Skip to main content

Full text of "Annali d'Italia, dal pricipio dell'era volgare sino all'anno 1749"

See other formats


■mm^ 


M 


'•■* 


<#//^ 


-^{.y^. 


m 


,y-'-n. 


>->^- 


\m 


r^- 


i.' 


.•^>' 


Digitized  by  the  Internet  Archive 

in  2009  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/annaliditaliada14mura 


MI 


ANNALI  D'ITALIA 

DAL    PRINCIPIO 

DELL'ERA    FOLGARE 

SINO 

ALL'ANNO    MDCCXHX 
COMPILATI 

DA  LODOVICO   ANTONIO   MUMTORI 

VOLUME    XIV. 

Dall'Anno  i5oi  all'Anno  iSyS. 


'0 


MILANO 


Dalla  Società  Tipografica  de'  Clasuci  Italiani 

Contrada  del    Cappuccio 

ANNO  1820. 


PREFAZIONE 

DI 
LODOVICO   ANTONIO  MURATORI. 


J^Jap POICHÉ  ebbi  condotto  gli  Anwdi  d  Italia 
sino  all'anno  di  Cristo  i5oo,  rtwva  io  depo- 
sta la  penna  con  intenzione  di  non  proseguii- 
più  oltre,  e  ne  avea  anche  avvertiti  i  lettori. 
Dopo  quel  tempo  abbondando  in  Italia  le  stO' 
rie  ,  e  Jacili  anche  essendo  a  trovarsi ,  sem- 
brava a  me  superjluo  il  volere  ristrignere  in 
brevi  Amudi  ciò  che  potea  la  gente  con  tanta 
JaciUtà  raccoglie/'e  da  gli  stoiici  moderni,  essendo 
pei'  lo  più  da  antcpoire  i fonti  a  i  ruscelli.  Ma 
d  altro  parere  suno  stati  non  pochi  de  gli 
amici  miei  ed  altre  persone ,  che  han  creduta 
non  inutile  questa  mia  qualsisia  fatica.  Si  riduce 
a  pochissimo  il  numeìX)  di  coloi'o  che  posseg- 
gono tutte  le  storie  italiane.  Chi  ne  ha  alcu- 
na; i  più  ne  pur  una  ne  hanno.  Il  presentar 
dunque  raccolta  di  tante  e  sì  vane  storie  la 
sostanza  de  principali  passati  avvenimenti  delle 
italiche  contrade,  può  chiamarsi  un  beiwjìzio 
che  si  presta  a  tanta  gente.,  la  quale  per  man- 
canza di  libri  è  condannata  ad  ignorare  i  fatti 
de  sec  ili  addietro  ,  o  pur  dovrebbe  mendicarli 
con  fatica  dalla  lettura  di  non  poche  dilJei-enti 
storie.  Non  può  se  non  essere  grato  il  vedersi 


4  PREFAZIONE 

poste  davanti  sotto  un  punto  di  vista  quelle 
principali  umane  vicende  che  di  mano  in  mano 
son  succedute  in  ciascun  anno  nelle  diverse 
pai  ti  d'  Italia.  Il  perchè  ,  secondo  l'avviso  di 
tali  persone  ,  mi  deteìiìiinai  di  continuare  t  e- 
difizio,  e  di  condurre  questi  Jnnali  sino  al 
compimento  della  pace  universale,  die  nel  pre- 
sente anno  ij^g  ha  rimessa  la  concordia  fra  i 
potentati  d' Europa.  So ,  che  in  trattando  di 
avventure  lontane  da' nostri  tempi ,  e  di  per- 
sone alte  passate  all'altra  vita  si  ridono  delle 
dicerie  de'  posieri  ,  ma'^s^ior  libertà  i^ode  ,  o  do- 
vivbbe  godere  lo  storico  pti-  jìrofferire  i  suoi 
giudizj.  So  altresì  che  non  va  esente  da  pericoli 
e  d'glianze  (dliui  clii  esercita  questo  mestiere 
in  parh'iido  di  cose  de  nostri  tempi  e  di  pela- 
sene viventi ,  stante  la  delicatezza  che  in  esso 
noi  ingenera  l  aiìior  proprio.  JSoi  accogliain 
volontieri  la  verità  in  casa  allird  ;  non  così 
nella  nostra.  Contuitocio  spero  io  di  non  avere 
oltrapassati  i  li,  iti  della  libertà  die  conviene 
ad  ogni  onorato  scrittorr  :  perchè  non  f  a- 
more ,  né  todio,  ma  un  piu'o  desiderio  di 
portiere  il  ver-o  a  miei  lettori ,  Ita  ,  per-  quanto 
Jio  potuti,  rrgolata  la  mia  peiirui.  Se  anche 
questo  vero  io  talora  non  t  avessi  T'aggiunto  , 
ciò  sar'à  avvenuto  per-  mancanza  di  migliori 
notizie,  e  non  già  pei-  mala  volontà. 


ANNALI    D'ITALIA 

OAL  PRINCIPIO  DELL'  ERA  ^  OLGARE 


SINO 


à  L  L'  A  N  N  O     i\I  D  C  C  X  L  I X. 


Anno  di  Cristo   i  5o  i  .  Indizione  IV^. 
di  Alessandro  VI  papa    io. 
di  Massimiliano  I  re  de'  Romani  g. 

1  maggiori  pensieri  di  papa  Alessandro  in 
questi  tempi  aveano  per  mira  l' ingrandimento 
di  Cesare  Borgia  ,  appellato  il  duca  Valentino , 
suo  figlinolo.  Gran  copia  di  danaro  ,  raccolta 
con  profusioni  di  grazie  nel  Giubileo  dell'anno 
precedente  ,  era  venuta  a  tempo  per  promuo- 
vere e  sostenere  i  bellicosi  impegni  di  cpiesto  suo 
idolo.  Nella  Romagna  restava  tuttavia  Faenza  cbe 
ricusava  di  sotloporsi  al  di  lui  giogo:  però  esso 
duca  ,  avendo  tentato  indarno  sul  principio  del- 
l'anno  di  prendere  quella  città  cou  una  scalata, 
andò  poi  a  strignerla  nella  ])rimavera  con  po- 
deroso esercito  d'Italiani,  Franzesi  e  Spagnuoli. 
Due  assalti ,  furiosamente  dati  a  quelle  mura , 
costarono  la  \ita  a  molti  de'  suoi.   Nigorosa  fu 


6  ANNALI    d'  ITALIA 

]a  difesa  de'  cittadini,  per  l'amore  che  porta- 
Vaìio  ad  Astorre  o  sia  Astorgio  de'  Manfredi  , 
loro  sia;nore,  giovinetto  di  rara  avvenenza,  e  di 
età  di  circa  dicisette  anni.  Ma  da  lì  a  non  molto 
veggipndo  essi  crescere  il  pericolo,  e  tolta  ogni 
speranza  di  soccorso,  capilolaroiio  la  resa  della 
città  nel  dì  26  d'aprile,  salvo  l'onore,  la  vita 
e  l'avere  delle  persone,  e  con  patto  che  Astor- 
gio restasse  in  libertà  e  possesso  de'  suoi  allo- 
diali (i).  Il  Valentino ,  che  misurava  tutte  le 
cose  colle  sole  regole  del  proprio  interesse,  con- 
servò il  popolo  che  dovea  restar  suo  suddito; 
ma  contro  la  fede  condusse  poi  a  Roma  l' in- 
nocente garzone  Astorgio  ,  e  tanto  a  lui  che 
ad  un  suo  fiatcllo  bastardo  levò  dipoi  barba- 
ricamente la  vii  a.  Dopo  sì  (atto  acquisto  non 
fu  difficile  al  Valentino  di  ottenere  dal  papa 
suo  padre  ,  a  cui  nulla  sapea  negare  il  sacro 
concistoro,  l'investitura  e  il  titolo  di  Duca  della 
Romagna.  Quindi  si  rivolsero  le  di  lui  mire  e 
brame  alla  città  di  Bologna,  con  entrar  minac- 
cioso in  quel  territorio,  e  richiedere  l' ingresso 
in  Castello  San  Pietro.  Giovanni  de'  Rentivogli, 
che  in  questi  tempi  veniva  considerato  come 
signore  di  Bologna  ,  e  seco  il  reggimento  di 
essa  città  s' erano  dianzi  posti  sotto  la  prote- 
zione (li  Lodovico  XII  re  di  Francia;  né  alcun 
inqicgno  aveano  pr(\so  in  soccorso  di  Faenza , 
MilltM  Ile  il  giovane  Astorgio  fosse  nipote  d'esso 
Bentivoglio.  A  questo  improvviso  assalto  prese 
r  armi  tulio  il  popolo  di   Bologna  ,    od  assoldò 

(1)  Alcssuiidro  Sardi  Storia  MS,  Annali    MS.  di  Bo- 
logna. Guicciardini ,  Storia, 


ANNO    MDI  •    ^ 

quella  gente  che  potè.  E  perciocché  fu  creduto 
clx*  il  Borgia  tenesse  intelligenza  con  Aganien- 
iicne  ,  Giasone  ,  Lodovico  e  Lancilotto  de'  Ma- 
rescotti ,  famiglia  potente,  (vero  o  falso  che 
f()^se  )  da  alcuni  giovani  nobili,  partigiani  dei 
Bentivo^li  ,  furono  essi  dopo  qualche  tempo 
uccisi.  Fu  anche  scritto  che  il  \  alentino  stesso 
rivelasse  al  Bi^ntivoglio  1'  intelligen/.a  sua  con 
que'  gentiluomini  ,  e  che  da  ciò  procedesse  la 
Ico  morte.  0  sia  che  esso  duca  avesse  riguardo 
al  a  protezione  accordata  dal  re  di  Francia  a  i 
Bolognesi  ;  o  pure  che  conoscesse ,  tali  essere 
le  forze  loro  da  non  potere  eseguire  i  suoi  di- 
segni, e  massimamente  venuta  meno  la  sj)eran- 
za,  come  fu  divolgato  ,  di  qualche  tradimento 
nella  città:  spedì  Paolo  Orsino  a  Boloj;na  ,  per 
trattare  d"  accordo.  Si  convenne  di  cedergli  Ca- 
stel Bolognese ,  di  dargli  passo  e  vettovaglia 
pel  lenitorio,  e  una  compagnia  di  cento  uomini 
d'arme  pagati  per  tre  anni  al  di  lui  sei-vigio  , 
con  mille  o  due  mila  fanti.  Scrive  il  Guicciar- 
dino  che  s' obbligò  il  Bentivoglio  di  pagare  al 
Borgia  nox  e  mila  ducati  ogni  anno.  Ma  gli  An- 
nali di  Bologna  che  esistono  manuscritti  nella 
Biblioteca  IZstense  ,  e  sono  di  autore  contem- 
poraneo ,  siccome  ancora  il  Buonaccorsi  (i) , 
nulla  dicono  di  questo  pagamento.  Alessandro 
Sardi  nella  Storia  Estense  manusciitta  scrive 
che  al  Valentino  furono  promessi  da'  Bolo- 
gnesi trenta  mila  scudi  in  tre  anni  ,  e  cento 
uomini  d'armi,   pagati  per  tre  mesi. 

Ciò  fatto ,  il  duca  ,  benché  abbandonato  dalle 

(i)  Buonaccorsi  .  Diario. 


8  AN.NALI    d'   ITALIA 

milizie  l'ranzesi  che  erano  destinate  pel  regno 
di  Napoli  ,  pure  s'  inviò  col  resto  della  saa 
armata  verso  Firenze.  iMandò  a  chiedere  il 
passo  ,  e  di  aver  di  che  vivere  per  quel  do- 
minio; e  intanto,  sei>za  aspettarne  risposta,  e 
tenendo  a  bada  gli  aHibasciatori  de' Fiorentiri, 
valicò  l'Apeimino  ,  e  andò  a  postarsi  a  Barbe- 
rino. Trovavasi  allora  Firenze  in  poco  biior.o 
stalo  ,  sprovveduta  d'  armati  ,  con  interna  dis- 
unione e  con  po]X)lo  dominante  ,  pieno  Ji 
gelosia  per  sospetto  che  i  nobili  fossero  az- 
tori  di  questa  mossa  ,  a  fin  di  mutare  lo  stato 
e  far  ripatriare  Pietro  de'  Medici.  Il  peggio  era 
che  il  re  di  Francia  si  dichiarava  mal  contenta 
d'  essi  per  crediti  di  danari  che  pretendea  da  lo- 
ro :  cose  tutte  che  animavano  il  Valentino  a  pe- 
scare in  quel  torbido.  Però  inoltratosi  cinque  mi- 
slia  lungi  da  Firenze  ,  mandò  a  chiedere  che  si 
facesse  altro  governo  m  quella  città ,  e  che  vi 
fosse  rimesso  in  fatti  Pier  de  Mediti  ;  bencliè 
i  più  credono  ciò  da  lui  proposto  con  secondi 
fini ,  e  non  con  intenzione  di  aiutarlo  davve- 
ro. Fu  dunque  concordato  che  fosse  lega  tra  ì 
Fiorentini  e  lui  ;  che  niun  soccorso  venisse  dato 
da  essi  a  Piombino ,  dov'  egli  intendeva  di  andare 
a  mettere  il  campo;  e  che  ]>er  tre  aimi  fo.sse 
condotto  (la  quella  repubblica  con  salano  di 
trentasei  mila  ducati  d'  oro  1'  anno  ;  obbligan- 
dosi di  mantenere  trecento  uomini  d'  armi  al 
servigio  d  essa  ,  ma  senza  dover  egli  servire 
colla  persona.  Fu  questo  luUo  il  suo  guada- 
gno ,  giacché  non  vide  disposizione  alcuna  di 
alterar  quello  Slato  ,  uè  avca  gente  da  far  pauia 
ad  una  sì     riguardcvol  città,    benché    guernita 


allora  quasi  non  d'altro,  diedi  contadini  fatti 
venire  dal  Casentino  e  da  Mugello.  Intanto  non 
pochi  saccheggi  coniuielleano  le  sue  genti  nel 
contado  ,  ed  egli  chiedea  una  prestanza  di  da- 
naro  e  di  artiglierie  ,  non  trovando  via  per 
uscire  di  que' contorni  :  finché  venutigli  ordini 
eflicaci  del  ne  di  Francia  di  desistere  da  quella 
molesta  danza,  passò  in  quel  di  Piombino,  e 
preso  ivi  qualche  luogo ,  se  ne  andò  jioscia  a 
Roma ,  per  ivi  pigliar  quelle  risoluzioni  che 
occorressero  nell'  impresa  di  Napoli  ,  già  de- 
terminata da  Lodovico  re  di  Francia. 

Non  mancano  mai  ragioni  o  pretesti  a  chi 
ha  sete  di  nuovi  acquisti ,  e  forze  per  effet- 
tuare i  suoi  disegni.  Nel  re  Lodovico  si  fa- 
ceano  trasferiti  tutti  gli  antichi  diritti  della 
casa  di  Angiò,  e  i  recenti  di  Carlo  Mll  suo 
predecessore  ,  già  patlionc  di  Napoli  ;  il  per- 
chè ,  siccome  principe  magnanimo  ,  e  già  grande 
in  Italia  per  l'acquisto  del  ducalo  di  Milano  e 
della  signoria  di  Genova ,  s  accinse  in  que- 
st'  anno  alla  conquista  ancora  di  Napoli.  A  tale 
effetto  avca  prese  le  sue  misure  ;  cioè  guatla- 
gnato  papa  Alessandro  coli'  assistenza  data  al 
duca  ^alcntino,  e  con  altri  mezzi.  Addormentò 
parimente  Massimiliono  I  re  de  Romani ,  con 
fargli  sperare  Claudia  unica  sua  figliuola  per 
isposa  di  Callo  duca  di  Lucrmburgo  di  Ini  ni- 
pote ,  che  fu  poi  Carlo  V,  aniendue  di  tenera 
età  ,  e  collo  sborso  di  non  so  quale  quantità 
di  danaro  :  con  che  ottenne  luia  tregua  di 
molti  mesi.  Era  Federigo  re  di  Napoli  ben 
consapevole  della  voglia  de'Franzesi  d'invadere 
il  regno  suo,  e    però    avca    fiuto    ricxDrso    per 


IO  AANAU    D    ITALIA 

protezione  al  medesimo  re  de'  Romani ,  con 
pac^ar!^!!  qiiaranLamila  ducati,  e  prometterne 
quindici  mila  al  mese  ,  aociocchè  ,  occorren- 
do, movesse  guerra  allo  Stato  di  Milano  ;  e 
ne  riportò  anche  la  promessa  di  non  venir  mai 
ad  accordo  alcuno  ,  senza  incliiudei  vi  ancor  lui. 
Ma  il  buon  ^Massimiliano  ,  lasciatosi  abbagliare 
da'  Franzesi ,  tutto  dimenticò  ,  senza  né  pur 
avvertire  che  crollo  potesse  avvenire  alle  ra- 
gioni dell'imperio  dal  lasciare  cotanto  ingran- 
dire ili  Italia  un  re  di  Francia.  Le  maggiori 
speranze  adunque  d' esso  re  Federigo  erano 
intanto  riposte  nell'  aiuto  di  Ferdinando  il 
Cattolico  re  d'Aragona  ,  il  quale  ,  per  esser 
padrone  della  Sicilia  ,  facilmente  potea,  e  come 
stretto  parente  ,  si  crcdea  clic  volesse  prestar- 
gli soccorso  in  così  brutto  frangente.  Ma  le 
parentele  fra  i  principi  son  tele  di  ragno  ,  e 
cedono  troppo  facilmente  al  proprio  interesse , 
che  è  il  primo  e  polente  lor  cousigliere.  Di 
belle  parole  dimque  e  di  promesse  n'ebbe  . 
quante  ne  volle  ,  il  re  Federigo:  diversi  poi 
furono  i  fatti.  Imperocché  il  re  di  Francia  , 
conoscendo  quale  ostacolo  potesse  venire  dal- 
l'Aragonese alle  sue  idee  ,  segretamente  entrò 
seco  in  un  trattato:  e  fu  conchiuso  che  amen- 
due  facessero  1'  impresa  di  Napoli;  e  al  re  di 
Frauda  toccasse  Napoli  con  Terra  di  L.woro 
o  coir Abbruzzo  ,  e  al  re  Cattolico  le  provincia 
di  Puglia  e  di  Calaliria.  Il  Summonte  ed  altri 
]inMidi)no  qui  a  i;iusti(ìc;»r  l'azione  del  re  Fer- 
din  nido  ,  allegali  lo  come  giusta  la  d'  lui  pre- 
tensione sul  regno  di  Napoli ,  acquistato  colle 
forze  dell'Aragona  dal   re  Alfonso,  quasiché  non 


ANNO    MDI  1  i 

fosse  stato  lecito  ad  esso  Allbnso  di  lasciarlo 
a  Ferdinaiitlo  suo  fìj^linolo  ,  bencliè  bastardo. 
Altri  all'incontro  il  coiidcDii areno  d'insaziabi- 
lità ,  di  Iradinicnlo  e  d  ingiustizia  ,  perrbè  i 
discpiidenli  del  re  Alfonso  iiodcano  quel  regno 
coli  investitura  della  santa  Sede,  e  il  re  Cat- 
tolico dava  ad  intendere  di  fare  armamento  in 
Sicilia,  tutto  in  difesa  del  re  Fedi  rigo ,  quando 
unicainente  tendeva  alla  di  lui  rovina ,  e  ad 
appagare  la   propria  cupidità. 

Per  tanto  si  mossero  i  Franzesì  dalla  Lom- 
bardia ,  condotti  parte  dal  duca  di  Nemours  e 
dal  signore  d'Aubignj'  per  lena  alla  volta  della 
Toscana,  menlre  un'altra  armata  per  mare  si 
mosse  da  Genova.  Fece  allora  Federigo  re  di 
Napoli  istanza  a  Consalvo  ,  generale  del  re 
Cattolico  in  Sicilia  ,  di  unir  seco  le  sue  forze 
e  di  venir  a  Gaeta,  con  andar  egli  stesso  in- 
tanto a  San  Germano  jier  contrastare  il  passo 
a  i  Franzesi.  Mosliossi  Ccnsalvo  simulatamente 
pronto  ;  e  ricbiesto  ed  ottenuto  il  possesso  di 
alcune  terre  in  Calabria  col  j>releslo  di  difen- 
derle ,  cominciò  in  esse  ad  esercitare  la  signo- 
ria di  parte  della  division  fatta  co' Franzesi. 
Giunti  in  questo  menlre  a  Roma  i  Franzesi, 
si  svelò  il  loro  trattalo  col  re  Cattolico,  e  ne 
fu  cbiesta  1'  approvazione  al  papa,  palliando 
la  lor  lega  e  dimanda ,  per  essere  più  vicine 
queste  due  poler.ze  a  soccorrere  la  Cristianità 
contro  al  Turco  ,  anzi  vantando  di  \oler  por- 
lare  nell'Asia  la  guerra.  Impetrarono  quanto 
vollero  ;  anzi  lo  stesso  papa  con  loro  si  colle- 
gò. A  tali  avvisi  il  re  Federigo,  tuttavia  deluso 
da    Consalvo,    che    mostrava    di     non    credere 


J  :>.  ANNALI     D    ITALIA 

1  accordo  del  suo  sovrano  co  ì  Frairzesi,  mandò 
il  nerbo  maggiore  delle  sue  genti  alla  difesa 
di  Capoa  ,  a  cui  da  li  a  non  molto  i  Fran- 
zesi  misero  Tassodio  ,  e  diedero  anche  un  fiero 
assalto,  ma  con  loro  danno.  Dentro  v'era  Fa- 
brizio Colonna  ,  Ugo  di  Cardona  con  altri  ca- 
pitani ,  i  quali  conoscendo  di  poter  poco  lun- 
gamente resistere  ,  massimamente  percliè  il 
popolo  s'era  mosso  a  sedizione,  cominciarono 
a  trattar  d  accoiflo.  INla  o  sia  che  in  lauto  si 
ralleutasse  la  guardia  della  città;  o  che  qual- 
che traditore  giudicando  di  farai  benevoli  gli 
assediatili,  gì' invitasse  a  salir  perle  mura(i): 
certo  è  die  nel  di  24  di  luglio  entrarono  i 
Franzesi  furibondi  per  un  bastione  nella  mi- 
sera città  ,  e  le  diedero  il  sacco,  colla  strage, 
chi  dice  fin  di  otto  mila  persone ,  e  chi  d'i 
sole  tre  mila.  Il  Buonaccorsi ,  forse  più  veri- 
tiere de  gli  altri  ,  parla  solo  di  due  mila.  Non 
si  può  leggere  senza  orrore  la  crudeltà  usata 
<la  i  vincitori,  che  non  contenti,  in  tal  con* 
giuiilura,  dell'avere  de' cittadini  e  de' sacri 
arredi  delle  chiese ,  sfogarono  la  lor  libidine 
sopra  le  donne  d'ogni  condizione,  senza  né 
pur  risparmiare  le  consecrate  a  Dio  ,  con  es- 
sersi trovale  alcune  che  ,  per  non  soggiacere 
alla  lor  violenza,  si  precipitarono  nel  (iume  e 
ne' pozzi.  Non  ])0(;he  d'esse  furono  condotte 
prigioni  ,  e  vcndulc  poscia  in  Roma.  Il  duca 
Yaleiilino,  che  co'  Franzesi  si  trovava  a  quella 
impresa  ,   fattane   una  scelta    di    quaranta  delle 


(i)  ISuonaccorsi.  Giovio.  Guicciardino,  Sardi. 


ANNO    MDl  IJ 

pili  belle  ,  le  ritenne  per    sé  ,   per  non  essere 
da  meno  de  Turclii. 

La  disavventura  di     Capoa  tal    terrore  nìise 
nell'altre  eittà  del  rejjno  ,  che     quasi    ninna  si 
attentò  di  llir  da  lì  innanzi  resistenza  ,  ed  ognuna 
mandò  le  chiavi  incontro    ali  esercito  vittorio- 
so. Il  re  Federigo  ,  scorgendo  già  il  popolo  di 
Napoli  tumultuante    e  disposto    ;»     ricc\ere   un 
nuovo  principe,  si  ritirò  hi  Castel  Nuovo.  Laonde 
la  città  inviò  subito  a  trattare   la  resa  ,  che  fu 
accettata  a  mani  baciate  ,  con  obbligar  nondi- 
meno i  Napoletani  allo  sborso  di  sessanta  mila 
ducati  d'  oro.   Non   mantenne  di    poi    l'Aubigny 
questi   patti  ,  pei  che  da   lì  a  qualche  tempo  im- 
pose una   taglia    d'  altri   cento    mila    ducali  in 
pena  della   ribellion    fatta  a     Carlo    Vili  ,  che 
questa  bagattella  gli  dovette  scajìpar   di  mente 
quando  fece  la   convenzion  suddetta.  Non  passa- 
rono molti  giorni  che  l'infelice  re  Federigo  ca- 
pitolò eoll'Aubigny  di  consegnargli  tutte  U-  for- 
tezze che  si  teneano    per    lui  ,    con    riserbarsi 
solamente  per     sei    mesi     1'  isola  e    rocca  d'  I- 
schia ,   e  di  poter  non  solo  portar  seco  ogni  suo 
avere  ,    a    riserva  delle   artiglierie  ,    ma   anche 
andarsene   liberamente    ovunque  a    lui   (osse  in 
grado.   Tanto   era  1   odio    che  egli  avea  conce- 
puto  conlra  del  re  Cattolico  pel    tradimento  e 
per  r  oppressione   a  lui  fatta  ,    che    elesse  più 
tosto  di    pas.-are   in  Francia  e  di   r'mel  tersi  alla 
conosciuta  generosità  di  quel   re.   die  di  fidarsi 
mai  più  di  chi  egli  avea  .'■perimeiitato  troppo  iu- 
leiiele.   Impetrato  (luir([ue    nn   .sai- ocondotlo  .  e 
la.sciati  andare  al  servigio  di  ConsìJvo  ,  Prospero 
e   Fabrizio  Coionnesi ,  che  egli  avea  riscattati , 


1^  ANNALI    d'  ITALIA 

con  cinque  galee  sottili  fu  condotto  in  Fran- 
cia ,  dove  sulle  prime  fieddam^nte  accolto 
dal  re  Lodo%'ico,  poscia  i\y  provveduto  della 
dncea  d  Angiò  con  rendita  di  trenta  mila  du- 
cati ,  dove  poi  nel  dì  9  di  setteaii)re  del  1 5o4 
diede  fine  al  suo  vivere.  Non  istette  in  questo 
mentre  punto  in  ozio  Gonsalvo  Fernandez  , 
chiamato  il  Gran  Capitano,  perciocché  s'im- 
padronì di  tutte  quante  le  terre  destinate  al 
re  Cattolico  suo  signore  in  Pu^dia  e  Calabria. 
La  sola  città  di  Taranto  fece  una  gagliarda  di- 
fesa. Colà  sul  primo  avvicinamento  dell'  armi 
nemiche  avea  il  re  Federigo  inviato  ,  come  in 
luogo  di  ricovero  ,  don  Ferrante  suo  primoge- 
nito ,  duca  di  Calabria,  appellato  da  alcuni 
con  errore  don  Alfonso,  lidandolo  a  don  Gio- 
vanni di  Ghevara  conte  di  Potenza,  e  fattogli 
poi  sapere  che  in  caso  di  disgrazie  andasse  a 
trovarlo  in  Francia.  Perduta  in  line  la  spe- 
ranza di  soccorso,  convennero  i  rettori  di  Ta- 
ranto di  dar  «juella  forte  città  a  Consalvo  ,  fa- 
cendolo piima  giurare  sull'  Ostia  con -.cerata  di 
lasciare  in  liberta  il  giovinetto  duca  di  Cala- 
bria. Ma  Consalvo ,  in  cui  prevaleva  piiì  Y  in- 
teresse del  re  Ferdinando  che  il  timor  di  Dio, 
ritenne  il  duca,  non  senza  grande  infamia  del 
nome  suo  ,  e  col  tempo  1"  inviò  in  Ispagna  , 
dove  i;omc  in  una  libera  ed  onorata  prigione, 
ilopo  a\er  avuto  ilue  mogli  (che,  perchè  ste- 
rili gli  iuroiio  date  ,  ninna  prole  lasciarono  di 
sé  )  ,  dietle  fine  al  suo  vivere  nel  i55o.  Al- 
fonso secondogenito  del  re  Federigo  ,  passato 
col  padre  in  Francia,  terminò  i  suoi  giorni  in 
Granobltì  nel   i:n5  con  sos])etlo    di  veleno.  E 


ANNO    MDl  I^> 

Cesare  terzogenito  ,  ritiratosi  a   Ferrara  ,  quivi 
anch'  egli  in  età  d'  ainii  diciolto  cessò  di  vivere. 
Di    tempo    sì    favorevole  si    servì    ancóra  il 
pontefice     Alessandro    per    abbattere    le    nobili 
case  de'  Colonnesi  e  Savt^jli  .    che   s'  erano  di- 
chiarati in  favore    di    Federigo    re    di  ISapoli. 
Fulminate  prima    conti  a  d'essi    tutte    le  pene 
spirituali  e    temporali  ,  mosse    guerra    alle  lor 
terre ,    e    portatosi   in    persona    all'  assedio    di 
Sermoneta  ,  commise ,  come  ha   Giovanni  Bur- 
cardo  nel  suo  Diario  (i)  ,  tutta  la  can.era  sua 
e  tutto  il  palagio  e  i  negozi  occoiTcnti  a  donna 
Lucrezia  Bolgia   sua  figliuola,    la    quale    nel 
tempo  di  tuie  assenza  abitò  le  camere  del  papa. 
E  diedele  autorità  d  aprire  le  lettere  sue;  e  se 
occoiresse  alcufia  cosa  anhia  ,  awsse  il  consi- 
glio de'caidinali  di  Lisbona  e  d' altri ,  ch'ella 
potesse  perciò  chiamare  a  sé.    Questa  maniera 
di  governo  se  iiicesse  onore    al  papa  ,  poco  ci 
vuole  per  conoscerlo,    ^ennero    all'  ubbidienza 
sua  tutte  le  terre  di  que'  baroni  :  per  le  quali 
vane  vittorie  insuperbito,  e  in.-ieme  dinuiilico 
dell'uiizio  apostolito,  e  delle  minaccie  di  morte 
a  lui     fptte    dal    cielo    nell'  anno   precedente  , 
lasciò  la   briglia  ad  ogni  sfrenata  licenza.  Cm- 
tinuò    parimente  il    duca    Valentino  la  guerra 
contro  di    Piombino;  ed    avendo    spedi'o  colà 
\  ilellozzo    e    Gian-Paolo    Biiglione    con    nuove 
genti  ,  questo  bastò  ad  intimidire  sì  fatti  mente 
Jacopo  d'Appiano,  signore  di  quella  terra  ,  che 
lasciato  ivi     buon     presidio ,  se    ne    ritirò    per 
andare  in  Francia  ad  implorare  gli  efletti  della 

(i)  Raynaldus  Annal.  Eccles. 


l6  ANNALI    d'  ITALIA 

protezione  di  quel  re,  già  a  lui  accordata.  Ma 
andò  iiidariio  ,  perchè  al  re  maggiormente  pre- 
meva di  soddisfare  alle  premure  del  papa ,  da 
cui  molto  potea  sperare ,  e  molto  ancora  te- 
mere. In  questo  mezzo  per  opera  di  Pandolfo 
Petrucci  da  Siena  s'arrendè  quella  terra,  e 
poscia  la  fortezza  al  suddetto  <luca.  Diede  fine 
al  corso  di  sua  vita  nell'  anno  presente  Ago- 
stino Barbarigo  doge  di  ^  enezia  ,  e  a  lui  succe- 
dette a  dì  3  d'  ottobre  Leonardo  Loredano.  Tro- 
vavasi  allora  la  veneta  repubblica  in  non  pochi 
aflanni  per  la  guerra  col  Turco,  il  quale  ogni 
dì  pii\  insolentiva ,  e  non  meno  in  Grecia  che 
in  Unglieria  sempre  più  s' ingrandiva  alle  spese 
de'  Cristiani.  Erasi  ben  fatta  lega  fra  essa  re- 
pubblica ,  il  papa,  i  re  di  Francia,  Aragona 
ed  Inghilterra,  e  con  altri  sovrani,  contro  qiel 
comune  nemico  ;  ma  attendendo  ognun  d'  essi 
a'  proprj  comodi  e  vantaggi  ,  e  nulla  avendo 
operato  una  bella  flotta  di  Portoghesi  che 
venne  apposta  ne"  muri  di  Lt-vante,  convenne 
a'  Veneziani  di  sostener  soli  tulio  il  peso  della 
difesa  delle  lor  terre  e  dell'  Ilalia.  Né  si  dee 
tai-ere,  che  trovandosi  in  Pavia  la  nobile  bi- 
blioteca de  i  duchi  di  Milano  ,  ricca  di  anti- 
clu  e  preziosi  manusciitli,  circa  questi  tempi 
per  ordine  del  re  Lodovico  fu  trasportata  a 
Bles  in  Iran.  ia.  Di  questo  spoglio,  e  d'altri  di 
antichi  scritture,  indarno  si  lagnò  la  povci'a 
Lombardia. 


ANNO     MUll  17 


Anno  di  Cristo   i3o2.  Indizione  V. 
di  Alessandro  VI  papa   1 1. 
di  Massimiuano  /e  de'  Romani  io. 

Quanto  più  andava    crescendo  in   potenza  il 
duca  Valentino  ,   tanto  più  s  aumentava  in  lui 
la  brama  di  uuovi    acquisti ,    secondato  in  ciò 
dal  papa  suo  padre,  che   nulla  più  lueditava  e 
sospirava  che  di  Ibrmare  in   lui  un  gran  prin- 
cipe in  Italia.  Non  avea  esso    poiitetice    meno 
amore  e  premura  per  l' ingrandimento    di  Lu- 
crezia sua  Jiglia;  e  però  contòrti  maurggi  fatti 
alla  corte  del  re  Cristianissuuu  tiu  l'anno  pre- 
cedente ,  e  col   mezzo    spezialmente  del  cardi- 
nal di  Roano,  clie  era,  per  conces>ioue  d  essQ 
Alessandro  ,  come  un    secondo    papa  in  Fran- 
cia ,  avea  indotto    quel   re    a  proporre  e  a  far 
seguire  1    accasamento  della  stessa  Lucrezia  con 
don  Alfonso  d  Este  ,  primogenito    di    Ercole  I 
duca  di  Ferrala.   Tante  halLeiie    furono  adope- 
late  per  questo  iilfare  ,  con  làr    sopra    tutto   i 
mediatori  conoscere  che  questo  parentado  por- 
tava seco  1  assicurarsi  dall  ambizione  e  dall'armi 
del  di:ca    Valentino   (  se  pure  ,    come    dice  il 
Guicciardino ,  contro  tanta  perfidia  era  bastante 
sicurtà  alcuna),  che  gli    hslensi    condiscesero 
a  tali  nozze.  Portò  ella  in  dote  cento  mila  du- 
cati d'  oro  contanti  ,  immense    gioie  e  suppel- 
lettili ,  colla  giunta  ancora  delle  terre  di  Cento 
e  della  Pieve,  cedute  al  duca  di  Ferrara,  oltre 
ad  altri  vanlai??!  della    casa    d'  Este.  Gran  so- 
lennità  si  fecero  per  questo    in    Roma  e   Fer- 
rara ,  nella  (jual  città  entrò  essa  principessa  nel 
MiRATORi.  Jan,  f^ol.  Xlf^.  2 


l8  ANNALI    d'  ITALIA 

dì  2  di  febbraio.  Quanto  al  duca  \  alenlino  , 
amoreggiava  egli  forte  il  *  ducato  d'  Urbino  ; 
ma  essendo  il  dura  Guidubaldo  ubbidientis- 
simo  in  lutto  al  papa,  e  per  le  sue  belle  doti 
quasi  adorato  da'  suoi  popoli,  né  pretesto  si 
trovava  ,  uè  facilità  appariva  di  jioterlo  spo^ 
gliare  di  quegli  Slati.  Si  rivolse  dunque  1'  ini- 
quo Borgia  a  i  tradimenti  (i).  Portatosi  a  No- 
cera  con  poderoso  esercito ,  e  fingendo  di  voler 
assalire  lo  Stato  di  Camerino  ,  fece  richiesta 
d'artiglierie  e  di  genti  d'armi  al  duca  d'Ur- 
bino. Tutto  gli  III  dato  ,  percliè  troppo  peri- 
coloso si  considerò  il  negarlo.  Ciò  latto  ,  con 
tutta  celerità  s'imjiadionì  di  Cagli,  e  continuò 
la  marcia  alla  volla  d'  UiJjino  ,  dove  il  disar- 
n)alo  duca  Guidubaldo  ,  con  Francesco  Maria 
della  Rovere,  suo  nipote,  ad  altro  non  pensò 
che  a  salvare  la  vita  ,  abbandonato  tutto.  Se 
ne  fuggì  egli  travestito  ;  e  benché  inseguito  , 
ebbe  K.  (ortuna  di  potersi  in  fine  rifilare  a 
Mantova  ,  dove  poco  prima  era  giunfa  la  du- 
chessa Isabella  sua  moglie  ,  sorella  di  Fran- 
cesco II  marchese  d'essa  Mantova,  la  quale, 
dopo  avde  acccmpagiiato  a  Ferrara  Lucivzia 
Borgia  ,  cola  s'era  jiortala  per  visitare  il  fia- 
tello.  Con  ((uesle  aiti  fece  acquisto  il  duca  ^  a- 
leiitino  di  quattro  città  e  di  trecento  castella 
com[ionenti  (juel  ducato. 

Gian  rumore  per  tutta  Italia  fece  un'azione 
sì  proditoiia  ,  ninno  tenendosi  più  sieiiio  dalle 
insidie  di  costui ,   il  (juale  ito  jioscia  conila  di 


(i)  Tt:i]ilin('l  VolalfiTiiiuis.   Giiicriardiiio.  l'uoiiaccorsi. 
Bembo    ed  nitri. 


ANNO    MDIl  ig 

Camerino  ,  mentre  andava  trattando  d'  accordo 
con  Giulio  da  N  arano,   signore  di  quella  città, 
ebbe  con  inganni    maniera     di   entrare  in  essa 
città.  Inij)rigionalo  Giulio  con  due  suoi  figliuo- 
li,  di  lì  a     non     mollo  lo     spieiato    Naienlino 
con  farli  strozzare  se  ne  sbrigò.  Fu  ancora  da  i 
Fioientini    creduto    che    lo    stesso    Borgia  e  il 
papa  avessero  mano  nelle  rivoluzioni  che  accad- 
dero nel  presente  anno  in  Toscana  ;  dappoiché 
il  re  di   Francia  non  avea    acconsentito  che  lo 
stesso  Borgia  divenisse  signor  di  Pisa.   \  ogiiosi 
sempre  essi  Fiorentini  di  ricuperar  quella  città, 
altro  mezzo   [)iù  non    conosccano    che    di  vin- 
cerla colla  fame.     Però    venuta    la    primavera  , 
andarono  a  dare  il  guasto  alle    biade    del  ter- 
ritorio di  quella  città,  e  quindi  posero  il  campo 
a  \  ico  Pisano ,   tolto     loro    poco    innanzi    per 
tradimento  d'  alcuni  soldati.    iMa    eccoli   muo- 
versi a  ribellione  il  popolo  di   Arezzo,  che  te- 
nea  segreta  corrispondenza    con   VileUozzo  Vi- 
telli ,  signore     di  Città    di    Castello ,    il    quale 
non  tardò  ad  accorrere  colà  ,  e  ad  imprendere 
l'assedio  della  cittadella.  Ed  ancor  questa,  per- 
chè non    venne    mai    suflìciente   aiuto  da'  Fio- 
rentini ,    costretta    fu    ad    arrendersi  ,  dopo  di 
che  fu  smantellata.   Con  Yilellozzo    Mano  con- 
giunti Gian-Paolo  Buglione  ,   priucipal  direttore 
della  città  di   Perugia ,    Fabio    Orsino  ,    il  car- 
dinale e   Pietro  de'  iMedici  fuoruscili   di    Firen- 
ze ,  e  Pandolfo  Petrucci  che  era    come   signor 
di  Siena.  Impadronironsi  costoro    dojjo  Arezzo 
anche  di  Castiglione  Arci  ino,  della  cillà  di  Cor- 
tona ,  d'Anghiari  ,  di  Borgo  San  Sepolcro  e  di 
altri  luoghi.  Sarebbe  andata   più  innanzi  questa 


20  ANNALI    D    ITALM 

tempesta,  se  i  Fiorentini  non  avessero  fatto 
ricorso  al  re  di  Francia  ,  rappresentandogli 
come  procedenti  dall'  avidità  del  papa  e  di 
suo  figlio  sì  fatte  novità  ,  e  facendogli  costare 
il  pericolo  che  soprastava  anche  a  gli  Stati 
del  medesimo  re  in  Italia  ,  se  si  lasciava  an- 
dar troppo  innanzi  l' ingrandimento  del  Borgia. 
Per  questo  ,  e  insieme  pel  danaro  ,  la  cui 
virtù  suole  aver  tanta  efficacia,  il  re  Lodo- 
vico XII  non  solamente  fece  comandare  al 
Valentino  e  a  gli  altri  suoi  aderenti ,  che  de- 
sistessero dalle  oflese  de' Fiorentini ,  ma  anche 
spedì  alcune  compagnie  di  genti  d'  armi  in 
Ibscana  ,  1'  aspetto  delle  quali  lece  litoinar  in 
breve  Arezzo  e  l'altre  terre  perdute  all'ubbi- 
dienza di  Firenze. 

Fuiono  cagione  questi  movimenti,  e  gl'im- 
brogli del  regno  di  Napoli  ,  de'  quali  parle- 
remo fra  poco  ,  che  il  re  Lodovico  tornasse  in 
Italia  ,  portando  seco  non  lie\e  sdegno  contra 
del  papa  e  del  duca  ^  alentino.  Concorsero  ad 
Asti  e  a  Milano  varj  principi  e  signori  d'Ita- 
lia; e  siccome  tutti  erano  in  sospetto  di  ul- 
teriori disegni  di  esso  Borgia,  così  aggiunsero 
legiia  al  fuoco.  Già  si  aspettava  ognuno  di 
mirar  1'  ai  mi  del  re  volle  alla  drpiession  del 
\aleiitiiio.  Ma  così  ben  seppe  maneggiarsi  il 
papa,  clic  mitigalo  l'animo  del  re,  questi  ail 
altro  non  attese  dipoi  che  a  far  guerra  in  re- 
gno di  Majjdli,  restando  deluse  le  speranze  di 
tutti  i  potentati.  Era  questa  guerra  insorta  fin 
l'anno  jirecedente;  perchè  ajipcua  furono  en- 
trali in  possesso  Fianzcsi  e  Spagnuoli  della 
porzione  lor  destinata  ,  che  si  vemic  a   contesa 


ANNO     MDII  2  1 

fra  loro  \vr  li  confini.  Consalvo  tacqne,  finche 
si  fu  inipatlioiiilo  di  Taranto  ;  ma  poi  sfode- 
rate le  pretensioni  del  re  Cattolico  >  cacciò  im- 
provvisamente dalla  Tripalda  e  da  altri  luoqlii 
i  presidj  franzesi ,  e  si  ap|)ropriù  la  B.isilica- 
ta.  Perciiè  s'  era  per  le  malattie  estenuata  di 
molto  r  armata  franzese,  il  duca  di  Nemours 
viceré  giudicò  mc«li(>  di  trattar  colle  buone  ,  e 
di  stabilire  una  tregua  col  gran  capitano  sino 
all'agosto  dell  anno  presente,  contentandosi 
che  prò  interim  si  dividesse  fra  loro  la  Do- 
gana di  Foggia  e  il  Capitanato  ,  e  si  ritirassero 
i  Franzesi  dal  principato.  Ma  cresciute  dipoi 
le  for/.e  del  viceré  per  le  genti  inviategli  dal 
re  Lotlovico  ,  nel  mese  di  giugno  diede  l'Au- 
bigny  principio  alle  ostilità  manifeste  contro 
gli  Spagnuoli.  E  dopo  avere  occupato  tutto  il 
Capitanato,  si  accampò  a  Canosa ,  e  l'ebbe  in 
fine  a  patti.  Inferiore  in  possanza  trovandosi 
allora  Consalvo ,  si  ritirò  a  Barletta  ,  restando 
ivi  sprovveduto  di  vettovaglie  e  danari.  Se 
avessero  saputo  i  Franzesi  profittar  di  questa 
sua  ilebolezza  ,  forse  sbrigavano  le  lor  faccende 
in  quel  regno.  Attesero  essi  a  insignorirsi  della 
maggior  parte  della  Puglia  e  Calabria  ;  presero 
Cosenza ,  e  le  diedero  il  sacco  ;  venuto  colà 
soccorso  dalla  Sicilia ,  lo  misero  in  rotta.  Tale 
prosperità  dell'  armi  rendè  poi  negligente  il  re 
di  Francia  a  sostener  con  vigore  la  sua  for- 
tuna nel  regno  di  Napoli ,  e  ad  altro  non  pensò 
se  non  a  tornarsene  di  là  da'  monti. 

Era  ilo  travestito  e  con  pochi  cavalli  per  la 
posta  il  duca  \alentino  ad  inchinare  esso  re  a 
Milsno  ;  o  siccome  gli   stava  bene  la  lingua  in 


•j2  ANNALI    D    ITAÌIA 

Jjocca ,  tanto  seppe  dire  per  dar  buon  colore 
allf  malvagie  sue  azioni  passate ,  e  tanto  com- 
mendò la  svisceratezza  del  papa  verso  la  corona 
di  Francia  ,  che  riguadagnò  Y  affetto  e  la  pro- 
tezione del  re  :  il  che  recò  non  poro  spavento 
a  Mtellozzo  ,  al  Baglione ,  a  Giovanni  Bentivo* 
glio  ,  a  Pandolfo  Petrucci,  ad  Oliverotto  da 
Fermo,  che  sera,  con  uccidere  Giovanni  suo 
zio,  fatto  signore  di  quella  città,  e  a  Paolo 
Orsino.  Né  tardò  molto  il  ^alentino  a  richie- 
dere colle  minaccie  la  signoria  di  Bologna.  U 
perchè  scorgendo  ognun  di  essi  di  trovarsi  gior- 
nalmente esposti  alle  insidie  e  all'  ambizione  del 
duca  Valentino ,  fecero  lega  insieme  contra  di 
lui.  Richiamarono  da  Venezia  Guidubaldo  duca 
d'Urbino,  e  dall'Aquila  Giovanni  da  N'arano, 
llglio  dell'  estinto  signore  di  Camerino  ,  con 
ricuperar  dipoi  qiasi  tutte  quelle  contrade  :  il 
che  frastornò  le  idee  del  Borgia  sopra  Bologna. 
Ma  inteso  avere  avuto  ordine  lo  Sciomonte  , 
generale  del  n;  Lodovico  ,  dL  assistere  ad  esso 
duca  \  alentino  ,  e  che  aveano  da  calare  tre 
mila  Svizzeri  assoldati  da  esso  Borgia  ;  cadaun 
di  qne'  collegati  scorato  cominciò  a  pensare  alle 
cose  proj)ric,  e  a  trattar  separatamente  di  con- 
coidia  con  chi  pur  sapeauo  nulla  aver  più  a 
cuore  clic  la  loro  rovina.  Non  si  può  esprime- 
re, <{uante  dolci  ]>;irole,  quante  belle  promesse 
usasse  verso  ognun  di  essi  il  perlido  duca.  A 
questo  amo  si  lasciarono  |)rendcre  tutti,  e  se- 
gni accordo  con  lui,  approvato  dal  papa.  Per- 
chè Bologna  era  osso  duro,  conlenlossi  il  Va- 
lentino dì  fu-  lega  con  Giovanni  Jienti\oglio,  e 
col    reggimento    di    ([nella    città ,  la  (pialo  con 


ANNO     Mnil  20 

nuovo  accordo  (  se  pur  due  furono  quegli  ac- 
cordi )  si  obbligò  di  piagargli  per  oUn  anni 
dodici  mila  ducati  d'oro  l'anno,  a  titolo  di 
condotta  di  cento  uomini  d'armi,  e  di  fornirlo 
per  un  anno  di  cento  altri  uomini  d' armi  e 
di  duceiito  balestrieri  a  cavallo.  Paolo  Orsino, 
il  duca  di  Gravina,  Vitellozzo  ed  Oliverotto , 
incantali  dalle  lusinghe  e  carezze  del  Borgia  , 
tornarono  a  gli  stipeiidj  di  lui.  Dopo  di  che 
colle  foive  costrinsero  il  duca  Guidubaldo  e  il 
Varano  impauriti  ad  abbandonar  di  nuovo  i 
loro  Stati  di  Urbino  e  Camerino,  che  torna- 
rono in  poter  del  Borgia  (i).  Per  ordine  di 
lui  andarono  poscia  questi  condottieri  a  met- 
tere il  campo  a  Sinigaglia,  città  di  Francesco 
Maria  della  Rovere  pnfetto  di  Roma  ,  e  la 
forzarono  alla  resa.  Per  li  quali  servigi  si  aspet- 
tavano forse  qualche  gran  ricompensa  dal  Va- 
lentino, ma  l'ottennero  ben  diversa  dalla  loro 
immaginazione.  Imperocché  venuto  costui  a 
quella  città ,  da  cui  prima  avea  ordinato  che 
uscissero  le  loro  genti  ,  e  chiamati  a  parla- 
mento i  suddetti  Paolo  Orsino ,  il  duca  di 
Gravina  ,  Vitellozzo ,  Oliverotto  ,  I^odovico  da 
Todi  ed  altri ,  fece  lor  mettere  le  mani  ad- 
dosso; e  nel  giorno  seguente,  ultimo  dell'armo 
presente  (  il  Sardi  scrive  che  fu  nel  primo 
dell'anno  appresso)  furono  strangolati  in  una 
camera  esso  \  itellozzo  e  Oliverotto.  Uscito  in 
questo  mentre  il  Valentino  per  la  rocca  colle 
sue  milizie ,  piombò   all'  improvviso    addosso  a 

(i)  Guicciardino.   Sardi.  Paulus  de  Clericis  Carinelita 
m  Annal    MS    Raphael  V'olaterraniis  et  alii. 


^4  .      ANNALI    d'  ITALIA 

quelle  de  gV  imprigionati  signori  ,  e  tolse  loro 
armi  e  cnvalli.  iSte  restarono  assai  morti,  e  più 
feriti ,  e  il  resto  si  sbandò.  Pandolfo  Petrucci , 
die  non  era  entrato  in  gabbia ,  ebbe  la  fortuna 
di  salvarsi.  Alla  misera  Sinigai:^lia  fu  dato  il 
sacco.  Con  queste  sceleraggini  compiè  il  dete- 
stabil  Valentino  l'anno  presente,  non  senza 
oiTore  e  terrore  delf  Italia  tutta.  Or  vatti  a  fi- 
dar di  tiranni. 

Anno  di  Cristo   i5o3.  Indizione  f^I. 
di  Pio  III  papa   i. 
di  Gir  LIO  II  papa   i. 
di  Massimiliano  le  de  Romani   ii. 

Ricco  di  novità  gravissime  fu  1'  anno  pre- 
sente ,  e  non  meno  di  tradimenti  ,  cbc  erano 
alla  moda  in  questi  tempi.  Non  sì  tosto  ebbe 
il  duca  ^alonlino  oppressi  in  Sinigaglia  i  due 
Orsini  con  gii  altri  condottieri  ,  che  ne  spedì 
l'avviso  a  papa  Alessandro.  Aveva  questi  fatta 
dianzi  una  solenne,  ma  canina  pace  con  tutti 
gli  Orsini  ;  ed  inteso  poi  come  leliceinentc  fos- 
sero riuscite  le  insidie  tese  a  que'  condottieri 
d'  armi ,  tenendo  in  petto  colai  notizia  ,  sotto 
colore  d'  alcune  fac(;ende  ,  cliiamù  a  ])alaz/,o  il 
cardinale  (ìiambatista  Orsino,  ed  appena  giunto, 
il  fece  far  prigione  e  metterlo  nella  torre  Bor- 
gia (i).  Nello  stesso  lenij)0  ])er  oidine  suo  fu- 
rono presi  Rinaldo  Orsino  arcivescovo  di  Fi- 
renze ,   il  protonolario  Orsino,  ed  altri  di  quella 


(i)  SalM-Uiciis.  Rapliatll  Volalorranus.  Bflnibus.  Guic 
dardino  cil  nitri. 


ANNO  Mniii  a5 

iiobil  casa.  Avuti  poi  i  segnali  delle  fortezze  e 
terre  de' medcsiini,  mandò  a  prenderne  il  pos- 
sesso. Durò  la  prif^ionia  dell'  infelice  tradito  car- 
diiKilc  sino  al  febbraio,  in  cui  la  morte  il  liberò 
non  solo  da  essa,  ma  da  tutti  i  guai  del  mon- 
do ;  e  voce  comune  fu  clic  il  veleno  gli  avesse 
abbreviata  la  vita,  benché  il  papa  facesse  por- 
tarlo scoperto  alla  sepoltura  ,  per  farlo  credere 
morto  di  naturale  ÌTifermità.  Così  il  duca  Va- 
lentino ,  andando  ben  d' accordo  con  Ini ,  da 
che  intese  la  cattura  di  esso  cardinale ,  tro- 
vandosi a  CtiStel  della  Pieve ,  si  sbrigò  col 
laccio  di  Paolo  Orsino  e  di  Francesco  duca  di 
Gravina  della  medesima  famiglia,  il  qual  ultimo 
nondimeno  altri  fanno  morto  prima.  Erasi  il 
\  aleni  ino  senza  perdere  tempo  portato  a  Città 
di  Castello,  e  trovato  che  ne  erano  fuggili  tutti 
quei  della  casa  Vitelli ,  se  ne  impadronì.  Al- 
trettanto fece  di  Perugia  ,  da  die  Gian-Paolo 
de'  Baglioni  ,  U  quale  più  accorto  de  gli  altri 
s'era  guardato  dalla  trappola  di  Sini-gaglia,  noi 
volle  aspettare  nella  patria  sua.  Quindi  sempre 
più  avido  il  Borgia  si  avvisò  di  tentare  la  città 
di  Siena  ,  facendo  sapere  a  quel  popolo  die 
cacciassero  Pandolfo  Petrucci,  come  nemico  suo; 
e  senza  aspettare  risposta ,  s' inoltrò  a  Sar- 
tiano  e  a  Buonconvenlo,  occupando  quei  luoghi 
con  altre  castella.  Il  bello  era  che  nel  mede- 
simo tempo  tanto  egli  die  il  papa  scrivevano 
al  Peirucci  delle  lettere  le  più  dolci  e  piene 
d' aflezione  che  mai  si  leegessero.  Gran  bisbi- 
glio  e  timore  msorse  per  questo  in  Siena:  ma 
Pandolfo  per  bene  del  pubblico  suo  ritiratosi 
a  Pisa,  tentò  di  levare  al  Valentino    i  pretesti 


2()  ANNAf.l    D  ITALIA 

di  passare  a  maggiori  insulti.  Ne  questi  vera- 
mente osò  (li  più ,  tra  perchè  Siena  città  forte 
e  di  gran  popolazione  si  /leceva  assai  rispet- 
tare ,  e  perchè  essendo  accorso  Gian-Gior- 
dano Orsino  duca  di  Bracciano  con  gli  altri  di 
sua  casa  ,  sottratti  alla  perfidia  Borgia ,  e  co  i 
Savelli  a  difendere  il  resto  delle  lor  terre  ,  il 
pontefice  richiamò  il  figlio  colle  sue  truppe  a 
Roma.  Andò  il  Valentino,  mosse  guerra  a  quei 
baroni  ,  senza  riguardo  sulle  prime  ad  esso  duca 
di  Bracciano  che  era  sotto  la  protezione  del  re 
di  Francia  ,  e  senza  rispetto  al  conte  di  Piti- 
gliano  che  era  a'  servigi  della  repubblica  di 
Venezia.  A  riserva  di  Bracciano  e  di  ^  icovaro, 
prese  lutto.  Ma  fattosi  udire  per  tanti  acquisti 
e  tradimenti  il  risentimento  del  re  Cristianis- 
simo ,  si  mise  in  trattato  quella  pendenza  fra 
il  papa  e  i  ministri  del  re,  i  quali  per  altre 
cagioni  erano  insospettiti  ,  anzi  disgustati  forte 
del  medesimo  pontefice,  siccome  consapevoli 
del  proverbio  che  allora  correva:  cioè,  die  il 
papa  11011  fncam  inni  quello  die  diceva  ,  e  il 
T  alcntiiio  non  diceva  nini  quello  die  faceva. 

Ancorché  il  papa  per  suoi  fini  politici  li- 
cenziasse allora  gran  parte  delle  sue  genti  , 
pure  il  duca  \  alentino  segretamente  molle  ne 
raccoglieva  ,  gravido  sempre  di  più  grandiose 
idee.  Dava  di  grandi  sospetti  a'  Sancsi  e  Fio- 
rentini, as|)irava  al  dominio  di  Pisa.  Cercava 
ancbe  il  papa  di  tirare  i  cardinali  a  consentire 
cli(!  si  desse  al  figlio  il  titolo  di  Fìe  della  Uo- 
magna,  Marea  ed  Undn'ia.  E  giacché  era  a  lui 
riuscito  di  abbattere  Colonne.si ,  Orsini  e  Sa- 
velli ,    priiiri|i;)li    baroni  di  Roma,  slavano  gli 


ANNO    MDIII  aj 

altri  minori  io  continuo  sosi>ctto  e  timore  del- 
l' infedeltà  od  iinihizioiic  della  regnante  casa 
Borgia ,  in  guisa  che  molti  ancora  per  loro 
meclio  si  assentarono;  quando  la  morte,  che 
sovente  sconcerta  o  concerta  le  cose  de'  mor 
tali,  venne  a  fare  impensatamente  scena  nuova. 
Cadde  maialo  papa  Alessandro,  e  nel  dì  i8  di 
agosto  fu  chiamato  da  Dio  a  rendere  conto 
della  vita  tanto  scandalosa  da  lui  menata  non 
men  prima  ,  che  durante  il  pontificato  suo. 
Talmente  divulgata  e  radicata  si  è  la  voce  che 
egli  morisse  avvelenato,  che  non  sì  facilmente 
si  potrà  svellere  dalla  mente  di  chi  spezial- 
mente inclina  in  tutti  gli  avvenimenti  alla  mali- 
zia. Così  parlano  il  Guicciardino ,  il  N  ola  terra  no , 
il  Giovio  ,  il  Bemho  ,  per  tacere  di  tant"  altri. 
Dicono  che  in  una  cena  preparata  per  cagiona 
de'  caldi  eccessivi  in  una  vigna  ,  essendo  ap- 
prontati alcuni  fiaschi  di  vino  con  veleno,  per 
iscacciar  dal  mondo  Adriano  cai'dinale  di  Cor- 
neto  (  esecranda  iniquità ,  esercitata  già  verso 
altii  porporati  ricchissimi  per  ingoiar  le  loro  fa- 
coltà ,  e  molto  pili  sopra  i  nemici  per  vendi- 
carsi), cambiati  inavvertenteraente  essi  fiaschi, 
toccasse  il  malefico  beveraggio  al  papa  stesso. 
Diede  maggior  fomento  a  questa  fama  1'  essere 
sopragiunta  nel  tempo  stesso  a  due  altri  di 
que'  commensali ,  cioè  al  duca  Valentino  e  al 
sopradetto  cardinal  di  Cornelo ,  una  mortale 
infennità  ,  che  essi  poi  superarono  con  potenti 
riniedj  e  col  \igore  dell'età  lor  giovanile;  ma 
non  già  il  papa ,  a  cui  nel  medesimo  tempo 
fecero  guerra  settanta  due  anni  di  sua  età , 
avvegnaché  egli  per  la  sua  robustezza  senile  si 


■j>S  AK.nALI    ì)    ITALIA 

promettesse  molto  più  lunga  carriera  di  vita. 
Ma  quel  die  lini  di  persuadere  alla  gente  die 
il  veleno  avesse  liberata  la  Chiesa  di  Dio  da 
questo  mal  arnese  ,  fu ,  die  il  corpo  suo ,  espo- 
sto alla  vista  d'ognuno,  comparve  gon[io,  troppo 
sfigurato  e  puzzolente:  il  che  fu  attribuito  al- 
l' attività  del  micidiale  ingrediente. 

Ora  qui  coiivien  distinguere  due  punti ,  ma- 
lamente confusi  dal  giudizio  dtl  vulgo.  Il  piimo 
è,  che  veramente  dovette  succedere  quella  ce- 
na, e  die  in  essa  per  malizia  del  Valentino 
restò  avvelenato  il  cardinal  di  Corneto  ,  e  per 
balordaggine  dello  scalco  anche  il  duca  Valen- 
tino. Non  si  può  mettere  in  dubbio  1  infermità 
dell'uno  e  dell'altro,  né  si  dee  dare  una  men- 
tita al  Giovio ,  il  quale  nella  Vita  di  Consalvo 
scrive  d'aver  saputo  dalla  bocca  del  medesimo 
cardinal  di  Corneto  ,  come  egli  restò  allora  av- 
velenato con  incendio  inesplicabile  interno,  e 
con  aver  poi  perduta  tiitla  la  pelle.  Ma  per 
conto  del  papa ,  o  egli  non  intervenne  a  quella 
cena,  o  se  pur  vi  fu,  a  lui  non  toccò  di  quella 
mortifera  bevanda.  Secondo  il  \  olaterrano  (i), 
la  diceria  del  veleno  dato  anche  al  pontefice 
si  s])arse  incerto  auctore.  Odorico  Rinaldi  (2) 
produce  im  Diario  Romano  manuscritto ,  da 
cui  apparisce  che  papa  Alessandro  nel  dì  12 
d'agosto  fu  preso  da  febbre;  die  nel  dì  i5  di 
agosto  gli  lurono  cavate  tredici  once  di  sangue 
o   circa  ,    e    sopravenno  la  febbre  terzana.  Nel 


(i)  Volfitcrranus. 

(7.)  Aaynuldus  Annal.  Ecd. 


ANNO    MPUI  29 

dì  n  prese  medicina.  Nel  di  18  passò  all'  al- 
tra vita ,  prol)abiliiiente  per  una  di  quelle  ter- 
zane perniciose  clie  anche  a'  dì  nostri  o  nella 
quinta  o  nella  settima  portano  via  gì'  infermi , 
se  ad  esse  non  si  taglia  il  corso  colla  china 
china ,  1'  uso  della  quale  in  quel  secolo  era 
ignoto  all'  Europa.  Aggiungasi  quanto  lasciò 
scritto  Alessandro  Sardi  ,  contemporaneo  del 
Guicciardino  e  del  Giovio  ,  nella  Storia  che  si 
consena  manuscritta  nella  Libreria  Estense. 
Dopo  aver  egli  accennata  la  fama  del  \  elcno  , 
seguita  a  dire  (i):  Ma  Beltraudo  Costabile, 
che  allora  era  ombasciatojr  del  duca  Etvole  di 
FeiTara  in  Roma ,  e  Nicola  Bulicane  Fioren- 
tino, amico  intrinseco  del  gonjaloniere  Sode- 
vino,  con  dieci  letlejv  in  cinque  diverf-i  giorni 
da  loro  scritte  al  duca  e  al  caitlinale  datste, 
e  lette  da  noi ,  rìwsirano  la  morte  del  papa , 
succeduta  in  otto  giorni  per  febbre  terzana ,  in 
quel  tempo  estii'o  rvgnante  in  Borna:  dalla 
quale  egli  il  decimo  giorno  di  agosto  assalito , 
né  mitigala  per  aper-tura  di  vena,  né  ririj-e- 
scata  per  manna  prvsa  ,  spirò  la  ser-a  che  di- 
cemmo. Pia  per  la  subbullizione  del  sangue 
putr'efatto  in  que' giorni  restando  il  cada<,erx> 
annerato  e  gonfio,  sor'se  la  fama  del  \'eìeno  da 
chi  non  conobbe  la  causa  di  quegli  effetti.  Ba- 
sta hen  questo  per  abbattere  l' insussistente 
voce  ,  sparsa  allora  intorno  alla  morte  di  que- 
sto pontelice.  La  corte  di  Ferrara,  dove  era 
una  di  lui  figlia ,  si  può  credere  che  fosse 
molto  ben   iulbrmata  di  questi  affari. 

(i)  SaicU,  Istor.  MS. 


3o  ANNALI    d'  ITALIA 

Non  lascia  Rufaello  V'olatL-nano  di  rappre- 
sentare ciò  che  di  lodevole  si  osservò  in  Ales- 
sandro VI  ,  il  suo  ingegno  ,  la  sua  memoria  , 
r  eloquenza  in  persuatlere ,  la  destrezza  in.  go- 
vernare, con  altre  doti  spettanti  ad  un  prin- 
cipe, ma  che  sovente  non  si  ricordava  d"  essere 
principe  cristiano,  e  ,  quel  ciie  è  più,  |)onte- 
fice  Vicario  di  Cristo.  Certo  è  ,  tanti  essere 
stati  i  suoi  vizj  ,  taute  le  sue  azioni  malvagie 
d'impvidicizia ,  d'infedeltà  ,  di  crudeltà,  d'am- 
bizione, delle  quali  parlano  tante  storie,  e 
che  lo  stesso  Volaterrano  non  dissimulò,  che 
il  pontilicato  suo  restò  e  resterà  in  una  de- 
plorabil  uieuioria  per  tutti  i  secoli  avvenire. 
Roma  perciò  era  divenuta  una  sentina  d' mi- 
qiiità;  ninno  vi  si  trovava  sicuro,  perohò  piena 
di  soldati  e  sglierri,  a'quuli  tutto  veuva  p(;r- 
messo.  Guai,  se  alcuno  sparlava:  dapertutto 
erano  spie,  e  una  menoma  parola  costava  la 
vita.  Quanto  poi  patisse  la  religione  (non  già 
ne  i  dogmi ,  che  questi  Dio  ha  preservato  sem- 
pre e  proserverà  ,  ma  nella  disci|)lina  )  per 
tanti  scandali,  per  le  indulgenze  allora  più  che 
mai  messe  ali  ineanlo,  e  prr  li  benelizj  che, 
secondo  il  Bembo  ,  si  vende\ano  ,  (;  per  altre 
biasintevoli  invenzioni  di  cavar  danaio  a  line 
di  lltr  gueria  ed  ingrandire  1'  ini<|uissimo  suo 
figlio  Cesare  15oi'gia  :  tutti  i  buoni  lo  conob- 
bero allora  ,  con  dolerseni-  indarno.  E  uaaggior- 
mente  si  eonobbe  da  il  a  qualche  anno,  pel 
j)relesto  che  di  là  presero  le  ruiove  cr(!sie. 
Nulla  io  dico  <pii,  che  non  dicano  tante  altre 
fltoric  manuscrilte  e  stampate  :  e  nulla  appimto 
da  me  si  dice  in   paragone  del  tanto  che  altri 


AKNO    MDJII  01 

ne  scrissero.  Fortuna  fu  che  in  questa  iiiuta- 
zion  di  cose  si  trovasse  gravemente  infermo 
il  duca  \  alentino  ,  percliè  non  gli  mancavano 
forze  ,  volontà  e  coraggio  per  tentar  cose  gran- 
ili ,  ed  accrescere  od  assodare  la  sua  potenza. 
Kon  s' era  mai  aspettato  costui  un  sì  strano 
contratempo.  Contuttociò  anche  in  quello  stato 
ebbe  tanta  libertà  di  niente  ,  che  si  afci>icurò 
di  tutte  le  ricchezze  del  padre ,  e  chiamò  a 
Roma  tutte  le  sue  soldatesche  ,  sperando  per 
tal  vita  di  coslrii:nere  il  sacro  coliti, io  a  creare 
un  papa  ben  aflitto  a  lui  ,  contando  egli  spe- 
zialmente sopra  i  tanti  cardinali  spagnuoli 
creali  dal  padre  suo.  E  perciocché  non  si  to- 
sto s'udì  la  molte  del  papa,  che  tutti  i  ba- 
roni romani  fuqgiti  o  disgustati  ripigliai ono 
r  armi  ,  lauto  per  liciipeiar  le  lor  terre,  quanto 
per  vendicarsi  del  barbaro  e  disleale  duca  Na- 
lentino  ,  egli  si  pacificò  co  i  Colonnesi ,  resti- 
tuendo loio  le  tene  occupate  ;  e  cominciò  a 
trattare  co'  ministri  di  Francia  e  Spagna ,  ca- 
daun  de'  quali  si  studiava  di  tirarlo  dalla  sua  , 
sì  per  essere  assistito  da  lui  nella  guerrd  di 
JSapoli ,  che  per  averlo  favorevole  nell'  elezione 
del  nuovo  papa.  Conchiuse  egli  dipoi  co  i  soli 
Fraiizesi,  perchè  1' esercito  loro  s' era  avvicinato 
a  Roma  ,  ed  avea  promessa  la  protezione  del 
re  a  lui  e  agli  Stali  da  lui  posseduti.  Pi  omise 
anch' egli  all' incontro  di  lailiuir  colle  sue  .squa- 
dre in   favore  del  re  per  T  impresa  di  JNapoli. 

Intanto  erano  in  armi  gli  Orsini,  ed  altri  ba- 
roni romani.  1  \  itelli  se  ne  rilomaiono  a  Cillà 
di  Castello.  A  Gian-Paolo  Baglione  riu.scì  colla 
forza    e  coli' aiuto    de' Fiorentini    di    rientrare 


02  ANNALI      d'   ITArJA 

in  Perugia.  Quei  di  Piombino  richiamarono 
r  antico  lor  sijjnore  Jacopo  di  Appiano.  Si 
mossero  eziandio  il  duca  d'  Urbino  ,  i  si- 
gnori di  Camerino  ,  Pesaro  e  Sinigaglia  ,  per  ri- 
cuperare i  loro  Stati.  Ora  tro  andosi  Roma  in 
gran  discordia  per  la  comniozion  de'  baroni  , 
per  le  milizie  del  duca  \alentino  che  aveano 
fatto  de  gl'insulti  a  i  cardinali  ed  occupavano 
il  Vaticano  ,  ma  vie  più  per  le  armate  fran- 
cesi e  spagnuole  che  erano  accorse  a  quelle 
vicinanze,  tutte  in  apparenza  per  sostenere  la 
libertà  nell'  elezione  del  novello  pontefice  :  a  i 
maneggi  de'  cardinali,  che  andavano  lenendo 
le  lor  sessioni  nella  Minerva,  riuscì  di  far 
uscire  di  Roma  il  Valentino  colle  sue  tr  ip- 
pe  ,  e  d  indiu'ro  gli  eserciti  stranieri  a  fer- 
marsi otto  miglia  lungi  da  quella  nobiliss'ma 
citta.  iMa  con  sonmia  fretta  accorso  da  Fran- 
cia Giorgio  di  Ambosia  canhnale  di  Roano  , 
tutto  voglioso  della  tiara  pontificia,  e  seco  avea 
condotto  il  cardinal  di  Aragona  e  il  cardinale 
Ascanio  Sforza  ,  cavato  due  aimi  prima  ilalla 
prigione  ,  con  obbligo  di  trattenersi  in  quella 
corte.  Enlniti  i  cardinali  in  numero  di  tren- 
tasetle  in  conclave  ,  si  \itlcio  presto  abortite 
le  speranze  ambiziose  del  cardinal  di  Roano  , 
e  nel  dì  2  3  di  sellenibre  concorsero  i  voti 
nella  persona  di  Francesco  Piccolomini  Sane- 
se  ,  diacono  cardinale  ,  ed  arcivescovo  eletto 
della  patiia  sua  ,  il  qiial  prese  il  nome  di 
Pio  ili.  Fra  egli  della  fuiiiglia  To  leschina  ; 
Illa  papa  Pio  11  1'  aveva  innestato  nella  sua  , 
perchè  lij^lio  di  Ltiiulamia  sua  sorella.  Nel  dì 
primo  di  ottobre  iu    egli   coronalo;     ma    poco 


ANNO    MDIII  33 

godè  egli  dell'  onore ,  poco  di   luì  la  Chiesa  di 
Dio;  perciocché  nel  dì   i8  dello  stesso  oUobie , 
a  cagion  di  una  piaga  che    asea  nella  gamba  , 
dopo  soli  venfisei   giorni  di    pontificato  ,  passò 
a  miglior  vita,    in    età    poco   più    di    sessanta 
quattro  anni  ;  né  mancò    sospello    di     veleno  : 
ciarla  lamiliare  nella  morte  de  principi  in  quei 
secoli  di    tanta    amlìizioue    ed    iniquità.    Gran 
perdita  che  fu  questa    per    la    religione.  L'in- 
tegrità della  sua  vita   in  lutti  gli  anni  addietro, 
la  sua  prudenza  e  il    suo    zelo    faceano  sperar 
de  i  considerabili  vantaggi   alla    Chiesa  di   Dio. 
In  fatti  appena  salilo  sul  trono  poiititicio,  at- 
tese a  convocar  tosto  un  concilio  generale  per 
la  rilònna  della  disciplina  ecclesiastica ,  ancor- 
ché in  vigore  de'capitoli    saggiamente    stabiliti 
nel  conclave  a    ciò    non    fosse    tenuto  se  non 
dopo  due  anni  :    il    che     fa   conoscere    che  né 
pure  allora  mancavano  in  Roma  personaggi  ze- 
lanti dell'  onore  di  Dio  e  del  ben  della  Chie- 
se.  Se  questo  succedeva,  oh  quanti  mali,  che 
poi    sopravennero    alla  religione ,  si  sarebbono 
forse  impediti!  Abborriva  ancora   la  guerra  ,  e 
non  meditava  se  non   consigli    di    pace.    Però 
mancò  di  vita  con  dispiacere  di  tutti  i  buoni. 
Ne'  pochi  giorni    del    suo    pontificato    passò  a 
Roma  da  Nepi ,  ove  s'era  ritirato,  il  duca  Va- 
lentino, per  congratularsi  col  papa  ,  e  per  ac- 
conciar seco  i  suoi  interessi  ,    impetrato  prima 
un  salvocondotto.  Ma  Gian-Paolo  Baglioue,  che 
aneli'  egli  quivi  si  trovava  ,  e  gli  Orsini  tutti  , 
ardendo  di  voglia  di  vendicarsi  di  questo  odia- 
lissimo  tiranno  ,  fatta     raunata    di    gente  ,  an- 
darono   ad    assalirlo.     Ne    seguirono    morti    e 
Mi'UATOiu.  ^nn.   Fol.  XIV.  3 


34  ANNALI     d'  ITALIA 

ferite  ;  e  prevalendo  le  forze  de  gii  Orsini  ,  al- 
tro scampo  e  ripiego  non  ebbe  il  Valentino , 
che  di  rifugiarsi  nel  palazzo  del  Valicano.  Po- 
scia o  spontaneamente  ,  o  per  consiglio  di  1 
papa  ,  cercando  maggior  sicurezza  ,  si  ritirò  in 
Castello  Santo  Angelo  ;  il  che  tenuto  fu  per 
un  colpo  della  divina  provvidenza ,  a  fin  di 
mettere  fine  alle  ribalderie  di  questo  pestifero 
mostro;  perchè  si  dissiparono  a  tale  avviso  le 
genti   sue,  e  si  squarciò  tutta  la  sua  potenza. 

Dopo  la  morte  <ii  Pio  III  si  seppe  così  ben 
maneggiare  i!  cardinale  Giuliano  della  Rovere, 
vescovo  d'  Ostia  e  penitenzier  maggiore  ,  nato 
assai  bassamente  in  Sa\ona,  ma  d'animo  som- 
mamente signorile,  e  nipote  di  pMpa  Sisto  IV, 
che  guadagnò  i  \ oti  di  lutti  i  j)oiporati,  per 
le  ragioni  che  ne  adduce  il  Guicciardino  :  laonde 
con  maraviglia  universale  restò  nel  dì  primo 
di  novembre  proclamato  papa  ,  prima  che  si 
chiudesse  il  conclave  ,  ed  assunse  il  nome  di 
Giulio  II.  Concorrevano  in  lui  le  doti  d'uomo 
magr)i(ìco  ,  di  gran  mente  ed  accortezza,  di 
non  minor  coraggio  ,  e  di  lunga  spericnza  nelle 
cose  del  mondo,  col  cornetto  ancora  di  jier- 
sona  leale  e  vcritieia.  Conosce\ ano  i  migliori 
abbondare  in  lui  l'alterigia,  e  il  genio  in(|uie- 
lo,  bellicoso  e  vendicativo  anche  delle  offese 
immaginate:  ma  ccmveinie  Joio  seguitar  la  cor- 
rente. Aveva  aneli  «gli  giurato  di  rimettere  nel 
suo  primiero  lustro  la  discijilina  ec<"K'siaslica , 
di  launare  il  concilio  geneiaie  ,  e  di  non  fin' 
guerra  senza  il  consenso  di  due  terzi  del  sacro 
collegio.  Come  egli  mantenesse  la  parola  ,  in 
breve  ce    ne    accoigen  nio.    ISon    polca    cerio 


ANNO    MPUl  35 

crearsi  pontefice  da  cui  fosse  più  iilieno  l'a- 
nimo dfl  duca  \alentino;  perciocciiè  Fra  Ro- 
derico  ,  clie  fu  poi  Alessandro  VI  papa  ,  suo 
jvidit'  ,  quando  era  cardinale  ,  ed  esso  Giu- 
liano della  Rovere  erano  state  nemicizie  pub- 
bliche e  private  ;  lalmeiile  che  un  di  si  stra- 
pazzarono con  tante  villanie ,  che  di  peggio 
non  avrebbe  operato  qualsivoglia  più  insolente 
plebeo.  Per  questa  cagione  esso  cardinal  Giu- 
liano ,  creato  che  fu  papa  il  Borgia,  di  cui 
aveva  assai  scandagliato  il  doppio  e  perverso 
animo ,  destramente  si  ritirò  ad  Avignone  e  ia 
Francia,  dove  si  guadagnò  1'  affetto  e  la  stima 
de  i  re  Carlo  IX  e  Luigi  XII.  Né  per  quante 
esibizioni  e  carezze  gli  facesse  papa  Alessan- 
dro, mai  volle  ritornare  a  Roma  ,  solendo  dire 
fra  sé:  Giuliano,  Giuliano,  non  ti  fitlar  del  mar- 
rano. Conlutlociò  il  novello  ponlellce,  perchè  s'o- 
rano imbrogliati  gli  affari  della  Roiuagna,  & 
già  egli  meditava  di  ricuperar  gli  Stati  della 
Chiesa,  giudicò  bene  di  far  servire  a' suoi  di- 
segni il  medesimo  Valentino.  Ca. aiolo  perciò 
fuori  di  Castello  Santo  Angelo  ,  con  varie  pro- 
messe ,  e  col  confermargli  tutti  i  suoi  titoli  ed 
onori,  il  trasse  dalla  sua.  S'ei-a,  dissi,  già 
sconvolta  la  Romagna  ,  perchè  i  Veneziani  , 
persuasi  che  starebbe  meglio  in  mano  loro  , 
o  de' signori  esclusi,  quella  provincia,  che  in 
potere  del  Borgia,  s'ingrossarono  di  gente  in 
Ravenna,  da  loro  signoreggiata  ,  e  tanto  fecero 
che  si  misero  in  possesso  di  Faenza  e  della 
sua  rocca.  Entn')  in  Forlì  Antonio  Viaria  de 
gli  Ordelalli.  Rimisero  in  Rimini  Pandoll'o 
Malalesta;    poscia    fatto  accordo    con    lui,    ne 


36  ANNALI    d'  ITALIA 

acquistarono  il  dominio.  Tentarono  Fano  ,  ma 
questa  città  tenne  per  la  Chiesa.  S'  impadro- 
nirono narimente  di  Porto  Cesenatico,  di  Santo 
Arcangelo,  e  di  altre  assai  terre  in  quei  d'  I- 
molii  e  Cesena  ,  ed  erano  dietro  a  mettere  il 
piede  anche  in  Forlì.  / 

Solamente  restarono  in  potere  de  gli  ufiziali 
del  Valentino  le  rocche  o  foltezze  di  Cesena  , 
di  Forlì,  di  Bertinoro  ,  d'Imola  e  di  Forlim- 
popoli.  Sommamente  increbbe  al  papa  il  mo-r 
\imento  de' N'eneziani,  conoscendo  quanto  poi 
sarebbe  mahigevole  il  trarre  di  mano  alla  lor 
jx)&sar)za  la  Romagna.  E  giacché  dall'  un  canto 
la  spedizione  de' suoi  oratori  a  \  cnezia ,  per 
lamentarsi  di  quella  occnjjazione  ,  a  nulla  gio- 
vò; e  dall'altro  ne' princijij  del  suo  governo 
genti  e  danari  gli  mancavano  per  farsi  giusti- 
zia coli'  armi  ;  giudicò  bene  di  spedir  colà  il 
duca  Valentino  ,  colla  sjicranza  che  la  pre- 
senza di  lui  potesse  far  mutale  l'aspetto  delle 
cose  in  quelle  contrade ,  se  pur  (juesto  fu  il 
suo  vero  disegno.  Andò  il  Valentino  ad  im- 
barcarsi per  passare  alla  Specia.  Ma  eccoti  so- 
pragiugnere  il  cardinal  Soderino  e  Francesco 
Remolino  a  chiedergli  i  segnali  delle  suddette 
fortezze  ,  mostrando  essi  mutata  la  lisoluzion 
del  papa  per  sospetto  che  i  Veneziani  con  esi- 
bizioni larghe  di  danaro  gli  cavassero  di  mano 
quelle  /<)rtczze.  Ricusò  il  l'orgia  di  consegnarli, 
e  però  d'ordin<!  del  j)a[)a  fu  ritenuto  come 
prigione  in  una  delle  galee  pontificii'.  Cagion 
ili  questo  Iraltanieiito  ch'egli  poi  s  indusse  a 
darli:  cosa  nondimeno  che  a  nulla  servì  ,  per- 
chè ito  con  essi  1'  arcivescovo  di  Ragusi  ,  come 


ANNO    MDIII  ^7 

comincssario  apostolico  ,  i  castellani  di  quelle 
fortezze  negarono  di  consegnarle  ,  se  non  avcano 
altro  oidine  dal  Valentino,  posto  in  luogo  di 
libertà.  Per  questo  fu  condotto  esso  N'alenlina 
a  Roma  ,  alloggiato  in  palazzo  ,  ed  accarezzato 
dal  papa  ,  acciocché  tal  dimostrazione  il  fa- 
cesse comparir  libero.  Ma  spedito  dal  Valen- 
tino Pietro  d'  Oviedo  suo  familiare  a  quei 
castellani  con  ordine  di  rilasciar  le  fortezze  a 
ì  ministri  del  papa  ,  altro  non  potè  impetrare 
da  don  Diego  Ramiro  castellano  di  Cesena , 
che  se  1'  intendeva  con  gli  altri  ,  se  non  che 
gli  fu  posto  un  laccio  alla  gola,  e  tolta  la  vi- 
ta, come  a  traflitore  del  suo  signore.  Ciò  udito 
in  Roma  ,  fu  ristretto  il  V  alenliuo  in  quella 
stessa  torre  Borgia  che  era  stata  in  addietro 
il  ric3tlacolo  di  tanti  miseri  caduti  in  mano 
della  s\ia  barbarie.  Produsse  anche  la  sua  de- 
pressione che  le  genti  spedite  da  lui  innanzi 
alla  volta  della  Toscana  furono  tra  Cortona  e 
Castiglione  Aretino  svaligiate  e  disperse  da  i 
Fiorentini. 

Bollì  più  che  mai  in  quest'  anno  la  guerra 
fra  gli  S[)agnuoli  e  Franzesi  nel  regno  di  Na- 
poli. A  me  non  permette  1'  istituto  mio  di 
darne  se  non  un  breve  ragcruaslio.  Erasi  in- 
terposto  Filippo  arciduca  ,  marito  di  Giovanna, 
figliuola  del  re  Cattolico  Ferdinando  ,  per  ac- 
conciar le  differenze  insorte  in  quel  regno;  e 
gli  riuscì  di  stabilire  una  convenzione  di  tre- 
gua o  ])ace  con  Luigi  re  di  Francia ,  per  la 
quale  esso  re  addormentato  non  attese  j>iù  ,  col 
vigore  che  occorreva  ,  a  sostenere  i  proprj  in- 
teressi in    quelle    contrade.    Restò    egli    poscia 


'd^  ANNALI    d'  ITALIA 

deluso  ,  perciocché  il  re  Caltolico  H^ce  intanto 
varj  preparamenti  per  continuare  la  guerra , 
con  poi  disapprovare  1'  accordo  fatto  dal  gè- 
iiero.  Però  il  gran  capitano  Consalvo  ,  senza 
ubbidire  all'  ordine  venuto:;li  dall'  arciduca  di 
desistere  dalle  offese,  segiiitij  ad  impiegare  il 
suo  senno  ,  e  i  rinforzi  di  gente  che  di  mano 
in  ,mano  gli  andavano  arrivan.lo  ,  contra  dei 
Franzesi  ,  bincliè  sovente  si  trovasse  inferiore 
ad  essi  di  forzo.  \'aria  era  la  fortuna  della 
guerra  in  quelle  parti ,  grande  la  costanza  di 
Consalvo  in  sostenere  Barletta.  Memorabile  fu 
fra  r  altre  azioni  un  duello  fatto  nel  febbraio 
di  quest'anno.  O  sia  che  ito  un  trombetta 
franzcse  a  Barletta  pei-  riscuotere  alcun  pri- 
gione ,  qualche  soldato  italiano  sparlasse  dei 
Franzesi ,  come  scrive  il  Guicciardino  ;  o  pure 
(  come  è  pii'i  probabile,  e  fu  scritto  dal  Sa- 
bellico  e  dal  Gio\  io  )  che  scappasse  detto  ad 
alcun  Franzese  di  nulla  slimare  i  soldati  ita- 
liani (ingiusta  s(;ntcnza,'i  in  cui  anche  oggidì 
prorompe  clii  non  sa  ben  pesare  la  situazion 
delle  cose):  certo  è,  che  volendo  l'una  e 
r  altra  nazione  sostenere  il  suo  decoro  ,  per 
non  dire  la  maggioranza,  ne  seguì  pubblica  sfida 
fra  tredici  nomini  d' arine  italiani,  scelti  dalle 
brigate  di  Prospero  e  Fabrizio  Colonna,  mili- 
tanti con  gli  ^pagnuoli,  ed  altieltanti  dalla 
parte  de'  Franzesi ,  eletti  dal  duca  di  Nemours. 
Il  Giovio  registra  il  nome  de' primi,  tace  per 
risjìctto  quei  de'  secondi.  La  scommessa  hi  , 
che  cadaun  d*;'  vinti  pagasse  cento  ducati  d'  oro  , 
e  perdesse  armi  e  cavalli.  Alla  vista  de  gli 
eserciti  ses^uì  il  licio    coiiiballimciilo   a    Trani 


fra  Aiiilria  e  <)ii;irata.  Dichiarossi  la  vilioria 
in  favore  de  ì;1  Italiani.  Hai  cinto  ile'  Fraiizosi 
uno  restò  morto  ,  e  detto  fu  die  sei  meritava  , 
perchè  essendo  da  Asti ,  avea  prese  l' armi 
contro  la  iiropria  nazione.  Gli  allri  quasi  tutti 
feriti,  perchè  seco  non  aveano  portato  il  da- 
naro p;;tliiito  (  tanta  era  la  lor  baldan^.a  e  vana 
fiducia  di  vincere  )  ,  fuiono  menati  prigioni  a 
Barletta,  dove  ben  accolti  e  consolati  da  Con- 
salvo ,  dappoiché  ehhero  pagato  ,  Ih  loro  con- 
cessa licenza  di  tornarsene  al  campo  franzese, 
per  predicare  a  i  lor  nazionali  la  moderazion 
della  lingua,  e  il  rispettar  gli  uomini  onorati 
e  valorosi  di  qualsivoglia  nazione.  Monsignore 
di  Belcaire  vescovo  di  Metz  si  credette  di  po- 
ter ([Ili  sminuire  la  riputazion  de  gì' Italiani  (i), 
adducendo  alcune  particolarità  toccate  dal  Sa- 
bellico  intorno  a  quel  duello  ,  quasiché  la  fro- 
de, e  non  la  virtù  ,  avesse  guadagnata  la  pu- 
gna. Ma  quel  prelato  non  s"  intenileva  del  me- 
stiere dell'armi  ;  e  per  la  gloria  de  gl'Italiani 
altro  non  occorre  rispondergli ,  se  non  che  i 
giudici  deputati  a  quel  conflitto  dichiararono 
legittima  la  vittoria  ;  né  mai  i  vinli  ,  o  i  lor 
compagni  pretesero  di  darle   taccia  alcuna. 

Venuti  poscia  per  mare  nuovi  rinforzi  di 
gente  a  Consalvo  tanto  di  Spagna  ,  quanto  di 
Germania  ,  uscì  vigoroso  in  campagna.  Prese 
Ruvo  ,  lungi  sette  miglia  da  Trani  >  con  farvi 
prigione  il  signor  delia  Palizza.  Nel  qual  tempo 
anche  ad  Ugo  di  Cardona   riuscì    di  dare  una 


(1)  Bclcaiie  Comment    Rcr.  Gallic,  Ub.  g. 


^O  AKNALI    u'  ITALIA 

rolla  in  Calabria  all'Aubigny,  che  vi  restò  fe- 
rito. Più  strepitoso  poi  fu  un  fatto  d'  armi  ac- 
caduto alla  Ciiignuola  in  Puglia  nel  dì  28  di 
aprile  dell'anno  presente,  in  cui  lasciarono  la 
vita  circa  tre  mila  Franzesi,  e  da  li  a  non 
molto  finì  anche  di  vivere  il  duca  di  Nemours 
generale  de'  medesimi.  Il  caldo  e  il  rnmoie  di 
questa  vittoria  non  solamente  fece  \enire  in 
poter  di  Consalvo  più  di  sessanta  terre  nella 
Puglia;  ma  indu'^se  aiieora  Cnpoa  ed  Aversa  , 
e  fin  la  stessa  città  di  Napoli  a  chiamar  gli 
Spagnuoli,  giacché  per  mare  venivano  impe- 
dite le  vettovaglie  ,  e  si  mosse  a  tumulto  per 
la  carestia  il  poj)olo  di  quella  gran  città.  Entrò  in 
Napoli  il  gran  capitano  nel  dì  14  di  maggio  con 
ì)uoiia  disciplina  ,  e  senza  nuocere  ad  alcuno, 
e  tosto  piesc  a  battere  colle  artiglierie  Castel 
Nuovo,  e  l'altro  dell'Uovo.  Fu  preso  il  primo 
nel  dì  22  di  giugno  ])er  assalto  :  il  che  fu  giu- 
dicato cosa  maravigliosa.  Eransi  ritirati  i  Fran- 
zesi a  Gaeta  e  al  (jarigliano.  Consalvo ,  a  cui 
non  mancò  mai  diligenza  nel  suo  mestiere;, 
uscito  in  campagna,  li  lece  ritirar  tulli  a  Gite- 
la ,  della  qual  città  non  lardò  a  cominciar  il 
blocco.  Al  primo  avviso  ch'ebbe  il  re  Luigi. 
deluso  dalla  j)ace  o  ticgua  fatta  dall'arciduca, 
come  i  suoi  alFari  jirendeano  brutta  piega  nel 
regno  di  Napoli ,  mise  insieme  iììì  forte  arma- 
mento per  mare  e  j>er  terra  ,  ilichiaranilo  suo 
generale  monsignoi"  della  Tremoglia  ,  e  poscia 
Francesco  marchese  di  Mantova.  Pei'  varie  ca- 
gioni venne  lenlamenl*'  questo  esercilo  ,  com- 
posto di  Franzesi  ,  Svizzeri  ,  Grigioni  ed  Ita- 
Hanij  e  .solamente  alla  fine  di  luglio  passò  per 


ANNO    MDIII  4*^ 

PoDlremoli  in  Toscana,  e  di  là  a  Roma,  in- 
torno alla  qual  citta  per  la  morte  soprai^innta 
a  papa  Alessandro  VI  si  fermò,  non  pochi 
giorni.  E  intanto  il  Castello  dell"  Uovo  in  Na- 
poli ,  per  una  mina  (  cosa  allor  nuova  )  che 
fece  saltar  colla  polvere  da  fuoco  Pietro  Navar- 
ro ,  vrinie   in  poter  di  Consalvo. 

Finalmente  s'  inviò  alla  \olta  del  regno  1'  ar- 
mata franzcse,  e  giunse  ad  unirsi  co' suoi  a 
Gaeta.  S'era  postato  Consalvo  a  San  Germano. 
Vennero  anche  i  Franzesi  al  Garigliano  ,  e 
riuscì  loro  di  far  un  ponte  su  quel  fiume  ,  e 
senza  alcun  progresso  in  que'  contorni  si  ac- 
camparono. Era  quel  sito  assai  disagiato,  per- 
chè i  soldati  stavano  come  impantanati  nel 
fango  ;  né  jjotendo  reggere  a  que'  patimenti  . 
essendo  anche  mal  pagali  ,  parte  s'  inferma- 
vano ,  parte  disertavano ,  di  maniera  che  molto 
s'  infievolì  r  esercito  loro.  Anche  Francesco  mar- 
chese di  Mantova  ,  che  fin  qui  avea  esercitato 
fra  loro  la  carica  di  generale,  essendo  caduto 
malato,  o  pur  fingendosi  tale  ,  per  non  poter 
più  reggere  o  alla  sujierbia  o  alla  discordia  o 
alla  disubbidienza  de'  Franzesi  ,  impetrata  li- 
cenza dal  re,  se  ne  tornò  a  casa.  Si  rinforzò 
intanto  il  gian  capitano  coli' arrivo  di  Bailolo- 
nieo  d'Alviano  ,  fitmoso  condottiere,  innestalo 
«ella  casa  Orsina  ,  che  con  altri  di  quel  cognome 
al  senigio  del  re  Cattolico  menò  varie  compagnie 
d'  aimati.  Noce  comune  fu  ,  averlo  slesso  Al- 
viano  con  tante  ragioni  nicitato  Consalvo  ad 
un  fatto  d"  armi ,  che  ad  onta  de'  suoi  capitani 
di  contrario  pareie  egli  vi  si  lasciò  indurre. 
Gillalo  dunque    all'  improvviso  un    ponte  nella 


^2  AMIvALI    D    ITALIA 

notte  del  di    27    di    dicembre  (  ma    dovrebbe 
essere  il  dì  ^8  )  sul  Garigliano  a   Siiio  ,  quat- 
tro miglia  al  di    sopra    di    quel    de'  Frauzesi  , 
senza  che  questi  se  ne  avvedessero,   passò  buona 
parte . dell' armata   spagnuola    di    qua.  La  mat- 
tina seguente  ,  giorno  di  venerdì  felice  alla  lor 
genie  ,  f  itlo  assalire  col  resto  di  sue  truppe  il 
ponte  de'  Pranzasi  ,  nello    stesso    tempo  Con- 
salvo co'  suoi  spronò  verso  il  loro   campo.  Più 
a  ritirarsi   die  a  combattere  pensarono  i  Fran- 
zesi  ;  e  lasciata  addietro  la  maggior  parte  delle 
munizioni  (  il    Guicciardino    dice    anche    nove 
pezzi  grossi  di  artiglieria  ),  ordinatamente  s'in- 
viarono verso  Gaeta  ,  ma    inseguiti    sempre  e 
battuti  da  gli  Spagnuoli  sino  alle  mura  di  quella 
città.  Grande  fu  la  lor    perdita    per  li   morti , 
feriti  e  prigioni ,  ma  più   per  lo    sbandamento 
di  assaissimi  che     andarono  qua    e  là  dispersi. 
Vi  perì  fra     gli    altri    Pietro    de'  Medici ,    fug- 
gendo pel   fiume  sopra  una     barca,  che  carica 
di   quattro  pezzi  di  cannoni    si  affondò.   Stette 
poco  il  gran  caj)itano  ad  impadronirsi  del  monte 
di  Gaeta  ;  dopo  di  che  si  accampò     intorno   a 
quella  città.  E  tali  furono  i  prosperosi  avveni- 
menti dfirarmi  spagnuolc   nel  regno  di  Napoli, 
correndo  quest'anno:   in  cui    ancora    verso  la 
metà  di   giugno   tornarono  i  Fiorentini     a  dare 
la  mala  pasqua  Ah'  campagne  di  Pisa  ,  e  venne 
lor  fatto  di  acquistar  la  Verucola,e  di  ricupe- 
rar Vico  Pisano.  Perchè  né  il   jiapa  né  gli  altri 
moiiar(-1ii  cristiani,   pcidiilo  ciascimo  dieli'O    ai 
propri   interessi ,  porgevano    aiuto    alcuno   alla 
reiiubniica   veneta   ,   la    iirudeuza   di  ((nel   senato 
giudicò  spcdienle    il   far  [)ace  ,    come  potò  ,  co 


ANKO     MBllI  4^ 

i  Turchi.  (Ili  convenne  restituir  Santa  Maura  , 
e  accomoflarsi  ad  altre  dure  condizioni  ,  tolle- 
rabili nondimeno,  perchè  troppo  pericoloso  tra 
r  o.^linarsi  nella  guerra  contro  di  sì  possente 
nemico.  Fece  il  papa  in  quest'anno  nel  dì  29 
di  novembre  una  creazione  di  quattro  cardina- 
li ,   fra'  quali  due  suoi  nipoti. 

Aìtno  di  Cristo   i5o4.  Indizione  VII. 
di  Giulio  li  papa  2. 
di  Massimiliano  re  de' Romani  12. 

Uno  de'  maggiori  pensieri  di  papa  Giulio  II 
cominciò  e  continuò  ad  essere  quello  di  ricu- 
perar lutti  gli  Stati  dilla  Chiesa  Romana.  Per 
conto  de' Veneziani  ,  che  occupavano  Ravenna, 
Faenza  e  Rimini  ^  con  parole  forti  intimò  ad 
Antonio  Giustiniano  orator  veneto  la  restitu- 
zione di  qiielle  città  (i).  Spedì  ancora  lettere 
risentite,  che  fuiono  presentate  a  quel  senato 
dal  vescovo  di  Tivoli  ;  e  pulsò  il  re  di  Fran- 
cia e  Massimiliano  Cesare  a  prestargli  aiuto 
per  questo  fine.  Ma  indarno  tutto,  perchè  i 
Veneziani  adducevano  varie  ragioni  in  lor  di- 
fesa. Voltossi  il  pontefice  al  duca  Valentino, 
per  carpire  almeno  da  lui  le  fortezze  che  già 
dicemmo  tuttavia  conservate  da  i  suoi  fedeli 
ufiziali.  E  perciocché  questi  s'erano  già  espressi 
di  non  volerle  consegnare ,  se  non  venivano 
gli  ordini  da  esso  duca,  posto  in  libertà  ,  ed 
egli  era  tuttavia    ritenuto   prigione    dal    papa. 


(1)  Bembo,  Guicciardino.  Rajnaldus  .\iuial.  Ecrl. 


/^^  ANAALI    d'  ITALIA 

trovossi  il  ripiego  clic  esso  Valentino  fosse  po- 
sto in  mano  di  BernaidiiTb  Can  ajal  cardinale 
di  Santa  Croce  ,  ed  inviato  ad  Ostia  ,  per 
essere  poi  rilasciato  e  condotto  in  Francia  , 
subito  che  si  avesse  certezza  clie  le  rocche 
suddette  fossero  in  potere  de'  ministri  pontillzj. 
Segretamente  da  Ostia  proccurò  il  Borgia  da 
Consalvo  un  salvocondotlo  ;  ed  appena  fa  giunto 
r  avviso  che  i  castellani  di  Cesena  ,  Imola  e 
Berlinoro  aveauo  fatta  la  consegna  di  quelle 
fortezze ,  che  il  cardinale  il  lasciò  in  libertà  , 
dandogli  campo  di  ritirarsi  occultamente  a  Na- 
poli ,  dove  fu  molto  ben  accolto  dal  gran  ca- 
pitano nel  dì  28  di  aprile.  Il  pontefice ,  perchè 
senza  saputa  sua  seguì  la  liberazion  di  questo 
scellerato ,  né  la  rocca  di  Forlì  era  stata  con- 
segnala ,  se  l'ebbe  forte  a  jiiale.  Ne  scrisse 
con  vigore  a  i  re  cattolici  ,  cioè  a  Ferdinando 
ed  Isabella  (  principessa  gloriosa  ^  che  appunto 
neir  anno  presente  a  dì  36  di  novembre  passò 
a  miglior  vita  )  ,  acciocché  rimediassero  al  tra- 
dimento fattogli.  Quali  ordini  venissero  di  Spa- 
gna, si  scoprì  dopo  qualche  tempo.  Facea 
credere  il  Valentino  a  Consalvo  di  poter  im- 
brogliare le  cose  di  Toscana  in  favor  di  Pisa 
e  de  gli  Spagmioli  ;  e  a  questo  effetto  per  lui, 
e  per  alcune  milizie  da  lui  assoldale  ,  s'erano 
preparate  le  galee  per  trasportarlo  a  Pisa.  Prese 
egli  congedo  da  Consalvo  la  notte  con  abbrac- 
ciamcnli  vicendevoli;  ma  la  mallina  seguente, 
giorno  27  di  mag;^io,  allorché  usciva  di  camera 
per  andare  ad  inil)arcarsi ,  fu  latto  prigione , 
toltogli  il  salvocondotlo  ,  e  da  11  a  non  mollo 
invialo    iu    Ispagna    sopra    una    galea  solliie.. 


ANNO    MI)IV  4^ 

servito  da  un  solo  paggio  (i).  Per  quasi  tre 
anni  stette  ritenuto  nella  rocca  di  Medina;  altri 
dicono  nel  castello  di  Ciattiva,  da  dove  iinal- 
mente  essendo  fuggito ,  e  passato  a  militare  in 
IN'avarra  ,  quivi  ucciso  in  un  agualo ,  terminò 
miseramente  la  vita  ,  e  vilmente  fu  seppellito. 
Ed  ecco  dove  andò  a  terminare  la  grandezza 
di  Cesare  Borgia ,  cioè  di  un  mostro ,  aspi- 
rante al  dominio  dell'Italia  :  grandezza  proc- 
curata  a  lui  dal  disordinato  amore  del  papa 
suo  padre ,  e  da  lui  ottenuta  col  ii.e/.zo  di 
tante  iniquità.  Non  si  può  né  pure  oggidì  ram- 
mentar senza  orrore  e  indignazione  il  suo  no- 
me ;  e  Niccolò  Macchiavello ,  che  prese  a  lo- 
dare, non  che  difendere  un  tiranno  sì  detestahile, 
di  troppo  anch' egli  oscurò  la  sua  rijiutazione, 
ed  aggiunse  questo  a  tanti  altri  reali  della  sua 
penna.  Riuscì  poi  a  papa  Giidio  col  potente  se- 
greto del  danaro  di  cavar  dalle  mani  del  ca- 
stellarlo   la   rocca    di    Forlì  .    «iaccliè    la    città 

J         O 

dianzi  a  lui  si  era  data.  Mentre  il  papa  mo- 
strava tanto  zelo  per  ricuperar  gli  stati  ponti- 
lizj  ,  ed  annullava  perciò  le  concessioni  fatte 
da'  suoi  predecessori ,  non  pensò  già  che  do- 
vesse essere  sottoposta  a  questo  rigore  la  pro- 
pria casa.  Imperocché  non  solamente  confermò 
il  ducato  d"  Urbino  al  duca  Guiduhaldo  della 
casa  di  Montefeltro  ;  ma  perdi' egli  si  trovava 
senza  prole  ,  1'  indusse  ad  adottare  in  figliuolo 
Francesco  Maria  della  Rovere  ,  suo  nipote  , 
prefetto  di  Roma    e  signore    di    Sinigaglia  ,  al 


(0  Giovio.  Buonaccorsi.  Guicciaixiino.  Panvinio.  Ales- 
sandro Sardi. 


/^C  ANNALI    II"  ITALIA 

quale  col  oonsentimiuto  di  tutto  il  sacro  collegio 
fa  confermata  la  successione  in  quel  ducato. 
Ciò  fece  parere  ai  Veneziani  ingiusta  1'  ira  del 
pa  >a  contro  di  loro,  da  che  si  esibivano  an- 
ch  essi  di  pa^iar  censo,  e  di  riconoscere  dalla 
Chiesa  quanto  essi  aveano  tolto  al  Valentino, 
cioè  ad  un  tiranno  ,  in  Romagna. 

Trovavansi  i  Franzesi  ristretti  in  Gaeta,  e 
poco  sperando  soccorsi,  e  molto  desiderando 
di  salvar  le  vite  e  gli  amisi;  però  vinti  an- 
cora dal  tedio,  non  tardarono  a  capitolar  la 
resa  di  quella  città.  Stabilissi  l' accordo  nel 
primo  giorno  di  quest'anno,  e  ne  usci  quel 
presidio  con  tutlo  onore,  menando  via  le  sue 
robe  ,  e  con  libertà  di  passare  in  Francia  per 
mare  e  per  terra.  GÌ'  imbarcati  per  mare  pe- 
rirono quasi  tutti  o  in  cammino  o  in  Francia. 
Gli  altri  inviati  per  terra,  parte  per  freddo, 
parte  per  fame  e  per  malattie  ,  miserabilmente 
lasciarono  le  vite  nelle  strade.  la  tal  guisa ,  a 
riserva  di  qualche  luogo  ,  reitò  possessore  del 
regno  di  Napoli  Ferdinando  il  Criltolico  ;  e  la 
Francia  allinconlro  si  Irovò  piena  di  mestizia 
e  di  rabbia  per  tanto  oro  inutilmente  speso , 
per  la  riputazione  sminuita  ,  e  per  tanta  no- 
biltà e  milizie  sacrllicate  all'  ambizione  del  le, 
che  non  conlento  di  un  sì  fiorito  regno  ,  qnal 
è  la  Francia ,  si  era  voluto  perdere  dietro  alla 
ronquistT  de'  rt^gni  altrui  e  lontani.  Per  cagione 
di  questi  sì  fislidiosi  contraleuipi  si  diede  il 
re  Luigi  a  manrgiiiar  «"ol  re  Cattolico  una  tre- 
gua ,  di  cui  cadauno  avca  una  st^reta  \oglia 
e  bisogno  ;  e  questa  in  fatti  si  conchiuse , 
restando    le    parti    in     possesso    di    quel    che 


ANNO   Mni\  4; 

tenevano.  Trallossi  poi  di  ridurre  questa  tregua 
iu  pace  ,  con  propoi'si  ivi  clie  si  rcslituisse  il 
regno  di  Napoli  al  re  Federigo.  Ma  perchè  i 
ministri  del  re  Ferdinando  aveaiio  ben  in  bocca 
parole  di  pace  ,  quando  nell'  interno  del  loro 
sovrano  sì  covavano  altre  intenzioni ,  il  ne- 
goziato andò  in  fascio.  Si  concbiuse  bensì  il 
trattato  di  pace  fra  esso  re  Luigi  ,  Massimi- 
liano Cesare  e  Filippo  arciduca  suo  figlio  ,  il 
quale  per  la  morte  della  regina  Isaljella  co- 
minciò in  qiiest"  anno  a  suscitar  dell.-  liti  con- 
tro il  re  Cattolico  pel  regno  di  Casliglia  ,  de- 
caduto a  Giovanna  sua  moglie.  Ma  le  condi- 
zioni di  quel  trattato  poco  efl't  Ito  l'  ebbero  col 
tempo  ;  se  non  che  fin  d'  allora  fu  creduto  che 
I  una  e  l'altra  potenza  si  accordassero  per 
muovere  gueria  a  i  Veneziani  :  il  clie  dopo 
qualelie  anno  vedremo  eseguirsi.  In  qiicst  anno 
ancora  i  Fiorentini  verso  la  metà  di  maggio 
spinsero  T  esurcito  loro  addosso  a'  l'isani ,  per 
dare  il  guasto  a  quel  territorio ,  sperando  sem- 
pre clic  alla  perdita  delle  biade  terrebbe  die- 
tro la  fame,  e  a  questa  la  resa  della  citta.  Più 
che  ne'  precedenti  si  stese  tal  flagello  per  quelle 
campagne.  Assediata  Librafalta  ,  1'  ebbero  a  di- 
screzione. Lusingaronsi  parimente  i  1  iorenlini  di 
poter  levare  Amo  a  Pisa  :  tante  belle  promesse 
Jie  riportarono  da  gli  architetti  ed  ingegneri.  Se 
ciò  avveniva,  di  più  non  occorreva  per  ridurre 
in  agonia  quella  città.  Di  vasti  fossi  ,  di  somme 
spese  si  fecero  a  questo  fine.  .Ma  il  fiume  si 
rise  di  chi  gli  volea  dar  legge,  e  seguitò  a 
correre  nel  suo  grand' alveo  come  prima:  di- 
singanno non    poche    altre    volte    accaduto  .  e 


48  ANNAU    d'  ITALIA 

die  accaierà  a  chi  prende  simili  grandiose 
imprese,  per  mutare  il  sistema  de' grossi  fiu- 
mi. ^'en!)e  a  morte  in  quest'anno  Federigo 
già  re  di  Napoli  nella  città  di  To;:rs  in  Fran- 
cia ,  da  che  erano  svanite  le  lusinghevoli  spe- 
ranze sue  di  ricuperare  il  regno,  troppo  va- 
namente credendo  egli  che  non  burlasse  il  re 
Cattolico ,  ((u  tlor  mostrava  sì  graziose  inten- 
zioni di  spogliarsi  dell'acquistato  :  al  clie  ogni 
principe  si  sente  in  cuore  un  troppo  gran  ri- 
brezzo (i).  Finì  ancora  di  vivere  nel  di  io  di 
settembre  Filiberto  duca  di  Savoia  e  priicipe 
del  Piemonte ,  in  età  solamente  di  venticuKjae 
anni ,  lasciando  vedova  Margarita  d'Austria  sua 
moglie  ,  iiglia  di  Massimiliano  re  de'  Komaiii , 
che  divenuta  poi  governalrice  de'  Paesi  Bassi , 
si  acquistò  gran  nome  nelle  storie.  Al  duca  Fi- 
liberto succedette  Carlo  III  suo  fratello. 

Anno  di  Cristo  i5o5.  Indizione  Vili. 
dì  di! LIO  II  papa  3. 
di  Massi:\uliaìno  re  de  Romani   i3. 

Non  a\ea  fin  qui  j)apa  Giulio  voluto  accettar 
gli  ambasciatori  che  la  ropubl)Iica  di  Venezia 
avca  proposto  d'inviare  a  rendergli  ubbidien- 
za ,  persistendo  sempre  in  prel'iideri'  prima 
la  rcstituzion  delie  terre  occupate  tla  essi  Ve- 
neziani in  Romagna.  Ma  da  che  vide  non  va- 
ler le  minaccit;  per  muovere  quel  senato ,  e 
che  le  i'orzc  mancavano  a  lui    per  sostener  le 


(i)  Pingon.  Guichenon. 


ANNO    MOV  ^9 

parole:  intronato  ancora  dalle  tlogliauze  de' po- 
poli di  Forlì,  Imola  e  Cesena,  che  a  cagion 
delle  castella  del  territorio  loro  ,  delenule  da 
essi  \eiieti  ,  pativano  grande  iiiconiodo  e  dan- 
no; condiscese  in  line  ail  un  accordo.  Cioè 
permise  a'  Veneziani  il  possesso  di  Rimini  e 
Faenza,  ed  eglino  circa  il  di  12  di  marzo  re- 
stituirono alla  Chiesa  Romana  Porto  Cesenati- 
co, Savignano,  Tossignano ,  Santo  Arcangelo, 
e  sei  altre  terre  col  loro  distretto.  Parve  con- 
tento di  questa  cessione  il  papa .  mentre  nello 
stesso  tempo  divisava  de  i  mezzi  per  riavere  il 
resto.  Nel  di  3  di  febliraio  fece  egli  la  pro- 
mozione di  nove  cardinali ,  e  fra  essi  si  contò 
un  altro  suo  nipote.  Sarebbe  passato  quest'anno 
con  sounna  pace  in  Italia ,  se  i  Fiorentini , 
sempre  più  accaniti  contra  di  Pisa,  non  ne 
avessero  turbata  la  quiete  (i).  Erano  i  lor 
disegui  di  tornare  anche  nel!  anno  presente  a 
dare  il  guasto  alle  campagne  pisane  ;  anzi  me- 
ditavano di  andar  a  mettere  il  campo  a  Pisa 
stessa,  per  ultimar  quella  impresa,  e,  come 
essi  diceano ,  per  levarsi  d'  adilosso  quella  feb- 
bre continua.  Ma  Gian-Paolo  Baglione ,  che  era 
stato  condotto  da  essi  colle  sue  genti  d'arme, 
allegò  scuse  di  non  poter  venire  ;  e  proteggendo 
il  gran  capitano  Cousalvo  Pisa ,  si  venne  a 
sapere  che  anche  inviava  colà  alcune  poche 
fanterie.  Ma  quel  che  maggiormente  dava  da 
pensare  a  i  Fiorentini ,  era  che  Bartolomeo  d'Al- 
viano  ,  persona  di    molto    ardiie  ,  in    quel    di 


(i)  Buonaccorsi.    Guicciai-dino. 
Muratori,   rlnn.  Voi.  XIF. 


5o  ANNALI    d"  ITALIA 

Roma  facea  uiassa  digeute,  con  vantarsi  pub 
bìicainente  t!i  voler  passare  in  aiii'o  de' Pisani, 
e  di  condursi  anche  sotto  Firenze.  Per  queste 
cagioni  non  osarono  i  Fioreniiril  di  fare  Del- 
l' anno  presente  il  solilo  brutto  gioco  a  i  Pi- 
sani. Ma  eccoti  snl  principio  di  maggio  passare 
l'Ahiano  colie  sue  soldatesclie  pel  Sanese ,  en- 
trale nel  Forcntino,  aiii '.arsene  dipoi  a  Piom- 
bino: il  che  diede  tempo  a' Fiorentini  di  ac- 
crescere ,  come  poterono  ,  le  loro  forze.  Sco- 
pertosi dipoi  che  l'Alviano  era  per  condurre  le 
sue  squadre  a  Pisa  verso  la  meta  d'  agosto , 
Ercole  Bentivoglio  generale  dell'  armi  tiorenti- 
ne  ,  tenuto  consiglio  coi!  Marcantonio  Colonna , 
Jacopo  Savello  ed  altri  condottieri  ,  determinò 
di  contrastargli  il  passaggio.  Si  venne  perciò  a 
battaglia,  in  cui  restò  disfallo  lAlviano  ,  e  co- 
stretto di  fuggirsene  a  Siena  ,  con  aver  perduto 
più  di  mille  cavalli  e  molti  carriaggi,  t'rcdeltc 
allora  il  popolo  di  Firenze  giunto  il  bealo 
giorno  di  ricuperar  Pisa;  e  quantunque  molti 
de'  saggi  ne  dissuadessero  1'  impresa ,  pure  fu 
presa  la  risoliri^ione  di  andar  sotto  quella  città. 
INel  tli  ti  di  seltend)re  le  artiglierie  comincia- 
rono la  lor  terribile  sinfonia  contro  di  Pisa. 
Atterrata  buona  parte  delle  mura  ,  si  venne 
all' a.ssalto  ;  ma  con  lai  corai^gio  si  difesero  i 
Pi.'ani ,  (he-|o  pertlerono  gli  assalitori.  Da  im  al- 
tra palle  si  fece  breccia,  e  male  e  jieggio  riu- 
scì il  secondo  lintativo.  Peilochè  passò  loro 
la  \oglia  di  far  altre  priiove  dei  proprio  valo- 
re, e  pieni  di  vergogna  se  ne  tornarono  in- 
dietro :  e  tanto  più  per  aver  inteso  che  da 
Consalvo  di  notte  erano  stali  intiodotli  in  Pisa 


ANNO    MDV  5l 

trecento  fanti.  Dopo  questo  fatto  ve  ne  inviò 
egli  altri  mille  e  cinquecento  :  con  che  tra- 
montarono per  ora  le  speranze  del  popolo  di 
Firenze. 

Nel  dì  25  di  gennaio  dell'ainio  presente 
mancò  di  vita  Ercole  I  duca  di  Ferrara,  prin- 
cipe ,  che  dopo  avere  nnparato  a  sue  spese 
che  pericoloso  mestiere  sia  quel  della  guerra  , 
avea  atteso  a  conservar  la  pace,  e  ad  ingran- 
dire ed  abbellir  Ferrara  con  varie  fabbriche  e 
delizie,  e  a  rendere  più  felici  i  suoi  popoli. 
Lasciò  dopo  di  sé  tre  figli  legittimi ,  Alfonso 
primogenito  ,  Ferdinando  e  Ippolito  cardinale. 
Neil' anno  precedente  aveva  egli  inviato  Alfonso 
alle  corti  di  Francia,  Spagna  ed  Inghilterra, 
acciocché  la  conoscenza  di  que'  gran  principi, 
e  de'  costumi  e  governi  delle  varie  nazioni  , 
servisse  a  lui  di  scuola  per  ben  reggere  sé 
stesso  e  gli  altri.  Trovavasi  Alfonso  in  Inghil- 
terra ,  disposto  a  passare  in  Ispagna ,  allorché 
giuntogli  l'avviso  della  grave  malattia  del  pa- 
dre ,  gli  convenne  affrettare  il  suo  ritorno  a 
Ferrara,  dove  fu  riconosciuto  per  duca  e  si- 
gnore da  tutti  i  suoi  popoli.  Pace  bensì  gotiè 
in  quest'almo  l'Italia,  ma  non  andò  già  esente 
fla  altre  calamità.  Fiero  tremuoto  si  fece  sen- 
tire con  varie  scosse  in  più  giorni  in  Venezia, 
Ferrara,  Bologna  ed  altri  luoghi,  per  cui  cad- 
dero a  terra  non  poche  case,  campanili  e  chie- 
se,  e  a  moltissime  altre  si  slogarono  le  ossa; 
di  modo  che'i  popoli  si  ridussero  a  dormir 
ziclle  piazze  e  ne'  campi.  Non  minor  flagello 
fa  quello  della  carestia ,  e  carestia  universale 
per    tutta    l'ilalia,    essendo  stato    pesshxio    il 


52  ANNALI    d'  ITALIA 

raccolto,  di  modo  che  la  povera  gente  fu  ridotU» 
a  iiKiiigiHi'  erbe,  e  non  pochi  morirono  per 
questo.  Infermatosi  gravemente  nel  marzo  del- 
l' anno  presente  Lodovico  XII  re  di  Francia  . 
andò  a  battere  alle  porte  della  morte,  ma  poi 
si  riebbe.  wSe  moriva ,  voce  comune  fu  che  i 
Ventziaiii ,  uniti  col  gran  capitano  e  col  car- 
dinale Ascanio  Siòrza  ,  avessero  disegnalo  di 
cacciare  i  Franzesi  dallo  J^talo  di  INiilano.  M» 
queslo  cardinale  fu  cacciato  egli  fuori  del 
mondo  in  Roma  mi  tlì  38  del  segutnle  mag- 
gio dalla  peste,  altra  calamilà  che  si  aggiunse 
alle  sopradette.  Né  si  dee  tacere,  come  cosa 
in  cui  ebbe  interesse  anche  Tltalia  ,  che  nel 
mese  d'ottobre  leslò  conchiusa  pace  fra  il  re 
di  Francia  e  Feidinando  il  Cattolico ,  il  quale 
dopo  la  morie  della  regina  Isabella  non  usava 
j)iù  che  il  titolo  ili  Re  dAragona.  F.nuio  in- 
sorte liti  fra  esso  re  Cattolico  e  Filippo  arci- 
duca suo  gencio,  pretendendo  questi  che  il 
suocero  non  avesse  j)iù  da  ingerirsi  nel  governo 
della  Casliglia.  Pieparavasi  in  fatti  esso  arci- 
duca per  \rnlre  di  l'iaiidra  in  Isjingna.  Ferdi- 
nando giudicò  bene  in  tal  congiiuitura  di  ami- 
carsi colla  Francia.  Ne'  capitoli  di  quella  pace 
si  stahili  il  di  lui  accasan.ento  ccn  Ciermana 
«li  lois,  figliuola  di  una  sorella  del  re  di  i  ran- 
cia,  che  portò  in  dote  ciò  che  restava  in  man 
de'  Franzesi  ni  1  regno  di  Napoli.  Rinunziò  il 
re  Lodovico  alf  altre  sue  pn  tensioni  sopra  <|uel 
regno  ,  obbligandosi  Feidinando  di  pacargli  in 
(licei  anni  settecento  mila  dueati  d' 010.  Resta- 
rono con  cii')  liberi  dalla  piigi(ini;i  i  baioni  del 
regno    die     aveano    militalo   in    iavore  del    re 


ANNO    MnV  53 

Callolico ,  e  levalo  il  coiilìsco  fatto  contro  clii 
avca  seguitato  il  partito  franzese. 

Aìiìio  di  Cristo   i  5o6.  Indizione  IX, 
di  Giuuo  II  papa  4- 
di  Massimiliano  re  de  Romani  i/^. 

Maravigliaxasi  la  gente  al  vedere  come  papa 
Giulio,  personaggio  che  in  addietro  s'  era  fatto 
conoscere  di  pensieri  sì  vasti  e  d'  animo  tor- 
bido, fosse  fin  qui  vivalo  con  tanta  quiete. 
Cessò  questa  lor  maraviglia  nell'anno  presente  , 
perchè  esso  papa ,  dopo  aver  più  volte  detto 
in  concistoro  di  voler  nettare  la  Chiesa  da  i 
tiranni,  spezialmente  mirando  a  Perugia  e  Bo- 
logna, deliberò  di  eseguire  il  suo  disegno  (i). 
Non  volle  commettere  ad  altri  questa  impresa; 
ma  siccome  papa  guerriero  si  mosse  da  Roma 
nel  di  2-^  d'  agosto  con  ventiquattro  cardinali 
e  quattrocento  uomini  d'  armi ,  avendo  già  fatti 
maneggi  per  aver  soccorsi  dal  re  di  Francia  , 
da  Ferrara  ,  da  Mantova  e  da  Firenze.  In  Pe- 
rugia i  Baglioni ,  in  Bologna  i  Bentivogli ,  fat- 
tisi capi  del  popolo ,  a  poco  a  poco  n'  erano 
divenuti  come  signori,  con  ileprimere  cliiuu- 
que  si  mostrava  contrario  a  i  loro  voleri.  In- 
dirizzò Giidio  i  suoi  passi  alla  volta  di  Peru- 
gia, dove  Gian-Paolo  Baglione  trovossi  in  grande 
imbroglio  ,  perchè  troppo  disgustoso  era  il  ce- 
dere, troppo  pericoloso  il  resistere.  Nel  di  lui 


(i)  Biionaccorsi.  Guicciardino.  Panviniiis.    Ravnaldus 
Anual.  Er.i-l. 


54  ANNALI    D    ITALIA 

animo  prevalsero  i  consigli  del  duca  d'  Urbi- 
no ,  sotto  la  cui  fede  ,  arrivato  che  fu  il  papa 
ad  Orvieto,  andò  colà  ad  inchinarlo  ,  e  ad  of- 
ferirsi umilmente  alla  di  lui  volontà.  Fu  rice- 
vuto in  grazia  ,  con  rimetter  egli  le  fortezze  e 
porle  di  Perugia  in  mano  del  papa  ,  e  con 
promettere  di  andar  seco  in  Romagna  con 
cento  cinquanta  uomini  d  arme.  Entrò  pacifi- 
camente il  pontefice  in  Perugia  nel  dì  i3  dì 
sellembre,  e  ne  prese  il  dominio.  Quindi  mag- 
gionmiite  rinforzalo  dal  Baglione,  s'inviò  alla 
volta  d'Imola  ;  né  parendogli  decoroso  il  pas- 
sar per  Faenza  occupata  da  i  Veneziani,  giro 
per  le  montagne  del  Fiorentino,  e  andò  a  po- 
sare in  Imola ,  da  dove  intimò  a  Giovanni 
Bentivogllo  il  rilasciar  Bologna  colla  minaccia 
di  tutte  le  pene  spirituali  e  temporali.  Sulla 
speranza  di  molte  promesse  della  protezione 
del  re  di  Francia  s' era  il  Bentivoglio  messo 
in  islato  di  difesa.  Ma  il  re  ,  a  cui  maggior- 
mente premeva  per  li  suoi  interessi  (fi  tenersi 
amico  il  papa  ,  che  di  giovare  a'  suoi  racco- 
mandati,  mandò  ordine  al  signor  di  Sciomonte 
goveruidor  di  Milano  di  assistere  con  tutte  le 
sue  forze  il  papa.  E  in  efl'ello  con  seeenlo  lance» 
ed  olio  mila  fanti  si  vide  arrivare  lo  Sciomonte 
a  C:istelfranco.  Anche  il  pontefice  avea  ricevuto 
gente  da'  Fioiculiui ,  <la  Alfonso  duca  di  Fer- 
rara e  da  Francesco  marchese  di  Mantova  ,  il 
qn:de  fu  (iichiarato  capitan  generale  dell'  eser- 
cito ponlili/.io.  A  sì  gagliardo  apparalo  di  forze 
nemiche  s'avvide  il  Bentivoglio  che  vano  era 
il  ricalcitrare.  l'I  però  jiiù  tosto  che  ricorrere 
alla  clemenza  del  paj)a ,    dalla    cui     generosità 


ANNO     MBVI  55 

forse  avrebbe  potuti)  otleiier  ma;;giorI  vaiitng- 
gi ,  passò  nel  tlì  due  di  novembre  al  campo 
li-anzesi' ;  ed  impetrato  di  poter  m!;ltere  in 
salvo  la  sua  famiglia  e  i  suoi  mobili,  per  riti- 
rarsi poi  sul  Milanese,  lasciò  in  libertà  i  Bo- 
lognesi di  trattare  col  papa.  Entrò  questi  in 
Bologna  con  gran  pompa  nel  dì  1 1  di  novem- 
bre ,  tutto  giubilo  per  si  nobile  acquisto.  Mo- 
rivano di  voglia  anclie  i  Franzesi  d'  entrare  , 
non  cerio  per  divozione  ,  in  quella  grassa  cit- 
tà ,  ed  usarono  ancbe  della  forza  ;  ma  il  po- 
polo in  armi  fi  ce  sì  buona  guardia,  die  con- 
venne loro  restarsene  ili  fuori  ,  eccettuato  lo 
Sciomonte  col  suo  corteggio ,  die  fu  a  baciare 
i  piedi  al  papa  ,  e  riportò  ,  oltre  ad  un  regalo 
in  pecunia  per  lui ,  e  ad  un  altro  assai  tenue 
per  le  sue  genti,  la  promessa  di  un  cappello 
per  Ludovico  d  Ambosia  vescovo  d  Albi ,  suo 
fratello. 

Erano  entrati  in  cuor  di  Ferdinando  il  Cat- 
tolico non  piccioli  sospetti  contra  di  Consalvo 
gran  capitano ,  e  viceré  per  lui  nel  regno  di 
Napoli.  Xè  manca\ano  invidiosi  e  malevoli  die 
li  fomentavano  ed  accresce\  ano  ,  facendogli 
credere  die  Consalvo  ,  colla  liberalità  che 
usava  per  affezionarsi  i  regnicoli  con  discapito 
del  regio  erario  ,  meditasse  di  usurpare  per  sé 
quel  regno;  ovvero  (il  die  è  più  probabile) 
inclinasse  a  tenerlo  per  1'  arciduca  Filippo  suo 
genero ,  il  quale  aveva  assunto  il  titolo  di  Re 
di  Castiglia.  Nel  gennaio  dell'  anno  presente 
s'era  esso  aìciduca  con  cin((uanta  vele  e  grande 
accompagnamento  di  nobiltà  fiamminga  inviato 
per  mare  alla  volta  di  Spagna.  Battuto  da  liera 


5(3  ANNALI    D  ITALIA 

tempesta  ,  l'u  spinto  in  Inghilterra  ;  ma  ripi- 
gliato il  cammino ,  sbarcò  finalmente  in  Ispa- 
gna.  Fu  ad  incontrarlo  il  re  Ferdinando ,  e 
si  trovò  maniera  di  calmare  i  lor  dissapori,  e 
di  conchiudere  un  accordo  fra  essi.  Ora  i  sud- 
delti  sospetti  di  Ferdinando,  avvalorati  sempre 
più  da  qualche  disubbitlienza  di  Consalvo ,  e 
massimamente  percV:  richiamato  colle  più  af- 
fettuose parole  alla  corte  d'Aiagona  ,  egli  con 
varie  scuse  e  pretesti  mai  non  s' era  voluto 
movere  ;  indussero  il  re  a  venir  egli  in  per- 
sona a  Napoli.  Mostravasi  questa  sua  risolu- 
zione in  apparenza  nata  dal  forte  desiderio  e 
dalle  vive  istanze  de'  Napoletani  di  vedere  di 
nuovo  il  lor  sovrano.  Ma  l'interno  motivo  era 
di  assicurarsi  che  Gonsalvo ,  caso  che  macchi- 
nasse delle  novità,  non  le  potesse  eseguire, 
con  levargli  destramente  il  governo.  Avvisato 
Consalvo  del  disegno  del  re,  spedì  persona 
apposta  in  Ispagna  per  mostrarne  il  suo  con- 
tento; e  fu  allora,  se  pur  non  avvenne  più 
lardi,  che  Ferdinando  colla  sua  dote  primaria, 
cioè  colla  dissimulazione  e  simulazione  confermò 
tutti  i  feudi  e  le  rendite,  ascendenti  a  venti  mila 
ducali  d'oro,  ch'egli  dianzi  go: leva  in  regno  di 
Napoli ,  e  il  grado  di  gran  contestabile.  Imbar- 
catosi dipoi,  dopo  avere  ricevuto  nel  suo  pas- 
saggio ])er  mare  regali  e  segni  di  grande  stima 
da  i  (ìfuovesi  e  Fioientini,  ari  ivo  alle  spiagge 
di  Napoli  sul  fine  di  ottobre.  Consalvo ,  an- 
corché molti  vogliano  (  ed  è  ben  probabile  ) 
che  fosse  assai  informalo  e  persuaso  del  mal 
animo  del  re  verso  di  lui  ;  pure  con  tutto 
coraggio  ed  ilarità  di   volto,  affidato  for.sf  nella 


ANNO    MDVI  3^ 

sua  innocfiiza  ,  andò  a  presentarsi  a  lui.  Son 
qui  fliscortli  il  Giii<:i;ianliiio  e  il  Giovio.  Que- 
gli scrive  che  andò  sino  a  Genova;  e  i'allro, 
secondo  le  apparenze  più  degno  di  fede,  per 
avere  scritta  la  \  ita  di  lui,  dice  che  si  portò  ad 
inchinarlo  al  Capo  Miseno  presso  jSapoli.  Non 
potea  Consalvo  desiderare  accoglimento  più 
dolce  e  benigno;  e  lincile  il  re  sì  fermò  in 
Napoli,  la  confidenza  in  lui  fu  grande,  e  nulla 
chiese  ,  che  non  ottenesse.  Nella  sua  venuta 
per  cagion  de'  venti  contrarj  obbligato  esso 
Ferdinando  a  fermarsi  alquanti  giorni  a  Porto 
Fino  ,  quivi  avea  ricevuta  la  nuova,  come  Fi- 
lippo suo  genero  re  di  Castiglia  (  verisimil- 
menle  perchè  troppo  amico  de'  lauti  conviti) 
era  caduto  infermo  in  Burgoé,  e  che  nel  dì  23 
di  settembre  nel  fiore  della  sua  età  era  passato 
air  altra  vita.  Fece  questo  impensato  accidente 
credere  a  molti  che  Ferdinando  fosse  per  vol- 
tare le  prore,  e  tornarsene  in  Ispagna  a  rias- 
sumere le  sospirate  redini  della  Castiglia.  Ma 
standogli  più  a  cuore  il  provedere  a  i  bisogni 
di  Napoli ,  colà  passò ,  e  poscia  un  bel  fune- 
rale ,  ma  senza  lagrime ,  fece  ivi  alla  memoria 
dell'estinto  genero. 

A  chiunfp.ie  ha  letto  i  precedenti  Annali , 
uopo  non  è  che  io  ricordi  che  la  discordia 
avea  sempre  in  addietro  tenuto  il  principal  suo 
seggio  nella  città  di  Genova.  Ola  le  principali 
case  fra  esse  ,  ora  i  popolari  co  i  nobili  erano 
m  rotta  :  effetti  della  superbia  ,  dell  opulen- 
za, dell'ambizione  e  d'  altri  malanni  in  quei 
popolo,  a  cui  in  vivacità  d'ingegno  pochi  altri 
d  Italia  si  possono  paragonare.  Tutte  nondimeno 


58  A-N-\AO    d'  ITALIA 

le  lor  gare  parca  clic  dovessero  cessare  sotto 
il  dominio  e  governo  d' un  re  di  Francia , 
padrone  ancora  di  Milano.  Non  fu  così.  Mos- 
sosi a  sedizione  il  popolo  contro  la  nobil- 
tà, andò  tanto  innanzi  il  bollore  de  gii  animi, 
che  finono  forzali  i  nobili  ,  cedendo  al  malto 
furore  del  popolo,  di  uscire  dalla  città,  con 
restar  perciò,  saccheggiate  le  lor  case.  Ridotto 
il  governo  in  mano  della  plebe  più  vile,  co- 
storo andarono  ad  occupar  le  terre  de'Fieschi, 
e  passarono  infino  ad  assediar  Monaco ,  che 
era  di  Luciano  Grim.ildi.  Filippo  di  Ravenstt-n 
regio  governatore  ,  dopo  aver  fallo  il  possibile 
per  ismorzar  questo  incendio,  veduto  che  non 
vi  era  p  ù  il  suo  onore  in  mezzo  a  tanta  dis- 
ubhidirnza  j  si  ritirò,  lasciamlo  buon  presidio 
nel  castelletlo.  Al  re  Lodovico  XII  diedero  de 
gli  affauiii  e  non  poco  da  pensare  sì  fatte 
insolenze  ,  temendo  egli  che  questa  piaga 
.  avesse  più  profonde  radici.  In  falli  mentre  egli 
era,  secomlo  lo  stile  franzese  ,  portato  a  favo- 
rir la  parlo  de  nobili ,  si  scoprì  che  il  papa, 
siccome  Savonese  di  nascila  ,  si  era  dichiarato 
favorevole  al  parlilo  de'  popolari.  Diedesi  per- 
ciò il  re  a  fare  armamento  per  terra  e  per 
mare  a  fin  di  rimediare  al  disordine  colla  for- 
za ,  giacché  a  tndla  aveaiio  servilo  le  amore- 
voli insinuazioni  e  le  minaccie.  Ne!  luglio  del 
presente  anno  si  scopri  anche  in  Ferrara  una 
congiura  contro  la  vila  del  duca  AKbuso  ("i). 
Era  (fucsia  tramala  da  don  Ferdinando  suo 
fiatello    minore,  per  voglia    di     regnare,  e  da 

(i)  Aulidiità  Esleiui  l'art.   11. 


ANNO    MDVI  3f) 

Giulio  SUO  fratello  bastardo  ,  per  ispirilo  di 
vendetta,  non  avendo  esso  duca  fatto  risi  nti- 
menlo  in  occasiou  d'  avere  il  cardinal  d'  Este 
tentato  di  fargli  cavar  gli  occhi  con  barbane 
di  testata  da  ognuno.  Convinti  e  confessi  amen- 
due  ,  furono  condennati  a  morte;  ma  mentre 
avcatio  il  capo  sotto  la  mannaia ,  Alfonso  fa- 
cenilo  prevalere  la  clemenza  alla  giustizia  ,  li 
rimise  ad  una  prigione  perpetua.  Campò  dipoi 
don  Ferdinando  sino  al  1 54o  ;  Giulio  sino  al  1 559, 
in  cui  riebbe  la  libertà. 

Anno  di  Giusto    \So~.  Indizione  X. 
di  Gli  LIO  li  papa  5. 
di  Massimiuano  re  de  Romani  i5. 

Trattcncvasi  papa  Giulio  in  Bologna ,  ma 
non  assai  contento  al  vedere  non  ben  peran- 
cbe  assodato  il  dominio  suo  in  quella  città  , 
perchè  i  Eenlivogli  si  fermavano  nello  Stato 
di  jNlilano.  Ne  fece  doglianze  col  re  Lodovico, 
il  quale  si  alterò  non  solo  per  questo ,  ma 
ancora  perchè  esso  papa  non  avea  restituiti  i 
suoi  benttizj  al  protonotario,  figlio  di  Giovanni 
Bentivoglio,  ancorché  la  facultà  di  dimorar  nel 
Milanese  a  i  Benlivogli,  e  la  restituzione  sud- 
detta fossero  state  dianzi  accordate  dal  mede- 
simo papa.  Crebbe  lo  sdigno  di  Giulio,  da 
che  intese  risoluto  il  re  di  procedere  coli' armi 
centra  di  Genova  :  laonde  senza  più  attendere 
il  concerto  fatto  col  re  di  abboccarsi  seco  , 
allorché  egli  Ìussc  venuto  in  Italia,  nel  dì  22 
di  febbraio  si  parli  da  Bologna  ,  e  s'  inviò  alla 
volta  di  Boraa.  Pria  nondimeno  di  abbandonar 


6o  ANlNALI    n'  ITALIA 

quella  città,  ordinò  che  si  rificesse  alia  porta  di 
Gallerà  una  fortezza,  col  pretesto  consueto  della 
sicurezza  della  città  ,  ma  in  fatti  per  tenere  in 
brii^iia  quel  popolo  :  due  azioni  che  rincrebbero 
non  poco,  la  prima  a  gli  amici  de'Bentivogli  ,  e 
Tallra  ad  o^nun  di  que'cilladini.  Arrivò  il  papa 
a  Roma  nel  dì  27  di  marzo,  dove  tutto  si  ap- 
plicò a  i  maneggi  di  una  forte  lega  contro  i 
Veneziani ,  per  ricuperar  le  città  da  loro  oc- 
cupate in  Romagna.  E  perciocché  i  Bentivogli 
neir  aprile  seguente  fecero  un  tentativo  per 
rientrare  in  Bologna;  e  veniva  ior  fatto,  se 
Ippolito  cardinal  d'  Este  non  si  opponeva  ;  nel 
dì  primo  di  maggio  fu  diroccato  il  palazzo  di  essi 
Bentivogli  in  Stra'San  Donato,  che  era  de' più 
belli  d'  Italia  di  que'tempi.  Crebbe  nell'  anno 
presente  il  tumulto  di  Genova  (i).  Perchè  fu 
forzato  quel  sedizioso  popolo  da  i  Franzesi  a 
ritirarsi  dall  assedio  di  Monaco,  senza  più  ri- 
spettare la  maestà  e  padionanza  del  re  Lodo- 
vico, creò  doge  Paolo  da  iNt)vi,  tintore  di  se- 
ta, uomo  della  feccia  della  plebe,  e  venne  ad 
mi'  apeita  e  total  ribellione  :  tutto  pazzamente 
fatto,  perchè  niun  v'  era  che  Ior  facesse  spe- 
rar soceorso  per  sostenere  un  sì  ardito  dise- 
gno. Per  (pianto  il  cardinal  del  Finale  ,  cioè 
Carlo  del  Carrello,  gli  esortasse  ad  implorare 
il  perdono  ,  di  cui  si  lìiceva  egli  mallevadore  , 
rrelibe  la  loro  Ostinazion  semjìre  più.  Il  re 
Lodovico  ,  che  a  sue  spese  aveva  imparato  qnal 
dilfercnza  vi  sia  tra  il  lare  in  persona  la  guerra 


(i)  Agostino  Giustiuiani.  Senarcga.    Guicciaidino. 


ANNO    MDVII  t)l 

e  il  commetterla  a  i  capilani  ,  passato  in  Ita- 
lia, si  l'eniiò  ad  Asti;  e  da  die  ebbe  fatto  ve- 
nir per  mare  molti  lettili  armali,  si  mosse 
verso  il  fine  d'  aprile  coli'  esercito  di  terra  per 
passare  il  Giof^o-  Poca  resistenza  polè  fare  alla 
di  lui  possanza  lo  sforzo  de  popolari  di  Ge- 
nova ,  di  modo  clie  iiiviarojio  ad  otìt'riri;li  l' in- 
gresso nella  città  ;  ed  egli  nel  dì  28  di  esso 
mese  colla  spada  nuda  in  mano ,  senza  volere 
che  si  parlasse  di  patti  ,  vi  entrò.  Conluttociò 
non  pensò  il  buon  re  ad  imitare  i  tiranni,  ma 
sì  bene  a  seguir  1'  esempio  de'  saggi  ed  amo- 
revoli principi  ,  clie  mai  non  si  dimenticano 
d'essere  padri,  ancorché  i  sudditi  si  scordino 
d'  essere  figli.  Mise  buona  guardia  alle  porte 
della  città  ,  afiinchè  gli  Svizzeri  e  venturieri 
non  vi  entrassero  e  mettessero  tutto  a  sacco. 
Trovati  gli  anziani  inginocchiali  e  dimandanti 
misericordia,  rimise  la  spada  nel  fodero,  con- 
tentandosi poi  di  mettere  al  popolo  una  taglia  di 
trecento  mila  scudi,  da  pagarsi  in  quattordici  me- 
si ,  con  rimetterne  da  lì  a  poco  cento  mila. 
Ordinò  la  fabbrica  di  una  fortezza  al  Capo  del 
Faro;  e  dojìo  aver  falla  giustizia  di  alcuni  po- 
chi, e  data  nuova  forma  a  quel  governo,  nel 
dì  14  di  maggio  se  ne  tornò  in  Lombaidia  ,  dove 
hcenziò  r  esercito  per  quetare  i  sospetti  insorti 
in  varj  potentati.  Bramava  egli  di  ripassare  in 
Francia  ;  ma  perchè  udì  \i<;ina  la  pailcnza  di 
Ferdinando  il  Cattolico  da  Napoli  ,  che  desi- 
derava di  seco  abboccarsi  in  Savona  ,  si  fermò 
ad  aspettarlo. 

Oalle  lettere  de'  suoi    ministri    d'Aragona  ,  e 
dalle  istanze  di  Giovanna  sua     figlia    regina  (li 


62  ANNALI    D**  ITALIA 

Castiglia  veniva  esso  re  Cattolico  sollecitalo  a 
tornarsene  in  Ispagna  ,  per  ripigliare  il  go- 
verno anche  della  stessa  Castiglia  ;  percioccliè 
Giovanna  dopo  la  morte  del  marito  arciduca 
tanto  dolore  provò  di  tal  perdita,  clie  s'in- 
fermò in  lei  non  meno  il  corpo  che  la  mente. 
E  intanto  i  due  suoi  figliuoli ,  Carlo,  che  fu 
poi  imperadoro ,  e  Ferdinando ,  per  la  loro 
età  non  erano  peranclie  atti  al  comando.  Dopo 
aver  dunque  il  re  Ferdinando  lasciate  molte 
buone  provvisioni  in  Napoli  e  pel  regno,  e 
mutati  tutti  gli  ufiziali  messi  nelle  fortezze  da 
Consalvo ,  nel  dì  4  di  giugno  sciolse  le  vele 
verso  Ponente  colla  regina  sua  consorte,  e 
senza  volersi  abboccare  col  papa  ,  che  si  era 
portato  ad  Ostia  per  questo,  continuò  il  suo 
viaggio.  Obbligato  da  venti  contrarj  ,  prese 
porto  in  Genova  ,  e  poscia  nel  di  28  di  giu- 
gno arrivò  a  Savona,  accollo  con  gran  pompa 
e  finezze  dal  re  Cristianissimo  ,  ma  con  aver 
prima  esatte  buone  sicurezze  per  la  sua  per- 
sona. Furono  per  quattro  giorni  in  «stretti  e 
segreti  ragionamenti  ,  dimenticate  le  precedenti 
nemicizie ,  siccome  conveniva  a  principi  d'  a- 
nimo  grande  (i).  Avea  Ferdinando  colle  mag- 
giori dimostrazioni  di  benevolenza  e  promesse 
di  vantaggi  menato  seco  da  Napoli  anche  il 
gran  capitano  Consalvo.  Non  si  saziò  il  re  Lo- 
dovico di  mirare  ed  onorare  un  personaggio 
che  con  tante  pruove  d'  accortezza  e  valore 
avea  tolto  a  lui  un  regno  ;  impetrò  ancora  da 
Ferdinando    che    (jueslo    grand'  uomo    cenasse 

(r)  Giovio.  Ouicciardino.  Mariana  de  Reb.  IIi$pau< 


ANNO     MDVII  l3 

alla  medesima  tavola  (lo\e  erano  assisi  '  essi 
due  re  e  la  regina.  Sì  graziosa  finezza  del  re 
fianzese  verso  di  Consalvo  ad  altro  non  servì 
che  ad  accrescere  le  gelosie  nella  testa  spa- 
gnuola  del  re  Cattolico.  In  fatti  ,  siccome  av- 
vertirono il  Giovio  e  il  Guicciardino,  quello  fu 
r  nltimo  ijiorno  della  gloria  di  ConsaKo;  im- 
perocché giunto  in  Ispagna  non  potè  n,ai  ot- 
tenere il  grado  di  gran  maestro  de' cavalieri  di 
San  Jago,  per  cui  gli  aveva  il  re  impegnala 
la  parola.  Insorsero  anche  altri  dissapori  e 
contratempì,  per  cagiou  de'  quali  mai  più  di 
lui  si  servì  il  re  né  in  affari  politici  ,  né  in 
militari.  Mancò  di  vita  Consalvo  nei  dì  2  di 
dicemhre  del  i5i5;  né  lasciò  il  re  a  lui  morto 
di  far  quegli  onori  che  in  vita  gli  avea  negato, 
con  ordinare  che  dapertutto  gli  fossero  cele- 
hrali  sontuosi  funerali  :  ricompensa  ben  me- 
schina ad  uomo  di  tanto  merito.  Stette  poi 
poco  a  tenergli  dietro  lo  .stesso  Ferdinando  . 
come  dirassi  al  suo  luogo  e  tempo. 

.■inno  di  Cristo   i  5o8.  Indizione  XI. 
di  Gii'Lio  II  papa  6. 
di  Massimiliaro  re  de  Romani  16. 

L'anno  fu  questo  in  cui  i  principali  poten- 
tati dell'  Europa  meridionale  si  utiirono  per 
atterrar  la  potenza  della  repubblica  veneta  , 
sfoderando  cadauno  sì  le  recenti  che  le  ran- 
cide jjietensioni  loro  sojtra  la  Terra  feima , 
posseduta  da  essi  \  eneti.  Ma  prima  di  (jucsto 
fatto  avvenne  che  Massimiliano  re  de'  Boniani 
si  era  messo  in  pensiero    di    calare  in    Italia  , 


t)4  ANNALI      d'  ITALIA 

non  tanto  per  prendere  ,  secondo  il  rito  de  ì 
suoi  predecessori ,  la  corona  e  il  titolo  impe- 
riale in  Roma  ,  quanto  per  ristabilire  i  diritti 
dell'  imperio  germanico  in  queste  provincie  ,  e 
recare  a  Pisa  ,  continuamente  infestata  da'  Fio- 
rentini ,  quel  soccorso  che  ,  tante  volte  pro- 
messo e  non  mai  eseguito  ,  fece  poi  nascere 
il  proverbio  del  Soccorso  di  Pisa  (i).  Chiesto 
a'  Veneziani  il  passo  e  V  alloggio  per  quattro- 
mila cavalli  ,  ebbe  per  risposta  da  quel  sena- 
to ,  che  s'egli  volea  venir  pacificamente  e 
senza  tanto  apparato  d'armi,  l'avrebbono  con 
tutto  onore  ben  ricevuto  ;  ma  che  apparendo 
con  tanto  armamento  diversi  i  di  lui  disegni  , 
non  poteano  acconsentire  al  suo  passaggio.  A 
questa  risoluzion  de' Veneziani  diede  maggior  fo- 
mento Lodovico  XII  re  di  Francia ,  che  con 
esso  loro  era  in  lega,  perchè  troppo  si  era 
divolgato ,  non  mirare  ad  altro  i  movimenti 
di  Massimiliano,  che  a  spogliar  lui  dello  Stato 
di  Milano  in  favore  dell'  aljbattuta  casa  Sfor- 
zesca. Per  questo  rifiuto  e  per  altri  motivi  sde- 
gnato Massimiliano  ,  circa  il  fine  di  geimaio 
col  marchese  di  Brandeburgo  mosse  lor  guerra 
dalla  parte  di  Trento  ,  dove  i  Veneziani  posse- 
devano Rovereto,  tentando  di  aprirsi  per  le  mon- 
tagne un  passaggio  verso  Vicenza.  Poscia  con 
altre  forze  entrò  nel  Friuli ,  e  s'  impadronì  di 
Cadore  con  altri  luoghi.  Abbondava  allora  1  I- 
talia  di  valenti  capitani  ,    e    il    senato    veneto 


(i)  Conlinuator  Sabellici.  Bembo.  Guicciardino.  Istoria 
Veneta  MS. 


ANNO     MDVIII  65 

non  fu  lento  a  sceglierne  i  migliori ,  e  ad  in- 
grossarsi di  gente.  Niccolò  Orsino ,  conte  di 
Pitigliano ,  generale,  fu  spedito  con  Andrea 
Gritti  provveditore  a  Rovereto  ;  Bartolomeo 
d'Alviaiio,  altro  generale  ,  con  Giorgio  Coniaro 
alla  difesa  ilei  Friuli.  Mosso  a  questo  rumor» 
il  re  di  Francia  ,  per  sospetto  che  la  festa 
fosse  fiitta  per  lo  stato  di  Milano ,  ordinò 
anch'  Cijli  a  Carlo  d'Amhosia  signor  di  Scio- 
nioiite,  govcrnator  di  Milano,  di  accorrere  in 
aiuto  de'  Veneziani  insieme  col  famoso  mare- 
sciallo di  Francia  Gian-Giacomo  Trivulzio. 

Seguirono  molle  barufle  e  saccheggi  sul  Tren- 
tino e  in  que'  contorni ,  ma  non  di  conseguen- 
za ,  perchè  i  Franzesi  teneano  ordini  segreti  di 
attendere  alla  difesa  e  non  all'  offesa ,  per  non 
irritar  maggiormente  Massimiliano.  Così  non 
fu  dalla  parte  del  Friuli.  L'animoso  AU'iano , 
entrato  nella  \'alle  di  Cadore  ,  e  messi  in  rotta 
i  Tedeschi.,  nel  dì  2  3  di  febbraio,  cioè  nel- 
r  ultimo  giovedì  di  carnevale,  ebbe  a  patti  quel 
castello.  Nel  dì  seguente  pose  il  campo  a  Cre- 
mona, castello  assai  ricco  e  forte  di  sito  ,  che 
ricusò  di  rendersi.  Si  venne  all'  assalto  e  alla 
scalala  ,  che  costò  molto  sangue  a  gli  aggresso- 
ri,  e  fra  gli  altri  vi  perì  Carlo  Mala  testa,  gio- 
vane amatissimo  nell'  esercito  e  di  grande  espet- 
tazione.  Il  Guicciardino  e  il  Bembo  mettono 
la  di  lui  morte  sotto  Cadore;  la  Cronaca  \'e- 
neta  manuscrilta  che  presso  di  me  si  conser- 
va, scritta  da  chi  si  trovò  presente  a  tutta  la 
seguente  guerra  ,  il  fa  morto  sotto  Cremona. 
Ebbe  poi  l'Alviano  a  patti  quel  castello ,  e 
per  rallegrare  i  suoi  soldati ,    loro  lascioUo    iu 

Muratori,  ylnn.  Fol  XIV.  5 


S6  ANNALI    d'   ita  ma 

preda.  Quindi  si  spinse  addosso  a  Gorizia  ,  e  in 
quattro  giorni  che  le  batterie  giocarono,  ri- 
dusse nel  dì  28  di  marzo  quel  presidio  a  ren- 
derla. Di  là  s' inviò  per  istrade  disastrose  a 
Trieste ,  città  molto  mercantile  e  popolata  , 
il  cui  distretto  fu  in  breve  messo  tutto  a  sac- 
comanno. Posto  l'assedio  per  terra,  secondato 
da  una  squadra  di  navi  venete  per  mare  ,  fu 
aneli  essa  obbligata  a  capitolare  la  resa  ,  salvo 
r  avere  e  le  persone.  Lo  stesso  avvenne  a  Porto 
Naoiie  e  a  Fiume.  Allora  fu  che  Massimiliano 
al  vedere  andar  ogni  cosa  a  rovescio  delie  sue 
speranze,  e  crescere  il  pericolo  suo,  cominciò 
dalla  parte  di  Trento  a  trattar  di  tregua ,  la 
quale  nel  dì  3o  d'  aprile  fu  conclùusa  per  tre 
anni  fra  esso  re  de'  Romani  e  i  Veneziani  , 
senza  voler  aspettare  le  risposte  del  re  di 
Francia. 

Si  rodeva  di  rabbia  Massimiliano  coJitra  de  i 
Veneziani ,  per  essere  uscito  con  tanta  vergo- 
gna e  danno  dal  preso  impegno,  essendo  restati 
in  man  di  essi  i  luoglii  occupati.  Al  clie  si 
aggiunse  ancora  il  suono  di  iilcune  canzoni  sa- 
tiriche, pubblicate  in  Venezia  contra  di  lui. 
]Vlostra\  asi  parimente  mal  soddisfatto  de'  \  e- 
ncti  il  re  Lodovico  per  1' accordo  seguito  senza 
consentimento  suo  con  Massimiliano.  Ciò  servi 
poscia  a  riunir  segretamente  gli  animi  di  questi 
due  potentati  contro  la  repubblica  veneta  ;  e 
tanlo  più,  perciiè  nelle  lor  massime  concorreva 
il  ponlelice ,  acceso  di  somma  voglia  di  ricu- 
perar le  città  della  Romagna,  e  che  perciò  mag- 
giormente acciiidiva  il  luoco  altrui.  Sotto  dun- 
que lo  specioso  titolo  di  acconciar  le  dilferenze 


ANNO    MDVin  6'J 

vertenti  fra    Massimiliano    e    il    duca  di  Guel- 
dria    patrocinato    da' Fraifzesi ,    Giorgio    d'Am- 
bosia   cardinale  di  Roano  ,  personaggio  di  grande 
accortezza  ,  primo  mobile  della    corte  di  Fran- 
cia- e  legato  del  papa ,    passò  a  Gambrai  ,  per 
trattar  ivi  di  lega  con    Margherita    \edova    du- 
chessa di  Savoia  ,  munita  d'  ampio  mandato  da 
Massimiliano  suo  padre.  Al  qua!  congresso   in- 
tervenne   ancora    col    pretesto    di  accalorar  la 
pace  r  ambasciatore  di  Ferdinando    il  Cattoli- 
co, principe  che  forse  fu  il  primo  a  promuo- 
vere questa  alleanza.    Nel  dì   io     di    dicembre 
fu  segnata  la  suddetta    lega  ,    olfensiva    contro 
la  repubblica  di  Venezia,  in  Gambrai  fi  a  Massi- 
miliano   Gesare  ,    Lodovico    re    di    Francia    e 
Ferdinando  re  d'Aragona ,    e  per   parte    ancor 
di  papa    Giulio    II,    ancorché    il    cardinal    di 
Boano  non  avesse  mandato  valevole  a  tal  atto. 
Fu  insieme  lasciato    luogo    d  entrarvi  a  Garlo 
duca  di  Savoia,  ad  Alfonso   duca  di  Ferrara  e 
a  Francesco  marchese    di    Mantova  ,   i  quali  a 
suo  tempo  vi    si    aggiunsero    anch'essi  ;    e    fu 
questa  non  meno    ratificata  da  i  principi   con- 
traenti ,  clic  dal  papa  nel  marzo  dell'  anno  se- 
guente. Per  ingannare   il    pubblico,   altro  non 
si  pubblicò    allora  ,    se    non    la    concoixlia  ivi 
stabilita  fra    Massimiliano  e  Cario    suo    nipote 
dall' un  cauto  e  il  duca  di  Gueldria  dall'altro, 
e  si  tenne  ben  segreta  la  macchina    preparata 
centra  de'  Veneziani.  Le  pretensioni    di  queste 
potenze  erano  per  conto  del  pontefice  di  ricu- 
perar le  città  di   Ravenna ,    Cervia  ,    Rimini  e 
Faenza,  occupate  le    prime  un  pezzo  fa,  ed  ul- 
timamente le  altre.  L'  autore  della  bella  Storia 


68  ANNALI     d'  ITALIA 

fianzese  della  Lega  di  Ciiinbrai,  cieduto  da 
molli  il  cardinale  di  Polignac  ,  vi  aggingne 
nncora  Imola  e  Cesena ,  quasi  che  ancor  queste 
fossero  in  mano  de'  Veneziani  :  il  che  non  sus- 
siste. La  verità  nondimeno  è  che  ne  gli  atti 
di  essa  lega  ,  dati  alla  luce  da  più  d'  uno,  e  in 
questi  ultimi  anni  dal  signor  Du-Mont  nel  suo 
Corpo  Diplomatico ,  si  leggono  ancora  le  sud- 
dette due  città  per  negligenza  del  cardinal  di 
Roano.  Pretendeva  jMassimiliano,  chiamato  ivi 
Iinperadore  eletto  ,  le  città  di  Verona,  Pado- 
va, Vicenza,  Trivigi  e  Rovereto,  il  Friuli,  il 
patri;ircato  di  Aquileia  ,  co  i  luoghi  occupati 
nell'ultima  guerra.  Così  Lodo\  ico  re  di  Fran- 
cia intendeva  di  riacquistare  Brescia,  Crema, 
Bergamo ,  Cremona  e  Ghiaradadda  ,  che  erano 
una  volta  pertinenze  del  ducato  di  Milano  , 
quasiché  la  repulihiica  veneta  non  le  posse- 
desse da  gran  teinpo  in  vigore  di  legittimi 
trattati.  Finalmente  il  re  Cattolico  volea  riavere 
ì  porti  del  regno  di  Napoli ,  già  impegnati  a 
i  Veneziani  dal  re  Feiilinando  ,  tiglio  d' Alfon- 
so I ,  cioè  Traili,  Brindisi,  Otranto  e  Monopoli 
nel  Golfo  Adriatico.  Delle  altre  condizioni  di 
questo  trattato  non  occorre  eh'  io  parli  ,  se 
non  che,  per  disohbligar  Cesare  dal  fresco  giu- 
ramento della  tregua  di  tre  anni,  lii  creduto 
sulliciente  che  il  paj>a  fulminasse  a  suo  tempo 
un  inlenlelto  ed  altre  censure  orribili  contro  i 
^cnczialli,  se  in  termine  di  quar;inta  giorni 
non  ri'slitui\ano  le  terre  della  Chiesa  :  dopo  il 
qual  tempo  richiedesse  d'  assistenza  1'  eletto 
imperadore,  come  avvocalo  della  Chiesa  PiO- 
niuna. 


ANNO    MDVIII  69 

Diede  fine  in  quest'  anno  al  suo  vivere  e  a  i 
suoi  affanni  Lodovico  Sforza,  sopianominato  il 
ÌNIoro,  già  duca  di  Milano,  dopo  aver  avuto 
tempo  di  far  buona  penitenza  in  caicere  de  i 
suoi  trascorsi  peccali.  E  siccome  in  que' tempi 
troppo  ora  familiare  il  sospetto  de' veleni  ,  corse 
anche  voce  eh  egli  per  questa  via  fisse  giunto  al 
fine  de' suoi  f;iorni;  ma  senza  apparire  alcun  giusto 
motivo  di  abbrev  iargli  la  vita.  Nel  giugno  ezian- 
dio dell'anno  presente  tornarono  i  Fiorentini 
a  dare  il  guasto  alle  bia  le  de'  Pisani ,  con  giu- 
gnere  sino  alle  mura  della  città.  Questo  tante 
volte  replicato  flagello  estenuò  talmente  le  forze 
del  popolo  pisano ,  che  sarebbe  oramai  stato 
facile  ad  essi  Fiorentini  di  ridurlo  a  rendersi , 
se  non  si  fossero  ritenuti  per  li  riguardi  che 
aveano  al  re  di  Francia  e  al  re  Cattolico ,  ca- 
daun  de' quali  volea  far  mercatanzia  di  quella 
città  :  cioè  esigea  di  gi'osse  somme  ,  se  ne  do- 
veano  permettere  l'acquisto.  Diedero  in  oltre 
ossi  Fiorentini  un  altro  guasto  a  buona  parte 
del  Lucchese,  perchè  non  cessava  quel  popolo 
di  mandar  soccorsi  a  Pisa. 

/inno  di  Cristo   i5og.  Indizione  XII. 
di  Giulio  U  papa  '-. 
di  MASSIMILIANO  re  de' Romani  17. 

Di  grandi  avventure,  o,  per  dir  meglio, 
disavventure  fu  ben  gravido  l'  anno  preseute 
in  Italia.  Non  si  potè  tener  così  occulto  il 
trattato  conchiuso  in  Cambra! ,  clic  non  tra- 
spirasse al  senato  veneto  ;  e  tanto  più  all'os- 
servare i  grandi  armamenti,  che  si   taceano  in 


^O  ANNALI    V    ITALIA 

pili  parti.  Si  cominciarono  perciò  molti  consì- 
gli in  Venezia  per  provvedere  a  turbine  sì  mi- 
naccioso. Trovavasi  certamente  allora  la  repub- 
blica veneta  nel  più  beli'  auge  della  sua  fortuna. 
Per  l'Istria,  per  la  Dalmazia,  in  Camlia,  in 
Cipri  e  in  altre  parti  del  Levante  si  steudea 
la  sua  potenza.  Uno  de'  più  fertili  e  ricchi 
pezzi  dell  Ilalia  era  sotto  il  suo  dominio.  La 
sola  raaravi^liosa  e  si  popolata  città  di  Vene- 
zia potea  dirsi  un  emporio  di  riccliezze  tanto 
del  pubblico  che  de'  privati  ,  a  cagione  del 
gran  commercio  che  da  più  secoli  facf  ano  i 
Veneti  per  mare ,  della  gran  copia  delle  lor 
navi  ,  del  dovizioso  loro  arsenale  che  non  avea 
pari  in  Europa.  Colà  si  portavano  le  merci 
deirOrienlc  ,  e  particolannente  le  specierie  , 
che  si  distribtu'vano  poi  per  la  maggior  parte 
delle  città  dell'  Italia  ,  Germania  e  Francia. 
Immenso  era  questo  guadagno,  se  non  che  so- 
lamente circa  questi  tempi  cominciò  a  calare  , 
per  avere  i  Portoghesi  trovato  il  passaggio  per 
mare  all'  Indie  Orientali ,  e  sempre  più  s'andò 
smiinu^ndo  da  lì  innanzi  per  l'industria  d'al- 
tre potenze  marittime  che  passano  oggidì  a 
dirittura  nelle  stesse  Indie.  Chi  vuol  avere  un 
saggio  delle  ricchezze  die  nel  secolo  decimo- 
quinto  colavano  in  quella  potente  città  ,  non 
ha  che  da  leggere  una  parlata  latta  nell'  an- 
no i/{2i  dal  doge  Tommaso  Mocenigo  ,  e  re- 
gistrata nella  Cronica  Veneta  di  Marino  Sanu- 
to  ,  da  me  data  alla  luce(i).  Perciò  al  bisogno 


(i)  Marino  Sannto  ,  Vite  de'  Dogi  di  Venezia  toin.  aa. 
Rentm  Ital.  pug.  949. 


ANNO    MDtX  71 

j^fandi  erano  le  forzo  di  oiiella  repubblica  non 
meno  in  mare  ,  die  per  terra  ;  grande    ancora 
il  coraggio,  la  fedeltà,  l'unione.    Sopra    tutto 
la  saviezza  ,  dote    invelerafa     in     quel  senato  , 
presedeva  a  i  lor  consigli  ;  e    per  h  linone    e 
puntuali  paglie  che  dava  èssa    repnbl>!ica  ,   fa- 
cilmente correvano    a  lei   le    genti  d'  armi  e   i 
jravi    condottieri  ,    de'  quali    allora    abbondava 
1  Italia.   Tentarono    bensì  i   Veneziani  coli'  of- 
Irla  di   Faenza,  e    fors'anclie    di    Rimini,  di 
jlacare  il  pontefice.  Fecero  altri  tentativi  presso 
Cesare  e  presso  U  re  Cattolico  :  tutto  indarno  , 
prcbè    niun    d'essi     credette    compatiliile    col 
su»  onore  il  recedere  dal    jtattuito    nella  lega. 
Si  accinsero  dunque  animosamente  i  Veneti  ad 
accescere  le  lor  forze  ,   risoluti    alla  difesa ,  e 
misro  insieme  un  esercito  di  due  mila  e  cento 
lanca  o  sia  d'uomini  d'arme,  di  mille  e  cin- 
quecuto  cavalli    leggieri    italiani,     di    mille    e 
ottociito  stradioti  greci  ,  e   di   dieciotto    mila 
fanti  Q  guerra,  a' quali  aggiunsero  ancora  do- 
dicimii  altri  finti  delle  cernide    de'  contadini. 
La  Crciica  scritta  a  jienna  di  autore  Anonimo 
Padovaii  j  ma  contemporaneo ,  la  qual  si  con- 
serva p>sso  di  me,  riferisco    il  nome  di  tutti 
i  capitali  (i);  e  poi  confessa    che  almeno  se- 
cento  di  (uesti  uomini  d'  arme    erano    vili  fa- 
migli ,  ptchè  seelti  in   fretta  ,    ed  essere  stati 
que' contaiui  piOi  atti  al    badile  e    all'aratro, 
che  a'  fattiji    guerra.    Poteano   questi    nondi- 
meno servie  per  guastatori  ,  e  per  fianco  a  i 
presidiar j,  ^condo  le  occorrenze.  Oltre  a  ciò, 

(i)  Storia  ^^eta  MSt. 


•JS  ANNALI    D     ITALIA 

gran  preparamento  si  fece  di  legni  armati  per 
mare  e  ne' fiumi  e    nel   lago    di    Garda.    Con- 
dussero ancora  alcuni  della  casa   Orsina  e  Sa- 
vella  ,  e  Fracasso  da  S.    Severino ,    condottieri 
di  molta  gente  d'armi.  Ma  il  papa  impedì  loro 
il  venire.  Fu  anche  impedito  il    passo    a  Gio- 
vanni conte  di  Comania  ,  a  Michele  Frangipane 
e  a  Botlìandreas  capitano  della    Liburnia,  che 
doveano  condurre  mille  e    cinquecento  cavalli. 
Cliiamati  in  consiglio    Bartolomeo   d'AIviano  e 
il  conte  di  Piligliano  ,  generali  delle  lor  armi, 
per  intenderei  lor  sentimenti ,  l'ultimo  d'essi 
come  più  vecchio,  fu  di  parere    che  si  fortifi 
cassero  le  città  di  Terra  ferma  ;  e  provreduB 
che  fossero  di    buon   presidio,    si    stesse    ala 
difesa  ,  menando  la  cosa  in  lungo,  per  li  vri- 
taggi  che  poteano  venire  dal  guadagnar  tenflo 
contro  una  lega  facile    a    disciogliersi  per  arj 
avvenimenti  (i).  Giudicò  all'incontro  rAl\<>no 
che  si  avesse  ad    uscire    in    campagna ,  pima 
che  fosse  calalo  in  Italia  col    preparato  movo 
esercito  il  re  Lodovico,  meglio    essendo  d  far 
la  guerra  in  casa  altrui ,  che  1'  aspettar!  nella 
propria  ;  e  potendo  anche  avvenire  che  jpren- 
dpsse  qualche  città  dello  Stalo    di    Milno,  la 
cui  conquista  frastornasse  i  primi  disedi    de  i 
nemici.  Prese   il  senato  un    partito    dimezzo  ; 
cioè  ordinò  che  l'esercito  non  pa.ssasf  1  Adda , 
ma  si  tenesse  in  qne' contorni.  Nel  )v"s«    d'a- 
prile attaccatosi   il   fuoco    nell'arsenal    di   Ve- 
nezia ,  ne  bruciò   gran  parte  ,   culla  icrdila  di 


(i)  Guicciai'dino.    Slor.  Venet.  MS. 


ANNO    MDIX  73 

dotlicì  corpi  di  galee  sottili  e  di  molte  muni- 
zioni. Da  li  a  poclii  giorni  a  cagion  d'  un  ful- 
mine si  bruciò  la  rocca  del  castello  di  Brescia 
con  tutta  la  polve  da  fuoco  e  tutte  le  muni- 
zioni. Cadde  ancora  1'  archivio  della  repubbli- 
ca: avvenimenti  che  dalla  gente  superfiziale  fu- 
rono prosi  per  preliminari  e  presagj  di  maggiori 
sciagure. 

Arrivarono  di  Francia  in  Italia  nella  prima- 
vera di  questo  anno  mille  e  ducento  laucie , 
due  mila  cavalli  leggieri ,  sei  mila  fanti  Svizze- 
ri ,  e  sei  altri  mila  Guasconi  e  Piccardi ,  che 
si  unirono  con  cinquecento  lancie,  mille  ar- 
cieri ed  otto  mila  fanti ,  che  erano  nello  Stato 
di  Milano.  Giunse  molto  più  tardi  anche  lo 
stesso  re  Lodovico  col  duca  di  Lorena  e  co- 
piosa nobiltà  franzese.  Nel  dì  i5  d'aprile  ebbe 
ordine  Carlo  d'  Ambosia  signor  di  Sciomonte 
di  dar  principio  alla  danza  con  una  scorreria. 
Passato  r  Adda  a  Cassano  ,  prese  Treviglio , 
Rivolta  ed  altre  castella,  mettendo  a  sacco  il 
territorio.  Nello  stesso  tempo  Francesco  Gon- 
zaga marchese  di  Mantova ,  entrato  nella  le- 
ga ,  assalì  il  \'eronese  ,  ma  fu  respinto  da  Bar- 
tolomeo d'Aiviano.  Prese  eziandio  Casal  Maggiore, 
ma  gli  convenne  abbandonarlo.  In  questo  men- 
tre fulminò  il  papa  interdetti  ed  orribili  cen- 
sure contro  i  ^  cneziani  ,  e  diede  principio 
anch'  egli  alle  offese.  Francesco  Maria  della 
Rovere  ,  nipote  d'  esso  papa  ,  già  divenuto  duca 
d'Urbino  per  la  morte  del  duca  Guidubaldo , 
e  generale  dell'  esercito  pontifizio  ,  corse  sul 
Faentino,  ed  assediò  Brisighella,  do\e  peri- 
rono fra  soldati    e    abitanti  più    di    due    mila 


^4  ANNALI    d' ITALIA 

persone;  e  fa  dato  il  sacco  alla  mìsera  terra  , 
con  tratlar  chiese  e  donne  cofiie  avrebbono 
fallo  i  Turchi.  Ebbe  esso  duca  anche  il  ca- 
stello di  Russi ,  e  di  là  andò  a  mettere  il  campo 
a  Ravenna  ,  città  creduta  allora  inespugnabile 
per  le  tante  fortificazioni  fattevi  da'  Veneziani. 
Da  che  si  furono  i  Franzesi  impadroniti  di 
Treviglio ,  il  conte  di  Piligliano  generale  pri- 
mario dell'  armata  veneta ,  che  s'  era  postato  a 
Pontevico ,  si  affrettò  a  raunar  le  sue  genti  ,  e 
mossosi  control  nemici,  gli  ol)bligò  a  ritirarsi 
di  là  dall' Adda.  Ricuperati  alcuni  de'  luoghi 
perduti ,  percliè  un  buon  presidio  franzese 
tenea  saldo  Treviglio,  convenne  adoperar  le 
artigherie  e  venire  ali'  assalto.  Lo  sostennero  i 
Franzesi  ;  ma  provata  la  risolutezza  de  gli  ag- 
gressori ,  e  perduta  la  speranza  di  soccorso , 
appresso  si  renderono  prigioni.  Dionisio  de  i 
INaldi  capitano  della  compagnia  dei  Brisighelli, 
che  innanzi  a  gli  altri  era  slato  all'assalto, 
inviperito  ancora  per  le  disgrazie  della  sua  pa- 
tria, ottenne  il  sacco  dell' infelice  terra.  Né  pur 
ivi  tralascialo  fu  alcuno  sfogo  dell'empietà  , 
della  crudeltà  e  delia  libidine  ,  con  rivolgersi 
nondimeno  in  grave  danno  dell'  armala  veneta 
si  fatta  barbarie  ;  perciocché  non  poterono  i 
capitani  ritener  gran  copia  d  altri  soldati ,  che 
non  concsse  a  cercar  ivi  bollino,  di  maniera 
che  ))er  firli  uscire  di  là  ,  si  ricorse  al  l)rutto 
ripiego  di  attaccare  il  fuoco  alla  terra  ,  la  quale 
dianzi  ricca  ed  amena  si  ridusse  all'  ulliina  mi- 
seria. Di  questo  .scompiglio  prolillando  il  ro 
Lodovico,  potè  a  man  salva  far  transitare  lutto 
il  suo  esercito  per  li  ponti  che  avea  suU'Adda 
a  Cassano. 


ANNO    MBIX  ^5 

FuroDO  a  vista  le  due  polenti  armate  ,  e  il 
re  non  altro  sospirava  che  di  venir  ad  un  fatto 
d'anui:  il  che  non  meno  era  desiderato  e 
proposto  dall' Al  viaiio  governatore  del  campo 
veneto,  ed  uomo  assai  caldo.  Ma  il  saggio 
conte  di  Pilij;liano  stette  costante  in  sostenere 
che  il  meglio  era  di  temporeggiare,  e  vincere 
colla  spada  nel  fodero,  o  pure  di  aspettar 
buona  congiuntura  per  assalirli.  Vedutosi  dal 
re  che  né  pur  colla  sfida  inviata  potea  tirare 
i  Veneziani  ad  un  conflitto  ,  s'  inviò  in  ordine 
di  battaglia  dietro  l'Adda  per  la  via  che  con- 
duce a  Pandino.  La  vanguardia  era  guidata  da 
Gian-Giacomo  Trivulzio  ,  celebre  capitano  di 
questi  tempi.  Il  re  con  lo  Sciomonte  era  nel 
mezzo.  Il  signor  della  Palissa  conducea  la  re- 
trosuardia.  Similmente  si  mosse  1'  armata  ve- 
neta  ,  e  per  altro  cammino  andò  fiancheggiando 
la  nemica.  L  Alviano  guidava  la  vanguardia  ,  il 
conte  di  Pitigliano  il  corpo  di  battaglia  ,  e 
Antonio  de'  Pii  co  i  legati  veneti  la  retroguar- 
dia. O  per  accidente  delle  strade ,  o  per  in- 
dustria de'  Franzesi  ,  tanto  s'  avvicinarono  i  due 
eserciti,  che  l'AIviano,  qur.ndo  men  sei  pen- 
sava ,  si  trovò  necessitato  a  menar  le  mani,  e 
si  venne  ad  un  terribil  fallo  d'armi  nel  di  i4 
di  maggio  ,  due  miglia  lungi  da  Pandino  ,  in 
luogo  appellato  T  Agnadello.  Con  sommo  va- 
lore si  combattè  da  ambe  le  j)arti.  Ma  non 
passarono  tre  ore  che  toccò  la  vittoria  a  i 
Franzesi.  Circa  dieci  mila  restarono  morti  .sul 
campo,  i  più  nondimeno  Italiani.  V'ha  chi 
dice  otto  ,  e  chi  solamente  sei  mila  ,  secondo 
il  costume  dell'altre    battaglie.    Slargò    ben  la 


■^6  ANNALI    D*  ITALIA 

bocca  il  B'ionaccorsi  con  dire  uccisi  quindici 
mila  e  più  de'  \  eneziani.  L  Al\  iano  ,  ferito  in 
volto  ,  restò  prigione  ,  e  solamente  dopo  tre 
anni  fu  rimesso  in  libertà.  La  strage  fu  nella 
fanteria  veneta ,  perchè  la  cavalleria  non  tenne 
saldo.  Rimasero  padroni  i  Franzesi  del  campo, 
di  molta  artiglieria  ,  insegne  e  munizioni.  Più 
strano  è  il  trovar  qui  discordia  fra  gli  scrit- 
tori in  nn  punto  di  somma  importanza  :  cioè, 
se  crediamo  al  Guicciardino  (i)  ,  il  conte  di 
Pitigliano  colla  maggior  parte  si  astenne  dal 
fatto  d'arnie,  o  perchè  già  vide  disperato  il 
caso  per  la  rotta  dellAlviano ,  o  per  isdegno 
contra  di  lui  per  avere  contro  l'autorità  sua 
preso  a  combattere.  Fra  Paolo  de  Cherici  Car- 
melitano Veronese,  ciie  fiorì  in  questi  tempi,  e 
condusse  la  sua  Storia  manuscrilta  sino  al  loSy, 
scrive  (2)  che  esso  conte  e  i  provveditori  ve- 
neti, sbaragliato  che  fu  l'Alviano  ,  vergognosa- 
mente se  ne  fuggirono.  L"  autore  Anonimo 
Padovano  della  Storia  Veneta  sopracitata  asse- 
risce (3)  che  il  Pitigliano  entrò  colle  sue  schiere 
nel  fatto  d'armi,  e  gli  convenne  voltar  le  spalle, 
li  che  vien  conftrmato  da  un'altra  Storia  Ve- 
neta MSIh  ,  il  cui  autore  veneziano  j)relcn- 
de  (j)  che  alenili  ca[ntani  italiani  usassero  tra- 
dimento ,  conchiudeiido  in  fine  che  il  Pitigliano 
con  pochi  si  salvò  a  Caravaggio.  11  Bembo  (5) 


(i)  r.iiirriardino. 

{■}.\  l'aiili  •!.•  (  Ipiici  ITist.  MSta. 

(3i   Stoni  Veneta  MSta. 

l\)  Mira   Storia  Veneta  MSta, 

(5)  Bembo. 


ANNO    MDIX  ']'] 

e  Pietro  Giustiniano  ((>)  passano  sotto  silenzio 
questo  punlo.  Ben  pare  ,  che  se  il  Pitijjliano 
fosse  stalo  colle  mani  alla  cintola  in  sì  gran 
bisogno,  si  sarebbe  tirato  addosso  nn  rigoroso 
processo  Certo  è  die  tutto  T  esercito  fninzese 
unito  combattè  ,  laddove  il  Pitigl  ano  arrivò  a 
combattere  solamente,  dappoiché  l'Alviano  era 
in  rotta.  Se  unita  tutta  V  armata  veneta  fosse 
stala  a  fronte  de  nemici  ,  poteva  essere  diverso 
il  line  di  quella  giornata. 

Dappoiché  il  re  Luigi  ebbe  solennizzata  in 
più  lorme  qnesta  vittoria  ,  appellata  di])OÌ  di 
Gbiaradadda,  e  ordinato  che  ivi  si  fabbricasse 
una  chiesa  col  titolo  di  Santa  JNiaiia  della  Vit- 
toria ,  non  perde  tempo  a  prolittare  di  sì  buon 
vento.  Impadronissi  di  Caravaggio  e  di  tutta  la 
Ghiaradadda;  e  giacché  era  corso  il  terrore  per 
tutte  le  città  venete ,  poco  stette  a  rendersegli 
Crema ,  per  opera  di  Soncino  Benzoiie  ,  di  cui 
troppo  s'  erano  fidati  i  \eneziani.  Appresso 
vennero  i  Cremonesi  alla  divozion  de'  Franze- 
si  e  da  lì  a  qualche  tempo  anche  la  fortezza. 
Altrettanto  fece  Bergamo.  La  nobiltà  parimente 
e  il  popolo  di  Brescia  ,  veggendo  imminente 
l'assedio,  e  prevedendo  la  propria  rovina,  al 
primo  comparir  dell'armi  franzesi  ,  m^mdarono 
al  re  le  chiavi  della  loro  città  ,  giacché  aveano 
dianzi  ricusalo  di  ricevere  dentro  il  presidio 
veneto.  Cavalcò  dipoi  il  re  al  forte  castello  di 
Peschiera,  dove  il  Mincio  esce  dal  lago ,  e  fatta 
colle  artiglierie  buona  breccia,  si  venne  all'as- 
salto.   Stanchi    finalmente  i   cinquecento    fanti 

(i)  Petras  Justinianus  Rer.  Venetsu-. 


■-8  ANNALI    d'  ITALIA 

che  erano  ivi  di  presidio,  più  volte  fecero  se- 
gno di  volersi  rendere  ;  ma  non  esauditi ,  fu- 
rono in  fine  tagliati  tutti  a  pezzi  da'  Franzesi, 
entrati  colà  a  forza  d' armi.  Pietro  Giustiniano, 
il  Guicciardino  e  il  Buonaccorsi  scrivono  che 
Andrea  Riva  provvcditor  veneto  vi  fu  impiccato 
a  i  meili  col  figlinolo.  Con  questa  barbarie  tur- 
chesca  si  facea  la  guerra  in  que'  tempi  da  i 
principi  cristiani.  Avrebbe  anclie  potuto  il  re 
Luigi  passare  il  Mincio  e  insignorirsi  di  Vero- 
na ,  perchè  quel  popolo  suil'  esempio  de'  Bre- 
sciani non  avea  voluto  amniPltere  la  enarni- 
gion  destinata  da  i  Veneziani.  ÌNIa  perchè  il 
paese  di  là  dal  Mincio  era  riserbato  a  Massi- 
miliano Cesare  ,  non  se  ne  volle  ingerire.  Per 
tante  calamità,  e  perchè  riparo  non  v'era  alla 
diserzion  continua  delle  poche  milizie  che 
s'  erano  salvate  ,  somma  era  la  costernazione  in 
Venezia.  Il  creduto  migliore  ri[>iego  a  cui 
s' appigliò  quel  saggio  senato ,  fu  di  tentare 
ogni  via  per  placare  il  pnpa,  Cesare  e  il  re 
Cattolico  j  giacché  si  scorgea  inesorabile  il  re 
Cristianissimo.  Diedero  dunque  ordine  a  i  cit- 
tadini di  Verona  e  Vicenza  di  rendersi  a  Massi- 
miliano ,  subito  che  si  presentassero  l' armi 
sue  ,  senza  fargli  resistenza.  Altrettanto  fecero 
sapere  a' loro  ufi/.iuli  esistenti  in  Faenza,  Ri- 
mini,  Cervia  e  Ravenna  ,  clie  rendessero  quelle 
città  ;  e  ciò  prima  che  spirassero  i  giorni  pres- 
critti nel  monitorio.  Questi  ordini  furono  ese- 
guiti, occcttothè  per  la  locca  di  l\avenna,chc 
tenne  forte ,  e  in  line  o  per  comandamento 
del  sonalo,  o  per  mancanza  di  vettovaglie, 
venne  in  potere  del  papa.  Un  bruito  esempio 


ANNO    ^^D\X  79 

di  fede    violata  si  vide  allora  .  perchè  i  gover- 
natori veneti  di  quelle  città     contro  le  capito- 
lazioni furono  ritenuti   prigioni.  Il  duca  d'Ur- 
bino entrò  in    possesso    di    quelle     città,  e  le 
guarnigioni  si  ritirarono  a    Venezia.  A  i  mini- 
stri del  re  Cattolico  nel  regno  di  Napoli  s'  ar- 
renderono  poi  le  città    che   i  \'eneziani  posse- 
dè ano  ivi  sulle  spiaggie  dellAdriatico:  del  che 
contento  il  re  più  non    s'  impacciò    in    guerra 
contro  di  loro.  Quanto  a  Massimiliano  Cesare, 
miraLil   era  la    negligenza  sua    in  questo  fran- 
gente ,  raunando  egli    assai    lentamente  il  suo 
esercito  in   Trento.    Venne    finalnunte  quel  dì 
in  cui  il  vescovo  di     quella    città  ebbe  ordine 
di  calare  in  Lombardia  con  un   corpo  di  gente. 
Se  gli  diedero  tosto  Verona     e  Vicenza.  Man- 
dato un  araldo  anche  a  Padova  ,  che  non  avea 
voluto  ricevere  le  genti    d'arme  de'Vcneziani, 
quel  popolo  a  dì  4  tli  giugno  consegnò  la  città 
a  Leonardo  Trissino  ,  che  vi    aiidò    per  parte 
dell'  imperadore  con    soli   trecento  fanti    tede- 
schi. Anche  la  nobiltà  di   Trivigi   mandò  amba- 
sciatori a  Padova  ad  offerir    la    città  al  re  dei 
Romani  ;  ma  quegli  ufiziali    affaccendati  in  ru- 
bare ,  e  in   bere    il    buon    vino  ,    tanto    tarda- 
rono ,  che  sollevatosi  in  Trivigi  un  certo  Marco 
C-alegaro,  gridando   f^iva  S.  Marco,  mosse  la 
plebe  centra    de'  nobili  ,    diede    il    sacco  a   gli 
Ebrei  ,  e  tempo  a'  Veneziani  di  spedir  colà  ot- 
tocento fanti,  che  quetarono  il  tumulto  e  ten- 
nero salda  la  città  ^  molti  de'  cui   nobili   furono 
mandati  a  provar    cosa  fossero    i   camerotti  di 
Venezia. 

Nella    lega    di    Cambrai     era    entrato  anche 


8r»  ANNALI    d' ITALIA 

Alfonso  duca  di  Ferrara;  e  per  maggiormente 
animarlo,  il  pipa  1' avea  nel  dì  19  d'aprile 
creato  gonfaloniere  della  Chiesa  Romana  (i). 
Mandò  egli  nel  di  19  di  maggio  trentadue  pezzi 
d'  artiglieria  al  campo  della  Gliiesa,  che  era 
sotto  Ravenna.  Poscia  uscito  colle  sue  genti  in 
campagna,  nel  dì  3o  di  quel  mese  s'impadronì 
di  Rovigo  e  di  tutto  il  suo  Polesine  ,  e  poscia 
d'  Este  ,  Montagnana  e  Monselice  ,  anliclii  re- 
taggi della  casa  d  Este.  Così  Cristoforo  Fran- 
gipane prese  nell'Istria  alcune  castella  de'  Ve- 
neziani, ed  il  d  ica  di  Brunsvich  s'  impadronì 
di  Feltre  e  Belluno  con  varie  terre  del  Friuli. 
Tutto  in  somma  era  in  conquasso  il  dominio 
veneto  in  Terra  ferma.  Per  tanta  confusione  e 
tracollo  delle  cose  sue  volle  il  senato  veneto 
tentar  ,  se  potea  ,  di  raddolcir  1'  animo  di  Massi- 
miliano Cesare  :  al  qual  fine  gì'  inviarono  An- 
tonio Giustiniano  con  ordine  di  fare  ed  esibir 
tutto,  purché  potesse  rimuoverlo  dal  continuar 
le  offese.  Leggesi  nella  Storia  del  Guiociardino 
la  parlata  d'  esso  oratore  ,  piena  di  tanta 
umiltà ,  che  sembrando  più  to^to  viltà  a  chi 
visse  parecchi  anni  dopo  quello  storico,  la 
giudicarono  una  mera  invenzione  di  lui ,  come 
son  tante  altre  concioni  fatture  del  solo  suo 
ingegno  ,  ancorché  egli  scriva  d  aver  tradotta 
quesUi  dal  latino,  nel  qual  linguaggio  fu  reci- 
tata dal  Giustiniano.  Io  non  cnlrerò  in  questa 
dispula  ,  per  cui  si  son  molto  scaldali  varj 
-  autori ,  come  dill'usamento  si  può  vedere  nella 


(i)  Muratori  Antichità  Estensi  tom.  a. 


ANNO    MDtX  8l 

Storia  franzesc  della  Legi  di  Cambiai.  Sola- 
iiii  lite  dirò  che  lo  stesso  Bembo  attesta,  dato 
ordine  al  Giustiniano  di  proccurar  la  pace  con 
qualsivoi;lia  dina  condizione  ,  e  di  riconoscere 
da  Cesare  qualunque  tei  ra  dell'  imperio  che  la 
repubblica  possedesse  in  Friuli  e  Lombardia. 
Questa  ambasciata ,  o  sia  che  seguisse  dopo 
tante  perdite,  come  vuole  il  Guicciardino ,  o 
pure  prima ,  secondocbè  s' ha  dal  Bembo ,  cre- 
dendo altri  cbe  due  volte  il  Giustiniano  fosse 
inviato  a  Massimiliano  ;  a  nulla  servì.  Perciò  il 
senato  veneto  ,  non  obbliando  l' aulica  sua  ge- 
nerosità ,  diedesi  a  faie  ogni  possibile  sforzo 
per  accrescere  11  quasi  annichilato  esercito  suo. 
Vennero  a  Venezia  i  presidj  cbe  abbandonarono 
la  Romagna  e  il  regno  di  Naj)oìi  ;  giunsjro 
dall'  Istria  ,  Albania  e  Dalmazia  non  poohe 
schiere  di  gente  bellicosa  ;  e  il  conte  di  Piti- 
gliano  generale,  colf  esibir  grosso  ingaggiamen- 
to, trasse  alle  sue  bandiere  asjaissimi  soldati 
italiani ,  di  maniera  che  si  mise  insieme  un 
esercito  capace  di  campeggiare.  Intanto  i  cardi- 
nali Grimani  e  Contarino  aveano  fitti  buoni 
ulizi  in  Pioma  presso  il  papa ,  ficendo  cono- 
scere che  la  repubblica  coli'  avere  restituite  le 
città  della  Romagna  entro  il  termine  de' venti- 
quattro giorni  prescritti  dal  monitorio  ,  non  era 
incorsa  nelle  censure  ;  e  parve  loro  di  .scoprire 
cpialcbe  buon  raggio  d  animo  mitigato  del  pon- 
tefice :  del  che  avvisato  il  senato ,  mandò  tosto 
a  Roma  ambasciatori  con  isperanza  di  guada- 
gnar molto  più  con  questa  sommessione.  Non 
iiuono  pubblicamente  ricevuti.  Pretese  il  papa 
non  adempiuto  ijiianlo  era  intimato  dalla  Bolla, 
MuRATOKi.  Ann.   Fui.  XIF.  6 


83  ANNALI    )J     ITALIA 

e  però  incorse  le  censure.  IViosse  ancoia  varie 
Altre  dure  pretensioni  coiitra  della  repubblica. 
Venuti  sì  fatti  disgustosi  avvisi  al  senato  vene- 
to, si  scatenarono  le  lingue  de  i  più  centra 
del  papa  ,  con  giuqnere  (  siccome  abbiamo  dal 
Bembo  )  Lorenzo  Loredano  (iglio  del  doge  a 
dire  ad  alla  voce,  cbe  giacché  il  Turco,  in- 
formato delle  lor  disgrazie ,  s'  era  esibilo  di 
mandar  loro  soccorso ,  conveniva  prevalersene 
conlra  di  questo  non  pontefice  ,  raa  carnefice  , 
d'ogni  crudeltà  maestro.  11  doge  ed  altri  più 
saggi  presero  poi  la  risoluzion  di  scrivere  al 
papa  lettere  piene  d'  umiltà  e  d'  ubbidienza  , 
coiifcssandosi  rei,  e  rimettendosi  alla  clemenza 
di  Sua  Santità:  lettere  che  produssero  poi  buon 
frutto  ,  siccome  diremo. 

Avcauo  già  comincialo  i  Padovani  ad  assag- 
giar più  d' un  poro  qual  fosse  il  disordinato 
governo  de'  loro  ospiti  novelli.  Freipieuti  si 
provavano  i  rubauicnti;  non  era  salvo  1' onor 
delle  donne  ;  le  risse  ,  che  spesso  succedeano 
co' soldati,  costavano  la  vita  a  i  cittadini  e  il 
sacco  alle  lor  case.  Però  non  istctte  molto  (juel 
popolo  infermo  a  desiderare  di  mutar  fianco. 
Ì)i  questa  lor  disposizione  ,  e  del  poco  presi- 
dio e  della  mala  guaiclia  die  si  liiceva  in  i'a- 
dova  ,  essendo  iniòrniali  i  Wneziaiii  ,  fu  pro- 
posto in  senato  di  ricuperar  Padova.  \i  fuchi 
ai  riiiL;c">  in  coiilrario  ;  ma  sì  «'llicacemenle  pe- 
rorò Lodovico  Molino  (i)  ,  che  fu  decretato  di 
tentarne  1'  ini|)r<'sa.  Trovavasi  in  questi  tempi 
sotto  Asolo,    terra    nobile    del    Trivigiano,  lo 

(i)  Petms  Justinianus  Rcr.  Vcnet.  lib.   ip. 


ANNO    MDIX  83 

smilzo  esercito    imperiale ,    di   pifl    era    stato 
croato  generale    da    Massimiliano    Cesare,    Co- 
stantino   despoto    della    Morea ,    spoglialo    dal 
Turco  de' suoi  Stati.  L"  armata  veneta  ,  eliceva 
a  Trivigi  ,  gli  diede  un  giorno  una   buona  spe- 
lazzala:  il  ctie   accrebbe    il    coraggio    per   cose 
maggiori.  Si  fece  poi  correre  voce  fra  i  villani 
del  Padovano  che  si  avea  da  prendere  Padova, 
e  permetterne  il    sacco  :  sinfonia  che    mirabil- 
mente infiannnò  il  cuore    di    quella  gente,  di- 
mentica   di    ogni    dovere    verso  la  propria  cit- 
tà, per  sì  fatta  maniera,  che  otto   mila  d'essi 
prese     l'armi,     volarono    all'armata,     invasati 
dalla  speranza  di  sì  ricco    bottino.    Anche    da 
\'enezia  gran  copia  di  nobili    e  plebei  accorse 
alla  desiderata  conquista  e  preda  ,  venendo  in 
barche  per  la  Brenta  e  pel    Bachiglione.  Stac- 
catosi dunque  da  Trivigi  1  esercito  veneto  sotto 
il  comando  del  conte  di  Piligliano  ,  e  passato 
a  Noale ,  fu  spedito  innanzi    Andrea  Gritti  le- 
gato con  cinquecento  cavalli    leggieri  ;  il  quale 
unitosi  con  altri  fanti  che  erano   a  Mirano  ,  e 
colle  brigate  de' contadini  ,  sul  far    del  giorno 
tacitamente  s' avvicinò    a    Padova ,  e    mandate 
innanzi  alcune  caira  di  fieno  che  fecero  buon 
giuoco,  ebbe  la  fortuna  di    prendere  la  porta 
di  Codalunga  ,  col  cui  capitano  per  altro  passava 
intelligenza.  Arrivando  poi  di    mano  in    mano 
geuli  fresche  a  sostenerlo^  s'inoltrò  più  avan- 
ti. Gli  ufiziali  cesarei  sì  per  questo ,  come  per 
udire  il  popolo  gridar    Marco ,    Marvo ,    spa- 
ventati si  rifugiarono  nel  castello  ;  e  contutto- 
ché seguisse  qualche  battaglia  ,   pure  poco  stet- 
tero i  Veneti  atl  impadronirsi  di  tutta  U  città. 


84  ANNALI    n'  ITALIA 

Gli  anal)biatì  villani  non  furono  pigri  a  menai 
le  griiFe.  Rimasero  saccheggiali  tulli  i  banchi  , 
le  case  e  bolteghe  de' Giudei  ,  e  circa  oLlanta 
case  di  nobdi  padovani  aderenti  a  gì  imperiali , 
con  perdita  di  grandi  ricchezze,  lutto  era  in 
confusione,  urli  e  grida.  ^  olle  Dio  che  tar- 
dasse molto  a  2;iui;iiere  il  trosso  dell'  armata  , 
e  che  le  infinile  barche  vegnenti  per  li  canali 
trovassero  del  contrasto  :  allrimcnti  ,  se  giu- 
gneva  tanta  gente  che  diflicilincnte  si  sarebbe 
frenala  ,  tutta  restava  desolata  1'  iid'elice  cillà. 
Ma  in  questo  mentre  si  proclamò  un  bando  , 
che  sotto  pena  della  forca  niun  più  osasse  di 
saccheggiare  ;  laonde  arrivato  nello  stesso  giorno 
il  Pitigliano  col  maggior  nerbo  dell' armala, 
e  chiunque  veniva  per  acqua  ,  trovarono  per 
lor  conio  sparecchiala  la  tavola. 

Se  ascoltiamo  1'  autor  franzese  della  Lega  di 
Cambiai,  fu  ricuperata  Padova  dall' armi  ve^ 
nete  nel  dì  i8  di  giugno.  La  verità  si  è,  che 
sì  bel  colpo  riuscì  Uno  nel  dì  17  di  luglio  di 
qucst'  anno  ,  correndo  la  festa  di  santa  Marina, 
poi  da  lì  innanzi  ,  ed  anche  oggidì,  molto  so- 
lennizzata in  ^  enezia  ])er  memoria  di  questo 
avvenimento,  che  fu  il  priticipio  del  risorgi- 
mento della  repubblica.  Cosi  ha  il  Bembo  (i), 
il  Guicciardino  (■?.'),  Pietro  Giustiniano  (3)  ,  la 
Storia  Ncneta  manuscrilta  (4).  Nellallra  Slori.» 
Veneta,  scrilta  a    penna,    che    è    di  un  autor 


(l)    riciiilin. 

{1}   <>iii<<i.U(lirin. 

(3)  Jiislinìan    Iter.  Vcm-t, 

(4)  Stona  \  cucia  flKSt. 


Asso    MOtX  85 

padovano  ,  il  quale  si  trovò  presente  a  questi 
l'alti,  è  scritto  (i):  Questo  fu  a  dì  ly  del 
mese  di  ìuglio  ,  ì  anno  di  nostra  salute  i5oi), 
'giorno  di  santa  Marina  in  martedì .'  clie  tale 
appunto  ,  spcoikIo  la  lelti'ia  douiinicale  G ,  fa 
il  dì  17  di  quel  mese;  e  non  già  del  i5io, 
co'.uc  per  errore  si  le^ge  ne  gli  almanacclii  di 
^''en(•zia.  Nò  si  dee  tacere,  avere  qiiesl' ullinio 
storico  con  gran  franchezza  attribuito  a  un 
tradimento  di  Costantino  despoto  della  iMorea , 
clic  comandava  allora  le  soldaleyclie  italiane  di 
Massimiliano  ,  il  riacquisto  di  Padova  fatto  da 
i  Veneziani.  Prt  tende  egli  che  papa  Giulio 
avesse  già  riconosciuto ,  essere  il  meglio  della 
Chiesa  e  dell'  Italia  che  si  conservasse  la  re- 
pubblica di  Venezia  ,  per  opporla  non  meno  a 
i  Turclii  ,  che  alle  potenze  cristiane  ,  le  quali 
venivano  a  conculcare  e  mettere  in  ceppi  le  pro- 
vincie  italiane:  laonde  dati  ordini  segreti  ad  esso 
Costantino  di  favorir  sotto  mano  i  ^eneti,  il 
mandò  a  Trento  a  Massimiliano  Cesare  con  cin- 
rpianta  mila  ducati  per  sollecitarlo  a  calare  in 
Italia  ,  per  pania  che  i  Franzesi  non  prendessero 
il  rimanente  dello  Stato  \  eneto.  Fu  invialo  cohIuÌ 
a  Padova  colle  genti  imperiali.  Per  quanto  quei 
Padovani ,  che  amavano  il  nome  imperiale  ,  lo 
scongiurassero  di  non  ispogliar  la  città  dell'  op- 
•portimo  presidio,  volle  egli  andare  a  campo 
ad  Asolo.  Crebbero  le  apparenze  che  Padova 
fosse  ili  pericolo  ;  ma  per  quanto  anche  i  suoi 
capitani ,  cioè  PandoKo  Malatesta  ,  Lodovico  e 
Federigo  di  Bozzolo ,  il   marchese  dAncida  eil 

'i)  Anonimo   Padov.  Stor,  Venet. 


86  ANNALI    d'  n.KllX 

altri ,  il  consiglinssero  di  cacciarsi  in  Padova  , 
troppo  sprovvista  di  gente;  nulla  mai  volle 
consentirvi.  Potrebbe  essere  che  costui  non 
peccasse  d'infe.leltà  ,  ma  bensì  di  superbia  e 
d"  imperizia  nel  maneggio  della  guerra.  E  quando 
mai  fosse  stato  reo  d'infedeltà  ,  sembra  più 
verisimile  clic  da'  saggi  \'eneziani  fosse  egli  se- 
gi-etamenle  guadagnato  ,  e  non  già  imbeccato 
dal  pontefice  ,  il  quale  non  per  anche  avea  spo- 
sati gì'  interessi  della  repubblica  veneta.  Ebbe 
Padova  motivo  di  ringraziar  Dio  per  essersi 
salvata  da  un  sacco  universale  ;  ma  non  potè 
per  altro  verso  schivare  la  propria  rovina.  Im- 
perocché ,  bisogna  confessarlo,  quasi  tutta  quella 
nobiltà  s'era  mostrata  vogliosa  di  mutar  go- 
verno, e  dichiarata  in  favore  de  gl'imperiali. 
Non  ne  mancò  loro  il  gastigo.  Preso  che  fu 
da  i  Veneziani  il  castello  di  Padova  a  discre- 
zione, sì  quei  nobili  che  colà  s'erano  ritirati, 
che  molti  altri  presi  nella  città,  furono  inviali 
nelle  carceri  di  Venezia  ,  dove  Leonardo  de  i 
Trissini  finì  jn-csto  la  vita  ;  altri  sul  fine  di 
novendjre  furono  pubblicamente  giustiziati  (  ri- 
gore nondimeno  fin  dallo  stesso  Bembo  disap- 
provalo )  ,  e  que'  pochi  che  poterono  durar  ivi 
per  molli  anni ,  si  vich'ro  ])oi  connnali  in  varj 
luoghi  delle  coste  marittime.  Oltre  a  ciò  la  mag- 
gior palle  de  gli  altri  nobili  padovani  fu  chia- 
mata a  VcTiezia  ,  con  ordine  di  presentarsi  ogni 
dia  un  certo  ufizio.  Molti  d'essi  e  delle  princi- 
pali famiglie  ,  per  paiua  e  per  altre  cagioni,  se 
ne  fuggirono  dipoi  ,  con  vt'iiire  perciò  dichia- 
rati ribelli  ,  ed  app!ic;ili  al  list  o  liitli  i  lor 
beni.     L' autor    padovauq    registra    il  nome   di 


ANNO     MPTX  87 

chiunque  soggiacque  a  lai  flagello  ,  per  cui 
perì  il  fiore  di  quella  nobiltà.  Qui  nondimeno 
non  finirono  le  sciagure  di  quel  povero  po- 
polo. 

L'  avere  in  questa  maniera  ,  cioè  quasi  dissi 
tanto  vilrncnle  ,  Massimiliano  Cesare  lasciata 
perdere  la  nobil  città  di  Padova  .  mosse  allora 
le  voci  d'ognuno  e  poi  le  penne  de  gli  storici 
a  pioverbiare  la  di  lui  somma  disattenzione  e 
indolenza  in'l  non  mai  unire  il  suo  esercito  e  ca- 
lare in  Italia.  Già  titubavano  anche  le  città  di  ^'e- 
rona  e  Vicenza  ,  nella  qual  ultima  si  ritirò  in 
fretta  il  despola  Costantino;  e  d'  uopo  fu  che  per 
sostenerla  accorresse  il  signor  della  Palissa  con 
settecento  lancie  franzesi.  Intanto  i  Veneziani 
ricuperarono  tutto  il  contado  di  Padova  ,  e 
venne  lor  fatto  di  acquistar  anche  Lignago  , 
terra  o  sia  castello  forte  sull'Adige,  che  mira- 
bilmente servì  loro  in  questa  guerra.  Riuscì 
eziandio  a  i  medesimi  un  colpo  che  fece  grande 
strepito  per  Italia.  Se  ne  stava  Francesco  mar- 
chese di  Mantova  nell'  isola  della  Scala  con 
poche  truppe  ,  dimentico  della  vigilanza  e  delle 
precauzioni  che  ogni  accorto  capitano  dee  pren- 
d>Me  in  tempo  di  guerra.  Di  ciò  avvisato  da  I 
villani  Carlo  Marino  provveditor  di  Lignngo , 
segretamente  disposte  le  cose  ,  spedì  colà  Lucio 
Malvezzi  con  ducenlo  cavalli  leggieri ,  e  Citolo 
da  Perugia  con  ottocento  fanti  e  molte  brigate 
di  contadini,  che  giunti  la  notte,  svaligiarono 
d'  armi  ,  cavalli  e  arnesi  tutti  i  soldati  del  mar- 
chese. Fuggì  egli  in  camicia  ,  e  nascoso  in  un 
campo  di  miglio  o  saggina,  promise  molto 
ad    un   villano ,    so  il  salvava  ;    ma    da    costui 


88  AnNAlÌ    d'  ITALIA 

tradito,  cadde  in  niai)0  di  chi  gli  faceva  la 
caccia.  Fu  condotto  a  Lignago  ,  e  quindi  a 
Venezia  ,  dove  fu  carcerato  nella  prigion  delle 
Torreselle ,  e  quivi  per  lungo  t(  mpo  si  riposò. 
L' Erpiicola  (i)  e  Fra  Paolo  Carmelitano  (2) 
riferiscono  al  dì  9  d' agosto  la  prigionia  di  que- 
sto principe.  Il  Ruonaccorsi  scrive  (3)  che  nel 
dì  7  di  agosto  s'intese  questa  miova  in  Firen- 
ze. Ma  filila  ,  perchè  il  Bembo  (|)  va  d'  ac- 
cordo coir  Fquicola.  Intanto  il  re  Lodovico 
era  tornato  in  Francia.  Per  ordine  di  Massi- 
miliano il  principe  di  Anallo  ,  il  duca  di  Bruns- 
vicli  e  Crislùfoio  Frangipane  frcero  guerra  a  i 
Veneziani  ,  e  misero  sossopra  il  Friuli  e  1'  I- 
stria ,  dove  seguirono  saccheggi ,  incendj  e  ba- 
ruffe non  poche.  Udine  capitale  del  Friuli  fece 
buona  difesa  ;  più  ancora  ne  fece  Cividale  con- 
tro le  arliglicrie  e  gli  assalti  d'  esso  duca.  E 
pcrcioccliè  ben  conoscevano  i  \'eneziaiii  che  il 
pigro  Massimiliano  Cesare ,  dopo  aver  tante 
volte  dello  di  voler  calare  in  Italia,  una  volta 
in  (ine  calerebbe ,  e  che  il  suo  turbine  s'an- 
drebbe a  scaricar  sopra  di  Padova  ,  si  diedero 
colla  maggior  sollecitudine  a  fori  idear  la  città 
e  a  provvederla  di  niaravigliosa  <}uaiitilà  di  vi- 
veri «;  munizioni,  da  guerra.  Colà  ancoia  spin- 
sero il  nerbo  maggiore  della  lor  fanteria  e  ca- 
valleria ,  colla  giurila  di  dugenlo  giovani  ve- 
neti volontaij  ,  cadauno  de'  quali  menò  seco  a 


(i)  F.fniicoln  Crnn.  di  IMnnlovn. 

(2)  l'iii.l.  (le  Clcr.   Ilist.   MSla, 

(ì)  lìiKni.iccorsi  Diav. 

{/\)  ìicinlìO. 


ANNO    MDlX  89 

sue  spese  dieci  o  quimlioi  o  venti  uomini  ar- 
mati. Il  doge  Lorcdaiio  servì  d'  esempio  a  gli 
altri  col  mandarvi  due  suoi  figliuoli.  Lo  stesso 
conte  di  Pitigliano  generale  dell' esercito,  quando 
fu   il  tempo  ,  s'  andò  quivi  a  rinchiudere. 

Circa  gli  ullimi  dì  d' agosto  venne  alla  per  fine 
alla  volla  di  Padova  1'  esercito  di  Massimiliano 
re  de'  l^omani  :  esercito  formidabile  pel  nu- 
mero de'  condjaltenti  ,  ma  senza  ordine  ,  senza 
xmione,  perchè  composto  di  varie  nazioni  e  di 
molli  volontari-  Lo  stesso  re  v'era  in  perso- 
na ;  ma  seco  non  era  venuto  quell'  oro  che  oc- 
correva al  bisogno  delle  grandi  imprese  ,  avendo 
questo  principe  sempre  avuto  non  minor  cura 
di  raunare ,  che  di  lasciarselo  fuggire  di  ma- 
no ,  avaro  insieme  e  prodigo.  Cento  cinquanta 
cinque  mila  scudi  d"  oro,  a  lui  pagati  dal  re 
Luigi  per  1"  investitura  di  Milano  ,  ottenuta  nel 
dì  i4  di  giugno  dell' anno  presente  (1),  e  circa 
cento  sessanta  mila  ducati  d'oro  che  per  più 
capi  esso  Angusto  avea  ricavato  dal  papa  ,  fe- 
cero presto  l'ali.  Però  la  principal  paga  diesi 
dava  a  questa  gente ,  era  di  pei  meitcre  che 
saccheggiassero  tutto  il  Padovano.  Terribile  fu  in 
fatti  la  desolazione  di  quel  lértilissimo  paese  ; 
ma  costò  anche  non  poco  a  que'  nobili  assas- 
sini ,  perchè  i  contadini ,  oltre  all'  essere  sem- 
pre stati  ben  affetti  e  fedeli  alla  repubblica , 
initati  dal  crudcl  trattamento  d' essi  imperiali , 
quanti  ne  poterono  cogliere,  tanti  sacrificarono 
alla  loro  vendetta.  Venne  a  rinforzare  l'arnata 
cesarea  Ippolito  cardinale  d'Este,   personaggio 

(i)  Dumont  Corp.  Diplomat. 


QO  ANNALI    D    LAMA 

intendente  delle  cose  eli  guerra ,  spedito  da  Al- 
fonso duca  di  Ferrara  suo  fratello,  con  cento 
lande  ,  diicento  cavalli  leggieri ,  due  mila  fan- 
li,  pagati  a  sue  spese,  e  gran  copia  di  arti- 
glierie. Giunse  ancora  Lodovico  Pico  conte  della 
Mirandola,  mandalo  da  papa  Giulio,  con  du- 
cento  lancie  della  Cliiesae  ducenlo  cavalli  leg- 
gieri. Mandovvi  paiimente  il  governator  fran- 
zese  di  Milano  molti  uomini  d'  armi  e  miniizioni 
da  guerra  in  abbon  lanza.  Quando  ognun  si 
credeva  che  Massimiliano  con  sì  potente  eser- 
cito avesse  da  ass<irhir  Padova  ,  cominciò  egli 
a  perdere  il  tempo  in  impadronirsi  di  Limone, 
Monselice  ,  Este ,  Monlagnana  ed  altri  luoghi. 
Lo  storico  padovano  attribuisce  ancor  rpiesto 
a  i  consigli  del  despota  della  Morea  e  del  conte 
della  Mirandola ,  per  le  segrete  commessioni 
date  loro  dal  papa.  Si  venne  pure  una  volta  a 
stringere  d'assedio  Padova  nel  mese  di  set- 
tembre: assedio  strepitoso,  descritto  dal  Guic- 
ciardino ,  da  gli  storici  veneti  e  dall'Anonimo 
Padovano.  Altro  a  me  non  permette  di  dire 
r  istituto  mio  ,  se  non  che  per  quindici  giorni 
vi  si  fecero  di  grandi  prodezze  dall'  una  parte 
e  dall'altra  ,  e  vi  perirono  migliaia  di  perso- 
ne ;  finché  nel  dì  p.7  di  settembre  fu  sì  valo- 
rosamente difeso  IH»  bastione  dall'  assalto  de 
-gl'imperiali,  che  loro  calò  la  voglia  di  ten- 
tarne di  più.  Avendo  diuique  assai  conosciuto 
iSIassimiliano  1'  insuperabii  difl'ieullà  dell'  im- 
presa, scemata  di  mollo  l'annata  sua,  vicine 
le  pioggie  ,  che  poteano  fargli  pi»\  guerra  clie 
gli  stessi  awersarj,  nel  priui'ipio  d'ottobre  si 
ritirò  con  tutte    le    sue    genti   in    \iceuza.    t 


A^^•o  Miiix  91 

quindi  licenziata  buona  parte  di  esse ,  con  poco 
onore  se  ne  tornò  in  Germania. 

T^opo  sì  felice  successo,  maggiormente  cre- 
sciuto l'animo  a  i  Veneziani,  ricuperarono  con 
facilità  \  icenza ,  aiutati  da  quel  popolo,  che 
sospirava  di  tornare  alla  loro  ubbidienza.  Quindi 
s' inoltrarono  sotlo  Verona ,  città  che  sarebbe 
caduta  anch  essa ,  se  il  signor  di  Sciomonte 
non  l'avesse  rinforzata  con  trecento  lancie  fran- 
zcsi ,  con  souniiinistrare  anche  Je  pa,i;he  a  quel 
presidio  ,  a  cui  non  poteva  o  sapeva  provvedere 
Massimiliano.  Per  questo  l'armata  veneta  prese 
quartiere  nel  verno  a  Soave ,  San  Bonifazio  e 
Cologna,  continuamente  scorrendo  poi  sino  alle 
porte  di  Verona ,  e  tenendola  molto  angustiata. 
Ricuperarono  eziandio  i  \'eneti  Fellre  ,  Cividal 
di  Belluno  ed  altri  luoghi  nel  Friuli.  INia  il 
loro  sdegno  maggiore  era  contra  di  Alfonso 
duca  di  Ferrara ,  non  solamente  per  aver  egli 
tolto  loro  il  Polesine  di  Rovigo,  ma  per  essersi 
anche  fìllio  investire  da  Massimiliano  Cesare  di 
Este  e  Montagnana  ,  antichi  dominj  della  sua 
casa.  Pertanto  a'  suoi  danni  spedirono  per  Po 
un' armata  di  diciotto  galee,  di  alcuni  galeoni, 
e  di  assaissime  altre  barche ,  tutte  piene  di 
combattenti ,  sotlo  il  comando  di  Angelo  Tri- 
visano.  I  saccheggi  ed  incendj  di  qua  e  di  là 
dal  gran  fiume  hnuno  per  più  giorni  il  conti- 
nuo loro  esercizio:  il  che  riempiè  di  spavento 
la  stessa  città  di  Ferrara.  A  questo  iiriprowiso 
temporale  non  punto  sbigottito  il  duca  Alfon.«o, 
unite  che  ebbe  le  sue  genti ,  ed  ottenuto  anche 
lui  1  infoi-zo  di  Franzesi ,  uscì  contro  i  Vene- 
ti ,  premendo  a   lui   speziaJmenle    «li  sloggiali! 


qtl  ANNALI    t>    ITALIA 

da  lina  bastia  clie  essi  aveano  piantata  di 
qua  dal  Po  in  faccia  alla  Polcsella.  Saligni" 
DOSO  ed  imitile  riuscì  l'assnllo  dato  a  quel  silo 
nel  dì  3o  di  novembre.  Perl  in  quelle  battaglie 
Lodovico  Pico  conte  della^  Mirandola  ,  stando 
a'  fianchi  del  cardinal  d'  Este.  Fu  anche  nel 
ài  4  di  dicembre  presa  da  i  ^'eneziani  la  città 
di  Comacchio ,  e  saccheggiata  con  tulle  le 
barbare  appendici  della  licenza  militare.  ^Ja- 
iiiera  non  appariva  di  levarsi  di  dosso  così 
malefici  spirili ,  se  non  che  l' ingegno  del  car- 
dinal d'  Esle  seppe  trovare  un  valevol  esor- 
cismo. Non  pochi  cannoni  e  colubrine  f^ce  egli 
postare  di  notte  dietro  gli  argini  del  Po  di  so- 
pra e  di  sotto  della  flotta  veneta  ;  e  col  taglio 
d'essi  argini  l'ormate  le  occorrenti  troniere,  sul 
far  dell'  all)a  nel  dì  2 1  di  dicembre  cominciò 
a  s.ihilar  con  que'  bronzi  le  galee  e  barche 
nemiche.  Due  di  quelle  galee  colarono  a  fon- 
ilo, una  restò  consunta  dal  fuoco.  Ognuno  cercò 
di  fuggire.  Lo  stesso  Trivisano  elibe  pena  a 
salvarsi.  Giunte  ancora  addosso  a  loro  molte 
barche  piene  di  soldati  ferraresi  ,  fecero  del 
resto,  in  maniera  che  vi  restarono  circa  tre 
mila  ^'eneti  0  uccisi  ,  o  annegati  ,  o  presi. 
Vennero  in  jioterc  dAlfonso  tredici  galee  con 
assaissimi  altri  legni ,  molle  bandiere  ,  infinite 
miini/.ioni  da  bocca  e  da  guerra  ;  e  il  tulio 
Irionliilmenle  fu  condotto  a  Ferr;;ra,  dopo  aver 
presa  a  forza  d'  anni  la  bastia  de'  Veneziani  , 
con  tagliar  a  pezzi  secenlo  Schiavoiii  che  ivi 
erano  di  presidio. 

Con  questi   sì  slrepilosi    successi    terminò  la 
camjiagna    dell'  anno    presente    in    LoiubarJia- 


ANNO    MD1"S  93 

Altri  se  ne  coniarono  iti  Toscana.  Impercioc- 
cliè  i  Fiorentini,  il  maggior  pensiero  de'  quali 
era  la  ricuporazion  di  Pisa ,  mentre  1'  altre 
potenze  erano  impegnale  altrove  ,  si  accinsero 
a  dar  l'ultima  mano  a  quell'impresa.  Sajìeano 
che  queir  ostinato  popolo  per  la  fame  si  tro- 
vava ridotto  ad  un  niisendiile  slato,  cibandosi 
la  jilebe  de'  più  schilbsi  alimenti.  S'erano  pre- 
parati in  Genova  molli  legni  per  condurre  a 
quella  città  una  buona  quantità  di  grano.  Se 
n'  ebbe  noiizia  in  Firenze ,  e  però  furono  in- 
viati uomini  d'  arme  e  artiglierie  alle  foci  del- 
1  Arno  e  in  ^  al  di  Sercbio  ,  per  impedirne  il 
passo.  Fmono  astretti  n-el  dì  18  di  Jebbraio  i 
Genovesi  a  tornarsene  indietro.  Fabbricate  poi 
due  bastie  con  un  ponte  so])ra  Arno,  strinsero 
i  Fiorentini  maggiormente  quella  città,  i  cui 
rettori  finalmente  vedendo  disperato  il  caso , 
mossi  ancora  da  qualche  interna  solle\  azione  j 
inviarono  ambasciatori  a  trallar  della  resa.  Ben- 
ché avessero  i  Fiorentini  potuto  aver  quella 
città  da  lì  a  poco  tempo  a  discrezione ,  e  ven- 
dicarsi di  quel  popolo ,  da  cui  aveano  ricevute 
non  poche  ingiurie  ;  pure  non  lasciarono  da 
saggi  di  accettar  la  resa  con  delle  condizioni 
mollo  amorevoli  e  vantaggiose  a  i  Pisani  :  ca- 
pitolazione che  fu  anche  religiosamente  osser- 
vata ;  dal  che  ne  venne  loro  gran  lode.  Vi 
entrarono  dunque  pacificamente  nel  dì  8  di 
giugno,  e  vi  fecero  tosto  rifiorir  1' abbondanza 
e  la  pace. 


^4  .ANNALI     d'  ITALIA 

Aimo  di  Cristo  i5io.  Indizione  XIII. 
di  Giulio  II  papa  8. 
di  Massimiluno  re  de'  Romani  i8. 

Non  fu  mcn  del  precedente  fecondo  il  pre- 
sente anno  di  guerre,  di  spargimento  di  san- 
gue e  di  rivoluzioni  in  Lombardia.  Per  conto 
de'  Veneziani  ,  dolorosa  bensì  riuscì  la  perdita 
che  fecero  di  Niccolò  Orsino  conte  di  Pitiglia- 
no ,  che  per  le  tante  v'qiiie  e  fatiche  patite 
nella  difesa  fli  Padova  intermatosi  in  Lunigo  , 
sul  fine  di  febbraio  cessò  di  vi\'ere  in  età  di 
anni  sessantoUo.  Fu  portato  il  suo  caduvero 
a  Venezia  ,  e  datagli  sepoltura  ne'  Santi  Gio- 
vanni e  Paolo,  con  aver  poi  la  gratitudine  del 
senato  posta  a  sì  fedele  sperimentato  generale 
ima  statua  dorata  ,  e  una  molto  onorevole  me- 
moria. Ma  raggi  di  speranze  maggiori  comin- 
ciarono a  trasjjarire  per  la  repubblica  veneta 
dal  canto  di  papa  Giulio.  Da  die  questi  ebbe 
riacquislalo  quanto  apparteneva  di  Slati  alla 
Chiesa  Romana,  fecero  gran  breccia  nel  cuore 
di  lui  r  umiliar-ione  de'  Veneziani,  le  insinua- 
zioni de'  cardinali  veneti  in  Roma,  e  più  di 
ogni  altra  cosa  il  considerare  die  non  era  bene 
il  totale  abbassamento  della  potenza  veneta , 
che  spezialiii'-nte  veniva  riguardata  come  so- 
stegno dell'  Italia  centra  del  Turco  j  e  per  lo 
contrario  polca  .solamente  nuocere  l' ingrandi- 
mento de'  potentati  oltramontani  in  Italia.  Però 
fin  d'allora  coniepi  comjiassione  verso  la  re- 
pul)blica,  e  abborrimento  alla  lega  di  Cambiai. 
Vi  volle  del  tempo  a  smaltir  tutte  le  rigorose 


ANNO    MDX  95 

contlizioni  die  il  papa  esigeva  da'  Veneziani  , 
se  hiamavaiio  dafldovero  di  linieltcrsi  in  sua 
grazia;  ruu  questi  in  tino  prendendo  legge  dal 
presente  l)isogno  e  dall' inllessibilità  del  ponte- 
fice ,  gli  accordarono  (manto  ei  voile.  E  però 
nel  di  2|  di  febbraio  furono  ammessi  gli  am- 
basciatori veneti,  e  data  l' assoluzione  alla  re- 
publ)lica  :  del  qual  passo  sopra  gli  altri  si 
mostrò  malcontento  il  re  di  Fi  ancia,  clie  da 
ciò  ben  comprendea  dove  già  piegasse  1'  incli- 
nazion  del  pontellce.  Più  cliiaramenle  se  ne 
avvide  egli  dipoi  ;  penile  (Giulio  si  diede  a 
maneggiar  pace  fra  Massimiliano  Cesare  e  i 
Veneziani  ,  e  a  muovere  l' Ingiiillena  contro 
la  Francia  ,  e  a  tirar  dalla  sua  gli  Svizzeri. 
De'  suoi  negoziati  altro  a  lui  non  riuscì  se 
non  qnesl'  ultimo ,  avendo  egli  stabilita  lega 
con  que'  Cantoni  :  il  clie  latto ,  alzò  mag- 
giormente il  capo,  e  cominciò  a  muovere  liti 
contra  di  Alfonso  duca  di  Ferrara,  mal  dige- 
rendo eli' egli  fosse  sì  attaccalo  alla  Francia. 
Imjieriosaniente  dunque  gli  comandò  di  non 
far  da  lì  innanzi  sale  a  Comacchio  in  pregiu- 
dizio delle  saline  di  Cervia  ,  siccome  dianzi 
non  ne  facea,  quando  Cervia  era  in  mano  dei 
Veneziani.  Al  clie  1  ispondeva  il  duca ,  di  non 
essere  teimto  per  alcuna  capitolazione  col  papa 
per  questo  ,  né  dovergli  essere  ciò  inipeflito , 
da  che  egli  riconosceva  per  le  sue  investiture 
solamente  dall'  imperio  la  città  di  Comacchio. 
Suscitò  ancora  altre  querele  col  re  Lodovico  , 
una  delle  quali  fu  ,  eh'  egli  non  avesse  a  rite- 
ner sotto  la  sua  protezione  esso  duca  di  Ferrara. 
Intanto  il  re  di  Francia,  che  per  tempo  con 


g6  ANNALI    n'  ITALIA 

un  trattato  s'era  assicurato  del  re  d' Inghilterra, 
assai  chiarito  della  disattenzione  del  re  de  Ro- 
mani, inCormato  ancora  de  i  disordini  che  erano 
in  Verona  ,  con  pericolo  che  quella  città  rica- 
desse in  potere  de'  Veneziani,  stante  la  conti- 
nuata vicinanza  del  loro  esercito  a  quella  città; 
ehbe  cura  di  assodar  meglio  quell'antemurale 
allo  Stalo  di  Milano.  Dati  perciò  sessanta  mila 
ducati  d'oro  a  Massimiliano,  ne  ricevette  in 
pegno  la  cittadella  di  Verona  (  dove  mise  buon 
presidio  )  e  il  castello  di  Lignago ,  se  poteva 
ritorlo  a'  \eneziani.  Quindi  amendue  si  diedero 
a  far  gran  preparamenti  d' armi .  per  continuare 
più  che  mai  la  guerra  contro  la  repubblica , 
la  quale  dal  canlo  suo  non  tralasciava  d'armarsi 
a  fin  di  resistere  a  tanti  nomici.  Piesero  i  Ve- 
neziani per  governatore  dell'esercito  loro  Lucio 
Malvezzo,  e  per  capitano  della  rjiiteria  Lorenzo, 
app'  llalo  Renzo,  da  Ceri;  nel  (|nal  tempo,  con 
iiil.  lllgenze  clie  aveano  in  Vemna,  tentarono  una 
notiedi  .sorprendere  quella  ciltà  colle  scale.  Andò 
il  co!po  fallilo  ;  il  che  costò  la  vita  a  molti  die 
furono  creduti  o  trovati  veramenle  rei  della 
congiura.  Venuto  il  mese  d'aprile,  eccoti  com- 
parire a  Verona  milh;  cavalli  ed  olio  mila  finiti 
inviati  da  Massimiliano  Cesare  sotto  il  comando 
del  principe  d'yVnalt.  Di  là  a  non  mollo  Carlo 
d'Andjosia  governator  di  Milano  con  (lian-(ìia- 
como  Trivulzio ,  seco  condueendo  mille  e  cin- 
quecento lancie,  dicci  mila  fanti,  tre  mila  cavalli 
leggieri  ('  grosso  treno  d' arligheria,  vennero  a 
passar  l'/Vdigelto  alla  Canda  ,  v  eominciaiono 
ad  entrare  sul  Padovano.  Alfonso  duca  di  Fer- 
rara mosse    anch' egli  ranni  sue  nel  di   la  di 


ANNO    MD\  C)1 

maggio  ,  e  tornò  a  farsi  rendere  ubbidienza  dal 
Polesine  di   Rovigo  ,  da  Este,  e  da  gH  altri  luo- 
gbi    cbe   anticamente   furono  signoreggiati  da  i 
suoi  maggiori ,  che  nel  precedente  autunno  gli 
erano  stali  ritolti    da'   Veneziani.    AH"  approssi- 
marsi di  sì   poderosi  nemici  s'era  già  l'esercito 
veneto  ritirato    dal    \'eronese    a    Vicenza  ;    ma 
perchè    né   pur    qui\i    si    tenne    sicuro,  passò 
oltre  sul   Padovano  alle  Brentelle.  Abbandonati 
i   poveri  Vicentini ,  gente  ben  consapevole   del 
mal   animo   che  nudriva  il  principe  d'Analt  con- 
tra  ili  loro  ,   pretendendoli  ribolli,  gli  spedirono 
ambasciatori.   Solamente  poterono  ottenere  che 
la  città   restasse  esente  dal   fuoco  ,    purcbè  pa- 
gassero trenta  mila  ducali  d'  oro.  Ebbe   tempo 
quel  popolo  di  salvare  in    Padova    ed   in    altri 
luo2:lii  il    medio    delle  robe  sue  e  moeli  e  li- 
gli;  ed  essendo  restati  pochi  abitatori  in  quella 
città,  arrivati  cbe  furono  i  Tedeschi,  rubarono 
ciò  che  poterono ,  ma  non   ciò  clie  speravano. 
Un   atto  di   somma  crudeltà  commisero  dipoi  i 
Tedeschi.  .\  Costo/a  villa  del  \  icentino  sotto  la 
montagna  cavate  si  truovano  srotte    o  caverne 
di    mirabil    estensione    (  dicono  di  tre  miglia  ) 
a  guisa  di  labirinto ,   formate  unicamente ,    per 
opinion  d  alcioni  ,  ila  i  cavatori    di    pietre  alte 
al  fabbricare.  Son  chiamate  il  Covolo,  o  sia  la 
Grotta  di   Masano.  Qualunque  sia  slata  l'origine 
d'esse,  cbe  è  tuttavia  in  forse,    colà  entro  si 
era  rifugiato  uno  sterminato  numero  tii  ^  icentiui 
infelici,   ed  ancbe  di  nobili  colle  lor  famiglie  e 
massarizie,  credendosi   ivi  in  sicuro,  come  altre 
volte ,    e    speziahnente     nella  guerra  dell'  anno 
precedente,  erano  stati.  Informata  l'avida  gente 
Muratori.  j4im.  f^ol.  A'//".  7 


f)8  A-MNALI    »"  ITALIA 

tedesca  che  ivi  si  nascondeva  un  ricco  bottino , 
corse  per  impadronirsene.  Ala  penile  l'cnliala 
era  stretta  ,  e  ben  dilesa  da  quei  di  deatro , 
raunala  gran  copia  di  fascine  e  paglie,  e  spin- 
tala nella  iiiihoccatiira  delle  civerne  ,  tanto 
furqo  con  altaccarvi-'Jl  fuoco  entrò  colà,  che 
ne  rimasero  soffjcate  da  secenlo  persone  tra 
{grandi  e  piccioli,  e  forse  più:  barbarie  che 
anche  oggidì  fa  orrore. 

