
Restava al papa , inflessibile nelle sue pas-
sioni , di gastigare i Fiorentini , e spezialmente
il gonfaloniere Pietro Soderino , perchè avessero
permesso in Pisa il conciliabolo de' Franzesi ,
e dato aiuto di gente in questa guerra al re
di Francia , tuttocbè l'avessero fatto forzati
dall'obljligo delle lor precedenti convenzioni,
con essersi per altro mantenuti -neutrali: della
(|ual neuìralilà si ebbero poi molto a pentire.
Operò dunque colla lega , che il Cardona vi-
ceré di Napoli coli' armi spagnuole entrasse nel
dominio fiorentino , e rimettesse in casa i Me-
dici , già da gran tempo banditi da quella cit-
tà. Mentre i Fiorentini trattavano d' accordo ,
gli Sj)a^nuoIi accampati sotto la bella e ricca
terra di Pialo, non sapendo dove trovar vet-
tovaglie, nel (tì 3o d' agosto diedero un assalto
a quella terra ; e senza che quattio mila fanti
ch'erano ivi di presidio, ma tropj)o vili, fa-
cessero menoma resistenza, vi entrarono. Com-
misero costoro in udite crudeltà, maggiori delle
commesse da i Franzesi in Brescia, come at-
testa il Giovio ; il quale aggiugne ancora, che
cinque mila nomini disarmati , parie .soldati e
parte terrazzani , Inrono ivi uccisi dall' inespli-
cabil bnilalità de' vincitori. L'Anonimo Pado-
vano ne scrive anmiazzali più di tre mila. 11
Guicciardino dice che vi moiirnno più di due
mila persone, e che il cardinal de' iNIedici
legalo poulilizio , messe guardie alla chiesa
ANNO MDXII 147
maggiore, salvò 1' onestà ik'lle donne, quasi tutte
cola rifuggito. Ma il Nardi e d Buonaccorsi ,
che registravano allora sì fieri avvui)iinenti ,
asseriscono che non fu perdonato riè a vergini
sacre, né a luoghi sacri, né a' bambini in fa-
sce. E (juei che rimasero in vita , foioiio tutti
eccessivam-.inte taglieggiati , e • con varj tor-
menti straziali , perchè pagassero ciò che non
poteino. Ed ecco dove andavano a terminar
le strane premure di un pajia per cacciare i Bar-
bari d' Italia , cioè con una medicina peggiore
affatto del male : il che nello stesso tempo ,
oltre alla Toscana , provò la Lombardia, inon-
data allora da gli Svizzeri , divenuti formida-
bili dajjcrtutto, e che da ogni lato esigevano con-
tribuzioni , e nulla potea saziarli. Nel tornare
al loro paese occuparono la Valtellina , Chia-
venna e Locamo, né più vollero dimetterle.
Nel di 3i d' agosto il gonfaloniere Soderiuo
uscito di Fireiue, si ritirò a Raglisi. I Medici
furono rimessi con infinite dimostrazioni d' al-
legrezza in città , e riformarono quel reggimento
a modo loro, con dover pagare i Fiorentini
al re de' Hoinaui e al Caivlona più di cento
quaranta mila ducati d' oro. Restarono poi
sommamente burlati anche i Veneziani dalla
loro lega , chiamata allora la Lega Santa. loa-
perciocchè riuscì ben loro di ricuperar Crema
per trattato segreto che fecero con Benedetto
Crivello , posto da' Franzesi alla guardia di
quella terra , il quale corrotto con danari, per
questo tradimento in ben ricompiMisato da essi
Veneti : ma non andò così per conio di Bre-
scia, città, alle cui passale e presenti miserie
1ZJ8 ANNALI d' ITALIA
si aggiunse in questi tempi anclie la peste ,
moreii^io fin conio cinquanta di que' cittadini per
giorno. Ne formò T esercito veneziano l'assedio, e
cominciò a battere colle artiglierie le mura. Quan-
ti'ecco gingnere il Cardona co' suoi Spagnuoli,
ben carichi del bottino della Toscana , il quale
imbrogliò tulte le loro speranze. Cominciò esso
vietare a pretendere clic non solamente quella
città si avesse a rendere a lui , ma ancbe Bei-
gamo e Crema , già ritornate all' ubbidienza
della repubblica. Erano queste pretensioni chia-
ramente contrarie a i patti della lega. Ma di
che non è capace la smoderata avidità ed am-
bizione d' alcuni principi ? Niun freno hanno
per essi né la pul)blica fede, né i patti, né
i giuramenti ; e volesse, Dio che non ne aves-
simo veduto ancor noi più d' un esempio a i
dì nostri. Aveano già gli Svizzeri e gli Spa-
gnuoli molto prima cominciato ad usar delle
insolenze contro de' Veneziani. Le accrehbeio
sotto Brescia, la qual città nel dì i3 di no-
vembie con molto onorevoli condizioni fu con-
segnata dal signor d'Aubiguj' al viceré Cardo-
na. Costrinsero ancora essi Spagnuoli a rendersi
Pescliiera , Lignago , e i castelli di Trczzo e
di Novara; siccome da un'altra parte riuscì a
i Genovesi di trar con danari il casletlctto della
lor città di mano del castellano franzese, che
poi fu squartato vivo in Lione.
l'ornato che fu a' ([uartieri il deluso esercito
veneto , si applicò quel saggio senato a trattar
di |)ace col vescovo (ìurgense , che era il ple-
nipolcrr/.iario di Massimiliano Cesare in Italia.
Volle il pajja che questo negozialo si facesse
ANNO MDXII l49
in Roma ; e dettata imperiosamente la capito-
lazione , coinamlò a i Veneziani di accettarla.
Conteneva essa che Verona e Vicenza restassero
a Massnuiliano; che per Padova e Trivigi pa-
gassero ad cs.so Cesare trecento libie d' oro ogni
anno a titolo di censo, e due mila e cinquecento
libre d'oro pel privilegio; e per le terre del
Friuli ne fosse poi gin. lice lo st<'sso papa Co-
iiolibero allora i ^'eueziani d'essere maltrattati
e traditi anche da questa banda; ed ancorché
si trovassero in poco buono stato per li monti
d' oro spesi in questa guerra , pure , non
ostante lo sdegno e le grida di esso papa, ge-
nerosamente ricusaiono di consentire a sì era-
vosa ed inaspettala pace , con darsi piuttosto
ad intavolar accordo e lega col re di Francia,
siccome diremo , giacché il papa in una nuova
lega fatta con Massimiliano e col re di Ara-
gona ne av£a esclusi con poco buon garbo gli
slessi \eneti. Nel dì i5 di dicembre arrivò a
Milano Massimiliano Sforza , dichiarato duca
da Cesare e dalla lega ; né si può esprimere
con quanto giubilo, con quante feste egli fosse
ricevuto da i Milanesi , e quanto magnilìca
fosse l'entrata sua in quella nobil clllà, per-
chè accompagnalo dal cardinal di Sion, dal
vescovo Gurgense , da Raimondo di Cardona
viceré , e da infinito numero di capitani e
nobili italiani, tedeschi, spaginioli e svizzeri.
Anche il castello di Milano , tenuto da' Fran-
zesi , intanto andava facendo co' grossi cainioni
delle salve , d'allegrezza non già, ma di dai' no
a i Milanesi. Rimase nondimeno il povero duca
come schiavo de gli Sn izzeri. Né si dee tacere ,
l5o ANNALI d' ITALU
che assaltiilo nell'anno presente il re Cri-
stianissimo da i re d Aragona e d' Ingiiilterra ,
lasciò per sua negligenza che il primo , cioè
Ferdinando il Caltolico occupasse la Navarra ,
togliendola a quel re. E perchè mancava al-
l'Aragonese un legittimo titolo di appropriarsi
quel picciolo regno , si servì d' una Bolla di
papa Giulio li, che avea dichiarato decaduto
da ogni suo diritto chiunque fosse aderito al
conciliabolo di Pisa , concedendo a ciascutio
facultà di occupar i loro Stati. Questa Bolla
proccurata dall' accorto re, per attestato del
Mariana , tenuta f'i per molto tempo segreta ,
e poi sfoderata al bisogno. Ma non so io se
quel re avesse creduta tanta autorità ne' papi
da donare i regni allrui, quando mai contra di
lui fosse stata pronunziata una simil sentenza.
Maraviglia fu che il re Luigi , per lo sdegno
che nndri\a contro del papa , sì pertinace pro-
motore della di lui lovina , non sì lasciasse
allora trasportare all' eccesso di far creare un
anli|)apa nel suo regno. Senza dubbio ne fu
assai trattalo. Probabilmente non il timore di
Dio , ma quel de gli uomini , il trattenne.
Con tali e tante turbolenze terminò 1' anno
presente.
Alino di Cristo i5i3. Indizione I.
di Leone X papa i.
di Massimiliano re de Romani ai.
Fra tante sue sventure non avea peran-
che Luigi \n re di Francia dato congedo in
suo cuore al tiesiderio e alla speranza di
ANWO MPXni IDI
ricuperar lo Sl;ito di Milano , percliè tuttavia si
conservavano alla divozione di lui i castelli di
Milano e di Cremona , e la Lanterna o sia il
Finale di Genova. ^ arj negoziali perciò fece
dinante questo verno co i potentati nemici per
pacificarli , o per rompere la loro unione. Nulla
potè ottenere da'l' Inghilterra , meno dal papa
e da Massimiliano. Per quanti progetti facesse
a gli Svizzeri, costoro insuperbiti mirando d' alto
in basso gli sii ssi monarchi , non volendo ab-
bandonare la vigna che loro molto bene frut-
tava,, e credendo oramai di poter dar legge ad
ognuno, saldi stettero in sostenere lo Sforza.
Unicamente riusci ad esso re di stabilire la
tregua d' un anno col re Cattolico , ma sola-
mente per lì confini dell' Alpi coli' Aragona. Per
consiglio ancora di Gian-Jacopo Trivulzio si
rivolse a i Veneziani , non essendogli ignoto ,
quanto amareggialo giustamente fosse quel se-
nato pe tradimento usatogli dalla lega e dal
papa , e perchè Massimiliano nell' investitura
fiata allo Sfoiza avea compresa anche Brescia ,
Bergamo e Crema. In fatti dopo molti dibatti-
Tuenti nel di i3 ( altri dicono nel dì 24 ) di
marzo dell'anno presente fu conclusa una lega
ilifensiva ed offensiva fra esso re Lodovico e la
repubblica veneta , con obbligarsi questa a man-
tenere mille e ducenlo lancie , ed otto mila
fanti in aiuto del re; e che Bergamo , Brescia ,
Cremona e la Gliiaradadda dovessero tornare
sotto la signoria di Venezia. Andrea Gritti pri-
gione in Francia, riavuta la libertà , fu desti-
nato a sottoscrivere questo accordo , per cui
s' avea a vedere una scena nuova in jltalia.
j52 annali D ITALIA
Intanto le prosperila dell' anno precedente accen-
devano r animo di papa Giulio a disegni mag-
giori , coir essersi messo in capo di regolare a
talenlo suo 1' Italia tutta, per non dire tutti i
principi della Cristianità. Già avea stesa una
Bolla terribile contra del re di Francia , pri-
vandolo del titolo di Re, e concedendo quel
regno a chiunque 1' occupasse , con attizzar più
che mai il re d' Inghilterra Arrigo contra del-
l' altro. Avea segretamente comperata da Mas-
similiano Cesare per trenta mila ducati d' oro
la città di Siena, a fin di darla al nipote duca
di Urbino. Sdeqnato col cardinal de' Medici,
pensava ad alterar di nuovo lo Stato di Fi-
renze ; minacciava i Lucchesi , e volea mettere
in Genova per doge Ottaviano Fregoso , con
cacciarne Giano. E percioccliò egli frequente-
mente avea in bocca di voler liberare l'Italia
da i Barbari , anzi gradiva il titolo di Libera-
tore, come se già avesse terminata sì grande
opera , per attestato del Giovio nella Vita di
Alfonso duca di Ferrara , il cardinal Grimani
gli disse un dì che restava pur tuttavia sotto
il giogo il regno di Napoli. Allora Giulio crol-
lando il bastone su cui s' appoggiava , e fre-
mendo , con ira disse che in bre\ e , se il cielo
altro non disponeva, i Napoletani avrebbono
un altro padione. Ma il principale sfìigo dello
sdegno pontilizio avea da essere nella piima-
Vera contra del duca di Ferrara, il quale ab-
Iiaiidonalo da tutti , pensò in questo frattejupo
di prepaiarsi a morire glorioso, col line ogni
possibii difesa. Stiibilì una tregua co i \ene-
ziani , fbitilicò Ferrara, prese al suo soldo
ANNO MDXin l53
Federigo Gonzaga signor di Bozzolo con due mila
fanti italiani , e il capitan Cala|)pini con altri
due mila fanti tedeschi, i quali, quantunque
il papa facesse comandar loro dall' imperado-
re , come a vassalli suoi , di ritornarsene , pur
vollero osservar la lisde data al du(».
Era immerso in questi gran pensieri di mondo
papa Giulio II , pensieri confacevoli tutti al fe-
roce suo animo e genio guerriero, quando venne
Dio a chiamarlo a i conti in tempo eh' egli
forse non si aspettava. Dopo alcuni giorni di
malattia , ne' quali conservò sempre il giudizio
consueto , e quella severità a cui ninno del
sacro collegio osò in addietro di contradire ,
dopo aver divot amente ricevuti i sacramenti
della Chiesa, nella notte del dì a o di febbraio,
venendo il giorno 21, spirò l'anima sua. Ho
io chi scrive, ch'egli sull'ultimo cadde in de-
lirio , e andava gridando : Fuori d Italia Fran-
sesi: Fuor-i alfonso d Este. Ma ha maggior
fondamento chi scrisse , esser egli stato esente
dalla frenesia. Scrivono gli storici veneti che
alla di lui morte cooperò la rabbia, per avere
inteso il trattato di lega che si manipolava fra
il re di Francia e la loro repubblica, e per
conoscere d' essere in odio a tutti i cardinali
per li suoi marziali disegni. Ma queste verisi-
milmente non furono che immaginazioni. Quel
che è certo, questo pontefice comparve a gli
occhi del mondo principe d' animo invitto ,
impetuoso, e pieno non men di smisurati di-
segni che di spirito di vendetta , e benemerito
assai della Chiesa Romana pel temporale. Qual
poscia egli comparisse a gli occhi di Dio ,
l54 AXSALl d' itaua
coli' aver suscitate (ante guerre per la Cristiani-
tà, il) vece (li promuovere qual padre comune la
pace , avendola tante volte avuta in sua mano,
e coir avere impiegate le sostanze della Chiesa,
ed abusalo anche della religione in tanti seco-
lareschi ir,;iegni : a noi non tocca di deciderlo.
Tuttavia r autor franzese della Lega di Cam-
brai non lascia di riflettere che tanti disordi-
ni, cagionati da questo pur troppo bellicoso
pnnloUce, troppo influirono a scemar la vene-
razione dovuta al sommo grado de i successori
di S. Pietro , e a far nascere il deplorabile
scisma di' popoli settentrionali , siccome fra
pochi anni avvenne. Clic s'egli acquistò fama
di grand' uomo, ciò fu, secondo il Guicciar-
dino, pi-esso colm-o i quali, essendo perdiUi i
ve/'i \>ocnl)oU delle cose , e con'usa la dislirt-
zion del pesai-le rettamente , giudicano che sia
più n/izio de' pontefici V ag'g'ugnere coli' armi
e col sangue de Cristiani imperio alla Sedia
apostolica , che l affaticarsi coli' esempio buono
delia vita , e col correggere e niedii are i co-
stumi trascorsi per la salute di quelle anime
per le quali si magnificano , che Cristo gli ab-
bia cost'tuiti in terra, suoi Ficar-j. Per altro lìi
i,mo de' suoi pieg' 1' essersi aslrnuto da gli ec-
cessi nel!' amor del suo sangue , da ('ui non si
guardarono altri papi di qucsli teuipi , avendo
egh solamente ollenulo da i cardinali sul lui
della vita che Pesaro fosse dato iti vicariato al
duca d'Urbino suo nipote. Alle forti istanze
ancora di Madonna l'elice sua figlia , mo^jlie di
Giovan-Ciordauo Orsino, la (juaic; desiderava
il cappello cardinalizio per Guido da Monlefalco
ANNO MDXni l55
SUO fialello uterino , rispose apertamente die
non era persona degna di quel grado. A que-
sto ponteiice ancora si dee il principio della
nuova basilica Vatirana , una delle maraviglie
del mondo, con altre belle fabbriche entro e
fuori di Roma. Secondo il Ciaconio , fu egli il
primo de' papi die cominciò a porlar barba
lunga, per opinione che da questo sehatico e
vano ornamento avesse a venir più riverenza
a chi per tanti massicci titoli ne è sì degno.
Ma die andie gli ecclesiastici e i papi portas-
sero barba negli antichi tempi , è fuor di dub-
bio. La morte di questo pontefice non alterò
punto la quiete di Roma. Solamente in Lom-
bardia accadde qualche mutazione , perchè il
Gardena viceré di Napoli, tutta\ ia esistente in
Milano, corse a Piacenza e Parma, costrin-
gendo que' popoli a rimettersi sotto il domi-
nio del duca di Milano, come spettanti a quel
ducato; e il duca di Feirara ricuperò Cento,
Lugo , Bagnacavallo e 1' altre sue terre di Ro-
magna ; ma non già la città di Reggio , perchè
ito colle sue genti colà , niun movimento si
fece da que' cittadini in suo favore.
A[)ertosi poi in Roma il conclave , in poco
tempo, per opera spezialmente de' cardinali gio-
vani , fii eletto papa Giovanni cardinale , fi-
gliuolo del fu rinomato Lorenzo della celebre
casa de' Medici , non senza maraviglia del po-
polo , che vide posto nella cattedra di San Pie-
tro chi non avea se non trentaselte anni : del
che per tanti armi addietro non v'era esempio.
Prese egli il nome di Leone X. Universalmente
renne applaudita sì inaspettata elezione , perchè
i56 kyykì.i n Italia
questo personaggio non avea maccliie ne' pre-
cedenti suoi costumi; era di genio dolce, libe-
rale e magnifico , letterato ed anaante della
letteratura. In fatti non uscito peranche dal
conclave , prese per segretarj delle sue lettere
Pietro Bembo e Jacopo Sadoleto , scrittori di
raro merito, e col tempo cardinali insigni.
Perciò si fisjnrò la gente in lui il rovescio del
poc' anzi defunto papa Giulio II , cioè un pon-
tefice che metterebbe le sue delizie nel godi-
mento della pace, e farebbe godere ad ognuno
un soave governo. Se in tutto l' indovinassero,
ce ne accorgeremo. Diede egli principio al suo
reggimento colla mansuetudine e con rara ma-
gnificenza nel dì della sua coronazione , che
fu il giorno 1 1 d' aprile , perchè fu eseguita
con incredibil pompa, talmente che non v' era
memoria di solennità simile a questa. Accon-
sentì che v' intervenisse Alfonso duca di Fer-
rara , il quale in abito ducale portò il gonfa-
lon della Chiesa. Vi furono eziandio i duchi
d' Urbino e di Camerino , ed un concorso in-
numerabile di nobiltà. Cento mila ducati d oro
( se n' erano tro\ati trecento mila in Castello
Sant' Angelo ) costò quella funzione , che non
riportò appliuso da i saggi, i quali avrebbono
desiderato che un romano pontefice, in vece di
profondere i tesori in pompe secolaresche, si fosse
applicalo alla correzion de' costumi delia sacra sua
corte: difollo che |)ur lro|>po prò lus.'*e de i la-
gi'imevoli sconcerti sotto ([uesto medesimo papa.
Nulla si fece di questo; an/j Koma divenne
l'empoiio dell "allegria , del lusso, de'solazzie
banchetti , più di quel che fosse mai stala :
ANNO MDXIIT iSy
laonde sempre più crebbe la dissolutezza e li-
cenza con f^rave danno della disciplina eccle-
siastica. Si mostrò su i princij j papa Leone
neutrale ed irresoluto ne i torjjidi d' Italia ,
giaccliè si udivano i preparamenti de'Frauzesi
per tornare in Italia , ed altrettanto farsi dai
Veneziani collegati con essi , per ricuperare le
città perdute : al qual fine crearono lor capitan
generale Bartolomeo d' /Viviano, capitano di siu-
golar valore e sperienza, già per onorifica ado-
zione decoralo del cognome della casa Orsina.
Era questi stato condotto prigione in Francia;
e rilasciato ora in virtù della lega, seppe così
ben giustificare o col vero o col falso la con-
dotta sua nella b.ittnglia di Gbiaradadda , ri-
fondendone tutta la colpa sul Pitigliano , clie
tornò in grazia drl senato veneto. Si prevalse
il papa di questi rumori per far paura a Mas-
similiano duca di Milano, tanto che ottenne
di ricavar dalle sue mani Parma e Piacenza. Il
che fiitto , non piacendo ad esso pontefice la
venuta de'Franzesi, cominciò segretamente ( per
non disgustare il re di Francia ) a muovere
con danari gli Svizzeri al soccorso del duca di
Milano.
Già erano insorte varie commozioni per le
città di quel ducato , perchè i popoli , dianzi
cotanto infastiditi del dominio e pesante go-
verno de Franzesi , sperando miglior tratta-
mento sotto lo Sforza, s'erano poi trovati non
poco ingannati, stante l'eccesso delle taglie
imposte per pagare e regalare gì' insaziabili
Svizzeri , e per raunare un esercito in difesa
dello Stalo. Perciò prevaleva il desiderio di
! 58 ANNALI d' ITALIA
tornar sotto i non pili odiati Franzesi, dive-
nendo il minor male in confronto del mas;-
giore una spezie di bene nelle bilance del mondo.
Tanto più ancora se ne invogliarono i popoli ,
percliè sembrava loro lo Sforza principe di
poca mente , e anche di minore spirito. Avvenne
eziandio die Sagramoro Visconte, deputato al-
l' assedio del castello di ÌNIdano, tuttavia occu-
pato da essi Franzesi e languente , v' introdusse
una notte gran quantità di firina, vino e gra-
scia : dopo il qual tratliraento se ne fuggì al-
l'annata nemica, o pure in Francia, dove ri-
cevette non poche finezze dal re Lodovico.
Calarono fin ilmente i Franzesi da Susa in Lom-
bardia con forte esercito , sotto il comando
del signor della Trcmoglifi assistito dal prode
maresciallo Gian-Jacopo Trivulzio, e s' unpa-
dronirono senza opposizione di Asti e d'Ales-
sandria. Le speranze di .Massimiliano Sforza
erano riposte ne gli Svizzeri , giacché il Car-
dona viceré di Napoli co' suoi Spagnuoli se ne
stava sul Piacentino con ordini segreti del re
Cattolico (li non mettere a rischio la sua pic-
ciola armata, e di ritirarsi, occorrendo, ad
assicurare il regno di Napoli. Glandi rumori e
quasi guerra fu Ila gli stessi Svizzeri , perchè
parte d' essi era stala guadagnala dalla pecunia
franzcse. l'ure prevalendo il pallilo di ehi ar-
denteraenle bramava la dilL-sa dello Sliirza nel
ducato di Milano, cinque mila d'essi vennero
ad unirsi con lui, e maggior numero anche!
se ne aspettava. Con (pieslo liidoiv.o uscì il
duca in campagna, e andò a postarsi su quel
di Torlonaj per opporsi a i Franzesi. iMa
ANNO MDXIII l5g
intanto il popolo di Milano, vcggendo sguernita
la città di milizie , e minacciante il castello ,
acclamò il nome de' Franzesi. Fu subilo risto-
j-ato di nuove genti e di vettovaglie quell' im-
portante castello. Dall'altra parte non perde
tempo l'Alviano, generale de' Veneziani , e pre-
valendosi del terrore già sparso per li popoli,
uscì in campagna con mille e ducenlo luncìe,
due mila e cinqiiecento cavalli h ggieri ed otto
mila fanti, gente tutta ben agguerrita e corag-
giosa. Impadronitosi di Valeggio e di Peschie-
ra , ancorché intendesse fatti gagliardi movi-
menti in Brescia, e fosse d.'iamato colà; pure
s' indirizzò a Cremona , dove bravamente en-
trò , con isvaligiar Cesare Feramosca , che con
trecento cavalli e cinquecento fanti del duca di
Milano era ivi in guardia. Mentre rinforzava
di vettovaglie il castello, che tuttavia resta\a
in potere de' Franzesi , ma vicino a rendersi ,
spedì Renzo da Ceri con parte di sue genti a
Bergamo , dove era invitato da quel popolo.
Furono ivi inalberate le bandiere di San Mar-
co. Altrettanto fece al comparire di Renzo la
città di Brescia , con ritirarsi gli Spagnuoli nel
castello. L" esempio di Cremona servì a far ri-
voltare anche Lodi e Soncino.
Quasi nel medesimo tempo spedite dal re
di Francia nove galee sottili con altri legni
alla volta di Genova , si trovarono secou'.tate
da molta gente delle Riviere , e niollo più
da Aiitoniotto e Girolamo fratelli Adorni , i
quali mossero tumulto in quella città -^on tal
vigore , che Giano Fregoso durò lìilica a sal-
var la vita colla fu^a. Tornò Genova iu tal
l6o ANNALI d' ITALIA
guisa , ma senza il castelletto , alla divozion
de' Franzesi, e fu ivi costituito governatore pel
re Cristianissimo il suddetto Autoniotto. Non
potea con ))iù prospero vento camminar la
fortuna de' Franzesi , perchè nulla più restava
che facesse loro contrasto > se non Novara e
Como , tuttavia ubbidienti a Massimiliano Sfor-
za. S' e-ra appunto ridotto questo principe a
Novara , dove già erano giunti cinque o sei
mila Svizzeri , quando il Tremoglia e il Tri-
vulzio giunsero sotto quella città, e si diedero
tosto a bersagliarla con sedici pezzi d'artiglie-
ria. L'Anonimo Padovano fa ascendere 1' ar-
mala de' Franzesi a mille e quattrocento lau-
cie , a mille cavalli leggieri e a quattordici
•mila fanti. Gli scrittori franzesi all'incontro le
danno solamente cinquecento uomini d" armi ,
o vogliam dire lancie , sei mila lanzicheneschi
tedesclii e quattro mila lauti franzesi , non
avendo voluto il Tremoglia aspettare altri rinforzi
che erano in viaggio. Parca che gli Svizzeri sprez-
zassero l'arrivo del campo franzese , talmente che
vollero che stesse aperta la porta di Novara :
nel qual tempo tremava di paura Massimiliano
Sforza , veggcndosi ristretto in quella stessa
città , dove suo padre era slato venduto da altri
Svizzeri al medesimo Trivulzio che era ivi al-
l' assedio , temendo mi simile brutto giuoco
da quella na/.ion venale. E cerio iu creduto
che non mancassero secreti maneggi per que-
sto ; an/.i il Tremoglia superbamente avea
scritto al re che gli darebbe prigione ancor
questo duca. Ma sentendo il Tremoglia che
veniva il capitano o sia general Mollino cou
ANNO MDXm l6l
altri sette mila Svizzeri verso Novara , si ritirò
due miglia lungi d;» quella città a un luogo
appollaio hi Riotla , e quivi malamente si ac-
campò. 11 Belcaire, copiato poi dallo scrittor
lianzese della Lega di Cambrai, Ibrse persuaso
che i suoi na/.ionali fossero invincibili, ed in-
capaci di commettere mai sjiroposili, rovescia
il difetto di questo accampamento sul Trivul-
zio , quasiché non avesse avuti la Francia tanti
alte<t;iti dilla f dehà e del sapere di questo
insif;ne capitano italiano , e quasiché mancassero
iiigeuneri ed uomini intendenti tra i Franzesi
stessi elle potessero scorgere il diletto di quel-
r accauipamento , e non potesse farsi ubbidire
il IVemoglia. Arrivò poi in Novara il Mottino
colle sue genti; e fatto consiglio, fu risoluto
di andare ad assalire il campo hanzese , senza
aspettare il capitano Altojiasso , che dovea ve-
nire con altre schiere di Svizzeri ad unirsi
con loro. Pertanto sul far del giorno sesto dì
giugno , usciti in ninnerò di diecimila, furono
ad. tosso a i Franzesi che non si aspettavaJio sì
fitta visita, e si attaccò la terribii giornata.
Fi'cejo sulle prime le artiglierie franzesi de i
notabili squarci nelle iile nemiche; ma essendo
riuscito a gli Svizzeri di occupar quo' mede-
simi bronzi , e di rivolgerli contra gli stessi
Franzesi , dopo un feroce combattimento di
piOi ore , e dopo una grande vicendevole stra-
ge, toccò a i Franzesi di voltar le spalle. Se-
condo il solito de' fatti d' armi , che diversa-
mente sono raccontati a misura delle diverse
passioni, ancor questo si truova descritto eoa
gran varietà. Scrive l'Anonimo Padovano che,
MuRATOM. ylnn. Voi, Xiy. 1 1
l62 AlNKALI D ITAI.IA
a comun giudizio , vi perirono circa dieci mila
persone fra tutte e due le parli, ma molto più
de' Franzesi , e quasi tutti fanti. Lo storico
Gradenigo mette morti cinque mila Svizzeri ed
olio mila Franzesi, la cavalleria de' quali o
perciiè non potè , o perchè non volle combat-
tere , quasi tutta si salvò. Lasciarono i Fran-
zesi in preda a i vincitori tutte le artiglierie e
munizioni. Il peggio fu , che .senza poter essere
ritenuti , non solamente si ritirarono in Pie-
monte , ma passarono anche di là da' monti :
scena accaduta anche a dì nostri. Qui avrei vo-
luto r eloquenza del Belcaire e dell' autore
delia Lega di Cambrai, a scusare e giustificare
si grande scappata de' lor nazionali , quaiiilo
aveano Alessandria , Asti ed altre città da po-
tervisi ricoverare. IMa i mentovati due scritturi
hau dimenticato di stendere questa apologia.
S' era dianzi inoltralo sino a Lodi l'Alviano
coir armata veneta, bramoso d'unirsi co' Fran-
cesi ; ma perchè il Cardona con gli Sj)agnuoli
si mosse a quella volta a fin di vietargli il
passo , quivi si fermò. Udita poi la rotta de i
Franzesi , disfatto il ponte suJi'Adda , abban-
donata anche Cremona , si ritirò a diedi. \i-
desi poscia una strana peripezia , perchè , per
così dire , in un momento si rivoltò lutto lo
Stalo di Milano centra de' Frairzesi. In Milano
quanti di loro si trovarono die non ebbero
lenijK) di salvarsi nel castello , tulli furono
messi a fd di sjiada. A trecento Guasconi ,
che erano in Pavia , toccò la medesima mala
sorte. Tulle 1' altre città si rivoltarono , man-
dando a chiedere perdono a Massimiliano
AN.\0 MDXIII l63
duca , con essere poi coiuloaiiata ognuna a pa-
gare quantilà grande di danaro, cioè Milano
ducente mila ducali d'oro, e l' altre a propor-
zione : danaro die colò tutto per premio della vit-
toria in mano a t^li J^vizzeri , i quali inseguendo
da lungi i Rij^gitivi l'ranzesi, maggioruiente
s'ingi'assarono alle spese de' ^lonferrini e Pie^
montesi. Intanto il \icerè di JNapoli , che era
fin qui stato alla veletta , osservando qual esito
avesse da avere la fortuna de' Franzesi , si av-
viò a Cremona , e fu ammesso in quella città.
Diede ancora ad Ottaviano Fregoso tre mila
fanti e quattrocento cavalli, sotto il comando
del marchese di Pescava , jjer poter entrare ia
Genova, con patto, che entratovi, gli pagasse
ottanta mila ducati d' oro. Se ne impadronì
egli con esserne fuggito Anlouiotto Adorno ,
ed ivi fu crealo doge , con aver poi quella re-
puhhllca sborsato si gi-ave regalo ali ingordo
Cardona. Fu anche abbandonata Brescia da Renzo
da Ceri , non avendo egli assai forze da difender-
la ; uia nel volere ridursi a Crema , s' incontrò
in parte dell'armala spagnuola clie marciava
alla volta di Brescia , e fu forzalo in Soresina
a lasciare in lor mano le artigherie , per po-
tersi speililamente salvare in essa Crema. En-
trarono dunque di nuovo gli Spagnuoli in pos-
sesso della città di Breseia, di cui già tene-
vano il castello. Da lì a qualche tempo anche
Bergamo tornò alla lor di\ ozione , con pagare
venti mila ducati di taglia. Erasi ridotto alla
Tomba Bartolomeo d' Alviano colle milizie ve-
nete , dove concorsero molti Neronesi, mal-
«^ontenli del dominio tedesco , e V animarono
1^4 ANNALI \ì ITALIA
air^iccfiiisto delhi lor patria , percliè non v'e-
rano eli piesitlio se non due mila fanti e ciri-
quecenfo cavalli. Dopo aver egli inteso che
Gian-Paolo Baglione , spedito a Lignago , se
n'era impadronito, passò sotto Nerona. Con
incredibil prestezza piantò le batterie , e fece
alquanto di breccia ; venne anche all' assalto.
Tal difesa nondimeno fecero , e tali precau-
zioni presero i pochi Tedeschi lasciati ivi di
guarnigione , che l'Alviano, giacché non si sen-
tiva commozione alcuna di dentro , si ritirò
nel Padovano, aspettando ciò che meditassero
gli Spagnuoli , i quali impadronitisi per forza
di Peschiera , e giunti all'Adige, aveano ivi
gittaio un ponte. In questi tempi ancora
pervenne a \ erona il vescovo Gurgense ,
primo mobile della coite di Massimiliano Ce-
sare , con quattro mila fanti e secenlo cavalli
borgognoni , tutta bella gente. Al quale avviso
i Veneziani rinforzarono di molte soldatesche
Trivigi sotto il comando del Baglione. L'Al-
viano restò in Padova , do\e fece delle mira-
bili furlilicazioni , coli" atterramento di molte
case , con una vasli.ssima spianata intorno alla
città , e con ogni maggior provvisione per so-
stenere un asseilio.
Attesero in questo mentre gli Spagnuoli a
ricuperar Lignago; indi pass;iiono a iMonlagna-
na , e <piivi tenni io molli ((insigli. l.ra di pa-
rere il Cardona viceré che s' imprenilesse l' as-
sedio di Jiivigi, come più facile a riuscire;
ma gli convemie ceilere ali ostinata \(ilontùilei
vescovo Gurgense , che ponto in picferir (juillo
di Padova. Arrivarono in (piesti giorni al loro
AXXO MDXIII l6o
campo diiceulo uomini d'anni, che alle forli
istanze di Cesare mandò papa Leone. Mal vo-
lentieri, dice il Guicciardino. Fu questo non-
dimeno un segno clie il pontelice , ancorché
andiisse tergiversando , inclinava all'aderenza
dellimperadore e del re di Sjìagna. L'Anonimo
Padovano scrive che furono ducento lancie e
due mila fanti spediti dal papa ; e a lui , più
che al Guicciardino, semhra in molte circo-
stanze dovuta fede, perchè scrive d'essersi tro-
vato presente in queste guerre d'Italia. Era
composto l'esercito spagnnolo di mille lancie,
cinquecento cavalli leggieri e sette mila fanti ,
co' quali si congiunsero quattro mila fanti te-
deschi , e cinquecento cavalli borgognoni con-
dotti dal suddetto vescovo Gurgense : esercito
poco sufficiente ad espugnar Padova, città di
gran circuito , ben munita e difesa dallAlvia-
no , uomo senza jiaura. Riuscì in fatti ridicolo
il tentativo fatto contra di quella città, e dopo
diciotto giorni fu obbligato il Gardena a riti-
rarsi a Vicenza , città in questi tempi come
deserta, perchè continuamente esposta a gl'in-
sulti e al possesso di chiimque giugnea colà più
f.rte. Ne già era più felice lo stalo de' Berga-
maschi. Da che gli Spagnuoli si furono impa-
droniti di rpiella città, i lor commessarj aveaiio
riscossi quindici mila ducati doro da quegli
afflitti cittadini. Renzo da Ceri , che, stando in
Crema per li Veneziani , tene» spie in Berga-
mo , segretamente di notte con trecento cavalli
e mille llinti marciò a quella volta; ed entralo
nel f ir del giorno in essa città , non solamente
risparmiò a que' commessarj la fatica di portar
lP6 ANNAM d' ITALIA
via quel danaro, ma aiiclie uccisi e presi molti
di quegli Spagnuoli , s' impossessò della città,
e lasciato ivi il capitan Cagnolino Bergamasco ,
se ne tornò subito a Crema. Poclii giorni passa-
rono che giunse in Brescia il conte Antonio
da Lodrone con due mila Tedeschi ; e già si
disponeva ]ier passare a Bergamo. Cagion fa
questo avviso che il Cagnolino si ritirasse in
fretta colle sue genti a Crema , e Bergamo
tornasse in polere de gli Spagnuoli. Risoluto
poscia il conte di Lodrone di acquistar Ponte-
vico , posto di grande importanza sull' Ogiio ,
colle artiglierie e con un buon corpo di com-
battenti ito colà, dopo una gran rottura di
muro , diede 1' assalto alla terra. Fu questa
mirabilmente difesa dal capitan Fattiimanzi ,
che v' CI , di guarnigione con quattrocento fan-
ti , di modo che do[)0 gran sangue il conte
fu astretto a convertire l'assedio in blocco.
Passalo un mese, per mancanza di vettovaglie
quel capitano rendè la terra, salvo l'avere e
le per.sone. Avea Renzo da Ceri preso gusto
alla preda. Da che seppe che gli Spagnuoli
aveano riscosso <la i miseri Bergamaschi altra
gran .somma di danaro per compensare i danni
dianzi j)atiti , ma senza colpa de cittadini, se
ne toiiiò col .solito suo corteggio a quella cit-
tà , e presi (juaiiti Spagnuoli ivi Irov('), dopo
aveivi lasciato di presidio ottocento fanti e
ducento cavalli sotto il governo di Bartolomeo
da ì\!o.sto , si lidusse di nuo\o a Crema. Ciò
inleso , il viceré Cardona con lellere racco-
maiiflò la rienperazion di lìeigamo al duca
di Milano, il qualo si trovava allora con gli
ANNO MJ)XIII 167
Svizzeri in Piemonle, saccheggi.indo tulio il
paese , sollo prclcsto d' impedire a i Franzcsi il
rilorno in Itnlia. Spegli il duca a quell' impresa
con assai schiere ed artiglierie Silvio Savello e
Cesare Feramosca , che cominciarono a ballerà
la ciltà. I\Ia ecco sul far del giorno giugnere
quattrocento cavalli ed alUetlanli fanti , inviati
da Crema da Renzo da Ceri , che animosa-
mente assalirono il campo milanese , nel qual
tempo uscirono alla medesima dajiza gli altri
che erano ridia città. Fu sanguinosa la pugna ;
ma in (ine rimasero sconfitti i Veneziani colla
perdita di quasi tulli i finti. S'arrendè T infe-
lice città di Bergamo , e all' innocente popolo
fu imposta dal Savello una taglia di dieci mila
ducati d' oro.
Dappoiché fu sciolto 1' assedio di Padova ,
fece papa Leone quante pratiche ])0lè per istac-
care i Veneziani dalla lega co i Franzcsi ; ma
senza fi iitlo : tanto era irritato quel senato
contro la mala fede de gli Spagnuoli. Però es-
sendosi il viceré Cardona ridotto con tutti i
capitani in Verona , tenuto fu ivi consiglio , e
risoluto d'infestare i Veneziani, j>er trarli colla
fniv,a ad acconciarsi con loro. Nel dì 17 di set-
tembre s' avviò r esercito collegato verso il Pa-
dovano , con bando che fosse lecito ad ognuno
il mettere a ferro e fuoco tutto il paese da
Mouselice sino alle Acque salse. Fu eseguito il
barbarico edillo , e iu tempo che i poveri po-
poli , non aspettando la seconda visita di que-
sti cani , erano ritornati colle famiglie e be-
stiami alle lor case. Non contenti costoi-o ,
Cristiani di nome e Turchi no' fatti , di far
l68 ANNALI d' ITALIA
grandissiino bollino, imprigionavano. iicciJeano
e bruciavano case e ville , dovuncfue airivava
il loro furore. Meno rie gli altri non Ojiera-
vano i soldati del papa. Fra l'altre terre l'amena
e fertile di Pieve di Sacco , dove si contavano
tante belle case di nobili veneti , tutta fu con-
segnala alle fiamme. Lungo le Brente nuova e
veccbia fecero lo stesso scempio, scorrendo sino
a Lìzzafusina , Mergara , Mestre ed altri luoghi
marittimi , da' quali spararono anche di molte
cannonale verso ^enezia , con arrivar le palle fin
quasi a quella nobilissima città: il che riempiè
di terrore il popolo. L'Alviano, che in Pa-
dova rodeva il freno al mirar tante iniquità
de' nemici , sepj)e con tal eflìcacia persuadere
al senato veneto che si potea reprimere la bal-
danza di quegli assassini , e di tagliar loro il
ritorno a casa , che data gli fu licenza d' uscire
in campagna coli' armala sua, benché inferiore
lair altra di forze. 1 movimenti di questo ge-
nerale , e i passi stretti occupati da lui con
far rompere le strade , cagion furono che i col-
legati risolvessero di retrocedere pei' non restar
privi de' viveri. Ma alla Brenta e al Ba highone
ebbero a fronte l'Alviano, il ([uale in tal ma-
niera li strinse , die non sa|)eaiio trovar alcun
varco |K!r ridursi in salvo. In tale stalo di cose
se r Alviaiio fiisse stato un saggio e prudente
capitano, avrebbe di troppo angustiato il ne-
mico, e senza azzaidar batlaglia gli avrebbe
dissipali o vinti colla lame. Ma egli non par-
lava d' altro che di venire alle mani ; e (|uan-
luiiqne Andrea riiitti et Andrea Loiedano le-
jjali della repubblica colla maggior parte dei
AXNO MDXIII 1G9
capitani si opponessero , mostrando die non
era da combattere con ,s;ente dispera,la ; pure
si ostinò nella sua risoluzione , e furibondo
non rispose se non con villanie a chi gli con-
tradiceva. Non reslava a i collegati altro scampo
clie la via di \ alsugana per ritirarsi a Trento,
ma qnesta si trovava piena di mille diflìcullà.
Sircliè il miglior partilo era quello d' aprirsi
il passo colla spada alla mano , se non che
temeano che i \eneziani abborrissero questo
giuoco. Ma il saggio Prospero Colonna , ben
conoscente del genio fei^ido e superbo del-
l' Alviano , promise di tirare il campo veneto
ad un fatto d armi.
La mattina dunque del dì sette d' ottobre
Fenlinando d'Avalos marchese di Pescara, gio-
vane valorosissimo , s' avviò contro de' \ ene-
ziani verso l'Olmo, ed unitosi col Colonnese
nelle coerenze di Creazzo , circa tre miglia
lungi da \"icenza , diede principio alla tenibile
zufla. Si combattè con incredibile ardore da
ambe le parti , ma in fine restò sconfitto
r Alviano. Le particolarità di questo conflitto
son descritte in difl'erenle guisa dal Guicciar-
dino, dal Giovio , dal Gradenigo e da altri.
Fra morti e presi de Veneti si contarono circa
quattrocento uomini d' arme e quattro mila fan-
ti. L'Anonimo Padovano vi aggiugne più di ot-
tocento cavalli leggieri , e fa maggiore la strage
de' fanti. P»estarono prigioni Gian-Paolo Baglione
governatore della veneta armata , Giidio Man-
frone, Andrea Loredano legato del campo,
che fu poi barbaramente ucciso per gaia nata
fia i pretendenti d' averlo urigione. Tutta
li'O AJfNALI D' ITAUl
r artiglieria CO i carriaggi venne in potere de i
vincitori , i quali la stessa sera cenarono in
Vicenza. Al vedere che il senato veneto non
prese risoluzione alcuna contro dell' Aiviano ,
pnò far credere fondato il senlinioito di alcuni
che scrivono esser egli stalo spinto dal Lore-
dano suddetto ad uscire alla battaglia. 11 Lore-
dano morto non potè pi»\ dir le sue ragioni.
Perchè s' avvicinava il verno , niun' altra im-
presa tentarono i collegati , se non che il Car-
dona seguitò da Vicenza ad infestare il Pado-
vano , con lasciar tempo alla repubblica veneta,
intrepida sempre in mezzo alle sue sventure ,
di far nuove provvisioni di guerra. Andato po-
scia a Pioma il vescovo Gurgense Matteo Lan-
gio, creato già cardinale , si ripigliiuono i trat-
tati di pace, e ne fu fatto compromesso in
papa Leone X ; ma ancor questa volta andò
in fascio 1' affare per le difTerenli pretensioni
di tante teste. Prima che terminasse 1' anno
presente , contuttoché a cagion il' esso trattato
fosse seguita sospension d' armi , fu preso da
ì Tedeschi Marano , castello quasi inespugna-
bile nel Friuli. Per ricuperarlo lii spedito colà
da i N'eneziani im picciolo eseicito , m» cbe
restò rotto con istrage di molli, e colla per-
dita delle artiglierie. In Lombardia Prospero
Colotma , divenuto generale dell' esercito del
duca di Milano, andi) a nìetteie l'assedio a
Crema al dispetto del verno ben rigoroso. Den-
tro v' «Ma Renzo da Ceri, clic fece delle ma-
ravij^lie di valore , con rompere più volle i
nemici , e far prigioni e prede ; e condusse
così ben 1' impresa , cbe fu uecessilalo il
ANNO MDXItl T^I
Colonna a lasciar in j)ace quella terra nell' anno
seguente. Durante et.so verno occuparono i Te-
desclii anche Sacile e Feltre, e misero di nuovo
a 1( rro e fuoco la misera patria del Friuli.
Delle guerre fatte in questi tempi dalred'In-
gliilterra e da glj Svizzeri contro al re di
Francia , per le quali il re Lodovico non potè
accudire all' Italia , e della guerra mossa dal re
di Scozia contro gl'Inglesi, siccome avventure
non pertinenti all' assunto mio , ninna men-
zione farò io , dovendo i lettori curiosi prenr
derne informazione da altre storie.
Alino di Cristo i5i4. Indizione II.
di Leone X papa 2.
di MAssIIVlILIA^o re de Bomaiii 22.
Ancorché durasse la discordia Ira tanti prin-
cipi cristiani , e continuasse anche la guerra in
Italia , pnre nell' anno presente non si conta-
rono avvenimenti si strepitosi, come ne' pre-
cedenti. A i tanti infortuni T^l'*^' '''i T'' dalla
veneta repuhblica , se ne aggiunse uno gravis-
simo nel dì 1 3 di gennaio. Circa un' ora di
notte attaccatosi , o per inavvertenza o per
malizia de gli uomini , il fuoco in Rialto a una
lioltega di telerie , questo , a cagione d' un ga-
gliardo vento che soUiava , sì Meramente si di-
latò , che in poco tempo bruciò la parte più
ricca e frequentata di \ enczia , perchè piena
di drapperie , argenterie , e d' ogni altra sorla
di merci preziose ; calcolandosi che circa due
mila tra hott'-ghe e case col (òudaco de' Te-
deschi reslusssero preda del lìirioso incendio.
in 2 ANNALI D* ITALIA
Seguitava intanto la guerra^ nel Friuli , dove
Crisioforo Frangipane e il capitan Riz/.ano con
mille cavalli e cinque mila lauti tedi'sclii as-
sediarono e bombardarono Osoffo , castello fortis-
simo. In tre assalti che gli diedero, vi perderono
circa mille e cinquecento persone. Girolamo
Savorgnano , che difendeva quella rocca , s' era
in line ridotto con soli veuLÌ(juattro uomini ,
essendo perito il resto di sua gente ; e però
fece sapere a Venezia la necessità di rendersi,
qualora non gli venisse soccorso. Allora il se-
nato ordinò all'Alviano di portarsi colà il più
segretamente che potesse, quantmique d viceré
Cardona fosse tuttavia ad Esle e a Monselice, e le
di lui soldatesche facessero di tanto in tanto delle
scorrerie sino alle porte di Padova. Andò V Al-
viauo alla sordina ( èva il mese di marzo ) con
un buon corpo di gente , e giunto a Sacile ,
spinse Malalesta Baglione contro il capitan Riz-
zano , che restò prigione. Sconfitti i Tedeschi
del suo seguito , si salvarono a Pordenou ; ma
pocx> stette a comparir colà 1' Alviano, e a pian-
tar le artiglierie. Terminò la faccenda colla presa
e col sacco dell' infelice castello, e colla strage
di tutti i difensori. Questo colpo fece ritirare
in fretta il Frangipane dall'assedio d'Osollò ;
laonde 1' Alviano se ne tornò trionfante a Pa-
dova. Perchè premeva non poco a i Veneziani
di ricuperar Marano, castello di molta impor-
taDza , fu spedito colà il Savorgnano con gente
assai , che cominciò a bersagliarlo colle batte-
rie: nella quale occasione a Giovanni Velturi
riuscì in un agnato di far prigione lo stesso
Frangipane, gran ni'mico della repubblica, e
ANNO MPXIV 178
d' inviarlo nelle carceri di \ enezia. INIa sciolto
che fu questo assedio, anclie il \etturi colto
in un' imboscata da i Tedeschi , reslò prigione
con cento de' suoi. Andò poscia il viceré con
tulio il campo spagnuolo addosso a Cittadella,
e formata la breccia , fece dare, nel di 2- di
giugno un Geio assalto , per cui reslò preso e
saccheggiato quel cartello , e i soldati e citta-
dini tutti fatti prigioni.
In questi tempi venuta meno la vettovaglia
al castello di Milano, fu forzato a capitolare
la resa ^ e il presidio fraiizese libero venne
condotto sino a i monti. Da lì a j-oclii giorni
allretlanlo fece il castello di Ciemona : il che
quanta letizia recò al duca di Milano, altret-
tanto scemò la riputa/.ion de' Franzesi in Italia.
Restava in lor potere la sola cretlula inespu-
gnabil fortezza della Lanterna , presso a Ge-
nova ; ma per mancair/.a di viveii fu anch' essa-
astrelta nel dì 2^ d'agosto a rendersi a i Ge-
novesi , che per più mesi 1' aveano tenuta as-
sediata ; né tardarono a spianarla sino a' fon-
damenti : con che parve tolta alliuto ogni ap-
parenza che i Franzcsi avessero pii'i a compa-
rire in Italia : il che diede non poco affanno
alla repubblica veneta , restata sola contro a
tanti nemici , ma che nondimeno giammai non
invilì , né \olle consentire a projiosizione al-
cuna di pace , per cui avesse da cedere alcuna
delle cillà a lei tolte in Terra ferma. Pure con
tutte queste peripezie il re Luigi XII più che
mai si sentiva acceso della costante brama di
ricuperare lo Stato di Milano. E però dapj)oichè
con paci , tregue e parentadi ebbe acconci i
I'j4 ANNALI D ITALIA
suoi interessi co i re d' Iiigliilterra e d' Ara-
gona , che gli aveano date delle disgustose le-
zioni in varj fatti d'arme, si diede tutto a nuovi
preparamenti di gente d' arme, d' artiglierie e mu-
nizioni , risoluto di calar di nuovo in Italia
nell'anno seguente. Fu in quesl' aimo fatta una
specie di blocco dall' armi del duca di Milano
comandate da Silvio Savdlo all' insigne terra
di Crema. Dentro v' era la peste, la guarni-
gione senza paghe , e gran carestia di viveri ,
per modo che Renzo da Ceri, ivi comandante,
ornai diilidava di potersi sostenere. Pure , sic-
come persona di mirabil senno ed attività, nel
dì 25 d'Agosto uscito all'improvviso addosso
a i nemici , li mise in rotta ; e fama fu che
il Savello vi perdesse trecento fanti e quattro-
cento cinquanta cavalli uccisi , olire ad altret-
tanti rimasti prigioni. l'u poi rifornita Crema
di vettovaglia da' Veneziani , e il conte Niccolò
Scotto v' introdusse mille e cinfjuecento fanti.
Animato da questo rinforzo il valoroso Keiizo
da Ceri, uscì una notti' di Crema, e all'im-
provviso comparve a Bergamo, e v' entrò senza
contrasto, essendo fuggiti que' pochi Spnguuoli
die v'erano di presidio, nella Cappella, for-
tezza sopra il monte. Diedcsi egli immantc-
neiite a f.ir bastioni (cl altri ripari con riso-
hrzion di difendere di nuovo quella dita. Avvisali
di ciò il duca di Milano e il viceré Cardona die
stava nel Polesine di liovigo, allineile lìenzo mag-
giormente ivi non si all'orzasse , s' afirettarono
per isloggiarlo di là. Arulò lo slesso viceré con
un corpo ili gente e nmlla artiglieria colà,
ed .unitosi con Prospero Colonna generale
ANNO MDXIV 17 5
dell' armi diicliesclR- , cominciò aspramente a
percuotere le mura di quella città. Ma quanto
danno si faceva il giorno , la notte veniva con
tagliate e nuove fortificazioni riparato dall' in-
defesso Renzo , il quale non lasciava di far an-
che delle sortite con grave incomodo de gli
assedianti. Per segreti messi gli faceva intanto
sapere lAlviano che si difendesse, perchè fa-
rebbe tal diversione che il viceré sarebbe astretto
a ritirarsi. Tentò in fatti \ erona , ma senza
frutto. Quindi sollecitamente passalo verso la
nobil terra di Rovigo , spinse innanzi Baldas-
sare di Scipione con secento cavalli , c!ie nel
dì if) di novembre trovati gli Spagnuoii senza
guardia , quasi tutti li fece prigioni od uccise ;
e furono cento uomini d' arme , ducento ca-
valli leggieri e cinquecento fanti. Sopragiunto
poi esso Alviano , la misera terra andò tutta
a sacco. Questo colpo fece scappare in frf tla
da Lendenaia e dalla Badia quanti Spagnuoii
si trovavano in qu( Ile terre. In questo mentre
Renzo da Ceri, lusingato .sempre dalla .speranza
che r Alviano il soccorresse , avea consumata
buona parte di sue genti nella difesa di Ber-
gamo. Conosciuto poi disperato il caso , capi-
tolò la resa, se in termine d otto giorni non
veniva soccorso , con patto che la città fosse
salva dal sacco , e che uscissero i suoi soldati
con armi e bagaglio , ma senza poter entrare
in Crema per lo spazio di sei mesi. Spirati gli
otto giorni senza che comparisse soccorso al-
cuno , fu presa dal viceré e dal Colonna la
tenuta della città, ma città bersagliata da in-
finite sciagure, perchè condennata ajiche in
in6 ANNALI d' ITALIA
questa occasione allo sborso di ottanta mila
ducati d' oro. Tornato poscia il viceré a \ ero-
na , ed uscito in campagna contro 1' armata
dell' Al viano, tal terrore ad essa recò, che
come in rotta si ritirarono i Veneziani a Pa-
dova , con perdita di molti cavalli. La dirotta
pioggia e le strade piene di fango impedirono a
gli Spagnuolidi più ottenere nell'anno presente.
Quali ("ossero in tempi di tante discordie i
manei;gi e raggiri di papa Leone, chiunque
bramasse d" esserne pienamente informato , dee
ricorrere al Guicciardino, storico provveduto
di un buon microscopio , per disceiiiere le si-
nmlazioni e dissimulazioni della politica mon-
dana de' principi , nella quale cciiamente ec-
cellenti furono in questi tempi esso pontefice
e Ferdinando il Cattolico re d'Aragona e delle
due Sicilie. Eblje esso pontelice , mentfe con-
tinuava ancora il concilio Lateraucnse , la con-
solazion di vedere affatto estinto lo scisma de
i Franzesi , cominciato col conciliabolo pisano.
Nel dì 1 2 di marzo ricevette ancora con gran
pompa gli ainiiascii'tori di Eininanuelio re di
Portogallo (i). Condussero essi , oltre ad altri
preziosi regali , in dono al papa un superbo
eltfiiile , che ricm[)iè di maraviglia il popolo
romano , concorso a folla per mirare un ani-
male strano a gli occhi loro , ma sì fajuiliare
a gli antichi Romani. Ciunta questa bestia da-
vanti alla lincstra dove era assiso il papa, tre
(i) Oi'O&ius de Rebus Eainmiclìs Regis.
ANNO MDXIV ■ 17'J
volte s ìnginoccliiò , ubbidendo a clii 1' avea
così ammaestralo. Poi da un lino d' acqua pre-
parala ne tirìj colla sua tromba o prol)OSCÌde
una buona quantità , con cui asperse cbi si
trovava anche nelle finestre più alle, e molto
pii\ ne spruzzò sopra la circostante plebe. Per-
chè ancora a quel re era noto come il ponte-
fice senza gran cura della sua dignità si dilet-
tasse della caccia , gì' inviò in dono una pantera ,
avvezzala a quell'esercizio ; e fallane la pruo-
va , quante bestie le si afl'acciarono , tutte in
breve tempo le strozzò. Atlcudeva inlanto papa
Lrone , come .s'ha dal suddetto Guicciardino e
dall' autore della Lega di Cambrai, a coprir le
segrete sue intenzioni, con deludere or que-
sto, or quello de' principi, essendo la sua general
mira di seminar fra loro la mala inlelligenza ,
e di persuadere a cadauno la sua jjredilezione,
per desiderio di rendersi arbitro de gli alfari.
Ma l'aver egli inviato a ^'enezia il celebre Pie-
ti o Bembo per istaccare quella repubblica dal-
l' alleanza co'Franzesi , senza però poterla smuo-
vere , fece in fine capire al re Lodovico che
capitale avesse egli a fare delle belle proteste
di questo pontefice. Peggio intervenne ad Al-
fonso duca di Ferrara. Dopo aver questi assi-
stito alla coronazion di questo papa, se ne
tornò a casa sua carico di carezze e di pro-
messe quante ne volle. Lisisteva il duca per-
chè gli fosse restituita la citta di lìeggio , in-
debitamente occupata a lui da papa Giulio II
contro la fede obbligata nel salvocondolto.
Era disposto Leone a restiluiilaj ma (juesto
MnuTORi. Jnn. f^ol. XJF. 12
1^8 ANNALI Ij' ITALIA
])fnedelto giorno non arrivava giammai (i).
Dopo grandi maneggi si lasciò indurre il duca
nel dì i5 di giuguo a spogliarsi del diritto di
far salf nella città di Comaccliio, della quale la
casa d' Este per tanti anni era sempre slata
ed è tuttavia investita da i soli imperadori ;
ma senza pregiudizio della Cesarea Maestà ,
e non altrimenti , né in altro modo , come
canta quella convenzione. Oltre all'essere stuti
annullali tulli i processi di papa Giulio, pro-
mise il papa di restituire ad esso duca in ter-
mine di cinque mesi Reggio. Ma questi cinque
mesi nel cuor di papa Leone doveano essere
cinquecento mesi ; pereiocchè non solauu.'nlu
mai non voile rendere quella città al duca ,
ma due giorni appena dopo la convenzione
suddetta stipulò co i ministri di Massimiliano
Cesare la compera ( salso il gius della ricu-
pera ) della imperiai città di Modena pel prezzo
di quaranta mila ducati d' oro , coniali a quel
monarca , sempre ansioso e sempre bisognoso
di pecunia , e che india badò a commettere
una si patente ingiustizia in pregiudizio di un
vassallo che nulla avea operalo centra del sa-
cro romano imperio. Frullava questa città di
sole rendite annue aitretlanla soumia. Troppo
stava sul cuore al pontefice 1' acquisto di Mo-
dena, per aver librro il passaggio e la conni-
nicazioue colle cillà di Reggio , Parma e Pia-
cenza , che erano già in suo potere. Gli
I
(i) Antichità Estensi, toin. ■>.. Piena Esposizione dei
diritti Lnpcriali ed Estensi sopr.a Comacchtp.
ANNO MDXIV 179
occulti lini nondimeno d' esso papa non termi-
navano qui, come osserva il Guicciardiuo. Im-
perciocché se non il primo , ceito uno de i
principali pensieri di Leone era quello d' in-
grandire la propria casa de' Medici , e non già
con allodiali o feudi minori , ma con di quei
principati e Stati clic partecipano della sovra-
nità, spogliandone i legittimi possessori. Questa
malattia Y iibbiam trovata in altri precedenti
papi , ma spezialmente comparve dipoi in esso
licone X e in Clemente VII, amendue della
stessa casa , che per otteiiere quest' intento
impiegarono senza misura i tesori della Chie-
sa , e fecero o fomentarono più guerre fra i
popoli battezzati. Tale certo non era l'inten-
zione di Dio , allorché li pose sulla cattedra
di S. Pietro , e li costituì pastori del gregge
suo. Avea papa Leone Giuliano suo fratello ,
avea Lorenzo figlio di Pietro Medici che era
suo nipote , e continuamente pensava ad in-
nalzarli. Poiché quanto a Giulio suo cugino,
figlio di (Giuliano ucciso nella congiura de i
Pazzi, che fu poi papa Clemente MI, benché
dal Nardi , dal Guicciardiuo , dal Varchi , dal
Pauvinio e da altri si sappia essere egli nato
fuori di matrimonio , Leone l'avea creato car-
dinale iieir anno precedente. Le idee di esso
papa Leone erano di formare per Giuliano un
principato di Modena, Reggio, Parma e Piacenza ,
e se gli veniva fatto, d' aggiugnervi anche Fer-
rara. Fu eziandio creduto che trattasse col re
di Francia di acquistare il regno di Napoli o
per la Chiesa, o pure pel suddetto suo fratel-
lo , già creato prefetto di Roma , e generale
l8o ANNALI d' ITALIA
e gonfaloniere della santa Romana Cliiesa. Qiial
esito avessero i suoi grandiosi disegni , V an-
dremo a poco a poco \edendo.
Anno di Cristo i 5 i 5. Indizione IIL
di Leone X papa 3.
di iVlAssiMnjANO re de' Romani 23.
Funesto principio ebbe \ anno presente ,
perei lè nello stesso primo giorno di gennaio
mancò di vita Lodovico \II re di Francia per
infermità , comurienunte creduta cagionata dal
recente matrimonio colla sorella del re d'iu-
gbiiterra di età d'anni diciollo , quando egli
era giunto a i cinquanta quattro anni, e pro-
nicttc\a ben più lunga vita. Fu assai com-
pianta la (li Ini perdita , percliè s' era acqui-
stato il titolo di Padre de' suoi popoli, elogio
il più glorioso d'ogni altro, ma clie per disav-
ventura miriamo assai raro in lutti i tempi.
Ora fa\orito dalla prospeia, ed ora battuto
dall' avversa fortuna , era nondimeno in tal
maniera risorto, clie di gran cose tuttavia pro-
meltea , .se la morte non avesse troncato il
filo di sua vita e delle sue speranze. Ma si
con.solarono in breve i Franzesi , penile a lui
succedette Francisco I conte di Angolemnie,
il più prossimo <lel regal sangue mascliile se-
condo le leggi o le consuetudini di quel re-
gno ; giacché Lodovico non lasciò dopo di sé
se non ilue femmine, cioè Claudia, sposala ad
esso Francesco nel dì i8 di maggio dell'anno
precedente , e Ilenea , che era stata bensì in
un liutlulo del dì ^4 di niai-zo dello stesso
\
AI^KO MDXV l8[
anno promessa a Carlo , nipote di Massimiliano
re de' Romani , che fu poi il glorioso Carlo V
Augusto, ma divenne col tempo moglie di Er-
cole II d' Este principe e susscguentemente
duca di Ferrara. Si trovala il nuovo re Fran-
cesco in età di soli ventidue anni, principe di
gran mente, pieno di spiriti guerrieri, e som-
mamente avido di gloria. Con gli altri suoi ti-
toli unì egli tosto ancor quello di Dica di Mi-
lano , contuttoché su i principj occultasse la
voglia di ricuperar quel ducato, a fine di asso-
dar prima gì' interessi suoi co i potentati vicini.
Confermò la lega col re d" Inghilterra , e po-
scia colla repubblica veneta; ma nulla di pace
potè ottenere ne da Massimiliano Cesare, né
da Ferdinando il Cattolico re di Aragona , né
da gli Svizzeri, e meno da papa Leone, il
quale andava barcheggiando in questi tempi ,
sempre nondimeno con animo contrario a' Fran-
zesi , qualora volessero tentar di nuovo la con-
quista dello Stato di Milano. In effetto essi re
de" Romani e d Aragona, il duca di Milano ,
gli Svizzeri e Fiorentini contrassero lega fra
loro in questi tempi colla mira di opporsi a i
Franzesi , lasciato luogo d'entrarvi al papa, il
(fuale volea giocare a carte sicure. Avea non-
dimeno esso pontefice nel dì 9 di dicembre
del precedente anno fìitta una particolar lega
co i medesimi Svizzeri (i), confidando più in
essi che in altra potenza per la difesa del du-
cato di Milano. In oltre fu da lui proccuralo
(ij Du-Ment Corps Diplomat
l82 ANNALI V ITAUA
neir anno antecedente un aecasamenlo nobi-
lissimo a Giuliano suo fratello , con avergli
ottenuta per moglie (i) Filiberta figlia di Fi-
lippo duca di Savoia , e prossima parente , dice
lo scrittor della Lega di Cambiai , ma dovea
dire sorella di Luisa madre del sopradelto re
di Francia Francesco I. Tale era ne' tempi pre-
senti la potenza de' sommi pontefici , clie niuno
de' gran principi si sdegnava di far parentado
con loro. Nel mese di febbraio si effettuò que-
sto matrimonio ; e sì sontuoso e magnifico fu
il ricevimento di questa principessa in Roma ,
cbe il papa vi spese più di cento cinquanta
mila ducati d'oro , come si ricava dalle Let-
tere del Bembo. Altre grandi feste s' erano
fatte in Torino , dove lo sposo si fermò per
lUì mese; e similmente in Firenze, dove ognuno
o per amore o per timore gareggiava ad ono-
rare ed esaltare la casa de' Medici.
Ardeva intanto di voglia il re Francesco di
calare in Italia , e cominciò a non essere più
un segreto questo suo disegno: tanto giande
era la massa di gente armata cb' egli fa-
cea. L' autore della Lega di Cambiai scrive ,
aver egli accresciuto il numero delle lancie o
sia de gli uomini d' arme sino a quattro mi-
la : il cbe, SI loiido (sso storico, ficea quasi
venti mila combaltenti a cavallo. Merita esame
questa as.srrzione . percbè non era mollo in
uso die un uomo d' arme conducesse seco
(■in(|ue cavalli e quattro armali di suo seguito.
Scrive r Anonimo Padovano eh' esso re iuviò il
(i) Guichenon , ile la Maison de Savoie.
ANNO MT>KV l83
::nor fliLaiitrec con cinqupcento lande e cin-
I le mila lanli a' confini della Guascogna, per
opporsi a i tentativi del re Cattolico; e ilTrc-
moglia in Borgogna con un altro corpo di gen-
te , e Gian-Jacopo Ti i\ ulzio con quattro cento
lamcie in Provenza, per vegliare a i movimenti
de gli Svizzeri , a' quali premeva troppo la con-
scrvazion dello Stato di Milano, da che aveano
imparato a succiar tulio il sangue de' popoli
di quella contrada. Olire ad otto mila fanti e
tre mila guastatori suoi sudditi , avea parimente
il re Francesco prosi al suo soldo diciotto o
pur ventidue mila fanti tedeschi sotto varj ca-
pitani ; e Pietro Navarro celebre capitano, che
s' era ritirato dal servigio del re Cattolico ,
avea arrolati altri dieci mila fanti , che V autor
della Lega fa tutti Biscaini , ma 1' Anonimo Pa-
dovano scrìve essere stati sei mila Guasconi e
quattro mila Italiani. Per 1' impresa d Italia
scelse due mila e cinquecento uomini d arme
e tre mila cavalli leggieri da unirsi alla copio-
sissima fanteria. Il primo buon colpo che fece
sulle prime il re Francesco , fu di tirar dalla
sua Ottaviano Fregoso doge di Genova , il quale
avendo fin qui fiato un grande attaccamento
a i collegati , e trovando vacillante il suo slato
per la nemicizia de gli Adorni e de i Fieschi ,
s' accordò segretamente con esso re Cristianis-
simo. Ma troppo frettolosamente fu fatto da lui
questo passo ; imperocché trapelato il suo ma-
neggio , e già scesi in Lombardia sei mila Sviz-
zeri che si unirono alle milizie del duca di
Milano, Prospero Colonna generale del duca
marciò alla volta di Genova , avendo seco gli
l84 AKNALI n' ITALIA
Adorni e i Fiesclii. Avea bene il Fregoso am-
massali cinque mila fanti per sua difesa ; ma
diflldando di potersi sostenere con sì lievi for-
ze , ricorse al papa suo gi-an protettore , il
quale prestando fede alle di lui proteste . non
tardò a spedire un suo oratore al Colonna con
ordine d' intimargli di non proceder oltre cen-
tra del Fregoso , minacciando in caso di con-
travcnzione ( oli questa è bella ! ) le pene spi-
riluali e temporali. Fu cagione una tal sinfonia
che il Colonna , per non irritare il papa , ve-
nisse ad una convenzione col Fregoso , per cui
questi si obbligò di non favorire i Franzesi ; e
sborsata gran ([uantità di danaro , che sempre
era l'unico mezzo j)er quel are gli Svizzeri, fu
lasciato in pace. Ciò fatto, volò il Colonna in
Piemonte , per contrastare il passo a i Fran-
zesi , i quali già erano con grandi forze giunti
in Delfinato e in Provenza , ed aveano anche
preparala in Marsilia un' armata navale.
In questi tempi non istava in ozio la re-
pubblica veneta, incoraggila ilall' imminente ve-
nula de' Franzesi suoi collegati. Rinforzata il
più che potè la sua armata , giacché era non
lieve gara e mal animo fra l'Alviano e Renzo
da Ceri, perchè l'ultimo facea conlinue que-
rele , quasi che 1 altro 1' avesse tradito con
abbandonarlo , allorché avvciuic l' assedio di
Rergamo, prise la risohizione di separarli. Di-
chiaralo (huiqtie Renzo generale della fanteria,
r inviò scgrelameiile con molle schiere alla
volla di Crema , dove in Ire giorni felicemente
ai rivo, liiliiiilo il viceiè Cardona , formato un
esercito ili mille lancic , ili olio cento cavalli
ANNO nroxv i85
leggieri e di olio mila oUimi fanti , con un
buon treno d'artiglieria s'incamminò a Vicen-
za , dove soggiornava 1' Alviano , il quale non
volendo asfieltare questa visita , si ritirò tosto
alle Brentellc: laonde entrarono gli Spagnuoli
in quella misera città , correndo il mese di
giugno , e vi conmiisero de i gran rubamenti.
O'ianto frumento quivi si trovò , fu inviato a
N'erona ; quanto ancora poterono estrarne dal
Polesine di Rovigo , lo condussero a quella
città. Terribile era 1' apparalo dell' armi in que-
sti tempi. Trovavasi alle porte d Italia una
potente armala di Franzcsi , più potente di
gran lunga per la presenza di un re guerriero
ed amato. AH" incontro sino al numero di trenta
mila era cresciuto 1 esercito de gli Svizzeri ,
clie con Prospero Colonna e colle truppe du-
cliescbe unito andò a postarsi a Susa , a Pine-
rolo e ad altri siti, per dove potcano tentar
di sboccare i Franzcsi. Fu d' uopo al duca
^lassimiliano di mandare un corpo di milizie a
Cremona , per tenere in freno Renzo da Ceri,
il quale da Crema facea frequenti scorrerie sino
alle porte d'essa città. In questo mentre giunse
a Piacenza Lorenzo de' Medici, nipote del papa
e generale de' Fiorentini , con cinqui-cento lan-
cie, altrettanti cavalli leggieri e sei mila fanti spe-
diti da Firenze. Pervenuto parimente a Bologna
Giuliano de' Medici fratello del ponleiìce con
tre mila cavalli ed altrettanti làuti , gente pa-
palina, inviò tosto alla guardia di Verona du-
cente uomiìii d' arme. Anche il viceré Cardona
coli' esercito suo andò ad unirsi co' Fiorentini
a Piacenza. Kra sul principio d' agosto , e
l86 ANNALI d' ITALU
allora fu che si pubblicò in Roma, Napoli ed
altre città la lega concliiusa fra il papa ( stato
fin ([ui fliilluante ed ascoso), Massimiliano re
de' Romani, Ferdinando re d'Aragona, Firen-
ze , Milano e Svizzeri. Nulla di questo potè ri-
tenere i passi dell' ardente re Ci istianissimo ,
e molto meno un" ambasciata del re inglese,
die cercò di dissuaderlo da questa impiesa.
Spedì egli per mare il signor della Gliela , o
sia Aymar di Prie , con ducenlo cavalli e
cinque mila fanti, die giunto a Savona, su-
bito ebbe ubbidienza da quella città. A questa
nuova r astuto Ottaviano Freg03O spedì tosto
chiedendo soccorso al duca di Milano e alla
lega. E perchè questo non venne, fìngendo di
non potersi difendere , ammise nel porto e
nella città i Franzesi , inalberando le loro in-
segne , con prendere da lì a poco guarnigione
del re di Francia. Rinforaato poi questo pic-
ciolo esercito dalle genti del Fregoso , passò ad
Alessandria e a Tortona , e setiza dillicullà se
ne impadronì , tuttoché il viceré avesse man-
dato un buon nuinero di fanti e cavalli al Castel-
lazzo. Anche Asti \enne di poi alle loro mani.
Erasi già partito da Este Bartolomeo d' Al-
viano coir esercito veneto , ed entrato nd ser-
raglio ili Mantova. Ajipena gli arrivò la nuova
dello sbarco fatto da' Franzesi a Genova , che
passò sul Cremonese , dove diede il sacco a
]»ìù terre, e massimamente alla ricca di Ga-
slello Lione. Quindi accostatosi a Cremona,
senza .sj)argiiuento di sangue; la occupò , e ne
prese il possesso a nome del re di Francia.
Secondo l' Anonimo Padovano , corse allora
AK?iO MUXV l8'J
voce che il duca di Milano , cliiuso nel ca-
stello di quella cillà , senza lasciarsi vedere ,
costernato da sì Ifrutli j)riuci])j e dal timore'
di peggio , usi'isse fuori di sé. Ma in simili
contralempi facile è che nascano nel volgo sì
fatte immaginazioni. Innuense diflìcultà provava
intanto 1 armata fianzese a trovar la via per
penetrare in Italia , essendo presi .i più impor-
tanti passi dalia Svizzera , che vantava di voler
faic prodezze incredibili per frastornare i di-
segni de' Franzesi. Un gran pezzo è che quelle
barriere d' alti monti e di scoscesi valloni si
credono posti dalla natura per impedir con
facilità 1 ingresso in Italia , purché vi stia im' ar-
mata alla guardia. Pure tante volte s' è vedu-
to , ed anche a dì nostri , che non basta un
sì orrido baluardo a trattener gli oltramonta-
ni , purché superiori di forze , che non \cn-
gano a visitarci. Ciò anche allora avvenne. 11
maresciallo Trivulzio , pratico di quelle aspre
montagne , tanto andò girando , che adoc-
chiato il .silo dove è il castello dell' Argentie-
ra , e dove nasce la Stura che va a Cuneo ,
siccome ancora il Colle dell' Agnello : quivi
fissò che potesse trovarsi il varco nel Piemon-
te. Il Giovio egregiamente descrive le immense
fatiche durate da Franzesi per ])assare , ed an-
che con artiglierie, per quella parte, per cui
giunsero fino alle pianure di Saluzzo ; mentre
gli Svizzeri , accampati tanto lungi verso Susa,
li stavano aspettando per farne un sognato ma-
cello. Era andato Prospero Colonna generale
del duca di Milano con molte squadre a \ il-
lafranca , selle miglia lungi da Saluzzo, e con
j88 annali D ITALIA
varj nfiziali se ne stava nel dì i5 d'agosto
saporitamente desinando ; quantlo all' improv-
viso ecco con una marcia sfilzata giiignere colà
il Palissa coir Aubigny e circa mille cavalli ,
che fece prigione lui , Cesare Feramosca , Pie-
tro Margano ed altri capitani illustri , e svali-
giò la gente loro. Non picciolo sfregio recò
alla riputazion del Colonna 1' essersi lasciato
cogliere in quella positura , per non aver te-
nuto spie e guardie avanzate , con altre pre-
cauzioni usate da' saggi condottieri d' armate.
Fama fu che il bottino fatto da essi Franzesi
ascendesse a cento cinquanta mila scudi. Calò
intanto per varie strade 1' esercito franzese , e
andò ad unirsi a Torino , dove il re Fran-
cesco fu magnificamente accolto da Carlo III
duca di Savoia.
Già gli Svizzeri aveano veduto andar a monte
tutte le loro speranze e bra\ erie ; e riflettendo
poscia allo scacco patito dalla cavalleria di
Prospero Colonna, in cui confidavano, per es-
seic eglino senza cavalli ; e sentendo che l'Al-
viano , passato 1 Adda , s' era impossessato di
Lodi ; e che veniva il corpo de' Franzesi e Ge-
novesi da tm' altra parte : dopo aver dato il
sacco a Cliivasso ( e fu detto anche a Vercelli ) ,
si ritirarono verso il {Milanese. Tuttavia si fer-
mava a Piacenza l' esercito s|iagnuolo col pon-
tilizio e fiorentino ; ma con poca armonia ,
perchè papa Leone , che navigava sempre con
flue bussole, avea spedito un suo familiare al
re Cristianissimo , pei' iscusarc il mo\ imento
delle sue armi , e le lettere sue ìnlercelle dal
viceré Cardona aveano fallo nascere molla
ANNO Mnxv iSg
diffidenza fra loro. Nulladimeno mostrava esso
Cardoiia di voler pure uscire in campai^Mia ,
per unirsi co gli Svizzeri ; se non die 1' Al-
viano dalia jiarte di Lodi co i Veneziani, e il
signor della Gliela colle brigale sue e de' Ge-
novesi da un' allra parte partano disposti ad
impedir la meditala unione. Impazientati gli
Svizzeri per questa dilazione , speilirono a Pia-
cenza il cardinale di Sion , che non dimenticò
doglianze e minaccie per muovere quell' armi.
Di belle parole e promesse non gli fu avaro
il viceré; e poi lattigli conlare settanta mila ducati
d'oro, e datigli cinquecento cavalli sollo il co-
mando di Lodovico Orsino conte ili Piligliaiio, il
rimandò contento al campo svizzero. Erasi in-
terposto Carlo duca di Savoia per lialtare ac-
cordo fra essi Svizzeri e il Cristianissimo, e
buona piega avea già preso l'aliare; ma giunto
il cardinale col danaro suddetto , ruppero gli
Svizzeri il tratlalo, risoluti di ^ olcre rimettere
al filo delle spade il destino dello Stato di Mi-
lano. Raggruppò di nuovo il duca di Savoia il
negoziato ; e già era concluso 1' accordo, quando
giunsero all' armala svizzera altro venti ban-
diere di lor nazione , che lo sturbarono affatto.
Però il re Francesco, che tutto regolava se-
condo i consigli del Trivulzio, venne da Ver-
celli a Novara ; e d' essa impadronito , dopo
aver lasciala gente all' assedio del castello , passò
il Tesino , e s impossessò anche di Pavia. In
questo mentre il viceré Cardona e Lorenzo
de' Medici mostrarono gran voglia di passare il
Po , per congiugnersi a gli Svizzeri. Ma appena
latto un passo innanzi , ne fecero quattro
igO ANNALI D ITALIA
addietro; e meno poi vi pensarono, da che il
re di Francia venne a Marignano , cioè fia loro
e gli Svizzeri che s' erano ridotti a Milano. Di
là passò il re a San Donato verso Milano, e
quivi fermò il suo campo. Bolliva la discordia
Ira essi Svizzeri , inclinando gli uni alla con-
cordia ed altri alla guerra ; e parea che la vin-
cesse il partito de' primi , ijuando il suddetto
cardinale di Sion ( cioè Matteo Schincr ) da
Como corse a Milano, e raiuiatili , incitò, come
infuriato, ognuno ad un fatto d'arme: azione
che non so se alcuno criniera convenevole ad
un vescovo e cardinale. Gli storici nostri , cioè
il Guicciardino e il Giovio , gareggiando in
elofjuenza con gli antichi, gli mettono in hocea
un' ornata orazione , cioè parole , ragioni e
figure che quel porporato mai non s' avvisò
d' aver detto. Le verità nondimeno si è, avere
r impetuoso suo ragionamento fatta tal com-
mozione in quella feroce gente , che comincia-
rono tutti a gridare: All' armi ; e in quello
stesso giorno (era il di i3 di sellemhre ) for-
mati tic sc[ua(lroni , s' avviarono impetiinsa-
menti; alla volta di Mariqnano , o sia di San
Donato, e con tanta allegrezzu e grida, come
se avessero già in pugno la vittoria. Fu creduto
che f(jssero treulacin(|ue mila cond)atleuti.
Alle ore venti arrivali colà con alquanti pic-
cioli camioni da cauipagru» , aìtaccarono il fitto
d'armi eo riau/rcsi , i (piali prevenlivanu'iitc
avvisati di ([U(;sla visita , erano anch' essi in
ordine di hattaglia. Altri dicono che furono
colti (jiiasi alla sprovista. Atroce fu il com-
battimento , molla la strage di qua e di là ]
ANNO MDXV 191
più nondimeno de Franzesi , che aveaDO an-
che perduti alcuni pezzi d' artigheria , ma poi
li ricuperarono. Ma perchè fu cominciala la
mischia as>ai tardi , sopraf;iunse la notte , che
costrinse coli' oscurità cadauna delle parti a
desistere dal menar le mani , stando poi tulli
fermi ne'loro posti, e in vicinanza tale, die
per tutta la notte si andarono regalando di
obbrobriose parole; spezialmente i Tedeschi
con gli Svizzeri, per odio particolar delle na-
zioni : scena curiosa , e di cui si penerà a tro-"
var somigliante esempio. iNon prese sonno il
re co' suoi generali in tutta quella notte , ma
sempre a cavallo attese a far ripari, a mettere
in buon sito i cannoni e a oidiiiar le schiere.
Data fu la vanguardia al signor della Palissa
con settecento iancie e dieci mila fanti tede-
schi. Il corpo di battaglia colle reali bandiere
era guidato dal re con ottocento uomini d'ar-
me , dieci mila fanti tedeschi e cinque altri
mila guasconi , e molta artiglieria , comandata
dal duca di Borbone. Gian-Jacojx) Trivulzio
ebbe in cura la retroguardia con cinquecento
laucie e cinque mila finiti italiani. I cavalli
leggieri, guidati dal signor della Gliela e dal
Bastardo di Savoia, aveano ordine di accorrere
dove bisognasse soccorso. All' apparir del dì 1 f
di settembre trombe , tamburi e artiglierie
dicdeio il segno della orribil battaglia , col di-
venìar quella campagna la casa del Diavolo.
Combatteano come feroci leoni gli Svizzeri; ma
perchè la vanguardia franzese cominciò a rin-
culare , il re si spinse avanti con tutti i suoi,
e fece maraviglie di sua persona. Allora fu più
iga ANNALI D ITAUA
che mai sanguinoso il combattimento; né già
stava in ozio la retroguardia assalita dal capi-
tano Aisper. Quand'ecco arrivare TAlviano con
cinquantasei gentiluomini e ducento de' suoi più
bravi cavalieri, ed entrar nel conflitto con gran
furore. Lieve certo era questo soccorso , perchè
1 Alviano avea lascialo il resto dell' armata per
opporsi al viceré , caso che egli si movesse ,
per unirsi con gli Svizzeri. Ma perciocché con
alte grida quesli pochi intonarono Marco ,
Marco , quanto ciò accrebbe animo a i Fran-
zesi , altrettanto ne scemò a gli Svizzeri , cre-
dendo ognuno che tutta l' armata veneta fosse
venuta a quella terribil danza. 11 perchè gli
Svizzeri , cinque mila de' quali non aveano vo-
luto combattere, per essere di coloro che s'e-
rano dianzi accordati col re , veggendo di non
poter rompere Tarmata franzese, e tanti dalia
lor parte morti e foriti , cominciarono a dar
indietro, come disordinati, e a sonare a rac-
colta. Poi stretti insieme s'inviarono alla volta
di Milano; e il cardinale lor gran condottiero,
avendo perduta la voce , fu più veloce de gli
altri a (uggire. Il re per consiglio de' suoi ge-
nerali non volle die fossero insogniti , per ti-
more che sojjragiugnessero gli S[)agnuoli , e
trovas.sero in tanto scompiglio e stanchezza i
suoi. Non si spiM'i mai un esatto niunoro de i
morti nelle batla;;lio , porche ognuno a mi-
sura delle sue passioni 1' ingrandisce o smiimi-
sce. Fu, secondo l'/Vnonimo Padovano, creduto
che vi restassero dicci mila Sviz/.oii e cinque
mila dell' armala frair/.cse , con assai riguarde-
voli uliziali. Po" a Milano gli Svizzeri , per
ANNO smxv 193
avere un jireteslo di tornare con onore a ca-
sa , fecero istanza di una gran somma di da-
naio al duca di Milano, e non potendola otte-
nere , s' avviarono verso Conio. Fu spedito
dietro ad essi Mercurio Bua con mille stratliotti
ed altrettanti cavalli fiatizesi , che ne fece mol-
tissimi freddi. Il resto , passati i monti , si ri-
dusse alle lor case con volto ben diverso da
quello con cui s* erano partili.
Nel di quattordici del suddetto settembre
Jililaiio mandò al re ambasciatori colle chiavi
di quella città , e fu convenuto che quel po-
polo pagasse trecento mila scudi in tre paghe.
Non volle il re Francesco entrare in Milano,
ina passò a Pavia , perchè ih castello in cui
s' era chiuso con buon presidio , e gran copia
di munizioni da guerra e provvisione di vi-
veri , Massimiliano Sforza duca, ricusò di ren-
dersi. Tutte l'altre città vennero alla divozione
del re , a riserva del suddetto fortissimo ca-
stello e di quei di Cremona. Pietro Navarro
fu destinato coti cinque mila fanti all'assedio
del primo, e il Bastardo di Savoia con altret-
tanta gente all'espugnazione dell'altro. All'av-
viso di questi avvenimenti papa Leone , che
sia avea «Iccretato di voler essere amico sola-
mente de' fortunati , non perde tempo a far
muovere trattato di concordia col re Cristia-
nissimo per mezzo di C;irlo duca di Savoia.
Probabilmente a\ea egli ancora prevenuto esso
duca di quel che fòsse da line , caso che an-
dassero in decadenza gli*aflari della lega. Trovò
il duca tutta la buona disposizione nel re per la
riverenza eh' egli j)rofessava alla santa Sede :.
Ml'ratobi. Àim. f^ol. Xll^. i3
ig4 ANNALI d' ITAtXA
e fii non solo concliiuso accordo , ma anche
lega fra loro , in cui il papa noo dimenticò
i vantaggi della propria casa e la prolezione
de' Fiorentini. Una della condizioni fu , che
esso papa restituisse al re Parma e Piacenza ■,
e che il re in ricompensa desse uno Stato in
Francia a Giuliano fratello del pontefice , e
pensione al medesimo , e un'altra pensione a
Lorenzo di lui nipote. Ora il viceré Gardena ,
che insospettito da gran tempo del papa , s' era
ritirato colle sue genti nel Modenese , da che
ehbe inteso ratificata da lui nel di tredici d'ot-
tobre la lega col re , se ne tornò pacifica-
mente a Napoli ; e passando per Roma , di
grandi doglianze fece col papa, il quale in suo'
cuor se ne rise. Passarono appena venlidue
giorni , dappoiché fu dato princij)io all' assecjio
del raslello di Milano, ciie Massimiliano Sforza
diede orecchio alle proposizioni di un acco-
modamento col re , fattegli dal duca di Bor-
bone governatore di Milano. Fu convenuto
ch'egli cedesse al re non solamente quell' ira-
porlante castello e (|iiel di Gremona, ma ezian-
dio tulle le sue ragioni sul ducato, e andasse
a vivere in Francia con pensione annua di
trenta mila ducati d' oro. Tralascio «Uri punti
«li iniella capitolazione. Nrl (|uinto di d ollobi'e
u.sci del suddetto castello di ,\hilano il codardo
rlu(;a , dimentico allallo del valor di'IT avolo
suo , e s' invi<'> alla volta della F'rancia , con
restare in llaiia un piMpclMO disonore al suo
nome, e non minore a (ìirolaiiio Moione suo
otMiipolintc consiglieie clic scj)pe indurlo a sì
vergognoso sacriiisio.
ANNO MnXV 195»
Nel dì i3 del mcdesiino mese anche il e i-
stcllo di Cremona venne in poter de' Franzesi.
Ci restavano i Veneziani, che doveauo parte-
cipare di così prospera fortuna della lor lega.
RJenlrc il re, intento a i preparamenti per fare
nnn superba entrala i/i Milano , dilieriva il dar
loro un rinforzo di genie , Bartolomeo d"AI-
viano lor getjerale accampato a Gliedi sul Bre-
sciano , f icendo continue scoirerie , ebl)e la
sorte di ricuperar Bergiimo , il cui popolo ,
tolti dentro ducento cavalli veneti, inalberò le
bandiere di San Marco. Ma mentre egli facea
tutte le disposizioni per passare all' assedio di .
Brescia , città guernita di tre mila fanti spa-
gnuoli , mille tedeschi e cinquecento caval-
li , caduto infermo , passò egli prima , cioè
nel dì 7 di ottobre, all'altra vita con sommo
dispiacere del senato veneto , rimasto privo
in tanto bisogno di un sì valoroso, ma non
sempre saggio capitano. Aveano anche in di-
versa forma i Veneziani perduto un altro
egregio condoltier d'armi , cioè Renzo da Ceri,
il quale non si potendo accomodare allo star
dipendente dallAlviano , avea più fiate loro
cliiesta , e non mai impetrala licenza : laonde
sul principio di seltcmbre ali improvviso con
cento de suoi si ritirò da Crema , e andò
a prendere servigio neh' esercito del papa ,
da cui avea ricevuto un mondo di pro-
messe. Intanto Gabiiello Emo e DomenicQ
Contarino , legali dell armata \eneta , s" impa-
dronirono a forza d armi dell' insigne fortezza
di Peschiera, posta allo sboccare del Mincio dal
lago di Garda. Anche la lena d'Asola del Bre-
sciano , posseduta allora da Fiancesco marchese
igG AKKALI a ITALIA
fli Mantova , vcuue alio lor mani per solle-
vazione falla da quel popolo conti o i sol-
dati di presidio. Finalmente il Bastardo di Sa-
voia e Teodoro Trivulzio furono spediti in
aiuto de' Veneziani con cinqueteiilo lande e
sei mila fanti tedeschi. Uniti questi all' esercito
veneto impresero 1' assedio di Brescia , e pian-
tati ventidue pezzi d' artiglieria , ne comincia-
rono a battere furiosamente le mura. Ma che?
una mattina fecero i capitani spajjnuoli sì vi-
gorosa sortila, che oltie ali uccisione di cin-
quecento uomini di ((noi che erano alla custo-
dia delle batterie , comhissero in città undici
cannoni. Ne menavano anche il resto , se non
accorreva gran gente conlra di loro. Due non-
dimeno ne gittarono nella fossa, ed altri la-
sciarono inchiodati. Per questa s\enlura si ritiixi
il campo veneto a Santa Eufemia , dove più
jjiorni slette, tinche cessassero le pioggie e si
provvedesse al bisogno. 11 re di Francia , che
onoratamente proccdes a ne' suoi impegni , non
ebbe diflicullà di accordare a i \eneziani per
condolticre di quella impresa il famoso Gian-
Jacopo Trivulzio, orilinandogli che avesse a
cuore il loro servigio , come se si trattasse di
afTare ilella sua corona. Lo scriltor moderno
delia Lega di Cambrai scrive , dalo quest' or-
dine a Teodoro Trivulzio ; ma è certo che fu
ili maresciallo. Seco ancora andò Pietro Navar-
ro con quattro mila fanti guasconi , e con or-
dine di cassare i fanti tedeschi , perchè s' e-
rano protestali di non \oh'r combattere con-
tro quei della loro nazione. Fu dalo principio
di nuovo all'assedio di Brescia. Fecero Unsi
ANN'O MnXV IC^-J
le bombarde mio squarcio nelle mura ; ma il
terrapieno era tale , che non fu fatta breccia
capace di assallo. Prese il Navarro 1' assunto
di lavorar colle mine , ma trovò de' contrami-
natori. Ciò non ostante si volle venire ad un
tentativo. Costò mollo sangue a gli aggressori ;
e perchè si trovarono fosse ed altri ripari nel
di dentro , bisognò anche per questa seconda
volta ritirarsi. Queste traversie , e il verno che
sopraveiilva , costrinsero il campo Gallo-veneto
a convertire 1' assedio in blocco. Male ancora
procederono gli alTiri verso Verona. Dentro
v'era Marcantonio Colonna, che uscito di là,
diede mia rotta a Gian-Paolo Manfrone capi-
tano de' \'eneziani. Prese anche Lignago , con
farvi prigioni alquanti nobili veneti.
Cosi camminavano le cose della guerra in
Lombardia , quando papa Leone , che avea
parecchi interessi spettanti alla santa Sede e
alla sna propria casa da smaltire col re, e ,
quel che è più , non amava che esso re ve-
nisse armato a Roma a fargli un atto d'osse-
quio , per timore eh' egli turbasse la quiete
de' Fiorentini , o volesse poi entrare nel regno
di Napoli; maneggiò un parlamento da farsi
fra amendue in Bologna. Adunque co!icerlate
le cose , comparve il pontefice in quella città
nel dì 8 di dicembre , e nell' undecimo giorno
seguente vi arrivò anche il re Francesco , ac-
compagnato da quattro mila cavalli, al quale
fu compartito ogni possibil onore. Ne' privati
ragionamenti fra loro furono dibattute molte
routrovcrsie , abolita la pragmatica sanzione ,
e fctabilila una l>i;l!a Jega d' offesa e difesa. Non
IqS A.NNALT ti ITAUA
dimenticò il re in questa occasione AÌfonso
d'Este duca di Ferrara , principe clic era già
slato ad inchinare la Maestà Sua, e seco s'era trat-
tenuto più d' un mese. Cioè fece di forti istanze
al papa per la restituzione di Modena e Reg-
gio , città ingiustamente a lui tolte , ed occu-
pate finora, benché tante promesse avesse fatto
il papa di renderle, e a ciò spezialuìente fosse
tenuto per Reggio in vigore de' patti de' quali
pailammo all'anno precedente. Finalmente si
convenne che il pontefice le renderebbe fra
due mesi , ])urchè il duca gli rifacesse i qua-
ranta mila ducati da lui sborsali a Massimi-
liano Cesare ])er iSIodena. Non mancò Alfonso
di offerire nel debito tempo il pagamento al
pnpa , passalo dijìoi a Firenze ; e siccome ho
diffusamente narrato altrove (i) , ne segui an-
che autentico strumento. Ma papa Leone non
voleva que' danari ; volea burlare il re e il
duca, e cosi, fu. Non solamente non restituì
quelle città, ma cominciò anche a pensare
come potesse torgli Ferrara , per la slraboc-
ciievol brama d' ingrandire colle spoglie altrui
Lorenzo suo nipote, roniossene il re di Francia
a Milano; e figurandoci oramai sicure le sue
conquiste per la lega fedelmente manternila da
i \ene/.iani , e per l'altra che avea idi ima-
mente stabilita col ponlelice, lascialo governa-
tore di Milano Carlo duca di Rorbone , sul
fine ili gennaio dciranno jjrossimo se ne ri-
tornò in Francia. Il papa anch egli, la.sciala
Rologna , andò a passare il verno in Firenze
(i) Aiiticliltà Estensi Parto II. yiae^, 320.
ANNO MDXV IQq
3ua patria , dove con segni inestimabili cV o-
Borc e di divozione fu accolto da que' cittadini.
Aimo di Cristo i5i6. Indizione IV.
di Leone X pfipa 4
di Massimiliano re de Romani 2^,
Rimasero nell' anno precedente sconcertati
non poco i magnifici dise^^ni del pontefice Leo-
ne , per provA^eder la sna casa di un nicchio
principesco, perchè fu forzato a restituire Parma
e Piacenza al re Crisi ianissiuio. Avea anclie
tentato di ottenere da Massimiliano Cesare l' in-
vestitura di Modena e Regi;io pel fratello , o
pure pel nipote ; ma da \arj motivi ne restò
impedita la grazia. Peggio accadde nell' anno
presente. Ginliano de' Medici suo fratello, so-
pramodo cortese, e di religione, d onoratezza
e d' altre belle doti fornito , erasi gravemente
infermato nel precedente dicembre, e continuò
il suo male fino al di 17 di marzo, in cui
terminò il suo vivere e le speranze di mag-
gior grandezza , essendo prima toriiato a Roma
il pontefice. Sicché non avendo egli lasciata
dopo di sé prole alcuna , rivolse papa Leone
i pensieri suoi al so'o Lorenzo suo nipote, ca-
pace di propagar la casa de NJedici (i). Gran
tempo era che andava studiando ragioni e cer-
cando colori per togliere il ducato d' Urbino a
Francesco Maria della Rovere; e prima d'ora
avrebbe avuto esecuzione 1' intento suo, se il
(1) Guici-iaidino. Ammirali. Nardi. Raynaldus Annal.
Eccl, Àuoniino Padovano.
20a AiSAI.T 1> ITAUA
predelto Giuliano , a cui pensava egli ili con-
jerir qiiei^li Stati, non vi avesse rijm^nato, per
la gialitudine da Ini professala a quel principe
a cagion di molti benefizj da lui ricevuti. Pas-
sato che fu all' altra vita Giuliano, non avendo
più il papa alcun rispetto o ritegno , e per
nulla valutando il tanto bene cbe la sua casa
avea riportato da quel medesimo duca , perchè
stimolato dal nipote Lorenzo e da Alfonsina
Orsina sua madre , donna sommamente ambi-
ziosa; accumulò in un processo alcuni veri o
apparenti reati del suddetto duca , il principal
de' quali consisteva nell' avere ricusato di an-
dar colle sue genti ad unirsi nell' anno pre-
cedente all' avma'a pontilizia contro i Franzesi.
Né lasciò indietro il prave eccesso dell' ucci-
sione del cardinale Alidosio , ancorcliè il duca
da papa Giulio li ne avesse riportata assolu-
'/ione o grazia. Mosse dipoi l' anni sue e quelle
ile' Fiorentini per cacciar colla forza da quegli
Stati esso duca , il quale assai conoscendo di
non poter solo far argine a (juesta piena , si
aj)pigliò al partito di cedere al tempo e ili ri-
tirarsi a Pesaro; e né pur c|ui\i lenendosi si-
curo , passò a Mantova col llgliuolo e colla
moglie , figlia di (|Ui'l marclicse. Avea ben
Ja.sciati pre.sidj nelle fortezze di Pesaro , Sini-
gaglia, San Leo e Rocca di Mxiiuolo; ma que-
ste r una dieiro all' altra si andarono rendendo
a Renzo da Ceri, e a gli altri ulìziali del pa-
pa , con infinito dispiacere di tulli que' jiopoli,
che non si può dire ijuanto amassero ([nel
principe j)er 1' iiTorrnlla sua giustizia ed ot-
fim© {governo. Allora lu che scappò fuori la
ASN9 iirnx\'< aoi
fiera sentenfia el>e elicli iarava decaduto da quegli
Stati esso duca ; e quando la gente si credea
guadagnato per la Chiesa quel ducato, venne
ognuno n sapere clie la festa era stata fatta
per Lorenzo de' Medici , il quale dal pontefice
zio fu creato duca d' Urbino . e signore di Pe-
saro e Sinigaglia. Al re di Francia , clie in Bo-
logna avea molto perorato in favore del sud-
detto Francesco Maria duca d' Urbino , riusd
molesta non poco 1' occupazione del di lui du-
cato ; nel qual tempo ancora andò esso re sco-
prendo che occulti maneggi si facessero ne gli
Svizzeri, presso il re d' IngiiiUerra ed altri po«
tentati dal medesimo papa.
Non meii de' suoi due predecessori nudriv»
il re Francesco un focoso desiderio di conqui-
star anche il regno di Napoli per li segreti
stimoli dell' ambizione che in alcuni monarchi
non sa mai conoscere né dire: basta. Si astenne
da queir impresa , benché ideata appena dopo
r acquisto di Milano , per le insinuazioni di
papa Leone , che il pregò di sospendere fin»
alla morte di Ferdinando il Cattolico re d'Ara-
gona , la qual si credeva per una lunga ma-
lattia imminente. Ih futi compiè la carriera
del suo vivere quel regnante nel dì i5 di gen-
naio del presente anno, con lasciare una fama
perenne di principe che nella finezza della
politica mondana non ebbe pari , e che assi-
stito dalla fortuna e da Isabella regina savis-
sima di Casliglia seppe con(juistare i regni di
Granata e di Napoli , e finahnente quello di Na-
varra , e cooperò al sempre memorabile scopri-
mento dell' Indie Occidentali. A lui succedatte.
202 ANNALI D ITAUA
He" re2;ni suddetti e in quei delle due Si-
cilie l'arciduca Carlo, già dichiaralo re di Ca-
stiglia, e nipote di Massimiliano Cesare. Non
sì tosto giunse questo avviso al re Francesco ,
che tutto si ringalluzzì , quasi contando per
sua preda il regno di Napoli , e immaginando
che al giovane re Carlo, non peranche ben
.•issodato nel nuovo dominio, mancherebbe voglia
o possanza di contrastargli queil' aaf listo. Ma
questa determinazione l'aveva egli latta sen/.a
domandarne licenza al re de' Romani, il quale
conchiusa dianzi lega col re d' Inghilterra, col
re Caitoliro e con alquanti Cantoni de gli
Svìzzeri , raettea insieme ini esercito per ve-
nire al soccorso di Brescia e Verona. Era già
ridotta a tale estreinilà Brescia , che per man-
canza di viveri e di paghe potea star poco a
rendersi. Spedì Massimiliano per la via di Lo-
drone circa sei mila fanti tedesciii , con ogni
sorta di munizioni da bocca e da guerra, che
j^innti al castello d' Anfo , se ne impadroni-
rono tosio per viltà di Orsatlo (iiiistiniano , a
cui fu poi tagliato il ca|)o in Venezia. Mandò
il Trivulzio mille cavalli e cinque mila fanti
sotto il comando di (jiano da Campo Fn'goso ,
per frastornari- la calala de' redeschi. Ma dopo
un breve combattimi-nto (piel corpo di gente
vergognosamente! voltò le s|)alle. Fu cagion
questo colpo che il Trivulzio si ritirò nel dì aa
(li gennaio a (ìhedi, e mandò ])0Ì la gente a i
([uartieri d' inverno , e che Brescia restò ben
i>rovvedula di vettovaglie Per le preghiere de i
Veneziani il re, in veci? di (lian-tìiacomo Tri-
vulzio, spedi poscia loro il sii^nor di Laulroc
ANNO MDXVl 203
e Tcoloro Trlviilzio cdii ciiiqncceiito lancie e
qualtro mila fanti , i quali venuta la prima-
vera , tornarono a stringere Brescia , e diedero
anello ima rotta a un corpo di Tedeschi clie
veniva portando buona somma di contanti per
pagare il presidio di quella città.
Sul principio di marzo arrivò a Trento Mas-
similiano Cesare , seco guidando il marchese
di Brandeburgo , il duca di Baviera ed altri
gran signori , con dieci mila fanti svizzeri ed
altrettanti alemanni, e con tre mila cavalli, tutti
ben in ordine. Calato poscia al piano , e pas-
sato l'Adige , giunto che fu a Lacise, andò ad
unirsi con lui iMarco Antonio Colonna colle suo
genti : laonde fu creduto che quell' esercito
ascendesse a sei mila cavalli e a venticinque
migliaia di fanti. Tante foi-ze impressero un
giusto terrore ne' Franzesì e \'eneziani , i quali
presero il partito di menar le cose al più che
potes:iero in lungo , con isperanza che man-
caD Io la moneta al re de' Romani ( e questa
gli maneava spesso ) , si discioglierebbe quella
sua armata. Rinforzarono i ^ eneziani gagliarda-
mente Padova, Trivigi ed altre fortezze. Ma
Massimiliano mirava a ponente ; ^e non che
applicate le artiglierie al forte castello di Peschie-
ra , lo costrinse alla resa. Ritiratisi i Franzesì
e Veneti a Cremona , colà comparve il duca di
Borbone col resto di sue forze ; e contuttoché
si credesse che la loro armata ascendesse a
due mila e cinquecento lancie , e a due mila
cavalli leggieri e a dlciotto mila fanti , colai
paura s' era cacciata in corpo a i Franzesi ,
che già meditavano di tornarsene di là da i
4d4 ANNAl.1 U ITALIA
monti. Probabilmente non era sì giuiide il
nerbo della lor gente. Comunque fosse , volle
la lor fortuna che Massimiliano si perdesse in-
torno al castello il' Asola , dove Andrea Grilli
legato veneto avca spinto cento uomini d armi
e cinr|neceiito fanti , e v' era per governatore
Francesco Conlarino. Dieci giorni durò 1' asse-
dio, e senza frutto. Se avesse Massimiliano,
seguitando il parer di Marco Antonio Colon-
na , sollecitamente tenuto dietro a i Franzesi
che si andavano ritirando , opinion fu , che
trovandoli sì impauriti , gli avrebbe veduti in-
viarsi verso casa. Ma diede lor tempo, cor
formarsi intorno ad Asola, che ripigliassero co-
raggio, e che potesse arrivar loro un rinforzo
d'alcune migliaia di Svizzeri, assoldale dal r«
Cristianissimo. Pt^rtanto passò ben Massimiliano
l'Adda, e andò anche in vicinanza di Milano;
Dcl qiiiil tempo il Colonna s'impadronì di Lo-
di, dove non potè impedire che non fosse
usata gran crudeltà contro i Franzesi e Guelfi.
Ma essendosi posto con tutti i suoi e co' Ve-
neti il linea di Borbone entro essa città di
Milano , risoluto di difenderla ( al qual fine
barbaramente diede fuoio a tutti i borghi ), ed
essendo sopravenuti gli Svi/.zrri sudd<'tli in
aiuto suo, rimasero arenati i disegni e le spe-
ranze di Massimiliano: e massimamente perehr-
i suoi Svizzeri chiedevano paghe , e la cassa
cesarea era f.dlita, di modo che seguì qualche
loro ammiitinaMicnlo. Crebbe poi miggiormenlc
la j)aura in C-sare , e il sospetto di qualche
tradimento dalla parte d'essi SvÌ7,/,eri ( gente
che già k' era guadagnato quoslo discredito ) .
ANNO aiDXVI 205
percliè fu iiitercella lettera filila da Gian-JacDjio
Tnvuizio a i capilaui eli quelli Svizzeri, in cui
tHiriveva che Ira due giorni eseguissero quanto
fra con loro convenuto : stratagemma usato in
tante altre occisioni di guerra. Per questi ac-
«-•identi Massimiliano . dappoiché accostatosi a
■Milano, vide che niun movimento si facea da
quel popolo , siccome gli era stato fatto cre-
dere , con poco suo onore si ritirò a Lodi , e
sparti in varj siti T armata , aspettando pure
che venissero di Germania e Borgogna sessanta
mila ducati a lui promessi. Ne cavò da i po-
veri Bergamaschi quindici mila , picciolo reiri-
gerio a tanta sete. Anche gli Svizzeri , che
erano al soldo di Francia , fecero in questo
mentre inghiottir de gli amari bocconi al duca
di Borbone ; perciocché avendo egli determi-
nato di uscir di Milano per andare a dar bat-
taglia a i nemici , quella brava gente prote-
stò di non voler combattere conti-a de' proprj
nazionali suoi parenti ed amici. Essendo poi
cresciuta la domestichezza d' essi Svizzeri con
quei dell armata cesarea , entrò anche il duca
in gravi sospetti della lor fede, e giudicò meglio
di licenziarli ; e però carichi di doni li rimandò
"alle lor case. Ecco qual fosse allora il con-
cetto di quella gente venale.
Erasi anche Massimiliano Cesare staccato dal
suo esercito , con ridursi in fine a Trento ; e
quantunque inviasse promesse di tornar presto ,
ed anche di mandar nuova somma di danaro;
tuttavia non bastando questa a pagare gli sti-
pendj decorsi , non vi lu maniera che si po-
tessero ritenere i suoi Svizaeri dal tornare per
3oG A^•^'ALT n' rr ali \
la Vallelliiia allo lor iiioiUague , J ippoicliè eh-
bera ilato il sacco a quante castella trovarono
per istrada. Altrettaiilo fece dipoi il marchese
di Brandeburgo con passare in Lamagna. Mar-
cantonio Colonna, che co' suoi s'era condotto
sul Bergamasco, veggendo il disfacimento di
tanta armata , s" affrettò per tornarsene a Ve-
i-ona ; ma ebbe sempre alla coda ^lercurio Bua
con gli stradiotti veneziani , e Baldassarre Signo-
rello con ilucento cavalli, di maniera che al-
l' arrivo colà si trovò spelato più d' un poco.
E questo line ebbe in poco tempo 1 impresa
d' un re de' Romani e un sì poderoso esercito :
se con gloria di quel sovrano , lo deciderà chi
legge. Fu in questi tempi che Carlo duca di
Borbone passò in Francia, dimettendo il go-
verno di Milano , o perchè dimandò il con-
gedo , o perchè l'u forzato a dimandarlo per
sos])etti nati contra di lui. Succedette in quel
governo Odetto di Fois signore di Lautrec.
Appena poi fu fuori di Lombari ia la nemica
gente tedesca , che esso si.;nor di Lautrec con
cinquecento iancic e cinijiic mila fuiti fi\:nze-
.M , e Andrea (jrilti coli" umidita vcnela si pre-
sentarono di nuovo mi di i6 di maggio da-
vanti Brescia , dove non si contava più di
secenlo fanti spagnuoli e quattrocento cavalli
di presidio; e con quarantotto pezzi di artiglie-
ria cominciarono a <liroccare ìv mura. Diedero
un feroce assalto di due ore alla Garzctta, ma
non ne riportarono se non morti e ferite. Con-
tinuato poscia il fracasso delle batterie , quel
comaiulante sprovisto di gente e di \iveri , né
.sperante soccorso, capitolò la resa, cpialora in
»
ANNO ItDXn 20'J
termine lìì olio giorni i)on venisse soccoiso ,
con (lare a queslo fine gli ostaggi. Tentò se-
ramenle iMassiiniJiano di spignere a qnt ila volta
molte brigate di fanti , raccolte il meglio che
si polè in quella strettezza di tempo ; ma que-
ste , trovati i passi bon gnernili di gagliardi
prcsidj , speditivi dal Lautrec e dal Grilli , se
ne ritornarono placidamente indietro, fertanto
nel dì 26 di maggio ( altri dic<jno nel di 2 { )
nscì di Brescia la guarnigione spagnuoia , 0 sia
tedesca , con bandiere spiegate , con tre pezzi
d'artiglieria e tutto il bagaglio, e con loro
molti Bresciani del partito cesareo , Ira i quali
spezialmente la famiglia Gambara. L.nlrò il vit-
torioso esercito in quello stesso dì nella città,
dove si fecero inlinite allegrezze da quel po-
polo divofo al nonse veneto ; né minori furono
le fitte dijioi in Nenezia per sì importante
acquisto. Il Belcaire , che animosamente nega
es.sersi adoperata la forza sotto Brescia , e dà
qui ima mentita al (ìiovio , e dovea parimente
darla al Guicciardino , s'ingannò forte. Più di
lui ne sapeva anche 1' Anonimo Padovano, che
si trovò presente a queste guerre.
Sul principio di giugno il signor di Lautrec
per le forti istanze de Veneziani passò sul Ve-
ronese , per formare 1' assedio di quella città.
Le genti sue unite colle venete formavano
un' armata di mille e ducento uomini d' ar-
me, di due mila eavalli leggieri e dodici mila
fanti. Ma alla difesa di ^elOlla stava Marco
Antonio Colonna , divenuto generale di Cesa-
re , con grandi forze , perchè provveduto , se-
condo l'Anonimo Padovano, di Ire mila cavalli
308 AMXAI.l D ITALtA^
leggieri , sei mila fanti tedeschi e mille e cin-
(juecento spaglinoli. Venuto ordine dal senato
veneto che si mettesse a sacco quel paese per
levare la sussistenza alla città, orrendo spetta-
colo fu il vedere non solamente i soldati , ma
ancora gran gente del Trivisano , Padovano ,
\ icentino e Bresciano, concorsa a questo inu-
mano e pur delizioso mestiere , clie tutti si
diedero a tagliar le biade e a saccheggiare , e
bruciar anche le case de' poveri contadini. Erano
per questo in somma disperazione i miseri \ e-
ronesi , dentro oppressi da contribuzioni , gra-
vezze e insolenze innumerabili de' soldati , e
fiioii privati delle loro sostanze colla dtsolazion
di tutto il territorio. Infinita roba e gran copia
di bestiame aveano gì' iultilici lor villani salvata
in Val Polesella ; ma eccoti passar l' Adige
Franzfsi e Veneti , che penetrati colà , fecero
un nello d' ogni cosa. Rallentò poscia «pesto
flagello, perchè giunsero alla Chiusa, e se ne
inij-ossessarono sei mila finti tedeschi ( altri
dicono otto, ed altri nove mila) spedili in
soccorso a Verona. Corse anche voce che quin-
dici mila Svizzeri pagati dal re d' Inghilterra
avessero fra {wco a calar nello Stato di Milar.o.
Non vi volle di più perchè il Lautrcc , jneso
da spavento, contro il volere de' Veneziani si
ritirasse a Peschiera i iciijH'iata sul Mincio , da
dove poi le sue genti faceano continue scor-
rerie lino alle porte di Verona. Passarono in-
tanto le fanterie tedesche , poco danaio nondi-
meno e poca vettovaglia portando ali alllitta
città di Verona : il che fallo , per la maggior
parte , ss ne tuniaioiio al luro pau*(t. Aspettò
ANNO MDVST 209
il Colonna tre mila Svizzeri , inviati anch' essi
in aiuto suo, e giunti che furono, con tre
mila cavalli e dieci mila fanti passò a Soave ,
dove si ll-rmò otto giorni , con dar tempo e
sicurezza a que' popoli di fare i raccolti di quel
poco che loro era restato , e tutto poi fece
condurre in \ erona. Pensava di far io stesso
verso il Mantovano; ma tumultuando gli Sviz-
zeri e Tedeschi per mancanza di paghe, fu
costretto a licenziar tutti gli ultimamente ve-
nuti, parte de' quali passò poi al servigio de i
Veneziani. Andarono in questi tempi i Fran-
zesi sul Mirandolese, con disegno di cacciar
da quella forte terra Gian-Francesco Pico, il
quale già v' era rientrato con farne uscire il
nipote Galeotto. Finì tutto il lor movimento
in saccheggi non solo di quel paese , ma di
tutto quel tratto del Mantovano per dove pas-
sarono andando e venendo. Né già vantavano
miglior legge i loro nemici. Marco Antonio
Colonna sul principio di luglio partito segreta-
mente di notte da Verona con sette mila fuiti
tedeschi e cinquecento cavalli , all' improvviso
giunse a Vicenza , e per forza entratovi , tutta
la mise a sacco , asportandone spezialmente la
seta che era il maggior capitale di quel tante
volle spogliato popolo. Queste erano le sacri-
leghe maniere d' allora per soddisfare in qual-
che guisa i non pagati soldati.
Crescevano intanto le angherie , le taglie e
la carestia nell infelice popolo di Verona , in-
darno servendo i conforti del Colonna , perchè
fatti bisognavano e non parole. Informali dun-
que i \ eneziani del miserabile stato di quelli),
Mlratoiii. Ann. Fot. XIV, 14
aio Annali d' itaua
città , colante istanze ftcero , che il signor di
Lautrec s' indusse di nuovo a rinovaine 1" asse-
ilio. \ olle ej^li prima d^ ogni altra cosa impa-
dronirsi della Ciiiusa , per impedire i soccorsi
che potessero venir dì Lamagna ; poscia nel
dì IO d' agosto s' avvicinò col campo a qiiel-
r afili Ita città, e da più palli comiiiciò a hat-
lerla colle artiglierie. Maravigliosa fu la difesa
dil Colonnese per li ripari che continuamente
formava di dentro , e per le sortile ciie con
danno de g'i assedianli facea al di fuori. Mancò
la polve da fuoco a i GalloA eneti, e già n' era
giunta da Venezia a Lignago una gran condotta
sopra carri. Non si sa se per malizia , o per
altio accidente, le si attaccò il fuoco , e vi pe-
rirono non solarneule cento e ollanta vasi d' essa
polve, ma anche tulle le carra, molli uomini,
Luoi ed altre cose condolte per bisogno di
quella impresa. Fu ciò non ostante provvedu-
to, e proseguito con vigore l'assedio, ed an-
che più la difesa , con inunortal gloria di
Marco yVntoiiio Colomia, che a tulle le brcc-
cie, a tutti gli assalti accorrendo, sempre rai-
rahihnente provvide ; e benché ne riportasse
un dì un' archibugiala , seppe con sì bel modo
e segretezza farsi curare , che nella guarnigione
niun disoidine insorse. Durò questa danza (ino
a mezzo ottobre, linatlanlochè giunse nuova
che da Trento veniva un grosso soccorso a N'ero-
na: Il che tanto terrore mise nel campo riallo-N'e-
iielo,che tulli clii qua e ehi là ordinatamente si
misero in salvo, l'ero passati per la moniagna
di Perona circa ottocento cavalli tedeschi, ca-
richi di vctlovaglie e munizioni , fcliceiuml^
ANNO MnXVI 2I«
aiTÌvarono a \'eroria. Oltre a ciò , ben circa
cinque mila Tedeschi espugnarono la Chiusa,
con tagliare a pezzi il presidio veneto ; ed
aperto quel passo, spinsero poi gran quantità
d' altri viveri sopra zatte per 1" A<lige alla ine-
ilesiniu città , che re<;arono gran sollievo non
meno a i soldati, che a gì' infelici cittadini.
Non si polca dar pace il senato veneto al ve-
de re saltar fiori ogni dì nuove remore alta
ricuperazion di ^ erona ; e tanto ]>iù s impa-
zientavano , perchè gagliardamente si trattava
in Brusselles pace fra iMassimiliano Cesare,
Francesco re di Francia e Carlo re di Spagna,
non sapendo qual destino potesse toccare alla
tuttavia pertinace città. Non cessavano di spro-
nare il LuiUrec a ripigliar l'impresa; e perchè
egh allegava la mincanza delle paghe all' eser-
cito suo , astretti furono i \ ejieziani anche a
questa esorbitante sjiesa , per cui si ridusse la
lor costanza a mettere ali" incanto le dignità ,
gli ufizj e magistrati non men cU Venezia che
di Terra li?rma , e a vendere od impegnare gli
stabili della repidjblica. E continuarono bensì
la guerra , con impedir la venuta d' altri soc-
corsi a \ erona , ma senza per questo poterla
costrignere alla resa. Gravissimo danno pati ia
tale occasione la città e il territorio di Brescia,
perchè gli convenne alimentar nobilmente l'esei"»
cito franzese con ispesa di più di cinq.iccento
ducati d' oro per giorno. Con tante vicende e
guai terminò ancora 1' anno presente , in cui
non si dee tacere un gravissimo pericolo in-
corso da papa Leone , e narrato dal contem-
poraneo Anonimo Padovano nella sua Storia
aia Annali d Italia
maniiscritta. Era ito osso pontefice nel mese
d' aprile per diporto a Civita ( m' immagino
clie sia Civita L,i\iiiia), quando poco discosto
di là diciotto fiiste di JMori , smontati in terra
ferma , ierero ima larga scorreria , con ridurle
in ischiavitù gran quantità di gente. Intenzioix
loro , per quaiito apparve, era di cogliere lo
stesso papa , piobabilmente da qualche scelle-
rato iniòrmati ch'egli praticava in quelle parti.
Spaventato il poutelìce , ebhe tempo di scap-
pare più che in fretta a Roma. Che orrore !
che terribili cons( gucnze , se riusciva a quei
Biirbari un sì gran colpo ! Dolenti essi , per
non aver collo (pianto speravano, voltaiono le
prore all'isola dellEllìa, che era del signor di
Piombino, e spogliatala d'ogni bene, se ne tor-
narono in Alliica. Delle leghe fatte ia quest'anno
parleremo ali anno seguente.
annodi Ckisto 1517. Indizione V^.
di Lr.oNF, X pnpa 5.
di Massimiliano re de Romani aS.
Ebbe fine in qnest' armo il concilio Lafe-
rancnse, dove furono latti molli bei regolamenti
di »'cclesiaslii'a diseijilina, ma non (piali occor-
revano e si desidi ravano da i migliori per la
corrrzion de' tanti abusi che allora deformavano
la Chiesa di Dio, benché salda st( sse ia vera
dottrina di CtÌsIo per tutte le chiese d' Ocei-
ilente. Non abbiam vergogna di confessarlo ,
da|>poicli(> tanti piissimi (cattolici 1' lian con-
fessato, l'in- lioppo (piegli abusi misero i anni
in mano a Martino Luloro hate Agostimano
in Sassonia , per co'.niiiciare nel presente anno a
imperversare contro la Chiesa Cattolica, aprendo
la porta non solo aJ un massimo deplorabile
scisma, ma ad infinite eresie, clu- come la
finta idra andarono poi pullulando, e divise
fra loro infestano tuttnviii tanti po^ioli del Set-
tentrione. Il gran mercato che si faceva allora
delle indulgenze per Tannar danaro in Iwtta
la Ciistianità d' Occidente , in apparenza perla
fiibljrica della l>asilica \ aticana , ma in sostanza
anche per altri mondani fini , quel fu che ac-
cese mi fuoco in Germania . che di gioiiio in
giorno sempre più crescendo , arrivò a fermar
cpiella gran piaga nella Chiesa del Signore che
tuttavia deploriamo, e die Dio solo saprà sal-
dare , quando gli alti suoi giudizj saranno adem-
piuti. Ma perchè questo è argomento spettante
alla storia ecclesiastica, passiamo oltre. Le tur-
bolenze de gli anni addietro, e i pubblici e
privati interessi de' potentati cristiani aveano
nel precedente anno tenuta molto in esercizio
la politica de' gabinetti. L accrescimento della
potenza franzese in Italia con occhio bieco ve-
niva riguardata da papa Leone , da Massimi-
liano Cesare , da Arrigo re d' Inghilterra e da
Carlo re di Sp;igna , ma principalmente da gli
Svizzeri , che dopo aver cavalo tanto sangue
dallo Stato di Milano, ora che questo era ca-
duto in mano di un re sì polente, miravano
come seccato il fonte della hno ricchezza. Però
il cardinale di Sion s' era sbracciato con più
viaggi e maneggi per formare una lega, e gli
venne fatto di couchiudcrla nel dì ig d'ottobre
2 1 4 Annali d' italia
del i5i6 (i) fra il suddetto Massimiliano, il
re d' Ingliilterra e il re di Spagna, con lasciar
luogo d' entrarvi al papa, il q;iale 1' avea proc-
curata, per valersene come portasse l'occasione.
Dall altro canto anche Francesco re di Francia
non istelle in ozio per contraminare questi
tia Itali , ben conoscendoli formali centra di
lui. Tanto opeiò con gli Svizzeri , che nel
dì 29 di novemhrc di os.'-o anno, a forza d'oro,
trasse quella nazione ad una pace perpetua col
regno di Francia. Af)zi molto prima ancora
aveva intavolato un altro negoziato di pace con
Massimiliano e col re Carlo suo nipote , che
fu bene in certa maniera conchiuso nel dì i5
d' agosto , ma che solameute acquistò perfe-
zione nel dì 4 di dicembre i5i6, in cui fu
ratificalo da esso Cesare, sempre voglioso, sem-
pre bisognoso di danaro. Fra 1' altre conven-
zioni v'era, che Riva di Trento, Rovereto e
Gradisca restassero in dominio di iVlassimilia-
1)0 ; e che cedendo egli al re Cristianissimo
Verona , questi gli avesse a pagare cento mila
scudi d'oro, ed altrettanti i Veneziani. Però
ne' primi giorni di quesl' anno comparve a Ve-
rona Bernardo vl-seovo di Trento colla facoltà
di fare la restilu/.ion di (piella città. Itjsorsero
ben discordie intorno al giorno in cui si avea
da far la consegua , e la guarnigione tumultuò,
perclu^ dimant[a\a le paglie; puic nel dì iti
(altri dicono nel «lì i5) di gennaio data fu la
leniila di \ erona al signor di Lantrec, uscen-
done il vescovo e Marco Antonio Colonna con
(1) DuMoiit Corps Diiilomat. toni. 4- l'ait. I.
tnUa sua gente. Passati poi Ire giorni , il Lantrec
consegnò essa città ad Andrea Grilli , che 1' ac-
cetlò a nome del senato veneto , e ben rega-
lato si ridusse nello Slato di Milano. Iidinlle
allegrezze fecero i Veronesi , liberati dall' in-
soffribil giogo dell' armi straniere. E tal fine
ebbe la IeL;a di (bandirai , e la lunga e crudel
guerra originata da essa , per cui non si può
dire, qranti tesori , qianto sangue spendessero
tanti pr'nripi della Cristianità, e quanti dsaslri
e desolazioni patisse tutta la Lombardia. Ma-
raviglia fu che in mezzo a sì polente e lungo
turbine potesse sostenersi la repubblica vene-
ta ; ma q.ianto più terribile fu il suo pericolo,
tanto maggior divenne la sua gloria ; perchè
quantunque j)erdesse qualche porzione dell an-
tico suo dominio, pur seppe e potè conser-
vare la maggior parte e il meglio delle sue
signoiie in Terra ferma.
Dopo una sì solenne ed universal pace pa-
reva oramai che l 'Italia avesse a respirare , ma
fallirono questi conti ; perciocché Francesco Ma-
ria già duca d' Urbino, dimorante in Mantova^
esule da' suoi Stati , senleiido il mal gOvcriiO
che facea Lorenzo de' xMedici , e invitalo da
chiunque gli era affLzionato e fedele , si ac-
cinse a ricuperar quel ducalo. Fu a ciò anche
istigato da Fcilerigo Gonzaga .signor di Bozzolo,
e condottier d' armi assai rinomato , per ven-
dicarsi di un alTronto che pretendeva a sé fallo
dal suddetto Lorenzo. Giacché la pace dovca
far cassare non poche brigale di snidali , e
questi avvezzi all'onoralo meslicr della guerra,
delle prede e rapine, avreldiono cercato rivi
ZìG ANNALI d' ITALU
desse loro soldo , nello stesso tempo che si
trattava della reslituzion di Verona , se l' in-
tese esso Francesco Maria co' caporali spagnuoli
e tedeschi , e prese al suo servigio ciique
mila fanti de' primi , e tre mila altri italiani
con mille e cin<[iiPcento cavalli. Il marchese di
Mantova gli soniniinistiò buona copia ii da-
naro. Però con questa armata , picciola di nu-
mero , ma considerabile pel suo valore, poco
dopo la resa di ^ erona s' avviò alla volla de i
suoi Stati con tal celerità , che non ebbero
temjX» y)cr opporsegli le genti del papa e di
Lorenzo de' Medici che erano in Bavenna e
Eimini. Passalo per la vìa del Furio, in poco
tempo ebbe alla sua divozione l/rbino con
lutto il ducato, eccettuata la fortezza di San
Leo: ma non già Pesaro , Sinigaglia , Gradara
e Mondavio , terre separate da quel ducato ,
perchè Renzo da Ceri , che v" inviò gran gente
di presidio , le sostenne. Intanto Lorenzo de i
IMedici alle milizie italiane, tanto sue che dei
Fiorentini , unì due mila e cinquecento Auiti
tedeschi , e più di (juattro mila fanti guasco-
ni , che aveano servilo nelf armala di Laulrec.
L'Anonimo l'adoNano dice ducenlo lancie e
due mila Guasconi , comandali dal signore di
Scudo. I capitani di questo esercito erano Renzo
da C< ri , \ itellu t'a (^illà di Castello e il conio
Guido Rangone ; ed ascese questa ai mata lino
a mille uomini d'annc, mille cavalli leggieri e
quindici mila finti, che [lareano alli atl in-
ghiottire il duca d' Urbino. Era insospettito
loric il papa che il re di Francia tenesse mano
segretamente in questa guerra j ma il re per
ANNO MDXVII Hl'j
clisingannarlo mamlò i suoi ministH a Roma,
aniiichè trattassero Ioga col pontefice , clic in
fatti fa stabilita. Fu in tal coiigiuiilura latta
gagliarda istanza a papa Leone , perchè resti-
luisse Modena , Reggio e Rubiera ad Alfonso
duca di Ferrara , secondocliè ne avea date iu
Bologna tante promesse , non mai eseguite.
Promise il pa]ia con un Breve di restituirle
nello spazio di sette mesi ; ma con intenzione
di nulla farne, se cessavano i presenti perico-
li, siccome in fatti avvenne, perchè l'osservar
la parola non fu mai contato fra le virtù di
questo pontefice. Continuò dipoi con varie vi-
cende la guerra , diffusamente descritta dal
Guicciardino. Altro non ne rapporterò io , se
non che trovandosi Lorenzo de' Medici nel
mese di giugno all' assedio di ]Mondolfo , fu
colpito nella sommità del capo da una palla di
arciiibuso ; pel qual colpo gli convenne star
molli giorni in letto: il che fu cagione che i
suoi soklati più pensassero a saccheggiare il
paese , che a cercar vittoria. Spedito dal papa
il cardinal Giulio de' medici suo cugino al co-
mando di queir armata , appena giunto egli
colà , insorse una quistione tra i fanti ilaliaui
e tedeschi, per cui seguirono ammazzamenti e
saccheggi non pochi , e fu forza dividere quelle
nazioni tra Rimini e Pesaro. Accadde ancora
che il duca Francesco Maria tenendo segrete
intelligenze col corpo degli Spagnuoli , mili-
tanti per la Chiesa , arrivò una mattina im-
provvisamente a i loro alloggiamenti. Parte
d'essi scappò a Pesaro , e 1" altra parte andò ad
unirsi con lui. Dopo di che assaltò il campo
2l8 ANKALI a' ITAUA
de' Tedesclii, dove secento d' essi restarono
-morti o feriti. Non andò molto clie anche
un' altra buona frotta di Guasconi passò ncl-
r armata d' esso duca.
Trovavasi assai forte di gente Francesco Ma-
ria, ina esausto aifatto di pecunia, requisito
troppo importante a gì" impegni della guerra.
Ne penuriava anche papa Leone, ma seppe
trovar maniera di ricavarne , con fare nel dì
primo di luglio la promozione di trcnlaimo
cardinali, fra' quali molli di gran merito pel
loro sapere o nob Uà. Da gli altri creati per
altri motivi ricavò la somma di ducento mila
ducati d'oro , che mirabilmente sei-virono a
terminar la guerra d Urbino. Imperciocché, o
sia che 1" accorto cardinal Giidio de' Medici sa-
pesse sotto mano guadagnar gli Spagnuoli che
erano al servigio di Francesco Maria, o che
.s' inlerponessc don Ugo di Moncada viceré di
Sicilia per istaccarli da lui ; certo è che esso
duca entrato in di'fidenza de' medesimi , e co-
nosciuto di non potersi sostenere contro le
forze del papa , aiutato da i re di Francia e
di Spagna, diede orecchio ad un miserabile
arcomodauiento; per cui il pontelìce si obbligò
di pagare a i fanti spagnuoli quaianlacinfjuc
mila ducati d' oro . e sessiinta mila u i finti gua-
sconi ; e che esso Francesco Maria potesse passar
liberamente a ÌNIantova con tutte lo sue robe',
colle artiglierie e colla famosa libniia, messa
insieme da Federigo I duca d'Urbino , avolo
suo materno : il che fu eseguito. Così terminò
la presente guerra , dm-ala quasi otto mesi ,
per cui .spese il poatelicc circa ollocculo mila
Anno Mr.xvii 219
ducati d'oro, la maggior parte nondimeno,
corno vuole il Guicciardiiio , Dafjnla da i Fio-
rentini, i quali fecero in tale occasione una
trista figura , sicccnie divenuti schiavi della
casa de' Medici. Furono poi confì.>;cati i beni
di moltissimi nobili del ducato d' Urbino , che
s'erano mostrati favorevoli a Francesco Maria,
e \ennei"3 atterrale nel seguinte ainio le mura
d' Urbino , Fossondjrone e Moiìdolfo , accioc-
ché non avessero quegli abitanti coraggio di
ribellarsi in avvenire. Lorenzo de' ^ledici colà
tornò duca. Appartiene a quesl' anno un ese-
crando avvenimento , cioè la congiura di Al-
fonso Petrucci cardinale di Siena contro la sa-
cra persona del pontefice Leone. Era invipe-
rito questo porporato , perchè il papa avesse
fatto cacciar di Siena Borgìiese suo fratello ,
quasi signore di quella città , e privato lui
stesso delle rendite paterne. Crebbe tanto que-
sto .sacrilego odio , che più ^•oIle pensò d uc-
cidere lo stesso papa nel concistoro , o pure
alla caccia ; ma in fine s' appigliò al partilo di
fallo avvelenare per mezzo di Batista da ^ er-
celli chirurgo , se polca giugnere a medicar
una fìstola antica che il papa avea ne' confini
delle natiche. Fu scoperta questa infaTiie tra-
ma , preso il cardinale con varj complici , pro-
vato il delitto , per cui in Castello Sant'Angelo
gli venne tagliato il capo. Bcndindio de' Sauli
cardinal genovese , siccome convinto che i!
Petrucci gli avesse rivelata la scellerata sua in-
tenzione , fu privato della dignità del cardina-
lato , e condcnnalo a una jìcrpelua prigione.
Questi poi col danaro ricuperò la libertà e il
330 ANNAII D JTAUA
cappello ; ma perchè poco tempo dappoi mancò
di vita , attribuirono i maligni la morte sua a
veleno. A RalFaello Riario cardinale di San
Giorgio e camerlengo per la stessa ragione
tolto fu il cappello , ma restituito da lì a non
molto per grossissinia quantità di danaro. Adriano
cardinale di Corneto , beiicliè gli fosse perdo-
nato , diffidando di sua vita, se ne fu^gì , né
si seppe dove incognito andasse a terminare i
suoi giorni. Gran dire cagionò da per tutto
questo nero attentalo. Nel presente aimo a
dì 8 di otlobre Francesco re dì Francia ri-
novò la lega offensiva e difensiva colla repub-
blica di Venezia (i).
Anno di Cristo i5i8. Indizione f^I.
di Leone X papa 6.
di Massimiliano re de Romani 26.
Fu questo dopo tante guerre un anno di
pace tanto in Italia , quanto ne gli altri regni
cristiani, se non che gran timore era in Roma
e ne'j)opoli italiani che il gran Sultano de i
Turi;lii Seiini volgesse le armi contro le pro-
vincie cristiane. Papa L"one, allineile questo
tiranno non trovasse sprovvedute le contrade
cristiane , più che mai si diede ad incitare i
monarcbi battezzati ad una lega , non soia-
menti* per fargli fronte occorrendo, ma anche
per invadere jireveiiliv amente da ]iiù parti i
di lui Stati. A questo line spedì a Massimiliano
(1) Du-Mnnt Corp. Diploinat.