Restò  r esercito  ti^desco  sid  \iccntino,  perdio 
impedito  dal  veneto  di  passar  oltre.  Intiwito  i 
Franzesi,  a'  quali  premeva  di  accjuistar  Lignago, 
ne  formarono  l'assedio,  in  cui  se  n\ariivigliosa 
fu  la  lor  bravura,  non  minor  fu  (juella  de  i 
difensori.  Pure  in  sette  soli  giorni  forniate  le 
hreccie ,  nel  di  12  di  giugno  per  forza  entra- 
rono i  Franzesi  in  quid  castello ,  creduto  al- 
lora inespugnabile,  ed  un  orrido  sacco  vi  die- 
dero colla  morte  di  ducento  finiti  veneziani,  e 
di  moli  issimi  de  gli  abitanti.  Scrive  Fra  Paolo 
Cherici  Carmelila,  della  cui  Storia  MS.  mi 
servo  10  ora  ,  che  essendo  ivi  fanciullo  di  nove 
anni,  vide  quel  (icro  scempio,  e  quasi  mira- 
colosamente si  salvp  dalle  spade  franzesi.  Carlo 
Marino  provverlilore  co  i  capitani  ritiratosi  nella 
rocca,  non  tarilo  a  rendersi  a  «liscrezione  con 
restar  j)rigionier<'.  Tale  fu  il  principio  di  que- 
sta campagna  ;  per  cui  i  \  eneziani  vedendo 
andare  di  malo  in  l'Cggio  le  cose  loro  ,  con- 
dussero al  loro  stipendio  cin((uecenlo  Turchi 
sotto  il  comandf)  di  Tiiovan!»!  ICpirola.  Hieorsero 
ancora  in  CoslantlnojxJi  al  gran  Signore ,  rap- 
presentandogli il  pericolo  suo ,  se  lasciava  tanto 
ingrandire    i  principi  cristiani.  Ne    ri])ortarono 


ANNO    MDX  t)y 

Ji  graiuU  promesse,  die  poi  tutte  finirono 
il)  fumo.  Ma  le  magj^ioii  loro  speranze  orano 
riposte  in  papa  Giulio,  clie  dimentico  alFatto 
(le  gli  obbligìii  contralti  nella  lega  di  Cam- 
brai ,  tutto  avea  rivolto  V  animo  alla  loro  dife- 
sa. Si  stuiliù  egli  di  separar  Massimiliano  Ce- 
sare da'  Franzesi  ,  con  oirciirgli  il  danaro 
oci.'orrcnte  per  riscuotere  da  essi  la  cittadella 
di  Verona;  e  perciocché  avea  già  fatto  nascere 
liti  col  re  Lodovico,  cominciò  un  liallato  in 
Genova,  per  fargli  ribellare  quella  città.  Cercò 
ancora  di  muovere  Arrigo  re  d'Inghilterra  cen- 
tra di  lui.  Quello  che  più  impoita  ,  prese  al 
suo  soldo  quindici  mila  Svizzeri ,  acciocché  scen- 
dessero a  i  danni  del  re  nello  Stato  di  Milano. 
Calata  poi  la  visiera,  cacciò  da  sé  gli  oratori 
d  esso  re  e  del  duca  di  Ferrara  ;  e  mentre 
quest'  ultimo  si  trovava  colle  sue  genti  ed  ar- 
ti-glicrie  all'assedio  di  Lignago,  gli  fece  coman- 
dare che  desistesse  dall'  aderenza  de'  Fiauzesi. 
Per  (juanle  i  agioni  il  duca  sapesse  allegare ,  e 
per  (juanio  s'  interponesse  Massimiliano  in  fa- 
\ore  ili  lui,  il  ponlelìce  nel  dì  9  d'agosto, 
benché  appoggiato  a  sole  ragioni  liivgle  ,  per 
non  dir  calunniose,  fulminò  centra  d'esso  Al- 
fonso tutte  le  maggiori  censure  e  maladizioni, 
dichiarandolo  decaduto  e  privato  del  dominio 
di  Ferrara,  e  di  quanto  egli  riconosceva  dalla 
Chiesa.  Quindi  mosse  tutte  le  sue  forze,  co- 
mandiite  da  Francesco  Maria  suo  nipote  e  duca 
d'  Urb'no  ,  contra  de  i  di   lui  Stati. 

Per  queste  novità  gli  affari  della  repubblica, 
che  pareano  in  totiil  decadenza  ,  cominciarono  a 
mutare  aspetto.  Riuscì  bensì  all'armata  franzese, 


lOO  ANNALI    D     ITALIA 

clie  s'era  unita  coli' imperiale ,  di  tagliare 
u  pezzi  per  la  mags,'ior  jiarte  la  cavalleria  tiir- 
chesca  che  militava  por  li  Veneziani.  Dopo  di 
die  si  presentarono  le  due  armate  sotto  Mon- 
selice ,  e  ne  cominciarono  con  grand'  empito 
r  assedio.  Ma  da  i  movimenti  e  trattali  ilei 
papa  elle  vennero  a  scoppiare ,  rimasero  stur- 
bati tutti  i  loro  disegni.  Cioè  s'  intese  che 
Marco  Antonio  Colonna  con  grossa  compagnia 
di  cavalli  e  fanti  avea  passata  la  Magra ,  ed 
occupata  la  Spezie;  e  giunte  colà  Iredeci  ga- 
lee ,  si  disponevano  a  rimettere  in  Genova 
Giovanni  ed  Ottaviano  Fregosi.  Gli  Svizzeri  già 
Tannati  minacciavano  d' entrare  nello  Stato  di 
Milano.  11  duca  d'Urbino  col  cardinale  di  Pa- 
via e  con  grosso  esercito  nel  dì  3  di  luglio 
diede  principio  anch'  egli  alle  ostilità  conlra 
del  duca  di  Ferrara  ,  con  prendere  Massa  de  i 
Lombardi ,  Bagnacavallo  ,  Lugo  ed  altre  terre. 
Ed  ecco  dove  s'impiegavano  allora  i  tesori  della 
Chiesa  Romana.  A  i  primi  avvisi  di  tali  movi- 
menti Carlo  d  Amhosia  signore  di  Sciomonte 
accorse  col  principal  nerbo  delle  sue  milizie 
alla  guardia  dello  Slato  di  Milano,  e  il  duca 
Alfonso  a  Ferrara.  Nonne  poi  latto  a  gì' im|)e- 
riali  dopo  molte  fatiche  di  jìrendere  jier  assalto 
la  rocca  di  Monselice  colla  strage  di  lutto  quel 
presidio.  Ma  da  lì  innanzi  convenne  a  i  colle- 
gati pensar  più  alla  dilì-sa  jiropria  ,  che  all'of- 
fesa altrui.  Mentre  il  duca  di  Ferrara  attendeva 
a  preimmirsi  conlra  dell' arnrala  ponlilicia  in 
Romagna  ,  un  maggiore  inasjtettato  inccudio 
divampò  in  altra  parie;  percioccliè  avendo  gli 
«liziali  del  papa    intelligenza    in    Modena    co  i 


ANNO    MDX  10 t 

conti  Francesco  Ilaria  e  Gherardo  de'  Rangoui, 
appena  comparvero  a  Castelfranco ,  che  questa 
città  mandò  loro  le  chiavi ,  di  maniera  che  vi 
entrarono  pacificamente  la  iiolle  precedente  al 
di  19  d'agosto,  e  la  cittadella  tardò  poco  a 
capitolare  anch'essa.  Impadronì ronsi  poscia  di 
Carpi,  di  San  Felice  e  del  Finale,  e  portarono 
la  guerra  tìu  presso  a  Ferrara  colla  sola  sepa- 
razione del  ramo  del  Po ,  che  allora  scorrea 
presso  di  quella  cillà.  Ad  animar  maggiormente 
r  armi  pontilìzie  ci  mancava  la  persona  dello 
stesso  guerriero  papa  Giulio  ;  ed  egli  non  lasciò 
di  comparile  a  Bologna  nel  dì  22  <li  settembre. 
Nel  qual  mentre  i  Veneziani  per  terra  e  per 
Po  fecero  aspra  guerra  nel  Polesine  e  Ferra- 
rese al  duca  Alfonso ,  il  quale  intrepidamente 
or  qua  or  là  scorrendo,  studiò  di  sostenersi  in 
mezzo  a  tante  tempeste.  Tali  doglianze  poi  fece 
Massimiliano  Cesare  col  papa  ]>er  l'occupazion 
di  Modena  città  dell'imperio,  che  Giulio  s'in- 
dusse a  depositarla  in  mano  di  lui  nel  dì  3i  di 
gennaio  del  seguente  anno,  con  patto  di  non 
restituirla  al  duca  Alfonso,  e  che  intanto  si 
esaminasse  a  chi  essa  dovesse  appartenere.  Era 
fin  qui  stato  prigione  in  Venezia  Francesco 
Gonzaga  marchese  di  Mantova.  V  ha  chi  scri- 
ve ,  che  per  le  minaccie  del  Sultano  de'  Tur- 
chi ,  guadagnato  da  i  Vlantovani  ,  o  dal  re  di 
Francia ,  fu  messo  in  libertà.  Tuttavia  par  più 
probabile  che  ciò  avvenisse  per  l'interposizione 
di  papa  Giulio ,  e  per  li  saggi  riflessi  del  se- 
nato veneto  ;  avendo  essi  conosciuto  quanto 
potesse  lor  giovare  il  tirar  questo  principe  nel 
ìor  partilo  in  circostanze    di    tanto    rilievo.  La 


102  ANNALI    d' ITALIA 

verità  si  è  ,  eli'  egli  nel  dì  3o  di  luglio  non 
solamente  uscì  di  prigione,  ma  fu  anche  ri- 
messo in  grazia  de'  Veneziani  ;  e  il  papa ,  che 
avea  privato  il  duca  Alfonso  del  grado  di  gon- 
falonier  della  Cliiesa,  conferì  questa  dignità  allo 
stesso  marchese  nel  di  3  d'oltohre,  come  costa 
dalla  sua  Bolla  presso  il  Du-MoTit  (i).  Così 
quel  priiicijie  sposò  anch'  egli  (  almeno  in  ap- 
parenza )  gl'interessi  del  papa  e  de' \  eneziani; 
nel  che  nondimeno  si  comportò  dipoi  con  moka 
saviezza. 

Dappoiché  colla  partenza  dello  Sciomonte  e 
del  duca  di  Ferrara  l' esercito  di  Massimiliano 
si  trovò  troppo  snervato  in  paragone  del  ve- 
neto ,  prese  la  risoluzione  di  ritirarsi  a  Verona 
e  di  ahhaudonar  Vicenza,  che  tornò  alla  di- 
vozione della  repuhhlica.  Nel  ritirarsi  ehbero 
le  sue  genti  sempre  alla  coda  i  Veneziani ,  i 
quali ,  tuttoché  fosse  lor  presentata  la  hallaglia, 
mai  non  vollero  accudire  a  sì  azzardoso  giuoco. 
Di  questo  huou  vento  si  prevalsero  ancora  gli 
altri  provveditori  veneti  per  riacquistare  Ascio 
del  Trivisano  ,  Marostica,  Cividal  di  Belluno, 
il  Polesine  dì  Bovigo  ed  altri  luoghi.  l'asso 
dipoi  il  grosso  loro  esercito  sotto  Verona  ,  e 
messa  mano  alle  aitiglieric ,  cominciarono  a 
hond.iinlare  qucllii  città.  V'era  dentro  il  duca 
di  Termine,  uliziale  del  re  Ferdinando,  a  cuij, 
per  psseie  morto  in  qiu;l  tempo  di  flusso  il 
priueijie  di  Arialto  ,  eia  toccato  il  comando  delle 
trup]ic  collegalc.  Fece  egli  buona  difisa  sì  per 
rijMilsare    gli    aggressori  ,    come    ])er   tenere    in 

(i)  Du-Moiit  Corp.  Dii'loniat. 


ANNO   Mnx  io3 

freno  i  Veronesi  ,  molti  de'  qu;"1i  niniitnieano 
corrispondenze  co  Veneziani  ;  lincile  un  capi- 
tano spaj^nnolo,  cliiainalo  Calandres,  oltenula 
licenza  dal  duca,  nscì  una  nolle  con  quattro- 
cento finti  ,  e  con  tal  valore  assalì  la  guardia 
delle  neniiclie  batterie,  che  ne  fece  strage  glan- 
de .  con  incliindar  anclie  quattro  de'  lor  can- 
noni e  gi'.tarli  nella  Ibssa.  ^i  perì  fa  gli  altri 
Gitolo  da  Perugia ,  mio  de  più  valorosi  capi- 
tani dell' armata  veneta.  Onesto  colpo,  e  l'av- 
viso clic  gli  Svizzeri ,  siccome  dirò  fra  poco , 
erano  tornati  a  casa  loro ,  'cagion  fu  che  i 
Veneziani  dopo  tre  dì,  cioè  nel  dì  12  di  set- 
tembre, levarono  il  campo,  e  si  ritirarono  a 
Soave  e  a  San  Bonifazio.  Mentre  di  qnesto  te- 
nore pioce(lev:;no  nella  bassa  Loniliardia  le 
cose  della  guerra  ,  ]ier  opera  di  papa  Giuho 
tentato  fu  di  far  ribellare  al  re  di  Francia  la 
città  di  Genova  (1).  In  quelle  vicinanze  già  era 
giunto  il  Colonna  colle  milizie  del  papa  per 
terra;  e  le  galee  venete  anch'esse,  dopo  aver 
jireso  Seslri  e  Chiavaio,  si  presentarono  a  Ge- 
nova, sperando  ivi  delle  già  manipolate  solle- 
vazioni. 3Ia  niun  si  mosse;  ed  essendo  accorsi 
in  ({iiclla  città  vavj  aiuti ,  convenne  ritirarsi  ;  e 
a  chi  dovette  tornar  per  terra,  costò  caro.  Non 
per  questo  si  quetò  il  pertinace  animo  di  papa 
Giulio.  Sul  principio  di  settembre  di  nuovo  spedì 
verso  Genova  più  numerosa  flotta ,  sperando 
che  gli  Svizzeri  per  terra  venissero  nello  stesso 
tempo    a    darle  mano  per  assalire  quella  città. 


(1)  Agostino  Giustiniani,  Annali  di  Genova.  Gnicciar- 
dÌDO.  Senarega  de  Reb.  Genucns. 


Io4  AlSSAti    b' ITALU 

Svizzeri  non  si  videro  ;  ed  usciti  con  hnona 
copia  di  legni  i  Genovesi ,  diedero  la  caccia  a 
i  pontifiz)  ,  facendogli  tornare  con  gran  fletta 
a  Civita  Vecchia.  Quanto  ad  essi  Svizzeri  mossi 
dal  papa  contro  lo  Stato  di  Milano  ,  calarono 
ben  essi  verso  Varese ,  ma  sprovveduti  d' arti- 
glierie ,  di  jjonti  e  d'  altri  arnesi  da  guerra.  Si 
inoltrarono  verso  Appiano;  e  TAmbosia,  o  vo- 
jjliam  dir  lo  Sciomonte,  quantunque  assai  de- 
bole di  forze ,  gli  anda\  a  costeggiando ,  e  le- 
nendoli ristretti  con  varie  scaranniccie.  Piegarono 
dipoi  verso  Como;  e  in  fine  scorgendo  le  dif- 
iicultà  di  passar  oltre,  o  pure  per  mancanza 
di  vettovaglie  ,  se  ne  tornarono  bravamente  alle 
lor  case,  avendo  mangiato  a  tradimento ^1  pane 
del  papa.  Pretendono  gli  storici  genovesi  con- 
temporanei,  che  costoro,  dopo  avere  ricevuti 
dal  papa  settanta  mila  ducati  d'oro  per  venire, 
ricevessero  poi  da'  Franzesi  altra  buona  somma 
per  tornare  indietro,  non  senza  infamia  dei  loro 
nome. 

Tornata  che  fu  la  quiete  in  Genova  e  nello 
Stato  di  IMilano,  l'Anibosia  si  mosse  per  ve- 
nire in  soccorso  del  duca  di  Ferrara  ,  che  era 
battuto  da  tante  parli.  Si  pensava  egli  di  potere 
ritujierar  Motleiia  ;  ma  essendo  entrato  in  essa 
cillà  un  buon  presidio,  e  ridottosi  a  questa 
parte  lutto  1  esercito  j)ontifizio,  nulla  potè  per 
mi  pezzo  operaie.  Servì  nondimeno  (fiiesto  suo 
movimento  a  liir  respirare  il  du<'a  Alfonso,  che 
potè  allora  ripigliar  il  Finale  e  Cento.  I\la  men- 
tre egli  si  preparava  ad  unirsi  con  lo  Siiomonle, 
gli  fu  d'  uopo  attendere  a  casa ,  perchè  i  Ve- 
neziani  con    due    armati! ,    parte    per    terra    e 


ANNO     MDX  lOt) 

palle  pel  Po,  vennero  ad  infestare  il  Ferra- 
rese. Riuscì  al  prode  duca  nel  dì  28  di  set- 
teinlire  colle  sue  genti ,  comandate  da  Giulio 
Tassoni,  di  dar  loro  due  .sconfitte  in  Adria  e 
alla  Polesclla ,  con  condurre  a  Ferrara  settanta 
dei  loro  legni,  itiolla  artiglieria  ed  altre  prede. 
Deliberò  in  questi  tempi  lo  Sciomonte ,  dopo  aver 
preso  Carpi  ,  di  jiorlar  la  guerra  sino  a  Bolo- 
gna ,  commosso  spezialmente  dalle  premure  di 
Annibale  e  di  Ermes  Bentivogli ,  che  gli  rajipre- 
sentavano  facile  tjueir  acquisto.  Però  nel  dì  17 
d'  ottobre  ,  occupato  colle  artiglierie  il  castello 
di  Spilamberlo ,  e  poi  Castelfranco,  nel  dì  19 
fece  scorrere  alcune  squadie  di  cavalleria  fino 
alle  porte  di  Bologna.  Gran  paura  n'  ebbero  i 
cardinali  e  cortigiani  del  papa  ,  che  ivi  si  tro- 
vava convalescente,  ma  non  già  il  papa  slesso; 
e  vi  vollero  gli  argani  ad  induilo  a  trattar  di 
pace ,  perdi'  egli  aspettava  a  momenti  un  ga- 
gliardo soccorso  da'  \eneziani  e  dal  re  Catto- 
lico. Pure  lasciatosi  vincere ,  inviò  Gian-Fran- 
cesco Pico  conte  della  Mirandola ,  e  celebre 
letterato  ;  allo  Sciomonte ,  più  per  voglia  di 
guadagnar  tempo ,  che  di  accellar  pace  alcuna. 
Alte  furono  le  condizioni  proposte  dal  f^enerale 
franzese ,  che  si  veggono  registrate  dal  Guicr 
ciardiiio;  e  si  andò  giocando  di  scherma  alcuni 
dì  ,  finché  sopragiunli  a  Bologna  de  i  glossi 
rinforzi  di  gente ,  questi  fecero  ritornare  il 
papa  alla  consueta  alterezza  e  sprezzo  de'  ne- 
mici. Lo  Sciomonte,  a  cui  mancavano  le  vet- 
tovaglie ,  se  ne  tornò  indietro  sonoramente 
deluso,  pentendosi,  ma  inutilmente,  di  non 
essere    marciato    a    dirittura    a    Boloi^na  ,    che 


io6  A^«ALI    d'  ita  ma 

3gnnrnila  allora  potea  facilmente  cadere  in  sua 

mano. 

Fumava  di  rabbia  papa  Giub'o,  tiomo  ,  per 
consenso  di  tulti  gli  storici  ,  impastato  di  bile , 
e  taccialo  ancora  di  disordinato  amore  del  vino, 
per  r  insulto  fatto  da'  Francesi  ad  una  città  pon- 
fifizia  ,  e  città  dove  soggiornava  egli  slesso  in 
persona.  Si  rodeva  tutto  ancora  d  odio  centra 
di  Alfonso  duca  di  Ferrara  ,  per  vederlo  so- 
stenuto si  poderosamente  da'  Franzesi.  E  giac- 
cbè  quf'sti  s'erano  per  la  maggior  parte  ritirali 
nello  Stato  di  iVIilano ,  pieno  di  ardore  e  di 
speranza  di  conquistar  Ferrara  ;,  dopo  avere 
unito  ad  un  gagliardo  esercito  le  sciiiere  a  lui 
inviate  dal  re  Cattolico  ,  mosse  le  sue  armi  a 
quella  volta.  Ma  il  verno  era  venuto,  le  strade 
si  trovavano  quasi  impraticabili;  e  però  da  lui 
fu  presa  la  risoluzione  di  assediar  intanto  la 
Mirandola  ,  piazza  folte  e  fornita  di  presidio 
franzfse.  All'  armata  sua  riuscì  nel  dì  19  di 
dicembre  di  aver  per  fòrza  la  terra  della  Con- 
coidia  :  il  clie  fallo ,  passò  all'  assedio  della 
Mirandola,  col  cui  acquisto  si  veniva  maggior- 
mente a  slrignere  e  bloccare  Ferrara.  Circa 
questi  tempi  Lodovico  XII  re  di  Francia  ,  ol- 
ticinodo  alteralo  pel  proceilere  del  pontefice, 
il  quale  avea  infin  fallo  mettere  in  Castello 
Santo  Angelo  il  cardinale  d'Aneli,  ministro  de- 
putato a  gli  all'ari  del  re  in  Poma,  si  diede  a 
.stvidiar  le  maniere  di  opporsi  a  i  maggiori  di.se- 
gni  e  tentativi  di  lui.  Nel  di  17  di  novembre 
assodò  con  un  nuovo  trattalo  la  lega  con  Mas- 
similiano Cesare.  Avendo    anche    j'.illo   raunare 


ANKO    MUX  lO'j 

nel  dì  3  di  siMb mhre  un  copioso  concilio  (i) 
(  con.-lliai)nlo  iiiipellalo  da  altri)  de' vescovi  di 
Francia  ,  volle  udire  il  lor  parere  ,  se  era  le- 
cito a  lui  il  difiiidt-rc  conlro  il  [■apa  un  prin- 
cipe dell'  imperio  ,  a  cui  esso  papa  avea  mossa 
guerra  con  prolonsioni  sopra  uno  Stato  ciie 
quel  princ'pe  teneva  dall'imperio  con  prescri- 
zione pili  che  centenaria.  Gli  fu  rispoto  di  sì. 
Fu  d'  avviso  !'  autore  franzese  della  Lega  di 
Canibrai  (?.)  c!ie  c[upsta  dimanda  riguardasse  i 
Bentivogli ,  i  quali  Giulio  li  avea  cacciati  da 
Bologna  dopo  un  possesso  centenario.  INla  chiara 
cosa  è  che  si  parlava  della  città  di  Comacchio , 
posseduto  dalla  casa  d  Estc  con  sole  investitine 
imperiali  per  più  di  cento  cinquanta  anni.  Se 
quello  scrittore  avesse  considtato  il  jMezerav  (3) 
e  il  Serres  (4)  storici  franzesi ,  aM't  bbe  cono- 
sciuto che  la  lite  eia  per  un  feudo  dell'  im- 
perio ,  e  nominatamente  per  Comacchio.  I 
Bentivogli  interpolatamente  signoreggiarono  in 
Bologna ,  né  mai  pretesero  che  quella  l'osse 
città  dell'  imperio ,  anzi  ne  riconobbero  sem- 
pre per  sovrani  i  paj)).  E  fin  qui  si  potcano 
comportare  le  precauzioni  del  re  Lodovico.  Ma 
egli  si  lasciò  trasportare  più  oltre ,  essendo 
convenuto  con  Massimiliano  di  far  convocare 
a  Lione  un  concilio  .  generale  ,  per  trattarvi 
della  riforma  della  Chiesa  ,  e  con  animo,  per 
Cjuanto  fu  creduto,  di  deporre  papa  Giulio,  il 


(i)  Labbe  Concil.  tnm.   i3.  Belcairc  Cointncut.   Gali. 

(2)  Hisloire  de  la  Ligiic  de  Cambray. 

(3)  Mezerav  Iliitoiie  de  Franca  tom.  ?. 

(4)  Scrrcs  Ili.stoire  de  l'i-aiice  tom.  ■>. 


108  AIVNALl    d'  ITALIA 

quale  in  vece  di  adempiere  il  giurametito  da 
lui  falto  di  ranuar  esso  concilio,  s'era  dato 
all'armi  con  iscandalo  della  Cristianità.  E  già 
cinque  cardinali  disgustati  di  lui,  e  fuggiti  dalla 
sua  corte ,  minacciavano  questo  scisma.  Non 
manca  chi  ha  scritto,  aver  pensato  Massimi- 
liano di  farsi  eleggere  papa  ,  o  di  farsi  dichia- 
rar capo  della  Chiesa  come  imporadore.  Sem- 
bra ben  più  giuslo  il  creder  questa  una  delle 
vane,  anzi  ridicolose  dicerie  di  que'  tempi.  La 
pietà  è  stala  sempre  dote  ereditaria  dell' augu- 
stissima casa  d'Austria ,  e  di  questa  ninno  osò 
dir  mancante  Massimiliano  imperadore  eletto. 
Con  ciò  si  diede  il  re  Luigi  a  far  nuovi  pre- 
paramenti di  guerra,  siccome  all'incontro  papa 
Giulio  dal  suo  canto  a  maggiormente  tirare  nel 
suo  partito  Ferdinando  il  Cattolico ,  principe 
che  al  pari  di  lui  ahborriva  T  ingrandimento  de 
i  Franzesi,e  sommamente  sospirava  di  cacciarli 
d'Italia. 

Aimo  di  CiusTo   1 5 1 1 .  Indi-ione.  XI F'. 
di  Giulio  II  papa  g. 
di  Massimiluno  re  de  Romani   19. 

Videsi  nel  verno  di  ([uesl  anno  uno  spelta- 
colo  che  fu  e  sarà  sempre  deplorahilc  nella 
Chiesa  di  Dio  :  cioè  un  vecchio  pipa  fjre  da 
general  d'armata,  e  cotnandir  ari inlif-ric  ed  as- 
salti, senza  curare  l'alta  sua  tlignità ,  e  i  do- 
veri di  chi  è  Vicario  dtjl  mansueto  e  pacifico 
nostro  Salvatore.  Si  continuava  1"  assedio  della 
INliiandola  dall'  esercito  ponlilizio  ,  acciesciulo 
da   molle  milizie    venete  ;    ma   non   con  quella 


AKNO    MDXI  109 

celerilà  cbe  avrebbe  \obito  l' impaziente  papa 
Giulio  II,  passato  a  San  Felice  per  accalorar 
r  impresa  in  quelle  vicinanze  (i).  Natif;li  in 
cuore  sospetti  e  difiirlenze  conlra  de'  capitani, 
e  fin  contro  lo  stesso  suo  nipote  duca  d'  Ur- 
bino, si  fece  egli  portare  in  lettiga  al  campo. 
Fu  quel  verno  uno  de'  più  rigorosi  che  mai 
provasse  1  Italia.  Per  piT:  giorni  nevicò;  tutto 
era  neve  e  ghiaccio,  e  frequente  un  aspris.>inio 
vento.  Pure  nulla  potè  trai  tenere  il  marziale 
ardore  del  papa  dall'  assistere  a  i  lavoii ,  a  far 
piantare  le  artiglierie  e  a  regolar  gli  altacclii, 
con  essere  più  volte  stata  in  pericolo  della  vita 
la  sacra  sua  persona  ;  mentre  i  caidiuaìi  colla 
testa  bassa  e  coli' animo  afflitto  detestavano  so- 
migliante eccesso.  La  breccia  formata ,  e  il 
grosso  gliiaccio  sopravenuto  alle  larghe  e  pro- 
fonde fosse  della  Mirandola  ,  indussero  Fran- 
C(  sca  figlia  di  Gian-Jacopo  Trivulzio  ,  e  vedova 
del  fu  conte  Lodovico  Pico,  a  cajiitolar  la  resa 
di  quella  piazza.  Tanta  era  la  voglia  del  papa 
d' entrarvi ,  che  senza  voler  aspettare  cbe  si 
disimbarazzasse  ed  aprisse  la  porla  ,  per  la 
breccia  con  una  scala  v'  entrò  nel  di  2 1  di 
gennaio,  e  ne  diede  poscia  il  jìosscsso  a  Gian- 
Francesco  Pico  ,  cbe  la  pretendeva  di  -sua 
ragione.  Si  fermò  il  j  ontefice  dieci  giorni  ivi 
per  prendere  riposo  dopo  tante  falicbe,  e  poi 
se  ne  andò  lutto  glorioftO  a  Ravenna  ,  con  te- 
nersi oramai  in  pugno  l'acquisto  anche  di  Fer- 
rara. Trovavasi  Carlo  d'Ambosia  signor  di  Scio- 
monte,    e    governator    di   Milano,  svergognalo 

(i)  Bembo.  Giùcciardino.  Storia  Veneta  MS. 


110  AKNAM      D    ITALIA 

non  poco  ,  per  essersi  lasciato  burlare  sotto 
Bologna ,  e  per  non  aver  dato  soccorso  alla 
Mirandola  :  perlochè  era  caduto  in  disgrafia 
anche  presso  i  suoi  soldati.  Rondava  egli  in- 
torno a  Modena ,  e  inteso  che  v'  era  dentro 
poco  presidio  .  ma  senza  sapere ,  o  fingendo 
di  non  sapere  che  questa  città  l'avesse  ricevuta 
Massimiliano  Cesare  in  deposito,  e  mandato  a 
governarla  un  suo  ufiziale ,  gli  cadde  in  pen- 
siero di  ricuperarla  nel  dì  i8  di  febbraio,  e 
di  cancellar  con  questa  prodezza  il  disonor 
passato.  Ma  non  gli  venne  fatto,  perchè  niua 
de'  cittadini ,  come  era  il  concerto  ,  sì  mosse. 
Ritiratosi  ])oi  egli  a  Correggio,  ed  infermatosi, 
diede  fine  al  suo  vivere  nel  dì  io  di  marzo: 
con  che  restò  prò  interim  il  comando  dell'armi 
franzesi  a  Gian-Jacopo  Trivulzio  maresciallo  di 
J''rancia,  generale  di  gran  nome  nel  mestier 
della  guerra. 

Stando  papa  Giulio  in  Ravenna  ,  avea  spedito 
un  corpo  di  cinque  mila  fanti  ,  sostenuti  da 
alcune  squadre  di  cavalli  leggieri  e  d'  uomini 
d'armi,  con  ordine  di  prendere  la  bastia  della 
Fossa  Zaniola,  antenuirale  di  Ferrara  verso  il 
Po  d'  Argenta.  Per  secondar  1"  impresa  ,  passa- 
rono a  quella  volta  tiedici  galee  sultili  e  molti 
legni  minori  de' Veneziani.  Il  duca  di  Ferrara, 
a  cui  j)iemeva  folle  di  sostenere  quel  silo, 
messe  insieme  le  sue  gi.'nli  ,  alle  quali  si  unì 
lo  Scialti;;lione  con  alciuio  s<:l)iere  franzesi, 
con  tal  segretezza  marciò  a  quella  parte,  che 
si  scagli(')  loro  addosso  nell'  ultimo  giorno  di 
febbraio,  (juando  a  luti'  altro  jiensavano.  Fu  in 
poco  lenq:o    sbaragliato  quel     picciolo    csercilo 


.ANNO     MDXI  I  I  l 

con  istfa£;e  e  prisjioiiia  di  molti,  e  coli' ac- 
quisto tli  molte  baiiiliere,  artiglierie  e  baga- 
glio, liiiis  ì  il'poi  al  medesimo  duca  nel  dì  ^5 
di  maizo  di  battere  e  far  fiigL^ire  la  flotta  ve- 
neta o!  e  s  eia  inoltrata  fino  a  Santo  Alberto, 
ed  applicata  a  combattere  un  bastione,  con 
prendere  due  faste,  tre  baibotte ,  e  più  di 
quaranta  legni  minori  e  molti  cannoni.  Fu  per 
questi  lempi  trattato  assai  caldamente  di  pace  , 
essendosi  a  questo  fine  por' alo  a  Bologna  il 
papa,  dove  ancora  compiirvero  il  vescovo  Gur- 
gense  per  Massimiliano,  e  gli  ambasciatori  di 
Francia  ,  Spagna  ,  Venezia  ,  e  d'  altri  potentati. 
]\ia  nulla  si  potè  conchiudere.  Però  il  Trivul- 
zio,  da  che  vide  svanita  questa  speianza,  tro- 
vandosi alla  testa  d'  un  potleroso  esercito  fran- 
zese  ,  e  ansioso  di  far  qualche  impresa ,  sul 
principio  di  maggio  arrivò  alla  Concordia  sul 
fiume  Secchia,  e,  secondo  il  Guicciardino  ,  la 
prese.  L'  Anonimo  Padovano  mette  più  lardi 
questo  fatto  ,  siccome  diremo.  Seco  era  Ga- 
stone di  Fois  duca  di  Nemours  ,  figlio  d'  una 
sorella  del  re  di  Francia,  giovane  pieno  di 
spiriti  ,  poco  fa  venuto  di  Francia  ,.  che  diede 
uno  de'  primi  saggi  del  suo  valore  contra  di 
Gian-Paolo  Manfrone ,  capitano  di  trecento  ca- 
valli leggieri  v>  neti  ,  con  far  prigione  lui  a 
Massa  del  Finale  ,  e  dissipar  la  sua  gente. 
Dissi  uno  de'  primi  saggi ,  perchè  a  lui  pari- 
mente s'  attribuisce  1'  aver  dianzi  parte  uccisi 
e  parie  presi  duceuto  e  pii\  cavalli  veneti , 
comandati  da  Leonardo  da  Prata  cavalier  Ge- 
rosolimitano ,  che  vi  lasciò  la  vita.  S'  intollrò 
poscia    il    'Irivulzio    coli'  esercito    suo    fino    a 


112  ANNALI    D  ITAUA 

Bomporto  sul  Panaro:  nel  qual  tempo  papa 
Giulio  ,  sentito  che  si  avvicinava  questo  brutto 
temporale ,  preso  consiglio  dalla  prudenza  ,  e 
più  dalla  paura  ,  determinò  di  abbandonar  Bo- 
logna. Ma  prima  di  mettersi  in  viaggio  ,  fece 
un'  eflicace  parlata  al  senato  e  nobiltà  ,  esor- 
tando ognuno  alla  difesa  della  città:  ai  che 
mostrarono  essi  una  mirabil  prontezza  ,  che  fu 
poi  derisa  dal  Guicciardino ,  ma  difesa  da  una 
penna  bolognese.  Nel  dì  i4di  maggio  il  papa 
se  ne  partì  colla  sua  corte  ,  e  auuò  a  mettere 
di  nuovo  la  residenza  in  Ravenna.  Restò  go- 
vernatore di  Bologna  Francesco  Alidosio ,  detto 
il  Cardinal  di  Pavia,  il  quale  vedendo  cosi  bene 
animati  i  cittadini  ,  fece  dipoi  prendere  loro 
r  armi  ,  per  opporsi  a  i  disegni  de"  nemici.  In- 
tanto il  Trivulzio  ,  costeggiato  sempre  dal  duca 
d'  Urbino  coli'  esercito  pontitìzio  e  veneto  , 
giunse  fino  al  ponte  del  La\ino.  Allora  fu  che 
si  cominciò  qualche  tumulto  in  Bologna,  parte 
per  le  segrete  insinuazioni  de  i  fautori  di  An- 
nibale ed  tiiTnes  Beiilivoirli  che  erano  nel 
campo  Franzese  e  sofiiavano  nella  città  ,  e 
parte  per  ^aura  nata  nel  popolo  di  perdere  i 
loro  raccolti,  e  ili  aver  da  softirire  im  asse- 
dio. Volle  il  cardinale  finii  uscire  ,  ed  unirli 
al  duca  d'  Urbino  :  non  se  ne  sentirono  ^  o- 
glia.  Tenl<'>  di  f;ir  entrare  in  città  Ramazzotlo 
con  mille  fanti  :  noi  vollero  ricevere  tientro. 
Perciò  il  cardinale  accortosi  della  loro  ribellio- 
ne ,  giudicò  bene  di  mettersi  in  .«^aho  ,  e  se- 
gretamente s'  inviò  alla  \olta  ti'  Imola.  Dopo 
di  che  i  Bolognesi  nella  notte  del  dì  2i 
di  maggio ,  venendo  il  23  ,  ammisero  in    città 


ANNO   MDXI  I  1  3 

i  Bentìvogli  con  gi-an  festa  ed  universa!  tri- 
pudio. 

A  questo  avviso  poco  stette  l' esercito  pon- 
tifizio  a  sfilare  precipitosamente  verso  la  Ro- 
magna ;  ma  in  passando  dietro  le  mura  di  Bo- 
logna, parte  di  quel  popolo,  e  i  villani  e  i 
montanari  accorsi  alla  preda ,  con  altissime 
gi'ida  e  villanie  inseguendoli ,  tolsero  loro  le 
artiglierie  e  munizioni ,  e  buona  parte  de'  car- 
riaggi. Sopravenne  poi  la  cavalleria  franzese  , 
che  levò  a  costoro  parte  di  quel  bottino ,  e 
fece  del  resto  addosso  a  i  fuggitivi,  i  quali  chi 
qua  chi  là  attesero  a  salvar  la  vita.  La  Storia 
manuscritta  dell'  Anonimo  Padovano  mette  circa 
tre  mila  morti ,  e  gran  quantità  di  prigioni.  11 
Guicciardino  pochi  ne  conta.  Nel  giorno  se- 
guente il  Trividzio  coir  esercito  marciò  fuor 
di  Bologna ,  e  la  sera  giunse  a  Castello  San 
Pietro.  Avrebbe  potuto  con  sì  buon  vento  far 
de'  grandi  })rogressi  in  Romagna,  ma  quivi  si 
fermò  per  ricevere  nuovi  ordini  dal  re  Lodo- 
vico. E  cpiesti  poi  furono ,  che  se  ne  tornasse 
indietro,  persuadendosi  il  buon  re  di  poter 
ammollire  con  tanto  rispetto  il  cuor  duro  dei 
papa,  e  di  trarlo  alla  pace,  oltre  al  non  voler 
accrescere  la  gelosia  delle  altre  potenze  ,  se 
avesse  continuato  il  corso  della  vittoria.  Por- 
lata  intanto  a  papa  Giulio  in  Ravenna  la  do- 
lorosa nuova  di  questi  avvenimenti ,  facile  è 
r  immaginane  con  che  traspoi  ti  di  collera  e  di 
dolore  la  ricevesse,  mirando  in  un  tratto  sva- 
nite tante  sue  glorie ,  dissipato  1'  esercito  suo 
e  il  veneto  ,  ed  avere  ,  in  vece  di  prendere 
Fcriara  ,  perduta  Bologna ,  la   più  bella  e  ricca 

ML-nATORi.  Ann.  Fol.  XIV,  8 


I  l4  ANNAU    a'  ITALIA 

delie  sue  cillà  dopo  Roma.  Maggiormente  si 
alterò  egli  dipoi  all'  avviso  che  il  popolo  di 
Bologna  aveva  abbattuta  ,  e  con  iscbcrno  stra- 
scinata e  rotta  la  bellissima  statua  sua  ,  opera 
di  Michel  Agnolo  Buonaroti ,  che  era  costata 
cinque  mila  ducati  d'oro;  e  che  la  cittadella 
di  Bologna ,  benché  ampia  e  forte  ,  mal  prov- 
veduta ili  vettovaglie  e  di  munizioni  ,  s  era 
dopo  cinque  giorni  renduta  ,  ed  essere  poi  stala 
furiosamente  smantellata  tutta  da  i  Bolognesi.  A 
tali  disastri  un  altro  si  aggiunse  che  più  di 
tutto  gli  trafisse  il  cuore.  Era  corso  a  Bavenna 
il  cardinale  Alidosio  ,  ed  avea  rovesciata  sul 
duca  d'  Urbino  tutta  la  colpa  di  sì  giaii  pre- 
cipizio di  cose,  quando  v' era  gagliardo  sospetto 
che  fra  esso  porporato  e  i  Franzesi  passassero 
segrete  intelligenze ,  e  da  lui  fosse  proceduto 
il  male.  Capitato  colà  anche  il  duca ,  né  po- 
tendo ottenere  udienza  dallo  sdegnato  zio  ])a- 
pa  ,  e  intesone  il  perchè ,  talmente  s' inviperì 
centra  d' esso  cardinale ,  uomo  per  altro  di- 
pinto da  alcuni  come  pieno  di  malvagità  ,  che 
trovatolo  per  accidente  fuor  di  casa  ,  colle  sue 
mani  e  coli'  aiuto  de'  suoi  seguaci  spietatamente 
r  uccise  .sulla  strada,  e  poi  si  ritirò  ad  Ui bi- 
no. Avrebbe! o  lauti  accidenti  umiliato  ,  anzi 
abbattuto  il  cuor  d'  ognuno  ,  ma  non  già  quello 
di  papa  Giidio  ;  il  quale,  lasciata  riavcnua , 
passò  a  lìimini,  dove  .suo  mal  grado  cominciò 
a  prestare  orecchio  alle  jìroposizioni  di  jiace , 
ma  con  allontanars*  ne  ogni  dì  più  ,  a  misura 
di  (juigli  avvenimenti  che  aiula\ano  calmando 
la  sua  paura  ,  e  facendo  risorgere  le  sue 
speranze.    Tarlava  (gli    ordinariamente    più    da 


I 


ANNO    MDXI  I  I  3 

f  incitore  che  da  vinto.  E  quantunque  fosse  in 
questi  tempi  intimalo  un  concilio  ,  o  concilia- 
bolo ,  da  tenersi  in  Pisa  contra  di  lui  ,  col 
pretesto  di  rit")iiuare  la  Chiesa  nelle  membra 
e  no'  Capo  slesso,  proclamato  da  i  cardinali 
ribelli  per  incorreggibile;  pure  sembrava  che 
egli  non  se  ne  mettesse  gran  pensiero.  Si  ri- 
dusse poi  a  Roma ,  dove  processò  e  dichiarò 
decaduto  da  ogni  grado  il  nipote  duca  d'  Ur- 
bino :  gastigo  nondimeno  che  non  durò  se  non 
cinque  mesi  ,  dopo  i  quali  (  tanto  perorarono 
in  favor  d'  esso  duca  i  parz.iali ,  a  forza  di 
screditare  l' ucciso  cardinal  di  Pavia  )  se  ne 
tornò  il  duca  a  Roma  ,  rimesso  come  prima 
nella  grazia  ed  amore  del  papa. 

Tali  mutazioni  di  cose  servirono  ad  Alfonso 
duca  di  P'errara  ,  per  ricuperare  Lugo  e  tutte 
l'altre  sue  terre  di  Romagna  ,  e  poscia  Carpi  , 
con  farne  fuggire  Alberto  Pio,  che  ebbe  poco 
tempo  di  goderne  il  possesso.  Ricuperò  ancora 
il  Polesitje  di  Rovigo  ,  ed  avrebbe  anche  po- 
tuto riaver  Modena  ;  ma  di  più  non  osò  per 
riverenza  a  Massimiliano  Cesare  che  comandava 
in  questa  città ,  e  al  re  Cristianissimo  a  cui 
non  piaceva  di  dar  maggiore  molestia  al  poa- 
tellce.  Quanto  al  Trivulzio ,  da  che  egli  ebbe 
intesa  la  mente  del  re ,  lasciato  qualche  rinforzo 
di  gente  a  i  Bentivogli ,  s'  inviò  coli'  esercito 
franzese  alla  Concordia  ;  e  se  vogliam  credere 
all'  Anonimo  Padovano  ,  più  che  al  Guicciar- 
dino  ,  fu  in  questo  tempo,  e  non  già  prima, 
che  1'  espugnò.  Fu  presa  a  fo'va  d'  armi  quella 
terra  ,  e  ditta  a  sacco,  colla  murtc  di  quasi 
tutto  il  presidio    di  Irecenlo    fanti    che    ivi  si 


1  1 6  ANNALI    U'~  ITALIA 

trovarono  sotto  il  comando  del  suddetto  Al- 
berto Pio.  Il  che  fatto,  si  spinse  sotto  la  Mi- 
randola. Gian-Francesco  Pico,  non  vedendo  spe- 
ranza di  soccorso ,  e  sapendo  anche  d'  essere 
odialo  da  quel  popolo  ,  giudicò  meglio  di  ca- 
pitolare la  resa  ,  e  di  ritirarsi  dolenle  colla  sua 
famiglia  ed  avere  in  Toscana  ;  con  che  rientrò 
nella  Mirandola  la  contessa  Francesca  ,  figlia 
d'  esso  maresciallo  Trivulzio ,  con  Galeotto  suo 
figlio.  Attesero  da  lì  innanzi  i  Franzesi  alla 
guerra  contro  la  signoria  di  \'enezia ,  uniti 
con  gì'  imperiali  in  Verona.  Nel  mese  di  giu- 
gno dall'  armata  veneta  ,  che  era  a  Soave  e  a 
San  Bonifazio  ,  e  continuamente  infestava  il 
Veronese  ,  fu  spedilo  un  grosso  corpo  di  gente 
per  dare  il  guasto  alle  biade  già  mature.  Tre-- 
cento  lance  franzesi,  uscite  di  Verona,  ne  la- 
sciarono tornar  pochi  al  loro  campo.  Un  altro 
giorno  imperiali,  Franzesi  ed  Italiani  ,  in  nu- 
mero di  sedici  mila  persone  sotto  il  comando 
del  signor  della  Palissa  e  del  signor  di  Rossa 
Borgognone  ,  niaiciarono  verso  Soave.  Lucio 
Malvezzo  e  Andrea  Grilli,  messo  in  armi  l'e- 
sercito veneto  ,  aniniosameiilc  s'  aifioularono 
con  loro  a  Villanuova.  La  peggio  toccò  a  i  Vendi, 
i  quali  poi  si  ritirarono  a  Lunigo,  e  di  là  a 
Padova,  lasciando  aperta  la  strada  a' nemici  di 
venire  a  postarsi  a  Vicenza.  Passò  dipoi  1'  ar- 
mata de'  collegati  solto  Trivigi,  ma  lo  trovò 
ben  guardato.  Nel  tempo  stesso  calò  un  eser- 
cito tedesco,  comandalo  dal  duca  di  Brunsvich, 
nel  l'riidi  ,  stalo  fuuiia  campo  di  battaglia  e 
di  miserie.  S'  impadronì  di  Caslehuiovo  ,  Co- 
negliano,    Sacile,     Udine  ;    in     una    parola ,  dì 


ANSO    MDXI  117 

tutto  il  Friuli.  Qiiinili  passò  sotto  Gradisca  , 
una  delle  luiglioii  fortezze  d' Italia  ;  e  piantate 
le  batterìe,  per  viltà  de' soldati  che  erano  alla 
difesa  ,  furono  obbligati  gli  uli/.iali  veneti  a 
capitolar  la  resa  con  oneste  condizioni.  Ala  che  ? 
non  andò  molto  che  si  vide  cangiar  faccia  la 
fortuna.  Era  mancato  di  vita  Lucio  Malvezzo 
governatore  dell'  armata  veneta  ,  e  in  suo  luogo 
eletto  Gian-Paolo  Baglione  Perugino,  persona 
di  gran  credito  nella  milizia.  Questi  sapendo 
essere  Verona  restata  assai  smilza  di  presidio 
e  con  soli  fanti  ,  spedì  cinquecento  stradiotti  a 
cavallo  ,  che  si  diedero  ad  infestar  tutti  i  con- 
torni di  Verona  ;  così  che  quella  città  pareva 
assediata,  uè  potea  ricevere  vettovaglie.  Ve- 
nendo ancora  il  conte  di  Prosnich  Tedesco  da 
Marostica ,  per  andare  a  Trivigi  con  trecento 
cavalli ,  il  Baglione  spedì  centra  d'  essi  Giano 
Fregoso  e  il  conte  Guido  Rangone  con  ."^ecento 
cavalli.  La  battaglia  ne' contorni  di  Bassano  fu 
svantaggiosa  a  i  Veneti  sul  principio  ,  con  re- 
starvi prigioniere  il  Rangone,  che  senza  vo- 
lere o  potere  aspettar  il  compagno  avea  attac- 
cata la  zuffa.  Sopragiunto  pos-cia  il  Fregoso  , 
non  solo  ricuperò  i  prigioni,  ma  ruppe  affatto 
i  Tedeschi  ,  che  parte  da  i  vincitori ,  parte  da 
i  villani  furono  uccisi.  Quel  che  è  più ,  ve- 
nute le  pioggie,  rotte  le  strade  ,  non  potendo 
gli  eserciti  ricevere  vettovaglie,  si  ritirarono  i 
collegati  di  sotto  Trivigi  e  andarono  a  Verona 
Anclie  il  duca  di  Brunsvich  >>e  ne  tornò  iiì 
Germania.  La  loro  ritirata  servì  di  facilità  a  i 
Veneziani  per  ricuperar  l'infelice  Vicenza,  e 
lutto  il  Friuli,  a  risei-ya  di  Giadisca,   non  so 


IlS  ANNALI    d' ITALIA 

se    con    p'ù    loro    onore,    o    più  vergogna  di 
Massimiliano  Cesare. 

Gravemente   s'  infermò  in  Roma  papa  Giulio 
verso  la  metà  d"  agosto  ,  e  fece  sperare  a  molti 
e   temere  ad  altri  il  fine  di    sua    vita.  Né  pur 
questo  ricordo    dell'  umana    fragilità    bastò    ad 
introdurre  in  quel   feroce  animo    veri    desiderj 
di  pace,  benché     tanfo    v'inclinasse    il    re    di 
Francia  con  altri  potentati.    Appena    si  riebbe 
egli ,  che  tornò   a  i  soliti  maneggi  di  leghe  e  a 
i  preparamenti  di  guerra.  S'  era  dato  principio 
in  Pisa  all'immaginario    conciliabolo    centra  di 
lui.  Per  opporsegli ,  intimò    anch' egli  un  con- 
cilio generale    da    tenersi    nell'anno    prossimo 
nel  Lateraiio.  Tanto  poi   seppe  fare  l'indefesso 
pontefice ,  che    trasse    affatto    a'  suoi  voleri  in 
quest'  anno  Ferdinando  il  Cattolico,  re  d'Ara- 
gona e  delle    due    Sicilie  ,   ed    Alligo    Vili  re 
d'Inghilterra.  Veramente  il   primo  avca  mirato 
sempre  di  mal  occhio  le  nuove  conquiste  de  i 
Franzcsi   in  Italia;  e    da    che    ebbe  ricuperato 
ciò  che  a  lui  apparteneva  nel   regno    di  Napo- 
li ,  sospirava    ogni   di  una    ragione    o  pretesto 
per  levarsi   dalla   lega   di  Cambiai,    e  romperla 
col  re  di  Francia.  Siccome  principe  di  mirabil 
accortezza  ,    sapeva     per  lo    più   coprir  la  sua 
fina  politica  coi    mantello    della   religione.   Così 
fu  nella    presente  occasione.  Col  motivo  di  far 
guerra  a  i  Mori  in  Affrica,  ottenne  dal  papa  le 
decime  del    clero  ;  e  con   far  predicare     questa 
.santa  impresa  ,   ricavò  tanto  danaro  dalla   jiielà 
do'  suoi  popoli  ,    che   mise  insieme    una  buona 
armata  ,    la    <|uale    avca    poi    da     servire    con- 
tro i  Cristiani  ,  conio    ih;  tre  secoli  precedenti 


ANNO    MDXI  I  ig 

s' era  tante  altre  volte  praticato  non  senza 
disonore  della  religion  cristiana.  0  sia  ch'egli 
fosse  prima  d'accordo  col  papa  per  questo 
aimamenlo  ,  o  die  il  papa  il  tirasse  nel  suo 
pallilo  in  quest'anno;  cerio  è  che  fecero  lega 
insieme,  compremlendo  in  essa  i  Veneziani;  e 
questa  fu  solennemente  pubblicata  in  Roma 
nel  dì  quinto  d"  ottobre.  Indotto  a  ciò  si  mo- 
strava il  re  Cattolico  dal  suo  particolare  zelo 
di  reli;;ione  per  difendere  il  pipa ,  oppresso 
dall'  anni  franzesi  coli'  occupazion  di  Bologna  , 
e  con  lo  scismatico  concilio  di  Pisa.  Trasse  il 
papa  ,  sccome  poco  fa  dissi  ,  in  questa  lega 
anche  il  re  d'  Inghilterra;  e  si  legge  presso  il 
Rymer  (i)  e  presso  il  Du-Mont  (2)  lo  stru- 
mento d  unione  fra  esso  re  e  il  Cattolico  , 
stipulato  a  dì  20  di  dicemlire  dell'  anno  pre- 
sente prò  siiscipienda  Sanctae  Ronianae  Eccle- 
sine  Matris  nostrne  defensione  pemecessaria. 
Pertanto  avendo  Ferdinando  inviato  nel  regno 
di  Napoli  mille  e  ducento  lance ,  o  vogliam 
dire  uomini  d' armi ,  mille  cavalli  leggieri  e 
dieci  mila  fanti  ,  tutta  gente  di  singoiar  bra- 
vura e  fedeltà ,  pel  cui  mantenimento  s'  erano 
obbligati  il  pontefice  e  il  senato  veneto  di  pa- 
gare ogni  mese  quaranta  mila  ducati  d'oro, 
la  metà  per  cadauno  :  ordinò  che  questo  eser- 
cito ,  sotto  il  comando  di  don  Raimondo  di 
Cardona  viceré  di  Napoli ,  venisse  ad  unirsi  in 
Romagna  col  pontifizio  e  veneto  :  il  che  fu 
«seguito.    Ma    qui    non    finì    la    tela.    Furono 

(0  Rymer  Act.  Public. 

(2)  Du-Mont  Corp.  Diplojnatn 


I20  ANNALI    D    ITALIA 

di  nuovo  mossi  dal  danaro  del  papa  gli  Sviz- 
zeri contro  lo  Stato  di  Milano  ;  e  in  fatti  molte 
migliaia  d'  essi  sul  principio  di  novembre  ca- 
larono a  ^ arese,  col  concerto  che  l'armi  ve- 
nete e  del  papa  avrebbono  fatta  una  gagliaria 
diversione.  Portavano  lo  stendardo  sotto  il 
quale  nel  precedente  secolo  aveano  date  le 
memorabili  rotte  al  duca  di  Borgogna.  A  questo 
formidabil  segno  dovca  tremar  chicliessis.  Lo 
Storico  Padovano  scrive  che  nel  loro  generale 
stendarlo  a  lettere  d'  oro  era   scritto  :    domato- 

RES  PRINCIPVM.  AMATORES  IVSTITIAE.  DEFE^ISORES 
SANCTAE    ROMANAE    ECCLESLAE. 

Era  intanto  dichiarato  per  governator  di 
Milano ,  e  suo  luogotenente  generale  dal  re 
Cristianissimo,  Gastone  di  Fois  suo  nipote  , 
giovane  che  nell'  età  di  soli  ventidue  anni 
uguagliava  ,  se  non  superava  ,  in  senno  e  va- 
lore i  più  vecchi  e  sperimentati  capitani.  Poca 
gente  d'  armi  ,  poca  fanteria  aveva  egli  ;  e  in 
Milano  era  non  lieve  il  terrore  e  la  costerna- 
zione. Andò  Gastone  per  consiglio  del  Trivul- 
zio  a  postarsi  a  Saronno  con  quelle  forze  che 
])Otè  raunare.  Ed  essendosi  inoltrati  gli  Sviz- 
zeri a  Galerale ,  con  saccheggiar  e  bruciare 
ogni  cosa  ,  seguitaiono  il  viaggio  verso  Milano  , 
dove  s'andò  ritirando  Gastone,  o  pure  il  Tri- 
vulzio  ,  come  s' ha  dall'Anonimo  Padovano.  Il 
quale  aggiugne  che  seguirono  varj  combatti- 
menti colla  peggio  ora  de  gli  uni,  ora  de  gli 
altri.  Ma  non  osando  gli  Svizzeri  di  fare  alcun 
tentativo  contra  di  quella  gian  città  ,  piegarono 
verso  Cassano,  con  apj)aren/,a  di  voler  passare 
l'Adda.    Quand'   eccoli    a    tulio    lui     tempo   , 


ANNO     MUXI  121 

spedito  un  loro  iifiziale  a  Gastone ,  si  ofibrirono 
di  toinarsone  alle  lor  montagne ,  se  si  volea 
dar  loro  un  mese  di  paga..  Essendo  intanto 
arrivati  quattro  mila  fanti  italiani  a  Milano  , 
Gastone  allora  parlò  alto,  e  poco  esibì.  Da  lì 
a  poco  andarono  a  finir  le  miuaccie  di  quei 
Barbari  in  ritirarsi  al  loio  paese ,  lasciando 
per  la  seconda  volta  delusi  i  commessarj  del 
papa  e  de'  Veneziani,  che  erano  con  loro,  ed 
allegando  per  iscusa  che  non  correvano  le  pa- 
ghe ,  ed  aver  mancato  i  generali  del  papa  e 
de'  Veneziani  al  concerto  della  lor  venuta.  Cosi 
è  raccontato  questo  fatto  dal  Guicciardino  e 
dal!  autore  franzese  della  Lega  di  Cambra!.  Ma 
l'Anonimo  Padovano,  forse  meglio  informato 
di  questi  affari,  scrive  che  Gastone  col  danaro 
corruppe  il  capitano  Altosasso  ,  ed  alcuni  altri 
condottieri  svizzeri,  i  quali,  mosso  tumulto  nel- 
r  armata  ,  fecero  svanire  ogni  altro  disegno. 
Usciti  di  questo  pericoloso  imbroglio  i  Fran 
zesi ,  vennero  dipoi  a  prendere  il  quartiere  a 
Carpi,  alla  Mirandola,  a  San  Felice  e  al  Fi- 
nale ;  e  questo  perchè  gli  Spagnuoli  erano  già 
pervenuti  a  Forlì  ,  ed  uniti  coli'  esercito  pon- 
tifizio  minacciavano  l'assedio  di  Bologna.  Riu- 
scì in  quest'  anno  a  dì  tre  di  settembre  a  i  Fio- 
rentini ,  dopo  lungo  trattato  e  molte  minacele  . 
di  cavar  di  mano  de'Sanesi  la  terra  di  Mon- 
tepulciano. Di  grandi  istanze  fece  loro  il  re 
Lodovico,  perchè  uscissero  di  neutralità,  ed 
entrassero  in  lega  con  lui  ;  e  le  diuiande 
sue  erano  avvalorate  dal  Soderini  perpetuo 
gonfaloniere  di  quella  repubblica.  Tuttavia  pre- 
valse il  parere  de  i  più  di  non    mischiarsi  in 


122  ANSAU    U    ITALfA 

SÌ  arrabbiata  guerra.  Né  si  dee  tralasciare  che; 
fu  ilato  principio  in  Pisa  al  conciliabolo  de  i 
Franzesi;  ma  principio  ridicolo,  sì  poco  era  il 
numero  de'  concorrenti  ,  né  si  vedea  compa- 
rire alcuno  dalla  parte  di  Massimiliano  Cesare. 
Avca  papa  Giulio  colle  buone  tentato  più  vol- 
te ,  ma  sempre  inutilmente,  di  far  ravvedere 
fjue' pochi  sconsigliati  cardinali;  ma  allorché  si 
vide  forte  in  sella  per  le  lei^he,  delle  quali  s'è 
parlato  di  sopra,  nel  dì  24  d' ottobre  fulminò 
le  censure  conlra  di  loi'o ,  privandoli  del  cap- 
pello e  d'  ogni  altro  benefizio.  Non  sapea  di- 
gerire il  popolo  di  Pisa  di  tenere  in  sua  casa 
«n  sì  fallo  scandalo ,  e  brontolava  forte ,  e 
faca  temer  qualche  sollevazione.  Perciò  quei 
prelati  impetrarono  da  Firenze  di  poter  tenere 
una  guardia  di  Franzesi  ,  ma  mediocre  ,  per 
lor  sicurezza.  I  Franzesi  di  quel  tempo ,  per 
confcssion  d'  ognuno ,  erano  senza  disciplina , 
e  gravosi  anche  a  gli  amici  per  la  loro  arro- 
ganza ed  insolenza ,  massimamente  verso  le 
donne  ;  il  che  produsse  delle  risse  fra  loro  e 
i  Pisani,  ed  una  spezialmente  in  cui  restarono 
filili  il  signor  di  Lautrec  e  di  Sciatliglione , 
che  comandivano  quella  guardia.  11  perchè  quei 
cardinali  paventando  di  peggio  ,  giudicarono 
mei,'lio  di  ritirarsi  a  Milano,  aneli'  ivi  mal  ve- 
duti (la  quel  popolo  ,  ma  sostenuti  da  chi  po- 
lca farli  rispettare.  Un  grande  tremuolo  nel 
mese  di  marzo  del  presente  anno  recò  non 
lieve  danno  a  Venezia,  a  Padova,  al  Friuli  e 
a  molli  di  que'  conloriii. 


AKMO    MDXIl 


lad 


Anno  di  Cristo    i5i3.   Indizione  Xf^ . 
di  Giulio  li  papa   io. 
di  Massimhjano  re  de  Romani  20. 

Si  maravigliano  talvolta  alcuni  al  vedere  a  i 
dì  nostri  le  armate  campeggiare  in  tempo  di 
verno,  e  fare  assedj  e  battaglie ,  quasi  prodezze 
ignote  a  gli  antichi.  Ma  noi  ahbiam  veduto 
ciò  che  avvenne  nel  precedente  verno  •  ora 
vedremo  ciò  che  nel  presente.  Dappoiché  si  fu 
congiunto  1'  esercito  spagnuolo  ,  sotto  il  co- 
niando del  viceré  Raimondo  di  Cardona ,  col 
ponlifizio  ,  in  cui  era  legato  Giovanni  cardinale 
de'  Medici  ,  e  sotto  di  lui  Marcantonio  Colon- 
na :  messo  in  consulta  1'  andare  addosso  a  Fer- 
rara ,  o  pure  a  Bologna  ,  si  trovò  troppo  diffi- 
cile il  primo  disegno  ,  per  le  strade  rotte  e  pel 
rigore  della  stagione  ;  e  però  fu  presa  la  riso- 
luzione di  mettere  il  campo  a  Bologna ,  dove 
si  potea  meglio  campeggiare  ,  e  che  intanto  si 
proccurasse  1'  acquisto  della  bastia  o  sia  for- 
tezza che  il  duca  di  Ferrara  teneva  alla  Fossa 
Zaniola  ,  siccome  posto  di  grande  importanza 
per  andar  pici  a  Ferrara.  Colà  fu  inviato  verso 
il  fin  di  dicembre  dell'  anno  precedente  Pietro 
Navarro  ,  mastro  di  campo  ,  generale  della  fan- 
teria spagnuola  ,  uomo  di  gran  credito  nell'ar- 
mi. V'andò  egli  con  due  mila  fanti  (il  Bembo 
.scrive  nove  mila  )  e  con  un  buon  treno  d'  ar- 
tiglieria. L' Anonimo  Padovano  mette  per  ca- 
pitano di  questa  impresa  il  signor  Frauzotto 
Orsino.  Aggiugne  ancora    che    in    poche    ore , 


124  AWNALl     u'  ITALIA 

tolte  le  tlilese  a  gli  assediati ,  se  ne  impadro- 
nirono gli  Spagnuoli  a  forza  d'  armi.  Del  me- 
desimo tenore  parla  anche  lo  scrittore  della 
Lega  di  Cumbrai.  Ma  il  Guicciardino  e  il  Bembo 
dicono  che  dopo  tre  dì  di  resistenza  ,  Gasparo 
Shrdi  Ferrarese  dopo  cinque  giorni  ,  e  Fra  Paolo 
Carmelitano  dopo  dieci  dì,  ebbero  quella  piazza. 
Noti  può  certamente  sussistere  tanta  brevità  di 
tempo ,  perchè  convenne  battere  con  artighe- 
rie  le  mura  ,  e  ,  secondo  il  Bembo ,  vi  fu  for- 
mata e  fatta  giocare  una  mina  gravida  di  polve 
da  fuoco  :  cose  che  ricliieggono  tempo.  La  verità 
si  è  ,  che  dopo  fatta  la  breccia  o  colle  palle  da 
cannoni  ,  o  colla  mina,  fu  dato  1'  assalto,  che 
costò  non  poco  sangue  a  gli  aggressori ,  ed 
obbligò  il  valoroso  Vestidello  Pagano ,  coman- 
dante di  quella  fortezza  ,  con  que'  pochi  de  i 
suoi  che  erano  restati  in  vita,  a  rendersi,  salve 
le  persone  ,  nel  dì  ultimo  di  dicembre  del  pre- 
cedente anno.  Scrivono  alcuni  eh'  egli  fu  ucciso 
neir  ostinata  difesa  ;  ma  Gasparo  Sardi  e  1'  Ario- 
sto ,  che  megho  sapeano  i  l'atti  di  casa  loro  , 
ci  assicurano  ,  avere  que'  mancatori  di  fede 
tolta  a  lui  la  vita  dopo  la  resa,  in  vendetta  di 
un  loro  bravo  uOziaie  ])erito  con  taiil  altra 
gente  in  (piell' assedio.  Ecco  lo  parole  del- 
l'Ariosto (i)  : 

die  pnicitc!  in  lor  man  vinto  si  fu  messo 
Il  iniser  Vostidel  ,  lasso  e.  l'erilo , 
S1M17."  arnie  (u  Ira  fonto  spade  ucciso 
Dal  jiopol  la  più   parte  circonciso. 

Alfonso  duca  di  Ferrara,  a  cui  slava    forte  sul 
(i)  Ariosto  Canto  XLll, 


1 


ANNO  Mnxii  laS 

cuore  la  perdita  di  quel  rilevante  posto,  nel 
dì  i3  di  gennaio  di  quest'anno  colà  si  portò 
anch' egli  colla  gente  e  colle  artiglierie  occor- 
renti ,  e  seppe  cosi  destramente  e  valorosa- 
mente condurre  1'  impresa  ,  che  diroccato  il 
muro  frescamente  rifatto,  in  poche  ore  a  forza 
d'armi  ripigliò  quella  fortezza,  con  esscivi 
mandati  a  (ilo  di  spada  tutti  i  difensori.  Fu 
colpito  neir  assalto  lo  stesso  duca  nella  fronte 
da  una  pietra  mossa  dalle  artiglierie  con  tal 
empito  ,  che  rimase  tramortito  pivi  giorni.  La 
celata  gli  salvò  la  vita.  Papa  Giulio ,  uomo  fa- 
cilmente rotto  ed  iracondo,  scrisse  per  questo 
fatto  lettere  di  fuoco  a  i  suoi  capitani. 

Dopo  varj  consigli,  finalmente  nel  dì  26  di 
gennaio  colla  neve  in  terra  Y  eseicito  pontifìzio 
e  spagnuolo  imprese  l' assedio  di  Bologna ,  po- 
standosi verso  quella  città  dalla  parte  della 
Romagna  per  la  comodità  delle  vettovaglie. 
Piantate  le  hatterie  ,  si  diede  principio  alla  lor 
terribile  sinfonia  ;  si  formarono  gli  approcci ,  e 
già  erano  diroccate  cento  braccia  delle  mura  , 
e  vacillante  la  torre  della  porta  di  Santo  Ste- 
fano. Dentro  non  mancavano  ad  una  valorosa 
difesa  i  Bentivogli  con  chi  era  del  loro  parti- 
to ,  e  Odetto  di  Fois  ed  Ivo  d'  Allegre  capitani 
franzesi ,  che  con  due  mila  Tedeyclii  e  dueento 
lancia  rinforzavano  quel  presidio.  Erasi  per  dare 
r  assalto  alla  breccia ,  ma  si  volle  aspettar 
r  esito  di  una  mina ,  tirata  sotto  la  cappella 
della  Beata  Vergine  del  Baracane  nella  Strada 
Castiglione  da  Pietro  ISavarro.  Scoppiò  questa; 
e  niirabil  cosa  fu  che  la  cappella  fu  balzala  in 
aria  ,  e  tornò   a  ricadere  nel  medesimo  sito  di 


laS  Annali    d'  itaua 

prima  ,  con  restar  delusa  1'  espetlazion  de  gli 
Spagmioli ,  quivi  pronti  per  V  assalto.  Intanto 
Gastone  di  Fois ,  ridottosi  al  Finale  dì  Motle- 
na ,  andava  ammassando  le  sue  genti  ,  e  seco 
si  unì  il  duca  di  Ferrara  colle  sue.  Udito  il 
bisogno  de'  Bolognesi ,  spedì  loro  mille  fanti , 
e  poi  cento  cinquanta  lance ,  che  felicemente 
entrarono  nella  città  :  cosa  che  fece  credere  a 
i  nemici  eh'  egli  non  pensasse  a  passar  colà 
in  persona;  e  tanto  più  perchè  l'armata  ve- 
neta avea  spedito  di  là  dal  Mincio  un  grosso 
distaccamento  ,  e  si  temeva  di  Brescia.  Ma  il 
prode  Gastone  mosso  una  notte  1'  esercito  dal 
Finale ,  ad  onta  della  neve  e  de'  ghiacci ,  con 
esso  arrivò  a  Bologna  nel  dì  quinto  di  feb- 
braio ,  e  v'  entrò  per  la  porla  di  San  Felice  , 
sen'za  che  se  ne  avvedessero  i  neniici  :  il  che 
certo  parrà  inverisimile  a  più  ti'  uno  ,  e  pure 
Io  veggiamo  scritto  come  cosa  fuor  di  dubbio. 
Pensava  egli  di  uscir  tosto  addosso  a  gli  asse- 
diati ;  ma  deferendo  a  i  consigli  di  ciii  co- 
noscea  la  necessità  di  ristorar  la  gente  trojipo 
stanca  ,  intanto  preso  da  gli  Spagimoli  uno 
stradiotto,  rivelò  ad  essi  lo  stalo  presente  della 
città.  Di  pix'i  non  vi  volle  ,  perchè  1"  armata  de  i 
collegati  levasse  Ireltolosamonte  il  campo ,  e  si 
ritirasse  alla  volta  d' Imola.  Solamente  alcuni  ca- 
valli fianzcsi  ne  pi/.zicarono  la  coda  con  prendere 
qualche  bngiiglio.  Nella  Storia  del  (ÌMÌcciardino 
è  messa  la  ritirata  loro  nel  dì  if)  di  febbraio, 
ma  ciò  avveiMie  nrll;i  uoltt;  del  dì  sesto  aiite- 
ccdenlc  al  giorno  sci  timo.  Per  (piesto  avveni- 
mento si  dill'use  r  allegrezza  j)er  tutta  Bologna  ; 
quando  ccioli  arrivar  corrieii  con  delle  disgu- 
stose nuove  che  turbarono  tutta  lu  il'sta. 


ANNO    MDXIt  Ì2'J 

Avea  il  eoiile  Luii^i  Avoj^adio  nobile  bresciano 
con  altri  suoi  compatrioti  bene  afi'etti  alla  re- 
pubblica veriela  ,  e  stanchi  del  governo  fran- 
zese,  invitati  segretamente  i  \  eneziani  all'  acqui- 
sto eli  Uicscia  ,  promettendo  d'  introdurli  dentro 
per  la  porla  delle  Pile,  giacché  poco  presidio 
era  rimasto  in  quella  città.  A  questo  trattato 
avendo  accudito  il  senato  veneto  ,  Andrea  Grilli 
legato  della  loro  armata,  e  personaggio  di  gran 
coraggio,  con  trecento  uomini  d'armi,  mille 
e  trecento  cavalli  leggieri  e  mille  fanti  ,  par- 
tilo da  Soave  ,  andò  a  valicare  il  Mincio ,  ed 
unito  coU'Avogadro  si  presentò  davanti  a  Brescia. 
Ma  essendosi  scoperto  il  trattato  ,  e  presi  al- 
cuni de' congiurati ,  niun  movimento  si  fece 
nella  città.  11  Grilli  non  iscoraggilo  per  que- 
sto ,  giacché  giunsero  a  rinforzarlo  alcune  mi- 
gliaia di  villani ,  volle  tentar  colla  forza  ciò 
che  non  s'  eia  potuto  ottener  colia  frode.  Fu 
dato  nel  dì  tre  di  febbraio  da  più  parti  V  as- 
.salto  e  la  scalata  a  Brescia  ;  e  perciocché  final- 
mente sollevossi  il  popolo  gridando  ad  alte  voci 
Ma^'Co,  Marco,  il  signor  di  Liuia  comandante 
franzese  co'  suoi  e  co'  nobili  del  suo  s»  guilo  si 
ritirò  nel  castello.  Dato  fu  il  sacco  alle  case 
de'  nobili  fuggiti ,  e  a  quatilo  v'  era  de'  Fran- 
zesi  ;  e  stentò  assaissimo  il  Grilli  a  trattenere 
gì'  ingordi  soldati  e  villani  dal  far  peggio.  Sle- 
sasi questa  nuova  a  Bergamo,  anche  quella 
città  ,  a  riserva  del  castello  ,  alzò  le  bandiere 
di  San  Marco  :  segno  che  i  Franzesi  non  sa- 
peano  acquistarsi  1'  amore  de'  popoli.  Corse  bene 
il  Trivulzio  a  Bergamo  ,  ma  ritrovò  serrale  ivi 
le  porte  per  lui  j  però  si  ridusse  a  Crema  ,    e 


laS  ANNALI   D  ITALIA 

quella  città  preservò  dalla  ribellione.  In  Vene- 
zia per  tali  acquisti  si  fecero  per  tre  dì  ira- 
mense  allegrezze.  Intanto  a  Gastone  di  Fois 
giunsero,  1' un  dietro  l'altro,  corrieri  coli' av- 
viso della  perdita  di  Brescia  e  di  Bergamo.  Per 
sì  dolorosa  nuova  non  punto  sbigottito  il  ge- 
neroso principe ,  dopo  aver  lasciato  in  Bologna 
il  signor  della  Foglietta  con  quattrocento  lance 
e  secento  arcieri  ,  e  Federigo  da  BokzoIo  con 
quattro  mila  fanti ,  nel  lunedì  8  di  febbraio 
col  resto  della  sua  gente  s'  avviò  a  Cento.  Fu 
nel  dì  seguente  al  Bondeno  e  alla  Stellata.  Nel 
mercordi  passò  il  Po,  e  si  fermò  ad  Ostia. 
L'  altro  dì  passò  il  Tartaro  a  Nogara  ;  dove 
saputo  che  Gian-Paolo  Baglione  governatore 
dell'  armata  veneta  era  pervenuto  all'  isola  della 
Scala  con  trecento  lancio  e  mille  fanti  ,  scor- 
tando dodici  cannoni  da  batterìa  e  gran  copia 
di  munizioni  per  1'  espugnazione  del  castello 
di  Brescia,  subito  spinse  circa  mille  e  ducente 
cavalli  a  quella  volta.  Il  Baglione  avvertito  da  i 
contadini  ,  spronò  co'  suoi  il  più  che  potè. 
Giunsero  i  Franzesi  alla  Torre  del  Magnano 
addosso  al  conte  Guido  Kaiigone ,  che  mar- 
ciava con  altre  fuiterie  e  con  trecento  cavalli. 
Fatta  egli  lesta ,  cominciò  valorosamente  a  di- 
fertdersi;  ma  soprafatto  dalla  gente  che  di  mano 
in  mano  arrivava  ,  e  cadutogli  sotto  il  cavallo, 
rimase  egli  con  altri  non  pochi  prigione.  Sj 
coniarono  più  di  trecento  fanti  sul  campo 
estinti  ,  olire  a  i  prigionicii.  11  resto  si  salvò 
col  Baglione.  Questa  pugna  seguì  circa  le  quattro 
ore  della  notte  al  chiaro  della  neve  e  al  lume 
delle  stelle.  \  eunero  j)0Ì  i  vincitori  ad  alloggiare 


ANNO     MnXII  129 

in  varie  ville ,  dove  si  /rovo  aver  eglino  fatto 
quel  giorno ,  senza  mai  trarre  la  biiglia  a  i 
cavili  ti,  miglia  cinqitareta:  cosa  che  so  non 
sarÀ  credula:  ma  io  che  fui  presente  sul  fatto, 
ne  jnccio  vera  testimonianza.  Queste  soii  pa- 
lutp  (l"'H  Aiiomino  Padovano ,  la  cui  Storia  nia- 
nu-icritla  è  in  mio  potere. 

Somma  in  questo  mentre  fu  la  sollecitudine 
e  lo  sforzo  di  Andrea  Gritti ,  per  veder  pure 
se  poteva  espugnare  il  castello  di  Brescia  ;  uni 
schiere  assaissime  di  villani  armati;  dapertutlo 
accrebbe  le  forlilìcazioni  e  le  guardie,  ani- 
mando Sj)e7.ialinente  con  bella  orazione  il  po- 
polo alla  diL'sa,  e  con  rica\arne  per  risposta 
che  tulli  erano  pronti  a  mettere  la  vita  loro 
e  de' proprj  fio;liuoli,  e  quanto  aveano ,  più 
tosto  che  tornare  sotto  il  crudel  dominio  ol- 
tramontano. Nel  martedì  della  seguente  setti- 
mana giunse  Gastone  in  vicinanza  di  Brescia  , 
e  la  notte  introdusse  nel  castello  quattrocento 
lancie  (  con  rimandare  indietro  i  lor  cavalli  )  e 
tre  mila  fanti.  Fece  nel  dì  seguente  intimare 
al  popolo ,  che  se  non  si  rendevano  in  quel 
di ,  darebbe  la  città  a  sacco  ;  e  che  rendendo- 
si ,  otterrebbe  il  perdono  dal  re.  Altra  rispo- 
sta non  riportò  ,  se  non  che  si  voleano  diieii- 
dere  sino  alla  morte.  Attese  quella  notte  chi 
avea  giudizio  a  mettere  in  monistero  le  lor 
mogli  e  figliivole ,  e  a  seppellir  ori ,  argenti  e 
gioie  ,  dove  più  pensavano  che  fossero  sicuri. 
La  mattina  seguente  all'  apparir  del  giorno , 
che  fu  il  di  19  di  febbraio  ,  cioè  il  gioiedi 
grasso  deli'  anno  presente  ,  giorno  sempre  me- 
morando ,    scesero    dal    castello  i  Franzesi.    Si 

Muratori.  Ann.  f^ol.  XIV.  q 


l30  AKNAI.I    d'  ITAUA 

leggeva  ne  i  lor  volti    1'  impazienza  e  il  furors 
per  la  voglia  e  speranza  del  vagheggiato  botti- 
no. Battaglia  fiera     seguì  a   i  primi    ripari  ile  i 
\'eneziani.  Superati  questi  colla  morte  di  circa 
due  'mila    Veneti ,   entrarono    i    Franzesi    con 
grande  schiamazzo   nella  città  ,     e   ferocemente 
a«;salila   la    gente    d'  armi    che   era    alla    difesa 
della  piazza  ,    dopo    un    sanguinoso    combatti- 
mento la  mise  in   rotta.    Intanio    il    resto    del- 
l' armata    franzese    che    era    fuori    della    città , 
aspettando  che   s'  aprisse    qualche    porta ,  vide 
spalancarsi  quella  di   San  Nazaro  ,  per  cui  fug- 
giva con  ducente  cavalli  il  conte  Luigi  Avoga- 
dro,  promotore  di  quella  congiura.    Restò   egli 
prigione ,    ed    entrale    quelle  milizie  ,  linirooo 
d'  uccidere  ,  dissipare  e  far  prigioni  i  \  eneti  e 
Bresciani  armati ,  con  tante  grida  e  rumoie  ,  che 
parea  che  rovinasse  il  mondo.  Mirabili  cose  vi  fece 
Gastone  di  Fois  ,  non  solo  come  capitano,  ma 
come  ottimo  soldato.  Si  lece  conto  che  vi  mo- 
nssero  più  di  sei  mila  fra  cittadini  e  Venezia- 
ni ,  e  fia  gli  altri  Federigo  Contarino  capitano 
di  tulli   i  cavalli  leggieri  della    repubblica.    Ri- 
masero prigioni  Andrea  Gritli  legato  ,  Antonio 
Giustiniano  podestà,    Gian- Paolo  Manfrone  ed 
altri  assaissimi  uliziali.    De'  Franzesi    vi    mori- 
rono più  di   mille  persone.  Terminata  la  batta- 
glia ,  si  scatenarono  gli  arrabbiali  vincitori  per 
dare  il  sacco  a  quell'opulenta  ed  infelice  città. 
Dino  questo   (piasi    per    due     giorni  ,     ne'  quali 
non   si  può    dire    (pianta  fosse    la    crudeltà    di 
que'cani,  giacchi;  in  sì  falle  occasioni    gii   ar- 
mati non   san    più  d' essere  non  dirò  Cristiani, 
ma  né  pur   uomini  ,  e    peggiori    si    scuoprono 


ANNO    MDXII  l3l 

delle  fiere  stesse.  Non  contenti  de'  mobili  di 
qualche  prezzo ,  fecero  prigioni  tutti  i  bene- 
stanti cittadini ,  obbligandoli  con  tormenti  iim- 
diti  a  rivelar  le  robe  e  danari  ascosi ,  o  a  pa- 
gare delle  esorbitanti  taglie;  e  molti  per  non 
poterle  pagine  furono  trucidati.  Entrarono  an- 
che in  ogni  nionistero  di  religiosi,  e  tutto  il 
bene  ivi  ricoverato  restò  in  loro  preda.  Sul 
principio  ancora  del  sacco  non  pochi  scellerati 
soldati ,  senza  far  conto  del  divieto  fatto  dal 
generale  Gastone  .  forzarono  le  porte  di  alcuni 
conventi  di  sacre  vergini ,  commettendovi  cose 
da  non  dire.  Ma  avendone  esso  generale  fatti 
impiccare  non  so  quanti ,  provvide  alla  sicu- 
rezza di  que'  sacri  luoghi ,  dove  s'  erano  rifu- 
giate quasi  tutte  le  donne  bresciane.  La  sera 
finalmente  del  venerdì  uscì  bando,  sotto  pena 
della  vita  ,  che  cessasse  il  saccheggio  ,  e  che 
nel  dì  seguente  tutti  i  soldati  uscissero  di  cit- 
tà. Appena  udirono  sì  grande  scempio  i  Berga- 
maschi ,  che  nella  seguente  domenica  tornarono 
air  ubbidienza  de'  Franzesi ,  e  collo  sborso  di 
venti  mila  scudi  impetrarono  il  perdono.  L'Avo- 
gadro  ed  altii  autori  di  tanto  male  alla  loro 
patria  nel  dì  appresso  furono  decapitati  e  squar- 
tati ;  e  due  figli  del  primo  da  lì  ad  un  anno 
anch'  essi  ebbero  reciso  il  capo  in  Milano.  TuJ 
fine  ebbe  questa  lagrimevol  tragedia ,  che  fece 
incredibile  strepito  per  tutta  l'Europa. 

Intanto  papa  Giulio  più  che  mai  inviperito 
centra  del  re  di  Francia  ,  e  risoluto,  come  egli 
sempre  andava  dicendo  ,  di  voler  cacciare  i 
B.ubari  d' Italia  ,  senza  pensare  se  questo  fosse 
un  mestiere  da  sommo    Pastor  della  Chiesa  e 


I  3  5  AXNA.LI    n'  ITALIA 

\  Ilario  di  Cristo  ,  movea  cielo  e  lena  per  le- 
var" gli  amici  ad  esso  re  Cristianissimo,  e  per 
filargli  addosso  de  i  nemici.  Gii  riuscì  di  con- 
durre Massimiliano  Cesare  ad  una  tregua  di 
dieci  mesi  co'  Veneziani  ,  mediante  io  sborso 
di  cinquanta  mila  fiorini  renani,  e  in  fine  di 
staccarlo  alFallo  da  i  Franzesi.  Seppe  far  tan- 
to,  che  Arrigo  re  d'Inghilterra  si  diede  a  fare 
un  potente  preparamento  d'armi  per  muovere 
guerra  alla  Francia.  Ferdinando  il  Cattolico  , 
oltre  a  quella  che  faceva  in  Italia  ,  fu  incitato 
ancoia  a  cominciarne  un'  altra  a  i  Pirenei. 
Nuovi  e  gagliardi  maneggi  lece  parimente  il  pon- 
tefice col  danaro  e  con  altri  regali ,  per  tirar 
di  nuovo  gli  Svizzeri  conila  dello  Stato  di  Mi- 
lano. Vedeva  il  re  Lodovico  tutti  questi  brutti 
nuvoli  in  aria,  ed  intanto  a^ea  sulle  spalle  gli 
eserciti  ponlifizio  ,  vineto  e  spagnuolo ,  che 
maggior  apprensione  gli  recavano  per  gli  Slati 
d' Italia.  Perciò  inviò  ordine  a  (iasione  di  Fois 
di  tentar  la  loiluna  con  una  battaglia.  Gastone 
seulendosi  invitalo  al  suo  giuoco ,  e  sapendo 
da  ahra  [)arte  che  Bologna  si  trovava  conti- 
iiuanienle  iiilìstata  ,  e  come  bloccata  tlall'  armi 
del  papa  e  del  viceré  Cardona  ,  passò  a  Fer- 
rara per  concertare  col  duca  Allììiiso  quanto 
era  da  fare.  E  da  che  ebbe  ricevuto  un  rin- 
forzo ili  trecento  lancie  e  di  quattro  mila  fanti 
gitasconi  e  piciardi ,  e  cinque  mila  finti  te- 
deschi ,  condoni  da  Jacopo  e  Filippo  capi- 
tani (li  gran  nome  in  Cjeimania,  fece  la  rasse- 
gna dell'armala  sua,  che  si  ho\ò  ascendere  a 
lance  o  sa  uomini  d'arme  mille  e  ollocenlo, 
a  qiiallro    mila    arcieri  e  u    «edìci    luila  fanti. 


ANNO    MPXII  l33 

Nel  dì  26  (li  ra<ir/.o  nwsse  dal  Finale  di  Mo- 
dena r  armala  sua  verso  la  Romagna  ,  e  al 
luogo  di'l  Bentivoglio  seco  si  unì  Alfonso  duca 
di  Ferrara  colie  sue  truppe  ,  e  con  gran  copia 
d' artiglierie  e  munizioni.  A  questo  avviso  il 
cardinal  de"  Mcil^ci  legato  e  il  Cardoua  si  riti- 
rarono verso  la  montagna  di  Faenza  col  loro 
esercito,  consistente  in  mille  e  cinquecento 
lancie,  in  tre  mila  cavalli  leggieri  e  in  diciotlo 
mila  fanti.  Non  aveano  voglia  di  venire  alle 
mani,  perchè  sj)eravar)o  clie  tirando  in  lungo  la 
faccenda ,  calerejjbono  gli  Svizzeri  nello  Stato 
di  Milano ,  ed  unicamente  pensavano  a  diili- 
cultar  le  vettovaglie  al  campo  Franzese.  Giunto 
Gastone  a  Cotignola  ,  arrivarono  Oratori  di 
M.issini'liano  Cesare  ad  intimar  gl'avi  pene  a  i 
Tedeschi  militanti  al  soldo  del  re  Cristianissi- 
mo ;  ma  senza  frutto  ,  avenrlo  qne'  capitani  ri- 
sposto di  non  voler  mancare  alla  lor  fede.  Fu 
•  dunque  presi  le  risoluzione  nel  campo  fran- 
7,ese  di  marciare  alla  volta  di  Ravenna.  Per 
non  lasciarsi  alle  spalle  il  forte  e  ricco  ca- 
stello di  Russi  ,  giacché  arrogantemente  fu  ri- 
sposto da  gli  abitanti  all'  intimazione  di  rea- 
dersi ,  convenne  adoperar  le  artiglierie,  e  eoa 
nn  fiero  e  sanguinoso  assalto  impadronirsene. 
Vi  furono  tagliate  a  pezzi  (  se  vogliam  prestar 
f'de  all'Anonimo  Padovano  che  sembra  essere 
intervenuto  a  quel  macello  )  circa  mille  per- 
sone tra  soldati  e  terrazzani,  e  dato  un  orrido 
sacco  all'infelice  luogo.  Il  Gulcciardiuo  mollo 
meu  dice  de' morti.  Indi  passi)  1'  esercito  sol'o 
Ravenna  ,  alla  cui  difesa  dianzi  era  .stito  in- 
viato Marciuitonio  Colonna    con    cento  laacie. 


l34  ANNAM    d'  ITAI-TA 

ducente  cavalli  leggieri  e  mille  fanti.  Disposte  le 
sue  artiglierie,  cominciò  tosto  il  duca  di  Ferrara 
a  bersagliar  quelle  vecchie  mura  con  un  continuo 
tremnolo.  Formata  la  breccia ,  si  venne  al- 
l'assalto nel  venerdì  santo,  giorno  ben  santi- 
ficato da  qiiflla  gente  ;  e  durò  la  battaglia  per 
quattr'  ore  ,  sostenuta  con  tal  vigore  dal  Co- 
lonna ,  che  vi  perirono  fra  1'  una  e  1'  altra 
parte  da  mille  e  cinquecento  fanti  ,  la  maggior 
parte  Ilaliar)i  ,  e  vi  restò  malamenle  ferito 
Federigo  da  Bozzolo ,  valente  capitano  de'  Fran- 
zesi. 

A  questi  avvisi  il  viceré  Cardona  ,  non  vo- 
lendo lasciar  perdere  Ravenna ,  fu  necessitato 
a  muoversi  coli  armata  col  legata  ,  e  venne  a 
postarsi  in  un  forte  alloggiamento,  tre  miglia 
lungi  da  quella  città  ,  dove  si  afforzò  con  al- 
zar terra  e  cavar  fosse  fatte  a  mano  colla  mag- 
gior celerilà  possibile.  Trovavasi  il  general 
franzese  in  sommo  iml)roglio  ,  perchè  vedea  i 
nemici  ostinati  a  schivar  la  zufl'a  ;  e  intanto 
l'armata  sua  si  trovava  in  gran  disagio,  per- 
ch'erano cinque  giorni  ch«  gli  uomini  campa- 
vano di  solo  frumento  cotto  e  d'  acqua  ,  e  i 
cavalli  non  islavano  meglio  ,  perchè  cibali  an- 
ch'essi di  solo  frumento  e  di  poche  foglie  di 
salici  ;  sicché  era  necessario  o  \ilirarsi  ,  o  av- 
venturare gioitiala  campale.  Fu  preso  1'  ultimo 
partito  ,  e  lutto  il  sabbato  santo  fu  impiegalo 
a  ])repararsi  per  sì  oirida  danza.  La  maltina 
dunque  del  «lì  i  i  di  aj)rile  ,  eoirendo  la  mag- 
gior festa  dell' anno,  cioè  la  Hisurre/.ion  del 
Signore,  giorno  ci'lciiv.ito  con  lanla  di\o/,ionc 
Uà  tulio    il    Ciislianesimo  ,    ma    funestalo  ,da 


ANNO     MDXII  l35 

coloro  con  tanli  sdegni  e  sp;irgimenti  di  san- 
gue, l'esercito  franzcse  in  ordinanza  marciò 
contra  del  collegato.  Con  essi  Franzesi  era  il 
cardinale  San  Severino,  legato  del  conciliabolo 
di  Pisj ,  die  pareva  nn  san  Giorgio  ,  perchè 
armato  da  capo  a  piedi.  Prevalse  fra  gli  Spa- 
gnnoli  il  parere  di  Pietro  Navarro  ,  che  non 
s'avesse  ad  uscir  da' trincieramenli  ,  credendo 
egli  maggior  vantaggio  l'aspettar  di  pie  fermo 
il  nemico  dietro  a  i  ripari.  iMa  il  senno  del 
duca  di  Ferrara  tiovò  la  maniera  di  cacciarli 
fuor  della  tana  ;  perciocché  postate  le  batterie 
de'  suoi  grossi  cannoni  in  un  buon  sito ,  co- 
minciò con  tal  furia  a  percuotere  entro  le  lor 
trincee  i  collegati ,  che ,  per  attestato  dell'Ano- 
nimo Padovano  il  quale  diligentemente  descrive 
questo  gran  fatto  d' armi ,  vi  restarono  uccise 
circa  due  mila  persone  ,  e  più  di  cinquecento 
cavalli  sventrali.  Allora  i  capitani,  veggendo 
cosi  malmenata  la  lor  gente  senza  poter  fare 
resistenza,  chiesero  licenza  al  viceré  di  uscire 
a  battaglia.  Scrive  il  Guicciardino  che  fu  il  va- 
loroso Fabrizio  Colonna ,  che  annoiato  di  sì 
brutto  giuoco  ,  senza  dimandarne  la  permissio- 
ne, sboccò  fuor  de  i  ripari,  e  diede  principio 
alla  mischia  ,  seguitato  poi  dal  resto  dell'  ar- 
mata. Gareggiavano  in  bravura  questi  due  eser- 
citi. L' odio  delle  nazioni  ,  1'  amor  della  gloria  , 
la  necessità  infiammavano  il  cuor  d'ognuno. 
Però  terribUe  fu  il  combattimento,  e  una  gior- 
nata slmile  non  s'era  da  gran  tempo  veduta 
in  Italia.  AH'  istituto  mio  non  lice  il  descri- 
verne le  circostanze.  Però  basterà  di  dire  che 
andarono    in    rotta    i    Pontifizj    e    Spagnuoli, 


|36  ANXALI    T)'  ITALIA 

spezialmente  per  la  strage  che  ne  fecero  le  bom- 
barde del  duca  Alfonso ,  postate  a  i  loro  fian- 
cln  ;  confessando  il  Bembo  eh'  egli  con  questi 
bronzi  e  col  suo  stuolo  fu  ca<(ione  della  vit- 
toria m  g<an  parte.  Perderono  i  vinti  Intte  le 
loro  artiglierie  ,  e  buona  parte  delle  insegne  e 
dell'equipaggio  j  con  lasciar  morti  sul  campo 
otlocento  uomini  d'  armi  ,  mille  trecento  ca- 
valli leggieri  e  sette  mila  fanti  ,  e  con  restar 
prigionieri  il  cardinale  legalo ,  cioè  Giovanni 
de'  Medici  ,  il  marchese  di  Bitonto  ,  Ferdinando 
d'Avalos  marchese  di  Pescara  ,  allora  giovinet- 
to ,  che  poi  riuscì  capitano  di  gi'an  nome ,  il 
principe  di  Bisignano  ,  il  Carvajal  e  Pietro 
Navarro  Spagnuoli ,  con  altri  non  pochi  ufi- 
ziali.  11  prode  Fabrizio  Colonna  per  sua  buona 
ventura  restò  prigione  di  Alfonso  duca  di  Fer- 
rara ,  cioè  d' un  principe  che  gli  usò  tutte  le 
maggiori  finezze ,  né  volle  poi  riscatto  ,  sic- 
come vedremo.  Restarono  fra  i  morti  il  duca 
d'Alba  ,  il  conte  di  Montcbasso ,  il  Valraon- 
tonc  ed  altri  capitani.  Si  salvò  a  Cesena  il 
Cardona  ,  dove  attese  a  raccogliere  le  reliquie 
del   tanto  sminuito  e  sbandalo  esercito. 

Ma  se  piansero  per  la  lor  mala  sorte  i  col- 
legati ,  non  ebbero  già  occasion  di  .ridere  i 
Franztsi  ]ier  la  loro  vittoria.  Imperciocché, 
secondo  l'Anonimo  Padovano  die  mostra  da-, 
ver  avuta  buona  contezza  di  questa  sì  ?an- 
gin'nosa  giornata  ,  vi  periiono  settecento  no- 
mini d'armi,  ollocenlo  uttaiila  arcieri  e  nove 
mila  fanti  ,  e  Ira' principali  uliziali  loro  Ivo  d'Al- 
legre con  due  tigli  ,  aniendue  ciipilani  d"  ar- 
cieri ,  la  Grotta,   Villadura  ,  i  duo  capilaui  de  i 


ANNO   Mnxii  iS^ 

Tnlrsclii  Filippo  e  Jacob  ,  ed  altri  ch'io  tra- 
lascio. 11  signore  di  La  ut  ree  ,  carico  di  ferite, 
ritrovato  fra  i  morti  ,  e  poi  curato  in  Ferrara  , 
salvò  la  \ita.  Ccrtaineiito  è  uno  sbaglio  di  stampa 
il  dirsi  nella  Storia  del  Guicciardino  clie  tra 
J'  uno  e  r  altro  esercito  perirono  almeno  dieci 
mila  persone.  Tanto  il  Giovio  che  il  Moceni- 
go  ,  il  Bembo ,  il  Buonaccorsi ,  il  Nardi  ed  al- 
tri storici ,  mettono  almen  sedici  migliaia  di 
morti.  Ma  ciò  che  contrapesò  la  perdita  de  i 
collegati,  fu  la  morte  dello  stesso  generale 
Gaston  di  Fois.  A  questo  valoroso  principe , 
giovane  di  ventiquattr'  anni ,  dopo  aver  fatto 
delle  stupende  azioni  di  valore  e  di  saggia 
condotta  in  quello  spaventoso  combattimento  , 
parca  di  aver  fatto  nxdla  ,  se  non  inseguiva 
con  circa  mille  cavalli  im  corpo  di  tre  mila 
fanti  spagnuoli  che  ben  serrato  si  ritirava  dal 
camj)0.  Un  colpo  di  archibuso  il  colpi  in  que- 
sta azione  ,  per  cui  diede  fine  alla  sua  vita  e 
alle  sue  vittorie  ,  lasciando  una  perenne  me- 
moria del  suo  senno  e  coraggio,  e  una  ferma 
opinione  che  s'egli  fosse  sopravivulo,  avrebbe 
fatto  conquiste  e  maraviglie  maggiori.  Fu  poi 
portato  a  Milano  il  suo  corpo,  edivi  con  ese- 
quie magnifiche  e  in  sepolcro  nobilissimo  sep- 
pellito. Terminata  la  sanguinosa  battaglia,  Marco 
Antonio  Colonna  ,  dopo  aver  consigliato  i  Ra- 
vennati di  andar  la  mattina  per  tempo  ad  of- 
ferire la  città  a  i  vincitori ,  per  ottener  le  migliori 
condizioni  che  potessero  ,  si  ritirò  nella  cittadella. 
Poi  nella  mezza  notte,  lasciato  ivi  un  capitano 
con  cento  fanti ,  perchè  mancavano  le  prov- 
visioni ,  col  resto  de'  suoi  se  n'  andò  a  Rimini 


l33  ANNALI    d'  ITAUA 

Comparvero  sul  far  del  di  i  deputati  di  Ravenna 
al  campo  franzese  ;  ma  mentre  ivi  si  trattava 
della  capitolazione  ,  i  fanti  guasconi,  non  sazi 
del  bottino  fatto  il  dì  innanzi  ,  ed  avidi  di 
far  vendetta  di  tanti  de'  suoi  uccisi  nella  bat- 
tas^lia  ,  si  arrampicarono  per  la  breccia  delle 
mura  di  Ravenna,  e  facilmente  cacciati  quei 
pochi  cittadini  che  vi  erano  in  guardia ,  pene- 
trarono nella  città.  Dietro  loro  di  mano  in 
mano  entrò  il  resto  della  fanteria  ,  e  tutti  poi 
si  diedero  non  solamente  a  saccheggiar  le  ca- 
se ,  ma  anche  ad  uccidere  chiunque  scontra- 
vano per  le  strade  ,  senza  riguardo  a  sesso  od 
età.  Nmn  rispetto  si  ebbe  alle  chiese  e  alle 
cose  sacre  ;  e  il  barbarico  furore  d' alcuni  giunse 
ad  introdursi  in  un  monistero  di  sacre  vergi- 
ni ,  con  ivi  commettere  ogni  maggiore  eccesso. 
Tutto  era  urli  e  pianti.  Avvisato  di  tanto  dis- 
ordine il  signor  della  Palissa,  capo  prò  inte- 
rim dell'  armata  ,  corse  col  legato  e  con  altri 
capitani  all'infelice  città  ,  e  i  primi  suoi  passi 
furono  a  quel  monistero ,  e  quanti  vi  si  trova- 
rono deutro  (  erano  trentaqualtro),  li  fece  imme- 
diatamente impiccar  per  la  gola  alle  finestre. 
Questo  spettacolo  e  un  bando  generale  servì 
per  mettere  fine  al  saccheggio  ,  e  tutti  i  sol- 
dati uscirono  della  città.  Il  terrore  intanto  sparso 
per  tutta  la  Ronnc;Ma  cagion  fu  che  le  città  di 
Faenza  ,  Cervia,  Imola  ,  Cesena ,  Rimini  e  For- 
lì,  a  riserva  delle  rocche  ,  mini  lasserò  lo  chiavi 
al  campo  franzese  ,  pev  esentarsi  da  mali  mag- 
giori ;  e  la  cittadella  di  Il.iV(;nna  per  pochi 
dì  si  sostenne.  Fu  esibilo  al  duca  di  Fer- 
rara il    comando   dell'armata  Gallica;   ma  egli 


ANNO   MDXn  i39 

conoscendo  clie  qoiile  iiulisciplinala  ,  ortjogliosa 
e  bestiale  fosse  (jaella  ,  se  ne  scusò  con  bnona 
maniera.  E  tanlo  più  se  ne  astenne,  ppicliè 
come  principe  savio  già  prevedeva  clie  il  re 
Cristianissimo  con  tanti  minacciosi  venti  che 
erano  oltramoiiti  per  aria  ,  non  potrebbe  più 
atteiidere  .i  i^ii  afTari  d'Italia,  né  a  rinfoivar 
quella  troppo  iniievolita  armata.  Però  ritiratosi 
a  Ferrara,  cominciò  a  pensare  come  potesse 
salvar  se  stesso  nell  imminente  naufragio.  In 
fatti  la  famosa  vittoria  di  Ravenna  fu  l'ultima 
delle  glorie  franzesi  nella  presente  guerra  ,  e 
la  fortuna  voltò  loro  da  li  innanzi  le  spalle. 

Arrivata  che  fu  a  Roma  ,  dove  era  tornato 
il  pontefice  ,  la  gran  nuova  del  suddetto  fatto 
d'  armi  ,  non  si  può  dire  che  paura  e  scompi- 
glio ivi  nascesse.  Cominciarono  allora  più  che 
mai  i  saggi  porporati  a  tempestar  papa  Giulio, 
perchè  venisse  ad  una  pace;  ed  egli  colla  paura 
in  corpo  una  volta  tenne  delle  strette  pratiche 
per  essa  ,  e  massimamente  per  essersi  traspi- 
rato che  Prospero  Colonna,  Roberto  Orsino, 
Pietro  Margano  ed  altri  baroni  romani  medi- 
tavano delle  novità.  Ma  da  che  si  seppe  il 
netto  della  battaglia,  e  che  si  caro  era  costato 
a'  Fianzesi  il  loro  trionfo  ,  rinculò  ben  tosto, 
e  più  di  prima  si  confiM'mò  nella  brama  e 
speranza  di  cacciarli  d  Italia.  A  questa  risolu- 
zione maggiormente  ì'  accesero  i  sicuri  avvisi 
che  i  re  di  Spagna  e  d' Inghiltena  raoveano 
guerra  alla  Francia  ,  e  che  venti  mila  Svizzeri  , 
condotti  dal  cardinal  Sedunense  o  sia  di  Sion, 
co  i  danari  d'esso  papa  e  de' Veneziani ,  erano 
pronti  a  calare  in  Italia.  Venne  intanto  ordine 


t4o  ANXAt,I    d'  ITALIA 

dal  IT  Lodovico  al  signor  della  Palissa  ,  creato 
goveniator  di  Milano ,  di  ritirarsi  alla  d'fesa 
di  quello  Slato.  Tanto  fece  egli,  con  lasciar 
leggieri  presidj  in  Ravenna  e  Bologna.  Ma  da 
che  s'intese  mosso  1'  esercito  pontifizio  alla 
volta  della  Romagna  ,  Federigo  da  Bozzolo , 
lasciato  in  Ravenna,  abbandonata  quella  città, 
sen  venne  colia  poca  siia  gente  a  rinforzar  Bo- 
logna. Diede  papa  Giulio  principio  al  concilio 
Lateranense  nel  dì  3  di  maggio,  con  iscarso 
concorso  nondimeno  di  prelati;  ed  ivi  fuono 
dichiarati  nulli  tutti  gli  alti  del  ridicolo  con- 
cilaliolo  pisano.  S  il  principio  ancora  di  giu- 
gno pervennero  per  la  via  di  Trento  sul  Ve- 
ronese gli  Svizzeri  e  T.-deschi ,  e  alla  mostra 
furono  trovali  circa  diciotlo  mila  fanti  scelti. 
Con  loro  si  congiunse  1' esercito  de' Veneziani, 
consistente  in  mille  uomini  d'arme,  due  mille 
cavalli  leggieri  ,  sei  mila  fanti  e  gran  qiianlità 
d' arligliene.  Erasi  postato  il  signor  della  Pa- 
lissa a  \aleggio  presso  il  Mincio,  per  contra- 
star loro  il  passo.  Ma  sentendosi  troppo  de- 
buie di  forze ,  nel  dì  9  di  giugno  si  ritirò , 
ai)! laudo  verso  Ponte  Vico.  Sopravenuto  poi 
ordine  da  Massimiliano  Cesare,  già  dichiaralo 
nemico  de'  Fr.tiizesi  ,  che  richiamava  lutti  i 
fanti  tedeschi  che  erano  al  loro  soldo,  ([ualtro 
mila  d  essi  nel  nicdesimo  dì  se  ne  tornarono 
alle  lor  case  :  il  clic  fu  cagione  che  il  Palissa 
precipitosami-nli!  si  ricoverasse  a  Pizzighettone, 
e  passasse  l'Adda,  sempre  infestato  da  i  corri- 
dori dell'  esercito  collegato  ,  che  era  passato 
di  là  dal  Mincio,  (iraii  bisbiglio  e  movimento 
era  in  questi  tempi  per    tulle     le    città    dello 


ANNO    MDXn  l4l 

Stato  di  Milano  ,  a  cai^ioii  della  voce  sparsa 
che  Massitiiiliaiio  Sforza,  figlio  del  fu  Lodo- 
vico il  Moro  ,  avesse  a  !Ìac(|uistarne  il  domi- 
nio :  cosa  soimnaaieiìte  sospirata  da'  que'  popoli  , 
non  tanto  per  T  antica  divozione  verso  nuella 
casa  ,  e  per  desiderio  d'  avere  un  proprio  prin- 
cipe, quanto  ancora  perchè  i  Franzesi  d'al- 
lora mettevano  in  opera,  dovun([ue  coman- 
davano ,  1  arte  di  farsi  odiare.  Questo  in  fatti 
era  il  concordato  da  Massimiliano  re  de  Ro- 
mani col  papa.  Furono  i  primi  ad  arrendersi 
senza  contrasto  alcuno  i  Cremonesi  ,  ancorché 
la  cittadella  restasse  in  man  de'  Franzesi  ;  e 
nacque  lite  ,  olii  avesse  a  prenderne  il  pos- 
sesso, pretendendo  non  meno  i  \  eneziani  che 
il  commessa  rio  dello  Sforza  ,  assistito  da  Ce- 
sare ,  quella  città.  L'  ultimo  la  vinse  col  favore 
de  gli  Svizzeri,  guadagnati  da  un  regalo  di 
quaranta  o  cinquanta  mila  ducati  che  loro 
sborsò   il  popolo  di  Cremona. 

SeiTÌ  ad  accelerare  il  ])recip;zio  del  dominio 
franzese  in  Italia  la  guerra  nel  medesimo  tenq)0 
mossa  da  i  re  d'Aragona  e  d  Lighilterra  alla 
Francia  ;  per  cui  il  re  Luigi  trovaatlosi  mol'o 
imbrogliato ,  fu  costretto  a  richiam  ire  il  Pa- 
lissa  di  là  da'  monti ,  con  ordine  di  lasciar  ben 
guernite  le  cittadelle  più  forti.  Si  ritirò  dun- 
que il  Palissa  a  Pavia  ,  lasciate  guarnigioni  in 
Crema  e  Trezzo.  Anche  il  Trivulzio ,  scorgendo 
di  non  poter  tenere  la  città  di  .Milano  che  tu- 
multuava, parendo  a  que' cittadini  un' ora  mille 
anni  di  veder  lo  Sforza  rientrare  nella  signo- 
ria de'  suoi  maggiori ,  dopo  a\  er  ben  provve- 
duto il  castello  di  quella    città,    si    ridusse    a 


l42  ANNALI    d'  ITALIA 

Pavia  ;  perlochè  i  Milanesi  alzarono  'tosto  le 
bandiere  Sforzesche.  Altrettanto  fece  Lodi ,  al- 
lorché vi  si  appressò  l'  esercito  della  lega.  E 
Beigamo  si  diede  a  i  Veneziani.  Marciarono  i 
collegati  con  gran  fretta  a  Pavia  ,  per  non  la- 
sciare pigliar  fiato  a  i  Franzesi ,  che  s' erano 
fortificati  in  quella  città.  Ma  il  Palissa,  che 
già  scorgea  commosso  anche  quel  popolo  a  se- 
dizione, e  disperato  il  caso  di  sostenersi  lun- 
gamente, dapjjoichè  i  nemici  aveano  piantate 
le  bombarde  e  passato  anche  il  Ticino ,  al- 
l' improvviso  colle  artiglierie  e  bagaglio  uscì  di 
quella  città,  per  incamminarsi  alla  volta  d'Asti. 
Rottosi  il  ponte  di  legno  ,  che  era  sul  Grave- 
Ione  ,  al  primo  pezzo  d"  artiglieria  grossa  che 
volle  passare  ,  ne  restarono  di  qua  tagliati  faora 
tredici  altri  con  due  mila  fanti  tedeschi;  i  quali 
assaliti  da  gli  Svizzeri  fecero  una  nicmorabil 
difesa,  (inchè  vedendo  morta  la  metà  di  loro, 
e  perduta  ogni  speranza  d'aiuto,  pieni  di  le- 
nte si  gitlarono  disperatamente  nel  Ticino  per 
pas.sare  all'altra  riva,  dose  i  Franzesi  erano 
spettatori  della  crudel  battaglia  senza  loro  po- 
ter recare  aiuto.  Se  ne  allogarono  circa  du- 
cento.  Aveano  i  Franzesi  mollo  prima  in- 
vialo con  buona  scorta  il  legato  pontifìzio 
prigione,  cioè  Giovanni  cardinale  de'  Medici. 
AUorcliè  fu  egli  al  pas.so  del  Po  alla  Stella  ,  O 
pure  a  Bassignana ,  tolto  lii  di  mano  a'  Fran- 
zesi,  e  ridotto  in  luogo  di  sal\ amento.  Il  Guic- 
ciardino  di  (|u(slo  fallo  dà  l'onore  a  i  villani 
del  Cairo  ,  guadagnali  la  nolle  antecedente  da 
i  familiari  del  caitlinale.  L'  Anonimo  Padovano 
ne  fa  autore  il  marchese   P)ernabò    Malaspina; 


ANNO    MBXn  143 

e  il  Glovio  scrive  clie  fu  molto  prima  concer- 
tata la  sua  fuga  coli'  abbate  Bongallo  e  con  al- 
tii  suoi  amici.  Gravissimi  disagi  pali  poscia  il 
j cslo  dell'  armata  fianzese  ;  pure  continuò  il 
viaggio,  e  passò  l'Alpi ,  portando  seco  un  buon 
documento  a  i  principi  di  non  maltrattare  i 
popoli,  massimamente  quei  di  nuova  conijui- 
sta.  Certamente  1'  alterigia  loro  ,  l' aspro  go- 
verno e  il  licenzioso  procedere  colle  donne 
aveano  talmente  esacerbati  i  popoli  della  Lom- 
bardia ,  che  tutti  a  gara ,  subito  che  se  la  \  i- 
dero  bella,  si  sottrassero  al  loro  dominio,  anzi 
infierirono  contro  di  loro.  Appena  partito  da 
Milano  i4  Trivulzio,  quel  popolo  furiosamente 
si  diede  a  svenar  quanti  soklati  e  mercatanti 
franzesi  erano  rimasti  in  quella  città,  con  sac- 
cheggiarne le  case  e  botteghe.  V  ha  chi  scri- 
ve ,  averne  uccisi  circa  mille  e  cinquecento. 
Parimente  in  Como  ne  furono  scannati  non 
pochi  ;  e  nella  lor  fuga  verso  l' Alpi ,  con  tra 
di  essi  si  scatenarono  tutti  i  villani  del  paese, 
uccidendo  chiunque  alquanto  si  scostava  dal 
corpo  di  battaglia.  Intanto  Pavia  ,  Alessandria , 
Como  ,  Tortona  ed  altre  città  inalberarono  le 
bandiere  Sforzesche.  Il  marchese  di  Monferrato 
colle  sue  genti  entrò  in  Asti  e  in  Novara  ;  ma 
non  ebbe  la  fortezza  di  quest'  ultima  città.  In 
tanta  rivoluzion  di  cose  trovarono  maniera  i 
ministri  pontifizj  d'  indurre  i  Piacentini  e  Par- 
migiani a  darsi  alla  Chiesa  :  il  che  aprì  allora 
un  campo  di  doglianze  e  dispute  del  duca  di 
Milano  e  dell'  imperio  contro  il  papa  :  dispute 
ravvivate  poi  a'  giorni  nostri  ,  siccome  diremo 
a  suo  tempo.  Pretese  in  oltre  il  papa  che  Asti 


l44  ANNALI    d'  ITALIA 

dovesse  toccare  a  lui  ;  ma  non  gli  riuscì  di 
aver  quel  boccone.  Fu  ancora  spedito  dall'  eser- 
cito della  lega  Giano  Fregoso  con  mille  cavalli 
e  tre  mila  fanti  a  Geno. a;  alla  comparsa  de  i 
quali  si  ribellò  tutto  quel  popolo  ,  e  i  Fran- 
zesi  si  chiusero  nel  castelletto  e  nella  fortezza 
della  Lanterna.  Fu  esso  Fregoso  proclamato 
poco  appresso  doge  di  quella  repubblica. 

Mentre  sì  gran  tracollo  davano  in  Lombar- 
dia gli  affari  de'  Franzesi  ,  restando  solamente 
in  lor  potere  Brescia  ,  Crema  e  qualclie  for- 
tezza (i),  il  pontefice  ,  rannate  le  reliquie  del- 
l'esercito  disfatto  sotto  Ravenna,  colla  giunta 
di  quattro  altri  mila  fanti ,  spedì  sid  liue  di 
maggio  questa  armata  in  Romagna ,  per  cui 
tornarono  quetamente  alla  sua  ubbidienza  tutte 
quelle  città.  Ne  era  generale  Francesco  Maria 
duca  d'Urbino  suo  nipote ,  il  quale  intimò  poi 
la  resa  a  Bologna.  Vedendo  i  Bentivogli  dispe- 
rato il  caso ,  se  n'  andarono  chi  a  Mantova , 
chi  a  Ferrara  ;  e  la  città  di  Bulogua  nel  dì  io 
di  giugno  capitolò  col  duca ,  e  col  cardinal  Si- 
gismondo Gonzaga  legato ,  i  quali  poi  vi  fe- 
cero solenne  entrata  nella  douienica  seguente , 
i3  di  giu-no.  A\eva  intanto  Alfonso  duca  di 
Ferrara ,  per  mezzo  del  marchese  di  Mantova 
suo  cognato  ,  e  di  Fabrizio  Colonna  suo  pri- 
gione (  tiattato  nondimeno  non  come  tale,  ma 
come  suo  amico  )  fatti  varj  maneggi  per  rien- 
trare in  grazia  del  ponleli<'e,  ai  era  anche  ve- 
uuto  il  salvucoudotlo  per  lui  e  per  li  suoi  Stali. 

(i)  Paris  (li  Gr.Tisis.  Ciiiirciiiidino.  Buonaccowi.  Ano- 
nimo i'adovauo.  ISurdi ,  cii  ulUi. 


ANNO    MDXn  145 

In  vigore  di  questo ,  dopo  aver  egli  mnndato 
innanzi  il  Coioiiiia  ben  regalato  e  senza  taglia 
alcuna,  s'inviò  nei  dì  23  di  giugno  a  Roma, 
dove  giunto,  fu  assoluto  dalle  censure,  ed  am- 
messo al  bacio  del  piede  di  Sua  Santità.  Ma 
ciie  ?  I  principi  d' animo  grande  si  fan  gloria 
di  perdonare  a  i  supplicanti  nemici  ;  papa  Giu- 
lio al  contrario  parve  clie  si  facesse  gloria  fino 
di  mancar  di  fede.  Nel  mentre  che  Alfonso  era 
in  Roma  ,  il  duca  d'  Urbino  non  solamente  oc- 
cupò Cento  ,  la  Pieve  e  le  terre  della  Roma- 
gna spettanti  «^I  duca ,  ma  eziandio  inoltratosi 
a  Reg.;io ,  non  ostante  il  richiamo  del  \  itfurst 
governatore  cesareo  di  Modena  che  gì'  intimò , 
quella  essere  città  dell  imperio  ,  costrinse  i 
Reggiani  alla  resa.  Dopo  di  che  spogliò  il  duca 
anche  di  Carpi ,  Brescello ,  San  Felice  e  Finale. 
In  oltre  lo  stesso  papa  cominciò  a  pontare, 
volendo  che  esso  duca  gli  cedesse  il  ducalo  di 
Ferrara.  Perciò  Alfonso ,  che  non  si  sentiva 
voglia  di  far  questo  sacrifizio,  chiese  licenza  in 
vigore  del  salvocoiidoto  di  tornarsene  a  casa  j 
nò  la  potè  ottenere.  I  Colounesi  coli'  oratore 
spagfiuolo ,  che  aveva  anch'  egli  persuaso  ad  un 
principe  di  tanto  credito  il  portarsi  colà  ,  iti  a 
piegare  il  papa  di  questo,  non  ne  riportarono 
che  ingiurie  e  minaccie.  Poscia  si  penetrò  il 
disegno  di  papa  Giulio  di  ritenerlo  prigione. 
Allora  gli  onorati  signori  Colonnesi ,  cioè  Fa- 
brizio e  Marco  Antonio  ,  che  aveano  obbligata 
la  lor  fede  al  duca  ,  con  una  brigata  di  lor  gente, 
sforzata  la  porta  di  San  Giovanni  ,  il  cavarono 
di  Roma ,  e  salvo  il  condussero  a  Marino , 
da  dove  poi  dopo  tre  mesi  travestilo ,  con 
MuRATOiii.   Ann,  f^ol.  XI y.  io 


l46  ANSALI    d' ITALIA 

deliulere  tutte  le  spie  messe  fuori  dal  j)oiìtefice , 
felicemente  passò  a  Ferrara.  Se  queste  azioni 
facessero  onore  a  papa  Giulio  ;  sei  può  ciascuno 
immaj^inare. 

Restava  al  papa ,    inflessibile  nelle  sue    pas- 
sioni ,  di  gastigare  i  Fiorentini ,  e  spezialmente 
il  gonfaloniere  Pietro  Soderino  ,  perchè  avessero 
permesso  in  Pisa  il    conciliabolo    de'  Franzesi , 
e  dato  aiuto  di  gente  in    questa     guerra    al  re 
di    Francia  ,    tuttocbè    l'avessero    fatto    forzati 
dall'obljligo    delle  lor  precedenti  convenzioni, 
con  essersi  per  altro  mantenuti -neutrali:  della 
(|ual   neuìralilà  si   ebbero  poi    molto  a   pentire. 
Operò  dunque  colla  lega ,    che    il    Cardona  vi- 
ceré di  Napoli  coli' armi  spagnuole  entrasse  nel 
dominio  fiorentino  ,  e  rimettesse   in  casa  i  Me- 
dici ,   già  da  gran  tempo  banditi  da  quella  cit- 
tà. Mentre  i   Fiorentini   trattavano   d'  accordo  , 
gli  Sj)a^nuoIi  accampati  sotto    la  bella    e  ricca 
terra  di  Pialo,  non  sapendo  dove    trovar    vet- 
tovaglie, nel  (tì  3o  d' agosto  diedero  un  assalto 
a  quella  terra  ;  e  senza  che  quattio  mila  fanti 
ch'erano  ivi  di  presidio,  ma    tropj)o    vili,  fa- 
cessero menoma  resistenza,  vi  entrarono.  Com- 
misero costoro  in  udite  crudeltà,  maggiori  delle 
commesse  da   i  Franzesi  in  Brescia,    come    at- 
testa il  Giovio  ;   il  quale  aggiugne    ancora,  che 
cinque  mila  nomini  disarmati ,  parie   .soldati  e 
parte  terrazzani ,  Inrono  ivi   uccisi  dall'  inespli- 
cabil  bnilalità  de'  vincitori.    L'Anonimo    Pado- 
vano ne  scrive  anmiazzali   più  di   tre    mila.    11 
Guicciardino  dice  che  vi  moiirnno  più  di  due 
mila    persone,    e    che     il    cardinal    de'  iNIedici 
legalo    poulilizio  ,    messe    guardie    alla    chiesa 


ANNO    MDXII  147 

maggiore,  salvò  1'  onestà  ik'lle  donne,  quasi  tutte 
cola  rifuggito.  Ma  il  Nardi  e  d  Buonaccorsi , 
che  registravano  allora  sì  fieri  avvui)iinenti , 
asseriscono  che  non  fu  perdonato  riè  a  vergini 
sacre,  né  a  luoghi  sacri,  né  a' bambini  in  fa- 
sce. E  (juei  che  rimasero  in  vita ,  foioiio  tutti 
eccessivam-.inte  taglieggiati  ,  e  •  con  varj  tor- 
menti straziali ,  perchè  pagassero  ciò  che  non 
poteino.  Ed  ecco  dove  andavano  a  terminar 
le  strane  premure  di  un  pajia  per  cacciare  i  Bar- 
bari d' Italia  ,  cioè  con  una  medicina  peggiore 
affatto  del  male  :  il  che  nello  stesso  tempo  , 
oltre  alla  Toscana  ,  provò  la  Lombardia,  inon- 
data allora  da  gli  Svizzeri  ,  divenuti  formida- 
bili dajjcrtutto,  e  che  da  ogni  lato  esigevano  con- 
tribuzioni ,  e  nulla  potea  saziarli.  Nel  tornare 
al  loro  paese  occuparono  la  Valtellina  ,  Chia- 
venna  e  Locamo,  né  più  vollero  dimetterle. 
Nel  di  3i  d'  agosto  il  gonfaloniere  Soderiuo 
uscito  di  Fireiue,  si  ritirò  a  Raglisi.  I  Medici 
furono  rimessi  con  infinite  dimostrazioni  d'  al- 
legrezza in  città ,  e  riformarono  quel  reggimento 
a  modo  loro,  con  dover  pagare  i  Fiorentini 
al  re  de'  Hoinaui  e  al  Caivlona  più  di  cento 
quaranta  mila  ducati  d'  oro.  Restarono  poi 
sommamente  burlati  anche  i  Veneziani  dalla 
loro  lega  ,  chiamata  allora  la  Lega  Santa.  loa- 
perciocchè  riuscì  ben  loro  di  ricuperar  Crema 
per  trattato  segreto  che  fecero  con  Benedetto 
Crivello  ,  posto  da'  Franzesi  alla  guardia  di 
quella  terra  ,  il  quale  corrotto  con  danari,  per 
questo  tradimento  in  ben  ricompiMisato  da  essi 
Veneti  :  ma  non  andò  così  per  conio  di  Bre- 
scia, città,  alle  cui  passale  e    presenti  miserie 


1ZJ8  ANNALI    d'  ITALIA 

si  aggiunse  in  questi     tempi    anclie    la    peste , 
moreii^io  fin  conio  cinquanta  di  que'  cittadini  per 
giorno.  Ne  formò  T esercito  veneziano  l'assedio,  e 
cominciò  a  battere  colle  artiglierie  le  mura.  Quan- 
ti'ecco  gingnere   il  Cardona  co' suoi  Spagnuoli, 
ben  carichi  del  bottino  della  Toscana  ,  il  quale 
imbrogliò  tulte  le  loro  speranze.  Cominciò  esso 
vietare  a  pretendere  clic  non    solamente  quella 
città  si  avesse  a  rendere  a  lui ,  ma  ancbe  Bei- 
gamo    e    Crema ,    già    ritornate    all'  ubbidienza 
della  repubblica.  Erano  queste  pretensioni  chia- 
ramente contrarie  a  i  patti    della    lega.    Ma  di 
che  non  è  capace  la  smoderata  avidità  ed  am- 
bizione d' alcuni    principi  ?  Niun    freno    hanno 
per  essi  né  la    pul)blica    fede,    né  i  patti,  né 
i  giuramenti  ;  e  volesse,  Dio  che  non  ne  aves- 
simo veduto  ancor    noi  più  d'  un   esempio  a  i 
dì  nostri.  Aveano    già  gli    Svizzeri   e    gli    Spa- 
gnuoli molto  prima  cominciato    ad    usar   delle 
insolenze  contro    de'  Veneziani.  Le    accrehbeio 
sotto  Brescia,  la  qual  città     nel  dì    i3    di  no- 
vembie  con   molto  onorevoli  condizioni  fu  con- 
segnata dal  signor  d'Aubiguj'    al  viceré  Cardo- 
na. Costrinsero  ancora  essi  Spagnuoli  a  rendersi 
Pescliiera  ,  Lignago  ,   e    i  castelli    di    Trczzo  e 
di  Novara;  siccome  da   un'altra   parte  riuscì  a 
i  Genovesi  di   trar  con  danari  il  casletlctto  della 
lor  città  di  mano  del    castellano  franzese,  che 
poi  fu  squartato  vivo  in  Lione. 

l'ornato  che  fu  a'  ([uartieri  il  deluso  esercito 
veneto  ,  si  applicò  quel  saggio  senato  a  trattar 
di  |)ace  col  vescovo  (ìurgense ,  che  era  il  ple- 
nipolcrr/.iario  di  Massimiliano  Cesare  in  Italia. 
Volle  il  pajja  che    questo    negozialo  si  facesse 


ANNO     MDXII  l49 

in  Roma  ;  e  dettata  imperiosamente  la  capito- 
lazione ,  coinamlò  a  i  Veneziani    di    accettarla. 
Conteneva  essa  che  Verona  e  Vicenza  restassero 
a  Massnuiliano;  che  per  Padova  e  Trivigi  pa- 
gassero ad  cs.so  Cesare  trecento  libie  d'  oro    ogni 
anno  a  titolo  di  censo,  e  due  mila  e    cinquecento 
libre  d'oro    pel   privilegio;   e   per  le  terre  del 
Friuli  ne  fosse  poi  gin. lice  lo  st<'sso  papa  Co- 
iiolibero  allora  i  ^'eueziani    d'essere  maltrattati 
e  traditi  anche  da  questa    banda;  ed  ancorché 
si  trovassero  in  poco  buono  stato  per  li  monti 
d'  oro    spesi     in    questa     guerra  ,     pure  ,    non 
ostante  lo  sdegno  e  le  grida  di  esso  papa,  ge- 
nerosamente ricusaiono  di  consentire  a  sì  era- 
vosa  ed  inaspettala   pace  ,    con   darsi  piuttosto 
ad  intavolar  accordo  e  lega  col  re  di  Francia, 
siccome  diremo  ,  giacché  il  papa  in  una  nuova 
lega  fatta  con   Massimiliano  e   col  re    di    Ara- 
gona ne  av£a  esclusi  con  poco  buon  garbo  gli 
slessi  \eneti.   Nel  dì    i5  di    dicembre  arrivò   a 
Milano    Massimiliano    Sforza ,    dichiarato    duca 
da  Cesare  e  dalla    lega  ;  né    si  può  esprimere 
con  quanto  giubilo,  con  quante  feste  egli  fosse 
ricevuto    da  i    Milanesi ,    e    quanto    magnilìca 
fosse  l'entrata  sua  in    quella  nobil  clllà,  per- 
chè   accompagnalo    dal    cardinal    di    Sion,  dal 
vescovo  Gurgense  ,    da    Raimondo    di  Cardona 
viceré  ,  e    da    infinito     numero    di    capitani  e 
nobili  italiani,  tedeschi,    spaginioli    e    svizzeri. 
Anche  il  castello  di  Milano  ,    tenuto  da'  Fran- 
zesi  ,  intanto  andava   facendo  co' grossi  cainioni 
delle  salve  ,  d'allegrezza  non  già,   ma  di  dai' no 
a  i  Milanesi.  Rimase  nondimeno  il  povero  duca 
come  schiavo  de  gli  Sn  izzeri.  Né  si  dee  tacere  , 


l5o  ANNALI    d' ITALU 

che  assaltiilo  nell'anno  presente  il  re  Cri- 
stianissimo da  i  re  d  Aragona  e  d' Ingiiilterra  , 
lasciò  per  sua  negligenza  che  il  primo  ,  cioè 
Ferdinando  il  Caltolico  occupasse  la  Navarra  , 
togliendola  a  quel  re.  E  perchè  mancava  al- 
l'Aragonese un  legittimo  titolo  di  appropriarsi 
quel  picciolo  regno  ,  si  servì  d'  una  Bolla  di 
papa  Giulio  li,  che  avea  dichiarato  decaduto 
da  ogni  suo  diritto  chiunque  fosse  aderito  al 
conciliabolo  di  Pisa  ,  concedendo  a  ciascutio 
facultà  di  occupar  i  loro  Stati.  Questa  Bolla 
proccurata  dall'  accorto  re,  per  attestato  del 
Mariana  ,  tenuta  f'i  per  molto  tempo  segreta  , 
e  poi  sfoderata  al  bisogno.  Ma  non  so  io  se 
quel  re  avesse  creduta  tanta  autorità  ne'  papi 
da  donare  i  regni  allrui,  quando  mai  contra  di 
lui  fosse  stata  pronunziata  una  simil  sentenza. 
Maraviglia  fu  che  il  re  Luigi  ,  per  lo  sdegno 
che  nndri\a  contro  del  papa  ,  sì  pertinace  pro- 
motore della  di  lui  lovina ,  non  sì  lasciasse 
allora  trasportare  all'  eccesso  di  far  creare  un 
anli|)apa  nel  suo  regno.  Senza  dubbio  ne  fu 
assai  trattalo.  Probabilmente  non  il  timore  di 
Dio  ,  ma  quel  de  gli  uomini  ,  il  trattenne. 
Con  tali  e  tante  turbolenze  terminò  1'  anno 
presente. 

Alino  di  Cristo   i5i3.  Indizione  I. 
di  Leone  X  papa   i. 
di  Massimiliano  re  de  Romani  ai. 

Fra  tante  sue  sventure  non  avea  peran- 
che  Luigi  \n  re  di  Francia  dato  congedo  in 
suo    cuore    al    tiesiderio     e    alla    speranza    di 


ANWO    MPXni  IDI 

ricuperar  lo  Sl;ito  di  Milano ,  percliè  tuttavia  si 
conservavano  alla  divozione  di  lui  i  castelli  di 
Milano  e  di  Cremona  ,  e  la  Lanterna  o  sia  il 
Finale  di  Genova.  ^  arj  negoziali  perciò  fece 
dinante  questo  verno  co  i  potentati  nemici  per 
pacificarli ,  o  per  rompere  la  loro  unione.  Nulla 
potè  ottenere  da'l'  Inghilterra  ,  meno  dal  papa 
e  da  Massimiliano.  Per  quanti  progetti  facesse 
a  gli  Svizzeri,  costoro  insuperbiti  mirando  d' alto 
in  basso  gli  sii  ssi  monarchi ,  non  volendo  ab- 
bandonare la  vigna  che  loro  molto  bene  frut- 
tava,, e  credendo  oramai  di  poter  dar  legge  ad 
ognuno,  saldi  stettero  in  sostenere  lo  Sforza. 
Unicamente  riusci  ad  esso  re  di  stabilire  la 
tregua  d'  un  anno  col  re  Cattolico ,  ma  sola- 
mente per  lì  confini  dell'  Alpi  coli'  Aragona.  Per 
consiglio  ancora  di  Gian-Jacopo  Trivulzio  si 
rivolse  a  i  Veneziani  ,  non  essendogli  ignoto , 
quanto  amareggialo  giustamente  fosse  quel  se- 
nato pe  tradimento  usatogli  dalla  lega  e  dal 
papa ,  e  perchè  Massimiliano  nell'  investitura 
fiata  allo  Sfoiza  avea  compresa  anche  Brescia , 
Bergamo  e  Crema.  In  fatti  dopo  molti  dibatti- 
Tuenti  nel  di  i3  (  altri  dicono  nel  dì  24  )  di 
marzo  dell'anno  presente  fu  conclusa  una  lega 
ilifensiva  ed  offensiva  fra  esso  re  Lodovico  e  la 
repubblica  veneta  ,  con  obbligarsi  questa  a  man- 
tenere mille  e  ducenlo  lancie ,  ed  otto  mila 
fanti  in  aiuto  del  re;  e  che  Bergamo ,  Brescia , 
Cremona  e  la  Gliiaradadda  dovessero  tornare 
sotto  la  signoria  di  Venezia.  Andrea  Gritti  pri- 
gione in  Francia,  riavuta  la  libertà  ,  fu  desti- 
nato a  sottoscrivere  questo  accordo ,  per  cui 
s' avea    a    vedere    una    scena    nuova    in  jltalia. 


j52  annali    D    ITALIA 

Intanto  le  prosperila  dell'  anno  precedente  accen- 
devano r  animo  di  papa  Giulio  a  disegni  mag- 
giori ,  coir  essersi  messo  in  capo  di  regolare  a 
talenlo  suo  1'  Italia  tutta,  per  non  dire  tutti  i 
principi  della  Cristianità.  Già  avea  stesa  una 
Bolla  terribile  contra  del  re  di  Francia ,  pri- 
vandolo del  titolo  di  Re,  e  concedendo  quel 
regno  a  chiunque  1' occupasse ,  con  attizzar  più 
che  mai  il  re  d'  Inghilterra  Arrigo  contra  del- 
l' altro.  Avea  segretamente  comperata  da  Mas- 
similiano Cesare  per  trenta  mila  ducati  d'  oro 
la  città  di  Siena,  a  fin  di  darla  al  nipote  duca 
di  Urbino.  Sdeqnato  col  cardinal  de' Medici, 
pensava  ad  alterar  di  nuovo  lo  Stato  di  Fi- 
renze ;  minacciava  i  Lucchesi ,  e  volea  mettere 
in  Genova  per  doge  Ottaviano  Fregoso ,  con 
cacciarne  Giano.  E  percioccliò  egli  frequente- 
mente avea  in  bocca  di  voler  liberare  l'Italia 
da  i  Barbari ,  anzi  gradiva  il  titolo  di  Libera- 
tore, come  se  già  avesse  terminata  sì  grande 
opera  ,  per  attestato  del  Giovio  nella  Vita  di 
Alfonso  duca  di  Ferrara ,  il  cardinal  Grimani 
gli  disse  un  dì  che  restava  pur  tuttavia  sotto 
il  giogo  il  regno  di  Napoli.  Allora  Giulio  crol- 
lando il  bastone  su  cui  s' appoggiava ,  e  fre- 
mendo ,  con  ira  disse  che  in  bre\  e  ,  se  il  cielo 
altro  non  disponeva,  i  Napoletani  avrebbono 
un  altro  padione.  Ma  il  principale  sfìigo  dello 
sdegno  pontilizio  avea  da  essere  nella  piima- 
Vera  contra  del  duca  di  Ferrara,  il  quale  ab- 
Iiaiidonalo  da  tutti  ,  pensò  in  questo  frattejupo 
di  prepaiarsi  a  morire  glorioso,  col  line  ogni 
possibii  difesa.  Stiibilì  una  tregua  co  i  \ene- 
ziani ,    fbitilicò    Ferrara,    prese    al    suo    soldo 


ANNO    MDXin  l53 

Federigo  Gonzaga  signor  di  Bozzolo  con  due  mila 
fanti  italiani  ,  e  il  capitan  Cala|)pini  con  altri 
due  mila  fanti  tedeschi,  i  quali,  quantunque 
il  papa  facesse  comandar  loro  dall'  imperado- 
re  ,  come  a  vassalli  suoi ,  di  ritornarsene  ,  pur 
vollero  osservar  la  lisde  data  al  du(». 

Era  immerso  in  questi  gran  pensieri  di  mondo 
papa  Giulio  II  ,  pensieri  confacevoli  tutti  al  fe- 
roce suo  animo  e  genio  guerriero,  quando  venne 
Dio  a  chiamarlo  a  i  conti  in  tempo  eh'  egli 
forse  non  si  aspettava.  Dopo  alcuni  giorni  di 
malattia ,  ne'  quali  conservò  sempre  il  giudizio 
consueto ,  e  quella  severità  a  cui  ninno  del 
sacro  collegio  osò  in  addietro  di  contradire  , 
dopo  aver  divot amente  ricevuti  i  sacramenti 
della  Chiesa,  nella  notte  del  dì  a o  di  febbraio, 
venendo  il  giorno  21,  spirò  l'anima  sua.  Ho 
io  chi  scrive,  ch'egli  sull'ultimo  cadde  in  de- 
lirio ,  e  andava  gridando  :  Fuori  d  Italia  Fran- 
sesi:  Fuor-i  alfonso  d  Este.  Ma  ha  maggior 
fondamento  chi  scrisse  ,  esser  egli  stato  esente 
dalla  frenesia.  Scrivono  gli  storici  veneti  che 
alla  di  lui  morte  cooperò  la  rabbia,  per  avere 
inteso  il  trattato  di  lega  che  si  manipolava  fra 
il  re  di  Francia  e  la  loro  repubblica,  e  per 
conoscere  d' essere  in  odio  a  tutti  i  cardinali 
per  li  suoi  marziali  disegni.  Ma  queste  verisi- 
milmente  non  furono  che  immaginazioni.  Quel 
che  è  certo,  questo  pontefice  comparve  a  gli 
occhi  del  mondo  principe  d' animo  invitto , 
impetuoso,  e  pieno  non  men  di  smisurati  di- 
segni che  di  spirito  di  vendetta  ,  e  benemerito 
assai  della  Chiesa  Romana  pel  temporale.  Qual 
poscia    egli    comparisse    a    gli    occhi    di    Dio , 


l54  AXSALl   d'  itaua 

coli' aver  suscitate  (ante  guerre  per  la  Cristiani- 
tà, il)  vece  (li  promuovere  qual  padre  comune  la 
pace ,  avendola  tante  volte  avuta  in  sua  mano, 
e  coir  avere  impiegate  le  sostanze  della  Chiesa, 
ed  abusalo  anche  della  religione  in  tanti  seco- 
lareschi ir,;iegni  :  a  noi  non  tocca  di  deciderlo. 
Tuttavia  r  autor  franzese  della  Lega  di  Cam- 
brai  non  lascia  di  riflettere  che  tanti  disordi- 
ni, cagionati  da  questo  pur  troppo  bellicoso 
pnnloUce,  troppo  influirono  a  scemar  la  vene- 
razione dovuta  al  sommo  grado  de  i  successori 
di  S.  Pietro ,  e  a  far  nascere  il  deplorabile 
scisma  di'  popoli  settentrionali ,  siccome  fra 
pochi  anni  avvenne.  Clic  s'egli  acquistò  fama 
di  grand' uomo,  ciò  fu,  secondo  il  Guicciar- 
dino,  pi-esso  colm-o  i  quali,  essendo  perdiUi  i 
ve/'i  \>ocnl)oU  delle  cose ,  e  con'usa  la  dislirt- 
zion  del  pesai-le  rettamente ,  giudicano  che  sia 
più  n/izio  de'  pontefici  V  ag'g'ugnere  coli'  armi 
e  col  sangue  de  Cristiani  imperio  alla  Sedia 
apostolica ,  che  l  affaticarsi  coli'  esempio  buono 
delia  vita ,  e  col  correggere  e  niedii  are  i  co- 
stumi trascorsi  per  la  salute  di  quelle  anime 
per  le  quali  si  magnificano ,  che  Cristo  gli  ab- 
bia cost'tuiti  in  terra,  suoi  Ficar-j.  Per  altro  lìi 
i,mo  de'  suoi  pieg'  1'  essersi  aslrnuto  da  gli  ec- 
cessi nel!'  amor  del  suo  sangue ,  da  ('ui  non  si 
guardarono  altri  papi  di  qucsli  teuipi  ,  avendo 
egh  solamente  ollenulo  da  i  cardinali  sul  lui 
della  vita  che  Pesaro  fosse  dato  iti  vicariato  al 
duca  d'Urbino  suo  nipote.  Alle  forti  istanze 
ancora  di  Madonna  l'elice  sua  figlia  ,  mo^jlie  di 
Giovan-Ciordauo  Orsino,  la  (juaic;  desiderava 
il  cappello  cardinalizio  per  Guido  da  Monlefalco 


ANNO    MDXni  l55 

SUO  fialello  uterino ,  rispose  apertamente  die 
non  era  persona  degna  di  quel  grado.  A  que- 
sto ponteiice  ancora  si  dee  il  principio  della 
nuova  basilica  Vatirana  ,  una  delle  maraviglie 
del  mondo,  con  altre  belle  fabbriche  entro  e 
fuori  di  Roma.  Secondo  il  Ciaconio  ,  fu  egli  il 
primo  de'  papi  die  cominciò  a  porlar  barba 
lunga,  per  opinione  che  da  questo  sehatico  e 
vano  ornamento  avesse  a  venir  più  riverenza 
a  chi  per  tanti  massicci  titoli  ne  è  sì  degno. 
Ma  die  andie  gli  ecclesiastici  e  i  papi  portas- 
sero barba  negli  antichi  tempi ,  è  fuor  di  dub- 
bio. La  morte  di  questo  pontefice  non  alterò 
punto  la  quiete  di  Roma.  Solamente  in  Lom- 
bardia accadde  qualche  mutazione ,  perchè  il 
Gardena  viceré  di  Napoli,  tutta\  ia  esistente  in 
Milano,  corse  a  Piacenza  e  Parma,  costrin- 
gendo que'  popoli  a  rimettersi  sotto  il  domi- 
nio del  duca  di  Milano,  come  spettanti  a  quel 
ducato;  e  il  duca  di  Feirara  ricuperò  Cento, 
Lugo  ,  Bagnacavallo  e  1'  altre  sue  terre  di  Ro- 
magna ;  ma  non  già  la  città  di  Reggio  ,  perchè 
ito  colle  sue  genti  colà ,  niun  movimento  si 
fece  da  que'  cittadini  in  suo  favore. 

A[)ertosi  poi  in  Roma  il  conclave ,  in  poco 
tempo,  per  opera  spezialmente  de' cardinali  gio- 
vani ,  fii  eletto  papa  Giovanni  cardinale ,  fi- 
gliuolo del  fu  rinomato  Lorenzo  della  celebre 
casa  de'  Medici ,  non  senza  maraviglia  del  po- 
polo ,  che  vide  posto  nella  cattedra  di  San  Pie- 
tro chi  non  avea  se  non  trentaselte  anni  :  del 
che  per  tanti  armi  addietro  non  v'era  esempio. 
Prese  egli  il  nome  di  Leone  X.  Universalmente 
renne  applaudita  sì  inaspettata  elezione ,  perchè 


i56  kyykì.i  n  Italia 

questo  personaggio  non  avea  maccliie  ne'  pre- 
cedenti suoi  costumi;  era  di  genio  dolce,  libe- 
rale e  magnifico  ,  letterato  ed  anaante  della 
letteratura.  In  fatti  non  uscito  peranche  dal 
conclave  ,  prese  per  segretarj  delle  sue  lettere 
Pietro  Bembo  e  Jacopo  Sadoleto ,  scrittori  di 
raro  merito,  e  col  tempo  cardinali  insigni. 
Perciò  si  fisjnrò  la  gente  in  lui  il  rovescio  del 
poc'  anzi  defunto  papa  Giulio  II ,  cioè  un  pon- 
tefice che  metterebbe  le  sue  delizie  nel  godi- 
mento della  pace,  e  farebbe  godere  ad  ognuno 
un  soave  governo.  Se  in  tutto  l' indovinassero, 
ce  ne  accorgeremo.  Diede  egli  principio  al  suo 
reggimento  colla  mansuetudine  e  con  rara  ma- 
gnificenza nel  dì  della  sua  coronazione  ,  che 
fu  il  giorno  1 1  d'  aprile  ,  perchè  fu  eseguita 
con  incredibil  pompa,  talmente  che  non  v' era 
memoria  di  solennità  simile  a  questa.  Accon- 
sentì che  v'  intervenisse  Alfonso  duca  di  Fer- 
rara ,  il  quale  in  abito  ducale  portò  il  gonfa- 
lon  della  Chiesa.  Vi  furono  eziandio  i  duchi 
d'  Urbino  e  di  Camerino  ,  ed  un  concorso  in- 
numerabile di  nobiltà.  Cento  mila  ducati  d  oro 
(  se  n'  erano  tro\ati  trecento  mila  in  Castello 
Sant'  Angelo  )  costò  quella  funzione  ,  che  non 
riportò  appliuso  da  i  saggi,  i  quali  avrebbono 
desiderato  che  un  romano  pontefice,  in  vece  di 
profondere  i  tesori  in  pompe  secolaresche,  si  fosse 
applicalo  alla  correzion  de'  costumi  delia  sacra  sua 
corte:  difollo  che  |)ur  lro|>po  prò  lus.'*e  de  i  la- 
gi'imevoli  sconcerti  sotto  ([uesto  medesimo  papa. 
Nulla  si  fece  di  questo;  an/j  Koma  divenne 
l'empoiio  dell  "allegria  ,  del  lusso,  de'solazzie 
banchetti  ,  più  di  quel    che    fosse   mai    stala  : 


ANNO    MDXIIT  iSy 

laonde  sempre  più  crebbe  la  dissolutezza  e  li- 
cenza con  f^rave  danno  della  disciplina  eccle- 
siastica. Si  mostrò  su  i  princij  j  papa  Leone 
neutrale  ed  irresoluto  ne  i  torjjidi  d'  Italia  , 
giaccliè  si  udivano  i  preparamenti  de'Frauzesi 
per  tornare  in  Italia ,  ed  altrettanto  farsi  dai 
Veneziani  collegati  con  essi ,  per  ricuperare  le 
città  perdute  :  al  qual  fine  crearono  lor  capitan 
generale  Bartolomeo  d' /Viviano,  capitano  di  siu- 
golar  valore  e  sperienza,  già  per  onorifica  ado- 
zione decoralo  del  cognome  della  casa  Orsina. 
Era  questi  stato  condotto  prigione  in  Francia; 
e  rilasciato  ora  in  virtù  della  lega,  seppe  così 
ben  giustificare  o  col  vero  o  col  falso  la  con- 
dotta sua  nella  b.ittnglia  di  Gbiaradadda ,  ri- 
fondendone tutta  la  colpa  sul  Pitigliano ,  clie 
tornò  in  grazia  drl  senato  veneto.  Si  prevalse 
il  papa  di  questi  rumori  per  far  paura  a  Mas- 
similiano duca  di  Milano,  tanto  che  ottenne 
di  ricavar  dalle  sue  mani  Parma  e  Piacenza.  Il 
che  fiitto  ,  non  piacendo  ad  esso  pontefice  la 
venuta  de'Franzesi,  cominciò  segretamente  (  per 
non  disgustare  il  re  di  Francia  )  a  muovere 
con  danari  gli  Svizzeri  al  soccorso  del  duca  di 
Milano. 

Già  erano  insorte  varie  commozioni  per  le 
città  di  quel  ducato  ,  perchè  i  popoli ,  dianzi 
cotanto  infastiditi  del  dominio  e  pesante  go- 
verno de  Franzesi  ,  sperando  miglior  tratta- 
mento sotto  lo  Sforza,  s'erano  poi  trovati  non 
poco  ingannati,  stante  l'eccesso  delle  taglie 
imposte  per  pagare  e  regalare  gì'  insaziabili 
Svizzeri  ,  e  per  raunare  un  esercito  in  difesa 
dello  Stalo.   Perciò    prevaleva    il    desiderio   di 


!  58  ANNALI    d'  ITALIA 

tornar  sotto  i  non  pili  odiati  Franzesi,  dive- 
nendo il  minor  male  in  confronto  del  mas;- 
giore  una  spezie  di  bene  nelle  bilance  del  mondo. 
Tanto  più  ancora  se  ne  invogliarono  i  popoli , 
percliè  sembrava  loro  lo  Sforza  principe  di 
poca  mente ,  e  anche  di  minore  spirito.  Avvenne 
eziandio  die  Sagramoro  Visconte,  deputato  al- 
l' assedio  del  castello  di  ÌNIdano,  tuttavia  occu- 
pato da  essi  Franzesi  e  languente  ,  v'  introdusse 
una  notte  gran  quantità  di  firina,  vino  e  gra- 
scia :  dopo  il  qual  tratliraento  se  ne  fuggì  al- 
l'annata  nemica,  o  pure  in  Francia,  dove  ri- 
cevette non  poche  finezze  dal  re  Lodovico. 
Calarono  fin  ilmente  i  Franzesi  da  Susa  in  Lom- 
bardia con  forte  esercito  ,  sotto  il  comando 
del  signor  della  Trcmoglifi  assistito  dal  prode 
maresciallo  Gian-Jacopo  Trivulzio,  e  s'  unpa- 
dronirono  senza  opposizione  di  Asti  e  d'Ales- 
sandria. Le  speranze  di  .Massimiliano  Sforza 
erano  riposte  ne  gli  Svizzeri  ,  giacché  il  Car- 
dona  viceré  di  Napoli  co'  suoi  Spagnuoli  se  ne 
stava  sul  Piacentino  con  ordini  segreti  del  re 
Cattolico  (li  non  mettere  a  rischio  la  sua  pic- 
ciola  armata,  e  di  ritirarsi,  occorrendo,  ad 
assicurare  il  regno  di  Napoli.  Glandi  rumori  e 
quasi  guerra  fu  Ila  gli  stessi  Svizzeri  ,  perchè 
parte  d'  essi  era  stala  guadagnala  dalla  pecunia 
franzcse.  l'ure  prevalendo  il  pallilo  di  ehi  ar- 
denteraenle  bramava  la  dilL-sa  dello  Sliirza  nel 
ducato  di  Milano,  cinque  mila  d'essi  vennero 
ad  unirsi  con  lui,  e  maggior  numero  anche! 
se  ne  aspettava.  Con  (pieslo  liidoiv.o  uscì  il 
duca  in  campagna,  e  andò  a  postarsi  su  quel 
di    Torlonaj     per    opporsi    a    i    Franzesi.    iMa 


ANNO    MDXIII  l5g 

intanto  il  popolo  di  Milano,  vcggendo  sguernita 
la  città  di  milizie  ,  e  minacciante  il  castello  , 
acclamò  il  nome  de'  Franzesi.  Fu  subilo  risto- 
j-ato  di  nuove  genti  e  di  vettovaglie  quell'  im- 
portante castello.  Dall'altra  parte  non  perde 
tempo  l'Alviano,  generale  de' Veneziani ,  e  pre- 
valendosi del  terrore  già  sparso  per  li  popoli, 
uscì  in  campagna  con  mille  e  ducenlo  luncìe, 
due  mila  e  cinqiiecento  cavalli  h  ggieri  ed  otto 
mila  fanti,  gente  tutta  ben  agguerrita  e  corag- 
giosa. Impadronitosi  di  Valeggio  e  di  Peschie- 
ra ,  ancorché  intendesse  fatti  gagliardi  movi- 
menti in  Brescia,  e  fosse  d.'iamato  colà;  pure 
s'  indirizzò  a  Cremona  ,  dove  bravamente  en- 
trò ,  con  isvaligiar  Cesare  Feramosca  ,  che  con 
trecento  cavalli  e  cinquecento  fanti  del  duca  di 
Milano  era  ivi  in  guardia.  Mentre  rinforzava 
di  vettovaglie  il  castello,  che  tuttavia  resta\a 
in  potere  de'  Franzesi ,  ma  vicino  a  rendersi  , 
spedì  Renzo  da  Ceri  con  parte  di  sue  genti  a 
Bergamo  ,  dove  era  invitato  da  quel  popolo. 
Furono  ivi  inalberate  le  bandiere  di  San  Mar- 
co. Altrettanto  fece  al  comparire  di  Renzo  la 
città  di  Brescia  ,  con  ritirarsi  gli  Spagnuoli  nel 
castello.  L"  esempio  di  Cremona  servì  a  far  ri- 
voltare anche  Lodi  e  Soncino. 

Quasi  nel  medesimo  tempo  spedite  dal  re 
di  Francia  nove  galee  sottili  con  altri  legni 
alla  volta  di  Genova  ,  si  trovarono  secou'.tate 
da  molta  gente  delle  Riviere  ,  e  niollo  più 
da  Aiitoniotto  e  Girolamo  fratelli  Adorni  ,  i 
quali  mossero  tumulto  in  quella  città  -^on  tal 
vigore ,  che  Giano  Fregoso  durò  lìilica  a  sal- 
var la    vita    colla    fu^a.  Tornò    Genova  iu  tal 


l6o  ANNALI    d'  ITALIA 

guisa  ,  ma  senza  il  castelletto ,  alla  divozion 
de'  Franzesi,  e  fu  ivi  costituito  governatore  pel 
re  Cristianissimo  il  suddetto  Autoniotto.  Non 
potea  con  ))iù  prospero  vento  camminar  la 
fortuna  de'  Franzesi ,  perchè  nulla  più  restava 
che  facesse  loro  contrasto  >  se  non  Novara  e 
Como  ,  tuttavia  ubbidienti  a  Massimiliano  Sfor- 
za. S'  e-ra  appunto  ridotto  questo  principe  a 
Novara  ,  dove  già  erano  giunti  cinque  o  sei 
mila  Svizzeri  ,  quando  il  Tremoglia  e  il  Tri- 
vulzio  giunsero  sotto  quella  città,  e  si  diedero 
tosto  a  bersagliarla  con  sedici  pezzi  d'artiglie- 
ria. L'Anonimo  Padovano  fa  ascendere  1'  ar- 
mala de'  Franzesi  a  mille  e  quattrocento  lau- 
cie  ,  a  mille  cavalli  leggieri  e  a  quattordici 
•mila  fanti.  Gli  scrittori  franzesi  all'incontro  le 
danno  solamente  cinquecento  uomini  d"  armi  , 
o  vogliam  dire  lancie  ,  sei  mila  lanzicheneschi 
tedesclii  e  quattro  mila  lauti  franzesi  ,  non 
avendo  voluto  il  Tremoglia  aspettare  altri  rinforzi 
che  erano  in  viaggio.  Parca  che  gli  Svizzeri  sprez- 
zassero l'arrivo  del  campo  franzese  ,  talmente  che 
vollero  che  stesse  aperta  la  porta  di  Novara  : 
nel  qual  tempo  tremava  di  paura  Massimiliano 
Sforza  ,  veggcndosi  ristretto  in  quella  stessa 
città  ,  dove  suo  padre  era  slato  venduto  da  altri 
Svizzeri  al  medesimo  Trivulzio  che  era  ivi  al- 
l' assedio  ,  temendo  mi  simile  brutto  giuoco 
da  quella  na/.ion  venale.  E  cerio  iu  creduto 
che  non  mancassero  secreti  maneggi  per  que- 
sto ;  an/.i  il  Tremoglia  superbamente  avea 
scritto  al  re  che  gli  darebbe  prigione  ancor 
questo  duca.  Ma  sentendo  il  Tremoglia  che 
veniva  il  capitano  o  sia    general    Mollino  cou 


ANNO     MDXm  l6l 

altri  sette  mila  Svizzeri  verso  Novara ,  si  ritirò 
due  miglia  lungi  d;»  quella  città  a  un  luogo 
appollaio  hi  Riotla  ,  e  quivi  malamente  si  ac- 
campò. 11  Belcaire,  copiato  poi  dallo  scrittor 
lianzese  della  Lega  di  Cambrai,  Ibrse  persuaso 
che  i  suoi  na/.ionali  fossero  invincibili,  ed  in- 
capaci di  commettere  mai  sjiroposili,  rovescia 
il  difetto  di  questo  accampamento  sul  Trivul- 
zio  ,  quasiché  non  avesse  avuti  la  Francia  tanti 
alte<t;iti  dilla  f  dehà  e  del  sapere  di  questo 
insif;ne  capitano  italiano  ,  e  quasiché  mancassero 
iiigeuneri  ed  uomini  intendenti  tra  i  Franzesi 
stessi  elle  potessero  scorgere  il  diletto  di  quel- 
r  accauipamento  ,  e  non  potesse  farsi  ubbidire 
il  IVemoglia.  Arrivò  poi  in  Novara  il  Mottino 
colle  sue  genti;  e  fatto  consiglio,  fu  risoluto 
di  andare  ad  assalire  il  campo  hanzese  ,  senza 
aspettare  il  capitano  Altojiasso  ,  che  dovea  ve- 
nire con  altre  schiere  di  Svizzeri  ad  unirsi 
con  loro.  Pertanto  sul  far  del  giorno  sesto  dì 
giugno  ,  usciti  in  ninnerò  di  diecimila,  furono 
ad.  tosso  a  i  Franzesi  che  non  si  aspettavaJio  sì 
fitta  visita,  e  si  attaccò  la  terribii  giornata. 
Fi'cejo  sulle  prime  le  artiglierie  franzesi  de  i 
notabili  squarci  nelle  iile  nemiche;  ma  essendo 
riuscito  a  gli  Svizzeri  di  occupar  quo'  mede- 
simi bronzi  ,  e  di  rivolgerli  contra  gli  stessi 
Franzesi  ,  dopo  un  feroce  combattimento  di 
piOi  ore  ,  e  dopo  una  grande  vicendevole  stra- 
ge, toccò  a  i  Franzesi  di  voltar  le  spalle.  Se- 
condo il  solito  de' fatti  d' armi  ,  che  diversa- 
mente sono  raccontati  a  misura  delle  diverse 
passioni,  ancor  questo  si  truova  descritto  eoa 
gran  varietà.  Scrive  l'Anonimo  Padovano  che, 
MuRATOM.  ylnn.  Voi,  Xiy.  1 1 


l62  AlNKALI    D    ITAI.IA 

a  comun  giudizio ,  vi  perirono  circa  dieci  mila 
persone  fra  tutte  e  due  le  parli,  ma  molto  più 
de'  Franzesi ,  e  quasi  tutti  fanti.  Lo  storico 
Gradenigo  mette  morti  cinque  mila  Svizzeri  ed 
olio  mila  Franzesi,  la  cavalleria  de' quali  o 
perciiè  non  potè  ,  o  perchè  non  volle  combat- 
tere ,  quasi  tutta  si  salvò.  Lasciarono  i  Fran- 
zesi in  preda  a  i  vincitori  tutte  le  artiglierie  e 
munizioni.  Il  peggio  fu  ,  che  .senza  poter  essere 
ritenuti  ,  non  solamente  si  ritirarono  in  Pie- 
monte ,  ma  passarono  anche  di  là  da' monti  : 
scena  accaduta  anche  a  dì  nostri.  Qui  avrei  vo- 
luto r  eloquenza  del  Belcaire  e  dell'  autore 
delia  Lega  di  Cambrai,  a  scusare  e  giustificare 
si  grande  scappata  de'  lor  nazionali  ,  quaiiilo 
aveano  Alessandria ,  Asti  ed  altre  città  da  po- 
tervisi  ricoverare.  IMa  i  mentovati  due  scritturi 
hau  dimenticato  di  stendere  questa  apologia. 
S' era  dianzi  inoltralo  sino  a  Lodi  l'Alviano 
coir  armata  veneta,  bramoso  d'unirsi  co' Fran- 
cesi ;  ma  perchè  il  Cardona  con  gli  Sj)agnuoli 
si  mosse  a  quella  volta  a  fin  di  vietargli  il 
passo  ,  quivi  si  fermò.  Udita  poi  la  rotta  de  i 
Franzesi  ,  disfatto  il  ponte  suJi'Adda  ,  abban- 
donata anche  Cremona  ,  si  ritirò  a  diedi.  \i- 
desi  poscia  una  strana  peripezia  ,  perchè  ,  per 
così  dire  ,  in  un  momento  si  rivoltò  lutto  lo 
Stalo  di  Milano  centra  de'  Frairzesi.  In  Milano 
quanti  di  loro  si  trovarono  die  non  ebbero 
lenijK)  di  salvarsi  nel  castello  ,  tulli  furono 
messi  a  fd  di  sjiada.  A  trecento  Guasconi  , 
che  erano  in  Pavia  ,  toccò  la  medesima  mala 
sorte.  Tulle  1'  altre  città  si  rivoltarono  ,  man- 
dando    a    chiedere    perdono    a     Massimiliano 


AN.\0    MDXIII  l63 

duca  ,  con  essere  poi  coiuloaiiata  ognuna  a  pa- 
gare quantilà  grande  di  danaro,  cioè  Milano 
ducente  mila  ducali  d'oro,  e  l' altre  a  propor- 
zione :  danaro  die  colò  tutto  per  premio  della  vit- 
toria in  mano  a  t^li  J^vizzeri  ,  i  quali  inseguendo 
da  lungi  i  Rij^gitivi  l'ranzesi,  maggioruiente 
s'ingi'assarono  alle  spese  de'  ^lonferrini  e  Pie^ 
montesi.  Intanto  il  \icerè  di  JNapoli  ,  che  era 
fin  qui  stato  alla  veletta  ,  osservando  qual  esito 
avesse  da  avere  la  fortuna  de' Franzesi  ,  si  av- 
viò a  Cremona  ,  e  fu  ammesso  in  quella  città. 
Diede  ancora  ad  Ottaviano  Fregoso  tre  mila 
fanti  e  quattrocento  cavalli,  sotto  il  comando 
del  marchese  di  Pescava  ,  jjer  poter  entrare  ia 
Genova,  con  patto,  che  entratovi,  gli  pagasse 
ottanta  mila  ducati  d' oro.  Se  ne  impadronì 
egli  con  esserne  fuggito  Anlouiotto  Adorno  , 
ed  ivi  fu  crealo  doge  ,  con  aver  poi  quella  re- 
puhhllca  sborsato  si  gi-ave  regalo  ali  ingordo 
Cardona.  Fu  anche  abbandonata  Brescia  da  Renzo 
da  Ceri  ,  non  avendo  egli  assai  forze  da  difender- 
la ;  uia  nel  volere  ridursi  a  Crema  ,  s' incontrò 
in  parte  dell'armala  spagnuola  clie  marciava 
alla  volta  di  Brescia  ,  e  fu  forzalo  in  Soresina 
a  lasciare  in  lor  mano  le  artigherie ,  per  po- 
tersi speililamente  salvare  in  essa  Crema.  En- 
trarono dunque  di  nuovo  gli  Spagnuoli  in  pos- 
sesso della  città  di  Breseia,  di  cui  già  tene- 
vano il  castello.  Da  lì  a  qualche  tempo  anche 
Bergamo  tornò  alla  lor  di\  ozione  ,  con  pagare 
venti  mila  ducati  di  taglia.  Erasi  ridotto  alla 
Tomba  Bartolomeo  d'  Alviano  colle  milizie  ve- 
nete ,  dove  concorsero  molti  Neronesi,  mal- 
«^ontenli  del    dominio    tedesco ,   e  V  animarono 


1^4  ANNALI    \ì    ITALIA 

air^iccfiiisto  delhi  lor  patria  ,  percliè  non  v'e- 
rano eli  piesitlio  se  non  due  mila  fanti  e  ciri- 
quecenfo  cavalli.     Dopo    aver    egli    inteso   che 
Gian-Paolo    Baglione  ,    spedito  a    Lignago  ,  se 
n'era  impadronito,   passò  sotto    Nerona.    Con 
incredibil  prestezza  piantò  le    batterie  ,  e  fece 
alquanto  di  breccia  ;  venne    anche  all'  assalto. 
Tal  difesa  nondimeno    fecero ,    e    tali    precau- 
zioni presero  i  pochi  Tedeschi    lasciati    ivi    di 
guarnigione  ,  che  l'Alviano,  giacché  non  si  sen- 
tiva   commozione   alcuna    di    dentro ,  si  ritirò 
nel  Padovano,  aspettando  ciò  che  meditassero 
gli  Spagnuoli ,  i  quali    impadronitisi  per  forza 
di  Peschiera  ,  e    giunti    all'Adige,    aveano    ivi 
gittaio    un    ponte.     In     questi     tempi     ancora 
pervenne     a    \  erona    il     vescovo    Gurgense   , 
primo  mobile  della  coite  di   Massimiliano    Ce- 
sare ,  con  quattro  mila  fanti  e  secenlo  cavalli 
borgognoni  ,  tutta  bella  gente.  Al  quale  avviso 
i  Veneziani  rinforzarono  di    molte    soldatesche 
Trivigi  sotto  il    comando    del     Baglione.  L'Al- 
viano restò  in    Padova  ,  do\e    fece  delle  mira- 
bili  furlilicazioni  ,    coli"  atterramento    di     molte 
case  ,  con  una  vasli.ssima  spianata  intorno  alla 
città  ,  e  con  ogni  maggior  provvisione  per  so- 
stenere un  asseilio. 

Attesero  in  questo  mentre  gli  Spagnuoli  a 
ricuperar  Lignago;  indi  pass;iiono  a  iMonlagna- 
na ,  e  <piivi  tenni  io  molli  ((insigli.  l.ra  di  pa- 
rere il  Cardona  viceré  che  s' imprenilesse  l' as- 
sedio di  Jiivigi,  come  più  facile  a  riuscire; 
ma  gli  convemie  ceilere  ali  ostinata  \(ilontùilei 
vescovo  Gurgense  ,  che  ponto  in  picferir  (juillo 
di  Padova.  Arrivarono    in  (piesti  giorni  al   loro 


AXXO    MDXIII  l6o 

campo  diiceulo  uomini  d'anni,  che  alle  forli 
istanze  di  Cesare  mandò  papa  Leone.  Mal  vo- 
lentieri, dice  il  Guicciardino.  Fu  questo  non- 
dimeno un  segno  clie  il  pontelice ,  ancorché 
andiisse  tergiversando  ,  inclinava  all'aderenza 
dellimperadore  e  del  re  di  Sjìagna.  L'Anonimo 
Padovano  scrive  che  furono  ducento  lancie  e 
due  mila  fanti  spediti  dal  papa  ;  e  a  lui  ,  più 
che  al  Guicciardino,  semhra  in  molte  circo- 
stanze dovuta  fede,  perchè  scrive  d'essersi  tro- 
vato presente  in  queste  guerre  d'Italia.  Era 
composto  l'esercito  spagnnolo  di  mille  lancie, 
cinquecento  cavalli  leggieri  e  sette  mila  fanti  , 
co' quali  si  congiunsero  quattro  mila  fanti  te- 
deschi ,  e  cinquecento  cavalli  borgognoni  con- 
dotti dal  suddetto  vescovo  Gurgense  :  esercito 
poco  sufficiente  ad  espugnar  Padova,  città  di 
gran  circuito  ,  ben  munita  e  difesa  dallAlvia- 
no ,  uomo  senza  jiaura.  Riuscì  in  fatti  ridicolo 
il  tentativo  fatto  contra  di  quella  città,  e  dopo 
diciotto  giorni  fu  obbligato  il  Gardena  a  riti- 
rarsi a  Vicenza ,  città  in  questi  tempi  come 
deserta,  perchè  continuamente  esposta  a  gl'in- 
sulti e  al  possesso  di  chiimque  giugnea  colà  più 
f.rte.  Ne  già  era  più  felice  lo  stalo  de' Berga- 
maschi. Da  che  gli  Spagnuoli  si  furono  impa- 
droniti di  rpiella  città,  i  lor  commessarj  aveaiio 
riscossi  quindici  mila  ducati  doro  da  quegli 
afflitti  cittadini.  Renzo  da  Ceri ,  che,  stando  in 
Crema  per  li  Veneziani ,  tene»  spie  in  Berga- 
mo ,  segretamente  di  notte  con  trecento  cavalli 
e  mille  llinti  marciò  a  quella  volta;  ed  entralo 
nel  f ir  del  giorno  in  essa  città ,  non  solamente 
risparmiò  a  que'  commessarj  la  fatica  di  portar 


lP6  ANNAM    d' ITALIA 

via  quel  danaro,  ma  aiiclie  uccisi  e  presi  molti 
di  quegli  Spagnuoli ,  s'  impossessò  della  città, 
e  lasciato  ivi  il  capitan  Cagnolino  Bergamasco , 
se  ne  tornò  subito  a  Crema.  Poclii  giorni  passa- 
rono che  giunse  in  Brescia  il  conte  Antonio 
da  Lodrone  con  due  mila  Tedeschi  ;  e  già  si 
disponeva  ]ier  passare  a  Bergamo.  Cagion  fa 
questo  avviso  che  il  Cagnolino  si  ritirasse  in 
fretta  colle  sue  genti  a  Crema ,  e  Bergamo 
tornasse  in  polere  de  gli  Spagnuoli.  Risoluto 
poscia  il  conte  di  Lodrone  di  acquistar  Ponte- 
vico  ,  posto  di  grande  importanza  sull'  Ogiio  , 
colle  artiglierie  e  con  un  buon  corpo  di  com- 
battenti ito  colà,  dopo  una  gran  rottura  di 
muro ,  diede  1'  assalto  alla  terra.  Fu  questa 
mirabilmente  difesa  dal  capitan  Fattiimanzi  , 
che  v'  CI ,  di  guarnigione  con  quattrocento  fan- 
ti ,  di  modo  che  do[)0  gran  sangue  il  conte 
fu  astretto  a  convertire  l'assedio  in  blocco. 
Passalo  un  mese,  per  mancanza  di  vettovaglie 
quel  capitano  rendè  la  terra,  salvo  l'avere  e 
le  per.sone.  Avea  Renzo  da  Ceri  preso  gusto 
alla  preda.  Da  che  seppe  che  gli  Spagnuoli 
aveano  riscosso  <la  i  miseri  Bergamaschi  altra 
gran  .somma  di  danaro  per  compensare  i  danni 
dianzi  j)atiti  ,  ma  senza  colpa  de  cittadini,  se 
ne  toiiiò  col  .solito  suo  corteggio  a  quella  cit- 
tà ,  e  presi  (juaiiti  Spagnuoli  ivi  Irov('),  dopo 
aveivi  lasciato  di  presidio  ottocento  fanti  e 
ducento  cavalli  sotto  il  governo  di  Bartolomeo 
da  ì\!o.sto  ,  si  lidusse  di  nuo\o  a  Crema.  Ciò 
inleso  ,  il  viceré  Cardona  con  lellere  racco- 
maiiflò  la  rienperazion  di  lìeigamo  al  duca 
di   Milano,    il  qualo    si  trovava  allora  con    gli 


ANNO    MJ)XIII  167 

Svizzeri  in  Piemonle,  saccheggi.indo  tulio  il 
paese ,  sollo  prclcsto  d' impedire  a  i  Franzcsi  il 
rilorno  in  Itnlia.  Spegli  il  duca  a  quell'  impresa 
con  assai  schiere  ed  artiglierie  Silvio  Savello  e 
Cesare  Feramosca  ,  che  cominciarono  a  ballerà 
la  ciltà.  I\Ia  ecco  sul  far  del  giorno  giugnere 
quattrocento  cavalli  ed  alUetlanli  fanti ,  inviati 
da  Crema  da  Renzo  da  Ceri  ,  che  animosa- 
mente assalirono  il  campo  milanese  ,  nel  qual 
tempo  uscirono  alla  medesima  dajiza  gli  altri 
che  erano  ridia  città.  Fu  sanguinosa  la  pugna  ; 
ma  in  (ine  rimasero  sconfitti  i  Veneziani  colla 
perdita  di  quasi  tulli  i  finti.  S'arrendè  T  infe- 
lice città  di  Bergamo  ,  e  all'  innocente  popolo 
fu  imposta  dal  Savello  una  taglia  di  dieci  mila 
ducati  d'  oro. 

Dappoiché  fu  sciolto  1'  assedio  di  Padova , 
fece  papa  Leone  quante  pratiche  ])0lè  per  istac- 
care  i  Veneziani  dalla  lega  co  i  Franzcsi  ;  ma 
senza  fi  iitlo  :  tanto  era  irritato  quel  senato 
contro  la  mala  fede  de  gli  Spagnuoli.  Però  es- 
sendosi il  viceré  Cardona  ridotto  con  tutti  i 
capitani  in  Verona  ,  tenuto  fu  ivi  consiglio  ,  e 
risoluto  d'infestare  i  Veneziani,  j>er  trarli  colla 
fniv,a  ad  acconciarsi  con  loro.  Nel  dì  17  di  set- 
tembre s'  avviò  r  esercito  collegato  verso  il  Pa- 
dovano ,  con  bando  che  fosse  lecito  ad  ognuno 
il  mettere  a  ferro  e  fuoco  tutto  il  paese  da 
Mouselice  sino  alle  Acque  salse.  Fu  eseguito  il 
barbarico  edillo  ,  e  iu  tempo  che  i  poveri  po- 
poli ,  non  aspettando  la  seconda  visita  di  que- 
sti cani  ,  erano  ritornati  colle  famiglie  e  be- 
stiami alle  lor  case.  Non  contenti  costoi-o , 
Cristiani    di    nome    e     Turchi    no'  fatti ,  di  far 


l68  ANNALI     d'  ITALIA 

grandissiino  bollino,  imprigionavano.  iicciJeano 
e  bruciavano  case  e  ville  ,  dovuncfue  airivava 
il  loro  furore.  Meno  rie  gli  altri  non  Ojiera- 
vano  i  soldati  del  papa. Fra  l'altre  terre  l'amena 
e  fertile  di  Pieve  di  Sacco ,  dove  si  contavano 
tante  belle  case  di  nobili  veneti ,  tutta  fu  con- 
segnala alle  fiamme.  Lungo  le  Brente  nuova  e 
veccbia  fecero  lo  stesso  scempio,  scorrendo  sino 
a  Lìzzafusina ,  Mergara ,  Mestre  ed  altri  luoghi 
marittimi ,  da'  quali  spararono  anche  di  molte 
cannonale  verso  ^enezia ,  con  arrivar  le  palle  fin 
quasi  a  quella  nobilissima  città:  il  che  riempiè 
di  terrore  il  popolo.  L'Alviano,  che  in  Pa- 
dova rodeva  il  freno  al  mirar  tante  iniquità 
de'  nemici  ,  sepj)e  con  tal  eflìcacia  persuadere 
al  senato  veneto  che  si  potea  reprimere  la  bal- 
danza di  quegli  assassini ,  e  di  tagliar  loro  il 
ritorno  a  casa  ,  che  data  gli  fu  licenza  d' uscire 
in  campagna  coli' armala  sua,  benché  inferiore 
lair  altra  di  forze.  1  movimenti  di  questo  ge- 
nerale ,  e  i  passi  stretti  occupati  da  lui  con 
far  rompere  le  strade ,  cagion  furono  che  i  col- 
legati risolvessero  di  retrocedere  pei'  non  restar 
privi  de' viveri.  Ma  alla  Brenta  e  al  Ba  highone 
ebbero  a  fronte  l'Alviano,  il  ([uale  in  tal  ma- 
niera li  strinse  ,  die  non  sa|)eaiio  trovar  alcun 
varco  |K!r  ridursi  in  salvo.  In  tale  stalo  di  cose 
se  r  Alviaiio  fiisse  stato  un  saggio  e  prudente 
capitano,  avrebbe  di  troppo  angustiato  il  ne- 
mico, e  senza  azzaidar  batlaglia  gli  avrebbe 
dissipali  o  vinti  colla  lame.  Ma  egli  non  par- 
lava d'  altro  che  di  venire  alle  mani  ;  e  (|uan- 
luiiqne  Andrea  riiitti  et  Andrea  Loiedano  le- 
jjali  della  repubblica    colla    maggior    parte    dei 


AXNO    MDXIII  1G9 

capitani  si  opponessero ,  mostrando  die  non 
era  da  combattere  con  ,s;ente  dispera,la  ;  pure 
si  ostinò  nella  sua  risoluzione  ,  e  furibondo 
non  rispose  se  non  con  villanie  a  chi  gli  con- 
tradiceva. Non  reslava  a  i  collegati  altro  scampo 
clie  la  via  di  \  alsugana  per  ritirarsi  a  Trento, 
ma  qnesta  si  trovava  piena  di  mille  diflìcullà. 
Sircliè  il  miglior  partilo  era  quello  d'  aprirsi 
il  passo  colla  spada  alla  mano  ,  se  non  che 
temeano  che  i  \eneziani  abborrissero  questo 
giuoco.  Ma  il  saggio  Prospero  Colonna ,  ben 
conoscente  del  genio  fei^ido  e  superbo  del- 
l' Alviano  ,  promise  di  tirare  il  campo  veneto 
ad  un   fatto  d  armi. 

La  mattina  dunque  del  dì  sette  d' ottobre 
Fenlinando  d'Avalos  marchese  di  Pescara,  gio- 
vane valorosissimo  ,  s'  avviò  contro  de'  \  ene- 
ziani  verso  l'Olmo,  ed  unitosi  col  Colonnese 
nelle  coerenze  di  Creazzo  ,  circa  tre  miglia 
lungi  da  \"icenza ,  diede  principio  alla  tenibile 
zufla.  Si  combattè  con  incredibile  ardore  da 
ambe  le  parti  ,  ma  in  fine  restò  sconfitto 
r  Alviano.  Le  particolarità  di  questo  conflitto 
son  descritte  in  difl'erenle  guisa  dal  Guicciar- 
dino,  dal  Giovio ,  dal  Gradenigo  e  da  altri. 
Fra  morti  e  presi  de  Veneti  si  contarono  circa 
quattrocento  uomini  d'  arme  e  quattro  mila  fan- 
ti. L'Anonimo  Padovano  vi  aggiugne  più  di  ot- 
tocento cavalli  leggieri ,  e  fa  maggiore  la  strage 
de' fanti.  P»estarono  prigioni  Gian-Paolo  Baglione 
governatore  della  veneta  armata ,  Giidio  Man- 
frone,  Andrea  Loredano  legato  del  campo, 
che  fu  poi  barbaramente  ucciso  per  gaia  nata 
fia    i    pretendenti    d'  averlo    urigione.     Tutta 


li'O  AJfNALI    D'  ITAUl 

r  artiglieria  CO  i  carriaggi  venne  in  potere  de  i 
vincitori ,  i  quali  la  stessa  sera  cenarono  in 
Vicenza.  Al  vedere  che  il  senato  veneto  non 
prese  risoluzione  alcuna  contro  dell'  Aiviano , 
pnò  far  credere  fondato  il  senlinioito  di  alcuni 
che  scrivono  esser  egli  stalo  spinto  dal  Lore- 
dano  suddetto  ad  uscire  alla  battaglia.  11  Lore- 
dano  morto  non  potè  pi»\  dir  le  sue  ragioni. 
Perchè  s'  avvicinava  il  verno  ,  niun'  altra  im- 
presa tentarono  i  collegati  ,  se  non  che  il  Car- 
dona  seguitò  da  Vicenza  ad  infestare  il  Pado- 
vano ,  con  lasciar  tempo  alla  repubblica  veneta, 
intrepida  sempre  in  mezzo  alle  sue  sventure  , 
di  far  nuove  provvisioni  di  guerra.  Andato  po- 
scia a  Pioma  il  vescovo  Gurgense  Matteo  Lan- 
gio,  creato  già  cardinale  ,  si  ripigliiuono  i  trat- 
tati di  pace,  e  ne  fu  fatto  compromesso  in 
papa  Leone  X  ;  ma  ancor  questa  volta  andò 
in  fascio  1'  affare  per  le  difTerenli  pretensioni 
di  tante  teste.  Prima  che  terminasse  1'  anno 
presente  ,  contuttoché  a  cagion  il'  esso  trattato 
fosse  seguita  sospension  d'  armi  ,  fu  preso  da 
ì  Tedeschi  Marano ,  castello  quasi  inespugna- 
bile nel  Friuli.  Per  ricuperarlo  lii  spedito  colà 
da  i  N'eneziani  im  picciolo  eseicito ,  m»  cbe 
restò  rotto  con  istrage  di  molli,  e  colla  per- 
dita delle  artiglierie.  In  Lombardia  Prospero 
Colotma ,  divenuto  generale  dell'  esercito  del 
duca  di  Milano,  andi)  a  nìetteie  l'assedio  a 
Crema  al  dispetto  del  verno  ben  rigoroso.  Den- 
tro v' «Ma  Renzo  da  Ceri,  clic  fece  delle  ma- 
ravij^lie  di  valore  ,  con  rompere  più  volle  i 
nemici  ,  e  far  prigioni  e  prede  ;  e  condusse 
così    ben    1'   impresa  ,    cbe    fu    uecessilalo    il 


ANNO    MDXItl  T^I 

Colonna  a  lasciar  in  j)ace  quella  terra  nell'  anno 
seguente.  Durante  et.so  verno  occuparono  i  Te- 
desclii  anche  Sacile  e  Feltre,  e  misero  di  nuovo 
a  1(  rro  e  fuoco  la  misera  patria  del  Friuli. 
Delle  guerre  fatte  in  questi  tempi  dalred'In- 
gliilterra  e  da  glj  Svizzeri  contro  al  re  di 
Francia  ,  per  le  quali  il  re  Lodovico  non  potè 
accudire  all'  Italia ,  e  della  guerra  mossa  dal  re 
di  Scozia  contro  gl'Inglesi,  siccome  avventure 
non  pertinenti  all'  assunto  mio ,  ninna  men- 
zione farò  io  ,  dovendo  i  lettori  curiosi  prenr 
derne  informazione  da  altre  storie. 

Alino  di  Cristo   i5i4.  Indizione  II. 
di  Leone  X  papa  2. 
di  MAssIIVlILIA^o  re  de  Bomaiii  22. 

Ancorché  durasse  la  discordia  Ira  tanti  prin- 
cipi cristiani ,  e  continuasse  anche  la  guerra  in 
Italia  ,  pnre  nell'  anno  presente  non  si  conta- 
rono avvenimenti  si  strepitosi,  come  ne' pre- 
cedenti. A  i  tanti  infortuni  T^l'*^'  '''i  T''  dalla 
veneta  repuhblica  ,  se  ne  aggiunse  uno  gravis- 
simo nel  dì  1 3  di  gennaio.  Circa  un'  ora  di 
notte  attaccatosi  ,  o  per  inavvertenza  o  per 
malizia  de  gli  uomini  ,  il  fuoco  in  Rialto  a  una 
lioltega  di  telerie ,  questo  ,  a  cagione  d'  un  ga- 
gliardo vento  che  soUiava  ,  sì  Meramente  si  di- 
latò ,  che  in  poco  tempo  bruciò  la  parte  più 
ricca  e  frequentata  di  \  enczia  ,  perchè  piena 
di  drapperie  ,  argenterie  ,  e  d'  ogni  altra  sorla 
di  merci  preziose  ;  calcolandosi  che  circa  due 
mila  tra  hott'-ghe  e  case  col  (òudaco  de' Te- 
deschi   reslusssero  preda  del  lìirioso    incendio. 


in 2  ANNALI    D*  ITALIA 

Seguitava  intanto  la  guerra^  nel  Friuli  ,  dove 
Crisioforo  Frangipane  e  il  capitan  Riz/.ano  con 
mille  cavalli  e  cinque  mila  lauti  tedi'sclii  as- 
sediarono e  bombardarono  Osoffo ,  castello  fortis- 
simo. In  tre  assalti  che  gli  diedero,  vi  perderono 
circa  mille  e  cinquecento  persone.  Girolamo 
Savorgnano ,  che  difendeva  quella  rocca ,  s' era 
in  line  ridotto  con  soli  veuLÌ(juattro  uomini , 
essendo  perito  il  resto  di  sua  gente  ;  e  però 
fece  sapere  a  Venezia  la  necessità  di  rendersi, 
qualora  non  gli  venisse  soccorso.  Allora  il  se- 
nato ordinò  all'Alviano  di  portarsi  colà  il  più 
segretamente  che  potesse,  quantmique  d  viceré 
Cardona  fosse  tuttavia  ad  Esle  e  a  Monselice,  e  le 
di  lui  soldatesche  facessero  di  tanto  in  tanto  delle 
scorrerie  sino  alle  porte  di  Padova.  Andò  V  Al- 
viauo  alla  sordina  (  èva  il  mese  di  marzo  )  con 
un  buon  corpo  di  gente  ,  e  giunto  a  Sacile , 
spinse  Malalesta  Baglione  contro  il  capitan  Riz- 
zano ,  che  restò  prigione.  Sconfitti  i  Tedeschi 
del  suo  seguito  ,  si  salvarono  a  Pordenou  ;  ma 
pocx>  stette  a  comparir  colà  1'  Alviano,  e  a  pian- 
tar le  artiglierie.  Terminò  la  faccenda  colla  presa 
e  col  sacco  dell'  infelice  castello,  e  colla  strage 
di  tutti  i  difensori.  Questo  colpo  fece  ritirare 
in  fretta  il  Frangipane  dall'assedio  d'Osollò  ; 
laonde  1' Alviano  se  ne  tornò  trionfante  a  Pa- 
dova. Perchè  premeva  non  poco  a  i  Veneziani 
di  ricuperar  Marano,  castello  di  molta  impor- 
taDza ,  fu  spedito  colà  il  Savorgnano  con  gente 
assai ,  che  cominciò  a  bersagliarlo  colle  batte- 
rie: nella  quale  occasione  a  Giovanni  Velturi 
riuscì  in  un  agnato  di  far  prigione  lo  stesso 
Frangipane,  gran  ni'mico    della    repubblica,  e 


ANNO     MPXIV  178 

d' inviarlo  nelle  carceri  di  \  enezia.  INIa  sciolto 
che  fu  questo  assedio,  anclie  il  \etturi  colto 
in  un'  imboscata  da  i  Tedeschi ,  reslò  prigione 
con  cento  de'  suoi.  Andò  poscia  il  viceré  con 
tulio  il  campo  spagnuolo  addosso  a  Cittadella, 
e  formata  la  breccia  ,  fece  dare,  nel  di  2-  di 
giugno  un  Geio  assalto  ,  per  cui  reslò  preso  e 
saccheggiato  quel  cartello ,  e  i  soldati  e  citta- 
dini tutti  fatti  prigioni. 

In  questi  tempi  venuta  meno  la  vettovaglia 
al  castello  di  Milano,  fu  forzato  a  capitolare 
la  resa  ^  e  il  presidio  fraiizese  libero  venne 
condotto  sino  a  i  monti.  Da  lì  a  j-oclii  giorni 
allretlanlo  fece  il  castello  di  Ciemona  :  il  che 
quanta  letizia  recò  al  duca  di  Milano,  altret- 
tanto scemò  la  riputa/.ion  de'  Franzesi  in  Italia. 
Restava  in  lor  potere  la  sola  cretlula  inespu- 
gnabil  fortezza  della  Lanterna  ,  presso  a  Ge- 
nova ;  ma  per  mancair/.a  di  viveii  fu  anch'  essa- 
astrelta  nel  dì  2^  d'agosto  a  rendersi  a  i  Ge- 
novesi ,  che  per  più  mesi  1'  aveano  tenuta  as- 
sediata ;  né  tardarono  a  spianarla  sino  a'  fon- 
damenti :  con  che  parve  tolta  alliuto  ogni  ap- 
parenza che  i  Franzcsi  avessero  pii'i  a  compa- 
rire in  Italia  :  il  che  diede  non  poco  affanno 
alla  repubblica  veneta ,  restata  sola  contro  a 
tanti  nemici ,  ma  che  nondimeno  giammai  non 
invilì  ,  né  \olle  consentire  a  projiosizione  al- 
cuna di  pace  ,  per  cui  avesse  da  cedere  alcuna 
delle  cillà  a  lei  tolte  in  Terra  ferma.  Pure  con 
tutte  queste  peripezie  il  re  Luigi  XII  più  che 
mai  si  sentiva  acceso  della  costante  brama  di 
ricuperare  lo  Stato  di  Milano.  E  però  dapj)oichè 
con  paci ,  tregue    e    parentadi    ebbe    acconci  i 


I'j4  ANNALI    D    ITALIA 

suoi  interessi  co  i  re  d' Iiigliilterra  e  d'  Ara- 
gona ,  che  gli  aveano  date  delle  disgustose  le- 
zioni in  varj  fatti  d'arme,  si  diede  tutto  a  nuovi 
preparamenti  di  gente  d'  arme,  d'  artiglierie  e  mu- 
nizioni ,  risoluto  di  calar  di  nuovo  in  Italia 
nell'anno  seguente.  Fu  in  quesl' aimo  fatta  una 
specie  di  blocco  dall'  armi  del  duca  di  Milano 
comandate  da  Silvio  Savdlo  all'  insigne  terra 
di  Crema.  Dentro  v'  era  la  peste,  la  guarni- 
gione senza  paghe  ,  e  gran  carestia  di  viveri  , 
per  modo  che  Renzo  da  Ceri,  ivi  comandante, 
ornai  diilidava  di  potersi  sostenere.  Pure ,  sic- 
come persona  di  mirabil  senno  ed  attività,  nel 
dì  25  d'Agosto  uscito  all'improvviso  addosso 
a  i  nemici  ,  li  mise  in  rotta  ;  e  fama  fu  che 
il  Savello  vi  perdesse  trecento  fanti  e  quattro- 
cento cinquanta  cavalli  uccisi  ,  olire  ad  altret- 
tanti rimasti  prigioni.  l'u  poi  rifornita  Crema 
di  vettovaglia  da'  Veneziani  ,  e  il  conte  Niccolò 
Scotto  v'  introdusse  mille  e  cinfjuecento  fanti. 
Animato  da  questo  rinforzo  il  valoroso  Keiizo 
da  Ceri,  uscì  una  notti'  di  Crema,  e  all'im- 
provviso comparve  a  Bergamo,  e  v' entrò  senza 
contrasto,  essendo  fuggiti  que' pochi  Spnguuoli 
die  v'erano  di  presidio,  nella  Cappella,  for- 
tezza sopra  il  monte.  Diedcsi  egli  immantc- 
neiite  a  f.ir  bastioni  (cl  altri  ripari  con  riso- 
hrzion  di  difendere  di  nuovo  quella  dita.  Avvisali 
di  ciò  il  duca  di  Milano  e  il  viceré  Cardona  die 
stava  nel  Polesine  di  liovigo,  allineile  lìenzo  mag- 
giormente ivi  non  si  all'orzasse ,  s'  afirettarono 
per  isloggiarlo  di  là.  Arulò  lo  slesso  viceré  con 
un  corpo  ili  gente  e  nmlla  artiglieria  colà, 
ed   .unitosi    con    Prospero    Colonna    generale 


ANNO    MDXIV  17  5 

dell'  armi  diicliesclR- ,  cominciò  aspramente  a 
percuotere  le  mura  di  quella  città.  Ma  quanto 
danno  si  faceva  il  giorno  ,  la  notte  veniva  con 
tagliate  e  nuove  fortificazioni  riparato  dall'  in- 
defesso Renzo  ,  il  quale  non  lasciava  di  far  an- 
che delle  sortite  con  grave  incomodo  de  gli 
assedianti.  Per  segreti  messi  gli  faceva  intanto 
sapere  lAlviano  che  si  difendesse,  perchè  fa- 
rebbe tal  diversione  che  il  viceré  sarebbe  astretto 
a  ritirarsi.  Tentò  in  fatti  \  erona  ,  ma  senza 
frutto.  Quindi  sollecitamente  passalo  verso  la 
nobil  terra  di  Rovigo ,  spinse  innanzi  Baldas- 
sare  di  Scipione  con  secento  cavalli ,  c!ie  nel 
dì  if)  di  novembre  trovati  gli  Spagnuoii  senza 
guardia  ,  quasi  tutti  li  fece  prigioni  od  uccise  ; 
e  furono  cento  uomini  d' arme ,  ducento  ca- 
valli leggieri  e  cinquecento  fanti.  Sopragiunto 
poi  esso  Alviano  ,  la  misera  terra  andò  tutta 
a  sacco.  Questo  colpo  fece  scappare  in  frf  tla 
da  Lendenaia  e  dalla  Badia  quanti  Spagnuoii 
si  trovavano  in  qu(  Ile  terre.  In  questo  mentre 
Renzo  da  Ceri,  lusingato  .sempre  dalla  .speranza 
che  r  Alviano  il  soccorresse ,  avea  consumata 
buona  parte  di  sue  genti  nella  difesa  di  Ber- 
gamo. Conosciuto  poi  disperato  il  caso  ,  capi- 
tolò la  resa,  se  in  termine  d  otto  giorni  non 
veniva  soccorso ,  con  patto  che  la  città  fosse 
salva  dal  sacco ,  e  che  uscissero  i  suoi  soldati 
con  armi  e  bagaglio ,  ma  senza  poter  entrare 
in  Crema  per  lo  spazio  di  sei  mesi.  Spirati  gli 
otto  giorni  senza  che  comparisse  soccorso  al- 
cuno ,  fu  presa  dal  viceré  e  dal  Colonna  la 
tenuta  della  città,  ma  città  bersagliata  da  in- 
finite   sciagure,    perchè    condennata    ajiche   in 


in6  ANNALI    d'  ITALIA 

questa  occasione  allo  sborso  di  ottanta  mila 
ducati  d'  oro.  Tornato  poscia  il  viceré  a  \  ero- 
na  ,  ed  uscito  in  campagna  contro  1'  armata 
dell' Al  viano,  tal  terrore  ad  essa  recò,  che 
come  in  rotta  si  ritirarono  i  Veneziani  a  Pa- 
dova ,  con  perdita  di  molti  cavalli.  La  dirotta 
pioggia  e  le  strade  piene  di  fango  impedirono  a 
gli  Spagnuolidi  più  ottenere  nell'anno  presente. 
Quali  ("ossero  in  tempi  di  tante  discordie  i 
manei;gi  e  raggiri  di  papa  Leone,  chiunque 
bramasse  d"  esserne  pienamente  informato  ,  dee 
ricorrere  al  Guicciardino,  storico  provveduto 
di  un  buon  microscopio  ,  per  disceiiiere  le  si- 
nmlazioni  e  dissimulazioni  della  politica  mon- 
dana de'  principi ,  nella  quale  cciiamente  ec- 
cellenti furono  in  questi  tempi  esso  pontefice 
e  Ferdinando  il  Cattolico  re  d'Aragona  e  delle 
due  Sicilie.  Eblje  esso  pontelice ,  mentfe  con- 
tinuava ancora  il  concilio  Lateraucnse ,  la  con- 
solazion  di  vedere  affatto  estinto  lo  scisma  de 
i  Franzesi ,  cominciato  col  conciliabolo  pisano. 
Nel  dì  1 2  di  marzo  ricevette  ancora  con  gran 
pompa  gli  ainiiascii'tori  di  Eininanuelio  re  di 
Portogallo  (i).  Condussero  essi ,  oltre  ad  altri 
preziosi  regali  ,  in  dono  al  papa  un  superbo 
eltfiiile  ,  che  ricm[)iè  di  maraviglia  il  popolo 
romano  ,  concorso  a  folla  per  mirare  un  ani- 
male strano  a  gli  occhi  loro  ,  ma  sì  fajuiliare 
a  gli  antichi  Romani.  Ciunta  questa  bestia  da- 
vanti alla   lincstra  dove  era  assiso  il  papa,   tre 


(i)  Oi'O&ius  de  Rebus  Eainmiclìs  Regis. 


ANNO    MDXIV  ■      17'J 

volte  s  ìnginoccliiò  ,  ubbidendo  a  clii  1'  avea 
così  ammaestralo.  Poi  da  un  lino  d' acqua  pre- 
parala ne  tirìj  colla  sua  tromba  o  prol)OSCÌde 
una  buona  quantità  ,  con  cui  asperse  cbi  si 
trovava  anche  nelle  finestre  più  alle,  e  molto 
pii\  ne  spruzzò  sopra  la  circostante  plebe.  Per- 
chè ancora  a  quel  re  era  noto  come  il  ponte- 
fice senza  gran  cura  della  sua  dignità  si  dilet- 
tasse della  caccia  ,  gì'  inviò  in  dono  una  pantera , 
avvezzala  a  quell'esercizio  ;  e  fallane  la  pruo- 
va ,  quante  bestie  le  si  afl'acciarono ,  tutte  in 
breve  tempo  le  strozzò.  Atlcudeva  inlanto  papa 
Lrone  ,  come  .s'ha  dal  suddetto  Guicciardino  e 
dall'  autore  della  Lega  di  Cambrai,  a  coprir  le 
segrete  sue  intenzioni,  con  deludere  or  que- 
sto, or  quello  de' principi,  essendo  la  sua  general 
mira  di  seminar  fra  loro  la  mala  inlelligenza , 
e  di  persuadere  a  cadauno  la  sua  jjredilezione, 
per  desiderio  di  rendersi  arbitro  de  gli  alfari. 
Ma  l'aver  egli  inviato  a  ^'enezia  il  celebre  Pie- 
ti  o  Bembo  per  istaccare  quella  repubblica  dal- 
l' alleanza  co'Franzesi  ,  senza  però  poterla  smuo- 
vere ,  fece  in  fine  capire  al  re  Lodovico  che 
capitale  avesse  egli  a  fare  delle  belle  proteste 
di  questo  pontefice.  Peggio  intervenne  ad  Al- 
fonso duca  di  Ferrara.  Dopo  aver  questi  assi- 
stito alla  coronazion  di  questo  papa,  se  ne 
tornò  a  casa  sua  carico  di  carezze  e  di  pro- 
messe quante  ne  volle.  Lisisteva  il  duca  per- 
chè gli  fosse  restituita  la  citta  di  lìeggio ,  in- 
debitamente occupata  a  lui  da  papa  Giulio  II 
contro  la  fede  obbligata  nel  salvocondolto. 
Era  disposto  Leone  a  restiluiilaj  ma  (juesto 
MnuTORi.  Jnn.  f^ol.  XJF.  12 


1^8  ANNALI    Ij'   ITALIA 

])fnedelto  giorno  non  arrivava  giammai  (i). 
Dopo  grandi  maneggi  si  lasciò  indurre  il  duca 
nel  dì  i5  di  giuguo  a  spogliarsi  del  diritto  di 
far  salf  nella  città  di  Comaccliio,  della  quale  la 
casa  d' Este  per  tanti  anni  era  sempre  slata 
ed  è  tuttavia  investita  da  i  soli  imperadori  ; 
ma  senza  pregiudizio  della  Cesarea  Maestà  , 
e  non  altrimenti ,  né  in  altro  modo ,  come 
canta  quella  convenzione.  Oltre  all'essere  stuti 
annullali  tulli  i  processi  di  papa  Giulio,  pro- 
mise il  papa  di  restituire  ad  esso  duca  in  ter- 
mine di  cinque  mesi  Reggio.  Ma  questi  cinque 
mesi  nel  cuor  di  papa  Leone  doveano  essere 
cinquecento  mesi  ;  pereiocchè  non  solauu.'nlu 
mai  non  voile  rendere  quella  città  al  duca , 
ma  due  giorni  appena  dopo  la  convenzione 
suddetta  stipulò  co  i  ministri  di  Massimiliano 
Cesare  la  compera  (  salso  il  gius  della  ricu- 
pera )  della  imperiai  città  di  Modena  pel  prezzo 
di  quaranta  mila  ducati  d'  oro ,  coniali  a  quel 
monarca ,  sempre  ansioso  e  sempre  bisognoso 
di  pecunia ,  e  che  india  badò  a  commettere 
una  si  patente  ingiustizia  in  pregiudizio  di  un 
vassallo  che  nulla  avea  operalo  centra  del  sa- 
cro romano  imperio.  Frullava  questa  città  di 
sole  rendite  annue  aitretlanla  soumia.  Troppo 
stava  sul  cuore  al  pontefice  1'  acquisto  di  Mo- 
dena, per  aver  librro  il  passaggio  e  la  conni- 
nicazioue  colle  cillà  di  Reggio  ,  Parma  e  Pia- 
cenza ,     che    erano    già    in    suo    potere.     Gli 


I 


(i)  Antichità  Estensi,  toin.  ■>..  Piena  Esposizione  dei 
diritti  Lnpcriali  ed  Estensi  sopr.a  Comacchtp. 


ANNO    MDXIV  179 

occulti  lini  nondimeno  d'  esso  papa  non  termi- 
navano qui,  come  osserva  il  Guicciardiuo.  Im- 
perciocché se  non  il  primo  ,  ceito  uno  de  i 
principali  pensieri  di  Leone  era  quello  d'  in- 
grandire la  propria  casa  de'  Medici ,  e  non  già 
con  allodiali  o  feudi  minori ,  ma  con  di  quei 
principati  e  Stati  clic  partecipano  della  sovra- 
nità, spogliandone  i  legittimi  possessori.  Questa 
malattia  Y  iibbiam  trovata  in  altri  precedenti 
papi ,  ma  spezialmente  comparve  dipoi  in  esso 
licone  X  e  in  Clemente  VII,  amendue  della 
stessa  casa  ,  che  per  otteiiere  quest'  intento 
impiegarono  senza  misura  i  tesori  della  Chie- 
sa ,  e  fecero  o  fomentarono  più  guerre  fra  i 
popoli  battezzati.  Tale  certo  non  era  l'inten- 
zione di  Dio ,  allorché  li  pose  sulla  cattedra 
di  S.  Pietro  ,  e  li  costituì  pastori  del  gregge 
suo.  Avea  papa  Leone  Giuliano  suo  fratello  , 
avea  Lorenzo  figlio  di  Pietro  Medici  che  era 
suo  nipote  ,  e  continuamente  pensava  ad  in- 
nalzarli. Poiché  quanto  a  Giulio  suo  cugino, 
figlio  di  (Giuliano  ucciso  nella  congiura  de  i 
Pazzi,  che  fu  poi  papa  Clemente  MI,  benché 
dal  Nardi  ,  dal  Guicciardiuo  ,  dal  Varchi ,  dal 
Pauvinio  e  da  altri  si  sappia  essere  egli  nato 
fuori  di  matrimonio  ,  Leone  l'avea  creato  car- 
dinale iieir  anno  precedente.  Le  idee  di  esso 
papa  Leone  erano  di  formare  per  Giuliano  un 
principato  di  Modena,  Reggio,  Parma  e  Piacenza , 
e  se  gli  veniva  fatto,  d' aggiugnervi  anche  Fer- 
rara. Fu  eziandio  creduto  che  trattasse  col  re 
di  Francia  di  acquistare  il  regno  di  Napoli  o 
per  la  Chiesa,  o  pure  pel  suddetto  suo  fratel- 
lo ,  già  creato    prefetto    di  Roma  ,  e    generale 


l8o  ANNALI    d' ITALIA 

e  gonfaloniere  della  santa  Romana  Cliiesa.  Qiial 
esito  avessero  i  suoi  grandiosi  disegni  ,  V  an- 
dremo a  poco  a  poco  \edendo. 

Anno  di  Cristo   i  5  i  5.  Indizione  IIL 
di  Leone  X  papa  3. 
di  iVlAssiMnjANO  re  de'  Romani  23. 

Funesto  principio  ebbe  \  anno  presente  , 
perei lè  nello  stesso  primo  giorno  di  gennaio 
mancò  di  vita  Lodovico  \II  re  di  Francia  per 
infermità ,  comurienunte  creduta  cagionata  dal 
recente  matrimonio  colla  sorella  del  re  d'iu- 
gbiiterra  di  età  d'anni  diciollo  ,  quando  egli 
era  giunto  a  i  cinquanta  quattro  anni,  e  pro- 
nicttc\a  ben  più  lunga  vita.  Fu  assai  com- 
pianta la  (li  Ini  perdita  ,  percliè  s'  era  acqui- 
stato il  titolo  di  Padre  de' suoi  popoli,  elogio 
il  più  glorioso  d'ogni  altro,  ma  clie  per  disav- 
ventura miriamo  assai  raro  in  lutti  i  tempi. 
Ora  fa\orito  dalla  prospeia,  ed  ora  battuto 
dall'  avversa  fortuna  ,  era  nondimeno  in  tal 
maniera  risorto,  clie  di  gran  cose  tuttavia  pro- 
meltea  ,  .se  la  morte  non  avesse  troncato  il 
filo  di  sua  vita  e  delle  sue  speranze.  Ma  si 
con.solarono  in  breve  i  Franzesi  ,  penile  a  lui 
succedette  Francisco  I  conte  di  Angolemnie, 
il  più  prossimo  <lel  regal  sangue  mascliile  se- 
condo le  leggi  o  le  consuetudini  di  quel  re- 
gno ;  giacché  Lodovico  non  lasciò  dopo  di  sé 
se  non  ilue  femmine,  cioè  Claudia,  sposala  ad 
esso  Francesco  nel  dì  i8  di  maggio  dell'anno 
precedente  ,  e  Ilenea  ,  che  era  stata  bensì  in 
un  liutlulo  del  dì  ^4    di    niai-zo    dello    stesso 


\ 


AI^KO    MDXV  l8[ 

anno  promessa  a  Carlo  ,  nipote  di  Massimiliano 
re  de' Romani  ,  che  fu  poi  il  glorioso  Carlo  V 
Augusto,  ma  divenne  col  tempo  moglie  di  Er- 
cole II  d' Este  principe  e  susscguentemente 
duca  di  Ferrara.  Si  trovala  il  nuovo  re  Fran- 
cesco in  età  di  soli  ventidue  anni,  principe  di 
gran  mente,  pieno  di  spiriti  guerrieri,  e  som- 
mamente avido  di  gloria.  Con  gli  altri  suoi  ti- 
toli unì  egli  tosto  ancor  quello  di  Dica  di  Mi- 
lano ,  contuttoché  su  i  principj  occultasse  la 
voglia  di  ricuperar  quel  ducato,  a  fine  di  asso- 
dar prima  gì'  interessi  suoi  co  i  potentati  vicini. 
Confermò  la  lega  col  re  d"  Inghilterra  ,  e  po- 
scia colla  repubblica  veneta;  ma  nulla  di  pace 
potè  ottenere  ne  da  Massimiliano  Cesare,  né 
da  Ferdinando  il  Cattolico  re  di  Aragona  ,  né 
da  gli  Svizzeri,  e  meno  da  papa  Leone,  il 
quale  andava  barcheggiando  in  questi  tempi , 
sempre  nondimeno  con  animo  contrario  a'  Fran- 
zesi ,  qualora  volessero  tentar  di  nuovo  la  con- 
quista dello  Stato  di  Milano.  In  effetto  essi  re 
de"  Romani  e  d  Aragona,  il  duca  di  Milano  , 
gli  Svizzeri  e  Fiorentini  contrassero  lega  fra 
loro  in  questi  tempi  colla  mira  di  opporsi  a  i 
Franzesi  ,  lasciato  luogo  d'entrarvi  al  papa,  il 
(fuale  volea  giocare  a  carte  sicure.  Avea  non- 
dimeno esso  pontefice  nel  dì  9  di  dicembre 
del  precedente  anno  fìitta  una  particolar  lega 
co  i  medesimi  Svizzeri  (i),  confidando  più  in 
essi  che  in  altra  potenza  per  la  difesa  del  du- 
cato di  Milano.  In  oltre  fu  da    lui    proccuralo 


(ij  Du-Ment  Corps  Diplomat 


l82  ANNALI    V    ITAUA 

neir  anno  antecedente  un  aecasamenlo  nobi- 
lissimo a  Giuliano  suo  fratello  ,  con  avergli 
ottenuta  per  moglie  (i)  Filiberta  figlia  di  Fi- 
lippo duca  di  Savoia  ,  e  prossima  parente  ,  dice 
lo  scrittor  della  Lega  di  Cambiai  ,  ma  dovea 
dire  sorella  di  Luisa  madre  del  sopradelto  re 
di  Francia  Francesco  I.  Tale  era  ne'  tempi  pre- 
senti la  potenza  de' sommi  pontefici  ,  clie  niuno 
de' gran  principi  si  sdegnava  di  far  parentado 
con  loro.  Nel  mese  di  febbraio  si  effettuò  que- 
sto matrimonio  ;  e  sì  sontuoso  e  magnifico  fu 
il  ricevimento  di  questa  principessa  in  Roma  , 
cbe  il  papa  vi  spese  più  di  cento  cinquanta 
mila  ducati  d'oro  ,  come  si  ricava  dalle  Let- 
tere del  Bembo.  Altre  grandi  feste  s'  erano 
fatte  in  Torino  ,  dove  lo  sposo  si  fermò  per 
lUì  mese;  e  similmente  in  Firenze,  dove  ognuno 
o  per  amore  o  per  timore  gareggiava  ad  ono- 
rare ed  esaltare  la  casa  de'  Medici. 

Ardeva  intanto  di  voglia  il  re  Francesco  di 
calare  in  Italia  ,  e  cominciò  a  non  essere  più 
un  segreto  questo  suo  disegno:  tanto  giande 
era  la  massa  di  gente  armata  cb'  egli  fa- 
cea.  L'  autore  della  Lega  di  Cambiai  scrive  , 
aver  egli  accresciuto  il  numero  delle  lancie  o 
sia  de  gli  uomini  d'  arme  sino  a  quattro  mi- 
la :  il  cbe,  SI  loiido  (sso  storico,  ficea  quasi 
venti  mila  combaltenti  a  cavallo.  Merita  esame 
questa  as.srrzione .  percbè  non  era  mollo  in 
uso  die  un  uomo  d'  arme  conducesse  seco 
(■in(|ue  cavalli  e  quattro  armali  di  suo  seguito. 
Scrive  r  Anonimo  Padovano  eh'  esso  re  iuviò  il 

(i)  Guichenon  ,  ile  la  Maison  de  Savoie. 


ANNO     MT>KV  l83 

::nor  fliLaiitrec  con  cinqupcento  lande  e  cin- 
I  le  mila  lanli  a' confini  della  Guascogna,  per 
opporsi  a  i  tentativi  del  re  Cattolico;  e  ilTrc- 
moglia  in  Borgogna  con  un  altro  corpo  di  gen- 
te ,  e  Gian-Jacopo  Ti  i\  ulzio  con  quattro  cento 
lamcie  in  Provenza,  per  vegliare  a  i  movimenti 
de  gli  Svizzeri ,  a'  quali  premeva  troppo  la  con- 
scrvazion  dello  Stato  di  Milano,  da  che  aveano 
imparato  a  succiar  tulio  il  sangue  de'  popoli 
di  quella  contrada.  Olire  ad  otto  mila  fanti  e 
tre  mila  guastatori  suoi  sudditi ,  avea  parimente 
il  re  Francesco  prosi  al  suo  soldo  diciotto  o 
pur  ventidue  mila  fanti  tedeschi  sotto  varj  ca- 
pitani ;  e  Pietro  Navarro  celebre  capitano,  che 
s'  era  ritirato  dal  servigio  del  re  Cattolico , 
avea  arrolati  altri  dieci  mila  fanti  ,  che  V  autor 
della  Lega  fa  tutti  Biscaini ,  ma  1'  Anonimo  Pa- 
dovano scrìve  essere  stati  sei  mila  Guasconi  e 
quattro  mila  Italiani.  Per  1'  impresa  d  Italia 
scelse  due  mila  e  cinquecento  uomini  d  arme 
e  tre  mila  cavalli  leggieri  da  unirsi  alla  copio- 
sissima fanteria.  Il  primo  buon  colpo  che  fece 
sulle  prime  il  re  Francesco  ,  fu  di  tirar  dalla 
sua  Ottaviano  Fregoso  doge  di  Genova  ,  il  quale 
avendo  fin  qui  fiato  un  grande  attaccamento 
a  i  collegati ,  e  trovando  vacillante  il  suo  slato 
per  la  nemicizia  de  gli  Adorni  e  de  i  Fieschi , 
s'  accordò  segretamente  con  esso  re  Cristianis- 
simo. Ma  troppo  frettolosamente  fu  fatto  da  lui 
questo  passo  ;  imperocché  trapelato  il  suo  ma- 
neggio ,  e  già  scesi  in  Lombardia  sei  mila  Sviz- 
zeri che  si  unirono  alle  milizie  del  duca  di 
Milano,  Prospero  Colonna  generale  del  duca 
marciò  alla  volta  di  Genova  ,    avendo  seco  gli 


l84  AKNALI    n'  ITALIA 

Adorni  e  i  Fiesclii.  Avea  bene  il  Fregoso  am- 
massali cinque  mila  fanti  per  sua  difesa  ;  ma 
diflldando  di  potersi  sostenere  con  sì  lievi  for- 
ze ,  ricorse  al  papa  suo  gi-an  protettore ,  il 
quale  prestando  fede  alle  di  lui  proteste .  non 
tardò  a  spedire  un  suo  oratore  al  Colonna  con 
ordine  d'  intimargli  di  non  proceder  oltre  cen- 
tra del  Fregoso  ,  minacciando  in  caso  di  con- 
travcnzione  (  oli  questa  è  bella  !  )  le  pene  spi- 
riluali  e  temporali.  Fu  cagione  una  tal  sinfonia 
che  il  Colonna  ,  per  non  irritare  il  papa ,  ve- 
nisse ad  una  convenzione  col  Fregoso ,  per  cui 
questi  si  obbligò  di  non  favorire  i  Franzesi  ;  e 
sborsata  gran  ([uantità  di  danaro  ,  che  sempre 
era  l'unico  mezzo  j)er  quel  are  gli  Svizzeri,  fu 
lasciato  in  pace.  Ciò  fatto,  volò  il  Colonna  in 
Piemonte  ,  per  contrastare  il  passo  a  i  Fran- 
zesi ,  i  quali  già  erano  con  grandi  forze  giunti 
in  Delfinato  e  in  Provenza ,  ed  aveano  anche 
preparala  in  Marsilia  un'  armata  navale. 

In  questi  tempi  non  istava  in  ozio  la  re- 
pubblica veneta,  incoraggila  ilall' imminente  ve- 
nula de'  Franzesi  suoi  collegati.  Rinforzata  il 
più  che  potè  la  sua  armata  ,  giacché  era  non 
lieve  gara  e  mal  animo  fra  l'Alviano  e  Renzo 
da  Ceri,  perchè  l'ultimo  facea  conlinue  que- 
rele ,  quasi  che  1  altro  1'  avesse  tradito  con 
abbandonarlo ,  allorché  avvciuic  l' assedio  di 
Rergamo,  prise  la  risohizione  di  separarli.  Di- 
chiaralo (huiqtie  Renzo  generale  della  fanteria, 
r  inviò  scgrelameiile  con  molle  schiere  alla 
volla  di  Crema  ,  dove  in  Ire  giorni  felicemente 
ai  rivo,  liiliiiilo  il  viceiè  Cardona  ,  formato  un 
esercito  ili  mille  lancic ,    ili    olio  cento  cavalli 


ANNO  nroxv  i85 

leggieri  e  di  olio  mila  oUimi  fanti  ,  con  un 
buon  treno  d'artiglieria  s'incamminò  a  Vicen- 
za ,  dove  soggiornava  1'  Alviano  ,  il  quale  non 
volendo  asfieltare  questa  visita  ,  si  ritirò  tosto 
alle  Brentellc:  laonde  entrarono  gli  Spagnuoli 
in  quella  misera  città ,  correndo  il  mese  di 
giugno  ,  e  vi  conmiisero  de  i  gran  rubamenti. 
O'ianto  frumento  quivi  si  trovò  ,  fu  inviato  a 
N'erona  ;  quanto  ancora  poterono  estrarne  dal 
Polesine  di  Rovigo  ,  lo  condussero  a  quella 
città.  Terribile  era  1'  apparalo  dell'  armi  in  que- 
sti tempi.  Trovavasi  alle  porte  d  Italia  una 
potente  armala  di  Franzcsi ,  più  potente  di 
gran  lunga  per  la  presenza  di  un  re  guerriero 
ed  amato.  AH"  incontro  sino  al  numero  di  trenta 
mila  era  cresciuto  1  esercito  de  gli  Svizzeri , 
clie  con  Prospero  Colonna  e  colle  truppe  du- 
cliescbe  unito  andò  a  postarsi  a  Susa ,  a  Pine- 
rolo  e  ad  altri  siti,  per  dove  potcano  tentar 
di  sboccare  i  Franzcsi.  Fu  d'  uopo  al  duca 
^lassimiliano  di  mandare  un  corpo  di  milizie  a 
Cremona  ,  per  tenere  in  freno  Renzo  da  Ceri, 
il  quale  da  Crema  facea  frequenti  scorrerie  sino 
alle  porte  d'essa  città.  In  questo  mentre  giunse 
a  Piacenza  Lorenzo  de'  Medici,  nipote  del  papa 
e  generale  de'  Fiorentini ,  con  cinqui-cento  lan- 
cie,  altrettanti  cavalli  leggieri  e  sei  mila  fanti  spe- 
diti da  Firenze.  Pervenuto  parimente  a  Bologna 
Giuliano  de'  Medici  fratello  del  ponleiìce  con 
tre  mila  cavalli  ed  altrettanti  làuti  ,  gente  pa- 
palina, inviò  tosto  alla  guardia  di  Verona  du- 
cente uomiìii  d'  arme.  Anche  il  viceré  Cardona 
coli' esercito  suo  andò  ad  unirsi  co' Fiorentini 
a     Piacenza.    Kra    sul    principio    d'  agosto  ,    e 


l86  ANNALI    d'  ITALU 

allora  fu  che  si  pubblicò  in  Roma,  Napoli  ed 
altre  città  la  lega  concliiusa  fra  il  papa  (  stato 
fin  ([ui  fliilluante  ed  ascoso),  Massimiliano  re 
de' Romani,  Ferdinando  re  d'Aragona,  Firen- 
ze ,  Milano  e  Svizzeri.  Nulla  di  questo  potè  ri- 
tenere i  passi  dell'  ardente  re  Ci  istianissimo  , 
e  molto  meno  un"  ambasciata  del  re  inglese, 
die  cercò  di  dissuaderlo  da  questa  impiesa. 
Spedì  egli  per  mare  il  signor  della  Gliela  ,  o 
sia  Aymar  di  Prie  ,  con  ducenlo  cavalli  e 
cinque  mila  fanti,  die  giunto  a  Savona,  su- 
bito ebbe  ubbidienza  da  quella  città.  A  questa 
nuova  r  astuto  Ottaviano  Freg03O  spedì  tosto 
chiedendo  soccorso  al  duca  di  Milano  e  alla 
lega.  E  perchè  questo  non  venne,  fìngendo  di 
non  potersi  difendere ,  ammise  nel  porto  e 
nella  città  i  Franzesi ,  inalberando  le  loro  in- 
segne ,  con  prendere  da  lì  a  poco  guarnigione 
del  re  di  Francia.  Rinforaato  poi  questo  pic- 
ciolo esercito  dalle  genti  del  Fregoso ,  passò  ad 
Alessandria  e  a  Tortona  ,  e  setiza  dillicullà  se 
ne  impadronì ,  tuttoché  il  viceré  avesse  man- 
dato un  buon  nuinero  di  fanti  e  cavalli  al  Castel- 
lazzo.  Anche  Asti  \enne  di  poi  alle  loro  mani. 
Erasi  già  partito  da  Este  Bartolomeo  d' Al- 
viano  coir  esercito  veneto  ,  ed  entrato  nd  ser- 
raglio ili  Mantova.  Ajipena  gli  arrivò  la  nuova 
dello  sbarco  fatto  da'  Franzesi  a  Genova  ,  che 
passò  sul  Cremonese  ,  dove  diede  il  sacco  a 
]»ìù  terre,  e  massimamente  alla  ricca  di  Ga- 
slello  Lione.  Quindi  accostatosi  a  Cremona, 
senza  .sj)argiiuento  di  sangue;  la  occupò  ,  e  ne 
prese  il  possesso  a  nome  del  re  di  Francia. 
Secondo    l' Anonimo    Padovano  ,    corse    allora 


AK?iO    MUXV  l8'J 

voce  che  il  duca  di  Milano ,  cliiuso  nel  ca- 
stello di  quella  cillà  ,  senza  lasciarsi  vedere  , 
costernato  da  sì  Ifrutli  j)riuci])j  e  dal  timore' 
di  peggio ,  usi'isse  fuori  di  sé.  Ma  in  simili 
contralempi  facile  è  che  nascano  nel  volgo  sì 
fatte  immaginazioni.  Innuense  diflìcultà  provava 
intanto  1  armata  fianzese  a  trovar  la  via  per 
penetrare  in  Italia  ,  essendo  presi  .i  più  impor- 
tanti passi  dalia  Svizzera  ,  che  vantava  di  voler 
faic  prodezze  incredibili  per  frastornare  i  di- 
segni de'  Franzesi.  Un  gran  pezzo  è  che  quelle 
barriere  d' alti  monti  e  di  scoscesi  valloni  si 
credono  posti  dalla  natura  per  impedir  con 
facilità  1  ingresso  in  Italia ,  purché  vi  stia  im' ar- 
mata alla  guardia.  Pure  tante  volte  s'  è  vedu- 
to ,  ed  anche  a  dì  nostri ,  che  non  basta  un 
sì  orrido  baluardo  a  trattener  gli  oltramonta- 
ni ,  purché  superiori  di  forze ,  che  non  \cn- 
gano  a  visitarci.  Ciò  anche  allora  avvenne.  11 
maresciallo  Trivulzio ,  pratico  di  quelle  aspre 
montagne  ,  tanto  andò  girando  ,  che  adoc- 
chiato il  .silo  dove  è  il  castello  dell'  Argentie- 
ra ,  e  dove  nasce  la  Stura  che  va  a  Cuneo  , 
siccome  ancora  il  Colle  dell'  Agnello  :  quivi 
fissò  che  potesse  trovarsi  il  varco  nel  Piemon- 
te. Il  Giovio  egregiamente  descrive  le  immense 
fatiche  durate  da  Franzesi  per  ])assare ,  ed  an- 
che con  artiglierie,  per  quella  parte,  per  cui 
giunsero  fino  alle  pianure  di  Saluzzo  ;  mentre 
gli  Svizzeri ,  accampati  tanto  lungi  verso  Susa, 
li  stavano  aspettando  per  farne  un  sognato  ma- 
cello. Era  andato  Prospero  Colonna  generale 
del  duca  di  Milano  con  molte  squadre  a  \  il- 
lafranca  ,  selle  miglia  lungi  da  Saluzzo,   e  con 


j88  annali    D    ITALIA 

varj  nfiziali  se  ne  stava  nel  dì  i5  d'agosto 
saporitamente  desinando  ;  quantlo  all'  improv- 
viso ecco  con  una  marcia  sfilzata  giiignere  colà 
il  Palissa  coir  Aubigny  e  circa  mille  cavalli , 
che  fece  prigione  lui ,  Cesare  Feramosca  ,  Pie- 
tro Margano  ed  altri  capitani  illustri ,  e  svali- 
giò la  gente  loro.  Non  picciolo  sfregio  recò 
alla  riputazion  del  Colonna  1'  essersi  lasciato 
cogliere  in  quella  positura ,  per  non  aver  te- 
nuto spie  e  guardie  avanzate  ,  con  altre  pre- 
cauzioni usate  da'  saggi  condottieri  d'  armate. 
Fama  fu  che  il  bottino  fatto  da  essi  Franzesi 
ascendesse  a  cento  cinquanta  mila  scudi.  Calò 
intanto  per  varie  strade  1'  esercito  franzese  ,  e 
andò  ad  unirsi  a  Torino  ,  dove  il  re  Fran- 
cesco fu  magnificamente  accolto  da  Carlo  III 
duca  di  Savoia. 