ANNO Mnxvm 22 r
Cesare il cardinale di San Sisto, ed altri car-
dinali di grande auforilà ai re di Francia ,
Spagna ed Ingliillcrra, avendo prima intimata
una tregua di cinque anni ad essi e a tutti gli
altri principi cristiani. Andarono questi legati ,
ma nulla operarono di sostanziale per sì rile-
vante artiire , se non clic furono intimate le
decime al clero , ed anche ben pagale , ma
senza che queste s' impiegassero poi contro il
nemico comune. Pensava ognun di que" mo-
narchi a' proprj interessi più che a quelli della
Cristianità. E pure se mai giusto fu il timore
della potenza turchesca , certamente fu in que-
sto tempo. Imperocché regnava Selim , uno
de i più feroci e crudeli Sultani di quella na-
zione. Invasato costui dallo spirito de conqui-
statori e dall' amor della gloria , avea già sì
dilatato il suo imperio . che oi amai ognuno
diilldava di resistergli. Principi di gran potenza
per più secoli erano stati fin qui i Sultani, o
sia Soldani d' Egitto , siccome possessori non
solo di quel vasto e fertilissimo paese , ma an-
che della Palestina, Soria e di una parte del-
1 Arabia , e guerniti sempre d' un possente
esercito di Mammalucchi , non dissimili da i Gian-
nizzeri Turcheschi. S' invogliò Selim di sten-
dere la sua signoria sopra quelle riccliissirne
contrade ; e però annnassato un formidabile
esercito , fingendo di volerla contro il Soli di
Persia, già ila lui sconfitto, all' improvvifo
piombò addosso a Damasco e all'altre città di
Soria, delle quali non men che di Gerusa-
lenmie s" impa(lro!iì. S])iiise poi l'armi villo-
riose contro il Sultano d' Egitto , che restò
23 2 ANNALI d' ITALIA
sconfino e ucciso in una gran battaglia. Suc-
ceduto a lui un altro Sultano , fu anch' egli
preso , e fatto ignominiosaniente morire. ìn
una parola , con inlinito spargimento di san-
gue e di crudeltà e sacclieg-i innumerabili ri-
mase distrutta afl'atto la monarchia di quei
Soldani, e tutto il loro imperio sottoposto al
giogo de' Turchi. Tanti progressi del tiranno
d' Oliente , per li quali venne egli a radtlop-
piar le entrale delia sua camera, e che spe-
zialmente accaildero ne' due prossimi passati
anni , bastavano bene ad atterrir l'Italia , e
cliiuu'jue era coufinanle alla smisurata potenza
di Sehmo. Ma si aggiunse, eli' «gli si diede
ad armale una bella (lotta di navi: seguo ci Ta-
gli meditava qualche grande impresa contro i
Cristiani. Però avea ben ragion di temere papa
Leone. Fece egli fare in Ironia sol uni pro-
cessioni di penitenza , alle quali anche inter-
venne con pie' nudi, e non tralasciò diligenza
veruna per muovere i potentati della Cristia-
nità ad una lega e crociala contra di un sì
forte e non mai sazio conquistatore.
Ria in mezzo a questi timori non dimenti-
cava esso pontelice 1" ingraiulimcnlo della j)ro-
pria casa. Aveva egli già concertalo 1' accasa-
mento di Lorenzo duca d' Uiliino suo nipote
con Madama iMaddalena della ca.sa de' duchi o
conti di Bologna iii Piccaidia. I Sammartani la
ibiamano (i) Maddalena dalla Ti^rre contessa
d' Auvergne , e il lielcaire (a) la dice liglia
(i) Sammarflian. Histoirc ile la Maison «le Franco.
(i) Bulcajre Conuucnlar. ileruin Gallu-ar. Lb. i6.
ANNO MPXVm 22.")
d' una sorella di Francesco Borbone duca di
VandonìO , di sangue reale. Venula la prima-
vera di c|uesl' anno , Lorenzo passato a Firen-
ze, ivi fece un sniituoso preparanuiito per la
sua andata in Francia. Seconilo 1' Auoninio Pa-
dovano , seco condusse cinquecento cavalli ed
iiilìiiili carriajjgi. Fra in questo tempo naio a
Francesco I re di Francia un tìulio luasdiio,
che fu poi Francesco II ; e perchè egli atten-
deva a guadagnarsi sempre più la benevolenza
del papa suha speranza d' averlo propizio per
la difesa dello Stato di Milano , desiderò che
esso pontefice losse padrino al Battesimo del
figliuolo. Per questa cagione, siccome scrive il
Cuicciardino , Lorenzo aftVettalo a conqilere quel
viaggio, avendo jirese le poste , arrivò a Pari-
gi , dove nel dì 25 d' aprile con Antonio duca
di Lorena e Margherita d' Alenzon sorella del
re tenne al sacro Ibnte il nato Oclfìno. Furono in
tal congiuntura per dicci giorni fatte immense
allegrezze , banchetti , giostre e tornei , nei
quali anche Lorenzo si fece conoscere valoroso
cavaliere. Furono poi celebrate con regal pompa
le di lui nozze ; né il re Cristianissimo lasciò
indietro onore alcuno che non compartisse a
lui , massimamente all' udire le grandi proteste
eh' egli fece d' un perpetuo attaccamento suo e
del pontefice alla di Ini corona. Portò in que-
sta occasione Lorenzo un Breve del papa che
concedeva al re di potere ad arbitrio suo va-
lersi delle ilcciiue raccolte per la medituta cro-
ciala, con obbligo poi di restituir quel danaio
qnaiulo si avesse a procedere conila del Turco.
ìùÀ ecco dove andavano a liniie tanti sussio'j
334 annAt.i d' italu
del clero: il die faceva poi gridare i par-
tigiani della nascente eresia di Lutero , i q lali
arrabbiatamente declamavatio centra il proi^olto
d' essa crociata. 'Senne poi Lorenzo colla con-
sorte per mare a Livorno, et indi a Fireir/e ,
dove per otto giorni continui si fecero incre-
dibili sunluose allegrezza. Cresceva intanto a
furia r incendio commosso in Germania dal
suddetto Lutero, perdio sostenuto da Federigo
duca di Sassonia. Perciò papa Leone giudicò
bene d' inviare in Germania Tommaso da Vie
cardinale , insigne teologo scolastico di questi
tempi, appellalo il Cardinal Gaetano. x\udò
egli : seco s' abboccò Lutero : si venne alle
dispute sopra le indulgenze ; ma infine il por-
porato si trovò delusy. Lutero , uomo jiicn
d' alterigia , avea cominciata la guerra alla Cliiesa
sua madre , era risoluto di continuarla , per-
cbè si sentiva sicure le spalle; uè uu cervello
sì bollente e superbo si saroblie mai liilolto
a disdirsi. Stette Allbnso duca di Fernira aspet-
tando con impazienza die passassero i sette
mesi die papa Leone s' era preso di tempo col
re di Francia per restituirgli Modena , Reggio
e Rubiera. Ma passò altro clie sette mesi, senza
che se ne vedesse esecuzione alcuna. jNe fece
egli istatize a Roma , e si trovò che le pro-
messe di (pieslo pontefice , anche auleulicate
da strumenti e Brevi , solamente siguilicavano
di voler fare quello clic tornasse il conio a lui,
e non altrinienli. Determinò per questo il duca
nel di 1 /j di novenibre di jiorlarsi in persona
a Parigi per inq)lorar di nuovo la ju.olezione
dei re, e lorjiò di cola nel seguente febbraio
ANNO MDXVIII 325
con buona provvision di parole , percliè in quei
tempi si guardava ognuno dal disgustare un
papa , e molto più premeva a quel re di te-
nerselo amico , da che era divenuto signor di
Milano.
Anno di Cristo iSig. Indizione F^II.
di Leone X papa "".
di Carlo V iinperadore i.
Nel di 12 del presente anno terminò il corso
di sua vita Massimiliano re de' Romani : prin-
cipe die in pietà , clemenza ed altre virtù non
si lasciò vincere da alcuno , e che vide hen
favorita la sua casa dalla fortuna , ma senza
che egli sapesse profittar d altre favorevoli oc-
casioni che esigevano più costanza , m:i:;giore
attività e miglior uso del danaro, ch'egli pro-
digamente spendeva , senza poi trovarlo al bi-
sogno. S' egli fosse più lungamente vivuto , era
da sperare che il suo zelo e potere avesse
estinto in fascie lo scisma incominciato da Lu-
tero, il quale appunto nell' interregno prese
maggior vigore. Grandi maneggi furono fatti da
i due principi che sopra gli altri aspiravano a
quella gran dignità, cioè da Carlo V re di
Spagna , delle due Sicilie , dell' Indie Occiden-
tali, e signore della Borgogna, de' Paesi Bassi
e d' altri molti Stati , nel quale era caduto
eziandio tutto il retaggio della nol)ilissima casa
d'Austria per la morte del suddetto avolo suo;
e Francesco I re del floridissimo regno di Fran-
cia, duca di Milano e signore di Genova. Stu-
dioso cadauu d'essi di guadagnare i voli de gli
MuRATOui. Ann. Fai. XIF. i5
2 26 ANNALI d' ITALIA
elettori, e spezialmente il re Francesco con
grosse offerte di danari ( che questa sola buona
ragione aveva egli dal suo canto ) cercò di
ottenere il pallio. Ma perchè 1" essere Carlo di
nazion germanica , portava nelle bilance d' ognuno
troppa superiorità alle pretensioni dell' altro; e
perchè a i principi della Germania recava più
timore la potenza unita di un re di Francia ,
che la disunita di Carlo Austriaco ; perciò nel
dì 28 di giugno con bastanti voti restò pro-
clamalo re di Germania e re de' Romani, o sia
imperatlore eletto , esso Carlo \ . Ne' secoli ad-
dietro non prendevano i re di Germania il ti-
tolo d' Imperadore , se non dappoiché aveano
ricevuta la corona romana , siccome si è po-
tuto vedere in tanti esempli de' secoli anteceden-
ti. Cominciò AJassimiliano ad intitolarsi Impera-
dore Eletto, trovandosi in varj suoi documenti
questo titolo , benché in altri si vegga quel
solo di Re de' Romani. Ma Carlo V da lì in-
nanzi altro titolo non usò che quello di Fletto
Iniperador de' Romani. Nel che è stalo imitato
da i suoi augusti successori, con lasciar anche
nella pernia la parola Eletto. Perciò a me an-
cora sarà lecito di chiamarli tali in avvenire ,
ancorché niun d'essi, fuorché lo stesso Carlo V,
ricevesse o ricercasse mai V imperiale corona
di Roma. Non fu dillicile a gì' intendenti delle
cose del mondo iì presagire che poco sarebbe
jer durar la pace fra il novello Augusto e Fran-
resi'O re dì Francia , per gara di gloria e jier
iuteicssc di Sialo. Sì trovavano amendue gio-
vani e poknli: l'esaltazione dell' uno era tropiìO
A>NO MDXIX 23^
rincresciuta ali" altro. Il Belcaire (i) fa un ri-
tratto di questi due principi. Egregie doti con-
correvano in Francesco , ma insieme due con-
siderabili vizj , cioè UQ eccessivo desio di glo-
ria , congiunto con una somma stima di sé
mcdesnno , e una smoderala libidine. Della sua
grazia spezialmente godeano gli adulatori. U
gravar di nuove imposte i sudditi, per far sem-
pre nuove guerre , a lui pareva un nulla; nel
che cominciò a non voler punto ascoltare il
consiglio de' pari e de' parlamenti , con glo-
riarsi ancora di aver egli cavato dalla minorità
ed esentato da i tutori il regno di Francia. In
Carlo V all' incontro si univa la giavità con
un perspicace ingegno , con molta moderazion
delle passioni , e con altre virtù atte a for-
mare un insigne rettor di popoli , se non che
anche in lui 1" amor della gloria il portò sem-
pre alle guerre, e talvolta ad anteporre l'utile
air onesto. L' emulazione di questi due monar-
chi, che poi passò in od!o, non produsse nel-
l'anno piesente alcun litigio fra loro, ma si
andò disponendo per partorirne.
Qual fosse 1' ansietà ili papa Leone per esal-
tare la propria casa , 1' abbiam di sopra accen-
nato. Ma ad altri tempi , e non a i suoi , era
riserbato il compimento de' suoi desiderj. Cadde
infermo in Firenze Lorenzo de' Medici duca
d'Urbino, suo nipote. L'Ammirati dice (a) di
mal franzese , e che la sua lunga ed acerba
infermità il trasse finalmente a morte nel dì 28
(i) Belcaire Rerunj Gallic. Ub. iG.
(a) Ammirati. Guicciai«liuo.
328 ANNALI d' ITALIA
d' aprile. Io non so mai come nella Storia del
Nardi (i) sia scritto ch'egli passò all' altra vita
a di 4 d' ™^§o'o del i5i8. Sarà errore di
stampa. Pochi giorni prima era pure moria di
parto Madama Maddalena sua consorte , con
lasciare dopo di sé una tìgliuola che, appellala
Catterina, vedremo a suo tempo regina di Fran-
cia. Da i più de i Fiorentini fu con interno se-
gieto giubilo solennizzata la sua morte, perchè
credenza v'era clie questo nipote ponlilizio, il
quale non solo primeggiava in quella città, ma
n' era il jniucipal direttore , pensasse a farsene
signore. Sicché terminata in lui la legittima
discendenza di Cosimo de Medici il Magniilco,
parve che venisse meno al papa ogni speranza
di propagare ed jjigrandir la sua linea ; per-
ciocché é ben vero che di Lorenzo restò un
figlio bastardo, per nome Alessandio, il quale
noi vedn mo a suo tempo duca di Firenze ; ma
Leone X non ne facea in questi tempi molta
slima, siccome né j)\ire pensava a promuovere
i discendenti da Lorenzo l'ratello del suddetto
Cosimo , nelh» ([ual linea vivea allora Giovan-
nino de' Medici, personaggio di raro valore, a
cui appunto nel dì 1 1 di giugno del j)resente
atuio nac(juc Cosimo che , siccome vedremo ,
arrivò ad essere gran duca di Toscana. Perciò
jl papa riunì alla Chiesa il ducalo d Urbino,
Pe^aI0 e Siiiigaglia , e solamente mandò a Fi-
renze il carduial (iiulio ile' Medici , acciocché
ivi comandasse le liste, e conservasse il lustro
e la potenza della casa de' Medici in quella
(i) barili.
nobil città. Ili ricompensa ancora delle tante
spese fatte dalla repubblica fiorentina per oc-
cupare e ricuperare in favore del defunto Lo-
renzo il d<»cato d' Urbino , le concedette In
fortezza di San Leo e lutto il Montefeltro.
Ma quantunque nella morte del nipote ri-
manessero troncate le idee del pontefice d' in-
grandire la propria famiglia , non cessavano
già , anzi presero fli poi maggior vigore 1' altre
eli' egli nudriva di accrescere la potenza tem-
porale della Cbiesa Romana , per emulazione
alla gloria di papa Giulio II ; giacché , come
nota il Guicciardino , 1' ambizione de' sacerdoti
non era in questi tempi, ed anche prima, da
meno di quella de' secolari. Già vedemmo papa
Leone più volte obbligato a restituire Modena
e Reggio ad Alfonso duca di Ferrara. In vece
di far questo , andava egli sempre meditando
di spogliarlo ancora di Ferrara , e non già eoa
armi manifeste , ma con insidie. E gli si pre-
sentò occasione di eseguir sì ingiusto disegno.
Imperciocché fu preso il duca nel novembre
di quesl' anno da una lunga e pericolosa ma-
lattia , per cui si sparse voce che fosse dispe-
rata sua vita. Avvertitone il papa , e sapendo
che il cardinal Ippolito fratello del duca , atto
a sostener la città, si trovava al suo arcivesco-
vato di Strigonia in Ungheria , diede cora--
messione ad Alessandro Fregoso vescovo di
Ventimiglia, abitante allora in Bologna, che
fingenilo di voler entrare per forza in Geno
va , ammassasse genti d' armi , e se 1' inten-
desse con Alberto Pio, signor di Carpì, ne-
mico giurato della casa d' Este. Con circa sei
230 ANNALI d' ITALIA
mila tra cafalli e fanti passò questo buon ec-
clesiastico , per effettuare l'ordito tradimento,
verso la Concordia , facendo vista di volerla
contro quella terra, Avca noleggiato eziandio
molte barche per passare il Po alla bocca del
fiume Secchia. Ma Federigo marchese di JMan-
lova, che slava attento a gli andamenti di
quelle soldatesche, venne sroprentlo la mena,
e per uomo apposta ne spedi tosto l' avviso al
duca Alfonso suo zio. Stava allora senza sospètto
il convalescente duca , né tardò a raddoppiar
le guardie e le precauzioni alla città , dove si
trovò che circa quaranta braccia di muro d' essa
erano cadute. Si fecero anche ritirare all' altra riva
tutte le barche destinate a quel tentativo : prov-
visione che indusse il vescovo Fregoso a ritor-
narsene indietro colle pive nel sacco. Poco fa
si è nominato Federigo marchese di Mantova,
e qui conviene avvertire che a dì 20 di feb-
braio del presente anno dopo lunga malattia
mancò di vita il marchese Francesco suo pa-
dre : principe che in tante azioni avea dati segni
di gran valore , e col suo moderato governo
s' era comperato 1' affetto de' suoi popoli. Lasciò
dopo di sé Federigo primogenito die a lui
succedette nel dominio , Ercole che fu poi car-
dinale , e don Ferrante che fu duca di Mol-
fella , Guastalla ec. , e gran nome acquistò fra
i capitani del secolo presente.
ANNO MDXX 23 I
Annodi Cristo i^ao. Tmìizioìte FUI.
di Lkone X papa 8.
di Carlo V iinperadore a.
Trovavasi ne' suoi regni di Spagna Carlo V,
allorché seguì l'elezione di lui in re de' Ro-
mani o sia imperatlore. Essendosi egli ])repa-
rato per venire a prendere la corona germa-
nica , passò in quest' anno per mare con flotta
magnifica alla volta di Fiandra , e prima diede
una scorsa in Inghilterra , per abboccarsi col
re Arrigo Vili , con cui acconciò i suoi inte-
ressi , e di là poi sbarcò ne' Paesi Bassi , dove
incredibil fu il concorso de' principi , de gli
ambasciatori e della nobiltà , per complimen-
tarlo. %'enulo l'ottobre, si trasferì ad Aquis-
graria , dove con somma magnificenza ricevè
la prima corona dell'imperio nel dì i^ d'esso
mese. Di non lieve negligeuza accusar si può
Pietro Alessia, die nella Vita di questo glo-
riosissimo Augusto il vuol coronato nel dì 2 4
di febbraio , giorno di san IMattia , siccome)
ancora clii ciò mette al dì i5- di giugno. In-
tanto sempre più insolentiva Martino Lutero
in Germania. Dal far guerra a gli abusi della
corte di Roma , era egli passate a farla an-
cora contro la Chiesa Cattolica , riprovando ora
imo, ora altro de gli antichissimi suoi dogmi. Per^
ciò papa Leone X non potè più ritenersi dal pro-
cedere contro un si fiero laceratore della Vi-
gna del Signore. Pubblicò egli nel dì \6 di
giugno una Bolla , in cui condennati molti de
gli errori d' esso Lutero , fulminò le censure
2^2 ANNAM d' ITALIA
coutra dì lui e di tutti i suoi aderenti, il nu-
mero de' quali era già divenuto formidabile in
Germania , con iscoprirsi tale anche Federigo
duca di Sassonia. Ma questo incendio, a smor-
zar il quale non furono sul principio adoperati
valevoli mezzi , tal piede avea preso , che noa
solo non cessò con tutti i fulmini del Vatica-
no , e con tutte le prediche de gli zelanti Cat-
tolici , ma si andò sempre più rinforzando ,
trovandolo utile i principi per occupar gì im-
mensi beni degli ecclesiastici; gustoso gli stessi
ecclesiastici, perchè dispensati dalla continen-
za; e soave i secolari, perchè sgravati da varj
digiuni , e da altri salutevoli istituti della
Chiesa C'ttolica. Ma intorno a questa lagrime-
vol tragedia può il lettore consigliarsi colla
storia ecclesiastica. Allorché maggiormente pa-
ventava la Cristianità per li terribili apparati
di guerra che faceva Selimo tiranno dell' O-
rienle, e mentre già si provavano ne" confini
della Croazia e Dalmazia furiose scorrerie di
Turchi, con credersi anche imminente 1' assedio
<li Kodi , posseduto da i cavalieri delti oggidì
di Malta: all'improvviso vennero ordini da
Costantinopoli che si sciogliesse quel grande
armamento per mare , e che le milizie tor-
nassero alle lor case. La cagicn di ciò fu che
a (|uel feroce Sultano una pericolosa ideerà
nelle reni cominciò a far gu'-rra , per cui calò
a lui la voglia di muoverla contro i Cristiani.
> ciiulo poi l'autiuino , cotanto crebbe il suo
malore , che restò colla moile di lui libero il
mondo dal timore di sì sanguinario regnante,
tjlorioso binsi fia i suoi pur laute \illorie e
ANXD MDXX 233
Conquiste , ma infame per la crudeltà usala
contro gli stessi suoi parenti e fratelli , e fin
centra del proprio padre. Succedette nell' im-
perio turcliesco Solimano suo figlio, gran fla-
gello anch'esso, siccome vedremo, de' popoli
cristiani. Per questa mutazion di cose iu Le-
vante respirò Roma e 1' Italia tutta.
Altro avvenimento degno di qualche memo-
ria , accaduto in Italia nel presente pacifico
anno, non ci somministra l'istoria, fuorché
quanto avvenne a Gian-Paolo Baglione , che
avea fatta in addietro sì gran figura fra gì' I-
taliani , come coudollier d'armi, e come si-
gnore o tiranno di Perugia sua patria. Dall'A-
nonimo Padovano, sci itlore contemporaneo, ci
vien dipinto come tiranno non solo di quella
città , ma di tutti i luoghi circonvicini , uomo
empio , senza fede , e per dir tutto in una pa-
rola, mostro di natura onendissimo. Se di
tutto egli fosse reo , noi saprei dire. Cessata
la guerra , era fgli ritornato alla patiia. Pazientò
un pezzo papa Leone questo mal arnese; ma
stimolato da tanti ricorsi di que' popoli , de-
terminò finalmente di mettervi rimedio. Scrive
il Guicciardino , che per avere Gian-Paolo cac-
ciato da Perugia Gentile della medesima fami-
glia , fu citato a Roma: che in sua vece mandò
Malatesta suo figlio ; ma che persistendo il
papa , ed assicurandolo gli amici da ogni peri-
colo , percliè parlatone ad esso pontefice , con
parole d'astuzia aveva egli fatto lor credere che
niun danno gli avverrebbe : se ne andò il Baglione
a Roma, dove , dopo essere stato imprigionato
e processalo , gli fu mozzalo il capo. L Anonime
0,3 f AXJfALl D* ITALIA
Padovano pretende che Leone non confidando
di jìoter avere in mano questo tiranno, e pa-
rendogli che si potesse in tal caso rompere la
fede, con un Breve tutto dolcezza il chiamò
alla corte , fingendo di voler trattare con lui
d' importante aliare. Mandò Gian-Paolo a Roma
il figlio per iscnsarsi, stante una malattia che
gli era sopragiunta. Il papa dopo di aver fatto
di grandi carezze al giovane , il rimandò di-
cendo: essere necessaria la persona del padre
a cagion della materia da trattarsi, che non si
potea confidare a lettere o persone. Aggìugne
esso Anonimo che il pontefice gli mandò an-
che un salvocondotlo, affidato dal quale, e
dalle esortazioni del figlio, compane Gian-
Paolo a Roma, dove haciò il piede al papa, e
si trovò molto accarezzato. Ma che ito nel se-
guente giorno a palazzo , fu ritenuto prigione
dal conte Annibale Rangone , capitano della
guardia pontifizia. Dopo di che processato e
loiincnlalo, confi'ssò un'infinità di enormi de-
litli, per li quali non una , ma mille morti
meritava ; laonde fu una notte decaj)itato in
Castello Sant'Agnolo. Fuggirono la moglie e i
fieli col loro meglio a Padova , pendio (}ian-
Paolo era condoltier d'armi al servigio della
repubblica veneta , e coti (piclla sponda si ere-
dea (li poter comuiellcre (piante ini((uità vo-
Jea. Con ciò Perugia fu pienamente rimessa
all' ubbidienza del papa.
ilacconta eziamlio esso Anonimo Padovano ,
avere in qiicst' anno pa|>a Leone all' impiovvi-
so invialo Giovannino de' Medici , giovane fi;-
rocissiniu e va^o di guerra , eoa mille cavalli
ANNO MnXX 235
e risalirò mila fanti a Fermo contra di Lo-
dovico Freducci tiranno dì quella città ed uomo
di g[ran valore. Né uscì costui con duccnto ca-
valli , pensando di fuggire ; ma raggiunto dal
Medici , fece bensì una maravigliosa difesa , ma
finalmente lasciò nel combattimento la vita con
più di cento de' suoi seguaci. Fermo immanti-
nente ritornò alle mani del pontefice. La ca-
duta del Freducci, da cui dipendeano altri
tirannetti clie occupavano città o castelli in
quelle vicinanze, cagion fu eli' essi parte fug-
gissero, parte corressero a Roma ad implorar
la clemenza pontifizia , dove la maggior parte
furono carcerati: con che tutta la Marca restò
purgata da que' mali umori. Né già lasciava
papa Leone il pensiero di spogliar , se potea ,
di Ferrara il duca Alfonso , giacché gli parea
poco il detener tultav'a le imperiali città di
Modena e Reggio contro le autentiche pro-
messe di restituirle ad esso duca. \'incere Fer-
rara coir armi non era cosa facile. Determinò
dunrpie di adoperare un mezzo non degno de i
prìncipi secolari , e mollo meno di chi più
dovrebbe ricordarsi d' essere Vicario di Cristo ,
che d' essere prìncipe. Intavolò dunque un trat-
tato di far assassinare il duca ; del che par-
lano non i soli storici ferraresi , ma il Guic-
Giardino stesso, insigne storico , che era allora
governatore di Modena e Reggio pel medesimo
papa, ed innocentemente si trovò nn'schiato
in questo nero tradimento. Chi maneggiò il
trattato, fu Uberto Gambara , protonota rio apo-
stolico , persona che arrivò poi a guadagnare
il cappel rosso. Se l' intese eyli con RodoUb
236 A?f?JAl.I d' ITALIA
Hello Tedesco , capitano della guardia d' esso
duca , a cai fu promesso molto , e mandata
per caparra la somma di due mila ducati d'o-
ro. Già era concertato il tempo e luogo di
uccideie il duca ; dato ordine al Guiociardino
e a gli ufiziali di Bologna di presentarsi in un
determinato giorno ad una porta di Ferrara.
Ma li Tedesco , uomo d' onore, rivelò sul
principio , e contiimamente dipoi al duca Al-
fonso tutta r orditura del tradimento. Si sentì
più d' una volta tentato esso duca di lasciarlo
proseg\iir sino al fine ; ma se ne astenne per
non aver poi nemico dichiarato il papa ; e però
gli bastò di far troncare la pratica, e di foi--
mar poscia autentico processo di questo infame
allentato, colla deposizione d'alcuni comjìlici ,
e colle lettere originali del Gambara , per va-
lersene , quando occorresse il bisogno.
Anno di Cristo iSai. Indizione IX.
di LFO^E X papa 9.
di Carlo \ iuiperadore 3.
Tenuta fu in quest' anno una magnìfica dieta
in ^ormazia da Carlo V imperadore , do\e in-
tervennero in gran copia i principi dell'impe-
rio. liO strepilo e commoziune che faceva la
più die mai crescente eresia di Lutero , e le
istanze de' ministri ponlifr/.j indussero esso Au-
gusto a cliiitraar colà l'autore di tanti S(;on-
cerli. Senza sahoenu lotto non si volle egli
muovere. (»iuuto cola nel dì i() d' aprili' con
gran baldanza , e presentato davanti a (^(■•••are o
alla maestosa ailunanza , sostcìme (juauto aveva
ANNO MDXXI 3 37
insegnato, ne maniera si trovò di farlo muo-
vere un dito. Perciò restò licenziato , e poscia
nel di 8 di inaggio l' imperadore pubblicò un
terribil bando contro la di lui persona e suoi
errori : passi tutti che nulla servirono per
fermare il torrente impetuoso delle sue eresie.
Alla guerra contro la rcligion cattolica tenne
dietro in quest'anno quella ancora de' princi-
pali potentati della Cristianità. Da cbe fu par-
tito di Spagna Carlo V si scoprirono in quelle
parti de i malcontenti e sediziosi ; perciocché
il primo regalo eh' egli avea fatto a ijue' po-
poli, nuovi suoi sudditi, era sialo l'accresci-
mento de' pubblici aggravj , e 1 aver loro tolti
alcuni antichi privilegj. Si lamentavano altri di
avere un re straniero e lontano , dietro al quale
correva l' oro del regno. Né mancavano altri
che non sapeano digerire che i ministri fiam-
minghi comandassero alle teste spagnuole , e
potessero tutto in corte dell' augusto monarca.
Però insorsero ribellioni e guerre. Anche n< Ila
Navarra , già occupata da Ferdinando il Catto-
lico , si f cero più commozioni , non amando
que' popoli il nome spagnuolo, pei clic uniti in
addietro a' Franzesi. Ora Francesco I re di
Francia, che si senli\a pregno di rabbia, da
che vide congiunta in Cailo V la monarchia
di Spagna colla dignità imperiale , e con tanti
altri Stali della casa d'Austria, e troppo con
ciò cresciuta la di lui potenza; non volle più
contenersi, e mosse guerra mila primavera di
quest'anno contro la Navaria , per renderla,
diceva egli , atl Arrigo le fanciullo, il cui
padre Giovanni era sialo spoglialo di quel
238 ANNALI d' ITALIA
regno, ma , come mostrarono ì fatti , per ìn-
corporarla nel suo dominio. Confessa il Guic-
ciartlino che a dar moto alle guerre , che mag-
giori (ielle passate sconvolsero poi non solo
rilalia, ma quasi tutta la Cristianità d'Occi-
dente , fu il primo , chi più de gli altri sa-
rebbe stato tenuto a conservar la pace , e in
vece di accendere il fuoco della guerra , avrebbe
dovuto, se occorreva, procurale di spegnerlo
col proprio sangue. Parla di papa Leone X ,
che rumii\ando alti pensieri di gloria monda-
na , e più che a gli affari della religione , ago-
nizzante in Germania , pensando all' ingrandi-
mento temporale della Chiesa, non solamente
moriva ili voglia di ricuperar Parma e Piacen-
za, e di torre Ferrara al duca Alfonso, ma
eziandio meditava conquiste nel regno di Na-
t)oli. Trattò col re di Francia , incitandolo al-
'in^presa di quel regno , con clie ne restasse
una porzione in dominio della Cliiesa. Conforta
ancora esso re a dar principio alla rottura ,
con portar l'armi lìclla Na\arra. Fu preso quel
regno da i Franzesi ; ma in breve ancora ri-
cuperato da gli Spagnuoli. Altra guerra di lunga
mano più terribilt; fu in Fiandra fra que'due
emuli monaichi, la (juale, siccome non perti-
nente air assunto mio, tralascio.
O sia che il ponlelice camminasse con si-
mulazione ne' trattati col re Cristianissimo ,
e losse ilietro a bmlarlo (clic in (juesl' arte si
sa essere egii slato cwxllcnle); o pure che il
re entralo in sospetto della fede di lui , tar-
dasse troppo a ratllicar la capitolazion già for-
mata i o sia linalmcnle che il papa ricevesse
ANNO MBXXl 289
in questo mentre de i disgusti dall' insolenza
del Laulrec govern;itor di Milano , clie non
ainmelttva e eon superbe parole dispregiava le
provvisioni ecclesiastiche inviate da Roma nello
Stato di Milano : certo è che il paj)a strinse
e sottoscrisse nel dì 8 di maggio una lega.
con Carlo V iniperadore a difesa della casa
de' Medici e de' Fiorentini , con istabiiire, che
togliendosi a'Franzesi il dncato di Milano, que-
sto si desse a Francesco Maria Sforza, figliuolo
del fu Lodovico il Moro, il quale se ne slava
tutto dimesso in Trento , aspettando qualche
buon vento alla povera sua fortuna ; e che
Parma e Piacenza tornassero alla Chiesa , per
possederle con quelle ragioni colle quali le avea
tenute innanzi; e che l' imperadore desse aiuto
al papa , per togliere Ferrara ali" Estense , e
uno Stillo in regno di Napoli ad Alessandro,
figlio bastardo di Lorenzo de' Medici , già duca
d' Urbino. Fu con gran segretezza maneggiata
questa lega , in cui entrarono anche i Fioren-
tini, e prima che uscisse alla luce, papa Leone
con ispesa di cento cinquanta mila ducali d' oro
assoldò sei, altri dicono olio mila S\izzeri, e
colle sue doppiezze ottenne loro il passaggio
per lo Stalo di Milano , facendo credere a i
Franzesi di averli presi per opporsi a gli Spa-
gnuoli a' confini del regno di Napoli. Vennero
costoro a Modena , e poi s' inviarono verso il
Po , per quivi imbarcarsi. Alfonso duca di Fer-
rara gran sospetto prese di questa genie , per-
chè , come scrive 1' Anonimo Padovano , ti oj)po
addottrinato dalle ijisidie private e jnibbliclie ,
QQlIe quali era dal pojilelice perseguilalQ ; e
7\0 ANNALI d' ITALIA
però fece quanti preparamenti potè in Ferrara
per difendersi. INla il papa assicuratolo che ciò
non era per nuocergli , dimandò il passo e vet-
tovaglia ; e tutto ottenuto , gli Svizzeri s' im-
barca lono a Revere , e a seconda del fiume
andarono poi per mare a Ravenna , e di là
iH'lla \Jarca. Dopo qualche tempo costoro , o
perchè attediati dal far nulla , per cui poco
guadagnavano , chiesero congedo ; o perchè il
papa scoprì il lor capitano partigiano de'Fran-
zesi , per la maggior parte se ne tornarono ai
lor pt.esi. Questo avvenne nel lupse di marzo.
Intanto s' andava unendo genie dal papa in
Reggio , e colà ancora si ridussero quasi tutti
i fuorusciti dello Stato di Milano, ed arrivò
dipoi anche Girolamo Morone , gran manijio-
latore di tutti questi imbrogli. Perchè era iu
Francia il Lautrec , il signor dello Scudo suo
fratello , viccgovernatoie , avvisato «li quella
tresca , si portò colà con quatlro cento cavalli
a dimandar conto di quella a^'iuianza , e nel
dì 24 di ghigno si presentò alla |)orta eh Reg-
gio. 11 Guicciardino governatore avea la notte
innanzi fatto entrare in quella città un grosso
corpo di gente. Mentre parlava il g(jvernatore
collo Scialo, volle cacciarsi in città alcuno dei
suoi uomini d'arme, e nacque un tumulto,
per cui quei che erano stesi per le mura ,
spararono contro la coiuilixa del Franzese. Vi
restò morto Alessandro Trivulzio, e gli altri
se ne fuggirono. Lo Scudo dopo varie inutili
doglianze se n' andò anch' egli. Si servì poi
papa Leone di questo pretesto per giustificare
jiei coucisloro 1' «ccoido eh' egli avca già fallo
ANi\o MDxxi a4t
«oli* imperaflore. Avvenne ancora in Milano
nella ft'sla di san Pietro un fonnidabil caso ,
che fu preso dal volgo per aiiginio e preludio
della caduta de' Franzesi in Italia. Per fulmine,
o pei altro fuoco dell" aria, benché fosse tempo
nereno, la torre di quel castello dove si te-
iieaiio i barili di polve da (iioco, andò in aria
con lai fòrza , che squaiciò anche parte del
muro, uccise e magagnò oltre a ducenlo fan-
ti , varj nobili milanesi che per sospi tlo erano
stati chiusi in quel castello , e portò lontano
venticinque piedi (e no!i già cinque ento, come
lia il Guiceiaidino ) pietre che dieci paia di
buoi avrebbono stentato a muovere. Trovavasi
allora il Lautrec ritornato di Francia in Cre-
mona ; corse a Milano , e diede gli ordini op-
portuni per riparare il lastello, che era in al-
tri siti ancora conq essalo , e il fornì di tutto
il bisognevole.
Finalmente scoppiò e si fece palese il bel
senigio prestato all' Italia da papa Leone, eoa
tirarle addosso una nuova guerra mercè della
lega contratta con gli Svizzeri e coli' impera-
dore. Ne provarono non lieve affanno i Vene-
ziani , soli in Italia collegati colla Francia , i
quali assoldarono toslo otto mila fanti , con
inviarne dipoi sul Bresciano cinque mila , e
lancic quattro cento e cavalli leggieri cinque
cento , solto il comando di feodoro Trivulzio
e di Andrea Grilli legalo. Perchè sempre più
s' ingrossava in Reggio 1 aiinala pontilizia . il
Lautrec mandò a Parma dugento uomini d' armi
e quattro mila fanti guasconi comandati dal signor
dello Scudo suo fratello , e da Federigo signor
Muratori. Aìui. f^ol. Xll^. i^
a4a ANNALI d' ITALIA
di Bozzolo. Occupò dipoi Busselo e lutto lo
Stato di Cristoforo Pallavicino, a cui tolse an-
che la vita, perchè accusato d'intelligenza col
papa. Fu fatto in quest' anno un tentativo da
gli Adorni e Fieschi per cacciare di Genova
Ottaviano Ftegoso e i Franzesi , tutto a som-
mossa del papa , che loro somministrò sette
galee di Napoli e due delle sue ; ma rimase
sconcertato il loro disrgno. Ordito ancora un
tradimento per occupar la città di Como, a
nulla giovò. CJjiamò papa Leone a Roma Pio-
spero Colonna , il quale era slato dall impera-
dore mollo prima creato suo generale , per
concertar seco la meditata impresa del ducalo
di Milano. Condusse eziandio Fedrrigo mar-
chese di Mantova con titolo di Capilan Gene-
rale della Chiesa. Si fece a Bologna la massa
delle genti pontifizie e spagnuole; e il Colon-
na , che doveva, come capo, comandar quel-
r armata , dopo molti dibattimenti s' inoltrò
verso l^irma , e incomincionne 1' assedio nel
mese d' agosto , principalmente dalla parte verso
ponente. Giunsero ad unirsi seco otto mila
fanti tedeschi , venuti di Germania , ed ji
marchese di Mantova con trecento lancic e cin-
quecento cavalli uiigheri. Talmente giocarono
le batterie , che i Franzesi giudicarono meglio
di ritirarsi dal Codijioiitc , cioè da quella p;irle
della città che è di là dal fiume Paiuia. Grande
allegrezza fetero quegli abitanti al vedersi ri-
tornati sotto il doniinio ecclesiastico. Ma cessò
ben presto la loio festa , perchè entrati i sol-
dati diedero anch' essi con festa grande il sacco
ì tulle le lor case. L' Anonimo Padovano
ANNO MDXXI 2(3
acrlvc che vi cominisero le maggiori scellcra-
tez/.e del mondo, e che il Colonn.i fece im-
piccar quatiti fanti erano ppiìelrali in un mo-
i)ist ro (li nionaclie. Si ilirdero poscia i colle^'ati
a niagg'niincnle stringere e bomliardare l'altra
maggior parto della città posta al levante , e
l'aveaiio ridalla a la'e per iscarsrz/a di vetto-
vaglie , die n' era vie na la caduta. IVinpestava
Jo Scudo il signor di Laulrec suo fratello, per
ottenere soccoiso. Ma questi assai leiitanieiite
procede\a:e conluttocliè avesse una buona ar-
/niata , composta di cinquecento lancie , sette
mila Svizzeri , quattro mila fanti venuti poco
fa di Francia , a' quali s' aggiunsero quattro-
cento uomini d'arme e quattro o cinque mila
fanti de'\eneziani ; pure non si attentava a
procedere innanzi , allegando che 1' armala ne-
mica era superiore di forze j e che conveniva
aspettar sei mila Svizzeri , che erano in viag-
gio per suo aiuto. Nulladimeno s' inoltrò tinal-
mente sino al Taro, sette miglia lungi da Par-
ma : movimento di cui niuna apprensione si
misero gli assedianli. Ma eccoti un accidente
che disturbò tutte le loro misure. Era stato
fin qui paziente Alfonso duca di Ferrara , mo-
strando di non conoscere 1' odio che avca cen-
tra di lui papa Leone X, e dissimulando le
passate insidie. \ enulo poi in chiaro <!' essere
slato abbandonato alle voglie d' esso ponte/ice
nella lega fatta coli' imperadore , e mirando il
nial ùicainminamento de gli affari de' Franzesi,
unico suo sostegno , giudicò meglio di non
tenersi pii\ neutrale. Però colle milizie che
potè raunare , uscito di Ferrara , entrò nel
a44 ANNALI n' ITALIA
JModenose , prese il Finale, San Felice, e eolle
sroirerie arrivava sino alle porte di Modena.
Recato questo avviso al campo de' collegati,
bastò a far eh' essi , trovandosi fra due fuochi ,
spedissero in soccorso di Modena il conte
Guido Rangone , e poi sciogliessero V assedio di
Parma, con ritirarsi a San Lazzaro: il che
diede comodità al Lautrec di hen fornire quella
città di viveri e d' ogni altra munizione.
Aveva intanto il papa fatto assoldare dal
cardinale di Sion , chi dice dodici , chi dieci
mila Svizzeri , ed altri dicono anche meno ; e
questi calavano in Italia, quantunque prote-
stassero di non voler combattere co' Franzesi ,
per essere con loro in lega. Prospero Colonna
adunque determinò di tentale ogni via per
unirsi con loro , siccome all' incontro andò il
Lautrec a fiapporsi per impedir questa unione.
Allorachè, passato il Po, fu egli giunto a Ca-
sal Maggiore , colà compane il cardinal Giulio
de' Medici, spedito dal papa con titolo di Le-
dalo , acciocché , come uomo di testa , acque-
lasse colla sua destrezza le discordie insorte
fra i generali , e spezialmente fra il Colonnese
e il marchese di Pescara , e desse calore al-
l' impresa. Tentò più volte il Lautrec di tiiare
a battaglia l'esercito de' col legali; ma il saggi*^
Prospero andò temporeggiando, che in line a
Gambara sì congiimse con parte de gli Svizze-
li , procedendo , come scrive il Guicciardino ,
in mezzo loro i due legati , cioè // cni'diiuile
di Sion e il cardinale de Medici , culle cìvci
d nrgenfo , circondate (ttnito oggi si abusa la
riverenza della reltjfiunr J ira tante armi ed
ANNO MDXXl a4^
iirtis;lierie da beslemmiatovi , oinicidinrj e ru-
hatori. Rest«ì allora ben coiiCuso il Lautrec, e
maggiormerile crebbe il suo afFaiuio , pmcUè
da lì a poco gli Svizzeri della sua armata iin-
provvisaineute se n' andarono con Dio , o per-
chè venne un comandameuto da i lor supe-
riori , o pure perchè mancava il danaro per
pagarli. Imperciocché il re Francesco , dopo
avere sì superbamente mossa guerra in Navarra
e Fiandra a Carlo iraperadore , si trovava in
questi tempi in gravi angustie , né polea som-
ministrar genti e pecunia all' Italia; e tuttoché
avesse pur disposti trecento mila ducati d' oro
da inviare al Lautrec , pure la regina sua ma-
dre gli avea fatti impiegare in altri usi. Perciò
diffidando esso Lautrec di poter resistere alle
forze nemiche, si ritirò di qua dall' Adda , a
fine di contrastarne il passo all' armata della
lega. Ma riuscì al Colonna di valicar quel fmme
a Vauri , dove in un combittimento con lo
Scudo restarono superiori le sue genti. Ritira-
tosi il Lautrec a Milano , maravigliosa cosa fa
il vedere , che appena giunto nel giorno se-
guente r esercito collegato in vicinanza di Mi-
lano, essendo stato spedito avanti il valoroso
Ferdinando d' Avalos marchese di Pescara con
ducenlo cavalli e tre mila liniti spagnuoli ,
questi dopo avere sbaraglialo un grosso corpo
di cavalleria franzese, uscito per ispiar gli an-
damenti de' nemici, andò iutrcpidainenle ad
assalire verso Porta Romana i bastioni di quel
borgo , dove erano alla guardia i Veneziani con
Teodoro Trivulzio e Ajidrea (iritt". 3' com-
batté, ma venne meno il coraggio all^ gente
3^& AìvNALI C ITALIA
veneta, e il marchese, aiutato da quei diden-
tro di fazion Gliibellina , occupò la porla sud-
detta. Quivi restò prigioniero il Trivulzio, il
qual poi con venti mila ducati d'oro da li ;i
multi giorni si riscattò. Ebbe fortuna il Gridi di
salvarsi. Veramente in questa guerra la potenza
veneta non fece sforzo di gran rilievo, conn;
era solita , o percliè fosse rimasi a troppo smunta
per le antecedenti guerre , o percliè quel sasj-
gio senato avesse de' segreti molivi di cosi ope-
rare, Kntrò dunque il marchese nel recinto di
quel borgo ; né occorse di più perchè il Laulrec
la notte, lasciato ben guernilo il castello, si
ritirasse col resto di sua gente a Como; giac-
ché mirava in gran conmiozione tulio il popolo
di Milano , ed anche di tulio lo Stato , lioj)po
irritato per le esorbitanti gravezze , dianzi da
lui imposte , e voglioso di nnitar padrone per
la speranza spesso fallace di starne meglio. Fu
in gran pericolo di andare a sacco quella no-
bilissima città ; ma alzati i ponti , calate le sa-
racinesche , e serrate le porle della cinta ciie
divide essa città da i borghi , si fermò il primo
empito de' vincitori. Sopragiunla la notte, mag-
gioriu(M)le assicurò la cilladinairza , essendosi
perduti i più de' soldali a svaligiar i borghi,
i quartieri de' Veneziani e Franzesi. Qiieslo
gran fatto accadde nel di 19 di noveinbie, con
perpetua gloria di Piospero (ìolonna , e non
con minore del marchese di IVsc.ira, che in
quella occasione fece mirabili prove di sua
persona.
A persuasione j)OÌ di Girolamo Moronc andò
un baitdo , che sollo pena della vita niun
ANNO MDifXI af^
.Milaix'se fosse offeso. Venuto il giorno , compar-
vero davanti al Colonna , a i ledati e al raar-
ei\fiese di Mantova dodici nobili ambasciatori a
dir la città , e a pregare che fosse preservata
da ingiurie pubhliche e private. V entrò il Mo-
rone , prendendone il possesso a nome di Fran-
cesco Maria Sforza , ^ià riguardato qual duca ,
e restò ecjli quivi al governo con titolo di
Luogotenente. Si fece conto che più di tre
mila flinti veneti lasciassero in quel conflitto
la vita : e £,'li ;iltri Veri'^ti , consistenti in altri
tre mila flmli , trecento lancie e circa otto-
cento cavalli leggieri , p irte furono presi , parte
si dissiparono colla fuga la notte ; di ma-
niera che totalmente si perde 1' esercito loro
Seguitarono V esempio di Milano le città di
Pavia e Lodi. Parma e Piacenza si diedero a i
ministri del papa. Fu spedito il marchese di
Pescara con dieci mila fanti e cinquecento ca-
valli dietro a' Franzesi , ritirati a Como; ma il
Lautrec, lasciato ivi un presidio sufficiente,
s' incamminò col resto de' suoi verso Cremona.
Intese bensì per istrada che anche quella città
aveva alzate le bandiere Sforzesche ; tuttavia
perchè si tenea forte la cittadella , v' entrò e
ricuperò la città, con fare il miracolo di non
inferire alcun male a que' cittadini. Piantate in-
tanto dal marchese di Pescara le batterie con-
tro la città di Como, poco siette quel popolo
a capitolar la resa con patto che fossero salve
le persone e robe tanto de gii abitanti che de i
Franzesi. Ma entrati gli Spagnuoli , misero a
.■^acco r infelice città , con grande infamia del
marchese . il quale poi col tempo fu chiamato
248 ANNAM d' ITAMA
a duello, come colpevole di questo sfregio fatto
alla pubblica fede. li) una paiola , a risers'a di
Cremona, d'Alessandria, del castello di Milano
e di qualche altra fortezza, il resto dello Slato
di Milano venne in potere di Francesco Sfor-
za, non senza giave affanno de' Veneziani , che
oltre air aver perduto il loro esercito , resta-
vano per cagion della lor lega col re Cristia-
nissimo esposti ad evidenti pericoli. Ma non
era da paragonar la cattiva lor positura con
quella di Alfonso duca di Ferrara, giacché egli
dopo la caduta de' Frauzesi non vedea più ma-
niera di salvarsi in mezzo a queste vicende.
Alla sempre vigorosa brama di papa Leone di
torgli Ferrara , si era aggiunto uno straordi-
nario sdegno, |icr aver egli frastornato dianzi
r acquisto di Parma. S' era il duca ritirato a
casa , dappoiché fu venuta sul Reggiano 1' ar-
mata collegata , e poco stette a provar gli
effetti della collera ponlitiziii. V'cimcro l'armi
d' esso papa al Finale e a San Felice, e riacqui-
starono quelle terre. Presero anche il Bonde-
wo , con tagliare a pezzi il presidio , e dare il
sacco a quel luogo. Dall' altra parte verso la
Romagna occuparono altri ministri del ponte-
lìce Lugo , B.ignaca\a'lo. con altre terre del
duca , e poscia Cento e la Pieve. Furono an-
che mossi i Fiori'iilini nd iiMp;i(lioiiirsi della
provincia della Garfagnana di là dall Apeniti-
no , com|M)sta di circa novanta comunità, clie
s'era fin «[ui manteriiit;i fedele al duca : e riuscì
ancora al rinicciardiiio di ridurre ali ubbidienza
di Modena la picciola proviiK^'a del Frignano,
finora costante nella lede verso il duca. Ma
ANNO MnXXT ^4f)
lìh pur questo hastò a papa Leone. Piilìlilicò
egli allora un fierissinio nioiuloiio centra d' xAl-
fonso , (licliiarandolo ribello , colle Crangie di
altri titoli obbrobriosi , e mellciido l' interdetto
alla città di Ferrara , per aver egli occupalo le
terre del Finale o San Felice spettanti alla
Chiesa Romana; quasi che avessero i poni elìci
acquistata indulgenza plenaria in ispogliar quel
duca delle imperiali citlà di Modena e Reggio;
e fosse poi enorme delitto , s' egli tentava di
ripigliare il suo , cioè terre a lui indebitamente
tolte , e delle quali era investito da gì' impe-
radoii, Tuttocliè sentisse il duca il soverchio
abbassamento de' suoi affari ; pure irritato al
maggior segno dal veder ailoperate centra di
sé anche Y armi spirituali, non potè contenersi
dal mettere fuori colla stampa un manifesto ,
in cui palesò al mondo gli oltraggi , le insidie
e le mancanze di li:'de di papa Leone X per
conto suo , e privo affililo di giustizia il pro-
cedere della corte di Roma centra di lui. E
perciocché sapea essere stabilito nella lega del
papa coir imperadore , che cacciali i Franzesì
da Milano, si avessero a volgere l'armi sopra
Ferrara, senza né pure aspettare d' aver prese
tutte le fortezze di quello Stato: da uomo forte
5Ì accinse a ben munire e provveder di vetto-
vaglie quella città. Prese anche al suo soldo
quattro mila Tedeschi , ed accrebbe le milizie
italiane, risoluto di vendere caro la propria
rovina , giai che aspettava a momenti 1' anni
imperiali e penlilizie alle mura di Ferrara.
Certamente non fu mai la nobilissima casa di
Este in tanto jpericolo di naufragio , conio in
200 ANNÀIil u' ITALIA
questo brullo frangente. Ma chi con segrete
ruote regola il mondo tulio , eccoti che , cori
fiir nascere una inaspettata scena, fece non poco
can sciare aspetto alle cose d'Italia.
Per quanto s' ha da i Giornali di Paris dei
Grassi , cerimoniere del papa , riferiti dal Ri-
naldi (i)j^ P^'" quello che attestano altri scrit-
tori (2), non si può esprimere, qual allegrezza
provasse papa Leone all' avviso della presa di
Milano, e di mano in mano alle nuove df i
susseguenti acquisti. Non capiva in sé per la
gioia d' aver depressi i Franzesi , e mirava con
gaudio inesplicabile la già fatta ricuperazione
di Parma e Piacenza , parendogli oramai di no/i
♦ ssere da meno di papa Giulio II. Ordinò per-
tanto che si facessero gran feste in Roma , e
venne apposta dalla Malliana in quella città
per deliziarsi ne i viva del popolo. Ma che^
Nel dì 25 di novembre cominciò a declinarla
sua allegria per qualche incomodo di salute, e
nel dì primo di dicembre improvvisamente ,
senza né pin-e poter ricevere i sacramenti della
Chiesa , diede fine al suo vivere in età di soli
quarantasei anni. Lunga disputa fu fra i me-
dici s'egli fosse moito di veleno, per varj se-
gnali osservati nel suo cadavcro , e pi-r altri
molivi addotti dal Grassi e dal Guicciardino.
Già abbiam «letto che una fìstola nelle parti
inferiori gli ficea guerra. Bastò ben questa ad
abbreviargli la vita. Ma perchè chi è morto,
jmlla più cura lo cose mondane , nò pure altri
(1) RaynaUlus A unni. Eccles.
{■») Guiccitirdino. Pauviiiio. Anonimo Padovano. Giovio.
AXNO MDXXI 25r
si curò dì procpiiere olire in cpiesta ricerca. E
così tt'rniinarono i disegni e le glorie di papa
Leone X , il quale , per attestalo del mede-
simo Guiceiardino , ingannò assai 1' espetta-
zione che s' ebbe di Ini , quando fu assunto
al pontificato. Pircioccliè se alcuno avesse po-
tuto giovare alla Chiesa di Dio , certo si dovea
sperare da lui : principe di mirabile ingegno ,
desideroso di cose grandi , dotato di non \ ol-
gare eloquenza , e prima del pontificato amante
della giustizia. Non gli mancava buon fondo di
religione e pietà. Ma trascurando egli ciò che
avea da essere il principal suo mestiere , tutto
si diede a farla da priruipe secolare, con corte
oltremodo magnifica , con attendere continua-
mente a i passatempi , alle caccie , a i convi-
ti , alle musiche , e ad accrescere il lusso de i
Romani in forma eccessiva. Il Giovio tenendo
davanti a gli occhi il iletfo di Tacito lib. Ili,
cap. 65 de gli Annali: Picecipuiim muniis An-
iiaìium renr , ne virtutes sdtaniw, neque pva-
\>is dhtii facdsque ex posteiitale et infamia
metits sii: ben dipinse non men le sue lode-
voli che biasimevoli qualità. Certamente fu egli
con ragion celebrato per aver promosso il ri-
sorgimento delle lettere. Certo è ancora che
non godè mai sì bel tempo Roma cristiana che
sotto questo pontefice, ma con peggiorarne i
costumi, essendosi an(-he inventate o praticate
manieri! poco lodevoli di cavar danaro, per
soddisfare alla prodigalità di esso papa , per
far fabbriche suntuose , e spezialmente per
suscitare e sostener guerre , quasiché possa es-
sere glorioso uè' principi ecclesiastici quiilo
sSa AICNAT-I n' ITA MA
cVie sovente è detestabile anche ne" principi se-
colari. Né solamente immenso danaro della
Chiesa fu impiegato in quelle scomunicate guer-
re , onde restò esausto 1' erario pontifizio ; si
trovarono eziandio impegnate da papa Leone
le gioie ed altre cose preziose del tesoro della
Chiesa Romana , oltre ad altri grossi debiti che
egli lasciò , a pagare i fruiti de' quali ogni anno
la camera pontifizia spendeva quaranta mila
ducati d' oro. E tutto questo per accrescere
alla Chiesa suddetta un dubbioso patrimonio ,
che a' di nostri si è veduto a lei tolto; quando
nel tempo stesso sguazzava e si dilatava 1' ere-
sia di Lutero ; e il fier Solimano imperador
«le' Tun;hi , scorgendo immersi in tante guerre
i monarchi cristiani , formò 1' assedio di Bel-
grado , baluardo della Cristianità in Ungheria,
e se ne impadronì : dal che poi venne la ro-
vina di quel vasto regno, e un'altra gran piaga
al Cristianesimo. Scrisse bensì il giovinetto re
d' Ungheria Lodovico calde lettere all' impera-
dore , al papa e a gli altri principi cristiani,
implorando aiuto in sì gran bisogno ; ma non
trovò altro che com|)atimenlo alle sue disgra-
zie. Mi sia lecilo il rappoilare all' anno se-
guente alcuni fatti accaduti sul fine del pre-
sente. Qui solamente ricorderò che nei di 3 2
di giugno verme a morte Leonardo Loredano
doge di Venezia , la cui prudenza , in tempi
tanto <lisastrosi a ([nella repubblica , venne som-
mamente cominentlala. l'u a lui successore iu
fjuella dignità Antonio Grimani.
ANMO MTXXn 253
Anno di Cristo 1022. Indizione X.
di Adriano M papa i.
di Carlo \ impeimlore 4-
Appena restò vacante per la morte di papa
Leone X la sedia di san Pietro , che Alfonso
duca di Ferrara, liberato da chi cotanto il
pt^rseguitava , non sì potè contenere dal far
battere monete d argento, nel cui rovescio si
mostrava un uomo che traeva dalle branche
d'un leone un agnello, col motto preso dal
primo libro , capitolo diciasettesimo , versicolo
trentasette de i Re : de makv ieokis. Poscia
uscito in campagna colle sue genti , riacquistò
il Bondcno , il Finale , San Felice , le monta-
gne del -Modenese e la Garfagnana. Similmente
riiuperò Lugo , Bagnacavalio, ed altre sue terre
della Romagnola. Ma non potè aver Cento , difeso
da' Bolognesi , sotto cui s'era portato colle ar-
tiglierie , perchè all' avviso di un gagliardo soc-
corso che veniva da Modena , giudicò meglio
di ritirarsi. Anche il signor di Lautrec , rin-
serrato prima co suoi Franzesi in Cremona,
preso animo dalla n)orte del papa , la quale
avea fatto sbandare 1" esercito collegato , fece
un tentativo contro di Parma. Ebbe in suo
potere il Codiponte ; diede anche più d' un
assalto alla città , ma ne fu ripulsato ; e però
abbandonò l' impresa. Si gloria il Guicciardino
d' essere colla sua intrepidezza slato cagione
che si sostenesse quella citta. Quel nondimeno
che fece pivi strepito , dappoiché il papa ces>ò
di vivere, fu la risoluzion presa da Francesco
354 ANNALI T>' ITALIA
Mniia della Rovere , già duca d' Urbino , di
ricuperare i suoi Slati. Stava egli in Mantova ,
aspettando tutto dì che spirasse qualciie buon
vento ; e questo , quando men si credeva , ar-
rivò. Unitosi dunque con Malatesta ed Orazio
Buglione, già cacciati da Perugia , e messi in-
sieme quattro mila fanti e due mila cavalli ( il
Guicciardino scrive meno), ed ottenuti dal
duca di Ferrara sette pezzi d' aitiglieria , senza
ostacolo arrivò nel ducato d' Urbino. 11 desi-
deravano e l' attendeano a man giunte quei
popoli , perchè V amavano a dismisura pel suo
grazioso governo. In quattro giorni si vide
tornare alla sua ubbidienza ogni terra di quel
ducato. Passò dipoi a Pesaro , e s' impadronì
di quella citlà, e da lì a poclii giorni anche
della rocca. In (juel calore di fortuna gli riuscì
parimente di cacciar fiiori di Camerino Gio-
van-Matteo da \arano , signore o sia duca di ,
quella città , con introdurvi Sigismondo della
stessa famiglia , che j)r"tendea d' avervi miglior
ragione , ma che non potè aver la rocca. Sul
principio poi del presente amio coli' esercito
suo, accrcsciulo da molti volontarj , andò il
duca d'Urbino a mettere il campo a Perugia,
od impadronitosi d' un borgo, cominciò tosto
a dar ila j)iù parli 1' assalto alle mura. Dentro
v'era alla difesa Vitello Vitelli, inviato da i
Fiorentini con due njila fanti ed alcune squa-
dre di cavalli alla difesa di quella citlà , unito
con Gentile Baglione, messo ivi da papa Leone
dopo la morte di Gian-l'aolo. Si avvilirono
questi difensori per timore del popolo , e la
notte si ritirarono, lasciando che colà facessero
r culrala Malalcsla ed Orazio Daglioui.
A^•^•o MDXXii 255
Mentre succedcano tali scene , sorse la di-
scordia nel conclave fia i cardinali ivi racchiudi
per ] ihzione del nuovo j3oritcfice. Comune-
mente si ciedea che Giulio cardinal de' Medi-
ci , dopo avere noli' anno addietro esercitato il
suo spiiilo in affari di guerra nel felice eser-
cito de' collegati , avesse ancora a riportar vit-
toria in questo cimento , atteso il credito suo,
la sua opulenza e 1' aderenza di moltissimi
porporati, creature di papa Leone suo cugino.
Ma i vecchi che credeano dovuto alla loro età
il pontificato, più che a Giulio , il quale non
contava se non 45 anni d'età , e il partilo
franzese, dì cui si fece capo il cardinal Sode-
rino, fecero abortir que' disegni. Però giacché
uè pure a lui piaceva che andassero innanzi i
suoi competitori , gli cadde in mente , o gli fu
suggerito di proporre pel pontificato il cardi-
nale Adriano vescovo di Tortosa , nato di bassi
parenti nella città di Utiect in Fiandra , ma
che per le sue rare virtù e pel suo sapere era
giunto ad essere maestro dellAugusto Carlo \ ,
ed avea conseguita la porj)ora cardinalizia nel-
l'anno 1017. Dio benedisse la proposizion sud-
detta; e quantunque Adriano non avesse mai ve-
duta Italia , né fosse pei sonalmente conosciuto
uni sacro collegio , pure alla fama del raro suo
merito si accordarono tutti ad eleggerlo nel di 9
di gennaio del presente anno. Trovavasi egli
allora in Brescia ad esercitare 1' impiego a lui
appoggiato da esso Augusto di governatore e
visitatore de i regni di Spagna. Porlalagli que-
sta nuova , per essere aflàlto ina>pettata , riu-
scì a lui maravigliosa : pure accettò la gran
a'ì6 ANNALI d' ITAUA
dignità , e ritenuto il proprio nome , sì fece
chiamare Adriano VI. Siccome uomo prutleu-
le , non mostrò s<'gno alcuno d' allegrezza , ma
solamente rivolto a Dio , il pregò , che giacché
gli a\ ea voluto imporre questo peso , gli cou-
tiihuisse anche forze per sostenerlo in utilità
della Chiesa e della repuhhlica cristiarìa. Quanto
a i Romani , scaricarono la lor ìnìe in loqua-
cità e villanie centra de' cardinali , perchè aves-
sero eletto uno straniero, con pericolo che si
tornasse a veder la brutta scena della sedia di
san Pieti o trasportala di là da' monti. Peggio
sparlarono da 11 innanzi , perchè mancata la
spìi'iiilida corte di papa Leone X, e i cardi-
nali usciti lun dietro l'altro fuori di Roma,
erano cessati con ciò i grossi guadagni de i
mercatanti e del popolo , e cresciute le prepo-
tenze! e le ingiustizie in essa città. Per questo
non si sentiva altro clie benedizioni alla me-
moria di Leone , e njaledizioni allo slato pre-
sente, stante 1' aver lartlato più mesi il novello
papa a comparire iu Roma. Kra in questi tempi
passato il duca d' Urbino alla volta di Siena ,
ilesideroso di far mutare il governo in quella
città. Mandarono a tempo i Kiorentini colà un
rinforzo di gente , che temie in dovere il po-
polo: e perchè essi fecero anche venire di
Lombardia Giovanni de' Medici con un corpo
tli Svizzeri preso al loro soldo, il duca giu-
dicò meglio di ritirarsi , e passò poi nel Mon-
ti feltro , che tornò tutto alla sua divozione,
fuorché la (iìrlezza di San Li'o e la rocca di
Maiuolo. In Lombardia l^ospero Colonna, ge-
nerale dell' armi cesaree in Milano , niuua
ANNO MDXKII aS^
diligenza e precauzione oiumctteva per preniu-
uìrii contro i teulalivi de' Franzesi , i quali si
sapea che oltre ad altra gente aveano adunalo
un grosso corpo di Svizzeri. 11 Guicciardino
scrive essere stati da dieci mila ; rAnoiiimo
Pa<lovano li fa ascendere a quattordici mila,
e il Giovio sino a diciotto mila. Gran riputa-
zione s'acquistò egli coli' aver fatto un mirabil
trincieramento , f;uernito d' artiglierie , fuori
della città di .Milano inlorno al castello , ac-
cioccliè venendo i Franzesi , non potessero ac-
costarsi a quella fortezza. Al pari di lui Giro-
lamo Morone luogotenente del duca fece il
maggior preparamento che potè per la difesa ;
né solamente egli con lettere finte, con amba-
sciate false e colla sua eloquenza infiammò
l'odio di quella nobiltà contro i Franzesi; ma
eccitò anche il popolo ali" abborrimenlo di
quella nazione per mezzo di Irate Andrea da
Ferrara dell'ordine di santo Agostino, il quale
predicando con gran concorso di gente , disse
quanto mai seppe in discretlito de Franzesi , e
in commendazione del principe proprio, cioè
del duca Francesco Sfijrza, sollecitando ognuno
a difendere colle facoltà e col sangue la salute
della patria. Con queste arti il Alorone trasse
da' .Milanesi tanto danaro , che potè assoldar
quattro mila fanti tedeschi, i quali da Trento
vennero a .Milano. -Nel qual tempo anche l' im-
peradore era dietro ad arrolare altri sei mila
fanti della medesima nazione , yter inviarli colà.
Né questo bastò al Colonna e al Morone. Da
ohe videro .sì ben accesi gli animi di quel
popolo , ne spedirono otto mila armati ad
MuiUTOui. Aim. Fol. XIV, 17
j5S ANNALI lì' ITALIA
Alessandria, che per opera de' cittadini Guelfi
s' era data a i Franzcsi. Tanto il presidio di
quella città , quanto s^li stessi abitanti , al sen-
tire che uè Spagriuoli né Tedeschi erano con
quella gente, baldanzosamente usciti fuor d'una
porta , attacc:irono battaglia. Toccò ad essi di
voltar le spalle, e si disordinatamente cerca-
rono di salvarsi nella città , che mischiati con
loro anche i IMilanesi v' entrarono. Fu ivi gran
moitalilà , finché i lautori de' Franzesi se ne
fuggirono fuori per un'altra porta , lasciiiiido
la città in poter de' vincitori, i quali non di-
menticarono di darle il sacco. lia lì a pochi
giorni anche Asti venne alle lor mani: perdite
che sconcertarono di molto gì' interessi de i
Franzesi , pc^rcliè restò loro tagliata la comu-
uicazione con Genova , e tutto il di qua da Po
tornò aHuiibidieii/a di Milano..
Per calare in Lonibanlia altro non mancava
a Renato bastardo di Savoia , gran maestro di
Plancia , e a Galeazzo da San Severino grande
scudiere di Francia, inviati dal re Francesco I
alla condotta de gli Svizzeri , già rannali in
*uo favore , se non che dessero loro licenza di
passare lo alte nevi delle montagne di San
Bernardo e di San Gottardo. Più volte fecero
le s[)ianalc ; ma indiscreta neve di nuovo ca-
dendo , tornava a cliiudere i passi, i' inahnente
vennero in Lomhaidia , e andarono ail unirsi
col signor di Lautrec , il quale sulla speranza
di qneslo riiif(>r/o già era uscito vigoroso ia
campagna smI principio di marzo. Con esso lui
si congiunsero ancora 1 armi de' N ene/.iani , cou-
ùblcati ili (jiialUuccnlo laiicie , luillu cavuUi
leg2;ieri e cinrfiie mila fanti sotto il comando
di Teodoro Trivulzio e di Andrea Grilli. La
fantasia delle genti , che amulifica sempre gli
eserciti, slimò che questa arm:»ta ascendesse
a sessanta mila combattenti, ma era molto
meno. Ora il valoroso e saggio Prospero Co-
lonna generale della lega , per non sapere qnal
disegno avessero formato i nemici , inviò Fi-
lippo Torniello a Novara , monsignore Visconte
ad Alessandria , Antonio da Leva a Pavia, e
Federigo marchese di Mantova a Piacenza ,
con sufficienti guarnigioni alla guardia di quelle
città, restando egli in Milano con settecento
uomini d'arme, settecento cavalli leggieri e do-
dici mila fanti. Passò 1' esercito fianzese in vi-
cinanza di Milano verso ponente , mostrando
vo£;lia di assalire i maravigliosi trincieramenti ,
cioè argini e fosse fatte dal Colonna intorno
il castello: nella quale occasione inoltratosi
tropjK) ad ispiar que' forti ripari Marco Anto-
nio Colonna, già prigione in Francia, ed ora
militante nell'esercito Iranzese, un colpo di
colubrina della città gli portò via le natiche ,
per cui da lì a poche ore Jiiorì. Scrive il Gio-
vio , essere slato lo stesso Prospero Colonna
che indirizzò quella colubrina , e saputo dipoi
di avere ucciso il proprio nipote, ne provò un
sommo affanno. Con esso Marco Antonio restò
ancora colpito ed ucciso Camillo Trivulzio ,
giovane di gran cuore ed cspettazione. All' ac-
costarsi de Franzesi a quelrincieramenli , si
diede tosto campana a martello per tutto Mi-
lano ; e chiunque era atto all' anni animosa-
mente accorse a i luoghi che dianzi gli erano
aGo AKNAT.t d' ITALIA
Stali assegnati. Dicono die circa sessanta mila
tiersonc fossero questi difensori , computate le
milizie pagate. Ciò rapportato da i diseriori al
Lautreo , il f|iiale s' era vananienle lusii)g:Uo
che il popolo di Milano per timore del sacco
6Ì solleverebbe , o manderebbe a capitolare ;
siccouic aurora la relazion de gf ingegneri che
aveano trovati insupeiabili qne' ripari ; cagioii
furono ch'egli col consiglio de' maggiori uliziah
deponesse il pensiero eh sacrificar quivi parte
delle sue genti. Riliiossi per questo ad un luo-
go , cinque miglia distante da Milano verso
Pavia, da dove fece dipoi continue scorrerie
verso la città, e stava attento per impedire il
passaggio del duca Francesco a Milano. Impe-
rocché ima delle maggiori prenune del Colonna
e del Morone era slata che esso Francesco
Sforza duca, dimorante in Trento, sen venisse
a Mdatio, per accrescere il coraggio a quel
po[)olo ; e tanto più perchè egli avea seco sei
mila (ìinti tedeschi , i quali avrebbero data la
vita all'esercito loro. Per mancanza di ilanaro
non si potè egli mettere sì presto in viaggio.
Ma sovvenuto con nove mila ducati d' oro tlal
cardinal de" Medici, allora si mosse, e passato
il Po a Casal [Maggiore , giunse a l'iacenza , da
dove poi Federigo marchese di Mantova con
trecento uomini d' arme lo scortò sino a Pavia
circa la mela di niaizo. Intanto il signor tlello
Scudo, fratello del Lauirec , giunto a Genova
con tre mila fanti guasconi , calò in Lombar-
dia ; ed avvisatone il Lauirec , speilì ail unirsi
ficco Federigo Conzaga signor di l'ozzolo toii
ciiKjuccculu cavalli u sci mila lauti. Questo
ANKO MDXxn aoi
corpo di gente marciò a Vigevano y e senza
fatica se ne impadronì. Andosscne di[>oi Io
Scudo a Novara, dove tuttavia il castello si te-
nea per li Frauzesi ; e tratti di là alquanti
pezzi d' artiglieria , coiniuciò a bersai^liare la
città. Dentro v'era Filippo Torniello con due
mila fanti , che fece buona difesa ; ma al terzo
assalto , essendo uscita alla dif'sa anche la
guarnigion del castello, v entrarono i Frauze-
si , che misero a fil eli spada la maggior parte
di que fanti, fecero jiri^ione il Torniello con
altri nfiziali e cittadini , e poi diedero il sacco
all' infelice città , non senza biasimo del Co-
lomia e tlel marchese di Mantova , per non
averle dato soccorso.
Mentre ciò si facea , il duca Francesco Sfor-
za, accompagnalo da Antonio da Leva, segre-
tamente uscito di Pavia , per una via fuor di
mano s' inviò alla volta di Milano , ed accollo
a Sesto da Prospero Colonna , entrò in quella
città , dove con incredibil giubilo e segni d' amore
fu ricevuto dal popolo. .Ora da che il Lauireo
vide fallito il suo disegno , sapendo che in Pa-
via non era restato che lo scarso presidio di
trecento cavalli e due mila fanti col marchese
di Mantova , andò tosto a mettere il cnm})0
ad essa città , e tardò poco a batterla colle ar-
tiglierie. Fece sapere il marchese al Colonna
il bisogno d' aiuto ; laonde questi uscì di Mi-
lano con tutto r esercito , e andò fino a Bi-
nasco , mostrando di voler venire ad un fatto
d' armi. Nulla più che questo sospirava il Lau-
trec; ma il saggio Colonna aveva altro in cuo-
re , e stando in uu forte alloggiamento j si
262 ANNALI d' ita ha
contentava dì solanieiile in([uietare il campo
Tuiiiico. Poscia lina notte spedì Francesco Fer-
diiiamlo d'Avalos niarcliese di Pescara con due
grossi squadroni di cavalleria ad assaltare i
Franzesi. Urtò il prode cavaliere in due sili
con tal empito nel loro campo, che credendo
essi Franzesi venir loro addosso tulle le forze
de' Cesarei , poco mancò che non si mettes-
sero in fuga. Montato a cavallo il Lautrec con
gli altri cajiilani , li trattenne ed incoraggi : nel
qual U'Hipo avendo il Colonna drizzati due mila
fanti spagnuoli e mille Corsi verso Pavia , que-
sti per un' altra porla entrarono in essa città,
raccolti con gian giubilo dal (Gonzaga. Così
racconta questo fatto 1' Anonimo Padovano ;
laddove il (niicciardino scrive che sul princi-
pio dell" assedio il Colonna inviò colà mille
fanti Corsi e alcuni Spagnuoli, che menando
le mani , e passando per gli allogi^iameuti de i
Franzesi , penetrarono in Pavia. Il Giovio parla
solamente di due conq>agnie di Spagnuoli e
due d' Italiani , che parlando franzese co' Ve-
neziani , e veneziano co Franzesi, solamente
sul fine ebbero da menare le mani, ed entra-
rono in Pavia. IMa altro che di sì poca gente
abbisognava allora quella città. Fu inseguito il
marchese di Pescara da i Franzesi ; e gli sa-
rebbe forse avvenuto del male, se non fossero
slati spediti in suo soccorso dal Colonna ciii-
quecerito cavalli , co' ([uali arrivò salvo a Bi-
nasco. Soccorsa in fai guisa Pavia , si ritirò poi
queir eseiclto a Milano. Dolente l'estò ])er que-
sto il Lautrec; ma ciò non ostante, ancorché
in essa città si trovasse allora un sì gagliardo
ANNO MDXXTl 2^3
presidio, pure coni io il parare rlH provvedilor
veneto, e eli quasi tutti i capitani franzcsi ed
italiani , noti d' altro parlava che di venire al-
l'assalto. Forse l'avrebbe fatto, se nel più
bello una pio[;gia , clic durò sei p'orni , con
impedire il trasporlo delle vettovaglie , e 1' es-
sere tornato il Colonna a Binasco , con avan-
zarsi di poi sino all' insigne Certosa di Pavia
per frastornare il tentativo de' Fratizesi , non
gli avessero in fine fatto prendere la risolu-
zione di ritirarsi a Luuliiano, dove seguì una
terribile zuffa colla ])eggio de' suoi. E tanto più
si vide egli necessitato a battere la ritirata ,
perchè non avendo con che pagare gli Svizze-
ri , mentre era ben giunto ad Arona danaro di
Francia , ina non potea passare , coloro tu-
multuavano per tornare a casa. Ridottosi dun-
que il Lautrec a Monza, e inteso die Prospero
Colonna era giunto col suo esercito a Sesto ,
cinque miglia lungi da lui , non si attentò a
continuare la marcia fino a Cremona, secon-
dochè avea disegnato. O sia , eh' egli non tro-
vando altro ripiego per fermare gli Svizzeri
eh' erano sulle mosse , prendesse la risoluzione
di far giornata campale , ed animasse lutto il
suo campo a questo marziale azzardo ; o pure,
come comunemente fu credulo , che gli Sviz-
zeri si esibissero di venire a battaglia , tenen-
dosi sicuri della vittoria, con gridar più volte:
O jMgn , o battaglia, altrimenti minai ciavano
d' andarsene : la verità si è , che il Lautrec si
preparò per andare ad assalir 1' armala nomi-
ci. Avea il Colonnese ritirata da Pavia buona
parte di quel presidio , e cerlitìcato dalle spie
2^4 ANNAM d' ITALIA
del riisegno de" Frar.zesi , attese a propararsi
per hru riceverli. At'occliiato in questo mentre
un liiotjo, appellato la Bicocca, tre n.iglia lungi
da Milano ; circondato da fosse profonde, da
argini e canali d' ;ic([iia , colà come in sito
fortissimo andò a postarsi. Fece venir da Mi-
lano tre mila fanli italiani , e ^ran copia di
guastatori , clie accrebbero quelle fortificazioni.
Lo stesso duca Francesco con mille e cinque-
cento cavalli in persona accorse colà , accom-
pagnato da alcune migliaia di Milanesi volon-
tarj , armali tutti di arclnbusi , ed anche di
coraggio.
^'enuto il giorno 22 di aprile, si mosse il
Lautrec verso la Bicocca , e scontrato Stefano
Colonna che veniva con cinquecento cavalli a
spiare i suoi andamenti , il mise in rolla ,
prendendo questo buon [)rincipio per augurio
di vittoria. Assaltarono da più parti gli Sviz-
zeri e Franzesi il campo imperiale, con lilro-
var daperlutto insupeiabìli fosse, colpi di can-
none e di moschetleria. Più volte tentarono i
feroci Svi/zeri di superar quegli argini e fosse,
andando colla testa bassa lonlro le cannonale;
ma altro non guadagnarono se non morti e fe-
rite. Perciò il Lauticc , chiarito di non poter
vincere la pugna , pien «li mala voglia e di
vert;ogna riliratosi , levò il campo e rilirossi
a Monza , seguitato da gli Svizzeri , restati
in vita , i (juali llagellali dalla memoria di
questo sinistro fatto , per più tempo non
osarono di far delle Miiargia.ssate. Si fece
conto che circa tre mila d e.ssi con venti-
due lor cajìitani restassero freddi mi campo
ANNO MDXXIl ' 265
tìella bnltaglia. V'ha chi scrive, esseni morti
quasi altietlaiili Fiaiizpsì. Passato che fu il
Lautrec di là dall' Adda , lasciò andare pel
Bergamasco gli Svizzeri alle lor montagne; ed
egli dopo aver invialo alla guardia di Lodi Fe-
derigo da Bozzolo, e il Buonavalle Franzese
con sufliciente guarnigione , e racconiandiita
allo Scudo suo hatelio la custodia di Cremo-
na , passò dipoi in Francia a ragguagliare il re
di tante sue disavventure. Avrebbono il duca
di Milano e Prospero Colonna saputo profittar
del disordine de' nemici , se non l'ossero stati
ritenuti più giorni da una solle\azion di Te-
deschi , i quali pretendendo un mese di paga
a titolo di regalo per la riportala vittoria,
aveano già prese le artiglierie, e minacciavano
di voltarle centra de' capitani. Bisognò in fine
dopo molte dispule capitolare , con prometter
loro sessanta mila ducati d' oro in termine di
un mese, e dar loro ostaggi per questo. Grandi
diilicidtà si trovarono poi a raunar tanta pe-
cunia : pure fu soddisfatto al bisogno. Quetato
quel pericoloso rumore , fu spedilo il mar-
chese di Pescara colla fanteria spagnuola a Lo-
di , dove non era per anche entrato tutto il
corpo di gente inviatovi dal Lautrec. Impadro-
nitosi egli con gran celerilà di un borgo , tal
terrore tiiede a i Franzesi , che abbandonata
la citlà corsero a ripassar l' Adda pel ponte.
^ ' entrarono poi gli Spagnuoli , e senza mise-
ricordia diedero il sacco non solo a quanti ca-
valli, armi e bagaglio vaveano la.scialo i Fran-
zesi, ma anche alia misera cittadinanza. Passato
di là il marchese a Pizzighiltone , e piaulale
9.66 A??XAU n' ITALIA
le arliglierie, forzò quel presidio alla rosn.
Andò poscia Prospero Colonna con tutta la sua
armata a stringere d' assedio la detta cillà di
Ci emona. Lo Scudo e Federigo da Bozzolo ,
tuttoché si trovassero assai forti di gente, pure
al mirarsi senza speranza di soccorso , intavo-
larono tosto un trattalo, che fu sottoscritto nel
dì 36 di maggio , in cui si obbligarono i Fran-
zesi di rendere quella città , ed ogni altra for-
tézza nello Stato di Milano , a risena de i
castelli di Milano, Cremona e Novara, se in
termine di quaranta giorni non veniva Hii eser-
cito di Francia capace di passare il Po , o di
espugnare una città di quei ducato : e che fosse
loro lecito di passare in Francia a bandiere
spiegate con tutti i lor carriaggi ed arliglierie.
Furono dati gli ostaggi per 1' esecuzion del
trattato.
L' indefesso Colonna , giacché il ferro era
caldo , non perde tempo a batterlo. Imper-
ciotrliè mise tosto in marcia 1' esercito alla
volta di Genova, con pensiero di snidare an-
che di là i Fran/esi. Seco si unì il duca di
Milano con Girolamo ed Antoiiiolto fatelli
Adorni , fuoruscili di Genova. Arri\ati che fu-
rono .sotto qui Ha nobil cillà , s' accamparono
intorno ad essa in varj siti , con disporre ben
tosto le arliglierie ronlro le nlura. 11 doge o
sia governatore Ollaviano Fregoso , uomo di
gran vaglia ed universamente amato per 1' ot-
timo suo governo, avea già presi circa quattro
mila Tanti ilaliani al suo .servigio. Ben jìreve-
dendo che anche so|>ra di lui e della cillà si
(iovea scaricar la leuipcsla, dianzi con più
ANNO MDXXn 267
lettere avea cliiesto soccorso al re Crislianissiino,
il quale , ginccliè non avicbborio potuto giu-
gnere a tempo quattordici mila fanti e cinque-
cento lancie inviate verso 1' Italia per terra ,
spedì a Genova per mare Pietro Navarro , ce-
lebre capitano da noi altrove vi'dulo , con quat-
tro g;alee e due mila fanti imbarcati in altri
legni. Giunse il Na vano colà due dì prima del-
l' arrivo dell armata inqieriale. Ora il duca e
il Colonna appena arrivati (i), per un araldo
f cero intendere a i Genovesi , clie se conge-
dassero il presidio Franzese , e ricevessero un
altro doge, si conserverebbe loro la libertà;
se no , si aspettassero tutti i malori di una
città presa per forza. Non mancavano partigiani
a i suddetti Adorni ; ma per paura del presi-
dio ninno ardiva di muoversi , e il Fregoso fa-
cea sperar vicino un più gagliardo soccorso di
Franzcsi. Pertanto vergendo il Colonna persi-
stere quel popolo nell' union co' Franzesi , co-
mandò die le artiglierie parlassero più eflica-
ceniente dell araldo. Riuscì al marcliese di
Pescara in poclie ore di diroccar le mura d' una
torre : il che veduto dal Fregoso , si avvisò di
trattar di accordo , sperando di menar la cosa
tanto in lungo , che sopravenisse il non molto
lontano soccorso de' IVanzesi. Ma mentre si
facea questo negoziato nel dì 3o di maggio, ed
era come accordato tutto, il marchese di PescEh-
ra , che avea promesso il sacco della città a i
suoi fanti spagnuoli ed italiani, diede l'assalto
(i) Agostino fiiustitiiano. riiiicciardino. Anonimo Pn«
dovano. Pietro Messia . ed altri.
a68 ANN-AI.I Vi' IT^T.tA
alla breccia fatta , e v' entrò verso la noUe
colla sua gente, la qnal subito s'applicò al
saccheggio. Ciò inteso dal resto dell' annata,
non si potè ritenere clic anch' essa non cor-
resse alla preda. Entrarono quella notte il duca
e il Colonna nella misera città; ma né essi né
i fratelli Adorni poterono punto trattenere la
sfrenata soldatesca dal continuare il sacco per
tutta quella notte e nel seguente giorno. E
sicforae essa città era delle più ricche il' Italia,
cosi immenso fu il bottino. Dicono che fu salvo
r onor delle donne , e che s' ebbe un medio-
cre rispetto alle chiese. Certo è che fu salvata
la sagristia di San Lorenzo, dove si conserva
il catino di smeraldo d' impareggiabil prezzo,
con aver gnad;ignato un capitano tedesco , il
quale già ne sfondava le poite , mediante lo
sborso ili mille ducali d' oro. Restò in così
fiera disavventura prigione Pietro Navarro eoa
altri capitani fiaiizesi ; ed Ottaviano Fregoso ,
perchè non potè o non volle fuggire, si rendè
al marchese di Pescara , presso il quale dice
il (^luicciardino che egli morì non molli mesi
dapnoi. Ma 1' Anonimo Padovano scrive , essersi
il Fregoso da 11 a qualche tempo riscattato collo
sborso di qnin liei mila ducali d'oro. Fu poi
creato doge ili Genova Anfoniotto Adorno.
Qiir-sti avendo fitto venire artiglierie da Pisa ,
in pochi dì si rendè padr'one anche della cit-
tadella, e di San Franc<'sco e del caslellelto,
con lasciar ripassare in Francia quelle guarni-
gioni. Marci(') dipoi il Cnlontin eolla villoriosa ar-
mala in Pieujonle , per opporsi a Koberto Scot-
to, che già avea passale 1' Alpi , conducendo
ANNO mnxxu 269
seco il suddetto corpo di milizie franzesi ; ma
egli.ilopo essersi intesi tanti pi oj^ressi dell' eser-
cito imperiale , ebbe ordine ( i fornarstne in-
dietro. Trovò esso Colonna che i maicliesi di
Monferrato e Saluzzo aveano in addietro som-
ministrati viveri ed altri aiuti a i Franzesi.
Non poteano essi far di meno: pure questo fu
un gran reato , per cui non solamente si diede
un buon rinfresco in quelle parti ali esercito
imperiale , ma si riscossero ancora grosse con-
tribuzioni di danaro, \enuto poscia il dì 4 di
luglio , in cui spirava il termine prefisso per
la resa di Cremona , il signor dello Scudo fe-
delmente consegnò quella città a i ministri
cesarei , e con tutto onore condusse aneli egli
le sue genti in Francia. Restavano tutla\ia in
poter de' Franzesi i castelli di Milano, Cre-
mona e Novara, e le rocche di Trezzo e Lec-
co. Venne poi fatto al duca di ricuperar le
due ultime e il castello di Novara , ccn 1 ima-
iiere resistenti solamente i due primi. Ciò fat-
to, furono cassate le fanterie tedesche ed ita-
liane , e il resto dlsUibuito in varj luoghi dello
Stato di Milano.
Non mancarono in quest'anno anche in To-
scana movimenti di guerra. Kenzo da Ceri ,
già incitato da' Franzesi , si mosse con cìikjuc-
cento cavalli e sette mila fanti verso Siena ,
per introdurre mutazion di go\erno in quella
città. Diedero ali armi per questo i Fiorenti-
ni ; e fitto accordo col duca d' Urbino , a cui
restituirono allora, secondo alcuni, la fortezza
di San Leo nel Molitele! Irò, ( quando il Nardi,
più informato d" essi , la riferisce ali'auuo 1^27 )
2-0 ANNAt,! d' ITALIA
presero ppr lor generale il conte Guido Ran-
gone , il quale con tal prudenza andò guastando
tutti i disegni di Renzo , che il forzò a trat-
tare un accordo, e così cessò quella briga. Pai
rimente in Romagna furono ammazzamenti e
non pochi disordini, e spezialmente venne fatto
a Sigismondo fìgHo di Pandolfo Malalesta d' in-
trodursi segretamente in Rimini, e coli' aiuto
de' suoi partigiani d' impnflronirsi di quella cit-
tà , retaggio antico de' suoi ascendenti. Proce-
deauo tuli sconcerti dalla discordia del colirgio
de' cardinali .e dalla lontauair/.a del papa. Però
essi cardinali non cessavano di replicare le
istanze , perchè il santo Padre venisse oramai
in Italia : cosa ch'egli non jiotè eseguire , per
voler prima abboccarsi coli' imperador Cailo V ^
di giorno in giorno aspettalo in Ispigua. Ma
perciocché esso Augusto troppo tardava a ve-
nire, il j)ontellce prese la risoltr/.ion di pirtir-
si : e (piantunque arrivasse poi a i hdi di Spa-
gna esso Carlo , pure Adriano si scusò, e andò
ad imbarcarsi senza vederlo ; non sussistendo
ciò che dice l'Anonimo Padovano, che per
otto giorni si tmllcniiero amcudue in Barcel-
lona in continui ragionameli! i. Il corteggio d<'l
pontefice riuscì magnifico, perchè composto di
«liciotto galie e dallri legni, di tre o quat-
tro mila sold.ili, e di gran cojiia di pn^lati e
ntbillà. Si mo.sse nel dì 6 di agosto, e sbarcò
a Cenova , dove trovò quel popolo tuttavia
shalorilito e dolente per la gravissima soll'crla
burrasca. Colà si portarono il duca di Milano ,
J'rospero Colonna , il marchese dì Pescara ed
altri , a baciargli il picd'-. Nel dì aa d' ajjoslo,
ANNO MDXXII 271
se np parli, e dopo essersi iermnio due giorni
in Livorno , dove l'u onorevolmeiile accollo
dal ciirdinil Giulio de' Medici , come capo,
per non dir padrone de' Fiori iilini, si tras-
ferì a Civita \eccliia. Colà smontalo trovò
trentasette porporati che gli prestarono i do-
vuti osseqiij. Era dianzi entrala la peste in
Roma, e vi avea fatta strage di otto mila per-
sone : spettacolo, per cui , oltre a i cardinali e
primati , gi'an parte ancora del popolo era
l'uggita. Perciò tolta l'esca al malore, poclii più
oramai ne morivano. Con tulle le ragioni ad-
dotte al papa, che conveniva dill'erir 1 ingresso
suo in Roma, egli volle farlo senza dimora,
ed essere coronalo. Intorno al giorno della sua
entrata e coronazione in Roma si tniova di-
screpanza fra gli scrittoli. Ma una lettela di
Girolamo Negro (i) ci assicura che ciò avvenne
nel dì 39 d'agosto. Avendo poi quel miscuglio
di gente riaccesa più che mai la pestilenza ,
per cui mancarono di vita ci:ca altre dieci mila
persone , il pontelice non per (juesto si sbi-
gottì, e ritiratosi in Belvedere, quivi allese a
dar sosto a gli aflari di Roma. Spedì le sue
genti d'armi in Romagna, che poi ricupera-
rono Rimini dalle mani di Pandolfo Malatesla
e di Sigismondo suo figlio. Liberò eziandio
Imola, Ravenna ed altre città da i sediziosi.
Appena fu intesa l'elezion di questo papa, che
Alibiiso (hica di Ferrara inviò in Ispagna Lo-
dovico Calo a rendergli ubbidienza , e ad in-
formarlo delle violenze contra di lui usate da i
(1} Lettere de" Principi toui, i.
272 ANNALI n'iTAtU
due precedenti pontefici, \enuto poi il papa
a Roma, annullò il monitoiio di papa L-o
ne X, e le censure pubblicate contra d esso
duca; gli confermò Ferrara, il Finale e San
Felice, e fjli promise la restituzione di Moilena
e Reggio. Con tal congiuntura A'f jnso ricuperò
Cento e la Pieve. Si provarono in questuano
le deplorabili conseguenze della gueri-a susci-
tata da esso papa Leon»* ; perchè, oltre alla de-
solazion della Lon)bardia e di Genova, il Sul-
tano de' Turchi Solimano, vegg ndo impegnati
i principi cristiani nelle loro detf^stabili discor-
die , ito con un formidabile esercito per mare
e per terra all'assedio dell'isola di Rodi , pos-
seduta per tanto tempo da i cavalieri (ìmoso-
limitani, quantunque una stupenda dife>a tro-
vasse, per cui dicono che tra malattie e ferite
perdesse circa centomila persone; pure infine
per colpa d'alcuni traditori em[ij Cristiani se
ne impadronì nel dì 9.0 di dicembre , con
danno ed infimia incredibile della Crisi ianilà.
Implorarono que' cavai ii-ri soccorso da Roma,
da Venezia, dall' imperadore, e da altri prin-
cipi cristiani. Né pir uno alzò un dito per
aiutarli , intenti tulli a scannarsi fra loro. Si-
milmente con sì favorevole congiuntura si andò
dilatando sempre più 1' eresia di Fra Martino
Lutero pei- la (ìerinania, e (juella ili Zuinglio
per gli Svizzeri. Ebbe anche piincipio la cru-
d<lissiina de gli Aiiabalisti. Poveia Crisliiiuità
in qucblt tempi !
ANNO MDXXII 273
Anìio di Cristo iSaS. Indizione XI.
di Cr.F.MEXTE MI papa i.
di Carlo V iinperadove 5.
Riuscì in qiiost' anno a Francesco Maria
Sforza (Inca di Milano eli ridurre in suo po-
tere il Jortissimo castello di quella città, avendo
capitolato quel castellano , che se in termine
d' un mese non veniva soccorso , lo rendereb-
be , perchè oramai penuriava trojipo di vetto-
vaglie e di genie. L'Anonimo Padovano scrive
che la resa seguì nel dì 17 di maggio : il Guicciar-
dino , che nel dì i4 di aprile. Si trovò clie
quella guarnigione era ridotta a soli quaranta-
cinque uomini. Sicché restò il solo castello di
Cremona in man de'Franzesi , ed era ben
p\ovveduto. Pare che sia più verisimile 1' as-
serzione del Guicciardino intorno alla resa del
castello di Milano; perciocché, quantunque non
avesse il duca peraiiche ottenuto dall'Augusto
Carlo r investiture di quel ducato, pure nel
dì 24 di aprile con gran solennità e pari alle-
grezza del popolo ne prese il possesso in Mi-
lano. E qui non si vuol tacere un grave peri-
colo in cui incorse quel duca nel mese d' agosto.
Era egli stalo più dì a Monza , per fug-
gire il caldo. Nel tornare eh' egli facea a dì 20
d'esso mese a Milano , i ducento cavalli di
sua guardia parte camminavano avanti, e parte
gii tencauo dietro molto lontani , a cagione del
gran polverio , ed egli con pochi marciava nel
mezzo. Fra questi pocìii era Bonifazio Msconte
suo cameriere, che concejiuto un odio grande
Mlratoki. Jnn. Voi. XIV, i^
2n.^ ANKAU d' ITALIA
per la morte d'anzi data a luonsignorino Vi-
sconte, e perchè ^li era stata tolta una pre-
fettura in ^ al di Sesia, ne meditava vendtlta ;
e tingendo cH voler parlare al duca in segreto ,
con un pugn.ile gli tiiò un colpo alla tista ;
ma per cavalcare esso duca una muletta, e
Bonifazio un allo e velocissimo cavallo turco,
andò il colpo solamente a fare una leggi» r fe-
rita nella spalla. Inseguito costui , mercè del-
l'ottimo cavallo , ebbe la fortuna di salvarsi in
Piemonte , e poi in Francia. Questo accidi nte
fece .sospettar qualche congiura , e molti furono
imprigionali in Milano, ed alcuni ancora im-
piccali. Gu.u'ì facilmente il duca. Nondimeno
Fra Paolo Girnvlitano, scrittore di questi tem-
pi, nella sua Storia uiauuscritta racconta che
il pugnale era avvelenato, peilochè ne fu dilli-
cilc la guarigione, ed essergli restata da lì in-
nanzi una debolezza di nervi. Sparsa e ingran-
dita la voce di questo fatto, le città di Valenza
e d'Asti furono prese da i fuorusciti milanesi ;
ma spedito colà Antonio da Leva , ricuperò
que' lunglii. Avea intanto limperador Carlo,
dar)[>o!chè vide cacciali quasi adatto fuori di
Londjardia i Fnii^ci^i , applicali i suoi pensieri
a provvedere che non vi torna.'^sero. Bramoso
dunque di slaccar da essi il valoroso duca di
Ferrara .Alfonso, e massimamenle il senato ve-
neto , da \ agliadolid spedi in Italia Girolamo
Adorno suo consigliere , persona di rara abilità
e destrezza , acciocché ne trattasse.
Nenulo questo ministro cesareo a Ferrara
nel (li ^9 di no\cmbre di U" anno precedente ,
6'«ci.oidù coi duca, ubblijjajidtsi l' impcradore
ANNO IHDXXIII 27S
Ji tenere quel principe sotto la sua protezio-
ne, di coiiferm.irf'li l'inv esili ura imperiale de i
suoi Stali, e di f^Tgli reslituire Modena e Reg-
gio , con che e^li |)iigi^se lila Ma'slà Sua cento
cinquanta mila senili d oro. Non voile il duca
prender^' impegno alouno centra de' Pranzasi ,
perchè re>tavaiio lulhivia allora in man dessi
i castelli di Milano e di Cremona , e forse non
s'erano loro lolle peranche le fortezze di Trezzo
e di Lecco, e poi si udivano de i gran pre«
paranienti del re Francesco |>i r tornar in Ita-
lia. Andò poscia lAdorno anche a \ em zia ,
do\e propose a quel senato una lega coli im-
peradore. Gran'li e lunghi furono i diballi-
menti fra que' saggi senatori, perchè dall' nu
canto senibra\a preponderare la potenza di chi
era imjjeradore ed insieme re di Spagna, cor-
roborata dal duca di Milano, che uguale in-
teresse avea con esso Augusto. Ma dal!" altra
parte rabbawìonare il re di Francia già colle-
gato parea cosa di poco onore ; oltre di che i
siciui avvisi dell' armamento ch'egli facea , te-
nevano divisi e sospesi gli animi di ciascuno.
Intanto, perchè venne a morte l'Adorno , restò
intepidito quel negoziato. Ma da lì a un mese
essendo stalo spedilo da Cesare a \ enezia Ma-
rino Caracciolo protonolario apostolico, si ri-
pigliò con ])iù vigore, Venne poi a morte nel
dì "j di luglio, per attestato del Sansovino , il
doge Antonio Grimani, e in luogo suo restò
eletto Andrea Grilli, personaggio che abbiam
veduto dar tante prove ili valore e prudenza
nelle sì fiere contingenze ili quella repubblica.
E htn da stupire come una Cronica mauuscrilla
9^6 ANNALI d' ITAUA
(li \'enezia metta la di lui elezione nel dì 50
d' aprile , e Fra Paolo Carmelitano nel dì 20
di maggio. Né lo stesso Saiisovino sembra
assai concorde con *sè stesso , e discorda an-
cora da Pietro Giustiniano nell' assegnare il
tempo del ducato del Cirimani. Ora il Gritti ,
siccome persona di gran saviezza , mai non
volle palesare il sentimento suo intorno alla
lega proposta dal ministro cesareo , lasciandone
tutta la risoluzione al senato. E questa final-
mente fu conchiusa sul fine di luglio fra essi
Veneziani, 1' imperadore, Ferdinando arciduca
e Francesco duca di Milano. Crebbe poi que-
sta lega , perciocché papa Adriano M , aman-
tissimo per altro della pace d' Italia , dopo
aver con lettere eflicaci esortati tutti i principi
a couservitrla , per potere accudire all' impresa
conf ra del Turco , veggendo pure ostinato il
re di Francia a volerla di nuovo turbare , nel
dì Ire d'agosto entrò anch' egli in essa lega,
siccome i re d'Inghilterra e d' Ungheria, i
Fiorcntuii , Sanesi e Genovesi. E perchè .si scoprì
che Francesco Soderino cardinale di ^ olterra ,
mostrandosi appassionalo per la pace e maneg-
giator d' essa , segretamente intanto tramava in
Siiilia una congiura contro T imperadore , e .solle-
citava il re Cristianissimo , clic colà inviasse
la sua fluita , fu jier ordine dei ponlelìce iij-
viato prigione in Castello Santo Angiolo.
iMa che ? il buon papa Adriano sul più bello
fu da <|iiesti lerieni nubiogli cliiauiulo ila Dio
a miglior \ila mi di i,{ di settembre, cori
poco ilispia('eio , se non anche con gaudio dilla
corte di lìoiua , riguardaulc poco ili J4:iou
AlS'NO MDWIIt ^^-y
occliio 1111 poiilofice non Italiano , e trovandolo
anzi uomo inesperto xre' grandi alFari politici ,
o sia nt'Ue finezze dilla mondana sapienza , la
quale in line davanti a Dio ha un altro no-
me. Per altro egli fu pontffice pieno d'ottima
volontà, di sapere e probità non ordinaria;
e s' egli fosse sopravivuto , siccome aderiva a
convocare un eotiC'Ho generale della Cliiesa
per riformar gli ah isi , cosi grande speranza
e' era di poter rimediare al sempre più ere-
scente scismi del Settentrione. La morte del
papa quanto dall' una parte scompigliò i dise-
gni della lega sud letta , tanto dall'altra animò
Francesco re di Francia a proseguir con più
calore i suoi preparamenti e disegni per calare
in Italia. Eia stalo fin qui Alfonso duca di
Ferrara aspettando con pazienza la restitu-
zion delle sue ciltà i\f iModena e Reggio, pro-
messa tante volle da papa Leone X , e dallo
stesso Adriano VL Ma il possesso e dominio
de gli Stati terreni, quand'anche sia ingiusto,
porta seco un tale incanto , che niun quasi
mai sa indursi a spogliarsene, se non si ado-
pera r esorcismo della forza. Il perchè veggen-
dosi il duca cotanto deluso , non potè più stare
alle mosse. Aveva dianzi 1' imperadore tolta la
terra di Carpi ad Alberto Pio , gran cabalista
di questi tempi, che dopo aver tradito esso
Augusto , era dietro a far lo stesso giuoco al
papa, che gli avea affidata la custodia di Reg-
gio e di Rubiera , come s' ha dal Guicciardi-
no. Ora innanzi che accadesse la morte dtd
papa , Renzo da Ceri avea tolta essa terra di
Carpi a gì" imperiali , con inalberar ivi 1«
a- 8 ANNAtl d' ITALIA
bandiere ili Fraiiciii. Dappoicliè fu mancato dì
vita papa Adriano , si diede Renzo a far delle
scorrerie fra Mod iia e Reggio. Tentò anche
Piiliiera , ma indarno. In questo ttnipo il duca
Alfonso, sperando d'essere sost< nulo da esso
Prnzo, uscì colle sue genti in campagna. Nel
di 37 di settembre si presentò davanti a Mo-
dena, e ne fece la chiamata. Perchè dentro
v' era Francesco Guicciardino governatore pel
papa, e il conte Guido Jìangone con forza va-
le\ole da poter sostenere la città, fu mandalo
in pace. Voltossi il duca a Reggio , dove nel
dì 39 del mese suddetto, senza dover usare
violenza, da quel popolo fu allegiamente rice-
vuto; e poco slellc a impadronirsi anche della
cittadella e di lutto il contado. Venuto poi al
forte caslello di Rubiera sulla Ma l'.nniia o
sia Claudia , colle artiglierie forzò la terra , ed
appresso anche la rocca a rendersi. Avrebbe
in oltre potuto ridurre alla sua ubì)idirnza
Parma, ch'era senza presidio, e minacciata
colle scorrerie da Renzo da Ceri ; ma avendo
i Parmigiani mandalo a Rubiera per saper l'in-
tenzioni' del duca Alfonso, e udito eh' egli al-
tro non voleva se non ricuperare il suo , e
non occupar quello che era della Chiesa, al-
lora si animaiono a ilileiidere la lor città , e
fml la loro paura.
Erano in questi tempi nate controversie fra
il re Fiano.seo e Carlo duca di lìuibone della
real casa di Fiancia , per le quali ijuesto prin-
cipe dis-uslalo avea segrelamenle preso il j>ar-
lito di (larlo iniperadore. E perciocché il re,
avendo già raunat't ima possente armala ,
AKNO Mnxxiii 279
meditava rli portarsi in persona a riacquistare lo
Slato (U Milano, gi;:ccliò per pniova a^ea co-
nosciuto clip la prrscn7,;i i<;l jirincipe inUiiiva
troppo al buon esilo d<]]r imprese , il Bor-
bone con (]esarp av?:i progettalo di assalire
nella lonlanair/.a del re la Borso^na mags^iore;
al qnal fine s' andavano aniniassando dodici
mila Te(!e^cli\. Tvasj>irò q-.iesla mena , allorcliè
il re Cristianissimo jii giuulo a Lione; e però
il duca di Borbon*-, che quasi fu coìto nella
rete , ebbe la fortnna di sai arsi travestito in
Germania , da dove poi il vedremo venire in
Italia. Casjion fu la cospirazione suddetta cbe
il re Francesco si asieuiie per ora dal passare
i monti |ier timore <!' altre segiele insidie ; ma
non per questo lasciò ci' inviare in Lombardia
per gen-T :i!e (luglirinio Grosserio , per sopra-
nome il Boiiivct , animirag'io ^illoia di Fran-
cia , elle per favore spezialmente di Lodovica
madre d(d re era salito a i primi onori e alla
conlidonza del re medesimo , ma die accop-
piava coli' ignoranza del mestier della guerra
una somma arroganza e superbia. Poderosa era
Tarmata di' egli ■ :;ondu.:eva , percbè composla
di otto mila Svizzeri , sei mi!a Tedeschi , tre
mila Italiani , tre mila Guasconi , lancie piille
e oltoceiito , arcieri due mila. Il Gnicciardino
parla di sei mila Svizzeri, sei mila fanti te-
deschi , dodici mila franzesi e tre mila italia-
ni , oltre alle suddette lancie. Sul principio di
settembre arrivò questo esercito a Susa. Aveano
i Veneziani collegati con Cesare eletto per
lor generale Francesco iMaria ibica d' Urbino,
nò tardarono a spedirlo nel Bergamasco con
280 ANNALI d' ITALIA
cinquecento lancie , cinque mi}a fanti e cinqiie-
cenlo cavalli leggieri, accioccliè ad ogni cenno
di Prospero Colonna passassero 1 Adda. Pari-
mente r arciduca Ferdinando inviò sei mila
fanti a Milano. Trovavasi allora il Colonnese
malconcio di sanità: contnllociò, dopo aver
presidiata Pavia , e mandato Federigo mar-
chese di Mantova alla guardia di Cremona ,
allorcliè senll avvicinarsi i Franzesi , fillosi
portare in lettiga, s'andò a postare al Ticino
con pensiero di contrastarne loro il passaggio.
Calati i Franzesi , poco stettero a impadronirsi
di Asti , Alessandria e Novara. Trovato anclie
il fiume. Ticino mollo magro, cominciarono in
più luoghi a passarlo : il che obbligò il Co-
lonna a ritirarsi in fretta a Milano , nel cui
popolo era entrata sì fatta costernazione, che,
per sentimento de i saggi , se il Bonivet mar-
ciava a dirittura colà , senza fatica v' entrava.
Ma per voler egli asjietlare il resto di sue
genti, si fermò tre giorni senza alcuna azione,
dando tempo a i Cesariani e Milanesi di ben
fornire di vettovaglie la cillà, di rifare i ba-
stioni de' borglii , e dì ricevere un soccorso di
quattro mila finti italiani : con che tornò il
cuore in corpo a c[uol j)opoIo , e per l' avver-
sione che ognun nudriva contro i Franzesi, si
dispose ad una gagliarda difesa.
Intanto l'arniiila fianzese s' inoltrò a Binasco,
e facendo conLinuc scorrerie lino alle porle di
Milano , s' impossessò di Monza, dove fu jiosta
molta cavalleria, allineile per ([uell.i parli! non
passassero vettovaglie a Milano. V.-nnc ju (|uc-
slo tempo avviso all' ammirugliu Bonivcl, uvcru
ANNO Mrxxiii 281
il comandante franzese del castello di Cremo-
na , siccome ridotto a gli estremi per penuria
di viveri , capitolato di renderlo , se in termine
di quindici s'orni non gli veniva soccorso ; e
die il mairliese di Mantova t>i era portato a
Lotli con due mila fanti e cinquecento cavalli
per vietare il passo a i Franzesi. Premendogli
di conser\ar t]uella fortezza , spedi il signor di
Baiardo e Federigo da Bozzolo con olio mila
fanti , due mila cavalli e dieci pezzi d' artiglie-
ria a Loili. A questo avviso fu ben dilij^cnte
il marelirse di ^iantova a ritornarsene a Cre-
mona. Enti areno i Franzesi in Lodi , ed ivi
restalo il Biliardo con mille fanti , Federigo
seco menando gran quantità di vini , farine e
gra scia , senza far pausa alcuna , seguitò il viag-
gio a Cremona , e nel dì 30 di settembre in-
trodusse in quel castello i viveri , e in vece
de' soldati la maggior parie maiali, ve ne mise
de i sani. L' altro giorno se ne ritornò con
tulio onore a Lodi. Questa azione del Bozzolo
fece nascere speranza al Bonivet di acqui-
stare la stessa città di Cremona ; e però colà
rimandò il suddetto Federigo con sei mila fanti
e mille cavalli , a cui poscia si aggiunse Renzo
da Ceri con tre mila fanti. Speravano questi
capitani di penetrar nella città per via della
fortezza , ma si disingannarono in più assalti .
con loro gran diiino dati a i trincieramenti e
ripari fatti fra Ja città e il castello, e soste-
nuti con bravura da Niccolò Varolo. SiccLè si
rivolsero a bombardar le mura della cillà alla
porla di San Luca. Falla larga breccia , men-
tre si accingevano a dar la battaglia , eccoti
9.82 AXNAT.I d'iTAIU.
un' impetuosa pioggia che durò quattro siorni,
eoo impedire il trasporlo delle vettovaglie, e
fu forza di prenderne dallo stesso castello. E
perciocché s'erano ingrossati ì fiumi , Federigo
da Bozzolo prese la risoluzione di ritirarsi , af-
finchè non gì' incontrasse di peggio : e lutto
spelato , anzi rovinato si ridusse a Lodi circa
la metà di ottobre. Giacché questo col[io era
andato fallito, 1" ammiraglio si accostò coli' eser-
cito a Milano , confidando di poter ridurre a i
suoi voleri quell' augusta città piena di popo-
lo , con impedire o difficultare il passo alle
vettovaglie. Andava sempre più crescendo 1' in-
fermila di Prospero Colonna , e però egli diede
r iiieondjenza della difesa della città al signor
di Alarcone. Facea questi ogni dì uscire i suoi
cavalli per servire di scorta a chi portava dei
viveri , e ne venivano non pochi dalla Ghia-
radadda e da i mo'»ti di Br'anza. Ma ito sul
fin d' ottobre il signor di San Paolo Franzese
a Caravaggio, diede un orribiì sacco a quella
terra e per que' contorni , e per li suddclli
monti saccheggiò o bruciò molte altre ville e
castella : il che rietnpiò di terrore tutti quegli
abitanti. All' incontro spedilo il marchese di
Mantova con otioecnio cavalli e tre mila fanti
Vinili i da Geuosa di (]ua da Po, riprese Ales-
sandria e molte castella: con che proibì a tutta
quella contrada e al Piemonte che ninna vet-
tovaglia portassero al campo franzese. Il per-
chè l'esercito franzese cominciò a far quare-
sima prima del tcnqio , e si trovava di mala
voglia. Ma né pure avea occasion di cantare I' e-
seicilo cesareo di Milano , perchè scarne gyiiav a
ANSO MnXXTIl 293
(!ì villo , e più (li jiaghe. lYrciò il Colonna
co' primarj , roii.s:i|H'Voli tifila promessa fatta
dall' imp<'railoie <li restituir Modena ad Al-
fonso dnca di Ferrara collo sborso di gran
somma di danaro; ed anche infoi inati clie que-
sto principe con tutte le istanze fnlte da i
Franzesi , non avea volirto assisterli nell' asse-
dio di Cremona ; inviarono oialori a lui per
dargli Modena , purché di presente sboisasse
Irenla mila ducali d' oro , e venti altri nel ter-
niiiie di due mesi. Era già fallo 1' accordo; ma
Francesco Guicciardino , ^overnator di Modena
per la Chiesa , tanto seppe fare , che distrusse
tulli i disegni del Co'dnua e le speranze del
duca. Intanto non potendo pii\ il Bonivet pel-
le pioggie e per altre incomodità fermarsi sotlo
IMilano , e massimamente perchè eiiea la metà
di novembre gli era andato fallito un tradi-
mento concerlato con jMorgante da Paima; ed
essendo anche sopravenu'.e le nevi ; intavolò
un trattalo di tregua con gì' imperiali. Ma pei--
chè questo non si conchiuse , levò finalmente
nel di in di novembre il camj^o, e S( nza che
Prospeio Colonna volesse permettere V inseguir-
li, si ridusse a Biagrasso e Rosate.
Menile per queste diaboliche guerre si tro-
Tava involto lo Stato di Milano in indicibili
calamità , si rallegrò la Chiesa di Dio dopo due
mesi di conclave , e doj;o assnissinie gare e
discordie de' cardinali , per Telezione di Giu-
lio cardinale de' Medici, efli^ttuata nel dì 19
di novembre , il quale assunse il nome di Cle-
mente MI; jier^onaggio di gran senno, e di
non minore perizia nel governo de gli Slati ;
28 f ANNALI n" !T\MA
e tale, clic mirabili cose dalla di luì tesla gra-
vida di politica si promise il popolo Romano.
Quai mezzi adoperasse egli per salire a sì emi-
nente dignità , può il lettore apprenderlo dal
Guicciardino. L'Anonimo Padovano ci assicura,
che terminate le solenni funzioni della coro-
nazione , questo pontéllce dichiarò di voler
essere amator della pace , e pastore senza par-
zialità del Signore, e che accorderebbe insieme
i principi cristiani, per formar poscia una Cro-
ciata contro gli infedeli. Certo è che con un
alto di gloriosa generosità diede principio al
suo governo, avendo perdonato al cardinal Se-
derino , suo gran nemico ne gli anni addietro ,
e mollo più nel conclave, a cui , liberato dalla
prigione , intervenne. Parimente si osservò in
lui abborrimento a far leghe , e ad entrare in
impegni di guerra. Intanto l' assunzione sua
fece quetar tutti i rumori insorti nello Slato
Ecclesiastico ; e il duca dì Ferrara , dopo aver
lasciali buoni presidj in Reggio e Rubicra ,
cessò d'inquietare la città di Modena. Inviò
poscia esso duca i suoi oratori a Roma per
rendere ubbidienza al novello pontefice , e por
chiedere la restituzion d' essa Modena , tante
volte promessa da i due precedenti papi. Cle-
mente per lo contrario ficea istanze che il
duca restituisse Reggio e Rubiera. Varie sessioni
furono ]ierciò tenuti; ; e amlando V all'are in
limgo, altro non si concbiuse in line, se non
che vi fosse tregua fra loro per un anno da
cominciarsi nel dì if) di marzo di li' anno se-
guente iSaf; e che ognun possedesse <(uel
che aveva , senza innovar cosa alcuna: il che
ANNO MDXXIII 285
fu poi puntualmeiile o.<eguilo dal duca Ali'on-
so , ma non così da papa Cleiuentc. Andava
in qiu\-lo mentre sempre pin j e^f^iorando di
saluti' PrtsjxMO Colonna ; laonde Carlo iiupe-
radoie j)tnsò alla pi o\ visione di un nuovo
condottiere (iell" armi sue in Lombardia, e in-
sieme a rinforzare l' esercito suo per iscacciare
i Fraitzesi. Kbbe ordine don Carlo de Nois
o sia della Noia, victiè di INapoli , di venire
a Milano: ed egli in fatti arrivò a Bologna
verso la metà di dicembre, nienaiìJo seco non
pivi di trecento cavalli e di mille fanli. l'assato
dipoi a Parma , giunse colà ancora Carlo duca
di Borbone , lutto voglioso di far del male al
re di Francia, die gli avea occupalo gli Stati
e mobili suoi di sommo valore. Stettero ivi
fenili per olio giorni, conferendo insieme di
quel die s'avesse a fare. Avea il Borbone por-
tato seco un brevetto di luogoleuenle generale
di Cesare, \eune ad unirsi con loro anclie il
marchese di Pescara , che condusse altri mille
fanti dal regno i Napoli. Andati di là a Pa-
via, e ricevuta una ])Olente scorta, si ridus-
sero poi tutti a Mdano sul fine dell' anno ; e
trovato tuttavia vivente il Colonna , andarono
a visitarlo. Ma egli nel dì penultimo di di-
cembre, per attestato del Guicciardino , o pur
ncUuItimo , come lia rAnoniuio Padovano,
diede fine al suo vivere, con sospetto, secondo
il solito, di veleno, restando gran fama di
lui , cioè d" un capitano di rara saviezza e va-
lore, a cui simile un pezzo fa non avea ve-
duto l'Italia, ma insieme la taccia di molta
liJjidine, da cui probabiluienLc piovenne il
286 ANNALI n' ITALIA
veleno che il trasse a morte. Solenn'isslme ese-
quie furono a lui fitte , e il corpo suo coq
«juello di Marco Antonio fu poi trasportato a
Napoli.
Anno di Cristo i524. Indizione XII.
di Clemente MI papa 2.
di Caklo V impevadore 6.
Grandi consulti si fecero in Milano da i
generali cesarei intorno alle operazioni della
futura campagna, e fu risoluto di aspettar sei
mila fanti che 1' arciduca Ferdinando mandava
di Germania. E perciocché mancava il danaro,
principal mobile ne gli ailliri di guerra, i Mi-
lanesi s' indussero , per amore o per fòrza , a
prestar novanta mila ducati d'oro al loro du-
ca. Papa Clemente anch' egli, tuttoché mo-
strasse a i ministri del re Crislianishimri di
non volere impacciarsi nelle guerre de' poten-
tati cristiani , pure segrelissimamcn'e inviò
venti mila ducati d' 010 ad essi imperiali , e
trenta mila ancora ne foce lor pagare da i Kio-
rcntini. Nenne poi l'aspetlafo corpo di Tede-
schi a rinforzare l' ainiala cesarea, e seco si
congiunse ancora colle sue genti Francesco Ma-
ria (Iella KoM're tinca d' Urbino, generale de i
Veni Z'aui , di modo che ascese (ptell' esccito
a mille ( d otloccnlo laticie, a venti mila fmti
fra Teilesclii, Spagnuoli ed Italiani, e a i\ne
mila ca\aili leggieri. yVIInra uscì il viceré La-
noia in campagna, e andò a postarsi a Binasco;
al (|ual(' av\isu l'ammiraglio Honivel raccolse
l'esercito suo a liiai;iasso per (^uivi jcrmarsi,
ANNO MDXXIV :>.$']
lincile gli venissero i tante volle promessi
rinforzi di Francia; ma non senza timoir ,
(V assetlialoi'e staio 'in qui , eli divenire asse-
dialo. Cliiarili i Cesarei clie troppo caro riu-
scirebbe il tentai' di sloggiare da (juel fui tissimo
accampamcnlo i ntmici, passarono il licino,
e iti a (iambalò , di là connnciaron.) a scorrere
tutta la Loniellina , impedendo il trasporlo de
i viveri al campo Franzeso. Nel qual tempo ,
cioè verso il (in di febbraio, il comandante
franzese del castello di Cremona , essendo li-
doUo a gli estremi, ne pattuì la resa, se in
termine di otto giorni non gli veniva soccor-
so, e l'ammiraglio veigognosamenle lasciò ca-
der quella fortezza. All'incontro sul principio
di marzo Federigo da Bozzolo , comandante
de' Franzesi in Lodi, fece una scorreria per
lutto il piano di Bergamo e Crema, asportan-
done un immenso bollino. Ma non potendo
più il Bonivet sussisleie in Biagrasso per man-
canza di viveri, passò a \igcvano; e il duca
d' Urbino colle genti venete applicò le arti-
glierie al castello di Garlasco, e con un san-
guinoso assedio se ne impadronì, e tutto poi
lo diede a sacco. La stessa orrihil disavven-
tura toccò al castello di Sartirana , dove ta-
glialo fu a j)ezzi il picsidio franzese. Avea
l'ammiraglio Bonivrt tentalo di venire a batta-
glia ciimpale con gì' imperiali ; ma quesio ginoco
azzardoso non piacendo al viceré e a' suoi ca-
pitani , si conlenlarono di andai lo incpiielando
con delle scaramuccie. Era egli ancora uscito
per soccorrere Sarlirana, e non fu a ti nijio. E
perciocché i Cesarei ebbero ia lor potere li)
288 ANNALI d' ITALIA
città di Vercelli , egli trovandosi sempre più
impaniato, si riilusse a Novara, per aspellar
ivi otto mila Svizzeri, già assoldati dal re Cri-
stianissimo, che non trovavano mai la via per
muoversi. Calarono bensì cinque mila Grisoni
nella pianura di Bergamo; ma il duca di Mi-
lano spedì contra di loro Giovanni de' Medici,
uomo sopra modo ardito , con quattro mila
fanti e due mii<> cavalli, che dopo averli fitti
ritornare alle lor montagne, prese a forza
d'armi la terra di Caravaggio in Gliiarada Ida,
dove andò a Ili di spada quasi tulio il grosso
presidio franzese ; e poi rallegrò le sue truppe
con sacclieggiarne tutti gì' infelici abitanti. iJi
là per ordine del duca passò il Mi-dici a Bia-
grasso, dove tuttavia restavano mille Franzesi
di guarnigione ; ed avendo prima follo i! pò ite
che teneano essi Franzesi sul Tionio, ntllo
stesso giorno colle artiglierie fece gran rottura
nelle mura di quella terra, ed iniinedialaui'nle
venuto all'assalto, in meno di mezz ora v entrò;
con uccidere nel primo em()ito da ottocento
tra soldati ed abitanli. Rcslaiono gli altri pri-
gionieri , e quivi |)nre fu dato un orrido sacco
con tutte le sue conseguenze. Non aveano per-
anche imparato gì' llaliain il' allora a lar opere
esteriori a i hiogbi ili «lii'.sa, come usarono
dipoi ; e però )-ì liicile eia l'accesso, e il fiero
rffcUo delle artiglierie.
Costò ben caro alla misera ciltà di Milano
r acquisto di Biagrasso; perocché nrlla lunga
slan/.a in ipnl luogo essendo enlrata la vera
peste , o pure una micidiale e|)idemia ne' Fran-
zesi , portala poi gran parie di quel boUiuo a
ANNO MDWIV sSc)
Milano, cominciò ivi a spargere un occulto
crudel veleno , di cui avremo a parlare an-
dando innanzi. Scesero in questi tempi cinque
o pure otto mila Svizzeri al soldo di Francia,
e giunsero fino ad Ivrea ( V Anonimo Pado-
vano dice a Varese ) con disegno d' unirsi al-
l' esercito franzese in Novara. Ma perciocché
marciavano senza gran fretta , veggendo il Bo-
nivet andar di male in peggio i suoi aflhri ,
venir meno le vettovaglie , e sminuirsi tutto
dì la sua armata per li soldati che fuggivano
alla volta eh Francia , determinò anch' egli sul
principio di maggio d' avviarsi colà. Il perchè
con grande ordinanza passò a Ramagnaiio , e
gittò un ponte su la Sesia , dove ila h a poco
arrivarono anche gli Svizzeri. Di granili istanze
fece allora il duca eh Borbone , tutto pregno
d' odio contra della sua nazione , perchè si as-
salisse un' arrecata impaurita e quasi fuggitiva.
Ma gli altri capitani l' intendeano diversamen-
te, allegando r antico proverbio: ^J jiciiiiro che
fugge , fagli i ponti d oro. Secondo il Giovio ,
anciie il marchese di Pescara aringo contra di
questo proverbio. Intanto 1' ammiraglio si ap-
plicò a far passare le sue genti di là dalla
Sesia ; quando ecco arrivargli addosso mille
cavalli , ed altrettanti fanti nemici , che senza
commessione del lor generale venivano a cer-
car fortuna. Questo assalto , e la fama o cre-
denza d' aver sulle spalle lutto il cesareo eser-
cito , mise come in rotta i Franzesi , che
disordinalameiite cominciarono a valicare il
fiume. Ivi fu una calila scaraumccia , in cui
restarono morti molti.ssimi soldati ed ufiziali
iMuRAToni, Fol. AJ/^. ig
gf)0 ANNAI.I D ITALIA
de fuggitivi , e lo stesso Bonivet ne riportò
una ferita per colpo d' archibugio in un brac-
cio, con restar ancbe in potere de' Cesarei
sette pezzi d' artiglieria , alcune bandiere ed as-
sai carriaggi. Passati i Fraiizesi , tal fu la lor
fretta e voglia di mettersi in salvo, che lascia-
rono in(hetro a Santa Agata quindici altri can-
noni , forse credendoli in sacrato , per essere
nello Stato di Savoia ; ma gì' imperiali , cioè
la lor cavalleria leggiera , che andò per gian
tratto di paese inseguendoli , senza cerimonie
li prese e condusseli al suo campo. Il Giovio
dà tutto r onore di quesl' ultima impresa al
niarciiese di Pescara. E questo fu il fine che
ebbe la spedizione dell' ammiraglio Bonivet in
Lombardia , non riportando egli in Fiancia se
non vergogna , e la brutta gloria delle tante
miserie cagionate in (jueste contrade. Restava
tuttavia in man de' Franzesi Alessandria , alla
cui guardia era il signor di Bussi , o Boisì ,
difendendola da tre mila lauti genovesi , venuti
contro quella citlà. Ebbe ordine V indefesso
marchese suddelLo di pollarsi colà con mille
cavalli e quattro mila fanll spaglinoli. Licen-
riato ancora il duca <!' Urbino colle milizie ve-
nete , fu jiregato di liberar Lodi dalle mani di
Fetlcrigo da Bozzolo , che ([uivi era reslato con
cinquecento cavalli e tre mila fanti italiani ; e
così egli fece. Non voleva Federigo ascoltar
parola di resa; ma certilicalo della rilirata de i
Franzesi , e che speranza non rimaneva di soc-
corso , giudicò meglio di salvar quella cento
per servigio del re, e capitolò di poter andar-
H'iìQ con lutti gli onori uiililari in Francia ;
ANNO MDXXIV 2C)I
laonde quella cìtth fu consegnata al duca di
Milano. Nel passare clic lece Fetlerigo per
r Alessandrino , trovò che due giorni innanzi
il marchese di Pescara avea costretto il Birssì
a rendere quella città colle medesime onore-
voli condizioni; ed accozzatisi insieme, con-
dussero in Francia cavalli cinquecento e fanti
cinqucruila . che prestarono poi buun servigio
a quel re. Ciò fatto ^ il viceré Lancia condusse
anch' egli V esercito nel Monferrato e in quel
di Saluzzo , acciocché la sua gente si ristoras-
se , anzi si deliziasse alle spese di que' popoli,
col pretesto che fossero stati fautori de' Fran-
zesi. A chi studia il libro della Forza armata ,
troppo diverso da quel del \ angelo, non man-
cano mai ragioni da assassinar gf innocenti.
Si crederà oramai taluno terminata qui la
tragedia dell' anno presente ; e pur vi restano
altre scene , fors' anche più strepitose , da ve-
dere. Cotanto fu importunato l' imperadore da
Carlo duca dì Borbone , ribello e nemico del
re Francesco , che si lasciò indurre a permet-
tere che fosse portala la guerra in Francia ,
dove il Borbone Iacea sperar cose granrli pel
credito e per le attinenze ed amicizie sue. Pen-
sava esso Augusto di muover guerra nello
stesso tempo anch' egli a' Franzesi dalla parte
di Guascogna , e sperava che altrettanto fa-
rebbe in Piccardia Arrigo re d' Inghilterra , con
cui era unito di sentimenti. Passò dimque il
Borbone nel mese di luglio con sellici mila
fanti e mille lancie V Alpi , conduceudo seco
un bel treno d' aitiglieria crossa e minuta. Du-
cento mila scudi rimessi a Genova dall' Augusto
2q3 ANNALI D ITALIA
Carlo e dal re Inglese j e pagati ad esse
truppe , le fecero camminar di buon cuore ,
aggiuula la speranza di ben botlinare in paese
nemico. Contro il parere d' esso Borbone vol-
lero i capitani cesarei clie si andasse a met-
tere 1' assedio alla citth di Marsilia in Provenza ,
sp; randone buon mercato , perchè sarebbono
fiancheggiati per mare da una forte squadra di
legni genovesi accorsi a quell' impresa. Avea il
re Francesco guernila quella città di sei mila
fanti ilaiiaiii e ili trecento lancie franzesi sotto
il comando di Renzo lia Ceri e di Federigo
da Bozzolo ; i quali tosto s' applicarono a far
de' bastioni ed altre difese dalla parte non men
di terra che del mare. Per molti gioini con-
tinuamente fu combattuta quella città dalle bat-
teiie ; ma quanto di giorno era atterrato di
muro, la notte da i prodi capitani vcni\a ri-
parato con più forti argini di terreno. Si fe-
cero \arie sortite per terra e varj combatti-
menti in mare fra le squadre nemiche ; e in
fine niuna apparenza restava di vincere una
città sì valorosamente difesa tanto da' soldati ,
che dal popolo nemico del nome spagnuolo.
Ebbe Renzo anche la fortuna di scoprire uu
tradimento ordito nella città , e di rimecharvi.
Intanto il re Kiaucesco slava in Lione ( il Guic;-
ciardino scrive, in Avignone ) ammassando una
potente armata , con aver già presi al suo soldo
8cdii;i mila S\izzeii e sei mila Tedeschi. Av-
venne che il re d'Inghilterra niim movimento
fece conlra de' Franzesi. Di poco momento an-
cora fu quello deir im|;cra(ii;r ilalla banda (!(>lla
^l'avprra ; e però avendo il i e Ciistianissimo
AKNO MDXXIV !ìq3
richiamala buona parte delle milizie clie dianzi
aveva opposto a i lor tentativi , 1' esercito im-
periale , inforrniilo di tanto apparato di guer-
ra , determinò di levare il campo da Marsilia.
Ma nel le%arsi nacque voce che il re con ismi*
surate forze \eMÌva contra di loro; uscì ancora
co' suoi Renzo da Ceri , per dar loro la ben
andata : onde non lieve timore e disordine
sorse fra essi , talmente che sei pezzi d' artiglie-
ria lor furono presi , e molti lasciarono ivi la
vita. Ritiratisi poi , il meglio che poterono ^
quindici miglia lungi da Marsilia , in forte al-
loggiamento , slavano aspettando , qual risolu^
zione fosse per prendere il re Francesco.
La risoluzione fu . che il re sempre voglioso
di conquistar lo Slato di Milano , veggendolo
ora sguernito di chfensori , e che pili agevole
sarebbe a lui di arrivar prima colà che alla
nemica armata del Borbone , a cui conveniva
passar per le disastrose strade della riviera del
mare: s'avviò verso il Monsenisio con tutte le
sue forze , ci^edendo che la persona e presenza
sua rimoverebbe qualunque ostacolo che finora
a'suoi capitani avea impedito l'acquisto, o pur
la conservazione dello Stato di Milano. Attesta
il Belcaire eh' esso re inclinava alquanto alle
guasconate 5 né egli volle abboccarsi colla re-
gina sua madre , che era venuta per dissua-
derlo da questa impresa. Giunto il re a Susa
(ed era sul principio d'ottobre); ivi si fermò
due giorni , aspettando il resto dell' esercito
suo , che tutto consisteva in due mila lancie f
tre mila cavalli leggieri e venticinque mila
fanti. 11 Guicciaidino parla di venti mila faiUi>
3q:{ AnnAM d' ITALIA
e nulla dice della cavalleria leggiera , di cui
nondimeno ninna armata soleva andar senza.
Air avviso di questa mossa il duca di Borbone
s' affrettò per tornare in Italia. Se crediamo
al Giovio , fece fondere le artiglierie 5 se 9I
Guicciardino , le fece rompere e portare su i
muli : r Anonimo Padovano ha , che caricatele
sulla flotta de' Genovesi , le spedì a Genova.
Giorno e notte marciando i suoi soldati per
quelle asprissime strade dietro al mare , giun-
sero finalmente mezzo morti al Finale. Trovossi
il viceré Lancia in questo inaspettato temjiorale
stranamente confuso , perchè per aver man-
dato il fiore del suo esercito in Francia , non
vedea maniera di resistere a si gran torrente.
Era impossibile il difendere Milano 5 perciocché
portata colà , siccome dicemmo , la peste da
Biagiasso , ne facendosi provvisione alcuna ,
piese tanta forza il male , che tal giorno fu
che morirono ivi mille persone e pii^i. E si
pretende che in termine di quattro mesi , ne i
quali fu la strage maggiove , vi perissero piii
dì cinquanta mila abitanti. Sicché , tra questo
flagello e la fuga di tanti altri cittadini , restò
rinfelice oiltà qna.si disabilala. A cagion d'es,so
malore il duca Fiancesco s' era ritirato a Piz-
zighiltone. Andò il viceré ad Alessandria , per
dar mano alF armala sua, che lorna\a in Ita-
lia ; e nel medesimo dì che il marchese di
Pescara giunse ad .Mha , anche il re Crislianis-
simo arri\ò a Vercelli. ^ enne dipoi il \icerò
a Pavia , e di là si poi lò co\ Pescara e sua
pente a Milano. (lo\ e del pari cliiamò il duca
Francesco , che non si arrischiò a passare.
ANNO MDXXlV 3f)5
Conoscendo poi disperato il caso per quella
città , e che i Franzesi con marcie sforzate
tendevano a quella volta , si ritirò di là per
andare a Lodi. Nel medesimo tempo eh' egli
usciva eh Milano per Porta Romana , la van-
guardia franzese v' enti ò per Porla Ticinese e
Verccllina. Seguì ancora una fiera scaramuccia
fra essi e il marchese di Pescara, clie condu-
ceva la retroguardia; e fu sentimento de' saggi ^
che se i Franzesi non si fossero fermati in
Milano j ed avessero seguitato l'esercito cesa-
reo , in quel dì si potea finire la guerra. Fran-
cesco Sforza, che era venuto a Pavia, ciò in-
teso, a seconda del Ticino in barca si condusse
a Cremona , o pure a Soncino. Colà ancora si
ridusse il viceré Lanoia co i più del suo eser-
cito e col Borbone, dopo aver guernita la città
di Pavia con cinque nula Tedeschi, mille Spa-
gnuoli e quattrocento cavalli sotto il comando
di Antonio da Leva , capitano di gran valore
e sperienza nelf arte militare. Lasciò ancora in
Lodi il marchese di Pescara con due mila fanti;
ma secondo T Anonimo Padovano , quivi restò
Alfonso marchese del Vasto , giovane di gran
valore. V andò poi più lardi il Pescara. Anche
Alessandria , Como e Trezzo furono ben pre-
sidiate.
Non volle il re Francesco entrare in Milano,
ma solamente spedì colà un corpo di gente j-
capace di far 1' assedio del castello , entro di
cui erano settecento fanti spagnuoli , e diede
ordine che non fosse inferita molestia all' af-
llillo e troppo diminuito popolo di quella città.
Quindi s' inviò ad as-sediar Pa\ ia , per non
2C")6 ANNALI d' ITALIA
lasciarsi alle spalle una città poderosa per sé
stessa , e vieppiù forte per la gagliarda guar-
nigione che la custodiva. E venne ben biasi-
mato da non pochi per questo , credendosi ,
che s' egli avesse tenuto dietro all' esercito
imperiale , 1' avrebbe o disfatto , o costretto a
ritirarsi in Germania. Nel dì 28 d'ottobre 'andò
1' esercito franzese ad accamparsi intorno a
Pavia, e furono distribuiti i quartieri per Gio-
vanni duca d' jUbania della casa Stuarda di
nazione Scozzese , per Arrigo d'Albret re di
Navarra , pel maresciallo della Palissa , per
r ammiraglio Bouivet, e per altri nobili ufiziali.