Già  gli  Svizzeri  aveano  veduto  andar  a  monte 
tutte  le  loro  speranze  e  bra\  erie  ;  e  riflettendo 
poscia  allo  scacco  patito  dalla  cavalleria  di 
Prospero  Colonna,  in  cui  confidavano,  per  es- 
seic  eglino  senza  cavalli  ;  e  sentendo  che  l'Al- 
viano  ,  passato  1  Adda  ,  s'  era  impossessato  di 
Lodi  ;  e  che  veniva  il  corpo  de'  Franzesi  e  Ge- 
novesi da  tm'  altra  parte  :  dopo  aver  dato  il 
sacco  a  Cliivasso  (  e  fu  detto  anche  a  Vercelli  )  , 
si  ritirarono  verso  il  {Milanese.  Tuttavia  si  fer- 
mava a  Piacenza  l' esercito  s|iagnuolo  col  pon- 
tilizio  e  fiorentino  ;  ma  con  poca  armonia  , 
perchè  papa  Leone  ,  che  navigava  sempre  con 
flue  bussole,  avea  spedito  un  suo  familiare  al 
re  Cristianissimo  ,  pei'  iscusarc  il  mo\  imento 
delle  sue  armi ,  e  le  lettere  sue  ìnlercelle  dal 
viceré    Cardona    aveano    fallo    nascere    molla 


ANNO   Mnxv  iSg 

diffidenza  fra  loro.  Nulladimeno  mostrava  esso 
Cardoiia  di  voler  pure  uscire  in  campai^Mia , 
per  unirsi  co  gli  Svizzeri  ;  se  non  die  1'  Al- 
viano  dalia  jiarte  di  Lodi  co  i  Veneziani,  e  il 
signor  della  Gliela  colle  brigale  sue  e  de'  Ge- 
novesi da  un'  allra  parte  partano  disposti  ad 
impedir  la  meditala  unione.  Impazientati  gli 
Svizzeri  per  questa  dilazione  ,  speilirono  a  Pia- 
cenza il  cardinale  di  Sion  ,  che  non  dimenticò 
doglianze  e  minaccie  per  muovere  quell'  armi. 
Di  belle  parole  e  promesse  non  gli  fu  avaro 
il  viceré;  e  poi  lattigli  conlare  settanta  mila  ducati 
d'oro,  e  datigli  cinquecento  cavalli  sollo  il  co- 
mando di  Lodovico  Orsino  conte  ili  Piligliaiio,  il 
rimandò  contento  al  campo  svizzero.  Erasi  in- 
terposto Carlo  duca  di  Savoia  per  lialtare  ac- 
cordo fra  essi  Svizzeri  e  il  Cristianissimo,  e 
buona  piega  avea  già  preso  l'aliare;  ma  giunto 
il  cardinale  col  danaro  suddetto  ,  ruppero  gli 
Svizzeri  il  tratlalo,  risoluti  di  ^  olcre  rimettere 
al  filo  delle  spade  il  destino  dello  Stato  di  Mi- 
lano. Raggruppò  di  nuovo  il  duca  di  Savoia  il 
negoziato  ;  e  già  era  concluso  1'  accordo,  quando 
giunsero  all' armala  svizzera  altro  venti  ban- 
diere di  lor  nazione ,  che  lo  sturbarono  affatto. 
Però  il  re  Francesco,  che  tutto  regolava  se- 
condo i  consigli  del  Trivulzio,  venne  da  Ver- 
celli a  Novara  ;  e  d' essa  impadronito  ,  dopo 
aver  lasciala  gente  all'  assedio  del  castello  ,  passò 
il  Tesino  ,  e  s  impossessò  anche  di  Pavia.  In 
questo  mentre  il  viceré  Cardona  e  Lorenzo 
de' Medici  mostrarono  gran  voglia  di  passare  il 
Po ,  per  congiugnersi  a  gli  Svizzeri.  Ma  appena 
latto    un    passo    innanzi  ,    ne    fecero    quattro 


igO  ANNALI    D  ITALIA 

addietro;  e  meno  poi  vi  pensarono,  da  che  il 
re  di  Francia  venne  a  Marignano  ,  cioè  fia  loro 
e  gli  Svizzeri  che  s'  erano  ridotti  a  Milano.  Di 
là  passò  il  re  a  San  Donato  verso  Milano,  e 
quivi  fermò  il  suo  campo.  Bolliva  la  discordia 
Ira  essi  Svizzeri  ,  inclinando  gli  uni  alla  con- 
cordia ed  altri  alla  guerra  ;  e  parea  che  la  vin- 
cesse il  partito  de'  primi ,  ijuando  il  suddetto 
cardinale  di  Sion  (  cioè  Matteo  Schincr  )  da 
Como  corse  a  Milano,  e  raiuiatili ,  incitò,  come 
infuriato,  ognuno  ad  un  fatto  d'arme:  azione 
che  non  so  se  alcuno  criniera  convenevole  ad 
un  vescovo  e  cardinale.  Gli  storici  nostri ,  cioè 
il  Guicciardino  e  il  Giovio  ,  gareggiando  in 
elofjuenza  con  gli  antichi,  gli  mettono  in  hocea 
un'  ornata  orazione ,  cioè  parole  ,  ragioni  e 
figure  che  quel  porporato  mai  non  s'  avvisò 
d'  aver  detto.  Le  verità  nondimeno  si  è,  avere 
r  impetuoso  suo  ragionamento  fatta  tal  com- 
mozione in  quella  feroce  gente ,  che  comincia- 
rono tutti  a  gridare:  All' armi  ;  e  in  quello 
stesso  giorno  (era  il  di  i3  di  sellemhre  )  for- 
mati tic  sc[ua(lroni  ,  s'  avviarono  impetiinsa- 
menti;  alla  volta  di  Mariqnano ,  o  sia  di  San 
Donato,  e  con  tanta  allegrezzu  e  grida,  come 
se  avessero  già  in  pugno  la  vittoria.  Fu  creduto 
che   f(jssero   treulacin(|ue   mila  cond)atleuti. 

Alle  ore  venti  arrivali  colà  con  alquanti  pic- 
cioli camioni  da  cauipagru» ,  aìtaccarono  il  fitto 
d'armi  eo  riau/rcsi  ,  i  (piali  prevenlivanu'iitc 
avvisati  di  ([U(;sla  visita ,  erano  anch'  essi  in 
ordine  di  hattaglia.  Altri  dicono  che  furono 
colti  (jiiasi  alla  sprovista.  Atroce  fu  il  com- 
battimento ,  molla  la  strage    di   qua    e  di  là  ] 


ANNO    MDXV  191 

più  nondimeno  de  Franzesi ,  che  aveaDO  an- 
che perduti  alcuni  pezzi  d' artigheria ,  ma  poi 
li  ricuperarono.  Ma  perchè  fu  cominciala  la 
mischia  as>ai  tardi ,  sopraf;iunse  la  notte  ,  che 
costrinse  coli'  oscurità  cadauna  delle  parti  a 
desistere  dal  menar  le  mani ,  stando  poi  tulli 
fermi  ne'loro  posti,  e  in  vicinanza  tale,  die 
per  tutta  la  notte  si  andarono  regalando  di 
obbrobriose  parole;  spezialmente  i  Tedeschi 
con  gli  Svizzeri,  per  odio  particolar  delle  na- 
zioni :  scena  curiosa  ,  e  di  cui  si  penerà  a  tro-" 
var  somigliante  esempio.  iNon  prese  sonno  il 
re  co' suoi  generali  in  tutta  quella  notte  ,  ma 
sempre  a  cavallo  attese  a  far  ripari,  a  mettere 
in  buon  sito  i  cannoni  e  a  oidiiiar  le  schiere. 
Data  fu  la  vanguardia  al  signor  della  Palissa 
con  settecento  iancie  e  dieci  mila  fanti  tede- 
schi. Il  corpo  di  battaglia  colle  reali  bandiere 
era  guidato  dal  re  con  ottocento  uomini  d'ar- 
me ,  dieci  mila  fanti  tedeschi  e  cinque  altri 
mila  guasconi  ,  e  molta  artiglieria  ,  comandata 
dal  duca  di  Borbone.  Gian-Jacojx)  Trivulzio 
ebbe  in  cura  la  retroguardia  con  cinquecento 
laucie  e  cinque  mila  finiti  italiani.  I  cavalli 
leggieri,  guidati  dal  signor  della  Gliela  e  dal 
Bastardo  di  Savoia,  aveano  ordine  di  accorrere 
dove  bisognasse  soccorso.  All'  apparir  del  dì  1  f 
di  settembre  trombe ,  tamburi  e  artiglierie 
dicdeio  il  segno  della  orribil  battaglia ,  col  di- 
venìar  quella  campagna  la  casa  del  Diavolo. 
Combatteano  come  feroci  leoni  gli  Svizzeri;  ma 
perchè  la  vanguardia  franzese  cominciò  a  rin- 
culare ,  il  re  si  spinse  avanti  con  tutti  i  suoi, 
e  fece  maraviglie  di  sua  persona.  Allora  fu  più 


iga  ANNALI    D    ITAUA 

che  mai  sanguinoso  il  combattimento;  né  già 
stava  in  ozio  la  retroguardia  assalita  dal  capi- 
tano Aisper.  Quand'ecco  arrivare  TAlviano  con 
cinquantasei  gentiluomini  e  ducento  de' suoi  più 
bravi  cavalieri,  ed  entrar  nel  conflitto  con  gran 
furore.  Lieve  certo  era  questo  soccorso  ,  perchè 
1  Alviano  avea  lascialo  il  resto  dell'  armata  per 
opporsi  al  viceré  ,  caso  che  egli  si  movesse  , 
per  unirsi  con  gli  Svizzeri.  Ma  perciocché  con 
alte  grida  quesli  pochi  intonarono  Marco  , 
Marco  ,  quanto  ciò  accrebbe  animo  a  i  Fran- 
zesi  ,  altrettanto  ne  scemò  a  gli  Svizzeri  ,  cre- 
dendo ognuno  che  tutta  l' armata  veneta  fosse 
venuta  a  quella  terribil  danza.  11  perchè  gli 
Svizzeri ,  cinque  mila  de'  quali  non  aveano  vo- 
luto combattere,  per  essere  di  coloro  che  s'e- 
rano dianzi  accordati  col  re ,  veggendo  di  non 
poter  rompere  Tarmata  franzese,  e  tanti  dalia 
lor  parte  morti  e  foriti  ,  cominciarono  a  dar 
indietro,  come  disordinati,  e  a  sonare  a  rac- 
colta. Poi  stretti  insieme  s'inviarono  alla  volta 
di  Milano;  e  il  cardinale  lor  gran  condottiero, 
avendo  perduta  la  voce  ,  fu  più  veloce  de  gli 
altri  a  (uggire.  Il  re  per  consiglio  de'  suoi  ge- 
nerali non  volle  die  fossero  insogniti ,  per  ti- 
more che  sojjragiugnessero  gli  S[)agnuoli  ,  e 
trovas.sero  in  tanto  scompiglio  e  stanchezza  i 
suoi.  Non  si  spiM'i  mai  un  esatto  niunoro  de  i 
morti  nelle  batla;;lio  ,  porche  ognuno  a  mi- 
sura delle  sue  passioni  1'  ingrandisce  o  smiimi- 
sce.  Fu,  secondo  l'/Vnonimo  Padovano,  creduto 
che  vi  restassero  dicci  mila  Sviz/.oii  e  cinque 
mila  dell'  armala  frair/.cse  ,  con  assai  riguarde- 
voli   uliziali.   Po"    a    Milano    gli    Svizzeri ,  per 


ANNO  smxv  193 

avere  un  jireteslo  di  tornare  con  onore  a  ca- 
sa ,  fecero  istanza  di  una  gran  somma  di  da- 
naio al  duca  di  Milano,  e  non  potendola  otte- 
nere ,  s'  avviarono  verso  Conio.  Fu  spedito 
dietro  ad  essi  Mercurio  Bua  con  mille  stratliotti 
ed  altrettanti  cavalli  fiatizesi  ,  che  ne  fece  mol- 
tissimi freddi.  Il  resto  ,  passati  i  monti  ,  si  ri- 
dusse alle  lor  case  con  volto  ben  diverso  da 
quello  con  cui  s*  erano  partili. 

Nel  di  quattordici  del  suddetto  settembre 
Jililaiio  mandò  al  re  ambasciatori  colle  chiavi 
di  quella  città ,  e  fu  convenuto  che  quel  po- 
polo pagasse  trecento  mila  scudi  in  tre  paghe. 
Non  volle  il  re  Francesco  entrare  in  Milano, 
ina  passò  a  Pavia  ,  perchè  ih  castello  in  cui 
s'  era  chiuso  con  buon  presidio  ,  e  gran  copia 
di  munizioni  da  guerra  e  provvisione  di  vi- 
veri ,  Massimiliano  Sforza  duca,  ricusò  di  ren- 
dersi. Tutte  l'altre  città  vennero  alla  divozione 
del  re ,  a  riserva  del  suddetto  fortissimo  ca- 
stello e  di  quei  di  Cremona.  Pietro  Navarro 
fu  destinato  coti  cinque  mila  fanti  all'assedio 
del  primo,  e  il  Bastardo  di  Savoia  con  altret- 
tanta gente  all'espugnazione  dell'altro.  All'av- 
viso di  questi  avvenimenti  papa  Leone  ,  che 
sia  avea  «Iccretato  di  voler  essere  amico  sola- 
mente  de'  fortunati ,  non  perde  tempo  a  far 
muovere  trattato  di  concordia  col  re  Cristia- 
nissimo per  mezzo  di  C;irlo  duca  di  Savoia. 
Probabilmente  a\ea  egli  ancora  prevenuto  esso 
duca  di  quel  che  fòsse  da  line ,  caso  che  an- 
dassero in  decadenza  gli*aflari  della  lega.  Trovò 
il  duca  tutta  la  buona  disposizione  nel  re  per  la 
riverenza  eh'  egli  j)rofessava  alla  santa  Sede  :. 
Ml'ratobi.  Àim.  f^ol.  Xll^.  i3 


ig4  ANNALI    d'  ITAtXA 

e    fii  non  solo    concliiuso  accordo ,  ma    anche 
lega    fra  loro ,    in  cui    il    papa    noo  dimenticò 
i   vantaggi  della    propria   casa   e    la    prolezione 
de'  Fiorentini.  Una    della    condizioni    fu ,  che 
esso  papa  restituisse  al  re  Parma    e  Piacenza  ■, 
e  che  il  re  in  ricompensa  desse   uno  Stato  in 
Francia    a    Giuliano    fratello    del    pontefice ,  e 
pensione  al  medesimo  ,  e    un'altra  pensione  a 
Lorenzo  di  lui  nipote.  Ora  il  viceré  Gardena  , 
che  insospettito  da  gran  tempo  del  papa  ,  s' era 
ritirato  colle  sue  genti   nel    Modenese  ,   da  che 
ehbe  inteso  ratificata  da  lui  nel  di  tredici  d'ot- 
tobre la  lega  col    re ,    se    ne    tornò    pacifica- 
mente a  Napoli  ;  e    passando    per   Roma  ,    di 
grandi  doglianze  fece   col   papa,  il  quale  in  suo' 
cuor  se  ne    rise.    Passarono    appena    venlidue 
giorni ,  dappoiché  fu  dato  princij)io  all'  assecjio 
del  raslello  di  Milano,  ciie  Massimiliano  Sforza 
diede    orecchio  alle    proposizioni    di    un    acco- 
modamento col  re  ,  fattegli    dal    duca  di    Bor- 
bone    governatore    di     Milano.    Fu    convenuto 
ch'egli  cedesse  al   re  non  solamente  quell'  ira- 
porlante  castello  e  (|iiel  di  Gremona,  ma  ezian- 
dio tulle  le  sue  ragioni  sul  ducato,  e  andasse 
a  vivere  in     Francia    con    pensione    annua     di 
trenta   mila  ducati  d'  oro.  Tralascio    «Uri  punti 
«li  iniella  capitolazione.  Nrl   (|uinto  di  d  ollobi'e 
u.sci  del  suddetto  castello  di  ,\hilano  il  codardo 
rlu(;a  ,     dimentico    allallo    del     valor  di'IT  avolo 
suo  ,   e  s'  invi<'>  alla    volta     della     F'rancia  ,   con 
restare  in    llaiia   un     piMpclMO    disonore  al  suo 
nome,   e   non   minore   a   (ìirolaiiio    Moione  suo 
otMiipolintc  consiglieie  clic  scj)pe  indurlo  a  sì 
vergognoso  sacriiisio. 


ANNO    MnXV  195» 

Nel  dì  i3  del  mcdesiino  mese  anche  il  e  i- 
stcllo  di  Cremona  venne  in  poter  de'  Franzesi. 
Ci  restavano  i  Veneziani,  che  doveauo  parte- 
cipare di  così  prospera  fortuna  della  lor  lega. 
RJenlrc  il  re,  intento  a  i  preparamenti  per  fare 
nnn  superba  entrala  i/i  Milano  ,  dilieriva  il  dar 
loro  un  rinforzo  di  genie ,  Bartolomeo  d"AI- 
viano  lor  getjerale  accampato  a  Gliedi  sul  Bre- 
sciano ,  f icendo  continue  scoirerie  ,  ebl)e  la 
sorte  di  ricuperar  Bergiimo ,  il  cui  popolo , 
tolti  dentro  ducento  cavalli  veneti,  inalberò  le 
bandiere  di  San  Marco.  Ma  mentre  egli  facea 
tutte  le  disposizioni  per  passare  all'  assedio  di  . 
Brescia  ,  città  guernita  di  tre  mila  fanti  spa- 
gnuoli  ,  mille  tedeschi  e  cinquecento  caval- 
li ,  caduto  infermo ,  passò  egli  prima ,  cioè 
nel  dì  7  di  ottobre,  all'altra  vita  con  sommo 
dispiacere  del  senato  veneto ,  rimasto  privo 
in  tanto  bisogno  di  un  sì  valoroso,  ma  non 
sempre  saggio  capitano.  Aveano  anche  in  di- 
versa forma  i  Veneziani  perduto  un  altro 
egregio  condoltier  d'armi ,  cioè  Renzo  da  Ceri, 
il  quale  non  si  potendo  accomodare  allo  star 
dipendente  dallAlviano ,  avea  più  fiate  loro 
cliiesta ,  e  non  mai  impetrala  licenza  :  laonde 
sul  principio  di  seltcmbre  ali  improvviso  con 
cento  de  suoi  si  ritirò  da  Crema  ,  e  andò 
a  prendere  servigio  neh'  esercito  del  papa , 
da  cui  avea  ricevuto  un  mondo  di  pro- 
messe. Intanto  Gabiiello  Emo  e  DomenicQ 
Contarino  ,  legali  dell  armata  \eneta  ,  s"  impa- 
dronirono a  forza  d  armi  dell'  insigne  fortezza 
di  Peschiera,  posta  allo  sboccare  del  Mincio  dal 
lago  di  Garda.  Anche  la  lena  d'Asola  del  Bre- 
sciano ,  posseduta  allora  da  Fiancesco  marchese 


igG  AKKALI    a    ITALIA 

fli  Mantova ,  vcuue    alio    lor    mani    per    solle- 
vazione   falla    da    quel    popolo    conti  o    i    sol- 
dati di  presidio.  Finalmente  il  Bastardo  di  Sa- 
voia e    Teodoro    Trivulzio     furono     spediti    in 
aiuto  de'  Veneziani    con    cinqueteiilo    lande  e 
sei  mila  fanti  tedeschi.  Uniti  questi  all'  esercito 
veneto  impresero  1'  assedio  di  Brescia  ,  e  pian- 
tati ventidue  pezzi  d'  artiglieria  ,  ne    comincia- 
rono a  battere  furiosamente  le  mura.   Ma  che? 
una  mattina  fecero  i    capitani    spajjnuoli  sì  vi- 
gorosa sortila,  che  oltie    ali  uccisione    di  cin- 
quecento uomini  di  ((noi  che  erano  alla  custo- 
dia delle  batterie  ,  comhissero     in    città  undici 
cannoni.  Ne  menavano  anche  il  resto  ,  se  non 
accorreva  gran  gente  conlra  di  loro.  Due  non- 
dimeno ne  gittarono    nella  fossa,     ed   altri  la- 
sciarono inchiodati.  Per  questa  s\enlura  si  ritiixi 
il  campo    veneto  a    Santa    Eufemia  ,  dove  più 
jjiorni  slette,    tinche  cessassero  le  pioggie  e  si 
provvedesse  al  bisogno.  11   re  di    Francia  ,  che 
onoratamente  proccdes  a  ne'  suoi  impegni ,  non 
ebbe  diflicullà  di  accordare  a  i  \eneziani    per 
condolticre  di  quella    impresa  il  famoso  Gian- 
Jacopo    Trivulzio,    orilinandogli    che    avesse  a 
cuore  il  loro   servigio ,  come  se  si  trattasse  di 
afTare  ilella   sua    corona.   Lo    scriltor    moderno 
delia  Lega  di   Cambrai    scrive  ,  dalo  quest'  or- 
dine a   Teodoro  Trivulzio  ;  ma  è  certo  che  fu 
ili   maresciallo.  Seco  ancora  andò  Pietro  Navar- 
ro con   quattro  mila  fanti  guasconi ,  e  con  or- 
dine di  cassare  i  fanti     tedeschi  ,    perchè   s'  e- 
rano  protestali  di  non  \oh'r    combattere    con- 
tro quei  della   loro   nazione.   Fu  dalo   principio 
di  nuovo  all'assedio    di    Brescia.  Fecero  Unsi 


ANN'O    MnXV  IC^-J 

le  bombarde  mio  squarcio  nelle  mura  ;  ma  il 
terrapieno  era  tale  ,  che  non  fu  fatta  breccia 
capace  di  assallo.  Prese  il  Navarro  1'  assunto 
di  lavorar  colle  mine  ,  ma  trovò  de'  contrami- 
natori. Ciò  non  ostante  si  volle  venire  ad  un 
tentativo.  Costò  mollo  sangue  a  gli  aggressori  ; 
e  perchè  si  trovarono  fosse  ed  altri  ripari  nel 
di  dentro ,  bisognò  anche  per  questa  seconda 
volta  ritirarsi.  Queste  traversie  ,  e  il  verno  che 
sopraveiilva  ,  costrinsero  il  campo  Gallo-veneto 
a  convertire  1'  assedio  in  blocco.  Male  ancora 
procederono  gli  alTiri  verso  Verona.  Dentro 
v'era  Marcantonio  Colonna,  che  uscito  di  là, 
diede  mia  rotta  a  Gian-Paolo  Manfrone  capi- 
tano de'  \'eneziani.  Prese  anche  Lignago  ,  con 
farvi   prigioni   alquanti   nobili   veneti. 

Cosi  camminavano  le  cose  della  guerra  in 
Lombardia  ,  quando  papa  Leone  ,  che  avea 
parecchi  interessi  spettanti  alla  santa  Sede  e 
alla  sna  propria  casa  da  smaltire  col  re,  e  , 
quel  che  è  più ,  non  amava  che  esso  re  ve- 
nisse armato  a  Roma  a  fargli  un  atto  d'osse- 
quio ,  per  timore  eh'  egli  turbasse  la  quiete 
de'  Fiorentini ,  o  volesse  poi  entrare  nel  regno 
di  Napoli;  maneggiò  un  parlamento  da  farsi 
fra  amendue  in  Bologna.  Adunque  co!icerlate 
le  cose  ,  comparve  il  pontefice  in  quella  città 
nel  dì  8  di  dicembre  ,  e  nell'  undecimo  giorno 
seguente  vi  arrivò  anche  il  re  Francesco  ,  ac- 
compagnato da  quattro  mila  cavalli,  al  quale 
fu  compartito  ogni  possibil  onore.  Ne'  privati 
ragionamenti  fra  loro  furono  dibattute  molte 
routrovcrsie  ,  abolita  la  pragmatica  sanzione  , 
e  fctabilila  una  l>i;l!a  Jega  d' offesa  e  difesa.  Non 


IqS  A.NNALT    ti    ITAUA 

dimenticò  il  re  in  questa  occasione  AÌfonso 
d'Este  duca  di  Ferrara  ,  principe  clic  era  già 
slato  ad  inchinare  la  Maestà  Sua,  e  seco  s'era  trat- 
tenuto più  d'  un  mese.  Cioè  fece  di  forti  istanze 
al  papa  per  la  restituzione  di  Modena  e  Reg- 
gio ,  città  ingiustamente  a  lui  tolte  ,  ed  occu- 
pate finora,  benché  tante  promesse  avesse  fatto 
il  papa  di  renderle,  e  a  ciò  spezialuìente  fosse 
tenuto  per  Reggio  in  vigore  de'  patti  de'  quali 
pailammo  all'anno  precedente.  Finalmente  si 
convenne  che  il  pontefice  le  renderebbe  fra 
due  mesi  ,  ])urchè  il  duca  gli  rifacesse  i  qua- 
ranta mila  ducati  da  lui  sborsali  a  Massimi- 
liano Cesare  ])er  iSIodena.  Non  mancò  Alfonso 
di  offerire  nel  debito  tempo  il  pagamento  al 
pnpa  ,  passalo  dijìoi  a  Firenze  ;  e  siccome  ho 
diffusamente  narrato  altrove  (i) ,  ne  segui  an- 
che autentico  strumento.  Ma  papa  Leone  non 
voleva  que' danari  ;  volea  burlare  il  re  e  il 
duca,  e  cosi, fu.  Non  solamente  non  restituì 
quelle  città,  ma  cominciò  anche  a  pensare 
come  potesse  torgli  Ferrara  ,  per  la  slraboc- 
ciievol  brama  d'  ingrandire  colle  spoglie  altrui 
Lorenzo  suo  nipote,  roniossene  il  re  di  Francia 
a  Milano;  e  figurandoci  oramai  sicure  le  sue 
conquiste  per  la  lega  fedelmente  manternila  da 
i  \ene/.iani  ,  e  per  l'altra  che  avea  idi  ima- 
mente stabilita  col  ponlelice,  lascialo  governa- 
tore di  Milano  Carlo  duca  di  Rorbone  ,  sul 
fine  ili  gennaio  dciranno  jjrossimo  se  ne  ri- 
tornò in  Francia.  Il  papa  anch  egli,  la.sciala 
Rologna  ,  andò  a  passare  il    verno  in    Firenze 

(i)  Aiiticliltà  Estensi  Parto  II.  yiae^,  320. 


ANNO     MDXV  IQq 

3ua  patria  ,  dove    con   segni    inestimabili  cV  o- 
Borc  e  di  divozione  fu  accolto  da  que'  cittadini. 

Aimo  di  Cristo   i5i6.  Indizione  IV. 
di  Leone  X  pfipa  4 
di  Massimiliano  re  de  Romani  2^, 

Rimasero  nell'  anno  precedente  sconcertati 
non  poco  i  magnifici  dise^^ni  del  pontefice  Leo- 
ne ,  per  provA^eder  la  sna  casa  di  un  nicchio 
principesco,  perchè  fu  forzato  a  restituire  Parma 
e  Piacenza  al  re  Crisi  ianissiuio.  Avea  anclie 
tentato  di  ottenere  da  Massimiliano  Cesare  l' in- 
vestitura di  Modena  e  Regi;io  pel  fratello  ,  o 
pure  pel  nipote  ;  ma  da  \arj  motivi  ne  restò 
impedita  la  grazia.  Peggio  accadde  nell'  anno 
presente.  Ginliano  de' Medici  suo  fratello,  so- 
pramodo cortese,  e  di  religione,  d  onoratezza 
e  d'  altre  belle  doti  fornito  ,  erasi  gravemente 
infermato  nel  precedente  dicembre,  e  continuò 
il  suo  male  fino  al  di  17  di  marzo,  in  cui 
terminò  il  suo  vivere  e  le  speranze  di  mag- 
gior grandezza ,  essendo  prima  toriiato  a  Roma 
il  pontefice.  Sicché  non  avendo  egli  lasciata 
dopo  di  sé  prole  alcuna  ,  rivolse  papa  Leone 
i  pensieri  suoi  al  so'o  Lorenzo  suo  nipote,  ca- 
pace di  propagar  la  casa  de  NJedici  (i).  Gran 
tempo  era  che  andava  studiando  ragioni  e  cer- 
cando colori  per  togliere  il  ducato  d' Urbino  a 
Francesco  Maria  della  Rovere;  e  prima  d'ora 
avrebbe  avuto  esecuzione    1'  intento  suo,  se  il 


(1)  Guici-iaidino.  Ammirali.  Nardi.  Raynaldus  Annal. 
Eccl,  Àuoniino  Padovano. 


20a  AiSAI.T    1>    ITAUA 

predelto  Giuliano ,  a  cui  pensava  egli  ili  con- 
jerir  qiiei^li  Stati,  non  vi  avesse  rijm^nato,  per 
la  gialitudine  da  Ini  professala  a  quel  principe 
a  cagion  di  molti  benefizj  da  lui  ricevuti.  Pas- 
sato che  fu  all'  altra  vita  Giuliano,  non  avendo 
più  il  papa  alcun  rispetto  o  ritegno  ,  e  per 
nulla  valutando  il  tanto  bene  cbe  la  sua  casa 
avea  riportato  da  quel  medesimo  duca  ,  perchè 
stimolato  dal  nipote  Lorenzo  e  da  Alfonsina 
Orsina  sua  madre ,  donna  sommamente  ambi- 
ziosa; accumulò  in  un  processo  alcuni  veri  o 
apparenti  reati  del  suddetto  duca  ,  il  principal 
de'  quali  consisteva  nell'  avere  ricusato  di  an- 
dar colle  sue  genti  ad  unirsi  nell'  anno  pre- 
cedente all'  avma'a  pontilizia  contro  i  Franzesi. 
Né  lasciò  indietro  il  prave  eccesso  dell'  ucci- 
sione del  cardinale  Alidosio ,  ancorcliè  il  duca 
da  papa  Giulio  li  ne  avesse  riportata  assolu- 
'/ione  o  grazia.  Mosse  dipoi  l'  anni  sue  e  quelle 
ile' Fiorentini  per  cacciar  colla  forza  da  quegli 
Stati  esso  duca ,  il  quale  assai  conoscendo  di 
non  poter  solo  far  argine  a  (juesta  piena  ,  si 
aj)pigliò  al  partito  di  cedere  al  tempo  e  ili  ri- 
tirarsi a  Pesaro;  e  né  pur  c|ui\i  lenendosi  si- 
curo ,  passò  a  Mantova  col  llgliuolo  e  colla 
moglie  ,  figlia  di  (|Ui'l  marclicse.  Avea  ben 
Ja.sciati  pre.sidj  nelle  fortezze  di  Pesaro  ,  Sini- 
gaglia,  San  Leo  e  Rocca  di  Mxiiuolo;  ma  que- 
ste r  una  dieiro  all'  altra  si  andarono  rendendo 
a  Renzo  da  Ceri,  e  a  gli  altri  ulìziali  del  pa- 
pa ,  con  infinito  dispiacere  di  tulli  que' jiopoli, 
che  non  si  può  dire  ijuanto  amassero  ([nel 
principe  j)er  1'  iiTorrnlla  sua  giustizia  ed  ot- 
fim©  {governo.  Allora   lu    che    scappò   fuori    la 


ASN9   iirnx\'<  aoi 

fiera  sentenfia  el>e  elicli iarava  decaduto  da  quegli 
Stati  esso  duca  ;  e  quando  la  gente  si  credea 
guadagnato  per  la  Chiesa  quel  ducato,  venne 
ognuno  n  sapere  clie  la  festa  era  stata  fatta 
per  Lorenzo  de'  Medici  ,  il  quale  dal  pontefice 
zio  fu  creato  duca  d'  Urbino  .  e  signore  di  Pe- 
saro e  Sinigaglia.  Al  re  di  Francia ,  clie  in  Bo- 
logna avea  molto  perorato  in  favore  del  sud- 
detto Francesco  Maria  duca  d' Urbino ,  riusd 
molesta  non  poco  1'  occupazione  del  di  lui  du- 
cato ;  nel  qual  tempo  ancora  andò  esso  re  sco- 
prendo che  occulti  maneggi  si  facessero  ne  gli 
Svizzeri,  presso  il  re  d'  IngiiiUerra  ed  altri  po« 
tentati  dal  medesimo  papa. 

Non  meii  de'  suoi  due  predecessori  nudriv» 
il  re  Francesco  un  focoso  desiderio  di  conqui- 
star anche  il  regno  di  Napoli  per  li  segreti 
stimoli  dell'  ambizione  che  in  alcuni  monarchi 
non  sa  mai  conoscere  né  dire:  basta.  Si  astenne 
da  queir  impresa  ,  benché  ideata  appena  dopo 
r  acquisto  di  Milano  ,  per  le  insinuazioni  di 
papa  Leone  ,  che  il  pregò  di  sospendere  fin» 
alla  morte  di  Ferdinando  il  Cattolico  re  d'Ara- 
gona ,  la  qual  si  credeva  per  una  lunga  ma- 
lattia imminente.  Ih  futi  compiè  la  carriera 
del  suo  vivere  quel  regnante  nel  dì  i5  di  gen- 
naio del  presente  anno,  con  lasciare  una  fama 
perenne  di  principe  che  nella  finezza  della 
politica  mondana  non  ebbe  pari ,  e  che  assi- 
stito dalla  fortuna  e  da  Isabella  regina  savis- 
sima di  Casliglia  seppe  con(juistare  i  regni  di 
Granata  e  di  Napoli ,  e  finahnente  quello  di  Na- 
varra  ,  e  cooperò  al  sempre  memorabile  scopri- 
mento dell'  Indie  Occidentali.  A  lui  succedatte. 


202  ANNALI    D    ITAUA 

He"  re2;ni  suddetti  e  in  quei  delle  due  Si- 
cilie l'arciduca  Carlo,  già  dichiaralo  re  di  Ca- 
stiglia,  e  nipote  di  Massimiliano  Cesare.  Non 
sì  tosto  giunse  questo  avviso  al  re  Francesco  , 
che  tutto  si  ringalluzzì ,  quasi  contando  per 
sua  preda  il  regno  di  Napoli ,  e  immaginando 
che  al  giovane  re  Carlo,  non  peranche  ben 
.•issodato  nel  nuovo  dominio,  mancherebbe  voglia 
o  possanza  di  contrastargli  queil' aaf  listo.  Ma 
questa  determinazione  l'aveva  egli  latta  sen/.a 
domandarne  licenza  al  re  de' Romani,  il  quale 
conchiusa  dianzi  lega  col  re  d'  Inghilterra,  col 
re  Caitoliro  e  con  alquanti  Cantoni  de  gli 
Svìzzeri ,  raettea  insieme  ini  esercito  per  ve- 
nire al  soccorso  di  Brescia  e  Verona.  Era  già 
ridotta  a  tale  estreinilà  Brescia  ,  che  per  man- 
canza di  viveri  e  di  paghe  potea  star  poco  a 
rendersi.  Spedì  Massimiliano  per  la  via  di  Lo- 
drone  circa  sei  mila  fanti  tedesciii ,  con  ogni 
sorta  di  munizioni  da  bocca  e  da  guerra,  che 
j^innti  al  castello  d' Anfo  ,  se  ne  impadroni- 
rono tosio  per  viltà  di  Orsatlo  (iiiistiniano  ,  a 
cui  fu  poi  tagliato  il  ca|)o  in  Venezia.  Mandò 
il  Trivulzio  mille  cavalli  e  cinque  mila  fanti 
sotto  il  comando  di  (jiano  da  Campo  Fn'goso , 
per  frastornari-  la  calala  de'  redeschi.  Ma  dopo 
un  breve  combattimi-nto  (piel  corpo  di  gente 
vergognosamente!  voltò  le  s|)alle.  Fu  cagion 
questo  colpo  che  il  Trivulzio  si  ritirò  nel  dì  aa 
(li  gennaio  a  (ìhedi,  e  mandò  ])0Ì  la  gente  a  i 
([uartieri  d'  inverno ,  e  che  Brescia  restò  ben 
i>rovvedula  di  vettovaglie  Per  le  preghiere  de  i 
Veneziani  il  re,  in  veci?  di  (lian-tìiacomo  Tri- 
vulzio, spedi  poscia    loro  il  sii^nor  di  Laulroc 


ANNO     MDXVl  203 

e  Tcoloro  Trlviilzio  cdii  ciiiqncceiito  lancie  e 
qualtro  mila  fanti ,  i  quali  venuta  la  prima- 
vera ,  tornarono  a  stringere  Brescia  ,  e  diedero 
anello  ima  rotta  a  un  corpo  di  Tedeschi  clie 
veniva  portando  buona  somma  di  contanti  per 
pagare  il  presidio  di  quella  città. 

Sul  principio  di  marzo  arrivò  a  Trento  Mas- 
similiano Cesare  ,  seco  guidando  il  marchese 
di  Brandeburgo  ,  il  duca  di  Baviera  ed  altri 
gran  signori ,  con  dieci  mila  fanti  svizzeri  ed 
altrettanti  alemanni,  e  con  tre  mila  cavalli,  tutti 
ben  in  ordine.  Calato  poscia  al  piano ,  e  pas- 
sato l'Adige  ,  giunto  che  fu  a  Lacise,  andò  ad 
unirsi  con  lui  iMarco  Antonio  Colonna  colle  suo 
genti  :  laonde  fu  creduto  che  quell'  esercito 
ascendesse  a  sei  mila  cavalli  e  a  venticinque 
migliaia  di  fanti.  Tante  foi-ze  impressero  un 
giusto  terrore  ne'  Franzesì  e  \'eneziani ,  i  quali 
presero  il  partito  di  menar  le  cose  al  più  che 
potes:iero  in  lungo ,  con  isperanza  che  man- 
caD  Io  la  moneta  al  re  de'  Romani  (  e  questa 
gli  maneava  spesso  )  ,  si  discioglierebbe  quella 
sua  armata.  Rinforzarono  i  ^  eneziani  gagliarda- 
mente Padova,  Trivigi  ed  altre  fortezze.  Ma 
Massimiliano  mirava  a  ponente  ;  ^e  non  che 
applicate  le  artiglierie  al  forte  castello  di  Peschie- 
ra ,  lo  costrinse  alla  resa.  Ritiratisi  i  Franzesì 
e  Veneti  a  Cremona ,  colà  comparve  il  duca  di 
Borbone  col  resto  di  sue  forze  ;  e  contuttoché 
si  credesse  che  la  loro  armata  ascendesse  a 
due  mila  e  cinquecento  lancie ,  e  a  due  mila 
cavalli  leggieri  e  a  dlciotto  mila  fanti ,  colai 
paura  s'  era  cacciata  in  corpo  a  i  Franzesi  , 
che  già  meditavano   di    tornarsene    di    là  da  i 


4d4  ANNAl.1    U     ITALIA 

monti.  Probabilmente  non  era  sì  giuiide  il 
nerbo  della  lor  gente.  Comunque  fosse ,  volle 
la  lor  fortuna  che  Massimiliano  si  perdesse  in- 
torno al  castello  il'  Asola ,  dove  Andrea  Grilli 
legato  veneto  avca  spinto  cento  uomini  d  armi 
e  cinr|neceiito  fanti ,  e  v'  era  per  governatore 
Francesco  Conlarino.  Dieci  giorni  durò  1'  asse- 
dio, e  senza  frutto.  Se  avesse  Massimiliano, 
seguitando  il  parer  di  Marco  Antonio  Colon- 
na ,  sollecitamente  tenuto  dietro  a  i  Franzesi 
che  si  andavano  ritirando ,  opinion  fu  ,  che 
trovandoli  sì  impauriti  ,  gli  avrebbe  veduti  in- 
viarsi verso  casa.  Ma  diede  lor  tempo,  cor 
formarsi  intorno  ad  Asola,  che  ripigliassero  co- 
raggio, e  che  potesse  arrivar  loro  un  rinforzo 
d'alcune  migliaia  di  Svizzeri,  assoldale  dal  r« 
Cristianissimo.  Pt^rtanto  passò  ben  Massimiliano 
l'Adda,  e  andò  anche  in  vicinanza  di  Milano; 
Dcl  qiiiil  tempo  il  Colonna  s'impadronì  di  Lo- 
di, dove  non  potè  impedire  che  non  fosse 
usata  gran  crudeltà  contro  i  Franzesi  e  Guelfi. 
Ma  essendosi  posto  con  tutti  i  suoi  e  co'  Ve- 
neti il  linea  di  Borbone  entro  essa  città  di 
Milano  ,  risoluto  di  difenderla  (  al  qual  fine 
barbaramente  diede  fuoio  a  tutti  i  borghi  ),  ed 
essendo  sopravenuti  gli  Svi/.zrri  sudd<'tli  in 
aiuto  suo,  rimasero  arenati  i  disegni  e  le  spe- 
ranze di  Massimiliano:  e  massimamente  perehr- 
i  suoi  Svizzeri  chiedevano  paghe ,  e  la  cassa 
cesarea  era  f.dlita,  di  modo  che  seguì  qualche 
loro  ammiitinaMicnlo.  Crebbe  poi  miggiormenlc 
la  j)aura  in  C-sare ,  e  il  sospetto  di  qualche 
tradimento  dalla  parte  d'essi  SvÌ7,/,eri  (  gente 
che  già   k'  era   guadagnato   quoslo    discredito  )  . 


ANNO    aiDXVI  205 

percliè  fu  iiitercella  lettera  filila  da  Gian-JacDjio 
Tnvuizio  a  i  capilaui  eli  quelli  Svizzeri,  in  cui 
tHiriveva  che  Ira  due  giorni  eseguissero  quanto 
fra  con  loro  convenuto  :  stratagemma  usato  in 
tante  altre  occisioni  di  guerra.  Per  questi  ac- 
«-•identi  Massimiliano .  dappoiché  accostatosi  a 
■Milano,  vide  che  niun  movimento  si  facea  da 
quel  popolo  ,  siccome  gli  era  stato  fatto  cre- 
dere ,  con  poco  suo  onore  si  ritirò  a  Lodi ,  e 
sparti  in  varj  siti  T  armata  ,  aspettando  pure 
che  venissero  di  Germania  e  Borgogna  sessanta 
mila  ducati  a  lui  promessi.  Ne  cavò  da  i  po- 
veri Bergamaschi  quindici  mila ,  picciolo  reiri- 
gerio  a  tanta  sete.  Anche  gli  Svizzeri  ,  che 
erano  al  soldo  di  Francia ,  fecero  in  questo 
mentre  inghiottir  de  gli  amari  bocconi  al  duca 
di  Borbone  ;  perciocché  avendo  egli  determi- 
nato di  uscir  di  Milano  per  andare  a  dar  bat- 
taglia a  i  nemici ,  quella  brava  gente  prote- 
stò di  non  voler  combattere  conti-a  de'  proprj 
nazionali  suoi  parenti  ed  amici.  Essendo  poi 
cresciuta  la  domestichezza  d'  essi  Svizzeri  con 
quei  dell  armata  cesarea ,  entrò  anche  il  duca 
in  gravi  sospetti  della  lor  fede,  e  giudicò  meglio 
di  licenziarli  ;  e  però  carichi  di  doni  li  rimandò 
"alle  lor  case.  Ecco  qual  fosse  allora  il  con- 
cetto di  quella  gente  venale. 

Erasi  anche  Massimiliano  Cesare  staccato  dal 
suo  esercito  ,  con  ridursi  in  fine  a  Trento  ;  e 
quantunque  inviasse  promesse  di  tornar  presto , 
ed  anche  di  mandar  nuova  somma  di  danaro; 
tuttavia  non  bastando  questa  a  pagare  gli  sti- 
pendj  decorsi ,  non  vi  lu  maniera  che  si  po- 
tessero ritenere  i  suoi  Svizaeri  dal  tornare  per 


3oG  A^•^'ALT  n'  rr ali  \ 

la  Vallelliiia  allo  lor  iiioiUague  ,  J  ippoicliè  eh- 
bera  ilato  il  sacco  a  quante   castella   trovarono 
per  istrada.   Altrettaiilo    fece   dipoi  il   marchese 
di  Brandeburgo  con  passare  in  Lamagna.  Mar- 
cantonio Colonna,  che  co' suoi    s'era  condotto 
sul    Bergamasco,    veggendo    il    disfacimento  di 
tanta  armata ,  s"  affrettò  per  tornarsene    a    Ve- 
i-ona  ;  ma  ebbe  sempre  alla  coda  ^lercurio  Bua 
con  gli  stradiotti  veneziani ,  e  Baldassarre  Signo- 
rello  con  ilucento  cavalli,  di  maniera    che    al- 
l' arrivo  colà  si  trovò  spelato    più    d'  un    poco. 
E  questo  line  ebbe  in    poco    tempo    1  impresa 
d'  un  re  de'  Romani  e  un  sì  poderoso  esercito  : 
se  con   gloria  di  quel  sovrano  ,  lo  deciderà  chi 
legge.  Fu   in  questi  tempi  che  Carlo    duca    di 
Borbone  passò  in  Francia,  dimettendo    il    go- 
verno di  Milano  ,  o   perchè    dimandò    il    con- 
gedo ,  o  perchè  l'u  forzato    a    dimandarlo    per 
sos])etti  nati  contra  di  lui.    Succedette  in  quel 
governo    Odetto    di    Fois    signore    di    Lautrec. 
Appena  poi  fu    fuori  di  Lombari ia    la    nemica 
gente  tedesca  ,  che  esso  si.;nor  di  Lautrec  con 
cinquecento  iancic  e  cinijiic  mila  fuiti    fi\:nze- 
.M  ,  e  Andrea  (jrilti  coli"  umidita  vcnela  si  pre- 
sentarono di  nuovo  mi  di     i6    di    maggio  da- 
vanti    Brescia  ,    dove     non     si    contava    più  di 
secenlo    fanti    spagnuoli    e    quattrocento    cavalli 
di   presidio;  e  con   quarantotto  pezzi  di  artiglie- 
ria cominciarono  a  <liroccare  ìv  mura.  Diedero 
un  feroce  assalto  di  due  ore  alla  Garzctta,  ma 
non  ne  riportarono  se  non  morti  e  ferite.  Con- 
tinuato  poscia    il    fracasso    delle    batterie  ,   quel 
comaiulante  sprovisto  di   gente  e  di  \iveri ,   né 
.sperante  soccorso,  capitolò  la  resa,    cpialora  in 


» 


ANNO     ItDXn  20'J 

termine  lìì  olio  giorni  i)on  venisse  soccoiso , 
con  (lare  a  queslo  fine  gli  ostaggi.  Tentò  se- 
ramenle  iMassiiniJiano  di  spignere  a  qnt ila  volta 
molte  brigate  di  fanti  ,  raccolte  il  meglio  che 
si  polè  in  quella  strettezza  di  tempo  ;  ma  que- 
ste ,  trovati  i  passi  bon  gnernili  di  gagliardi 
prcsidj  ,  speditivi  dal  Lautrec  e  dal  Grilli ,  se 
ne  ritornarono  placidamente  indietro,  fertanto 
nel  dì  26  di  maggio  (  altri  dic<jno  nel  di  2  {  ) 
nscì  di  Brescia  la  guarnigione  spagnuoia  ,  0  sia 
tedesca  ,  con  bandiere  spiegate  ,  con  tre  pezzi 
d'artiglieria  e  tutto  il  bagaglio,  e  con  loro 
molti  Bresciani  del  partito  cesareo ,  Ira  i  quali 
spezialmente  la  famiglia  Gambara.  L.nlrò  il  vit- 
torioso esercito  in  quello  stesso  dì  nella  città, 
dove  si  fecero  inlinite  allegrezze  da  quel  po- 
polo divofo  al  nonse  veneto  ;  né  minori  furono 
le  fitte  dijioi  in  Nenezia  per  sì  importante 
acquisto.  Il  Belcaire ,  che  animosamente  nega 
es.sersi  adoperata  la  forza  sotto  Brescia  ,  e  dà 
qui  ima  mentita  al  (ìiovio ,  e  dovea  parimente 
darla  al  Guicciardino ,  s'ingannò  forte.  Più  di 
lui  ne  sapeva  anche  1'  Anonimo  Padovano,  che 
si  trovò  presente  a  queste  guerre. 

Sul  principio  di  giugno  il  signor  di  Lautrec 
per  le  forti  istanze  de  Veneziani  passò  sul  Ve- 
ronese ,  per  formare  1'  assedio  di  quella  città. 
Le  genti  sue  unite  colle  venete  formavano 
un'  armata  di  mille  e  ducento  uomini  d' ar- 
me, di  due  mila  eavalli  leggieri  e  dodici  mila 
fanti.  Ma  alla  difesa  di  ^elOlla  stava  Marco 
Antonio  Colonna ,  divenuto  generale  di  Cesa- 
re ,  con  grandi  forze ,  perchè  provveduto  ,  se- 
condo l'Anonimo  Padovano,  di  Ire  mila  cavalli 


308  AMXAI.l    D    ITALtA^ 

leggieri ,  sei  mila  fanti  tedeschi  e  mille  e  cin- 
(juecento  spaglinoli.  Venuto  ordine  dal  senato 
veneto  che  si  mettesse  a  sacco  quel  paese  per 
levare  la  sussistenza  alla  città,  orrendo  spetta- 
colo fu  il  vedere  non  solamente  i  soldati ,  ma 
ancora  gran  gente  del  Trivisano ,  Padovano  , 
\  icentino  e  Bresciano,  concorsa  a  questo  inu- 
mano e  pur  delizioso  mestiere ,  clie  tutti  si 
diedero  a  tagliar  le  biade  e  a  saccheggiare ,  e 
bruciar  anche  le  case  de'  poveri  contadini.  Erano 
per  questo  in  somma  disperazione  i  miseri  \  e- 
ronesi ,  dentro  oppressi  da  contribuzioni  ,  gra- 
vezze e  insolenze  innumerabili  de'  soldati ,  e 
fiioii  privati  delle  loro  sostanze  colla  dtsolazion 
di  tutto  il  territorio.  Infinita  roba  e  gran  copia 
di  bestiame  aveano  gì'  iultilici  lor  villani  salvata 
in  Val  Polesella  ;  ma  eccoti  passar  l' Adige 
Franzfsi  e  Veneti ,  che  penetrati  colà ,  fecero 
un  nello  d' ogni  cosa.  Rallentò  poscia  «pesto 
flagello,  perchè  giunsero  alla  Chiusa,  e  se  ne 
inij-ossessarono  sei  mila  finti  tedeschi  (  altri 
dicono  otto,  ed  altri  nove  mila)  spedili  in 
soccorso  a  Verona.  Corse  anche  voce  che  quin- 
dici mila  Svizzeri  pagati  dal  re  d'  Inghilterra 
avessero  fra  {wco  a  calar  nello  Stato  di  Milar.o. 
Non  vi  volle  di  più  perchè  il  Lautrcc  ,  jneso 
da  spavento,  contro  il  volere  de' Veneziani  si 
ritirasse  a  Peschiera  i iciijH'iata  sul  Mincio  ,  da 
dove  poi  le  sue  genti  faceano  continue  scor- 
rerie lino  alle  porte  di  Verona.  Passarono  in- 
tanto le  fanterie  tedesche ,  poco  danaio  nondi- 
meno e  poca  vettovaglia  portando  ali  alllitta 
città  di  Verona  :  il  che  fallo  ,  per  la  maggior 
parte ,  ss  ne  tuniaioiio  al  luro    pau*(t.   Aspettò 


ANNO    MDVST  209 

il  Colonna  tre  mila  Svizzeri  ,  inviati  anch'  essi 
in  aiuto  suo,  e  giunti  che  furono,  con  tre 
mila  cavalli  e  dieci  mila  fanti  passò  a  Soave  , 
dove  si  ll-rmò  otto  giorni  ,  con  dar  tempo  e 
sicurezza  a  que'  popoli  di  fare  i  raccolti  di  quel 
poco  che  loro  era  restato ,  e  tutto  poi  fece 
condurre  in  \  erona.  Pensava  di  far  io  stesso 
verso  il  Mantovano;  ma  tumultuando  gli  Sviz- 
zeri e  Tedeschi  per  mancanza  di  paghe,  fu 
costretto  a  licenziar  tutti  gli  ultimamente  ve- 
nuti, parte  de' quali  passò  poi  al  servigio  de  i 
Veneziani.  Andarono  in  questi  tempi  i  Fran- 
zesi  sul  Mirandolese,  con  disegno  di  cacciar 
da  quella  forte  terra  Gian-Francesco  Pico,  il 
quale  già  v'  era  rientrato  con  farne  uscire  il 
nipote  Galeotto.  Finì  tutto  il  lor  movimento 
in  saccheggi  non  solo  di  quel  paese ,  ma  di 
tutto  quel  tratto  del  Mantovano  per  dove  pas- 
sarono andando  e  venendo.  Né  già  vantavano 
miglior  legge  i  loro  nemici.  Marco  Antonio 
Colonna  sul  principio  di  luglio  partito  segreta- 
mente di  notte  da  Verona  con  sette  mila  fuiti 
tedeschi  e  cinquecento  cavalli ,  all'  improvviso 
giunse  a  Vicenza  ,  e  per  forza  entratovi ,  tutta 
la  mise  a  sacco  ,  asportandone  spezialmente  la 
seta  che  era  il  maggior  capitale  di  quel  tante 
volle  spogliato  popolo.  Queste  erano  le  sacri- 
leghe maniere  d'  allora  per  soddisfare  in  qual- 
che guisa  i  non  pagati  soldati. 

Crescevano  intanto  le  angherie  ,  le  taglie  e 
la  carestia  nell  infelice  popolo  di  Verona  ,  in- 
darno servendo  i  conforti  del  Colonna  ,  perchè 
fatti  bisognavano  e  non  parole.  Informali  dun- 
que i  \  eneziani  del  miserabile  stato  di  quelli), 
Mlratoiii.  Ann.   Fot.  XIV,  14 


aio  Annali  d' itaua 

città  ,  colante  istanze  ftcero  ,  che  il  signor  di 
Lautrec  s' indusse  di  nuovo  a  rinovaine  1"  asse- 
ilio.  \  olle  ej^li  prima  d^  ogni  altra  cosa  impa- 
dronirsi della  Ciiiusa  ,  per  impedire  i  soccorsi 
che  potessero  venir  dì  Lamagna  ;  poscia  nel 
dì  IO  d'  agosto  s'  avvicinò  col  campo  a  qiiel- 
r  afili  Ita  città,  e  da  più  palli  comiiiciò  a  hat- 
lerla  colle  artiglierie.  Maravigliosa  fu  la  difesa 
dil  Colonnese  per  li  ripari  che  continuamente 
formava  di  dentro  ,  e  per  le  sortile  ciie  con 
danno  de  g'i  assedianli  facea  al  di  fuori.  Mancò 
la  polve  da  fuoco  a  i  GalloA  eneti,  e  già  n' era 
giunta  da  Venezia  a  Lignago  una  gran  condotta 
sopra  carri.  Non  si  sa  se  per  malizia  ,  o  per 
altio  accidente,  le  si  attaccò  il  fuoco  ,  e  vi  pe- 
rirono non  solarneule  cento  e  ollanta  vasi  d'  essa 
polve,  ma  anche  tulle  le  carra,  molli  uomini, 
Luoi  ed  altre  cose  condolte  per  bisogno  di 
quella  impresa.  Fu  ciò  non  ostante  provvedu- 
to, e  proseguito  con  vigore  l'assedio,  ed  an- 
che più  la  difesa  ,  con  inunortal  gloria  di 
Marco  yVntoiiio  Colomia,  che  a  tulle  le  brcc- 
cie,  a  tutti  gli  assalti  accorrendo,  sempre  rai- 
rahihnente  provvide  ;  e  benché  ne  riportasse 
un  dì  un' archibugiala ,  seppe  con  sì  bel  modo 
e  segretezza  farsi  curare  ,  che  nella  guarnigione 
niun  disoidine  insorse.  Durò  questa  danza  (ino 
a  mezzo  ottobre,  linatlanlochè  giunse  nuova 
che  da  Trento  veniva  un  grosso  soccorso  a  N'ero- 
na:  Il  che  tanto  terrore  mise  nel  campo  riallo-N'e- 
iielo,che  tulli  clii  qua  e  ehi  là  ordinatamente  si 
misero  in  salvo,  l'ero  passati  per  la  moniagna 
di  Perona  circa  ottocento  cavalli  tedeschi,  ca- 
richi di  vctlovaglie    e   munizioni  ,    fcliceiuml^ 


ANNO    MnXVI  2I« 

aiTÌvarono  a  \'eroria.  Oltre  a  ciò ,  ben  circa 
cinque  mila  Tedeschi  espugnarono  la  Chiusa, 
con  tagliare  a  pezzi  il  presidio  veneto  ;  ed 
aperto  quel  passo,  spinsero  poi  gran  quantità 
d'  altri  viveri  sopra  zatte  per  1"  A<lige  alla  ine- 
ilesiniu  città ,  che  re<;arono  gran  sollievo  non 
meno  a  i  soldati,  che  a  gì'  infelici  cittadini. 
Non  si  polca  dar  pace  il  senato  veneto  al  ve- 
de re  saltar  fiori  ogni  dì  nuove  remore  alta 
ricuperazion  di  ^  erona  ;  e  tanto  ]>iù  s  impa- 
zientavano ,  perchè  gagliardamente  si  trattava 
in  Brusselles  pace  fra  iMassimiliano  Cesare, 
Francesco  re  di  Francia  e  Carlo  re  di  Spagna, 
non  sapendo  qual  destino  potesse  toccare  alla 
tuttavia  pertinace  città.  Non  cessavano  di  spro- 
nare il  LuiUrec  a  ripigliar  l'impresa;  e  perchè 
egh  allegava  la  mincanza  delle  paghe  all'  eser- 
cito suo  ,  astretti  furono  i  \  ejieziani  anche  a 
questa  esorbitante  sjiesa  ,  per  cui  si  ridusse  la 
lor  costanza  a  mettere  ali"  incanto  le  dignità , 
gli  ufizj  e  magistrati  non  men  cU  Venezia  che 
di  Terra  li?rma ,  e  a  vendere  od  impegnare  gli 
stabili  della  repidjblica.  E  continuarono  bensì 
la  guerra ,  con  impedir  la  venuta  d'  altri  soc- 
corsi a  \  erona ,  ma  senza  per  questo  poterla 
costrignere  alla  resa.  Gravissimo  danno  pati  ia 
tale  occasione  la  città  e  il  territorio  di  Brescia, 
perchè  gli  convenne  alimentar  nobilmente  l'esei"» 
cito  franzese  con  ispesa  di  più  di  cinq.iccento 
ducati  d'  oro  per  giorno.  Con  tante  vicende  e 
guai  terminò  ancora  1'  anno  presente  ,  in  cui 
non  si  dee  tacere  un  gravissimo  pericolo  in- 
corso da  papa  Leone ,  e  narrato  dal  contem- 
poraneo Anonimo   Padovano    nella   sua    Storia 


aia  Annali  d  Italia 

maniiscritta.  Era  ito  osso  pontefice  nel  mese 
d'  aprile  per  diporto  a  Civita  (  m' immagino 
clie  sia  Civita  L,i\iiiia),  quando  poco  discosto 
di  là  diciotto  fiiste  di  JMori  ,  smontati  in  terra 
ferma ,  ierero  ima  larga  scorreria  ,  con  ridurle 
in  ischiavitù  gran  quantità  di  gente.  Intenzioix 
loro  ,  per  quaiito  apparve,  era  di  cogliere  lo 
stesso  papa  ,  piobabilmente  da  qualche  scelle- 
rato iniòrmati  ch'egli  praticava  in  quelle  parti. 
Spaventato  il  poutelìce ,  ebhe  tempo  di  scap- 
pare più  che  in  fretta  a  Roma.  Che  orrore  ! 
che  terribili  cons(  gucnze ,  se  riusciva  a  quei 
Biirbari  un  sì  gran  colpo  !  Dolenti  essi ,  per 
non  aver  collo  (pianto  speravano,  voltaiono  le 
prore  all'isola  dellEllìa,  che  era  del  signor  di 
Piombino,  e  spogliatala  d'ogni  bene,  se  ne  tor- 
narono in  Alliica.  Delle  leghe  fatte  ia  quest'anno 
parleremo  ali   anno  seguente. 

annodi  Ckisto   1517.  Indizione  V^. 
di  Lr.oNF,  X  pnpa  5. 
di  Massimiliano  re  de  Romani  aS. 

Ebbe  fine  in  qnest'  armo  il  concilio  Lafe- 
rancnse,  dove  furono  latti  molli  bei  regolamenti 
di  »'cclesiaslii'a  diseijilina,  ma  non  (piali  occor- 
revano e  si  desidi  ravano  da  i  migliori  per  la 
corrrzion  de'  tanti  abusi  che  allora  deformavano 
la  Chiesa  di  Dio,  benché  salda  st(  sse  ia  vera 
dottrina  di  CtÌsIo  per  tutte  le  chiese  d' Ocei- 
ilente.  Non  abbiam  vergogna  di  confessarlo , 
da|>poicli(>  tanti  piissimi  (cattolici  1'  lian  con- 
fessato, l'in-  lioppo  (piegli  abusi  misero  i  anni 
in   mano  a  Martino    Luloro    hate    Agostimano 


in  Sassonia  ,  per  co'.niiiciare  nel  presente  anno  a 
imperversare  contro  la  Chiesa  Cattolica,  aprendo 
la  porta  non  solo  aJ  un  massimo  deplorabile 
scisma,  ma  ad  infinite  eresie,  clu-  come  la 
finta  idra  andarono  poi  pullulando,  e  divise 
fra  loro  infestano  tuttnviii  tanti  po^ioli  del  Set- 
tentrione. Il  gran  mercato  che  si  faceva  allora 
delle  indulgenze  per  Tannar  danaro  in  Iwtta 
la  Ciistianità  d' Occidente ,  in  apparenza  perla 
fiibljrica  della  l>asilica  \  aticana  ,  ma  in  sostanza 
anche  per  altri  mondani  fini ,  quel  fu  che  ac- 
cese mi  fuoco  in  Germania .  che  di  gioiiio  in 
giorno  sempre  più  crescendo ,  arrivò  a  fermar 
cpiella  gran  piaga  nella  Chiesa  del  Signore  che 
tuttavia  deploriamo,  e  die  Dio  solo  saprà  sal- 
dare ,  quando  gli  alti  suoi  giudizj  saranno  adem- 
piuti. Ma  perchè  questo  è  argomento  spettante 
alla  storia  ecclesiastica,  passiamo  oltre.  Le  tur- 
bolenze de  gli  anni  addietro,  e  i  pubblici  e 
privati  interessi  de'  potentati  cristiani  aveano 
nel  precedente  anno  tenuta  molto  in  esercizio 
la  politica  de'  gabinetti.  L  accrescimento  della 
potenza  franzese  in  Italia  con  occhio  bieco  ve- 
niva riguardata  da  papa  Leone ,  da  Massimi- 
liano Cesare ,  da  Arrigo  re  d'  Inghilterra  e  da 
Carlo  re  di  Sp;igna  ,  ma  principalmente  da  gli 
Svizzeri ,  che  dopo  aver  cavalo  tanto  sangue 
dallo  Stato  di  Milano,  ora  che  questo  era  ca- 
duto in  mano  di  un  re  sì  polente,  miravano 
come  seccato  il  fonte  della  hno  ricchezza. Però 
il  cardinale  di  Sion  s'  era  sbracciato  con  più 
viaggi  e  maneggi  per  formare  una  lega,  e  gli 
venne  fatto  di  couchiudcrla  nel  dì   ig  d'ottobre 


2 1 4  Annali  d'  italia 

del  i5i6  (i)  fra  il  suddetto  Massimiliano,  il 
re  d' Ingliilterra  e  il  re  di  Spagna,  con  lasciar 
luogo  d'  entrarvi  al  papa,  il  q;iale  1'  avea  proc- 
curata,  per  valersene  come  portasse  l'occasione. 
Dall  altro  canto  anche  Francesco  re  di  Francia 
non  istelle  in  ozio  per  contraminare  questi 
tia Itali ,  ben  conoscendoli  formali  centra  di 
lui.  Tanto  opeiò  con  gli  Svizzeri ,  che  nel 
dì  29  di  novemhrc  di  os.'-o  anno,  a  forza  d'oro, 
trasse  quella  nazione  ad  una  pace  perpetua  col 
regno  di  Francia.  Af)zi  molto  prima  ancora 
aveva  intavolato  un  altro  negoziato  di  pace  con 
Massimiliano  e  col  re  Carlo  suo  nipote ,  che 
fu  bene  in  certa  maniera  conchiuso  nel  dì  i5 
d'  agosto ,  ma  che  solameute  acquistò  perfe- 
zione nel  dì  4  di  dicembre  i5i6,  in  cui  fu 
ratificalo  da  esso  Cesare,  sempre  voglioso,  sem- 
pre bisognoso  di  danaro.  Fra  1'  altre  conven- 
zioni v'era,  che  Riva  di  Trento,  Rovereto  e 
Gradisca  restassero  in  dominio  di  iVlassimilia- 
1)0  ;  e  che  cedendo  egli  al  re  Cristianissimo 
Verona  ,  questi  gli  avesse  a  pagare  cento  mila 
scudi  d'oro,  ed  altrettanti  i  Veneziani.  Però 
ne'  primi  giorni  di  quesl'  anno  comparve  a  Ve- 
rona Bernardo  vl-seovo  di  Trento  colla  facoltà 
di  fare  la  restilu/.ion  di  (piella  città.  Itjsorsero 
ben  discordie  intorno  al  giorno  in  cui  si  avea 
da  far  la  consegua ,  e  la  guarnigione  tumultuò, 
perclu^  dimant[a\a  le  paglie;  puic  nel  dì  iti 
(altri  dicono  nel  «lì  i5)  di  gennaio  data  fu  la 
leniila  di  \  erona  al  signor  di  Lantrec,  uscen- 
done il  vescovo  e  Marco  Antonio  Colonna  con 

(1)  DuMoiit  Corps  Diiilomat.  toni.  4-  l'ait.  I. 


tnUa  sua  gente.  Passati  poi  Ire  giorni  ,  il  Lantrec 
consegnò  essa  città  ad  Andrea  Grilli ,  che  1'  ac- 
cetlò  a  nome  del  senato  veneto  ,  e  ben  rega- 
lato si  ridusse  nello  Slato  di  Milano.  Iidinlle 
allegrezze  fecero  i  Veronesi  ,  liberati  dall'  in- 
soffribil  giogo  dell'  armi  straniere.  E  tal  fine 
ebbe  la  IeL;a  di  (bandirai ,  e  la  lunga  e  crudel 
guerra  originata  da  essa  ,  per  cui  non  si  può 
dire,  qranti  tesori ,  qianto  sangue  spendessero 
tanti  pr'nripi  della  Cristianità,  e  quanti  dsaslri 
e  desolazioni  patisse  tutta  la  Lombardia.  Ma- 
raviglia fu  che  in  mezzo  a  sì  polente  e  lungo 
turbine  potesse  sostenersi  la  repubblica  vene- 
ta ;  ma  q.ianto  più  terribile  fu  il  suo  pericolo, 
tanto  maggior  divenne  la  sua  gloria  ;  perchè 
quantunque  j)erdesse  qualche  porzione  dell  an- 
tico suo  dominio,  pur  seppe  e  potè  conser- 
vare la  maggior  parte  e  il  meglio  delle  sue 
signoiie  in  Terra  ferma. 

Dopo  una  sì  solenne  ed  universal  pace  pa- 
reva oramai  che  l 'Italia  avesse  a  respirare  ,  ma 
fallirono  questi  conti  ;  perciocché  Francesco  Ma- 
ria già  duca  d'  Urbino,  dimorante  in  Mantova^ 
esule  da'  suoi  Stati ,  senleiido  il  mal  gOvcriiO 
che  facea  Lorenzo  de'  xMedici  ,  e  invitalo  da 
chiunque  gli  era  affLzionato  e  fedele  ,  si  ac- 
cinse a  ricuperar  quel  ducalo.  Fu  a  ciò  anche 
istigato  da  Fcilerigo  Gonzaga  .signor  di  Bozzolo, 
e  condottier  d'  armi  assai  rinomato  ,  per  ven- 
dicarsi di  un  alTronto  che  pretendeva  a  sé  fallo 
dal  suddetto  Lorenzo.  Giacché  la  pace  dovca 
far  cassare  non  poche  brigale  di  snidali  ,  e 
questi  avvezzi  all'onoralo  meslicr  della  guerra, 
delle  prede  e  rapine,    avreldiono    cercato    rivi 


ZìG  ANNALI    d'  ITALU 

desse  loro  soldo  ,  nello  stesso  tempo  che  si 
trattava  della  reslituzion  di  Verona  ,  se  l' in- 
tese esso  Francesco  Maria  co' caporali  spagnuoli 
e  tedeschi  ,  e  prese  al  suo  servigio  ciique 
mila  fanti  de'  primi ,  e  tre  mila  altri  italiani 
con  mille  e  cin<[iiPcento  cavalli.  Il  marchese  di 
Mantova  gli  soniniinistiò  buona  copia  ii  da- 
naro. Però  con  questa  armata ,  picciola  di  nu- 
mero ,  ma  considerabile  pel  suo  valore,  poco 
dopo  la  resa  di  ^  erona  s'  avviò  alla  volla  de  i 
suoi  Stati  con  tal  celerità ,  che  non  ebbero 
temjX»  y)cr  opporsegli  le  genti  del  papa  e  di 
Lorenzo  de' Medici  che  erano  in  Bavenna  e 
Eimini.  Passalo  per  la  vìa  del  Furio,  in  poco 
tempo  ebbe  alla  sua  divozione  l/rbino  con 
lutto  il  ducato,  eccettuata  la  fortezza  di  San 
Leo:  ma  non  già  Pesaro  ,  Sinigaglia  ,  Gradara 
e  Mondavio  ,  terre  separate  da  quel  ducato  , 
perchè  Renzo  da  Ceri  ,  che  v"  inviò  gran  gente 
di  presidio  ,  le  sostenne.  Intanto  Lorenzo  de  i 
IMedici  alle  milizie  italiane,  tanto  sue  che  dei 
Fiorentini  ,  unì  due  mila  e  cinquecento  Auiti 
tedeschi  ,  e  più  di  (juattro  mila  fanti  guasco- 
ni ,  che  aveano  servilo  nelf  armala  di  Laulrec. 
L'Anonimo  l'adoNano  dice  ducenlo  lancie  e 
due  mila  Guasconi  ,  comandali  dal  signore  di 
Scudo.  I  capitani  di  questo  esercito  erano  Renzo 
da  C<  ri ,  \  itellu  t'a  (^illà  di  Castello  e  il  conio 
Guido  Rangone  ;  ed  ascese  questa  ai  mata  lino 
a  mille  uomini  d'annc,  mille  cavalli  leggieri  e 
quindici  mila  finti,  che  [lareano  alli  atl  in- 
ghiottire il  duca  d'  Urbino.  Era  insospettito 
loric  il  papa  che  il  re  di  Francia  tenesse  mano 
segretamente  in  questa    guerra  j    ma   il  re  per 


ANNO    MDXVII  Hl'j 

clisingannarlo  mamlò  i  suoi  ministH  a  Roma, 
aniiichè  trattassero  Ioga  col  pontefice  ,  clic  in 
fatti  fa  stabilita.  Fu  in  tal  coiigiuiilura  latta 
gagliarda  istanza  a  papa  Leone  ,  perchè  resti- 
luisse  Modena  ,  Reggio  e  Rubiera  ad  Alfonso 
duca  di  Ferrara  ,  secondocliè  ne  avea  date  iu 
Bologna  tante  promesse ,  non  mai  eseguite. 
Promise  il  pa]ia  con  un  Breve  di  restituirle 
nello  spazio  di  sette  mesi  ;  ma  con  intenzione 
di  nulla  farne,  se  cessavano  i  presenti  perico- 
li, siccome  in  fatti  avvenne,  perchè  l'osservar 
la  parola  non  fu  mai  contato  fra  le  virtù  di 
questo  pontefice.  Continuò  dipoi  con  varie  vi- 
cende la  guerra  ,  diffusamente  descritta  dal 
Guicciardino.  Altro  non  ne  rapporterò  io  ,  se 
non  che  trovandosi  Lorenzo  de'  Medici  nel 
mese  di  giugno  all'  assedio  di  ]Mondolfo  ,  fu 
colpito  nella  sommità  del  capo  da  una  palla  di 
arciiibuso  ;  pel  qual  colpo  gli  convenne  star 
molli  giorni  in  letto:  il  che  fu  cagione  che  i 
suoi  soklati  più  pensassero  a  saccheggiare  il 
paese  ,  che  a  cercar  vittoria.  Spedito  dal  papa 
il  cardinal  Giulio  de' medici  suo  cugino  al  co- 
mando di  queir  armata  ,  appena  giunto  egli 
colà  ,  insorse  una  quistione  tra  i  fanti  ilaliaui 
e  tedeschi,  per  cui  seguirono  ammazzamenti  e 
saccheggi  non  pochi ,  e  fu  forza  dividere  quelle 
nazioni  tra  Rimini  e  Pesaro.  Accadde  ancora 
che  il  duca  Francesco  Maria  tenendo  segrete 
intelligenze  col  corpo  degli  Spagnuoli ,  mili- 
tanti per  la  Chiesa  ,  arrivò  una  mattina  im- 
provvisamente a  i  loro  alloggiamenti.  Parte 
d'essi  scappò  a  Pesaro  ,  e  1"  altra  parte  andò  ad 
unirsi  con  lui.    Dopo  di    che  assaltò  il  campo 


2l8  ANKALI     a'  ITAUA 

de'  Tedesclii,    dove    secento    d'  essi    restarono 
-morti  o    feriti.    Non    andò    molto    clie    anche 
un'  altra  buona  frotta  di  Guasconi    passò    ncl- 
r  armata  d'  esso  duca. 

Trovavasi  assai  forte  di  gente  Francesco  Ma- 
ria, ina  esausto  aifatto  di  pecunia,  requisito 
troppo  importante  a  gì"  impegni  della  guerra. 
Ne  penuriava  anche  papa  Leone,  ma  seppe 
trovar  maniera  di  ricavarne ,  con  fare  nel  dì 
primo  di  luglio  la  promozione  di  trcnlaimo 
cardinali,  fra' quali  molli  di  gran  merito  pel 
loro  sapere  o  nob  Uà.  Da  gli  altri  creati  per 
altri  motivi  ricavò  la  somma  di  ducento  mila 
ducati  d'oro  ,  che  mirabilmente  sei-virono  a 
terminar  la  guerra  d  Urbino.  Imperciocché,  o 
sia  che  1"  accorto  cardinal  Giidio  de'  Medici  sa- 
pesse sotto  mano  guadagnar  gli  Spagnuoli  che 
erano  al  servigio  di  Francesco  Maria,  o  che 
.s'  inlerponessc  don  Ugo  di  Moncada  viceré  di 
Sicilia  per  istaccarli  da  lui  ;  certo  è  che  esso 
duca  entrato  in  di'fidenza  de'  medesimi ,  e  co- 
nosciuto di  non  potersi  sostenere  contro  le 
forze  del  papa  ,  aiutato  da  i  re  di  Francia  e 
di  Spagna,  diede  orecchio  ad  un  miserabile 
arcomodauiento;  per  cui  il  pontelìce  si  obbligò 
di  pagare  a  i  fanti  spagnuoli  quaianlacinfjuc 
mila  ducati  d'  oro  .  e  sessiinta  mila  u  i  finti  gua- 
sconi ;  e  che  esso  Francesco  Maria  potesse  passar 
liberamente  a  ÌNIantova  con  tutte  lo  sue  robe', 
colle  artiglierie  e  colla  famosa  libniia,  messa 
insieme  da  Federigo  I  duca  d'Urbino  ,  avolo 
suo  materno  :  il  che  fu  eseguito.  Così  terminò 
la  presente  guerra  ,  dm-ala  quasi  otto  mesi  , 
per  cui  .spese  il  poatelicc   circa  ollocculo  mila 


Anno  Mr.xvii  219 

ducati  d'oro,  la  maggior  parte  nondimeno, 
corno  vuole  il  Guicciardiiio  ,  Dafjnla  da  i  Fio- 
rentini, i  quali  fecero  in  tale  occasione  una 
trista  figura  ,  sicccnie  divenuti  schiavi  della 
casa  de'  Medici.  Furono  poi  confì.>;cati  i  beni 
di  moltissimi  nobili  del  ducato  d'  Urbino  ,  che 
s'erano  mostrati  favorevoli  a  Francesco  Maria, 
e  \ennei"3  atterrale  nel  seguinte  ainio  le  mura 
d'  Urbino  ,  Fossondjrone  e  Moiìdolfo  ,  accioc- 
ché non  avessero  quegli  abitanti  coraggio  di 
ribellarsi  in  avvenire.  Lorenzo  de'  ^ledici  colà 
tornò  duca.  Appartiene  a  quesl'  anno  un  ese- 
crando avvenimento ,  cioè  la  congiura  di  Al- 
fonso Petrucci  cardinale  di  Siena  contro  la  sa- 
cra persona  del  pontefice  Leone.  Era  invipe- 
rito questo  porporato ,  perchè  il  papa  avesse 
fatto  cacciar  di  Siena  Borgìiese  suo  fratello , 
quasi  signore  di  quella  città ,  e  privato  lui 
stesso  delle  rendite  paterne.  Crebbe  tanto  que- 
sto .sacrilego  odio ,  che  più  ^•oIle  pensò  d  uc- 
cidere lo  stesso  papa  nel  concistoro  ,  o  pure 
alla  caccia  ;  ma  in  fine  s'  appigliò  al  partilo  di 
fallo  avvelenare  per  mezzo  di  Batista  da  ^  er- 
celli  chirurgo ,  se  polca  giugnere  a  medicar 
una  fìstola  antica  che  il  papa  avea  ne'  confini 
delle  natiche.  Fu  scoperta  questa  infaTiie  tra- 
ma ,  preso  il  cardinale  con  varj  complici  ,  pro- 
vato il  delitto  ,  per  cui  in  Castello  Sant'Angelo 
gli  venne  tagliato  il  capo.  Bcndindio  de' Sauli 
cardinal  genovese  ,  siccome  convinto  che  i! 
Petrucci  gli  avesse  rivelata  la  scellerata  sua  in- 
tenzione ,  fu  privato  della  dignità  del  cardina- 
lato ,  e  condcnnalo  a  una  jìcrpelua  prigione. 
Questi  poi  col  danaro    ricuperò  la  libertà  e  il 


330  ANNAII    D    JTAUA 

cappello  ;  ma  perchè  poco  tempo  dappoi  mancò 
di  vita  ,  attribuirono  i  maligni  la  morte  sua  a 
veleno.  A  RalFaello  Riario  cardinale  di  San 
Giorgio  e  camerlengo  per  la  stessa  ragione 
tolto  fu  il  cappello  ,  ma  restituito  da  lì  a  non 
molto  per  grossissinia  quantità  di  danaro.  Adriano 
cardinale  di  Corneto  ,  beiicliè  gli  fosse  perdo- 
nato ,  diffidando  di  sua  vita,  se  ne  fu^gì  ,  né 
si  seppe  dove  incognito  andasse  a  terminare  i 
suoi  giorni.  Gran  dire  cagionò  da  per  tutto 
questo  nero  attentalo.  Nel  presente  aimo  a 
dì  8  di  otlobre  Francesco  re  dì  Francia  ri- 
novò  la  lega  offensiva  e  difensiva  colla  repub- 
blica di  Venezia  (i). 

Anno  di  Cristo   i5i8.  Indizione  f^I. 
di  Leone  X  papa  6. 
di  Massimiliano  re  de  Romani  26. 

Fu  questo  dopo  tante  guerre  un  anno  di 
pace  tanto  in  Italia  ,  quanto  ne  gli  altri  regni 
cristiani,  se  non  che  gran  timore  era  in  Roma 
e  ne'j)opoli  italiani  che  il  gran  Sultano  de  i 
Turi;lii  Seiini  volgesse  le  armi  contro  le  pro- 
vincie  cristiane.  Papa  L"one,  allineile  questo 
tiranno  non  trovasse  sprovvedute  le  contrade 
cristiane  ,  più  che  mai  si  diede  ad  incitare  i 
monarcbi  battezzati  ad  una  lega  ,  non  soia- 
menti*  per  fargli  fronte  occorrendo,  ma  anche 
per  invadere  jireveiiliv  amente  da  ]iiù  parti  i 
di  lui  Stati.  A  questo  line  spedì  a  Massimiliano 


(1)  Du-Mnnt  Corp.  Diploinat. 


ANNO  Mnxvm  22 r 

Cesare  il  cardinale  di  San  Sisto,  ed  altri  car- 
dinali di  grande  auforilà  ai  re  di  Francia  , 
Spagna  ed  Ingliillcrra,  avendo  prima  intimata 
una  tregua  di  cinque  anni  ad  essi  e  a  tutti  gli 
altri  principi  cristiani.  Andarono  questi  legati , 
ma  nulla  operarono  di  sostanziale  per  sì  rile- 
vante artiire  ,  se  non  clic  furono  intimate  le 
decime  al  clero  ,  ed  anche  ben  pagale  ,  ma 
senza  che  queste  s'  impiegassero  poi  contro  il 
nemico  comune.  Pensava  ognun  di  que"  mo- 
narchi a'  proprj  interessi  più  che  a  quelli  della 
Cristianità.  E  pure  se  mai  giusto  fu  il  timore 
della  potenza  turchesca ,  certamente  fu  in  que- 
sto tempo.  Imperocché  regnava  Selim ,  uno 
de  i  più  feroci  e  crudeli  Sultani  di  quella  na- 
zione. Invasato  costui  dallo  spirito  de  conqui- 
statori e  dall'  amor  della  gloria  ,  avea  già  sì 
dilatato  il  suo  imperio .  che  oi  amai  ognuno 
diilldava  di  resistergli.  Principi  di  gran  potenza 
per  più  secoli  erano  stati  fin  qui  i  Sultani,  o 
sia  Soldani  d' Egitto  ,  siccome  possessori  non 
solo  di  quel  vasto  e  fertilissimo  paese  ,  ma  an- 
che della  Palestina,  Soria  e  di  una  parte  del- 
1  Arabia  ,  e  guerniti  sempre  d' un  possente 
esercito  di  Mammalucchi ,  non  dissimili  da  i  Gian- 
nizzeri Turcheschi.  S'  invogliò  Selim  di  sten- 
dere la  sua  signoria  sopra  quelle  riccliissirne 
contrade  ;  e  però  annnassato  un  formidabile 
esercito  ,  fingendo  di  volerla  contro  il  Soli  di 
Persia,  già  ila  lui  sconfitto,  all' improvvifo 
piombò  addosso  a  Damasco  e  all'altre  città  di 
Soria,  delle  quali  non  men  che  di  Gerusa- 
lenmie  s"  impa(lro!iì.  S])iiise  poi  l'armi  villo- 
riose  contro    il    Sultano    d'  Egitto ,    che    restò 


23  2  ANNALI    d' ITALIA 

sconfino  e  ucciso  in  una  gran  battaglia.  Suc- 
ceduto a  lui  un  altro  Sultano  ,  fu  anch' egli 
preso  ,  e  fatto  ignominiosaniente  morire.  ìn 
una  parola ,  con  inlinito  spargimento  di  san- 
gue e  di  crudeltà  e  sacclieg-i  innumerabili  ri- 
mase distrutta  afl'atto  la  monarchia  di  quei 
Soldani,  e  tutto  il  loro  imperio  sottoposto  al 
giogo  de'  Turchi.  Tanti  progressi  del  tiranno 
d'  Oliente  ,  per  li  quali  venne  egli  a  radtlop- 
piar  le  entrale  delia  sua  camera,  e  che  spe- 
zialmente accaildero  ne'  due  prossimi  passati 
anni  ,  bastavano  bene  ad  atterrir  l'Italia  ,  e 
cliiuu'jue  era  coufinanle  alla  smisurata  potenza 
di  Sehmo.  Ma  si  aggiunse,  eli'  «gli  si  diede 
ad  armale  una  bella  (lotta  di  navi:  seguo  ci  Ta- 
gli meditava  qualche  grande  impresa  contro  i 
Cristiani.  Però  avea  ben  ragion  di  temere  papa 
Leone.  Fece  egli  fare  in  Ironia  sol  uni  pro- 
cessioni di  penitenza ,  alle  quali  anche  inter- 
venne con  pie' nudi,  e  non  tralasciò  diligenza 
veruna  per  muovere  i  potentati  della  Cristia- 
nità ad  una  lega  e  crociala  contra  di  un  sì 
forte  e  non  mai  sazio  conquistatore. 

Ria  in  mezzo  a  questi  timori  non  dimenti- 
cava esso  pontelice  1"  ingraiulimcnlo  della  j)ro- 
pria  casa.  Aveva  egli  già  concertalo  1'  accasa- 
mento di  Lorenzo  duca  d' Uiliino  suo  nipote 
con  Madama  iMaddalena  della  ca.sa  de'  duchi  o 
conti  di  Bologna  iii  Piccaidia.  I  Sammartani  la 
ibiamano  (i)  Maddalena  dalla  Ti^rre  contessa 
d' Auvergne  ,    e    il   lielcaire    (a)  la    dice    liglia 

(i)  Sammarflian.  Histoirc  ile  la  Maison  «le  Franco. 
(i)  Bulcajre    Conuucnlar.  ileruin    Gallu-ar.  Lb.   i6. 


ANNO    MPXVm  22.") 

d' una  sorella  di  Francesco  Borbone  duca  di 
VandonìO  ,  di  sangue  reale.  Venula  la  prima- 
vera di  c|uesl'  anno  ,  Lorenzo  passato  a  Firen- 
ze,  ivi  fece  un  sniituoso  preparanuiito  per  la 
sua  andata  in  Francia.  Seconilo  1'  Auoninio  Pa- 
dovano ,  seco  condusse  cinquecento  cavalli  ed 
iiilìiiili  carriajjgi.  Fra  in  questo  tempo  naio  a 
Francesco  I  re  di  Francia  un  tìulio  luasdiio, 
che  fu  poi  Francesco  II  ;  e  perchè  egli  atten- 
deva a  guadagnarsi  sempre  più  la  benevolenza 
del  papa  suha  speranza  d'  averlo  propizio  per 
la  difesa  dello  Stato  di  Milano  ,  desiderò  che 
esso  pontefice  losse  padrino  al  Battesimo  del 
figliuolo.  Per  questa  cagione,  siccome  scrive  il 
Cuicciardino  ,  Lorenzo  aftVettalo  a  conqilere  quel 
viaggio,  avendo  jirese  le  poste  ,  arrivò  a  Pari- 
gi ,  dove  nel  dì  25  d' aprile  con  Antonio  duca 
di  Lorena  e  Margherita  d' Alenzon  sorella  del 
re  tenne  al  sacro  Ibnte  il  nato  Oclfìno.  Furono  in 
tal  congiuntura  per  dicci  giorni  fatte  immense 
allegrezze ,  banchetti  ,  giostre  e  tornei  ,  nei 
quali  anche  Lorenzo  si  fece  conoscere  valoroso 
cavaliere.  Furono  poi  celebrate  con  regal  pompa 
le  di  lui  nozze  ;  né  il  re  Cristianissimo  lasciò 
indietro  onore  alcuno  che  non  compartisse  a 
lui ,  massimamente  all'  udire  le  grandi  proteste 
eh'  egli  fece  d'  un  perpetuo  attaccamento  suo  e 
del  pontefice  alla  di  Ini  corona.  Portò  in  que- 
sta occasione  Lorenzo  un  Breve  del  papa  che 
concedeva  al  re  di  potere  ad  arbitrio  suo  va- 
lersi delle  ilcciiue  raccolte  per  la  medituta  cro- 
ciala,  con  obbligo  poi  di  restituir  quel  danaio 
qnaiulo  si  avesse  a  procedere  conila  del  Turco. 
ìùÀ   ecco   dove  andavano  a  liniie  tanti    sussio'j 


334  annAt.i  d'  italu 

del  clero:  il  die  faceva  poi  gridare  i  par- 
tigiani della  nascente  eresia  di  Lutero ,  i  q  lali 
arrabbiatamente  declamavatio  centra  il  proi^olto 
d'  essa  crociata.  'Senne  poi  Lorenzo  colla  con- 
sorte per  mare  a  Livorno,  et  indi  a  Fireir/e , 
dove  per  otto  giorni  continui  si  fecero  incre- 
dibili sunluose  allegrezza.  Cresceva  intanto  a 
furia  r  incendio  commosso  in  Germania  dal 
suddetto  Lutero,  perdio  sostenuto  da  Federigo 
duca  di  Sassonia.  Perciò  papa  Leone  giudicò 
bene  d'  inviare  in  Germania  Tommaso  da  Vie 
cardinale  ,  insigne  teologo  scolastico  di  questi 
tempi,  appellalo  il  Cardinal  Gaetano.  x\udò 
egli  :  seco  s'  abboccò  Lutero  :  si  venne  alle 
dispute  sopra  le  indulgenze  ;  ma  infine  il  por- 
porato si  trovò  delusy.  Lutero ,  uomo  jiicn 
d'  alterigia  ,  avea  cominciata  la  guerra  alla  Cliiesa 
sua  madre ,  era  risoluto  di  continuarla  ,  per- 
cbè  si  sentiva  sicure  le  spalle;  uè  uu  cervello 
sì  bollente  e  superbo  si  saroblie  mai  liilolto 
a  disdirsi.  Stette  Allbnso  duca  di  Fernira  aspet- 
tando con  impazienza  die  passassero  i  sette 
mesi  die  papa  Leone  s'  era  preso  di  tempo  col 
re  di  Francia  per  restituirgli  Modena  ,  Reggio 
e  Rubiera.  Ma  passò  altro  clie  sette  mesi,  senza 
che  se  ne  vedesse  esecuzione  alcuna.  jNe  fece 
egli  istatize  a  Roma  ,  e  si  trovò  che  le  pro- 
messe di  (pieslo  pontefice  ,  anche  auleulicate 
da  strumenti  e  Brevi ,  solamente  siguilicavano 
di  voler  fare  quello  clic  tornasse  il  conio  a  lui, 
e  non  altrinienli.  Determinò  per  questo  il  duca 
nel  di  1 /j  di  novenibre  di  jiorlarsi  in  persona 
a  Parigi  per  inq)lorar  di  nuovo  la  ju.olezione 
dei  re,  e  lorjiò  di  cola  nel   seguente  febbraio 


ANNO    MDXVIII  325 

con  buona  provvision  di  parole ,  percliè  in  quei 
tempi  si  guardava  ognuno  dal  disgustare  un 
papa  ,  e  molto  più  premeva  a  quel  re  di  te- 
nerselo amico ,  da  che  era  divenuto  signor  di 
Milano. 

Anno  di  Cristo   iSig.  Indizione  F^II. 
di  Leone  X  papa  "". 
di  Carlo  V  iinperadore  i. 

Nel  di   12  del  presente  anno  terminò  il  corso 
di   sua  vita  Massimiliano  re    de'  Romani  :  prin- 
cipe die  in  pietà  ,  clemenza  ed  altre  virtù  non 
si  lasciò  vincere  da  alcuno  ,   e    che    vide    hen 
favorita  la  sua  casa  dalla    fortuna  ,    ma    senza 
che  egli  sapesse  profittar  d  altre  favorevoli  oc- 
casioni che  esigevano    più    costanza ,  m:i:;giore 
attività  e  miglior  uso  del  danaro,  ch'egli  pro- 
digamente  spendeva ,  senza  poi  trovarlo   al  bi- 
sogno. S'  egli  fosse  più  lungamente  vivuto ,  era 
da  sperare    che    il    suo    zelo    e    potere    avesse 
estinto  in  fascie  lo  scisma  incominciato  da  Lu- 
tero, il    quale    appunto    nell'  interregno    prese 
maggior  vigore.  Grandi  maneggi  furono  fatti  da 
i  due  principi  che  sopra  gli  altri  aspiravano  a 
quella  gran    dignità,    cioè    da    Carlo    V    re    di 
Spagna  ,  delle  due  Sicilie ,  dell'  Indie  Occiden- 
tali,  e  signore  della  Borgogna,  de' Paesi    Bassi 
e  d'  altri    molti    Stati  ,    nel    quale    era    caduto 
eziandio  tutto  il  retaggio  della  nol)ilissima  casa 
d'Austria  per  la  morte  del  suddetto  avolo  suo; 
e  Francesco  I  re  del  floridissimo  regno  di  Fran- 
cia, duca  di  Milano  e  signore  di  Genova.  Stu- 
dioso cadauu  d'essi  di  guadagnare  i  voli  de  gli 
MuRATOui.  Ann.  Fai.  XIF.  i5 


2  26  ANNALI    d'  ITALIA 

elettori,  e  spezialmente  il  re  Francesco  con 
grosse  offerte  di  danari  (  che  questa  sola  buona 
ragione  aveva  egli  dal  suo  canto  )  cercò  di 
ottenere  il  pallio.  Ma  perchè  1"  essere  Carlo  di 
nazion  germanica ,  portava  nelle  bilance  d' ognuno 
troppa  superiorità  alle  pretensioni  dell' altro;  e 
perchè  a  i  principi  della  Germania  recava  più 
timore  la  potenza  unita  di  un  re  di  Francia  , 
che  la  disunita  di  Carlo  Austriaco  ;  perciò  nel 
dì  28  di  giugno  con  bastanti  voti  restò  pro- 
clamalo re  di  Germania  e  re  de' Romani,  o  sia 
imperatlore  eletto  ,  esso  Carlo  \ .  Ne'  secoli  ad- 
dietro non  prendevano  i  re  di  Germania  il  ti- 
tolo d' Imperadore ,  se  non  dappoiché  aveano 
ricevuta  la  corona  romana  ,  siccome  si  è  po- 
tuto vedere  in  tanti  esempli  de' secoli  anteceden- 
ti. Cominciò  AJassimiliano  ad  intitolarsi  Impera- 
dore Eletto,  trovandosi  in  varj  suoi  documenti 
questo  titolo ,  benché  in  altri  si  vegga  quel 
solo  di  Re  de' Romani.  Ma  Carlo  V  da  lì  in- 
nanzi altro  titolo  non  usò  che  quello  di  Fletto 
Iniperador  de'  Romani.  Nel  che  è  stalo  imitato 
da  i  suoi  augusti  successori,  con  lasciar  anche 
nella  pernia  la  parola  Eletto.  Perciò  a  me  an- 
cora sarà  lecito  di  chiamarli  tali  in  avvenire , 
ancorché  niun  d'essi,  fuorché  lo  stesso  Carlo  V, 
ricevesse  o  ricercasse  mai  V  imperiale  corona 
di  Roma.  Non  fu  dillicile  a  gì'  intendenti  delle 
cose  del  mondo  iì  presagire  che  poco  sarebbe 
jer  durar  la  pace  fra  il  novello  Augusto  e  Fran- 
resi'O  re  dì  Francia  ,  per  gara  di  gloria  e  jier 
iuteicssc  di  Sialo.  Sì  trovavano  amendue  gio- 
vani e  poknli:  l'esaltazione  dell'  uno  era  tropiìO 


A>NO    MDXIX  23^ 

rincresciuta  ali"  altro.  Il  Belcaire  (i)  fa  un  ri- 
tratto di  questi  due  principi.  Egregie  doti  con- 
correvano in  Francesco  ,  ma  insieme  due  con- 
siderabili vizj  ,  cioè  UQ  eccessivo  desio  di  glo- 
ria ,  congiunto  con  una  somma  stima  di  sé 
mcdesnno ,  e  una  smoderala  libidine.  Della  sua 
grazia  spezialmente  godeano  gli  adulatori.  U 
gravar  di  nuove  imposte  i  sudditi,  per  far  sem- 
pre nuove  guerre  ,  a  lui  pareva  un  nulla;  nel 
che  cominciò  a  non  voler  punto  ascoltare  il 
consiglio  de'  pari  e  de'  parlamenti  ,  con  glo- 
riarsi ancora  di  aver  egli  cavato  dalla  minorità 
ed  esentato  da  i  tutori  il  regno  di  Francia.  In 
Carlo  V  all'  incontro  si  univa  la  giavità  con 
un  perspicace  ingegno  ,  con  molta  moderazion 
delle  passioni  ,  e  con  altre  virtù  atte  a  for- 
mare un  insigne  rettor  di  popoli ,  se  non  che 
anche  in  lui  1"  amor  della  gloria  il  portò  sem- 
pre alle  guerre,  e  talvolta  ad  anteporre  l'utile 
air  onesto.  L'  emulazione  di  questi  due  monar- 
chi, che  poi  passò  in  od!o,  non  produsse  nel- 
l'anno piesente  alcun  litigio  fra  loro,  ma  si 
andò  disponendo  per  partorirne. 

Qual  fosse  1'  ansietà  ili  papa  Leone  per  esal- 
tare la  propria  casa ,  1'  abbiam  di  sopra  accen- 
nato. Ma  ad  altri  tempi ,  e  non  a  i  suoi  ,  era 
riserbato  il  compimento  de'  suoi  desiderj.  Cadde 
infermo  in  Firenze  Lorenzo  de'  Medici  duca 
d'Urbino,  suo  nipote.  L'Ammirati  dice  (a)  di 
mal  franzese  ,  e  che  la  sua  lunga  ed  acerba 
infermità  il  trasse  finalmente  a  morte  nel  dì  28 


(i)  Belcaire  Rerunj  Gallic.  Ub.    iG. 
(a)  Ammirati.  Guicciai«liuo. 


328  ANNALI    d' ITALIA 

d'  aprile.  Io  non  so  mai  come  nella  Storia  del 
Nardi  (i)  sia  scritto  ch'egli  passò  all' altra  vita 
a  di  4  d'    ™^§o'o    del     i5i8.    Sarà    errore  di 
stampa.  Pochi  giorni  prima  era  pure  moria  di 
parto  Madama    Maddalena    sua    consorte  ,    con 
lasciare  dopo  di  sé  una  tìgliuola  che,  appellala 
Catterina,  vedremo  a  suo  tempo  regina  di  Fran- 
cia. Da  i  più  de  i  Fiorentini  fu  con  interno  se- 
gieto  giubilo  solennizzata  la  sua  morte,  perchè 
credenza  v'era  clie  questo  nipote  ponlilizio,  il 
quale  non  solo  primeggiava  in  quella  città,  ma 
n'  era  il  jniucipal  direttore  ,  pensasse  a  farsene 
signore.  Sicché    terminata    in    lui    la    legittima 
discendenza  di  Cosimo  de  Medici  il  Magniilco, 
parve  che  venisse  meno  al   papa  ogni  speranza 
di  propagare  ed  jjigrandir    la    sua   linea  ;  per- 
ciocché é  ben  vero  che   di  Lorenzo    restò    un 
figlio  bastardo,  per  nome  Alessandio,  il  quale 
noi  vedn  mo  a  suo  tempo  duca  di  Firenze  ;  ma 
Leone  X  non  ne  facea  in  questi    tempi  molta 
slima,  siccome  né  j)\ire  pensava  a  promuovere 
i  discendenti  da  Lorenzo    l'ratello  del  suddetto 
Cosimo  ,    nelh»  ([ual  linea  vivea  allora  Giovan- 
nino de'  Medici,  personaggio  di  raro  valore,  a 
cui  appunto  nel  dì   1 1   di  giugno  del   j)resente 
atuio  nac(juc  Cosimo  che  ,    siccome    vedremo  , 
arrivò  ad  essere  gran  duca  di  Toscana.    Perciò 
jl   papa  riunì  alla  Chiesa  il  ducalo    d  Urbino, 
Pe^aI0  e  Siiiigaglia  ,   e  solamente   mandò  a  Fi- 
renze il  carduial  (iiulio    ile'  Medici  ,    acciocché 
ivi  comandasse   le  liste,  e  conservasse  il  lustro 
e  la  potenza  della    casa    de'  Medici    in    quella 

(i)  barili. 


nobil  città.  Ili  ricompensa  ancora  delle  tante 
spese  fatte  dalla  repubblica  fiorentina  per  oc- 
cupare e  ricuperare  in  favore  del  defunto  Lo- 
renzo il  d<»cato  d'  Urbino  ,  le  concedette  In 
fortezza  di  San  Leo  e  lutto  il  Montefeltro. 

Ma  quantunque  nella  morte  del  nipote  ri- 
manessero troncate  le  idee  del  pontefice  d' in- 
grandire la  propria  famiglia  ,  non  cessavano 
già ,  anzi  presero  fli  poi  maggior  vigore  1'  altre 
eli'  egli  nudriva  di  accrescere  la  potenza  tem- 
porale della  Cbiesa  Romana  ,  per  emulazione 
alla  gloria  di  papa  Giulio  II  ;  giacché  ,  come 
nota  il  Guicciardino  ,  1'  ambizione  de'  sacerdoti 
non  era  in  questi  tempi,  ed  anche  prima,  da 
meno  di  quella  de'  secolari.  Già  vedemmo  papa 
Leone  più  volte  obbligato  a  restituire  Modena 
e  Reggio  ad  Alfonso  duca  di  Ferrara.  In  vece 
di  far  questo  ,  andava  egli  sempre  meditando 
di  spogliarlo  ancora  di  Ferrara ,  e  non  già  eoa 
armi  manifeste  ,  ma  con  insidie.  E  gli  si  pre- 
sentò occasione  di  eseguir  sì  ingiusto  disegno. 
Imperciocché  fu  preso  il  duca  nel  novembre 
di  quesl'  anno  da  una  lunga  e  pericolosa  ma- 
lattia ,  per  cui  si  sparse  voce  che  fosse  dispe- 
rata sua  vita.  Avvertitone  il  papa  ,  e  sapendo 
che  il  cardinal  Ippolito  fratello  del  duca ,  atto 
a  sostener  la  città,  si  trovava  al  suo  arcivesco- 
vato di  Strigonia  in  Ungheria  ,  diede  cora-- 
messione  ad  Alessandro  Fregoso  vescovo  di 
Ventimiglia,  abitante  allora  in  Bologna,  che 
fingenilo  di  voler  entrare  per  forza  in  Geno 
va  ,  ammassasse  genti  d'  armi ,  e  se  1'  inten- 
desse con  Alberto  Pio,  signor  di  Carpì,  ne- 
mico giurato  della  casa  d'  Este.    Con    circa  sei 


230  ANNALI    d'  ITALIA 

mila  tra  cafalli  e  fanti  passò  questo  buon  ec- 
clesiastico ,  per  effettuare  l'ordito  tradimento, 
verso    la  Concordia ,    facendo  vista    di    volerla 
contro  quella  terra,    Avca    noleggiato   eziandio 
molte  barche  per  passare  il  Po  alla   bocca  del 
fiume  Secchia.  Ma  Federigo  marchese  di  JMan- 
lova,  che    slava    attento    a    gli    andamenti    di 
quelle  soldatesche,  venne  sroprentlo  la  mena, 
e  per  uomo  apposta  ne  spedi  tosto  l' avviso  al 
duca  Alfonso  suo  zio.  Stava  allora  senza  sospètto 
il  convalescente  duca ,    né    tardò  a    raddoppiar 
le  guardie  e  le  precauzioni    alla  città  ,  dove  si 
trovò  che  circa  quaranta  braccia  di  muro  d'  essa 
erano  cadute.  Si  fecero  anche  ritirare  all'  altra  riva 
tutte  le  barche  destinate  a  quel  tentativo  :  prov- 
visione che  indusse  il  vescovo  Fregoso  a  ritor- 
narsene indietro  colle   pive    nel  sacco.  Poco  fa 
si  è  nominato  Federigo  marchese  di  Mantova, 
e  qui  conviene  avvertire  che  a  dì  20    di    feb- 
braio del  presente  anno    dopo   lunga    malattia 
mancò  di  vita  il  marchese  Francesco    suo    pa- 
dre :  principe  che  in  tante  azioni  avea  dati  segni 
di  gran    valore ,  e  col    suo    moderato   governo 
s' era  comperato  1'  affetto  de'  suoi  popoli.  Lasciò 
dopo  di  sé    Federigo    primogenito    die    a    lui 
succedette  nel  dominio ,  Ercole  che  fu  poi  car- 
dinale ,  e  don  Ferrante  che  fu    duca    di    Mol- 
fella  ,  Guastalla  ec. ,  e  gran  nome  acquistò  fra 
i  capitani  del  secolo  presente. 


ANNO    MDXX  23 I 

Annodi  Cristo  i^ao.  Tmìizioìte  FUI. 
di  Lkone    X  papa  8. 
di  Carlo  V  iinperadore  a. 

Trovavasi  ne' suoi  regni  di  Spagna  Carlo  V, 
allorché  seguì  l'elezione  di  lui  in  re  de'  Ro- 
mani o  sia  imperatlore.  Essendosi  egli  ])repa- 
rato  per  venire  a  prendere  la  corona  germa- 
nica ,  passò  in  quest'  anno  per  mare  con  flotta 
magnifica  alla  volta  di  Fiandra  ,  e  prima  diede 
una  scorsa  in  Inghilterra ,  per  abboccarsi  col 
re  Arrigo  Vili ,  con  cui  acconciò  i  suoi  inte- 
ressi ,  e  di  là  poi  sbarcò  ne'  Paesi  Bassi  ,  dove 
incredibil  fu  il  concorso  de'  principi ,  de  gli 
ambasciatori  e  della  nobiltà ,  per  complimen- 
tarlo. %'enulo  l'ottobre,  si  trasferì  ad  Aquis- 
graria  ,  dove  con  somma  magnificenza  ricevè 
la  prima  corona  dell'imperio  nel  dì  i^  d'esso 
mese.  Di  non  lieve  negligeuza  accusar  si  può 
Pietro  Alessia,  die  nella  Vita  di  questo  glo- 
riosissimo Augusto  il  vuol  coronato  nel  dì  2 4 
di  febbraio ,  giorno  di  san  IMattia  ,  siccome) 
ancora  clii  ciò  mette  al  dì  i5-  di  giugno.  In- 
tanto sempre  più  insolentiva  Martino  Lutero 
in  Germania.  Dal  far  guerra  a  gli  abusi  della 
corte  di  Roma ,  era  egli  passate  a  farla  an- 
cora contro  la  Chiesa  Cattolica  ,  riprovando  ora 
imo,  ora  altro  de  gli  antichissimi  suoi  dogmi.  Per^ 
ciò  papa  Leone  X  non  potè  più  ritenersi  dal  pro- 
cedere contro  un  si  fiero  laceratore  della  Vi- 
gna del  Signore.  Pubblicò  egli  nel  dì  \6  di 
giugno  una  Bolla ,  in  cui  condennati  molti  de 
gli  errori  d'  esso    Lutero ,    fulminò    le  censure 


2^2  ANNAM    d'  ITALIA 

coutra  dì  lui  e  di  tutti  i  suoi  aderenti,  il  nu- 
mero de' quali  era  già  divenuto  formidabile  in 
Germania ,  con  iscoprirsi  tale  anche  Federigo 
duca  di  Sassonia.  Ma  questo  incendio,  a  smor- 
zar il  quale  non  furono  sul  principio  adoperati 
valevoli  mezzi ,  tal  piede  avea  preso ,  che  noa 
solo  non  cessò  con  tutti  i  fulmini  del  Vatica- 
no ,  e  con  tutte  le  prediche  de  gli  zelanti  Cat- 
tolici ,  ma  si  andò  sempre  più  rinforzando , 
trovandolo  utile  i  principi  per  occupar  gì  im- 
mensi beni  degli  ecclesiastici;  gustoso  gli  stessi 
ecclesiastici,  perchè  dispensati  dalla  continen- 
za; e  soave  i  secolari,  perchè  sgravati  da  varj 
digiuni  ,  e  da  altri  salutevoli  istituti  della 
Chiesa  C'ttolica.  Ma  intorno  a  questa  lagrime- 
vol  tragedia  può  il  lettore  consigliarsi  colla 
storia  ecclesiastica.  Allorché  maggiormente  pa- 
ventava la  Cristianità  per  li  terribili  apparati 
di  guerra  che  faceva  Selimo  tiranno  dell'  O- 
rienle,  e  mentre  già  si  provavano  ne"  confini 
della  Croazia  e  Dalmazia  furiose  scorrerie  di 
Turchi,  con  credersi  anche  imminente  1'  assedio 
<li  Kodi  ,  posseduto  da  i  cavalieri  delti  oggidì 
di  Malta:  all'improvviso  vennero  ordini  da 
Costantinopoli  che  si  sciogliesse  quel  grande 
armamento  per  mare ,  e  che  le  milizie  tor- 
nassero alle  lor  case.  La  cagicn  di  ciò  fu  che 
a  (|uel  feroce  Sultano  una  pericolosa  ideerà 
nelle  reni  cominciò  a  far  gu'-rra ,  per  cui  calò 
a  lui  la  voglia  di  muoverla  contro  i  Cristiani. 
>  ciiulo  poi  l'autiuino ,  cotanto  crebbe  il  suo 
malore  ,  che  restò  colla  moile  di  lui  libero  il 
mondo  dal  timore  di  sì  sanguinario  regnante, 
tjlorioso  binsi  fia  i  suoi    pur    laute   \illorie  e 


ANXD    MDXX  233 

Conquiste ,  ma  infame  per  la  crudeltà  usala 
contro  gli  stessi  suoi  parenti  e  fratelli ,  e  fin 
centra  del  proprio  padre.  Succedette  nell'  im- 
perio turcliesco  Solimano  suo  figlio,  gran  fla- 
gello anch'esso,  siccome  vedremo,  de' popoli 
cristiani.  Per  questa  mutazion  di  cose  iu  Le- 
vante respirò  Roma  e  1'  Italia  tutta. 

Altro  avvenimento  degno  di  qualche  memo- 
ria ,  accaduto  in  Italia  nel  presente  pacifico 
anno,  non  ci  somministra  l'istoria,  fuorché 
quanto  avvenne  a  Gian-Paolo  Baglione  ,  che 
avea  fatta  in  addietro  sì  gran  figura  fra  gì'  I- 
taliani  ,  come  coudollier  d'armi,  e  come  si- 
gnore o  tiranno  di  Perugia  sua  patria.  Dall'A- 
nonimo Padovano,  sci  itlore  contemporaneo,  ci 
vien  dipinto  come  tiranno  non  solo  di  quella 
città ,  ma  di  tutti  i  luoghi  circonvicini  ,  uomo 
empio  ,  senza  fede  ,  e  per  dir  tutto  in  una  pa- 
rola, mostro  di  natura  onendissimo.  Se  di 
tutto  egli  fosse  reo  ,  noi  saprei  dire.  Cessata 
la  guerra  ,  era  fgli  ritornato  alla  patiia.  Pazientò 
un  pezzo  papa  Leone  questo  mal  arnese;  ma 
stimolato  da  tanti  ricorsi  di  que'  popoli  ,  de- 
terminò finalmente  di  mettervi  rimedio.  Scrive 
il  Guicciardino  ,  che  per  avere  Gian-Paolo  cac- 
ciato da  Perugia  Gentile  della  medesima  fami- 
glia ,  fu  citato  a  Roma:  che  in  sua  vece  mandò 
Malatesta  suo  figlio  ;  ma  che  persistendo  il 
papa  ,  ed  assicurandolo  gli  amici  da  ogni  peri- 
colo ,  percliè  parlatone  ad  esso  pontefice  ,  con 
parole  d'astuzia  aveva  egli  fatto  lor  credere  che 
niun  danno  gli  avverrebbe  :  se  ne  andò  il  Baglione 
a  Roma,  dove  ,  dopo  essere  stato  imprigionato 
e  processalo  ,  gli  fu  mozzalo  il  capo.  L  Anonime 


0,3  f  AXJfALl    D*  ITALIA 

Padovano  pretende  che  Leone  non  confidando 
di  jìoter  avere  in  mano  questo  tiranno,  e  pa- 
rendogli che  si  potesse  in  tal  caso  rompere  la 
fede,  con  un  Breve  tutto  dolcezza  il  chiamò 
alla  corte  ,  fingendo  di  voler  trattare  con  lui 
d' importante  aliare.  Mandò  Gian-Paolo  a  Roma 
il  figlio  per  iscnsarsi,  stante  una  malattia  che 
gli  era  sopragiunta.  Il  papa  dopo  di  aver  fatto 
di  grandi  carezze  al  giovane ,  il  rimandò  di- 
cendo: essere  necessaria  la  persona  del  padre 
a  cagion  della  materia  da  trattarsi,  che  non  si 
potea  confidare  a  lettere  o  persone.  Aggìugne 
esso  Anonimo  che  il  pontefice  gli  mandò  an- 
che un  salvocondotlo,  affidato  dal  quale,  e 
dalle  esortazioni  del  figlio,  compane  Gian- 
Paolo  a  Roma,  dove  haciò  il  piede  al  papa,  e 
si  trovò  molto  accarezzato.  Ma  che  ito  nel  se- 
guente giorno  a  palazzo ,  fu  ritenuto  prigione 
dal  conte  Annibale  Rangone ,  capitano  della 
guardia  pontifizia.  Dopo  di  che  processato  e 
loiincnlalo,  confi'ssò  un'infinità  di  enormi  de- 
litli,  per  li  quali  non  una  ,  ma  mille  morti 
meritava  ;  laonde  fu  una  notte  decaj)itato  in 
Castello  Sant'Agnolo.  Fuggirono  la  moglie  e  i 
fieli  col  loro  meglio  a  Padova ,  pendio  (}ian- 
Paolo  era  condoltier  d'armi  al  servigio  della 
repubblica  veneta  ,  e  coti  (piclla  sponda  si  ere- 
dea  (li  poter  comuiellcre  (piante  ini((uità  vo- 
Jea.  Con  ciò  Perugia  fu  pienamente  rimessa 
all'  ubbidienza  del   papa. 

ilacconta  eziamlio  esso  Anonimo  Padovano  , 
avere  in  qiicst'  anno  pa|>a  Leone  all' impiovvi- 
so  invialo  Giovannino  de'  Medici  ,  giovane  fi;- 
rocissiniu  e  va^o  di  guerra  ,  eoa   mille  cavalli 


ANNO    MnXX  235 

e  risalirò  mila    fanti  a    Fermo    contra  di  Lo- 
dovico Freducci  tiranno  dì  quella  città  ed  uomo 
di  g[ran  valore.  Né  uscì  costui  con  duccnto  ca- 
valli ,  pensando  di  fuggire  ;  ma    raggiunto  dal 
Medici ,  fece  bensì  una  maravigliosa  difesa  ,  ma 
finalmente  lasciò  nel  combattimento  la  vita  con 
più  di  cento  de'  suoi  seguaci.  Fermo  immanti- 
nente ritornò  alle  mani  del    pontefice.  La  ca- 
duta del    Freducci,    da    cui    dipendeano    altri 
tirannetti    clie    occupavano    città    o   castelli  in 
quelle  vicinanze,  cagion    fu  eli'  essi  parte  fug- 
gissero, parte  corressero  a  Roma  ad    implorar 
la  clemenza  pontifizia  ,  dove    la  maggior  parte 
furono  carcerati:  con  che  tutta  la  Marca  restò 
purgata    da   que'  mali    umori.    Né    già   lasciava 
papa  Leone  il  pensiero  di  spogliar  ,  se  potea , 
di  Ferrara  il  duca  Alfonso  ,    giacché  gli  parea 
poco  il  detener    tultav'a    le    imperiali   città  di 
Modena  e   Reggio    contro   le    autentiche    pro- 
messe di  restituirle  ad  esso  duca.  \'incere  Fer- 
rara coir  armi  non  era  cosa    facile.    Determinò 
dunrpie  di  adoperare  un  mezzo  non  degno  de  i 
prìncipi    secolari  ,    e   mollo    meno    di  chi  più 
dovrebbe  ricordarsi  d'  essere  Vicario  di  Cristo , 
che  d'  essere  prìncipe.  Intavolò  dunque  un  trat- 
tato di    far   assassinare  il   duca  ;  del    che  par- 
lano non  i  soli  storici  ferraresi ,    ma  il    Guic- 
Giardino  stesso,  insigne  storico  ,  che  era   allora 
governatore  di  Modena  e  Reggio  pel  medesimo 
papa,    ed    innocentemente  si    trovò  nn'schiato 
in    questo    nero    tradimento.    Chi  maneggiò  il 
trattato,  fu  Uberto  Gambara ,  protonota  rio  apo- 
stolico ,  persona  che    arrivò   poi  a  guadagnare 
il  cappel  rosso.    Se  l' intese    eyli    con  RodoUb 


236  A?f?JAl.I    d'  ITALIA 

Hello  Tedesco  ,  capitano  della  guardia  d'  esso 
duca  ,  a  cai  fu  promesso  molto  ,  e  mandata 
per  caparra  la  somma  di  due  mila  ducati  d'o- 
ro. Già  era  concertato  il  tempo  e  luogo  di 
uccideie  il  duca  ;  dato  ordine  al  Guiociardino 
e  a  gli  ufiziali  di  Bologna  di  presentarsi  in  un 
determinato  giorno  ad  una  porta  di  Ferrara. 
Ma  li  Tedesco  ,  uomo  d'  onore,  rivelò  sul 
principio  ,  e  contiimamente  dipoi  al  duca  Al- 
fonso tutta  r  orditura  del  tradimento.  Si  sentì 
più  d'  una  volta  tentato  esso  duca  di  lasciarlo 
proseg\iir  sino  al  fine  ;  ma  se  ne  astenne  per 
non  aver  poi  nemico  dichiarato  il  papa  ;  e  però 
gli  bastò  di  far  troncare  la  pratica,  e  di  foi-- 
mar  poscia  autentico  processo  di  questo  infame 
allentato,  colla  deposizione  d'alcuni  comjìlici  , 
e  colle  lettere  originali  del  Gambara ,  per  va- 
lersene ,  quando  occorresse  il  bisogno. 

Anno  di  Cristo  iSai.  Indizione  IX. 
di  LFO^E  X  papa  9. 
di  Carlo  \    iuiperadore  3. 

Tenuta  fu  in  quest'  anno  una  magnìfica  dieta 
in  ^ormazia  da  Carlo  V  imperadore  ,  do\e  in- 
tervennero in  gran  copia  i  principi  dell'impe- 
rio. liO  strepilo  e  commoziune  che  faceva  la 
più  die  mai  crescente  eresia  di  Lutero  ,  e  le 
istanze  de'  ministri  ponlifr/.j  indussero  esso  Au- 
gusto a  cliiitraar  colà  l'autore  di  tanti  S(;on- 
cerli.  Senza  sahoenu  lotto  non  si  volle  egli 
muovere.  (»iuuto  cola  nel  dì  i()  d' aprili'  con 
gran  baldanza  ,  e  presentato  davanti  a  (^(■•••are  o 
alla  maestosa  ailunanza  ,  sostcìme  (juauto  aveva 


ANNO    MDXXI  3  37 

insegnato,  ne  maniera  si  trovò  di  farlo  muo- 
vere un  dito.  Perciò  restò  licenziato ,  e  poscia 
nel  di  8  di  inaggio  l' imperadore  pubblicò  un 
terribil  bando  contro  la  di  lui  persona  e  suoi 
errori  :  passi  tutti  che  nulla  servirono  per 
fermare  il  torrente  impetuoso  delle  sue  eresie. 
Alla  guerra  contro  la  rcligion  cattolica  tenne 
dietro  in  quest'anno  quella  ancora  de'  princi- 
pali potentati  della  Cristianità.  Da  cbe  fu  par- 
tito di  Spagna  Carlo  V  si  scoprirono  in  quelle 
parti  de  i  malcontenti  e  sediziosi  ;  perciocché 
il  primo  regalo  eh'  egli  avea  fatto  a  ijue'  po- 
poli,  nuovi  suoi  sudditi,  era  sialo  l'accresci- 
mento de'  pubblici  aggravj  ,  e  1  aver  loro  tolti 
alcuni  antichi  privilegj.  Si  lamentavano  altri  di 
avere  un  re  straniero  e  lontano  ,  dietro  al  quale 
correva  l' oro  del  regno.  Né  mancavano  altri 
che  non  sapeano  digerire  che  i  ministri  fiam- 
minghi comandassero  alle  teste  spagnuole ,  e 
potessero  tutto  in  corte  dell'  augusto  monarca. 
Però  insorsero  ribellioni  e  guerre.  Anche  n<  Ila 
Navarra ,  già  occupata  da  Ferdinando  il  Catto- 
lico ,  si  f  cero  più  commozioni ,  non  amando 
que' popoli  il  nome  spagnuolo,  pei  clic  uniti  in 
addietro  a'  Franzesi.  Ora  Francesco  I  re  di 
Francia,  che  si  senli\a  pregno  di  rabbia,  da 
che  vide  congiunta  in  Cailo  V  la  monarchia 
di  Spagna  colla  dignità  imperiale ,  e  con  tanti 
altri  Stali  della  casa  d'Austria,  e  troppo  con 
ciò  cresciuta  la  di  lui  potenza;  non  volle  più 
contenersi,  e  mosse  guerra  mila  primavera  di 
quest'anno  contro  la  Navaria  ,  per  renderla, 
diceva  egli  ,  atl  Arrigo  le  fanciullo,  il  cui 
padre    Giovanni    era    sialo    spoglialo    di    quel 


238  ANNALI    d'  ITALIA 

regno,  ma  ,  come  mostrarono  ì  fatti ,  per  ìn- 
corporarla  nel  suo  dominio.  Confessa  il  Guic- 
ciartlino  che  a  dar  moto  alle  guerre ,  che  mag- 
giori (ielle  passate  sconvolsero  poi  non  solo 
rilalia,  ma  quasi  tutta  la  Cristianità  d'Occi- 
dente ,  fu  il  primo ,  chi  più  de  gli  altri  sa- 
rebbe stato  tenuto  a  conservar  la  pace ,  e  in 
vece  di  accendere  il  fuoco  della  guerra  ,  avrebbe 
dovuto,  se  occorreva,  procurale  di  spegnerlo 
col  proprio  sangue.  Parla  di  papa  Leone  X  , 
che  rumii\ando  alti  pensieri  di  gloria  monda- 
na ,  e  più  che  a  gli  affari  della  religione  ,  ago- 
nizzante in  Germania  ,  pensando  all' ingrandi- 
mento temporale  della  Chiesa,  non  solamente 
moriva  ili  voglia  di  ricuperar  Parma  e  Piacen- 
za, e  di  torre  Ferrara  al  duca  Alfonso,  ma 
eziandio  meditava  conquiste    nel    regno  di  Na- 

t)oli.  Trattò  col  re  di  Francia  ,  incitandolo  al- 
'in^presa  di  quel  regno  ,  con  clie  ne  restasse 
una  porzione  in  dominio  della  Cliiesa.  Conforta 
ancora  esso  re  a  dar  principio  alla  rottura  , 
con  portar  l'armi  lìclla  Na\arra.  Fu  preso  quel 
regno  da  i  Franzesi  ;  ma  in  breve  ancora  ri- 
cuperato da  gli  Spagnuoli.  Altra  guerra  di  lunga 
mano  più  terribilt;  fu  in  Fiandra  fra  que'due 
emuli  monaichi,  la  (juale,  siccome  non  perti- 
nente air  assunto  mio,  tralascio. 

O  sia  che  il  ponlelice  camminasse  con  si- 
mulazione ne'  trattati  col  re  Cristianissimo  , 
e  losse  ilietro  a  bmlarlo  (clic  in  (juesl' arte  si 
sa  essere  egii  slato  cwxllcnle);  o  pure  che  il 
re  entralo  in  sospetto  della  fede  di  lui  ,  tar- 
dasse troppo  a  ratllicar  la  capitolazion  già  for- 
mata i  o  sia  linalmcnle   che    il   papa    ricevesse 


ANNO    MBXXl  289 

in  questo  mentre  de   i    disgusti    dall'  insolenza 
del   Laulrec    govern;itor   di    Milano ,   clie     non 
ainmelttva  e  eon  superbe  parole  dispregiava   le 
provvisioni  ecclesiastiche  inviate  da  Roma  nello 
Stato  di   Milano  :    certo  è  che    il    paj)a  strinse 
e    sottoscrisse    nel    dì    8    di    maggio   una  lega. 
con    Carlo  V   iniperadore   a    difesa    della    casa 
de' Medici  e  de' Fiorentini ,  con  istabiiire,   che 
togliendosi  a'Franzesi  il  dncato  di  Milano,  que- 
sto si  desse  a  Francesco  Maria  Sforza,  figliuolo 
del  fu  Lodovico  il  Moro,  il  quale  se  ne  slava 
tutto  dimesso  in  Trento ,    aspettando    qualche 
buon  vento   alla    povera    sua    fortuna  ;    e    che 
Parma  e  Piacenza  tornassero    alla   Chiesa ,  per 
possederle  con  quelle  ragioni  colle  quali  le  avea 
tenute  innanzi;  e  che  l' imperadore  desse  aiuto 
al   papa  ,    per    togliere    Ferrara    ali"  Estense ,  e 
uno  Stillo  in  regno  di  Napoli    ad    Alessandro, 
figlio  bastardo  di  Lorenzo  de'  Medici  ,  già  duca 
d'  Urbino.  Fu  con  gran    segretezza    maneggiata 
questa  lega ,  in  cui  entrarono  anche  i  Fioren- 
tini, e  prima  che  uscisse  alla  luce,  papa  Leone 
con  ispesa  di  cento  cinquanta  mila  ducali  d' oro 
assoldò  sei,  altri  dicono  olio  mila   S\izzeri,  e 
colle  sue  doppiezze  ottenne    loro    il    passaggio 
per  lo  Stalo   di    Milano ,   facendo    credere  a   i 
Franzesi  di  averli  presi  per  opporsi  a  gli  Spa- 
gnuoli  a'  confini  del  regno  di  Napoli.  Vennero 
costoro  a  Modena  ,  e  poi   s' inviarono  verso  il 
Po ,  per  quivi  imbarcarsi.  Alfonso  duca  di  Fer- 
rara gran  sospetto  prese  di  questa  genie ,  per- 
chè ,  come  scrive  1'  Anonimo  Padovano ,  ti  oj)po 
addottrinato  dalle  ijisidie  private  e  jnibbliclie  , 
QQlIe  quali  era    dal    pojilelice    perseguilalQ  ;   e 


7\0  ANNALI    d'  ITALIA 

però  fece  quanti  preparamenti  potè  in  Ferrara 
per  difendersi.  INla  il  papa  assicuratolo  che  ciò 
non  era  per  nuocergli ,  dimandò  il  passo  e  vet- 
tovaglia ;  e  tutto  ottenuto ,  gli  Svizzeri  s'  im- 
barca lono  a  Revere ,  e  a  seconda  del  fiume 
andarono  poi  per  mare  a  Ravenna ,  e  di  là 
iH'lla  \Jarca.  Dopo  qualche  tempo  costoro ,  o 
perchè  attediati  dal  far  nulla ,  per  cui  poco 
guadagnavano  ,  chiesero  congedo  ;  o  perchè  il 
papa  scoprì  il  lor  capitano  partigiano  de'Fran- 
zesi  ,  per  la  maggior  parte  se  ne  tornarono  ai 
lor  pt.esi.  Questo  avvenne  nel  lupse  di  marzo. 
Intanto  s' andava  unendo  genie  dal  papa  in 
Reggio  ,  e  colà  ancora  si  ridussero  quasi  tutti 
i  fuorusciti  dello  Stato  di  Milano,  ed  arrivò 
dipoi  anche  Girolamo  Morone  ,  gran  manijio- 
latore  di  tutti  questi  imbrogli.  Perchè  era  iu 
Francia  il  Lautrec  ,  il  signor  dello  Scudo  suo 
fratello ,  viccgovernatoie  ,  avvisato  «li  quella 
tresca ,  si  portò  colà  con  quatlro  cento  cavalli 
a  dimandar  conto  di  quella  a^'iuianza  ,  e  nel 
dì  24  di  ghigno  si  presentò  alla  |)orta  eh  Reg- 
gio. 11  Guicciardino  governatore  avea  la  notte 
innanzi  fatto  entrare  in  quella  città  un  grosso 
corpo  di  gente.  Mentre  parlava  il  g(jvernatore 
collo  Scialo, volle  cacciarsi  in  città  alcuno  dei 
suoi  uomini  d'arme,  e  nacque  un  tumulto, 
per  cui  quei  che  erano  stesi  per  le  mura , 
spararono  contro  la  coiuilixa  del  Franzese.  Vi 
restò  morto  Alessandro  Trivulzio,  e  gli  altri 
se  ne  fuggirono.  Lo  Scudo  dopo  varie  inutili 
doglianze  se  n'  andò  anch'  egli.  Si  servì  poi 
papa  Leone  di  questo  pretesto  per  giustificare 
jiei  coucisloro  1'  «ccoido  eh'  egli  avca  già  fallo 


ANi\o  MDxxi  a4t 

«oli*  imperaflore.  Avvenne  ancora  in  Milano 
nella  ft'sla  di  san  Pietro  un  fonnidabil  caso , 
che  fu  preso  dal  volgo  per  aiiginio  e  preludio 
della  caduta  de' Franzesi  in  Italia.  Per  fulmine, 
o  pei  altro  fuoco  dell" aria,  benché  fosse  tempo 
nereno,  la  torre  di  quel  castello  dove  si  te- 
iieaiio  i  barili  di  polve  da  (iioco,  andò  in  aria 
con  lai  fòrza ,  che  squaiciò  anche  parte  del 
muro,  uccise  e  magagnò  oltre  a  ducenlo  fan- 
ti ,  varj  nobili  milanesi  che  per  sospi  tlo  erano 
stati  chiusi  in  quel  castello  ,  e  portò  lontano 
venticinque  piedi  (e  no!i  già  cinque  ento,  come 
lia  il  Guiceiaidino  )  pietre  che  dieci  paia  di 
buoi  avrebbono  stentato  a  muovere.  Trovavasi 
allora  il  Lautrec  ritornato  di  Francia  in  Cre- 
mona ;  corse  a  Milano  ,  e  diede  gli  ordini  op- 
portuni per  riparare  il  lastello,  che  era  in  al- 
tri siti  ancora  conq  essalo  ,  e  il  fornì  di  tutto 
il  bisognevole. 

Finalmente  scoppiò  e  si  fece  palese  il  bel 
senigio  prestato  all'  Italia  da  papa  Leone,  eoa 
tirarle  addosso  una  nuova  guerra  mercè  della 
lega  contratta  con  gli  Svizzeri  e  coli'  impera- 
dore.  Ne  provarono  non  lieve  affanno  i  Vene- 
ziani ,  soli  in  Italia  collegati  colla  Francia ,  i 
quali  assoldarono  toslo  otto  mila  fanti  ,  con 
inviarne  dipoi  sul  Bresciano  cinque  mila ,  e 
lancic  quattro  cento  e  cavalli  leggieri  cinque 
cento  ,  solto  il  comando  di  feodoro  Trivulzio 
e  di  Andrea  Grilli  legalo.  Perchè  sempre  più 
s'  ingrossava  in  Reggio  1  aiinala  pontilizia .  il 
Lautrec  mandò  a  Parma  dugento  uomini  d' armi 
e  quattro  mila  fanti  guasconi  comandati  dal  signor 
dello  Scudo  suo  fratello ,  e  da  Federigo  signor 

Muratori.  Aìui.  f^ol.  Xll^.  i^ 


a4a  ANNALI    d' ITALIA 

di  Bozzolo.  Occupò  dipoi  Busselo  e  lutto  lo 
Stato  di  Cristoforo  Pallavicino,  a  cui  tolse  an- 
che la  vita,  perchè  accusato  d'intelligenza  col 
papa.  Fu  fatto  in  quest'  anno  un  tentativo  da 
gli  Adorni  e  Fieschi  per  cacciare  di  Genova 
Ottaviano  Ftegoso  e  i  Franzesi  ,  tutto  a  som- 
mossa del  papa  ,  che  loro  somministrò  sette 
galee  di  Napoli  e  due  delle  sue  ;  ma  rimase 
sconcertato  il  loro  disrgno.  Ordito  ancora  un 
tradimento  per  occupar  la  città  di  Como,  a 
nulla  giovò.  CJjiamò  papa  Leone  a  Roma  Pio- 
spero  Colonna  ,  il  quale  era  slato  dall  impera- 
dore  mollo  prima  creato  suo  generale ,  per 
concertar  seco  la  meditata  impresa  del  ducalo 
di  Milano.  Condusse  eziandio  Fedrrigo  mar- 
chese di  Mantova  con  titolo  di  Capilan  Gene- 
rale della  Chiesa.  Si  fece  a  Bologna  la  massa 
delle  genti  pontifizie  e  spagnuole;  e  il  Colon- 
na ,  che  doveva,  come  capo,  comandar  quel- 
r  armata ,  dopo  molti  dibattimenti  s'  inoltrò 
verso  l^irma  ,  e  incomincionne  1'  assedio  nel 
mese  d'  agosto  ,  principalmente  dalla  parte  verso 
ponente.  Giunsero  ad  unirsi  seco  otto  mila 
fanti  tedeschi  ,  venuti  di  Germania ,  ed  ji 
marchese  di  Mantova  con  trecento  lancic  e  cin- 
quecento cavalli  uiigheri.  Talmente  giocarono 
le  batterie ,  che  i  Franzesi  giudicarono  meglio 
di  ritirarsi  dal  Codijioiitc  ,  cioè  da  quella  p;irle 
della  città  che  è  di  là  dal  fiume  Paiuia.  Grande 
allegrezza  fetero  quegli  abitanti  al  vedersi  ri- 
tornati sotto  il  doniinio  ecclesiastico.  Ma  cessò 
ben  presto  la  loio  festa  ,  perchè  entrati  i  sol- 
dati diedero  anch'  essi  con  festa  grande  il  sacco 
ì    tulle     le    lor    case.    L'  Anonimo    Padovano 


ANNO    MDXXI  2(3 

acrlvc  che  vi  cominisero    le    maggiori  scellcra- 
tez/.e  del    mondo,  e   che  il  Colonn.i    fece    im- 
piccar quatiti  fanti  erano  ppiìelrali    in  un  mo- 
i)ist  ro  (li  nionaclie.  Si  ilirdero  poscia  i  colle^'ati 
a   niagg'niincnle  stringere  e  bomliardare  l'altra 
maggior  parto   della  città    posta    al    levante  ,  e 
l'aveaiio  ridalla  a   la'e  per    iscarsrz/a  di  vetto- 
vaglie ,  die  n'  era  vie  na  la  caduta.  IVinpestava 
Jo  Scudo  il   signor  di  Laulrec  suo  fratello,  per 
ottenere  soccoiso.  Ma  questi     assai    leiitanieiite 
procede\a:e  conluttocliè  avesse  una   buona  ar- 
/niata  ,    composta  di  cinquecento    lancie ,    sette 
mila  Svizzeri  ,    quattro  mila    fanti    venuti  poco 
fa  di   Francia  ,    a'  quali    s'  aggiunsero    quattro- 
cento uomini  d'arme  e  quattro  o  cinque   mila 
fanti    de'\eneziani  ;  pure    non    si    attentava    a 
procedere  innanzi ,  allegando  che  1'  armala  ne- 
mica era    superiore  di  forze  j  e  che   conveniva 
aspettar  sei  mila  Svizzeri  ,    che  erano  in  viag- 
gio per  suo  aiuto.  Nulladimeno  s' inoltrò  tinal- 
mente  sino  al  Taro,  sette  miglia  lungi  da  Par- 
ma :  movimento   di    cui    niuna   apprensione    si 
misero  gli  assedianli.  Ma    eccoti    un   accidente 
che  disturbò  tutte  le   loro    misure.     Era    stato 
fin  qui  paziente  Alfonso  duca  di  Ferrara  ,  mo- 
strando di  non  conoscere  1'  odio  che  avca  cen- 
tra di  lui  papa    Leone  X,    e    dissimulando   le 
passate  insidie.  \  enulo  poi  in  chiaro   <!'  essere 
slato  abbandonato  alle  voglie    d'  esso  ponte/ice 
nella  lega  fatta  coli'  imperadore  ,  e  mirando  il 
nial  ùicainminamento  de  gli  affari  de'  Franzesi, 
unico    suo    sostegno ,    giudicò    meglio    di  non 
tenersi     pii\    neutrale.    Però  colle  milizie    che 
potè    raunare ,    uscito    di  Ferrara  ,    entrò    nel 


a44  ANNALI    n'  ITALIA 

JModenose  ,  prese  il  Finale,  San  Felice,  e  eolle 
sroirerie  arrivava  sino  alle  porte  di  Modena. 
Recato  questo  avviso  al  campo  de' collegati, 
bastò  a  far  eh'  essi ,  trovandosi  fra  due  fuochi  , 
spedissero  in  soccorso  di  Modena  il  conte 
Guido  Rangone  ,  e  poi  sciogliessero  V  assedio  di 
Parma,  con  ritirarsi  a  San  Lazzaro:  il  che 
diede  comodità  al  Lautrec  di  hen  fornire  quella 
città  di  viveri  e  d'  ogni  altra   munizione. 

Aveva  intanto  il  papa  fatto  assoldare  dal 
cardinale  di  Sion ,  chi  dice  dodici  ,  chi  dieci 
mila  Svizzeri ,  ed  altri  dicono  anche  meno  ;  e 
questi  calavano  in  Italia,  quantunque  prote- 
stassero di  non  voler  combattere  co'  Franzesi  , 
per  essere  con  loro  in  lega.  Prospero  Colonna 
adunque  determinò  di  tentale  ogni  via  per 
unirsi  con  loro ,  siccome  all'  incontro  andò  il 
Lautrec  a  fiapporsi  per  impedir  questa  unione. 
Allorachè,  passato  il  Po,  fu  egli  giunto  a  Ca- 
sal Maggiore  ,  colà  compane  il  cardinal  Giulio 
de' Medici,  spedito  dal  papa  con  titolo  di  Le- 
dalo ,  acciocché ,  come  uomo  di  testa ,  acque- 
lasse  colla  sua  destrezza  le  discordie  insorte 
fra  i  generali ,  e  spezialmente  fra  il  Colonnese 
e  il  marchese  di  Pescara  ,  e  desse  calore  al- 
l' impresa.  Tentò  più  volte  il  Lautrec  di  tiiare 
a  battaglia  l'esercito  de' col  legali;  ma  il  saggi*^ 
Prospero  andò  temporeggiando,  che  in  line  a 
Gambara  sì  congiimse  con  parte  de  gli  Svizze- 
li  ,  procedendo  ,  come  scrive  il  Guicciardino  , 
in  mezzo  loro  i  due  legati ,  cioè  //  cni'diiuile 
di  Sion  e  il  cardinale  de  Medici ,  culle  cìvci 
d  nrgenfo  ,  circondate  (ttnito  oggi  si  abusa  la 
riverenza   della    reltjfiunr  J  ira   tante   armi  ed 


ANNO    MDXXl  a4^ 

iirtis;lierie  da    beslemmiatovi ,    oinicidinrj  e  ru- 
hatori.  Rest«ì  allora  ben    coiiCuso  il  Lautrec,  e 
maggiormerile  crebbe    il    suo    afFaiuio  ,    pmcUè 
da  lì  a  poco  gli  Svizzeri  della  sua  armata  iin- 
provvisaineute  se  n'  andarono  con  Dio ,  o  per- 
chè venne  un  comandameuto    da    i    lor    supe- 
riori ,  o  pure   perchè    mancava   il    danaro   per 
pagarli.  Imperciocché    il     re    Francesco ,    dopo 
avere  sì  superbamente  mossa  guerra  in  Navarra 
e  Fiandra  a  Carlo  iraperadore  ,    si    trovava   in 
questi  tempi  in  gravi  angustie  ,  né  polea  som- 
ministrar genti  e  pecunia  all' Italia;  e  tuttoché 
avesse  pur  disposti  trecento  mila  ducati  d'  oro 
da  inviare  al  Lautrec  ,  pure  la  regina  sua  ma- 
dre gli  avea  fatti  impiegare  in   altri  usi.  Perciò 
diffidando  esso  Lautrec    di    poter  resistere  alle 
forze  nemiche,   si    ritirò  di  qua    dall' Adda ,  a 
fine  di  contrastarne  il  passo    all'  armata    della 
lega.  Ma  riuscì  al  Colonna  di  valicar  quel  fmme 
a  Vauri ,  dove    in    un    combittimento    con    lo 
Scudo  restarono  superiori  le  sue  genti.  Ritira- 
tosi il  Lautrec  a  Milano ,  maravigliosa  cosa  fa 
il  vedere ,  che  appena  giunto    nel    giorno    se- 
guente  r  esercito  collegato  in  vicinanza  di  Mi- 
lano, essendo  stato  spedito  avanti    il    valoroso 
Ferdinando  d'  Avalos  marchese  di  Pescara  con 
ducenlo    cavalli     e    tre    mila    liniti    spagnuoli  , 
questi  dopo  avere  sbaraglialo  un    grosso  corpo 
di  cavalleria  franzese,  uscito  per  ispiar  gli  an- 
damenti    de'  nemici,    andò    iutrcpidainenle    ad 
assalire  verso  Porta  Romana  i  bastioni  di  quel 
borgo ,  dove  erano  alla   guardia  i  Veneziani  con 
Teodoro  Trivulzio  e    Ajidrea    (iritt".    3'    com- 
batté, ma  venne  meno  il  coraggio    all^    gente 


3^&  AìvNALI     C    ITALIA 

veneta,  e  il  marchese,  aiutato  da  quei  diden- 
tro di  fazion  Gliibellina  ,  occupò  la  porla  sud- 
detta. Quivi  restò  prigioniero    il    Trivulzio,  il 
qual  poi  con  venti    mila    ducati  d'oro  da  li  ;i 
multi  giorni  si  riscattò.  Ebbe  fortuna  il  Gridi  di 
salvarsi.  Veramente  in   questa  guerra  la  potenza 
veneta   non  fece    sforzo  di  gran    rilievo,  conn; 
era   solita  ,  o  percliè  fosse  rimasi  a  troppo  smunta 
per  le  antecedenti  guerre ,  o  percliè  quel    sasj- 
gio  senato  avesse  de'  segreti   molivi  di  cosi  ope- 
rare,  Kntrò  dunque  il   marchese  nel   recinto  di 
quel  borgo  ;  né  occorse  di  più  perchè  il  Laulrec 
la  notte,    lasciato  ben  guernilo    il    castello,  si 
ritirasse  col  resto  di  sua  gente  a  Como;   giac- 
ché mirava  in  gran  conmiozione  tulio  il  popolo 
di   Milano  ,   ed  anche  di  tulio  lo  Stato ,  lioj)po 
irritato  per  le  esorbitanti    gravezze  ,  dianzi  da 
lui  imposte  ,  e  voglioso  di  nnitar    padrone  per 
la  speranza   spesso  fallace  di  starne  meglio.  Fu 
in  gran  pericolo  di  andare  a  sacco   quella  no- 
bilissima città  ;  ma  alzati  i  ponti  ,  calate  le  sa- 
racinesche ,    e  serrate  le  porle  della  cinta  ciie 
divide  essa  città  da  i  borghi ,  si  fermò  il  primo 
empito  de' vincitori.  Sopragiunla  la  notte,  mag- 
gioriu(M)le    assicurò    la    cilladinairza ,    essendosi 
perduti   i   più   de'  soldali  a    svaligiar    i    borghi, 
i   quartieri     de' Veneziani     e     Franzesi.    Qiieslo 
gran   fatto  accadde  nel  di    19  di  noveinbie,  con 
perpetua    gloria  di    Piospero    (ìolonna ,    e    non 
con   minore  del   marchese    di   IVsc.ira,    che   in 
quella    occasione    fece    mirabili    prove    di    sua 
persona. 

A  persuasione  j)OÌ  di  Girolamo  Moronc  andò 
un    baitdo ,    che    sollo    pena    della    vita  niun 


ANNO    MDifXI  af^ 

.Milaix'se  fosse  offeso.  Venuto  il  giorno  ,  compar- 
vero davanti  al  Colonna  ,  a  i  ledati  e  al  raar- 
ei\fiese  di  Mantova  dodici  nobili  ambasciatori  a 
dir  la  città  ,  e  a  pregare  che  fosse  preservata 
da  ingiurie  pubhliche  e  private.  V  entrò  il  Mo- 
rone ,  prendendone  il  possesso  a  nome  di  Fran- 
cesco Maria  Sforza  ,  ^ià  riguardato  qual  duca , 
e  restò  ecjli  quivi  al  governo  con  titolo  di 
Luogotenente.  Si  fece  conto  che  più  di  tre 
mila  flinti  veneti  lasciassero  in  quel  conflitto 
la  vita  :  e  £,'li  ;iltri  Veri'^ti ,  consistenti  in  altri 
tre  mila  flmli  ,  trecento  lancie  e  circa  otto- 
cento cavalli  leggieri ,  p  irte  furono  presi ,  parte 
si  dissiparono  colla  fuga  la  notte  ;  di  ma- 
niera che  totalmente  si  perde  1'  esercito  loro 
Seguitarono  V  esempio  di  Milano  le  città  di 
Pavia  e  Lodi.  Parma  e  Piacenza  si  diedero  a  i 
ministri  del  papa.  Fu  spedito  il  marchese  di 
Pescara  con  dieci  mila  fanti  e  cinquecento  ca- 
valli dietro  a' Franzesi ,  ritirati  a  Como;  ma  il 
Lautrec,  lasciato  ivi  un  presidio  sufficiente, 
s'  incamminò  col  resto  de'  suoi  verso  Cremona. 
Intese  bensì  per  istrada  che  anche  quella  città 
aveva  alzate  le  bandiere  Sforzesche  ;  tuttavia 
perchè  si  tenea  forte  la  cittadella ,  v'  entrò  e 
ricuperò  la  città,  con  fare  il  miracolo  di  non 
inferire  alcun  male  a  que'  cittadini.  Piantate  in- 
tanto dal  marchese  di  Pescara  le  batterie  con- 
tro la  città  di  Como,  poco  siette  quel  popolo 
a  capitolar  la  resa  con  patto  che  fossero  salve 
le  persone  e  robe  tanto  de  gii  abitanti  che  de  i 
Franzesi.  Ma  entrati  gli  Spagnuoli ,  misero  a 
.■^acco  r  infelice  città  ,  con  grande  infamia  del 
marchese  .  il  quale  poi  col  tempo  fu  chiamato 


248  ANNAM   d'  ITAMA 

a  duello,  come  colpevole  di  questo  sfregio  fatto 
alla   pubblica  fede.  li)   una  paiola ,  a  risers'a  di 
Cremona,  d'Alessandria,  del  castello  di  Milano 
e  di  qualche  altra  fortezza,  il  resto  dello  Slato 
di   Milano  venne  in  potere  di  Francesco   Sfor- 
za,  non  senza  giave  affanno  de' Veneziani ,  che 
oltre  air  aver  perduto  il   loro  esercito ,    resta- 
vano per  cagion  della  lor  lega   col    re   Cristia- 
nissimo esposti  ad  evidenti    pericoli.    Ma    non 
era  da  paragonar    la    cattiva    lor    positura  con 
quella  di  Alfonso  duca  di  Ferrara,  giacché  egli 
dopo  la  caduta  de'  Frauzesi  non  vedea  più  ma- 
niera di  salvarsi    in    mezzo    a    queste    vicende. 
Alla  sempre  vigorosa  brama  di  papa  Leone  di 
torgli   Ferrara ,  si   era    aggiunto    uno    straordi- 
nario sdegno,   |icr  aver    egli    frastornato  dianzi 
r  acquisto  di  Parma.  S'  era    il    duca    ritirato  a 
casa  ,  dappoiché  fu  venuta   sul    Reggiano    1'  ar- 
mata   collegata  ,     e    poco    stette    a    provar  gli 
effetti  della  collera   ponlitiziii.    V'cimcro    l'armi 
d'  esso  papa  al   Finale  e  a  San  Felice,  e  riacqui- 
starono quelle   terre.   Presero  anche    il    Bonde- 
wo ,  con  tagliare  a  pezzi   il   presidio  ,  e  dare  il 
sacco  a  quel  luogo.    Dall'  altra    parte    verso  la 
Romagna  occuparono  altri  ministri  del    ponte- 
lìce  Lugo  ,    B.ignaca\a'lo.  con    altre    terre  del 
duca ,  e  poscia  Cento  e  la  Pieve.    Furono  an- 
che mossi  i   Fiori'iilini    nd    iiMp;i(lioiiirsi    della 
provincia  della  Garfagnana  di    là    dall  Apeniti- 
no  ,  com|M)sta  di  circa  novanta  comunità,  clie 
s'era   fin  «[ui  manteriiit;i  fedele  al  duca  :  e  riuscì 
ancora  al  rinicciardiiio  di  ridurre  ali  ubbidienza 
di  Modena  la  picciola  proviiK^'a  del   Frignano, 
finora  costante    nella  lede  verso    il    duca.    Ma 


ANNO    MnXXT  ^4f) 

lìh  pur  questo  hastò  a  papa  Leone.  Piilìlilicò 
egli  allora  un  fierissinio  nioiuloiio  centra  d' xAl- 
fonso ,  (licliiarandolo  ribello ,  colle  Crangie  di 
altri  titoli  obbrobriosi ,  e  mellciido  l' interdetto 
alla  città  di  Ferrara ,  per  aver  egli  occupalo  le 
terre  del  Finale  o  San  Felice  spettanti  alla 
Chiesa  Romana;  quasi  che  avessero  i  poni  elìci 
acquistata  indulgenza  plenaria  in  ispogliar  quel 
duca  delle  imperiali  citlà  di  Modena  e  Reggio; 
e  fosse  poi  enorme  delitto  ,  s'  egli  tentava  di 
ripigliare  il  suo  ,  cioè  terre  a  lui  indebitamente 
tolte  ,  e  delle  quali  era  investito  da  gì'  impe- 
radoii,  Tuttocliè  sentisse  il  duca  il  soverchio 
abbassamento  de'  suoi  affari  ;  pure  irritato  al 
maggior  segno  dal  veder  ailoperate  centra  di 
sé  anche  Y  armi  spirituali,  non  potè  contenersi 
dal  mettere  fuori  colla  stampa  un  manifesto  , 
in  cui  palesò  al  mondo  gli  oltraggi ,  le  insidie 
e  le  mancanze  di  li:'de  di  papa  Leone  X  per 
conto  suo  ,  e  privo  affililo  di  giustizia  il  pro- 
cedere della  corte  di  Roma  centra  di  lui.  E 
perciocché  sapea  essere  stabilito  nella  lega  del 
papa  coir  imperadore  ,  che  cacciali  i  Franzesì 
da  Milano,  si  avessero  a  volgere  l'armi  sopra 
Ferrara,  senza  né  pure  aspettare  d' aver  prese 
tutte  le  fortezze  di  quello  Stato:  da  uomo  forte 
5Ì  accinse  a  ben  munire  e  provveder  di  vetto- 
vaglie quella  città.  Prese  anche  al  suo  soldo 
quattro  mila  Tedeschi ,  ed  accrebbe  le  milizie 
italiane,  risoluto  di  vendere  caro  la  propria 
rovina ,  giai  che  aspettava  a  momenti  1'  anni 
imperiali  e  penlilizie  alle  mura  di  Ferrara. 
Certamente  non  fu  mai  la  nobilissima  casa  di 
Este  in  tanto  jpericolo  di   naufragio ,    conio    in 


200  ANNÀIil    u' ITALIA 

questo  brullo  frangente.  Ma  chi  con  segrete 
ruote  regola  il  mondo  tulio ,  eccoti  che  ,  cori 
fiir  nascere  una  inaspettata  scena,  fece  non  poco 
can sciare  aspetto  alle  cose  d'Italia. 

Per  quanto  s' ha  da  i  Giornali  di  Paris  dei 
Grassi ,  cerimoniere  del  papa ,  riferiti  dal  Ri- 
naldi (i)j^  P^'"  quello  che  attestano  altri  scrit- 
tori (2),  non  si  può  esprimere,  qual  allegrezza 
provasse  papa  Leone  all'  avviso  della  presa  di 
Milano,  e  di  mano  in  mano  alle  nuove  df  i 
susseguenti  acquisti.  Non  capiva  in  sé  per  la 
gioia  d'  aver  depressi  i  Franzesi ,  e  mirava  con 
gaudio  inesplicabile  la  già  fatta  ricuperazione 
di  Parma  e  Piacenza ,  parendogli  oramai  di  no/i 
♦  ssere  da  meno  di  papa  Giulio  II.  Ordinò  per- 
tanto che  si  facessero  gran  feste  in  Roma ,  e 
venne  apposta  dalla  Malliana  in  quella  città 
per  deliziarsi  ne  i  viva  del  popolo.  Ma  che^ 
Nel  dì  25  di  novembre  cominciò  a  declinarla 
sua  allegria  per  qualche  incomodo  di  salute,  e 
nel  dì  primo  di  dicembre  improvvisamente  , 
senza  né  pin-e  poter  ricevere  i  sacramenti  della 
Chiesa  ,  diede  fine  al  suo  vivere  in  età  di  soli 
quarantasei  anni.  Lunga  disputa  fu  fra  i  me- 
dici s'egli  fosse  moito  di  veleno,  per  varj  se- 
gnali osservati  nel  suo  cadavcro  ,  e  pi-r  altri 
molivi  addotti  dal  Grassi  e  dal  Guicciardino. 
Già  abbiam  «letto  che  una  fìstola  nelle  parti 
inferiori  gli  ficea  guerra.  Bastò  ben  questa  ad 
abbreviargli  la  vita.  Ma  perchè  chi  è  morto, 
jmlla  più  cura  lo  cose  mondane ,  nò  pure  altri 

(1)  RaynaUlus  A  unni.  Eccles. 

{■»)  Guiccitirdino.  Pauviiiio.  Anonimo  Padovano.  Giovio. 


AXNO     MDXXI  25r 

si  curò  dì  procpiiere  olire  in  cpiesta  ricerca.  E 
così  tt'rniinarono  i  disegni  e  le  glorie  di   papa 
Leone  X ,    il  quale ,    per  attestalo   del    mede- 
simo   Guiceiardino ,     ingannò    assai    1'  espetta- 
zione  che  s'  ebbe  di   Ini ,    quando    fu    assunto 
al  pontificato.    Pircioccliè  se  alcuno  avesse  po- 
tuto giovare  alla  Chiesa  di   Dio  ,  certo  si  dovea 
sperare  da  lui  :  principe  di  mirabile    ingegno , 
desideroso  di  cose  grandi ,  dotato  di   non  \  ol- 
gare  eloquenza ,  e  prima  del   pontificato  amante 
della  giustizia.  Non  gli  mancava  buon  fondo  di 
religione  e  pietà.  Ma  trascurando   egli  ciò  che 
avea  da  essere  il  principal  suo  mestiere ,  tutto 
si  diede  a  farla  da  priruipe  secolare,  con  corte 
oltremodo    magnifica ,  con    attendere  continua- 
mente a  i  passatempi ,  alle    caccie  ,  a  i   convi- 
ti ,  alle  musiche ,  e  ad  accrescere   il   lusso  de  i 
Romani  in  forma  eccessiva.  Il  Giovio    tenendo 
davanti  a  gli  occhi  il  iletfo  di  Tacito  lib.  Ili, 
cap.  65  de  gli  Annali:  Picecipuiim  muniis  An- 
iiaìium  renr ,  ne  virtutes  sdtaniw,  neque  pva- 
\>is  dhtii  facdsque   ex    posteiitale    et    infamia 
metits  sii:  ben  dipinse  non  men  le  sue    lode- 
voli che  biasimevoli  qualità.  Certamente  fu  egli 
con  ragion  celebrato  per  aver  promosso  il  ri- 
sorgimento delle  lettere.  Certo    è    ancora    che 
non  godè  mai  sì  bel  tempo  Roma  cristiana  che 
sotto  questo   pontefice,    ma    con   peggiorarne  i 
costumi,  essendosi  an(-he  inventate  o  praticate 
manieri!    poco   lodevoli    di   cavar    danaro,    per 
soddisfare  alla  prodigalità    di    esso    papa  ,    per 
far    fabbriche   suntuose  ,    e    spezialmente     per 
suscitare  e  sostener  guerre ,  quasiché  possa  es- 
sere   glorioso    uè'  principi    ecclesiastici    quiilo 


sSa  AICNAT-I    n' ITA  MA 

cVie  sovente  è  detestabile  anche  ne"  principi  se- 
colari.   Né    solamente    immenso    danaro    della 
Chiesa  fu  impiegato  in  quelle  scomunicate  guer- 
re ,  onde  restò    esausto   1'  erario   pontifizio  ;  si 
trovarono  eziandio  impegnate   da    papa    Leone 
le   gioie  ed  altre  cose  preziose  del  tesoro  della 
Chiesa  Romana  ,  oltre  ad  altri  grossi  debiti  che 
egli  lasciò  ,  a  pagare  i  fruiti  de'  quali  ogni  anno 
la  camera   pontifizia    spendeva    quaranta    mila 
ducati  d' oro.     E    tutto    questo    per    accrescere 
alla  Chiesa  suddetta  un  dubbioso    patrimonio  , 
che  a'  di  nostri  si  è  veduto  a  lei  tolto;  quando 
nel  tempo  stesso  sguazzava  e  si  dilatava  1'  ere- 
sia di  Lutero  ;   e    il    fier    Solimano    imperador 
«le' Tun;hi ,  scorgendo  immersi  in  tante  guerre 
i  monarchi  cristiani ,    formò    1'  assedio  di  Bel- 
grado ,  baluardo  della  Cristianità  in  Ungheria, 
e  se  ne  impadronì  :    dal  che  poi  venne  la  ro- 
vina di  quel  vasto  regno,  e  un'altra  gran  piaga 
al  Cristianesimo.    Scrisse  bensì  il  giovinetto  re 
d'  Ungheria  Lodovico  calde  lettere    all'  impera- 
dore  ,  al  papa    e    a  gli  altri  principi  cristiani, 
implorando  aiuto  in  sì  gran    bisogno  ;  ma  non 
trovò  altro  che  com|)atimenlo  alle  sue   disgra- 
zie.  Mi  sia    lecilo    il    rappoilare    all'  anno    se- 
guente alcuni  fatti  accaduti  sul    fine    del    pre- 
sente. Qui  solamente    ricorderò  che  nei  di   3  2 
di  giugno  verme    a    morte  Leonardo  Loredano 
doge  di  Venezia ,  la  cui    prudenza ,    in    tempi 
tanto  <lisastrosi  a  ([nella  repubblica  ,  venne  som- 
mamente   cominentlala.   l'u   a  lui  successore  iu 
fjuella  dignità  Antonio  Grimani. 


ANMO   MTXXn  253 

Anno  di  Cristo   1022.  Indizione  X. 
di  Adriano  M  papa   i. 
di  Carlo  \    impeimlore  4- 

Appena  restò  vacante  per  la  morte  di  papa 
Leone  X  la  sedia  di  san  Pietro  ,    che  Alfonso 
duca    di    Ferrara,    liberato  da    chi    cotanto  il 
pt^rseguitava ,  non    sì    potè    contenere   dal    far 
battere  monete  d  argento,    nel  cui  rovescio  si 
mostrava  un  uomo    che  traeva    dalle    branche 
d'un  leone  un    agnello,  col   motto    preso    dal 
primo  libro  ,  capitolo  diciasettesimo  ,    versicolo 
trentasette    de  i  Re  :    de  makv  ieokis.   Poscia 
uscito  in  campagna  colle  sue  genti  ,  riacquistò 
il  Bondcno  ,  il  Finale  ,  San  Felice ,  le  monta- 
gne del  -Modenese  e  la  Garfagnana.  Similmente 
riiuperò  Lugo  ,  Bagnacavalio,  ed  altre  sue  terre 
della  Romagnola.  Ma  non  potè  aver  Cento  ,  difeso 
da' Bolognesi ,  sotto  cui   s'era  portato  colle  ar- 
tiglierie ,  perchè  all'  avviso  di  un  gagliardo  soc- 
corso che  veniva    da  Modena  ,    giudicò  meglio 
di  ritirarsi.  Anche  il  signor    di    Lautrec  ,  rin- 
serrato  prima    co  suoi    Franzesi  in    Cremona, 
preso  animo    dalla    n)orte  del     papa ,  la  quale 
avea  fatto  sbandare    1"  esercito    collegato  ,   fece 
un    tentativo  contro   di  Parma.    Ebbe    in  suo 
potere  il    Codiponte  ;    diede    anche    più  d'  un 
assalto  alla  città ,  ma  ne  fu    ripulsato  ;  e  però 
abbandonò  l' impresa.  Si  gloria  il  Guicciardino 
d'  essere  colla  sua    intrepidezza    slato    cagione 
che  si  sostenesse  quella  citta.  Quel  nondimeno 
che  fece  pivi  strepito  ,  dappoiché  il  papa  ces>ò 
di  vivere,  fu  la  risoluzion  presa  da  Francesco 


354  ANNALI    T>'  ITALIA 

Mniia  della    Rovere  ,    già  duca    d'  Urbino  ,  di 
ricuperare  i  suoi  Slati.  Stava  egli  in  Mantova , 
aspettando  tutto  dì  che  spirasse    qualciie  buon 
vento  ;  e  questo  ,  quando  men  si  credeva ,  ar- 
rivò.  Unitosi  dunque  con    Malatesta  ed  Orazio 
Buglione,  già  cacciati  da  Perugia  ,  e  messi   in- 
sieme quattro  mila  fanti  e  due  mila  cavalli  (  il 
Guicciardino  scrive    meno),    ed    ottenuti    dal 
duca  di  Ferrara  sette  pezzi  d'  aitiglieria ,  senza 
ostacolo  arrivò  nel    ducato    d'  Urbino.  11  desi- 
deravano  e    l' attendeano  a    man    giunte   quei 
popoli  ,   perchè  V  amavano  a  dismisura   pel   suo 
grazioso    governo.    In    quattro     giorni    si    vide 
tornare  alla  sua  ubbidienza  ogni    terra  di  quel 
ducato.   Passò  dipoi  a  Pesaro  ,    e    s'  impadronì 
di  quella  citlà,  e  da  lì  a  poclii    giorni    anche 
della  rocca.  In  (juel  calore  di  fortuna  gli  riuscì 
parimente  di  cacciar    fiiori    di    Camerino    Gio- 
van-Matteo  da  \arano  ,  signore    o  sia  duca  di  , 
quella  città ,  con  introdurvi    Sigismondo    della 
stessa  famiglia  ,  che  j)r"tendea  d'  avervi  miglior 
ragione ,  ma  che  non  potè    aver  la  rocca.  Sul 
principio  poi    del    presente   amio    coli' esercito 
suo,    accrcsciulo    da     molti    volontarj ,  andò  il 
duca  d'Urbino  a  mettere  il  campo  a  Perugia, 
od  impadronitosi  d'  un  borgo,    cominciò  tosto 
a  dar  ila  j)iù   parli   1'  assalto  alle  mura.  Dentro 
v'era  alla    difesa    Vitello    Vitelli,  inviato  da  i 
Fiorentini  con  due  njila  fanti  ed  alcune  squa- 
dre  di  cavalli   alla   difesa  di   quella  citlà  ,   unito 
con  Gentile  Baglione,  messo  ivi  da  papa  Leone 
dopo    la    morte    di    Gian-l'aolo.    Si  avvilirono 
questi  difensori  per    timore    del     popolo ,  e  la 
notte  si  ritirarono,  lasciando  che  colà  facessero 
r  culrala  Malalcsla  ed  Orazio  Daglioui. 


A^•^•o  MDXXii  255 

Mentre  succedcano  tali  scene  ,  sorse  la  di- 
scordia nel  conclave  fia  i  cardinali  ivi  racchiudi 
per  ]  ihzione  del  nuovo  j3oritcfice.  Comune- 
mente si  ciedea  che  Giulio  cardinal  de' Medi- 
ci ,  dopo  avere  noli'  anno  addietro  esercitato  il 
suo  spiiilo  in  affari  di  guerra  nel  felice  eser- 
cito de'  collegati ,  avesse  ancora  a  riportar  vit- 
toria in  questo  cimento  ,  atteso  il  credito  suo, 
la  sua  opulenza  e  1'  aderenza  di  moltissimi 
porporati,  creature  di  papa  Leone  suo  cugino. 
Ma  i  vecchi  che  credeano  dovuto  alla  loro  età 
il  pontificato,  più  che  a  Giulio  ,  il  quale  non 
contava  se  non  45  anni  d'età ,  e  il  partilo 
franzese,  dì  cui  si  fece  capo  il  cardinal  Sode- 
rino,  fecero  abortir  que' disegni.  Però  giacché 
uè  pure  a  lui  piaceva  che  andassero  innanzi  i 
suoi  competitori ,  gli  cadde  in  mente  ,  o  gli  fu 
suggerito  di  proporre  pel  pontificato  il  cardi- 
nale Adriano  vescovo  di  Tortosa ,  nato  di  bassi 
parenti  nella  città  di  Utiect  in  Fiandra  ,  ma 
che  per  le  sue  rare  virtù  e  pel  suo  sapere  era 
giunto  ad  essere  maestro  dellAugusto  Carlo  \  , 
ed  avea  conseguita  la  porj)ora  cardinalizia  nel- 
l'anno 1017.  Dio  benedisse  la  proposizion  sud- 
detta; e  quantunque  Adriano  non  avesse  mai  ve- 
duta Italia ,  né  fosse  pei  sonalmente  conosciuto 
uni  sacro  collegio ,  pure  alla  fama  del  raro  suo 
merito  si  accordarono  tutti  ad  eleggerlo  nel  di  9 
di  gennaio  del  presente  anno.  Trovavasi  egli 
allora  in  Brescia  ad  esercitare  1'  impiego  a  lui 
appoggiato  da  esso  Augusto  di  governatore  e 
visitatore  de  i  regni  di  Spagna.  Porlalagli  que- 
sta nuova  ,  per  essere  aflàlto  ina>pettata  ,  riu- 
scì a    lui    maravigliosa  :    pure    accettò  la  gran 


a'ì6  ANNALI    d'  ITAUA 

dignità ,  e    ritenuto  il     proprio    nome ,  sì  fece 
chiamare  Adriano  VI.  Siccome    uomo    prutleu- 
le  ,  non   mostrò   s<'gno  alcuno  d'  allegrezza  ,  ma 
solamente  rivolto  a  Dio ,  il   pregò  ,  che  giacché 
gli  a\  ea  voluto  imporre   questo  peso  ,  gli  cou- 
tiihuisse  anche  forze    per    sostenerlo  in  utilità 
della  Chiesa  e  della  repuhhlica  cristiarìa.  Quanto 
a  i   Romani  ,   scaricarono  la  lor  ìnìe  in   loqua- 
cità e  villanie  centra  de'  cardinali ,  perchè  aves- 
sero eletto   uno  straniero,  con  pericolo  che  si 
tornasse  a  veder  la  brutta  scena  della  sedia  di 
san    Pieti  o  trasportala  di  là    da'  monti.    Peggio 
sparlarono    da    11  innanzi  ,    perchè  mancata  la 
spìi'iiilida  corte  di    papa    Leone    X,  e  i  cardi- 
nali usciti   lun    dietro   l'altro  fuori  di  Roma, 
erano  cessati    con    ciò   i    grossi    guadagni   de   i 
mercatanti  e  del  popolo  ,  e  cresciute  le  prepo- 
tenze! e   le  ingiustizie  in  essa  città.   Per  questo 
non   si   sentiva  altro  clie    benedizioni    alla   me- 
moria di  Leone  ,  e  njaledizioni   allo  slato  pre- 
sente,  stante  1'  aver  lartlato  più  mesi  il  novello 
papa  a  comparire  iu  Roma.    Kra  in  questi  tempi 
passato  il  duca  d'  Urbino  alla  volta    di  Siena  , 
ilesideroso  di  far  mutare  il    governo    in  quella 
città.   Mandarono  a  tempo  i   Kiorentini  colà  un 
rinforzo  di  gente  ,  che  temie  in  dovere  il  po- 
polo:  e    perchè    essi     fecero    anche    venire  di 
Lombardia    Giovanni    de' Medici    con   un  corpo 
tli  Svizzeri   preso    al    loro    soldo,   il  duca  giu- 
dicò meglio  di   ritirarsi ,  e   passò  poi  nel  Mon- 
ti feltro ,  che  tornò  tutto    alla    sua   divozione, 
fuorché  la  (iìrlezza  di  San   Li'o    e    la    rocca  di 
Maiuolo.  In   Lombardia  l^ospero  Colonna,  ge- 
nerale    dell'   armi    cesaree  in     Milano  ,  niuua 


ANNO    MDXKII  aS^ 

diligenza  e  precauzione  oiumctteva  per  preniu- 
uìrii  contro  i  teulalivi  de'  Franzesi ,  i  quali  si 
sapea  che  oltre  ad  altra  gente  aveano  adunalo 
un  grosso  corpo  di  Svizzeri.  11  Guicciardino 
scrive  essere  stati  da  dieci  mila  ;  rAnoiiimo 
Pa<lovano  li  fa  ascendere  a  quattordici  mila, 
e  il  Giovio  sino  a  diciotto  mila.  Gran  riputa- 
zione s'acquistò  egli  coli' aver  fatto  un  mirabil 
trincieramento  ,  f;uernito  d' artiglierie  ,  fuori 
della  città  di  .Milano  inlorno  al  castello  ,  ac- 
cioccliè  venendo  i  Franzesi ,  non  potessero  ac- 
costarsi a  quella  fortezza.  Al  pari  di  lui  Giro- 
lamo Morone  luogotenente  del  duca  fece  il 
maggior  preparamento  che  potè  per  la  difesa  ; 
né  solamente  egli  con  lettere  finte,  con  amba- 
sciate false  e  colla  sua  eloquenza  infiammò 
l'odio  di  quella  nobiltà  contro  i  Franzesi;  ma 
eccitò  anche  il  popolo  ali"  abborrimenlo  di 
quella  nazione  per  mezzo  di  Irate  Andrea  da 
Ferrara  dell'ordine  di  santo  Agostino,  il  quale 
predicando  con  gran  concorso  di  gente  ,  disse 
quanto  mai  seppe  in  discretlito  de  Franzesi ,  e 
in  commendazione  del  principe  proprio,  cioè 
del  duca  Francesco  Sfijrza,  sollecitando  ognuno 
a  difendere  colle  facoltà  e  col  sangue  la  salute 
della  patria.  Con  queste  arti  il  Alorone  trasse 
da'  .Milanesi  tanto  danaro ,  che  potè  assoldar 
quattro  mila  fanti  tedeschi,  i  quali  da  Trento 
vennero  a  .Milano.  -Nel  qual  tempo  anche  l' im- 
peradore  era  dietro  ad  arrolare  altri  sei  mila 
fanti  della  medesima  nazione  ,  yter  inviarli  colà. 
Né  questo  bastò  al  Colonna  e  al  Morone.  Da 
ohe  videro  .sì  ben  accesi  gli  animi  di  quel 
popolo  ,  ne  spedirono  otto  mila  armati  ad 
MuiUTOui.  Aim.  Fol.  XIV,         17 


j5S  ANNALI    lì'  ITALIA 

Alessandria,  che  per  opera  de' cittadini  Guelfi 
s' era  data  a  i  Franzcsi.  Tanto  il  presidio  di 
quella  città  ,  quanto  s^li  stessi  abitanti ,  al  sen- 
tire che  uè  Spagriuoli  né  Tedeschi  erano  con 
quella  gente,  baldanzosamente  usciti  fuor  d'una 
porta ,  attacc:irono  battaglia.  Toccò  ad  essi  di 
voltar  le  spalle,  e  si  disordinatamente  cerca- 
rono di  salvarsi  nella  città  ,  che  mischiati  con 
loro  anche  i  IMilanesi  v' entrarono.  Fu  ivi  gran 
moitalilà  ,  finché  i  lautori  de'  Franzesi  se  ne 
fuggirono  fuori  per  un'altra  porta ,  lasciiiiido 
la  città  in  poter  de' vincitori,  i  quali  non  di- 
menticarono di  darle  il  sacco.  lia  lì  a  pochi 
giorni  anche  Asti  venne  alle  lor  mani:  perdite 
che  sconcertarono  di  molto  gì'  interessi  de  i 
Franzesi  ,  pc^rcliè  restò  loro  tagliata  la  comu- 
uicazione  con  Genova ,  e  tutto  il  di  qua  da  Po 
tornò  aHuiibidieii/a  di   Milano.. 

Per  calare  in  Lonibanlia  altro  non  mancava 
a  Renato  bastardo  di  Savoia  ,  gran  maestro  di 
Plancia  ,  e  a  Galeazzo  da  San  Severino  grande 
scudiere  di  Francia,  inviati  dal  re  Francesco  I 
alla  condotta  de  gli  Svizzeri  ,  già  rannali  in 
*uo  favore  ,  se  non  che  dessero  loro  licenza  di 
passare  lo  alte  nevi  delle  montagne  di  San 
Bernardo  e  di  San  Gottardo.  Più  volte  fecero 
le  s[)ianalc  ;  ma  indiscreta  neve  di  nuovo  ca- 
dendo ,  tornava  a  cliiudere  i  passi,  i'  inahnente 
vennero  in  Lomhaidia  ,  e  andarono  ail  unirsi 
col  signor  di  Lautrec ,  il  quale  sulla  speranza 
di  qneslo  riiif(>r/o  già  era  uscito  vigoroso  ia 
campagna  smI  principio  di  marzo.  Con  esso  lui 
si  congiunsero  ancora  1  armi  de'  N  ene/.iani ,  cou- 
ùblcati    ili    (jiialUuccnlo    laiicie ,   luillu   cavuUi 


leg2;ieri  e  cinrfiie  mila  fanti  sotto  il  comando 
di  Teodoro  Trivulzio  e  di  Andrea  Grilli.  La 
fantasia  delle  genti  ,  che  amulifica  sempre  gli 
eserciti,  slimò  che  questa  arm:»ta  ascendesse 
a  sessanta  mila  combattenti,  ma  era  molto 
meno.  Ora  il  valoroso  e  saggio  Prospero  Co- 
lonna generale  della  lega  ,  per  non  sapere  qnal 
disegno  avessero  formato  i  nemici ,  inviò  Fi- 
lippo Torniello  a  Novara  ,  monsignore  Visconte 
ad  Alessandria  ,  Antonio  da  Leva  a  Pavia,  e 
Federigo  marchese  di  Mantova  a  Piacenza  , 
con  sufficienti  guarnigioni  alla  guardia  di  quelle 
città,  restando  egli  in  Milano  con  settecento 
uomini  d'arme,  settecento  cavalli  leggieri  e  do- 
dici mila  fanti.  Passò  1'  esercito  fianzese  in  vi- 
cinanza di  Milano  verso  ponente ,  mostrando 
vo£;lia  di  assalire  i  maravigliosi  trincieramenti , 
cioè  argini  e  fosse  fatte  dal  Colonna  intorno 
il  castello:  nella  quale  occasione  inoltratosi 
tropjK)  ad  ispiar  que'  forti  ripari  Marco  Anto- 
nio Colonna,  già  prigione  in  Francia,  ed  ora 
militante  nell'esercito  Iranzese,  un  colpo  di 
colubrina  della  città  gli  portò  via  le  natiche  , 
per  cui  da  lì  a  poche  ore  Jiiorì.  Scrive  il  Gio- 
vio ,  essere  slato  lo  stesso  Prospero  Colonna 
che  indirizzò  quella  colubrina ,  e  saputo  dipoi 
di  avere  ucciso  il  proprio  nipote,  ne  provò  un 
sommo  affanno.  Con  esso  Marco  Antonio  restò 
ancora  colpito  ed  ucciso  Camillo  Trivulzio  , 
giovane  di  gran  cuore  ed  cspettazione.  All' ac- 
costarsi de  Franzesi  a  quelrincieramenli  ,  si 
diede  tosto  campana  a  martello  per  tutto  Mi- 
lano ;  e  chiunque  era  atto  all'  anni  animosa- 
mente accorse  a  i  luoghi  che  dianzi  gli  erano 


aGo  AKNAT.t    d'  ITALIA 

Stali  assegnati.  Dicono  die  circa  sessanta  mila 
tiersonc  fossero  questi  difensori ,  computate  le 
milizie  pagate.  Ciò  rapportato  da  i  diseriori  al 
Lautreo  ,  il  f|iiale  s' era  vananienle  lusii)g:Uo 
che  il  popolo  di  Milano  per  timore  del  sacco 
6Ì  solleverebbe ,  o  manderebbe  a  capitolare  ; 
siccouic  aurora  la  relazion  de  gf  ingegneri  che 
aveano  trovati  insupeiabili  qne'  ripari  ;  cagioii 
furono  ch'egli  col  consiglio  de'  maggiori  uliziah 
deponesse  il  pensiero  eh  sacrificar  quivi  parte 
delle  sue  genti.  Riliiossi  per  questo  ad  un  luo- 
go ,  cinque  miglia  distante  da  Milano  verso 
Pavia,  da  dove  fece  dipoi  continue  scorrerie 
verso  la  città,  e  stava  attento  per  impedire  il 
passaggio  del  duca  Francesco  a  Milano.  Impe- 
rocché ima  delle  maggiori  prenune  del  Colonna 
e  del  Morone  era  slata  che  esso  Francesco 
Sforza  duca,  dimorante  in  Trento,  sen  venisse 
a  Mdatio,  per  accrescere  il  coraggio  a  quel 
po[)olo  ;  e  tanto  più  perchè  egli  avea  seco  sei 
mila  (ìinti  tedeschi  ,  i  quali  avrebbero  data  la 
vita  all'esercito  loro.  Per  mancanza  di  ilanaro 
non  si  potè  egli  mettere  sì  presto  in  viaggio. 
Ma  sovvenuto  con  nove  mila  ducati  d'  oro  tlal 
cardinal  de"  Medici,  allora  si  mosse,  e  passato 
il  Po  a  Casal  [Maggiore  ,  giunse  a  l'iacenza ,  da 
dove  poi  Federigo  marchese  di  Mantova  con 
trecento  uomini  d'  arme  lo  scortò  sino  a  Pavia 
circa  la  mela  di  niaizo.  Intanto  il  signor  tlello 
Scudo,  fratello  del  Lauirec  ,  giunto  a  Genova 
con  tre  mila  fanti  guasconi  ,  calò  in  Lombar- 
dia ;  ed  avvisatone  il  Lauirec  ,  speilì  ail  unirsi 
ficco  Federigo  Conzaga  signor  di  l'ozzolo  toii 
ciiKjuccculu    cavalli    u   sci    mila    lauti.   Questo 


ANKO  MDXxn  aoi 

corpo  di  gente  marciò  a  Vigevano  y  e  senza 
fatica  se  ne  impadronì.  Andosscne  di[>oi  Io 
Scudo  a  Novara,  dove  tuttavia  il  castello  si  te- 
nea  per  li  Frauzesi  ;  e  tratti  di  là  alquanti 
pezzi  d' artiglieria  ,  coiniuciò  a  bersai^liare  la 
città.  Dentro  v'era  Filippo  Torniello  con  due 
mila  fanti ,  che  fece  buona  difesa  ;  ma  al  terzo 
assalto  ,  essendo  uscita  alla  dif'sa  anche  la 
guarnigion  del  castello,  v  entrarono  i  Frauze- 
si ,  che  misero  a  fil  eli  spada  la  maggior  parte 
di  que  fanti,  fecero  jiri^ione  il  Torniello  con 
altri  nfiziali  e  cittadini ,  e  poi  diedero  il  sacco 
all'  infelice  città  ,  non  senza  biasimo  del  Co- 
lomia  e  tlel  marchese  di  Mantova  ,  per  non 
averle  dato  soccorso. 

Mentre  ciò  si  facea  ,  il  duca  Francesco  Sfor- 
za,  accompagnalo  da  Antonio  da  Leva,  segre- 
tamente uscito  di  Pavia  ,  per  una  via  fuor  di 
mano  s'  inviò  alla  volta  di  Milano  ,  ed  accollo 
a  Sesto  da  Prospero  Colonna  ,  entrò  in  quella 
città ,  dove  con  incredibil  giubilo  e  segni  d' amore 
fu  ricevuto  dal  popolo.  .Ora  da  che  il  Lauireo 
vide  fallito  il  suo  disegno ,  sapendo  che  in  Pa- 
via non  era  restato  che  lo  scarso  presidio  di 
trecento  cavalli  e  due  mila  fanti  col  marchese 
di  Mantova ,  andò  tosto  a  mettere  il  cnm})0 
ad  essa  città  ,  e  tardò  poco  a  batterla  colle  ar- 
tiglierie. Fece  sapere  il  marchese  al  Colonna 
il  bisogno  d'  aiuto  ;  laonde  questi  uscì  di  Mi- 
lano con  tutto  r  esercito ,  e  andò  fino  a  Bi- 
nasco  ,  mostrando  di  voler  venire  ad  un  fatto 
d'  armi.  Nulla  più  che  questo  sospirava  il  Lau- 
trec;  ma  il  saggio  Colonna  aveva  altro  in  cuo- 
re ,  e    stando    in    uu    forte    alloggiamento  j    si 


262  ANNALI  d'  ita  ha 

contentava  dì  solanieiile  in([uietare  il  campo 
Tuiiiico.  Poscia  lina  notte  spedì  Francesco  Fer- 
diiiamlo  d'Avalos  niarcliese  di  Pescara  con  due 
grossi  squadroni  di  cavalleria  ad  assaltare  i 
Franzesi.  Urtò  il  prode  cavaliere  in  due  sili 
con  tal  empito  nel  loro  campo,  che  credendo 
essi  Franzesi  venir  loro  addosso  tulle  le  forze 
de'  Cesarei  ,  poco  mancò  che  non  si  mettes- 
sero in  fuga.  Montato  a  cavallo  il  Lautrec  con 
gli  altri  cajiilani ,  li  trattenne  ed  incoraggi  :  nel 
qual  U'Hipo  avendo  il  Colonna  drizzati  due  mila 
fanti  spagnuoli  e  mille  Corsi  verso  Pavia  ,  que- 
sti per  un'  altra  porla  entrarono  in  essa  città, 
raccolti  con  gian  giubilo  dal  (Gonzaga.  Così 
racconta  questo  fatto  1'  Anonimo  Padovano  ; 
laddove  il  (niicciardino  scrive  che  sul  princi- 
pio dell"  assedio  il  Colonna  inviò  colà  mille 
fanti  Corsi  e  alcuni  Spagnuoli,  che  menando 
le  mani  ,  e  passando  per  gli  allogi^iameuti  de  i 
Franzesi ,  penetrarono  in  Pavia.  Il  Giovio  parla 
solamente  di  due  conq>agnie  di  Spagnuoli  e 
due  d'  Italiani ,  che  parlando  franzese  co'  Ve- 
neziani ,  e  veneziano  co  Franzesi,  solamente 
sul  fine  ebbero  da  menare  le  mani,  ed  entra- 
rono in  Pavia.  IMa  altro  che  di  sì  poca  gente 
abbisognava  allora  quella  città.  Fu  inseguito  il 
marchese  di  Pescara  da  i  Franzesi  ;  e  gli  sa- 
rebbe forse  avvenuto  del  male,  se  non  fossero 
slati  spediti  in  suo  soccorso  dal  Colonna  ciii- 
quecerito  cavalli ,  co'  ([uali  arrivò  salvo  a  Bi- 
nasco.  Soccorsa  in  fai  guisa  Pavia  ,  si  ritirò  poi 
queir  eseiclto  a  Milano.  Dolente  l'estò  ])er  que- 
sto il  Lautrec;  ma  ciò  non  ostante,  ancorché 
in  essa  città  si  trovasse    allora  un  sì  gagliardo 


ANNO   MDXXTl  2^3 

presidio,  pure  coni  io  il  parare  rlH  provvedilor 
veneto,  e  eli  quasi  tutti  i  capitani  franzcsi  ed 
italiani ,  noti  d'  altro  parlava  che  di  venire  al- 
l'assalto.  Forse  l'avrebbe  fatto,  se  nel  più 
bello  una  pio[;gia ,  clic  durò  sei  p'orni ,  con 
impedire  il  trasporlo  delle  vettovaglie  ,  e  1'  es- 
sere tornato  il  Colonna  a  Binasco  ,  con  avan- 
zarsi di  poi  sino  all'  insigne  Certosa  di  Pavia 
per  frastornare  il  tentativo  de' Fratizesi ,  non 
gli  avessero  in  fine  fatto  prendere  la  risolu- 
zione di  ritirarsi  a  Luuliiano,  dove  seguì  una 
terribile  zuffa  colla  ])eggio  de' suoi.  E  tanto  più 
si  vide  egli  necessitato  a  battere  la  ritirata , 
perchè  non  avendo  con  che  pagare  gli  Svizze- 
ri ,  mentre  era  ben  giunto  ad  Arona  danaro  di 
Francia  ,  ina  non  potea  passare  ,  coloro  tu- 
multuavano per  tornare  a  casa.  Ridottosi  dun- 
que il  Lautrec  a  Monza,  e  inteso  die  Prospero 
Colonna  era  giunto  col  suo  esercito  a  Sesto , 
cinque  miglia  lungi  da  lui ,  non  si  attentò  a 
continuare  la  marcia  fino  a  Cremona,  secon- 
dochè  avea  disegnato.  O  sia  ,  eh'  egli  non  tro- 
vando altro  ripiego  per  fermare  gli  Svizzeri 
eh'  erano  sulle  mosse ,  prendesse  la  risoluzione 
di  far  giornata  campale  ,  ed  animasse  lutto  il 
suo  campo  a  questo  marziale  azzardo  ;  o  pure, 
come  comunemente  fu  credulo ,  che  gli  Sviz- 
zeri si  esibissero  di  venire  a  battaglia  ,  tenen- 
dosi sicuri  della  vittoria,  con  gridar  più  volte: 
O  jMgn  ,  o  battaglia,  altrimenti  minai ciavano 
d'  andarsene  :  la  verità  si  è  ,  che  il  Lautrec  si 
preparò  per  andare  ad  assalir  1'  armala  nomi- 
ci. Avea  il  Colonnese  ritirata  da  Pavia  buona 
parte  di   quel  presidio  ,  e  cerlitìcato  dalle  spie 


2^4  ANNAM    d'  ITALIA 

del  riisegno  de"  Frar.zesi ,  attese  a  propararsi 
per  hru  riceverli.  At'occliiato  in  questo  mentre 
un  liiotjo,  appellato  la  Bicocca,  tre  n.iglia  lungi 
da  Milano  ;  circondato  da  fosse  profonde,  da 
argini  e  canali  d'  ;ic([iia ,  colà  come  in  sito 
fortissimo  andò  a  postarsi.  Fece  venir  da  Mi- 
lano tre  mila  fanli  italiani  ,  e  ^ran  copia  di 
guastatori ,  clie  accrebbero  quelle  fortificazioni. 
Lo  stesso  duca  Francesco  con  mille  e  cinque- 
cento cavalli  in  persona  accorse  colà  ,  accom- 
pagnato da  alcune  migliaia  di  Milanesi  volon- 
tarj  ,  armali  tutti  di  arclnbusi ,  ed  anche  di 
coraggio. 

^'enuto  il  giorno  22  di  aprile,  si  mosse  il 
Lautrec  verso  la  Bicocca ,  e  scontrato  Stefano 
Colonna  che  veniva  con  cinquecento  cavalli  a 
spiare  i  suoi  andamenti ,  il  mise  in  rolla  , 
prendendo  questo  buon  [)rincipio  per  augurio 
di  vittoria.  Assaltarono  da  più  parti  gli  Sviz- 
zeri e  Franzesi  il  campo  imperiale,  con  lilro- 
var  daperlutto  insupeiabìli  fosse,  colpi  di  can- 
none e  di  moschetleria.  Più  volte  tentarono  i 
feroci  Svi/zeri  di  superar  quegli  argini  e  fosse, 
andando  colla  testa  bassa  lonlro  le  cannonale; 
ma  altro  non  guadagnarono  se  non  morti  e  fe- 
rite. Perciò  il  Lauticc ,  chiarito  di  non  poter 
vincere  la  pugna  ,  pien  «li  mala  voglia  e  di 
vert;ogna  riliratosi  ,  levò  il  campo  e  rilirossi 
a  Monza  ,  seguitato  da  gli  Svizzeri  ,  restati 
in  vita  ,  i  (juali  llagellali  dalla  memoria  di 
questo  sinistro  fatto  ,  per  più  tempo  non 
osarono  di  far  delle  Miiargia.ssate.  Si  fece 
conto  che  circa  tre  mila  d  e.ssi  con  venti- 
due lor  cajìitani    restassero    freddi    mi    campo 


ANNO    MDXXIl  '  265 

tìella  bnltaglia.  V'ha  chi  scrive,  esseni  morti 
quasi  altietlaiili  Fiaiizpsì.  Passato  che  fu  il 
Lautrec  di  là  dall'  Adda  ,  lasciò  andare  pel 
Bergamasco  gli  Svizzeri  alle  lor  montagne;  ed 
egli  dopo  aver  invialo  alla  guardia  di  Lodi  Fe- 
derigo da  Bozzolo,  e  il  Buonavalle  Franzese 
con  sufliciente  guarnigione ,  e  racconiandiita 
allo  Scudo  suo  hatelio  la  custodia  di  Cremo- 
na ,  passò  dipoi  in  Francia  a  ragguagliare  il  re 
di  tante  sue  disavventure.  Avrebbono  il  duca 
di  Milano  e  Prospero  Colonna  saputo  profittar 
del  disordine  de'  nemici ,  se  non  l'ossero  stati 
ritenuti  più  giorni  da  una  solle\azion  di  Te- 
deschi ,  i  quali  pretendendo  un  mese  di  paga 
a  titolo  di  regalo  per  la  riportala  vittoria, 
aveano  già  prese  le  artiglierie,  e  minacciavano 
di  voltarle  centra  de'  capitani.  Bisognò  in  fine 
dopo  molte  dispule  capitolare ,  con  prometter 
loro  sessanta  mila  ducati  d'  oro  in  termine  di 
un  mese,  e  dar  loro  ostaggi  per  questo.  Grandi 
diilicidtà  si  trovarono  poi  a  raunar  tanta  pe- 
cunia :  pure  fu  soddisfatto  al  bisogno.  Quetato 
quel  pericoloso  rumore ,  fu  spedilo  il  mar- 
chese di  Pescara  colla  fanteria  spagnuola  a  Lo- 
di ,  dove  non  era  per  anche  entrato  tutto  il 
corpo  di  gente  inviatovi  dal  Lautrec.  Impadro- 
nitosi egli  con  gran  celerilà  di  un  borgo  ,  tal 
terrore  tiiede  a  i  Franzesi  ,  che  abbandonata 
la  citlà  corsero  a  ripassar  l' Adda  pel  ponte. 
^  '  entrarono  poi  gli  Spagnuoli ,  e  senza  mise- 
ricordia diedero  il  sacco  non  solo  a  quanti  ca- 
valli,  armi  e  bagaglio  vaveano  la.scialo  i  Fran- 
zesi, ma  anche  alia  misera  cittadinanza.  Passato 
di  là  il    marchese  a  Pizzighiltone  ,    e   piaulale 


9.66  A??XAU    n'  ITALIA 

le  arliglierie,  forzò  quel  presidio  alla  rosn. 
Andò  poscia  Prospero  Colonna  con  tutta  la  sua 
armata  a  stringere  d' assedio  la  detta  cillà  di 
Ci  emona.  Lo  Scudo  e  Federigo  da  Bozzolo , 
tuttoché  si  trovassero  assai  forti  di  gente,  pure 
al  mirarsi  senza  speranza  di  soccorso  ,  intavo- 
larono tosto  un  trattalo,  che  fu  sottoscritto  nel 
dì  36  di  maggio ,  in  cui  si  obbligarono  i  Fran- 
zesi  di  rendere  quella  città  ,  ed  ogni  altra  for- 
tézza nello  Stato  di  Milano ,  a  risena  de  i 
castelli  di  Milano,  Cremona  e  Novara,  se  in 
termine  di  quaranta  giorni  non  veniva  Hii  eser- 
cito di  Francia  capace  di  passare  il  Po  ,  o  di 
espugnare  una  città  di  quei  ducato  :  e  che  fosse 
loro  lecito  di  passare  in  Francia  a  bandiere 
spiegate  con  tutti  i  lor  carriaggi  ed  arliglierie. 
Furono  dati  gli  ostaggi  per  1'  esecuzion  del 
trattato. 

L'  indefesso  Colonna  ,  giacché  il  ferro  era 
caldo  ,  non  perde  tempo  a  batterlo.  Imper- 
ciotrliè  mise  tosto  in  marcia  1'  esercito  alla 
volta  di  Genova,  con  pensiero  di  snidare  an- 
che di  là  i  Fran/esi.  Seco  si  unì  il  duca  di 
Milano  con  Girolamo  ed  Antoiiiolto  fatelli 
Adorni  ,  fuoruscili  di  Genova.  Arri\ati  che  fu- 
rono .sotto  qui  Ha  nobil  cillà  ,  s'  accamparono 
intorno  ad  essa  in  varj  siti  ,  con  disporre  ben 
tosto  le  arliglierie  ronlro  le  nlura.  11  doge  o 
sia  governatore  Ollaviano  Fregoso ,  uomo  di 
gran  vaglia  ed  universamente  amato  per  1'  ot- 
timo suo  governo,  avea  già  presi  circa  quattro 
mila  Tanti  ilaliani  al  suo  .servigio.  Ben  jìreve- 
dendo  che  anche  so|>ra  di  lui  e  della  cillà  si 
(iovea    scaricar    la    leuipcsla,    dianzi    con    più 


ANNO    MDXXn  267 

lettere  avea  cliiesto  soccorso  al  re  Crislianissiino, 
il  quale ,  ginccliè  non  avicbborio  potuto  giu- 
gnere  a  tempo  quattordici  mila  fanti  e  cinque- 
cento lancie  inviate  verso  1'  Italia  per  terra  , 
spedì  a  Genova  per  mare  Pietro  Navarro ,  ce- 
lebre capitano  da  noi  altrove  vi'dulo ,  con  quat- 
tro g;alee  e  due  mila  fanti  imbarcati  in  altri 
legni. Giunse  il  Na vano  colà  due  dì  prima  del- 
l' arrivo  dell  armata  inqieriale.  Ora  il  duca  e 
il  Colonna  appena  arrivati  (i),  per  un  araldo 
f  cero  intendere  a  i  Genovesi  ,  clie  se  conge- 
dassero il  presidio  Franzese  ,  e  ricevessero  un 
altro  doge,  si  conserverebbe  loro  la  libertà; 
se  no  ,  si  aspettassero  tutti  i  malori  di  una 
città  presa  per  forza.  Non  mancavano  partigiani 
a  i  suddetti  Adorni  ;  ma  per  paura  del  presi- 
dio ninno  ardiva  di  muoversi ,  e  il  Fregoso  fa- 
cea  sperar  vicino  un  più  gagliardo  soccorso  di 
Franzcsi.  Pertanto  vergendo  il  Colonna  persi- 
stere quel  popolo  nell'  union  co'  Franzesi ,  co- 
mandò die  le  artiglierie  parlassero  più  eflica- 
ceniente  dell  araldo.  Riuscì  al  marcliese  di 
Pescara  in  poclie  ore  di  diroccar  le  mura  d'  una 
torre  :  il  che  veduto  dal  Fregoso  ,  si  avvisò  di 
trattar  di  accordo  ,  sperando  di  menar  la  cosa 
tanto  in  lungo ,  che  sopravenisse  il  non  molto 
lontano  soccorso  de'  IVanzesi.  Ma  mentre  si 
facea  questo  negoziato  nel  dì  3o  di  maggio,  ed 
era  come  accordato  tutto,  il  marchese  di  PescEh- 
ra  ,  che  avea  promesso  il  sacco  della  città  a  i 
suoi  fanti  spagnuoli  ed  italiani,  diede  l'assalto 


(i)  Agostino  fiiustitiiano.  riiiicciardino.  Anonimo  Pn« 
dovano.  Pietro  Messia  .  ed  altri. 


a68  ANN-AI.I    Vi'   IT^T.tA 

alla  breccia  fatta ,  e  v'  entrò  verso  la  noUe 
colla  sua  gente,  la  qnal  subito  s'applicò  al 
saccheggio.  Ciò  inteso  dal  resto  dell' annata, 
non  si  potè  ritenere  clic  anch'  essa  non  cor- 
resse alla  preda.  Entrarono  quella  notte  il  duca 
e  il  Colonna  nella  misera  città;  ma  né  essi  né 
i  fratelli  Adorni  poterono  punto  trattenere  la 
sfrenata  soldatesca  dal  continuare  il  sacco  per 
tutta  quella  notte  e  nel  seguente  giorno.  E 
sicforae  essa  città  era  delle  più  ricche  il'  Italia, 
cosi  immenso  fu  il  bottino.  Dicono  che  fu  salvo 
r  onor  delle  donne  ,  e  che  s'  ebbe  un  medio- 
cre rispetto  alle  chiese.  Certo  è  che  fu  salvata 
la  sagristia  di  San  Lorenzo,  dove  si  conserva 
il  catino  di  smeraldo  d' impareggiabil  prezzo, 
con  aver  gnad;ignato  un  capitano  tedesco ,  il 
quale  già  ne  sfondava  le  poite  ,  mediante  lo 
sborso  ili  mille  ducali  d'  oro.  Restò  in  così 
fiera  disavventura  prigione  Pietro  Navarro  eoa 
altri  capitani  fiaiizesi  ;  ed  Ottaviano  Fregoso  , 
perchè  non  potè  o  non  volle  fuggire,  si  rendè 
al  marchese  di  Pescara ,  presso  il  quale  dice 
il  (^luicciardino  che  egli  morì  non  molli  mesi 
dapnoi.  Ma  1'  Anonimo  Padovano  scrive  ,  essersi 
il  Fregoso  da  11  a  qualche  tempo  riscattato  collo 
sborso  di  qnin  liei  mila  ducali  d'oro.  Fu  poi 
creato  doge  ili  Genova  Anfoniotto  Adorno. 
Qiir-sti  avendo  fitto  venire  artiglierie  da  Pisa  , 
in  pochi  dì  si  rendè  padr'one  anche  della  cit- 
tadella,  e  di  San  Franc<'sco  e  del  caslellelto, 
con  lasciar  ripassare  in  Francia  quelle  guarni- 
gioni. Marci(')  dipoi  il  Cnlontin  eolla  villoriosa  ar- 
mala in  Pieujonle  ,  per  opporsi  a  Koberto  Scot- 
to, che  già   avea    passale    1'  Alpi  ,  conducendo 


ANNO  mnxxu  269 

seco  il  suddetto  corpo  di  milizie  franzesi  ;  ma 
egli.ilopo  essersi  intesi  tanti  pi oj^ressi  dell' eser- 
cito imperiale  ,  ebbe  ordine  (  i  fornarstne  in- 
dietro. Trovò  esso  Colonna  che  i  maicliesi  di 
Monferrato  e  Saluzzo  aveano  in  addietro  som- 
ministrati viveri  ed  altri  aiuti  a  i  Franzesi. 
Non  poteano  essi  far  di  meno:  pure  questo  fu 
un  gran  reato  ,  per  cui  non  solamente  si  diede 
un  buon  rinfresco  in  quelle  parti  ali  esercito 
imperiale ,  ma  si  riscossero  ancora  grosse  con- 
tribuzioni di  danaro,  \enuto  poscia  il  dì  4  di 
luglio  ,  in  cui  spirava  il  termine  prefisso  per 
la  resa  di  Cremona  ,  il  signor  dello  Scudo  fe- 
delmente consegnò  quella  città  a  i  ministri 
cesarei ,  e  con  tutto  onore  condusse  aneli  egli 
le  sue  genti  in  Francia.  Restavano  tutla\ia  in 
poter  de' Franzesi  i  castelli  di  Milano,  Cre- 
mona e  Novara,  e  le  rocche  di  Trezzo  e  Lec- 
co. Venne  poi  fatto  al  duca  di  ricuperar  le 
due  ultime  e  il  castello  di  Novara ,  ccn  1  ima- 
iiere  resistenti  solamente  i  due  primi.  Ciò  fat- 
to, furono  cassate  le  fanterie  tedesche  ed  ita- 
liane ,  e  il  resto  dlsUibuito  in  varj  luoghi  dello 
Stato  di  Milano. 

Non  mancarono  in  quest'anno  anche  in  To- 
scana movimenti  di  guerra.  Kenzo  da  Ceri , 
già  incitato  da'  Franzesi  ,  si  mosse  con  cìikjuc- 
cento  cavalli  e  sette  mila  fanti  verso  Siena  , 
per  introdurre  mutazion  di  go\erno  in  quella 
città.  Diedero  ali  armi  per  questo  i  Fiorenti- 
ni ;  e  fitto  accordo  col  duca  d'  Urbino  ,  a  cui 
restituirono  allora,  secondo  alcuni,  la  fortezza 
di  San  Leo  nel  Molitele! Irò,  (  quando  il  Nardi, 
più  informato  d"  essi ,  la  riferisce  ali'auuo  1^27  ) 


2-0  ANNAt,!    d' ITALIA 

presero  ppr  lor  generale  il  conte  Guido  Ran- 
gone  ,  il  quale  con  tal  prudenza  andò  guastando 
tutti  i  disegni  di  Renzo  ,  che  il  forzò  a  trat- 
tare un  accordo,  e  così  cessò  quella  briga.  Pai 
rimente  in  Romagna  furono  ammazzamenti  e 
non  pochi  disordini,  e  spezialmente  venne  fatto 
a  Sigismondo  fìgHo  di  Pandolfo  Malalesta  d' in- 
trodursi segretamente  in  Rimini,  e  coli' aiuto 
de' suoi  partigiani  d' impnflronirsi  di  quella  cit- 
tà ,  retaggio  antico  de'  suoi  ascendenti.  Proce- 
deauo  tuli  sconcerti  dalla  discordia  del  colirgio 
de' cardinali  .e  dalla  lontauair/.a  del  papa.  Però 
essi  cardinali  non  cessavano  di  replicare  le 
istanze  ,  perchè  il  santo  Padre  venisse  oramai 
in  Italia  :  cosa  ch'egli  non  jiotè  eseguire  ,  per 
voler  prima  abboccarsi  coli'  imperador  Cailo  V  ^ 
di  giorno  in  giorno  aspettalo  in  Ispigua.  Ma 
perciocché  esso  Augusto  troppo  tardava  a  ve- 
nire, il  j)ontellce  prese  la  risoltr/.ion  di  pirtir- 
si  :  e  (piantunque  arrivasse  poi  a  i  hdi  di  Spa- 
gna esso  Carlo  ,  pure  Adriano  si  scusò,  e  andò 
ad  imbarcarsi  senza  vederlo  ;  non  sussistendo 
ciò  che  dice  l'Anonimo  Padovano,  che  per 
otto  giorni  si  tmllcniiero  amcudue  in  Barcel- 
lona in  continui  ragionameli! i.  Il  corteggio  d<'l 
pontefice  riuscì  magnifico,  perchè  composto  di 
«liciotto  galie  e  dallri  legni,  di  tre  o  quat- 
tro mila  sold.ili,  e  di  gran  cojiia  di  pn^lati  e 
ntbillà.  Si  mo.sse  nel  dì  6  di  agosto,  e  sbarcò 
a  Cenova  ,  dove  trovò  quel  popolo  tuttavia 
shalorilito  e  dolente  per  la  gravissima  soll'crla 
burrasca.  Colà  si  portarono  il  duca  di  Milano  , 
J'rospero  Colonna  ,  il  marchese  dì  Pescara  ed 
altri ,  a  baciargli  il  picd'-.  Nel  dì  aa  d'  ajjoslo, 


ANNO      MDXXII  271 

se  np  parli,  e  dopo  essersi  iermnio  due  giorni 
in  Livorno ,  dove  l'u  onorevolmeiile  accollo 
dal  ciirdinil  Giulio  de' Medici  ,  come  capo, 
per  non  dir  padrone  de'  Fiori  iilini,  si  tras- 
ferì a  Civita  \eccliia.  Colà  smontalo  trovò 
trentasette  porporati  che  gli  prestarono  i  do- 
vuti osseqiij.  Era  dianzi  entrala  la  peste  in 
Roma,  e  vi  avea  fatta  strage  di  otto  mila  per- 
sone :  spettacolo,  per  cui ,  oltre  a  i  cardinali  e 
primati  ,  gi'an  parte  ancora  del  popolo  era 
l'uggita.  Perciò  tolta  l'esca  al  malore,  poclii  più 
oramai  ne  morivano.  Con  tulle  le  ragioni  ad- 
dotte al  papa,  che  conveniva  dill'erir  1  ingresso 
suo  in  Roma,  egli  volle  farlo  senza  dimora, 
ed  essere  coronalo.  Intorno  al  giorno  della  sua 
entrata  e  coronazione  in  Roma  si  tniova  di- 
screpanza fra  gli  scrittoli.  Ma  una  lettela  di 
Girolamo  Negro  (i)  ci  assicura  che  ciò  avvenne 
nel  dì  39  d'agosto.  Avendo  poi  quel  miscuglio 
di  gente  riaccesa  più  che  mai  la  pestilenza  , 
per  cui  mancarono  di  vita  ci:ca  altre  dieci  mila 
persone  ,  il  pontelice  non  per  (juesto  si  sbi- 
gottì, e  ritiratosi  in  Belvedere,  quivi  allese  a 
dar  sosto  a  gli  aflari  di  Roma.  Spedì  le  sue 
genti  d'armi  in  Romagna,  che  poi  ricupera- 
rono Rimini  dalle  mani  di  Pandolfo  Malatesla 
e  di  Sigismondo  suo  figlio.  Liberò  eziandio 
Imola,  Ravenna  ed  altre  città  da  i  sediziosi. 
Appena  fu  intesa  l'elezion  di  questo  papa,  che 
Alibiiso  (hica  di  Ferrara  inviò  in  Ispagna  Lo- 
dovico Calo  a  rendergli  ubbidienza  ,  e  ad  in- 
formarlo delle  violenze  contra  di  lui  usate  da  i 

(1}  Lettere  de"  Principi  toui,  i. 


272  ANNALI   n'iTAtU 

due  precedenti  pontefici,  \enuto  poi  il  papa 
a  Roma,  annullò  il  monitoiio  di  papa  L-o 
ne  X,  e  le  censure  pubblicate  contra  d  esso 
duca;  gli  confermò  Ferrara,  il  Finale  e  San 
Felice,  e  fjli  promise  la  restituzione  di  Moilena 
e  Reggio.  Con  tal  congiuntura  A'f  jnso  ricuperò 
Cento  e  la  Pieve.  Si  provarono  in  questuano 
le  deplorabili  conseguenze  della  gueri-a  susci- 
tata da  esso  papa  Leon»*  ;  perchè,  oltre  alla  de- 
solazion  della  Lon)bardia  e  di  Genova,  il  Sul- 
tano de' Turchi  Solimano,  vegg  ndo  impegnati 
i  principi  cristiani  nelle  loro  detf^stabili  discor- 
die ,  ito  con  un  formidabile  esercito  per  mare 
e  per  terra  all'assedio  dell'isola  di  Rodi  ,  pos- 
seduta per  tanto  tempo  da  i  cavalieri  (ìmoso- 
limitani,  quantunque  una  stupenda  dife>a  tro- 
vasse, per  cui  dicono  che  tra  malattie  e  ferite 
perdesse  circa  centomila  persone;  pure  infine 
per  colpa  d'alcuni  traditori  em[ij  Cristiani  se 
ne  impadronì  nel  dì  9.0  di  dicembre  ,  con 
danno  ed  infimia  incredibile  della  Crisi ianilà. 
Implorarono  que' cavai  ii-ri  soccorso  da  Roma, 
da  Venezia,  dall' imperadore,  e  da  altri  prin- 
cipi cristiani.  Né  pir  uno  alzò  un  dito  per 
aiutarli  ,  intenti  tulli  a  scannarsi  fra  loro.  Si- 
milmente con  sì  favorevole  congiuntura  si  andò 
dilatando  sempre  più  1'  eresia  di  Fra  Martino 
Lutero  pei-  la  (ìerinania,  e  (juella  ili  Zuinglio 
per  gli  Svizzeri.  Ebbe  anche  piincipio  la  cru- 
d<lissiina  de  gli  Aiiabalisti.  Poveia  Crisliiiuità 
in  qucblt  tempi  ! 


ANNO    MDXXII  273 

Anìio  di  Cristo   iSaS.  Indizione  XI. 
di  Cr.F.MEXTE  MI  papa    i. 
di  Carlo  V  iinperadove  5. 

Riuscì  in  qiiost'  anno  a  Francesco  Maria 
Sforza  (Inca  di  Milano  eli  ridurre  in  suo  po- 
tere il  Jortissimo  castello  di  quella  città,  avendo 
capitolato  quel  castellano ,  che  se  in  termine 
d'  un  mese  non  veniva  soccorso ,  lo  rendereb- 
be ,  perchè  oramai  penuriava  trojipo  di  vetto- 
vaglie e  di  genie.  L'Anonimo  Padovano  scrive 
che  la  resa  seguì  nel  dì  17  di  maggio  :  il  Guicciar- 
dino  ,  che  nel  dì  i4  di  aprile.  Si  trovò  clie 
quella  guarnigione  era  ridotta  a  soli  quaranta- 
cinque uomini.  Sicché  restò  il  solo  castello  di 
Cremona  in  man  de'Franzesi  ,  ed  era  ben 
p\ovveduto.  Pare  che  sia  più  verisimile  1'  as- 
serzione del  Guicciardino  intorno  alla  resa  del 
castello  di  Milano;  perciocché,  quantunque  non 
avesse  il  duca  peraiiche  ottenuto  dall'Augusto 
Carlo  r  investiture  di  quel  ducato,  pure  nel 
dì  24  di  aprile  con  gran  solennità  e  pari  alle- 
grezza del  popolo  ne  prese  il  possesso  in  Mi- 
lano. E  qui  non  si  vuol  tacere  un  grave  peri- 
colo in  cui  incorse  quel  duca  nel  mese  d'  agosto. 
Era  egli  stalo  più  dì  a  Monza ,  per  fug- 
gire il  caldo.  Nel  tornare  eh' egli  facea  a  dì  20 
d'esso  mese  a  Milano ,  i  ducento  cavalli  di 
sua  guardia  parte  camminavano  avanti,  e  parte 
gii  tencauo  dietro  molto  lontani  ,  a  cagione  del 
gran  polverio  ,  ed  egli  con  pochi  marciava  nel 
mezzo.  Fra  questi  pocìii  era  Bonifazio  Msconte 
suo  cameriere,  che  concejiuto  un   odio  grande 

Mlratoki.  Jnn.  Voi.  XIV,  i^ 


2n.^  ANKAU    d'  ITALIA 

per  la  morte  d'anzi  data  a  luonsignorino  Vi- 
sconte, e  perchè  ^li  era  stata  tolta  una  pre- 
fettura in  ^  al  di  Sesia,  ne  meditava  vendtlta  ; 
e  tingendo  cH  voler  parlare  al  duca  in  segreto , 
con  un  pugn.ile  gli  tiiò  un  colpo  alla  tista  ; 
ma  per  cavalcare  esso  duca  una  muletta,  e 
Bonifazio  un  allo  e  velocissimo  cavallo  turco, 
andò  il  colpo  solamente  a  fare  una  leggi»  r  fe- 
rita nella  spalla.  Inseguito  costui  ,  mercè  del- 
l'ottimo cavallo  ,  ebbe  la  fortuna  di  salvarsi  in 
Piemonte  ,  e  poi  in  Francia.  Questo  accidi  nte 
fece  .sospettar  qualche  congiura  ,  e  molti  furono 
imprigionali  in  Milano,  ed  alcuni  ancora  im- 
piccali. Gu.u'ì  facilmente  il  duca.  Nondimeno 
Fra  Paolo  Girnvlitano,  scrittore  di  questi  tem- 
pi,  nella  sua  Storia  uiauuscritta  racconta  che 
il  pugnale  era  avvelenato,  peilochè  ne  fu  dilli- 
cilc  la  guarigione,  ed  essergli  restata  da  lì  in- 
nanzi una  debolezza  di  nervi.  Sparsa  e  ingran- 
dita la  voce  di  questo  fatto,  le  città  di  Valenza 
e  d'Asti  furono  prese  da  i  fuorusciti  milanesi  ; 
ma  spedito  colà  Antonio  da  Leva ,  ricuperò 
que' lunglii.  Avea  intanto  limperador  Carlo, 
dar)[>o!chè  vide  cacciali  quasi  adatto  fuori  di 
Londjardia  i  Fnii^ci^i  ,  applicali  i  suoi  pensieri 
a  provvedere  che  non  vi  torna.'^sero.  Bramoso 
dunque  di  slaccar  da  essi  il  valoroso  duca  di 
Ferrara  .Alfonso,  e  massimamenle  il  senato  ve- 
neto ,  da  \  agliadolid  spedi  in  Italia  Girolamo 
Adorno  suo  consigliere ,  persona  di  rara  abilità 
e  destrezza  ,  acciocché   ne   trattasse. 

Nenulo  questo  ministro  cesareo  a  Ferrara 
nel  (li  ^9  di  no\cmbre  di  U" anno  precedente  , 
6'«ci.oidù  coi  duca,  ubblijjajidtsi  l' impcradore 


ANNO    IHDXXIII  27S 

Ji  tenere  quel  principe  sotto  la  sua  protezio- 
ne, di  coiiferm.irf'li  l'inv esili  ura  imperiale  de  i 
suoi  Stali,  e  di  f^Tgli  reslituire  Modena  e  Reg- 
gio ,  con  che  e^li  |)iigi^se  lila  Ma'slà  Sua  cento 
cinquanta  mila  senili  d  oro.  Non  voile  il  duca 
prender^'  impegno  alouno  centra  de'  Pranzasi  , 
perchè  re>tavaiio  lulhivia  allora  in  man  dessi 
i  castelli  di  Milano  e  di  Cremona  ,  e  forse  non 
s'erano  loro  lolle  peranche  le  fortezze  di  Trezzo 
e  di  Lecco,  e  poi  si  udivano  de  i  gran  pre« 
paranienti  del  re  Francesco  |>i  r  tornar  in  Ita- 
lia. Andò  poscia  lAdorno  anche  a  \  em  zia  , 
do\e  propose  a  quel  senato  una  lega  coli  im- 
peradore.  Gran'li  e  lunghi  furono  i  diballi- 
menti  fra  que' saggi  senatori,  perchè  dall' nu 
canto  senibra\a  preponderare  la  potenza  di  chi 
era  imjjeradore  ed  insieme  re  di  Spagna,  cor- 
roborata dal  duca  di  Milano,  che  uguale  in- 
teresse avea  con  esso  Augusto.  Ma  dal!"  altra 
parte  rabbawìonare  il  re  di  Francia  già  colle- 
gato parea  cosa  di  poco  onore  ;  oltre  di  che  i 
siciui  avvisi  dell' armamento  ch'egli  facea ,  te- 
nevano divisi  e  sospesi  gli  animi  di  ciascuno. 
Intanto,  perchè  venne  a  morte  l'Adorno  ,  restò 
intepidito  quel  negoziato.  Ma  da  lì  a  un  mese 
essendo  stalo  spedilo  da  Cesare  a  \  enezia  Ma- 
rino Caracciolo  protonolario  apostolico,  si  ri- 
pigliò con  ])iù  vigore,  Venne  poi  a  morte  nel 
dì  "j  di  luglio,  per  attestato  del  Sansovino ,  il 
doge  Antonio  Grimani,  e  in  luogo  suo  restò 
eletto  Andrea  Grilli,  personaggio  che  abbiam 
veduto  dar  tante  prove  ili  valore  e  prudenza 
nelle  sì  fiere  contingenze  ili  quella  repubblica. 
E  htn  da  stupire  come  una  Cronica  mauuscrilla 


9^6  ANNALI    d'  ITAUA 

(li  \'enezia  metta  la  di  lui  elezione  nel  dì  50 
d' aprile ,  e  Fra  Paolo  Carmelitano  nel  dì  20 
di  maggio.  Né  lo  stesso  Saiisovino  sembra 
assai  concorde  con  *sè  stesso  ,  e  discorda  an- 
cora da  Pietro  Giustiniano  nell'  assegnare  il 
tempo  del  ducato  del  Cirimani.  Ora  il  Gritti , 
siccome  persona  di  gran  saviezza ,  mai  non 
volle  palesare  il  sentimento  suo  intorno  alla 
lega  proposta  dal  ministro  cesareo  ,  lasciandone 
tutta  la  risoluzione  al  senato.  E  questa  final- 
mente fu  conchiusa  sul  fine  di  luglio  fra  essi 
Veneziani,  1' imperadore,  Ferdinando  arciduca 
e  Francesco  duca  di  Milano.  Crebbe  poi  que- 
sta lega  ,  perciocché  papa  Adriano  M  ,  aman- 
tissimo per  altro  della  pace  d'  Italia  ,  dopo 
aver  con  lettere  eflicaci  esortati  tutti  i  principi 
a  couservitrla  ,  per  potere  accudire  all'  impresa 
conf  ra  del  Turco ,  veggendo  pure  ostinato  il 
re  di  Francia  a  volerla  di  nuovo  turbare  ,  nel 
dì  Ire  d'agosto  entrò  anch' egli  in  essa  lega, 
siccome  i  re  d'Inghilterra  e  d'  Ungheria,  i 
Fiorcntuii ,  Sanesi  e  Genovesi.  E  perchè  .si  scoprì 
che  Francesco  Soderino  cardinale  di  ^  olterra  , 
mostrandosi  appassionalo  per  la  pace  e  maneg- 
giator  d'  essa  ,  segretamente  intanto  tramava  in 
Siiilia  una  congiura  contro  T  imperadore  ,  e  .solle- 
citava il  re  Cristianissimo  ,  clic  colà  inviasse 
la  sua  fluita  ,  fu  jier  ordine  dei  ponlelìce  iij- 
viato  prigione  in  Castello  Santo  Angiolo. 

iMa  che  ?  il  buon  papa  Adriano  sul  più  bello 
fu  da  <|iiesti  lerieni  nubiogli  cliiauiulo  ila  Dio 
a  miglior  \ila  mi  di  i,{  di  settembre,  cori 
poco  ilispia('eio  ,  se  non  anche  con  gaudio  dilla 
corte    di    lìoiua  ,    riguardaulc    poco    ili    J4:iou 


AlS'NO     MDWIIt  ^^-y 

occliio  1111  poiilofice  non  Italiano  ,  e  trovandolo 
anzi  uomo  inesperto  xre'  grandi  alFari  politici  , 
o  sia  nt'Ue  finezze  dilla  mondana  sapienza  ,  la 
quale  in  line  davanti  a  Dio  ha  un  altro  no- 
me. Per  altro  egli  fu  pontffice  pieno  d'ottima 
volontà,  di  sapere  e  probità  non  ordinaria; 
e  s'  egli  fosse  sopravivuto ,  siccome  aderiva  a 
convocare  un  eotiC'Ho  generale  della  Cliiesa 
per  riformar  gli  ah  isi  ,  cosi  grande  speranza 
e'  era  di  poter  rimediare  al  sempre  più  ere- 
scente  scismi  del  Settentrione.  La  morte  del 
papa  quanto  dall'  una  parte  scompigliò  i  dise- 
gni della  lega  sud  letta  ,  tanto  dall'altra  animò 
Francesco  re  di  Francia  a  proseguir  con  più 
calore  i  suoi  preparamenti  e  disegni  per  calare 
in  Italia.  Eia  stalo  fin  qui  Alfonso  duca  di 
Ferrara  aspettando  con  pazienza  la  restitu- 
zion  delle  sue  ciltà  i\f  iModena  e  Reggio,  pro- 
messa tante  volle  da  papa  Leone  X  ,  e  dallo 
stesso  Adriano  VL  Ma  il  possesso  e  dominio 
de  gli  Stati  terreni,  quand'anche  sia  ingiusto, 
porta  seco  un  tale  incanto  ,  che  niun  quasi 
mai  sa  indursi  a  spogliarsene,  se  non  si  ado- 
pera r  esorcismo  della  forza.  Il  perchè  veggen- 
dosi  il  duca  cotanto  deluso  ,  non  potè  più  stare 
alle  mosse.  Aveva  dianzi  1'  imperadore  tolta  la 
terra  di  Carpi  ad  Alberto  Pio  ,  gran  cabalista 
di  questi  tempi,  che  dopo  aver  tradito  esso 
Augusto  ,  era  dietro  a  far  lo  stesso  giuoco  al 
papa,  che  gli  avea  affidata  la  custodia  di  Reg- 
gio e  di  Rubiera  ,  come  s' ha  dal  Guicciardi- 
no.  Ora  innanzi  che  accadesse  la  morte  dtd 
papa  ,  Renzo  da  Ceri  avea  tolta  essa  terra  di 
Carpi    a    gì"  imperiali  ,     con     inalberar    ivi    1« 


a- 8  ANNAtl    d'  ITALIA 

bandiere  ili  Fraiiciii.  Dappoicliè  fu  mancato  dì 
vita  papa  Adriano  ,  si  diede  Renzo  a  far  delle 
scorrerie  fra  Mod  iia  e  Reggio.  Tentò  anche 
Piiliiera  ,  ma  indarno.  In  questo  ttnipo  il  duca 
Alfonso,  sperando  d'essere  sost<  nulo  da  esso 
Prnzo,  uscì  colle  sue  genti  in  campagna.  Nel 
di  37  di  settembre  si  presentò  davanti  a  Mo- 
dena, e  ne  fece  la  chiamata.  Perchè  dentro 
v'  era  Francesco  Guicciardino  governatore  pel 
papa,  e  il  conte  Guido  Jìangone  con  forza  va- 
le\ole  da  poter  sostenere  la  città,  fu  mandalo 
in  pace.  Voltossi  il  duca  a  Reggio  ,  dove  nel 
dì  39  del  mese  suddetto,  senza  dover  usare 
violenza,  da  quel  popolo  fu  allegiamente  rice- 
vuto; e  poco  slellc  a  impadronirsi  anche  della 
cittadella  e  di  lutto  il  contado.  Venuto  poi  al 
forte  caslello  di  Rubiera  sulla  Ma  l'.nniia  o 
sia  Claudia  ,  colle  artiglierie  forzò  la  terra  ,  ed 
appresso  anche  la  rocca  a  rendersi.  Avrebbe 
in  oltre  potuto  ridurre  alla  sua  ubì)idirnza 
Parma,  ch'era  senza  presidio,  e  minacciata 
colle  scorrerie  da  Renzo  da  Ceri  ;  ma  avendo 
i  Parmigiani  mandalo  a  Rubiera  per  saper  l'in- 
tenzioni' del  duca  Alfonso,  e  udito  eh' egli  al- 
tro non  voleva  se  non  ricuperare  il  suo  ,  e 
non  occupar  quello  che  era  della  Chiesa,  al- 
lora si  animaiono  a  ilileiidere  la  lor  città  ,  e 
fml  la   loro  paura. 

Erano  in  questi  tempi  nate  controversie  fra 
il  re  Fiano.seo  e  Carlo  duca  di  lìuibone  della 
real  casa  di  Fiancia  ,  per  le  quali  ijuesto  prin- 
cipe dis-uslalo  avea  segrelamenle  preso  il  j>ar- 
lito  di  (larlo  iniperadore.  E  perciocché  il  re, 
avendo    già    raunat't    ima    possente    armala   , 


AKNO   Mnxxiii  279 

meditava  rli   portarsi  in  persona  a  riacquistare  lo 
Slato  (U  Milano,  gi;:ccliò  per  pniova   a^ea  co- 
nosciuto clip  la  prrscn7,;i    i<;l  jirincipe    inUiiiva 
troppo  al  buon   esilo    d<]]r    imprese ,    il    Bor- 
bone   con    (]esarp     av?:i    progettalo  di   assalire 
nella  lonlanair/.a  del   re  la  Borso^na   mags^iore; 
al     qnal    fine    s' andavano    aniniassando   dodici 
mila  Te(!e^cli\.  Tvasj>irò  q-.iesla  mena  ,  allorcliè 
il  re  Cristianissimo  jii   giuulo  a   Lione;  e  però 
il  duca  di  Borbon*-,  che    quasi    fu    coìto  nella 
rete  ,   ebbe  la   fortnna    di    sai  arsi  travestito  in 
Germania  ,  da  dove   poi     il    vedremo  venire  in 
Italia.  Casjion  fu   la  cospirazione    suddetta    cbe 
il   re   Francesco  si  asieuiie  per  ora  dal   passare 
i  monti   |ier  timore  <!' altre  segiele  insidie  ;  ma 
non  per  questo  lasciò   ci'  inviare  in  Lombardia 
per  gen-T :i!e  (luglirinio  Grosserio  ,  per    sopra- 
nome il  Boiiivct ,    animirag'io    ^illoia    di    Fran- 
cia ,  elle   per  favore  spezialmente    di    Lodovica 
madre  d(d  re  era  salito  a   i   primi  onori  e  alla 
conlidonza  del  re  medesimo  ,  ma    die    accop- 
piava coli'  ignoranza   del    mestier  della   guerra 
una  somma   arroganza  e  superbia.  Poderosa  era 
Tarmata  di' egli  ■  :;ondu.:eva  ,    percbè  composla 
di  otto  mila  Svizzeri  ,    sei  mi!a  Tedeschi  ,  tre 
mila   Italiani  ,   tre  mila  Guasconi  ,    lancie  piille 
e   oltoceiito  ,  arcieri  due  mila.    Il  Gnicciardino 
parla  di  sei   mila  Svizzeri,    sei    mila     fanti    te- 
deschi ,  dodici   mila     franzesi    e  tre  mila   italia- 
ni ,  oltre  alle  suddette  lancie.  Sul  principio  di 
settembre  arrivò  questo  esercito  a  Susa.  Aveano 
i    Veneziani     collegati    con    Cesare    eletto    per 
lor  generale   Francesco  iMaria  ibica    d'  Urbino, 
nò  tardarono    a  spedirlo    nel    Bergamasco    con 


280  ANNALI    d'  ITALIA 

cinquecento  lancie  ,  cinque  mi}a  fanti  e  cinqiie- 
cenlo  cavalli  leggieri,  accioccliè  ad  ogni  cenno 
di  Prospero  Colonna  passassero  1  Adda.  Pari- 
mente r  arciduca  Ferdinando  inviò  sei  mila 
fanti  a  Milano.  Trovavasi  allora  il  Colonnese 
malconcio  di  sanità:  contnllociò,  dopo  aver 
presidiata  Pavia  ,  e  mandato  Federigo  mar- 
chese di  Mantova  alla  guardia  di  Cremona  , 
allorcliè  senll  avvicinarsi  i  Franzesi ,  fillosi 
portare  in  lettiga,  s'andò  a  postare  al  Ticino 
con  pensiero  di  contrastarne  loro  il  passaggio. 
Calati  i  Franzesi  ,  poco  stettero  a  impadronirsi 
di  Asti ,  Alessandria  e  Novara.  Trovato  anclie 
il  fiume.  Ticino  mollo  magro,  cominciarono  in 
più  luoghi  a  passarlo  :  il  che  obbligò  il  Co- 
lonna a  ritirarsi  in  fretta  a  Milano  ,  nel  cui 
popolo  era  entrata  sì  fatta  costernazione,  che, 
per  sentimento  de  i  saggi ,  se  il  Bonivet  mar- 
ciava a  dirittura  colà  ,  senza  fatica  v'  entrava. 
Ma  per  voler  egli  asjietlare  il  resto  di  sue 
genti,  si  fermò  tre  giorni  senza  alcuna  azione, 
dando  tempo  a  i  Cesariani  e  Milanesi  di  ben 
fornire  di  vettovaglie  la  cillà,  di  rifare  i  ba- 
stioni de'  borglii  ,  e  dì  ricevere  un  soccorso  di 
quattro  mila  finti  italiani  :  con  che  tornò  il 
cuore  in  corpo  a  c[uol  j)opoIo  ,  e  per  l' avver- 
sione che  ognun  nudriva  contro  i  Franzesi,  si 
dispose  ad   una  gagliarda  difesa. 