Il re si felino all' insigne Certosa ili Pavia ,
cinque miglia lungi dalla città. Diodcsi princi-
pio all'incessante sinfonia delle artiglierie; fu-
rono fatte breccie ; si venne anche a qualche
assalto; lutto nondimeno in vano, perchè An-
tonio da Leva supphva ad ogni bisogno con
nuovi ripari , trincee e cavalieri , o sia alzate
di terra , dalle quali colle sue artiglierie infe-
riva nolabii danno al campo franzese. Ora
parendo inespugnabile da quella jiarte la città,
fu proposto al ic di assalirla dalla banda del
Ticino , dove il Leva non avea creduto neces-
saria furlidcazione alcuna. Fu diuK(ue da in-
crediliil muiM-rn di guaslalori senato il ramo
del Ticino che bagna le mura di Pavia , e
voltata queir a((|ua per I' altro lamo appellalo
il Gra\('loiie: il che osservalo ila Aiikiuio da
Leva , con liilla l.i cittadinanza e colie mihzie
si alTrelli') a furuiaii- auchi; verso il liiime ,
ciuanti mai |)ol<', bastioni di terra. Ma appena
fu voltalo il fiume , che cominciò una dirolla
ANNO MDXXIV 297
pio£;gia , per cui ingrossale l' acque ruppero
lutto il lavoro , e tornarono a camminare nel-
Taiveo consueto, con recare eziandio non lieve
danno a gli stessi assedianli. Calale le pioggie,
il le ordinò clie si desse nel dì 4 di dicembre
mia fiera battaglia da due bande a Pavia , e
vi volle e"Ii assistere continuamente in persona.
Altro guadagno non fece in tre ore di orribil
combattimento . che di perdere ottocento fanti,
e di ritirar molto maggior numero di feriti.
Trovossi papa Clemente in questi tempi in
grande imbroglio , perchè dopo aver ricusato
di confermare la lega eh papa Adriano \1 col-
r imperadore, né pure acconsentiva a farla col
re Cristianissimo. Contuttociò mirando le forze
superiori d'esso re in Italia, e forse essendogli
discaro che Carlo V insieme imperadore e re
di Spagna , Napoli e Sicilia , si assodasse an-
cora nello Stato cU IMilano , per mezzo di Al-
berto Pio da Carpi , e di Gian-Matteo Giberti
suo datario , segretamente segnò un accordo
col re Francesco , mettendo gli Stali della
Chiesa e Firenze con quella balia e governo
quasi dispotico eh' egh tuttavia manteneva in
quella repubblica, sotto la prolezione di lui ,
col solo obbligo di non prestar aiuto alcuno
contra del medesimo re. Almeno così fu cre-
duto , perchè non si seppe mai bene il netto
di quel trattato segreto ; tanto andava cauto il
politico papa. Per quanto so , trovandosi il re
Cristianissuno scarso di moneta (disgrazia che
spesso accadeva a i guerreggianti d' allora ) ,
ed essendogli mancate molte provvisioni da
guerra, lo slesso papa cooperò che Alfonso
5.q8 ANNALI u'' ITALIA
duca (li Ferrara , col guadagnar la protezione!
dello stesso re , gì' inviasse cento mila libbre
di polve da artiglieria , gran copia di palle e
dodici cannoni di bronzo. Inviò il duca queste
munizioni per Po fin sul Parmigiano in cinque
navi , non già nel dì 5 tli settembre , come
io g à scrissi nelle Anticbità Estensi, ma bensì
nel dì dieci di dicembre , come ha Antonio
Isnardi nella sua Cronica manuscritta di Fer^
rara. Di là poi per terra su carra, ortlinate in
Parma e Piacenza dal papa , continuarono il
viaggio. Verisimilmente ancora (e lo scrive TA-
nonimo Padovano) per occulto maneggio del
papa il valoroso Giovanni de' Medici si ritirò
dal servigio dell' impcradore a quello del re
Francesco , e fu egli stesso inviato con mille
e cinquecento fanti a scortar le suddette nm-
nizioni. Strana risoluzione intanto parve a i
saggi quella d'esso re Cristianissimo, che quan-
tunque non si fosse impadronito di Pavia , uè
del castello di Milano , e tuttoché restassero
molte forze al viceré Lanoia, e si sapesse che
il duca dì Borbone era passalo in Lamagna a
procacciar nuovi rinforzi dì gente ; pure de-
terminò di liir l' impresa di Napoli nel tempo
stesso. Contava egli per faciiissinia cosa 1' ac-
quisto di quel regno, perchè sprov\eduto al-
lora di gente d' armi ; e giacché gli convenne
ridurre in blocco l'assedio «li Pa\ ia , con l'or-
inare mia forte e inlrabil circonvallazione in-
tomo a quella città , giudicò che intanto , du-
rante il ^(■^no , gran ricompensa di ((uclla
inazione sarebbe il guadagnare il regno sud-
tlello. Fu inlln credulo che il papa stesso
i
A>NO MDXXIV 2f;c)
r incitasse a cpjesta spedizione per suoi fini po-
litici, e lo scrivono Jacopo Nardi e Galeazzo
Cappella storici contemporanei , con altri. Ma il
Guicciardino , il Rinaldi ed altri son di parere
di\erso. Inviò dunque il re Francesco Giovanni
Stuardo duca d'Albania con dieci mila fanti e
settecento uomini d' arme alla volta della To-
scana , che passati per la Garlagnana s uuireno
a Lucca con Renzo da Ceri , il quale condu-
ceva seco tre altri filila fanti. Furono astretti
i Lucchesi a pagargli dodici mila ducati d'oro,
e a prestargli delle artiglierie. A requisizion
del papa si fermò ancora lo Stuardo intoriìo
a Siena per mutar quel governo. Tutte le fin
qui narrate azioni del pontefice, e TaAer egli
finalmente confessato d' aver fatta una specie
di concordia col re Cristianissimo , amareggia-
rono non poco 1' animo di Carlo impcradore e
di tutti i suoi ministrij e tanto più perchè parea
loro d' intendere che una segreta lega , e non
già una semplice concordia, fosse contra d'essi
la decantata da Clemente VII. Ne fecero per-
ciò di gravi doglianze. Voleva a tutte le ma-
niere il viceré Lanoia correre alla difesa del
regno di Napoli 5 ma cotanto seppe dire il
marchese di Pescara , che il fermò in Lom-
bardia. Del qual consiglio, perchè riuscì poi
utilissimo , i nostri storici concordemente die-
dero gran gloria ad esso marchese , ancorché
gli altri capitani concorressero nel medesimo
parere. In questi tempi con tutte le istanze
latte dal viceiè suddetto per aver soccorso di
gente o di danari dal senato veneto, nulla mai
potè ottenere, barcheggiando sempre que' saggi
3nO ANNALI d' ita ma
signori per vedere qual esilo avessero V armi
franzesi in Lombardia,
filino di Cristo iSsS. Indizione XIII.
di Clemente VII papii 3.
di CapxLO V iniperadofe 7.
Per 1' ostinato assedio di Pavia si trovarono
in mala positura non men gli assediali che gli
assedianli. Avea bensì Antonio da Leva prese
le argenterie delle chiese d'essa città, ed an-
che de' particolari , con far battere moneta ,
dove si leggevano queste parole: caesariam
PAPLVE OBSEssL MDXXiv. Ma non lardò a tornare
il bisogno , a cui riusci di picciolo refrigerio
la somma di tre mila ducati d'oro che il mar-
chese di Pescara, in tempo che fu fatta una
concertata sortita, seppe far passare nella città
per mezzo di due vivandieri. Con tutto ciò il
savio Leva tante promesse e conforti adoperò,
che tenne in dover la sua gente, ancorché più
volte minacciassero di rendere la città a i Fran-
zesi , e crescessero poi le loro angustio pel di-
fetto de' viveri , con ridursi a cibarsi di carne
di cavalli, cani, gatti ed altri abbominevoli cibi.
Non si scnlixa meglio di polso il re France-
sco, perchè s'era molto scemala la sua armala
per le diserzioni e malnllie , e spezialmente
})cr la s<-ousigliafa sjxHlizione del duca d' Al-
bania verso il regno di Napoli. Quanto all' e-
sercito imperiale , più ivi che altrove si penu-
ria\ a <li danaro ; né altro .s' ndi\ a in (juello
milizie che (jucrele e prt)teste il' andai'sene , e
senza voler più fare le guardie. L' eloiiuouza «
Anno jinxxv Sor
buona maniera del raarchese -di Pescara li ri-
tenne . con promettere spezialmente di venir
fra poco ad nn fatto darmi , in cui senza fallo
riporterebbero vittoria, e nuoterebbero poi nel-
r oro e nell' inejiplicabil bottino del vinto
esercito franzese. Verso la metà di gennaio
arrivarono al campo cesareo secento ca\alli
borgognoni ed altrettanti ledesclii , tutti ben in
ordine. Poi da lì a non molto giunsero ancora
sei mila fanti tedescbi, in\iati dairarciduca Fer-
dinando. Scrive r Anonimo Padovano cbe sul
principio di quest'anno vennero di Germania sei
mila tanti tedescbi, condotti da Carlo duca di
Borbone, i quali andarono a Lodi, ricevuti con
somma allegrezza dal marcliese di Pe.scara. Poi
parla d' altri cinque mila di là parimente ve-
nuti sul principio di febbraio. Comunque sia ,
certo è cbe un grosso rinforzo pervenne al
campo cesareo. Allora fu che il viceré Lanoia
d' accordo con lutti i capitani prese la risolu-
zione di provar le sue forze con quelle del re
Cristianissimo , e di tentare con ciò la libera-
zion di Pa\ ia , la quale ben sapeano essere
ridotta all'agonia. Fecesi conto die 1" armata
sua fosse composta di mille e ducento cavalli
tra borgognoni e tedescbi , di ottocento cavalli
leggieri , di undici mila fanti tedescbi , e di
fanti sette mila fra italiani e spagnuoli , senza
la numerosa guarnigione di Pavia. Stette esso
viceré quattro giorni in Lodi , aspettando cbe
il duca tli Urbino colle milizie venete venisse
ad unirsi seco : ma indarno ra-speltò. Indi passò
a Marignano, e poscia a Sant'Angiolo, ca.-.lello
posto fra Lodi e Pavia ; dove era stalo inviato
3o2 ANNALI n' tTAUA
dal re Francesco Pirro Gonzaga con mille fanti
e ducento cavalli. I! misero castello 111 preso
a forza d'armi con istrage di quel presidio dal
prode marchese di Pescara , che poi lo diede
in preda a' snoi soldati.
Varie disavventure intanto occorsero al re
Cristianissimo. Due mila fanti italiani, che ve-
nivano al suo campo, furono disfatti sulf Ales-
sandrino da Gasparo del Maino governatore di
Alessandria. Parimente Gian-Lodovico Pallavici-
no , che s'era fortificato in Casal Maggiore con
duemila fanti e quattrocento cavalli, (fAnonimo
Padovano gli dà tre mila fanti e cinquecento
cavalli) da Ridolfo da Camerino colle genti
del duca di JVIilano fu sconfitto e fatto pri-
gione, ftla peggio accadde. Riuscì a Gian- Gia-
como de' Medici , che poi fu marchese di ìMa-
rignano , di occupar la terra di Chia^ ernia ,
posseduta allora da i Giisoni. Fu cagione que-
sta no%ità che seimila Giisoni, che erano nel
camjjo franzese, chiedessero congedo, né ma-
niera vi fu di ritenerli : il che mise non poca
costernazione nel resto dell'armata franzese,
per altro verso assai debole e smilza. Imper-
ciocché il re Francesco nella Certosa di Pavia,
attendendo solamente a' vani piaceri e ('iverli-
menti , senza cuiarsi di assistere alle rass(>gne
de' soldati, si credea di avere mi gran numero
di combattenti , e veramente li pagava , come
se gli avesse 5 ma j)er ncgligeu/.a de' suoi mi-
nistri e frode de' suoi capitani, mancanti di
mollo erano tutte le compagnie. Iti <|nesli me-
desimi tempi non godeano miglior vento gli af-
fari del duca d'Albania, giunto nelle vicinanza
ANXO MDXXV 3o3
di Roma col corpo ili gente Franzese. Gian
tumulto fu in quelle parti , essendosi spezial-
mente scoperto die gli Orsini andavano d" in-
telligenza con esso duca. Aveano anche unito
circa quattro mila nomini del loro partito, e
marciavano per congiugnersi con lui ; ma i
Colonnesi , l'autori della parte imperiale . con
molta cavalleria e forse con sei mila limli ( il
Guicciardino li fa molto meno ) andaiono ad
assalirli a San Paolo fuori di Roma, e diedero
loro una solenne rotta , inseguendoli fino a
Ponte Santo Agnolo : il die a\ endo cagionato
gran terrore in Roma , poco mancò che il papa
non si ritirasse in castello. Finalirente nel dì
i4 di febbraio T esercito cesareo in Lombardia
si acco.stò sì da vicino a quel de' Franzesi ,
dove già s' era ritirato il re , che gli assediati
in Pavia, già ridotti a gli estremi, si avvidero
con loro gran gioia di poter sperare il soc-
corso. Le azioni gloriose fatte in questa occa-
sione da Francesco Ferdinando Davalos mar-
chese di Pescara , che si potè chiamar l'Achille
e r anima dell' armata cesarea , non è a me
permesso di riferirle distesamente. Dirò sola-
mente , che avendo egli inviato Alfonso Dava-
los marchese del Vasto suo cugino, e giovane
valorosissimo , ad assaltare un bastion de' ne-
mici, nello stesso tempo egli spianata la fossa in
allro sito, con valore e industria mirabile spinse
entro Payif. cento cincpianta cavalli , cadann
«l'essi con un valigino pieno di polve da fuoco:
il che fu d'incre(Ubil aiuto ad Antonio da Leva
che n' era già rimasto senza. Così nel dì 20
di febbraio gli riuscì con altro felice tentativo
3o4 annat.i d'itat.ia
di spignere nell' afflitta città gran copia di
Tpltovaglia ; e nel dì seguente espugnò un
altro bastione , con portarne via sei pezzi
d' artiglieria.
Stavano in questa maniera a fronte le due
armate nemiche ; la franzese stretta ne' suoi
forti trincieramenti , ma col cuor palpitante ,
di modo che il suddetto marchese di Pescara
ebbe a dire al viceré Lanoia , essergli fin qui
sembrato di combattere non con uomini , ma
con femmine. Gran parte de' capitani , ed an-
che il papa per mezzo di Girolamo Lean Irò
vescovo di Brindisi suo nunzio , e con più let-
tere andavano consigliando il re Francesco ohe
schivata ogni battaglia con gente disperata . si
ritirasse di là dal Ticino , assicurandolo in tal
guisa della vittoria : perchè mancando le pa-
ghe a gì' imperiali, in breve si sart-bbe ridoMa
in nulla la loro armata. Il re di testa cocciuta
impontò , parendo cosa vergognosa ad un par
suo il levarsi da quell' assedio e il mostrar
paura. E perciocché sapeva le deliberazioni de i
nemici di voler venire ad un fatto d' armi ,
maiulati di là dal Ticino tutti i carriaggi, mer-
catanti , vivandieri ed altra gente inutile , si
preparò a riceverli. Ora nella notte precedente
al dì 24 di fcbbiaio , festa di S. INlallia , e
giorno che altro volle si jirovò poi pro|)izio
airimperador Carlo V, si mise in ordinanza
di ba(t;iglia T esercito cesareo , e qualche ora
a\anti giorno , dopo aver gittate a terra circa
sessanlii braccia del muro «lei liarco , vi en-
trarono . ed avviandosi verso .Mirabell*» , ebbero
^ir incoutjo le schiere del re Crislianissimo.
ANNO MDXW 3o5
Anche Antonio da Leva spin'^e fuor di Pavia
a quolla danza quattro mila fanti e quattrocento
cavalli. Fu ben tenibile ed ostinato d com-
battimento j ma quasi tutto in lovina de^ Fran-
zesi. Gli Svizzeri , che non UK-narono le mani
coli' ardore degli anni addietro , furono rove-
sciati j il resto non attese che a cercar la sa-
lute colla fuga. Il re Francesco valorosamente
combattendo j e cercando indarno di feiniare
i fuggitivi , dopo aver ricevuto due leggieri fe-
rite nel volto e in una mano , ammazzatogli
il cavallo, vi restò sotto , né mai si volle ren-
dere a cinque soldati , che riconosciutolo agli
ornamenti dell' armi per signore d' alto affare ,
il voleano vivo e non morto, per isperanza di
grossa tagha. Se crediamo al Giovio , fu con-
fortato ad arrendersi al Borbone 5 ma egli fre-
mendo all' udire il nome di quel traditore ,
disse che chiamassero il viceré Lanoia , a cui
si diede a conoscere e si aiTcndè. Il rice\ette
egli prigione dell' imperadore , e dopo avergli
baciata la mano , e aiutatolo a rizzarsi , il con-
dusse sopia un roncino nel castello di Pa\ ia ,
dove fu nobilmente alloggiato e curato. Intanto
continuarono i Cesarei ad uccidere o a dir pri-
gioni ; e perchè i Franzesi altro scampo non
aveano che pel Ticino , moltissimi d' essi in-
calzati da i nemici lasciarono la vita in quel
fiume. Secondo lo scandaglio di chi scrisse gli
avvenimenti d'allora, rimasero estinti in quella
memorabil giornata otto in dieci mila del
campo fianze^e, fra quah l'ammiraglio Doni-
\et, il Palissa , il Tremoglia , f Aubignì , ed
alti-i ullziali del primo ordine ; e prigioni ,
MuruTORi. Jtin. Voi, XIP^. ao
3o6 ANNALI d' ITALIA
olire al re Francesco , il re di Na varrà , il
Bastardo di Savoia , Federigo da Bozzolo , ed
assaissinii altri capitani e gentiluomini. Laildove
degF imperiali vogliono alcuni che non perisse
più di settecento persone. L' Anonimo Pado-
vano scrive, due mila persone , e fra queste un
solo capitano di conto, cioè Ferrante Castriota
niarcliese di Sant' Angelo. Presso il Rinaldi
negli Annali Ecclesia>tici le lettere del Giberti
Datario tlavano trucidati dodici in tredici mila
Franzesi , e sette mila annegati nel Ticino.
Aprì ben la bocca questo monsignore. Salvossi
prima anche della rotta totale , e non senza
grave suo biasimo , con sole quattrocento lan-
de il signor di Alanson verso Piemonte 5 ma
appena giunto in Fi-ancia , vi terminò i suoi dì.
Teodoro Trivulzio , die era alla guardia di
Milano , nel dì medesimo della rotta se ne
parli in fretta , seguitandolo alla sfilala i suoi
snidali. Tulio il carriaggio del re e le sue ar-
tiglierie voniuMO in potere de' vincitori j e sì
grande fu il bottino , che ogni menomo sol-
dato ne arricchì. Pensò poi il viceré Lanoia di
mettere il re prigioniere nei castello di Milano)
ma non piacendo al duca di Milano un sì pe-
ricoloso ospite, fu egli poi cnndollo nella rocca
di Pizzighittone , con accoidaigli per sua com-
pagnia venti de' suoi più cari, scelli da lui fra
quei che erano rimasli prigionieri. Il marchese
(li Pescara con due ferite, f mia nel viso,
l' altra in una gamba , fu portato a Milano ,
dove stette gran lcin|>o in mano de' nunlici e
chirurgi.
Tania prosperità dell' armi cesaree in Italia
ANNO MDXXy 3o7
quanto rallegrò i sudditi dell' impeiadore in
Ispagna e Germania, altrettanto riuscì disgu-
stosa a i principi italiani , temendo essi che
la crescente potenza di Cesare minacciasse ora-
mai gli Stati di cadauno. Perciò papa Clemente
e i Veneziani piti degli altri cominciarono a
trattare di unirsi , per non restar picda alla
sospetta ambizione altrui. Maggiormente poi
crebbe la lor gelosia da che videro condotto
in Ispagna il prigioniere re Cristianissimo. Im-
perocché mandò ben ordine T imperadore che
esso re fosse condotto a Napoli; ma il re Fran-
cesco sperando di poter meglio maneggiar la
sua liberazione, se potesse abboccarsi coir im-
peradore dimorante in Ispagna , si raccomandò
per essere trasportato colà , e procurò da Pa-
rigi tutte le precauzioni per la libertà e sicu-
rezza del trasporto. Pertanto sul fine di maggio
scortato esso re da trecento lancie e da quattro
mila fanti spagnuoli , fu menato a Genova ,
dove imbarcatosi con dieci galee genovesi ed
altrettante franzesi , ma armate da gli impe-
riali , in compagnia del viceré Lanoia arrivò
poscia a Madrid. Restò il marchese di Pescara,
durante la lontananza del Lanoia, vice-capitan-
ccneiale dell' esercito cesareo. Prima ancora
della partenza d' esso re , il papa , dopo aver
conosciuto die il far leghe allora contro del
vittorioso imperadore , era non men difficile
che pericoloso , cominciò a trattar con esso
d' accordo. Lo concbiuse in fatti per mezzo di
Gian-Bartolomeo da Gattinara nel dì primo d'a-
prile , e pubblicollo solamente nel dì dieci di
maggio. Innanzi la delta conclusione il duca
3o8 ANNALI n' ITALIA
di Albania, che steva accampato nelle vicinanze
di Roma , udita che ebbe la disavventura del
re Cristianissimo , cercò la via di levarsi d' I-
talia , per timore d' esserne cacciato da i mi-
nistii cesarei del regno di Napoli e da i Co-
lonnesi. Licenziata dunque parte delle sue genti,
ed imbarcatosi col resto sulle galee della Fran-
cia e del pontefice , fece vela alla volta della
Provenza. Ora fra i capitoli della lega poco fa
accennata dal papa coli' imperadore , uno dei
principali , e che forse diede ad essa il pri-
mario impulso, perchè Clemente la procurasse,
fu ehe il viceré avesse da adoperar le forze
cesaree per obbligare Alfonso duca di Ferrara
a rilasciare alla Chiesa la città di Reggio e la
terra di Rubiera da lui ricuperate dopo la
morte di papa Adriano VI , come cose sue e
dell'imperio, da cui n'era egli investito. Que-
sta avidità di spogliare il duca non solo di
que' due luoghi, oltre a Modena, tuttavia oc-
cupata dall' armi ponlifizie , ma eziandio della
stessa città di Ferrara , nata a' tempi di Giu-
lio h e continuata in Leon X, era passatoi an-
che in papa ('lemeute VII , non si sa , se per
la mondana gloria di dilatar le fimbrie della
toniporal ])ntcn/,a de i papi , o pure per segrete
mire d' ingrandir la propria casa ; giacché egli
tendeva ad innalzar»; Alessandro ed Ippolito ,
amcndue bastardi, l'uno di (liuliano iuniore
do' Medici, e l'allro <b Loieiizo de' Medici ,
già duca d'Urbino. Ma restò delusa questa sua
indebita cnpidigin ; perciocclié il viceré La-
noia , lr()\audobi in gravi angustie per man-
canza di danaro da pagar le truppe, a\ca molto
ANNO MnXXV 3 OC)
prima per mezzo del medesimo Gattìnara trat-»
tato col duca Alfonso , e ricevutane in pieslito
la somma di cinquanta mila scudi d'oro , con
promessa d' assisterlo a ricuperar gli Stati di-
pendenti dal romano imperio. Il perchè nò lo
stesso Lanoia, ne l'imperadore vollero ratifi-
care questo capitolo , siccome pregiudiziale alle
ragioni d' esso imperio. Si mosse ancora il
duca di Ferrara nel mese di settembre , con
intenzion di passare personalmente in Ispagna^
per esporre ivi a Cesare l' ingiustizia di chi
non solo gli riteneva il suo, ma anche cercava
con trattati di torgli il resto. Giunto egli a
San Giovanni di Morienna , mai non potè im-
petrare il passaporto da Lodovica regina ma-
dre reggente di Francia , e gli convenne tor-
narsene indietro.
Grandi maneggi intanto si faceano in Parigi
è in Madrid per la liberazione del re Fiance-
sco , tutti nondimeno indarno , perchè esorbi-
tanti pareano non meno a lui che alla regina
sua madre le condizioni colle quali aveano da
comperarla. Perciò esso re mal sofl'erendo que-
sta gran tlilazione, e forse più per non averlo
mai r imperadore degnato d'una visita, cadde
gravemente infermo , sino a dubitarsi di sua
vita. Allora fu che l'Augusto Carlo non pei'
generosità , ma per proprio interesse , andò a
visitarlo , e di si dolci parole e belle promesse
il regalò , che a questa sua visita fu poi attri-
buita la di hii guarigione. Ne' medesimi tempi
non mancarono novità in Italia. Vedeva Fran-
cesco Sforza duca di Milano d' essere oramai
ridotta tutta la sua autorità ad un solo nome ^
3 ! O ANNALI n' ITALIA
percliè gU Spagnuoli erano veramente i pa-
droni dello Stato di Milano , né giammai avea
potr.to ottenerne T investitura da Cesare 5 e
sel^ben questa era stala spedita , pure gli ve-
niva esibita a condizion di pagare in varie rar
te, per quanto dicono, un milione e ducente
mila ducati d' oro , per qualche compenso alle
tanto maggiori spese fatte dall' imperadore per
iscacciarne i Franzesi : pagamento impossibile
dopo tanta desolazione di quello Stato. Faceano
compassione anche i popoli , perchè non po-
teano più reggere a gli aggravj e all'insolenza
de gli Spagnuoli. Ora Girolamo Morene , pri-
mario consigliere del duca , cominciò segreta-
mente a trattare di liberar il suo padrone da
questi ceppi. Non vi volle molto a sapere che
il marcliese di Pescara si trovava disgusta-
tissimo dell' imperadore e del viceré Lanoia •
e però si azzardò il Morone a proporgli di
cacciar gli Spaglinoli da Milano , e di far lui
poscia re di Napoli. Al che si mostiò disposto
il marchese , quando vi concorressero i Vene-
ziani e il pontefice. Si fece il tentativo col se-
nato veiu'to , che si mostrò propenso ad en-
tinrc nel proposto progetto j nò il papa ne fu
alieno , e andò mollo innanzi questo trattato.
Non si [)otè poi d(!cidere se il marchese sulle
piimc acconsentisse daddovero , con pentir-
sene dipoi , o pure se anche allora fingesse.
La verilà si ò , che egli in fine avvisò di
queste mene l' impcrador Carlo , e ricevè or-
dine di provvedere. Fece il Pescara circa la
mola d' ottobre venire a Novara il Morone ,
ed avcuilu fallo ascondere Antonio du Leva
ANSO MB XXV 3ll
dietro ad un arazzo , aoc ioccliè tutto udisse j
parlò^ molto con esso Moione di quella prati-
ca ; e poi fattolo imprigionare , il ma\idò nel
castello di Pavia. Quindi come se il duca Fran-
cesco ne fosse consajievole , e perciò deca*
duto da ogni suo diritto , P obbligò a coiise-*
gnargli Ciemona , e le fortezze di Trezzo j
Lecco e Pizzigliittone 5 ed entralo in INlilano ,
costrinse quel popolo a giurar fedeltà a Cesa-
re , mettendo dapertnlto ufiziali in nome del-
V iiiipnradore , con restar solamente al duca il
castello di Cremona e quel di IMilano , dove
egli abitava , che fu ben tosto serrato intorno
con trincieramruti da esso marchese. Non si
può esprimere 1" incredibil dolore che questa
novità e violenza recò a tutti i popoli dello
Stato di Milano , e in quanta confusione re^
filassero i principi d' Italia , ^ eggendo scoperti
i lor segreti disegni , e massimamente perchè
oramai si toccava con mano non aver l' ira-
peradore acqiiistato quello Stato per amore di
Francesco Sforza , ma per proprio vantaggio ,
contro i chiari capitoli della lega precedente.
Però si cominciarono nuovi maneggi fra le po-
tenze italiane e colla resina di Francia retrgen-*
te, da cui era stata già stabilita in quest'anno
una nuova lega con Arrigo re d' Inghilterra.
Sul fine poi di novembre ebbe fine la vita di
Francesco Ferdinando d Avalos , maicbese di
Pescara, in età di soli tientasei anni, che tanto
credilo di valore e di senno avea conseguilo
nelle guerre passate , onde veniva tenuto pel
tiiìi sperlo generale d' armi che s* avesse al-
pra l'Italia: ma dipinto dal Guicciardiuo per
3l2 ANNALI d' ITALIA
altiero, insidioso , maligno , e odiato da gl'I-
taliani per le sue dop[)iezze in pregiudizio del-
l' infelice duca di iMilano. Restò vedova di lui
Vittoria Colonna , donna per la beltà del cor-
po , e vie più per quella dell'animo, celebra-
tissima da tutti i poeti e sciittori d' allora. In
luogo suo fu dato il comando dell' armi ad
Alfonso marchese del Vasto , suo cugino ( ap-
pellato da altri nipote ) , giovane di grayde
animo j prudenza e fede-
Anno di Cristo i526. Indizione XI f^.
di Clemente VII pnpa 4-
di Caklo V imperadore 8.
Tale impressione fece nell' animo di Carlo
Augusto la lega della Francia coli' Inghilterra ,
e la notizia che tutti i principi d' Italia po-
tessero unirsi contra di lui, che finalmente
s' indusse alla liberazione del re Francesco ,
ma con ingordissime condizioni di suo van-
taggio. Né pure il re fu restio ad accettar qual-
sivoglia proposizione a hii falla , purché po-
tesse uscir di prigione , fin d' allora pensando
che costava poco il promettere tutto , ed an-
che il giiuare . posciachè l'effelliiar le pro-
messe resterebbe poi in s>ia mano, da che
fosse in libertà. Peiò nel dì 17 di gennaio
dell' anno picsrnle , e non pia di febbraio ,
come ha il Guicciardino e il 15(,'lcaire suo gran
co|)ialore , spg\iì in Madrid la pace fra quei
due monarchi , con aver ceduto (1) il re a
(1) Dii-Mont Coi-ps Dii>loin.it.
AWNO MDXXVl 3 i3
Cesare tutti i suoi diritti sopra il regno di Na-
poli , Milano , Genova , Fiandra ed altii luo-
ghi, e CI» r obbligo di cedergli il ducato della
Borgogr.a con altri Slati , per tacere tante altre
condizioni , tutte grav issiuie al re Cristianissi-
luo. Il gran cancelliere Mercurio Gattinara , sic-
come quegli che detestava sì fatto accordo .
ben prevedendo quel che poscia ne avvenne ,
con tutto il comando e T indignazion di Cesare,
non volle mai sottoscriver!» , allegando , non
convenire all' uGzio suo T approvar risoluzioni
perniciose alla corona. Il tempo comprovò poi
•vero il suo giudizio. Fu poi nel principio di
marzo condotto il re a i confini del suo
regno , e rimesso in libertà , e consegnati
per ostaggio a Carlo V il Delfino e il secon-
dogenito del Cristianissimo , finché fosse en-
tro un tempo discreto data piena esecuzione
al concordato, con obbligarsi il re di tornare
personalmente in prigione, quando non si ese-
guisse. Questa pace , per cui si lasciava alla
discrezion di Cesare non solamente lo Stato di
Milano , ma il resto ancora d' Itaba , somma-
mente conturbò le potenze italiane , e sopra
gli altri papa Clemente e la repubblica vene-
ta: e tanto più percliè continuava l'assedio
del castello di Milano con apparenza di non
potersi ivi sostenere il duca gran tempo per
la mancanza de' viveri ; nel qual tempo il po-
polo di Milano era straziato da insopportabili
aggravj ed avanie de gli Spagnuoli , e giunse
anche a far sollevazione, ma senza trovare
clii lo dirigesse ed animasse a proseguir nel-
V impresa. Perciò il papa ^ per varj motivi
3 I 4 AJVINALI d' ITAMA
dìsgiislato de i Cesarei , e spezialmente per aver
eglino mandata gente sul Piacentino e Parmi-
giano , e i Veneziani furono solleciti a speilir
persone in Francia , per intendere qnal fosse
la mente del re intorno al mantenere o no. lo
stipulato accordo , con ordine di strignere seco
lega , qualora egli recedesse dalla concordia.
In fatti il re , da che fu libero , si guardò di
ratificarla , e cominciò a proporre di dar da-
naro in grosse somme ali imperadore , più to-
sto che cedergli la Borgogna : al che l'Augusto
Carlo non volle acconsentire.
Pertanto nel dì 23 di maggio ( e non già
nel di 17 ) in Cugnach si conchiuse ima lega
fra il papa , il re di Francia , la repubblica
veneta , quella di Firenze e Francesco Sforza ,
per muovere concordemente 1' armi contra del-
l' imperadore , sostenere esso Sforza nel du-
calo (U Milano , invadere il regno di Napoli ,
e mutare il governo di Genova, con altri punti
che si leggono nello stnmiento di essa lega
presso il i)ii-Mont. In essa iiiun luogo fu la-
sciato al duca di Ferrara ; anzi il papa vi
fece medere parole generali d' essere aiutato a
ricnpcrav gli Sl.ili dc'lla Chiesa. Con al)uso non
lieve della religione si chiamò questa la Lega
Santa ; e fu in vigor di essa assoluto il re
Francesco da i giuramenti e dalle ])iomesse falto
all' imperadore. Quindi il pontefice S])edì a
Piacenza il conte Cuido Raugone , governator
generale deli' esc-rcilo della Chiesa . con (•in([ue
mila fanti eie suo genti d'arme, e posi;ia Vitellio
Vitelli con fjiovauni de' Medici , e colle solda-
tesche de' Fiorentini. I Veneziani anch' essi
ANNO Mnxxvt 3 I 5
ordinarono a Francesco Maria duca d' Urbino,
lor generale , di passare a Chiari sul Bresciano.
Era comune la loro intenzione di soccorrere
r assedialo castello di INlilano. Con forti ra-
gioni avea il Sadoleto . come costa dalla sua
Vita . dissuaso il pontefice da questa pueria,
per attendere a pacificar le discordie de' prin-
cipi cristiani , e per opporsi a i progressi de i
Turchi. Ma il pajia , troppo politico , tanto
pensava a farla da principe temporale , che
dimenticava i doveri delPufizio pastorale. In
questo tempo Carlo Augusto, non consapevole
peranche della lega suddetta . inviò a Roma
don Ugo di Moncada con proposizioni molto
vantaggiose per la ]iace. Nulla volle il papa
accettare , per non mancare alla fede data nella
lega. Ma nò V armi del papa si moveano da
Piacenza . né • le venete osavano di passar
TAdda , perchè il duca d'Urbino faceva istanza
che secò si unisse un corpo di Svizzeri, che
la lega avea bensì mandato ad assoldare . ma
che mai non calava in Lonibnrdia. Il che diede
tempo a gì' imperiali di sorprendere il popolo
di Milano , che forzato a pagare cinquanta mila
ducati d'oro, più d'una volta avea disordina-
tamente prese 1' armi , e di costrignere molti
nohih e i lor capitani ad uscire di città , e a
calmare il tuTnulto : il che accadde circa il
di 20 di giugno. Furono altresì tolte 1' arme
a i cittadini , e poi tanta barbarie usata con
essi , rubandoli , bastonandoli , ferendoH . che al-
cuni di loro per disperazione si uccisero , e
p.ìrecchi abbandonato quanto aveano , se ne
fuggirono: con che i»i ridusse quella nobil città
3t6 ANiS'ALl d' ITALIA
all' estrema miseria. Intanto Lodovico Vistari-
no , gentiluomo di Lodi , per liberar la sua
patria dalla crudeltà di mille e cinquecento Na-
poletani, dimoranti ivi di presidio, se T intese
col duca d' UiLino , da cui nella notte del
dì 24 di giugno fu spedito colà Malatesta Ba-
glione con tre o quattro mila fanti veneti; e
questi s' im[)adronl della città di Lodi , e da
lì a pochi giorni anche del castello, essendo
stato ripulsato il marchese del Vasto , venuto
per ricuperarla. Perciò allora si unirono colle
genti venete anche le pontifizie , e fu creduto
che insieme ascendessero quasi a sedici mila
fanti e quattro mila cavalli. Ma perchè buona
parte di essi era gente nuova , e tumultuaria-
mente raccolta , non si arrischiava il duca
d' Urbino a tentar cose grandi , e ma.-;sima-
mente perchè si credea che Antonio da Leva
e il marchese del Vasto , generali dell' impe-
radore , avessero circa quinilici mila fanti , ot-
. tocento lancic e cinquecento cavalli leggieri ,
gente divisa parte in Milano , e gli altri in
Cremona e Pavia. Contuttociò l'esercito colle-
gato , che era giunto a iMarignano , nel di
cinque di luglio andò a postarsi in vicinanza
di Milano , con diseguo di assalile i borghi , e
con isperanza di entiarvi. Entiò bensì in quella
città il duca di Borbone , che venuto per mare
con ottocento Cauti s[)ngntioli , e anìeftnto dalle
lettere di Antonio da Leva , con quella gente
arrivò colà.
Adiui([iie nel dì •j del mese suddetto .s' ac-
costò l'arm.ila de'collcgati per daie T assalto j
ma trovato alla difesa chi non avea paura , si
ANNO MDXXAI 3 l '^
convertì 1' assalto in lievi scaramuccie , e nel
dì seguente vergognosamente se ne tornò quel-
r esercito a iNIarignano. Non si seppe intendere
se in sì fatta ritirata , comunemente creduta
di molta ignominia , si nascondesse qualche
mistero di politica e di mala fede , o pure se
il duca d' Ui'bino vi si fosse condotto con ra-
gioni ben fondate dell' arte militare. Certo è
che i Veneziani ne fiuono , o almen se ne
mostrarono molto malcontenti , e più il pon-
tefice, che in questi tempi cominciò ad essere
travagliato da gli Spagnuoli , dalla parte di
Napoli , ed era anche minacciato da i Colon-
nesi. E pure esso papa , unito a i Fiorentini,
si applicò a far nmlare colla forza il governo
di Siena. Colà fu s|>edito il loro disortlinato
esercito , che fece in fine mostra del suo va-
lore , non già col menar lo mani , ma col me-
nare i piedi ; perciocché essendo usciti nel
dì 25 di luglio i Sanesi, e impadronitisi delle
artiglierie nemiche , tosto diedero a gambe gli
assedianti , con lasciare a i nemici vettovaglie,
carriaggi e diecisette pezzi d'artiglierie. Cresce-
vano intanto sempre più i guai dell' infelice e
desolata città di Milano , con patetici colori
descritti dal Giiicciai dino , il quale osserva in-
trodotto circa questi tempi da gli Spagnuoli il
barbarico costume di maltrattare e divorare non
meno i nemici che gli amici : esempio seguilo
anche da gì' Itahani E pure 1' esercito collegato
se ne stava ozioso a Marignano , senza pensare a
liberar quel disperalo popolo , né a soccorrere
il povero duca, chiuso nel castello, e ridotto
a §li estremi per mancanza di vettovaglie. Nò
3 1 8 ANNALI d' nkhlK
comparivano mai le migliaia eli STÌzzeri che il
re di Francia avea fatto assoldare per inviarli
in Lombardia. Tuttavia essendo venute a Ma-
rignano circa trecento bocche inutili uscite del
castello di Milano , alle quali non era stata fatta
opposizione , che accertarono il duca d' Urbino
deir estremità grande in cui si trovavano gU
assediati ; ed essendo anche giunti ad essa ar-
mala cinque mila Svizzeri de gU assoldati dal
papa : esso duca col conte Guido Rangone ge-
nerale del papa giudicò necessario alla sua ri-
putazione di tentare il soccorso del suddetto
castello. Però nel di 22 di luglio mosse V e-
sercito , e dopo avere spedilo il conte Claudio
Rangone e il conte Lorenzo Cibò ad occupare
la nobil terra di Monza , s'avvicinò a Milano ,
ma senza mai tentare di far guena ai jjorglii,
o di soccorrere 1' agonizzante castello. In que-
sto mentre , cioè nel di 24 di esso mese , il
duca Francesco , non potendo piij reggere ,
concliiuse un accordo col duca di Borbone ,
con varj cajjitoli , de'([uali ninno gli fu man-
tenuto j fuorché la libertà di ritirarsi con lutti
i suoi , e se ne andò a Lodi . città che libe-
ramente fu da i collegati rimessa in sua ma-
no ; nella quale occasione egli confermò i ca-
pitoh della lega col papa e co' Veneziani. Stava
tuttavia alla di\ozion di esso duca il castello
di Cremona : naia la speranza che si potesse
ottener colla forza anche la città . fu spedito
rolit ni'i di H d'agosto Mal.ilesla Raglione con
sudicienti ibrze di gente e d'artiglimie. Fece
egli giocar le batterie , diejle varj assalii , 0
tutto indarno 5 di maniera che il duca d' Urbino,
ANNO MPXXVI 3l«)
giacché erano giunti al campo della santa
lega i tredici mila Svizzeri , tanto tempK aspet-
tati , passò colà in persona con altre milizie.
Siringe egli e tormentò sì fattamente quella
città , die il comandante imperiale nel dì 23
d' agosto capitolò di rendersi , se per tutto il
mese suddetto non gli veniva soccorso.
Poco felicemente camminavano gli affari del
pontefice in Londjardia , e peggio poi in Bo-
rra. Imperocché si trattò eh pace fra esso papa
da una parte , e don Ugo di Moncada , reg-
gente allora di Napoli per la lontananza del
viceré , e i Colonnesi dalf altra. ^ espasiano
Colonna- eh cui molto si fidava Clemente MI,
fu il mezzano che conchiuse l' accordo nel
dì 22 d'agosto, per cui doveano i Colonnesi
restituire Anagni , e ritirare le lor genti nel
regno di Napoli. Riposando su questa capito-
lazione l'incauto fxmtefice , licenziò quasi tutte
le sue milizie. Ma nella notte precedente il
dì 2o eh settembre eccoti segretamente arrivai e
lo stesso Moncada , allievo ben degno del fa
iniquo duca Valentino , ed Ascanio Colonna e
il suddetto Vespasiano con ottocento cavalli e
tre mila fanti , che presero tre porte di Roma.
Era con esso loro Pompeo Colonna cardinale,
uomo di .poca religione e di smisurata ambi-
zione, sì vago del pontifichto, che fu creduto
che avesse cospirato alla morte violenta del
pontefite . per occupar egli dipoi la sedia di
san Pietro. II papa nel palazzo Vaticano , im-
plorando 1' aiuto di Dio e de gii uomini , non
si volea muovere. Tanto dissero i cardinali ,
che si rifugiò in Caslelig Santo Angelo nel
320 ANNALI d' ITAMA
niedesiaio tempo che que' masnadieri diedero il
sacco non solamente al palazzo pontifizio , ma
anche alla basilica Vaticana , alla terza parta
del Borgo nuovo , e a quanti cardinali e pre-
lati trovarono in Borgo , e a gli ambasciatoli
della lega , con perpetua infamia del nome
cristiano. In una lettera di Girolamo Negro (i)
è descritta questa tragica scena. Ed ecco U
primo amaro frutto delle leghe e guerre di
papa Clemente VII; e pure Dio l'aveva riser-
bato a più dura lezione e disciplina. Perchè il
castello era sprovveduto di vettovaglia , avendo
don Ugo proposta ima tregua , non durò fa-
tica il papa a condiscentlere , obbligandosi fra
l'altre condizioni di richiamar le milizie sue
dalia Lombardia. Questo avvenimento disturbò
tulli i disegni dell' esercito collegato in Lom-
bardia , che già si era fortemente rinforzato
per 1' arrivo del marchese di Sainzzo con cin-
quecento lancie e qualtio mila fanti franzesi ,
ed aspellava a momenti anche due mila (Pri-
gioni , con disegno di strignere da due jiarti
Milano. Ed ancorché il papa , che non sapea
digerire la tregua fatta , nel ritirar le sue truppe
lasciasse in quell' esercito quattro mila fanti
sotto il comando di Giovanni de'Me(hci, col
pretesto che fossero gente pagata dal re di
Francia ; pure niun' altra cousiderabile azione
fu fatta da essi collegati. Si rendè intanto la
città di Cremona , e ne fu dato il possesso al
duca Francesco) ed anche Pizzighitfeone venne
(i) Lettere de' Principi.
Anno mdxxvi 32 1
alle sue mani. Ciò fatto , ritornarono i colle-
gali a bloccare Milano : il che molliplicò i guai
di quella iiitVIice città. Non potè luiiganieiile
astenersi papa ('lenienle dal rompere la tregua:
tanto era il suo sdegno conlra de' Colounesi ,
e il desid -rio deìla vendetta. Privò del cap-
pello il cardinale Colonna , fece spiantare in
Roma le case de' Colonnesij e giacché di Lom-
bardia era giunto a Roma parte delle sue sol-
datesche , ordinò a Vitello o sia Paolo \itelli di
passare a' danni de' Colounesi , di bruciare e
spianar le loro terre. Ma pooa contentezza ,
anzi non poco biasimo riportò da quella spe-
dizione e dalle sue vendette l' ira pontifizia.
Calò circa il principio di novembre a Trento
Giorgio Frausperg , che colf industiia e da-
naro suo , e più colle promesse di gran pre-
da , uvea rauuali tredici in quattorcUci mila
fanti tedeschi. Venne poi questo sì grosso corpo
di gente a Salò , e circa il fine di novembre
verso Borguforte , per passare ivi il Po. Il duca
d' Urlìino gli andava inseguendo, per cogliere
il tempo d' assalirli. Il trovarsi coloro senza
cavalli e artiglierie, facea credere sicura la vitto-
ria. Scrive nondimeno l' Anonimo Padovano
che con essi Tetleschi erano cinquecento ca-
valli sotto il governo del capitano Zucchero.
Ma allorché in vicinanza di Borgoforte Gio-
vamii de' Medici co i cavalli leggieri andò a
pizzicar la loro coda , eccoti centra V aspetta-
zion d' ognuno un colpo di falconetto che gli
fracassò un ginocchio ; per la qual ferita por-
tato a Mantova , fra pochi giorni , cioè nel
dì 3o di esso mese , cessò di vivere : giovane
WuRATOiu. Jnìi. f^ol. Xlt^. 21
■^2 2 ANNALI 1)' ITALIA
di circa ventolto anni , di mirabil senno , e
insieme di non minor ardire , mancando in lui
chi si sperava che av esse a divenire V onor
d' Italia neir arte della guerra. Fu egli padre
di Cosimo I , che vedremo a suo tempo duca
e poi gran duca di Toscana. L' essersi avve-
duti i collegati ciie non mancava artiglieria a
quella gente, li fece dopo breve battaglia de-
sistere da altri tentati^i•, laonde coloro passa-
rono il Po , e marciarono dijioi alla volta di
Piacenza. Seppesi posiia che Alfonso duca di
Ferrara , il quale maneggiava da gran tempo i
suoi affari con Carlo Augusto , pregato da quei
Tedeschi , e intento a far conoscere il suo
buon animo ad esso imperadore , a\ ea loro
inviato dodici tra falconetti e mezze colubrine,
con assai munizioni da guerra. Né si dee tra-
lasciare che papa Clemente , il quale non pos-
sedea la virtù di saper perdonare , né di re-
primere i suoi odj , niun oiecchio avea fin ((ui
voluto dare alle istanze iV esso duca Alfonso ,
per riavere la sua città di Modena , anzi avea
con insidie cercato ili spogliarlo anche di Fer-
rara : fnalmente pel tanto picchiare de' suoi
consiglieri s' indusse a proporre un accordo
con lui , non già |)er grandezza ti' animo , ma
quasi ]jer necessilii in sì scabrosi tempi. Si
proponeva di dichiararlo capitan generale della
lega , di dar per moglie a donno Ficole suo
primogenito Catlcriiia de' Medii'i , che fu poi
regina di Francia , e di restituirgli .Modena ,
pagan(k) egli ducenfo mila scudi d' oro. Appog-
fjiala (juesla projiosizione a l'^aiicesco (ìuicciar-
dijio , non fu a tempo. Il duca ouoralaincjile
ANNO MDXXVt 5 23
fece sapere , essere già acconciali gli affari
suoi coli' imperadore , uè poter esso pren-
dere con onor suo contrarie risoluzioni. In
fatti Carlo Augusto sul fin di scltombre gli
avea confermata T investitura de' suoi Stati ,
fra' quali Modena e Reggio , e dicliiaralo lui
capitan generale delle sue armi in lUilia , e sta-
biliti gli sponsali del suddetto donno Ercole
con Margherita , sua figlia naturale , clie ve-
dremo poi duchessa di Firenze , e di Parma
e Piacenza. Si pentì ben Clemente delle pas-
sate sue durezze con questo principe, e n'ebbe
de' vivi rimproveri da' suoi collegati.
Nel novembre di quest' anno spedì Carlo V
in Italia il viceré Lanoia con una fiotta , su
cui venivano quatti'o mila fanti spagnuoli , e
non già quattordici mila , come con troppa
apertura di bocca lia il Giustiniano Genovese.
Arrivata questa a Codimonte , il prode Andrea
Doria , cU' era allora a' servigi del papa , Pie-
tro Navarro , che guidava le galee di Francia
e le galee de' Veneziani (avea questa armata
dianzi tenuta Genova per molto tempo come
bloccata ) andarono ad assalirla. In quella bat-
tijglia perde il viceré una nave , e col resto
assai maltralLito si ridusse poi in regno di Na-
poli , dove unito coi Colonnesi cominciò a dar
grande apprensione al papa. In somma fu bea
l'anno presente fecondo di guai e disastri per
tutta l' Italia , dove , secondo il minuto conto
che ne fece l'Anonimo Padovano, si contarono
circa cento mila soldati in varie parti , con in-
finite estorsioni ed inesplicabile aggravio de i
popoli, e spezialmente della misera città di
324 ANNALI d' ITALIA
Milano e di quello Stato, le cui miserie, descritte
da varj autori , quasi non si possono leggere
senza lagrime. Pel gran bisogno di danaro finse
il Borbone di voler far decapitare il già im-
prigionato Girolamo Morone. Questi si riscattò
con venti mila ducati d' oro , e poco stette
col suo ingegno a divenire il confidente del
medesimo Borbone. Ne gli stessi tempi co-
minciò la città di Napoli ad essere llagellata
da un' orrida peste , clie continuò poscia ne i
tre seguenti anni, con giavissima strage di
quella sì popolala metiopoli. Si aggiunse an-
che la carestia- a questi malori. Ma ciò che fii
più degno dì pianto, è da dir l' irruzione fatta
in quest'anno nell'Ungheria da F"J^'*ìano Sul-
tano de' Turchi; la gran rotta da '^Ju. data a
quo' popoli cristiani colla morte del re loro
Lodovico, e la presa della real città di Buda
e di tanl' altri paesi. Grandi furono le dicerie
per questo contra di paj)a Clemente , impu-
tando i più , ed anche lo stesso Carlo Augu-
sto in iscrix endo a i cardinali , queste calamità
ad esso pontefice, giacché egli in vece di ac-
cudire a resistere a i Turchi in difesa del
Cristianesimo , a\ oa voluto f;ir guerra a i Cri-
stiani, spendendo ininn-nsi tesori in mantenere
nn'arniata in Lombardia, un'altra ne' suoi Stati
per guerreggiar co' Sanesi e Colonnesi , e una
flotta in mare per mutare il governo di Ge-
jio\a. Ma qual rovina maggiore [)rocedesso da
questi politici impegni del pontefice, pur troppo
lo vedremo all'amio seguente,
A^KO MDXSVlt • 325
Annodi Cristo 1527. Indizione XV.
di Clemente ^ II papa 5.
di Carlo V iuipemdore q.
Siam giunti ad un anno rk''pjù fu'iesti e la-
grlmevoli che s'abbia mai avuto Tltalia. Sul
fine del!" anno precedente e sul principio di
questo seguitò a farsi una guerra arrabbiata e
come turcliesca fra ic milizie del papa e quelle
de' Colomiesi , sostenute dalle cesaree del re-
gno di Napoli, perchè tutto si metteva a feno
e fuoco. Fu in questi tempi preso e messo ia
Castello Sant" Angiolo V abbate di Farfa , cioè
Napoleone de' primi di casa Orsina , giovane
provveduto più di temerità che di prudenza j
e fu divolgato eh' egli si fosse inteso col viceré
Lanoia di dargli una porta di Roma , e si
giunse (ino a dire eh' egh avesse tramato con-
tro la sacra persona dello stesso pontefice. Andò
il viceré all' assedio di Frosinone , e vi stette
sotto alquanti giorni ; ma inoltratosi Renzo da
Ceri col Vitelli e coli' esercito pontifizio , gli
toccò una spelazzata , per cui fu obbligato a
ritirarsi. Fra i grandiosi disegni del papa , uno
de'primarj era di portar la guerra in regno di
Napoli , e a questo fine aveva egU chiamato a
Roma Renato conte di Vaudemont , erede de-
gli oramai rancidi diritti degli Angioini. INIon-
tato questi sulla flotta pontifizia e veneta, con
cui s' aveano ad unire anche le navi franzesi ^
sul principio di marzo fece vela verso il lilto-
)'ale di Napoli. S' impadronì di Castellaniare j
Ssfì ANNALI d' ITALIA
di Stabbia , della Torre del Greco e di Sor-
rento ; e dopo aver sacciieggiato altri luoghi ,
si spinse addosso a Salerno , e l' ebbe con
poca fatica. L'Anonimo Padovano riferisce con
altri questa occupazione a i primi giorni d' a-
prile ; il (iiiicciardino molto prima. Era quella
città ricchissima ; tutta fu messa a sacco j e
chi del popMilo non ebbe tempo a salvarsi colla
fuga j fu prigione , ed obbhgato poi a riscat-
tarsi con esorbitanti taglie. Oltre a ciò in Ab-
bruzzo riuscì ai maneggi de' Pontifizj di far
ribollare la città delf Aquila ; e Renzo da Ceri
dopo aver preso Tagliacozzo , s" inviava alla
volta di Sora. Pareano in questa maniera ben
incamminali gli affari del papa , ma nella so-
stanza prendevano ogni dì piij cattiva piega.
Mancava danaro per pagar le milizie ; somma-
mente si scarseggiava in Roma slessa di vetto-
vaglie ; e pelò una gran diserzione entrò nel-
l'armata papale, di modo che Renzo disj)erato
se ne tornò a Roma , nò altro maggior pro-
gresso fecero V armi del pontefice. E intanto
dalla parte della Lombardia s' era alzalo un
gran temporale che di buon' ora cominciò a
far tremare papa Clemente , e del pari tutti i
suoi aderenti e sudditi.
Ccrlamentc in questi tempi andava conti-
nuamente fra tanti venti ondeggiando il poli-
fico ra|)o e 1' animo pauioso d' esso pontefice ,
inclinando ora alla speianza, oia al timore, e
scrivendo ora lettere di fuoco, ed ora altre
filile souuncsse a Cesare , e ad altri |-.iiniipi.
Più volle <!gli mosse , od ascollò jKiioìe d'ac-
cordo col viceré Lanoia ; ina opponendosi
ANNO MDXXVII 32 ^
Sempre a tutto potere gli oratori del re Cristia-
nissimo e do' Veneziani , e insistendo egli
sempre in volere lo sterminio de' Colonuesi ,
andava in fumo ogni trattato. Tuttavia s' era
il papa indotto una volta ad un aggiustamento
anche poco decoroso, ed altro non vi mancava
che la di lui sottoscrizione , allorché sopra-
venne la nuova d'essere stali seacciali i\,\ Pro-
sinone gl'imperiali : per la qual vittoiia in-
speranzito di più felici successi , troncò quel
negoziato. Contultociò da che s'intese la mossa
del duca di Borbone verso gli Slati della Chiesa
e di Firenze , alloia accomodandosi alle cor-
renti vicende, acconsentì finalmente ad una
tregua di olto mesi coli* imperadore , è a re-
stituire a i Colonnesi le loro terre: risoluzione
che par\ e saggia per conto suo , ma che a i
suoi collegati riuscì sommaiuente dispiacevole
e molesti! , e a lui poscia e a Roma infinitamente
dannosa. Imperciocfcliè credenilosi egli in vi-
gore di questa concordia assiciwato da ogni
pericolo , disarmò , licenziata la maggior parte
delle sue .soldatesche , e spezialmente le bande
nere del fu Giovanni de' Medici , gente tutta
veterana e valorosa. Scrive il Rinaldi (i) che
non si parlò in esso accordo de' Colonnesi : il
che non par verisimile. Secondo l'Anonimo
Padovano, circa il dì aS di marzo fu stipulata
la tregua suddetta , e in fatti entrò quel dì ili
Roma il viceré Lanoia. IMa in essa città com-
parve ancora un uomo vestito di sacco ^ so-
pi'anominato Brandano , che alle appaienze
(i) Raynaldus Annal. Eccl.
328 AKNAM d' ITATIA
sembrava un pazzo, ed era Sanese di patria (i).
Andava egli pubbiicaiiieiite, a guisa di Giona,
predicando per tutta Roma , che soprastava a
i Romani un gran flagello, e che perciò fa-
cessero penitenza, ed emendassero i lor troppi
vizj e peccati, per placar Dio gravemente sde-
gnato Gontra di loro, senza rispamiare lo stesso
papa e i cardinali. Era perciò appellato il Pazzo
di Cristo. Non piacendo la musica di costui al
governo, fu mandalo il buon uomo a predicare
in una prigione ; ma da che furono succedute
le disgrazie di Roma, ed egli ebbe ricuperata
la libertà , tenuto fu per profeta , senza che le
sue voci avessero prodotto alcun profitto quan-
di' era tempo. La venta nondimeno si è , che
Brandano fu un fanatico pieno d' alterigia e di
maldicenza. Odiava certo i mali costumi d' al-
lora , e li staffilava con zelo, ma zelo spropo-
sitalo. A fare un Santo altro ci vuole che un
sacco , un Crocifisso e un declamar contro i
vizj.
Tornando ora in Lombardia, dove lasciammo
accani|>alo verso l'iacenza Giorgio Franspcrg
co' suoi Tedeschi , andò Carlo duca di Bor-
bone circa la metà del gennaio ad unirsi con
quella genie a Fiorcnzuola, menando seco cin-
quecento uomini d'arme, molti cavalli leggieri,
quattro o cinque mila Spaglinoli ili genie elet-
ta , e circa due mila fanti ilaliani. L' Anonimo
Padovano scrive, aver egli condotto seco quat-
tro mila Tedeschi e due mila ca\ alli, che con-
giunti col Fransperg formarono un possente
(}) .^iin^nvinn . Slniin. .Inlinnncs CocKrns coiitra LlV-
tlicnim. blunc v>uiit'si, (.ìtiicciuidiiio ed ului.
ANNO MDXXVII Ssg
esercito. Quivi temiero dei gran consigli ; e
per quanto -si potè scorgere , fin cF allora pre-
sero la risoluzion di passare a Firenze e a
Roma , con disogno di saccheggiar quelle città
e qualunque altro luogo nel loro passaggio ,
non solo per soddisfare al presente lor biso-
gno, ma ancora por arriccliirc in questa ma-
niera , giacché gran tempo era che non sa-
peano cosa fossero paghe , né restava loro
speranza d'averne in avvenire. Convien anche
aggiugnere che Giorgio Fransperg era un Lu-
terano , e la maggior parte de' suoi aderenti a
quella sotta : laonde è da credere che recas-
sero fin di Germania il disio di far qualche
brullo tiro all' odiato da essi pontefice romano.
Anzi fu comun parere che il medesimo Fran-
sperg seco portasse sempre un capestro di
seta e d' oro , vantandosi di voler con quello
strangolare il papa. Pertanto eccoti muoversi
arditamente questo bestiale esercito nel di 22
di febbraio , e venire a Borgo San Donnino ,
senza far caso di trovarsi privo di danaro, di
vettovaglie , di munizioni ed altrecci da guerra,
e del dover passare fra tante terre nimiche ,
e coli' avere a' fianchi o innanzi un' armata
più anche poderosa, che non era la loro. In
fatti le genti ecclesiastiche col marchese di Sa-
luzzo e con Federigo da Bozzolo , lasciato il
conte Guido Rangone in Parma , con ordine
di accorrere alla difesa di Modena , andarono
con celerità ad assicurar la città di. Bologna.
Dopo avere i Borboncschi dato il sacco a varj
luoglù del Parmigiano e Reggiano ; ancorchì'
33o Annali l' italia
il duca eli Ferrara, padrone cTi Reggio (t) ,
ne' sei giorni che coloro stettero sul Reggiano ,
non mancasse di mandar loro regali e viveri ,
nel dì 5 di marzo vennero a riposarsi a Buom-
porto del Moilenese. Andò il Borbone ad ab-
boccarsi al Finale col duca di Ferrara . ed
ebbero insieme desìi stretti ragionamenti. Il
Guicciardino , che certo non vi si trovò pre-
sente , immaginò che il duca Alfonso confor-
tasse il Borbone a continuare il viatreio alla
volta di Firenze e di Roma. La verità è , che
Alfonso, a cui l'impcradore avea promessa la
tenuta di Carpi, dianzi suo per la metà, giac-
ché per l'altra metà ne era decaduto Alberto
Pio a cagione de' suoi tradimenti , trattò col
Borbone d'esserne messo in possesso, siccome
in fatti impetrò collo sborso di molto danaro,
ed obbligazione di maggior somma in altre
rate. Pertanto consegnata quella nobii lena ad
esso Alfonso , gli S])aguuoli eh' ivi erano di
{)residio, e non pochi, andarono ad accrescere
' armata l^orbonesca. Passò questa dipoi a San
Giovanni sul Bolognese, fermandosi (juivi per
quattro giorni . con far delle scorrerie fino alle
jiorte (li Bologna , e rodendo tutto quel di
vettovaglia che lro\a\ano. . Anche il duca di
Ferrara continuamente andò loro inviando mu-
nizioni da borea e da guerra : del che gli fu
poi fatto un delitto da papa Clemente , quasi
che ad un generale e vassallo di Cesare, come
egli era, disconveuisse l'aiutar ne' bisogni l'c-
eeicito del suo sovrano ; e tanto più perchè
(i) Panciroli llistor. Rrgirns. MS.
AWNO Mnxxvn 33 i
gli dovea esser? , secondo l' accordo , bonifi-
cato tutto nel debito contratto per Carpi 5 ed
insieme per hil via veniva a restar salvo da i
saccheggi il distretto di Ferrara. Fu colpito in
questi tempi il capitano Fransperg da mi ac-
cidente a|)()pletico, per cui fu condotto a Fer-
rara ad implorare il soccorso dei medici.
Cotanto si andò ])oi fermando sul Bolognese
il Borbone , clie arrivò la nuova della tregua
stabilita fra il papa e il viceré di Napoli. Que-
sta fu cagione che i Veneziani , per sospetto
che il Borbone si potesse volgere a i lor danni,
richiamassero di là da Po il duca d" Urbino
colle sue genti: il che riempiè di terrore i lor
sudditi. Ma il Borbone , essendogli stato inti-
mato da uomini spediti dal papa e dal viceré
che si ritirasse da gli Stati della Chiesa , non
sì tosto el)be connniicato quest'ordine a i ca-
pitani dell' esercito , che si fece una solleva-
zione , e fu in pericolo la vita sua. Spedito a
FeiTara il marchese del Vasto , s' iuecenò di
ricavare da quel duca il re.sto del danaro pro-
messo per la signoria di Carpi : con cui si
quelò il tumulto. Rispose intanto il Borbone
al viceiè di non essere obbligato a quel ver-
gognoso accordo, e che l'armata priva di pa-
ghe potea tornare indietro. Sopragiunto poscia
un altro messo spedito da esso viceré , che
mostrò copia dell' autorità a lui data dall' im-
peradore di far pace , begna e guerra , come
a lui piacesse , e comandò a tutti gh ufiziali
sotio giavissime pene di non procedere in-
nanzi : altro effetto non produsse, se non c!)e
Alfonso marchese del Vasto , con alcuni alili
33 3 ANNALI d' ITALIA
signori Napoletani, si partì da queir arrabLiafo
eseicito con gran dolore del Borbone e de gli
Spagnuoli. Sul principio d' aprile si mosse il
Borbone verso la Romagna , avendo prima i
collegati inviate buone guarnigioni ad Imola ,
Forlì e Ravenna ; e presa la terra di Brisi-
gliella , ivi trovò di grandi ricciiezze , percliè
quel popolo bellicoso nelle antecedenti guerre
era intervenuto al sacco di varie terre e città.
Tutto andò in mano di que*' masnadieri , e la
tcira data fu alle fianmie. Lo stesso crudel
trattamento patì la bella terra di Meldola e
Russi , con altre di quelle contrade. In questo
mentre il viceré Lanoia , o sia cbe veramente
gli premesse di mantener la fede data al papa,
o che fingesse tal premura, venne a Firenze,
e dopo avere stabilito accordo con quella re-
pubblica, disegnava ancora di passare al campo
del Borbone , per fermarlo. Ma avvisato , che
se compariva colà, non era sicura la sua vit;»,
se ne tornò dopo molti giorni , senza far al-
tro, indietro. Scrive nulladinirno il Giovio, ed
anche il Nardi, che si abbt)ccarono insieme j
con essere poi stato costretto il viceré dalle
furioso grida desoldali a sabarsi. Allora i Fio-
rentini chiamarono in To.scana i collegali , che
per varie vie andati colà , assicurarono ben
Firenze da inaggioi'i iusnlli , ma nulla opera-
rono per impedire al lioibonc ili \ allear TA-
pennino tra Faenza e Forlì per la Galiata , e
di giuiiuerc nel Fiorenlino su (juel di B.bieiia,
con fcriiiarsi a i rouiini di Siena, saccheggiando
e bruciando il contado ili Firenze, mentre i
Sanesi gli davano liivore e vettovaglie a tulio
ANNO iMnxxvii 333
potere. Al duca d" Li bino riuscì in questa con-
giuntura , e non prima , di cavar dalle mani
de' Fioronlini le fortezze di San Leo e di
IVlaiuolo nel Montelcltro. ÌNè mancò chi T accu-
sasse di pensieri segreti conlrarj al bisogno del
papa , per gli aggravi a lui infeiiti ne gli anni
addietro dalia casa de' Meilici.
Ora trovandosi i Fiorentini in mezzo a sì
fiero incendio, assassinali nel dislrello da i
nemici crudeli Borbonisti . e non nen eravali
da gli amici , a' quali doveano somniinistiar
danaro e vitto, quando la lor città pahAa r.na
grave carestia : sparlavano forte del papa , at-
tribuendo a lui non nien essi , che poscia i
Romani, per attestato dell" Anonimo Padovano,
la cagione di tanti mah d' Italia per la cupidi-
gia di spogliare gli Estensi di Ferrara , e di
continuar la sua tirannia in Firenze. Perciò un
giorno mossero la città a sedizione , per iscac-
ciarne i Medici e ricuperare la libertà. Chia-
mati accorsero a tempo il duca d' Urbino e
Michele marchese di Saluzzo. Pertanto veg-
gendo il duca di Borbone che possibil non
era di mettere il piede in Firenze , difesa da
tante genti della lega , nel di 26 d' aprile si
mise in marcia con tutto 1' esercito alla volta
di Roma. Quanti armati egli conducesse , né
pure allora , secondo il solito , ben si seppe.
I più portarono opinione che fossero venti
mila Tedeschi , otto mila SpagnuoH e tre mila
Italiani utiU , con poca cavalleria , cioè con
sccenlo caAalli, e senza artiglieria e senza car-
riaggi. Altri sminuiscono queìrarmata: ma certo
è che gran copia di malviventi italiani seco si
33 I AXNIM d' ITAT.IA
cougi'inse per la speranza di grosso bottino. A
questo avviso fu spetJito il conte Guido Pian-
done , generale dell' armi papaline , per una
diversa strada verso Roma con cinque mila
fanti e tutti i suoi cavalieri. Ma olire all' es-
sergli poi scritto da Roma , abbisognar quella
città solamente di sei in ottocento archibugieri,
le genti sue non aveano tanti interni stimoli
alle marcie sforzate , come 1' eseicito del Bor-
bone , spinto dalla fame , avido uella preda e
disperalo. Erano rotle e fangose al maggior
segno le strade: pure senibraxa clie coloro
volassero. Saccheggiarono Acquapendente , San
Lorenzo alle Grolle , Ronciglione ed allri luo-
ghi. Mandalo innanzi il capitano Zucchei'O co
i suoi pochi ca\alH , aiutato da'tuorusciti, entrò
in Viterbo, e vi preparò tanta vettovaglia, che
giunta r armata colà prese un buon ristoro.
Veggendosi in qnesto mentre il pontefice a mal
parlilo , lasciata andare la tregua già stabilita
col Lanoia , tregua che fu la sua rovina, di
nuovo conchiuse lega co' Veneziani e duca di
Milano, ma lega che nulla il preservò dall'im-
minente calamità. Di-Ila difesa di Roma era
incaricato Renzo da Ceri, che tunìultuariamente
avendo raccolta ((uanla genie potè , lor diede
1' armi : gente ndinliuieiio la maggior parte
ijiesperta a quel mestiere, perchè pie.sa dallo
stalle de' cardinali, e dalle botteghe de gli ar-
tigiani ; e il popolo di Koma d' allora non era
quello de gli antichi tempi. L' .Vuonimo Pado-
vano scrive , che lìen/.o falle le mostre , si
trovò avere , coMqiulato il popolo romano ,
dieci mila ottimi lànti e cin<juecenlo cavalli, e
paura ,
A^NO MDXXVtl 33 1
li mandava ogni giorno ad assalire 1' esercito
Borbonesco. Vensiniilnieule non gli fecero gran
né male.
Arrivò il Borbone nel di 5 di m;)!:"io su i
prati di Roma ; e perciocché dall' un canto
sapea clie V esercito della lega, vegnendo alle
spalle , cominciava ad appressarsi , e dall' altro
non vedea maniera di far sussistere V armata ,
priva all'alto di vettovaglia e in paese prima
spazzato ^ spinto dalla necessità e dalla dispe-
razione , nel di seguente sei di maggio deter-
minò di vincere o di morire. Però suU' apparir
del giorno anilò ad assalire il Borgo di San
Pietro , dove Renzo da Ceri , Camillo Orsini ,
Orazio Baglione e molti nobili romani fecero
gran dilesa. Ma eccoti sopragiugnere una lolla
nebbia , per cagione di cui le artiglierie di
Castello Sant' Angelo , die prima laccano gian
danno a i Borbonescbi , cessarono ili tirare.
Con tale occasione accostossi il Borbone Aerso
la porta di Santo Spirito ; ed essendo la mu-
raglia bassa, appoggiatevi molte scale , fu dei
primi a salir per esse , ma non già ad arrivar
sulle mura, perchè colto nel!' anguinaglia da
una palb d' arghibugio o de' suoi o de' nemici
soldati , andando colle gambe all' aria , poco
stette a spirar la scellerata sua anima , senza
godere alcun frutto dell' infame suo attentalo.
Entrarono bensì i suoi soldati : il che riferito
a papa Clemente , che tuttavia stava nel pa-
lazzo Vaticano, tosto si ntirò in Castello Santo
Angiolo co i cardinali e prelati del suo seguito j
né poi si arrischiò a fuggire . come avrebbe
potuto , secondo alguni ^ quando ijtri scrivono
336 ANNALI d' ITALIA
che i Colonnesi con dieci mila armati erano
ne i contorni , acciocché egU non potesse met-
tersi in salvo. Perciò ivi rinserrato , fu costretto
ad essere spettatore di quella tanto lagrimexol
tragedia. Presero' nello stesso tempo gli arrab-
biati masnadieri non solamente Trastevere, ma
anche la città , entrando per ponte Sisto : tanto
era il disordine de' suoi soldati e de i Romani,
e s! poca era stata la precauzione de' capiUuii.
Esigerebbe ora più carte la descrizione dell'or-
rida disavventura di Roma. A me basterà di
dire in compendio che all' ingresso di quella
furibonda canaglia rimasero uccisi ben quattro
mila fra soldati e cittadini romani. Il Giovio
dice fin sette mila. In quella notte poi e j)er
più dì susseguenti ad altro non attesero quei
cani , che al saccheggio dell' infelice città. E
siccome essa era piena di ricchezze per le
corti di tanti cardinali , principi ed ambascia-
tori, così immenso fu il bottino, con ascen-
dere a più milioni d' oro. Né minor crudeltà
usarono in tal congiuntura gh spietati Spagnuoli
Cattolici, che i Tedeschi Luterani. Non con-
tenti di spogliar palagi , case e lutti ancora i
sacri luoghi , con bruciar anciie dove trovavano
resistenza , fecero prii;ioni quanti cardinali ,
vescovi , prelati , cortigiani e nobili romani
caddero nelle lor mani , e ad essi imposero
indicibili taglie di dnnaro, formentandone ezian-
dio moltissimi , allineile rivelassero gli ascosi
e non ascosi tesori : crudel trattamento , da
cui non andò esente uè pure uno de gli ab-
bati , [)iiori e ca|)i di monisleri. E chi s era
riscattato da gli Spagnuoli , se eopragiui^nevauo
ANNO Rinxxvii 33^
i Tedeschi , era Ji nuovo taoliejeinto e sotto-
posto a' tormenti. Si aj^gimise a tanta barbarie
lo sfogo ancora della libidine , restando esposte
ad ogni ludibrio non ;uen le matrone romane
e le lor figlie , che le stesse vergini sacre ;
giacché niun freno avendo quella bestiai ciur-
maglia per la morte dell' emjiio lor generale ,
non lasciò intatto alcun monistero o tempio
alcuno dalle violenze. Oltre a lutti i vasi et
arredi sacri delle chiese che antlarono in pre-
da , si videro da que' miscredenti conculcate
le sacre reliquie , e gittate per le strade le sa-
cratissime Ostie , e per maggior dileggio della
religione , passeggiavano per Roma soldati ab-
bigliati non solamente con vesti sfarzose e col-
lane d'oro, ma anche con abiti sacri; e giun-
sero alcuni a vestirsi da cardinaU j e insino a
contrafare il papa con ischerui senza numero.
E tal fu r inesplicabii miseria di Roma , che
con ragion venne creduto aver fatto p^'ggio in
quella metropoli Tesercito dell'iniquo Boibone,
che i Goti e Vandali nel secolo v dell' era
cristiana. Giusti et adorabili sempre sono i
giudi/j di Dio; e certamente i saggi d'allora,
fra' quali Tommaso da Vio cardinal Gaetano,
e Giovanni Fischerò vescovo RolVense, poscia
cardinale e martire , non lasciarono di riguar-
dar sì strepitose calamità per ILigello inviato
da Dio alla non poco allora corrotta corte
romana.
Chiuso intanto in castello 1' afflilto pon-
tefice, facendo delle meditazioni dolorose so-
pra agli amari frutti de' suoi bellicosi impegni ,
rade volte convenevoli a chi è ascritto alla
Muratori. Ann. Fol. XI F, 22
338 ANKAU d' ITALU
ecclesiastica milizia , stava pure egli sperando
elle gingnesse Y esercito della lega per libe-
rarlo. In fatti appena erano entrati in Roma i
nemici, die arrivò a quelle mura il conte Guido
Rangone ; ma non si attentò colle sue forze
tanto inferiori ad assalire quel furioso e po-
tente esercito , benché allora sbandato e per-
duto dietro alle prede : il che fu poi disappro-
vato da alcuni , cioè da coloro che facilmente
giudicano delle cose altrui in lontananza , senza
saper tutte le circostanze presenti de i fatti.
Dall' altra parte marciava assai lentamente il
duca d' Urbino colle genti della lega , e sola-
mente nel dì 16 di maggio arrivò ad Orvieto,
dove tornato anche il Rangone, si tenne con-
siglio di guerra. Gagliardamente insisterono il
marchese di Saluzzo , Federigo da Bozzolo e
Luigi Pisani legato veneto , perchè si tentasse
di cavare il papa di prigione , con venir an-
che a giornata , se occorrevate il conte Guiilo
Rangone fece conoscere con molte ragioni fa-
cile e riuscibile 1' impresa. Mostrava paiimcnlc
il duca di voler lo stesso , ma poi sfoderava
non poche difficultà 5 e il connnessario de i
Fiorentini ripugnava , rappresentando , che se
si slontanaA a 1' esercito , Firenze si rivolterebbe
contra de' Medici, In queste dispute si con-
sumò gran tempo , e intanto gP imperiali iu
Roma elessero per loro generale Fiiibeito prin-
ci|><' d' Oianges , parente dell' impciadore . il
quale non lardò a far de' terribili trinciera-
ncnti conilo al Castello Sanf Agnolo , (>h-
Uligando al lavoro tanto i plebei che molti
Uobili romani. Spogliarono ancora la citi» di
ANNO MDXXVII 33g
quasi tutte le vettovaglia , per ridurle in bor-
go : il cue a tal dispcrazidiie condusse quel
popolo , che alcuni si precipitarono in Teve-
re , ed a. tri col ferro 0 col laccio si abbrevia-
rono la vila. Nel di io di maggio arrivaiono
a Roma don Ugo di Moncada e il cardinal
Pompeo Coloima co i principali di sua casa ,
che colla lor autorità misero fine se non a tut-
te , almeno a molte delle enormità di que' Cri-
stiani peggiori de' Turchi. Vitrie imitazioni e
novità poi si trasse dietro la prigionia del pon-
tefice. Imperciocché nel dì iti di maggio si
mosse a rumore la città di Firenze , e facil-
mente quel popolo, senza che v'intervenisse
morte d' alcuno , congedò Alessandro ed Ippo-
lito de' Medici co i cardinali di Cortona, Cibò
e Salviati , che dianzi governavano dispotica-
mente quella città a nome del papa : con che
rimessa l' antica libertà , fu riassunto il popo-
lar governo. Ma non si guardarono di far molte
insolenze alle armi e alle immagini de' Medici:
il che maggiormente dipoi irritò contra di loro
pajia Clemente VII. Parimente i Veneziani ,
tuttoché collegati col pontefice , s' impossessa-
rono della città di Ravenna . di cui gran tempo
erano stali padroni prima della lega di Cam-
bra! ; ed appresso anuiiazzalo il castellano di
quella fortezza , anche d' essa si fecero padro-
ni. Poco stettero dipoi ad occupare Cervia con
tutti que' sali , che erano del papa, col motivo
di difenderla a nome delia Ch-csa. Al qual
tempo parimeiite Sigismondo Malatesta entrò
in Rimiui , città lungamente già rlominata da i
suoi maggiori. In mezzo a tanti rumori stette
34o ANNALI d' ITALIA
un pezzo Alfonso duca di Ferrara perplesso j
ma fuiaimente determinò di profittare anch' egli
di tal congiinitiira , per ricuperare la sua città
di Modena , ingiustamente a lui tolta e dete-
nuta da i papi. Però, come ha T Anonimo Pa-
dovano , mossosi sul principio di giugno con
ducento lancie , sei mila lauti e gran copia
d' artiglierie , venne a mettete il canjpo a que-
sta città. Dentro alla difesa era stato lasciato
dal conte Guido Ranguui il conte LoiIoaÌco suo
fratello , ma con soli cinquecento fanti , il qual
tosto pensò d'inondare i contorni della città;
e r axrehbe fallo, se i cittadini non si l'ossero
opposti. Il pei'chè conoscendo egli il popolo
all'ezionato al nome Estense , e in f)ericolo se
stesso, capitolò nel dì 5 del mese suddetto di
potersene andare a Bologna colia sua gente ,
famiglia e mobili. Entrò il duca nel dì seguente
nella città, accollo con segui di sonuaa alle-
grezza da' cittadini , a' quali , da magnanimo
come era, perdonò tutto il [tassato, senza far
veudetla di aicuno , adendo solamente con-
fiscati i beni del conte (ìuido Rangone, e tol-
togli il castello di Spilambeilo , che poi dopo
<|ualche tempo p<.'i' inlciccssion del re ili Fran-
cia gli fu restituito. Gran feste per tre dì fu-
rono fatte a cagion di tale acquisto in essa
Modena , Ferrara e Reggio , e per tulto il suo
Stalo.
JNi'Uo stesso dì G di giugno seguì caiubia-
menlo <li cose in lìonia ; perciocché a^eu(lo i
collegati conosciuto troppo pjM'icolosa impre.sa
il voler assalire gì' imjicriali , chili' Isola , do^c
s' erano già iuullruti , si ritirarono \ crso Viterbo.
ANNO Mrxxvn 34 1
Servì loro anclie di scusa la gran diser-
zione accaduta nell' esercito per mancanza delle
vettovaglie , essendo allora generale la fame
per tutta Italia , e i lor cavalli smunti e deboli
per carestia di fieni: laddove gl'imperiali, ol-
tre air aver preso in Roma cliinee , roncini e
somieri senza numero , aveaiio anche messi
insieme tre mila cavalli da guerra ed armi
senza numero , di modo clie 1' esercito loro
non parca piTi quello che poc' anzi era venuto
di Lombardia. Perciò il papa , a cui mancava
oramai tutto il vivere , non tardò più ad ac-
cettar le dure condizioni che gli erano esibite
da gr insaziabih capitani imperiali. Fu fatto
questo accordo nello stesso tli che Modena
tornò in potere del suo Icgilliuio principe, per
mezzo delP arcivescovo di Capoa , con obbli-
garsi il papa di pagare presentemente cento
mila ducati d' oro , cinrpianla altri mila fra
venti giorni , e ducento cinquanta mila in ter-
mine di due mesi 5 di consegnare Castello Santo
Angelo a Cesare , come in tlepo.iito ; e così
ancora le rocche d' Ostia , di Civita Vecchia e
<li Città Castellana: e in oltre di cedere ad
esso imperadore Piacenza , Parma e Modena ^
la qual ultima avea già mutato padrone: che
il papa co 1 tredici cardinali restasse prigione
finché fossero pagati i primi cento cinquanta
mila ducati d' oro , dopo di che fosse con-
dotto a Napoli o a Gaeta , per aspettar le ri-
soluzioni eh Carlo V, con altre condizioni , ha
le quali era la liberazion de' Colonne.si da'le
censure. Rntrò dunque il presidio cesareo in
Castello Sant' Agnolo , e da li innanzi il papa
342 ANT<AU n' ITALIA
e i cardinali ebbero miglior tavola , ma non
già la libertà. Civita Castellana era in poter
de' collegati. Andrea Boria ricusò poi di con-
segnar Civita Vecchia. Né Panna e T'iacenza ,
preventivamente avvisate dal papa , si vollero
rendere a gli Spagnuoli. Intanto , o sia che il
fetore di tanti uomini e cavalli uccisi in Roma
facesse nascere una terribil epidemia ; o pure clie
la vera peste ne! gran boiler di tante armi pe-
netrasse colà : certo è che nella barbarica ar-
mata comandata dal principe d' Oranges entrò
la moria , che cominciò a far molta stiage ;
laonde, tia per questo malore e per altri ac-
cidenti , si fece il conto che in men di due
anni non restò in vita ne pur uno de' tanti as-
sassini dell' infelice città di Roma , e passarono
in altre mani le immense loro ricchezze. Pe-
netrò anche la peste suddetta in Castello S. An-
giolo con pericolo della vita del pontefice , per-
chè d' essa morirono alcuni de' suoi cortigiani.
Non si potè ben sapere se Carlo Augusto ,
dimorante allora in Ispagna, avesse o senati
gli occhi , o acconsentito al viaggio e alle fu-
neste imprese del duca di Boibune ; e su que-
sto fu disputato non poco da i politici ; pre-
tendendo anzi alcuno, che se il lìoihor.e so-
praxivcva, siccome disgustato dell' inipcradore,
meditasse di torgli il regno di Napoli. Sap-
piamo s(»lamenlc che alla nuova del sacco di
Roma , e della prigionia del papa , egli si ve-
stì da scorruccio , ne mostrò gran tioglia . e
fece cessar le feste ed allegrezze già comin-
ciale per la nascita d' (ui figlio, che Iti poi Fi-
lippo n ; cosi asserendo il Mariana e il Messia
ANNO MDXXVII 34^
contro a quel che ne scrive il Guicciardino. E
potrebbe essere eh' egli allora non fingesse , e
che poi mutato parere, pensasse a far nierca-
tanzia e giiadiigno delle disgrazie del papa ,
perchè c( ilaiiiente non mostrò da lì imianzi
quel calore che conveniva ad un monarca cat-
tolico , per farlo rimettere in libLMtà. Anzi fu
creduto eh' egli desiderasse che il papa fosse
condotto in Ispagna. Facih troppo sono le di-
cerie in tempo massimamente di glandi scon-
certi. All'incontro i re di Francia e d' Ingliil*
terra , mostranlo in apparenza un piissimo
zelo pel soccoiso del pontefice , ma in fatti
mirando di mal occhio la troppo cresciuta po-
tenza e prepotanza di Cesare in Italia , e pre-
mendo al re Francesco di riavere i suoi fi-»
gUuoli dalle mani tU esso imperadore , furma-
rono lego fra loro , per rinlijrzar la guerra in
Italia contra di lui. In questa lega entrarono
anche i Veneziani, e di[)0Ì il -duca di Milano
e i cardinali che erano in libertà , a nome del
sacro collegio , e i Fiorentini , con patto che
il ducato di Milano dovesse lasciarsi libero a
Francesco Sforza duca. Mentre si faceano ol-
tramonti questi maneggi e preparamenti di
guerra, in Lombarrlia non cessavano, anzi
crescevano i guai. Era restato governator da
Milano Antonio da Leva con tre mila fanti
tedeschi , quattro mila spagnuoli e settecento
lancie. Un , soldo non v' era da pagar questa
gente; però sbardellatamente viveano alle spese
de' miseri Milanesi, già talmente rovinati, che
né pur aveauo da mangiare per loro stessi. Ri-
chiamò il senato veneto da Roma le sue geuU
344 ANNW:,! d' ITALIA.
col duca d' Urbino , per unirsi col duca di Mi-
lano , e andar poscia a dare il guasto alle biade
mature deV\iilanesi. A questo fine passarono a
Lodi verso il principio di luglio. Preveduto il
loro disegno, il Leva andò a postarsi a Mari-
guano : il che sconcertò le loro idee. In questi
tempi Gian Giacomo de' Medici , castellano di
Musso , che nulla avea che fare co i Medici di
Firenze , ed era comunemente appellalo il ÌVIe-
degliino , condotto dalla lega , prese il castello
di Monguz70 fra Como e Lecco. Spedilo colà
il conte Lodovico da Barbiano , o sia da Bei-
gioioso , non solo noi ricuperò , ma vi perde
quattro cannoni e molti fanti. Venne poi esso
castellano con quattro mila fanti e cinquecento
cavalli nel Milanese , dove recò infiniti danni.
Antonio da Leva segretamente uscito una notte
da Milano , sul far del giorno con tal empito
assalì il Medeghino, che in poco tempo il
ruppe, e la maggior parte di quella gente re-
stò molta o picsa. Poscia andato un di V e-
sercito collegalo a devastare il Milanese, cadde
in un' imboscata falla da esso Leva , e dopo
lunga battaglia (hcde alle gambe, con morie
di più di mille e cinquecento soldati.
Dopo a^cre il re Ciistianissiico assoldati
dieci mila Svizzeri ed unito lul suo regno m\
polente esercito , lo spinse in It.ilia sotto il
comando di Odetto di Fois , signor di Laulrec,
a noi noto per le precedenti guerre. Condii.sse
ancora al suo soldo il valoroso Andiea Doria
con otto galee. Il primo che calò in Ilalia per
la via di Salir/.zo, fu il conte Pietro Navarro,
celebre capitano , il (]ualc con tre mila fanti
ANKO MDXXVH 345
ito a Savona , tosto se ne impadroni , e si
mise a fortificarla. Siniilmcnte con grossa ar-
mata comparve di qua da' monti il Lautrec , e
giunto ad Asti , per avere inteso clie Lodo-
vico conle di Lodrone , posto alla guardia
d' Alessandria con tre mila Tedesclii , avea
mandala buona parte di sua gente al Bosco
per riscuotere le taglie , gli fu addosso ; e pian-
tate le artiglierie , cominciò a bersagliar quel
cast<'llo. Per otto giorni fece il Lodrone una
gagliarda difesa 5 ma in fine s' arrendè quel ca-
stello , e fu messo a sacco , con restare il Lo-
drone e gli abitanti aneli' essi prigionieri. II
Guicciardino scrive diversamente ; cioè che il
Lodrone era in Alessandria, e la moglie coi
figli nel Bosco , che generosamente finono a
lui mandati dal Lautren. Ne' medesimi tempi
fu stretta la città di Genova per terra da Pie-
tro Navarro e da Cesare Fregoso , e per mare
da Andrea Doria almiraiile di Fiancia. Perchè
la carestia , universale allora in Italia , afflig-
geva forte quella nobile e popolata città , le
speranze del popolo erano poste in sette galee
ed alquante navi cariche di grano, che colla
ricchissima Caracca Giustiniana erano per viag-
gio. Ma colte queste dal Doria in Portofino ,
ed assediate , \ ennero in sua mano. Altre per-
dite fecero i Genovesi ; laonde presero la ri-
soluzione di darsi a'Fianzesi. Si ritirò il doge
Antoniotto Adorno nel castelletto; e la città
senza uccision di genie , e col solo saccheggio
del j)a!azzo Adorno, ottenute vantaggiose con-
dizioni , tornò sotto il dominio di Francia.
Mandò il Lautrec per governatore colà Teodoro
346 ANNALI d' ITVLU
Tiivulzio ; e ciò . fu sul fine d' agosto. Andò
egli poscia a mettere il campo ad Alessandria,
alla cui guardia era il conte Giam-Balista di
Lodrone con mille e cinqueceiìfo Tedeschi , a
cui poco prima s' era unito con altri mille
fanti il conte Alberico da Belgioioso. Grande
strepito e guasto faceano le artiglierie in quelle
mura, ma non minor difesa e ripari per molli
giorni fcccio gli assediati, finché temendo questi
le mine di Pietro Navarro , e perduta la spe-
ranza del soccorso , arrenderono la ciltìi, salvo
r avere e le persone , con obbligo di uscir
dallo Stato di Milano , e di non militare per
sei mesi in favor dell' imperadore. Voleva il
Lautrec mettere presidio in Alessandria , ma
gli oratori dei duca di Milano e de' Veneziani
tanto dissero , che lasciò mettervelo al duca ,
con restar perciò molto indispettito centra di
lui. Questi progressi dell' armata franzese fe-
cero conoscere ad Antonio da Leva il pericolo
in cui si trovava , non restandogli più che cin-
qVio mila fanti e due mila cavalli. Pensò di ri-
tirarsi a Pavia; ma saputo che non v'era da
vivere , mandò colà il conte Lodovico da Bar-
biano con due mila fanti e cinquecento caval-
li, ed egli restando in Milano, seguitò a scor-
ticar più di prima qucgi' irirdici cittadini.
Passò dipoi il Lantrcc a Basignana il Po ,
e venne alla sua ubbidienza Novara con tutte
le castella di quel distretto. Passato an(!he il
Ticino, si trasferì otto miglia vicino a Milano,
dove si unì colle genti venete e Sforzesche.
Poscia andò ad accamparsi sotto Pavia , co-
minciando con gian Jlngeljo di artiglierie a
ANNO MPXXVII 347
diroccar le mnra di quella città , clie dal sud-
detto conte di Belgioioso valorosamente veniva
difesa. Vasta brocoia era fatta , e i miseri Pa-
vesi si raccomandavano al conte , che non li
lasciasse esposti alla crudeltà de' Fianzesi. Il
conte , che voleva tirare il più in lungo che
potesse la resa , gli andava confortando ; e
quando poi s' accorse che i nemici s' allesti-
vano per venire all' assalto, spedì nel dì quat-
tro d' ottobre utiziali al Lautrec per capitolare
la resa. Mentre se ne stendevano le condizio-
ni , ecco che gì' inferociti .soldati, mal soffrendo
di vedersi torre tU bocca la preda , tanto i
Guasconi dall' una parte che gli Svizzeri dal-
l' altra , seguitali appresso da' Tedeschi ed Ita-
liani , furiosamente per le rovine della breccia
entrarono nella sfortunata città con tal rabbia,
che in meno di un' ora uccisero più di due
mila persone tra soldati e terrazzani : spetta-
colo oirido e miserando. Poi tutta la città fu
saccomannata , latti prigioni lutti i benestanti
cittadini , e costretti con esorbitanti taglie a
riscattarsi. Niun rispetto s' ebbe a i luoghi sa-
cri , e le donne rimasero vittima della libidine
di que' Diavoli , a riserva di quelle che prima
s' erano rifugiate ne' monisteri delle sacre ver-
gini . a' quali per cura d' alcuni capitani non
fu inferita molestia. Ecco le terribili conse-
guenze delle guerre d' allora. Bruciarono ancora
i Guasconi un' intera contrada , e peggio avreb-
bero fatto , se il Lautrec mosso a compassione
non avesse costretto l' esercito tutto ad uscire
della desolata città di Pax ia. Non restava più
se non Milano e Como d^ sottomettere; e il
I
34S ANNALI u'tTAMA
duca tli Milano e il legato veneto , quasi colle
ginocchia in terra , si raccomandarono al Lau-
trcc . perchè seguitasse V impresa , mostrando
la facilità di rederne presto il fine. Ala perchè
era venuto al campo il cardinal Cibò per sol-
lecitare il Laulrec alla iiberazion del papa ,
tuttavia tenuto sotto buona guardia da gli Spa-
gnuqli , a tali istanze si arrendè esso Lautrec.
Licenziati gli Svizzeri che ricusarono di andare
a Roma , s' avviò a Piacenza , dove si fermò ,
per trattar lega con Alfonso duca di Ferrara,
e con Federigo marchese di Mantova. Si ri-
dusse dunque a Ferrara il cardinale suddetto
con tutti i plenipolenziarj della lega , per nino-
vere il duca, il quale tratto dall'ossequio che
professava all' imperadore , e dall' antecedente
suo impegno , ripugnava ad unirsi co i di lui
nemici. Tuttavia , per le niinaccie a lui fatte
che gli si scaricherebbe atldosso tutto V eser-
cito franzese, entrò anch' egli nella stessa lega
con condizioni molto onorevoli , una delle quali
fuj che il re Cristianissimo darebbe in moglie
a donno Ercole di lui primogenito Renea di
Francia . fij;lia del re Loilo\ ico XJI. e cognata
del medesimo re Fiancesco. Furono anche pro-
messe molte cose a nome del papa , ma ninna
d' esse gli fu poi mantenuta. Lo strumento di
es.sa lega, stipulato nel dì i5 di novembre,
fu da me dato alla luce Ci). Nel dì 7 di di-
cembre anche Federigo Gonzaga marchese dj
Mantova sottoscrisse la medesima lega , come
(1) Anticliitti Estensi Part. II.
ANNO MI'WVIT ri,f()
apparisce dall' atto piibljlico rapportato dal Dii-
Mont ( 1 ). Allontanato che fu da Milano il Lau-
trec , Anicino da Leva j che poco slimava
r esercito veneto e Sforzesco, uscito di Mi-
lano , Costrinse nel dì 28 d' ottobre Biagrasso
alla resa, dove erano cinqneccnto fanti: e so-
pragiinilo Giano tla Canijìufregoso col soccor-
so , gli diede una rotta , con acquistar le di
lui artiglierie. Queste poi , ncll' essere condotte
a Milano , gli furono tolte dal conte di Gaiaz-
zo , gio^ane ferocissimo , passalo nel dì in-
nanzi al servigio de' Veneziani. Biagrasso fu
poscia ricuperato da i Franzesi. Riuscì am^ora
a FiHppo Torniello , per ordine d' esso Leva ,
d' entrar nel castello di Novara , che tutta
si lenca per 1' iniperadore , e con cinquecento
fanti italiani sotto il sua comando di cacciar
dalla città lo smilzo presidio ivi lasciato dal
duca di Milano.
Torniamo ora a gli affini di Roma. Per com-
pimento delle miserie e della rovina di quella
afililtissinia città, già dicemmo esservi sopra-
giunta la peste, che ogni dì faceva strage
grande di soldati e di Romani. Essendo en-
trata anche in Castello Sant'Agnolo nel mese
d' agosto , il papa e i cardinali, quivi racchiusi
e posti in sì gran pericolo , cominciarono con
grande istanza a pregare i capitani cesarei di
aver loro misericordia. Perciò, se dice il vero
l'Anonimo Padovano, ottennero nel dì i3 del
suddetto mese d' essere condotti in Bclvedei e,
dove furono posti di guardia mille Spagnuoli.
(i) Mu-Mont Corps Diplomai.
35o ANNALI D ITALIA
II resto di quell' inumano esercito, per salvarsi
dal contagio , si shirgò ad Otricoli , Terni
Narni , Spoleti ed altri luoghi , a molti de i
<jiiali , dopo averne esatte grandissime taglie ,
diedero anche il sacco. Perchè la rocca di Spo-
leti fece resistenza , la presero per forza , e
misero a fil di spada quel presidio. Seguirono
poi varj piccioli fatti , e spezialmente su quel
di Terni , fra essi e 1' esercito collegato , che
s' era ridotto di qua da Perugia , città a cui
in questi tempi toccò una burrasca. Perciocché
entratovi una notte con aiuto ti' essi collegati
Orazio Baghone , vi uccise Gentile Baglione ,
già messovi dal papa, con altri di quella stessa
famiglia e de' suoi aderenti. A molte case fu
dato il sacco , e il popolo arse e spiantò da i
fondamenti il palazzo del suddetto Gentile , re-
stando poi signore di Perugia il medesimo Ora-
zio. Anche in Siena fu gran sollevazione del
popolo contra de' nobili , circa trenta de' quali
riujasero uccisi. Vi accorse da Spoleti il prin-
cipe d'Orauges, quetò il tumulto, e lasciò ivi
di guardia mille fanti. Mentre queste cose .snc-
cedeano, papa Clemente co i tredici cardinali
continuava a star come prigione , e a cercar
le vie di riacquistare la liherlà , senza poterla
trovare. Il danaro pattuito non comjìariva , e
sempre s' incDUtravano nuovi ostacoli ne' ne-
goziati , perchè l'Augusto Carlo V mostrava
ben voglia e zi-Io per la sua liberazione, ma
con esigere cauzioni che il papa non fosse da
lì innanzi contra di lui. Iiilanlo il Lautrec ,
dopo raute belle parole d' essere inviato ia
aiuto di lui^ faceva un passo innanzi e due
A>'NO MPXXVII 35 f
indietro , perchè avvisato che si trattava alla
gagiianla di pace fra l' iraperadore e il suo re.
Fiiialinrnte essendo morto il viceré Lancia , e
suhentr;ito nel governo di Napoli l go di Mon-
cada , questi fu chiamato a lìonia. per trattare
delia liherazion del pontefice. Con esso Mon-
cada si unirono Girulaiuo Morene e il cardinal
Pompeo Colonna, segretamente guadagnati dal
papa; e tanto si opeiò , che fu slahiiito l'ac-
cordo nel dì ultimo dotluhre , con ohb'igarsi
il papa di non essere contrario a Cesare per
le cose di Milano e di iSapoli , e di pagare
allora e poi in varie rate un'immensa quantità
di danaro Per supplire a! jiresente bisogno si
ridusse Clemente VII a crear per danari alcuni
cardinali ( al che in addietro non s' era niai
voluto indurre) persone', d'ce il Guicciardini,
la maggior parte indegne di tanto onore. In
oltre concedè nel regno di Napoli decime e
facoltà d' alienar heni di chiesa . e diede per
ostaggi due cardinali. Era stabilito il dì noiìo
di dicembre per uscir di castello , dove il
Guicciardino dice che egli era , e non già
in Belvedere. Ma Clemente dilBdando sempre
degli Spagnuoli , la notte precedente travestito
da mercatante , o da ortolano , se ne uscì , e
raccolto in Prati da Luigi Gonzaga, fti con-
dotto fino a Monlijfiascone , e poscia ad Or-
vieto . senza che né per uno de' carcUnali l'ac-
couipagnasse , e con tal meschinità . che non
era da meno de' pontefici de' primi tempi che
vi\eano senza pompa, esposti ogni dì alle scuri
degli Augusti Pagani. E così passò V anno pre-
«eulc : amio dejjnò d' indelobil memoi ia per
3t2 ANNAO d' ITALIA
l'infame sacco di Roma, per la prigionia del papa,
per tante desolazioni di guerra e saccheggi , e
per altri inaiunerabili malanni die unitanjente
si scaricarono sopra quasi lulta l'Italia, in ma-
niera tale cIk! vanamente tu creduto non es-
sersi mai veduto un cumulo di tanti mali in
lUilia , da che nacque il mondo. Perciocché ol-
tre a i suddetti mali la peste infierì in Napoli,
Roma, Firenze ed altri luoghi. 1 fiumi nsiùti
per le cofuose pioggie da i loro letti inonda-
rono le campagne) e queste, am-ho senz'essere
oppresse da' fiumi , per le suddette soverchie
pioggie y o per altre naturali cagioni, diedero
un miserahil raccolto universalmente per l'I-
talia. Il perchè, secondo l'attestalo dell' Ano-
nimo Padovano, mancavano di \ita i poveri,
per non aver di che vivere, e per non trovar
chi loro ne des.se. Per tulle le citlà, die' egli,
castella e ville si vedeaiio i ufi liti poveri con
tutte le lor famiglie andar mendicando, e gri-
dando misericordia e sovvenimento. l^iù non
si potea andar per le chiese , piazze e strade:
L'into era il numero de' poveri con volli maci-
lenti, squallidi, e tali che avrebbono mos.se a
pietà le pietre. E la notte per le strade s' ii-
divano sì orrende voci ed urli , che spaventa-
vano ogni persona. K intanto nulla mancava a
tante ciurme di .soldati , de.solatori ilellc con-
trade italiane; e l'immenso danaro di Roma
andava ad ingras.sare .soldati erelici , o genie
piena d' ogni vizio e priva di relij^ione.
ANNO MDXX%ait
353
Aimo di Cristo iSaS. Indizione I.
di Clemente MI papa 6.
di Carlo \ imperadore io.
Da che fu giunto in luogo di libertà , cioè
in Orvieto, il pontefice Clemente, non tardò
il duca d' Urbino con gli altri ufiziali dell' e-
sercito della lega a portarsi colà, per seco ral-
legrarsi e per tirarlo nella lega stabilita con
tante potenze da i suoi cardinali. Il trovarono
irresoluto 5 e per quanto dicessero , noi pote-
rono muovere a prendere partito alcuno. Così
avesse egli fatto ne' tempi precedenti. Verso
la metà poi di gennaio inviò il vescovo Sipon-
tino a Venezia a fare istanza a quel senato ,
che restituissero Ravenna e Cervia, e pagas-
sero cento mila ducati d'oro pel sale occupato
in essa Cervia , con altre domande che il fe-
cero conoscere mal soddisfatto di quella re-
pubblica. Non mancarono scuse a i Veneziani
per non etfettuaf prontamente ciò che il pon-
tefice desiderava, mettendo anch'essi iu campo
le tante somme di danaro da loro impiegate
per procm-argli la libertà ; e poi mandarono
Gasparo Contarino , uomo di singoiar prudenza ,
a significar meglio le loro intenzioni al papa
stesso. S' era fermato non poco tempo il Lau-
trec in Parma e Piacenza , dalle quali città ri-
cavò circa quaranta mila ducati d'oro, \enne
a Reggio , dove intese la libcrazion seguita di
papa Clemente. Pasìiò anche a Bologna , e
prese ivi un lungo riposo , sull' espettazione
sempre che si potesse conchiudere pace fra il
ik'RATORi. Fol XIV, ai
354 ANNALI d' ITALIA
re Francesco I e T impera Jor Carlo V. Ma
scioltosi in nulla ogni trattato , gli oratori di
Francia e d'Inghilterra nel dì aS di gennaio
nella città di Burgos in Ispagna intimarono la
guerra ad esso Augusto 5 e tanto essi che quei
de' Veneziani , Fiorentini e duca di Milano pre-
sero congedo da quella corte , senza poter
nondimeno ottenerlo . perchè ritenuti contro il
diritto delle genti. Oia il Lautrec certificato di
questo , si mosse coli' esercito suo alla volta
del regno di Napoli , e non volendo passar
TApennino, s'inviò per la via della Marca colà.
Fu creduto che in tutto 1' esercito de' collegati
fossero sessanta mila soldati. Si può detrarne
un terzo. Ed è poi spropositata cosa il dirsi
da Odorico Rinaldi che vi si contassero ottanta
mila tanti e venti mila cavalli. Nei di dieci di
f'ehbiaio giimto al fiume Tronto, che divide il
regno ili Napoli da gh Stati della Chiesa,
senza impedimento alcuno lo passò, ed espu-
gnata per l'orza Ci\ itella , terra assai ricca e
popolata , ne permise il sacco a' suoi soldati :
iniquo costume j tante volte da noi veduto
iiiiticato dalla miliziani que' tempi , per ral-
(grare e maggiormente animare alle imprese
quella gente che si picca di esercitare il più
onorato meatier del mondo, quando a pro\a
di ("alti erano tanli lailii ed assassini. Teramo
e Ciulia Nuova si arrenderono a Pietro Na-
varro, e coir aitilo della parte Angioina iuielie
la grossa e potente cillà dell' A(|uila venne in
poter de' Frnnzesi , e parimente Celano , Mon-
tefuiie^ e, in una parola, tulio l'Ahhruzzo ul-
ti a. Jl che non so se sia vero, mentre »' l'H
l
ANNO MDXXVm 355
da altri cV essa città si ribellò sul fine di qua-
si'anno a gì' imperiali.
Forse si sarebbe volto il Lautrec verso la
capitale del regno , se non avesse inteso che
s'era finalnieute , cioè nel dì ì'j di febbraio,
mossa da Roma l' armata imperiale sotto il
principe d'Oranges, la quale il Guicciardino e
r Anonimo Patlovano fauno ascendere a dodici
in tredici mila Tedeschi , Spagnuoli ed Italiani.
Ma costoro mai non s' eiaiio voluti partire di
là , se non tiravano tutte le lor paghe ; e con-
venne che il papa sborsasse loio , oltre al già
pattuito contante, anche venti mila ducati d'oro.
Uscita che fu quella mala gcute fuori della tle-
solata città di Roma , v' entrò Napoleone Or-
sino abbate di Farfa con altri suoi consorti, che
un' impresa veramente gloriosa vi feceio , con
ammazzar quanti Spagnuoli e Tedeschi erano
restati ivi malati. In questo mentre il Lautrec
s'impadronì della città di Chieti, capitale del-
l' Abbvuzzo citra , e poi di Sermona e d' altre
terre; e mandò anche gente a mettersi in pos-
sesso della importante dogana di Foggia e di
Nocera. Essendo venuto verso Troia 1' esercito
imperiale 5 anche il Lautrec s'inviò all'incontro
d' esso nel dì 1 2 di marzo , aspettando conti-
nuamente che seco s'andassero ad unire le
genti del marchese di Saluz/.o , de' Veneziani
e de' Fiorentini. Parevano disposte amendue le
armate a far giornata; ma nulla di questo av-
venne. Spedito dal Lautrec Pietro Navarro a
Melfi , cillà ]>residiata da seicento soldati e
copiosa quantità di villani, la prese per forza,
la saccheggiò, con uccisione di cir^;» tre mila
3 5*1 ANNAT.T d' ITAr.IA
persone. Questo acquisto si tirò dietro T altro
di Bjiiitta , di Traili e di-Ile terre circostanlij
e pariiijcnte della rocca di Venosa e di Ascoli.
Secondo T A.iionimo Padovano, fu anche [jrosa
in questi tempi da i Fianzesi Manfredonia ,
città opulenta e di molto po()olo , e messa a
sacco , con ricavarne un grosso bottino. La
stessa crudeltà , per attestato del medesimo
storico , fu esercitata nella presa di Troia.
Così venne in lor potere la maggior parte della
Pui^lia , e alquanto della (Calabria, a riserva di
Otranto , Brindisi ed altri lunghi forti. Si fatti
progressi cagioii furono ch<' il viceré don Ugo
di Moncada si ritiiasse colle sue genti sotto
le mura di Napoli . dopo aver presidiata Gaeta
con due mila lauti. Né qui si f'rinò la fortuna
de'Fianzesi. Anche Capoa , Nola, la Cena,
Aversa e il circonvicino paese si sottomisero
alia lor potenza. Nel (|ual tempo parimente la
flotta de' Veneziani s' impossessò di Traili e di
Monopoli , con ilisegno di con(|uistar anche
Otiauto, Brindisi e Pulignano, terre tutte che
secondo i patti aveano a toccare alla repub-
blica veneta. Sul fine d'aprile andò poi il Lau-
trec ad accamparsi sotto Napoli.
Non erano inlanlo miiioii i guai della Lom-
bardia. Perciocché non bastando la fame, la
peste e la gueiia a desolare ed allliggere gli
iidelic^i popoli , insorse una febbre pestilenzia-
le , dilìeieiile dalla peste, e chiamata /««/ /wac-
ziicco , pel cui cnijiilo ed ardore molti dive-
nendo furiosi , si anila\ano a giltar giù dalle
finestre , o pur ne' pozzi e ne' fuimi , senza
che i medici >i liovasscio rimedio alcuno.
y.
ANNO MPXWtlI 35-7
D'.irò questo flagello , a cui tenne poi dietro
la peste , più di un anno , e morirono per
r Italia iiilìnite persone. Nella sola città di Pa-
dova (juiittio mila tia nobili ed ignobili furono
portati alia sepoltura. Corse lo stesso maloie
per le città di Vicenza , Verona , Ferrara ,
Mantova ed altre. .Ma ninna d''lle città fu ila
f>aragonare per conto delle miserie alla nobi-
issinia città di Milano. Tante inso[)portabili
anglierie avea pu.st . in addietro Antonio da
Leva , governatore imperiale , a quel popolo ,
per poterne spremere danaii da dar le pa^jlie
a i soldati ( giaccliè un .-ioldo non colava da
Spagna ) , con obblìg;u' anche gli abitanti , privi
di vitto per loro, ad alimentar le milizie 'che
moltissimi d' essi per dispeiazione se n' erano
fiiggiti , abbandonando tutto. Perciò quella do-
viziosa e .sì popolala città . c'ie da tanti secoli
fu 1' onore dell' Insubria , sembrava oramai uno
scheletro di città, essendo nata T erba per
quasi tutte le .^frade e piazze ; stando aperto
notte e di il più delle botteghe senza le usate
merci j vote senza nuinpro le case e i palagi j
i templi stessi privi d'ogni ornamento, e i
monisteri ridotti a pochi miserabili religiosi ,
che non póìeano reggere alle contiime insolenze
delle affamate truppe. La maggior parte poi del
territorio fra Adda e Ticino, e tante grasse terre
e vill^ parte abbruciale, parte abbandonate
da gli abitatoli . senza tro\ arsi in alcuni luoghi
né uomini, né bestie, e senza più coltivarsi
que' fertili terreni , divenuti perciò un conti-
nuato bosco. E tanto più era tlisperata quella
parte di popolo che restava in Milajio , perchè
355 A>'NALI d' ITALIA
i collegati , stando in Lodi ed altri sili , impe-
divano il passaggio de' viveri all' afflitta città.
Queste son le glorie de' principi , che senza
aver danaro , si mettono a far guerre 5 e per
soddisfare alla mal nata ambizione , nulla cu-
rano la total rovina de gì' infelici popoli e
paesi suoi , non die de gli altrui. Dove si an-
dassero i tanti tesori che venivano allora dalle
Indie Occidentali alla corte di Spagna , io non
vel so dire. In questi tempi Gian-Giacomo dei
Medici castellano di Musso andò verso il fine
d' aprile a mettere il campo al castello di Lec-
co, secondato da i Veneziani. Arri\ò colà, spe-
dito da Milano, FiHppo Torniello , che il fece
ritirar con poco gaiho. Ma 1' astuto castellano
trailo da lì innanzi per via di lettere con Gi-
rolamo Morone , di', enuto gran consigliere an-
che del principe d' Oranges 5 e questi indusse
non meno esso principe, che Autonio da Leva
ad investirlo di Lecco, acciocché da 11 innan-»
zi; abbandonato il servigio della lega, servisse
colle sue forze all' imperadore. Ciò fu esegui-
to ; ed egli tosto inviò a IMilano una gran co-
pia di grano , che fu di mirabil soccoiso alle
necessità di que' soldati ed abitanti.
Era noto all' ini perador Carlo il bi.sogno e
peiirolo dello Stato di Milano , e pm quello
del regno di Napoli. Perciò faUo ratinare in
Germania un corpo di qualloidici niW Te-
«leschi sotto il comando di Arrigo duca di
Bnin.svicli , principe di molla sperienza ed aii-
lorilh nella disciplina militare , lo spedì per
via di "^IVento verso Italia. Corse per f|neslo
in Verona, Vicenza e Padova tanto lerroro ,
p
AN>0 MnXXVIII 3")^
che 1 popoli co i lor bestiami e col loro meglio
fiicf^rirono a i liiotjlii forti , comò se avessero
alle spalle i nemici. Non potendo quelF armata
passare per la Chiusa . voltatasi per la Valle
di Cam-ino j circa il dì 8 di-ihaggio pervenne
alU Riviera di Gaida , dove conn'nciò a ira-
orre taglia e a bruciar ville. Dopo aver presa
esd.iiera , si diede a .saccheggiar il Bresciano
e Be-gamasco , con immensi damii e brucia-
menti di quelle contrade. A'^erso il fine d' esso
mese avendo Antonio da Leva intelligenza eoa
alcuiii capi di squadre de' Veneziani che erano
in Pai'ia , una mattina , secondo il concerto ,
spinse la cavalleria spagnuola entro quella città
per una porla che era senza guardia. A i ca-
valli tenne dietro la fanteria, e presero la piaz-
za. Fecero ben testa e gran battaglia i cavalli
leggieri veneti , ma con restar in fine svaligia-
ti, e i lor condottieri prigioni. Con questa fa-
cilità il Leva ricuperò una città che tanto
tempo , fatiche e sangue era costata alla lega
per acquistarla. E giacché fra il Ticino e Y Adda
altro non restava che Lodi , -.occupato da gli
Sforzeschi , persuase esso Leva al duca di
Brunsvich di espugnar quella città , prima di
passare al soccorso di Napoli. Colà dunque si
dirizzarono con tutte le lor forze , e da chfi
le batterie ebbero rovinata gran quantità di
muro , passarono all' assalto. Ma furono così
ben ricevuti da Gian-Paolo Sforza governatore
della città , che non vi tornarono la seconda
volta. Si applicarono perciò a vincere colla
fame la città , mal provveduta di viveri , e a
tale estremità la ridussero , che se durava
36o ANNALI d' ITALIA
alquanto più V assedio , conveniva a que' di den-
tro di cedere. Ma eccoti entrare nell' esercito
cesareo il mal niazzucco , o sia febbre pesti-
lenziale , che in, meiì tV otto giorni si tiova-
rono morti più- 3i due mila soldati, ed altret-
tanti ammalati. Bastò questo spettacolo perchè
la lor gente cominciasse, senza poterla ritene-
re, a fuggir verso Lamagna : laonde fu costretto
il resto di quella sì diminuita armala a ritrarsi
a Marignano , da dove poi anche il duca sud-
detto si partì , prendendo la via di Como e di
Germania , massimamente perchè vi concorse
il consiglio di Antonio da Leva , a cui non
piaceva d' aver compagni nel governo. Dopo
questi fatti essendosi ingrossati in Lombardia i
Franzesi per l'arrivo di dodici mila Svizzeri e
mille lancie , il signor di San Polo coman-
dante d' essi , e il duca d' Urbino generale de i
Veneziani deliberarono di tentar 1' acqtiisto di
Pavia , dove stavano in guardia due niila fanti
sotto Pietro da Birago e Pietro Bottigella. Nel
dì 9 di settembre vi si accamparono , e si die-
dero a bcrsaKliarno le mura. Fatta ivi colle
■rt
bombarde sullìciente breccia, nel dì 19 d'esso
mese per forza d' armi e con grande ucci-
sione sboccarono nella città, e n)isero a sacco
quel poco che v' era restato ne gli antecedenti
saccheggi. Il castello si arrendè ha poco con
oneste condizioni per quel presidio. Crebbero
perciò i guai di Milano. Spedì bensì quel po-
Ì>o1(> disavventuralo alcuni de' nobili prlniai ; in
sjiagna , j)cr rap()resenlare ali' iniperador Cal-
lo V le laute loro miserie ; ma altro non ne
riportarono che buone parole e promesse di
A^KO MDXXVIII 36 1
lace. E percioccliè Antonio da Leva , loro per-
jetuo saiignisiiga , dopo aver torcliiato cotanto
e lor borse . non tro\ a^^mi verso a pagar
le truppe , gli fu suggeBHIiiÉ| diabolica inven-
zione: cioè (li proibir sotto peS della vita e della
confisrazion de beni , cliTnriiin potesse tener
farina e far pane in casa. Poscia affiltala la ri-
gorosa gabella del pane , ne ricavò tanto da-
naro , che diede le paghe alla sua gente.
Fra r armata del Lautrec , accampato sotto
Napoli , e gì' imperiali chiusi in essa città , se-
guivano intanto continue scararauccie. Accadde
che verso il fine d'aprile quattro grosse navi,
cariche di frumenti e d' altre pro\'A isioni da
bocca , venivano a Napoli per soccorso di quella
gran città. Andrea Doria capitano delle galee di
Francia diede ad esse la caccia } ma non po-
tendole sotlonietlere per mancanza di soldati ,
mandò Filippino Doria a chieder aiuto al Lau-
trec , il quale gli spedì immantenente mille
de' suoi migliori fanti. Anche il viceré Monca-
da , conoscendo l' importanza di quelle navi e
il loro pericolo , in cinque galee entrò egli
stesso con mille e cinquecento fanti , e col
fiore de' suoi ufiziali, senza saper cosa alcuna
del soccorso inviato dal Lautrec. Si attaccò nel
dì 28 del mese suddetto in mare una fiera
battaglia , che per gran tempo fu dubbiosa 5 ma
in fine restò la vittoria a i due valorosi Doria.
Vi perderono la vita lo stesso viceré, Cesare
Feramosca o sia Fiera-Mosca , Jaches d' Alta-
mura , con altri assaissimi ; e rimasero prigioni
il marchese del Vasto , Ascanio e Camillo Co-
lonnesi , il principe di Salerno , ed altii molti
3^2 AKiNAu n' Italia
capitani e gentiluomini. Una sola galea de gli
imperiali si salvò ; le navi cariche vennero poi
tutte in potere ^^^^rea Doria : colpo , che
quan'o fu doloraj|^^^H difensori di Napoli,
altrettanto ralle^^^^M^rcito della lega. Co-
muni allora furOT^^^ronostici che Napoli non
si potrebbe sostenere. Non mi fermerò io a
.narrar gli altri a\Tenimeuti dell' assedio di
quella gran città , e della guerra che nel me-
desimo tempo si facea per tutto il regno, con es^
sere applicati anche i Veneziani a ridurre in lor
potere Otranto , Brindisi , ed altre terre marit-
time. A me basterà di dire che la peste era
in Napoli ) e questa si comunicò al campo de
i Franzesi , o sia della lega , per cui termina-
rono il corso di loro vita il nunzio del papa
e Luigi Pisano legato veneto con altri signori.
Cadde per la sua ostinazione in quell' assedio
dipoi malato anche il Lautrec , e (ini di vivere
nel dì i5 di agosto, con restare il comando
al marchese di Saluzzo. Era perciò in gran
confusione quell' armata , con declinare ogni
dì più per la mortalità della gente. Al che
s' agc;iimse un altro non lieve disastro , perchè
Andrea Doria destinato a guardar il mare ,
aflìuchè ntm entrassero viveri in Napoli , es-
sendo terminata la sua ferma col re Cristia-
nissimo , passò al servigio dell' imperadore :
a\ veiiimenlo che sconcertò forte i disegni e le
speranze de;' capitani franzesi. Il iierchè dal
marchese di Saluzzo verso il fine d' agosto fu
presa la lisoluzione di levar il cam|)o per ri^
tirarsi ad Aversa. Ma gì' itnperiali , che slavano
all' cria , usciti di Napoli ; con tanto furore
A^^•o Mrxxvui 363
piombarono addosso alla retroguardia , che la
misero in rotta , e fecero prij^ione Pietro Na-
varro con altri. Il che inteso dal popolo d'Aver-
sa , diede ali" armi , e chiuse le porte , tagliò
a pezzi quanti Franzesi v^ erano prima entrati.
Così r Anonimo Padovano, il qiial sog^iugne ,
che sopraginnto il grosso de gP imperiali, seguì
un combattimento colla rotta àe collegati , i
capitani de' quali per la maggior parte rimasero
prigioni , e fra gli altri lo stesso marcliese di
Saluzzo, che poi morì; ed avere i villani fatto
gran macello di qiiella gente sbandala, in ven-
detta delle molte offese e ruberie lor fatte in
atldietro. Ma il Giiicciardino scrive , che chiusa
quella paite de' collegati in Aversa , per non
veder maniera di difendersi , andò il conte
Guido Rahgone a parlare col principe d' Oran-
ges ; e mentre capitolava , con avere accordato
che lutti i capitani restassero prigioni , e i sol-
dati se ne andassero senz' armi , bandiere e
cavalli , entrarono improvvisamente i Cesarei
in Aversa , e diedero un terribil sacco all' in-
felice città. Per questo il Raugone pretese di
non essere prigione, e fu poi rilasciato dal
marchese del \asto, dappoiché questi fu ri-
tornato in libertà. Ecco dove andò a terminare
lo sforzo dell' arn-ata della lega centra di Na-
poli dopo tanti progressi , e dopo tante appa-
renze di conquistar tutto quel regno , nel quale
non per questo cessarono le turbolenze e i
guai. Perciocché Renz^f da Ceri con alcuni de
gli Orsini si fortificarono in Barletta , e i Ve-
neziani solto la condotta di Cacciadiavoli Con-
taiifio occupavano varj luoghi in Puglia f!
36^ AXXALl d' hat.U
Calabria , con essere tornati quasi tutti gli altri
alla divozione di Cesare. Ma il principe d'Oran-
ges . sì per moslrare severità , come per cavar
danari da pagar le sue milizie , non tardò a
far processi e confischi confra di qiie' baroni
che in tal congiuntura s' erano mostiati ade-
renti a' Frauzcsi. Fece in oltre decapitale nella
pubblica piazza di Napoli alquanti di qua' no-
bili. Gli altri fuggirono , o si riscattarono con
grossi pagamenti di danaro , trattando di ciò
con quel gran faccendiere di Girolamo Moro-
119 , a cui in ricompensa flelle sue fatiche do-
nato fu il ducato di Boviano.
Mutazioni parimente nel presente anno se-
guirono in Genova. Già dicemmo che il va-
loroso Andrea Doria era passato al servigio
dell' imperadore , avendo abbandonalo quel di
Francia , o sia perchè non corressero le paghe
promesse , o |)erchè il re Cristianissimo non
mostrasse di lui quella slima che meritava; o
più tosto perchè esso re Volesse in sua mano
il marchese del Vasto , Ascanio (Colonna , eJ
altri da lui falli prigioni , a' (piali ,s' era esso
Doria obbligalo di restituire la libertà, pagala
che a lui fosse la taglia. Fu in oltre creduto
che r amor della p;ilria , signor(>ggiala allora
da i Franzesi , e il dcsidcM'io di stabilir ivi in
piij convenevol grado la sua famiglia, il mo-
vesse ad abbra -ciare il parlilo di Carlo V , il
quale per maneggio del jiiarchese del Vasto
non mancò di accordjlrgli delle vantaggiose
condizioni. Ora Andrea Daria, a\en(lo otlcmita
da esso (jcsare la liicollà di rimellere Genova
in liberlù , e sapendo che in essa cillù per
ANNO MPWVm f?ìfì5
cagion della peste ennio poclii soldati , né si
facra T occorrente guardia; nei di 12 di set-
tembre presentatosi al poito, giaeeiiè se n'e-
rano ritirale le galee di Francia, aniniosaniente
T'entrò con soli ciiiijiiecento' fanti: il che bastò
perchè il popolo si sollevasse gridando Lib^ruì,
e Teodoro Jrixnizio regio go\ eiiiatore .>-i ri-
tirasse nel castelletto, che fu imniedialainente
assediato. ÌSlaiidarono appiesso i Genovesi gran
gente ad asseciiar Savona, che i Fianzesi axeano
staccata dalla suggezion di Geno- a : il che ap-
punto piiì d'ogni altro motivo gli avea renduti
odiosi a i G.nuveai. A nulla ser\ì l' a- ine il
Trivulzio fatte più e più istanze per soccorro
al signor di San Polo e al duca d'Lrbino. Vi fu
bene spedito un corjio ili gente , ma non suf-
ficiente al bisogno , ed anche troppo tardi j
Jaonde sul fine ih ."ttenibre non n.cn Savona
che il castelletto si airenderono ad essi Geno-
vesi , i quali non perderono tecnpo a rendere
inutile il porto di Savona con empierlo di sassi,
e spianarono da' fondauienti il castelletto. Per
avere il Doria restituita la libeith alla sua pa-
tria , gran gloria a lui ne venne , confessando
gli scrittori genovesi che egli avrebbe potuto,
se avesse voluto , farsene s gnore. Col lempo
poi parve che quel [)0[ olo dimenticasse .si latto
benefizio. Fu ivi stabilito un saijgio governo;
e per togliere le divisioni e fazioni tra' nobili
e popolari che tanto aveano aiìltla quella no-
bilissmia città , a \enlotto delle più chiare ed
illustri famiglie ( escluse 1' Adorna e la Fre-
gosa ) si aggregarono l'alt; e, che erano ani-
UK'sse a gli onori e magistrati : dal che è poi
366 ANNALI d' ÌTAMA
venuto che ivi sieno taiili Dovia, Spinola, Gri-
njaldi , riescili , ec. Mandarono bensì dopo
qtialcUe tempo i Franzesi segretamente alcune
schiere d' armati per sorprendere Andrea Do-
rrà , abitante nel suo bel palazzo fuori di Ge-
nova ; ma egli per la porta di dietro in una
barchetta si salvò. Scaricossi la vendetta sola-
nieate sopra quel palazzo , che fu posto a
sacco.
Per confessione ancora del Guicciardino ,
papa Clemente VII poco avendo profittato de
i ilHgelli a lui mandati da Dio, da che fu in
libertà , avea ripigliate le sue astuzie e cupiT
dita. Ricuperò egli Imola e Rimini. Partito po-
scia da Orvieto , fermossi qualche giorno ili
Viterbo , et indi se ne andò a Roma , dove
pubbliiò rigorosi bandi , chiamando chiunque
era fuggito , affinchè tornassero ad abitarvi. E
perciocché 1' odio suo contra di Alfonso duca
di Ferrara, in vece di rallentarsi, era cresciuto,
in quesl' aiuio ancora ricorse alle insidie per
torgli le sue terre, e per fare anche di peggio,
se gli fosse potuto riusciie. In Reggio si scoprì
un maneggio di (Girolamo l'io, governatore di
quella città jxl duca , col vescovo di (basale
commessario dell' ainii del papa in Parma e
Piacenza , colf ac(!ordo già fatto d' iulrudurre
in quella cÌKà presidio pontilìzio (i). Dal conte
Albertino Rosclietli fu sioperta la trama ; e
convinto il reo, perde la testa. Venne a]>prcsso
(i) Anonimo Padov. Panciroli Hist. Ropiins. MS.
Vita (li Mi'onso MSSta. Guicciaiil. Isl. MS. di 1'' errarti.
V'ardii lai.
ANNO MDXXVTIT 26"]
un altro tentativo , fatto da Uberto Gaiubara ,
gran manipolatore di sì belle azioni , per sor-
prendere con diicento cavalli ed altrettanti ar-
chibugieri il duca nel dover egli passare da
Modena a Ferrara. Per accidente non si partì
egli nel dì destinato : il che servì a scoprire
le tese reti , che restarono senza la preda.
Scoperta fu anche un' altra congiura ordita dal
medesimo Ganibara per far uccidere il duca in
Ferrara , che si trovava allora malmenata dalla
peste. Di questo procedere disonorato, e con-
tro il precedente accordo , fece far molte do-
glianze Alfonso al pontefice , il quale si scusò
col dire che nulla sapea di quelle mene ; ma
noi persuase al pubblico , e tanto meno dap-
poiché niun risenlimento ne fece co' suoi mi-
nistri. Era ito nel precedente anno don Ercole,
primogenito d'es,-o duca, con copioso accom-
pagnamento a Parigi , per isposare Renea , fi-
glia di Lodovico XII re di Francia , e sorella
della già defunta Claudia regina, moglie del re
Francesco I. Con somma magnificenza furono
celebrate quelle nozze 5 e la regal principessa
col consorte , dichiarato duca di Sciartres e
Montargis, e visconte di Caen , Follese e Baiu-
sa , giunse a Reggio , poscia a Motlena nel
dì 12 di novembre, e di là passata a Ferrara,
vi fece la sua solenne entrata nell' ultimo di
esso mese. Delle suntuosissime feste fatte in
tale occasione in Modena , e più in Ferrara ,
è da vedere il Faustini (1), e ne ho parlato
(i) Faustino, Storia <Ji Ferrara.
368 ANNALI b'iTAMA
anch'io altrove (i). Secondo l'Anonimo Va'
dovano , furono fatte tante allegrezze , che è
meglio tacere , che dirne poco. Ma che è que-
sto in comparazione di tante calamità e scia-
gm-e di fame , di peste e di guerra , che inon-
darono tutte r altre Provincie d'Itaha nell'amiò
presente ?
yinno di Cristo 1329. Indizione IT.
di Clemente V II papa 7.
di Carlo V ituperadore 11.
Sul principio di quest' anno fu preso da una
breve ma pericolosa malattia papa Clemente >
nel qual tempo, cioè a dì io di gennaio,
creò cardinale Ippolito figlio naturale di (ìiu-
liaoo de' Medici; e come è l'uso in siuiili casi,
corse anche la voce di sua morte a Firenze ,
voce accolta con giubilo interno od esterno di
quasi tutti que' cittadini, consapevoli del di lui
sdegno centra di loro , e della sua voglia di
vendicarsi. Ma liuscì al pontelice di supi'rar
quel bruito golfo, lOii riloniar prrslo ai suoi
solili giri politici , liatlando nei medesimo
tempo coir iuipcrailore e col le tli Francia, in-
tento a cavar d' onde potesse maggiori vantaggi.
A non lievi agitazioni era tuttavia sottoposto
il regno di Nnpoli, perchè la città dell' Acpiila
si era riUellala a Cesare ; Barletta la teneva
Renzo da Ciri per li Franzesi; Trani , Puli-
gnano e Monopoli erano in man de' Veneziani;
K il Monte di Sant'Angelo, Nardo e Castro
(1) Antichità Estensi Par. II.
ANNO AIDXXIX 3O9
tuttavìa ubbidivano aJ essi Franzesl. Accoslau-
dosi la primavera, spedi il principe d' Grange»
contro l'Aquila Alfonso marchese del Vasto,
già rimesso in libertà , die durò poca fatica a
ricuperarla , e a far pagare bea caro a tutto
<|'iel popolo i delitti di poclii , avendogli messa
una taglia di cento mila ducati d oro. Andò
poscia il inarcbese nel mese di mai7.o a met-
tere il campo a .Monopuii. Cosi valorosamente
difesiTO i Veneziani quella terra , cL egii con
grave danno de" suoi fu obbligalo sul line di
uiag'^io a ritiraisi. Altre azioni di guerra fu-
rono poi fatte in quelle contrade colla desola-
zion della i'uglia. Fra 1' altre terre di que' cou-
l-onii Molletta j)resa da Gacciadiavoli Contanno,
restò niessa a sacco , e si barbaramente mal-
trallata id arsa , die di peggio non avrebbe
lalto mi crudelissimo nemico delia tede di
Cristo. Certamente se il re di Francia avesse
voluto 0 potuto applicarvi , avrebbe tenuto in
grandi imbrogli (juel regno, ^la egli, oltre al-
1 aver in piedi un trattato di pace colf iinpe-
radoie, si trovava aUàccendato in affari più im-
portanti di caccie e d amori. Per conto della
Lombardia , ivi con più caldo seguitava la
guerra. Sul fine del precedente anno erano
giunti presso Genova ( perchè nella città non
furono ammessi ) due mila Spaguuoli , tutti mai
in ordine, senza scarjie in piotli, senza calzoni ,
gente bruttissima ed orriihssinia a vederla , ma
«Ile per altro portava seco la bravura: pregio che
tuttavia rilien quella nazione. Tentò il signor
di San Polo general de Franzesi d' impedir l u-
iiione di costoro con Antonio da Leva; ma il
3^0 AHNALI o' ITALIA
conte TiOclovico di Barbiaiio , spedito a ricever-
li , seppe si destramente condurli , che felice-
mente arrivarono a Milano. Per disgrazia di
quel popolo , battuto da tante Iribulazioni ,
aveano costoro nome di soldati , ma si trova-
rono eccellenti ladri , perchè di notte e di dì
per le porte , per le finestre , per li tetti en-
travano nelle case , ne asportavano quel poco
che era rimasto a i poveri Milanesi; e ciò per-
chè modo di pagarli non appariva , ed essi
erano spogliati d' ogni bene : con somma ver-
gogna d'un imperadore re di Spagna, che nulla
pensava a pagar le sue genti , e sapea le in-»
credibili miserie de' Milanesi , né provvedeva.
Inipadronironsi i Franzesi circa questi tempi
di Novara , ma non del castello , siccome an-
cora di Vigevano, Santo Angelo , Morlara ed
altri luoghi. Tenuto fu nel mese di maggio un
gran consigh'o dal suddetto San Polo co i ca-.
pitani veneti e Sforzeschi, per far 1 assedio di
Mihuio. Trovos'i alle rassegne ciie non v' e-
rano siiffiL-ienli forze, e però fu risoluto di
prendere , se si jx)tea , colla fame quella gran
città. Poslossi il San Polo a Biagrasso, il duca
d Ifrbino generale de Neneziani co'suoi e con
parte delle genti Sforzesche a Cassano: da
Uove colle scorrerie infesla\ano tutto il paese,
acciocché vettovaglia non entrasse in Milano.
Intanto il San Polo, o sia che gli venisse di
Francia l'oriline , o eh' egli conccj)isse quel
disegno, determinò di passar colle sue milizie
a Genova , con i.speranza di poter ricuperare
quella citici, giacciic Andrea Doria culle sue
galee era stato chiamato ilall' imperadore iu
ANNO MDXXIX St I
Ispas;n;i. A ((aes!o line passò egli a Lniulria-
HO, e inariviata iiinntizi la vanf^iiaiilia, nel di 2 i
<li giugno j.rese liposo in (jiiel luogo. Awi-
safo della division de' Fiarizesi Antonio da Le-
va , tlopo ".iver animati i suoi colla sicinezza
della vitloiia , sali iinb'iinir della notte li mosse
incamiciali a quella volta , fiicendosi egli por-
tare in una sedia da quatiro uoiniui , per
essere storpio e rovinato dalla pjLiagia. Con
silenzio e senza suono alcuno di trombe o
latninui arrivò quella seguente macina addusso
a I Franzesi , che ii?cero ben per quaioiie
tempo resistenza, e massimamente due mila
Italiani comandati da Gian-Girolamo da Casti-
glione e dal conte Claudio Rangone. iNJa ia
fine diedero tulli a gambe. lìestò prigione lo
stesso signor di San Polo, l'erilo in due luoghi,
co i suddetti Raugoui' e Casl!:;lione ed altri capi
fi importanza , e furono presi molti cavalli ,
carriaggi ed artiglierie. Il conte Guido Rango-
ne , che tanto prima s' era messo al servigio
del re di Francia , né si trovò al conflitto ,
perchè mandalo innanzi colla vanguardia , si
salvò , riducendosi a Parma , et indi a Lodi.
Cosi scrive il Guicciaidino. Abbiamo all' in-
contio dal ^ archi che esso conte Guido, gio-
Tane di grandissima espettazione, dopo aver
guadagnato piò ferite nel viso, animosamente
menando le mani , restò prigione. In vece di
Guido \erisimiimente il \ óithi volle dir Clau-
dio. Tornosseue il vittorioso esercito imperiale
lutto carico di bottino e di gloria a Milano.
Fu poi mandalo Filippo Torniello con trecento
làuti a ricuperar Novara : il che egli felicemente
^72 ANNALI I)' ITAl^tA
eseguì , entrato clie fu nel castello , con
iscacciarne il presidio franzese. Gli occorse non-
dimeno uh accidente curioso, che mentre egli
cacciava fuori della cìtià i nemici , un capo
di squadra che era nel castello , sciolti i pri-
gioni , con essi ribellò il medesimo castello.