Intanto  l'arniiila  fianzese  s' inoltrò  a  Binasco, 
e  facendo  conLinuc  scorrerie  lino  alle  porle  di 
Milano ,  s' impossessò  di  Monza,  dove  fu  jiosta 
molta  cavalleria,  allineile  per  ([uell.i  parli!  non 
passassero  vettovaglie  a  Milano.  V.-nnc  ju  (|uc- 
slo  tempo  avviso  all' ammirugliu  Bonivcl,  uvcru 


ANNO  Mrxxiii  281 

il  comandante  franzese  del  castello  di  Cremo- 
na ,  siccome  ridotto  a  gli  estremi  per  penuria 
di  viveri  ,  capitolato  di  renderlo ,  se  in  termine 
di  quindici  s'orni  non  gli  veniva  soccorso  ;  e 
die  il  mairliese  di  Mantova  t>i  era  portato  a 
Lotli  con  due  mila  fanti  e  cinquecento  cavalli 
per  vietare  il  passo  a  i  Franzesi.  Premendogli 
di  conser\ar  t]uella  fortezza  ,  spedi  il  signor  di 
Baiardo  e  Federigo  da  Bozzolo  con  olio  mila 
fanti  ,  due  mila  cavalli  e  dieci  pezzi  d'  artiglie- 
ria a  Loili.  A  questo  avviso  fu  ben  dilij^cnte 
il  marelirse  di  ^iantova  a  ritornarsene  a  Cre- 
mona. Enti  areno  i  Franzesi  in  Lodi ,  ed  ivi 
restalo  il  Biliardo  con  mille  fanti  ,  Federigo 
seco  menando  gran  quantità  di  vini ,  farine  e 
gra  scia  ,  senza  far  pausa  alcuna ,  seguitò  il  viag- 
gio a  Cremona  ,  e  nel  dì  30  di  settembre  in- 
trodusse in  quel  castello  i  viveri ,  e  in  vece 
de'  soldati  la  maggior  parie  maiali,  ve  ne  mise 
de  i  sani.  L'  altro  giorno  se  ne  ritornò  con 
tulio  onore  a  Lodi.  Questa  azione  del  Bozzolo 
fece  nascere  speranza  al  Bonivet  di  acqui- 
stare la  stessa  città  di  Cremona  ;  e  però  colà 
rimandò  il  suddetto  Federigo  con  sei  mila  fanti 
e  mille  cavalli ,  a  cui  poscia  si  aggiunse  Renzo 
da  Ceri  con  tre  mila  fanti.  Speravano  questi 
capitani  di  penetrar  nella  città  per  via  della 
fortezza  ,  ma  si  disingannarono  in  più  assalti . 
con  loro  gran  diiino  dati  a  i  trincieramenti  e 
ripari  fatti  fra  Ja  città  e  il  castello,  e  soste- 
nuti con  bravura  da  Niccolò  Varolo.  SiccLè  si 
rivolsero  a  bombardar  le  mura  della  cillà  alla 
porla  di  San  Luca.  Falla  larga  breccia  ,  men- 
tre si    accingevano  a  dar    la   battaglia ,   eccoti 


9.82  AXNAT.I    d'iTAIU. 

un'  impetuosa  pioggia  che  durò  quattro  siorni, 
eoo  impedire  il  trasporlo  delle  vettovaglie,  e 
fu  forza  di  prenderne  dallo  stesso  castello.  E 
perciocché  s'erano  ingrossati  ì  fiumi ,  Federigo 
da  Bozzolo  prese  la  risoluzione  di  ritirarsi ,  af- 
finchè non  gì'  incontrasse  di  peggio  :  e  lutto 
spelato ,  anzi  rovinato  si  ridusse  a  Lodi  circa 
la  metà  di  ottobre.  Giacché  questo  col[io  era 
andato  fallito,  1" ammiraglio  si  accostò  coli'  eser- 
cito a  Milano  ,  confidando  di  poter  ridurre  a  i 
suoi  voleri  quell'  augusta  città  piena  di  popo- 
lo ,  con  impedire  o  difficultare  il  passo  alle 
vettovaglie.  Andava  sempre  più  crescendo  1'  in- 
fermila di  Prospero  Colonna  ,  e  però  egli  diede 
r  iiieondjenza  della  difesa  della  città  al  signor 
di  Alarcone.  Facea  questi  ogni  dì  uscire  i  suoi 
cavalli  per  servire  di  scorta  a  chi  portava  dei 
viveri  ,  e  ne  venivano  non  pochi  dalla  Ghia- 
radadda  e  da  i  mo'»ti  di  Br'anza.  Ma  ito  sul 
fin  d'  ottobre  il  signor  di  San  Paolo  Franzese 
a  Caravaggio,  diede  un  orribiì  sacco  a  quella 
terra  e  per  que'  contorni  ,  e  per  li  suddclli 
monti  saccheggiò  o  bruciò  molte  altre  ville  e 
castella  :  il  che  rietnpiò  di  terrore  tutti  quegli 
abitanti.  All'  incontro  spedilo  il  marchese  di 
Mantova  con  otioecnio  cavalli  e  tre  mila  fanti 
Vinili i  da  Geuosa  di  (]ua  da  Po,  riprese  Ales- 
sandria e  molte  castella:  con  che  proibì  a  tutta 
quella  contrada  e  al  Piemonte  che  ninna  vet- 
tovaglia portassero  al  campo  franzese.  Il  per- 
chè l'esercito  franzese  cominciò  a  far  quare- 
sima prima  del  tcnqio  ,  e  si  trovava  di  mala 
voglia.  Ma  né  pure  avea  occasion  di  cantare  I'  e- 
seicilo  cesareo  di   Milano  ,  perchè  scarne gyiiav a 


ANSO    MnXXTIl  293 

(!ì  villo ,  e  più  (li  jiaghe.  lYrciò  il  Colonna 
co'  primarj  ,  roii.s:i|H'Voli  tifila  promessa  fatta 
dall'  imp<'railoie  <li  restituir  Modena  ad  Al- 
fonso dnca  di  Ferrara  collo  sborso  di  gran 
somma  di  danaro;  ed  anche  infoi inati  clie  que- 
sto principe  con  tutte  le  istanze  fnlte  da  i 
Franzesi  ,  non  avea  volirto  assisterli  nell'  asse- 
dio di  Cremona  ;  inviarono  oialori  a  lui  per 
dargli  Modena ,  purché  di  presente  sboisasse 
Irenla  mila  ducali  d'  oro  ,  e  venti  altri  nel  ter- 
niiiie  di  due  mesi.  Era  già  fallo  1'  accordo;  ma 
Francesco  Guicciardino  ,  ^overnator  di  Modena 
per  la  Chiesa  ,  tanto  seppe  fare  ,  che  distrusse 
tulli  i  disegni  del  Co'dnua  e  le  speranze  del 
duca.  Intanto  non  potendo  pii\  il  Bonivet  pel- 
le pioggie  e  per  altre  incomodità  fermarsi  sotlo 
IMilano  ,  e  massimamente  perchè  eiiea  la  metà 
di  novembre  gli  era  andato  fallito  un  tradi- 
mento concerlato  con  jMorgante  da  Paima;  ed 
essendo  anche  sopravenu'.e  le  nevi  ;  intavolò 
un  trattalo  di  tregua  con  gì'  imperiali.  Ma  pei-- 
chè  questo  non  si  conchiuse  ,  levò  finalmente 
nel  di  in  di  novembre  il  camj^o,  e  S(  nza  che 
Prospeio  Colonna  volesse  permettere  V  inseguir- 
li, si  ridusse  a  Biagrasso  e  Rosate. 

Menile  per  queste  diaboliche  guerre  si  tro- 
Tava  involto  lo  Stato  di  Milano  in  indicibili 
calamità  ,  si  rallegrò  la  Chiesa  di  Dio  dopo  due 
mesi  di  conclave  ,  e  doj;o  assnissinie  gare  e 
discordie  de'  cardinali  ,  per  Telezione  di  Giu- 
lio cardinale  de' Medici,  efli^ttuata  nel  dì  19 
di  novembre  ,  il  quale  assunse  il  nome  di  Cle- 
mente MI;  jier^onaggio  di  gran  senno,  e  di 
non  minore  perizia  nel    governo  de  gli  Slati  ; 


28  f  ANNALI    n"  !T\MA 

e  tale,  clic  mirabili  cose  dalla  di  luì  tesla  gra- 
vida di  politica  si  promise  il  popolo  Romano. 
Quai  mezzi  adoperasse  egli  per  salire  a  sì  emi- 
nente dignità  ,  può  il  lettore  apprenderlo  dal 
Guicciardino.  L'Anonimo  Padovano  ci  assicura, 
che  terminate  le  solenni  funzioni  della  coro- 
nazione ,  questo  pontéllce  dichiarò  di  voler 
essere  amator  della  pace ,  e  pastore  senza  par- 
zialità del  Signore,  e  che  accorderebbe  insieme 
i  principi  cristiani,  per  formar  poscia  una  Cro- 
ciata contro  gli  infedeli.  Certo  è  che  con  un 
alto  di  gloriosa  generosità  diede  principio  al 
suo  governo,  avendo  perdonato  al  cardinal  Se- 
derino ,  suo  gran  nemico  ne  gli  anni  addietro , 
e  mollo  più  nel  conclave,  a  cui ,  liberato  dalla 
prigione ,  intervenne.  Parimente  si  osservò  in 
lui  abborrimento  a  far  leghe  ,  e  ad  entrare  in 
impegni  di  guerra.  Intanto  l' assunzione  sua 
fece  quetar  tutti  i  rumori  insorti  nello  Slato 
Ecclesiastico  ;  e  il  duca  dì  Ferrara ,  dopo  aver 
lasciali  buoni  presidj  in  Reggio  e  Rubicra , 
cessò  d'inquietare  la  città  di  Modena.  Inviò 
poscia  esso  duca  i  suoi  oratori  a  Roma  per 
rendere  ubbidienza  al  novello  pontefice  ,  e  por 
chiedere  la  restituzion  d'  essa  Modena  ,  tante 
volte  promessa  da  i  due  precedenti  papi.  Cle- 
mente per  lo  contrario  ficea  istanze  che  il 
duca  restituisse  Reggio  e  Rubiera.  Varie  sessioni 
furono  ]ierciò  tenuti;  ;  e  amlando  V  all'are  in 
limgo,  altro  non  si  concbiuse  in  line,  se  non 
che  vi  fosse  tregua  fra  loro  per  un  anno  da 
cominciarsi  nel  dì  if)  di  marzo  di  li' anno  se- 
guente iSaf;  e  che  ognun  possedesse  <(uel 
che  aveva  ,  senza  innovar  cosa    alcuna:  il  che 


ANNO    MDXXIII  285 

fu  poi  puntualmeiile  o.<eguilo  dal  duca  Ali'on- 
so ,  ma  non  così  da  papa  Cleiuentc.  Andava 
in  qiu\-lo  mentre  sempre  pin  j  e^f^iorando  di 
saluti'  PrtsjxMO  Colonna  ;  laonde  Carlo  iiupe- 
radoie  j)tnsò  alla  pi o\ visione  di  un  nuovo 
condottiere  (iell"  armi  sue  in  Lombardia,  e  in- 
sieme a  rinforzare  l' esercito  suo  per  iscacciare 
i  Fraitzesi.  Kbbe  ordine  don  Carlo  de  Nois 
o  sia  della  Noia,  victiè  di  INapoli ,  di  venire 
a  Milano:  ed  egli  in  fatti  arrivò  a  Bologna 
verso  la  metà  di  dicembre,  nienaiìJo  seco  non 
pivi  di  trecento  cavalli  e  di  mille  fanli.  l'assato 
dipoi  a  Parma  ,  giunse  colà  ancora  Carlo  duca 
di  Borbone  ,  lutto  voglioso  di  far  del  male  al 
re  di  Francia,  die  gli  avea  occupalo  gli  Stati 
e  mobili  suoi  di  sommo  valore.  Stettero  ivi 
fenili  per  olio  giorni,  conferendo  insieme  di 
quel  die  s'avesse  a  fare.  Avea  il  Borbone  por- 
tato seco  un  brevetto  di  luogoleuenle  generale 
di  Cesare,  \eune  ad  unirsi  con  loro  anclie  il 
marchese  di  Pescara  ,  che  condusse  altri  mille 
fanti  dal  regno  i  Napoli.  Andati  di  là  a  Pa- 
via, e  ricevuta  una  ])Olente  scorta,  si  ridus- 
sero poi  tutti  a  Mdano  sul  fine  dell'  anno  ;  e 
trovato  tuttavia  vivente  il  Colonna ,  andarono 
a  visitarlo.  Ma  egli  nel  dì  penultimo  di  di- 
cembre, per  attestato  del  Guicciardino  ,  o  pur 
ncUuItimo  ,  come  lia  rAnoniuio  Padovano, 
diede  fine  al  suo  vivere,  con  sospetto,  secondo 
il  solito,  di  veleno,  restando  gran  fama  di 
lui  ,  cioè  d"  un  capitano  di  rara  saviezza  e  va- 
lore, a  cui  simile  un  pezzo  fa  non  avea  ve- 
duto l'Italia,  ma  insieme  la  taccia  di  molta 
liJjidine,    da    cui    probabiluienLc    piovenne   il 


286  ANNALI    n'  ITALIA 

veleno  che  il  trasse  a  morte.  Solenn'isslme  ese- 
quie furono  a  lui  fitte ,  e  il  corpo  suo  coq 
«juello  di  Marco  Antonio  fu  poi  trasportato  a 
Napoli. 

Anno  di  Cristo   i524.  Indizione  XII. 
di  Clemente  MI  papa   2. 
di  Caklo  V  impevadore  6. 

Grandi  consulti  si  fecero  in  Milano  da  i 
generali  cesarei  intorno  alle  operazioni  della 
futura  campagna,  e  fu  risoluto  di  aspettar  sei 
mila  fanti  che  1'  arciduca  Ferdinando  mandava 
di  Germania.  E  perciocché  mancava  il  danaro, 
principal  mobile  ne  gli  ailliri  di  guerra,  i  Mi- 
lanesi s' indussero  ,  per  amore  o  per  fòrza  ,  a 
prestar  novanta  mila  ducati  d'oro  al  loro  du- 
ca. Papa  Clemente  anch' egli,  tuttoché  mo- 
strasse a  i  ministri  del  re  Crislianishimri  di 
non  volere  impacciarsi  nelle  guerre  de' poten- 
tati cristiani  ,  pure  segrelissimamcn'e  inviò 
venti  mila  ducati  d'  010  ad  essi  imperiali  ,  e 
trenta  mila  ancora  ne  foce  lor  pagare  da  i  Kio- 
rcntini.  Nenne  poi  l'aspetlafo  corpo  di  Tede- 
schi a  rinforzare  l' ainiala  cesarea,  e  seco  si 
congiunse  ancora  colle  sue  genti  Francesco  Ma- 
ria (Iella  KoM're  tinca  d'  Urbino,  generale  de  i 
Veni  Z'aui ,  di  modo  che  ascese  (ptell'  esccito 
a  mille  ( d  otloccnlo  laticie,  a  venti  mila  fmti 
fra  Teilesclii,  Spagnuoli  ed  Italiani,  e  a  i\ne 
mila  ca\aili  leggieri.  yVIInra  uscì  il  viceré  La- 
noia  in  campagna,  e  andò  a  postarsi  a  Binasco; 
al  (|ual('  av\isu  l'ammiraglio  Honivel  raccolse 
l'esercito    suo  a   liiai;iasso   per  (^uivi  jcrmarsi, 


ANNO    MDXXIV  :>.$'] 

lincile  gli  venissero  i  tante  volle  promessi 
rinforzi  di  Francia;  ma  non  senza  timoir  , 
(V  assetlialoi'e  staio  'in  qui  ,  eli  divenire  asse- 
dialo. Cliiarili  i  Cesarei  clie  troppo  caro  riu- 
scirebbe il  tentai'  di  sloggiare  da  (juel  fui  tissimo 
accampamcnlo  i  ntmici,  passarono  il  licino, 
e  iti  a  (iambalò  ,  di  là  connnciaron.)  a  scorrere 
tutta  la  Loniellina  ,  impedendo  il  trasporlo  de 
i  viveri  al  campo  Franzeso.  Nel  qual  tempo  , 
cioè  verso  il  (in  di  febbraio,  il  comandante 
franzese  del  castello  di  Cremona  ,  essendo  li- 
doUo  a  gli  estremi,  ne  pattuì  la  resa,  se  in 
termine  di  otto  giorni  non  gli  veniva  soccor- 
so,  e  l'ammiraglio  veigognosamenle  lasciò  ca- 
der quella  fortezza.  All'incontro  sul  principio 
di  marzo  Federigo  da  Bozzolo  ,  comandante 
de'  Franzesi  in  Lodi,  fece  una  scorreria  per 
lutto  il  piano  di  Bergamo  e  Crema,  asportan- 
done un  immenso  bollino.  Ma  non  potendo 
più  il  Bonivet  sussisleie  in  Biagrasso  per  man- 
canza di  viveri,  passò  a  \igcvano;  e  il  duca 
d'  Urbino  colle  genti  venete  applicò  le  arti- 
glierie al  castello  di  Garlasco,  e  con  un  san- 
guinoso assedio  se  ne  impadronì,  e  tutto  poi 
lo  diede  a  sacco.  La  stessa  orrihil  disavven- 
tura toccò  al  castello  di  Sartirana  ,  dove  ta- 
glialo fu  a  j)ezzi  il  picsidio  franzese.  Avea 
l'ammiraglio  Bonivrt  tentalo  di  venire  a  batta- 
glia ciimpale  con  gì'  imperiali  ;  ma  quesio  ginoco 
azzardoso  non  piacendo  al  viceré  e  a'  suoi  ca- 
pitani ,  si  conlenlarono  di  andai  lo  incpiielando 
con  delle  scaramuccie.  Era  egli  ancora  uscito 
per  soccorrere  Sarlirana,  e  non  fu  a  ti  nijio.  E 
perciocché  i   Cesarei   ebbero    ia    lor  potere  li) 


288  ANNALI    d'  ITALIA 

città  di  Vercelli ,  egli  trovandosi  sempre  più 
impaniato,  si  riilusse  a  Novara,  per  aspellar 
ivi  otto  mila  Svizzeri,  già  assoldati  dal  re  Cri- 
stianissimo, che  non  trovavano  mai  la  via  per 
muoversi.  Calarono  bensì  cinque  mila  Grisoni 
nella  pianura  di  Bergamo;  ma  il  duca  di  Mi- 
lano spedì  contra  di  loro  Giovanni  de' Medici, 
uomo  sopra  modo  ardito ,  con  quattro  mila 
fanti  e  due  mii<>  cavalli,  che  dopo  averli  fitti 
ritornare  alle  lor  montagne,  prese  a  forza 
d'armi  la  terra  di  Caravaggio  in  Gliiarada  Ida, 
dove  andò  a  Ili  di  spada  quasi  tulio  il  grosso 
presidio  franzese  ;  e  poi  rallegrò  le  sue  truppe 
con  sacclieggiarne  tutti  gì'  infelici  abitanti.  iJi 
là  per  ordine  del  duca  passò  il  Mi-dici  a  Bia- 
grasso,  dove  tuttavia  restavano  mille  Franzesi 
di  guarnigione  ;  ed  avendo  prima  follo  i!  pò  ite 
che  teneano  essi  Franzesi  sul  Tionio,  ntllo 
stesso  giorno  colle  artiglierie  fece  gran  rottura 
nelle  mura  di  quella  terra,  ed  iniinedialaui'nle 
venuto  all'assalto,  in  meno  di  mezz  ora  v  entrò; 
con  uccidere  nel  primo  em()ito  da  ottocento 
tra  soldati  ed  abitanli.  Rcslaiono  gli  altri  pri- 
gionieri ,  e  quivi  |)nre  fu  dato  un  orrido  sacco 
con  tutte  le  sue  conseguenze.  Non  aveano  per- 
anche  imparato  gì' llaliain  il' allora  a  lar  opere 
esteriori  a  i  hiogbi  ili  «lii'.sa,  come  usarono 
dipoi  ;  e  però  )-ì  liicile  eia  l'accesso,  e  il  fiero 
rffcUo  delle  artiglierie. 

Costò  ben  caro  alla  misera  ciltà  di  Milano 
r  acquisto  di  Biagrasso;  perocché  nrlla  lunga 
slan/.a  in  ipnl  luogo  essendo  enlrata  la  vera 
peste ,  o  pure  una  micidiale  e|)idemia  ne' Fran- 
zesi ,  portala  poi  gran  parie  di  quel  boUiuo  a 


ANNO     MDWIV  sSc) 

Milano,  cominciò  ivi  a  spargere  un  occulto 
crudel  veleno ,  di  cui  avremo  a  parlare  an- 
dando innanzi.  Scesero  in  questi  tempi  cinque 
o  pure  otto  mila  Svizzeri  al  soldo  di  Francia, 
e  giunsero  fino  ad  Ivrea  (  V  Anonimo  Pado- 
vano dice  a  Varese  )  con  disegno  d'  unirsi  al- 
l' esercito  franzese  in  Novara.  Ma  perciocché 
marciavano  senza  gran  fretta  ,  veggendo  il  Bo- 
nivet  andar  di  male  in  peggio  i  suoi  aflhri , 
venir  meno  le  vettovaglie ,  e  sminuirsi  tutto 
dì  la  sua  armata  per  li  soldati  che  fuggivano 
alla  volta  eh  Francia  ,  determinò  anch'  egli  sul 
principio  di  maggio  d'  avviarsi  colà.  Il  perchè 
con  grande  ordinanza  passò  a  Ramagnaiio  ,  e 
gittò  un  ponte  su  la  Sesia  ,  dove  ila  h  a  poco 
arrivarono  anche  gli  Svizzeri.  Di  granili  istanze 
fece  allora  il  duca  eh  Borbone  ,  tutto  pregno 
d'  odio  contra  della  sua  nazione ,  perchè  si  as- 
salisse un'  arrecata  impaurita  e  quasi  fuggitiva. 
Ma  gli  altri  capitani  l' intendeano  diversamen- 
te, allegando  r  antico  proverbio:  ^J  jiciiiiro  che 
fugge ,  fagli  i  ponti  d  oro.  Secondo  il  Giovio , 
anciie  il  marchese  di  Pescara  aringo  contra  di 
questo  proverbio.  Intanto  1'  ammiraglio  si  ap- 
plicò a  far  passare  le  sue  genti  di  là  dalla 
Sesia  ;  quando  ecco  arrivargli  addosso  mille 
cavalli  ,  ed  altrettanti  fanti  nemici ,  che  senza 
commessione  del  lor  generale  venivano  a  cer- 
car fortuna.  Questo  assalto  ,  e  la  fama  o  cre- 
denza d'  aver  sulle  spalle  lutto  il  cesareo  eser- 
cito ,  mise  come  in  rotta  i  Franzesi  ,  che 
disordinalameiite  cominciarono  a  valicare  il 
fiume.  Ivi  fu  una  calila  scaraumccia  ,  in  cui 
restarono  morti  molti.ssimi  soldati  ed  ufiziali 
iMuRAToni,  Fol.  AJ/^.  ig 


gf)0  ANNAI.I     D    ITALIA 

de  fuggitivi ,  e  lo  stesso  Bonivet  ne  riportò 
una  ferita  per  colpo  d'  archibugio  in  un  brac- 
cio, con  restar  ancbe  in  potere  de' Cesarei 
sette  pezzi  d'  artiglieria  ,  alcune  bandiere  ed  as- 
sai carriaggi.  Passati  i  Fraiizesi  ,  tal  fu  la  lor 
fretta  e  voglia  di  mettersi  in  salvo,  che  lascia- 
rono in(hetro  a  Santa  Agata  quindici  altri  can- 
noni ,  forse  credendoli  in  sacrato ,  per  essere 
nello  Stato  di  Savoia  ;  ma  gì'  imperiali ,  cioè 
la  lor  cavalleria  leggiera ,  che  andò  per  gian 
tratto  di  paese  inseguendoli  ,  senza  cerimonie 
li  prese  e  condusseli  al  suo  campo.  Il  Giovio 
dà  tutto  r  onore  di  quesl'  ultima  impresa  al 
niarciiese  di  Pescara.  E  questo  fu  il  fine  che 
ebbe  la  spedizione  dell'  ammiraglio  Bonivet  in 
Lombardia  ,  non  riportando  egli  in  Fiancia  se 
non  vergogna ,  e  la  brutta  gloria  delle  tante 
miserie  cagionate  in  (jueste  contrade.  Restava 
tuttavia  in  man  de'  Franzesi  Alessandria  ,  alla 
cui  guardia  era  il  signor  di  Bussi  ,  o  Boisì  , 
difendendola  da  tre  mila  lauti  genovesi ,  venuti 
contro  quella  citlà.  Ebbe  ordine  V  indefesso 
marchese  suddelLo  di  pollarsi  colà  con  mille 
cavalli  e  quattro  mila  fanll  spaglinoli.  Licen- 
riato  ancora  il  duca  <!'  Urbino  colle  milizie  ve- 
nete ,  fu  jiregato  di  liberar  Lodi  dalle  mani  di 
Fetlcrigo  da  Bozzolo  ,  che  ([uivi  era  reslato  con 
cinquecento  cavalli  e  tre  mila  fanti  italiani  ;  e 
così  egli  fece.  Non  voleva  Federigo  ascoltar 
parola  di  resa;  ma  certilicalo  della  rilirata  de  i 
Franzesi  ,  e  che  speranza  non  rimaneva  di  soc- 
corso ,  giudicò  meglio  di  salvar  quella  cento 
per  servigio  del  re,  e  capitolò  di  poter  andar- 
H'iìQ    con  lutti  gli  onori    uiililari    in    Francia  ; 


ANNO    MDXXIV  2C)I 

laonde  quella  cìtth  fu  consegnata  al  duca  di 
Milano.  Nel  passare  clic  lece  Fetlerigo  per 
r  Alessandrino  ,  trovò  che  due  giorni  innanzi 
il  marchese  di  Pescara  avea  costretto  il  Birssì 
a  rendere  quella  città  colle  medesime  onore- 
voli condizioni;  ed  accozzatisi  insieme,  con- 
dussero in  Francia  cavalli  cinquecento  e  fanti 
cinqucruila  .  che  prestarono  poi  buun  servigio 
a  quel  re.  Ciò  fatto  ^  il  viceré  Lancia  condusse 
anch'  egli  V  esercito  nel  Monferrato  e  in  quel 
di  Saluzzo  ,  acciocché  la  sua  gente  si  ristoras- 
se ,  anzi  si  deliziasse  alle  spese  di  que' popoli, 
col  pretesto  che  fossero  stati  fautori  de'  Fran- 
zesi.  A  chi  studia  il  libro  della  Forza  armata  , 
troppo  diverso  da  quel  del  \ angelo,  non  man- 
cano mai  ragioni  da  assassinar  gf  innocenti. 

Si  crederà  oramai  taluno  terminata  qui  la 
tragedia  dell'  anno  presente  ;  e  pur  vi  restano 
altre  scene  ,  fors'  anche  più  strepitose  ,  da  ve- 
dere. Cotanto  fu  importunato  l' imperadore  da 
Carlo  duca  dì  Borbone  ,  ribello  e  nemico  del 
re  Francesco ,  che  si  lasciò  indurre  a  permet- 
tere che  fosse  portala  la  guerra  in  Francia , 
dove  il  Borbone  Iacea  sperar  cose  granrli  pel 
credito  e  per  le  attinenze  ed  amicizie  sue.  Pen- 
sava esso  Augusto  di  muover  guerra  nello 
stesso  tempo  anch'  egli  a'  Franzesi  dalla  parte 
di  Guascogna  ,  e  sperava  che  altrettanto  fa- 
rebbe in  Piccardia  Arrigo  re  d' Inghilterra ,  con 
cui  era  unito  di  sentimenti.  Passò  dimque  il 
Borbone  nel  mese  di  luglio  con  sellici  mila 
fanti  e  mille  lancie  V  Alpi  ,  conduceudo  seco 
un  bel  treno  d'  aitiglieria  crossa  e  minuta.  Du- 
cento  mila  scudi  rimessi  a  Genova  dall'  Augusto 


2q3  ANNALI    D  ITALIA 

Carlo  e  dal  re  Inglese  j  e  pagati  ad  esse 
truppe  ,  le  fecero  camminar  di  buon  cuore , 
aggiuula  la  speranza  di  ben  botlinare  in  paese 
nemico.  Contro  il  parere  d'  esso  Borbone  vol- 
lero i  capitani  cesarei  clie  si  andasse  a  met- 
tere 1'  assedio  alla  citth  di  Marsilia  in  Provenza , 
sp;  randone  buon  mercato  ,  perchè  sarebbono 
fiancheggiati  per  mare  da  una  forte  squadra  di 
legni  genovesi  accorsi  a  quell'  impresa.  Avea  il 
re  Francesco  guernila  quella  città  di  sei  mila 
fanti  ilaiiaiii  e  ili  trecento  lancie  franzesi  sotto 
il  comando  di  Renzo  lia  Ceri  e  di  Federigo 
da  Bozzolo  ;  i  quali  tosto  s'  applicarono  a  far 
de'  bastioni  ed  altre  difese  dalla  parte  non  men 
di  terra  che  del  mare.  Per  molti  gioini  con- 
tinuamente fu  combattuta  quella  città  dalle  bat- 
teiie  ;  ma  quanto  di  giorno  era  atterrato  di 
muro,  la  notte  da  i  prodi  capitani  vcni\a  ri- 
parato con  più  forti  argini  di  terreno.  Si  fe- 
cero \arie  sortite  per  terra  e  varj  combatti- 
menti in  mare  fra  le  squadre  nemiche  ;  e  in 
fine  niuna  apparenza  restava  di  vincere  una 
città  sì  valorosamente  difesa  tanto  da' soldati  , 
che  dal  popolo  nemico  del  nome  spagnuolo. 
Ebbe  Renzo  anche  la  fortuna  di  scoprire  uu 
tradimento  ordito  nella  città  ,  e  di  rimecharvi. 
Intanto  il  re  Kiaucesco  slava  in  Lione  (  il  Guic;- 
ciardino  scrive,  in  Avignone  )  ammassando  una 
potente  armata  ,  con  aver  già  presi  al  suo  soldo 
8cdii;i  mila  S\izzeii  e  sei  mila  Tedeschi.  Av- 
venne che  il  re  d'Inghilterra  niim  movimento 
fece  conlra  de'  Franzesi.  Di  poco  momento  an- 
cora fu  quello  deir  im|;cra(ii;r  ilalla  banda  (!(>lla 
^l'avprra  ;  e  però   avendo    il    i e    Ciistianissimo 


AKNO    MDXXIV  !ìq3 

richiamala  buona  parte  delle  milizie  clie  dianzi 
aveva  opposto  a  i  lor  tentativi ,  1'  esercito  im- 
periale ,  inforrniilo  di  tanto  apparato  di  guer- 
ra ,  determinò  di  levare  il  campo  da  Marsilia. 
Ma  nel  le%arsi  nacque  voce  che  il  re  con  ismi* 
surate  forze  \eMÌva  contra  di  loro;  uscì  ancora 
co'  suoi  Renzo  da  Ceri ,  per  dar  loro  la  ben 
andata  :  onde  non  lieve  timore  e  disordine 
sorse  fra  essi  ,  talmente  che  sei  pezzi  d' artiglie- 
ria lor  furono  presi ,  e  molti  lasciarono  ivi  la 
vita.  Ritiratisi  poi ,  il  meglio  che  poterono  ^ 
quindici  miglia  lungi  da  Marsilia  ,  in  forte  al- 
loggiamento ,  slavano  aspettando ,  qual  risolu^ 
zione  fosse  per  prendere  il  re  Francesco. 

La  risoluzione  fu .  che  il  re  sempre  voglioso 
di  conquistar  lo  Slato  di  Milano ,  veggendolo 
ora  sguernito  di  chfensori ,  e  che  pili  agevole 
sarebbe  a  lui  di  arrivar  prima  colà  che  alla 
nemica  armata  del  Borbone ,  a  cui  conveniva 
passar  per  le  disastrose  strade  della  riviera  del 
mare:  s'avviò  verso  il  Monsenisio  con  tutte  le 
sue  forze ,  ci^edendo  che  la  persona  e  presenza 
sua  rimoverebbe  qualunque  ostacolo  che  finora 
a'suoi  capitani  avea  impedito  l'acquisto,  o  pur 
la  conservazione  dello  Stato  di  Milano.  Attesta 
il  Belcaire  eh'  esso  re  inclinava  alquanto  alle 
guasconate  5  né  egli  volle  abboccarsi  colla  re- 
gina sua  madre  ,  che  era  venuta  per  dissua- 
derlo da  questa  impresa.  Giunto  il  re  a  Susa 
(ed  era  sul  principio  d'ottobre);  ivi  si  fermò 
due  giorni  ,  aspettando  il  resto  dell'  esercito 
suo ,  che  tutto  consisteva  in  due  mila  lancie  f 
tre  mila  cavalli  leggieri  e  venticinque  mila 
fanti.  11  Guicciaidino  parla  di  venti  mila  faiUi> 


3q:{  AnnAM    d'  ITALIA 

e  nulla  dice  della  cavalleria  leggiera  ,  di  cui 
nondimeno  ninna  armata  soleva  andar  senza. 
Air  avviso  di  questa  mossa  il  duca  di  Borbone 
s' affrettò  per  tornare  in  Italia.  Se  crediamo 
al  Giovio  ,  fece  fondere  le  artiglierie  5  se  9I 
Guicciardino ,  le  fece  rompere  e  portare  su  i 
muli  :  r  Anonimo  Padovano  ha ,  che  caricatele 
sulla  flotta  de'  Genovesi ,  le  spedì  a  Genova. 
Giorno  e  notte  marciando  i  suoi  soldati  per 
quelle  asprissime  strade  dietro  al  mare  ,  giun- 
sero finalmente  mezzo  morti  al  Finale.  Trovossi 
il  viceré  Lancia  in  questo  inaspettato  temjiorale 
stranamente  confuso  ,  perchè  per  aver  man- 
dato il  fiore  del  suo  esercito  in  Francia ,  non 
vedea  maniera  di  resistere  a  si  gran  torrente. 
Era  impossibile  il  difendere  Milano 5  perciocché 
portata  colà  ,  siccome  dicemmo  ,  la  peste  da 
Biagiasso ,  ne  facendosi  provvisione  alcuna  , 
piese  tanta  forza  il  male  ,  che  tal  giorno  fu 
che  morirono  ivi  mille  persone  e  pii^i.  E  si 
pretende  che  in  termine  di  quattro  mesi ,  ne  i 
quali  fu  la  strage  maggiove  ,  vi  perissero  piii 
dì  cinquanta  mila  abitanti.  Sicché  ,  tra  questo 
flagello  e  la  fuga  di  tanti  altri  cittadini ,  restò 
rinfelice  oiltà  qna.si  disabilala.  A  cagion  d'es,so 
malore  il  duca  Fiancesco  s' era  ritirato  a  Piz- 
zighiltone.  Andò  il  viceré  ad  Alessandria  ,  per 
dar  mano  alF  armala  sua,  che  lorna\a  in  Ita- 
lia ;  e  nel  medesimo  dì  che  il  marchese  di 
Pescara  giunse  ad  .Mha  ,  anche  il  re  Crislianis- 
simo  arri\ò  a  Vercelli.  ^  enne  dipoi  il  \icerò 
a  Pavia ,  e  di  là  si  poi  lò  co\  Pescara  e  sua 
pente  a  Milano.  (lo\  e  del  pari  cliiamò  il  duca 
Francesco ,    che    non    si    arrischiò    a    passare. 


ANNO    MDXXlV  3f)5 

Conoscendo  poi  disperato  il  caso  per  quella 
città ,  e  che  i  Franzesi  con  marcie  sforzate 
tendevano  a  quella  volta  ,  si  ritirò  di  là  per 
andare  a  Lodi.  Nel  medesimo  tempo  eh'  egli 
usciva  eh  Milano  per  Porta  Romana  ,  la  van- 
guardia franzese  v'  enti  ò  per  Porla  Ticinese  e 
Verccllina.  Seguì  ancora  una  fiera  scaramuccia 
fra  essi  e  il  marchese  di  Pescara,  clie  condu- 
ceva la  retroguardia;  e  fu  sentimento  de' saggi ^ 
che  se  i  Franzesi  non  si  fossero  fermati  in 
Milano  j  ed  avessero  seguitato  l'esercito  cesa- 
reo ,  in  quel  dì  si  potea  finire  la  guerra.  Fran- 
cesco Sforza,  che  era  venuto  a  Pavia,  ciò  in- 
teso, a  seconda  del  Ticino  in  barca  si  condusse 
a  Cremona ,  o  pure  a  Soncino.  Colà  ancora  si 
ridusse  il  viceré  Lanoia  co  i  più  del  suo  eser- 
cito e  col  Borbone,  dopo  aver  guernita  la  città 
di  Pavia  con  cinque  nula  Tedeschi,  mille  Spa- 
gnuoli  e  quattrocento  cavalli  sotto  il  comando 
di  Antonio  da  Leva  ,  capitano  di  gran  valore 
e  sperienza  nelf  arte  militare.  Lasciò  ancora  in 
Lodi  il  marchese  di  Pescara  con  due  mila  fanti; 
ma  secondo  T  Anonimo  Padovano ,  quivi  restò 
Alfonso  marchese  del  Vasto ,  giovane  di  gran 
valore.  V  andò  poi  più  lardi  il  Pescara.  Anche 
Alessandria  ,  Como  e  Trezzo  furono  ben  pre- 
sidiate. 

Non  volle  il  re  Francesco  entrare  in  Milano, 
ma  solamente  spedì  colà  un  corpo  di  gente  j- 
capace  di  far  1'  assedio  del  castello  ,  entro  di 
cui  erano  settecento  fanti  spagnuoli  ,  e  diede 
ordine  che  non  fosse  inferita  molestia  all'  af- 
llillo  e  troppo  diminuito  popolo  di  quella  città. 
Quindi    s' inviò    ad    as-sediar    Pa\  ia ,  per    non 


2C")6  ANNALI    d' ITALIA 

lasciarsi  alle  spalle  una  città  poderosa  per  sé 
stessa ,  e  vieppiù  forte  per  la  gagliarda  guar- 
nigione che  la  custodiva.  E  venne  ben  biasi- 
mato da  non  pochi  per  questo  ,  credendosi  , 
che  s'  egli  avesse  tenuto  dietro  all'  esercito 
imperiale  ,  1'  avrebbe  o  disfatto  ,  o  costretto  a 
ritirarsi  in  Germania.  Nel  dì  28  d'ottobre 'andò 
1'  esercito  franzese  ad  accamparsi  intorno  a 
Pavia,  e  furono  distribuiti  i  quartieri  per  Gio- 
vanni duca  d' jUbania  della  casa  Stuarda  di 
nazione  Scozzese  ,  per  Arrigo  d'Albret  re  di 
Navarra ,  pel  maresciallo  della  Palissa  ,  per 
r  ammiraglio  Bouivet,  e  per  altri  nobili  ufiziali. 
Il  re  si  felino  all'  insigne  Certosa  ili  Pavia  , 
cinque  miglia  lungi  dalla  città.  Diodcsi  princi- 
pio all'incessante  sinfonia  delle  artiglierie;  fu- 
rono fatte  breccie  ;  si  venne  anche  a  qualche 
assalto;  lutto  nondimeno  in  vano,  perchè  An- 
tonio da  Leva  supphva  ad  ogni  bisogno  con 
nuovi  ripari  ,  trincee  e  cavalieri ,  o  sia  alzate 
di  terra  ,  dalle  quali  colle  sue  artiglierie  infe- 
riva nolabii  danno  al  campo  franzese.  Ora 
parendo  inespugnabile  da  quella  jiarte  la  città, 
fu  proposto  al  ic  di  assalirla  dalla  banda  del 
Ticino ,  dove  il  Leva  non  avea  creduto  neces- 
saria furlidcazione  alcuna.  Fu  diuK(ue  da  in- 
crediliil  muiM-rn  di  guaslalori  senato  il  ramo 
del  Ticino  che  bagna  le  mura  di  Pavia ,  e 
voltata  queir  a((|ua  per  I'  altro  lamo  appellalo 
il  Gra\('loiie:  il  che  osservalo  ila  Aiikiuio  da 
Leva  ,  con  liilla  l.i  cittadinanza  e  colie  mihzie 
si  alTrelli')  a  furuiaii-  auchi;  verso  il  liiime , 
ciuanti  mai  |)ol<',  bastioni  di  terra.  Ma  appena 
fu  voltalo   il  fiume ,  che    cominciò  una  dirolla 


ANNO    MDXXIV  297 

pio£;gia ,  per  cui  ingrossale  l' acque  ruppero 
lutto  il  lavoro ,  e  tornarono  a  camminare  nel- 
Taiveo  consueto,  con  recare  eziandio  non  lieve 
danno  a  gli  stessi  assedianli.  Calale  le  pioggie, 
il  le  ordinò  clie  si  desse  nel  dì  4  di  dicembre 
mia  fiera  battaglia  da  due  bande  a  Pavia ,  e 
vi  volle  e"Ii  assistere  continuamente  in  persona. 
Altro  guadagno  non  fece  in  tre  ore  di  orribil 
combattimento  .  che  di  perdere  ottocento  fanti, 
e  di  ritirar  molto  maggior  numero  di  feriti. 

Trovossi  papa  Clemente  in  questi  tempi  in 
grande  imbroglio  ,  perchè  dopo  aver  ricusato 
di  confermare  la  lega  eh  papa  Adriano  \1  col- 
r  imperadore,  né  pure  acconsentiva  a  farla  col 
re  Cristianissimo.  Contuttociò  mirando  le  forze 
superiori  d'esso  re  in  Italia,  e  forse  essendogli 
discaro  che  Carlo  V  insieme  imperadore  e  re 
di  Spagna  ,  Napoli  e  Sicilia  ,  si  assodasse  an- 
cora nello  Stato  cU  IMilano  ,  per  mezzo  di  Al- 
berto Pio  da  Carpi  ,  e  di  Gian-Matteo  Giberti 
suo  datario ,  segretamente  segnò  un  accordo 
col  re  Francesco  ,  mettendo  gli  Stali  della 
Chiesa  e  Firenze  con  quella  balia  e  governo 
quasi  dispotico  eh'  egh  tuttavia  manteneva  in 
quella  repubblica,  sotto  la  prolezione  di  lui , 
col  solo  obbligo  di  non  prestar  aiuto  alcuno 
contra  del  medesimo  re.  Almeno  così  fu  cre- 
duto ,  perchè  non  si  seppe  mai  bene  il  netto 
di  quel  trattato  segreto  ;  tanto  andava  cauto  il 
politico  papa.  Per  quanto  so  ,  trovandosi  il  re 
Cristianissuno  scarso  di  moneta  (disgrazia  che 
spesso  accadeva  a  i  guerreggianti  d'  allora  ) , 
ed  essendogli  mancate  molte  provvisioni  da 
guerra,  lo    slesso    papa    cooperò    che  Alfonso 


5.q8  ANNALI    u'' ITALIA 

duca  (li  Ferrara  ,  col  guadagnar  la  protezione! 
dello  stesso  re ,  gì'  inviasse  cento  mila  libbre 
di  polve  da  artiglieria ,  gran  copia  di  palle  e 
dodici  cannoni  di  bronzo.  Inviò  il  duca  queste 
munizioni  per  Po  fin  sul  Parmigiano  in  cinque 
navi ,  non  già  nel  dì  5  tli  settembre ,  come 
io  g  à  scrissi  nelle  Anticbità  Estensi,  ma  bensì 
nel  dì  dieci  di  dicembre ,  come  ha  Antonio 
Isnardi  nella  sua  Cronica  manuscritta  di  Fer^ 
rara.  Di  là  poi  per  terra  su  carra,  ortlinate  in 
Parma  e  Piacenza  dal  papa ,  continuarono  il 
viaggio.  Verisimilmente  ancora  (e  lo  scrive  TA- 
nonimo  Padovano)  per  occulto  maneggio  del 
papa  il  valoroso  Giovanni  de'  Medici  si  ritirò 
dal  servigio  dell'  impcradore  a  quello  del  re 
Francesco  ,  e  fu  egli  stesso  inviato  con  mille 
e  cinquecento  fanti  a  scortar  le  suddette  nm- 
nizioni.  Strana  risoluzione  intanto  parve  a  i 
saggi  quella  d'esso  re  Cristianissimo,  che  quan- 
tunque non  si  fosse  impadronito  di  Pavia ,  uè 
del  castello  di  Milano ,  e  tuttoché  restassero 
molte  forze  al  viceré  Lanoia,  e  si  sapesse  che 
il  duca  dì  Borbone  era  passalo  in  Lamagna  a 
procacciar  nuovi  rinforzi  dì  gente  ;  pure  de- 
terminò di  liir  l' impresa  di  Napoli  nel  tempo 
stesso.  Contava  egli  per  faciiissinia  cosa  1'  ac- 
quisto di  quel  regno,  perchè  sprov\eduto  al- 
lora di  gente  d'  armi  ;  e  giacché  gli  convenne 
ridurre  in  blocco  l'assedio  «li  Pa\  ia  ,  con  l'or- 
inare mia  forte  e  inlrabil  circonvallazione  in- 
tomo a  quella  città  ,  giudicò  che  intanto ,  du- 
rante il  ^(■^no  ,  gran  ricompensa  di  ((uclla 
inazione  sarebbe  il  guadagnare  il  regno  sud- 
tlello.    Fu    inlln    credulo    che  il    papa    stesso 


i 


A>NO    MDXXIV  2f;c) 

r incitasse  a  cpjesta  spedizione  per  suoi  fini  po- 
litici, e  lo  scrivono  Jacopo  Nardi  e  Galeazzo 
Cappella  storici  contemporanei ,  con  altri.  Ma  il 
Guicciardino  ,  il  Rinaldi  ed  altri  son  di  parere 
di\erso.  Inviò  dunque  il  re  Francesco  Giovanni 
Stuardo  duca  d'Albania  con  dieci  mila  fanti  e 
settecento  uomini  d' arme  alla  volta  della  To- 
scana ,  che  passati  per  la  Garlagnana  s  uuireno 
a  Lucca  con  Renzo  da  Ceri ,  il  quale  condu- 
ceva seco  tre  altri  filila  fanti.  Furono  astretti 
i  Lucchesi  a  pagargli  dodici  mila  ducati  d'oro, 
e  a  prestargli  delle  artiglierie.  A  requisizion 
del  papa  si  fermò  ancora  lo  Stuardo  intoriìo 
a  Siena  per  mutar  quel  governo.  Tutte  le  fin 
qui  narrate  azioni  del  pontefice,  e  TaAer  egli 
finalmente  confessato  d'  aver  fatta  una  specie 
di  concordia  col  re  Cristianissimo ,  amareggia- 
rono non  poco  1'  animo  di  Carlo  impcradore  e 
di  tutti  i  suoi  ministrij  e  tanto  più  perchè  parea 
loro  d'  intendere  che  una  segreta  lega  ,  e  non 
già  una  semplice  concordia,  fosse  contra  d'essi 
la  decantata  da  Clemente  VII.  Ne  fecero  per- 
ciò di  gravi  doglianze.  Voleva  a  tutte  le  ma- 
niere il  viceré  Lanoia  correre  alla  difesa  del 
regno  di  Napoli  5  ma  cotanto  seppe  dire  il 
marchese  di  Pescara  ,  che  il  fermò  in  Lom- 
bardia. Del  qual  consiglio,  perchè  riuscì  poi 
utilissimo  ,  i  nostri  storici  concordemente  die- 
dero gran  gloria  ad  esso  marchese  ,  ancorché 
gli  altri  capitani  concorressero  nel  medesimo 
parere.  In  questi  tempi  con  tutte  le  istanze 
latte  dal  viceiè  suddetto  per  aver  soccorso  di 
gente  o  di  danari  dal  senato  veneto,  nulla  mai 
potè  ottenere,  barcheggiando  sempre  que' saggi 


3nO  ANNALI    d'  ita  ma 

signori  per  vedere    qual  esilo  avessero    V  armi 
franzesi  in  Lombardia, 

filino  di  Cristo  iSsS.  Indizione  XIII. 
di  Clemente  VII  papii  3. 
di  CapxLO  V  iniperadofe  7. 

Per  1'  ostinato  assedio  di  Pavia  si  trovarono 
in  mala  positura  non  men  gli  assediali  che  gli 
assedianli.  Avea  bensì  Antonio  da  Leva  prese 
le  argenterie  delle  chiese  d'essa  città,  ed  an- 
che de'  particolari ,  con  far  battere  moneta , 
dove  si  leggevano  queste  parole:  caesariam 
PAPLVE  OBSEssL  MDXXiv.  Ma  non  lardò  a  tornare 
il  bisogno ,  a  cui  riusci  di  picciolo  refrigerio 
la  somma  di  tre  mila  ducati  d'oro  che  il  mar- 
chese di  Pescara,  in  tempo  che  fu  fatta  una 
concertata  sortita,  seppe  far  passare  nella  città 
per  mezzo  di  due  vivandieri.  Con  tutto  ciò  il 
savio  Leva  tante  promesse  e  conforti  adoperò, 
che  tenne  in  dover  la  sua  gente,  ancorché  più 
volte  minacciassero  di  rendere  la  città  a  i  Fran- 
zesi ,  e  crescessero  poi  le  loro  angustio  pel  di- 
fetto de'  viveri ,  con  ridursi  a  cibarsi  di  carne 
di  cavalli,  cani,  gatti  ed  altri  abbominevoli  cibi. 
Non  si  scnlixa  meglio  di  polso  il  re  France- 
sco, perchè  s'era  molto  scemala  la  sua  armala 
per  le  diserzioni  e  malnllie ,  e  spezialmente 
})cr  la  s<-ousigliafa  sjxHlizione  del  duca  d'  Al- 
bania verso  il  regno  di  Napoli.  Quanto  all'  e- 
sercito  imperiale  ,  più  ivi  che  altrove  si  penu- 
ria\  a  <li  danaro  ;  né  altro  .s'  ndi\  a  in  (juello 
milizie  che  (jucrele  e  prt)teste  il' andai'sene ,  e 
senza  voler  più  fare  le  guardie.  L'  eloiiuouza  « 


Anno  jinxxv  Sor 

buona  maniera  del  raarchese  -di  Pescara  li    ri- 
tenne .    con    promettere    spezialmente  di  venir 
fra  poco  ad  nn  fatto  darmi  ,  in  cui  senza  fallo 
riporterebbero  vittoria,  e  nuoterebbero  poi  nel- 
r   oro    e     nell'  inejiplicabil    bottino    del    vinto 
esercito    franzese.    Verso  la   metà    di    gennaio 
arrivarono    al    campo    cesareo    secento    ca\alli 
borgognoni  ed  altrettanti  ledesclii ,  tutti  ben  in 
ordine.  Poi  da  lì  a  non  molto  giunsero  ancora 
sei  mila  fanti  tedescbi,  in\iati  dairarciduca  Fer- 
dinando. Scrive  r  Anonimo    Padovano  cbe    sul 
principio  di  quest'anno  vennero  di  Germania  sei 
mila  tanti  tedescbi,  condotti  da  Carlo  duca  di 
Borbone,  i  quali  andarono  a  Lodi,  ricevuti  con 
somma  allegrezza  dal  marcliese  di  Pe.scara.  Poi 
parla    d'  altri  cinque    mila  di  là  parimente   ve- 
nuti sul  principio    di  febbraio.  Comunque   sia , 
certo    è    cbe    un    grosso  rinforzo   pervenne    al 
campo  cesareo.  Allora  fu  che  il  viceré  Lanoia 
d' accordo  con  lutti  i  capitani  prese  la    risolu- 
zione di  provar  le  sue  forze  con  quelle  del  re 
Cristianissimo  ,  e  di  tentare  con  ciò  la    libera- 
zion  di  Pa\  ia  ,    la    quale    ben    sapeano    essere 
ridotta    all'agonia.    Fecesi   conto  die    1" armata 
sua  fosse  composta  di  mille  e  ducento    cavalli 
tra  borgognoni  e  tedescbi  ,  di  ottocento  cavalli 
leggieri  ,    di    undici    mila  fanti  tedescbi ,    e    di 
fanti  sette  mila  fra  italiani  e  spagnuoli ,    senza 
la  numerosa  guarnigione  di  Pavia.    Stette  esso 
viceré  quattro  giorni  in  Lodi ,   aspettando    cbe 
il  duca  tli  Urbino  colle  milizie  venete    venisse 
ad  unirsi  seco  :  ma  indarno  ra-speltò.  Indi  passò 
a  Marignano,  e  poscia  a  Sant'Angiolo,  ca.-.lello 
posto  fra  Lodi  e  Pavia  ;  dove  era  stalo  inviato 


3o2  ANNALI    n' tTAUA 

dal  re  Francesco  Pirro  Gonzaga  con  mille  fanti 
e  ducento  cavalli.  I!  misero  castello  111  preso 
a  forza  d'armi  con  istrage  di  quel  presidio  dal 
prode  marchese  di  Pescara ,  che  poi  lo  diede 
in  preda  a'  snoi  soldati. 

Varie  disavventure  intanto  occorsero  al  re 
Cristianissimo.  Due  mila  fanti  italiani,  che  ve- 
nivano al  suo  campo,  furono  disfatti  sulf  Ales- 
sandrino da  Gasparo  del  Maino  governatore  di 
Alessandria.  Parimente  Gian-Lodovico  Pallavici- 
no ,  che  s'era  fortificato  in  Casal  Maggiore  con 
duemila  fanti  e  quattrocento  cavalli,  (fAnonimo 
Padovano  gli  dà  tre  mila  fanti  e  cinquecento 
cavalli)  da  Ridolfo  da  Camerino  colle  genti 
del  duca  di  JVIilano  fu  sconfitto  e  fatto  pri- 
gione, ftla  peggio  accadde.  Riuscì  a  Gian- Gia- 
como de'  Medici ,  che  poi  fu  marchese  di  ìMa- 
rignano  ,  di  occupar  la  terra  di  Chia^  ernia , 
posseduta  allora  da  i  Giisoni.  Fu  cagione  que- 
sta no%ità  che  seimila  Giisoni,  che  erano  nel 
camjjo  franzese,  chiedessero  congedo,  né  ma- 
niera vi  fu  di  ritenerli  :  il  che  mise  non  poca 
costernazione  nel  resto  dell'armata  franzese, 
per  altro  verso  assai  debole  e  smilza.  Imper- 
ciocché il  re  Francesco  nella  Certosa  di  Pavia, 
attendendo  solamente  a' vani  piaceri  e  ('iverli- 
menti ,  senza  cuiarsi  di  assistere  alle  rass(>gne 
de' soldati,  si  credea  di  avere  mi  gran  numero 
di  combattenti ,  e  veramente  li  pagava  ,  come 
se  gli  avesse  5  ma  j)er  ncgligeu/.a  de'  suoi  mi- 
nistri e  frode  de' suoi  capitani,  mancanti  di 
mollo  erano  tutte  le  compagnie.  Iti  <|nesli  me- 
desimi tempi  non  godeano  miglior  vento  gli  af- 
fari del  duca  d'Albania,  giunto  nelle  vicinanza 


ANXO    MDXXV  3o3 

di  Roma  col  corpo    ili    gente   Franzese.    Gian 
tumulto  fu  in  quelle  parti  ,    essendosi    spezial- 
mente scoperto  die  gli   Orsini  andavano    d"  in- 
telligenza con  esso  duca.    Aveano  anche    unito 
circa  quattro  mila  nomini    del  loro    partito,    e 
marciavano    per    congiugnersi    con    lui  ;    ma    i 
Colonnesi ,    l'autori  della   parte  imperiale  .    con 
molta  cavalleria  e  forse  con   sei   mila  limli    (  il 
Guicciardino  li  fa   molto  meno  )    andaiono    ad 
assalirli  a  San  Paolo  fuori  di  Roma,  e  diedero 
loro   una    solenne    rotta ,    inseguendoli    fino    a 
Ponte  Santo  Agnolo  :    il  die  a\  endo  cagionato 
gran  terrore  in  Roma  ,  poco  mancò  che  il  papa 
non  si  ritirasse  in  castello.    Finalirente   nel  dì 
i4  di  febbraio  T  esercito  cesareo  in  Lombardia 
si  acco.stò  sì    da    vicino   a    quel    de'  Franzesi , 
dove  già  s' era  ritirato  il  re  ,    che  gli  assediati 
in  Pavia,  già  ridotti  a  gli  estremi,  si  avvidero 
con  loro  gran  gioia   di    poter    sperare    il    soc- 
corso. Le  azioni  gloriose  fatte  in  questa   occa- 
sione da  Francesco    Ferdinando  Davalos    mar- 
chese di  Pescara  ,  che  si  potè  chiamar  l'Achille 
e  r  anima  dell'  armata  cesarea ,    non    è    a    me 
permesso  di  riferirle    distesamente.    Dirò    sola- 
mente ,  che  avendo  egli  inviato  Alfonso  Dava- 
los marchese  del  Vasto  suo  cugino,  e  giovane 
valorosissimo  ,    ad   assaltare  un  bastion  de'  ne- 
mici, nello  stesso  tempo  egli  spianata  la  fossa  in 
allro  sito,  con  valore  e  industria  mirabile  spinse 
entro    Payif.  cento  cincpianta    cavalli  ,    cadann 
«l'essi  con  un  valigino  pieno  di  polve  da  fuoco: 
il  che  fu  d'incre(Ubil  aiuto  ad  Antonio  da  Leva 
che  n'  era  già    rimasto    senza.    Così  nel    dì  20 
di  febbraio  gli  riuscì  con  altro  felice   tentativo 


3o4  annat.i  d'itat.ia 

di  spignere  nell'  afflitta  città  gran  copia  di 
Tpltovaglia  ;  e  nel  dì  seguente  espugnò  un 
altro  bastione  ,  con  portarne  via  sei  pezzi 
d'  artiglieria. 

Stavano  in  questa  maniera  a  fronte  le  due 
armate  nemiche  ;  la  franzese  stretta  ne'  suoi 
forti  trincieramenti ,  ma  col  cuor  palpitante , 
di  modo  che  il  suddetto  marchese  di  Pescara 
ebbe  a  dire  al  viceré  Lanoia  ,  essergli  fin  qui 
sembrato  di  combattere  non  con  uomini ,  ma 
con  femmine.  Gran  parte  de'  capitani  ,  ed  an- 
che il  papa  per  mezzo  di  Girolamo  Lean  Irò 
vescovo  di  Brindisi  suo  nunzio ,  e  con  più  let- 
tere andavano  consigliando  il  re  Francesco  ohe 
schivata  ogni  battaglia  con  gente  disperata  .  si 
ritirasse  di  là  dal  Ticino ,  assicurandolo  in  tal 
guisa  della  vittoria  :  perchè  mancando  le  pa- 
ghe a  gì' imperiali,  in  breve  si  sart-bbe  ridoMa 
in  nulla  la  loro  armata.  Il  re  di  testa  cocciuta 
impontò  ,  parendo  cosa  vergognosa  ad  un  par 
suo  il  levarsi  da  quell'  assedio  e  il  mostrar 
paura.  E  perciocché  sapeva  le  deliberazioni  de  i 
nemici  di  voler  venire  ad  un  fatto  d' armi , 
maiulati  di  là  dal  Ticino  tutti  i  carriaggi,  mer- 
catanti ,  vivandieri  ed  altra  gente  inutile ,  si 
preparò  a  riceverli.  Ora  nella  notte  precedente 
al  dì  24  di  fcbbiaio  ,  festa  di  S.  INlallia  ,  e 
giorno  che  altro  volle  si  jirovò  poi  pro|)izio 
airimperador  Carlo  V,  si  mise  in  ordinanza 
di  ba(t;iglia  T  esercito  cesareo  ,  e  qualche  ora 
a\anti  giorno  ,  dopo  aver  gittate  a  terra  circa 
sessanlii  braccia  del  muro  «lei  liarco  ,  vi  en- 
trarono .  ed  avviandosi  verso  .Mirabell*» ,  ebbero 
^ir  incoutjo    le    schiere    del    re  Crislianissimo. 


ANNO    MDXW  3o5 

Anche  Antonio  da  Leva  spin'^e  fuor  di  Pavia 
a  quolla  danza  quattro  mila  fanti  e  quattrocento 
cavalli.  Fu  ben  tenibile  ed  ostinato  d  com- 
battimento j  ma  quasi  tutto  in  lovina  de^ Fran- 
zesi.  Gli  Svizzeri ,  che  non  UK-narono  le  mani 
coli'  ardore  degli  anni  addietro  ,  furono  rove- 
sciati j  il  resto  non  attese  che  a  cercar  la  sa- 
lute colla  fuga.  Il  re  Francesco  valorosamente 
combattendo  j  e  cercando  indarno  di  feiniare 
i  fuggitivi ,  dopo  aver  ricevuto  due  leggieri  fe- 
rite nel  volto  e  in  una  mano ,  ammazzatogli 
il  cavallo,  vi  restò  sotto  ,  né  mai  si  volle  ren- 
dere a  cinque  soldati  ,  che  riconosciutolo  agli 
ornamenti  dell'  armi  per  signore  d'  alto  affare  , 
il  voleano  vivo  e  non  morto,  per  isperanza  di 
grossa  tagha.  Se  crediamo  al  Giovio  ,  fu  con- 
fortato ad  arrendersi  al  Borbone  5  ma  egli  fre- 
mendo all'  udire  il  nome  di  quel  traditore , 
disse  che  chiamassero  il  viceré  Lanoia  ,  a  cui 
si  diede  a  conoscere  e  si  aiTcndè.  Il  rice\ette 
egli  prigione  dell'  imperadore ,  e  dopo  avergli 
baciata  la  mano ,  e  aiutatolo  a  rizzarsi ,  il  con- 
dusse sopia  un  roncino  nel  castello  di  Pa\ ia  , 
dove  fu  nobilmente  alloggiato  e  curato.  Intanto 
continuarono  i  Cesarei  ad  uccidere  o  a  dir  pri- 
gioni ;  e  perchè  i  Franzesi  altro  scampo  non 
aveano  che  pel  Ticino  ,  moltissimi  d' essi  in- 
calzati da  i  nemici  lasciarono  la  vita  in  quel 
fiume.  Secondo  lo  scandaglio  di  chi  scrisse  gli 
avvenimenti  d'allora,  rimasero  estinti  in  quella 
memorabil  giornata  otto  in  dieci  mila  del 
campo  fianze^e,  fra  quah  l'ammiraglio  Doni- 
\et,  il  Palissa  ,  il  Tremoglia  ,  f  Aubignì ,  ed 
alti-i  ullziali  del  primo  ordine  ;  e  prigioni , 
MuruTORi.  Jtin.  Voi,  XIP^.  ao 


3o6  ANNALI    d'  ITALIA 

olire  al  re  Francesco  ,  il  re  di  Na varrà  ,  il 
Bastardo  di  Savoia ,  Federigo  da  Bozzolo ,  ed 
assaissinii  altri  capitani  e  gentiluomini.  Laildove 
degF  imperiali  vogliono  alcuni  che  non  perisse 
più  di  settecento  persone.  L' Anonimo  Pado- 
vano scrive,  due  mila  persone  ,  e  fra  queste  un 
solo  capitano  di  conto,  cioè  Ferrante  Castriota 
niarcliese  di  Sant'  Angelo.  Presso  il  Rinaldi 
negli  Annali  Ecclesia>tici  le  lettere  del  Giberti 
Datario  tlavano  trucidati  dodici  in  tredici  mila 
Franzesi ,  e  sette  mila  annegati  nel  Ticino. 
Aprì  ben  la  bocca  questo  monsignore.  Salvossi 
prima  anche  della  rotta  totale ,  e  non  senza 
grave  suo  biasimo  ,  con  sole  quattrocento  lan- 
de il  signor  di  Alanson  verso  Piemonte  5  ma 
appena  giunto  in  Fi-ancia ,  vi  terminò  i  suoi  dì. 
Teodoro  Trivulzio ,  die  era  alla  guardia  di 
Milano ,  nel  dì  medesimo  della  rotta  se  ne 
parli  in  fretta  ,  seguitandolo  alla  sfilala  i  suoi 
snidali.  Tulio  il  carriaggio  del  re  e  le  sue  ar- 
tiglierie voniuMO  in  potere  de' vincitori  j  e  sì 
grande  fu  il  bottino  ,  che  ogni  menomo  sol- 
dato ne  arricchì.  Pensò  poi  il  viceré  Lanoia  di 
mettere  il  re  prigioniere  nei  castello  di  Milano) 
ma  non  piacendo  al  duca  di  Milano  un  sì  pe- 
ricoloso ospite,  fu  egli  poi  cnndollo  nella  rocca 
di  Pizzighittone  ,  con  accoidaigli  per  sua  com- 
pagnia venti  de' suoi  più  cari,  scelli  da  lui  fra 
quei  che  erano  rimasli  prigionieri.  Il  marchese 
(li  Pescara  con  due  ferite,  f  mia  nel  viso, 
l' altra  in  una  gamba  ,  fu  portato  a  Milano , 
dove  stette  gran  lcin|>o  in  mano  de'  nunlici  e 
chirurgi. 

Tania  prosperità  dell'  armi  cesaree   in   Italia 


ANNO   MDXXy  3o7 

quanto  rallegrò  i  sudditi  dell'  impeiadore  in 
Ispagna  e  Germania,  altrettanto  riuscì  disgu- 
stosa a  i  principi  italiani  ,  temendo  essi  che 
la  crescente  potenza  di  Cesare  minacciasse  ora- 
mai gli  Stati  di  cadauno.  Perciò  papa  Clemente 
e  i  Veneziani  piti  degli  altri  cominciarono  a 
trattare  di  unirsi  ,  per  non  restar  picda  alla 
sospetta  ambizione  altrui.  Maggiormente  poi 
crebbe  la  lor  gelosia  da  che  videro  condotto 
in  Ispagna  il  prigioniere  re  Cristianissimo.  Im- 
perocché mandò  ben  ordine  T  imperadore  che 
esso  re  fosse  condotto  a  Napoli;  ma  il  re  Fran- 
cesco sperando  di  poter  meglio  maneggiar  la 
sua  liberazione,  se  potesse  abboccarsi  coir  im- 
peradore dimorante  in  Ispagna ,  si  raccomandò 
per  essere  trasportato  colà  ,  e  procurò  da  Pa- 
rigi tutte  le  precauzioni  per  la  libertà  e  sicu- 
rezza del  trasporto.  Pertanto  sul  fine  di  maggio 
scortato  esso  re  da  trecento  lancie  e  da  quattro 
mila  fanti  spagnuoli ,  fu  menato  a  Genova , 
dove  imbarcatosi  con  dieci  galee  genovesi  ed 
altrettante  franzesi  ,  ma  armate  da  gli  impe- 
riali ,  in  compagnia  del  viceré  Lanoia  arrivò 
poscia  a  Madrid.  Restò  il  marchese  di  Pescara, 
durante  la  lontananza  del  Lanoia,  vice-capitan- 
ccneiale  dell'  esercito  cesareo.  Prima  ancora 
della  partenza  d'  esso  re  ,  il  papa  ,  dopo  aver 
conosciuto  die  il  far  leghe  allora  contro  del 
vittorioso  imperadore ,  era  non  men  difficile 
che  pericoloso ,  cominciò  a  trattar  con  esso 
d'  accordo.  Lo  concbiuse  in  fatti  per  mezzo  di 
Gian-Bartolomeo  da  Gattinara  nel  dì  primo  d'a- 
prile ,  e  pubblicollo  solamente  nel  dì  dieci  di 
maggio.  Innanzi  la    delta    conclusione    il    duca 


3o8  ANNALI    n'  ITALIA 

di  Albania,  che  steva  accampato  nelle  vicinanze 
di  Roma ,  udita  che  ebbe  la  disavventura  del 
re  Cristianissimo  ,  cercò  la  via  di  levarsi  d'  I- 
talia  ,  per  timore  d'  esserne  cacciato  da  i  mi- 
nistii  cesarei  del  regno  di  Napoli  e  da  i  Co- 
lonnesi.  Licenziata  dunque  parte  delle  sue  genti, 
ed  imbarcatosi  col  resto  sulle  galee  della  Fran- 
cia e  del  pontefice ,  fece  vela  alla  volta  della 
Provenza.  Ora  fra  i  capitoli  della  lega  poco  fa 
accennata  dal  papa  coli'  imperadore ,  uno  dei 
principali ,  e  che  forse  diede  ad  essa  il  pri- 
mario impulso,  perchè  Clemente  la  procurasse, 
fu  ehe  il  viceré  avesse  da  adoperar  le  forze 
cesaree  per  obbligare  Alfonso  duca  di  Ferrara 
a  rilasciare  alla  Chiesa  la  città  di  Reggio  e  la 
terra  di  Rubiera  da  lui  ricuperate  dopo  la 
morte  di  papa  Adriano  VI ,  come  cose  sue  e 
dell'imperio,  da  cui  n'era  egli  investito.  Que- 
sta avidità  di  spogliare  il  duca  non  solo  di 
que' due  luoghi,  oltre  a  Modena,  tuttavia  oc- 
cupata dall'  armi  ponlifizie  ,  ma  eziandio  della 
stessa  città  di  Ferrara ,  nata  a'  tempi  di  Giu- 
lio h  e  continuata  in  Leon  X,  era  passatoi  an- 
che in  papa  ('lemeute  VII ,  non  si  sa  ,  se  per 
la  mondana  gloria  di  dilatar  le  fimbrie  della 
toniporal  ])ntcn/,a  de  i  papi  ,  o  pure  per  segrete 
mire  d'  ingrandir  la  propria  casa  ;  giacché  egli 
tendeva  ad  innalzar»;  Alessandro  ed  Ippolito , 
amcndue  bastardi,  l'uno  di  (liuliano  iuniore 
do' Medici,  e  l'allro  <b  Loieiizo  de' Medici , 
già  duca  d'Urbino.  Ma  restò  delusa  questa  sua 
indebita  cnpidigin  ;  perciocclié  il  viceré  La- 
noia ,  lr()\audobi  in  gravi  angustie  per  man- 
canza di  danaro  da  pagar  le  truppe,  a\ca  molto 


ANNO    MnXXV  3  OC) 

prima  per  mezzo  del  medesimo  Gattìnara  trat-» 
tato  col  duca  Alfonso ,  e  ricevutane  in  pieslito 
la  somma  di  cinquanta  mila  scudi  d'oro  ,  con 
promessa  d' assisterlo  a  ricuperar  gli  Stati  di- 
pendenti dal  romano  imperio.  Il  perchè  nò  lo 
stesso  Lanoia,  ne  l'imperadore  vollero  ratifi- 
care questo  capitolo ,  siccome  pregiudiziale  alle 
ragioni  d'  esso  imperio.  Si  mosse  ancora  il 
duca  di  Ferrara  nel  mese  di  settembre ,  con 
intenzion  di  passare  personalmente  in  Ispagna^ 
per  esporre  ivi  a  Cesare  l' ingiustizia  di  chi 
non  solo  gli  riteneva  il  suo,  ma  anche  cercava 
con  trattati  di  torgli  il  resto.  Giunto  egli  a 
San  Giovanni  di  Morienna ,  mai  non  potè  im- 
petrare il  passaporto  da  Lodovica  regina  ma- 
dre reggente  di  Francia ,  e  gli  convenne  tor- 
narsene indietro. 

Grandi  maneggi  intanto  si  faceano  in  Parigi 
è  in  Madrid  per  la  liberazione  del  re  Fiance- 
sco  ,  tutti  nondimeno  indarno  ,  perchè  esorbi- 
tanti pareano  non  meno  a  lui  che  alla  regina 
sua  madre  le  condizioni  colle  quali  aveano  da 
comperarla.  Perciò  esso  re  mal  sofl'erendo  que- 
sta gran  tlilazione,  e  forse  più  per  non  averlo 
mai  r  imperadore  degnato  d'una  visita,  cadde 
gravemente  infermo ,  sino  a  dubitarsi  di  sua 
vita.  Allora  fu  che  l'Augusto  Carlo  non  pei' 
generosità  ,  ma  per  proprio  interesse ,  andò  a 
visitarlo ,  e  di  si  dolci  parole  e  belle  promesse 
il  regalò  ,  che  a  questa  sua  visita  fu  poi  attri- 
buita la  di  hii  guarigione.  Ne'  medesimi  tempi 
non  mancarono  novità  in  Italia.  Vedeva  Fran- 
cesco Sforza  duca  di  Milano  d'  essere  oramai 
ridotta  tutta  la  sua  autorità  ad  un  solo  nome  ^ 


3  !  O  ANNALI    n'  ITALIA 

percliè  gU  Spagnuoli  erano  veramente  i  pa- 
droni dello  Stato  di  Milano  ,  né  giammai  avea 
potr.to  ottenerne  T  investitura  da  Cesare  5  e 
sel^ben  questa  era  stala  spedita ,  pure  gli  ve- 
niva esibita  a  condizion  di  pagare  in  varie  rar 
te,  per  quanto  dicono,  un  milione  e  ducente 
mila  ducati  d'  oro ,  per  qualche  compenso  alle 
tanto  maggiori  spese  fatte  dall'  imperadore  per 
iscacciarne  i  Franzesi  :  pagamento  impossibile 
dopo  tanta  desolazione  di  quello  Stato.  Faceano 
compassione  anche  i  popoli ,  perchè  non  po- 
teano  più  reggere  a  gli  aggravj  e  all'insolenza 
de  gli  Spagnuoli.  Ora  Girolamo  Morene  ,  pri- 
mario consigliere  del  duca  ,  cominciò  segreta- 
mente a  trattare  di  liberar  il  suo  padrone  da 
questi  ceppi.  Non  vi  volle  molto  a  sapere  che 
il  marcliese  di  Pescara  si  trovava  disgusta- 
tissimo  dell'  imperadore  e  del  viceré  Lanoia  • 
e  però  si  azzardò  il  Morone  a  proporgli  di 
cacciar  gli  Spaglinoli  da  Milano  ,  e  di  far  lui 
poscia  re  di  Napoli.  Al  che  si  mostiò  disposto 
il  marchese  ,  quando  vi  concorressero  i  Vene- 
ziani e  il  pontefice.  Si  fece  il  tentativo  col  se- 
nato veiu'to  ,  che  si  mostrò  propenso  ad  en- 
tinrc  nel  proposto  progetto  j  nò  il  papa  ne  fu 
alieno ,  e  andò  mollo  innanzi  questo  trattato. 
Non  si  [)otè  poi  d(!cidere  se  il  marchese  sulle 
piimc  acconsentisse  daddovero  ,  con  pentir- 
sene dipoi ,  o  pure  se  anche  allora  fingesse. 
La  verilà  si  ò  ,  che  egli  in  fine  avvisò  di 
queste  mene  l' impcrador  Carlo  ,  e  ricevè  or- 
dine di  provvedere.  Fece  il  Pescara  circa  la 
mola  d'  ottobre  venire  a  Novara  il  Morone  , 
ed  avcuilu    fallo  ascondere    Antonio  du    Leva 


ANSO      MB  XXV  3ll 

dietro  ad  un  arazzo  ,  aoc  ioccliè  tutto  udisse  j 
parlò^  molto  con  esso  Moione  di  quella  prati- 
ca ;  e  poi  fattolo  imprigionare  ,  il  ma\idò  nel 
castello  di  Pavia.  Quindi  come  se  il  duca  Fran- 
cesco ne  fosse  consajievole  ,  e  perciò  deca* 
duto  da  ogni  suo  diritto  ,  P  obbligò  a  coiise-* 
gnargli  Ciemona  ,  e  le  fortezze  di  Trezzo  j 
Lecco  e  Pizzigliittone  5  ed  entralo  in  INlilano  , 
costrinse  quel  popolo  a  giurar  fedeltà  a  Cesa- 
re ,  mettendo  dapertnlto  ufiziali  in  nome  del- 
V  iiiipnradore  ,  con  restar  solamente  al  duca  il 
castello  di  Cremona  e  quel  di  IMilano ,  dove 
egli  abitava  ,  che  fu  ben  tosto  serrato  intorno 
con  trincieramruti  da  esso  marchese.  Non  si 
può  esprimere  1"  incredibil  dolore  che  questa 
novità  e  violenza  recò  a  tutti  i  popoli  dello 
Stato  di  Milano  ,  e  in  quanta  confusione  re^ 
filassero  i  principi  d' Italia  ,  ^  eggendo  scoperti 
i  lor  segreti  disegni ,  e  massimamente  perchè 
oramai  si  toccava  con  mano  non  aver  l' ira- 
peradore  acqiiistato  quello  Stato  per  amore  di 
Francesco  Sforza ,  ma  per  proprio  vantaggio  , 
contro  i  chiari  capitoli  della  lega  precedente. 
Però  si  cominciarono  nuovi  maneggi  fra  le  po- 
tenze italiane  e  colla  resina  di  Francia  retrgen-* 
te,  da  cui  era  stata  già  stabilita  in  quest'anno 
una  nuova  lega  con  Arrigo  re  d' Inghilterra. 
Sul  fine  poi  di  novembre  ebbe  fine  la  vita  di 
Francesco  Ferdinando  d  Avalos  ,  maicbese  di 
Pescara,  in  età  di  soli  tientasei  anni,  che  tanto 
credilo  di  valore  e  di  senno  avea  conseguilo 
nelle  guerre  passate  ,  onde    veniva    tenuto  pel 

tiiìi  sperlo  generale    d'  armi    che    s*  avesse  al- 
pra  l'Italia:  ma  dipinto  dal    Guicciardiuo  per 


3l2  ANNALI    d' ITALIA 

altiero,  insidioso  ,  maligno  ,  e  odiato  da  gl'I- 
taliani per  le  sue  dop[)iezze  in  pregiudizio  del- 
l' infelice  duca  di  iMilano.  Restò  vedova  di  lui 
Vittoria  Colonna ,  donna  per  la  beltà  del  cor- 
po ,  e  vie  più  per  quella  dell'animo,  celebra- 
tissima  da  tutti  i  poeti  e  sciittori  d'  allora.  In 
luogo  suo  fu  dato  il  comando  dell'  armi  ad 
Alfonso  marchese  del  Vasto ,  suo  cugino  (  ap- 
pellato da  altri  nipote  ) ,  giovane  di  grayde 
animo  j  prudenza  e  fede- 

Anno  di  Cristo   i526.  Indizione  XI f^. 
di  Clemente  VII  pnpa  4- 
di  Caklo  V  imperadore  8. 

Tale  impressione  fece  nell'  animo  di  Carlo 
Augusto  la  lega  della  Francia  coli'  Inghilterra  , 
e  la  notizia  che  tutti  i  principi  d' Italia  po- 
tessero unirsi  contra  di  lui,  che  finalmente 
s' indusse  alla  liberazione  del  re  Francesco , 
ma  con  ingordissime  condizioni  di  suo  van- 
taggio. Né  pure  il  re  fu  restio  ad  accettar  qual- 
sivoglia proposizione  a  hii  falla  ,  purché  po- 
tesse uscir  di  prigione  ,  fin  d'  allora  pensando 
che  costava  poco  il  promettere  tutto  ,  ed  an- 
che il  giiuare  .  posciachè  l'effelliiar  le  pro- 
messe resterebbe  poi  in  s>ia  mano,  da  che 
fosse  in  libertà.  Peiò  nel  dì  17  di  gennaio 
dell'  anno  picsrnle ,  e  non  pia  di  febbraio  , 
come  ha  il  Guicciardino  e  il  15(,'lcaire  suo  gran 
co|)ialore ,  spg\iì  in  Madrid  la  pace  fra  quei 
due    monarchi ,    con    aver    ceduto  (1)  il  re  a 

(1)  Dii-Mont  Coi-ps  Dii>loin.it. 


AWNO    MDXXVl  3 i3 

Cesare  tutti  i  suoi  diritti  sopra  il  regno  di  Na- 
poli ,  Milano  ,  Genova ,  Fiandra  ed  altii  luo- 
ghi,  e  CI»  r  obbligo  di  cedergli  il  ducato  della 
Borgogr.a  con  altri  Slati ,  per  tacere  tante  altre 
condizioni ,  tutte  grav  issiuie  al  re  Cristianissi- 
luo.  Il  gran  cancelliere  Mercurio  Gattinara  ,  sic- 
come quegli  che  detestava  sì  fatto  accordo  . 
ben  prevedendo  quel  che  poscia  ne  avvenne  , 
con  tutto  il  comando  e  T  indignazion  di  Cesare, 
non  volle  mai  sottoscriver!» ,  allegando ,  non 
convenire  all'  uGzio  suo  T  approvar  risoluzioni 
perniciose  alla  corona.  Il  tempo  comprovò  poi 
•vero  il  suo  giudizio.  Fu  poi  nel  principio  di 
marzo  condotto  il  re  a  i  confini  del  suo 
regno  ,  e  rimesso  in  libertà  ,  e  consegnati 
per  ostaggio  a  Carlo  V  il  Delfino  e  il  secon- 
dogenito del  Cristianissimo ,  finché  fosse  en- 
tro un  tempo  discreto  data  piena  esecuzione 
al  concordato,  con  obbligarsi  il  re  di  tornare 
personalmente  in  prigione,  quando  non  si  ese- 
guisse. Questa  pace ,  per  cui  si  lasciava  alla 
discrezion  di  Cesare  non  solamente  lo  Stato  di 
Milano  ,  ma  il  resto  ancora  d' Itaba  ,  somma- 
mente conturbò  le  potenze  italiane  ,  e  sopra 
gli  altri  papa  Clemente  e  la  repubblica  vene- 
ta: e  tanto  più  percliè  continuava  l'assedio 
del  castello  di  Milano  con  apparenza  di  non 
potersi  ivi  sostenere  il  duca  gran  tempo  per 
la  mancanza  de' viveri  ;  nel  qual  tempo  il  po- 
polo di  Milano  era  straziato  da  insopportabili 
aggravj  ed  avanie  de  gli  Spagnuoli ,  e  giunse 
anche  a  far  sollevazione,  ma  senza  trovare 
clii  lo  dirigesse  ed  animasse  a  proseguir  nel- 
V  impresa.    Perciò    il    papa  ^    per    varj    motivi 


3  I  4  AJVINALI    d'  ITAMA 

dìsgiislato  de  i  Cesarei ,  e  spezialmente  per  aver 
eglino  mandata  gente  sul  Piacentino  e  Parmi- 
giano ,  e  i  Veneziani  furono  solleciti  a  speilir 
persone  in  Francia  ,  per  intendere  qnal  fosse 
la  mente  del  re  intorno  al  mantenere  o  no.  lo 
stipulato  accordo  ,  con  ordine  di  strignere  seco 
lega ,  qualora  egli  recedesse  dalla  concordia. 
In  fatti  il  re ,  da  che  fu  libero  ,  si  guardò  di 
ratificarla  ,  e  cominciò  a  proporre  di  dar  da- 
naro in  grosse  somme  ali  imperadore  ,  più  to- 
sto che  cedergli  la  Borgogna  :  al  che  l'Augusto 
Carlo  non  volle  acconsentire. 

Pertanto  nel  dì  23  di  maggio  (  e  non  già 
nel  di  17  )  in  Cugnach  si  conchiuse  ima  lega 
fra  il  papa  ,  il  re  di  Francia  ,  la  repubblica 
veneta  ,  quella  di  Firenze  e  Francesco  Sforza , 
per  muovere  concordemente  1'  armi  contra  del- 
l' imperadore  ,  sostenere  esso  Sforza  nel  du- 
calo (U  Milano  ,  invadere  il  regno  di  Napoli  , 
e  mutare  il  governo  di  Genova,  con  altri  punti 
che  si  leggono  nello  stnmiento  di  essa  lega 
presso  il  i)ii-Mont.  In  essa  iiiun  luogo  fu  la- 
sciato al  duca  di  Ferrara  ;  anzi  il  papa  vi 
fece  medere  parole  generali  d'  essere  aiutato  a 
ricnpcrav  gli  Sl.ili  dc'lla  Chiesa.  Con  al)uso  non 
lieve  della  religione  si  chiamò  questa  la  Lega 
Santa  ;  e  fu  in  vigor  di  essa  assoluto  il  re 
Francesco  da  i  giuramenti  e  dalle  ])iomesse  falto 
all' imperadore.  Quindi  il  pontefice  S])edì  a 
Piacenza  il  conte  Cuido  Raugone ,  governator 
generale  deli' esc-rcilo  della  Chiesa .  con  (•in([ue 
mila  fanti  eie  suo  genti  d'arme,  e  posi;ia  Vitellio 
Vitelli  con  fjiovauni  de' Medici ,  e  colle  solda- 
tesche   de'  Fiorentini.    I    Veneziani    anch'  essi 


ANNO   Mnxxvt  3 I 5 

ordinarono  a  Francesco  Maria  duca  d'  Urbino, 
lor  generale  ,  di  passare  a  Chiari  sul  Bresciano. 
Era  comune  la  loro  intenzione  di  soccorrere 
r  assedialo  castello  di  INlilano.  Con  forti  ra- 
gioni avea  il  Sadoleto .  come  costa  dalla  sua 
Vita .  dissuaso  il  pontefice  da  questa  pueria, 
per  attendere  a  pacificar  le  discordie  de'  prin- 
cipi cristiani ,  e  per  opporsi  a  i  progressi  de  i 
Turchi.  Ma  il  pajia  ,  troppo  politico  ,  tanto 
pensava  a  farla  da  principe  temporale  ,  che 
dimenticava  i  doveri  delPufizio  pastorale.  In 
questo  tempo  Carlo  Augusto,  non  consapevole 
peranche  della  lega  suddetta  .  inviò  a  Roma 
don  Ugo  di  Moncada  con  proposizioni  molto 
vantaggiose  per  la  ]iace.  Nulla  volle  il  papa 
accettare ,  per  non  mancare  alla  fede  data  nella 
lega.  Ma  nò  V  armi  del  papa  si  moveano  da 
Piacenza  .  né  •  le  venete  osavano  di  passar 
TAdda  ,  perchè  il  duca  d'Urbino  faceva  istanza 
che  secò  si  unisse  un  corpo  di  Svizzeri,  che 
la  lega  avea  bensì  mandato  ad  assoldare .  ma 
che  mai  non  calava  in  Lonibnrdia.  Il  che  diede 
tempo  a  gì'  imperiali  di  sorprendere  il  popolo 
di  Milano  ,  che  forzato  a  pagare  cinquanta  mila 
ducati  d'oro,  più  d'una  volta  avea  disordina- 
tamente prese  1'  armi ,  e  di  costrignere  molti 
nohih  e  i  lor  capitani  ad  uscire  di  città  ,  e  a 
calmare  il  tuTnulto  :  il  che  accadde  circa  il 
di  20  di  giugno.  Furono  altresì  tolte  1'  arme 
a  i  cittadini ,  e  poi  tanta  barbarie  usata  con 
essi ,  rubandoli ,  bastonandoli ,  ferendoH  .  che  al- 
cuni di  loro  per  disperazione  si  uccisero ,  e 
p.ìrecchi  abbandonato  quanto  aveano  ,  se  ne 
fuggirono:  con  che  i»i  ridusse  quella  nobil  città 


3t6  ANiS'ALl    d'  ITALIA 

all' estrema  miseria.  Intanto  Lodovico  Vistari- 
no  ,  gentiluomo  di  Lodi  ,  per  liberar  la  sua 
patria  dalla  crudeltà  di  mille  e  cinquecento  Na- 
poletani,  dimoranti  ivi  di  presidio,  se  T  intese 
col  duca  d' UiLino ,  da  cui  nella  notte  del 
dì  24  di  giugno  fu  spedito  colà  Malatesta  Ba- 
glione  con  tre  o  quattro  mila  fanti  veneti;  e 
questi  s'  im[)adronl  della  città  di  Lodi  ,  e  da 
lì  a  pochi  giorni  anche  del  castello,  essendo 
stato  ripulsato  il  marchese  del  Vasto  ,  venuto 
per  ricuperarla.  Perciò  allora  si  unirono  colle 
genti  venete  anche  le  pontifizie  ,  e  fu  creduto 
che  insieme  ascendessero  quasi  a  sedici  mila 
fanti  e  quattro  mila  cavalli.  Ma  perchè  buona 
parte  di  essi  era  gente  nuova  ,  e  tumultuaria- 
mente raccolta  ,  non  si  arrischiava  il  duca 
d'  Urbino  a  tentar  cose  grandi ,  e  ma.-;sima- 
mente  perchè  si  credea  che  Antonio  da  Leva 
e  il  marchese  del  Vasto ,  generali  dell'  impe- 
radore ,  avessero  circa  quinilici  mila  fanti  ,  ot- 
.  tocento  lancic  e  cinquecento  cavalli  leggieri  , 
gente  divisa  parte  in  Milano  ,  e  gli  altri  in 
Cremona  e  Pavia.  Contuttociò  l'esercito  colle- 
gato ,  che  era  giunto  a  iMarignano  ,  nel  di 
cinque  di  luglio  andò  a  postarsi  in  vicinanza 
di  Milano  ,  con  diseguo  di  assalile  i  borghi ,  e 
con  isperanza  di  entiarvi.  Entiò  bensì  in  quella 
città  il  duca  di  Borbone  ,  che  venuto  per  mare 
con  ottocento  Cauti  s[)ngntioli  ,  e  anìeftnto  dalle 
lettere  di  Antonio  da  Leva  ,  con  quella  gente 
arrivò  colà. 

Adiui([iie  nel  dì  •j  del  mese  suddetto  .s'  ac- 
costò l'arm.ila  de'collcgati  per  daie  T  assalto  j 
ma  trovato  alla  difesa  chi  non  avea  paura  ,  si 


ANNO    MDXXAI  3  l '^ 

convertì  1'  assalto  in  lievi  scaramuccie ,  e  nel 
dì  seguente  vergognosamente  se  ne  tornò  quel- 
r  esercito  a  iNIarignano.  Non  si  seppe  intendere 
se  in  sì  fatta  ritirata ,  comunemente  creduta 
di  molta  ignominia ,  si  nascondesse  qualche 
mistero  di  politica  e  di  mala  fede  ,  o  pure  se 
il  duca  d'  Ui'bino  vi  si  fosse  condotto  con  ra- 
gioni ben  fondate  dell'  arte  militare.  Certo  è 
che  i  Veneziani  ne  fiuono ,  o  almen  se  ne 
mostrarono  molto  malcontenti ,  e  più  il  pon- 
tefice, che  in  questi  tempi  cominciò  ad  essere 
travagliato  da  gli  Spagnuoli ,  dalla  parte  di 
Napoli  ,  ed  era  anche  minacciato  da  i  Colon- 
nesi.  E  pure  esso  papa  ,  unito  a  i  Fiorentini, 
si  applicò  a  far  nmlare  colla  forza  il  governo 
di  Siena.  Colà  fu  s|>edito  il  loro  disortlinato 
esercito ,  che  fece  in  fine  mostra  del  suo  va- 
lore ,  non  già  col  menar  lo  mani ,  ma  col  me- 
nare i  piedi  ;  perciocché  essendo  usciti  nel 
dì  25  di  luglio  i  Sanesi,  e  impadronitisi  delle 
artiglierie  nemiche  ,  tosto  diedero  a  gambe  gli 
assedianti  ,  con  lasciare  a  i  nemici  vettovaglie, 
carriaggi  e  diecisette  pezzi  d'artiglierie.  Cresce- 
vano intanto  sempre  più  i  guai  dell' infelice  e 
desolata  città  di  Milano  ,  con  patetici  colori 
descritti  dal  Giiicciai  dino  ,  il  quale  osserva  in- 
trodotto circa  questi  tempi  da  gli  Spagnuoli  il 
barbarico  costume  di  maltrattare  e  divorare  non 
meno  i  nemici  che  gli  amici  :  esempio  seguilo 
anche  da  gì'  Itahani  E  pure  1'  esercito  collegato 
se  ne  stava  ozioso  a  Marignano ,  senza  pensare  a 
liberar  quel  disperalo  popolo  ,  né  a  soccorrere 
il  povero  duca,  chiuso  nel  castello,  e  ridotto 
a  §li  estremi  per  mancanza  di  vettovaglie.  Nò 


3  1 8  ANNALI    d'  nkhlK 

comparivano  mai  le  migliaia  eli  STÌzzeri  che  il 
re  di  Francia  avea  fatto  assoldare    per  inviarli 
in  Lombardia.  Tuttavia    essendo  venute  a  Ma- 
rignano  circa  trecento  bocche  inutili  uscite  del 
castello  di  Milano ,  alle  quali  non  era  stata  fatta 
opposizione  ,  che  accertarono  il  duca  d'  Urbino 
deir  estremità   grande    in    cui  si    trovavano  gU 
assediati  ;  ed  essendo  anche  giunti  ad  essa  ar- 
mala cinque  mila  Svizzeri  de   gU  assoldati  dal 
papa  :  esso  duca  col  conte  Guido  Rangone  ge- 
nerale del  papa  giudicò  necessario  alla  sua  ri- 
putazione di  tentare  il  soccorso     del    suddetto 
castello.  Però  nel  di  22  di  luglio    mosse    V  e- 
sercito ,  e  dopo  avere  spedilo  il  conte  Claudio 
Rangone  e  il  conte  Lorenzo  Cibò  ad  occupare 
la  nobil    terra  di  Monza  ,  s'avvicinò  a  Milano , 
ma  senza    mai  tentare  di  far  guena  ai  jjorglii, 
o  di  soccorrere  1'  agonizzante  castello.  In   que- 
sto mentre  ,  cioè  nel    di   24  di  esso  mese  ,  il 
duca  Francesco  ,    non    potendo    piij    reggere  , 
concliiuse  un    accordo  col    duca  di  Borbone  , 
con  varj    cajjitoli ,  de'([uali    ninno    gli  fu  man- 
tenuto j  fuorché  la   libertà  di  ritirarsi  con   lutti 
i  suoi  ,  e  se  ne  andò  a  Lodi  .  città    che  libe- 
ramente fu  da  i    collegati    rimessa  in  sua  ma- 
no ;  nella   quale  occasione  egli   confermò  i  ca- 
pitoh  della  lega  col  papa  e  co' Veneziani.  Stava 
tuttavia  alla  di\ozion  di    esso     duca  il  castello 
di  Cremona  :  naia  la    speranza    che  si  potesse 
ottener  colla    forza   anche  la    città .  fu  spedito 
rolit  ni'i  di  H  d'agosto  Mal.ilesla  Raglione  con 
sudicienti   ibrze  di  gente     e    d'artiglimie.  Fece 
egli  giocar  le    batterie  ,    diejle   varj    assalii  ,  0 
tutto  indarno  5  di  maniera  che  il  duca  d'  Urbino, 


ANNO    MPXXVI  3l«) 

giacché  erano  giunti  al  campo  della  santa 
lega  i  tredici  mila  Svizzeri ,  tanto  tempK  aspet- 
tati ,  passò  colà  in  persona  con  altre  milizie. 
Siringe  egli  e  tormentò  sì  fattamente  quella 
città  ,  die  il  comandante  imperiale  nel  dì  23 
d'  agosto  capitolò  di  rendersi ,  se  per  tutto  il 
mese  suddetto  non  gli  veniva  soccorso. 

Poco  felicemente  camminavano  gli  affari  del 
pontefice  in  Londjardia  ,  e  peggio  poi  in  Bo- 
rra. Imperocché  si  trattò  eh  pace  fra  esso  papa 
da  una  parte  ,  e  don  Ugo  di  Moncada  ,  reg- 
gente allora  di  Napoli  per  la  lontananza  del 
viceré  ,  e  i  Colonnesi  dalf  altra.  ^  espasiano 
Colonna-  eh  cui  molto  si  fidava  Clemente  MI, 
fu  il  mezzano  che  conchiuse  l' accordo  nel 
dì  22  d'agosto,  per  cui  doveano  i  Colonnesi 
restituire  Anagni ,  e  ritirare  le  lor  genti  nel 
regno  di  Napoli.  Riposando  su  questa  capito- 
lazione l'incauto  fxmtefice ,  licenziò  quasi  tutte 
le  sue  milizie.  Ma  nella  notte  precedente  il 
dì  2o  eh  settembre  eccoti  segretamente  arrivai  e 
lo  stesso  Moncada  ,  allievo  ben  degno  del  fa 
iniquo  duca  Valentino  ,  ed  Ascanio  Colonna  e 
il  suddetto  Vespasiano  con  ottocento  cavalli  e 
tre  mila  fanti  ,  che  presero  tre  porte  di  Roma. 
Era  con  esso  loro  Pompeo  Colonna  cardinale, 
uomo  di  .poca  religione  e  di  smisurata  ambi- 
zione,  sì  vago  del  pontifichto,  che  fu  creduto 
che  avesse  cospirato  alla  morte  violenta  del 
pontefite  .  per  occupar  egli  dipoi  la  sedia  di 
san  Pietro.  II  papa  nel  palazzo  Vaticano ,  im- 
plorando 1'  aiuto  di  Dio  e  de  gii  uomini  ,  non 
si  volea  muovere.  Tanto  dissero  i  cardinali  , 
che    si  rifugiò    in    Caslelig    Santo    Angelo  nel 


320  ANNALI    d'  ITAMA 

niedesiaio  tempo  che  que'  masnadieri  diedero  il 
sacco  non  solamente  al  palazzo  pontifizio ,  ma 
anche  alla  basilica  Vaticana  ,  alla  terza  parta 
del  Borgo  nuovo  ,  e  a  quanti  cardinali  e  pre- 
lati trovarono  in  Borgo  ,  e  a  gli  ambasciatoli 
della  lega  ,  con  perpetua  infamia  del  nome 
cristiano.  In  una  lettera  di  Girolamo  Negro  (i) 
è  descritta  questa  tragica  scena.  Ed  ecco  U 
primo  amaro  frutto  delle  leghe  e  guerre  di 
papa  Clemente  VII;  e  pure  Dio  l'aveva  riser- 
bato  a  più  dura  lezione  e  disciplina.  Perchè  il 
castello  era  sprovveduto  di  vettovaglia ,  avendo 
don  Ugo  proposta  ima  tregua ,  non  durò  fa- 
tica il  papa  a  condiscentlere  ,  obbligandosi  fra 
l'altre  condizioni  di  richiamar  le  milizie  sue 
dalia  Lombardia.  Questo  avvenimento  disturbò 
tulli  i  disegni  dell'  esercito  collegato  in  Lom- 
bardia ,  che  già  si  era  fortemente  rinforzato 
per  1'  arrivo  del  marchese  di  Sainzzo  con  cin- 
quecento lancie  e  qualtio  mila  fanti  franzesi  , 
ed  aspellava  a  momenti  anche  due  mila  (Pri- 
gioni ,  con  disegno  di  strignere  da  due  jiarti 
Milano.  Ed  ancorché  il  papa  ,  che  non  sapea 
digerire  la  tregua  fatta  ,  nel  ritirar  le  sue  truppe 
lasciasse  in  quell'  esercito  quattro  mila  fanti 
sotto  il  comando  di  Giovanni  de'Me(hci,  col 
pretesto  che  fossero  gente  pagata  dal  re  di 
Francia  ;  pure  niun'  altra  cousiderabile  azione 
fu  fatta  da  essi  collegati.  Si  rendè  intanto  la 
città  di  Cremona ,  e  ne  fu  dato  il  possesso  al 
duca  Francesco)  ed  anche  Pizzighitfeone  venne 


(i)  Lettere  de' Principi. 


Anno  mdxxvi  32 1 

alle  sue  mani.  Ciò  fatto ,  ritornarono  i  colle- 
gali a  bloccare  Milano  :  il  che  molliplicò  i  guai 
di  quella  iiitVIice  città.  Non  potè  luiiganieiile 
astenersi  papa  ('lenienle  dal  rompere  la  tregua: 
tanto  era  il  suo  sdegno  conlra  de'  Colounesi , 
e  il  desid  -rio  deìla  vendetta.  Privò  del  cap- 
pello il  cardinale  Colonna  ,  fece  spiantare  in 
Roma  le  case  de'  Colonnesij  e  giacché  di  Lom- 
bardia era  giunto  a  Roma  parte  delle  sue  sol- 
datesche ,  ordinò  a  Vitello  o  sia  Paolo  \itelli  di 
passare  a'  danni  de'  Colounesi  ,  di  bruciare  e 
spianar  le  loro  terre.  Ma  pooa  contentezza  , 
anzi  non  poco  biasimo  riportò  da  quella  spe- 
dizione e  dalle  sue  vendette  l' ira  pontifizia. 

Calò  circa  il  principio  di  novembre  a  Trento 
Giorgio  Frausperg  ,  che  colf  industiia  e  da- 
naro suo ,  e  più  colle  promesse  di  gran  pre- 
da ,  uvea  rauuali  tredici  in  quattorcUci  mila 
fanti  tedeschi.  Venne  poi  questo  sì  grosso  corpo 
di  gente  a  Salò ,  e  circa  il  fine  di  novembre 
verso  Borguforte ,  per  passare  ivi  il  Po.  Il  duca 
d' Urlìino  gli  andava  inseguendo,  per  cogliere 
il  tempo  d' assalirli.  Il  trovarsi  coloro  senza 
cavalli  e  artiglierie,  facea  credere  sicura  la  vitto- 
ria. Scrive  nondimeno  l' Anonimo  Padovano 
che  con  essi  Tetleschi  erano  cinquecento  ca- 
valli sotto  il  governo  del  capitano  Zucchero. 
Ma  allorché  in  vicinanza  di  Borgoforte  Gio- 
vamii  de'  Medici  co  i  cavalli  leggieri  andò  a 
pizzicar  la  loro  coda  ,  eccoti  centra  V  aspetta- 
zion  d'  ognuno  un  colpo  di  falconetto  che  gli 
fracassò  un  ginocchio  ;  per  la  qual  ferita  por- 
tato a  Mantova ,  fra  pochi  giorni ,  cioè  nel 
dì  3o  di  esso  mese ,  cessò  di  vivere  :  giovane 
WuRATOiu.  Jnìi.    f^ol.  Xlt^.  21 


■^2  2  ANNALI    1)'   ITALIA 

di  circa  ventolto  anni ,  di  mirabil  senno ,  e 
insieme  di  non  minor  ardire ,  mancando  in  lui 
chi  si  sperava  che  av  esse  a  divenire  V  onor 
d' Italia  neir  arte  della  guerra.  Fu  egli  padre 
di  Cosimo  I ,  che  vedremo  a  suo  tempo  duca 
e  poi  gran  duca  di  Toscana.  L'  essersi  avve- 
duti  i  collegati  ciie  non  mancava  artiglieria  a 
quella  gente,  li  fece  dopo  breve  battaglia  de- 
sistere da  altri  tentati^i•,  laonde  coloro  passa- 
rono il  Po  ,  e  marciarono  dijioi  alla  volta  di 
Piacenza.  Seppesi  posiia  che  Alfonso  duca  di 
Ferrara  ,  il  quale  maneggiava  da  gran  tempo  i 
suoi  affari  con  Carlo  Augusto  ,  pregato  da  quei 
Tedeschi  ,  e  intento  a  far  conoscere  il  suo 
buon  animo  ad  esso  imperadore ,  a\  ea  loro 
inviato  dodici  tra  falconetti  e  mezze  colubrine, 
con  assai  munizioni  da  guerra.  Né  si  dee  tra- 
lasciare che  papa  Clemente  ,  il  quale  non  pos- 
sedea  la  virtù  di  saper  perdonare  ,  né  di  re- 
primere i  suoi  odj  ,  niun  oiecchio  avea  fin  ((ui 
voluto  dare  alle  istanze  iV  esso  duca  Alfonso  , 
per  riavere  la  sua  città  di  Modena ,  anzi  avea 
con  insidie  cercato  ili  spogliarlo  anche  di  Fer- 
rara :  fnalmente  pel  tanto  picchiare  de'  suoi 
consiglieri  s' indusse  a  proporre  un  accordo 
con  lui  ,  non  già  |)er  grandezza  ti'  animo ,  ma 
quasi  ]jer  necessilii  in  sì  scabrosi  tempi.  Si 
proponeva  di  dichiararlo  capitan  generale  della 
lega  ,  di  dar  per  moglie  a  donno  Ficole  suo 
primogenito  Catlcriiia  de' Medii'i  ,  che  fu  poi 
regina  di  Francia  ,  e  di  restituirgli  .Modena  , 
pagan(k)  egli  ducenfo  mila  scudi  d'  oro.  Appog- 
fjiala  (juesla  projiosizione  a  l'^aiicesco  (ìuicciar- 
dijio  ,  non    fu  a  tempo.    Il  duca  ouoralaincjile 


ANNO    MDXXVt  5 23 

fece  sapere ,  essere  già  acconciali  gli  affari 
suoi  coli'  imperadore ,  uè  poter  esso  pren- 
dere con  onor  suo  contrarie  risoluzioni.  In 
fatti  Carlo  Augusto  sul  fin  di  scltombre  gli 
avea  confermata  T  investitura  de'  suoi  Stati , 
fra'  quali  Modena  e  Reggio  ,  e  dicliiaralo  lui 
capitan  generale  delle  sue  armi  in  lUilia  ,  e  sta- 
biliti gli  sponsali  del  suddetto  donno  Ercole 
con  Margherita  ,  sua  figlia  naturale ,  clie  ve- 
dremo poi  duchessa  di  Firenze  ,  e  di  Parma 
e  Piacenza.  Si  pentì  ben  Clemente  delle  pas- 
sate sue  durezze  con  questo  principe,  e  n'ebbe 
de'  vivi  rimproveri   da'  suoi  collegati. 

Nel  novembre  di  quest'  anno  spedì  Carlo  V 
in  Italia  il  viceré  Lanoia  con  una  fiotta ,  su 
cui  venivano  quatti'o  mila  fanti  spagnuoli ,  e 
non  già  quattordici  mila ,  come  con  troppa 
apertura  di  bocca  lia  il  Giustiniano  Genovese. 
Arrivata  questa  a  Codimonte ,  il  prode  Andrea 
Doria ,  cU'  era  allora  a'  servigi  del  papa  ,  Pie- 
tro Navarro  ,  che  guidava  le  galee  di  Francia 
e  le  galee  de' Veneziani  (avea  questa  armata 
dianzi  tenuta  Genova  per  molto  tempo  come 
bloccata  )  andarono  ad  assalirla.  In  quella  bat- 
tijglia  perde  il  viceré  una  nave ,  e  col  resto 
assai  maltralLito  si  ridusse  poi  in  regno  di  Na- 
poli ,  dove  unito  coi  Colonnesi  cominciò  a  dar 
grande  apprensione  al  papa.  In  somma  fu  bea 
l'anno  presente  fecondo  di  guai  e  disastri  per 
tutta  l' Italia  ,  dove  ,  secondo  il  minuto  conto 
che  ne  fece  l'Anonimo  Padovano,  si  contarono 
circa  cento  mila  soldati  in  varie  parti ,  con  in- 
finite estorsioni  ed  inesplicabile  aggravio  de  i 
popoli,    e    spezialmente    della    misera    città  di 


324  ANNALI    d' ITALIA 

Milano  e  di  quello  Stato,  le  cui  miserie,  descritte 
da  varj  autori ,  quasi  non  si  possono  leggere 
senza  lagrime.  Pel  gran  bisogno  di  danaro  finse 
il  Borbone  di  voler  far  decapitare  il  già  im- 
prigionato Girolamo  Morone.  Questi  si  riscattò 
con  venti  mila  ducati  d' oro ,  e  poco  stette 
col  suo  ingegno  a  divenire  il  confidente  del 
medesimo  Borbone.  Ne  gli  stessi  tempi  co- 
minciò la  città  di  Napoli  ad  essere  llagellata 
da  un'  orrida  peste ,  clie  continuò  poscia  ne  i 
tre  seguenti  anni,  con  giavissima  strage  di 
quella  sì  popolala  metiopoli.  Si  aggiunse  an- 
che la  carestia- a  questi  malori.  Ma  ciò  che  fii 
più  degno  dì  pianto,  è  da  dir  l' irruzione  fatta 
in  quest'anno  nell'Ungheria  da  F"J^'*ìano  Sul- 
tano de' Turchi;  la  gran  rotta  da '^Ju.  data  a 
quo'  popoli  cristiani  colla  morte  del  re  loro 
Lodovico,  e  la  presa  della  real  città  di  Buda 
e  di  tanl' altri  paesi.  Grandi  furono  le  dicerie 
per  questo  contra  di  paj)a  Clemente ,  impu- 
tando i  più ,  ed  anche  lo  stesso  Carlo  Augu- 
sto in  iscrix  endo  a  i  cardinali ,  queste  calamità 
ad  esso  pontefice,  giacché  egli  in  vece  di  ac- 
cudire a  resistere  a  i  Turchi  in  difesa  del 
Cristianesimo  ,  a\  oa  voluto  f;ir  guerra  a  i  Cri- 
stiani, spendendo  ininn-nsi  tesori  in  mantenere 
nn'arniata  in  Lombardia,  un'altra  ne' suoi  Stati 
per  guerreggiar  co'  Sanesi  e  Colonnesi ,  e  una 
flotta  in  mare  per  mutare  il  governo  di  Ge- 
jio\a.  Ma  qual  rovina  maggiore  [)rocedesso  da 
questi  politici  impegni  del  pontefice,  pur  troppo 
lo  vedremo  all'amio  seguente, 


A^KO     MDXSVlt        •  325 

Annodi  Cristo   1527.  Indizione  XV. 
di  Clemente  ^  II  papa  5. 
di  Carlo  V  iuipemdore  q. 

Siam  giunti  ad  un  anno  rk''pjù  fu'iesti  e  la- 
grlmevoli  che  s'abbia  mai  avuto  Tltalia.  Sul 
fine  del!"  anno  precedente  e  sul  principio  di 
questo  seguitò  a  farsi  una  guerra  arrabbiata  e 
come  turcliesca  fra  ic  milizie  del  papa  e  quelle 
de'  Colomiesi  ,  sostenute  dalle  cesaree  del  re- 
gno di  Napoli,  perchè  tutto  si  metteva  a  feno 
e  fuoco.  Fu  in  questi  tempi  preso  e  messo  ia 
Castello  Sant"  Angiolo  V  abbate  di  Farfa  ,  cioè 
Napoleone  de'  primi  di  casa  Orsina ,  giovane 
provveduto  più  di  temerità  che  di  prudenza  j 
e  fu  divolgato  eh'  egli  si  fosse  inteso  col  viceré 
Lanoia  di  dargli  una  porta  di  Roma  ,  e  si 
giunse  (ino  a  dire  eh'  egh  avesse  tramato  con- 
tro la  sacra  persona  dello  stesso  pontefice.  Andò 
il  viceré  all'  assedio  di  Frosinone  ,  e  vi  stette 
sotto  alquanti  giorni  ;  ma  inoltratosi  Renzo  da 
Ceri  col  Vitelli  e  coli'  esercito  pontifizio ,  gli 
toccò  una  spelazzata ,  per  cui  fu  obbligato  a 
ritirarsi.  Fra  i  grandiosi  disegni  del  papa  ,  uno 
de'primarj  era  di  portar  la  guerra  in  regno  di 
Napoli ,  e  a  questo  fine  aveva  egU  chiamato  a 
Roma  Renato  conte  di  Vaudemont ,  erede  de- 
gli oramai  rancidi  diritti  degli  Angioini.  INIon- 
tato  questi  sulla  flotta  pontifizia  e  veneta,  con 
cui  s'  aveano  ad  unire  anche  le  navi  franzesi  ^ 
sul  principio  di  marzo  fece  vela  verso  il  lilto- 
)'ale  di  Napoli.    S' impadronì    di    Castellaniare  j 


Ssfì  ANNALI     d'  ITALIA 

di  Stabbia ,  della  Torre  del  Greco  e  di  Sor- 
rento ;  e  dopo  aver  sacciieggiato  altri  luoghi  , 
si  spinse  addosso  a  Salerno ,  e  l' ebbe  con 
poca  fatica.  L'Anonimo  Padovano  riferisce  con 
altri  questa  occupazione  a  i  primi  giorni  d'  a- 
prile  ;  il  (iiiicciardino  molto  prima.  Era  quella 
città  ricchissima  ;  tutta  fu  messa  a  sacco  j  e 
chi  del  popMilo  non  ebbe  tempo  a  salvarsi  colla 
fuga  j  fu  prigione ,  ed  obbhgato  poi  a  riscat- 
tarsi con  esorbitanti  taglie.  Oltre  a  ciò  in  Ab- 
bruzzo  riuscì  ai  maneggi  de'  Pontifizj  di  far 
ribollare  la  città  delf  Aquila  ;  e  Renzo  da  Ceri 
dopo  aver  preso  Tagliacozzo  ,  s"  inviava  alla 
volta  di  Sora.  Pareano  in  questa  maniera  ben 
incamminali  gli  affari  del  papa  ,  ma  nella  so- 
stanza prendevano  ogni  dì  piij  cattiva  piega. 
Mancava  danaro  per  pagar  le  milizie  ;  somma- 
mente si  scarseggiava  in  Roma  slessa  di  vetto- 
vaglie ;  e  pelò  una  gran  diserzione  entrò  nel- 
l'armata papale,  di  modo  che  Renzo  disj)erato 
se  ne  tornò  a  Roma ,  nò  altro  maggior  pro- 
gresso fecero  V  armi  del  pontefice.  E  intanto 
dalla  parte  della  Lombardia  s' era  alzalo  un 
gran  temporale  che  di  buon'  ora  cominciò  a 
far  tremare  papa  Clemente  ,  e  del  pari  tutti  i 
suoi  aderenti  e  sudditi. 

Ccrlamentc  in  questi  tempi  andava  conti- 
nuamente fra  tanti  venti  ondeggiando  il  poli- 
fico  ra|)o  e  1'  animo  pauioso  d'  esso  pontefice  , 
inclinando  ora  alla  speianza,  oia  al  timore,  e 
scrivendo  ora  lettere  di  fuoco,  ed  ora  altre 
filile  souuncsse  a  Cesare  ,  e  ad  altri  |-.iiniipi. 
Più  volle  <!gli  mosse  ,  od  ascollò  jKiioìe  d'ac- 
cordo   col    viceré    Lanoia  ;    ina    opponendosi 


ANNO    MDXXVII  32  ^ 

Sempre  a  tutto  potere  gli  oratori  del  re  Cristia- 
nissimo e  do'  Veneziani ,  e  insistendo  egli 
sempre  in  volere  lo  sterminio  de'  Colonuesi , 
andava  in  fumo  ogni  trattato.  Tuttavia  s' era 
il  papa  indotto  una  volta  ad  un  aggiustamento 
anche  poco  decoroso,  ed  altro  non  vi  mancava 
che  la  di  lui  sottoscrizione  ,  allorché  sopra- 
venne la  nuova  d'essere  stali  seacciali  i\,\  Pro- 
sinone gl'imperiali  :  per  la  qual  vittoiia  in- 
speranzito  di  più  felici  successi ,  troncò  quel 
negoziato.  Contultociò  da  che  s'intese  la  mossa 
del  duca  di  Borbone  verso  gli  Slati  della  Chiesa 
e  di  Firenze ,  alloia  accomodandosi  alle  cor- 
renti vicende,  acconsentì  finalmente  ad  una 
tregua  di  olto  mesi  coli*  imperadore ,  è  a  re- 
stituire a  i  Colonnesi  le  loro  terre:  risoluzione 
che  par\  e  saggia  per  conto  suo ,  ma  che  a  i 
suoi  collegati  riuscì  sommaiuente  dispiacevole 
e  molesti! ,  e  a  lui  poscia  e  a  Roma  infinitamente 
dannosa.  Imperciocfcliè  credenilosi  egli  in  vi- 
gore di  questa  concordia  assiciwato  da  ogni 
pericolo ,  disarmò ,  licenziata  la  maggior  parte 
delle  sue  .soldatesche ,  e  spezialmente  le  bande 
nere  del  fu  Giovanni  de'  Medici  ,  gente  tutta 
veterana  e  valorosa.  Scrive  il  Rinaldi  (i)  che 
non  si  parlò  in  esso  accordo  de'  Colonnesi  :  il 
che  non  par  verisimile.  Secondo  l'Anonimo 
Padovano,  circa  il  dì  aS  di  marzo  fu  stipulata 
la  tregua  suddetta  ,  e  in  fatti  entrò  quel  dì  ili 
Roma  il  viceré  Lanoia.  IMa  in  essa  città  com- 
parve ancora  un  uomo  vestito  di  sacco  ^  so- 
pi'anominato     Brandano ,    che    alle     appaienze 

(i)  Raynaldus  Annal.  Eccl. 


328  AKNAM    d'  ITATIA 

sembrava  un  pazzo,  ed  era  Sanese  di  patria  (i). 
Andava  egli  pubbiicaiiieiite,  a  guisa  di  Giona, 
predicando  per  tutta  Roma ,  che  soprastava  a 
i  Romani  un  gran  flagello,  e  che  perciò  fa- 
cessero penitenza,  ed  emendassero  i  lor  troppi 
vizj  e  peccati,  per  placar  Dio  gravemente  sde- 
gnato Gontra  di  loro,  senza  rispamiare  lo  stesso 
papa  e  i  cardinali.  Era  perciò  appellato  il  Pazzo 
di  Cristo.  Non  piacendo  la  musica  di  costui  al 
governo,  fu  mandalo  il  buon  uomo  a  predicare 
in  una  prigione  ;  ma  da  che  furono  succedute 
le  disgrazie  di  Roma,  ed  egli  ebbe  ricuperata 
la  libertà ,  tenuto  fu  per  profeta  ,  senza  che  le 
sue  voci  avessero  prodotto  alcun  profitto  quan- 
di' era  tempo.  La  venta  nondimeno  si  è ,  che 
Brandano  fu  un  fanatico  pieno  d' alterigia  e  di 
maldicenza.  Odiava  certo  i  mali  costumi  d' al- 
lora ,  e  li  staffilava  con  zelo,  ma  zelo  spropo- 
sitalo. A  fare  un  Santo  altro  ci  vuole  che  un 
sacco ,  un  Crocifisso  e  un  declamar  contro  i 
vizj. 

Tornando  ora  in  Lombardia,  dove  lasciammo 
accani|>alo  verso  l'iacenza  Giorgio  Franspcrg 
co'  suoi  Tedeschi  ,  andò  Carlo  duca  di  Bor- 
bone circa  la  metà  del  gennaio  ad  unirsi  con 
quella  genie  a  Fiorcnzuola,  menando  seco  cin- 
quecento uomini  d'arme,  molti  cavalli  leggieri, 
quattro  o  cinque  mila  Spaglinoli  ili  genie  elet- 
ta ,  e  circa  due  mila  fanti  ilaliani.  L' Anonimo 
Padovano  scrive,  aver  egli  condotto  seco  quat- 
tro mila  Tedeschi  e  due  mila  ca\ alli,  che  con- 
giunti   col    Fransperg    formarono    un  possente 


(})   .^iin^nvinn  .   Slniin.  .Inlinnncs   CocKrns  coiitra  LlV- 
tlicnim.  blunc  v>uiit'si,  (.ìtiicciuidiiio  ed  ului. 


ANNO     MDXXVII  Ssg 

esercito.  Quivi  temiero  dei  gran  consigli  ;  e 
per  quanto  -si  potè  scorgere ,  fin  cF  allora  pre- 
sero la  risoluzion  di  passare  a  Firenze  e  a 
Roma ,  con  disogno  di  saccheggiar  quelle  città 
e  qualunque  altro  luogo  nel  loro  passaggio , 
non  solo  per  soddisfare  al  presente  lor  biso- 
gno, ma  ancora  por  arriccliirc  in  questa  ma- 
niera ,  giacché  gran  tempo  era  che  non  sa- 
peano  cosa  fossero  paghe ,  né  restava  loro 
speranza  d'averne  in  avvenire.  Convien  anche 
aggiugnere  che  Giorgio  Fransperg  era  un  Lu- 
terano ,  e  la  maggior  parte  de'  suoi  aderenti  a 
quella  sotta  :  laonde  è  da  credere  che  recas- 
sero fin  di  Germania  il  disio  di  far  qualche 
brullo  tiro  all'  odiato  da  essi  pontefice  romano. 
Anzi  fu  comun  parere  che  il  medesimo  Fran- 
sperg seco  portasse  sempre  un  capestro  di 
seta  e  d' oro  ,  vantandosi  di  voler  con  quello 
strangolare  il  papa.  Pertanto  eccoti  muoversi 
arditamente  questo  bestiale  esercito  nel  di  22 
di  febbraio  ,  e  venire  a  Borgo  San  Donnino  , 
senza  far  caso  di  trovarsi  privo  di  danaro,  di 
vettovaglie  ,  di  munizioni  ed  altrecci  da  guerra, 
e  del  dover  passare  fra  tante  terre  nimiche  , 
e  coli'  avere  a'  fianchi  o  innanzi  un'  armata 
più  anche  poderosa,  che  non  era  la  loro.  In 
fatti  le  genti  ecclesiastiche  col  marchese  di  Sa- 
luzzo  e  con  Federigo  da  Bozzolo ,  lasciato  il 
conte  Guido  Rangone  in  Parma  ,  con  ordine 
di  accorrere  alla  difesa  di  Modena ,  andarono 
con  celerità  ad  assicurar  la  città  di.  Bologna. 
Dopo  avere  i  Borboncschi  dato  il  sacco  a  varj 
luoglù   del   Parmigiano   e  Reggiano  ;    ancorchì' 


33o  Annali  l'  italia 

il  duca  eli  Ferrara,  padrone  cTi  Reggio  (t)  , 
ne'  sei  giorni  che  coloro  stettero  sul  Reggiano , 
non  mancasse  di  mandar  loro  regali  e  viveri , 
nel  dì  5  di  marzo  vennero  a  riposarsi  a  Buom- 
porto  del  Moilenese.  Andò  il  Borbone  ad  ab- 
boccarsi al  Finale  col  duca  di  Ferrara .  ed 
ebbero  insieme  desìi  stretti  ragionamenti.  Il 
Guicciardino  ,  che  certo  non  vi  si  trovò  pre- 
sente ,  immaginò  che  il  duca  Alfonso  confor- 
tasse il  Borbone  a  continuare  il  viatreio  alla 
volta  di  Firenze  e  di  Roma.  La  verità  è  ,  che 
Alfonso,  a  cui  l'impcradore  avea  promessa  la 
tenuta  di  Carpi,  dianzi  suo  per  la  metà,  giac- 
ché per  l'altra  metà  ne  era  decaduto  Alberto 
Pio  a  cagione  de'  suoi  tradimenti  ,  trattò  col 
Borbone  d'esserne  messo  in  possesso,  siccome 
in  fatti  impetrò  collo  sborso  di  molto  danaro, 
ed  obbligazione  di  maggior  somma  in  altre 
rate.  Pertanto  consegnata  quella  nobii  lena  ad 
esso    Alfonso ,    gli    S])aguuoli  eh'  ivi    erano    di 

{)residio,  e  non  pochi,  andarono  ad  accrescere 
'  armata  l^orbonesca.  Passò  questa  dipoi  a  San 
Giovanni  sul  Bolognese,  fermandosi  (juivi  per 
quattro  giorni .  con  far  delle  scorrerie  fino  alle 
jiorte  (li  Bologna  ,  e  rodendo  tutto  quel  di 
vettovaglia  che  lro\a\ano. .  Anche  il  duca  di 
Ferrara  continuamente  andò  loro  inviando  mu- 
nizioni da  borea  e  da  guerra  :  del  che  gli  fu 
poi  fatto  un  delitto  da  papa  Clemente  ,  quasi 
che  ad  un  generale  e  vassallo  di  Cesare,  come 
egli  era,  disconveuisse  l'aiutar  ne' bisogni  l'c- 
eeicito  del  suo  sovrano  ;    e    tanto    più    perchè 

(i)  Panciroli  llistor.  Rrgirns.  MS. 


AWNO  Mnxxvn  33 i 

gli  dovea  esser?  ,  secondo  l' accordo  ,  bonifi- 
cato tutto  nel  debito  contratto  per  Carpi  5  ed 
insieme  per  hil  via  veniva  a  restar  salvo  da  i 
saccheggi  il  distretto  di  Ferrara.  Fu  colpito  in 
questi  tempi  il  capitano  Fransperg  da  mi  ac- 
cidente a|)()pletico,  per  cui  fu  condotto  a  Fer- 
rara ad  implorare  il  soccorso  dei  medici. 

Cotanto  si  andò  ])oi  fermando  sul  Bolognese 
il  Borbone ,  clie  arrivò  la  nuova  della  tregua 
stabilita  fra  il  papa  e  il  viceré  di  Napoli.  Que- 
sta fu  cagione  che  i  Veneziani ,  per  sospetto 
che  il  Borbone  si  potesse  volgere  a  i  lor  danni, 
richiamassero  di  là  da  Po  il  duca  d"  Urbino 
colle  sue  genti:  il  che  riempiè  di  terrore  i  lor 
sudditi.  Ma  il  Borbone  ,  essendogli  stato  inti- 
mato da  uomini  spediti  dal  papa  e  dal  viceré 
che  si  ritirasse  da  gli  Stati  della  Chiesa  ,  non 
sì  tosto  el)be  connniicato  quest'ordine  a  i  ca- 
pitani dell'  esercito  ,  che  si  fece  una  solleva- 
zione ,  e  fu  in  pericolo  la  vita  sua.  Spedito  a 
FeiTara  il  marchese  del  Vasto  ,  s' iuecenò  di 
ricavare  da  quel  duca  il  re.sto  del  danaro  pro- 
messo per  la  signoria  di  Carpi  :  con  cui  si 
quelò  il  tumulto.  Rispose  intanto  il  Borbone 
al  viceiè  di  non  essere  obbligato  a  quel  ver- 
gognoso accordo,  e  che  l'armata  priva  di  pa- 
ghe potea  tornare  indietro.  Sopragiunto  poscia 
un  altro  messo  spedito  da  esso  viceré  ,  che 
mostrò  copia  dell'  autorità  a  lui  data  dall'  im- 
peradore  di  far  pace ,  begna  e  guerra  ,  come 
a  lui  piacesse  ,  e  comandò  a  tutti  gh  ufiziali 
sotio  giavissime  pene  di  non  procedere  in- 
nanzi :  altro  effetto  non  produsse,  se  non  c!)e 
Alfonso  marchese    del  Vasto  ,  con    alcuni  alili 


33 3  ANNALI    d'   ITALIA 

signori  Napoletani,  si  partì  da  queir arrabLiafo 
eseicito  con  gran  dolore  del  Borbone  e  de  gli 
Spagnuoli.  Sul  principio  d' aprile  si  mosse  il 
Borbone  verso  la  Romagna ,  avendo  prima  i 
collegati  inviate  buone  guarnigioni  ad  Imola  , 
Forlì  e  Ravenna  ;  e  presa  la  terra  di  Brisi- 
gliella  ,  ivi  trovò  di  grandi  ricciiezze  ,  percliè 
quel  popolo  bellicoso  nelle  antecedenti  guerre 
era  intervenuto  al  sacco  di  varie  terre  e  città. 
Tutto  andò  in  mano  di  que*'  masnadieri ,  e  la 
tcira  data  fu  alle  fianmie.  Lo  stesso  crudel 
trattamento  patì  la  bella  terra  di  Meldola  e 
Russi ,  con  altre  di  quelle  contrade.  In  questo 
mentre  il  viceré  Lanoia  ,  o  sia  cbe  veramente 
gli  premesse  di  mantener  la  fede  data  al  papa, 
o  che  fingesse  tal  premura,  venne  a  Firenze, 
e  dopo  avere  stabilito  accordo  con  quella  re- 
pubblica, disegnava  ancora  di  passare  al  campo 
del  Borbone  ,  per  fermarlo.  Ma  avvisato  ,  che 
se  compariva  colà,  non  era  sicura  la  sua  vit;», 
se  ne  tornò  dopo  molti  giorni  ,  senza  far  al- 
tro, indietro.  Scrive  nulladinirno  il  Giovio,  ed 
anche  il  Nardi,  che  si  abbt)ccarono  insieme j 
con  essere  poi  stato  costretto  il  viceré  dalle 
furioso  grida  desoldali  a  sabarsi.  Allora  i  Fio- 
rentini chiamarono  in  To.scana  i  collegali ,  che 
per  varie  vie  andati  colà ,  assicurarono  ben 
Firenze  da  inaggioi'i  iusnlli  ,  ma  nulla  opera- 
rono per  impedire  al  lioibonc  ili  \ allear  TA- 
pennino  tra  Faenza  e  Forlì  per  la  Galiata  ,  e 
di  giuiiuerc  nel  Fiorenlino  su  (juel  di  B.bieiia, 
con  fcriiiarsi  a  i  rouiini  di  Siena,  saccheggiando 
e  bruciando  il  contado  ili  Firenze,  mentre  i 
Sanesi  gli  davano  liivore  e   vettovaglie  a   tulio 


ANNO  iMnxxvii  333 

potere.  Al  duca  d"  Li  bino  riuscì  in  questa  con- 
giuntura ,  e  non  prima  ,  di  cavar  dalle  mani 
de'  Fioronlini  le  fortezze  di  San  Leo  e  di 
IVlaiuolo  nel  Montelcltro.  ÌNè  mancò  chi  T  accu- 
sasse di  pensieri  segreti  conlrarj  al  bisogno  del 
papa  ,  per  gli  aggravi  a  lui  infeiiti  ne  gli  anni 
addietro  dalia  casa  de'  Meilici. 

Ora  trovandosi  i  Fiorentini  in  mezzo  a  sì 
fiero  incendio,  assassinali  nel  dislrello  da  i 
nemici  crudeli  Borbonisti  .  e  non  nen  eravali 
da  gli  amici  ,  a'  quali  doveano  somniinistiar 
danaro  e  vitto,  quando  la  lor  città  pahAa  r.na 
grave  carestia  :  sparlavano  forte  del  papa  ,  at- 
tribuendo a  lui  non  nien  essi  ,  che  poscia  i 
Romani,  per  attestato  dell" Anonimo  Padovano, 
la  cagione  di  tanti  mah  d' Italia  per  la  cupidi- 
gia di  spogliare  gli  Estensi  di  Ferrara  ,  e  di 
continuar  la  sua  tirannia  in  Firenze.  Perciò  un 
giorno  mossero  la  città  a  sedizione  ,  per  iscac- 
ciarne  i  Medici  e  ricuperare  la  libertà.  Chia- 
mati accorsero  a  tempo  il  duca  d'  Urbino  e 
Michele  marchese  di  Saluzzo.  Pertanto  veg- 
gendo  il  duca  di  Borbone  che  possibil  non 
era  di  mettere  il  piede  in  Firenze ,  difesa  da 
tante  genti  della  lega  ,  nel  di  26  d'  aprile  si 
mise  in  marcia  con  tutto  1'  esercito  alla  volta 
di  Roma.  Quanti  armati  egli  conducesse ,  né 
pure  allora  ,  secondo  il  solito  ,  ben  si  seppe. 
I  più  portarono  opinione  che  fossero  venti 
mila  Tedeschi ,  otto  mila  SpagnuoH  e  tre  mila 
Italiani  utiU  ,  con  poca  cavalleria ,  cioè  con 
sccenlo  caAalli,  e  senza  artiglieria  e  senza  car- 
riaggi. Altri  sminuiscono  queìrarmata:  ma  certo 
è  che  gran  copia  di  malviventi  italiani  seco  si 


33  I  AXNIM    d'  ITAT.IA 

cougi'inse  per  la  speranza  di  grosso  bottino.  A 
questo  avviso  fu  spetJito  il  conte  Guido  Pian- 
done ,  generale  dell'  armi  papaline  ,  per  una 
diversa  strada  verso  Roma  con  cinque  mila 
fanti  e  tutti  i  suoi  cavalieri.  Ma  olire  all'  es- 
sergli poi  scritto  da  Roma  ,  abbisognar  quella 
città  solamente  di  sei  in  ottocento  archibugieri, 
le  genti  sue  non  aveano  tanti  interni  stimoli 
alle  marcie  sforzate  ,  come  1'  eseicito  del  Bor- 
bone ,  spinto  dalla  fame ,  avido  uella  preda  e 
disperalo.  Erano  rotle  e  fangose  al  maggior 
segno  le  strade:  pure  senibraxa  clie  coloro 
volassero.  Saccheggiarono  Acquapendente ,  San 
Lorenzo  alle  Grolle  ,  Ronciglione  ed  allri  luo- 
ghi. Mandalo  innanzi  il  capitano  Zucchei'O  co 
i  suoi  pochi  ca\alH  ,  aiutato  da'tuorusciti,  entrò 
in  Viterbo,  e  vi  preparò  tanta  vettovaglia,  che 
giunta  r  armata  colà  prese  un  buon  ristoro. 
Veggendosi  in  qnesto  mentre  il  pontefice  a  mal 
parlilo  ,  lasciata  andare  la  tregua  già  stabilita 
col  Lanoia  ,  tregua  che  fu  la  sua  rovina,  di 
nuovo  conchiuse  lega  co'  Veneziani  e  duca  di 
Milano,  ma  lega  che  nulla  il  preservò  dall'im- 
minente calamità.  Di-Ila  difesa  di  Roma  era 
incaricato  Renzo  da  Ceri,  che  tunìultuariamente 
avendo  raccolta  ((uanla  genie  potè  ,  lor  diede 
1'  armi  :  gente  ndinliuieiio  la  maggior  parte 
ijiesperta  a  quel  mestiere,  perchè  pie.sa  dallo 
stalle  de' cardinali,  e  dalle  botteghe  de  gli  ar- 
tigiani ;  e  il  popolo  di  Koma  d' allora  non  era 
quello  de  gli  antichi  tempi.  L'  .Vuonimo  Pado- 
vano scrive ,  che  lìen/.o  falle  le  mostre  ,  si 
trovò  avere ,  coMqiulato  il  popolo  romano  , 
dieci  mila  ottimi  lànti  e  cin<juecenlo  cavalli,  e 


paura  , 


A^NO    MDXXVtl  33 1 

li  mandava  ogni    giorno  ad    assalire  1'  esercito 
Borbonesco.  Vensiniilnieule  non  gli  fecero  gran 
né  male. 
Arrivò  il  Borbone    nel  di  5  di  m;)!:"io   su  i 
prati    di   Roma  ;    e    perciocché    dall'  un    canto 
sapea  clie  V  esercito  della   lega,  vegnendo    alle 
spalle ,  cominciava  ad  appressarsi  ,  e  dall'  altro 
non  vedea  maniera  di  far  sussistere  V  armata  , 
priva  all'alto    di  vettovaglia    e    in   paese  prima 
spazzato  ^  spinto  dalla  necessità  e    dalla  dispe- 
razione ,  nel  di  seguente  sei   di  maggio  deter- 
minò di  vincere  o  di  morire.  Però  suU'  apparir 
del   giorno  anilò    ad  assalire    il  Borgo    di  San 
Pietro  ,  dove  Renzo  da  Ceri ,  Camillo  Orsini , 
Orazio    Baglione  e  molti    nobili  romani  fecero 
gran  dilesa.  Ma  eccoti  sopragiugnere    una  lolla 
nebbia  ,   per    cagione    di  cui    le    artiglierie    di 
Castello  Sant'  Angelo ,  die  prima  laccano  gian 
danno    a    i    Borbonescbi  ,  cessarono    ili  tirare. 
Con  tale  occasione  accostossi  il  Borbone  Aerso 
la  porta  di  Santo  Spirito  ;  ed  essendo    la  mu- 
raglia bassa,  appoggiatevi  molte  scale ,  fu  dei 
primi  a  salir  per  esse  ,  ma  non  già  ad  arrivar 
sulle  mura,  perchè    colto    nel!' anguinaglia    da 
una  palb  d' arghibugio  o  de' suoi  o  de' nemici 
soldati ,   andando    colle  gambe    all'  aria  ,    poco 
stette  a  spirar    la  scellerata    sua  anima  ,   senza 
godere  alcun    frutto    dell'  infame  suo    attentalo. 
Entrarono  bensì  i   suoi  soldati  :  il    che  riferito 
a  papa    Clemente ,  che    tuttavia  stava    nel  pa- 
lazzo Vaticano,  tosto  si  ntirò  in  Castello  Santo 
Angiolo  co  i  cardinali  e  prelati  del  suo  seguito  j 
né  poi  si    arrischiò    a    fuggire  .  come    avrebbe 
potuto ,  secondo  alguni  ^  quando  ijtri  scrivono 


336  ANNALI    d'  ITALIA 

che  i  Colonnesi  con    dieci    mila  armati    erano 
ne  i  contorni  ,  acciocché  egU  non  potesse  met- 
tersi in  salvo.  Perciò  ivi  rinserrato ,  fu  costretto 
ad  essere  spettatore  di  quella  tanto  lagrimexol 
tragedia.  Presero' nello  stesso  tempo  gli  arrab- 
biati masnadieri  non  solamente  Trastevere,  ma 
anche  la  città ,  entrando  per  ponte  Sisto  :  tanto 
era  il  disordine  de'  suoi  soldati  e  de  i  Romani, 
e  s!  poca  era  stata  la  precauzione  de'  capiUuii. 
Esigerebbe  ora  più  carte  la  descrizione  dell'or- 
rida disavventura    di  Roma.  A    me    basterà   di 
dire  in  compendio    che    all'  ingresso    di  quella 
furibonda  canaglia  rimasero  uccisi  ben  quattro 
mila    fra  soldati    e  cittadini    romani.    Il  Giovio 
dice  fin  sette  mila.    In  quella  notte   poi  e  j)er 
più  dì    susseguenti  ad  altro    non  attesero  quei 
cani  ,  che  al    saccheggio    dell'  infelice     città.  E 
siccome    essa   era    piena  di    ricchezze     per    le 
corti  di  tanti  cardinali ,  principi    ed  ambascia- 
tori,   così    immenso   fu   il    bottino,  con  ascen- 
dere a  più    milioni  d' oro.    Né  minor   crudeltà 
usarono  in  tal  congiuntura  gh  spietati  Spagnuoli 
Cattolici,  che   i  Tedeschi    Luterani.  Non  con- 
tenti di    spogliar  palagi  ,  case  e  lutti    ancora  i 
sacri  luoghi ,  con  bruciar  anciie  dove  trovavano 
resistenza  ,    fecero    prii;ioni    quanti    cardinali  , 
vescovi  ,    prelati  ,    cortigiani    e    nobili    romani 
caddero  nelle    lor  mani  ,  e    ad    essi    imposero 
indicibili  taglie  di  dnnaro,  formentandone  ezian- 
dio  moltissimi  ,    allineile  rivelassero    gli    ascosi 
e    non    ascosi  tesori  :    crudel    trattamento  ,  da 
cui  non  andò  esente  uè    pure  uno  de    gli  ab- 
bati ,  [)iiori    e  ca|)i    di  monisleri.  E  chi   s  era 
riscattato  da  gli  Spagnuoli ,  se  eopragiui^nevauo 


ANNO    Rinxxvii  33^ 

i  Tedeschi ,  era  Ji  nuovo  taoliejeinto  e  sotto- 
posto  a'  tormenti.  Si  aj^gimise  a  tanta  barbarie 
lo  sfogo  ancora  della  libidine  ,  restando  esposte 
ad  ogni  ludibrio  non  ;uen  le  matrone  romane 
e  le  lor  figlie ,  che  le  stesse  vergini  sacre  ; 
giacché  niun  freno  avendo  quella  bestiai  ciur- 
maglia per  la  morte  dell'  emjiio  lor  generale  , 
non  lasciò  intatto  alcun  monistero  o  tempio 
alcuno  dalle  violenze.  Oltre  a  lutti  i  vasi  et 
arredi  sacri  delle  chiese  che  antlarono  in  pre- 
da ,  si  videro  da  que'  miscredenti  conculcate 
le  sacre  reliquie ,  e  gittate  per  le  strade  le  sa- 
cratissime  Ostie ,  e  per  maggior  dileggio  della 
religione  ,  passeggiavano  per  Roma  soldati  ab- 
bigliati non  solamente  con  vesti  sfarzose  e  col- 
lane d'oro,  ma  anche  con  abiti  sacri;  e  giun- 
sero alcuni  a  vestirsi  da  cardinaU  j  e  insino  a 
contrafare  il  papa  con  ischerui  senza  numero. 
E  tal  fu  r  inesplicabii  miseria  di  Roma  ,  che 
con  ragion  venne  creduto  aver  fatto  p^'ggio  in 
quella  metropoli  Tesercito  dell'iniquo  Boibone, 
che  i  Goti  e  Vandali  nel  secolo  v  dell'  era 
cristiana.  Giusti  et  adorabili  sempre  sono  i 
giudi/j  di  Dio;  e  certamente  i  saggi  d'allora, 
fra' quali  Tommaso  da  Vio  cardinal  Gaetano, 
e  Giovanni  Fischerò  vescovo  RolVense,  poscia 
cardinale  e  martire  ,  non  lasciarono  di  riguar- 
dar sì  strepitose  calamità  per  ILigello  inviato 
da  Dio  alla  non  poco  allora  corrotta  corte 
romana. 

Chiuso  intanto  in  castello  1'  afflilto  pon- 
tefice, facendo  delle  meditazioni  dolorose  so- 
pra agli  amari  frutti  de'  suoi  bellicosi  impegni  , 
rade  volte    convenevoli    a    chi    è    ascritto  alla 

Muratori.  Ann.  Fol.  XI F,  22 


338  ANKAU    d'  ITALU 

ecclesiastica  milizia  ,  stava  pure    egli   sperando 
elle  gingnesse  Y  esercito    della    lega    per    libe- 
rarlo. In  fatti  appena  erano  entrati   in  Roma  i 
nemici,  die  arrivò  a  quelle  mura  il  conte  Guido 
Rangone  ;  ma    non  si  attentò    colle    sue    forze 
tanto  inferiori  ad  assalire    quel    furioso    e    po- 
tente esercito  ,  benché  allora    sbandato  e  per- 
duto dietro  alle  prede  :  il  che  fu  poi  disappro- 
vato da  alcuni  ,  cioè  da  coloro  che  facilmente 
giudicano  delle  cose  altrui  in  lontananza ,  senza 
saper  tutte  le  circostanze    presenti   de    i    fatti. 
Dall'  altra    parte    marciava    assai    lentamente  il 
duca  d' Urbino  colle  genti  della    lega  ,  e  sola- 
mente nel  dì   16  di  maggio  arrivò  ad  Orvieto, 
dove  tornato  anche  il  Rangone,  si  tenne  con- 
siglio di  guerra.   Gagliardamente    insisterono  il 
marchese  di  Saluzzo  ,  Federigo    da    Bozzolo  e 
Luigi  Pisani  legato  veneto  ,    perchè  si  tentasse 
di  cavare  il  papa  di  prigione  ,  con    venir    an- 
che a  giornata  ,  se  occorrevate  il  conte  Guiilo 
Rangone  fece  conoscere  con  molte  ragioni   fa- 
cile e  riuscibile  1'  impresa.  Mostrava  paiimcnlc 
il  duca  di  voler  lo  stesso ,    ma    poi    sfoderava 
non  poche     difficultà  5    e    il  connnessario  de   i 
Fiorentini  ripugnava  ,    rappresentando  ,  che  se 
si  slontanaA  a  1'  esercito  ,  Firenze  si  rivolterebbe 
contra  de'  Medici,    In    queste    dispute    si    con- 
sumò gran    tempo  ,    e    intanto    gP  imperiali   iu 
Roma  elessero  per  loro  generale  Fiiibeito  prin- 
ci|><'    d'  Oianges  ,    parente    dell'  impciadore  .   il 
quale    non    lardò    a    far   de'  terribili   trinciera- 
ncnti    conilo     al     Castello    Sanf  Agnolo  ,    (>h- 
Uligando    al    lavoro    tanto    i     plebei    che  molti 
Uobili  romani.  Spogliarono    ancora    la    citi»  di 


ANNO    MDXXVII  33g 

quasi  tutte  le  vettovaglia  ,  per  ridurle  in  bor- 
go :  il  cue  a  tal  dispcrazidiie  condusse  quel 
popolo ,  che  alcuni  si  precipitarono  in  Teve- 
re ,  ed  a. tri  col  ferro  0  col  laccio  si  abbrevia- 
rono la  vila.  Nel  di  io  di  maggio  arrivaiono 
a  Roma  don  Ugo  di  Moncada  e  il  cardinal 
Pompeo  Coloima  co  i  principali  di  sua  casa  , 
che  colla  lor  autorità  misero  fine  se  non  a  tut- 
te ,  almeno  a  molte  delle  enormità  di  que'  Cri- 
stiani peggiori  de' Turchi.  Vitrie  imitazioni  e 
novità  poi  si  trasse  dietro  la  prigionia  del  pon- 
tefice. Imperciocché  nel  dì  iti  di  maggio  si 
mosse  a  rumore  la  città  di  Firenze ,  e  facil- 
mente quel  popolo,  senza  che  v'intervenisse 
morte  d'  alcuno  ,  congedò  Alessandro  ed  Ippo- 
lito de' Medici  co  i  cardinali  di  Cortona,  Cibò 
e  Salviati ,  che  dianzi  governavano  dispotica- 
mente quella  città  a  nome  del  papa  :  con  che 
rimessa  l'  antica  libertà  ,  fu  riassunto  il  popo- 
lar governo.  Ma  non  si  guardarono  di  far  molte 
insolenze  alle  armi  e  alle  immagini  de' Medici: 
il  che  maggiormente  dipoi  irritò  contra  di  loro 
pajia  Clemente  VII.  Parimente  i  Veneziani , 
tuttoché  collegati  col  pontefice  ,  s' impossessa- 
rono della  città  di  Ravenna  .  di  cui  gran  tempo 
erano  stali  padroni  prima  della  lega  di  Cam- 
bra! ;  ed  appresso  anuiiazzalo  il  castellano  di 
quella  fortezza ,  anche  d'  essa  si  fecero  padro- 
ni. Poco  stettero  dipoi  ad  occupare  Cervia  con 
tutti  que' sali ,  che  erano  del  papa,  col  motivo 
di  difenderla  a  nome  delia  Ch-csa.  Al  qual 
tempo  parimeiite  Sigismondo  Malatesta  entrò 
in  Rimiui ,  città  lungamente  già  rlominata  da  i 
suoi  maggiori.  In  mezzo  a  tanti    rumori   stette 


34o  ANNALI   d' ITALIA 

un  pezzo  Alfonso  duca  di  Ferrara  perplesso  j 
ma  fuiaimente  determinò  di  profittare  anch'  egli 
di  tal  congiinitiira  ,  per  ricuperare  la  sua  città 
di  Modena  ,  ingiustamente  a  lui  tolta  e  dete- 
nuta da  i  papi.  Però,  come  ha  T  Anonimo  Pa- 
dovano ,  mossosi  sul  principio  di  giugno  con 
ducento  lancie ,  sei  mila  lauti  e  gran  copia 
d'  artiglierie  ,  venne  a  mettete  il  canjpo  a  que- 
sta città.  Dentro  alla  difesa  era  stato  lasciato 
dal  conte  Guido  Ranguui  il  conte  LoiIoaÌco  suo 
fratello ,  ma  con  soli  cinquecento  fanti ,  il  qual 
tosto  pensò  d'inondare  i  contorni  della  città; 
e  r  axrehbe  fallo,  se  i  cittadini  non  si  l'ossero 
opposti.  Il  pei'chè  conoscendo  egli  il  popolo 
all'ezionato  al  nome  Estense  ,  e  in  f)ericolo  se 
stesso,  capitolò  nel  dì  5  del  mese  suddetto  di 
potersene  andare  a  Bologna  colia  sua  gente , 
famiglia  e  mobili.  Entrò  il  duca  nel  dì  seguente 
nella  città,  accollo  con  segui  di  sonuaa  alle- 
grezza da' cittadini  ,  a' quali ,  da  magnanimo 
come  era,  perdonò  tutto  il  [tassato,  senza  far 
veudetla  di  aicuno  ,  adendo  solamente  con- 
fiscati i  beni  del  conte  (ìuido  Rangone,  e  tol- 
togli il  castello  di  Spilambeilo  ,  che  poi  dopo 
<|ualche  tempo  p<.'i'  inlciccssion  del  re  ili  Fran- 
cia gli  fu  restituito.  Gran  feste  per  tre  dì  fu- 
rono fatte  a  cagion  di  tale  acquisto  in  essa 
Modena  ,  Ferrara  e  Reggio  ,  e  per  tulto  il  suo 
Stalo. 

JNi'Uo  stesso  dì  G  di  giugno  seguì  caiubia- 
menlo  <li  cose  in  lìonia  ;  perciocché  a^eu(lo  i 
collegati  conosciuto  troppo  pjM'icolosa  impre.sa 
il  voler  assalire  gì'  imjicriali  ,  chili'  Isola  ,  do^c 
s'  erano  già  iuullruti ,  si  ritirarono  \ crso  Viterbo. 


ANNO  Mrxxvn  34 1 

Servì  loro  anclie  di  scusa  la  gran  diser- 
zione accaduta  nell'  esercito  per  mancanza  delle 
vettovaglie  ,  essendo  allora  generale  la  fame 
per  tutta  Italia ,  e  i  lor  cavalli  smunti  e  deboli 
per  carestia  di  fieni:  laddove  gl'imperiali,  ol- 
tre air  aver  preso  in  Roma  cliinee ,  roncini  e 
somieri  senza  numero  ,  aveaiio  anche  messi 
insieme  tre  mila  cavalli  da  guerra  ed  armi 
senza  numero  ,  di  modo  clie  1'  esercito  loro 
non  parca  piTi  quello  che  poc'  anzi  era  venuto 
di  Lombardia.  Perciò  il  papa  ,  a  cui  mancava 
oramai  tutto  il  vivere  ,  non  tardò  più  ad  ac- 
cettar le  dure  condizioni  che  gli  erano  esibite 
da  gr  insaziabih  capitani  imperiali.  Fu  fatto 
questo  accordo  nello  stesso  tli  che  Modena 
tornò  in  potere  del  suo  Icgilliuio  principe,  per 
mezzo  delP  arcivescovo  di  Capoa  ,  con  obbli- 
garsi il  papa  di  pagare  presentemente  cento 
mila  ducati  d' oro ,  cinrpianla  altri  mila  fra 
venti  giorni  ,  e  ducento  cinquanta  mila  in  ter- 
mine di  due  mesi  5  di  consegnare  Castello  Santo 
Angelo  a  Cesare ,  come  in  tlepo.iito  ;  e  così 
ancora  le  rocche  d'  Ostia ,  di  Civita  Vecchia  e 
<li  Città  Castellana:  e  in  oltre  di  cedere  ad 
esso  imperadore  Piacenza  ,  Parma  e  Modena  ^ 
la  qual  ultima  avea  già  mutato  padrone:  che 
il  papa  co  1  tredici  cardinali  restasse  prigione 
finché  fossero  pagati  i  primi  cento  cinquanta 
mila  ducati  d'  oro ,  dopo  di  che  fosse  con- 
dotto a  Napoli  o  a  Gaeta  ,  per  aspettar  le  ri- 
soluzioni eh  Carlo  V,  con  altre  condizioni  ,  ha 
le  quali  era  la  liberazion  de'  Colonne.si  da'le 
censure.  Rntrò  dunque  il  presidio  cesareo  in 
Castello  Sant'  Agnolo ,  e  da  li  innanzi    il  papa 


342  ANT<AU    n'  ITALIA 

e  i  cardinali  ebbero  miglior  tavola ,  ma  non 
già  la  libertà.  Civita  Castellana  era  in  poter 
de'  collegati.  Andrea  Boria  ricusò  poi  di  con- 
segnar Civita  Vecchia.  Né  Panna  e  T'iacenza , 
preventivamente  avvisate  dal  papa  ,  si  vollero 
rendere  a  gli  Spagnuoli.  Intanto  ,  o  sia  che  il 
fetore  di  tanti  uomini  e  cavalli  uccisi  in  Roma 
facesse  nascere  una  terribil  epidemia  ;  o  pure  clie 
la  vera  peste  ne!  gran  boiler  di  tante  armi  pe- 
netrasse colà  :  certo  è  che  nella  barbarica  ar- 
mata comandata  dal  principe  d'  Oranges  entrò 
la  moria ,  che  cominciò  a  far  molta  stiage  ; 
laonde,  tia  per  questo  malore  e  per  altri  ac- 
cidenti ,  si  fece  il  conto  che  in  men  di  due 
anni  non  restò  in  vita  ne  pur  uno  de'  tanti  as- 
sassini dell'  infelice  città  di  Roma  ,  e  passarono 
in  altre  mani  le  immense  loro  ricchezze.  Pe- 
netrò anche  la  peste  suddetta  in  Castello  S.  An- 
giolo con  pericolo  della  vita  del  pontefice  ,  per- 
chè d'  essa  morirono  alcuni  de'  suoi  cortigiani. 
Non  si  potè  ben  sapere  se  Carlo  Augusto  , 
dimorante  allora  in  Ispagna,  avesse  o  senati 
gli  occhi  ,  o  acconsentito  al  viaggio  e  alle  fu- 
neste imprese  del  duca  di  Boibune  ;  e  su  que- 
sto fu  disputato  non  poco  da  i  politici  ;  pre- 
tendendo anzi  alcuno,  che  se  il  lìoihor.e  so- 
praxivcva,  siccome  disgustato  dell' inipcradore, 
meditasse  di  torgli  il  regno  di  Napoli.  Sap- 
piamo s(»lamenlc  che  alla  nuova  del  sacco  di 
Roma  ,  e  della  prigionia  del  papa  ,  egli  si  ve- 
stì da  scorruccio  ,  ne  mostrò  gran  tioglia  .  e 
fece  cessar  le  feste  ed  allegrezze  già  comin- 
ciale per  la  nascita  d' (ui  figlio,  che  Iti  poi  Fi- 
lippo n  ;  cosi  asserendo  il  Mariana  e  il  Messia 


ANNO    MDXXVII  34^ 

contro  a  quel  che  ne  scrive  il  Guicciardino.  E 
potrebbe  essere  eh'  egli  allora  non  fingesse  ,  e 
che  poi  mutato  parere,  pensasse  a  far  nierca- 
tanzia  e  giiadiigno  delle  disgrazie  del  papa  , 
perchè  c( ilaiiiente  non  mostrò  da  lì  imianzi 
quel  calore  che  conveniva  ad  un  monarca  cat- 
tolico ,  per  farlo  rimettere  in  libLMtà.  Anzi  fu 
creduto  eh'  egli  desiderasse  che  il  papa  fosse 
condotto  in  Ispagna.  Facih  troppo  sono  le  di- 
cerie in  tempo  massimamente  di  glandi  scon- 
certi. All'incontro  i  re  di  Francia  e  d' Ingliil* 
terra ,  mostranlo  in  apparenza  un  piissimo 
zelo  pel  soccoiso  del  pontefice ,  ma  in  fatti 
mirando  di  mal  occhio  la  troppo  cresciuta  po- 
tenza e  prepotanza  di  Cesare  in  Italia  ,  e  pre- 
mendo al  re  Francesco  di  riavere  i  suoi  fi-» 
gUuoli  dalle  mani  tU  esso  imperadore  ,  furma- 
rono  lego  fra  loro  ,  per  rinlijrzar  la  guerra  in 
Italia  contra  di  lui.  In  questa  lega  entrarono 
anche  i  Veneziani,  e  di[)0Ì  il -duca  di  Milano 
e  i  cardinali  che  erano  in  libertà  ,  a  nome  del 
sacro  collegio  ,  e  i  Fiorentini ,  con  patto  che 
il  ducato  di  Milano  dovesse  lasciarsi  libero  a 
Francesco  Sforza  duca.  Mentre  si  faceano  ol- 
tramonti  questi  maneggi  e  preparamenti  di 
guerra,  in  Lombarrlia  non  cessavano,  anzi 
crescevano  i  guai.  Era  restato  governator  da 
Milano  Antonio  da  Leva  con  tre  mila  fanti 
tedeschi  ,  quattro  mila  spagnuoli  e  settecento 
lancie.  Un ,  soldo  non  v'  era  da  pagar  questa 
gente;  però  sbardellatamente  viveano  alle  spese 
de' miseri  Milanesi,  già  talmente  rovinati,  che 
né  pur  aveauo  da  mangiare  per  loro  stessi.  Ri- 
chiamò il  senato  veneto  da  Roma  le  sue  geuU 


344  ANNW:,!    d'  ITALIA. 

col  duca  d' Urbino ,  per  unirsi  col  duca  di  Mi- 
lano ,  e  andar  poscia  a  dare  il  guasto  alle  biade 
mature  deV\iilanesi.  A  questo  fine  passarono  a 
Lodi  verso  il  principio  di  luglio.  Preveduto  il 
loro  disegno,  il  Leva  andò  a  postarsi  a  Mari- 
guano  :  il  che  sconcertò  le  loro  idee.  In  questi 
tempi  Gian  Giacomo  de'  Medici ,  castellano  di 
Musso ,  che  nulla  avea  che  fare  co  i  Medici  di 
Firenze  ,  ed  era  comunemente  appellalo  il  ÌVIe- 
degliino  ,  condotto  dalla  lega  ,  prese  il  castello 
di  Monguz70  fra  Como  e  Lecco.  Spedilo  colà 
il  conte  Lodovico  da  Barbiano  ,  o  sia  da  Bei- 
gioioso  ,  non  solo  noi  ricuperò ,  ma  vi  perde 
quattro  cannoni  e  molti  fanti.  Venne  poi  esso 
castellano  con  quattro  mila  fanti  e  cinquecento 
cavalli  nel  Milanese ,  dove  recò  infiniti  danni. 
Antonio  da  Leva  segretamente  uscito  una  notte 
da  Milano ,  sul  far  del  giorno  con  tal  empito 
assalì  il  Medeghino,  che  in  poco  tempo  il 
ruppe,  e  la  maggior  parte  di  quella  gente  re- 
stò molta  o  picsa.  Poscia  andato  un  di  V  e- 
sercito  collegalo  a  devastare  il  Milanese,  cadde 
in  un'  imboscata  falla  da  esso  Leva  ,  e  dopo 
lunga  battaglia  (hcde  alle  gambe,  con  morie 
di  più  di    mille    e    cinquecento    soldati. 

Dopo  a^cre  il  re  Ciistianissiico  assoldati 
dieci  mila  Svizzeri  ed  unito  lul  suo  regno  m\ 
polente  esercito  ,  lo  spinse  in  It.ilia  sotto  il 
comando  di  Odetto  di  Fois  ,  signor  di  Laulrec, 
a  noi  noto  per  le  precedenti  guerre.  Condii.sse 
ancora  al  suo  soldo  il  valoroso  Andiea  Doria 
con  otto  galee.  Il  primo  che  calò  in  Ilalia  per 
la  via  di  Salir/.zo,  fu  il  conte  Pietro  Navarro, 
celebre  capitano ,  il  (]ualc  con    tre    mila    fanti 


ANKO    MDXXVH  345 

ito  a  Savona ,  tosto  se  ne  impadroni ,  e  si 
mise  a  fortificarla.  Siniilmcnte  con  grossa  ar- 
mata comparve  di  qua  da'  monti  il  Lautrec ,  e 
giunto  ad  Asti  ,  per  avere  inteso  clie  Lodo- 
vico conle  di  Lodrone ,  posto  alla  guardia 
d' Alessandria  con  tre  mila  Tedesclii  ,  avea 
mandala  buona  parte  di  sua  gente  al  Bosco 
per  riscuotere  le  taglie ,  gli  fu  addosso  ;  e  pian- 
tate le  artiglierie ,  cominciò  a  bersagliar  quel 
cast<'llo.  Per  otto  giorni  fece  il  Lodrone  una 
gagliarda  difesa  5  ma  in  fine  s'  arrendè  quel  ca- 
stello ,  e  fu  messo  a  sacco ,  con  restare  il  Lo- 
drone e  gli  abitanti  aneli'  essi  prigionieri.  II 
Guicciardino  scrive  diversamente  ;  cioè  che  il 
Lodrone  era  in  Alessandria,  e  la  moglie  coi 
figli  nel  Bosco ,  che  generosamente  finono  a 
lui  mandati  dal  Lautren.  Ne'  medesimi  tempi 
fu  stretta  la  città  di  Genova  per  terra  da  Pie- 
tro Navarro  e  da  Cesare  Fregoso  ,  e  per  mare 
da  Andrea  Doria  almiraiile  di  Fiancia.  Perchè 
la  carestia  ,  universale  allora  in  Italia ,  afflig- 
geva forte  quella  nobile  e  popolata  città ,  le 
speranze  del  popolo  erano  poste  in  sette  galee 
ed  alquante  navi  cariche  di  grano,  che  colla 
ricchissima  Caracca  Giustiniana  erano  per  viag- 
gio. Ma  colte  queste  dal  Doria  in  Portofino , 
ed  assediate  ,  \  ennero  in  sua  mano.  Altre  per- 
dite fecero  i  Genovesi  ;  laonde  presero  la  ri- 
soluzione di  darsi  a'Fianzesi.  Si  ritirò  il  doge 
Antoniotto  Adorno  nel  castelletto;  e  la  città 
senza  uccision  di  genie  ,  e  col  solo  saccheggio 
del  j)a!azzo  Adorno,  ottenute  vantaggiose  con- 
dizioni ,  tornò  sotto  il  dominio  di  Francia. 
Mandò  il  Lautrec  per  governatore  colà  Teodoro 


346  ANNALI    d'  ITVLU 

Tiivulzio  ;  e  ciò  .  fu    sul    fine    d'  agosto.    Andò 
egli  poscia  a  mettere  il  campo  ad  Alessandria, 
alla  cui  guardia    era    il    conte  Giam-Balista  di 
Lodrone  con  mille  e  cinqueceiìfo  Tedeschi ,  a 
cui    poco    prima    s' era    unito    con    altri    mille 
fanti  il  conte    Alberico  da  Belgioioso.    Grande 
strepito  e  guasto  faceano  le  artiglierie  in  quelle 
mura,  ma  non  minor  difesa  e  ripari  per  molli 
giorni  fcccio  gli  assediati,  finché  temendo  questi 
le  mine  di  Pietro   Navarro ,  e  perduta  la  spe- 
ranza del  soccorso  ,  arrenderono  la  ciltìi,  salvo 
r  avere  e    le    persone ,    con    obbligo    di    uscir 
dallo  Stato  di  Milano  ,  e  di    non   militare    per 
sei  mesi    in    favor    dell'  imperadore.    Voleva  il 
Lautrec  mettere    presidio    in    Alessandria  ,  ma 
gli  oratori    dei  duca  di  Milano  e  de' Veneziani 
tanto  dissero  ,    che  lasciò    mettervelo  al  duca  , 
con  restar  perciò  molto     indispettito  centra  di 
lui.    Questi    progressi    dell'  armata    franzese  fe- 
cero conoscere  ad  Antonio  da  Leva  il  pericolo 
in  cui  si  trovava ,  non  restandogli  più  che  cin- 
qVio  mila  fanti  e  due  mila  cavalli.  Pensò  di  ri- 
tirarsi a  Pavia;  ma  saputo    che  non    v'era  da 
vivere  ,  mandò  colà  il   conte  Lodovico  da  Bar- 
biano  con  due  mila  fanti  e  cinquecento  caval- 
li,  ed  egli  restando  in  Milano,  seguitò  a  scor- 
ticar più  di  prima  qucgi'  irirdici  cittadini. 

Passò  dipoi  il  Lantrcc  a  Basignana  il  Po  , 
e  venne  alla  sua  ubbidienza  Novara  con  tutte 
le  castella  di  quel  distretto.  Passato  an(!he  il 
Ticino,  si  trasferì  otto  miglia  vicino  a  Milano, 
dove  si  unì  colle  genti  venete  e  Sforzesche. 
Poscia  andò  ad  accamparsi  sotto  Pavia ,  co- 
minciando   con    gian    Jlngeljo    di    artiglierie  a 


ANNO    MPXXVII  347 

diroccar  le  mnra  di  quella  città  ,  clie  dal  sud- 
detto conte  di  Belgioioso  valorosamente  veniva 
difesa.  Vasta  brocoia  era  fatta  ,  e  i  miseri  Pa- 
vesi si  raccomandavano  al  conte  ,  che  non  li 
lasciasse  esposti  alla  crudeltà  de'  Fianzesi.  Il 
conte  ,  che  voleva  tirare  il  più  in  lungo  che 
potesse  la  resa  ,  gli  andava  confortando  ;  e 
quando  poi  s'  accorse  che  i  nemici  s'  allesti- 
vano per  venire  all'  assalto,  spedì  nel  dì  quat- 
tro d'  ottobre  utiziali  al  Lautrec  per  capitolare 
la  resa.  Mentre  se  ne  stendevano  le  condizio- 
ni ,  ecco  che  gì' inferociti  .soldati,  mal  soffrendo 
di  vedersi  torre  tU  bocca  la  preda  ,  tanto  i 
Guasconi  dall'  una  parte  che  gli  Svizzeri  dal- 
l' altra  ,  seguitali  appresso  da'  Tedeschi  ed  Ita- 
liani ,  furiosamente  per  le  rovine  della  breccia 
entrarono  nella  sfortunata  città  con  tal  rabbia, 
che  in  meno  di  un'  ora  uccisero  più  di  due 
mila  persone  tra  soldati  e  terrazzani  :  spetta- 
colo oirido  e  miserando.  Poi  tutta  la  città  fu 
saccomannata ,  latti  prigioni  lutti  i  benestanti 
cittadini ,  e  costretti  con  esorbitanti  taglie  a 
riscattarsi.  Niun  rispetto  s'  ebbe  a  i  luoghi  sa- 
cri ,  e  le  donne  rimasero  vittima  della  libidine 
di  que'  Diavoli  ,  a  riserva  di  quelle  che  prima 
s'  erano  rifugiate  ne'  monisteri  delle  sacre  ver- 
gini .  a'  quali  per  cura  d'  alcuni  capitani  non 
fu  inferita  molestia.  Ecco  le  terribili  conse- 
guenze delle  guerre  d'  allora.  Bruciarono  ancora 
i  Guasconi  un'  intera  contrada ,  e  peggio  avreb- 
bero fatto  ,  se  il  Lautrec  mosso  a  compassione 
non  avesse  costretto  l'  esercito  tutto  ad  uscire 
della  desolata  città  di  Pax  ia.  Non  restava  più 
se  non  Milano  e  Como  d^  sottomettere;   e    il 


I 

34S  ANNALI    u'tTAMA 

duca  tli  Milano  e  il  legato  veneto ,  quasi  colle 
ginocchia  in  terra  ,  si  raccomandarono  al  Lau- 
trcc  .  perchè  seguitasse  V  impresa  ,  mostrando 
la  facilità  di  rederne  presto  il  fine.  Ala  perchè 
era  venuto  al  campo  il  cardinal  Cibò  per  sol- 
lecitare il  Laulrec  alla  iiberazion  del  papa , 
tuttavia  tenuto  sotto  buona  guardia  da  gli  Spa- 
gnuqli ,  a  tali  istanze  si  arrendè  esso  Lautrec. 
Licenziati  gli  Svizzeri  che  ricusarono  di  andare 
a  Roma ,  s'  avviò  a  Piacenza  ,  dove  si  fermò , 
per  trattar  lega  con  Alfonso  duca  di  Ferrara, 
e  con  Federigo  marchese  di  Mantova.  Si  ri- 
dusse dunque  a  Ferrara  il  cardinale  suddetto 
con  tutti  i  plenipolenziarj  della  lega ,  per  nino- 
vere  il  duca,  il  quale  tratto  dall'ossequio  che 
professava  all'  imperadore  ,  e  dall'  antecedente 
suo  impegno  ,  ripugnava  ad  unirsi  co  i  di  lui 
nemici.  Tuttavia  ,  per  le  niinaccie  a  lui  fatte 
che  gli  si  scaricherebbe  atldosso  tutto  V  eser- 
cito franzese,  entrò  anch' egli  nella  stessa  lega 
con  condizioni  molto  onorevoli ,  una  delle  quali 
fuj  che  il  re  Cristianissimo  darebbe  in  moglie 
a  donno  Ercole  di  lui  primogenito  Renea  di 
Francia  .  fij;lia  del  re  Loilo\  ico  XJI.  e  cognata 
del  medesimo  re  Fiancesco.  Furono  anche  pro- 
messe molte  cose  a  nome  del  papa ,  ma  ninna 
d'  esse  gli  fu  poi  mantenuta.  Lo  strumento  di 
es.sa  lega,  stipulato  nel  dì  i5  di  novembre, 
fu  da  me  dato  alla  luce  Ci).  Nel  dì  7  di  di- 
cembre anche  Federigo  Gonzaga  marchese  dj 
Mantova  sottoscrisse  la  medesima    lega ,    come 


(1)  Anticliitti  Estensi  Part.  II. 


ANNO     MI'WVIT  ri,f() 

apparisce  dall'  atto  piibljlico  rapportato  dal  Dii- 
Mont  (  1  ).  Allontanato  che  fu  da  Milano  il  Lau- 
trec ,  Anicino  da  Leva  j  che  poco  slimava 
r  esercito  veneto  e  Sforzesco,  uscito  di  Mi- 
lano ,  Costrinse  nel  dì  28  d'  ottobre  Biagrasso 
alla  resa,  dove  erano  cinqneccnto  fanti:  e  so- 
pragiinilo  Giano  tla  Canijìufregoso  col  soccor- 
so ,  gli  diede  una  rotta ,  con  acquistar  le  di 
lui  artiglierie.  Queste  poi ,  ncll'  essere  condotte 
a  Milano  ,  gli  furono  tolte  dal  conte  di  Gaiaz- 
zo ,  gio^ane  ferocissimo ,  passalo  nel  dì  in- 
nanzi al  servigio  de' Veneziani.  Biagrasso  fu 
poscia  ricuperato  da  i  Franzesi.  Riuscì  am^ora 
a  FiHppo  Torniello  ,  per  ordine  d'  esso  Leva  , 
d'  entrar  nel  castello  di  Novara ,  che  tutta 
si  lenca  per  1'  iniperadore  ,  e  con  cinquecento 
fanti  italiani  sotto  il  sua  comando  di  cacciar 
dalla  città  lo  smilzo  presidio  ivi  lasciato  dal 
duca  di  Milano. 

Torniamo  ora  a  gli  affini  di  Roma.  Per  com- 
pimento delle  miserie  e  della  rovina  di  quella 
afililtissinia  città,  già  dicemmo  esservi  sopra- 
giunta la  peste,  che  ogni  dì  faceva  strage 
grande  di  soldati  e  di  Romani.  Essendo  en- 
trata anche  in  Castello  Sant'Agnolo  nel  mese 
d'  agosto  ,  il  papa  e  i  cardinali,  quivi  racchiusi 
e  posti  in  sì  gran  pericolo ,  cominciarono  con 
grande  istanza  a  pregare  i  capitani  cesarei  di 
aver  loro  misericordia.  Perciò,  se  dice  il  vero 
l'Anonimo  Padovano,  ottennero  nel  dì  i3  del 
suddetto  mese  d'  essere  condotti  in  Bclvedei  e, 
dove  furono  posti  di  guardia    mille    Spagnuoli. 

(i)  Mu-Mont  Corps  Diplomai. 


35o  ANNALI    D   ITALIA 

II  resto  di  quell' inumano  esercito,  per  salvarsi 
dal    contagio  ,    si    shirgò    ad    Otricoli ,    Terni 
Narni ,    Spoleti    ed  altri   luoghi ,  a  molti    de  i 
<jiiali  ,  dopo  averne  esatte    grandissime    taglie , 
diedero  anche  il  sacco.  Perchè  la  rocca  di  Spo- 
leti fece  resistenza ,    la    presero    per   forza ,    e 
misero  a  fil  di  spada  quel  presidio.    Seguirono 
poi  varj  piccioli  fatti ,    e  spezialmente  su    quel 
di  Terni ,  fra  essi  e  1'  esercito   collegato  ,    che 
s' era    ridotto  di  qua    da  Perugia  ,    città  a    cui 
in  questi  tempi  toccò  una  burrasca.  Perciocché 
entratovi   una  notte  con    aiuto  ti'  essi    collegati 
Orazio  Baghone ,    vi  uccise    Gentile    Baglione , 
già  messovi  dal   papa,  con  altri  di  quella  stessa 
famiglia    e    de'  suoi    aderenti.  A  molte   case  fu 
dato  il  sacco  ,  e  il  popolo  arse  e  spiantò   da  i 
fondamenti  il  palazzo  del   suddetto  Gentile ,  re- 
stando poi  signore  di  Perugia  il  medesimo  Ora- 
zio. Anche  in    Siena    fu    gran    sollevazione  del 
popolo  contra  de'  nobili  ,   circa   trenta  de'  quali 
riujasero  uccisi.  Vi  accorse  da  Spoleti  il   prin- 
cipe d'Orauges,  quetò  il   tumulto,  e  lasciò  ivi 
di  guardia  mille  fanti.  Mentre  queste  cose  .snc- 
cedeano,    papa  Clemente  co  i  tredici  cardinali 
continuava  a  star  come    prigione ,    e    a    cercar 
le  vie  di  riacquistare  la  liherlà  ,    senza  poterla 
trovare.    Il    danaro  pattuito   non  comjìariva ,    e 
sempre  s' incDUtravano    nuovi    ostacoli    ne'  ne- 
goziati ,    perchè    l'Augusto    Carlo    V    mostrava 
ben  voglia  e  zi-Io  per  la    sua    liberazione,    ma 
con  esigere  cauzioni  che  il  papa  non  fosse  da 
lì  innanzi  contra    di    lui.    Iiilanlo    il    Lautrec , 
dopo    raute    belle    parole    d' essere    inviato    ia 
aiuto    di   lui^   faceva   un    passo  innanzi  e  due 


A>'NO    MPXXVII  35  f 

indietro ,    perchè  avvisato  che  si    trattava    alla 
gagiianla  di  pace  fra  l' iraperadore  e  il   suo  re. 
Fiiialinrnte  essendo  morto  il  viceré  Lancia ,    e 
suhentr;ito  nel   governo  di  Napoli  l  go  di  Mon- 
cada ,  questi  fu   chiamato  a  lìonia.  per  trattare 
delia  liherazion  del  pontefice.    Con    esso  Mon- 
cada  si  unirono  Girulaiuo  Morene  e  il  cardinal 
Pompeo  Colonna,  segretamente  guadagnati  dal 
papa;  e  tanto  si  opeiò ,  che  fu  slahiiito    l'ac- 
cordo nel  dì   ultimo  dotluhre  ,    con  ohb'igarsi 
il  papa  di  non    essere  contrario  a  Cesare    per 
le  cose  di  Milano  e    di    iSapoli ,    e    di    pagare 
allora  e  poi  in  varie  rate  un'immensa  quantità 
di  danaro    Per  supplire  a!  jiresente  bisogno  si 
ridusse  Clemente  VII  a  crear  per  danari  alcuni 
cardinali  (  al    che  in    addietro    non    s' era    niai 
voluto  indurre)  persone',  d'ce    il    Guicciardini, 
la  maggior    parte    indegne    di    tanto  onore.    In 
oltre  concedè   nel    regno  di    Napoli    decime    e 
facoltà  d' alienar  heni  di  chiesa  .    e    diede  per 
ostaggi  due  cardinali.    Era  stabilito  il  dì    noiìo 
di    dicembre    per    uscir    di    castello  ,    dove    il 
Guicciardino    dice    che    egli    era ,    e    non    già 
in    Belvedere.  Ma  Clemente  dilBdando   sempre 
degli  Spagnuoli  ,  la  notte  precedente  travestito 
da  mercatante  ,    o  da   ortolano ,  se  ne  uscì ,  e 
raccolto  in  Prati  da   Luigi    Gonzaga,    fti    con- 
dotto fino  a  Monlijfiascone ,    e    poscia  ad    Or- 
vieto .  senza  che  né  per  uno  de'  carcUnali  l'ac- 
couipagnasse  ,  e  con  tal  meschinità  .    che   non 
era  da  meno  de'  pontefici  de' primi    tempi   che 
vi\eano  senza  pompa,  esposti  ogni  dì  alle  scuri 
degli  Augusti  Pagani.  E  così  passò  V  anno  pre- 
«eulc  :    amio    dejjnò    d'  indelobil  memoi  ia  per 


3t2  ANNAO    d'  ITALIA 

l'infame  sacco  di  Roma,  per  la  prigionia  del  papa, 
per  tante  desolazioni  di  guerra  e  saccheggi ,  e 
per  altri  inaiunerabili  malanni  die  unitanjente 
si  scaricarono  sopra  quasi  lulta  l'Italia,  in  ma- 
niera tale  cIk!  vanamente  tu  creduto  non  es- 
sersi mai  veduto  un  cumulo  di  tanti  mali  in 
lUilia ,  da  che  nacque  il  mondo.  Perciocché  ol- 
tre a  i  suddetti  mali  la  peste  infierì  in  Napoli, 
Roma,  Firenze  ed  altri  luoghi.  1  fiumi  nsiùti 
per  le  cofuose  pioggie  da  i  loro  letti  inonda- 
rono le  campagne)  e  queste,  am-ho  senz'essere 
oppresse  da'  fiumi ,  per  le  suddette  soverchie 
pioggie  y  o  per  altre  naturali  cagioni,  diedero 
un  miserahil  raccolto  universalmente  per  l'I- 
talia. Il  perchè,  secondo  l'attestalo  dell' Ano- 
nimo Padovano,  mancavano  di  \ita  i  poveri, 
per  non  aver  di  che  vivere,  e  per  non  trovar 
chi  loro  ne  des.se.  Per  tulle  le  citlà,  die' egli, 
castella  e  ville  si  vedeaiio  i ufi  liti  poveri  con 
tutte  le  lor  famiglie  andar  mendicando,  e  gri- 
dando misericordia  e  sovvenimento.  l^iù  non 
si  potea  andar  per  le  chiese  ,  piazze  e  strade: 
L'into  era  il  numero  de' poveri  con  volli  maci- 
lenti, squallidi,  e  tali  che  avrebbono  mos.se  a 
pietà  le  pietre.  E  la  notte  per  le  strade  s' ii- 
divano  sì  orrende  voci  ed  urli ,  che  spaventa- 
vano ogni  persona.  K  intanto  nulla  mancava  a 
tante  ciurme  di  .soldati  ,  de.solatori  ilellc  con- 
trade italiane;  e  l'immenso  danaro  di  Roma 
andava  ad  ingras.sare  .soldati  erelici  ,  o  genie 
piena  d'  ogni  vizio  e  priva  di  relij^ione. 


ANNO    MDXX%ait 


353 


Aimo  di  Cristo   iSaS.  Indizione  I. 
di  Clemente  MI  papa  6. 
di  Carlo  \  imperadore   io. 

Da  che  fu  giunto  in  luogo  di  libertà  ,  cioè 
in  Orvieto,  il  pontefice  Clemente,  non  tardò 
il  duca  d' Urbino  con  gli  altri  ufiziali  dell'  e- 
sercito  della  lega  a  portarsi  colà,  per  seco  ral- 
legrarsi e  per  tirarlo  nella  lega  stabilita  con 
tante  potenze  da  i  suoi  cardinali.  Il  trovarono 
irresoluto  5  e  per  quanto  dicessero ,  noi  pote- 
rono muovere  a  prendere  partito  alcuno.  Così 
avesse  egli  fatto  ne'  tempi  precedenti.  Verso 
la  metà  poi  di  gennaio  inviò  il  vescovo  Sipon- 
tino  a  Venezia  a  fare  istanza  a  quel  senato , 
che  restituissero  Ravenna  e  Cervia,  e  pagas- 
sero cento  mila  ducati  d'oro  pel  sale  occupato 
in  essa  Cervia ,  con  altre  domande  che  il  fe- 
cero conoscere  mal  soddisfatto  di  quella  re- 
pubblica. Non  mancarono  scuse  a  i  Veneziani 
per  non  etfettuaf  prontamente  ciò  che  il  pon- 
tefice desiderava,  mettendo  anch'essi  iu  campo 
le  tante  somme  di  danaro  da  loro  impiegate 
per  procm-argli  la  libertà  ;  e  poi  mandarono 
Gasparo  Contarino ,  uomo  di  singoiar  prudenza , 
a  significar  meglio  le  loro  intenzioni  al  papa 
stesso.  S'  era  fermato  non  poco  tempo  il  Lau- 
trec  in  Parma  e  Piacenza  ,  dalle  quali  città  ri- 
cavò circa  quaranta  mila  ducati  d'oro,  \enne 
a  Reggio  ,  dove  intese  la  libcrazion  seguita  di 
papa  Clemente.  Pasìiò  anche  a  Bologna  ,  e 
prese  ivi  un  lungo  riposo ,  sull'  espettazione 
sempre  che  si  potesse  conchiudere  pace  fra  il 
ik'RATORi.  Fol  XIV,  ai 


354  ANNALI    d' ITALIA 

re   Francesco    I    e    T impera Jor    Carlo    V.  Ma 
scioltosi  in  nulla    ogni  trattato  ,    gli    oratori   di 
Francia    e    d'Inghilterra    nel  dì  aS  di   gennaio 
nella  città  di  Burgos  in  Ispagna   intimarono  la 
guerra  ad  esso  Augusto  5  e  tanto  essi  che  quei 
de'  Veneziani  ,  Fiorentini  e  duca  di  Milano  pre- 
sero   congedo    da    quella    corte ,    senza    poter 
nondimeno  ottenerlo  .  perchè  ritenuti  contro  il 
diritto  delle  genti.  Oia  il  Lautrec  certificato  di 
questo ,    si    mosse    coli'  esercito    suo  alla  volta 
del  regno   di    Napoli ,    e    non    volendo    passar 
TApennino,  s'inviò  per  la  via  della  Marca  colà. 
Fu  creduto  che  in  tutto  1'  esercito  de'  collegati 
fossero  sessanta  mila  soldati.    Si   può    detrarne 
un  terzo.    Ed  è  poi  spropositata    cosa    il    dirsi 
da  Odorico  Rinaldi  che  vi  si  contassero  ottanta 
mila  tanti  e  venti  mila  cavalli.  Nei  di  dieci  di 
f'ehbiaio  giimto  al  fiume  Tronto,  che  divide  il 
regno    ili    Napoli    da    gh    Stati    della    Chiesa, 
senza  impedimento  alcuno  lo  passò,    ed  espu- 
gnata per  l'orza  Ci\  itella  ,    terra    assai    ricca    e 
popolata  ,  ne  permise    il  sacco  a'  suoi  soldati  : 
iniquo    costume  j    tante    volte    da    noi    veduto 
iiiiticato    dalla    miliziani    que' tempi ,  per  ral- 
(grare  e   maggiormente   animare    alle   imprese 
quella  gente  che  si  picca  di    esercitare    il    più 
onorato  meatier  del  mondo,  quando    a    pro\a 
di   ("alti   erano  tanli  lailii  ed   assassini.    Teramo 
e  Ciulia  Nuova  si  arrenderono    a    Pietro    Na- 
varro, e  coir  aitilo  della  parte  Angioina  iuielie 
la  grossa  e  potente  cillà  dell' A(|uila    venne  in 
poter  de'  Frnnzesi ,  e  parimente  Celano ,  Mon- 
tefuiie^  e,  in  una  parola,  tulio  l'Ahhruzzo  ul- 
ti a.  Jl  che  non  so  se   sia    vero,    mentre    »' l'H 


l 


ANNO    MDXXVm  355 

da  altri  cV  essa  città  si  ribellò  sul  fine  di  qua- 
si'anno  a  gì' imperiali. 

Forse  si  sarebbe  volto  il  Lautrec  verso  la 
capitale  del  regno  ,  se  non  avesse  inteso  che 
s'era  finalnieute  ,  cioè  nel  dì  ì'j  di  febbraio, 
mossa  da  Roma  l' armata  imperiale  sotto  il 
principe  d'Oranges,  la  quale  il  Guicciardino  e 
r  Anonimo  Patlovano  fauno  ascendere  a  dodici 
in  tredici  mila  Tedeschi ,  Spagnuoli  ed  Italiani. 
Ma  costoro  mai  non  s'  eiaiio  voluti  partire  di 
là ,  se  non  tiravano  tutte  le  lor  paghe  ;  e  con- 
venne che  il  papa  sborsasse  loio  ,  oltre  al  già 
pattuito  contante,  anche  venti  mila  ducati  d'oro. 
Uscita  che  fu  quella  mala  gcute  fuori  della  tle- 
solata  città  di  Roma  ,  v'  entrò  Napoleone  Or- 
sino abbate  di  Farfa  con  altri  suoi  consorti,  che 
un'  impresa  veramente  gloriosa  vi  feceio ,  con 
ammazzar  quanti  Spagnuoli  e  Tedeschi  erano 
restati  ivi  malati.  In  questo  mentre  il  Lautrec 
s'impadronì  della  città  di  Chieti,  capitale  del- 
l' Abbvuzzo  citra  ,  e  poi  di  Sermona  e  d' altre 
terre;  e  mandò  anche  gente  a  mettersi  in  pos- 
sesso della  importante  dogana  di  Foggia  e  di 
Nocera.  Essendo  venuto  verso  Troia  1'  esercito 
imperiale  5  anche  il  Lautrec  s'inviò  all'incontro 
d'  esso  nel  dì  1 2  di  marzo  ,  aspettando  conti- 
nuamente che  seco  s'andassero  ad  unire  le 
genti  del  marchese  di  Saluz/.o ,  de'  Veneziani 
e  de' Fiorentini.  Parevano  disposte  amendue  le 
armate  a  far  giornata;  ma  nulla  di  questo  av- 
venne. Spedito  dal  Lautrec  Pietro  Navarro  a 
Melfi ,  cillà  ]>residiata  da  seicento  soldati  e 
copiosa  quantità  di  villani,  la  prese  per  forza, 
la  saccheggiò,  con  uccisione  di  cir^;»  tre   mila 


3  5*1  ANNAT.T      d'  ITAr.IA 

persone.  Questo  acquisto  si  tirò  dietro  T  altro 
di  Bjiiitta  ,  di  Traili  e  di-Ile  terre  circostanlij 
e  pariiijcnte  della  rocca  di  Venosa  e  di  Ascoli. 
Secondo  T  A.iionimo  Padovano,  fu  anche  [jrosa 
in  questi  tempi  da  i  Fianzesi  Manfredonia , 
città  opulenta  e  di  molto  po()olo ,  e  messa  a 
sacco ,  con  ricavarne  un  grosso  bottino.  La 
stessa  crudeltà ,  per  attestato  del  medesimo 
storico  ,  fu  esercitata  nella  presa  di  Troia. 
Così  venne  in  lor  potere  la  maggior  parte  della 
Pui^lia ,  e  alquanto  della  (Calabria,  a  riserva  di 
Otranto  ,  Brindisi  ed  altri  lunghi  forti.  Si  fatti 
progressi  cagioii  furono  ch<'  il  viceré  don  Ugo 
di  Moncada  si  ritiiasse  colle  sue  genti  sotto 
le  mura  di  Napoli .  dopo  aver  presidiata  Gaeta 
con  due  mila  lauti.  Né  qui  si  f'rinò  la  fortuna 
de'Fianzesi.  Anche  Capoa ,  Nola,  la  Cena, 
Aversa  e  il  circonvicino  paese  si  sottomisero 
alia  lor  potenza.  Nel  (|ual  tempo  parimente  la 
flotta  de'  Veneziani  s'  impossessò  di  Traili  e  di 
Monopoli  ,  con  ilisegno  di  con(|uistar  anche 
Otiauto,  Brindisi  e  Pulignano,  terre  tutte  che 
secondo  i  patti  aveano  a  toccare  alla  repub- 
blica veneta.  Sul  fine  d'aprile  andò  poi  il  Lau- 
trec  ad  accamparsi  sotto  Napoli. 

Non  erano  inlanlo  miiioii  i  guai  della  Lom- 
bardia. Perciocché  non  bastando  la  fame,  la 
peste  e  la  gueiia  a  desolare  ed  allliggere  gli 
iidelic^i  popoli ,  insorse  una  febbre  pestilenzia- 
le ,  dilìeieiile  dalla  peste,  e  chiamata /««/ /wac- 
ziicco ,  pel  cui  cnijiilo  ed  ardore  molti  dive- 
nendo furiosi  ,  si  anila\ano  a  giltar  giù  dalle 
finestre ,  o  pur  ne'  pozzi  e  ne'  fuimi ,  senza 
che    i    medici    >i    liovasscio    rimedio    alcuno. 


y. 


ANNO    MPXWtlI  35-7 

D'.irò  questo  flagello  ,  a  cui  tenne  poi  dietro 
la  peste  ,  più  di  un  anno  ,  e  morirono  per 
r  Italia  iiilìnite  persone.  Nella  sola  città  di  Pa- 
dova (juiittio  mila  tia  nobili  ed  ignobili  furono 
portati  alia  sepoltura.  Corse  lo  stesso  maloie 
per  le  città  di  Vicenza  ,  Verona  ,  Ferrara  , 
Mantova  ed  altre.  .Ma    ninna  d''lle   città    fu    ila 

f>aragonare  per  conto  delle  miserie  alla  nobi- 
issinia  città  di  Milano.  Tante  inso[)portabili 
anglierie  avea  pu.st .  in  addietro  Antonio  da 
Leva  ,  governatore  imperiale  ,  a  quel  popolo  , 
per  poterne  spremere  danaii  da  dar  le  pa^jlie 
a  i  soldati  (  giaccliè  un  .-ioldo  non  colava  da 
Spagna  )  ,  con  obblìg;u'  anche  gli  abitanti ,  privi 
di  vitto  per  loro,  ad  alimentar  le  milizie 'che 
moltissimi  d'  essi  per  dispeiazione  se  n'  erano 
fiiggiti  ,  abbandonando  tutto.  Perciò  quella  do- 
viziosa e  .sì  popolala  città  .  c'ie  da  tanti  secoli 
fu  1'  onore  dell'  Insubria  ,  sembrava  oramai  uno 
scheletro  di  città,  essendo  nata  T  erba  per 
quasi  tutte  le  .^frade  e  piazze  ;  stando  aperto 
notte  e  di  il  più  delle  botteghe  senza  le  usate 
merci  j  vote  senza  nuinpro  le  case  e  i  palagi  j 
i  templi  stessi  privi  d'ogni  ornamento,  e  i 
monisteri  ridotti  a  pochi  miserabili  religiosi  , 
che  non  póìeano  reggere  alle  contiime  insolenze 
delle  affamate  truppe.  La  maggior  parte  poi  del 
territorio  fra  Adda  e  Ticino,  e  tante  grasse  terre 
e  vill^  parte  abbruciale,  parte  abbandonate 
da  gli  abitatoli .  senza  tro\ arsi  in  alcuni  luoghi 
né  uomini,  né  bestie,  e  senza  più  coltivarsi 
que'  fertili  terreni ,  divenuti  perciò  un  conti- 
nuato bosco.  E  tanto  più  era  tlisperata  quella 
parte  di  popolo  che  restava  in  Milajio ,  perchè 


355  A>'NALI    d' ITALIA 

i  collegati ,  stando  in  Lodi  ed  altri  sili ,  impe- 
divano il  passaggio  de'  viveri  all'  afflitta  città. 
Queste  son  le  glorie  de'  principi ,  che  senza 
aver  danaro ,  si  mettono  a  far  guerre  5  e  per 
soddisfare  alla  mal  nata  ambizione  ,  nulla  cu- 
rano la  total  rovina  de  gì'  infelici  popoli  e 
paesi  suoi ,  non  die  de  gli  altrui.  Dove  si  an- 
dassero i  tanti  tesori  che  venivano  allora  dalle 
Indie  Occidentali  alla  corte  di  Spagna ,  io  non 
vel  so  dire.  In  questi  tempi  Gian-Giacomo  dei 
Medici  castellano  di  Musso  andò  verso  il  fine 
d'  aprile  a  mettere  il  campo  al  castello  di  Lec- 
co, secondato  da  i  Veneziani.  Arri\ò  colà,  spe- 
dito da  Milano,  FiHppo  Torniello ,  che  il  fece 
ritirar  con  poco  gaiho.  Ma  1'  astuto  castellano 
trailo  da  lì  innanzi  per  via  di  lettere  con  Gi- 
rolamo Morone ,  di',  enuto  gran  consigliere  an- 
che del  principe  d' Oranges  5  e  questi  indusse 
non  meno  esso  principe,  che  Autonio  da  Leva 
ad  investirlo  di  Lecco,  acciocché  da  11  innan-» 
zi;  abbandonato  il  servigio  della  lega,  servisse 
colle  sue  forze  all'  imperadore.  Ciò  fu  esegui- 
to ;  ed  egli  tosto  inviò  a  IMilano  una  gran  co- 
pia di  grano  ,  che  fu  di  mirabil  soccoiso  alle 
necessità  di  que'  soldati  ed  abitanti. 

Era  noto  all' ini  perador  Carlo  il  bi.sogno  e 
peiirolo  dello  Stato  di  Milano ,  e  pm  quello 
del  regno  di  Napoli.  Perciò  faUo  ratinare  in 
Germania  un  corpo  di  qualloidici  niW  Te- 
«leschi  sotto  il  comando  di  Arrigo  duca  di 
Bnin.svicli  ,  principe  di  molla  sperienza  ed  aii- 
lorilh  nella  disciplina  militare  ,  lo  spedì  per 
via  di  "^IVento  verso  Italia.  Corse  per  f|neslo 
in  Verona,     Vicenza  e  Padova   tanto  lerroro  , 


p 


AN>0    MnXXVIII  3")^ 

che  1  popoli  co  i  lor  bestiami  e  col  loro  meglio 
fiicf^rirono  a  i  liiotjlii  forti  ,  comò  se  avessero 
alle  spalle  i  nemici.  Non  potendo  quelF  armata 
passare  per  la  Chiusa .  voltatasi  per  la  Valle 
di  Cam-ino  j  circa  il  dì  8  di-ihaggio  pervenne 
alU  Riviera  di  Gaida  ,  dove  conn'nciò  a  ira- 
orre  taglia  e  a  bruciar  ville.  Dopo  aver  presa 
esd.iiera ,  si  diede  a  .saccheggiar  il  Bresciano 
e  Be-gamasco ,  con  immensi  damii  e  brucia- 
menti di  quelle  contrade.  A'^erso  il  fine  d'  esso 
mese  avendo  Antonio  da  Leva  intelligenza  eoa 
alcuiii  capi  di  squadre  de'  Veneziani  che  erano 
in  Pai'ia  ,  una  mattina ,  secondo  il  concerto  , 
spinse  la  cavalleria  spagnuola  entro  quella  città 
per  una  porla  che  era  senza  guardia.  A  i  ca- 
valli tenne  dietro  la  fanteria,  e  presero  la  piaz- 
za. Fecero  ben  testa  e  gran  battaglia  i  cavalli 
leggieri  veneti ,  ma  con  restar  in  fine  svaligia- 
ti,  e  i  lor  condottieri  prigioni.  Con  questa  fa- 
cilità il  Leva  ricuperò  una  città  che  tanto 
tempo ,  fatiche  e  sangue  era  costata  alla  lega 
per  acquistarla.  E  giacché  fra  il  Ticino  e  Y  Adda 
altro  non  restava  che  Lodi , -.occupato  da  gli 
Sforzeschi  ,  persuase  esso  Leva  al  duca  di 
Brunsvich  di  espugnar  quella  città  ,  prima  di 
passare  al  soccorso  di  Napoli.  Colà  dunque  si 
dirizzarono  con  tutte  le  lor  forze ,  e  da  chfi 
le  batterie  ebbero  rovinata  gran  quantità  di 
muro ,  passarono  all'  assalto.  Ma  furono  così 
ben  ricevuti  da  Gian-Paolo  Sforza  governatore 
della  città  ,  che  non  vi  tornarono  la  seconda 
volta.  Si  applicarono  perciò  a  vincere  colla 
fame  la  città  ,  mal  provveduta  di  viveri ,  e  a 
tale    estremità    la    ridussero  ,    che    se    durava 


36o  ANNALI    d'  ITALIA 

alquanto  più  V  assedio  ,  conveniva  a  que'  di  den- 
tro di  cedere.  Ma  eccoti  entrare  nell'  esercito 
cesareo  il  mal  niazzucco  ,  o  sia  febbre  pesti- 
lenziale ,  che  in,  meiì  tV  otto  giorni  si  tiova- 
rono  morti  più- 3i  due  mila  soldati,  ed  altret- 
tanti ammalati.  Bastò  questo  spettacolo  perchè 
la  lor  gente  cominciasse,  senza  poterla  ritene- 
re, a  fuggir  verso  Lamagna  :  laonde  fu  costretto 
il  resto  di  quella  sì  diminuita  armala  a  ritrarsi 
a  Marignano  ,  da  dove  poi  anche  il  duca  sud- 
detto si  partì ,  prendendo  la  via  di  Como  e  di 
Germania ,  massimamente  perchè  vi  concorse 
il  consiglio  di  Antonio  da  Leva ,  a  cui  non 
piaceva  d'  aver  compagni  nel  governo.  Dopo 
questi  fatti  essendosi  ingrossati  in  Lombardia  i 
Franzesi  per  l'arrivo  di  dodici  mila  Svizzeri  e 
mille  lancie ,  il  signor  di  San  Polo  coman- 
dante d'  essi ,  e  il  duca  d'  Urbino  generale  de  i 
Veneziani  deliberarono  di  tentar  1'  acqtiisto  di 
Pavia ,  dove  stavano  in  guardia  due  niila  fanti 
sotto  Pietro  da  Birago  e  Pietro  Bottigella.  Nel 
dì  9  di  settembre  vi  si  accamparono  ,  e  si  die- 
dero a   bcrsaKliarno    le    mura.    Fatta    ivi    colle 


■rt 


bombarde  sullìciente  breccia,  nel  dì  19  d'esso 
mese  per  forza  d' armi  e  con  grande  ucci- 
sione sboccarono  nella  città,  e  n)isero  a  sacco 
quel  poco  che  v'  era  restato  ne  gli  antecedenti 
saccheggi.  Il  castello  si  arrendè  ha  poco  con 
oneste  condizioni  per  quel  presidio.  Crebbero 
perciò  i  guai  di  Milano.    Spedì  bensì  quel  po- 

Ì>o1(>  disavventuralo  alcuni  de'  nobili  prlniai ;  in 
sjiagna ,  j)cr  rap()resenlare  ali' iniperador  Cal- 
lo V  le  laute  loro  miserie  ;  ma  altro  non  ne 
riportarono  che   buone    parole    e    promesse  di 


A^KO    MDXXVIII  36 1 

lace.  E  percioccliè  Antonio  da  Leva  ,  loro  per- 
jetuo  saiignisiiga  ,  dopo  aver  torcliiato  cotanto 
e  lor  borse .  non  tro\  a^^mi  verso  a  pagar 
le  truppe ,  gli  fu  suggeBHIiiÉ|  diabolica  inven- 
zione: cioè  (li  proibir  sotto  peS  della  vita  e  della 
confisrazion  de  beni ,  cliTnriiin  potesse  tener 
farina  e  far  pane  in  casa.  Poscia  affiltala  la  ri- 
gorosa gabella  del  pane  ,  ne  ricavò  tanto  da- 
naro ,  che  diede  le  paghe  alla  sua  gente. 

Fra  r  armata  del  Lautrec  ,  accampato  sotto 
Napoli  ,  e  gì'  imperiali  chiusi  in  essa  città  ,  se- 
guivano intanto  continue  scararauccie.  Accadde 
che  verso  il  fine  d'aprile  quattro  grosse  navi, 
cariche  di  frumenti  e  d' altre  pro\'A  isioni  da 
bocca  ,  venivano  a  Napoli  per  soccorso  di  quella 
gran  città.  Andrea  Doria  capitano  delle  galee  di 
Francia  diede  ad  esse  la  caccia }  ma  non  po- 
tendole sotlonietlere  per  mancanza  di  soldati , 
mandò  Filippino  Doria  a  chieder  aiuto  al  Lau- 
trec ,  il  quale  gli  spedì  immantenente  mille 
de'  suoi  migliori  fanti.  Anche  il  viceré  Monca- 
da  ,  conoscendo  l' importanza  di  quelle  navi  e 
il  loro  pericolo  ,  in  cinque  galee  entrò  egli 
stesso  con  mille  e  cinquecento  fanti ,  e  col 
fiore  de' suoi  ufiziali,  senza  saper  cosa  alcuna 
del  soccorso  inviato  dal  Lautrec.  Si  attaccò  nel 
dì  28  del  mese  suddetto  in  mare  una  fiera 
battaglia ,  che  per  gran  tempo  fu  dubbiosa  5  ma 
in  fine  restò  la  vittoria  a  i  due  valorosi  Doria. 
Vi  perderono  la  vita  lo  stesso  viceré,  Cesare 
Feramosca  o  sia  Fiera-Mosca  ,  Jaches  d'  Alta- 
mura  ,  con  altri  assaissimi  ;  e  rimasero  prigioni 
il  marchese  del  Vasto  ,  Ascanio  e  Camillo  Co- 
lonnesi ,  il  principe  di  Salerno  ,  ed  altii  molti 


3^2  AKiNAu  n'  Italia 

capitani  e  gentiluomini.  Una  sola  galea  de  gli 
imperiali  si  salvò  ;  le  navi  cariche  vennero  poi 
tutte  in  potere  ^^^^rea  Doria  :  colpo ,  che 
quan'o  fu  doloraj|^^^H  difensori  di  Napoli, 
altrettanto  ralle^^^^M^rcito  della  lega.  Co- 
muni allora  furOT^^^ronostici  che  Napoli  non 
si  potrebbe  sostenere.  Non  mi  fermerò  io  a 
.narrar  gli  altri  a\Tenimeuti  dell'  assedio  di 
quella  gran  città  ,  e  della  guerra  che  nel  me- 
desimo tempo  si  facea  per  tutto  il  regno,  con  es^ 
sere  applicati  anche  i  Veneziani  a  ridurre  in  lor 
potere  Otranto ,  Brindisi ,  ed  altre  terre  marit- 
time. A  me  basterà  di  dire  che  la  peste  era 
in  Napoli  )  e  questa  si  comunicò  al  campo  de 
i  Franzesi ,  o  sia  della  lega ,  per  cui  termina- 
rono il  corso  di  loro  vita  il  nunzio  del  papa 
e  Luigi  Pisano  legato  veneto  con  altri  signori. 
Cadde  per  la  sua  ostinazione  in  quell'  assedio 
dipoi  malato  anche  il  Lautrec ,  e  (ini  di  vivere 
nel  dì  i5  di  agosto,  con  restare  il  comando 
al  marchese  di  Saluzzo.  Era  perciò  in  gran 
confusione  quell'  armata  ,  con  declinare  ogni 
dì  più  per  la  mortalità  della  gente.  Al  che 
s'  agc;iimse  un  altro  non  lieve  disastro ,  perchè 
Andrea  Doria  destinato  a  guardar  il  mare , 
aflìuchè  ntm  entrassero  viveri  in  Napoli ,  es- 
sendo terminata  la  sua  ferma  col  re  Cristia- 
nissimo ,  passò  al  servigio  dell'  imperadore  : 
a\  veiiimenlo  che  sconcertò  forte  i  disegni  e  le 
speranze  de;'  capitani  franzesi.  Il  iierchè  dal 
marchese  di  Saluzzo  verso  il  fine  d'  agosto  fu 
presa  la  lisoluzione  di  levar  il  cam|)o  per  ri^ 
tirarsi  ad  Aversa.  Ma  gì'  itnperiali ,  che  slavano 
all'  cria  ,  usciti    di    Napoli  ;    con    tanto    furore 


A^^•o  Mrxxvui  363 

piombarono  addosso  alla  retroguardia  ,  che  la 
misero  in  rotta  ,  e  fecero  prij^ione  Pietro  Na- 
varro con  altri.  Il  che  inteso  dal  popolo  d'Aver- 
sa  ,  diede  ali"  armi  ,  e  chiuse  le  porte ,  tagliò 
a  pezzi  quanti  Franzesi  v^  erano  prima  entrati. 
Così  r  Anonimo  Padovano,  il  qiial  sog^iugne  , 
che  sopraginnto  il  grosso  de  gP  imperiali,  seguì 
un  combattimento  colla  rotta  àe  collegati ,  i 
capitani  de'  quali  per  la  maggior  parte  rimasero 
prigioni ,  e  fra  gli  altri  lo  stesso  marcliese  di 
Saluzzo,  che  poi  morì;  ed  avere  i  villani  fatto 
gran  macello  di  qiiella  gente  sbandala,  in  ven- 
detta delle  molte  offese  e  ruberie  lor  fatte  in 
atldietro.  Ma  il  Giiicciardino  scrive ,  che  chiusa 
quella  paite  de'  collegati  in  Aversa ,  per  non 
veder  maniera  di  difendersi ,  andò  il  conte 
Guido  Rahgone  a  parlare  col  principe  d'  Oran- 
ges  ;  e  mentre  capitolava ,  con  avere  accordato 
che  lutti  i  capitani  restassero  prigioni ,  e  i  sol- 
dati se  ne  andassero  senz'  armi ,  bandiere  e 
cavalli  ,  entrarono  improvvisamente  i  Cesarei 
in  Aversa  ,  e  diedero  un  terribil  sacco  all'  in- 
felice città.  Per  questo  il  Raugone  pretese  di 
non  essere  prigione,  e  fu  poi  rilasciato  dal 
marchese  del  \asto,  dappoiché  questi  fu  ri- 
tornato in  libertà.  Ecco  dove  andò  a  terminare 
lo  sforzo  dell'  arn-ata  della  lega  centra  di  Na- 
poli dopo  tanti  progressi ,  e  dopo  tante  appa- 
renze di  conquistar  tutto  quel  regno  ,  nel  quale 
non  per  questo  cessarono  le  turbolenze  e  i 
guai.  Perciocché  Renz^f  da  Ceri  con  alcuni  de 
gli  Orsini  si  fortificarono  in  Barletta  ,  e  i  Ve- 
neziani solto  la  condotta  di  Cacciadiavoli  Con- 
taiifio    occupavano    varj    luoghi    in     Puglia    f! 


36^  AXXALl    d'  hat.U 

Calabria  ,  con  essere  tornati  quasi  tutti  gli  altri 
alla  divozione  di  Cesare.  Ma  il  principe  d'Oran- 
ges .  sì  per  moslrare  severità ,  come  per  cavar 
danari  da  pagar  le  sue  milizie ,  non  tardò  a 
far  processi  e  confischi  confra  di  qiie'  baroni 
che  in  tal  congiuntura  s' erano  mostiati  ade- 
renti a'  Frauzcsi.  Fece  in  oltre  decapitale  nella 
pubblica  piazza  di  Napoli  alquanti  di  qua'  no- 
bili. Gli  altri  fuggirono  ,  o  si  riscattarono  con 
grossi  pagamenti  di  danaro ,  trattando  di  ciò 
con  quel  gran  faccendiere  di  Girolamo  Moro- 
119  ,  a  cui  in  ricompensa  flelle  sue  fatiche  do- 
nato fu  il  ducato  di  Boviano. 

Mutazioni  parimente  nel  presente  anno  se- 
guirono in  Genova.  Già  dicemmo  che  il  va- 
loroso Andrea  Doria  era  passato  al  servigio 
dell'  imperadore  ,  avendo  abbandonalo  quel  di 
Francia  ,  o  sia  perchè  non  corressero  le  paghe 
promesse  ,  o  |)erchè  il  re  Cristianissimo  non 
mostrasse  di  lui  quella  slima  che  meritava;  o 
più  tosto  perchè  esso  re  Volesse  in  sua  mano 
il  marchese  del  Vasto ,  Ascanio  (Colonna  ,  eJ 
altri  da  lui  falli  prigioni  ,  a'  (piali  ,s'  era  esso 
Doria  obbligalo  di  restituire  la  libertà,  pagala 
che  a  lui  fosse  la  taglia.  Fu  in  oltre  creduto 
che  r  amor  della  p;ilria  ,  signor(>ggiala  allora 
da  i  Franzesi  ,  e  il  dcsidcM'io  di  stabilir  ivi  in 
piij  convenevol  grado  la  sua  famiglia,  il  mo- 
vesse ad  abbra  -ciare  il  parlilo  di  Carlo  V  ,  il 
quale  per  maneggio  del  jiiarchese  del  Vasto 
non  mancò  di  accordjlrgli  delle  vantaggiose 
condizioni.  Ora  Andrea  Daria,  a\en(lo  otlcmita 
da  esso  (jcsare  la  liicollà  di  rimellere  Genova 
in  liberlù ,  e    sapendo    che   in    essa    cillù  per 


ANNO   MPWVm  f?ìfì5 

cagion  della  peste  ennio  poclii  soldati  ,  né  si 
facra  T occorrente  guardia;  nei  di  12  di  set- 
tembre presentatosi  al  poito,  giaeeiiè  se  n'e- 
rano ritirale  le  galee  di  Francia,  aniniosaniente 
T'entrò  con  soli  ciiiijiiecento' fanti:  il  che  bastò 
perchè  il  popolo  si  sollevasse  gridando  Lib^ruì, 
e  Teodoro  Jrixnizio  regio  go\  eiiiatore  .>-i  ri- 
tirasse nel  castelletto,  che  fu  imniedialainente 
assediato.  ÌSlaiidarono  appiesso  i  Genovesi  gran 
gente  ad  asseciiar  Savona,  che  i  Fianzesi  axeano 
staccata  dalla  suggezion  di  Geno-  a  :  il  che  ap- 
punto piiì  d'ogni  altro  motivo  gli  avea  renduti 
odiosi  a  i  G.nuveai.  A  nulla  ser\ì  l' a- ine  il 
Trivulzio  fatte  più  e  più  istanze  per  soccorro 
al  signor  di  San  Polo  e  al  duca  d'Lrbino.  Vi  fu 
bene  spedito  un  corjio  ili  gente  ,  ma  non  suf- 
ficiente al  bisogno ,  ed  anche  troppo  tardi  j 
Jaonde  sul  fine  ih  ."ttenibre  non  n.cn  Savona 
che  il  castelletto  si  airenderono  ad  essi  Geno- 
vesi ,  i  quali  non  perderono  tecnpo  a  rendere 
inutile  il  porto  di  Savona  con  empierlo  di  sassi, 
e  spianarono  da'  fondauienti  il  castelletto.  Per 
avere  il  Doria  restituita  la  libeith  alla  sua  pa- 
tria ,  gran  gloria  a  lui  ne  venne  ,  confessando 
gli  scrittori  genovesi  che  egli  avrebbe  potuto, 
se  avesse  voluto ,  farsene  s  gnore.  Col  lempo 
poi  parve  che  quel  [)0[  olo  dimenticasse  .si  latto 
benefizio.  Fu  ivi  stabilito  un  saijgio  governo; 
e  per  togliere  le  divisioni  e  fazioni  tra'  nobili 
e  popolari  che  tanto  aveano  aiìltla  quella  no- 
bilissmia  città  ,  a  \enlotto  delle  più  chiare  ed 
illustri  famiglie  (  escluse  1'  Adorna  e  la  Fre- 
gosa  )  si  aggregarono  l'alt;  e,  che  erano  ani- 
UK'sse  a  gli  onori  e  magistrati  :  dal  che  è  poi 


366  ANNALI    d'  ÌTAMA 

venuto  che  ivi  sieno  taiili  Dovia,  Spinola,  Gri- 
njaldi  ,  riescili  ,  ec.  Mandarono  bensì  dopo 
qtialcUe  tempo  i  Franzesi  segretamente  alcune 
schiere  d' armati  per  sorprendere  Andrea  Do- 
rrà ,  abitante  nel  suo  bel  palazzo  fuori  di  Ge- 
nova ;  ma  egli  per  la  porta  di  dietro  in  una 
barchetta  si  salvò.  Scaricossi  la  vendetta  sola- 
nieate  sopra  quel  palazzo ,  che  fu  posto  a 
sacco. 

Per  confessione  ancora  del  Guicciardino , 
papa  Clemente  VII  poco  avendo  profittato  de 
i  ilHgelli  a  lui  mandati  da  Dio,  da  che  fu  in 
libertà  ,  avea  ripigliate  le  sue  astuzie  e  cupiT 
dita.  Ricuperò  egli  Imola  e  Rimini.  Partito  po- 
scia da  Orvieto  ,  fermossi  qualche  giorno  ili 
Viterbo ,  et  indi  se  ne  andò  a  Roma  ,  dove 
pubbliiò  rigorosi  bandi  ,  chiamando  chiunque 
era  fuggito  ,  affinchè  tornassero  ad  abitarvi.  E 
perciocché  1'  odio  suo  contra  di  Alfonso  duca 
di  Ferrara,  in  vece  di  rallentarsi,  era  cresciuto, 
in  quesl'  aiuio  ancora  ricorse  alle  insidie  per 
torgli  le  sue  terre,  e  per  fare  anche  di  peggio, 
se  gli  fosse  potuto  riusciie.  In  Reggio  si  scoprì 
un  maneggio  di  (Girolamo  l'io,  governatore  di 
quella  città  jxl  duca  ,  col  vescovo  di  (basale 
commessario  dell'  ainii  del  papa  in  Parma  e 
Piacenza  ,  colf  ac(!ordo  già  fatto  d' iulrudurre 
in  quella  cÌKà  presidio  pontilìzio  (i).  Dal  conte 
Albertino  Rosclietli  fu  sioperta  la  trama  ;  e 
convinto  il  reo,  perde  la  testa.   Venne  a]>prcsso 


(i)  Anonimo  Padov.  Panciroli  Hist.  Ropiins.  MS. 
Vita  (li  Mi'onso  MSSta.  Guicciaiil.  Isl.  MS.  di  1'' errarti. 
V'ardii  lai. 


ANNO    MDXXVTIT  26"] 

un  altro  tentativo  ,  fatto  da  Uberto  Gaiubara  , 
gran  manipolatore  di  sì  belle  azioni  ,  per  sor- 
prendere con  diicento  cavalli  ed  altrettanti  ar- 
chibugieri il  duca  nel  dover  egli  passare  da 
Modena  a  Ferrara.  Per  accidente  non  si  partì 
egli  nel  dì  destinato  :  il  che  servì  a  scoprire 
le  tese  reti ,  che  restarono  senza  la  preda. 
Scoperta  fu  anche  un'  altra  congiura  ordita  dal 
medesimo  Ganibara  per  far  uccidere  il  duca  in 
Ferrara  ,  che  si  trovava  allora  malmenata  dalla 
peste.  Di  questo  procedere  disonorato,  e  con- 
tro il  precedente  accordo ,  fece  far  molte  do- 
glianze Alfonso  al  pontefice ,  il  quale  si  scusò 
col  dire  che  nulla  sapea  di  quelle  mene  ;  ma 
noi  persuase  al  pubblico  ,  e  tanto  meno  dap- 
poiché niun  risenlimento  ne  fece  co'  suoi  mi- 
nistri. Era  ito  nel  precedente  anno  don  Ercole, 
primogenito  d'es,-o  duca,  con  copioso  accom- 
pagnamento a  Parigi  ,  per  isposare  Renea  ,  fi- 
glia di  Lodovico  XII  re  di  Francia  ,  e  sorella 
della  già  defunta  Claudia  regina,  moglie  del  re 
Francesco  I.  Con  somma  magnificenza  furono 
celebrate  quelle  nozze  5  e  la  regal  principessa 
col  consorte  ,  dichiarato  duca  di  Sciartres  e 
Montargis,  e  visconte  di  Caen ,  Follese  e  Baiu- 
sa ,  giunse  a  Reggio ,  poscia  a  Motlena  nel 
dì  12  di  novembre,  e  di  là  passata  a  Ferrara, 
vi  fece  la  sua  solenne  entrata  nell'  ultimo  di 
esso  mese.  Delle  suntuosissime  feste  fatte  in 
tale  occasione  in  Modena  ,  e  più  in  Ferrara  , 
è  da  vedere  il  Faustini  (1),  e  ne    ho  parlato 


(i)  Faustino,  Storia  <Ji  Ferrara. 


368  ANNALI    b'iTAMA 

anch'io  altrove  (i).  Secondo  l'Anonimo  Va' 
dovano ,  furono  fatte  tante  allegrezze ,  che  è 
meglio  tacere ,  che  dirne  poco.  Ma  che  è  que- 
sto in  comparazione  di  tante  calamità  e  scia- 
gm-e  di  fame ,  di  peste  e  di  guerra ,  che  inon- 
darono tutte  r  altre  Provincie  d'Itaha  nell'amiò 
presente  ? 

yinno  di  Cristo    1329.  Indizione  IT. 
di  Clemente  V II  papa  7. 
di  Carlo  V  ituperadore  11. 

Sul  principio  di  quest'  anno  fu  preso  da  una 
breve  ma  pericolosa  malattia  papa  Clemente  > 
nel  qual  tempo,  cioè  a  dì  io  di  gennaio, 
creò  cardinale  Ippolito  figlio  naturale  di  (ìiu- 
liaoo  de' Medici;  e  come  è  l'uso  in  siuiili  casi, 
corse  anche  la  voce  di  sua  morte  a  Firenze  , 
voce  accolta  con  giubilo  interno  od  esterno  di 
quasi  tutti  que' cittadini,  consapevoli  del  di  lui 
sdegno  centra  di  loro ,  e  della  sua  voglia  di 
vendicarsi.  Ma  liuscì  al  pontelice  di  supi'rar 
quel  bruito  golfo,  lOii  riloniar  prrslo  ai  suoi 
solili  giri  politici  ,  liatlando  nei  medesimo 
tempo  coir  iuipcrailore  e  col  le  tli  Francia,  in- 
tento a  cavar  d' onde  potesse  maggiori  vantaggi. 
A  non  lievi  agitazioni  era  tuttavia  sottoposto 
il  regno  di  Nnpoli,  perchè  la  città  dell' Acpiila 
si  era  riUellala  a  Cesare  ;  Barletta  la  teneva 
Renzo  da  Ciri  per  li  Franzesi;  Trani ,  Puli- 
gnano  e  Monopoli  erano  in  man  de' Veneziani; 
K    il   Monte    di  Sant'Angelo,    Nardo    e   Castro 

(1)  Antichità  Estensi  Par.  II. 


ANNO      AIDXXIX  3O9 

tuttavìa  ubbidivano  aJ  essi  Franzesl.  Accoslau- 
dosi  la  primavera,  spedi  il  principe  d' Grange» 
contro  l'Aquila  Alfonso  marchese  del  Vasto, 
già  rimesso  in  libertà  ,  die  durò  poca  fatica  a 
ricuperarla  ,  e  a  far  pagare  bea  caro  a  tutto 
<|'iel  popolo  i  delitti  di  poclii  ,  avendogli  messa 
una  taglia  di  cento  mila  ducati  d  oro.  Andò 
poscia  il  inarcbese  nel  mese  di  mai7.o  a  met- 
tere il  campo  a  .Monopuii.  Cosi  valorosamente 
difesiTO  i  Veneziani  quella  terra  ,  cL  egii  con 
grave  danno  de"  suoi  fu  obbligalo  sul  line  di 
uiag'^io  a  ritiraisi.  Altre  azioni  di  guerra  fu- 
rono poi  fatte  in  quelle  contrade  colla  desola- 
zion  della  i'uglia.  Fra  1'  altre  terre  di  que'  cou- 
l-onii  Molletta  j)resa  da  Gacciadiavoli  Contanno, 
restò  niessa  a  sacco  ,  e  si  barbaramente  mal- 
trallata  id  arsa  ,  die  di  peggio  non  avrebbe 
lalto  mi  crudelissimo  nemico  delia  tede  di 
Cristo.  Certamente  se  il  re  di  Francia  avesse 
voluto  0  potuto  applicarvi  ,  avrebbe  tenuto  in 
grandi  imbrogli  (juel  regno,  ^la  egli,  oltre  al- 
1  aver  in  piedi  un  trattato  di  pace  colf  iinpe- 
radoie,  si  trovava  aUàccendato  in  affari  più  im- 
portanti di  caccie  e  d  amori.  Per  conto  della 
Lombardia  ,  ivi  con  più  caldo  seguitava  la 
guerra.  Sul  fine  del  precedente  anno  erano 
giunti  presso  Genova  (  perchè  nella  città  non 
furono  ammessi  )  due  mila  Spaguuoli ,  tutti  mai 
in  ordine,  senza  scarjie  in  piotli,  senza  calzoni  , 
gente  bruttissima  ed  orriihssinia  a  vederla  ,  ma 
«Ile  per  altro  portava  seco  la  bravura:  pregio  che 
tuttavia  rilien  quella  nazione.  Tentò  il  signor 
di  San  Polo  general  de  Franzesi  d'  impedir  l  u- 
iiione  di  costoro  con  Antonio  da  Leva;   ma  il 


3^0  AHNALI    o' ITALIA 

conte  TiOclovico  di  Barbiaiio ,  spedito  a  ricever- 
li ,  seppe  si  destramente  condurli  ,  che  felice- 
mente    arrivarono  a    Milano.    Per    disgrazia  di 
quel    popolo ,    battuto    da   tante   Iribulazioni  , 
aveano  costoro  nome  di    soldati  ,  ma  si  trova- 
rono eccellenti  ladri  ,  perchè  di    notte  e  di  dì 
per  le  porte ,  per  le  finestre  ,   per  li  tetti  en- 
travano nelle  case  ,  ne    asportavano  quel  poco 
che  era  rimasto  a  i  poveri  Milanesi;  e  ciò  per- 
chè modo    di    pagarli    non    appariva ,     ed  essi 
erano  spogliati  d'  ogni  bene  :    con  somma  ver- 
gogna d'un  imperadore  re  di  Spagna,  che  nulla 
pensava  a  pagar    le    sue  genti  ,  e  sapea  le  in-» 
credibili  miserie  de'  Milanesi ,   né    provvedeva. 
Inipadronironsi  i  Franzesi  circa  questi  tempi 
di  Novara  ,  ma  non  del  castello  ,  siccome  an- 
cora di  Vigevano,  Santo    Angelo  ,    Morlara  ed 
altri  luoghi.  Tenuto  fu  nel  mese  di  maggio  un 
gran  consigh'o  dal  suddetto  San    Polo  co  i  ca-. 
pitani  veneti  e  Sforzeschi,  per  far  1  assedio  di 
Mihuio.   Trovos'i  alle  rassegne     ciie    non  v'  e- 
rano  siiffiL-ienli    forze,  e    però    fu    risoluto  di 
prendere ,  se  si  jx)tea  ,  colla  fame  quella  gran 
città.  Poslossi  il  San  Polo  a  Biagrasso,  il  duca 
d  Ifrbino  generale  de  Neneziani  co'suoi  e  con 
parte    delle    genti    Sforzesche  a    Cassano:    da 
Uove  colle  scorrerie  infesla\ano  tutto  il  paese, 
acciocché  vettovaglia    non    entrasse  in    Milano. 
Intanto  il  San  Polo,  o  sia    che  gli  venisse  di 
Francia    l'oriline  ,     o    eh'  egli    conccj)isse  quel 
disegno,  determinò  di  passar  colle    sue  milizie 
a  Genova ,  con    i.speranza    di    poter  ricuperare 
quella  citici,    giacciic  Andrea    Doria    culle    sue 
galee    era    stato    chiamato    ilall'  imperadore  iu 


ANNO    MDXXIX  St I 

Ispas;n;i.  A  ((aes!o  line  passò  egli  a  Lniulria- 
HO,  e  inariviata  iiinntizi  la  vanf^iiaiilia,  nel  di  2  i 
<li  giugno  j.rese  liposo  in  (jiiel  luogo.  Awi- 
safo  della  division  de' Fiarizesi  Antonio  da  Le- 
va ,  tlopo  ".iver  animati  i  suoi  colla  sicinezza 
della  vitloiia  ,  sali  iinb'iinir della  notte  li  mosse 
incamiciali  a  quella  volta  ,  fiicendosi  egli  por- 
tare in  una  sedia  da  quatiro  uoiniui  ,  per 
essere  storpio  e  rovinato  dalla  pjLiagia.  Con 
silenzio  e  senza  suono  alcuno  di  trombe  o 
latninui  arrivò  quella  seguente  macina  addusso 
a  I  Franzesi  ,  che  ii?cero  ben  per  quaioiie 
tempo  resistenza,  e  massimamente  due  mila 
Italiani  comandati  da  Gian-Girolamo  da  Casti- 
glione e  dal  conte  Claudio  Rangone.  iNJa  ia 
fine  diedero  tulli  a  gambe.  lìestò  prigione  lo 
stesso  signor  di  San  Polo,  l'erilo  in  due  luoghi, 
co  i  suddetti  Raugoui'  e  Casl!:;lione  ed  altri  capi 
fi  importanza  ,  e  furono  presi  molti  cavalli  , 
carriaggi  ed  artiglierie.  Il  conte  Guido  Rango- 
ne ,  che  tanto  prima  s'  era  messo  al  servigio 
del  re  di  Francia  ,  né  si  trovò  al  conflitto  , 
perchè  mandalo  innanzi  colla  vanguardia  ,  si 
salvò  ,  riducendosi  a  Parma  ,  et  indi  a  Lodi. 
Cosi  scrive  il  Guicciaidino.  Abbiamo  all'  in- 
contio  dal  ^  archi  che  esso  conte  Guido,  gio- 
Tane  di  grandissima  espettazione,  dopo  aver 
guadagnato  piò  ferite  nel  viso,  animosamente 
menando  le  mani  ,  restò  prigione.  In  vece  di 
Guido  \erisimiimente  il  \  óithi  volle  dir  Clau- 
dio. Tornosseue  il  vittorioso  esercito  imperiale 
lutto  carico  di  bottino  e  di  gloria  a  Milano. 
Fu  poi  mandalo  Filippo  Torniello  con  trecento 
làuti  a  ricuperar  Novara  :  il  che    egli  felicemente 


^72  ANNALI    I)'  ITAl^tA 

eseguì  ,  entrato  clie  fu  nel  castello  ,  con 
iscacciarne  il  presidio  franzese.  Gli  occorse  non- 
dimeno  uh  accidente  curioso,  che  mentre  egli 
cacciava  fuori  della  cìtià  i  nemici ,  un  capo 
di  squadra  che  era  nel  castello  ,  sciolti  i  pri- 
gioni ,  con  essi  ribellò  il  medesimo  castello. 
Fu  nondimeno  fatta  loro  tanta  paura  colle  ar- 
tiglierie ,  che  lo  renderono,  e  fu  loro  per- 
messo di  andarsene  ,  siccome  gh  avea  pro- 
messo il  Torniello.  Studiossi  ancora  in  varie 
maniere  Antonio  da  Leva  di  fare  sloggiare  dal 
suo  accampamento  il  duca  d'  Urbino  ;  ma  non 
gli  venne  mai  fatto;  siccome  né  pur  d'  impe- 
dire che  i  Veneziani  e  gli  Sforzeschi  di  tanto 
in  tanto  facessero  delle  scorrerie  lino  alle 
porte  dell'  infelice  e    desolata  città  di  Milano. 

La  declinazione  intanto  in  Italia  de' Fianzesi 
quella  fu  che  fece  detenninare  il  papa  ad  unirsi 
coli'  Augusto ,  preponderando  nel  di  lui  cuore 
alla  memoria  de' patiti  alFronti  la  sete  spezial- 
mente di  vendicarsi  de'  Fiorentini:  al  che  si 
conosceva  piìi  a  proposito  la  potenza  crescente 
di  Cesare ,  che  la  troppo  sminuita  del  re  Cri- 
stianissimo. Perciò  nel  di  ventinove  di  giugno 
dell'almo  presente  (i)  hi  conchiusa  in  Barcel- 
lona una  lega  fra  esso  ponte/ice  e  l'imperadore  , 
con  cui  questi  si  obbligò  <h  rimettere  in  Fi- 
renze nella  j)rimiera  sua  grautlezza  la  casa  dei 
Medici;  di  tiare  Margherita  d'Austria  sua  figlia 
naturale  ad  Alessandro  ,  credulo  figliuolo  na- 
turale <li  Lorenzo  de'  Medica  e  di  una  schiava 
per  nome  Anna ,  benché    il    Segni    scriva    che 

(l)  Du-Mont  Curp.  Diploinut. 