Fu nondimeno fatta loro tanta paura colle ar-
tiglierie , che lo renderono, e fu loro per-
messo di andarsene , siccome gh avea pro-
messo il Torniello. Studiossi ancora in varie
maniere Antonio da Leva di fare sloggiare dal
suo accampamento il duca d' Urbino ; ma non
gli venne mai fatto; siccome né pur d' impe-
dire che i Veneziani e gli Sforzeschi di tanto
in tanto facessero delle scorrerie lino alle
porte dell' infelice e desolata città di Milano.
La declinazione intanto in Italia de' Fianzesi
quella fu che fece detenninare il papa ad unirsi
coli' Augusto , preponderando nel di lui cuore
alla memoria de' patiti alFronti la sete spezial-
mente di vendicarsi de' Fiorentini: al che si
conosceva piìi a proposito la potenza crescente
di Cesare , che la troppo sminuita del re Cri-
stianissimo. Perciò nel di ventinove di giugno
dell'almo presente (i) hi conchiusa in Barcel-
lona una lega fra esso ponte/ice e l'imperadore ,
con cui questi si obbligò <h rimettere in Fi-
renze nella j)rimiera sua grautlezza la casa dei
Medici; di tiare Margherita d'Austria sua figlia
naturale ad Alessandro , credulo figliuolo na-
turale <li Lorenzo de' Medica e di una schiava
per nome Anna , benché il Segni scriva che
(l) Du-Mont Curp. Diploinut.
ANNO MnX\i?{ 3-ji
altri avessero avuto commercio con (|uolla vii
donna: siccome; ancora di rimettere il papa in
possesso di .\l(^dena . Reggio e Riibicra , senza
pregiudizio delle ragioni del romano imperio ;
e di Cervia e Ravenna , occupale da i Vene-
ziani. Né questo bastò. Promise ancora Carlo V
di assistere Clemente VII a spogliar la casa
d'Este del ducato di Ferrara, sotto l'iniquo
pretesto di fellonia e ribellione del duca Al-
fonso. Le altre particolarità d'essa lega le tra-
lascio , bastando solamente aggiugnere che gli
affari del ducato di Milano e di Francesco
Sforza restarono come prima dubbiosi e pen-
denti più dalla volontà dell' imperadore che
dalle decisioni della ghistizia. Bolliva piiì che
mai in cuore del re Francesco I il desiderio
di liberare i suoi figli , lasciali per ostaggio in
mano del suddetto Augusto. Una spinta ancora
gli diede la già detta confederazione d' esso
pontefice. Però anch' egli nel tU cinque d'ago-
sto di quest'anno s'indusse a stabilire in Cam-
brai un accordo assai svantaggioso con esso
imperadore: cioè per riavere i figli, si obbligò
di j)agare allo stesso Augusto due milioni di
scudi d'oro del Sole. Fece anche una cessione
di quanto egli possedeva nello Stato di Milano
e nel regno di Napoli . e dei diritti della co-
rona di Francia sopra la Fiamlra ed Aitesia ,
con altre condizioni che all'assunto mio non
sta r esprimerle. Di queste paci crederà taluno
che l'Italia allora avesse da esultare, come se
dopo tante tempeste fosse giunto il sospirato
teiupo sereno. Ma non fu così. Perciocché
durava tuttavia la di->ct"idia fia Cesare e i
374 A^^^•A^,l n' itama
Venesiani uniti col dii.^a di Milano ; e il pap.i
non lardò molto a far mnovere , secondo gli
ordini dell' iniporadore , il principe d' Oranges
contra df' Fiorentini. Arrivò questo signore a
dì 19 d'agosto a Terni, e s'inoltrò poi a
Spello, menando seco, per quanto scrive l'A-
nonimo Padovano , tra otto mila fanti fra Tede-
schi e Spagnnoli, co' quali s' nnironn dieci mila
fanti assoldati dal pontefice sotto valorosi ca-
pitani. S' era ne' mesi innanzi ritirato dal ser-
vigio del papa Malatesla Baglione, con [)assare
a qnel de' Fiorentini , ed impossessarsi della
città di Perngia sua pallia. Mise anche presi-
dio in Macerata , Montefalco ed Assisi. Prima
di passar oltre, il principe d' Oranges avea
preso que' luoghi , e dato il sacco a Spello.
Indi si applicò a trattar col Baglione per isni-
darlo da Perugia. Capitolò egli in fatti nel dì C)
di settembre t^he fossero sal\ i i suoi beni , <'
che potesse ritirarsi sul Fiorentino colle genti
sue, e coli'altie a lui date da Fiorentini slessi.
Andò poscia il prin,'ipe a Coiloiia , che gli si
rendè a palli, l'asso a Castiglione Aretino : e
mentre que' eitladini tiolta\auo la resa, i suoi
soldati entrati nella terra , la misero tutta a
sacco. Piiliratisi poi vergognosamente i Fioren-
tini da Aiez70. <[uella cill^ fi'cc buon accordo
con gl'impeiiaìi. Circa il (ine il'oltubie giun.se
l' Oranges ad accamparsi in vicinanza di Fi-
renz(;.
Benché si jinssu perdonar mollo all' umore
della libertà , < In in po|i(iJi avvezzi ad essa
suol essere un uiir;ibil iiicenlivo ;u\ rtriiscliiar
tutto e a solli-rir tutto por difenderla; puro
ANNO MDXXIX 3^5
Sembni che non convenisse alla prudenza de i
Fiorentini , tanto inferiori eli forae , quelT osti-
harsi cotanto contro le pretensioni del papa ,
spalle,£;giato dall' armi cesaree. Quali fossero
gV interni disegni di lui , ninno ne può ren-
dere conto. Certo è ch'esso pontefice nell'ester-
no, cioè nelle sue parole , altra intenzione non
mostrava (i) , se non clie tornassero i Medici
nel medesimo stato di onore e di balia che
giidevano prima d' esserne licenziati o cacciati
n<l tempo della sua prigionia , salva restnndo
h» libertà ;d popolo ; se pur sembrava libertà
ili addietro quel dipendere il principal governo
dal volere de' Medici. Per attestato del Segni ,"
erano ass^i ragionevoli le condizioni proposte
da papa Clemente. Ma prevalendo nel loro con-
siglio il mal animo di molti contro la casa dei
Medici, e la sconsigliala temerità d'altri lor
pari , benché si trovassero abbandonali dal re
di Francia , e si vedessero venir contro tante
forze del jTontefice e dell' iinperadore , non vol-
hro dar orecchio a trattato alcuno di concor-
dia , sperando nel benefizio del tempo che
potea produrre favorevoli accidenti. Imbarcatosi
intanto 1' Augusto Girlo in Barcellona sulla ca-
pitana di Andrea Doria , con ventotlo galee,
sissanla barche e molli altri navigli , su' quali
conduceva sei mila fanti e mille cavalli, sbarcò
felicemente a Genova nel di i?. d'agosto,
dove ricevette immon'^i onori da quel popo-
lo. Presentatici davanti a lui gli ambasciatori
de' Fiorentini , altro non ne riportarono che
(l) Nardi. GuiteiuJino, Vai-clù. Sogni.
3'^Q AkNALI n' ITALIA
un amorevol consiglio di licori (l'è al papa, e
di seco acconciarsi. Spedirono duiKjue a Ro-
ma , ma senza sufliciente mandato , lusingan-
dosi che nel papa 1' amor della patria non
fosse spento dal troppo amore de' stioi , e che
egli non volesse in fine la lor perdizione. Sic-
ché tutto si dispose per la difesa della città e
libertà , avendo eglino presi al loro soldo tre-
dici mila fanti e secento cavalli , che poi a i
fatti erano molto meno, 'rrattava fra questo
tempo il papa la pace fra Cesare e i Veneziani e
il duca di Milano, che conoscente de' suoi peri-
coli anch' egli facea maneggi coli' imperadore.
Volpa Carlo V in sue mani Alessandria e Pa-
via , e fu proposto di metterle in deposito in
quelle del pajta. O sia che all' imperadore non
piacesse il ripiego , o che Io stesso duca ri-
<'alcitrasse , furono spedite le milizie ultima-
tiiente arrivate di Spagna ad Alessandria , citisi
clìe non fece resistenza alle loro forze. Parti-
tosi tlipoi r imperadore nel dì 3o d' agosto da
Cenova , airivò a Piacenza , dove comparvf;
Antonio da Leva ad informarlo de' correnti
aflàri , e fu risoluto di far l'assedio di Pavia.
Terribili «Ianni intanto e jìrogressi facea il Sidtano
de' Turchi Solimano in Ungheria, con essere
giunto fino a mettere I' assedio a Vienna, città
che fu mirahiluienle flifesa. Pure quasiehè me-
lita.ssero le cose d' Italia piìi stima che i ten-
tativi del nemico comune , si atidA facendo in
Trento una massa di dodici mil.i fanti tedeschi,
e di mille e cinquecento cavalli borgognoni ( il
nuicciardino li fa assai meno ) per calare in
Lombardia : il che diede non poca apprensione
AXNO MDXXIX 377
n i Veneziani, e li costrinse ad .'issicnnir
le loro città con ga^lianli presidj. Calarono
in fatti costoro verso il fine di agosto, e giunti
a Pescliiera , cominciai 0110 a recar gravissimi
danni al lerrilorio veneto. Il duca d' Urbino
con grossa banda di genti d'arme gli andava
tenendo stretti il più ciie polca. Intanto costò
poca fatica ad Antonio da Leva il ricuperar
Pavia, percliè Annibale Piccinardo, senza aspet-
tar colpo di batteria od assalto , premendogli
più di salvar la sua roba che la città , .s' acco^
modo presto a renderla.
Uno de' principali motivi dell' Augns'.o Carlo
di venire in Italia era , per quanto egli poi
dimostrò , quello di rimetterò la pace daper-
tutto. Minore nondimeno non fu quello di ri-
cevere dalle mani del remano pontefice le co-
rone ferrea ed imperiale ; il clie , come dirò ,
seguì poi non già in Milano o in Monza , né
in Roma , come sempre si usò ne' secoli ad-
dietro , ma bensì in Bologna. A questa illustre
città , spezialmente per cooperare alla pace
suddetta , ma non universale , percliè bramoso
di soggiogar Firenze , passò papa Clemente sul
fine d' ottobre , accolto con gran maìjniiìcenza
dal popolo ; e prese alloggio nel pubblico pa-
lazzo del legalo e de gli anziani. Si mosse an-
che da Piaceiìza 1' imperadore per veniie colà.
Conosceva ben egli quanto indebita fosse la pas-
sion del pontefice contra di Alfonso duca dì
Ferrara. Tuttavia per gT impegni seco presi si
credette in obbligo di mostrar V animo alieno da
questo princijie. Se vero è ciò che ba il Guic-
ciardino , avendogli il duca spedili ambasciatori .
3n8 ANlHALI d' ITALIA
allorché la Maestà Sua arrivò io Itali.» , noi»
li volle ricevere ; ma per pratiche fritte gli
accolse dipoi. Pensava ancora di prendere la
strada di Mantova , a fin di non passare
per Regfi^io e Modena, città del duca; ma
cotanto si adoperò Alfonso , che esso Augusto
mutò parere. A i contini di Reggio se gli pre-
sentò davanti con tutta umiltà il duca , ed ebbe
poi r onore di cavalciire al suo tì:iuco per lutto
il viaggio, con intorniarlo di quanto occorreva
pel sistema d'Italia e per li suoi interessi : con
che non solo confermò , ma accrebbe nel-
1" animo delf Augusto • sovrano la stima e ii
concetto di principe egualmente valoroso che sag-
gio. Nel dì primo di novembi-e entrò l' impera-
dore in Modena , e nel dì 5 d' esso mese in
Bologna , dove con grandioso apparato e pompa /
fu introdotto da quel popolo j e nel medesimo
palazzo dove era il pouleiice , anch' egli fu al-
loggiato , aiRiicliè con ficilità potesstMO trattar
insieme de' pubblici e de' [)rivati affari. Questo
sontuoso ingresso di Cesare in Bologna si truova
esaltamente descritto dall' Atiouimo Padovano;
ma all' istituto mio non convien dirne di più.
Cominciaronsi dunque fra (piesti due jirimi lu-
minari della Cristianità stretti e cotidiani col-
loquj , per dar sesto alle turbolenze che da
tanfo tempo desolavano l' Italia. Per Francesco
Maria Sforza d\ica di Milano, sì malconcio di
salute cbe appena si reggeva in piedi , fece il
papa quanti buoni ulizj potè, e fattolo venire
a Bologna nel dì 22 di novembri! , con tal lòr-
tuna maneg^'i.) i di lui alliui, e be l'accordò eoi
maynauimo imperadore nel dì n3 di dicembre.
ANr;0 MDXXIX O^fj
Fu dunque conveimlo che coli' investitura ira-
periale reslerebbc il duca signore dello Stato
di Milano, con ohblio;ar.si, in iscouto delle spese
fatte , di pi!2;aie a Cesaie in un anno quat-
trocento uiilu ducati d'oro, ed altri cinque-
cento mila in dicci anni avvenire, restando in
mano d'esso Aiignslo il castello di iMilatjo e
Como , da restituirsi al duca , come fossero
fatti i pagamenti del primo anno. -Nondimeno
Pavia fu assegnata ad Antonio da Leva, da go-
dere sua vita natmal durante. Grande alle-
grezza avrebbono fitto i popoli dello smunto
ducato di Milano per tal coaiordia , che pa-
reva il fine de' loro immensi guai, se il duca,
per mettere insieme tanto oro , non fosse stato
i'ostretlo a maggiormenle atlligueili con gravis-
simi taglioni ed imposte. Avvenne in questi
tempi che l'esercito cesareo, già ridottosi in
Ghiaiadadda , e intento a divorar quelle terre ,
per non saper come vivere , appena intese o
trattarsi o concliiuso l'accomodamento delle
dilfercir/.e del daca colf impevadore , che alzat'?
le bandiere volò alla volta di .Milano , con in-
timare a quel popolo , che se in termine di
quindici dì non soddisfaceva p?r le paghe loro
da tanto temjio dovute , saccheggierebbero la
città , e fcUtbbono prigion ciascljeduno , e che
intanto si somministrassero loro gli alimenti.
Rimasero di sasso gì infelici Milanesi a queste
minaccie , arrivate in tempo che speravano di
respirare. Conluttociò inoslraiido di fare ogni
sforzo per raunar danaro , spedirono nel me-
desimo tempo i loro oratori all' imperadore ,
esponendogli le lor miserie , e il pericolo che
SgO ANNALI d'iTAUA
lor soprastava. Provvide egli itninanteticiite al
disordine coir inviar "li Spa^nuoll e i Tedeschi
ad nnirsi coli' esercito di Toscana, e facendo
cassare il resto di quelle truppe, così che nello
Stato di Milano wm rimasero se non i soldati
di presidio nelle fortezze.
Similmente si concordarono, per non poter
di meno, anche i Veneziani coli' imperadore ,
con ohbligo di restituire a lui tutto le terre
da loro occupate nel regno di Napoli , e al
pontefice Ravenna e C •\\\i\ ; siccome ancora di
pagare ad esso Angusto por vecchie e nuove
ragioni trecento mila ducati d oro in varie
rate , con altri patti che non importa di rife-
rire. Né si dee tacere clic sul line di novem-
bre giunto a Bologna anche Federigo mar-
chese di Mantova con nobile accompagnamento,
fu molto ben veduto ed accarezzato dall'Augusto
Carlo. Nel presente anno terminò l'Anonimo Pa-
dovano la sua Cronica , che matniscrilta si con-
serva presso di me , nel i-ui (ine sono le seguenti
parole: Qui finiscono i ragionamenti domestici
dt'lìe giu'ire. d Italia , cominciando dall' an-
no i5oS /ino al iSat), esposti e narrati da
chi s' è troi'ato presente al più delle sopra-
dette faccende. Fu ad inchinare eziandio il pon-
telic(; e r imperadore , Francesco Maria duca
d'Urbino; e in considerazione de' Veneziani ,
de' r[uali era generale , ricevè buona accoglien-
za. Era allora la città, per altro assai glande,
di Bologna sì piena di gran s'ignori e di no-
bili à forestiera , che sembrava una fiera con-
tinua, e si ftceva alle pugna per trovare al-
bergo. Gran solennità i\i fu fatta u;^! j^iornu
ANNO MDXXIX 38 1
«lei Natale del Signore , avendo i Bolognesi
fabbricato un niirabil ponte di legno , per cui
dal palazzo discese tutta (jiiella gran corte alla
basilica di Sau Petronio. Stabilissi poi nel dì 23
di diccmbie mia lega perpetua (i) per la si-
eurezza della tranquillità d' Italia fra papa Cle-
mente MI, 1 iniperador Carlo V, Ferdinando
re d'Ungberia, la repid^blica di Venezia e il
duca di iMilano , in cui liuono ancora cora-
jiiesi il duca di Savoia, i niarcJicsi di Alonler-
rato e di Mantova, e lasciato luogo al duca
di Fernua di entrarvi , quando seguisse ac-
cordo lì a il papa , 1' imperadore e lui. Ma di
questa tranqudlitù non godeva Firenze assedia-
ta , o più tosto bloccala dall' esercito impe-
riale e pontifizio, che secondo 1' uso delle guerre
infiniti danni inferiva a quel distretto. Mag-
giormente poi crebbero i guai in quelle con-
trade, da che il pontefice, fattosi principal-
mente promotor della pace in Lombardia , ac-
ciocché l'Augusto Callo potesse con più vigore
continuar la guerra contra di Firenze patria sua
ottenne che dallo Stato di Milano passassero
in Toscana circa otto mila combattenti cesarei
con venticinque pezzi d' artiglieria. Colà dun-
que si ridusse tutto il furor dell' armi coQ
queir esito che diremo all' anno seguente.
(l) Du-Mont Corpi Diplomati
SSa ANNALI d' ITALIA
Anno di Cristo i53o. Indizione HI.
di Clemente MI papa 8.
di Carlo \ imperadore 12.
Anche nel gennaio e ftbbr.iio dell' anno
presente continuò papa Clemente coll'iiniiera-
dore il suo soggiorno in Bologna , perchè la
vicinanza sua e dell'Augusto monarca desse
maggior calore all' impresa dell assediata città
di Firenze, irovavansi i Fiorentini nioUo an-
gustiati dall' armi nemiche , e ciò non ostante
risoluti di difendere la lor libertà sino a gli.
estremi. Inviali a Bologna i loro ambasciatori
per tentare se potesse riuscir qualche accordo ,
non ottennero udienza dall' imperadore; e stando
saldo il pontetice in volere ristabilita la niag-
gior^jiiza ed autorità precetlente della casa dei
Medici in quella repubblica , al che abburriva
troppo il presente governo di Firenze, se ne
tornarono come erano venuti (i). imperciocché
donno Ercole d'Esle })rincipe di Ferrara, da
Jor preso per generale, non potè a cngiou delle
minaccie del pana andare in persona ad eser-
citar quella carica, non lasciò per questo d'in-
viarvi in sua vece il conte Ercole Rangone colle
.sue milizie, da cui furono poi latte molte azioni
di valore. N^ l (U 19 di gennaio iliedeio i Fio-
rentini il bastone del generalato a Malatesta
Baglione, che avea fatto non po(;hi brogli per
ottenerlo. Era già l'ormato il concerto che la
(1) Ouiccianlino. Nardi. Vairlii. Segni. Ammirati.
Oiotìo. l'aulus ile Clericis in Aniial. MiJS.
AVNO Mrxxx 3(S3
coronazione desiderala da Carlo V si avesse a
fare secondo il rilo in Roma , e già era sta-
bilita l' andata colà tanto di lui che del papa.
Anzi si erano incamminati a questo line colà,
per disporre le cose , alcuni cardinali e prelati.
Ma essendo sopravenuti dalla Germania ga-
{jliardi impulsi da Ferdinando re d Ungheria ,
IVatcllo dell' imperadore , che aspirava ad essere
re de'Ruuìaui, e per altri uigcnli bisogni di
quelle parti, TAugutto Carlo tiice istau/a di ri-
cevere in Bologna le due corone: al die con-
discese il jiapa. Nel giorno dunque 22 di febbraio
j.eila cajipcila del palazzo poulilizio ricevette
i'sso imperadore dalle mani del ponteiice ia
corona ferrea , in seguo d essere re del regno
longobardico o sia italico. N ien descritta e&sa
corona, portala colà da Monza , non men dal
Giovio , the tlal mastro delle cerimonie del
papa presso il Rinaldi (i) , per un cerchio
d' oro , largo jiiù di cinque dita , con una la-
mina di ferro nel di tlentro , per tenerla , a
mio ciedere , fòrte, senza che alcuno sognasse
allora quel ferro essere un chiodo della Passion
del iSiguore , convertito e spianato in quella
laminu. Né alcun di essi scrive che si nio-
Stiasse alcun segno di venerazione a quella co-
lona , come cento luini dopo immaginò il
Ripamonti nella sua Storia di Milano, t'oscia
nella festa di san Mattia, a dì 24 di esso
mese , giorno in cui Carlo \ era nato , e iu
cui fu fallo prigione sotto Pavia Francesco 1
re di Francia , si celebrò la solenne iunzion»}
(i) Baynaliliis Annal, Eccl.
384 ANNAM d' ITALIA
nel vasto tempio di san Petronio della corona-
zion dell' imperaJore , e v' intervennero ira gli
altri Bonifazio marchese di Monferrato, Fran-
cesco Maria delia Rovere duca d' Urbino , ed
uno de' principi di Baviera. Ma sopra gli altri
fu distinto ed onoralo Carlo Ili duca di Sa-
voia , veimto apposta con grandioso corteggio ,
per attestare all'Augusto monarca suo cognato
I osse(juio ed amor suo. Dal prelodato maestro
di cerimonie e da altri si vede descritta la co-
ronazione suddetta , e massimamente da Fra
Paolo Carmelitano che vi era presente, e che
ne'suoi Annali MSti la dipigne come cosa ve*'
ramente magniCca. E pure secondo il Guicciar-
dino fatta fu con concorso grande , ma con
picciola pompa e spesa : dopo la quale niii-
u'altra più ne ha veduta 1' Italia , giacché
gì' imperadori si sono messi in possesso di
usar senza di essa il titolo e l' autorità de gli
Augusti. Solamente accadde in quella gran l'un-
zione che due braccia dei ponte sopra accen-
nato , per cui si andava dal palazzo a San Pe-
tronio, apjìena passato l' inqierailore , si ruppero ,
colla morte di molti delia plcije. Nel secondo
giorno di marzo (i) arrivò a Ferrara Beatrice,
ducliessa di Savoia, che passava a Bolof^na per
visitar l' imperador suo cognato, dal quale ri-
«evè ilipoi molte linezze ed onori.
Avea desiderato Ailbnso duca di Ferrara d'in-
tervenire anch' egli alla solennità della ooro-
uazione; ma non si potè pief;are la lesta coc-
ciuta di papa Clemente a permetterlo. Tuttavia
Ci) Anuuli MSiì di Fenarsi.
ANNO MDXXX 385
perchè premea forte alTAugisto Carlo di non
lasciar viva la tliscorelia del pontefice con
quel principe suo vassallo, afìinchè questa non
turbasse la quiete d'Italia , ricusò di partir da
Bologna senza avervi provveduto. Vi fu bisogno
di tutta la sua pazienza per isniuovere il duro
papa. Tanto nondimeno fece , che nel di due
di marzo ottenne salvo :on doti o , acciocché il
duca potesse sTuire a Bologna. Dispulos.-.i un
pezzo intorno alle indebite pretenstoni del pon-
telice sopra Modena, Reggio, Rubiera e Co-
tignola. Finalmente nel dì 2 1 di marzo fu
conchiuso che si rimettesse ali iuiperadore il
conoscere per compromesso le lor differenze ,
e che intanto le stesse città e terre si mettes-
sero in deposito in mano di lui, o sia de' suoi
ministri. A questo diflicilmente condiscese al
duca, e massimamente perchè si volle compresi
in esso compromesso anche Ferrara. Ali in-
contro facilmente il papa vi si accordò , da
che nel trattato di Biircellona si era Cesare
obbligato di aiutare il papa a ricuperar quei
luoghi ; ed in oltre segretamente convenne con
lui , che in caso di conoscere più forti le ra-
gioni Estensi , non pronunziasse laudo alcuno ,
ma che lasciasse , come prima , imbrogliate le
carte : il che se facesse conoscere il papa ama-
tore del giusto, non io, ma altri lo deciderà.
Furono eseguite le condizioni di quell' accor-
do; dopo di che l'Augusto Carlo si avviò per
Modena alla volta di Mantova , dove fu accolto
con gran magniliceuza dal marchese Federigo
Gonzaga , signore di quella città , il quale in
tal congiuntura a dì 35 di marzo ottenne per
Muratori. Fol. XIT. 25
3S6 ANNALI d' ITALIA
la prima volta il titolo di Duca da quel beni-
giiissimo sovrano. Ed allora fa cbe esso iiiipe-
radore diede al duca Alfonso T investitura di
Carpi, con ricavarne cento mila ducati d'oro,
de' quali ne toccò subito sessanta mila. Venti-
lali poi con isniisurati processi la controversia
fra il papa e il duca di Ferrara, e fatta ben
esaminar dall' imperadore , egli nel dì 21 di
dicembre dell'anno presente, mentre era in
Colonia, proferì il suo laudo fìnorexole al duca
Alfonso, ma con pubblicarlo solamente nel-
] anno seguente i53i. Giimse a Ferrara nel
dì ullimo di settembre con due bucentori e
trenla barelle Francesco Sforza duca di Milano,
accompagnato da gli ambasciatori del papa,
della Francia e di Venezia ; e solamente nel
dì 19 di ottobre passò a Venezia, dove si
portò ancbe il tinca di Ferrara per trattare de i
comuni interessi.
Seguitava intanto con più fervore cbe mai
la guerra in Toscana contro Firenze. ]Non man-
cava gente cbe scusava e compativa jiapa Cle-
mente , autore di essa, per le troppe ingiurie,
villanie e danni fatti da' Fiorentini a lui e alla
casa de' Medici. Ma senza paragone più erano
e sopra lutto in P'irenzc, coloro cbe il male,
dicevano, per vederlo sì accanilo contro la
propria patria, e cagione della dcsolazion di
tante lene e villo del distretto (lorenlino, im-
putandogli a peccato ed infamia l' impiegar
tanti tesori della (Ililesa Romana ))cr mantener
eserciti e manigoldi in rovina di tanti inno-
centi. E tanto niaggiormentc ancora , perebù
lenivano per ingiu.slissime le sue preleui>iy;ji ,
ANNO MT>XXX 3 87
non nei,'an(lo i Fiorentini di ricevere i Medici
come ciltaJiiii: laddove questi vi voleano co-
UMiidar da siijnori ; e 1' averlo fatio in addie-
tro , siccome usnrpazione , punto non serviva
a giustilicar la pretensione dell' avvenire. Però
il cliiamavano mi nuovo Giulio Cesare , e ti-
ranno tanto più detestabile, perchè si serviva
della religione , cioè delle rendite della Chie-
sa, per soddisfare a i suoi privati mondani
appetiti. Ma sì fatte mormorazioni nulla di più
producevano che 1' abbaiar de' cani alla luna.
Conlinuava il furor della guerra, lo spargi-
mento del sangue , la distruzion del paese ;
perciocché se di grandi prodezze vi fece 1' ar-
mala pontificia ed imperiale , non con minore
bravura per dieci mesi si dil'esero e sostennero
i Fiorentini , sempre sperando clie succedessero
de' miracoli o de' casi impensali, o che per
mancanza di paghe si avessero a disciogliere le
forze nemiche. A me converrebbe empiere
molte carte , se volessi rilL-rir tutte le scara-
nuiccie e i fatti d' armi succeduti in così lungo
ed ostinalo assedio. Ma basterà solamente ac-
cennare che nel dì due d' agosto a Cavinana
segui una fiera battaglia fra le genti de' Fio-
rentini , comandale da Francesco Ferruccio ,
valente condottier d' armi , e buona parte del-
l' esercito cesareo, a cui intervenne il genera-
le, cioè lo stesso principe d' Oranges. La vit-
toria si dichiarò per gì' imperiali , e vi rimasero
estinti o sul campo , o dipoi per le ferite ,
circa due mila e cinquecento Fiorentini, fra i
quali lo stesso Ferruccio, barbaramente ucciso
da Fabrizio .Maram.ddo dopo la resa. Mollo
388 ANNAI>I d' ITAOA.
iionrliiueno costò a i vincitori quel fatto , perchè
anche lo stesso Filiberto principe d' Oranges
lasciò ivi hi vita per un colpo di archibusata ,
facendo quel fine che toccò a tanti altri ma-
snadieri intervenuti al lagrimevol sacco di Ro-
ma. Ora questo svantagfjioso falto, la mancanza
oramai divenula estrema delle vettovaglie, e il
timore che la città restasse esposta al sacco ,
misero il cervello a partilo de" Fiorentini, con-
correndovi ancora le focose esoilazioni di Ma-
latesta Baglione lor generale , che si mostrò
preso da compassione verso la pericolante cit-
tà , ma più verisimilnicnte spinto da segrete
intelligenze con papa Cleuicnle. Videsi poscia
che con licenza d' esso j)ontefice se ne tornò
il Baglione lihcra:ucnte a Perugia sua patria a
goder de' suoi beni patrimoniali , per tacer di
altre ragioni rapportate dal Varchi. Spedirono
dunque i Fiorentini i loro ambasciatori a doQ
Ferrante Gonzaga fratello del duca di Manto-
va, in cui dopo la morte dell" Oranges era ca-
duto il comando dell" esercito imperiale, e nel
dì 12 d'agosto si concbiuse l'accordo, rap-
portato da Jacopo Nardi , ilal \'archi e da al-
tri scrittori; ilei quale altro non accennerò io,
se non che fu rimesso airirn|)eraciore di rego-
lar fra quattro mesi la Ibrnia del governo di
Firenze , benché vi si ilica ancora che taè re-
golamento avea da dipendere dal papa. Obbli-
garonsi i Fiorentini di jiagare all'ainiata cesa-
lea ottanta mila ducali d oro, diijio a\ere spesi
più niilioni in questa giiena e patite incredi-
bili desolazioni ne' loro Mali. Apiiicsso lu iòr-
Kialo ili Firenze uu nuovo luagislralo, tutto di
AXXNO MaKX 38^
parziali della casa de' Medici , clie poco tar-
daiDiio a far uscire di vita sei de' principali
difensori della libertà , e a confinare altri non
pochi , e fecero disarmare il popolo. Se ne
andò anche Malatesta Baglione, ina con lasciar
in Firenze il nome di traditore : sopra che è
da vedere il N'archi. Pattato che fu il danaro
pattuito, restò libero dal divoratore esercito
quel sì maltiattato paese, a risena del presi-
dio mandato iti Firenze. Uscì poscia nel dì 28
d' ottobre di quest' anno un solenne decreto
dell' impera<lore (i), in cui dichiarò capo della
repubblica liorentina Alessandro de' Medici, ( a
cui il papa avca comperato il titolo di Dnca
della città di Penna ) e i di lui figli e discen-
denti, e in mancanza d'essi, uno della casa
de' Medici. Stranamente si dolsero dipoi , ma
in segreto , i Fiorentini di .sì fatta decisione O
investitura , come quella che chiaramente sta-
biliva r autorità cesarea sopra Firenze e sopra
il suo Stalo, che per tanti anni addietro non
era stata ivi esercitata né riconosciuta. Ed ha
ben saputo prevalersene a' dì nostri la corte
imperiale per disporre a sua voglia dell' ameno
paese della Toscana. Questo bel servigio fece
papa Clemente \II alla patria sua; laonde
sempre più si lagnò quel popolo dell' avversa
fortuna, costretto. a fare il Latino con tanti loro
svantaggi e danni , i quali per la maggior parte
avrebbe risparmiato se si los.se indotto a larlo
prima della guerra.
.(i) Du-Mont Corp? Diplomai.
3go ANjfALi d' itama
Quanto a papa Clerat-nte, dappoiché fu par-
tito da Bologna l'Augusto Carlo, aneli' egli uel-
r ultimo giorno di murzo s' inviò alla volta di
Pioma , dove pervenne nel dì 9 d' aprile. Per
tutto il tempo che durò 1' assedio di Firenze,
gian battaglia fecero nel di lui cuore l'ansiclà
di vincere quella pugna, il timore che la lun-
ghezza o altio sconcerto guastasse l'impresa;
oltre alle tante cure per somministrar somme
immense di danaro , e un batticuore coniimio
che Firenze presa andasse a sacco. Gli sopra-
venne poi un' incredibil gioia allorché inlese
terminata con pacifico accordo la tragedia , e
nella forma eh' egli appunto sospirava. Poco
nondimeno tardò a cangiar le sue allegrie in
una somma aflliziono pel nuovo flagello che
nel presente anno si scaricò addosso alla tanto
battuta città di Roma , che appena cominciando
a respirare da i gravissimi guai del sacco , sì
trovò immersa in un' altra non minore sciagu-
ra. Fra ito il pontefice a diporto ad Ostia nel-
r autunno di quest'anno, quando eccoti aprir-
si , per così dire, le calaratte del cielo, e
cadere per più giorni una sì dirotta pioggia,
che i fiumi tulli in (juelle jiarli, e spezialmente
il Tevere, sopramodo gonfiali, traboccarono
fuori dal letto loro. A riserva di pochi luoghi,
ne restò inondala tuUa r\oina, e con tale al-
tezza d'acqua, che assaissime p.crsone ivi per-
derono la vita, vi rovinai otio molli piihblici e
privati e<lifizj , s' eni|)i('iono di a((|ua tulli i
sotterranei, tulli i fondachi e le bofleghe, con
perdita d' inniunerahili merci, vellovaglie e
beslì:uui. Memoria nou v' era che tanti daunì
A\>0 MPXXK 3;)t
avesse mai recato 1' escrescenza del Tevere , sic-
ché fu creduta la gran perdita , che allora av-
venne non inferiore alla precedente del sacco
di Roma. Tiovandosi allora , come dicemmo ,
il papa in sito dove non potea ricevere per
cagion di questo diluvio gli alimenti , prese il
partito di ritirarsi a Roma; e con gran pericolo
suo e di tutta la sua corte cavalcando , sem-
pre coir acqua alla pancia de' cavalli, peivcnne
alla città. Ma volendo passare al palazzo pon-
lifizio , trovò tutti i ponti o fracassati ( fra i
quali quel di Sisto ) o pure coperti d' acqua ;
riè parimente restandogli maniera di entrare
in Castello Sant'Agnolo, fu necessitalo a rico-
verarsi a Monte Cavallo a Santa Agata, finché
tornassero 1' acque al consueto lor letto. Vi
tornarono ben esse ; ma il lezzo e puzzo la-
sciato in tanti siti sotterranei si tirò poi ilietro»
una gran pestilenza , cioè mali sopra mali:
Poco nondimeno profittò di sì fatti avvisi
il pontefice , e lasciando piagnere chi volea ^
continuò i suoi disegni politici pel sempre
maggiore ingrandimento e lustro di sua casa.
lo non so come questa fiera inondazione venga
rapportata nel novembre dell' anno seguente
nella Storia del Segni. Sarà un errore di stam-
pa. Il Surio , Fra Paolo Carmelitano ed altri
ne parlano all' anno presente. Il Varchi la
mette ne' primi giorni d' ottobre , e con lui
vanno d' accordo gli Annali manuscritti di Fer-
rara. E la! notizia vien poi messa fuor di dub-
bio dalle memorie in marmo esistenti in Roma,
e riferite da Andrea Vettorelli. Né si dee oin-
Inettere che n»:l marzo di quesl' anno rAuyustó
3q2 ANNALI d' ITALIA
Callo investì delle isole di Malta e del (lozo
r indila religione de' cavalieri Gierosolimì-
tarii dello Spedale , dianzi chiamati i Cava-
lieii di Rodi , i quali ne presero il possesso ,
con formar ivi un inespugnabil baluardo in
difesa del nome cristiano conira de' Turchi e
Mori. Lo sfrumeuto imperiale si vede dato in
Castelfranco nel dì af di marzo. Come ciò sia,
lascerò ch'altri lo insegni, jiotendosi di qui
argomentare che Cesare in quel giorno, e non
già nel dì 22 , si movesse da Bologna. Ma il
dì 22 è assai specilicalo nel Diario riferito dal
Rinaldi, e nel dì aS 1' imperadore si trovava
in Mantova. Anche gli Annali manuscritti di
Ferrara ci assicurano eh' egli si partì da Bolo-
gna nel dì 22 di marzo.
fìllio di Cristo i53i. Indizione IV.
di Clemente MI papa q.
di Carlo V imperadore i3.
Malveduta era da i sovrani delP Europa l'u-
nione in Carlo V della dignità imperiale colla
potente monarchia di Spagna. Oltre a ciò , i
Tedeschi , allorché esso Augusto dimorava in
Ispagua , mormoravano per lauta di lui lonta-
nanza; e un' egnal sinfonia s'udiva fra gli Spa-
gnuoli , cfuand' egli si tratteneva in Germania.
Il perchi'; egli prese la risoluziou di quetarc in
qualche maniera le gelosie e tioglianzc altrui ,
col far conoscere lum durevole l' unione di
quelle due monar< h e. Aduii;ue nel dì quinto
di gennaio ih-l presente anno in Colonia col
consenso degli elettori dichiarò re de' Ronjojù
ANNO MDXXXI SpS
Ferdinando suo fiatello , re ci' Ungheria e Boe-
mia , il qiial poscia nel dì 1 1 d' esso mese fu
solennemente coronato in Francoforle. Benché
avesse V Angusto Carlo prolerito neli' anno pre-
cedente il suo laudo intorno alle ditVeren/.e del
p/apa col duca di Ferrara , pure per \ ai j ri-
guardi , cioè per le segrete mine de' ministri
pontifi/.j , ne andò differendo la pubblicazione.
Seguì finalmente questa nel dì 3i d'aprile del-
l' anno presente , in cui furono dichiarate nulle
le pretensioni romane sopra Modena , Reggio
e Rubiera , terre chiaramente appartenenti al
sacro romano imperio , e non già porzioni
dell' esarcato di Ravenna, come contro la chiara
verità allora si pretendeva; e ne fu confermato
il dominio al duca Alfonso suddetto. Venne
anche obbligato il papa a dargli V investitura
del ducato di Feriara, come Stato spettante
alla Chiesa Romana. In esso laudo essendo stato
condannalo il duca a pagare cento mila ducati
d' oro alla camera apostolica , non tardò egli
a spetlire a Roma i suoi n)inislri coli' esibizion
del danaro. Ma Clemente , a cui non dovea
parer giusto se non quello che era conforme
a' suoi desiderj , non solamente rifiutò quel-
l'oro, ma né pure volle accettare il laudo.
Troppo a lui scottava il restar separale dallo
Slato Ecclesiastico le città di Pai na e Piacen-
za ; e tanto piìi se fosse vero eh' egli medi-
tasse di fare un dono di tutte quelle città alla
sua famiglia. Confessa il Giovio che per tal
cagione il papa , per a'tro gran simulatore ,
non sapea nascondere il suo sdei;no centra di
Cesare , e che si andava lisciando la barba
5n4 AnxAi.i d' ITALIA ,
ora coir una ora coli' altra mano, allorché tor-
nava in campo questo laudo , assai mostrando
la voglia di vendicarsene , quando avesse po-
tuto. E certamente da lì innanzi parve assai
rivolto il suo cuore a i Franzesi , con far non-
dimeno lutto il possibile perchè V iniperadore
non restituisse Modena al duca. IMa informato
esso Augusto, come per parte dVsso principe
era stato soddisfatto al dovere coli' esibito pa*
gamento , nel dì 1 2 di ottobre fece rilasciare
al duca Alfonso il possesso d' essa città e di
Eeggio , con restar vive le amarezze dell' osti-
nato papa contro di questo principe , il qual
fu sempre da lì innanzi costretto a star con
sonmia vigilanza, e a tener buoni presidj per
guarflarsi dalie già sperimentate insÌLhe de' mi-
nistri pontifizj.
Per attestato di Gasparo Hedione (i), avea
nell'anno precedente Carlo III duca di Savoia,
principe di gran senno e valore , assediata la
città di Genevia , divenula fin d' allora , e
molto pii^i poi , nido di crcsiarchi. Seco era
copiosa nobiltà e il vescovo d'essa città, che
ne era stato cacciato. Sotto vi stette quasi un
anno ; ma essendo venuti in soccorso de' Ge-
iievrini i Cantoni Svizzeri di Berna , Friburgo
e Zurigo, fu necessitalo esso duca a fai- pace.
Per quanto si ricava dal Hiiialdi fa) all'anno
presente , avea il papa conceihilo al pielodato
duca Carlo per questo bisogno non solamente
(ì) Ilcdlono nelle ritinte alla Storia del SabellieO.
(y.) ll;i^naklus AiukiI, Lccles,
ANNO MPXXXI 3g5
le decime degli ecclesiastici, ma anche di po-
tersi valere delle argenterie delle chiese. Ed
essendoché in quest' anno lo slesso principe
era minacciato di guerra da i Cantoni eretici ,
s'interessò il papa alla difesa, promettendogli
soccorso di danaro, e scrivendo a i potentati
cattolici , per tiarh in aiuto di lui. Il Gniclie-
none , storico il più accreditato della real casa
di Savoia , lasciò nella penna sì fatti avveni-
menti. Già dicemmo che fia tanti pensieri di
papa Clemente teneva il primato quello del-
l' innalzamento e della sicurezza della sua fa-
miglia. Al nuovo ascendente di essa perchè
potea pregiudicare la nemicizia de'Sanesi, operò
egli colle forze de gli Spagnuoh che colà si
introducesse un governo favorevole alle sue
voglie. Con ordini segreti ancora comandò a i
Fiorentini di mandare un' ambasceria in Fian-
dra , per supplicare l' imperadore d'inviare al
governo del loro Stato il duca Alessandro dei
Medici, tuttavia dimorante in quella corte, e
destinato genero d'esso Augusto colla promessa
di Margherita sua figlia naturale , di età non
per anche nubile. Se di buona voglia il popolo
Fiorentino ubbidisse , noi saprei dire. Furono
benignamente bensì esauditi da quel monarca.
Venne dunque Alessandro , e nel dì quinto di
luglio enti ò in Firenze , accolto co i festosi
suoni delle bombarde , e andò a riposare nel
Sia'azzo de' Medici. Seco era Giovanni Antonio
lussetola andxisciatore cesareo , il quale nel
dì seguente nella gran sala sfoderò il decreto
imperiale in favore del duca Alessandro , con
intonare all'assemblea de' magistrati, che quanto
OqG ANNAt.I I) ITAUA
di male non avea fatto né facea l' invittissimo
Carlo a Firenze, e quanti privilegj lasciava al
loro popolo, tutto doveano riconoscere dai me-
desimo Alessandro, il quale aveva trovata tanta
grazia ne gli ocelli dell'Augusto sovrano. Letta
ili la dichiarazione o diploma , ed accettata
con giuramento da tutti , e successivamente si
fecero fuochi ed altri segni di giubilo per tutta
la città. Ma perciocché tanto in esso diploma,
quanto nella concione del Mussctola non s'udì
mai il nome di libertà, per concerto fatto col
papa , perciò si guardavano l' un l' altro in
volto i Fiorentini. Molti v' erano a' quali ca-
deano lagrime d' allegrezza , perché scorgeano
trovato un ripiego per quetare e frenar le di*
scordie di quel popolo , stato sempre involto
m gare e sedizioni in addietro. Ma i più spar-
gevano lagrime di rabbia al mirare in quel dì
spenta la loro antica libertà. Convenne poi nel
seguente ottobre inviare oialori all'inifìeradoie
per ringraziarlo dell' incompaiabil dono loro
fatto nei dare per capo alla repubblica un sì
singoiar personaggio , come era il duca Ales-
sandro. Dove terminasse poi questo titolo di
capo , lo vedremo all' anno seguente. Era in
questi tempi marchese di Monfcrralo Bonifazio
figlio di Guglielmo , giovane di gi-ande espet-
tazioue , spezialmente addestrato in tutte l'arti
cavalleresche. An<lan(lo egli lui giorno a cac-
cia soj)ia im generoso cavallo, a tutta carriera
seguitava non so qual fiera. (^a(l<le il cavallo
« con tal em|»it<i balzò di sella l' infelice prin-
cipe , che si ruppi! il collo , e restò morie
sulla terra. Gran pianto fu per questo fra i
sudditi suoi , che V amavano a dismisura. Do-
vette scailabellar poco il conte Loschi , allor-
ché scrisse che questo prnicipe era morlo nel
i5i8, cuneudo colla lancia all'inconlio di un
altro di pari età sopra un feroce corsiero. Vi-
\ea allora Gian-Giorgio suo zio paterno . che
portava V abito ecclesiastico , godendo una pin-
gue abbazia , non so se di Bremide o di Lu-
cedio. Rinunziò quel benefizio , ed assunse il
governo di Monferrato. Restavano tuttavia ia
quella nobilissima faniigUa due principesse fi-
glie del marchese Guglielmo, e sorelle del de-
funto Bonifazio , cioè Margherita ed Anna. Tanti
maneggi fece Federigo duca di Mantova , che
gli riuscì in quest' anno di ottenere in moghe
la prima. Con gran solennità si celebrarono
quelle nozze in Casale di Sant' Evasio ; mag-
giori poi furono le feste in Mantova , allorché
vi comparve questa principessa, da cui c^uanto
bene riportasse la casa Gonzaga j non istaremo
molto a vederlo.
Anno di Cristo i532. Indizione V.
di Clemente MI papa io.
di Caklo V imperadoie i^.
Terribili movimenti di guerra furono nel-
l'anno jircsente fuori d'Italia, né io mi fer-
merò a descriverli , siccome avventure non ap-
parlenenli ali assunto mio. Solamente dunque
accenneiò che Solimano , gran Sultano de i
Turchi , avea allestito un potentissimo eserci-
to , per invadere il resto dell" Lni;h( ria , e
vendicarsi dell' allionlo soil'crto , allorché fu
3q8 ANNAII d' ITALIA
Obbligalo a sciolgi i ere l'assedio di Vienna. Fama
corixa ch'egli conducesse in campo cinquetenlo
mila combattenti. Di grandi iptiboli ibrnia la
fama , ed anche la stona , allori he si tratta
d' eserciti barbarici. Carlo Augusto e Ferdi-
nando suo fratello, re de' Romani , d'Unghe-
ria e di Boemia, raunarono anch' essi delle
grandi forze per opporsi a i bai bau di lui di-
segni. Per conto anche dell' Ita! .a f irono colà
spediti gagliardi soccorsi. Fu chiamalo per iis-
sumere il comando di quel possente esercito
Antonio da Leva , quel condottierc che, tpian-
tnnque sì mal concio per la podagra , tanti
segni di prudenza militare a\eii dato in Iiaba
nelle precedenti guerre. Seco andò ancora il
conte Guido Rangone , già passato al servigio
di Cesare , ed amendue si apjìlicaroiio a ben
provveder di dife.sa la città di \ ienna , minac-
ciata di nuovo dal tiranno d' Oriente. Dopo
due giorni pervennero colà Gabriello Marti-
nengo generale dell'artiglieria , Alfonso mar-
cìicse del \ asto generale della fanteria , Pietio
Maria de Rossi conte di San Secondo , Fabri-
zio Maramaldo, Filippo Torniello, Giam-Batisla
Castaldo , Marzio e Pietro (lolonnesi , e (inal-
nienle don Ferrante Gonzaga generale della
cavalleria h g;;iera , con altri capitani , condu-
cendo tutti delle trup[)e sjia^nuole od italiane.
Anche il duca di Ferrara vi uiandò due com-
pagnie di cavalli leggieri. Colà (inalmenle fu
invialo «lai papa Ijipolilo cardinale de .Medici ,
giovane bizzarro , j)iiì voglioso dì comandare
ad esercii i , che di portare la porjiora, con
(recenlo archibusieri e molta nobiltà itaiiMitiU
ANNO MDXKXIT Byf)
All'avviso fli sì florido a|)paiato d' anni cri-
stiane , Soliimno, che s' era già inoUralo ptr
fino nelle attinenze dell'Austria, credette più
sano consii^lio non solo il non procedere in-
nanzi, ma il ritirarsi; e benché seguissero al-
cuni incontri , niini di essi fu di mollo rilievo.
Spettacolo nondimeno degno di gran com-
passione fu r avere il barbaro condotti seco a
Belgrado circa trenta mila contadini unglieri in
ischiavitiì. Fu invialo il prode Andrea Uoria ,
ammiraglio imperiale , colla sua flotta in Le-
vante a danneggiare i Turchi , e gli riuscì di
prendere a for/.a d'aimi le città di Cotone e
di Patrji5so , e di spargere un gran terrore per
tutte quelle contrade. Gessata dunque l'appren-
sione tanto in Germania che in Ilalia delle
niinaccie turchesche , l'Augusto Carlo, ritenuti
solamente i necessarj presidj , licenziò le re-
stanti milizie, e si preparò per calar di nuovo
in Italia.
Le mire di esso iraperadore erano di tor-
nare ad ind)arcarsi a Genova , per indi passare
in Ispagna. Ma non essendogli ignoto il mal
animo de i re di Francia e d' Inghilterra con-
tra di lui , con aver eglino inlìn trattato di
muovergli guerra, allorché speravano di ve-
derlo impegnato col Turco, propose per tempo
un abboccamento con papa Clemente , a fin
di stabilire una lega in Italia , capace di assi*
curare lo Stato di Milano da ogni lentalivo
de'Franzesi. Allorché giunse l'Augusto monarca
a Conegliano nel Friuli , fu a ricordargli 1' os-
sequio suo Alfonso duca di Ferrara , accompa-
gnato da duccuto cavalli. Arrivò poi la Maestà
4oO ANNALI d' ITALIA
Sua nel dì 7 di novembre a Mantova , dove
per molti giorni si fermò , onorala con tor-
nei, danze , caccie ed altri divertimenti dal
duca Federigo. Ivi creò poeta Lodovico Ariosto.
Avea egli l'orse bisogno di quella carta per
esser tale ? Circa questi tempi venne fatto al
pontefice d' insignorirsi con in^^anno del la città
d'Ancona. S'era q el popolo da gran tempo
sottratto all'ubbidienza de'papi, e si reggeva
a repubblica. Finse Clemente VII de i disegni
di Solimano conlra di essa città , e indusse
quella cittadinanza a fabbricare un forte ba-
stione alla jxirta di Siuigat;lia. Ciò fatto , spedì
loro avviso che infallibilmente era per isca-
ricarsi addosso a loro un crosso nembo di Tur-
clii , e mandò ad essi in aiuto Luiiji Gonzaga,
detto Rodomonte , con trecento fanti. Buona-
mente riceverono gli Anconitani questo soccor-
so. Ma una notte il Gonzaga impadronitosi
della porta e del bastione, introdusse altri ca-
pitani ed altra gente, di modo clie falli pri-
gioni i pubblici ruttori, e tagliala la lesta a
sei dessi, tornò quella città sotto il dominio
della Cliiesa Romana. Furono poi spogliati
dell' armi que' cittadini , e il papa ordinò che
si fabbricasse una fortezza nel Monte di San
Ciriaco. Essendo già calato in Italia 1' impe-
radore , secondo il concerto, p^pa Clem<iite
nel dì 18 di novembre si mise in viaggio alla
volta di Bologna , dove ari ivo nel dì 3 di di-
cembre. A (juclla città giunse dipoi Carlo V
dopo essere stato a Modena , dove dal duca di
Ferrara avca ricevuto )uio splendido tralta-
uienlo. Seco era Alessandro de' Medici, ilo già
ANNO MDXXXU 4'"
ad Jucliinarlo in Mantovn. Il Panvinio, che
scrisse, anelalo parinitiiti' il papa a visitar l' im-
peradore in Mantova, non btu esaminò que-
sti» pallila. Grantle onore fu fatto a Cesare
da' fjolognesi e dalla corte dtd papa. Nel dì ig
del mese suddetto pervenne per Po a Ferrara
Francesco Sforza d ica di Milano insit me col
duca d'Albania , e dopo qualche giorno passò
aneli' egli a Bologna , per intervenire a i ne-
goziati che ivi si aveaiio a tenere, e si puL-
Jilicarono solani' nte nell' anno seguente.
Quanto alle cose di Firenze , tuttoché quel
popolo conoscesse come estinto V antico suo
libero governo , pure lin qui se n' era conser-
tata qualche apparenza colla creazion de' ma-
gistrati. Ma il pontefice , che volea fissai •> il
chiodo alla grandezza e sicurezza della sua
casa, attese in quest'anno a stabilir soda lente
il principato assoluto del duca Alessandro in
quella città. Né gh mancavano adulatori e pai-
ziali j e di coloro eziandio che giudicavaiiO
con buona intenzione essere ciò il meglio per
un po|)olo sempre sedizioso e quasi di\iso ne
i tempi a Idietro ed amante di novità. Fu dun-
que creato un magistrato , in cui spezialmente
ebbero autorità Francesco Guicciardino lo sto-
rico e Baccio Valori , bene informati de' voleri
del papa : e questi decretarono che ila li in-
nanzi cessasse il nome della Signoria , e che
Alessandro de' Medici fosse fallo duca della re-
pubblica, con autorità piena, quanto si può
dare ad un principe , per succedere in questo
grado anche i suoi figli e discendenti Icgllli u'.
ÌL malusando qiiesli , piiss;isS',' il governo nella
McTiAToiu. yJiui. p' ul. Kiy. 26
a
4e3 ASKALl d'itali*
sliipe di Lort'iizo di Picr-FiRnccsco de' M( dic'-
Peiciò nel di primo d; maggio ad Alessandra
fu dato il grado di signore , di duca e di as^
solulo principe , con pubblica soltutiilà , fra
i viva del popolo e col riniboiubo delle arti-
glierie, le quali senza palle ferivano il cuoi e
di cliiunque deplorava la perdila dell' antica li-
bertà. Così fecero gli antichi Romani, allorcliè
la lor signoria passò in njaiio di Cesare e
d Augusto ; e ad imilazion loro anche i Fio-
rentini si andarono accomodando al giogo im-
posto ad essi dall'altrui violenza. Foimò il
duca Alessandro da lì iunf.uzi una guardia di
mille soldati per sua sicurezza. Fu anche di-
segi ata una fortezza per tenere in freno quel
popolo , a cui già erano stale lolle lurmi. Ter
testato del Giovio, immaginò più d uno ,
che se i Veneziani avessero voluto congiungei e
la loro armala navale , consislenle in sessai)i.i
galee , con quella di Andrea Uoria , composi^
di quarantotto gale»* e di trt niMcinque navi da
trasporlo, sarebbe stato agevole non solo il
rompi re la floltà tuiihesca , in cui si conla-
vano settanta galee mal provvedute di milizie
e di attrecci, ma anche il conquistare la città
di Coslantinopoli. E ciò perchè il Doria , ol-
tre alle sopradetle conquiste , s'era anche im-
padronito delle fortezze de i Dardanelli, e So-
limano avea lasciala Costanlino|)oli spogliata di
ogni presidio. INIa costa pur poco il far de' ca-
stelli in aria. I \ eneziani , moltu hrn persuasi
ciie i giuramenti e la fede si debbono man-
tenere anche a gf Infedeli e barbari stessi,
stetlei'O saldi in \oler osservale i capitoli della
pace tanti anni prima stabilita col Turco.
ANNO MnXXXII 4^^
Da die saltò fuori l'eresia di Lutero, che
aprì il varco a tante altre eresie nel Setten-
trione , con uno scisma il più deplorabile che
mai abbia patito la Chiesa di Dio , tutti i buoni
coniiiiciaroiio a desiJfrare un concilio generale
che riformasse i gia\i abusi introdotti nella
stessa Cliiesa. Spezialmente se ne faceva istanza
in Gefniaiùa , con rappresentare i molti ag-
gravj de' quali si doleva forte la loro nazione.
Ne faceano istanza anche i Protestanti, macoli
condizioni disconvcnevoli all' autorità e dignilà
della Chiesa Cattolica. Egh è ben lecito il credere,
che se di buon' ora si fosse convocato , secondo
il costume inveteralo della religion cristiana ,
un sì fatto concilio, e si fosse provveduto a i
lauti disordini che allora correano, e a' quali
rimediò poscia il troppo tardi, ma pure una
volta raunalo concilio di Trento; non sarebbe
stato sì grande lo squarcio della religione che
tuttavia sussiste. Papa Leone X, applicato alle
guerre, nulla ne fece. Se avesse goduto più
lunga vita il buon papa Adriano M , l'avrebbe
fatto. Succeduto a lui Clemente MI , fu dis-
tratto anch' egli didle sue politiche e guer-
riere applicazioni : e quantunque l' Augusto
Carlo V ne facesse più istanze, e massima-
mente in quest'anno col medesimo papa in
Bologna; pure nulla mai si conchiuse. Pensano
il Gui(.cianlino ed altri che Clemente vi ab-
bonisse per timore che ne scapitasse la corte
romana , e che tro[)po si venisse a tagliare ; e
quando anche consentiva , proponeva di tenere
esso concilio in Roma, o Bologna o Piacen-
za, città del suo dominio, acciocché sempre
i{o4 ANNALI d' ITALIA
restasse a lui la biii;lia in mano. Ma ch'egli
non nutrisse questa avversione, e che s'in-
terjjouessero varie altre difficullà alla ton-
voaizion di esso concilio, si può vedere nella
celebre Storia del Concilio di Trenlo compo-
sta dal cardinal Pallavicino. Comunque fosse,
cei tu è clie , vivente esso pontefice , il conci-
lio f^enerale restò confinalo uè' soli desitlerj di
chi compiagnea le piaghe della religione e della
Chiesa, e che a man salva segnilarouo , anzi
crelibero i precedenti sconcerti in danno della
religion cristiana.
In questo medesimo anno sul fine d'agosto
segui un grave scandalo in Parma. Gran tempo
era che gli ecclesiastici per quasi tulle le pro-
vincie erano caricati di decime : gravezze giu-
ste, allorché si trattava di ivlopeiare il danaro
in difesa della Cristianità contia de'Turchi, o
de gli eretici; ma non già tali, qualoia avea
da servire l'aggravio del clero alle guerre pri-
vale de i papi e de nionarcbi crisliaui. Davasi
poi in appalto la riscossion di queste decime
a varie persone , le quali volendo anch' esse
profittare , usavano rigori eccessivi , con esi-
gere ancora i frutti delle decime non pagale.
Informalo dunque \ incenzo Cavina , canonico
Imolese e commessano del papa , che a' suoi
coadiutori in Parn)a era slato impedito l' at-
taccare i cedoloni al duomo per 1' esazion delle
decime di due anni, e di tulli i frulli, se
n'andò tutlo in collera a quella città. Ma in
voler esporre essi cedoloni, saltarono fuori i
preti, e con esso loro si uni il po|.olo. Issein o
tgli fu{j{jito nel palazzo, lii gillala a terra la
ANNO MnWVtl 4"5
porta, e il misero a furia di popolo restò da
tante ferite trucidato che non appariva in lui
forma d'uomo. Egli è da credere che per tale
eccesso fosse posto a Parma l'interdetto, sic-
come nel dì 17 d'ottobre del i53o il papa
r avea posto in Ferrara , perchè rcnileiile era
il clero a pag.ir le decime, gastigando in que-
sta maniera gì' innocenti secolari per li man-
camenti de' clierici. In Modena poi nello stesso
anno nel dì 3 di marzo predicando Fra Fran-
cesco da Casteloaro de' Minori Osservanti nel
duomo, jnibblicò un breve, scritto dal Signor
nostro Gesù Gritto a lutti i Cristiani : Datwn
in Paradiso terrestri, a Creatìonis Mundi die
sejcto, Puntificalus nostri Anno aeterno , confir-
viatum et sigillatum die Parasceves in Monte
Calvaiiae ec. In quseto Breve il Signore ap-
pruova e conferma con autorità divina la Re-
gola di essi frati Minori Osservanti , conchiu-
dendo in fine colla seguente clausola : Nulli
ergo oinnino liominum liceat liane paginam no-
strae confirniationis ec. Toniniasino Lancilotto
ebbe la fortuna d' impetrar copia di questo
mirabil Breve da quel buon religioso, e come
una gemma l'inserì nel suo Diario manuscritto
della città di Modena. O tempora', o mofesf
Annodi Cristo i533. Indizione VI.
di Clemente VII papa ii.
ài Caklo V impcradore i5.
Mentre si trattenevano nel verno di quest' anno
in Bologna papa Cleutenle e 1' Aug'islo Carlo,
coutiuui ragionamenti e congressi seguirono fra
4oS ANNAU d' ITALIA
loro. Tre principalmente furouo i punti che si
dibatterono : cioè quello del concilio , inlorn©
al quale altro io non intendo di parlare. Il se-
condo era , che sapendo 1' imperadore , come
il pOTiteflce avea de' segreti maneggi per col-
locare Catterina de' Medici , figlia legittima di
Lorenzo de' Medici il giovane , già duca d' Ur-
bino , né piacendogli questo attaccamento del
pontefice alla corona di Francia, per sospetto
che in occasione del progettato matrimonio si
manipolasse qualche traina in favor de' Fran-
zesi , e in danno de' suoi Sfati in Italia ; gran
premura fece perchè Catterina si desse per
moglie a Francesco Sforza duca di Milano. Ma
s' andò sempre schermendo il papa , in guisa
che rimasero vane le batterie di Cesare sopra
questo punto. Il terzo , e più importante , era
di formare una lega in Italia , per assicurarsi
che niun.i potenza straniera ne turbasse la
quiete , e che spezialmente non fosse mole-
stata Genova, né il duca di Milano. Furono
invitati a questa lega i Veneziani ; ma concor-
sero in loro delle ragioni di non far nuove
leghe , esibendosi di mantener le vecchie. An-
che al duca di Ferrara furono fitte somiglianti
istanze; ed egli oppoieva , che avendo il pon-
tefice rigettata ogni t^oncordia con lui , era ob-
bligato a tener buoni presiilj per difendere il
proprio , serr/.a poter pensare a spendere per
la difesa altrui. Foce ((uanto potè 1' imperadore
per troncare la discordia suddetta; ma avea
che fare con un pontefice che sijainenfe s' in-
duceva a perdonare a chi era più potente
di lui. Perù altro n»n potè carpire da papa
ANNO MnVvA'TTT 4*^7
Clemente , se non la promessa di non ofifiiilcre
il (luca per fliciotto mesi avvenire. Pertanto si
concliiuse la lega suddetta fra il pontefice, l' ira-
perador Carlo, Ferdinando re de' Romani , il
duca di Milano , il duca di Ferrara , Genove»
si, Sanesi e Luccliesi; e a tutti proporziona-
tmnenle venne assegnata la quota della contri-
buzione, per mantenere un esercito , di cui
f^sse capitan generale Antonio da Leva. Com-
presi furono in essa anche il duca di Savoia
e quel di Mantova , e tacitamente ancora i
Fiorentini. Fu ])oi essa solennemente pubbli-
cata nella festa di san Mattia di febbraio.
Ebbe Clemente VII la consolazione in questi
tempi di veder comparire in Bologna un' am-
basciata di Giovanni re di Portogallo , che gli
p irto anche una lettera del re di Etiopia , ap-
p Ilato Davide , il quale, mostrava desiderio di
unire quella vasta Cristianità nell' Affrica me-
ridionale alla Chiesa Koraana. A nome d' esso
re venne anche Francesco Alvarez prete por-
tnghese , quel medesimo di cui abbiamo una
gustosa Relazione de' paesi e costumi di quei
popoli cristiani che oggidì niuna comunicazione
hanno con gli Europei, perchè stretti da i Turchi,
da i Ga'lani e da altri Infedeli. Era creduto allora
che il prete Jaimi , mentovalo da Marco Polo,
altro non fosse che il suddetto re dell' Etiopia.
Le lettere d'esso re David, della regina moglie
e del principe figlio , sici^^ome ancora 1' ubbi-
dienza da essi prestata al romano pontefice,
si leggono negli Annali Ecclesiastici del Riiuil-
di. Ma cosi beli' apparalo andò poi a imire
in nulla ; e a' nostri tempi noQ solo unioue
4o8 ANNAtJ d' ITAMA
alcuna non passa fra la Chiesa Romana e quei
Cristiani, macchiati di qualclie eresia , ma v'ha
piibbhca neraiclzia. Terminati i sopradelli affa-
ri , rAn:;nsto Carlo V nell' uhimo s'wno di
ff-bhraio prese congedo dal papa , e s inviò a
Pavia . dove giunto si ft rinò alcuni giorni con
Antonio da Leva. Di là passato a (jt-nova, ed
imbarcatosi sulle galee di Andrea Doria, fece
poi vela alla volta di Spagna, portando seco
de' non lievi sospetti dell' animo del pa|)a verso
di sé. Nel dì io di marzo anche il pontefice
mosso d-1 Bologna, per la Romagna e Marca
si trasfen a Roma. Già si è detto che 1' amore
del nepotismo era il mobile principile nel
cuore di questo politico pontelice. L' ingrandi-
mento proccurato al duca Alessandro suo nipo-
te , colla depression della repubblica fiorentina,
non pareva a lui durevole. Per ben assicurarlo
avea già ricavata parola da Cesare che sarebbe
data in moglie ad Alessandro Margherita figlia
naturale di esso Au:.;usto , la (juale appunto in
quest'anno, cssen lo in età di dodici amii , fu
mandala da Cirio suo padre a Napoli, per es-
sere educata dalla nio;;lie di don Francesco di
Toledo viceré , e passando per Firenze vi si
fermò per olio giorni, onorata con assaissime
feste e Iripudj. Glorioso era per la casa dei
Medici questo parentado ; ma un più cos|)icuo
ne maneggiava intanto l' indefsso pontefice,
con isindiarsi di dare in moglie ad Arrigo,
secondogenito del re Francesco 1 e duca d'Or-
leans, Gallerina figlia legittima, siccome dissi,
di Lorenzo de' Medici , già duca d' Urbino.
Oltre al grande onore che si accresceva eoa
ANNO MDWXIII 4^*9
questi due sì liguardevoli niatrimonj alla famiglia
sua, considerava il papa di fortificare talmente
coir appoggio di così possenti monarchi lo Slato
del duca Alessandro , che non potesse mai
traballare.
A fin dunque di effettuare questo insigne ne-
gozio, determinò , senza verun riguardo all'alta
sua dignità , di passar fino a Nizza , e secondo
il concerto fatto , di abboccarsi ivi col re Cri-
stianissimo, palliando questo viaggio, secon Io
l'attestato del Guicciardino. con dire di voler
trattare del bene della Crist'au'tà , e di met-
tere nella buona via il re d Ingiiilterra. Per-
tanto mandata innanzi la nipote Catterina a
Nizza, si mosse da Roma nel di 9 di settem-
bre , e andò ad imbarcarsi a Porto Pisano sulle
galee di Francia e di Andrea Doria. E per-
ciocché al duca di Savoia per timore di C'sare
non piacque il congresso disegnato in Nizza fra
papa Clemente e il re Francesco, passò esso
pontefice a Marsilia, dove approdò nel di 11
di ottobre. E da stupire come il ^'archi, al-
lora vivente , scrivesse seguito il loro abbici-a-
mento in Nizza. Splendidissimo fu il suo in-
gresso in Marsilia, e crebbe la magnificenza,
allorché colà pervennero il re Cristianissimo ,
la regina L-.onora , e i tre principi lor figli e
le figlie, con incredibil concorso di prelati e
baroni di tutto il regno. Vien descritta quella
meraorabil funzione dal Carmelitano Fra Paolo
uè' suoi Annali manuscritti, e in parte dal-
l' annalista pontifizio Rinaldi e dal Giovio. La
conclusione fu , che ivi si celebrarono con
somma pompa le nozze di Catteriaa dei
4 IO ANN* 1,1 I)' ITA MA
Medici, per h cui dote si obbligò il poniodce
dr pagare ceuto mila scudi d' oro in roiitanli ,
oltre alla ct'ssion de gli Stati, posse luti io
Fr;incia dalla madre di Catterina, i quali rcn-
deaiio circa d,ieci mila ducati d' oro 1' anno. Si
legge presso il Du-Mont lo strumento di esso
natrimonio , stipulato ni'l dì 27 d' ottobre
dell'anno presente. Grandiosi spettacoli, son-
tuosi conviti ed altri splendidi divertimenti per
trenta giorni tennero ivi in gran ftsta quella corte
e città ; e qualtro cardinali furono creati ad
istanza del re Crislianissimo. Finalmente par-
titosi il papa da Marsilia nel dì 12 di novem-
bre, solamente nel dì no di dicembre entrò in
Bonia, tulio contento di sé medesimo, per
aver condotta la famiglia sua tanto inf;riore
ad imparentarsi co i mouarcbi primarj della
Cristianità. Comune voce fu , siccome abbiamo
d.d (jiiicci irdino , dal Beicaire e dal N'archi ,
die trattasse il re di Francia di-ll'acquisto del
ducato di Milano: al che inclinasse anche il
jjonte(ice , per darlo al duca d' Orleans , dive-
nuto marito della nipote. Ma queste verisimil-
mente furono dicerie di que' che fauno con gran
facilità gl'interpreti de' gabinetti de' principi ;
perchè il solo papa trattò sempre segretamente
col re de gli affari , e questi rimasero sigillati
nel cuor loro, e de'soli suoi fidati ministri. E
quando |)ur fosse vero, più tempo non restò
al pontefice j)er eseguir sì f.ilti disegni.
Si è latta menzione altrove delf abbate di
Farla , cioè di Napoleone Orsino, uomo fici-
lioroso , condottier d'armati, e famoso più
per le sue iniipiilà che pel suo valore. Costui
ANNO MDXXXTH 4 ' *
nell'anno presente volendo ricuperare le castella
di sua giurisdizione , fece una massa de' suoi
amici e soldati in Narni e Sj)oleti , e con essi
andò a impossessarsi de gli Stati paterni. Eb-
bero fortuna di salvarsi a Roma Girolamo e
Fmncesco suoi fratelli , lasciando in preda tutti
i lor preziosi mobili all'invasore, il quale non
contento di questo , si diede a scorrere tutto
il circonvicino paese con ruberie, e con far
prigione cliiunque potea pagar le taglie. A lui
ancora riuscì di aver nelle mani Girolamo suo
fratello, e di carcerarlo in Vicovaro. Per que-
ste NÌolenze fece ricorso a papa Clemeute sua
matrigna , cioè Felice figlia di Giulio II , e già
moglie di Gian-Giordano Orsino , ed impetrò
eli' egli spedisse 1' esercito pontifizio contra
d'esso abbate di Farfa. V'iia chi scrive che Luigi
Gonzaga, sopranominato Rodomonte nell'assedio
di Vicovaro, colpito da una arcbibusata, ivi lasciò
lavila, e in suo luogo al comando succedette
Giulio Acquaviva duca d'Atri, il quale stabilì tra i
fratelli un accordo. Ma , se non falla Alessandro
Sardi nella sua Storia manuscritta , si truova
vivente questo medesimo Gonzaga nelle guerre
di Piemonte dell' auno i53n. Ritiiossi l'abbate
di Farfa a Venezia , e di là passò in Francia j
ed allorcliè papa Clcnii*nte fu in Marsi-
lia , coir interposizione del re Cristianissimo
ottenne il perdono dalla Santità Sua. Tornato
poscia a Roma , perchè contro il suo volere
data fu in moglie una sua sorella ad un prin-
cipe napoletano , mentre essa era condotta a
Napoli , con alquanti suoi sgherri andò per ra-
pirla. Se ne avvide Girolyuio suo fratello , che
4l2 ANTSAM T)' ITAUA
accompagnava la sposa con trenta uomini a
cavallo; e andatogli incontro, con molte ferite
gli tolse la vita, continuando poscia il suo
viaggio a Napoli. Gran tempo era che in Fer-
rara veniva magnificamente trattata dal duca
Alfonso Isabella già regina di Napoli con (iiu-
lia sua fijjlia. Tanto si adoperò esso duca, che
conchiuse il matrimonio di questa sventurata
principessa infante con Gian-Giorgio novello
marchese di Monferrato 3 e lo sposalizio fu
fatto nella città suddetta a dì 29 di marzo.
S' inviò essa a dì 3 di aprile alla volta di Ca-
sale; ma nel di 3o di esso mese Gian-Giorgio
sorpreso da un parosismo , terminò le allegiczze
nuziali e la vita ; e secondo gli Annali manu-
scritti di Ferrara , che ciò raccontano , si sco-
prì che era morto di veleno. Altri nondimeno
scrissero che da gran tempo languiva la sua
sanità , e però facile è che mancasse di morte
iiiìturale : al che Ibrse contribuì anche il suo
matrimonio. INIancò in questo prir\cipe quel
ramo della nobilissima imperiai casa Paleolo-
ga , che già vedemmo portalo da Costantino-
poli al possesso del Monferrato; e non avendo
egli lasciata successione maschile, i ministri
cesarei presero il possesso di quel florido pae-
se, finché l'imperador giudicasse a chi ne ap-
partenesse il dominio. Per la mancanza de i
maschi pretendeva Carlo duca di Savoia que-
gli Stati. Ma perchè ([utll' insigne li'udo dovea
forse passar nelle femmine , fu |)OÌ, siccome
dirò a suo tempo , deiTctalo che ne fosse erede
Rlargherila di lui nipote, moglie di Federilo
duca di Mantova: con clic voinie la cat:»
ANNO MDXXXIII 4 '3
Gonzaga ad acquistare un dominio di maggior
estensione che il proprio ducalo. Ammalossi
poi la suddetta regina Isabella di passione per
le disavventure dtUa figlia, e nel dì i8 di maggio
tei minò i suoi giorni in Ferrara. Un orrido
latto ancora avvenuto nel presente annomeiita
luogo in questi Annali. Era tornalo in pos-
sesso della Mirandola il conte Gian-Francesco
Pico figlio di un il aitilo del fu Gio\anni Pico,
cioè di chi lu appellato la Fenice de gì' inge-
gni , ed avea acquistala anch' egli fama di
ìetteralo e filosofo distinlissimo a'suoi tempi,
siccome ne fan fede 1 opere sue siampate. So-
pra ijuella nobil terra avea delle non ingiuste
pietiMisioni Galeotto conte della Con. oidia ,
tiglio di un fratello di esso Gian-brancesco ,
cioè di quel conte Lodovico Pico che in guena
fu ucciso nell'anno 1009. Nella notte del di i5
di oltobie si mosse Galeotto dalla Concordia
con quaranta uomiiii suoi , che seco portarono
molte sciile. O sia che nelle fosse della Mi-
randola trovasse preparata una barchetta , o
che ancor questa seco la portassero , certo è,
che superate le fosse , ed applicate le scale ,
senza lumore salirono le mura , e dopo aver
uccise tre o quattro guardie che dormivano ,
passarono fino alla camera di Gian-Francesco.
Rottane la porta , il trovarono, che udito lo
strepito, s'era andato ad inginocchiare davanti
ad un" immagine di Cristo croci fisso. I\ i cru-
delniiiile il trucidarono: fine miserabile, non
degno veramente di uomo sì eccellente , il
quale siccome ad un raro sajjcre avea accop-
piutu una non niiiiOr nielà , così avea impalato
i|t4 ANNALI ti ITALtA
a tener ben contento del governo suo quti
popolo. La stessa barbarie fu esercitata centra
di Alberto di lui figlio , giovane di glande
espettazioiie. Fu saKata la vita per misericor-
dia a Paolo , altro di lui figlio ; ma contro al-
tri di quella famiglia, e fin contro le donne
inferocì l' iniquo Galeotto. Con questa facilità
s'impadronì egli di quella quasi inespugnabile
terra o città ; e il popolo nel giorno seguen-
te , non potendo di meno, il riconobbe per
Ipro signore.
Anno di Cristo i534. Indizione f^II.
di Paolo III papa i.
di Carlo V unptrndore i6.
Fu in quest'anno che papa Clemente prof-
ferì la sentenza sua con tra di Arrigo Vili re
d' Inghilterra a cagione del suo divorzio da
Catterìna d' Austria sua legittima consorte : il
che fece maggiormente peggiorare gli affari
della religione cattohca in quel regno sotto un
re perduto dietro alle femmine e crudele. Da
molti fu lodata la costanza del pontefice in
questa controversia ; ma abbondarono ancora
altri che biasimarono colai risoluzione, perchè
riuscì troppo funesta alla Chiesa di Dio. Gran
terrore nel presente anno si sparse per l' Ita-
lia , e massimanirnle in lìonia , per cagione di
Ariadeno Barbarossa , gran corsaro e generale
dell' armata navale del Sultano de' Turchi So-
limano. Venendo cosini di Levante con fornii-
dabil quantità fli navi armate , passcN per lo
Stretto di Messina , e dopo a\ er saccheggiali
ANNO MDXXXIV 4 ' ^
Tari liioglii in quelle coste , arrivò a Capii ,
Mciiio a Napoli. Fu sin creduto che s'egli
avesse assalita essa città di Napoli , o pure
iloina , r avrebbe sottomessa : tanta era la co-
steruazion di que'popoH. Diede costui il sacco
a Procida , Fondi , Terracina ed altri luoghi ,
menando poi seco in ischiaAitù gran copia di
j>overi Cristiani. Dunorava in Fondi Giulia
Gonzaga , moglie di Vespasiano Colojina dura
di Tiaietto e conte di essa città di Fonai.
Voce correa che in bellezza ella superasse tutte
r altre donne d" Italia. Ne giunse la fama sino
al B.ubarossa , il quale perciò si mise in pen-
sieio di far quella caccia per voglia di presei»-
lare al Gran Signore una sì vaga preda. Gli
antiò fallito il colpo. Mentre egli con due mila
Turchi sbarcati era dietro una notte a sca'are
le mura di Fondi , svegHatii la giovane du-
cliessa , e conosciuto il pencolo , co' pie nudi
ebbe tempo di fuggire, e di salvarsi il meglio
che potè fuori della terra , lanciando scornato
il barbaro cacciaiore , il quale infierì poscia
contro i poveri abitanti. Che Giulia cadesse
fuggenilo in mano de' banditi , fu una frangia
fatta da gli scioperati maUgni a questo avve-
nimento. Poco appresso il crudel Corsaro in-
dirizzò le prore verso Tunisi , di cui e del
suo regno seppe poi a forza d' ingairni insi-
gnonrsi. Gran rumore a\ ea fatto in addietro ,
e maggior lo fece in qucst' anno , quanto av-
veime a Luigi Grilli. Era egU figlio di Andrea
Grilli doge in questi tempi della repubblica
veiiela. Essondo egh tornato a Costantinopoli ,
dove era nato, allorché il padre vi stette, comi»
ifl6 ANNALI d' ITAUA
baiio , talmente s' insinuò nella grazia di Solì-
Cjano, che divenne suo confidente, e generale
nella spedizion da lui fatta centra di Ferdi-
nando re de' Romani in favor di GioAanni re
d'Ungheria: il che fu di non lieve scandalo fra
i Cristiani. Ma trovandosi egli nell'autunno del-
l'anno presente nella TransiUania . per aver
crudelmente ordinata la morte di Americo ve»
srovo di Varadino , que' popoli , andanti del-
l'infelice ucciso prelato, sì Ungheri che Tran-
silvani , raunafo un potente esercito , volarono
ad assediarlo in Cibach nel mese d' ottobre.
Aniiò a finir quella festa nella morte di esso
Grilli , che restò vittima del lor furore insieme
con tutti i Giannizzeri ed altri Turchi del suo
seguito. Non si sa eh' egli avesse mai abiurata
la religione cristiana. Solamente si sospettò che
egli fosse per fare un dì questo salto; ma il
Gi()\ IO lasciò difesa, per quanto si potè, la di
lui memoria.
Dfsideiaxa il papa, e con esso lui tutti i
principi d' Italia , che Francesco Sforza duca
di iViiìano , accasandosi con (jualche principessa,
tentasse di lasciar successione nella sua casa ,
affinchè quel ducato, per mancanza di figh, non
riiiidesse in mano dell' imjìeradore , secondo i
patii. Per quetare tanta gelosia , lo slesso Aii-
guslo Carlo gli proccuiò una ragguardevole al-
leanza , con dargli in moglie Cristierna figlia
del re di Danimarca e nipote sua. Fu condolla
qiiesla real principessa nel mese d' aprile a
Milano, cillà che, quasi dimentica di tante
passale sciagure , fece mirabili feste di appara-
ti, d'archi liionfali, e d'altri speltacoU in sì
gioiosa occasione. Vi entrò essa con inrrcflibilc;
accoinpagnnniciito eli nobiltà e di popolo bOtto
ricco baldacchino ^ avendo a i lati suoi Ercole
Gonzaga cardinale , e Antonio da Leva gene-
rale di Cesare. Dopo essere stata al duomo ,
passò al castello , dove le venne incontro il
duca, appena reggendosi col bastone in piedi,
clic in quel palazzo da lì a poco colle sacre
funzioni della cliiesa solennemente la sposò.
Riuscì di consolazione a tutta T Italia «piesto
matrimonio , per la speranza di vederne i'nttii
a suo tempo ; ina questi mai non si videro .
ridendosi i saggi di questo tentativo , come di
nn matrimonio da commedia , perchè troppo
era mal ridotta la sanità di quello sfortunato
j)rincipe. Né pur molto contento della sua co-
minciò ad essere papa Clemente , ])ercliè lo
stomaco infiacchito non soddisfaceva al con-
sueto suo nfìzio. Questi sentori della nostia
mortalità diedero a lui motivo di sollecitare in
Firenze la fabbrica di una fortezza, per cui si
vemsse sempre pili ad assicurare lo Stato del
duca Alessandro suo nipote. Indusse ancora il
duca di P eirara , benché odiato da lui , a lare
sloggiar da' suoi Stati tutti i Fiorentini fuoru-
sciti che colà si erano rifijgiati. Dianzi ancora
gli avea fatti cacciar da Roma , Venezia , Ge-
nova ed Ancona. Nel giugno sopragiunse ad
esso papa una lenta e leggier febl>re con qual-
che dolor colico , da cui andò talvolta miglio-
rancio , ma poi ricadendo. Comparve nel se-
guente luglio una cometa : ed ecco subito gli
■speculativi , invasali dalla ridicola opinione
'he tali fenomeni predicano morti ed altre
Rli'HAToiu. yJnn. ì^ol. XIF. 27
4lS AKNALI D^'lTALlA.
disavventure ai principi della terra , correre a
crederò disegnata in Cielo la mancanza del
punlelice. Il V^arclii ancora lasciò SLiitto che da
un santo monaco della Riviera di Genova era
stato predetto a papa Clemente VII non sola-
mente il pontificalo, ma anche il tempo della
morte , cioè nelT anno stesso in cui tosse man-
cato di vita quel monaco ; e che il pontefice
nel tornare da Marsilia ceicatone conto , il
trovò poco fa defluito : laonde initaaginò non
lont.'ino il suo fine. Può essere che ancor que-
sta fosse una diceria o inventata da qualche
cer\ello visionario dopo la morte di lui , o
nata nel volgo ignorante e tacile a sognare ;
perchè per altro la sconcertata sanità di Cle-
mente bastò senza rivelazione a fargli com-
prenthne che si appressava il passaggio all' al-
tra vita.
Crelihero pertanto i suoi uialoii di modo ,
che uel settembre egli terminò la carriera del
suo vivere. Grande imbroglio che è nella sto^
ria l' accerlare i punti nriuuti della cronologia.
Il vSegni il fa mancato di \ila nel tlì 24 di
settembre. Fra Paolo Cainielita , che in questi
tempi scriveva i suoi Annali , mette la sua
morte nel di 26 di esso mese. Con Ini va di
accordo il Giovio, anch'esso contemporaneo,
mentre la dice avvenuta Srxfo Kcilendas Oc-
tobrcij cioè nel di 26 <h settembre. IMa altri
il tanno passato a rendere conto a Dio nel
di a5 del mese suddetto, come il (juicciai'dino
e Paolo Gualtieri ne' suoi Diarj maauscritli ,,
citati dai Rinaldi, do\c dice, clic mi dì aS
di settcìiibrc alle ore diciolio e mezza (gli .'■/jirò^
ANNO MPKNXIV ^ U)
e fii seppellito nel scgiii-ntc di 26. A qncsio
giorno l'iCcriscono la tiiorte sua eziandio il Pan-
vinio , il Ciaccoiiio, l'Ammirali ed altri, i quali
nondimeno si può credere che seguissero il
Giiicciardino. Io non mi sento di faticate per
decidere questo j^imto, qiianlniique a me paia
più certo il dì 25 , giacciiè a noi basta di sa-
pere clic cessò di viveie papa t!Iemenle in
questi lempi : pontefice a cui certamente non
mancò il concetto d'ingegno politico, di iuoll:i
accortezza e gravità, e che sapca ben maneg-
giar affari , simulare e dissimulare secondo i
bisogni , e che da i politici di allora tenuto
sompre fu per uotuo di doppia fede. Per fare
da principe , secondo il rito de' mondani , la
nattu'a e la sperienza l' aveano foMìito di molti
aiuti. ]Ma se cercate in lui le virtili di pontefice
Vicario di Cristo, e qual Jiene egli facesse alia
Chiesa in que' gran torbidi della religione , e
quali abusi e disordini egli levasse, benché da
essi preutlesse origine e pretesto il terribile
scisma che tuttavia divide tanti popoli dalla
vera Chiesa di Dio j non sarà sì facile il tro-
varlo. Troverete bensì ch'egli si servì del pon-
tificato, delle sue forze e de'suoi proventi per
suscitare o mafitener guerre ; clie fra gli altri
disordini costarono un orrido sacco a Roma
stessa, e un gran vilipendio alla sacratissima
sua dignità. Molto più se ne servì egli per
ispo;;hare della libertà Firenze sua patria, e
per ingrandire, non dirò in forme oneste e
discrete (che questo non è vietato), ma con
insigni principali e parentadi sublimi la pro-
pria casa. Se questo si accordi coli' intenzion
420 ANNALI Ij' ITALIA
dì Dio , allorché uno è intronizzato nella setlia
di san Pietro , cliiunqne sa misurar le cose cli-
vjne ed umane, Jion lia bisogno ch'io gliel
dica. Certo è eh' egh morì odiato dalla corte
per la sua stitichezza ed avarizia , quando poi
scialacquava tanto ne' volontarj suoi impegni
di guerre ; e più odialo dal popolo romano ,
perchè alla sua pohtica venivano attribuiti tutti
1 guai di quella città. A noi non è permesso
l'entrare ne' giudizj occulti di DÌ03 ma i viventi
d' alloia non lasciarono di osservare quasi na
gastigo venuto dall' allo il miserabil fine di due
suoi nipoti bastardi , cioè d" I]>polito cardinale
e di Alessandro duca di Firenze, per la gran-
dezza de' quali cotanto egli avca mosso cielo
e terra, hnperciocchè esso cardinale e vicecan-
celliere arricchito da (Clemente suo zio eoa
tanti vescovati e henefizj , per invidia continua
che portava ad Alessandio, tenlò (ino i (ratli-
liienti per occupargli la signoria , e terminò
poi niiserameiile i suoi giorni nel seguente
auìio. Alessandro peidulo nelle disonestà e in
alili vizj , qual fine facesse, lo diremo a suo
luogo : di modo che in pochi anni dopo la
molle di esso Clemente si vide schiantala la
di lui linea maschile, e diroccali amendue que-
gl' idoli dell' ambizione sua.
Prima di morire avca papa Clenr nte consi-
glialo il cardinal suo nifìulc di promuovere al
pontifiialo il cardinale Alessandro Farnese de-
cano del sacro collegio ; e però egli unitosi
con Giovanni cardinal di Lorena, capo tlella
fazion franzese , durò poca liilica ad assicurar
r elezione di lui. Concorrevano nel Farnese
ANNO Mntxxiy 421
molte deii^ne r|nalil?i , ppirhè nato dì antica e
iiobil casa, die ne' secoli addietro s' era aifjiii-
stala gran ri|)iita'/.ione nell'armi, e possedeva
molte nobili castella. Eia esso Alessandro per
li meriti di Giulia sua sorella , o parente, stato
creato cai'dinale da Alessandro VI nel i4y3.
Oltre a ciò, si distingueva il Farnese per la
sua letteratura , per la lunga sperienza delle
cose del mondo, e per la sua prudenza, man-
suetudine ed alTabilità. Aggiugnevasi l' età di
sessanta sette anni , e l' aver egli industriosa-
mente fatto credere , per quanto potea , debole
la sua complessione e sanità: il die trasse più
facilmente a lui i voti degli altri porporati, in-
clinati sempre a desiderar scene nuove per la
speranza di fare anch' eglino un dì la propria.
Né all' assunzione sua servì punto di remora
r avere egli un frutto dell' umana fragilità, cioè
Pier-Luigi suo figlio , perchè in quel corrotto
secolo non si guardava sì per minuto a tali de-
formit^i , come la Dio men-è si fa da gran tempo
nella Chiesa di Dio. Fu dunque eletto papa il
Farnese con universal consentimento del sacro
collegio , e prese il nome dì Paolo III. E da
sfupirn come né pur vadano d' accordo gli
.scrittori nell' assegnare il dì dell'elezione sua.
Il Ciacconio scrive che ciò avvenne f^I. Ii/ns
Orfobris , cioè nel dì dieci d' ottobre. Altret-
tanto hanno gli Annali mannscritti di Ferrala
e .Andrea Morosino. Il vescovo Spondano negli
Annali Ecclesiastici la mette Tcrtio idiis Or-
fobris, cioè nel riì tredici , e di questo stesso
giorno parla anche il Segni. L'Oldoino la rife-
risce die XI. seti v^rius i-jt- MSio Tubularii
422 AKNATJ D ITA UÀ
Capitolini^ die XIII Octobris. Secomlo il Var-
chi , nella notte susseguente a i quattordici
giorni d'ottobre fa eletto papa il Farnese. Ma
che rfuesta elezione seguisse verso un' ora o
due della notte susseguente al dì 12 d'otlobro,
si dee credere , asseiendolo il P;uivinio e Fra
Paolo Carmelitano , ch'^ in questi tempi scri-
veva i SUO' Annali , e sopra tutto il Rinaldi
annalista ponlifizio, rlie fila i Diaij Vaticani
e gh Atti Concistoriali. Gi'au festa fecero i Ro-
mani per r assunzion .di Paolo UI , perchè lor
nobile cittadino, giacché per tanto tempo erano
seduti nella cattedra di san P'eiro solamente
papi d'altre nazioni. Né già mancarono turbo-
lenze nello Stato Ecclesiastico dopo la morte
di i^apa Clrmcnle VII. Imperocché nel dì ul-
timo di .sellembrc Ridolfo, figlio del fu Ma!a-
t.csta Baglione Perugino, essendo bandito dalla
patria , anuiiassate alquanto .--chiiic <li fanti e
cavalli . andò ad imposscs.sarsi di un borgo di
Perugia ; nia uscito il presidio papalino , dopo
nn lungo conllillo icstò obbligalo il Baglione a
ritirarsi. Nella notte poi del dì seguente en-
trato che fu egli di nu()\o nel borgo di San
Pietro , ecco aprirgli quella porla i suoi par-
ziali, co' quali avea intelligenza, n impadronirsi
della cillii suddetta. Qui non si fermò il suo
furore. Diede d Baglione alle fianime il palazzo
del vice-legato , cioè tifi vescovo di Terracina :
e scopeilo do\e egli era fuggilo, il lt!ce pren-
dere co i due suoi auditori , col cancelliere e
con alcuni de' priori. Fuiono essi posti alla tor-
tura , allineile ri\ classerò i lor danaii , v nel
dì seguente coiidolù nudi nella pubblica piazza.
ANNO lVn)X>tKTV 4 !Ì
ad ognun tV *vssi fu reciso il cai>o. Con tili
ijiiquità si fece egli signore di Perugia \n-
che Mattia , fìgliuulo f\<A vivente Ercole V'ara-
)io , s' era mosso di rjonil)aidia nel di primo
d'ottobre con una gvaii trotta d'armati in va-
rie barche , inviandosi per mare con disegno
di ricuperar Caujerino , il cui ducato preìen-
deva appartenere a se stesso. Ebbe egli a com-
battere colla furia del mare , e dopo aver per-
duto i più del suo seguito, altro non guad.tgnò
che di salvar la vita, tornando all' imboccatura
del Po.
Da che si partì da questa vita papa Clc-
ine!»te , Alfonso I duca di Ferrara si figurava
oramai di godere il resto de' suoi giorni in
j)ace , perchè libero da un pontefice che con
fante insidie e con odio sì continiiato l' avea
tenuto fin ([ui sempre in allarme. E tanto pili
eperò (ornata la calma , per essere stato as-
sunto al pontificato il cardinal Farnese, per-
.sonaggio fornito di miglioi' cuore e di massime
più rette che il suo pi'edecessore. Disegnava
egli d' inviare a Roma don Ercole suo primo-
genito per congratularsi col novello pontefice,
(> trattare con lui c|ueir accordo che non avea
jìotuto ottenere da papa Clemente. Ma nel dì 28
di sciteiiiJHe cadde malato ; e tanto andò cre-
scendo l'infermità sua, che nel dì 3i d'otto-
bre il condusse al fine de'suoi giorni : principe
glorioso nel mondo , che in senno e valore
ebbe pochi pari al suo tempo. E di queste sue
doti abbisognò ben egli per potersi sostenere
con tra di tre potentissimi papi , che pieni di
mondane passioni ardeva;io di voglia di spogliar
/Ja/} AKNATJ d'iTATIA
la nobilissima casa d" Esle degli anticlii suoi
dominj. Ma {xrchè di questo egregio prin-
cipe, la cui \ita fu scritta dal vescovo Giovio,
ne ho parlato io abbastanza nelle Anticliila
Estensi , nulla di più ne dirò qui. A lui snr-
redette nel ducalo Ercole D suo primogenito,
signore di gran saviezza e d' ottimo cuore, che
un buon governo fece anch' egli goder da lì
innanzi a i sudditi suoi. Era in questi tempi
governata la città di Camerino da Catterina
Cibò, vedova del fu Gio'.aimi Maria Varano,
duca d'essa città , a nome cU Giulia sua fi-
gliuola, creduta legittima erede di quello Stato.
Perchè il sopì a acceiulato Mattia Varano, o
pure Ercole suo padre , pretendeva a se do-
vuto quel ducato , e coli' aiuto di non poclii
fuorusciti teneva in continui timori e pericoli
essa Catterina , questa trattò con Francesco
Maria duca d'Urbino di dar per moglie a Gni-
dubaMo di lui fis^iiiidlo primogenito la suddetta
Giulia sua figlia. Colà dunque si portò esso
(juidubaldo , e dopo avere sposata quella princi-
pessa . si api'.licò in tulle le guise a (brtJfieare
e rendere come inespugnabile Camerino. Non
doveano poi mancar delle buone ragioni alla
menzionata (Giulia su tjuel ducato , giacché
Clemente Vii l'uvea conl'einiato al di lei |)a-
dre e a i successori, ed era papa di tal animo
e polso, che non avrebbe permesso alla figlia
di continuare in quel ilominio, senza che le
assistesse qualche legittimo titolo.
Non I' intese c(^si il novj^llo pontefice Pao-
lo 111. Per I' inllusso che correva in que' lein-
[)i; biaiuanilo uuch'ej^li di labbricarc in Pier-
A^.^O MDXXXiy 4^5
Luigi Farnese suo figlio un gran principe,
trovò olle «jiiel ducato era decaduto alla Chiesa
Romana. Pelò pubblicati i monitor] centra di
Callcrina e di Giulia, venne alla sentenza e
alle sconuiiiiclie. Fece quanto potè Francesco
Maria duca d'Urbino jier placare il papa, esi-
bendosi (li stare a ragione per questo. Passi,
parole e supplicbc flu'ono impiegate indarno.
Fin d.' allora si pensò die quel paese sarebbe
stato meglio in mano di Pier-Luigi. Pertanto
fu spedito da esso pontefice Gian-Batista Sa-
vello coli' esercito pontifizio ad assediar Came-
rino. Scarseggiava quella città di viveri. Di
mano in mano il duca d' Urbino ne andò in-
viando al figlio con potente scorta , di maniera
che tra per questo , e per le sortite che di
tanto id tanto faceva il duca Guidubaldo, quel-
la assedio dopo qualche mese dell'amio vegnente
svanì. Di piiì non fece il papa per allora, per-
chè v' interposero i loro ufizi i Veneziani , e
molto più l' imperadore. Oltre a ciò , Francesco
Maria di lui padre fu poi dichiarato generale
della lega contro il Turco ; laonde convemie
aspettar tempo piiì opportuno per iscacciarne
Guidubaldo : e questo venne poscia , siccome
vedremo. Terminò in quest' anno Francesco
Guicciardino la rinomala sua Storia d' Italia ,
che se non è molto dilettevole al volgo, gode
almeno il privilegio di piacere a tutti gli uo-
mini sensati, per la finezza de' suoi giudizj, e
per la professione sua di non adular chiches-
6Ìa , e né pure i papi , de' quali fu per tanti
anni ministro. Truovasi in questi tempi assai
lodato papa Paolo , perchè invitato da i ministri
426 AA.NALl n" ITAtU
deli' impeiadore eli confeimar la lega prece-
dente. rispose di voler essere padre comune
di tutti , e di nutrir solamente pensieri di pa-
ce , non già di guerra. Che a 1 pontefici per
difesa de' proprj Slati , e contro i nemici del
nome cristiano o del Catlolicisino , convenga
lo sfoderar la sjìada , ninno ci sarà che lo
nieghi. Per altri motivi e fini se ne potrà di-
sputare. Intanto non volle perdere tempo esso
pontefice a creare nel dì 18 di dicembre car-
dinale Alessandro Farnese suo nipote , cioè fi-
l^lio di Pier-Luigi, giinito all' età di quattordici
o , (|uindici anni , che riuscì poscia un insigne
porporato.
Jnno di Cris ro i 535. Indizione Vili.
di Paolo III papa 2.
di Carlo V inipiTuduie 17.
Più lungamente non potè sofierire il ponte-
iìce Paolo la nsurpazion di Perugia, fatta da
Ridolfo B igiione , meritevole ancora di gravis-
simo gastigo per le crudeltà usate contro il
vescovo di Terracina, ed alli*i suoi concittadi-
ni. Però nel piesente anno mandò il campo a
Perugia. Non avea foize il Baglione per resi-
stere; dubitava molto ancora de' l'illadini, l'odio
de' quali s'era egli comperalo colla sua barba-
rie: però cedendo uscì della città, e se n' andò
con Dio. Fece poscia il ponlefice diroccar sino
a i fontlamenli le mura <li S[)ell() anticamente
città , ili Bellona , della Bastia e d' altre leiie
rhe erano già di Hidolfo; e tornò la pace in
ijuelle contrade. Svegliossi in »|uesl' anno una
A;\.N.) MDXXKV 4-7
fiera tempesta contro di Alessandro de' Vledici
duca di Firenze. Moltissimi erano i nobili fio-
rentini fiionisiiti o confinati , ed altii ancora
die volonluiianiente a cagioni' di varj disgusti
s'erano ritirati da quella città, fra i quali spe-
zialmente Filippo Strozzi co' suoi figli , che era
il più ricco e potente cittailino di essa. Tutti
portando odio al suddetto AK'Ssandio, si ri-
dussero a Roma , ed unironsi co' cardinali lor
nazionali , cioè Salviati , Kidolfi e Gaddi , per
rimettere , se poteano , la libortà nella lor pa-
tria. Entrò nel loro partito anche lo stesso Ip-
polito cardinale d'-' Medici: tanta era l'invitlia
e il suo mal uniiiio contro del duca Alessan-
dro. Tenuti fra loro vai j consigli , determina-
rono d' inviare in Ispagna i lor deputati per
rappresentare all' imperador Carlo le loro do-
glianze per 1' aspio go\erno che Iacea il duca ,
per la sua sfienala libidine , e per aver egli
contra venuto a quanto lo stesso Cesare aveva
ordinato nd i53o intorno a Firenze, accor-
dando la conservazion della libertà e i privi-
legi di repubblica: laddove Ali-ssandro ne avea
adatto u,sur()ata la signoria. Trovarono questi
deputati T imjìeradore in Barcellona nel mese
di maggio ; ebbero udienza ; ma fu limesso
l'esame delle lor querele, allorché l'Augusto
Carlo , tutto in quel tempo applicalo all' im-
presa di Tunisi , sarebbe poi venuto a Napoli,
'come già egli meditava. Non erano ignoti al
duca Alessandro questi maneggi , e anch' egli
si studiava di sventar le mine de eli emuli e
nemici suoi. Fu poi risoluto che il suddetto
Ippolito cardinal de' Medici andasse in persona
4^8 AX\AT.I D n AMA
a trovai- T imperadore in Affrica ; ina questo
porporato amatore ijraiidissimo d' ogni maiiiera
di vii-tù , ma superbo a inaravit^lia, trovandosi
ad Itri vicino a Fondi . proso da lenta febbre,
nel dì IO d'agosto misera nente morì, e con
voee ooiiiuiie di veleno. Da i più in credulo
il duca Alessandro autore di stia morte. Il
Varcbi a;>i^ingne , che ne fu incolpato lo stesso
papa Paolo , con addurre i fundam<,'nti di tal
conghiettnra. Ma chi così dubitò , fece gran
tot to a questo pontcllee , i cui costumi tali
sempre fiuono, che non lasciarono fondamento
alcuno a sospetti di sì nere iniquità. Inclinava
troppo il Varchi alla maldicenza.
Dissi poco fa rivolti i pensieri del magna-
nimo Carlo V in questi tempi all' impresa di
Tunisi ; e quantunque sì strepitosa spedizione
propriamente non appartenga al mio suggello,
pure non posso dispensarmi dal darne un"' idea ;
e t.aiito più perchè a (piella gloriosa azione
ebbero gran parte i caj)itaui e combattenti ita-
liani. Dopo la morte di Oruccio re d'Algieri
a>ea Ariadeno Barbarossa suo fratello , e gran
corsaro , occupato quel regno. Crebbero poi le
forze di costui , perchè creato ammiraglio del
Gran Signore Solimano, e accresciuta a dismi-
sura la sua armala navale colla giunta de' legni
tnrcheschi , era diveuuto il terrore del \Ieili-
terraneo. (ìi.-i vedemuio all' anno preced.MUe
quai terribili iiiMilti e paure egli facesse all' I-
talia. Ksseiido guerra fra due fratelli preten-
denti al regno di Tunisi , tanlo s<'[)p(> fare
r a(;corlo l3ar!)arossa . cIk- lini le loi' (U)nlro-
versicj con impadronirsi egli di Tunisi, città
ANNO MPXXXV 429
di gran popolazioDe , e caj)Jtale di Itilto il suo
rej^iio , con discarriariie Muloasso , che quivi
allora signoieggiava. (-io fiitlo, colla forniidabil
sua j olPiiza si (]ispnn('>a all' acquisto di tutta
r Afìi'ica , minacciando non solamente Orano ,
città de gli Spagnuoli in quelle coste, ma an-
che i circonvicini paesi , con paventar gravi
mali da costui anche i lidi dell" Italia. Francia
e Spagna. Ora essendo ricorso Mnlcasse con
A arie vantaggiose condizioni all' invittissimo ini-
pcradore Carlo, (|upsli. sì per desiderio di dar
nella testa al troppo crescente Ariadeno, come
anche per vaghezza di gloria, (e gloria ^c~
ranienle pura e legittima , che tale è allorché
i monarchi cristiani prendono 1' armi per di-
fendere i popoli Fedeli da gì' Infedeli e da i
corsari, e non già per perseguitarsi e scannarsi
fra loro) deterininù di portar la guerra addosso
a Tunisi. Gran preparamenti di navi e galee
fece egli non nii'uo in Ispagna , che in Italia
e Fiandra. Molti legni ebbe dal re di Porto-
gallo e da i Genovesi , e dieci galee dal pon-
tefice, che erano coniandate da Viiginio Orsi-
no. Ammiraglio di sì gian flotta , piena di
valorosi combattenti Spagnuoli, Tedeschi, Ita-
liani , fii creato il valoroso Andrea Boria , prin-
cipe di .Melfi; e sopra la medesima imbarcatosi
il generoso imperadore col marchese del Va-
sto, col j)rincipe di Salerno, col duca iTAha,
e gran copia d'altri incigni baroni, arrivò circa
il principio di luglio alla Goletta , isola e for-
tezza sommamente forte in fàccia al porto di
Tunisi.
Con immenso valore fu espugnato quel sito
43o ANN'Att d' ITALIA
• la i Cristiani, e sbaragliata la grossa armata
navale del Barbarossa , restando presi più di
cento de' suoi legni. Arrivò a tempo al soc-
corso dell' armata cristiana don Ferrante Gon-
zaga con assai navi cariche di vettovaglie, pro-
venienti dalla Sicilia , perchè già il biscotto era
muffito. Prese poi posto 1' esercito intorno alla
città di Tunisi, e seguirono varie scaranujccie,
ma colla peggio sempre de' Mori , Turchi ed
Arabi , che sopia ottanta mila erano accorsi
alla difesa. Crebbe perciò lo spavento Ira essi,
talmente che un dì il Barbarossa lutto infocato
di rabbia determinò di far perire qualunque
schiavo cristiano che si trovasse in l'uiiisi , o
j)er vendetta, o per sospetto di qualche lor
commozione o tradimento. Li fece a questo
fine rinchiu lere tutti in un silo della rocca.
Il Giovio ed il .Secni li faimo sei mila ; altrr
■?)'
quindici mila , e Pietro Messia li fa giugncre
fino a ventidue mila. Trattenuto ì\\ il Barbaro
da .sì enorme crudeltà da Siuam libico , che
era il suo braccio diritto. Ma in questo men-
tre due rinegati cristiani , che sapeano la sen-
tenza data dal tiranno , mossi a compa.ssione
«li alcuni schiavi loro amici , scioisrro le lor
catene : e rniesti poi con soimna iiella aiuta-
rono a scatenar tutta la folla de gli altri mi-
.seri (^listiaui. Rupjiero essi le porte dell' arme-
ria , e prese 1' aiini , ed uccisi quanti Mori si
vollero loro opporre, s'impadronirono della
rocca , da cui cominciarono a far segui a i
(]nsliani di fuori , ma senza e.sserc intesi. Ca-
gion fu questo inaspetlato colpo che il Barba-
rossa disperato se ne fuggisse a Bona , <t
ì
Anno mdxwv 4^1
poscia''ad Algirri. Idillio il vittorioso imperacloré
nel dì 2 1 di luglio coli' esercito in Tunisi; e
non seppe negare . o non potè impedire a i
suoi il sacco della riltìi per un giorno. Molti
di que'' Mori e Turchi vi rimasero tógliali a
pezzi, coir altre iniquith consuete in simili ca-
si ; ma per conto del bollino , questo riuscì
troppo inferiore alle speranze. Perì iij questa
congiuntura un' insigne biblioteca d' antichi li-
beri arabici che nicrilavauo d' essere conser-
vali. Conoscenilo |)ni Y imperadore Y impossi-
bilità di conservare in suo dominio quella gran
città e il suo regno , la rilasciò a .Muleasse
( fuorché la Goletta ) con obbligo di ricono-
scerla in feudo da i re di Spagna , e di pa-
gare un annuo censo, con altre condizioni fa-
vorevoli alla religion cristiai>fl, che il Maomettano
senza fatica accetlò e giurò, ben sapendo che
nulla poi durerebbe col tempo, siccome avvenne.
Andrea Doria spedilo a Bona, la prese e sman-
tellò , a riser\ a della rocca , dove lasciò buon
presidio.
Dopo sì gloriosa impresa il trionfante Augu-
sto , licenziate le navi spagnuole e portoghesi,
dirizzò le vele alla volta della Sicilia, e sbarcò
a Trapani. Indi passò a Palermo , e po.scia a
Messina; e lasciato don Ferrante Gonzaga vi-
ceré di Sicilia , pervenne a Napoli , dove fece
la sua magiiilica entrata nel dì 3o di novem-
t)re. Maiaxigliose furono le feste , gli archi trion-
fali, ed altri spettacoli co' quali solennizzarono
tutte quelle città l' arrivo delf invittissimo mo-
narca. JNel dì 4 di dicembre comparve a ISa-
poli Ercole li duca di 'Fenara ad inchinare
432 AXNAIJ n IT\UA
la Maestà Sna , che T accolse con singolar de-
gnazione. Parimente portatisi colà i l'uoiiiscili
fiorentini , ed ottenuta udienza , esposero tutte
lo lor querele contra del duca Alessandro dei
Medici. D Varchi con una studiata aringa , in
cui immaginò quanto di male intorno al duca
dovea o potea dire il capo d' essi all' impera-
dore, non lasciò indietro alcuna delle iniquità
vere o pretese di lui. Sospese 1' Augusto Carlo
ogni risoluzione , finché fosse venuta alla corte
anche il duca Alessandro, il quale nel di 21
di dicembre si mosse da Firenze per passare
colà. In questo mentre av\enne la morte di
Francesco Sforza duca di Milano , che diede
incentivo a nuovi incendj di guerra. Dopo avere
lo sfortunato principe sofferta una lunga e mo-
lesta infermità , finalmente gU convenne soc-
combere alla legge universale dell' umanità nel
dì 34 Ji ottobre , senza lasciar dopo di sé
prole alcuna, e con dichiarar erede l'iinpera-
dore. In esso Francesco finì la linea legittima
della celebre casa Sforza, Antonio da Leva
prese tosto colla duchessa Cristieina il go-
verno di quel ducato , finché si sapessero le
intenzioni dell'Augusto Carlo V. Pretendeva di
succedere in ([negli Stati Gian-Paolo Sforza ,
marchese di Cara\ aggio , figlio natuiale di Lo-
dovico il Moro , siccome chiamato nelle inve-
stiture do|)0 i legittimi. Ma partitosi egli da
Milano j)er passare a lìoma ad implorare i
buoni ufizj d(.'l papa presso l' imperadore , al-
lorché giiuise a Firenze, nel pranzare fu sor-
preso (la un maligno accidenle , |*rr cui lini i
suoi giorni. Fu poi dichiaralo Antonio da Leva
ANXO Ainxxxv 4^3
governatore cesareo del ducalo di Milano. In-
tanto r odio iniplacaliile clie s' era allignato in
cuore di Francesco 1 re di Francia contra del-
l' imperadore , non gli lascia\ a aver posa . né
riguardo alcuno alla religione. Fra le sue glo-
rie certo non si conterà T aver egli , che pur
si gloriava del titolo di Cristianissimo, com-
mossi e sostenuti i principi Protestanti contra
di Cesare , con ^iiìrjnere , siccome vedremo , a
far lega fino co i Turchi. Dura\a tuttavia in
lui la brama di ricuperare il ducato di Mila-
no , ancorché ne' precedenti trattati avesse ri-
nunziato a cotal pretensione. V ha chi scrive,
che per la morte del duca di Milano si sve-
gliasse il suo prurito di portar di nuovo la
guerra in Italia , e che cominciasse sul fine di
quest' anno a muoverla a Carlo duca di Sa-
voia , per aver noi hbero il passo in Lombar-
dia. Le ragioni o pretesti che egli adoperò per
giustificare la sua rottura con quel principe ,
son diversamente liferiti da varj storici. Cioè ,
che Nizza e Monaco erano state impegnate alla
casa di Savoia ( sarebbe da vedere , se Mo-
naco fosse allora in potere del duca ), né que-
sti le volea restituire al re , tuttoché gli fosse
esibito il rimborso. Che il duca avesse otte-
nuta la città d' Asti , che da tanto tempo ap-
parteneva alla Francia , con altre ragioni eh' io
tralascio. Ora il Guichenon, storico della real
casa di Savoia . il quale si può credere meglio
informato di questi affari, sostiene (i), avere
( I ) Guichenon , Histoire de la Maison de Savoye.
Muratori. Fol. XIF> 28
434 ANNALI d' ITALIA
i] re di Franria richiesla la i estitiizion di Niz-
za , e di alcuni luoghi del njavcliesato di Sa-
luzzo , con altre du^^liauze contra del duca ,
alle quali egli coiitrapose, ma indarno, delle
forti ragioni La verità si è , clie il re non
sapea digerire T atlarcaniento del duca all'im-
peradore , V aver negato il congresso di papa
Clemente VII col re a Nizza, ed invialo il suo
primogenito ad allevarsi nella corte di Spagna,
clie in questo medesimo anno fu rapito dalla
Diorte. Se crediamo al menzionalo scrittore , fin
dal mese di febbraio delT anno presente il re
dichiarò la guerra ad esso duca ; e siccome
teneva in pronto una potente armata con di-
segno d"in\adere lo Stato di Milano , così gli
riuscì facile di spogliarlo della Savoia , e d' al-
tri paesi (li là (lalT Alpi , prima che terminasse
quest' anno. Spedì il duca Carlo ambasciatori
a Napoli ad informar V imperadore di queste
novità funeste , e ne ri|)ortò solamente buone
parole e promc.>sej giacché per ora egli non
poteva di più.
uiiiiio (li Cristo 1 53^. Indizione IX,
di Paolo IH pnpa 3.
di Caiilo V iinpiVadove i8.
Da che .\Iessandro de' Medici duca di Fi-
renze , coir a(C()m|)agnanienlo di trecento ca-
valieri , tulli ben all'ordine, fu giunto a Na-
poli , ed ebbe soddisfatto a gli atti del suo
ossc(|uio verso 1' imperadore , gli furono conui-
nicale le accuse de' l'udruscili fiorenlini , alle
quali diede «juella risposta che a lui parve più
ANNO RinXXXVl 4^^
propria. Ma o sia die 1' efficacia del danaro
applicato a i ministri cesarei producesse quei
buoni elTotti clie suol produrre dapertutto; o
pure che i' iniperadore , trovandosi in procinto
d' una nuova guerra in Italia , conoscesse piìi
proQttevole a' suoi interessi 1' avere in Firenze
un solo dominante dipendente da' suoi cenni ,
che un' unione di molte teste , quasi sempi-e
disunite fra loro , e inclinate più tosto in fa-
vor de' Frauzesi , come veramente erano i Fio-
rentini .• certo è eh' egli sentenziò in favore del
dui:a , e il riconobbe per signor di Firenze.
In oltre gli diede per moglie la tante volte
promessa Margherita sua figlia naturale , con
certi patti , co' quali trasse da lui buona somma
di danari , da impiegare nell' imminente guer-
ra. Decretò ancora che fosse lecito a i Fioren-
tini fuorusciti di ritornare alla lor patria , e di
godere de i lor beni e de gli ufizj soliti a
dispensarsi a gli altri cittadini. Ma i più d' essi
0 per timore o per rabbia non si sentirono
voglia di prevalersi di tal grazia. Nel dì ultimo
di febbraio furono celebrate quelle nozze con
gran pompa , e dopo alcuni giorni di solazzo
il duca se ne tornò trionfalmente a Firenze.
1 movimenti de' Franzesi contro il duca di
Savoia non permisero all' Augusto Carlo di trat-
tenersi più lungamente in Napoli ; e però si
mosse alla volta di Roma , colla guardia di set-
tecento uomini d' arme e di sei mila fanti
spagnuoli veterani , con far la sua entrata in
quella gran città nel dì quinto d' aprile , ac-
colto con sommo onore e magnificenza dalla
corte del papa e dal popolo romaiao. Se stiamo
436 ANNAU d' ITAMA
al giudizio del Varchi , papa Paolo mostrò
di aver animo veramente romano . perchè ebbe
ardire d' accogliere senza forze forestiere un
imperadore armato e vittorioso; quasi, he I' alto
grado ili pontefice , e pontefice amante delia
pace , e T animo grande e cattolico di quel-
r Augusto non fossero una piìi poderosa e si-
cura guardia del papa , che qualche migliaio
di soldati venali. II Segni nondimeno scrive
che tutto il popolo ronrano era amiato , ed
avere il pontefice assoldati tre mila fanti per
sua guardia. Furono a stretti e lunghi colloquj
il f)apa e l' imperadore ; e tenuto poi il con-
cistoro , in cui furono ammessi anche gli ora-
tori del re Cristianissimo , V imperadore risen-
tiuimente si dolse dell' iniquità del re di Francia,
il quale si mettea sotto i piedi lutti i trattati
ed accordi precedenti , ed avea mossa un' in-
debitii guerra al duca di Savoia suo zio , e
volea turbar tutta la Cristianità colla rovina di
fcmti popoli innocenti. Studiossi il buon papa
di calmar lo sdegno di (tesare, con esibirsi
nu'diatore di pace, li siccome egli bramava di
buon cuore essa pace , perchè lontano dalle
massime turbolente d' alcuni suoi predecessori,
ne trattò poscia co i ministri franzesi. A\ca
1' imperadore esibito, o esibì dipoi d'investire
il duca d' Angolouuue , terzogenito del re di
Plancia , del duralo di Milano. Aggivnise , che
nu'glio sarebbe un personal duello per rispar-
miare il sangue di lauti Cristiani. Ala il re
Francesco ostinato ne' suoi voleri , richiedendo
MilaiK) j)cl du( a dì Orleans suo S( condogenito,
jimijlo di CalLcrina de' Medici j mandò poi a
ANNO MnxxxVt 4^7
monte le buone disposizioni di Cesare ( se pur
questi parlava di cuore ) , e certamente fra-
stornò il zelo e r amorevol interposizione di
papa Paolo.
Apiietia fu salito nella cattedra di Sin Pie-
tro esso poulelice, clie diede a conoscere al
sacro collegio la sincera sua brama e risolu-
zione di convocar un concilio generale (.), e
nel concistoro tenuto a dì 17 d'ottobre ( il
cardinal Pallavicino scrive (2) nel dì i3 di
novembre) del i53f ne insinuò la necessità
con sua lode , giacché Leon X non vi pensò ,
Adriano VI non potè, e Clemente MI nonne
trattò mai daddovero. Non avendo questo pon-
tefice fui qui potuto e sega re così santa in-
tenzione, colla venuta a Roma dell' impi-rado-
re , trovato ancora lui uniforme di desiderio e
di parere, tenne c<incistoro nel dì iS d'a-
prile (il Pallavicino ha il dì otto d'esso me-
se) , ed i\i ptd)h!icò il decreto della coiivoca-
zion del concilio. Fu poi per un tempo disturbato
questo importante aflFire dalla mortai guerra
che si svegliò f;a i suddetti due emuli mouar-
cbi. Ma non per qieslo lasciò pajw Paolo di
far quatilo era in sua mano , acciocché si re-
casse questo gran bene alla Chiesa ; anzi nel
dì 2Q di maggio dell' anno presente nel con-
cistoro ne intimò il principio in M mtova pel
maggio dell' anno susseguente. Tanto in oltre
era il suo buon gonio , che fin da i primi mo-
menti del suo pontificato , e mollo più dipoi^
(1) Ravnal'las Annal. Eccl.
(■>■) Pallavicino , Storia del Condì, di Trento.
438 ANNAU d' ITAtU
ordinò che si cominciasse a riformar la corte
e curia romana, e a notare gii abusi e disor-
dini che esigevano correzione. Lasciarono scritto
molti storici che l'Augusto Carlo non si fermò
che quattro giorni in Roma , e secondo essi
dovette partirne nel di 9 d'aprile. Ma siamo
assicurati dal Panvinio , da! cardinal Pallavi-
cino e dall'annalista pontificio Rinaldi, ch'e-
gli vi dimorò sino al di 18 d'esso mese, nel
quale si mise in viaa;gio alla volta della To-
scana. Prima nondim'iio che partisse , attento
il pontefice a i vantagsji del figlio Pier- Luigi e
de' nipoti, procacciò loro da esso iraperadore
stabili e pensioni d'annua rendita di trentasei
mila scudi d' oro. Magniiico accoglimento con
archi trionfali e grandi feste all' Augusto Carlo
fu fatto in Siena, arrivato colà nel dì 23 d'a-
prile. Maggior' nenb' poi in Firenze , dove egli
entrò nel di 2Q d'esso mese, e si trattenne
sino al dì 4 '^' "i"g"'o, godendo di que' so-
lazzi e della bellezza drlla città. Di là passò
poi a Lucca , trovandola ben governata da' pro-
prj cittadini; ed ivi slelle sino al dì io di
maggio. Dovunque passò , riscosse danari , ab-
bisognandone per le meditate imprese. Final-
mente per la via di Pont remoli calò in Lom-
bardia Fu poi coudolta d.» Xiipoli Maiglierita
sua figlia , di età di tredici anni , a Firenze ; e
con so limo tripudio ed allegre/zu enti'ò essa
in quella citta nel dì nllliuo di maggio. Se-
guitò appresso il dì delle nozze; ma percliè in
quel giorno a(;ca<lde uno non lieve eclisse del
sole, trasse da ciò la gente augurio d'infeli-
cità a quel matrimonio.
ANNO MOXXXVI 4^9
Da che fu venula la priimvera, l'esercito
franzese , senza < ovare ostacolo venmo, pas-
sate r Alpi, calò alle pianure del Pienioute ,
sotto il comando di Filippo Sciabot ammira-
glio di Francia , con cui si unì Francesco mar-
chese di Sa'uz/.o. Non avendo iorze Carlo duca
di Savoia per trattener questo torrente , mandò
la moglie e il fi.;Iio co più preziosi mobili
a Milano, ed e.;li si f rtu') a Vercelli. Veiuiero
in poter de' Franzesi Torino, Piuerolo , Fos-
sano, Chieri ed altri luo;^!. Poehe fìjrze allora
si trovavano ne'lo Stalo di Miliuo; contutto-
ciò Antonio da Leva govern lore , rannate
quelle milizie che potè, ed unito cn| duca di
Savoia, si spinse nauti , per iinpetlire i mag-
giori pro'^ressi <le' nemici, e mise un buon pre-
sidio in Vercelli. S' erauo anche mossi i Ve-
neziani, co'quali a.ea i' imperadore nel prece-
dente anno contratta lega , ma solamente per
la dif-sa di-Ilo Stato di iMllano. Q lesta nondi-
meno non fi la cagione che frr'uasse il corso
dell'armata franzese, ma ben4 la premura del
pontefice di trattar di pace , per cui avea scritto
elficaci lettere al re di Francia , con (irgliela
anche credere assai facile . perchè l' nnpera-
dore ne dava colle parole buona intenzione :
il die fu creduto da i politici una siraidazione
per guadagnar tempo , e per potersi mettere
in istato di far guerra ; che di questa più che
della pace era riputato sitibondo per isperanza
d'ingoiare la Francia. Su queste apparenze di po-
ter conseguir co i maneggi quello che co i troppo
dispendiosi e pericolosi impegni di guerra si an-
dava cercando, il re Francesco addormentato
440 ANNAU D ITALIA
non solamente spedì in Italia il cardinal eli
Lorena per trattare d'accordo con esso Angusto ,
ma eziandio ordinò all' ammiraglio di non proce-
dere innanzi, e ricliiamollo in Francia con
parte dell' esercito. Lasciò egli buona guarni-
gione in Torino , città che fu mirabilmente for-
tificata e provveduta di munizioni da bocca e
da guerra ; Gian-Paolo Orsino nella città d'Al-
ba , ed altri capitani in altre fortezze ; e poi
se ne andò a trovare il re. Allorché l'impera-
dore arrivò a Siena, vi giunse ancora il car-
dinal di Lorena , e con lui trattò piii volte di
concordia , accompagnandolo pel viaggio ; ma
in fine allro non raccolse che parole. Per-
venuto l' imperadore ad Asti , et indi a Savi-
gliano , dove il duca di Savoia ed Antonio da
Leva furono ad inchinailo , tenne varj consi-
gli , ne' quali , contro il parere de i più , pre-
valse il sentimento suo di jiorlar la guerra nel
cuor della Fi ancia , j)er vendicarsi del re Cri-
stianissimo. Intanto Antonio da Leva assediò
Possano e lo costrinse alla resa , e il marchese
di Saluzzo abbandonò il j)arlilo franzese. Aspettò
l'Augusto Carlo che fossero giunte le grosse
leve fatte da lui in Gei-mania , ed unito che
fu 1' esercito tutto , si tro\ ò , secondo i conti
del Belcaire , ascendere a venticinque mila
fanti f deschi . olio mila spagnuoli . maggior
nunìcro d'italiani, con mille e ducento uomini
d' armi. .Vllri gli diedero ventiquattro mila te-
deschi , quallordici mila spagnuoli , dodici mila
italiani, con tic mila cavalli Ira uomini d'ar-
mi e cavali- leggieri : voci ordinariamente in-
sussistenti. Quel che è cerio , un» polente e
ANNO MDXXXVI ^^X
floritissima armata ebbe Colare , in cui si conia-
rono i duchi di Savoia, Baviera e Bm^s^idl,
ed albi principi e baroni. Suoi generali erano
Antonio da Leva , Alfonso marchese del Va-
sto , don Ferrante Gonzaga . il duca d'Alva ,
con gran copia d' altri condottieri.
Adunque j)er tre parti dell'Alpi s'inviò stil
principio di luglio sì poderoso esercito verso
la Provenza , secondato per mare dalla flotta
di Andrea Boria. Restò in Piemonte con un
corpo d' otto o dieci mila persone Gian-Gia-
como signore di Musso , e poi marchese di
Marignano , sopranoniinato o cognominato il
Medeghino , acciocché congiunto col marchese
di Sai uzzo assediasse Torino. Nello stesso tempo
fu mossa guerra in Fiandra dall' armi cesaree
al re di Francia. AH' assunto mio basterà di
accennare che con tante forze l'Augusto Carlo
entrato in Provenza , nulla operò di memora-
bile. Circa )m mese si perde nella Valle d'Aix .
tentò indarno di formar 1' assedio di .Marsilia ,
né alcun fatto d'armi considerabile avvenne in
quella spedizione. Intani o il gran caldo fece
guerra alle sue truppe , alle quali mancavano
bene spesso le vettovaglie. Sopravenne poi
l'au-tunno colle pioggie e col fango, e coli' av-
viso che il re di Francia si accostava con un
esercito di quaranta mila combattenti , giacché
venti mila Svizzeri erano giunti al suo campo:
laonde V imperadore non ^olle maggiormente
diflerire il ritornarsene in Italia. Ci ritornò ,
ma col rimprovero d' aver cantato il trionfo
prima della vittoria , e coli' armala sua disfat-
ta, percliè almeu la metà delle sue trupjie vi
^/^2 ANNALI d' ITALIA
perì per gli stenti , per le malattie e per altri
disordini. Seco ancora portò il rammarico di
aver perduto sotto Marsiiia il valoroso suo
generale spaqjnuolo Antonio da Leva , morto
d'infermità di corpo e di passion d'animo
per r infelice successo dell' armi cesaree in
Francia , essendo stato creduto eli' egli fosse il
principal promotore di qiclla . quasi dissi , vergo-
gnosa impresa. Al re di Francia costò la guerra
infinite spese e gravissimo danno a i suoi po-
poli di Provenza. Q lel nondimeno che gii
trapassò il cuore , fu l' inaspettata morte del
Delfino , cioè di Francesco suo primogenito ,
giovinetto di mirabii espettazione , che venuto
all' armata , in qiattro dì di malattia si sbrigò
da questa vita. Nel bollore di quella doglia
corse 1' usuale sospetto di veleno , e ne fu im-
putato il conte Sebastiano Mont'^ciiccoli ^uo
coppiere , onorato gentiluomo di Modena , a
cui di comples-iiouiì delicatissima , come at-
testa Alessandro Sardi scrittore contempora-
neo (i), colla forza d'incredibili lorin'-nti fu
estorta la falsa confessione della morte proc-
curata a quel prinr;i:ìe a I istigazione di Anto-
nio da Leva e dell'impera lore stesso : perlochè
venne poi cond*nmto l'inriDi^ente cavaliere ad
un' orribil morte. Non vi fu saggio che non
conoscesse la faUit^ e in legnila di quella im-
piilazidue , di cui non era mai degno l' animo
generoso di un Cirio V. Mentre si faoea (|uc-
sta danza in Provenza , il ci Mite G lilo llan-
gonc Modenese , dichiarato tlal re di Francia
(i) Sardi , Ist. MSS.
ANNO MDXXKVI 44^
generale dell' armi sue in Italia , nel mese di
luglio ridottosi alla Mirandola , quivi raunò un
corpo di dieci mila fanti italiani e di sette-
cento cavalli , sotto il comando di varj prodi
capitani. Teneva ordine esso Rangone di tentar
Genova in tempo che An Irea Doria col suo
stuolo di galee era passato in Francia. Mossosi
egli nel dì i6 d' agosto , arrivato che fu a
Tortona , 1' ebbe in suo potere. Marciò poscia
a Genova , e fatta la chiamata a nome del re
di Francia , trovò quel popolo ben disposto a
difendersi. Nella notte secruente con una sca-
lata diede l' assalto alle mura , sperando pure
qualche favorevol movimento nella città ; ma
niun si mosse : e però conoscendo egli che
con si poche forze era impossibile il vincere
una tanto popolata città, se n'andò in Pie-
monte. Prese Carignano , Chieri , Carmagnola
e Cherasco j et indi passato a Pinerolo , spedì
Cesare Fregoso a Raconigi . che se ne impa-
dronì a forza d' armi. Vi fu messo a fìl di
spada il presidio imperiale , e rimasero pri-
gionieri Annibale Brancaccio e il conte Alessan-
dro Crivello. Era da molto tempo la città di
Torino assediata da Francesco marchese di
Saluzzo , e da Gian-Giacomo de' Mctlici. L' ar-
rivo del conte Guido fece sciogliere quell' asse-
dio ; e perchè egli avea trovata gran copia di
artiglierie e di viveri in Carignano , tutto fece
condurre a Torino. Gran disattenzione fu quella
del Varchi , allorché arrivò a scrivere che i sol-
dati del Rangone dopo il tentativo di Genova
se ne tornarono senz'ordine alcuno verso la
Mirandola , dove si dissolverono e sbandarono
444 ANNALI D* ITALIA
del tutto. In questo ne seppe ben più dì
lui il Segni , per tacer (T altri storici.
Mal sodilisfatto di sé medesimo venne l'im-
perador Carlo V per mare a Genova , e colà
si portarono ad inchinarlo varj principi d'Ita-
lia , e primo fra essi Federigo duca di Man-
tova , per promuovere le ragioni di Marghe-
rita sua moglie sopra il Monferrato. Dopo aver
fatto ventilar quella causa , nel dì tre di no*
vembre profferì, quanto al possesso, la sen-
tenza in favore del duca di Mantova. Su quello
Stato avea delle pretensioni il marchese di Sa-
luzzo. Molte più ne avea Carlo duca di Savoia
a cagion d' una donazione fatta al duca Ame-
deo da Gian-Giacomo marchese di Monferrato.
Verisimilmente per guadagnarsi il favore del-
l'Augusto sovrano avea il primo abbandonati
i Franzesi, e il secondo tanto prima avea col-
tivata in varie forme la ili lui buona grazia.
Dopo la perdita della m;>ggior parte de' suoi
Stati s' era ritirato esso duca a Nizza , dove
si fortificò. Si dolse egli non poco del suddetto
decreto cesareo ; perchè quantunque restassero
vive le sue ragioni , da conoscersi poi in un
giudizio, pure intendeva che vantaggio fosse
quello di ciii pissiode le cose controverse.
Tanto più .s' afUisse egli da che seppe che
r imperadore imbarcatosi avea nel dì i5 di
novembre spiegate le vele verso la Spagna ,
senza prendersi cura di riiMiperar quegli Slati
eh' egli pel suo attaccamento allo stesso Au-
eusto avea perduto. Venne poscia il duca di
Mantova con un commessario cesareo per pren-
dere il possesso di Casale di Sanl'Evasio. Ma
ANNO MDXXXVT 4 \^
mentre egli si sta\a j)ieparaiKlo per farvi una
magnifica entrata , introdussero alcuni suoi ma-
levoli di notte in quella città mille fanti e tre-
cento cavalli franzesi , che diedero il sacco a
tutti i fautori della duchessa di Mantova. Ciò
riferito al marchese del Vasto , che in luogo
di Antonio da Le\a era stato creato capitan
generale dello Stato di Milano , e dimorava al-
lora in Asti, vi accolse nel dì 24 di novem-
bre con molte sue brigale , ed entrato nella
rocca, che tuttavia si teneva, assalì i Franzesi
verso la città , e dopo un sanguinoso conflitto
li sconfisse, con saccheggiar poscia chiunque
loro avea prestato favore. Fu solennemente nel
dì 2y del suddetto mese dato al duca Fede-
rigo il posses.so col titolo di Marchese di Mon-
ferrato. Fin qui Massimiliano Stampa , alla cui
fede il definito duca Francesco Sforza avea
raccomandato l'inespugnabil castello di Milano,
non s' era potuto indurre a consegnarlo all'ini-
peradore. Nel sopradetto novembre si lasciò
egli vincere, e n'ebbe per ricompensa cinquanta
mila scudi d' oro , e fu dichiarato marchese di
Soncina. Merita ancora Lorenzo o sia Renzo
signore di Ceri, delf insigne casa Orsina, da
noi veduto sì valoroso condottier d'armi in
tante passate guerre , che si faccia menzion
della sua morte accaduta nel dì 30 di gennaio
dell' anno presente , per essergli caduto addosso
il cavallo , mentre era alla caccia. Secondo l'an-
nalista Spendano , nell' anno precedente venuto
a Ferrara l'eresiarca Giovanni Cab ino, sotto
abito finto , talmente infettò Renea figlia dei
re Lodovico XU^ e duchessa di Ferrara, de
,^46 ANNALI d' ITALIA I
gli errori suoi , che non si potè mai trarla eli \
cuore il bevuto veleno. Ma nel presente anno
veggendosi scoperto questo lupo , se ne fuggì
a Gi'iievra. Vengo assicurato da chi ha veduto
gli atti dell' Inquisizion tli Ferrara , che sì pe-
stifero mobile lii fatto prigione ; ma nel men-
tre che era condotto da Ferrara a Bologna ,
da gente armata fu messo in libertà. Onde
fosse venuto il colpo , ognun facilmente V im-
maginò.
Annodi Cristo 1.^37. Indizione X.
di Paolo III papa 4-
di Carlo V imperadore 19.
Non altro che pensieri e consiglj di pace
meditava il pontefice Paolo , e a questo fine
nel precedente anno avea mandati due legali ,
cioè il cardinale Caracciolo ali imperadore , e
il cardinale Trivulzio al re di Francia. Indarno
impiegarono essi parole e passi : cotanto erano
alterati gli animi di que' due emuli monarchi.
Un altro motivo della spedizione d' essi por-
porati epa la dichiara a risoluzion del pontefice
per convocare il concilio generale. Ancor qui
si trovarono delle disneiiauze ; e perchè s' era
posta la mira sopra Mantova , come città ap-
proposito per quella sacra adunanza , tali dif-
ficultìi eccitò quel duca, che convenne pensare
ad altro sito. G:audi' su queslo jxnito fu sem-
pre la premura del papa , sincera la sua in-
tenzione. Anzi a lui stava così a cuore la ri-
forma della (Jhiesa, clic, >icc(ìme dicemmo,
senza aspettare il concilio, seriamente s'applicò
ANNO Mnxwvni 44l
egli stesso a curarne le piat^lie , e sopra tutto
a levare gli abusi della sua corte. A questo
une con immensa sua lode cliiamù nelP anno
precedente a Roma de i personaggi più illustri
nelle scienze e nella pietà , e spezialmente Re-
ginaldo Polo Inglese . parente del re d' Inghil-
terra, Gian-P etro Carafta Napoletano, vescovo
Teatino , cioè di Cliieti . Gregorio Cortese Mo-
denese , abbate di San Benedetto di Mantova ,
e Geiolanio A'eandro da Islria . arcivescovo di
BrLidisi. E siccome egli ebbe sempie gran cura
di prcmmovere alia sacra porpora gli uomini
di merito distinto, e massiniamente gli eccel-
lenti lelteiati, ed avea già promosso al cardi-
nalato nel i535 fra altri eg.egi. personaggi Ga-
sparo Contarino ^ eneziano , ingegno niiial.ile;
così sul fine del i536 cn ò cardinali i suddetti
Caraflf'a , die fu poi papa l'aolo IV , e il Polo
e Jacopo Sadoléto Mtxienese . insigne per la
sua letteratura. A ((ui sii ingegni eccellenti a^endo
unito Tonmiaso Badia, paiimente Modenese,
dottissimo maestro del sacro palazzo, av ea poi
dato papa Paolo T incumbenza di mettere se-
gretamente in iscritto quegli abusi e disordini
della Chiesa di Dli e della corte romana che
esigessero emendazione. Il che eseguiiono essi
con sommo giudizio ed onoratezza ; benché la
loro scrittura , contro la mente del pontefice
e d' essi , capitasse poi in man de gli eretici ,
che ne fecero gran galloria : (piasichè i difetti
introdoiti nella disciplina potessero servire a
giustificar il loro scisma e le lor false dottrine.