ANNO   MnX\i?{  3-ji 

altri  avessero  avuto  commercio  con  (|uolla  vii 
donna:  siccome;  ancora  di  rimettere  il  papa  in 
possesso  di  .\l(^dena .  Reggio  e  Riibicra ,  senza 
pregiudizio  delle  ragioni  del  romano  imperio  ; 
e  di  Cervia  e  Ravenna ,  occupale  da  i  Vene- 
ziani. Né  questo  bastò.  Promise  ancora  Carlo  V 
di  assistere  Clemente  VII  a  spogliar  la  casa 
d'Este  del  ducato  di  Ferrara,  sotto  l'iniquo 
pretesto  di  fellonia  e  ribellione  del  duca  Al- 
fonso. Le  altre  particolarità  d'essa  lega  le  tra- 
lascio ,  bastando  solamente  aggiugnere  che  gli 
affari  del  ducato  di  Milano  e  di  Francesco 
Sforza  restarono  come  prima  dubbiosi  e  pen- 
denti più  dalla  volontà  dell'  imperadore  che 
dalle  decisioni  della  ghistizia.  Bolliva  piiì  che 
mai  in  cuore  del  re  Francesco  I  il  desiderio 
di  liberare  i  suoi  figli  ,  lasciali  per  ostaggio  in 
mano  del  suddetto  Augusto.  Una  spinta  ancora 
gli  diede  la  già  detta  confederazione  d' esso 
pontefice.  Però  anch'  egli  nel  tU  cinque  d'ago- 
sto di  quest'anno  s'indusse  a  stabilire  in  Cam- 
brai  un  accordo  assai  svantaggioso  con  esso 
imperadore:  cioè  per  riavere  i  figli,  si  obbligò 
di  j)agare  allo  stesso  Augusto  due  milioni  di 
scudi  d'oro  del  Sole.  Fece  anche  una  cessione 
di  quanto  egli  possedeva  nello  Stato  di  Milano 
e  nel  regno  di  Napoli .  e  dei  diritti  della  co- 
rona di  Francia  sopra  la  Fiamlra  ed  Aitesia , 
con  altre  condizioni  che  all'assunto  mio  non 
sta  r  esprimerle.  Di  queste  paci  crederà  taluno 
che  l'Italia  allora  avesse  da  esultare,  come  se 
dopo  tante  tempeste  fosse  giunto  il  sospirato 
teiupo  sereno.  Ma  non  fu  così.  Perciocché 
durava     tuttavia     la     di->ct"idia    fia    Cesare    e    i 


374  A^^^•A^,l  n' itama 

Venesiani  uniti  col  dii.^a  di  Milano  ;  e  il  pap.i 
non  lardò  molto  a  far  mnovere ,  secondo  gli 
ordini  dell'  iniporadore  ,  il  principe  d'  Oranges 
contra  df'  Fiorentini.  Arrivò  questo  signore  a 
dì  19  d'agosto  a  Terni,  e  s'inoltrò  poi  a 
Spello,  menando  seco,  per  quanto  scrive  l'A- 
nonimo Padovano ,  tra  otto  mila  fanti  fra  Tede- 
schi e  Spagnnoli,  co' quali  s' nnironn  dieci  mila 
fanti  assoldati  dal  pontefice  sotto  valorosi  ca- 
pitani. S'  era  ne'  mesi  innanzi  ritirato  dal  ser- 
vigio del  papa  Malatesla  Baglione,  con  [)assare 
a  qnel  de'  Fiorentini ,  ed  impossessarsi  della 
città  di  Perngia  sua  pallia.  Mise  anche  presi- 
dio in  Macerata  ,  Montefalco  ed  Assisi.  Prima 
di  passar  oltre,  il  principe  d' Oranges  avea 
preso  que' luoghi ,  e  dato  il  sacco  a  Spello. 
Indi  si  applicò  a  trattar  col  Baglione  per  isni- 
darlo  da  Perugia.  Capitolò  egli  in  fatti  nel  dì  C) 
di  settembre  t^he  fossero  sal\ i  i  suoi  beni  ,  <' 
che  potesse  ritirarsi  sul  Fiorentino  colle  genti 
sue,  e  coli'altie  a  lui  date  da  Fiorentini  slessi. 
Andò  poscia  il  prin,'ipe  a  Coiloiia  ,  che  gli  si 
rendè  a  palli,  l'asso  a  Castiglione  Aretino  :  e 
mentre  que' eitladini  tiolta\auo  la  resa,  i  suoi 
soldati  entrati  nella  terra  ,  la  misero  tutta  a 
sacco.  Piiliratisi  poi  vergognosamente  i  Fioren- 
tini da  Aiez70.  <[uella  cill^  fi'cc  buon  accordo 
con  gl'impeiiaìi.  Circa  il  (ine  il'oltubie  giun.se 
l' Oranges  ad  accamparsi  in  vicinanza  di  Fi- 
renz(;. 

Benché  si  jinssu  perdonar  mollo  all'  umore 
della  libertà  ,  <  In  in  po|i(iJi  avvezzi  ad  essa 
suol  essere  un  uiir;ibil  iiicenlivo  ;u\  rtriiscliiar 
tutto  e  a  solli-rir    tutto    por    difenderla;    puro 


ANNO    MDXXIX  3^5 

Sembni  che  non  convenisse  alla  prudenza  de  i 
Fiorentini ,  tanto  inferiori  eli  forae ,  quelT  osti- 
harsi  cotanto  contro  le  pretensioni  del  papa  , 
spalle,£;giato  dall'  armi  cesaree.  Quali  fossero 
gV  interni  disegni  di  lui  ,  ninno  ne  può  ren- 
dere conto.  Certo  è  ch'esso  pontefice  nell'ester- 
no, cioè  nelle  sue  parole  ,  altra  intenzione  non 
mostrava  (i) ,  se  non  clie  tornassero  i  Medici 
nel  medesimo  stato  di  onore  e  di  balia  che 
giidevano  prima  d'  esserne  licenziati  o  cacciati 
n<l  tempo  della  sua  prigionia ,  salva  restnndo 
h»  libertà  ;d  popolo  ;  se  pur  sembrava  libertà 
ili  addietro  quel  dipendere  il  principal  governo 
dal  volere  de'  Medici.  Per  attestato  del  Segni ," 
erano  ass^i  ragionevoli  le  condizioni  proposte 
da  papa  Clemente.  Ma  prevalendo  nel  loro  con- 
siglio il  mal  animo  di  molti  contro  la  casa  dei 
Medici,  e  la  sconsigliala  temerità  d'altri  lor 
pari  ,  benché  si  trovassero  abbandonali  dal  re 
di  Francia  ,  e  si  vedessero  venir  contro  tante 
forze  del  jTontefice  e  dell'  iinperadore  ,  non  vol- 
hro  dar  orecchio  a  trattato  alcuno  di  concor- 
dia ,  sperando  nel  benefizio  del  tempo  che 
potea  produrre  favorevoli  accidenti.  Imbarcatosi 
intanto  1'  Augusto  Girlo  in  Barcellona  sulla  ca- 
pitana di  Andrea  Doria ,  con  ventotlo  galee, 
sissanla  barche  e  molli  altri  navigli  ,  su'  quali 
conduceva  sei  mila  fanti  e  mille  cavalli,  sbarcò 
felicemente  a  Genova  nel  di  i?.  d'agosto, 
dove  ricevette  immon'^i  onori  da  quel  popo- 
lo. Presentatici  davanti  a  lui  gli  ambasciatori 
de' Fiorentini ,  altro    non    ne    riportarono   che 

(l)  Nardi.  GuiteiuJino,  Vai-clù.  Sogni. 


3'^Q  AkNALI    n'  ITALIA 

un  amorevol  consiglio  di  licori  (l'è  al  papa,  e 
di  seco  acconciarsi.  Spedirono  duiKjue  a  Ro- 
ma ,  ma  senza  sufliciente  mandato ,  lusingan- 
dosi che  nel  papa  1'  amor  della  patria  non 
fosse  spento  dal  troppo  amore  de'  stioi  ,  e  che 
egli  non  volesse  in  fine  la  lor  perdizione.  Sic- 
ché tutto  si  dispose  per  la  difesa  della  città  e 
libertà  ,  avendo  eglino  presi  al  loro  soldo  tre- 
dici mila  fanti  e  secento  cavalli ,  che  poi  a  i 
fatti  erano  molto  meno,  'rrattava  fra  questo 
tempo  il  papa  la  pace  fra  Cesare  e  i  Veneziani  e 
il  duca  di  Milano,  che  conoscente  de'  suoi  peri- 
coli anch'  egli  facea  maneggi  coli'  imperadore. 
Volpa  Carlo  V  in  sue  mani  Alessandria  e  Pa- 
via ,  e  fu  proposto  di  metterle  in  deposito  in 
quelle  del  pajta.  O  sia  che  all'  imperadore  non 
piacesse  il  ripiego  ,  o  che  Io  stesso  duca  ri- 
<'alcitrasse ,  furono  spedite  le  milizie  ultima- 
tiiente  arrivate  di  Spagna  ad  Alessandria  ,  citisi 
clìe  non  fece  resistenza  alle  loro  forze.  Parti- 
tosi tlipoi  r  imperadore  nel  dì  3o  d'  agosto  da 
Cenova ,  airivò  a  Piacenza ,  dove  comparvf; 
Antonio  da  Leva  ad  informarlo  de'  correnti 
aflàri  ,  e  fu  risoluto  di  far  l'assedio  di  Pavia. 
Terribili  «Ianni  intanto  e  jìrogressi  facea  il  Sidtano 
de' Turchi  Solimano  in  Ungheria,  con  essere 
giunto  fino  a  mettere  I'  assedio  a  Vienna,  città 
che  fu  mirahiluienle  flifesa.  Pure  quasiehè  me- 
lita.ssero  le  cose  d' Italia  piìi  stima  che  i  ten- 
tativi del  nemico  comune ,  si  atidA  facendo  in 
Trento  una  massa  di  dodici  mil.i  fanti  tedeschi, 
e  di  mille  e  cinquecento  cavalli  borgognoni  (  il 
nuicciardino  li  fa  assai  meno  )  per  calare  in 
Lombardia  :  il  che  diede  non  poca  apprensione 


AXNO    MDXXIX  377 

n  i  Veneziani,  e  li  costrinse  ad  .'issicnnir 
le  loro  città  con  ga^lianli  presidj.  Calarono 
in  fatti  costoro  verso  il  fine  di  agosto,  e  giunti 
a  Pescliiera  ,  cominciai 0110  a  recar  gravissimi 
danni  al  lerrilorio  veneto.  Il  duca  d'  Urbino 
con  grossa  banda  di  genti  d'arme  gli  andava 
tenendo  stretti  il  più  ciie  polca.  Intanto  costò 
poca  fatica  ad  Antonio  da  Leva  il  ricuperar 
Pavia,  percliè  Annibale  Piccinardo,  senza  aspet- 
tar colpo  di  batteria  od  assalto  ,  premendogli 
più  di  salvar  la  sua  roba  che  la  città ,  .s' acco^ 
modo  presto  a  renderla. 

Uno  de'  principali  motivi  dell'  Augns'.o  Carlo 
di  venire  in  Italia  era  ,  per  quanto  egli  poi 
dimostrò  ,  quello  di  rimetterò  la  pace  daper- 
tutto.  Minore  nondimeno  non  fu  quello  di  ri- 
cevere dalle  mani  del  remano  pontefice  le  co- 
rone ferrea  ed  imperiale  ;  il  clie ,  come  dirò  , 
seguì  poi  non  già  in  Milano  o  in  Monza  ,  né 
in  Roma  ,  come  sempre  si  usò  ne'  secoli  ad- 
dietro ,  ma  bensì  in  Bologna.  A  questa  illustre 
città ,  spezialmente  per  cooperare  alla  pace 
suddetta  ,  ma  non  universale  ,  percliè  bramoso 
di  soggiogar  Firenze  ,  passò  papa  Clemente  sul 
fine  d'  ottobre  ,  accolto  con  gran  maìjniiìcenza 
dal  popolo  ;  e  prese  alloggio  nel  pubblico  pa- 
lazzo del  legalo  e  de  gli  anziani.  Si  mosse  an- 
che da  Piaceiìza  1'  imperadore  per  veniie  colà. 
Conosceva  ben  egli  quanto  indebita  fosse  la  pas- 
sion  del  pontefice  contra  di  Alfonso  duca  dì 
Ferrara.  Tuttavia  per  gT  impegni  seco  presi  si 
credette  in  obbligo  di  mostrar  V  animo  alieno  da 
questo  princijie.  Se  vero  è  ciò  che  ba  il  Guic- 
ciardino  ,  avendogli  il  duca  spedili  ambasciatori  . 


3n8  ANlHALI    d' ITALIA 

allorché  la  Maestà  Sua  arrivò  io  Itali.»  ,  noi» 
li  volle  ricevere  ;  ma  per  pratiche  fritte  gli 
accolse  dipoi.  Pensava  ancora  di  prendere  la 
strada  di  Mantova  ,  a  fin  di  non  passare 
per  Regfi^io  e  Modena,  città  del  duca;  ma 
cotanto  si  adoperò  Alfonso  ,  che  esso  Augusto 
mutò  parere.  A  i  contini  di  Reggio  se  gli  pre- 
sentò davanti  con  tutta  umiltà  il  duca  ,  ed  ebbe 
poi  r  onore  di  cavalciire  al  suo  tì:iuco  per  lutto 
il  viaggio,  con  intorniarlo  di  quanto  occorreva 
pel  sistema  d'Italia  e  per  li  suoi  interessi  :  con 
che  non  solo  confermò ,  ma  accrebbe  nel- 
1"  animo  delf  Augusto  •  sovrano  la  stima  e  ii 
concetto  di  principe  egualmente  valoroso  che  sag- 
gio. Nel  dì  primo  di  novembi-e  entrò  l' impera- 
dore  in  Modena  ,  e  nel  dì  5  d'  esso  mese  in 
Bologna ,  dove  con  grandioso  apparato  e  pompa  / 
fu  introdotto  da  quel  popolo  j  e  nel  medesimo 
palazzo  dove  era  il  pouleiice ,  anch'  egli  fu  al- 
loggiato ,  aiRiicliè  con  ficilità  potesstMO  trattar 
insieme  de'  pubblici  e  de'  [)rivati  affari.  Questo 
sontuoso  ingresso  di  Cesare  in  Bologna  si  truova 
esaltamente  descritto  dall' Atiouimo  Padovano; 
ma  all'  istituto  mio  non  convien  dirne  di  più. 
Cominciaronsi  dunque  fra  (piesti  due  jirimi  lu- 
minari della  Cristianità  stretti  e  cotidiani  col- 
loquj  ,  per  dar  sesto  alle  turbolenze  che  da 
tanfo  tempo  desolavano  l'  Italia.  Per  Francesco 
Maria  Sforza  d\ica  di  Milano,  sì  malconcio  di 
salute  cbe  appena  si  reggeva  in  piedi  ,  fece  il 
papa  quanti  buoni  ulizj  potè,  e  fattolo  venire 
a  Bologna  nel  dì  22  di  novembri! ,  con  tal  lòr- 
tuna  maneg^'i.)  i  di  lui  alliui,  e  be  l'accordò  eoi 
maynauimo  imperadore  nel  dì  n3  di  dicembre. 


ANr;0     MDXXIX  O^fj 

Fu  dunque  conveimlo  che  coli'  investitura  ira- 
periale  reslerebbc  il  duca    signore  dello    Stato 
di  Milano,  con  ohblio;ar.si,  in  iscouto  delle  spese 
fatte ,  di    pi!2;aie  a   Cesaie    in     un    anno    quat- 
trocento   uiilu    ducati   d'oro,  ed  altri    cinque- 
cento  mila  in  dicci  anni  avvenire,  restando  in 
mano  d'esso  Aiignslo  il    castello    di     iMilatjo  e 
Como ,  da   restituirsi     al    duca  ,    come    fossero 
fatti   i  pagamenti  del   primo  anno.    -Nondimeno 
Pavia  fu  assegnata  ad  Antonio  da  Leva,  da  go- 
dere   sua  vita    natmal    durante.    Grande    alle- 
grezza avrebbono  fitto  i  popoli    dello    smunto 
ducato  di   Milano  per  tal  coaiordia  ,    che    pa- 
reva il  fine  de'  loro  immensi  guai,  se  il  duca, 
per  mettere  insieme  tanto  oro ,  non  fosse  stato 
i'ostretlo  a  maggiormenle  atlligueili  con  gravis- 
simi   taglioni  ed  imposte.    Avvenne    in    questi 
tempi  che  l'esercito    cesareo,  già  ridottosi  in 
Ghiaiadadda  ,  e  intento  a  divorar  quelle  terre  , 
per  non  saper  come  vivere ,    appena    intese  o 
trattarsi    o    concliiuso    l'accomodamento    delle 
dilfercir/.e  del   daca  colf  impevadore ,  che  alzat'? 
le  bandiere  volò  alla  volta  di  .Milano ,  con  in- 
timare a  quel    popolo ,    che    se  in    termine  di 
quindici  dì   non  soddisfaceva  p?r  le  paghe  loro 
da  tanto  temjio    dovute ,    saccheggierebbero  la 
città ,  e  fcUtbbono  prigion  ciascljeduno ,  e  che 
intanto  si  somministrassero    loro    gli    alimenti. 
Rimasero  di  sasso  gì  infelici  Milanesi  a  queste 
minaccie  ,  arrivate  in  tempo  che   speravano  di 
respirare.  Conluttociò   inoslraiido  di    fare   ogni 
sforzo  per  raunar  danaro  ,    spedirono  nel  me- 
desimo   tempo  i  loro   oratori    all'  imperadore  , 
esponendogli  le  lor  miserie  ,  e  il  pericolo  che 


SgO  ANNALI    d'iTAUA 

lor  soprastava.  Provvide  egli  itninanteticiite  al 
disordine  coir  inviar  "li  Spa^nuoll  e  i  Tedeschi 
ad  nnirsi  coli' esercito  di  Toscana,  e  facendo 
cassare  il  resto  di  quelle  truppe,  così  che  nello 
Stato  di  Milano  wm  rimasero  se  non  i  soldati 
di  presidio  nelle  fortezze. 

Similmente  si  concordarono,  per  non  poter 
di  meno,  anche  i  Veneziani  coli' imperadore , 
con  ohbligo  di  restituire  a  lui  tutto  le  terre 
da  loro  occupate  nel  regno  di  Napoli ,  e  al 
pontefice  Ravenna  e  C  •\\\i\  ;  siccome  ancora  di 
pagare  ad  esso  Angusto  por  vecchie  e  nuove 
ragioni  trecento  mila  ducati  d  oro  in  varie 
rate  ,  con  altri  patti  che  non  importa  di  rife- 
rire. Né  si  dee  tacere  clic  sul  line  di  novem- 
bre giunto  a  Bologna  anche  Federigo  mar- 
chese di  Mantova  con  nobile  accompagnamento, 
fu  molto  ben  veduto  ed  accarezzato  dall'Augusto 
Carlo.  Nel  presente  anno  terminò  l'Anonimo  Pa- 
dovano la  sua  Cronica ,  che  matniscrilta  si  con- 
serva presso  di  me  ,  nel  i-ui  (ine  sono  le  seguenti 
parole:  Qui  finiscono  i  ragionamenti  domestici 
dt'lìe  giu'ire.  d  Italia  ,  cominciando  dall'  an- 
no i5oS  /ino  al  iSat),  esposti  e  narrati  da 
chi  s' è  troi'ato  presente  al  più  delle  sopra- 
dette faccende.  Fu  ad  inchinare  eziandio  il  pon- 
telic(;  e  r  imperadore  ,  Francesco  Maria  duca 
d'Urbino;  e  in  considerazione  de' Veneziani  , 
de'  r[uali  era  generale  ,  ricevè  buona  accoglien- 
za. Era  allora  la  città,  per  altro  assai  glande, 
di  Bologna  sì  piena  di  gran  s'ignori  e  di  no- 
bili à  forestiera  ,  che  sembrava  una  fiera  con- 
tinua, e  si  ftceva  alle  pugna  per  trovare  al- 
bergo. Gran  solennità   i\i    fu  fatta    u;^!  j^iornu 


ANNO    MDXXIX  38 1 

«lei    Natale    del    Signore ,     avendo  i  Bolognesi 
fabbricato  un  niirabil  ponte  di  legno  ,  per  cui 
dal  palazzo  discese  tutta  (jiiella  gran  corte  alla 
basilica  di  Sau  Petronio.  Stabilissi  poi  nel  dì   23 
di  diccmbie  mia  lega    perpetua  (i)  per  la  si- 
eurezza  della  tranquillità  d' Italia  fra  papa  Cle- 
mente MI,  1  iniperador  Carlo  V,  Ferdinando 
re  d'Ungberia,  la    repid^blica    di  Venezia  e  il 
duca  di  iMilano  ,     in    cui    liuono     ancora  cora- 
jiiesi  il  duca  di  Savoia,  i  niarcJicsi   di  Alonler- 
rato  e  di   Mantova,  e    lasciato    luogo    al  duca 
di  Fernua    di    entrarvi ,    quando    seguisse  ac- 
cordo lì  a  il  papa ,  1'  imperadore    e    lui.  Ma  di 
questa  tranqudlitù  non  godeva  Firenze  assedia- 
ta ,  o  più    tosto    bloccala   dall'  esercito    impe- 
riale e  pontifizio,  che  secondo  1'  uso  delle  guerre 
infiniti  danni  inferiva    a    quel  distretto.    Mag- 
giormente poi  crebbero  i  guai  in    quelle    con- 
trade, da  che   il    pontefice,  fattosi    principal- 
mente promotor  della  pace  in  Lombardia ,  ac- 
ciocché l'Augusto  Callo  potesse  con  più  vigore 
continuar  la  guerra  contra  di  Firenze  patria  sua 
ottenne  che  dallo    Stato  di   Milano    passassero 
in  Toscana  circa  otto  mila  combattenti  cesarei 
con  venticinque  pezzi  d' artiglieria.    Colà    dun- 
que si    ridusse    tutto    il    furor    dell'  armi    coQ 
queir  esito  che  diremo  all'  anno  seguente. 


(l)  Du-Mont  Corpi  Diplomati 


SSa  ANNALI   d'  ITALIA 

Anno  di  Cristo  i53o.  Indizione  HI. 
di  Clemente  MI  papa  8. 
di  Carlo  \    imperadore  12. 

Anche    nel     gennaio    e    ftbbr.iio    dell'  anno 
presente  continuò  papa    Clemente  coll'iiniiera- 
dore  il  suo  soggiorno  in     Bologna  ,    perchè  la 
vicinanza    sua   e    dell'Augusto    monarca    desse 
maggior  calore  all'  impresa     dell   assediata  città 
di  Firenze,   irovavansi  i    Fiorentini  nioUo  an- 
gustiati dall'  armi  nemiche  ,  e  ciò    non  ostante 
risoluti  di  difendere    la    lor    libertà  sino  a  gli. 
estremi.  Inviali    a  Bologna  i  loro    ambasciatori 
per  tentare  se  potesse  riuscir  qualche  accordo , 
non  ottennero  udienza  dall' imperadore;  e  stando 
saldo  il  pontetice  in  volere  ristabilita  la    niag- 
gior^jiiza  ed   autorità  precetlente  della  casa  dei 
Medici  in  quella  repubblica  ,  al    che  abburriva 
troppo  il  presente    governo  di  Firenze,  se  ne 
tornarono  come  erano  venuti  (i).  imperciocché 
donno  Ercole   d'Esle   })rincipe    di  Ferrara,  da 
Jor  preso  per  generale,   non  potè  a  cngiou  delle 
minaccie  del  pana  andare  in   persona  ad  eser- 
citar quella  carica,  non  lasciò  per  questo  d'in- 
viarvi in  sua  vece  il  conte  Ercole  Rangone  colle 
.sue  milizie,  da  cui  furono  poi  latte  molte  azioni 
di  valore.  N^  l  (U    19  di  gennaio  iliedeio  i  Fio- 
rentini   il     bastone    del    generalato  a   Malatesta 
Baglione,  che  avea  fatto  non  po(;hi  brogli  per 
ottenerlo.  Era  già  l'ormato    il    concerto  che  la 


(1)    Ouiccianlino.     Nardi.    Vairlii.     Segni.    Ammirati. 
Oiotìo.  l'aulus  ile  Clericis    in  Aniial.  MiJS. 


AVNO  Mrxxx  3(S3 

coronazione  desiderala  da  Carlo  V  si  avesse  a 
fare  secondo  il   rilo    in   Roma ,  e  già   era   sta- 
bilita l' andata  colà  tanto  di  lui  che  del  papa. 
Anzi  si  erano  incamminati  a  questo  line  colà, 
per  disporre  le  cose ,  alcuni  cardinali  e  prelati. 
Ma    essendo    sopravenuti    dalla    Germania    ga- 
{jliardi  impulsi  da  Ferdinando  re    d  Ungheria  , 
IVatcllo  dell'  imperadore  ,  che  aspirava  ad  essere 
re  de'Ruuìaui,  e  per  altri    uigcnli    bisogni  di 
quelle  parti,  TAugutto  Carlo  tiice  istau/a  di  ri- 
cevere in  Bologna  le  due  corone:  al  die  con- 
discese il  jiapa.  Nel  giorno  dunque  22  di  febbraio 
j.eila    cajipcila    del  palazzo  poulilizio    ricevette 
i'sso    imperadore   dalle    mani    del    ponteiice  ia 
corona  ferrea  ,   in  seguo  d  essere  re  del  regno 
longobardico  o  sia  italico.    N  ien    descritta  e&sa 
corona,  portala  colà  da   Monza  ,  non  men  dal 
Giovio ,  the    tlal    mastro    delle   cerimonie    del 
papa  presso     il    Rinaldi  (i)  ,    per    un    cerchio 
d'  oro ,  largo  jiiù  di  cinque    dita ,  con   una  la- 
mina di   ferro    nel  di    tlentro  ,  per  tenerla  ,  a 
mio  ciedere  ,  fòrte,  senza  che  alcuno  sognasse 
allora  quel  ferro  essere  un  chiodo  della  Passion 
del    iSiguore ,    convertito   e    spianato  in   quella 
laminu.    Né  alcun    di    essi    scrive    che   si  nio- 
Stiasse  alcun  segno  di  venerazione  a  quella  co- 
lona ,    come    cento   luini     dopo    immaginò    il 
Ripamonti  nella  sua    Storia  di    Milano,  t'oscia 
nella    festa    di    san    Mattia,    a    dì  24  di  esso 
mese  ,  giorno  in  cui    Carlo  \    era    nato ,  e  iu 
cui  fu  fallo  prigione    sotto    Pavia  Francesco  1 
re  di  Francia  ,  si    celebrò   la  solenne  iunzion»} 

(i)  Baynaliliis  Annal,  Eccl. 


384  ANNAM   d' ITALIA 

nel  vasto  tempio  di  san  Petronio  della  corona- 
zion  dell'  imperaJore  ,  e  v'  intervennero  ira  gli 
altri  Bonifazio  marchese  di  Monferrato,  Fran- 
cesco Maria  delia  Rovere  duca  d'  Urbino  ,  ed 
uno  de'  principi  di  Baviera.  Ma  sopra  gli  altri 
fu  distinto  ed  onoralo  Carlo  Ili  duca  di  Sa- 
voia ,  veimto  apposta  con  grandioso  corteggio  , 
per  attestare  all'Augusto  monarca  suo  cognato 
I  osse(juio  ed  amor  suo.  Dal  prelodato  maestro 
di  cerimonie  e  da  altri  si  vede  descritta  la  co- 
ronazione suddetta ,  e  massimamente  da  Fra 
Paolo  Carmelitano  che  vi  era  presente,  e  che 
ne'suoi  Annali  MSti  la  dipigne  come  cosa  ve*' 
ramente  magniCca.  E  pure  secondo  il  Guicciar- 
dino  fatta  fu  con  concorso  grande  ,  ma  con 
picciola  pompa  e  spesa  :  dopo  la  quale  niii- 
u'altra  più  ne  ha  veduta  1'  Italia  ,  giacché 
gì'  imperadori  si  sono  messi  in  possesso  di 
usar  senza  di  essa  il  titolo  e  l'  autorità  de  gli 
Augusti.  Solamente  accadde  in  quella  gran  l'un- 
zione che  due  braccia  dei  ponte  sopra  accen- 
nato ,  per  cui  si  andava  dal  palazzo  a  San  Pe- 
tronio, apjìena  passato  l' inqierailore  ,  si  ruppero , 
colla  morte  di  molti  delia  plcije.  Nel  secondo 
giorno  di  marzo  (i)  arrivò  a  Ferrara  Beatrice, 
ducliessa  di  Savoia,  che  passava  a  Bolof^na  per 
visitar  l' imperador  suo  cognato,  dal  quale  ri- 
«evè  ilipoi  molte  linezze  ed  onori. 

Avea  desiderato  Ailbnso  duca  di  Ferrara  d'in- 
tervenire anch'  egli  alla  solennità  della  ooro- 
uazione;  ma  non  si  potè  pief;are  la  lesta  coc- 
ciuta di  papa  Clemente  a  permetterlo.  Tuttavia 

Ci)  Anuuli  MSiì  di  Fenarsi. 


ANNO    MDXXX  385 

perchè  premea  forte  alTAugisto  Carlo  di  non 
lasciar  viva  la  tliscorelia  del  pontefice  con 
quel  principe  suo  vassallo,  afìinchè  questa  non 
turbasse  la  quiete  d'Italia  ,  ricusò  di  partir  da 
Bologna  senza  avervi  provveduto.  Vi  fu  bisogno 
di  tutta  la  sua  pazienza  per  isniuovere  il  duro 
papa.  Tanto  nondimeno  fece  ,  che  nel  di  due 
di  marzo  ottenne  salvo  :on doti o  ,  acciocché  il 
duca  potesse  sTuire  a  Bologna.  Dispulos.-.i  un 
pezzo  intorno  alle  indebite  pretenstoni  del  pon- 
telice  sopra  Modena,  Reggio,  Rubiera  e  Co- 
tignola.  Finalmente  nel  dì  2 1  di  marzo  fu 
conchiuso  che  si  rimettesse  ali  iuiperadore  il 
conoscere  per  compromesso  le  lor  differenze  , 
e  che  intanto  le  stesse  città  e  terre  si  mettes- 
sero in  deposito  in  mano  di  lui,  o  sia  de' suoi 
ministri.  A  questo  diflicilmente  condiscese  al 
duca,  e  massimamente  perchè  si  volle  compresi 
in  esso  compromesso  anche  Ferrara.  Ali  in- 
contro facilmente  il  papa  vi  si  accordò ,  da 
che  nel  trattato  di  Biircellona  si  era  Cesare 
obbligato  di  aiutare  il  papa  a  ricuperar  quei 
luoghi  ;  ed  in  oltre  segretamente  convenne  con 
lui  ,  che  in  caso  di  conoscere  più  forti  le  ra- 
gioni Estensi  ,  non  pronunziasse  laudo  alcuno , 
ma  che  lasciasse ,  come  prima  ,  imbrogliate  le 
carte  :  il  che  se  facesse  conoscere  il  papa  ama- 
tore del  giusto,  non  io,  ma  altri  lo  deciderà. 
Furono  eseguite  le  condizioni  di  quell'  accor- 
do; dopo  di  che  l'Augusto  Carlo  si  avviò  per 
Modena  alla  volta  di  Mantova  ,  dove  fu  accolto 
con  gran  magniliceuza  dal  marchese  Federigo 
Gonzaga  ,  signore  di  quella  città  ,  il  quale  in 
tal  congiuntura  a  dì  35  di  marzo  ottenne  per 
Muratori.  Fol.  XIT.  25 


3S6  ANNALI    d'  ITALIA 

la  prima  volta  il  titolo  di  Duca  da  quel  beni- 
giiissimo  sovrano.  Ed  allora  fa  cbe  esso  iiiipe- 
radore  diede  al  duca  Alfonso  T  investitura  di 
Carpi,  con  ricavarne  cento  mila  ducati  d'oro, 
de' quali  ne  toccò  subito  sessanta  mila.  Venti- 
lali poi  con  isniisurati  processi  la  controversia 
fra  il  papa  e  il  duca  di  Ferrara,  e  fatta  ben 
esaminar  dall' imperadore ,  egli  nel  dì  21  di 
dicembre  dell'anno  presente,  mentre  era  in 
Colonia,  proferì  il  suo  laudo  fìnorexole  al  duca 
Alfonso,  ma  con  pubblicarlo  solamente  nel- 
]  anno  seguente  i53i.  Giimse  a  Ferrara  nel 
dì  ullimo  di  settembre  con  due  bucentori  e 
trenla  barelle  Francesco  Sforza  duca  di  Milano, 
accompagnato  da  gli  ambasciatori  del  papa, 
della  Francia  e  di  Venezia  ;  e  solamente  nel 
dì  19  di  ottobre  passò  a  Venezia,  dove  si 
portò  ancbe  il  tinca  di  Ferrara  per  trattare  de  i 
comuni  interessi. 

Seguitava  intanto  con  più  fervore  cbe  mai 
la  guerra  in  Toscana  contro  Firenze.  ]Non  man- 
cava gente  cbe  scusava  e  compativa  jiapa  Cle- 
mente ,  autore  di  essa,  per  le  troppe  ingiurie, 
villanie  e  danni  fatti  da'  Fiorentini  a  lui  e  alla 
casa  de'  Medici.  Ma  senza  paragone  più  erano 
e  sopra  lutto  in  P'irenzc,  coloro  cbe  il  male, 
dicevano,  per  vederlo  sì  accanilo  contro  la 
propria  patria,  e  cagione  della  dcsolazion  di 
tante  lene  e  villo  del  distretto  (lorenlino,  im- 
putandogli a  peccato  ed  infamia  l'  impiegar 
tanti  tesori  della  (Ililesa  Romana  ))cr  mantener 
eserciti  e  manigoldi  in  rovina  di  tanti  inno- 
centi. E  tanto  niaggiormentc  ancora ,  perebù 
lenivano  per  ingiu.slissime  le  sue  preleui>iy;ji , 


ANNO    MT>XXX  3  87 

non  nei,'an(lo  i  Fiorentini  di  ricevere  i  Medici 
come  ciltaJiiii:  laddove  questi  vi  voleano  co- 
UMiidar  da  siijnori  ;  e  1'  averlo  fatio  in  addie- 
tro ,  siccome  usnrpazione ,  punto  non  serviva 
a  giustilicar  la  pretensione  dell'  avvenire.  Però 
il  cliiamavano  mi  nuovo  Giulio  Cesare  ,  e  ti- 
ranno tanto  più  detestabile,  perchè  si  serviva 
della  religione  ,  cioè  delle  rendite  della  Chie- 
sa,  per  soddisfare  a  i  suoi  privati  mondani 
appetiti.  Ma  sì  fatte  mormorazioni  nulla  di  più 
producevano  che  1'  abbaiar  de'  cani  alla  luna. 
Conlinuava  il  furor  della  guerra,  lo  spargi- 
mento del  sangue ,  la  distruzion  del  paese  ; 
perciocché  se  di  grandi  prodezze  vi  fece  1'  ar- 
mala pontificia  ed  imperiale  ,  non  con  minore 
bravura  per  dieci  mesi  si  dil'esero  e  sostennero 
i  Fiorentini ,  sempre  sperando  clie  succedessero 
de'  miracoli  o  de'  casi  impensali,  o  che  per 
mancanza  di  paghe  si  avessero  a  disciogliere  le 
forze  nemiche.  A  me  converrebbe  empiere 
molte  carte  ,  se  volessi  rilL-rir  tutte  le  scara- 
nuiccie  e  i  fatti  d'  armi  succeduti  in  così  lungo 
ed  ostinalo  assedio.  Ma  basterà  solamente  ac- 
cennare che  nel  dì  due  d' agosto  a  Cavinana 
segui  una  fiera  battaglia  fra  le  genti  de'  Fio- 
rentini ,  comandale  da  Francesco  Ferruccio  , 
valente  condottier  d'  armi ,  e  buona  parte  del- 
l' esercito  cesareo,  a  cui  intervenne  il  genera- 
le, cioè  lo  stesso  principe  d'  Oranges.  La  vit- 
toria si  dichiarò  per  gì'  imperiali ,  e  vi  rimasero 
estinti  o  sul  campo ,  o  dipoi  per  le  ferite  , 
circa  due  mila  e  cinquecento  Fiorentini,  fra  i 
quali  lo  stesso  Ferruccio,  barbaramente  ucciso 
da   Fabrizio    .Maram.ddo    dopo    la  resa.    Mollo 


388  ANNAI>I    d'  ITAOA. 

iionrliiueno  costò  a  i  vincitori  quel  fatto ,  perchè 
anche  lo  stesso  Filiberto  principe  d'  Oranges 
lasciò  ivi  hi  vita  per  un  colpo  di  archibusata  , 
facendo  quel  fine  che  toccò  a  tanti  altri  ma- 
snadieri intervenuti  al  lagrimevol  sacco  di  Ro- 
ma. Ora  questo  svantagfjioso  falto,  la  mancanza 
oramai  divenula  estrema  delle  vettovaglie,  e  il 
timore  che  la  città  restasse  esposta  al  sacco , 
misero  il  cervello  a  partilo  de"  Fiorentini,  con- 
correndovi ancora  le  focose  esoilazioni  di  Ma- 
latesta  Baglione  lor  generale  ,  che  si  mostrò 
preso  da  compassione  verso  la  pericolante  cit- 
tà ,  ma  più  verisimilnicnte  spinto  da  segrete 
intelligenze  con  papa  Cleuicnle.  Videsi  poscia 
che  con  licenza  d'  esso  j)ontefice  se  ne  tornò 
il  Baglione  lihcra:ucnte  a  Perugia  sua  patria  a 
goder  de'  suoi  beni  patrimoniali  ,  per  tacer  di 
altre  ragioni  rapportate  dal  Varchi.  Spedirono 
dunque  i  Fiorentini  i  loro  ambasciatori  a  doQ 
Ferrante  Gonzaga  fratello  del  duca  di  Manto- 
va, in  cui  dopo  la  morte  dell"  Oranges  era  ca- 
duto il  comando  dell"  esercito  imperiale,  e  nel 
dì  12  d'agosto  si  concbiuse  l'accordo,  rap- 
portato da  Jacopo  Nardi  ,  ilal  \'archi  e  da  al- 
tri scrittori;  ilei  quale  altro  non  accennerò  io, 
se  non  che  fu  rimesso  airirn|)eraciore  di  rego- 
lar fra  quattro  mesi  la  Ibrnia  del  governo  di 
Firenze  ,  benché  vi  si  ilica  ancora  che  taè  re- 
golamento avea  da  dipendere  dal  papa.  Obbli- 
garonsi  i  Fiorentini  di  jiagare  all'ainiata  cesa- 
lea  ottanta  mila  ducali  d  oro,  diijio  a\ere  spesi 
più  niilioni  in  questa  giiena  e  patite  incredi- 
bili desolazioni  ne'  loro  Mali.  Apiiicsso  lu  iòr- 
Kialo  ili  Firenze   uu   nuovo  luagislralo,  tutto  di 


AXXNO    MaKX  38^ 

parziali  della  casa  de'  Medici ,  clie  poco  tar- 
daiDiio  a  far  uscire  di  vita  sei  de'  principali 
difensori  della  libertà ,  e  a  confinare  altri  non 
pochi ,  e  fecero  disarmare  il  popolo.  Se  ne 
andò  anche  Malatesta  Baglione,  ina  con  lasciar 
in  Firenze  il  nome  di  traditore  :  sopra  che  è 
da  vedere  il  N'archi.  Pattato  che  fu  il  danaro 
pattuito,  restò  libero  dal  divoratore  esercito 
quel  sì  maltiattato  paese,  a  risena  del  presi- 
dio mandato  iti  Firenze.  Uscì  poscia  nel  dì  28 
d'  ottobre  di  quest'  anno  un  solenne  decreto 
dell' impera<lore  (i),  in  cui  dichiarò  capo  della 
repubblica  liorentina  Alessandro  de'  Medici,  (  a 
cui  il  papa  avca  comperato  il  titolo  di  Dnca 
della  città  di  Penna  )  e  i  di  lui  figli  e  discen- 
denti, e  in  mancanza  d'essi,  uno  della  casa 
de'  Medici.  Stranamente  si  dolsero  dipoi  ,  ma 
in  segreto ,  i  Fiorentini  di  .sì  fatta  decisione  O 
investitura  ,  come  quella  che  chiaramente  sta- 
biliva r  autorità  cesarea  sopra  Firenze  e  sopra 
il  suo  Stalo,  che  per  tanti  anni  addietro  non 
era  stata  ivi  esercitata  né  riconosciuta.  Ed  ha 
ben  saputo  prevalersene  a'  dì  nostri  la  corte 
imperiale  per  disporre  a  sua  voglia  dell'  ameno 
paese  della  Toscana.  Questo  bel  servigio  fece 
papa  Clemente  \II  alla  patria  sua;  laonde 
sempre  più  si  lagnò  quel  popolo  dell'  avversa 
fortuna,  costretto. a  fare  il  Latino  con  tanti  loro 
svantaggi  e  danni ,  i  quali  per  la  maggior  parte 
avrebbe  risparmiato  se  si  los.se  indotto  a  larlo 
prima  della  guerra. 


.(i)  Du-Mont  Corp?  Diplomai. 


3go  ANjfALi  d'  itama 

Quanto  a  papa  Clerat-nte,  dappoiché  fu  par- 
tito da  Bologna  l'Augusto  Carlo,  aneli' egli  uel- 
r  ultimo  giorno  di  murzo  s' inviò  alla  volta  di 
Pioma  ,  dove  pervenne  nel   dì  9  d'  aprile.    Per 
tutto  il  tempo  che  durò  1'  assedio  di  Firenze, 
gian  battaglia   fecero  nel  di  lui  cuore  l'ansiclà 
di  vincere  quella  pugna,  il  timore  che  la  lun- 
ghezza o  altio    sconcerto   guastasse  l'impresa; 
oltre  alle  tante  cure  per  somministrar  somme 
immense  di  danaro  ,  e  un  batticuore   coniimio 
che  Firenze  presa  andasse  a  sacco.  Gli  sopra- 
venne   poi    un'  incredibil   gioia  allorché    inlese 
terminata  con   pacifico  accordo  la    tragedia  ,    e 
nella    forma    eh'  egli    appunto  sospirava.    Poco 
nondimeno  tardò  a  cangiar    le  sue   allegrie    in 
una    somma   aflliziono    pel   nuovo   flagello   che 
nel  presente  anno  si  scaricò  addosso  alla  tanto 
battuta  città  di  Roma ,  che  appena  cominciando 
a   respirare  da  i  gravissimi  guai    del  sacco ,    sì 
trovò   immersa  in  un'  altra  non  minore  sciagu- 
ra. Fra  ito  il  pontefice  a  diporto  ad  Ostia  nel- 
r  autunno  di  quest'anno,  quando  eccoti  aprir- 
si ,    per    così   dire,    le    calaratte   del   cielo,  e 
cadere    per    più    giorni   una  sì  dirotta   pioggia, 
che  i  fiumi  tulli  in  (juelle  jiarli,  e  spezialmente 
il    Tevere,    sopramodo    gonfiali,    traboccarono 
fuori  dal  letto  loro.   A  riserva  di  pochi  luoghi, 
ne   restò  inondala   tuUa   r\oina,   e  con    tale    al- 
tezza d'acqua,  che  assaissime  p.crsone  ivi  per- 
derono  la  vita,   vi  rovinai otio  molli   piihblici  e 
privati    e<lifizj ,    s' eni|)i('iono  di    a((|ua    tulli    i 
sotterranei,  tulli   i  fondachi  e   le  bofleghe,  con 
perdita    d' inniunerahili    merci,     vellovaglie    e 
beslì:uui.  Memoria  nou  v'  era  che    tanti    daunì 


A\>0    MPXXK  3;)t 

avesse  mai  recato  1'  escrescenza  del  Tevere  ,  sic- 
ché fu  creduta  la  gran  perdita ,  che  allora  av- 
venne  non  inferiore  alla  precedente  del   sacco 
di  Roma.  Tiovandosi  allora  ,    come    dicemmo  , 
il  papa  in  sito  dove    non    potea   ricevere   per 
cagion  di  questo  diluvio  gli  alimenti  ,   prese  il 
partito  di  ritirarsi   a  Roma;  e  con  gran  pericolo 
suo  e  di  tutta  la  sua    corte    cavalcando ,  sem- 
pre coir  acqua  alla  pancia  de' cavalli,  peivcnne 
alla  città.  Ma  volendo  passare  al    palazzo  pon- 
lifizio  ,    trovò    tutti   i  ponti  o   fracassati  (  fra  i 
quali  quel  di  Sisto  )  o  pure  coperti    d'  acqua  ; 
riè    parimente    restandogli    maniera    di   entrare 
in  Castello  Sant'Agnolo,  fu  necessitalo  a  rico- 
verarsi a  Monte  Cavallo  a  Santa   Agata,  finché 
tornassero    1'  acque    al    consueto    lor    letto.   Vi 
tornarono  ben  esse  ;  ma  il   lezzo    e   puzzo   la- 
sciato in  tanti  siti  sotterranei  si  tirò  poi  ilietro» 
una    gran     pestilenza  ,    cioè    mali     sopra   mali: 
Poco    nondimeno    profittò    di     sì    fatti     avvisi 
il    pontefice ,    e    lasciando    piagnere  chi  volea  ^ 
continuò    i    suoi    disegni    politici    pel    sempre 
maggiore    ingrandimento    e    lustro  di  sua  casa. 
lo  non  so  come  questa  fiera  inondazione  venga 
rapportata    nel    novembre    dell'  anno     seguente 
nella  Storia  del  Segni.  Sarà  un  errore  di  stam- 
pa. Il  Surio ,  Fra    Paolo  Carmelitano    ed    altri 
ne    parlano    all'  anno    presente.    Il   Varchi     la 
mette    ne'  primi   giorni    d'  ottobre  ,    e  con  lui 
vanno  d'  accordo  gli   Annali  manuscritti  di  Fer- 
rara. E  la!   notizia  vien  poi  messa  fuor  di  dub- 
bio dalle  memorie  in  marmo  esistenti  in  Roma, 
e   riferite  da  Andrea  Vettorelli.  Né  si  dee  oin- 
Inettere  che  n»:l  marzo  di  quesl'  anno  rAuyustó 


3q2  ANNALI    d'  ITALIA 

Callo  investì  delle  isole  di  Malta  e  del  (lozo 
r  indila  religione  de'  cavalieri  Gierosolimì- 
tarii  dello  Spedale ,  dianzi  chiamati  i  Cava- 
lieii  di  Rodi  ,  i  quali  ne  presero  il  possesso  , 
con  formar  ivi  un  inespugnabil  baluardo  in 
difesa  del  nome  cristiano  conira  de'  Turchi  e 
Mori.  Lo  sfrumeuto  imperiale  si  vede  dato  in 
Castelfranco  nel  dì  af  di  marzo.  Come  ciò  sia, 
lascerò  ch'altri  lo  insegni,  jiotendosi  di  qui 
argomentare  che  Cesare  in  quel  giorno,  e  non 
già  nel  dì  22  ,  si  movesse  da  Bologna.  Ma  il 
dì  22  è  assai  specilicalo  nel  Diario  riferito  dal 
Rinaldi,  e  nel  dì  aS  1'  imperadore  si  trovava 
in  Mantova.  Anche  gli  Annali  manuscritti  di 
Ferrara  ci  assicurano  eh'  egli  si  partì  da  Bolo- 
gna nel  dì  22   di  marzo. 

fìllio  di  Cristo   i53i.  Indizione  IV. 
di  Clemente  MI  papa  q. 
di  Carlo  V  imperadore  i3. 

Malveduta  era  da  i  sovrani  delP  Europa  l'u- 
nione in  Carlo  V  della  dignità  imperiale  colla 
potente  monarchia  di  Spagna.  Oltre  a  ciò ,  i 
Tedeschi  ,  allorché  esso  Augusto  dimorava  in 
Ispagua ,  mormoravano  per  lauta  di  lui  lonta- 
nanza; e  un' egnal  sinfonia  s'udiva  fra  gli  Spa- 
gnuoli ,  cfuand' egli  si  tratteneva  in  Germania. 
Il  perchi';  egli  prese  la  risoluziou  di  quetarc  in 
qualche  maniera  le  gelosie  e  tioglianzc  altrui  , 
col  far  conoscere  lum  durevole  l' unione  di 
quelle  due  monar<  h  e.  Aduii;ue  nel  dì  quinto 
di  gennaio  ih-l  presente  anno  in  Colonia  col 
consenso  degli  elettori  dichiarò  re    de'  Ronjojù 


ANNO    MDXXXI  SpS 

Ferdinando  suo  fiatello  ,  re  ci'  Ungheria  e  Boe- 
mia ,  il  qiial  poscia  nel  dì  1 1  d'  esso  mese  fu 
solennemente  coronato  in  Francoforle.  Benché 
avesse  V  Angusto  Carlo  prolerito  neli'  anno  pre- 
cedente il  suo  laudo  intorno  alle  ditVeren/.e  del 
p/apa  col  duca  di  Ferrara ,  pure  per  \  ai  j  ri- 
guardi ,  cioè  per  le  segrete  mine  de'  ministri 
pontifi/.j ,  ne  andò  differendo  la  pubblicazione. 
Seguì  finalmente  questa  nel  dì  3i  d'aprile  del- 
l' anno  presente  ,  in  cui  furono  dichiarate  nulle 
le  pretensioni  romane  sopra  Modena ,  Reggio 
e  Rubiera  ,  terre  chiaramente  appartenenti  al 
sacro  romano  imperio ,  e  non  già  porzioni 
dell'  esarcato  di  Ravenna,  come  contro  la  chiara 
verità  allora  si  pretendeva;  e  ne  fu  confermato 
il  dominio  al  duca  Alfonso  suddetto.  Venne 
anche  obbligato  il  papa  a  dargli  V  investitura 
del  ducato  di  Feriara,  come  Stato  spettante 
alla  Chiesa  Romana.  In  esso  laudo  essendo  stato 
condannalo  il  duca  a  pagare  cento  mila  ducati 
d' oro  alla  camera  apostolica  ,  non  tardò  egli 
a  spetlire  a  Roma  i  suoi  n)inislri  coli'  esibizion 
del  danaro.  Ma  Clemente  ,  a  cui  non  dovea 
parer  giusto  se  non  quello  che  era  conforme 
a'  suoi  desiderj  ,  non  solamente  rifiutò  quel- 
l'oro,  ma  né  pure  volle  accettare  il  laudo. 
Troppo  a  lui  scottava  il  restar  separale  dallo 
Slato  Ecclesiastico  le  città  di  Pai na  e  Piacen- 
za ;  e  tanto  piìi  se  fosse  vero  eh'  egli  medi- 
tasse di  fare  un  dono  di  tutte  quelle  città  alla 
sua  famiglia.  Confessa  il  Giovio  che  per  tal 
cagione  il  papa  ,  per  a'tro  gran  simulatore , 
non  sapea  nascondere  il  suo  sdei;no  centra  di 
Cesare  ,    e    che    si    andava    lisciando  la  barba 


5n4  AnxAi.i    d'  ITALIA  , 

ora  coir  una  ora  coli' altra  mano,  allorché  tor- 
nava in  campo  questo  laudo ,  assai  mostrando 
la  voglia  di  vendicarsene ,  quando  avesse  po- 
tuto. E  certamente  da  lì  innanzi  parve  assai 
rivolto  il  suo  cuore  a  i  Franzesi ,  con  far  non- 
dimeno lutto  il  possibile  perchè  V  iniperadore 
non  restituisse  Modena  al  duca.  IMa  informato 
esso  Augusto,  come  per  parte  dVsso  principe 
era  stato  soddisfatto  al  dovere  coli'  esibito  pa* 
gamento  ,  nel  dì  1 2  di  ottobre  fece  rilasciare 
al  duca  Alfonso  il  possesso  d' essa  città  e  di 
Eeggio  ,  con  restar  vive  le  amarezze  dell'  osti- 
nato papa  contro  di  questo  principe ,  il  qual 
fu  sempre  da  lì  innanzi  costretto  a  star  con 
sonmia  vigilanza,  e  a  tener  buoni  presidj  per 
guarflarsi  dalie  già  sperimentate  insÌLhe  de'  mi- 
nistri pontifizj. 

Per  attestato  di  Gasparo  Hedione  (i),  avea 
nell'anno  precedente  Carlo  III  duca  di  Savoia, 
principe  di  gran  senno  e  valore ,  assediata  la 
città  di  Genevia  ,  divenula  fin  d' allora ,  e 
molto  pii^i  poi ,  nido  di  crcsiarchi.  Seco  era 
copiosa  nobiltà  e  il  vescovo  d'essa  città,  che 
ne  era  stato  cacciato.  Sotto  vi  stette  quasi  un 
anno  ;  ma  essendo  venuti  in  soccorso  de'  Ge- 
iievrini  i  Cantoni  Svizzeri  di  Berna  ,  Friburgo 
e  Zurigo,  fu  necessitalo  esso  duca  a  fai-  pace. 
Per  quanto  si  ricava  dal  Hiiialdi  fa)  all'anno 
presente ,  avea  il  papa  conceihilo  al  pielodato 
duca  Carlo  per  questo  bisogno  non   solamente 


(ì)  Ilcdlono  nelle  ritinte  alla  Storia  del  SabellieO. 
(y.)  ll;i^naklus  AiukiI,  Lccles, 


ANNO    MPXXXI  3g5 

le  decime  degli  ecclesiastici,  ma  anche  di  po- 
tersi valere  delle  argenterie  delle  chiese.  Ed 
essendoché  in  quest'  anno  lo  slesso  principe 
era  minacciato  di  guerra  da  i  Cantoni  eretici , 
s'interessò  il  papa  alla  difesa,  promettendogli 
soccorso  di  danaro,  e  scrivendo  a  i  potentati 
cattolici ,  per  tiarh  in  aiuto  di  lui.  Il  Gniclie- 
none ,  storico  il  più  accreditato  della  real  casa 
di  Savoia ,  lasciò  nella  penna  sì  fatti  avveni- 
menti. Già  dicemmo  che  fia  tanti  pensieri  di 
papa  Clemente  teneva  il  primato  quello  del- 
l' innalzamento  e  della  sicurezza  della  sua  fa- 
miglia. Al  nuovo  ascendente  di  essa  perchè 
potea  pregiudicare  la  nemicizia  de'Sanesi,  operò 
egli  colle  forze  de  gli  Spagnuoh  che  colà  si 
introducesse  un  governo  favorevole  alle  sue 
voglie.  Con  ordini  segreti  ancora  comandò  a  i 
Fiorentini  di  mandare  un'  ambasceria  in  Fian- 
dra ,  per  supplicare  l' imperadore  d'inviare  al 
governo  del  loro  Stato  il  duca  Alessandro  dei 
Medici,  tuttavia  dimorante  in  quella  corte,  e 
destinato  genero  d'esso  Augusto  colla  promessa 
di  Margherita  sua  figlia  naturale ,  di  età  non 
per  anche  nubile.  Se  di  buona  voglia  il  popolo 
Fiorentino  ubbidisse ,  noi  saprei  dire.  Furono 
benignamente  bensì  esauditi  da  quel  monarca. 
Venne  dunque  Alessandro ,  e  nel  dì  quinto  di 
luglio  enti  ò  in  Firenze ,  accolto  co  i  festosi 
suoni  delle  bombarde  ,    e  andò  a  riposare  nel 

Sia'azzo  de'  Medici.  Seco  era  Giovanni  Antonio 
lussetola  andxisciatore  cesareo ,  il  quale  nel 
dì  seguente  nella  gran  sala  sfoderò  il  decreto 
imperiale  in  favore  del  duca  Alessandro  ,  con 
intonare  all'assemblea  de' magistrati,  che  quanto 


OqG  ANNAt.I    I)    ITAUA 

di  male  non  avea  fatto  né  facea  l' invittissimo 
Carlo  a  Firenze,  e  quanti  privilegj  lasciava  al 
loro  popolo,  tutto  doveano  riconoscere  dai  me- 
desimo Alessandro,  il  quale  aveva  trovata  tanta 
grazia  ne  gli  ocelli  dell'Augusto  sovrano.  Letta 
ili  la  dichiarazione  o  diploma  ,  ed  accettata 
con  giuramento  da  tutti ,  e  successivamente  si 
fecero  fuochi  ed  altri  segni  di  giubilo  per  tutta 
la  città.  Ma  perciocché  tanto  in  esso  diploma, 
quanto  nella  concione  del  Mussctola  non  s'udì 
mai  il  nome  di  libertà,  per  concerto  fatto  col 
papa  ,  perciò  si  guardavano  l' un  l' altro  in 
volto  i  Fiorentini.  Molti  v'  erano  a'  quali  ca- 
deano  lagrime  d'  allegrezza ,  perché  scorgeano 
trovato  un  ripiego  per  quetare  e  frenar  le  di* 
scordie  di  quel  popolo ,  stato  sempre  involto 
m  gare  e  sedizioni  in  addietro.  Ma  i  più  spar- 
gevano lagrime  di  rabbia  al  mirare  in  quel  dì 
spenta  la  loro  antica  libertà.  Convenne  poi  nel 
seguente  ottobre  inviare  oialori  all'inifìeradoie 
per  ringraziarlo  dell'  incompaiabil  dono  loro 
fatto  nei  dare  per  capo  alla  repubblica  un  sì 
singoiar  personaggio  ,  come  era  il  duca  Ales- 
sandro. Dove  terminasse  poi  questo  titolo  di 
capo ,  lo  vedremo  all'  anno  seguente.  Era  in 
questi  tempi  marchese  di  Monfcrralo  Bonifazio 
figlio  di  Guglielmo  ,  giovane  di  gi-ande  espet- 
tazioue ,  spezialmente  addestrato  in  tutte  l'arti 
cavalleresche.  An<lan(lo  egli  lui  giorno  a  cac- 
cia soj)ia  im  generoso  cavallo,  a  tutta  carriera 
seguitava  non  so  qual  fiera.  (^a(l<le  il  cavallo 
«  con  tal  em|»it<i  balzò  di  sella  l' infelice  prin- 
cipe ,  che  si  ruppi!  il  collo ,  e  restò  morie 
sulla  terra.   Gran    pianto    fu    per    questo    fra  i 


sudditi  suoi ,  che  V  amavano  a  dismisura.  Do- 
vette scailabellar  poco  il  conte  Loschi ,  allor- 
ché scrisse  che  questo  prnicipe  era  morlo  nel 
i5i8,  cuneudo  colla  lancia  all'inconlio  di  un 
altro  di  pari  età  sopra  un  feroce  corsiero.  Vi- 
\ea  allora  Gian-Giorgio  suo  zio  paterno  .  che 
portava  V  abito  ecclesiastico ,  godendo  una  pin- 
gue abbazia  ,  non  so  se  di  Bremide  o  di  Lu- 
cedio.  Rinunziò  quel  benefizio ,  ed  assunse  il 
governo  di  Monferrato.  Restavano  tuttavia  ia 
quella  nobilissima  faniigUa  due  principesse  fi- 
glie del  marchese  Guglielmo,  e  sorelle  del  de- 
funto Bonifazio ,  cioè  Margherita  ed  Anna.  Tanti 
maneggi  fece  Federigo  duca  di  Mantova  ,  che 
gli  riuscì  in  quest'  anno  di  ottenere  in  moghe 
la  prima.  Con  gran  solennità  si  celebrarono 
quelle  nozze  in  Casale  di  Sant'  Evasio  ;  mag- 
giori poi  furono  le  feste  in  Mantova  ,  allorché 
vi  comparve  questa  principessa,  da  cui  c^uanto 
bene  riportasse  la  casa  Gonzaga  j  non  istaremo 
molto  a  vederlo. 

Anno  di  Cristo  i532.  Indizione  V. 
di  Clemente  MI  papa   io. 
di  Caklo  V  imperadoie   i^. 

Terribili  movimenti  di  guerra  furono  nel- 
l'anno jircsente  fuori  d'Italia,  né  io  mi  fer- 
merò a  descriverli  ,  siccome  avventure  non  ap- 
parlenenli  ali  assunto  mio.  Solamente  dunque 
accenneiò  che  Solimano  ,  gran  Sultano  de  i 
Turchi  ,  avea  allestito  un  potentissimo  eserci- 
to ,  per  invadere  il  resto  dell"  Lni;h(  ria  ,  e 
vendicarsi    dell'  allionlo   soil'crto  ,     allorché    fu 


3q8  ANNAII    d'  ITALIA 

Obbligalo  a  sciolgi i ere  l'assedio  di  Vienna.  Fama 
corixa  ch'egli  conducesse  in  campo  cinquetenlo 
mila  combattenti.  Di  grandi  iptiboli  ibrnia  la 
fama  ,  ed  anche  la  stona  ,  allori  he  si  tratta 
d'  eserciti  barbarici.  Carlo  Augusto  e  Ferdi- 
nando suo  fratello,  re  de' Romani ,  d'Unghe- 
ria e  di  Boemia,  raunarono  anch'  essi  delle 
grandi  forze  per  opporsi  a  i  bai  bau  di  lui  di- 
segni. Per  conto  anche  dell'  Ita! .a  f  irono  colà 
spediti  gagliardi  soccorsi.  Fu  chiamalo  per  iis- 
sumere  il  comando  di  quel  possente  esercito 
Antonio  da  Leva  ,  quel  condottierc  che,  tpian- 
tnnque  sì  mal  concio  per  la  podagra  ,  tanti 
segni  di  prudenza  militare  a\eii  dato  in  Iiaba 
nelle  precedenti  guerre.  Seco  andò  ancora  il 
conte  Guido  Rangone  ,  già  passato  al  servigio 
di  Cesare ,  ed  amendue  si  apjìlicaroiio  a  ben 
provveder  di  dife.sa  la  città  di  \  ienna ,  minac- 
ciata di  nuovo  dal  tiranno  d'  Oriente.  Dopo 
due  giorni  pervennero  colà  Gabriello  Marti- 
nengo  generale  dell'artiglieria  ,  Alfonso  mar- 
cìicse  del  \  asto  generale  della  fanteria  ,  Pietio 
Maria  de  Rossi  conte  di  San  Secondo  ,  Fabri- 
zio Maramaldo,  Filippo  Torniello,  Giam-Batisla 
Castaldo  ,  Marzio  e  Pietro  (lolonnesi  ,  e  (inal- 
nienle  don  Ferrante  Gonzaga  generale  della 
cavalleria  h  g;;iera  ,  con  altri  capitani  ,  condu- 
cendo tutti  delle  trup[)e  sjia^nuole  od  italiane. 
Anche  il  duca  di  Ferrara  vi  uiandò  due  com- 
pagnie di  cavalli  leggieri.  Colà  (inalmenle  fu 
invialo  «lai  papa  Ijipolilo  cardinale  de  .Medici  , 
giovane  bizzarro ,  j)iiì  voglioso  dì  comandare 
ad  esercii i ,  che  di  portare  la  porjiora,  con 
(recenlo    archibusieri  e  molta    nobiltà    itaiiMitiU 


ANNO     MDXKXIT  Byf) 

All'avviso  fli  sì  florido  a|)paiato  d'  anni  cri- 
stiane ,  Soliimno,  che  s'  era  già  inoUralo  ptr 
fino  nelle  attinenze  dell'Austria,  credette  più 
sano  consii^lio  non  solo  il  non  procedere  in- 
nanzi, ma  il  ritirarsi;  e  benché  seguissero  al- 
cuni incontri  ,  niini  di  essi  fu  di  mollo  rilievo. 
Spettacolo  nondimeno  degno  di  gran  com- 
passione fu  r  avere  il  barbaro  condotti  seco  a 
Belgrado  circa  trenta  mila  contadini  unglieri  in 
ischiavitiì.  Fu  invialo  il  prode  Andrea  Uoria , 
ammiraglio  imperiale  ,  colla  sua  flotta  in  Le- 
vante a  danneggiare  i  Turchi  ,  e  gli  riuscì  di 
prendere  a  for/.a  d'aimi  le  città  di  Cotone  e 
di  Patrji5so ,  e  di  spargere  un  gran  terrore  per 
tutte  quelle  contrade.  Gessata  dunque  l'appren- 
sione tanto  in  Germania  che  in  Ilalia  delle 
niinaccie  turchesche  ,  l'Augusto  Carlo,  ritenuti 
solamente  i  necessarj  presidj ,  licenziò  le  re- 
stanti milizie,  e  si  preparò  per  calar  di  nuovo 
in  Italia. 

Le  mire  di  esso  iraperadore  erano  di  tor- 
nare ad  ind)arcarsi  a  Genova ,  per  indi  passare 
in  Ispagna.  Ma  non  essendogli  ignoto  il  mal 
animo  de  i  re  di  Francia  e  d'  Inghilterra  con- 
tra  di  lui ,  con  aver  eglino  inlìn  trattato  di 
muovergli  guerra,  allorché  speravano  di  ve- 
derlo impegnato  col  Turco,  propose  per  tempo 
un  abboccamento  con  papa  Clemente  ,  a  fin 
di  stabilire  una  lega  in  Italia  ,  capace  di  assi* 
curare  lo  Stato  di  Milano  da  ogni  lentalivo 
de'Franzesi.  Allorché  giunse  l'Augusto  monarca 
a  Conegliano  nel  Friuli  ,  fu  a  ricordargli  1'  os- 
sequio suo  Alfonso  duca  di  Ferrara  ,  accompa- 
gnato da  duccuto  cavalli.  Arrivò  poi  la  Maestà 


4oO  ANNALI   d'  ITALIA 

Sua  nel  dì  7  di  novembre  a  Mantova ,  dove 
per  molti  giorni  si  fermò ,  onorala  con  tor- 
nei, danze  ,  caccie  ed  altri  divertimenti  dal 
duca  Federigo.  Ivi  creò  poeta  Lodovico  Ariosto. 
Avea  egli  l'orse  bisogno  di  quella  carta  per 
esser  tale  ?  Circa  questi  tempi  venne  fatto  al 
pontefice  d'  insignorirsi  con  in^^anno  del  la  città 
d'Ancona.  S'era  q  el  popolo  da  gran  tempo 
sottratto  all'ubbidienza  de'papi,  e  si  reggeva 
a  repubblica.  Finse  Clemente  VII  de  i  disegni 
di  Solimano  conlra  di  essa  città  ,  e  indusse 
quella  cittadinanza  a  fabbricare  un  forte  ba- 
stione alla  jxirta  di  Siuigat;lia.  Ciò  fatto ,  spedì 
loro  avviso  che  infallibilmente  era  per  isca- 
ricarsi  addosso  a  loro  un  crosso  nembo  di  Tur- 
clii ,  e  mandò  ad  essi  in  aiuto  Luiiji  Gonzaga, 
detto  Rodomonte  ,  con  trecento  fanti.  Buona- 
mente riceverono  gli  Anconitani  questo  soccor- 
so. Ma  una  notte  il  Gonzaga  impadronitosi 
della  porta  e  del  bastione,  introdusse  altri  ca- 
pitani ed  altra  gente,  di  modo  clie  falli  pri- 
gioni i  pubblici  ruttori,  e  tagliala  la  lesta  a 
sei  dessi,  tornò  quella  città  sotto  il  dominio 
della  Cliiesa  Romana.  Furono  poi  spogliati 
dell' armi  que'  cittadini  ,  e  il  papa  ordinò  che 
si  fabbricasse  una  fortezza  nel  Monte  di  San 
Ciriaco.  Essendo  già  calato  in  Italia  1'  impe- 
radore ,  secondo  il  concerto,  p^pa  Clem<iite 
nel  dì  18  di  novembre  si  mise  in  viaggio  alla 
volta  di  Bologna  ,  dove  ari  ivo  nel  dì  3  di  di- 
cembre. A  (juclla  città  giunse  dipoi  Carlo  V 
dopo  essere  stato  a  Modena  ,  dove  dal  duca  di 
Ferrara  avca  ricevuto  )uio  splendido  tralta- 
uienlo.  Seco  era  Alessandro  de' Medici,  ilo  già 


ANNO    MDXXXU  4'" 

ad  Jucliinarlo  in  Mantovn.  Il  Panvinio,  che 
scrisse,  anelalo  parinitiiti'  il  papa  a  visitar  l' im- 
peradore  in  Mantova,  non  btu  esaminò  que- 
sti» pallila.  Grantle  onore  fu  fatto  a  Cesare 
da'  fjolognesi  e  dalla  corte  dtd  papa.  Nel  dì  ig 
del  mese  suddetto  pervenne  per  Po  a  Ferrara 
Francesco  Sforza  d  ica  di  Milano  insit me  col 
duca  d'Albania  ,  e  dopo  qualche  giorno  passò 
aneli'  egli  a  Bologna ,  per  intervenire  a  i  ne- 
goziati che  ivi  si  aveaiio  a  tenere,  e  si  puL- 
Jilicarono  solani' nte  nell'  anno  seguente. 

Quanto  alle  cose  di  Firenze  ,  tuttoché  quel 
popolo  conoscesse  come  estinto  V  antico  suo 
libero  governo  ,  pure  lin  qui  se  n'  era  conser- 
tata qualche  apparenza  colla  creazion  de'  ma- 
gistrati. Ma  il  pontefice ,  che  volea  fissai  •>  il 
chiodo  alla  grandezza  e  sicurezza  della  sua 
casa,  attese  in  quest'anno  a  stabilir  soda  lente 
il  principato  assoluto  del  duca  Alessandro  in 
quella  città.  Né  gh  mancavano  adulatori  e  pai- 
ziali  j  e  di  coloro  eziandio  che  giudicavaiiO 
con  buona  intenzione  essere  ciò  il  meglio  per 
un  po|)olo  sempre  sedizioso  e  quasi  di\iso  ne 
i  tempi  a  Idietro  ed  amante  di  novità.  Fu  dun- 
que creato  un  magistrato ,  in  cui  spezialmente 
ebbero  autorità  Francesco  Guicciardino  lo  sto- 
rico e  Baccio  Valori  ,  bene  informati  de'  voleri 
del  papa  :  e  questi  decretarono  che  ila  li  in- 
nanzi cessasse  il  nome  della  Signoria  ,  e  che 
Alessandro  de' Medici  fosse  fallo  duca  della  re- 
pubblica, con  autorità  piena,  quanto  si  può 
dare  ad  un  principe  ,  per  succedere  in  questo 
grado  anche  i  suoi  figli  e  discendenti  Icgllli  u'. 
ÌL  malusando  qiiesli  ,  piiss;isS','  il  governo  nella 

McTiAToiu.  yJiui.  p' ul.  Kiy.  26 


a 


4e3  ASKALl    d'itali* 

sliipe  di  Lort'iizo  di  Picr-FiRnccsco  de' M(  dic'- 
Peiciò  nel  di  primo  d;  maggio  ad  Alessandra 
fu  dato  il  grado  di  signore  ,  di  duca  e  di  as^ 
solulo  principe  ,  con  pubblica  soltutiilà ,  fra 
i  viva  del  popolo  e  col  riniboiubo  delle  arti- 
glierie, le  quali  senza  palle  ferivano  il  cuoi  e 
di  cliiunque  deplorava  la  perdila  dell'  antica  li- 
bertà. Così  fecero  gli  antichi  Romani,  allorcliè 
la  lor  signoria  passò  in  njaiio  di  Cesare  e 
d  Augusto  ;  e  ad  imilazion  loro  anche  i  Fio- 
rentini si  andarono  accomodando  al  giogo  im- 
posto ad  essi  dall'altrui  violenza.  Foimò  il 
duca  Alessandro  da  lì  iunf.uzi  una  guardia  di 
mille  soldati  per  sua  sicurezza.  Fu  anche  di- 
segi  ata  una  fortezza  per  tenere  in  freno  quel 
popolo  ,  a  cui  già  erano  stale  lolle  lurmi.  Ter 
testato  del  Giovio,  immaginò  più  d  uno  , 
che  se  i  Veneziani  avessero  voluto  congiungei e 
la  loro  armala  navale  ,  consislenle  in  sessai)i.i 
galee  ,  con  quella  di  Andrea  Uoria  ,  composi^ 
di  quarantotto  gale»*  e  di  trt  niMcinque  navi  da 
trasporlo,  sarebbe  stato  agevole  non  solo  il 
rompi  re  la  floltà  tuiihesca  ,  in  cui  si  conla- 
vano settanta  galee  mal  provvedute  di  milizie 
e  di  attrecci,  ma  anche  il  conquistare  la  città 
di  Coslantinopoli.  E  ciò  perchè  il  Doria  ,  ol- 
tre alle  sopradetle  conquiste  ,  s'era  anche  im- 
padronito delle  fortezze  de  i  Dardanelli,  e  So- 
limano avea  lasciala  Costanlino|)oli  spogliata  di 
ogni  presidio.  INIa  costa  pur  poco  il  far  de' ca- 
stelli in  aria.  I  \  eneziani ,  moltu  hrn  persuasi 
ciie  i  giuramenti  e  la  fede  si  debbono  man- 
tenere anche  a  gf  Infedeli  e  barbari  stessi, 
stetlei'O  saldi  in  \oler  osservale  i  capitoli  della 
pace  tanti  anni  prima  stabilita  col  Turco. 


ANNO    MnXXXII  4^^ 

Da  die  saltò  fuori  l'eresia  di  Lutero,  che 
aprì  il  varco  a  tante  altre  eresie  nel  Setten- 
trione ,  con  uno  scisma  il  più  deplorabile  che 
mai  abbia  patito  la  Chiesa  di  Dio ,  tutti  i  buoni 
coniiiiciaroiio  a  desiJfrare  un  concilio  generale 
che  riformasse  i  gia\i  abusi  introdotti  nella 
stessa  Cliiesa.  Spezialmente  se  ne  faceva  istanza 
in  Gefniaiùa ,  con  rappresentare  i  molti  ag- 
gravj  de'  quali  si  doleva  forte  la  loro  nazione. 
Ne  faceano  istanza  anche  i  Protestanti,  macoli 
condizioni  disconvcnevoli  all'  autorità  e  dignilà 
della  Chiesa  Cattolica.  Egh  è  ben  lecito  il  credere, 
che  se  di  buon'  ora  si  fosse  convocato  ,  secondo 
il  costume  inveteralo  della  religion  cristiana , 
un  sì  fatto  concilio,  e  si  fosse  provveduto  a  i 
lauti  disordini  che  allora  correano,  e  a'  quali 
rimediò  poscia  il  troppo  tardi,  ma  pure  una 
volta  raunalo  concilio  di  Trento;  non  sarebbe 
stato  sì  grande  lo  squarcio  della  religione  che 
tuttavia  sussiste.  Papa  Leone  X,  applicato  alle 
guerre,  nulla  ne  fece.  Se  avesse  goduto  più 
lunga  vita  il  buon  papa  Adriano  M  ,  l'avrebbe 
fatto.  Succeduto  a  lui  Clemente  MI  ,  fu  dis- 
tratto anch'  egli  didle  sue  politiche  e  guer- 
riere applicazioni  :  e  quantunque  l' Augusto 
Carlo  V  ne  facesse  più  istanze,  e  massima- 
mente in  quest'anno  col  medesimo  papa  in 
Bologna;  pure  nulla  mai  si  conchiuse.  Pensano 
il  Gui(.cianlino  ed  altri  che  Clemente  vi  ab- 
bonisse per  timore  che  ne  scapitasse  la  corte 
romana  ,  e  che  tro[)po  si  venisse  a  tagliare  ;  e 
quando  anche  consentiva ,  proponeva  di  tenere 
esso  concilio  in  Roma,  o  Bologna  o  Piacen- 
za, città  del  suo    dominio,    acciocché    sempre 


i{o4  ANNALI    d' ITALIA 

restasse  a  lui  la  biii;lia  in  mano.  Ma  ch'egli 
non  nutrisse  questa  avversione,  e  che  s'in- 
terjjouessero  varie  altre  difficullà  alla  ton- 
voaizion  di  esso  concilio,  si  può  vedere  nella 
celebre  Storia  del  Concilio  di  Trenlo  compo- 
sta dal  cardinal  Pallavicino.  Comunque  fosse, 
cei  tu  è  clie  ,  vivente  esso  pontefice  ,  il  conci- 
lio f^enerale  restò  confinalo  uè'  soli  desitlerj  di 
chi  compiagnea  le  piaghe  della  religione  e  della 
Chiesa,  e  che  a  man  salva  segnilarouo  ,  anzi 
crelibero  i  precedenti  sconcerti  in  danno  della 
religion  cristiana. 

In  questo  medesimo  anno  sul  fine  d'agosto 
segui  un  grave  scandalo  in  Parma.  Gran  tempo 
era  che  gli  ecclesiastici  per  quasi  tulle  le  pro- 
vincie  erano  caricati  di  decime  :  gravezze  giu- 
ste, allorché  si  trattava  di  ivlopeiare  il  danaro 
in  difesa  della  Cristianità  contia  de'Turchi,  o 
de  gli  eretici;  ma  non  già  tali,  qualoia  avea 
da  servire  l'aggravio  del  clero  alle  guerre  pri- 
vale de  i  papi  e  de  nionarcbi  crisliaui.  Davasi 
poi  in  appalto  la  riscossion  di  queste  decime 
a  varie  persone ,  le  quali  volendo  anch'  esse 
profittare  ,  usavano  rigori  eccessivi ,  con  esi- 
gere ancora  i  frutti  delle  decime  non  pagale. 
Informalo  dunque  \  incenzo  Cavina  ,  canonico 
Imolese  e  commessano  del  papa ,  che  a'  suoi 
coadiutori  in  Parn)a  era  slato  impedito  l' at- 
taccare i  cedoloni  al  duomo  per  1'  esazion  delle 
decime  di  due  anni,  e  di  tulli  i  frulli,  se 
n'andò  tutlo  in  collera  a  quella  città.  Ma  in 
voler  esporre  essi  cedoloni,  saltarono  fuori  i 
preti,  e  con  esso  loro  si  uni  il  po|.olo.  Issein  o 
tgli  fu{j{jito  nel  palazzo,  lii    gillala    a   terra  la 


ANNO    MnWVtl  4"5 

porta,  e  il  misero  a  furia  di  popolo  restò  da 
tante  ferite  trucidato  che  non  appariva  in  lui 
forma  d'uomo.  Egli  è  da  credere  che  per  tale 
eccesso  fosse  posto  a  Parma  l'interdetto,  sic- 
come nel  dì  17  d'ottobre  del  i53o  il  papa 
r  avea  posto  in  Ferrara ,  perchè  rcnileiile  era 
il  clero  a  pag.ir  le  decime,  gastigando  in  que- 
sta maniera  gì'  innocenti  secolari  per  li  man- 
camenti de'  clierici.  In  Modena  poi  nello  stesso 
anno  nel  dì  3  di  marzo  predicando  Fra  Fran- 
cesco da  Casteloaro  de'  Minori  Osservanti  nel 
duomo,  jnibblicò  un  breve,  scritto  dal  Signor 
nostro  Gesù  Gritto  a  lutti  i  Cristiani  :  Datwn 
in  Paradiso  terrestri,  a  Creatìonis  Mundi  die 
sejcto,  Puntificalus  nostri  Anno  aeterno  ,  confir- 
viatum  et  sigillatum  die  Parasceves  in  Monte 
Calvaiiae  ec.  In  quseto  Breve  il  Signore  ap- 
pruova  e  conferma  con  autorità  divina  la  Re- 
gola di  essi  frati  Minori  Osservanti  ,  conchiu- 
dendo in  fine  colla  seguente  clausola  :  Nulli 
ergo  oinnino  liominum  liceat  liane  paginam  no- 
strae  confirniationis  ec.  Toniniasino  Lancilotto 
ebbe  la  fortuna  d' impetrar  copia  di  questo 
mirabil  Breve  da  quel  buon  religioso,  e  come 
una  gemma  l'inserì  nel  suo  Diario  manuscritto 
della    città    di  Modena.   O  tempora',  o  mofesf 

Annodi  Cristo  i533.  Indizione  VI. 
di  Clemente  VII  papa    ii. 
ài  Caklo  V  impcradore    i5. 

Mentre  si  trattenevano  nel  verno  di  quest'  anno 
in  Bologna  papa  Cleutenle  e  1'  Aug'islo  Carlo, 
coutiuui  ragionamenti  e  congressi  seguirono  fra 


4oS  ANNAU    d' ITALIA 

loro.  Tre  principalmente  furouo  i  punti  che  si 
dibatterono  :  cioè  quello  del  concilio ,  inlorn© 
al  quale  altro  io  non  intendo  di  parlare.  Il  se- 
condo era  ,  che  sapendo  1'  imperadore  ,  come 
il  pOTiteflce  avea  de'  segreti  maneggi  per  col- 
locare Catterina  de'  Medici  ,  figlia  legittima  di 
Lorenzo  de'  Medici  il  giovane ,  già  duca  d' Ur- 
bino ,  né  piacendogli  questo  attaccamento  del 
pontefice  alla  corona  di  Francia,  per  sospetto 
che  in  occasione  del  progettato  matrimonio  si 
manipolasse  qualche  traina  in  favor  de'  Fran- 
zesi ,  e  in  danno  de'  suoi  Sfati  in  Italia  ;  gran 
premura  fece  perchè  Catterina  si  desse  per 
moglie  a  Francesco  Sforza  duca  di  Milano.  Ma 
s'  andò  sempre  schermendo  il  papa ,  in  guisa 
che  rimasero  vane  le  batterie  di  Cesare  sopra 
questo  punto.  Il  terzo ,  e  più  importante  ,  era 
di  formare  una  lega  in  Italia ,  per  assicurarsi 
che  niun.i  potenza  straniera  ne  turbasse  la 
quiete  ,  e  che  spezialmente  non  fosse  mole- 
stata Genova,  né  il  duca  di  Milano.  Furono 
invitati  a  questa  lega  i  Veneziani  ;  ma  concor- 
sero in  loro  delle  ragioni  di  non  far  nuove 
leghe  ,  esibendosi  di  mantener  le  vecchie.  An- 
che al  duca  di  Ferrara  furono  fitte  somiglianti 
istanze;  ed  egli  oppoieva  ,  che  avendo  il  pon- 
tefice rigettata  ogni  t^oncordia  con  lui  ,  era  ob- 
bligato a  tener  buoni  presiilj  per  difendere  il 
proprio ,  serr/.a  poter  pensare  a  spendere  per 
la  difesa  altrui.  Foce  ((uanto  potè  1'  imperadore 
per  troncare  la  discordia  suddetta;  ma  avea 
che  fare  con  un  pontefice  che  sijainenfe  s' in- 
duceva a  perdonare  a  chi  era  più  potente 
di    lui.  Perù    altro    n»n    potè    carpire  da  papa 


ANNO    MnVvA'TTT  4*^7 

Clemente  ,  se  non  la  promessa  di  non  ofifiiilcre 
il  (luca  per  fliciotto  mesi  avvenire.  Pertanto  si 
concliiuse  la  lega  suddetta  fra  il  pontefice,  l' ira- 
perador  Carlo,  Ferdinando  re  de' Romani ,  il 
duca  di  Milano  ,  il  duca  di  Ferrara  ,  Genove» 
si,  Sanesi  e  Luccliesi;  e  a  tutti  proporziona- 
tmnenle  venne  assegnata  la  quota  della  contri- 
buzione, per  mantenere  un  esercito  ,  di  cui 
f^sse  capitan  generale  Antonio  da  Leva.  Com- 
presi furono  in  essa  anche  il  duca  di  Savoia 
e  quel  di  Mantova ,  e  tacitamente  ancora  i 
Fiorentini.  Fu  ])oi  essa  solennemente  pubbli- 
cata nella  festa  di  san   Mattia  di  febbraio. 

Ebbe  Clemente  VII  la  consolazione  in  questi 
tempi  di  veder  comparire  in  Bologna  un'  am- 
basciata di  Giovanni  re  di  Portogallo ,  che  gli 
p  irto  anche  una  lettera  del  re  di  Etiopia  ,  ap- 
p  Ilato  Davide  ,  il  quale,  mostrava  desiderio  di 
unire  quella  vasta  Cristianità  nell'  Affrica  me- 
ridionale alla  Chiesa  Koraana.  A  nome  d'  esso 
re  venne  anche  Francesco  Alvarez  prete  por- 
tnghese ,  quel  medesimo  di  cui  abbiamo  una 
gustosa  Relazione  de'  paesi  e  costumi  di  quei 
popoli  cristiani  che  oggidì  niuna  comunicazione 
hanno  con  gli  Europei,  perchè  stretti  da  i  Turchi, 
da  i  Ga'lani  e  da  altri  Infedeli.  Era  creduto  allora 
che  il  prete  Jaimi ,  mentovalo  da  Marco  Polo, 
altro  non  fosse  che  il  suddetto  re  dell'  Etiopia. 
Le  lettere  d'esso  re  David,  della  regina  moglie 
e  del  principe  figlio ,  sici^^ome  ancora  1'  ubbi- 
dienza da  essi  prestata  al  romano  pontefice, 
si  leggono  negli  Annali  Ecclesiastici  del  Riiuil- 
di.  Ma  cosi  beli'  apparalo  andò  poi  a  imire 
in  nulla  ;  e    a'  nostri    tempi   noQ    solo    unioue 


4o8  ANNAtJ    d'  ITAMA 

alcuna  non  passa  fra  la  Chiesa  Romana  e  quei 
Cristiani,  macchiati  di  qualclie  eresia ,  ma  v'ha 
piibbhca  neraiclzia.  Terminati  i  sopradelli  affa- 
ri ,  rAn:;nsto  Carlo  V  nell' uhimo  s'wno  di 
ff-bhraio  prese  congedo  dal  papa  ,  e  s  inviò  a 
Pavia  .  dove  giunto  si  ft  rinò  alcuni  giorni  con 
Antonio  da  Leva.  Di  là  passato  a  (jt-nova,  ed 
imbarcatosi  sulle  galee  di  Andrea  Doria,  fece 
poi  vela  alla  volta  di  Spagna,  portando  seco 
de'  non  lievi  sospetti  dell'  animo  del  pa|)a  verso 
di  sé.  Nel  dì  io  di  marzo  anche  il  pontefice 
mosso  d-1  Bologna,  per  la  Romagna  e  Marca 
si  trasfen  a  Roma.  Già  si  è  detto  che  1'  amore 
del  nepotismo  era  il  mobile  principile  nel 
cuore  di  questo  politico  pontelice.  L'  ingrandi- 
mento proccurato  al  duca  Alessandro  suo  nipo- 
te ,  colla  depression  della  repubblica  fiorentina, 
non  pareva  a  lui  durevole.  Per  ben  assicurarlo 
avea  già  ricavata  parola  da  Cesare  che  sarebbe 
data  in  moglie  ad  Alessandro  Margherita  figlia 
naturale  di  esso  Au:.;usto  ,  la  (juale  appunto  in 
quest'anno,  cssen  lo  in  età  di  dodici  amii ,  fu 
mandala  da  Cirio  suo  padre  a  Napoli,  per  es- 
sere educata  dalla  nio;;lie  di  don  Francesco  di 
Toledo  viceré  ,  e  passando  per  Firenze  vi  si 
fermò  per  olio  giorni,  onorata  con  assaissime 
feste  e  Iripudj.  Glorioso  era  per  la  casa  dei 
Medici  questo  parentado  ;  ma  un  più  cos|)icuo 
ne  maneggiava  intanto  l' indefsso  pontefice, 
con  isindiarsi  di  dare  in  moglie  ad  Arrigo, 
secondogenito  del  re  Francesco  1  e  duca  d'Or- 
leans, Gallerina  figlia  legittima,  siccome  dissi, 
di  Lorenzo  de'  Medici ,  già  duca  d'  Urbino. 
Oltre    al  grande    onore  che  si  accresceva    eoa 


ANNO    MDWXIII  4^*9 

questi  due  sì  liguardevoli  niatrimonj  alla  famiglia 
sua,  considerava  il  papa  di  fortificare  talmente 
coir  appoggio  di  così  possenti  monarchi  lo  Slato 
del  duca  Alessandro  ,  che  non  potesse  mai 
traballare. 

A  fin  dunque  di  effettuare  questo  insigne  ne- 
gozio, determinò  ,  senza  verun  riguardo  all'alta 
sua  dignità  ,  di  passar  fino  a  Nizza ,  e  secondo 
il  concerto  fatto  ,  di  abboccarsi  ivi  col  re  Cri- 
stianissimo,  palliando  questo  viaggio,  secon  Io 
l'attestato  del  Guicciardino.  con  dire  di  voler 
trattare  del  bene  della  Crist'au'tà  ,  e  di  met- 
tere nella  buona  via  il  re  d  Ingiiilterra.  Per- 
tanto mandata  innanzi  la  nipote  Catterina  a 
Nizza,  si  mosse  da  Roma  nel  di  9  di  settem- 
bre ,  e  andò  ad  imbarcarsi  a  Porto  Pisano  sulle 
galee  di  Francia  e  di  Andrea  Doria.  E  per- 
ciocché al  duca  di  Savoia  per  timore  di  C'sare 
non  piacque  il  congresso  disegnato  in  Nizza  fra 
papa  Clemente  e  il  re  Francesco,  passò  esso 
pontefice  a  Marsilia,  dove  approdò  nel  di  11 
di  ottobre.  E  da  stupire  come  il  ^'archi,  al- 
lora vivente  ,  scrivesse  seguito  il  loro  abbici-a- 
mento  in  Nizza.  Splendidissimo  fu  il  suo  in- 
gresso in  Marsilia,  e  crebbe  la  magnificenza, 
allorché  colà  pervennero  il  re  Cristianissimo , 
la  regina  L-.onora ,  e  i  tre  principi  lor  figli  e 
le  figlie,  con  incredibil  concorso  di  prelati  e 
baroni  di  tutto  il  regno.  Vien  descritta  quella 
meraorabil  funzione  dal  Carmelitano  Fra  Paolo 
uè' suoi  Annali  manuscritti,  e  in  parte  dal- 
l' annalista  pontifizio  Rinaldi  e  dal  Giovio.  La 
conclusione  fu  ,  che  ivi  si  celebrarono  con 
somma    pompa    le    nozze     di     Catteriaa     dei 


4  IO  ANN*  1,1    I)'  ITA  MA 

Medici,  per  h  cui  dote  si  obbligò  il  poniodce 
dr  pagare  ceuto  mila  scudi  d'  oro  in  roiitanli  , 
oltre  alla  ct'ssion  de  gli  Stati,  posse  luti  io 
Fr;incia  dalla  madre  di  Catterina,  i  quali  rcn- 
deaiio  circa  d,ieci  mila  ducati  d'  oro  1'  anno.  Si 
legge  presso  il  Du-Mont  lo  strumento  di  esso 
natrimonio  ,  stipulato  ni'l  dì  27  d'  ottobre 
dell'anno  presente.  Grandiosi  spettacoli,  son- 
tuosi conviti  ed  altri  splendidi  divertimenti  per 
trenta  giorni  tennero  ivi  in  gran  ftsta  quella  corte 
e  città  ;  e  qualtro  cardinali  furono  creati  ad 
istanza  del  re  Crislianissimo.  Finalmente  par- 
titosi il  papa  da  Marsilia  nel  dì  12  di  novem- 
bre, solamente  nel  dì  no  di  dicembre  entrò  in 
Bonia,  tulio  contento  di  sé  medesimo,  per 
aver  condotta  la  famiglia  sua  tanto  inf;riore 
ad  imparentarsi  co  i  mouarcbi  primarj  della 
Cristianità.  Comune  voce  fu ,  siccome  abbiamo 
d.d  (jiiicci  irdino  ,  dal  Beicaire  e  dal  N'archi  , 
die  trattasse  il  re  di  Francia  di-ll'acquisto  del 
ducato  di  Milano:  al  che  inclinasse  anche  il 
jjonte(ice ,  per  darlo  al  duca  d'  Orleans  ,  dive- 
nuto marito  della  nipote.  Ma  queste  verisimil- 
mente  furono  dicerie  di  que' che  fauno  con  gran 
facilità  gl'interpreti  de' gabinetti  de' principi  ; 
perchè  il  solo  papa  trattò  sempre  segretamente 
col  re  de  gli  affari  ,  e  questi  rimasero  sigillati 
nel  cuor  loro,  e  de'soli  suoi  fidati  ministri.  E 
quando  |)ur  fosse  vero,  più  tempo  non  restò 
al   pontefice  j)er  eseguir  sì  f.ilti  disegni. 

Si  è  latta  menzione  altrove  delf  abbate  di 
Farla  ,  cioè  di  Napoleone  Orsino,  uomo  fici- 
lioroso ,  condottier  d'armati,  e  famoso  più 
per  le  sue  iniipiilà    che  pel  suo  valore.  Costui 


ANNO    MDXXXTH  4  '  * 

nell'anno  presente  volendo  ricuperare  le  castella 
di  sua  giurisdizione  ,  fece  una  massa  de'  suoi 
amici  e  soldati  in  Narni  e  Sj)oleti ,  e  con  essi 
andò  a  impossessarsi  de  gli  Stati  paterni.  Eb- 
bero fortuna  di  salvarsi  a  Roma  Girolamo  e 
Fmncesco  suoi  fratelli ,  lasciando  in  preda  tutti 
i  lor  preziosi  mobili  all'invasore,  il  quale  non 
contento  di  questo  ,  si  diede  a  scorrere  tutto 
il  circonvicino  paese  con  ruberie,  e  con  far 
prigione  cliiunque  potea  pagar  le  taglie.  A  lui 
ancora  riuscì  di  aver  nelle  mani  Girolamo  suo 
fratello,  e  di  carcerarlo  in  Vicovaro.  Per  que- 
ste NÌolenze  fece  ricorso  a  papa  Clemeute  sua 
matrigna ,  cioè  Felice  figlia  di  Giulio  II  ,  e  già 
moglie  di  Gian-Giordano  Orsino  ,  ed  impetrò 
eli'  egli  spedisse  1'  esercito  pontifizio  contra 
d'esso  abbate  di  Farfa.  V'iia  chi  scrive  che  Luigi 
Gonzaga,  sopranominato  Rodomonte  nell'assedio 
di  Vicovaro,  colpito  da  una  arcbibusata,  ivi  lasciò 
lavila,  e  in  suo  luogo  al  comando  succedette 
Giulio  Acquaviva  duca  d'Atri,  il  quale  stabilì  tra  i 
fratelli  un  accordo.  Ma  ,  se  non  falla  Alessandro 
Sardi  nella  sua  Storia  manuscritta  ,  si  truova 
vivente  questo  medesimo  Gonzaga  nelle  guerre 
di  Piemonte  dell' auno  i53n.  Ritiiossi  l'abbate 
di  Farfa  a  Venezia  ,  e  di  là  passò  in  Francia  j 
ed  allorcliè  papa  Clcnii*nte  fu  in  Marsi- 
lia  ,  coir  interposizione  del  re  Cristianissimo 
ottenne  il  perdono  dalla  Santità  Sua.  Tornato 
poscia  a  Roma  ,  perchè  contro  il  suo  volere 
data  fu  in  moglie  una  sua  sorella  ad  un  prin- 
cipe napoletano  ,  mentre  essa  era  condotta  a 
Napoli ,  con  alquanti  suoi  sgherri  andò  per  ra- 
pirla. Se  ne  avvide  Girolyuio  suo  fratello ,  che 


4l2  ANTSAM    T)'  ITAUA 

accompagnava    la   sposa  con    trenta    uomini   a 
cavallo;  e  andatogli  incontro,  con  molte  ferite 
gli  tolse    la    vita,    continuando    poscia    il   suo 
viaggio  a  Napoli.  Gran  tempo  era  che  in  Fer- 
rara veniva    magnificamente    trattata   dal    duca 
Alfonso  Isabella  già  regina  di   Napoli  con  (iiu- 
lia  sua  fijjlia.  Tanto  si  adoperò  esso  duca,  che 
conchiuse  il  matrimonio    di  questa    sventurata 
principessa    infante    con   Gian-Giorgio    novello 
marchese    di    Monferrato  3    e    lo    sposalizio  fu 
fatto  nella  città   suddetta    a    dì   29    di    marzo. 
S' inviò  essa  a  dì   3  di  aprile   alla  volta  di  Ca- 
sale; ma  nel  di  3o  di  esso  mese  Gian-Giorgio 
sorpreso  da  un  parosismo  ,  terminò  le  allegiczze 
nuziali  e  la  vita  ;  e  secondo  gli  Annali  manu- 
scritti  di  Ferrara  ,  che  ciò  raccontano  ,  si  sco- 
prì che  era  morto  di  veleno.  Altri  nondimeno 
scrissero  che  da    gran    tempo    languiva    la  sua 
sanità  ,  e  però  facile  è  che  mancasse  di   morte 
iiiìturale  :  al  che  Ibrse    contribuì    anche  il  suo 
matrimonio.     INIancò    in    questo    prir\cipe  quel 
ramo  della  nobilissima    imperiai    casa    Paleolo- 
ga  ,  che  già  vedemmo  portalo    da    Costantino- 
poli al  possesso  del  Monferrato;  e  non  avendo 
egli   lasciata    successione    maschile,    i    ministri 
cesarei   presero  il  possesso  di  quel  florido  pae- 
se, finché  l'imperador  giudicasse  a  chi   ne  ap- 
partenesse   il    dominio.   Per  la    mancanza  de  i 
maschi    pretendeva  Carlo  duca    di   Savoia   que- 
gli  Stati.    Ma   perchè  ([utll' insigne    li'udo  dovea 
forse  passar  nelle  femmine  ,    fu    |)OÌ,  siccome 
dirò  a  suo  tempo  ,  deiTctalo  che   ne  fosse  erede 
Rlargherila  di   lui    nipote,     moglie  di   Federilo 
duca    di    Mantova:    con    clic    voinie    la    cat:» 


ANNO    MDXXXIII  4 '3 

Gonzaga  ad  acquistare  un   dominio  di  maggior 
estensione  che    il    proprio    ducalo.     Ammalossi 
poi  la  suddetta   regina  Isabella  di  passione  per 
le  disavventure  dtUa  figlia,  e  nel  dì  i8  di  maggio 
tei  minò  i   suoi    giorni    in    Ferrara.  Un  orrido 
latto   ancora  avvenuto  nel  presente  annomeiita 
luogo  in     questi    Annali.    Era    tornalo  in   pos- 
sesso della  Mirandola    il  conte   Gian-Francesco 
Pico  figlio  di  un  il  aitilo  del  fu  Gio\anni   Pico, 
cioè  di  chi  lu  appellato  la  Fenice  de  gì'  inge- 
gni ,  ed    avea    acquistala     anch'  egli     fama    di 
ìetteralo  e  filosofo  distinlissimo    a'suoi   tempi, 
siccome   ne  fan  fede  1  opere  sue  siampate.  So- 
pra ijuella  nobil  terra  avea  delle   non  ingiuste 
pietiMisioni     Galeotto    conte   della    Con.  oidia  , 
tiglio  di  un    fratello    di    esso    Gian-brancesco  , 
cioè  di  quel  conte  Lodovico  Pico  che  in  guena 
fu  ucciso  nell'anno   1009.  Nella  notte  del  di  i5 
di  oltobie  si  mosse    Galeotto   dalla  Concordia 
con  quaranta  uomiiii  suoi  ,  che  seco  portarono 
molte  sciile.  O  sia    che    nelle   fosse    della   Mi- 
randola   trovasse   preparata    una    barchetta ,  o 
che  ancor  questa  seco  la  portassero  ,  certo  è, 
che  superate  le  fosse  ,  ed    applicate   le    scale  , 
senza  lumore  salirono  le    mura  ,    e  dopo  aver 
uccise  tre  o  quattro  guardie    che    dormivano  , 
passarono  fino  alla    camera  di    Gian-Francesco. 
Rottane  la    porta  ,    il    trovarono,  che  udito  lo 
strepito,  s'era  andato  ad  inginocchiare  davanti 
ad  un"  immagine  di  Cristo    croci  fisso.   I\  i  cru- 
delniiiile  il  trucidarono:    fine   miserabile,   non 
degno    veramente   di    uomo   sì    eccellente  ,    il 
quale  siccome  ad  un  raro   sajjcre    avea  accop- 
piutu  una  non  niiiiOr  nielà ,  così  avea  impalato 


i|t4  ANNALI    ti    ITALtA 

a  tener  ben  contento  del  governo  suo  quti 
popolo.  La  stessa  barbarie  fu  esercitata  centra 
di  Alberto  di  lui  figlio ,  giovane  di  glande 
espettazioiie.  Fu  saKata  la  vita  per  misericor- 
dia a  Paolo ,  altro  di  lui  figlio  ;  ma  contro  al- 
tri di  quella  famiglia,  e  fin  contro  le  donne 
inferocì  l' iniquo  Galeotto.  Con  questa  facilità 
s'impadronì  egli  di  quella  quasi  inespugnabile 
terra  o  città  ;  e  il  popolo  nel  giorno  seguen- 
te ,  non  potendo  di  meno,  il  riconobbe  per 
Ipro  signore. 

Anno  di  Cristo   i534.  Indizione  f^II. 
di  Paolo  III  papa   i. 
di  Carlo  V  unptrndore  i6. 


Fu  in  quest'anno  che  papa  Clemente  prof- 
ferì la  sentenza  sua  con  tra  di  Arrigo  Vili  re 
d' Inghilterra  a  cagione  del  suo  divorzio  da 
Catterìna  d' Austria  sua  legittima  consorte  :  il 
che  fece  maggiormente  peggiorare  gli  affari 
della  religione  cattohca  in  quel  regno  sotto  un 
re  perduto  dietro  alle  femmine  e  crudele.  Da 
molti  fu  lodata  la  costanza  del  pontefice  in 
questa  controversia  ;  ma  abbondarono  ancora 
altri  che  biasimarono  colai  risoluzione,  perchè 
riuscì  troppo  funesta  alla  Chiesa  di  Dio.  Gran 
terrore  nel  presente  anno  si  sparse  per  l' Ita- 
lia ,  e  massimanirnle  in  lìonia ,  per  cagione  di 
Ariadeno  Barbarossa  ,  gran  corsaro  e  generale 
dell'  armata  navale  del  Sultano  de'  Turchi  So- 
limano. Venendo  cosini  di  Levante  con  fornii- 
dabil  quantità  fli  navi  armate  ,  passcN  per  lo 
Stretto    di  Messina  ,  e  dopo    a\  er  saccheggiali 


ANNO    MDXXXIV  4  '  ^ 

Tari    liioglii   in    quelle    coste ,  arrivò    a  Capii  , 
Mciiio    a   Napoli.    Fu    sin    creduto    che   s'egli 
avesse    assalita  essa    città   di    Napoli ,    o    pure 
iloina  ,  r  avrebbe  sottomessa  :  tanta  era  la  co- 
steruazion  di  que'popoH.  Diede  costui  il  sacco 
a  Procida  ,  Fondi ,  Terracina    ed  altri  luoghi , 
menando  poi  seco  in  ischiaAitù    gran  copia  di 
j>overi     Cristiani.     Dunorava    in    Fondi    Giulia 
Gonzaga  ,  moglie  di  Vespasiano  Colojina  dura 
di  Tiaietto    e    conte   di    essa    città    di   Fonai. 
Voce  correa  che  in  bellezza  ella  superasse  tutte 
r  altre  donne  d"  Italia.  Ne  giunse  la  fama  sino 
al   B.ubarossa ,  il  quale  perciò  si  mise  in  pen- 
sieio  di  far  quella  caccia  per  voglia  di  presei»- 
lare  al  Gran  Signore    una  sì    vaga    preda.  Gli 
antiò  fallito  il  colpo.  Mentre  egli  con  due  mila 
Turchi  sbarcati  era  dietro  una  notte  a  sca'are 
le    mura    di  Fondi ,  svegHatii    la    giovane    du- 
cliessa  ,  e  conosciuto    il  pencolo  ,  co'  pie  nudi 
ebbe  tempo  di  fuggire,  e  di  salvarsi  il  meglio 
che  potè  fuori  della  terra  ,  lanciando    scornato 
il  barbaro    cacciaiore ,   il    quale    infierì    poscia 
contro   i  poveri    abitanti.    Che    Giulia    cadesse 
fuggenilo  in    mano  de'  banditi  ,  fu  una  frangia 
fatta  da  gli    scioperati  maUgni    a  questo  avve- 
nimento.  Poco  appresso    il  crudel  Corsaro  in- 
dirizzò   le    prore    verso  Tunisi ,  di    cui  e    del 
suo    regno  seppe    poi  a  forza    d' ingairni  insi- 
gnonrsi.  Gran  rumore    a\  ea  fatto  in  addietro , 
e  maggior  lo  fece  in    qucst'  anno  ,  quanto  av- 
veime  a  Luigi  Grilli.  Era  egU  figlio  di  Andrea 
Grilli    doge  in    questi   tempi    della    repubblica 
veiiela.  Essondo  egh  tornato  a  Costantinopoli , 
dove  era  nato,  allorché  il  padre  vi  stette,  comi» 


ifl6  ANNALI    d' ITAUA 

baiio  ,  talmente  s' insinuò  nella  grazia  di  Solì- 
Cjano,  che  divenne  suo  confidente,  e  generale 
nella  spedizion  da  lui  fatta  centra  di  Ferdi- 
nando re  de'  Romani  in  favor  di  GioAanni  re 
d'Ungheria:  il  che  fu  di  non  lieve  scandalo  fra 
i  Cristiani.  Ma  trovandosi  egli  nell'autunno  del- 
l'anno  presente  nella  TransiUania .  per  aver 
crudelmente  ordinata  la  morte  di  Americo  ve» 
srovo  di  Varadino  ,  que'  popoli  ,  andanti  del- 
l'infelice  ucciso  prelato,  sì  Ungheri  che  Tran- 
silvani  ,  raunafo  un  potente  esercito  ,  volarono 
ad  assediarlo  in  Cibach  nel  mese  d' ottobre. 
Aniiò  a  finir  quella  festa  nella  morte  di  esso 
Grilli ,  che  restò  vittima  del  lor  furore  insieme 
con  tutti  i  Giannizzeri  ed  altri  Turchi  del  suo 
seguito.  Non  si  sa  eh'  egli  avesse  mai  abiurata 
la  religione  cristiana.  Solamente  si  sospettò  che 
egli  fosse  per  fare  un  dì  questo  salto;  ma  il 
Gi()\  IO  lasciò  difesa,  per  quanto  si  potè,  la  di 
lui  memoria. 

Dfsideiaxa  il  papa,  e  con  esso  lui  tutti  i 
principi  d' Italia ,  che  Francesco  Sforza  duca 
di  iViiìano  ,  accasandosi  con  (jualche  principessa, 
tentasse  di  lasciar  successione  nella  sua  casa  , 
affinchè  quel  ducato,  per  mancanza  di  figh,  non 
riiiidesse  in  mano  dell'  imjìeradore  ,  secondo  i 
patii.  Per  quetare  tanta  gelosia  ,  lo  slesso  Aii- 
guslo  Carlo  gli  proccuiò  una  ragguardevole  al- 
leanza ,  con  dargli  in  moglie  Cristierna  figlia 
del  re  di  Danimarca  e  nipote  sua.  Fu  condolla 
qiiesla  real  principessa  nel  mese  d' aprile  a 
Milano,  cillà  che,  quasi  dimentica  di  tante 
passale  sciagure  ,  fece  mirabili  feste  di  appara- 
ti, d'archi  liionfali,    e  d'altri   speltacoU  in    sì 


gioiosa  occasione.  Vi  entrò  essa  con  inrrcflibilc; 
accoinpagnnniciito  eli  nobiltà  e  di  popolo  bOtto 
ricco  baldacchino  ^  avendo  a  i  lati  suoi  Ercole 
Gonzaga   cardinale ,  e  Antonio    da  Leva  gene- 
rale di  Cesare.  Dopo  essere    stata    al    duomo , 
passò  al    castello ,  dove    le    venne    incontro  il 
duca,  appena  reggendosi  col  bastone  in  piedi, 
clic  in  quel    palazzo  da  lì    a  poco    colle  sacre 
funzioni    della    cliiesa    solennemente    la    sposò. 
Riuscì  di    consolazione  a    tutta    T  Italia  «piesto 
matrimonio  ,  per  la  speranza  di  vederne  i'nttii 
a  suo  tempo  ;  ina    questi  mai  non    si  videro  . 
ridendosi  i  saggi  di  questo  tentativo ,  come  di 
nn  matrimonio    da  commedia ,  perchè    troppo 
era  mal    ridotta  la    sanità  di  quello  sfortunato 
j)rincipe.  Né  pur  molto  contento  della  sua  co- 
minciò   ad  essere    papa  Clemente  ,   ])ercliè    lo 
stomaco    infiacchito    non  soddisfaceva  al    con- 
sueto   suo  nfìzio.    Questi    sentori  della    nostia 
mortalità  diedero  a  lui  motivo  di  sollecitare  in 
Firenze  la   fabbrica  di  una  fortezza,  per  cui  si 
vemsse  sempre  pili    ad  assicurare  lo  Stato  del 
duca  Alessandro  suo  nipote.  Indusse   ancora  il 
duca  di  P  eirara ,  benché  odiato  da  lui ,  a  lare 
sloggiar  da'  suoi    Stati  tutti  i  Fiorentini   fuoru- 
sciti che  colà  si  erano    rifijgiati.  Dianzi  ancora 
gli  avea  fatti  cacciar   da  Roma ,  Venezia ,  Ge- 
nova   ed  Ancona.  Nel    giugno   sopragiunse    ad 
esso  papa  una  lenta  e  leggier  febl>re  con  qual- 
che dolor  colico ,  da  cui  andò   talvolta  miglio- 
rancio  ,  ma    poi  ricadendo.    Comparve  nel   se- 
guente luglio  una  cometa  :  ed    ecco    subito  gli 
■speculativi  ,    invasali    dalla     ridicola    opinione 
'he    tali    fenomeni    predicano    morti    ed   altre 
Rli'HAToiu.  yJnn.   ì^ol.  XIF.  27 


4lS  AKNALI    D^'lTALlA. 

disavventure  ai  principi  della  terra  ,  correre  a 
crederò  disegnata  in  Cielo  la  mancanza  del 
punlelice.  Il  V^arclii  ancora  lasciò  SLiitto  che  da 
un  santo  monaco  della  Riviera  di  Genova  era 
stato  predetto  a  papa  Clemente  VII  non  sola- 
mente il  pontificalo,  ma  anche  il  tempo  della 
morte  ,  cioè  nelT  anno  stesso  in  cui  tosse  man- 
cato di  vita  quel  monaco  ;  e  che  il  pontefice 
nel  tornare  da  Marsilia  ceicatone  conto ,  il 
trovò  poco  fa  defluito  :  laonde  initaaginò  non 
lont.'ino  il  suo  fine.  Può  essere  che  ancor  que- 
sta fosse  una  diceria  o  inventata  da  qualche 
cer\ello  visionario  dopo  la  morte  di  lui ,  o 
nata  nel  volgo  ignorante  e  tacile  a  sognare  ; 
perchè  per  altro  la  sconcertata  sanità  di  Cle- 
mente bastò  senza  rivelazione  a  fargli  com- 
prenthne  che  si  appressava  il  passaggio  all'  al- 
tra vita. 

Crelihero  pertanto  i  suoi  uialoii  di  modo  , 
che  uel  settembre  egli  terminò  la  carriera  del 
suo  vivere.  Grande  imbroglio  che  è  nella  sto^ 
ria  l' accerlare  i  punti  nriuuti  della  cronologia. 
Il  vSegni  il  fa  mancato  di  \ila  nel  tlì  24  di 
settembre.  Fra  Paolo  Cainielita ,  che  in  questi 
tempi  scriveva  i  suoi  Annali  ,  mette  la  sua 
morte  nel  di  26  di  esso  mese.  Con  Ini  va  di 
accordo  il  Giovio,  anch'esso  contemporaneo, 
mentre  la  dice  avvenuta  Srxfo  Kcilendas  Oc- 
tobrcij  cioè  nel  di  26  <h  settembre.  IMa  altri 
il  tanno  passato  a  rendere  conto  a  Dio  nel 
di  a5  del  mese  suddetto,  come  il  (juicciai'dino 
e  Paolo  Gualtieri  ne'  suoi  Diarj  maauscritli  ,, 
citati  dai  Rinaldi,  do\c  dice,  clic  mi  dì  aS 
di  settcìiibrc  alle  ore  diciolio  e  mezza  (gli  .'■/jirò^ 


ANNO    MPKNXIV  ^  U) 

e  fii  seppellito  nel  scgiii-ntc  di  26.  A  qncsio 
giorno  l'iCcriscono  la  tiiorte  sua  eziandio  il  Pan- 
vinio  ,  il  Ciaccoiiio,  l'Ammirali  ed  altri,  i  quali 
nondimeno  si  può  credere  che  seguissero  il 
Giiicciardino.  Io  non  mi  sento  di  faticate  per 
decidere  questo  j^imto,  qiianlniique  a  me  paia 
più  certo  il  dì  25  ,  giacciiè  a  noi  basta  di  sa- 
pere clic  cessò  di  viveie  papa  t!Iemenle  in 
questi  lempi  :  pontefice  a  cui  certamente  non 
mancò  il  concetto  d'ingegno  politico,  di  iuoll:i 
accortezza  e  gravità,  e  che  sapca  ben  maneg- 
giar affari  ,  simulare  e  dissimulare  secondo  i 
bisogni  ,  e  che  da  i  politici  di  allora  tenuto 
sompre  fu  per  uotuo  di  doppia  fede.  Per  fare 
da  principe ,  secondo  il  rito  de'  mondani  ,  la 
nattu'a  e  la  sperienza  l' aveano  foMìito  di  molti 
aiuti.  ]Ma  se  cercate  in  lui  le  virtili  di  pontefice 
Vicario  di  Cristo,  e  qual  Jiene  egli  facesse  alia 
Chiesa  in  que'  gran  torbidi  della  religione ,  e 
quali  abusi  e  disordini  egli  levasse,  benché  da 
essi  preutlesse  origine  e  pretesto  il  terribile 
scisma  che  tuttavia  divide  tanti  popoli  dalla 
vera  Chiesa  di  Dio  j  non  sarà  sì  facile  il  tro- 
varlo. Troverete  bensì  ch'egli  si  servì  del  pon- 
tificato, delle  sue  forze  e  de'suoi  proventi  per 
suscitare  o  mafitener  guerre  ;  clie  fra  gli  altri 
disordini  costarono  un  orrido  sacco  a  Roma 
stessa,  e  un  gran  vilipendio  alla  sacratissima 
sua  dignità.  Molto  più  se  ne  servì  egli  per 
ispo;;hare  della  libertà  Firenze  sua  patria,  e 
per  ingrandire,  non  dirò  in  forme  oneste  e 
discrete  (che  questo  non  è  vietato),  ma  con 
insigni  principali  e  parentadi  sublimi  la  pro- 
pria casa.  Se  questo   si    accordi    coli'  intenzion 


420  ANNALI    Ij'  ITALIA 

dì  Dio  ,  allorché  uno  è  intronizzato  nella  setlia 
di  san  Pietro  ,  cliiunqne  sa  misurar  le  cose  cli- 
vjne  ed  umane,  Jion  lia  bisogno  ch'io  gliel 
dica.  Certo  è  eh'  egh  morì  odiato  dalla  corte 
per  la  sua  stitichezza  ed  avarizia  ,  quando  poi 
scialacquava  tanto  ne'  volontarj  suoi  impegni 
di  guerre  ;  e  più  odialo  dal  popolo  romano  , 
perchè  alla  sua  pohtica  venivano  attribuiti  tutti 
1  guai  di  quella  città.  A  noi  non  è  permesso 
l'entrare  ne' giudizj  occulti  di  DÌ03  ma  i  viventi 
d'  alloia  non  lasciarono  di  osservare  quasi  na 
gastigo  venuto  dall'  allo  il  miserabil  fine  di  due 
suoi  nipoti  bastardi ,  cioè  d"  I]>polito  cardinale 
e  di  Alessandro  duca  di  Firenze,  per  la  gran- 
dezza de'  quali  cotanto  egli  avca  mosso  cielo 
e  terra,  hnperciocchè  esso  cardinale  e  vicecan- 
celliere arricchito  da  (Clemente  suo  zio  eoa 
tanti  vescovati  e  henefizj ,  per  invidia  continua 
che  portava  ad  Alessandio,  tenlò  (ino  i  (ratli- 
liienti  per  occupargli  la  signoria  ,  e  terminò 
poi  niiserameiile  i  suoi  giorni  nel  seguente 
auìio.  Alessandro  peidulo  nelle  disonestà  e  in 
alili  vizj  ,  qual  fine  facesse,  lo  diremo  a  suo 
luogo  :  di  modo  che  in  pochi  anni  dopo  la 
molle  di  esso  Clemente  si  vide  schiantala  la 
di  lui  linea  maschile,  e  diroccali  amendue  que- 
gl'  idoli  dell'  ambizione  sua. 

Prima  di  morire  avca  papa  Clenr  nte  consi- 
glialo il  cardinal  suo  nifìulc  di  promuovere  al 
pontifiialo  il  cardinale  Alessandro  Farnese  de- 
cano del  sacro  collegio  ;  e  però  egli  unitosi 
con  Giovanni  cardinal  di  Lorena,  capo  tlella 
fazion  franzese ,  durò  poca  liilica  ad  assicurar 
r  elezione    di    lui.    Concorrevano    nel  Farnese 


ANNO  Mntxxiy  421 

molte  deii^ne  r|nalil?i ,  ppirhè  nato  dì  antica  e 
iiobil  casa,  die  ne' secoli  addietro  s' era  aifjiii- 
stala  gran  ri|)iita'/.ione  nell'armi,  e  possedeva 
molte  nobili  castella.  Eia  esso  Alessandro  per 
li  meriti  di  Giulia  sua  sorella  ,  o  parente,  stato 
creato  cai'dinale  da  Alessandro  VI  nel  i4y3. 
Oltre  a  ciò,  si  distingueva  il  Farnese  per  la 
sua  letteratura ,  per  la  lunga  sperienza  delle 
cose  del  mondo,  e  per  la  sua  prudenza,  man- 
suetudine ed  alTabilità.  Aggiugnevasi  l' età  di 
sessanta  sette  anni  ,  e  l' aver  egli  industriosa- 
mente fatto  credere  ,  per  quanto  potea ,  debole 
la  sua  complessione  e  sanità:  il  die  trasse  più 
facilmente  a  lui  i  voti  degli  altri  porporati,  in- 
clinati sempre  a  desiderar  scene  nuove  per  la 
speranza  di  fare  anch'  eglino  un  dì  la  propria. 
Né  all'  assunzione  sua  servì  punto  di  remora 
r  avere  egli  un  frutto  dell'  umana  fragilità,  cioè 
Pier-Luigi  suo  figlio  ,  perchè  in  quel  corrotto 
secolo  non  si  guardava  sì  per  minuto  a  tali  de- 
formit^i  ,  come  la  Dio  men-è  si  fa  da  gran  tempo 
nella  Chiesa  di  Dio.  Fu  dunque  eletto  papa  il 
Farnese  con  universal  consentimento  del  sacro 
collegio  ,  e  prese  il  nome  dì  Paolo  III.  E  da 
sfupirn  come  né  pur  vadano  d' accordo  gli 
.scrittori  nell' assegnare  il  dì  dell'elezione  sua. 
Il  Ciacconio  scrive  che  ciò  avvenne  f^I.  Ii/ns 
Orfobris  ,  cioè  nel  dì  dieci  d'  ottobre.  Altret- 
tanto hanno  gli  Annali  mannscritti  di  Ferrala 
e  .Andrea  Morosino.  Il  vescovo  Spondano  negli 
Annali  Ecclesiastici  la  mette  Tcrtio  idiis  Or- 
fobris,  cioè  nel  riì  tredici ,  e  di  questo  stesso 
giorno  parla  anche  il  Segni.  L'Oldoino  la  rife- 
risce die  XI.  seti  v^rius    i-jt-    MSio    Tubularii 


422  AKNATJ    D    ITA  UÀ 

Capitolini^  die  XIII  Octobris.  Secomlo  il  Var- 
chi ,  nella  notte  susseguente  a  i  quattordici 
giorni  d'ottobre  fa  eletto  papa  il  Farnese.  Ma 
che  rfuesta  elezione  seguisse  verso  un'  ora  o 
due  della  notte  susseguente  al  dì  12  d'otlobro, 
si  dee  credere  ,  asseiendolo  il  P;uivinio  e  Fra 
Paolo  Carmelitano  ,  ch'^  in  questi  tempi  scri- 
veva i  SUO'  Annali ,  e  sopra  tutto  il  Rinaldi 
annalista  ponlifizio,  rlie  fila  i  Diaij  Vaticani 
e  gh  Atti  Concistoriali.  Gi'au  festa  fecero  i  Ro- 
mani per  r  assunzion  .di  Paolo  UI ,  perchè  lor 
nobile  cittadino,  giacché  per  tanto  tempo  erano 
seduti  nella  cattedra  di  san  P'eiro  solamente 
papi  d'altre  nazioni.  Né  già  mancarono  turbo- 
lenze nello  Stato  Ecclesiastico  dopo  la  morte 
di  i^apa  Clrmcnle  VII.  Imperocché  nel  dì  ul- 
timo di  .sellembrc  Ridolfo,  figlio  del  fu  Ma!a- 
t.csta  Baglione  Perugino,  essendo  bandito  dalla 
patria  ,  anuiiassate  alquanto  .--chiiic  <li  fanti  e 
cavalli  .  andò  ad  imposscs.sarsi  di  un  borgo  di 
Perugia  ;  nia  uscito  il  presidio  papalino ,  dopo 
nn  lungo  conllillo  icstò  obbligalo  il  Baglione  a 
ritirarsi.  Nella  notte  poi  del  dì  seguente  en- 
trato che  fu  egli  di  nu()\o  nel  borgo  di  San 
Pietro ,  ecco  aprirgli  quella  porla  i  suoi  par- 
ziali, co' quali  avea  intelligenza,  n  impadronirsi 
della  cillii  suddetta.  Qui  non  si  fermò  il  suo 
furore.  Diede  d  Baglione  alle  fianime  il  palazzo 
del  vice-legato ,  cioè  tifi  vescovo  di  Terracina  : 
e  scopeilo  do\e  egli  era  fuggilo,  il  lt!ce  pren- 
dere co  i  due  suoi  auditori  ,  col  cancelliere  e 
con  alcuni  de' priori.  Fuiono  essi  posti  alla  tor- 
tura ,  allineile  ri\  classerò  i  lor  danaii ,  v  nel 
dì  seguente  coiidolù  nudi  nella  pubblica  piazza. 


ANNO     lVn)X>tKTV  4  !Ì 

ad  ognun  tV  *vssi  fu  reciso  il  cai>o.  Con  tili 
ijiiquità  si  fece  egli  signore  di  Perugia  \n- 
che  Mattia  ,  fìgliuulo  f\<A  vivente  Ercole  V'ara- 
)io  ,  s'  era  mosso  di  rjonil)aidia  nel  di  primo 
d'ottobre  con  una  gvaii  trotta  d'armati  in  va- 
rie barche  ,  inviandosi  per  mare  con  disegno 
di  ricuperar  Caujerino ,  il  cui  ducato  preìen- 
deva  appartenere  a  se  stesso.  Ebbe  egli  a  com- 
battere colla  furia  del  mare  ,  e  dopo  aver  per- 
duto i  più  del  suo  seguito,  altro  non  guad.tgnò 
che  di  salvar  la  vita,  tornando  all' imboccatura 
del  Po. 

Da  che  si  partì  da  questa  vita  papa  Clc- 
ine!»te  ,  Alfonso  I  duca  di  Ferrara  si  figurava 
oramai  di  godere  il  resto  de'  suoi  giorni  in 
j)ace  ,  perchè  libero  da  un  pontefice  che  con 
fante  insidie  e  con  odio  sì  continiiato  l' avea 
tenuto  fin  ([ui  sempre  in  allarme.  E  tanto  pili 
eperò  (ornata  la  calma  ,  per  essere  stato  as- 
sunto al  pontificato  il  cardinal  Farnese,  per- 
.sonaggio  fornito  di  miglioi'  cuore  e  di  massime 
più  rette  che  il  suo  pi'edecessore.  Disegnava 
egli  d' inviare  a  Roma  don  Ercole  suo  primo- 
genito per  congratularsi  col  novello  pontefice, 
(>  trattare  con  lui  c|ueir  accordo  che  non  avea 
jìotuto  ottenere  da  papa  Clemente.  Ma  nel  dì  28 
di  sciteiiiJHe  cadde  malato  ;  e  tanto  andò  cre- 
scendo l'infermità  sua,  che  nel  dì  3i  d'otto- 
bre il  condusse  al  fine  de'suoi  giorni  :  principe 
glorioso  nel  mondo ,  che  in  senno  e  valore 
ebbe  pochi  pari  al  suo  tempo.  E  di  queste  sue 
doti  abbisognò  ben  egli  per  potersi  sostenere 
con  tra  di  tre  potentissimi  papi ,  che  pieni  di 
mondane  passioni  ardeva;io  di  voglia  di  spogliar 


/Ja/}  AKNATJ    d'iTATIA 

la  nobilissima  casa  d"  Esle  degli  anticlii  suoi 
dominj.  Ma  {xrchè  di  questo  egregio  prin- 
cipe,  la  cui  \ita  fu  scritta  dal  vescovo  Giovio, 
ne  ho  parlato  io  abbastanza  nelle  Anticliila 
Estensi ,  nulla  di  più  ne  dirò  qui.  A  lui  snr- 
redette  nel  ducalo  Ercole  D  suo  primogenito, 
signore  di  gran  saviezza  e  d'  ottimo  cuore,  che 
un  buon  governo  fece  anch'  egli  goder  da  lì 
innanzi  a  i  sudditi  suoi.  Era  in  questi  tempi 
governata  la  città  di  Camerino  da  Catterina 
Cibò,  vedova  del  fu  Gio'.aimi  Maria  Varano, 
duca  d'essa  città  ,  a  nome  cU  Giulia  sua  fi- 
gliuola, creduta  legittima  erede  di  quello  Stato. 
Perchè  il  sopì  a  acceiulato  Mattia  Varano,  o 
pure  Ercole  suo  padre ,  pretendeva  a  se  do- 
vuto quel  ducato  ,  e  coli'  aiuto  di  non  poclii 
fuorusciti  teneva  in  continui  timori  e  pericoli 
essa  Catterina ,  questa  trattò  con  Francesco 
Maria  duca  d'Urbino  di  dar  per  moglie  a  Gni- 
dubaMo  di  lui  fis^iiiidlo  primogenito  la  suddetta 
Giulia  sua  figlia.  Colà  dunque  si  portò  esso 
(juidubaldo  ,  e  dopo  avere  sposata  quella  princi- 
pessa .  si  api'.licò  in  tulle  le  guise  a  (brtJfieare 
e  rendere  come  inespugnabile  Camerino.  Non 
doveano  poi  mancar  delle  buone  ragioni  alla 
menzionata  (Giulia  su  tjuel  ducato  ,  giacché 
Clemente  Vii  l'uvea  conl'einiato  al  di  lei  |)a- 
dre  e  a  i  successori,  ed  era  papa  di  tal  animo 
e  polso,  che  non  avrebbe  permesso  alla  figlia 
di  continuare  in  quel  ilominio,  senza  che  le 
assistesse  qualche  legittimo  titolo. 

Non  I'  intese  c(^si  il  novj^llo  pontefice  Pao- 
lo 111.  Per  I'  inllusso  che  correva  in  que'  lein- 
[)i;  biaiuanilo    uuch'ej^li  di  labbricarc  in  Pier- 


A^.^O     MDXXXiy  4^5 

Luigi  Farnese  suo  figlio  un  gran  principe, 
trovò  olle  «jiiel  ducato  era  decaduto  alla  Chiesa 
Romana.  Pelò  pubblicati  i  monitor]  centra  di 
Callcrina  e  di  Giulia,  venne  alla  sentenza  e 
alle  sconuiiiiclie.  Fece  quanto  potè  Francesco 
Maria  duca  d'Urbino  jier  placare  il  papa,  esi- 
bendosi (li  stare  a  ragione  per  questo.  Passi, 
parole  e  supplicbc  flu'ono  impiegate  indarno. 
Fin  d.'  allora  si  pensò  die  quel  paese  sarebbe 
stato  meglio  in  mano  di  Pier-Luigi.  Pertanto 
fu  spedito  da  esso  pontefice  Gian-Batista  Sa- 
vello coli' esercito  pontifizio  ad  assediar  Came- 
rino. Scarseggiava  quella  città  di  viveri.  Di 
mano  in  mano  il  duca  d'  Urbino  ne  andò  in- 
viando al  figlio  con  potente  scorta ,  di  maniera 
che  tra  per  questo ,  e  per  le  sortite  che  di 
tanto  id  tanto  faceva  il  duca  Guidubaldo,  quel- 
la assedio  dopo  qualche  mese  dell'amio  vegnente 
svanì.  Di  piiì  non  fece  il  papa  per  allora,  per- 
chè v'  interposero  i  loro  ufizi  i  Veneziani ,  e 
molto  più  l' imperadore.  Oltre  a  ciò ,  Francesco 
Maria  di  lui  padre  fu  poi  dichiarato  generale 
della  lega  contro  il  Turco  ;  laonde  convemie 
aspettar  tempo  piiì  opportuno  per  iscacciarne 
Guidubaldo  :  e  questo  venne  poscia ,  siccome 
vedremo.  Terminò  in  quest'  anno  Francesco 
Guicciardino  la  rinomala  sua  Storia  d' Italia  , 
che  se  non  è  molto  dilettevole  al  volgo,  gode 
almeno  il  privilegio  di  piacere  a  tutti  gli  uo- 
mini sensati,  per  la  finezza  de'  suoi  giudizj,  e 
per  la  professione  sua  di  non  adular  chiches- 
6Ìa  ,  e  né  pure  i  papi ,  de'  quali  fu  per  tanti 
anni  ministro.  Truovasi  in  questi  tempi  assai 
lodato  papa  Paolo ,  perchè  invitato  da  i  ministri 


426  AA.NALl    n"  ITAtU 

deli'  impeiadore  eli  confeimar  la  lega  prece- 
dente.  rispose  di  voler  essere  padre  comune 
di  tutti ,  e  di  nutrir  solamente  pensieri  di  pa- 
ce ,  non  già  di  guerra.  Che  a  1  pontefici  per 
difesa  de'  proprj  Slati  ,  e  contro  i  nemici  del 
nome  cristiano  o  del  Catlolicisino ,  convenga 
lo  sfoderar  la  sjìada ,  ninno  ci  sarà  che  lo 
nieghi.  Per  altri  motivi  e  fini  se  ne  potrà  di- 
sputare. Intanto  non  volle  perdere  tempo  esso 
pontefice  a  creare  nel  dì  18  di  dicembre  car- 
dinale Alessandro  Farnese  suo  nipote ,  cioè  fi- 
l^lio  di  Pier-Luigi,  giinito  all'  età  di  quattordici 
o ,  (|uindici  anni  ,  che  riuscì  poscia  un  insigne 
porporato. 

Jnno  di  Cris  ro    i  535.  Indizione  Vili. 
di  Paolo  III  papa   2. 
di  Carlo  V  inipiTuduie  17. 

Più  lungamente  non  potè  sofierire  il  ponte- 
iìce  Paolo  la  nsurpazion  di  Perugia,  fatta  da 
Ridolfo  B  igiione ,  meritevole  ancora  di  gravis- 
simo gastigo  per  le  crudeltà  usate  contro  il 
vescovo  di  Terracina,  ed  alli*i  suoi  concittadi- 
ni. Però  nel  piesente  anno  mandò  il  campo  a 
Perugia.  Non  avea  foize  il  Baglione  per  resi- 
stere; dubitava  molto  ancora  de'  l'illadini,  l'odio 
de' quali  s'era  egli  comperalo  colla  sua  barba- 
rie: però  cedendo  uscì  della  città,  e  se  n' andò 
con  Dio.  Fece  poscia  il  ponlefice  diroccar  sino 
a  i  fontlamenli  le  mura  <li  S[)ell()  anticamente 
città  ,  ili  Bellona  ,  della  Bastia  e  d'  altre  leiie 
rhe  erano  già  di  Hidolfo;  e  tornò  la  pace  in 
ijuelle  contrade.  Svegliossi  in    »|uesl'  anno    una 


A;\.N.)    MDXXKV  4-7 

fiera  tempesta  contro  di  Alessandro  de'  Vledici 
duca  di  Firenze.  Moltissimi  erano  i  nobili  fio- 
rentini fiionisiiti  o  confinati  ,  ed  altii  ancora 
die  volonluiianiente  a  cagioni'  di  varj  disgusti 
s'erano  ritirati  da  quella  città,  fra  i  quali  spe- 
zialmente Filippo  Strozzi  co' suoi  figli ,  che  era 
il  più  ricco  e  potente  cittailino  di  essa.  Tutti 
portando  odio  al  suddetto  AK'Ssandio,  si  ri- 
dussero a  Roma  ,  ed  unironsi  co'  cardinali  lor 
nazionali  ,  cioè  Salviati ,  Kidolfi  e  Gaddi  ,  per 
rimettere  ,  se  poteano ,  la  libortà  nella  lor  pa- 
tria. Entrò  nel  loro  partito  anche  lo  stesso  Ip- 
polito cardinale  d'-' Medici:  tanta  era  l'invitlia 
e  il  suo  mal  uniiiio  contro  del  duca  Alessan- 
dro. Tenuti  fra  loro  vai  j  consigli ,  determina- 
rono d'  inviare  in  Ispagna  i  lor  deputati  per 
rappresentare  all'  imperador  Carlo  le  loro  do- 
glianze per  1' aspio  go\erno  che  Iacea  il  duca , 
per  la  sua  sfienala  libidine ,  e  per  aver  egli 
contra venuto  a  quanto  lo  stesso  Cesare  aveva 
ordinato  nd  i53o  intorno  a  Firenze,  accor- 
dando la  conservazion  della  libertà  e  i  privi- 
legi di  repubblica:  laddove  Ali-ssandro  ne  avea 
adatto  u,sur()ata  la  signoria.  Trovarono  questi 
deputati  T  imjìeradore  in  Barcellona  nel  mese 
di  maggio  ;  ebbero  udienza  ;  ma  fu  limesso 
l'esame  delle  lor  querele,  allorché  l'Augusto 
Carlo  ,  tutto  in  quel  tempo  applicalo  all'  im- 
presa di  Tunisi ,  sarebbe  poi  venuto  a  Napoli, 
'come  già  egli  meditava.  Non  erano  ignoti  al 
duca  Alessandro  questi  maneggi ,  e  anch'  egli 
si  studiava  di  sventar  le  mine  de  eli  emuli  e 
nemici  suoi.  Fu  poi  risoluto  che  il  suddetto 
Ippolito  cardinal  de'  Medici  andasse  in  persona 


4^8  AX\AT.I    D    n  AMA 

a  trovai-  T  imperadore  in  Affrica  ;  ina  questo 
porporato  amatore  ijraiidissimo  d'  ogni  maiiiera 
di  vii-tù  ,  ma  superbo  a  inaravit^lia,  trovandosi 
ad  Itri  vicino  a  Fondi  .  proso  da  lenta  febbre, 
nel  dì  IO  d'agosto  misera  nente  morì,  e  con 
voee  ooiiiuiie  di  veleno.  Da  i  più  in  credulo 
il  duca  Alessandro  autore  di  stia  morte.  Il 
Varcbi  a;>i^ingne ,  che  ne  fu  incolpato  lo  stesso 
papa  Paolo  ,  con  addurre  i  fundam<,'nti  di  tal 
conghiettnra.  Ma  chi  così  dubitò  ,  fece  gran 
tot  to  a  questo  pontcllee ,  i  cui  costumi  tali 
sempre  fiuono,  che  non  lasciarono  fondamento 
alcuno  a  sospetti  di  sì  nere  iniquità.  Inclinava 
troppo  il  Varchi   alla  maldicenza. 

Dissi  poco  fa  rivolti  i  pensieri  del  magna- 
nimo Carlo  V  in  questi  tempi  all'  impresa  di 
Tunisi  ;  e  quantunque  sì  strepitosa  spedizione 
propriamente  non  appartenga  al  mio  suggello, 
pure  non  posso  dispensarmi  dal  darne  un"'  idea  ; 
e  t.aiito  più  perchè  a  (piella  gloriosa  azione 
ebbero  gran  parte  i  caj)itaui  e  combattenti  ita- 
liani. Dopo  la  morte  di  Oruccio  re  d'Algieri 
a>ea  Ariadeno  Barbarossa  suo  fratello  ,  e  gran 
corsaro ,  occupato  quel  regno.  Crebbero  poi  le 
forze  di  costui ,  perchè  creato  ammiraglio  del 
Gran  Signore  Solimano,  e  accresciuta  a  dismi- 
sura la  sua  armala  navale  colla  giunta  de'  legni 
tnrcheschi  ,  era  diveuuto  il  terrore  del  \Ieili- 
terraneo.  (ìi.-i  vedemuio  all' anno  preced.MUe 
quai  terribili  iiiMilti  e  paure  egli  facesse  all'  I- 
talia.  Ksseiido  guerra  fra  due  fratelli  preten- 
denti al  regno  di  Tunisi ,  tanlo  s<'[)p(>  fare 
r  a(;corlo  l3ar!)arossa  .  cIk-  lini  le  loi'  (U)nlro- 
versicj  con  impadronirsi  egli   di    Tunisi,    città 


ANNO    MPXXXV  429 

di  gran  popolazioDe ,  e  caj)Jtale  di  Itilto  il  suo 
rej^iio ,  con  discarriariie  Muloasso ,  che  quivi 
allora  signoieggiava.  (-io  fiitlo,  colla  forniidabil 
sua  j  olPiiza  si  (]ispnn('>a  all'  acquisto  di  tutta 
r  Afìi'ica  ,  minacciando  non  solamente  Orano  , 
città  de  gli  Spagnuoli  in  quelle  coste,  ma  an- 
che i  circonvicini  paesi ,  con  paventar  gravi 
mali  da  costui  anche  i  lidi  dell"  Italia.  Francia 
e  Spagna.  Ora  essendo  ricorso  Mnlcasse  con 
A  arie  vantaggiose  condizioni  all'  invittissimo  ini- 
pcradore  Carlo,  (|upsli.  sì  per  desiderio  di  dar 
nella  testa  al  troppo  crescente  Ariadeno,  come 
anche  per  vaghezza  di  gloria,  (e  gloria  ^c~ 
ranienle  pura  e  legittima  ,  che  tale  è  allorché 
i  monarchi  cristiani  prendono  1'  armi  per  di- 
fendere i  popoli  Fedeli  da  gì'  Infedeli  e  da  i 
corsari,  e  non  già  per  perseguitarsi  e  scannarsi 
fra  loro)  deterininù  di  portar  la  guerra  addosso 
a  Tunisi.  Gran  preparamenti  di  navi  e  galee 
fece  egli  non  nii'uo  in  Ispagna  ,  che  in  Italia 
e  Fiandra.  Molti  legni  ebbe  dal  re  di  Porto- 
gallo e  da  i  Genovesi ,  e  dieci  galee  dal  pon- 
tefice, che  erano  coniandate  da  Viiginio  Orsi- 
no. Ammiraglio  di  sì  gian  flotta  ,  piena  di 
valorosi  combattenti  Spagnuoli,  Tedeschi,  Ita- 
liani ,  fii  creato  il  valoroso  Andrea  Boria  ,  prin- 
cipe di  .Melfi;  e  sopra  la  medesima  imbarcatosi 
il  generoso  imperadore  col  marchese  del  Va- 
sto, col  j)rincipe  di  Salerno,  col  duca  iTAha, 
e  gran  copia  d'altri  incigni  baroni,  arrivò  circa 
il  principio  di  luglio  alla  Goletta  ,  isola  e  for- 
tezza sommamente  forte  in  fàccia  al  porto  di 
Tunisi. 

Con  immenso  valore  fu  espugnato  quel  sito 


43o  ANN'Att    d' ITALIA 

•  la  i  Cristiani,  e  sbaragliata  la  grossa  armata 
navale  del  Barbarossa  ,  restando  presi  più  di 
cento  de'  suoi  legni.  Arrivò  a  tempo  al  soc- 
corso dell'  armata  cristiana  don  Ferrante  Gon- 
zaga con  assai  navi  cariche  di  vettovaglie,  pro- 
venienti dalla  Sicilia ,  perchè  già  il  biscotto  era 
muffito.  Prese  poi  posto  1'  esercito  intorno  alla 
città  di  Tunisi,  e  seguirono  varie  scaranujccie, 
ma  colla  peggio  sempre  de'  Mori ,  Turchi  ed 
Arabi  ,  che  sopia  ottanta  mila  erano  accorsi 
alla  difesa.  Crebbe  perciò  lo  spavento  Ira  essi, 
talmente  che  un  dì  il  Barbarossa  lutto  infocato 
di  rabbia  determinò  di  far  perire  qualunque 
schiavo  cristiano  che  si  trovasse  in  l'uiiisi  ,  o 
j)er  vendetta,  o  per  sospetto  di  qualche  lor 
commozione  o  tradimento.  Li  fece  a  questo 
fine  rinchiu  lere  tutti  in  un  silo  della  rocca. 
Il  Giovio  ed  il  .Secni  li  faimo    sei    mila  ;    altrr 


■?)' 


quindici  mila ,  e  Pietro  Messia  li  fa  giugncre 
fino  a  ventidue  mila.  Trattenuto  ì\\  il  Barbaro 
da  .sì  enorme  crudeltà  da  Siuam  libico  ,  che 
era  il  suo  braccio  diritto.  Ma  in  questo  men- 
tre due  rinegati  cristiani ,  che  sapeano  la  sen- 
tenza data  dal  tiranno ,  mossi  a  compa.ssione 
«li  alcuni  schiavi  loro  amici  ,  scioisrro  le  lor 
catene  :  e  rniesti  poi  con  soimna  iiella  aiuta- 
rono a  scatenar  tutta  la  folla  de  gli  altri  mi- 
.seri  (^listiaui.  Rupjiero  essi  le  porte  dell'  arme- 
ria ,  e  prese  1'  aiini ,  ed  uccisi  quanti  Mori  si 
vollero  loro  opporre,  s'impadronirono  della 
rocca ,  da  cui  cominciarono  a  far  segui  a  i 
(]nsliani  di  fuori  ,  ma  senza  e.sserc  intesi.  Ca- 
gion  fu  questo  inaspetlato  colpo  che  il  Barba- 
rossa    disperato    se    ne    fuggisse    a    Bona  ,    <t 


ì 


Anno  mdxwv  4^1 

poscia''ad  Algirri.  Idillio  il  vittorioso  imperacloré 
nel  dì  2  1  di  luglio  coli' esercito  in  Tunisi;  e 
non  seppe  negare  .  o  non  potè  impedire  a  i 
suoi  il  sacco  della  riltìi  per  un  giorno.  Molti 
di  que''  Mori  e  Turchi  vi  rimasero  tógliali  a 
pezzi,  coir  altre  iniquith  consuete  in  simili  ca- 
si ;  ma  per  conto  del  bollino ,  questo  riuscì 
troppo  inferiore  alle  speranze.  Perì  iij  questa 
congiuntura  un'  insigne  biblioteca  d'  antichi  li- 
beri arabici  che  nicrilavauo  d'  essere  conser- 
vali. Conoscenilo  |)ni  Y  imperadore  Y  impossi- 
bilità di  conservare  in  suo  dominio  quella  gran 
città  e  il  suo  regno ,  la  rilasciò  a  .Muleasse 
(  fuorché  la  Goletta  )  con  obbligo  di  ricono- 
scerla in  feudo  da  i  re  di  Spagna  ,  e  di  pa- 
gare un  annuo  censo,  con  altre  condizioni  fa- 
vorevoli alla  religion  cristiai>fl,  che  il  Maomettano 
senza  fatica  accetlò  e  giurò,  ben  sapendo  che 
nulla  poi  durerebbe  col  tempo,  siccome  avvenne. 
Andrea  Doria  spedilo  a  Bona,  la  prese  e  sman- 
tellò ,  a  riser\  a  della  rocca  ,  dove  lasciò  buon 
presidio. 

Dopo  sì  gloriosa  impresa  il  trionfante  Augu- 
sto ,  licenziate  le  navi  spagnuole  e  portoghesi, 
dirizzò  le  vele  alla  volta  della  Sicilia,  e  sbarcò 
a  Trapani.  Indi  passò  a  Palermo  ,  e  po.scia  a 
Messina;  e  lasciato  don  Ferrante  Gonzaga  vi- 
ceré di  Sicilia  ,  pervenne  a  Napoli ,  dove  fece 
la  sua  magiiilica  entrata  nel  dì  3o  di  novem- 
t)re.  Maiaxigliose  furono  le  feste  ,  gli  archi  trion- 
fali, ed  altri  spettacoli  co' quali  solennizzarono 
tutte  quelle  città  l'  arrivo  delf  invittissimo  mo- 
narca. JNel  dì  4  di  dicembre  comparve  a  ISa- 
poli  Ercole  li  duca    di  'Fenara    ad    inchinare 


432  AXNAIJ    n    IT\UA 

la  Maestà  Sna  ,  che  T  accolse  con  singolar  de- 
gnazione. Parimente  portatisi  colà  i  l'uoiiiscili 
fiorentini ,  ed  ottenuta  udienza  ,  esposero  tutte 
lo  lor  querele  contra  del  duca  Alessandro  dei 
Medici.  D  Varchi  con  una  studiata  aringa  ,  in 
cui  immaginò  quanto  di  male  intorno  al  duca 
dovea  o  potea  dire  il  capo  d'  essi  all'  impera- 
dore,  non  lasciò  indietro  alcuna  delle  iniquità 
vere  o  pretese  di  lui.  Sospese  1'  Augusto  Carlo 
ogni  risoluzione  ,  finché  fosse  venuta  alla  corte 
anche  il  duca  Alessandro,  il  quale  nel  di  21 
di  dicembre  si  mosse  da  Firenze  per  passare 
colà.  In  questo  mentre  av\enne  la  morte  di 
Francesco  Sforza  duca  di  Milano ,  che  diede 
incentivo  a  nuovi  incendj  di  guerra.  Dopo  avere 
lo  sfortunato  principe  sofferta  una  lunga  e  mo- 
lesta infermità ,  finalmente  gU  convenne  soc- 
combere alla  legge  universale  dell'  umanità  nel 
dì  34  Ji  ottobre ,  senza  lasciar  dopo  di  sé 
prole  alcuna,  e  con  dichiarar  erede  l'iinpera- 
dore.  In  esso  Francesco  finì  la  linea  legittima 
della  celebre  casa  Sforza,  Antonio  da  Leva 
prese  tosto  colla  duchessa  Cristieina  il  go- 
verno di  quel  ducato ,  finché  si  sapessero  le 
intenzioni  dell'Augusto  Carlo  V.  Pretendeva  di 
succedere  in  ([negli  Stati  Gian-Paolo  Sforza  , 
marchese  di  Cara\ aggio ,  figlio  natuiale  di  Lo- 
dovico il  Moro ,  siccome  chiamato  nelle  inve- 
stiture do|)0  i  legittimi.  Ma  partitosi  egli  da 
Milano  j)er  passare  a  lìoma  ad  implorare  i 
buoni  ufizj  d(.'l  papa  presso  l' imperadore ,  al- 
lorché giiuise  a  Firenze,  nel  pranzare  fu  sor- 
preso (la  un  maligno  accidenle  ,  |*rr  cui  lini  i 
suoi  giorni.  Fu  poi  dichiaralo  Antonio  da  Leva 


ANXO   Ainxxxv  4^3 

governatore  cesareo  del  ducalo  di  Milano.  In- 
tanto r  odio  iniplacaliile  clie  s'  era  allignato  in 
cuore  di  Francesco  1  re  di  Francia  contra  del- 
l' imperadore  ,  non  gli  lascia\  a  aver  posa  .  né 
riguardo  alcuno  alla  religione.  Fra  le  sue  glo- 
rie certo  non  si  conterà  T  aver  egli  ,  che  pur 
si  gloriava  del  titolo  di  Cristianissimo,  com- 
mossi e  sostenuti  i  principi  Protestanti  contra 
di  Cesare ,  con  ^iiìrjnere  ,  siccome  vedremo  ,  a 
far  lega  fino  co  i  Turchi.  Dura\a  tuttavia  in 
lui  la  brama  di  ricuperare  il  ducato  di  Mila- 
no ,  ancorché  ne'  precedenti  trattati  avesse  ri- 
nunziato a  cotal  pretensione.  V  ha  chi  scrive, 
che  per  la  morte  del  duca  di  Milano  si  sve- 
gliasse il  suo  prurito  di  portar  di  nuovo  la 
guerra  in  Italia  ,  e  che  cominciasse  sul  fine  di 
quest'  anno  a  muoverla  a  Carlo  duca  di  Sa- 
voia ,  per  aver  noi  hbero  il  passo  in  Lombar- 
dia. Le  ragioni  o  pretesti  che  egli  adoperò  per 
giustificare  la  sua  rottura  con  quel  principe , 
son  diversamente  liferiti  da  varj  storici.  Cioè  , 
che  Nizza  e  Monaco  erano  state  impegnate  alla 
casa  di  Savoia  (  sarebbe  da  vedere ,  se  Mo- 
naco fosse  allora  in  potere  del  duca  ),  né  que- 
sti le  volea  restituire  al  re  ,  tuttoché  gli  fosse 
esibito  il  rimborso.  Che  il  duca  avesse  otte- 
nuta la  città  d'  Asti  ,  che  da  tanto  tempo  ap- 
parteneva alla  Francia  ,  con  altre  ragioni  eh'  io 
tralascio.  Ora  il  Guichenon,  storico  della  real 
casa  di  Savoia .  il  quale  si  può  credere  meglio 
informato  di  questi  affari,  sostiene  (i),  avere 


(  I  )  Guichenon ,  Histoire  de  la  Maison  de  Savoye. 
Muratori.  Fol.  XIF>  28 


434  ANNALI    d'  ITALIA 

i]  re  di  Franria  richiesla  la  i  estitiizion  di  Niz- 
za ,  e  di  alcuni  luoghi  del  njavcliesato  di  Sa- 
luzzo ,  con  altre  du^^liauze  contra  del  duca  , 
alle  quali  egli  coiitrapose,  ma  indarno,  delle 
forti  ragioni  La  verità  si  è  ,  clie  il  re  non 
sapea  digerire  T  atlarcaniento  del  duca  all'im- 
peradore  ,  V  aver  negato  il  congresso  di  papa 
Clemente  VII  col  re  a  Nizza,  ed  invialo  il  suo 
primogenito  ad  allevarsi  nella  corte  di  Spagna, 
clie  in  questo  medesimo  anno  fu  rapito  dalla 
Diorte.  Se  crediamo  al  menzionalo  scrittore ,  fin 
dal  mese  di  febbraio  delT  anno  presente  il  re 
dichiarò  la  guerra  ad  esso  duca  ;  e  siccome 
teneva  in  pronto  una  potente  armata  con  di- 
segno d"in\adere  lo  Stato  di  Milano  ,  così  gli 
riuscì  facile  di  spogliarlo  della  Savoia  ,  e  d' al- 
tri paesi  (li  là  (lalT  Alpi ,  prima  che  terminasse 
quest'  anno.  Spedì  il  duca  Carlo  ambasciatori 
a  Napoli  ad  informar  V  imperadore  di  queste 
novità  funeste  ,  e  ne  ri|)ortò  solamente  buone 
parole  e  promc.>sej  giacché  per  ora  egli  non 
poteva  di  più. 

uiiiiio  (li  Cristo    1 53^.  Indizione  IX, 
di  Paolo  IH  pnpa  3. 
di  Caiilo  V  iinpiVadove   i8. 

Da  che  .\Iessandro  de' Medici  duca  di  Fi- 
renze ,  coir  a(C()m|)agnanienlo  di  trecento  ca- 
valieri ,  tulli  ben  all'ordine,  fu  giunto  a  Na- 
poli ,  ed  ebbe  soddisfatto  a  gli  atti  del  suo 
ossc(|uio  verso  1'  imperadore  ,  gli  furono  conui- 
nicale  le  accuse  de'  l'udruscili  fiorenlini  ,  alle 
quali  diede  «juella  risposta  che  a  lui  parve  più 


ANNO     RinXXXVl  4^^ 

propria.  Ma  o  sia  die  1'  efficacia  del  danaro 
applicato  a  i  ministri  cesarei  producesse  quei 
buoni  elTotti  clie  suol  produrre  dapertutto;  o 
pure  che  i'  iniperadore  ,  trovandosi  in  procinto 
d'  una  nuova  guerra  in  Italia  ,  conoscesse  piìi 
proQttevole  a'  suoi  interessi  1'  avere  in  Firenze 
un  solo  dominante  dipendente  da'  suoi  cenni , 
che  un'  unione  di  molte  teste ,  quasi  sempi-e 
disunite  fra  loro  ,  e  inclinate  più  tosto  in  fa- 
vor de'  Frauzesi ,  come  veramente  erano  i  Fio- 
rentini .•  certo  è  eh'  egli  sentenziò  in  favore  del 
dui:a  ,  e  il  riconobbe  per  signor  di  Firenze. 
In  oltre  gli  diede  per  moglie  la  tante  volte 
promessa  Margherita  sua  figlia  naturale ,  con 
certi  patti ,  co'  quali  trasse  da  lui  buona  somma 
di  danari ,  da  impiegare  nell'  imminente  guer- 
ra. Decretò  ancora  che  fosse  lecito  a  i  Fioren- 
tini fuorusciti  di  ritornare  alla  lor  patria  ,  e  di 
godere  de  i  lor  beni  e  de  gli  ufizj  soliti  a 
dispensarsi  a  gli  altri  cittadini.  Ma  i  più  d'  essi 

0  per  timore  o  per  rabbia  non  si  sentirono 
voglia  di  prevalersi  di  tal  grazia.  Nel  dì  ultimo 
di  febbraio  furono  celebrate  quelle  nozze  con 
gran  pompa  ,  e  dopo  alcuni  giorni  di  solazzo 
il  duca  se  ne  tornò    trionfalmente    a    Firenze. 

1  movimenti  de'  Franzesi  contro  il  duca  di 
Savoia  non  permisero  all'  Augusto  Carlo  di  trat- 
tenersi più  lungamente  in  Napoli  ;  e  però  si 
mosse  alla  volta  di  Roma ,  colla  guardia  di  set- 
tecento uomini  d' arme  e  di  sei  mila  fanti 
spagnuoli  veterani  ,  con  far  la  sua  entrata  in 
quella  gran  città  nel  dì  quinto  d' aprile  ,  ac- 
colto con  sommo  onore  e  magnificenza  dalla 
corte  del  papa  e  dal  popolo  romaiao.  Se  stiamo 


436  ANNAU    d'  ITAMA 

al  giudizio  del  Varchi ,  papa  Paolo  mostrò 
di  aver  animo  veramente  romano  .  perchè  ebbe 
ardire  d' accogliere  senza  forze  forestiere  un 
imperadore  armato  e  vittorioso;  quasi,  he  I'  alto 
grado  ili  pontefice ,  e  pontefice  amante  delia 
pace  ,  e  T  animo  grande  e  cattolico  di  quel- 
r  Augusto  non  fossero  una  piìi  poderosa  e  si- 
cura guardia  del  papa ,  che  qualche  migliaio 
di  soldati  venali.  II  Segni  nondimeno  scrive 
che  tutto  il  popolo  ronrano  era  amiato ,  ed 
avere  il  pontefice  assoldati  tre  mila  fanti  per 
sua  guardia.  Furono  a  stretti  e  lunghi  colloquj 
il  f)apa  e  l' imperadore  ;  e  tenuto  poi  il  con- 
cistoro ,  in  cui  furono  ammessi  anche  gli  ora- 
tori del  re  Cristianissimo ,  V  imperadore  risen- 
tiuimente  si  dolse  dell'  iniquità  del  re  di  Francia, 
il  quale  si  mettea  sotto  i  piedi  lutti  i  trattati 
ed  accordi  precedenti ,  ed  avea  mossa  un'  in- 
debitii  guerra  al  duca  di  Savoia  suo  zio  ,  e 
volea  turbar  tutta  la  Cristianità  colla  rovina  di 
fcmti  popoli  innocenti.  Studiossi  il  buon  papa 
di  calmar  lo  sdegno  di  (tesare,  con  esibirsi 
nu'diatore  di  pace,  li  siccome  egli  bramava  di 
buon  cuore  essa  pace ,  perchè  lontano  dalle 
massime  turbolente  d'  alcuni  suoi  predecessori, 
ne  trattò  poscia  co  i  ministri  franzesi.  A\ca 
1' imperadore  esibito,  o  esibì  dipoi  d'investire 
il  duca  d' Angolouuue  ,  terzogenito  del  re  di 
Plancia  ,  del  duralo  di  Milano.  Aggivnise  ,  che 
nu'glio  sarebbe  un  personal  duello  per  rispar- 
miare il  sangue  di  lauti  Cristiani.  Ala  il  re 
Francesco  ostinato  ne'  suoi  voleri ,  richiedendo 
MilaiK)  j)cl  du(  a  dì  Orleans  suo  S(  condogenito, 
jimijlo  di  CalLcrina    de'  Medici  j  mandò    poi  a 


ANNO   MnxxxVt  4^7 

monte  le  buone  disposizioni  di  Cesare  (  se  pur 
questi  parlava  di  cuore  ) ,  e  certamente  fra- 
stornò il  zelo  e  r  amorevol  interposizione  di 
papa  Paolo. 

Apiietia  fu  salito  nella  cattedra  di  Sin  Pie- 
tro esso  poulelice,  clie  diede  a  conoscere  al 
sacro  collegio  la  sincera  sua  brama  e  risolu- 
zione di  convocar  un  concilio  generale  (.),  e 
nel  concistoro  tenuto  a  dì  17  d'ottobre  (  il 
cardinal  Pallavicino  scrive  (2)  nel  dì  i3  di 
novembre)  del  i53f  ne  insinuò  la  necessità 
con  sua  lode  ,  giacché  Leon  X  non  vi  pensò , 
Adriano  VI  non  potè,  e  Clemente  MI  nonne 
trattò  mai  daddovero.  Non  avendo  questo  pon- 
tefice fui  qui  potuto  e  sega  re  così  santa  in- 
tenzione, colla  venuta  a  Roma  dell' impi-rado- 
re  ,  trovato  ancora  lui  uniforme  di  desiderio  e 
di  parere,  tenne  c<incistoro  nel  dì  iS  d'a- 
prile (il  Pallavicino  ha  il  dì  otto  d'esso  me- 
se) ,  ed  i\i  ptd)h!icò  il  decreto  della  coiivoca- 
zion  del  concilio.  Fu  poi  per  un  tempo  disturbato 
questo  importante  aflFire  dalla  mortai  guerra 
che  si  svegliò  f;a  i  suddetti  due  emuli  mouar- 
cbi.  Ma  non  per  qieslo  lasciò  pajw  Paolo  di 
far  quatilo  era  in  sua  mano ,  acciocché  si  re- 
casse questo  gran  bene  alla  Chiesa  ;  anzi  nel 
dì  2Q  di  maggio  dell'  anno  presente  nel  con- 
cistoro ne  intimò  il  principio  in  M  mtova  pel 
maggio  dell'  anno  susseguente.  Tanto  in  oltre 
era  il  suo  buon  gonio ,  che  fin  da  i  primi  mo- 
menti del  suo  pontificato  ,  e  mollo  più  dipoi^ 


(1)  Ravnal'las  Annal.  Eccl. 

(■>■)  Pallavicino  ,  Storia  del  Condì,  di  Trento. 


438  ANNAU   d'  ITAtU 

ordinò  che  si  cominciasse  a    riformar  la  corte 
e  curia  romana,  e  a  notare  gii  abusi  e  disor- 
dini che  esigevano  correzione.  Lasciarono  scritto 
molti  storici  che  l'Augusto  Carlo  non  si  fermò 
che  quattro   giorni    in    Roma ,    e   secondo  essi 
dovette  partirne  nel    di   9    d'aprile.  Ma  siamo 
assicurati  dal  Panvinio  ,    da!    cardinal    Pallavi- 
cino e  dall'annalista  pontificio    Rinaldi,  ch'e- 
gli vi  dimorò  sino  al  di    18  d'esso    mese,   nel 
quale  si  mise  in    viaa;gio    alla    volta    della  To- 
scana. Prima  nondim'iio  che  partisse  ,    attento 
il  pontefice  a  i  vantagsji  del   figlio  Pier- Luigi  e 
de'  nipoti,  procacciò    loro  da  esso    iraperadore 
stabili  e  pensioni  d'annua  rendita    di   trentasei 
mila  scudi  d'  oro.   Magniiico    accoglimento  con 
archi  trionfali  e  grandi  feste   all'  Augusto  Carlo 
fu  fatto  in  Siena,   arrivato    colà  nel  dì   23  d'a- 
prile. Maggior' nenb'   poi   in   Firenze  ,  dove  egli 
entrò  nel  di  2Q  d'esso    mese,   e    si  trattenne 
sino  al  dì  4    '^'  "i"g"'o,    godendo    di    que'  so- 
lazzi  e  della    bellezza    drlla    città.  Di   là  passò 
poi  a  Lucca  ,   trovandola  ben  governata  da'  pro- 
prj   cittadini;     ed    ivi    slelle  sino   al    dì    io  di 
maggio.  Dovunque  passò  ,  riscosse  danari  ,  ab- 
bisognandone per  le    meditate    imprese.    Final- 
mente per  la   via   di   Pont  remoli    calò   in   Lom- 
bardia    Fu    poi   coudolta  d.»    Xiipoli    Maiglierita 
sua  figlia  ,  di  età  di    tredici  anni  ,  a  Firenze  ;  e 
con  so  limo  tripudio    ed    allegre/zu    enti'ò  essa 
in   quella  citta     nel     dì    nllliuo  di    maggio.   Se- 
guitò appresso  il  dì  delle  nozze;  ma  percliè  in 
quel  giorno  a(;ca<lde  uno  non   lieve    eclisse  del 
sole,  trasse  da  ciò   la    gente    augurio    d'infeli- 
cità a  quel  matrimonio. 


ANNO    MOXXXVI  4^9 

Da  che  fu  venula  la  priimvera,  l'esercito 
franzese  ,  senza  <  ovare  ostacolo  venmo,  pas- 
sate r  Alpi,  calò  alle  pianure  del  Pienioute  , 
sotto  il  comando  di  Filippo  Sciabot  ammira- 
glio di  Francia  ,  con  cui  si  unì  Francesco  mar- 
chese di  Sa'uz/.o.  Non  avendo  iorze  Carlo  duca 
di  Savoia  per  trattener  questo  torrente  ,  mandò 
la  moglie  e  il  fi.;Iio  co  più  preziosi  mobili 
a  Milano,  ed  e.;li  si  f  rtu')  a  Vercelli.  Veiuiero 
in  poter  de' Franzesi  Torino,  Piuerolo  ,  Fos- 
sano,  Chieri  ed  altri  luo;^!.  Poehe  fìjrze  allora 
si  trovavano  ne'lo  Stalo  di  Miliuo;  contutto- 
ciò  Antonio  da  Leva  govern  lore  ,  rannate 
quelle  milizie  che  potè,  ed  unito  cn|  duca  di 
Savoia,  si  spinse  nauti  ,  per  iinpetlire  i  mag- 
giori pro'^ressi  <le' nemici,  e  mise  un  buon  pre- 
sidio in  Vercelli.  S'  erauo  anche  mossi  i  Ve- 
neziani,  co'quali  a.ea  i' imperadore  nel  prece- 
dente anno  contratta  lega  ,  ma  solamente  per 
la  dif-sa  di-Ilo  Stato  di  iMllano.  Q  lesta  nondi- 
meno non  fi  la  cagione  che  frr'uasse  il  corso 
dell'armata  franzese,  ma  ben4  la  premura  del 
pontefice  di  trattar  di  pace  ,  per  cui  avea  scritto 
elficaci  lettere  al  re  di  Francia  ,  con  (irgliela 
anche  credere  assai  facile  .  perchè  l' nnpera- 
dore  ne  dava  colle  parole  buona  intenzione  : 
il  die  fu  creduto  da  i  politici  una  siraidazione 
per  guadagnar  tempo ,  e  per  potersi  mettere 
in  istato  di  far  guerra  ;  che  di  questa  più  che 
della  pace  era  riputato  sitibondo  per  isperanza 
d'ingoiare  la  Francia.  Su  queste  apparenze  di  po- 
ter conseguir  co  i  maneggi  quello  che  co  i  troppo 
dispendiosi  e  pericolosi  impegni  di  guerra  si  an- 
dava cercando,   il    re    Francesco   addormentato 


440  ANNAU   D  ITALIA 

non   solamente    spedì  in    Italia    il   cardinal    eli 
Lorena  per  trattare  d'accordo  con  esso  Angusto  , 
ma  eziandio  ordinò  all' ammiraglio  di  non  proce- 
dere   innanzi,    e    ricliiamollo    in    Francia  con 
parte  dell'  esercito.  Lasciò   egli    buona    guarni- 
gione in  Torino  ,  città  che  fu  mirabilmente  for- 
tificata e  provveduta  di  munizioni  da  bocca  e 
da  guerra  ;  Gian-Paolo  Orsino  nella  città  d'Al- 
ba ,  ed  altri  capitani  in  altre   fortezze  ;    e  poi 
se  ne  andò  a  trovare  il  re.  Allorché  l'impera- 
dore  arrivò  a  Siena,  vi    giunse    ancora  il  car- 
dinal di  Lorena  ,  e  con  lui  trattò  piii  volte  di 
concordia  ,  accompagnandolo    pel  viaggio  ;  ma 
in  fine  allro    non    raccolse    che    parole.    Per- 
venuto l' imperadore  ad    Asti ,  et  indi  a  Savi- 
gliano  ,  dove  il  duca  di  Savoia  ed  Antonio  da 
Leva  furono  ad  inchinailo ,  tenne    varj    consi- 
gli ,  ne'  quali ,  contro  il  parere  de  i  più  ,  pre- 
valse il  sentimento  suo  di  jiorlar  la  guerra  nel 
cuor  della  Fi  ancia  ,  j)er  vendicarsi  del  re  Cri- 
stianissimo. Intanto  Antonio    da    Leva    assediò 
Possano  e  lo  costrinse  alla  resa  ,  e  il  marchese 
di  Saluzzo  abbandonò  il  j)arlilo  franzese.  Aspettò 
l'Augusto  Carlo  che    fossero    giunte    le    grosse 
leve  fatte    da    lui  in    Gei-mania  ,  ed  unito  che 
fu   1'  esercito  tutto ,  si    tro\  ò  ,    secondo  i  conti 
del    Belcaire ,    ascendere   a     venticinque    mila 
fanti  f  deschi  .  olio    mila     spagnuoli  .  maggior 
nunìcro  d'italiani,  con   mille  e  ducento  uomini 
d'  armi.  .Vllri  gli  diedero   ventiquattro  mila  te- 
deschi ,  quallordici   mila  spagnuoli  ,  dodici  mila 
italiani,  con   tic  mila  cavalli   Ira   uomini  d'ar- 
mi e  cavali-   leggieri  :    voci    ordinariamente  in- 
sussistenti. Quel  che  è    cerio  ,  un»    polente    e 


ANNO    MDXXXVI  ^^X 

floritissima  armata  ebbe  Colare  ,  in  cui  si  conia- 
rono i  duchi  di  Savoia,  Baviera  e  Bm^s^idl, 
ed  albi  principi  e  baroni.  Suoi  generali  erano 
Antonio  da  Leva  ,  Alfonso  marchese  del  Va- 
sto ,  don  Ferrante  Gonzaga  .  il  duca  d'Alva  , 
con  gran  copia  d'  altri  condottieri. 

Adunque  j)er  tre  parti  dell'Alpi  s'inviò  stil 
principio  di  luglio  sì  poderoso  esercito  verso 
la  Provenza  ,  secondato  per  mare  dalla  flotta 
di  Andrea  Boria.  Restò  in  Piemonte  con  un 
corpo  d'  otto  o  dieci  mila  persone  Gian-Gia- 
como signore  di  Musso  ,  e  poi  marchese  di 
Marignano  ,  sopranoniinato  o  cognominato  il 
Medeghino  ,  acciocché  congiunto  col  marchese 
di  Sai  uzzo  assediasse  Torino.  Nello  stesso  tempo 
fu  mossa  guerra  in  Fiandra  dall'  armi  cesaree 
al  re  di  Francia.  AH'  assunto  mio  basterà  di 
accennare  che  con  tante  forze  l'Augusto  Carlo 
entrato  in  Provenza  ,  nulla  operò  di  memora- 
bile. Circa  )m  mese  si  perde  nella  Valle  d'Aix . 
tentò  indarno  di  formar  1'  assedio  di  .Marsilia  , 
né  alcun  fatto  d'armi  considerabile  avvenne  in 
quella  spedizione.  Intani o  il  gran  caldo  fece 
guerra  alle  sue  truppe  ,  alle  quali  mancavano 
bene  spesso  le  vettovaglie.  Sopravenne  poi 
l'au-tunno  colle  pioggie  e  col  fango,  e  coli' av- 
viso che  il  re  di  Francia  si  accostava  con  un 
esercito  di  quaranta  mila  combattenti ,  giacché 
venti  mila  Svizzeri  erano  giunti  al  suo  campo: 
laonde  V  imperadore  non  ^olle  maggiormente 
diflerire  il  ritornarsene  in  Italia.  Ci  ritornò , 
ma  col  rimprovero  d'  aver  cantato  il  trionfo 
prima  della  vittoria  ,  e  coli'  armala  sua  disfat- 
ta, percliè  almeu  la  metà  delle  sue   trupjie  vi 


^/^2  ANNALI    d'  ITALIA 

perì  per  gli  stenti  ,  per  le  malattie  e  per  altri 
disordini.  Seco  ancora  portò  il  rammarico  di 
aver  perduto  sotto  Marsiiia  il  valoroso  suo 
generale  spaqjnuolo  Antonio  da  Leva  ,  morto 
d'infermità  di  corpo  e  di  passion  d'animo 
per  r  infelice  successo  dell'  armi  cesaree  in 
Francia  ,  essendo  stato  creduto  eli'  egli  fosse  il 
principal  promotore  di  qiclla  .  quasi  dissi  ,  vergo- 
gnosa impresa.  Al  re  di  Francia  costò  la  guerra 
infinite  spese  e  gravissimo  danno  a  i  suoi  po- 
poli di  Provenza.  Q  lel  nondimeno  che  gii 
trapassò  il  cuore ,  fu  l' inaspettata  morte  del 
Delfino  ,  cioè  di  Francesco  suo  primogenito  , 
giovinetto  di  mirabii  espettazione ,  che  venuto 
all'  armata  ,  in  qiattro  dì  di  malattia  si  sbrigò 
da  questa  vita.  Nel  bollore  di  quella  doglia 
corse  1'  usuale  sospetto  di  veleno  ,  e  ne  fu  im- 
putato il  conte  Sebastiano  Mont'^ciiccoli  ^uo 
coppiere  ,  onorato  gentiluomo  di  Modena ,  a 
cui  di  comples-iiouiì  delicatissima  ,  come  at- 
testa Alessandro  Sardi  scrittore  contempora- 
neo (i),  colla  forza  d'incredibili  lorin'-nti  fu 
estorta  la  falsa  confessione  della  morte  proc- 
curata  a  quel  prinr;i:ìe  a  I  istigazione  di  Anto- 
nio da  Leva  e  dell'impera  lore  stesso  :  perlochè 
venne  poi  cond*nmto  l'inriDi^ente  cavaliere  ad 
un'  orribil  morte.  Non  vi  fu  saggio  che  non 
conoscesse  la  faUit^  e  in  legnila  di  quella  im- 
piilazidue  ,  di  cui  non  era  mai  degno  l'  animo 
generoso  di  un  Cirio  V.  Mentre  si  faoea  (|uc- 
sta  danza  in  Provenza  ,  il  ci  Mite  G  lilo  llan- 
gonc  Modenese  ,  dichiarato     tlal  re  di  Francia 

(i)  Sardi  ,  Ist.  MSS. 


ANNO    MDXXKVI  44^ 

generale  dell' armi  sue  in  Italia  ,  nel  mese  di 
luglio  ridottosi  alla  Mirandola  ,  quivi  raunò  un 
corpo  di  dieci  mila  fanti  italiani  e  di  sette- 
cento cavalli  ,  sotto  il  comando  di  varj  prodi 
capitani.  Teneva  ordine  esso  Rangone  di  tentar 
Genova  in  tempo  che  An  Irea  Doria  col  suo 
stuolo  di  galee  era  passato  in  Francia.  Mossosi 
egli  nel  dì  i6  d'  agosto  ,  arrivato  che  fu  a 
Tortona  ,  1'  ebbe  in  suo  potere.  Marciò  poscia 
a  Genova  ,  e  fatta  la  chiamata  a  nome  del  re 
di  Francia  ,  trovò  quel  popolo  ben  disposto  a 
difendersi.  Nella  notte  secruente  con  una  sca- 
lata  diede  l' assalto  alle  mura  ,  sperando  pure 
qualche  favorevol  movimento  nella  città  ;  ma 
niun  si  mosse  :  e  però  conoscendo  egli  che 
con  si  poche  forze  era  impossibile  il  vincere 
una  tanto  popolata  città,  se  n'andò  in  Pie- 
monte. Prese  Carignano ,  Chieri  ,  Carmagnola 
e  Cherasco  j  et  indi  passato  a  Pinerolo  ,  spedì 
Cesare  Fregoso  a  Raconigi  .  che  se  ne  impa- 
dronì a  forza  d' armi.  Vi  fu  messo  a  fìl  di 
spada  il  presidio  imperiale ,  e  rimasero  pri- 
gionieri Annibale  Brancaccio  e  il  conte  Alessan- 
dro Crivello.  Era  da  molto  tempo  la  città  di 
Torino  assediata  da  Francesco  marchese  di 
Saluzzo  ,  e  da  Gian-Giacomo  de'  Mctlici.  L'  ar- 
rivo del  conte  Guido  fece  sciogliere  quell'  asse- 
dio ;  e  perchè  egli  avea  trovata  gran  copia  di 
artiglierie  e  di  viveri  in  Carignano  ,  tutto  fece 
condurre  a  Torino.  Gran  disattenzione  fu  quella 
del  Varchi  ,  allorché  arrivò  a  scrivere  che  i  sol- 
dati del  Rangone  dopo  il  tentativo  di  Genova 
se  ne  tornarono  senz'ordine  alcuno  verso  la 
Mirandola  ,  dove  si  dissolverono  e  sbandarono 


444  ANNALI    D*  ITALIA 

del    tutto.    In    questo    ne    seppe    ben    più    dì 
lui  il  Segni  ,  per  tacer  (T  altri  storici. 

Mal  sodilisfatto  di  sé  medesimo  venne  l'im- 
perador  Carlo  V  per  mare  a  Genova ,  e  colà 
si  portarono  ad  inchinarlo  varj  principi  d'Ita- 
lia ,  e  primo  fra  essi  Federigo  duca  di  Man- 
tova ,  per  promuovere  le  ragioni  di  Marghe- 
rita sua  moglie  sopra  il  Monferrato.  Dopo  aver 
fatto  ventilar  quella  causa ,  nel  dì  tre  di  no* 
vembre  profferì,  quanto  al  possesso,  la  sen- 
tenza in  favore  del  duca  di  Mantova.  Su  quello 
Stato  avea  delle  pretensioni  il  marchese  di  Sa- 
luzzo.  Molte  più  ne  avea  Carlo  duca  di  Savoia 
a  cagion  d'  una  donazione  fatta  al  duca  Ame- 
deo da  Gian-Giacomo  marchese  di  Monferrato. 
Verisimilmente  per  guadagnarsi  il  favore  del- 
l'Augusto sovrano  avea  il  primo  abbandonati 
i  Franzesi,  e  il  secondo  tanto  prima  avea  col- 
tivata in  varie  forme  la  ili  lui  buona  grazia. 
Dopo  la  perdita  della  m;>ggior  parte  de'  suoi 
Stati  s'  era  ritirato  esso  duca  a  Nizza  ,  dove 
si  fortificò.  Si  dolse  egli  non  poco  del  suddetto 
decreto  cesareo  ;  perchè  quantunque  restassero 
vive  le  sue  ragioni  ,  da  conoscersi  poi  in  un 
giudizio,  pure  intendeva  che  vantaggio  fosse 
quello  di  ciii  pissiode  le  cose  controverse. 
Tanto  più  .s' afUisse  egli  da  che  seppe  che 
r  imperadore  imbarcatosi  avea  nel  dì  i5  di 
novembre  spiegate  le  vele  verso  la  Spagna , 
senza  prendersi  cura  di  riiMiperar  quegli  Slati 
eh'  egli  pel  suo  attaccamento  allo  stesso  Au- 
eusto  avea  perduto.  Venne  poscia  il  duca  di 
Mantova  con  un  commessario  cesareo  per  pren- 
dere il  possesso  di  Casale  di  Sanl'Evasio.   Ma 


ANNO    MDXXXVT  4  \^ 

mentre  egli  si  sta\a  j)ieparaiKlo  per  farvi  una 
magnifica  entrata ,  introdussero  alcuni  suoi  ma- 
levoli di  notte  in  quella  città  mille  fanti  e  tre- 
cento cavalli  franzesi ,  che  diedero  il  sacco  a 
tutti  i  fautori  della  duchessa  di  Mantova.  Ciò 
riferito  al  marchese  del  Vasto  ,  che  in  luogo 
di  Antonio  da  Le\a  era  stato  creato  capitan 
generale  dello  Stato  di  Milano ,  e  dimorava  al- 
lora in  Asti,  vi  accolse  nel  dì  24  di  novem- 
bre con  molte  sue  brigale ,  ed  entrato  nella 
rocca,  che  tuttavia  si  teneva,  assalì  i  Franzesi 
verso  la  città ,  e  dopo  un  sanguinoso  conflitto 
li  sconfisse,  con  saccheggiar  poscia  chiunque 
loro  avea  prestato  favore.  Fu  solennemente  nel 
dì  2y  del  suddetto  mese  dato  al  duca  Fede- 
rigo il  posses.so  col  titolo  di  Marchese  di  Mon- 
ferrato. Fin  qui  Massimiliano  Stampa  ,  alla  cui 
fede  il  definito  duca  Francesco  Sforza  avea 
raccomandato  l'inespugnabil  castello  di  Milano, 
non  s'  era  potuto  indurre  a  consegnarlo  all'ini- 
peradore.  Nel  sopradetto  novembre  si  lasciò 
egli  vincere,  e  n'ebbe  per  ricompensa  cinquanta 
mila  scudi  d' oro ,  e  fu  dichiarato  marchese  di 
Soncina.  Merita  ancora  Lorenzo  o  sia  Renzo 
signore  di  Ceri,  delf insigne  casa  Orsina,  da 
noi  veduto  sì  valoroso  condottier  d'armi  in 
tante  passate  guerre ,  che  si  faccia  menzion 
della  sua  morte  accaduta  nel  dì  30  di  gennaio 
dell'  anno  presente ,  per  essergli  caduto  addosso 
il  cavallo ,  mentre  era  alla  caccia.  Secondo  l'an- 
nalista Spendano  ,  nell'  anno  precedente  venuto 
a  Ferrara  l'eresiarca  Giovanni  Cab  ino,  sotto 
abito  finto  ,  talmente  infettò  Renea  figlia  dei 
re  Lodovico  XU^    e    duchessa  di  Ferrara,  de 


,^46  ANNALI    d'  ITALIA  I 

gli  errori  suoi  ,  che  non  si  potè  mai  trarla  eli  \ 

cuore  il  bevuto  veleno.  Ma  nel  presente  anno 
veggendosi  scoperto  questo  lupo ,  se  ne  fuggì 
a  Gi'iievra.  Vengo  assicurato  da  chi  ha  veduto 
gli  atti  dell'  Inquisizion  tli  Ferrara  ,  che  sì  pe- 
stifero mobile  lii  fatto  prigione  ;  ma  nel  men- 
tre che  era  condotto  da  Ferrara  a  Bologna , 
da  gente  armata  fu  messo  in  libertà.  Onde 
fosse  venuto  il  colpo ,  ognun  facilmente  V  im- 
maginò. 

Annodi  Cristo   1.^37.  Indizione  X. 
di  Paolo  III  papa  4- 
di  Carlo  V  imperadore   19. 

Non  altro  che  pensieri  e  consiglj  di  pace 
meditava  il  pontefice  Paolo  ,  e  a  questo  fine 
nel  precedente  anno  avea  mandati  due  legali , 
cioè  il  cardinale  Caracciolo  ali  imperadore ,  e 
il  cardinale  Trivulzio  al  re  di  Francia.  Indarno 
impiegarono  essi  parole  e  passi  :  cotanto  erano 
alterati  gli  animi  di  que'  due  emuli  monarchi. 
Un  altro  motivo  della  spedizione  d'  essi  por- 
porati epa  la  dichiara  a  risoluzion  del  pontefice 
per  convocare  il  concilio  generale.  Ancor  qui 
si  trovarono  delle  disneiiauze  ;  e  perchè  s'  era 
posta  la  mira  sopra  Mantova  ,  come  città  ap- 
proposito  per  quella  sacra  adunanza  ,  tali  dif- 
ficultìi  eccitò  quel  duca,  che  convenne  pensare 
ad  altro  sito.  G:audi'  su  queslo  jxnito  fu  sem- 
pre la  premura  del  papa ,  sincera  la  sua  in- 
tenzione. Anzi  a  lui  stava  così  a  cuore  la  ri- 
forma della  (Jhiesa,  clic,  >icc(ìme  dicemmo, 
senza  aspettare  il  concilio,  seriamente  s'applicò 


ANNO  Mnxwvni  44l 

egli  stesso  a  curarne  le  piat^lie  ,  e  sopra  tutto 
a  levare  gli  abusi  della  sua  corte.  A  questo 
une  con  immensa  sua  lode  cliiamù  nelP  anno 
precedente  a  Roma  de  i  personaggi  più  illustri 
nelle  scienze  e  nella  pietà  ,  e  spezialmente  Re- 
ginaldo  Polo  Inglese .  parente  del  re  d' Inghil- 
terra,  Gian-P  etro  Carafta  Napoletano,  vescovo 
Teatino  ,  cioè  di  Cliieti .  Gregorio  Cortese  Mo- 
denese ,  abbate  di  San  Benedetto  di  Mantova , 
e  Geiolanio  A'eandro  da  Islria .  arcivescovo  di 
BrLidisi.  E  siccome  egli  ebbe  sempie  gran  cura 
di  prcmmovere  alia  sacra  porpora  gli  uomini 
di  merito  distinto,  e  massiniamente  gli  eccel- 
lenti lelteiati,  ed  avea  già  promosso  al  cardi- 
nalato nel  i535  fra  altri  eg.egi.  personaggi  Ga- 
sparo Contarino  ^  eneziano  ,  ingegno  niiial.ile; 
così  sul  fine  del  i536  cn  ò  cardinali  i  suddetti 
Caraflf'a  ,  die  fu  poi  papa  l'aolo  IV  ,  e  il  Polo 
e  Jacopo  Sadoléto  Mtxienese .  insigne  per  la 
sua  letteratura.  A  ((ui  sii  ingegni  eccellenti  a^endo 
unito  Tonmiaso  Badia,  paiimente  Modenese, 
dottissimo  maestro  del  sacro  palazzo,  av  ea  poi 
dato  papa  Paolo  T  incumbenza  di  mettere  se- 
gretamente in  iscritto  quegli  abusi  e  disordini 
della  Chiesa  di  Dli  e  della  corte  romana  che 
esigessero  emendazione.  Il  che  eseguiiono  essi 
con  sommo  giudizio  ed  onoratezza  ;  benché  la 
loro  scrittura ,  contro  la  mente  del  pontefice 
e  d' essi ,  capitasse  poi  in  man  de  gli  eretici , 
che  ne  fecero  gran  galloria  :  (piasichè  i  difetti 
introdoiti  nella  disciplina  potessero  servire  a 
giustificar  il  loro  scisma  e  le  lor  false  dottrine. 
Non  certo  que' saggi  nomini  tiovarono  nella 
Cliiesa  Romana  dogmi  meritevoli  di  correzione- 


448  ANXAU    D' ITALIA 

e  stando  questi  iininobili ,  ancorché  avven- 
gano slogature  nella  disciplina ,  immobile  sta 
e  starà  seni|)re  la  vera  Chiesa  di  Dio.  Con 
queste  sì  loilevoh  azioni  egregiamente  adem- 
pieva Paolo  111  il  sacro  suo  ministero  5  e  gli 
si  può  ben  perdonare ,  se  nel  medesimo  tempo 
ancora  ascoltas  a  i  consiglj  dell'  amor  paterno 
verso  la  casa  propria,  cioè  verso  di  Pier-Luigi 
Farnese  suo  figlio  ,  che  già  s' era  addestrato 
alla  profession  della  milizia ,  forse  con  poca 
gloria,  perchè,  secondo  il  Varchi,  fu  casso  con 
ignominia  dal  marchese  del  Vasto.  L'  avea  già 
il  pontefice  creato  gonfaloniere  e  generale  del- 
l' armi  della  Chiesa.  Nel  presente  anno  gli  diede 
Nepi ,  e  il  creò  ancora  duca  di  Castro  di  Ma- 
remma di  Toscana ,  permutato  con  Frascati 
da  Girolamo  Estontevilla  ,  che  dianzi  era  in- 
vestito d' esso  Castro.  Essendo  questo  luogo 
come  un  deserto ,  Pier-Luigi  cominciò  ad  ab- 
bellirlo con  porte ,  piazze ,  palagi ,  strade  e 
case,  facendovi  concorrere  abitatori  ed  artefici. 
Col  tempo  ancora  v'  aggiunse  le  fortificazioni , 
tanto  che  lo  ridusse  in  forma  di  città ,  am- 
pliandone il  distretto  colla  compera  di  varie 
circonvicine  castella. 

Accadde  in  <juest'  anno  la  violenta  morte  di 
Alessandro  de' Medici  duca  di  Firenze.  Chi  de- 
sidera una  esatta  e  diilusa  notizia  di  quella 
tragedia ,  ha  da  ricorrere  alle  storie  che  ne 
trattano  ex  professo  (1).  Basterà  a  me  di  dire 
che  Alessandro  ,  il  quale  fu  iigliuol  naturale  di 
Lorenzo  de' Medici  il  giovine,  duca  d'Urbino, 

(j)  Varchi.  Segni.  Adriani,  Joviiis. 


ANNO  ^rDXXxva  449 

e  chi  dice    d' una    schiava ,    e    clii    d' una    vii 
contadinella  di  Collevecchio  (benché,  al  mirare 
il  tanto  amore  per  lui  di  papa  Clemente  VII , 
la  malignità  di  taluno  immaginasse  eh'  egli  do- 
vesse i  suoi  uatah  a  Giulio  deWIedicij  che  poi 
creato  papa  assunse  il  suddetto  nome  di    Cle- 
mente) ,  non  mancò  di  vivacità  d' ingegno  e  di 
attitudine ,  per  ben  governare  Firenze ,  da  clie 
era  stato  portato  dalla  forza  del    pontefice   zio 
e  dell'  Augusto    Carlo  ad  esser  capo  di    quella 
repubblica  ,    e  poi  principe  assoluto.    Ma    ogni 
sua  buona  dote  era  guasta  dalla  smoderata   li- 
bidine ,  confessando  ognuno  che    per   isfogarla 
non  perdonava  a  grado  alcuno  tU  donne ,  e  ne 
pur  alle  sacre  vergini  5  ed  uscendo  benespesso 
la  notte  per  disonesti  fini ,  piìi  d' una  volta  fu 
in  pericolo  della  vita.  Né  da  questa  vituperosa 
maniera  di  \ivere  potè  mai  ritrarlo  papa    Cle- 
mente ,  per  quante  lettere  ed  ammonizioni    gli 
inviasse.  Peggiorò  molto  più  dopo  la  morte  di 
esso  pontefice  ;    ne    giovò    punto    a   rimetterlo 
sulla  buona  via  1'  aver  egh  ottenuta  in    moglie 
una  figlia  dell'  imperadore  ,    per  cui    non   mo- 
strò   mai    grande    amore    né    stima  ,    perchè 
troppo  perduto  in  cercar  sempre  novità  d'og- 
getti alla  slrenata  sua  disonestà.  Malcontenta  di 
lui  era  la  maggior  parte  de' Fiorentini,  siccome 
coloro  che  miravano  in  lui  un  tiranno,  ed  un 
oppressore  delta  lor  libertà  ,    e  chi  per   soste- 
nere con  sicurezza  il  suo  imperio,  avea  spinto 
in  esilio  tante  onorate  famiglie.  Che  se  alcuno 
sparlava ,  ne  pagava  ben  tosto  il  fio.    Pure  da 
questo  universal  odio  non  venne  la  sua  rovina, 
avendovi  posto    riparo    colla    forte    guardia    di 
MuRAToiu.  Ann.  Voi,  XIV.  29 


^'O  ANNALI    d'  ITALIA 

milizie,  cliVgli  teneva  in  città  e  ai  corpo  suo, 
sotto  il  comando  dì  Alessandro  Vitelli.  Venne 
da  quel  medesimo  vizio  ,  di  cui  poco  fa  par- 
laiumo ,  che  toglie  talvolta  di  senno  anche  i 
piìi  accorti. 

S'era  il  dura  Alessandro  afiratellato  non  poco 
con  Lorenziiio  de^  Medici ,  discendente  da  Lo- 
renzo, fratello  di  Cosimo  il  Magnifico,  e  pero 
suo  parente  alla  lontana  :  quel  mede.'>imo  Lo- 
renzo contra  di  cui  Francesco  Maria  Molza  , 
celebre  ingegno  modenese ,  scrisse  una  invettiva 
latina  ,  per  aver  costui  deformati  in  Roma  al- 
cuni bei  fianmienti  delle  antichità  romane.  Ve- 
desi  il  suo  ^  ivo  ritratto ,  formato  dalla  tagliente 
penna  del  Varchi  ,  dal  Segni  e  dal  Giovio. 
rsun  era  costui  die  iniquità;  e  queste  da  gran 
tempo  meditava  di  coronare  con  una  che  fa- 
cesse glande  strepilo  nel  mondo.  Adulatore  di- 
venuto d'  Ales.san  ro  e  stretto  suo  faTuigliare  , 
principalmente  s'  era  introdotto  nella  di  lui 
grazia,  con  serxirlo  non  solo  di  spia,  ma  an- 
cora come  sperto  ruffiano  presso  qualunque 
donna  che  gli  cadesse  in  pensiero.  Andò  lauto 
avanti  questa  sordida  domestichezza  fra  loro  , 
che  Alessandro  il  richiese  di  ridurre  alle  sue 
voglie  uua  sorella  delia  di  lui  madre,  giovane 
non  meii  pudica  che  bella.  Finse  Lorenzino 
d'aver  ^inta  la  di  lei  costanza,  e  di  farla  ve- 
nire uua  notte  nella  propria  ca.sa,  do\e  si  esibì 
di  trovarsi  anche  il  (bua.  In  fatti  colà  si  portò 
l'incauto  Alessandro  soletto,  e  nella  camera  di 
Lorenzino  si  colico  in  letto,  as[)ettan(lo  il  tiolce 
inomeuto  di  cui  era  inten/ionalo.  Ma  tro\ò 
quel  che  nou  si  9spc(,l9va.   Entralo   Lorenzino 


ANKO    MDXXXVII  45  ' 

e  seco  un  suo  sglierro  ,  gli  furono  addosso  ;  e 
quantunque  Alessandro  ,  giovane  robusto  ,  fa- 
cesse gran  difesa ,  pure  a  forza  di  coltellate , 
e  con  segargli  in  fine  la  gola ,  lo  stesero  morto 
sul  letto ,  tutto  immerso  nel  proprio  sangue. 
Il  tempo  in  cui  seguì  sì  strepitoso  omicidio,  se 
lo  cliiediamo  al  Varchi  ,  egli  risponde  :  tra  le 
cinque  e  le  sei  del  sabato  che  precedette  la 
Befania  ,  il  sesto  giorno  di  gennaio  (  secondo 
il  costume  de'  Fiorentini ,  i  quali  pigliano  il 
giorno ,  tosto  che  il  giorno  e  ito  sotto)  dell'an- 
no MDXXxri.  Parla  alla  forma  de' Fiorentini,  che 
mutano  Y  anno  solamente  nel  d:  2%  di  marzo,  e 
presso  loro  perciò  durava  il  i536.  Venne  l'Epi- 
fania in  quest'anno  in  sabbato;  e  le  parole  del 
Varchi  che  sembrano  alquanto  intricate ,  s' io 
le  so  ben  intendere ,  significano  ucciso  Ales- 
sandro secondo  noi  nella  notte  precedente  al 
dì  sesto  di  gennaio.  All'  incontro  il  Giovio 
scrive:  ea  noe  te  ,  qua;  Januarins  Nonas  ante- 
cessit;  cioè  nella  notte  imianzi  il  dì  quinto  d'esso 
mese.  Nella  sua  Storia  volgarizzata ,  non  so 
come  ,  è  scritto  :  Quella  notte  che  fu  innanzi 
a'  6  di  gennaio  :  il  che  non  corrisponde  al  la- 
tino. Ma  il  Sogni  chiaramente  riferisce  aver  il 
duca  consumato  il  giorno  intero  sei  di  gen- 
naio ,  festa  della  Befania  ,  in  maschera  ,  ed 
essere  poi  stato  ucciso  la  seguente  notte.  E 
pure  il  medesimo  scrive  dipoi ,  che  scoperta 
da  i  rettori  la  morte  del  duca  ,  ordinarono 
che  quel  giorno  ,  che  era  il  di  dell'  Epifania  , 
si  fingesse  letizia.  Come  mai  tanta  discordia? 
Quanto  all'  Adriani ,  egli  fa  accaduta  la  morte 
d'  Alessandro  la  notte  appresso    il  dì  sesto  di 


^52  ANNALI    d' ITALIA 

gennaio  ,  celebrato  per  la  festa  dell'  Epifania, 
Più  strano  è  il  linguaggio  cIpM'  Ammirati ,  che 
così  scrive:  Era  ni'rato  l'anno  iSS'j  di  sei 
giorni,  giorno  celebre  ptr  la  solennità  della 
PresLTitazioa  del  Signore  al  Tempio  ,  quando 
Lorenzino  fece  in'endere  al  duca,  die  nella 
notti  seguente  condurn  bbe  ec.  Ecco  cosa  fosse 
l'Epifania  in  niente  di  questo  celebre  storico. 
Mi  si  perdoni  questa  diceria  ,  da  cui  non  ho 
saputo  dispensarmi  ,  acciocché  s' intenda  sem- 
pre più  che  nelle  minutaglie  della  cronologia 
anche  i  più  accreditati  sciiltori  prendono  de 
gli  sbagli. 

Ebbe  tanta  industria  e  fortuna  l'omicida  Lo- 
rcnzino,  che  col  suo  slcaiio  potè  la  sfessa  notte 
US  -ir  di  città  e  salvarsi  a  Venezia  ,  da  dove 
poi  Filippo  Strozzi  il  fece  ritirare  alla  Miran- 
dola. Aveva  egli  chiuso  in  sua  camera  l' ucciso 
duca  ;  né  trovandosi  la  seguente  mattina  nel 
suo  |)alazzo  il  misero  principe  ,  e  cercato  in- 
darno per  ^  arj  siti  tla  i  ministri  suoi  e  dal 
cardinal  Cibò,  che  si  trovava  allora  in  Firenze, 
s' andò  snbudorando  e  in  fine  scoprendo  la 
sua  di.savvcntnra  ,  la  quale  fu  ben  tenuta  se- 
gi'cla,  finché  arrivasse  a  Firenze  Alessandro 
Vitelli  capitano  delle  milizie  ducali,  e  s'intro- 
ducessero nella  città  molte  brigate  di  fanti  del 
Muggello.  Questa  precauzione  tenne  in  dovere 
il  popolo,  che  non  seguisse  sollevazione  alcuna, 
come  a\eano  sperato  tanto  Lorenzino  che  i 
fiioru.sciti  fiorentini  ,  sempre  vogliosi  di  rimet- 
tere in  libertà  la  ])atria.  Olire  di  che,  al  popolo 
già  erano  siate;  tolte  f  armi.  Si  tennero  |>oi 
\arie  piaLichc  e  coiisiglj  dal  suddelLu  caidiiialfi 


ANNO    MnTXXVII  4^3 

Cibò  ,  dal  Vitelli  e  dal  magistrato  maggiore  , 
dove  si  trovò  gran  discrepanza  tli  sentimenti. 
Ma  o  sia  die  Cosimo  figlio  del  fu  sì  valoroso 
Giovanni  de'  Mi'dici  ,  discendente  anch'  egli  al 
pari  del  niiciiliario  Lorenzino  da  Lorenzo  fra- 
tello di  Cosimo  il  Magnifico,  trovandosi  allora 
in  villa  ,  tratto  dal  rumore  delia  morte  del 
duca  ,  spontaneamente  tornasse  in  città;  o  pure 
ch'egli  vi  fosse  chiamato  dal  cai  dinaie  e  da  i 
parziah  della  casa  de'  Medici  :  fuor  di  dubbio 
è  eh'  egli  vemie  ,  e  si  presentò  ail  esso  cardi- 
nale Cibò ,  il  quale  o  prima  o  dipoi  prese  la 
proiezione  di  lui  ,  per  farlo  succedere  all'  e- 
stinto  Alessandro.  Giovinetto  avvenente  di  di- 
ciotto anni  era  allora  Cosimo",  superiore  all'età 
sua  era  il  senno  e  il  coraggio  suo.  I  pregi  della 
pietà  e  della  modestia  e  del  faisi  amare  ne 
accrestevano  il  merito.  Militava  ancora  in  fa- 
vore di  Cosimo  il  decreto  o  sia  1'  investitura 
di  Carlo  V-,  e  quello  che  sopra  tutto  accelerò 
le  risoluzioni  ,  fu  il  timore  che  1'  armi  di  Ce- 
sare venissero  a  insignorirsi  della  città.  Laonde 
cotanto  si  maneggiò  il  menzionato  cardinale 
co  i  bene  alletti  e  co'  senatori  più  saggi  ,  che 
senza  far  caso  di  nn  bastarilo  per  nome  Giu- 
lio ,  lasciato  dal  duca  Alessandro ,  perchè  di 
soli  tre  anni,  elessero  il  suddetto  giovane  Co- 
simo, con  titolo  non  già  di  Duca,  ma  di  Capo 
e  Governatore  della  Repul)blica  Fiorentina  ,  con 
assegno  (h  doihci  mila  fiorini  d'oro  l'anno  e 
con  hmitazioni  al  precedente  governo.  Accettò 
Cosimo  ogni  condizione  a  mani  baciale  ,  ben 
prevedendo  che  col  tempo  axrebbe  da  pren- 
dere legge  chi  ora  a  lui  la  dava.  Per  l'allegrezza 


454  ANNALI    d'  ITALIA 

fu  poi  svaligiato  da  i  soldati  il  suo  palazzo,  e 
per  vendetta  saccheggiato  quello  di  Lorenzino. 
Per  non  tornare  piij  a  costui ,  il  quale  ,  come 
apparisce  da  una  lettera  a  M.  Paolo  del  Tos- 
so (  I  ) ,  e  dal  Varchi ,  venne  fregiato  da  i  fuor- 
uscili fiorentini  col  titolo  di  Bruto  novello 
Toscano  ,  dirò  che  in  Firenze  fu  poi  sman- 
tellato il  suo  palazzo  ,  facendovi  passare  pel 
mezzo  una  strada  appellata  del  Tniditore  ;  fu 
promessa  gran  taglia  a  chi  il  desse  vivo  ,  o 
1'  uccidesse  5  e  dipinta  la  sua  effigie  pendente 
dalla  forca.  Andò  poi  egli  in  Turchia;  tornò  a 
Venezia  ,  e  di  là  passò  in  Francia  ;  finalmente 
ritornato  a  Venezia  ,  senza  rumore  fu  privato 
di  vita  nel  i547-  Succederono  poscia  varie  al- 
tre scene  in  Firenze  e  per  la  Toscana  ,  che 
lungo  sarehbe  il  voler  riferire.  Soiameiile  ag- 
giugnerò  ,  che  Alessandro  Vitello  s'  impadronì 
con  inganno  della  fortezza  di  Firenze ,  e  se 
ne  fece  bello  colf  iuiperadore  ,  scrivcuflogli  di 
tenerla  a  nome  e  volere  della  Maeslà  Sua.  Si 
meritò  egli  per  questo  il  nome  di  traditore.  In 
gran  molo  si  misero  dipoi  i  cardinali  e  fuoru- 
sciti fiorentini  por  guastare  la  risoluzion  presa 
in  favore  di  Cosimo  de'  Medici.  Ma  andarono 
a  voto  i  loro  |)or  allro  deboli  teutati\i  e  di- 
segni ,  e  molti  d'  essi  ,  fia'  ([uaii  s[M'zialmenle 
Filippo  Strozzi  lor  capo,  furono  condotti  pri- 
gioni a  Firenze,  e  col  tempo  anche  decapitali, 
fuorché  il  suddetto  Filippo,  che  poi  lu'll'anno 
seguente  si  trovò  morto  in  prigione  ,  con  lar 
correre  voce  che  si  fosse  ucciso  da   se  stesso, 

(i)  Lettere  de' Principi  tom.  3. 


ANNO     MDXXXVII  4'>5 

Seguitò  nel  presente  anno  la  guerra  in  Pie- 
monte fra  gì'  imperiali  e  Franzesi.  In  uno  stato 
compassionevole  si  trovava  ben  allora  Carlo  IH 
duca  di  Savoia  ,  da  che  a\ea  nemici  i  Fran- 
zesi, e  gl'imperiali  amici  bensì,  ma  senza  ga- 
gliarde forze  5  e  intanto  si  desolava  e  lacerava 
tutto  il  suo  paese,  ora  in  mano  de  gli  uni, 
ed  ora  de  gli  altri  cadendo  le  sue  terre  e  ca- 
stella. Andò  il  marchese  del  Vasto  all'  assedio 
di  Carmagnola  con  Francesco  marchese  di  Sa- 
luzzo  ,  che  colpito  d' una  arohibiisata  ,  ivi  la- 
sciò la  vita.  Essendo  sul  principio  di  giugno 
arrivato  di  Francia  a  Pinerolo  il  signor  d'  U- 
mieres  con  alcune  migliaia  di  Tedeschi  ,  il 
Vasto  si  ritirò  ad  Asti ,  città  poscia  indarno 
assechata  da  i  Franzesi  (  i  ).  \  enne  bensì  Alba 
con  altri  luoghi  in  lor  potere  ;  ma  non  tarda- 
rono gì'  imperiali  a  ricuperarli  ,  e  a  prendere 
Chieri  e  Chierasco.  Rinforzato  poi  l' esercito 
cesareo  da  molte  truppe  venute  di  Germania , 
forse  avrebbe  tentato  cose  maggiori;  ma  d'or- 
dine del  re  di  Francia  nel  princi{)io  d'  ottobre 
si  mosse  di  Liane  Arrigo  Delfino  di  Francia 
con  Anna  di  Memoransì  gran  contestabile ,  e 
con  una  buona  armata,  e  giunto  a  Susa  se 
ne  impadronì ,  siccome  ancora  d' altri  luoghi 
eh'  io  tralascio.  Venne  lo  stesso  re  Francesco 
in  Piemonte  ;  e  perciocché  fu  in  questi  tempi 
fatta  una  ti-egua  di  tre  mesi ,  conchiusa  nel  dì 
16  di  novembre  deli' anno  presente,  e  rapj «or- 
lata dal  Du-Mont  (?.) ,  per  tentare  ,  se  possibii 

(1)  Belcaire    Giovio    Sc^.   Spotidano. 
fij  Du-Mout  Coips  Diulomat. 


^56  ANNALI   d' ITALIA 

era  ,  d' intavolar  la  pace  ,  si  posarono  1'  armi  ', 
e  portossi  il  marchese  del  Vasto  a  baciar  le 
mani  al  re  di  Francia  ,  dimorante  in  Carma- 
gnola. E  qui  non  si  dee  tacere  un  fatto  d'  esso 
re ,  confessato  dallo  stesso  Belcaire ,  e  som- 
mamente detestato  dallo  Spendano  storico  an- 
ch' esso  franzese  ,  per  cui  resterà  sempre  de- 
nis;rata  la  fama  di  chi  ne'  titoli  Cristianissimo , 
tutt' altro  ne' fatti  si  diede  a  conoscere.  Cioè 
cotanto  era  infiammato  d'  odio  esso  re  Fran- 
cesco I  contra  dell'  Augusto  Carlo  V  ,  che  in 
quest'  anno  spedì  suoi  oratori  a  Sohmano  gran 
Signore  de'  Turchi  ,  per  incitarlo  a  muovere 
guerra  in  Italia.  E  volesse  Dio  che  questo  solo 
esempio  avesse  dato  la  corte  di  Francia  del 
suo  attaccamento  al  Turco  in  danno  della  Cri- 
stianità. Presero  i  Turchi  Castro  in  Puglia  ,  di- 
stante otto  miglia  da  Otianto  ,  e  cominciarono 
colle  scorrerie  ad  infestar  tulio  quel  paese, 
Cagion  poi  fu  la  tregua  suddetta  che  i  Turchi 
si  ritirassero  di  là  ,  dopo  avere  riempiuta  di 
terrore  tutta  V  Italia  ,  meiiaudo  nondimeno  seco 
una  gran  copia  ti'  vufeliri  Ciistiaiii  in  iscliiavilij. 
Intanto  si  cominciò  a  maneggiar  una  lega  fi'a 
il  papa,  r  iiTiperadore  e  i  Veneziani,  per  re- 
sistere al  comiuie  nemico,  giacché  egli  poten- 
tissimo per  terra  e  per  mare  avca  già  comin- 
ciata gueria  contro  la  repuhhlii-a  veneta ,  con 
un  lagrinicv  ol  sacco  dato  all'  isola  di  Corfù , 
ed  in  Uiifflirria  a\ea  iiiferili  gravissimi  donni 
a  quella  Cristianità. 


ANWO    MKXXXVIU  457 

Annodi  Cristo   i538    Indizione  XI. 
di  Paoio  111  pnpn  5. 
di  Carlo  V.  imperadore  20. 

Lo  straorrlinaiio  apparato  del  Sultano  de  1 
Turchi  Solimano  contra  de"  confinanti  regni 
cristiani  (i)  ,  quel  tu  che  indusse  fintlniente 
papa  Paolo,  Carlo  iniperadore  ,  Ferdinando  suo 
fratello  re  de'  Romani  e  d'  Ungheria ,  e  i  Ve- 
neziani a  stabilire  una  lega  in  lor  difesa.  Sì 
obbligarono  queste  potenze  a  fare  un  arma- 
mento di  ducento  galee ,  di  cento  navi ,  di 
quaranta  mila  fanti  ,  e  di  quattro  mila  e  cin- 
quecento cavalli  tedeschi.  Furono  compartite  a 
rata  le  spese  fra  i  contraenti  ;  Andrea  Doria 
creato  capitan  generale  di  sì  potente  flotta. 
Non  contento  di  ciò  il  pontefice,  vedendo  che 
tante  lettere  ed  ambasciate  sue  nulla  avcano 
sernto  per  condurre  alla  pace  gli  animi  troppo 
esacerbati  dell'  imperadore  e  del  re  di  Fran- 
cia ,  si  lusingò  che  la  presenza  ed  eloquenza 
sua  potesse  ottener  di  gran  bene  alla  Ciistia- 
nità  ,  cotanto  allor  conculcata  da  gli  eretici ,  e 
minacciata  da  i  Turchi.  Maneggiò  pertanto  un 
abboccamento  suo  con  que'  due  monarchi  nella 
città  di  Nizza  in  Provenza  ,  dove  convennero 
ài  ritrovarsi  tutti  e  tre.  Insorsero  poscia  delle 
gravi  discrepanze ,  perchè  il  pontefice  richie- 
deva in  sua  balia  il  castello  d'  essa  città  ,  ed 
altrettanto  pretendeano  Cesare  e  il  re  Cristia- 
nissimo ;  e  il  duca  di  Savoia  ,  padrone  d'  essa 

(i)  Raynald.  Àonal.  Eccl,  Spondanus  Annal.  £ccl. 


/J58  ANNALI    d'  ITALIA 

città  ,  non  fidandosi  né  dell'  uno  ne  dell'  altro , 
si  trovò  in  molto  imbroglio.  Si  mosse  da  Roma 
nel  cQ  23  di  marzo  papa  Paolo  IH  ,  e  giunto 
a  Parma ,  fu  con  gran  solennità  accolto  ;  ma 
insorta  lite  tra  chi  pretendeva  la  mula  ponti- 
fizia ,  si  venne  ad  una  barnOà  tale ,  che  il  suo 
mastro  di  stalla  vi  restò  morto ,  e  il  papa  con 
tutti  i  cardinali  spaventati  scappò  a  nascon- 
dersi in  Duomo.  Arrivato  a  Savona  ^  e  quivi 
imbarcatosi  ,  nel  di  1 7  «li  ma;;gio  approdò  a 
Nizza.  Curiosa  non  poco  riuscì  quella  scena. 
Non  .solamente  non  potè  entrare  il  papa  nel 
castello  ,  ma  ne  pure  nella  stessa  città.  In  ol- 
tre ,  per  qtjaito  egli  si  studiasse ,  non  potè 
indurre  al  <lesiderato  abboccamento  Cailo  V  e 
Francesco  I.  Trattò  dunque  separatamente  esso 
pontefice  con  ameudue.  Il  primo ,  venuto  di 
Spa-na  a  ViilatVanca,  si  portò  a  visitare  il  pa- 
pa, alloggiato  fuori  di  Nizza,  dove  sotto  un 
padiglione  per  uu'  ora  intera  parlarono  de' loro 
aflari.  Nel  di  21  di  maggio  si  abboccarono  di 
nuovo.  Poscia  nel  di  2  di  giugno ,  un  miglio 
di  là  da  Nizza ,  si  presentò  al  jiontefice  il  re 
di  Francia  co  i  figli  ,  e  segui  fra  lor  due  un 
lungo  ragionamento.  Tornò  esso  re  ad  un  al- 
tro congiesKO  nel  dì  i3  dello  stesso  mese.  Al 
lodevolissiruo  zelo  del  papa  non  venne  fatto 
di  condurre  ad  accordo  alcuno  que'  due  mo- 
narchi .  creduti  dalla  genie  savia  per  irrecon- 
ciliiibili  ;  purt>  tanto  si  aliatilo,  cIm'  gì' indusse 
amendue  a  concliiudere  nel  di  18  di  giugno  (i) 
una  tregua    di    dieci  anni    fia    loro  ,    con    che 

(1)  Du-Mont    Coi'p*  Dipluiuat. 


ANiNO    MDXXXVIII  l\5(,) 

restasse  ognuno  in  possesso  tli  quel  che  aveano 
pre50  :  il  che  se  dispiacesse  al  duca  di  Savoia, 
divenuto  bersaqlio  di  questi  due  potentati  con- 
tecdenti ,  ognun  sei  può  innnaginare.  E  tanto 
peggior  divenne  la  sua  condizione ,  perchè 
l' iinperadore  sdegnato  per  non  aver  esso  duca 
contro  la  promessa  voluto  concedere  al  papa 
il  castello  di  Nizza  ,  volle  dipoi  tener  guarni- 
gione spagnuola  in  Asd ,  Vercelli  e  Fossano. 
Parlò  ancora  premurosamente  il  pontefice  della 
tenuta  dell'  intimato  concilio  in  Vicenza  ;  ma 
ritrovò  varie  difficultà  in  que'  monarchi  ;  laonde 
convenne  differirlo.  Promosse  eziandio  viva- 
mente presso  il  suddetto  Augusto  la  guerra  da 
farsi  contra  il  Turco,  e  ne  riportò  molte  pro- 
messe. 

Questi  al  certo  furono  i  veri  motivi  per  li 
quali  papa  Paolo  ,  benché  con  tanti  anni  ad- 
dosso, e  mal  provveduto  anche  di  sanità,  prese 
a  fare  un  viaggio  sì  lungo  da  Roma  a  Nizza. 
Ma  la  gente  maliziosa  d' allora  ,  ed  altri  ancora 
dipoi  si  figurarono  che  lo  sprone  principale 
del  vecchio  papa  fosse  i'  ardente  suo  disio  di 
maggiormente  ingrandire  il  figlio  Pier-Luigi  e 
i  nipoti.  Né  si  può  negare  che  in  cuor  suo 
non  avesse  alte  rachci  questo  affetto  ,  familiare 
a  quasi  tutti  i  papi  di  que'  tenq)i  corrotti.  Pre- 
tende Bernardo  Segni  (i)  che  uon  fòsse  te- 
ìiiUa  in  quel  secolo  cosa  degna  cF  itifaniia  die 
un  pnpa  avesse  figliuoli  bastardi ,  ne  che  cer- 
casse  per  ogni  via  di  farli  ricc/ii  e  signori  ; 
anzi  erano  avuti  per  prudenti  e  per  astuti  e 

(i)  Segni  lib,  8. 


^^O  ANNAM    Ti'  ITAUA 

di  buon  giudizio  pontefici  tali.  Ma  è  ben  kcito 
a  noi  eli  credere  die  in  ogni  secolo  e  tempo, 
nel  tribunale  de  i  buoni  e  de'  veri  amarori 
della  religione  ,  queste  fossero  considerate  per 
giavi  macchie  in  chi  è  prescplto  per  sì  allo  e 
santo  grado  nella  Chiesa  di  Dio.  E  benché  il 
primo  neo  non  abbia  impedito  a  taluno  d'  es- 
sere egregio  pontefice  ,  e  sia  almen  tollerabile 
il  secondo ,  quando  si  tenga  fra  i  limiti  della 
moderazione  ;  pure  1'  eccedere  in  questa  pas- 
sione sempre  fu  e  seuipre  sarà  un  abusarsi  di 
quella  dignità  che  Dio  per  tutt'  altro  conferisce 
a  i  ministri  suoi.  Ne  abbiam  veduto  in  addie- 
tro de'  perniciosi  esempii.  Quanto  a  papa  Pao- 
lo III ,  convien  confessare  che  più  al  pubblico 
bene  della  Chiesa  e  della  repubblica  cristiana, 
che  al  nepotismo  ,  in  imprenilere  qnel  viaggio, 
furono  rivolte  le  sue  mire  ;  il  che  chiaramente 
apparisce  da  una  Relazione  stampata  di  Niccolò 
Tiepolo  ambasciator  di  Venezia.  Ch'  egli  poi 
pensasse  seriamente  ancora  a  prevalersi  di  tal 
congiuntura  per  promuovere  i  vantaggi  della 
sua  famiglia ,  il  fatto  lo  dimostra.  Allort-bè  ac- 
cadde la  morte  del  duca  Alessandro  de;'  Medi- 
ci ,  Margherita  d' Austria  sua  moglie ,  do[)0 
aver  fatto  uno  spoglio  di  tutte  le  gioie  e  del 
meglio  della  casa  de'  Medici  ,  ritirossi  nella  for- 
tezza (li  Firenze ,  occupata  da  Alessandro  Vi- 
telli. I)n  11  a  qualche  tempo  passò  a  l'ralo , 
indi  a  Pisa ,  per  aspellar  gli  ordini  dell'  Augu- 
sto Carlo  suo  padre,  ('ominciò  di  buon'  ora 
Cosimo  de'  Medici  le  sue  praliclie  alla  corte 
d'esso  imperadore  per  otlenerla  in  moglie; 
ma  a  questo  mercato  concorreva    anche    papa 


ANNO    MDXXXVnt  ^6l 

Paolo  ,  e  in  Nizza  otteime  quanto  volle.  Pra»- 
nipva  piia  a  Cesare  di  mantenersi  amico  il 
pontefice  ,  che  Cosimo  ;  e  già  a\  ea  disegnato 
qiial  moglie  avesse  a  darsi  ai  nuovo  signor  di 
Fnei.ze.  Fu  dunque  dall'  imperadore  piomessa 
la  figlia  sua  naturale  ad  Ottavio  figlio  di  Pitr- 
Liiigi  Farnese  ;  né  questo  bastò  ai  pontefice , 
perchè  impetrò  ancora  che  T  imperadore  T  in- 
vestisse della  città  di  Novara  con  titolo  di 
Marchese.  Aggiungono  alcuni  che  1'  accorto  vec- 
chio si  fosse  anche  lusingato  di  poter  indurre 
in  que'  congressi  T  imperadore  e  il  re  cU  Fran- 
cia a  concedere  a  persona  neutrale  il  ducato 
di  Milano,  per  finir  tutte  le  loro  liti:  il  che 
se  gli  riusciva,  sperava  appresso  di  far  succe- 
dere il  figho  in  quel  riguardevole  Stato.  Dicono 
che  anclie  ne  fece  la  proposizione ,  ma  che 
que'  monarchi  non  si  sentirono  ispirazione  al- 
cuna di  far  questo  sacrifizio.  Di  ciò  tornerà 
occasion  di  parlare. 

Nel  dì  ig  di  giugno  il  re  di  Francia  si 
parti  da" contorni  di  Nizza  ,  e  nel  dì  seguente 
imbarcatosi  il  papa ,  ed  acconip^nato  dall'  im- 
peradore sino  a  Genova,  continuò  poi  il  viag- 
gio, con  arrivare  a  Roma  nel  di  i4  ^i  lugho. 
Appresso  dirizzò  le  prore  verso  Spagna  TAu- 
gusto  Carlo  ;  ma  sorpreso  fla  venti  contrarj  , 
fu  forzato  a  ritirarsi  alle  isole  di  leres.  Nou 
volle  entrare  in  Marsilia.  Cresciuto  poi  il  fu- 
rore del  vento,  che  disperse  la  sua  flotta,  e 
lui  stesso  condusse  in  pericolo ,  andò  atl  appro- 
dare ad  Acquamorta.  I\i  eia  con  Leonora  regina 
sua  moglie  ,  e  sorella  dello  stesso  imjìeradore, 
il  re    Francesco  ,  il  quale  non  ebbe    dillicullà 


463  ANNAU    d"  TTAT.IA 

di  passare  in  un  battello  alla  galea  d"  esso 
Angusto,  con  dirgli:  Mio  Fratello,  eccomi  per 
la  seconda  volfa  vostro  prigione.  L' abbracciò 
Carlo ,  e  mostrando  anch'  egli  egual  finezza,  scese 
dipoi  a  terra,  e  fu  in  ragionamenti  stretti  con  esso 
re  ,  facendo  comparire  ,  siccome  accortissimo 
signore  ,  il  pia  bel  cuore  del  mondo  ,  e  buona 
intenzione  d'accomodarsi  :  il  che  diede  spe- 
ranza ad  ognuno  di  pace,  fuorché  a  papa 
Paolo ,  il  quale  avea  abbastanza  scandagliato 
r  interno  dello  stesso  impera Jore.  Passò  dipoi 
esso  Augusto  in  Ispagna  ,  e  attese  alla  guerra 
contro  il  Turco.  Intorno  a  questa  io  non  dirò 
altro,  se  non  che  non  fu  fatto  quel  magnifico  arma- 
mento che  per  li  capitoh  della  lega  si  dovea  : 
pure  Andrea  Doria  con  una  fiorita  armata  na- 
vale si  congiunse  colle  forze  de'  Veneziani , 
del  papa  e  de'  cavalieri  di  Malta  ,  e  formò  uno 
stuolo  di  cento  e  trenta  quattro  galee  ,  settanta 
navi  grosse  ed  altri  na\  igli  minoii.  Da  più  se- 
coh  non  s' era  veduto  un  sì  forte  armamento 
in  mare,  ed  ognuno  ne  pre(hceva  meraviglie. 
Ma  il  Doria  ,  quando  venne  il  tempo  della 
battaglia  ,  con  perpetuo  suo  scorno  si  riti- 
rò ,  lasciando  esposti  i  Veneziani  al  furore  del 
Barbarossa ,  con  perder  essi  due  galee  ,  ed 
aver  come  miracolosamente  salvalo  a  Corfii  il 
lor  galeone,  che  facea  acqua  da  tutte  le  ban- 
de. Hiouperò  poi  il  Barbarossa  nelP  anno  se- 
guente; Castelniiovo  ,  con  mettere  a  fil  di  spada 
quattro  mila  lauti  spagnuoli  veterani,  lasciati  ivi 
di  presidio:  il  che  |)iù  sonoramente  accrebbe 
le  mormorazioni  conlra  del  Doria.  Scuse  ,  o 
giustificazioni    si    recarono  della  sua    condotta^ 


AN\0    MPXVXVIII  4^53 

che  qui  non  impoita  riferire.  Fu  in  pericolo 
di  perdersi  nelF  anno  presente  anche  la  Go- 
letta in  AfTiica ,  restata  in  potere  dell'  impera- 
dore  ;  e  ciò  perchè  sei  mila  fanti  spagnuoli 
quivi  di  guarnigione,  per  mancanza  di  paghe, 
si  anuiiutinjirono .  e  convenne  conduine  la 
maggior  parte  in  Sicilia  ,  do\  e ,  din  andò  la  lor 
sedizione  ,  commisero  de'  gra\  i  danni  e  spogli 
di  qui,''  Cristiani  nazionali.  Don  Ferrante  Gon- 
zaga ,  viceré  d'  essa  Sioijia ,  non  ehbe  altra 
via  per  metterli  in  dovere  ,  che  di  ricorrere 
all'inganno.  Cioè  colle  più  forti  promesse,  au- 
tenticate da  solenni  giuramenti ,  prestati  da- 
vanti al  sacro  altare  ,  impegnò  il  perdono  per 
cadaun  d'  essi.  .Ma  d.i  che  gli  ebbe  separati  e 
sbandati ,  a  poco  a  poco  fatti  pigliare  i  lor  ca- 
pi ,  e  moltissimi  de  gli  stessi  soldati ,  barbara- 
mente contro  la  fede  data  ,  e  conculcala  la  re- 
ligione d'  essi  giiu amenti  ,  fece  impiccare  :  cosa 
di  eterna  infamia  per  lui,  e  che  gh  tirò  ad- 
dosso l' odio  di  tutta  la  nazione  spagnuola. 

Mancò  di  vita  nel  dì  28  di  dicembre  del- 
l' anno  presente  Andrea  Gritti  doge  di  Vene- 
zia ,  celebre  per  la  sua  |irudi  nza  e  per  le  sue 
militari  imprese  ,  ed  ebbe  per  successore  Pie- 
tro Laudo  ,  eletto  nel  di  20  di  gennaio  del- 
l' anno  seguente.  Parimente  terminò  i  suoi 
giorni  nel  dì  primo  d'  ottobre  Francesco  Maria 
della  Rovere  duca  d' Urbino  ,  mentre  si  tro- 
vava in  Pesaro ,  con  lasciar  dopo  di  sé  ima 
gloriosa  memoria  per  le  sue  azioni.  Secondo 
il  Sardi  (i),  morì  egli   di    veleno,  datogli  9d 

(i)  Alessandro  Sardi ,  Storie  MSte, 


J^6i  ANNAT.t    D    ITALIA 

islaiiza  di  Lui^i  Guiii:aga,  sopranominato  Ro= 
doniontP.  Il  Giovio  parla  delio  stesso  veleno  , 
ma  senza  attnitarsi  di  palesarne  1'  autore,  ben- 
cliè  ilic-i  ciie  risultasse  dal  processo  e  dalla 
confessione  chi  fosse  il  reo,  lasciando  sospetto 
CI  nitro  di  chi  aspirava  al  dominio  di  Camerino. 
Già  diceuiino  ciie  conlio  il  volere  e  le  pre- 
tensioni della  curia  romana  s'era  messo  in 
posspssi)  del  ducalo  di  Camerino  Guidubaldo 
fij^lio  del  suddetto  duca  d'Urbino,  il  quale  fin 
qui  vi  si  seppe  mantenere  contro  1'  armi  del 
papa  colla  ri|)utazione  del  valoroso  suo  padre  ; 
e  mjiti)  più  p'M'  la  protezion  de'  Veneziani , 
d'''  quali  esso  duca  Francesco  Maria  era  gene- 
rale. vJa  mancato  di  vita  suo  padre  ,  e  cessata 
r  assislpuza  della  repubbhca  veneta  ,  il  ponte- 
fice ,  che  nell'anno  addutro  avea  con  contra- 
cambio  d' altri  beni  indotto  Ercole  Varano  a 
cedere  le  sue  ragioni  sopra  Camerino  ad  Ot- 
tavio Farnese  suo  nipote ,  non  tardò  a  farle 
vatere,  iu>  laudo  Stefano  Colonna  ,  o  pure  Ales- 
sandro Vitelli,  come  altri  vogliono,  coli' e- 
sercito  poutifizio  contro  quella  citth.  Tuttoché 
fssa  liissc  ben  forte ,  pure  il  nuovo  duca  Gui- 
dubaldo conoscendo  di  non  potersi  quivi  man- 
tei  umt  ,  e  teiueuilo  in  oltre  di  perdere  anche 
il  lineato  d'  Urbino  ,  venne  poi  nell'  anno  se- 
guente a  concordia  col  papa  ,  e  gli  rilasciò 
quella  città  e  il  suo  ducato ,  di  cui  egli  non 
tiidò  ad  investire  il  suddetto  suo  nipote  Ot- 
ta\  io.  Nel  dì  tre  di  novembre  entrò  in  Roma 
Margherita  d'.Vusfria ,  destinala  i/i  moglie  ad 
esso  Ottavio  ,  il  (juale  era  allora  in  rlJ>  sola- 
mente di  quindici  anni,  cUcliiaialo   pretello  di 


ANNO    MDXXXVTII  ^65 

Roma.  Si  celebrarono  quelle  nozze  con  gran 
siintuosilà  ,  feste  ed  allegrezze.  Confessò  il  papa 
d'  a\  ere  avuto  in  dote  trecento  mila  scudi  d'  o- 
ro;  ma  non  si  sa  qual  banchiere  glieli  con- 
disse. Racconta  il  Segni  che  questa  principessa 
si  tiovò  su  i  principi  malcontenta  di  un  tal 
maritaggio ,  e  che  essendo  ita  a  Castro  e  Ne- 
pi,  disse  che  la  piiì  vii  terricciuola  del  duca 
Alessandro  suo  primo  marito  valeva  piià  di 
Castro,  e  di  quanto  avea  casa  Farnese.  A  i 
motivi  dunque  del  pontefice  di  sempre  più  in- 
grandir la  sua  casa  si  dovette  aggiugnere  ancor 
questo.  Cosa  mirabile  avvenne  nel  dì  29  di 
settembre  (U  quest'anno  (i).  Fra  il  poito  di 
Baia  e  di  Pozzuolo  apertosi  il  terreno  ,  comin- 
ciò a  vomitar  fuoco  ,  sassi  ,  fimio  e  cenere  , 
che  portata  per  aria  si  stese  più  di  cento  cin- 
quanta miglia  verso  la  Calabria  ,  e  ne  fu  co- 
perta tutta  la  città  di  Napoli.  Cagionò  questo 
jiuovo  volcano  tremuoti  per  otto  giorni.  Resta- 
rono inceneriti  tutti  gli  alberi ,  spianati  gli  edi- 
fìzj ,  e  desolato  un  gran  tratto  di  paese,  pieno 
dianzi  di  amene  sehe  di,  agrumi  e  d'  altri  frut- 
ti. Della  vomitata  materia  fetente  di  zolfo  si 
formò  air  intorno  dì  quella  bocca  un  monte  ,  alto 
più  d'un  miglio  di  circuito  al  piano  di  quattro 
miglia,  occupante  i  Bagni  delle  Trepergole,  e 
gran  parie  del  Lago  Averno  e  del  Lucrino.  Non 
avrei  arthlo  di  scrivere  tanta  altezza  ^i  quel 
monte  ,  sembrando  a  me  un'  iperbole ,  se  non 
ne    tacesse    fede    anche    Alessandro    Sardi  (a) 

(i)  Summonte. 

(9.)  Snrili  ,  Storia  MS. 

MuiUToiii.  f^ul.  XIV.  3o 


40)5  AìN'NALI   d"  itaua 

sloiico  contemporaneo.  Furono  in  quest'anni? 
da  papa  Paolo  con  sua  gran  lode  ca-eati  cardi- 
nali due  insigni  letterati  italiani  ,  cioè  Giro- 
lamo Aleandro  e  Pietro  Bembo. 

^nno  di  Cristo   iSSg.  Indizione  XI I. 
di  Paolo  111  papa  b. 
di  Carlo  V  imperadore  21. 

A  ragion  della  tregua  stabilita  fra  Carlo  im- 
peradore e  Francesco  re  di  Francia  ,  si  godè 
in  quest'anno  una  felice  quiete  per  1'  Italia. 
Intanto  i  Veneziani ,  dopo  la  pruova  fatta  del 
poco  capitale  cbe  potea  farsi  de  gli  aiuti  del- 
l' imperadore  contro  il  Turco  ,  scorgendo  sé 
soli  rimasti  in  ballo  ,  ed  esposti  alla  straordi- 
naria potenza  di  Solimano,  cominciarono  a 
trattar  seco  di  pace.  A  questo  fine  nel  marzo 
dell'  anno  presente  ottennero  da  lui  una  tregua 
di  tre  mesi ,  Ja  qual  fu  anche  dipoi  prorogata. 
Non  furono  ascosi  all'  imperadore  e  al  re  di 
Francia  questi  negoziali  del  senato  veneto  col 
tiianno  d'  Oriente  ;  e  però  anu-ndue  (  verisimil- 
mentc  non  per  vera  voglia  di  guerreggiar 
centra  de  gl'Infedeli  ,  e  molto  meno  il  re  Fran- 
cesco I  amico  d' essi  ,  ma  per  comparire  plesso 
la  gente  credula  zelanti  del  bene  della  Cristia- 
nità) liei  dicembre  di  quest'anno  spedirono  a 
Venezia  i  loro  ambascialori ,  cioè  Cesare  il 
piarcliese  del  Vasto  ,  e  il  re  il  maresciallo  di 
Anncbò ,  per  esortar  (juel  senato  a  desistere 
dalla  pace  con  esso  Tiiico ,  con  far  loro  spe- 
rare de'  pos.senli  soccorsi.  Ma  gli  avveduti  e 
saggi  Veneziani,  clic  sajx  ano  <|ual  di\aiio  jiassi 


ANNO    !MDXXXIX  ^6'J 

fra  parole  e  fatti,  grandi  onori  bensì  fecero  a 
que'regj  ministri  ,^  e  tennero  più  conferenze 
"con  essi  ;  ma  in  fine  trovando  troppo  allignata 
la  discordia  fra  qiie'  due  niunarclii  ,  li  riman- 
darono ben  corrisposti  d'altrettante  belle  pa- 
role ,  e  senza  conclusione  alcuna.  Determinarono 
poscia  di  cercar  pace  col  Sultano  a  qualunque 
condizione.  Mancò  di  vita  in  quest'  anno  nel 
dì  primo  di  maggio  l'imperatrice  Isabella  :  per- 
dita per  cui  fu  inconsolabile  l' impera,  loi-  Car- 
lo V  suo  marito  ,  che  molto  V  amava.  Già  di- 
cemmo negata  da  Cesare  a  Cosimo  de'  Medici 
la  figlia  Margherita ,  per  darla  ad  Ottavio  Far- 
nese. Premendogli  nondimeno  di  tenerselo 
amico  ,  r  avea  nell'  anno  addietro  confermato 
signore  e  duca  di  Firenze:  *con  che  Cosimo 
cominciò  ad  esercitare  un  pieno  dominio  in 
quelle  contrade.  E  perciocché,  siccome  signore 
di  molta  avvedutezza ,  si  voleva  in  tutto  mo- 
strar dipendente  da  esso  imperatlore  por  più 
ragioni  ,  e  massimamente  per  essere  tuttavia  iu 
man  de  gli  Spagnuoli  le  cittadelle  cU  Firenze 
e  di  Livorno ,  lasciò  ancora  all'  elezione  di  lui 
il  destinargli  una  mogHe.  Dall'Augusto  fu  dun- 
que prescelta  donna  Leonora  figlia  di  don  Pie- 
tro lU  Toledo  viceré  di  Napoli.  Mandò  il  duca 
Cosimo  a  prenderla,  e  giunta  nel  dì  22  di 
marzo  a  Livorno,  la  condusse  con  gran  pompa 
a  Firenze  ,  dove  suntuosaraente  furono  cele- 
brate le  sue  nozze. 

Nell'autunno  di  rpiest'anno  scoppiò  in  Fian- 
dra la  ribellione  della  città  di  Gante,  originata 
da  i  troppi  aggrav  j  nuovamente  imposti  da  i 
ministri  cesarci.  Mi  sia  lecito  lo  scorrere   colla 


468  ANNALI    d'  tTAlJA 

penna  colà,  perchè  gli  affari  d'Italia  anelavano 
conj^iunti  con  quei  di  chi  ne  era  iniperadore 
e  ci  possedeva  tanti  Stati.  Nulla  curando  il  po- 
polo di  Gante  il  pregio  d' essere  lo  stesso  Au- 
gusto Carlo  uscito  alla  luce  nella  loro  città , 
prese  1'  arme ,  uccise  o  cacciò  quanti  ministri 
v'erano  dell' imperadore.  Ne  solamente  fece  ri- 
corso per  aiuto  al  re  di  Francia ,  ma  si  diede 
anche  ad  attizzar  l' altre  provincie ,  allineile 
scuotessero  il  pesante  giogo  de  gli  Spagnuoli. 
Portatone  il  disgustoso  awiso  a  Cesare,  di- 
morante allora  in  Ispagna,  conobbe  egli  tosto 
essere  necessaria  la  pronta  sua  presenza  in 
quelle  pai  ti  per  ispegnere  il  nato  fuoco ,  o  per 
trattenerlo  che  nou  si  dilatasse.  V'ha  chi  scri- 
ve, aver  egli  diseienato  di  passare  in  Italia  per 
mare,  e  poi  per  la  Germania  trasfeiirsi  in  Fian- 
dra ;  e  che  Francesco  re  di  Francia  ,  ciò  in- 
teso ,  gli  esibisse  il  libero  passaggio  a  quella 
volta  pel  suo  regno.  Altri  poi ,  e  con  più  fon- 
damento, sostengono  che  Carlo,  ben  conoscente 
del  generoso  animo  di?!  re  Cristianissimo,  fa- 
cesse n)ancggi  per  inq)ctiare  il  sicuro  transito 
per  la  Francia:  al  (jual  line  indtjrò  la  richiesta 
con  isperanze  di  terminar  le  pendenze  sue  con 
esso  re.  Aggiungono  i  politici  ,  proccurato  da 
lui  princi]ìalni('nte  (|ueslo  passaggio  ,  acciocché 
i  Fiamminghi ,  al  mirar  la  buona  armonia  che 
passava  fra  Ini  e  il  re  di  Francia,  cessassero 
di  lwsingar\,  che  esso  re  condiscciulesse  a  pren- 
dere lo  lor  proiezione  conira  dello  stesso  im- 
peradore. l'aitilo  dunque  di  Spagna  l'Augusto 
monarca,  e  rictnulo  «lai  figlio  minore  del  le 
con  imiiicnso  onore  a  i    conliui  della  Francia, 


ANNO  jinxxxix  4^^ 

e  posci.i  dal  Delfino  e  dal  re.  stesso ,  sul  fine 
deir  anno  arrivò  a  Fontanablò  ,  dove  il  lasce- 
remo. Allorcliè  giunse  a  Roma  la  nuova  del- 
l'ablioccaincnto  che  avea  da  seguire  di  quei 
due  monarclii ,  non  fu  pigro  papa  Paolo  a  de- 
stinare un  legato  verso  Cesare ,  col  pretesto  di 
condolersi  seco  della  morte  delF  imperadrice  , 
ma  singolarmente  per  proccurar  la  pace  e  ve- 
gliare a  gì'  interessi  della  Chiesa ,  dello  Stato 
Ponlifizio  e  della  casa  Farnese  :  perciocché  si 
credeva  allora  da  gì"  indo\  ini  de'  gabinetti  prin- 
cipeschi che  il  pontefice  amoreggiasse  Siena , 
o  pure  il  ducato  di  Milano  ,  siccome  di  sopra 
avvertimmo.  Scelto  fu  nel  giorno  24  di  no- 
vembre per  la  suddetta  legazione  Alessandro 
cardinal  Farnese  suo  nipote  ,  giovane  di  circa 
dicinove  anni ,  ma  di  soa\issimi  costumi,  di  ec- 
cellente ingegno  e  di  grandissima  espettazione , 
come  lasciò  scritto  Alessandro  Sardi  ,  con  cui 
vanno  d"  accordo  gli  altri  scrittori  di  questi  e 
de'  susseguenti  tempi. 

y^nno  di  Cristo   i54o.  Indizione  XIII, 
di  Paolo  III  papa  -j. 
di  Carlo  V  unperadoi-e  22. 

Nel  pr|imo  giorno  del  presente  anno  (i)  en^ 
trò  Carlo  imperadore  come  in  trionfo  nella 
real  città  di  Parigi ,  accompagnato  dal  re  Fran- 
cesco ,  da'  suoi  figli  ,  e  da  tutta  la  magnifica 
sua-  corte.  In  tal  congiuntura  ,  incredibile  fu  il 


(«)  Belcaire.  Spondano.  Adriani.  Giovio.  Segni 


/Jro  ANNALI    d'  ITALIA 

concorso  di  nobili  e  popolo,  non  solo  di  Fran- 
cia ,  ma  anche  di  Spagna  e  d' Italia  ,  in  ma- 
niera die  quantiuKjue  sì  vasta  anche  allora 
fosse  quella  metropoli  j  pure  si  trovava  per 
tutte  le  strade  così  gian  calca  d'  uomini  e  ca- 
valli ,  che  alcuni  per  la  folla  vi  perderono  la 
vita.  Non  lasciò  indietro  il  re  Cristianissi'-uo 
sorta  alcuna  di  divertimenti,  come  convili,  gio- 
stre ,  tornei  ed  altri  spettacoli ,  tutti  fatti  con 
somma  magnlficrnza  e  spesa  ,  per  far  onore  a 
sì  grand'ospite.  Tenne  l' imperadore  de  i  se- 
greti e  lunghi  ragionamenti  col  re  e  co'  suoi 
ministri  ;  nel  che  pareano  divenuti  due  fratelli 
que'  possenti  monarchi.  Carlo  V ,  da  quelf  ac- 
eortissitno  principe  ch'era,  incantò  ognuno  con 
belle  parole  di  voler  cedere  lo  Stato  di  Milano 
ad  uno  de'  figli  del  re  ,  ma  con  riserbarsi  il 
compimento  di  così  generose  promesse  (  fatte 
nondimeno  solamente  in  voce)  dappoiché  fosse 
sbrigato  dall'  impresa  di  Gante.  Allorché  que- 
sta fu  finita  ,  sparirono  quelle  sì  amichevoli 
intenzioni  della  Maestà  Sua  ,  venendo  sempre 
più  ad  apparire  che  nell'  Augusto  Carlo  per 
mezzo  della  madre  era  passato  l'ingegno  di 
Ferdinando  il  ChIIoIìco  ,  il  quale  osservava  la 
fede  solamente  a  misura  dell'  utile  suo.  Perlo- 
che  trovanflosi  il  re  Francesco  oltremodo  de- 
hiso  ,  «d  altro  non  pensò  da  lì  innanzi  che  a 
nuocergli  ,  e  a  muo\  er  guerra  a  i  di  lui  regni. 
Arrivato  l'imperadore  a  Brusselics,  si  a|)plicò 
Inllo  alle  maniere  di  gnsligar  i  Gantesi  ;  al  qual 
fine  launò  alcune  migliaia  di  fanti  tedesj-hi  e 
cavalli  borgognoni  Allora  fu  che  il  popolo  di 
Gante,  giacché  era  venula  meno  ogni  speranza 


ANNO    MDXt  4/* 

di  soccorso  flalla  jìarte  de'  Franzesi ,  nò  si  tro- 
vavano ili  islalo  da  poterla  durare  coiitra  del 
pot(Mite  sovrano ,  spedirono  inviati  a  chieder 
misoricoi'dia  ,  facendogli  anche  sapere  che  tro- 
verebbe aperte  le  porte  della  città  ,  ed  ogni 
persona  ubbidiente  a'  suoi  cenni.  Intanto  alcuni 
de' più  colpevoli,  conoscendo  che  l'aria  d'In- 
ghilterra sarebbe  più  salutevole  per  loro  ,  colà 
si  rifugiarono.  Ito  poscia  Cesare  a  Gante  colle 
sue  schiere ,  armato  vi  entrò ,  fece  tagliare  il 
capo  a  nove  di  que'  cittadini  ,  e  da  lì  a  qual- 
che tempo  a  molti  altri ,  con  privar  la  città  di 
tutti  i  suoi  privilegi,  ed  obbligar  la  cittadinanza 
a  fabbricar  ivi  alle  sue  spese  una  fortezza  :  al 
qiial  lavoro  destinò  Carlo  per  presidente  Gian- 
Giacomo  de"  Medici  marchese  di  Mariguano , 
che  ogni  dì  più  facea  progressi  nella  grazia  di 
lui.  Questa  esempio  di  sevvrità  fece  che  tutti 
i  Paesi  Bassi  col  capo  chino  pagassero  e  sof- 
ferissero fla  lì  innanzi  qualsivoglia  gravezza  loro 
imposta.  Ed  appunto  osserva  il  Segni  che  que- 
sto imperadore  con  mostra  di  gran  religione  e 
giustizia  aggravava  poi  smisuratamente  di  tri- 
buti i  suoi  popoli  di  Fiandra,  Milano,  Napoli 
e  Sicilia;  e  che  i  governatori  suoi  cavavano  il 
cuore  a  i  suddetti  con  esorbitanti  aggravj  :  del 
clic  non  si  allegava  esempio  simile  di  crudeltà 
sotto  i  precedenti  p  frcipi.  Che  libri  di  reli- 
gione leggesse  questo  monarca ,  non  vel  saprei 
dire.  Di  questa  sfigurata  religione  viene  accu- 
sato da  esso  Segni  anche  Cosimo  de'  Medici  , 
novello  duca  di  Firenze. 

Sembrò  ad  alcuni  che  di  questa  maligna  in- 
Huenza  partecipasse  alquanto  eziandio  lo  stesso 


4'*2  ANNALI    d' ITAUA 

pontefice  Paolo  IH.  Oltre  ad  altre  gravezze  da 
lui  imposte  a  i  popoli  della  Chiesa  e  al  clero 
d'Italia,  mise  nel  presente  anno  un  dazio  so- 
pra il  sale  ,  che  increbbe  mollo  a  i  suoi  sud- 
pili.  In  Ravenna  insoise  per  (juesto  qualche 
tumulto,  ma  di  poca  durata.  All'incontro  i  Pe- 
rugini pazzamente  dato  di  piglio  all'armi ,  pro- 
-  ruppero  in  un'aperta  ribellione.  Per  metterli  in 
dovere  raunò  il  papa  otto  mila  fanti  italiani  j 
quattro  mila  Spagnuoli  ottenne  da  Napoli  ;  ed 
aggiuntixi  ottocento  Tedeschi,  fece  marciar 
questa  gente  addosso  a  Perugia  sollo  il  co- 
mando di  Pier-Luigi  suo  figlio  e  di  Alessan- 
dro Vitelli.  Le  principali  prodezze  di  costoro 
si  ridussero  a  bruciare  il  bello  e  frullif'ero  paese 
intorno  a  quella  città  ,  non  meritando  nome 
alcune  picciole  scaramuccie  seguile  fra  essi  e 
i  Perugini.  Questi  aveano  chiamato  alla  lor  di- 
fesa Ridolfo  Baglione  ,  e  confidavano  forte  che 
il  duca  di  Firenze  Cosimo ,  siccome  principe 
«lisgustalo  per  non  poche  ragioni  ilei  papa,  ac- 
correrebbe in  loro  aiuto.  Ma  fallito  questo  lor 
disegno,  trovandosi  sprov\  eduli  d'ogni  cosa 
necessaria  alla  difesa  ,  mandarono  a  trattar  di 
concordia.  Altro  non  otiemiero  ,  se  non  che  il 
papa  li  volle  a  discrezione.  Entrativi  i  ministri 
e  soldati  fionfifizj  ,  per  non  essere  da  meno 
di  Cesare  in  gasligare  ^Gantesi^  fecero  deca- 
pitare sei  di  que'  gcnliluomini  ;  dieci  altri  ne 
mand.irono  a'  confini  ;  e  spoglialo  d'  armi  il  po- 
polo ,  e  d'  ogni  autorità  e  privilegio  quel  Co- 
mune, ordinarono  che  alle  .spese  loro  si  pian- 
tasse una  finitezza  nella  citlii  ,  conijìiendcndo 
in    essa  i  palagi    de'  nobili    Baglioni.  lUmascro 


ANNO    MnXI.  473 

per  questo  boa  uniiliafi  i  Perugini  ;  ma  non 
si  dee  lacere  che  tredici  anni  dappoi  papa 
Giulio  m  restituì  loro  i  magistrati  e  gli  onori 
con  ridurre  quella  città  al  reggimento  come 
era  prima.  Terminata  questa  festa  ,  ad  un'  altia 
si  diede  principio  ;  perchè  i  Colonnesi  ,  capo 
de'  quali  era  Ascanio  Colonna ,  ricalcitrarono 
airaccreseiuto  prezzo  del  sale.  Però  papa  Paolo, 
che  anche  seiiza  di  questo  mirava  di  mal  oc- 
chio quella  nobile  e  potente  casa  ,  siicome 
quella  che  avea  in  altri  tempi  fatta  fronte  a  i 
suoi  predecessori  ,  mosse  lor  guerra  con  un 
esercito  di  dieci  mila  persone.  Ma  perchè  que- 
st'altra scena  più  ])recisamente  appartiene  al- 
l' anno  prossimo  .  allora  ne  parleremo. 

Seriamente  intanto  avea  trattato  Luigi  Ba- 
doero ,  ambasciator  de'  Veneziani  a  Costanti- 
nopoli ,  di  far  pace  colla  Porta  Ottomana  ,  e 
gli  convenne  conchiuderla  non  come  egli  volle, 
ma  come  pretese  Solimano  (i).  Fu  obbHgato 
il  senato  veneto  a  cedere  al  Turco  Napoli  di 
Romania  e  Malvasia  nella  Morea,  due  terre  di 
glande  importanza  ,  e  di  pagare  trecento  mila 
scudi  ti'  oro  nel  termine  di  tre  anni.  Il  trovarsi 
abbandonata  quella  repubblica  da  chi  le  dovea 
dar  braccio  contro  le  troppo  superiori  forze 
della  potenza  turchesca ,  l' indusse  ad  accet- 
tar si  dina  legge.  Giunta  a  Venezia  la  nuova, 
di  questa  svantaggiosa  pace  nel  di  27  d'  a- 
prile  ,  grande  strepito  .  fiere  mormorazioni  si 
suscitarono  coutra  del  Badoero ,    che    a    tanto 


(i)  Andr.    Maiuocenus.  Alessandro    Saidi.    Segni    <!d 
altri. 


4  "4  ANNALI    d' ITALIA 

prezzo  1'  avesse  comperata.  Era  in  pericolo  la 
sua  vita  ,  non  die  la  sua  fama  per  questo  ; 
ma  si  venne  col  tempo  a  scoprire  lUì  tradi- 
mento .  cosa  rara  in  quella  saggia  e  sì  ben  re- 
golata repubblica.  Dimorava  in  Venezia  Anto- 
nio Rincone  ,  ambasciatore  di  Francia  :  e  sic- 
come il  re  Francesco ,  non  senza  infamia  del 
suo  nome,  teneva  con  Solimano  non  solo  stretta 
amicizia  ,  ma  ancbe  ima  spezie  di  lega  j  così 
il  ministro  suo  andava  spiando  tutto  ciò  che  po- 
teva essere  di  vantaggio  al  Turco.  Venne  costui 
a  scoprire  per  mezzo  di  Costantino  e  Niccolò 
Gavazza  j  segretarj  della  repubblica ,  e  di  al- 
cuni altri  gentiluomini  veneti  ,  avere  il  consi- 
glio accordato  segretamente  al  Badoero  di  po- 
ter cedere ,  se  così  portasse  il  bisogno ,  le 
suddette  due  città ,  o  ,  per  dir  meglio ,  la  Mo- 
rea  ;  e  fecelo  il  Rincone  suddetto  sapere  a  So- 
liniano.  Però  allorché  V  ambasciatore  veneto 
affermò  di  non  aver  ordine  dalla  repubblica  di 
far  quella  cessione ,  Solimano  il  trattò  da  bu- 
giardo e  sleale  ,  e  stette  saldo  in  voler  quelle 
due  città.  Leggesi  presso  il  Du-Mont  (i)  Io 
strumento  di  (juesta  pace,  fallo  nel  dì  20  di 
ottobre  dclTanuo  presente.  Furono  poi  da  lì 
a  molto  tempo  scoperti  in  Venezia  i  traditori  j 
e  coli'  ultiuió  supplizio  gasligati  alciuii  d'  e.s.si  , 
e  gli  altri  si  sollrassero  alla  giustizia  col  fug- 
girsene in  Fiancia.  Venne  anche  licenziato  il 
mouzioualo  Riiicoue  .  come  jxMsoua  che  si  abu- 
sava della  sua  autorità  in  daiuKi  della  repub* 
blica.     Trovavasi    in    questi    tempi    a    Messina 

fi)  Du-Mout  Corps  Diplomnt 


ANNO    MDXT.  4/5 

Andrea  Doria  principe  di  Melfi  con  cinquanta 
cinque  galee,  andando  in  traccia  de^ corsari  ^ri- 
cani.  Pervenutogli  l'avviso  che  Dragut  Rais,  fa- 
moso corsaro  ,  subordinato  al  Barbaiossa ,  an- 
da\a  in  corso  contro  i  Cristiani,  spedi  Gianneltino 
Doria  ^  aloroso  nipote  suo  con  ventuna  galee  e 
una  fregata  a  cercarlo.  Trovò  egli  avere  il  cor- 
saro furiosamente  dato  il  sacco  a  Capraia,  me- 
nato più  di  seicento  anime  in  iscl)ia\itij  ,  ed 
essere  passato  ad  infestare  i  lidi  della  Corsica.  Il 
raggiunse  Giannettino  ,  il  combattè,  e  fatto  ac- 
quisto di  molti  de'  suoi  legni ,  prigione  fra  gli 
altri  ebbe  lo  stesso  Dragut,  che  fu  messo  alla 
catena  e  al  remo.  Tornossene  il  viltoiioso  Do- 
ria a  Messina ,  e  presentò  costui  al  principe 
suo  zio,  cbe  datone  l'avviso  all'imperadore, 
ncevette  per  risposta ,  cbe  Sua  Maestà  il  do- 
nava a  lui.  Rimise  poi  Andrea  Doria  questo 
mal  arnese  in  libertà ,  con  fargli  pagare  una 
grossa  taglia ,  ma  con  guadagnare  eziandio  un 
biasimo  non  lieve  presso  de' Cristiani-,  percioc- 
ché Dragut  divenne  piij  implacabil  persecutore 
de'  medesimi ,  e  cagionò  loro  da  lì  innanzi  de 
i  gravissimi  danni.  Stando  l'Augusto  monarca 
in  Brusselles  nel  dì  ii  d'ottobre  dell'anno 
presente  ,  investì  il  principe  don  Filippo  figlio 
suo  del  ducato  di  Milano  ,  come  rosta  dal  di- 
ploma rapportato  dal  Du-Mont.  Nel  dì  28  di 
giugno  (  altri  scrivono  nel  giorno  ottavo  d' a- 
prile  )  mancò  di  vita  Federigo  II  duca  primo 
di  Mantova ,  con  lasciar  dopo  di  sé  France- 
sco III  primogenito  ,  cbe  a  lui  succedette  nel 
ducato  ;  Guglielmo ,  che  dopo  Francesco  re- 
gnò; Lodovico,  che  passato  in  Francia  divenne 


i|r5  ANNALI    I)'  ITAMA 

poi  duca  ili  Nevers  ;  e  Federico  ,  clic  fu  poi 
cardinale.  Erano  tutti  questi  figli  in  età  pupil- 
lare ;  e  però  il  cardinale  Ercole  loro  zio  colla 
duchessa  Margherita  prese  il  governo  di  quegli 
Slati. 

Aimo  di  Cristo   i54i.  Indizione  XIV. 
di  Paolo  III  papa  8. 
di  Carlo  V  imperadore  23. 

La  guerra  fra  papa  Paolo  ed  Ascanio  Co- 
lonna diede  in  questi  tempi  pascolo  a  i  cac- 
ciatori di  nuove.  Andò  T  esercito  pontifizio , 
comandato  da  Pier-Luigi  Farnese ,  a  mettere  il 
campo  a  Fiocca  di  Papa  ,  e  cominciò  a  bat- 
terla colle  artiglierie.  Trovavasi  allora  Ascanio 
a  Ginazzano,  ed  avendo  inviato  alquante  schiere 
in  soccorso  di  quella  terra ,  ebbe  la  mala  ven- 
tura ,  perchè  rotte  le  sue  genti,  in  gran  parte 
rimasero  uccise  o  prigioniere.  Perciò  da  lì  a 
qualche  tempo  quella  rocca  capitolò  la  resa. 
Passarono  1"  armi  pontifizie  sotto  Palliano ,  e  vi 
trovarono  alla  difesa  Fabio  Colonna  con  un 
grosso  presidio  di  mille  e  cin{|U(!Cpnto  fanti  , 
elle  (osto  usciti  fuori  ,  tlicdero  il  l)(>n  ^'emlto 
a  i  Papalini ,  uccidendo  i  i)ufali  die  tiravano 
le  artiglierie ,  e  poco  mancò  che  queste  non 
inchiodassero.  Furono  falle  molle  azioni  sotlo 
quella  terra  e  sotto  Ceciliano .  a  cui  nello  stesso 
tempo  fu  posto  V  assedio.  Dopo  gi'an  tempo 
s'  iinpadroni  il  l'^^■Mes(•  di  Palliano  e  della  sua 
riHadella  ,  di  Ceciliano  ,  Ruviano  ,  e  (P  ogni 
altro  castello  posseduto  da  Ascanio  Colonna 
in    quel    della    Chiosa.    Furono    d'  ordine    de^ 


ANNO     MD\T,T  477 

papa  smantellate  da'  tondanienli  le  loro  fortez- 
ze ;  nel  ((iial  lenijio  tanto  il  viceré  di  Napoli, 
quanto  V  iinperadore  ,  della  cui  protezione  go- 
devano i  Colonuesi  ,  con  lutto  il  de.sidei  io  di 
dar  loro  aiuto ,  nulla  si  attentarono  di  lare  in 
lor  favore ,  per  non  inimicarsi  il  papa.  Intanto 
Carlo  Augusto  dalla  Fiandra  passò  in  Germa- 
nia ,  per  quetar ,  se  potea  ,  i  torbidi  funestis- 
simi della  religione,  e  per  disporre  nn  buon 
argine  alla  guerra  che  veniva  minacciala  dal 
Sultano  de'  Turchi  all'  Ungheria.  Per  conto 
della  religione  niun  vantaggio  se  ne  ricavò. 
Fece  nuove  premure  il  legato  pontifizio  per  la, 
celebrazione  di  un  concilio  generale  ,  desiderato 
sommamente  anche  dall'  injperadoie  ;  lua  per- 
chè insorsero  discrepanze  intorno  al  luogo , 
bramandolo  il  papa  in  Italia  ,  e  gli  altri  in  Ger- 
mania ,  intorno  a  <pieslo  importante  punto  nulla 
per  alloia  si  conchiuse.  Quanìo  all'  Ungheria  , 
mandò  bensì  il  re  Ferdinando  1'  esercito  suo 
air  assedio  di  Buda  ,  occupata  dalla  regina  ve- 
dova, del  fu  re  Giovanni,  ma  ne  riportò  una 
considerabil  rolla  dall'  armata  di  Solimano  ,  che 
in  persona  accorse  colà  ,  ed  appresso  s'  impa- 
dronì della  stessa  città  di  Buda ,  capitale  di 
quel  regno. 

Ora  r  iniperador  Carlo  ,  tuttoché  paresse 
lìeces.saria  la  presenza  sua  in  quelle  parti ,  esi- 
gendola i  bisogni  della  Cristianità,  cotanto  mal- 
menala da  i  Turchi  ;  pure ,  siccome  avido  di 
gloria  ,  avendo  disegnato  un'  altra  impresa  , 
s' incamminò  alla  volta  d' Italia.  Cioè  si  era 
messo  in  animo  di  far  guerra  ad  Algieri ,  gran 
nido  di  corsari  e  sede  del  forniidubil  Barharossa 


/j-jS  ANNALI    d'itALU 

clie  tenea  tanto  inquiete  le  coste  del  Medi- 
terraneo cristiano  ,  e  massimamente  la  Spa- 
gna. A  questo  fine  aveva  egli  approntata  una 
poderosissima  flotta  in  Ispagna  e  in  Italia  sotto 
il  comando  di  Andrea  Doria.  Calò  dunque  Ce- 
sare nel  mese  d'agosto  a  Trento,  dose  fu  ad 
inchinarlo  il  marciiese  del  Vasto  colla  nobiltà 
milanese  .  e  comparve  ancora  a  fargli  riverenza 
Ercole  n  duca  di  Ferrara ,  ed  Ottavio  Farnese 
dnca  di  Camerino.  Passato  a  Milano .  fu  in 
quella  città  accolto  con  ogni  possibii  onore  e 
magnificenza.  Altrettanto  fecero  i  Genovesi ,  al- 
lorché pervenne  alla  loro  città.  Erasi  già  con- 
certato un  abboccamento  da  tenersi  tra  il  papa 
ed  esso  Augusto  in  Lucca  ;  però  il  pontefice 
si  mosse  da  Roma  nel  (fi  aj  di  settenibie, 
senza  far  caso  de'  medici  ,  che  gli  sconsiglia- 
vano questo  viaggio  per  li  pericolosi  caldi  della 
stagione  ,  e  per  la  sua  liojipo  avanzai»  età.  Ma 
prevalse  in  lui  la  premura  di  levar  le  dilficullà 
insorte  poi  concilio  generale,  e  d' impedire  una 
nuova  guerra  che  già  si  presentiva  aversi  a 
desiare  dal  re  Francesco  conlra  d'  esso  irnpe- 
radore.  Imperocché  nianipolauflo  sempre  il  re 
franzese  le  manieie  di  sminuire  la  potenza 
Austrìaca  ,  e  mantenenrlo  perciò  non  senza 
discrr'dito  suo  una  stretta  corrispondenza  ed 
amicizia  con  Solimano  iuipcradorc;  de'  l'urchi  , 
avea  nel  precedente  luglio  messo  in  viaggio 
due  suoi  oiatori  alla  Porla  Olloiuana  ,  cioè 
Antonio  Iliurone  Sj)agnuolo ,  che  bandito  dalla 
patria  ,  era  pas.sato  molto  tempo  prima  al  suo 
servigio,  ed  inxiattì  a  ("()st:inlini>pi>li  era  stato 
ben  veduto  dal  Sultano.  Ui  t;oslui  e  delle  suo 


ANN'O    MTIXT.I  4, 9 

tifino  in  Venezia  parlammo  di  sopra.  Il  Kin- 
cone  adunque  con  Cesare  Fregoso,  confidando 
nella  tregua  che  tuttavia  durava  fra  Carlo  V  e 
Francesco  I ,  venuto  in  Italia  ,  s'  imbarcò  sul 
fiume  Po ,  meditando  di  passare  a  Venezia. 
Per  quanto  gli  dicesse  il  Fregoso,  che  trovan- 
dosi egli  dichiarato  ribelle  dell'  imperadore  , 
non  era  compreso  nella  tregua  ;  e  poter  senza 
pena  essere  secondo  le  leggi  ucciso  da  chi- 
chessia  ;  pure  si  ostinò  in  quel  viaggio.  Arri- 
vati che  furono  il  Rincone  e  il  Fngoso  alla 
sboccatura  del  Ticino ,  eccoti  sopragiugnere 
gente  incognita  in  barca  ,  che  li  colse  amen- 
due  e  poi  li  trucidò.  Fortunatamente  un'  altra 
barca  ,  dove  era  il  segretario  del  Rincone  colle 
istruzioni  ,  si  salvò  a  Piacenza.  A  tale  avviso 
montò  nelle  furie  il  re  Francesco  ,  e  imputando 
al  maixhesc  del  Vasto  la  lor  cattura  e  morte  , 
pretese  rotta  la  ticgua ,  e  contravenuto  al  di- 
ritto delle  genti. 

Arri\ò  nel  dì  <S  di  settembre  papa  Paolo  a 
Lucca ,  e  nel  di  dieci  vi  fece  la  sua  entrala 
anche  l' Augusto  Carlo  ,  che  tenne  poi  varie 
conferenze  colla  Santità  Sua.  Osserva  il  Segui 
che  Carlo  portava  una  cappa  di  panno  nero , 
un  saio  simile  senza  alcun  fornimento ,  e  iu 
capo  un  capj)elluccio  di  feltro  ,  e  stivali  in 
gamba ,  coprendo  con  qiiest'  abito  semplicis- 
simo un'  ambizion  superiore  a  quella  d'  Ottavio 
Augusto  monarca  del  mondo.  Al  corteggio  di 
Sua  Maestà  si  trovarono  i  duchi  di  Fenara  e 
di  Firenze  j  e  perciocché  il  piimo  prese  la 
mano  sul  secondo  ,  col  toni|io  insorsero  liti  di 
precedenza  tra  AU'uuso  11  iluca  di  Fenara  e  lo 


48o  ANTVALI    d'  ITALIA 

stesso  Cosimo ,  che  servirono  di  passatempo 
9  i  politici  ,  e  eli  scandalo  presso  d' altri.  Si 
trattò  in  Lucca  del  concilio  j  e  sebben  piìi 
d' uno  lasciò  scritto  che  ivi  si  determinò  di 
tenerlo  in  Trento ,  pure  il  Rinaldi  anuahsta 
pontifizio  con  buoni  documenti  ci  assicura  che 
niuna  determinazione  fu  presa  allora  intorno 
al  luogo.  Vi  si  parlò  ili  lega  contra  il  Turco  , 
e  di  conservar  la  pace  ;  ma  colà  giunto  il  si- 
gnor di  Moni  ambasciator  franzese ,  alla  pre- 
senza del  papa  richiese  i  suoi  due  presi  ora- 
toli (  che  non  erano  già  in  vita  ),  e  giustizia 
contro  il  marchese  del  Vasto.  Tanto  V  impe- 
radore  che  il  marchese  stettero  saldi  in  negar 
d'essere  autori  o  consapevoli  del  fatto:  il  per- 
chè maggiormente  adirato  il  re  di  Francia , 
fece  ritenere  in  Lione  Giorgio  d'Austiia,  arci- 
vescovo di  Valenza  e  vescovo  di  Liegi.  Quindi 
acciecalo  dallo  spirito  di  vendetta,  contrasse 
lega  co  i  re  di  Svezia  e  Danimarca ,  e  con  al- 
tri principi  tutti  erotici  ;  e  sempre  più  strinse 
r  amicizia  con  Solimano  (ìran  Signore  a' danni 
dell'  imperadore.  Ancor  qui  vien  preteso  che 
ne  pur  trascurasse  il  buon  pontefice  in  questa 
occasione  di  proccurare  i  vantaggi  della  pro- 
pria casa  j  con  proporre  a  Cesare ,  che  quando 
a  lui  non  piacesse  di  .soddisfaie  alle  richieste 
del  re  Cristianissimo ,  con  (-edergli  il  ducalo 
di  Milano  ,  si  conipiacesse  di  metterlo  almeno 
in  deposito  nelle  mani  del  duca  Ottavio  Far- 
nese ,  nipote  d'  esso  pajia  ,  e  genero  del  me- 
desimo Augusto;  il  quale  ,  fuichè  fossero  decise 
le  controversie  fra  la  Maestì»  Sua  e  il  re  di 
Francia  ,  pagherebbe  censo  ^    e  lo    renderebbe 


ANNO    MDXLt  4^1 

poi  a  chi  fosse  di  dovere.  Se  questo  ri- 
piego riusciva  ali'  accorto  poiitelice  ,  sperava 
ben  egli  che  di  quei  deposito  o  tardi  o 
non  mai  si  sarebbe  veduto  il  fine.  Glie  V  ini- 
peradore  non  rigettasse  atfatto  la  proposizio- 
ne ,  si  rende  non  inverisimile  da  quanto  di- 
remo altrove. 

AtVaticossi  poi  il  papa,  miito  ad  Andrea  Bo- 
ria e  ad  altri  generali  cesarei ,  per  dissuadere 
a  Carlo  V  l'impresa  d'Algieri,  siccome  troppo 
pericolosa  per  la  stagione  a\anzata  ,  in  cui 
suole  im[)erversare  il  mare  5  ma  non  si  lasciò 
egli  smuovere  punto  ,  forse  ciedemlo  di  avere 
sposata  la  fortuna  ,  che  certo  lìn  qui  gli  si 
era  mostrata  mollo  propizia  ;  ma  ebbe  bene  a 
pentirsene  da  h  a  non  molto.  Non  più  di  tre 
giorni  si  fermò  egli  in  Lucca ,  e  passato  al 
Golfo  della  Spezia  ,  di  là  spiego  le  vele  alla 
volta  di  .M  liorica  ,  per  ivi  far  V  unione  di  tutto 
il  suo  potente  stuolo ,  dove  s'era  imbarcata 
numerosa  liintcria  italiana,  spagnuola  e  tede- 
sca ,  con  uu  rinforzo  di  cavalleria.  Non  potè 
sarpar  le  ancore  se  non  il  dì  18  d'ottobre, 
tempo  disfavorevole  alle  imprese  di  mare  in 
paese  nemico.  Arrivato  sotto  Algieri ,  diede 
principio  air  assedio  col  fracasso  delle  artiglie- 
rie. Ma  ceco  nel  eh  25  d' ottobre  sorgere  un 
vento  di  tramontana  sì  fiero,  che  conquassò  ben 
cento  e  trenta  legni  de'  Cristiani.  Rupperonsi 
molti  di  essi  ;  e  chi  non  peiì  nel  mare  ,  fug- 
gendo a  terra ,  trovava  la  morte  per  lì  Mori 
posti  alla  guardia  de'  lidi.  Restò  1'  esercito  ce- 
sareo sotto  Algieri  senza  vettovaglie,  senza  pa- 
glia pe' cavalh ,  senza  fuoco,  perchè  combattuto 
MURATORI.   Fol.  ,Yir.  3r 


482  A?TOALI    d'  ITALIA 

da  una  dirotta  pioggia  e  dal  fiiriosissinio  vento. 
Forza  dunque  fu  di  levare  il  campo  ,  e  d' im- 
barcare ,  come  si  potè ,  la  gente  nelle  s;a!ee 
e  navi  che  non  erano  pei  ite  ;  e  perchè  luogo 
non  restava  a'  bei  cavalli  di  Spagna  .  parte  de  i 
quali  avea  spr\  ito  di  cibo  alle  affamate  solda- 
tesche ,  se  ne  fece  un  macello.  Molti  poi  di 
questi  legni,  tuttavia  perseguitati  dalla  temj)esta, 
colle  genti  che  vi  erano  sopra,  rimasero  preda 
dell'onde.  Gli  altri  sbandati  ,  chi  alla  .Spezia,  chi 
a  Livorno  e  chi  alle  spiaggie  di  Spagna  approda- 
rono. Ridottosi  r  iniperadore  a  Bugia ,  porto 
dell' Afiica  mal  sicuro ,  colle  galee  ili  Spagna 
ed  altre  navi ,  fu  per  la  continuata  fierezza 
del  mare  costretto  a  fermarsi  ivi  per  venti- 
cii  qiie  giorni,  dove  anche  si  fracassarono  al- 
cune sue  galee  ;  e  finché  \enuto  un  po'  di 
bonaccia  ,  s'imbarrò  :  ma  rispinln  di  nuovo  co- 
là ,  finalmente  nel  ili  28  di  nov  embrc  fece  vela 
verso  la  Spagna ,  e  a  dì  Ire  di  dicembre  prese 
porto  a  Carlageiia  ,  portando  seco  una  memo- 
ria indelehilo  di  sì  grave  sciagura  che  fece 
tanto  strepito  per  tutta  1'  Europa  ,  e  insieme 
la  gloria  d'  av  er  mosliato  nn  costante  ed  eroico 
animo  in  (ulta  quella  lagrimevolc  occasione  : 
gastigo  della  sua  testardaggine  ,  o  troppa  fiducia 
della  sua  fortuna. 

ylnno  di  Giusto    i54:?.  Indizione  Xf^. 
di  Paoiu    III  fxìjìa  t). 
di  Caki.o    V   iiii/h'iudui-e   2\. 

Per    li  buoni    ufli/)    di    papa    Paolo    si  era 
neir  amiu    addietro    aslcnulo    Francesco  re    di 


ANNO    MDXLll  ^S3 

Francia  dal  muover  guerra  a  Carlo  iinpera'lore , 
esseiidoglisi  fatto  coiioscei'e  il  sommo  vituperio 
in  cui  sarebbe  incorso  ,  se  in  tempo  cbc  Ce- 
sare facea  T  impresa  d'  Vlgieri  in  benefizio  della 
Cristianità  di  tutto  il  M 'ditcrraneo,  e  per  con- 
scguente aii  ;Uo  della  Francia,  egli  avesse  im- 
pugnate r  armi  conlra  di  lui.  Ma  da  che  vide 
si  infelicemente  terminala  r|nella  spedizione,  e 
die  in  lauto  sconcerto  delle  forze  di  Cesare  si 
poteano  sperar  maggiori  progressi  ,  rannato  un 
potentissimo  esercito ,  in  quattro  diversi  siti 
sul  principio  della  primavera  portò  la  guerra 
addosso  a  gli  Stati  di  esso  Augusto  ,  preten- 
dendo guasta  la  tregua  fra  loro  per  la  morte 
del  Uincone  e  del  Fregoso.  Inviò  dunque  Ar- 
rigo il  Delfino  figlio  suo  primogenito  con  po- 
deroso esercito  all'assedio  di  Perpignano  ,  ca- 
pitale del  Rossiglione ,  frontiera  della  Spagna. 
A  Carlo  dnca  d' Orleans  suo  secondogenito 
diede  1"  incombenza  d'  assalire  con  altro  vigo- 
roso corpo  d'  armati  il  ducato  di  Lucembui'go. 
Il  duca  tli  Cle\  cs  col  signor  di  Longavilla  con 
altre  milizie  ebbe  ordine  di  passale  ostilmente 
contro  il  Brabante  ,  e  Antonio  di  Borbone 
duca  di  Vando  no  contro  la  Piccardia.  Disposto 
nn  sì  grave  militare  apparato  ,  nel  dì  io  di 
luglio  dichiarò  pubblicamente  la  guerra  all'  im- 
peradore  ,  persuadendosi  che  colto  da  tante 
parli ,  in  alcuna  almeno  di  esse  avesse  a  soc- 
combere. .Non  era  approvala  da  i  suoi  gene- 
rali pii'i  prudenti  questa  division  di  forze  ,  so- 
stenendo essi  ciie  più  buona  ventura  si  potea 
promettere  da  un  gagliardissimo  unito  eser- 
cito,   che  da    tanti    ritagh  3    ma  niuno  osò   di 


484  ANNALI    d'  ITALIA 

contraclire  alla  risoluzion  già  presa  da  un  re 
che  cretlea  saperne  più  di  loro.  Altro  a  me 
intorno  a  quelle  guerre  non  rest^  da  dire  ,  se 
non  che  biavamente  si  difese  Y  imperadore  in 
tutti  que'  siti  ,  e  che  incendj  e  guasti  furono 
ben  fatti ,  ma  senza  alcun  rilevante  guadagno 
dal  canto  dc'Franzesi  ,  e  con  avere  esso  re 
Francesco  gillati  piiì  milioni  per  nulla  ottenere. 
Né  pure  dimenticò  in  questi  tempi  esso  re 
Cristianissimo  gli  affari  di  Piemonte ,  dove  i 
suoi  capitani  leneano  ed  aveano  ben  fortificate 
le  città  di  Torino  ,  di  Pinerolo  ed  altri  luoghi. 
Impadronissi  il  signor  di  Bcllay  di  Cherasco  , 
e  di  là  passò  sotto  la  città  d'  Alba  ;  ma  non 
vi  si  fermò  gran  tempo ,  per  avervi  trovato 
chi  sapeva  difenderla.  Arrivalo  intanto  di  Fran- 
cia il  signor  di  Anncbò  con  sette  mila  fanti 
Ira  Italiani  e  Franzesi  veterani ,  1'  armata  loro, 
forse  ascendente  a  diciolto  mila  condiattenti , 
imprese  V  assedio  di  Cuneo  ,  castello  forte 
a' pie  de' Colli  di  Tenda,  dove  s'uniscono  due 
fiumi  discendenti  dall'  Alpi.  Si  era  conservata 
questa  terra  sotto  f  ubbiilienza  di  Carlo  duca 
di  Sa\  eia  ,  senza  voler  ammettere  guarnigione 
imperiale,  siccome  aveano  fatto  Asti,  Vercelli, 
Iviea  ,  Fossano.  Chicli,  Cherasco  ed  altre  terre, 
dove  Alfonso  marchese  del  Vasto  governatore 
di  Milano  teneva  presidio  cesareo.  Il  popolo 
di  Cuneo  fu  in  tal  congiunuira  forzato  a  chie- 
dere soccorso  al  marchese,  che  vi  mandò  ses- 
santa cavalli  con  due  compagnie  di  làuti.  Que- 
sto piccit)lo  aiuto,  unito  al  \alote  de' terrazzani 
che  fecero  una  gagliard:i  difesa  ,  obbligò  dopo 
qualche  tempo  gli  assediunli  Francesi  a  ritirarsi 


ANNO  Mnxr.TT  485 

■di  là:  avvenimento  non  diverso  da  altri  del 
secolo  prossimo  passato ,  e  che  abbiani  veduto 
rinnovato  nel  1^44  5  '"  '^"i  l' ai '"i  franzesi  e 
spagnuol'' ,  dopo  lungo  assedio  di  quella  forte 
teri  a  o  città ,  han  dovuto  battere  la  ritirata  con 
gloria  di  Carlo  E  nmanuele  re  di  Sardegna  e 
duca  di  Savoia.  Per  mancanza  poi  di  paghe  si 
sbandò  la  gente  condotta  dall'  Annebò.  Di  co- 
storo ,  che  voleano  passare  sul  Piacentino ,  il 
niarciiese  del  Vasto  ne  uccise  circa  settecento 
a  Monteruzzo  ,  e  gli  altri  si  dispersero  per  le 
langhe ,  onde  ancora  furono  cacciati.  Riuscì  al 
sopralodato  marcliese  di  prendere  in  quest'anno 
Villanuova  d'Asti,  Carmagnola,  Carignano  e 
qualche  altro  picciolo  luogo  ;  colle  quali  im- 
prese terminò  la  campagna  in  Piemonte-  stando 
il  duca  di  Savoia  a  compiagnere  la  funesta 
scena  che  faceano  le  due  nemiche  armate  sulle 
terre  del  suo  dominio. 

Lasciossi  tanto  acciecare  in  questi  tempi  dalla 
malnata  passione  sua  il  re  di  Francia  France- 
sco I,  che  giunse  a  commettere  un'azione  che 
sarà  di  perpetua  infamia  ,  non  dirò  già  alla 
nazion  franzese ,  che  niun  assenso  prestò  alle 
sconsigliate  risoluzioni  del  re,  anzi  le  detestò, 
come  apparisce  dalle  storie  ;  ma  bensì  allo 
stesso  re  Francesco  .  che  dimentico  d'  essere 
Cristiano  ,  non  che  Cristianissimo  ,  per  soddis- 
fare al  fiero  appetito  della  vendetta  insieme 
e  dell'  ambizione  ,  spedì  a  Costantinopoli  An- 
tonio Polino  e  il  signor  (ìi  Ramon  a  trattar 
lega  col  gran  Signore  Solimano  a'  tlanni  del- 
l'imperador  Carlo  V  e  del  re  d'Ungheria  Fer- 
.  dinaudo  suo  fratello.  Restò  coucliiuso  fra    loro 


486  ANNALI    d'  ITALIA 

che  il   Barbarossa   con    potente    armala    navale 
verrebbe  nel  Mediterraneo  ad    unirsi   co'  Fran- 
zesi  ,  e  che  Solimano  in  persona  con    ducenlo 
mila  combattenti  continuerebbe    T  acquisto    del 
regno   d' Ungheria.    Ma    perchè    era    di    molto 
avanzata  la  stagione,  si  differì  all'anno  seguente 
l' effettuazione  di  si  obbrobrioso    trattato.    Non 
erano  ascose  a  papa  Paolo  III  queste  mene  del 
re  Franzese ,  e  ne  provava  gran  j)ena,  pel  nero 
turbine  che  soprastava    a    tanti    innocenti    Cri- 
stiani,  esposti  alla  desolazion  del  paese,  calla 
schiavitii ,  e  ad  abiurar  la  religione,  e  per  l'evi- 
dente pericolo  che   crescesse    la    potenza    tur- 
chesea  ,  a  cui  anche  potea  venir  latto  di  occu- 
par qualche  sito  importante  nelle  viscere  della 
Cristianith    di    Occidente.    Scrisse  piiì    lettere  , 
spedì  legati ,  inculcando  som]«e  più    ragioni    e 
preghiere ,    per    condurre  i    due  emuli    monar- 
chi alla  pace:  tutto    nondimeno    indarno,    ro- 
vesciando cadaun  d'  essi   sopra  1'  altro  la  colpa 
di    tanti    sconcerti  ,    ed    amendue    ostinati    ed 
accaniti  1' un  contro  l'altro.  L'anno  fìi    questo 
in  cui  pel  buon  maneggio  di   (jio\anui  Morene 
vescovo  «li  Modena  ,  insigne  per  la  sua  dottri- 
na ,  prudenza  ed  eloquenza,  e  nunzio  poutifizio 
in   Germania,   rimasero   spiaiiat(>   le  dillìcullà  fin 
qui   insorte   intorno  al   luogo   do\  «'  s'  a\  ea  a  te- 
ner*; il  concilio  geneiale;  e  si     fissò  la    risolu- 
zione  di   apiii'lo   nella   cill?i   di   Treulo.  .Sopra  di 
che   (orinò   il   zcianl*-   ponlcfìce  l'aolo   nei   dì  122 
di  Piaggio  Ulti)   linlla ,    rapportala    dal    Hinaldi  , 
in  cui    inCoi'mò   tulli     i    regni    cjitlolici    che    lu-l 
dì   primo   dei    pi-ossimo   no\  cmbrc  se  ne  (an-hhe 
r  apertura  nella  cillù  suddetta.  Di  buon'  ora  si 


ANNO    MDXT.II  4^7 

scatenarono  i  Prolcslaiili  centra  di  questo  santo 
decreto ,  ([uasichè  dovesse  da  loro  prendere 
legf^e  la  Cliiesa  Callolica.  Ma  né  pur  in  qne- 
st'  anno  si  potè  dar  principio  a  <{iiesta  sacra 
assemblea ,  per  cagion  delle  guerre  che  pili  che 
mai  continuarono. 

Provossi  in  qnesti  tempi ,  spezialmente  nella 
Lombardia,  il  flagello  delle  locuste,  passate 
dai  Levante  in  Italia  (i).  Erano  alate,  e  piil 
grandi  delle  solite  a  vedersi  ,  perchè  lunghe 
un  dito  ;  volando  adombravano  il  sole  per  lo 
spazio  di  uno  o  due  miglia  ;  e  dovunque  pas- 
sa^ ano  ,  faceauo  un  netto  di  tutte  1'  erbe  ed 
ortaglie.  Nota  il  Surio  (2)  che  in  questo  me- 
desimo anno  la  Slesia  e  la  Misnia  in  Germania 
nel  tempo  dì  state  patirono  lo  stesso  infortu- 
nio. Venuto  poi  il  verno ,  perirono  esse  locu- 
ste ,  ma  infettando  l'aria  col  loro  fetore;  e 
guai  a  chi  non  ebbe  la  cura  di  seppellirle. 
Tremuoti  ancora  spaventosi  rienipierono  di  ter- 
rore nel  giugno  di  quest'  anno  la  Sicilia  e  la 
Toscana  ,  e  caddero  molti  edifizj  e  perirono 
centinaia  di  persone ,  massimamente  nella  terra 
di  Scaiperia  e  in  tutto  il  Mugello  ,  con  risen- 
tirsene Firenze,  Pisa,  Volterra,  Lucca  ed  al- 
tri luoghi.  Questi  erano  flagelli  presenti;  e  pur 
la  buona  gente  li  prendea  solamente  per  presagj 
e  preludj  ili  maggiori  disgrazie.  Merita  ben 
Gasparo  Conlarino  cardinale  che  qui  si  faccia 
menzione  dell'  immatura  sua  morte  ,  accaduta 
in  Bologna  nel  di  primo  di  settembre  del- 
l'anno presente,  e  non  già  del  seguente,  come 

(lì  Isnaidi  ,  Diaiio  Ferrar.  ALS.  Alessami'o  Santi. 
(2)  Surius  Comuieiitar.  Campana  \'ita  di  Fil.  U. 


488  ANNALI   d' ITALIA 

alcuno  Iia  scritto  ,  percliè  in  Ini  mancò  un 
gran  lume  del  sacro  collegio.  Ma  in  qnesto 
medesimo  anno  papa  Paolo  avea  fatta  una  pro- 
mozione di  cardinali  nei  dì  2  di  giugno ,  in 
cui  fra  gli  altri  egregi  personaggi  ottennero  la 
porpora  il  sud  letto  Giovanni  Morone  arci- 
vescovo di  Modena  ,  e  Gregorio  Cortese  e 
Tonunaso  Badia ,  amendue  Modenesi  ^  illustri 
per  la  loro  dottrina  e  per  altre  doti. 

Anno  di  Cristo   i543.   Indizione  I. 
di  Paoijj  111  pnpti    1 0. 
di  Carlo  V  inipeivdore  3 5. 

Giaccliè  r  Augusto  Carlo  mirava  da  limgi  il 
nuovo  gagliardo  armamento  del  re  di  Francia 
contro  i  suoi  Stati  tli  Fiandra  e  d' Italia ,  e  del 
pari  non  ignora\a  aver  egli  incitato  il  Gran 
Signore  Solimano  coutra  dell'  Uiiglieria,  e  come 
Ibrmidahil  iosse  la  (lolla  |)r('|)arala  dal  Barba- 
rossa  contro  i  Cristiani  del  Mediterraneo:  de- 
terminò di  passar  dalla  Spagna  in  Italia  ,  e 
poscia  in  Gciniania  ,  per  accudire  ilo\e  il  bi- 
sogno maggiore  lo  ricbiedesse.  Aveva  egli  fatto 
riconoscere  con  .sobume  ("unzione  da  gli  Stati 
di  Spagna  don  Filippo  suo  (ìglio  per  suo  suc- 
cessore in  (pie'  regni  ;  e  parimente  gli  avea 
procacciala  in  moglie  d(Min;i  Maiia  (ìglia  di  don 
Giovanni  re  di  l'ortogallo ,  lultocliè  es«o  suo 
figlio  non  avesse  cbe  tredici  anni.  Celebrate 
poi  die  fiuono  le  nozze  nel  marzo  del  pre- 
sente anno  .  V  imperadoii*  ,  mibarcalo  sulle  galee 
d'Andrea  Doiia,  arrivò  felicemente  a  Genova: 


ANNO    MDXT.TIl  4'*^9 

In  questo  mentre  ,  per  maggiormente  precau- 
zionarsi coiitra  del  re  Cristianissimo,  aveva  egli 
contratta  Ioga  con  Anigo  \III  re  d' lughilter- 
ra  ;  ma  lega  che  sommamente  dispiacque  al 
pontefice  Paolo  ,  al  vedere  che  quel  re  dive- 
nuto ribello  alla  religion  Cattolica  ,  veniva  ad 
unirsi  c0n  un  imperadore  per  portar  1"  armi 
contio  la  Francia  cattolica.  Ma  noi  ora  %iventi 
non  più  facciam  caso  di  sì  fatte  leghe  fra  Cat- 
tolici e  Protestanti  ,  peicliè  avvezzi  a  toccar 
con  mano  che  l' interesse  di  Stato  è  pur  troppo 
il  pi'imo  mobile  in  cuor  de'  regnanti  ,  e  non 
già  la  religione.  Ora  il  pontefice ,  da  che  seppe 
il  disegno  di  Carlo  Augusto  di  tornare  in  Ita- 
lia ,  fece  proporre  un  abboccamento  con  lui , 
sperando  pure  ,  giacché  nulla  servivano  i  mezzi 
finora' adoperati ,  di  poter  colla  presenza  ed 
eloquenza  sua  muovere  qualche  trattato  di  pa- 
ce ,  per  cui  verisimilmente  a\  ea  delle  buone 
intenzioni  dalla  parte  de'  Franzesi.  A  questo 
congresso  non  inclinava  Cesare-  perchè  pieve- 
dendo  che  senza  cedere  alcuna  porzion  di 
Stati  o  diritti ,  non  si  polca  venire  all'  accordo, 
egli  non  si  sentiva  voglia  di  comperar  la  quiete 
con  suo  svantaggio  .  e  però  si  andava  divin- 
colando per  fiiggir  queli'  incontro.  A  Genova  , 
dove  egli  era  pervenuto ,  si  portarono  il  mar- 
chese del  Vasto  e  don  Ferrante  (ionzaga  per 
inchinarlo  .  ed  altrettanto  fece  anche  Pier-Luigi 
Farnese  ,  la  cui  nuora  Margherita  si  ferino  a 
Parma  ad  oggetto  di  vedere  nel  passaggio 
1'  Augusto  genitore  ,  con  cui  di  Spagna  era  ve- 
nuto eziandio  il  duca  Ottavio  suo  marito.  Es- 
sendosi ancora  portalo    colà    Cosimo    duca  di 


49f>  ANN'AM    d'  ITALIA 

Fii  ciize  ,  lauto  si  maneggiò  ,  che  l' iinppradorc, 
intento  a  raccoglier  moneta  ,  si  lasciò  indurre 
a  rimettergli  le  cittadelle  di  Firenze  e  di  Li- 
vorno ,  con  che  egli  pagasse  diicento  mila  scudi 
d'  oro  ,  come  attesta  il  Segni  con  altri  storici. 
L'  Adriani  scrive    cento  cinquanta  mila. 

Si  mosse  intanto  da  Roma  l' ansioso  papa 
Paolo  coli'  accompagnamento  sfarzoso  di  una 
gran  corte  e  di  mille  e  quattrocento  cavalli  a 
dì  26  di  febbraio,  e  passando  per  nevi  e  ghiac- 
ci ,  arri^ò  a  Bologna,  dove  speravi  che  Cesare 
verrebbe  a  trovarlo.  Ma  da  che  ebbe  inteso 
non  poter  esso  Augusto  portarsi  colà  ,  stante 
il  bisogno  di  passar  frettolosamente  in  Germa- 
nia ,  tanto  si  adopeiò,che  fu  destinata  la  terra 
di  Busseto ,  posta  fra  Piacenza  e  Cremona ,  e 
posseduta  da  Girolamo  Pallai  irino,  per  luogo 
del  loro  congresso.  I  fatti  mostrarono  non  aver 
r  impera  lore  la  fretta  con  cui  egli  si  schernii\a 
dall' abbocrai-si  col  papa.  Ora  T  impaziente  pon- 
tclìce  si  portò  sino  a  Parma  e  Piacenza  ,  non 
volendo  ohe  gli  scappasse  di  mano  1'  astuto  mo- 
nar(;a.  E  peichè  poi  si  awido  che  si  differiva 
il  di  lui  arri\o  a  Gono^a,o  la  paitenza  di  là, 
determinò  di  tornarsene  a  Bologna.  Prima  non- 
dimeno di  portarsi  colh  ,  pcicliè  era  stato  in- 
vitalo tlal  duca  di  Ferrara  Ercole- Il  a  visitar 
la  sua  capitale,  imbarcatosi  nel  di  21  d'aprile 
a  Bi'esccllo ,  arrivò  lo  slesso  giorno  in  \ici- 
nan/a  di  Ferrara  ,  dove  nel  dì  seguente  fece 
Li  sua  solenne  entrata.  La  magiii(ieen/a  con 
cui  fu  egli  accollo  ilal  duca  e  dalla  nobillh  e 
popolt)  l'i-nai  esc  ,  gli  spettacoli  e  di\ei1iuienti 
a  lui  dalij  e  1'  imiuenso  concorso  di  foresteria 


ANNO      MDXT.m  ^9  ' 

a  quella  città  ,  vengono  dosciitti  nel  Diario 
maiiuscritto  di  Antonio  Isiiaidi ,  e  in  altre  sto- 
rie ferraresi.  Ne  ho  |)arlato  aiicli^  io  nella  Se- 
conda Parte  delle  Antichità  Estensi.  Quivi  si 
fermò  per  tre  giorni  il  papa.  Dopo  di  che  si 
restituì  a  Bologna.  Venne  finaitnente  la  sospi- 
rata nuova  che  1'  imperadore  era  per  muoversi 
da  Genova  ;  laonde  il  pontefice  corse  m  Par- 
ma,  e  nel  dì  21  tli  giugno  passò  a  Busseto. 
A  quella  terra  nel  giorno  seguente  arri^  ò  pa- 
rimente r  Augusto  Carlo ,  e  furono  amendue 
ad  uno  stretto  colloquio  di  più  ore.  Per  (pianto 
si  affaticasse  il  santo  Padre  jier  indurre  V  iin- 
peradore  a  dar  mano  alla  pace  ,  con  cedere 
lo  Slato  di  Milano  ad  un  figlio  del  re  di  Fran- 
cia ,  il  trovò  sempre  jiiia  saldo  di  una  torre. 
Però  venne  egli  a  proporre  per  mezzo  termine 
che  Sua  Maestà  desse  a  Pier-Luigi  Farnese ,  o 
pure  ad  Ottavio  suo  nipote  quel  ducato  ,  cioè 
a  persone  divolissinie  di  Cesare  e  del  sacro 
romano  imperio  :  proposizione  non  nuova  a  gli 
orecchi  di  quel  monarca  .  il  quale  seppe  ben 
difendersi  da  questo  assulto ,  ancorché  molto 
perorassero  le  lagrime  della  duchessa  Marghe- 
rita figlia  di  esso  Augusto,  ed  in  oltre  gh  fosse  esi- 
bito grossissimo  censo  in  avvenire,  e  di  pre- 
sente una  strahocchevoi  somma  di  danaro  .  che 
papa  Paolo  s'  era  studiato  di  ammassare  in  va- 
rie guise  per  questo  fine. 

Voce  comune  fii  che  questo  desiderato  in- 
grandimenlo  della  casa  Farnese  fosse,  non  dirò 
r unico,  ma  uno  de'  principali  incentivi  per  cui 
il  papa,  nulla  curando  i  disagi  de'  viaggi  e  della 
stagione j    la    poca    sua    sanità  e  l'età   oramai 


493  ANXAT.I    d' ITALIA 

inclinante  alla  decicjnlezza ,  anzi  climenticanclu 
il  decoro  della  sublime  sua  dignità  ,  cor- 
resse dietro  all'  Angusto  Carlo ,  che  poi  si 
sbrigò  presta  di  lui  (i).  Lo  stesso  cardinal  Sa- 
doleto,  che  pure  stava  allora  in  Francia,  con- 
fessò che  prima  anche  delP  abboccamento  di 
Busseto  era  corsa  la  lama  che  per  privati  in- 
teressi il  papa  avesse  impreso  questo  viaggio. 
Cesare  Campana  (2),  e  molto  più  il  cardinal 
Pallavicino  (3),  per  gratitudine  alla  memoria 
di  un  papa  da  cui  la  insigne  Compagnia  di 
Gesù  riconosce  la  prima  sua  approvazione , 
amendue  lontani  di  tempo  ,  prendono  qui  a 
volere  smentir  quella  voce.  Ma  difficile  è  che 
mai  la  schiantino  dal  cuore  de  gli  accorti  let- 
tori. Perciocché  V  addurre  che  il  Giovio  e  due 
o  tre  altri  storici  han  pieso  abbnglio  in  altri 
punti  di  storia,  ninna  l'orza  ha,  perchè  troppo 
pruova  •,  e  pot?  ebhonsi  con  arme  sì  comode 
mettere  in  (ìiil)i)io  infinite  altre  veie  asserzioni 
de  gli  storici.  Ognun  sa,  se  gagliardo  l'osse, 
per  non  dir  di  più,  anche  in  Paolo  111  il  pru- 
rito di  portar  la  sua  casa  ad  onori  sublimi  di 
principato  ;  poco  ancora  slareuio  a  vederne  una 
indubitata  pruova.  Qui  poi  abbiam  la  corrente 
de  gli  storici  che  asseriscono  quel  l'atto,  an- 
che |)rinia  del  congresso  di  Busseto;  e  la  mag- 
gior parte  contemporanei,  e  non  solo  d'Italia, 
ma  di  Francia  e  di  Spagna.  Per  lacere  de  gli 
altri  ,    Alessandro    Sardi    (4)  ,    che    in    questi 

(i)  Rayniild.  Aiinal.  F.rclcs. 

(2)   (Campana  ,   Vita  di  l''ili|)|)0  II. 

(3l   Pallavicino  ,  Storia  tlcl  Concilio. 

(4)  Sardi ,  Istcr.  MSta.  .  ^ 


ANNO    MDXI.III  4f)^ 

tempi  tioriva  ,  e  lasciò  una  Storia  maniiscrilta 
di  cui  mi  servo  ,  va  in  ciò  d'  accordo  con  gii 
altri.  Onotiio  Panviiiio  (i),  che  pescava  in 
buoni  gabinetti  ,  aflinnia  ,  avere  //  papa  fatto 
all' ap  Ita  intrudere  questa  sua  pioposizione 
all' inipcradore.  E  Bonaventura  Angeli  (2),  che 
non  ignorava  gl'interessi  di  casa  Farnese,  e 
dedicò  la  sua  Storia  al  duca  Ranuccio ,  non 
dovea  certo  tener  per  sogno  le  condizioni  pro- 
poste da  papa  Paolo  per  ottenere  il  ducato 
di  Milano  al  figlio  ,  le  quali  son  riferite  dal- 
l'Adriani. Più  ragionevol  cosa  dunque  è  il  so- 
stenere die  principalmente  si  nio\esse  il  j)on- 
tefice  al  suddetto  viaggio  ed  abboccamento  per 
maneggiar  la  pace  in  bene  della  Cristiauilà  ;  e 
che  v'  ingroppasse  poi  il  progetto  tleil'  acquisto 
di  Milano  pel  figlio  o  nipoU',  giacché  si  trovò 
Cesare  troppo  alieno  dal  sagrificare  quel  bel 
paese  alle  voglie  del  re  di  Francia.  Hanno  i 
lettori  a  perdonarmi ,  se  qui  mi  son  fermato 
alquanto  per  amore  della  verità  ,  credendo  io 
in  fine  che  nulla  pregindiclii  all' onor  di  que- 
sto pontefice  l'aver  procurato  l'ingrandimento 
de' suoi  più  tosto  con  gli  Stati  d'altrui,  che 
con  quelli  della  Chiesa. 

S' inviò  poscia  l' Augusto  Carlo  verso  la 
Germania  ,  e  il  papa  malcontento  se  ne  tornò 
a  Roma.  In  questo  mentre  si  cominciò  a  pro- 
var da' Cristiani  qual  flagello  avesse  tirato  so- 
pra di  loro  la  disordinala  passione  del  re  chia- 
mato  Ciislianissimo.    Avea    il    Barbarossa    per 

(i)  Panvinio  ,  A'ite  de' Popi. 
(a)  Angeli ,  Storia  di  Panna. 


49 'f  ANNAU    d' ITALIA 

ordine  eli  Solimano  allestita  una  formidabile 
fl.)tta  di  galee ,  fusle  e  legni  da  carico ,  con 
q'ialtoidici  mila  Turchi  da  sbarco  ,  e  eoa  essa 
verso  il  fine  d'  aprile  fece  vela  ,  giugnendo  poi 
al  Faro  di  !VL'\ssiiia  sul  fine  di  giugno.  V  era 
sopva  anrhe  Antonio  Poliiio ,  ministro  del  re 
di  Francia ,  couiO  direttore  di  sì  detestabii  im- 
presa. Per  lo  soavento  si  fuggirono  gli  abitatori 
di  Heggio  di  Calabria.  Dato  prima  il  sacco  alla 
misera  città ,  ne  fece  poi  la  rabbia  tur(;hesca 
un  fa'ò  .  oltre  al  tagliare  gli  alberi  fruttiferi , 
le  vigne  e  le  paline  di  cpiel  paese.  Di  là  con- 
dnssi-ro  que' Barbari  anche  gran  copia  d'anime 
cristiane  in  servitù.  Inferiti  altri  danni  alle  ri- 
viere delia  Lucania  e  Puglia ,  arrivò  la  flotta 
infedele  alla  sboccatura  del  Tevere  :  il  che 
mise  in  som:ua  costernazione  la  stessa  città  di 
Roma  ,  talmente  che  sebìiene  il  Polino  assicu- 
rasse il  cardinal  di  Carpi  reggente,  che  niun 
pericolo  v'  era  ,  pure  non  si  potè  impedire  la 
fuga  di  moltissimi  in  luoghi  piiì  sicuri.  Di  là 
navigò ,  senza  far  altri  danni  ,  il  Barbaro.ssa 
filo  a  .Marsiglia ,  dove  si  vide  trionfalmente 
accollo  questo  gran  nemico  del  nome  cristiano 
nel  mese  di  luglio.  Perchè  era  andato  a  male  mi 
trattato  de'  ministri  franzesi  <Yi  sorprendere  il 
castello  di  Nizza  in  Provenza,  irritalo  il  re  Fran- 
ce.sco,  ordinò  che  le  sue  galee  sotto  il  comando 
di  Francesco  di  Borbone  conte  d'  Anghien  di 
sangue  reale,  unite  all' armata  liirchesca,  an- 
dassero all'assedio  tiella  città  di  Nizza.  Si  so- 
stennero con  \ig()re  ([ue' terrazzani  dal  dì  io 
d'agosto  '■ino  al  (h  22  contro  il  coiitiniio  fuoco 
delie  arliglieiie ,  e  conilo  gh  assalii  de'  Turchi } 


Asxo  Mnxi.m  4r)5 

ma  in  fine  conosoeiulosi  incapaci  di  rcsi- 
slere  |^)iù  luiiganicnle  a  tante  forze  noniiclie , 
capitolarono  con  oneste  condizioni  la  resa.  Si 
a})|jlicò  dipoi  il  Barbarossa  a  conihatlere  il  ra- 
slclio  ,  alla  mi  difesa  stavano  Andica  di  iMon- 
foitc"  e  J^aolo  Simeone  ca\alici'  di  Malta,  riso- 
luti di  resistere  sino  alf  ultimo  fiato.  Intanto 
Carlo  duca  di  Savoia,  stando  in  Vercelli,  non 
potca  darsi  paco  per  le  sventure  della  sua  città 
di  Nizza  ;  e  però  tanto  pregò  e  scongiurò  il 
marcliese  del  Vasto ,  che  l' indusse  a  muovere 
le  sne  milizie  \  erso  Genova,  pvv  portare  soc- 
corso air  assediata  cittadella.  Imbarcatisi  dun- 
que aniendue  colla  gente  sulle  galee  d'Andrea 
Doria ,  andarono  a  posarsi  a  Villafranca:  il  che 
bastò  perchè  il  Barbarossa  e  i  Franzesi ,  dopo 
aver  dato  il  sacco  alla  città,  sciogliessero  l'as- 
sedio ,  con  ridursi  il  generale  tuichesco  per 
mare  a  Tolone,  dove  colle  sue  truppe  svernò, 
ma  non  senza  gravissimo  ilanno  de'  Prov  enzali. 
Ed  ecco  a  clic  si  ri  lusserò  tutte  le  prodezze  di 
quel  Barbaro  ,  e  de'  suoi  collegati  franzesi  in 
quelle  parti. 

Da  che  ebbe  il  duca  di  Savoia  rinfrescata 
di  gente  la  fortezza,  e  ben  vettovagliata  la 
città  di  Nizza,  dove  richiamò  gli  abitanti  fug- 
giti, tornò  col  marchese  del  Vasto  in  l'iemonte , 
ed  impres<!  T  assedio  della  citlà  di  Mondov  ì  , 
con  alzarvi  tre  batterie.  Gran  tempo  v  i  stet- 
tero sotto  ,  e  più  vi  sarebbero  slati  ,  se  non 
fossero  radute  loro  in  mano  le  lettere  che  colà 
inviava  il  signor  di  Bntieres  general  de"  Fran- 
zesi in  Piemonte.  Ne  furono  finte  dell' altre, 
colle  quali  si  ordinava  al  comandante  di  Mondovì 


Ai;)6  ANNALI    d'  ITATJA 

di  capitolare ,  percìiè  non  gli  si  pelea  dar 
soccorso  :  il  clic  fece  rendere  la  città.  Susse- 
scgiienteniente  s'impadronirono  essi  di  Cara- 
magna,  di  Raconigi ,  Carmagnola  e  Carignano; 
nel  qiial  nltinio  luogo  il  marchese  lasciò  mi 
buon  presidio  ,  e  poi  si  ritirò  a  quartieri  d'in- 
verno a  Milano.  Quanto  all' imperador  Carlo, 
fece  egli  guerra  nella  bassa  Germania ,  e  ri- 
dusse a'  suoi  \  oleri  il  nemico  Guglielmo  duca 
di  Cleves.  Neil'  esercito  suo  militarono  alcune 
migliaia  di  fanti  e  cavalli  italiani  ,  e  molti  in- 
signi iifi/iali  dì  questa  nazione  ,  e  fra  essi  Ca- 
millo Colonna  ,  Antonio  Doria  ,  don  Francesco 
d'  Este.  Il  marchese  di  Marignano  era  generale 
dell'  artiglieria  ;  masti'o  di  campo  generale  Ste- 
fano Colonna ,  e  luogotenente  generale  don 
Ferrante  Gonzaga.  Ma  in  Ungheria  |)cggiorarono 
di  mólto  gli  alìari  de' Cristiani  dell'anno  pre- 
sente. Avea  il  pontefice  Paolo  inviato  in  aiuto 
di  Ferdinando  re  de'  Romani  e  d'  Ungheria , 
Giamhalista  Savello  e  Giulio  Orsino  con  (|uat- 
tro  mila  fanti  italiani.  Venuto  lo  stesso  Soli- 
mano gran  Signore  con  un  esercito,  dicono, 
di  ducento  mila  persone,  non  tio\ò  forze  tali 
che  potessero  far  fronte  alla  sua  potenza;  però 
gli  riuscì  di  sottomettere  all'  impiiio  suo  la 
metropolitana  citLÌi  di  Slrigonia  ,  Cinque  Chie- 
se ,  Alba  Hcgale  con  altri  luoghi ,  essendo  ai-- 
rivato  troppo  tardi  l'esercilo  del  re  Fiutliuando 
per  oppoisi  a  tali  con<|uiste.  In  Italia  mentre 
erano  spedite  in  Levante  dal  Rarharossa  quat- 
tro navi ,  dove  dicono  imbarcali  ciuijue  mila 
Crisliani  dell'  uno  e  dill"  altro  sesso  ,  con 
ducento    sacre    vcjgiiii    destinate    a    i    serragli 


ANNO    MDXUIT  4^7 

turcheschi,  s'incontrarono  esse  nella  squadra 
delle  galee  di  Napoli  ,  comandala  da  don  Gar- 
zia  figlio  del  viceré  ,  e  furono  felicemente 
prese  e  condotte  a  Messina. 

Anìio  di  Cristo   i54f.  Indizione  li. 
di  Paolo  IH  papa    i  i. 
di  Caulo  V  impaudore  26. 

Venuta  la  primavera  di  qnest'  anno  ,  si  esi- 
birono di  nuovo  i  barbari  Tinelli  di  passare 
ne'  mari  di  Spagna  ,  per  dare  il  guasto  a  tutti 
que'lidi.  Ma  il  re  Francesco  oramai  ravvedu- 
to ,  se  non  anche  pentito  della  scandalosa  sua 
lega  con  quegl'  Infedeli ,  che  nulla  aveva  a  lui 
fruttato  se  non  immense  spese  e  T  odio  de  i 
popoli  cristiani ,  e  l' aver  cagionata  in  Germa- 
nia una  forte  lega  di  que'  principi  ,  tanto  Cat- 
tolici che  Protestanti:  hcenziò  fiuairaeute  il  Bar- 
barossa ,  regalato  con  molti  doni ,  acciocché 
tornasse  in  Levante.  Lasciò  costui  nel  suo  viag- 
gio infauste  memorie  della  sua  crudeltà.  Fer- 
matosi air  Elba ,  vi  recò  gran  danni.  Arrivato 
a  Piombino  ,  perchè  1'  Appiano  signor  d'  essa 
terra  non  volle  restituirgli  un  giovinetto  fatto 
cristiano  ,  e  figlio  d'uno  de' suoi  capitani,  mise 
la  gente  in  terra  ,  e  col  ferro  e  col  fuoco  e 
colia  schiavitù  di  molte  persone  obbligò  quel 
signore  a  rendere  quel  garzone.  Giunto  dipoi 
sul  Sanese  ,  prese  Talamone  e  Porto  Ercole  e 
l'isola  del  Giglio,  facendo  prigioni  più  di  sei 
mila  Cristiani.  Indi  passato  all'  isola  d' Ischia  , 
la  rovinò  tutta  ,  colla  presa  anch'  ivi  d'  assais- 
fiimi  abitatori.  Andò  sotto  Pozznolo  ,   nia  nulla 

Wliiutoiu.   p^ol.  XIF.  02 


4q3  ANNALI    D*  ITALIA 

vi  guadagnò  Depredando  poi  le  riviere  della 
Calabria ,  pervenne  a  Lipari  e  a  Precida ,  alle 
(jiiali  diede  il  sacco  ,  e  ne  condusse  via  circa 
otto  mila  persone.  La  maggior  parte  di  tanti 
poveri  Cristiani  fatli  schiavi  perì  per  li  sover- 
chi patimenti  ,  prima  di  giiignere  in  Levante , 
non  sapendosi  uè  anche  intendere  come  po- 
tesse la  sua  per  altro  gran  flotta  condurre  tanti 
schiavi  ed  alimentarli.  Perciò  in  tutta  Italia  al- 
tro non  si  udiva  che  maledizioni  contro  del 
re  di  Francia,  il  cui  furore  avea  tirato  sopra 
la  Cristianità  questo  flagello.  E  la  sua  parte 
ancora,  secondo  la  varietà  de'gcnj,  ne  toccò 
air  imperador  Carlo ,  attribuendo  a  lui  la  ca- 
gion  delle  presenti  guerre,  e  l'ostinazione  in 
non  voler  la  jiacc  Era  esso  Augusto  collegato 
col  re  ingh'se  a  i  danni  della  Francia  ;  ed 
amendue  (  l;uUe  erano  le  lor  forze  )  si  lusinga- 
vano di  poter  fiire  una  \isita  alla  slessa  cittì» 
di  Parigi;  anzi  fu  dello  che  si  avessero  partito 
fra  loro  il  regno  di  Francia ,  senza  ricordarsi 
che  a  l;u'  facilmenle  i  conti  sulla  pelle  dell'orso 
non  è  da  gente  sa\ia.  Ma  verisimilnu'nle  que- 
ste furono  ciarle  ed  invenzioni  di  begl' ingegni. 
Uscirono  questi  due  monarchi  per  tempo  iu 
campagna  ,  j)rinia  die  il  re  Francesco  avesse 
unito  l'esercito  suo.  Inviato  don  Ferrante  Gon- 
zaga sotto  Lncrmburgo,  occu{)ato  nell'anno 
addietro  da  i  Franzesi  ,  non  durò  gran  (aliea 
a  ricuperarlo  per  \iUà  di  f[uel  comandante. 
Vennero  «lipoi  «oslrelli  all'ubbidienza  di  Cc« 
saie  i  luoghi  <li  Couitiiereì ,  F.ignl  i:  San  De.sir. 
Lasciatosi  poi  alle  sj)alle  Scialon  ,  penetrò  I'  e- 
fiercilo  cesareo  sino  a  Peruèj  sfilici  leghe  lungi 


ANNO    MDXMV  499 

da  Parigi,  consumainlo  con  gl'iiicendj  ogni 
luogo  alla  deslra  della  Marna  ,  per  non  essere 
da  meno  de'Fianzesi,  che  aveano  fatto  altrettanto 
guasto  nell'anno  precedente  nel  nemico  paese. 
Certameiiie  se  Arrigo  re  d'Ingliilterra  ^  che  con 
potente  esercito  era  passato  in  Piccardia ,  secondo 
i  disegni  fatti  fosse  venuto  innanzi,  gran  peri- 
colo correva  la  città  di  Parigi.  In  essa  lieve 
almeno  non  fu  lo  spavento.  Ma  Arrigo  per 
avere  già  dato  principio  all'  assedio  di  Bolo- 
gna,  città  fortissima,  non  si  volle  muovere  di 
là  ;  sicché  sconcertò  tutte  le  misure  dell'  im- 
peradore.  E  intanto  il  re  Francesco ,  assoldala 
una  gran  copia  di  Svizzeri ,  con  una  forte  ar- 
mata venne  a  postarsi  alla  parte  sinistra  del 
suddetto  fiume  ,  e  fermò  il  corso  de'  nemici. 

Prima  ancora  di  questo  tempo  s'era  rinfor- 
zata la  guerra  in  Piemonte.  Imperciocché  il  re 
Francesco  ,  per  fare  una  diversione  all'armi  di 
Cesare,  inviò  in  Italia  Francesco  di  Borbone 
della  casa  reale ,  signore  d'  Anghieji ,  suo  luo- 
gotenente ,  con  sei  mila  fanti  guasconi  ed  al- 
trettanti svizzeii.  Era  allora  assediata  dal  si- 
gnor di  Butieres  la  città  d'Ivrea,  e  ridotta  al- 
l' agonia  ,  quando  gli  venne  ordine  dall'  An- 
gliien  di  non  procedere  al  decisivo  assalto,  e 
di  aspettarlo.  S' indispetti  il  Butieres  al  vedere 
che  questo  giovane  signore  ,  non  contento  di 
torgU  il  comando ,  gli  volea  ancora  rapir  la 
gloria  di  quell'  acquisto  ,  e  lasciò  che  gli  asse- 
diali riparassero  le  breccie  fatte ,  e  si  fortifi- 
cassero in  maniera  che  delusero  tutti  gli  sforzi 
fatti  poscia  dall' Angliien  per  forzarli  alla  resa. 
Era    tutta\  ia    di    gennaio ,    quando    il    general 


5oO  ANNALI    d'  ITAUA 

fianzese  ,  lasciata  in  pace  Ivrea ,  venne  a  ci- 
gnere  ti'  assedio  Cangnano.  Per  maggior  sicu- 
rezza eli  questa  impresa  ricuperò  Carmagnola 
ed  nitri  luoghi.  Spedì  anche  eh  qua  dalla  Dora 
un  corpo  di  gente ,  che  s'  inipadionì  di  Cre- 
scenlino,  di  A.stigliano  e  di  Deciana,  ma  non 
potè  mettere  il  piede  in  Trino.  Durò  T  assedio 
di  Carignano  sino  al  princijiio  cV  aprile  ;  nel 
qual  tempo  il  marchese  del  \asto,  rinforzato 
da  sei  mila  Tedeschi  ultimamente  calati  di 
Geruiiuiia  ,  uscì  in  campagna  con  intenzion  di 
soccoirere  quella  piazza  che  si  credeva  troppo 
necessitosa  di  vettovaglie.  A  questo  avviso  l'An- 
gliicn  ,  lascialo  sulficiente  presidio  sotto  Cari- 
gnano ,  venne  all'incontro  d'esso  marchese. 
Troxaronsi  le  due  nemiche  armate  nel  dì  di 
Pas(|ua  in  vicinanza  nel  luogo  della  Ceresuola. 
Ora  nel  dì  i4  d'aprile  il  marchese,  accompa- 
gnato da  Carlo  Gonzaga,  da  Spinetta  marchese 
Rlala-piria ,  da  Camillo  Monlccuccolo  e  ila  altri 
signori,  andò  di  hiion'ora  a  riconoscere  il 
campo  fianzese,  e  trovatolo  in  n)Oto,  corse  nd 
ordinar  le  sue  schiere.  Sul  principio  si  mostrò 
favorevole  la  fortuna  a  gì'  imperiali  ,  ma  nel 
proscguimcnlo  uditosi  uno  gridare  ,  /  alta  , 
volta,  senza  che  se  ne  sapesse  la  cagione,  la 
cavalleria  cesarea  prese  la  fuga  verso  Asti,  veri- 
ficaiiilo  l'aulico  proverhio:  Che  la  cavalleria  o 
presto  vince,  o  presto  fugge.  L' ahhandonata 
fiuiferia  tedes(-a  rimase    tolalnu'nle    (lihj'alla  ;    il 

filini  ipe  di  .Salerno  ritirò  in  oidiuanra  gì'  Ita- 
iaiii  ad  Asti  ,  e  il  marchese  (h>l  Vasto  ferito 
6Ì  mise  in  salvo.  Setlccentn  Spiignuoli  restaiouo 
prigioni,    e   in    poter    de' Frauzesi  vennero  le 


,  ANNO    MnXT.TV  Sol 

arlìglierie  e  le  Lag.iglii':  del  campo  nemico.  Giiin- 
,sero  alcuni  a  credere  che  gl'imperiali  vi  per- 
dessero dieci  mila  persone.  Gonfiarono  anche 
pii^i  le  pive  altri  storici  con  ilire  uccisi  più  di 
dodici  mila  di  essi  ;  ed  alcuni  altri  ne  accreb- 
bero il  numero  sino  a  quattordici  o  quindici 
mila ,  oltre  a  gli  Spagnuoli ,  e  a  due  mila  e 
cinquecento  Tedeschi  presi  prigioni.  In  alTari 
di  guerra  niun  si  fa  scrupolo  d' ingrandire  o 
sminuire  le  cose  a  dismisura.  Per  altro  anche 
ad  essi  Franzesi  costò  caro  questa  vittoria.  Sino 
al  dì  22  di  giugno  tenne  saldo  Cariguano ,  nel 
qual  giorno  quella  guarnigione  capitolò  la  resa 
con  obbligo  di  non  servire  per  cincpie  anni 
contro  il  re  e  i  suoi  collegati.  Molti  altri  luo- 
ghi si  diedero  a  i  Franzesi.  In  questo  mentre 
Pietro  Strozzi  con  ordine  e  danaro  del  re  Cri- 
stianissimo assoldò  alla  Mirandola  sette  mila 
fanti  con  una  compagnia  di  cavalli,  e  si  mosse 
verso  Milano,  passando  anche  il  Lambro,  per 
isperanzo  dategli  che  que'  popoli  troppo  ag- 
gravati si  ribellerebbono.  Ma  disingannatosi ,  e 
trovato  il  marchese  del  Vasto  alla  custodia  de  i 
passi  ,  fece  la  ritirata  a  Piacenza ,  dove  Pier- 
Luigi  Farnese  duca  di  Castro,  che  ivi  pel  papa 
stava  cU  guardia ,  gli  somministrò  vettovaglie  e 
comodo  per  ristorar  la  sua  gente.  Fu  rappor- 
tata air  imperadore  quest\'jzione  del  Farnese, 
e  se  la  legò  al  dito,  con  prender  anche  per 
questo  in  diffidenza  papa  Paolo.  Rinforzato  po- 
scia lo  Strozzi  da  altre  soldatesche  condotte 
da  Roma  da  Niccola  Orsino  conte  di  Pitiglia- 
no ,  tentò  di  passare  in  Piemonte  pel  Genove- 
satoj   ma   verso    Sena\alle    restò  sconfitto  dal 


5o2  Annali  d'itaua 

principe  eli  Salerno,  il  quale  perchè  rilasciò  i 
fuoruscili  napoletani  che  erano  restali  prigioni, 
cagionò  non  pochi  sospetti  alla  corte  cesarea 
contro  la  di  lui  fede.  Rifece  dopo  qualche 
tempo  lo  Strozzi  f  esercito  suo ,  e  con  quattro 
mila  fanti  (  essendosi  sbandalo  il  resto  )  calò 
nel  Monferrato  e  vi  prese  Alba.  Niun' altra  im- 
portante azione  seguì  in  quelle  parti  nel  pre- 
sente anno. 

Lasciammo  già  le  due  armate  cesarea  e 
fin.izcse  solamente  divise  dal  fiume  Marna. 
Trovavaiisi  in  un  pericoloso  impegno  que'  due 
tnonarcli!  ;  il  re  Francesco  I  per  timore  di 
per  lere  Bologna  ,  e  per  aver  nelle  viscere  del 
suo  regno  un  sì  poderoso  nemico  esercito  a 
cui  il  ;o!er  dare  battaglia  era  un  metlere  a 
ripcntaglio  il  tutto  ;  e  l' imperador  Carlo  V 
per  non  poter  passare  innanzi,  e  per  la  ver- 
gogna di  aversi  a  ritirare  indietro ,  e  tanto  più 
perchè  veniva  mcn  la  vettovaglia  per  la  sus- 
sistenza dell'  esercito.  Questa  situazion  di  cose 
accrebbe  le  batterie  di  chi  amava  il  pubblico 
])enc  per  condurre  alla  pace  principi  da  taiuo 
tempo  sì  discordi  e  pertinaci.  Aveva  a  questo 
fme  il  zelante  papa  Paolo  111  inviati  due  le- 
gali ,  cioè  il  cardinale  Giovanni  IMorone  ve- 
scovo di  Modriia  air  imperadore,  e  il  cardinal 
Marino  Grimani  Veiulo  al  re  Crisliaiiissimo. 
]\hj  non  sembra  clic  questi  avessero  gran  mano 
in  quel  traltalo.  \e  l'ebbero  bi usi  i  confes- 
sori d'  aniendue  i  monarchi  ,  od  altri  cardinali 
e  signori  dell'imo  e  dell'alilo  partito;  tanto 
che  nel  dì  iS  di  setlenibrc  a  Crespi  furono, 
soUoscrilli  da    yli    scauibicvoli    plenipotenziai  j 


I 


gli  articoli  della  pace  (i}.  Il  principale  di  que- 
sti fu  ,  che  l'Ai^usto  Carlo  prometteva  di  dare 
in  moglie  a  Carlo  dura  d' O  leans  secondose- 
n ito  del  re  donila  Maria  principessa  di  Spagna, 
sna  figlia  ,  e  in  dote  la  Fiandra  co' Paesi  Bassi; 
o  pure  Anna  secondogenita  di  Fenlinando  re 
de' Romani ,  e  in  dote  il  ducato  di  Milano:  il 
qiial  uìatrimonio  si  dovea  dic'iiarar  dopo  qwat- 
tro  mesi.  Fu  anche  s'ahil'to  ch«  si  avessero  a 
restituire  tutti  i  suoi  Stali  al  duca  di  Sa-  oia , 
ma  in  una  maniera  sì  imbrogliata  ,  che  questo 
principe  in  sna  vita  non  ne  poi  è  mtii  lientrar 
in  pieno  possesso ,  avendolo  accom;iagnato  le 
sue  calamità  sino  alla  morte:  sventura  più 
volte  accaduta  a  i  minori  entrati  in  lega  colle 
potenze  maggiori.  Se  1'  impcradore  avesse  in 
tanti  anni  addietro  voluto  acconsentire  alle 
stesse  condi/.ioni  di  pace  che  gli  fnono  più 
volte  proposte  ,  oh  quanti  mali  e  quanto  san- 
gue si  sarebbero  rispariniati  a  i  regni  cristia- 
ni! Ma  il  pqia  e  le  persone  più  accorte  non 
si  seppero  induiTe  a  credere  che  1  imperado- 
re  ,  impastato  di  sì  fina  politica  ,  usando  quelle 
intricate  promesse  ,  pensasse  ad  eseguirle  dipoi , 
ed  immaginarono  eh'  egli  troverebbe  col  tempo 
uncini  e  ripieghi  tali  da  non  mantener  la  pa- 
rola. Mentre  si  ficea  questo  maneggio ,  Arri- 
go Vili  re  d'  Inghilterra  costrinse  alla  resa  la 
città  di  Bologna  in  Piccardia  ;  e  siccome  com- 
preso nella  pace  ,  fece  ben  vista  di  accettarla , 
ma  con  pretendere  di  non  essere  tenuto  a 
restituir    quella    città  ,    perchè    presa    nel    dì 

(i)  Du-Mout  Corps  Diplomat. 


5o4  ANUALI    d'  ITALIA 

innanzi  alla  segnatura  di  essa  :  al  qual  caso  non 
s'era  provveciuto.  Per  quello  andò  continuando  la 
guerra  fra  i  re  dì  Francia  e  d'  Inghilterra.  In- 
crcdibil  fu  V  allegirzza  clie  si  difluse  per  la 
Cristianità  alla  nuova  della  concordia  suddetta, 
figurandosi  i  popoli  cattolici  che  oramai  si 
avesse  dopo  tanti  guai  a  godere  la  quiete.    So- 

Ì)ra  gli  altri  ne  mostiò  g;an  giubilo  papa  Pao- 
0  ;  e  però  sperando  cessiiti  «luegl'  impedimenti 
che  fin  qui  s'  erano  intei posti  alla  tenuta  del 
concilio  (li  Trento  ,  nelf  ultimo  dì  di  novem- 
bre pubblicò  il  decreto  del  ])rincipio  che  do- 
vea  darsi  a  quella  sacra  assemblea  pel  dì  25 
di  marzo  delì'aimo  seguente.  Il  solo  Carlo 
duca  di  Saviiia  ,  siccome  dicemmo  ,  quegli  fa 
che  non  potè  rallegrarsi  ;  anzi  ebl>e  a  piagnere 
per  la  pace  di  Crespi  ;  peiciocchè  altro  a  lui 
non  fu  di  presente  restituito  che  alcuni  luoghi 
di  poca  importanza,  come  Clierasco  ,  Crescen- 
tino,  Verrua  ,  San  Germano  ed  altre  simili 
terre,  mentre  il  meglio  de' suoi  Stati  rimaneva 
in  potere  de'  Franzesi  ed  imperiali. 

yfnno  fll  Cristo   i545.  Indizione  UT. 
di  Paolo  HI  pnpn   12. 
di  Cahlo  V  imperadore  27. 

Fu  poi  falla  nel  gennaio ,  o  pure  nel  feb- 
braio di  cpiest'anno  la  dichiarazione  dell'Au- 
gusto Carlo:  cioè  ch'egli  darebbe  1' iiifanla 
sua  figlia  donna  Maria  in  moglie  a  Carlo  duca 
d'Orleans,  e  in  dote  il  ducato  di  Milano.  Era 
j^ià  sialo  (pic;sto  principe  a  baciar  le  mani  al- 
l' imperadore ,  con  replicar    anche   altre    volle 


ANNO   MnXT.V  5o5 

questo  atto  d'  ossequio  ;  e  siccome  egli  era  gra« 
«iosissimo  e  ornalo  di  belle  doti  ,  così  voce 
comune  fu  eh'  esso  Carlo  avesse  per  lui  con- 
cepiito  un  grande  affetto.  Prima  nondimeno  di 
cfléltuar  questo  niaritagjjjio  ,  mosse  lo  scaltro 
Augusto  d(  Ile  pretensioni  alla  corte  di  Fran- 
cia, chiedendo  che  il  re  Francesco  assegnasse 
ad  esso  suo  ligliuolo  qualche  Slato  ,  acciocché 
non  si  vedesse  quell'  enorme  deformità  che  la 
figlia  d'  un  imperadore  ,  re  anche  di  Spagna , 
sposasse  un  principe  che  non  avesse  se  noa 
la  spada  per  suo  retaggio.  Da  i  politici  fu  cre- 
duta questa  dimanda  un'  invenzion  sottile  per 
guadagnar  tempo ,  ed  anche  per  eccitar  gara 
fra  i  due  figli  del  re  ,  cioè  fra  Arrigo  Delfino 
e  il  suddetto  duca  d'  Orleans ,  i  quali  anche 
per  la  diversità  del  genio  e  per  altre  ragioni 
si  scorgevano  già  molto  discordi  fra  loro.  In- 
torno a  ciò  si  auilarono  facendo  vaiie  consul- 
te ,  proposte  e  risposte ,  finché  si  arrivò  al 
mese  di  settembre:  quando  eccoti  quella  che 
imbroglia  e  sbroglia  tante  cose  del  mondo  , 
giunse  a  rapire  lo  stesso  duca  d'Orleans.  Tro- 
vavasi  allora  col  figlio  e  colla  corte  il  re  Fran- 
cesco nella  Badia  di  Foresta  presso  Rue  ,  dove 
fra  quegli  abitanti  correa  una  febbre  pesti- 
lenziale e  contagiosa.  Per  poca  sua  cautela  la 
contrasse  anche  q'iell'  amabii  principe ,  onde 
nel  dì  8  di  settembre  fece  fine  al  corto  suo 
vivere  in  età  di  ventitré  anni.  Non  mancò 
gente  che  sospettò,  secondo  il  mal  uso  d'allo- 
ra ,  di  veleno  fattogli  dare  dall'  imperailore  ,  o 
dal  tuttavia  nemico  re  d' Inghilterra.  Ma  gli 
stessi  storici  frauzesi  concordemente  distruggono 


5o6  ANNAl.t    d'  TTAT.U 

tal  voce  ,  riconoscendo  ch'egli  mancò  di  morie 
nal linde.  Per  questa  perdita  se  fu  inconsola- 
hil  il  dolore  del  re  suo  padre ,  non  gli  cellette 
nella  verità  ,  o  almeno  nelle  apparenze  ,  l'affli- 
zione die  ne  mostrò  lo  stesso  impcradore  , 
quasi  che  anche  a  lui  fosse  mancato  un  tìglio 
Tieir essergli  tolto  un  principe  destinato  in  ma- 
rito alla  fì^jlia.  Ma  intanto  un  colpo  tale  riuscì 
di  non  picciolo  vautug^io  ,  e  ,  siccoinr-  più  d'  uno 
credette,  anche  d'interna  consolazione  adesso 
Angusto,  perchè  vaniva  con  ciò  ad  aprirsi  il 
campo  per  non  attendere  la  promessa  fitta  in 
Crespi  di  rilasciare  Io  Stato  di  Milano  o  la 
Fiandra  alla  Francia.  Non  terrò  io  dietro  alle 
imprese  de'  Franzesi  ,  spettanti  bensì  all'  anno 
presente ,  ma  non  all'  istituto  mio  ,  e  mi  ba- 
sterà di  accennare ,  avere  il  re  Francesco  messa 
insieme  una  forte  armata  di  terra,  e  un'altra 
ancora  di  mare ,  per  desiderio  di  torre  dalle 
mani  del  re  inglese  l'occupala  importante  città 
di  Ikilogna.  Si  azzuffarono  le  flotte  ,  e  fu  co- 
stretta la  franzese  a  ritirarsi.  Perchè  non  ispe- 
ravario  i  Franzesi  di  poter  per  allora  vincere 
con  assedio  Bologna,  si  ridussero  a  ftbbricar 
nn  forte  in  quelle  vicinanze  ,  capace  di  grosso 
presidio,  per  tenere  in  Ireno  quello  della  città. 
]Ma  il  re  scoraggilo  ed  alllittn  tra  per  la  per- 
dita del  figlio  duca  d  Orleans  ,  per  cui  resta- 
vano arenate  tutte  le  disposizioni  precedenti 
di  aef|iiislare  Slati  per  la  regal  sua  f.imiglia,  e 
per  trovarsi  battuto  da  gl'Inglesi,  colf  erario 
volo,  co' sudditi  stanchi  e  smunti  ,  e  col  corpo 
ancora  mallrallato  da  un'  ulcera  nelle  parti  ver- 
gognose :   finalmeutc    cominciò    a  rallentare  gli 


ANNO     MDXLV  So-y 

spirili  guerrieri ,  e  a  desiderar  il  riposo ,  per- 
chè tutte  queste  vicende  gli  andavano  ricor- 
dando la  sua  mortalità.  Perciò,  senza  fare  più 
istanza  della  Fiandra  o  del  ducato  di  iMilano  , 
a  Ini  bastò  di  assicurarsi  che  I'  imperadore  con- 
tinncrebije  nella  stabilita  pace  ,  e  fisserebbe  i 
cuniini  per  gli  altri  Stati  ,  de'  quali  s'era  trat- 
tato nella  concordia. 

Costanti  furono  i  movimenti  di  papa  Paolo 
in  quesl'  anno ,  affinchè  essendo  cessate  tante 
guerre  fra  i  primi  potentati  della  Cristianità , 
si  desse  oramai  principio  all'  intimato  concilio 
di  Trento.  Questo  in  fatti  si  diede  nel  dì  i5 
di  dicembre  ,  ma  con  troppo  scarso  concorso 
di  prelati  ,  benché  dianzi  fossero  state  pubbli- 
cate le  jiene  prescritte  da  i  Canoni  a  chi  non 
interveniva.  In  mezzo  nondimeno  a  questi  pen- 
sieri, degni  d'  un  zelante  pontefice,  non  dormi- 
vano né  scemavano  le  sue  premure  per  l'in- 
grandimento della  propiia  casa.  Da  che  egli 
intese  destinato  dall'  imperaclore  il  ducato  di 
Milano  pel  duca  d' Orleans  ,  e  troncate  colla 
morte  di  questo  tutte  le  precedenti  idee  e  spe- 
ranze sue  di  conseguirlo  per  Pier-Luigi  suo 
figlio  ,  si  applicò  ad  un  altro  partito  ,  che  se  non 
tanto  glorioso ,  certamente  era  di  piìi  facile 
riuscita  :  cioè  disegnò  di  dargli  Parma  e  Pia- 
cenza .  possedute  allora  dalla  camera  aposto- 
lica. Due  impedimenti  potcano  incontrarsi  a 
questo  progetto;  1'  uno  dalla  parte  dell'  impe- 
radore  non  solamente  vicino,  ma  pretendente 
su  quelle  due  città  ,  per  le  ragioni  del  ducalo 
di  Milano  ;  e  1'  altra  dalla  parte  del  sacro 
collegio;    a    cui    ben    si    conosceva    che    no» 


5r  8  ANNALI    d'  ITAriA 

potrebbe  piacere  questo  tal  quale  smembramenio 
di  (lue  nobili  ed  insigni  città  dalla  camera 
pontificia.  Fece  il  papa  esporre  questo  suo  di- 
segno a  Cesare ,  per  ottenerne  T  approvazio- 
ne j  ma  ritrovò  clii  sapea  ben  di  scberma  ,  e 
sotto  belle  parole  covava  sentimenti  diversL 
Callo  non  disapprovò  apertamente  1'  atto  me- 
ditalo; ma  né  pur  T  approvò,  come  quegli  che 
vedeva  il  papa  disporre  si  francamente  di  uno 
Stato  che  i  suoi  ministri  gh  presentavano  oc- 
cupato indebitamente  da  Giulio  TI  e  da  Leon  X, 
e  parte  del  ducato  milanese  ,  giacche  insussi- 
stente pretensione  era  quella  di  spacciar  Parma 
e  Piacenza  per  città  dell'  esarcato.  Oltre  a  ciò, 
mirava  l' inrperador  di  mal  occhio  Pier-Luigi , 
e  mal  sofleriva  che  più  tosto  a  lui  ,  che  ad 
Ottavio  suo  genero ,  si  facesse  nn  sì  ragguar- 
devol  dono.  (>esare  Campana  alf  incontro ,  e 
for.se  con  pili  fondamento,  sostiene  che  non 
ne  fu  precedentemente  fatta  parola  all'  Augusto 
Carlo.  Connnique  sia  ,  basiò  al  pafia.  per  pro- 
seguire innanzi  in  questo  affare ,  il  non  aver 
riportata  nn'  assoluta  negativa  da  Cesare.  A  fin 
di  ottenere  il  consenso  de'  cardinali  ,  propose 
di  restituire  alla  camera  apostolica  il  lineato  di 
Camerino  e  Nepi ,  facendo  conoscere  1'  evidente 
guadagno  che  ad  essa  risultava  dal  pernnitaie 
que'  due  paesi  con  Panna  e  Piacenza  .  perchè 
costava  di  molto  il  mantenimeuto  di  queste 
città  j  siccome  sepaiale  da  gli  Slati  della  Chie- 
sa ,  e  in  peiicolo  d'  psseie  assorbite  da  i  vici- 
ni; laddove  le  rendile  di  Camerino,  senza  spe- 
se, unite  al  con.so  annuo  di  uo\e  mila  ducati 
d' oro    (  altri    dicono    di    più  )  clie    si   voleva 


ANNO    MMXT.V  5og 

imporre  alle  suddelte  due  citth  ,  avrebhono 
l'alto  maggior  prò  all'  erario  papale.  Tralascio 
altri  raggili  od  altre  speciose  ragioni  che  fu- 
rono adoperale  |)er  indorar  questa  j)illula.  Chi 
de'  cardinali  anjbiv  a  più  di  piacere  al  papa , 
che  di  soildisfure  a' suoi  doveri,  non  solamente 
prestò  il  suo  assenso ,  ma  caldamente  perorò 
in  ajjprovazion  di  questa  permuta.  Ma  non 
mancarono  altri  di  petto  piiì  iurte  che  aringa- 
rono  contro  i  voleri  del  papa  ,  rilevando  gli 
svantaggi  che  ne  provenivano  ;  e  tanto  pm  si 
sarebbero  opposti ,  se  a\  essero  potuto  preve- 
der gli  sconcerti  che  da  lì  a  non  molto  per 
questa  cagione  accaddero ,  e  i  maggiori  che  a  i 
dì  nostri  son  succeduti.  Lo  stesso  cardinal  Pal- 
lavicino ,  tuttoché  sì  impegnato  a  sostener  la 
gloria  di  questo  pontefice  ,  qui  1'  abbandona  , 
pili  tosto  impugnando  che  difendendo  la  di  lui 
risoluzione.  In  somma  nel  concistoro  de'  por- 
porati"^  dove  per  lo  più  suol  prevalere  la  tema 
riverenziale  verso  chi  può  tanto  favorire  o 
disfavorire  ,  la  vinse  il  pontefice  ,  e  Piei-Luigi 
Farnese  nell'  agosto  tfi  quest'  anno  fu  dichia- 
rato duca  di  Parma  e  Piacenza,  né  tardò  egli 
punto  a  prenderne  il  possesso. 

Tanto  in  Lombardia  che  nella  Lunigiana  e 
Toscana  si  provò  in  quest'  anno  un  gì  ave  fla- 
gello ,  per  le  soldatesche  cassate  dopo  la  pace 
nello  Stato  di  Milano.  Non  sapendo  coloro 
come  vivere  (  ed  erano  la  maggior  parte  Spa- 
glinoli ) ,  in  varie  truppe  si  scaricarono  sopra 
gli  Stati  della  Chiesa  e  del  duca  di  Ferrara. 
Cacciati  di  là  ,  si  ridussero  addosso  a  i  tnai- 
chesi  Malaspina    nella    Lunigiana  ,    svaligiando 


5  IO  ANNALI    d'  ITALIA 

case  e  consumando  tutto ,  dovunque  giugnp- 
vano.  Passarono  dipoi  sul  Lucchese  ,  e  (iiial- 
niente  s'andarono  a  posar  sul  Sanese ,  dove 
per  molti  mesi  levarono  il  pelo  e  il  contrapelo 
a  quel  contado.  Guai  se  qualche  accreditalo 
capitano  si  fosse  messo  alla  lor  testa  :  sait-b- 
bono  corse  ad  ingrossar  quelle  brigate  migliaia 
eli  soldati  italiani ,  tornati  a  digiunare  alle  lor 
case  ,  e  sarebbe  linala  una  di  quelle  forniida- 
bih  compagne  o  conqiagnie  di  masnadieri  ohe 
Aedemmo  in  Italia  nel  secolo  decimoquarto. 
Sorsero  in  questi  tempi  strepitose  brighe  nella 
stessa  Siena,  città  in  cui  la  discordia  non  fu 
mai  cosa  forestiera.  Don  Giovanni  di  Luna , 
che  quivi  era  da  parte  doli'  imperadore  ,  in 
vece  di  smorzare  il  fuoco,  per  la  sua  poca  pru- 
denza maggiormente  lo  aocnebbe.  Ne  segui  in 
fine  una  fiora  sodizion  civile  ,  por  cui  lo  stosso 
don  Giovanni  con  gU  Spagnuoli  fu  obbligato  a 
andarsene  con  Dio.  Mancò  di  vita  in  quest'  anno 
a  dì  1 1  di  novembre  Pietro  Laudo  doge  di 
Venezia ,  e  in  suo  luogo  fu  eletto  nel  dì  24 
d'  esso  mese  Francesco  Donato  ,  già  proccura* 
tor  di  San  Marco ,  e  persona  di  gran  saviezza 
e  tlottrina. 

Anno  di  Cristo   i  ^ì\C>.  Indizione  If^. 
di  Paolo  HI  papa    1 3. 
di  Carlo  V  iinperadure  28. 

Poche  novità  l' Italia  .somministrò   in  questo 
anno  alla  storia  ,    a   cagion   dollii    pace    die  si     fS 
godeva  dapeilnlto.  Era  slato  fin  qui  governatore       ■ 
e    capitan     generale     dello     Stalo     di    Milano 


ANNO    MDXr.VI  5l  1 


Alfonso  ci'  Avalos  marchese  di  Pescara ,  per- 
sonaggio egualmente  rinomato  pel  suo  valo- 
re, che  per  altre  sue  belle  doti  ed  azioni. 
Ma  non  erano  già  soddisfatti  del  suo  governo 
i  popoli  ,  percalle  caricati  di  molti  aggravj ,  e  di 
tanto  in  tanto  costretti  a  sofTerir  non  poche  vio- 
lenze: il  perchè  ne  antlarono  varie  doglianze  alla 
corte  dell'  imperadore.  Non  avrebbono  forse 
queste  fatta  breccia  nell'  animo  dell'  Augusto 
sovrano .  se  ad  esse  non  si  fosse  aggiunto  1'  ac- 
cusa che  le  rendite  di  quel  ducalo  non  si  sa- 
pea  in  quali  borse  andassero  a  terminare.  O 
sia  ,  che  di  ciò  informato  il  marciiese  ,  otte- 
nesse nel  precedente  anno  hcenza  di  passare 
alla  corte  cesarea  ;  o  pure  che  fosse  chiamato 
colà  :  certo  è ,  eh'  egli  andò  colà  ,  e  poi  se  ne 
tornò  in  Italia  malcontento .  stante  1'  ordine  di 
Cesare ,  che  gli  si  rivedessero  i  conti.  Ma 
venne  la  morte  a  liberarlo  da  ogni  vessazione 
neir  ultimo  giorno  di  marzo ,  mentre  egli  si 
trovava  in  Vigevano,  con  lasciar  dopo  di  sé  il 
nome  di  capitano  molto  illustre.  Al  governo  di 
Milano  fu  susseguentenaente  di-stinato  don  Fer- 
rante Gonzaga  ,  che  non  tardò  a  venir  di  Si- 
cilia ,  dove  egli  era  stato  viceré  ,  per  prendere 
il  possesso  della  novella  carica  ;  e  ciò  con  sod- 
disfazione de'  Milanesi  .  lusingandosi  i  più  d'  essi 
di  goilere  miglior  trattamento  sotto  di  lui.  Ma 
andarono  falliti  i  loro  conti;  perchè,  siccome 
osserva  il  Segni  ,  l' imperadore  lasciava  la  bri- 
gha  sul  collo  a' governatori  delle  pro\incie, 
comportando  ogni  lor  fallo  ,  purché  fossero  fe- 
deli. E  però  si  cangiò  bensì  il  govcriialor  di 
ISLlauo,  ma  peggiorò  la  mala  aorte  de' Milanesi, 


5ia  ANNALI    d' ITALIA 

le  querele  de'  quali  niuna  impression  fecero 
da  lì  innanzi  neir  animo  dì  Cai'lo  V.  Segui- 
tava intanto  la  guerra  fra  i  re  di  Francia  e 
d' Iiigliilterra.  Finalmente  conoscendo  f  ultimo 
d'  essi ,  qual  impegno  di  spese  portasse  il  vo- 
ler sostenere  contra  de'  Franzesi  l' occupata 
città  di  Bologna  di  qua  dal  mare ,  diede  orec- 
chio a'  trattati  di  pace  ,  di  cui  gran  voglia  nello 
slesso  tempo  avea  il  re  Francesco.  Fu  questa 
concliiusa  nei  dì  y  di  giugno  dell'  anno  pre- 
sente ,  con  obbligarsi  il  re  Cristianissimo  di 
pagare  all'  Inglese  in  termine  H'  cito  anni  piiì 
di  due  milioni  di  scutli  d'  oro  :  sborsati  i  qua- 
li,  se  gli  do\ea  restituire  Bologna  di  Piccar- 
dia.  Dimorava  T  imperadore  ìpi  questi  tempi  in 
Germania  ,  mal  soU'erendo  la  le^a  formala  in 
Suiaicaldia  da  i  principi  e  Comuni  Protestanti  j 
perciocché  ([iiesta  sebben  sembrava  uui 'ameule 
fatta  per  mantenere  la  falsa  religione  intro- 
dutla  da  Lutero  (che  appunto  in  ([nesl' anno 
nel  dì  7  di  febbraio  per  'raprov\isa  morie  tolto 
fu  dal  mondo  ) ,  pure  covava  nell'  interno  de  i 
maggiori  disegni  contro  la  poteu/.a  dell'  impe- 
radore. Capi  d'  essa  luterana  lega  er;uio  Gian- 
Federigo  duca  ed  elettor  di  Sassonia ,  e  Fi- 
lippo langravio  d'  Assia.  Perciò  1'  Augusto  Carlo 
giudicò  (h  non  dover  più  dillerin;  il  dirsi  ren- 
dere rag-one  di  questo  attentato  ,  con  darsi  ad 
ammassare  un  polente  esercito.  Perchè  appunto 
anche  gì'  Ilaliani  ebbero  parte  in  (jucila  danza, 
sarà  a  me  peimesso  dirne  qualche  cosa. 

Si  studiò  r  impeiadore  in  qiu>sla  occasione 
di  trarre  seco  in  lega  il  ponlelice  Paolo.  S'  era 
questi    con    sua    gran    lode ,    siccome    padie 


ANNO    MDXTAT  5  I  3' 

comune ,  aslennto  in  addietro  da  ogni  parzialilù 
e  lega  nelle  gliene  fra  i  monarchi  cattolici.  Ora 
ohe  si  trattava  di  procciirar  vantaggi  alla  vera 
religione ,  volentieri  acconsentì  ad  unirsi  col- 
r  imperadore.  Nei  dì  22  di  giugno  si  puhbli- 
carono  i  capitoli  d'  essa  lega  ,  per  cui  il  papa 
vs"  impegnò  d'  inviare  in  soccorso  dell'  impera- 
dore dodici  mila  fanti  e  cinquecento  cavalli,  e 
di  fornire  nello  spazio  di  un  mese  ducento 
mila  scudi  d'  oro.  Sollecitamente  fece  il  pon- 
tefice questo  armamento  ,  con  dichiararne  ge- 
nerale il  duca  Ottavio  Farnese  suo  nipote  ,  e 
legato  il  caidinal  Farnese  suo  parimente  nipo- 
te. Comandante  della  cavalleria  italiana  fu  Giani- 
Batista  Savello ,  della  fanteria  Alessandro  Vi- 
tclh ,  e  sotto  d'  essi  militavano  assai  colonnelli 
e  capitani  italiani  di  molto  credito  nell'  armi. 
Anche  i  duchi  di  Ferrara  e  di  Firenze  vi  spe- 
dirono colà  delle  s-chiere  armate  ,  e  più  di  cin- 
quecento nobili  italiani  volontarj  concorsero  a 
far  quella  campagna.  Trasse  ancora  l' impera- 
dor  Carlo  altra  gente  d' Italia ,  comandata  da 
Carlo  di  Lanoia  principe  di  Sulmona ,  e  da 
Emmanucle  Filiberto  principe  di  Piemonte.  Erano 
eziandio  nell'armata  del  medesimo  Augusto  .ge- 
nerale dell'  artiglieria  Gian-Giacomo  de'  Medici 
marchese  di  Marignano ,  e  consiglieri  di  guerra 
don  Francesco  d'  Este  ,  Pirro  Colonna  e  Giani- 
Batista  Castaldo.  Ma  perciocché  lentamente  pro- 
cedeva r  unione  dell'  esercito  imperiale ,  do- 
vendo venir  da  i  Paesi  Bassi  ,  dalf  Italia  e  da 
nitri  luoghi  molte  d' esse  soldatesche  j  l'elettore 
e  il  langravio ,  già  messi  al  bando  dell'  impe- 
rio ,  più  sollecitamente  uscirono  in  campagna 
MURATORI.    Voi.    XIF.  33 


5t4  ANNA  ti    b'iTAl.IA 

con  nn'  armata  ,  che  alcuni  forse  ampollosi 
fanno  ascendere  ad  ottanta  mila  fanti ,  e  a  die- 
ci ,  anzi  a  quindici  mila  cavalli ,  e  s' inviarono 
verso  Ratisbona  ,  dove  stava  assai  sprovisto 
r  imperadore ,  con  disegno  o  di  larlo  prigio- 
ne, o  di  cacciarlo  di  Germania.  La  protezion 
di  Dio  salvò  Carlo  V  in  tal  congiuntura ,  non 
avendo  que'  ribelli  saputo  prevalersi  del  vento 
in  poppa.  Nulla  servì  loro  l' aver  prese  le 
Chiuse  del  Tirolo ,  alTinchè  non  passassero  gli 
Italiani.  Questi  passarono  5  e  nulla  giovò  a  i 
Luterani  1'  essersi  impadroniti  di  Dona\  ert.  Ebbe 
tempo  Y  imperadore  di  provveder  RalisJjona  con 
gagliardo  presitlio ,  e  di  preoccupar  la  forte 
città  d' Ingolstad ,  dove  coli'  esercito  suo ,  in- 
grossato di  molto  ,  andò  ad  accamparsi  a  fronte 
della  contraila  superiore  armata,  ma  senza  vo- 
ler mai  venire  a  baltaglia  ,  benché  più  volle 
provocato  da  gli  orgogliosi  nemici.  Intanto  al 
campo  cesareo  j  superate  molte  dilKcullà,  vmne 
a  congiugnersi  un  grosso  corpo  ili  soldatesche 
fiamminghe.  Maurizio  cattolico  duca  di  Sasso- 
nia ,  nemico  di  queir  elettore  ,  colle  milizie  te- 
desche ed  unghere  ,  dategli  da  Ferdinando  re 
de'  Romani ,  ostilmente  entrò  nelT  elettorato  di 
Sassonia.  Diede  più  percosse  a  que'  popoli  ,  e 
3'  impossessò  di  mi  tratto  grande  di  <|uel  pae- 
se. Questo  colpo,  la  mancanza  de' viveri  e  la 
costanza  dell'  Augusto  ('arto  costrinse  1'  armata 
Prole.stanti>  sul  (ine  di  novembre  a  levare  il 
campo  ,  e  :i  riliiarsi  alla  sordina  come  in  rot- 
ta. Allora  fu  che  l'ijuperadore  ,  fultoechè  afllilto 
da  vai j  incomodi  di  sanità  ,  inoltiatosi  col  po- 
deroso   suo    esercito ,    tal    terrore   indusse  nel 


ANNO  -unxi.vi  5i5 

paese  uemico ,  che  vide  venire ,  prima  die 
tern.iiiassf  V  anno  ,  o  pure  nel  verno  seL;uente, 
«nppliclipv  dIì  a'  suoi  piedi  Fctlcrigo  conte  Pa- 
iatino.  UHelrico  duca  di  Vitemljerg,  e  i  citta- 
dini dUiiiia,  d' Angusta  .  (li  FrancoPortej  d'Ar- 
gentina e  di  altri  luoglii.  Dopo  questi  vantaggi, 
jier  li  quali  rimasero  molto  infie'  oliti  V  elettor 
Sassone  e  il  langravio  d"  Assia ,  si  ritirò  esso 
Augusto  a'  quartieri  di  verno ,  seco  liporlando 
gioì  ia  singolare  n<in  men  di  valore  che  di  cle- 
menza, per  non  aver  negato  il  perdono  a  cliiun- 
que  davanti  a  lui  si  umiliò.  Fu  coiilinuato  con 
vigore  in  quest'  amio  il  concilio  di  Trento ,  ed 
ivi  si  stahilirono  varj  punti  di  dogma  ,  e  pari- 
mente si  attese  a  riformar  gli  abusi  della  disci- 
plina ecclesiastica.  Mancarono  ili  quest'  anno  di 
vita  due  insigni  cardinali  ,  la  memoria  de"  quali 
può  sperare  l' immortalità ,  cioè  Pieli  o  Bembo 
\  eneziano  e  Jacopo  Sadolcto  Modenese,  che 
ne  gli  scritti  loro  lasciarono  a  i  posteri  chiare 
testimonianze  d'  un  raro  ingegno  e  sapere. 

annodi  Cri.sto   i5^'].  Indizione  V. 
di  Paolo  III  papa   14. 
di  Carlo  V  imperadore  ag. 

Con  una  strepitosa  scena  in  Genova  si  diede 
principio  all'anno  presente  (i).  Da  che  fu  ri- 
messa in  quella  potente  città  per  cura  filiale  di 
Andrea  Doria  la  libertà,  e  riserbato  quasi  tutto 
a  i  nobiH  il  governo  d'essa,  quivi  si  godeva 
un'  invidiabii  pace  e  tranquillità.  Ma    era    gi^an 

(1)  Foglietta.    Vdriani.  C;unp»na.  MascHrdl. 


5ld  ANNAri    d'  ITALIA 

tempo  che  Gian-Luigi  de'  Fieschi ,  conte  di 
Lavagli;!  e  signore  di  molte  castella ,  siccome 
giovane  di  grand'  animo  e  di  pensieri  turbo- 
lenti ,  andava  macchinando  novità  in  pregiudi- 
zio della  patria  sua ,  con  essere  fin  giunto  a 
desiderar  e  spc-rare  di  acquistarne  la  signoria,  o 
piuttosto  di  ridurla  sotto  il  romando  del  re  di 
Francia.  Mirava  egli  con  occliio  di  livore  e  con 
occulta  rabbia  lo  stato  e  la  fortuna  del  suddetto 
Andrea  Doria  ,  parendogli  che  sotto  nome  di 
libertà  egli  facesse  da  padrone  in  Genova  ,  e 
che  l' imperadore  coli'  essere  dichiarato  pro- 
tettor  della  città ,  e  col  tenere  al  suo  soldo  esso 
Doiia,  anche  più  del  Doria  quivi  signoreggiasse. 
Sopra  tutto  gli  stava  sul  cuore,  come  pungente 
spina  ,  Giannettino  Doria ,  nipote  ed  occhio 
diritto  d'  esso  Andrea ,  che  forse  non  cedeva  a 
suo  zio  nella  scienza  dell'  arte  nautica  militare  j 
e  benché  giovane ,  già  .s' era  acquistato  gran 
giido  in  varie  azioni  di  valore  ,  peichè  in  lui 
considerava  vn  successore  nell' odiala  autorità  e 
dignità  d'Andrea  ;  e  tanto  più  perchè  in  lui 
abbondava  1"  alterigia  ,  cioè  il  potente  segreto 
per  farsi  odiare.  Dopo  aver  duntjue  Gian-Luigi 
in  molto  tempo,  e  con  intelligenza  de'ministii 
fr^nzesi  e  fh  l^ier-Luigi  dura  di  Piacenza  e 
Parma  ,  segretamente  introdotte  in  Genova  al- 
cune centinaia  de'  più  arditi  uomini  delie  sue 
castella  ,  scelse  la  notte  pi-eccdente  ni  dì  due 
di  gennaio  di  quest'  aiuio  per  ('tVcltuare  il  suo 
perverso  disegno.  Chiamali  seco  a  cena  molti 
de'  suoi  amici  nobili  popolari ,  e  svelata  ad 
essi  l' inlenzion  sua,  gli  elibe  quasi  tutti  seguaci 
air  inipre.sa.  Uscì  egli  poscia  alle  dicci  ore   delia 


ANNO    MDXLVII  5l'^ 

notte  colla  gente  armata  ,  e  nou  tardi»  ad    im- 
padronirsi della  porta  dell'Arco,  e  con  ispedire 
dipoi  Girolamo  ed  Ottobuoiio  suoi  fratelli  a  far 
lo  stesso  di  quella    di    San    Tommaso.    Era    la 
principal  sua  mira  di  occupar  la  darsena  ,  e  di 
ridurre  in  suo  potere  le  venti  galee  di  Andrea 
Doria  ;  e  gli  venne  fatto  ,  ma    con    risvegliarsi 
allora  un  gran  tumulto  e  strepito  di  voci  de  i 
remiganti  e  marinari  che  in  esse  si   trovavano. 
Nello  stesso  tempo  gli  altri  si  fecero  colla  forza 
padr(jni  della  suddetta  porta  di  San  Tommaso, 
divisando  appresso  di  quindi  passare  al  palazzo 
dello  slesso  Andrea    Boria ,    posto    fuori    della 
città  j  per  quivi  uccidere  lui  e  Gianneltiuo.  Ma 
intanto  svegliato  dallo    strepitoso    rumor    della 
darsena   esso  Giannellino,    credendo   nata  rissa 
o  sollevazione  fra  i  galeotti,  vestitosi    in  fretta, 
con  un  sol  famiglio    che  gli  portava   innanzi  la 
torcia ,  venne  alla  porta  di  San    Touunaso  ,    e 
imperiosamente  chiesto  d'entrare,  per  sua  mala 
ventura  v'  entrò  ,  perchè  immantenente  fu  da  i 
congiurati  con  pili  colpi  steso    morto    a    terra. 
Maraviglia  fu  che  non  corressero  dipoi    al    pa- 
lazzo d'Andrea  Boria,  per  levare  anche    a    lui 
la  vita.  Stava  egh  in  letto ,  stanco  sotto  il  peso 
di  ottanta  anni,  e  maltrattato  dalle  gotte,  quando 
gli  venne    avviso    che    la    città    era    sossopra , 
udirsi  gridare  Libertà  e  Ficscìii ,  perchè    molti 
defila  vii  plebe  s'  erano  uniti  co  i  congiurati  per 
ispcraiiza  di  dare  il  sacco  alle    case    de' nobili. 
Però  ,  come  potè  ,  posto    sopra    una    mula    si 
sottrasse  al  peiicolo  ,    ritirandosi    alla   Masone , 
castello  de  gli  Spinoli. 

Poco    parca    che    mancasse    al    compimento 


5l8  AKNAM    d'  ITALIA 

dell'opera,  ne  altfo  si  aspettava,  sp  no^i  che 
Gian-Luigi  tornasse  per  insignorirsi  dei  palazzo 
pubblico  Ma  Gian-Luigi  era  sparito  per  una  rli 
quelle  vicende  clie  non  di  rado  sconrertano  ]f 
misure  anclie  de'  piìi  saggi.  Nel  voler  ec:!i 
passare  sopra  una  tavola  alla  capitana  delle 
galee ,  questa  si  mosse  :  ed  egli  ,  siccome  ar- 
mato di  tutlo  piuito,  piombando  Ju'H'arqna,  né 
potendo  volgere,  quivi  lasciò  niisei-tuiente  la 
vita.  Per  questo  accidente  s'invilirono  tutti  i 
suoi ,  e  venuta  in  chiaro  la  morte  sua  ,  quel 
.senato  ripigliò  coraggio 5  e  quantunque  Girolaoio 
fratello  dell'estinto  continuasse  a  fare  il  bravo, 
pure  sul  fai  del  giorno  si  trovò  abbandonato 
dalla  plebaglia  ,  di  maniera  che  ebbe  pei-  grazia, 
di  potersi  ritirare  a  Montobbio  ,  dove  attese  a 
fortificarsi  :  con  che  tornò  la  quiete  in  Genova. 
Cagion  fu  questa  effimera  rivoluzione  che  tre- 
cento schiavi  Turchi  ,  presa  una  galea  del  Bo- 
ria, su  quella  si  salvarono  in  AlVrica.  Fuggirono 
ancora  tutti  i  forzati ,  dopo  a\  er  dato  il  sacco  a 
tutti  gli  armamenti  ed  arredi  delle  galee.  Fu- 
rono poi  conliscate  tutte  le  castella  lU  Gian- 
Luigi  ,  dii-occato  il  magnifico  suo  palazzo  ;  Gi- 
rolamo suo  fratello  ed  allri  congiurati  presi  iu 
Montobbio,  condennati  airiilliiiio  supplizio.  Gran 
rumore  fece  per  l' Italia  jjU(\sto  fatto.  ('>liiara 
cosa  fu  che  i  ministri  di  Francia  aveaiio  tenuta 
mano  a  questa  congiura  ,  e  comunemente  si 
credette  che  Pier-T.,uigi  Farnese  per  varj  suoi 
dissapori  e  motivi  politici  fosse  in  ciò  d'accordo 
col  Ficschi  ,  con  avergli  anche  promesso  de  gli 
aiuti.    Alessandro    Sardi    (1),    allora    vivente, 

(i)  Sardi,  Istor.  iVlSS. 


ANNO    MDXLVll  5  1 1^ 

allPSta  che  ReiiPa  di  Francia  duchessa  di  Ferrara, 
scir/.a  consenso  del  duca  Ercole  II  suo  marito, 
siccome  co^nnta  dfl  re  Fianccsco,  fu  partecipe 
di  questo  maneggio ,  e  per  mezzo  del  duca  di 
Piacenza  e  Parma  av  ea  promesso  al  Fiesco  di 
mandargU  i  Francesi  clu-  la  servivano.  E  per- 
ciocché non  si  sapea  credere  che  Pier-Luigi  j 
senza  che  papa  Paolo  suo  padre  fosse  consa- 
pevole ed  approvatore  del  faMo,  avesse  dato 
braccio  alla  congiura  ;  e  tanto  più  perchè  fra 
esso  papa  ed  Andrea  Dona  ciano  dianzi  seguite 
non  poche  amarezze ,  perciò  non  si  potè  cavar 
di  testa  ai  sospettosi  imperiali  che  anche  lo 
stesso  pontefice  in  quella  tresca  si  fosse  me- 
schiato  ,  benché  ninna  concludente  pruova  ne 
potessero  inai  trovaie. 

Nel  dì  28  dello  stesso  gennaio  del  presente 
anno  diede  fine  alla  carriera  del  suo  vivere 
Arrigo  Vili  re  d" Inghilterra,  con  lasciar  erede 
il  figlio  Odoardo  di  età  di  soli  nove  anni,  e  il 
nome  suo  in  obbrobrio  presso  tutta  la  posterità, 
per  aver  governati  i  suoi  jtopoli  piiì  da  tiranno 
che  da  re.  con  tanti  aggravj  loro  imposti,  con 
tiinta  crudeltà  esercitata  verso  le  maggiori  e 
più  illustri  persone  del  regno,  con  tante  scene 
della  sfrenata  sua  Lbidine ,  e  massimamente  per 
essere  divenuto  traditore  e  persecutor  della 
Chiesa  Cattolica ,  dopo  aver  conseguito  il  glo- 
rioso titolo  di  difensore  della  medesima.  Poco 
stett''  a  pagar  lo  stesso  tributo  alla  natura 
Francesco  1  re  di  Francia  in  età  di  cinquantatrè 
anni,  essendo  accaduta  la  sua  morte  nel  dì  3i 
di  marzo.  La  sua  intemperanza  ne'  piaceri  car- 
nali avendogli  cajriouata    uiia    pericolosa   fistola 


SaO  ANNALI    d'  ITAUA 

nella  bassa  parte  deretana  ,  gli  abbreviò  la  vita: 
principe  per  altro  ornato  di  belle  doti ,  amante 
delle  scienze  e  de'  professori  d'  esse ,    padre    e 
restitutor    delle    lettere    nella    sua    nazione.   Ad 
Arjigo  ri  suo  primogenito,  die  a  lui   succedette, 
secondo  l' esempio  d' altri  monarchi  i  quali  so- 
lamente imparano  a  viver  bene  quando  s'ha  da 
abbandonare  la  vita  presente ,  lasciò  per  ricor- 
do ,  essere  cosa  da  saggio  figliuolo  T  imitar    le 
virtù  e  non  già  i  vizj  del  padre.   Spezialmente 
ancora  gli  raccomandò  di  non  aggravar  di   so- 
verchio i  popoli  colle  contribuzioni  :  tlal  che  egli 
non  s'era  giammai  guardato,  per  appagar  F am- 
bizione sua  ,  e  Podio  concepulo  contra  di  Carlo 
itnperadorc ,  odio  eh'  egli  forse  portò  al  sepol- 
cro ,  giacché  poco  prima  di  morire  avea  man- 
dali ducenlo  mila  scudi  a  Gian-Federigo  Sassone 
e  al  langra\io  Assiano  ,  nemici  o   ribelli  d'esso 
Cesare.  Se  questa  passione  per  memoria    dcll;j 
prigionia  softerta  in  Ispagna ,  e  per  ragione  an- 
cora  di   Stato ,   r  crediUisse    eziandio    Arrigo  II 
suo  figlio  ,  giovane  di    spiiiti    mollo   guerrieri , 
staremo  poco  ad  avvedercene.    Intanto    solenni 
funerali  fec'  egli  al  defiinlo  jiJsdre .  e  con    ogni 
sorta  di  feste  si  vide  celebrato  l'ingresso  suo  in 
Paiigi   con  (ìatterina  de'  Medici  ,  di\ cnnt^i    ora- 
mai  regina  di  Francia.  Quanto  a    gli    affari    di 
Cesare    in    Germania  ,    brevemente    dii  ò ,    che 
rinforzalo  di  gente  Gian-Fedeiigo  duca  di  Sas- 
sonia ,  di  buon'  ora  spinse  le  sue  armi    contra 
del  duca  Maurizio  ,  jiailrone  allora  di  Lipsia    e 
di  Dresda  ,  e  il  mise  a  mal    partito  ;    perloc^hè 
avendo  esso  Maurizio  falle  rejilicate   isUnizc   di 
aiutp   all'impcradorc  j    questi .  benché    infermo 


ANNO    MDXI.VII  52  t 

per  la  poclacrra  ,  fu  forzato  ad  uscire    in    cain- 
pagpna  per  tagliar  il  corso  a  maggiori  progressi 
di    Gian-Fcdengo  ,    al    quale    riuscì    in    questi 
tempi  di  muovere  a  ribellione  la  Boemia   con- 
tra  del  re  Feidinaudo  signore  di  quel  regno,  e 
di  dare  una  rotta  ad  Alberto,  uno  de"' marchesi 
di  Brandeburgo.   All'  armata  cesarea  comandava 
in  capo  il  duca  di  Alva.  Perchè  Giovachino  mar- 
chese di  Brandeburgo  ed  elettore  abbracciò  in 
questi  tempi  il  partito    dell'  imj^eradore  ,    niag- 
giormente  si  animò  esso  duca    a    proseguir    la 
marcia  con  tra  del  Sassone  verso  la  metà  d'aprile. 
Mirabile  poi  e  sopra  modo  ardita  fu  l'azion  de  gli 
Spagnunli  ,  che  trovando  le    opposte    rive    del- 
l' Elba  ;  fiume  grossissimo  ,  di  gente  e  di   arti- 
elierie  guernite  da  Gian-Federigo ,  pure  passa- 
rono )    e    cacciati    i    nemici ,    diedero    campo 
all'  esercito  imperiale  di  formar  un  ponte  e   di 
trasferirsi  di  là.  Ritiravasi  il    Sassone    in    ordi- 
nanzn    colle    sue    truppe .    ma    inseguilo    dalla 
c.ivalleria  cesarea  ,  suo  malgrado  si  preparò  alia 
battaglia.  Fu  questa  ben  calda  nel  dì  24  d'aprile. 
ma    in    fine    andarono    in    rotta    le    genti    del 
Sassone ,  ed  egli  fatto  prigione  dal  conte  Ipjio- 
Jito   Porto    da    Vicenza ,    fu    condotto    davanti 
all'  imperadore  .  che    gli    rimprovei  ò    1'  alterigia 
sua  in  trattar  dianzi  Ini  solauienle  col  titolo  di 
Carlo  di  Gante,  die  si  fa  nominar  V Imperadore. 
P»eo  di   morte   venne    da    lì    a    qualche    tempo 
giudicato  (ìian-Fedcrigo  :  tante  nondimeno  pre- 
ghiere de' principi  s'interposero,  implorando  la 
clemenza  di  Cesare ,  eh'  egli  mosso  ancora   dal 
desiderio  di  cavar  dalle  mani  de  gli  iifiziali   di 
esso  Federigo  le  due  fortezze  di  Vitlemberga  e 


522  ANNALI    B   ITALIA 

Gotta ,  s"'  indusse  a  donargli  la  vita ,  con  che 
riniinziasse  V  elettorato  a  Cesare ,  e  i  suoi  Stati 
(a  riserva  di  una  porzione,  cioè  della  Turingia) 
al  duca  Mamizio.  Restò  egli  ciò  non  ostante 
come  prigione  presso  l' iniperadore.  Per  la  de- 
pressione di  questo  primo  campione  della  lega 
Protestante ,  anche  Filippo  langravio  d'Assia 
trattò  per  mezzo  di  varj  intercessori,  e  spezial- 
mente del  sudiletto  duca  Maurizio  ,  di  tornare 
in  grazia  (felTAugusto  Carlo.  Con  varie  condi- 
zioni questa  gli  fu  accordata  ;  ma  presentatosi 
(gli  a'  piedi  del  vittorioso  monarca  ,  si  vide  ri- 
tenuto prigione  ;  la  qual  durezza  costò  poscia 
ben  caro  al  troppo  severo  imperadore 

Si  studiò  nelP  anno  presente  per  ordine  del 
medesimo  Augusto,  e  a  persuasione  del  cardi- 
nale Teatino  di  casa  Carafl'a  arcivescovo ,  don 
Pietro  di  Toledo  viceré  di  Napoli  d'introdurre 
in  quella  metropoli  e  regno  il  tribunale  dell' In- 
quisizione (i);  al  che  troppo  abhorrimento 
avea  mostrato  sempre  il  pojjolo  napoletano,  e 
massimamente  la  nobiltà,  che  giudicava  d'es- 
sere tolta  con  t;»l  no\ith  di  mira  dal  viceré, 
niostiatosi  in  Uinte  altre  occasioni  suo  |)Oco 
amorevole,  pm*  non  dir  nemico,  a  fin  di  ga- 
stigure  sotto  l'ombra  della  religione  chi  non 
era  in  sua  grazia.  A'  tempi  ancora  di  Ferdi- 
nando il  (ìatfolico  tentata  fu  l' iutroduzion  del 
medesimo  tribunale,  il  timor  di  ima  solleva- 
zione, e  l'aver  fra  l'altre  ragioni  rappresentato 
)  Napoletani ,  (die   essendo  troppo    faiuiliari  in 


(i)  Suinnxnite.    Sardi,    .^driiini     Campani    al    allr 


ANNO    MDXT.VII  S-iS 

quella  nazione  i  gì   lainenli  falsi,  niun  più  sa- 
rebbe da    li  innanzi  stato    sicuro  dell'  onore  e 
della    vita  ,  fei-e    desistere    l' arcorto    re  da    sì 
pericolosa   impresa.  iMa    |)Prsistendo    il   Toledo 
in  questo  proposito  .   e  nulla  curando  i  privilegj 
di  quella    rega!  città,  finainientt;    nel  di    1 6  di 
maggio  si  mise  in  anni  il  popolo  con  alquanti 
nobili,  e  cominciò  a  menar  le  mani  contro  gli 
Spagnuoli    usciti  del  castello  in    ordinanza ,  ed 
air  incontro  il    castello  a  tempestar   colle  palle 
le  case  de'  cittadini.  A  que.<to  rumore  volarono 
a  Napoli    circa    tre  mila  banditi    e    fuorusciti , 
clie  si  unirono  col   popolo.  Dopo  di  ciò  furono 
eletti  dalla  città  due  inviati,  cioè  don  Ferrante 
Sansevetino  principe  di  Salerno,  e  don  Placido 
di  Sangro .  alTmcliè  si  porlassei  o  alla  corte  per 
informar  Timperadore,  e  supplicarlo  di  ricbia- 
mare  il  viceré  ,  e  di  non  permettere  le  novità 
«Ifir  odi..ta  Inqui.sizione  fra  loro.  Al  principe  di 
Salerno    eia    stato    predello  ,    che  se    andava , 
male    gliene    a*,  verrebbe.  Ma  egli    anteponendo 
l'amor  ilella  patria  ad  ogni  suo  rischio,  andò. 
Furono  prevenuti  questi  inviati  da  persona  spe- 
dita con  più  diligenza  dal   viceré.  Arrivati  che 
furono  anch'essi  alla  corte,  al  principe,  senza 
poter  vedere  la  faccia  dell'  inqieiadcro  .  fu  or- 
dinato tli  fermarsi.  Il  Sangio  bensì  ebbe  udien- 
7a  ,  ma  non  riportò  a  Napoli  se  non   la  secca 
risposta ,  che  la  città  ubbidisse.  Venne  intanto 
spedito  da  don  Ferrante  Gonzaga  al  viceré  un 
rinforzo  di  mille  Spagnuoli    sopra  le  galee  del 
principe  Doria ,  altri  ottocento  dalla  Sicilia,  ed 
alcune    brigate  di    fanti    assoldati  in    Iloma  da 
don    Diego    Mcudozza    ambasciatore    cesareo. 


324  ANNALI     d"  ITALIA 

Costoro  nel  di  21  di  luglio,  per  discordia  insorta 
fra  essi  ed  alcuni  popolari ,  diedero  all'  armi  , 
uccisero  alquanti  Napoletani ,  saccheggiarono  al- 
cune case  e  monisteri  ,  ed  occuparono  Santa 
Maria  Nuova  ,  luogo  atto  a  prevalere  contro  la 
città.  Mentre  il  popolo  co'  fuorusciti  di  Napoli 
e  colle  artiglierie  si  preparava  per  espugnar 
qnel  sito,  arrivò  il  Sangro  dalla  corte,  clie 
intimò  ad  ognuno  1'  ubbidire.  Non  avea  il  po- 
polo capo  alcuno  di  autorità  5  e  siccome  è  as- 
somigliato a  i  fluiti  del  mare  che  presto  ven- 
gono e  presto  sen  vanno  ,  si  quetò ,  e  spedì 
suoi  deputati  al  viceré  per  fare  scusa  e  cliie- 
dere  perdono.  Nel  dì  12  d'agosto  fu  pubblicato 
l'indulto  generale,  col  condannar  nondimeno 
la  città  al  pagamento  di  cento  mila  ducati 
d'oro,  né  pii'i  si  parlò  d' Inquisizione  j  ma  dal 
perdono  rimasero  esclusi  alquanti  nobili  e  po- 
polari, che  colla  fuga  si  sottrassero  alla  pena, 
lasciando  i  lor  beni  in  preda  del  lisco.  Tornato- 
dipoi  a  Napoli  il  principe  di  Salerno ,  come 
pecora  sognata ,  fu  da  lì  innanzi  perseguitato 
dal  viceré  ;  lantt>  che  in  fini;  fu  costretto  a 
fuggirsene;  e  diciiiarato  ribello,  dopo  molte 
p(n'ipezie  finì  ,  siccome  diremo ,  sua  vita  in 
Francia  nel  1 568  ,  con  aver  prima  abbracciata 
1'  eresia  de  gli  Ugonotti. 

Insorsero  in  ([uest'  anno  varie  dispule  nel 
concilio  di  Trenlo ,  perchè  ([iie' padri  tanto  per 
lo  strepito  delle  vicine  guerre  ,  che  per  l' in- 
fln"u/.a  di  gravi  malatl.ie  tjuivi  insorte ,  erano 
mal'.oulenli  di  (|uel  soggiorno.  Altri  moti%i  se- 
j»reti  ancora  si  jìrelende  ciie  avesse  papa  Paolo 
per  mutare  il    luogo  a  quella  ttacra   ailunanza  j 


ANNO    MDXT.VIt  5^5 

è  perciò  andò  loio  l'ordine  clic  trasferissero  il 
concilio    a   Bologna ,    siccome    fecero   di   latto. 
Sommamente  dispiacque  a  Cesare    questa  pie- 
cipitosa  risoluzione  ,  e  tra  gli    altri  suoi  aperti 
risoitimenti  comandò  che  i  prelati  de'  suoi  do- 
mini non  si  movessero    di  Trento.   Era  anclie 
per  altro  esso  Augusto  di  mal   umore  verso  il 
pontefice ,    perchè    questi    sul    fine    dell'  anno 
precedente  avea    richiamate  dalla   Germania  le 
milizie    pontificie    in   tempo   che  Cesare    mag- 
giormente   ne    abbisognava    per    proseguir    la 
guerra  centra  de'  Protestanti.  Crebbero  in  oltre 
i  dissapori  all'  osser^  are    come  il  pontefice  te- 
nesse pratiche    di  stretta  confidenza    co'  Fran- 
zesi ,  avendo  egli   anche  ultimamente   ottenuta 
per  moglie  di  Orazio  Farnese    suo  nipote  una 
figlia  naturale    del  novello  re  di    Francia,  con 
gran    dote  ,    obbligandosi    egli    all'  incontro    di 
comperargli  in  Francia  uno  Stato  che  rendesse 
annualmente    almen  dodici    mila  ducati   d' oro. 
Ma  sopra    tutto  covava    l' imperadore  un   tarlo 
di  sdegno  e    di  vendetta   contra  di    Pier-Luigi 
Farnese  figlio  del  papa  ,  e  nuovo  duca  di  Pia- 
cenza e  Parma,  non  solamente  perchè  riputato 
se  non    promotore,  almeno    complice    dell'at- 
tentalo di  Gian-Luigi  Fiesco  contra  di  Genova, 
ma  ancora  perchè  si  scorgeva  in  lui  un  conti- 
nuo e  stretto  attaccamento    a  i  Franzesi.  Cosa 
producessero  questi  mali  umori ,  poco  si  starà 
a  conoscerlo  per   la  congiura  tramata    ed  ese- 
guita contra  di  lui  nell'  anno  presente.  Da  che 
fu  egli  messo   in  possesso    del  ducato    di  Pia- 
cenza e  Parma ,  fermò  la  sua  stanza  nella  prima 
di  quelle    città  ^  dove    si  applicò    a    fabbricare 


3 9.6  ANNATI    I)'  «TAUA 

lina    nuova  cittadella ,    che  in   qucsli    t«*mpi  si 
trovava    quasi  ridotta    a  conipiiiiento  ,  non  Li- 
sciando intanto  di    abbellire  in  varie   foriDC  la 
città  di  Parma  (i).  Hanno  dimenticato  gli  scrit- 
tori di  tramandare  a  i  posteri  le  virtù  di  esso 
Pietro    Luigi.    All'  incontro ,    se    noi    vogliamo 
credere  al  Varchi,  questo  personaggio  era  uouìo 
scelleratissimo,  brutto  di  volto,  ma  piij  deforme 
d'animo,  immerso  nella  più  nefanda  libidine  e 
in  altri  enormi  vizi.  Anzi  termina   esso  Varchi 
la  sua  Storia  colla  scandalosa  pittura  di  una  dì 
lui  azione  la  più  sconcia  et  orrida  che  mai  si 
possa  udire ,  e  di  cui  forse  non  si  troverà  altro 
pari  esempio.    Poteva    il  Varchi    e  doveva   ri- 
sparmiare ancor  questo.  E  volesse   Dio  che  ci 
fossero    bustevoli    argomenti    per    poterlo    ora 
mettere    in  dubbio  ;  ma    da  che    non  osarono 
di    con  tradire  nlla    fama  di  sì    nero  deli  Lio   gli 
scrittori  allora  viventi ,  quantunque  ne  mormo- 
rassero forte  gli  stessi  Protestami;  e  da  che  il 
Belcaire  vescovo  di  Metz  ,  che   scriveva  allora 
le  sue  Storie,  asserisca  la  notorietà   della  libi- 
dine   d' esso    Pier-Luigi  ,  con    accennar    anche 
quel  mostruosissimo  fatto  accaduto    nel   1 53^  , 
io  altro  non  soggiugnerò  intorno  ad  esso.  Dirò 
bensì,  non  apparire  ch'egli  per  la  carnale  sua 
concupiscenza    si  tirasse    addosso  l' odio    della 
ricca  e  numerosa  nobiltà    piacentina  ,  non  pa- 
rendo mai  verisimile  il  venir  egli  rap|)resentato 
dal  Segni  per  islorpio  di  mani  e  di  piedi,  sic- 
ché bisognava  aiuUirlo  fino  al  mangiare,  e  tut- 
èavia  perduto  ne  gli  all'ari  delia  sensualità. 

(i)  Adriani.  Angeli,  «Storili  di    riirinii,  Miiuibria  ilr>» 
SCO.  GoseUiui ,  Vita  di  Ferrnntc  Gonza^u, 


Allrondc    arltnKjue    venne    centra    di    Pier- 
Luigi   il    mal    lalonlo    di    que'  ciltadini  ;  inipc- 
rocciiè  a\endo  egli  trovato  i  nobili  d'essa  Pia- 
fet)7.H    avvezzi  a    vi\ere    con    sovercliia  liberta 
solto  il  governo  ecclesiastico,  e  ad  abitar  per  Io- 
pili   ne'  loro  fendi ,  dove    non    nwn     che  nella 
città  concnliavano  la  plebe  ,    tosto  si    diede  a 
metter  loro  la  briglia  ,    senza    considerare  ,  se 
il   rigoie  o  pur  la  piacevi  Iczza  convein'sse  me- 
i;lio  alla   novità  del  suo  governo.   A  questo  line 
levò  rnnui  a  i  nobili,  limitò  i  loro  privilegi, 
e  sotto  pena  ancora  di    contìsco  li  obbligò  ad 
abitar  nella  città  ,    afìincbè    s'  aumentassero  le 
rendile  delle  sue  gabelle  ;    tagliò  eziandio  non 
poco    dell'  autorità    di    quel    senato ,  e  furono 
cominciati     de' gran    processi    contra  de' delin- 
quenti presenti     e     passati.    Oltre  a    ciò,  levò 
Coite    ÀJaggiore  a  Girolamo    marchese    i'allavi- 
cino  ,  e  divolgossi  ancora  che   era  per  ispogliare 
Agostino   Lamii  di  Bardi   e    Couipiano  :  novità 
the  il  fiicpvano  bensì  amare  dal  basso  popolo, 
ma    odiare    assaissimo    dalla     nobiltà.    Non    si 
guardò  egli  dall'  inimicarsi    don  Ferrante  Gon- 
zaga governator  di  Milano  ,    con    occupare  uà 
castello  di  lui,  e  impedirgli  la  tenuta  del  mar- 
chesato di  Soragna  ;    pei;J,ochè  il  Gonzaga   fece 
quanti  mali  ufizj  potè  contra   di  lui  alla  corte 
fieli' imperadore.  Convennero  dunque  i  suddetti 
Girolamo  Pallavicino  ed    Agostino  Laudi  ,  eoa 
Camillo    marchese    Pallavicino,    Giovanni  An- 
guissola   e   Gian-Luigi    Gonfaloniere  ,  tutti  della 
primaria   nobiltà    di    Piacenza,  di   levar  di  vita 
il  ^ arnese.  Fu  poi,  per  quanto  io  credo,  in- 
ventato che  i  lor  cognomi  erano  indicati  uclla 


5r>.S  ANNALI    d' ITALIA 

j'arola  plAC  ,    alibrcviata  nelle    moii"'(e    d'  rssO 
duca.  Speravano  essi  appog^'o  dopo  il  l'alio  da 
don  Fen-anle  ;  ma  l'Adriani  e  il  Goscllini ,  che 
ben  si  può  presuniere  assai  informalo  di   que- 
gli affari  ,  scrivono ,  essere  slato  don  Ferrante 
quegli  che  promosse  ed  attizzò  la  congiura,  e 
venne  in    questo    tempo    a  Cremona  (  se  pur 
non  fu  a  Lodi  )  con   gente  militare  ,  per    tro- 
varsi  più  a  tiro  della  disegnala    impresa.  Quel 
che  è  cltIo  ,  nel  di   io  di  settembre  i  cinque 
suddetti    congiurati,  con  alcuni    lor    confidenti 
al    numero    di    Irenlasette   persone   ,    portanti 
armi  coperte  sotto  i  panni,  presa  l'ora  cheil 
duca  ebbe  pranzato  ,    e    che    i    suoi    ministri 
slaviino  a  tavola,  quando    uno  e  quando  l'al- 
tro entrarono    nella    vecchia    cittadella  ,    dove 
abitava   il  dura  ,  lasciandoli  passar  liberamente 
la  guardia  de  gli  Svizzeri.    Per    quanto    viene 
scritto,  pii\    d'un    avviso   era    venuto  a    Pier- 
Luigi  da  Milano    e  dal    papa    stosso  ,    che    si 
macchinava  contra  di  lui,  e  che  si  guardasse; 
ma  non  seppe  egli  prolittarne.  Era  salito  lAri- 
guissola    con    due    compagni     nell'  anticamera 
del  duca  ,  e  mentre    gli    altri    attesero  ad  im- 
padronirsi della  porta     della    citladclla  e  della 
sala  con  uccidere  alcimì    Svizzeri   e    Tedeschi  , 
egli  entrato  co'  suoi  due  nella  camera  del  du- 
ca ,  clic    ragionava    allora    con    Cesare   Foglia- 
no, con    poche    pugnalate   lo    stese    morto    a 
terra  ,  senza  trovare  resistenza  alcuna  ,  perchè 
a  cagion  della  sua    intemperante    passata    vita 
avea  Pier-Luigi  degl'impedimenti  alle  giunture  , 
ed  immobile  ricevè  la  morte. 

Air  lulire    che     nella    cittadella     era     tanto 


I 


ANNO  MB^rr.vn  Sag 

rumore  ,  non  mmo  i  nobili  che  il  popolo  die- 
dero (li  piglio  all'armi,  e  corsero  a  quella  vol- 
ta. Al  Irei  lauto  (•ce  Alessandro  da  Terni  ,  capi- 
tano ilelli'  milizie  del  duca  ,  con  animo  d'  entrare 
in  essa  fortezza.  Ma  avendo  i  congiurati  al- 
zalo il  pofile,  ed  essendosi  "ben  armati  con 
rompeie  l' armeria  ducale ,  e  con  assicurarsi 
della  fiimi-lia  dell'  ucciso  principe,  convenne 
fermarsi.  In  questo  mentre  Agostino  Laiuli  rap- 
presentò al  popolo  la  molte  dil  duca,  e  fatto 
calar  dalle  mura  nella  fu.^sa  il  di  lui  cadaxtro 
legato  con  mia  fune  ,  acciocc'iè  se  ne  accer- 
tassero ;  e  g\\diU)([o  Libertà ,  Libertà,  /mp  rio, 
ed  asserendo  che  don  Ferranti^  in  breve  arri- 
verebbe colle  sue  truppe  ,  ognuno  s'  andò  ri- 
tirando, ed  Alessandro  da  Terni  colle  sue  genti 
s'inviò  alla  volta  di  Parma.  Avvisato  in  fatti 
il  Gonzaga  con  due  spari  d'  artiglieria  ,  spedi 
incontanente  cinquecento  fanti,  che  entrarono 
nella  cittadella,  e  nel  dì  12  di  settembre  com- 
parve anch'  egli  con  altra  gente  ,  e  prese  il 
possesso  della  città  a  nome  dell'  imperadore , 
promettendo  a  i  cittadini  di  ridurre  le  gravezze 
al  primo  slato,  di  lestiluir  gli  onori  al  senato, 
e  la  libertà  a  i  feudutaij  ,  di  annullare  i  pro- 
cessi,  e  di  rendere  i  beni  confiscati:  con  che 
tornò  la  quiete  in  quella  nobil  città.  Ciò  fat- 
to ,  il  Gonzaga  spedì  truppe  ad  impadronirsi 
di  Borgo  San  Donnino  ,  e  di  Borgo  di  Val  di 
Taro  e  di  Castel  Guelfo.  Tentò  ancora  la  città 
di  Parma  ,  e  Roccabianca  e  Fonlanellato  ;  ma 
i  Parmigiani  avendo  dipoi  acclamalo  per  loro 
duca  Ottavio  Farnese  ,•  lìglio  dell'estinto  Pier- 
Lliigi,  si  tennero  forti  alla  divozione  di  lui. 
MurvAToiu.  Jan.  Fol.  XIF,         34 


53o  AN:.AM    d'  ITAtU 

Trovavasi  papa  Paolo  in    Perugia ,  allorché  c\{ 
ii\  recata  la  funesta  nuova ,  accolta  da  lui  con 
inesplicabil  dolore  ,  e  insieme  con  fieri  interni 
rimproveri ,  al  veder  così   confusa  1'  ambizione 
sua ,  e  il    tanto    suo    amore  a  i    congiunti  di 
sangue.   Tuttavia  da  saggio  non  perde  tempo  a 
spedire  il  nipote  Ottavio  con  Alessandro   ^  itellì 
a  Parma,  e  a  spignervi  di  mano  in  mano  quante 
soldatesche  potè  ,  raccolte  ilail'  Umbria  e  dalla 
Romaj^na.  Ciò  sostenne  P uina ,   e  seguì  in  ap- 
presso una    sospension  d'  arni'  fra  il  duca  Ot- 
tavio e  don    Ferrante.    E    questo    misero   fine 
ebl)c   Pier-L  ligi  Farnese,  che    quantunque  la- 
soia>se  dopo  di  sé  un  brutto  nome  ,  pure  ebbe 
la  gloria  o  fortuna  di   lasciar    quattro  figli  ben 
diversi  daini,  cioè  il  suddetto    duca    Ottavio, 
che  riuscì  principe  di  gran    valore  e  saviezza  ; 
Alessandro,    uno  de' più    insigni  cardinali  del 
sacro  collegio  ;  Orazio    duca    di  Castro  ,  desti- 
nalo genero  di  Arrigo  li  re  di  Francia  per  lo 
sposalizio  di   Diana  liglìa  naturale    dello  stesso 
re;  e  Ranuccio,  che  il  buon   papa,  dimentico 
della    riforma     della    Chiesa,     non    avea  avuto 
scrupolo  di  eleggere    arcivescovo    di  Napoli ,  e 
crear  carlinalc  uell'  anno    precedente  ,    ancor- 
ché egli  non  avesse  che  quindici   in  sedici  an- 
ni. Lasciò   in  oltre    Pier-Luigi    una   figlia    per 
nomt'  Vittoria  ,  che  il  papa  diede    per    moglie 
a  Guidubjddo  duca  d'Uil)ino,  generale  in  que- 
sti le»;pi  della  repubblica  di  Venezia.   Ma  della 
morte  del   Farnese  ebbe    l)ene  a  dolersi  V  Ita- 
lia ,  perché    cagion     l'u    di    riai-cendere    nuove 
guerre  non    solamente    qui  ,    ma   anche  ollra- 
lucutti  ,  siccome  vedremo.  ISè  si  dee  tacere  che 


ANNO    MDXLVn  53 I 

in  quest'anno  a  dì  i3  d'a^-osto  (avvenimento 
assai  raro  )  cadde  nel  Mugello  distretto  di  Fi- 
renze per  tutta  la  notte  si  dirotta  ed  impe- 
tuosa pioggia ,  clic  lutti  i  finrnicelli  divennero 
oigoglioii  torrenti ,  con  inondar  le  campagne  , 
ed  allagare  non  poca  parte  della  città  di  Fi- 
renze. \i  perì  molta  gentej  case  ,  nuilini  ,  gual- 
chiere ,  ]ionti  ed  alberi  infiniti  non  ressero  alla 
fin-ia  dell'acque;  t.ilcliè  gli  uomini  di  quel  se- 
colo ninna  pari  disavventura  aveano  mai  ve- . 
dula  o  provala  ne  tempi  loro. 

Anno  di  Cristo   i348.  Indizione  f^I. 
di  Paulo  III  papa   i5. 
di  Carlo  \    iniperadore  3o. 

Fu  impiegato  tutto  quest'anno  in  maneggi 
politici,  e  in  proposizioni  di  leghe  e  di  guerra, 
ma  senza  che  se  ne  risentisse  la  pubblica 
quiete.  S'irà  già  sconcertata  non  poco  la  buona 
armonia  fra  il  jionlefice  Paolo  e  Carlo  impera- 
dore ,  sì  per  la  seguita  tianslazion  del  concilio 
dì  Trento  a  Bologna  .  malveduta  e  impugnala 
da  esso  Augusto,  e  per  l'uccisione  di  Pier- 
Luigi  Farnese,  e  per  T  occuj)azion  di  Piacenza 
fatta  dall'armi  imperiali  ,  approvala  dipoi  so- 
lennemente dall' ituperadore  stesso:  il  che  riem- 
pieva di  sdegno  ì"  animo  del  pontefice,  al  mirar 
tolta  alla  Chicvsa  e  insieme  alla  casa  Farnese 
una  sì  riguardevol  città.  E  tanto  più  perchè 
anche  Parma  si  trovava  in  grave  pericolo,  ten- 
dendo parimente  a  quell'acquisto  don  Ferrante 
Gonzaga  con  orditure  segrete  e  colle  minacele 
della  l'orza.   Perciò    si   diede  esso   pontefice   a 


5^2  ANNALI    d'  ITALIA 

ijjanipolar  iu)a  lega  con  Arrigo  II  re  bellioos© 
di  Francia  ,  calcolando  che  le  di  Ini  forze , 
colla  conjoililà  spezialmente  di  Torino  e  d'al- 
tre piazze  tnlta\ia  occupate  dalle  di  lui  armi 
in  Piemonte ,  potessero  abbassare  la  troppo 
cresciuta  potenza  di  Cesare  in  It;ilia,  e  forzarlo 
alla  restitu/Jon  di  Piacenza.  Questa  medesima 
lega  era  desiderata  da  i  Franzesi  ;  ma  canniii- 
iiando  essi  con  gran  cautela  ,  al  vedere  il  de- 
crepito papa  non  lontano  dall'abbandonar  colla 
vita  gì'  impegni  politici  ,  richiedevano  che  il 
sacro  collegio  s' obbligasse  a  continuar  la  lega  , 
ed  in  essa  si  tirassero  altri  principi  d'Italia,  e 
che  Parma  fosse  ceduta  ad  Orazio  Farnese 
duca  di  Castro ,  fratello  del  duca  Ottavio ,  e 
genero  ,  siccome  dicemmo ,  del  re  Cristianissi- 
mo. Ma  né  i  Veneziani,  né  il  duca  di  Ferrara 
si  vollero  impacciare  in  si  pericoloso  labirinto 
e  molto  meno  v'accudirono  i  saggi  porporati. 
Perciò  si  andò  consumando  il  tempo  in  varj 
trattati,  e  nulla  inliue  ne  risultò.  Intanto  l'im- 
peradore  conlimuna  le  calde  sue  istanze  per- 
ché si  restituisse  in  Trento  il  concilio;  al  che 
troppo  renitente  si  sco])ii\  a  il  jìontelice  ^  colla 
comune  crech-nza  eh'  egli  temesse  in  città  non 
suddita  a  sé  la  forza  de' prelati  spagnuoli  e  te- 
deschi,  capace  di  resti  iguere  l' autorità  ponti- 
fizia  ,  e  di  formar  decreti  disgustosi  alla  corte 
romana  per  conto  della  disciplina  ecclesiastica. 
Ad  ogni  infermo  iii  paura  il  chirurgo  che  ha 
da  tagliare.  Questo  discordie  Ciii  il  pontefice  e 
l'imperadore  cagiou  furono  che  esso  Augusto 
tro\andosi  alla  diela  iii  Angusta,  e  hraniauilo 
pure  di  (|uelar   in    fjualchc    uiaujcra    i    torbidi 


AX^O    MnXf.A'tII  533 

della  religione  e  de' popoli  nella  Germania, 
lece  stendere  una  scrittura  contenente  ciò  che 
fossero  obbligati  i  Protestanti  di  credere  ed  in- 
segnare ,  finattantocliè  il  concilio  generale  de- 
terminasse la  pura  dottrina  della  Ciiiesa  5  e 
nel  dì  i5  di  maggio  la  pubblicò.  Fu  essa  no- 
minata V  Interim  di  Carlo  V:  decreto  che 
egualmente  si  trovò  poi  riprovato  ed  impugnato 
da  i  Cattolici  e  da  i  Protestanti.  S.  questi  dis- 
piacque ,  perchè  i  principali  punti  della  re- 
ligion  cattolica  erano  ivi  stabiliti  ,  e  perciò 
contra  d' esso  si  scatenarono.  A  i  Cattolici , 
perchè  nell'  Interim  furono  permessi  a  i  Pro- 
testanti certi  usi ,  non  già  incompatibili  colla 
dottrina  cattolica ,  ma  contrai  j  alla  presente 
disciplina  della  Chiesa.  E  sopra  tutto  il  ponte- 
fice proruppe  in  gravi  doglianze,  perchè  f  im- 
peradore  si  fosse  presa  la  libertà  di  far  delle 
determinazioni  in  materia  di  religione ,  rise- 
dendo quest'autorità  ne' soli  sommi  pontefici 
e  pastori  della  Chiesa  ,  e  non  già  ne'  principi 
secolari. 

Trovandosi  intanto  X  Augusto  Carlo  stanco 
sotto  la  mole  di  tanti  an'ari  ,  e  colla  sanità 
infievoUta  per  le  passate  fatiche  e  per  la  po- 
dagra ,  prese  la  risoluzione  di  far  venire  di 
Spagna  in  Italia  e  Germania  il  principe  doa 
Filippo  suo  figlio.  Nello  stesso  tempo  con  di- 
spensa del  sommo  pontefice  accordò  1'  infanta 
donni  Maria  sua  primogenita  in  moglie  all'ar- 
ciduca Massimiliano ,  figlio  del  re  Ferdinando 
suo  fratello ,  che  era  allora  in  età  di  circa 
venti  anni.  E  per  jjrovvedere  la  Spagna  di  un  au- 
torevole viceré ,  durante  1'  assenza  del  principe 


534  ANNAM    D  ITAUA 

SUO  figlio ,    spedì   colà    lo    stesso    Massimiliano 
con  beir  acconipagiiamento    nel    mese    eli    giu- 
gno  ,    e    fmono    poi    con    gran    niagnilicenza 
solennizzate    le    sue    nozze  in  Madiiil  nel  set- 
tembre di    quest'  anno.  In  questo  mentre   s'  u- 
nirono  a  Roses  in  Catalogna  le  galee  d'Andrea 
Doria  ,  di  Spagna  ,  Napoli  e  Sicilia ,   con  varie 
navi,  che  in  tutte  formavano  una  numerosa  e 
potente  flotta,    do\e  il   principe  don    Filippo, 
dopo  aver  lasciato    il    governo   de    i    regni    al 
cugino  Massimiliano,  imbarratosi  nel  di  primo 
di  novembre,  sciolse  le  vele  alla  volta    dell'I- 
talia sotto   la  direzione  del  duca  d'Alva,  capi- 
tan generale  e  maggiordomo  maggiore  dell'Au- 
gusto   suo    padre  ,    inviato    a    (jucsto    fine    in 
Ispagna.   Sbarcò  nel  dì   23  (  l'Adriani  scrive  nel 
dì  aS  )  del  suddetto  mese  in  Genova  ,  accolto 
con  immensi  onori  da  quel  popolo ,    ed  allog- 
gialo nel  p.alazzo   del  suddetto    Doria.    Cosimo 
duca  di  Firenze,    attentissimo  in  lutto  a   con- 
servare ed  accrescere    la  protezion  di   Cesare, 
in\iò  colà  a  visitarlo  tlon  Francesco    suo    pri- 
mogenito ,  clic  gli  portò ,    se    crediamo  al   Se- 
gni ,  de  i  regali  di  valore  di  cento  mila  scudi. 
Vi  conqiarve  ancora  il   duca  Ottavio    Farnese, 
in^iato    dal    papa,    per    pregarlo    d'inqjiegarsi 
nella  restituzion  di  Piacenza.  Dopo  molti  giorni 
di  riposo  passò  dipoi  il  regal    piincipe    a    Pa- 
\ia,  et  indi  a  Milano,    due    miglia   lungi    dalla 
qual  città  con  isplendido    corteggio    di    prelati 
e  di  nobiltà   fu  a  fargli   una  visita    (^arlu    duca 
di  Sa^  oia.  In  tal  congiuntura   l'vrc  il   popolo  di 
Milano  sfoggi  d'incredibii  magnificenza  per  rac- 
coglimento   di    questo    Sole    nascente ,    a    cui 


ANNO    MllXÌ.Vm  S.lS 

sapcano  di  dover  essnrp  sudditi  col  tempo.  Wiiiie 
in  qiiesf  anno  Arrigo  11  re  di  Fiaiicia  con  (jiiat- 
trocento  nomini  d'armi  e  cin((iie  mila  fanti  in 
Piemonte  ,  per  visit^tr  le  fortezze  oeeujjate  dal- 
r  armi  sue.  Pretentle  f  Adriani  iinpreso  quel 
viaggio  dal  re  ,  perrliè  Olta\  io  Farnese  ,  per 
vendicarsi  di  don  Ferrante  (ionzaga  dopo  Toc- 
cnpazion  di  Plac-enza  .  avesse  mandati  tie'  sicari 
per  farlo  nccidcre  ,  clie  f'Mono  poi  scoperti  a 
tempo  e  ginstiziati  :  sperando  il  re,  siccome 
consapevole  della  trama,  die  tolto  di  \ila  il 
Gonzaga  ,  potessero  insorgere  de  i  torbidi  nello 
Stato  di  Milano.  Vana  immaginazion  di  quello 
storico  ,  perciocché  nel  di  dieci  di  settembre 
accadde  la  morte  di  Pier-Luigi  Farnese,  e  il 
re  nel  luglio  e  agosto  precedente  era  venuto 
a  Torino:  ed  avendo  colà  chiamato  Eicole  II 
duca  di  Ferrara,  questi  con  licenza  delfimpe- 
radore  nel  dì  i5  d'agosto  si  mosse  con  bella 
conìitiva  .  andò  a  Torino ,  e  nel  dì  due  di  set- 
tembre si  restituì  a  Ferrala.  Erano  le  premure 
del  re  di  tirar  seco  in  lega  questo  principe  ^ 
ma  il  trovò  troppo  alieno  dall'  inimicarsi  il 
troppo  potente  inqjeradore.  Tanto  bejisì  operò 
esso  re  Cristianissimo,  che  indusse  il  duca  me- 
desimo a  concedere  in  moglie  Anna  sua  pri- 
mogenila  a  Francesco  di  Lorena  duca  di  lima- 
la ,  figlio  del  duca  di  Guisa  suo  favorito.  Senza 
far  altra  no^ilìl,  e  con  solamente  lasciar  de  i 
sospetti  in  Italia ,  se  ne  tornò  esso  monarca  in 
Francia  nel  dì  ventitré  di  settembre.  Perciò 
don  Ferrante  attese  a  fortificar  Milano,  e  l'al- 
tre città  e  fortezze  di  quello  Slato  ;  ed  altret- 
tanto fece  in  Toscana  il  duca  Cosimo  <    a  cui 


536  ANNALI  d'itama 

per  gran  somma  di  danaro  da  Cesare  fu  dato 
Piombino ,  e  da  lì  a  poco  ancora  ritolto.  Fu- 
rono parimente  in  quest'anno  fieri  rumori  in 
Siena .  citfà  dove  ab  antiquo  cozzavano  fra 
loro  due  fazioni ,  volendo  cadauna  o  primeggiar 
nel  governo ,  o  usiirpailo  tutto.  I  ministri  del- 
Timperadore,  che  davano  in  questi  tempi  legge 
ali' Italia,  non  tralasciarono  di  profittar  della 
l(ir  ]ia/.za  discordia  ;  e  però  a  don  Diego  di 
Mendozza  venne  fatto  d'introdur  quattrocento 
fanti  spaglinoli  di  guardia ,  dando  piincipio  ad 
una  specie  di  dominio  di  quella  città. 

Anno  eli  Cristo   i54«)-  Indizione  VII. 
eli  Paolo  HI  papa    i6, 
di  CAur.o  \  impcradore  3i. 

Dopo  avere  il  regal  principe  don  Filippo 
d\\\is1ria  lasciato  in  Milano  im  gran  credito  di 
signor  generoso  e  liberale ,  nel  dì  8  di  gen- 
naio del  presente  anno  si  partì  di  colà  ,  e  ri- 
cevuto min  splendido  trattamento  da  Francesco 
duca  fli  Maut()\a  ,  alla  qual  città  si  portò  an- 
che Ercole  II  duca  di  Ferrara  per  inchinarlo , 
passò  a  Trento  ,  continuando  poscia  il  viaggio 
sino  a  lirusselles ,  dove  {ove  la  sua  entrata  nel 
dì  (irimo  d' aprile ,  accolto  con  tenerezza  dal 
padre  Augusto.  L' intenzion  dell' impcradore  di 
cliiamailo  colà  era  stala  di  fargli  giurar  fedeltà 
da' popoli  della  Fiandra;  il  che  eseguirono  essi 
di  lutto  buon  ciifire.  Ma  si  aggiunse  nn'  altia 
idea,  fabbricala  dall'amor  palerno  ed  ambi- 
zioso di  Carlo  :  cioè  si  diede    egli   a    meditare 


ANKO  MnxT.ix  53'y 

nel  tempo  stesso  di  farlo  aiirlie  re  de'  Roma- 
ni ,  e  trattossi  di  ciò  in  falli  nella  dieta  d'Au- 
gusta deir  anno  seguente  ;  ma  con  trovarsi  il 
re  Ferdinando  tr()]>po  renilenle  alla  cessione 
di  quella  dignità.  Se  non  concordassero  in 
questo  varj  autori ,  parrebbe  in\  erisiniile  un  sì 
fatto  progetto.  Mn  uè  Fenlinando  avea  sì  poco 
senno  da  sacrificare  alle  voglie  del  fratello 
queir  illustre  dignità  ,  né  i  principi  della  Ger- 
mania erano  sì  mal  avveduti  di  permettere  la 
conlinuazion  d'  una  unione  o  potenza  die  facea 
paura  a  tutti.  In  questi  tempi  Arrigo  li  re  di 
Francia  non  sapendo  sofTerire  che  la  sua  città 
di  Bologna  in  Piccardia  avesse  a  restar  in  mano 
de  gì'  Inglesi  anche  per  alquanti  anni ,  e  di 
doverla  comperare  con  tante  somme  d' oro 
accordale  nella  pace  fatta  con  loro  dal  re  Fran- 
cesco I  suo  padre ,  determinò  di  adoperar  la 
forza  per  ricuperarla ,  con  essersi  fatto  assol- 
vere dal  papa  del  giuramento  ed  obbligo  di 
pagare  il  pattuito  danaro.  Parvegli  anche  pro- 
pizio il  tempo  ,  perchè  in  Inghilterra  erano  in- 
sorte gravi  discordie,  e  durava  tuttavia  la  guerra 
de  gì'  Inglesi  contro  la  Scozia  ,  assistita  dal- 
l' anni  della  Francia.  Perciò  andò  con  possente 
esercito  a  mettere  1'  assedio  alla  città  di  Bolo- 
gna ,  dichiarando  aperta  guerra  a  gì'  Inglesi  ^ 
ma  quanfimque  s'  impadronisse  di  qualche  for- 
te ,  nulladiiueno  inutili  per  quest'anno  rimasero 
i  suoi  sforzi  contro  d'  essa  città.  Godevasi  in- 
tanto in  Italia  la  pace  ,  ma  pace  turbata  da 
continui  sospetti  di  guerra  per  cagion  di  Parma 
e  Piacenza  ;  e  tutti  attendevano  a  premunirsi. 
Ebbero  ciò  non  ostante  a  piagnere  le  marine. 


53S  AKNAU    d'  ITAT.IA 

spezialmente  della  Sicilia ,  Calabria  e  Riviera 
di  Genova.  Corseggiava  nel  Mediteri'aneo ,  dopo 
la  morte  del  Barbarossa  suo  maestro,  il  famoso 
corsale  Dragiit  Rais  con  quaranta  legni  ;  né 
so'amente  [^rendeva  quanti  navigli  mercantili 
gli  venivano  alle  mani  ,  ma  eziandio  facea 
sbarco  di  tanto  in  tanto  alle  coste  della  Cri- 
stianità ,  con  metteie  a  sacco  i  villaggi ,  ed 
asportarne  ancora  gran  copia  d' anime  cristia- 
ne j  condennate  dipoi  ad  una  penosa  servitù. 
Mancava  a  costui  un  buon  nido  ;  sei  procacciò 
egli  nell  anno  presente  con  impossessarsi  a 
forza  d' armi  della  città  appellata  Afiiica  o  Tri- 
poli nelle  coste  di  Barljeria.  Quivi  si  piantò 
egli  e  fortificò ,  concependo  poi  speranza  di 
stendere  pili  in  là  il  dominio  suo. 

Ondeggiava  inUinto  papa  Paolo  fra  varj  pen- 
sieri intorno  a  gli  all'ari  dì  Panna  e  Piacenza  j 
e  ricevea  da  Cesare  parole  di  corte,  quante 
ne  volca.  Ora  pretendeva  l' iniperador  Carlo 
cbe  si  esaminassero  It;  lagioni  della  Chiesa  e 
dello  Stalo  di  Milano  su  ([uella  città,  ed  ora 
proponeva  cambj ,  comparendo  sempre  disposto 
a  compiacere  il  pa|)a  ,  ma  con  inlerna  liso- 
luzione  di  far  quel  solo  clie  conveniva  al  pro- 
prio interesse,  l'iese  dunque  il  ponlelice  il 
parlilo,  a  ciò  consigliato  da  i  più  saggi  por- 
porati ,  di  unir  di  nuo\o  Parma  alla  Cbiesa  , 
e  di  torla  al  nipote  Ol(a\io.  con  animo  di 
reintegrarlo  ,  cioè  di  dargli  di  nuovo  Cameri- 
no ,  giudicando  cbe  T^arma  in  man  drlla  (Chiesa 
verrebbe  più  rispettala  da  i  jiotentali  cattolici- 
Con  (|uesla  i<lea  licbianiò  a  lìoma  il  nipote  , 
spedì  a  Parma  con    segrete   istruzioni    Camillo 


ANNO     MTAt.lX  SS;") 

Orsino,  capitan  generalo  doDa  Cliiesa;  il  qual 
giunto  colà  ,  prese  il  comando  dell'  armi  e  il 
go\  erno  d'  essa  città ,  attendendo  poscia  a  for- 
tificai la  ,  e  a  ben  provvederla  di  vettovaglie  e 
oiiuiizioni  da  guena  ;  il  clie  recò  non  poca 
gelosia  a  don  Ferrante  Gonzaga.  Stette  lunga- 
mente aspettando  il  duca  Ottavio,  qiial  dovesse 
essere  il  suo  destino,  lusingato  dai  pontefice  ora 
colle  speranze  di  espugnar  la  pertinacia  di  Ce- 
sare,  ed  ora  colle  proposizioni  avanzate  di  una 
lega  colla  Francia.  Finalmente  s'  impazientò , 
ma-^simaniente  all'udire  che  si  trattava  di  ce- 
dere Parma  a  don  Orazio  suo  fratello  ,  e  Ca- 
merino a  lui ,  e  al  considerare  clie  intanto  egli 
si  trovava  spogliato  di  Paima  ,  benché  d'  essa 
investito,  e  che  venendo  a  mancare  il  decre- 
pilo papa  ,  correa  rischio  di  né  pur  ottenere , 
o  di  perdere  Camerino.  All'  improvviso  dun- 
que ,  senza  sajnita  dell'  avolo  papa  ,  venne  per 
le  poste  a  Parma ,  credendo  di  lai  sene ,  come 
prima  ,  padrone  ;  ma  Camillo  Orsino  insospet- 
tito per  non  aver  egli  recata  lettera  o  ordine 
alcuno  del  jtontefice,  si  mise  alla  parata  d'ogni 
accidente  ,  col  disporre  guardie  dapertutto  ;  e 
lasciò  bensì  entrare  in  Parma  il  duca ,  ma  il 
tenne  sì  corto  ,  che  non  osò  di  tentare  novità 
veruna.  Contullociò  le  speranze  di  Otta\io  erano 
riposte  nella  cittadella  ,  avendo  tenuta  già  in- 
telligenza per  questo  col  castellano  d'  essa  ,  e 
perciò  fece  istanza  di  visitar  anche  quelle  for- 
tificazioni. Quivi  parimente  si  trovò  egli  bur- 
lato ,  per  essersi  pentito  il  castellano ,  che  ri- 
cusò d'  ammetterlo  dentro  :  il  perchè  tutto 
fumante  di  collera  uscì  di  città  ,  e  si    ritirò    a 


54o  ANNAT.T    n'  ITAMA. 

Torchiara  castello  del  conte  Sforza  Santafiore 
suo  cugino ,  dove  per  mezzo  del  cardinal  di 
Trento  cominciò  un  trattato  con  don  Feirante 
Gonzaga  per  acconciarsi  colf  imperadore.  Da 
che  il  pontefice  ebbe  intesa  1'  impensata  fuga 
del  nipote  ,  diede  nelle  smanie  ,  persuaso  che 
la  gente  non  crederebbe  ciò  fnllo  senza  con- 
senso suo  ;  e  tosto  gli  spedi  dietro  un  corriere 
per  richiamarlo.  E  perchè  ebbe  avviso  dal- 
l' Orsino  del  tentativo  da  lui  fatto  per  ripigliare 
il  dominio  di  Parma  ,  maggiormente  acceso  di 
collera  ,  rinovò  gli  orilini  a  tutti  i  ministri  di 
quella  città  di  tenerla  a  nome  della  Chiesa  ,  e 
di  non  ammettere  colà  il  nipote.  Cosi  stavano 
le  cose ,  quando  il  cardinal  Farnese ,  per  let- 
tera a  lui  scritta  dal  fratello ,  fece  sapere  al- 
l' addolorato  pontefice  che  Ottavio ,  se  non  gli 
veniva  ceduta  Parma ,  si  accorderebbe  con  don 
Ferrante,  e  cercherei )be  colla  forza  di  riaver 
quello  che  riputava  dovuto  a  se  per  giustizia. 
Questo  colpo  ,  per  cui  si  sfasciavano  tutte  le 
macchine  politiche  del  papa ,  e  i  suoi  segreti 
trattati  co  i  Fianzesi  ,  1'  accorò  talmente  ,  che 
preso  da  un  tremore  e  quasi  sfinimento ,  fu 
per  cadere  in  terra ,  se  non  era  sostenuto  da 
gli  asliuili.  Dopo  quallio  ore  si  riebbe  ;  ma 
sopragiunse  una  gagliaida  febjjre ,  a  cui  l' eia 
sua,  arrivata  ad  anni  82  e  forse  più,  guada- 
gnatasi da  lui  colla  temperanza  del  vitto ,  non 
potò  reggere  ,  e  però  cessò  di  vivere  nel  di  i  o 
di  novembre. 

Vaiia  fii  la  fama  che  lasciò  dopo  di  sé  papa 
Paolo  III.  (ìli  storici  fiorentini  Varchi  ,  Segni 
et  Adriani  ,  perchè  mal  animali  conlra    di    lui 


ANNO    MnVT.IX  54 1 

a  cagion  iloUe  dissensioni  jiassale  fra  esso  pon- 
tefice e  il  (luca  Cosimo ,  ne  sparlarono  a  bocca 
aporta.  Il  Segni  arri\  ò  a  .scri%  ere ,  esser  egli 
stilo  in  concetto  ,  non  dirò  di  amante  del- 
l' astrologia  gindiciaria  ,  che  questo  gli  fu  im- 
putalo anche  da  altri,  (  benciiè  forse  senza  ra- 
gione )  ma  fin  di  magi;i  e  dell'uso  de' veleni, 
con  altre  dicerie  bestiali  .  che  lo  stesso  stam- 
patore si  vergognò  di  esporre  tutte  alla  luce. 
Non  è  già  di  dovere  che  i  principi ,  preten- 
denti di  non  essere  sottoposti  alle  leggi  ,  ab- 
biano anche  da  pretendere  esenzione  dalla  pub- 
blica censura  ,  perchè  questo  è  T  unico  fieno 
o  pur  gastigo  alle  lor  malvagie  azioni  :  e  guai 
a  chi  giugne  a  nulla  curarsi  anclìe  di  questo 
qualsisia  slaffil?.  Ma  giusto  insieme  è  che  la 
censura  sia  ben  fondata  ,  e  non  figlia  della 
maUgnità  e  dell'  invidia.  Certamente  chiunque 
senza  passione  peserà  le  azioni  e  la  condotta 
di  Paolo  Ili ,  avrà  da  confessare ,  aver  egli 
meritato ,  per  conto  non  nien  dell'  ufizio  pa- 
storale ,  che  del  governo  principesco  ,  la  lode 
di  degno  pontefice  e  di  saggio  principe.  Do- 
talo di  gran  consiglio ,  di  rara  prudenza  e  di 
zelo  cospicuo  pel  bene  della  religione  e  pel 
decoro  delia  Chiesa  ,  primiero  aprì  1'  impor- 
tantissimo conciUo  di  Trento  ,  confermò  l' in- 
signe Compagnia  di  Giisù  e  l' istituto  de'  Cap- 
puccini ,  e  proecurò  la  riforma  de  gli  allusi  che 
deformavano  la  Chiesa  di  Dio.  Somniameute 
accrebbe  la  gloria  sua  colla  promozione  di  piiì 
di  settanta  cardinali,  la  maggior  parte  illustri 
o  per  la  loro  scienza  ,  o  per  la  lor  pietà  o  ])er 
r  ingegno  ,  e  per  la  chiarezza  di  sangue.  Sempre 


543  ANNALI    d'  ITAMA 

j)ailre  comune ,  mai  s' impacciò  nelle  gtierre 
fra  i  principi,  fuorché  quando  si  trattò  di 
guerreggiar  contro  gì'  infedeli  ed  eretici  :  che 
allora  largamente  impiegò  le  rendite  della  Chie- 
sa. Fortificò  Perugia  ,  Ascoli  ,  Nepi  e  Castro  ; 
condusse  molto  innanzi  la  fabbrica  di  San  Pie- 
tro,  cominciata  da  Giulio  li  ;  rifondò  il  [)alazzo 
apostolico  del  Vaticano  ;  tirò  alcune  strade  di- 
ritte per  Roma;  ed  aventlo  molto  beneficato 
il  popolo  romano  ,  merilò  che  fo>se  posta  la 
sua  statua  nel  Camp  doglio.  Non  mancarono  al 
certo  in  lui  varj  nei.  E  chi  n'  è  senza  ?  Per 
fabbricare  il  palazzo  Farnese,  gran  guasto  diede 
air  Anfiteatro  di  Tito.  Fece  gridare  il  cloro  e 
i  popoli  suoi  per  le  gravezze  loro  accresciute, 
e  lasciò  anche  impegnate  a'  mercatanti  per  più 
anni  non  poclie  rendite  della  camera  apostoh- 
ca.  Ma  quello  che  maggiormente  par\  e  che 
oscurasse  la  sua  fama  .  e  che  presso  i  più  non 
trovò  scusa  .  fu  1'  esorbitante  suo  amore  verso 
del  figlio ,  benché  figlio  non  degno  di  questo 
padre  ,  e  voiso  de'  nipoti ,  degni  al  corto  di 
lui,  per  l'ingrassamento  ed  innalzamento  de  i 
quali  che  non  fece  egli  ?  L'  abhiam  già  veduto. 
E  volle  Dio  che  vivente  aiuniia  ne  ricevesse 
il  gastigo  j  laonde  dicono  che  ne  gli  ultimi 
giorni  di  sua  vita  amlasse  ripetendo:  Et  prc- 
cafum  ìiwnm  ronfra  me  est  scniprr.  Per  altro 
anche  in  f(iicsti  ultimi  tempi  ad  esaltare  i  pregi 
e  a  liberar  dalla  censura  le  azioni  d'  esso  pon- 
tefice ,  ha  contribuito  non  poco  I'  indefessa 
penna  del  celebre  cardinale  Angelo  Quirini  , 
vescovo  di  iìrescia  ,  a  cui  ancoia  siam  tenuti 
per  lunle  altre  uolizie  ialoruu  al  cardinal  Polo, 


ANNO    MnVT.IX  O.p 

e  ad  alili  insigni  por.soiiag^i  die  in  Paolo  III 
trovarono  un  saggio  conoscitore  e  premiatore 
del  merito. 

Aveva  il  pontefice  nel  penuliinio  dì  tlel  suo 
vivere  ordinato  un  Breve  all'  Orsino  ,  con  cui 
gli  comandava  di  consegnar  Parma  al  duca 
Ottavio  :  tanto  era  il  timore  eli'  egli  si  giltasse 
in  braccio  a  gì'  imperiali ,  e  cedesse  loro  quella 
l'iltà.  Perchè  questo  Breve  non  fu  sp^^dilo  con 
diligenza  ,  ed  arrivò  piima  d"  esso  a  Parma  la 
nuova  della  morte  del  papa ,  ancorché  il  sacro 
collegio  ordinasse  lo  stesso  all'  Orsino ,  egli 
non  volle  ubbidire  ,  dicendo  d'  a\  er  avuta  in 
guardia  quella  città  da  un  papa  ,  e  che  ne 
disporrebbe  secondocliè  gli  l'osse  ordinalo  da 
un  altro  papa  :  risjìosla  che  fece  sospettare 
qualche  suo  intrigo  co  i  Franzesi.  ]\!a  1'  O'sino 
onoralamenfc  trattò  e  conser\ò  Parma  pel  papa 
venturo ,  quantunque  non  nien  da  gì'  imperiali 
che  da'  Franzesi  gli  fossero  fatte  molte  ingorde 
proposizioni.  Durante  poi  la  sede  vacante,  Ca- 
millo Colonna  ricuperò  Palliano  ,  e  1' altre  terre 
tolte  da  papa  Paolo  ad  Ascanio  :  e  il  principe 
di  Sulmona  acquistò  Sonciiio  ed  altri  luoghi  , 
come  appartenenti  a  donna  Isa])o!!a  Colonna 
sua  moglie.  Ma  don  diego  Mendozza  s'  inter- 
pose aflinchè  non  seguissero  rumoìi  fia  esso 
principe  e  i  Colonnesi.  Intanto  launati  i  cardi- 
nali nel  numeroso  conclave,  cominciarono  i  lor 
maneggi  per  provveder  la  Chiesa  d' un  nuovo 
pastore,  con  sì  poca  concordia  nondimeno , 
che  spirò  il  presente  anno  senza  vermi  accor- 
do, anzi  con  apparenza  di  non  acconlarsi  sì 
presto  Ira  loro.  Neil'  ottobre  di    qaest'  anno  si 


544  ANNA.LI    d'  ITALIA 

celebrarono  con  rara  mas^nificenza  in  Mantova 
^le  nozze  del  duca  Francesco  Gonzaga  con  Cat- 
terina  d' Austria  figlia  di  Ferdinando  re  tie  i 
Romani.  Nel  qiial  tempo  Lodovico  fratelo  di 
esso  duca  passò  alla  corte  di  Francia  ,  e  col 
tempo  divenne  duca  di  Nevers  :  del  che  è 
bene  die  il  lettore  si  ricordi ,  perchè  vedienio 
a  suo  tempo  toi  nar  quella  linea  Gonzaga  a 
signoreggiare  in  Italia. 

Anno  di  Cristo   i55o.  Indizione  Vili. 
di  Gniuo  III  papa    i. 
di  Q^ULO  N    imperadore  32. 

Tennero  lungamente  diviso  il  sacro  collegio, 
ascendente  al    numero  di  cinquanta    cardinali, 
le  fazioni  Imperiale  ^  Franzcse    e    Fornesc.    Fu 
in  gran  predicainento  il  cardinal    Polo  ,    uomo 
per  la   sua  scienza ,    religiosìc  e  purilh    di    co- 
stumi ben    dej;no    delia    dignità    pontificia.    Ma 
perchè  il  cardinal  Teatino    CaralTa  il   pioclamò 
per  amico  de'  Protestanti  ,  a  personaggio  sì  il- 
lustre rimasero  tagliate;  le  penne.  In   fine   nella 
notte  precedente  il  di  8  di  febbiaio  restò  con- 
cordemente eletto   pa])a  (  jxt  cura  spezialmente 
de'  cardinali    Farnese  ,    Guisa    e  d'  Este  )    Gio- 
vanni   Maria  di  Monte ,  o  sia  del  Monte  ,  car- 
dinal veterano  ,  creduto  degno  della  sacra  tiara 
per  li  meriti   suoi  aiiclu'  dal  delunlo  pontetìie. 
Era  egli    oriondo  da  Monte  San  Sovino  ,  terra 
del  distretto  d' Arezzo  ;  e  per  la  trafila  di  varj 
impieghi  ,    lutti  soslenuli  con   lode  ,  passato  al 
cardinalato,  s'era  spezialmente  distinto  per  lo 


ANNO    MDT.  545 

sapere  e  per  la  prudenza  nel  concilio    genera- 
le ,  in  cui  fu  legato  apostolico  taiilo  in  Trento 
che  in  Bologna.  Prese    egli    il    nome    di    Giu- 
lio III  ;  e    perciocché    questo    era    V  anno    del 
Giubileo,  né  per  la  morte  del  papa  s' era  po- 
tuto nel  precedente  dicembre  far    la    funzione 
di  aprir  la  Porta  Aurea  ,  coronato  che   egli  fu 
nel  dì   22  di   febbraio,    non    lardò    ad    aprirla 
nel  dì  24  j    per    soddisfare    al   gran    concorso 
della  gente  passata  a  Pioma  per  ottener  le  in- 
dulgenze. Lodevolissimi  furono    i    principj  del 
governo    di    questo    pontefice ,    siccome    suol 
d'  ordinario  accadere  non  solo   ne'  principi  ec- 
clesiastici,    ma   anche    ne' secolari  ;    perciocché 
mostrò  r  animo  suo  inclinatissimo    non  solo  a 
rimettere  in  Trento  il  concilio    generale ,   ade- 
rendo alle  premure    dell'  imperadore  e  de'  Te- 
deschi ,  ma  ancora  alla  riforma  della  disciplina 
ecclesiastica  ,  troppo  scaduta  ne'  secoli  addietro. 
Pubblicò  in  latti   il  decreto  ilei  riaprimento  del 
concilio  in  essa  città  di  Trento  pel    tlì    primo 
di  maggio  dell'  anno  prossimo  venturo.  Conci- 
liossi  ancora  1'  amore  del  popolo    romano  con 
levare  i  dazj   delta  uiacina  e  de'  contratti  ,  che 
papa  Paolo  avea  introdotti  con  gravi  doglianze 
massimamente  de' poveri.    Riconleimò  lo  Stato 
di    Campagna    a    i  Colonne^i ,    e    per    ricono- 
scenza al  cardin:il  Farnese  confermò   la  prefet^ 
tura  di  Roma  ad  Orazio  Farnese   duca  di  Ca- 
stro,  e  il  grado  di  gonfalonier  della  Chiesa  al 
duca  Ottavio  Farnese  fratello  d'  esso  cardinale. 
Quel  che  piiì  importa ,  fece  nel  dì  24  ài  feb- 
braio restituire  da  Camillo  Orsino  ad  esso  Ot- 
tavio la  città  di  Parma  colle  fortezze ,  artiglierie 
MuiUTORi.  p^ol.  XI y.  35 


546  ANNALI    d'  ITALIA 

e  munizioni:  il  che  fu  cagioue  clie  Otta^ào , 
dopo  essere  stato  fin  qui  in  molti  trattati  coi 
ministri  deir  inipeiailore ,  voltasse  vela  per  so- 
stenersi contia  de'  me  lesimi ,  scoperti  troppo 
vogliosi  di  quell'acquisto,  e  malcontenti  della 
restituzione  a  lui   fatta. 

Sì  riso'ulo  senq)re  più  compaiiva  Arrigo  li 
re  Cristianissimo  di  ricuperar  la  città  di  Bolo- 
gna nella  Piccardìa,  die  Oloardo  re  d' invilii-' 
terra  e  i  ministri  suoi  giudicarono  miglior  con- 
siglio di  cedere  amorevolmente  con  qualche 
vantaggio  quella  città  ,  che  di  fare  inmiense 
spese  per  la  difesa  ,  e  di  perdere  poi  tutto 
colla  resistenza.  Però  nel  dì  34  di  marzo  del- 
l'anno presente  seguì  pace  fra  que'  due  poten- 
tati, come  costa  dallo  strumento  rapportato  dal 
Du-Mont  ,  in  cui  fu  concliiusa  la  restituzion. 
d'essa  ciltà  al  re  di  Francia  ,  con  obhligarsi 
questi  al  pagamento  di  quattrocento  mila  scudi 
d'oro  del  Sole  in  due  rate  all'Inglese.  Libe- 
rato da  quest'  inq)egno  ,  si  diede  poscia  il  re 
Airigo  a  lavorar  sott  acqua  per  turbar  la  quiete 
d'  Italia  ,  e  per  muovere  guerra  all'  imperado^ 
re,  la  cui  |)Otenza  fàce\a  male  a  i  suoi  occhi , 
non  raen  che  s'avesse  i'atlo  al  re  suo  padre. 
Già  dicemmo  divenuto  formidabile  nel  Mcdi- 
tenaneo  il  feiocf  corsaro  Dragut  Rais,  massi- 
mamente dopo  la  con(|uista  della  città  appel- 
lala Affrica  ,  o  Fripnli  di  fJarberia ,  tenuta  da 
a!  uni  ])er  VyfjJiroilisiiinì  de  gli  antichi.  1  Tur- 
chi le  danno  il  nome  di  iMaladia.  Portale  alla 
corte  di  Cesare  le  doglianze  0  grida  di  tanti 
•po|)oli  alllilli  dall'  insolenza  e  crudtllà  di  co- 
stui ,  che  solaiueiile    muntcneva  buona    umistù 


ANNO    MDL  547 

co'  Fianzesi,  vendendo  loro  la  preda  fìitta  sopra 
i  sud  liti  della  Spagna  ;  determinò  il  magna- 
nimo imperadore  di  reprimere  la  baldanza  di 
quel  ni'm:co  del  nome  cristiano.  Per  ordine 
ad'nxpie  sno  il  principe  Andrea  Doria  e  don 
Giovanni  di  Vega  viceré  di  Sicilia  allestirono 
ima  riguanlevol  flotta  di  galee  e  di  navi,  colla 
quale  si  unirono  ancora  alcune  del  pontefice  e 
de' cavalieri  di  Walia.  Don  Pietro  di  Toledo 
viceré  di  Napoli  vi  mandò  don  Garzia  suo  fi- 
glio ,  Cosimo  duca  di  Firenze  vi  spedì  Gior- 
dano Orsino  con  qnattro  galee  e  Chiappino 
Vitelli  con  mile  fanti.  Gran  numero  di  can- 
nonate e  d'assalti  bisognò  a  quell  impresa  ;  ma 
finalmente  al  valore  dell'armi  cristiane  non 
potè  resistere  quella  picciola  ,  benché  assai  for- 
tificata città.  Vi  rimasero  uccisi  ottocento  Mo- 
ri ,  e  ne  furono  condotti  via  schiavi  circa  sei 
o  otto  mila,  venduti  dipoi  a  vii  prezzo  per  la 
Sicilia  e  Sardegna.  Furono  presi  anche  altri 
luoghi  in  que' contorni  ,  tutto  bel  paese  con 
terreno  fecondo  ,  e  colline  piene  d'  oliveli. 
Pretende  il  Siirio  che  il  V'ega  viceré  ,  spogliata 
di  tutto  quella  città ,  la  facesse  smantellare. 
La  verità  si  è  ,  che  lasciala  fu  ivi  una  compe- 
tente guarnigion  di  S[)agiiuoli  e  di  cavalieri  di 
Malfa  ,  e  che  la  principal  moschea  nel  dì  i^ 
di  settembre  venne  dedicata  al  culto  del  vero 
Dio.  Dragut  colle  sue  galeotte  si  ritirò  alle  Ger- 
be  ,  e  r  armata  cristiana  tornando  verso  Sici- 
lia ,  restò  assalita  da  fiera  tempesta ,  per  cui 
alquante  galee  e  quattro  n.ivi  rimasero  preda 
dell'  infuriato  elemento. 

Grande  occasion  di    parlare  diede  in  questo 


548  ANN'AU    n'  ITALIA 

anno  papa  Giulio  colla  creazion  d'  un  solo 
cardinale  fatta  nel  dì  3i  di  maggio  (i),  cioè 
d'Innocenzo  del  Monte.  Eia  questi  nato  da 
una  donna  che  andava  accattando  in  Piacenza. 
Trovandosi  in  ess:t  ciUà  governatore  o  legato 
Giovanni  Viaria  del  Monte,  clie  Tli  poi  papa 
Giulio  ,  raccolse  neda  sua  corte  questo  pezzente 
ragazzo ,  il  fece  allevare  ,  e  tanto  amore  gli 
prese ,  die  piò  non  si  sarebbe  fatto  ad  un 
unico  figlio,  (ili  era  sì  perduto  dietro ,  che 
r  iiuiestò  nella  propria  casa  ,  facendolo  adot- 
tare da  Biddoviuo  suo  fratello.  Né  ciò  a  lui 
bastò,  l^a  che  ascese  al  pontificato,  1  empiè 
sino  alla  gola  di  benefizj  e  di  rendite  ecclesia- 
sticlie,  e  senza  dimora  passò  a  proporre  nel 
concistoro  questo  suo  caro  idolo  pi  r  la  sacra 
porpora.  Gran  bisbiglio  insorse  Ira  i  cardinali  ; 
e  f'a  gli  altri  il  cardinal  Teatino  ,  clie  fu  poi 
papa  Paolo  IV  ,  a  visiera  calata  arringò  contro 
la  prosi, tuz'on  di  quella  eccelsa  dignità  in  per- 
sona sì  vilmente  nata ,  senza  sapersi  uè  [)uie 
il  padre  suo  ,  e  sprovveduto  allatto  di  quelle 
virtù  e  qualità  che  in  qualche  guisa  potessero 
co|irire  l' oljbiobrio  de'  natali,  l.hbe  un  bel 
iliie.  Innocenzo  fu  crealo  cardinale.  Ma  questo 
aborto  fece  quella  riuscita  che  ognuno  preve- 
d«'va  ;  perciocché  sotto  Pio  IV  e  Pio  V  a  ca- 
gion  de' suoi  vizj  più  d'una  volta  fu  In  pri- 
gione e  ne' cep|)i  ,  e  spuglialodi  varj  beneiizj. 
Ahuoriito  d.i  j.;li  altri  [lorpoiati,  miseramente 
in  line  t<  rm  nò  la  sua  \  ila  1"  anno  i577  ,  non 
ius^isiendo  c.ò  che  scrive  il  Belcaire ,  cioè  esser 

(i)  i'.iiivinio.  Segni.  Ciacoii.  Aclnimi.  Oldoiu. 


ANNO    MDT.J  549 

egli  slato  strangolalo  dopo  la  morte  del  papa 
suo  protettore.  Sca|)itò  forte  per  questo  disor- 
dinato afl/tto  e  per  tal  risoluzione  il  concetto 
del  papa.  Oltre  di  che ,  siccome  attesta  l'A- 
driani ,  poco  tempo  passò  che  non  pareva  più 
esso  pontefice  quel  che  era  stalo  cardinale  ; 
perchè  si  diede  all'ozio,  scaricandosi  de  gli 
affari  puhbh'ci  sopra  il  cardinal  Crescenzio  ,  e 
prendendo  solamente  diletto  d'  un  suo  giardi- 
no ,  dove  consumava  tcmj)0  e  spese  grandis- 
sime in  fabbriche  ed  ornamenti.  Né  è  da  ta- 
cere che  r  anno  presente  diede  motivo  in  Siena 
a  gravi  timori  e  consigli;  perciocché  dopo  essere 
entrati  colà  per  guardia  gli  Spagnuoli ,  ad  imi- 
tazion  del  riccio ,  cominciarono  que'  ministri 
imperiali  a  disegnar  ivi  la  fibbrica  d'  una  cit- 
tadella ,  e  ne  mandarono  anche  i  disegni  al- 
l' imperadore.  Spedì  quel  popolo  i  suoi  inviati 
a  Cesare  a  dolersi  di  tal  novità,  e  andò  in- 
tanto meditando  maniere  più  eflìcaci  di  sot- 
trarsi a  quel  giogo  e  di  conservare  la  libertà. 
Comune  credenza  fi  che  1'  imperadore ,  per 
l'ansietà  di  aver  Parma  in  suo  potere,  più 
volte  avesse  proposto  di  dar  Siena  in  contra- 
cambio al  duca  Ottavio.  Ma  queste  fantasie  fra 
poco  andarono  tutte  in  fumo.  Nell'anno  pre- 
sente a  dì  3  1  di  febbraio  Francesco  ITI  Gon- 
zaga duca  di  Mantova  e  di  Monferrato,  caduto 
nel  lago ,  lasciò  ivi  miseramente  la  vita  ,  ed 
ebbe  p  'r  successore  Guglielmo  suo  fratello. 
Aveva  Francesco  avuta  per  moglie  Catterina 
fisjlij  di  Ferdinando  re  de'  Romani,  da  cui  non 
ebbe  prole.  Divenne  poi  questa  principessa  per 
le  seconde  nozze  regina  di  Polonia. 


550  AITNALI   d' ITALIA 

Anno  di  Cristo  i55i.  Indizione  IX. 
di  Giulio  III  papa  2. 
di  Carlo  \  imperadore  33. 

Stavasene  in  Parma  il  duca    Ottavio  Farne- 
se ,  tuttodì  pensando  a  i  mezzi  per  mantenersi 
in  quel  dominio  ,  giacché  per     la    riciiperazion 
di  Piacenza  era  seccata  0£;ni   speranza.   Pareva- 
gli  di  trovarsi  a  mal  partito  ,  perchè  non  igno- 
rava   r  idee    dell  Augusto    suocero    suo    sopra 
quella  città  ,  e  i  mali   ufizj    e  le  mine   die  an- 
davano   facendo    coutra     di    lui    don   Ferrante 
Gonzaga    governalor   di    Milano,  e  don   Diego 
Meiidozza  ,  anche  per  private    passioni    nemici 
suoi.  Come  resistere  solo  a    chi   volendo   potca 
sì  facilmente    ingoiarlo,    qualor    volesse?  Fece 
rappresentare  a   pajta   tìiiilio  il  bisogno  suo  ,   e 
cliiedere,   non  olleucndo  aiuto    da  lui,   hcenza 
di  ricorrere  a  clii    potesse    sostenerla,    mentre 
niuiio  in   Italia  ardiva   di  alzare  mi   dito  in  suo 
favore;  e  il   papa,  che  per  altri   molivi   si  stu- 
diava di  conservar  huona  armonia  coU' impera- 
dore,  si  struse  nelle  spalle,  nò  altro  rispose, 
se  non  che  il  duca  si    aiutasse    come  potesse. 
Ciò  bastò  ad  Oltavio,  col  consiglio  ,   per  quanto 
fu  credulo  ,  do'  due  cardinali   Alessandro  e  Ra- 
nuccio suoi   fialclli,    per     proseguire     animosa- 
mente un  trattato  già  mosso  da  Orazio  duca  di 
Castro,   allro     suo   fratello ,    alla  corte    del     re 
Cristianissimo  ,    per     impegnar    quel     monarca 
alla  difesa  snh.  Nuli"  allro  che  questo  bramava 
Arrigo   II  ,  ("mulo  ultre   modo    dclhi     soverchia 
potenza   della  casa  d'Austria.     E    nel  di  27  di 


ANNO    MDI.t  Sii 

maggio  del  presenle  anno,  come  npparisce 
dallo  strumento  nipporlato  dal  Du-Mont  (i)  , 
prese  il  re  sotto  la  sua  protezione  la  casa 
Farnese,  obbligandosi  di  man  tenere  ad  Ottavio 
due  mila  fanti  e  diicento  cavalli  leggieri  per  la 
difesa  di  Parma  ,  e  di  pagargli  annudniente  do- 
dici mila  scudi  d'oro,  con  promessa  di  mag- 
giori aiuti  alle  occorrenze  ,  e  di  rilievo  in  caso 
di  disgrazie.  Intanto  ducento  mila  scudi  fece 
avere  il  re  in  Venezia  per  sostenere  questo 
impegno.  Avvertito  il  pontefice  dal  cardinal 
Farnese  di  questo  negoziato  ,  parve  allora  clie 
si  svegliasse  ,  e  si  sbracciò  per  disturbarlo  con 
gagliarde  premure  presso  di  Ces.ire  e  presso 
dello  stesso  Ottavio.  Ma  non  fu  a  tempo  Es- 
sendosi data  r  ultima  mano  al  trattato  col  re 
Cristianissimo  ,  il  duca  Ottavio,  siccome  uomo 
d'  onore  ,  non  volle  retrocedere  ,  per  quanto 
ancora  vi  si  adoperasse  il  duca  di  Ferrara  Er- 
cole li,  a  cui  non  piaceva  il  fuoco  vicino  a  i 
suoi   confini. 

Allora  fu  che  papa  Giulio  HI  proruppe  in 
isuianie.  Cominciarono  a  fioccare  i  monitor] 
<^ontro  di  Ottavio  ,  comandandogli  di  consegnar 
Parma  a  i  ministri  ponlifiyj,  e  si  procede  fino 
alle  censure  ,  e  a  dichiarar  lui  ribello  e  deca- 
duto da  ogni  diritto  sopra  quello  Stato  ,  e  dal 
grado  di  gonfalonier  della  Chiesa.  Ritiraronsi 
ila  Roma  Alessandro  e  Ranurcio  cardinali  Far- 
nesi :  il  primo  si  ricoverò  a  Firenze ,  ben  ri- 
cevuto dal  duca  Cosimo  5  e  l'altro  ad  Urbino, 
dove  ebbe  un  amorevol    trattamento  dal    duca 

(1)  Du-lMont  Corps  Diplomai. 


5^2 

Guidiibaldo  suo  cognato.  Provarono  i  Farnesi 
anclie  lo  sdegno  di  Carlo  V ,  perchè  qnesti 
tolse  al  cardinale  Alessandro  il  ricco  arcivesco- 
vato di  Monreale  ,  e  ad  Ot(a\ io  No\ara  e  il 
ducato  di  Civita  di  Penna,  beni  dolali  della 
duchessa  Margherita  d' Ansti  ia  sua  figlia  ,  e 
moglie  d'  esso  Oltavio.  Meglio  di  cpiaranta  mila 
scudi  d' oro  perderono  essi  Farnesi  nella  pre- 
sente tempesta  ;  ma  vi  guadagnarono  bene  i 
parenti  del  papa.  Giacché  j)ii!i  non  reslava 
luogo  al  più  volle  pioposlo  ripiego  di  dai'  Ca- 
meiino  al  duca  Ottavio  in  cambio  di  Parma, 
il  papa  diede  il  peipetuo  governo  d'esso  Ca- 
merino colle  rendile  a  Baldo\  ino  sno  fratello, 
e  di  più ,  per  attestato  del  Segni ,  maggior 
grandezza  gli  confeiì  in  Roma  ,  che  se  fosse 
stato  du"a  o  signor  naturale  antiquato  in  Ita- 
lia. A  Gian-Batista  del  Monte,  figlio  d'esso 
Baldovino  ,  conferì  il  grado  di  gonfaloniere  e 
capitan  generale  della  Chiesa,  e  per  lui  ottenne 
dall' imperadorc  Nivara  e  Civita  di  Penna. 
Andò  tanto  innanzi  il  fasto  di  ((uella  gente , 
che  Ersilia  Cortese  ,  nobile  modenese  ,  moglie 
d'  esso  Giovan-Batista  ,  .se  ciediatno  al  S(>gni , 
stava  in  Roma  con  tanta  altura  e  grandezza  j 
che  la  duchessa  di  Paiuia  lìgliiiola  dell'  impc- 
radore ,  inuan/.i  cIT  ell.t  fosse  ita  a  Parma  , 
avea  appena  udienza  da  !ei ,  <|uando  andava  in 
cocchio  per  salutarla  e  per  farle  onore.  Nò  qui 
si  fermò  il  nepotismo  di  (picslo  pontefice ,  per- 
chè ad  Aseauio  della  Cornia  Perugino  e  a 
Vincenzo  de'  [\f)bili  .  figli  delle  sorelle  sue , 
diede  Stali  e  titoli  di  .sigiuui  ,  e  cardinalati  a 
i    lor    figliuoli.  Nò    si  dee    ommellcic    che    il 


ANNO    MPT.I  553 

pontefice  stese  il  suo  sdrgno  anclìe  centra  il 
ducato  di  Castro ,  posseduto  da  Oiazio  Farnese , 
dimorante  allora  in  Francia ,  senza  rifjuai  do 
all'  esser  egli  destinato  genero  del  re  Arrigo. 
Però  spedì  colà  Ridolfo  Baglione  coli'  armi. 
Volevano  i  soldati  presidiai)  difendere  quelle 
terre;  ma  Girolama  Orsina,  vedo\a  del  fu  Pier- 
Luigi  y  quivi  dimorante ,  per  placare  Y  adiralo 
papa,  personalmente  trasferitasi  a  ^  iferbo ,  le 
cedette  al  cardinal  Pio  legato  del  Patrimonio  ; 
e  tanto  scusò  il  figlio  Orazio  per  l' obbligo  di 
onore  da  hii  contratto  col  re  di  Francia ,  che 
il  pontefice  ammansato,  posto  solamente  il  Ba- 
glione nella  fortezza  di  Castro  ,  lasciò  lei  libe- 
ramente governar  quel  dominio. 

Era  già  entrata  in  Paima  guarnigione  fran- 
zese  col  signor  di  Termes  :  il  che  non  impe- 
diva la  continuazion  de'  trattati  ili  papa  Giulio 
col  re  di  Francia  e  colf  imperadore,  per  pre- 
venir la  guerra.  Pareva  anche  ogni  cosa  dis- 
posta per  la  concordia  :  quando  don  Ferrante 
Gonzaga  ,  immaginando  <  he  il  Farnese  proce- 
desse con  finzione  in  que'  negoziati ,  per  dar 
tempo  a  i  Parmigiani  di  fare  il  raccolto ,  senza 
aspettar  le  risoluzioni  di  Roma ,  a  mezzo  giu- 
gno si  accostò  alle  vicinanze  di  Parma  con 
sette  mila  fanti  ,  dncento  cinquanta  nomini 
d'armij  cinquecento  cavalli  leggieri,  sei  mila 
guastatori ,  che  si  sfogarono  contra  di  quel 
territorio.  Fu  cagione  questa  barbara  ostilità 
che  il  coraggioso  duca  Ottavio  non  accettasse 
la  ratificazion  venuta  di  Roma  della  progettata 
concordia  ,  e  si  venisse  a  guena  aperta.  Mo- 
strava r  imperadore ,  per  non  rompere  la  pace 


nSf  AXNAU    fi'  ITALIA 

colla  Francia ,  di  essere  entralo  in  questo  bailo 
come  ausiliario  del  papa ,  secondo  il  debito 
di  sua  avvocazia  5  siccome  alP  incontro  il  re  di 
Fiancia  pretendeva  non  rotta  la  sua  amicizia 
coir  impcradore  pel  sostener  egli  il  Farnese  , 
legittimo  padrone  di  Parma  ,  aitesi  ancora  i 
meriti  grandi  di  papa  Paolo  III,  perchè  anche 
allora  si  sapeano  le  j>alliate  maniere  di  far 
guerra  ad  altrui  con  pretendere  di  non  farla. 
Ma  perciocché  don  Fei  rante  Gonzaga  s' impa- 
dronì di  Brescello  ,  terra  del  duca  di  Ferrara  , 
toccata  in  ap[>annaggio  al  cardinale  Ippolito  di 
E»ite  suo  fratello ,  che  stava  allora  a  i  servigi 
della  Francia;  e  in  oltre  sul  Cremonese  furono 
presi  da  gl'imperiali  due  ufi/.iali  franzesi  che 
passavano  ,  come  per  paese  amico  .  a  Parma  ; 
il  re  Arrigo  ,  tenendo  per  rotta  la  tregua  ,  di- 
chiarò apertamente  la  guerra  all'  imperadore  , 
con  far  grande  armamento  per  mare  e  per 
terra  ,  e  con  istndiarsi  di  sus.itar  conira  di  lui 
i  principi  della  G'Miuania.  Pertanto  don  Fer- 
rante detenninò  di  mettere  1' assedio  a  Parma 5 
e  perciocché  il  castello  di  Golorno  ,  dove  era 
con  presidio  Farnese  di  ottocento  fanti  Ame- 
rigo Antinori  .  jiolea  forse  incomodare  il  suo 
campo,  v'andò  sotto  colla  gente,  e  colle  arti- 
glierie cominciò  a  fulminar  quelle  mura.  Fu 
r  Antinori  tacciato  di  dappocaggine ,  se  non 
d'  infcvleltìi ,  perchè  non  tardò  di  capitolarne 
la  resa.  Ciò  fitto,  fonilo  il  G  ìnzaga  l'assedio, 
o  [>iù  tosto  ì\\\  blocco  alla  cilli»  di  Parma. 
Avrà  inlanlo  il  re  Cristianissimo  imiato  Pietro 
Strozzi,  fuoruscito  liorenlino.  con  flonielio  Ren- 
ti\Oj^iio  alla  Mn;m(lola,  acciocché  facessero  ivi 


ANNO    MDM  555 

massa  di  genie  in  aiulo  «Iti  Farnese.  Dojio 
aver  diuKjiie  lo  Strozzi  .slipeiidiati  qiiallro  mila 
fanti  e  cinquecento  cavalli,  allorcliò  vi. le  il  bi- 
sogno,  arditamente  spinse  (juella  cavalleria  in 
Parma;  e  questa  facendo  dipoi  spesse  Sortile ^ 
tenne  aperto  il  cammino  alle  vettovaglie;  tal- 
mente ancora  inquietò  i  nemici  ,  clie  mai  non 
osarono  di  strif^nere  Parnia  con  vero  assedio. 

Concliiuse  in  questi  tempi  il  papa  una  lega 
coir  iniperadore  ,  egli  che  nell'anno  precedente 
avea  fatte  sì  belle  slargate  di  non  Aoler  guer- 
ra ,  ma  si  bene  di  voler  farla  da  padre  comune. 
A  questo  si  lasciò  egli  indurre  da  don  Diego 
Mendozza .  e  però  dopo  attese  a  sfoderar  la 
spada  contra  del  duca  Ottavio.  Né  gli  mancò 
biasimo  per  questo  ;  perchè  in  vece  di  pren- 
dersela contra  V  occnpator  di  Piacenza ,  si  met- 
teva anche  a  rischio  di  perdere  Parma.  Rau- 
nati  pertanto  a  San  Gio\anni  del  Bolognese 
nove  mila  fanti  e  secento  cavalli  ,  (  pel  quale 
armamento  Cesare  nel  mese  di  giugno  gli  avea 
fatto  pagare  cento  mila  cudi  d'  oro  ,  nel  dì  1 1 
di  luglio  ne  pagò  altri  cento  cinquanta  mila , 
con  permissione  di  rifarsene  poi  sulle  rendite 
della  Chiesa  in  Ispagiia  )  ordinò  il  pontefice 
che  s' imprendesse  f  assedio  della  Mirandola. 
n  comando  tlell'  armi  era  appoggiato  di  nome 
a  Giovanibatista  del  Monte  suo  nipote ,  nei 
fatti  ad  Alessandro  Vitelli,  persona  esperta  in 
questo  mestiere.  Nel  dì  5  eh  luglio  giunse  Tar- 
mata papesca  sotto  la  Mirandola,  e  le  prime 
sue  prodezze  furono  d'incendiare  i  giani  non 
peranche  raccolti  ,  di  saccheggiale  e  bruciar  le 
case  nella  campagna  ,  e  di  tagliar  quanti  alberi 


55G  ANNALI    d'  IT  ATI  a 

e  viti  trovarono.  Si  ritliisse  poi  tutto  questo 
apparato  guerriero  non  già  ad  assediar  nelle 
forme  quella  picciola  ma  forte  città,  essendo 
bastato  al  Vitelli  di  fabbricar  due  forti  intorno 
alla  medesimaj  con  isperanza  di  vincerla  colla 
fame.  Intanto  il  re  Cristian  ssimo,  spedito  in 
Piemonte  il  .signor  di  Brisacli  con  assai  gente, 
fece  dar  principio  alle  ostilità  in  quelle  parti 
neir  incomin  iar  del  settembre.  Avendo  esso 
Brisai^li  occupato  .San  Damiano,  Chieri ,  Btusa- 
sco  ed  altri  luoghi  ,  fu  l'orzato  don  Ferrante 
Gonzaga  ad  accorrere  in  Piemon'e,  lasciato  il 
Medichino  marchese  di  -Malignano  sotto  Parma. 
Si  formò  allora  un  blocco  pili  largo  di  quella 
città  ,  essendosi  compartite  le  milizie  imperiali 
restate  quivi  in  Castelguelfo  e  Noceto  ilei  Par- 
migiano, e  in  Montecchio.  Castelnuovo  e  Bre- 
.scello ,  terre  del  duca  di  Fanara ,  per  impedir 
il  pas.saggio  delle  vettovaglie  alla  città.  Però 
nuir  altro  di  conseguenza  accadde  in  que' con- 
torni ,  se  non  che  nel  novembre  venne  fatto 
a  i  Franzesi  di  sorprendere  il  forte  di  Tor- 
chiara ,  dove  quel  picciolo  presidio  fu  quasi 
tutto  messo  a  fi!  di  spada .  e  vi  peri  fra  gli 
altri  il  principe  di  Macedonia.  In  Piemonlc  non 
si  fecero  poi  imprese  tali  che  meritino  luogo 
in  ([iieste  carte.  Fin  qui  .s"'  era  trattenuto  in 
Fiandra  e  Germania  il  principe  don  Filippo 
fìf^lio  dell' imperadore.  Prese  egli  congedo  dal 
padre  per  tornarsent;  in  Isparua  ,  e  nel  dì  se- 
sto di  giugno  pervenne  a  Trcnlo,  cioè  in  quella 
città  in  cui  nel  dì  primo  del  j)rer(-dente  mag- 
gio d' oidine  del  papa  si  era  riajìci to  il  con- 
cilio generale ,    e    furono    tenute   dipoi    alcune 


A>NO     MPI.I  557 

Sess'ioni  molto  importanli  alla  Chiesa  di  Dio. 
Si  porfarono  ari  incontrar  questo  principe  con 
decorosa  cavalcata  il  cardinal  Marcello  Cre- 
scenzio legato ,  e  gli  altri  padri  ,  che  gli  die- 
dero poscia  alcuni  nobili  divertimenti,  siccome 
ancora  fecero  le  altre  città  all'arrixo  suo.  Passò 
dipoi  a  Genova  ,  e  di  là  in  Ispagna.  Le  stesse 
gal<  e  e  na\i  che  il  condussero  cola,  servirono 
a  ricondurre  in  Italia  Massimiliano  re  tU  Boe- 
mia con  donna  Maria  d'  Austria  sua  consorte  , 
e  sorella  del  suddetto  don  Filippo ,  i  quali 
scortati  da  gran  copia  di  nobili  e  soldati  boe- 
mi ,  continuarono  nel  dicembre  il  viaggio  loro 
alla  volta  della  Germania. 

Glie  mali  alla  Cristianità  producesse  1'  esor- 
bitante brama  di  Arrigo  II  re  di  Francia  per 
deprimere  la  potenza  di  Carlo  imperadore  ,  si 
tornò  di  bel  nuovo  nel  presente  anno  a  ve- 
derlo. Non  solamente  maneggiò  esso  re  e  con- 
chinse  ,  siccome  vedremo  nell  anno  appresso  , 
una  lega  co'  principi  Protestanti  della  Germa- 
nia contra  di  esso  Augusto ,  ma  cammiuando 
sulle  pedate  del  fu  suo  padre  ,  collegossi  colla 
Porta  Ottomana  ,  e  fece  muovere  1  armi  lur- 
cliesche  a'  danni  de  gli  Stali  posseduti  da  Ce- 
sare in  Italia.  Di  che  non  è  mai  capace  la 
cieca  ambizion  de'  mortali  che  si  va  poi  co- 
pren;lo  col  manto  della  ragione  di  Stalo/  Senza 
andare  alla  pestilente  scuola  del  Macchiavello , 
sa  questa  mettersi  solto  i  piedi  le  jìarenlele , 
la  fede  e  1  giuramenti  e  la  stessa  religione.  Io 
so,  negarsi  dal  Belcaire  e  da  altri  Franzesi  , 
che  da'  maneg;.^i  del  re  Arrigo  fosse  mosso  que- 
sta volta  il  Turco    contra   de'  Cristiani  ;    ma  il 


558  ANNALI    d'  ITALIA 

papa,  i  Veneziani  e  gli  altri  Italiani  lV allora 
furono  persuasi  flel  contrario.  Se  non  videro 
i  trattati  segreti  fra  esso 're  e  Solimano,  mi- 
ravano bene  il  signor  di  Aramene  ambasciator 
franzese  a  Costantinopoli ,  e  il  medesimo  poi 
venuta  sulla  flotta  di  *]uegr  Infedeli  ,  dove  fa- 
ceva da  di  rettore.  E  di  clie  buono  stomaco 
fossero  i  Franzesi  di  quel  tempo  (  per  tacere 
de' nostri  tempi),  cel  fece  sapere  il  signor  di 
]Monluc ,  storico  loro ,  che  in  questi  giorni 
mollo  onor  si  fece  n;  Ile  guerre  ;  p.-rciocchè 
volendo  scusar  la  lega  del  re  Francesco  I  co  i 
Turchi  ,  scrisse:  Che  contra  de  suoi  nemici  si 
può  far  di  twto.  E  die  quantj  a  lui,  se  avesse 
potalo  cìdamar  tulli  gli  Spiriti  dell'  Inferno  , 
per  rompere  la  tesia  ad  un  nemico  che  volesse 
Tompere  la  sua,  ben  volenlieii  lo  farebbe.  Scri- 
vendo cosi  qni^llo  storico ,  non  dovea  già  ri- 
cordarsi d'  essere  Cristiano  ,  oltre  al  valersi 
d'  un  filso  supposto  ,  essendo  manii'esto  che 
tanto  il  re  Francesco  che  Arrigo  suo  figlio  fu- 
rono gli  assalilori  ,  e  non  già  gli  assaliti  da 
Carlo  V  imperailorc.  Comiuique  S'ia  ,  certo  e 
che  Solimano  non  solamente  mosse  in  que- 
st'  anno  una  fiera  gut-rra  contro  i  Cristiani 
nella  Transilvania  ed  Ungheria ,  di  cui  india 
parlerò  io;  ma  an(;ora  spinse  una  formidabil 
armala  navale  nel  iVlcditcrranco  sotto  il  co- 
mando di  Sinari  Bassa  ,  con  cui  si  unì  anche 
il  famoso  corsaro  Draijut.  Secondo  alcuni,  era 
conijHjsta  di  cento  galee  o  di  cinquanta  allri 
legni.  Andrea  iMorosino  la  fa  ascendere  lino  a 
trecenlo  cin([nanta  vele,  («laii  j^eiile  da  sbarco 
e  artiglierie  assaissimc  si  coniarono  nel  buibarica 


AN^•0    MDU  55() 

stuolo.  Ma  molto  prima  che  uscisse  in  corso 
il  gcnera'e  tuivhcsco  ,  accadde  che  Andrea 
Doria  con  veiilollo  galee  andò  ud  assediar 
le  Gerbe  ,  dove  s'  era  ritiralo  esso  Diagiit.  Si 
trovò  costui  chiuso  nello  stretto  o  sia  nel  gollb 
che  è  tra  le  secche  e  T  isola ,  (lo\e  non  si  jjO- 
tea  entrar  riè  uscire  se  non  con  una  galea  per 
volta.  Porlossi  il  Doria  all'  imboccatura  luUo 
allegro  ,  in  vcfler  chiusa  la  volpe  nelìa  tana  , 
leneniio  per  f'irujo  d  avere  a  man  saUa  (juella 
preda.  Ala  |)iù  di  lui  ne  seppe  1  accorto  cor- 
saro ,  perchè  a  fin  d'  uscire  da  quella  gabbia  , 
senza  che  se  ne  avvedessero  i  Ciisliani ,  lece 
dall'  iJira   parie  cavare  il    terreno    circa    mezzo 


miglio,   e  per  quel  canale  fallo  a  mano    sboc- 


't>' 


cando  dipdi  in  mare  ,  si  ridusse  in  salvo,  la- 
sciando il  Doria  \ecchio  capitano,  non  su  se 
più   maraviglialo  ,  o  corifuso. 