Non certo que' saggi nomini tiovarono nella
Cliiesa Romana dogmi meritevoli di correzione-
448 ANXAU D' ITALIA
e stando questi iininobili , ancorché avven-
gano slogature nella disciplina , immobile sta
e starà seni|)re la vera Chiesa di Dio. Con
queste sì loilevoh azioni egregiamente adem-
pieva Paolo 111 il sacro suo ministero 5 e gli
si può ben perdonare , se nel medesimo tempo
ancora ascoltas a i consiglj dell' amor paterno
verso la casa propria, cioè verso di Pier-Luigi
Farnese suo figlio , che già s' era addestrato
alla profession della milizia , forse con poca
gloria, perchè, secondo il Varchi, fu casso con
ignominia dal marchese del Vasto. L' avea già
il pontefice creato gonfaloniere e generale del-
l' armi della Chiesa. Nel presente anno gli diede
Nepi , e il creò ancora duca di Castro di Ma-
remma di Toscana , permutato con Frascati
da Girolamo Estontevilla , che dianzi era in-
vestito d' esso Castro. Essendo questo luogo
come un deserto , Pier-Luigi cominciò ad ab-
bellirlo con porte , piazze , palagi , strade e
case, facendovi concorrere abitatori ed artefici.
Col tempo ancora v' aggiunse le fortificazioni ,
tanto che lo ridusse in forma di città , am-
pliandone il distretto colla compera di varie
circonvicine castella.
Accadde in <juest' anno la violenta morte di
Alessandro de' Medici duca di Firenze. Chi de-
sidera una esatta e diilusa notizia di quella
tragedia , ha da ricorrere alle storie che ne
trattano ex professo (1). Basterà a me di dire
che Alessandro , il quale fu iigliuol naturale di
Lorenzo de' Medici il giovine, duca d'Urbino,
(j) Varchi. Segni. Adriani, Joviiis.
ANNO ^rDXXxva 449
e chi dice d' una schiava , e clii d' una vii
contadinella di Collevecchio (benché, al mirare
il tanto amore per lui di papa Clemente VII ,
la malignità di taluno immaginasse eh' egli do-
vesse i suoi uatah a Giulio deWIedicij che poi
creato papa assunse il suddetto nome di Cle-
mente) , non mancò di vivacità d' ingegno e di
attitudine , per ben governare Firenze , da clie
era stato portato dalla forza del pontefice zio
e dell' Augusto Carlo ad esser capo di quella
repubblica , e poi principe assoluto. Ma ogni
sua buona dote era guasta dalla smoderata li-
bidine , confessando ognuno che per isfogarla
non perdonava a grado alcuno tU donne , e ne
pur alle sacre vergini 5 ed uscendo benespesso
la notte per disonesti fini , piìi d' una volta fu
in pericolo della vita. Né da questa vituperosa
maniera di \ivere potè mai ritrarlo papa Cle-
mente , per quante lettere ed ammonizioni gli
inviasse. Peggiorò molto più dopo la morte di
esso pontefice ; ne giovò punto a rimetterlo
sulla buona via 1' aver egh ottenuta in moglie
una figlia dell' imperadore , per cui non mo-
strò mai grande amore né stima , perchè
troppo perduto in cercar sempre novità d'og-
getti alla slrenata sua disonestà. Malcontenta di
lui era la maggior parte de' Fiorentini, siccome
coloro che miravano in lui un tiranno, ed un
oppressore delta lor libertà , e chi per soste-
nere con sicurezza il suo imperio, avea spinto
in esilio tante onorate famiglie. Che se alcuno
sparlava , ne pagava ben tosto il fio. Pure da
questo universal odio non venne la sua rovina,
avendovi posto riparo colla forte guardia di
MuRAToiu. Ann. Voi, XIV. 29
^'O ANNALI d' ITALIA
milizie, cliVgli teneva in città e ai corpo suo,
sotto il comando dì Alessandro Vitelli. Venne
da quel medesimo vizio , di cui poco fa par-
laiumo , che toglie talvolta di senno anche i
piìi accorti.
S'era il dura Alessandro afiratellato non poco
con Lorenziiio de^ Medici , discendente da Lo-
renzo, fratello di Cosimo il Magnifico, e pero
suo parente alla lontana : quel mede.'>imo Lo-
renzo contra di cui Francesco Maria Molza ,
celebre ingegno modenese , scrisse una invettiva
latina , per aver costui deformati in Roma al-
cuni bei fianmienti delle antichità romane. Ve-
desi il suo ^ ivo ritratto , formato dalla tagliente
penna del Varchi , dal Segni e dal Giovio.
rsun era costui die iniquità; e queste da gran
tempo meditava di coronare con una che fa-
cesse glande strepilo nel mondo. Adulatore di-
venuto d' Ales.san ro e stretto suo faTuigliare ,
principalmente s' era introdotto nella di lui
grazia, con serxirlo non solo di spia, ma an-
cora come sperto ruffiano presso qualunque
donna che gli cadesse in pensiero. Andò lauto
avanti questa sordida domestichezza fra loro ,
che Alessandro il richiese di ridurre alle sue
voglie uua sorella delia di lui madre, giovane
non meii pudica che bella. Finse Lorenzino
d'aver ^inta la di lei costanza, e di farla ve-
nire uua notte nella propria ca.sa, do\e si esibì
di trovarsi anche il (bua. In fatti colà si portò
l'incauto Alessandro soletto, e nella camera di
Lorenzino si colico in letto, as[)ettan(lo il tiolce
inomeuto di cui era inten/ionalo. Ma tro\ò
quel che nou si 9spc(,l9va. Entralo Lorenzino
ANKO MDXXXVII 45 '
e seco un suo sglierro , gli furono addosso ; e
quantunque Alessandro , giovane robusto , fa-
cesse gran difesa , pure a forza di coltellate ,
e con segargli in fine la gola , lo stesero morto
sul letto , tutto immerso nel proprio sangue.
Il tempo in cui seguì sì strepitoso omicidio, se
lo cliiediamo al Varchi , egli risponde : tra le
cinque e le sei del sabato che precedette la
Befania , il sesto giorno di gennaio ( secondo
il costume de' Fiorentini , i quali pigliano il
giorno , tosto che il giorno e ito sotto) dell'an-
no MDXXxri. Parla alla forma de' Fiorentini, che
mutano Y anno solamente nel d: 2% di marzo, e
presso loro perciò durava il i536. Venne l'Epi-
fania in quest'anno in sabbato; e le parole del
Varchi che sembrano alquanto intricate , s' io
le so ben intendere , significano ucciso Ales-
sandro secondo noi nella notte precedente al
dì sesto di gennaio. All' incontro il Giovio
scrive: ea noe te , qua; Januarins Nonas ante-
cessit; cioè nella notte imianzi il dì quinto d'esso
mese. Nella sua Storia volgarizzata , non so
come , è scritto : Quella notte che fu innanzi
a' 6 di gennaio : il che non corrisponde al la-
tino. Ma il Sogni chiaramente riferisce aver il
duca consumato il giorno intero sei di gen-
naio , festa della Befania , in maschera , ed
essere poi stato ucciso la seguente notte. E
pure il medesimo scrive dipoi , che scoperta
da i rettori la morte del duca , ordinarono
che quel giorno , che era il di dell' Epifania ,
si fingesse letizia. Come mai tanta discordia?
Quanto all' Adriani , egli fa accaduta la morte
d' Alessandro la notte appresso il dì sesto di
^52 ANNALI d' ITALIA
gennaio , celebrato per la festa dell' Epifania,
Più strano è il linguaggio cIpM' Ammirati , che
così scrive: Era ni'rato l'anno iSS'j di sei
giorni, giorno celebre ptr la solennità della
PresLTitazioa del Signore al Tempio , quando
Lorenzino fece in'endere al duca, die nella
notti seguente condurn bbe ec. Ecco cosa fosse
l'Epifania in niente di questo celebre storico.
Mi si perdoni questa diceria , da cui non ho
saputo dispensarmi , acciocché s' intenda sem-
pre più che nelle minutaglie della cronologia
anche i più accreditati sciiltori prendono de
gli sbagli.
Ebbe tanta industria e fortuna l'omicida Lo-
rcnzino, che col suo slcaiio potè la sfessa notte
US -ir di città e salvarsi a Venezia , da dove
poi Filippo Strozzi il fece ritirare alla Miran-
dola. Aveva egli chiuso in sua camera l' ucciso
duca ; né trovandosi la seguente mattina nel
suo |)alazzo il misero principe , e cercato in-
darno per ^ arj siti tla i ministri suoi e dal
cardinal Cibò, che si trovava allora in Firenze,
s' andò snbudorando e in fine scoprendo la
sua di.savvcntnra , la quale fu ben tenuta se-
gi'cla, finché arrivasse a Firenze Alessandro
Vitelli capitano delle milizie ducali, e s'intro-
ducessero nella città molte brigate di fanti del
Muggello. Questa precauzione tenne in dovere
il popolo, che non seguisse sollevazione alcuna,
come a\eano sperato tanto Lorenzino che i
fiioru.sciti fiorentini , sempre vogliosi di rimet-
tere in libertà la ])atria. Olire di che, al popolo
già erano siate; tolte f armi. Si tennero |>oi
\arie piaLichc e coiisiglj dal suddelLu caidiiialfi
ANNO MnTXXVII 4^3
Cibò , dal Vitelli e dal magistrato maggiore ,
dove si trovò gran discrepanza tli sentimenti.
Ma o sia die Cosimo figlio del fu sì valoroso
Giovanni de' Mi'dici , discendente anch' egli al
pari del niiciiliario Lorenzino da Lorenzo fra-
tello di Cosimo il Magnifico, trovandosi allora
in villa , tratto dal rumore delia morte del
duca , spontaneamente tornasse in città; o pure
ch'egli vi fosse chiamato dal cai dinaie e da i
parziah della casa de' Medici : fuor di dubbio
è eh' egli vemie , e si presentò ail esso cardi-
nale Cibò , il quale o prima o dipoi prese la
proiezione di lui , per farlo succedere all' e-
stinto Alessandro. Giovinetto avvenente di di-
ciotto anni era allora Cosimo", superiore all'età
sua era il senno e il coraggio suo. I pregi della
pietà e della modestia e del faisi amare ne
accrestevano il merito. Militava ancora in fa-
vore di Cosimo il decreto o sia 1' investitura
di Carlo V-, e quello che sopra tutto accelerò
le risoluzioni , fu il timore che 1' armi di Ce-
sare venissero a insignorirsi della città. Laonde
cotanto si maneggiò il menzionato cardinale
co i bene alletti e co' senatori più saggi , che
senza far caso di nn bastarilo per nome Giu-
lio , lasciato dal duca Alessandro , perchè di
soli tre anni, elessero il suddetto giovane Co-
simo, con titolo non già di Duca, ma di Capo
e Governatore della Repul)blica Fiorentina , con
assegno (h doihci mila fiorini d'oro l'anno e
con hmitazioni al precedente governo. Accettò
Cosimo ogni condizione a mani baciale , ben
prevedendo che col tempo axrebbe da pren-
dere legge chi ora a lui la dava. Per l'allegrezza
454 ANNALI d' ITALIA
fu poi svaligiato da i soldati il suo palazzo, e
per vendetta saccheggiato quello di Lorenzino.
Per non tornare piij a costui , il quale , come
apparisce da una lettera a M. Paolo del Tos-
so ( I ) , e dal Varchi , venne fregiato da i fuor-
uscili fiorentini col titolo di Bruto novello
Toscano , dirò che in Firenze fu poi sman-
tellato il suo palazzo , facendovi passare pel
mezzo una strada appellata del Tniditore ; fu
promessa gran taglia a chi il desse vivo , o
1' uccidesse 5 e dipinta la sua effigie pendente
dalla forca. Andò poi egli in Turchia; tornò a
Venezia , e di là passò in Francia ; finalmente
ritornato a Venezia , senza rumore fu privato
di vita nel i547- Succederono poscia varie al-
tre scene in Firenze e per la Toscana , che
lungo sarehbe il voler riferire. Soiameiile ag-
giugnerò , che Alessandro Vitello s' impadronì
con inganno della fortezza di Firenze , e se
ne fece bello colf iuiperadore , scrivcuflogli di
tenerla a nome e volere della Maeslà Sua. Si
meritò egli per questo il nome di traditore. In
gran molo si misero dipoi i cardinali e fuoru-
sciti fiorentini por guastare la risoluzion presa
in favore di Cosimo de' Medici. Ma andarono
a voto i loro |)or allro deboli teutati\i e di-
segni , e molti d' essi , fia' ([uaii s[M'zialmenle
Filippo Strozzi lor capo, furono condotti pri-
gioni a Firenze, e col tempo anche decapitali,
fuorché il suddetto Filippo, che poi lu'll'anno
seguente si trovò morto in prigione , con lar
correre voce che si fosse ucciso da se stesso,
(i) Lettere de' Principi tom. 3.
ANNO MDXXXVII 4'>5
Seguitò nel presente anno la guerra in Pie-
monte fra gì' imperiali e Franzesi. In uno stato
compassionevole si trovava ben allora Carlo IH
duca di Savoia , da che a\ea nemici i Fran-
zesi, e gl'imperiali amici bensì, ma senza ga-
gliarde forze 5 e intanto si desolava e lacerava
tutto il suo paese, ora in mano de gli uni,
ed ora de gli altri cadendo le sue terre e ca-
stella. Andò il marchese del Vasto all' assedio
di Carmagnola con Francesco marchese di Sa-
luzzo , che colpito d' una arohibiisata , ivi la-
sciò la vita. Essendo sul principio di giugno
arrivato di Francia a Pinerolo il signor d' U-
mieres con alcune migliaia di Tedeschi , il
Vasto si ritirò ad Asti , città poscia indarno
assechata da i Franzesi ( i ). \ enne bensì Alba
con altri luoghi in lor potere ; ma non tarda-
rono gì' imperiali a ricuperarli , e a prendere
Chieri e Chierasco. Rinforzato poi l' esercito
cesareo da molte truppe venute di Germania ,
forse avrebbe tentato cose maggiori; ma d'or-
dine del re di Francia nel princi{)io d' ottobre
si mosse di Liane Arrigo Delfino di Francia
con Anna di Memoransì gran contestabile , e
con una buona armata, e giunto a Susa se
ne impadronì , siccome ancora d' altri luoghi
eh' io tralascio. Venne lo stesso re Francesco
in Piemonte ; e perciocché fu in questi tempi
fatta una ti-egua di tre mesi , conchiusa nel dì
16 di novembre deli' anno presente, e rapj «or-
lata dal Du-Mont (?.) , per tentare , se possibii
(1) Belcaire Giovio Sc^. Spotidano.
fij Du-Mout Coips Diulomat.
^56 ANNALI d' ITALIA
era , d' intavolar la pace , si posarono 1' armi ',
e portossi il marchese del Vasto a baciar le
mani al re di Francia , dimorante in Carma-
gnola. E qui non si dee tacere un fatto d' esso
re , confessato dallo stesso Belcaire , e som-
mamente detestato dallo Spendano storico an-
ch' esso franzese , per cui resterà sempre de-
nis;rata la fama di chi ne' titoli Cristianissimo ,
tutt' altro ne' fatti si diede a conoscere. Cioè
cotanto era infiammato d' odio esso re Fran-
cesco I contra dell' Augusto Carlo V , che in
quest' anno spedì suoi oratori a Sohmano gran
Signore de' Turchi , per incitarlo a muovere
guerra in Italia. E volesse Dio che questo solo
esempio avesse dato la corte di Francia del
suo attaccamento al Turco in danno della Cri-
stianità. Presero i Turchi Castro in Puglia , di-
stante otto miglia da Otianto , e cominciarono
colle scorrerie ad infestar tulio quel paese,
Cagion poi fu la tregua suddetta che i Turchi
si ritirassero di là , dopo avere riempiuta di
terrore tutta V Italia , meiiaudo nondimeno seco
una gran copia ti' vufeliri Ciistiaiii in iscliiavilij.
Intanto si cominciò a maneggiar una lega fi'a
il papa, r iiTiperadore e i Veneziani, per re-
sistere al comiuie nemico, giacché egli poten-
tissimo per terra e per mare avca già comin-
ciata gueria contro la repuhhlii-a veneta , con
un lagrinicv ol sacco dato all' isola di Corfù ,
ed in Uiifflirria a\ea iiiferili gravissimi donni
a quella Cristianità.
ANWO MKXXXVIU 457
Annodi Cristo i538 Indizione XI.
di Paoio 111 pnpn 5.
di Carlo V. imperadore 20.
Lo straorrlinaiio apparato del Sultano de 1
Turchi Solimano contra de" confinanti regni
cristiani (i) , quel tu che indusse fintlniente
papa Paolo, Carlo iniperadore , Ferdinando suo
fratello re de' Romani e d' Ungheria , e i Ve-
neziani a stabilire una lega in lor difesa. Sì
obbligarono queste potenze a fare un arma-
mento di ducento galee , di cento navi , di
quaranta mila fanti , e di quattro mila e cin-
quecento cavalli tedeschi. Furono compartite a
rata le spese fra i contraenti ; Andrea Doria
creato capitan generale di sì potente flotta.
Non contento di ciò il pontefice, vedendo che
tante lettere ed ambasciate sue nulla avcano
sernto per condurre alla pace gli animi troppo
esacerbati dell' imperadore e del re di Fran-
cia , si lusingò che la presenza ed eloquenza
sua potesse ottener di gran bene alla Ciistia-
nità , cotanto allor conculcata da gli eretici , e
minacciata da i Turchi. Maneggiò pertanto un
abboccamento suo con que' due monarchi nella
città di Nizza in Provenza , dove convennero
ài ritrovarsi tutti e tre. Insorsero poscia delle
gravi discrepanze , perchè il pontefice richie-
deva in sua balia il castello d' essa città , ed
altrettanto pretendeano Cesare e il re Cristia-
nissimo ; e il duca di Savoia , padrone d' essa
(i) Raynald. Àonal. Eccl, Spondanus Annal. £ccl.
/J58 ANNALI d' ITALIA
città , non fidandosi né dell' uno ne dell' altro ,
si trovò in molto imbroglio. Si mosse da Roma
nel cQ 23 di marzo papa Paolo IH , e giunto
a Parma , fu con gran solennità accolto ; ma
insorta lite tra chi pretendeva la mula ponti-
fizia , si venne ad una barnOà tale , che il suo
mastro di stalla vi restò morto , e il papa con
tutti i cardinali spaventati scappò a nascon-
dersi in Duomo. Arrivato a Savona ^ e quivi
imbarcatosi , nel di 1 7 «li ma;;gio approdò a
Nizza. Curiosa non poco riuscì quella scena.
Non .solamente non potè entrare il papa nel
castello , ma ne pure nella stessa città. In ol-
tre , per qtjaito egli si studiasse , non potè
indurre al <lesiderato abboccamento Cailo V e
Francesco I. Trattò dunque separatamente esso
pontefice con ameudue. Il primo , venuto di
Spa-na a ViilatVanca, si portò a visitare il pa-
pa, alloggiato fuori di Nizza, dove sotto un
padiglione per uu' ora intera parlarono de' loro
aflari. Nel di 21 di maggio si abboccarono di
nuovo. Poscia nel di 2 di giugno , un miglio
di là da Nizza , si presentò al jiontefice il re
di Francia co i figli , e segui fra lor due un
lungo ragionamento. Tornò esso re ad un al-
tro congiesKO nel dì i3 dello stesso mese. Al
lodevolissiruo zelo del papa non venne fatto
di condurre ad accordo alcuno que' due mo-
narchi . creduti dalla genie savia per irrecon-
ciliiibili ; purt> tanto si aliatilo, cIm' gì' indusse
amendue a concliiudere nel di 18 di giugno (i)
una tregua di dieci anni fia loro , con che
(1) Du-Mont Coi'p* Dipluiuat.
ANiNO MDXXXVIII l\5(,)
restasse ognuno in possesso tli quel che aveano
pre50 : il che se dispiacesse al duca di Savoia,
divenuto bersaqlio di questi due potentati con-
tecdenti , ognun sei può innnaginare. E tanto
peggior divenne la sua condizione , perchè
l' iinperadore sdegnato per non aver esso duca
contro la promessa voluto concedere al papa
il castello di Nizza , volle dipoi tener guarni-
gione spagnuola in Asd , Vercelli e Fossano.
Parlò ancora premurosamente il pontefice della
tenuta dell' intimato concilio in Vicenza ; ma
ritrovò varie difficultà in que' monarchi ; laonde
convenne differirlo. Promosse eziandio viva-
mente presso il suddetto Augusto la guerra da
farsi contra il Turco, e ne riportò molte pro-
messe.
Questi al certo furono i veri motivi per li
quali papa Paolo , benché con tanti anni ad-
dosso, e mal provveduto anche di sanità, prese
a fare un viaggio sì lungo da Roma a Nizza.
Ma la gente maliziosa d' allora , ed altri ancora
dipoi si figurarono che lo sprone principale
del vecchio papa fosse i' ardente suo disio di
maggiormente ingrandire il figlio Pier-Luigi e
i nipoti. Né si può negare che in cuor suo
non avesse alte rachci questo affetto , familiare
a quasi tutti i papi di que' tenq)i corrotti. Pre-
tende Bernardo Segni (i) che uon fòsse te-
ìiiUa in quel secolo cosa degna cF itifaniia die
un pnpa avesse figliuoli bastardi , ne che cer-
casse per ogni via di farli ricc/ii e signori ;
anzi erano avuti per prudenti e per astuti e
(i) Segni lib, 8.
^^O ANNAM Ti' ITAUA
di buon giudizio pontefici tali. Ma è ben kcito
a noi eli credere die in ogni secolo e tempo,
nel tribunale de i buoni e de' veri amarori
della religione , queste fossero considerate per
giavi macchie in chi è prescplto per sì allo e
santo grado nella Chiesa di Dio. E benché il
primo neo non abbia impedito a taluno d' es-
sere egregio pontefice , e sia almen tollerabile
il secondo , quando si tenga fra i limiti della
moderazione ; pure 1' eccedere in questa pas-
sione sempre fu e seuipre sarà un abusarsi di
quella dignità che Dio per tutt' altro conferisce
a i ministri suoi. Ne abbiam veduto in addie-
tro de' perniciosi esempii. Quanto a papa Pao-
lo III , convien confessare che più al pubblico
bene della Chiesa e della repubblica cristiana,
che al nepotismo , in imprenilere qnel viaggio,
furono rivolte le sue mire ; il che chiaramente
apparisce da una Relazione stampata di Niccolò
Tiepolo ambasciator di Venezia. Ch' egli poi
pensasse seriamente ancora a prevalersi di tal
congiuntura per promuovere i vantaggi della
sua famiglia , il fatto lo dimostra. Allort-bè ac-
cadde la morte del duca Alessandro de;' Medi-
ci , Margherita d' Austria sua moglie , do[)0
aver fatto uno spoglio di tutte le gioie e del
meglio della casa de' Medici , ritirossi nella for-
tezza (li Firenze , occupata da Alessandro Vi-
telli. I)n 11 a qualche tempo passò a l'ralo ,
indi a Pisa , per aspellar gli ordini dell' Augu-
sto Carlo suo padre, ('ominciò di buon' ora
Cosimo de' Medici le sue praliclie alla corte
d'esso imperadore per otlenerla in moglie;
ma a questo mercato concorreva anche papa
ANNO MDXXXVnt ^6l
Paolo , e in Nizza otteime quanto volle. Pra»-
nipva piia a Cesare di mantenersi amico il
pontefice , che Cosimo ; e già a\ ea disegnato
qiial moglie avesse a darsi ai nuovo signor di
Fnei.ze. Fu dunque dall' imperadore piomessa
la figlia sua naturale ad Ottavio figlio di Pitr-
Liiigi Farnese ; né questo bastò ai pontefice ,
perchè impetrò ancora che T imperadore T in-
vestisse della città di Novara con titolo di
Marchese. Aggiungono alcuni che 1' accorto vec-
chio si fosse anche lusingato di poter indurre
in que' congressi T imperadore e il re cU Fran-
cia a concedere a persona neutrale il ducato
di Milano, per finir tutte le loro liti: il che
se gli riusciva, sperava appresso di far succe-
dere il figho in quel riguardevole Stato. Dicono
che anclie ne fece la proposizione , ma che
que' monarchi non si sentirono ispirazione al-
cuna di far questo sacrifizio. Di ciò tornerà
occasion di parlare.
Nel dì ig di giugno il re di Francia si
parti da" contorni di Nizza , e nel dì seguente
imbarcatosi il papa , ed acconip^nato dall' im-
peradore sino a Genova, continuò poi il viag-
gio, con arrivare a Roma nel di i4 ^i lugho.
Appresso dirizzò le prore verso Spagna TAu-
gusto Carlo ; ma sorpreso fla venti contrarj ,
fu forzato a ritirarsi alle isole di leres. Nou
volle entrare in Marsilia. Cresciuto poi il fu-
rore del vento, che disperse la sua flotta, e
lui stesso condusse in pericolo , andò atl appro-
dare ad Acquamorta. I\i eia con Leonora regina
sua moglie , e sorella dello stesso imjìeradore,
il re Francesco , il quale non ebbe dillicullà
463 ANNAU d" TTAT.IA
di passare in un battello alla galea d" esso
Angusto, con dirgli: Mio Fratello, eccomi per
la seconda volfa vostro prigione. L' abbracciò
Carlo , e mostrando anch' egli egual finezza, scese
dipoi a terra, e fu in ragionamenti stretti con esso
re , facendo comparire , siccome accortissimo
signore , il pia bel cuore del mondo , e buona
intenzione d'accomodarsi : il che diede spe-
ranza ad ognuno di pace, fuorché a papa
Paolo , il quale avea abbastanza scandagliato
r interno dello stesso impera Jore. Passò dipoi
esso Augusto in Ispagna , e attese alla guerra
contro il Turco. Intorno a questa io non dirò
altro, se non che non fu fatto quel magnifico arma-
mento che per li capitoh della lega si dovea :
pure Andrea Doria con una fiorita armata na-
vale si congiunse colle forze de' Veneziani ,
del papa e de' cavalieri di Malta , e formò uno
stuolo di cento e trenta quattro galee , settanta
navi grosse ed altri na\ igli minoii. Da più se-
coh non s' era veduto un sì forte armamento
in mare, ed ognuno ne pre(hceva meraviglie.
Ma il Doria , quando venne il tempo della
battaglia , con perpetuo suo scorno si riti-
rò , lasciando esposti i Veneziani al furore del
Barbarossa , con perder essi due galee , ed
aver come miracolosamente salvalo a Corfii il
lor galeone, che facea acqua da tutte le ban-
de. Hiouperò poi il Barbarossa nelP anno se-
guente; Castelniiovo , con mettere a fil di spada
quattro mila lauti spagnuoli veterani, lasciati ivi
di presidio: il che |)iù sonoramente accrebbe
le mormorazioni conlra del Doria. Scuse , o
giustificazioni si recarono della sua condotta^
AN\0 MPXVXVIII 4^53
che qui non impoita riferire. Fu in pericolo
di perdersi nelF anno presente anche la Go-
letta in AfTiica , restata in potere dell' impera-
dore ; e ciò perchè sei mila fanti spagnuoli
quivi di guarnigione, per mancanza di paghe,
si anuiiutinjirono . e convenne conduine la
maggior parte in Sicilia , do\ e , din andò la lor
sedizione , commisero de' gra\ i danni e spogli
di qui,'' Cristiani nazionali. Don Ferrante Gon-
zaga , viceré d' essa Sioijia , non ehbe altra
via per metterli in dovere , che di ricorrere
all'inganno. Cioè colle più forti promesse, au-
tenticate da solenni giuramenti , prestati da-
vanti al sacro altare , impegnò il perdono per
cadaun d' essi. .Ma d.i che gli ebbe separati e
sbandati , a poco a poco fatti pigliare i lor ca-
pi , e moltissimi de gli stessi soldati , barbara-
mente contro la fede data , e conculcala la re-
ligione d' essi giiu amenti , fece impiccare : cosa
di eterna infamia per lui, e che gh tirò ad-
dosso l' odio di tutta la nazione spagnuola.
Mancò di vita nel dì 28 di dicembre del-
l' anno presente Andrea Gritti doge di Vene-
zia , celebre per la sua |irudi nza e per le sue
militari imprese , ed ebbe per successore Pie-
tro Laudo , eletto nel di 20 di gennaio del-
l' anno seguente. Parimente terminò i suoi
giorni nel dì primo d' ottobre Francesco Maria
della Rovere duca d' Urbino , mentre si tro-
vava in Pesaro , con lasciar dopo di sé ima
gloriosa memoria per le sue azioni. Secondo
il Sardi (i), morì egli di veleno, datogli 9d
(i) Alessandro Sardi , Storie MSte,
J^6i ANNAT.t D ITALIA
islaiiza di Lui^i Guiii:aga, sopranominato Ro=
doniontP. Il Giovio parla delio stesso veleno ,
ma senza attnitarsi di palesarne 1' autore, ben-
cliè ilic-i ciie risultasse dal processo e dalla
confessione chi fosse il reo, lasciando sospetto
CI nitro di chi aspirava al dominio di Camerino.
Già diceuiino ciie conlio il volere e le pre-
tensioni della curia romana s'era messo in
posspssi) del ducalo di Camerino Guidubaldo
fij^lio del suddetto duca d'Urbino, il quale fin
qui vi si seppe mantenere contro 1' armi del
papa colla ri|)utazione del valoroso suo padre ;
e mjiti) più p'M' la protezion de' Veneziani ,
d''' quali esso duca Francesco Maria era gene-
rale. vJa mancato di vita suo padre , e cessata
r assislpuza della repubbhca veneta , il ponte-
fice , che nell'anno addutro avea con contra-
cambio d' altri beni indotto Ercole Varano a
cedere le sue ragioni sopra Camerino ad Ot-
tavio Farnese suo nipote , non tardò a farle
vatere, iu> laudo Stefano Colonna , o pure Ales-
sandro Vitelli, come altri vogliono, coli' e-
sercito poutifizio contro quella citth. Tuttoché
fssa liissc ben forte , pure il nuovo duca Gui-
dubaldo conoscendo di non potersi quivi man-
tei umt , e teiueuilo in oltre di perdere anche
il lineato d' Urbino , venne poi nell' anno se-
guente a concordia col papa , e gli rilasciò
quella città e il suo ducato , di cui egli non
tiidò ad investire il suddetto suo nipote Ot-
ta\ io. Nel dì tre di novembre entrò in Roma
Margherita d'.Vusfria , destinala i/i moglie ad
esso Ottavio , il (juale era allora in rlJ> sola-
mente di quindici anni, cUcliiaialo pretello di
ANNO MDXXXVTII ^65
Roma. Si celebrarono quelle nozze con gran
siintuosilà , feste ed allegrezze. Confessò il papa
d' a\ ere avuto in dote trecento mila scudi d' o-
ro; ma non si sa qual banchiere glieli con-
disse. Racconta il Segni che questa principessa
si tiovò su i principi malcontenta di un tal
maritaggio , e che essendo ita a Castro e Ne-
pi, disse che la piiì vii terricciuola del duca
Alessandro suo primo marito valeva piià di
Castro, e di quanto avea casa Farnese. A i
motivi dunque del pontefice di sempre più in-
grandir la sua casa si dovette aggiugnere ancor
questo. Cosa mirabile avvenne nel dì 29 di
settembre (U quest'anno (i). Fra il poito di
Baia e di Pozzuolo apertosi il terreno , comin-
ciò a vomitar fuoco , sassi , fimio e cenere ,
che portata per aria si stese più di cento cin-
quanta miglia verso la Calabria , e ne fu co-
perta tutta la città di Napoli. Cagionò questo
jiuovo volcano tremuoti per otto giorni. Resta-
rono inceneriti tutti gli alberi , spianati gli edi-
fìzj , e desolato un gran tratto di paese, pieno
dianzi di amene sehe di, agrumi e d' altri frut-
ti. Della vomitata materia fetente di zolfo si
formò air intorno dì quella bocca un monte , alto
più d'un miglio di circuito al piano di quattro
miglia, occupante i Bagni delle Trepergole, e
gran parie del Lago Averno e del Lucrino. Non
avrei arthlo di scrivere tanta altezza ^i quel
monte , sembrando a me un' iperbole , se non
ne tacesse fede anche Alessandro Sardi (a)
(i) Summonte.
(9.) Snrili , Storia MS.
MuiUToiii. f^ul. XIV. 3o
40)5 AìN'NALI d" itaua
sloiico contemporaneo. Furono in quest'anni?
da papa Paolo con sua gran lode ca-eati cardi-
nali due insigni letterati italiani , cioè Giro-
lamo Aleandro e Pietro Bembo.
^nno di Cristo iSSg. Indizione XI I.
di Paolo 111 papa b.
di Carlo V imperadore 21.
A ragion della tregua stabilita fra Carlo im-
peradore e Francesco re di Francia , si godè
in quest'anno una felice quiete per 1' Italia.
Intanto i Veneziani , dopo la pruova fatta del
poco capitale cbe potea farsi de gli aiuti del-
l' imperadore contro il Turco , scorgendo sé
soli rimasti in ballo , ed esposti alla straordi-
naria potenza di Solimano, cominciarono a
trattar seco di pace. A questo fine nel marzo
dell' anno presente ottennero da lui una tregua
di tre mesi , Ja qual fu anche dipoi prorogata.
Non furono ascosi all' imperadore e al re di
Francia questi negoziali del senato veneto col
tiianno d' Oriente ; e però anu-ndue ( verisimil-
mentc non per vera voglia di guerreggiar
centra de gl'Infedeli , e molto meno il re Fran-
cesco I amico d' essi , ma per comparire plesso
la gente credula zelanti del bene della Cristia-
nità) liei dicembre di quest'anno spedirono a
Venezia i loro ambascialori , cioè Cesare il
piarcliese del Vasto , e il re il maresciallo di
Anncbò , per esortar (juel senato a desistere
dalla pace con esso Tiiico , con far loro spe-
rare de' pos.senli soccorsi. Ma gli avveduti e
saggi Veneziani, clic sajx ano <|ual di\aiio jiassi
ANNO !MDXXXIX ^6'J
fra parole e fatti, grandi onori bensì fecero a
que'regj ministri ,^ e tennero più conferenze
"con essi ; ma in fine trovando troppo allignata
la discordia fra qiie' due niunarclii , li riman-
darono ben corrisposti d'altrettante belle pa-
role , e senza conclusione alcuna. Determinarono
poscia di cercar pace col Sultano a qualunque
condizione. Mancò di vita in quest' anno nel
dì primo di maggio l'imperatrice Isabella : per-
dita per cui fu inconsolabile l' impera, loi- Car-
lo V suo marito , che molto V amava. Già di-
cemmo negata da Cesare a Cosimo de' Medici
la figlia Margherita , per darla ad Ottavio Far-
nese. Premendogli nondimeno di tenerselo
amico , r avea nell' anno addietro confermato
signore e duca di Firenze: *con che Cosimo
cominciò ad esercitare un pieno dominio in
quelle contrade. E perciocché, siccome signore
di molta avvedutezza , si voleva in tutto mo-
strar dipendente da esso imperatlore por più
ragioni , e massimamente per essere tuttavia iu
man de gli Spagnuoli le cittadelle cU Firenze
e di Livorno , lasciò ancora all' elezione di lui
il destinargli una mogHe. Dall'Augusto fu dun-
que prescelta donna Leonora figlia di don Pie-
tro lU Toledo viceré di Napoli. Mandò il duca
Cosimo a prenderla, e giunta nel dì 22 di
marzo a Livorno, la condusse con gran pompa
a Firenze , dove suntuosaraente furono cele-
brate le sue nozze.
Nell'autunno di rpiest'anno scoppiò in Fian-
dra la ribellione della città di Gante, originata
da i troppi aggrav j nuovamente imposti da i
ministri cesarci. Mi sia lecito lo scorrere colla
468 ANNALI d' tTAlJA
penna colà, perchè gli affari d'Italia anelavano
conj^iunti con quei di chi ne era iniperadore
e ci possedeva tanti Stati. Nulla curando il po-
polo di Gante il pregio d' essere lo stesso Au-
gusto Carlo uscito alla luce nella loro città ,
prese 1' arme , uccise o cacciò quanti ministri
v'erano dell' imperadore. Ne solamente fece ri-
corso per aiuto al re di Francia , ma si diede
anche ad attizzar l' altre provincie , allineile
scuotessero il pesante giogo de gli Spagnuoli.
Portatone il disgustoso awiso a Cesare, di-
morante allora in Ispagna, conobbe egli tosto
essere necessaria la pronta sua presenza in
quelle pai ti per ispegnere il nato fuoco , o per
trattenerlo che nou si dilatasse. V'ha chi scri-
ve, aver egli diseienato di passare in Italia per
mare, e poi per la Germania trasfeiirsi in Fian-
dra ; e che Francesco re di Francia , ciò in-
teso , gli esibisse il libero passaggio a quella
volta pel suo regno. Altri poi , e con più fon-
damento, sostengono che Carlo, ben conoscente
del generoso animo di?! re Cristianissimo, fa-
cesse n)ancggi per inq)ctiare il sicuro transito
per la Francia: al (jual line indtjrò la richiesta
con isperanze di terminar le pendenze sue con
esso re. Aggiungono i politici , proccurato da
lui princi]ìalni('nte (|ueslo passaggio , acciocché
i Fiamminghi , al mirar la buona armonia che
passava fra Ini e il re di Francia, cessassero
di lwsingar\, che esso re condiscciulesse a pren-
dere lo lor proiezione conira dello stesso im-
peradore. l'aitilo dunque di Spagna l'Augusto
monarca, e rictnulo «lai figlio minore del le
con imiiicnso onore a i conliui della Francia,
ANNO jinxxxix 4^^
e posci.i dal Delfino e dal re. stesso , sul fine
deir anno arrivò a Fontanablò , dove il lasce-
remo. Allorcliè giunse a Roma la nuova del-
l'ablioccaincnto che avea da seguire di quei
due monarclii , non fu pigro papa Paolo a de-
stinare un legato verso Cesare , col pretesto di
condolersi seco della morte delF imperadrice ,
ma singolarmente per proccurar la pace e ve-
gliare a gì' interessi della Chiesa , dello Stato
Ponlifizio e della casa Farnese : perciocché si
credeva allora da gì" indo\ ini de' gabinetti prin-
cipeschi che il pontefice amoreggiasse Siena ,
o pure il ducato di Milano , siccome di sopra
avvertimmo. Scelto fu nel giorno 24 di no-
vembre per la suddetta legazione Alessandro
cardinal Farnese suo nipote , giovane di circa
dicinove anni , ma di soa\issimi costumi, di ec-
cellente ingegno e di grandissima espettazione ,
come lasciò scritto Alessandro Sardi , con cui
vanno d" accordo gli altri scrittori di questi e
de' susseguenti tempi.
y^nno di Cristo i54o. Indizione XIII,
di Paolo III papa -j.
di Carlo V unperadoi-e 22.
Nel pr|imo giorno del presente anno (i) en^
trò Carlo imperadore come in trionfo nella
real città di Parigi , accompagnato dal re Fran-
cesco , da' suoi figli , e da tutta la magnifica
sua- corte. In tal congiuntura , incredibile fu il
(«) Belcaire. Spondano. Adriani. Giovio. Segni
/Jro ANNALI d' ITALIA
concorso di nobili e popolo, non solo di Fran-
cia , ma anche di Spagna e d' Italia , in ma-
niera die quantiuKjue sì vasta anche allora
fosse quella metropoli j pure si trovava per
tutte le strade così gian calca d' uomini e ca-
valli , che alcuni per la folla vi perderono la
vita. Non lasciò indietro il re Cristianissi'-uo
sorta alcuna di divertimenti, come convili, gio-
stre , tornei ed altri spettacoli , tutti fatti con
somma magnlficrnza e spesa , per far onore a
sì grand'ospite. Tenne l' imperadore de i se-
greti e lunghi ragionamenti col re e co' suoi
ministri ; nel che pareano divenuti due fratelli
que' possenti monarchi. Carlo V , da quelf ac-
eortissitno principe ch'era, incantò ognuno con
belle parole di voler cedere lo Stato di Milano
ad uno de' figli del re , ma con riserbarsi il
compimento di così generose promesse ( fatte
nondimeno solamente in voce) dappoiché fosse
sbrigato dall' impresa di Gante. Allorché que-
sta fu finita , sparirono quelle sì amichevoli
intenzioni della Maestà Sua , venendo sempre
più ad apparire che nell' Augusto Carlo per
mezzo della madre era passato l'ingegno di
Ferdinando il ChIIoIìco , il quale osservava la
fede solamente a misura dell' utile suo. Perlo-
che trovanflosi il re Francesco oltremodo de-
hiso , «d altro non pensò da lì innanzi che a
nuocergli , e a muo\ er guerra a i di lui regni.
Arrivato l'imperadore a Brusselics, si a|)plicò
Inllo alle maniere di gnsligar i Gantesi ; al qual
fine launò alcune migliaia di fanti tedesj-hi e
cavalli borgognoni Allora fu che il popolo di
Gante, giacché era venula meno ogni speranza
ANNO MDXt 4/*
di soccorso flalla jìarte de' Franzesi , nò si tro-
vavano ili islalo da poterla durare coiitra del
pot(Mite sovrano , spedirono inviati a chieder
misoricoi'dia , facendogli anche sapere che tro-
verebbe aperte le porte della città , ed ogni
persona ubbidiente a' suoi cenni. Intanto alcuni
de' più colpevoli, conoscendo che l'aria d'In-
ghilterra sarebbe più salutevole per loro , colà
si rifugiarono. Ito poscia Cesare a Gante colle
sue schiere , armato vi entrò , fece tagliare il
capo a nove di que' cittadini , e da lì a qual-
che tempo a molti altri , con privar la città di
tutti i suoi privilegi, ed obbligar la cittadinanza
a fabbricar ivi alle sue spese una fortezza : al
qiial lavoro destinò Carlo per presidente Gian-
Giacomo de" Medici marchese di Mariguano ,
che ogni dì più facea progressi nella grazia di
lui. Questa esempio di sevvrità fece che tutti
i Paesi Bassi col capo chino pagassero e sof-
ferissero fla lì innanzi qualsivoglia gravezza loro
imposta. Ed appunto osserva il Segni che que-
sto imperadore con mostra di gran religione e
giustizia aggravava poi smisuratamente di tri-
buti i suoi popoli di Fiandra, Milano, Napoli
e Sicilia; e che i governatori suoi cavavano il
cuore a i suddetti con esorbitanti aggravj : del
clic non si allegava esempio simile di crudeltà
sotto i precedenti p frcipi. Che libri di reli-
gione leggesse questo monarca , non vel saprei
dire. Di questa sfigurata religione viene accu-
sato da esso Segni anche Cosimo de' Medici ,
novello duca di Firenze.
Sembrò ad alcuni che di questa maligna in-
Huenza partecipasse alquanto eziandio lo stesso
4'*2 ANNALI d' ITAUA
pontefice Paolo IH. Oltre ad altre gravezze da
lui imposte a i popoli della Chiesa e al clero
d'Italia, mise nel presente anno un dazio so-
pra il sale , che increbbe mollo a i suoi sud-
pili. In Ravenna insoise per (juesto qualche
tumulto, ma di poca durata. All'incontro i Pe-
rugini pazzamente dato di piglio all'armi , pro-
- ruppero in un'aperta ribellione. Per metterli in
dovere raunò il papa otto mila fanti italiani j
quattro mila Spagnuoli ottenne da Napoli ; ed
aggiuntixi ottocento Tedeschi, fece marciar
questa gente addosso a Perugia sollo il co-
mando di Pier-Luigi suo figlio e di Alessan-
dro Vitelli. Le principali prodezze di costoro
si ridussero a bruciare il bello e frullif'ero paese
intorno a quella città , non meritando nome
alcune picciole scaramuccie seguile fra essi e
i Perugini. Questi aveano chiamato alla lor di-
fesa Ridolfo Baglione , e confidavano forte che
il duca di Firenze Cosimo , siccome principe
«lisgustalo per non poche ragioni ilei papa, ac-
correrebbe in loro aiuto. Ma fallito questo lor
disegno, trovandosi sprov\ eduli d'ogni cosa
necessaria alla difesa , mandarono a trattar di
concordia. Altro non otiemiero , se non che il
papa li volle a discrezione. Entrativi i ministri
e soldati fionfifizj , per non essere da meno
di Cesare in gasligare ^Gantesi^ fecero deca-
pitare sei di que' gcnliluomini ; dieci altri ne
mand.irono a' confini ; e spoglialo d' armi il po-
polo , e d' ogni autorità e privilegio quel Co-
mune, ordinarono che alle .spese loro si pian-
tasse una finitezza nella citlii , conijìiendcndo
in essa i palagi de' nobili Baglioni. lUmascro
ANNO MnXI. 473
per questo boa uniiliafi i Perugini ; ma non
si dee lacere che tredici anni dappoi papa
Giulio m restituì loro i magistrati e gli onori
con ridurre quella città al reggimento come
era prima. Terminata questa festa , ad un' altia
si diede principio ; perchè i Colonnesi , capo
de' quali era Ascanio Colonna , ricalcitrarono
airaccreseiuto prezzo del sale. Però papa Paolo,
che anche seiiza di questo mirava di mal oc-
chio quella nobile e potente casa , siicome
quella che avea in altri tempi fatta fronte a i
suoi predecessori , mosse lor guerra con un
esercito di dieci mila persone. Ma perchè que-
st'altra scena più ])recisamente appartiene al-
l' anno prossimo . allora ne parleremo.
Seriamente intanto avea trattato Luigi Ba-
doero , ambasciator de' Veneziani a Costanti-
nopoli , di far pace colla Porta Ottomana , e
gli convenne conchiuderla non come egli volle,
ma come pretese Solimano (i). Fu obbHgato
il senato veneto a cedere al Turco Napoli di
Romania e Malvasia nella Morea, due terre di
glande importanza , e di pagare trecento mila
scudi ti' oro nel termine di tre anni. Il trovarsi
abbandonata quella repubblica da chi le dovea
dar braccio contro le troppo superiori forze
della potenza turchesca , l' indusse ad accet-
tar si dina legge. Giunta a Venezia la nuova,
di questa svantaggiosa pace nel di 27 d' a-
prile , grande strepito . fiere mormorazioni si
suscitarono coutra del Badoero , che a tanto
(i) Andr. Maiuocenus. Alessandro Saidi. Segni <!d
altri.
4 "4 ANNALI d' ITALIA
prezzo 1' avesse comperata. Era in pericolo la
sua vita , non die la sua fama per questo ;
ma si venne col tempo a scoprire lUì tradi-
mento . cosa rara in quella saggia e sì ben re-
golata repubblica. Dimorava in Venezia Anto-
nio Rincone , ambasciatore di Francia : e sic-
come il re Francesco , non senza infamia del
suo nome, teneva con Solimano non solo stretta
amicizia , ma ancbe ima spezie di lega j così
il ministro suo andava spiando tutto ciò che po-
teva essere di vantaggio al Turco. Venne costui
a scoprire per mezzo di Costantino e Niccolò
Gavazza j segretarj della repubblica , e di al-
cuni altri gentiluomini veneti , avere il consi-
glio accordato segretamente al Badoero di po-
ter cedere , se così portasse il bisogno , le
suddette due città , o , per dir meglio , la Mo-
rea ; e fecelo il Rincone suddetto sapere a So-
liniano. Però allorché V ambasciatore veneto
affermò di non aver ordine dalla repubblica di
far quella cessione , Solimano il trattò da bu-
giardo e sleale , e stette saldo in voler quelle
due città. Leggesi presso il Du-Mont (i) Io
strumento di (juesta pace, fallo nel dì 20 di
ottobre dclTanuo presente. Furono poi da lì
a molto tempo scoperti in Venezia i traditori j
e coli' ultiuió supplizio gasligati alciuii d' e.s.si ,
e gli altri si sollrassero alla giustizia col fug-
girsene in Fiancia. Venne anche licenziato il
mouzioualo Riiicoue . come jxMsoua che si abu-
sava della sua autorità in daiuKi della repub*
blica. Trovavasi in questi tempi a Messina
fi) Du-Mout Corps Diplomnt
ANNO MDXT. 4/5
Andrea Doria principe di Melfi con cinquanta
cinque galee, andando in traccia de^ corsari ^ri-
cani. Pervenutogli l'avviso che Dragut Rais, fa-
moso corsaro , subordinato al Barbaiossa , an-
da\a in corso contro i Cristiani, spedi Gianneltino
Doria ^ aloroso nipote suo con ventuna galee e
una fregata a cercarlo. Trovò egli avere il cor-
saro furiosamente dato il sacco a Capraia, me-
nato più di seicento anime in iscl)ia\itij , ed
essere passato ad infestare i lidi della Corsica. Il
raggiunse Giannettino , il combattè, e fatto ac-
quisto di molti de' suoi legni , prigione fra gli
altri ebbe lo stesso Dragut, che fu messo alla
catena e al remo. Tornossene il viltoiioso Do-
ria a Messina , e presentò costui al principe
suo zio, cbe datone l'avviso all'imperadore,
ncevette per risposta , cbe Sua Maestà il do-
nava a lui. Rimise poi Andrea Doria questo
mal arnese in libertà , con fargli pagare una
grossa taglia , ma con guadagnare eziandio un
biasimo non lieve presso de' Cristiani-, percioc-
ché Dragut divenne piij implacabil persecutore
de' medesimi , e cagionò loro da lì innanzi de
i gravissimi danni. Stando l'Augusto monarca
in Brusselles nel dì ii d'ottobre dell'anno
presente , investì il principe don Filippo figlio
suo del ducato di Milano , come rosta dal di-
ploma rapportato dal Du-Mont. Nel dì 28 di
giugno ( altri scrivono nel giorno ottavo d' a-
prile ) mancò di vita Federigo II duca primo
di Mantova , con lasciar dopo di sé France-
sco III primogenito , cbe a lui succedette nel
ducato ; Guglielmo , che dopo Francesco re-
gnò; Lodovico, che passato in Francia divenne
i|r5 ANNALI I)' ITAMA
poi duca ili Nevers ; e Federico , clic fu poi
cardinale. Erano tutti questi figli in età pupil-
lare ; e però il cardinale Ercole loro zio colla
duchessa Margherita prese il governo di quegli
Slati.
Aimo di Cristo i54i. Indizione XIV.
di Paolo III papa 8.
di Carlo V imperadore 23.
La guerra fra papa Paolo ed Ascanio Co-
lonna diede in questi tempi pascolo a i cac-
ciatori di nuove. Andò T esercito pontifizio ,
comandato da Pier-Luigi Farnese , a mettere il
campo a Fiocca di Papa , e cominciò a bat-
terla colle artiglierie. Trovavasi allora Ascanio
a Ginazzano, ed avendo inviato alquante schiere
in soccorso di quella terra , ebbe la mala ven-
tura , perchè rotte le sue genti, in gran parte
rimasero uccise o prigioniere. Perciò da lì a
qualche tempo quella rocca capitolò la resa.
Passarono 1" armi pontifizie sotto Palliano , e vi
trovarono alla difesa Fabio Colonna con un
grosso presidio di mille e cin{|U(!Cpnto fanti ,
elle (osto usciti fuori , tlicdero il l)(>n ^'emlto
a i Papalini , uccidendo i i)ufali die tiravano
le artiglierie , e poco mancò che queste non
inchiodassero. Furono falle molle azioni sotlo
quella terra e sotto Ceciliano . a cui nello stesso
tempo fu posto V assedio. Dopo gi'an tempo
s' iinpadroni il l'^^■Mes(• di Palliano e della sua
riHadella , di Ceciliano , Ruviano , e (P ogni
altro castello posseduto da Ascanio Colonna
in quel della Chiosa. Furono d' ordine de^
ANNO MD\T,T 477
papa smantellate da' tondanienli le loro fortez-
ze ; nel ((iial lenijio tanto il viceré di Napoli,
quanto V iinperadore , della cui protezione go-
devano i Colonuesi , con lutto il de.sidei io di
dar loro aiuto , nulla si attentarono di lare in
lor favore , per non inimicarsi il papa. Intanto
Carlo Augusto dalla Fiandra passò in Germa-
nia , per quetar , se potea , i torbidi funestis-
simi della religione, e per disporre nn buon
argine alla guerra che veniva minacciala dal
Sultano de' Turchi all' Ungheria. Per conto
della religione niun vantaggio se ne ricavò.
Fece nuove premure il legato pontifizio per la,
celebrazione di un concilio generale , desiderato
sommamente anche dall' injperadoie ; lua per-
chè insorsero discrepanze intorno al luogo ,
bramandolo il papa in Italia , e gli altri in Ger-
mania , intorno a <pieslo importante punto nulla
per alloia si conchiuse. Quanìo all' Ungheria ,
mandò bensì il re Ferdinando 1' esercito suo
air assedio di Buda , occupata dalla regina ve-
dova, del fu re Giovanni, ma ne riportò una
considerabil rolla dall' armata di Solimano , che
in persona accorse colà , ed appresso s' impa-
dronì della stessa città di Buda , capitale di
quel regno.
Ora r iniperador Carlo , tuttoché paresse
lìeces.saria la presenza sua in quelle parti , esi-
gendola i bisogni della Cristianità, cotanto mal-
menala da i Turchi ; pure , siccome avido di
gloria , avendo disegnato un' altra impresa ,
s' incamminò alla volta d' Italia. Cioè si era
messo in animo di far guerra ad Algieri , gran
nido di corsari e sede del forniidubil Barharossa
/j-jS ANNALI d'itALU
clie tenea tanto inquiete le coste del Medi-
terraneo cristiano , e massimamente la Spa-
gna. A questo fine aveva egli approntata una
poderosissima flotta in Ispagna e in Italia sotto
il comando di Andrea Doria. Calò dunque Ce-
sare nel mese d'agosto a Trento, dose fu ad
inchinarlo il marciiese del Vasto colla nobiltà
milanese . e comparve ancora a fargli riverenza
Ercole n duca di Ferrara , ed Ottavio Farnese
dnca di Camerino. Passato a Milano . fu in
quella città accolto con ogni possibii onore e
magnificenza. Altrettanto fecero i Genovesi , al-
lorché pervenne alla loro città. Erasi già con-
certato un abboccamento da tenersi tra il papa
ed esso Augusto in Lucca ; però il pontefice
si mosse da Roma nel (fi aj di settenibie,
senza far caso de' medici , che gli sconsiglia-
vano questo viaggio per li pericolosi caldi della
stagione , e per la sua liojipo avanzai» età. Ma
prevalse in lui la premura di levar le dilficullà
insorte poi concilio generale, e d' impedire una
nuova guerra che già si presentiva aversi a
desiare dal re Francesco conlra d' esso irnpe-
radore. Imperocché nianipolauflo sempre il re
franzese le manieie di sminuire la potenza
Austrìaca , e mantenenrlo perciò non senza
discrr'dito suo una stretta corrispondenza ed
amicizia con Solimano iuipcradorc; de' l'urchi ,
avea nel precedente luglio messo in viaggio
due suoi oiatori alla Porla Olloiuana , cioè
Antonio Iliurone Sj)agnuolo , che bandito dalla
patria , era pas.sato molto tempo prima al suo
servigio, ed inxiattì a ("()st:inlini>pi>li era stato
ben veduto dal Sultano. Ui t;oslui e delle suo
ANN'O MTIXT.I 4, 9
tifino in Venezia parlammo di sopra. Il Kin-
cone adunque con Cesare Fregoso, confidando
nella tregua che tuttavia durava fra Carlo V e
Francesco I , venuto in Italia , s' imbarcò sul
fiume Po , meditando di passare a Venezia.
Per quanto gli dicesse il Fregoso, che trovan-
dosi egli dichiarato ribelle dell' imperadore ,
non era compreso nella tregua ; e poter senza
pena essere secondo le leggi ucciso da chi-
chessia ; pure si ostinò in quel viaggio. Arri-
vati che furono il Rincone e il Fngoso alla
sboccatura del Ticino , eccoti sopragiugnere
gente incognita in barca , che li colse amen-
due e poi li trucidò. Fortunatamente un' altra
barca , dove era il segretario del Rincone colle
istruzioni , si salvò a Piacenza. A tale avviso
montò nelle furie il re Francesco , e imputando
al maixhesc del Vasto la lor cattura e morte ,
pretese rotta la ticgua , e contravenuto al di-
ritto delle genti.
Arri\ò nel dì <S di settembre papa Paolo a
Lucca , e nel di dieci vi fece la sua entrala
anche l' Augusto Carlo , che tenne poi varie
conferenze colla Santità Sua. Osserva il Segui
che Carlo portava una cappa di panno nero ,
un saio simile senza alcun fornimento , e iu
capo un capj)elluccio di feltro , e stivali in
gamba , coprendo con qiiest' abito semplicis-
simo un' ambizion superiore a quella d' Ottavio
Augusto monarca del mondo. Al corteggio di
Sua Maestà si trovarono i duchi di Fenara e
di Firenze j e perciocché il piimo prese la
mano sul secondo , col toni|io insorsero liti di
precedenza tra AU'uuso 11 iluca di Fenara e lo
48o ANTVALI d' ITALIA
stesso Cosimo , che servirono di passatempo
9 i politici , e eli scandalo presso d' altri. Si
trattò in Lucca del concilio j e sebben piìi
d' uno lasciò scritto che ivi si determinò di
tenerlo in Trento , pure il Rinaldi anuahsta
pontifizio con buoni documenti ci assicura che
niuna determinazione fu presa allora intorno
al luogo. Vi si parlò ili lega contra il Turco ,
e di conservar la pace ; ma colà giunto il si-
gnor di Moni ambasciator franzese , alla pre-
senza del papa richiese i suoi due presi ora-
toli ( che non erano già in vita ), e giustizia
contro il marchese del Vasto. Tanto V impe-
radore che il marchese stettero saldi in negar
d'essere autori o consapevoli del fatto: il per-
chè maggiormente adirato il re di Francia ,
fece ritenere in Lione Giorgio d'Austiia, arci-
vescovo di Valenza e vescovo di Liegi. Quindi
acciecalo dallo spirito di vendetta, contrasse
lega co i re di Svezia e Danimarca , e con al-
tri principi tutti erotici ; e sempre più strinse
r amicizia con Solimano (ìran Signore a' danni
dell' imperadore. Ancor qui vien preteso che
ne pur trascurasse il buon pontefice in questa
occasione di proccurare i vantaggi della pro-
pria casa j con proporre a Cesare , che quando
a lui non piacesse di .soddisfaie alle richieste
del re Cristianissimo , con (-edergli il ducalo
di Milano , si conipiacesse di metterlo almeno
in deposito nelle mani del duca Ottavio Far-
nese , nipote d' esso pajia , e genero del me-
desimo Augusto; il quale , fuichè fossero decise
le controversie fra la Maestì» Sua e il re di
Francia , pagherebbe censo ^ e lo renderebbe
ANNO MDXLt 4^1
poi a chi fosse di dovere. Se questo ri-
piego riusciva ali' accorto poiitelice , sperava
ben egli che di quei deposito o tardi o
non mai si sarebbe veduto il fine. Glie V ini-
peradore non rigettasse atfatto la proposizio-
ne , si rende non inverisimile da quanto di-
remo altrove.
AtVaticossi poi il papa, miito ad Andrea Bo-
ria e ad altri generali cesarei , per dissuadere
a Carlo V l'impresa d'Algieri, siccome troppo
pericolosa per la stagione a\anzata , in cui
suole im[)erversare il mare 5 ma non si lasciò
egli smuovere punto , forse ciedemlo di avere
sposata la fortuna , che certo lìn qui gli si
era mostrata mollo propizia ; ma ebbe bene a
pentirsene da h a non molto. Non più di tre
giorni si fermò egli in Lucca , e passato al
Golfo della Spezia , di là spiego le vele alla
volta di .M liorica , per ivi far V unione di tutto
il suo potente stuolo , dove s'era imbarcata
numerosa liintcria italiana, spagnuola e tede-
sca , con uu rinforzo di cavalleria. Non potè
sarpar le ancore se non il dì 18 d'ottobre,
tempo disfavorevole alle imprese di mare in
paese nemico. Arrivato sotto Algieri , diede
principio air assedio col fracasso delle artiglie-
rie. Ma ceco nel eh 25 d' ottobre sorgere un
vento di tramontana sì fiero, che conquassò ben
cento e trenta legni de' Cristiani. Rupperonsi
molti di essi ; e chi non peiì nel mare , fug-
gendo a terra , trovava la morte per lì Mori
posti alla guardia de' lidi. Restò 1' esercito ce-
sareo sotto Algieri senza vettovaglie, senza pa-
glia pe' cavalh , senza fuoco, perchè combattuto
MURATORI. Fol. ,Yir. 3r
482 A?TOALI d' ITALIA
da una dirotta pioggia e dal fiiriosissinio vento.
Forza dunque fu di levare il campo , e d' im-
barcare , come si potè , la gente nelle s;a!ee
e navi che non erano pei ite ; e perchè luogo
non restava a' bei cavalli di Spagna . parte de i
quali avea spr\ ito di cibo alle affamate solda-
tesche , se ne fece un macello. Molti poi di
questi legni, tuttavia perseguitati dalla temj)esta,
colle genti che vi erano sopra, rimasero preda
dell'onde. Gli altri sbandati , chi alla .Spezia, chi
a Livorno e chi alle spiaggie di Spagna approda-
rono. Ridottosi r iniperadore a Bugia , porto
dell' Afiica mal sicuro , colle galee ili Spagna
ed altre navi , fu per la continuata fierezza
del mare costretto a fermarsi ivi per venti-
cii qiie giorni, dove anche si fracassarono al-
cune sue galee ; e finché \enuto un po' di
bonaccia , s'imbarrò : ma rispinln di nuovo co-
là , finalmente nel ili 28 di nov embrc fece vela
verso la Spagna , e a dì Ire di dicembre prese
porto a Carlageiia , portando seco una memo-
ria indelehilo di sì grave sciagura che fece
tanto strepito per tutta 1' Europa , e insieme
la gloria d' av er mosliato nn costante ed eroico
animo in (ulta quella lagrimevolc occasione :
gastigo della sua testardaggine , o troppa fiducia
della sua fortuna.
ylnno di Giusto i54:?. Indizione Xf^.
di Paoiu III fxìjìa t).
di Caki.o V iiii/h'iudui-e 2\.
Per li buoni ufli/) di papa Paolo si era
neir amiu addietro aslcnulo Francesco re di
ANNO MDXLll ^S3
Francia dal muover guerra a Carlo iinpera'lore ,
esseiidoglisi fatto coiioscei'e il sommo vituperio
in cui sarebbe incorso , se in tempo cbc Ce-
sare facea T impresa d' Vlgieri in benefizio della
Cristianità di tutto il M 'ditcrraneo, e per con-
scguente aii ;Uo della Francia, egli avesse im-
pugnate r armi conlra di lui. Ma da che vide
si infelicemente terminala r|nella spedizione, e
die in lauto sconcerto delle forze di Cesare si
poteano sperar maggiori progressi , rannato un
potentissimo esercito , in quattro diversi siti
sul principio della primavera portò la guerra
addosso a gli Stati di esso Augusto , preten-
dendo guasta la tregua fra loro per la morte
del Uincone e del Fregoso. Inviò dunque Ar-
rigo il Delfino figlio suo primogenito con po-
deroso esercito all'assedio di Perpignano , ca-
pitale del Rossiglione , frontiera della Spagna.
A Carlo dnca d' Orleans suo secondogenito
diede 1" incombenza d' assalire con altro vigo-
roso corpo d' armati il ducato di Lucembui'go.
Il duca tli Cle\ cs col signor di Longavilla con
altre milizie ebbe ordine di passale ostilmente
contro il Brabante , e Antonio di Borbone
duca di Vando no contro la Piccardia. Disposto
nn sì grave militare apparato , nel dì io di
luglio dichiarò pubblicamente la guerra all' im-
peradore , persuadendosi che colto da tante
parli , in alcuna almeno di esse avesse a soc-
combere. .Non era approvala da i suoi gene-
rali pii'i prudenti questa division di forze , so-
stenendo essi ciie più buona ventura si potea
promettere da un gagliardissimo unito eser-
cito, che da tanti ritagh 3 ma niuno osò di
484 ANNALI d' ITALIA
contraclire alla risoluzion già presa da un re
che cretlea saperne più di loro. Altro a me
intorno a quelle guerre non rest^ da dire , se
non che biavamente si difese Y imperadore in
tutti que' siti , e che incendj e guasti furono
ben fatti , ma senza alcun rilevante guadagno
dal canto dc'Franzesi , e con avere esso re
Francesco gillati piiì milioni per nulla ottenere.
Né pure dimenticò in questi tempi esso re
Cristianissimo gli affari di Piemonte , dove i
suoi capitani leneano ed aveano ben fortificate
le città di Torino , di Pinerolo ed altri luoghi.
Impadronissi il signor di Bcllay di Cherasco ,
e di là passò sotto la città d' Alba ; ma non
vi si fermò gran tempo , per avervi trovato
chi sapeva difenderla. Arrivalo intanto di Fran-
cia il signor di Anncbò con sette mila fanti
Ira Italiani e Franzesi veterani , 1' armata loro,
forse ascendente a diciolto mila condiattenti ,
imprese V assedio di Cuneo , castello forte
a' pie de' Colli di Tenda, dove s'uniscono due
fiumi discendenti dall' Alpi. Si era conservata
questa terra sotto f ubbiilienza di Carlo duca
di Sa\ eia , senza voler ammettere guarnigione
imperiale, siccome aveano fatto Asti, Vercelli,
Iviea , Fossano. Chicli, Cherasco ed altre terre,
dove Alfonso marchese del Vasto governatore
di Milano teneva presidio cesareo. Il popolo
di Cuneo fu in tal congiunuira forzato a chie-
dere soccorso al marchese, che vi mandò ses-
santa cavalli con due compagnie di làuti. Que-
sto piccit)lo aiuto, unito al \alote de' terrazzani
che fecero una gagliard:i difesa , obbligò dopo
qualche tempo gli assediunli Francesi a ritirarsi
ANNO Mnxr.TT 485
■di là: avvenimento non diverso da altri del
secolo prossimo passato , e che abbiani veduto
rinnovato nel 1^44 5 '" '^"i l' ai '"i franzesi e
spagnuol'' , dopo lungo assedio di quella forte
teri a o città , han dovuto battere la ritirata con
gloria di Carlo E nmanuele re di Sardegna e
duca di Savoia. Per mancanza poi di paghe si
sbandò la gente condotta dall' Annebò. Di co-
storo , che voleano passare sul Piacentino , il
niarciiese del Vasto ne uccise circa settecento
a Monteruzzo , e gli altri si dispersero per le
langhe , onde ancora furono cacciati. Riuscì al
sopralodato marcliese di prendere in quest'anno
Villanuova d'Asti, Carmagnola, Carignano e
qualche altro picciolo luogo ; colle quali im-
prese terminò la campagna in Piemonte- stando
il duca di Savoia a compiagnere la funesta
scena che faceano le due nemiche armate sulle
terre del suo dominio.
Lasciossi tanto acciecare in questi tempi dalla
malnata passione sua il re di Francia France-
sco I, che giunse a commettere un'azione che
sarà di perpetua infamia , non dirò già alla
nazion franzese , che niun assenso prestò alle
sconsigliate risoluzioni del re, anzi le detestò,
come apparisce dalle storie ; ma bensì allo
stesso re Francesco . che dimentico d' essere
Cristiano , non che Cristianissimo , per soddis-
fare al fiero appetito della vendetta insieme
e dell' ambizione , spedì a Costantinopoli An-
tonio Polino e il signor (ìi Ramon a trattar
lega col gran Signore Solimano a' tlanni del-
l'imperador Carlo V e del re d'Ungheria Fer-
. dinaudo suo fratello. Restò coucliiuso fra loro
486 ANNALI d' ITALIA
che il Barbarossa con potente armala navale
verrebbe nel Mediterraneo ad unirsi co' Fran-
zesi , e che Solimano in persona con ducenlo
mila combattenti continuerebbe T acquisto del
regno d' Ungheria. Ma perchè era di molto
avanzata la stagione, si differì all'anno seguente
l' effettuazione di si obbrobrioso trattato. Non
erano ascose a papa Paolo III queste mene del
re Franzese , e ne provava gran j)ena, pel nero
turbine che soprastava a tanti innocenti Cri-
stiani, esposti alla desolazion del paese, calla
schiavitii , e ad abiurar la religione, e per l'evi-
dente pericolo che crescesse la potenza tur-
chesea , a cui anche potea venir latto di occu-
par qualche sito importante nelle viscere della
Cristianith di Occidente. Scrisse piiì lettere ,
spedì legati , inculcando som]«e più ragioni e
preghiere , per condurre i due emuli monar-
chi alla pace: tutto nondimeno indarno, ro-
vesciando cadaun d' essi sopra 1' altro la colpa
di tanti sconcerti , ed amendue ostinati ed
accaniti 1' un contro l'altro. L'anno fìi questo
in cui pel buon maneggio di (jio\anui Morene
vescovo «li Modena , insigne per la sua dottri-
na , prudenza ed eloquenza, e nunzio poutifizio
in Germania, rimasero spiaiiat(> le dillìcullà fin
qui insorte intorno al luogo do\ «' s' a\ ea a te-
ner*; il concilio geneiale; e si fissò la risolu-
zione di apiii'lo nella cill?i di Treulo. .Sopra di
che (orinò il zcianl*- ponlcfìce l'aolo nei dì 122
di Piaggio Ulti) linlla , rapportala dal Hinaldi ,
in cui inCoi'mò tulli i regni cjitlolici che lu-l
dì primo dei pi-ossimo no\ cmbrc se ne (an-hhe
r apertura nella cillù suddetta. Di buon' ora si
ANNO MDXT.II 4^7
scatenarono i Prolcslaiili centra di questo santo
decreto , ([uasichè dovesse da loro prendere
legf^e la Cliiesa Callolica. Ma né pur in qne-
st' anno si potè dar principio a <{iiesta sacra
assemblea , per cagion delle guerre che pili che
mai continuarono.
Provossi in qnesti tempi , spezialmente nella
Lombardia, il flagello delle locuste, passate
dai Levante in Italia (i). Erano alate, e piil
grandi delle solite a vedersi , perchè lunghe
un dito ; volando adombravano il sole per lo
spazio di uno o due miglia ; e dovunque pas-
sa^ ano , faceauo un netto di tutte 1' erbe ed
ortaglie. Nota il Surio (2) che in questo me-
desimo anno la Slesia e la Misnia in Germania
nel tempo dì state patirono lo stesso infortu-
nio. Venuto poi il verno , perirono esse locu-
ste , ma infettando l'aria col loro fetore; e
guai a chi non ebbe la cura di seppellirle.
Tremuoti ancora spaventosi rienipierono di ter-
rore nel giugno di quest' anno la Sicilia e la
Toscana , e caddero molti edifizj e perirono
centinaia di persone , massimamente nella terra
di Scaiperia e in tutto il Mugello , con risen-
tirsene Firenze, Pisa, Volterra, Lucca ed al-
tri luoghi. Questi erano flagelli presenti; e pur
la buona gente li prendea solamente per presagj
e preludj ili maggiori disgrazie. Merita ben
Gasparo Conlarino cardinale che qui si faccia
menzione dell' immatura sua morte , accaduta
in Bologna nel di primo di settembre del-
l'anno presente, e non già del seguente, come
(lì Isnaidi , Diaiio Ferrar. ALS. Alessami'o Santi.
(2) Surius Comuieiitar. Campana \'ita di Fil. U.
488 ANNALI d' ITALIA
alcuno Iia scritto , percliè in Ini mancò un
gran lume del sacro collegio. Ma in qnesto
medesimo anno papa Paolo avea fatta una pro-
mozione di cardinali nei dì 2 di giugno , in
cui fra gli altri egregi personaggi ottennero la
porpora il sud letto Giovanni Morone arci-
vescovo di Modena , e Gregorio Cortese e
Tonunaso Badia , amendue Modenesi ^ illustri
per la loro dottrina e per altre doti.
Anno di Cristo i543. Indizione I.
di Paoijj 111 pnpti 1 0.
di Carlo V inipeivdore 3 5.
Giaccliè r Augusto Carlo mirava da limgi il
nuovo gagliardo armamento del re di Francia
contro i suoi Stati tli Fiandra e d' Italia , e del
pari non ignora\a aver egli incitato il Gran
Signore Solimano coutra dell' Uiiglieria, e come
Ibrmidahil iosse la (lolla |)r('|)arala dal Barba-
rossa contro i Cristiani del Mediterraneo: de-
terminò di passar dalla Spagna in Italia , e
poscia in Gciniania , per accudire ilo\e il bi-
sogno maggiore lo ricbiedesse. Aveva egli fatto
riconoscere con .sobume ("unzione da gli Stati
di Spagna don Filippo suo (ìglio per suo suc-
cessore in (pie' regni ; e parimente gli avea
procacciala in moglie d(Min;i Maiia (ìglia di don
Giovanni re di l'ortogallo , lultocliè es«o suo
figlio non avesse cbe tredici anni. Celebrate
poi die fiuono le nozze nel marzo del pre-
sente anno . V imperadoii* , mibarcalo sulle galee
d'Andrea Doiia, arrivò felicemente a Genova:
ANNO MDXT.TIl 4'*^9
In questo mentre , per maggiormente precau-
zionarsi coiitra del re Cristianissimo, aveva egli
contratta Ioga con Anigo \III re d' lughilter-
ra ; ma lega che sommamente dispiacque al
pontefice Paolo , al vedere che quel re dive-
nuto ribello alla religion Cattolica , veniva ad
unirsi c0n un imperadore per portar 1" armi
contio la Francia cattolica. Ma noi ora %iventi
non più facciam caso di sì fatte leghe fra Cat-
tolici e Protestanti , peicliè avvezzi a toccar
con mano che l' interesse di Stato è pur troppo
il pi'imo mobile in cuor de' regnanti , e non
già la religione. Ora il pontefice , da che seppe
il disegno di Carlo Augusto di tornare in Ita-
lia , fece proporre un abboccamento con lui ,
sperando pure , giacché nulla servivano i mezzi
finora' adoperati , di poter colla presenza ed
eloquenza sua muovere qualche trattato di pa-
ce , per cui verisimilmente a\ ea delle buone
intenzioni dalla parte de' Franzesi. A questo
congresso non inclinava Cesare- perchè pieve-
dendo che senza cedere alcuna porzion di
Stati o diritti , non si polca venire all' accordo,
egli non si sentiva voglia di comperar la quiete
con suo svantaggio . e però si andava divin-
colando per fiiggir queli' incontro. A Genova ,
dove egli era pervenuto , si portarono il mar-
chese del Vasto e don Ferrante (ionzaga per
inchinarlo . ed altrettanto fece anche Pier-Luigi
Farnese , la cui nuora Margherita si ferino a
Parma ad oggetto di vedere nel passaggio
1' Augusto genitore , con cui di Spagna era ve-
nuto eziandio il duca Ottavio suo marito. Es-
sendosi ancora portalo colà Cosimo duca di
49f> ANN'AM d' ITALIA
Fii ciize , lauto si maneggiò , che l' iinppradorc,
intento a raccoglier moneta , si lasciò indurre
a rimettergli le cittadelle di Firenze e di Li-
vorno , con che egli pagasse diicento mila scudi
d' oro , come attesta il Segni con altri storici.
L' Adriani scrive cento cinquanta mila.
Si mosse intanto da Roma l' ansioso papa
Paolo coli' accompagnamento sfarzoso di una
gran corte e di mille e quattrocento cavalli a
dì 26 di febbraio, e passando per nevi e ghiac-
ci , arri^ò a Bologna, dove speravi che Cesare
verrebbe a trovarlo. Ma da che ebbe inteso
non poter esso Augusto portarsi colà , stante
il bisogno di passar frettolosamente in Germa-
nia , tanto si adopeiò,che fu destinata la terra
di Busseto , posta fra Piacenza e Cremona , e
posseduta da Girolamo Pallai irino, per luogo
del loro congresso. I fatti mostrarono non aver
r impera lore la fretta con cui egli si schernii\a
dall' abbocrai-si col papa. Ora T impaziente pon-
tclìce si portò sino a Parma e Piacenza , non
volendo ohe gli scappasse di mano 1' astuto mo-
nar(;a. E peichè poi si awido che si differiva
il di lui arri\o a Gono^a,o la paitenza di là,
determinò di tornarsene a Bologna. Prima non-
dimeno di portarsi colh , pcicliè era stato in-
vitalo tlal duca di Ferrara Ercole- Il a visitar
la sua capitale, imbarcatosi nel di 21 d'aprile
a Bi'esccllo , arrivò lo slesso giorno in \ici-
nan/a di Ferrara , dove nel dì seguente fece
Li sua solenne entrata. La magiii(ieen/a con
cui fu egli accollo ilal duca e dalla nobillh e
popolt) l'i-nai esc , gli spettacoli e di\ei1iuienti
a lui dalij e 1' imiuenso concorso di foresteria
ANNO MDXT.m ^9 '
a quella città , vengono dosciitti nel Diario
maiiuscritto di Antonio Isiiaidi , e in altre sto-
rie ferraresi. Ne ho |)arlato aiicli^ io nella Se-
conda Parte delle Antichità Estensi. Quivi si
fermò per tre giorni il papa. Dopo di che si
restituì a Bologna. Venne finaitnente la sospi-
rata nuova che 1' imperadore era per muoversi
da Genova ; laonde il pontefice corse m Par-
ma, e nel dì 21 tli giugno passò a Busseto.
A quella terra nel giorno seguente arri^ ò pa-
rimente r Augusto Carlo , e furono amendue
ad uno stretto colloquio di più ore. Per (pianto
si affaticasse il santo Padre jier indurre V iin-
peradore a dar mano alla pace , con cedere
lo Slato di Milano ad un figlio del re di Fran-
cia , il trovò sempre jiiia saldo di una torre.
Però venne egli a proporre per mezzo termine
che Sua Maestà desse a Pier-Luigi Farnese , o
pure ad Ottavio suo nipote quel ducato , cioè
a persone divolissinie di Cesare e del sacro
romano imperio : proposizione non nuova a gli
orecchi di quel monarca . il quale seppe ben
difendersi da questo assulto , ancorché molto
perorassero le lagrime della duchessa Marghe-
rita figlia di esso Augusto, ed in oltre gh fosse esi-
bito grossissimo censo in avvenire, e di pre-
sente una strahocchevoi somma di danaro . che
papa Paolo s' era studiato di ammassare in va-
rie guise per questo fine.
Voce comune fii che questo desiderato in-
grandimenlo della casa Farnese fosse, non dirò
r unico, ma uno de' principali incentivi per cui
il papa, nulla curando i disagi de' viaggi e della
stagione j la poca sua sanità e l'età oramai
493 ANXAT.I d' ITALIA
inclinante alla decicjnlezza , anzi climenticanclu
il decoro della sublime sua dignità , cor-
resse dietro all' Angusto Carlo , che poi si
sbrigò presta di lui (i). Lo stesso cardinal Sa-
doleto, che pure stava allora in Francia, con-
fessò che prima anche delP abboccamento di
Busseto era corsa la lama che per privati in-
teressi il papa avesse impreso questo viaggio.
Cesare Campana (2), e molto più il cardinal
Pallavicino (3), per gratitudine alla memoria
di un papa da cui la insigne Compagnia di
Gesù riconosce la prima sua approvazione ,
amendue lontani di tempo , prendono qui a
volere smentir quella voce. Ma difficile è che
mai la schiantino dal cuore de gli accorti let-
tori. Perciocché V addurre che il Giovio e due
o tre altri storici han pieso abbnglio in altri
punti di storia, ninna l'orza ha, perchè troppo
pruova •, e pot? ebhonsi con arme sì comode
mettere in (ìiil)i)io infinite altre veie asserzioni
de gli storici. Ognun sa, se gagliardo l'osse,
per non dir di più, anche in Paolo 111 il pru-
rito di portar la sua casa ad onori sublimi di
principato ; poco ancora slareuio a vederne una
indubitata pruova. Qui poi abbiam la corrente
de gli storici che asseriscono quel l'atto, an-
che |)rinia del congresso di Busseto; e la mag-
gior parte contemporanei, e non solo d'Italia,
ma di Francia e di Spagna. Per lacere de gli
altri , Alessandro Sardi (4) , che in questi
(i) Rayniild. Aiinal. F.rclcs.
(2) (Campana , Vita di l''ili|)|)0 II.
(3l Pallavicino , Storia tlcl Concilio.
(4) Sardi , Istcr. MSta. . ^
ANNO MDXI.III 4f)^
tempi tioriva , e lasciò una Storia maniiscrilta
di cui mi servo , va in ciò d' accordo con gii
altri. Onotiio Panviiiio (i), che pescava in
buoni gabinetti , aflinnia , avere // papa fatto
all' ap Ita intrudere questa sua pioposizione
all' inipcradore. E Bonaventura Angeli (2), che
non ignorava gl'interessi di casa Farnese, e
dedicò la sua Storia al duca Ranuccio , non
dovea certo tener per sogno le condizioni pro-
poste da papa Paolo per ottenere il ducato
di Milano al figlio , le quali son riferite dal-
l'Adriani. Più ragionevol cosa dunque è il so-
stenere die principalmente si nio\esse il j)on-
tefice al suddetto viaggio ed abboccamento per
maneggiar la pace in bene della Cristiauilà ; e
che v' ingroppasse poi il progetto tleil' acquisto
di Milano pel figlio o nipoU', giacché si trovò
Cesare troppo alieno dal sagrificare quel bel
paese alle voglie del re di Francia. Hanno i
lettori a perdonarmi , se qui mi son fermato
alquanto per amore della verità , credendo io
in fine che nulla pregindiclii all' onor di que-
sto pontefice l'aver procurato l'ingrandimento
de' suoi più tosto con gli Stati d'altrui, che
con quelli della Chiesa.
S' inviò poscia l' Augusto Carlo verso la
Germania , e il papa malcontento se ne tornò
a Roma. In questo mentre si cominciò a pro-
var da' Cristiani qual flagello avesse tirato so-
pra di loro la disordinala passione del re chia-
mato Ciislianissimo. Avea il Barbarossa per
(i) Panvinio , A'ite de' Popi.
(a) Angeli , Storia di Panna.
49 'f ANNAU d' ITALIA
ordine eli Solimano allestita una formidabile
fl.)tta di galee , fusle e legni da carico , con
q'ialtoidici mila Turchi da sbarco , e eoa essa
verso il fine d' aprile fece vela , giugnendo poi
al Faro di !VL'\ssiiia sul fine di giugno. V era
sopva anrhe Antonio Poliiio , ministro del re
di Francia , couiO direttore di sì detestabii im-
presa. Per lo soavento si fuggirono gli abitatori
di Heggio di Calabria. Dato prima il sacco alla
misera città , ne fece poi la rabbia tur(;hesca
un fa'ò . oltre al tagliare gli alberi fruttiferi ,
le vigne e le paline di cpiel paese. Di là con-
dnssi-ro que' Barbari anche gran copia d'anime
cristiane in servitù. Inferiti altri danni alle ri-
viere delia Lucania e Puglia , arrivò la flotta
infedele alla sboccatura del Tevere : il che
mise in som:ua costernazione la stessa città di
Roma , talmente che sebìiene il Polino assicu-
rasse il cardinal di Carpi reggente, che niun
pericolo v' era , pure non si potè impedire la
fuga di moltissimi in luoghi piiì sicuri. Di là
navigò , senza far altri danni , il Barbaro.ssa
filo a .Marsiglia , dove si vide trionfalmente
accollo questo gran nemico del nome cristiano
nel mese di luglio. Perchè era andato a male mi
trattato de' ministri franzesi <Yi sorprendere il
castello di Nizza in Provenza, irritalo il re Fran-
ce.sco, ordinò che le sue galee sotto il comando
di Francesco di Borbone conte d' Anghien di
sangue reale, unite all' armata liirchesca, an-
dassero all'assedio tiella città di Nizza. Si so-
stennero con \ig()re ([ue' terrazzani dal dì io
d'agosto '■ino al (h 22 contro il coiitiniio fuoco
delie arliglieiie , e conilo gh assalii de' Turchi }
Asxo Mnxi.m 4r)5
ma in fine conosoeiulosi incapaci di rcsi-
slere |^)iù luiiganicnle a tante forze noniiclie ,
capitolarono con oneste condizioni la resa. Si
a})|jlicò dipoi il Barbarossa a conihatlere il ra-
slclio , alla mi difesa stavano Andica di iMon-
foitc" e J^aolo Simeone ca\alici' di Malta, riso-
luti di resistere sino alf ultimo fiato. Intanto
Carlo duca di Savoia, stando in Vercelli, non
potca darsi paco per le sventure della sua città
di Nizza ; e però tanto pregò e scongiurò il
marcliese del Vasto , che l' indusse a muovere
le sne milizie \ erso Genova, pvv portare soc-
corso air assediata cittadella. Imbarcatisi dun-
que aniendue colla gente sulle galee d'Andrea
Doria , andarono a posarsi a Villafranca: il che
bastò perchè il Barbarossa e i Franzesi , dopo
aver dato il sacco alla città, sciogliessero l'as-
sedio , con ridursi il generale tuichesco per
mare a Tolone, dove colle sue truppe svernò,
ma non senza gravissimo ilanno de' Prov enzali.
Ed ecco a clic si ri lusserò tutte le prodezze di
quel Barbaro , e de' suoi collegati franzesi in
quelle parti.
Da che ebbe il duca di Savoia rinfrescata
di gente la fortezza, e ben vettovagliata la
città di Nizza, dove richiamò gli abitanti fug-
giti, tornò col marchese del Vasto in l'iemonte ,
ed impres<! T assedio della citlà di Mondov ì ,
con alzarvi tre batterie. Gran tempo v i stet-
tero sotto , e più vi sarebbero slati , se non
fossero radute loro in mano le lettere che colà
inviava il signor di Bntieres general de" Fran-
zesi in Piemonte. Ne furono finte dell' altre,
colle quali si ordinava al comandante di Mondovì
Ai;)6 ANNALI d' ITATJA
di capitolare , percìiè non gli si pelea dar
soccorso : il clic fece rendere la città. Susse-
scgiienteniente s'impadronirono essi di Cara-
magna, di Raconigi , Carmagnola e Carignano;
nel qiial nltinio luogo il marchese lasciò mi
buon presidio , e poi si ritirò a quartieri d'in-
verno a Milano. Quanto all' imperador Carlo,
fece egli guerra nella bassa Germania , e ri-
dusse a' suoi \ oleri il nemico Guglielmo duca
di Cleves. Neil' esercito suo militarono alcune
migliaia di fanti e cavalli italiani , e molti in-
signi iifi/iali dì questa nazione , e fra essi Ca-
millo Colonna , Antonio Doria , don Francesco
d' Este. Il marchese di Marignano era generale
dell' artiglieria ; masti'o di campo generale Ste-
fano Colonna , e luogotenente generale don
Ferrante Gonzaga. Ma in Ungheria |)cggiorarono
di mólto gli alìari de' Cristiani dell'anno pre-
sente. Avea il pontefice Paolo inviato in aiuto
di Ferdinando re de' Romani e d' Ungheria ,
Giamhalista Savello e Giulio Orsino con (|uat-
tro mila fanti italiani. Venuto lo stesso Soli-
mano gran Signore con un esercito, dicono,
di ducento mila persone, non tio\ò forze tali
che potessero far fronte alla sua potenza; però
gli riuscì di sottomettere all' impiiio suo la
metropolitana citLÌi di Slrigonia , Cinque Chie-
se , Alba Hcgale con altri luoghi , essendo ai--
rivato troppo tardi l'esercilo del re Fiutliuando
per oppoisi a tali con<|uiste. In Italia mentre
erano spedite in Levante dal Rarharossa quat-
tro navi , dove dicono imbarcali ciuijue mila
Crisliani dell' uno e dill" altro sesso , con
ducento sacre vcjgiiii destinate a i serragli
ANNO MDXUIT 4^7
turcheschi, s'incontrarono esse nella squadra
delle galee di Napoli , comandala da don Gar-
zia figlio del viceré , e furono felicemente
prese e condotte a Messina.
Anìio di Cristo i54f. Indizione li.
di Paolo IH papa i i.
di Caulo V impaudore 26.
Venuta la primavera di qnest' anno , si esi-
birono di nuovo i barbari Tinelli di passare
ne' mari di Spagna , per dare il guasto a tutti
que'lidi. Ma il re Francesco oramai ravvedu-
to , se non anche pentito della scandalosa sua
lega con quegl' Infedeli , che nulla aveva a lui
fruttato se non immense spese e T odio de i
popoli cristiani , e l' aver cagionata in Germa-
nia una forte lega di que' principi , tanto Cat-
tolici che Protestanti: hcenziò fiuairaeute il Bar-
barossa , regalato con molti doni , acciocché
tornasse in Levante. Lasciò costui nel suo viag-
gio infauste memorie della sua crudeltà. Fer-
matosi air Elba , vi recò gran danni. Arrivato
a Piombino , perchè 1' Appiano signor d' essa
terra non volle restituirgli un giovinetto fatto
cristiano , e figlio d'uno de' suoi capitani, mise
la gente in terra , e col ferro e col fuoco e
colia schiavitù di molte persone obbligò quel
signore a rendere quel garzone. Giunto dipoi
sul Sanese , prese Talamone e Porto Ercole e
l'isola del Giglio, facendo prigioni più di sei
mila Cristiani. Indi passato all' isola d' Ischia ,
la rovinò tutta , colla presa anch' ivi d' assais-
fiimi abitatori. Andò sotto Pozznolo , nia nulla
Wliiutoiu. p^ol. XIF. 02
4q3 ANNALI D* ITALIA
vi guadagnò Depredando poi le riviere della
Calabria , pervenne a Lipari e a Precida , alle
(jiiali diede il sacco , e ne condusse via circa
otto mila persone. La maggior parte di tanti
poveri Cristiani fatli schiavi perì per li sover-
chi patimenti , prima di giiignere in Levante ,
non sapendosi uè anche intendere come po-
tesse la sua per altro gran flotta condurre tanti
schiavi ed alimentarli. Perciò in tutta Italia al-
tro non si udiva che maledizioni contro del
re di Francia, il cui furore avea tirato sopra
la Cristianità questo flagello. E la sua parte
ancora, secondo la varietà de'gcnj, ne toccò
air imperador Carlo , attribuendo a lui la ca-
gion delle presenti guerre, e l'ostinazione in
non voler la jiacc Era esso Augusto collegato
col re ingh'se a i danni della Francia ; ed
amendue ( l;uUe erano le lor forze ) si lusinga-
vano di poter fiire una \isita alla slessa cittì»
di Parigi; anzi fu dello che si avessero partito
fra loro il regno di Francia , senza ricordarsi
che a l;u' facilmenle i conti sulla pelle dell'orso
non è da gente sa\ia. Ma verisimilnu'nle que-
ste furono ciarle ed invenzioni di begl' ingegni.
Uscirono questi due monarchi per tempo iu
campagna , j)rinia die il re Francesco avesse
unito l'esercito suo. Inviato don Ferrante Gon-
zaga sotto Lncrmburgo, occu{)ato nell'anno
addietro da i Franzesi , non durò gran (aliea
a ricuperarlo per \iUà di f[uel comandante.
Vennero «lipoi «oslrelli all'ubbidienza di Cc«
saie i luoghi <li Couitiiereì , F.ignl i: San De.sir.
Lasciatosi poi alle sj)alle Scialon , penetrò I' e-
fiercilo cesareo sino a Peruèj sfilici leghe lungi
ANNO MDXMV 499
da Parigi, consumainlo con gl'iiicendj ogni
luogo alla deslra della Marna , per non essere
da meno de'Fianzesi, che aveano fatto altrettanto
guasto nell'anno precedente nel nemico paese.
Certameiiie se Arrigo re d'Ingliilterra ^ che con
potente esercito era passato in Piccardia , secondo
i disegni fatti fosse venuto innanzi, gran peri-
colo correva la città di Parigi. In essa lieve
almeno non fu lo spavento. Ma Arrigo per
avere già dato principio all' assedio di Bolo-
gna, città fortissima, non si volle muovere di
là ; sicché sconcertò tutte le misure dell' im-
peradore. E intanto il re Francesco , assoldala
una gran copia di Svizzeri , con una forte ar-
mata venne a postarsi alla parte sinistra del
suddetto fiume , e fermò il corso de' nemici.
Prima ancora di questo tempo s'era rinfor-
zata la guerra in Piemonte. Imperciocché il re
Francesco , per fare una diversione all'armi di
Cesare, inviò in Italia Francesco di Borbone
della casa reale , signore d' Anghieji , suo luo-
gotenente , con sei mila fanti guasconi ed al-
trettanti svizzeii. Era allora assediata dal si-
gnor di Butieres la città d'Ivrea, e ridotta al-
l' agonia , quando gli venne ordine dall' An-
gliien di non procedere al decisivo assalto, e
di aspettarlo. S' indispetti il Butieres al vedere
che questo giovane signore , non contento di
torgU il comando , gli volea ancora rapir la
gloria di quell' acquisto , e lasciò che gli asse-
diali riparassero le breccie fatte , e si fortifi-
cassero in maniera che delusero tutti gli sforzi
fatti poscia dall' Angliien per forzarli alla resa.
Era tutta\ ia di gennaio , quando il general
5oO ANNALI d' ITAUA
fianzese , lasciata in pace Ivrea , venne a ci-
gnere ti' assedio Cangnano. Per maggior sicu-
rezza eli questa impresa ricuperò Carmagnola
ed nitri luoghi. Spedì anche eh qua dalla Dora
un corpo di gente , che s' inipadionì di Cre-
scenlino, di A.stigliano e di Deciana, ma non
potè mettere il piede in Trino. Durò T assedio
di Carignano sino al princijiio cV aprile ; nel
qual tempo il marchese del \asto, rinforzato
da sei mila Tedeschi ultimamente calati di
Geruiiuiia , uscì in campagna con intenzion di
soccoirere quella piazza che si credeva troppo
necessitosa di vettovaglie. A questo avviso l'An-
gliicn , lascialo sulficiente presidio sotto Cari-
gnano , venne all'incontro d'esso marchese.
Troxaronsi le due nemiche armate nel dì di
Pas(|ua in vicinanza nel luogo della Ceresuola.
Ora nel dì i4 d'aprile il marchese, accompa-
gnato da Carlo Gonzaga, da Spinetta marchese
Rlala-piria , da Camillo Monlccuccolo e ila altri
signori, andò di hiion'ora a riconoscere il
campo fianzese, e trovatolo in n)Oto, corse nd
ordinar le sue schiere. Sul principio si mostrò
favorevole la fortuna a gì' imperiali , ma nel
proscguimcnlo uditosi uno gridare , / alta ,
volta, senza che se ne sapesse la cagione, la
cavalleria cesarea prese la fuga verso Asti, veri-
ficaiiilo l'aulico proverhio: Che la cavalleria o
presto vince, o presto fugge. L' ahhandonata
fiuiferia tedes(-a rimase tolalnu'nle (lihj'alla ; il
filini ipe di .Salerno ritirò in oidiuanra gì' Ita-
iaiii ad Asti , e il marchese (h>l Vasto ferito
6Ì mise in salvo. Setlccentn Spiignuoli restaiouo
prigioni, e in poter de' Frauzesi vennero le
, ANNO MnXT.TV Sol
arlìglierie e le Lag.iglii': del campo nemico. Giiin-
,sero alcuni a credere che gl'imperiali vi per-
dessero dieci mila persone. Gonfiarono anche
pii^i le pive altri storici con ilire uccisi più di
dodici mila di essi ; ed alcuni altri ne accreb-
bero il numero sino a quattordici o quindici
mila , oltre a gli Spagnuoli , e a due mila e
cinquecento Tedeschi presi prigioni. In alTari
di guerra niun si fa scrupolo d' ingrandire o
sminuire le cose a dismisura. Per altro anche
ad essi Franzesi costò caro questa vittoria. Sino
al dì 22 di giugno tenne saldo Cariguano , nel
qual giorno quella guarnigione capitolò la resa
con obbligo di non servire per cincpie anni
contro il re e i suoi collegati. Molti altri luo-
ghi si diedero a i Franzesi. In questo mentre
Pietro Strozzi con ordine e danaro del re Cri-
stianissimo assoldò alla Mirandola sette mila
fanti con una compagnia di cavalli, e si mosse
verso Milano, passando anche il Lambro, per
isperanzo dategli che que' popoli troppo ag-
gravati si ribellerebbono. Ma disingannatosi , e
trovato il marchese del Vasto alla custodia de i
passi , fece la ritirata a Piacenza , dove Pier-
Luigi Farnese duca di Castro, che ivi pel papa
stava cU guardia , gli somministrò vettovaglie e
comodo per ristorar la sua gente. Fu rappor-
tata air imperadore quest\'jzione del Farnese,
e se la legò al dito, con prender anche per
questo in diffidenza papa Paolo. Rinforzato po-
scia lo Strozzi da altre soldatesche condotte
da Roma da Niccola Orsino conte di Pitiglia-
no , tentò di passare in Piemonte pel Genove-
satoj ma verso Sena\alle restò sconfitto dal
5o2 Annali d'itaua
principe eli Salerno, il quale perchè rilasciò i
fuoruscili napoletani che erano restali prigioni,
cagionò non pochi sospetti alla corte cesarea
contro la di lui fede. Rifece dopo qualche
tempo lo Strozzi f esercito suo , e con quattro
mila fanti ( essendosi sbandalo il resto ) calò
nel Monferrato e vi prese Alba. Niun' altra im-
portante azione seguì in quelle parti nel pre-
sente anno.
Lasciammo già le due armate cesarea e
fin.izcse solamente divise dal fiume Marna.
Trovavaiisi in un pericoloso impegno que' due
tnonarcli! ; il re Francesco I per timore di
per lere Bologna , e per aver nelle viscere del
suo regno un sì poderoso nemico esercito a
cui il ;o!er dare battaglia era un metlere a
ripcntaglio il tutto ; e l' imperador Carlo V
per non poter passare innanzi, e per la ver-
gogna di aversi a ritirare indietro , e tanto più
perchè veniva mcn la vettovaglia per la sus-
sistenza dell' esercito. Questa situazion di cose
accrebbe le batterie di chi amava il pubblico
])enc per condurre alla pace principi da taiuo
tempo sì discordi e pertinaci. Aveva a questo
fme il zelante papa Paolo 111 inviati due le-
gali , cioè il cardinale Giovanni IMorone ve-
scovo di Modriia air imperadore, e il cardinal
Marino Grimani Veiulo al re Crisliaiiissimo.
]\hj non sembra clic questi avessero gran mano
in quel traltalo. \e l'ebbero bi usi i confes-
sori d' aniendue i monarchi , od altri cardinali
e signori dell'imo e dell'alilo partito; tanto
che nel dì iS di setlenibrc a Crespi furono,
soUoscrilli da yli scauibicvoli plenipotenziai j
I
gli articoli della pace (i}. Il principale di que-
sti fu , che l'Ai^usto Carlo prometteva di dare
in moglie a Carlo dura d' O leans secondose-
n ito del re donila Maria principessa di Spagna,
sna figlia , e in dote la Fiandra co' Paesi Bassi;
o pure Anna secondogenita di Fenlinando re
de' Romani , e in dote il ducato di Milano: il
qiial uìatrimonio si dovea dic'iiarar dopo qwat-
tro mesi. Fu anche s'ahil'to ch« si avessero a
restituire tutti i suoi Stali al duca di Sa- oia ,
ma in una maniera sì imbrogliata , che questo
principe in sna vita non ne poi è mtii lientrar
in pieno possesso , avendolo accom;iagnato le
sue calamità sino alla morte: sventura più
volte accaduta a i minori entrati in lega colle
potenze maggiori. Se 1' impcradore avesse in
tanti anni addietro voluto acconsentire alle
stesse condi/.ioni di pace che gli fnono più
volte proposte , oh quanti mali e quanto san-
gue si sarebbero rispariniati a i regni cristia-
ni! Ma il pqia e le persone più accorte non
si seppero induiTe a credere che 1 imperado-
re , impastato di sì fina politica , usando quelle
intricate promesse , pensasse ad eseguirle dipoi ,
ed immaginarono eh' egli troverebbe col tempo
uncini e ripieghi tali da non mantener la pa-
rola. Mentre si ficea questo maneggio , Arri-
go Vili re d' Inghilterra costrinse alla resa la
città di Bologna in Piccardia ; e siccome com-
preso nella pace , fece ben vista di accettarla ,
ma con pretendere di non essere tenuto a
restituir quella città , perchè presa nel dì
(i) Du-Mout Corps Diplomat.
5o4 ANUALI d' ITALIA
innanzi alla segnatura di essa : al qual caso non
s'era provveciuto. Per quello andò continuando la
guerra fra i re dì Francia e d' Inghilterra. In-
crcdibil fu V allegirzza clie si difluse per la
Cristianità alla nuova della concordia suddetta,
figurandosi i popoli cattolici che oramai si
avesse dopo tanti guai a godere la quiete. So-
Ì)ra gli altri ne mostiò g;an giubilo papa Pao-
0 ; e però sperando cessiiti «luegl' impedimenti
che fin qui s' erano intei posti alla tenuta del
concilio (li Trento , nelf ultimo dì di novem-
bre pubblicò il decreto del ])rincipio che do-
vea darsi a quella sacra assemblea pel dì 25
di marzo delì'aimo seguente. Il solo Carlo
duca di Saviiia , siccome dicemmo , quegli fa
che non potè rallegrarsi ; anzi ebl>e a piagnere
per la pace di Crespi ; peiciocchè altro a lui
non fu di presente restituito che alcuni luoghi
di poca importanza, come Clierasco , Crescen-
tino, Verrua , San Germano ed altre simili
terre, mentre il meglio de' suoi Stati rimaneva
in potere de' Franzesi ed imperiali.
yfnno fll Cristo i545. Indizione UT.
di Paolo HI pnpn 12.
di Cahlo V imperadore 27.
Fu poi falla nel gennaio , o pure nel feb-
braio di cpiest'anno la dichiarazione dell'Au-
gusto Carlo: cioè ch'egli darebbe 1' iiifanla
sua figlia donna Maria in moglie a Carlo duca
d'Orleans, e in dote il ducato di Milano. Era
j^ià sialo (pic;sto principe a baciar le mani al-
l' imperadore , con replicar anche altre volle
ANNO MnXT.V 5o5
questo atto d' ossequio ; e siccome egli era gra«
«iosissimo e ornalo di belle doti , così voce
comune fu eh' esso Carlo avesse per lui con-
cepiito un grande affetto. Prima nondimeno di
cfléltuar questo niaritagjjjio , mosse lo scaltro
Augusto d( Ile pretensioni alla corte di Fran-
cia, chiedendo che il re Francesco assegnasse
ad esso suo ligliuolo qualche Slato , acciocché
non si vedesse quell' enorme deformità che la
figlia d' un imperadore , re anche di Spagna ,
sposasse un principe che non avesse se noa
la spada per suo retaggio. Da i politici fu cre-
duta questa dimanda un' invenzion sottile per
guadagnar tempo , ed anche per eccitar gara
fra i due figli del re , cioè fra Arrigo Delfino
e il suddetto duca d' Orleans , i quali anche
per la diversità del genio e per altre ragioni
si scorgevano già molto discordi fra loro. In-
torno a ciò si auilarono facendo vaiie consul-
te , proposte e risposte , finché si arrivò al
mese di settembre: quando eccoti quella che
imbroglia e sbroglia tante cose del mondo ,
giunse a rapire lo stesso duca d'Orleans. Tro-
vavasi allora col figlio e colla corte il re Fran-
cesco nella Badia di Foresta presso Rue , dove
fra quegli abitanti correa una febbre pesti-
lenziale e contagiosa. Per poca sua cautela la
contrasse anche q'iell' amabii principe , onde
nel dì 8 di settembre fece fine al corto suo
vivere in età di ventitré anni. Non mancò
gente che sospettò, secondo il mal uso d'allo-
ra , di veleno fattogli dare dall' imperailore , o
dal tuttavia nemico re d' Inghilterra. Ma gli
stessi storici frauzesi concordemente distruggono
5o6 ANNAl.t d' TTAT.U
tal voce , riconoscendo ch'egli mancò di morie
nal linde. Per questa perdita se fu inconsola-
hil il dolore del re suo padre , non gli cellette
nella verità , o almeno nelle apparenze , l'affli-
zione die ne mostrò lo stesso impcradore ,
quasi che anche a lui fosse mancato un tìglio
Tieir essergli tolto un principe destinato in ma-
rito alla fì^jlia. Ma intanto un colpo tale riuscì
di non picciolo vautug^io , e , siccoinr- più d' uno
credette, anche d'interna consolazione adesso
Angusto, perchè vaniva con ciò ad aprirsi il
campo per non attendere la promessa fitta in
Crespi di rilasciare Io Stato di Milano o la
Fiandra alla Francia. Non terrò io dietro alle
imprese de' Franzesi , spettanti bensì all' anno
presente , ma non all' istituto mio , e mi ba-
sterà di accennare , avere il re Francesco messa
insieme una forte armata di terra, e un'altra
ancora di mare , per desiderio di torre dalle
mani del re inglese l'occupala importante città
di Ikilogna. Si azzuffarono le flotte , e fu co-
stretta la franzese a ritirarsi. Perchè non ispe-
ravario i Franzesi di poter per allora vincere
con assedio Bologna, si ridussero a ftbbricar
nn forte in quelle vicinanze , capace di grosso
presidio, per tenere in Ireno quello della città.
]Ma il re scoraggilo ed alllittn tra per la per-
dita del figlio duca d Orleans , per cui resta-
vano arenate tutte le disposizioni precedenti
di aef|iiislare Slati per la regal sua f.imiglia, e
per trovarsi battuto da gl'Inglesi, colf erario
volo, co' sudditi stanchi e smunti , e col corpo
ancora mallrallato da un' ulcera nelle parti ver-
gognose : finalmeutc cominciò a rallentare gli
ANNO MDXLV So-y
spirili guerrieri , e a desiderar il riposo , per-
chè tutte queste vicende gli andavano ricor-
dando la sua mortalità. Perciò, senza fare più
istanza della Fiandra o del ducato di iMilano ,
a Ini bastò di assicurarsi che I' imperadore con-
tinncrebije nella stabilita pace , e fisserebbe i
cuniini per gli altri Stati , de' quali s'era trat-
tato nella concordia.
Costanti furono i movimenti di papa Paolo
in quesl' anno , affinchè essendo cessate tante
guerre fra i primi potentati della Cristianità ,
si desse oramai principio all' intimato concilio
di Trento. Questo in fatti si diede nel dì i5
di dicembre , ma con troppo scarso concorso
di prelati , benché dianzi fossero state pubbli-
cate le jiene prescritte da i Canoni a chi non
interveniva. In mezzo nondimeno a questi pen-
sieri, degni d' un zelante pontefice, non dormi-
vano né scemavano le sue premure per l'in-
grandimento della propiia casa. Da che egli
intese destinato dall' imperaclore il ducato di
Milano pel duca d' Orleans , e troncate colla
morte di questo tutte le precedenti idee e spe-
ranze sue di conseguirlo per Pier-Luigi suo
figlio , si applicò ad un altro partito , che se non
tanto glorioso , certamente era di piìi facile
riuscita : cioè disegnò di dargli Parma e Pia-
cenza . possedute allora dalla camera aposto-
lica. Due impedimenti potcano incontrarsi a
questo progetto; 1' uno dalla parte dell' impe-
radore non solamente vicino, ma pretendente
su quelle due città , per le ragioni del ducalo
di Milano ; e 1' altra dalla parte del sacro
collegio; a cui ben si conosceva che no»
5r 8 ANNALI d' ITAriA
potrebbe piacere questo tal quale smembramenio
di (lue nobili ed insigni città dalla camera
pontificia. Fece il papa esporre questo suo di-
segno a Cesare , per ottenerne T approvazio-
ne j ma ritrovò clii sapea ben di scberma , e
sotto belle parole covava sentimenti diversL
Callo non disapprovò apertamente 1' atto me-
ditalo; ma né pur T approvò, come quegli che
vedeva il papa disporre si francamente di uno
Stato che i suoi ministri gh presentavano oc-
cupato indebitamente da Giulio TI e da Leon X,
e parte del ducato milanese , giacche insussi-
stente pretensione era quella di spacciar Parma
e Piacenza per città dell' esarcato. Oltre a ciò,
mirava l' inrperador di mal occhio Pier-Luigi ,
e mal sofleriva che più tosto a lui , che ad
Ottavio suo genero , si facesse nn sì ragguar-
devol dono. (>esare Campana alf incontro , e
for.se con pili fondamento, sostiene che non
ne fu precedentemente fatta parola all' Augusto
Carlo. Connnique sia , basiò al pafia. per pro-
seguire innanzi in questo affare , il non aver
riportata nn' assoluta negativa da Cesare. A fin
di ottenere il consenso de' cardinali , propose
di restituire alla camera apostolica il lineato di
Camerino e Nepi , facendo conoscere 1' evidente
guadagno che ad essa risultava dal pernnitaie
que' due paesi con Panna e Piacenza . perchè
costava di molto il mantenimeuto di queste
città j siccome sepaiale da gli Slati della Chie-
sa , e in peiicolo d' psseie assorbite da i vici-
ni; laddove le rendile di Camerino, senza spe-
se, unite al con.so annuo di uo\e mila ducati
d' oro ( altri dicono di più ) clie si voleva
ANNO MMXT.V 5og
imporre alle suddelte due citth , avrebhono
l'alto maggior prò all' erario papale. Tralascio
altri raggili od altre speciose ragioni che fu-
rono adoperale |)er indorar questa j)illula. Chi
de' cardinali anjbiv a più di piacere al papa ,
che di soildisfure a' suoi doveri, non solamente
prestò il suo assenso , ma caldamente perorò
in ajjprovazion di questa permuta. Ma non
mancarono altri di petto piiì iurte che aringa-
rono contro i voleri del papa , rilevando gli
svantaggi che ne provenivano ; e tanto pm si
sarebbero opposti , se a\ essero potuto preve-
der gli sconcerti che da lì a non molto per
questa cagione accaddero , e i maggiori che a i
dì nostri son succeduti. Lo stesso cardinal Pal-
lavicino , tuttoché sì impegnato a sostener la
gloria di questo pontefice , qui 1' abbandona ,
pili tosto impugnando che difendendo la di lui
risoluzione. In somma nel concistoro de' por-
porati"^ dove per lo più suol prevalere la tema
riverenziale verso chi può tanto favorire o
disfavorire , la vinse il pontefice , e Piei-Luigi
Farnese nell' agosto tfi quest' anno fu dichia-
rato duca di Parma e Piacenza, né tardò egli
punto a prenderne il possesso.
Tanto in Lombardia che nella Lunigiana e
Toscana si provò in quest' anno un gì ave fla-
gello , per le soldatesche cassate dopo la pace
nello Stato di Milano. Non sapendo coloro
come vivere ( ed erano la maggior parte Spa-
glinoli ) , in varie truppe si scaricarono sopra
gli Stati della Chiesa e del duca di Ferrara.
Cacciati di là , si ridussero addosso a i tnai-
chesi Malaspina nella Lunigiana , svaligiando
5 IO ANNALI d' ITALIA
case e consumando tutto , dovunque giugnp-
vano. Passarono dipoi sul Lucchese , e (iiial-
niente s'andarono a posar sul Sanese , dove
per molti mesi levarono il pelo e il contrapelo
a quel contado. Guai se qualche accreditalo
capitano si fosse messo alla lor testa : sait-b-
bono corse ad ingrossar quelle brigate migliaia
eli soldati italiani , tornati a digiunare alle lor
case , e sarebbe linala una di quelle forniida-
bih compagne o conqiagnie di masnadieri ohe
Aedemmo in Italia nel secolo decimoquarto.
Sorsero in questi tempi strepitose brighe nella
stessa Siena, città in cui la discordia non fu
mai cosa forestiera. Don Giovanni di Luna ,
che quivi era da parte doli' imperadore , in
vece di smorzare il fuoco, per la sua poca pru-
denza maggiormente lo aocnebbe. Ne segui in
fine una fiora sodizion civile , por cui lo stosso
don Giovanni con gU Spagnuoli fu obbligato a
andarsene con Dio. Mancò di vita in quest' anno
a dì 1 1 di novembre Pietro Laudo doge di
Venezia , e in suo luogo fu eletto nel dì 24
d' esso mese Francesco Donato , già proccura*
tor di San Marco , e persona di gran saviezza
e tlottrina.
Anno di Cristo i ^ì\C>. Indizione If^.
di Paolo HI papa 1 3.
di Carlo V iinperadure 28.
Poche novità l' Italia .somministrò in questo
anno alla storia , a cagion dollii pace die si fS
godeva dapeilnlto. Era slato fin qui governatore ■
e capitan generale dello Stalo di Milano
ANNO MDXr.VI 5l 1
Alfonso ci' Avalos marchese di Pescara , per-
sonaggio egualmente rinomato pel suo valo-
re, che per altre sue belle doti ed azioni.
Ma non erano già soddisfatti del suo governo
i popoli , percalle caricati di molti aggravj , e di
tanto in tanto costretti a sofTerir non poche vio-
lenze: il perchè ne antlarono varie doglianze alla
corte dell' imperadore. Non avrebbono forse
queste fatta breccia nell' animo dell' Augusto
sovrano . se ad esse non si fosse aggiunto 1' ac-
cusa che le rendite di quel ducalo non si sa-
pea in quali borse andassero a terminare. O
sia , che di ciò informato il marciiese , otte-
nesse nel precedente anno hcenza di passare
alla corte cesarea ; o pure che fosse chiamato
colà : certo è , eh' egli andò colà , e poi se ne
tornò in Italia malcontento . stante 1' ordine di
Cesare , che gli si rivedessero i conti. Ma
venne la morte a liberarlo da ogni vessazione
neir ultimo giorno di marzo , mentre egli si
trovava in Vigevano, con lasciar dopo di sé il
nome di capitano molto illustre. Al governo di
Milano fu susseguentenaente di-stinato don Fer-
rante Gonzaga , che non tardò a venir di Si-
cilia , dove egli era stato viceré , per prendere
il possesso della novella carica ; e ciò con sod-
disfazione de' Milanesi . lusingandosi i più d' essi
di goilere miglior trattamento sotto di lui. Ma
andarono falliti i loro conti; perchè, siccome
osserva il Segni , l' imperadore lasciava la bri-
gha sul collo a' governatori delle pro\incie,
comportando ogni lor fallo , purché fossero fe-
deli. E però si cangiò bensì il govcriialor di
ISLlauo, ma peggiorò la mala aorte de' Milanesi,
5ia ANNALI d' ITALIA
le querele de' quali niuna impression fecero
da lì innanzi neir animo dì Cai'lo V. Segui-
tava intanto la guerra fra i re di Francia e
d' Iiigliilterra. Finalmente conoscendo f ultimo
d' essi , qual impegno di spese portasse il vo-
ler sostenere contra de' Franzesi l' occupata
città di Bologna di qua dal mare , diede orec-
chio a' trattati di pace , di cui gran voglia nello
slesso tempo avea il re Francesco. Fu questa
concliiusa nei dì y di giugno dell' anno pre-
sente , con obbligarsi il re Cristianissimo di
pagare all' Inglese in termine H' cito anni piiì
di due milioni di scutli d' oro : sborsati i qua-
li, se gli do\ea restituire Bologna di Piccar-
dia. Dimorava T imperadore ìpi questi tempi in
Germania , mal soU'erendo la le^a formala in
Suiaicaldia da i principi e Comuni Protestanti j
perciocché ([iiesta sebben sembrava uui 'ameule
fatta per mantenere la falsa religione intro-
dutla da Lutero (che appunto in ([nesl' anno
nel dì 7 di febbraio per 'raprov\isa morie tolto
fu dal mondo ) , pure covava nell' interno de i
maggiori disegni contro la poteu/.a dell' impe-
radore. Capi d' essa luterana lega er;uio Gian-
Federigo duca ed elettor di Sassonia , e Fi-
lippo langravio d' Assia. Perciò 1' Augusto Carlo
giudicò (h non dover più dillerin; il dirsi ren-
dere rag-one di questo attentato , con darsi ad
ammassare un polente esercito. Perchè appunto
anche gì' Ilaliani ebbero parte in (jucila danza,
sarà a me peimesso dirne qualche cosa.
Si studiò r impeiadore in qiu>sla occasione
di trarre seco in lega il ponlelice Paolo. S' era
questi con sua gran lode , siccome padie
ANNO MDXTAT 5 I 3'
comune , aslennto in addietro da ogni parzialilù
e lega nelle gliene fra i monarchi cattolici. Ora
ohe si trattava di procciirar vantaggi alla vera
religione , volentieri acconsentì ad unirsi col-
r imperadore. Nei dì 22 di giugno si puhbli-
carono i capitoli d' essa lega , per cui il papa
vs" impegnò d' inviare in soccorso dell' impera-
dore dodici mila fanti e cinquecento cavalli, e
di fornire nello spazio di un mese ducento
mila scudi d' oro. Sollecitamente fece il pon-
tefice questo armamento , con dichiararne ge-
nerale il duca Ottavio Farnese suo nipote , e
legato il caidinal Farnese suo parimente nipo-
te. Comandante della cavalleria italiana fu Giani-
Batista Savello , della fanteria Alessandro Vi-
tclh , e sotto d' essi militavano assai colonnelli
e capitani italiani di molto credito nell' armi.
Anche i duchi di Ferrara e di Firenze vi spe-
dirono colà delle s-chiere armate , e più di cin-
quecento nobili italiani volontarj concorsero a
far quella campagna. Trasse ancora l' impera-
dor Carlo altra gente d' Italia , comandata da
Carlo di Lanoia principe di Sulmona , e da
Emmanucle Filiberto principe di Piemonte. Erano
eziandio nell'armata del medesimo Augusto .ge-
nerale dell' artiglieria Gian-Giacomo de' Medici
marchese di Marignano , e consiglieri di guerra
don Francesco d' Este , Pirro Colonna e Giani-
Batista Castaldo. Ma perciocché lentamente pro-
cedeva r unione dell' esercito imperiale , do-
vendo venir da i Paesi Bassi , dalf Italia e da
nitri luoghi molte d' esse soldatesche j l'elettore
e il langravio , già messi al bando dell' impe-
rio , più sollecitamente uscirono in campagna
MURATORI. Voi. XIF. 33
5t4 ANNA ti b'iTAl.IA
con nn' armata , che alcuni forse ampollosi
fanno ascendere ad ottanta mila fanti , e a die-
ci , anzi a quindici mila cavalli , e s' inviarono
verso Ratisbona , dove stava assai sprovisto
r imperadore , con disegno o di larlo prigio-
ne, o di cacciarlo di Germania. La protezion
di Dio salvò Carlo V in tal congiuntura , non
avendo que' ribelli saputo prevalersi del vento
in poppa. Nulla servì loro l' aver prese le
Chiuse del Tirolo , alTinchè non passassero gli
Italiani. Questi passarono 5 e nulla giovò a i
Luterani 1' essersi impadroniti di Dona\ ert. Ebbe
tempo Y imperadore di provveder RalisJjona con
gagliardo presitlio , e di preoccupar la forte
città d' Ingolstad , dove coli' esercito suo , in-
grossato di molto , andò ad accamparsi a fronte
della contraila superiore armata, ma senza vo-
ler mai venire a baltaglia , benché più volle
provocato da gli orgogliosi nemici. Intanto al
campo cesareo j superate molte dilKcullà, vmne
a congiugnersi un grosso corpo ili soldatesche
fiamminghe. Maurizio cattolico duca di Sasso-
nia , nemico di queir elettore , colle milizie te-
desche ed unghere , dategli da Ferdinando re
de' Romani , ostilmente entrò nelT elettorato di
Sassonia. Diede più percosse a que' popoli , e
3' impossessò di mi tratto grande di <|uel pae-
se. Questo colpo, la mancanza de' viveri e la
costanza dell' Augusto ('arto costrinse 1' armata
Prole.stanti> sul (ine di novembre a levare il
campo , e :i riliiarsi alla sordina come in rot-
ta. Allora fu che l'ijuperadore , fultoechè afllilto
da vai j incomodi di sanità , inoltiatosi col po-
deroso suo esercito , tal terrore indusse nel
ANNO -unxi.vi 5i5
paese uemico , che vide venire , prima die
tern.iiiassf V anno , o pure nel verno seL;uente,
«nppliclipv dIì a' suoi piedi Fctlcrigo conte Pa-
iatino. UHelrico duca di Vitemljerg, e i citta-
dini dUiiiia, d' Angusta . (li FrancoPortej d'Ar-
gentina e di altri luoglii. Dopo questi vantaggi,
jier li quali rimasero molto infie' oliti V elettor
Sassone e il langravio d" Assia , si ritirò esso
Augusto a' quartieri di verno , seco liporlando
gioì ia singolare n<in men di valore che di cle-
menza, per non aver negato il perdono a cliiun-
que davanti a lui si umiliò. Fu coiilinuato con
vigore in quest' amio il concilio di Trento , ed
ivi si stahilirono varj punti di dogma , e pari-
mente si attese a riformar gli abusi della disci-
plina ecclesiastica. Mancarono ili quest' anno di
vita due insigni cardinali , la memoria de" quali
può sperare l' immortalità , cioè Pieli o Bembo
\ eneziano e Jacopo Sadolcto Modenese, che
ne gli scritti loro lasciarono a i posteri chiare
testimonianze d' un raro ingegno e sapere.
annodi Cri.sto i5^']. Indizione V.
di Paolo III papa 14.
di Carlo V imperadore ag.
Con una strepitosa scena in Genova si diede
principio all'anno presente (i). Da che fu ri-
messa in quella potente città per cura filiale di
Andrea Doria la libertà, e riserbato quasi tutto
a i nobiH il governo d'essa, quivi si godeva
un' invidiabii pace e tranquillità. Ma era gi^an
(1) Foglietta. Vdriani. C;unp»na. MascHrdl.
5ld ANNAri d' ITALIA
tempo che Gian-Luigi de' Fieschi , conte di
Lavagli;! e signore di molte castella , siccome
giovane di grand' animo e di pensieri turbo-
lenti , andava macchinando novità in pregiudi-
zio della patria sua , con essere fin giunto a
desiderar e spc-rare di acquistarne la signoria, o
piuttosto di ridurla sotto il romando del re di
Francia. Mirava egli con occliio di livore e con
occulta rabbia lo stato e la fortuna del suddetto
Andrea Doria , parendogli che sotto nome di
libertà egli facesse da padrone in Genova , e
che l' imperadore coli' essere dichiarato pro-
tettor della città , e col tenere al suo soldo esso
Doiia, anche più del Doria quivi signoreggiasse.
Sopra tutto gli stava sul cuore, come pungente
spina , Giannettino Doria , nipote ed occhio
diritto d' esso Andrea , che forse non cedeva a
suo zio nella scienza dell' arte nautica militare j
e benché giovane , già .s' era acquistato gran
giido in varie azioni di valore , peichè in lui
considerava vn successore nell' odiala autorità e
dignità d'Andrea ; e tanto più perchè in lui
abbondava 1" alterigia , cioè il potente segreto
per farsi odiare. Dopo aver duntjue Gian-Luigi
in molto tempo, e con intelligenza de'ministii
fr^nzesi e fh l^ier-Luigi dura di Piacenza e
Parma , segretamente introdotte in Genova al-
cune centinaia de' più arditi uomini delie sue
castella , scelse la notte pi-eccdente ni dì due
di gennaio di quest' aiuio per ('tVcltuare il suo
perverso disegno. Chiamali seco a cena molti
de' suoi amici nobili popolari , e svelata ad
essi l' inlenzion sua, gli elibe quasi tutti seguaci
air inipre.sa. Uscì egli poscia alle dicci ore delia
ANNO MDXLVII 5l'^
notte colla gente armata , e nou tardi» ad im-
padronirsi della porta dell'Arco, e con ispedire
dipoi Girolamo ed Ottobuoiio suoi fratelli a far
lo stesso di quella di San Tommaso. Era la
principal sua mira di occupar la darsena , e di
ridurre in suo potere le venti galee di Andrea
Doria ; e gli venne fatto , ma con risvegliarsi
allora un gran tumulto e strepito di voci de i
remiganti e marinari che in esse si trovavano.
Nello stesso tempo gli altri si fecero colla forza
padr(jni della suddetta porta di San Tommaso,
divisando appresso di quindi passare al palazzo
dello slesso Andrea Boria , posto fuori della
città j per quivi uccidere lui e Gianneltiuo. Ma
intanto svegliato dallo strepitoso rumor della
darsena esso Giannellino, credendo nata rissa
o sollevazione fra i galeotti, vestitosi in fretta,
con un sol famiglio che gli portava innanzi la
torcia , venne alla porta di San Touunaso , e
imperiosamente chiesto d'entrare, per sua mala
ventura v' entrò , perchè immantenente fu da i
congiurati con pili colpi steso morto a terra.
Maraviglia fu che non corressero dipoi al pa-
lazzo d'Andrea Boria, per levare anche a lui
la vita. Stava egh in letto , stanco sotto il peso
di ottanta anni, e maltrattato dalle gotte, quando
gli venne avviso che la città era sossopra ,
udirsi gridare Libertà e Ficscìii , perchè molti
defila vii plebe s' erano uniti co i congiurati per
ispcraiiza di dare il sacco alle case de' nobili.
Però , come potè , posto sopra una mula si
sottrasse al peiicolo , ritirandosi alla Masone ,
castello de gli Spinoli.
Poco parca che mancasse al compimento
5l8 AKNAM d' ITALIA
dell'opera, ne altfo si aspettava, sp no^i che
Gian-Luigi tornasse per insignorirsi dei palazzo
pubblico Ma Gian-Luigi era sparito per una rli
quelle vicende clie non di rado sconrertano ]f
misure anclie de' piìi saggi. Nel voler ec:!i
passare sopra una tavola alla capitana delle
galee , questa si mosse : ed egli , siccome ar-
mato di tutlo piuito, piombando Ju'H'arqna, né
potendo volgere, quivi lasciò niisei-tuiente la
vita. Per questo accidente s'invilirono tutti i
suoi , e venuta in chiaro la morte sua , quel
.senato ripigliò coraggio 5 e quantunque Girolaoio
fratello dell'estinto continuasse a fare il bravo,
pure sul fai del giorno si trovò abbandonato
dalla plebaglia , di maniera che ebbe pei- grazia,
di potersi ritirare a Montobbio , dove attese a
fortificarsi : con che tornò la quiete in Genova.
Cagion fu questa effimera rivoluzione che tre-
cento schiavi Turchi , presa una galea del Bo-
ria, su quella si salvarono in AlVrica. Fuggirono
ancora tutti i forzati , dopo a\ er dato il sacco a
tutti gli armamenti ed arredi delle galee. Fu-
rono poi conliscate tutte le castella lU Gian-
Luigi , dii-occato il magnifico suo palazzo ; Gi-
rolamo suo fratello ed allri congiurati presi iu
Montobbio, condennati airiilliiiio supplizio. Gran
rumore fece per l' Italia jjU(\sto fatto. ('>liiara
cosa fu che i ministri di Francia aveaiio tenuta
mano a questa congiura , e comunemente si
credette che Pier-T.,uigi Farnese per varj suoi
dissapori e motivi politici fosse in ciò d'accordo
col Ficschi , con avergli anche promesso de gli
aiuti. Alessandro Sardi (1), allora vivente,
(i) Sardi, Istor. iVlSS.
ANNO MDXLVll 5 1 1^
allPSta che ReiiPa di Francia duchessa di Ferrara,
scir/.a consenso del duca Ercole II suo marito,
siccome co^nnta dfl re Fianccsco, fu partecipe
di questo maneggio , e per mezzo del duca di
Piacenza e Parma av ea promesso al Fiesco di
mandargU i Francesi clu- la servivano. E per-
ciocché non si sapea credere che Pier-Luigi j
senza che papa Paolo suo padre fosse consa-
pevole ed approvatore del faMo, avesse dato
braccio alla congiura ; e tanto più perchè fra
esso papa ed Andrea Dona ciano dianzi seguite
non poche amarezze , perciò non si potè cavar
di testa ai sospettosi imperiali che anche lo
stesso pontefice in quella tresca si fosse me-
schiato , benché ninna concludente pruova ne
potessero inai trovaie.
Nel dì 28 dello stesso gennaio del presente
anno diede fine alla carriera del suo vivere
Arrigo Vili re d" Inghilterra, con lasciar erede
il figlio Odoardo di età di soli nove anni, e il
nome suo in obbrobrio presso tutta la posterità,
per aver governati i suoi jtopoli piiì da tiranno
che da re. con tanti aggravj loro imposti, con
tiinta crudeltà esercitata verso le maggiori e
più illustri persone del regno, con tante scene
della sfrenata sua Lbidine , e massimamente per
essere divenuto traditore e persecutor della
Chiesa Cattolica , dopo aver conseguito il glo-
rioso titolo di difensore della medesima. Poco
stett'' a pagar lo stesso tributo alla natura
Francesco 1 re di Francia in età di cinquantatrè
anni, essendo accaduta la sua morte nel dì 3i
di marzo. La sua intemperanza ne' piaceri car-
nali avendogli cajriouata uiia pericolosa fistola
SaO ANNALI d' ITAUA
nella bassa parte deretana , gli abbreviò la vita:
principe per altro ornato di belle doti , amante
delle scienze e de' professori d' esse , padre e
restitutor delle lettere nella sua nazione. Ad
Arjigo ri suo primogenito, die a lui succedette,
secondo l' esempio d' altri monarchi i quali so-
lamente imparano a viver bene quando s'ha da
abbandonare la vita presente , lasciò per ricor-
do , essere cosa da saggio figliuolo T imitar le
virtù e non già i vizj del padre. Spezialmente
ancora gli raccomandò di non aggravar di so-
verchio i popoli colle contribuzioni : tlal che egli
non s'era giammai guardato, per appagar F am-
bizione sua , e Podio concepulo contra di Carlo
itnperadorc , odio eh' egli forse portò al sepol-
cro , giacché poco prima di morire avea man-
dali ducenlo mila scudi a Gian-Federigo Sassone
e al langra\io Assiano , nemici o ribelli d'esso
Cesare. Se questa passione per memoria dcll;j
prigionia softerta in Ispagna , e per ragione an-
cora di Stato , r crediUisse eziandio Arrigo II
suo figlio , giovane di spiiiti mollo guerrieri ,
staremo poco ad avvedercene. Intanto solenni
funerali fec' egli al defiinlo jiJsdre . e con ogni
sorta di feste si vide celebrato l'ingresso suo in
Paiigi con (ìatterina de' Medici , di\ cnnt^i ora-
mai regina di Francia. Quanto a gli affari di
Cesare in Germania , brevemente dii ò , che
rinforzalo di gente Gian-Fedeiigo duca di Sas-
sonia , di buon' ora spinse le sue armi contra
del duca Maurizio , jiailrone allora di Lipsia e
di Dresda , e il mise a mal partito ; perloc^hè
avendo esso Maurizio falle rejilicate isUnizc di
aiutp all'impcradorc j questi . benché infermo
ANNO MDXI.VII 52 t
per la poclacrra , fu forzato ad uscire in cain-
pagpna per tagliar il corso a maggiori progressi
di Gian-Fcdengo , al quale riuscì in questi
tempi di muovere a ribellione la Boemia con-
tra del re Feidinaudo signore di quel regno, e
di dare una rotta ad Alberto, uno de"' marchesi
di Brandeburgo. All' armata cesarea comandava
in capo il duca di Alva. Perchè Giovachino mar-
chese di Brandeburgo ed elettore abbracciò in
questi tempi il partito dell' imj^eradore , niag-
giormente si animò esso duca a proseguir la
marcia con tra del Sassone verso la metà d'aprile.
Mirabile poi e sopra modo ardita fu l'azion de gli
Spagnunli , che trovando le opposte rive del-
l' Elba ; fiume grossissimo , di gente e di arti-
elierie guernite da Gian-Federigo , pure passa-
rono ) e cacciati i nemici , diedero campo
all' esercito imperiale di formar un ponte e di
trasferirsi di là. Ritiravasi il Sassone in ordi-
nanzn colle sue truppe . ma inseguilo dalla
c.ivalleria cesarea , suo malgrado si preparò alia
battaglia. Fu questa ben calda nel dì 24 d'aprile.
ma in fine andarono in rotta le genti del
Sassone , ed egli fatto prigione dal conte Ipjio-
Jito Porto da Vicenza , fu condotto davanti
all' imperadore . che gli rimprovei ò 1' alterigia
sua in trattar dianzi Ini solauienle col titolo di
Carlo di Gante, die si fa nominar V Imperadore.
P»eo di morte venne da lì a qualche tempo
giudicato (ìian-Fedcrigo : tante nondimeno pre-
ghiere de' principi s'interposero, implorando la
clemenza di Cesare , eh' egli mosso ancora dal
desiderio di cavar dalle mani de gli iifiziali di
esso Federigo le due fortezze di Vitlemberga e
522 ANNALI B ITALIA
Gotta , s"' indusse a donargli la vita , con che
riniinziasse V elettorato a Cesare , e i suoi Stati
(a riserva di una porzione, cioè della Turingia)
al duca Mamizio. Restò egli ciò non ostante
come prigione presso l' iniperadore. Per la de-
pressione di questo primo campione della lega
Protestante , anche Filippo langravio d'Assia
trattò per mezzo di varj intercessori, e spezial-
mente del sudiletto duca Maurizio , di tornare
in grazia (felTAugusto Carlo. Con varie condi-
zioni questa gli fu accordata ; ma presentatosi
(gli a' piedi del vittorioso monarca , si vide ri-
tenuto prigione ; la qual durezza costò poscia
ben caro al troppo severo imperadore
Si studiò nelP anno presente per ordine del
medesimo Augusto, e a persuasione del cardi-
nale Teatino di casa Carafl'a arcivescovo , don
Pietro di Toledo viceré di Napoli d'introdurre
in quella metropoli e regno il tribunale dell' In-
quisizione (i); al che troppo abhorrimento
avea mostrato sempre il pojjolo napoletano, e
massimamente la nobiltà, che giudicava d'es-
sere tolta con t;»l no\ith di mira dal viceré,
niostiatosi in Uinte altre occasioni suo |)Oco
amorevole, pm* non dir nemico, a fin di ga-
stigure sotto l'ombra della religione chi non
era in sua grazia. A' tempi ancora di Ferdi-
nando il (ìatfolico tentata fu l' iutroduzion del
medesimo tribunale, il timor di ima solleva-
zione, e l'aver fra l'altre ragioni rappresentato
) Napoletani , (die essendo troppo faiuiliari in
(i) Suinnxnite. Sardi, .^driiini Campani al allr
ANNO MDXT.VII S-iS
quella nazione i gì lainenli falsi, niun più sa-
rebbe da li innanzi stato sicuro dell' onore e
della vita , fei-e desistere l' arcorto re da sì
pericolosa impresa. iMa |)Prsistendo il Toledo
in questo proposito . e nulla curando i privilegj
di quella rega! città, finainientt; nel di 1 6 di
maggio si mise in anni il popolo con alquanti
nobili, e cominciò a menar le mani contro gli
Spagnuoli usciti del castello in ordinanza , ed
air incontro il castello a tempestar colle palle
le case de' cittadini. A que.<to rumore volarono
a Napoli circa tre mila banditi e fuorusciti ,
clie si unirono col popolo. Dopo di ciò furono
eletti dalla città due inviati, cioè don Ferrante
Sansevetino principe di Salerno, e don Placido
di Sangro . alTmcliè si porlassei o alla corte per
informar Timperadore, e supplicarlo di ricbia-
mare il viceré , e di non permettere le novità
«Ifir odi..ta Inqui.sizione fra loro. Al principe di
Salerno eia stato predello , che se andava ,
male gliene a*, verrebbe. Ma egli anteponendo
l'amor ilella patria ad ogni suo rischio, andò.