Ma  perciocché  facea  stre[)ilo  il  grande  arma- 
mento de'  Turchi  per  mare ,  e  si  prevedeva 
che  costoro  avessero  la  mira  a  ricuperar  la 
città  dAtlrica,  o  sia  Tripoli  iuBurbeiia,  Com- 
messa alla  guardia  de'  cavalieri  di  Malta  ;  An- 
drea Doria  sjiedi  Antonio  suo  nipote  con  <]uiudici 
galee,  aflinchè  rinforzasse  di  gente,  vettovaglie 
e  caiMioni  quella  città.  Andò  egli;  seco  nondi- 
meno non  andò  quella  che  noi  chiamiamo 
buona  foituiia,  ma  sì  ben  1  altra  che  si  chiama 
fortuna  di  mare  ;  perchè  per  ti^ra  burrasca 
perde  otto  di  que'  legni ,  e  condusse  quel  poco 
che  gli  restò  a  Tripoli.  Ora  il  Bassa  tMuan  c(;lla 
potente  sua  flotta  comparve  nello  Stretto  di 
Àlessina  ,  e  poi  danncLigiando  le  coste  delia 
Sicilia  ,  prese  la  città  d  .Agosla  con    Jacililà,    e 


S'io  ANNALI    d'  ITAMA 

poi  la  fortezza  col  cannone.  Tutto  andò  a  sac- 
co ,  e  il  faoco  fece  del  resto.  Di  là  passò  a 
Malt:i;  riè  solamente  saecliegi^iò  l'isola,  ma  iu- 
sin'.;a'osi  di  poter  anche  prentlere  la  città  , 
mise  Tfiano  a  i  cannoni.  Gli  risposero  que' prodi 
cavalieri  a  dovere;  laotide  dopo  otto  gioini ,  e 
dopo  avervi  pei  dolo  circa  cinquecento  soMati, 
lasciò  essi  in  pace  ;  ma  non  già  la  vicina  isola 
d>  1  Gozzo,  in  cui  si  trovava  un'assai  debole 
fortezzt;  colle  artiglierie  in  termine  di  Ire  dì 
se  ne  impadronì,  e  le  attaccò  il  fioco,  e  di 
là  pnrtendo ,  seco  menò  schiave  circa  quattro- 
mila anime  cristiane.  Arrivato  poi  nel  dì  5 
d' agosto  sotto  la  citlà  d'Affrica  o  sia  ,  di  Tri- 
poli ,  vi  si  accampò  ,  e  cominciò  a  batterla.  Il 
signor  ili  Aramon  ambasciator  franzese  ,  che 
con  due  galee  si  eia  unito  al  Bassa,  da  alcuni 
viene  scritto  che  alle  preghiere  del  gran  ma- 
stro s' interponesse  per  far  desistere  Sinan  dal- 
l' assedio ,  ma  che  noi  potesse  impetrare  ;  e 
da  altri  ,  eh'  egli  subornasse  il  comandante 
della  città,  cavalier  di  Malta  di  sua  nazione  , 
acciocché  la  rendesse ,  siccome  in  fatti  seguì 
a  dì  quindici  di  agosto.  Circa  ([uatlrocento  Sj)a- 
gntioli  vi  rimaselo  uccisi,  essendosi  salvali  nelle 
galee  franzesi  ducenlo  fra  cavalieri  di  Malta  e 
terrazzani.  Quel  comandante  giunto  dipoi  a 
JVlalla,  trovò  ivi  preparata  per  lui  una  sema 
prigione.  Erano  succedute  varie  novità  e  mu- 
tazioni ne  gli  anni  addielr'o  irr  Tunisi  ,  il  l'ac- 
conto delle  ([iiali  ,  sieiome  non  peri  inente  al- 
l'assunto mio,  ho  tralascialo,  liasleià  solamente 
dire  ohe  il  re  i\luleasse  fu  d(;lroni/zalo  da 
Atuidu  kuu  ligliu,  ed  aver    egli    in    vano    fatto 


ANKO    MUM  56 J 

ricorso  all' imporatlor  Carlo.  Restava  tuLlavia  in 
potere  d'esso  Augusto  la  Goletta,  e  v'era  per 
comandaiUe  Antonio  Perez,  il  quale  in  qucsii 
tempi  ,  perchè  Amida  flicea  troppo,  il  bcl- 
r  umore  .  il  cominciò  a  tempestare  in  tal  ma- 
niera, che  il  Bitrbaro  !u  astretto  _ad  un  nuovo 
••iccordo  ,  con  obMigarsi  di  pagare  annualmente 
ali"  iujperatiore  flodici  mila  scudi  pel  manteni- 
mento della  Goletta,  e  in  oltre  quindici  cavalli 
barhiiri  ,  diciotla  falconi  ,  e  legna  quanta  ba- 
stasse alla  guarnigion  d' essa  Goletta  ;  e  di  ri- 
lasciare gli  schiavi  cristiani,  e  di  non  farne  più 
da  h  innanzi.  Fece  alquanto  di  guerra  in  que- 
st'  anno  il  re  di  Francia  per  mare  all'  impera- 
dore.  Leone  Strozzi  gran  priore,  di  Capoa,  suo 
general  di  Tuare  ,  con  ventoUo  galee  passò  a 
Barcellona  ,  e  fu  vicino  ad  impadronirsi  di 
quella  città.  Condusse  via  da  quel  porlo  sette 
navi  cariche  di  raercatanzia  ,  ed  altri  legni  mi- 
nori con  una  galeotta  spagnuola.  Anche  nel- 
r  Oceano  ventidue  navi  mercantili  passando  da 
i  Paesi  Bassi  alla  volta  di  Spagna,  e  creden- 
dosi sicui-e  per  la  pace  che  tuttavia  durava,  il 
Polino  Franzese  con  alquanti  legni  armati  andò 
a  visitarlo ,  e  a  riserva  di  nove ,  che  scampa- 
rono ,  prese  e  menò  l'altre  a  Roano,  e  si  cal- 
colò la  perdita  di  que'  mercataoti  a  un  mezzo 
milione  di  scudi  d'  oro. 


Muratori.  Jnn.  t'^o\.  XIV.  36 


563  Annali  d"  itaua 

Anno  di  Cjiisto   iSSa.  Indizione  X. 
di  Giulio  III  papa  3. 
di  Carlo  V  imperadore  34- 

Erasi  troppo  facilmente  impegnato  papa  Giu- 
Ko  nella  guerra  della  Mirandola  e  di  Parma. 
Non  sapendo  qual  voragine  di  danari  sia  il 
mantener  armate  in  campagna,  tro\ò  presto 
il  suo  erario  sfinito ,  quello  dell'  imperadore 
suggetto  a'  medesimi  dciiquj ,  e  sé  stesso  ma- 
lamente involto  in  una  fastidiosa  impresa  che 
gli  facea  perdere  la  desiderata  quiete,  di  modo 
che  fino  nel  precedente  anno  si  diede  a  nujo- 
vere  parole  di  tregua  e  di  pace.  Quel  nontli- 
meno  che  maggiormente  gli  mise  il  cervello  a 
partito ,  fu  un  colpo  di  Arrigo  li  re  di  Fran- 
cia ,  il  quale  col  proibir  T  uscita  del  danaro 
dal  regno  suo  per  la  provista  de'benefizj,  al- 
terò non  poco  le  misure  della  camera  pontili- 
zia.  Vietò  in  oltre  quel  re  a  i  suoi  proluti  di 
concorrere  al  conciho  di  Trento  ;  e  quel  che 
è  pili,  quantunque  nelle  sue  lettere  e  prote- 
stazioni cUmostrasse  un  inviolabil  attaccamento 
e  sommissione  alla  Sede  apostolica,  pur  sotto 
irano  facea  di.sseminar  sospetti  di  voler  le\are 
l'ubbidienza  al  pontefice  nel  suo  regno.  Udi\;(si 
ancora  che  in  Francia  era  progettato  un  con- 
cilio nazionale.  Per  conto  delle  faccende  del 
mondo  non  erano  pii^i  i  papi  quei  che  erana 
stati  ne' cinque  secoli  addietro,  e  pur  troppo 
gli  esempli  funesti  delia  Germania  ed  Ingliil- 
terra  poteano  far  temeie  peripezie  anche  in 
Francia,  in  tempi    mas.siziian:^ntff  che    l'ercsiu 


ANNO    IIDI.II  565 

liì  Calvino  facca  contintii  progressi  in  quelle 
contrade.  Però  di  più  non  occorse  perchè  papa 
Giulio ,  puLsato  anche  ogni  dì  da'  saggi  cardi- 
nali a  cagion  di  questa  sconsigliata  impresa , 
deponesse  tutti  i  pensieri  marziali,  ed  ascol- 
lasse volentieri  chi  s' interponeva  per  la  pace. 
Vi  s' interposero  in  fatti  i  Veneziani  ed  Ercole 
duca  di  Ferrara;  fu  anche  dcjiutalo  dal  re  per 
trattarne  il  cardinal  di  Tornone.  E  perciocché 
premeva  al  pontefice,  in  cercando  ili  riacquistar 
la  buona  armonia  colla  Francia  ,  di  non  per- 
dere quella  dell' imperadore,  fece  rappresen- 
targli in  buona  maniera  le  giuste  sue  ragioni 
di  depoire  V  armi ,  e  di  procedere  a  qualche 
accordo  per  gli  alTari  di  Parma.  Nulla  si  alterò 
per  questo  l' Augusto  monarca  j  e  perchè  vi 
trovava  anch' egli  per  altri  motivi  il  suo  conto, 
Lisciò  al  papa  slegate  le  mani  per  usdr  con 
riputazione  da  quell'  imbroglio.  Pertanto  nel 
dì  29  d' aprile  del  presente  anno  in  Roma 
furono  sottoscritti  dal  papa  e  dal  cardinal  di 
Tornone  i  capitoli  dell'accordo,  rapportati  nelle 
Lettere  de' Principi  (1),  dall'Angeli  (2)  e  dal 
Du-Mont  (3).  Portavano  essi  una  tregua  di  due 
anni  fra  il  pontefice ,  il  re  Cristianissimo  e  il 
duca  Ottavio.  Che  il  papa  ritirerebbe  le  sue 
Biihzie  da  Parma  e  dalla  Mirandola  ,  e  reste- 
rebbe il  duca  in  possesso  di  Parma.  Ciie  i 
cardinali  Farnesi  sarebbono  rimessi  in  possesso 
de'  lor  b(?ni ,  ed  Orazio  Farnese  nel  ducato  di 


(i)  Lettere  de' Principi  tom.  3. 

{a)  Angeli ,  Storia. 

(3)  Du-&lout  Corps  Diplomata 


5r>4  \N>AM    11'  !  lAlIA 

Castro  ,  con  allrc  coiidizioni  eli'  io  tralascio. 
Ma  poco  prima  che  si  stabilisse  questa  con- 
cordia ,  giunse  al  ponlrnoe  la  dolorosa  nuova 
che  Giaiiibatista  del  Monte  suo  nipote  e  gene- 
ral delle  sue  anni ,  siccome  giovane  ardito  e 
vago  di  gloria  ,  in  una  scarannicoia  sotto  la 
Mirandola  nel  dì  i4  d'aprile  avea  lasciata  la 
vita  :  colpe»  nondimeno  che  con  as=ai  fortezza 
d'  animo  fu  accolto  dal  pontefice  zio. 

Era  stato  riserbato  luogo  all'impcradore  per 
accettar  la  suddetta  sospension  d'armi  per  conto 
di  Parma  e  della  Mirandola;  ne  sapendosi  qual 
risoluzione  fosse  per  prendere  la  Maesià  Sua  , 
don  Ferrante  Gonzaga  dal  Piemonte  spedì  gente 
et  ordine  a  Gian-Giacomo  de"  Medici  marchese 
di  Marignano  clie  continuasse  le  ostilitJi  contro 
Parma ,  e  si  studiasse  di  occupare  i  forti  in- 
■  torno  alla  Mirandola  ,  che  dovcano  essere  ab- 
bandonati dalle  soldatesche  papaline.  Se  questo 
succedeva  ,  era  ridotta  a  tale  la  Mirandola,  che 
poco  potea  stare  a  cadere  in  mano  dclT  impc- 
radore.  Ma  non  gh  venne  fatto;  perchè  appena 
Cammillo  Orsino  ca\ò  da  que' fòrti  le  truppe 
della  Chiesa ,  che  i  Franzesi  e  Miraudolesi  _. 
spalleggiati  da  molle  (anlerie  assoldate  per  or- 
dine del  re  da  Ippolito  d'  Fs(e  cardinal  di 
Ferrara  ,  e  situate  al  foi te  di  ()uarantola  ,  vo- 
larono a  (|ue'  l'orti  ,  e  furiosamenle  li  demoli' 
rono.  Palificò  poscia  l' inijxradorc  la  tiegiia 
suddetta:  il  che  servì  ad  allontanar  la  guerra 
da  Parma  e  dalla  Mirandola  ,  riducendosi  essa 
in  Piemonte  ,  se  non  che  restarono  i  presidj 
imperiali  in  Borgo  San  Dimnino,  Sissa,  .INo- 
celo  ,  Colorno  e  Castelguellb  ,  siccome   ancora 


A.\NO    MDLri  5G3 

in  Brescello  .  MoiUeocliio  e  Casteliiuovo,  terre 
del  duca  di  Ferrara.  Per  conto  del  Piemonte, 
da  che  fu  lolta  la  [lai^e  ed  accorse  colà  don 
Ferrante  Gonzaga  ,  iniilosi  seco  Emmanuel  Fi- 
lil>erto,  spiritoso  principe  di  Piemonte,  si  die- 
dero amendtie  a  fermare  i  progressi  del  gejieral 
francese  signor  di  Brisacli  ,  che  avea  preso 
Salnzzo,  Cliicri,  San  Gouiiiiiano  ed  altri  luoglii 
forti  in  quelle  parti.  S'  impadronirono  essi  di 
Bra ,  e  costrinsero  i  Frair/esi  a  levar  l'assedio 
di  Clicrasco.  A  iiscr\a  di  due  fortezze  riacqui- 
starono anche  il  marchesato  di  Saliizzo.  Ma 
\enuti  ordini  dall'  imperadore  d' inviar  parte 
di  quelle  milizie  in  Germania ,  indebolito  il 
Gonzaga  diede  campo  a'  Fianzesi  di  sottomet- 
tere il  lòrtt;  castello  di  Veniia  ,.Crescentino  e 
Ceva.  Rinlbr/.ato  dipoi  il  Gonzaga  da  altre  mi- 
lizie ,  ricnpeiò  Ceva  e  San  Martino  ;  ma  ebbe 
i!  dispiacere  d'  udir  presa  da'  Franzesi  la  citth 
d'  Alba  ,  e  me-so  ivi.  nu  presidio  di  due  mila 
lànti  con  abbondante  copia  di  vettovaglia ,  senza 
eh'  egli  avessf!  tali  forze  da  ])Otoria  ricuperare. 
Accortosi  intanto  il  prineipc  di  Piemonte  che 
la  guerra  in  (jiielle  paiti  si  riduceva  ad  un 
giuoco  ora  di  guadagnare  ed  oia  di  perdere 
qualche  castello ,  giudicò  meglio  di  tornarsene 
in  Lamagaa  all'  immediato  servigio  dell'  impe- 
radore ,  il  quale,  siccome  diremo,  si  trovò  in 
gravi  pericoli  ed  aflanni  nell'  anno  presente^  e 

1)crò  altro  d' importanza  non  segui   per  ora  in 
Piemonte. 

Priva  non  fu  di  novità  in  quest'  anno  la 
Toscana.  Non  ^i  può  negare:  saiebbesi  quasi 
potuto  contar  per    un    miracolo,  se  Carlo  Vy 


5C6  ANNALI   »' ITALIA 

principe  di   sì  gran  potere  ,  si  fosse  conlentato 
do'  tanti  suoi   retini  e  Stati ,    né  avesse  nudrita 
in  suo    cuore   l'ambizione  ,  o    sia  la  non  mai 
saziabile  voglia  di  accrescere  l'anlorità  e  i  do- 
minj  ;  peicliè  qupsta    passione  si  può  in   certa 
maniera    cbiamare     l' anima    di    tutti  i  princijii 
di  qualsivoglia  grado.  Se  questa  è   frenata  dal- 
l'impotenza o  dal  timore  in  alcuni    di  essi  ,  è 
bene  sfrenata  in  altri  ,  ma   d'  or()inario  palliata 
con   altri  titoli,  pretesti   e  manifesti,  inventali 
per  abbagliare  ,  non    già  i  saggi  ,  ma  il  volgo 
ignorante.  Da  che  entrò  in  Siena  la  guarniginn 
di  Cesare  ,  ad  altro  non  si  pensò    cbe  ad  op- 
piimevr  la  libertà  di  quel   popolo  :  al  qual  fine 
si  applicarono  i  ministri    cesarei  a  fabbricar  ivi 
lina  liìrtezza  ,  spiegandosi  di  iar    ciò  per  amo- 
revol  int(  nzione  di   dar  la    (juiele  alla  per  al- 
tro divisa  ed  inquieta    cittadinanza.     Così    non 
r  intendevano  i  Sanesi  ;   e    però    segretamenlc 
alcuni   di    essi    cominciarono    a   n)atii|)olar    im 
trattato  di  protezione  con  Arrisoli  redi  Fran- 
cia ,  il  quale  in  materia  d'ambizione  vantaggiava 
di  molto  il  regnante  Augusto.  Ebbero  ordine  i 
suoi   ministri     in    Italia    di  dar  tutta  la   ni.nno  , 
occorrendo,  a  questo  afliire.  (ìuadagnalo  j^erciò 
da  essi  Niccola  Orsino  conte  di  Piligliano,  unì 
egli   in  quel  di  Castro    e  nelle    sue  terre  circa 
tre  mila  fanti;  altri    ancora   se    ne  assoldai ono 
alla  Mirandola  ,    aflìneliè    accorressero  al   biso- 
gno. Entrò  nel  mese  di  Inolio  1'  Orsino  nel  di- 
stretto di  Siena  colle  sue  soldatcsclje  ,  accom- 
pagnato da    Enea    Piccolomini    e    da    Amerigo 
.\merigbi.  Dopo    aver    sollevato   buon   numero 
lielle    milizie    forensi,    si    preseutò  alla    Porlft 


f 


ANNO    2IDMI  567 

Romana  di  Siena  ,  chiedendo  con  grande  strepito 
1'  (Mitrata.  Il   popolo  ,  eh'  era    senz'  armi  ,  nulla 
sulle  prime  rispose;  onde  il  signor  d'Ahipa  co- 
mandante in  qiella  città  degli  Spagnuoli ,  dei 
qu.di  si    trovavano     allora     solamente    quattro- 
cento in  città,  per  essere  stati  inviati  gli  altri 
ad  Orbitello  e  ad  altre  fortezze   della  Marem- 
ma ,  ebbe  tempo    di  chiedere    soccorso  a  Co- 
simo duca  di  Firenze  ,   principe  che  ,  innamo- 
rato di  Siena  ,  con    grande   accortezza  vegliava 
a  lutti   i  movimenti  di  quella  città.   Non  bastò 
il  picciolo  rinforzo  spedito  da  essa  duca  a  trat- 
tenere i  S;inesi  ,   i   quali   a   poco  a  poco  aveaoo 
trovato  dell'armi,  che  non  abbruciassero  le  porte, 
et  introducessero  l'Orsino  nella  notte  precedente 
aldi  afidi  luglio,  gridando  ognuno  ad  alta  voce 
Libertà.    Espugnarono    dipoi    San    Domenico  , 
dove  s'erano  afforzati    gli    Spagnuoli:    con  che 
vennero    alle    lor    mani    alqninte    artiglierie   e 
molte   munizioni ,   e    furono    obbligati  gli  Spa- 
gnuoli a  ritirarsi  nella  non  peranche  compiuta 
cittadella,  provveduta  di  poca    vettovaglia.  Ac- 
corsero intanto  da  varie  parti  i   Franzesi  ;  laonde 
il  duca  di  Firenze ,  scorgendo    troppo    malage- 
vole il  salvar  quella  sdruscita  nave,  trattò  d' ac- 
cordo. Fu  dunque  convenuto  che  gli  Spagnuoli 
si  ritirassero    dalla    città ,  e    restasse  Siena  in 
libertà    sotto    la    proteziou     dell' imperadore,  e 
che  fossero  lieenziati   i  soldati  stranieri,  né   si 
potesse  far  sul  Sanese  rannata  alcuna  di  gente 
contra  dell'Augusto    signore.    Appena  partiti  di 
là  gli  Spagnuoli ,  fu  smantellata  la  fortezza  ,  e 
nulla  eseguito  della    convenzion    suddetta.  Im- 
p«rc*iocchè  frate  .ambrosio  Gattaiiuo  deil'  ordiue 


568  ANSALI    o'itALIA 

de' Predicatori,  vescovo  di  Miuorica,  in  vece 
di  attendere  al  suo  breviario  e  alla  teologia , 
ili  cui  si  acquistò  gran  nome  ,  tanto  dipoi  disse, 
che  persuase  al  popolo  di  lasciar  l' imperado- 
rc  ,  e  mettersi  sotto  la  protezion  della  Fran- 
cia :  consiglio  ohe  fu  poi  la  rovina  di  Siena. 
Mandò  quel  popolo  quattro  ambasciatori  al  re, 
uno  de'  quali  fu  Claudio  Toloniei  ,  jioi  vescovo 
di  Curzola ,  persona  di  gran  lelleratura  ,  i 
quali  a  nome  della  patria  riconoscessero  da  lui 
la  riacquistata  libertà  ,  e  il  pregassero  del  suo 
patrocinio.  Accettò  volentieri  il  re  Arrigo  la 
difesa  de' Sanesi ,  e  spedì  colà  per  suo  mini- 
stro Ippolito  d'  Este  cardinal  di  F"errara  ,  e  il 
signor  di  '^l'ermes,  il  duca  di  Somma  e  Gior- 
dano Orsino  con  quattro  mila  e  cinquecento 
tanti  ,  i  quali  accrebbero  poscia  le  turbolenze 
in  (pielle  j)arli.  Occuparono  gli  Siuignuoli  Or- 
bilello  ,  né  riuscì  mai  più  a  i  S;ui('si  di  ricu- 
perarlo. 

Era  intanto  minac("iata  al  regno  di  Napoli 
un' oiribil  tempesta,  perchè  conliuiiaudo  il  re 
di  Francia  la  delestabil  sua  intelligenza  col 
Sultano  de'  Turchi  Solimano  ,  tirò  anche  ([ue- 
8l'  anno  la  potenza  di  (|uel  Barbaro  addosso 
all'Italia.  Concerto  fu  fatto  che  la  (lotta  otto- 
mana ,  Ibrte  di  più  di  cento  venti  galee  e 
d'  altri  legni  ,  e  comandala  da  Sinan  Bassa 
(  che  Pialaga  vien  chiamato  dal  Sardi  )  e  dal 
corsaro  Dragut,  venisse  verso  Napoli  ad  unirsi 
col  principe  di  Salerno.  Fuoruscilo  di  (jud  re- 
gno era  esso  principe,  e  con  ventiquattro  ga- 
lee franzesi  ,  e  con  quelle  d'Algieri  sotto  il 
Sangiacco    Sola    Rais  ,    dove»    portarsi     colìk, 


AKXO     MDI.Il  55f) 

vendo  fatto  credere  al    re    Arrigo    d' avore  in 
Napoli  e  nel  regno  tante  iiileliigenze  e  paren- 
tele, che  al  suo  comparire  si  rivolterebbe  tutto 
esso  regno  ,  siccome  stanco  del    governo  cesa- 
reo. Questi    non    furono    sogni    di     sfaccendati 
politici,   ma     verità    comprovate  da'fatti:  laon- 
de ,  torno  a  dirlo  ,  non  si  sa  come  il  Beloaire 
(  il  quale  lasciò  nella  penna   per  ogni   buon  fine 
questo  avveniinenlo)  con  altri  scrittori  fiaiizesi 
avesse  tanto  animo  da    negai-  1  alleanza  del  re 
(  poco  in  ciò  Cristiiinissimo  }  col    maggior  ne- 
mico della  Cristianità:  alleanza  che  dovea  frut- 
tare a  i  Turchi  nell'Ungheria,    e  a  i  Franzesi 
in  Italia  eil  altrove  ,    perchè   così   si    \cniva  a 
tener  impegnate  l'armi  della  casa    d'Austria  in 
jjiù  luoghi.  Nel    mese    di    luglio   comparve  la 
formitlabil  flotta   tuiclie.sca  nel  mare  di  Siedi;! ^ 
e  dopo  aver  depredate  quelle  coste,  ed  abbru- 
ciala   la    città    di    Reggio     in    Calabria,  venne 
dannej^giando  il   lido  di     Pozzuolo,  il    Traletto 
e  Nola  ,  ed  arse    Procida ,    con    giltar  poi  nel 
dì    i5  d'esso  mete  le  ancore    all'  isola  di  Pon- 
za, distante    quarantacinque    miglia    da  Gaeta. 
In  questo  mentre  Andrea  Doria  avea  imbarcati 
tre   mila   fanti    leileschi  per  condurli  alla  difesa 
di  Napoli,   stante  la   notizia  che  dovea  (en  ìf  re 
colà    lo     sforzo    de'  Turchi.     iMossesi    egli   da 
Genova  con  quarai;ta  galee  ,  senza  sapere  (  come 
vuol    l'Adriani)    l'arrivo    de' Turchi    in  queste 
parli.    Scrivono    altri    che    lo    sapea,  ed    aver 
perciò  ordinato  a  i    piloti  di  girar    ben    lungi 
da  Ponza  una  notte,  sperando  di  passare  senza 
licenza  de' Turchi.  Ma  costoro  se  ne  avvidero, 
e  Dragut  andò  con  alquanti  suoi  legni  a  fargli 


57*  AìNiVALI    n'  ITALI/V 

il  clii  va  là.  Allora  il  Doria  flguramlo-;!  ctie 
eli  venisse  addosso  tutta  la  tanto  superiore  ar- 
mata ninsulmana ,  die  volta  per  tornarsene  a 
Genova  ;  ma  sette  delle  sue  galee ,  che  in  loi/.a 
di  vele  e  di  remi  non  iigaagliavano  1'  .tltre , 
caddero  nelle  bnuiche  di  i)rag!it.  V'erano  den- 
tro settecento  Tedeschi.  Il  Madrucci  lor  co- 
lonnello condotto  a  Costantinopoli,  ad  inter- 
cessione di  Michele  Codegnac,  residente  alla 
Porta  pel  re  di  Francia,  fu  liberato;  tante  erano 
state  le  nicconaaudazioni  d'  alcuni  cardinali  per 
far  cosa  grata  al  cardinal  di  Tn-ato  di  lui  fra- 
tello. Avrebbe  intanto  dovuto  tremare  il  papa 
e  Roma  al  mirar  in  tanta  vicinanza  tante  forze 
del  gran  nimico  de' Cristiani  ;  mi  i  ministri  di 
Francia ,  consajievoli  de'  disegni  del  loro  signo- 
re ,  as-slcurarono  Sua  Santità  che  la  festa  non 
era  fatta  per  lo  Stato  pontilizio:  il  che  calmò 
ogfii  paura. 

Non  era  già  così  pel  popolo  di  Napoli  ,  che 
da  i  luoghi  eminenti  amlava  contemplando 
niiflle  tante  mezze  lune,  con  apj)rensione  con- 
tinua di  qualche  sbarco.  Quand'  ecco  all'  im- 
provviso nel  (h  IO  d'agosto  il  generale  dei 
Turchi  si  vide  far  vela  verso  l^evante ,  e  sep- 
pe^! da  lì  ad  al(|uanti  giorni  aver  quell''  armata 
passato  lo  .Stretto  di  Messina,  tiiande  allegria 
sorse  in  Napoli ,  e  insiline  .stupore  ,  perchè 
ignota  era  la  cagion  di  quella  ritirata.  Col 
letnpo  venne  tutto  in  chiaro.  Imperocché  avea 
il  re  .\rrig')  s[)edito  a  Marsiglia  il  principe  di 
Salerno  con  ordine  di  montar  sulla  flotta  fran- 
zese  ;  ma  |)ercliè  (jiu'sla  non  potea  così  pi'csto 
niuovei'tii,  esso  principe  inviò  per  terra  Cesare. 


ANNO     Mm,ll  57 1 


Mormile  fuoruscito    di    Napoli    con    lettere    di 
credenza  all'  ammiraglio  turcliesco ,  per  pregarlo 
cbe  l' aspettasse.   Giunto  a  Roma    il    Mormile , 
voltò  casacca  ,  e  all'  ambasciator    cesareo    fece 
conoscere ,  essere  in  sua   mano    il    far    partire 
la  flotta    ottomana  ,    purché    fosse    rinjesso  in 
grazia  dell'  imperadore ,  e  gli    fossero    restituiti 
i  suoi  beni.  Venne    da    don    Pietro  Ji  Toledo 
viceré  la  promessa  e  il  salvocondotlo  5   laonde 
Ho  egli  travestito  a  Napoli  .    cavò  da  esso  vi- 
rerò ducento  mila  scudi ,  de'  quali  fece  un  re- 
jfalo  al  generale    de'  Ttu-cIiì  a  nome  del  re  di 
Francia  ;  e  valendtisi  delle  lettere  di  credenza , 
con  mille  ringraziamenti  il  mosse  alla    })arten- 
za.  Arrixò  poscia  nei  dì  18  d'agosto  nei  Golf» 
ili  Napoli  il  principe  di  Salerno  ,  non  già  cou 
«ei  galee  franzesi ,  come  lia  il  Campana ,  forsa 
per  errore  di  stampa  ,  ma  con  venlisei ,  com« 
scrivono  il  Sardi ,   il    Sununonte    ed    altri  ;  né 
trovando  quivi  i  Turchi,  ed  informato  del  tiro 
fatto  dal  Mormile  a'  Franzesi  ,  continiiò  il  viag- 
gio con    isperanza    di    far    tornare    indietro  la 
flotta  Infedele.  La   raggiunse  alla  Prevesa  ,  ma 
nulla  potè  ottenere.  E  perciocché    era    la    sta- 
gione avanzati ,  ed  egli  sperava  di  menar  seco 
i  Turchi  neir  anno  vegnente  ,  volle  svernare  a 
Scio  ,  con  ammii  azion  di  quei  popoli  ,    al    ve- 
der legni  colle  insegne    franzesi   veleggiar  ne  i 
loro  mari ,  non  gii»  per  innalzare  la  Fede  cri- 
/«tiana ,    come    anticamente    si    usa'. a,  ma  per 
impetrar    aiuti    da    loro    a'  danni   de'  Cristiani. 
Porlossi    il  principe    di  Salerno  a    Costantino- 
poli ,    dove    con    glandi    finezze  fu  accolto  da 
nolimaud  :    tante    leggierezae    nondimeno    fece 


5n2  ANNALI    D*   ITALIA 

dipoi ,  che  si  screditò  aifatto  ,  sebbene  gli  riuscì 
di  far  tornare  que'  Barbari  contra  del  regno  di 
Napoli  neir  anno  seguente. 

Strepitose  al  maggior  segno  furono  le  scene 
della  Germania  in  quest'  anno.  Mi  dia  licenza 
chi  legge ,  eh'  io  ne  metta  qui  un  breve  ab- 
bozzo ,  sì  perchè  con  gli  affari  d' Italia  gran 
concatenazione  aveano  quei  della  Gi^rmauia  ,  e 
sì  perchè  le  nuiizie  italiane  ebbero  parte  in 
quelle  guerre  ,  e  vi  si  segnalarono  molti  nobili 
delle  italiche  contrade.  Da  niun  saggio  fu  cer- 
tamente commendata  la  severità  di  Carlo  Au- 
gusto nel  ritener  prigione  Filippo  langravio 
fi'  Assia  ;  e  di  ciò  si  lagnava  forte  Mauiizio 
duca  e  nuovo  elettor  di  Sassonia ,  perchè  sotto 
la  buona  fede  avca  egli  condotto  esso  langra- 
vio suocero  suo  a'  piedi  dell'  impcradore  ,  con 
riportarne  la  promessa  della  libertà  ;  ma  que- 
sta libertà  non  si  vide  mai  piii  venire.  Di  t;il 
ragione  o  pn^testo  valendosi  egli  ,  trattò  fui 
l' anno  addietro  una  lega  col  re  di  Francia , 
con  Giorgio  marchese  di  Brandebiirgo  ,  con 
Giovanni  .\lberto  duca  di  Mccliiemburgo  ,  e 
con  Guglielmo  figlio  dell'  imprigionalo  langra- 
vio. Fu  seguala  (juesta  lega  nel  giorno  i5  di 
gennaio  elei  presente  anno,  come  co.sta  dallo 
Ktruniento  riferito  dal  Du-\Iout  ;  e  il  motivo 
era  di  difendere  la  libertà  della  Germania  ,  che 
si  pretendeva  oppressa  dall'  iuiperadore  ,  e  di 
procurare  la  liberazione  del  langravio,  il  re  di 
Francia  pre.M;  il  titolo  di  Protettore  della  Li- 
bertà Germanica ,  e  fece  battere  laedaghe  con 
questo  glorioso  lilolo  ,  che  in  line  si  risolveva 
lu  divenir  prolettore  de  gli  «nelici.  E  per  non 


ANXO    MM.Il  5'j3 

fallare  ne'  confi ,  si  fece  accordare  ila  gli  allea- 
ti, per  principio  di  questa  liberth  ,  die  a  lui 
fosse  permesso  d'impadronirsi  delle  città  li- 
bare ed  imperiali  di  Metz  ,  Tuli  e  ^  erdmi ,  e 
di  ritenerle  come  vicario  dell'  imperio.  JNcilo 
strumento  snddetlo  il  marclie.se  di  Braiide- 
bnrgo  contraente  è  Giorgio  Federigo ,  laddove 
il  Campana  ed  altri  attiibuiscono  ciò  al  mar- 
chese Alberto  ,  ben  di',  orso  dall'  altro.  JNon 
mancò  al  duca  Maurizio  la  faccia  cV  ingratitu- 
dine e  di  doppiezza  in  tal  congiuntura  ,  per- 
chè dimentico  di  tanti  benefizj  a  lui  compar- 
titi da  Cesare,  e  perchè  nello  stesso  tempo 
eh'  era  dietro  a  tradii  lo  ,  gli  scriveva  le  più 
afFettiiose  lettere  di  attaccamento  e  fedeltà, 
dando  insieme  una  somigliante  pastura  a  Fer- 
dinando re  de"  Moniani ,  il  quale  trattava  con 
lui  di  accomotlamcnto.  Da  questo  lusinghevol 
canto  addormentalo  1'  impeiadore ,  era  venuto 
ad  Ispruch  con  poche  soldatesche  ;  quando 
Maurizio  sul  principio  d' aprile  con  poderoso 
esercito  arrivò  ad  Augusta ,  e  durò  poca  fatica 
a  conquistarla  ;  et  indi  speditamente  s'  incam- 
minò alla  volta  d' Ispruch  ,  sollecitato  da'  suoi 
ufiziali .  che  gli  diceano  :  C/ie  bella  caccia 
farebbe  la  nostra ,  se  potessimo  coglier  ivi 
il  signor  Curio  !  Al  che  dicono ,  che  ri- 
spondesse IMaurizio  :  iVbn  ho  gabbia  sì  grande 
f/a  in(tf('r\'i  un  augello  sì  grosso.  Credeva 
r  Augusto  Carlo  che  il  passo  della  Chiusa  ter- 
rebbe saldo  :  ma  s' ingannò  :  laonde  udendo 
venire  a  t,'ran  passi  il  nemico,  fu  astretto, 
benché  inlcrmo  per  la  gotta,  e  in  tempo  di 
notte    e    piovoso ,  a  fuggirsene  fiettolosamenle 


5~^  ANSALI    Tt    ITALIA 

ili  lettiga  con  parte  de'  suoi  a  piedi  ,  lasciando 
indietro  copioso  bagaglio  che  restò  preda  de  i 
collegati  :  colpo  ed  affronto ,  che  se  fosse  sen- 
sibile alla  maestà  d'  un  sì  grande  e  sì  glorioso 
TTionarca ,  ninno  ha  bisogno  che  io  gliel  ricor- 
di. Si  ritirò  egli  dunque  a  Vilacco  nella  Ga- 
rintia:  nella  qual  congiuntura  i  Veneziani  in- 
viarono a  fargli  ogni  maggiore  esibizione ,  con 
rinforzar  poscia  di  genie  i  loro  confini.  iViauii- 
ziOj  conosciuto  disperato  il  caso  di  raggiugner- 
lo  ,  se  ne  tornò  indietro  ,  non  capendo  in  sé 
stesso  per  la  gloria  d'  aver  come  spinto  fuor 
di  Germania  un  imperadore.  Fu  cagione  lo 
strepito  ed  avvicinamento  di  queste  armi ,  ed 
armi  di  principi  Protestanti ,  che  entrasse  un 
gran  terrore  ne'  padri  del  concilio  di  Trento  : 
e  però  nel  dì  28  (h  aprile  fu  esso  sciol- 
to ,  e  rimessane  la  continuazióne  a  tempi  più 
quieti  e  propizj. 

Attese  dipoi  1'  Angusto  .signore  a  cercar  da- 
nari ,  a  chiamar  milizie  dall'  Italia  e  dalla  Fian- 
dra ,  e  per  lui  ne  ranno  molle  Arrigo  duca  di 
Brunsvic,  colle  quali  fermò  alquanto  i  colle- 
gati. Ma  quel  che  più  gli  giovò,  fu  l'interpo- 
sizione di  Ferdinanilo  re  de'  Romani,  che  ma- 
neggiò con  loro  una  tregua  ,  e  la  sla])iil  , 
essendosi  rimesso  il  tratlalo  di  più  durevole, 
accordo  ad  una  dieta  fla  tenersi  in  Passavia. 
A  (pesto  si  la.sciò  condurre  il  duca  IMaurizio 
con  gli  altri  alleati  ,  perchè  poco  .stettero  ad 
:tccorgersi  cosa  fosse  la  società  leonina ,  e  a 
r.ivvi.sar  la  sciocca  loro  risoluzione  d'  essersi 
«niti  col  re  Franzese,  a  cui  servivano  di  spal- 
lo, allineile    sotto    1'  ombra    del    bel    titolo    (fi 


ANNO  nnii  S^S 

Difensore  della  Germania  potesse  spogliare  a 
niuu  sulva  la  Germania  nieclesima  de  gli  anli- 
clii  suoi  Stati.  Cirav issimi  lamenti  e  minaceli; 
per  questo  facevano  gli  altri  elettori  e  principi 
dell'imperio,  tanto  contra  di  essi  coilegali , 
quanto  contra  dei  re  Arrigo ,  a  cui  inviarono 
anche  le  lor  doglianze  «  protestazioni.  Ma  il 
re  si  ridea  di  loro,  e  facea  il  fatto  suo.  im- 
padronitosi nel  dì  1 5  d'  aprile  della  vasta  e 
ricca  città  di  Metz,  e  di  quelle  di  Tulio  e 
Verdun ,  passò  a  far  tla  padi  one  in  tutta  ia 
Lorena  5  tentò  di  soggiogare  Argentina  ,  ma 
non  gli  riuscì  5  rivolse  dipoi  1"  armi  contilo  il 
ducato  di  Lucemburgo ,  ed  era  per  tare  uu 
netto  de  gli  Stati  imperiali  di  qua  dal  Reno , 
se  non  segui\  a  nel  dì  primo  d' agosto  in 
Passavia  l' accordo  fia  Cesare  e  i  Protestanti 
eollegati,  colla  liberazion  del  langravio  d'Assia, 
e  con  varj  capitoli  die  a  me  non  occorre  di 
riferire.  Ma  gì'  incauti  Tedeschi ,  i  quali  aveano 
attaccato  il  fuoco  al  bosco ,  non  ebbeio  già  la 
facilità  medesima  per  ismorzarlo.  Durante  la 
tregua ,  nel  tempo  del  suddetto  maneggio ,  Ai- 
l)crto  il  giovane ,  marchese  di  Brandcburgo  , 
figlio  di  Casimiro ,  avendo  preso  gusto  al  me- 
stier  di  rapinare ,  con  un  esercito  non  già 
grande  di  numero  ,  ma  di  cuor  risoluto  e  be- 
stiale ,  inferì  un  mondo  di  mah  a  varie  parli 
della  Germania ,  spezialmente  a  Norimberga  ^ 
a  i  vescovati  di  Bamberga  ed  Erbipoh ,  a  gli 
.nrcivescovali  di  Magonza  e  Treveri  ,  a  Vor- 
nìazia  e  Spira ,  per  tacere  d'  altri  luoghi.  Que- 
sto sì  barbaro  principe,  dopo  varie  scene, 
Jiell'  anno    seguente:  a  dì  9  di  luglio  ebbe  una 


5'"6  ANNAII    d' ITALIA 

s^rau  rotta  da  Maurizio  duca  ed  eledor  di  Sas- 
sonia ,  per  cui  non  alzò    più    la    testa  ;  ma  in 
quel  fatto  d'  armi  lo  stesso    vincitore  Maurizio 
ferito  perde  la  vita.  Pertossi    dipoi    I'  Augusto 
Carlo  verso  la    mela    d' ottobre    con    potentis- 
sima oste    all'  assedio  di  Metz  ,    la    cui    difesa 
era  raccomandata  al  duca  di  Guisa ,  trovandosi 
con  lui  Alfonso    d' Este ,  fratello    del    duca  di 
Ferrara ,  Orazio    Farnese    duca    di     Castro ,  e 
Pietro  Strozzi  generale    di   gran   credito.    Tale 
fu  essa  difesa ,  essendo  nella  città  una  guarni- 
gione di  dieci  mila  fanti  e  di    mille  e  cinque- 
cento cavalli  ,  che  quantunque    Cesare  si  osti- 
nasse   a    tener    ivi    il   campo    sino    al    fine  di 
dicembre ,  pure   fu  forzato     in    fine    a     levarlo 
con  sua  non  poca  vergogna  ^    e     colla    perdita 
dell'  artiglieria  ,    e    di    almeno    venti    mila    tra 
fanti   e  cavalli ,  che    per  li  patimenti    piuttosto 
che  pel  feiTo  perirono.    La  dura    lezione   data 
a  questo  glorioso  monarca  in  Ispruch  ,  e  que- 
sl' altra  anche  più  greve,     fu    |)oi  creduto  che 
influissero  a   fargli    prendere    la    risoluzione;  di 
dare  un  calcio  al  mondo  ,    riconosciuto  da  lui 
p(T  teatro  di  troppo  disgnslcvoli  vicende. 

/fimo  di  Cristo   i553.  indizione  XA 
di  Giulio  HI  papa  4- 
di  Cakio  V  iniporadure  ò^. 

Provò  Siena  in  quest'anno  gli  cITetli  perni- 
ciosi (Iella  guerra.  Chi  ne  desidera  itn  preciso 
ed  anche  troppo  minuio  raggiuiglio,  non  Iim 
rlic  ila  leggero  la  Storia    di'llAdriaui.    Dirò    io 


ANWO    MDLtH  5'J'7 

in  compendio  ,  che  sommamente  dispiacendo  al- 
l' imperadoie  quell'  essersi  annidati  in  Toscana 
i  Franzesi ,  manilò  ordine  a  don  Pietro  di  To- 
ledo, viceré  di  Najioii ,  di  muovere  1' armi  con- 
tro di  loro,  per  ridurre  Siena  dipendente  da  i 
cenni  suoi.  Pertanto  il  Toledo  rauiiafo  un  corpo 
di  circa  dodici  mila  persone  tra  Italiani  ,  Spa- 
gnuoli  e  Tedeschi ,  lo  fece  marciare  nel  pre- 
cedente dicembre  alla  volta  della  Toscana  sotto 
il  comando  di  don  Garzia  suo  figlio.  Per  ogni 
buona  precauzione  il  pontefice  ,  benché  neu- 
trale ,  accolse  circa  otto  mila  soldati ,  che 
stettero  alla  guardia  di  Pioma.  Unissi  don  Gar- 
zia con  Ascanio  della  Cornia ,  generale  della 
fanteria  italiana,  il  quale  nel  Perugino  avea 
assoldato  altri  due  mila  e  cinquecento  fanti 
italiani.  Entrato  questo  esercito  nel  distretto  di 
Siena  (i),  se  gli  arrenderono  tosto  Lucignano, 
Pienza  ,  Monte  Fullonio ,  ed  altri  deboli  luo- 
ghi, e  andò  poi  ad  accamparsi  sotto  Monti- 
celli ,  o  sia  Moiiluccliiello.  Dentro  v'  era  Adriano 
Baglione  ,  giovane  valoroso  ,  che  per  un  mese 
fece  gagliarda  difesa ,  e  ne  capitolò  in  fine  la 
resa  ,  con  restar  prigioniere  nel  dì  19  di  mar- 
zo. Imprese  dipoi  don  Garzia  1'  assedio  di  Mon- 
talcino  ,  pi  Incipal  terra  de'  Sanesi ,  la  cui  con- 
quista, se  fosse  succeduta ,  mettea  a  mal  p.irtito 
la  slessa  città  di  Siena.  Ma  ritrovaronla  ben 
bastionata  e  fortificata  da  Giordano  Orsino  , 
giovane ,  nel  cui  cuore  bolliva  il  desiderio  della 


(i)  Alessandro  Sardi.  Adriani.  Segni.  Mainbrin  Rosoo. 
Campana  ed  altri. 

MuKATOiu.  Ann.   Vài.  Xiy.  87 


S-S  ANNALI    d'iTAìU 

gloria  e  dell'onore,  di  cui  sempre  fé  profes* 
sione  la  sua  nobilissima  casa.  Intanto  don  Pie- 
tro di  Toledo  era  vernilo  per  man-  a  Livorno, 
e  poscia  a  Firenze  ,  non  tanto  per  visitar  la 
figlia  e  il  duca  Cosimo  suo  genero  ,  quanto 
per  accudir  piada  vicino  all' impresa  di  Siena. 
Ma  colà  giunto  ,  venne  da  lì  a  poco  la  morte 
a  trovarlo:  vecchio  astuto,  crudele,  che  avea 
poco  innanzi  a!  dispetto  de'  suoi  anni  menata 
moglie  una  giovane  bellissima  di  casa  Spinelli. 
Né  mancarono  maligni  che  sognarono,  secondo 
il  solito ,  abbreviata  dal  veleno  la  di  lui  vita. 
Si  ci:rc<ì  in  Napoli  uno  che  piagnesse  per  la 
sua  morte ,  e  non  si  trovò.  Per  cagion  d' essa 
ben.si  l'ardore  dell' armi  imperiali  s'intepidì. 
Avvenne  ancora  nel  mese  di  maggio  che  sotto 
Jlonlalcino  fu  preso  da  gli  assediati  il  segre- 
tario di  do;i  Garzia,  e  con  lotto  a  Siena,  dove 
per  paura  de'tormenfi  rivelò  come  tessuta  dal 
duca  Cosimo ,  j)rincipe  di  (ina  politica ,  una 
congiura  contro  di  quella  cillà.  ^'era  o  falsa 
che  fosse  tal  confessione,  certo  è  che  costò  la 
vita  ad  alcuni  di  que' citta  lini,  e  lece  restare  esso 
Cos'mo  in  di.sgrazia  de'  Frair/.esi  ,  quando  nello 
slesso  tempo  si  Lunenlava  forte  di  lui  l'impe- 
ratore, perchè  volesse  tenersi  neutrale  ,  anzi 
era  in  sospetto  di  vedei-  volentieri    in  Siena  i 

Franze.'iì,  tuttoché  non  avesse  lasciato  di  som- 
ministrar art  g'ierie  ,  danari  ed  altri  aiuti  al 
campo   imperiale. 

Rincresceva  f)rte  a  papa  Giulio  III  questa 
guerra  di  Toscana ,  e  molto  più  la  maggiore 
che   durava     j)iù     che    mai    accesa    ollramonti. 

Però  lece  per  mezzo    de'  suoi    minislii  quaulo 


ANNO     MDUIT  S'jg 

potè,   per  esorlare  et  indurre    alla    pace  i  clu& 
litiganti  monarchi;  e  a  questo    fine    inviò  loro 
due  cardinali   log.iti ,  che  s|)csero  invano   passi 
e  parole  con  chi  era  o  troppo  iivilato,  o  troppo 
superbo  e  pretendente.  Ma  in   Toscana  venuto 
il  mese  di  giugno  senza  die    avi-ssero   i  Cesa- 
rei  potuto  espugnare     MoiiUdciiio,    sempre  va- 
lorosamente difeso  dall'  Orsino,  in  parte  da  sé 
stesso   e    in  parte  per    l' interposìzion  del  pa- 
pa ,  cessò  per  ora  quella    contesa.  Imperocché 
mandalo  da    Cesare  a  Napoli    por    viceré    prò 
interim  il  cardinal  Pacieco,  presentendo  questi 
un  gran    preparamento     de  Turchi  per  tornare 
ne'  mari  d'Italia  ad  istanza   del    re  di  Francia 
Arrigo  II,  richiamò    dal    Sancse    le   genti  che 
erano  slate  cavate  da  i  piesidj  di  quel  regno; 
e  così  respirò  Siena.  Ma  nel    tornar  le  milizie 
su; Ideile  a   Napoli ,  accadde  uno  scandaloso  fatto. 
Marcantonio  Colonna,  comatìdante  di  una  parte 
dtUa     cavalleria     cesarea,    disgustato    da    gran 
tempo  di  Ascanio  suo  padre,  (  dicono,  peichè 
gli  negava  un  assegno  con\cniente   alla  nascita 
sua  )  in  tre  giorni  prese  Palliano,  e  tulle  1'  al- 
tre castella   possedute  dalla   sua    nobil  casa  ne 
gli  Slati   della    Ciiicsa.  0   sia    che  Ascanio  ac- 
corresse per  .salvare    Tagliacozzo    ed  altri  suoi 
feudi  nel  regno   di    Napoli  ,    o   pure    che  an- 
dasse con  gente  armata  per  ricuperarli;  la  ve- 
rità si  è  ,  che  per  ordine    del  suddetto  cardi- 
nal Pacieco    fu  preso  esso  Ascanio,  e  mandato 
prigione  nel    castello    di    Napoli  ,  dove   sl(;lle 
gran  tempo,    e    in   fine    colto    da    maialila  vi 
moiì,  restando    il   lìglio    padrone   di    tutto.  Si 
stancarono  i  politici    per    liovar    la  cai;iouu  di 


580  ANNALI    d'  ITALIA 

SÌ  aspro  trattamento,  e  l'haii  tuttavia  da  sco- 
prire. Fu  pure  astretto  il  Belcaire  a  confessare 
in  quest'anno  la  sempre  detestabil  alleanza  del 
re  di  Francia  con  Solimano  gran  Sultano  de  i 
Turchi,  perchè  su  gli  occhi  di  tutti  compar- 
vero q-ie  Burbari,  uniti  colla  flotta  fianzese , 
ne' nostri  mari.  Vennero  costoro  sul  principio 
di  giu2;no  con  sessanta  galee  ,  comandate  da  Mu- 
stafa  Bassa  e  dal  corsaro  Dragut ,  oltre  alle 
fnmzesi  ,  in  Sicilia  ,  dove  presero  e  abbrucia- 
rono Alicata.  e  fecero  seicento  Cristiani  schia- 
vi. Nidla  potendo  ottenere  contro  Sacca  e  Tra- 
pani ,  pas.sarono  dipoi  in  Toscana,  e  quivi 
spogliarono  l'isola  della  Piano>a,  conducendo 
via  mille  di  quegli  abitanti.  Grave  danno  an- 
cora fu  recalo  dalla  stessa  armala  turco-gallica 
all'isola  dell'Elba;  ma  dappoiché  in  essa  si 
fi  imbarcato  il  signor  di  Termes  con  quattro 
mila  finti  cavati  dal  Sanese ,  fece  vela  alla 
volta  della  Corsica  ,  dove  i  Franzesi  teneano  delle 
inti  lligenze,  senza  che  i  Genovesi,  signori  di 
qui  11-4  si  riguardevol  isola  ,  ancorché  avvisati 
del  pericolo,  avessero  piovvedulo  al  bisogno. 
Sbarcali  cola  i  Franzesi  co'  Turchi  ,  ridussero 
in  poco  tempo  in  loro  potere  la  Bastia  e  San 
Fiorenzo;  e  sollevati  circa  sette  mila  di  qua' fe- 
roci montanari,  .s' impossessarono  di  quasi  tutta 
l'isola,  a  riserva  di  Calvi,  Aìaccio  e  Bonifazio. 
Se  vogliam  credere  al  Manenti  e  al  Campana, 
la  Bastia  si  ctnser\ò  in  jiolcr  de' Genovesi.  Fu 
dipoi  da'  Turchi  e  Franzesi  assediato  e  preso 
Aiaccio  ,  dove  tutto  andò  a  sacco,  restarono 
preda  della  lor  lussuria  le  »lonne ,  e  i  picsi 
Gcuovciii  ])Osli    al    remo.    Quindi    jiassaiouo  i 


ANNO    MDLin  58 1 

Tiirolii  all'assedio  di  Bonifazio  ,  e  i  Franzesi  a 
quello  di  Calvi.  Il  coinaiidaiile  della  prima 
città,  ingannato  da  una  finta  lettera  del  doge 
e  dell' Uni/.io  di  Sati  fiiorgio ,  capitolò.  Calvi  si 
sostenne.  \'eiitito  il  settembre,  secondo  gli  or- 
dini del  Sultano ,  i  Turchi  se  ne  tornarono  in 
Levante  ,  e  il  signor  di  Termes  andò  in  Pro- 
venza per  condurre  in  Corsica  genti ,  muni- 
zioni e  vettovaglie.  Svegliati  intanto  i  Geno- 
vesi ,  non  oinmisero  diligenza  e  spesa  jier 
ricuperar  la  Corsica  ;  del  che  parleremo  al- 
l' anno  seguente. 

Non  restò  esente  né  pure  in  quest'anno  da 
gì'  incomodi  della  guerra  il  Piemonte.  Dimorava 
Carlo  duca  di  Savoia  in  Vercelli,  contemplando 
r  infelice  situazion  de'  suol  Stati ,  occupati  in 
gran  parte  da  i  nemici  Franzesi  di  qua  e  di 
là  da  i  monti  ,  e  quasi  signoreggiato  il  resto 
da  gli  amici  imperiali ,  con  restare  intanto  i 
popoli  esposti  alle  continue  incursioni  si  del- 
l' uno  come  dell'  altro  partito ,  e  forzati  spesso 
a  cangiar  padrone.  Gitnise  la  morte  a  liberarlo 
da  queste  nere  meditazioni,  essendo  egli  man- 
cato di  vita  nel  dì  18  d'agosto,  come  vuole 
il  Sardi  storico  contemporaneo  ,  o  più  tosto  , 
secondochè  scrivono  gli  autori  piemontesi ,  nel 
dì  16  d"  esso  mese:  principe  d'ottimo  genio, 
fatto  pii^i  per  la  pace  e  pel  gabinetto,  che  per 
la  guerra  ;  ma  principe  sommamente  sfortunato, 
che  seco  nondimeno  portò  la  consolazione  di 
lasciar  suo  creile  Emmannel  Filiberto  principe 
di  Piemonte ,  giovane  bellicoso  e  di  grande 
espettazione  ,  che  in  questi  tempi  militava  in 
Fiandra    presso    1'  iniperadore  ,    e    s'  era    gi?» 


582  ANNALI    l>'  ITALIA 

segnalato  con  varie  .'izioni  di  senno  e  di  valore. 
Seguirono  in  esso  Piemonte  varj    movimenti  e 
fatti  delle  nemiclie  armate,  ma  non  di  tale  ri- 
lievo   che    lor  s'abbia  a  dar  luogo    in    questo 
compendio.  Solamente  fece  strepito  la  presa  di 
Vercelli  fatta  da'  Franzesi  nel  dì  20  di  novem- 
bre per  intelligenza  con  alcuni    Vercellesi  mal 
soddisfatti  della   guarnigione    tedesca.   Ma    don 
Francesco  d'Esle  generale  cesareo^  appena  ciò 
inteso,  spedì  Cesare  da  Napoli  con  cento  cin- 
quanta cavalli   ed    altrettanti    fanti    in    groppa , 
affinchè  rinforzassero  la  cittadella ,   ed  egli  poi 
il  seguitò    frettolosamente    col   resto    della    ca- 
valleria e  con  mille  fanti,    ed  entrato   anch' e- 
gli  nella  fortezza ,    era    per    piombare  addosso     , 
alla  città.    Ma    non    l'aspettarono    i    Franzesi , 
che  prima    di    ritirarsi    s])ogliarono    l'arnese  e 
il  tesoro  del  duca  defunto,  ricoverato  in  Santo 
Eusebio,    non  avendo  la  forluiìa  ,    tanto  a    lui 
avversa  in  vita  ,  cessato  di  perseguitarlo  anche 
dopo    morte.    Condussero    via    eziandio    molli 
mercatanti    e    terrazzani    ricchi,  o  per    ostaggi 
delle  contribuzioni  intimate  al  pubblico,  o  per 
ricavarne  delle  taglie  j)ii\ate.  Seguitò  quest'anno 
ancora   la  guerra    fra  l' imjjcradore    e    il  re   di 
Francia.    Assediata   da    i    Cesarei    con   potente 
csenilo   Tcrovana    citi?»    fortissima,    0    battuta 
per  (juatlordici  giorni  con  sessanta  pezzi  d'ar- 
tiglieria ,    mentre    si    stendeva    la    capitolazion 
della  lesa  ,  v'  entrarono  furiosamente  Sj)agiuioli 
e  Tedeschi,    e    le    diedero    un    leriibil   sacco. 
Venne  poi  per  ordine  dell'  impcradore  spianata 
f[nella    piazza    da'  fondamenti.     Non    fu    meno 
strepitoso   r  assedio   posto    dipoi    nel   mese  di 


ANNO    MDI-IIl  583 

luglio  alla  citlà  di  Edilio ,  forte  al  pati  del- 
l''altra,  dall'armi  cesaree  sotto  il  comando  del 
suddetto  principe  di  Piemonte ,  dicliiarato  su- 
premo general  dell'  annata.  Alla  difesa  di  quella 
piazza  era  entrato  Orazio  Farnese  duca  di  Ca- 
stro con  assai  nobiltà  francese  ;  ma  colpito  da 
un  tiro  di  artiglieria  perde  ivi  la  vita,  com- 
pianto da  ognuno  pel  raro  suo  valore.  La  stessa 
disavventura  che  avea  pro\ato  Terovana,  toccò 
anche  ad  esso  Edino  ,  messo  a  sacco .  colla 
strage  di  alcune  centinaia  di  Franzesi ,  e  colla 
prigionia  di  non  pochi  iiguardevoli  signori.  Re- 
stii similmente  ramata  quella  piazza  .  e  niunal- 
tra  azione  si  fece  degna  di  memoria  in  quelle 
parti.  In  questo  mentie  essendo  accaduta  la 
molte  del  giovinetto  Odoardo  re  d'Inghilterra, 
a  lui  succedette  Maria  .sua  sorella  con  giubilo 
grande  della  Cristianità,  perchè  ella  poco  stette 
a  professar  la  religione  cattolica;  sic  onie  fim- 
peradore  non  tardi^»  a  progettare  il  matrimonio 
d'  essa  regina  col  principe  don  Filippo  suo  fi- 
glio vedovo.  In  qucsl'  anno  nei  dì  aS  di  mag- 
gio terminò  la  sua  vita  Francesco  Donalo  doge 
di  Venezia ,  e  nel  dì  4  f^'  giuRi^o  f»  assunto 
a  quella  dignità  Marc' Antonio  Trixisano ,  per- 
sonaggio singolare  per  la  sua  pietà  e  sa\"iezza. 

Anno  di  Cristo   i554.  Indizione  XII. 
di  Grrrio  III  pr7pn  5. 
di  C.\r.LO  V  imperadore  36. 

Principe  di  somma  avvedutezza  s'  era  fin  qtii 
atto  conoscere  Cosimo  de'  Medici  duca  di  Fi- 
renze ;  ma  spezialmente   in    quesl'  anno   diede 


584  ANNAU    n*  ITALIA 

gran  prova  del  suo  coraggio  coli'  imprendere 
guerra  aperta  contro  <Ji  Siena,  da  cui  s'era 
saggiamente  astenuto  in  addietro,  al  vedere  sì 
contrabil.inciate  le  forze  franzesi  colle  imperiali. 
S' era  egli  segretamente  tenuto  sempre  forte 
nel  partilo  di  Cesare  ,  Ijtiicliè  per  altra  parte 
praticasse  molte  finezze  co  i  minislri  della 
Francia.  Ma  da  che  si  veime  a  scoprire  (  a  ca- 
gion  della  congiura  dell'anno  precedente,  vera 
o  pretesa  clie  fosse  )  troppo  congiunto  di  mas- 
sime in  fìivore  di  Cesare  ,  s'  avvide  egli  tosto 
del  mal  animo  conceputo  contra  di  lui  da  i 
Franzesi.  E  tanto  più  perchè  il  re  Arrigo,  in 
vece  del  Termes,  passato  in  Corsica,  avea  spe- 
dito a  Siena  per  comandante  delle  sue  armi 
Pietro  Strozzi  Fiorentino  fuoruscilo ,  persona 
di  gran  credito  uelf  arte  della  guerra,  ed  in- 
sieme il  maggior  nemico  clie  s' avesse  la  casa 
de'  Medici.  Né  durò  fatica  ad  accorgersi  che  il 
medesimo  Strozzi  macchinava  contra  de'  suoi 
Stati.  Però  animosamente  determinò  di  voler 
egli  jiiutloslo  far  guerra  a'  Sanesi ,  che  di  aspet- 
tarla in  casa  sua.  Intorno  a  ciò  s' inlese  prima 
colf  imperador  Carlo  V,  il  quale  (tanta  era 
]a  sua  ansietà  di  veder  cacciati  dalla  Toscana 
i  Franzesi  )  non  solamente  consentì  a  conce- 
dergli il  dominio  di  Siena ,  se  gli  riusciva  di 
conquisi  aria  ,  ma  gli  promise  anche  soccorsi. 
Ch(!  I'  inqx'iador  nondimeno  promettesse  alloia 
quella  cillà  al  duca  ,  .se  ne  può  fondalamente 
dnl)ilare.  Similmente  si  assicuriì  Cosimo  di  papa 
fiinlio ,  col  promellere  in  moglie  la  terza  sua 
figlia  isabella  a  Fabiano  di  lui  nipole ,  a  cui 
u.sseguò  in  feudo  lUonlc  San  Sovino  con  titolo 


attno    MnxT.iii  585 

di  Marchese.  Non  essendosi  poi  effettuale  que- 
ste nozze  vivente  il  papa ,  molto  meno  si  ef- 
fettuarono dopo  la  sua  morte.  Corse  anche  voce 
che  esso  pontefice  concorresse  alle  spese  di 
quella  guerra  con  quindici  mila  scudi  il  mese. 
Ciò  poi  che  accresceva  la  speranza  al  duca 
Cosimo ,  era  1'  osservare  in  tale  sfato  il  re  di 
Francia  per  la  gran  guerra  sua  coli'  iniperadore 
e  co'  Genovesi ,  che  non  gli  resterehhe  voglia 
nò  potere  di  accudire  alle  cose  della  Toscana. 
Gli  avea  dianzi  l'Augusto  monarca  inviato  per 
general  di  milizie  Gian-Giacomo  de' Medici  mar- 
chese di  Marignano  ,  il  più  astuto  uomo  che 
si  trovasse  nel  mestier  della  guerra.  Alla  testa 
e  al  valore  di  costui  il  duca  appoggiò  l'esecu- 
zion  de  i  disegni  stabiliti  fra  loro.  Era  il  mese 
di  gennaio ,  e  in  Siena  si  stava  in  allegria  e 
senza  buona  guardia ,  perchè  senza  sospetto 
d'  aver  per  nemico  il  duca  di  Firenze.  E  molto 
meno  ne  sospettava  il  cardinal  di  Ferrara ,  con 
cui  fin  qui  1"  accorto  duca  avea  mantenuta  una 
mirabil  coniklenza  ed  amicizia.  Ora  Cosimo 
dopo  aver  tenute  per  quattro  giorni  chiuse  le 
porte  di  Firenze ,  Pisa ,  Arezzo  e  Volterra  ,  e 
fatto  intanto  segretamente  raunarc  e  marciare 
tanto  le  fanterie  da  soldo  che  le  bande  foren- 
si ,  nella  notte  precedente  al  di  3t)  di  gennaio 
(  il  Sardi  ha  la  notte  del  di  26  )  con  gran 
copia  di  scale  si  presentò  egli  col  marchese  di 
Marignano  ad  un  forte  già  fdjbricato  da  Fran- 
cesi fuori  della  porta  di  Siena  ,  chiamata  di 
Camollia  ;  e  trovatolo  mal  custodito  da  qua- 
ranta soldati,  che  furono  tosto  fatti  prigioni, 
se  ne  impadronì.   Gran    rumore  ,    gran    timore 


586  ANNAM    D   ITAI.TA 

di  tradimenlì  si  sve;;liò  in  Siena  ;  ma  cìiiarito 
ch'enlro  la  città  non  v'erano  mali  umori,  si 
attese  dipoi  alla  difesa,  e  maggiormente  si  as- 
sicurò ed  animò  quel  popolo  al  comparire  di 
Pietro  Strozzi ,  che  non  era  in  Siena  quando 
accadde  la  novità  suddetta. 

Allora  il  lì»  a  Cosimo ,  cavatasi  affitto  la 
mascliera  ,  dichiarò  la  guerra  a  Siena  e  a"  Fr;m- 
zesi,  e  diede  ampia  facoltà,  anzi  ordine  a  tutti 
i  suoi  popoli  di  procedere  a' danni  deSanesi: 
nel  che  fu  e2;li  ben  servilo.  Prese  al  suo  soldo 
da  varie  parti  quante  soldatesche  potè  ,  e  se 
vogliamo  stare  al  Segni ,  formò  un  esercito  di 
ventiquattro  mila  fanti  tra  Italiani  ,  Spagnuoli 
e  Tedeschi  ,  e  mille  cavalli.  Asprissima  guerra 
si  fece  dipoi  ,  non  già  di  combattimenti  fra  i 
soldati  ,  ma  di  desolazione  a  gì'  innocenti  con- 
tadini ,  ed  anche  con  impiccarne  e  con  vio- 
lare le  donne.  Contultociò  nella  notte  prece- 
dente al  venerdì  sante,  Ascanio  della  Cornia  e 
Ridolfo  Baglionc  con  tre  mila  Tinli  e  quattro- 
cento cavalli  andando  per  sorprendere  Chiusi, 
dove  aveano  nn  trattato ,  ma  doppio  ,  furono 
disfatti  da'  Franzesi,  restando  il  primo  con  altri 
mille  e  cinquecento  prigione,  e  l'altro  ucciso. 
Nel  dì  \-?.  di  giugno  Piero  Strozzi  segretamente 
uscito  di  Siena  con  tre  mila  finti  e  trecento 
cavalli,  arditamente  entrò  nello  Stato  Fioren- 
tino, e  passalo  l'Arno,  penetrò  fino  sul  Luc- 
chese ,  per  quivi  raccogliere  quattro  mila  (  altri 
dicono  due  mila  )  (ìrigioni  ,  ed  altre  milizie 
spedite  da  Parma  e  dalla  Mirandola,  colle 
quali  formò  un'  armata  di  di;.ci  mila  finti  e 
seccnto  cav;dli.  Gli  avca  senìprc  tenuto  dietro  il 


A\NO  Mm.iv  587 

marchese  di  ì\Iaiigiiaiio  con  grosso  corpo  di 
gente;  ed  arrivato  a  Pescia  ,  gran  ventura  fu  la 
sua  die  lo  Strozzi  non  conoscesse  il  vantaggio 
esibitogli  dalla  iorliina  di  poterlo  battere  a 
man  salva  ;  pcrcliè  ,  oltre  all'  essere  il  marchese 
inferlcve  di  genie  ,  in  quella  terra  non  trovò 
da  vivere  per  un  giorno  ,  essendo  allora  afllitla 
tutta  la  Toscana  da  un'aspra  carestia.  Si  mosse 
bensì  a  quella  volta  lo  Strozzi  ;  ma  il  mar- 
chese ,  presa  la  fuga  ,  si  ridusse  in  salvo  a 
Pistoia  ,  il  che  diede  campo  allo  Strozzi  d' in- 
signorirsi di  Pescia  ,  Montecarlo,  Ruggiano  , 
Montevetolino  ,  ed  altri  luoghi  di  Val  di  Nie- 
tole.  Perchè  vennero  dipoi  meno  allo  Strozzi 
le  speranze  di  ricevere  altri  maggiori  rinforzi 
di  Franzesi  e  di  Turchi ,  a  lui  promessi  dalla 
corte  di  Francia  ;  e  perchè  udì  pervenuto  a 
Pisa  don  Giovanni  di  Luna  con  quattro  mila 
fanti  italiani ,  due  mila  tedesclii  e  quattrocento 
cavalli  spediti  da  Milano  in  soccorso  del  duca 
Cositno;  se  ne  tornò  verso  Siena.  Ebbe  dipoi 
a  patti  il  castello  di  Marciano,  e  a  forza  d'armi 
quel  di  Foiano  nel  dì  23  di  luglio  ,  con  trovar 
in  amendue  gran  copia  di  grano  ,  che  servì  di 
un  buon  ristoro  all'  esercito  suo.  In  questo 
mentre  giunsero  ad  unirsi  col  mai-cliese  di  Ma- 
rignano  tre  mila  fanti  assoldati  da  Camillo  Co- 
lonna in  Roma  ,  e  trecento  uomini  d'  armi  in- 
viali dal  regno  di  Napoli  :  con  che  il  duca  di 
Firenze  fu  di  parere  die  si  venisse  a  batta- 
glia,  contuttoché  di  contrario  sentimcnlo  fosse 
lo  slesso  marchese  con  altri   ufìziali. 

Erano  le  tredici  ore  della  mattina  del    dì    2 
^'agostOj  quando  il  marchese;  che  dianzi  era  in 


588  ANNALI    n*  ITALIA 

procinto  di  ritirarsi  ,  cliiarainente  scoprì  che 
Piero  Strozzi  s'era  da  Marciano  messo  in  cam- 
mino per  ritirarsi  a  Lncignano,  o  pure  a  Foiano. 
Mandò  un  corpo  di  cavalleria  a  pizzicarlo  ;  eJ 
allora  fu  che  lo  Strozzi ,  vedendo  di  non  potere 
schivar  con  onore  la  battaglia  ,  mise  in  ordi- 
nanza le  sue  genti,  e  s' affrontò  col  nemico.  Ma 
quella  non  fu  propriamente  battaglia  ;  percioc- 
ché essendo  generale  della  cavalleria  franzese  il 
giovinelto  conte  della  Mirandola  Lodovico,  il 
suo  luogotenente  Lodovico  Borgonovo ,  chia- 
mato Biglietto  dal  Campana  ,  che  reggea  la 
truppa ,  o  pure  portava  lo  stendardo  d' esso 
generale,  appena  urtato  dalla  cavalleria  nemica, 
prese  vergognosamente  la  fuga ,  lasciando  senza 
difesa  le  povere  fanterie.  Lo  Strozzi  si  vide 
tosto  perduto  ;  e  tuttoché  restrignesse  i  batta- 
glioni ad  mi  fosso,  pure  non  potè  impedire  che 
non  fossero  in  breve  tempo  sloggiali  dall'  arti- 
glieria e  cavalleria  nemica ,  andando  tutti  ap- 
presso in  rotta  ,  e  restando  trucidato  chi  non  go- 
deva il  privilegio  delle  buone  gambe.  Secondo  gli 
scrittori  fiorentini  ,  quasi  quattro  mila  dell'  eser- 
cito franzese  rimasero  estinti  sul  campo;  copioso 
fu  il  numero  de' prigioni ,  e  ben  cento  bandiere 
guadagnate  furono  portate  per  tiofeo  a  Firenze». 
Tutto  il  bagaglio,  e  le  artiglierie  e  l'armi 
vennero  alle  mani  de'  vincitori.  Erano  coisi 
mollo  prima  a  questa  danza  assaissimi  Fioren- 
tini .  parte  d'essi  fuoruscili,  ed  altri  solamente 
perchè  appetitosi  delia  libri  tii  della  patria.  Sette 
d'essi  limasti  prigionieii  ebbero  poi  reciso  il 
capo  5  e  il  duca  (>osiuro  ,  (-oulìscali  i  beni  di 
chiunque  avca  prese  Tamii    conlra    di    lui,    o 


ANNO    MDMV  58() 

tenute  conispomleiize  co'  nemici ,  mirabilmente 
ingrassò  il  suo  patrimonio  e  fisco.  E  ben  fu 
questa  villoiia  che  finì  di  assicurar  la  signoria 
d'esso  Cosimo,  e  j;li  acci  ebbe  tal  rijjulazione, 
che  giunse ,  siccome  vedremo ,  ad  unire  anche 
Siena  al  suo  dominio.  Salvossi  lo  Strozzi  ferito 
in  due  luoglii  a  Lncignano,  e  quindi  a  Mon- 
lidcino.  Appresso  fu  Lucignano  vilmente  ceduto 
da  Alto  Conti  a  gì'  imperiali  ,  dove  si  conser- 
vava gran  copia  di  vettovaglie.  Parimente  ricu- 
però il  duca  tutte  le  castella  dianzi  perdute  in 
Val  di  Nievole.  Dopo  di  che  il  marchese  di 
Malignano  voltò  tutte  le  sue  forze  contra  il 
distretto  di  Siena  ,  conquistando  jMonleregioui  , 
Murlo  e  Casoli  (a  cui  fu  dato  il  sacco  conh'o  i 
patti  )  ed  altre  castella  :  con  che  vcmie  mag- 
giormente a  strignersi  l' assedio ,  o ,  per  dir 
niegho ,  il  blocco  di  Siena.  Pieio  Strozzi ,  a  cui 
non  piaceva  di  restar  qui\i  rinchiuso,  uscitone 
nella  notte  del  di  1 1  di  ottobre  ,  si  ridusse  a 
Porlo  Ercole  j  dove  attese  a  fortificar  quella 
piazza. 

In  quest'anno  ancora  si  ravvivò  la  guerra  in 
Piemonte.  Erasi  portato  alla  corte  di  Cesare 
don  Ferrante  Gonzaga  governator  di  Milano  , 
per  rispondere  alle  molte  querele  ed  accuse 
portate  colà  non  meno  da  i  Milanesi  stanchi  del 
suo  governo ,  che  da  don  Giovanni  di  Luna 
castellano  di  Milano,  lasciando  suo  luogotenente 
in  essa  cittìi  cU  Mdano  Gomez  Suarez  di  Figheroa. 
Fece  questi  levar  l'assedio  posto  dal  maresciallo 
franzese  a  Valfenere  ;  ricuperò  Aqui  ,  Somma- 
riva  ed  altri  luoghi.  Ma  il  Brisac  fece  mollo  di 
pili  j  perchè  s' impadronì  nel  dì  2^  di  dicembre 


5gO  ANNALI    d' ITALIA 

della  città  d'Ivrea,  ceduta  dal  Morales,  percìiè 
la  guarnigione  spagnuola  non  pagata  ricusava  di 
combatteie.  Ebbe  dipoi  Biella ,  e  fece  fortificare 
Santià    per  incomodar  Vercelli    e    Crescentino. 
Già  dicemmo  occupata  buona  parte  delia   Cor- 
sica dall'  armi  franzesi  :  e  però  i  Genovesi  nel- 
r  anno  addietro  si  alTrettarono  a  far  gente    per 
sostenere  e  ricuperar  quell'  isola ,  tanto  utile    e 
decorosa  al  loro  dominio.  Uniti  Otto  mila  fanti, 
dicbiararono  generale  di  questa  armata  il  prin- 
cipe di  Melfi ,  cioè    il    celebre  Andrea    Doria , 
che  quantunque  giunto  all'  età  di  ottantaquattro 
anni ,  conservava  una  vigorosa  sanità  e  vecchiezza, 
né  ricusò  per  amor  della  patria  le  fatiche  di  tale 
impiego.  Mandò  egli  innanzi  Ago  stino  Spinola  suo 
luogotenente  a  (Jalvi  con  tre  mila  fanti ,  i  quali 
costrinsero  il  signor  di  Tremes  a  ritirarsi  di  là. 
Scrive  il  Sardi ,  che  giunto  colà    il    Doria  ,    ri- 
cuperò   la    Bastia,    citlà    che    altri    pretendono 
conservata  sempre  da'  Genovesi.    Certt»  è    bensì 
eh'  egli  mise  V  assedio    a    San    Fiorenzo  ,    terra 
valorosamente  difesa  da  Giordano    Orsino    con 
due  mila  fanti   franzesi.  La  buona  veiiliira  de  i 
Genovesi  portò,  che  preparata  in  Marsiglia  una 
buona  flotta  per  portare  soccorso  a  gli  assediati, 
dopo  avere  messo    alla    vela ,    fu    eolla    da    un 
vento  maestrale    sì    indiscreto  ,    che    sei    galee 
andando  a  traverso  perirono  verso  Pombino,  e 
l'altre  malmenate  se  ne  tornarono  in  Provenza. 
Perciò  nel  fcbbiaio  di  quest'anno  fu  necessitato 
l'Orsino  a  capitolar  la  resa  d'esso  San  Fiorenzo, 
salve    nondimeno    le    persone    presidiarle,    con 

Fatto  che  queste  fossero   trasportale    fuori    dei- 
isola.    Restarono   poi    quivi   arenali    i   disegni 


AKNO    MDMV  5o  J 

dell'una  e  dell' altra  parte.  Nell'anno  presente 
continuò  la  tjuena  fra  l' inipcrador  Carlo  V  eJ 
Arrigo  li  re  di  Francia  ne'  Paesi  Bassi ,  con 
vantaggio  più  tosto  dell'  ultimo.  E  il  principe 
don  Filippo,  dall'Augusto  padre  dichiarato  re 
di  Napoli  e  duca  di  .Milano  .  passò  con  ac- 
conipagnauiento  magnifico  in  Inghilterra,  dove 
si  solennizzarono  le  sue  nozze  colla  regina 
Maria  f  avvenimento  di  soninia  allegrezza  per 
iutti  i  regni  professanti  la  religione  cattolica, 
quantunque  mal  veduto  dalla  corte  di  Francia, 
a  cui  dava  troppo  da  pensale  ogni  innalzaiueiito 
della  casa  d'Austria.  Poco  potè  godere  della  sua 
dignità  Marc' Antonio  Trivisano  pii.ssimo  doge  di 
Venezia  ,  perchè  da  improvvisa  morte  fu  rapito 
nel  dì  3 1  di  maggio  ,  ed  ebbe  nel  dì  1 1  di 
giugno  per  successore  Francesco  Vejiiero. 

^nnn  di  Cristo   i555.  Indizione  XIII. 
di  Mauceli.o  11  papa   i. 
di  Paolo  IV  papa   i . 
di  Carlo  V  iniperadji'e  S^. 

Stava  godendo  in  Roma  i  frutti  della  pace 
de'  suoi  Stati  Giulio  III  papa ,  se  non  che 
un'  aspra  guerra  a  lui  faceva  la  podagra.  Sne- 
rava  anche  l' immensa  consolazione  di  veder 
presto  comparir  al  bacio  de'  suoi  piedi  un  ani- 
Liisciadore  inglese  ,  giacché  la  religion  cattolica 
era  tornata  sul  trono  d' Inghilterra ,  quando 
venne  la  morte  a  citarlo  per  l' altra  vita.  Fu 
credulo  che  per  domar  la  podagra  si  mettesse  a 
tale  astinenza  di  vitto,  che  questa  j)OÌ  contro 
sua  voglia  il  liberasse  da  tutti  i  guai  della  territ. 


Spa  ANNALI   d' ITALIA 

Ad    altra    cagione    vien    da    altri    attribuita    la 
mutazione  da  lui  fatta  della  maniera  di  vivere. 
Mancò  egli  di  vita  nel  dì  29  di  marzo,  lasciando 
dopo  di  sé  fama  di  buon  pontefice  ,  piìi    tosto 
per  non  aver  fatto  del  male ,  che  per  aver  fatto 
del  bene  \  ancorché  negar  non  si  possa  eh'  egli 
proccurasse  la  pace  fra  i    principi ,    e    rinovel- 
lasse il  cojicilio  di  Trento ,  e  pensasse  anche  a 
riformar  la  corte  di  Roma  ,  con  lasciarne  non- 
dipieno  la  cura  a' suoi  successori.  A  ninno  eccesso 
trascorse  egli  v<jrso  de'  suoi  parenti ,  forse  per- 
chè il  tennero  in  briglia    i    jiorporati    d' allora. 
Riportò  solamente  non  poco  disonore  dall'  aver 
promosso  alla  sacra  porpora ,  siccome  dicemmo, 
Innocenzo    del    Monte ,    indegno    affatto    di    sì 
riguardevol  ornamento.  Tanto    il   Segni    che    il 
Panvinio ,  autori  allora  viventi ,  confessano  che 
egli    nomo    da    negozj    quando    era    cardinale , 
fatto  che  fu  papa ,  attese  più  tosto  a  godere  cJio 
a  reggere  il  pontificato  ,    avendo    rilasciala    del 
tutto  al  suo  genio ,  a  i  piaceri  e  a  i  conviti  la 
briglia.  La  principal  sua  applicazione  era  quella 
di  fabbricare  un  giartUno  fuori  di  jiorla  Flami- 
nia ,  o  sia  del  Popolo.  Forse  perchè  avea  letto 
o    udito    parlare    de    gli    orli    mirabili    fatti    da 
Nerone  al    suo    tempo  ,    s'  incapricciò    di    non 
voler  essere  da  nienoj  ed  abbrai^iato    un    silo 
di  tre  miglia  di  paese,  lo  circondò  di  muraglie, 
lo  compartì  in  vaij  ordini   di  collivazione   e  di 
viali,  e  l'ornò  di  parecchi    edifizj    con    logge, 
archi  ,  fonl;inc  ,  stucchi ,  statue  e    colonne  ,    di 
modo  che  il   tulio  prodticcna   non  meno  ammi- 
razione che  diletto.    J'er    (jucsto    gianlino,    che 
divenne  poi    celebre    col    nome    di    l'^igna    dì 


ANxo  ^\m.v  5gi 

papa  Giulio,  pareva  (dice  il  Panviuio)  ch'egli 
impazzisse,  laiilo  vi  era  perduto  dietro;  e  quivi 
stava  sovente  banclieltaiKÌo  ,  lasciando  in  mano 
altrui  il  pubblico  governo.  Mirabil  cosa  fu  il 
vedere  come  in  si  poco  tempo  ,  cioè  nel  di  9 
da,)rilc.  restasse  innalzato  alla  suprema  dignità 
della  Cliiesa ,  contro  l'cspettazione  e  voglia  sua, 
il  cardinal  Marcello  Cervino,  nativo  ili  Monte- 
pulciano :  il  quale  ritenendo  il  [troprio  nome , 
volle  poscia  essere  chiamato  Marcello  li ,  an- 
corché gli  fosse  ricordata  V  opinione  corrente 
allora ,  essere  breve  il  pontificato  di  chi  ri- 
tiene il  proprio  nome ,  confermata  dall'  esem- 
pio di  Adriano  VI.  Doti  luminose  di  pietà  ,  di 
senno  e  di  sapere  in  lui  concorrevano  ;  e  tale 
era  in  lui  T  integrità  de'  costumi ,  il  disinteresse  , 
il  desiderio  e  zelo  per  le  cose  migliori ,  e  la 
mansuetudine  ,  che  certamente  si  poteva  aspet- 
tare da  lui  un  glorioso  pontificato.  Certo  è  al- 
tresì eh'  egli  meditava  seriamente  di  togliere  le 
corruttele  de'  suoi  tempi  5  ne  volle  punto  che  i 
suoi  nipoti  ed  Alessandro  fratello  corressero  ad 
aiutarlo  nel  suo  scabroso  ufizio.  Ma  altri  furono 
i  disegni  di  Dio.  Fu  Marcello  li  chiamato  a 
miglior  viia  nella  notte  precedente  al  primo  di 
maggio ,  in  età  di  soli  cinquantacinque  anni. 
Restò  onorata  la  di  lui  sepoltura  e  memoria 
dalle    lagrime    di  tutti  i  buoni. 

A  questo  mansueto  ed  amabil  pontefice  ,  cor- 
rendo il  dì  23  di  maggio  ,  nel  sacro  conclave 
succedette  un  altro  di  genio  totalmente  oppo- 
sto, cioè  Giovan-Pietro  Caraffa,  di  nobil  fa- 
miglia Napoletano ,  appellato  il  Cardinal  Teati- 
no ,    perchè    era    slitto    vescovo    cU  Cliieti ,  in 

Muratori.  P^ol.  XIV,  38 


5q|  ANNAt^T    d'  ITAUA 

latino    Thrafc.  Pretesero  i  politici  d'allora  che 
egli  dal  cardinal    Farnese  ,  tutto   attaccato  alla 
Francia ,  fosse  portato  al  trono ,  perchè  cono- 
scinto  d'inciinazion  contraria  a  gl'iniperiali,  giac- 
ché in  alTare  sì  santo  ed  importante  fu  creduto 
che  prevale  se  talvolta  in  que' tempi  T  interesse 
privato  al  ben  pubblico  della  Chiesa.  Era  nato 
il  Caraffa  non  già  nel   1 466  ,  come  per  errore 
di  stampa    si    legge    presso  il    Ciacconio ,    ma 
nel   147^  >  come  s' ha  dal  Panvinio  e  dall' 01- 
doino.  Prese  egli  il  nome  di  Paolo  IV  :  perso- 
naggio   che    in    aildietro    s'  era    proocciato    il 
concetto    d'uomo    dottissimo,    zelante    e  pio, 
colla  sonnna  probità  ed  esemplarità  della  vita , 
collo  sprezzo  talvolta  delle  dignità  e  grandezze 
umane  ,  e  con   uno  spirito  di  religiosa  conver- 
sazione ,  per  cui  con  Gaetano  Tiene  nobile  vi- 
centino e  prelato  romano  ,  che  poi  fa  aggregato 
al   molo  de'  Santi  ,  istituì  la  pia  Congregazione 
de'  Cherici  llegolari ,  appellati    Teatini  .  appro- 
vata  nel    iv')28  da  pa|)a    (Clemente   VII.  Pareva 
nondimeno  ad  altri  eh'  egli  sotto  il  manto  del 
•vivere  suo  religioso    conrisse    una  buona  dose 
di  desiderio  d'  onori  ;  né  certamente  egli  avea 
rifiutalo  l'arcivescovato  di  Napoli  ,  e  molto  men 
fece  alla  lotta  per  isfuggire  il  j)()nlificato  su])re- 
nio.  Polca  chiamarsi  la  sua  testa  un  rittalto  in 
picciolo  del  pallio  suo  Vesuvio  ,  perchè  ardente 
in   tutte  le  azioni  sue  ,    iracondo  ,  duro  ed  in- 
ilessibile  ,  jiortato  certamente  da   un  incredibile 
zelo  per  la  religione  ,  ma  zelo  talora    scompa- 
gnato dalla   prmlenza  ,  perciiò  traboccava  in  ec- 
cessi di  rigore  :  «piasi   che  la  i-eligione  di  Cristo 
nou  fosso  la  maestra  della  aiansueludiuo,  u  la 


ANNO    MDI,V  595 

scuola  dell'  amare  e  del  farsi  amare.  Perciò  pre- 
sagirono i  saggi  sotto  .|iiesto  poutefiL-e  uu  go- 
verno aspro  ed  iiisollribile ,  e  si  aspettarono 
varie  calamità  ,  die  pur  troppo  avvennero.  Né 
altro  prediceva  la  fiera  sua  guardatura  con  oc- 
chi incavati ,  ma  scintillanti  ed  accesi ,  per  chi 
s'intendeva  ili  fisonomia.  Stu  liossi  ben  egli  sul 
principio  di  levar  di  testa  alla  gente  la  siiiistia 
opinione  di  lui  ,  con  dar  segni  di  clemenza  e 
liberalità  ,  e  di  concedere  tah  grazie  e  favori 
al  popolo  romano  ,  che  ne  meritò  una  statua 
nel  Campidoglio.  Poco  nondimeno  stette  T  al- 
quanto raftVenato  torrente  a  sboccare  ,  e  a  ve- 
rificar lo  infauste  predizioni  forniate  di  lui. 

Per  tutto  il  verno  continuò  il  blocco  di  Siena 
fatto  dall'  armi  imperiali  sotto  il  coniando  del 
Medichino  marchese  di  Marignano  ;  e  già  co- 
minciava quel  popolo  a  penuriar  di  tutto  il 
bisognevole  pel  vitto  ,  con  anteporre  nondimeno 
1'  amore  della  libertà  a  qualsivoglia  patimento. 
Fu  presa  la  risoluzione  di  scaricar  la  città  non 
solo  delle  bocche  inutili  ,  ina  di  parte  ancora 
della  guarnigione  superllua.  Fu  più  d'una  volta 
tentato  qui;sto  salasso  ,  ed  infelicemente  quasi 
sempre.  1  solitati  che  ne  uscirono  ,  ebbero  a 
comperarsi  il  passaggio  colla  punta  delle  spade, 
e  la  maggior  parte  vi  restò  svenata  o  prigio- 
niera ,  e  le  donne  e  i  fanciulli  costretti  a  rien- 
trare nella  città.  Tale  in  questa  occasione  fu 
la  crudeltà  del  marchese  ,  che  quanti  si  arri- 
schiarono a  portar  vettovaglie  all'  alllitta  patria  , 
tutti  (  e  furono  un  gran  numero  )  li  fece  ap- 
pendere per  la  gola  ;  e  quanti  osarono  d'  uscir 
della  città  ,  0  eh  sua  mano  ,  o  per  mano  altrui 


5q6  AKNAO    D    ITALIA 

gii  uccideva.  Perchè  poi  da  Firenze  venivano 
spesso  lettere  di  fuoco  che  il  sollecitavano  a 
finir  quella  impresa  ,  tentò  egli  Y  uso  delP  arti- 
glieria ;  il  che  nulla  giovò  ,  per  la  gagliarda 
dilesa  e  per  le  molte  precauzioni  prese  da  i 
Fianzesi.  Ma  ciò  che  non  potè  fare  il  canno- 
ne, lo  fece  la  fame  ,  cresciuta  a  tal  segno,  che 
la  povera  gente  era  ridotta  a  tener  per  regalo 
i  (ibi  più  schifi  Pertanto  si  cominciò  a  trattar  di 
capitolare  e  di  rendere  la  città  air  imperadore 
con  patti  onorevoli  pel  presidio  francese.  L'opo 
gran  diliattiniento  ,  fu,  secondo  l'Adriani,  con- 
cliiusa  nel  dì  due  di  aprile  la  capitolazitme ,  ma 
dilferilane  T  esecuzione  per  alquanti  giorni  ,  ne  i 
quali  tentarono  i  Sanesi  inutilmente  le  raccoman- 
diizioni  e  la  mediazione  del  novello  papa  Marcel- 
Io.  Sicché  nel  dì  21  d'esso  mese  uscirono  di 
Siena  i  Franzesi  con  tutti  gli  onori  militari.  Sem- 
bra a  chi  legge  la  Storia  del  Segni,  che  quella  città 
venisse  come  in  balia  di  Cosimo  duca  di  Fi- 
renze. Ma  l'Adriani  e  il  Sardi ,  meglio  infor- 
mali di  queir  all'are,  scrivono,  pattuito  che 
Siena  restasse  libera  (  parola  che  nulla  dipoi 
dov  ea  significare  )  ,  sotlo  la  protezion  dell'  im- 
peiadore  ,  e  co'proprj  magistrati  ,  ma  con  ri- 
cevere e  pagar  la  guarnigione  che  esso  Augusto 
vi  metterebbe,  lìimasero  in  man  de'  Franzesi 
Chiusi  ,  (Irosscto,  Porto  Ercole  e  Monlalcino, 
do\<;  .si  1  itirai  (ino  (jue' Sanesi  a' quali  non  piac- 
que di  slai'  .Sdito  gli  odiati  imperiali  ,  e  con 
quella  fonila  di  governo  che  si  dovea  prescri- 
vere alla  lor  patiìa  dal  medesimo  Cesare.  Fu 
preso  dal  marchese  di  lMaiii.;iiano  a  nome  di 
oua  Maestà  impossesso    di  Siena,    e  posto  i^' 


ANNO  Mm.T  Sq'j 

presidio  di  Tedeschi  e  Spaglinoli.  Colà  tosto 
comparve  tanto  pane  e  grascia ,  che  potè  non 
solo  sfamai  si  tutto  il  popolo  ,  ma  anche  pro\  eder- 
sene  a  buon  mercato  per  l'avvenire.  Quivi  po- 
scia il  duca  Cosimo  rior  ino  il  governo  ,  e  da 
lì  a  non  mollo  arii»ò  don  Francesco  di  Tole- 
do ,  dichiarato  dalTAugusto  signore  per  gover- 
natore d'essa  città.  E  pur  v'  ha  chi  scrive , 
promessa  Siena  al  iluca  Cosimo  ,  allorché  egli 
f{i  per  imprendere  questa  guerra.  Anzi  1'  impe- 
radore  diede  nel  presente  anno  l' investitura  di 
quella  città  al  re  Filip^po  suo  figlio  :  il  che  ad 
esso  duca  oltre  modo  dispiaccjue  ,  per  a\  ere  scr- 
oto V  oro  e  le  genti  sue  a  fare  il  boccone  ad 
altrui  ;  perchè  se  dianzi  temeva  de'  Francesi, 
cominciò  del  pari  a  paventar  de  gli  Spagnuo- 
li ,  vicini  ordinariamente  inquieti  ,  e  gente  non 
mai  sazia  di  acquistare  Stati  e  dominj  Riuscì 
poscia  al  marchese  di  Marignano  di  sottomet- 
tere nel  dì  16  di  giugno  Porto  Ercole  con  al- 
tii  luoghi  :  colpo  che  sconcertò  sommamente 
gli  all'ari  de'  Franzesi  in  Toscana  ,  e  servì  a 
screditar  Piero  Stn^zzi  alla  corte  del  re  Cri- 
stianissimo ,  dalla  quale  con  raro  esempio  avea 
ricevuto  il  titolo  e  bastone  di  maresciallo.  Di 
venlotto  fuorusciti  di  Siena  ,  presi  in  Porto  Er- 
cole ,  i  principali  condotti  a  Firenze  perderono 
la  testa. 

Questo  infelice  successo  ebbero  in  Toscana 
l'armi  franzesi;  ma  piTi  propizia  loro  si  mostrò 
in  quest'anno  la  fortuna  in  Piemonte.  Trova- 
vasi  nel  dì  25  di  febbraio  il  Figlieroa  vicegn- 
\ernator  di  Milano  col  conte  di  Valenza  e  con 
altri  signori  in  Casale  di  Monferrato  ,  attendendo 


5gS  ANNALI  d'italu 

a  darsi  bel  lempo  per  que'  giorni  di  carnevale. 
In  questa  città  il  maresciallo  di  Brisac  teneva 
delle  segrete  corrispondenze,  ed  avea  dato 
ordine  che  si  trovasse  maniera  di  abborraccliiare 
i  Tedeschi  di  quella  guardia  :  nel  che  egli  fu- 
ben  servito.  La  notte  susseguente  al  di  sud- 
detto calò  esso  Brisac  pel  Po  con  buon  numero 
di  fanterie  imbarcate  ,  e  giunto  a  Casale  ,  diede 
la  scalata  e  s'impadronì  d'  una  porta  ,  aiutato, 
per  quanto  fu  creduto  ,  da  circa  trecento  uo- 
mini ,  introdotti  prima  nella  città  con  abito  di 
contadini.  Fuggilo  il  Figberoa  nella  locca  ,  con- 
tro la  quale  furono  tosto  rivolte  le  artiglierie 
tiovate  nella  città  ,  giudicò  meglio  di  abbando- 
narla ,  e  di  fuggirsene  ad  Alessandria.  Per  tale 
acquisto  si  sparse  gran  terrore  nello  Stato  di 
Milano  ,  e  di  qua  prese  motivo  la  corte  ce.sarea 
di  spedire  in  Italia  don  Ferdinando  di  Toledo 
duca  d'Alva  con  auipia  potestà  dì  governare 
nello  stesso  tempo  il  regno  di  Napoli  e  il  du- 
cato di  Milano.  Venne  egli ,  ebbe  linforzi  dalla 
Spagna  e  Germania,  lalmeiite  che  fu  detto  aver 
egli  ammassali  trenta  mila  fanti  e  tre  mila  ca- 
valli j  che  verisiniiluicnte  furono  un  terzo  di 
meno.  Con  tante  forze  nulla  operò  ,  e  ritirato- 
si ,  lasciò  anche  prendere  Volpiano  a  forza  di 
armi  da' Fianzesi  ,  poiché  li  \ide  rinforzati  da 
un  gran  corpo  di  genie  condotla  in  Italia  dal 
duca  d'Viunale.  Fu  richiamato  a  Milano  il  vit- 
torioso Gian-(/iacomo  de'  Medici  marchese  di 
Malignano  ;  ma  ([uivi  oppresso  da  varie  sue 
indisposi/ioni  ,  dierle  fine  al  suo  vivere  nel  di  -j  , 
o  pure  8  (li  no^  cmbre  :  personaggio  di  bassi 
princìpj  j    ma    che    s' era    acquistata    lama    di 


ANNO    Mni.V  5C)^ 

valente  e  scaltro  condottier  d'armi,  e  insieme 
d' uomo  inumano  ,  e  di  gran  cacciatore  ed  ama-> 
tor  della  pecunia.  L'  aver  io  detto  nelle  Anti- 
cliilà  Estensi  che  Cosimo  duca  di  Firenze  gli 
donò  il  cognome  e  T  arme  di  casa  de'  Medici , 
non  sussiste  ,  almeno  per  conto  del  cognome. 
In  guest'  anno  ajicora  diiamarono  i  Franzesi 
nel  mar  di  Toscana  l' armata  turca  ,  coman- 
data da  Pialaga  Bassa  e  da  Dragut ,  che  nella 
Basilicata  abbiuciò  San  Lucido  e  Paula ,  patria 
del  santo  istitutor  de'  Minimi.  Così  ben  premu- 
nito avea  il  duca  Ccisimo  Piondjino ,  1'  Elba 
ed  altri  siti  di  quelle  coste  ,  che  i  Tmchi ,  dopo 
aver  patiti  gravi  danni ,  se  ne  partirono  ,  ed 
uniti  con  trenta  galee  franzesi  veleggiarono  alla 
volta  della  Corsica ,  dove  tuttavia  bolliva  la 
guerra  tra  i  Franzesi  e  Genovesi.  Nulla  di  ri- 
levante fecero  que'  Barbari  ,  fuorciiè  di  condur 
via  quanti  Cristiani  poterono  ghermire  tanto 
in  queir  isola  che  nella  Sardegna. 

Uscì  in  quest'  anno  alla  luce  la  risoluzior^ 
presa  dall'  imperadore  Carlo  V  di  rinunziare  i 
suoi  regni  e  Stati  a  don  Filippo  re  d' Inghil- 
terra suo  figlio.  Cominciò  egli  dallo  spogliarsi 
de'  Paesi  Bassi  e  della  Borgogna  ;  e  fatto  ve- 
nire il  figho  a  Brusselles,  nel  dì  aS  di  ottobre 
alla  presenza  de  gli  Stati  colà  con\ocati,  gliene 
fece  ampia  rinunzia  :  funzione  che  trasse  le  la- 
grime da  quasi  tutti  gli  astanti  ,  al  vedere  co- 
me quel  glorioso  monarca  sì  animosamente  fa- 
cesse vivente  ciò  clie  gli  altri  sì  mal  volentieri 
fanno  morendo.  Gran  dire  fu  per  questo  in 
tutta  l'Europa  ;  chi  lodando  e  chi  biasimando^ 
attribuendo  gli  uni  un'  azione  cotanto  rara  alle 


60O  ANNALI     D*  ITAMA 

sue  cresciute  indisposizioni  della  podagra,  al- 
tri a  vanità ,  o  pure  al  conoscimento  della 
retrograda  fortuna  ,  ovvero  alla  perdita  della 
regina  Giovanna  sua  madre,  accaduta  in  que- 
st'anno, ed  altri  ad  altre  cagioni,  secondocliè 
dettava  loro  il  capriccio  ;  quando,  qualunque 
ne  fosse  il  motivo,  non  si  può  mai  negare  ad 
essa  il  titolo  d'atto  sommamente  eroico,  dap- 
poiché ognun  sa  essere  V  ambizione  e  il  gusto 
di  dominare  Tultiuìa  camicia  de' regnanti.  Al 
governo  di  quegli  Stati  fu  lasciato  dal  re  Fi- 
lippo Emmanuele  Filiberto  ,  saggio  e  valoroso 
duca  di  Savoia.  Ebbero  principio  in  quest'anno 
i  dissapori  di  papa  Paolo  IV  con  esso  impe- 
radore  ,  o  ,  per  dir  meglio  ,  col  suddetto  re 
Filippo.  Che  la  vita  menata  da  questo  ponte- 
fice piia  della  porpora  cardinalizia  e  prima 
del  pontili. :ato  fosse  un'  ipocrisia  ,  l' immagina- 
rono bensì  coloro  die  con  facilità  mirabile  di 
malignila  interpretano  in  male  lutto  il  bene  al- 
trui ;  ma  certis.sima  cosa  è  di'  egli  accompa- 
gnava il  suo  molto  sapere  con  un  sì  regolato 
e  pio  tenore  di  vita,  die  niun  sejipe  mai  oji- 
porgli  altro  die  un  iudiuazione  al  rigore  e  uno 
zelo  straordinario  che  faceva  tremare  i  buoni, 
2IOU  clic  i  cattivi.  Appena  di\(Miulo  papa  ,  co-; 
iiiiuciò  a  sradicarci  le  suuouie  e  gli  abusi  di 
certi  tribunali  ,  mostrandosi  ardente  per  rifor- 
mai- le  corrutlde  della  coite;  ma  si  venne  in- 
sieme a  scoprire,  ^•h^^  avendo  egli  un  gran  ca- 
pitale d'intendimento,  di  dottrina,  di  eloquenza 
e  di  belle  virlù  .  per  cui  polca  fare  un  ottimo 
e  gloiioso  |)ouli(!c<'il(>,  non  se  ne  s(>ppe  servire, 
e  cadde  in  tali  difelli  die  ecli.ssarono  non  poco 
la  lama  del  sacro  suo  ministero. 


ANNO    MDI.V  fot 

Giunto  papa  Paolo  a  non  aver    superiori  in 
terra  ,  ripigliò  il  suo  feioce  animo  ,    e    mostrò 
di   non    avere    abbastanza    mrditafe    le    parole 
dell'  Apostolo ,    che  vuole    il  vescovo  non  su- 
pcrbum,  non  iracundum;  ed  iu  vece  di  amare 
e  proccurar  la  pace  (  cbe  questo    spezialmente 
appartiene  a  i  vicarj    di    Ge-ù    Cristo  ) .    andò 
miseramente    ad   ingolfarsi    in    una    biasimevoi 
guerra.    Ma    ciò    cbe    particolarmente    levò    di 
tuono  questo  pontefice  ,  fu  il  troppo  amore  del 
nepotismo.    Tre  nipoti  avea ,    figli  di   Gian-Al- 
fonso Caraffa  conte  di  Montorio ,   suo    fratello. 
Pochi  giorni  dopo  l' assunzione  sua    creò    car- 
dinale Carlo  ,    mio  d'  essi ,  cavaliere  di  Malta  , 
nomo  di  cervello  torbido  ,  fatto  più  per  la  mi- 
lizia secolare,  da  lui  esercitata  fin  qui,  che  per 
r  ecclesiastica.  Un  altro  era  Giovanni  conte  di 
Montorio  ,  a  cui  si  \oleva  fabbricare  una   ma- 
gnifica fortuna  ;  e  presto  se  ne  presentò,    non 
so  se  giusta  o  ingiusti! ,  roccasione.  Avea  Ales- 
sandro Sforza  cherico  di  camera  avuta  maniera 
di   trarre  da  Civita  Vecchia  due    o    tre    galee  ^ 
già  tolte    da' Franzesi    a  Carlo  suo    fratello,    e 
condottele  a  Gaeta.  Per  tale  insolenza  s'  alterò 
forte  il  papa;  e  credendo  complice  di  tutto  il 
cardinal   Guido    Ascanio    Sforza    loro    fratello , 
fieramente  il  minacciò  ,    e    mise  prigione   il  di 
lui  segretario.  Per  questa  novità  fiuono  veduti 
alcuni  baroni  romani  trattar    segretamente  con 
esso  cardinale,    con    Marc' Antonio  Colonna    e 
co'  ministri  cesarei.  Non  vi  volle  di  più  perchè 
il  pontefice ,  figurandosi  dirette  quelle   combri- 
cole  contra  di  lui  .   facesse  mettere  in  piigiou 


esso    cardinale    Sforza,    Camillo    Colonna    ed 


6o2  ANNALI    il' ITALIA 

altri  ;  poicliè  quanto  a  Marc'  Antonio  ,  questi  sÌl 
ritirò  in  salvo  a  Napoli.  Passò  lo  sdegnato  papa 
a  far  citare  lui  ed  Asoanio  Colonna  suo  padre 
che  era  detenuto  prigione  in  Naj)oli  ;  ed  essi 
non  comparendo,  li  scomunicò,  e  pri\ò  d'o- 
gni dis;nità  e  di  quante  terre  e  castella  posse- 
deano  ne  gli  Stati  della  Chiesa  (erano  circa 
cento),  con  investirne  tosto  il  suddetto  Giovanni 
suo  nipote ,  e  dichiatarlo  duca  di  Palliano  e 
capitan  generale  della  Chiesa  Per  provvedere 
anche  Antonio  Caiatla  ,  ter/.o  suo  nipote ,  il 
creò  maichcse  di  Montebello  e  d' altre  terre 
nel  Montefeltro,  avendo  trovate  ragioni  o  pre- 
testi per  ispogliarne  Gian-Francesco  da  Bagno 
de' conti  Guidi. 

Ancorché  dipoi  fossero  restituite  le  galee , 
cagione  di  tai  disturbi  .  pure  continuò  più  che 
niai  la  disposiziono  alla  rottura  ;  perchè  go- 
dendo i  Colonnesi  la  protezion  de  i  re  di  Spa- 
gna ,  e  veggcndosi  cosi  maltratatli  dal  papa , 
si  misero  in  armi.  Accorsero  anche  gli  Spa- 
gnuoli  a  i  confini  dello  Stalo  E<  clesiastico  ,  e 
il  papa  anch'  egli  ordinò  al  duca  d'  Urbino  di 
portarsi  con  alcune  migliaia  dì  fanti  a  quei 
medesimi  confini.  Che  sconcerti ,  che  prigionie 
succedessero  in  Rom.i  in  tal  congiuntura,  lungo 
sarebbe  il  riferirlo.  Si  trattò  dì  pai-e  :  ma  o 
sia ,  come  alcimi  vogliono  ,  che  il  papa  anche 
cardinale  sospirisse  di  cacciar  dal  regno  di 
Napoli  gli  Spagnuoli ,  per  aggravj  da  lor  fatti 
alla  slia  casa  e  a  sé  medesimo  col  negargli  le 
rendite  dell'  aici\ escovalo  di  Napoli  ",  o  pure 
che  il  caidinal  nipote  l'allizzasse  con  isperaiiza 
di    pescare  Stati    nella   vantata    doprcssioti    de 


ANNNO    Mm.V  (ìo3 

gli  Spagnuoli  :  certo  è  die  papa  Paolo  IV  non 
ebbe  mai  vera  voglia  di  pacHìcarsi.  E  in  questa 
risoluzione  si  fissava  egli  ,  peioliè  già  andava 
Pianeggiando  una  lega  con  Arrigo  II  re  d:  Fran- 
cia ,  e  in  fatti  la  conchiuse  prima  che  termi- 
nasse quest'  anno.  Era  anche  dietro  a  tiiare  ili 
essa  lega  Ercole  II  duca  di  Ferrara ,  lusingan- 
dosi forse  colle  lor  forze  e  con  sognata  solle- 
vazioni de'  pojioli  napoletani  d'  aver  in  pugno 
quel  regno.  Ora  fra  le  molle  azioni  degne  di 
lode  in  questo  pontefice  ,  non  si  può  già  con- 
lare eh'  egli  ,  in  tempo  che  si  trattava  seria- 
mente di  pace  fra  i  re  di  Francia  e  di  Spa- 
gna, si  studiasse  di  maggiormente  accendere  la 
guerra  fra  essi  ;  e  ciò  per  odj  ed  interessi  pri- 
vati ;  il  che  gli  riuscì  con  tanfo  danno  de  i 
sudditi  suoi  ed  altrui.  Certamente  altro  ci  vuole 
che  eloquenza  ,  altro  die  ingegnose  riflessioni 
per  iscusarlo  o  giustificarlo  in  questo.  Di  gravi 
mormorazioni  ancora  cag'onò  nell'anno  seguente 
1'  aver  esso  pontefice  tolta  la  dignità  di  legato 
al  cardinale  Reginaldo  Polo  ,  arcivescovo  di 
Cantnrberì  ,  lume  chiaiissimo  del  sacio  colle- 
gio ,  e  sì  benemerito  della  Chiesa  di  Dio  negli 
affari  dell'  Inghilterra  5  come  apparisce  dalle 
Opere  di  lui,  che  ora  illustrale  abbiamo  dal- 
l' Eminenlissimo  cardinale  Qiieriiii  vescovo  di 
Brescia.  Anche  jM'ima  del  pontificalo  non  avea 
Paolo  quel  grand'  uomo  nel  suo  libro  ,  lenen- 
dolo per  amico  de'  Protestanti ,  o  almeno  non 
assai  nemico  ,  come  egli  desiderava.  I  sospetti 
soli  in  mente  d'  noni  sì  focoso  divenivano  pre- 
sto enormi  reali  ,  e  si  correva  alle  prigionie  o 
al  gastigo.    E  ne    fecero    la    pruova    ne'  tempi 


6o\  ANNALI    n'  ITALIA 

susseguenti  anche  il  cardinale  Giovanni  More- 
ne, uno  de' più  dotti  ed  insigni  personaggi  del 
sacro  collegio,  e  Tommaso  San  Felice  vescovo 
della  Cava ,  ed  Egidio  Foscherari  vescovo  di 
Modena,  ch'era  de' più  accreditati  teologi  del- 
l' età  sua.  Furono  essi  cacciati  in  Castello 
Sant'  Agnolo  ,  dove  stettero  penando  per  due 
anni  sino  alla  morte  del  papa,  non  per  altro, 
se  non  per  vaij  sospetti  della  lor  dottiina ,  di 
cui  diedero  essi  dipoi  un  saggio  sì  luminoso 
nel  concilio  di  Trento.  Se  noi  desiderassimo 
di  non  vedere  mai  piiì  nella  sedia  di  san  Pie-, 
tro  pontefici  di  simil  tempra ,  si  dimanda  ,  se 
fosse  irragionevole  o  almen  tollerahile  un  sì 
fatto  desiderio. 

Alino  di  Cristo   i556.  Indizione  XIV. 
di  Paolo  W  papa  ■?.. 
di  Carlo  V  inipevadoì-e  38. 

Già  fitto  era  il  chiodo  :  l' imperador  Carlo  I 
avea  risoluto  ili  dare  un  calcio  al  mondo  ,  per 
ritirarsi  a  goder  tr;iiif['iill;iin('nte  rpie'  pochi 
giorni  di  viti»  ohe  Dio  voli-a  lasciargli  ,  e  po- 
chi appuuio  gii(Mii-  piometteva  la  troppo  af- 
flitta sua  sanila  (i).  Sola  iioule  il  riteneva  il 
dover  lasciare  il  re  Filippo  suo  figlio  giovane 
fra  i  lumidli  e  |)''ricoli  della  guerra,  che  viva 
tiiltavin  si  iiMMieucva  c'o'  Fianzesi.  Tanto  pei'- 
ciò  s'alfilicaioiio  i  mediatori,  che  nel  dì  fidi 
feijhraio  si  conchiiise,  per  opera  spezialmente 
del  cardinal    Polo,   ima     tregua  di  cinque  anni 

(i)  Bclcaire.  Manenti.  Campana.  Siirio    ed  altri. 


ANNO    MDl.VI  6o5 

fra  esso  impcrailon'  e  il  figlio  da  una  parte  , 
ed  Ani;^o  11  re  di  Francia  dall  altra  :  conche 
i  contraenti  ritenessero  pacificamente  tutto  quel 
clie  reslava  in  mano  loro  sì  nel  Piemonte  , 
come  nella  Toscana.  L<'gf;esi  lo  s'rumento  d'essa 
tregua  presso  il  Du-Mont  (i)  e  presso  altri 
autori,  i  quali  giudicarono  appartenere  tal  atto 
al  i  bbraio  dell  anno  preccdtnte  i555,  senza 
badare  che  il  i555  della  data  dovette  essere 
secondo  lamio  fiorentino  e  veneto  ,  terminante 
nel  di  23  di  marzo  dell'anno  presente.  Certo 
che  tal  atto  s'  ha  da  rift  rire  a  quest'  anno  , 
dappoiché  si  sa  che  per  tutto  Y  anno  prece- 
dente durò  la  guerra  ha  que' potentati  ;  e  il 
Belcaire,  il  Sardi,  l'Adriani,  il  Manenti  e  il 
Surio,  autori  contemporanei ,  e  l'Angeli ,  Wam- 
brino  Roseo  ,  lo  Sponda  no  ed  altri  ci  assicu- 
rano della  conchiusion  d'  essa  tregua  nel  feb- 
braio di  quest'anno.  Alloia  fu  che  l'Augusto 
Carlo  passò  all'esecuzione  del  suo  memorabil 
disegno;  perciocché  nel  di  6  del  mese  suddetto 
assiso  in  trono  col  re  Filippo  figlio  alla  de- 
stra, perché  re  d'  Inghilterra  ,  e  alla  presenza 
delle  due  vedove  sue  sorelle,  cioè  di  Leonora 
già  regina  di  Francia,  e  di  Maria  già  regina 
d'Ungiu-ria,  del  duca  di  Savoia,  dichiaralo 
governatore  de'  Paesi  Bassi ,  e  d' infinita  no- 
biltà, léce  un'ampia  rinunzia  di  tulli  i  suoi 
regni  al  figlio,  tanto  del  vecchio  che  del  nuo\o 
mondo.  Non  gli  restò  se  non  d  titolo  Cesareo 
e  l'amrainistrazion  dell  inqierio  ;  ma  giunto  al 


(i)  Du-Mout    Corps.  Diplomai, 


6o6  Annali  d*  itaua 

settembre  ,  pensò  ancora  di  deporre  questo  pe- 
so, e  però  inviò  Io  scettro  e  la  corona  impe- 
riale a  Ferdinando  I  re  de' Romani,  d'Unghe- 
ria e  Boemi»,  suo  fratello,  a  lui  rinunziando 
ogni  suo  diritto  ,  con  pregar  nello  stesso  tempo 
gli  elettori  di  approvar  cpiesta  sua  cessione. 
Non  l'approvò  già  papa  Paolo  IV,  con  pre- 
tenlere  ciie  senza  sua  espressa  licenza  non  si 
potesse  ven're  alia  rinunzia  di  sì  gran  dignità  ; 
e  sì  forti  lettere  ne  scrisse  a  gli  elettori  ,  che 
solamente  poi  nel  i5  i8  fu  esso  Ferdinando 
riconosciuto  e  proclamito  da  tutti  iinperadore. 
Questa  durezza  del  papa  fu  attribuita  al  mal 
animo  suo  verso  la  casa  d"  Austria,  laddove 
altri  la  chiamavano  un  giusto  zelo  per  soste- 
nere r  antica  autorità  de  i  romani  jwntelici 
iieir  elezion  de  gli  Augusti.  Ma  se  Carlo  Au- 
gusto non  volea  più  rpella  dignità  ,  avea  senza 
fallo  essa  a  cadere  in  chi  era  re  de'  Romani, 
e  la  morte  civile  di  lui  in  tal  caso  operava 
ciò  che  la  naturale.  Pertanto  verso  il  line  di 
settembre  il  magnanimo  Carlo,  non  più  re, 
non  più  imperadore ,  accompagnato  dalle  so- 
relle, passò  per  mare  in  Ispagna  ,  dove  tosto 
cominciò  a  conoscere  il  presente  suo  stato  pel 
poco  concorso  de' gran  li  ad  ossi'(|uiarlo,  e  per 
la  difiiiiullà  di  riscuotere  la  prnsione  di  cento 
mila  scudi  ch'egli  s'era  riserbata.  Poscia  nei 
dì  af  di  febbraio  dell'anno  .seguente,  giorno 
suo  natalizio  e  propizio  ,  entrò  nel  monistcro 
di  San  Giusto  de'  monaci  di  .san  (Girolamo  , 
posto  ne'  conlini  della  Castiglia  e  del  Porto- 
gallo, non  linigi  da  P  acen/a  ,  luogo  dclizio.so 
da  lui    fabbricalo  e  scelto  {^rau  tempo  prnua, 


ANNO    MPLVI  607 

con  dar  V  nUiino  adlio  alle  umane  grandez'e, 
a  line  di  meditar  I  altre  vere  ed  incompara- 
bilmente maggiori  che  Dio  fa  sperare  nell'allra 
vita  a  i  .-uoi  servi.  \l  suoseivigio  non  ritenne 
se  non  dodici  persone  ,  impiegando  poscia  il 
tempo  in  orazioni  ,  limosiue  ed  altre  opere  di 
pietà. 

Per  la  tregua   suddetta  gran  festa  si  fece  da 
i    popoli  crisi iani,  ligurandosi  ognuno  <li  dover 
da   li  innanzi   respirare  da   i  tanti  passali  guai  ; 
ma  cosi  noti    1'  intendeva  il    papa  ,   o ,  per  dir 
meglio  ,  i  si:oi  nipoti  ,  \ogliosi  troppo  di  rom- 
perla con   gli  od'.ati    Spaguuoli.     Secondo  ì  an- 
nalista   poiililizio   Rinaldi  ,  nel  dì    19  di  aprile 
espose  il   pontefice  la  risoluzion  siia  di  spedire 
due    cardinali     legati  ,  1  uno    a    Kilippo   re  di 
Spagna  e  d'  Ingliilterra  ,  e  1'  altro  ad   Arrigo  II 
re  di   Francia,  per  trattar  di  pace.  Che  i)uesto 
fosse   iiu   burlarsi  del     sacro  collegio  ,  i   fatti   lo 
dimostrarono.    Imperciocché    oltre  alV  aversi    il 
papa  avuto  per  male  che  senza  di  lui  si  fosse 
conclnu-»a  quella    tregua  ,   il    cardinal    Cai  afa  , 
invialo    in    Francia,    altro    non    operò    che   di 
spargere,  in     vece  d" acqua,    olio    sul    fuoco, 
incitando  quella  corte  alla   guerra,   ad  assistere 
al  papa  contro  il    regno  di   Napoli ,  con   fai  ne 
credere  facile  l'acquisto  per  la  <;orona  di  Fran- 
cia. Né  poco  servi  a  maggiormente  aiterar  la- 
nimo  del   poiitelice     il     pailar   allo  de' mini.^lri 
spagnuoli  ,  e   1'  avere  fra    1'  altre    cose  il    mar- 
chese di  Sarria  ambasciatore  del  re  di  Spagna 
forzata    un     giorno     una     porta    di     Roma    [xt 
uscirne  sen«a  licenza    de'  dominanti  Caryfi.  il 
perchè  uel    dì  27    di    luglio  il    papa ,  siccome 


6(l8  ANNAT.I    d'  ITALIA. 

avvisato  delle  disposizioni  del  re  Cristianissimo 
in  suo  f  .vore  ,  cominciò  gli  atti  giudiciali  con- 
tra  dil  re  di  S|)iigna ,  per  dichiararlo  decaduto 
dal  regno  di  Napoli,  o  sia  per  censi  non  pa- 
gati ,  o  sia  per  insulti  già  falli,  o  vicini  a  l'arsi 
conlra  dello  St.ito  Ponlifizio  dal  duca  d'Ala, 
il  qude  era  passato  a  Napoli  per  camion  di 
questi  rumori ,  con  aver  lascialo  al  governo  di 
IMilauo  il  cardinal  di  Trento  Madrucci ,  il  gio- 
vane marchese  di  Pescara  e  (iiam-B.itista  Ca- 
staldo ,  che  andarono  poi  poco  d'  accordo.  Non 
erano  ignoti  al  re  Filippo  i  mane-gi  tiel  pon- 
tefice in  Francia  ,  e  tanto  più  perchè  il  le^jato 
destinato  per  Ini  era  anch'  egli  passato  a  Pa- 
rigi; e  già  chiaraminle  ognuno  scorgeva  la  dis- 
posizion  de'  Caralli  a  non  voler  pace  ,  ma 
guerra.  Che  con  doppiezza  canmiinasse  la  se- 
greteria pontilizia  in  questi  negoziali ,  inostiaiido 
in  pubblico  brame  di  pace,  e  tulio  il  contra- 
rio nelle  cifre  secret'- ,  bastantemente  1'  ac- 
cenna il  celebre  cardinal  Pallavicino  (i).  Per 
queste  cagioni  il  re  Filippo  non  perde  tempo 
ad  assicurarsi  con  delle  promesse  e  con  de  i 
benefìzj  di  Cosimo  duca  ili  Firenze  ,  e  di  Ot- 
tavio Farnese  duca  di  Parma.  In  li«tti  nel  dì  i5 
di  settembre  rilasciò  esso  monarca  al  duca  di 
Parma  la  città  e  il  distretto  di  Piacenza,  ri- 
tenendo in  sua  mano  la  cittadella;  e  (pieslo 
senza  pregiudizio  delle  ragioni  cesaree  .sopra 
quella  città  e  sopra  il  Piiiniigiano.  Restituì  an- 
che a  lui  la  citta  di  Novara  ,  ma  non  il  ca- 
stello ,  e  al  cardinal  Farnoe  le  rendite  del- 
l' arcivescovato    di     Monreale    in     Sicilia.     Lo 

(i)  Pallavicino ,  Storia  del  CouciUo  di  Trento. 


ANNO  Mw.vi  Gor) 

strumenle  di  tal  cessioni'  fu  pul)blicato  nel  1727 
dal  senatore  Cola  (i),  ed  insieme  la  conveii- 
zion  segreta ,  per  cui  si  dicliiarava  che  il  re 
concedeva  in  feudo  essa  Piacenza  e  parte  del 
territorio  di  Parma  al  duca,  con  altre  parti- 
colarità ed  atti  che  quivi  si  possono  leggere. 
Avendo  perciò  il  duca  Ottavio  ahhaiidoriato  il 
partito  Iranzcse  ,  ed  abbracciato  lo  spa^uuolo, 
dal  re  di  Francia  fu  chiamato  il  più  ingrato 
uomo  del  mondo.  Peggio  bea  fece  il  paj>a , 
clie  fulminò  contra  di  lui  fieri  monilorj ,  e 
tentò  anche  di  torgli  Castro ,  ma  non  potè. 

ìMandò  poscia  il  re  Cattolico  ordine  al  duci 
d'  Alva  di  proccurare  ,  se  mai  potea  ,  d' indurre  / 
coUe  buone  il  pontefice  Paolo  alla  pacej  e  se  / 
no,  di  fargli  guerra.  Tentò  imlarno  il  viceré 
di  ammansare  1'  inferocito  papa ,  da  cui  anche 
fu  incarcerato  Pietro  Loibedo.  ,  mandato  a 
lui  })er  trattare  d'accoixlo;  e  però  die  di  pi- 
glio all'  armi  ,  acciocché  si  ottenesse  col  terrore 
ciò  che  non  si  potea  in  miglior  forma  conse- 
guire. A  ciò  ancora  fu  consigliato  dal  riflesso 
di  prevenir  gli  aiuti  che  altronde  potesse  il 
papa  appettare,  oltre  al  vantaggio  di  far  la 
guerra  più  tosto  in  casa  altrui  die  nella  pro- 
pria. Kauiialo  dunque  a  San  Germano  T eser- 
cito suo  composto  di  quattro  mila  Spaglinoli 
veterani ,  tli  ottomila  Italiani,  di  trecento  uo- 
mini d'arme  e  di  mille  e  ducealo  cavalli  (  al- 
tri scrivono  meno},  nel  princijìio  di  sell'.'in- 
bre  entrò    nello    Stato    Ecclesiastico  ,  ed  ebbe 

(i)  Cola  ,  Apologin  de  i  Diritti  Imperiali  su  Panna , 
e  Piacenza. 

MijiuroRi.  ^un.  FoL  XlF.  Zq 


6lO  ANNALI    d'  ITALIA 

Usto  Poiifecorvo,  Prosinone  ,  Veioli  ,  Alatri  ; 
Pipeiiio  ,  Terracina  ed  altri  luoghi ,  prenden- 
done il  possesso  a  nome  non  ^ià  ilei  suo  re , 
ma  del  papa  futuro  e  del  sacro  collegio.  Erano 
in  Anagni  ottocento  fanti  di  guarnigione;  ap- 
pena cominciarono  a  mirar  lo  squarcio  che  i'a- 
ceano  le  artiglierie  spagnuole  utile  mura  ,  clie 
la  notte  del  dì  i5  di  settembre  si  ritirarono^ 
per  le  montagne  a  Palliano  ,  Tivoli  e  Roma. 
Presa  nel  dì  segui nte  l'abbandonala  città,  fu 
messa  a  sacco.  Così  Valniontone,  Palestrina  e 
Segna  \  olcntariaraenle  si  arn  nderono.  Intanto 
Marc'Aiilonio  Colonna  con  ottocento  cavalli  fa- 
ceva scorrerie  sino  alle  porte  di  Koma,  città, 
per  la  cui  difesa  avea  Camillo  Orsino  già  fatti 
molti  lipari  di  bastioni,  spianate  td  altre  for- 
tificazioni; e  il  duca  d  Urbino ,  benché  non 
più  generale  della  Chiesa  ,  avea  spedito  Aure- 
lio Frego;io  con  mille  e  cint|uecenlo  fanti,  e 
s'erano  armati  sei  mila  Romani  sotto  Alessan- 
dro Colonna  ,  oltre  all'avere  il  senato  foimala 
una  compagnia  di  cento  venti  nobili  per  guar- 
dia della  peisona  del  papa.  Colà  ancora  giun- 
sero due  mila  Guasconi  inviati  dal  re  di  Fran- 
cia. Poscia  i  cittadini  di  Tivoli ,  non  auìantlo 
d'  essere  assediali,  si  diedero  al  viceré,  in  cui 
potere  ancora  vennero  \icovaro,  Nettuno,  Ma- 
rino ed  altri  luoghi.  Dopo  tali  aci|uisti,  sopra- 
giunle  le  pioggie  autunnali  ,  diede  il  duca 
d'Aha  alquanto  di  ripo.so  alle  ailàlicale  mili- 
zie ,  per  ruiONare  in  questo  iemjio  le  pralichu 
della  pace.  Ma  il  j)apa  ne  pur  vtilea  scnlirsino 
parlare  ,  se  prima  non  erano  restituiti  i  luo- 
j;hi  presi  :  e  quanti  cardinali  s'inlerpo.sero  con 


ANNO    MDT.VI  61  I 

buone  nniiiero  per  1  ut^li  ^uslltl•e  il  dolce  della 
concordij.  rimunero  delusi  nelle  loro  speranze; 
perchè  se  un  proi^elto  pioj)Osto  piaceva  in 
un'ora,  troppo  tla  li  a  poco  dispiaceva.  Prese 
dunque  il  viceré  la  risoluzion  di  passare  al- 
l' assedio  di  Ostia  ,  o  ,  per  dir  meglio  ,  della 
rocca  d'  Ostia  ,  puicliè  per  conto  di  quella  pic- 
Liola  città,  alberilo  di  soli  pescatori,  non  po- 
tea  essa  fare  dilisa.  Era  quella  rocca  e  castello 
una  buona  rort(  zza  con  soda  muraglia,  b.istioni 
e  tei  ra pieni  ,  fiancheggiala  da  due  torri  a  tra- 
montana e  a  Diezzogiorno.  Entro  v'  era  Orazio 
dello  Sbirro  ,  valoroso  giovane  romano  ,  che 
con  poco  più  di  cento  lauti  animosi  tal  resi- 
stenza fece ,  che  ripulsati  più  volle  gli  assalti 
de'nemici  con  grave  lor  d;»nno ,  fu  vicino  a  far 
ritirare  il  viceré  con  confusione  e  vergogna. 
Pure  essa  rocca  Ima! mente  si  rendè  :  il  che 
servì  poscia  ad  impedire  il  passaggio  delle  vet- 
tovaglie a  Roma,  non  senzc.  ^  e  danno  e  la- 
mento del  popolo  romano ,  il  quale  per  la  fame 
e  per  gli  aggravj  o  accresciuti  o  inventati  di  nuovo 
dal  pontefice  per  far  danari,  che  asprissima- 
mente si  esigevano,  e  per  gì'  immensi  damii 
recali  a  i  lor  beni  in  tanti  luoghi  ,  mormora- 
rano  forte  ,  ma  a  mezza  bocca ,  di  qiicsLi 
guerra. 

Per  quanto  poi  si  studiasse  il  duca  d'Ai  va, 
dopo  aver  messe  a'  quartieri  d'  inverno  le  sue 
truppe,  di  ridurre  il  pontefice  a  qualche  one- 
sto accordo ,  inlerponendovisi  anche  i  ministri 
della  repubblica  veneta,  e  si  abboccasse  per 
questo  eziandio  col  cardinal  Caratla  (  poiché 
questa   guerra    Citta    era    appmito ,    a    uihr  jli 


6  I  3  ANNALI   d'  ITALIA 

Spagnuoli  ,  per  ottener  la  pace ,  e  per  questa 
speranza  esso  viceré  non  a\eva  angustiata  niag- 
gionnente  Roma,  come  avrebbe  potuto),  il 
trovò  sempre  piìi  cocciuto  e  più  saldo  d'  una 
torre  nel  suo  proponinienlo  di  guerra.  E  ciò 
perchè  sedotto  dall'  una  parte  da  i  nipoti ,  ed 
animato  dall'  altra  da  i  cardinali  iian/esi  di 
Tornone  e  di  Lorena ,  plrnij)otenziarj  del  re 
Arrigo  ,  per  mezzo  de'  quali  i'u  concbiiisa  una 
lega  nel  dì  \^  di  setlenibre  (  se  ])ur  non  fu 
in  altro  tempo  ) ,  in  cui  s'  obbligò  il  re  di  di- 
fendere con  mano  forte  il  papa.  11  Campana  e 
il  Sununonle  nella  Storia  di  Napoli  rapportano 
i  capitoli  di  essa  alleanza.  Stentò  il  re  non 
poco  a  prendere  questo  impegno  j  per  varie 
ragioni  ,  e  massimamente  perchè  troppo  re- 
cente era  la  tregua  col  re  di  Spagna.  Ma  il 
papa  gU  levò  di  cuore  gli  scrupoli  con  assol- 
verlo dal  giuramento  :  laonde  il  re  Arrigo  j  dopo 
aver  latto  senza  alcun  profitto  piegare  il  re 
Filippo  di  desistere  dalle  oll'ese  del  papa  ,  la 
cui  oppressione  egli  non  })olea  sollerire,  diede 
ordine  che  il  duca  di  (juisa  si  allestisse  per 
passare  il  più  presto  possibile  in  Italia  con 
un'  armata  in  soccorso  del  pontefice.  Tante 
jiregbiere  ancora ,  piomesse  e  niinaicie  ad(.nc- 
larono  il  papa  e  i  Franzesi  con  l'jcole  11  duca 
di  Ferrara ,  prctcndentlolo  obbligalo  a  ciileii- 
deie  il  papa  in  quello  stato  di  cose,  eh' egli  ai 
lasciò  a>'\ilnppare  in  ((ucsta  liga  col  beli' onore 
di  dover  egli  prendere  il  titolo  di  Capitan  ge- 
nerale ,  ed  avere  il  comando  di  tutta  l'amiatu 
gall((-poulilizia.  l'ii  ;nirli('  giiciia  in  quest'anno 
a  i  confini    delia    Maica    coli"  Abbi  uzzo ,    dove 


s' era  pr)rta!o  don  Antonio  CiiiafTa  marchese 
di  Montf'beilo  eoa  alcinie  fanterie  per  assicu- 
rar la  cittì»  d'  Ascoli.  Don  Fiancesco  di  Lof- 
fredo j2;overnal()re  di  esso  Ahljruzzo  Tece  una 
scorreria  sullo  Stalo  Ecclesiastico  sino  ad  Acqua- 
viva  ;  e  all'  incontro  don  Antonio  prese  Con» 
tragiirrra  ,  ma  fn  hcn  presto  foizato  a  ritirarsi 
ad  Ascoli  ,  perchè  il  Loffredo  ingrossato  s'  era 
mosso  coli'  artiglieria ,  minacciando  fin  la  stessa 
città  d'Ascoli,  [ntanto  segni  fia  i\  dncad'Alva 
e  il  cardinal  Caraffa  ,  crednto  da  molti  sium- 
latamente  desideroso  di  concordia ,  una  tregua, 
di  quaranta  giorni  ,  colla  libertà  del  commer- 
cio per  quel  tenijio  ;  e  questa  affinchè  si  po- 
tessero comunicare  al  re  di  Spagna  i  progetti 
di  pace  dati  per  parte  del  papa,  o  sia  del 
cardinale.  Il  principale  articolo  era,  che  si  re- 
stituissero a  i  Colonnesi  le  lor  terre  e  castel- 
la, e  che  per  reintegrare  don  Giovanni  Ca- 
l'affa  della  jierdita  di  quegli  Stati  ,  gli  si  desse 
la  città  di  Siena  colle  sue  dipendenze:  cambio 
e  boccone  che  veramente  sareb])e  riuscito  as- 
sai saporito  al  pontifizio  nipote.  Quando  fosse 
vera  la  proposta  di  esso  cambio  (  e  per  vera 
in  fatti  vien  essa  creduta  ila  gli  storici  ,  e  as- 
serita fin  dallo  stesso  Rinalli  ),  (juesto  era  un 
far  intendere  anche  a  i  meno  accorti  che  la 
guerra  non  era  per  altro  fiuta  e  manteiìuta  dal 
papa  che  p<!r  1'  ingiandim  nto  della  propria  casa. 
Fu  biasimato  per  la  tregua  suddetta  il  cardi- 
nal Caraffa  ,  chiamato  dal  vescovo  Belcaire 
uomo  torbido  e  stolido ,  perchè  lasciò  spalan- 
cata la  porta  al  duca  d'  .\lva ,  ritirato  a  Napoli  , 
di    provveder    di     vellovaglie    e    munizioni    i 


6l4  ANNATA     d'iTAUA 

luoghi  conquistati  :  il  che ,  durante  il  verno , 
non  gli  sarebbe  riuscito  se  fossero  continuate  le 
ostilità.  Ma  tornava  in  prò  del  cardinale  questo 
ripiego ,  perchè  dava  tempo  al  duca  ili  Guisa 
e  .ili'  esercito  franzese  di  penetrare  in  Italia  , 
ed  egli  intanto  sperava  di  tirar  altri  principi 
nella  lega  pontifizia.  Venne  a  morte  in  quc- 
st'  anno  nel  dì  2  di  giugno  Francesco  Vc- 
iiiero  doge  di  Venezia,  che  nel  di  i4  d'esso 
mese  ebbe  per  successore  in  quella  dignità 
Lorenzo  Friuli. 

Annodi  Giusto    iSj'J.   Indizione  XV. 
di  Paolo  l^    papa   ':>. 
di  CAr.T-o  V  imperadore  3(). 

Aveano  nel!'  anno  addietro  tanto  il  re  di 
Francia  per  mezzo  del  cardinal  di  Lorena  , 
quanto  il  papa  colla  spedizione  di  Gian-Fran- 
cesco Connnendone  tentato  d' indurre  la  re- 
pubblica veneta  a  collegarsi  con  loro  conti  a 
de  gii  Spagnuoli.  Dalla  parte  ancora  di  Filippo 
re  di  Spagna  una  pari  istanza  aveano  fatto 
Francesco  Vargas  e  Marino  Alonso.  Allie  nr* 
fece  ancora  il  duca  d' Alva.  Da  caihuui  d'  essi 
quel  saggio  senato  s'  era  sbrigalo  con  gravi 
risposte,  contenenti  spezialmente  verso  il  sommo 
pontefice  de''  sentimenti  filiali  ,  ma  in  sosUmzu 
ripugnanti  a  prendere  i;uj)egno  veruno.  Abhiaui 
già  veduto  Ottavio  Farnese  duca  di  Parma  e 
Piacenza  attaccalo  a  gli  Spagnuoli.  Gosimo  duca 
di  Firenze  ,  principe  di  sonnna  prudenza  e  di 
cauta  pol'lica ,  se  ne  sta^a  neuliale,  conser- 
yaudu  buona  armonia  e  conitdcii;2(i    col   papa , 


ANSO  MnI.v^I  Qlj 

ma  senza  voler  punto  entrar  nelle  sue  gare. 
E  né  pur  Ci^li  lasciava  di  esortarlo  alla  pace; 
lei  qual  lp;nj)o  si  dava  a  conoscere  il  pia 
mito  a  gì'  interessi  del  re  di  Spagna  ,  per  la 
.«neranza  di  cavargli  di  mano  Siena .  siccome 
ri;i  venne  fatto  in  (juest"  ajìno.  Ora  il  cardinal 
t^irlo  Carafla  .  che  assai  presumeva  della  sua 
miestà  ed  abilità  .  si  figniò  Tacile  il  poter  gua- 
dafiiaro  il  senato  veneto ,  se  in  ])eTsona  si 
poitava  a  Venezia.  Vi  andò  verso  il  Naliilc  del 
precedente  anno,  e  disse  qua'ito  seppe  e  volle 
di  lagioni  per  trarre  qiie'  prudenti  senatori  nella 
lega ,  appellata  Santii  ,  per  difesa  del  poiitefi- 
ee.  5Lbbe  la  disgrazia  d'  esser  derisa  in  lor 
cuore  la  sua  proposizione,  per  varj  motivi,  e 
sneziilmente  jierchè  ognun  conosceva  esser  egli 
dietro  a  valersi  delle  foiv.e  altrui  ,  solamente 
per  procacciare  un  maggiore  ingrandimento  a 
se  ste.vso.  Pertanto  ricevè  la  risposta  indorata 
da  belle  parole  ;  tiattar  essi  di  pace  ,  e  nulla 
poter  risolvere  intorno  alla  lega  ,  finché  non 
venivan:)  risposte  da  Cesare  e  dal  re  di  Spa- 
gna. Passò  dipoi  il  legato  a  Ferrara  ,  dove  nel 
dì  17  di  gennaio  di  cjuest' anno  con  solennit?i 
presentò  a  quel  duca  lo  stocco  e  il  cappello  , 
insegne  del  grado  di  generale  ;  e  di  là  prese 
le  poste  per  S(j!lci;iliir  V  anni  franzesi  a  calare 
in  Italia.  Far  lo  stesso  doveano  quattro  mila 
Svizzeri  assoldati  dal  papa.  Anche  il  cardinal 
di  Trento  .  trovandosi  con  poche  forze  nello 
Stato  di  Milano  ,  aspettava  di  Germania  otto 
mila  fanti  e  duecento  cavalli.  Altri  quattro  mila 
Tedeschi  e  quattrocento  uomini  d'  armi  veni- 
vano al  servigio  di  Cosimo  duca    di    Fireuz*, 


6l6  ANNAM   d' ITALIA 

A  cagione  di  tanti  Barbini  ,  chiamali  e  ben  pa- 
gati perchè  venissero  a  flivorar  Y  Italia  ,  altro 
non  si  udiva  che  maledizioni  de'  popoli  conlra 
di  chi  era  autore  fli   quella  guerra. 

Calarono  finalmente  nel  furore  del  verno  i 
Franzesi  sotto  il  comando  del  duca  di  Gnisp. 
ascendendo  secondo  alcuni  il  loro  esercito  a 
sette  mila  fanti  guasconi  ,  a  cinque  mila  svz- 
zeri  e  grisoni  ,  a  cinque  cento  uomini  d'arne, 
e  sette  cento  cavalli  leggieri;  ma  secondo  airi, 
a  minor  numero.  Chiesero  al  cardinal  di  Trailo 
il  passaggio  ,  che  fn  loro  accordato ,  per  non 
poter  di  meno  ;  ma  perchè  il  conte  di  Cirpc- 
gna  ,  posto  di  presidio  con  mille  e  cinquecento 
fanti  in  Valenza,  negò  vettovaglia,  e  restirono 
anche  uccisi  alcuni  Fi  anzesi ,  il  duca  noi  vo- 
lendo lasciare  impunita  tanta  baldanza ,  mise 
mano  a  i  cannoni  contro  quella  picciola  città, 
e  dopo  cinque  giorni  di  vivo  fuoco ,  nei  dì  ao 
di  gennaio  V  ebbe  a  discrezione ,  sal\  e  le  vile. 
Furono  smantellale  le  fortificazioni  di-lla  città  , 
e  lasciato  presiilio  nella  rocca.  Giunto  il  duca 
di  Guisa  colla  sua  armata  a  MonlcccLio  territ 
del  Reggiano,  quivi  si  unì  con  lui  il  duca  di 
Ferrara  suocero  suo  con  sei  mila  fanti ,  se- 
cento  ca\alli  leggieri  e  ducento  uomini  d'ar- 
me ,  e  fu  a  lui  consegnato  il  bastone  del  co- 
mando. Tennero  un  gran  consiglio  in  lìeggio 
di  Lombardia  i  due  duchi  e  il  legalo  Caralfa. 
Vole\an()  i  Franzesi  jiassare  in  i'oscaua ,  il 
duca  Ercole  portaisi  sotto  Ciemona,  a  lui  pro- 
messa ,  fiiccndouc  «■onosccre  fiicile  rac(juistoe 
importanti  le  conseguenze,  ftla  |)ercliè  il  (ìuisa 
aveu^uroini  dalla  curie  di  uniibrmarsi    a*  voleri 


ANNO    MDLVII  617 

del  carclinale  CaralTa  ,  e  questi  faceva  istanza 
che  si  portasse  la  i^'iicrra  noiP  Abbiuzzo ,  dove 
vantava  di  8;randi  intelligenze  j  il  suo  parere 
prevalse.  Ricusò  il  duca  di  Fennra  di  passare 
colà,  essendo  chiaro  che  i  suoi  Stati  rinianeano 
troppo  esposti  all'indignazio»  de  gli  Spagnuoli. 
E  perchè  il  legato  iiicea  credere  che  i  Vene- 
ziani prenderebhono  la  protezione  di  Ini ,  por- 
tatosi a  Venezia ,  scoprì  la  vanità  di  quella 
proposizione.  Adunque  senza  di  lui  fu  risoluto 
che  l' armala  liunzese  niarcierehhe  alla  volta 
del  regno  di  Napoli.  Iti  in  questo  mentre  a 
Roma  il  legato  e  il  Guisa ,  ricevuti  ivi  come 
angeli  tutelari,  con  far  vedere  sì  vicina  la  forza 
deir  armi  franzcsi  ,  e  dichiarata  nell'  uFtimo 
giorno  di  gennaio  dal  re  Arrigo  al  re  Filippo 
la  guerra ,  levarono  di  cuore  al  papa  ogni  pen- 
siero di  pace.  E  (juantun(jne  scrivano  alcuni 
che  fbsseìo  stati  approvati  dal  re  Cattolico  i 
capitoli  dell'  accordo  progettato  colla  cessioa 
di  Siena  a  i  (]arafli;  e  tuttoché  il  duca  d'Alva 
veggendo  incamminato  sì  nero  nuvolo  contra 
del  regno  e  scarse  le  sue  forze ,  avesse  man- 
dato ad  assicurare  il  papa  della  cci.ione  sud- 
detta ;  pure  l' ardente  animo  di  Paolo  IV , 
volto  a  cose  maggiori  e  pieno  della  sperata 
gloria  di  cacciar  d^  Napoli  gli  Spagniioli,  ruppe 
Ogni  tiattato ,  e  stette  saldo  in  voler  guerra. 

A  tal  risoluzione  maggiormente  ancora  si 
animò  il  pontefice ,  perchè  al  duca  di  Palliano 
suo  nipote,  al  maresciallo  Strozzi,  a  Francesco 
Colonna  e  ad  altri  suoi  capitani  riuscì  di  ricu- 
perar Genazzano,  Valmontone  ,  Frascati,  Grot- 
tafenata  ,  Tivoli ,  Maiiuo ,   Palestriua  ed  altre 


(il  8  ANNALI    n'  ITALIA. 

terre,  e  quel  che  più  importò,  anche  Ostia  e 
Vicovaro.  Sì  prosj>erosi  successi  gonfiavano  forte 
il  cuore  del  papa  e  de'  suoi  nipoti ,  senza  far" 
caso  dello  steiminio  ciie  pativa  in  mezzo  a 
quel  fuoco  tanto  paese  della  Chiesa  nel  Lazio, 
ed  anclie  nella  Romagna  ,  dove  si  era  dolce- 
mente riposata  V  armata  franzese.  Promosse  in 
questi  tempi  pa|)«  Paolo  alla  sacra  porpora  al- 
ctuii  personaggi  ben  degni  di  essa  ,  fra'  quali 
mischiò  ancora  Alfonso  Caraffa  ,  figlio  d' Anlo- 
nio  suo  nipote.  Non  si  sapeva  accordare  colla 
severità  mostrata  dal  pontefice  ,  per  rimettere 
la  disciplina  ecclesiastica,  il  crear  cardinale  an- 
cor questo,  quando  ve  n'erano  due  altri  della 
stessa  sua  famiglia  ,  e  alzare  a  tanto  onore  mi 
giovinetto  di  soli  diecisette  anni,  con  dargli  a|)- 
presso  I'  amministrazione  eziandio  della  chiesa 
arcivescovale  di  Napoli.  Più  rumore  ancora  fece 
l'aver  esso  |)apa  fatto  comparire  il  disegno  di 
procedere  alle  censure  e  alla  privazion  de're- 
gni  coulra  di  Carlo  V  e  di  Filippo  li.  giacche 
egli  non  ricono,sceva  p(!r  imperadore  Ft-rdinan- 
do  I.  Imperocché  nel  giovedì  santo  nella  Bolla 
in  C(vnti.  Domini  ftu'ono  spozialmenle  soomu-i 
nivali  da  lui  gli  occupatori  delle  sue  terrt;  della 
Campagna  e  della  Marittima,  quantunqiie  emi_ 
nenti  [)er  diguilìi  eziandio  ini|)c'riale  ,  e  tuUi  i 
consigliatori,  fautori  et  aderenti.  Oltre  a  ciò, 
nella  rnessa  papale  del  venerdì  santo  si  lasciò 
la  solita  preghiera  per  l'imperadore.  Attendeva 
int;mto  il  viccrò  duca  d'Alva  a  provvivlersi  di 
danari  ,  rnum/.ioui  e  vettovaglie  ;  e  fortificali  i 
luoghi  delf  Ai)l)ruzzo  ,  per  parere  del  vecchio 
«;lou  FeiTantc    Gonzaga,    che  si  Irovava    allora 


p.PÌle  sue  terre  JpI  recano  di  Napoli ,  cioè  ia 
Molfetta  .  determinò  d'uscire  aucli'  egli  ui  cani-r 
pagua  per  impedir  p;li  avanzamenti  a'  nemici. 

Rpslituitosi    il    duca     di     (iuisa     all'  armala , 
quando  Dio  volle  .  proseguì  il  suo  viaggio  alla 
volta  del  fiume  Tronto;  ma  nò  per  via  né  ai 
couliai  dell' Abbruzzo  trovò  quelle  tante   genti , 
artiglierie,  vclto\ agile  ed  intelligenze   die    ma- 
gnificamente gli  aveano  fatto  sj^erare  i    CarafTl. 
Coiituttoeiò    nel    (fi   i^    (ra]>rile    cominciò    in 
quelle  parti  le  ostilità.  Nel  giovedì  santo  fu  preso 
e  messo  a  ruba  Campii  colle    più    orride    ini- 
quità ,  a  fin  di   facilitar  le  imprese  con    questo 
primo  terrore.  Teramo  si  arrendè  ;    e    giacché 
arrivarono  per    mare    alquante    artiglierie ,    nel 
dì  24  d' aprile  111  impreso  l' assedio  di  Civitel- 
ia  ,    terra ,    pel    sito    suo  alto  e  circondato  (U 
tre  parti  da    una    valle ,    assai  forte  ,    alla    cui 
guardia  con  presidio  di  mille  fanti  si  trovavano 
don  Carlo  ili  LolFredo    e    il    conte    Sforza    da 
Santafiora.  Mirabil  fu  la  difesa  falla  da  que'  sol- 
dati ,  da  i  terrazzani  ,  e  fin  dalle  donne  ,    ani- 
mate dagli  eccessi    commessi    in  Campii    da   i 
Franzesi.  In  questo    tempo    comparv:;    il    duca 
d'Alva  a  Giulia-Nuova  ,    dodici    miglia  da    Ci- 
yitella  ,  menando  seco  tre  mila  fanti  spagnuoli 
Teterani,  sei  mila  tedeschi,  undici   mila  italiani 
e  siciliani  ,  niille  e  cinquecento  cavalli   legi^ieri 
e  sellocento  uomini  d'armi.  Bell'esercito  parca 
questo  ;  ma  per  esser  la  maggior  parte  compo- 
sto di  gente  nuova  ed  inesperta  ,   in  cuore    di 
cui  non  alloggiava  peranche  io  spirito  dell'onore, 
né    la    vergogna   della   fuga  ,    d  viceré ,    capi- 
tano- di  buon  disgeinimcnlQ  e  di  gran  cautela  , 


69.0  ANNAU    V    ITALIA 

era  ben  lontano  dal  tentare  battaglia  alcuna^ 
se  non  clie  tolse  ai  Franzesi  Giulia-Nuova,  e 
barbaramente  la  lasciò  saccheggiare  ai  soldati. 
Tal  opera/ione  ,  ciò  nonostante  ,  fece  questo 
suo  avvirinatnento  al  campo  franzese ,  che  il 
duca  di  Guisa ,  consiflciando  non  potersi  espu- 
enar  Civiteila  senza  gran  mortalità  di  gente , 
liei  dì  i5  di  maggio  si  levò  da  quell'assedio, 
riducendnsi  sull'Ascolano  .  e  poscia  sul  territo- 
rio di  Macerata  ,  dove  attese  a  ristorar  1'  eser- 
cito sì  faticato  in  nulla  conseguire.  Ma  non 
succede  questa  ritiiala  senza  un  precedente 
grave  sconcerto  ;  perchè  dopo  avere  il  Guisa 
fatte  più  volte  gravi  querele  con  don  Antonio 
Carafia  marchese  di  Montebello .  perchè  man- 
cavano le  genti ,  le  munizioni  e  le  paghe  pro- 
messe dal  papa ,  e  né  pur  una  della  tanto  de- 
cantate rivoluzioni  del  regno  di  NapoH  s'era 
udita  finora  ;  lui  giorno  si  riscaldò  cotanto  in 
simili  doglianze,  che  il  marchese,  perduta  la 
pazieir/.a  ,  gli  rispose  per  le  rim<' ,  e  il  duca 
gli  gitlò  sul  vollo  una  scrvictta.  Per  tale  af- 
fronto se  ne  andò  il  Caialla  a  Roma  a  dolersi 
dell'  alterigia  ed  insolenza  de'  Franzesi  ;  ma 
bisognò  i:li('  |)apa  Paolo  di  lui  zio,  troppo  bi- 
sognoso del  loro  aiuto  ,  tutto  inghiottisse.  Rin- 
forzalo inlanto  il  duca  d'AUa  du  sei  mila  Te- 
deschi, coMilcjtli  dalla  flotta  del  Duria  ,  spedì 
Marc'.Vntonio  Colonna  con  tre  mila  di  essi  nel 
Lazio.  La  terra  di  Valmontoue  da  lui  presa 
andò  a  sacco,  e  restò  anche  pieda  delle  llaiu- 
me.  Provò  lo  stesso  ini'ortimio  Palestrina,  pre- 
servala nondiuieno  ilal  IÌkc-o.  Passò  dipoi  il 
(jolonua  ,  accrv-'iiciuto  di  gente ^  sollu  Palliano, 


ANNO   Mnr.vH  62  t 

dianzi  ben  fortificalo  dai  Carairi;  e  perchè  il 
inarclicsp  di  Monteljello  e  Giulio  Orsino  con 
tutte  le  milizie  ecelesiasticlie  ,  sì  italiane  elio 
svizzere,  andarono  in  soccorso  di  quella  nohil 
terra  o  città  ,  si  venne  aJ  un  fallo  d' armi , 
in  cui  rimasero  scontitti  i  Papalini ,  ferito  e 
prigione  lo  stesso  Orsino. 

Facevasi  intanto  guerra  anche  in  Piemonte , 
dove  il  maresciallo  di  Brisac,  uscito  in  campa- 
gna con  otto  mila  iiuili  e  mille  e  cinquecento 
cavalli ,  prese  e  spianò  A'alfenera  j  e  di  là  poi 
portatosi  a  Cuneo ,  ne  imprese  l' assedio.  Vi 
tro\ò  quattrocento  cincjuant^i  fanti  e  i  terraz- 
zani ,  gente  valorosa  ed  afl'czionata  al  duca  di 
Savoia,  tutti  ben  accinti  alla  difesa;  e  però  vi 
alzò  tre  foi  ti  per  impedir  loro  il  soccorso  ,  e 
lìon  lasciò  di  far  giocare  le  artiglierie.  Ma  ve- 
nuto il  giovane  marchese  di  Pescara  a  Possa- 
no ,  ebbe  maniera  di  spignere  colà  genie  e 
munizioni.  In  questi  tenq)i  anche  il  duca  di 
Ferrara  fece  guerra  a  Correggio  e  a  Guastallii 
poco  prima  comperala  da  don  Ferrante  Gon- 
zaga, che  la  tramandò  a'  suoi  posteri.  IN  è  stette 
in  ozio  Cosimo  duca  di  Firenze.  Avea  egli  in- 
tese le  proposizioni  di  cedere  Siena  a  i  Caraf- 
fi  :  cosa  die  gli  trafisse  il  cuore ,  perchè  eia 
tanto  tempo  Iace\a  egli  l'amore  a  quello  Sla- 
to ,  e  tanti  tesori  avea  speso  per  cacciarne  a 
questo  fine  i  Franzesi.  INon  lasciò  indielio  pa- 
iole e  mezzi  per  dissuadere  da  tal  contralto  il 
re  Filippo  II;  e  poscia  facendo  soUo  mano 
palesi  i  \antaggi  che  a  lui  prollerivano  i  Fran- 
zesi per  tirarlo  seco  in  lega ,  lanlo  s' ingegnò 
che    indusse    il    re  a  ccdeie  a  lui  quella  ciltìi 


6?.2  AKNAM    n'iTAtlA 

con  tutte  le  sue    dipeiidenzej    aucordiè    parte 
di'  essa  tuttavia  restasse  in  poter    de'  Fiaiizesi. 
Lo  strumento  ,  stipulato  nel  mese  di  lui,'lio  di 
<{uest'amio,  vien  rapportato  dal  Du-Mont  (i), 
da  cui  apparisce  che  gli  Spagnuoli  riservarono 
in  lor  dominio  Orbitello ,  Portercolc ,  Telamo- 
ne j  Monte- Argentario  e  Porto  di  Santo   Stefa- 
no.    Parte    dell'  Elba    fu    restituita    aH'Anjjiaiin 
signore  di  Piombino  ,  restando  al    duca    Porto 
Ferraio  con  due  miglia  di  contorno.  Obbligossi 
anclie  il  duca  a  varj  capitoli  in  favore  dei    re 
di  Spagna.   Venne  con  ciò  fatto  lui  beli'  accre- 
scimento alla  potenza  del  duca  di  Firen7,e.  Clagion 
poscia  fu  la  nuova  di  un  tale  accordo    che    il 
duca  di    Guisa ,    temendo    delle    novità    dalls 
pai  te  del  duca  Cosimo ,  non.  volle  più  tornare 
in  Abbru'zo ,  e  né  pur  passare  a  Roma ,  dove 
con  prenmra  era  chiamato  dal  papa,  senza  ri- 
cevere nuovi  ordini  dalla  corte  di    Francia.    E 
contuttoché  le  genti  del  dura  dWlva  enUassoro 
nell'Ascolano,  altro  egli  nim  fece  che  presi(har 
«{uclla    città  :    il    che    rendè   inutile;    ogni  altro 
tentativo  degh  Sjìaguuoli.  Ma  nel  Lazio  avven- 
nero intanto  altre  azioni  di    guerra.    Marcanto- 
nio Colonna,   por  maggiormente  strignere  Pal- 
liano ,  andò    all'  assedio    di    Segna  ;     nel    qual 
tempo  al  barone  di  Feitz  riuscì    di    acquistale 
la  Rocca  di   Massimo ,   fortezza    ine:;pugnabile  , 
perchè  troppa  fu  la  paura  eh'  ei     fece    a    (iio- 
vanni  Orsino  ,  signor  d'  essa  ,   con    caimoni  di 
legno  condotti  in  sito  superiore  alla   locca  ,    e 
minaccianti  ad  essa  la   toUil    rovina.    L'  inieliris 

(i)  Du-MoDt  Corps  Diplomiif. 


AKNO    MKMll  ^23 

città  di  Segna  presa  fu  dagli  iinaLljiali  Spa- 
gnuoli  e  Tedeschi  ,  avidi  della  j.rcda  ,  e  qui\i 
commesse  tutte  le  più  orride  iiiirjuità  solite 
ad  accompagnare  i  saccheggi;  e  non  finì  quella 
tragedia  ,  cìie  la  misera  terra  fu  anche  data 
alle  fiamme. 

Racconta  qui  il  Sardi  contemporaneo  Ferra- 
rese una  particolarità  di  cui  non  ho  trovata 
menzione  presso  altri  scrittori.  Cioè ,  che  venne 
a  Ponza  e  Palmirola  f  armata  navale  fianzcse 
col  principe  di  Salerno  ,  per  unirsi  colla  tur- 
chesca  composta  di  ottantaquattro  galee.  Che 
su  questa  ultima  era  il  signor  della  Vigna  ,  il 
quale  per  parte  de'  Caraffi  invitava  quegf  Inlé- 
deli  a  portar  la  guerra  nel  regno  di  Napoli , 
per  divertire  le  forze  del  duca  d'Al\a.  Ma  al- 
tro non  fecero  i  Musulmani ,  che  saccheggiare 
ed  ahbruciar  Cariati  nei  Golfo  di  Taranto  e 
Tuirana  :  il  che  fatto ,  con  quanti  Cristiani 
«chia\i  jjoterono  menar  seco,  se  ne  tornarono 
in  Levante,  lasciando  deluso  il  principe  di  Sa- 
lerno ,  il  quale  andò  poscia  a  morire  misera- 
mente in  Francia,  degno  di  tal  line  per  la  sua 
smisurala  tlissolutezza  ed  ambizione.  Tornò  in- 
tanfo di  Francia  il  maresciallo  Strozzi  con  or- 
dine al  duca  di  Guisa  di  assistere  al  pontefice, 
ed  egli  perciò  passò  colle  sue  genti  a  Ti\o!i. 
Trasse  anche  il  duca  d'Alva  colle  sue  in  quelle 
palli,  ed  unitosi  con  Marcantonio  Colonna, 
seco  disegnò  di  tentare  l'acquisto  di  Itoina. 
V'ha  chi  crede  ch'egli  dicesse  daddoxero,  e 
sperasse  anche  di  buona  riuscita,  liopo  a\er 
tlato  giuramento  a  i  capitani  di  astenersi  da  ogni 
molestia    de'  Romani  :    cosa    facile    atl     essere 


6?.^  ANNAM   p' ITALIA 

promessa ,  ma  troppo  difBcile ,  per  non  dire' 
impossibile,  ad  essere  mantenuta  dall'  avidità  de  i 
soldati.  Vogliono  altri  che  il  tentativo  suo  so- 
lamente tendesse  ad  intimidire  1'  ostinato  pon- 
tefice ,  per  ridurlo  alla  pace  :  cosa  desidciala 
più  dal  re  Cattolico  Filippo  II  per  varj  riguardi^ 
che  dal  medesimo  papa  Paolo  IV.  Quello  ch'è 
fuor  di  dnltbio,  nella  notte  del  dì  2t)  d'afjosto 
con  iscale  preparate  si  presentò  il  duca  d'AKa 
alla  porta  di  San  Sebastiano.  Ma  avendo  il  car- 
dinal Caraffa ,  avvisato  di  questo  movimento 
dal  cardinale  di  Sanlafiora  ,  ben  guernite  tli  sol- 
dati le  mura  di  Roma,  senza  che  i  Romani  ne 
avessero  notizia,  perchè  di  loro  non  si  fidava, 
e  spinti  anche  fuori  alcuni  cavalli  a  scaramuc- 
ciare, fece  conoscere  al  duca  scoperti  i  di  lui 
disegni  5  perlochù  questi  si  ritirò  ,  tornando  a 
slrignere  Palliano. 

In  tale  stato  si  trovavano  le  cose  d' Italia  , 
quando  giimsero  a  Roma  le  nuovo  funeste  della 
guerra  de'  Franzesi  con  gli  Spagnuoh  ne'  Paesi 
Bassi.  Era  questa  apertamente  stata  dichiarala 
nel  mese  di  giugno,  essendo  entiata  in  lega 
col  re  Cattolico  anche  f  Inghilterra  :  e  tcnuto.'à 
un  gran  consiglio  dai  capitani  del  re  Filippo  , 
in  esso  pnnalse  il  parere  di  don  Ferrante 
Gonzaga,  il  qual  poscia  nel  dì  i5  di  novem- 
bre dell'  anno  presente  terminò  i  suoi  giorni 
in  Brusselles.  Ebbe  questo  principe  la  gloria 
d'essere  compianto  fin  dagli  emuli  suoi,  e 
molto  |)iù  dal  re  Cattolico,  per  avere  pcidulo 
in  lui  un  valorosissuno  capitano  e  sempre  li'- 
dele  ,  non  ostante  le  tante  talunnie  in\rntalo 
conlra  di  lui.   Fu    dunipic    risoluto    di     formar 


ANNO    MDLVII  62  5 

1'  assedio  di  San  Quintino,  fortezza  importante 
e  di  diflicilissinio  acquisto.  Emmanuel  Filiberto 
valoroso    duca    di    Savoia  ,    e  capitan  gcnierale 
dell'  annata    spagnuola ,     consistente     in     circa 
trentasette  mila  bravi  combattenti ,  nel    dì     tre 
d'  agosto  andò  ad  accamparsi  intorno  a   quella 
forte  terra  ,  e  tosto  si  applicò  a  fare  i    dovuti 
trincieramenti.  Per  soccorrerla  giunse  nel  di  10 
del  suddetto  mese  con  un'  armata    di    ventitré 
mila  persone  il  contestabile  di  Francia  Anna  di 
Memoransì.  Allora  fa  clie  si  venne  ad  un  atto 
d'anni,  in  cui    urtati    e    rovesciati   i    Franzesi 
dalla  forte  cavalleria  de'  Tedeschi  e    Spagnuo- 
li ,  andarono    totalmente   in    rotta.    Memorabile 
al  maggior  segno    fu    quella    vittoria,    percioc- 
ché poco    costò   agli    Spagnuoli  ;    all'  incontro  , 
secondo    alcuni  ,    vi    perirono    quasi    sei    mila 
Franzesi ,  e  rimasero  prigioni  lo  stesso   conte- 
stabile col  figlio,  i  duchi  di  Monpensiero  e  di 
Longavilla  ed  altri  gran  signori ,  circa  due  mila 
gentiluomini  e  quattro  mila  soldati.  Dopo  que- 
sta insigne  vittoria  fu  maggiormente    stretto    e 
bersagliato  San  Quintino  ,  alla  cui    difesa    non 
mancò  di  far  molte  prodezze  Gasparo    di   Co- 
logul  anmiiraglio  di  Francia.  Lo  stesso  re  Cat- 
tolico si  portò  a  (jueir  assedio  ,  e  andò  a  finire  la 
scena  nella  presa  e  nel  saccheggio  d'  essa  piazza. 
Di  sì  buon  vento  fu  creduto  che  non  sapessero 
profittare  l' armi  del  re  Cattolico  ;  essendo  ba- 
stato loro    di    prendere    il    Castelletto  ,    Han  , 
Noione,  Scevl  ed  altri  luoghi  di  poco  momen- 
to. Ora  per  questa   grave    percossa    trovandosi 
il  re  Arrigo  li  in  non  lievi    angustie  ,    giudicò 
necessario  il  ritorno  in    Francia    del    duca    di 
Muratori.  Ann.   ì^ol.  XI f^^  4*^ 


6lG  ANNALI    d'  ITAI.U 

Guisa  colle    soldatesche    di     suo    comando  5  e 
r  ordine  a  lui  ne  fu  spedito. 

A  confondere  intanto  i  disegni  ambiziosi 
de'  Caiaffi  ,  e  i  pensieri  mondani  di  papa  Pao- 
lo ,  s'  etano  aggroppate  molte  disavventure , 
cioè  la  ritirata  del  Guisa  da  Civitdia  ,  il  sacco 
di  Segna,  e  il  pericolo  che  Roma  venisse  sac- 
cheggiala. M  si  aggiunse  ,  che  gli  slessi  soldati 
difensori  di  Roma  tuttodì  conmultevano  ladro- 
necci ,  7'a|)ini'  ed  insoI(>nze  coiilro  le  donne. 
Fra  coloro  si  cofitavauo  anche  de  gli  eictici 
elle  sii(iglia\ano  altari  e  cose  sanie.  N  enne  in 
oltre  a  scoprirsi  ,  avcic  i  Romani  Icmito  con- 
siglio di  trattar  d'  ontsie  condizioni  col  duca 
d'Alva  ,  s'  (gli  fosse  ritornato  solfo  lÀoma.  (.'on- 
tra  d'essi  per  tpiesto  pioiuppe  il  papa  in  in- 
giuriose parole  ,  e  vide  oramai  traballare  le 
niacchine  I)cllicose  de'  suoi  nipoti.  Arrivò  in 
questo  Irangcnle  il  duca  di  Guisa  a  Roma ,  e 
presentatosi  alla  Santila  .*ìua  coli'  ordine  a  lui 
venuto  di  Francia  ,  il  consigliò  di  trattar  di 
pace.  Per  quanto  avessero  finora  liitlo  i  saggi 
Veneziani  e  Cosimo  duca  di  Firenze  per  in- 
durlo a  pacificaisi  ,  nulla  aveano  potuto  olte- 
neic  Ola  tro\andolo  i  lor  ministri,  e  con  esso 
loro  i  più  zelanti  cardiiuili ,  in  miglior  positu- 
ra ,  lauto  dissero ,  che  cominciò  daddovero  a 
snnioversi.  Questo  appunto  era  quello  che  so- 
spirava Filippo  il  re  di  Spagna,  ed  anche  il 
duca  d'Alva  ;  e  però  condiscese  ad  accordare 
al  ponlelit'c  una  capilola/.ion  si  onorevole  alla 
<li  lui  dignità,  che  molli  se  ne  stupirono.  Ab- 
lìoccalisi  adunque  col  suddetto  «luca  «lAlva  i 
ciiulinali  dì    bantalioiu    e    Nitelli    in    Cu\i    liu 


ANNO    MDLVH  627 

Genazzano  e  PalesUiiia  ,  nel  dì  i4  cH  settem- 
bre sottoscrissero  l'accordo,  con  rinunziare  il 
papa  ad  ogni  lega  contro  il  re  Cattolico,  e  eoa 
perdonare  a  cliinnqiie  avesse  prese  l'armi  con- 
tro la  Ciiiesa.  Palliano  restò  in  deposito  per 
sei  mesi ,  da  restituirsi  a  Marcantonio  Colonna, 
diippoicliè  il  conte  di  Monlorio  Caraffa  fosse 
ricompensato  dal  re  di  Spagna  ;  con  varj  altri 
patti  ,  che  a  me  non  occorre  di  rapportare , 
alcuni  de'  quali  ancora  furono  tenuti  occulti  al 
pubblico  .  ma  non  già  al  pontefice  ,  come  al- 
cuni si  fecero  a  credere.  Il  più  bello  fu ,  che 
in  tal  concordia  non  fu  compreso  Ercole  II 
duca  di  Ferrara ,  con  esemi)io  a  i  posteri  di 
quel  che  non  rare  volte  succede  a'  principi 
minori  nel  volersi  collegare  co  i  maggiori.  In- 
tanto il  duca  di  Guisa  ,  imbarcate  le  sue  fan- 
terie ,  le  spedì  per  mare  in  Provenza.  Lasciò 
ire  la  cavalleria  sbandata  per  varie  vie  alla 
volta  della  Francia  ,  senza  volere  valersi  di  un 
articolo  della  capitolazione  ,  per  cui  gli  era  le- 
cito di  condurre  liberamente  le  sue  genti  per 
gli  vStati  del  re  Cattolico.  Il  duca  d'Alva  andò 
poscia  a  Roma  a  rendere  pubblicamente  ubbi- 
dienza al  papa. 

E  tale  esito  ebbe  la  guerra  sconsigliatamente 
mossa  da  esso  pontefice  al  re  di  Spagna,  ben- 
ché ,  secondo  le  apparenze ,  non  da  luì  ,  ma 
da  gli  Spagiiuoli  fòsse  inferita ,  con  avere  im- 
piegati tanti  tesori  della  Chiesa  per  impinguare 
i  nipoti  suoi  :  guerra  per  cui  furono  ìjuposti 
assaissinii  aggravj  allo  Stato  Ecclesiastico  ,  e 
he  oltre  all'  essere  costata  tanto  sangue,  sac- 
heggi  ,    incendj  ,    violenze    e    desolazioni   alle 


6j8  annali  d'  itaua 

ti  ire   papali ,    si    tirò    dietro    anche    la    rottura 
iV.i   i   re  di  Spagna ,   d  Inghilterra    e    di    Fran- 
cia. Né    questo    solo    flagello     toccò    al    ducato 
romano  iiell'  anno  presente.  Nel  giorno  seguente 
alla  p<ice  suddetta,  eoe  nel  giorno    i5  di   set- 
tembre, per  le  dirolle  pioggie  cadute  a  i  mon- 
ti,  si   fieiamente  s'ingrossò  il    Tev<  re ,  che    al- 
lagò la   njiiggior   parte    di    Ut  ma    ad   t ni' altezza 
tale,  che    d'una     ssmile    non    si    ricordavano  i 
Eoioani   di   alloia.    Atterrò    itnipilo    dell'acque 
due   ponti,  la    chiesa  di   Jan    Bailfilonico    nel- 
l'isola, moltissime  case,  mulini  ed  altri    cdili- 
zj  ,  con   perdita   di  molte  pcr.^one    e    bestiami, 
ed  immenso  danno  di  nuici ,  iieni ,  grani,  vini 
ed  ahri  commestihili ,  e  con   restar  tutti  i   sot- 
terranei pieni   di  belletta.   Da    una    pari    disav- 
ventura  fu  tJllllta  anehe  Firtnze  con  altri  luoghi 
di     loscana    per    la    .'-loggiala    escrescenza    del- 
l'Arno,  che  si   trasse  dietio    i    ponti    di    Santa 
Trinità,    della    (];irraia    e    Rubai  onte;   e    quivi 
cagionò  parimente  i  mali  sopra  descritti.  Anche 
'  in    L'aleinio  un   iìnmicello  a  cag  on   delle    ]iiog- 
gii' ,  continuale  per  selle    giorni,    sì    rigoglioso 
calò  dal   monte  ,  che   rovinò  assaissimi    ediiìzj  , 
affogando    olire    a    selle    mila     persoiic.    Scrivo 
ciò  coli  autorità  del  Sardi    allora    \iveute;    ma 
f  rse    la   fama   ingrandi    jier    \  iaggio    il     nunuio 
d'iiuìrti.    Lra    intanto    restato    so!o    lucile  li 
duca   di    Ferrara  ,    cioè  abbandonato   allatto    dal 
}ia|)a,  e   poco   meno  da   i    Franzcsi    slessi,    ed 
esposto  all'ila   del   re  ('alloiic'o  ,   il    <ju:ile    non 
tardò    a   liir  muovere    Ottavio    duca    «li    Panna 
contia  di   lui  ,   rinforzato    a    cpieslo    efFetto    da 
niilii^ie  sj)€dileyh  da  Cobinio  duca   di   Firenze 


ANNO  Mni.vit  629 

e  da  Giovanni  Fi"heroa  vicc»overnator  di  Mi- 
lano ,  a  camion  della  discordia  naia  fra  il  car- 
dinal di  Trt'nlo  e  Giainbatisla  Castaldo.  Sul 
principio  d'  ottobre  uscito  in  cam|^a;^na  il  Far- 
nese ,  s  impadronì  di  \Jonli  ccliio  ,  Sanpolo  , 
Varano ,  Canossa  e  Scandiano.  Le  genti  del 
duca  di  Ferrara  anch'esse  cominciarono  le  osti- 
lità con  delle  scorrei'ie  sino  all'*  porte  di  Par- 
ma. Sopravenne  il  verno ,  clu-  fece  star  (piiete 
l'armi;  poiciiè  per  altro  il  duca  di  Parma  per 
varj  riguardi  ,  e  spezialmente  perchè  non  cor- 
reano  le  paghe  ,  poco  inclinato  si  sentiva  a 
questo  ballo.  Meno  ancora  v'  era  portato  1'  E- 
stense,  che  nello  tempo  stesso  per  nitzzo  de' Ve- 
neziani e  del  duca  Cosimo  avea  de' nimeggi  in 
campo  per  ricu^  crar  la  giazia  del  re  Cattolico. 

Annodi  Cristo   iSjS.  Judizione  I. 
di  Paolo  I\'   papa  4. 
di  Fekdixamio  1  imp.'radore   i. 

Conosceva  il  pontefice  Paolo  quanto  conve* 
nevole  fosse  al  sacro  paterno  suo  grado  il  proc- 
cnrar  la  pace  fra  i  potentati  cristiani ,  e  tanto 
pni  avenTlola  egli  stesso  riaccesa  fra  loixi.  Il  per- 
chè avea  già  verso  il  fine  del  precedente  anno 
inviato  in  Francia  legato  il  cardinal  Trivulzio 
e  il  cardinal  Carlo  Caraffa  suo  nipote  al  re 
Cattolico .  dimorante  tuttavia  in  Brusselles  Que- 
sta si  può  credere  che  fosse  la  vera  e  pura 
intenzione  del  pontefice  ;  ma  non  meno  a  lui ,  e 
for.se  pii'i  al  cardinal  nipote  premeva  T  ottenere 
dal  re  Filippo  una  magnifica  ricompensa  di 
Stati  al  conte  di    Montorio    suo  fratello  per  la 


6^0  ANNALI    d'  ITAUA 

cession  eli  Palliano  e  dell'  altre  terre  Colonnesi 
che  si  dovea  fare  a  Marcantonio  Colonna.  Il 
re  Cattolico  ,  tuttoché  internamente  odiasse  quel 
bizzarro  cardinale,  considerato  da  lui  per  un 
mal  arnese  della  corte  di  Roma  ,  pure  ,  da  quel- 
r  accorto  signore  eh'  era  ,  il  licevette  con  istraor- 
dinarie  finezze.  Della  pace  poco  si  trailo  .  perchè 
troppo  alterati  erano  gli  animi  di  que'  regnanti , 
ed  anche  il  Tivulzio  trovò  il  re  Cristianissimo 
alieno  da  ogni  concordia.  Contribuì  ancora  as- 
saissimo a  maggiormente  accendere  alla  guerra 
i  due  emuli  monarchi  un  avvonimonto ,  che 
quanto  inaspettato  ,  tanto  più  riempiè  di  ma- 
raviglia il  pubblico.  Erano  ducento  anni  che 
gì'  Inglesi  possedeano  di  qua  dal  mare  la  ciltà 
di  Cales  in  Piccardia  ,  luogo  di  somma  impor- 
tanza per  la  loro  nazione.  Non  era  ignoto  alla 
coite  di  Francia  che  poca  guardia  vi  si  faceva  , 
e  meglio  ancora  se  ne  chiarirono  ,  perchè  il 
maresciallo  Pietro  Strozzi  ,  il  quale  ne  propo- 
neva l'acquisto  ,  andò  in  jiersoua  travestito  da 
villano  in  (juclla  città  ,  scandagliò  le  fortificazio- 
ni,  e  riconobbe  la  facilità  dell' imj)resa ,  per 
non  esservi  dentro  che  sccento  fanti  ,  avviliti 
ncir  ozio  ed  assuclaUi  più  a  i  lor  proprj  comodi 
che  alle  fazioni  militari.  Risoluta  dunque  nel 
consiglio  del  re  Cristianissimo  quell'  impresa  , 
e  destìnalone  direttore  il  duca  di  Guisa  ,  dopo 
aver  [)rese  varie  precauzioni  per  occultar  que- 
sto disegno  ,  in  tempo  che  gli  Spagnuoli  erano 
<|ua  e  là  divisi  a' quartieri  d'inverno,  il  duca 
nel  dì  primo  dì  gcimaio  con  nn  buon  esercito 
si  presentò  sotto  (^ales ,  e  tosto  cominciò  a 
battere  colle    artigliuiie  lu    torri  e  fortezze  del 


ANNO    AlIìLVIlt  G3t 

porto  ,  e  le  costiiiiso  alla  resa.  Quindi  si  flicde 
a  bersagliar  la  città  ,  riponendo  le  maggiori 
speranze  nella  sollecitudine,  prima  che  gli  Spa- 
gnuoli  e  gì'  Inglesi  potessero  tentarne  il  soccor- 
so. Con  tal  felicità  venne  condotto  qnest'  asse- 
dio ,  clic  ne  fu  capitolata  la  resa.  Nel  di  otto 
o  pur  nove  del  mese  suddetto  \^  enti  ò  il  duca 
di  Guisa  trionfante ,  con  avere  il  piacere  di 
tro\ar  ([ni\i  ciica  trecento  [)e/zi  d' ai- iglierie  , 
munizioni  e  Acttovaglie  in  semina  copia.  Passò 
egli  dipoi  nel  dì  i3  sollo  Guines,  fortezza 
dieci  miglia  lontana  da  Cales ,  e  di  questa  pa- 
rimente colla  forza  s' impadionì. 

Trovavansi  pruua  in  gran  costernazione  per 
la  rotta  e  peidita  di  San  Quintino  gli  affari 
de'  Franzesi.  Questo  felice  avvenimento  li  rin- 
corò tutti  ,  e  mosse  i  po]ioli  ad  assistere  al 
re  con  grossi  sussidj  pel  proseguimento  della 
guerra  5  siccome  all'  incontro  cagionò  de'  fieri 
sintomi  in  cuore  del  re  Cattolico  e  della  na- 
zione inglese  ,  la  quale  restò  da  11  innanzi  priva 
di  sì  importante  luogo.  Avendo  poi  atteso  il  re 
di  Francia  Arrigo  li  a  rinforzarsi  ili  gente  ,  spedì 
nel  giugno  seguente  il  duca  di  Guisa  all'  assedio 
di  Teonvilla  ,  che  fu  anch'  essa  forzata  a  ren- 
dersi ,  con  aver  ivi  lasciala  la  vita  per  una  fe- 
rita nel  petto  Pietro  Strozzi  Fiorentino  ,  ma- 
resciallo di  Francia  .  degno  d'essere  paragonato 
co'  pili  valorosi  ed  insigni  capitani  del  suo  tem- 
pò  ,  ma  sfortunato  nelle  imprese  di  Toscana, 
Ho  dovuto  far  menzione  di  tali  stranieri  suc- 
ce.ssi,  poiché  da  essi  presero  regola  anche  gli 
aflari  d' Italia.  Risvegliossi  di  nuovo  la  guerra 
6ul  principio  dell'  anno  fra    il  duca  di  Ferrara 


632  ANNALI    d' ITALIA 

Ercole  n  ed  Ottavio  Farnese  duca  di  Parma. 
Donno  Alfonso  d' Este ,  primogenito  del  pri- 
mo ,  si  fece  più  volte  vedere  alle  porle  di 
Parma ,  ripigliò  San  Polo  e  Canossa ,  costrinse 
alla  resa  la  fortezza  di  Gnardasone,  e  tolse 
a  i  Gorreggiesclii  Rossena  e  Rossenclla.  Fu  poi 
ricuperato  Guardasene  dal  Farnese ,  dappoi- 
cliè  gli  venne  aiuto  di  gente  da  Milano  e  da- 
naro da  Firenze.  Mirava  intanto  1'  avveduto 
duca  Cosimo  questo  picciolo  incendio ,  die  po- 
teva divenir  maggiore  ,  e  costava  a  lui  non  poca 
spesa ,  senza  profitto  alcuno.  Gli  dava  ancora  as- 
saissimo da  pensare  V  avere  il  re  Cristianissimo 
dato  il  governo  di  quante  terre  restavano  alla 
corona  di  Francia  nel  Sanese  a  don  Francesco 
d' Este  fratello  del  duca  di  Feri  ara  ,  il  quale 
passalo  a  Roma  cercava  d' imbarcare  in  nuovi 
imbrogli  i  nipoti  del  papa  ,  mal  soddisfatti  del 
re  Cattolico.  Però  con  più  premura  che  mai 
si  adoperò  alla  corte  del  re  Filippo  II ,  affili-  ' 
che  ricevesse  in  sua  grazia  il  duca  Estense ,  e 
si  mettesse  fine  a  quella  turbolenza.  Ora  il  re, 
clie  miraAa  prosperare  a  vista  d'occliio  le  cose 
de'  Franzesi ,  teme\a  in  Italia  de'  Turchi,  come 
diremo ,  e  dubitava  sempre  de'  cervelli  inquieti 
de' Caraffi  ,  nel  di  2?.  d'aprile  apprinò  la  con- 
cordia dianzi  abbozzata  dal  duca  di  Firenze, 
concedendo  onorevoli  condizioni  al  duca  di 
Ferrara,  il  (piale  rinunziò  alla  lega  fianzc.se ,  e 
hi  accettalo  .sotto  la  protezione  di.'l  re  Cattoli- 
co. Restituiti  i  luoghi  presi,  tornò  anche  la 
liiioiia  aiJiionia  fia  esso  dura  di  Fi'rrara  ed  Ot- 
ta\i(i  l'arnese  •  e  maggioniiciilc  ([ucsla  si  strinse 
fra  l'  Estense    e  il    duca  Cosimo  per  le  nozze 


ANNO    MniAllI  633 

allora  concliiuse  di  Lucrezia  de'  Medici ,  figlia 
d'  esso  Cos'nio  ,  e  di  Donno  Alfonso  principe 
ereditario  di  Ferrara. 

Qualche  movimento  d'  armi  fu  ancora  in  Pie- 
monte ;  perchè  mandato  al  governo  di  Milano 
Ferdinando  di  Cordova  duca  di  Sessa ,  verso 
la  metà  d'agosto  liberò  Cuneo  e  Fossano ,  che 
si  trovavano  in  certo  modo  bloccati  da  i  Fran- 
zesi  j  prese  dipoi  Centale  e  Moncalvo  ,  e  ristrinse 
non  poco  le  guarnigioni  nemiche  di  Casale  e 
Valenza.  Ma  ciò  che  maggiore  strepito  fece  in 
Italia  ,  fu  il  ritorno  anche  in  quest'  anno  dell'  ar- 
mata na^  ale  turchesca  ne'  mari  dell'  Italia  ad 
istanza  de'  Franzesi.  Era  composta  di  cento  venti 
galee  ,  e  veniva  con  ordini  del  Gran  Signore 
per  unirsi  colla  franzese  a'  danni  delle  terre 
del  re  Cattolico  Di  moki  regali  e  danari  co- 
stava al  re  di  Francia  il  far  muovere  quegl' In- 
fedeli. Né  occorre  più  ricordare  ,  se  per  tale 
alleanza  ed  attentato  fosse  in  abbominazione 
e  maledizione  presso  gì'  Itahani  il  nome  fran- 
zese. Giunti  qu e' Barbari  a  Reggio  di  Calabria, 
lo  presero  di  nuovo  ed  arsero.  Di  là  venuti  al 
Golfo  di  Salerno  ,  la  notte  precedente  al  dì  1 3 
di  giugno  misero  gente  a  terra  ,  entiarono  nella 
terra  di  Massa ,  e  rastellarono  su  da  cinque  in 
sei  mila  anime  cristiane.  Ebbero  per  tradimento 
di  un  Moro  schiavo  ,  e  senza  contrasto ,  la  città 
di  Sorrento  ,  dove  commisero  ogni  immaginabile 
iniquità.  Salvossi  una  sola  monaca ,  passando 
per  mezzo  a  loro  col  tabernacolo  del  santissinio 
Sacramento.  Perchè  per  l' altre  coste  del  regno 
di  Napoli  stavano  all'  erta  i  popoli  e  faccano 
buone  guardie ,  passarono  i  Turclii  in  Corsica  , 


634  ANN-AU    d'  ITAtlA 

e  poscia  ad  Anlibo,  dove  uniti  co)le  galee  dì 
Francia  si  credeva  che  farebbono  1'  assedio  di 
Nizza  o  di  Savona  ;  ma  nulla  di  ciò  seguì  a 
cagion  dell'  alterigia  franzese ,  che  non  sapeva 
accordarsi  colla  maggiore  de'  Turchi.  Sciolsero 
poi  le  vele  costoro  verso  Minorica  ,  dove  fe- 
cero de  i  gran  mali  ,  con  tornarsene  finalmente 
in  Levante  carichi  di  preda  e  (U  schiavi.  Tor- 
niamo ora  ancor  noi  al  cardinal  Carlo  Carafia , 
che  in  Brusselics  trattava  di  una  ricompensa 
al  fratello  conte  di  Montorio  per  la  cession  di 
Palliano.  Fece  il  re  offerire  a  lui  una  pensione 
annua  di  dodici  mila  ducati  sopra  1'  arcivesco- 
vato di  Toledo  ,  ed  otto  mila  di  naturalezza  in 
Ispagna.  Esibì  ancora  pel  fratello  il  ducato  ili 
Rossano ,  la  cui  rendita  ascendeva  a  quindici 
mila  ducati.  Ma  al  borioso  cardinale  ,  e  al  gran 
inerito  eh'  egli  s'  era  certamente  fatto  colla  corte 
di  Spagna  ,  troppo  poco  parca.  E  siccome  egli 
s'era  invogliato  dell'insigne  ducato  di  Bari  ^ 
ultimamente  vacato  per  la  morte  di  Bona  Sforza 
già  regina  di  Polonia ,  né  poteva  sjnmtarla , 
facendo  il  corrucciato  ,  si  litirò  fuori  di  Brus- 
selics, Tante  dolci  paiole  nondimeno  e  larghe 
promesse  adopeiò  poscia  il  re  ,  che  questo  por- 
porato contento  nel  dì  i  a  di  marzo  piese  le 
poste  alla  volta  di  Roma  ,  per  rompersi  il  capo 
co  i  mi;iislri  del  re  in  Italia ,  i  quali  andarono 
tanto  temporeggiando  ,  che  la  moite  del  papa 
li  liberò  da  <|iiulsivoglia  impegno. 

Si  iillimò  in  (juest'anno  aflatto  l'affare  delia 
succession  nell'imperio,  avendo  I' Angusto  Car- 
lo V  falla  nel  dì  :>  j  di  febbraio  una  piena  ri- 
nunzia dì  lutti  i   suoi    dirilli    sopra    la    dignità 


ANNO  Mnt.vni  635 

cesarea  al  re  Ferdinando  suo  fratello.  Fu  que- 
sta portata  dal  principe  iV  Oranges  alla  dieta 
de  gli  elettori .  i  quali  perciò  nel  dì  dodici  o 
tredici  di  marzo  in  Francoforte  riconobbero 
per  legittimo  iniperadore  esso  Ferdinando.  Né 
tardò  egli  a  spedile  a  Roma  Martino  Gusmano 
per  rendere  ubbidienza  ,  come  tale  ,  al  ponte- 
fice. Fece  anche  in  questa  congiuntura  papa 
Paolo  conoscere  qual  fosse  1"  animo  suo  verso 
la  casa  d"  Austria.  3«on  volle  ammettere  quel- 
l'ambasciatore ,  e  rifiutò  parimente  Giovanni 
Figlieroa  ,  che  allora  governava  Milano ,  spe- 
ditogli dal  re  Filippo  in  favore  dell'Augusto 
zio.  In  una  parola ,  finché  visse ,  non  seppe 
mai  indursi  questo  pontefice  a  riconoscere  Fer- 
dinando per  impcradore ,  non  senza  scandalo 
della  Cristianità.  Infierì  la  morte  in  quest'anno 
sopra  le  feste  coronate.  Imperciocché  nel  feb- 
braio o  marzo  mancò  di  Aita  Isabella  sorella 
di  Carlo  imperadore,  stata  regina  di  Portogallo 
e  poi  di  Francia.  Terminò  parimente  i  suoi  giorni 
nel  dì  ventuno  di  settembre  il  suddetto  impe- 
rador  Carlo  V,  dopo  aver  fatte  celebrar  le  sue 
esequie  ne  gli  ultimi  giorni  di  sua  vita  nel  mo- 
nistero  di  suo  ritiro  in  Ispagna  :  principe  de  i 
pili  gloriosi  che  abbiano  maneggiato  lo  scettro 
imperiale.  Gli  elogi  fatti  da  tanti  .scrittori  alla 
di  lui  religione  e  pietà  ,  alla  sua  gran  mente  , 
alla  sua  clemenza  e  giustizia  e  alle  grandi  sue 
imprese ,  esentano  me  dal  dirne  di  più.  Gli 
opposero  i  nemici  suoi  la  taccia  dcU'-anìbizione, 
ma  per  coprire  la  propria.  Qualche  trascorso 
contro  la  continenza  si  potè  osservare  in  lui , 
ma  fu  breve,    uè  portato  in  trionfo,    come  &i 


1336  ANNAU    d'  ITALIA 

è  veduto  di  tanti  altri  monarchi  :  se  non  die 
bella  fis;ura  sempre  fece  nel  mondo  Margherita 
sua  figlia  ,  duchessa  di  Firenze  e  poi  di  Par- 
ma. Per  altro  niim  si  sarebbe  avveduto  che  a 
lui  dovesse  i  suoi  natali  anche  mi  fanciullo  di 
dodici  anni ,  paggio  allora  del  re  Filippo  ,  se 
lo  stesso  imperadore  prima  di  morire  non  l'a- 
vesse rivelalo  per  raccomandarlo  ad  esso  re 
di  Spagna.  Fu  questi  don  Giovanni  d'Austria, 
che  si  mostrò  poi  ben  degno  di  sì  gran  pa- 
dre; e  che  che  dicano  alcuni  nato  di  Leonora 
di  Plonibes  ,  non  si  seppe  mai  con  certezza  la 
madre  di  lui ,  volendo  altri  che  nascesse  in 
corte  da  persona  non  solo  nobile  ,  ma  di  alto 
affare  e  nobihssima ,  la  (piale  non  lasciò  vedere 
il  suo  volto  alla  mammana  nel  partorirlo.  Però 
de'  suoi  natali  esso  don  Giovanni  in  varie  oc- 
casioni si  gloriò  anche  per  conto  della  madre. 
Tenne  dietro  a  questo  immortale  monarca 
nel  di  I "j  di  novembre  Maiia  regina  Cattolica 
d'inj^hilterra,  e  moglie  di  Filippo  II  re  di  Spa- 
gna ,  dopo  una  lunga  idropisia  ;  principessa  di 
sempie  veneranda  memoria  per  la  sua  rara 
pielà ,  e  per  a\ er  fatto  trionfale  la  religion  catto- 
lica in  quel  regno,  ad  onta  delle  tante  rivoluzioni 
sucredule  sotto  1' em]>io  e  crudele  suo  padre 
Arrigo  \lll.  Trovavasi  in  (|iieslo  tempo  gra- 
vemente malato  anche  il  cardinal  Reginaldo 
Polo,  arci\escovo  di  Canturbeiì,  gran  sostegno 
della  religion  siiddelta  in  bighilterra  .  perso- 
naggio de' più  illustri  nella  Chiesa  di  Dio  per 
la  sua  pielh  ,  gravità  ,  eloquenza  e  letteratura. 
Non  vi  lii  allora  ,  uè  oggiili  ci  è  ,  «;hi  non  ri- 
conosca   per  una  delle  inescusabiii  stoiture  di 


ANNO    MDLVin  63^ 

Paolo  rV  l'oflio  eh'  egli  portò  ad  un  porporato 
di  tanto  merito  ed  integntà  ,  e  le  ^alle  accuse 
formale  centra  di  lui.  Som  potè  contenersi  lo 
stesso  Polo  dal  comporre  la  sua  apologia,  ben- 
cliè  poi  con  grandezza  d' animo  la  bruciasse  o 
supprimesse.  La  niorte  della  regina  e  di  que- 
sto insigne  arcivescovo  si  tirò  dietio  poio  ap- 
presso la  toLil  rovina  della  religion  cattolica  in 
Ingiùlterra  ,  per  essere  succeduta  in  quel  truno 
non  già  Mai  ia  Stuarda  regina  di  Scozia ,  ma- 
ritata in  quest'anno  con  Francesco  Delfino  di 
Francia ,  ma  Elisabetta  sorella  di  essa  regina 
Maria  e  figlia  d'Anna  Boiena,  siccome  dire- 
mo fra  poco.  Conviene  ancora  accennare .  per 
concatenazion  della  storia  ,  che  continuò  la 
guerra  in  Piccardia  fra  i  Franzesi  e  gli  Spa- 
gnuoli.  Cadde  in  pensiero  al  .>^ignor  di  Termos, 
comandante  di  Cales  pel  re  di  Francia,  di  oc- 
cupar Gravelinga ,  per  notizie  avute  che  era 
sprovveduta.  Con  un  corpo  dunque  di  dieci 
mila  fanti  e  di  due  mila  cavalli  prima  s' impa- 
dronì di  Berges  ,  picciola  terra  ,  dove  nondi- 
meno fu  Citlo  un  gran  bottino.  Poscia  si  pre- 
sentò sotto  Donclierche ,  e  in  (quattro  giorni  \  i 
mise  dentro  il  piede  ,  lasciando  la  briglia  a  i 
soldati,  cadaun  de' quali  divenne  ricco  in  quel 
sacco.  Avvicinossi  poi  il  Termes  a  Gravelinga  • 
quando  eccoti  comparire  il  conte  d'Agamonte, 
spedito  da  Manuel-Filiberto  duca  di  Sa\oia  e 
governator  de'  Paesi  Bassi ,  con  un  corpo  di 
gente  superiore  a  i  Franzesi.  Era  di  luglio ,  e 
si  venne  ad  un  fatto  d'armi,  in  cui  talmente 
furono  sconfitti  i  Franzesi ,  che  la  maLgior 
parte  vi  rimasero    tiucidati  o  prigioni.    Fra  gli 


63S  ANNALI    D    ITALIA 

ultimi  si  contò  lo  stesso  Termes  con  altri  no- 
bili ili  sua  nazione.  Questa  vittoria  ,  e  Y  avere 
gli  Spagnnoli  ricuperato  Doncherche^  con  istrage 
del  presitlio  franzese ,  rendè  più  docile  Arri- 
go II  re  di  Francia  ad  ascoltar  proposizioni  di 
pace.  Se  ne  trattò  lungamente ,  e  ne  era  an- 
siosissimo il  re  di  Spagna  Filippo  II ,  per  le 
mutazioni  che  già  prevedeva  ileU'  Inghilterra. 
Ma  perchè  maniera  non  appariva  di  poterla 
conchindere  ,  nel  dì  1 7  d'  ottobre  si  fece  una 
tregua  e  sospension  d'  armi  ,  che  poi  fu  pro- 
lungata per  tulio  il  gennaio  dell'anno  seguente. 
Bibellossi  in  qn(;ir  anno  il  popolo  del  Finale 
ad  Alfonso  marchese  del  Carretto  suo  signore, 
pretenilendo  ch'egli  tirannicamente  li  gover- 
nasse. Vi  accorsero  tosto  i  Genovesi ,  che  forse 
segretamente  aveano  eccitato  lo  stesso  incen- 
dio ,  e  fecero  depositare  in  mano  di  Andrea 
Doria  quel  marchesato.  Riuscì  poi  loro  d' in- 
durre esso  marchese  a  certe  convenzioni  ;  ma 
pentito  poi  egli  del  concordato,  e  pretenden- 
dolo nullo ,  introdusse  la  causa  nel  consiglio 
imperiale  aulico  ,  siccome  accenneremo  all'  an- 
no   1 5tì  I . 

jilrmo  di  Cristo   i.^Sg.  /nazione  a. 
di  I'aoi.o  IV  jutpa  5. 
di  Pio  IV  pa/ia   i. 
di  Fkudi.nando  1  imperadore  a. 

Potcutissiuio  era  in  lugliillcrra  il  partito  de  i 
Ca'tolici  ,  ed  Elisabetta  per  salile  sul  trono 
avca  iucontiale  delle  (Hrfli  iillìi  ^  ed  allie  ih>  pie- 
vedeva  a  dovcrvisi  mantenere  ,  perchè  il  re  di 


ANNO    MnUX  6.39 

Francia  Arrigo  II  soslrneva  i    diritli    tli    Maria 
Stuarda  sua  nuora,  e  il  re  di  Sjìapia  FilipjHj  JI 
vi   avca    aiirli'  ej^li    non    pochi    interessi ,    eoa 
aver  fatto  proporre  in  darne  T  accasamento  di 
essa  Elisabetta    col    duca    di    Savoia.    Però    la 
scaltra  principessa ,  a  line  di  assodarsi  nel  do- 
minio ,    non     tardò    di  ricorrere  ali"  autorità  di 
papa    Paolo    [V  ^    esibendogli    ubbidjenza    per 
mezzo    di     Edoardo     Carno ,     ambasciatore    in 
Roma    della    regina    Maria  sua  sorella  tleibnta. 
La  risposta  del  papa  fu  alta  .    con  dire   cbe  il 
regno  d' Ingbdterra  era  feutlo  della  Chiesa  Ro- 
mana ,    e  che    Elisabetta  per  essere  spuria ,    e 
trovarsi  altri  legittimi  pretendenti  a  quel  regno, 
non  avea  senza  1'  assenso  della  Sede  apostolica 
dovuto  assumere  quel  governo.  Pertanto  ,    che 
ella  si  rimettesse  air  arbitrio  del  somiiiO    j'on- 
tcfice  ,    il    quale    da  buon    padre  avrebbe  liitta 
giustizia.  Fu  cagione  questa  dura  ed  inaspettata 
risposta  che  Elisabetta ,  considerando  qual  pe- 
ricolo a  lei    soprastasse    in  aderendo  al  papa , 
si  piecipitasse  nel  partito  de  gli  eretici  ,  stabi- 
lisse in  Inghilterra  lo  scisma  della  Chiesa  Cat- 
tolica ,    e    si  desse  poi  a  perseguitare  in  mille 
maniere  i  seguaci  della  Chiesa    Romana.    Però 
non  c'è  volta  che  io  rifletta  a  questo  lagrimevole 
avvenimento,  che  non  mi  senta  venir  freddo, 
sembrando  pure,  siccome  ad  altri  sembrò,  che 
se  allora  nella   cattedra  di  S.    Pietro    fosse    se- 
duto un  pontefice  più  prudente,  piij  discreto, 
più  amorevole ,    da    cui    si    fosse    acrolla  con 
buon  cuore  T  offerta  d"  Elisabetta  ,    come   por- 
tava il  bi.sogno  della  religione,  al  cui  solo  van- 
taggio   dovea    mirare    un    pontcilce    romano  ^ 


64©  ANNALI    D   ITALIA 

Senza  entrare  in  dispute  de  gli  altrui  o  de'  pro- 
prj  terreni    diritti ,    si    sarebbe    verisimllmente 
conservata  la  Fede  Cattolica  fra  gì'  Inglesi ,  uè 
avrebbe    la    vera  Chiesa  di  Dio  perduto  un  sì 
flo.ido  regno.    Quello    certamente    non    era    il 
tempo  da  sfoderar  pretensioni  rancide  ,    e    da 
voler  fare  il  distributor  di  regni,  perchè  troppa 
mutazione  era  seguita  per    conto    delf  autorità 
esercitata  ne'  secoli  addietro  da  i  romani  pon- 
tefici j   e    raassimamente    dappoiché    Elisabetta 
avea    dal    consenso    de'  popoli    ricevuta    quella 
corona.    E  si  ha  un    bel  dire  che  quella  prin- 
cipessa si  finse  Cattolica  in  addietro  ,   e   portò 
seco  l' eresia    sul    Irono.  Per  Cattolica  a  buon 
conto  ella  si  facea  credere,  e  tale  forse  la  cre- 
dette la  regina  Maria  ,    che  più  degli  altri   era 
obbhgala  a  saperlo  ;    e    la    stessa    Elisabetta  si 
fece  coronare  da  un  vescovo  cattolico  ,   e  non 
da' Luterani  o  Calvinisti,    e  sul  principio    pro- 
fessò la  veligion  cattolica.  In  ogni  caso,  quan- 
d' anche  ella    avesse    dipoi    volte    le    spalle  al 
Cattolicismo ,    se    il    papa    sulle  prime    avesse 
fatto  il  possibile  per  guadagnai  la  ,  e  trattenerla 
dal  giftarsi  in  braccio  a  i  nemici  della    Chiesa 
Romana  ,    si    sarebbe  rovesciaUi  tutta    sopra  di 
lei  la  colpa ,  e  non  già  sopra  un  pontefice  che 
dal  canto  suo  nulla  avesse  tralasciato    per  sal- 
varla da  sì    deplorabil    eccesso.    Ma    il  male   è 
fatto ,   e    noi    non    abbiamo  che  da    adorare  i 
sempre  giusti  giudi/j  di  Dio,  ancorché  non  ne 
sappiamo  intendere  le  occulte  cifre. 

iSiel  genniio  del  presente  anno  fece  papa 
Paolo  una  gagliarda  risoluzione  ,  per  cui  si  ac- 
(juislò   gran    credilo    j)rcsso    tulli    i  saggi.  Per 


ANNO    MDLIX  64» 

tanto  tempo  in  addietro  ninno  avea  osato  di 
parlargli  fiaricarnente  in  male  de'  suoi  nipoti , 
né  di  seoj)riigli  la  lor  prepotenza  ,  e  gì  in- 
ganni da  loro  usati  colla  isanlità  Sua  ,  che 
certamente  furono  creduti  non  pochi.  S  ha  da 
eccettuare  il  duca  di  Guisa  ,  che  prima  di  par- 
tirsi da  Roma  gliene  avca  fitto  un  boi  ritrat- 
to, ma  nidia  giovò.  \  olendo  un  altro  dì  il 
ca-dinal  Pacieco  scusare  un  fallo  del  cai- 
dinal  del  Monte  ,  il  papa ,  alzando  la  voce^ 
gridò  :  Riforma,  riforma.  Al  che  rispose  il 
Pacieco  :  Molto  bene  Riforma ,  Padre  santo  ; 
ma  questa  dovrebbe  cominciare  da  j\oi.  Tac- 
que il  ponleiice,  e  riflettendo  su  quel  IVoì,  si 
avvisò  che  egli  avesse  voluto  ferire  i  nipoti 
suoi  ;  ma  non  per  questo  ne  profittò.  Credesi 
che  l'ultima  ni;ino  venisse  dall'  ambasciator  di 
Firenze  ,  che  interrogato  dal  papa  ,  perchè  sì 
di  rado  venisse  all'  udienza  ,  francamente  ri- 
spose,  provenir  ciò  da"  suoi  nipoti  ,  che  gli  ser- 
ravano la  porla  in  faccia,  se  prima  non  ispie- 
gava  loro  le  commessioni  del  principe  suo.  O 
sia  per  questo,  o  pure  che  tosse  messa  nel 
breviario  del  papa  una  polizza  indicante  p"ù 
d"  un  mihfilto  de  i  Caralli  ;  certo  è  che  final- 
mente aprì  gli  occhi  il  deluso  pontefice,  e 
dopo  essersi  informato  di  tutto ,  nel  puJ)blico 
concistoro  deplorò  gli  scandali  avvenuti  per 
colpa  dessi  nipoti  senza  conoscenza  e  consenso 
suoj  j)ri\ò  il  cardinale  della  legazion  di  Bolo- 
gna, dei  gener;dato  il  contedi  Alontorio ,  e  il 
marchese  di  iMontebello  d'o"ni  suo  srrado  :  e 
licenziatili  tutti  colle  lor  famiglie  da  Koma ,  li 
mandò  a' confini  chi  in  un  luogo  e  chi  in  un 
Muratori,  y^nu.   Fai  XI F»  4^ 


642  AWALI     d'iTAUA 

altro.  Quindi  rimesse  dal  governo   lutti  coloro 
che  dipertdevaiio  da  essi    suoi  nipoti ,  e  diede 
buon  si^sto  non  meno  alla  corte  che  a  i   pub- 
blici iilìzj,  istituendo  spezialmente   una  congre- 
gazione ,  che  fu  appellata  del    Buon    Governo. 
Elesse  ancora    Camillo    Orsino  per    soprinten- 
dente a  gli    afiiiri,    personaggio  di    gran  vaglia 
e  prudenza  ,  con  cui    comunicando  i  cardinali 
quanto    occorreva  ,    da   lì    innanzi     il    governo 
prese   un  ben    regolato    sistema.     iMerite)    senza 
fallo  gran  lode  ,  come  eroico  ,  questo  alto  del 
pipa,    perchè    se    non    rimediava  a  i  mali  già 
fitti  ,  gì'  impediva  almeno  per  l'avvenire.  Tut- 
tavia nulla  questo  servì  per  mitigar  Iodio  che 
•gli  portava   il  popolo,   il  quale,    interpretando 
in   male   il  bene  ,   spacciava    cacciali    dal    papa 
nnic«amente  i  nipoti  per  iscusar  sé  slesso  de   i 
disordiiii  passali  ,  ([uasichè  a  lui  non  fosse  stalo 
notissimo  il   j)rinci|)io  e  progresso  delle  passate 
guerre  ,  e  non  si    fosse    egli    tanto  interessalo^ 
per  ingrandire  i  nipoti,  trattando  noi  con   tale 
altura  i  cardinali  ,  che  niimo  ardiva  mai  di  con- 
tradirgli.   Aggiugnevano    in    oltre  ,    che   s'  egli 
conosceva  e  detestava  lauti  loro  delitti  ,  avrebbe 
anche  dovuto  più  rigorosamente  gastigarli.  Per 
conio    poi    dell'odio    de' Romani  ,    (pieslo    na- 
scc\a  dalie   molle  gravezze   loro  inq)Osle  ed  as- 
pramente riscosse,  e  molto  più    dall'  incredibii 
licore  che  lo  zelante  pontefice  professava  contra 
di  chiunque  o  er.i  o  veni\a  sospettalo   reo  d'e- 
resia  fra   i  Gitlolioi.  A   (jueslo    line    fu    egli  il 
primo  che  ispirasse  a  papa  Paolo  HI  d'istituire 
in  JJonia    il     lribun.de    dell'  hiipiisizione  ,    e  il 
primo  ancora  che  in  essa  cillà  facesse  litbbricav 


AN\0    MDLtX  Gf3 

le  carceri  di  e>so  tribunale  ,  con  eleggere  al- 
cuni cardinali  che  coiioscessoro  le  cause  d'e- 
resia. Perciò  poco  si  stette  a  veder  piene  di 
f[ente  quelle  prigioni.  Dapertutto  erano  spie  , 
facili  le  accuse  ,  e  bastavano  i  sospetti  perchè 
si  venisse  alla  cattnra.  Nò  ardiva  alcuno  di 
parlare  di  qut;l  soverchio  rigore  ,  né  di  racco- 
inanlare,  per  paura  d'  essere  preso  per  fautore 
d'eretici.  Gli  stessi  porporati  tremavano  per 
l'esempio  del  cardinal  Morone.  Tanto  più  an- 
cora crebbero  i  lamenti  ,  perchè  da  quel  tri- 
bunale si  cominciò  a  procedere  anche  per  in- 
quisizione centra  delitti  non  [)ertinenti  alla  re- 
ligione ,  e  soliti  a  decidersi  da  i  giudici  ordinarj, 
bastando  le  accuse  segrete.  Questa  novità  mise 
di  mal  umore  il  popolo  di  Roma ,  non  av- 
vezzo a  tanta  severità  ,  parendo  loro  che  in 
tutto  questo  apparisse  soverchia  indiscretezza  , 
e  ninno  ,  per  innocente  che  fosse  ,  potesse  te- 
nersi sicuro.  Pubblicò  in  oltre  il  pontefice  in 
quest'anno  a  dì  i5  di  febbraio  una  fulminante 
Bolla  centra  de'  Cattolici  che  cadessero  in  ere- 
sia, confermando  le  pene  già  imposte  da  altri, 
colla  g'unta  d' ali  re  maggiori,  stendendole  a 
qualsivoglia  grado  di  persone,  e  né  pure  esen- 
tando gli  stessi  sommi  pontefici  :  punto  che 
ben  esaminato  può  cagionar  del  ribrezzo,  se 
non  anche  dell'orrore.  Per  altro,  negar  non 
si  può ,  erano  in  questi  tempi  in  gran  voga  le 
eresie  oltramontane,  e  serpegiiiavano  per  tutte 
le  Provincie  cattoliche,  di  modo  che  la  stessa 
Italia  non  fu  interamente  intatta  da  quel  ve- 
leno. Il  perchè  a  i  pastori  della  Chiesa  coa- 
veniva    di    star    più  che    mai  all'  erta ,    e    di 


644  ANNAU    n    ITALIA 

adoperar    del    rigore ,    il    quale    allora    è  sola- 
menti    biasimevole  che  passa  in  eccesso. 

Trattavasi  alla  gagliarda  di  pace  ollramonti  , 
e  primieramente    Arrigo    II    re   di  Francia  dal 
canto  suo  ,  e  Maria  Stuarda    regina  di  Scozia  , 
moglie    di    Francesco    Delfino    di    Francia ,  la 
conchiusero    nel  dì  2  d' aprile  con  Elisabetta , 
riconosciuta  da  essi  per   regina    d' Inghilterra  , 
facendo    per    bene    de^  loro    Stati     ciò    che    il 
pontefice  non  avea  saputo  fare  per  bene  della 
religione.    Le    particolarità    di   tal  concordia  si 
possono  leggere  ne  gli  strumenti  rapportati  dal 
Dii-Mout  (i  ).  Nel  susseguente  giorno  3  d'aprile 
fu  medesiniamente  stipulata  la  pace  fra  esso  re 
di  Francia  e  Filippo  II  re  di  Spagna  ,  per  cui 
seguì  il  liialrimonio  di  Elisabetta    figlia    del  re 
Ci  istianissimo    col    re    Cattolico ,    e   V  altro    di 
Margherita    sorella  del  re  Anigo  suddetto  con 
Eunuaniiel  Filiberto  duca    di    Savoia.    Detesta- 
rono i  Franzesi  una    tal    pace,    tenendola  ))er 
vergognosa  e  pregiudiziale  a  i  diritti  della  co- 
rona. Vantaggiosa  per  lo  contrario  riuscì  al  duca 
di   Savoia  ;  se  non  che  que'  gran  politici  d'  al- 
lora aveano  per  uso  di  lasciai-  nelle  concordie 
S("m|)re  qualclie  coda  e  seme  di  discordia.  Cioè 
fu    bene    accordala    la    reslitiizion    pacifica    ad 
esso  duca  della  Savoia ,    del    Piemonte  ,    e   di 
tutti    gli     altri  .suoi  Stati  ,  ma  con  volere  il  re 
di    Francia    ritenere    per    tre    anni  avvenire  il 
possesso  di  Torino,  Cliieri ,   Pinerolo,  Civa.sco 
e  Villanuova    d' Asti  ,  allineile    si    ventilassero 
in  quel  mentre  i  diritti  prelesi  dal  re  per  Luigia 

(i)  Du-Mont  Corps  Dijiioniut. 


ANSO    M!)UX  G45 

avola  sua  :  il  che  ora  un  accordar  colle  parole 
e  iiepar  co  i  fatti  la  restituzione  intera  di  que- 
gli Stati.  E  forse  confidavano  i  Franzesi  di 
trovare  ragioni  o  pretesti  per  non  restituire  né 
pur  dopo  quel  tempo  le  piazze  suddette.  Aveano 
anche  promessa  i  medesimi  a  gì'  Inglesi  la  re- 
stituzion  di  Cales  fra  otto  anni ,  e  pure  in  lor 
cuore  pensavano  di  ritener  per  sempre  quella 
città.  Per  altro  al  duca  fu  dato  il  libero  pos- 
sesso e  dominio  della  Savoia  e  de'  restanti 
luoghi  del  Piemonte.  Profittò  parimente  d'  essa 
pace  Cosimo  duca  di  Firenze  5  perciocché  in 
vigor  della  medesima  i  Franzesi  rinunziarono 
alla  protezion  de'  Sanesi  fuorusciti  dalla  lor  pa- 
tria ed  abitanti  in  Montalciuo  ,  e  a  tulli  i  luo- 
ghi da  lor  posseduti  in  quella  contrada  ,  e  se 
n'  andarono  con  Dio.  Abbandonati  in  tal  guisa 
que' Sanesi,  e  trovandosi  impotenti  a  cozzar  colle 
forze  del  duca  di  Firenze  ,  a  lui  in  fine  si  sot- 
tomisero :  con  che  tutte  le  dipendenze  di  Siena 
vennero  in  potere  di  lui ,  ecceltochè  i  porti 
della  Maremma  ,  che  il  re  di  Spagna  dianzi 
avea  riservati  alla  sua  corona.  Sul  fine  poi 
d'  agosto  il  re  Filippo  dopo  avere  restituita  la 
quiete  a  i  Fiam!ninn;hi ,  e  lasciato  il  governo 
di  que' paesi  a  Margherita  duchessa  di  Parma 
e  sorella  sua  ,  andò  ad  imbarcarsi ,  e  con  una 
numerosa  flotta  di  vascelli  se  ne  ritornò  in 
Ispagna. 

Alla  pace  suddetta  con  segni  immensi  di 
giubilo  fecero  plauso  tutti  i  popoli  cristiani  r 
ma  da  Parigi  spezialmente  si  lasciò  la  hritrlia 
all'  allegria  per  h  due  matrimonj  suddetti  della 
figlia    e    sorella    del  re    Arrigo  li.    Fra  l' altie 


646  ANNALI    d'  ITALIA 

solenni  feste  il  re  stesso  accompagnato  da  donno 
Alfonso  d'  Este  ,  principe  ereditario  di  Fena- 
ra ,  da  Francesco  duca  di  Lorena  e  da  Jacopo 
duca  di  Nemoius  ,  volle  per  tre  giorni  mante- 
nere una  giostra  ,  esercizio  cavalleresco ,  di 
cui  egli  sommamente  si  dilettava.  Ne'  due  primi 
giorni  riportò  egli  il  premio  della  vittoria  ,  e 
nel  terzo  avea  fatto  lo  stesso  ;  quando  non 
peranche  sazio  di  rompere  lancie ,  forzò  il  ca- 
pitan delle  sue  guardie  ,  chiamato  Orges ,  o 
pure  Gabriello  signor  di  Mongomery  Scozzese, 
a  correre  conlra  di  lui.  Ruppesi  l' asta  dello 
Scozzese  in  a  arie  scheggie  ;  e  siccome  il  re  al 
dispetto  delle  preghiere  de'  suoi  più  cari  non 
avea  voluto  allacciar  la  visiera  dell'  elmetto , 
così  avvenne  che  mia  di  quelle  scheggie  andò 
a  conficcarsegli  sopra  1'  occhio  destro ,  con  pe- 
netrare sino  al  cervello  ;  lagrimevole  spettaco- 
lo ,  accaduto  alla  presenza  di  Catterina  dei 
Medici  regina  sua  moglie,  de'  principi  suoi 
figliuoli  e  di  un  gian  teatro  di  nobillà.  Dalla 
grave  ferita  nacque  un  interno  apostema ,  per 
cui  egli  tratto  fu  a  morte  nel  dì  io  di  luglio, 
con  estremo  cordoglio  di  tutti  i  suoi  popoli. 
A  lui  succedette  noi  regno  Francesco  II  suo 
primogenito,  in  età  allora  di  sedici  anni:  età 
non  peianclie  abile  al  governo  ,  né  a  tenere 
in  freno  l' anibi/iouc  de'  t;ran<li  ,  nò  a  repri- 
mere r  ardire  dell'  eiesin  ('alviniaua  ,  che  gi^ 
avea  cominciato  a  prendere  gi'an  piede  in 
quelle  parti.  Pciò  sotto  di  Ini  ebbe  principio 
la  ci\  ile  discordia  ,  madie  di  tante  guerie  che 
j)er  assaissinii  anni  dipoi  lacerarono  (piel  n(iJ)i- 
lissimo  regno,  e  diedeio  lomento  all'eresia 
clie  scnprc  piiì  si  dilatò. 


A.NJiO    MBLIX  647 

Anche  in  Italia  venne  a  morie  nel  presente 
anno    papa  Paolo  IV.  Era    egli    pervenuto    al- 
l' età  di  ottanta  quattro  anni,  colla  mente  non- 
dimeno sempre    vegeta  e  senipre    applicata    al 
governo.  Ma  si  cominciò  ad  unire  colla  decre- 
pitezza l' idropisia.    Durava    in  lui  un  continuo 
affanno    per    le    iniquità    conmiesse    da    i  suoi 
nipoti  non  meno  in  Roma  ,    clie    per    tutto  lo 
Stato    della  Chiesa  ,  e  che  di  mano   in    mano 
egli  andava  intendendo  per  li  ricorsi  di  chiun- 
que era  stato  offeso ,    giacché    s'  era    aperta  la 
porta  alle  dogUanze  di  ognuno.  Avviso  in  fine 
gli  giunse  che  il  conte  di  Montorio  ,    il    quale 
tuttavia  si  facea  chiamare  Duca  di  Palliano  ,  e 
stava  relegato  a  Gallese ,    avea    fatto    uccidere 
la  duchessa  sua  moglie    gravida ,    per    sospetti 
d'  indecente    commercio    d'  essa    con    Martino 
Capece ,  ancorché  questi  ,  o  pugnalalo ,  o  fatto 
morir  nel  tormento  della  corda  ,    ed  ella  pari- 
mente protestassero  la  loro  innocenza ,  ed  ap- 
pellassero al  tiihunale  di  Dio.  Risaputa    questa 
crudeltà  dall'  infermo  pontefice  ,  fu  creduto  che 
accelerasse   la    per    altro    vicina    morte.    Ma  il 
cardinal  Pallavicino  ,  che   cita    il    processo  ,  ci 
fa  sapere  succeduta  1'  uccision  della  moglie  nella 
Sede  vacante.   Morì    egli    nel  dì   18    d'agosto, 
(  r  inscrizione  posta  al  sepolcro  suo  il  fa  morto 
nel    dì    i5    d' e.sso    mese,    contro  la  testimo- 
nianza de  gli  autori   contemporanei  )    lasciando 
la   memoria  sua   non    già    in    desiderio ,  ma  in 
ahborrimcnto  pel  suo  governo ,  a  cui  la  gente 
dava  il  nome  di  Tirannico.    Abbiamo    la    Vita 
di  lui ,  scritta  da  i   padri  Antonio    Caracciolo  , 
Silos j  Castaldi ,  Oldoino  ,  per  tacer  d'altri,  che 


64S  ANNALI    d' ITALIA 

ci  rappresenlarono  in  profilo  il  di  lui  volto , 
con  farci  vedere  tutto  il  bello  de'  suoi  pregi 
dall'  una  parte ,  e  lasciando  ascoso  il  difettoso 
dair  altra.  Con  pennello  più  giusto  formarono 
il  di  lui  ritratto  Onofrio  Panvinio  ,  Manibrino 
Roseo  e  il  cardinal  Pallavicino,  a' quali  rimetto 
il  lettore.  A  me  basteià  di  dire  che  non  man- 
carono belle  doti  e  virtù  a  questo  sì  religioso 
e  zelante  pontefice  ,  ma  eh'  esse  rimasero  of- 
fuscale dal  troppo  odio  eh'  egli  portò  a  gli 
Spaglinoli  e  all'  Augusta  casa  d'  Austria  ,  e  dal 
troppo  amore  verso  de'  proprj  nipoti.  Il  suo 
gran  fuoco  congiunto  con  un'  alta  stima  di  se 
medesimo  non  gli  lasciavano  quasi  mai  cogliere 
il  punto  di  mezzo  fra  il  difetto  e  l'eccesso-,  e 
però  anche  nelle  belle  azioni  di  lui  si  desiderò 
sovente  la  moderazione  ,  si  trovò  soverchio  il 
rigore  ,  dal  quale  si  scostaiono  dipoi  i  saggi 
suoi  successori ,  conoscendo  che  la  troppa  se- 
verità rende  odiosa  la  stessa  religione  ,  e  che 
all'  incontro  le  fa  decoro  la  clemenza  adope- 
rata a  luogo  e  tempo. 

Qual  fosse  intanto  1'  animo  del  popolo  ro- 
mano verso  di  questo  pontefice,  poco  si  stette 
a  conoscerlo.  Era  egli  tuttavia  in  vita  ,  ma 
vita  ridotta  agli  estremi  ,  «(uando  esso  popolo 
si  mosse  a  furore ,  attizzato  anche  <la  alcuni 
grandi  che  maggiormente  si  teneano  per  otVesi 
dal  papa.  Corsero  costoio  alle  carceri  pubbli- 
che, ne  trassero  i  prigioni,  che  erano  da  quat- 
trocento. Data  indi  volta  a  Uipella ,  dove  era 
il  palazxo  della  sacra  In(|uisizione  ,  e  rimesso 
in  libertà  <liiun(jiu'  i\i  si  trovava  dctennlo  pii- 
gionc  (e  moltissimi  ve  n  erano  da  lunghissin.o 


ANNO    MPI-IX  6.fc) 

tempo  né  pure  esaniiiiati)  ,  bruciarono  lutti  i 
processi  .  e  in  ultimo  una  parte  del  palazzo 
stesso.  Dio  preservò  in  quella  congiuntura  il 
cardinale  Alessandrino  Ghislieri  ,  capo  d'  essa 
Inquisizione,  per  farne  poi  lui  pontefice  degno 
d'  essere  onoralo  su  i  sacii  allan.  Se  non  ac- 
correvano Marcantonio  Colonna  e  Giuliano  Ce- 
sarini  al  convento  de'  Duuienicani  alla  Miner- 
va .  e  non  fermavano  la  pazza  furia  del  popolo 
sdegnato  conlra  di  que'  religiosi ,  anch'  esso 
verisiniilniente  soggiaceva  a  g^a^issimi  insulti. 
Quindi  passò  quel  torrente  al  Campidoglio , 
dove  restò  atterrala  e  rotta  la  statua  creila  ivi 
in  onor  del  pontefice  ,  e  ne  fu  strascinato  il 
capo  per  la  cillà.  Ma  quel  che  vie  più  diede  a 
divedere  il  pubblico  odio  ,  fu  uìì  bando  pub- 
blicato dallo  stesso  senato  romano ,  che  si  do- 
vessero cancellare  ed  abbattere  tulle  le  memo- 
rie de'  Caralì'eschi  :  il  che  in  poche  ore  fu 
eseguito.  Dodici  giorni  dopo  la  morte  del  papa 
restò  calmato  ogni  movimento  del  popolo  per 
cura  de'  cardinali  e  de'  nobili  più  saggi.  Mar-* 
caiitonio  Co'onna  in  tal  congiuntura  ricuperò 
Palhano  ,  e  Gian-Francesco  da  Ba^no  tentò  di 
riavere  il  suo  marchesato  di  Montebello.  Ter- 
minate le  esequie  del  defunto  pontefice  e  pa- 
cificata Roma ,  nel  dì  5  di  scltembre  si  chiu- 
sero in  conclave  i  cardinali  ,  dando  principio 
alle  loro  battaglie  per  l'  elezione  di  un  altro. 
Nobil  risoluzione  falla  da  loro  ,  e  autenticata 
da  giuramento  ,  fu  quella  con  cui  si  obbligò 
chiunque  riuscisse  papa  di  riaprire  il  concilio 
generale,  e  di  levar  dalla  Chiesa  gli  abusi  e  le 
corruttele  introdotte  dalla  negUgeiiza  o  malvagità 


65o  ANNAU    d'  ITALIA 

de'  secoli  barbarici  :  al  che  con  tutto  il  suo 
zelo  s' era  poco  applicato  il  precedente  pon- 
tefice. Durarono  le  dispute  de'  porporati  sino 
alla  notte  precedente  il  santo  giorno  del  Na- 
tale del  Signore ,  in  cui  restò  concordemente 
eletto  Giovanni  Angelo  de'  Medici ,  cardinale 
di  Santa  Prisca  ,  il  qual  prese  il  nome  di 
Pio  IV.  Di  lui  parleremo  all'  anno  seguente. 
Venne  a  morte  ancora  in  quest'  anno  a  dì  3 
di  ottobre  Ercole  II ,  duca  di  Ferrara  .  le  cui 
virtià  e  gloriose  azioni  furono  da  me  accennate 
nelle  Anlichità  Estensi  (i).  Trovavasi  allora 
alla  corte  del  re  di  Francia  don  Alfonso  pri- 
mogenito suo  ,  e  non  sì  tosto  ebbe  intesa  la 
morte  del  padre  ,  che  preso  congedo  dal  re 
Francesco  II ,  andò  ad  imbarcarsi  a  Marsiglia  , 
e  giunto  a  Livorno,  j^assò  ilipoi  a  Ferrara  , 
dove  nel  dì  26  di  noveni])re  lece  la  sua  so- 
lenne entrata  iia  le  giulive  acclamazioni  del 
popolo  suo.  Finì  in  oltre  i  suoi  giorni  nel 
dì  l'j  di  agosto  Lorenzo  de'  Priuli  doge  di 
Venezia ,  a  cui  nel  dì  primo  di  settembre 
fu  sostituito  Girolamo  de'  Priuli  suo  fratello 

Anno  di  Giusto    i56o.  Indizione  IH. 
di  Pio  IV  papa   2. 
di  FtuD INANDO  I  ìmperadore  3. 