Furono prevenuti questi inviati da persona spe-
dita con più diligenza dal viceré. Arrivati che
furono anch'essi alla corte, al principe, senza
poter vedere la faccia dell' inqieiadcro . fu or-
dinato tli fermarsi. Il Sangio bensì ebbe udien-
7a , ma non riportò a Napoli se non la secca
risposta , che la città ubbidisse. Venne intanto
spedito da don Ferrante Gonzaga al viceré un
rinforzo di mille Spagnuoli sopra le galee del
principe Doria , altri ottocento dalla Sicilia, ed
alcune brigate di fanti assoldati in Iloma da
don Diego Mcudozza ambasciatore cesareo.
324 ANNALI d" ITALIA
Costoro nel di 21 di luglio, per discordia insorta
fra essi ed alcuni popolari , diedero all' armi ,
uccisero alquanti Napoletani , saccheggiarono al-
cune case e monisteri , ed occuparono Santa
Maria Nuova , luogo atto a prevalere contro la
città. Mentre il popolo co' fuorusciti di Napoli
e colle artiglierie si preparava per espugnar
qnel sito, arrivò il Sangro dalla corte, clie
intimò ad ognuno 1' ubbidire. Non avea il po-
polo capo alcuno di autorità 5 e siccome è as-
somigliato a i fluiti del mare che presto ven-
gono e presto sen vanno , si quetò , e spedì
suoi deputati al viceré per fare scusa e cliie-
dere perdono. Nel dì 12 d'agosto fu pubblicato
l'indulto generale, col condannar nondimeno
la città al pagamento di cento mila ducati
d'oro, né pii'i si parlò d' Inquisizione j ma dal
perdono rimasero esclusi alquanti nobili e po-
polari, che colla fuga si sottrassero alla pena,
lasciando i lor beni in preda del lisco. Tornato-
dipoi a Napoli il principe di Salerno , come
pecora sognata , fu da lì innanzi perseguitato
dal viceré ; lantt> che in fini; fu costretto a
fuggirsene; e diciiiarato ribello, dopo molte
p(n'ipezie finì , siccome diremo , sua vita in
Francia nel 1 568 , con aver prima abbracciata
1' eresia de gli Ugonotti.
Insorsero in ([uest' anno varie dispule nel
concilio di Trenlo , perchè ([iie' padri tanto per
lo strepito delle vicine guerre , che per l' in-
fln"u/.a di gravi malatl.ie tjuivi insorte , erano
mal'.oulenli di (|uel soggiorno. Altri moti%i se-
j»reti ancora si jìrelende ciie avesse papa Paolo
per mutare il luogo a quella ttacra ailunanza j
ANNO MDXT.VIt 5^5
è perciò andò loio l'ordine clic trasferissero il
concilio a Bologna , siccome fecero di latto.
Sommamente dispiacque a Cesare questa pie-
cipitosa risoluzione , e tra gli altri suoi aperti
risoitimenti comandò che i prelati de' suoi do-
mini non si movessero di Trento. Era anclie
per altro esso Augusto di mal umore verso il
pontefice , perchè questi sul fine dell' anno
precedente avea richiamate dalla Germania le
milizie pontificie in tempo che Cesare mag-
giormente ne abbisognava per proseguir la
guerra centra de' Protestanti. Crebbero in oltre
i dissapori all' osser^ are come il pontefice te-
nesse pratiche di stretta confidenza co' Fran-
zesi , avendo egli anche ultimamente ottenuta
per moglie di Orazio Farnese suo nipote una
figlia naturale del novello re di Francia, con
gran dote , obbligandosi egli all' incontro di
comperargli in Francia uno Stato che rendesse
annualmente almen dodici mila ducati d' oro.
Ma sopra tutto covava l' imperadore un tarlo
di sdegno e di vendetta contra di Pier-Luigi
Farnese figlio del papa , e nuovo duca di Pia-
cenza e Parma, non solamente perchè riputato
se non promotore, almeno complice dell'at-
tentalo di Gian-Luigi Fiesco contra di Genova,
ma ancora perchè si scorgeva in lui un conti-
nuo e stretto attaccamento a i Franzesi. Cosa
producessero questi mali umori , poco si starà
a conoscerlo per la congiura tramata ed ese-
guita contra di lui nell' anno presente. Da che
fu egli messo in possesso del ducato di Pia-
cenza e Parma , fermò la sua stanza nella prima
di quelle città ^ dove si applicò a fabbricare
3 9.6 ANNATI I)' «TAUA
lina nuova cittadella , che in qucsli t«*mpi si
trovava quasi ridotta a conipiiiiento , non Li-
sciando intanto di abbellire in varie foriDC la
città di Parma (i). Hanno dimenticato gli scrit-
tori di tramandare a i posteri le virtù di esso
Pietro Luigi. All' incontro , se noi vogliamo
credere al Varchi, questo personaggio era uouìo
scelleratissimo, brutto di volto, ma piij deforme
d'animo, immerso nella più nefanda libidine e
in altri enormi vizi. Anzi termina esso Varchi
la sua Storia colla scandalosa pittura di una dì
lui azione la più sconcia et orrida che mai si
possa udire , e di cui forse non si troverà altro
pari esempio. Poteva il Varchi e doveva ri-
sparmiare ancor questo. E volesse Dio che ci
fossero bustevoli argomenti per poterlo ora
mettere in dubbio ; ma da che non osarono
di con tradire nlla fama di sì nero deli Lio gli
scrittori allora viventi , quantunque ne mormo-
rassero forte gli stessi Protestami; e da che il
Belcaire vescovo di Metz , che scriveva allora
le sue Storie, asserisca la notorietà della libi-
dine d' esso Pier-Luigi , con accennar anche
quel mostruosissimo fatto accaduto nel 1 53^ ,
io altro non soggiugnerò intorno ad esso. Dirò
bensì, non apparire ch'egli per la carnale sua
concupiscenza si tirasse addosso l' odio della
ricca e numerosa nobiltà piacentina , non pa-
rendo mai verisimile il venir egli rap|)resentato
dal Segni per islorpio di mani e di piedi, sic-
ché bisognava aiuUirlo fino al mangiare, e tut-
èavia perduto ne gli all'ari delia sensualità.
(i) Adriani. Angeli, «Storili di riirinii, Miiuibria ilr>»
SCO. GoseUiui , Vita di Ferrnntc Gonza^u,
Allrondc arltnKjue venne centra di Pier-
Luigi il mal lalonlo di que' ciltadini ; inipc-
rocciiè a\endo egli trovato i nobili d'essa Pia-
fet)7.H avvezzi a vi\ere con sovercliia liberta
solto il governo ecclesiastico, e ad abitar per Io-
pili ne' loro fendi , dove non nwn che nella
città concnliavano la plebe , tosto si diede a
metter loro la briglia , senza considerare , se
il rigoie o pur la piacevi Iczza convein'sse me-
i;lio alla novità del suo governo. A questo line
levò rnnui a i nobili, limitò i loro privilegi,
e sotto pena ancora di contìsco li obbligò ad
abitar nella città , afìincbè s' aumentassero le
rendile delle sue gabelle ; tagliò eziandio non
poco dell' autorità di quel senato , e furono
cominciati de' gran processi contra de' delin-
quenti presenti e passati. Oltre a ciò, levò
Coite ÀJaggiore a Girolamo marchese i'allavi-
cino , e divolgossi ancora che era per ispogliare
Agostino Lamii di Bardi e Couipiano : novità
the il fiicpvano bensì amare dal basso popolo,
ma odiare assaissimo dalla nobiltà. Non si
guardò egli dall' inimicarsi don Ferrante Gon-
zaga governator di Milano , con occupare uà
castello di lui, e impedirgli la tenuta del mar-
chesato di Soragna ; pei;J,ochè il Gonzaga fece
quanti mali ufizj potè contra di lui alla corte
fieli' imperadore. Convennero dunque i suddetti
Girolamo Pallavicino ed Agostino Laudi , eoa
Camillo marchese Pallavicino, Giovanni An-
guissola e Gian-Luigi Gonfaloniere , tutti della
primaria nobiltà di Piacenza, di levar di vita
il ^ arnese. Fu poi, per quanto io credo, in-
ventato che i lor cognomi erano indicati uclla
5r>.S ANNALI d' ITALIA
j'arola plAC , alibrcviata nelle moii"'(e d' rssO
duca. Speravano essi appog^'o dopo il l'alio da
don Fen-anle ; ma l'Adriani e il Goscllini , che
ben si può presuniere assai informalo di que-
gli affari , scrivono , essere slato don Ferrante
quegli che promosse ed attizzò la congiura, e
venne in questo tempo a Cremona ( se pur
non fu a Lodi ) con gente militare , per tro-
varsi più a tiro della disegnala impresa. Quel
che è cltIo , nel di io di settembre i cinque
suddetti congiurati, con alcuni lor confidenti
al numero di Irenlasette persone , portanti
armi coperte sotto i panni, presa l'ora cheil
duca ebbe pranzato , e che i suoi ministri
slaviino a tavola, quando uno e quando l'al-
tro entrarono nella vecchia cittadella , dove
abitava il dura , lasciandoli passar liberamente
la guardia de gli Svizzeri. Per quanto viene
scritto, pii\ d'un avviso era venuto a Pier-
Luigi da Milano e dal papa stosso , che si
macchinava contra di lui, e che si guardasse;
ma non seppe egli prolittarne. Era salito lAri-
guissola con due compagni nell' anticamera
del duca , e mentre gli altri attesero ad im-
padronirsi della porta della citladclla e della
sala con uccidere alcimì Svizzeri e Tedeschi ,
egli entrato co' suoi due nella camera del du-
ca , clic ragionava allora con Cesare Foglia-
no, con poche pugnalate lo stese morto a
terra , senza trovare resistenza alcuna , perchè
a cagion della sua intemperante passata vita
avea Pier-Luigi degl'impedimenti alle giunture ,
ed immobile ricevè la morte.
Air lulire che nella cittadella era tanto
I
ANNO MB^rr.vn Sag
rumore , non mmo i nobili che il popolo die-
dero (li piglio all'armi, e corsero a quella vol-
ta. Al Irei lauto (•ce Alessandro da Terni , capi-
tano ilelli' milizie del duca , con animo d' entrare
in essa fortezza. Ma avendo i congiurati al-
zalo il pofile, ed essendosi "ben armati con
rompeie l' armeria ducale , e con assicurarsi
della fiimi-lia dell' ucciso principe, convenne
fermarsi. In questo mentre Agostino Laiuli rap-
presentò al popolo la molte dil duca, e fatto
calar dalle mura nella fu.^sa il di lui cadaxtro
legato con mia fune , acciocc'iè se ne accer-
tassero ; e g\\diU)([o Libertà , Libertà, /mp rio,
ed asserendo che don Ferranti^ in breve arri-
verebbe colle sue truppe , ognuno s' andò ri-
tirando, ed Alessandro da Terni colle sue genti
s'inviò alla volta di Parma. Avvisato in fatti
il Gonzaga con due spari d' artiglieria , spedi
incontanente cinquecento fanti, che entrarono
nella cittadella, e nel dì 12 di settembre com-
parve anch' egli con altra gente , e prese il
possesso della città a nome dell' imperadore ,
promettendo a i cittadini di ridurre le gravezze
al primo slato, di lestiluir gli onori al senato,
e la libertà a i feudutaij , di annullare i pro-
cessi, e di rendere i beni confiscati: con che
tornò la quiete in quella nobil città. Ciò fat-
to , il Gonzaga spedì truppe ad impadronirsi
di Borgo San Donnino , e di Borgo di Val di
Taro e di Castel Guelfo. Tentò ancora la città
di Parma , e Roccabianca e Fonlanellato ; ma
i Parmigiani avendo dipoi acclamalo per loro
duca Ottavio Farnese ,• lìglio dell'estinto Pier-
Lliigi, si tennero forti alla divozione di lui.
MurvAToiu. Jan. Fol. XIF, 34
53o AN:.AM d' ITAtU
Trovavasi papa Paolo in Perugia , allorché c\{
ii\ recata la funesta nuova , accolta da lui con
inesplicabil dolore , e insieme con fieri interni
rimproveri , al veder così confusa 1' ambizione
sua , e il tanto suo amore a i congiunti di
sangue. Tuttavia da saggio non perde tempo a
spedire il nipote Ottavio con Alessandro ^ itellì
a Parma, e a spignervi di mano in mano quante
soldatesche potè , raccolte ilail' Umbria e dalla
Romaj^na. Ciò sostenne P uina , e seguì in ap-
presso una sospension d' arni' fra il duca Ot-
tavio e don Ferrante. E questo misero fine
ebl)c Pier-L ligi Farnese, che quantunque la-
soia>se dopo di sé un brutto nome , pure ebbe
la gloria o fortuna di lasciar quattro figli ben
diversi daini, cioè il suddetto duca Ottavio,
che riuscì principe di gran valore e saviezza ;
Alessandro, uno de' più insigni cardinali del
sacro collegio ; Orazio duca di Castro , desti-
nalo genero di Arrigo li re di Francia per lo
sposalizio di Diana liglìa naturale dello stesso
re; e Ranuccio, che il buon papa, dimentico
della riforma della Chiesa, non avea avuto
scrupolo di eleggere arcivescovo di Napoli , e
crear carlinalc uell' anno precedente , ancor-
ché egli non avesse che quindici in sedici an-
ni. Lasciò in oltre Pier-Luigi una figlia per
nomt' Vittoria , che il papa diede per moglie
a Guidubjddo duca d'Uil)ino, generale in que-
sti le»;pi della repubblica di Venezia. Ma della
morte del Farnese ebbe l)ene a dolersi V Ita-
lia , perché cagion l'u di riai-cendere nuove
guerre non solamente qui , ma anche ollra-
lucutti , siccome vedremo. ISè si dee tacere che
ANNO MDXLVn 53 I
in quest'anno a dì i3 d'a^-osto (avvenimento
assai raro ) cadde nel Mugello distretto di Fi-
renze per tutta la notte si dirotta ed impe-
tuosa pioggia , clic lutti i finrnicelli divennero
oigoglioii torrenti , con inondar le campagne ,
ed allagare non poca parte della città di Fi-
renze. \i perì molta gentej case , nuilini , gual-
chiere , ]ionti ed alberi infiniti non ressero alla
fin-ia dell'acque; t.ilcliè gli uomini di quel se-
colo ninna pari disavventura aveano mai ve- .
dula o provala ne tempi loro.
Anno di Cristo i348. Indizione f^I.
di Paulo III papa i5.
di Carlo \ iniperadore 3o.
Fu impiegato tutto quest'anno in maneggi
politici, e in proposizioni di leghe e di guerra,
ma senza che se ne risentisse la pubblica
quiete. S'irà già sconcertata non poco la buona
armonia fra il jionlefice Paolo e Carlo impera-
dore , sì per la seguita tianslazion del concilio
dì Trento a Bologna . malveduta e impugnala
da esso Augusto, e per l'uccisione di Pier-
Luigi Farnese, e per T occuj)azion di Piacenza
fatta dall'armi imperiali , approvala dipoi so-
lennemente dall' ituperadore stesso: il che riem-
pieva di sdegno ì" animo del pontefice, al mirar
tolta alla Chicvsa e insieme alla casa Farnese
una sì riguardevol città. E tanto più perchè
anche Parma si trovava in grave pericolo, ten-
dendo parimente a quell'acquisto don Ferrante
Gonzaga con orditure segrete e colle minacele
della l'orza. Perciò si diede esso pontefice a
5^2 ANNALI d' ITALIA
ijjanipolar iu)a lega con Arrigo II re bellioos©
di Francia , calcolando che le di Ini forze ,
colla conjoililà spezialmente di Torino e d'al-
tre piazze tnlta\ia occupate dalle di lui armi
in Piemonte , potessero abbassare la troppo
cresciuta potenza di Cesare in It;ilia, e forzarlo
alla restitu/Jon di Piacenza. Questa medesima
lega era desiderata da i Franzesi ; ma canniii-
iiando essi con gran cautela , al vedere il de-
crepito papa non lontano dall'abbandonar colla
vita gì' impegni politici , richiedevano che il
sacro collegio s' obbligasse a continuar la lega ,
ed in essa si tirassero altri principi d'Italia, e
che Parma fosse ceduta ad Orazio Farnese
duca di Castro , fratello del duca Ottavio , e
genero , siccome dicemmo , del re Cristianissi-
mo. Ma né i Veneziani, né il duca di Ferrara
si vollero impacciare in si pericoloso labirinto
e molto meno v'accudirono i saggi porporati.
Perciò si andò consumando il tempo in varj
trattati, e nulla inliue ne risultò. Intanto l'im-
peradore conlimuna le calde sue istanze per-
ché si restituisse in Trento il concilio; al che
troppo renitente si sco])ii\ a il jìontelice ^ colla
comune crech-nza eh' egli temesse in città non
suddita a sé la forza de' prelati spagnuoli e te-
deschi, capace di resti iguere l' autorità ponti-
fizia , e di formar decreti disgustosi alla corte
romana per conto della disciplina ecclesiastica.
Ad ogni infermo iii paura il chirurgo che ha
da tagliare. Questo discordie Ciii il pontefice e
l'imperadore cagiou furono che esso Augusto
tro\andosi alla diela iii Angusta, e hraniauilo
pure di (|uelar in fjualchc uiaujcra i torbidi
AX^O MnXf.A'tII 533
della religione e de' popoli nella Germania,
lece stendere una scrittura contenente ciò che
fossero obbligati i Protestanti di credere ed in-
segnare , finattantocliè il concilio generale de-
terminasse la pura dottrina della Ciiiesa 5 e
nel dì i5 di maggio la pubblicò. Fu essa no-
minata V Interim di Carlo V: decreto che
egualmente si trovò poi riprovato ed impugnato
da i Cattolici e da i Protestanti. S. questi dis-
piacque , perchè i principali punti della re-
ligion cattolica erano ivi stabiliti , e perciò
contra d' esso si scatenarono. A i Cattolici ,
perchè nell' Interim furono permessi a i Pro-
testanti certi usi , non già incompatibili colla
dottrina cattolica , ma contrai j alla presente
disciplina della Chiesa. E sopra tutto il ponte-
fice proruppe in gravi doglianze, perchè f im-
peradore si fosse presa la libertà di far delle
determinazioni in materia di religione , rise-
dendo quest'autorità ne' soli sommi pontefici
e pastori della Chiesa , e non già ne' principi
secolari.
Trovandosi intanto X Augusto Carlo stanco
sotto la mole di tanti an'ari , e colla sanità
infievoUta per le passate fatiche e per la po-
dagra , prese la risoluzione di far venire di
Spagna in Italia e Germania il principe doa
Filippo suo figlio. Nello stesso tempo con di-
spensa del sommo pontefice accordò 1' infanta
donni Maria sua primogenita in moglie all'ar-
ciduca Massimiliano , figlio del re Ferdinando
suo fratello , che era allora in età di circa
venti anni. E per jjrovvedere la Spagna di un au-
torevole viceré , durante 1' assenza del principe
534 ANNAM D ITAUA
SUO figlio , spedì colà lo stesso Massimiliano
con beir acconipagiiamento nel mese eli giu-
gno , e fmono poi con gran niagnilicenza
solennizzate le sue nozze in Madiiil nel set-
tembre di quest' anno. In questo mentre s' u-
nirono a Roses in Catalogna le galee d'Andrea
Doria , di Spagna , Napoli e Sicilia , con varie
navi, che in tutte formavano una numerosa e
potente flotta, do\e il principe don Filippo,
dopo aver lasciato il governo de i regni al
cugino Massimiliano, imbarratosi nel di primo
di novembre, sciolse le vele alla volta dell'I-
talia sotto la direzione del duca d'Alva, capi-
tan generale e maggiordomo maggiore dell'Au-
gusto suo padre , inviato a (jucsto fine in
Ispagna. Sbarcò nel dì 23 ( l'Adriani scrive nel
dì aS ) del suddetto mese in Genova , accolto
con immensi onori da quel popolo , ed allog-
gialo nel p.alazzo del suddetto Doria. Cosimo
duca di Firenze, attentissimo in lutto a con-
servare ed accrescere la protezion di Cesare,
in\iò colà a visitarlo tlon Francesco suo pri-
mogenito , clic gli portò , se crediamo al Se-
gni , de i regali di valore di cento mila scudi.
Vi conqiarve ancora il duca Ottavio Farnese,
in^iato dal papa, per pregarlo d'inqjiegarsi
nella restituzion di Piacenza. Dopo molti giorni
di riposo passò dipoi il regal piincipe a Pa-
\ia, et indi a Milano, due miglia lungi dalla
qual città con isplendido corteggio di prelati
e di nobiltà fu a fargli una visita (^arlu duca
di Sa^ oia. In tal congiuntura l'vrc il popolo di
Milano sfoggi d'incredibii magnificenza per rac-
coglimento di questo Sole nascente , a cui
ANNO MllXÌ.Vm S.lS
sapcano di dover essnrp sudditi col tempo. Wiiiie
in qiiesf anno Arrigo 11 re di Fiaiicia con (jiiat-
trocento nomini d'armi e cin((iie mila fanti in
Piemonte , per visit^tr le fortezze oeeujjate dal-
r armi sue. Pretentle f Adriani iinpreso quel
viaggio dal re , perrliè Olta\ io Farnese , per
vendicarsi di don Ferrante (ionzaga dopo Toc-
cnpazion di Plac-enza . avesse mandati tie' sicari
per farlo nccidcre , clie f'Mono poi scoperti a
tempo e ginstiziati : sperando il re, siccome
consapevole della trama, die tolto di \ila il
Gonzaga , potessero insorgere de i torbidi nello
Stato di Milano. Vana immaginazion di quello
storico , perciocché nel di dieci di settembre
accadde la morte di Pier-Luigi Farnese, e il
re nel luglio e agosto precedente era venuto
a Torino: ed avendo colà chiamato Eicole II
duca di Ferrara, questi con licenza delfimpe-
radore nel dì i5 d'agosto si mosse con bella
conìitiva . andò a Torino , e nel dì due di set-
tembre si restituì a Ferrala. Erano le premure
del re di tirar seco in lega questo principe ^
ma il trovò troppo alieno dall' inimicarsi il
troppo potente inqjeradore. Tanto bejisì operò
esso re Cristianissimo, che indusse il duca me-
desimo a concedere in moglie Anna sua pri-
mogenila a Francesco di Lorena duca di lima-
la , figlio del duca di Guisa suo favorito. Senza
far altra no^ilìl, e con solamente lasciar de i
sospetti in Italia , se ne tornò esso monarca in
Francia nel dì ventitré di settembre. Perciò
don Ferrante attese a fortificar Milano, e l'al-
tre città e fortezze di quello Slato ; ed altret-
tanto fece in Toscana il duca Cosimo < a cui
536 ANNALI d'itama
per gran somma di danaro da Cesare fu dato
Piombino , e da lì a poco ancora ritolto. Fu-
rono parimente in quest'anno fieri rumori in
Siena . citfà dove ab antiquo cozzavano fra
loro due fazioni , volendo cadauna o primeggiar
nel governo , o usiirpailo tutto. I ministri del-
Timperadore, che davano in questi tempi legge
ali' Italia, non tralasciarono di profittar della
l(ir ]ia/.za discordia ; e però a don Diego di
Mendozza venne fatto d'introdur quattrocento
fanti spaglinoli di guardia , dando piincipio ad
una specie di dominio di quella città.
Anno eli Cristo i54«)- Indizione VII.
eli Paolo HI papa i6,
di CAur.o \ impcradore 3i.
Dopo avere il regal principe don Filippo
d\\\is1ria lasciato in Milano im gran credito di
signor generoso e liberale , nel dì 8 di gen-
naio del presente anno si partì di colà , e ri-
cevuto min splendido trattamento da Francesco
duca fli Maut()\a , alla qual città si portò an-
che Ercole II duca di Ferrara per inchinarlo ,
passò a Trento , continuando poscia il viaggio
sino a lirusselles , dove {ove la sua entrata nel
dì (irimo d' aprile , accolto con tenerezza dal
padre Augusto. L' intenzion dell' impcradore di
cliiamailo colà era stala di fargli giurar fedeltà
da' popoli della Fiandra; il che eseguirono essi
di lutto buon ciifire. Ma si aggiunse nn' altia
idea, fabbricala dall'amor palerno ed ambi-
zioso di Carlo : cioè si diede egli a meditare
ANKO MnxT.ix 53'y
nel tempo stesso di farlo aiirlie re de' Roma-
ni , e trattossi di ciò in falli nella dieta d'Au-
gusta deir anno seguente ; ma con trovarsi il
re Ferdinando tr()]>po renilenle alla cessione
di quella dignità. Se non concordassero in
questo varj autori , parrebbe in\ erisiniile un sì
fatto progetto. Mn uè Fenlinando avea sì poco
senno da sacrificare alle voglie del fratello
queir illustre dignità , né i principi della Ger-
mania erano sì mal avveduti di permettere la
conlinuazion d' una unione o potenza die facea
paura a tutti. In questi tempi Arrigo li re di
Francia non sapendo sofTerire che la sua città
di Bologna in Piccardia avesse a restar in mano
de gì' Inglesi anche per alquanti anni , e di
doverla comperare con tante somme d' oro
accordale nella pace fatta con loro dal re Fran-
cesco I suo padre , determinò di adoperar la
forza per ricuperarla , con essersi fatto assol-
vere dal papa del giuramento ed obbligo di
pagare il pattuito danaro. Parvegli anche pro-
pizio il tempo , perchè in Inghilterra erano in-
sorte gravi discordie, e durava tuttavia la guerra
de gì' Inglesi contro la Scozia , assistita dal-
l' anni della Francia. Perciò andò con possente
esercito a mettere 1' assedio alla città di Bolo-
gna , dichiarando aperta guerra a gì' Inglesi ^
ma quanfimque s' impadronisse di qualche for-
te , nulladiiueno inutili per quest'anno rimasero
i suoi sforzi contro d' essa città. Godevasi in-
tanto in Italia la pace , ma pace turbata da
continui sospetti di guerra per cagion di Parma
e Piacenza ; e tutti attendevano a premunirsi.
Ebbero ciò non ostante a piagnere le marine.
53S AKNAU d' ITAT.IA
spezialmente della Sicilia , Calabria e Riviera
di Genova. Corseggiava nel Mediteri'aneo , dopo
la morte del Barbarossa suo maestro, il famoso
corsale Dragiit Rais con quaranta legni ; né
so'amente [^rendeva quanti navigli mercantili
gli venivano alle mani , ma eziandio facea
sbarco di tanto in tanto alle coste della Cri-
stianità , con metteie a sacco i villaggi , ed
asportarne ancora gran copia d' anime cristia-
ne j condennate dipoi ad una penosa servitù.
Mancava a costui un buon nido ; sei procacciò
egli nell anno presente con impossessarsi a
forza d' armi della città appellata Afiiica o Tri-
poli nelle coste di Barljeria. Quivi si piantò
egli e fortificò , concependo poi speranza di
stendere pili in là il dominio suo.
Ondeggiava inUinto papa Paolo fra varj pen-
sieri intorno a gli all'ari dì Panna e Piacenza j
e ricevea da Cesare parole di corte, quante
ne volca. Ora pretendeva l' iniperador Carlo
cbe si esaminassero It; lagioni della Chiesa e
dello Stalo di Milano su ([uella città, ed ora
proponeva cambj , comparendo sempre disposto
a compiacere il pa|)a , ma con inlerna liso-
luzione di far quel solo clie conveniva al pro-
prio interesse, l'iese dunque il ponlelice il
parlilo, a ciò consigliato da i più saggi por-
porati , di unir di nuo\o Parma alla Cbiesa ,
e di torla al nipote Ol(a\io. con animo di
reintegrarlo , cioè di dargli di nuovo Cameri-
no , giudicando cbe T^arma in man drlla (Chiesa
verrebbe più rispettala da i jiotentali cattolici-
Con (|uesla i<lea licbianiò a lìoma il nipote ,
spedì a Parma con segrete istruzioni Camillo
ANNO MTAt.lX SS;")
Orsino, capitan generalo doDa Cliiesa; il qual
giunto colà , prese il comando dell' armi e il
go\ erno d' essa città , attendendo poscia a for-
tificai la , e a ben provvederla di vettovaglie e
oiiuiizioni da guena ; il clie recò non poca
gelosia a don Ferrante Gonzaga. Stette lunga-
mente aspettando il duca Ottavio, qiial dovesse
essere il suo destino, lusingato dai pontefice ora
colle speranze di espugnar la pertinacia di Ce-
sare, ed ora colle proposizioni avanzate di una
lega colla Francia. Finalmente s' impazientò ,
ma-^simaniente all'udire che si trattava di ce-
dere Parma a don Orazio suo fratello , e Ca-
merino a lui , e al considerare clie intanto egli
si trovava spogliato di Paima , benché d' essa
investito, e che venendo a mancare il decre-
pilo papa , correa rischio di né pur ottenere ,
o di perdere Camerino. All' improvviso dun-
que , senza sajnita dell' avolo papa , venne per
le poste a Parma , credendo di lai sene , come
prima , padrone ; ma Camillo Orsino insospet-
tito per non aver egli recata lettera o ordine
alcuno del jtontefice, si mise alla parata d'ogni
accidente , col disporre guardie dapertutto ; e
lasciò bensì entrare in Parma il duca , ma il
tenne sì corto , che non osò di tentare novità
veruna. Contullociò le speranze di Otta\io erano
riposte nella cittadella , avendo tenuta già in-
telligenza per questo col castellano d' essa , e
perciò fece istanza di visitar anche quelle for-
tificazioni. Quivi parimente si trovò egli bur-
lato , per essersi pentito il castellano , che ri-
cusò d' ammetterlo dentro : il perchè tutto
fumante di collera uscì di città , e si ritirò a
54o ANNAT.T n' ITAMA.
Torchiara castello del conte Sforza Santafiore
suo cugino , dove per mezzo del cardinal di
Trento cominciò un trattato con don Feirante
Gonzaga per acconciarsi colf imperadore. Da
che il pontefice ebbe intesa 1' impensata fuga
del nipote , diede nelle smanie , persuaso che
la gente non crederebbe ciò fnllo senza con-
senso suo ; e tosto gli spedi dietro un corriere
per richiamarlo. E perchè ebbe avviso dal-
l' Orsino del tentativo da lui fatto per ripigliare
il dominio di Parma , maggiormente acceso di
collera , rinovò gli orilini a tutti i ministri di
quella città di tenerla a nome della Chiesa , e
di non ammettere colà il nipote. Cosi stavano
le cose , quando il cardinal Farnese , per let-
tera a lui scritta dal fratello , fece sapere al-
l' addolorato pontefice che Ottavio , se non gli
veniva ceduta Parma , si accorderebbe con don
Ferrante, e cercherei )be colla forza di riaver
quello che riputava dovuto a se per giustizia.
Questo colpo , per cui si sfasciavano tutte le
macchine politiche del papa , e i suoi segreti
trattati co i Fianzesi , 1' accorò talmente , che
preso da un tremore e quasi sfinimento , fu
per cadere in terra , se non era sostenuto da
gli asliuili. Dopo quallio ore si riebbe ; ma
sopragiunse una gagliaida febjjre , a cui l' eia
sua, arrivata ad anni 82 e forse più, guada-
gnatasi da lui colla temperanza del vitto , non
potò reggere , e però cessò di vivere nel di i o
di novembre.
Vaiia fii la fama che lasciò dopo di sé papa
Paolo III. (ìli storici fiorentini Varchi , Segni
et Adriani , perchè mal animali conlra di lui
ANNO MnVT.IX 54 1
a cagion iloUe dissensioni jiassale fra esso pon-
tefice e il (luca Cosimo , ne sparlarono a bocca
aporta. Il Segni arri\ ò a .scri% ere , esser egli
stilo in concetto , non dirò di amante del-
l' astrologia gindiciaria , che questo gli fu im-
putalo anche da altri, ( benciiè forse senza ra-
gione ) ma fin di magi;i e dell'uso de' veleni,
con altre dicerie bestiali . che lo stesso stam-
patore si vergognò di esporre tutte alla luce.
Non è già di dovere che i principi , preten-
denti di non essere sottoposti alle leggi , ab-
biano anche da pretendere esenzione dalla pub-
blica censura , perchè questo è T unico fieno
o pur gastigo alle lor malvagie azioni : e guai
a chi giugne a nulla curarsi anclìe di questo
qualsisia slaffil?. Ma giusto insieme è che la
censura sia ben fondata , e non figlia della
maUgnità e dell' invidia. Certamente chiunque
senza passione peserà le azioni e la condotta
di Paolo Ili , avrà da confessare , aver egli
meritato , per conto non nien dell' ufizio pa-
storale , che del governo principesco , la lode
di degno pontefice e di saggio principe. Do-
talo di gran consiglio , di rara prudenza e di
zelo cospicuo pel bene della religione e pel
decoro delia Chiesa , primiero aprì 1' impor-
tantissimo conciUo di Trento , confermò l' in-
signe Compagnia di Giisù e l' istituto de' Cap-
puccini , e proecurò la riforma de gli allusi che
deformavano la Chiesa di Dio. Somniameute
accrebbe la gloria sua colla promozione di piiì
di settanta cardinali, la maggior parte illustri
o per la loro scienza , o per la lor pietà o ])er
r ingegno , e per la chiarezza di sangue. Sempre
543 ANNALI d' ITAMA
j)ailre comune , mai s' impacciò nelle gtierre
fra i principi, fuorché quando si trattò di
guerreggiar contro gì' infedeli ed eretici : che
allora largamente impiegò le rendite della Chie-
sa. Fortificò Perugia , Ascoli , Nepi e Castro ;
condusse molto innanzi la fabbrica di San Pie-
tro, cominciata da Giulio li ; rifondò il [)alazzo
apostolico del Vaticano ; tirò alcune strade di-
ritte per Roma; ed aventlo molto beneficato
il popolo romano , merilò che fo>se posta la
sua statua nel Camp doglio. Non mancarono al
certo in lui varj nei. E chi n' è senza ? Per
fabbricare il palazzo Farnese, gran guasto diede
air Anfiteatro di Tito. Fece gridare il cloro e
i popoli suoi per le gravezze loro accresciute,
e lasciò anche impegnate a' mercatanti per più
anni non poclie rendite della camera apostoh-
ca. Ma quello che maggiormente par\ e che
oscurasse la sua fama . e che presso i più non
trovò scusa . fu 1' esorbitante suo amore verso
del figlio , benché figlio non degno di questo
padre , e voiso de' nipoti , degni al corto di
lui, per l'ingrassamento ed innalzamento de i
quali che non fece egli ? L' abhiam già veduto.
E volle Dio che vivente aiuniia ne ricevesse
il gastigo j laonde dicono che ne gli ultimi
giorni di sua vita amlasse ripetendo: Et prc-
cafum ìiwnm ronfra me est scniprr. Per altro
anche in f(iicsti ultimi tempi ad esaltare i pregi
e a liberar dalla censura le azioni d' esso pon-
tefice , ha contribuito non poco I' indefessa
penna del celebre cardinale Angelo Quirini ,
vescovo di iìrescia , a cui ancoia siam tenuti
per lunle altre uolizie ialoruu al cardinal Polo,
ANNO MnVT.IX O.p
e ad alili insigni por.soiiag^i die in Paolo III
trovarono un saggio conoscitore e premiatore
del merito.
Aveva il pontefice nel penuliinio dì tlel suo
vivere ordinato un Breve all' Orsino , con cui
gli comandava di consegnar Parma al duca
Ottavio : tanto era il timore eli' egli si giltasse
in braccio a gì' imperiali , e cedesse loro quella
l'iltà. Perchè questo Breve non fu sp^^dilo con
diligenza , ed arrivò piima d" esso a Parma la
nuova della morte del papa , ancorché il sacro
collegio ordinasse lo stesso all' Orsino , egli
non volle ubbidire , dicendo d' a\ er avuta in
guardia quella città da un papa , e che ne
disporrebbe secondocliè gli l'osse ordinalo da
un altro papa : risjìosla che fece sospettare
qualche suo intrigo co i Franzesi. ]\!a 1' O'sino
onoralamenfc trattò e conser\ò Parma pel papa
venturo , quantunque non nien da gì' imperiali
che da' Franzesi gli fossero fatte molte ingorde
proposizioni. Durante poi la sede vacante, Ca-
millo Colonna ricuperò Palliano , e 1' altre terre
tolte da papa Paolo ad Ascanio : e il principe
di Sulmona acquistò Sonciiio ed altri luoghi ,
come appartenenti a donna Isa])o!!a Colonna
sua moglie. Ma don diego Mendozza s' inter-
pose aflinchè non seguissero rumoìi fia esso
principe e i Colonnesi. Intanto launati i cardi-
nali nel numeroso conclave, cominciarono i lor
maneggi per provveder la Chiesa d' un nuovo
pastore, con sì poca concordia nondimeno ,
che spirò il presente anno senza vermi accor-
do, anzi con apparenza di non acconlarsi sì
presto Ira loro. Neil' ottobre di qaest' anno si
544 ANNA.LI d' ITALIA
celebrarono con rara mas^nificenza in Mantova
^le nozze del duca Francesco Gonzaga con Cat-
terina d' Austria figlia di Ferdinando re tie i
Romani. Nel qiial tempo Lodovico fratelo di
esso duca passò alla corte di Francia , e col
tempo divenne duca di Nevers : del che è
bene die il lettore si ricordi , perchè vedienio
a suo tempo toi nar quella linea Gonzaga a
signoreggiare in Italia.
Anno di Cristo i55o. Indizione Vili.
di Gniuo III papa i.
di Q^ULO N imperadore 32.
Tennero lungamente diviso il sacro collegio,
ascendente al numero di cinquanta cardinali,
le fazioni Imperiale ^ Franzcse e Fornesc. Fu
in gran predicainento il cardinal Polo , uomo
per la sua scienza , religiosìc e purilh di co-
stumi ben dej;no delia dignità pontificia. Ma
perchè il cardinal Teatino CaralTa il pioclamò
per amico de' Protestanti , a personaggio sì il-
lustre rimasero tagliate; le penne. In fine nella
notte precedente il di 8 di febbiaio restò con-
cordemente eletto pa])a ( jxt cura spezialmente
de' cardinali Farnese , Guisa e d' Este ) Gio-
vanni Maria di Monte , o sia del Monte , car-
dinal veterano , creduto degno della sacra tiara
per li meriti suoi aiiclu' dal delunlo pontetìie.
Era egli oriondo da Monte San Sovino , terra
del distretto d' Arezzo ; e per la trafila di varj
impieghi , lutti soslenuli con lode , passato al
cardinalato, s'era spezialmente distinto per lo
ANNO MDT. 545
sapere e per la prudenza nel concilio genera-
le , in cui fu legato apostolico taiilo in Trento
che in Bologna. Prese egli il nome di Giu-
lio III ; e perciocché questo era V anno del
Giubileo, né per la morte del papa s' era po-
tuto nel precedente dicembre far la funzione
di aprir la Porta Aurea , coronato che egli fu
nel dì 22 di febbraio, non lardò ad aprirla
nel dì 24 j per soddisfare al gran concorso
della gente passata a Pioma per ottener le in-
dulgenze. Lodevolissimi furono i principj del
governo di questo pontefice , siccome suol
d' ordinario accadere non solo ne' principi ec-
clesiastici, ma anche ne' secolari ; perciocché
mostrò r animo suo inclinatissimo non solo a
rimettere in Trento il concilio generale , ade-
rendo alle premure dell' imperadore e de' Te-
deschi , ma ancora alla riforma della disciplina
ecclesiastica , troppo scaduta ne' secoli addietro.
Pubblicò in latti il decreto ilei riaprimento del
concilio in essa città di Trento pel tlì primo
di maggio dell' anno prossimo venturo. Conci-
liossi ancora 1' amore del popolo romano con
levare i dazj delta uiacina e de' contratti , che
papa Paolo avea introdotti con gravi doglianze
massimamente de' poveri. Riconleimò lo Stato
di Campagna a i Colonne^i , e per ricono-
scenza al cardin:il Farnese confermò la prefet^
tura di Roma ad Orazio Farnese duca di Ca-
stro, e il grado di gonfalonier della Chiesa al
duca Ottavio Farnese fratello d' esso cardinale.
Quel che piiì importa , fece nel dì 24 ài feb-
braio restituire da Camillo Orsino ad esso Ot-
tavio la città di Parma colle fortezze , artiglierie
MuiUTORi. p^ol. XI y. 35
546 ANNALI d' ITALIA
e munizioni: il che fu cagioue clie Otta^ào ,
dopo essere stato fin qui in molti trattati coi
ministri deir inipeiailore , voltasse vela per so-
stenersi contia de' me lesimi , scoperti troppo
vogliosi di quell'acquisto, e malcontenti della
restituzione a lui fatta.
Sì riso'ulo senq)re più compaiiva Arrigo li
re Cristianissimo di ricuperar la città di Bolo-
gna nella Piccardìa, die Oloardo re d' invilii-'
terra e i ministri suoi giudicarono miglior con-
siglio di cedere amorevolmente con qualche
vantaggio quella città , che di fare inmiense
spese per la difesa , e di perdere poi tutto
colla resistenza. Però nel dì 34 di marzo del-
l'anno presente seguì pace fra que' due poten-
tati, come costa dallo strumento rapportato dal
Du-Mont , in cui fu concliiusa la restituzion.
d'essa ciltà al re di Francia , con obhligarsi
questi al pagamento di quattrocento mila scudi
d'oro del Sole in due rate all'Inglese. Libe-
rato da quest' inq)egno , si diede poscia il re
Airigo a lavorar sott acqua per turbar la quiete
d' Italia , e per muovere guerra all' imperado^
re, la cui |)Otenza fàce\a male a i suoi occhi ,
non raen che s'avesse i'atlo al re suo padre.
Già dicemmo divenuto formidabile nel Mcdi-
tenaneo il feiocf corsaro Dragut Rais, massi-
mamente dopo la con(|uista della città appel-
lala Affrica , o Fripnli di fJarberia , tenuta da
a! uni ])er VyfjJiroilisiiinì de gli antichi. 1 Tur-
chi le danno il nome di iMaladia. Portale alla
corte di Cesare le doglianze 0 grida di tanti
•po|)oli alllilli dall' insolenza e crudtllà di co-
stui , che solaiueiile muntcneva buona umistù
ANNO MDL 547
co' Fianzesi, vendendo loro la preda fìitta sopra
i sud liti della Spagna ; determinò il magna-
nimo imperadore di reprimere la baldanza di
quel ni'm:co del nome cristiano. Per ordine
ad'nxpie sno il principe Andrea Doria e don
Giovanni di Vega viceré di Sicilia allestirono
ima riguanlevol flotta di galee e di navi, colla
quale si unirono ancora alcune del pontefice e
de' cavalieri di Walia. Don Pietro di Toledo
viceré di Napoli vi mandò don Garzia suo fi-
glio , Cosimo duca di Firenze vi spedì Gior-
dano Orsino con qnattro galee e Chiappino
Vitelli con mile fanti. Gran numero di can-
nonate e d'assalti bisognò a quell impresa ; ma
finalmente al valore dell'armi cristiane non
potè resistere quella picciola , benché assai for-
tificata città. Vi rimasero uccisi ottocento Mo-
ri , e ne furono condotti via schiavi circa sei
o otto mila, venduti dipoi a vii prezzo per la
Sicilia e Sardegna. Furono presi anche altri
luoghi in que' contorni , tutto bel paese con
terreno fecondo , e colline piene d' oliveli.
Pretende il Siirio che il V'ega viceré , spogliata
di tutto quella città , la facesse smantellare.
La verità si è , che lasciala fu ivi una compe-
tente guarnigion di S[)agiiuoli e di cavalieri di
Malfa , e che la principal moschea nel dì i^
di settembre venne dedicata al culto del vero
Dio. Dragut colle sue galeotte si ritirò alle Ger-
be , e r armata cristiana tornando verso Sici-
lia , restò assalita da fiera tempesta , per cui
alquante galee e quattro n.ivi rimasero preda
dell' infuriato elemento.
Grande occasion di parlare diede in questo
548 ANN'AU n' ITALIA
anno papa Giulio colla creazion d' un solo
cardinale fatta nel dì 3i di maggio (i), cioè
d'Innocenzo del Monte. Eia questi nato da
una donna che andava accattando in Piacenza.
Trovandosi in ess:t ciUà governatore o legato
Giovanni Viaria del Monte, clie Tli poi papa
Giulio , raccolse neda sua corte questo pezzente
ragazzo , il fece allevare , e tanto amore gli
prese , die piò non si sarebbe fatto ad un
unico figlio, (ili era sì perduto dietro , che
r iiuiestò nella propria casa , facendolo adot-
tare da Biddoviuo suo fratello. Né ciò a lui
bastò, l^a che ascese al pontificato, 1 empiè
sino alla gola di benefizj e di rendite ecclesia-
sticlie, e senza dimora passò a proporre nel
concistoro questo suo caro idolo pi r la sacra
porpora. Gran bisbiglio insorse Ira i cardinali ;
e f'a gli altri il cardinal Teatino , clie fu poi
papa Paolo IV , a visiera calata arringò contro
la prosi, tuz'on di quella eccelsa dignità in per-
sona sì vilmente nata , senza sapersi uè [)uie
il padre suo , e sprovveduto allatto di quelle
virtù e qualità che in qualche guisa potessero
co|irire l' oljbiobrio de' natali, l.hbe un bel
iliie. Innocenzo fu crealo cardinale. Ma questo
aborto fece quella riuscita che ognuno preve-
d«'va ; perciocché sotto Pio IV e Pio V a ca-
gion de' suoi vizj più d'una volta fu In pri-
gione e ne' cep|)i , e spuglialodi varj beneiizj.
Ahuoriito d.i j.;li altri [lorpoiati, miseramente
in line t< rm nò la sua \ ila 1" anno i577 , non
ius^isiendo c.ò che scrive il Belcaire , cioè esser
(i) i'.iiivinio. Segni. Ciacoii. Aclnimi. Oldoiu.
ANNO MDT.J 549
egli slato strangolalo dopo la morte del papa
suo protettore. Sca|)itò forte per questo disor-
dinato afl/tto e per tal risoluzione il concetto
del papa. Oltre di che , siccome attesta l'A-
driani , poco tempo passò che non pareva più
esso pontefice quel che era stalo cardinale ;
perchè si diede all'ozio, scaricandosi de gli
affari puhbh'ci sopra il cardinal Crescenzio , e
prendendo solamente diletto d' un suo giardi-
no , dove consumava tcmj)0 e spese grandis-
sime in fabbriche ed ornamenti. Né è da ta-
cere che r anno presente diede motivo in Siena
a gravi timori e consigli; perciocché dopo essere
entrati colà per guardia gli Spagnuoli , ad imi-
tazion del riccio , cominciarono que' ministri
imperiali a disegnar ivi la fibbrica d' una cit-
tadella , e ne mandarono anche i disegni al-
l' imperadore. Spedì quel popolo i suoi inviati
a Cesare a dolersi di tal novità, e andò in-
tanto meditando maniere più eflìcaci di sot-
trarsi a quel giogo e di conservare la libertà.
Comune credenza fi che 1' imperadore , per
l'ansietà di aver Parma in suo potere, più
volte avesse proposto di dar Siena in contra-
cambio al duca Ottavio. Ma queste fantasie fra
poco andarono tutte in fumo. Nell'anno pre-
sente a dì 3 1 di febbraio Francesco ITI Gon-
zaga duca di Mantova e di Monferrato, caduto
nel lago , lasciò ivi miseramente la vita , ed
ebbe p 'r successore Guglielmo suo fratello.
Aveva Francesco avuta per moglie Catterina
fisjlij di Ferdinando re de' Romani, da cui non
ebbe prole. Divenne poi questa principessa per
le seconde nozze regina di Polonia.
550 AITNALI d' ITALIA
Anno di Cristo i55i. Indizione IX.
di Giulio III papa 2.
di Carlo \ imperadore 33.
Stavasene in Parma il duca Ottavio Farne-
se , tuttodì pensando a i mezzi per mantenersi
in quel dominio , giacché per la riciiperazion
di Piacenza era seccata 0£;ni speranza. Pareva-
gli di trovarsi a mal partito , perchè non igno-
rava r idee dell Augusto suocero suo sopra
quella città , e i mali ufizj e le mine die an-
davano facendo coutra di lui don Ferrante
Gonzaga governalor di Milano, e don Diego
Meiidozza , anche per private passioni nemici
suoi. Come resistere solo a chi volendo potca
sì facilmente ingoiarlo, qualor volesse? Fece
rappresentare a pajta tìiiilio il bisogno suo , e
cliiedere, non olleucndo aiuto da lui, hcenza
di ricorrere a clii potesse sostenerla, mentre
niuiio in Italia ardiva di alzare mi dito in suo
favore; e il papa, che per altri molivi si stu-
diava di conservar huona armonia coU' impera-
dore, si struse nelle spalle, nò altro rispose,
se non che il duca si aiutasse come potesse.
Ciò bastò ad Oltavio, col consiglio , per quanto
fu credulo , do' due cardinali Alessandro e Ra-
nuccio suoi fialclli, per proseguire animosa-
mente un trattato già mosso da Orazio duca di
Castro, allro suo fratello , alla corte del re
Cristianissimo , per impegnar quel monarca
alla difesa snh. Nuli" allro che questo bramava
Arrigo II , ("mulo ultre modo dclhi soverchia
potenza della casa d'Austria. E nel di 27 di
ANNO MDI.t Sii
maggio del presenle anno, come npparisce
dallo strumento nipporlato dal Du-Mont (i) ,
prese il re sotto la sua protezione la casa
Farnese, obbligandosi di man tenere ad Ottavio
due mila fanti e diicento cavalli leggieri per la
difesa di Parma , e di pagargli annudniente do-
dici mila scudi d'oro, con promessa di mag-
giori aiuti alle occorrenze , e di rilievo in caso
di disgrazie. Intanto ducento mila scudi fece
avere il re in Venezia per sostenere questo
impegno. Avvertito il pontefice dal cardinal
Farnese di questo negoziato , parve allora clie
si svegliasse , e si sbracciò per disturbarlo con
gagliarde premure presso di Ces.ire e presso
dello stesso Ottavio. Ma non fu a tempo Es-
sendosi data r ultima mano al trattato col re
Cristianissimo , il duca Ottavio, siccome uomo
d' onore , non volle retrocedere , per quanto
ancora vi si adoperasse il duca di Ferrara Er-
cole li, a cui non piaceva il fuoco vicino a i
suoi confini.
Allora fu che papa Giulio HI proruppe in
isuianie. Cominciarono a fioccare i monitor]
<^ontro di Ottavio , comandandogli di consegnar
Parma a i ministri ponlifiyj, e si procede fino
alle censure , e a dichiarar lui ribello e deca-
duto da ogni diritto sopra quello Stato , e dal
grado di gonfalonier della Chiesa. Ritiraronsi
ila Roma Alessandro e Ranurcio cardinali Far-
nesi : il primo si ricoverò a Firenze , ben ri-
cevuto dal duca Cosimo 5 e l'altro ad Urbino,
dove ebbe un amorevol trattamento dal duca
(1) Du-lMont Corps Diplomai.
5^2
Guidiibaldo suo cognato. Provarono i Farnesi
anclie lo sdegno di Carlo V , perchè qnesti
tolse al cardinale Alessandro il ricco arcivesco-
vato di Monreale , e ad Ot(a\ io No\ara e il
ducato di Civita di Penna, beni dolali della
duchessa Margherita d' Ansti ia sua figlia , e
moglie d' esso Oltavio. Meglio di cpiaranta mila
scudi d' oro perderono essi Farnesi nella pre-
sente tempesta ; ma vi guadagnarono bene i
parenti del papa. Giacché j)ii!i non reslava
luogo al più volle pioposlo ripiego di dai' Ca-
meiino al duca Ottavio in cambio di Parma,
il papa diede il peipetuo governo d'esso Ca-
merino colle rendile a Baldo\ ino sno fratello,
e di più , per attestato del Segni , maggior
grandezza gli confeiì in Roma , che se fosse
stato du"a o signor naturale antiquato in Ita-
lia. A Gian-Batista del Monte, figlio d'esso
Baldovino , conferì il grado di gonfaloniere e
capitan generale della Chiesa, e per lui ottenne
dall' imperadorc Nivara e Civita di Penna.
Andò tanto innanzi il fasto di ((uella gente ,
che Ersilia Cortese , nobile modenese , moglie
d' esso Giovan-Batista , .se ciediatno al S(>gni ,
stava in Roma con tanta altura e grandezza j
che la duchessa di Paiuia lìgliiiola dell' impc-
radore , inuan/.i cIT ell.t fosse ita a Parma ,
avea appena udienza da !ei , <|uando andava in
cocchio per salutarla e per farle onore. Nò qui
si fermò il nepotismo di (picslo pontefice , per-
chè ad Aseauio della Cornia Perugino e a
Vincenzo de' [\f)bili . figli delle sorelle sue ,
diede Stali e titoli di .sigiuui , e cardinalati a
i lor figliuoli. Nò si dee ommellcic che il
ANNO MPT.I 553
pontefice stese il suo sdrgno anclìe centra il
ducato di Castro , posseduto da Oiazio Farnese ,
dimorante allora in Francia , senza rifjuai do
all' esser egli destinato genero del re Arrigo.
Però spedì colà Ridolfo Baglione coli' armi.
Volevano i soldati presidiai) difendere quelle
terre; ma Girolama Orsina, vedo\a del fu Pier-
Luigi y quivi dimorante , per placare Y adiralo
papa, personalmente trasferitasi a ^ iferbo , le
cedette al cardinal Pio legato del Patrimonio ;
e tanto scusò il figlio Orazio per l' obbligo di
onore da hii contratto col re di Francia , che
il pontefice ammansato, posto solamente il Ba-
glione nella fortezza di Castro , lasciò lei libe-
ramente governar quel dominio.
Era già entrata in Paima guarnigione fran-
zese col signor di Termes : il che non impe-
diva la continuazion de' trattati ili papa Giulio
col re di Francia e colf imperadore, per pre-
venir la guerra. Pareva anche ogni cosa dis-
posta per la concordia : quando don Ferrante
Gonzaga , immaginando < he il Farnese proce-
desse con finzione in que' negoziati , per dar
tempo a i Parmigiani di fare il raccolto , senza
aspettar le risoluzioni di Roma , a mezzo giu-
gno si accostò alle vicinanze di Parma con
sette mila fanti , dncento cinquanta nomini
d'armij cinquecento cavalli leggieri, sei mila
guastatori , che si sfogarono contra di quel
territorio. Fu cagione questa barbara ostilità
che il coraggioso duca Ottavio non accettasse
la ratificazion venuta di Roma della progettata
concordia , e si venisse a guena aperta. Mo-
strava r imperadore , per non rompere la pace
nSf AXNAU fi' ITALIA
colla Francia , di essere entralo in questo bailo
come ausiliario del papa , secondo il debito
di sua avvocazia 5 siccome alP incontro il re di
Fiancia pretendeva non rotta la sua amicizia
coir impcradore pel sostener egli il Farnese ,
legittimo padrone di Parma , aitesi ancora i
meriti grandi di papa Paolo III, perchè anche
allora si sapeano le j>alliate maniere di far
guerra ad altrui con pretendere di non farla.
Ma perciocché don Fei rante Gonzaga s' impa-
dronì di Brescello , terra del duca di Ferrara ,
toccata in ap[>annaggio al cardinale Ippolito di
E»ite suo fratello , che stava allora a i servigi
della Francia; e in oltre sul Cremonese furono
presi da gl'imperiali due ufi/.iali franzesi che
passavano , come per paese amico . a Parma ;
il re Arrigo , tenendo per rotta la tregua , di-
chiarò apertamente la guerra all' imperadore ,
con far grande armamento per mare e per
terra , e con istndiarsi di sus.itar conira di lui
i principi della G'Miuania. Pertanto don Fer-
rante detenninò di mettere 1' assedio a Parma 5
e perciocché il castello di Golorno , dove era
con presidio Farnese di ottocento fanti Ame-
rigo Antinori . jiolea forse incomodare il suo
campo, v'andò sotto colla gente, e colle arti-
glierie cominciò a fulminar quelle mura. Fu
r Antinori tacciato di dappocaggine , se non
d' infcvleltìi , perchè non tardò di capitolarne
la resa. Ciò fitto, fonilo il G ìnzaga l'assedio,
o [>iù tosto ì\\\ blocco alla cilli» di Parma.
Avrà inlanlo il re Cristianissimo imiato Pietro
Strozzi, fuoruscito liorenlino. con flonielio Ren-
ti\Oj^iio alla Mn;m(lola, acciocché facessero ivi
ANNO MDM 555
massa di genie in aiulo «Iti Farnese. Dojio
aver diuKjiie lo Strozzi .slipeiidiati qiiallro mila
fanti e cinquecento cavalli, allorcliò vi. le il bi-
sogno, arditamente spinse (juella cavalleria in
Parma; e questa facendo dipoi spesse Sortile ^
tenne aperto il cammino alle vettovaglie; tal-
mente ancora inquietò i nemici , clie mai non
osarono di strif^nere Parnia con vero assedio.
Concliiuse in questi tempi il papa una lega
coir iniperadore , egli che nell'anno precedente
avea fatte sì belle slargate di non Aoler guer-
ra , ma si bene di voler farla da padre comune.
A questo si lasciò egli indurre da don Diego
Mendozza . e però dopo attese a sfoderar la
spada contra del duca Ottavio. Né gli mancò
biasimo per questo ; perchè in vece di pren-
dersela contra V occnpator di Piacenza , si met-
teva anche a rischio di perdere Parma. Rau-
nati pertanto a San Gio\anni del Bolognese
nove mila fanti e secento cavalli , ( pel quale
armamento Cesare nel mese di giugno gli avea
fatto pagare cento mila cudi d' oro , nel dì 1 1
di luglio ne pagò altri cento cinquanta mila ,
con permissione di rifarsene poi sulle rendite
della Chiesa in Ispagiia ) ordinò il pontefice
che s' imprendesse f assedio della Mirandola.
n comando tlell' armi era appoggiato di nome
a Giovanibatista del Monte suo nipote , nei
fatti ad Alessandro Vitelli, persona esperta in
questo mestiere. Nel dì 5 eh luglio giunse Tar-
mata papesca sotto la Mirandola, e le prime
sue prodezze furono d'incendiare i giani non
peranche raccolti , di saccheggiale e bruciar le
case nella campagna , e di tagliar quanti alberi
55G ANNALI d' IT ATI a
e viti trovarono. Si ritliisse poi tutto questo
apparato guerriero non già ad assediar nelle
forme quella picciola ma forte città, essendo
bastato al Vitelli di fabbricar due forti intorno
alla medesimaj con isperanza di vincerla colla
fame. Intanto il re Cristian ssimo, spedito in
Piemonte il .signor di Brisacli con assai gente,
fece dar principio alle ostilità in quelle parti
neir incomin iar del settembre. Avendo esso
Brisai^li occupato .San Damiano, Chieri , Btusa-
sco ed altri luoghi , fu l'orzato don Ferrante
Gonzaga ad accorrere in Piemon'e, lasciato il
Medichino marchese di -Malignano sotto Parma.
Si formò allora un blocco pili largo di quella
città , essendosi compartite le milizie imperiali
restate quivi in Castelguelfo e Noceto ilei Par-
migiano, e in Montecchio. Castelnuovo e Bre-
.scello , terre del duca di Fanara , per impedir
il pas.saggio delle vettovaglie alla città. Però
nuir altro di conseguenza accadde in que' con-
torni , se non che nel novembre venne fatto
a i Franzesi di sorprendere il forte di Tor-
chiara , dove quel picciolo presidio fu quasi
tutto messo a fi! di spada . e vi peri fra gli
altri il principe di Macedonia. In Piemonlc non
si fecero poi imprese tali che meritino luogo
in ([iieste carte. Fin qui .s"' era trattenuto in
Fiandra e Germania il principe don Filippo
fìf^lio dell' imperadore. Prese egli congedo dal
padre per tornarsent; in Isparua , e nel dì se-
sto di giugno pervenne a Trcnlo, cioè in quella
città in cui nel dì primo del j)rer(-dente mag-
gio d' oidine del papa si era riajìci to il con-
cilio generale , e furono tenute dipoi alcune
A>NO MPI.I 557
Sess'ioni molto importanli alla Chiesa di Dio.
Si porfarono ari incontrar questo principe con
decorosa cavalcata il cardinal Marcello Cre-
scenzio legato , e gli altri padri , che gli die-
dero poscia alcuni nobili divertimenti, siccome
ancora fecero le altre città all'arrixo suo. Passò
dipoi a Genova , e di là in Ispagna. Le stesse
gal< e e na\i che il condussero cola, servirono
a ricondurre in Italia Massimiliano re tU Boe-
mia con donna Maria d' Austria sua consorte ,
e sorella del suddetto don Filippo , i quali
scortati da gran copia di nobili e soldati boe-
mi , continuarono nel dicembre il viaggio loro
alla volta della Germania.
Glie mali alla Cristianità producesse 1' esor-
bitante brama di Arrigo II re di Francia per
deprimere la potenza di Carlo imperadore , si
tornò di bel nuovo nel presente anno a ve-
derlo. Non solamente maneggiò esso re e con-
chinse , siccome vedremo nell anno appresso ,
una lega co' principi Protestanti della Germa-
nia contra di esso Augusto , ma cammiuando
sulle pedate del fu suo padre , collegossi colla
Porta Ottomana , e fece muovere 1 armi lur-
cliesche a' danni de gli Stali posseduti da Ce-
sare in Italia. Di che non è mai capace la
cieca ambizion de' mortali che si va poi co-
pren;lo col manto della ragione di Stalo/ Senza
andare alla pestilente scuola del Macchiavello ,
sa questa mettersi solto i piedi le jìarenlele ,
la fede e 1 giuramenti e la stessa religione. Io
so, negarsi dal Belcaire e da altri Franzesi ,
che da' maneg;.^i del re Arrigo fosse mosso que-
sta volta il Turco contra de' Cristiani ; ma il
558 ANNALI d' ITALIA
papa, i Veneziani e gli altri Italiani lV allora
furono persuasi flel contrario. Se non videro
i trattati segreti fra esso 're e Solimano, mi-
ravano bene il signor di Aramene ambasciator
franzese a Costantinopoli , e il medesimo poi
venuta sulla flotta di *]uegr Infedeli , dove fa-
ceva da di rettore. E di clie buono stomaco
fossero i Franzesi di quel tempo ( per tacere
de' nostri tempi), cel fece sapere il signor di
]Monluc , storico loro , che in questi giorni
mollo onor si fece n; Ile guerre ; p.-rciocchè
volendo scusar la lega del re Francesco I co i
Turchi , scrisse: Che contra de suoi nemici si
può far di twto. E die quantj a lui, se avesse
potalo cìdamar tulli gli Spiriti dell' Inferno ,
per rompere la tesia ad un nemico che volesse
Tompere la sua, ben volenlieii lo farebbe. Scri-
vendo cosi qni^llo storico , non dovea già ri-
cordarsi d' essere Cristiano , oltre al valersi
d' un filso supposto , essendo manii'esto che
tanto il re Francesco che Arrigo suo figlio fu-
rono gli assalilori , e non già gli assaliti da
Carlo V imperailorc. Comiuique S'ia , certo e
che Solimano non solamente mosse in que-
st' anno una fiera gut-rra contro i Cristiani
nella Transilvania ed Ungheria , di cui india
parlerò io; ma an(;ora spinse una formidabil
armala navale nel iVlcditcrranco sotto il co-
mando di Sinari Bassa , con cui si unì anche
il famoso corsaro Draijut. Secondo alcuni, era
conijHjsta di cento galee o di cinquanta allri
legni. Andrea iMorosino la fa ascendere lino a
trecenlo cin([nanta vele, («laii j^eiile da sbarco
e artiglierie assaissimc si coniarono nel buibarica
AN^•0 MDU 55()
stuolo. Ma molto prima che uscisse in corso
il gcnera'e tuivhcsco , accadde che Andrea
Doria con veiilollo galee andò ud assediar
le Gerbe , dove s' era ritiralo esso Diagiit. Si
trovò costui chiuso nello stretto o sia nel gollb
che è tra le secche e T isola , (lo\e non si jjO-
tea entrar riè uscire se non con una galea per
volta. Porlossi il Doria all' imboccatura luUo
allegro , in vcfler chiusa la volpe nelìa tana ,
leneniio per f'irujo d avere a man saUa (juella
preda. Ala |)iù di lui ne seppe 1 accorto cor-
saro , perchè a fin d' uscire da quella gabbia ,
senza che se ne avvedessero i Ciisliani , lece
dall' iJira parie cavare il terreno circa mezzo
miglio, e per quel canale fallo a mano sboc-
't>'
cando dipdi in mare , si ridusse in salvo, la-
sciando il Doria \ecchio capitano, non su se
più maraviglialo , o corifuso.
Ma perciocché facea stre[)ilo il grande arma-
mento de' Turchi per mare , e si prevedeva
che costoro avessero la mira a ricuperar la
città dAtlrica, o sia Tripoli iuBurbeiia, Com-
messa alla guardia de' cavalieri di Malta ; An-
drea Doria sjiedi Antonio suo nipote con <]uiudici
galee, aflinchè rinforzasse di gente, vettovaglie
e caiMioni quella città. Andò egli; seco nondi-
meno non andò quella che noi chiamiamo
buona foituiia, ma sì ben 1 altra che si chiama
fortuna di mare ; perchè per ti^ra burrasca
perde otto di que' legni , e condusse quel poco
che gli restò a Tripoli. Ora il Bassa tMuan c(;lla
potente sua flotta comparve nello Stretto di
Àlessina , e poi danncLigiando le coste delia
Sicilia , prese la città d .Agosla con Jacililà, e
S'io ANNALI d' ITAMA
poi la fortezza col cannone. Tutto andò a sac-
co , e il faoco fece del resto. Di là passò a
Malt:i; riè solamente saecliegi^iò l'isola, ma iu-
sin'.;a'osi di poter anche prentlere la città ,
mise Tfiano a i cannoni. Gli risposero que' prodi
cavalieri a dovere; laotide dopo otto gioini , e
dopo avervi pei dolo circa cinquecento soMati,
lasciò essi in pace ; ma non già la vicina isola
d> 1 Gozzo, in cui si trovava un'assai debole
fortezzt; colle artiglierie in termine di Ire dì
se ne impadronì, e le attaccò il fioco, e di
là pnrtendo , seco menò schiave circa quattro-
mila anime cristiane. Arrivato poi nel dì 5
d' agosto sotto la citlà d'Affrica o sia , di Tri-
poli , vi si accampò , e cominciò a batterla. Il
signor ili Aramon ambasciator franzese , che
con due galee si eia unito al Bassa, da alcuni
viene scritto che alle preghiere del gran ma-
stro s' interponesse per far desistere Sinan dal-
l' assedio , ma che noi potesse impetrare ; e
da altri , eh' egli subornasse il comandante
della città, cavalier di Malta di sua nazione ,
acciocché la rendesse , siccome in fatti seguì
a dì quindici di agosto. Circa ([uatlrocento Sj)a-
gntioli vi rimaselo uccisi, essendosi salvali nelle
galee franzesi ducenlo fra cavalieri di Malta e
terrazzani. Quel comandante giunto dipoi a
JVlalla, trovò ivi preparata per lui una sema
prigione. Erano succedute varie novità e mu-
tazioni ne gli anni addielr'o irr Tunisi , il l'ac-
conto delle ([iiali , sieiome non peri inente al-
l'assunto mio, ho tralascialo, liasleià solamente
dire ohe il re i\luleasse fu d(;lroni/zalo da
Atuidu kuu ligliu, ed aver egli in vano fatto
ANKO MUM 56 J
ricorso all' imporatlor Carlo. Restava tuLlavia in
potere d'esso Augusto la Goletta, e v'era per
comandaiUe Antonio Perez, il quale in qucsii
tempi , perchè Amida flicea troppo, il bcl-
r umore . il cominciò a tempestare in tal ma-
niera, che il Bitrbaro !u astretto _ad un nuovo
••iccordo , con obMigarsi di pagare annualmente
ali" iujperatiore flodici mila scudi pel manteni-
mento della Goletta, e in oltre quindici cavalli
barhiiri , diciotla falconi , e legna quanta ba-
stasse alla guarnigion d' essa Goletta ; e di ri-
lasciare gli schiavi cristiani, e di non farne più
da h innanzi. Fece alquanto di guerra in que-
st' anno il re di Francia per mare all' impera-
dore. Leone Strozzi gran priore, di Capoa, suo
general di Tuare , con ventoUo galee passò a
Barcellona , e fu vicino ad impadronirsi di
quella città. Condusse via da quel porlo sette
navi cariche di raercatanzia , ed altri legni mi-
nori con una galeotta spagnuola. Anche nel-
r Oceano ventidue navi mercantili passando da
i Paesi Bassi alla volta di Spagna, e creden-
dosi sicui-e per la pace che tuttavia durava, il
Polino Franzese con alquanti legni armati andò
a visitarlo , e a riserva di nove , che scampa-
rono , prese e menò l'altre a Roano, e si cal-
colò la perdita di que' mercataoti a un mezzo
milione di scudi d' oro.
Muratori. Jnn. t'^o\. XIV. 36
563 Annali d" itaua
Anno di Cjiisto iSSa. Indizione X.
di Giulio III papa 3.
di Carlo V imperadore 34-
Erasi troppo facilmente impegnato papa Giu-
Ko nella guerra della Mirandola e di Parma.
Non sapendo qual voragine di danari sia il
mantener armate in campagna, tro\ò presto
il suo erario sfinito , quello dell' imperadore
suggetto a' medesimi dciiquj , e sé stesso ma-
lamente involto in una fastidiosa impresa che
gli facea perdere la desiderata quiete, di modo
che fino nel precedente anno si diede a nujo-
vere parole di tregua e di pace. Quel nontli-
meno che maggiormente gli mise il cervello a
partito , fu un colpo di Arrigo li re di Fran-
cia , il quale col proibir T uscita del danaro
dal regno suo per la provista de'benefizj, al-
terò non poco le misure della camera pontili-
zia. Vietò in oltre quel re a i suoi proluti di
concorrere al conciho di Trento ; e quel che
è pili, quantunque nelle sue lettere e prote-
stazioni cUmostrasse un inviolabil attaccamento
e sommissione alla Sede apostolica, pur sotto
irano facea di.sseminar sospetti di voler le\are
l'ubbidienza al pontefice nel suo regno. Udi\;(si
ancora che in Francia era progettato un con-
cilio nazionale. Per conto delle faccende del
mondo non erano pii^i i papi quei che erana
stati ne' cinque secoli addietro, e pur troppo
gli esempli funesti delia Germania ed Ingliil-
terra poteano far temeie peripezie anche in
Francia, in tempi mas.siziian:^ntff che l'ercsiu
ANNO IIDI.II 565
liì Calvino facca contintii progressi in quelle
contrade. Però di più non occorse perchè papa
Giulio , puLsato anche ogni dì da' saggi cardi-
nali a cagion di questa sconsigliata impresa ,
deponesse tutti i pensieri marziali, ed ascol-
lasse volentieri chi s' interponeva per la pace.
Vi s' interposero in fatti i Veneziani ed Ercole
duca di Ferrara; fu anche dcjiutalo dal re per
trattarne il cardinal di Tornone. E perciocché
premeva al pontefice, in cercando ili riacquistar
la buona armonia colla Francia , di non per-
dere quella dell' imperadore, fece rappresen-
targli in buona maniera le giuste sue ragioni
di depoire V armi , e di procedere a qualche
accordo per gli alTari di Parma. Nulla si alterò
per questo l' Augusto monarca j e perchè vi
trovava anch' egli per altri motivi il suo conto,
Lisciò al papa slegate le mani per usdr con
riputazione da quell' imbroglio. Pertanto nel
dì 29 d' aprile del presente anno in Roma
furono sottoscritti dal papa e dal cardinal di
Tornone i capitoli dell'accordo, rapportati nelle
Lettere de' Principi (1), dall'Angeli (2) e dal
Du-Mont (3). Portavano essi una tregua di due
anni fra il pontefice , il re Cristianissimo e il
duca Ottavio. Che il papa ritirerebbe le sue
Biihzie da Parma e dalla Mirandola , e reste-
rebbe il duca in possesso di Parma. Ciie i
cardinali Farnesi sarebbono rimessi in possesso
de' lor b(?ni , ed Orazio Farnese nel ducato di
(i) Lettere de' Principi tom. 3.
{a) Angeli , Storia.
(3) Du-&lout Corps Diplomata
5r>4 \N>AM 11' ! lAlIA
Castro , con allrc coiidizioni eli' io tralascio.
Ma poco prima che si stabilisse questa con-
cordia , giunse al ponlrnoe la dolorosa nuova
che Giaiiibatista del Monte suo nipote e gene-
ral delle sue anni , siccome giovane ardito e
vago di gloria , in una scarannicoia sotto la
Mirandola nel dì i4 d'aprile avea lasciata la
vita : colpe» nondimeno che con as=ai fortezza
d' animo fu accolto dal pontefice zio.
Era stato riserbato luogo all'impcradore per
accettar la suddetta sospension d'armi per conto
di Parma e della Mirandola; ne sapendosi qual
risoluzione fosse per prendere la Maesià Sua ,
don Ferrante Gonzaga dal Piemonte spedì gente
et ordine a Gian-Giacomo de" Medici marchese
di Marignano clie continuasse le ostilitJi contro
Parma , e si studiasse di occupare i forti in-
■ torno alla Mirandola , che dovcano essere ab-
bandonati dalle soldatesche papaline. Se questo
succedeva , era ridotta a tale la Mirandola, che
poco potea stare a cadere in mano dclT impc-
radore. Ma non gh venne fatto; perchè appena
Cammillo Orsino ca\ò da que' fòrti le truppe
della Chiesa , che i Franzesi e Miraudolesi _.
spalleggiati da molle (anlerie assoldate per or-
dine del re da Ippolito d' Fs(e cardinal di
Ferrara , e situate al foi te di ()uarantola , vo-
larono a (|ue' l'orti , e furiosamenle li demoli'
rono. Palificò poscia l' inijxradorc la tiegiia
suddetta: il che servì ad allontanar la guerra
da Parma e dalla Mirandola , riducendosi essa
in Piemonte , se non che restarono i presidj
imperiali in Borgo San Dimnino, Sissa, .INo-
celo , Colorno e Castelguellb , siccome ancora
A.\NO MDLri 5G3
in Brescello . MoiUeocliio e Casteliiuovo, terre
del duca di Ferrara. Per conto del Piemonte,
da che fu lolta la [lai^e ed accorse colà don
Ferrante Gonzaga , iniilosi seco Emmanuel Fi-
lil>erto, spiritoso principe di Piemonte, si die-
dero amendtie a fermare i progressi del gejieral
francese signor di Brisacli , che avea preso
Salnzzo, Cliicri, San Gouiiiiiano ed altri luoglii
forti in quelle parti. S' impadronirono essi di
Bra , e costrinsero i Frair/esi a levar l'assedio
di Clicrasco. A iiscr\a di due fortezze riacqui-
starono anche il marchesato di Saliizzo. Ma
\enuti ordini dall' imperadore d' inviar parte
di quelle milizie in Germania , indebolito il
Gonzaga diede campo a' Fianzesi di sottomet-
tere il lòrtt; castello di Veniia ,.Crescentino e
Ceva. Rinlbr/.ato dipoi il Gonzaga da altre mi-
lizie , ricnpeiò Ceva e San Martino ; ma ebbe
i! dispiacere d' udir presa da' Franzesi la citth
d' Alba , e me-so ivi. nu presidio di due mila
lànti con abbondante copia di vettovaglia , senza
eh' egli avessf! tali forze da ])Otoria ricuperare.
Accortosi intanto il prineipc di Piemonte che
la guerra in (jiielle paiti si riduceva ad un
giuoco ora di guadagnare ed oia di perdere
qualche castello , giudicò meglio di tornarsene
in Lamagaa all' immediato servigio dell' impe-
radore , il quale, siccome diremo, si trovò in
gravi pericoli ed aflanni nell' anno presente^ e
1)crò altro d' importanza non segui per ora in
Piemonte.
Priva non fu di novità in quest' anno la
Toscana. Non ^i può negare: saiebbesi quasi
potuto contar per un miracolo, se Carlo Vy
5C6 ANNALI »' ITALIA
principe di sì gran potere , si fosse conlentato
do' tanti suoi retini e Stati , né avesse nudrita
in suo cuore l'ambizione , o sia la non mai
saziabile voglia di accrescere l'anlorità e i do-
minj ; peicliè qupsta passione si può in certa
maniera cbiamare l' anima di tutti i princijii
di qualsivoglia grado. Se questa è frenata dal-
l'impotenza o dal timore in alcuni di essi , è
bene sfrenata in altri , ma d' or()inario palliata
con altri titoli, pretesti e manifesti, inventali
per abbagliare , non già i saggi , ma il volgo
ignorante. Da che entrò in Siena la guarniginn
di Cesare , ad altro non si pensò cbe ad op-
piimevr la libertà di quel popolo : al qual fine
si applicarono i ministri cesarei a fabbricar ivi
lina liìrtezza , spiegandosi di iar ciò per amo-
revol int( nzione di dar la (juiele alla per al-
tro divisa ed inquieta cittadinanza. Così non
r intendevano i Sanesi ; e però segretamenlc
alcuni di essi cominciarono a n)atii|)olar im
trattato di protezione con Arrisoli redi Fran-
cia , il quale in materia d'ambizione vantaggiava
di molto il regnante Augusto. Ebbero ordine i
suoi ministri in Italia di dar tutta la ni.nno ,
occorrendo, a questo afliire. (ìuadagnalo j^erciò
da essi Niccola Orsino conte di Piligliano, unì
egli in quel di Castro e nelle sue terre circa
tre mila fanti; altri ancora se ne assoldai ono
alla Mirandola , aflìneliè accorressero al biso-
gno. Entrò nel mese di Inolio 1' Orsino nel di-
stretto di Siena colle sue soldatcsclje , accom-
pagnato da Enea Piccolomini e da Amerigo
.\merigbi. Dopo aver sollevato buon numero
lielle milizie forensi, si preseutò alla Porlft
f
ANNO 2IDMI 567
Romana di Siena , chiedendo con grande strepito
1' (Mitrata. Il popolo , eh' era senz' armi , nulla
sulle prime rispose; onde il signor d'Ahipa co-
mandante in qiella città degli Spagnuoli , dei
qu.di si trovavano allora solamente quattro-
cento in città, per essere stati inviati gli altri
ad Orbitello e ad altre fortezze della Marem-
ma , ebbe tempo di chiedere soccorso a Co-
simo duca di Firenze , principe che , innamo-
rato di Siena , con grande accortezza vegliava
a lutti i movimenti di quella città. Non bastò
il picciolo rinforzo spedito da essa duca a trat-
tenere i S;inesi , i quali a poco a poco aveaoo
trovato dell'armi, che non abbruciassero le porte,
et introducessero l'Orsino nella notte precedente
aldi afidi luglio, gridando ognuno ad alta voce
Libertà. Espugnarono dipoi San Domenico ,
dove s'erano afforzati gli Spagnuoli: con che
vennero alle lor mani alqninte artiglierie e
molte munizioni , e furono obbligati gli Spa-
gnuoli a ritirarsi nella non peranche compiuta
cittadella, provveduta di poca vettovaglia. Ac-
corsero intanto da varie parti i Franzesi ; laonde
il duca di Firenze , scorgendo troppo malage-
vole il salvar quella sdruscita nave, trattò d' ac-
cordo. Fu dunque convenuto che gli Spagnuoli
si ritirassero dalla città , e restasse Siena in
libertà sotto la proteziou dell' imperadore, e
che fossero lieenziati i soldati stranieri, né si
potesse far sul Sanese rannata alcuna di gente
contra dell'Augusto signore. Appena partiti di
là gli Spagnuoli , fu smantellata la fortezza , e
nulla eseguito della convenzion suddetta. Im-
p«rc*iocchè frate .ambrosio Gattaiiuo deil' ordiue
568 ANSALI o'itALIA
de' Predicatori, vescovo di Miuorica, in vece
di attendere al suo breviario e alla teologia ,
ili cui si acquistò gran nome , tanto dipoi disse,
che persuase al popolo di lasciar l' imperado-
rc , e mettersi sotto la protezion della Fran-
cia : consiglio ohe fu poi la rovina di Siena.
Mandò quel popolo quattro ambasciatori al re,
uno de' quali fu Claudio Toloniei , jioi vescovo
di Curzola , persona di gran lelleratura , i
quali a nome della patria riconoscessero da lui
la riacquistata libertà , e il pregassero del suo
patrocinio. Accettò volentieri il re Arrigo la
difesa de' Sanesi , e spedì colà per suo mini-
stro Ippolito d' Este cardinal di F"errara , e il
signor di '^l'ermes, il duca di Somma e Gior-
dano Orsino con quattro mila e cinquecento
tanti , i quali accrebbero poscia le turbolenze
in (pielle j)arli. Occuparono gli Siuignuoli Or-
bilello , né riuscì mai più a i S;ui('si di ricu-
perarlo.
Era intanto minac("iata al regno di Napoli
un' oiribil tempesta, perchè conliuiiaudo il re
di Francia la delestabil sua intelligenza col
Sultano de' Turchi Solimano , tirò anche ([ue-
8l' anno la potenza di (|uel Barbaro addosso
all'Italia. Concerto fu fatto che la (lotta otto-
mana , Ibrte di più di cento venti galee e
d' altri legni , e comandala da Sinan Bassa
( che Pialaga vien chiamato dal Sardi ) e dal
corsaro Dragut, venisse verso Napoli ad unirsi
col principe di Salerno. Fuoruscilo di (jud re-
gno era esso principe, e con ventiquattro ga-
lee franzesi , e con quelle d'Algieri sotto il
Sangiacco Sola Rais , dove» portarsi colìk,
AKXO MDI.Il 55f)
vendo fatto credere al re Arrigo d' avore in
Napoli e nel regno tante iiileliigenze e paren-
tele, che al suo comparire si rivolterebbe tutto
esso regno , siccome stanco del governo cesa-
reo. Questi non furono sogni di sfaccendati
politici, ma verità comprovate da'fatti: laon-
de , torno a dirlo , non si sa come il Beloaire
( il quale lasciò nella penna per ogni buon fine
questo avveniinenlo) con altri scrittori fiaiizesi
avesse tanto animo da negai- 1 alleanza del re
( poco in ciò Cristiiinissimo } col maggior ne-
mico della Cristianità: alleanza che dovea frut-
tare a i Turchi nell'Ungheria, e a i Franzesi
in Italia eil altrove , perchè così si \cniva a
tener impegnate l'armi della casa d'Austria in
jjiù luoghi. Nel mese di luglio comparve la
formitlabil flotta tuiclie.sca nel mare di Siedi;! ^
e dopo aver depredate quelle coste, ed abbru-
ciala la città di Reggio in Calabria, venne
dannej^giando il lido di Pozzuolo, il Traletto
e Nola , ed arse Procida , con giltar poi nel
dì i5 d'esso mete le ancore all' isola di Pon-
za, distante quarantacinque miglia da Gaeta.
In questo mentre Andrea Doria avea imbarcati
tre mila fanti leileschi per condurli alla difesa
di Napoli, stante la notizia che dovea (en ìf re
colà lo sforzo de' Turchi. iMossesi egli da
Genova con quarai;ta galee , senza sapere ( come
vuol l'Adriani) l'arrivo de' Turchi in queste
parli. Scrivono altri che lo sapea, ed aver
perciò ordinato a i piloti di girar ben lungi
da Ponza una notte, sperando di passare senza
licenza de' Turchi. Ma costoro se ne avvidero,
e Dragut andò con alquanti suoi legni a fargli
57* AìNiVALI n' ITALI/V
il clii va là. Allora il Doria flguramlo-;! ctie
eli venisse addosso tutta la tanto superiore ar-
mata ninsulmana , die volta per tornarsene a
Genova ; ma sette delle sue galee , che in loi/.a
di vele e di remi non iigaagliavano 1' .tltre ,
caddero nelle bnuiche di i)rag!it. V'erano den-
tro settecento Tedeschi. Il Madrucci lor co-
lonnello condotto a Costantinopoli, ad inter-
cessione di Michele Codegnac, residente alla
Porta pel re di Francia, fu liberato; tante erano
state le nicconaaudazioni d' alcuni cardinali per
far cosa grata al cardinal di Tn-ato di lui fra-
tello. Avrebbe intanto dovuto tremare il papa
e Roma al mirar in tanta vicinanza tante forze
del gran nimico de' Cristiani ; mi i ministri di
Francia , consajievoli de' disegni del loro signo-
re , as-slcurarono Sua Santità che la festa non
era fatta per lo Stato pontilizio: il che calmò
ogfii paura.
Non era già così pel popolo di Napoli , che
da i luoghi eminenti amlava contemplando
niiflle tante mezze lune, con apj)rensione con-
tinua di qualche sbarco. Quand' ecco all' im-
provviso nel (h IO d'agosto il generale dei
Turchi si vide far vela verso l^evante , e sep-
pe^! da lì ad al(|uanti giorni aver quell'' armata
passato lo .Stretto di Messina, tiiande allegria
sorse in Napoli , e insiline .stupore , perchè
ignota era la cagion di quella ritirata. Col
letnpo venne tutto in chiaro. Imperocché avea
il re .\rrig') s[)edito a Marsiglia il principe di
Salerno con ordine di montar sulla flotta fran-
zese ; ma |)ercliè (jiu'sla non potea così pi'csto
niuovei'tii, esso principe inviò per terra Cesare.
ANNO Mm,ll 57 1
Mormile fuoruscito di Napoli con lettere di
credenza all' ammiraglio turcliesco , per pregarlo
cbe l' aspettasse. Giunto a Roma il Mormile ,
voltò casacca , e all' ambasciator cesareo fece
conoscere , essere in sua mano il far partire
la flotta ottomana , purché fosse rinjesso in
grazia dell' imperadore , e gli fossero restituiti
i suoi beni. Venne da don Pietro Ji Toledo
viceré la promessa e il salvocondotlo 5 laonde
Ho egli travestito a Napoli . cavò da esso vi-
rerò ducento mila scudi , de' quali fece un re-
jfalo al generale de' Ttu-cIiì a nome del re di
Francia ; e valendtisi delle lettere di credenza ,
con mille ringraziamenti il mosse alla })arten-
za. Arrixò poscia nei dì 18 d'agosto nei Golf»
ili Napoli il principe di Salerno , non già cou
«ei galee franzesi , come lia il Campana , forsa
per errore di stampa , ma con venlisei , com«
scrivono il Sardi , il Sununonte ed altri ; né
trovando quivi i Turchi, ed informato del tiro
fatto dal Mormile a' Franzesi , continiiò il viag-
gio con isperanza di far tornare indietro la
flotta Infedele. La raggiunse alla Prevesa , ma
nulla potè ottenere. E perciocché era la sta-
gione avanzati , ed egli sperava di menar seco
i Turchi neir anno vegnente , volle svernare a
Scio , con ammii azion di quei popoli , al ve-
der legni colle insegne franzesi veleggiar ne i
loro mari , non gii» per innalzare la Fede cri-
/«tiana , come anticamente si usa'. a, ma per
impetrar aiuti da loro a' danni de' Cristiani.
Porlossi il principe di Salerno a Costantino-
poli , dove con glandi finezze fu accolto da
nolimaud : tante leggierezae nondimeno fece
5n2 ANNALI D* ITALIA
dipoi , che si screditò aifatto , sebbene gli riuscì
di far tornare que' Barbari contra del regno di
Napoli neir anno seguente.
Strepitose al maggior segno furono le scene
della Germania in quest' anno. Mi dia licenza
chi legge , eh' io ne metta qui un breve ab-
bozzo , sì perchè con gli affari d' Italia gran
concatenazione aveano quei della Gi^rmauia , e
sì perchè le nuiizie italiane ebbero parte in
quelle guerre , e vi si segnalarono molti nobili
delle italiche contrade. Da niun saggio fu cer-
tamente commendata la severità di Carlo Au-
gusto nel ritener prigione Filippo langravio
fi' Assia ; e di ciò si lagnava forte Mauiizio
duca e nuovo elettor di Sassonia , perchè sotto
la buona fede avca egli condotto esso langra-
vio suocero suo a' piedi dell' impcradore , con
riportarne la promessa della libertà ; ma que-
sta libertà non si vide mai piii venire. Di t;il
ragione o pn^testo valendosi egli , trattò fui
l' anno addietro una lega col re di Francia ,
con Giorgio marchese di Brandebiirgo , con
Giovanni .\lberto duca di Mccliiemburgo , e
con Guglielmo figlio dell' imprigionalo langra-
vio. Fu seguala (juesta lega nel giorno i5 di
gennaio elei presente anno, come co.sta dallo
Ktruniento riferito dal Du-\Iout ; e il motivo
era di difendere la libertà della Germania , che
si pretendeva oppressa dall' iuiperadore , e di
procurare la liberazione del langravio, il re di
Francia pre.M; il titolo di Protettore della Li-
bertà Germanica , e fece battere laedaghe con
questo glorioso lilolo , che in line si risolveva
lu divenir prolettore de gli «nelici. E per non
ANXO MM.Il 5'j3
fallare ne' confi , si fece accordare ila gli allea-
ti, per principio di questa liberth , die a lui
fosse permesso d'impadronirsi delle città li-
bare ed imperiali di Metz , Tuli e ^ erdmi , e
di ritenerle come vicario dell' imperio. JNcilo
strumento snddetlo il marclie.se di Braiide-
bnrgo contraente è Giorgio Federigo , laddove
il Campana ed altri attiibuiscono ciò al mar-
chese Alberto , ben di', orso dall' altro. JNon
mancò al duca Maurizio la faccia cV ingratitu-
dine e di doppiezza in tal congiuntura , per-
chè dimentico di tanti benefizj a lui compar-
titi da Cesare, e perchè nello stesso tempo
eh' era dietro a tradii lo , gli scriveva le più
afFettiiose lettere di attaccamento e fedeltà,
dando insieme una somigliante pastura a Fer-
dinando re de" Moniani , il quale trattava con
lui di accomotlamcnto. Da questo lusinghevol
canto addormentalo 1' impeiadore , era venuto
ad Ispruch con poche soldatesche ; quando
Maurizio sul principio d' aprile con poderoso
esercito arrivò ad Augusta , e durò poca fatica
a conquistarla ; et indi speditamente s' incam-
minò alla volta d' Ispruch , sollecitato da' suoi
ufiziali . che gli diceano : C/ie bella caccia
farebbe la nostra , se potessimo coglier ivi
il signor Curio ! Al che dicono , che ri-
spondesse IMaurizio : iVbn ho gabbia sì grande
f/a in(tf('r\'i un augello sì grosso. Credeva
r Augusto Carlo che il passo della Chiusa ter-
rebbe saldo : ma s' ingannò : laonde udendo
venire a t,'ran passi il nemico, fu astretto,
benché inlcrmo per la gotta, e in tempo di
notte e piovoso , a fuggirsene fiettolosamenle
5~^ ANSALI Tt ITALIA
ili lettiga con parte de' suoi a piedi , lasciando
indietro copioso bagaglio che restò preda de i
collegati : colpo ed affronto , che se fosse sen-
sibile alla maestà d' un sì grande e sì glorioso
TTionarca , ninno ha bisogno che io gliel ricor-
di. Si ritirò egli dunque a Vilacco nella Ga-
rintia: nella qual congiuntura i Veneziani in-
viarono a fargli ogni maggiore esibizione , con
rinforzar poscia di genie i loro confini. iViauii-
ziOj conosciuto disperato il caso di raggiugner-
lo , se ne tornò indietro , non capendo in sé
stesso per la gloria d' aver come spinto fuor
di Germania un imperadore. Fu cagione lo
strepito ed avvicinamento di queste armi , ed
armi di principi Protestanti , che entrasse un
gran terrore ne' padri del concilio di Trento :
e però nel dì 28 (h aprile fu esso sciol-
to , e rimessane la continuazióne a tempi più
quieti e propizj.
Attese dipoi 1' Angusto .signore a cercar da-
nari , a chiamar milizie dall' Italia e dalla Fian-
dra , e per lui ne ranno molle Arrigo duca di
Brunsvic, colle quali fermò alquanto i colle-
gati. Ma quel che più gli giovò, fu l'interpo-
sizione di Ferdinanilo re de' Romani, che ma-
neggiò con loro una tregua , e la sla])iil ,
essendosi rimesso il tratlalo di più durevole,
accordo ad una dieta fla tenersi in Passavia.
A (pesto si la.sciò condurre il duca IMaurizio
con gli altri alleati , perchè poco .stettero ad
:tccorgersi cosa fosse la società leonina , e a
r.ivvi.sar la sciocca loro risoluzione d' essersi
«niti col re Franzese, a cui servivano di spal-
lo, allineile sotto 1' ombra del bel titolo (fi
ANNO nnii S^S
Difensore della Germania potesse spogliare a
niuu sulva la Germania nieclesima de gli anli-
clii suoi Stati. Cirav issimi lamenti e minaceli;
per questo facevano gli altri elettori e principi
dell'imperio, tanto contra di essi coilegali ,
quanto contra dei re Arrigo , a cui inviarono
anche le lor doglianze « protestazioni. Ma il
re si ridea di loro, e facea il fatto suo. im-
padronitosi nel dì 1 5 d' aprile della vasta e
ricca città di Metz, e di quelle di Tulio e
Verdun , passò a far tla padi one in tutta ia
Lorena 5 tentò di soggiogare Argentina , ma
non gli riuscì 5 rivolse dipoi 1" armi contilo il
ducato di Lucemburgo , ed era per tare uu
netto de gli Stati imperiali di qua dal Reno ,
se non segui\ a nel dì primo d' agosto in
Passavia l' accordo fia Cesare e i Protestanti
eollegati, colla liberazion del langravio d'Assia,
e con varj capitoli die a me non occorre di
riferire. Ma gì' incauti Tedeschi , i quali aveano
attaccato il fuoco al bosco , non ebbeio già la
facilità medesima per ismorzarlo. Durante la
tregua , nel tempo del suddetto maneggio , Ai-
l)crto il giovane , marchese di Brandcburgo ,
figlio di Casimiro , avendo preso gusto al me-
stier di rapinare , con un esercito non già
grande di numero , ma di cuor risoluto e be-
stiale , inferì un mondo di mah a varie parli
della Germania , spezialmente a Norimberga ^
a i vescovati di Bamberga ed Erbipoh , a gli
.nrcivescovali di Magonza e Treveri , a Vor-
nìazia e Spira , per tacere d' altri luoghi. Que-
sto sì barbaro principe, dopo varie scene,
Jiell' anno seguente: a dì 9 di luglio ebbe una
5'"6 ANNAII d' ITALIA
s^rau rotta da Maurizio duca ed eledor di Sas-
sonia , per cui non alzò più la testa ; ma in
quel fatto d' armi lo stesso vincitore Maurizio
ferito perde la vita. Pertossi dipoi I' Augusto
Carlo verso la mela d' ottobre con potentis-
sima oste all' assedio di Metz , la cui difesa
era raccomandata al duca di Guisa , trovandosi
con lui Alfonso d' Este , fratello del duca di
Ferrara , Orazio Farnese duca di Castro , e
Pietro Strozzi generale di gran credito. Tale
fu essa difesa , essendo nella città una guarni-
gione di dieci mila fanti e di mille e cinque-
cento cavalli , che quantunque Cesare si osti-
nasse a tener ivi il campo sino al fine di
dicembre , pure fu forzato in fine a levarlo
con sua non poca vergogna ^ e colla perdita
dell' artiglieria , e di almeno venti mila tra
fanti e cavalli , che per li patimenti piuttosto
che pel feiTo perirono. La dura lezione data
a questo glorioso monarca in Ispruch , e que-
sl' altra anche più greve, fu |)oi creduto che
influissero a fargli prendere la risoluzione; di
dare un calcio al mondo , riconosciuto da lui
p(T teatro di troppo disgnslcvoli vicende.
/fimo di Cristo i553. indizione XA
di Giulio HI papa 4-
di Cakio V iniporadure ò^.
Provò Siena in quest'anno gli cITetli perni-
ciosi (Iella guerra. Chi ne desidera itn preciso
ed anche troppo minuio raggiuiglio, non Iim
rlic ila leggero la Storia di'llAdriaui. Dirò io
ANWO MDLtH 5'J'7
in compendio , che sommamente dispiacendo al-
l' imperadoie quell' essersi annidati in Toscana
i Franzesi , manilò ordine a don Pietro di To-
ledo, viceré di Najioii , di muovere 1' armi con-
tro di loro, per ridurre Siena dipendente da i
cenni suoi. Pertanto il Toledo rauiiafo un corpo
di circa dodici mila persone tra Italiani , Spa-
gnuoli e Tedeschi , lo fece marciare nel pre-
cedente dicembre alla volta della Toscana sotto
il comando di don Garzia suo figlio. Per ogni
buona precauzione il pontefice , benché neu-
trale , accolse circa otto mila soldati , che
stettero alla guardia di Pioma. Unissi don Gar-
zia con Ascanio della Cornia , generale della
fanteria italiana, il quale nel Perugino avea
assoldato altri due mila e cinquecento fanti
italiani. Entrato questo esercito nel distretto di
Siena (i), se gli arrenderono tosto Lucignano,
Pienza , Monte Fullonio , ed altri deboli luo-
ghi, e andò poi ad accamparsi sotto Monti-
celli , o sia Moiiluccliiello. Dentro v' era Adriano
Baglione , giovane valoroso , che per un mese
fece gagliarda difesa , e ne capitolò in fine la
resa , con restar prigioniere nel dì 19 di mar-
zo. Imprese dipoi don Garzia 1' assedio di Mon-
talcino , pi Incipal terra de' Sanesi , la cui con-
quista, se fosse succeduta , mettea a mal p.irtito
la slessa città di Siena. Ma ritrovaronla ben
bastionata e fortificata da Giordano Orsino ,
giovane , nel cui cuore bolliva il desiderio della
(i) Alessandro Sardi. Adriani. Segni. Mainbrin Rosoo.
Campana ed altri.
MuKATOiu. Ann. Vài. Xiy. 87
S-S ANNALI d'iTAìU
gloria e dell'onore, di cui sempre fé profes*
sione la sua nobilissima casa. Intanto don Pie-
tro di Toledo era vernilo per man- a Livorno,
e poscia a Firenze , non tanto per visitar la
figlia e il duca Cosimo suo genero , quanto
per accudir piada vicino all' impresa di Siena.
Ma colà giunto , venne da lì a poco la morte
a trovarlo: vecchio astuto, crudele, che avea
poco innanzi a! dispetto de' suoi anni menata
moglie una giovane bellissima di casa Spinelli.
Né mancarono maligni che sognarono, secondo
il solito , abbreviata dal veleno la di lui vita.
Si ci:rc<ì in Napoli uno che piagnesse per la
sua morte , e non si trovò. Per cagion d' essa
ben.si l'ardore dell' armi imperiali s'intepidì.
Avvenne ancora nel mese di maggio che sotto
Jlonlalcino fu preso da gli assediati il segre-
tario di do;i Garzia, e con lotto a Siena, dove
per paura de'tormenfi rivelò come tessuta dal
duca Cosimo , j)rincipe di (ina politica , una
congiura contro di quella cillà. ^'era o falsa
che fosse tal confessione, certo è che costò la
vita ad alcuni di que' citta lini, e lece restare esso
Cos'mo in di.sgrazia de' Frair/.esi , quando nello
slesso tempo si Lunenlava forte di lui l'impe-
ratore, perchè volesse tenersi neutrale , anzi
era in sospetto di vedei- volentieri in Siena i
Franze.'iì, tuttoché non avesse lasciato di som-
ministrar art g'ierie , danari ed altri aiuti al
campo imperiale.
Rincresceva f)rte a papa Giulio III questa
guerra di Toscana , e molto più la maggiore
che durava j)iù che mai accesa ollramonti.
Però lece per mezzo de' suoi minislii quaulo
ANNO MDUIT S'jg
potè, per esorlare et indurre alla pace i clu&
litiganti monarchi; e a questo fine inviò loro
due cardinali log.iti , che s|)csero invano passi
e parole con chi era o troppo iivilato, o troppo
superbo e pretendente. Ma in Toscana venuto
il mese di giugno senza die avi-ssero i Cesa-
rei potuto espugnare MoiiUdciiio, sempre va-
lorosamente difeso dall' Orsino, in parte da sé
stesso e in parte per l' interposìzion del pa-
pa , cessò per ora quella contesa. Imperocché
mandalo da Cesare a Napoli por viceré prò
interim il cardinal Pacieco, presentendo questi
un gran preparamento de Turchi per tornare
ne' mari d'Italia ad istanza del re di Francia
Arrigo II, richiamò dal Sancse le genti che
erano slate cavate da i piesidj di quel regno;
e così respirò Siena. Ma nel tornar le milizie
su; Ideile a Napoli , accadde uno scandaloso fatto.
Marcantonio Colonna, comatìdante di una parte
dtUa cavalleria cesarea, disgustato da gran
tempo di Ascanio suo padre, ( dicono, peichè
gli negava un assegno con\cniente alla nascita
sua ) in tre giorni prese Palliano, e tulle 1' al-
tre castella possedute dalla sua nobil casa ne
gli Slati della Ciiicsa. 0 sia che Ascanio ac-
corresse per .salvare Tagliacozzo ed altri suoi
feudi nel regno di Napoli , o pure che an-
dasse con gente armata per ricuperarli; la ve-
rità si è , che per ordine del suddetto cardi-
nal Pacieco fu preso esso Ascanio, e mandato
prigione nel castello di Napoli , dove sl(;lle
gran tempo, e in fine colto da maialila vi
moiì, restando il lìglio padrone di tutto. Si
stancarono i politici per liovar la cai;iouu di
580 ANNALI d' ITALIA
SÌ aspro trattamento, e l'haii tuttavia da sco-
prire. Fu pure astretto il Belcaire a confessare
in quest'anno la sempre detestabil alleanza del
re di Francia con Solimano gran Sultano de i
Turchi, perchè su gli occhi di tutti compar-
vero q-ie Burbari, uniti colla flotta fianzese ,
ne' nostri mari. Vennero costoro sul principio
di giu2;no con sessanta galee , comandate da Mu-
stafa Bassa e dal corsaro Dragut , oltre alle
fnmzesi , in Sicilia , dove presero e abbrucia-
rono Alicata. e fecero seicento Cristiani schia-
vi. Nidla potendo ottenere contro Sacca e Tra-
pani , pas.sarono dipoi in Toscana, e quivi
spogliarono l'isola della Piano>a, conducendo
via mille di quegli abitanti. Grave danno an-
cora fu recalo dalla stessa armala turco-gallica
all'isola dell'Elba; ma dappoiché in essa si
fi imbarcato il signor di Termes con quattro
mila finti cavati dal Sanese , fece vela alla
volta della Corsica , dove i Franzesi teneano delle
inti lligenze, senza che i Genovesi, signori di
qui 11-4 si riguardevol isola , ancorché avvisati
del pericolo, avessero piovvedulo al bisogno.
Sbarcali cola i Franzesi co' Turchi , ridussero
in poco tempo in loro potere la Bastia e San
Fiorenzo; e sollevati circa sette mila di qua' fe-
roci montanari, .s' impossessarono di quasi tutta
l'isola, a riserva di Calvi, Aìaccio e Bonifazio.
Se vogliam credere al Manenti e al Campana,
la Bastia si ctnser\ò in jiolcr de' Genovesi. Fu
dipoi da' Turchi e Franzesi assediato e preso
Aiaccio , dove tutto andò a sacco, restarono
preda della lor lussuria le »lonne , e i picsi
Gcuovciii ])Osli al remo. Quindi jiassaiouo i
ANNO MDLin 58 1
Tiirolii all'assedio di Bonifazio , e i Franzesi a
quello di Calvi. Il coinaiidaiile della prima
città, ingannato da una finta lettera del doge
e dell' Uni/.io di Sati fiiorgio , capitolò. Calvi si
sostenne. \'eiitito il settembre, secondo gli or-
dini del Sultano , i Turchi se ne tornarono in
Levante , e il signor di Termes andò in Pro-
venza per condurre in Corsica genti , muni-
zioni e vettovaglie. Svegliati intanto i Geno-
vesi , non oinmisero diligenza e spesa jier
ricuperar la Corsica ; del che parleremo al-
l' anno seguente.
Non restò esente né pure in quest'anno da
gì' incomodi della guerra il Piemonte. Dimorava
Carlo duca di Savoia in Vercelli, contemplando
r infelice situazion de' suol Stati , occupati in
gran parte da i nemici Franzesi di qua e di
là da i monti , e quasi signoreggiato il resto
da gli amici imperiali , con restare intanto i
popoli esposti alle continue incursioni si del-
l' uno come dell' altro partito , e forzati spesso
a cangiar padrone. Gitnise la morte a liberarlo
da queste nere meditazioni, essendo egli man-
cato di vita nel dì 18 d'agosto, come vuole
il Sardi storico contemporaneo , o più tosto ,
secondochè scrivono gli autori piemontesi , nel
dì 16 d" esso mese: principe d'ottimo genio,
fatto pii^i per la pace e pel gabinetto, che per
la guerra ; ma principe sommamente sfortunato,
che seco nondimeno portò la consolazione di
lasciar suo creile Emmannel Filiberto principe
di Piemonte , giovane bellicoso e di grande
espettazione , che in questi tempi militava in
Fiandra presso 1' iniperadore , e s' era gi?»
582 ANNALI l>' ITALIA
segnalato con varie .'izioni di senno e di valore.
Seguirono in esso Piemonte varj movimenti e
fatti delle nemiclie armate, ma non di tale ri-
lievo che lor s'abbia a dar luogo in questo
compendio. Solamente fece strepito la presa di
Vercelli fatta da' Franzesi nel dì 20 di novem-
bre per intelligenza con alcuni Vercellesi mal
soddisfatti della guarnigione tedesca. Ma don
Francesco d'Esle generale cesareo^ appena ciò
inteso, spedì Cesare da Napoli con cento cin-
quanta cavalli ed altrettanti fanti in groppa ,
affinchè rinforzassero la cittadella , ed egli poi
il seguitò frettolosamente col resto della ca-
valleria e con mille fanti, ed entrato anch' e-
gli nella fortezza , era per piombare addosso ,
alla città. Ma non l'aspettarono i Franzesi ,
che prima di ritirarsi s])ogliarono l'arnese e
il tesoro del duca defunto, ricoverato in Santo
Eusebio, non avendo la forluiìa , tanto a lui
avversa in vita , cessato di perseguitarlo anche
dopo morte. Condussero via eziandio molli
mercatanti e terrazzani ricchi, o per ostaggi
delle contribuzioni intimate al pubblico, o per
ricavarne delle taglie j)ii\ate. Seguitò quest'anno
ancora la guerra fra l' imjjcradore e il re di
Francia. Assediata da i Cesarei con potente
csenilo Tcrovana citi?» fortissima, 0 battuta
per (juatlordici giorni con sessanta pezzi d'ar-
tiglieria , mentre si stendeva la capitolazion
della lesa , v' entrarono furiosamente Sj)agiuioli
e Tedeschi, e le diedero un leriibil sacco.
Venne poi per ordine dell' impcradore spianata
f[nella piazza da' fondamenti. Non fu meno
strepitoso r assedio posto dipoi nel mese di
ANNO MDI-IIl 583
luglio alla citlà di Edilio , forte al pati del-
l''altra, dall'armi cesaree sotto il comando del
suddetto principe di Piemonte , dicliiarato su-
premo general dell' annata. Alla difesa di quella
piazza era entrato Orazio Farnese duca di Ca-
stro con assai nobiltà francese ; ma colpito da
un tiro di artiglieria perde ivi la vita, com-
pianto da ognuno pel raro suo valore. La stessa
disavventura che avea pro\ato Terovana, toccò
anche ad esso Edino , messo a sacco . colla
strage di alcune centinaia di Franzesi , e colla
prigionia di non pochi iiguardevoli signori. Re-
stii similmente ramata quella piazza . e niunal-
tra azione si fece degna di memoria in quelle
parti. In questo mentie essendo accaduta la
molte del giovinetto Odoardo re d'Inghilterra,
a lui succedette Maria .sua sorella con giubilo
grande della Cristianità, perchè ella poco stette
a professar la religione cattolica; sic onie fim-
peradore non tardi^» a progettare il matrimonio
d' essa regina col principe don Filippo suo fi-
glio vedovo. In qucsl' anno nei dì aS di mag-
gio terminò la sua vita Francesco Donalo doge
di Venezia , e nel dì 4 f^' giuRi^o f» assunto
a quella dignità Marc' Antonio Trixisano , per-
sonaggio singolare per la sua pietà e sa\"iezza.
Anno di Cristo i554. Indizione XII.
di Grrrio III pr7pn 5.
di C.\r.LO V imperadore 36.
Principe di somma avvedutezza s' era fin qtii
atto conoscere Cosimo de' Medici duca di Fi-
renze ; ma spezialmente in quesl' anno diede
584 ANNAU n* ITALIA
gran prova del suo coraggio coli' imprendere
guerra aperta contro <Ji Siena, da cui s'era
saggiamente astenuto in addietro, al vedere sì
contrabil.inciate le forze franzesi colle imperiali.
S' era egli segretamente tenuto sempre forte
nel partilo di Cesare , Ijtiicliè per altra parte
praticasse molte finezze co i minislri della
Francia. Ma da che si veime a scoprire ( a ca-
gion della congiura dell'anno precedente, vera
o pretesa clie fosse ) troppo congiunto di mas-
sime in fìivore di Cesare , s' avvide egli tosto
del mal animo conceputo contra di lui da i
Franzesi. E tanto più perchè il re Arrigo, in
vece del Termes, passato in Corsica, avea spe-
dito a Siena per comandante delle sue armi
Pietro Strozzi Fiorentino fuoruscilo , persona
di gran credito uelf arte della guerra, ed in-
sieme il maggior nemico clie s' avesse la casa
de' Medici. Né durò fatica ad accorgersi che il
medesimo Strozzi macchinava contra de' suoi
Stati. Però animosamente determinò di voler
egli jiiutloslo far guerra a' Sanesi , che di aspet-
tarla in casa sua. Intorno a ciò s' inlese prima
colf imperador Carlo V, il quale (tanta era
]a sua ansietà di veder cacciati dalla Toscana
i Franzesi ) non solamente consentì a conce-
dergli il dominio di Siena , se gli riusciva di
conquisi aria , ma gli promise anche soccorsi.
Ch(! I' inqx'iador nondimeno promettesse alloia
quella cillà al duca , .se ne può fondalamente
dnl)ilare. Similmente si assicuriì Cosimo di papa
fiinlio , col promellere in moglie la terza sua
figlia isabella a Fabiano di lui nipole , a cui
u.sseguò in feudo lUonlc San Sovino con titolo
attno MnxT.iii 585
di Marchese. Non essendosi poi effettuale que-
ste nozze vivente il papa , molto meno si ef-
fettuarono dopo la sua morte. Corse anche voce
che esso pontefice concorresse alle spese di
quella guerra con quindici mila scudi il mese.
Ciò poi che accresceva la speranza al duca
Cosimo , era 1' osservare in tale sfato il re di
Francia per la gran guerra sua coli' iniperadore
e co' Genovesi , che non gli resterehhe voglia
nò potere di accudire alle cose della Toscana.
Gli avea dianzi l'Augusto monarca inviato per
general di milizie Gian-Giacomo de' Medici mar-
chese di Marignano , il più astuto uomo che
si trovasse nel mestier della guerra. Alla testa
e al valore di costui il duca appoggiò l'esecu-
zion de i disegni stabiliti fra loro. Era il mese
di gennaio , e in Siena si stava in allegria e
senza buona guardia , perchè senza sospetto
d' aver per nemico il duca di Firenze. E molto
meno ne sospettava il cardinal di Ferrara , con
cui fin qui 1" accorto duca avea mantenuta una
mirabil coniklenza ed amicizia. Ora Cosimo
dopo aver tenute per quattro giorni chiuse le
porte di Firenze , Pisa , Arezzo e Volterra , e
fatto intanto segretamente raunarc e marciare
tanto le fanterie da soldo che le bande foren-
si , nella notte precedente al di 3t) di gennaio
( il Sardi ha la notte del di 26 ) con gran
copia di scale si presentò egli col marchese di
Marignano ad un forte già fdjbricato da Fran-
cesi fuori della porta di Siena , chiamata di
Camollia ; e trovatolo mal custodito da qua-
ranta soldati, che furono tosto fatti prigioni,
se ne impadronì. Gran rumore , gran timore
586 ANNAM D ITAI.TA
di tradimenlì si sve;;liò in Siena ; ma cìiiarito
ch'enlro la città non v'erano mali umori, si
attese dipoi alla difesa, e maggiormente si as-
sicurò ed animò quel popolo al comparire di
Pietro Strozzi , che non era in Siena quando
accadde la novità suddetta.
Allora il lì» a Cosimo , cavatasi affitto la
mascliera , dichiarò la guerra a Siena e a" Fr;m-
zesi, e diede ampia facoltà, anzi ordine a tutti
i suoi popoli di procedere a' danni deSanesi:
nel che fu e2;li ben servilo. Prese al suo soldo
da varie parti quante soldatesche potè , e se
vogliamo stare al Segni , formò un esercito di
ventiquattro mila fanti tra Italiani , Spagnuoli
e Tedeschi , e mille cavalli. Asprissima guerra
si fece dipoi , non già di combattimenti fra i
soldati , ma di desolazione a gì' innocenti con-
tadini , ed anche con impiccarne e con vio-
lare le donne. Contultociò nella notte prece-
dente al venerdì sante, Ascanio della Cornia e
Ridolfo Baglionc con tre mila Tinli e quattro-
cento cavalli andando per sorprendere Chiusi,
dove aveano nn trattato , ma doppio , furono
disfatti da' Franzesi, restando il primo con altri
mille e cinquecento prigione, e l'altro ucciso.
Nel dì \-?. di giugno Piero Strozzi segretamente
uscito di Siena con tre mila finti e trecento
cavalli, arditamente entrò nello Stato Fioren-
tino, e passalo l'Arno, penetrò fino sul Luc-
chese , per quivi raccogliere quattro mila ( altri
dicono due mila ) (ìrigioni , ed altre milizie
spedite da Parma e dalla Mirandola, colle
quali formò un' armata di di;.ci mila finti e
seccnto cav;dli. Gli avca senìprc tenuto dietro il
A\NO Mm.iv 587
marchese di ì\Iaiigiiaiio con grosso corpo di
gente; ed arrivato a Pescia , gran ventura fu la
sua die lo Strozzi non conoscesse il vantaggio
esibitogli dalla iorliina di poterlo battere a
man salva ; pcrcliè , oltre all' essere il marchese
inferlcve di genie , in quella terra non trovò
da vivere per un giorno , essendo allora afllitla
tutta la Toscana da un'aspra carestia. Si mosse
bensì a quella volta lo Strozzi ; ma il mar-
chese , presa la fuga , si ridusse in salvo a
Pistoia , il che diede campo allo Strozzi d' in-
signorirsi di Pescia , Montecarlo, Ruggiano ,
Montevetolino , ed altri luoghi di Val di Nie-
tole. Perchè vennero dipoi meno allo Strozzi
le speranze di ricevere altri maggiori rinforzi
di Franzesi e di Turchi , a lui promessi dalla
corte di Francia ; e perchè udì pervenuto a
Pisa don Giovanni di Luna con quattro mila
fanti italiani , due mila tedesclii e quattrocento
cavalli spediti da Milano in soccorso del duca
Cositno; se ne tornò verso Siena. Ebbe dipoi
a patti il castello di Marciano, e a forza d'armi
quel di Foiano nel dì 23 di luglio , con trovar
in amendue gran copia di grano , che servì di
un buon ristoro all' esercito suo. In questo
mentre giunsero ad unirsi col mai-cliese di Ma-
rignano tre mila fanti assoldati da Camillo Co-
lonna in Roma , e trecento uomini d' armi in-
viali dal regno di Napoli : con che il duca di
Firenze fu di parere die si venisse a batta-
glia, contuttoché di contrario sentimcnlo fosse
lo slesso marchese con altri ufìziali.
Erano le tredici ore della mattina del dì 2
^'agostOj quando il marchese; che dianzi era in
588 ANNALI n* ITALIA
procinto di ritirarsi , cliiarainente scoprì che
Piero Strozzi s'era da Marciano messo in cam-
mino per ritirarsi a Lncignano, o pure a Foiano.
Mandò un corpo di cavalleria a pizzicarlo ; eJ
allora fu che lo Strozzi , vedendo di non potere
schivar con onore la battaglia , mise in ordi-
nanza le sue genti, e s' affrontò col nemico. Ma
quella non fu propriamente battaglia ; percioc-
ché essendo generale della cavalleria franzese il
giovinelto conte della Mirandola Lodovico, il
suo luogotenente Lodovico Borgonovo , chia-
mato Biglietto dal Campana , che reggea la
truppa , o pure portava lo stendardo d' esso
generale, appena urtato dalla cavalleria nemica,
prese vergognosamente la fuga , lasciando senza
difesa le povere fanterie. Lo Strozzi si vide
tosto perduto ; e tuttoché restrignesse i batta-
glioni ad mi fosso, pure non potè impedire che
non fossero in breve tempo sloggiali dall' arti-
glieria e cavalleria nemica , andando tutti ap-
presso in rotta , e restando trucidato chi non go-
deva il privilegio delle buone gambe. Secondo gli
scrittori fiorentini , quasi quattro mila dell' eser-
cito franzese rimasero estinti sul campo; copioso
fu il numero de' prigioni , e ben cento bandiere
guadagnate furono portate per tiofeo a Firenze».
Tutto il bagaglio, e le artiglierie e l'armi
vennero alle mani de' vincitori. Erano coisi
mollo prima a questa danza assaissimi Fioren-
tini . parte d'essi fuoruscili, ed altri solamente
perchè appetitosi delia libri tii della patria. Sette
d'essi limasti prigionieii ebbero poi reciso il
capo 5 e il duca (>osiuro , (-oulìscali i beni di
chiunque avca prese Tamii conlra di lui, o
ANNO MDMV 58()
tenute conispomleiize co' nemici , mirabilmente
ingrassò il suo patrimonio e fisco. E ben fu
questa villoiia che finì di assicurar la signoria
d'esso Cosimo, e j;li acci ebbe tal rijjulazione,
che giunse , siccome vedremo , ad unire anche
Siena al suo dominio. Salvossi lo Strozzi ferito
in due luoglii a Lncignano, e quindi a Mon-
lidcino. Appresso fu Lucignano vilmente ceduto
da Alto Conti a gì' imperiali , dove si conser-
vava gran copia di vettovaglie. Parimente ricu-
però il duca tutte le castella dianzi perdute in
Val di Nievole. Dopo di che il marchese di
Malignano voltò tutte le sue forze contra il
distretto di Siena , conquistando jMonleregioui ,
Murlo e Casoli (a cui fu dato il sacco conh'o i
patti ) ed altre castella : con che vcmie mag-
giormente a strignersi l' assedio , o , per dir
niegho , il blocco di Siena. Pieio Strozzi , a cui
non piaceva di restar qui\i rinchiuso, uscitone
nella notte del di 1 1 di ottobre , si ridusse a
Porlo Ercole j dove attese a fortificar quella
piazza.
In quest'anno ancora si ravvivò la guerra in
Piemonte. Erasi portato alla corte di Cesare
don Ferrante Gonzaga governator di Milano ,
per rispondere alle molte querele ed accuse
portate colà non meno da i Milanesi stanchi del
suo governo , che da don Giovanni di Luna
castellano di Milano, lasciando suo luogotenente
in essa cittìi cU Mdano Gomez Suarez di Figheroa.
Fece questi levar l'assedio posto dal maresciallo
franzese a Valfenere ; ricuperò Aqui , Somma-
riva ed altri luoghi. Ma il Brisac fece mollo di
pili j perchè s' impadronì nel dì 2^ di dicembre
5gO ANNALI d' ITALIA
della città d'Ivrea, ceduta dal Morales, percìiè
la guarnigione spagnuola non pagata ricusava di
combatteie. Ebbe dipoi Biella , e fece fortificare
Santià per incomodar Vercelli e Crescentino.
Già dicemmo occupata buona parte delia Cor-
sica dall' armi franzesi : e però i Genovesi nel-
r anno addietro si alTrettarono a far gente per
sostenere e ricuperar quell' isola , tanto utile e
decorosa al loro dominio. Uniti Otto mila fanti,
dicbiararono generale di questa armata il prin-
cipe di Melfi , cioè il celebre Andrea Doria ,
che quantunque giunto all' età di ottantaquattro
anni , conservava una vigorosa sanità e vecchiezza,
né ricusò per amor della patria le fatiche di tale
impiego. Mandò egli innanzi Ago stino Spinola suo
luogotenente a (Jalvi con tre mila fanti , i quali
costrinsero il signor di Tremes a ritirarsi di là.
Scrive il Sardi , che giunto colà il Doria , ri-
cuperò la Bastia, citlà che altri pretendono
conservata sempre da' Genovesi. Certt» è bensì
eh' egli mise V assedio a San Fiorenzo , terra
valorosamente difesa da Giordano Orsino con
due mila fanti franzesi. La buona veiiliira de i
Genovesi portò, che preparata in Marsiglia una
buona flotta per portare soccorso a gli assediati,
dopo avere messo alla vela , fu eolla da un
vento maestrale sì indiscreto , che sei galee
andando a traverso perirono verso Pombino, e
l'altre malmenate se ne tornarono in Provenza.
Perciò nel fcbbiaio di quest'anno fu necessitato
l'Orsino a capitolar la resa d'esso San Fiorenzo,
salve nondimeno le persone presidiarle, con
Fatto che queste fossero trasportale fuori dei-
isola. Restarono poi quivi arenali i disegni
AKNO MDMV 5o J
dell'una e dell' altra parte. Nell'anno presente
continuò la tjuena fra l' inipcrador Carlo V eJ
Arrigo li re di Francia ne' Paesi Bassi , con
vantaggio più tosto dell' ultimo. E il principe
don Filippo, dall'Augusto padre dichiarato re
di Napoli e duca di .Milano . passò con ac-
conipagnauiento magnifico in Inghilterra, dove
si solennizzarono le sue nozze colla regina
Maria f avvenimento di soninia allegrezza per
iutti i regni professanti la religione cattolica,
quantunque mal veduto dalla corte di Francia,
a cui dava troppo da pensale ogni innalzaiueiito
della casa d'Austria. Poco potè godere della sua
dignità Marc' Antonio Trivisano pii.ssimo doge di
Venezia , perchè da improvvisa morte fu rapito
nel dì 3 1 di maggio , ed ebbe nel dì 1 1 di
giugno per successore Francesco Vejiiero.
^nnn di Cristo i555. Indizione XIII.
di Mauceli.o 11 papa i.
di Paolo IV papa i .
di Carlo V iniperadji'e S^.
Stava godendo in Roma i frutti della pace
de' suoi Stati Giulio III papa , se non che
un' aspra guerra a lui faceva la podagra. Sne-
rava anche l' immensa consolazione di veder
presto comparir al bacio de' suoi piedi un ani-
Liisciadore inglese , giacché la religion cattolica
era tornata sul trono d' Inghilterra , quando
venne la morte a citarlo per l' altra vita. Fu
credulo che per domar la podagra si mettesse a
tale astinenza di vitto, che questa j)OÌ contro
sua voglia il liberasse da tutti i guai della territ.
Spa ANNALI d' ITALIA
Ad altra cagione vien da altri attribuita la
mutazione da lui fatta della maniera di vivere.
Mancò egli di vita nel dì 29 di marzo, lasciando
dopo di sé fama di buon pontefice , piìi tosto
per non aver fatto del male , che per aver fatto
del bene \ ancorché negar non si possa eh' egli
proccurasse la pace fra i principi , e rinovel-
lasse il cojicilio di Trento , e pensasse anche a
riformar la corte di Roma , con lasciarne non-
dipieno la cura a' suoi successori. A ninno eccesso
trascorse egli v<jrso de' suoi parenti , forse per-
chè il tennero in briglia i jiorporati d' allora.
Riportò solamente non poco disonore dall' aver
promosso alla sacra porpora , siccome dicemmo,
Innocenzo del Monte , indegno affatto di sì
riguardevol ornamento. Tanto il Segni che il
Panvinio , autori allora viventi , confessano che
egli nomo da negozj quando era cardinale ,
fatto che fu papa , attese più tosto a godere cJio
a reggere il pontificato , avendo rilasciala del
tutto al suo genio , a i piaceri e a i conviti la
briglia. La principal sua applicazione era quella
di fabbricare un giartUno fuori di jiorla Flami-
nia , o sia del Popolo. Forse perchè avea letto
o udito parlare de gli orli mirabili fatti da
Nerone al suo tempo , s' incapricciò di non
voler essere da nienoj ed abbrai^iato un silo
di tre miglia di paese, lo circondò di muraglie,
lo compartì in vaij ordini di collivazione e di
viali, e l'ornò di parecchi edifizj con logge,
archi , fonl;inc , stucchi , statue e colonne , di
modo che il tulio prodticcna non meno ammi-
razione che diletto. J'er (jucsto gianlino, che
divenne poi celebre col nome di l'^igna dì
ANxo ^\m.v 5gi
papa Giulio, pareva (dice il Panviuio) ch'egli
impazzisse, laiilo vi era perduto dietro; e quivi
stava sovente banclieltaiKÌo , lasciando in mano
altrui il pubblico governo. Mirabil cosa fu il
vedere come in si poco tempo , cioè nel di 9
da,)rilc. restasse innalzato alla suprema dignità
della Cliiesa , contro l'cspettazione e voglia sua,
il cardinal Marcello Cervino, nativo ili Monte-
pulciano : il quale ritenendo il [troprio nome ,
volle poscia essere chiamato Marcello li , an-
corché gli fosse ricordata V opinione corrente
allora , essere breve il pontificato di chi ri-
tiene il proprio nome , confermata dall' esem-
pio di Adriano VI. Doti luminose di pietà , di
senno e di sapere in lui concorrevano ; e tale
era in lui T integrità de' costumi , il disinteresse ,
il desiderio e zelo per le cose migliori , e la
mansuetudine , che certamente si poteva aspet-
tare da lui un glorioso pontificato. Certo è al-
tresì eh' egli meditava seriamente di togliere le
corruttele de' suoi tempi 5 ne volle punto che i
suoi nipoti ed Alessandro fratello corressero ad
aiutarlo nel suo scabroso ufizio. Ma altri furono
i disegni di Dio. Fu Marcello li chiamato a
miglior viia nella notte precedente al primo di
maggio , in età di soli cinquantacinque anni.
Restò onorata la di lui sepoltura e memoria
dalle lagrime di tutti i buoni.
A questo mansueto ed amabil pontefice , cor-
rendo il dì 23 di maggio , nel sacro conclave
succedette un altro di genio totalmente oppo-
sto, cioè Giovan-Pietro Caraffa, di nobil fa-
miglia Napoletano , appellato il Cardinal Teati-
no , perchè era slitto vescovo cU Cliieti , in
Muratori. P^ol. XIV, 38
5q| ANNAt^T d' ITAUA
latino Thrafc. Pretesero i politici d'allora che
egli dal cardinal Farnese , tutto attaccato alla
Francia , fosse portato al trono , perchè cono-
scinto d'inciinazion contraria a gl'iniperiali, giac-
ché in alTare sì santo ed importante fu creduto
che prevale se talvolta in que' tempi T interesse
privato al ben pubblico della Chiesa. Era nato
il Caraffa non già nel 1 466 , come per errore
di stampa si legge presso il Ciacconio , ma
nel 147^ > come s' ha dal Panvinio e dall' 01-
doino. Prese egli il nome di Paolo IV : perso-
naggio che in aildietro s' era proocciato il
concetto d'uomo dottissimo, zelante e pio,
colla sonnna probità ed esemplarità della vita ,
collo sprezzo talvolta delle dignità e grandezze
umane , e con uno spirito di religiosa conver-
sazione , per cui con Gaetano Tiene nobile vi-
centino e prelato romano , che poi fa aggregato
al molo de' Santi , istituì la pia Congregazione
de' Cherici llegolari , appellati Teatini . appro-
vata nel iv')28 da pa|)a (Clemente VII. Pareva
nondimeno ad altri eh' egli sotto il manto del
•vivere suo religioso conrisse una buona dose
di desiderio d' onori ; né certamente egli avea
rifiutalo l'arcivescovato di Napoli , e molto men
fece alla lotta per isfuggire il j)()nlificato su])re-
nio. Polca chiamarsi la sua testa un rittalto in
picciolo del pallio suo Vesuvio , perchè ardente
in tutte le azioni sue , iracondo , duro ed in-
ilessibile , jiortato certamente da un incredibile
zelo per la religione , ma zelo talora scompa-
gnato dalla prmlenza , perciiò traboccava in ec-
cessi di rigore : «piasi che la i-eligione di Cristo
nou fosso la maestra della aiansueludiuo, u la
ANNO MDI,V 595
scuola dell' amare e del farsi amare. Perciò pre-
sagirono i saggi sotto .|iiesto poutefiL-e uu go-
verno aspro ed iiisollribile , e si aspettarono
varie calamità , die pur troppo avvennero. Né
altro prediceva la fiera sua guardatura con oc-
chi incavati , ma scintillanti ed accesi , per chi
s'intendeva ili fisonomia. Stu liossi ben egli sul
principio di levar di testa alla gente la siiiistia
opinione di lui , con dar segni di clemenza e
liberalità , e di concedere tah grazie e favori
al popolo romano , che ne meritò una statua
nel Campidoglio. Poco nondimeno stette T al-
quanto raftVenato torrente a sboccare , e a ve-
rificar lo infauste predizioni forniate di lui.
Per tutto il verno continuò il blocco di Siena
fatto dall' armi imperiali sotto il coniando del
Medichino marchese di Marignano ; e già co-
minciava quel popolo a penuriar di tutto il
bisognevole pel vitto , con anteporre nondimeno
1' amore della libertà a qualsivoglia patimento.
Fu presa la risoluzione di scaricar la città non
solo delle bocche inutili , ina di parte ancora
della guarnigione superllua. Fu più d'una volta
tentato qui;sto salasso , ed infelicemente quasi
sempre. 1 solitati che ne uscirono , ebbero a
comperarsi il passaggio colla punta delle spade,
e la maggior parte vi restò svenata o prigio-
niera , e le donne e i fanciulli costretti a rien-
trare nella città. Tale in questa occasione fu
la crudeltà del marchese , che quanti si arri-
schiarono a portar vettovaglie all' alllitta patria ,
tutti ( e furono un gran numero ) li fece ap-
pendere per la gola ; e quanti osarono d' uscir
della città , 0 eh sua mano , o per mano altrui
5q6 AKNAO D ITALIA
gii uccideva. Perchè poi da Firenze venivano
spesso lettere di fuoco che il sollecitavano a
finir quella impresa , tentò egli Y uso delP arti-
glieria ; il che nulla giovò , per la gagliarda
dilesa e per le molte precauzioni prese da i
Fianzesi. Ma ciò che non potè fare il canno-
ne, lo fece la fame , cresciuta a tal segno, che
la povera gente era ridotta a tener per regalo
i (ibi più schifi Pertanto si cominciò a trattar di
capitolare e di rendere la città air imperadore
con patti onorevoli pel presidio francese. L'opo
gran diliattiniento , fu, secondo l'Adriani, con-
cliiusa nel dì due di aprile la capitolazitme , ma
dilferilane T esecuzione per alquanti giorni , ne i
quali tentarono i Sanesi inutilmente le raccoman-
diizioni e la mediazione del novello papa Marcel-
Io. Sicché nel dì 21 d'esso mese uscirono di
Siena i Franzesi con tutti gli onori militari. Sem-
bra a chi legge la Storia del Segni, che quella città
venisse come in balia di Cosimo duca di Fi-
renze. Ma l'Adriani e il Sardi , meglio infor-
mali di queir all'are, scrivono, pattuito che
Siena restasse libera ( parola che nulla dipoi
dov ea significare ) , sotlo la protezion dell' im-
peiadore , e co'proprj magistrati , ma con ri-
cevere e pagar la guarnigione che esso Augusto
vi metterebbe, lìimasero in man de' Franzesi
Chiusi , (Irosscto, Porto Ercole e Monlalcino,
do\<; .si 1 itirai (ino (jue' Sanesi a' quali non piac-
que di slai' .Sdito gli odiati imperiali , e con
quella fonila di governo che si dovea prescri-
vere alla lor patiìa dal medesimo Cesare. Fu
preso dal marchese di lMaiii.;iiano a nome di
oua Maestà impossesso di Siena, e posto i^'
ANNO Mm.T Sq'j
presidio di Tedeschi e Spaglinoli. Colà tosto
comparve tanto pane e grascia , che potè non
solo sfamai si tutto il popolo , ma anche pro\ eder-
sene a buon mercato per l'avvenire. Quivi po-
scia il duca Cosimo rior ino il governo , e da
lì a non mollo arii»ò don Francesco di Tole-
do , dichiarato dalTAugusto signore per gover-
natore d'essa città. E pur v' ha chi scrive ,
promessa Siena al iluca Cosimo , allorché egli
f{i per imprendere questa guerra. Anzi 1' impe-
radore diede nel presente anno l' investitura di
quella città al re Filip^po suo figlio : il che ad
esso duca oltre modo dispiaccjue , per a\ ere scr-
oto V oro e le genti sue a fare il boccone ad
altrui ; perchè se dianzi temeva de' Francesi,
cominciò del pari a paventar de gli Spagnuo-
li , vicini ordinariamente inquieti , e gente non
mai sazia di acquistare Stati e dominj Riuscì
poscia al marchese di Marignano di sottomet-
tere nel dì 16 di giugno Porto Ercole con al-
tii luoghi : colpo che sconcertò sommamente
gli all'ari de' Franzesi in Toscana , e servì a
screditar Piero Stn^zzi alla corte del re Cri-
stianissimo , dalla quale con raro esempio avea
ricevuto il titolo e bastone di maresciallo. Di
venlotto fuorusciti di Siena , presi in Porto Er-
cole , i principali condotti a Firenze perderono
la testa.
Questo infelice successo ebbero in Toscana
l'armi franzesi; ma piTi propizia loro si mostrò
in quest'anno la fortuna in Piemonte. Trova-
vasi nel dì 25 di febbraio il Figlieroa vicegn-
\ernator di Milano col conte di Valenza e con
altri signori in Casale di Monferrato , attendendo
5gS ANNALI d'italu
a darsi bel lempo per que' giorni di carnevale.
In questa città il maresciallo di Brisac teneva
delle segrete corrispondenze, ed avea dato
ordine che si trovasse maniera di abborraccliiare
i Tedeschi di quella guardia : nel che egli fu-
ben servito. La notte susseguente al di sud-
detto calò esso Brisac pel Po con buon numero
di fanterie imbarcate , e giunto a Casale , diede
la scalata e s'impadronì d' una porta , aiutato,
per quanto fu creduto , da circa trecento uo-
mini , introdotti prima nella città con abito di
contadini. Fuggilo il Figberoa nella locca , con-
tro la quale furono tosto rivolte le artiglierie
tiovate nella città , giudicò meglio di abbando-
narla , e di fuggirsene ad Alessandria. Per tale
acquisto si sparse gran terrore nello Stato di
Milano , e di qua prese motivo la corte ce.sarea
di spedire in Italia don Ferdinando di Toledo
duca d'Alva con auipia potestà dì governare
nello stesso tempo il regno di Napoli e il du-
cato di Milano. Venne egli , ebbe linforzi dalla
Spagna e Germania, lalmeiite che fu detto aver
egli ammassali trenta mila fanti e tre mila ca-
valli j che verisiniiluicnte furono un terzo di
meno. Con tante forze nulla operò , e ritirato-
si , lasciò anche prendere Volpiano a forza di
armi da' Fianzesi , poiché li \ide rinforzati da
un gran corpo di genie condotla in Italia dal
duca d'Viunale. Fu richiamato a Milano il vit-
torioso Gian-(/iacomo de' Medici marchese di
Malignano ; ma ([uivi oppresso da varie sue
indisposi/ioni , dierle fine al suo vivere nel di -j ,
o pure 8 (li no^ cmbre : personaggio di bassi
princìpj j ma che s' era acquistata lama di
ANNO Mni.V 5C)^
valente e scaltro condottier d'armi, e insieme
d' uomo inumano , e di gran cacciatore ed ama->
tor della pecunia. L' aver io detto nelle Anti-
cliilà Estensi che Cosimo duca di Firenze gli
donò il cognome e T arme di casa de' Medici ,
non sussiste , almeno per conto del cognome.
In guest' anno ajicora diiamarono i Franzesi
nel mar di Toscana l' armata turca , coman-
data da Pialaga Bassa e da Dragut , che nella
Basilicata abbiuciò San Lucido e Paula , patria
del santo istitutor de' Minimi. Così ben premu-
nito avea il duca Ccisimo Piondjino , 1' Elba
ed altri siti di quelle coste , che i Tmchi , dopo
aver patiti gravi danni , se ne partirono , ed
uniti con trenta galee franzesi veleggiarono alla
volta della Corsica , dove tuttavia bolliva la
guerra tra i Franzesi e Genovesi. Nulla di ri-
levante fecero que' Barbari , fuorciiè di condur
via quanti Cristiani poterono ghermire tanto
in queir isola che nella Sardegna.
Uscì in quest' anno alla luce la risoluzior^
presa dall' imperadore Carlo V di rinunziare i
suoi regni e Stati a don Filippo re d' Inghil-
terra suo figlio. Cominciò egli dallo spogliarsi
de' Paesi Bassi e della Borgogna ; e fatto ve-
nire il figho a Brusselles, nel dì aS di ottobre
alla presenza de gli Stati colà con\ocati, gliene
fece ampia rinunzia : funzione che trasse le la-
grime da quasi tutti gli astanti , al vedere co-
me quel glorioso monarca sì animosamente fa-
cesse vivente ciò clie gli altri sì mal volentieri
fanno morendo. Gran dire fu per questo in
tutta l'Europa ; chi lodando e chi biasimando^
attribuendo gli uni un' azione cotanto rara alle
60O ANNALI D* ITAMA
sue cresciute indisposizioni della podagra, al-
tri a vanità , o pure al conoscimento della
retrograda fortuna , ovvero alla perdita della
regina Giovanna sua madre, accaduta in que-
st'anno, ed altri ad altre cagioni, secondocliè
dettava loro il capriccio ; quando, qualunque
ne fosse il motivo, non si può mai negare ad
essa il titolo d'atto sommamente eroico, dap-
poiché ognun sa essere V ambizione e il gusto
di dominare Tultiuìa camicia de' regnanti. Al
governo di quegli Stati fu lasciato dal re Fi-
lippo Emmanuele Filiberto , saggio e valoroso
duca di Savoia. Ebbero principio in quest'anno
i dissapori di papa Paolo IV con esso impe-
radore , o , per dir meglio , col suddetto re
Filippo. Che la vita menata da questo ponte-
fice piia della porpora cardinalizia e prima
del pontili. :ato fosse un' ipocrisia , l' immagina-
rono bensì coloro die con facilità mirabile di
malignila interpretano in male lutto il bene al-
trui ; ma certis.sima cosa è di' egli accompa-
gnava il suo molto sapere con un sì regolato
e pio tenore di vita, die niun sejipe mai oji-
porgli altro die un iudiuazione al rigore e uno
zelo straordinario che faceva tremare i buoni,
2IOU clic i cattivi. Appena di\(Miulo papa , co-;
iiiiuciò a sradicarci le suuouie e gli abusi di
certi tribunali , mostrandosi ardente per rifor-
mai- le corrutlde della coite; ma si venne in-
sieme a scoprire, ^•h^^ avendo egli un gran ca-
pitale d'intendimento, di dottrina, di eloquenza
e di belle virlù . per cui polca fare un ottimo
e gloiioso |)ouli(!c<'il(>, non se ne s(>ppe servire,
e cadde in tali difelli die ecli.ssarono non poco
la lama del sacro suo ministero.
ANNO MDI.V fot
Giunto papa Paolo a non aver superiori in
terra , ripigliò il suo feioce animo , e mostrò
di non avere abbastanza mrditafe le parole
dell' Apostolo , che vuole il vescovo non su-
pcrbum, non iracundum; ed iu vece di amare
e proccurar la pace ( cbe questo spezialmente
appartiene a i vicarj di Ge-ù Cristo ) . andò
miseramente ad ingolfarsi in una biasimevoi
guerra. Ma ciò cbe particolarmente levò di
tuono questo pontefice , fu il troppo amore del
nepotismo. Tre nipoti avea , figli di Gian-Al-
fonso Caraffa conte di Montorio , suo fratello.
Pochi giorni dopo l' assunzione sua creò car-
dinale Carlo , mio d' essi , cavaliere di Malta ,
nomo di cervello torbido , fatto più per la mi-
lizia secolare, da lui esercitata fin qui, che per
r ecclesiastica. Un altro era Giovanni conte di
Montorio , a cui si \oleva fabbricare una ma-
gnifica fortuna ; e presto se ne presentò, non
so se giusta o ingiusti! , roccasione. Avea Ales-
sandro Sforza cherico di camera avuta maniera
di trarre da Civita Vecchia due o tre galee ^
già tolte da' Franzesi a Carlo suo fratello, e
condottele a Gaeta. Per tale insolenza s' alterò
forte il papa; e credendo complice di tutto il
cardinal Guido Ascanio Sforza loro fratello ,
fieramente il minacciò , e mise prigione il di
lui segretario. Per questa novità fiuono veduti
alcuni baroni romani trattar segretamente con
esso cardinale, con Marc' Antonio Colonna e
co' ministri cesarei. Non vi volle di più perchè
il pontefice , figurandosi dirette quelle combri-
cole contra di lui . facesse mettere in piigiou
esso cardinale Sforza, Camillo Colonna ed
6o2 ANNALI il' ITALIA
altri ; poicliè quanto a Marc' Antonio , questi sÌl
ritirò in salvo a Napoli. Passò lo sdegnato papa
a far citare lui ed Asoanio Colonna suo padre
che era detenuto prigione in Naj)oli ; ed essi
non comparendo, li scomunicò, e pri\ò d'o-
gni dis;nità e di quante terre e castella posse-
deano ne gli Stati della Chiesa (erano circa
cento), con investirne tosto il suddetto Giovanni
suo nipote , e dichiatarlo duca di Palliano e
capitan generale della Chiesa Per provvedere
anche Antonio Caiatla , ter/.o suo nipote , il
creò maichcse di Montebello e d' altre terre
nel Montefeltro, avendo trovate ragioni o pre-
testi per ispogliarne Gian-Francesco da Bagno
de' conti Guidi.
Ancorché dipoi fossero restituite le galee ,
cagione di tai disturbi . pure continuò più che
niai la disposiziono alla rottura ; perchè go-
dendo i Colonnesi la protezion de i re di Spa-
gna , e veggcndosi cosi maltratatli dal papa ,
si misero in armi. Accorsero anche gli Spa-
gnuoli a i confini dello Stalo E< clesiastico , e
il papa anch' egli ordinò al duca d' Urbino di
portarsi con alcune migliaia dì fanti a quei
medesimi confini. Che sconcerti , che prigionie
succedessero in Rom.i in tal congiuntura, lungo
sarebbe il riferirlo. Si trattò dì pai-e : ma o
sia , come alcimi vogliono , che il papa anche
cardinale sospirisse di cacciar dal regno di
Napoli gli Spagnuoli , per aggravj da lor fatti
alla slia casa e a sé medesimo col negargli le
rendite dell' aici\ escovalo di Napoli ", o pure
che il caidinal nipote l'allizzasse con isperaiiza
di pescare Stati nella vantata doprcssioti de
ANNNO Mm.V (ìo3
gli Spagnuoli : certo è die papa Paolo IV non
ebbe mai vera voglia di pacHìcarsi. E in questa
risoluzione si fissava egli , peioliè già andava
Pianeggiando una lega con Arrigo II re d: Fran-
cia , e in fatti la conchiuse prima che termi-
nasse quest' anno. Era anche dietro a tiiare ili
essa lega Ercole II duca di Ferrara , lusingan-
dosi forse colle lor forze e con sognata solle-
vazioni de' pojioli napoletani d' aver in pugno
quel regno. Ora fra le molle azioni degne di
lode in questo pontefice , non si può già con-
lare eh' egli , in tempo che si trattava seria-
mente di pace fra i re di Francia e di Spa-
gna, si studiasse di maggiormente accendere la
guerra fra essi ; e ciò per odj ed interessi pri-
vati ; il che gli riuscì con tanfo danno de i
sudditi suoi ed altrui. Certamente altro ci vuole
che eloquenza , altro die ingegnose riflessioni
per iscusarlo o giustificarlo in questo. Di gravi
mormorazioni ancora cag'onò nell'anno seguente
1' aver esso pontefice tolta la dignità di legato
al cardinale Reginaldo Polo , arcivescovo di
Cantnrberì , lume chiaiissimo del sacio colle-
gio , e sì benemerito della Chiesa di Dio negli
affari dell' Inghilterra 5 come apparisce dalle
Opere di lui, che ora illustrale abbiamo dal-
l' Eminenlissimo cardinale Qiieriiii vescovo di
Brescia. Anche jM'ima del pontificalo non avea
Paolo quel grand' uomo nel suo libro , lenen-
dolo per amico de' Protestanti , o almeno non
assai nemico , come egli desiderava. I sospetti
soli in mente d' noni sì focoso divenivano pre-
sto enormi reali , e si correva alle prigionie o
al gastigo. E ne fecero la pruova ne' tempi
6o\ ANNALI n' ITALIA
susseguenti anche il cardinale Giovanni More-
ne, uno de' più dotti ed insigni personaggi del
sacro collegio, e Tommaso San Felice vescovo
della Cava , ed Egidio Foscherari vescovo di
Modena, ch'era de' più accreditati teologi del-
l' età sua. Furono essi cacciati in Castello
Sant' Agnolo , dove stettero penando per due
anni sino alla morte del papa, non per altro,
se non per vaij sospetti della lor dottiina , di
cui diedero essi dipoi un saggio sì luminoso
nel concilio di Trento. Se noi desiderassimo
di non vedere mai piiì nella sedia di san Pie-,
tro pontefici di simil tempra , si dimanda , se
fosse irragionevole o almen tollerahile un sì
fatto desiderio.
Alino di Cristo i556. Indizione XIV.
di Paolo W papa ■?..
di Carlo V inipevadoì-e 38.
Già fitto era il chiodo : l' imperador Carlo I
avea risoluto ili dare un calcio al mondo , per
ritirarsi a goder tr;iiif['iill;iin('nte rpie' pochi
giorni di viti» ohe Dio voli-a lasciargli , e po-
chi appuuio gii(Mii- piometteva la troppo af-
flitta sua sanila (i). Sola iioule il riteneva il
dover lasciare il re Filippo suo figlio giovane
fra i lumidli e |)''ricoli della guerra, che viva
tiiltavin si iiMMieucva c'o' Fianzesi. Tanto pei'-
ciò s'alfilicaioiio i mediatori, che nel dì fidi
feijhraio si conchiiise, per opera spezialmente
del cardinal Polo, ima tregua di cinque anni
(i) Bclcaire. Manenti. Campana. Siirio ed altri.
ANNO MDl.VI 6o5
fra esso impcrailon' e il figlio da una parte ,
ed Ani;^o 11 re di Francia dall altra : conche
i contraenti ritenessero pacificamente tutto quel
clie reslava in mano loro sì nel Piemonte ,
come nella Toscana. L<'gf;esi lo s'rumento d'essa
tregua presso il Du-Mont (i) e presso altri
autori, i quali giudicarono appartenere tal atto
al i bbraio dell anno preccdtnte i555, senza
badare che il i555 della data dovette essere
secondo lamio fiorentino e veneto , terminante
nel di 23 di marzo dell'anno presente. Certo
che tal atto s' ha da rift rire a quest' anno ,
dappoiché si sa che per tutto Y anno prece-
dente durò la guerra ha que' potentati ; e il
Belcaire, il Sardi, l'Adriani, il Manenti e il
Surio, autori contemporanei , e l'Angeli , Wam-
brino Roseo , lo Sponda no ed altri ci assicu-
rano della conchiusion d' essa tregua nel feb-
braio di quest'anno. Alloia fu che l'Augusto
Carlo passò all'esecuzione del suo memorabil
disegno; perciocché nel di 6 del mese suddetto
assiso in trono col re Filippo figlio alla de-
stra, perché re d' Inghilterra , e alla presenza
delle due vedove sue sorelle, cioè di Leonora
già regina di Francia, e di Maria già regina
d'Ungiu-ria, del duca di Savoia, dichiaralo
governatore de' Paesi Bassi , e d' infinita no-
biltà, léce un'ampia rinunzia di tulli i suoi
regni al figlio, tanto del vecchio che del nuo\o
mondo. Non gli restò se non d titolo Cesareo
e l'amrainistrazion dell inqierio ; ma giunto al
(i) Du-Mout Corps. Diplomai,
6o6 Annali d* itaua
settembre , pensò ancora di deporre questo pe-
so, e però inviò Io scettro e la corona impe-
riale a Ferdinando I re de' Romani, d'Unghe-
ria e Boemi», suo fratello, a lui rinunziando
ogni suo diritto , con pregar nello stesso tempo
gli elettori di approvar cpiesta sua cessione.
Non l'approvò già papa Paolo IV, con pre-
tenlere ciie senza sua espressa licenza non si
potesse ven're alia rinunzia di sì gran dignità ;
e sì forti lettere ne scrisse a gli elettori , che
solamente poi nel i5 i8 fu esso Ferdinando
riconosciuto e proclamito da tutti iinperadore.
Questa durezza del papa fu attribuita al mal
animo suo verso la casa d" Austria, laddove
altri la chiamavano un giusto zelo per soste-
nere r antica autorità de i romani jwntelici
iieir elezion de gli Augusti. Ma se Carlo Au-
gusto non volea più rpella dignità , avea senza
fallo essa a cadere in chi era re de' Romani,
e la morte civile di lui in tal caso operava
ciò che la naturale. Pertanto verso il line di
settembre il magnanimo Carlo, non più re,
non più imperadore , accompagnato dalle so-
relle, passò per mare in Ispagna , dove tosto
cominciò a conoscere il presente suo stato pel
poco concorso de' gran li ad ossi'(|uiarlo, e per
la difiiiiullà di riscuotere la prnsione di cento
mila scudi ch'egli s'era riserbata. Poscia nei
dì af di febbraio dell'anno .seguente, giorno
suo natalizio e propizio , entrò nel monistcro
di San Giusto de' monaci di .san (Girolamo ,
posto ne' conlini della Castiglia e del Porto-
gallo, non linigi da P acen/a , luogo dclizio.so
da lui fabbricalo e scelto {^rau tempo prnua,
ANNO MPLVI 607
con dar V nUiino adlio alle umane grandez'e,
a line di meditar I altre vere ed incompara-
bilmente maggiori che Dio fa sperare nell'allra
vita a i .-uoi servi. \l suoseivigio non ritenne
se non dodici persone , impiegando poscia il
tempo in orazioni , limosiue ed altre opere di
pietà.
Per la tregua suddetta gran festa si fece da
i popoli crisi iani, ligurandosi ognuno <li dover
da li innanzi respirare da i tanti passali guai ;
ma cosi noti 1' intendeva il papa , o , per dir
meglio , i si:oi nipoti , \ogliosi troppo di rom-
perla con gli od'.ati Spaguuoli. Secondo ì an-
nalista poiililizio Rinaldi , nel dì 19 di aprile
espose il pontefice la risoluzion siia di spedire
due cardinali legati , 1 uno a Kilippo re di
Spagna e d' Ingliilterra , e 1' altro ad Arrigo II
re di Francia, per trattar di pace. Che i)uesto
fosse iiu burlarsi del sacro collegio , i fatti lo
dimostrarono. Imperciocché oltre alV aversi il
papa avuto per male che senza di lui si fosse
conclnu-»a quella tregua , il cardinal Cai afa ,
invialo in Francia, altro non operò che di
spargere, in vece d" acqua, olio sul fuoco,
incitando quella corte alla guerra, ad assistere
al papa contro il regno di Napoli , con fai ne
credere facile l'acquisto per la <;orona di Fran-
cia. Né poco servi a maggiormente aiterar la-
nimo del poiitelice il pailar allo de' mini.^lri
spagnuoli , e 1' avere fra 1' altre cose il mar-
chese di Sarria ambasciatore del re di Spagna
forzata un giorno una porta di Roma [xt
uscirne sen«a licenza de' dominanti Caryfi. il
perchè uel dì 27 di luglio il papa , siccome
6(l8 ANNAT.I d' ITALIA.
avvisato delle disposizioni del re Cristianissimo
in suo f .vore , cominciò gli atti giudiciali con-
tra dil re di S|)iigna , per dichiararlo decaduto
dal regno di Napoli, o sia per censi non pa-
gati , o sia per insulti già falli, o vicini a l'arsi
conlra dello St.ito Ponlifizio dal duca d'Ala,
il qude era passato a Napoli per camion di
questi rumori , con aver lascialo al governo di
IMilauo il cardinal di Trento Madrucci , il gio-
vane marchese di Pescara e (iiam-B.itista Ca-
staldo , che andarono poi poco d' accordo. Non
erano ignoti al re Filippo i mane-gi tiel pon-
tefice in Francia , e tanto più perchè il le^jato
destinato per Ini era anch' egli passato a Pa-
rigi; e già chiaraminle ognuno scorgeva la dis-
posizion de' Caralli a non voler pace , ma
guerra. Che con doppiezza canmiinasse la se-
greteria pontilizia in questi negoziali , inostiaiido
in pubblico brame di pace, e tulio il contra-
rio nelle cifre secret'- , bastantemente 1' ac-
cenna il celebre cardinal Pallavicino (i). Per
queste cagioni il re Filippo non perde tempo
ad assicurarsi con delle promesse e con de i
benefìzj di Cosimo duca ili Firenze , e di Ot-
tavio Farnese duca di Parma. In li«tti nel dì i5
di settembre rilasciò esso monarca al duca di
Parma la città e il distretto di Piacenza, ri-
tenendo in sua mano la cittadella; e (pieslo
senza pregiudizio delle ragioni cesaree .sopra
quella città e sopra il Piiiniigiano. Restituì an-
che a lui la citta di Novara , ma non il ca-
stello , e al cardinal Farnoe le rendite del-
l' arcivescovato di Monreale in Sicilia. Lo
(i) Pallavicino , Storia del CouciUo di Trento.
ANNO Mw.vi Gor)
strumenle di tal cessioni' fu pul)blicato nel 1727
dal senatore Cola (i), ed insieme la conveii-
zion segreta , per cui si dicliiarava che il re
concedeva in feudo essa Piacenza e parte del
territorio di Parma al duca, con altre parti-
colarità ed atti che quivi si possono leggere.
Avendo perciò il duca Ottavio ahhaiidoriato il
partito Iranzcse , ed abbracciato lo spa^uuolo,
dal re di Francia fu chiamato il più ingrato
uomo del mondo. Peggio bea fece il paj>a ,
clie fulminò contra di lui fieri monilorj , e
tentò anche di torgli Castro , ma non potè.
ìMandò poscia il re Cattolico ordine al duci
d' Alva di proccurare , se mai potea , d' indurre /
coUe buone il pontefice Paolo alla pacej e se /
no, di fargli guerra. Tentò imlarno il viceré
di ammansare 1' inferocito papa , da cui anche
fu incarcerato Pietro Loibedo. , mandato a
lui })er trattare d'accoixlo; e però die di pi-
glio all' armi , acciocché si ottenesse col terrore
ciò che non si potea in miglior forma conse-
guire. A ciò ancora fu consigliato dal riflesso
di prevenir gli aiuti che altronde potesse il
papa appettare, oltre al vantaggio di far la
guerra più tosto in casa altrui die nella pro-
pria. Kauiialo dunque a San Germano T eser-
cito suo composto di quattro mila Spaglinoli
veterani , tli ottomila Italiani, di trecento uo-
mini d'arme e di mille e ducealo cavalli ( al-
tri scrivono meno}, nel princijìio di sell'.'in-
bre entrò nello Stato Ecclesiastico , ed ebbe
(i) Cola , Apologin de i Diritti Imperiali su Panna ,
e Piacenza.
MijiuroRi. ^un. FoL XlF. Zq
6lO ANNALI d' ITALIA
Usto Poiifecorvo, Prosinone , Veioli , Alatri ;
Pipeiiio , Terracina ed altri luoghi , prenden-
done il possesso a nome non ^ià ilei suo re ,
ma del papa futuro e del sacro collegio. Erano
in Anagni ottocento fanti di guarnigione; ap-
pena cominciarono a mirar lo squarcio che i'a-
ceano le artiglierie spagnuole utile mura , clie
la notte del dì i5 di settembre si ritirarono^
per le montagne a Palliano , Tivoli e Roma.
Presa nel dì segui nte l'abbandonala città, fu
messa a sacco. Così Valniontone, Palestrina e
Segna \ olcntariaraenle si arn nderono. Intanto
Marc'Aiilonio Colonna con ottocento cavalli fa-
ceva scorrerie sino alle porte di Koma, città,
per la cui difesa avea Camillo Orsino già fatti
molti lipari di bastioni, spianate td altre for-
tificazioni; e il duca d Urbino , benché non
più generale della Chiesa , avea spedito Aure-
lio Frego;io con mille e cint|uecenlo fanti, e
s'erano armati sei mila Romani sotto Alessan-
dro Colonna , oltre all'avere il senato foimala
una compagnia di cento venti nobili per guar-
dia della peisona del papa. Colà ancora giun-
sero due mila Guasconi inviati dal re di Fran-
cia. Poscia i cittadini di Tivoli , non auìantlo
d' essere assediali, si diedero al viceré, in cui
potere ancora vennero \icovaro, Nettuno, Ma-
rino ed altri luoghi. Dopo tali aci|uisti, sopra-
giunle le pioggie autunnali , diede il duca
d'Aha alquanto di ripo.so alle ailàlicale mili-
zie , per ruiONare in questo iemjio le pralichu
della pace. Ma il j)apa ne pur vtilea scnlirsino
parlare , se prima non erano restituiti i luo-
j;hi presi : e quanti cardinali s'inlerpo.sero con
ANNO MDT.VI 61 I
buone nniiiero per 1 ut^li ^uslltl•e il dolce della
concordij. rimunero delusi nelle loro speranze;
perchè se un proi^elto pioj)Osto piaceva in
un'ora, troppo tla li a poco dispiaceva. Prese
dunque il viceré la risoluzion di passare al-
l' assedio di Ostia , o , per dir meglio , della
rocca d' Ostia , puicliè per conto di quella pic-
Liola città, alberilo di soli pescatori, non po-
tea essa fare dilisa. Era quella rocca e castello
una buona rort( zza con soda muraglia, b.istioni
e tei ra pieni , fiancheggiala da due torri a tra-
montana e a Diezzogiorno. Entro v' era Orazio
dello Sbirro , valoroso giovane romano , che
con poco più di cento lauti animosi tal resi-
stenza fece , che ripulsati più volle gli assalti
de'nemici con grave lor d;»nno , fu vicino a far
ritirare il viceré con confusione e vergogna.
Pure essa rocca Ima! mente si rendè : il che
servì poscia ad impedire il passaggio delle vet-
tovaglie a Roma, non senzc. ^ e danno e la-
mento del popolo romano , il quale per la fame
e per gli aggravj o accresciuti o inventati di nuovo
dal pontefice per far danari, che asprissima-
mente si esigevano, e per gì' immensi damii
recali a i lor beni in tanti luoghi , mormora-
rano forte , ma a mezza bocca , di qiicsLi
guerra.
Per quanto poi si studiasse il duca d'Ai va,
dopo aver messe a' quartieri d' inverno le sue
truppe, di ridurre il pontefice a qualche one-
sto accordo , inlerponendovisi anche i ministri
della repubblica veneta, e si abboccasse per
questo eziandio col cardinal Caratla ( poiché
questa guerra Citta era appmito , a uihr jli
6 I 3 ANNALI d' ITALIA
Spagnuoli , per ottener la pace , e per questa
speranza esso viceré non a\eva angustiata niag-
gionnente Roma, come avrebbe potuto), il
trovò sempre piìi cocciuto e più saldo d' una
torre nel suo proponinienlo di guerra. E ciò
perchè sedotto dall' una parte da i nipoti , ed
animato dall' altra da i cardinali iian/esi di
Tornone e di Lorena , plrnij)otenziarj del re
Arrigo , per mezzo de' quali i'u concbiiisa una
lega nel dì \^ di setlenibre ( se ])ur non fu
in altro tempo ) , in cui s' obbligò il re di di-
fendere con mano forte il papa. 11 Campana e
il Sununonle nella Storia di Napoli rapportano
i capitoli di essa alleanza. Stentò il re non
poco a prendere questo impegno j per varie
ragioni , e massimamente perchè troppo re-
cente era la tregua col re di Spagna. Ma il
papa gU levò di cuore gli scrupoli con assol-
verlo dal giuramento : laonde il re Arrigo j dopo
aver latto senza alcun profitto piegare il re
Filippo di desistere dalle oll'ese del papa , la
cui oppressione egli non })olea sollerire, diede
ordine che il duca di (juisa si allestisse per
passare il più presto possibile in Italia con
un' armata in soccorso del pontefice. Tante
jiregbiere ancora , piomesse e niinaicie ad(.nc-
larono il papa e i Franzesi con l'jcole 11 duca
di Ferrara , prctcndentlolo obbligalo a ciileii-
deie il papa in quello stato di cose, eh' egli ai
lasciò a>'\ilnppare in ((ucsta liga col beli' onore
di dover egli prendere il titolo di Capitan ge-
nerale , ed avere il comando di tutta l'amiatu
gall((-poulilizia. l'ii ;nirli(' giiciia in quest'anno
a i confini delia Maica coli" Abbi uzzo , dove
s' era pr)rta!o don Antonio CiiiafTa marchese
di Montf'beilo eoa alcinie fanterie per assicu-
rar la cittì» d' Ascoli. Don Fiancesco di Lof-
fredo j2;overnal()re di esso Ahljruzzo Tece una
scorreria sullo Stalo Ecclesiastico sino ad Acqua-
viva ; e all' incontro don Antonio prese Con»
tragiirrra , ma fn hcn presto foizato a ritirarsi
ad Ascoli , perchè il Loffredo ingrossato s' era
mosso coli' artiglieria , minacciando fin la stessa
città d'Ascoli, [ntanto segni fia i\ dncad'Alva
e il cardinal Caraffa , crednto da molti sium-
latamente desideroso di concordia , una tregua,
di quaranta giorni , colla libertà del commer-
cio per quel tenijio ; e questa affinchè si po-
tessero comunicare al re di Spagna i progetti
di pace dati per parte del papa, o sia del
cardinale. Il principale articolo era, che si re-
stituissero a i Colonnesi le lor terre e castel-
la, e che per reintegrare don Giovanni Ca-
l'affa della jierdita di quegli Stati , gli si desse
la città di Siena colle sue dipendenze: cambio
e boccone che veramente sareb])e riuscito as-
sai saporito al pontifizio nipote. Quando fosse
vera la proposta di esso cambio ( e per vera
in fatti vien essa creduta ila gli storici , e as-
serita fin dallo stesso Rinalli ), (juesto era un
far intendere anche a i meno accorti che la
guerra non era per altro fiuta e manteiìuta dal
papa che p<!r 1' ingiandim nto della propria casa.
Fu biasimato per la tregua suddetta il cardi-
nal Caraffa , chiamato dal vescovo Belcaire
uomo torbido e stolido , perchè lasciò spalan-
cata la porta al duca d' .\lva , ritirato a Napoli ,
di provveder di vellovaglie e munizioni i
6l4 ANNATA d'iTAUA
luoghi conquistati : il che , durante il verno ,
non gli sarebbe riuscito se fossero continuate le
ostilità. Ma tornava in prò del cardinale questo
ripiego , perchè dava tempo al duca ili Guisa
e .ili' esercito franzese di penetrare in Italia ,
ed egli intanto sperava di tirar altri principi
nella lega pontifizia. Venne a morte in quc-
st' anno nel dì 2 di giugno Francesco Vc-
iiiero doge di Venezia, che nel di i4 d'esso
mese ebbe per successore in quella dignità
Lorenzo Friuli.
Annodi Giusto iSj'J. Indizione XV.
di Paolo l^ papa ':>.
di CAr.T-o V imperadore 3().
Aveano nel!' anno addietro tanto il re di
Francia per mezzo del cardinal di Lorena ,
quanto il papa colla spedizione di Gian-Fran-
cesco Connnendone tentato d' indurre la re-
pubblica veneta a collegarsi con loro conti a
de gii Spagnuoli. Dalla parte ancora di Filippo
re di Spagna una pari istanza aveano fatto
Francesco Vargas e Marino Alonso. Allie nr*
fece ancora il duca d' Alva. Da caihuui d' essi
quel saggio senato s' era sbrigalo con gravi
risposte, contenenti spezialmente verso il sommo
pontefice de'' sentimenti filiali , ma in sosUmzu
ripugnanti a prendere i;uj)egno veruno. Abhiaui
già veduto Ottavio Farnese duca di Parma e
Piacenza attaccalo a gli Spagnuoli. Gosimo duca
di Firenze , principe di sonnna prudenza e di
cauta pol'lica , se ne sta^a neuliale, conser-
yaudu buona armonia e conitdcii;2(i col papa ,
ANSO MnI.v^I Qlj
ma senza voler punto entrar nelle sue gare.
E né pur Ci^li lasciava di esortarlo alla pace;
lei qual lp;nj)o si dava a conoscere il pia
mito a gì' interessi del re di Spagna , per la
.«neranza di cavargli di mano Siena . siccome
ri;i venne fatto in (juest" ajìno. Ora il cardinal
t^irlo Carafla . che assai presumeva della sua
miestà ed abilità . si figniò Tacile il poter gua-
dafiiaro il senato veneto , se in ])eTsona si
poitava a Venezia. Vi andò verso il Naliilc del
precedente anno, e disse qua'ito seppe e volle
di lagioni per trarre qiie' prudenti senatori nella
lega , appellata Santii , per difesa del poiitefi-
ee. 5Lbbe la disgrazia d' esser derisa in lor
cuore la sua proposizione, per varj motivi, e
sneziilmente jierchè ognun conosceva esser egli
dietro a valersi delle foiv.e altrui , solamente
per procacciare un maggiore ingrandimento a
se ste.vso. Pertanto ricevè la risposta indorata
da belle parole ; tiattar essi di pace , e nulla
poter risolvere intorno alla lega , finché non
venivan:) risposte da Cesare e dal re di Spa-
gna. Passò dipoi il legato a Ferrara , dove nel
dì 17 di gennaio di cjuest' anno con solennit?i
presentò a quel duca lo stocco e il cappello ,
insegne del grado di generale ; e di là prese
le poste per S(j!lci;iliir V anni franzesi a calare
in Italia. Far lo stesso doveano quattro mila
Svizzeri assoldati dal papa. Anche il cardinal
di Trento . trovandosi con poche forze nello
Stato di Milano , aspettava di Germania otto
mila fanti e duecento cavalli. Altri quattro mila
Tedeschi e quattrocento uomini d' armi veni-
vano al servigio di Cosimo duca di Fireuz*,
6l6 ANNAM d' ITALIA
A cagione di tanti Barbini , chiamali e ben pa-
gati perchè venissero a flivorar Y Italia , altro
non si udiva che maledizioni de' popoli conlra
di chi era autore fli quella guerra.
Calarono finalmente nel furore del verno i
Franzesi sotto il comando del duca di Gnisp.
ascendendo secondo alcuni il loro esercito a
sette mila fanti guasconi , a cinque mila svz-
zeri e grisoni , a cinque cento uomini d'arne,
e sette cento cavalli leggieri; ma secondo airi,
a minor numero. Chiesero al cardinal di Trailo
il passaggio , che fn loro accordato , per non
poter di meno ; ma perchè il conte di Cirpc-
gna , posto di presidio con mille e cinquecento
fanti in Valenza, negò vettovaglia, e restirono
anche uccisi alcuni Fi anzesi , il duca noi vo-
lendo lasciare impunita tanta baldanza , mise
mano a i cannoni contro quella picciola città,
e dopo cinque giorni di vivo fuoco , nei dì ao
di gennaio V ebbe a discrezione , sal\ e le vile.
Furono smantellale le fortificazioni di-lla città ,
e lasciato presiilio nella rocca. Giunto il duca
di Guisa colla sua armata a MonlcccLio territ
del Reggiano, quivi si unì con lui il duca di
Ferrara suocero suo con sei mila fanti , se-
cento ca\alli leggieri e ducento uomini d'ar-
me , e fu a lui consegnato il bastone del co-
mando. Tennero un gran consiglio in lìeggio
di Lombardia i due duchi e il legalo Caralfa.
Vole\an() i Franzesi jiassare in i'oscaua , il
duca Ercole portaisi sotto Ciemona, a lui pro-
messa , fiiccndouc «■onosccre fiicile rac(juistoe
importanti le conseguenze, ftla |)ercliè il (ìuisa
aveu^uroini dalla curie di uniibrmarsi a* voleri
ANNO MDLVII 617
del carclinale CaralTa , e questi faceva istanza
che si portasse la i^'iicrra noiP Abbiuzzo , dove
vantava di 8;randi intelligenze j il suo parere
prevalse. Ricusò il duca di Fennra di passare
colà, essendo chiaro che i suoi Stati rinianeano
troppo esposti all'indignazio» de gli Spagnuoli.
E perchè il legato iiicea credere che i Vene-
ziani prenderebhono la protezione di Ini , por-
tatosi a Venezia , scoprì la vanità di quella
proposizione. Adunque senza di lui fu risoluto
che l' armala liunzese niarcierehhe alla volta
del regno di Napoli. Iti in questo mentre a
Roma il legato e il Guisa , ricevuti ivi come
angeli tutelari, con far vedere sì vicina la forza
deir armi franzcsi , e dichiarata nell' uFtimo
giorno di gennaio dal re Arrigo al re Filippo
la guerra , levarono di cuore al papa ogni pen-
siero di pace. E (juantun(jne scrivano alcuni
che fbsseìo stati approvati dal re Cattolico i
capitoli dell' accordo progettato colla cessioa
di Siena a i (]arafli; e tuttoché il duca d'Alva
veggendo incamminato sì nero nuvolo contra
del regno e scarse le sue forze , avesse man-
dato ad assicurare il papa della cci.ione sud-
detta ; pure l' ardente animo di Paolo IV ,
volto a cose maggiori e pieno della sperata
gloria di cacciar d^ Napoli gli Spagniioli, ruppe
Ogni tiattato , e stette saldo in voler guerra.
A tal risoluzione maggiormente ancora si
animò il pontefice , perchè al duca di Palliano
suo nipote, al maresciallo Strozzi, a Francesco
Colonna e ad altri suoi capitani riuscì di ricu-
perar Genazzano, Valmontone , Frascati, Grot-
tafenata , Tivoli , Maiiuo , Palestriua ed altre
(il 8 ANNALI n' ITALIA.
terre, e quel che più importò, anche Ostia e
Vicovaro. Sì prosj>erosi successi gonfiavano forte
il cuore del papa e de' suoi nipoti , senza far"
caso dello steiminio ciie pativa in mezzo a
quel fuoco tanto paese della Chiesa nel Lazio,
ed anclie nella Romagna , dove si era dolce-
mente riposata V armata franzese. Promosse in
questi tempi pa|)« Paolo alla sacra porpora al-
ctuii personaggi ben degni di essa , fra' quali
mischiò ancora Alfonso Caraffa , figlio d' Anlo-
nio suo nipote. Non si sapeva accordare colla
severità mostrata dal pontefice , per rimettere
la disciplina ecclesiastica, il crear cardinale an-
cor questo, quando ve n'erano due altri della
stessa sua famiglia , e alzare a tanto onore mi
giovinetto di soli diecisette anni, con dargli a|)-
presso I' amministrazione eziandio della chiesa
arcivescovale di Napoli. Più rumore ancora fece
l'aver esso |)apa fatto comparire il disegno di
procedere alle censure e alla privazion de're-
gni coulra di Carlo V e di Filippo li. giacche
egli non ricono,sceva p(!r imperadore Ft-rdinan-
do I. Imperocché nel giovedì santo nella Bolla
in C(vnti. Domini ftu'ono spozialmenle soomu-i
nivali da lui gli occupatori delle sue terrt; della
Campagna e della Marittima, quantunqiie emi_
nenti [)er diguilìi eziandio ini|)c'riale , e tuUi i
consigliatori, fautori et aderenti. Oltre a ciò,
nella rnessa papale del venerdì santo si lasciò
la solita preghiera per l'imperadore. Attendeva
int;mto il viccrò duca d'Alva a provvivlersi di
danari , rnum/.ioui e vettovaglie ; e fortificali i
luoghi delf Ai)l)ruzzo , per parere del vecchio
«;lou FeiTantc Gonzaga, che si Irovava allora
p.PÌle sue terre JpI recano di Napoli , cioè ia
Molfetta . determinò d'uscire aucli' egli ui cani-r
pagua per impedir p;li avanzamenti a' nemici.
Rpslituitosi il duca di (iuisa all' armala ,
quando Dio volle . proseguì il suo viaggio alla
volta del fiume Tronto; ma nò per via né ai
couliai dell' Abbruzzo trovò quelle tante genti ,
artiglierie, vclto\ agile ed intelligenze die ma-
gnificamente gli aveano fatto sj^erare i CarafTl.
Coiituttoeiò nel (fi i^ (ra]>rile cominciò in
quelle parti le ostilità. Nel giovedì santo fu preso
e messo a ruba Campii colle più orride ini-
quità , a fin di facilitar le imprese con questo
primo terrore. Teramo si arrendè ; e giacché
arrivarono per mare alquante artiglierie , nel
dì 24 d' aprile 111 impreso l' assedio di Civitel-
ia , terra , pel sito suo alto e circondato (U
tre parti da una valle , assai forte , alla cui
guardia con presidio di mille fanti si trovavano
don Carlo ili LolFredo e il conte Sforza da
Santafiora. Mirabil fu la difesa falla da que' sol-
dati , da i terrazzani , e fin dalle donne , ani-
mate dagli eccessi commessi in Campii da i
Franzesi. In questo tempo comparv:; il duca
d'Alva a Giulia-Nuova , dodici miglia da Ci-
yitella , menando seco tre mila fanti spagnuoli
Teterani, sei mila tedeschi, undici mila italiani
e siciliani , niille e cinquecento cavalli legi^ieri
e sellocento uomini d'armi. Bell'esercito parca
questo ; ma per esser la maggior parte compo-
sto di gente nuova ed inesperta , in cuore di
cui non alloggiava peranche io spirito dell'onore,
né la vergogna della fuga , d viceré , capi-
tano- di buon disgeinimcnlQ e di gran cautela ,
69.0 ANNAU V ITALIA
era ben lontano dal tentare battaglia alcuna^
se non clie tolse ai Franzesi Giulia-Nuova, e
barbaramente la lasciò saccheggiare ai soldati.
Tal opera/ione , ciò nonostante , fece questo
suo avvirinatnento al campo franzese , che il
duca di Guisa , consiflciando non potersi espu-
enar Civiteila senza gran mortalità di gente ,
liei dì i5 di maggio si levò da quell'assedio,
riducendnsi sull'Ascolano . e poscia sul territo-
rio di Macerata , dove attese a ristorar 1' eser-
cito sì faticato in nulla conseguire. Ma non
succede questa ritiiala senza un precedente
grave sconcerto ; perchè dopo avere il Guisa
fatte più volte gravi querele con don Antonio
Carafia marchese di Montebello . perchè man-
cavano le genti , le munizioni e le paghe pro-
messe dal papa , e né pur una della tanto de-
cantate rivoluzioni del regno di NapoH s'era
udita finora ; lui giorno si riscaldò cotanto in
simili doglianze, che il marchese, perduta la
pazieir/.a , gli rispose per le rim<' , e il duca
gli gitlò sul vollo una scrvictta. Per tale af-
fronto se ne andò il Caialla a Roma a dolersi
dell' alterigia ed insolenza de' Franzesi ; ma
bisognò i:li(' |)apa Paolo di lui zio, troppo bi-
sognoso del loro aiuto , tutto inghiottisse. Rin-
forzalo inlanto il duca d'AUa du sei mila Te-
deschi, coMilcjtli dalla flotta del Duria , spedì
Marc'.Vntonio Colonna con tre mila di essi nel
Lazio. La terra di Valmontoue da lui presa
andò a sacco, e restò anche pieda delle llaiu-
me. Provò lo stesso ini'ortimio Palestrina, pre-
servala nondiuieno ilal IÌkc-o. Passò dipoi il
(jolonua , accrv-'iiciuto di gente ^ sollu Palliano,
ANNO Mnr.vH 62 t
dianzi ben fortificalo dai Carairi; e perchè il
inarclicsp di Monteljello e Giulio Orsino con
tutte le milizie ecelesiasticlie , sì italiane elio
svizzere, andarono in soccorso di quella nohil
terra o città , si venne aJ un fallo d' armi ,
in cui rimasero scontitti i Papalini , ferito e
prigione lo stesso Orsino.
Facevasi intanto guerra anche in Piemonte ,
dove il maresciallo di Brisac, uscito in campa-
gna con otto mila iiuili e mille e cinquecento
cavalli , prese e spianò A'alfenera j e di là poi
portatosi a Cuneo , ne imprese l' assedio. Vi
tro\ò quattrocento cincjuant^i fanti e i terraz-
zani , gente valorosa ed afl'czionata al duca di
Savoia, tutti ben accinti alla difesa; e però vi
alzò tre foi ti per impedir loro il soccorso , e
lìon lasciò di far giocare le artiglierie. Ma ve-
nuto il giovane marchese di Pescara a Possa-
no , ebbe maniera di spignere colà genie e
munizioni. In questi tenq)i anche il duca di
Ferrara fece guerra a Correggio e a Guastallii
poco prima comperala da don Ferrante Gon-
zaga, che la tramandò a' suoi posteri. IN è stette
in ozio Cosimo duca di Firenze. Avea egli in-
tese le proposizioni di cedere Siena a i Caraf-
fi : cosa die gli trafisse il cuore , perchè eia
tanto tempo Iace\a egli l'amore a quello Sla-
to , e tanti tesori avea speso per cacciarne a
questo fine i Franzesi. INon lasciò indielio pa-
iole e mezzi per dissuadere da tal contralto il
re Filippo II; e poscia facendo soUo mano
palesi i \antaggi che a lui prollerivano i Fran-
zesi per tirarlo seco in lega , lanlo s' ingegnò
che indusse il re a ccdeie a lui quella ciltìi
6?.2 AKNAM n'iTAtlA
con tutte le sue dipeiidenzej aucordiè parte
di' essa tuttavia restasse in poter de' Fiaiizesi.
Lo strumento , stipulato nel mese di lui,'lio di
<{uest'amio, vien rapportato dal Du-Mont (i),
da cui apparisce che gli Spagnuoli riservarono
in lor dominio Orbitello , Portercolc , Telamo-
ne j Monte- Argentario e Porto di Santo Stefa-
no. Parte dell' Elba fu restituita aH'Anjjiaiin
signore di Piombino , restando al duca Porto
Ferraio con due miglia di contorno. Obbligossi
anclie il duca a varj capitoli in favore dei re
di Spagna. Venne con ciò fatto lui beli' accre-
scimento alla potenza del duca di Firen7,e. Clagion
poscia fu la nuova di un tale accordo che il
duca di Guisa , temendo delle novità dalls
pai te del duca Cosimo , non. volle più tornare
in Abbru'zo , e né pur passare a Roma , dove
con prenmra era chiamato dal papa, senza ri-
cevere nuovi ordini dalla corte di Francia. E
contuttoché le genti del dura dWlva enUassoro
nell'Ascolano, altro egli nim fece che presi(har
«{uclla città : il che rendè inutile; ogni altro
tentativo degh Sjìaguuoli. Ma nel Lazio avven-
nero intanto altre azioni di guerra. Marcanto-
nio Colonna, por maggiormente strignere Pal-
liano , andò all' assedio di Segna ; nel qual
tempo al barone di Feitz riuscì di acquistale
la Rocca di Massimo , fortezza ine:;pugnabile ,
perchè troppa fu la paura eh' ei fece a (iio-
vanni Orsino , signor d' essa , con caimoni di
legno condotti in sito superiore alla locca , e
minaccianti ad essa la toUil rovina. L' inieliris
(i) Du-MoDt Corps Diplomiif.
AKNO MKMll ^23
città di Segna presa fu dagli iinaLljiali Spa-
gnuoli e Tedeschi , avidi della j.rcda , e qui\i
commesse tutte le più orride iiiirjuità solite
ad accompagnare i saccheggi; e non finì quella
tragedia , cìie la misera terra fu anche data
alle fiamme.
Racconta qui il Sardi contemporaneo Ferra-
rese una particolarità di cui non ho trovata
menzione presso altri scrittori. Cioè , che venne
a Ponza e Palmirola f armata navale fianzcse
col principe di Salerno , per unirsi colla tur-
chesca composta di ottantaquattro galee. Che
su questa ultima era il signor della Vigna , il
quale per parte de' Caraffi invitava quegf Inlé-
deli a portar la guerra nel regno di Napoli ,
per divertire le forze del duca d'Al\a. Ma al-
tro non fecero i Musulmani , che saccheggiare
ed ahbruciar Cariati nei Golfo di Taranto e
Tuirana : il che fatto , con quanti Cristiani
«chia\i jjoterono menar seco, se ne tornarono
in Levante, lasciando deluso il principe di Sa-
lerno , il quale andò poscia a morire misera-
mente in Francia, degno di tal line per la sua
smisurala tlissolutezza ed ambizione. Tornò in-
tanfo di Francia il maresciallo Strozzi con or-
dine al duca di Guisa di assistere al pontefice,
ed egli perciò passò colle sue genti a Ti\o!i.
Trasse anche il duca d'Alva colle sue in quelle
palli, ed unitosi con Marcantonio Colonna,
seco disegnò di tentare l'acquisto di Itoina.
V'ha chi crede ch'egli dicesse daddoxero, e
sperasse anche di buona riuscita, liopo a\er
tlato giuramento a i capitani di astenersi da ogni
molestia de' Romani : cosa facile atl essere
6?.^ ANNAM p' ITALIA
promessa , ma troppo difBcile , per non dire'
impossibile, ad essere mantenuta dall' avidità de i
soldati. Vogliono altri che il tentativo suo so-
lamente tendesse ad intimidire 1' ostinato pon-
tefice , per ridurlo alla pace : cosa desidciala
più dal re Cattolico Filippo II per varj riguardi^
che dal medesimo papa Paolo IV. Quello ch'è
fuor di dnltbio, nella notte del dì 2t) d'afjosto
con iscale preparate si presentò il duca d'AKa
alla porta di San Sebastiano. Ma avendo il car-
dinal Caraffa , avvisato di questo movimento
dal cardinale di Sanlafiora , ben guernite tli sol-
dati le mura di Roma, senza che i Romani ne
avessero notizia, perchè di loro non si fidava,
e spinti anche fuori alcuni cavalli a scaramuc-
ciare, fece conoscere al duca scoperti i di lui
disegni 5 perlochù questi si ritirò , tornando a
slrignere Palliano.
In tale stato si trovavano le cose d' Italia ,
quando giimsero a Roma le nuovo funeste della
guerra de' Franzesi con gli Spagnuoh ne' Paesi
Bassi. Era questa apertamente stata dichiarala
nel mese di giugno, essendo entiata in lega
col re Cattolico anche f Inghilterra : e tcnuto.'à
un gran consiglio dai capitani del re Filippo ,
in esso pnnalse il parere di don Ferrante
Gonzaga, il qual poscia nel dì i5 di novem-
bre dell' anno presente terminò i suoi giorni
in Brusselles. Ebbe questo principe la gloria
d'essere compianto fin dagli emuli suoi, e
molto |)iù dal re Cattolico, per avere pcidulo
in lui un valorosissuno capitano e sempre li'-
dele , non ostante le tante talunnie in\rntalo
conlra di lui. Fu dunipic risoluto di formar
ANNO MDLVII 62 5
1' assedio di San Quintino, fortezza importante
e di diflicilissinio acquisto. Emmanuel Filiberto
valoroso duca di Savoia , e capitan gcnierale
dell' annata spagnuola , consistente in circa
trentasette mila bravi combattenti , nel dì tre
d' agosto andò ad accamparsi intorno a quella
forte terra , e tosto si applicò a fare i dovuti
trincieramenti. Per soccorrerla giunse nel di 10
del suddetto mese con un' armata di ventitré
mila persone il contestabile di Francia Anna di
Memoransì. Allora fa clie si venne ad un atto
d'anni, in cui urtati e rovesciati i Franzesi
dalla forte cavalleria de' Tedeschi e Spagnuo-
li , andarono totalmente in rotta. Memorabile
al maggior segno fu quella vittoria, percioc-
ché poco costò agli Spagnuoli ; all' incontro ,
secondo alcuni , vi perirono quasi sei mila
Franzesi , e rimasero prigioni lo stesso conte-
stabile col figlio, i duchi di Monpensiero e di
Longavilla ed altri gran signori , circa due mila
gentiluomini e quattro mila soldati. Dopo que-
sta insigne vittoria fu maggiormente stretto e
bersagliato San Quintino , alla cui difesa non
mancò di far molte prodezze Gasparo di Co-
logul anmiiraglio di Francia. Lo stesso re Cat-
tolico si portò a (jueir assedio , e andò a finire la
scena nella presa e nel saccheggio d' essa piazza.
Di sì buon vento fu creduto che non sapessero
profittare l' armi del re Cattolico ; essendo ba-
stato loro di prendere il Castelletto , Han ,
Noione, Scevl ed altri luoghi di poco momen-
to. Ora per questa grave percossa trovandosi
il re Arrigo li in non lievi angustie , giudicò
necessario il ritorno in Francia del duca di
Muratori. Ann. ì^ol. XI f^^ 4*^
6lG ANNALI d' ITAI.U
Guisa colle soldatesche di suo comando 5 e
r ordine a lui ne fu spedito.
A confondere intanto i disegni ambiziosi
de' Caiaffi , e i pensieri mondani di papa Pao-
lo , s' etano aggroppate molte disavventure ,
cioè la ritirata del Guisa da Civitdia , il sacco
di Segna, e il pericolo che Roma venisse sac-
cheggiala. M si aggiunse , che gli slessi soldati
difensori di Roma tuttodì conmultevano ladro-
necci , 7'a|)ini' ed insoI(>nze coiilro le donne.
Fra coloro si cofitavauo anche de gli eictici
elle sii(iglia\ano altari e cose sanie. N enne in
oltre a scoprirsi , avcic i Romani Icmito con-
siglio di trattar d' ontsie condizioni col duca
d'Alva , s' (gli fosse ritornato solfo lÀoma. (.'on-
tra d'essi per tpiesto pioiuppe il papa in in-
giuriose parole , e vide oramai traballare le
niacchine I)cllicose de' suoi nipoti. Arrivò in
questo Irangcnle il duca di Guisa a Roma , e
presentatosi alla Santila .*ìua coli' ordine a lui
venuto di Francia , il consigliò di trattar di
pace. Per quanto avessero finora liitlo i saggi
Veneziani e Cosimo duca di Firenze per in-
durlo a pacificaisi , nulla aveano potuto olte-
neic Ola tro\andolo i lor ministri, e con esso
loro i più zelanti cardiiuili , in miglior positu-
ra , lauto dissero , che cominciò daddovero a
snnioversi. Questo appunto era quello che so-
spirava Filippo il re di Spagna, ed anche il
duca d'Alva ; e però condiscese ad accordare
al ponlelit'c una capilola/.ion si onorevole alla
<li lui dignità, che molli se ne stupirono. Ab-
lìoccalisi adunque col suddetto «luca «lAlva i
ciiulinali dì bantalioiu e Nitelli in Cu\i liu
ANNO MDLVH 627
Genazzano e PalesUiiia , nel dì i4 cH settem-
bre sottoscrissero l'accordo, con rinunziare il
papa ad ogni lega contro il re Cattolico, e eoa
perdonare a cliinnqiie avesse prese l'armi con-
tro la Ciiiesa. Palliano restò in deposito per
sei mesi , da restituirsi a Marcantonio Colonna,
diippoicliè il conte di Monlorio Caraffa fosse
ricompensato dal re di Spagna ; con varj altri
patti , che a me non occorre di rapportare ,
alcuni de' quali ancora furono tenuti occulti al
pubblico . ma non già al pontefice , come al-
cuni si fecero a credere. Il più bello fu , che
in tal concordia non fu compreso Ercole II
duca di Ferrara , con esemi)io a i posteri di
quel che non rare volte succede a' principi
minori nel volersi collegare co i maggiori. In-
tanto il duca di Guisa , imbarcate le sue fan-
terie , le spedì per mare in Provenza. Lasciò
ire la cavalleria sbandata per varie vie alla
volta della Francia , senza volere valersi di un
articolo della capitolazione , per cui gli era le-
cito di condurre liberamente le sue genti per
gli vStati del re Cattolico. Il duca d'Alva andò
poscia a Roma a rendere pubblicamente ubbi-
dienza al papa.
E tale esito ebbe la guerra sconsigliatamente
mossa da esso pontefice al re di Spagna, ben-
ché , secondo le apparenze , non da luì , ma
da gli Spagiiuoli fòsse inferita , con avere im-
piegati tanti tesori della Chiesa per impinguare
i nipoti suoi : guerra per cui furono ìjuposti
assaissinii aggravj allo Stato Ecclesiastico , e
he oltre all' essere costata tanto sangue, sac-
heggi , incendj , violenze e desolazioni alle
6j8 annali d' itaua
ti ire papali , si tirò dietro anche la rottura
iV.i i re di Spagna , d Inghilterra e di Fran-
cia. Né questo solo flagello toccò al ducato
romano iiell' anno presente. Nel giorno seguente
alla p<ice suddetta, eoe nel giorno i5 di set-
tembre, per le dirolle pioggie cadute a i mon-
ti, si fieiamente s'ingrossò il Tev< re , che al-
lagò la njiiggior parte di Ut ma ad t ni' altezza
tale, che d'una ssmile non si ricordavano i
Eoioani di alloia. Atterrò itnipilo dell'acque
due ponti, la chiesa di Jan Bailfilonico nel-
l'isola, moltissime case, mulini ed altri cdili-
zj , con perdita di molte pcr.^one e bestiami,
ed immenso danno di nuici , iieni , grani, vini
ed ahri commestihili , e con restar tutti i sot-
terranei pieni di belletta. Da una pari disav-
ventura fu tJllllta anehe Firtnze con altri luoghi
di loscana per la .'-loggiala escrescenza del-
l'Arno, che si trasse dietio i ponti di Santa
Trinità, della (];irraia e Rubai onte; e quivi
cagionò parimente i mali sopra descritti. Anche
' in L'aleinio un iìnmicello a cag on delle ]iiog-
gii' , continuale per selle giorni, sì rigoglioso
calò dal monte , che rovinò assaissimi ediiìzj ,
affogando olire a selle mila persoiic. Scrivo
ciò coli autorità del Sardi allora \iveute; ma
f rse la fama ingrandi jier \ iaggio il nunuio
d'iiuìrti. Lra intanto restato so!o lucile li
duca di Ferrara , cioè abbandonato allatto dal
}ia|)a, e poco meno da i Franzcsi slessi, ed
esposto all'ila del re ('alloiic'o , il <ju:ile non
tardò a liir muovere Ottavio duca «li Panna
contia di lui , rinforzato a cpieslo efFetto da
niilii^ie sj)€dileyh da Cobinio duca di Firenze
ANNO Mni.vit 629
e da Giovanni Fi"heroa vicc»overnator di Mi-
lano , a camion della discordia naia fra il car-
dinal di Trt'nlo e Giainbatisla Castaldo. Sul
principio d' ottobre uscito in cam|^a;^na il Far-
nese , s impadronì di \Jonli ccliio , Sanpolo ,
Varano , Canossa e Scandiano. Le genti del
duca di Ferrara anch'esse cominciarono le osti-
lità con delle scorrei'ie sino all'* porte di Par-
ma. Sopravenne il verno , clu- fece star (piiete
l'armi; poiciiè per altro il duca di Parma per
varj riguardi , e spezialmente perchè non cor-
reano le paghe , poco inclinato si sentiva a
questo ballo. Meno ancora v' era portato 1' E-
stense, che nello tempo stesso per nitzzo de' Ve-
neziani e del duca Cosimo avea de' nimeggi in
campo per ricu^ crar la giazia del re Cattolico.
Annodi Cristo iSjS. Judizione I.
di Paolo I\' papa 4.
di Fekdixamio 1 imp.'radore i.
Conosceva il pontefice Paolo quanto conve*
nevole fosse al sacro paterno suo grado il proc-
cnrar la pace fra i potentati cristiani , e tanto
pni avenTlola egli stesso riaccesa fra loixi. Il per-
chè avea già verso il fine del precedente anno
inviato in Francia legato il cardinal Trivulzio
e il cardinal Carlo Caraffa suo nipote al re
Cattolico . dimorante tuttavia in Brusselles Que-
sta si può credere che fosse la vera e pura
intenzione del pontefice ; ma non meno a lui , e
for.se pii'i al cardinal nipote premeva T ottenere
dal re Filippo una magnifica ricompensa di
Stati al conte di Montorio suo fratello per la
6^0 ANNALI d' ITAUA
cession eli Palliano e dell' altre terre Colonnesi
che si dovea fare a Marcantonio Colonna. Il
re Cattolico , tuttoché internamente odiasse quel
bizzarro cardinale, considerato da lui per un
mal arnese della corte di Roma , pure , da quel-
r accorto signore eh' era , il licevette con istraor-
dinarie finezze. Della pace poco si trailo . perchè
troppo alterati erano gli animi di que' regnanti ,
ed anche il Tivulzio trovò il re Cristianissimo
alieno da ogni concordia. Contribuì ancora as-
saissimo a maggiormente accendere alla guerra
i due emuli monarchi un avvonimonto , che
quanto inaspettato , tanto più riempiè di ma-
raviglia il pubblico. Erano ducento anni che
gì' Inglesi possedeano di qua dal mare la ciltà
di Cales in Piccardia , luogo di somma impor-
tanza per la loro nazione. Non era ignoto alla
coite di Francia che poca guardia vi si faceva ,
e meglio ancora se ne chiarirono , perchè il
maresciallo Pietro Strozzi , il quale ne propo-
neva l'acquisto , andò in jiersoua travestito da
villano in (juclla città , scandagliò le fortificazio-
ni, e riconobbe la facilità dell' imj)resa , per
non esservi dentro che sccento fanti , avviliti
ncir ozio ed assuclaUi più a i lor proprj comodi
che alle fazioni militari. Risoluta dunque nel
consiglio del re Cristianissimo quell' impresa ,
e destìnalone direttore il duca di Guisa , dopo
aver [)rese varie precauzioni per occultar que-
sto disegno , in tempo che gli Spagnuoli erano
<|ua e là divisi a' quartieri d'inverno, il duca
nel dì primo dì gcimaio con nn buon esercito
si presentò sotto (^ales , e tosto cominciò a
battere colle artigliuiie lu torri e fortezze del
ANNO AlIìLVIlt G3t
porto , e le costiiiiso alla resa. Quindi si flicde
a bersagliar la città , riponendo le maggiori
speranze nella sollecitudine, prima che gli Spa-
gnuoli e gì' Inglesi potessero tentarne il soccor-
so. Con tal felicità venne condotto qnest' asse-
dio , clic ne fu capitolata la resa. Nel di otto
o pur nove del mese suddetto \^ enti ò il duca
di Guisa trionfante , con avere il piacere di
tro\ar ([ni\i ciica trecento [)e/zi d' ai- iglierie ,
munizioni e Acttovaglie in semina copia. Passò
egli dipoi nel dì i3 sollo Guines, fortezza
dieci miglia lontana da Cales , e di questa pa-
rimente colla forza s' impadionì.
Trovavansi pruua in gran costernazione per
la rotta e peidita di San Quintino gli affari
de' Franzesi. Questo felice avvenimento li rin-
corò tutti , e mosse i po]ioli ad assistere al
re con grossi sussidj pel proseguimento della
guerra 5 siccome all' incontro cagionò de' fieri
sintomi in cuore del re Cattolico e della na-
zione inglese , la quale restò da 11 innanzi priva
di sì importante luogo. Avendo poi atteso il re
di Francia Arrigo li a rinforzarsi ili gente , spedì
nel giugno seguente il duca di Guisa all' assedio
di Teonvilla , che fu anch' essa forzata a ren-
dersi , con aver ivi lasciala la vita per una fe-
rita nel petto Pietro Strozzi Fiorentino , ma-
resciallo di Francia . degno d'essere paragonato
co' pili valorosi ed insigni capitani del suo tem-
pò , ma sfortunato nelle imprese di Toscana,
Ho dovuto far menzione di tali stranieri suc-
ce.ssi, poiché da essi presero regola anche gli
aflari d' Italia. Risvegliossi di nuovo la guerra
6ul principio dell' anno fra il duca di Ferrara
632 ANNALI d' ITALIA
Ercole n ed Ottavio Farnese duca di Parma.
Donno Alfonso d' Este , primogenito del pri-
mo , si fece più volte vedere alle porle di
Parma , ripigliò San Polo e Canossa , costrinse
alla resa la fortezza di Gnardasone, e tolse
a i Gorreggiesclii Rossena e Rossenclla. Fu poi
ricuperato Guardasene dal Farnese , dappoi-
cliè gli venne aiuto di gente da Milano e da-
naro da Firenze. Mirava intanto 1' avveduto
duca Cosimo questo picciolo incendio , die po-
teva divenir maggiore , e costava a lui non poca
spesa , senza profitto alcuno. Gli dava ancora as-
saissimo da pensare V avere il re Cristianissimo
dato il governo di quante terre restavano alla
corona di Francia nel Sanese a don Francesco
d' Este fratello del duca di Feri ara , il quale
passalo a Roma cercava d' imbarcare in nuovi
imbrogli i nipoti del papa , mal soddisfatti del
re Cattolico. Però con più premura che mai
si adoperò alla corte del re Filippo II , affili- '
che ricevesse in sua grazia il duca Estense , e
si mettesse fine a quella turbolenza. Ora il re,
clie miraAa prosperare a vista d'occliio le cose
de' Franzesi , teme\a in Italia de' Turchi, come
diremo , e dubitava sempre de' cervelli inquieti
de' Caraffi , nel di 2?. d'aprile apprinò la con-
cordia dianzi abbozzata dal duca di Firenze,
concedendo onorevoli condizioni al duca di
Ferrara, il (piale rinunziò alla lega fianzc.se , e
hi accettalo .sotto la protezione di.'l re Cattoli-
co. Restituiti i luoghi presi, tornò anche la
liiioiia aiJiionia fia esso dura di Fi'rrara ed Ot-
ta\i(i l'arnese • e maggioniiciilc ([ucsla si strinse
fra l' Estense e il duca Cosimo per le nozze
ANNO MniAllI 633
allora concliiuse di Lucrezia de' Medici , figlia
d' esso Cos'nio , e di Donno Alfonso principe
ereditario di Ferrara.
Qualche movimento d' armi fu ancora in Pie-
monte ; perchè mandato al governo di Milano
Ferdinando di Cordova duca di Sessa , verso
la metà d'agosto liberò Cuneo e Fossano , che
si trovavano in certo modo bloccati da i Fran-
zesi j prese dipoi Centale e Moncalvo , e ristrinse
non poco le guarnigioni nemiche di Casale e
Valenza. Ma ciò che maggiore strepito fece in
Italia , fu il ritorno anche in quest' anno dell' ar-
mata na^ ale turchesca ne' mari dell' Italia ad
istanza de' Franzesi. Era composta di cento venti
galee , e veniva con ordini del Gran Signore
per unirsi colla franzese a' danni delle terre
del re Cattolico Di moki regali e danari co-
stava al re di Francia il far muovere quegl' In-
fedeli. Né occorre più ricordare , se per tale
alleanza ed attentato fosse in abbominazione
e maledizione presso gì' Itahani il nome fran-
zese. Giunti qu e' Barbari a Reggio di Calabria,
lo presero di nuovo ed arsero. Di là venuti al
Golfo di Salerno , la notte precedente al dì 1 3
di giugno misero gente a terra , entiarono nella
terra di Massa , e rastellarono su da cinque in
sei mila anime cristiane. Ebbero per tradimento
di un Moro schiavo , e senza contrasto , la città
di Sorrento , dove commisero ogni immaginabile
iniquità. Salvossi una sola monaca , passando
per mezzo a loro col tabernacolo del santissinio
Sacramento. Perchè per l' altre coste del regno
di Napoli stavano all' erta i popoli e faccano
buone guardie , passarono i Turclii in Corsica ,
634 ANN-AU d' ITAtlA
e poscia ad Anlibo, dove uniti co)le galee dì
Francia si credeva che farebbono 1' assedio di
Nizza o di Savona ; ma nulla di ciò seguì a
cagion dell' alterigia franzese , che non sapeva
accordarsi colla maggiore de' Turchi. Sciolsero
poi le vele costoro verso Minorica , dove fe-
cero de i gran mali , con tornarsene finalmente
in Levante carichi di preda e (U schiavi. Tor-
niamo ora ancor noi al cardinal Carlo Carafia ,
che in Brusselics trattava di una ricompensa
al fratello conte di Montorio per la cession di
Palliano. Fece il re offerire a lui una pensione
annua di dodici mila ducati sopra 1' arcivesco-
vato di Toledo , ed otto mila di naturalezza in
Ispagna. Esibì ancora pel fratello il ducato ili
Rossano , la cui rendita ascendeva a quindici
mila ducati. Ma al borioso cardinale , e al gran
inerito eh' egli s' era certamente fatto colla corte
di Spagna , troppo poco parca. E siccome egli
s'era invogliato dell'insigne ducato di Bari ^
ultimamente vacato per la morte di Bona Sforza
già regina di Polonia , né poteva sjnmtarla ,
facendo il corrucciato , si litirò fuori di Brus-
selics, Tante dolci paiole nondimeno e larghe
promesse adopeiò poscia il re , che questo por-
porato contento nel dì i a di marzo piese le
poste alla volta di Roma , per rompersi il capo
co i mi;iislri del re in Italia , i quali andarono
tanto temporeggiando , che la moite del papa
li liberò da <|iiulsivoglia impegno.
Si iillimò in (juest'anno aflatto l'affare delia
succession nell'imperio, avendo I' Angusto Car-
lo V falla nel dì :> j di febbraio una piena ri-
nunzia dì lutti i suoi dirilli sopra la dignità
ANNO Mnt.vni 635
cesarea al re Ferdinando suo fratello. Fu que-
sta portata dal principe iV Oranges alla dieta
de gli elettori . i quali perciò nel dì dodici o
tredici di marzo in Francoforte riconobbero
per legittimo iniperadore esso Ferdinando. Né
tardò egli a spedile a Roma Martino Gusmano
per rendere ubbidienza , come tale , al ponte-
fice. Fece anche in questa congiuntura papa
Paolo conoscere qual fosse 1" animo suo verso
la casa d" Austria. 3«on volle ammettere quel-
l'ambasciatore , e rifiutò parimente Giovanni
Figlieroa , che allora governava Milano , spe-
ditogli dal re Filippo in favore dell'Augusto
zio. In una parola , finché visse , non seppe
mai indursi questo pontefice a riconoscere Fer-
dinando per impcradore , non senza scandalo
della Cristianità. Infierì la morte in quest'anno
sopra le feste coronate. Imperciocché nel feb-
braio o marzo mancò di Aita Isabella sorella
di Carlo imperadore, stata regina di Portogallo
e poi di Francia. Terminò parimente i suoi giorni
nel dì ventuno di settembre il suddetto impe-
rador Carlo V, dopo aver fatte celebrar le sue
esequie ne gli ultimi giorni di sua vita nel mo-
nistero di suo ritiro in Ispagna : principe de i
pili gloriosi che abbiano maneggiato lo scettro
imperiale. Gli elogi fatti da tanti .scrittori alla
di lui religione e pietà , alla sua gran mente ,
alla sua clemenza e giustizia e alle grandi sue
imprese , esentano me dal dirne di più. Gli
opposero i nemici suoi la taccia dcU'-anìbizione,
ma per coprire la propria. Qualche trascorso
contro la continenza si potè osservare in lui ,
ma fu breve, uè portato in trionfo, come &i
1336 ANNAU d' ITALIA
è veduto di tanti altri monarchi : se non die
bella fis;ura sempre fece nel mondo Margherita
sua figlia , duchessa di Firenze e poi di Par-
ma. Per altro niim si sarebbe avveduto che a
lui dovesse i suoi natali anche mi fanciullo di
dodici anni , paggio allora del re Filippo , se
lo stesso imperadore prima di morire non l'a-
vesse rivelalo per raccomandarlo ad esso re
di Spagna. Fu questi don Giovanni d'Austria,
che si mostrò poi ben degno di sì gran pa-
dre; e che che dicano alcuni nato di Leonora
di Plonibes , non si seppe mai con certezza la
madre di lui , volendo altri che nascesse in
corte da persona non solo nobile , ma di alto
affare e nobihssima , la (piale non lasciò vedere
il suo volto alla mammana nel partorirlo. Però
de' suoi natali esso don Giovanni in varie oc-
casioni si gloriò anche per conto della madre.
Tenne dietro a questo immortale monarca
nel di I "j di novembre Maiia regina Cattolica
d'inj^hilterra, e moglie di Filippo II re di Spa-
gna , dopo una lunga idropisia ; principessa di
sempie veneranda memoria per la sua rara
pielà , e per a\ er fatto trionfale la religion catto-
lica in quel regno, ad onta delle tante rivoluzioni
sucredule sotto 1' em]>io e crudele suo padre
Arrigo \lll. Trovavasi in (|iieslo tempo gra-
vemente malato anche il cardinal Reginaldo
Polo, arci\escovo di Canturbeiì, gran sostegno
della religion siiddelta in bighilterra . perso-
naggio de' più illustri nella Chiesa di Dio per
la sua pielh , gravità , eloquenza e letteratura.
Non vi lii allora , uè oggiili ci è , «;hi non ri-
conosca per una delle inescusabiii stoiture di
ANNO MDLVin 63^
Paolo rV l'oflio eh' egli portò ad un porporato
di tanto merito ed integntà , e le ^alle accuse
formale centra di lui. Som potè contenersi lo
stesso Polo dal comporre la sua apologia, ben-
cliè poi con grandezza d' animo la bruciasse o
supprimesse. La niorte della regina e di que-
sto insigne arcivescovo si tirò dietio poio ap-
presso la toLil rovina della religion cattolica in
Ingiùlterra , per essere succeduta in quel truno
non già Mai ia Stuarda regina di Scozia , ma-
ritata in quest'anno con Francesco Delfino di
Francia , ma Elisabetta sorella di essa regina
Maria e figlia d'Anna Boiena, siccome dire-
mo fra poco. Conviene ancora accennare . per
concatenazion della storia , che continuò la
guerra in Piccardia fra i Franzesi e gli Spa-
gnuoli. Cadde in pensiero al .>^ignor di Termos,
comandante di Cales pel re di Francia, di oc-
cupar Gravelinga , per notizie avute che era
sprovveduta. Con un corpo dunque di dieci
mila fanti e di due mila cavalli prima s' impa-
dronì di Berges , picciola terra , dove nondi-
meno fu Citlo un gran bottino. Poscia si pre-
sentò sotto Donclierche , e in (quattro giorni \ i
mise dentro il piede , lasciando la briglia a i
soldati, cadaun de' quali divenne ricco in quel
sacco. Avvicinossi poi il Termes a Gravelinga •
quando eccoti comparire il conte d'Agamonte,
spedito da Manuel-Filiberto duca di Sa\oia e
governator de' Paesi Bassi , con un corpo di
gente superiore a i Franzesi. Era di luglio , e
si venne ad un fatto d'armi, in cui talmente
furono sconfitti i Franzesi , che la maLgior
parte vi rimasero tiucidati o prigioni. Fra gli
63S ANNALI D ITALIA
ultimi si contò lo stesso Termes con altri no-
bili ili sua nazione. Questa vittoria , e Y avere
gli Spagnnoli ricuperato Doncherche^ con istrage
del presitlio franzese , rendè più docile Arri-
go II re di Francia ad ascoltar proposizioni di
pace. Se ne trattò lungamente , e ne era an-
siosissimo il re di Spagna Filippo II , per le
mutazioni che già prevedeva ileU' Inghilterra.
Ma perchè maniera non appariva di poterla
conchindere , nel dì 1 7 d' ottobre si fece una
tregua e sospension d' armi , che poi fu pro-
lungata per tulio il gennaio dell'anno seguente.
Bibellossi in qn(;ir anno il popolo del Finale
ad Alfonso marchese del Carretto suo signore,
pretenilendo ch'egli tirannicamente li gover-
nasse. Vi accorsero tosto i Genovesi , che forse
segretamente aveano eccitato lo stesso incen-
dio , e fecero depositare in mano di Andrea
Doria quel marchesato. Riuscì poi loro d' in-
durre esso marchese a certe convenzioni ; ma
pentito poi egli del concordato, e pretenden-
dolo nullo , introdusse la causa nel consiglio
imperiale aulico , siccome accenneremo all' an-
no 1 5tì I .
jilrmo di Cristo i.^Sg. /nazione a.
di I'aoi.o IV jutpa 5.
di Pio IV pa/ia i.
di Fkudi.nando 1 imperadore a.
Potcutissiuio era in lugliillcrra il partito de i
Ca'tolici , ed Elisabetta per salile sul trono
avca iucontiale delle (Hrfli iillìi ^ ed allie ih> pie-
vedeva a dovcrvisi mantenere , perchè il re di
ANNO MnUX 6.39
Francia Arrigo II soslrneva i diritli tli Maria
Stuarda sua nuora, e il re di Sjìapia FilipjHj JI
vi avca aiirli' ej^li non pochi interessi , eoa
aver fatto proporre in darne T accasamento di
essa Elisabetta col duca di Savoia. Però la
scaltra principessa , a line di assodarsi nel do-
minio , non tardò di ricorrere ali" autorità di
papa Paolo [V ^ esibendogli ubbidjenza per
mezzo di Edoardo Carno , ambasciatore in
Roma della regina Maria sua sorella tleibnta.
La risposta del papa fu alta . con dire cbe il
regno d' Ingbdterra era feutlo della Chiesa Ro-
mana , e che Elisabetta per essere spuria , e
trovarsi altri legittimi pretendenti a quel regno,
non avea senza 1' assenso della Sede apostolica
dovuto assumere quel governo. Pertanto , che
ella si rimettesse air arbitrio del somiiiO j'on-
tcfice , il quale da buon padre avrebbe liitta
giustizia. Fu cagione questa dura ed inaspettata
risposta che Elisabetta , considerando qual pe-
ricolo a lei soprastasse in aderendo al papa ,
si piecipitasse nel partito de gli eretici , stabi-
lisse in Inghilterra lo scisma della Chiesa Cat-
tolica , e si desse poi a perseguitare in mille
maniere i seguaci della Chiesa Romana. Però
non c'è volta che io rifletta a questo lagrimevole
avvenimento, che non mi senta venir freddo,
sembrando pure, siccome ad altri sembrò, che
se allora nella cattedra di S. Pietro fosse se-
duto un pontefice più prudente, piij discreto,
più amorevole , da cui si fosse acrolla con
buon cuore T offerta d" Elisabetta , come por-
tava il bi.sogno della religione, al cui solo van-
taggio dovea mirare un pontcilce romano ^
64© ANNALI D ITALIA
Senza entrare in dispute de gli altrui o de' pro-
prj terreni diritti , si sarebbe verisimllmente
conservata la Fede Cattolica fra gì' Inglesi , uè
avrebbe la vera Chiesa di Dio perduto un sì
flo.ido regno. Quello certamente non era il
tempo da sfoderar pretensioni rancide , e da
voler fare il distributor di regni, perchè troppa
mutazione era seguita per conto delf autorità
esercitata ne' secoli addietro da i romani pon-
tefici j e raassimamente dappoiché Elisabetta
avea dal consenso de' popoli ricevuta quella
corona. E si ha un bel dire che quella prin-
cipessa si finse Cattolica in addietro , e portò
seco l' eresia sul Irono. Per Cattolica a buon
conto ella si facea credere, e tale forse la cre-
dette la regina Maria , che più degli altri era
obbhgala a saperlo ; e la stessa Elisabetta si
fece coronare da un vescovo cattolico , e non
da' Luterani o Calvinisti, e sul principio pro-
fessò la veligion cattolica. In ogni caso, quan-
d' anche ella avesse dipoi volte le spalle al
Cattolicismo , se il papa sulle prime avesse
fatto il possibile per guadagnai la , e trattenerla
dal giftarsi in braccio a i nemici della Chiesa
Romana , si sarebbe rovesciaUi tutta sopra di
lei la colpa , e non già sopra un pontefice che
dal canto suo nulla avesse tralasciato per sal-
varla da sì deplorabil eccesso. Ma il male è
fatto , e noi non abbiamo che da adorare i
sempre giusti giudi/j di Dio, ancorché non ne
sappiamo intendere le occulte cifre.
iSiel genniio del presente anno fece papa
Paolo una gagliarda risoluzione , per cui si ac-
(juislò gran credilo j)rcsso tulli i saggi. Per
ANNO MDLIX 64»
tanto tempo in addietro ninno avea osato di
parlargli fiaricarnente in male de' suoi nipoti ,
né di seoj)riigli la lor prepotenza , e gì in-
ganni da loro usati colla isanlità Sua , che
certamente furono creduti non pochi. S ha da
eccettuare il duca di Guisa , che prima di par-
tirsi da Roma gliene avca fitto un boi ritrat-
to, ma nidia giovò. \ olendo un altro dì il
ca-dinal Pacieco scusare un fallo del cai-
dinal del Monte , il papa , alzando la voce^
gridò : Riforma, riforma. Al che rispose il
Pacieco : Molto bene Riforma , Padre santo ;
ma questa dovrebbe cominciare da j\oi. Tac-
que il ponleiice, e riflettendo su quel IVoì, si
avvisò che egli avesse voluto ferire i nipoti
suoi ; ma non per questo ne profittò. Credesi
che l'ultima ni;ino venisse dall' ambasciator di
Firenze , che interrogato dal papa , perchè sì
di rado venisse all' udienza , francamente ri-
spose, provenir ciò da" suoi nipoti , che gli ser-
ravano la porla in faccia, se prima non ispie-
gava loro le commessioni del principe suo. O
sia per questo, o pure che tosse messa nel
breviario del papa una polizza indicante p"ù
d" un mihfilto de i Caralli ; certo è che final-
mente aprì gli occhi il deluso pontefice, e
dopo essersi informato di tutto , nel puJ)blico
concistoro deplorò gli scandali avvenuti per
colpa dessi nipoti senza conoscenza e consenso
suoj j)ri\ò il cardinale della legazion di Bolo-
gna, dei gener;dato il contedi Alontorio , e il
marchese di iMontebello d'o"ni suo srrado : e
licenziatili tutti colle lor famiglie da Koma , li
mandò a' confini chi in un luogo e chi in un
Muratori, y^nu. Fai XI F» 4^
642 AWALI d'iTAUA
altro. Quindi rimesse dal governo lutti coloro
che dipertdevaiio da essi suoi nipoti , e diede
buon si^sto non meno alla corte che a i pub-
blici iilìzj, istituendo spezialmente una congre-
gazione , che fu appellata del Buon Governo.
Elesse ancora Camillo Orsino per soprinten-
dente a gli afiiiri, personaggio di gran vaglia
e prudenza , con cui comunicando i cardinali
quanto occorreva , da lì innanzi il governo
prese un ben regolato sistema. iMerite) senza
fallo gran lode , come eroico , questo alto del
pipa, perchè se non rimediava a i mali già
fitti , gì' impediva almeno per l'avvenire. Tut-
tavia nulla questo servì per mitigar Iodio che
•gli portava il popolo, il quale, interpretando
in male il bene , spacciava cacciali dal papa
nnic«amente i nipoti per iscusar sé slesso de i
disordiiii passali , ([uasichè a lui non fosse stalo
notissimo il j)rinci|)io e progresso delle passate
guerre , e non si fosse egli tanto interessalo^
per ingrandire i nipoti, trattando noi con tale
altura i cardinali , che niimo ardiva mai di con-
tradirgli. Aggiugnevano in oltre , che s' egli
conosceva e detestava lauti loro delitti , avrebbe
anche dovuto più rigorosamente gastigarli. Per
conio poi dell'odio de' Romani , (pieslo na-
scc\a dalie molle gravezze loro inq)Osle ed as-
pramente riscosse, e molto più dall' incredibii
licore che lo zelante pontefice professava contra
di chiunque o er.i o veni\a sospettalo reo d'e-
resia fra i Gitlolioi. A (jueslo line fu egli il
primo che ispirasse a papa Paolo HI d'istituire
in JJonia il lribun.de dell' hiipiisizione , e il
primo ancora che in essa cillà facesse litbbricav
AN\0 MDLtX Gf3
le carceri di e>so tribunale , con eleggere al-
cuni cardinali che coiioscessoro le cause d'e-
resia. Perciò poco si stette a veder piene di
f[ente quelle prigioni. Dapertutto erano spie ,
facili le accuse , e bastavano i sospetti perchè
si venisse alla cattnra. Nò ardiva alcuno di
parlare di qut;l soverchio rigore , né di racco-
inanlare, per paura d' essere preso per fautore
d'eretici. Gli stessi porporati tremavano per
l'esempio del cardinal Morone. Tanto più an-
cora crebbero i lamenti , perchè da quel tri-
bunale si cominciò a procedere anche per in-
quisizione centra delitti non [)ertinenti alla re-
ligione , e soliti a decidersi da i giudici ordinarj,
bastando le accuse segrete. Questa novità mise
di mal umore il popolo di Roma , non av-
vezzo a tanta severità , parendo loro che in
tutto questo apparisse soverchia indiscretezza ,
e ninno , per innocente che fosse , potesse te-
nersi sicuro. Pubblicò in oltre il pontefice in
quest'anno a dì i5 di febbraio una fulminante
Bolla centra de' Cattolici che cadessero in ere-
sia, confermando le pene già imposte da altri,
colla g'unta d' ali re maggiori, stendendole a
qualsivoglia grado di persone, e né pure esen-
tando gli stessi sommi pontefici : punto che
ben esaminato può cagionar del ribrezzo, se
non anche dell'orrore. Per altro, negar non
si può , erano in questi tempi in gran voga le
eresie oltramontane, e serpegiiiavano per tutte
le Provincie cattoliche, di modo che la stessa
Italia non fu interamente intatta da quel ve-
leno. Il perchè a i pastori della Chiesa coa-
veniva di star più che mai all' erta , e di
644 ANNAU n ITALIA
adoperar del rigore , il quale allora è sola-
menti biasimevole che passa in eccesso.
Trattavasi alla gagliarda di pace ollramonti ,
e primieramente Arrigo II re di Francia dal
canto suo , e Maria Stuarda regina di Scozia ,
moglie di Francesco Delfino di Francia , la
conchiusero nel dì 2 d' aprile con Elisabetta ,
riconosciuta da essi per regina d' Inghilterra ,
facendo per bene de^ loro Stati ciò che il
pontefice non avea saputo fare per bene della
religione. Le particolarità di tal concordia si
possono leggere ne gli strumenti rapportati dal
Dii-Mout (i ). Nel susseguente giorno 3 d'aprile
fu medesiniamente stipulata la pace fra esso re
di Francia e Filippo II re di Spagna , per cui
seguì il liialrimonio di Elisabetta figlia del re
Ci istianissimo col re Cattolico , e V altro di
Margherita sorella del re Anigo suddetto con
Eunuaniiel Filiberto duca di Savoia. Detesta-
rono i Franzesi una tal pace, tenendola ))er
vergognosa e pregiudiziale a i diritti della co-
rona. Vantaggiosa per lo contrario riuscì al duca
di Savoia ; se non che que' gran politici d' al-
lora aveano per uso di lasciai- nelle concordie
S("m|)re qualclie coda e seme di discordia. Cioè
fu bene accordala la reslitiizion pacifica ad
esso duca della Savoia , del Piemonte , e di
tutti gli altri .suoi Stati , ma con volere il re
di Francia ritenere per tre anni avvenire il
possesso di Torino, Cliieri , Pinerolo, Civa.sco
e Villanuova d' Asti , allineile si ventilassero
in quel mentre i diritti prelesi dal re per Luigia
(i) Du-Mont Corps Dijiioniut.
ANSO M!)UX G45
avola sua : il che ora un accordar colle parole
e iiepar co i fatti la restituzione intera di que-
gli Stati. E forse confidavano i Franzesi di
trovare ragioni o pretesti per non restituire né
pur dopo quel tempo le piazze suddette. Aveano
anche promessa i medesimi a gì' Inglesi la re-
stituzion di Cales fra otto anni , e pure in lor
cuore pensavano di ritener per sempre quella
città. Per altro al duca fu dato il libero pos-
sesso e dominio della Savoia e de' restanti
luoghi del Piemonte. Profittò parimente d' essa
pace Cosimo duca di Firenze 5 perciocché in
vigor della medesima i Franzesi rinunziarono
alla protezion de' Sanesi fuorusciti dalla lor pa-
tria ed abitanti in Montalciuo , e a tulli i luo-
ghi da lor posseduti in quella contrada , e se
n' andarono con Dio. Abbandonati in tal guisa
que' Sanesi, e trovandosi impotenti a cozzar colle
forze del duca di Firenze , a lui in fine si sot-
tomisero : con che tutte le dipendenze di Siena
vennero in potere di lui , ecceltochè i porti
della Maremma , che il re di Spagna dianzi
avea riservati alla sua corona. Sul fine poi
d' agosto il re Filippo dopo avere restituita la
quiete a i Fiam!ninn;hi , e lasciato il governo
di que' paesi a Margherita duchessa di Parma
e sorella sua , andò ad imbarcarsi , e con una
numerosa flotta di vascelli se ne ritornò in
Ispagna.
Alla pace suddetta con segni immensi di
giubilo fecero plauso tutti i popoli cristiani r
ma da Parigi spezialmente si lasciò la hritrlia
all' allegria per h due matrimonj suddetti della
figlia e sorella del re Arrigo li. Fra l' altie
646 ANNALI d' ITALIA
solenni feste il re stesso accompagnato da donno
Alfonso d' Este , principe ereditario di Fena-
ra , da Francesco duca di Lorena e da Jacopo
duca di Nemoius , volle per tre giorni mante-
nere una giostra , esercizio cavalleresco , di
cui egli sommamente si dilettava. Ne' due primi
giorni riportò egli il premio della vittoria , e
nel terzo avea fatto lo stesso ; quando non
peranche sazio di rompere lancie , forzò il ca-
pitan delle sue guardie , chiamato Orges , o
pure Gabriello signor di Mongomery Scozzese,
a correre conlra di lui. Ruppesi l' asta dello
Scozzese in a arie scheggie ; e siccome il re al
dispetto delle preghiere de' suoi più cari non
avea voluto allacciar la visiera dell' elmetto ,
così avvenne che mia di quelle scheggie andò
a conficcarsegli sopra 1' occhio destro , con pe-
netrare sino al cervello ; lagrimevole spettaco-
lo , accaduto alla presenza di Catterina dei
Medici regina sua moglie, de' principi suoi
figliuoli e di un gian teatro di nobillà. Dalla
grave ferita nacque un interno apostema , per
cui egli tratto fu a morte nel dì io di luglio,
con estremo cordoglio di tutti i suoi popoli.
A lui succedette noi regno Francesco II suo
primogenito, in età allora di sedici anni: età
non peianclie abile al governo , né a tenere
in freno l' anibi/iouc de' t;ran<li , nò a repri-
mere r ardire dell' eiesin ('alviniaua , che gi^
avea cominciato a prendere gi'an piede in
quelle parti. Pciò sotto di Ini ebbe principio
la ci\ ile discordia , madie di tante guerie che
j)er assaissinii anni dipoi lacerarono (piel n(iJ)i-
lissimo regno, e diedeio lomento all'eresia
clie scnprc piiì si dilatò.
A.NJiO MBLIX 647
Anche in Italia venne a morie nel presente
anno papa Paolo IV. Era egli pervenuto al-
l' età di ottanta quattro anni, colla mente non-
dimeno sempre vegeta e senipre applicata al
governo. Ma si cominciò ad unire colla decre-
pitezza l' idropisia. Durava in lui un continuo
affanno per le iniquità conmiesse da i suoi
nipoti non meno in Roma , clie per tutto lo
Stato della Chiesa , e che di mano in mano
egli andava intendendo per li ricorsi di chiun-
que era stato offeso , giacché s' era aperta la
porta alle dogUanze di ognuno. Avviso in fine
gli giunse che il conte di Montorio , il quale
tuttavia si facea chiamare Duca di Palliano , e
stava relegato a Gallese , avea fatto uccidere
la duchessa sua moglie gravida , per sospetti
d' indecente commercio d' essa con Martino
Capece , ancorché questi , o pugnalalo , o fatto
morir nel tormento della corda , ed ella pari-
mente protestassero la loro innocenza , ed ap-
pellassero al tiihunale di Dio. Risaputa questa
crudeltà dall' infermo pontefice , fu creduto che
accelerasse la per altro vicina morte. Ma il
cardinal Pallavicino , che cita il processo , ci
fa sapere succeduta 1' uccision della moglie nella
Sede vacante. Morì egli nel dì 18 d'agosto,
( r inscrizione posta al sepolcro suo il fa morto
nel dì i5 d' e.sso mese, contro la testimo-
nianza de gli autori contemporanei ) lasciando
la memoria sua non già in desiderio , ma in
ahborrimcnto pel suo governo , a cui la gente
dava il nome di Tirannico. Abbiamo la Vita
di lui , scritta da i padri Antonio Caracciolo ,
Silos j Castaldi , Oldoino , per tacer d'altri, che
64S ANNALI d' ITALIA
ci rappresenlarono in profilo il di lui volto ,
con farci vedere tutto il bello de' suoi pregi
dall' una parte , e lasciando ascoso il difettoso
dair altra. Con pennello più giusto formarono
il di lui ritratto Onofrio Panvinio , Manibrino
Roseo e il cardinal Pallavicino, a' quali rimetto
il lettore. A me basteià di dire che non man-
carono belle doti e virtù a questo sì religioso
e zelante pontefice , ma eh' esse rimasero of-
fuscale dal troppo odio eh' egli portò a gli
Spaglinoli e all' Augusta casa d' Austria , e dal
troppo amore verso de' proprj nipoti. Il suo
gran fuoco congiunto con un' alta stima di se
medesimo non gli lasciavano quasi mai cogliere
il punto di mezzo fra il difetto e l'eccesso-, e
però anche nelle belle azioni di lui si desiderò
sovente la moderazione , si trovò soverchio il
rigore , dal quale si scostaiono dipoi i saggi
suoi successori , conoscendo che la troppa se-
verità rende odiosa la stessa religione , e che
all' incontro le fa decoro la clemenza adope-
rata a luogo e tempo.
Qual fosse intanto 1' animo del popolo ro-
mano verso di questo pontefice, poco si stette
a conoscerlo. Era egli tuttavia in vita , ma
vita ridotta agli estremi , «(uando esso popolo
si mosse a furore , attizzato anche <la alcuni
grandi che maggiormente si teneano per otVesi
dal papa. Corsero costoio alle carceri pubbli-
che, ne trassero i prigioni, che erano da quat-
trocento. Data indi volta a Uipella , dove era
il palazxo della sacra In(|uisizione , e rimesso
in libertà <liiun(jiu' i\i si trovava dctennlo pii-
gionc (e moltissimi ve n erano da lunghissin.o
ANNO MPI-IX 6.fc)
tempo né pure esaniiiiati) , bruciarono lutti i
processi . e in ultimo una parte del palazzo
stesso. Dio preservò in quella congiuntura il
cardinale Alessandrino Ghislieri , capo d' essa
Inquisizione, per farne poi lui pontefice degno
d' essere onoralo su i sacii allan. Se non ac-
correvano Marcantonio Colonna e Giuliano Ce-
sarini al convento de' Duuienicani alla Miner-
va . e non fermavano la pazza furia del popolo
sdegnato conlra di que' religiosi , anch' esso
verisiniilniente soggiaceva a g^a^issimi insulti.
Quindi passò quel torrente al Campidoglio ,
dove restò atterrala e rotta la statua creila ivi
in onor del pontefice , e ne fu strascinato il
capo per la cillà. Ma quel che vie più diede a
divedere il pubblico odio , fu uìì bando pub-
blicato dallo stesso senato romano , che si do-
vessero cancellare ed abbattere tulle le memo-
rie de' Caralì'eschi : il che in poche ore fu
eseguito. Dodici giorni dopo la morte del papa
restò calmato ogni movimento del popolo per
cura de' cardinali e de' nobili più saggi. Mar-*
caiitonio Co'onna in tal congiuntura ricuperò
Palhano , e Gian-Francesco da Ba^no tentò di
riavere il suo marchesato di Montebello. Ter-
minate le esequie del defunto pontefice e pa-
cificata Roma , nel dì 5 di scltembre si chiu-
sero in conclave i cardinali , dando principio
alle loro battaglie per l' elezione di un altro.
Nobil risoluzione falla da loro , e autenticata
da giuramento , fu quella con cui si obbligò
chiunque riuscisse papa di riaprire il concilio
generale, e di levar dalla Chiesa gli abusi e le
corruttele introdotte dalla negUgeiiza o malvagità
65o ANNAU d' ITALIA
de' secoli barbarici : al che con tutto il suo
zelo s' era poco applicato il precedente pon-
tefice. Durarono le dispute de' porporati sino
alla notte precedente il santo giorno del Na-
tale del Signore , in cui restò concordemente
eletto Giovanni Angelo de' Medici , cardinale
di Santa Prisca , il qual prese il nome di
Pio IV. Di lui parleremo all' anno seguente.
Venne a morte ancora in quest' anno a dì 3
di ottobre Ercole II , duca di Ferrara . le cui
virtià e gloriose azioni furono da me accennate
nelle Anlichità Estensi (i). Trovavasi allora
alla corte del re di Francia don Alfonso pri-
mogenito suo , e non sì tosto ebbe intesa la
morte del padre , che preso congedo dal re
Francesco II , andò ad imbarcarsi a Marsiglia ,
e giunto a Livorno, j^assò ilipoi a Ferrara ,
dove nel dì 26 di noveni])re lece la sua so-
lenne entrata iia le giulive acclamazioni del
popolo suo. Finì in oltre i suoi giorni nel
dì l'j di agosto Lorenzo de' Priuli doge di
Venezia , a cui nel dì primo di settembre
fu sostituito Girolamo de' Priuli suo fratello
Anno di Giusto i56o. Indizione IH.
di Pio IV papa 2.
di FtuD INANDO I ìmperadore 3.
Aveano abbastanza imparalo i cardinali che
pensioni l'orlassc seco il c()l!ocaiT nella calte-
dra di San Pietro de' cervelli bizzarri e delle
leste tropjio calde; e però n\eano ccMcato nel-
(i) Anlkliità Estensi P. JI
Anko Mm.x 65 1
r ultimo conclave di cime alla Cliicja di Dio
un poutedce di natura mansueta , e dotato
d' una placida e bcnii^na saviezza. Per tale fu
riconosciuto il cardinal de' Medici, divenuto
Pio IV, personaggio esperto de gli affari del
mondo , amante de' letterati e di tutte le per-
sone di merito, limosiniere , e d altri b( i pregi
ornato. Era egli di naz'on Milanese, di fami-
glia onorata , ma non cos|)icua. I suoi studj e
le sue virtù 1' aveano condotto a poco a poco
alle prime dignità, e a ciò contribuì ancora il
gran credilo in cui era salito suo fratello , cioè
Gian-Giacomo de' Medici marchese di Mari-
gnano , giunto ad essere , siccome abbiam ve-
duto , uno de' più valorosi condottieri d'armi
in Italia. Diede egli principio al lodevolissinio
suo pontificato colfannullare , col correggere
o mitigare varj dei-reti ed atti del precedente
inesorabile e rigido papa. Avea fin qui il pon^
tefice Paolo IV ostinatamente, e non senza
scandalo , ricusato di' riconoscere per impera-
dore FerdinaTido I Austriaco , e di ricevere i
suoi ministri in tale qui' là. Fu sollecito Pio IV
ad ammettere il suo ambasciatore, e a ristabi-
lire la buona armonia fra la santa Sede e
l'Augusto monarca. Alle preghiere ancora de i
cardinali perdonò al j)opolo romano il tras-
corso della passata sedizione , purché si rifa-
cesseio i danni. Nel dì 3i di «ennaio fece la
promozione di tre cardinali , cioè di Gian-An-
tonio Serbcllonc .suo parente, jìcrchè di tal
famiglia lu la madre sua ; di Giovanni de J
Medici , figlio di Cosimo duca di Firenze ; e
di Carlo della noLiI casa de' conti Borroniei ,
6f?3 ANNALI d' ITALIA
figlio del conte Giberto e di Marglierita sim
sorella , che gioviiu'tto camminava già a gran
passi alla santità. Per due continui anni avea
penato nelle carceri Giovanni cardinal Morone,
uno de' più insigni porporati d' allora , per so-
spetti d' eresia , che erano troppo alla moda
in que' tempi ; perchè il so'o disapprovare al-
cun de' veri abusi dominanti allora nelle vie
della pietà e della disciplina ecelesiastìca , ba-
stava per far sospettare una persona zoppi-
cante ancora nella credenza de i dogmi , e per
trarla alle prigioni, senza che poi si pensasse
da lì innanzi a strigar le loro cause , non per
colpa del cardinal («hlslieri supremo inquisito-
re , ma per diletto di papa Paolo IV ^ clic non
sapea mai credere innocente chiunque ca)>itava
in quelle carceri. Ilestava dunque tuttavia ac-
ceso il processo foimato contra flel Morone ;
ed egli non volendo grazia , ma severa giusti-,
zia , fece istanza peicliè fosse deciso nella causa
sua. Ben veiililala (juesta da i più incorrotti
cardinali ( fra' (piali lo slesso Ghislieri , che fu
poi Pio V ) , emanò di'creto , con dichiarare
nullo, iniquo ed ingiusto il processo suddetto,
e con assolvere pieiianuMile come innocente il
Morone. Pari giustizia fu falla ad altri non po-
chi ])roeessati sotto il definito ponlelice, e
spcaiaìuiente ad Egidio F'oscherari dell' ordine
de' Predicatori , Vt^scovo di Modena e litologo
dottissimo di questi tempi , a eui <lel pari avea
papa Paolo fitta patire la prigionia di due anni
a cagion dell' amistà chepassa\a fra il Moroue
e lui.
Atteso il naturale del novello pontefice ,
ANNO MDLX 053
inclinaute sempre alla benignità e clemenza ,
ninno si sarebbe avvisato di vedere una severa
giustizia da lui cominciata nel presente anno e
terminata nA seguente. Brevemente in un fiato
accennerò io questo Auto, per cui tu un gran
dire allora in tutta la Cristianità. Nel dì "j di
giugno fece papa Pio 1\ carcerare i cardinali
Carlo Caraffa ed Allònso Caraffa, il primo ni-
pote e 1 altro pronipote di Paolo IN . Simil-
mente furono presi Giovanni Caraffa conte di
INJontorio appellalo duca di Palliano , e nipote»
del suddetto papa , e il conte di Alifc e Leo-
nardo di Cardine , uccisori della moglie di esso
duca. Furono fatti rigoiosi processi contra di
loro, tanto per quell'omicidio, quanto per al-
tre iniquità, o vere o pielese, commesse da i
due fratelli Carafli nel tempo del loro nepo-
tismo , con varj inganni che si direano da lor
fatti al pontefice zio. e gravissimi danni ca-
gionati per la loro ambizione e prepotenza a
Roma e a tutto lo Stato Ecclesiastico. Furono
deputali cardinali al processo de i due loro
colleghi , e data al governatore di Roma 1' in-
cumbenza di formar quello del conte di IMon-
torio e de' suoi complici. Duiò questa criminal
procedura sino al di 3 di marzo dell' aiuio se-
guente , in cui si tenne concistoro ; e quivi
fu lelto il processo intero contra del c;irdinale
Carlo Caraffa : lettura che durò otto ore. Per
lui interposero tutti i cardinali le lor preghie-
re , ma senza poter imjiedire la sentenza di
morte. Però nella notte seguente fu e sso car-
dinale strangolato in prigione , e nello stvsso
tempo nello «carceri di Toiredinona decapitalo
654 ANNAU d' ITALIA
il (luca di Palliano col conte d'Alife e Leo-
nardo di Cardine. Confessa il Panvinio d' aver
inteso dalla bocca del medesimo Pio IV , ch'e-
gli si lasciò trarre a questa giustizia di malis-
sima voglia , e clie io tutta la vita sua non
gli era avvenuta mai cosa tanto disgustosa e
liig ibre , quanto qucd giudizio ; con a^giuguere
nondimeno d'aver egli credulo necessario che
si desse a i parenti de' futuri ponteiici esem-
pio , aftinché non si abusasser'j della lor gra-
zia ed autorità. Il g ovaue cjrdin.ile Alfonso
CaialFi , sici-ome innocente e dabljene, fa ri-
messo in libt-rtà, e solamente con.iennato a pa-
gare cento mila scudi pernii preteso risarcimento
alla camera apostolica; e tal pena fa anche
dipoi mitigata. Ma in que' tempi la g'^nte ac-
corta ben s'avvidiHche non dal genio clemente
di papa Pio era proce luta sì rigoiosa giustizia
contra de' Caraffeschi , mi sì bene da i segreti
gagliardi impulsi della corte di Sp.igna , a cui
per varj riguardi era molto tenuto lo stesso
pontclìce.
Il cardinal Pallavicino , che meglio degli altri
pescò in questa materia , fece conoscere a noi
le arcane ruoto di sì strepitoso avvenimento.
La politica più fina del simulare e dissimulare
fu osservata assai familiare in Filippo II re di
Spagna. Gli stava sempre sul cuore quanto avean
operalo i Caralll contra di hii, e Tessersi eglino
vantati di volergli torre il regno di Napoli.
Contuttociò non la.sciava di usar con loro delle
grazie e linezze , e in questi medesimi tempi
decretò al cardinale e al fratello delle ricom-
pense pel perduto ducato di Palliano. Fu creduto
ANNO Mm.x 655
da alcuni , che sul princrpio il papa credendo
il re ben affezionato a i Caradi , per quanto
gliene diceva V ambasciatore di vSpagna , li fa-
vorisse anch' egli alla corte di Madrid ; e che
air incontro il re tenendo i CaralTi per protetti
dal papa , anch' egli s' inducesse a far loro delle
grazie. Ma o sia che tale inganno cessasse , o
che sempre in Ispagna si lavoiasse di finzione^
la verità si è, che il re Cattolico segretamente
niaileggiò la rovina loro , e con forza spinse il
pontefice ad eseguir quello che il mansueto
animo d' esso papa non avrebbe mai fatto. II
bello poi fu , che sotto papa Pio V , creatura
di Paolo IV , per le istanze di Antonio mar-
chese di Montebclio e di Diomede CaralTI ,
1' un fratello e l' altro figlio dell' estinto duca di
Palliano , fu riveduta questa causa in Roma , e
deciso che non meno il cardinale Carlo che
esso duca di Palliano erano stati iniquamente ed
ingiustamente condennati; e per pruova di questo
tagliala fu la testa ad Alessantlro Pallentieri,
stato fabbricator del processo centra d'essi Ca-
raffeschi , alla memoria de' quali e de' loro eredi
fu restituito l' onore e la buona fama. E così
vanno le vicende e peripezie umane , regolate
dalle (hverse passioni de gli uomini. Noi dobI)iamo
augurarci che sia esente da questi uiterni man-
tici chi si mette a giudicar della vita , della
roba e dell' onore altrui ; e che questi tali , ad
imitazione di Dio , più inclinino alla clemenza
che al rigore , se pure il bene della repubblica
non esige altrimenti.
Al pontefice Pio IV non restavano nipoti
maschi legittimi di sua famiglia , perchè il
65(5 A^NAr,l d' ITALIA
marcliese eli ^Jarignano suo fratello niiin ci' essi
avea lasciato ; e sebben v' era un di lui figlio
iiatuiale , appellato Camillo , il papa parca che
non se ne prendesse gran cura. Rivolse dunque
il suo amore a i figli della sorella , cioè a i
conti Borroniei , illustri e polenti signori , che
da gran tempo possedevano Arona, ed assaissime
altr:' terre e castella sul Lago Maggiore. Questi
erano il conte Federigo e Carlo , da lui promosso
alla sacra porpora. Avvezzi i Romani a mirare
quanto potesse il nepotismo ne' passati pontefici,
e come fosse divenuto, massimamente in questi
ultimi tem|)i , quasi il principale impiego de i
successori di S. Pietro l'innalzamento de' parenti
a' gradi piincipeschi • si aspt'ttavano una simile
scena sotto Pio IV. Ma il buon pontefice , che
intendeva meglio d'alcuni suoi predecessori l'im-
portante ufizio della siibhuie sua dignità, si
comportò con molla moderazione nell'amor de i
suoi , e nulla operò che fosse suggello alla giusta
censura de' saggi, Ei asi molto prima tratlnlo il
matrimonio di Virginia figlia del duca d'Urbino
col suddetto conte F^ederigo; e questo si eseguì,
con celebrarsi siuituosissime nozze in Urbiro e
poscia in Roma : il che riuscì (h giubilo uni-
versale del popolo. .Marilò ancora Camilla Bor-
romea sorella di f-sso conte in Cesare duca di
Guastalla , Ariano e Molfclla , figlio del fu don
Ferrante Gonzaga, e un'altra in Fabrizio Gesualdo
figlio del conte di Conza ; e con ciò si raddop-
piarono le allegrezze in Roma. Spezialmente fece il
pontefice couìparire il suo amore verso il car-
dinale Carlo Borromeo suo nipote, a cui diede
la carica di so^jielaiiu di Sliilo , o la Ic^uiioi» ■
AWNO MPIX 657
di Romagna e Bologna. Ma questo nipote , an-
corché di soli ventiliè anni ( tanta era la sua
prudenza, tanta T illibatezza de' suoi costumi),
non serviva che alla vera gloria del papa, per-
chè unicamente intento al bene della Chiesa e
del pubblico , e manteneva una scelta famiglia
di persone raccomandate dalla virtù e dalla
letteratura ; di maniera che col tempo fu chia-
mata la di lui casa un seminario di cardinali e
vescovi egregi. Però al popolo romano, dopo
essere stato in tanta malinconia e tremore sotto
il tetro governo di Paolo IV, parca d'ess-ere
rinato , trovandosi tutto in feste sotto il dolce
di Pio IV ( a cui diceano che bene stava il
nome di Angelo ) , e regolato da sì discreti e
saggi ministri. Delle premure di questo buon
pontefice per rimettere in piedi il da tanto
tempo interrotto concilio di Trento , parleremo
all' anno seguente.
Compiè in quest' anno Alfonso II duca di
Ferrara il suo matrimonio con donna Lucrezia
de' Medici figlia del duca Cosimo 5 e questa
principessa con suntuoso accompagnamento di
principi e nobili fece l'entrata sua in Ferrara
nel dì 17 di febbraio. Ma da quella città nel
dì a di settembre fece partenza la duchessa
Kenea , figlia di Lodovico Wl re di Francia e
madre <li esso duca Alfonso. E il motivo fu ,
perdi' ella da gran tempo infetta dell' eresia di
Calvino , per quanto si facesse e dicesse , non
volle mai rimettersi sul buon cammino. Quale
ella andò , tale anche morì : del che ho io
sufficientemente parlato nelle Antichità Estensi.
Era venuto di Fiandra nell'anno precedente
Muratori, y/nn. Fol. XIV. 4*
638 ANNALI D' 'ITALIA
Emniamiel Filiberto duca di Savoia , a rallegrar
sé stesso e i suoi sudditi colla visita de gli Slati
a lui restituiti da' Franzesi e Spagnuoli. Fu ini
questi tempi eh' ej;li istituì in Mondo\ ì un' uni-
versità per le scienze, dove cJiiamò de' più
accreditati uomini dotti che s' avesse l' Italia.
Trovavasi questo principe sul fine di maggio in
Villafranca , quando Occhiali rinegato Calabrese,
€ famoso corsale d'Algieri , con una squadra di
galeotte , dopo aver saccheggiala Tagia e bru-
ciata Roccabruna del signor di Monaco, arrivò a
Villafranca stessa , e mise le sue genti a terra.
Spedì tosto il duca a Nizza per aver soccorso,
e intanto animosamente uscito della terra co i
suoi cortigiani con poco più (h trecento archi-
bugieri inesperti , raccolti in quel subitaneo bi-
sogno, andò contra de' Barbali. Ma non sì tosto
furono i suoi a fronte de gh Algerini superiori di
gente , che atterriti dal loro aspetto , e da gli
urH e gridi ne' quah prorupjero, diedero a
gambe. Si tro\ò il duca in pericolo della vita,
o di restar prigione ; anzi v' ha chi scrive che
egli (il preso , ma che restò liberato da due
suoi generosi gentiluomini , con perdervi essi la
loro vita. Certo è che il duca si salvò nella
terra , inseguito sino alle porte d' essa da que-
gf liifi-dtli. Hestjuono uccisi circa quaiaiila de i
suoi .soldati ed ahnuii gentiluomini di sua corte,
ed altri falli piigioiii , per riscattare i quah gli
Con\ ernie pagaie dnditi iiiila si-udi. Il tcn:i>rario
coisaro , prima di renderli, pretese la grazia di
poter inchinare la duchessa , figlia di Franc<!-
sco I l'e di l'iancia. r'ixigiiò accoidaigliela. Ma
la duchessa, con far con parirc iu sua \cce la
ANNO MDT.X 6,lf)
iSua dama d' onore , ebbe la soddisfazione di
punire in tal maniera la temerità di costui.
Pertossi in quest^anno a Roma Cosimo duca
di Firenze colla duchessa sua moglie, e fu
magnificamente alloggiato nel palazzo pontilizio.
Oltre a gli altri suoi afl'ari , per li quali, e non
per sola divozione, imprese quel viaggio, ot-
tenne dal sommo pontefice di poter fondare un
ordine militare di cavalieri sotto il nome di
Sauto Stefano, da cui non sono esclusi i coniu-
gati. Impetrò ancora che Paolo Giordano Or-
sino genero suo fosse creato duca di Bracciano.
Giunse al fine de' suoi giorni nel dì 25 di no-
vembre in GenoN a Andrea Doria , celebre per
tante sue azioni e viaggi di mare. Poco gli man-
cava a compiere Y anno novantesimo quarto di
sua età. Prese la buoi>a gente per un presagio di
questa perdita un tuibine tenibile di venti , che
alquanti giorni prima recò un'infinità di mali a
quelle riviere , portando via i tetti , atterrando case
e sradicando le più grosse quercie , con istrage di
molte persone e bestiami. Troncò eziandio l'in-
discreta morte nel flì 5 di dicen)bre il filo della
vita al giovinetto re di Francia Francesco II, a
cui succedette Carlo IX suo fratello , ma in età
troppo tenera ed incapace di governo. Che
diavolerie , che confiisioui e guerre suscitasse
da lì innanzi in quel regno la crescente eresia
di Calvino e 1' ambizion do" grandi, non appar-
tiene air assunto mio il nanario. Accennerò bensì,
che avendo il famoso coi sarò Dragut tolta al-
cuni ainii prima a i cavalieri di Malta la città di
Tripoli in Barberia , ed occupata anche V isola
delle Gerbe ^ Filippo U re di Spagna mossQ
66o ANNALI d' ITALIA
dalle preghiere del gran mastro , e dal deside-
rio di togliere a' Mori que' siti , siccome nidi ed
asili della lor pirateria , fin l' anno precedente
;>vea rannata una potente flotta con legni e sol-
dati presi da Milano , Genova , Napoli e Sicilia.
IMa questa da venti contrarj trattenuta , non potè
se non nel febbraio di quest'anno far vela verso
Barberia. Da molti autori si truova descritta
queir impresa , ma impresa sommamente sfortu-
nata o per la poco buona condotta de' capitani
cristiani , o per la contrarietà della stagione , o
per la perniciosa qualità di quel paese , man-
cante d' ac([ua buona e piovvedulo di cattiva .
presero i Cristiani le Gerbe , ma cotanto anda-
rono temporeggiando , che in soccorso de' Mori
giunse la potente annata de'Turclii) al cui arrivo
atterriti e scompigliati i Cristiani, non attesero
che a salvarsi. Vennero in potere de' Musulmani
moltissime galee , migliaia di soldati rimasero
morti nelle na\ i , annegati o schiavi , e il forte
delle Gerbe fu forzato a rendersi : disavventure
tutte che non poca afflissero spezialmejite chi
avea formate delle grandi speranze su qucU' ar-
mamento tle' Cristiani. Oltre a ciò , avvenutisi i
corsari Algerini in tre galee del duca di Firen-
ze , ne costrinsero due a rompersi in Corsica ,
con restar preda di qucgl' Infedeli.
jinno di Giusto i56i. Indizione If^.
di Pio IV papa 3.
di Feadinando 1 iiiipertidoiv 4-
Avpano le guerre de' jiiccedenli anni fatto
ces:>are il concilio gcnculc di Iriulo. Allurwhè
ANNO MDlXI 66 1
parca colla tregua de' principi cristiani tornato
il tempo di li.tprirlo , Paolo IV mostrò qual-
die velleità di acctidire a ({iiesto importantis-
simo affare, ma con volere esso concilio in
Roma nella cliiesa Lateranense : il che veniva
a finire in non volerlo, stante 1' esij^ere i più
de' principi cattolici un luogo libero, e fuori
dello Stato Ecclesiastico, per quella sacra as-
semblea. Sopravennero poi le brighe d" esso
papa Paolo con gli Spagnuoli, né più si par-
lò, vive.'p esso poutelice, di rimettere in piedi
il concilio. Seriamente all'incontro vi pensò, ap
pena eletto papa, lo zelante Pio IV; e però nel
precedente anno si affatictì non poco, parte con
elFicaci lettere, e parte per mrzzo de' suoi mi-
nistri, per riunir gli animi de' potentati cattolici,
affinchè con cori-esse lO co i lor prelati al compi-
mento di opera tanto necessaria alla Chiesa di
Dio. Trovò egli concordi in questo desiderio i
firincipi , ma discordi nella determinazione del
uogo , j)roponendo essi altre città in vece di
Trento. Il papa sempre insistendo di rinovare
il concilio in quella città, dove era nato, fi-
nalmente nel dì 29 di novembre dell' anno
precedente con sua Rolla ne intimò il riapri-
mento in essa città di Trento , da farsi nel so-
lenne giorno di Pasqua del presente anno.
Dopo aver dunque nel dì 26 di febbi-aio di
quesl' anno fatta la promozione al cardinalato
di alcuni dignissirai personaggi, e spezialmeule
di Stanislao Osio e di Girolamo Seripando ,
nel dì dieci di Tnarzo destinò cinque legati che
dovessero presiedere al concilio. Ma perchè in-
sorsero nuovi motivi di ritardo , e con troppa
6^2 Annali d' itaua
lentezza comparivano a Trento i vescovi : perA
fu necessario il differir sino all' anno seguente
la prima sessione.
Più che mai continuarono i corsari affricani
ad insolentire contro le marine d'Italia in que-
st' anno. Uscito da Tripoli Dragut colle sue ga-
leotte, avendo per ispia inteso clie sette galee,
fabbricate in Sicilia e cariche di molte merci ,
a\eano da passare a Napoli , si mise in aguato
a Lipari, e gli venne fallo di prenderle. Grosso
In il bollino di roba e di persone , fra le quali
S' contaiono due vescovi siciliani che andavano
ili concilio, e molli nobili, de' quali chi potè,
con esorbitanti taglie si riscattò. Scorsero dipoi
que' Barbari per le riviere del mar Tirreno ,
lasciando daperlutto memorie della lor crudel-
tà , e menando via gran quantità di schiavi
cristiani. A cagion di questi terribili insulti
papa Pio IV, allento al bene de' suoi sudditi,
determinò di rifare in certa maniera la Città
Leonina, acciocché in caso di bisogno avessero
i pontefici colla lor coite e prelatura un luogo
di salvezza. Cioè determinò di m< ttere Borgo
in fortezza , chiudendo in esso silo Castello
Suiil'Aiiiiolo, la basilica Vaticana e il ])alazzo
ponlitizio, con tanto spazio , che in occasion
di (h'fesa \i si potessero formare .squadroni di
soldati colle lor ritirate. PSel dì 8 di iiiiiggio
andò lo stesso ponteiicc con solenne accomj)a-
goamcnto di tulli i cardinali, pnlali e no-
biltà a mettere la prima pietra con varie me-
daglie d' oro e d' argento. Avea dianzi nel dì i ;)
d" ainilc creato capilan g<nerale della Chiesa
il colile Federigo Bui romeo suo nipole, allineile
AN>(0 MDt<Ì B'^J
secon«lo le occorreri7,e fosse pronto alla di-
fesa contro i nemici del nome ciisliaiio. Né
ciò bastando all' indeli sso suo jjenio pel pub-
blico bene , ordinò che si ridiuessero in mi-
glior forma le fortificazioni de' porti di Civita-
vecchia e di Ancona , sicché potassero resistere
alle violenze inaspettale de' Turchi e de' cor-
sari di Barbcria , che ogni dì più diventavano
rii^o£;!iosi , ed accrei>(;evano il numero delle lor
vele. Attese ancora il buon papa ad aggiut;nere
ornamenti alla per altro bellissima città di
Roma , con tirare una nobile strada da Mon-
tccavallo sino alle mura di Roma diritto ad una
porta, di belle fortezze fabbricata d'ordine suO)
ed appellala Poi la Pia. Rimodernò eziandio la
porla del Popolo con bei Iravertini e colon-
ne : e nel palazzo \ aticano e in Belvedere lece
altre fabbriche , e fra queste si coniarono due
gran conserve d'acque verso leva [ile , e mi
magnifico cortile con iscalinate da due bande ,
ed ornamenti di singolar bellezza , e un cor-
ridore, e un fonte nel bosco d'esso belvedere.
Fece anche finire di stucchi e pitture la bella
sala cominciata da Paolo JU , appellata la Sala
de i Re, ornando la loggia superiore del pa-
lazzo con figure, e con farvi dipignere la Co-
smografia in bei quadri. Sollecitò ancora la
fabbrica del suntuoso tempio di San Pietro,
cominciata da papa (ìiidio 11, e nella basilica
Lateratiese fece far .sotto il tetto il soiHtlo,
con parimente apjilicarsi a tirare in Rouki
Fer via di condotti 1' aequa di Salone , o sia
Acqua \ergine. Queste erano le applicazioui
del ponteQce , che soiumameate rallegravano
t*64 ANNALI d' ITAT.IA
il popolo romano , non oiuniettendo egli in-
tanto ogni diligenza pel bene della reiigion*
e della Chiesa.
Godevano in questi tempi gì' Italiani il sapo-
rito iiutto della pace , loro inviata da Dio
dopo il tlagello di tante desolatriri guerre. Re-
gnava spezialmente T allegria nella corte e città
di Ferrara , dove Alfonso II duca nel dì 3 di
marzo diede al suo popolo, e alla copiosa fore-
steria che v' intervenne, un mirabil divertimento
con un torneo sì magnifico , e d' invenzione
sì rara , chiamato il Castello di Gorgoferusa ,
ed onorato dalla presenza di Guglielmo duca
di Mantova, che riscosse 1' ammirazion d'ognu-
no. E perciocché nella promozion suddetta, fatta
dal papa nel dì 2G di febbraio , anche » don
Luigi d' Este , fiatollo del duca e vescovo di
Ferrara, fu conferita la sacra porpora, si tenne
corte bandita per tre giorni in quella città , e
poscia nel dì 37 di marzo fu ivi dato anche
un altro piiì suntiioso spettacolo , intitolato il
Monte di Feronia , a cui intervenne don Fran-
cesco de' Medici principe di Firenze. Sì vaghe
furono le invenzioni di que' pubblici giuochi ,
BÌ grande la magnificenza de gli abiti , del cor-
teggio j e tale la copia de gli strumenti musi-
cali o guerrieri e delle maiH;hinc , e le deco-
razioni del campo , che di sommo piacere e
stupore restò presa tutta la gran folla de gli
spettatori , e ne corse la fama per tutta Italia.
Veggonsi colali fi'sle des( lille C date alle stam-
pe. Ma si cangiò presto T allegria in duolo ,
percioi'chè nel (h ui d'aprile fu rapit;i dalla
morie Lucrezia de' Medici duchessa di Ferrara^
ANKO MDt.XI 665
figlia del duca Cosimo. Né molto si stette a
vedere risorgere la lite di precedenza fra essi
■ duchi di Ferrara e di Firenze, la qual durò
poi anni parecchi. Era tornato , siccome di-
tcmino , a' suoi Stati Emmanuel Filiberto duca
di Savoia ; e siccome si avvicinava il tempo
che gli doveano essere restituite da i Franzesi
le città di Torino , Pinerolo , ed altre restate
in loro mani j fece istanza perchè si esaminas-
sero le pretensioni del re Cristianissimo contro
la casa di Savoia. Furono sopra ciò tenute va-
rie conferenze da i ministri dell' una e dell' al-
tra corte tanto nell' anno precedente , che nel
jnesentej senza apparire che alcuna delle parti
tedesse. Misero ancora i Franzesi in campo la
difficultà di rendere quelle piazze al duca, per
non essere il re loro in età legittima ; e il par-
lamento di Parigi eccitava anch' esso dubbj
maggiori. Seguì poi , siccome diremo , lo scio-
glimento di <jueste controversie nell' anno se-
guente. Ardeva intanto per le discordie e guerre
ira i Cattolici ed Ugonotti tutta la Francia, le
cui sciagure chiunque hrama d'intendere, ha,
da ricorrere a gli storici particolari di quel
regno , e spezialmente al nostro Davila. Riuscì
quest' anno dannoso a Napoli e Sicilia , non
solo per le prede ivi fatte da i corsari affrica-
ti , ma ancora per varj tremuotì che atterra-
rono gran copia di fabbriche colla morte di
più centinaia di persone. Le istanze fatte al
tribunale cesareo da Alfonso maichese del Car-
retto coutra de' Genovesi , che gli aveano oc-
cupato il marchesato del Finale , produssero
9na seutcuza ; per cui furoue essi condenuati
6l(S5 ANNAl.l d' ITALIA
alla restiluziou dello spoglio co i frutli , danni
e spese della lite. I Genovesi , che trovavano
molto comodo a i loro interessi il possesso
del Finale , maltrattarono non solo il messo
die andò ad intimar loro quella sentenza, ma
anche un feciale, che fu dipoi spedito dall'Augu-
sto Ferdinando per denunziar loro il bando del-
l'imperio , se senza dilazione non restituivano il
marchesato^ oolla piena esecuzion dylla sentenza.
Ciò che ne avvenisse, si dirà all'anno i563.
jd tino di Cristo i562. Indizione J^'.
di Pio IV papa 4-
di Ferdinando I imperadore 5.
Rallegrossi la Chiesa di Dio nel presente
anno, perchè nel dì i8 di gennaio si riassunse
jn Trento il concilio generale , e si celebrò la
prima sessione , o sia la iliecisettesima in ri-
guardo all' altre degli anni addietro. Contaronsi
di ((Molla sacra assemblea , oltre a i cincjue
cardinali legali della santa Sede, due altri car-
dinali , cioè quel di Lorena e il Madriiccio ,
tre patriarchi, veiiticiiujue arcivescovi, conto
sessanta ves(;ovi , sette abbati , stette generali
ti' ordini rdigi^si , e più di cento teologi, .scelti
da i regni del Caltoliiiismo. 1'^ (li[)0Ì v' inler-
vennrro in vari tempi anche gli oratori del-
l' impeiatore , fle i re di Francia , Spagna ,
Portogallo, lliiglieria e 15o''niia , Polonia, Ve-
nezia, e d'aliti diligili e piincipi. (ìuglielmo
duca di Mantova vi fu nel principio in persona.
Pertanto si (;i)ntiuuaroiio ([iii\i le sessioni .si
per lo rislal>i!iin('ulo de i dogmi, che pc'C la ri-
Jbniia della Chiesa. Tcncvu qucslw jjraudu
ANNO MDLXII 667
affare non meno occupali i Padri del concilio , '
clic lo stesso papa e tutta la corte romana ;
né dimenticò il pontefice d" insilare ad esso con-
cilio anche i patriarchi e vescovi scismatici
tleir Oriente, \cnne in fatti circa il mese di
magjjio a Roma Abdisù patriarca de' Soriani ,
uomo assai dotto , che rendè ubbidienza al
lomano pontefice , con accettare tutti i concilj
generali venerati dalla Chiesa Romana, e i de-
creti del presente Tridentino, e con promettere
di fare il possibile di trarre i suoi metropoli-
tani e vescovi alf unione coli;; Sede apostolicr..
Ma la comparsa di questo patriarca finì secondo
il solito in una pace di commedia tra la santa
Romana Chiesa e gli Scismatici Soriani. Il po-
vero patriarca, il ([iialo è da credere che par-
lasse di cuoie , con assai regali e rifacimento
di quanto gli aveano tolto i Turchi nel venire
a Roma , se no tornò contento in Soria ; ma
come prima continuarono que' Cristiani a so-
stener i loro errori , e la separazione dalla
Chiesa Romana. Crescevano intanto i guai della
Francia per la detestabil ribellione e guerra
mossa contro del re Carlo IX da i;li eretici
Calvinisti, chiamati Ugonotti 5 e con ciò crebbe
anche al re il bisogno di soccorsi. Non man-
carono il papa , ed ancora il re di Spagna di
mandarne , e spezialmente esso re Cattolico
esibì al re cognato dodici mila fanti e tre mila
cavalli; ma i Franzesi non accettarono se non
tre mila d'essi fanti ed altrettanti Italiani. Grosse
somme ancora di danaro furono inviate al re
Cristianissimo da i Veneziani , e da i duchi di
Fenara e Firenze. A questi aiuti fu in parte
663 ANNALI d' ITALIA
attribuita l' insigne vittoria che verso il fin del
pnfsente anno riportarono l' armi cattoliche
centra degli Ugonotti , benché la medesima
costasse ben caro a i vincitori stessi. Fa qui lo
storico e vescovo Belcaire un epifonema , ri-
conoscendo l'origine di tanti mali e l'orgo-
glio de gli eretici , dalla negligenza , dall' ava-
lizia e da i disordinati costumi de' precedenti
pastori della Chiesa di Dio , che aveano ofTu-
scata la vera pietà , e dato campo a gli ere-
siarchi di declamar cotanto contra di noi.
Queste calamità e necessità della Francia
Snelle furono che più d' ogni altra ragione in-
nssero il re Cailo e i suoi ministri a sacri-
ficare in fine le lor pretensioni in favore di
Emmanuel Filiberto duca di Savoia. Dall' un
canto abbisognavano del di lui aiuto ; dall' al-
tro poteano temere eh' egli, perduta la pazien-
za , diventasse lor nemico , ed accrescesse le
forze a i congiurati contra della corona. Il
perchè si venne ad un accordo , per cui il re
Cristianissimo convenne di rilasciare al duca,
Torino , Civasco , Chieri e Villanuova d'Asti ;
e che il duca rilascerebbe al re il possesso di
Pinerolo . di Savigliano e della Perosa , ed in
oltre procurerebbe di somministrare in servigio
di Sua Maestà mille fanti e trecento cavalli
pagati, con altri capitoli ch'io tralascio. Fece
quanto potè il maresciallo di Bordiglione per
impedire, o almeno per (hllerire j' csecuzion
di ((ueslo tratlalt), ch'egli chiamava troppo
pregiudiziale al re , quasiché forti.ssime , anzi
chiare lagioni non assistessero al duca contro
r iavasion de' suoi Stuli latta da' Franzcsi;
ANNO MDLXn 6^-)
Tuttavia nel dicemì>re di cjiicst' anno si vide
rimesso il duca in possesso di Torino e degli
alili suddetti luoglii; il che riusci d' inesliniabil
consola/ione a quel principe e a' sudditi suoi.
Un altro avvenimento anche di maggior alle-
grezza per la real casa di Savoia era stato l' a-
vere la duchessa Marglierila nel di 1 2 di gen-
naio di quest'anno dato alla luce un principino,
a cui fu posto il nome di Carlo Emmanuelej
unico frutto del loro matrimonio , tale nonili-
nieno che noi a suo tempo il vedremo sorpas-
sare la gloria di lutti i suoi antenati. Non fu
già favorevole il presente anno alla casa de' Me-
dici j anzi al resto dell' l'alia. Imperocché oltre
ad una siccità inudita , essendovi stati luoghi
che per sette mesi non seppero cosa fosse
pioggia j il che produsse non lieve penuria de i
viveri , neir ottobre e novembre cominciò a
scorrere per Italia un malore di qualità epide-
miale , passando da ima città nell' altra , con
infermarsi la maggior parte delle persone , e
seguirne la morte d' assaissime per ogni città ,
e massimamente in Na[)oli , dove intorno a
venti niila persone cessarono di vivere. La
stessa febbre micidiale (a cui poi fu dato il
nome del Castrone) in altri tempi si è falla
sentire all' Italia , e a' nostri di imperversò
qui non poco, correndo l'anno 1730, an-
dando anche allora gradatamente di città in
città.
Ora il duca Cosimo , che in tutte le gxnse
si studiava di far comparire la sua divozione
ed attaccamento alla corona di Spagna , mandò
in quest'anno con pomposo accompagnamento
'6-0 AXXAU I)' ITALIA ~
don Francesco suo primogenito a Mailnd , ac-
ciocché ivi soggiornasse , e fat;esse la corte a
quel gran monarca. Ma eccoti nel noveml»ie di
quest'anno, per cagione della suddetta, o pur
cr altra maligna influenza, cader malato il car-
dinale Giovanni di età ili diecinove anni, e don
Garzia di minore età , amendue figliuoli del
suddetto duca , e giovanetti di generosa indole
e di rara espettazione , e T un dietro allaltro
essere rapiti dal mondo. Voce nondimeno co-
mune allora fu , che odiandosi fra loro questi
due fratelli, don Garzia in una caccia uccidesse
il cardinale , senza essere veduto da alcuno.
Avvisatone Cosimo, fece segretamente portare
il cada\ero in una st;mza, e colà chiamò Gar-
zia , immaginandolo autore di quell' eccesso.
Arrivatft eh' celi fu, cominciò il sanane deir e-
stinto a bollire e ad uscir della ferita. Allora
Cosimo dando nelle furie , presa la spada di
Garzia , colle proprie numi 1' uccise , facendo
poi correre voce che aìuentlue fossero morti
di malattia. Se (|ue«ta sia velila o bugia , noi
so io dire. Ben so, che Iralìlla dalla perdita
di così cari germogli doiuia Leonora «li Toledo
lor madre, e .soccombendo al dolore anch' ella
terminò fra poco i suoi giorni : donna che col
suo consiglio e giudizio avea, per comun sen-
timento , contribuito non poco alla felicità drl
marito. ILbbe bisogno Cosimo della sua virtù
per poter resistere all'urto ili si fatte traversie j
e il pontefice; Pio IV per consolarlo creò po-
scia cardinale nel giorno sesto di gemiaio del-
l'anno seguente, Ferdinando aUro di lui figlio,
tuttoché appena giunto all'età ih quattordici amvu
ANNO MPI.XII Cyji
Ma non andò senza alFanni lo stesso ponleiice
iw'iranno jircspnte. Grande era T amore ci)' egli
porla\a a i due suoi nipoli Bononiei, cioè al
conte Federigo e al cardinal Carlo : e sei me-
ritavano essi per le loro virtù. Ad istanza del
re Cattolico avea il papa restituito a Marcan-
tonio Colonna tutte le terre a lui tolte dal
pontefice predecessore , e in tale occasione data
in moglie al figlio di esso Colonna una sorella
del suddetto conte Federigo. All'incontro il
re , per non lasciarsi vincei e in generosità ,
avea donalo al conte Federigo il marchesato o
sia ducato d' Oira nel regno di Napoli , rica-
duto alla corte , con assegnargli auclie una
pensione annua di alcune migliaia di scudi so-
pra la gabella della seta di Calabria , con altre
promesse; e similmente un'altra pensione dì
dodici mila senili al cardinal Carlo di lui fra-
tello sopra r arcivescovato di Toledo. Ma preso
nel novembre esso conte Federigo da quella
infermità che dicenuno ilillusa per 1" Italia ,
terminò la carriera del viver suo con molto
dolore del papa, che vide sfasciati in un mo-
mento i suoi disegni dalla volubilità delle cose
umane. Servì la perdita del giovane fratello al
cardi?ial Carlo per maggiormente mettersi nella
via de' Santi. Attese in qiiest' anno l' impeiador
Ferdinando a stabilire il figlio Massimiliano
nella successione de' regni e della dignità sua.
Il fece coronare re di Boemia, e poscia nella
dieta degli elettori in Francoforte ottenne che
fosse nel dì -jS d' ottobre jìroclaniato re de i
Romani. La sua coronazione veiuie poi solen-
nizzata nel dì 3o di novembre , e fu anche
6"^ 2 AT^AT.t n' TTAIIA
neir anno seguente a lui conferila la corona
del regno d' Ungheria. Erano intanto occupati i
pensieri di papa Pio IV dalla grand-opera del
concilio di Trento , che proseguiva con vigore,
ma insieme con continui dibattimenti per le
precedenze degli ambasciatori spedili colà da i
re e principi seguaci della Chiesa Cattolica.
Contuttociò non lasciava egli di accudire a
migliorare il gorcrno di Roma, con avere spe-
zialmente in quest' anno regolata la l'orina de i
giudizj j affinchè non si tirassero troppo in
limgo le liti. Riformò ancora la corte , la sa-
cra penitenzieria e i notai della camera apo-
stolica , e pubblicò anche una riforma intorno
al conclave. Erano restate guaste dall' antichità
le celebri Terme di Diocleziano imperadore.
Egli le converti in una chiesa e monastero, e
ne diede il possesso ai monaci Certosini. Or-
dinò ancora che i titoli delle chiese e delle
diaconie assegnati ai cardinali , giacché per la
vecchiaia non meno che per la negligenza de i
precedenti j)oiporati erano andati in roxina ,
si riparassero : cose tutte che renderono senu
pre più glorioso il di lui pontiiicato.
Alino di Cms-to i563. Indiziane VI.
di Pio IV papa 5.
dì Feudinando I imperadore 6.
Gran dispute e dissensioni, sì di precedenza
che di riforma , occorsero in quesl' anno nel
concilio di Trento , mosse in parte tlall' ora-
tore spagnuolo, dai Eranzesi e da gl'Imperiali,
che tennero in (jualclic inazione fjue' Padij».
ANNO MDtXIII 673
Colla pazienza nondimeno e colle buone ma-
niere de' cardinali legati tutto si andò supe-
rando. Ma nel di a di marzo restò conturbata
tutta la sacra assemblea per la morte di Er-
cole cardinal Gonzaga , a cui tenne tlietro nel
dì 17 de' lo stesso mese il cardinal Girolamo
Scripando. Erano amendue legati a latere del
papa , e personaggi per la pietà , per la
dottr ina e per la prudenza , di un merito in-
comparabile. In luogo d'essi spedi il pontefice
da Roma due altri insigni porporati , cioè Gio-
vanni Morone Milanese, che vedemmo sì mal-
trattato da papa Paolo IV , e Bernardo Nava-
giero Veneziano. Continuarono anche dipoi i
contrasti dalla parte de' Franzesi e dell' impe-
radore. Pure col divino aiuto proseguì vigoro-
samente il conciUo j e più che mai si stesero
decreti riguardanti il dogma egualmente che
la disciplina ecclesiastica. Per tanta dimora in
Trento erano per la maggior parte stanchi i
Padri. Litervennero allora altri motivi, per li
quali nel mese di novembre si cominciò a
trattare di terminar quella gran funzione : al
che si trovarono ripugnanti gli Spagnuoli. Ma
venuto avviso che sul fine di novembre era
stalo preso il sommo pontefice da un perico-
loso accidente , per cui si dubitava di sua vi-
ta , tale scompiglio entrò per questo in quella
sacra adunanza , che l' ambasciatore del re
Cattolico si diede per vinto, e consentì che si
proponesse il fine del concilio. Tornò il papa
da lì a non inolio a go\ler buona sanità. Ora
dojio avere il consesso de' Padri smalliti eoa
indicibil diligenza varj punii di dogma e di
MuivVTORi. Ann. Voh Xlf^, i\ì
G74 AiNSALI l> ITAUA
rifoima che rcstavjino a farsi , nella sessione
ventesima quinta cblje firn nel dì 4 di dioeni-
dre il sacrosanto concilio di Trento : conciliò
a cui intervennero i piij dotti vescovi e teologi
di tiilti i regni cattolici, e che supeiò tutti gli
altri jirecedenti per ì' ampia <&posizione della
dottrina della vera Chiesa, e per fa correzione
e rilhrma di assaissinji r)unti spettanti alla di-
sciplina ecclesiastica. Tanti abusi che da lì in-
nanzi cessarono , tanta emendazione e mulazion
di costumi nelTuno e nelT altro clero, e il pre-
sente bell'aspetto della Chiosa di Dio tanto ne i
pastori di sublime grado che delF ordine infe-
riore j troppo diverso da quello in cui si tro-
vava essa Chiesa , allorché Dio p'-rmise la na-
scita di tante eresie nel Settentrione per gastigo
nostro, e molto più per gastigo di chi si ribellò
alla religione de' suoi maggiori: tulio questo lo
dobbiam riconoscere da quel benedetto concilio,
che poi fn solennemente confermato dal romano
pontefice, ed accettato, almeno ])er quello che
.appartiene a i dogmi, da tutta l'università de i
Cattolici. Misericordia di Dio fu ancora che in
tal congiuntura sedesse nella cattedra di San
Pietro un pontefice di buona volontà, e che i
grandi affari delia santa Sede fossero principal-
mente nppoggiati alla mente diritta, all' indefesso
zelo e alla pietà singolare del cardinal Carlo lior-
romeo , jìrimo ministro della sacra corte, che
a gloria di Dio e a beni liiio della repujìblica
cristiana trasse a fino quella memoranda im-
presa Fn egli anciic il j)rÌ7iio a dar buon
esefupio a gli altri, con se\rianienle riformare
I^ piemia corte. Eiano sluii iiu itati ad esso
ANNO MDLXni 6'jS
concilio anche i Protestanti. Niun ci' essi vi
volle intervenire, perchè avrehbero preteso di
dare e non già di ricevere la legge. Però prima
di qiiest' anno , e molto più dappoi , si scate-
narono con \arj libri contra del conciHo sud-
detto, vendicandosi in quella maniera che po-
terono degli anatemi contro di lor profferiti.
Ma è da sperare nella clemenza di Dio , che
verrà un dì in cui si saneran queste piaghe. E
certamente questo ha da essere uno dei desi-
derj di chiunque, sia Cattolico, sia d'altra
credenza, purché professi la santa religione di
Gesii Cristo, condennatrice degli scismi.
In quest' anno ancora grave danno risenti-
rono le marine dell' Italia da i corsari Barba-
reschi, e spezialmente quelle di Napoli. Dragut
Rais , fuggito dall' assedio di Orano , comparve
colà con tutte le sue forze, e gli riuscì di pren-
dere sei legni di Cristiani che s' erano spiccati
da quel porto col carico di molta gente e merci.
Ad uno d'essi il disperato capitano Vincenzo
di Pasquale Raguseo diede il fuoco, mandando
in aria e in acqua tutte le robe e famiglie che
quivi si trovavano. Dragut per tale risoluzione
gli fece poi tagliare la testa. Era, dissi, stato
ne' giorni addietro assediato lierainente Orano
da i Mori , al soccorso della qual fortezza ac-
corselo anche le galee di Napoli ; e ben sapea
Dragut che Napoli si trovava allora senza galee
da difesa. Il pcichè 1' orgoglioso Barbaro giunse
fin sotto Ghiaia con isperanza di coglier ivi la
marchesa del Vasto , la quale per buona for-
tuna non vi si t!0\ò. e però solanreute fece
schiavi alquanti Cristiani, che il viceré da lì
6-6 ANNALI d' ITALIA
a poco riscattò. Allo coste eziandio della Puglia,
deil'Abbriizzo , del Gcjrovesato fecero q\iesti ma-
snadieri delle aspre visite. Grandi perciò erano
i lamenti de' |iopoli ; nia niun provvedeva,
cccettocliè i cavalieri di Malia , i quali sem-
pre iu corso lecarono bensì non poibi danni
ade terre de' Turchi , ma senza sollievo di
qncl'e de' Cristian) Dalle civili guerre fu in
quest'anno parinn nlc lacerala la Francia, dove
gì' inquieti e perfidi l gunulti fecero assassinare
ed uccidere il valoroso duca di Guisa, ca|)0
delia ])aite de' Cattolici. In Ispapna , giacihè il
re Filippo li non poteva aver successione dalla
nuova sua moglie, sorella del re di Francia,
ed era per altra parte malissimo contento del-
l'unico suo figlio don Carlo, giovane di cer-
vello torbido, egli dcsideiò che Massimiliano II
ye de' Romani suo cugino inv iasse alla corte
di Madrid i di lui due figli Ridolfo ed Erne-
sto arciduchi, act'iocchè apprendessero i costun)i
d 'gli Spaglinoli , e per ogni bisogno potessero
sostenere la casa d'Auslria nella monarchia di
Spagna. Passarono qucsli ilue principi verso il
fine dell'anno per Milano, e andarono dipoi
ail iuiliarcarsi a Nizza, con ricevere dapertutto
distinti onori.
Ad essa città di Milano Icniò in quest' anno
il re Cfillohco di l'are un regalo , con volcie
introdurre colà T ]n(|ui^ì/ioi)c all' uso di S|)agiia.
Canlultoiliè la ui;iggior jiarte de' cardinali ri-
pugnasse a tal iiov il.'i , pure il pajia , a cui pre»
tne\a di non di.sguslare uii ,sl polente re, si
lasciò vincere, e condiscese a .sì falla istanza.
Esnosta dal duca tli Sessa govemalore a i
ANNO MbLxrt f)^^
Milanesi la volontà reale, gran coinitiozione si
svegliò nella nubilth del pari che ne' popolari,
assai informati dell' odiatissimo rigore dell'In^
qiiisizion di Spagna , e come sotto colore di
punir le colpe di chi era miscredente nella
Fede , per altri delitti ancora o veri o pretesi
si facevano segiete giustizie o vendette a pia-*
cimento del principe. Però tulli animosamente
risposero d' essere buoni Cattolici , e non tre*
Tarsi fra loro E')rei fiuti Cristiani, come in
Ispagna ,• né esservi motivo alcuno di nnitar
r oidine già prescritto e discreto di quel tri-
buiiale in Italia . e che perciò non comporte-
rebbuno una sì esorbitante gravezza. Poco
mancò che non si venisse ad una sollevazione
e non si riiìovasse la scena succeduta negli
anni ad.lietro per qnest(» niedesimo tentativo
in Napoli. Il saggio governatore , veg.;e i lo gli
animi sì mal disposti , calmò con buone pa-
role il lor movimento , e promise di scrivere
in favore d'essi al pontefice e al re. Così fece
egli , né più si parlò di questo afiare. Per si-*
mili sospetti sorse ancora nell' anno seguente
non lieve alterazione nel popolo di Napoli ,
troppo alieno dall' amni'^ttere anche la sola or-
dinaria Inquisizione , che si prati a in tante
città d' Italia per unico bene della religione.
Erasi da qualche tempo costituito capo di ban-
diti nella Calabria tm certo Mirco da Cutronej
e concorrendo a costui la feccia di tutti i maU
viventi , arrivò la sua baldanza a prendere ti-
tolo di Re , onde era comunemente appellato
il Re Vlarcone. Inf-stava egli tutte le strade ,
spogliava i passaggi eri , metteva iu contribuzioa<A
6'j8 ANNALI ti' ITALIA
!e ville , vendeva anche i poveri Cristiani a i
corsari Barbereschi. Spedì il viceré di Napoli
conila di quegli assassini alcune compagnie di
Spagnnoli, che vi rimasero o morti o prigioni.
Fu d' uopo d' inviarvi dipoi circa due mila
fanti e cavalli sotto il comando di Fabrizio
Pignatelli marchese di Cerchiero , la cui indu-
stria seppe sparpagliare e poi ridurre a nulla
quella ciurma di malandrini. Tornò in que-
st'anno dalla corte di Madrid a Firenze don
Francesco primogenito del duca Cosimo. Irri-
tato r imperador Ferdinando dello sprezzo fin
qui mostrato dai Genovesi della sua sentenza
nella causa del Finale, pubblicò in qucsf anno
un duro decreto contra di quella repubblica .
la quale perciò ricorse al re di Spagna per
placarlo. Dinarono poi le dissensioni de' Fina-
iini , finché nel iS^i il duca d'Alburquerche
go\erna(or di Milano andò a mettere prositho
spagfiuolo nel Finale , tcira che fu poi nel-
r anno i5f)8 venduta dal marchese Andrea
Sforza, ultimo di quella hnea, al re Filippo II,
il cui successore Filippo III nell'anno 1619
ne ottenne l'investitura dall' imperadore Mattias.
Anno di Cristo iSG.f- Indizione VII.
di Pio IV papa 6.
di Massi.mu.iano II imperadore i.
Non lardò il pontefice Pio IV a fiir cono-
scere il suo zelo per l' esecuzione de i decreti
del concilio di Treulo. (jia\ issimi flisordini
erano pioceduli in addietro dall' a^bcnzu de i
AN*NO MDLXIV 679
vestiovì dalle loro diocesi , e s' era anclie di-
sputato forte in esso concilio, se la residenza
de' pastori fosse di gius divino, con ricono-
scerne almeno la somma importanza. Molti di
essi vescovi se ne stavano in Roma impiegati
in varj ufìzj , ed assaissimi altri nelle corti
de' principi, intenti a i proprj vantaggi, e
poco o nulla a quel delle lor chiese. Costrinse
i! papa gli abitanti in Roma a tornarsene alle
loio greggicj e chi avea [)iù d'un vescovato,
fu obLìligato a contentarsi d'un solo: dal che
seguì una gran mutazione in Roma. Comin-
ciossi ancora a pvocedeie con pcsatczza nel-
r eiezione de' vescovi , scegliendosi que' soli che
aveano per sé la raccomandazione de'huoni co-
stumi e del sapere : tutte piov\ isioni che riac-
cesero fra' popoli r aidore della religione , e
fecero a poco a poco cessar la depra\ azione
de' costu!7ii non solo nel clero, ma anche nei
secolari. Al che pai imentc non poco contribui-
rono colle lor fatiche ed esempli i nuovi or-
dini religiosi de' Teatini , Gesuiti, e la congi'e-
gazion dcil' Oratorio di S. Filippo Neri , che in
questi tempi cominciò a fiorire. E perciocché
nel concilio suddetto era stata decretata l'ere-
zion de* seminavj de'cherici . il pontefice ordinò
la fabbrica del Seminario Romano , che riusci
ben rig'iardevole . e ne diede poi 'a cura a i
Padri della Compagnia di Gesù. Donò anche
generosamente alla 1 epubblica di Venezia il
jtalazzo di San Marco , già fabbricato in Ronia
da papa Paolo il. Ma una disgustosissima briga
tormentò in quest' anno esso pontefice ; imper-
ciocché nata i>cl precedente una gravissima
680 ANNALI n'iTAT.TA
gara fra i ministri di fVancla e Spagna a oa-
gion della precedenza, per cui anche nel con-
cilio di Trento s' era caldamente disputato , il
papa non osava decidere, conoscendo inevita-
bil cosa che la decisione si tirerebbe dietro la
nemieizia di chi restava al di sotto , laddove
egli desiderava di star bene con tutti. Furono
perciò presi varj spedienti ; ma niun d' essi
piacendo alla corte di Francia , anzi facendo
il re Cristianissiivio aspre doglianze e minaccie ,
papa Pio al riflettere che in tempi tuito pe-
ricolosi , ne' quali avea tanta forza ed anche
fortuna ili Francia il partilo de' Calvinisti , non
conveniva esacerbar quella corona, si dichiarò
in favore dell' ambasciator franzcse. E tanto
più prese animo a far questo passo , perchè
1' aveano prevenuto i Veneziani , e si dovca
sperare che il piissimo animo di Fili[>po II,
considerale le circostanze presenti , lioverebbe
non ingiusto il procedere della corte di Roma,
siccome in fatti avvenne.
Giunse in f[uest'anno a morte nel dì 25 di
luglio dopo lunga malattia Ferdinando I impe-
radore, prinri[)e sommamente pio e lodatissimo
per le sue gloriose azioni. Ebbe per successore
licll'augustal dignità Massimiliano II suo figlio,
già re de' Romani , d' Ungheria e Boemia , a
cui tosto , con iom[)ere la tregua precedente ,
mosse guerra il Vaivoda di Transilvania , as-
sistilo da' Turchi. (Irande armamento tli galee
e. navi latto \\\ nvX [)iesoute anno per oidine
del re Cattolico in Napoli , Sicilia e Genova.
Come una sj)ina ne gli occhi slava ad esso re
il Pegnon, cioè il sasso di Velcz , scoglio
ANNO Mrt-XlV 68 I
ultissimo nelle coste di Barberia , verso lo stretto
di Gibilterra, su cui stando alla vedetta i cor-
sari anVicani , e scoprendo da lungi i legni
cristiani che uscivano de' porti di Spagna , o
altrimenti veleggiavano pel Mediterraneo, erano
pronti colle lor fuste e galeotte per volare ad
assalirli e predarli. Dato fu il comando di que-
sta flotta a don Garzia di Toledo . fislio del
fu viceré di Mapoli. Vi concorsero le galee di
Malta , di Firenze , di Savoia , di Portogallo ,
talché Tarmata arrivò a ottantasette galee, ol-
tre a una gran quantità di legni da carico ,
galeotte ed alti'e vele minori. Sul fine d'agosto
giunse al suddetto Pegnone questo potente
sforzo de" Cristiani , e in poco tempo s' insi-
gnorì di quel posto , dove poi furono lasciali
in presidio ottocento fanti. Fece nel mese di
giugno del presente anno una rara risoluzione
Cosimo duca di Firenze. Alcuni incomodi di
sanità aveva cgh patito , e però sì per proprio
sollievo • come per addestrare il principe don
Francesco suo primogenito al maneggio degli
affari , cedette a lui il governo de gli Stati.
Era allora il principe in età di ventiquattro
anni , e la prudenza ed attività sua l' aveano
già fatto conoscere per abili.ssimo a questo
peso. Riservò a sé Cosimo il titolo e la dignità
ducale , e da 11 innanzi si ridusse come ad
una vita privata , prendendo diletto delle ville
e de" luoghi solitarj. Gran ribellione intanto bol-
liva in Corsica , dove que' popoli si mostravano
mal soddisfatti del governo de' Genovesi, come
ancora è avvenuto , e più strepitosamente , di
nuovo a di nostri. Capo de'ribelli era un
682 ANNA ti n' ITALIA
Sampiero , uomo fiero eli quella nazione , li quale
ancorché avesse messo in rolla Ire mila sol-
dati genovesi spediti coni ra di lui , pure perchè
eli mancavano forze da tentar cose inatreiori
da per se, fece almeno quanto [)ote per muo-
vere qualche principe che assuiriesse l' acqi.i-
slo di queir isola , ma senza trovarne alcuno.
Tanto innanzi andò quell' izza , che protesta-
rono que' sollevali di volersi più loslo dare a i
Turchi , che tornare all' ubbidienza della re-'
pubblica di Genova : precipitoso consiglio clie
si è fatto udire anche ne' tempi nostri. In mano
d' essi Genovesi restavano le principali fost'/-
ze, e riusci loro di ripigliar Portovecchio col-
l'aiulo dell'ai mala spagnuola che ritornava
dalla conquista del Pegnone.
annodi Cristo i3G5. Indizione P^IIT.
di Pio 1\ pajìci 7
di Massimiuaino li iinpnndoiv 2.
Avvcninievito sopra modo strano parve V es-
sersi nel gennaio di c[aest' anno scoperta una
congiura conira del pontefice Pio IV . il q lale
mansueto e clemente , non odio , ma amore
cercava pur di riscuotere da ognuno ; uè cer-
tamente alcun danno o dispiacere avea ro.-ato
a chi nu'ditò di torre a lui la \ita. Fu essa
cospirazione tramala da Benedetlo Accolti , fi-'
glie dei fu carilinale Accolti, ed in essa con-
corsero il contf; .\ntoiiio Canossa , Taddeo Man-
fredi , il cavalier Peiliccioni , Piosj^ero i^it o io
ed altri, lutti genie di mala vita e genie l'ana-
lica j come da i falli ap.parve. Fu credulo che
ANNO MDLXV 683
l'Accolti, coir essere stato a Gencvra ,. avesse
ivi bevuto non solamente il veleno dell' empie
opinioni , ma eziandio le fanlasticlic immagina-
zioni ch'egli ebbe forza d'imprimere ne' com-
plici suoi. Cioè , diceva egli , che ucciso il pre-
sente papa , ne avea da venire un altro divino ,
santo ed angelico , il qnal sarebbe monarca di
tutto il mondo. E buon per costoro . perchè
bel premio aveano da riportare di sì orrido
fatto. Al conte Antonio dovea toccare il domi-
nio di Pavia ; quel di Cremona al Manfredi |
al Pelliccione quello della città dell'Aquila j e
così altre signorie agli alti-i. Per conosere me-
glio l' illusione e leggierezza delle lor teste j
basterà sapere che si prepararono al misfatto
colla confession de' loro peccati , tacendo nuUa-
dimeno l' empio sacrilegio ed omicidio che
disegnavano di commettere. Fissato il giorno ,
si presentò una mattina a' piedi del pontefice
l'Accolti col pugnale preparato all' impresa j ma
sorpreso da timore , nulla ne fece. Nata perciò
lite fra i congiurali , il Pelliccione , per salvar
la vita , andò a rivelare il già fatto concerto.
Tutti furono presi ; e per quanto co i tormenti
e colle lusinghe si .procurasse di trar loro di
bocca chi gli avesse sedotti ed incitati a sì ese-
cranda azione, nulla si potè ricavarne, se non
che l'Accolti sosteneva d' aver parlato di ciò
con gli Angeli , i quai certamente non doveano
essere di quei del Paradiso. Furono costoro
pubblicamente tormentati per la città , e poi
tolti dal mondo. L'Accolti, sempre ridendo fra
i tormenti y assai dimostrò che si trattava di
gente che avea leso il cervello , e forse
681 AN'KAT,! d'iTAUA
iTipritava più la carità d' esser tenuta incatenata
in uno spedale , che il rigore di un capestro.
Per assicurarsi nondimeno il papa da. altri si-
mili insulti , destinò al palazzo papale la guar-
dia di cento arcliibusieri. Confermò parimente
l'ordine da lui fatto nel 1062, che non doves-
sero godere franc'iigia i palazzi de i cardinali ,
né de gli ambasciatori de' principi , allineile
non servissero di rifugio a' malviventi. Proibì
poscia sotto varie pene a i nunzj pontifi/.j di
procacciarsi lettere di raccomandazione tla i
principi , o di valersi d> quelle che essi spon-
taneamente esibissero. Fece in oltre nel di un-
dici di marzo la promozione di molti cardina-
li , la maggior parte persone di gran merito ,
e conlossi fra esse Ugo Boncompagno vescovo
di Bologna , che fu poi Gregorio XIII.
Gran terrore, massimamente all'Italia, diede
in quest' anno il tuttavia vivente e feroce Sul-
tano de' Turchi Solimano. Si rodeva egli da
molto tempo le dita per li continui insulti che
faceano alle sue navi e terre i cavalieri Ge-
rosolimitani di san Giovanni , chiamati gli Ospi-
talarj : però venne alla determinazione di levar
loro l'isola di Malta, da lui ohiatnata nido de i
corsari cristiani. Stnpt'udo fu d suo ai-mauieuto,
perchè giunse a diicenlo quaranta vele , fra le
quali si contarono cento sessantotto galee con
copiosa <|nantilà di gente da sbuco e d'arti-
glierie. Simile armata di mare non avea mai
fatta in addietro la potenza ottomana. General
(li terra fu Muslalìi Bissa ; general di mare
Pialy Bass^t Unghero rinegato. Andò ancora ,
ma tardi, ad unirsi con loro il famoso corsaro
ANNO iMm.xV^ 685
Dragiit Rais colle sue galeotte e soldati. Cer-
tificati intanto del barbarico disegno don Gar-
zia di Toledo viceré di Sicilia , e il ge-
neroso gran mastro di que' cavalieri Giovanni
Valletta , avcano provveduta la città di INlalla
di tutto il bisognevole per sostenere un asse-
dio. Nel di i8 di maggio a vista di quell'isola
comparve la forniidabil flotta tnrcliesca ; ed
allora tutti i combattenti cristiani con sommo
coraggio e insieme allegria corsero a i posti
lor destinati, contando per fortunata la lor vi-
ta , se la spendevano per dilesa della Fede e
della patria. Erano intorno a sei mila i difen-
sori , cioè cinquecento novanta ca\ alieri , quattro
mila Maltesi , e mi le e cinquecento soldati , e
forse più , tra Italiani , Franzesi e Spagnuoli.
Cominciarono i Turchi a battere con molti pezzi
di grossa artiglieria il castello di Sant' Ermo ,
posto nella lingua di terra che guarda i due
porti d<'ir isola , e poi vennero a furiosi assal-
ti , che costarono loro gran perdita di gente j
e in uno d' essi colpito il corsaro Diagut ral-
legrò assaissimo i Cristiani colla sua morte.
Nel dì 21 di giugno restò presa la sudtieUa
fortezza , e trucidato chiunque era sopravivuto
alla forte (hti?sa. Si accinse dipoi MiistaPa all'as-
sedio della fortezza di S. Michele ; nel qual
tempo, cioè a dì 12 di luglio, venne a rin-
forzarlo il Bei d'Algieri con ventisene legni ,
eu i quali erano pili di mille uomini da guerra.
Air incontro spedito da Sicilia il mastro di
campo Robles con quattro galee, passando ar-
ditamente quasi per mezzo i nejuici , sbarcò
neli' isola seccato fanti, rinforzo che recò non
Ò8o ANNALI u' ITALIA
lieve ristoro a gli assediati. Frequenti e san-
guinosissimi furono gli assalti dati a quella for-
tezza da i Torchi, e già le loro trincee erano
arrivate sotto le mura , e si lavorava di minej
quando il Toledo viceré di Sicilia, dopo tanta
ddazione, determinò di portare all' afflitta città
il promesso soccorso. E però con sessanta due
galee giunto nel dì ■j di settembre alla parte
di Malta vecchia , colà sbarcò nove mila sol-
dati eletti , con vettovaglia per quaranta gior-
ni , e poi se ne tornò in Sicilia a preparar
altri aiuti. Mandò il Bassa Mustafà sei mila de i
suoi a riconoscere che genie era quella , e
trovò persone che sapeano menar le mani ,
perchè uccisero forse mille e cinquecento di
quegl' Infedeli. La notte seguente imbarcati i
Turchi, fecero vela alla volta di Lepanto, la-
sciando libera V isola di Malta , ma conquas-
sate tutte le sue fortezze. Perirono in quel-
l'assedio, per quanto fu creduto, almen venti
mila Turchi , parte per le battaglie , parte per
le infi-'rniità. D(;' Cristiani qi'.'iltro mila se ne
contarono estinti ne' cotnbattimenti^ fia i quali
chi dice ducento quaranta , e chi trecento ca-
valieri, che inliepidi sempre in (utìe le fazioni
combaliendo come lioni , lasciarono gran fama
del loro valore. Né minore fu quella del vec-
chio gran mastro Valletta , non avendo egli
in sì terribil congitìnl.ira perdonalo a fiiliche
e pericolo alcimo. I^asciò egli dipoi innnorlale
maggiormente il suo nome [)cr avere a!;giunta
alia vecchia ciltà la cll(!i Vallella , e tanta co-
pia di forlificiizioni , che Malia può oggidì sem-
brare inespugnabile , o , per dir meglio nuò
ANNO wm.xv 6^'J
appeìinrsi la città più forte dell' universo. Guai
air l(alia , s' essa cadea allora nelle grifle tiir-
chrsclic ; |)erò quanto fu il tenore ti' ognuno
per queir assedio , altretianto giubilo si provò
r.<-lla sua liberazione, ^è già mancò papa l'io IV
di soruniinistrar soccorso di gente e danaro
per sì urgente bisogno della Cristianità. 1 utla-
via don Garzia di Toledo, per a\er cotaii'o
differito il soccorso , ebbe de i Miiamur dal re
(Cattolico; e col tempo perde il governo della
Sicilia.
Fin r anno precedente era slato concliiuso
il matrimonio delT arciduchessa Barbata u' Au-
stria , figlia di Ferdinando 1 im|)eratlore , con
Allonso 11 duca di Ferrara, e dell' aicitlucliessa
Giovanna di lei sorella minore con don Fran-
cesco de' Medici principe di Firenze. Ma con-
venne dilierirne dipoi T esecuzione per la morte
sopragiunta del suddetto Augusto. Nel dì 21 di
luglio del presente anno il duca di Ferrara
con grandioso accompagnamento s'inviò verso
la Germania , per visitare in Inspruch la prin-
cipessa a lui destinata in moglie. Di là passò
a Vienna per assistere al funerale del delunto
Cesare , e ricevette singolari finezze dal novello
i^iiperador Massimiliano li , e da i due arcidu-
chi di lui fratelli. Tornato poscia in l'alia si
diede a fare i preparamenti piii magnifici per
le nozze suddette ; e nel dì ao di novembre
inviò a Trento il cardinale Luigi d' Esle suo
fratello , accompagnato dal canlinal di Correg-
gio e da una comitiva nobilissima , a sposare
r arciduchessa in suo nome. Insorsero ivi di-
.spute di precedenza; per esservi giunto prima
0iS8 ANNALI d' ITALIA
in persona 11 principe di Firenze , con preten-
dere perciò che seguisse lo sposalizio suo
avanti a quello del duca di P'errara. Ma rap-
presentando il cardinal Luigi la preminenza
deir età nella principessa Barbara , e del grado
nel duca Alfonso, stante T esseie questi sovra-
no , e il Metlici suggetto al padre duca , s'' in-
cagliò forte r affare 5 e contuttoché il santo
cardinale Carlo Borromeo , spedito colà dal
papa con titolo di Legato per onorar quelle
nozze , si adoperasse non poco per isniorzare
la contesa, niun d' essi volle retrocedere. Troncò
dipoi Massimiliano Augusto il gruppo con or-
dinare che lo sposalizio delle due arciduchesse
si facesse ne gli Stali de i mariti loro desti-
nati. Il che fu poscia puntualmente eseguito.
Insigni feste furono fatte in Ferrara nel dì 5 di
dicembre , in cui 1' arciduchessa Barbara fece
la sua solenne entrala , e parimente ne' susse-
guenti giorni , essendosi spezialmente nel dì 1 i
del dello mese data esecuzione ad un toiiieo ,
intitolato il Tempio d Amore , che riempio di
maraviglia e diietlo per la novità e magnifi-
cenza dell' aufilealro , delle macchine e delle
comparse , l' incredibii copia de gli spettatori ,
accorsi colà anche da lontane palli. Fra gli
altri merita d' essere nH'nlo\al()''ugliflmo duca
di Mantova con L(!onora d'Austria sua moglie,
sorella della nuova duchessa di Ferrara. Era
allora essa città di Ferrara riguardata (|ual mae-
stra di ((ueste arti cnallcresche. Passò a Fi-
renze anche l'arciduchessa (jioxanna, e quivi
ancora con solennissime feste di maschere ,
conviti , balli , giuochi di cavalli , caccic di
ANNO MDLXV 68c)
fiere sclvaticlie , ed apjjarati di statue e pittu-
re , furono niagnilicaiueiite ci.'iebiate le sue
nozze.
Aljbiani latta menzione del piissimo cardinal
Cario Biìnoineo, ii*gato allora delia santa Sede
per tutta l'Italia. Ardeva egli di voglia di por-
tarsi a Milano per visitar la sua chiesa , con
disegno ancoi'a di tener ivi il primo suo con-
cilio provinciale j e cotanto tempestò lo zio
pontefice , a cui troppo rincresceva lo stara
senza eli lui , che ottenne licenza d'inviarsi
colà nel di pruno di settembre. Vi andò , ac-
colto con incredibil allegrezza e divozione dal
popolo milanese ; celebrò il concilio suddetto j
con alloggiare alle sue spese i vescovi sufTra-
ganei ; poscia si portò , siccome dicemmo , a
Trento, .\ccompagnata sino a Feirara la du-
chessa Barbara , continuò poi il cammino coll^
principessa di Toscana sino a Fiorenzuola , dove
ricevette un corriere colla nuova di grave ma-
lattia sopragiunta al pontefice j e però prese
le poste verso Roma. Parve che in quest'anno
il papa si dipartisse daile massime plausibili
di governo osservate da lui in addietro , e
massimamente durante il concilio di Trento ,
di cui mostrava apprensione. Cioè si dietle a
far danaro : al qual fine impose alquanti nuovi
aggravj allo Stato Ecclesiastico ; maniera co-
moda per ricavarne , ma eziandio per eccitar
lamenti e riscuotere maledizioni. Fece anche
rivedere i processi già cominciati contro di al-
cuni nobili , per impufazion di varj delitti ; e.
questi furono il conti' Gian-Francesco da Ba-
gno e il conte Nicola Orsino da Pitigliano, a i
Muratori. ^In/i. y'ol. Xlf^. 44
690 ASNAM D ITALIA
quali diede gran travaglio ; e fu creduto che
si riscattasserc colla moneta. Mosse in oltre
lite al duca di Ferrara , pretendendo eh' egli
avesse fallo più sale che non conveniva , con
pregiudizio della camera apostolica : tutte cose
odiose , benché vestite col manto della giusti-
zia. E non è già che questa avidità di pecunia
gli entrasse in cuore per ingrassare od innal-
zare i parenti. Ebbe egli da soccorrere Malta
con gente e danari ; ebbe da inviar somme di
contante all' imperadore per la guerra mossa
dal Transilvano e dal Turco. Avea anche preso
piacere alle fabbiiche , all' abbellimento di Ro-
ma , a risarcir le fortezze e i porti dello Stato
della Ohii sa. Terminò egli in quest' anno la
f(. tificazion del Borgo di Roma , di cui sopra
parlanuiio , e che abbracciava il Vati( ano e
Castello Sant'Agnolo , ed ampliò il recinto di
Roma da quella parte, ordinando che si chia-
masse Città Pia ad esrm|)io di papa Leone IV
che fabbricò la Leonina. Chiamasi oggidì Borgo
Pio. Cominciò da fondamenti d palazzo de i
conservatori in (Campidoglio , e rifece il pon-
tifizio in esso sito. Ad uso pubblico rimise la
Via Aurelia , e fece del bene all' altra che
guida a Campagna di Rona. in benefizio an-
cora delle lettere istituì una nobile stamperia
con \arietà di cara! Ieri anche di lingue orien-
tali, e ne diede la cura a Paolo Manuzio let-
terato di molto crethto , chiamato per questo
a Roma.
Tali azioni , ed altre eh' io tralascio , servi-
rono certamente ad illustrar la memoria di
questo pontefice. Ma se per (arie , a lui fosse
ANNO MDI.XV 691
convenuto aggravare i suoi popoli , si può du-
bitare se sia vera gloria ({uella de' principi che
senza necessità se la prov;acciano colle lagrime
de' sudditi. La verità uiindiineno si è , che la
gravezza di quattrocento mila scudi d' oro da
lui imposta nelf anno presente fu in soccorso
dell' impeiadore gravemente minacciato da i
Turchi. Appena arrivato a Roma il cardinal
Borromeo , ed informato da i medici della di-
sperata vita del pontefice , egli stesso fu quello
che destramente andò ad avvertirlo che s' av-
vicinava il suo passaggio a miglior vita , e gli
assistè sino all'ultimo respiro con altri due insi-
gni cardinali Sirletto e Pateotto. Morì papa Pio IV
nel dì 9 ili dicembre , come s' ha dall' iscri-
zione posta al suo sepolcro : lua perchè mancò
di notte , altri fa succeduta la morte sua nel
dì IO d' esso mese. Non mancarono difetti a
questo pontefice ( e chi n' è mai senza ? ) , ma
un luilla furono in paragon delle molte s le virtù;
e sempre sarà in benedizione la memoria sua
pel glorioso compimento da lui dato al conci-
lio di Trento ; per avere riformati i tribunali
lutti di Roma; mantenuta la pace e l'abbon-
danza ne' suoi Stati ; e promosse alla sacra por-
pora persone di gran merito e di rara lette-
ratura; e in fine per essersi guardato da ogni
eccesso nelf amore de i suoi , ed avere a be-
neficio ed ornaiiuMito di Roma fatte tante belle
fabbriche. Era egli dotato di si felice memo-
ria, che all' imi)rovviso recitava squarci de gli
antichi poeti , storici e giuiisconsulti. Furono
in quest'anno tumulti nel .Monferrato, essen-
dosi rivolUato il popolo di Casale contra di-
6q3 ANNALI d' ITALIA
C.u£;lielmo duca <li Mantova lor signore. Ma il
go\ einator di Milano , a cui non piacevano
questi semi di guerra , fu loro addosso col-
]' anni , e gli obbligò a chiedere perdono.
Durò bensì la ribellione de Corsi . quantunque
contra d' essi fosse spedito da Genova Stefano
Doria con nuove genti. Ricevette egli una buona
percossa da que' ribelli, che anche costrinsero
Corte colla sua rocca a rendersi , ma ■ gli di-
poi Vi ricuperò. Nei dì 18 di noveniDre di
quest' anno si videro pomposamente celebrate
in Brusselles le nozze d; Alessandro Farnese ,
figlio di Ottavio duca di Parma , con donna
Maria figlia di Odoardo , fratello di Giovanni
re di Portogallo , la quale da Lisbona fu nia-
g lificamcnte condotta in Fiandia, do\e dimo-
rava allora esso principe colla duchessa Mar-
gherita sua madre , governaliice de' Paesi Bassi.
Tornei , giostre ed altri suntuosi divertimenti
non mancarono in quella congiuntiu'a , tuttoché
pregni di mali umori si trovassero in questi
tempi i popoli di quelle contrade, siccome
a ccennererao all' anno seguente.
Anno di Cristo i5(.)6. Indizione IX.
di Pio V papa 1.
di MassIiMiliano II imperadore 3.
Sul principio di quest' anno , cioè nel dì 7
di gennaio , fu posto nella caltecha «li San Pie-
tro uno «ie' più riguardevoli ponlelici della
Chiesa di Dio, per opera spezialmente del piis-
simo cardinal Carlo Borromeo, a cui adcrixa
il grosso partito do' cmduiali creali da Pio iV
ANTS'NO MDLXVI CqS
ano 7.Ì0. Qiipstl vpraiiKMite sulle prime inclinava
co' suoi voti a promuovere il dignissimo car-
dinal -Morone Milanese. Ma nel dissuase il car-
dinal Micliele Gliislieri , chiamalo il cardinale
Alessandrino , per essere stalo il Morone car-
cerato sotto papa Paolo IV per sospetti di
religione , quasiché non avesse bastato a pie-
namente dileguarli una chiara sentenza delT in-
nocenza di lui sotto il pontefice Pio IV, e
r esser egli slitto capo del concilio di Trento.
Si rivolsero dunque gli occhi d' esso cardinal
Borromeo a i cardinali Sirleto , Bonconipagno,
ed altri degni suggelli. Ma incontrandosi in ca-
daun d'essi qualche o.stacolo , fissò finalmente
i pensieri nel medesimo cardinale Alessandri-
no ; e tuttoché da più d' uno gli fosse rappre-
sentato non convenire né a lui né alle crea-
ture di Pio IV r innalzamento di chi riconosceva
per suo proiuotore Paolo IV CaralTa, ed avea poco
goduto della grazia dello stesso Pio IV -, oltre
air essere in concetto d' uomo troppo rigido e
severo ; pure il Borromeo assai conoscendo la
somma pietà e P integrità della vita dell' Ales-
sandrino , e che il suo zelo non andava scom-
pagnato dalla prudenza e clemenza , volle an-
teporre ad ogni privato suo riguardo il bene
della Chiesa di Dio con accelerare la di lui ele-
zione: esempio il quale volesse Dio che stesse
sempre davanti a chiunque de\ e entrare nel
sacro conclave. Era nato il cardinale Ghislieri
nell'anno iSoS nel Bosco, terra dell'Alessan-
drino . diocesi di Tortona , di bassa famiglia.
Allorché egli fii poi salito tant' alto , T antica
e nobil famiglia de' Ghislieri Bolognesi si recò
6g^ ANNALI d' ITALIA
ad onore di riconoscerlo di sua schiatta, vero
o falso che fosse che im de' loro antenati
nelle guerre civili avesse piantala casa nel Bo-
sco. In età di quindici anni ciitiò nell'ordine
religioso di san Domenico , in cui riuscì insi-
gne teologo, fu inquisitore in varj luoghi, poi
vescovo di Ncpi e Sutri , e finalmente pro-
mosso alla sacra porpora nell'anno ì55'j da
papa Paolo IV, che poi il deputò capo della
sacra Inquisizione in Roma. Era egli , siccome
esente ila ogni ambizione , ben lontano dal
desiderio , non che dalla speranza di dover
reggere come sommo \isibil Pastore la Chiesa
di Dio , quando contro l'espptlazion d'ognuno
egli fla i cardinali Farnese e Borromeo fu pro-
posto e concorflemeute eletto pontefice , e
prese il nome di Pio V per compiacere il
Borromeo. Cosa curiosa si racconta , di cui
non mi fo iiialle\adore : cioè , che passando
per la terra del Bosco un corrieie portante in
Francia la nuova drlla di lui elezione , senza
che egli sapesse che quella era la patria del
pa[)a , il suo cavallo si fermò nella piazza di
essa teira , nò sperone o batlilura bastò a ri-
metterlo in cammino. Accorse gente in aiuto
del corriere , e sajiuto da lui il motivo della
sua fretta , vennero anche ricavando I' esalta-
zione del loro compatriota : il che fatto , il
ca\ alio , senza faisi più pregare , tornò al suo
galoppo. Grande allegiezza che fu in quel po-
polo.
Non accolsero gih cor: paii giubilo i Romani
l'esaltazion di questo pontefne, temendo di
Vedere risorgere in lui l'odiato Paolo IV ,
ANNO MDI.XVI 695
•perchè conosciuto per l'omo severo e collerico j
tultocliè presto passasse la collera sua , e ze-
lante al maggior segno della sacra Inquisizione.
Di queste voci informato il buon Pio, ebbe a
dire : Confidiamo in Dio di aver da operare
in maniera che a i Ronuuii dispiacerà più la
nostra morte cht^ la nostra elezione. In fatti
diede egli principio alle sue lodevoli azioni
colla liberalità , donando a i cardinali poveri
venti mila scudi d'oro, e dieci mila a i con-
clavisti. Pagò in oltre , secondocbè avea desi-
derato pria di morire Pio IV , cinquanta mila
scudi di dote al conte Altemps , che avea
presa in moglie una sorella del cardinal Bor-
romeo. Nel primo concistoro, dopo avere rin-
graziati i cardinali per averlo innalzato a sì
sublime grado , li pregò del loro aiuto e con-
siglio per rimeltere in buon tuono la Chiesa
di Dio , onoratamente riconoscendo che tante
eresie e disastri sopravenuti alla religion catto-
lica altra origine non aveano avuto che dalla
mala vita e da i cattivi esemph dell' uno e
r altro clero. Il perchè scongiurava ognu io di
dar da lì innanzi buon odore . e di aìutailo
affinchè fosseio ridotte in pratica le belle or-
dinanze del concilio di Trento. Poscia nel dì
sei di marzo per le tante batterie di varj por-
porati s' indusse a conferir la sacra porpora a
Fra Michele Bonelli suo pronipote per sorella ,
ed anch' esso doli' ordine de' Predicatori , il
quale per le molte sue viiiTt grande onore di-
poi recò alla dignità cardinalizia. Applicossi
dipoi con sommo fervore il santo pontefice a
l'ilormar la propria corte , gli abusi di Roma
6g6 ANNALI d' itat-ta
e le cormltele della Ciistianità : intorno » die
è da vedere la di lui Vita. AiP infelice regina
di Scozia Maria , agitata dalle fiere tiiibolenze
del suo regno , inviò in dono venti mila scudi
d' oro. La sua gratitudine verso di papa Pao-
lo rV suo promotore cagion fu eh' egli , sic-
come accennammo , fatto rivedere il processo
formato contra del fu cardinal Carlo CaralTa ,
e contro il già conte di Montorio suo fratello,
e trovatolo difclloso , restituì almeno alla lor
memoria e nobil casa ogni onore e lama, an-
corcliè paresse a taluno clie lo scaricare i ni-
poti di Paolo rV tornasse in qualche aggravio
o dello slesso pontefice loro zio, o di papa
Pio IV che gli avea fatti condannare. Da una
grave epidemia lesiò alTlitto in quest'anno il
popolo romano. A tutti i poveri infermi som-
ministiò il pontefice iimosine , medici e me-
dicine. Riscattò con pochi dauari dalle mani
de' corsali un suo nipote , per tale non rico-
nosciuto da essij e fattolo comparire in Roma
con gli abiti da schiavo , gli donò y\n cavallo
e un ufizio che aninialmente hutla^a cento
scudi. Con questo lieve regalo il rimandò a
casa sua. Così operava il santo pontefice troppo
alieno dal ne|)f)lìsnio.
Ma in quesl' anno moltiplicarono i mali so-
pra la terra. Perciocché il tuttavia vegeto gran
Signore dc'Tiuchi Solimano, sempre sovve-
nendosi con rabbia dello scorno ricevuto da i
Cristiani nel \auo assedio di Malta , e sempre
ingordo di nuo\e con([MÌsle , si diede a lare
un più formidabile aimanicnlo non solo per
marc^ ma anche per terra. Dove avesse q
ANKO MDT.XVT Gf^^
piombare il suo sdegno . non si polca ben pre-
vedere. Erano certamenle in pciicolo Malta e
l'Ungheria. Perciò il gran mastro Valletta fece
gagliarde istanze di soccorso al papa e al re di
Spagna , che non mancarono di preparar gente
e navi , e di spedir grosse somme di danaro
per difesa di quella importante isola. In tale
strettezza di tempo fece egli quante fortifica-
zioni mai potè nella lingua di terra dove dianzi
era la smantellata fortezza di Sant'Ermo, dando
principio alla città poi denominata Vallella , e
si premunì in maniera che nulla paventò da lì
innanzi le minacce e i vanti de gl'Infedeli.
Vennesi poscia a scoprire , tali non essere le
forze in mare de' Turchi , per lo gravissimo
danno da lor patito nel precedente anno sotto
di Malta , che potessero tentar di nuovo uii
osso sì duro. Contiittociò unirono coloro una
flotta di ottanta galee (Andrea Moiosino la fa
di circa cento quaranta ) sotto il comando del
Bassa Pialy . e la lor prima impresa fu di sot-
tomettere all'imperio ot'omano l'isola riguar-
devole di Scio , ricca pi'i la produzion del ma-
stice , la quale ducento anni prima presa da i
Genovesi , si governava a gui.sa di repubblica
colla superiorità de' Giustiniani nobili di Ge-
nova, e colla permissione della Porta Ottomana,
a cui pagavano ogni anno un tributo di dieci
mila ducati d' oro. Proditoriamente fu occupata
quella città, abbattute varie chie^^e , alzata ivi
una moschea con incredibii dolore de' poveri
Cristiani. Giunse dipoi la flotta turchesca nel-
l'Adriatico. Tentò in vano Pescara e l' isola
di Tremiti ; ma al loro furore soggiacquero
698 A-NALI d' ITALIA
nella costa di Puolia e deir Al'bruzzo Ortoiia ,
Fraiicavilla , Ripn di Cliicti , il Vasto , Santo
Vito, la Serra Capriola, Termole ed altre ter-
re , per lo spazio di cento miglia , che rima-
sero sacchegcjiate e date alle fiainme, con fare
schiavo chiunque si tro\ò pie;ro a fuggire. Fu
spedito dal par»» il duca di Bracciano alla di-
fesa della Marca con quattro mila fanti pagati,
I Veneziani frettolosamente corredarono e spin-,
sero in mare cinquanta galee ben fornite di
gente. Circa ottanta altre ne mise insieme don
"ÌBarzia di Toledo viceré di Sicilia. Verisimil-
mente 1' awiso di tali armamenti quel fti che
indusse Pialy a tornarsene in Levante, lasciando
liberi da ogni timore i Maltesi. Licenziate di-
poi dal viceré di Sicilia le galee di Spagna ,
Genova e Firenze, molte d'e.s.se capitarono in
mano de' corsari Algerini , siccome ancora dtie
navi con ricchissimo carico procedenti dall'A-
merica •- per le quali prede immensi danni patì
la repubblica cristiana.
Il pericolo m.ig,'ior r.ondimono che sopra-
stava a i Cristiani , era in Ungheria , sapen-
dosi che Solimano aveva allestito un poten-
tissimo esercito «la terra. Massimiliano II An-
gusto , che vedea iti aria il nero temporale ,
intimò una dieta generale in Angusta , chia-
Uiando colà i principi tutti della («ermaiiia ed
Italia. A questa fu (lato principio mi dì 2G di
marzo ; e ])ercio< che si temeva che i Prote-
.stanti , provalendosi del bisogno «li Cesare ,
fossero per trattar ivi di religione , sollecito
fi papa Pio a fu* venire colà da Polonia il
celebre canlinal Commemlone legalo , il quale
ANNO IWDT.XVl 6c\C)
si sagg'uuncnlo dispose le cose , clip ninna no-
vilà si fece ivi in riguardo alla religione ; f
però il papa mandò a Cesare di presente sess
santa mila scudi colla promessa d' allri cin-
quanta mila l'anno, lincile durava la guerrA
col Turco. Intervennero ad essa dieta Emma-
nuel Filiberto duca di Savoia , che promise e
mandò dipoi quattro o cinquecento cavilli ar-
chibugieri in aiuto dell' imperadore ; eGuj,'lielmo
duca di Mantova , che s' impegnò <li contribuir
buona somma di danaro. Gli altri principi di
Germania , chi più , chi pieno , esibirono soc-
corsi , e in universale fu risolato di mettere
in piedi un' armata di quaranta mila finti e
di otto mila cavalli. Promise in oltre il prin-
cipe di Firenze tre mila fanti e gran somma
di danaro. Ma superò l'espellazion d'ogiuino
A'fonso d' Estc duca di Ferrara. Ho io de-
scritto altrove (i) il grandioso suo apparato per
soccorrere il cognato Augusto. Peiò breve-
mente dirò ch'egli in persona passò a Vienna
con accompagnamenlo nobilissimo di trecento
gentiluomini a eavallo tntli ben in armi , di
secento archibugieri a cavallo e di altri armati.
Consisteva tutto questo corteggio in quattro
mila persone ; la sola metà nondimeno era di
combattenti tutti a cavallo con beli' armi e ricche
divise. Ma sì magnifico preparamento di Tedeschi
ed Italiani , che tante spese costò, andò poscia a
finire in una guerra da scherzo , senza che
(i) Anticliitù Estensi Parte IL
"JOO ANNAT.I d' ITAU\
dal canto de' Cristiani prodezza alcuna si fa'
cesse j a riserva dilla presa fli N'esj)rino. In-,
tanto arrivò Solitila i:o in Ungheria con sì po-
deroso esercito , die la fama e il terrore f -ce
ascendere a secento ni'l.i persone , calcolandosi
ciò non ostante che solamente cento cinquanta
mila a cavallo e cento mila pedoni fossero atti
alle militari imprese. Tn presa da costoro Giu-
la , poi nel dì 5 d' agosto messo 1' assedio a
Ziglietto , città fortissima , che fu mirabilmente
per alquante settimane difsa dal conte Nic-
colò Sdriiio , contro i molli sanguinosi assalti
dati da i Musulmani. Venne a morte in qnes'o
tempo, cioè nel dì 12 di settembre, sotto
quella piazza il gran Signore Solimano II. Nulla
di ciò seppe sino al seguente ottobre 1' eser-
cito turchesco , sì accortamente si studiò il
Bassa Maometto di celarlo , allìuchè Sclim II
di lui figlio avvisalo si mei lesse pacificamente
sul trono. Anzi esso Bassa fingendo minacciata
a lui e a gli altri comandanti la morte, se
non si prendeva Zighelto , animò i Turchi a
ftr r ultimo sforzo , per cui si fitù di pren-
dere la rocca tuttavia nsislente, colla morte
dello Sdrino e di tutta la guarnigione cristiana.
Nulla di più fecero i Turchi , e vittoriosi se
ne tornarono in Levante: con che restò sciolta
anche larmiita cesarea. Venne il nuovo gran
Signore Seliin sino a Belgrado ad incontrare il
corpo dell' estinto genilore.
Si accese in (piesli med<'s!Mii tempi un altro
gravissimo incendio ne' Paesi Hiissi , le cui scin-
tille fin l'armo precedente aveano avuto princi-
pio. Per la vicinanza de' Tedeschi Luterani e
I
ANNO jinr.xvi 701
df' Franzesi C;ȓviiiisti s' era ampiamente dila-
talo in quelle parti il veleno dell'eresia, e
n' erano infftti anche assaissimi delle nobili e
principali famiglie. A Filippo li re di Spagna
venne in testa die il più t filcace rimedio per
puri;are que' mali umori fosse 1' introdurre colà
non l'Inquisizione ordinaria, clie v'era, ma
quella di S[)agna coli' esorbitante sua rigidezza,
senza ben esaminare se per quelli stomachi
fosse a proposilo una medicina di tanto vigo-
re. Ordinò pertanto che in Fiandra e Ollanda
e nel resto di ipie' paesi si pubblicasse e fosse
accettalo il concilio di Trento , e seco l' In-
quisizione suddetta. Forse al concilio non si
sarebbe fatta resistenza , ma bensì la fecero
coloro alla minacciata introduzione di un giogo
che non aveano portato i lor maggiori , e che
facea paura anche a i buoni ed innocenti. Ed
eccoti tumulti , sedizioni , proteste e ricorsi
alla duchessa Margherita governatrice de' Paesi
Bassi, la ([uale spaventata promise di scrivere
al re , e intanto fu ob!)ligata a far qualche
capitolazione di tolleranza co i sollevati. In-
tesa die ebbe il re Filippo questa novità, gli
cadde in pensiero di passar egli in persona
con buona copia d'armati in Fiandra; ma poi
prese la risoluzione di spedir colà don lerdi-
nando di Toledo duca d'Alva , personaggio che
in alterigia e severità non si lasciava |)iender
la mano da alctnio. Tali Itirono i principi d una
lagrimevoi guerra, che diirò poi per tant' an-
ni, e terminò nella funesta separazione de gli
Ollandesi , o sia delle Provincie Unite , dall' ub-
bidienza del re Cattolico e della Chiesa Romana.
y0 2 ANNALI D ITALIA
S'è disputato e si disputa tuttavia sé si fossero
conservati que' popoli nella vera credenza e nella
divozione alla corona di Spagna , qualora il re si
fosse astenuto dall' imporre ad essi l'insoppor-
tabil peso di U' Inquisizione Spagnuola , ed
avesse adoperato i lenitivi, e non già i cau-
stici e il ferro in si scabrosa congiuntura. Ma
niiiii può decidere qual effetto avesse prodotto
la clemenza e la mansuetudine che il duca di
Feria vigorosamente consigliò allora al re Cat-
tolico ; perchè tali fidici avea preso ne' Paesi
Bassi r iniezione dell' eresia , che forse colla
piacevolezza né pur si sarebbe mantenuto nella
cattolica religione quel paese che poi colla forza
si preservò. Certissimo tuttavia all' incontro si
è , che la via del rigore usala conlra di quei
popoli , i quali pretendevano lesi i lor privi-
Ic^j colla novità dell' Inquisizione sudtletta ,
fece in fine perdere al re Cattolico e alla
Chiesa Romana quelle belle provincie , che og-
gidì miriamo cotanto ricclie <; mercantili far sì
grande figura ne gli all'ari del mondo. Fu im-
putata tutta quella ribellione al prurito di li-
bertà per seguitar le nuove filse opinioni ; ma
chi avesse bene scandagliato il cuor di ognu-
no , avrebbe trovato essere grandissima, anzi
siqjeriore la schiera di coloro che nulla pen-
savano allora a mutar religione , ma sì ben
cercavano di schivirc un tribunal sì odioso,
che maneggiato alla foiriia ili Spagna Iacea ri-
brez/.o a chi ne sapea l' acerbità , e ne ingran-
diva i[i suo cuore il lùnlasma. Buoni Cattolici
erano e sono i Napoletani: pure che non han
fallo , allurchù si è trattalo di un' introduziou
ANI<0 MDLXVI -JOJ
somiEjlinnle ? Ma non più di questo. Crtato
clic Ih papa il buon Pio \' , Otiii io Farnese
duca di Parma e Piacenza si portò in persona a
pagare i! tributo del suo ossei|uio al suo novello
sovrano. Tornato a l'arnia in\ià una nobil comi-
tiva a condurre dalla Fiandra la |)rincipessa di
Portogallo sua nuora in Italia. \ fnne essa col prin-
cipe A essandro suo consorte , e nel (il 24 di giu-
gno fece la sua nìagiiiiica entiata in Paima, ac-
colta da madama Vittoria, sorella ili esso duca
e moglie di Gunlubidilo duca d' Urbino. Quivi
eoa varie fi sle e divertimi nli si solennizzò
l'arrvo di essi principi, nuiitre la duclxssa
Margberita , madie del uiedeMmo Alcssanilioe
reggente de' Paesi Bas»i , si trovava in mezzo
alle tempeste delie quali poco fa abbiam fa-
vellato.
Anno di Cristo i SGy. Indizione X.
di Pio V papa 2.
di Massimiliano II imperadoie 4»
Da che si vedeano con dolore i progressi
deir eresia in Francia e ne' Paesi Bassi , attese
con diligenza il sommo pontefice Pio a pieser-
varp spezialmente l'Italia ila quella perniciosa
iniluenza. Sotto i precedenti papi non avea fatto
grande sti cpito l' Inquisizione in Roma : tornò a
farsi sentire il suo vigore, ed aiulie rigore,
sotto questo zelantissimo papa. E che in Italia
non mancassero di quelle teste che cominciarono
a disapj)ro\ar certi usi della Chiesa, anzi se-
gretamente sostenevano i perversi insegnamenti
de gU Eretici di questo secolo, non se ne può
"704 ANNALI d' ITALIA
dubitare. Ha pur troppo anche l' Italia sommi-
nistrati Eresiarchi a gli oltramuntaai, e si videro
persone di gran distinzione passare talvolta nel
campo de' Protestanti. Ora alcuni di costoro
patentemente ribellati alla vera Chiesa di Dio
furono presi in varie parti; e il pontefice aven-
doli ottenuti flal duca di Firenze , da' signori
Veneziani, dal governatore di Milano e da altri,
li fece condurre a Roma. E guai se nascevano
sospetti ili guasta credenza nelle persone ; ciò
bastava per trarli alle carceri. Quindi passò un
salutevoi terrore per tutta i' Italia , che mise in
briglia i cer\ elli forti , o vogliosi di libertà. La-
sciossi anche portare il pontefi -e dal suo zelo a
bandire da Roma tutte le pubbliche meretrici
contro il sentimento del senato romano, che gli
ra[)preseiitò le pc^ggiori conseguenze che prover-
rebbono da sì fatto univcsal divieto, essendoci
de' mali nel mondo che convien tollerare per
ischivarne de' maggiori. La sperienza comprovò
questa verità ; e però il papa ordinò che almeno
queste sordide femmine si ritirassero in remoto
ed ignobii angolo della città. Fece anche fabbri-
care una suntuosa casa o palazzo per li catecumeni.
E ben sotto di lui si convertirono alla Fede
assaissimi Giudei ed anche ricchi. Una gran
predica diveniva per gli scorretti la slessa vita
santa di questo pontefice. Era già stata, siccome
dicemmo, pr(!su in [spagna la risoluzione d'in-
viare in Fiandra il duca d'Alva con buone forze
j)i'r l'cprimere i moli di libcllione eccitali in
quelle contrade (i). E perciocché tale spedizione
(i) A(li'i:iiii , Fainiiiuo Strada. Cardinal Bcntivogiio.
Caiiipauu ed ulU'i.
ANNO MDI.XVIl 705
non si potea fare per la Francia , convniiue
pensare alla via d'Italia. Vennero intanto ordini
a Gabriello della Cue\a duca d'Alburquerche e
governator di Milano , e a i viceré di Napoli ,
Sicilia e Sardegna , di unir quante truppe spa-
gnuole potessero , e di reclutarle eil accrescerlo.
La ma.ssa delle genti fu fatta ira Alessandria e.l
Astij e però il duca d'Alva imbarcatosi sul
principio di maggio con diecisette bau liere di
fanti spagiiuoli. arrivò a Genova, e passò a far
la rassegna delle rannate soldatescbe. Si trovò
avere otto mila ed ottocento fanti s[)agnuoli ed
italiani, gente veterana e di sperimentato valore,
ed in olire mille e ducente cavalli tra italiani ,
spagnuoli ed albanesi. Si unirono poscia coji lui
nel viaggio mille Tedeschi ed altri piccioli rin-
forzi. Ottenuto d passaggio dal tinca di Savoia,
condusse quest' armata pel Moncenisio , e andò
in Borgogna , e di là in Fianilra , dopo aver
dato gran gelosia a i Genevriiii e Fianzesi^ che
per questo si premunirono a i confini.
Molto prima di sì fatta spedizione era riuscito
alla duchessa Margherita, governatrice de' Paesi
Bassi , di rimettere colla forza all' ubbiclieuza
del re Cattolico le città di Tornai , di Valen-
ziene, di Mastrich e d'Anversa, dove in adtlietro
essendo prevaluto il partito de' miscredenti, mossi
ed aiutati da gli Ugonotti di Francia , averx
commesse di grandi insolenze contra de' Cattoli-
ci, con prorompere ancora in aperta ribellione.
Castigo non mancò a i medesimi : e questo
esempio sì buon efletto produsse , che tornò
la tranquillità per tutte quelle provincie , e la
religione cattolica restò nel suo vigore e quiete
MuRAToiu. Ann. f^sl. XI K. 45
'JOS ANNAU d" ITALIA
da jier ttitto. Perciò la duchessa non una , ma
più lettere scrisse al re , rappresentandogli che
colla via della soavità si guadagnerebbe tutto ,
e che non potrebbe se non nuocere V inviar
colà il duca d'Alva colla bandiera del terrore;
giacché cessando il temuto nome dell' Inquisi-
zione Spagnuola , qne' popoli piotestavano di
voler continuare nel do\ uto ossequio verso la
Chiesa e verso il re. Ma per mala fortuna, an-
corciiè il re Filippo si trovasse assai perplesso , -à
prevalse nel consiglio suo la presa risoluzione di I
spedue il duca e l'esercito in Fiandra, perchè ]|
sempre si temeva sopito , ma non estinto il
fuoco de' precedenti tumulti, e venivano ancora
de' gagliardi sotlj dalla parte di Roma. Pui e è
lecito il cre<lere che nulla avrebbe piegiudicato,
anzi con più polso giovato ad assodar la di-
mostrala ubbidienza de' popoli l'arrivo del duca
d'Alva colà, s'egli coll'amorevoiezza e con dolci
maniere avesse trattati que' popoli , e provve-
duto con prudenza alla parte guasta dall'eresia
eh' era la minore. Ancor qui bisogna chinar la
fronte davanti a gh occulli giudizj tU Dio. Il
primo passo che fece la superbia del duca d Alva,
e che intorbidò tutta la pace rifiorita per cura
della saggia duchessa nelle provincic , fu il
tiatlener piigioni i conti di Agamonle e di
JhiMU), amendue «le' principali signori della l' lan-
dra. Il principe «f Oianges , più di !i>ro a\ v<v
dulo , s' era con altri , assai conoscenti dello
strambo umore «lei duca, ritirato in (jermainu
Questa risoluzione, presa ed eseguila scMza
parlecipaila alla duchessa reggente , fece abba-
stanza u lei conoscere di non poter jnù con suo
ANNO MnLXvn 'jon
^?C0Y0 formarsi dove era chi esercitava mag-
giore autorità della sua. Però con sue lettere
mollo circospette supplicò il re fratello di con-
cederle il congedo j ed ottenutolo, il ringraziò,
predicendogli nondimeno che la presente politica
del di lui gabinetto arn\erebb(; a far acquisto
di un grande odio , e una non lieve perdita di
potetiza ne' Paesi Bassi. Si partì di Fiandra la
duchessa Margherita, accompagnala dalle lagrime
di que' popoli , che non cessavano d'esaltare
la sua pietà , il saggio suo governo , la sua
cortesia, e l'altre sue belle doti; e tanto }\iù
vedendosi eglino restare sotto il dispettoso e
severo cello del duca d'Alva. Tornossene a
Parma' questa illustre principessa , ricevuta con
solennissimo incontro dal duca OtUivio con-
sorte , e le furono dal re Cattolico accresciute
le rendite sue dotali , fondate nel regno di
Napoli , fino a quattordici mila scudi per an-
no. Per onore di questa principessa Jio cre-
duto a me lecito di entrare ne gli atTari di
Fiandra ; intorno a i quali altro non soggiu-
gnerò , se non che il borioso duca d'Alva
continuò a far varj altri rigori , esecuzioni e
no\ilà die servirono di tromba per muovere a
sedizione e a guerra dichiarata quelle pro-
vincie , sostenute dal credito e da gì' incita-
menti dol principe d' Oiangcs.
Le turbolenze della Fiandra , nelle <juali
gran mano teneano gli Ugonotti di Francia ,
tornarono ad accendere il fumo e la ribellioa
di coloro contro del re Cristianissimo. Giunsero
lino a tentare di far prigione il medesimo re
con tutta la sua corte, ma non venne lor fatto-
708 ANIv'Atl d' ITALIA
Portarono il tenore sino alle porte di Parigi ,
s'impadronirono di Bologna in Piccardia, dilla
Kocella e d'altre piazza, poco avendo servito
a fermare i lor passi una rotta data loro a
San Dionigi. In tali angustie il re Carlo IX ri-
corse air aiuto di papa Pio V e a' principi
d' Italia. Avrebbe il papa volentieri inviate colà
alcune migliaia di fanti ; ma avendo il consiglio
del re mostrato abborrimento ad armi straniere^
e bramando più tosto un soccorso di danari, si
obbligò esso pontefice di somministrar ogni
mese venticinque mila ducati d'oro, fintantoché
durasse la guerra. Il duca nondimeno di Savoia^
il quale , per quanto s' ba dal Guichenone , fu
in pericolo in quest'anno d'essere preso da gli
Ugonotti di Lione, mentre era alla caccia nella
Bressa . inviò un soccorso al re di Francia fli
tre mila pedoni e mille e settecento cavalli ,
comandati da don Alfonso d'Este, zio del duca
di Ferrara e padre di don Cesare , che fu poi
duca di Modena. Dicono clie si trovò questa
gente alla suddetta battaglia di San Dionigi.
Le storie nostre mettono molto più tardi l'ar-
rivo di tal soccorso in Fiancia ; e l' Estense
solamente al principio dell' anno seguente si
mosse da Ferrara. Continuò ancora nel presente
anno la ribcllion de" Corsi alla repubblica di
f ieiiova : ma perchè presso Aiazzo restò ucciso
il Sjmipicro , capo della rivolta, uè Allbiiso suo
figlio j Inlloclic uomo di gijin \alore , succe-
«Icudo a lui, ebbe il croflito e seguito del padre,
noi \ediemo all' anno seguente tornare al loro
silo l'ossa slogale di f(iicli' isola, il giorno 4 *!*
novcnibre di quest' anno fu f ultimo dvUa vìUa
Anno mdlxvii ^09
dì Girolamo Friuli doge di Veile/.ia , in cui
Vece nel dì 26 d' esso mese fu alzato a quella
dignità Pietro Loredano.
o
Anno di Cristo i 568. Indizione Xt.
di Pio \ papa 3.
di MasòImiliaino II imperadore 5.
Non si può passar sotto silenzio una delle
più strepitose tragedie che ci ra))presenti mai
la storia, cominciata sul principio di quest'anno
in Ispagna , e terminata dopo sette mesi , che
diede dolore ad infinite persone , e stupore e
gran materia di parlare ad ognuno per tutta
V Europa. Non avea Filippo II re di Spagna
che un figlio solo , cioè don Carlo , erede l'u^
turo di quella vasta monarcliia , già pervenuto
all' età di ventidue o ventitré aiuìi,e che ve-
niva considerato da i Siciliani . Napoletani e
Mibnesi per destinato dalla Provvidenza al loro
governo. Verso la mezza notte del dì 18 di
gennaio lo stesso re accompagnato da' suoi con"
tìiglieri entrò nella di lui camera , e fece tosto
levar la spada e una pistola carica eh' egli te-
neva sotto il capezzale. Svegliato il principe,
saltò fuori del letto, e veduto il padre, gridò:
f^ostva Maestà mi vuol ammazzare Gli ordinò
il re di tornarsene a letto; ma egli da dispe-
, iato tentò fin di buttarsi nel fuoco. Tolta fu di
sua camera ogni scrittura , e tutto ciò di cui
si sarebbe egli potuto servire per nuocere a
sé stesso; e ben inchiodate le finestre, furono
Lisciate ivi buone guardie che il custodi;>sero
■JiO ASNAU D ITALIA
di vij.[a , P riferissero tutti i suoi cenni e pa-
role. Da lì a f|ualche giorno venne chiuso il
misero principe in una forte torre. Secondo le
apparenze fu creduto che il padre altro non
intendesse che di ritenerlo ivi senza voler l.-i
sua morte; ina egli in tante maniere se la
proceurò o col non voler cibo , o col pren-
derne di troppo , e spezialmente con lasciarsi
\ incere dalla rabbia e dal dolore, che nel di i4
di luglio cadde gravemente malato. Allora fu
eh' egli si rassegnò a i voleri di Dio , e mu-
nito poi de' sacramenti spirò I' anima nel dì 24
d' esso mese , vigilia della festa di San Jacopo
maggiore , tanto veneralo da gli Spaglinoli. So-
lenni esequie per quindici giorni gli furono
fatte per ordine del padre , sonniiamente af-
flitto per la perdita di un figlio , qualuiKjue
egli si fosse , e per le Unite dicerie che ben
prevede\a inevitabili per sì lagrimevole scena.
E gran dire fu in eiTctto per questo dapertut-
to , e massimamente gli storici ( e sono ben
molli ) pretesero d' informare il pubblico de i
motivi che indussero un re padre a ptivarsi
di un figlio, e figlio unico, non già col tc-
leno , come snspcltaiono i maligni, ma con
Hiia stretta prigionia che bastò per trarlo alla
morte.
Sognarono alcuni che don Carlo cominciassw
O accrescesse 1' iz/a sua contro il padre al ve-
dere presa da lui vecchio per moglie Isabella
di Francia , che cou\eni\a mollo piOi a lui gio-
\an(!lto. Che da 11 iunauzl egli amoreggiasse la
matrigna , onde nascesse gi-ave gelosia nel pa-
the . il quale vie più si confermasse in lai
Anno BDLxvnt "7 1 1
sospetto , perchè la Tiiiona principessa gli par-
lasse talvolta in isciisa e favore del fii^ltastro.
Crebbe niaj'giorinente cotal diceria , allorché si
vide mancar di vita per immaturo parto la
stessa regina Isabella nel dì 3 di ottobre di
quest' anno , interpr(>tando la maliziosa gente
per violenta mia morte che tanto facilmente
potè essere naturale , e che inavvertentcmente
fu accelerata da i medici , gindicanti lei oppi-
lata e non gravida. E questo s' ha da i ro-
manzi fabbricati su questo funestissimo avveni-
mento, fra' quali lia a\uto grande spaccio quello
d(!l signor di San Reale. Altii scrissero nata la
discordia di don Carlo col padre, perchè te-
nuto come scliiavo , e sovente ancora Sgrida-
to. Ch' egli tramò di fuggirsene e venire in
Italia , o passare in Fiandra , per sollevare i
popoli contro il real genitore ; e che diede
impulso alla sollevazion de' Mori , accaduta in
chiesti tempi in Ispagna. Aver egli confidato,
o almen lasciato traspirare qualche suo perni-
cioso disogno a don Giovanni d' Austria suo
zio , il quale immantenente rivelò tutto al re.
Che don Carlo sparlava pubblicamente del pa-
dre e de' suoi ministri ; manteneva corrispon-
denze co i di lui nemici j era di genip sì cru-
dele , che potea temersi di lui non un re
severo, ma un tiranno spietato. Ch' egli si sco-
prì infetto di sentimenti eretici , per li quali
fu anclie chiamato il consiglio dell' Inquisizio-
ne , secondo il parer di cui , non meno che
del real consiglio , fu conclnuso doversi ante-
porre il pubblico bene della religione e dello
Stalo ad ogni privato riguardo. Perlochè fi*
>J12 ANSALI » ITAtlA
profferita sentenza di niorlp centra di Ini , e
questa sottoscritta con coraggio dal re- aillittis-
simo contro tutte le ripugnanze della natura.
Ma il saggio lettore ha da essere persuaso
die l'imniaginazion del volgo e degli storici e
de i politici fabbricò qui pili sul verisimile che
sul vero; perciocché Filippo TI non volle per
motivi di saviezza rivelare giammai al pubblico
i molivi dell' imprigionamento tlel figlio. Quel
clic si pnò tenere per fermo , si è , che don
r,ailo fu principe di cervello torbidissimo , di
genio stravagante , e pregno d' odio contra del
padre : passione capace d' ispiraigli ogni pin
rea risoluzione. Che il re padre nulla operò
contro il figlio senza consultar sopra sì impor-
tante affare ministri e teologi , e senza chiarire
con bnone pruo\ t; in un processo i demeriti
del figliuolo. E finalmente essendo egli stato
monarca sì saggio e pio , non si può mai cre-
dere eh' egli padre prendesse sì vigoroso risen-
timento contro di un unico figlio , se giuste e
potentissime i-agioni non I' avesseio spinto a sa-
crificar r amore paterno all' interesse dello Stato.
Anche lo Czar Pietro imperadorc della flussi» ,
principe d'immortale memoria, si è veduto x
j giorni nostri nel medesimo cimento, e ridotto
a puniie nn figlio anch'esso unico, <li cui tutto
si polca temere. Questi poi volle per discolpa
sua informato il mondo della giustizia di ((nel
gasligo. Ma il re Filippo dovette credere mag-
gior prudenza il tenere occulti i giusti molivi
dell' indignazione e risoluzione sua. In somma
(jiiando un padre non tiranno , non empio , ma
assennato e timorato di Dio . arriva ail infierire
anko Miu.xvin 71 3
contra ili un fii^lio , si lia da sentenziare in fa-
vore del primo , e non dell' altro.
Potrehbesi ben ilubituie, se convenisse alla
prudenza di sì gran re Taxere inviato in Fian-
dra un nobile carnofice , che tale si potè ben
chiamare il duca d'Alva, senza mai far caso
de' consigli della duchessa Margherita sua so-
1 ella , e delle preghiere di Massimiliano II im-
peradore , che prevedendo i disordini seguaci
li ella cri^deltà , non cessò mai d' ispirargh le
vie della clemenza , per le quali si sarebbe as-
sodata la religione cattolica e il dominio spa-
gnuolo ne' Paesi Bassi. Fece l' inumano duca
nel presente anno su pubblico palco decapitare
1 conti d'Agamonle e d'Homo, nobilissimi e
prodi signori , che pur protestavano di nuUa
avere operalo contro il re F'ilippo , e coraggiosi
morirono nella comunione della Chiesa Catto-
lica : il clxe fé' sempre più conoscere che la
religione non era il primo motivo di quelle
barbariche esecuzioni. Confra non meno di se-
cento altre persone , dice l'Adriani , la maggior
parte nobili , e almen la metà cattoliche di
cr«denza , fahninata la sentenza di mwte, ebbe
il suo effetto ; e ne restava nelle prigioni non
minor numero , benché di minor qualità e ri-
spetto. Che orrore , che odio , che incitamento
alla ribellione e alla vendetta cagionasse questo
macello ne' popoli di quella provincia , non oc-
corre eh' io lo racconti. Riportò in quest' anno
due vittorie il duca d'Alva , l' una contro Lodo-
vico di Nassau, e l' altra contra il principe d'Oran-
ges , fratello di esso Lodovico ; e per queste sì
fattamente si gonliò , che volle entiar come
ni4 ANNALI d' ITALIA
trionfante in Brussi^lles, e nell'anno seguente
volle die gli fosse dirizzata una statua di bronzo
con iscrizione piena di tanta vanità, che beffar si
fece da tutti i saggi. Maggiotniente ancora gli salì
il fumo alla testa , perchè il pontefice Pio V, ri-
guardando in lui un gran di fensor della Fede,
gli mandò in dono il cappello e lo stocco or-
nati di gemme. Anche in Francia continuò la
guerra del re Carlo contro gli Ugonotti : ma
in tali angustie si trovò esso re , per mancanza
spezialmente di pecunia , che non seppe esen-
tarsi dal venire ad un accomodamento , o sia
pace , con essi nel dì 25 di marzo , accordainlo
a coloro tali conilizioni , che non meno dal
papa che dal re Cattolico fu disapprovata e bia-
sijiiata come soverchia la di lui condiscenden-
za. Ebbero i Genovesi in quest'anno la consola-
zione di metter fine alla rivolta de' Corsi , con
guadagnare Alfonso figlio di Sampioro , che già
vedemmo divenuto capo de' ribelli in qnell' iso-
la. Non avendo costui trovato alcun principe
che stendesse una mano per aiutarlo , niun di
essi accettando 1' offerta , vanamente lor fatta
della Corsica , diodo ascolto a chi trattava di
pace : gli furono pagati dalla repubblica di Ge-
nova tutti i suoi beni , ed egli passò dipoi a
stabilirsi in Francia, dove pel suo valore nelle
seguenli guern; meritò d' aver nobili impieghi.
Con ciò la Corsica si (jutrtò , e tornò tutta al-
l' ubbidienza de' Genovesi. Potrebbe essere noii-
«limeno che il coinpiruenlo di questo giubila
lo conseguissero eglnio solamente neirauuo se-
guente. D.irava tuttavia la lite di |)rt!cedonza
Ha .Ufoaso duca di Fcrraiu e Cosimo duca
ANNO MDT.XVlrf JlS
fìi Firenze. Gran o'iballimento intomo ad essa
fu fallo nel presente anno , essendo favorevole
al primo l' impcratlove , e all' altro il papa. In-
clinava la coite di Francia a sostener la parte
dell' Estense , e seguì anche un tumulto in (piella
corte prr (juesto in occasione di celebrarsi il
funerale del defunto don Carlo principe di Spa-
gna. Avea preso l'imperadore a decidere que-
sta contesa , ma non mai giunse a profferirne
il suo voto. Per altra via papa Pio V si stu-
diò di darfa vinta al duca di Firenze , siccome
diremo all'anno che seguita.
^rno di Cristo i5Gc). Indizione XII.
di Pio V papa f\.
di Massimiliano II imperadore 6.
Perchè s'andava maggiormente accendendo la,
guerra in Fiandra , e varj principi della Ger-
mania aveaiio già pre.'-o a proteggere il prin-
cipe d' Oranges ribello del re di Spagna, l'im-
perador Massimiliano, a cui premeva di estin-
.guere quel fuoco anche pe' suoi parlieolari
interessi , avea spedilo nell'anno aiklietro a
Madrid 1' arciduca Carlo por consigliare il re a
levare dal governo di Fiandra quel beccaio del
duca d'Vlva , e seco le milizie spa:^n iole, assi-
curandolo che coir uso delTa clemenza que' po-
poli tornerebbero tutti ali ubbidienza del re,
purché vi si mettesse un governatore di gran
credilo e prudenza. Ebbe un bel dire l'arci-
duca. All'altura spagnuola sembrava oUeso il
suo decoro , se cedeva alle dimande de' suddi-
ti , benché portate dal cuginq Auj^uito. Si
7l6 ANNALI d' ITALIA
sospettò tendere questo maneggio a far cadere
quel governo in uno de gli arciduchi, e a ri-
cavarne la libertà della religione ne' Paesi Bassi.
In somma nulla di ciò ottenne 1' arciduca ; ma
bensì fu conchiuso che l' imperadore darebbe
per moglie al re Filippo II 1' arciduchessa Anna
sua figlia, e a Carlo IX re di Francia l'altra
minor figlia Isabella. Tornò l'arciduca Carlo in
Italia , dopo avere ricevuto dalla corte Catto-
lica grossi sussidj yyev la temuta guerra de i
Turchi , e passò a Firenze a visitar la princi-
pessa sua sor-Ila, e di là poi venne a dì 7 di
maggio a Ferrara per veder l' altra sorella ,
cioè Barbala moglie del duca Alfonfo II. Sic-
come questo duca era sommamtnte magnifico
in simili occasioni, non lasciò indietro spetta-
colo o divertimento alcuno per solennizzar la
venuta di sì illustre cognato. Il condusse an-
che a Venezia a veder la festa dell' Ascensio-
ne ; poscia ritornato con esso lui a Ferrara ,
nel dì 16 del suddetto mese fece eseguire un
torneo di maravigliosa invenzione e di somma
spesa, in tempo di notte, e sopra la larga fossa
della città, con singoiar varielà di macchine,
d'azioni e di ricche compuse. Ma sì grandiosa
festa , in cui non si sa se maggior fosse il di-
letto o lo stupore, rimase funestata da un la-
grimcvole successo. Perciocché essendo scesi
dal muro in una barca sei di que' nobili com-
battenti tulli armali, cioè il conte Guido ed
Annibale de'Bcntivogli ( l' un tiglio e l'altro
fratello del conte Cornelio Binlivogli ), il
cont»' Ercole Montecucc(»li , Niioluccio Rondl-
iielli, U conte Ercole Bevilacqua ed Auuibale
ANNO MDLXIX 717
Estense , tulli signori di rara nobiltà e valore,
per poca avvertenza de' loro servitori si rove-
sciò la barca , e a riserva de i due ultimi , i
quattro primi cavalieri restarono miseramente
affogati nell acqua.
Un altro miserabile spettacolo di lunga roano
maggiore si provò nell'anno presente in Vene-
zia. Tra le maraviglie d'Italia vien considerato
il riccbissimo e vastissimo aisenale di Vene-
zia. Nella notte susseguente alla festa dell' E-
saltazione della Croce , o sia al di 14 di set-
tembre (e non già al dì 24 , come lia, creilo
per errore di stampa, il Campana), o per malizia
degli uomini, o per naturai fermentazione de' ni-
tri dell'aria, si attaccò fuoco in uno de' torrioni
dove era la polve da cannone, che si comunicò a
i tre altri simili. Tale fu lempito di questo scop-
pio, che rovinò la metà dell'arsenale, si fracas-
siirono molte galee, andò per terra gran quan-
tità di case vicine , e tutto il monistero e la
chiesa delle Celestine, con altri infiniti danni.
Tre o quattro mesi prima s era divol^^ to uà
prognostico , senza sapersene 1 autoie , che alla
metà di settembre verrebbe la fine del mondo.
Con questa prevenzione in capo non si può
esprimere qual terrore ne gli animi anche della
gente savia prodBcesse sì spaventoso accidente.
Ma ritornata la quiete primiera , non tarda-
rono quei prudentissimi padri a rifabbricar
tutto anche in forma migliore. Fu questo un
preludio a maggiori disav\'enture della repub-
blica veneta , la quale sentendo un grande ar-
mamento che si facea dalla parte di Selim Sul-
tano de' Turchi , fu obbligala anch' essa a faire
iJlS AiVNAU d' ITALIA
un grosso preparamento di vele e genti per
quel che potesse occorrere. Attendeva intanto
r indefesso pontefice Pio V a mettere in buon
assetto le cose della religione , con sostenerne
la difesa in Francia , G-rmania e Fiandra , e
insieme a riformar gli abusi dello Stato l-^cc'e-
siastico. Da questo furono banditi gli Ebrei , e
loro solamente permesso di abitare in Roma ed
Ancona. Con buona pranuiiatica fu riformalo il
lusso delle donne, e molto più quello de gli
ecclesiastici. Uscì rigoroso proclama clie vietava
a chinnque avea abitazione in Roma, il p«tcr
andare alle pubbliche osterie e taverne , per
qui\i mangiar, bere o i;;ioja re , essendo queste
unicamente istituite pel biso^no de' forestieri e
per chi non ha casa: regolamento che verisi-
milmente fu di corta durata , ma che sarebbe
da desiderare introdotto e mantenuto anche
neir altre città , per impedir tanti disordini
che ne provengono al basso popolo. iNIa pur
troppo andrà sempre il privalo interesse al di
soj)ra <*.l pubblico bene.
Le paci de gli Ugonotti in Francia eraiio
com>-' le febbri quartane ; e però poco stet-
tero coloro a sguainar le s|)ade , e a far più
che nini uni furios;i guerra a i Cattolici. Il re
Carlo 1\ per questo ricorse al* papa , a i prin-
cipi d' Italia e al re di Spagna. E non indar-
no ; percioceliè (;onoscendu il pontefice ([uanto
iti que' torbidi fosse interessata la causa di
Dio, fece quanto potì^ per soccorrerlo. Da sag-
gio padre non adoperò già ne'suoi Slati l'odioso
ripiego di accrescere le gravezze , ma si ben si
servì delle preghiere , colle quali ricavò dalljj
ANNO MDI.XIX 7I<)
sola Roma cento mila din-yli , eJ altreltiiiil»
(la gli ecclesiastici , t-d altri cento nàia dal ri-
manente de' suoi Slati. Adunò in oltre quattro
m.la fanti e mille ca\aHi, co' (ju;ìIì si conginn-
KtTO altri mille fanti e cento cavalli sommini-
sliati dal duca di Firenze. Eletto per generale
d'essa pente il conte Sfòrza da Santalioia ,
spedì questo aiuto in Francia : aiuto non lieve
al re Cristianissimo in que' bisogni , essendosi
poi segnalati questi Italiani nella difesa di i'oi-
ticrs e nella batl.aulia di ilonconlur, iu cui le
armi catloliclic riportarono una gloriosa vittoria.
Ventisette fuiono le insegne o bandiere clie in
tal congiuntura guadagnò il conte di Sanlatlora
generale del papa ; e queste inviate a lioma ,
furono appese in San Giovanni Laterano con
iscrizione in marmo per eterna testimonianza
della pietà ilei papa e del valore de gì' Italia-
ni. Non parlo del progresso delle gneire civili
«li Francia , per acceiuiare dipoi gli avveni-
menti di Fiandra , ne' quali parimente ebbero
parte molte milizie e nobili d' Italia. Il duca
tl'AIva , in cui oltre alla naturale inclinazione
s'accresceva ogni dì più qualche dosa di alte-
rigia per le vittorie riportate , e jier tante armi
die aveva in sua mano, si teneva oramai sotto
i piedi la uazion tiamtninga , sotto il qual
nome a me sia lecito di compremieie tulli i
Paesi-Bassi. Trovando egli non solo esausto ,
ma anche iudebitato l'erario regio, per ri-
metterlo , anzi per renderlo capace di maggiori
imprese, si avvisò d'imporre nuovi aggravj a
que' popoli. Pubblicò dunque editto, oidinando
che si pagasse per tutte le vendite de mobili
'J'ÌO AXXALI D ITALIA
la decima parte, la vigesinia per gli slabili, e
di tutti per una volta sola la centesima. Ma
i Fiamminghi assai conoscenti che questo in-
sopportahil peso era la maniera d'impoverirli,
e che tutto quello che contribuissero alle vo-
glie del duca , avea da servire per maggior-
mente conculcar loro stessi , cominciarono a
ricalcitrare , mostrando che si fatto insolito ag-
gravio andava a rovinar interamente il traffico,
già troppo infievolito a cagion di tanti tessitori
che erano passati in Inghilterra ; e che si ri-
durrebbono in tale povertà , che né pure io
tempo di pace avrebbero potuto pagar le or-
dinarie contribuzioni. Ma quanto più essi gri-
davano e comparivano renitenti ad una cieca
ubbidienza , tanto più s' inalberava il duca. II
tornare indietro non era cosa da Spagniiolo;
perciò venne al tuono delh; minacele, ma senza
ottener 1' intento. In tali dispute terminò l'anno
presente in quelle parti.
Ebbero in quest' anno varj capi di querele
contra del pontefice Timporador Massimiliano II
e il re di Spagna Filij)po li. Le buone maniere
che sapeva usare V accorto duca di Firenze. Co-
simo I , laveano renduto sì accetto a papa Pio V,
ch'egli si potea in certa guisa chiamare l'arbi-
tro della corte romana. Bastava ch'egli chiedesse,
per ottenere. Concertata dunque ha loro la ma-
niera di decidere , senza decidere , la premi-
nenza del duca di Fireu/.e snpra quel di Fer-
rara, il papa nel dì pi imo di settembre, .senza
participazion del .sacro collegio , dicliisrò Co-
simo gran duca di Toscana , con assegnargli
la corona regale. Spezialmente si fond.) egli,
ANNO MDIXIX 'J3I
per concedergli quest' onore , nella pretensione
del duca di non riconoscere alcuno superiore
temporale jiol dominio fiorentino, e in una
noti so qual distinzione di papa Pelagio. Per
questa r soluzione si risentirono forte e fecero
gravi doglianze l'imperadore e il re di Spagna,
j)relendentlola per una manifesta usurpazione
del diritto altrui, stante Tessere Cosimo pel
dominio fioronlino vassallo dell'imperio (come
esso Augusto con sua lettera (i) diceva appa-
rire dalle investiture o sia da i diplomi di
Carlo V ) , e per la signoria di Siena vassallo
de i re di Spagna 5 e stante il non avere i
pontefici giurisdizione alcuna temporale in que-
gli Stati. Tanto più ancora si alterarono quei
due monarchi , perchè al dispetto delle loro
proteste e richiami , portatosi il duca Cosimo
neir anno seguente a Roma, con gran solen-
nità rice\ette tlalle mani del papa la corona
regale 0 lo scettro , senza che alcuno de gli
ambasciatori de' principi volesse intervenire a
quella finizione. Dichiaravasi poi particolarmente
esacerbato il re Cattolico , per avere il papa
inviato in Sicilia monsignor Paolo Odescalco
con titolo di Nunzio , e facoltà di regolar qui\ i
le cose ecclesiastiche : cosa insolita e contraria
al preteso privilegio o sia consuetudine della
chiamata monarchia di Sicilia. Dole\ asi in oltre
che il pontefice avesse fatta un' altra novità
coir aggiugnere alla Bolla in Coma Domini la
proibizione a' principi d'imporre nuove gabelle
e dazj a i popoli lor sudditi , con iscomunicar
(i) Lunigo, Codice Diplomai.
Muratori, ylnn. Voi. XIV. 4^
-ja:* ANNALI I) ITALIA
olii ciò facesse , senza eccettuare alcun de i
monarchi. Ma in nulla andarono a tìnir tutti
questi lamenti . })roleste e disgusti , perchè
t'-mpi correano ne' quali ognun de' potentati
cattolici abbisognava delle rugiade di Romaj
r imperadore per la gucna tcn.uta \icina de i
Turchi ; il re di Francia per quella de gli Ugo-
notti, e il re Cattolico [>er la rivolta de' Moii
e per li torbidi della Fiandra. Anche il duca
dì Sa^oia Ennuanucl Filiberto restò non poco
olfeso per l' onore conferito dal paj)a al duca
di Firenze , e mandò le sue grida a Roma.
(}nelollo il pontefice con chre di non aver in-
teso con ciò di pregiudicare a i diritti di prin-
cipe alcuno.
Grande strepito parimente fece in quest'anno
ciò che nel dì 26 d' ottobre accadde al .santo
cardinale ed arcivescoxo ili Milano Carlo Boi-
romeo. Tra le tante memorabili azioni sue per
riformare l'uno e 1' altio clero di quella città,
singolaie fu la sua preumra di mettere buon
sesto al troppo scorretto e corrotto ordine de
i fiati Umiliati : ordine nato ne' secoli addie-
tro in es.sa città , e dilatalo per la Lombardia.
Congiurarono contra di lui alcuni de' più scel-
lerati , e un Ciiohimo l'onati, per sopranome
il Farina , sacerdote fra essi , prese 1' assunto
di liberar da questa chiamata vessazione 1' or-
dine suo. Aspcilò costui che il sacro pastore
si trovasse inginocchiato su uno seabello veiso
nu'zz' ora di notte nelP or; torio dell'arcivesco-
vato, dove concorreva alle oiazioni la di lui
famiglia con altre persone ili\ote; ed allorcliò
i musici canla\ano queste parole: Au/i turb^tur
ANNO MDLXIX 723
cor vcstrum , ncque forinidet , dalla porta
dell' oratorio , in vicinanza di qnattro braccia ,
gli sparò wì archibugiata. Il colpì una palla
nel mezzo della schiena , ma non passò il roc-
chetto , e cadde a terra. Pn\ d' uno de' qua-
dretti , onde era carico T archibugio , penetrò
fino alle cute , e solamente vi lasiiò un nero
segno. Gli altri quadrctd percossero il muro in
faccia, e vi fecero uno squarcio. Si sentì il
santo arcivescovo urtar sì forte da questo colpo,
che cadde boccone sul'o scabello , e si tenne
per ferito a morte. Pure stette saldo , finché
fosse terminata T orazione, dopo la quale si
trovò egli sano e salvo con segno manifesto
della mano di Dio che miracolosamente il pre-
servò dalla morte. Ebbe tempo il sicario di
fuggire e di nascondersi j ma non si ascose già
alla giustizia di Dio , perchè di lì a qualche
tempo scoperto ebbe il meritalo gastigo , tut-
toché il buon cardinale facesse il possibile per
salvargU la vita. Per tanta ini(juità fu poi total-
mente estinto da papa Pio V nel dì 8 di febs
braio del 1571 T ordine de' fiati Umiliati.
Alino di Cristo iS^o. Indizione XIII.
di Pio V papa 5.
di Massimiliano li imperadore 7.
Ancorché si godesse in Italia la pace , anno
fu questo di calamità non lievi , anno spezial-
mente lagrinievolc per la guerra mossa tla i
Turchi alla Cristianità. Era cominciata nel pre-
cedente una gravissima carestia , che continuo
per gran parte di quest'anno, aflliggcndo, chi
-24 ANMAI.1 d' ITALIA
più chi meno , tutti i popoli dell' Italia. Massi-
liìamente in Venezia si provò questo flagello 3
laonde la saviezza di quo' reggenti non ebbe
altro ripiego che di metter mano ai magazzini
de' grani riserbati pel bisogno delle armale,
confidando in Dio di risarcir questo danno.
Servì anche tal disavventura per làr maggior-
mente risplendcre in Roma e nello Stalo Ec-
clesiastico l'amor paterno di papa Pio V,
avendo egli proccurato de' giani dalla Puglia ,
e fin di Francia , e fallili distribuir a minor
prezzo a i popoli. In gloria sua si rivolse la
grossa perdita che per tal cagione fece la ca-
mera ponlifizia. Ma ciò (he maggiormente an-
gustiò gli animi de; gì' Jlaliani, fu 1' essersi on;ai
scoperta ed avverata 1' intenzione de' Turchi
contra di Cipri. Che beh' i.^oia , che delizioso
e fertile paese fosse anticamente Cipri , non ha
bisogno d'impararlo da me chiunque ha qual-
che tiutni-a della geografia. Finsero gli antichi
esser ivi nata Venere , per significar le sue de-
lizie. E finche quell'isola, non innneritevole del
nome di regno, ebbe i suoi re ciistiani , si
niantenne in giau credilo ; da che è eadula in
mano de' Turchi , non pare più quella di pri-
ma : di.sgrazia couunie a lauti altri una volta
bellissimi paesi dell'Asia , j)er la Iraseuraggine
ed avarizia di que' barbarici padroni. Erano
circa ottanta anni che la rejnibblica veneta si-
gnoreggiava in Cipri ; e peichè durava la pace
colla ]*oila Ottomana, lieve j)residio d'armati
teneva alla difes;! di quell'isola , fidandosi delle
cernide che vr.mo a mc/xa paga. JNel cuor di
essa isola si co\a\ano ancora ile' mali mi-.ori
ANNO MDLXX ^3.5
pf-r r odio professato da i lavoratori delle terre
a i nobili , da' quali voiiivaiio trattati come
scliiavi : male inveterato , a cui per quanto fa^
cesse la veneta saviezza , non potò mai tro\artì
rimedio che lo risanasse. Costoro nulla più
sospiravano che di mutar padrone colla solila
lusinga di trovarne de' migliori , o , per dir
mei^lio , de' meno aspri e meno indiscieti.
Non furono pigìi, al sentore della minacciata
irruzione de' Turchi , i senatori veneti a far
gente , ed allestir quante galee ed altri legni
mai poterono. Nel qnal tempo , cioè » dì tre
di maggio , festa della Croce , mancò di vita
il doge Pietro Loredano , e in luogo suo nel
dì 9 o pure undici d' esso mese fu sostituito
Luigi Mocenigo, personaggio di gran vaglia ,
quale appunto si richiedeva in tempo di tanti
disastri. Con volontarie offerte d' nomini , di
danaro , di munizioni e legni concorsero al-
l'aiuto d'essa repubblica tutte le città, e i
nobili e benestanti del suo dominio. Minore
non fu l' ardore e zelo di papa Pio in questo
bisogno della Cristianità. Colle più eiticaci
lettere si- studiò di commuovere i principi cri-
stiani , e fino il Sofi di Persia -, ma non gli ,
riuscì , se non di trarre alla difesa de' Vene-
ziani il re Cattolico. Per aggravare il men pos-
sibile i sudditi suoi e far danaro, s' indusse il
pontefice a vendere alquanti cliericati di came-
ra , da' quali ricavò ducento mila scutli , e
giunse fino a spogliare il cardinale Alessandrino
suo nipote del grado di camerlengo, per con-
ferirlo al cardinal Cornalo j che sborsò per
q.sso sessanta mila ducati d' oro. Coii tali
^2'G A>NAU d' ITAUA
sussidj fece egli armare dodici o tredici galee,
general delle quali fu costituito Marcantonio
Colonna. Dal re di Spagna vennero spedite
quaranta nove , o pure cinqnantadue altre ga-
lee sotto il coniando di Gianandrea Doria. Ma
sopra tutto grandioso fu Y armamento della
repùbblica veneta , tuttocliè allora più che
mai si provassero i morsi della carestia, avendo
ella messi insieme circa cento sessanta legni
da guerra , senza contar quelli da carico. Altri
scrissero essere quell' annata veneta composta
di cento trentasei galee sottili , undici galee
grosse , fuste undici , navi tra veneziane e fo-
restiere trenta , e galeoni quindici di Candia.
Di sì grossa armata navale restò eletto capitan
generale G'rolanio Zeno. Unironsi queste forze
cristiane alla Suda in Candia , ma con provarsi
anche allora che le leghe non son diverse da
i lenti , difficili ad accordarsi , ti-oppo facili a
vscordarsi. Niuno avea preveduto, o certamente
non .s' eia provveduto , a chi dovesse toccar
la preminenza , ed anche la principal direzione
della flolla combinata , pretendendo quell' ono-
revol posto cadami de' generali j)er ^arie loro
Ragioni. Si perde gran tempo ad aspettar le
istruzioni e risoluzioni delle corti 5 e intanto
entrarono varie malattie epidemiche , o pur la
vera pestilcir/.a nelle galee veneziane, che scon-
certò di troppo le misure prese. In una paro-
la , tante armi de' Cristiani nulla avendo ser-
vilo per la difesa di (^ipri , si ridussero a i
quartieri di verno, nò si potè conlaro alcima
jiguardevole loro impresa.
Non così avvenne itila polcnlissima flotta
liirchesoa , la qual fu creduta da alcimì che
aseendt'sse a trecento vele. A|)|)r(idò con tante
forze a Cipri il Bassa Mnstafà cenciaie di teira
di essi Turchi, ed insieme Pialy IJissà gene-
rale di mare. Se più gente e più consiglio fosse
stato in quell'isola, forse loio si potea impe-
dire lo sharco. Ma le cernide ricusarono di
comparire alla difesa ; i villani , malliallali da
quella nobiltà , accolseio a braccia aperte i
Musulmani. Sbarcata la prima gente , tornò
Pialy verso Terra ferma . per condurre un
nuovo convoglio. Voce comune fu che in pia
volte sessanta mila coudiattenti almeno , fra i
quali circa sei mila cavalli ed altrettanti gian-
nizzeri , smontassero in quelP isola Impresero
qne' Barbari nel dì 25 di luglio l' assedio di
Nicosia , città capitale del regno j eh' era stata
convenevolmente fortificata e provveduta di
viveri j ma mal fornita di presidio valevole a
render vani gli sforzi de' Turchi , o almeno a
difficullarne i progressi , perchè consistente in
soli mille e trecento fanti italiani pagati , e in
quasi altri otto mila Ciprioti , parte nobili, e
parte plebei , quasi tutta gente inesperta alle
azioni di guerra. Contutlociò in quindici assalti^
furono ributtali i Turchi , e durò quell' assedio
sino al dì 9 di settembre; nel quale sì fiera-
mente restò combattuta la città . che v' entra-
rono vittoriosi gì' Infedeli. Orrido spettacolo
allora si vide ; più di quindici mila Cristiani ,
fra' quali si contò gran numero di fanciulli mi-
nori di quattro anni , furono messi a fil di spa-
da ; il resto di <|ue' cittadini co?id()lto in mia
misera scliiavitù . pochi esseiidoseue salvati 5
^26 A^'^■AL! n' ITALIA
ogni sfogo di libidine anche più nefanda ivi
si esercitò ; e perchè la città era ricchissima ,
gran preda fu fatta da que' cani. Dopo tale
acquisto , vihuente si reiidè Cerines , né altro
luogo deir isola fece da 11 iinianzi resistenza,
fuorché Famagosta , città principale dopo Ni-
cosia. Poco stette Mustafa a mettere il campo
intorno ad essa , e ad accostarsele colle trin-
cee 3 ma difendendosi valorosamente i Cristia-
ni, e venuto il tempo di menare in salvo
V armata na\ ale per la vicinanza del verno ,
r assedio si cangiò in blocco , e per queir anno
Famagosta schivò il giogo turchesco.
Nel dì 25 di febbraio dell' anno presente il
pontefice pubblicò una terribil Bolla contro
Elisabetta regina d' highii terra, dicliiaiata sco-
municata e privata d' ogni diritto in quel re-
gno , con ordinare a gì' Inglesi di non pre-
starle ubbidienza. Dovette avere il santo Padre
giusti motivi di formar questa Bolla , e di for-
marla dopo tanto tempo che Elisabetta era sa-
lita e sì ben a.ssodata sul troìio. Fu creduto
che si maneggiasse in Inghilterra una segreta
congiura di Caltohci , che poi scoperta svanì
colla morte del duca di Norfolch. Ma qual
buon efietlo potessero produrre sì fatti fulmini
ronsislenli in sole parole conlra di un regno
dove sì gran jìicdii avea presa 1' eresia , pro-
fessata non men da essa regina che da i più
del popolo , Ibrse allora non l' intesero i poli-
tici , e meno ora I' inli-ndiauio noi , al sapere
«.•he dopo ciò andarono sempre j)iù di male
in peggio gli aflari della religion cattolica in
quel regno, yille calamità dell'anno presente,
ANNO MfiI.XX 729
cioè alla carestia , alla guerra e alla pestilenza
elio ili varj luoghi si lecere sentire , s' aggiunse
anche il trcnnioto. Cominciò questo in Ferrara
nella notte seguente al dì 16 (li novembre , e
continuò poi con varie ora picciole ora grandi
scosse pel resto dell' anno , e parte ancora del
seguente. Rovinò per questo flagello parte del
castello (leA duca , e molte chiese , monisteri e
case ; e llt obbhgato il popolo a ridursi nelle
piazze e campagne sotto capanne e tende, fin-
ché a Dio piacque di restituir la quiete a quella
terra. In essa città di Ferrara molto prima ,
cioè nel dì 19 di gennaio del presente anno ,
furono celebrate le nozze di Lucrezia d' Este ,
sorella del duca Alfonso , con Francesco Maria
della Roveie , figlio primogenito del duca d' Ur-
bino. Passò ancora per Fiandra , incamminala
a Madrid , 1' arciduchessa Anna , figlia del-
l' imperador Massimiliano II , maritata con Fi-
lippo II re di Spagna. Numerosa flotta la con-
dusse in Ispagna , dove con somma magnificenza
fu accolta , e succederono nobilissime feste ac-
compagnale dall' universale allegria 5 tanto più
grande , perchè già era terminata la guerra
contro i Mori con grande onore di don Gio-
vanni d' Austria , dal cui comando e valore si
riconobbe la felice riuscita di quella per altro
difficile impresa. Fu eziandio condotta in Fran-
cia nel dì 26 di novembre di quest' anno dal-
l' elettore di Treveri Y altra minore arcidu-
chessa Isabella , figlia del suddetto Augusto ,
maritata col re Carlo IX : matrimonio che durò
pochi armi , e di cui non uscì che mia prin-
cipessa di corta vita anch' essa.
73o ANNAU T)* tT.U.lA
/inno di Cristo 1571. Indizione XIV.
di Pio V papa 6.
di' lVJassimilianu II imj eradore 8.
I pror^re-si drll' armi Inrchcs-lie iipll' isola di
Cipri «{iiaiilo dall' tin canto accrescevano il ter-
rore a i popoli d'Italia, altrettanto incitavano
il papa , il re Callolico e la repubblica veneta
a prenmn'rsi per la difesa de' loro Stati , die
tanto più resfavano PS[)Osti alle violenze de
grinfe.leli. Sprdì il pontefice per questo il car-
dinal Alessandrino in Isj^agna a trattare una
lega stabile fra esso, il re Filippo e i Veue-
ziiMii contio il nemico comune. Fu questa con-
cliiusa nel dì 20 di maggio con varie capito-
lazioni. Fecero poscia fjueste tre confederate
potenze i loro maggiori sforzi in congiuntura
di tanto bisogno, ma non con quella prontezza
die occorieva, parte per la cjillicultà di raunar
la trojipo necessaria pecunia, e parte pel tempo
elle esigi' il preparamento delle genti , navi ,
munizioni , e di tanti altri vaij attrecci di
guerra. Non mancarono già i \ eneziani di spe-
dire verso la metà di gennaio Marcantonio
Querini con quattro navi scortate da dolici
galee , jjer portare soccorso alla città di Fa-
ìiiagosla bloccala da' Turdii. Felicemente arrivo
colà questo convoglio ; tre galee nemiclie fu-
rono colle artiglierie buttate a f indo , e l'altre
fuggirono. Sbarcò il Querini mille e settecento
fanti in qiuilia città, e gran copia di provvi-
sioni da bocca e da guerra , ma non già suf-
ficiente a sostenere un lungo assedio. PcrNciiuto
i
ANNO JTDLXXì 'j3l
al Sultano Selim 1' avviso di questo soccorso ,
diede nelle furie contra del Bassa Pialj, e poco
mancò che non dimandasse la sua lesta ; il
privò nondimeno del generalato , e a lui so-
stituì il Bassa Aly. Costui Insieme col Bassa
Mustafa, siccome ben comprese le premure
del Gran Signore, così non ommise diligenza
veruna per tosto ripigliare 1' interrotto assedio
di Famagosta. Se dobbiam credere alle rela-
zioni di questa guerra, descritta da moltissimi
autori di quel tempo , fioccò da tante bande
e con tanti tragitti sì gran numero di soldati
infedeli pagati e venturieri nell'isola di Cipri,
die fu credulo ascendere a quasi ducento mila
comballenti e a qiiaranta mila guastatori. Pro-
babilmente secondo il solito la fìmia , la paura
e il voler giustificare la fortuna de' Turchi,
accrebbe , se non della metà , alnien di un
buon terzo le loro forze. Neil' aprile si riaprì
sotto Famagosta il teatro della guerra , alla cui
difesa non si trovarono se non quattro mila
fanti , lieve guarnigione in sì gran bisogno. Fu-
rono anche alzati vai j forti contro la città ; le
trincee cominciarono ad inoltrarsi , le batterie
a far continuo fuoco. Giocarono dall' una e
dall'altra parte varie mine, e furono dati molli
assalti , tutti ripulsati con grande mortalità de
gli aggressori.
Ma perciocché a i Turchi , per ottenere in si
fatte occasioni l'intento loro , nulla inciesce il
sacrificar migliaia di persone , andò così avanti
il loro furore , con iscemare intanfo il numero
de i difensori , che nel dì a d' agosto i Cri-
stiani , dopo #ver fatte maraviglie di valore ,
1^32 AVVkZl D'iTAtlA,
trovandosi non aver più che sette barili ài
polve da fuoco , furono obbligati a trattar delia
resa nel dì suddetto. Accordò l'iniquo Mustafà
quanto essi domandarono , cioè salve le per-
sone, armi e robe de' soldati e cittadini; clie
questi potessero vivere secondo la legge cri-
stiana, e ritener le loro chiese; die i soldati ,
e chiunque volesse , avessero libero passaggio
in Candia, scortati dalle galee tnrchesche. Non
si può senza orrore e senza raccajnicciarsi ranr-
menlare qual fosse la perfidia ed inumanilà di
Mustafa in (ale occasione. Da che furono ve-
nuti sufficienti legni per menar via i soldati
cristiani, e questi imbarcati, Marcantonio Bra-
gadino provveditore e governator della città ,
ed Astone Baglione generale dell'armi con gli
altri nobili e con cinquanta soldati , per con-
certo già fatto , uscirono della città ( era il dì
quindici d' agosto ) , e andarono al padiglione
di IMustafà , a fine di consegnari;li le chiavi.
Cortesemente furono accolti e fatti sedere , e
il Turco passando d' uno in altro ragionamen-
to , mise in line mano ad una di quelle avanie
che spesso usano que' Barbari contra de' Cri-
.sliani , imputando al Bragadiiio di aver durante
la trei^ua fatto ammazzare alcuni schiavi Tur-
chi, Negò il Bragadino di aver commesso un
tale eccesso. Allora Mustafa lutto ia colK-ra
alzatosi in pie(h , ordinò che ognun di loro
fosse legato , essendo essi seiiz' armi , perchè
all' entrar ilei padiglione fiuono astretti a de-
porle. Così legati e coudolli nella piazza da-
vanti al padiglione, a cadauu di <(ue' nobili ,
fuorché al Bragadino, taglialo fu il capo. I
ANNO MDI.XXI -ySS
soldati venuti con loro e circa trrcenfo altri Cri-
stiani furono messi a fil di spada ; e quei che
erano imbarcali , svaligiati tulli e posti alla ca-
tena. 11 Bragadino , dopo avere solleilo vaij
stra|)az7,i , spoglialo ed attaccato al ferro della
berlina , fu scorticato vivo da un Giudeo. Tal
costanza d' animo in sì fieri tormenti mostrò
ffucl prode ca\aliere, che niun segno mai diede
di dolore; e solamente raccomandandosi a Dio ,
e rini[irovcrando al Barbaro la rotta fede, al-
lorché giunse il tagliatore all' umbilico , spirò
r anima. La pelle sua riempiuta di paglia , ed
attaccala ad una antenna , fu niiindala a farsi
\edere per tulli i lidi della Scria : trofeo ben
degno d' una perfidia e crudeltà senza pari. E
in lai l'uisa restò il bel regno di Cipri in mano
de' nemici del nome cristiano.
Non parlerò io d'altre minori azioni di guerra
falle da' Veneziani e Turchi neh' Adriatico e in
altri mari prima di questo tempo , o durante
r assedio di Famagosta , premendomi di ralle-
grare i lettoli dopo sì disgustosa narrativa con
un mcmorabil fallo dell' armi cristiane, e mas-
simamente italiane. Avea il re Callolico Fi-
li) )f)0 II spedita la sua flotta navale a Messina
.sollo il comando di don Giovanni d'Austria
suo fratello naturale, a cui .si unì Gian-Andrea
Doria Genovese colle sue galee al soldo d'esso
re. Colà ancora erano giunti Marcantonio Co-
lonna generale del papa colle sue galee , e Se-
bastiano Yeniero generale delle forze di mare
della repubblica a eneta. Trovossi nella mostra
consistere l' unione di queste llotle in dodici
galee del papa , in ottanluna del re di Spagna ,
734 A.\NAU T>' ITAT.IA
ccfri venti navi, e forse più, da carico; in
cento e otto galee , sei galeazze e due navi
de' "Veneziani ; in tre galee di Malta , e in tre
altre del duca di Savoia. Eranvi altri legni mi-
nori in gran copia. Sopra sì possente armata
militavano dodici mila Italiani , guidati da va-
iolosi capitani di lor nazione , cinque mila
Spagnuoli , tre mila Tedeschi, tre mila ventu-
rieri, portati dalla difesa della Fede < dal de-
siderio della gloria , oltre a i necessarj mari-
nari. Fra que' venturieri non si debbono tacere
Alessandro Farnese principe di Parma , e Fran-
cesco Maria della Rovere pruicipe di Urbino.
Fecero vela questi generosi campioni nel dì
sedici di settembre dopo varie consulte , con
risoluzione di andar a trovare V armala navale
nemica , per fiaccare le conia alla potenza ot-
tomana , divenuta oramai troppo insolente e
superba per le passate vittorie. Trovaronsi a
vista le due potenti nemiche armate la mattina
del dì sette d' ottobre , giorno di domenica.
Era partita la turciiesca ila Lepanto , coman-
data dal generale Aly , dal generale di Tunisi
e d' Algieri , e da altri liassà e Sangiacchi , e
in numero di vele era molto siqicriore alla
crisi ia.'ia. Avea ordine dal gran Signore il ge-
nerale Aly di venire a battaglia scontrandosi
co i nemici ; ed ajipunlo fiirono a fronte de i
Cristiani verso l'isole (lurzohui. Allora dall'una
e dall' altra jiarte si misero in ordinanza tutte
le navi , formando cadauna armata tre schiere
a guisa di mezza lima. Don (iiovanni d' Au-
stria generalissimo |k)sIosì in una lirgala anrlò
girando ed animando ciascuno a ben coiubiillere
A?«NO MPr.xxi 735
per la difesa e per 1' onore dilla fede Cri-
stiai:a , con assicurar lutti delia proiezione
di D.o , poti'iilissinio padre de' suoi Fedeli , e
gran limuneratore di riii mette la \ila per la
santa sua religione. Intenoriti tulli a queste pa-
role i soldati , e piant;en(lo per T allegrezza ,
rispondevano con alle grida: / ittoria, vittoria.
Si l'accano intanto continue piegliicre da i po-
poli cristiani per imploiare la benedizion di
Dio air ainii crisliane ; il papa avea a questo
fine pubblicato puma il Giubileo, ed eransi latte
pie processioni dapertullo.
AzzufVaronsi e uiique le due contrarie armate,
e si dichiarò presto la mano di Dio in t"a\ore
de' suoi. Soffiava da princi|)io un vento mae-
strale favoievole a' Turchi. Si abbonacciò il
mare , ed eccoti sorgere un vento siroccale ,
che portava tutto il fumo conlra de' Turchi ,
e quanto rispigneva indietro i loro legni , al-
trettanto facilitava a i Cristiani l'urlare in essi.
Durò il terribil cond)alliniento ben qnatiro ore,
senza clie piegasse la vittoria ad alcuna di esse.
Ma le galee grosse cristiane , che erano avanti ,
tal danno colle artiglierie recavano a i nemici ,
che cominciarono ad afibndare alcuni de' legni
tuicheschi. Quindi s'abbordarono insieme le
galee di questi e di quelli , ed allora si fece
pruova di chi vantaggiasse l'altro in valore.
Gran bisogno di coraggio ebbe don Giovanni
d" Austria , essendosi tro\ afa la sua capitana in
gran pericolo per lo sforzo incredibile della
reale de' Musulmani contra d' essa , e per tre-
cento a'meno de' suoi rimasti ivi uccisi. Non
meu di lui gli altri due generali Colonna e
73(3 ANNALI d' ITAlXi
Veiliero fecero singolari prodezze. Finaìmente
andò in rotta Y annata tmcliesca , dappoiché il
generale Aly fu ucciso d'art hibugiala. Il suo capo
reciso dal busto , e messo sopra una picca ,
finì di mettere lo spavento in cJiiunque potè
ravvisarlo. Venne alle mani de' Cristiani un»
gran quantità di legni nemici e di prigioni. Al-
men quindici mila Infedeli fu stimato che pe-
rissero in quel terribil conflitto. L'iscrizione
posta a papa Pio V ed alcuni autori parlano
di tienta nula di coloro uccisi • ma certo ninno
li contò. Vi perderono la Aita più di cinque
mila Cristiani , fra' quah alcuni insigni perso-
naggi , e spczialujenle fu compianta la morte
di Agostino Barbarigo provveditor generale
della veneta arn)ata. alla cui savia condotta si
attribuì in parte sì gloriosa \ittoria. Più di do-
dici mila schiavi Cristiani in tal congiuntura
riacquistarono la libertà. Moltissimi d'essi, al-
lorché videro declinar le forze turchesche, es-
sendosi sferrati , aveano accresciuto il terrore
nelle lor galee. Anzi gli stessi schiavi dell' ar-
mata cristiana , da che fu loro promessa la H-
bertà doj)o la Nittoria, presero l'armi, e re-
carono non lieve aiuto a i combattenti padjoni.
Furono dipoi divise fra i vincitori le spoglie
e i prigioni, ch'erano circa cinque mila. Al
generale del papa toccarono diecisefte galee e
quattro galeotte; a don Giovanni d'Austria cin-
quantasclle galee ed otto galeotte; a i signori
Veneziani galee qiiaianlalrè e sei galeotte. Tra
Savoia e .Malta furono divise diciollo galee.
Fama fu che circa scN.s;mladiie legni turclieschi
fossero gillali a fonflo , e cerliunenlc si ailòu-
darono diecisette galee cristiane.
ANNO Mm.XXI ^3^
L'avviso di si segnalata vittoria, portato da
ufiziali e corrieri alle corti , non si può espri-
mere qiial giubilo spargesse nel cuore d^ ogni
Cattolico , e con quante feste e trasporti d' al-
legria fossero dipoi rendale grazie all'Altissimo.
Li Venezia tanta fu la gioia , che quel popolo
diede in eccessi. Giunse a Madrid la lieta nuova ,
seguitata fra poco da altra felicità, cioè dalla
nascita d' un figlio maschio del re Cattolico ,
a cui fu posto U nome di Ferdinando, acca-
duta nel dì quattro di dicembre. Da Venezia
in due giorni arrivò a Roma questo avviso ,
che riempiè d' inesplicabil consolazione il pon-
tefice e il popolo romano. Scritto è che al
santo Padre Dio rivelò la liportata vittoria Del-
l' ora stessa in cui questa si dichiarò a favor
de' Cristiani. Crebbe dipoi l' universal gioia in
Eoma stessa al comparir colà nel dì i() di di-
cembre il generoso generale dell'armi pontifi-
cie Marcantonio Colonna , il quale cotanto avea
contribuito al buon esito di quell' impresa. Il
ricevimento suo rinovellò in qualche maniera
la memoria de gli antichi trionfi romani: tal
fu la pompa con cui venne incontrato dal se-
nato e da i magisti ati della città , ed accompa-
gnato al Campidoglio , all' udienza del papa e
al sacro tempio di Santa Maria d'Araceli, dove
con suntiiosi doni riconobbe dal favore divino
quanto era avvenuto in quel terribil cimento.
Ma chi lo crederebbe ? Una sì insigne vittoria,
di cui volle il buon pontefice che si conser-
vasse eterna la memoria coli' istituire la festa
di santa Maria della Vittoria , che oggidì si ce-
lebra nella prima domenica di ottobre ; una,
Muratori. Ann, F^ol. XIV, 4?
^38 A^:yATA r' itama
dico , SI strepitosa vittoria non fu poi se-
guitata da alcun rilevante frutto e vantaggio
della repubblica cristiana , e solamente servì a
far conoscere che il Turco non è una potenza
in\ incibile. Perchè ciò avvenisse , lo vedremo
all' anno seguente. Si divisero poi le flotte cri-
stiane per ritirarsi a' quartieri d' inverno , stante
1' avanzata stagione ; e benché i Veneziani ri-
cuperassero qualche luogo tolto loro da' Turchi
in Albania , furono nondimeno anch' essi for-
zati a riposare.
ylnno dt Cristo iS^s. Indizione Xf^.
di Pio V paya n.
di Gbegohio Xlil papa i.
di Massimiliano II iinpeìtidoìe 9.
Fu chiamato in quasi' anno da Dio il buon
jiont»'tìce Pio V a ricevere in cielo il premio
della santa sua vita, e delle tante degne sue
azioni in prò della repubbhca cristiana. Le asti-
nenze , le orazioni e le fatiche sue indicibili per
ben esercitare 1' ulTìzio pastorale, e per la di-
fesa del Cristianesimo , a\ eano lòrte indebolita
la di lui sanità. S' aumentarono nel marzo i
vvuoi majori ; laonde nel dì primo di maggio
passò a miglior vita , lasciando dopo di sé un
odore di sì rara santità , che fu poi registrato
dopo molti anni nel ruolo de' Beati , e a' (]»
nostri si é celebrata la solenne di lui canoniz-
7azione. La mancanza di questo insigne pon-
tefice quella fu che troncò il (Ilo a i progressi
dell' armi cristiane contro il comune nemico.
Aveva egli , per sostener la guerra santa , ne
gli anni addietro impiegalo un gran tesoro.
ANNO MDLXXII 73()
Maniera in oltre non gli era mancata di rau-
narne assai più per continuarla nell' anno pre-
sente , di modo che si trovò in Castello Sant' An-
gelo dojK) la sua morte un milione e mezzo
di scudi d' oro destinato a quel fine. Teneva
egli come in pugno la maggior parte de i re
e principi cristiani: tanta era la venerazione
che ognun professava al complesso delle sue
virtù , e al suo indefesso zelo pel bene della
Cristianità : e però potL'vansi sperare per mezzo
suo maggiori vantaggi alla causa comune. Non
mancò , è vero , il suo sticcessore di sposare
le medesime massime , siccome vedremo j ma
non passò in lui col pontificato anche il gran
credito di papa Pio V. Entrati i cardinali in con-
clave , da lì a due o tre giorni , cioè nel dì 1 3
di maggio , con mirabil concordia elessero papa
il cardinale Ugo Boncompagno , creatura di
papa Pio IV , personaggio ben degno di sì ec-
celsa dignità. Era egli di famiglia antica e no-
bile bolognese , discendente , sscondo le m'C
conietture , da quel Boncompagno nativo di
Firenze , che circa il 1 200 si truova pubblico
lettore nell' università di Boloma , e lasciò^ un
libro mtitolato De obsidione Auconce dell' an-
no 1173, da me dato alla luce (i), e di cui
tntta\ia resta inedito in Francia un trattato
De Arte Dictaminis , citato dal Du-Cange nel
Glossario latino. Di lui probabilmente fu ni-
pote quel Dragone Boncompagni che , per at-
testato del Ghirardacci (2) j nell' anno i a^S
(i) Renim Italicarum tou». 6.
(2j Ghirardacci, .Storie tli Bologna.
n,^0 A^NAT.I P* ITALIA
con alcuni altri andò inviato dal senato bolo-
gnese per atubasciatore al vescovo di Bologna.
Prese il novello papa il nome di Grego-
rio XIII , dicono per la venerazione eh' egli
professava a san Gregorio Nazianzeno. Volle
che in vece di gittare al popolo , secondochè
si usava nella coronazion de' papi , la somma
di qumdici mila scudi d' oro , questa si distri-^
buisse a i poveri. Parimente in favor d' essi
ordinò che s'impiegassero altri venti mila scu-
rii , sòliti a darsi a i conclavisti , perchè ninna
molestia o fatica avcano patito in sì poco
tempo che era durato il conclave, lira non so
come saltato in capo al pontefice Pio V di
fabbricare , o pur di tirale innanzi una for-
tezza nei territorio di Bologna. Il primo favore
che papa Gregorio compartì alla sua patria,
fu quello di ordinarne la demolizione ne' primi
giorni del suo pontificalo. Ad inchinare il nuovo
pontefice si portò in persona Alfonso II duca
di Ferrara con accompagnamento magnifico fli
molta nobiltii , e vi concorsero ancora gli am-
basciatori di tutti i potentati cattolici. Mostrò
dipoi questo pontefice il medesimo desiderio
6(1 ardore che aveva già avuto il suo prede-
. cessore , per proseguir la guerra contro la po-
tenza ottomana , e però speilì tosto nunzj e
legati a i monarcbi e principi della Cristiani-
tà , per pregarli ed esortarli a così lodevoli*
impresa. Confermò generale delle galee ponti-
ficie Marcantonio Colonna , già mandato in-
nanzi dal sacro collegio ad irnharcarsi. Ma non
vi fii che il re Cattolico Filippo 11 il quale
.(lutribuisse soccorsi, e questi aiif:hc lievi a
ANNO MDI.\<I1 74»
paiiigoii dell' anno precedente ; perchè gravi
sospetti correano che il re di Francia macchi-
nasse gueiTa contro la Spagna , e con qualche
certezza si prevedevano perniciosi movimenti
ne' Paesi Bassi. Ventitré sole galee con sei mila
fanti ottenne il pontefice da don Giovanni
d' Austria , senza che questi si volesse nmo-
vere da .Messina col restante di sua armata , a
fin d' essere pronto a i bisogni occorrenti del
Cattolico monarca. Contuttociò unite che fu-
rono , dopo gran ritardo , queste forze con
quelle de' Veneziani , comandate dal nuovo ge-
nerale Jacopo Foscarino . trovossi la flotta cri-
stiana gagliarda di cento quaranta qalce , ven-
titré navi , sei galeazze , e trenta altri legni
minori. Ad onta della gran rolla dell" anno ad-
dietro avea potuto la Porta Ottomana Ibrmare
una flotta di ducente sessanta tra galee, ga-
Irotte e ftiste , con cinque galeazze : flotta non-
liimeno inferiore di nerbo e di coraggio alla
cristiana. In traccia di costoro fecero vela i due
generali Colonna e Foscarino. Ma il generale
li'.rchesco Lluccialì , uomo di sopiafina accor-
tezza , benché sempre mostrasse voglia d' az-
zillarsi , pure fuggì sempre ogni incontro . e
sì artifiziosamente andò IratteneiÉdo i Cristia-
ni , che lor fece perdere il resto della cam-
pagna ; laonde appressanilosi il verno , non ai-
ti'a gloria riportarono qviesli a casa , che quella
di aver fatto paura a i nemici. Per altro a sì
infelice successo contribuì non poco don Gio-
vanni «1* Austria , il quale ora facendo vista di
▼oler passare al comando dell' armata . senza
poi niantcucr la parola , ed ora facendo
'~ ANNALI D ITALIA
doglianze perchè aeiiza di lui gli allri due gene-
rali tentassero di dar battaglia , imbrogliò non
poco i disegni; e né pur si trovò grande ar-
monia fra il Colonnese e il Foscarino : cose
tutte che sommamente afllissero papa Gregorio.
L' anno fu questo in cui propriamente ebbe
principio la ribellione de' Paesi Bassi contra
del re Cattolico. Avea ben esso monarca man-
dato colà un general perdono , die fu pompo-
samente pubblicato in Anversa dal duca d'Alva
nel iS^o, ma con poco frutto, perciiè cotali
riserve ed uncini conteneva T indulto , che po-
chi ne mostiaroiio stima , e ninno ne fece al-
legrezza. E fin qui era andato fluttuando T o-
dioso affare delle gravezze imposte da esso
duca tra le di lui minacele e la disubbiilienza
e costanza di buona parte di que' popoli in
non voler pagare : quando si avvisò il superbo
reggente di mettere mano alla forza per con-
ciliare rispetto alle sue leggi col gastigo de i
renitenti. Allora apparve, qnal odio, quali mali
umori covassero le genti di quelle jMOvincie,
sofliando spezialmente nel segreto fuoco cou
esortazioni e promesse di soccorsi il principe
di Oranges, animalo da i Prot<;stanti di Ger-
mania e da gli Ugonotti di Francia. Pertanto
neir Ollanda , Zelanda e Frisia si diede fuoco
a<l un apciLo auuiiiilinamcnlo e rivolta di molte
città, dove principnlmente avea preso radici
l'eresia, restando nullalimeno alla Chiesa e al
re ubi)iiliente la principal fra osse , cioè Am-
sterdam. Collegaronsi ([ueste , prestarono una
Kj)ezie d' iibbidii'nza all' Oiauges , da lui rice-
verono gcvenialori e leggi. Lld v.cxo il piincipio
ANNO .MOl.vXJl r/^'^
«lolla ropuLbiica delie Provincie Unite , vo!-
girmcnte appellata la Repubblica Ollandese,
c'ie andò poi a poco a poco crescendo pel
e jnconso de' vicini Tedeschi , Fraiizesi ed In-
glesi , tanto nella profession dell' eresia , quanto
nella mercatura e nelle forze di mare, che ar-
rivò a divenire una delle potenze più ricche
d' Europa , c|uale oggidì la miriamo. Il di piii
dae prenderlo il lettore da altre storie. Sia a
me lecito di accennare anche un altro non men
sonoro avvenimento della Francia , spettante
all' anno presente. Durava la pace fra il re
Carlo IX e gli Ugonotti; ma perciocché il re,
tenendo davanti agli occhi le biute infedeltà
ed insolenze passate di quegli eretici , e te-
mendone sempre delle nuo\ e , tuttodì cercava
la via di vend carsene e di opprimerli ; final-
mente si fermò nella risoluzion seguente. In
o.'casione eh' era concorsa a Parigi copia di
ii>loro, e spezialmente de' nobili, per le nozze
di Arrigo re di Navarro eretico ( che a suo
t'mpo vedremo re di Francia) con Marghe-
l'ita di Valois morella cattolica del suddetto re
Carlo, segretamente fu dato ordine dal re che
nella notte precedente al dì 24 d'iigosto, o
sia alla festa di san Bartolo«neo , si uccides-
aero tutti gH Ugonotti. Grande strage fu fatta
di loro in Parigi , unitosi il popolo a i soldati
dr^l re contro gli odiati nemici della rcligioii
cattolica ; e quivi ne perirono circa due o tre
mila, come scrissero l'Adiiani e loSpondano;
e non già dieci mila, come altri hanno scritto,
tVa' quali si contarono quasi qiiattmcento gen-
tiluo:yiui che godeauo gradi onorali di milizia:
■^44 ANN.Vt.t D ITAr.tA
esecuzione in cui restorono involti anche molti
innocenti Callolici , perchè ricchi. Andò poi
un regio bando , che più non s' incrudehsse
contro gh Ugonotti , ina non fu a tempo per
trattenere i Cattolici di Lione, Tolosa , Roano
ed altre cilth , dal mettere a fil di spada quanti
di quella setta caddero nelle lor mani. Famoso
perciò divenne in Francia questo macello col
nome delle Nozze Parigine e della Nolte di
San Bartolomeo. Lasceiò io disputare a i gran
dottori intorno al giustificare o ripro\are quel
sì strepitoso fatto , bastando a me di dire che
per cagion d'esso immense esagerazioni fece il
partito degU Ugonotti , e loro servì di stimolo
e scusa per ripigliar l' armi contra del re. Nel
settembre di quest' anno terminò i suoi giorni
Barbara d'Austria duchessa di Ferrara , in cui
fra le molte virtii spezialmente si distinse la
pietà , ereditaria dote della nobilissima casa
d'Austria.
Anno di Cnisro ì^']^. Indizione I.
di Greoorio XIII papa 3.
di Massimiliano II impevadort io.
Molte e grandi consulte, per gl'impulsi spe-
zialmente ili papa Gregorio, fatte furono nella
corte di Madrid, in Roma e Venezia, per for-
mare «n armamento più formidabile de' prece-
denti contro r imperio ottomano. Si calcolò
che il re Cattolico armerebbe centocinquanta
galee , cento i Veneziani e cinquanta il pon-
tefice. Ma con tulti (jucsli bei toii'^igli , assai
chiarita Jh rcpub})iua \cnela the in linei conli
ANSO MDI.XXIIl 745
SU gli aiuti altrui e sulla buona sinfonia delle
leghe, .sovente si falla 5 e che dopo l'insigne
vittoria di Lepanto comparivano vigoroso come
prima le forze de' Musulmani j e che niun
conijuisto si era fatto finora , e sol gravissimi
danni aveano patito i suoi littorali : tiattò di
pace col Gran Signore , e la conchiuse per
mezzo di un suo ministro nel mese di marzo,
e li ratificò nel seguente aprile, con promet-
tere, dopo tanti milioni inutilmente spesi nella
passala guerra . di pagare per Ire anni cento
mila scudi d' oro annualmente al superbo Sul-
tano. Chi in bene e chi in male parlò di que-
sta pace: ma sopra gli altri se ne risentì viva-
mente il pontefice, per veder fatto un passo di
(anta importanza senza saputa sua 5 e maltrat-
tato con acerbe parole Paolo Tiepolo mandato
apposta ambasciatore, che gliene diede la nuova,
ordinò che questo gli si levasse davanti. Andò
tanto innanzi lo sdegno e lo sparlare del po-
jjoIo romano contra de' Veneziani , che il Tie-
polo temendo di qualche insulto, fu forzato ad
armar di gente il suo palazzo e ad uscirne cor
molta cautela. Vi volle del tempo a quotare
r adirato pontefice , ma in fine si quotò. Con
tranquillità d'animo all'incontro accolse il re
Filippo n questa nuova, anzi lodò la prudenza
veneta , siccome quegli che da molto tempo
meditava un' altra impresa , ed avrebbe nuche
desiderato che nel precedente amio a quella
sola avessero accudito l'armi de' collegati. Es-
sendo stato cacciato da Tunisi neiranuo 1571
il Bey o Dey Amida per le sue crudellil . il fa-
moso corsaro Ulucciali ro d'.ligicvi s' impadronì
>j^6 AWAf.r n' iTVTJA
ancora di quella citlà. Conservavasi tultavia
in potere del re di Spagna la Goletta , for-
tezza posta in faccia al porto di Tunisi.
Fece Amida ricorso al re Cattolico , rappre^*
sentandogli la facilità di riacquistar quella cit-
tà; e il re, che ardeva di voglia di dar qual-
che gastigo ad Ulucciall per le insolenze e j>er
li danni che colui recava a i lidi crisliai.i ,
segretamente ordinò » don Giovanni d'Austria,
soggiornante coir armata navale in Sicilia , di
far queir impresa. Non sì aspettava Uluccia!ì
una tal visita , e perà colla flotta turchesi a
andava rondando per le riviere d'Albania ,
dove tuttavia altro non fece che saccheggi;u' la
città di Castro. Con sole cento sei galee sottili
fece vela da i porti della Sicilia don Giovanni,
non avendo potuto le navi cariche di gente
pel vento contrario uscire del porto di Tiapa-
iii. Giunto egli nel di 8 di ottobre alla Golet-
ta , lo sjiavento entrò .sì fattamente nella cillà li
Tunisi, che la maggior parte degli abitanti col
loro meglio se ne fuggì. Però s<'iiza pericolo
o fatica vi entrarono l'armi cristiane, le (juiili
poco lardarono ad impadronii.si aneli»' di Di-
sella , lontana da Tunisi quaranta miglia. M:i
perchè si trovò essere troppo otiialo Amida in
quelle contrade, e nacque pensiero a gli Spa-
gnuoli di poter conservare <(uella gran eiltà
sotto il dominio del loro monarca , don Giovanni
vi lasciò, con titolo di Vicerò o Governatore,
RIaometto cugino di Amida, ed (jrdiuò che
quivi si fabbricasse mia fortezza alla a signo-
reggiar la città dalla parte d'-lla (jolclla. Alla
fabbrica di -.ssa fu lascialo Gabrio Sci bellone
ANNO MDI.XXIII 74?
eoa tre mila Spagnuolij altrettanti Italiani sotto
Pagano Doria in restarono : il che fatto, si
restituì don Giovanni con gloria a Messina , et
indi a Napoli, da dove si mise poi in maggio
alla volta di Spagna , chiamatovi dal re per
altri bisogni.
Continuò in quest' anno la guerra iu Fran-
cia fra il re Carlo IX e gli Ugonotti , e in
Fiandra fra que' ribelli e il duca d'Alva. Al
trovarsi quel duca assai vecchio e mal concio
per la podagra , e j)iù al vedersi cotanto odiato
da i popoli , avea più volte chiesta licenza di
tornarsene in Ispagna. La impetrò in quest'an-
no , e forse con discapito de gli all'ari del re
in Fiandra ; perchè s egli col suo crudele e
sempre detestabile governo avea eccitato si la-
giimevole incendio in quelle contrade , il cre-
dito nondimeno e la sua maestria nell' arte
della guerra tenea iu somma apprensione il
principe d" Oranges e i sollevati : il perchè
motivo per loro d' allegrezza fu la di lui par-
tenza. Andò alla corte , e fa ben ricevuto; da
li nondimeno a qualche tempo restò confinato
in Uceda ; ma rtierilava ben altro un uomo ^
inumano. Fama correa che dieciotto mila Fiam-
minghi d' ordine suo per mano del carnetìce
avessero perduta la vita. Era vacato per Ìa
morte di Sigismondo Augusto il trono di Po-
lonia , e molti competitori si afFicciarono as-
piranti a quella corona. Tanti maneggi ( con-
sistenti per r ordinario nel buon uso dell' o-
ro ) furono fatti da Carlo IX re di Francia ,
che gli riusti di fir cadere 1' eleKÌone in
Arrijj'O duca d"Aiit;iò . suo minor fratello ;
^4^* ANNAl I d' IT VrtA
elezione iiulladimciio aggravata da molle dure
condizioni , delle quali parla la storia. Passò
in Francia una bella ambasceria di Polacchi
per sollecitar questo principe a consolar colla
sua presenza chi 1' aspettava con «ingoiar di-
vozione. Sul fine di settembre si mosse il re
novello verso la Polonia , e non giunse colà
se non sul fine del seguente gennaio. Attentis-
simo sempre al bene della religione papa Gre-
gorio XIII , istituì neir anno precedente in
Roma il Collegio Germanico eoli' annua dote
di dieci mila .soa«li d'oro, afìlnebè abnen cento
giovinetti quivi si educassero , e nelle scienze
e lingue si addottrinassero. Ne diede la cura a
i padri della Compagnia di Gesù , sì da lui
amati e {jivoriti , die qualunque grazia e pri-
vilegio a lui chiesero , tutto ottennero. Dimo-
rava in questi tempi Cosimo gran duca di To-
scana in Pisa , lasciando a don Fraii<;esco suo
primogenito le cure del governo. Poca era la
sua sanitìt ; sopragiunse ancora un sì j)eriii-
cioso .iccidente al corpo suo , che ogni suo
membro restò impolente al suo ulizio. Nulla-
dinieno la mente ritenne sempre il suo vigo-
re , se non clic si cominciò a preveder vicina
la sua morte.
Fin» ui;t, Voi.umk XIV.
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