Aveano  abbastanza  imparalo  i  cardinali  che 
pensioni  l'orlassc  seco  il  c()l!ocaiT  nella  calte- 
dra  di  San  Pietro  de' cervelli  bizzarri  e  delle 
leste  tropjio  calde;  e   però  n\eano  ccMcato  nel- 

(i)  Anlkliità  Estensi  P.  JI 


Anko  Mm.x  65 1 

r  ultimo  conclave  di  cime  alla  Cliicja  di  Dio 
un  poutedce  di  natura  mansueta ,  e  dotato 
d'  una  placida  e  bcnii^na  saviezza.  Per  tale  fu 
riconosciuto  il  cardinal  de'  Medici,  divenuto 
Pio  IV,  personaggio  esperto  de  gli  affari  del 
mondo  ,  amante  de'  letterati  e  di  tutte  le  per- 
sone di  merito,  limosiniere  ,  e  d  altri  b(  i  pregi 
ornato.  Era  egli  di  naz'on  Milanese,  di  fami- 
glia onorata ,  ma  non  cos|)icua.  I  suoi  studj  e 
le  sue  virtù  1'  aveano  condotto  a  poco  a  poco 
alle  prime  dignità,  e  a  ciò  contribuì  ancora  il 
gran  credilo  in  cui  era  salito  suo  fratello  ,  cioè 
Gian-Giacomo  de'  Medici  marchese  di  Mari- 
gnano  ,  giunto  ad  essere ,  siccome  abbiam  ve- 
duto ,  uno  de' più  valorosi  condottieri  d'armi 
in  Italia.  Diede  egli  principio  al  lodevolissinio 
suo  pontificato  colfannullare ,  col  correggere 
o  mitigare  varj  dei-reti  ed  atti  del  precedente 
inesorabile  e  rigido  papa.  Avea  fin  qui  il  pon^ 
tefice  Paolo  IV  ostinatamente,  e  non  senza 
scandalo  ,  ricusato  di'  riconoscere  per  impera- 
dore  FerdinaTido  I  Austriaco  ,  e  di  ricevere  i 
suoi  ministri  in  tale  qui'  là.  Fu  sollecito  Pio  IV 
ad  ammettere  il  suo  ambasciatore,  e  a  ristabi- 
lire la  buona  armonia  fra  la  santa  Sede  e 
l'Augusto  monarca.  Alle  preghiere  ancora  de  i 
cardinali  perdonò  al  j)opolo  romano  il  tras- 
corso della  passata  sedizione ,  purché  si  rifa- 
cesseio  i  danni.  Nel  dì  3i  di  «ennaio  fece  la 
promozione  di  tre  cardinali  ,  cioè  di  Gian-An- 
tonio Serbcllonc  .suo  parente,  jìcrchè  di  tal 
famiglia  lu  la  madre  sua  ;  di  Giovanni  de  J 
Medici  ,  figlio  di  Cosimo  duca  di  Firenze  ;  e 
di  Carlo  della     noLiI  casa  de'  conti  Borroniei  , 


6f?3  ANNALI    d' ITALIA 

figlio  del  conte  Giberto  e  di  Marglierita  sim 
sorella ,  che  gioviiu'tto  camminava  già  a  gran 
passi  alla  santità.  Per  due  continui  anni  avea 
penato  nelle  carceri  Giovanni  cardinal  Morone, 
uno  de'  più  insigni  porporati  d'  allora  ,  per  so- 
spetti d'  eresia  ,  che  erano  troppo  alla  moda 
in  que'  tempi  ;  perchè  il  so'o  disapprovare  al- 
cun de'  veri  abusi  dominanti  allora  nelle  vie 
della  pietà  e  della  disciplina  ecelesiastìca  ,  ba- 
stava per  far  sospettare  una  persona  zoppi- 
cante ancora  nella  credenza  de  i  dogmi ,  e  per 
trarla  alle  prigioni,  senza  che  poi  si  pensasse 
da  lì  innanzi  a  strigar  le  loro  cause  ,  non  per 
colpa  del  cardinal  («hlslieri  supremo  inquisito- 
re ,  ma  per  diletto  di  papa  Paolo  IV  ^  clic  non 
sapea  mai  credere  innocente  chiunque  ca)>itava 
in  quelle  carceri.  Ilestava  dunque  tuttavia  ac- 
ceso il  processo  foimato  contra  flel  Morone  ; 
ed  egli  non  volendo  grazia  ,  ma  severa  giusti-, 
zia  ,  fece  istanza  peicliè  fosse  deciso  nella  causa 
sua.  Ben  veiililala  (juesta  da  i  più  incorrotti 
cardinali  (  fra'  (piali  lo  slesso  Ghislieri  ,  che  fu 
poi  Pio  V  )  ,  emanò  di'creto  ,  con  dichiarare 
nullo,  iniquo  ed  ingiusto  il  processo  suddetto, 
e  con  assolvere  pieiianuMile  come  innocente  il 
Morone.  Pari  giustizia  fu  falla  ad  altri  non  po- 
chi ])roeessati  sotto  il  definito  ponlelice,  e 
spcaiaìuiente  ad  Egidio  F'oscherari  dell'  ordine 
de'  Predicatori  ,  Vt^scovo  di  Modena  e  litologo 
dottissimo  di  questi  tempi  ,  a  eui  <lel  pari  avea 
papa  Paolo  fitta  patire  la  prigionia  di  due  anni 
a  cagion  dell' amistà  chepassa\a  fra  il  Moroue 
e  lui. 

Atteso    il  naturale    del    novello    pontefice  , 


ANNO    MDLX  053 

inclinaute     sempre  alla  benignità  e    clemenza  , 
ninno  si  sarebbe  avvisato  di  vedere  una  severa 
giustizia  da  lui  cominciata  nel  presente  anno  e 
terminata  nA  seguente.  Brevemente   in  un  fiato 
accennerò  io  questo  Auto,  per  cui  tu  un  gran 
dire  allora  in  tutta  la  Cristianità.   Nel  dì  "j  di 
giugno  fece   papa     Pio  1\  carcerare  i   cardinali 
Carlo  Caraffa  ed  Allònso  Caraffa,  il   primo  ni- 
pote e   1  altro    pronipote    di  Paolo    IN .  Simil- 
mente furono  presi  Giovanni    Caraffa  conte  di 
INJontorio  appellalo  duca  di  Palliano  ,  e  nipote» 
del  suddetto  papa  ,  e  il  conte  di  Alifc  e  Leo- 
nardo di  Cardine  ,  uccisori  della  moglie  di  esso 
duca.  Furono   fatti     rigoiosi  processi  contra  di 
loro,  tanto  per  quell'omicidio,   quanto  per  al- 
tre iniquità,  o  vere  o  pielese,  commesse  da  i 
due  fratelli   Carafli    nel    tempo  del  loro  nepo- 
tismo ,  con  varj   inganni  che  si  direano  da  lor 
fatti  al  pontefice     zio.  e  gravissimi    danni     ca- 
gionati per  la  loro  ambizione    e    prepotenza  a 
Roma  e  a  tutto  lo  Stato  Ecclesiastico.  Furono 
deputali     cardinali    al    processo    de  i  due  loro 
colleghi ,  e  data  al    governatore  di  Roma  1'  in- 
cumbenza  di  formar  quello  del  conte  di  IMon- 
torio  e  de'  suoi  complici.  Duiò  questa  criminal 
procedura  sino  al  di  3  di  marzo  dell' aiuio  se- 
guente ,  in    cui  si    tenne    concistoro  ;    e  quivi 
fu  lelto  il  processo  intero  contra  del  c;irdinale 
Carlo  Caraffa  :  lettura  che    durò  otto  ore.  Per 
lui  interposero  tutti  i  cardinali   le  lor  preghie- 
re ,  ma  senza  poter     imjiedire    la    sentenza  di 
morte.  Però  nella    notte  seguente  fu    e  sso  car- 
dinale strangolato  in    prigione  ,    e  nello  stvsso 
tempo  nello  «carceri  di  Toiredinona    decapitalo 


654  ANNAU    d'  ITALIA 

il  (luca  di  Palliano  col  conte  d'Alife  e  Leo- 
nardo di  Cardine.  Confessa  il  Panvinio  d'  aver 
inteso  dalla  bocca  del  medesimo  Pio  IV  ,  ch'e- 
gli si  lasciò  trarre  a  questa  giustizia  di  malis- 
sima  voglia  ,  e  clie  io  tutta  la  vita  sua  non 
gli  era  avvenuta  mai  cosa  tanto  disgustosa  e 
liig  ibre  ,  quanto  qucd  giudizio  ;  con  a^giuguere 
nondimeno  d'aver  egli  credulo  necessario  che 
si  desse  a  i  parenti  de'  futuri  ponteiici  esem- 
pio ,  aftinché  non  si  abusasser'j  della  lor  gra- 
zia ed  autorità.  Il  g  ovaue  cjrdin.ile  Alfonso 
CaialFi  ,  sici-ome  innocente  e  dabljene,  fa  ri- 
messo in  libt-rtà,  e  solamente  con.iennato  a  pa- 
gare cento  mila  scudi  pernii  preteso  risarcimento 
alla  camera  apostolica;  e  tal  pena  fa  anche 
dipoi  mitigata.  Ma  in  que'  tempi  la  g'^nte  ac- 
corta ben  s'avvidiHche  non  dal  genio  clemente 
di  papa  Pio  era  proce  luta  sì  rigoiosa  giustizia 
contra  de'  Caraffeschi  ,  mi  sì  bene  da  i  segreti 
gagliardi  impulsi  della  corte  di  Sp.igna  ,  a  cui 
per  varj  riguardi  era  molto  tenuto  lo  stesso 
pontclìce. 

Il  cardinal  Pallavicino ,  che  meglio  degli  altri 
pescò  in  questa  materia  ,  fece  conoscere  a  noi 
le  arcane  ruoto  di  sì  strepitoso  avvenimento. 
La  politica  più  fina  del  simulare  e  dissimulare 
fu  osservata  assai  familiare  in  Filippo  II  re  di 
Spagna.  Gli  stava  sempre  sul  cuore  quanto  avean 
operalo  i  Caralll  contra  di  hii,  e  Tessersi  eglino 
vantati  di  volergli  torre  il  regno  di  Napoli. 
Contuttociò  non  la.sciava  di  usar  con  loro  delle 
grazie  e  linezze  ,  e  in  questi  medesimi  tempi 
decretò  al  cardinale  e  al  fratello  delle  ricom- 
pense pel  perduto  ducato  di  Palliano.  Fu  creduto 


ANNO  Mm.x  655 

da  alcuni ,  che  sul  princrpio  il  papa  credendo 
il  re  ben  affezionato  a  i  Caradi ,  per  quanto 
gliene  diceva  V  ambasciatore  di  vSpagna  ,  li  fa- 
vorisse anch'  egli  alla  corte  di  Madrid  ;  e  che 
air  incontro  il  re  tenendo  i  CaralTi  per  protetti 
dal  papa ,  anch'  egli  s' inducesse  a  far  loro  delle 
grazie.  Ma  o  sia  che  tale  inganno  cessasse  ,  o 
che  sempre  in  Ispagna  si  lavoiasse  di  finzione^ 
la  verità  si  è,  che  il  re  Cattolico  segretamente 
niaileggiò  la  rovina  loro  ,  e  con  forza  spinse  il 
pontefice  ad  eseguir  quello  che  il  mansueto 
animo  d' esso  papa  non  avrebbe  mai  fatto.  II 
bello  poi  fu  ,  che  sotto  papa  Pio  V ,  creatura 
di  Paolo  IV ,  per  le  istanze  di  Antonio  mar- 
chese di  Montebclio  e  di  Diomede  CaralTI  , 
1'  un  fratello  e  l' altro  figlio  dell'  estinto  duca  di 
Palliano  ,  fu  riveduta  questa  causa  in  Roma  ,  e 
deciso  che  non  meno  il  cardinale  Carlo  che 
esso  duca  di  Palliano  erano  stati  iniquamente  ed 
ingiustamente  condennati;  e  per  pruova  di  questo 
tagliala  fu  la  testa  ad  Alessantlro  Pallentieri, 
stato  fabbricator  del  processo  centra  d'essi  Ca- 
raffeschi ,  alla  memoria  de' quali  e  de' loro  eredi 
fu  restituito  l' onore  e  la  buona  fama.  E  così 
vanno  le  vicende  e  peripezie  umane ,  regolate 
dalle  (hverse  passioni  de  gli  uomini.  Noi  dobI)iamo 
augurarci  che  sia  esente  da  questi  uiterni  man- 
tici chi  si  mette  a  giudicar  della  vita ,  della 
roba  e  dell'  onore  altrui  ;  e  che  questi  tali  ,  ad 
imitazione  di  Dio  ,  più  inclinino  alla  clemenza 
che  al  rigore ,  se  pure  il  bene  della  repubblica 
non  esige  altrimenti. 

Al    pontefice    Pio  IV    non    restavano    nipoti 
maschi    legittimi    di    sua    famiglia   ,    perchè    il 


65(5  A^NAr,l    d'  ITALIA 

marcliese  eli  ^Jarignano  suo  fratello  niiin  ci'  essi 
avea  lasciato  ;  e  sebben  v'  era  un  di  lui  figlio 
iiatuiale  ,  appellato  Camillo  ,  il  papa  parca  che 
non  se  ne  prendesse  gran  cura.  Rivolse  dunque 
il  suo  amore  a  i  figli  della  sorella ,  cioè  a  i 
conti  Borroniei ,  illustri  e  polenti  signori  ,  che 
da  gran  tempo  possedevano  Arona,  ed  assaissime 
altr:'  terre  e  castella  sul  Lago  Maggiore.  Questi 
erano  il  conte  Federigo  e  Carlo ,  da  lui  promosso 
alla  sacra  porpora.  Avvezzi  i  Romani  a  mirare 
quanto  potesse  il  nepotismo  ne' passati  pontefici, 
e  come  fosse  divenuto,  massimamente  in  questi 
ultimi  tem|)i ,  quasi  il  principale  impiego  de  i 
successori  di  S.  Pietro  l'innalzamento  de' parenti 
a' gradi  piincipeschi  •  si  aspt'ttavano  una  simile 
scena  sotto  Pio  IV.  Ma  il  buon  pontefice  ,  che 
intendeva  meglio  d'alcuni  suoi  predecessori  l'im- 
portante ufizio  della  siibhuie  sua  dignità,  si 
comportò  con  molla  moderazione  nell'amor  de  i 
suoi ,  e  nulla  operò  che  fosse  suggello  alla  giusta 
censura  de'  saggi,  Ei  asi  molto  prima  tratlnlo  il 
matrimonio  di  Virginia  figlia  del  duca  d'Urbino 
col  suddetto  conte  F^ederigo;  e  questo  si  eseguì, 
con  celebrarsi  siuituosissime  nozze  in  Urbiro  e 
poscia  in  Roma  :  il  che  riuscì  (h  giubilo  uni- 
versale del  popolo.  .Marilò  ancora  Camilla  Bor- 
romea  sorella  di  f-sso  conte  in  Cesare  duca  di 
Guastalla ,  Ariano  e  Molfclla  ,  figlio  del  fu  don 
Ferrante  Gonzaga,  e  un'altra  in  Fabrizio  Gesualdo 
figlio  del  conte  di  Conza  ;  e  con  ciò  si  raddop- 
piarono le  allegrezze  in  Roma.  Spezialmente  fece  il 
pontefice  couìparire  il  suo  amore  verso  il  car- 
dinale Carlo  Borromeo  suo  nipote,  a  cui  diede 
la  carica  di  so^jielaiiu  di  Sliilo  ,    o  la  Ic^uiioi»  ■ 


AWNO     MPIX  657 

di  Romagna  e  Bologna.  Ma  questo  nipote  ,  an- 
corché di  soli  ventiliè  anni  (  tanta  era  la  sua 
prudenza,  tanta  T  illibatezza  de' suoi  costumi), 
non  serviva  che  alla  vera  gloria  del  papa,  per- 
chè unicamente  intento  al  bene  della  Chiesa  e 
del  pubblico ,  e  manteneva  una  scelta  famiglia 
di  persone  raccomandate  dalla  virtù  e  dalla 
letteratura  ;  di  maniera  che  col  tempo  fu  chia- 
mata la  di  lui  casa  un  seminario  di  cardinali  e 
vescovi  egregi.  Però  al  popolo  romano,  dopo 
essere  stato  in  tanta  malinconia  e  tremore  sotto 
il  tetro  governo  di  Paolo  IV,  parca  d'ess-ere 
rinato  ,  trovandosi  tutto  in  feste  sotto  il  dolce 
di  Pio  IV  (  a  cui  diceano  che  bene  stava  il 
nome  di  Angelo  ) ,  e  regolato  da  sì  discreti  e 
saggi  ministri.  Delle  premure  di  questo  buon 
pontefice  per  rimettere  in  piedi  il  da  tanto 
tempo  interrotto  concilio  di  Trento ,  parleremo 
all'  anno  seguente. 

Compiè  in  quest'  anno  Alfonso  II  duca  di 
Ferrara  il  suo  matrimonio  con  donna  Lucrezia 
de'  Medici  figlia  del  duca  Cosimo  5  e  questa 
principessa  con  suntuoso  accompagnamento  di 
principi  e  nobili  fece  l'entrata  sua  in  Ferrara 
nel  dì  17  di  febbraio.  Ma  da  quella  città  nel 
dì  a  di  settembre  fece  partenza  la  duchessa 
Kenea  ,  figlia  di  Lodovico  Wl  re  di  Francia  e 
madre  <li  esso  duca  Alfonso.  E  il  motivo  fu , 
perdi'  ella  da  gran  tempo  infetta  dell'  eresia  di 
Calvino ,  per  quanto  si  facesse  e  dicesse  ,  non 
volle  mai  rimettersi  sul  buon  cammino.  Quale 
ella  andò ,  tale  anche  morì  :  del  che  ho  io 
sufficientemente  parlato  nelle  Antichità  Estensi. 
Era  venuto  di  Fiandra  nell'anno  precedente 
Muratori,  y/nn.   Fol.  XIV.  4* 


638  ANNALI    D' 'ITALIA 

Emniamiel  Filiberto  duca  di  Savoia ,  a  rallegrar 
sé  stesso  e  i  suoi  sudditi  colla  visita  de  gli  Slati 
a  lui  restituiti  da'  Franzesi  e  Spagnuoli.  Fu  ini 
questi  tempi  eh'  ej;li  istituì  in  Mondo\  ì  un'  uni- 
versità per  le  scienze,  dove  cJiiamò  de' più 
accreditati  uomini  dotti  che  s'  avesse  l' Italia. 
Trovavasi  questo  principe  sul  fine  di  maggio  in 
Villafranca  ,  quando  Occhiali  rinegato  Calabrese, 
€  famoso  corsale  d'Algieri ,  con  una  squadra  di 
galeotte  ,  dopo  aver  saccheggiala  Tagia  e  bru- 
ciata Roccabruna  del  signor  di  Monaco,  arrivò  a 
Villafranca  stessa  ,  e  mise  le  sue  genti  a  terra. 
Spedì  tosto  il  duca  a  Nizza  per  aver  soccorso, 
e  intanto  animosamente  uscito  della  terra  co  i 
suoi  cortigiani  con  poco  più  (h  trecento  archi- 
bugieri inesperti  ,  raccolti  in  quel  subitaneo  bi- 
sogno,  andò  contra  de' Barbali.  Ma  non  sì  tosto 
furono  i  suoi  a  fronte  de  gh  Algerini  superiori  di 
gente  ,  che  atterriti  dal  loro  aspetto  ,  e  da  gli 
urH  e  gridi  ne' quah  prorupjero,  diedero  a 
gambe.  Si  tro\ò  il  duca  in  pericolo  della  vita, 
o  di  restar  prigione  ;  anzi  v'  ha  chi  scrive  che 
egli  (il  preso ,  ma  che  restò  liberato  da  due 
suoi  generosi  gentiluomini ,  con  perdervi  essi  la 
loro  vita.  Certo  è  che  il  duca  si  salvò  nella 
terra  ,  inseguito  sino  alle  porte  d' essa  da  que- 
gf  liifi-dtli.  Hestjuono  uccisi  circa  quaiaiila  de  i 
suoi  .soldati  ed  ahnuii  gentiluomini  di  sua  corte, 
ed  altri  falli  piigioiii  ,  per  riscattare  i  quah  gli 
Con\ ernie  pagaie  dnditi  iiiila  si-udi.  Il  tcn:i>rario 
coisaro ,  prima  di  renderli,  pretese  la  grazia  di 
poter  inchinare  la  duchessa  ,  figlia  di  Franc<!- 
sco  I  l'e  di  l'iancia.  r'ixigiiò  accoidaigliela.  Ma 
la  duchessa,  con  far  con  parirc  iu  sua  \cce    la 


ANNO    MDT.X  6,lf) 

iSua    dama    d' onore  ,    ebbe    la  soddisfazione  di 
punire  in  tal  maniera  la  temerità  di  costui. 

Pertossi  in  quest^anno  a  Roma  Cosimo  duca 
di   Firenze    colla    duchessa    sua    moglie,    e    fu 
magnificamente  alloggiato  nel  palazzo   pontilizio. 
Oltre  a  gli  altri  suoi  afl'ari ,  per  li  quali,  e  non 
per  sola  divozione,  imprese    quel    viaggio,    ot- 
tenne dal  sommo  pontefice  di  poter  fondare  un 
ordine    militare    di    cavalieri    sotto    il    nome    di 
Sauto  Stefano,  da  cui  non  sono  esclusi  i  coniu- 
gati.   Impetrò    ancora    che  Paolo  Giordano  Or- 
sino genero   suo  fosse  creato   duca  di  Bracciano. 
Giunse  al  fine  de'  suoi  giorni  nel  dì   25  di  no- 
vembre in  GenoN  a  Andrea  Doria ,    celebre    per 
tante  sue  azioni  e  viaggi  di  mare.  Poco  gli  man- 
cava a  compiere    Y  anno  novantesimo  quarto  di 
sua  età.  Prese  la  buoi>a  gente  per  un  presagio  di 
questa  perdita  un  tuibine    tenibile  di  venti ,   che 
alquanti  giorni  prima  recò  un'infinità    di   mali  a 
quelle  riviere  ,  portando  via  i  tetti ,  atterrando  case 
e  sradicando  le  più  grosse  quercie ,  con  istrage  di 
molte  persone  e  bestiami.  Troncò  eziandio  l'in- 
discreta morte  nel  flì  5  di  dicen)bre  il  filo  della 
vita  al  giovinetto  re  di  Francia  Francesco  II,  a 
cui  succedette  Carlo  IX  suo  fratello ,  ma  in  età 
troppo    tenera    ed    incapace    di    governo.    Che 
diavolerie ,    che    confiisioui    e  guerre   suscitasse 
da  lì  innanzi  in  quel  regno  la  crescente    eresia 
di  Calvino  e  1' ambizion  do"  grandi,  non  appar- 
tiene air  assunto  mio  il  nanario.  Accennerò  bensì, 
che  avendo  il  famoso  coi  sarò  Dragut    tolta    al- 
cuni ainii  prima  a  i  cavalieri  di  Malta  la  città  di 
Tripoli  in  Barberia  ,  ed  occupata    anche    V  isola 
delle  Gerbe  ^  Filippo    U    re    di    Spagna    mossQ 


66o  ANNALI    d' ITALIA 

dalle  preghiere  del  gran  mastro  ,  e  dal   deside- 
rio di  togliere  a'  Mori  que'  siti ,  siccome  nidi  ed 
asili  della  lor  pirateria  ,  fin    l' anno    precedente 
;>vea  rannata  una  potente  flotta  con  legni  e  sol- 
dati presi  da  Milano ,  Genova ,  Napoli  e  Sicilia. 
IMa  questa  da  venti  contrarj  trattenuta ,  non  potè 
se  non  nel  febbraio  di  quest'anno  far  vela  verso 
Barberia.    Da    molti    autori    si    truova    descritta 
queir  impresa  ,  ma  impresa  sommamente  sfortu- 
nata o  per  la  poco  buona  condotta  de'  capitani 
cristiani ,  o  per  la  contrarietà  della  stagione  ,  o 
per  la  perniciosa  qualità  di    quel    paese ,    man- 
cante d'  ac([ua  buona  e    piovvedulo    di    cattiva . 
presero  i  Cristiani  le  Gerbe  ,  ma  cotanto  anda- 
rono temporeggiando ,  che  in  soccorso  de'  Mori 
giunse  la  potente  annata  de'Turclii)  al  cui  arrivo 
atterriti  e  scompigliati  i  Cristiani,    non    attesero 
che  a  salvarsi.  Vennero  in  potere  de'  Musulmani 
moltissime  galee ,    migliaia  di    soldati    rimasero 
morti  nelle  na\  i ,  annegati  o  schiavi ,  e  il  forte 
delle  Gerbe  fu  forzato  a  rendersi  :  disavventure 
tutte    che  non  poca  afflissero    spezialmejite    chi 
avea  formate  delle    grandi    speranze  su  qucU'  ar- 
mamento tle'  Cristiani.   Oltre  a  ciò  ,  avvenutisi  i 
corsari  Algerini  in  tre  galee  del  duca  di  Firen- 
ze ,  ne  costrinsero  due  a  rompersi  in    Corsica , 
con  restar  preda  di  qucgl'  Infedeli. 

jinno  di  Giusto   i56i.   Indizione  If^. 
di  Pio  IV  papa  3. 
di  Feadinando  1  iiiipertidoiv  4- 

Avpano    le    guerre    de'  jiiccedenli    anni    fatto 
ces:>are  il  concilio  gcnculc  di  Iriulo.   Allurwhè 


ANNO    MDlXI  66 1 

parca  colla  tregua  de'  principi  cristiani  tornato 
il  tempo  di  li.tprirlo ,  Paolo  IV  mostrò  qual- 
die  velleità  di  acctidire  a  ({iiesto  importantis- 
simo affare,  ma  con  volere  esso  concilio  in 
Roma  nella  cliiesa  Lateranense  :  il  che  veniva 
a  finire  in  non  volerlo,  stante  1'  esij^ere  i  più 
de' principi  cattolici  un  luogo  libero,  e  fuori 
dello  Stato  Ecclesiastico,  per  quella  sacra  as- 
semblea. Sopravennero  poi  le  brighe  d"  esso 
papa  Paolo  con  gli  Spagnuoli,  né  più  si  par- 
lò, vive.'p  esso  poutelice,  di  rimettere  in  piedi 
il  concilio.  Seriamente  all'incontro  vi  pensò,  ap 
pena  eletto  papa,  lo  zelante  Pio  IV;  e  però  nel 
precedente  anno  si  affatictì  non  poco,  parte  con 
elFicaci  lettere,  e  parte  per  mrzzo  de' suoi  mi- 
nistri, per  riunir  gli  animi  de'  potentati  cattolici, 
affinchè  con  cori-esse  lO  co  i  lor  prelati  al  compi- 
mento di  opera  tanto  necessaria  alla  Chiesa  di 
Dio.  Trovò  egli  concordi  in  questo   desiderio  i 

firincipi ,  ma  discordi  nella  determinazione  del 
uogo  ,  j)roponendo  essi  altre  città  in  vece  di 
Trento.  Il  papa  sempre  insistendo  di  rinovare 
il  concilio  in  quella  città,  dove  era  nato,  fi- 
nalmente nel  dì  29  di  novembre  dell'  anno 
precedente  con  sua  Rolla  ne  intimò  il  riapri- 
mento  in  essa  città  di  Trento  ,  da  farsi  nel  so- 
lenne giorno  di  Pasqua  del  presente  anno. 
Dopo  aver  dunque  nel  dì  26  di  febbi-aio  di 
quesl'  anno  fatta  la  promozione  al  cardinalato 
di  alcuni  dignissirai  personaggi,  e  spezialmeule 
di  Stanislao  Osio  e  di  Girolamo  Seripando  , 
nel  dì  dieci  di  Tnarzo  destinò  cinque  legati  che 
dovessero  presiedere  al  concilio.  Ma  perchè  in- 
sorsero nuovi  motivi  di  ritardo  ,  e  con  troppa 


6^2  Annali  d'  itaua 

lentezza  comparivano  a  Trento  i  vescovi  :  perA 
fu  necessario  il  differir  sino  all'  anno  seguente 
la  prima   sessione. 

Più  che  mai  continuarono  i  corsari  affricani 
ad  insolentire  contro  le  marine  d'Italia  in  que- 
st'  anno.  Uscito  da  Tripoli  Dragut   colle  sue  ga- 
leotte, avendo  per  ispia   inteso  clie  sette  galee, 
fabbricate  in  Sicilia  e  cariche  di  molte   merci , 
a\eano  da  passare  a  Napoli  ,  si  mise  in  aguato 
a  Lipari,  e  gli  venne  fallo  di  prenderle.  Grosso 
In  il  bollino  di  roba  e  di  persone ,  fra  le  quali 
S'   contaiono  due  vescovi  siciliani  che  andavano 
ili  concilio,  e  molli  nobili,  de' quali  chi  potè, 
con  esorbitanti  taglie  si  riscattò.  Scorsero  dipoi 
que'  Barbari  per    le    riviere    del    mar    Tirreno  , 
lasciando  daperlutto  memorie  della  lor  crudel- 
tà ,  e  menando   via    gran    quantità    di    schiavi 
cristiani.    A    cagion    di    questi    terribili    insulti 
papa    Pio  IV,  allento  al  bene  de' suoi  sudditi, 
determinò  di  rifare    in    certa  maniera  la  Città 
Leonina,  acciocché  in  caso  di  bisogno  avessero 
i  pontefici  colla  lor  coite  e  prelatura  un  luogo 
di  salvezza.  Cioè    determinò  di   m<  ttere  Borgo 
in  fortezza ,  chiudendo    in    esso    silo    Castello 
Suiil'Aiiiiolo,  la   basilica     Vaticana  e  il  ])alazzo 
ponlitizio,  con  tanto  spazio  ,    che    in  occasion 
di  (h'fesa  \i  si   potessero  formare    .squadroni   di 
soldati  colle  lor    ritirate.    PSel    dì  8  di   iiiiiggio 
andò  lo  stesso  ponteiicc  con  solenne  accomj)a- 
goamcnto  di     tulli    i    cardinali,    pnlali  e  no- 
biltà a  mettere  la  prima  pietra  con   varie  me- 
daglie d' oro  e  d'  argento.  Avea  dianzi  nel  dì  i  ;) 
d"  ainilc  creato    capilan    g<nerale    della   Chiesa 
il  colile  Federigo  Bui  romeo  suo  nipole,  allineile 


AN>(0    MDt<Ì  B'^J 

secon«lo  le  occorreri7,e  fosse  pronto  alla  di- 
fesa contro  i  nemici  del  nome  ciisliaiio.  Né 
ciò  bastando  all'  indeli  sso  suo  jjenio  pel  pub- 
blico bene  ,  ordinò  che  si  ridiuessero  in  mi- 
glior forma  le  fortificazioni  de'  porti  di  Civita- 
vecchia e  di  Ancona  ,  sicché  potassero  resistere 
alle  violenze  inaspettale  de'  Turchi  e  de'  cor- 
sari di  Barbcria  ,  che  ogni  dì  più  diventavano 
rii^o£;!iosi ,  ed  accrei>(;evano  il  numero  delle  lor 
vele.  Attese  ancora  il  buon  papa  ad  aggiut;nere 
ornamenti  alla  per  altro  bellissima  città  di 
Roma  ,  con  tirare  una  nobile  strada  da  Mon- 
tccavallo  sino  alle  mura  di  Roma  diritto  ad  una 
porta,  di  belle  fortezze  fabbricata  d'ordine  suO) 
ed  appellala  Poi  la  Pia.  Rimodernò  eziandio  la 
porla  del  Popolo  con  bei  Iravertini  e  colon- 
ne :  e  nel  palazzo  \  aticano  e  in  Belvedere  lece 
altre  fabbriche ,  e  fra  queste  si  coniarono  due 
gran  conserve  d'acque  verso  leva  [ile  ,  e  mi 
magnifico  cortile  con  iscalinate  da  due  bande  , 
ed  ornamenti  di  singolar  bellezza  ,  e  un  cor- 
ridore, e  un  fonte  nel  bosco  d'esso  belvedere. 
Fece  anche  finire  di  stucchi  e  pitture  la  bella 
sala  cominciata  da  Paolo  JU  ,  appellata  la  Sala 
de  i  Re,  ornando  la  loggia  superiore  del  pa- 
lazzo con  figure,  e  con  farvi  dipignere  la  Co- 
smografia in  bei  quadri.  Sollecitò  ancora  la 
fabbrica  del  suntuoso  tempio  di  San  Pietro, 
cominciata  da  papa  (ìiidio  11,  e  nella  basilica 
Lateratiese  fece  far  .sotto  il  tetto  il  soiHtlo, 
con    parimente    apjilicarsi    a    tirare    in    Rouki 

Fer  via  di  condotti  1'  aequa    di    Salone  ,  o  sia 
Acqua  \ergine.  Queste    erano  le    applicazioui 
del  ponteQce  ,   che    soiumameate    rallegravano 


t*64  ANNALI    d'  ITAT.IA 

il  popolo  romano ,  non  oiuniettendo  egli  in- 
tanto ogni  diligenza  pel  bene  della  reiigion* 
e  della  Chiesa. 

Godevano  in  questi  tempi  gì'  Italiani  il  sapo- 
rito   iiutto    della    pace ,    loro    inviata    da    Dio 
dopo  il  tlagello  di  tante  desolatriri  guerre.  Re- 
gnava spezialmente  T  allegria  nella  corte  e  città 
di  Ferrara ,  dove  Alfonso  II  duca    nel  dì  3  di 
marzo  diede  al  suo  popolo,  e  alla  copiosa  fore- 
steria che  v' intervenne,  un  mirabil  divertimento 
con  un    torneo    sì    magnifico ,   e    d'  invenzione 
sì  rara  ,    chiamato  il    Castello  di    Gorgoferusa  , 
ed  onorato  dalla  presenza    di    Guglielmo  duca 
di  Mantova,  che  riscosse  1' ammirazion  d'ognu- 
no. E  perciocché  nella  promozion  suddetta,  fatta 
dal  papa  nel  dì  2G  di  febbraio  ,  anche  »   don 
Luigi  d'  Este  ,  fiatollo  del  duca    e  vescovo    di 
Ferrara,  fu  conferita  la  sacra  porpora,  si  tenne 
corte  bandita  per  tre  giorni   in  quella  città ,  e 
poscia  nel  dì   37  di  marzo  fu  ivi    dato    anche 
un  altro  piiì  suntiioso  spettacolo ,    intitolato    il 
Monte  di  Feronia  ,  a  cui  intervenne  don  Fran- 
cesco de'  Medici  principe  di  Firenze.  Sì  vaghe 
furono  le  invenzioni  di  que'  pubblici    giuochi , 
BÌ  grande  la  magnificenza  de  gli  abiti ,  del  cor- 
teggio j  e  tale  la  copia  de  gli  strumenti    musi- 
cali o  guerrieri  e  delle    maiH;hinc  ,  e  le  deco- 
razioni del   campo ,    che    di    sommo  piacere  e 
stupore  restò  presa    tutta    la    gran    folla  de  gli 
spettatori ,  e  ne  corse  la  fama   per    tutta    Italia. 
Veggonsi  colali  fi'sle  des(  lille  C  date  alle  stam- 
pe. Ma  si  cangiò    presto    T  allegria    in    duolo  , 
percioi'chè  nel  (h   ui    d'aprile    fu    rapit;i   dalla 
morie  Lucrezia  de'  Medici  duchessa  di  Ferrara^ 


ANKO   MDt.XI  665 

figlia  del  duca  Cosimo.  Né  molto  si  stette  a 
vedere  risorgere  la  lite  di  precedenza  fra  essi 
■  duchi  di  Ferrara  e  di  Firenze,  la  qual  durò 
poi  anni  parecchi.  Era  tornato ,  siccome  di- 
tcmino  ,  a'  suoi  Stati  Emmanuel  Filiberto  duca 
di  Savoia  ;  e  siccome  si  avvicinava  il  tempo 
che  gli  doveano  essere  restituite  da  i  Franzesi 
le  città  di  Torino  ,  Pinerolo  ,  ed  altre  restate 
in  loro  mani  j  fece  istanza  perchè  si  esaminas- 
sero le  pretensioni  del  re  Cristianissimo  contro 
la  casa  di  Savoia.  Furono  sopra  ciò  tenute  va- 
rie conferenze  da  i  ministri  dell'  una  e  dell'  al- 
tra corte  tanto  nell'  anno  precedente  ,  che  nel 
jnesentej  senza  apparire  che  alcuna  delle  parti 
tedesse.  Misero  ancora  i  Franzesi  in  campo  la 
difficultà  di  rendere  quelle  piazze  al  duca, per 
non  essere  il  re  loro  in  età  legittima  ;  e  il  par- 
lamento di  Parigi  eccitava  anch'  esso  dubbj 
maggiori.  Seguì  poi ,  siccome  diremo ,  lo  scio- 
glimento di  <jueste  controversie  nell'  anno  se- 
guente. Ardeva  intanto  per  le  discordie  e  guerre 
ira  i  Cattolici  ed  Ugonotti  tutta  la  Francia,  le 
cui  sciagure  chiunque  hrama  d'intendere,  ha, 
da  ricorrere  a  gli  storici  particolari  di  quel 
regno ,  e  spezialmente  al  nostro  Davila.  Riuscì 
quest'  anno  dannoso  a  Napoli  e  Sicilia ,  non 
solo  per  le  prede  ivi  fatte  da  i  corsari  affrica- 
ti ,  ma  ancora  per  varj  tremuotì  che  atterra- 
rono gran  copia  di  fabbriche  colla  morte  di 
più  centinaia  di  persone.  Le  istanze  fatte  al 
tribunale  cesareo  da  Alfonso  maichese  del  Car- 
retto coutra  de'  Genovesi ,  che  gli  aveano  oc- 
cupato il  marchesato  del  Finale ,  produssero 
9na  seutcuza  ;   per  cui  furoue  essi  condenuati 


6l(S5  ANNAl.l     d'   ITALIA 

alla  restiluziou  dello  spoglio  co  i  frutli ,  danni 
e  spese  della  lite.  I  Genovesi ,  che  trovavano 
molto  comodo  a  i  loro  interessi  il  possesso 
del  Finale ,  maltrattarono  non  solo  il  messo 
die  andò  ad  intimar  loro  quella  sentenza,  ma 
anche  un  feciale,  che  fu  dipoi  spedito  dall'Augu- 
sto Ferdinando  per  denunziar  loro  il  bando  del- 
l'imperio ,  se  senza  dilazione  non  restituivano  il 
marchesato^  oolla  piena  esecuzion  dylla  sentenza. 
Ciò  che  ne  avvenisse,  si  dirà    all'anno   i563. 

jd tino  di  Cristo   i562.  Indizione  J^'. 
di  Pio  IV  papa  4- 
di  Ferdinando  I  imperadore  5. 

Rallegrossi  la  Chiesa  di  Dio  nel  presente 
anno,  perchè  nel  dì  i8  di  gennaio  si  riassunse 
jn  Trento  il  concilio  generale ,  e  si  celebrò  la 
prima  sessione ,  o  sia  la  iliecisettesima  in  ri- 
guardo all'  altre  degli  anni  addietro.  Contaronsi 
di  ((Molla  sacra  assemblea ,  oltre  a  i  cincjue 
cardinali  legali  della  santa  Sede,  due  altri  car- 
dinali ,  cioè  quel  di  Lorena  e  il  Madriiccio , 
tre  patriarchi,  veiiticiiujue  arcivescovi,  conto 
sessanta  ves(;ovi  ,  sette  abbati ,  stette  generali 
ti' ordini  rdigi^si ,  e  più  di  cento  teologi,  .scelti 
da  i  regni  del  Caltoliiiismo.  1'^  (li[)0Ì  v'  inler- 
vennrro  in  vari  tempi  anche  gli  oratori  del- 
l' impeiatore ,  fle  i  re  di  Francia ,  Spagna , 
Portogallo,  lliiglieria  e  15o''niia ,  Polonia,  Ve- 
nezia, e  d'aliti  diligili  e  piincipi.  (ìuglielmo 
duca  di  Mantova  vi  fu  nel  principio  in  persona. 
Pertanto  si  (;i)ntiuuaroiio  ([iii\i  le  sessioni  .si 
per  lo  rislal>i!iin('ulo  de  i  dogmi,  che  pc'C  la  ri- 
Jbniia    della    Chiesa.     Tcncvu    qucslw    jjraudu 


ANNO     MDLXII  667 

affare  non  meno  occupali  i  Padri  del  concilio ,  ' 
clic  lo  stesso  papa  e  tutta  la  corte  romana  ; 
né  dimenticò  il  pontefice  d" insilare  ad  esso  con- 
cilio anche  i  patriarchi  e  vescovi  scismatici 
tleir  Oriente,  \cnne  in  fatti  circa  il  mese  di 
magjjio  a  Roma  Abdisù  patriarca  de'  Soriani , 
uomo  assai  dotto ,  che  rendè  ubbidienza  al 
lomano  pontefice ,  con  accettare  tutti  i  concilj 
generali  venerati  dalla  Chiesa  Romana,  e  i  de- 
creti del  presente  Tridentino,  e  con  promettere 
di  fare  il  possibile  di  trarre  i  suoi  metropoli- 
tani e  vescovi  alf  unione  coli;;  Sede  apostolicr.. 
Ma  la  comparsa  di  questo  patriarca  finì  secondo 
il  solito  in  una  pace  di  commedia  tra  la  santa 
Romana  Chiesa  e  gli  Scismatici  Soriani.  Il  po- 
vero patriarca,  il  ([iialo  è  da  credere  che  par- 
lasse di  cuoie  ,  con  assai  regali  e  rifacimento 
di  quanto  gli  aveano  tolto  i  Turchi  nel  venire 
a  Roma ,  se  no  tornò  contento  in  Soria  ;  ma 
come  prima  continuarono  que'  Cristiani  a  so- 
stener i  loro  errori ,  e  la  separazione  dalla 
Chiesa  Romana.  Crescevano  intanto  i  guai  della 
Francia  per  la  detestabil  ribellione  e  guerra 
mossa  contro  del  re  Carlo  IX  da  i;li  eretici 
Calvinisti,  chiamati  Ugonotti 5  e  con  ciò  crebbe 
anche  al  re  il  bisogno  di  soccorsi.  Non  man- 
carono il  papa  ,  ed  ancora  il  re  di  Spagna  di 
mandarne  ,  e  spezialmente  esso  re  Cattolico 
esibì  al  re  cognato  dodici  mila  fanti  e  tre  mila 
cavalli;  ma  i  Franzesi  non  accettarono  se  non 
tre  mila  d'essi  fanti  ed  altrettanti  Italiani.  Grosse 
somme  ancora  di  danaro  furono  inviate  al  re 
Cristianissimo  da  i  Veneziani ,  e  da  i  duchi  di 
Fenara  e  Firenze.  A  questi  aiuti   fu    in   parte 


663  ANNALI    d' ITALIA 

attribuita  l' insigne  vittoria  che  verso  il  fin  del 
pnfsente  anno  riportarono  l' armi  cattoliche 
centra  degli  Ugonotti ,  benché  la  medesima 
costasse  ben  caro  a  i  vincitori  stessi.  Fa  qui  lo 
storico  e  vescovo  Belcaire  un  epifonema ,  ri- 
conoscendo l'origine  di  tanti  mali  e  l'orgo- 
glio de  gli  eretici ,  dalla  negligenza ,  dall'  ava- 
lizia  e  da  i  disordinati  costumi  de'  precedenti 
pastori  della  Chiesa  di  Dio  ,  che  aveano  ofTu- 
scata  la  vera  pietà ,  e  dato  campo  a  gli  ere- 
siarchi  di  declamar  cotanto  contra  di  noi. 
Queste    calamità    e    necessità    della    Francia 

Snelle  furono  che  più  d'  ogni  altra  ragione  in- 
nssero  il  re  Cailo  e  i  suoi  ministri  a  sacri- 
ficare in  fine  le  lor  pretensioni  in  favore  di 
Emmanuel  Filiberto  duca  di  Savoia.  Dall'  un 
canto  abbisognavano  del  di  lui  aiuto  ;  dall'  al- 
tro poteano  temere  eh' egli,  perduta  la  pazien- 
za ,  diventasse  lor  nemico ,  ed  accrescesse  le 
forze  a  i  congiurati  contra  della  corona.  Il 
perchè  si  venne  ad  un  accordo  ,  per  cui  il  re 
Cristianissimo  convenne  di  rilasciare  al  duca, 
Torino  ,  Civasco  ,  Chieri  e  Villanuova  d'Asti  ; 
e  che  il  duca  rilascerebbe  al  re  il  possesso  di 
Pinerolo  .  di  Savigliano  e  della  Perosa ,  ed  in 
oltre  procurerebbe  di  somministrare  in  servigio 
di  Sua  Maestà  mille  fanti  e  trecento  cavalli 
pagati,  con  altri  capitoli  ch'io  tralascio.  Fece 
quanto  potè  il  maresciallo  di  Bordiglione  per 
impedire,  o  almeno  per  (hllerire  j' csecuzion 
di  ((ueslo  tratlalt),  ch'egli  chiamava  troppo 
pregiudiziale  al  re ,  quasiché  forti.ssime ,  anzi 
chiare  lagioni  non  assistessero  al  duca  contro 
r  iavasion    de'  suoi    Stuli    latta     da'   Franzcsi; 


ANNO    MDLXn  6^-) 

Tuttavia  nel  dicemì>re  di  cjiicst'  anno  si  vide 
rimesso  il  duca  in  possesso  di  Torino  e  degli 
alili  suddetti  luoglii;  il  che  riusci  d' inesliniabil 
consola/ione  a  quel  principe  e  a'  sudditi  suoi. 
Un  altro  avvenimento  anche  di  maggior  alle- 
grezza per  la  real  casa  di  Savoia  era  stato  l' a- 
vere  la  duchessa  Marglierila  nel  di  1 2  di  gen- 
naio di  quest'anno  dato  alla  luce  un  principino, 
a  cui  fu  posto  il  nome  di  Carlo  Emmanuelej 
unico  frutto  del  loro  matrimonio ,  tale  nonili- 
nieno  che  noi  a  suo  tempo  il  vedremo  sorpas- 
sare la  gloria  di  lutti  i  suoi  antenati.  Non  fu 
già  favorevole  il  presente  anno  alla  casa  de'  Me- 
dici j  anzi  al  resto  dell'  l'alia.  Imperocché  oltre 
ad  una  siccità  inudita  ,  essendovi  stati  luoghi 
che  per  sette  mesi  non  seppero  cosa  fosse 
pioggia j  il  che  produsse  non  lieve  penuria  de  i 
viveri ,  neir  ottobre  e  novembre  cominciò  a 
scorrere  per  Italia  un  malore  di  qualità  epide- 
miale  ,  passando  da  ima  città  nell'  altra  ,  con 
infermarsi  la  maggior  parte  delle  persone  ,  e 
seguirne  la  morte  d' assaissime  per  ogni  città  , 
e  massimamente  in  Na[)oli  ,  dove  intorno  a 
venti  niila  persone  cessarono  di  vivere.  La 
stessa  febbre  micidiale  (a  cui  poi  fu  dato  il 
nome  del  Castrone)  in  altri  tempi  si  è  falla 
sentire  all'  Italia  ,  e  a'  nostri  di  imperversò 
qui  non  poco,  correndo  l'anno  1730,  an- 
dando anche  allora  gradatamente  di  città  in 
città. 

Ora  il  duca  Cosimo  ,  che  in  tutte  le  gxnse 
si  studiava  di  far  comparire  la  sua  divozione 
ed  attaccamento  alla  corona  di  Spagna  ,  mandò 
in  quest'anno  con  pomposo  accompagnamento 


'6-0  AXXAU    I)' ITALIA   ~ 

don  Francesco  suo  primogenito  a  Mailnd ,  ac- 
ciocché ivi  soggiornasse ,  e  fat;esse  la  corte  a 
quel  gran  monarca.  Ma  eccoti  nel  noveml»ie  di 
quest'anno,  per  cagione  della  suddetta,  o  pur 
cr altra  maligna  influenza,  cader  malato  il  car- 
dinale Giovanni  di  età  ili  diecinove  anni,  e  don 
Garzia  di  minore  età ,  amendue  figliuoli  del 
suddetto  duca  ,  e  giovanetti  di  generosa  indole 
e  di  rara  espettazione  ,  e  T  un  dietro  allaltro 
essere  rapiti  dal  mondo.  Voce  nondimeno  co- 
mune allora  fu  ,  che  odiandosi  fra  loro  questi 
due  fratelli,  don  Garzia  in  una  caccia  uccidesse 
il  cardinale ,  senza  essere  veduto  da  alcuno. 
Avvisatone  Cosimo,  fece  segretamente  portare 
il  cada\ero  in  una  st;mza,  e  colà  chiamò  Gar- 
zia ,  immaginandolo  autore  di  quell'  eccesso. 
Arrivatft  eh' celi  fu,  cominciò  il  sanane  deir  e- 
stinto  a  bollire  e  ad  uscir  della  ferita.  Allora 
Cosimo  dando  nelle  furie ,  presa  la  spada  di 
Garzia  ,  colle  proprie  numi  1'  uccise ,  facendo 
poi  correre  voce  che  aìuentlue  fossero  morti 
di  malattia.  Se  (|ue«ta  sia  velila  o  bugia  ,  noi 
so  io  dire.  Ben  so,  che  Iralìlla  dalla  perdita 
di  così  cari  germogli  doiuia  Leonora  «li  Toledo 
lor  madre,  e  .soccombendo  al  dolore  anch'  ella 
terminò  fra  poco  i  suoi  giorni  :  donna  che  col 
suo  consiglio  e  giudizio  avea,  per  comun  sen- 
timento ,  contribuito  non  poco  alla  felicità  drl 
marito.  ILbbe  bisogno  Cosimo  della  sua  virtù 
per  poter  resistere  all'urto  ili  si  fatte  traversie j 
e  il  pontefice;  Pio  IV  per  consolarlo  creò  po- 
scia cardinale  nel  giorno  sesto  di  gemiaio  del- 
l'anno seguente,  Ferdinando  aUro  di  lui  figlio, 
tuttoché  appena  giunto  all'età  ih  quattordici  amvu 


ANNO   MPI.XII  Cyji 

Ma  non  andò  senza  alFanni  lo  stesso  ponleiice 
iw'iranno  jircspnte.  Grande  era  T amore  ci)' egli 
porla\a  a  i  due  suoi  nipoli  Bononiei,  cioè  al 
conte  Federigo  e  al  cardinal  Carlo  :  e  sei  me- 
ritavano essi  per  le  loro  virtù.  Ad  istanza  del 
re  Cattolico  avea  il  papa  restituito  a  Marcan- 
tonio Colonna  tutte  le  terre  a  lui  tolte  dal 
pontefice  predecessore  ,  e  in  tale  occasione  data 
in  moglie  al  figlio  di  esso  Colonna  una  sorella 
del  suddetto  conte  Federigo.  All'incontro  il 
re ,  per  non  lasciarsi  vincei  e  in  generosità , 
avea  donalo  al  conte  Federigo  il  marchesato  o 
sia  ducato  d'  Oira  nel  regno  di  Napoli  ,  rica- 
duto alla  corte ,  con  assegnargli  auclie  una 
pensione  annua  di  alcune  migliaia  di  scudi  so- 
pra la  gabella  della  seta  di  Calabria ,  con  altre 
promesse;  e  similmente  un'altra  pensione  dì 
dodici  mila  senili  al  cardinal  Carlo  di  lui  fra- 
tello sopra  r  arcivescovato  di  Toledo.  Ma  preso 
nel  novembre  esso  conte  Federigo  da  quella 
infermità  che  dicenuno  ilillusa  per  1"  Italia , 
terminò  la  carriera  del  viver  suo  con  molto 
dolore  del  papa,  che  vide  sfasciati  in  un  mo- 
mento i  suoi  disegni  dalla  volubilità  delle  cose 
umane.  Servì  la  perdita  del  giovane  fratello  al 
cardi?ial  Carlo  per  maggiormente  mettersi  nella 
via  de'  Santi.  Attese  in  qiiest' anno  l' impeiador 
Ferdinando  a  stabilire  il  figlio  Massimiliano 
nella  successione  de'  regni  e  della  dignità  sua. 
Il  fece  coronare  re  di  Boemia,  e  poscia  nella 
dieta  degli  elettori  in  Francoforte  ottenne  che 
fosse  nel  dì  -jS  d'  ottobre  jìroclaniato  re  de  i 
Romani.  La  sua  coronazione  veiuie  poi  solen- 
nizzata nel  dì  3o  di    novembre ,    e    fu    anche 


6"^  2  AT^AT.t    n'  TTAIIA 

neir  anno  seguente  a  lui  conferila  la  corona 
del  regno  d'  Ungheria.  Erano  intanto  occupati  i 
pensieri  di  papa  Pio  IV  dalla  grand-opera  del 
concilio  di  Trento  ,  che  proseguiva  con  vigore, 
ma  insieme  con  continui  dibattimenti  per  le 
precedenze  degli  ambasciatori  spedili  colà  da  i 
re  e  principi  seguaci  della  Chiesa  Cattolica. 
Contuttociò  non  lasciava  egli  di  accudire  a 
migliorare  il  gorcrno  di  Roma,  con  avere  spe- 
zialmente in  quest'  anno  regolata  la  l'orina  de  i 
giudizj  j  affinchè  non  si  tirassero  troppo  in 
limgo  le  liti.  Riformò  ancora  la  corte  ,  la  sa- 
cra penitenzieria  e  i  notai  della  camera  apo- 
stolica ,  e  pubblicò  anche  una  riforma  intorno 
al  conclave.  Erano  restate  guaste  dall'  antichità 
le  celebri  Terme  di  Diocleziano  imperadore. 
Egli  le  converti  in  una  chiesa  e  monastero,  e 
ne  diede  il  possesso  ai  monaci  Certosini.  Or- 
dinò ancora  che  i  titoli  delle  chiese  e  delle 
diaconie  assegnati  ai  cardinali  ,  giacché  per  la 
vecchiaia  non  meno  che  per  la  negligenza  de  i 
precedenti  j)oiporati  erano  andati  in  roxina , 
si  riparassero  :  cose  tutte  che  renderono  senu 
pre  più  glorioso  il  di  lui  pontiiicato. 

Alino  di  Cms-to   i563.   Indiziane  VI. 
di  Pio   IV   papa  5. 
dì  Feudinando  I  imperadore  6. 

Gran  dispute  e  dissensioni,  sì  di  precedenza 
che  di  riforma ,  occorsero  in  quesl'  anno  nel 
concilio  di  Trento  ,  mosse  in  parte  tlall'  ora- 
tore spagnuolo,  dai  Eranzesi  e  da  gl'Imperiali, 
che  tennero  in    (jualclic    inazione    fjue'  Padij». 


ANNO    MDtXIII  673 

Colla  pazienza  nondimeno  e  colle   buone    ma- 
niere de'  cardinali  legati   tutto    si    andò    supe- 
rando. Ma  nel  di  a  di  marzo  restò  conturbata 
tutta  la  sacra  assemblea  per  la  morte    di    Er- 
cole cardinal  Gonzaga  ,  a  cui  tenne  tlietro   nel 
dì   17  de' lo  stesso  mese  il     cardinal    Girolamo 
Scripando.  Erano  amendue  legati  a    latere    del 
papa ,    e    personaggi    per    la     pietà  ,     per    la 
dottr  ina  e  per  la  prudenza  ,  di  un  merito    in- 
comparabile. In  luogo  d'essi  spedi  il  pontefice 
da  Roma  due  altri  insigni  porporati ,  cioè  Gio- 
vanni Morone  Milanese,  che  vedemmo  sì  mal- 
trattato da  papa  Paolo  IV ,  e  Bernardo   Nava- 
giero  Veneziano.    Continuarono   anche    dipoi    i 
contrasti  dalla  parte  de'  Franzesi  e  dell'  impe- 
radore.  Pure  col  divino  aiuto  proseguì  vigoro- 
samente il  conciUo  j  e  più  che  mai    si    stesero 
decreti    riguardanti    il   dogma    egualmente  che 
la  disciplina  ecclesiastica.  Per  tanta  dimora   in 
Trento  erano  per  la  maggior    parte    stanchi    i 
Padri.  Litervennero  allora  altri   motivi,    per    li 
quali    nel    mese    di    novembre   si  cominciò  a 
trattare  di  terminar  quella    gran    funzione  :    al 
che  si  trovarono  ripugnanti  gli   Spagnuoli.    Ma 
venuto    avviso    che    sul    fine  di  novembre  era 
stalo  preso  il  sommo  pontefice  da  un    perico- 
loso accidente  ,  per  cui  si  dubitava  di  sua  vi- 
ta ,  tale  scompiglio  entrò  per  questo  in  quella 
sacra    adunanza ,    che    l' ambasciatore    del    re 
Cattolico  si  diede  per  vinto,  e  consentì  che  si 
proponesse  il  fine  del  concilio.    Tornò  il  papa 
da  lì  a  non  inolio  a  go\ler  buona  sanità.    Ora 
dojio  avere  il  consesso   de'  Padri  smalliti    eoa 
indicibil    diligenza    varj  punii    di  dogma  e    di 
MuivVTORi.  Ann.  Voh  Xlf^,        i\ì 


G74  AiNSALI    l>    ITAUA 

rifoima  che  rcstavjino  a  farsi  ,  nella  sessione 
ventesima  quinta  cblje  firn  nel  dì  4  di  dioeni- 
dre  il  sacrosanto  concilio  di  Trento  :  conciliò 
a  cui  intervennero  i  piij  dotti  vescovi  e  teologi 
di  tiilti  i  regni  cattolici,  e  che  supeiò  tutti  gli 
altri  jirecedenti  per  ì'  ampia  <&posizione  della 
dottrina  della  vera  Chiesa,  e  per  fa  correzione 
e  rilhrma  di  assaissinji  r)unti  spettanti  alla  di- 
sciplina ecclesiastica.  Tanti  abusi  che  da  lì  in- 
nanzi cessarono ,  tanta  emendazione  e  mulazion 
di  costumi  nelTuno  e  nelT altro  clero,  e  il  pre- 
sente bell'aspetto  della  Chiosa  di  Dio  tanto  ne  i 
pastori  di  sublime  grado  che  delF  ordine  infe- 
riore j  troppo  diverso  da  quello  in  cui  si  tro- 
vava essa  Chiesa  ,  allorché  Dio  p'-rmise  la  na- 
scita di  tante  eresie  nel  Settentrione  per  gastigo 
nostro,  e  molto  più  per  gastigo  di  chi  si  ribellò 
alla  religione  de' suoi  maggiori:  tulio  questo  lo 
dobbiam  riconoscere  da  quel  benedetto  concilio, 
che  poi  fn  solennemente  confermato  dal  romano 
pontefice,  ed  accettato,  almeno  ])er  quello  che 
.appartiene  a  i  dogmi,  da  tutta  l'università  de  i 
Cattolici.  Misericordia  di  Dio  fu  ancora  che  in 
tal  congiuntura  sedesse  nella  cattedra  di  San 
Pietro  un  pontefice  di  buona  volontà,  e  che  i 
grandi  affari  delia  santa  Sede  fossero  principal- 
mente nppoggiati  alla  mente  diritta,  all' indefesso 
zelo  e  alla  pietà  singolare  del  cardinal  Carlo  lior- 
romeo  ,  jìrimo  ministro  della  sacra  corte,  che 
a  gloria  di  Dio  e  a  beni  liiio  della  repujìblica 
cristiana  trasse  a  fino  quella  memoranda  im- 
presa Fn  egli  anciic  il  j)rÌ7iio  a  dar  buon 
esefupio  a  gli  altri,  con  se\rianienle  riformare 
I^    piemia    corte.  Eiano    sluii  iiu itati  ad  esso 


ANNO    MDLXni  6'jS 

concilio  anche  i  Protestanti.  Niun  ci'  essi  vi 
volle  intervenire,  perchè  avrehbero  preteso  di 
dare  e  non  già  di  ricevere  la  legge.  Però  prima 
di  qiiest'  anno  ,  e  molto  più  dappoi ,  si  scate- 
narono con  \arj  libri  contra  del  conciHo  sud- 
detto,  vendicandosi  in  quella  maniera  che  po- 
terono degli  anatemi  contro  di  lor  profferiti. 
Ma  è  da  sperare  nella  clemenza  di  Dio ,  che 
verrà  un  dì  in  cui  si  saneran  queste  piaghe.  E 
certamente  questo  ha  da  essere  uno  dei  desi- 
derj  di  chiunque,  sia  Cattolico,  sia  d'altra 
credenza,  purché  professi  la  santa  religione  di 
Gesii  Cristo,  condennatrice  degli  scismi. 

In  quest'  anno   ancora    grave    danno    risenti- 
rono le  marine  dell'  Italia    da  i  corsari  Barba- 
reschi, e  spezialmente  quelle  di  Napoli.  Dragut 
Rais  ,  fuggito  dall'  assedio  di  Orano  ,  comparve 
colà  con  tutte  le  sue  forze,  e  gli  riuscì  di  pren- 
dere sei  legni  di  Cristiani  che  s'  erano  spiccati 
da  quel  porto  col  carico  di  molta  gente  e  merci. 
Ad  uno  d'essi  il  disperato    capitano    Vincenzo 
di  Pasquale  Raguseo  diede  il  fuoco,  mandando 
in  aria  e  in  acqua  tutte  le  robe  e  famiglie  che 
quivi  si  trovavano.  Dragut  per  tale   risoluzione 
gli  fece  poi  tagliare  la  testa.  Era,    dissi,  stato 
ne' giorni  addietro  assediato    lierainente    Orano 
da  i  Mori ,  al  soccorso  della  qual  fortezza   ac- 
corselo anche  le  galee  di  Napoli  ;  e  ben  sapea 
Dragut  che  Napoli  si  trovava  allora  senza  galee 
da  difesa.  Il  pcichè  1'  orgoglioso  Barbaro  giunse 
fin  sotto  Ghiaia  con  isperanza  di  coglier  ivi  la 
marchesa  del  Vasto  ,  la  quale   per    buona  for- 
tuna non  vi  si  t!0\ò.   e    però    solanreute    fece 
schiavi  alquanti  Cristiani,  che   il   viceré    da    lì 


6-6  ANNALI    d'  ITALIA 

a  poco  riscattò.  Allo  coste  eziandio  della  Puglia, 
deil'Abbriizzo  ,  del  Gcjrovesato  fecero  q\iesti  ma- 
snadieri delle  aspre   visite.  Grandi  perciò  erano 
i    lamenti    de'  |iopoli  ;    nia    niun    provvedeva, 
cccettocliè    i    cavalieri  di  Malia  ,    i  quali  sem- 
pre iu  corso  lecarono  bensì  non  poibi     danni 
ade  terre    de'  Turchi ,    ma    senza    sollievo   di 
qncl'e  de'  Cristian)    Dalle   civili    guerre    fu    in 
quest'anno  parinn  nlc   lacerala  la  Francia,  dove 
gì'  inquieti  e  perfidi  l  gunulti  fecero  assassinare 
ed  uccidere  il  valoroso    duca    di    Guisa,    ca|)0 
delia  ])aite  de' Cattolici.  In  Ispapna ,  giacihè  il 
re  Filippo  li  non  poteva  aver  successione  dalla 
nuova  sua  moglie,  sorella  del  re    di    Francia, 
ed  era   per  altra  parte  malissimo  contento  del- 
l'unico  suo  figlio  don  Carlo,   giovane  di    cer- 
vello torbido,  egli  dcsideiò  che  Massimiliano  II 
ye  de'  Romani  suo  cugino    inv  iasse    alla    corte 
di   Madrid  i  di   lui  due  figli  Ridolfo    ed    Erne- 
sto arciduchi,  act'iocchè  apprendessero  i  costun)i 
d 'gli  Spaglinoli ,  e  per  ogni  bisogno   potessero 
sostenere  la  casa  d'Auslria   nella    monarchia  di 
Spagna.  Passarono  qucsli  ilue  principi   verso  il 
fine  dell'anno  per  Milano,  e    andarono    dipoi 
ail   iuiliarcarsi  a  Nizza,  con  ricevere  dapertutto 
distinti  onori. 

Ad  essa  città  di  Milano  Icniò  in  quest' anno 
il  re  Cfillohco  di  l'are  un  regalo  ,  con  volcie 
introdurre  colà  T  ]n(|ui^ì/ioi)c  all'  uso  di  S|)agiia. 
Canlultoiliè  la  ui;iggior  jiarte  de'  cardinali  ri- 
pugnasse a  tal  iiov  il.'i ,  pure  il  pajia  ,  a  cui  pre» 
tne\a  di  non  di.sguslare  uii  ,sl  polente  re,  si 
lasciò  vincere,  e  condiscese  a  .sì  falla  istanza. 
Esnosta  dal    duca    tli    Sessa    govemalore    a    i 


ANNO  MbLxrt  f)^^ 

Milanesi  la  volontà  reale,  gran  coinitiozione  si 
svegliò  nella  nubilth  del  pari  che  ne'  popolari, 
assai  informati  dell' odiatissimo  rigore  dell'In^ 
qiiisizion  di  Spagna  ,  e  come  sotto  colore  di 
punir  le  colpe  di  chi  era  miscredente  nella 
Fede  ,  per  altri  delitti  ancora  o  veri  o  pretesi 
si  facevano  segiete  giustizie  o  vendette  a  pia-* 
cimento  del  principe.  Però  tulli  animosamente 
risposero  d'  essere  buoni  Cattolici ,  e  non  tre* 
Tarsi  fra  loro  E')rei  fiuti  Cristiani,  come  in 
Ispagna  ,•  né  esservi  motivo  alcuno  di  nnitar 
r  oidine  già  prescritto  e  discreto  di  quel  tri- 
buiiale  in  Italia  .  e  che  perciò  non  comporte- 
rebbuno  una  sì  esorbitante  gravezza.  Poco 
mancò  che  non  si  venisse  ad  una  sollevazione 
e  non  si  riiìovasse  la  scena  succeduta  negli 
anni  ad.lietro  per  qnest(»  niedesimo  tentativo 
in  Napoli.  Il  saggio  governatore ,  veg.;e  i  lo  gli 
animi  sì  mal  disposti  ,  calmò  con  buone  pa- 
role il  lor  movimento ,  e  promise  di  scrivere 
in  favore  d'essi  al  pontefice  e  al  re.  Così  fece 
egli  ,  né  più  si  parlò  di  questo  afiare.  Per  si-* 
mili  sospetti  sorse  ancora  nell'  anno  seguente 
non  lieve  alterazione  nel  popolo  di  Napoli , 
troppo  alieno  dall'  amni'^ttere  anche  la  sola  or- 
dinaria Inquisizione ,  che  si  prati  a  in  tante 
città  d'  Italia  per  unico  bene  della  religione. 
Erasi  da  qualche  tempo  costituito  capo  di  ban- 
diti nella  Calabria  tm  certo  Mirco  da  Cutronej 
e  concorrendo  a  costui  la  feccia  di  tutti  i  maU 
viventi ,  arrivò  la  sua  baldanza  a  prendere  ti- 
tolo di  Re ,  onde  era  comunemente  appellato 
il  Re  Vlarcone.  Inf-stava  egli  tutte  le  strade , 
spogliava  i  passaggi  eri ,  metteva  iu  contribuzioa<A 


6'j8  ANNALI    ti'  ITALIA 

!e  ville  ,  vendeva  anche  i    poveri  Cristiani   a  i 
corsari  Barbereschi.  Spedì  il  viceré    di   Napoli 
conila  di  quegli  assassini  alcune  compagnie  di 
Spagnnoli,  che  vi  rimasero  o  morti  o  prigioni. 
Fu    d' uopo    d' inviarvi    dipoi    circa    due  mila 
fanti    e    cavalli    sotto    il    comando    di  Fabrizio 
Pignatelli  marchese  di  Cerchiero ,  la  cui  indu- 
stria seppe  sparpagliare  e  poi  ridurre    a    nulla 
quella    ciurma    di    malandrini.    Tornò    in  que- 
st'anno dalla  corte  di  Madrid    a  Firenze    don 
Francesco  primogenito  del  duca   Cosimo.    Irri- 
tato r  imperador  Ferdinando   dello    sprezzo  fin 
qui  mostrato  dai  Genovesi  della    sua    sentenza 
nella  causa  del  Finale,  pubblicò  in  qucsf  anno 
un  duro  decreto  contra  di   quella    repubblica  . 
la    quale    perciò    ricorse    al    re  di  Spagna  per 
placarlo.  Dinarono  poi  le  dissensioni  de'  Fina- 
iini  ,  finché  nel   iS^i   il    duca    d'Alburquerche 
go\erna(or  di  Milano  andò  a  mettere    prositho 
spagfiuolo  nel  Finale ,   tcira   che    fu    poi    nel- 
r  anno     i5f)8    venduta    dal    marchese    Andrea 
Sforza,  ultimo  di  quella  hnea,  al  re  Filippo  II, 
il  cui    successore    Filippo  III    nell'anno    1619 
ne  ottenne  l'investitura  dall' imperadore  Mattias. 

Anno  di  Cristo  iSG.f-  Indizione  VII. 
di  Pio  IV  papa  6. 
di  Massi.mu.iano  II  imperadore   i. 

Non  lardò  il  pontefice  Pio  IV  a  fiir  cono- 
scere il  suo  zelo  per  l' esecuzione  de  i  decreti 
del  concilio  di  Treulo.  (jia\ issimi  flisordini 
erano    pioceduli  in  addietro  dall' a^bcnzu  de   i 


AN*NO    MDLXIV  679 

vestiovì  dalle  loro  diocesi ,  e  s'  era  anclie  di- 
sputato forte  in  esso  concilio,  se  la  residenza 
de' pastori  fosse  di  gius  divino,  con  ricono- 
scerne almeno  la  somma  importanza.  Molti  di 
essi  vescovi  se  ne  stavano  in  Roma  impiegati 
in  varj  ufìzj  ,  ed  assaissimi  altri  nelle  corti 
de'  principi,  intenti  a  i  proprj  vantaggi,  e 
poco  o  nulla  a  quel  delle  lor  chiese.  Costrinse 
i!  papa  gli  abitanti  in  Roma  a  tornarsene  alle 
loio  greggicj  e  chi  avea  [)iù  d'un  vescovato, 
fu  obLìligato  a  contentarsi  d'un  solo:  dal  che 
seguì  una  gran  mutazione  in  Roma.  Comin- 
ciossi  ancora  a  pvocedeie  con  pcsatczza  nel- 
r  eiezione  de'  vescovi ,  scegliendosi  que'  soli  che 
aveano  per  sé  la  raccomandazione  de'huoni  co- 
stumi e  del  sapere  :  tutte  piov\ isioni  che  riac- 
cesero fra'  popoli  r  aidore  della  religione ,  e 
fecero  a  poco  a  poco  cessar  la  depra\  azione 
de' costu!7ii  non  solo  nel  clero,  ma  anche  nei 
secolari.  Al  che  pai  imentc  non  poco  contribui- 
rono colle  lor  fatiche  ed  esempli  i  nuovi  or- 
dini religiosi  de' Teatini  ,  Gesuiti,  e  la  congi'e- 
gazion  dcil'  Oratorio  di  S.  Filippo  Neri  ,  che  in 
questi  tempi  cominciò  a  fiorire.  E  perciocché 
nel  concilio  suddetto  era  stata  decretata  l'ere- 
zion  de*  seminavj  de'cherici  .  il  pontefice  ordinò 
la  fabbrica  del  Seminario  Romano  ,  che  riusci 
ben  rig'iardevole  .  e  ne  diede  poi  'a  cura  a  i 
Padri  della  Compagnia  di  Gesù.  Donò  anche 
generosamente  alla  1  epubblica  di  Venezia  il 
jtalazzo  di  San  Marco ,  già  fabbricato  in  Ronia 
da  papa  Paolo  il.  Ma  una  disgustosissima  briga 
tormentò  in  quest'  anno  esso  pontefice  ;  imper- 
ciocché   nata    i>cl    precedente    una    gravissima 


680  ANNALI    n'iTAT.TA 

gara  fra  i  ministri  di  fVancla  e  Spagna  a  oa- 
gion  della  precedenza,  per  cui  anche  nel  con- 
cilio di  Trento  s'  era  caldamente  disputato  ,  il 
papa  non  osava  decidere,  conoscendo  inevita- 
bil  cosa  che  la  decisione  si  tirerebbe  dietro  la 
nemieizia  di  chi  restava  al  di  sotto  ,  laddove 
egli  desiderava  di  star  bene  con  tutti.  Furono 
perciò  presi  varj  spedienti  ;  ma  niun  d' essi 
piacendo  alla  corte  di  Francia  ,  anzi  facendo 
il  re  Cristianissiivio  aspre  doglianze  e  minaccie , 
papa  Pio  al  riflettere  che  in  tempi  tuito  pe- 
ricolosi ,  ne' quali  avea  tanta  forza  ed  anche 
fortuna  ili  Francia  il  partilo  de'  Calvinisti  ,  non 
conveniva  esacerbar  quella  corona,  si  dichiarò 
in  favore  dell'  ambasciator  franzcse.  E  tanto 
più  prese  animo  a  far  questo  passo ,  perchè 
1'  aveano  prevenuto  i  Veneziani ,  e  si  dovca 
sperare  che  il  piissimo  animo  di  Fili[>po  II, 
considerale  le  circostanze  presenti ,  lioverebbe 
non  ingiusto  il  procedere  della  corte  di  Roma, 
siccome  in  fatti  avvenne. 

Giunse  in  f[uest'anno  a  morte  nel  dì  25  di 
luglio  dopo  lunga  malattia  Ferdinando  I  impe- 
radore,  prinri[)e  sommamente  pio  e  lodatissimo 
per  le  sue  gloriose  azioni.  Ebbe  per  successore 
licll'augustal  dignità  Massimiliano  II  suo  figlio, 
già  re  de'  Romani  ,  d'  Ungheria  e  Boemia  ,  a 
cui  tosto  ,  con  iom[)ere  la  tregua  precedente , 
mosse  guerra  il  Vaivoda  di  Transilvania  ,  as- 
sistilo da'  Turchi.  (Irande  armamento  tli  galee 
e.  navi  latto  \\\  nvX  [)iesoute  anno  per  oidine 
del  re  Cattolico  in  Napoli  ,  Sicilia  e  Genova. 
Come  una  sj)ina  ne  gli  occhi  slava  ad  esso  re 
il    Pegnon,    cioè    il    sasso  di  Velcz ,    scoglio 


ANNO    Mrt-XlV  68  I 

ultissimo  nelle  coste  di  Barberia ,  verso  lo  stretto 
di  Gibilterra,  su  cui  stando  alla  vedetta  i  cor- 
sari anVicani ,  e  scoprendo  da  lungi  i  legni 
cristiani  che  uscivano  de'  porti  di  Spagna ,  o 
altrimenti  veleggiavano  pel  Mediterraneo,  erano 
pronti  colle  lor  fuste  e  galeotte  per  volare  ad 
assalirli  e  predarli.  Dato  fu  il  comando  di  que- 
sta flotta  a  don  Garzia  di  Toledo  .  fislio  del 
fu  viceré  di  Mapoli.  Vi  concorsero  le  galee  di 
Malta  ,  di  Firenze  ,  di  Savoia ,  di  Portogallo  , 
talché  Tarmata  arrivò  a  ottantasette  galee,  ol- 
tre a  una  gran  quantità  di  legni  da  carico , 
galeotte  ed  alti'e  vele  minori.  Sul  fine  d'agosto 
giunse  al  suddetto  Pegnone  questo  potente 
sforzo  de"  Cristiani  ,  e  in  poco  tempo  s'  insi- 
gnorì di  quel  posto  ,  dove  poi  furono  lasciali 
in  presidio  ottocento  fanti.  Fece  nel  mese  di 
giugno  del  presente  anno  una  rara  risoluzione 
Cosimo  duca  di  Firenze.  Alcuni  incomodi  di 
sanità  aveva  cgh  patito ,  e  però  sì  per  proprio 
sollievo  •  come  per  addestrare  il  principe  don 
Francesco  suo  primogenito  al  maneggio  degli 
affari ,  cedette  a  lui  il  governo  de  gli  Stati. 
Era  allora  il  principe  in  età  di  ventiquattro 
anni  ,  e  la  prudenza  ed  attività  sua  l' aveano 
già  fatto  conoscere  per  abili.ssimo  a  questo 
peso.  Riservò  a  sé  Cosimo  il  titolo  e  la  dignità 
ducale ,  e  da  11  innanzi  si  ridusse  come  ad 
una  vita  privata  ,  prendendo  diletto  delle  ville 
e  de"  luoghi  solitarj.  Gran  ribellione  intanto  bol- 
liva in  Corsica  ,  dove  que'  popoli  si  mostravano 
mal  soddisfatti  del  governo  de'  Genovesi,  come 
ancora  è  avvenuto ,  e  più  strepitosamente  ,  di 
nuovo    a    di    nostri.    Capo    de'ribelli    era    un 


682  ANNA  ti    n'  ITALIA 

Sampiero  ,  uomo  fiero  eli  quella  nazione  ,  li  quale 
ancorché  avesse  messo  in  rolla  Ire  mila  sol- 
dati genovesi  spediti  coni ra  di  lui ,  pure  perchè 
eli  mancavano  forze  da  tentar  cose  inatreiori 
da  per  se,  fece  almeno  quanto  [)ote  per  muo- 
vere qualche  principe  che  assuiriesse  l' acqi.i- 
slo  di  queir  isola ,  ma  senza  trovarne  alcuno. 
Tanto  innanzi  andò  quell'  izza ,  che  protesta- 
rono que'  sollevali  di  volersi  più  loslo  dare  a  i 
Turchi  ,  che  tornare  all'  ubbidienza  della  re-' 
pubblica  di  Genova  :  precipitoso  consiglio  clie 
si  è  fatto  udire  anche  ne' tempi  nostri.  In  mano 
d' essi  Genovesi  restavano  le  principali  fost'/- 
ze,  e  riusci  loro  di  ripigliar  Portovecchio  col- 
l'aiulo  dell'ai  mala  spagnuola  che  ritornava 
dalla  conquista  del  Pegnone. 

annodi  Cristo   i3G5.  Indizione  P^IIT. 
di  Pio  1\   pajìci  7 
di  Massimiuaino  li  iinpnndoiv  2. 

Avvcninievito  sopra  modo  strano  parve  V  es- 
sersi nel  gennaio  di  c[aest'  anno  scoperta  una 
congiura  conira  del  pontefice  Pio  IV .  il  q  lale 
mansueto  e  clemente  ,  non  odio  ,  ma  amore 
cercava  pur  di  riscuotere  da  ognuno  ;  uè  cer- 
tamente alcun  danno  o  dispiacere  avea  ro.-ato 
a  chi  nu'ditò  di  torre  a  lui  la  \ita.  Fu  essa 
cospirazione  tramala  da  Benedetlo  Accolti  ,  fi-' 
glie  dei  fu  carilinale  Accolti,  ed  in  essa  con- 
corsero il  contf;  .\ntoiiio  Canossa  ,  Taddeo  Man- 
fredi ,  il  cavalier  Peiliccioni  ,  Piosj^ero  i^it  o  io 
ed  altri,  lutti  genie  di  mala  vita  e  genie  l'ana- 
lica  j  come  da  i  falli  ap.parve.  Fu  credulo  che 


ANNO    MDLXV  683 

l'Accolti,  coir  essere  stato  a  Gencvra ,.  avesse 
ivi  bevuto  non  solamente  il  veleno  dell'  empie 
opinioni ,  ma  eziandio  le  fanlasticlic  immagina- 
zioni ch'egli  ebbe  forza  d'imprimere  ne' com- 
plici suoi.  Cioè  ,  diceva  egli ,  che  ucciso  il  pre- 
sente papa ,  ne  avea  da  venire  un  altro  divino , 
santo  ed  angelico  ,  il  qnal  sarebbe  monarca  di 
tutto  il  mondo.  E  buon  per  costoro  .  perchè 
bel  premio  aveano  da  riportare  di  sì  orrido 
fatto.  Al  conte  Antonio  dovea  toccare  il  domi- 
nio di  Pavia  ;  quel  di  Cremona  al  Manfredi  | 
al  Pelliccione  quello  della  città  dell'Aquila  j  e 
così  altre  signorie  agli  alti-i.  Per  conosere  me- 
glio l' illusione  e  leggierezza  delle  lor  teste  j 
basterà  sapere  che  si  prepararono  al  misfatto 
colla  confession  de'  loro  peccati ,  tacendo  nuUa- 
dimeno  l' empio  sacrilegio  ed  omicidio  che 
disegnavano  di  commettere.  Fissato  il  giorno  , 
si  presentò  una  mattina  a'  piedi  del  pontefice 
l'Accolti  col  pugnale  preparato  all'  impresa  j  ma 
sorpreso  da  timore  ,  nulla  ne  fece.  Nata  perciò 
lite  fra  i  congiurali ,  il  Pelliccione  ,  per  salvar 
la  vita  ,  andò  a  rivelare  il  già  fatto  concerto. 
Tutti  furono  presi  ;  e  per  quanto  co  i  tormenti 
e  colle  lusinghe  si  .procurasse  di  trar  loro  di 
bocca  chi  gli  avesse  sedotti  ed  incitati  a  sì  ese- 
cranda azione,  nulla  si  potè  ricavarne,  se  non 
che  l'Accolti  sosteneva  d' aver  parlato  di  ciò 
con  gli  Angeli  ,  i  quai  certamente  non  doveano 
essere  di  quei  del  Paradiso.  Furono  costoro 
pubblicamente  tormentati  per  la  città ,  e  poi 
tolti  dal  mondo.  L'Accolti,  sempre  ridendo  fra 
i  tormenti  y  assai  dimostrò  che  si  trattava  di 
gente     che    avea    leso    il    cervello  ,     e    forse 


681  AN'KAT,!   d'iTAUA 

iTipritava  più  la  carità  d'  esser  tenuta  incatenata 
in  uno  spedale  ,  che  il  rigore  di  un  capestro. 
Per  assicurarsi  nondimeno  il  papa  da.  altri  si- 
mili insulti ,  destinò  al  palazzo  papale  la  guar- 
dia di  cento  arcliibusieri.  Confermò  parimente 
l'ordine  da  lui  fatto  nel  1062,  che  non  doves- 
sero godere  franc'iigia  i  palazzi  de  i  cardinali , 
né  de  gli  ambasciatori  de'  principi ,  allineile 
non  servissero  di  rifugio  a' malviventi.  Proibì 
poscia  sotto  varie  pene  a  i  nunzj  pontifi/.j  di 
procacciarsi  lettere  di  raccomandazione  tla  i 
principi ,  o  di  valersi  d>  quelle  che  essi  spon- 
taneamente esibissero.  Fece  in  oltre  nel  di  un- 
dici di  marzo  la  promozione  di  molti  cardina- 
li ,  la  maggior  parte  persone  di  gran  merito  , 
e  conlossi  fra  esse  Ugo  Boncompagno  vescovo 
di  Bologna  ,  che  fu  poi  Gregorio  XIII. 

Gran  terrore,  massimamente  all'Italia,  diede 
in  quest'  anno  il  tuttavia  vivente  e  feroce  Sul- 
tano de'  Turchi  Solimano.  Si  rodeva  egli  da 
molto  tempo  le  dita  per  li  continui  insulti  che 
faceano  alle  sue  navi  e  terre  i  cavalieri  Ge- 
rosolimitani di  san  Giovanni ,  chiamati  gli  Ospi- 
talarj  :  però  venne  alla  determinazione  di  levar 
loro  l'isola  di  Malta,  da  lui  ohiatnata  nido  de  i 
corsari  cristiani.  Stnpt'udo  fu  d  suo  ai-mauieuto, 
perchè  giunse  a  diicenlo  quaranta  vele  ,  fra  le 
quali  si  contarono  cento  sessantotto  galee  con 
copiosa  <|nantilà  di  gente  da  sbuco  e  d'arti- 
glierie. Simile  armata  di  mare  non  avea  mai 
fatta  in  addietro  la  potenza  ottomana.  General 
(li  terra  fu  Muslalìi  Bissa  ;  general  di  mare 
Pialy  Bass^t  Unghero  rinegato.  Andò  ancora , 
ma  tardi,  ad  unirsi  con  loro  il  famoso  corsaro 


ANNO    iMm.xV^  685 

Dragiit  Rais  colle  sue  galeotte  e  soldati.  Cer- 
tificati intanto  del  barbarico  disegno  don  Gar- 
zia  di  Toledo  viceré  di  Sicilia  ,  e  il  ge- 
neroso gran  mastro  di  que'  cavalieri  Giovanni 
Valletta  ,  avcano  provveduta  la  città  di  INlalla 
di  tutto  il  bisognevole  per  sostenere  un  asse- 
dio. Nel  di  i8  di  maggio  a  vista  di  quell'isola 
comparve  la  forniidabil  flotta  tnrcliesca  ;  ed 
allora  tutti  i  combattenti  cristiani  con  sommo 
coraggio  e  insieme  allegria  corsero  a  i  posti 
lor  destinati,  contando  per  fortunata  la  lor  vi- 
ta ,  se  la  spendevano  per  dilesa  della  Fede  e 
della  patria.  Erano  intorno  a  sei  mila  i  difen- 
sori ,  cioè  cinquecento  novanta  ca\  alieri ,  quattro 
mila  Maltesi ,  e  mi  le  e  cinquecento  soldati  ,  e 
forse  più ,  tra  Italiani  ,  Franzesi  e  Spagnuoli. 
Cominciarono  i  Turchi  a  battere  con  molti  pezzi 
di  grossa  artiglieria  il  castello  di  Sant'  Ermo  , 
posto  nella  lingua  di  terra  che  guarda  i  due 
porti  d<'ir  isola  ,  e  poi  vennero  a  furiosi  assal- 
ti ,  che  costarono  loro  gran  perdita  di  gente  j 
e  in  uno  d'  essi  colpito  il  corsaro  Diagut  ral- 
legrò assaissimo  i  Cristiani  colla  sua  morte. 
Nel  dì  21  di  giugno  restò  presa  la  sudtieUa 
fortezza  ,  e  trucidato  chiunque  era  sopravivuto 
alla  forte  (hti?sa.  Si  accinse  dipoi  MiistaPa  all'as- 
sedio della  fortezza  di  S.  Michele  ;  nel  qual 
tempo,  cioè  a  dì  12  di  luglio,  venne  a  rin- 
forzarlo il  Bei  d'Algieri  con  ventisene  legni  , 
eu  i  quali  erano  pili  di  mille  uomini  da  guerra. 
Air  incontro  spedito  da  Sicilia  il  mastro  di 
campo  Robles  con  quattro  galee,  passando  ar- 
ditamente quasi  per  mezzo  i  nejuici  ,  sbarcò 
neli'  isola  seccato  fanti,  rinforzo  che  recò  non 


Ò8o  ANNALI    u' ITALIA 

lieve  ristoro  a  gli  assediati.  Frequenti  e  san- 
guinosissimi furono  gli  assalti  dati  a  quella  for- 
tezza da  i  Torchi,  e  già  le  loro  trincee  erano 
arrivate  sotto  le  mura  ,  e  si  lavorava  di  minej 
quando  il  Toledo  viceré  di  Sicilia,  dopo  tanta 
ddazione,  determinò  di  portare  all'  afflitta  città 
il  promesso  soccorso.  E  però  con  sessanta  due 
galee  giunto  nel  dì  ■j  di  settembre  alla  parte 
di  Malta  vecchia  ,  colà  sbarcò  nove  mila  sol- 
dati eletti ,  con  vettovaglia  per  quaranta  gior- 
ni ,  e  poi  se  ne  tornò  in  Sicilia  a  preparar 
altri  aiuti.  Mandò  il  Bassa  Mustafà  sei  mila  de  i 
suoi  a  riconoscere  che  genie  era  quella ,  e 
trovò  persone  che  sapeano  menar  le  mani , 
perchè  uccisero  forse  mille  e  cinquecento  di 
quegl'  Infedeli.  La  notte  seguente  imbarcati  i 
Turchi,  fecero  vela  alla  volta  di  Lepanto,  la- 
sciando libera  V  isola  di  Malta  ,  ma  conquas- 
sate tutte  le  sue  fortezze.  Perirono  in  quel- 
l'assedio, per  quanto  fu  creduto,  almen  venti 
mila  Turchi ,  parte  per  le  battaglie ,  parte  per 
le  infi-'rniità.  D(;'  Cristiani  qi'.'iltro  mila  se  ne 
contarono  estinti  ne' cotnbattimenti^  fia  i  quali 
chi  dice  ducento  quaranta  ,  e  chi  trecento  ca- 
valieri, che  inliepidi  sempre  in  (utìe  le  fazioni 
combaliendo  come  lioni  ,  lasciarono  gran  fama 
del  loro  valore.  Né  minore  fu  quella  del  vec- 
chio gran  mastro  Valletta  ,  non  avendo  egli 
in  sì  terribil  congitìnl.ira  perdonalo  a  fiiliche 
e  pericolo  alcimo.  I^asciò  egli  dipoi  innnorlale 
maggiormente  il  suo  nome  [)cr  avere  a!;giunta 
alia  vecchia  ciltà  la  cll(!i  Vallella ,  e  tanta  co- 
pia di  forlificiizioni ,  che  Malia  può  oggidì  sem- 
brare inespugnabile  ,  o  ,  per    dir    meglio     nuò 


ANNO   wm.xv  6^'J 

appeìinrsi  la  città  più  forte  dell'  universo.  Guai 
air  l(alia  ,  s'  essa  cadea  allora  nelle  grifle  tiir- 
chrsclic  ;  |)erò  quanto  fu  il  tenore  ti'  ognuno 
per  queir  assedio  ,  altretianto  giubilo  si  provò 
r.<-lla  sua  liberazione,  ^è  già  mancò  papa  l'io  IV 
di  soruniinistrar  soccorso  di  gente  e  danaro 
per  sì  urgente  bisogno  della  Cristianità.  1  utla- 
via  don  Garzia  di  Toledo,  per  a\er  cotaii'o 
differito  il  soccorso  ,  ebbe  de  i  Miiamur  dal  re 
(Cattolico;  e  col  tempo  perde  il  governo  della 
Sicilia. 

Fin  r  anno  precedente  era  slato  concliiuso 
il  matrimonio  delT  arciduchessa  Barbata  u' Au- 
stria ,  figlia  di  Ferdinando  1  im|)eratlore  ,  con 
Allonso  11  duca  di  Ferrara,  e  dell'  aicitlucliessa 
Giovanna  di  lei  sorella  minore  con  don  Fran- 
cesco de'  Medici  principe  di  Firenze.  Ma  con- 
venne dilierirne  dipoi  T  esecuzione  per  la  morte 
sopragiunta  del  suddetto  Augusto.  Nel  dì  21  di 
luglio  del  presente  anno  il  duca  di  Ferrara 
con  grandioso  accompagnamento  s'inviò  verso 
la  Germania  ,  per  visitare  in  Inspruch  la  prin- 
cipessa a  lui  destinata  in  moglie.  Di  là  passò 
a  Vienna  per  assistere  al  funerale  del  delunto 
Cesare ,  e  ricevette  singolari  finezze  dal  novello 
i^iiperador  Massimiliano  li ,  e  da  i  due  arcidu- 
chi di  lui  fratelli.  Tornato  poscia  in  l'alia  si 
diede  a  fare  i  preparamenti  piii  magnifici  per 
le  nozze  suddette  ;  e  nel  dì  ao  di  novembre 
inviò  a  Trento  il  cardinale  Luigi  d' Esle  suo 
fratello  ,  accompagnato  dal  canlinal  di  Correg- 
gio e  da  una  comitiva  nobilissima  ,  a  sposare 
r  arciduchessa  in  suo  nome.  Insorsero  ivi  di- 
.spute  di  precedenza;  per  esservi  giunto  prima 


0iS8  ANNALI   d'  ITALIA 

in  persona  11  principe  di  Firenze ,  con  preten- 
dere   perciò    che    seguisse    lo    sposalizio    suo 
avanti  a  quello  del  duca  di   P'errara.    Ma   rap- 
presentando   il    cardinal    Luigi    la   preminenza 
deir  età  nella  principessa  Barbara  ,  e  del  grado 
nel  duca  Alfonso,  stante  T  esseie  questi  sovra- 
no ,  e  il  Metlici  suggetto  al  padre  duca  ,  s''  in- 
cagliò   forte    r  affare  5    e    contuttoché    il   santo 
cardinale  Carlo    Borromeo ,    spedito    colà    dal 
papa    con    titolo   di   Legato  per    onorar  quelle 
nozze  ,  si  adoperasse  non  poco    per  isniorzare 
la  contesa,  niun  d' essi  volle  retrocedere.  Troncò 
dipoi  Massimiliano  Augusto  il  gruppo  con    or- 
dinare che  lo  sposalizio  delle  due  arciduchesse 
si  facesse  ne  gli  Stali  de    i    mariti  loro    desti- 
nati.  Il  che    fu    poscia    puntualmente    eseguito. 
Insigni  feste  furono   fatte  in  Ferrara  nel  dì  5  di 
dicembre ,  in  cui  1'  arciduchessa    Barbara    fece 
la  sua  solenne  entrala  ,  e   parimente  ne'  susse- 
guenti giorni  ,  essendosi  spezialmente  nel  dì  1  i 
del  dello  mese  data  esecuzione  ad  un  toiiieo , 
intitolato  il   Tempio  d Amore ,    che  riempio  di 
maraviglia   e  diietlo  per  la    novità     e    magnifi- 
cenza dell'  aufilealro  ,  delle   macchine    e    delle 
comparse  ,  l' incredibii  copia  de   gli    spettatori , 
accorsi    colà    anche     da     lontane  palli.  Fra  gli 
altri  merita  d'  essere  nH'nlo\al()''ugliflmo  duca 
di  Mantova  con  L(!onora  d'Austria  sua  moglie, 
sorella  della  nuova    duchessa    di    Ferrara.    Era 
allora   essa  città  di  Ferrara  riguardata  (|ual  mae- 
stra di  ((ueste    arti    cnallcresche.   Passò  a  Fi- 
renze anche  l'arciduchessa  (jioxanna,    e   quivi 
ancora     con    solennissime    feste    di    maschere  , 
conviti  ,    balli ,    giuochi    di    cavalli ,    caccic  di 


ANNO    MDLXV  68c) 

fiere  sclvaticlie  ,  ed  apjjarati  di  statue  e  pittu- 
re ,  furono  niagnilicaiueiite  ci.'iebiate  le  sue 
nozze. 

Aljbiani  latta  menzione  del  piissimo  cardinal 
Cario  Biìnoineo,  ii*gato  allora  delia  santa  Sede 
per  tutta  l'Italia.  Ardeva  egli  di  voglia  di  por- 
tarsi a  Milano  per  visitar  la  sua  chiesa  ,  con 
disegno  ancoi'a  di  tener  ivi  il  primo  suo  con- 
cilio provinciale  j  e  cotanto  tempestò  lo  zio 
pontefice ,  a  cui  troppo  rincresceva  lo  stara 
senza  eli  lui  ,  che  ottenne  licenza  d'inviarsi 
colà  nel  di  pruno  di  settembre.  Vi  andò  ,  ac- 
colto con  incredibil  allegrezza  e  divozione  dal 
popolo  milanese  ;  celebrò  il  concilio  suddetto  j 
con  alloggiare  alle  sue  spese  i  vescovi  sufTra- 
ganei  ;  poscia  si  portò ,  siccome  dicemmo  ,  a 
Trento,  .\ccompagnata  sino  a  Feirara  la  du- 
chessa Barbara  ,  continuò  poi  il  cammino  coll^ 
principessa  di  Toscana  sino  a  Fiorenzuola ,  dove 
ricevette  un  corriere  colla  nuova  di  grave  ma- 
lattia sopragiunta  al  pontefice j  e  però  prese 
le  poste  verso  Roma.  Parve  che  in  quest'anno 
il  papa  si  dipartisse  daile  massime  plausibili 
di  governo  osservate  da  lui  in  addietro  ,  e 
massimamente  durante  il  concilio  di  Trento  , 
di  cui  mostrava  apprensione.  Cioè  si  dietle  a 
far  danaro  :  al  qual  fine  impose  alquanti  nuovi 
aggravj  allo  Stato  Ecclesiastico  ;  maniera  co- 
moda per  ricavarne  ,  ma  eziandio  per  eccitar 
lamenti  e  riscuotere  maledizioni.  Fece  anche 
rivedere  i  processi  già  cominciati  contro  di  al- 
cuni nobili ,  per  impufazion  di  varj  delitti  ;  e. 
questi  furono  il  conti'  Gian-Francesco  da  Ba- 
gno e  il  conte  Nicola  Orsino  da  Pitigliano,  a  i 

Muratori.   ^In/i.  y'ol.  Xlf^.  44 


690  ASNAM    D    ITALIA 

quali  diede    gran    travaglio  ;  e  fu    creduto  che 
si    riscattasserc    colla    moneta.  Mosse  in  oltre 
lite  al  duca  di  Ferrara  ,    pretendendo    eh'  egli 
avesse  fallo  più  sale  che  non    conveniva  ,  con 
pregiudizio  della  camera  apostolica  :  tutte  cose 
odiose  ,  benché  vestite  col  manto  della  giusti- 
zia. E  non  è  già  che  questa  avidità  di  pecunia 
gli  entrasse  in  cuore  per    ingrassare  od  innal- 
zare i  parenti.  Ebbe  egli    da    soccorrere  Malta 
con  gente  e  danari  ;  ebbe  da  inviar  somme  di 
contante  all' imperadore    per    la    guerra   mossa 
dal  Transilvano  e  dal  Turco.  Avea  anche  preso 
piacere  alle  fabbiiche  ,  all' abbellimento  di  Ro- 
ma ,  a  risarcir  le  fortezze  e  i  porti  dello  Stato 
della   Ohii  sa.    Terminò    egli    in    quest'  anno  la 
f(.  tificazion   del  Borgo  di  Roma  ,  di  cui  sopra 
parlanuiio  ,  e    che   abbracciava    il    Vati(  ano    e 
Castello  Sant'Agnolo  ,  ed    ampliò  il  recinto  di 
Roma  da  quella  parte,  ordinando  che  si  chia- 
masse Città   Pia  ad  esrm|)io  di  papa  Leone  IV 
che  fabbricò  la  Leonina.  Chiamasi  oggidì  Borgo 
Pio.  Cominciò    da  fondamenti    d  palazzo    de  i 
conservatori  in    (Campidoglio  ,  e  rifece    il  pon- 
tifizio  in  esso  sito.  Ad   uso  pubblico  rimise  la 
Via  Aurelia  ,    e    fece    del    bene    all'  altra    che 
guida  a  Campagna  di  Rona.    in   benefizio  an- 
cora delle  lettere    istituì  una    nobile  stamperia 
con  \arietà  di  cara!  Ieri  anche  di  lingue  orien- 
tali, e  ne  diede  la  cura  a  Paolo    Manuzio  let- 
terato di  molto  crethto ,    chiamato   per  questo 
a  Roma. 

Tali  azioni  ,  ed  altre  eh'  io  tralascio ,  servi- 
rono certamente  ad  illustrar  la  memoria  di 
questo  pontefice.  Ma  se    per  (arie ,  a  lui  fosse 


ANNO    MDI.XV  691 

convenuto  aggravare  i  suoi  popoli ,  si  può  du- 
bitare se  sia  vera  gloria  ({uella  de'  principi  che 
senza  necessità  se  la  prov;acciano  colle  lagrime 
de' sudditi.  La  verità  uiindiineno    si  è  ,  che  la 
gravezza  di  quattrocento  mila    scudi  d'  oro  da 
lui  imposta  nelf  anno  presente    fu  in  soccorso 
dell'  impeiadore    gravemente    minacciato    da    i 
Turchi.    Appena    arrivato    a    Roma  il  cardinal 
Borromeo ,  ed  informato  da  i  medici  della  di- 
sperata vita  del  pontefice  ,  egli  stesso  fu  quello 
che  destramente  andò  ad  avvertirlo  che  s'  av- 
vicinava il  suo  passaggio  a  miglior  vita  ,  e  gli 
assistè  sino  all'ultimo  respiro  con  altri  due  insi- 
gni cardinali  Sirletto  e  Pateotto.  Morì  papa  Pio  IV 
nel  dì  9  ili    dicembre  ,    come  s'  ha    dall'  iscri- 
zione posta  al  suo  sepolcro  :  lua  perchè  mancò 
di  notte  ,  altri  fa  succeduta    la    morte  sua  nel 
dì    IO  d'  esso    mese.   Non  mancarono  difetti  a 
questo  pontefice  (  e  chi  n'  è    mai    senza  ?  ) ,  ma 
un  luilla  furono  in  paragon  delle  molte  s  le  virtù; 
e  sempre  sarà  in  benedizione   la  memoria  sua 
pel  glorioso  compimento  da  lui  dato  al  conci- 
lio di  Trento  ;  per    avere    riformati  i  tribunali 
lutti  di  Roma;    mantenuta    la  pace  e  l'abbon- 
danza ne'  suoi  Stati  ;  e  promosse  alla  sacra  por- 
pora persone  di    gran    merito  e  di  rara  lette- 
ratura; e  in  fine  per  essersi  guardato  da  ogni 
eccesso  nelf  amore  de  i  suoi ,  ed  avere  a  be- 
neficio ed  ornaiiuMito  di  Roma  fatte  tante  belle 
fabbriche.  Era    egli    dotato  di  si  felice  memo- 
ria, che  all'  imi)rovviso  recitava  squarci  de  gli 
antichi  poeti  ,  storici    e    giuiisconsulti.  Furono 
in  quest'anno    tumulti  nel    .Monferrato,  essen- 
dosi rivolUato    il    popolo    di  Casale    contra  di- 


6q3  ANNALI    d'  ITALIA 

C.u£;lielmo  duca  <li  Mantova  lor  signore.  Ma  il 
go\ einator    di    Milano ,  a    cui    non    piacevano 
questi   semi    di    guerra ,    fu    loro  addosso  col- 
]'  anni  ,    e    gli    obbligò    a    chiedere    perdono. 
Durò    bensì   la  ribellione  de  Corsi .  quantunque 
contra    d' essi  fosse  spedito  da  Genova  Stefano 
Doria  con  nuove  genti.  Ricevette  egli  una  buona 
percossa  da  que' ribelli,  che  anche  costrinsero 
Corte  colla  sua  rocca  a  rendersi ,    ma  ■  gli  di- 
poi  Vi    ricuperò.    Nei    dì     18    di  noveniDre  di 
quest'  anno  si  videro    pomposamente    celebrate 
in    Brusselles  le  nozze  d;  Alessandro  Farnese  , 
figlio  di  Ottavio    duca  di    Parma  ,    con  donna 
Maria  figlia  di   Odoardo ,  fratello    di     Giovanni 
re    di  Portogallo  ,  la  quale  da    Lisbona   fu  nia- 
g  lificamcnte  condotta  in  Fiandia,  do\e  dimo- 
rava allora   esso   principe    colla    duchessa  Mar- 
gherita sua  madre  ,   governaliice  de'  Paesi  Bassi. 
Tornei  ,     giostre  ed    altri   suntuosi  divertimenti 
non   mancarono  in  quella  congiuntiu'a ,   tuttoché 
pregni   di  mali    umori    si    trovassero    in  questi 
tempi  i   popoli    di    quelle    contrade,    siccome 
a  ccennererao  all'  anno  seguente. 

Anno  di  Cristo    i5(.)6.  Indizione  IX. 
di  Pio  V  papa   1. 
di  MassIiMiliano  II  imperadore  3. 

Sul  principio  di  quest'  anno  ,  cioè  nel  dì  7 
di  gennaio  ,  fu  posto  nella  caltecha  «li  San  Pie- 
tro uno  «ie'  più  riguardevoli  ponlelici  della 
Chiesa  di  Dio,  per  opera  spezialmente  del  piis- 
simo cardinal  Carlo  Borromeo,  a  cui  adcrixa 
il  grosso  partito  do'  cmduiali  creali  da  Pio  iV 


ANTS'NO    MDLXVI  CqS 

ano  7.Ì0.  Qiipstl  vpraiiKMite  sulle  prime  inclinava 
co'  suoi  voti    a  promuovere  il    dignissimo    car- 
dinal -Morone  Milanese.  Ma  nel  dissuase  il  car- 
dinal Micliele  Gliislieri  ,    chiamalo    il  cardinale 
Alessandrino  ,  per  essere  stalo  il  Morone    car- 
cerato   sotto    papa    Paolo    IV  per    sospetti    di 
religione  ,    quasiché  non  avesse  bastato  a    pie- 
namente dileguarli  una  chiara  sentenza  delT  in- 
nocenza   di    lui    sotto    il  pontefice  Pio    IV,  e 
r  esser  egli  slitto    capo  del  concilio  di  Trento. 
Si  rivolsero  dunque  gli   occhi    d' esso    cardinal 
Borromeo  a  i  cardinali  Sirleto  ,  Bonconipagno, 
ed  altri  degni  suggelli.   Ma  incontrandosi  in  ca- 
daun  d'essi  qualche  o.stacolo ,    fissò  finalmente 
i  pensieri  nel    medesimo  cardinale  Alessandri- 
no ;  e  tuttoché  da  più  d'  uno  gli  fosse  rappre- 
sentato non    convenire    né  a  lui  né  alle  crea- 
ture di  Pio  IV  r  innalzamento  di  chi  riconosceva 
per  suo  proiuotore  Paolo  IV  CaralTa,  ed  avea  poco 
goduto  della  grazia  dello  stesso  Pio  IV  -,    oltre 
air  essere  in  concetto  d'  uomo  troppo   rigido  e 
severo  ;  pure  il  Borromeo  assai    conoscendo  la 
somma  pietà  e  P  integrità  della  vita    dell'  Ales- 
sandrino ,  e  che  il  suo  zelo  non  andava  scom- 
pagnato dalla  prudenza  e  clemenza  ,    volle  an- 
teporre   ad    ogni   privato  suo  riguardo  il    bene 
della  Chiesa  di  Dio  con  accelerare  la  di  lui  ele- 
zione:  esempio  il  quale  volesse  Dio  che  stesse 
sempre  davanti  a    chiunque    de\  e    entrare    nel 
sacro  conclave.   Era  nato  il  cardinale    Ghislieri 
nell'anno    iSoS   nel  Bosco,  terra  dell'Alessan- 
drino .    diocesi  di  Tortona  ,    di    bassa   famiglia. 
Allorché    egli  fii  poi    salito    tant'  alto  ,    T  antica 
e  nobil    famiglia  de'  Ghislieri  Bolognesi  si    recò 


6g^  ANNALI   d' ITALIA 

ad  onore  di  riconoscerlo  di  sua  schiatta,  vero 
o  falso  che  fosse  che  im  de'  loro  antenati 
nelle  guerre  civili  avesse  piantala  casa  nel  Bo- 
sco. In  età  di  quindici  anni  ciitiò  nell'ordine 
religioso  di  san  Domenico ,  in  cui  riuscì  insi- 
gne teologo,  fu  inquisitore  in  varj  luoghi,  poi 
vescovo  di  Ncpi  e  Sutri  ,  e  finalmente  pro- 
mosso alla  sacra  porpora  nell'anno  ì55'j  da 
papa  Paolo  IV,  che  poi  il  deputò  capo  della 
sacra  Inquisizione  in  Roma.  Era  egli  ,  siccome 
esente  ila  ogni  ambizione ,  ben  lontano  dal 
desiderio ,  non  che  dalla  speranza  di  dover 
reggere  come  sommo  \isibil  Pastore  la  Chiesa 
di  Dio  ,  quando  contro  l'espptlazion  d'ognuno 
egli  fla  i  cardinali  Farnese  e  Borromeo  fu  pro- 
posto e  concorflemeute  eletto  pontefice  ,  e 
prese  il  nome  di  Pio  V  per  compiacere  il 
Borromeo.  Cosa  curiosa  si  racconta ,  di  cui 
non  mi  fo  iiialle\adore  :  cioè  ,  che  passando 
per  la  terra  del  Bosco  un  corrieie  portante  in 
Francia  la  nuova  drlla  di  lui  elezione ,  senza 
che  egli  sapesse  che  quella  era  la  patria  del 
pa[)a  ,  il  suo  cavallo  si  fermò  nella  piazza  di 
essa  teira  ,  nò  sperone  o  batlilura  bastò  a  ri- 
metterlo in  cammino.  Accorse  gente  in  aiuto 
del  corriere  ,  e  sajiuto  da  lui  il  motivo  della 
sua  fretta  ,  vennero  anche  ricavando  I'  esalta- 
zione del  loro  compatriota  :  il  che  fatto  ,  il 
ca\ alio  ,  senza  faisi  più  pregare  ,  tornò  al  suo 
galoppo.  Grande  allegiezza  che  fu  in  quel  po- 
polo. 

Non  accolsero  gih  cor:  paii  giubilo  i  Romani 
l'esaltazion  di  questo  pontefne,  temendo  di 
Vedere    risorgere    in  lui    l'odiato    Paolo    IV , 


ANNO    MDI.XVI  695 

•perchè  conosciuto  per  l'omo  severo  e  collerico  j 
tultocliè  presto  passasse  la  collera  sua  ,  e  ze- 
lante al  maggior  segno  della  sacra  Inquisizione. 
Di  queste  voci  informato  il  buon  Pio,  ebbe  a 
dire  :  Confidiamo  in  Dio  di  aver  da  operare 
in  maniera  che  a  i  Ronuuii  dispiacerà  più  la 
nostra  morte  cht^  la  nostra  elezione.  In  fatti 
diede  egli  principio  alle  sue  lodevoli  azioni 
colla  liberalità  ,  donando  a  i  cardinali  poveri 
venti  mila  scudi  d'oro,  e  dieci  mila  a  i  con- 
clavisti. Pagò  in  oltre  ,  secondocbè  avea  desi- 
derato pria  di  morire  Pio  IV ,  cinquanta  mila 
scudi  di  dote  al  conte  Altemps ,  che  avea 
presa  in  moglie  una  sorella  del  cardinal  Bor- 
romeo. Nel  primo  concistoro,  dopo  avere  rin- 
graziati i  cardinali  per  averlo  innalzato  a  sì 
sublime  grado  ,  li  pregò  del  loro  aiuto  e  con- 
siglio per  rimeltere  in  buon  tuono  la  Chiesa 
di  Dio ,  onoratamente  riconoscendo  che  tante 
eresie  e  disastri  sopravenuti  alla  religion  catto- 
lica altra  origine  non  aveano  avuto  che  dalla 
mala  vita  e  da  i  cattivi  esemph  dell'  uno  e 
r  altro  clero.  Il  perchè  scongiurava  ognu  io  di 
dar  da  lì  innanzi  buon  odore  .  e  di  aìutailo 
affinchè  fosseio  ridotte  in  pratica  le  belle  or- 
dinanze del  concilio  di  Trento.  Poscia  nel  dì 
sei  di  marzo  per  le  tante  batterie  di  varj  por- 
porati s' indusse  a  conferir  la  sacra  porpora  a 
Fra  Michele  Bonelli  suo  pronipote  per  sorella , 
ed  anch'  esso  doli'  ordine  de'  Predicatori  ,  il 
quale  per  le  molte  sue  viiiTt  grande  onore  di- 
poi recò  alla  dignità  cardinalizia.  Applicossi 
dipoi  con  sommo  fervore  il  santo  pontefice  a 
l'ilormar  la  propria  corte  ,    gli    abusi  di   Roma 


6g6  ANNALI  d'  itat-ta 

e  le  cormltele  della  Ciistianità  :  intorno  »  die 
è  da  vedere  la  di  lui  Vita.  AiP  infelice  regina 
di  Scozia  Maria  ,  agitata  dalle  fiere  tiiibolenze 
del  suo  regno  ,  inviò  in  dono  venti  mila  scudi 
d'  oro.  La  sua  gratitudine  verso  di  papa  Pao- 
lo rV  suo  promotore  cagion  fu  eh'  egli  ,  sic- 
come accennammo  ,  fatto  rivedere  il  processo 
formato  contra  del  fu  cardinal  Carlo  CaralTa  , 
e  contro  il  già  conte  di  Montorio  suo  fratello, 
e  trovatolo  difclloso ,  restituì  almeno  alla  lor 
memoria  e  nobil  casa  ogni  onore  e  lama,  an- 
corcliè  paresse  a  taluno  clie  lo  scaricare  i  ni- 
poti di  Paolo  rV  tornasse  in  qualche  aggravio 
o  dello  slesso  pontefice  loro  zio,  o  di  papa 
Pio  IV  che  gli  avea  fatti  condannare.  Da  una 
grave  epidemia  lesiò  alTlitto  in  quest'anno  il 
popolo  romano.  A  tutti  i  poveri  infermi  som- 
ministiò  il  pontefice  iimosine ,  medici  e  me- 
dicine. Riscattò  con  pochi  dauari  dalle  mani 
de'  corsali  un  suo  nipote  ,  per  tale  non  rico- 
nosciuto da  essij  e  fattolo  comparire  in  Roma 
con  gli  abiti  da  schiavo ,  gli  donò  y\n  cavallo 
e  un  ufizio  che  aninialmente  hutla^a  cento 
scudi.  Con  questo  lieve  regalo  il  rimandò  a 
casa  sua.  Così  operava  il  santo  pontefice  troppo 
alieno  dal  ne|)f)lìsnio. 

Ma  in  quesl'  anno  moltiplicarono  i  mali  so- 
pra la  terra.  Perciocché  il  tuttavia  vegeto  gran 
Signore  dc'Tiuchi  Solimano,  sempre  sovve- 
nendosi con  rabbia  dello  scorno  ricevuto  da  i 
Cristiani  nel  \auo  assedio  di  Malta  ,  e  sempre 
ingordo  di  nuo\e  con([MÌsle ,  si  diede  a  lare 
un  più  formidabile  aimanicnlo  non  solo  per 
marc^    ma    anche    per    terra.    Dove    avesse  q 


ANKO    MDT.XVT  Gf^^ 

piombare  il  suo  sdegno  .  non  si  polca  ben  pre- 
vedere. Erano  certamenle  in  pciicolo  Malta  e 
l'Ungheria.  Perciò  il  gran  mastro  Valletta  fece 
gagliarde  istanze  di  soccorso  al  papa  e  al  re  di 
Spagna  ,  che  non  mancarono  di  preparar  gente 
e  navi  ,  e  di  spedir  grosse  somme  di  danaro 
per  difesa  di  quella  importante  isola.  In  tale 
strettezza  di  tempo  fece  egli  quante  fortifica- 
zioni mai  potè  nella  lingua  di  terra  dove  dianzi 
era  la  smantellata  fortezza  di  Sant'Ermo,  dando 
principio  alla  città  poi  denominata  Vallella  ,  e 
si  premunì  in  maniera  che  nulla  paventò  da  lì 
innanzi  le  minacce  e  i  vanti  de  gl'Infedeli. 
Vennesi  poscia  a  scoprire  ,  tali  non  essere  le 
forze  in  mare  de'  Turchi  ,  per  lo  gravissimo 
danno  da  lor  patito  nel  precedente  anno  sotto 
di  Malta  ,  che  potessero  tentar  di  nuovo  uii 
osso  sì  duro.  Contiittociò  unirono  coloro  una 
flotta  di  ottanta  galee  (Andrea  Moiosino  la  fa 
di  circa  cento  quaranta  )  sotto  il  comando  del 
Bassa  Pialy .  e  la  lor  prima  impresa  fu  di  sot- 
tomettere all'imperio  ot'omano  l'isola  riguar- 
devole di  Scio ,  ricca  pi'i  la  produzion  del  ma- 
stice ,  la  quale  ducento  anni  prima  presa  da  i 
Genovesi ,  si  governava  a  gui.sa  di  repubblica 
colla  superiorità  de'  Giustiniani  nobili  di  Ge- 
nova, e  colla  permissione  della  Porta  Ottomana, 
a  cui  pagavano  ogni  anno  un  tributo  di  dieci 
mila  ducati  d' oro.  Proditoriamente  fu  occupata 
quella  città,  abbattute  varie  chie^^e ,  alzata  ivi 
una  moschea  con  incredibii  dolore  de' poveri 
Cristiani.  Giunse  dipoi  la  flotta  turchesca  nel- 
l'Adriatico. Tentò  in  vano  Pescara  e  l' isola 
di    Tremiti  ;    ma    al    loro    furore    soggiacquero 


698  A-NALI    d'  ITALIA 

nella  costa  di  Puolia  e  deir  Al'bruzzo  Ortoiia  , 
Fraiicavilla  ,  Ripn  di  Cliicti ,  il  Vasto ,  Santo 
Vito,  la  Serra  Capriola,  Termole  ed  altre  ter- 
re ,  per  lo  spazio  di  cento  miglia  ,  che  rima- 
sero sacchegcjiate  e  date  alle  fiainme,  con  fare 
schiavo  chiunque  si  tro\ò  pie;ro  a  fuggire.  Fu 
spedito  dal  par»»  il  duca  di  Bracciano  alla  di- 
fesa della  Marca  con  quattro  mila  fanti  pagati, 
I  Veneziani  frettolosamente  corredarono  e  spin-, 
sero  in  mare  cinquanta  galee  ben  fornite  di 
gente.  Circa  ottanta  altre  ne  mise  insieme  don 
"ÌBarzia  di  Toledo  viceré  di  Sicilia.  Verisimil- 
mente  1'  awiso  di  tali  armamenti  quel  fti  che 
indusse  Pialy  a  tornarsene  in  Levante,  lasciando 
liberi  da  ogni  timore  i  Maltesi.  Licenziate  di- 
poi dal  viceré  di  Sicilia  le  galee  di  Spagna , 
Genova  e  Firenze,  molte  d'e.s.se  capitarono  in 
mano  de'  corsari  Algerini ,  siccome  ancora  dtie 
navi  con  ricchissimo  carico  procedenti  dall'A- 
merica •-  per  le  quali  prede  immensi  danni  patì 
la  repubblica  cristiana. 

Il  pericolo  m.ig,'ior  r.ondimono  che  sopra- 
stava a  i  Cristiani ,  era  in  Ungheria  ,  sapen- 
dosi che  Solimano  aveva  allestito  un  poten- 
tissimo esercito  «la  terra.  Massimiliano  II  An- 
gusto ,  che  vedea  iti  aria  il  nero  temporale  , 
intimò  una  dieta  generale  in  Angusta  ,  chia- 
Uiando  colà  i  principi  tutti  della  («ermaiiia  ed 
Italia.  A  questa  fu  (lato  principio  mi  dì  2G  di 
marzo  ;  e  ])ercio<  che  si  temeva  che  i  Prote- 
.stanti  ,  provalendosi  del  bisogno  «li  Cesare , 
fossero  per  trattar  ivi  di  religione ,  sollecito 
fi  papa  Pio  a  fu*  venire  colà  da  Polonia  il 
celebre  canlinal  Commemlone  legalo  ,  il  quale 


ANNO    IWDT.XVl  6c\C) 

si  sagg'uuncnlo  dispose  le  cose  ,  clip  ninna  no- 
vilà  si  fece  ivi  in  riguardo  alla  religione  ;  f 
però  il  papa  mandò  a  Cesare  di  presente  sess 
santa  mila  scudi  colla  promessa  d'  allri  cin- 
quanta mila  l'anno,  lincile  durava  la  guerrA 
col  Turco.  Intervennero  ad  essa  dieta  Emma- 
nuel Filiberto  duca  di  Savoia  ,  che  promise  e 
mandò  dipoi  quattro  o  cinquecento  cavilli  ar- 
chibugieri in  aiuto  dell' imperadore  ;  eGuj,'lielmo 
duca  di  Mantova  ,  che  s' impegnò  <li  contribuir 
buona  somma  di  danaro.  Gli  altri  principi  di 
Germania  ,  chi  più  ,  chi  pieno  ,  esibirono  soc- 
corsi ,  e  in  universale  fu  risolato  di  mettere 
in  piedi  un'  armata  di  quaranta  mila  finti  e 
di  otto  mila  cavalli.  Promise  in  oltre  il  prin- 
cipe di  Firenze  tre  mila  fanti  e  gran  somma 
di  danaro.  Ma  superò  l'espellazion  d'ogiuino 
A'fonso  d'  Estc  duca  di  Ferrara.  Ho  io  de- 
scritto altrove  (i)  il  grandioso  suo  apparato  per 
soccorrere  il  cognato  Augusto.  Peiò  breve- 
mente dirò  ch'egli  in  persona  passò  a  Vienna 
con  accompagnamenlo  nobilissimo  di  trecento 
gentiluomini  a  eavallo  tntli  ben  in  armi  ,  di 
secento  archibugieri  a  cavallo  e  di  altri  armati. 
Consisteva  tutto  questo  corteggio  in  quattro 
mila  persone  ;  la  sola  metà  nondimeno  era  di 
combattenti  tutti  a  cavallo  con  beli'  armi  e  ricche 
divise.  Ma  sì  magnifico  preparamento  di  Tedeschi 
ed  Italiani  ,  che  tante  spese  costò,  andò  poscia  a 
finire    in    una    guerra    da    scherzo  ,  senza  che 


(i)  Anticliitù  Estensi  Parte  IL 


"JOO  ANNAT.I    d'  ITAU\ 

dal  canto  de'  Cristiani  prodezza  alcuna  si  fa' 
cesse  j  a  riserva  dilla  presa  fli  N'esj)rino.  In-, 
tanto  arrivò  Solitila i:o  in  Ungheria  con  sì  po- 
deroso esercito  ,  die  la  fama  e  il  terrore  f -ce 
ascendere  a  secento  ni'l.i  persone  ,  calcolandosi 
ciò  non  ostante  che  solamente  cento  cinquanta 
mila  a  cavallo  e  cento  mila  pedoni  fossero  atti 
alle  militari  imprese.  Tn  presa  da  costoro  Giu- 
la  ,  poi  nel  dì  5  d' agosto  messo  1'  assedio  a 
Ziglietto  ,  città  fortissima  ,  che  fu  mirabilmente 
per  alquante  settimane  difsa  dal  conte  Nic- 
colò Sdriiio  ,  contro  i  molli  sanguinosi  assalti 
dati  da  i  Musulmani.  Venne  a  morte  in  qnes'o 
tempo,  cioè  nel  dì  12  di  settembre,  sotto 
quella  piazza  il  gran  Signore  Solimano  II.  Nulla 
di  ciò  seppe  sino  al  seguente  ottobre  1'  eser- 
cito turchesco ,  sì  accortamente  si  studiò  il 
Bassa  Maometto  di  celarlo  ,  allìuchè  Sclim  II 
di  lui  figlio  avvisalo  si  mei  lesse  pacificamente 
sul  trono.  Anzi  esso  Bassa  fingendo  minacciata 
a  lui  e  a  gli  altri  comandanti  la  morte,  se 
non  si  prendeva  Zighelto  ,  animò  i  Turchi  a 
ftr  r  ultimo  sforzo ,  per  cui  si  fitù  di  pren- 
dere la  rocca  tuttavia  nsislente,  colla  morte 
dello  Sdrino  e  di  tutta  la  guarnigione  cristiana. 
Nulla  di  più  fecero  i  Turchi ,  e  vittoriosi  se 
ne  tornarono  in  Levante:  con  che  restò  sciolta 
anche  larmiita  cesarea.  Venne  il  nuovo  gran 
Signore  Seliin  sino  a  Belgrado  ad  incontrare  il 
corpo  dell'  estinto  genilore. 

Si  accese  in  (piesli  med<'s!Mii  tempi  un  altro 
gravissimo  incendio  ne' Paesi  Hiissi  ,  le  cui  scin- 
tille fin  l'armo  precedente  aveano  avuto  princi- 
pio.  Per  la    vicinanza    de'  Tedeschi   Luterani  e 


I 


ANNO  jinr.xvi  701 

df'  Franzesi  C;ȓviiiisti    s'  era  ampiamente  dila- 
talo in    quelle    parti    il     veleno    dell'eresia,  e 
n'  erano  infftti  anche  assaissimi  delle   nobili  e 
principali  famiglie.   A  Filippo  li    re  di  Spagna 
venne  in  testa  die   il  più  t  filcace  rimedio  per 
puri;are  que'  mali   umori  fosse  1'  introdurre  colà 
non   l'Inquisizione    ordinaria,    clie    v'era,  ma 
quella  di  S[)agna  coli' esorbitante  sua  rigidezza, 
senza  ben  esaminare     se   per    quelli     stomachi 
fosse  a  proposilo  una  medicina    di  tanto  vigo- 
re. Ordinò  pertanto  che  in  Fiandra  e  Ollanda 
e  nel  resto  di  ipie' paesi  si   pubblicasse  e  fosse 
accettalo  il    concilio    di    Trento  ,  e  seco  l' In- 
quisizione   suddetta.    Forse    al  concilio    non   si 
sarebbe  fatta     resistenza  ,    ma    bensì    la  fecero 
coloro  alla  minacciata  introduzione  di  un  giogo 
che  non  aveano  portato  i  lor  maggiori  ,  e  che 
facea  paura  anche  a  i  buoni  ed  innocenti.  Ed 
eccoti    tumulti  ,    sedizioni  ,    proteste  e    ricorsi 
alla  duchessa   Margherita  governatrice  de'  Paesi 
Bassi,  la  ([uale  spaventata   promise  di  scrivere 
al  re  ,   e  intanto    fu   ob!)ligata    a    far    qualche 
capitolazione    di    tolleranza     co  i    sollevati.  In- 
tesa die  ebbe  il   re   Filippo  questa  novità,  gli 
cadde  in  pensiero    di  passar    egli    in    persona 
con  buona  copia  d'armati   in   Fiandra;  ma  poi 
prese  la   risoluzione  di  spedir    colà  don    lerdi- 
nando  di  Toledo  duca  d'Alva  ,  personaggio  che 
in   alterigia   e  severità   non    si  lasciava   |)iender 
la  mano  da  alctnio.  Tali  Itirono  i   principi  d  una 
lagrimevoi   guerra,  che  diirò  poi    per  tant' an- 
ni,  e  terminò  nella  funesta  separazione  de    gli 
Ollandesi ,  o  sia  delle  Provincie  Unite  ,  dall'  ub- 
bidienza del  re  Cattolico  e  della  Chiesa  Romana. 


y0  2  ANNALI    D    ITALIA 

S'è  disputato  e  si  disputa  tuttavia    sé  si  fossero 
conservati  que'  popoli  nella  vera  credenza  e  nella 
divozione  alla  corona  di  Spagna  ,  qualora  il  re  si 
fosse  astenuto  dall' imporre  ad  essi  l'insoppor- 
tabil    peso    di  U'  Inquisizione    Spagnuola  ,    ed 
avesse  adoperato  i  lenitivi,    e    non  già  i  cau- 
stici e  il   ferro  in  si  scabrosa  congiuntura.   Ma 
niiiii   può  decidere  qual  effetto  avesse  prodotto 
la  clemenza  e  la  mansuetudine  che  il  duca  di 
Feria  vigorosamente  consigliò  allora  al  re  Cat- 
tolico ;  perchè  tali  fidici    avea  preso    ne'  Paesi 
Bassi    r  iniezione    dell'  eresia ,    che    forse    colla 
piacevolezza  né  pur  si  sarebbe  mantenuto  nella 
cattolica  religione  quel  paese  che  poi  colla  forza 
si  preservò.  Certissimo  tuttavia   all'  incontro  si 
è  ,  che  la  via  del    rigore  usala  conlra  di  quei 
popoli ,   i  quali    pretendevano    lesi  i  lor  privi- 
Ic^j     colla    novità   dell'  Inquisizione    sudtletta  , 
fece    in    fine     perdere    al    re    Cattolico  e  alla 
Chiesa  Romana  quelle  belle  provincie  ,  che  og- 
gidì  miriamo  cotanto  ricclie  <;  mercantili   far  sì 
grande  figura  ne  gli  all'ari  del  mondo.  Fu  im- 
putata tutta  quella  ribellione    al   prurito  di   li- 
bertà per  seguitar  le   nuove  filse  opinioni  ;  ma 
chi  avesse  bene    scandagliato    il  cuor  di  ognu- 
no ,  avrebbe  trovato    essere    grandissima,  anzi 
siqjeriore  la  schiera  di    coloro  che  nulla   pen- 
savano   allora   a    mutar    religione ,    ma   sì  ben 
cercavano  di    schivirc   un     tribunal    sì  odioso, 
che  maneggiato  alla  foiriia  ili  Spagna   Iacea  ri- 
brez/.o  a  chi  ne  sapea   l'  acerbità ,  e  ne  ingran- 
diva  i[i   suo  cuore   il    lùnlasma.    Buoni  Cattolici 
erano  e  sono  i   Napoletani:   pure  che   non   han 
fallo  ,  allurchù  si  è  trattalo  di     un'  introduziou 


ANI<0    MDLXVI  -JOJ 

somiEjlinnle  ?  Ma  non  più  di  questo.  Crtato 
clic  Ih  papa  il  buon  Pio  \' ,  Otiii  io  Farnese 
duca  di  Parma  e  Piacenza  si  portò  in  persona  a 
pagare  i!  tributo  del  suo  ossei|uio  al  suo  novello 
sovrano.  Tornato  a  l'arnia  in\ià  una  nobil  comi- 
tiva a  condurre  dalla  Fiandra  la  |)rincipessa  di 
Portogallo  sua  nuora  in  Italia.  \  fnne  essa  col  prin- 
cipe A  essandro  suo  consorte  ,  e  nel  (il  24  di  giu- 
gno fece  la  sua  nìagiiiiica  entiata  in  Paima,  ac- 
colta da  madama  Vittoria,  sorella  ili  esso  duca 
e  moglie  di  Gunlubidilo  duca  d'  Urbino.  Quivi 
eoa  varie  fi  sle  e  divertimi  nli  si  solennizzò 
l'arrvo  di  essi  principi,  nuiitre  la  duclxssa 
Margberita ,  madie  del  uiedeMmo  Alcssanilioe 
reggente  de'  Paesi  Bas»i  ,  si  trovava  in  mezzo 
alle  tempeste  delie  quali  poco  fa  abbiam  fa- 
vellato. 

Anno  di  Cristo   i  SGy.  Indizione  X. 
di  Pio  V  papa  2. 
di  Massimiliano  II  imperadoie  4» 

Da  che  si  vedeano  con  dolore  i  progressi 
deir  eresia  in  Francia  e  ne'  Paesi  Bassi  ,  attese 
con  diligenza  il  sommo  pontefice  Pio  a  pieser- 
varp  spezialmente  l'Italia  ila  quella  perniciosa 
iniluenza.  Sotto  i  precedenti  papi  non  avea  fatto 
grande  sti  cpito  l' Inquisizione  in  Roma  :  tornò  a 
farsi  sentire  il  suo  vigore,  ed  aiulie  rigore, 
sotto  questo  zelantissimo  papa.  E  che  in  Italia 
non  mancassero  di  quelle  teste  che  cominciarono 
a  disapj)ro\ar  certi  usi  della  Chiesa,  anzi  se- 
gretamente sostenevano  i  perversi  insegnamenti 
de  gU  Eretici  di  questo  secolo,  non  se  ne  può 


"704  ANNALI    d' ITALIA 

dubitare.  Ha  pur  troppo  anche  l' Italia  sommi- 
nistrati Eresiarchi  a  gli  oltramuntaai,  e  si  videro 
persone  di  gran  distinzione  passare  talvolta  nel 
campo  de'  Protestanti.  Ora  alcuni  di  costoro 
patentemente  ribellati  alla  vera  Chiesa  di  Dio 
furono  presi  in  varie  parti;  e  il  pontefice  aven- 
doli ottenuti  flal  duca  di  Firenze ,  da'  signori 
Veneziani,  dal  governatore  di  Milano  e  da  altri, 
li  fece  condurre  a  Roma.  E  guai  se  nascevano 
sospetti  ili  guasta  credenza  nelle  persone  ;  ciò 
bastava  per  trarli  alle  carceri.  Quindi  passò  un 
salutevoi  terrore  per  tutta  i'  Italia  ,  che  mise  in 
briglia  i  cer\  elli  forti ,  o  vogliosi  di  libertà.  La- 
sciossi  anche  portare  il  pontefi  -e  dal  suo  zelo  a 
bandire  da  Roma  tutte  le  pubbliche  meretrici 
contro  il  sentimento  del  senato  romano,  che  gli 
ra[)preseiitò  le  pc^ggiori  conseguenze  che  prover- 
rebbono  da  sì  fatto  univcsal  divieto,  essendoci 
de'  mali  nel  mondo  che  convien  tollerare  per 
ischivarne  de'  maggiori.  La  sperienza  comprovò 
questa  verità  ;  e  però  il  papa  ordinò  che  almeno 
queste  sordide  femmine  si  ritirassero  in  remoto 
ed  ignobii  angolo  della  città.  Fece  anche  fabbri- 
care una  suntuosa  casa  o  palazzo  per  li  catecumeni. 
E  ben  sotto  di  lui  si  convertirono  alla  Fede 
assaissimi  Giudei  ed  anche  ricchi.  Una  gran 
predica  diveniva  per  gli  scorretti  la  slessa  vita 
santa  di  questo  pontefice.  Era  già  stata,  siccome 
dicemmo,  pr(!su  in  [spagna  la  risoluzione  d'in- 
viare in  Fiandra  il  duca  d'Alva  con  buone  forze 
j)i'r  l'cprimere  i  moli  di  libcllione  eccitali  in 
quelle  contrade (i).  E  perciocché   tale  spedizione 

(i)  A(li'i:iiii ,    Fainiiiuo    Strada.    Cardinal   Bcntivogiio. 
Caiiipauu  ed  ulU'i. 


ANNO     MDI.XVIl  705 

non  si  potea  fare  per  la  Francia  ,  convniiue 
pensare  alla  via  d'Italia.  Vennero  intanto  ordini 
a  Gabriello  della  Cue\a  duca  d'Alburquerche  e 
governator  di  Milano  ,  e  a  i  viceré  di  Napoli , 
Sicilia  e  Sardegna  ,  di  unir  quante  truppe  spa- 
gnuole  potessero ,  e  di  reclutarle  eil  accrescerlo. 
La  ma.ssa  delle  genti  fu  fatta  ira  Alessandria  e.l 
Astij  e  però  il  duca  d'Alva  imbarcatosi  sul 
principio  di  maggio  con  diecisette  bau  liere  di 
fanti  spagiiuoli.  arrivò  a  Genova,  e  passò  a  far 
la  rassegna  delle  rannate  soldatescbe.  Si  trovò 
avere  otto  mila  ed  ottocento  fanti  s[)agnuoli  ed 
italiani,  gente  veterana  e  di  sperimentato  valore, 
ed  in  olire  mille  e  ducente  cavalli  tra  italiani , 
spagnuoli  ed  albanesi.  Si  unirono  poscia  coji  lui 
nel  viaggio  mille  Tedeschi  ed  altri  piccioli  rin- 
forzi. Ottenuto  d  passaggio  dal  tinca  di  Savoia, 
condusse  quest'  armata  pel  Moncenisio ,  e  andò 
in  Borgogna ,  e  di  là  in  Fianilra ,  dopo  aver 
dato  gran  gelosia  a  i  Genevriiii  e  Fianzesi^  che 
per  questo  si  premunirono  a  i  confini. 

Molto  prima  di  sì  fatta  spedizione  era  riuscito 
alla  duchessa  Margherita,  governatrice  de' Paesi 
Bassi  ,  di  rimettere  colla  forza  all'  ubbiclieuza 
del  re  Cattolico  le  città  di  Tornai ,  di  Valen- 
ziene,  di  Mastrich  e  d'Anversa,  dove  in  adtlietro 
essendo  prevaluto  il  partito  de' miscredenti,  mossi 
ed  aiutati  da  gli  Ugonotti  di  Francia  ,  averx 
commesse  di  grandi  insolenze  contra  de'  Cattoli- 
ci, con  prorompere  ancora  in  aperta  ribellione. 
Castigo  non  mancò  a  i  medesimi  :  e  questo 
esempio  sì  buon  efletto  produsse ,  che  tornò 
la  tranquillità  per  tutte  quelle  provincie ,  e  la 
religione  cattolica  restò  nel  suo  vigore  e  quiete 
MuRAToiu.  Ann.  f^sl.  XI K.  45 


'JOS  ANNAU    d"  ITALIA 

da  jier  ttitto.  Perciò  la  duchessa  non  una  ,  ma 
più  lettere  scrisse  al  re ,  rappresentandogli  che 
colla  via  della  soavità  si  guadagnerebbe  tutto  , 
e  che  non  potrebbe  se  non  nuocere  V  inviar 
colà  il  duca  d'Alva  colla  bandiera  del  terrore; 
giacché  cessando  il  temuto  nome  dell'  Inquisi- 
zione Spagnuola  ,  qne'  popoli  piotestavano  di 
voler  continuare  nel  do\  uto  ossequio  verso  la 
Chiesa  e  verso  il  re.  Ma  per  mala  fortuna,  an- 
corciiè  il  re  Filippo  si  trovasse  assai  perplesso ,  -à 
prevalse  nel  consiglio  suo  la  presa  risoluzione  di  I 
spedue  il  duca  e  l'esercito  in  Fiandra,  perchè  ]| 
sempre  si  temeva  sopito  ,  ma  non  estinto  il 
fuoco  de' precedenti  tumulti,  e  venivano  ancora 
de'  gagliardi  sotlj  dalla  parte  di  Roma.  Pui  e  è 
lecito  il  cre<lere  che  nulla  avrebbe  piegiudicato, 
anzi  con  più  polso  giovato  ad  assodar  la  di- 
mostrala ubbidienza  de' popoli  l'arrivo  del  duca 
d'Alva  colà,  s'egli  coll'amorevoiezza  e  con  dolci 
maniere  avesse  trattati  que'  popoli  ,  e  provve- 
duto con  prudenza  alla  parte  guasta  dall'eresia 
eh'  era  la  minore.  Ancor  qui  bisogna  chinar  la 
fronte  davanti  a  gh  occulli  giudizj  tU  Dio.  Il 
primo  passo  che  fece  la  superbia  del  duca  d  Alva, 
e  che  intorbidò  tutta  la  pace  rifiorita  per  cura 
della  saggia  duchessa  nelle  provincic ,  fu  il 
tiatlener  piigioni  i  conti  di  Agamonle  e  di 
JhiMU),  amendue  «le' principali  signori  della  l' lan- 
dra. Il  principe  «f  Oianges  ,  più  di  !i>ro  a\  v<v 
dulo  ,  s' era  con  altri  ,  assai  conoscenti  dello 
strambo  umore  «lei  duca,  ritirato  in  (jermainu 
Questa  risoluzione,  presa  ed  eseguila  scMza 
parlecipaila  alla  duchessa  reggente  ,  fece  abba- 
stanza u  lei  conoscere  di  non  poter  jnù  con  suo 


ANNO  MnLXvn  'jon 

^?C0Y0  formarsi  dove  era  chi  esercitava  mag- 
giore autorità  della  sua.  Però  con  sue  lettere 
mollo  circospette  supplicò  il  re  fratello  di  con- 
cederle il  congedo j  ed  ottenutolo,  il  ringraziò, 
predicendogli  nondimeno  che  la  presente  politica 
del  di  lui  gabinetto  arn\erebb(;  a  far  acquisto 
di  un  grande  odio ,  e  una  non  lieve  perdita  di 
potetiza  ne'  Paesi  Bassi.  Si  partì  di  Fiandra  la 
duchessa  Margherita,  accompagnala  dalle  lagrime 
di  que' popoli ,  che  non  cessavano  d'esaltare 
la  sua  pietà ,  il  saggio  suo  governo ,  la  sua 
cortesia,  e  l'altre  sue  belle  doti;  e  tanto  }\iù 
vedendosi  eglino  restare  sotto  il  dispettoso  e 
severo  cello  del  duca  d'Alva.  Tornossene  a 
Parma'  questa  illustre  principessa ,  ricevuta  con 
solennissimo  incontro  dal  duca  OtUivio  con- 
sorte ,  e  le  furono  dal  re  Cattolico  accresciute 
le  rendite  sue  dotali ,  fondate  nel  regno  di 
Napoli ,  fino  a  quattordici  mila  scudi  per  an- 
no. Per  onore  di  questa  principessa  Jio  cre- 
duto a  me  lecito  di  entrare  ne  gli  atTari  di 
Fiandra  ;  intorno  a  i  quali  altro  non  soggiu- 
gnerò  ,  se  non  che  il  borioso  duca  d'Alva 
continuò  a  far  varj  altri  rigori ,  esecuzioni  e 
no\ilà  die  servirono  di  tromba  per  muovere  a 
sedizione  e  a  guerra  dichiarata  quelle  pro- 
vincie ,  sostenute  dal  credito  e  da  gì'  incita- 
menti   dol  principe  d'  Oiangcs. 

Le  turbolenze  della  Fiandra  ,  nelle  <juali 
gran  mano  teneano  gli  Ugonotti  di  Francia , 
tornarono  ad  accendere  il  fumo  e  la  ribellioa 
di  coloro  contro  del  re  Cristianissimo.  Giunsero 
lino  a  tentare  di  far  prigione  il  medesimo  re 
con  tutta  la  sua  corte,  ma  non  venne  lor  fatto- 


708  ANIv'Atl    d'  ITALIA 

Portarono  il  tenore  sino  alle  porte  di  Parigi , 
s'impadronirono  di  Bologna  in  Piccardia,  dilla 
Kocella  e  d'altre  piazza,  poco  avendo  servito 
a  fermare  i  lor  passi  una  rotta  data  loro  a 
San  Dionigi.  In  tali  angustie  il  re  Carlo  IX  ri- 
corse air  aiuto  di  papa  Pio  V  e  a'  principi 
d' Italia.  Avrebbe  il  papa  volentieri  inviate  colà 
alcune  migliaia  di  fanti  ;  ma  avendo  il  consiglio 
del  re  mostrato  abborrimento  ad  armi  straniere^ 
e  bramando  più  tosto  un  soccorso  di  danari,  si 
obbligò  esso  pontefice  di  somministrar  ogni 
mese  venticinque  mila  ducati  d'oro,  fintantoché 
durasse  la  guerra.  Il  duca  nondimeno  di  Savoia^ 
il  quale  ,  per  quanto  s'  ba  dal  Guichenone  ,  fu 
in  pericolo  in  quest'anno  d'essere  preso  da  gli 
Ugonotti  di  Lione,  mentre  era  alla  caccia  nella 
Bressa .  inviò  un  soccorso  al  re  di  Francia  fli 
tre  mila  pedoni  e  mille  e  settecento  cavalli , 
comandati  da  don  Alfonso  d'Este,  zio  del  duca 
di  Ferrara  e  padre  di  don  Cesare ,  che  fu  poi 
duca  di  Modena.  Dicono  clie  si  trovò  questa 
gente  alla  suddetta  battaglia  di  San  Dionigi. 
Le  storie  nostre  mettono  molto  più  tardi  l'ar- 
rivo di  tal  soccorso  in  Fiancia  ;  e  l' Estense 
solamente  al  principio  dell'  anno  seguente  si 
mosse  da  Ferrara.  Continuò  ancora  nel  presente 
anno  la  ribcllion  de"  Corsi  alla  repubblica  di 
f ieiiova  :  ma  perchè  presso  Aiazzo  restò  ucciso 
il  Sjmipicro  ,  capo  della  rivolta,  uè  Allbiiso  suo 
figlio  j  Inlloclic  uomo  di  gijin  \alore  ,  succe- 
«Icudo  a  lui,  ebbe  il  croflito  e  seguito  del  padre, 
noi  \ediemo  all' anno  seguente  tornare  al  loro 
silo  l'ossa  slogale  di  f(iicli' isola,  il  giorno  4  *!* 
novcnibre  di  quest'  anno  fu  f  ultimo  dvUa  vìUa 


Anno  mdlxvii  ^09 

dì  Girolamo  Friuli  doge  di  Veile/.ia ,  in  cui 
Vece  nel  dì  26  d'  esso  mese  fu  alzato  a  quella 
dignità  Pietro  Loredano. 


o 


Anno  di  Cristo  i  568.  Indizione  Xt. 
di  Pio  \  papa  3. 
di  MasòImiliaino  II  imperadore  5. 

Non  si  può  passar  sotto  silenzio  una  delle 
più  strepitose  tragedie  che  ci  ra))presenti  mai 
la  storia,  cominciata  sul  principio  di  quest'anno 
in  Ispagna ,  e  terminata  dopo  sette  mesi ,  che 
diede  dolore  ad  infinite  persone  ,  e  stupore  e 
gran  materia  di  parlare  ad  ognuno  per  tutta 
V  Europa.  Non  avea  Filippo  II  re  di  Spagna 
che  un  figlio  solo  ,  cioè  don  Carlo  ,  erede  l'u^ 
turo  di  quella  vasta  monarcliia ,  già  pervenuto 
all'  età  di  ventidue  o  ventitré  aiuìi,e  che  ve- 
niva considerato  da  i  Siciliani  .  Napoletani  e 
Mibnesi  per  destinato  dalla  Provvidenza  al  loro 
governo.  Verso  la  mezza  notte  del  dì  18  di 
gennaio  lo  stesso  re  accompagnato  da'  suoi  con" 
tìiglieri  entrò  nella  di  lui  camera ,  e  fece  tosto 
levar  la  spada  e  una  pistola  carica  eh'  egli  te- 
neva sotto  il  capezzale.  Svegliato  il  principe, 
saltò  fuori  del  letto,  e  veduto  il  padre,  gridò: 
f^ostva  Maestà  mi  vuol  ammazzare  Gli  ordinò 
il  re  di  tornarsene  a  letto;  ma  egli  da  dispe- 
,  iato  tentò  fin  di  buttarsi  nel  fuoco.  Tolta  fu  di 
sua  camera  ogni  scrittura  ,  e  tutto  ciò  di  cui 
si  sarebbe  egli  potuto  servire  per  nuocere  a 
sé  stesso;  e  ben  inchiodate  le  finestre,  furono 
Lisciate  ivi  buone  guardie    che   il   custodi;>sero 


■JiO  ASNAU   D    ITALIA 

di  vij.[a  ,  P  riferissero  tutti  i  suoi  cenni  e  pa- 
role. Da  lì  a  f|ualche  giorno  venne  chiuso  il 
misero  principe  in  una  forte  torre.  Secondo  le 
apparenze  fu  creduto  che  il  padre  altro  non 
intendesse  che  di  ritenerlo  ivi  senza  voler  l.-i 
sua  morte;  ina  egli  in  tante  maniere  se  la 
proceurò  o  col  non  voler  cibo ,  o  col  pren- 
derne di  troppo  ,  e  spezialmente  con  lasciarsi 
\ incere  dalla  rabbia  e  dal  dolore,  che  nel  di  i4 
di  luglio  cadde  gravemente  malato.  Allora  fu 
eh'  egli  si  rassegnò  a  i  voleri  di  Dio  ,  e  mu- 
nito poi  de'  sacramenti  spirò  I'  anima  nel  dì  24 
d'  esso  mese  ,  vigilia  della  festa  di  San  Jacopo 
maggiore  ,  tanto  veneralo  da  gli  Spaglinoli.  So- 
lenni esequie  per  quindici  giorni  gli  furono 
fatte  per  ordine  del  padre ,  sonniiamente  af- 
flitto per  la  perdita  di  un  figlio  ,  qualuiKjue 
egli  si  fosse  ,  e  per  le  Unite  dicerie  che  ben 
prevede\a  inevitabili  per  sì  lagrimevole  scena. 
E  gran  dire  fu  in  eiTctto  per  questo  dapertut- 
to  ,  e  massimamente  gli  storici  (  e  sono  ben 
molli  )  pretesero  d'  informare  il  pubblico  de  i 
motivi  che  indussero  un  re  padre  a  ptivarsi 
di  un  figlio,  e  figlio  unico,  non  già  col  tc- 
leno  ,  come  snspcltaiono  i  maligni,  ma  con 
Hiia  stretta  prigionia  che  bastò  per  trarlo  alla 
morte. 

Sognarono  alcuni  che  don  Carlo  cominciassw 
O  accrescesse  1'  iz/a  sua  contro  il  padre  al  ve- 
dere presa  da  lui  vecchio  per  moglie  Isabella 
di  Francia  ,  che  cou\eni\a  mollo  piOi  a  lui  gio- 
\an(!lto.  Che  da  11  iunauzl  egli  amoreggiasse  la 
matrigna  ,  onde  nascesse  gi-ave  gelosia  nel  pa- 
the  .    il    quale    vie    più    si   confermasse   in  lai 


Anno  BDLxvnt  "7 1 1 

sospetto  ,  perchè  la  Tiiiona  principessa  gli  par- 
lasse talvolta  in  isciisa  e  favore    del    fii^ltastro. 
Crebbe  niaj'giorinente  cotal  diceria ,  allorché  si 
vide    mancar    di    vita    per    immaturo    parto  la 
stessa    regina    Isabella     nel    dì  3  di  ottobre  di 
quest'  anno ,   interpr(>tando    la    maliziosa    gente 
per  violenta  mia  morte    che    tanto    facilmente 
potè  essere  naturale  ,  e  che  inavvertentcmente 
fu  accelerata  da  i  medici ,  gindicanti   lei  oppi- 
lata  e  non   gravida.    E  questo    s' ha    da    i    ro- 
manzi fabbricati  su  questo  funestissimo  avveni- 
mento, fra' quali  lia  a\uto  grande  spaccio  quello 
d(!l  signor  di  San  Reale.  Altii  scrissero  nata  la 
discordia  di  don  Carlo  col  padre,   perchè   te- 
nuto come  scliiavo  ,  e  sovente   ancora   Sgrida- 
to.   Ch'  egli    tramò    di    fuggirsene    e  venire  in 
Italia ,  o  passare    in    Fiandra ,    per    sollevare  i 
popoli    contro    il    real    genitore  ;    e   che  diede 
impulso  alla  sollevazion  de'  Mori ,    accaduta  in 
chiesti  tempi  in  Ispagna.  Aver    egli    confidato, 
o  almen  lasciato  traspirare  qualche  suo   perni- 
cioso disogno  a    don    Giovanni    d' Austria   suo 
zio  ,  il  quale  immantenente    rivelò  tutto  al  re. 
Che  don  Carlo  sparlava  pubblicamente  del  pa- 
dre e  de'  suoi  ministri  ;    manteneva    corrispon- 
denze co  i  di  lui  nemici  j  era  di  genip  sì  cru- 
dele ,    che    potea    temersi    di    lui    non   un  re 
severo,  ma  un  tiranno  spietato.  Ch'  egli  si  sco- 
prì infetto  di  sentimenti    eretici  ,    per   li    quali 
fu  anclie    chiamato  il  consiglio    dell'  Inquisizio- 
ne ,  secondo  il  parer  di    cui  ,  non    meno    che 
del  real  consiglio  ,  fu  conclnuso  doversi   ante- 
porre il  pubblico  bene     della  religione  e  dello 
Stalo    ad    ogni    privato    riguardo.   Perlochè  fi* 


>J12  ANSALI    »  ITAtlA 

profferita  sentenza  di  niorlp  centra  di  Ini ,  e 
questa  sottoscritta  con  coraggio  dal  re- aillittis- 
simo  contro  tutte  le  ripugnanze  della  natura. 

Ma  il  saggio  lettore  ha  da  essere  persuaso 
die  l'imniaginazion  del  volgo  e  degli  storici  e 
de  i  politici  fabbricò  qui  pili  sul  verisimile  che 
sul  vero;  perciocché  Filippo  TI  non  volle  per 
motivi  di  saviezza  rivelare  giammai  al  pubblico 
i  molivi  dell'  imprigionamento  tlel  figlio.  Quel 
clic  si  pnò  tenere  per  fermo  ,  si  è  ,  che  don 
r,ailo  fu  principe  di  cervello  torbidissimo  ,  di 
genio  stravagante  ,  e  pregno  d'  odio  contra  del 
padre  :  passione  capace  d'  ispiraigli  ogni  pin 
rea  risoluzione.  Che  il  re  padre  nulla  operò 
contro  il  figlio  senza  consultar  sopra  sì  impor- 
tante affare  ministri  e  teologi ,  e  senza  chiarire 
con  bnone  pruo\  t;  in  un  processo  i  demeriti 
del  figliuolo.  E  finalmente  essendo  egli  stato 
monarca  sì  saggio  e  pio ,  non  si  può  mai  cre- 
dere eh'  egli  padre  prendesse  sì  vigoroso  risen- 
timento contro  di  un  unico  figlio  ,  se  giuste  e 
potentissime  i-agioni  non  I'  avesseio  spinto  a  sa- 
crificar r  amore  paterno  all'  interesse  dello  Stato. 
Anche  lo  Czar  Pietro  imperadorc  della  flussi» , 
principe  d'immortale  memoria,  si  è  veduto  x 
j  giorni  nostri  nel  medesimo  cimento,  e  ridotto 
a  puniie  nn  figlio  anch'esso  unico,  <li  cui  tutto 
si  polca  temere.  Questi  poi  volle  per  discolpa 
sua  informato  il  mondo  della  giustizia  di  ((nel 
gasligo.  Ma  il  re  Filippo  dovette  credere  mag- 
gior prudenza  il  tenere  occulti  i  giusti  molivi 
dell'  indignazione  e  risoluzione  sua.  In  somma 
(jiiando  un  padre  non  tiranno  ,  non  empio ,  ma 
assennato  e  timorato  di  Dio .  arriva  ail  infierire 


anko  Miu.xvin  71 3 

contra  ili  un  fii^lio ,  si  lia  da  sentenziare  in  fa- 
vore del  primo  ,  e  non  dell'  altro. 

Potrehbesi  ben  ilubituie,  se  convenisse  alla 
prudenza  di  sì  gran  re  Taxere  inviato  in  Fian- 
dra un  nobile  carnofice  ,  che  tale  si  potè  ben 
chiamare  il  duca  d'Alva,  senza  mai  far  caso 
de'  consigli  della  duchessa  Margherita  sua  so- 
1  ella  ,  e  delle  preghiere  di  Massimiliano  II  im- 
peradore  ,  che  prevedendo  i  disordini  seguaci 
li  ella  cri^deltà ,  non  cessò  mai  d' ispirargh  le 
vie  della  clemenza ,  per  le  quali  si  sarebbe  as- 
sodata la  religione  cattolica  e  il  dominio  spa- 
gnuolo  ne'  Paesi  Bassi.  Fece  l' inumano  duca 
nel  presente  anno  su  pubblico  palco  decapitare 
1  conti  d'Agamonle  e  d'Homo,  nobilissimi  e 
prodi  signori ,  che  pur  protestavano  di  nuUa 
avere  operalo  contro  il  re  F'ilippo  ,  e  coraggiosi 
morirono  nella  comunione  della  Chiesa  Catto- 
lica :  il  clxe  fé'  sempre  più  conoscere  che  la 
religione  non  era  il  primo  motivo  di  quelle 
barbariche  esecuzioni.  Confra  non  meno  di  se- 
cento  altre  persone ,  dice  l'Adriani ,  la  maggior 
parte  nobili ,  e  almen  la  metà  cattoliche  di 
cr«denza  ,  fahninata  la  sentenza  di  mwte,  ebbe 
il  suo  effetto  ;  e  ne  restava  nelle  prigioni  non 
minor  numero  ,  benché  di  minor  qualità  e  ri- 
spetto. Che  orrore  ,  che  odio  ,  che  incitamento 
alla  ribellione  e  alla  vendetta  cagionasse  questo 
macello  ne'  popoli  di  quella  provincia  ,  non  oc- 
corre eh'  io  lo  racconti.  Riportò  in  quest'  anno 
due  vittorie  il  duca  d'Alva  ,  l' una  contro  Lodo- 
vico di  Nassau,  e  l' altra  contra  il  principe  d'Oran- 
ges  ,  fratello  di  esso  Lodovico  ;  e  per  queste  sì 
fattamente   si  gonliò ,  che    volle    entiar    come 


ni4  ANNALI    d'   ITALIA 

trionfante  in  Brussi^lles,  e  nell'anno  seguente 
volle  die  gli  fosse  dirizzata  una  statua  di  bronzo 
con  iscrizione  piena  di  tanta  vanità,  che  beffar  si 
fece  da  tutti  i  saggi.  Maggiotniente  ancora  gli  salì 
il  fumo  alla  testa ,  perchè  il  pontefice  Pio  V,  ri- 
guardando in  lui  un  gran  di fensor  della  Fede, 
gli  mandò  in  dono  il  cappello  e  lo  stocco  or- 
nati di  gemme.  Anche  in  Francia  continuò  la 
guerra  del  re  Carlo  contro  gli  Ugonotti  :  ma 
in  tali  angustie  si  trovò  esso  re ,  per  mancanza 
spezialmente  di  pecunia  ,  che  non  seppe  esen- 
tarsi dal  venire  ad  un  accomodamento ,  o  sia 
pace ,  con  essi  nel  dì  25  di  marzo  ,  accordainlo 
a  coloro  tali  conilizioni  ,  che  non  meno  dal 
papa  che  dal  re  Cattolico  fu  disapprovata  e  bia- 
sijiiata  come  soverchia  la  di  lui  condiscenden- 
za. Ebbero  i  Genovesi  in  quest'anno  la  consola- 
zione di  metter  fine  alla  rivolta  de' Corsi ,  con 
guadagnare  Alfonso  figlio  di  Sampioro  ,  che  già 
vedemmo  divenuto  capo  de'  ribelli  in  qnell'  iso- 
la. Non  avendo  costui  trovato  alcun  principe 
che  stendesse  una  mano  per  aiutarlo  ,  niun  di 
essi  accettando  1'  offerta  ,  vanamente  lor  fatta 
della  Corsica ,  diodo  ascolto  a  chi  trattava  di 
pace  :  gli  furono  pagati  dalla  repubblica  di  Ge- 
nova tutti  i  suoi  beni  ,  ed  egli  passò  dipoi  a 
stabilirsi  in  Francia,  dove  pel  suo  valore  nelle 
seguenli  guern;  meritò  d'  aver  nobili  impieghi. 
Con  ciò  la  Corsica  si  (jutrtò ,  e  tornò  tutta  al- 
l' ubbidienza  de'  Genovesi.  Potrebbe  essere  noii- 
«limeno  che  il  coinpiruenlo  di  questo  giubila 
lo  conseguissero  eglnio  solamente  neirauuo  se- 
guente. D.irava  tuttavia  la  lite  di  |)rt!cedonza 
Ha  .Ufoaso  duca    di    Fcrraiu    e  Cosimo    duca 


ANNO    MDT.XVlrf  JlS 

fìi  Firenze.  Gran  o'iballimento  intomo  ad  essa 
fu  fallo  nel  presente  anno  ,  essendo  favorevole 
al  primo  l' impcratlove ,  e  all' altro  il  papa.  In- 
clinava la  coite  di  Francia  a  sostener  la  parte 
dell'  Estense ,  e  seguì  anche  un  tumulto  in  (piella 
corte  prr  (juesto  in  occasione  di  celebrarsi  il 
funerale  del  defunto  don  Carlo  principe  di  Spa- 
gna. Avea  preso  l'imperadore  a  decidere  que- 
sta contesa  ,  ma  non  mai  giunse  a  profferirne 
il  suo  voto.  Per  altra  via  papa  Pio  V  si  stu- 
diò di  darfa  vinta  al  duca  di  Firenze  ,  siccome 
diremo  all'anno  che  seguita. 

^rno  di  Cristo  i5Gc).  Indizione  XII. 
di  Pio  V  papa  f\. 
di  Massimiliano  II  imperadore  6. 

Perchè  s'andava  maggiormente  accendendo  la, 
guerra  in  Fiandra ,  e  varj  principi  della  Ger- 
mania aveaiio  già  pre.'-o  a  proteggere  il  prin- 
cipe d'  Oranges  ribello  del  re  di  Spagna,  l'im- 
perador  Massimiliano,  a  cui  premeva  di  estin- 
.guere  quel  fuoco  anche  pe'  suoi  parlieolari 
interessi  ,  avea  spedilo  nell'anno  aiklietro  a 
Madrid  1'  arciduca  Carlo  por  consigliare  il  re  a 
levare  dal  governo  di  Fiandra  quel  beccaio  del 
duca  d'Vlva  ,  e  seco  le  milizie  spa:^n  iole,  assi- 
curandolo che  coir  uso  delTa  clemenza  que' po- 
poli tornerebbero  tutti  ali  ubbidienza  del  re, 
purché  vi  si  mettesse  un  governatore  di  gran 
credilo  e  prudenza.  Ebbe  un  bel  dire  l'arci- 
duca. All'altura  spagnuola  sembrava  oUeso  il 
suo  decoro  ,  se  cedeva  alle  dimande  de'  suddi- 
ti ,    benché    portate    dal    cuginq    Auj^uito.    Si 


7l6  ANNALI    d' ITALIA 

sospettò  tendere  questo  maneggio  a  far  cadere 
quel  governo  in  uno  de  gli  arciduchi,  e  a  ri- 
cavarne la  libertà  della  religione  ne'  Paesi  Bassi. 
In  somma  nulla  di  ciò  ottenne  1'  arciduca  ;  ma 
bensì  fu  conchiuso  che  l' imperadore  darebbe 
per  moglie  al  re  Filippo  II  1'  arciduchessa  Anna 
sua  figlia,  e  a  Carlo  IX  re  di  Francia  l'altra 
minor  figlia  Isabella.  Tornò  l'arciduca  Carlo  in 
Italia  ,  dopo  avere  ricevuto  dalla  corte  Catto- 
lica grossi  sussidj  yyev  la  temuta  guerra  de  i 
Turchi  ,  e  passò  a  Firenze  a  visitar  la  princi- 
pessa sua  sor-Ila,  e  di  là  poi  venne  a  dì  7  di 
maggio  a  Ferrara  per  veder  l' altra  sorella , 
cioè  Barbala  moglie  del  duca  Alfonfo  II.  Sic- 
come questo  duca  era  sommamtnte  magnifico 
in  simili  occasioni,  non  lasciò  indietro  spetta- 
colo o  divertimento  alcuno  per  solennizzar  la 
venuta  di  sì  illustre  cognato.  Il  condusse  an- 
che a  Venezia  a  veder  la  festa  dell'  Ascensio- 
ne ;  poscia  ritornato  con  esso  lui  a  Ferrara  , 
nel  dì  16  del  suddetto  mese  fece  eseguire  un 
torneo  di  maravigliosa  invenzione  e  di  somma 
spesa,  in  tempo  di  notte,  e  sopra  la  larga  fossa 
della  città,  con  singoiar  varielà  di  macchine, 
d'azioni  e  di  ricche  compuse.  Ma  sì  grandiosa 
festa  ,  in  cui  non  si  sa  se  maggior  fosse  il  di- 
letto o  lo  stupore,  rimase  funestata  da  un  la- 
grimcvole  successo.  Perciocché  essendo  scesi 
dal  muro  in  una  barca  sei  di  que'  nobili  com- 
battenti tulli  armali,  cioè  il  conte  Guido  ed 
Annibale  de'Bcntivogli  (  l' un  tiglio  e  l'altro 
fratello  del  conte  Cornelio  Binlivogli  ),  il 
cont»'  Ercole  Montecucc(»li ,  Niioluccio  Rondl- 
iielli,  U  conte  Ercole    Bevilacqua  ed  Auuibale 


ANNO   MDLXIX  717 

Estense  ,  tulli  signori  di  rara  nobiltà  e  valore, 
per  poca  avvertenza  de'  loro  servitori  si  rove- 
sciò la  barca ,  e  a  riserva  de  i  due  ultimi ,  i 
quattro  primi  cavalieri  restarono  miseramente 
affogati  nell  acqua. 

Un  altro  miserabile  spettacolo  di  lunga  roano 
maggiore  si  provò  nell'anno  presente  in  Vene- 
zia. Tra  le  maraviglie  d'Italia  vien  considerato 
il  riccbissimo    e   vastissimo    aisenale  di  Vene- 
zia. Nella  notte  susseguente    alla  festa  dell'  E- 
saltazione  della  Croce  ,  o    sia  al  di   14  di  set- 
tembre (e  non  già  al  dì  24  ,  come  lia,  creilo 
per  errore  di  stampa,  il  Campana),  o  per  malizia 
degli  uomini,  o  per  naturai  fermentazione  de' ni- 
tri dell'aria,  si  attaccò  fuoco  in  uno  de' torrioni 
dove  era  la  polve  da  cannone,  che  si  comunicò  a 
i  tre  altri  simili.  Tale  fu  lempito  di  questo  scop- 
pio, che  rovinò  la  metà  dell'arsenale,  si  fracas- 
siirono  molte  galee,  andò  per  terra  gran  quan- 
tità di  case  vicine ,  e    tutto    il  monistero  e  la 
chiesa  delle  Celestine,  con   altri  infiniti  danni. 
Tre  o  quattro  mesi    prima  s  era  divol^^  to  uà 
prognostico  ,  senza  sapersene  1  autoie  ,  che  alla 
metà  di  settembre  verrebbe  la  fine  del  mondo. 
Con    questa  prevenzione    in    capo    non  si  può 
esprimere  qual  terrore  ne  gli  animi  anche  della 
gente  savia  prodBcesse  sì  spaventoso  accidente. 
Ma  ritornata  la   quiete    primiera  ,    non    tarda- 
rono   quei    prudentissimi    padri    a    rifabbricar 
tutto  anche  in    forma    migliore.  Fu  questo  un 
preludio  a  maggiori  disav\'enture   della  repub- 
blica veneta  ,  la  quale  sentendo  un   grande  ar- 
mamento che  si  facea  dalla  parte  di  Selim  Sul- 
tano de'  Turchi ,  fu  obbligala  anch'  essa  a  faire 


iJlS  AiVNAU    d'  ITALIA 

un  grosso  preparamento  di  vele  e  genti  per 
quel  che  potesse  occorrere.  Attendeva  intanto 
r  indefesso  pontefice  Pio  V  a  mettere  in  buon 
assetto  le  cose  della  religione ,  con  sostenerne 
la  difesa  in  Francia  ,  G-rmania  e  Fiandra ,  e 
insieme  a  riformar  gli  abusi  dello  Stato  l-^cc'e- 
siastico.  Da  questo  furono  banditi  gli  Ebrei ,  e 
loro  solamente  permesso  di  abitare  in  Roma  ed 
Ancona.  Con  buona  pranuiiatica  fu  riformalo  il 
lusso  delle  donne,  e  molto  più  quello  de  gli 
ecclesiastici.  Uscì  rigoroso  proclama  clie  vietava 
a  chinnque  avea  abitazione  in  Roma,  il  p«tcr 
andare  alle  pubbliche  osterie  e  taverne ,  per 
qui\i  mangiar,  bere  o  i;;ioja  re ,  essendo  queste 
unicamente  istituite  pel  biso^no  de'  forestieri  e 
per  chi  non  ha  casa:  regolamento  che  verisi- 
milmente  fu  di  corta  durata  ,  ma  che  sarebbe 
da  desiderare  introdotto  e  mantenuto  anche 
neir  altre  città ,  per  impedir  tanti  disordini 
che  ne  provengono  al  basso  popolo.  iNIa  pur 
troppo  andrà  sempre  il  privalo  interesse  al  di 
soj)ra  <*.l  pubblico  bene. 

Le  paci  de  gli  Ugonotti  in  Francia  eraiio 
com>-'  le  febbri  quartane  ;  e  però  poco  stet- 
tero coloro  a  sguainar  le  s|)ade  ,  e  a  far  più 
che  nini  uni  furios;i  guerra  a  i  Cattolici.  Il  re 
Carlo  1\  per  questo  ricorse  al*  papa ,  a  i  prin- 
cipi d'  Italia  e  al  re  di  Spagna.  E  non  indar- 
no ;  percioceliè  (;onoscendu  il  pontefice  ([uanto 
iti  que' torbidi  fosse  interessata  la  causa  di 
Dio,  fece  quanto  potì^  per  soccorrerlo.  Da  sag- 
gio padre  non  adoperò  già  ne'suoi  Slati  l'odioso 
ripiego  di  accrescere  le  gravezze  ,  ma  si  ben  si 
servì  delle  preghiere  ,    colle  quali  ricavò  dalljj 


ANNO    MDI.XIX  7I<) 

sola  Roma  cento  mila  din-yli  ,  eJ  altreltiiiil» 
(la  gli  ecclesiastici  ,  t-d  altri  cento  nàia  dal  ri- 
manente de' suoi  Slati.  Adunò  in  oltre  quattro 
m.la  fanti  e  mille  ca\aHi,  co'  (ju;ìIì  si  conginn- 
KtTO  altri  mille  fanti  e  cento  cavalli  sommini- 
sliati  dal  duca  di  Firenze.  Eletto  per  generale 
d'essa  pente  il  conte  Sfòrza  da  Santalioia , 
spedì  questo  aiuto  in  Francia  :  aiuto  non  lieve 
al  re  Cristianissimo  in  que'  bisogni  ,  essendosi 
poi  segnalati  questi  Italiani  nella  difesa  di  i'oi- 
ticrs  e  nella  batl.aulia  di  ilonconlur,  iu  cui  le 
armi  catloliclic  riportarono  una  gloriosa  vittoria. 
Ventisette  fuiono  le  insegne  o  bandiere  clie  in 
tal  congiuntura  guadagnò  il  conte  di  Sanlatlora 
generale  del  papa  ;  e  queste  inviate  a  lioma , 
furono  appese  in  San  Giovanni  Laterano  con 
iscrizione  in  marmo  per  eterna  testimonianza 
della  pietà  ilei  papa  e  del  valore  de  gì'  Italia- 
ni. Non  parlo  del  progresso  delle  gneire  civili 
«li  Francia  ,  per  acceiuiare  dipoi  gli  avveni- 
menti di  Fiandra  ,  ne'  quali  parimente  ebbero 
parte  molte  milizie  e  nobili  d' Italia.  Il  duca 
tl'AIva  ,  in  cui  oltre  alla  naturale  inclinazione 
s'accresceva  ogni  dì  più  qualche  dosa  di  alte- 
rigia per  le  vittorie  riportate  ,  e  jier  tante  armi 
die  aveva  in  sua  mano,  si  teneva  oramai  sotto 
i  piedi  la  uazion  tiamtninga  ,  sotto  il  qual 
nome  a  me  sia  lecito  di  compremieie  tulli  i 
Paesi-Bassi.  Trovando  egli  non  solo  esausto  , 
ma  anche  iudebitato  l'erario  regio,  per  ri- 
metterlo ,  anzi  per  renderlo  capace  di  maggiori 
imprese,  si  avvisò  d'imporre  nuovi  aggravj  a 
que'  popoli.  Pubblicò  dunque  editto,  oidinando 
che  si  pagasse  per  tutte    le  vendite  de  mobili 


'J'ÌO  AXXALI    D    ITALIA 

la  decima  parte,  la  vigesinia  per  gli  slabili,  e 
di  tutti  per  una  volta  sola  la  centesima.  Ma 
i  Fiamminghi  assai  conoscenti  che  questo  in- 
sopportahil  peso  era  la  maniera  d'impoverirli, 
e  che  tutto  quello  che  contribuissero  alle  vo- 
glie del  duca  ,  avea  da  servire  per  maggior- 
mente conculcar  loro  stessi ,  cominciarono  a 
ricalcitrare  ,  mostrando  che  si  fatto  insolito  ag- 
gravio andava  a  rovinar  interamente  il  traffico, 
già  troppo  infievolito  a  cagion  di  tanti  tessitori 
che  erano  passati  in  Inghilterra  ;  e  che  si  ri- 
durrebbono  in  tale  povertà ,  che  né  pure  io 
tempo  di  pace  avrebbero  potuto  pagar  le  or- 
dinarie contribuzioni.  Ma  quanto  più  essi  gri- 
davano e  comparivano  renitenti  ad  una  cieca 
ubbidienza  ,  tanto  più  s' inalberava  il  duca.  II 
tornare  indietro  non  era  cosa  da  Spagniiolo; 
perciò  venne  al  tuono  delh;  minacele,  ma  senza 
ottener  1'  intento.  In  tali  dispute  terminò  l'anno 
presente  in   quelle   parti. 

Ebbero  in  quest'  anno  varj  capi  di  querele 
contra  del  pontefice  Timporador  Massimiliano  II 
e  il  re  di  Spagna  Filij)po  li.  Le  buone  maniere 
che  sapeva  usare  V  accorto  duca  di  Firenze.  Co- 
simo I ,  laveano  renduto  sì  accetto  a  papa  Pio  V, 
ch'egli  si  potea  in  certa  guisa  chiamare  l'arbi- 
tro della  corte  romana.  Bastava  ch'egli  chiedesse, 
per  ottenere.  Concertata  dunque  ha  loro  la  ma- 
niera di  decidere ,  senza  decidere ,  la  premi- 
nenza del  duca  di  Fireu/.e  snpra  quel  di  Fer- 
rara, il  papa  nel  dì  pi  imo  di  settembre,  .senza 
participazion  del  .sacro  collegio  ,  dicliisrò  Co- 
simo gran  duca  di  Toscana ,  con  assegnargli 
la  corona  regale.    Spezialmente    si    fond.)    egli, 


ANNO    MDIXIX  'J3I 

per  concedergli  quest'  onore ,  nella  pretensione 
del  duca  di  non  riconoscere  alcuno  superiore 
temporale  jiol  dominio  fiorentino,  e  in  una 
noti  so  qual  distinzione  di  papa  Pelagio.  Per 
questa  r  soluzione  si  risentirono  forte  e  fecero 
gravi  doglianze  l'imperadore  e  il  re  di  Spagna, 
j)relendentlola  per  una  manifesta  usurpazione 
del  diritto  altrui,  stante  Tessere  Cosimo  pel 
dominio  fioronlino  vassallo  dell'imperio  (come 
esso  Augusto  con  sua  lettera  (i)  diceva  appa- 
rire dalle  investiture  o  sia  da  i  diplomi  di 
Carlo  V  ) ,  e  per  la  signoria  di  Siena  vassallo 
de  i  re  di  Spagna  5  e  stante  il  non  avere  i 
pontefici  giurisdizione  alcuna  temporale  in  que- 
gli Stati.  Tanto  più  ancora  si  alterarono  quei 
due  monarchi ,  perchè  al  dispetto  delle  loro 
proteste  e  richiami  ,  portatosi  il  duca  Cosimo 
neir  anno  seguente  a  Roma,  con  gran  solen- 
nità rice\ette  tlalle  mani  del  papa  la  corona 
regale  0  lo  scettro  ,  senza  che  alcuno  de  gli 
ambasciatori  de'  principi  volesse  intervenire  a 
quella  finizione.  Dichiaravasi  poi  particolarmente 
esacerbato  il  re  Cattolico  ,  per  avere  il  papa 
inviato  in  Sicilia  monsignor  Paolo  Odescalco 
con  titolo  di  Nunzio ,  e  facoltà  di  regolar  qui\  i 
le  cose  ecclesiastiche  :  cosa  insolita  e  contraria 
al  preteso  privilegio  o  sia  consuetudine  della 
chiamata  monarchia  di  Sicilia.  Dole\  asi  in  oltre 
che  il  pontefice  avesse  fatta  un'  altra  novità 
coir  aggiugnere  alla  Bolla  in  Coma  Domini  la 
proibizione  a' principi  d'imporre  nuove  gabelle 
e  dazj  a  i  popoli  lor  sudditi ,  con  iscomunicar 

(i)  Lunigo,  Codice  Diplomai. 
Muratori,  ylnn.   Voi.  XIV.  4^ 


-ja:*  ANNALI    I)    ITALIA 

olii  ciò  facesse  ,  senza  eccettuare  alcun  de  i 
monarchi.  Ma  in  nulla  andarono  a  tìnir  tutti 
questi  lamenti .  })roleste  e  disgusti  ,  perchè 
t'-mpi  correano  ne'  quali  ognun  de'  potentati 
cattolici  abbisognava  delle  rugiade  di  Romaj 
r  imperadore  per  la  gucna  tcn.uta  \icina  de  i 
Turchi  ;  il  re  di  Francia  per  quella  de  gli  Ugo- 
notti, e  il  re  Cattolico  [>er  la  rivolta  de'  Moii 
e  per  li  torbidi  della  Fiandra.  Anche  il  duca 
dì  Sa^oia  Ennuanucl  Filiberto  restò  non  poco 
olfeso  per  l' onore  conferito  dal  paj)a  al  duca 
di  Firenze ,  e  mandò  le  sue  grida  a  Roma. 
(}nelollo  il  pontefice  con  chre  di  non  aver  in- 
teso con  ciò  di  pregiudicare  a  i  diritti  di  prin- 
cipe alcuno. 

Grande  strepito  parimente  fece  in  quest'anno 
ciò  che  nel  dì  26  d'  ottobre  accadde  al  .santo 
cardinale  ed  arcivescoxo  ili  Milano  Carlo  Boi- 
romeo.  Tra  le  tante  memorabili  azioni  sue  per 
riformare  l'uno  e  1' altio  clero  di  quella  città, 
singolaie  fu  la  sua  preumra  di  mettere  buon 
sesto  al  troppo  scorretto  e  corrotto  ordine  de 
i  fiati  Umiliati  :  ordine  nato  ne'  secoli  addie- 
tro in  es.sa  città  ,  e  dilatalo  per  la  Lombardia. 
Congiurarono  contra  di  lui  alcuni  de'  più  scel- 
lerati ,  e  un  Ciiohimo  l'onati,  per  sopranome 
il  Farina  ,  sacerdote  fra  essi ,  prese  1'  assunto 
di  liberar  da  questa  chiamata  vessazione  1'  or- 
dine suo.  Aspcilò  costui  che  il  sacro  pastore 
si  trovasse  inginocchiato  su  uno  seabello  veiso 
nu'zz' ora  di  notte  nelP  or;  torio  dell'arcivesco- 
vato, dove  concorreva  alle  oiazioni  la  di  lui 
famiglia  con  altre  persone  ili\ote;  ed  allorcliò 
i  musici  canla\ano  queste  parole:  Au/i  turb^tur 


ANNO    MDLXIX  723 

cor  vcstrum ,  ncque  forinidet  ,  dalla  porta 
dell'  oratorio  ,  in  vicinanza  di  qnattro  braccia  , 
gli  sparò  wì  archibugiata.  Il  colpì  una  palla 
nel  mezzo  della  schiena  ,  ma  non  passò  il  roc- 
chetto ,  e  cadde  a  terra.  Pn\  d'  uno  de'  qua- 
dretti ,  onde  era  carico  T  archibugio  ,  penetrò 
fino  alle  cute  ,  e  solamente  vi  lasiiò  un  nero 
segno.  Gli  altri  quadrctd  percossero  il  muro  in 
faccia,  e  vi  fecero  uno  squarcio.  Si  sentì  il 
santo  arcivescovo  urtar  sì  forte  da  questo  colpo, 
che  cadde  boccone  sul'o  scabello  ,  e  si  tenne 
per  ferito  a  morte.  Pure  stette  saldo ,  finché 
fosse  terminata  T orazione,  dopo  la  quale  si 
trovò  egli  sano  e  salvo  con  segno  manifesto 
della  mano  di  Dio  che  miracolosamente  il  pre- 
servò dalla  morte.  Ebbe  tempo  il  sicario  di 
fuggire  e  di  nascondersi  j  ma  non  si  ascose  già 
alla  giustizia  di  Dio ,  perchè  di  lì  a  qualche 
tempo  scoperto  ebbe  il  meritalo  gastigo  ,  tut- 
toché il  buon  cardinale  facesse  il  possibile  per 
salvargU  la  vita.  Per  tanta  ini(juità  fu  poi  total- 
mente estinto  da  papa  Pio  V  nel  dì  8  di  febs 
braio  del   1571   T  ordine  de'  fiati  Umiliati. 

Alino  di  Cristo   iS^o.  Indizione  XIII. 
di  Pio  V  papa  5. 
di  Massimiliano  li  imperadore  7. 

Ancorché  si  godesse  in  Italia  la  pace ,  anno 
fu  questo  di  calamità  non  lievi ,  anno  spezial- 
mente lagrinievolc  per  la  guerra  mossa  tla  i 
Turchi  alla  Cristianità.  Era  cominciata  nel  pre- 
cedente una  gravissima  carestia  ,  che  continuo 
per  gran  parte  di  quest'anno,  aflliggcndo,  chi 


-24  ANMAI.1     d'  ITALIA 

più  chi  meno ,  tutti  i  popoli  dell'  Italia.  Massi- 
liìamente  in  Venezia  si  provò  questo  flagello  3 
laonde  la  saviezza  di  quo'  reggenti  non  ebbe 
altro  ripiego  che  di  metter  mano  ai  magazzini 
de'  grani  riserbati  pel  bisogno  delle  armale, 
confidando  in  Dio  di  risarcir  questo  danno. 
Servì  anche  tal  disavventura  per  làr  maggior- 
mente risplendcre  in  Roma  e  nello  Stalo  Ec- 
clesiastico l'amor  paterno  di  papa  Pio  V, 
avendo  egli  proccurato  de'  giani  dalla  Puglia  , 
e  fin  di  Francia ,  e  fallili  distribuir  a  minor 
prezzo  a  i  popoli.  In  gloria  sua  si  rivolse  la 
grossa  perdita  che  per  tal  cagione  fece  la  ca- 
mera ponlifizia.  Ma  ciò  (he  maggiormente  an- 
gustiò gli  animi  de;  gì' Jlaliani,  fu  1' essersi  on;ai 
scoperta  ed  avverata  1'  intenzione  de'  Turchi 
contra  di  Cipri.  Che  beh' i.^oia  ,  che  delizioso 
e  fertile  paese  fosse  anticamente  Cipri ,  non  ha 
bisogno  d'impararlo  da  me  chiunque  ha  qual- 
che tiutni-a  della  geografia.  Finsero  gli  antichi 
esser  ivi  nata  Venere ,  per  significar  le  sue  de- 
lizie. E  finche  quell'isola,  non  innneritevole  del 
nome  di  regno,  ebbe  i  suoi  re  ciistiani ,  si 
niantenne  in  giau  credilo  ;  da  che  è  eadula  in 
mano  de'  Turchi  ,  non  pare  più  quella  di  pri- 
ma :  di.sgrazia  couunie  a  lauti  altri  una  volta 
bellissimi  paesi  dell'Asia ,  j)er  la  Iraseuraggine 
ed  avarizia  di  que'  barbarici  padroni.  Erano 
circa  ottanta  anni  che  la  rejnibblica  veneta  si- 
gnoreggiava in  Cipri  ;  e  peichè  durava  la  pace 
colla  ]*oila  Ottomana,  lieve  j)residio  d'armati 
teneva  alla  difes;!  di  quell'isola  ,  fidandosi  delle 
cernide  che  vr.mo  a  mc/xa  paga.  JNel  cuor  di 
essa  isola  si  co\a\ano  ancora    ile'  mali    mi-.ori 


ANNO    MDLXX  ^3.5 

pf-r  r  odio  professato  da  i  lavoratori  delle  terre 
a  i  nobili ,  da'  quali  voiiivaiio  trattati  come 
scliiavi  :  male  inveterato ,  a  cui  per  quanto  fa^ 
cesse  la  veneta  saviezza ,  non  potò  mai  tro\artì 
rimedio  che  lo  risanasse.  Costoro  nulla  più 
sospiravano  che  di  mutar  padrone  colla  solila 
lusinga  di  trovarne  de'  migliori ,  o ,  per  dir 
mei^lio  ,  de'  meno  aspri  e  meno  indiscieti. 

Non  furono  pigìi,  al  sentore  della  minacciata 
irruzione  de'  Turchi ,  i  senatori  veneti  a  far 
gente ,  ed  allestir  quante  galee  ed  altri  legni 
mai  poterono.  Nel  qnal  tempo  ,  cioè  »  dì  tre 
di  maggio ,  festa  della  Croce  ,  mancò  di  vita 
il  doge  Pietro  Loredano  ,  e  in  luogo  suo  nel 
dì  9  o  pure  undici  d' esso  mese  fu  sostituito 
Luigi  Mocenigo,  personaggio  di  gran  vaglia  , 
quale  appunto  si  richiedeva  in  tempo  di  tanti 
disastri.  Con  volontarie  offerte  d' nomini ,  di 
danaro ,  di  munizioni  e  legni  concorsero  al- 
l'aiuto  d'essa  repubblica  tutte  le  città,  e  i 
nobili  e  benestanti  del  suo  dominio.  Minore 
non  fu  l' ardore  e  zelo  di  papa  Pio  in  questo 
bisogno  della  Cristianità.  Colle  più  eiticaci 
lettere  si-  studiò  di  commuovere  i  principi  cri- 
stiani ,  e  fino  il  Sofi  di  Persia  -,  ma  non  gli , 
riuscì  ,  se  non  di  trarre  alla  difesa  de'  Vene- 
ziani il  re  Cattolico.  Per  aggravare  il  men  pos- 
sibile i  sudditi  suoi  e  far  danaro,  s'  indusse  il 
pontefice  a  vendere  alquanti  cliericati  di  came- 
ra ,  da'  quali  ricavò  ducento  mila  scutli  ,  e 
giunse  fino  a  spogliare  il  cardinale  Alessandrino 
suo  nipote  del  grado  di  camerlengo,  per  con- 
ferirlo al  cardinal  Cornalo  j  che  sborsò  per 
q.sso    sessanta    mila    ducati    d'  oro.    Coii    tali 


^2'G  A>NAU    d'  ITAUA 

sussidj  fece  egli  armare    dodici  o  tredici  galee, 
general    delle    quali    fu    costituito    Marcantonio 
Colonna.    Dal    re    di    Spagna    vennero   spedite 
quaranta  nove  ,  o  pure  cinqnantadue  altre   ga- 
lee sotto  il  coniando  di  Gianandrea  Doria.  Ma 
sopra    tutto    grandioso    fu    Y  armamento    della 
repùbblica    veneta  ,     tuttocliè    allora    più    che 
mai  si  provassero  i  morsi  della  carestia,  avendo 
ella  messi  insieme   circa    cento    sessanta   legni 
da  guerra ,  senza   contar  quelli  da  carico.  Altri 
scrissero  essere  quell'  annata  veneta    composta 
di  cento  trentasei    galee    sottili ,    undici    galee 
grosse  ,   fuste  undici  ,  navi  tra  veneziane  e  fo- 
restiere trenta ,  e  galeoni    quindici    di    Candia. 
Di  sì  grossa  armata  navale  restò  eletto  capitan 
generale  G'rolanio  Zeno.  Unironsi  queste  forze 
cristiane  alla  Suda  in  Candia ,  ma  con  provarsi 
anche  allora  che  le  leghe  non  son   diverse   da 
i  lenti ,  difficili  ad  accordarsi ,  ti-oppo    facili    a 
vscordarsi.  Niuno  avea  preveduto,  o  certamente 
non  .s'  eia  provveduto  ,  a    chi    dovesse    toccar 
la  preminenza  ,  ed  anche  la  principal  direzione 
della  flolla  combinata  ,  pretendendo  quell'  ono- 
revol  posto  cadami  de'  generali  j)er  ^arie  loro 
Ragioni.  Si  perde  gran    tempo    ad    aspettar    le 
istruzioni    e    risoluzioni    delle  corti  5    e  intanto 
entrarono  varie  malattie  epidemiche  ,  o  pur  la 
vera  pestilcir/.a  nelle  galee  veneziane,  che  scon- 
certò di  troppo  le  misure  prese.  In  una  paro- 
la ,  tante  armi  de'    Cristiani   nulla  avendo    ser- 
vilo   per    la     difesa    di   (^ipri ,  si  ridussero  a  i 
quartieri  di  verno,  nò  si   potè    conlaro   alcima 
jiguardevole  loro  impresa. 

Non    così    avvenne    itila    polcnlissima   flotta 


liirchesoa ,    la    qual  fu  creduta    da    alcimì  che 
aseendt'sse  a  trecento  vele.  A|)|)r(idò  con  tante 
forze  a  Cipri  il  Bassa  Mnstafà  cenciaie  di  teira 
di  essi  Turchi,  ed  insieme  Pialy  IJissà    gene- 
rale di  mare.  Se  più  gente  e  più  consiglio  fosse 
stato  in  quell'isola,  forse  loio  si  potea    impe- 
dire   lo    sharco.    Ma    le    cernide  ricusarono  di 
comparire  alla  difesa  ;  i  villani  ,    malliallali  da 
quella    nobiltà  ,    accolseio     a    braccia    aperte  i 
Musulmani.    Sbarcata    la    prima    gente  ,    tornò 
Pialy    verso    Terra    ferma .    per    condurre  un 
nuovo  convoglio.  Voce  comune   fu  che  in  pia 
volte  sessanta  mila  coudiattenti  almeno  ,    fra  i 
quali  circa  sei  mila  cavalli   ed   altrettanti  gian- 
nizzeri ,  smontassero  in  quelP  isola     Impresero 
qne'  Barbari    nel   dì   25  di  luglio    l' assedio    di 
Nicosia ,  città  capitale  del  regno  j  eh'  era  stata 
convenevolmente    fortificata     e     provveduta    di 
viveri  j  ma  mal  fornita    di    presidio  valevole  a 
render  vani  gli  sforzi    de'  Turchi ,  o  almeno  a 
difficullarne  i  progressi ,  perchè    consistente  in 
soli  mille  e  trecento  fanti  italiani  pagati  ,  e  in 
quasi  altri  otto  mila  Ciprioti  ,    parte    nobili,  e 
parte  plebei ,  quasi  tutta    gente    inesperta    alle 
azioni  di  guerra.  Contutlociò  in  quindici  assalti^ 
furono  ributtali  i  Turchi ,  e  durò  quell'  assedio 
sino  al  dì  9  di  settembre;  nel  quale    sì    fiera- 
mente restò  combattuta  la  città  .  che    v'  entra- 
rono   vittoriosi    gì'  Infedeli.    Orrido    spettacolo 
allora  si  vide  ;  più  di  quindici    mila  Cristiani  , 
fra'  quali  si  contò  gran  numero  di  fanciulli  mi- 
nori di  quattro  anni ,  furono  messi  a  fil  di  spa- 
da ;  il  resto  di  <|ue'  cittadini  co?id()lto    in    mia 
misera  scliiavitù  .    pochi    esseiidoseue    salvati  5 


^26  A^'^■AL!    n' ITALIA 

ogni  sfogo  di  libidine  anche  più  nefanda  ivi 
si  esercitò  ;  e  perchè  la  città  era  ricchissima , 
gran  preda  fu  fatta  da  que'  cani.  Dopo  tale 
acquisto ,  vihuente  si  reiidè  Cerines  ,  né  altro 
luogo  deir  isola  fece  da  11  iinianzi  resistenza, 
fuorché  Famagosta ,  città  principale  dopo  Ni- 
cosia.  Poco  stette  Mustafa  a  mettere  il  campo 
intorno  ad  essa  ,  e  ad  accostarsele  colle  trin- 
cee 3  ma  difendendosi  valorosamente  i  Cristia- 
ni, e  venuto  il  tempo  di  menare  in  salvo 
V  armata  na\  ale  per  la  vicinanza  del  verno , 
r  assedio  si  cangiò  in  blocco ,  e  per  queir  anno 
Famagosta  schivò  il  giogo  turchesco. 

Nel  dì  25  di  febbraio  dell'  anno  presente  il 
pontefice  pubblicò  una  terribil  Bolla  contro 
Elisabetta  regina  d' highii terra,  dicliiaiata  sco- 
municata e  privata  d'  ogni  diritto  in  quel  re- 
gno ,  con  ordinare  a  gì'  Inglesi  di  non  pre- 
starle ubbidienza.  Dovette  avere  il  santo  Padre 
giusti  motivi  di  formar  questa  Bolla ,  e  di  for- 
marla dopo  tanto  tempo  che  Elisabetta  era  sa- 
lita e  sì  ben  a.ssodata  sul  troìio.  Fu  creduto 
che  si  maneggiasse  in  Inghilterra  una  segreta 
congiura  di  Caltohci  ,  che  poi  scoperta  svanì 
colla  morte  del  duca  di  Norfolch.  Ma  qual 
buon  efietlo  potessero  produrre  sì  fatti  fulmini 
ronsislenli  in  sole  parole  conlra  di  un  regno 
dove  sì  gran  jìicdii  avea  presa  1'  eresia  ,  pro- 
fessata non  men  da  essa  regina  che  da  i  più 
del  popolo  ,  Ibrse  allora  non  l' intesero  i  poli- 
tici ,  e  meno  ora  I'  inli-ndiauio  noi  ,  al  sapere 
«.•he  dopo  ciò  andarono  sempre  j)iù  di  male 
in  peggio  gli  aflari  della  religion  cattolica  in 
quel  regno,  yille  calamità    dell'anno  presente, 


ANNO    MfiI.XX  729 

cioè  alla  carestia ,  alla  guerra  e  alla  pestilenza 
elio  ili  varj  luoghi  si  lecere  sentire ,  s'  aggiunse 
anche  il  trcnnioto.  Cominciò  questo  in  Ferrara 
nella  notte  seguente  al  dì  16  (li  novembre  ,  e 
continuò  poi  con  varie  ora  picciole  ora  grandi 
scosse  pel  resto  dell'  anno  ,  e  parte  ancora  del 
seguente.  Rovinò  per  questo  flagello  parte  del 
castello  (leA  duca  ,  e  molte  chiese ,  monisteri  e 
case  ;  e  llt  obbhgato  il  popolo  a  ridursi  nelle 
piazze  e  campagne  sotto  capanne  e  tende,  fin- 
ché a  Dio  piacque  di  restituir  la  quiete  a  quella 
terra.  In  essa  città  di  Ferrara  molto  prima  , 
cioè  nel  dì  19  di  gennaio  del  presente  anno  , 
furono  celebrate  le  nozze  di  Lucrezia  d'  Este , 
sorella  del  duca  Alfonso ,  con  Francesco  Maria 
della  Roveie ,  figlio  primogenito  del  duca  d'  Ur- 
bino. Passò  ancora  per  Fiandra  ,  incamminala 
a  Madrid ,  1'  arciduchessa  Anna  ,  figlia  del- 
l' imperador  Massimiliano  II ,  maritata  con  Fi- 
lippo II  re  di  Spagna.  Numerosa  flotta  la  con- 
dusse in  Ispagna ,  dove  con  somma  magnificenza 
fu  accolta ,  e  succederono  nobilissime  feste  ac- 
compagnale dall'  universale  allegria  5  tanto  più 
grande ,  perchè  già  era  terminata  la  guerra 
contro  i  Mori  con  grande  onore  di  don  Gio- 
vanni d' Austria  ,  dal  cui  comando  e  valore  si 
riconobbe  la  felice  riuscita  di  quella  per  altro 
difficile  impresa.  Fu  eziandio  condotta  in  Fran- 
cia nel  dì  26  di  novembre  di  quest'  anno  dal- 
l' elettore  di  Treveri  Y  altra  minore  arcidu- 
chessa Isabella  ,  figlia  del  suddetto  Augusto  , 
maritata  col  re  Carlo  IX  :  matrimonio  che  durò 
pochi  armi  ,  e  di  cui  non  uscì  che  mia  prin- 
cipessa di  corta  vita  anch'  essa. 


73o  ANNAU   T)*  tT.U.lA 

/inno  di  Cristo   1571.  Indizione  XIV. 
di  Pio  V  papa  6. 
di'  lVJassimilianu  II  imj  eradore  8. 

I  pror^re-si  drll' armi  Inrchcs-lie  iipll' isola  di 
Cipri  «{iiaiilo  dall' tin  canto  accrescevano  il  ter- 
rore a  i  popoli  d'Italia,  altrettanto  incitavano 
il  papa  ,  il  re  Callolico  e  la  repubblica  veneta 
a  prenmn'rsi  per  la  difesa  de'  loro  Stati ,  die 
tanto  più  resfavano  PS[)Osti  alle  violenze  de 
grinfe.leli.  Sprdì  il  pontefice  per  questo  il  car- 
dinal Alessandrino  in  Isj^agna  a  trattare  una 
lega  stabile  fra  esso,  il  re  Filippo  e  i  Veue- 
ziiMii  contio  il  nemico  comune.  Fu  questa  con- 
cliiusa  nel  dì  20  di  maggio  con  varie  capito- 
lazioni. Fecero  poscia  fjueste  tre  confederate 
potenze  i  loro  maggiori  sforzi  in  congiuntura 
di  tanto  bisogno,  ma  non  con  quella  prontezza 
die  occorieva,  parte  per  la  cjillicultà  di  raunar 
la  trojipo  necessaria  pecunia,  e  parte  pel  tempo 
elle  esigi'  il  preparamento  delle  genti  ,  navi  , 
munizioni  ,  e  di  tanti  altri  vaij  attrecci  di 
guerra.  Non  mancarono  già  i  \  eneziani  di  spe- 
dire verso  la  metà  di  gennaio  Marcantonio 
Querini  con  quattro  navi  scortate  da  dolici 
galee  ,  jjer  portare  soccorso  alla  città  di  Fa- 
ìiiagosla  bloccala  da'  Turdii.  Felicemente  arrivo 
colà  questo  convoglio  ;  tre  galee  nemiclie  fu- 
rono colle  artiglierie  buttate  a  f  indo ,  e  l'altre 
fuggirono.  Sbarcò  il  Querini  mille  e  settecento 
fanti  in  qiuilia  città,  e  gran  copia  di  provvi- 
sioni da  bocca  e  da  guerra  ,  ma  non  già  suf- 
ficiente a  sostenere  un  lungo  assedio.  PcrNciiuto 


i 


ANNO   JTDLXXì  'j3l 

al  Sultano  Selim  1'  avviso  di  questo  soccorso , 
diede  nelle  furie  contra  del  Bassa  Pialj,  e  poco 
mancò  che  non  dimandasse  la  sua  lesta  ;  il 
privò  nondimeno  del  generalato ,  e  a  lui  so- 
stituì il  Bassa  Aly.  Costui  Insieme  col  Bassa 
Mustafa,  siccome  ben  comprese  le  premure 
del  Gran  Signore,  così  non  ommise  diligenza 
veruna  per  tosto  ripigliare  1'  interrotto  assedio 
di  Famagosta.  Se  dobbiam  credere  alle  rela- 
zioni di  questa  guerra,  descritta  da  moltissimi 
autori  di  quel  tempo ,  fioccò  da  tante  bande 
e  con  tanti  tragitti  sì  gran  numero  di  soldati 
infedeli  pagati  e  venturieri  nell'isola  di  Cipri, 
die  fu  credulo  ascendere  a  quasi  ducento  mila 
comballenti  e  a  qiiaranta  mila  guastatori.  Pro- 
babilmente secondo  il  solito  la  fìmia  ,  la  paura 
e  il  voler  giustificare  la  fortuna  de' Turchi, 
accrebbe ,  se  non  della  metà ,  alnien  di  un 
buon  terzo  le  loro  forze.  Neil'  aprile  si  riaprì 
sotto  Famagosta  il  teatro  della  guerra  ,  alla  cui 
difesa  non  si  trovarono  se  non  quattro  mila 
fanti ,  lieve  guarnigione  in  sì  gran  bisogno.  Fu- 
rono anche  alzati  vai  j  forti  contro  la  città  ;  le 
trincee  cominciarono  ad  inoltrarsi  ,  le  batterie 
a  far  continuo  fuoco.  Giocarono  dall'  una  e 
dall'altra  parte  varie  mine,  e  furono  dati  molli 
assalti  ,  tutti  ripulsati  con  grande  mortalità  de 
gli  aggressori. 

Ma  perciocché  a  i  Turchi ,  per  ottenere  in  si 
fatte  occasioni  l'intento  loro  ,  nulla  inciesce  il 
sacrificar  migliaia  di  persone  ,  andò  così  avanti 
il  loro  furore  ,  con  iscemare  intanfo  il  numero 
de  i  difensori  ,  che  nel  dì  a  d'  agosto  i  Cri- 
stiani ,  dopo  #ver   fatte    maraviglie    di    valore , 


1^32  AVVkZl   D'iTAtlA, 

trovandosi  non  aver  più  che  sette  barili  ài 
polve  da  fuoco  ,  furono  obbligati  a  trattar  delia 
resa  nel  dì  suddetto.  Accordò  l'iniquo  Mustafà 
quanto  essi  domandarono  ,  cioè  salve  le  per- 
sone,  armi  e  robe  de'  soldati  e  cittadini;  clie 
questi  potessero  vivere  secondo  la  legge  cri- 
stiana, e  ritener  le  loro  chiese;  die  i  soldati , 
e  chiunque  volesse ,  avessero  libero  passaggio 
in  Candia,  scortati  dalle  galee  tnrchesche.  Non 
si  può  senza  orrore  e  senza  raccajnicciarsi  ranr- 
menlare  qual  fosse  la  perfidia  ed  inumanilà  di 
Mustafa  in  (ale  occasione.  Da  che  furono  ve- 
nuti sufficienti  legni  per  menar  via  i  soldati 
cristiani,  e  questi  imbarcati,  Marcantonio  Bra- 
gadino  provveditore  e  governator  della  città  , 
ed  Astone  Baglione  generale  dell'armi  con  gli 
altri  nobili  e  con  cinquanta  soldati  ,  per  con- 
certo già  fatto  ,  uscirono  della  città  (  era  il  dì 
quindici  d'  agosto  )  ,  e  andarono  al  padiglione 
di  IMustafà ,  a  fine  di  consegnari;li  le  chiavi. 
Cortesemente  furono  accolti  e  fatti  sedere  ,  e 
il  Turco  passando  d'  uno  in  altro  ragionamen- 
to ,  mise  in  line  mano  ad  una  di  quelle  avanie 
che  spesso  usano  que'  Barbari  contra  de'  Cri- 
.sliani ,  imputando  al  Bragadiiio  di  aver  durante 
la  trei^ua  fatto  ammazzare  alcuni  schiavi  Tur- 
chi, Negò  il  Bragadino  di  aver  commesso  un 
tale  eccesso.  Allora  Mustafa  lutto  ia  colK-ra 
alzatosi  in  pie(h  ,  ordinò  che  ognun  di  loro 
fosse  legato  ,  essendo  essi  seiiz'  armi  ,  perchè 
all'  entrar  ilei  padiglione  fiuono  astretti  a  de- 
porle.  Così  legati  e  coudolli  nella  piazza  da- 
vanti al  padiglione,  a  cadauu  di  <(ue' nobili  , 
fuorché    al    Bragadino,    taglialo  fu  il    capo.    I 


ANNO    MDI.XXI  -ySS 

soldati  venuti  con  loro  e  circa  trrcenfo  altri  Cri- 
stiani furono  messi  a  fil  di  spada  ;  e  quei  che 
erano  imbarcali ,  svaligiati  tulli  e  posti  alla  ca- 
tena. 11  Bragadino ,  dopo  avere  solleilo  vaij 
stra|)az7,i ,  spoglialo  ed  attaccato  al  ferro  della 
berlina  ,  fu  scorticato  vivo  da  un  Giudeo.  Tal 
costanza  d'  animo  in  sì  fieri  tormenti  mostrò 
ffucl  prode  ca\aliere,  che  niun  segno  mai  diede 
di  dolore;  e  solamente  raccomandandosi  a  Dio , 
e  rini[irovcrando  al  Barbaro  la  rotta  fede,  al- 
lorché giunse  il  tagliatore  all'  umbilico ,  spirò 
r  anima.  La  pelle  sua  riempiuta  di  paglia  ,  ed 
attaccala  ad  una  antenna  ,  fu  niiindala  a  farsi 
\edere  per  tulli  i  lidi  della  Scria  :  trofeo  ben 
degno  d'  una  perfidia  e  crudeltà  senza  pari.  E 
in  lai  l'uisa  restò  il  bel  regno  di  Cipri  in  mano 
de'  nemici  del   nome  cristiano. 

Non  parlerò  io  d'altre  minori  azioni  di  guerra 
falle  da' Veneziani  e  Turchi  neh' Adriatico  e  in 
altri  mari  prima  di  questo  tempo  ,  o  durante 
r  assedio  di  Famagosta  ,  premendomi  di  ralle- 
grare i  lettoli  dopo  sì  disgustosa  narrativa  con 
un  mcmorabil  fallo  dell' armi  cristiane,  e  mas- 
simamente italiane.  Avea  il  re  Callolico  Fi- 
li) )f)0  II  spedita  la  sua  flotta  navale  a  Messina 
.sollo  il  comando  di  don  Giovanni  d'Austria 
suo  fratello  naturale,  a  cui  .si  unì  Gian-Andrea 
Doria  Genovese  colle  sue  galee  al  soldo  d'esso 
re.  Colà  ancora  erano  giunti  Marcantonio  Co- 
lonna generale  del  papa  colle  sue  galee ,  e  Se- 
bastiano Yeniero  generale  delle  forze  di  mare 
della  repubblica  a  eneta.  Trovossi  nella  mostra 
consistere  l' unione  di  queste  llotle  in  dodici 
galee  del  papa ,  in  ottanluna  del  re  di  Spagna , 


734  A.\NAU    T>'  ITAT.IA 

ccfri    venti    navi,    e    forse    più,  da  carico;    in 
cento    e    otto  galee ,    sei  galeazze  e    due    navi 
de'  "Veneziani  ;  in  tre  galee  di  Malta  ,  e   in  tre 
altre  del  duca  di  Savoia.  Eranvi  altri  legni  mi- 
nori in  gran  copia.   Sopra    sì    possente    armata 
militavano  dodici  mila  Italiani ,  guidati    da  va- 
iolosi   capitani    di    lor    nazione  ,    cinque    mila 
Spagnuoli ,  tre  mila  Tedeschi,  tre  mila    ventu- 
rieri, portati  dalla  difesa  della  Fede  <  dal  de- 
siderio della  gloria ,  oltre  a   i    necessarj   mari- 
nari. Fra  que'  venturieri  non  si  debbono  tacere 
Alessandro  Farnese  principe  di  Parma ,  e  Fran- 
cesco Maria  della  Rovere  pruicipe    di    Urbino. 
Fecero  vela   questi    generosi    campioni    nel    dì 
sedici  di  settembre  dopo    varie  consulte ,    con 
risoluzione  di  andar  a  trovare  V  armala   navale 
nemica  ,  per  fiaccare  le  conia  alla  potenza  ot- 
tomana ,    divenuta  oramai    troppo    insolente    e 
superba  per  le    passate    vittorie.    Trovaronsi    a 
vista  le  due  potenti  nemiche  armate  la  mattina 
del  dì   sette    d' ottobre ,    giorno    di    domenica. 
Era  partita  la  turciiesca    ila   Lepanto ,    coman- 
data dal  generale  Aly  ,  dal  generale  di    Tunisi 
e  d' Algieri ,  e  da  altri  liassà   e   Sangiacchi ,  e 
in  numero    di    vele    era    molto    siqicriore    alla 
crisi ia.'ia.  Avea  ordine    dal  gran  Signore  il  ge- 
nerale Aly    di  venire  a    battaglia    scontrandosi 
co  i  nemici  ;  ed  ajipunlo  fiirono  a  fronte  de  i 
Cristiani  verso  l'isole  (lurzohui.  Allora  dall'una 
e  dall'  altra  jiarte  si  misero  in  ordinanza   tutte 
le  navi ,  formando  cadauna  armata  tre   schiere 
a  guisa  di  mezza  lima.    Don    (iiovanni    d'  Au- 
stria generalissimo  |k)sIosì  in  una  lirgala  anrlò 
girando  ed  animando  ciascuno  a  ben  coiubiillere 


A?«NO  MPr.xxi  735 

per  la  difesa  e  per  1'  onore  dilla  fede  Cri- 
stiai:a  ,  con  assicurar  lutti  delia  proiezione 
di  D.o  ,  poti'iilissinio  padre  de'  suoi  Fedeli  ,  e 
gran  limuneratore  di  riii  mette  la  \ila  per  la 
santa  sua  religione.  Intenoriti  tulli  a  queste  pa- 
role i  soldati ,  e  piant;en(lo  per  T  allegrezza  , 
rispondevano  con  alle  grida:  /  ittoria,  vittoria. 
Si  l'accano  intanto  continue  piegliicre  da  i  po- 
poli cristiani  per  imploiare  la  benedizion  di 
Dio  air ainii  crisliane ;  il  papa  avea  a  questo 
fine  pubblicato  puma  il  Giubileo,  ed  eransi  latte 
pie  processioni  dapertullo. 

AzzufVaronsi  e  uiique  le  due  contrarie  armate, 
e  si  dichiarò  presto  la  mano  di  Dio  in  t"a\ore 
de' suoi.  Soffiava  da  princi|)io  un  vento  mae- 
strale favoievole  a'  Turchi.  Si  abbonacciò  il 
mare ,  ed  eccoti  sorgere  un  vento  siroccale , 
che  portava  tutto  il  fumo  conlra  de'  Turchi , 
e  quanto  rispigneva  indietro  i  loro  legni ,  al- 
trettanto facilitava  a  i  Cristiani  l'urlare  in  essi. 
Durò  il  terribil  cond)alliniento  ben  qnatiro  ore, 
senza  clie  piegasse  la  vittoria  ad  alcuna  di  esse. 
Ma  le  galee  grosse  cristiane ,  che  erano  avanti , 
tal  danno  colle  artiglierie  recavano  a  i  nemici , 
che  cominciarono  ad  afibndare  alcuni  de'  legni 
tuicheschi.  Quindi  s'abbordarono  insieme  le 
galee  di  questi  e  di  quelli  ,  ed  allora  si  fece 
pruova  di  chi  vantaggiasse  l'altro  in  valore. 
Gran  bisogno  di  coraggio  ebbe  don  Giovanni 
d"  Austria ,  essendosi  tro\  afa  la  sua  capitana  in 
gran  pericolo  per  lo  sforzo  incredibile  della 
reale  de'  Musulmani  contra  d'  essa  ,  e  per  tre- 
cento a'meno  de' suoi  rimasti  ivi  uccisi.  Non 
meu  di  lui  gli  altri  due    generali    Colonna    e 


73(3  ANNALI    d'  ITAlXi 

Veiliero    fecero    singolari    prodezze.  Finaìmente 
andò  in  rotta  Y  annata  tmcliesca  ,  dappoiché  il 
generale  Aly  fu  ucciso  d'art  hibugiala.  Il  suo  capo 
reciso  dal  busto ,    e    messo    sopra  una    picca , 
finì  di  mettere  lo  spavento    in    cJiiunque    potè 
ravvisarlo.  Venne   alle    mani    de'  Cristiani    un» 
gran  quantità  di  legni  nemici  e  di  prigioni.  Al- 
men  quindici  mila  Infedeli  fu  stimato  che    pe- 
rissero   in    quel   terribil    conflitto.    L'iscrizione 
posta  a  papa  Pio  V  ed   alcuni    autori   parlano 
di  tienta  nula  di  coloro  uccisi  •  ma  certo  ninno 
li  contò.  Vi  perderono  la  Aita    più    di    cinque 
mila  Cristiani  ,    fra'  quah    alcuni  insigni   perso- 
naggi ,    e    spczialujenle  fu   compianta  la   morte 
di    Agostino    Barbarigo    provveditor    generale 
della  veneta  arn)ata.  alla  cui  savia  condotta  si 
attribuì  in  parte  sì  gloriosa  \ittoria.  Più  di  do- 
dici mila  schiavi    Cristiani    in    tal    congiuntura 
riacquistarono  la  libertà.  Moltissimi  d'essi,  al- 
lorché videro  declinar  le  forze  turchesche,   es- 
sendosi sferrati ,    aveano    accresciuto  il  terrore 
nelle  lor  galee.  Anzi  gli  stessi  schiavi    dell'  ar- 
mata cristiana  ,  da  che  fu  loro  promessa  la  H- 
bertà  doj)o  la  Nittoria,  presero   l'armi,   e    re- 
carono non  lieve  aiuto  a  i  combattenti  padjoni. 
Furono  dipoi  divise  fra  i    vincitori    le    spoglie 
e  i  prigioni,    ch'erano    circa    cinque    mila.  Al 
generale  del  papa  toccarono  diecisefte   galee  e 
quattro  galeotte;  a  don  Giovanni  d'Austria  cin- 
quantasclle  galee  ed  otto  galeotte;  a  i   signori 
Veneziani  galee  qiiaianlalrè  e  sei  galeotte.  Tra 
Savoia    e    .Malta    furono    divise    diciollo    galee. 
Fama  fu  che  circa  scN.s;mladiie  legni  turclieschi 
fossero  gillali  a  fonflo  ,  e  cerliunenlc  si  ailòu- 
darono  diecisette  galee  cristiane. 


ANNO    Mm.XXI  ^3^ 

L'avviso  di  si  segnalata  vittoria,  portato  da 
ufiziali  e  corrieri  alle  corti ,  non  si  può  espri- 
mere qiial  giubilo  spargesse  nel  cuore  d^  ogni 
Cattolico ,  e  con  quante  feste  e  trasporti  d'  al- 
legria fossero  dipoi  rendale  grazie  all'Altissimo. 
Li  Venezia  tanta  fu  la  gioia  ,  che  quel  popolo 
diede  in  eccessi.  Giunse  a  Madrid  la  lieta  nuova  , 
seguitata  fra  poco  da  altra  felicità,  cioè  dalla 
nascita  d'  un  figlio  maschio  del  re  Cattolico , 
a  cui  fu  posto  U  nome  di  Ferdinando,  acca- 
duta nel  dì  quattro  di  dicembre.  Da  Venezia 
in  due  giorni  arrivò  a  Roma  questo  avviso , 
che  riempiè  d' inesplicabil  consolazione  il  pon- 
tefice e  il  popolo  romano.  Scritto  è  che  al 
santo  Padre  Dio  rivelò  la  liportata  vittoria  Del- 
l' ora  stessa  in  cui  questa  si  dichiarò  a  favor 
de'  Cristiani.  Crebbe  dipoi  l' universal  gioia  in 
Eoma  stessa  al  comparir  colà  nel  dì  i()  di  di- 
cembre il  generoso  generale  dell'armi  pontifi- 
cie Marcantonio  Colonna  ,  il  quale  cotanto  avea 
contribuito  al  buon  esito  di  quell'  impresa.  Il 
ricevimento  suo  rinovellò  in  qualche  maniera 
la  memoria  de  gli  antichi  trionfi  romani:  tal 
fu  la  pompa  con  cui  venne  incontrato  dal  se- 
nato e  da  i  magisti  ati  della  città ,  ed  accompa- 
gnato al  Campidoglio ,  all'  udienza  del  papa  e 
al  sacro  tempio  di  Santa  Maria  d'Araceli,  dove 
con  suntiiosi  doni  riconobbe  dal  favore  divino 
quanto  era  avvenuto  in  quel  terribil  cimento. 
Ma  chi  lo  crederebbe  ?  Una  sì  insigne  vittoria, 
di  cui  volle  il  buon  pontefice  che  si  conser- 
vasse eterna  la  memoria  coli' istituire  la  festa 
di  santa  Maria  della  Vittoria ,  che  oggidì  si  ce- 
lebra nella  prima    domenica    di  ottobre  ;  una, 

Muratori.  Ann,  F^ol.  XIV,  4? 


^38  A^:yATA  r'  itama 

dico ,  SI  strepitosa  vittoria  non  fu  poi  se- 
guitata da  alcun  rilevante  frutto  e  vantaggio 
della  repubblica  cristiana ,  e  solamente  servì  a 
far  conoscere  che  il  Turco  non  è  una  potenza 
in\  incibile.  Perchè  ciò  avvenisse ,  lo  vedremo 
all'  anno  seguente.  Si  divisero  poi  le  flotte  cri- 
stiane per  ritirarsi  a'  quartieri  d' inverno  ,  stante 
1'  avanzata  stagione  ;  e  benché  i  Veneziani  ri- 
cuperassero qualche  luogo  tolto  loro  da'  Turchi 
in  Albania  ,  furono  nondimeno  anch'  essi  for- 
zati a  riposare. 

ylnno  dt  Cristo   iS^s.  Indizione  Xf^. 
di  Pio  V  paya  n. 
di  Gbegohio  Xlil  papa   i. 
di  Massimiliano  II  iinpeìtidoìe  9. 

Fu  chiamato  in  quasi'  anno  da  Dio  il  buon 
jiont»'tìce  Pio  V  a  ricevere  in  cielo  il  premio 
della  santa  sua  vita,  e  delle  tante  degne  sue 
azioni  in  prò  della  repubbhca  cristiana.  Le  asti- 
nenze ,  le  orazioni  e  le  fatiche  sue  indicibili  per 
ben  esercitare  1' ulTìzio  pastorale,  e  per  la  di- 
fesa del  Cristianesimo  ,  a\  eano  lòrte  indebolita 
la  di  lui  sanità.  S' aumentarono  nel  marzo  i 
vvuoi  majori  ;  laonde  nel  dì  primo  di  maggio 
passò  a  miglior  vita ,  lasciando  dopo  di  sé  un 
odore  di  sì  rara  santità  ,  che  fu  poi  registrato 
dopo  molti  anni  nel  ruolo  de'  Beati ,  e  a'  (]» 
nostri  si  é  celebrata  la  solenne  di  lui  canoniz- 
7azione.  La  mancanza  di  questo  insigne  pon- 
tefice quella  fu  che  troncò  il  (Ilo  a  i  progressi 
dell'  armi  cristiane  contro  il  comune  nemico. 
Aveva  egli  ,  per  sostener  la  guerra  santa  ,  ne 
gli    anni    addietro    impiegalo    un  gran    tesoro. 


ANNO    MDLXXII  73() 

Maniera  in  oltre  non  gli  era  mancata  di  rau- 
narne  assai  più  per  continuarla  nell'  anno  pre- 
sente ,  di  modo  che  si  trovò  in  Castello  Sant'  An- 
gelo dojK)  la  sua  morte  un  milione  e  mezzo 
di  scudi  d'  oro  destinato  a  quel  fine.  Teneva 
egli  come  in  pugno  la  maggior  parte  de  i  re 
e  principi  cristiani:  tanta  era  la  venerazione 
che  ognun  professava  al  complesso  delle  sue 
virtù  ,  e  al  suo  indefesso  zelo  pel  bene  della 
Cristianità  :  e  però  potL'vansi  sperare  per  mezzo 
suo  maggiori  vantaggi  alla  causa  comune.  Non 
mancò  ,  è  vero  ,  il  suo  sticcessore  di  sposare 
le  medesime  massime ,  siccome  vedremo  j  ma 
non  passò  in  lui  col  pontificato  anche  il  gran 
credito  di  papa  Pio  V.  Entrati  i  cardinali  in  con- 
clave ,  da  lì  a  due  o  tre  giorni ,  cioè  nel  dì  1 3 
di  maggio ,  con  mirabil  concordia  elessero  papa 
il  cardinale  Ugo  Boncompagno ,  creatura  di 
papa  Pio  IV  ,  personaggio  ben  degno  di  sì  ec- 
celsa dignità.  Era  egli  di  famiglia  antica  e  no- 
bile bolognese  ,  discendente  ,  sscondo  le  m'C 
conietture  ,  da  quel  Boncompagno  nativo  di 
Firenze  ,  che  circa  il  1 200  si  truova  pubblico 
lettore  nell'  università  di  Boloma  ,  e  lasciò^  un 
libro  mtitolato  De  obsidione  Auconce  dell'  an- 
no 1173,  da  me  dato  alla  luce  (i),  e  di  cui 
tntta\ia  resta  inedito  in  Francia  un  trattato 
De  Arte  Dictaminis ,  citato  dal  Du-Cange  nel 
Glossario  latino.  Di  lui  probabilmente  fu  ni- 
pote quel  Dragone  Boncompagni  che ,  per  at- 
testato   del    Ghirardacci    (2)  j  nell'  anno    i  a^S 


(i)  Renim  Italicarum  tou».  6. 

(2j  Ghirardacci,  .Storie  tli  Bologna. 


n,^0  A^NAT.I    P*  ITALIA 

con  alcuni  altri  andò  inviato  dal  senato    bolo- 
gnese per  atubasciatore  al  vescovo  di  Bologna. 
Prese    il    novello    papa    il    nome  di  Grego- 
rio XIII ,    dicono    per    la    venerazione  eh'  egli 
professava    a    san    Gregorio  Nazianzeno.  Volle 
che  in  vece  di  gittare  al  popolo  ,    secondochè 
si  usava  nella  coronazion  de'  papi ,    la    somma 
di  qumdici  mila  scudi  d'  oro  ,  questa  si  distri-^ 
buisse  a  i   poveri.    Parimente    in    favor    d' essi 
ordinò  che  s'impiegassero  altri  venti  mila  scu- 
rii ,  sòliti  a  darsi  a  i  conclavisti ,  perchè  ninna 
molestia    o    fatica    avcano    patito    in    sì    poco 
tempo  che  era  durato  il  conclave,  lira  non  so 
come  saltato    in    capo    al    pontefice   Pio  V  di 
fabbricare ,    o    pur    di    tirale  innanzi  una  for- 
tezza nei  territorio  di  Bologna.  Il  primo  favore 
che  papa  Gregorio   compartì    alla    sua    patria, 
fu  quello  di  ordinarne  la  demolizione  ne'  primi 
giorni  del  suo  pontificalo.  Ad  inchinare  il  nuovo 
pontefice    si  portò  in  persona  Alfonso  II  duca 
di  Ferrara  con  accompagnamento  magnifico  fli 
molta  nobiltii ,  e  vi  concorsero  ancora  gli  am- 
basciatori di   tutti  i  potentati    cattolici.    Mostrò 
dipoi  questo  pontefice    il    medesimo    desiderio 
6(1  ardore  che  aveva  già  avuto   il    suo    prede- 
.  cessore  ,  per  proseguir  la  guerra  contro  la  po- 
tenza   ottomana  ,    e   però    speilì  tosto  nunzj  e 
legati  a  i  monarcbi  e  principi    della    Cristiani- 
tà ,  per  pregarli    ed    esortarli    a  così    lodevoli* 
impresa.  Confermò  generale  delle   galee   ponti- 
ficie   Marcantonio    Colonna  ,    già    mandato  in- 
nanzi dal  sacro  collegio  ad  irnharcarsi.  Ma  non 
vi    fii    che    il   re    Cattolico  Filippo  11  il  quale 
.(lutribuisse  soccorsi,   e    questi    aiif:hc    lievi  a 


ANNO    MDI.\<I1  74» 

paiiigoii  dell'  anno  precedente  ;  perchè  gravi 
sospetti  correano  che  il  re  di  Francia  macchi- 
nasse gueiTa  contro  la  Spagna ,  e  con  qualche 
certezza  si  prevedevano  perniciosi  movimenti 
ne'  Paesi  Bassi.  Ventitré  sole  galee  con  sei  mila 
fanti  ottenne  il  pontefice  da  don  Giovanni 
d'  Austria ,  senza  che  questi  si  volesse  nmo- 
vere  da  .Messina  col  restante  di  sua  armata ,  a 
fin  d'  essere  pronto  a  i  bisogni  occorrenti  del 
Cattolico  monarca.  Contuttociò  unite  che  fu- 
rono ,  dopo  gran  ritardo  ,  queste  forze  con 
quelle  de'  Veneziani ,  comandate  dal  nuovo  ge- 
nerale Jacopo  Foscarino  .  trovossi  la  flotta  cri- 
stiana gagliarda  di  cento  quaranta  qalce ,  ven- 
titré navi  ,  sei  galeazze ,  e  trenta  altri  legni 
minori.  Ad  onta  della  gran  rolla  dell"  anno  ad- 
dietro avea  potuto  la  Porta  Ottomana  Ibrmare 
una  flotta  di  ducente  sessanta  tra  galee,  ga- 
Irotte  e  ftiste  ,  con  cinque  galeazze  :  flotta  non- 
liimeno  inferiore  di  nerbo  e  di  coraggio  alla 
cristiana.  In  traccia  di  costoro  fecero  vela  i  due 
generali  Colonna  e  Foscarino.  Ma  il  generale 
li'.rchesco  Lluccialì  ,  uomo  di  sopiafina  accor- 
tezza ,  benché  sempre  mostrasse  voglia  d' az- 
zillarsi ,  pure  fuggì  sempre  ogni  incontro .  e 
sì  artifiziosamente  andò  IratteneiÉdo  i  Cristia- 
ni ,  che  lor  fece  perdere  il  resto  della  cam- 
pagna ;  laonde  appressanilosi  il  verno  ,  non  ai- 
ti'a  gloria  riportarono  qviesli  a  casa  ,  che  quella 
di  aver  fatto  paura  a  i  nemici.  Per  altro  a  sì 
infelice  successo  contribuì  non  poco  don  Gio- 
vanni «1*  Austria ,  il  quale  ora  facendo  vista  di 
▼oler  passare  al  comando  dell'  armata .  senza 
poi    niantcucr    la    parola  ,     ed    ora     facendo 


'~  ANNALI    D    ITALIA 


doglianze  perchè  aeiiza  di  lui  gli  allri  due  gene- 
rali tentassero  di  dar  battaglia  ,  imbrogliò  non 
poco  i  disegni;  e  né  pur  si  trovò  grande  ar- 
monia fra  il  Colonnese  e  il  Foscarino  :  cose 
tutte  che  sommamente  afllissero  papa  Gregorio. 
L'  anno  fu  questo  in  cui  propriamente  ebbe 
principio  la  ribellione  de'  Paesi  Bassi  contra 
del  re  Cattolico.  Avea  ben  esso  monarca  man- 
dato colà  un  general  perdono  ,  die  fu  pompo- 
samente pubblicato  in  Anversa  dal  duca  d'Alva 
nel  iS^o,  ma  con  poco  frutto,  perciiè  cotali 
riserve  ed  uncini  conteneva  T  indulto ,  che  po- 
chi ne  mostiaroiio  stima  ,  e  ninno  ne  fece  al- 
legrezza. E  fin  qui  era  andato  fluttuando  T  o- 
dioso  affare  delle  gravezze  imposte  da  esso 
duca  tra  le  di  lui  minacele  e  la  disubbiilienza 
e  costanza  di  buona  parte  di  que'  popoli  in 
non  voler  pagare  :  quando  si  avvisò  il  superbo 
reggente  di  mettere  mano  alla  forza  per  con- 
ciliare rispetto  alle  sue  leggi  col  gastigo  de  i 
renitenti.  Allora  apparve,  qnal  odio,  quali  mali 
umori  covassero  le  genti  di  quelle  jMOvincie, 
sofliando  spezialmente  nel  segreto  fuoco  cou 
esortazioni  e  promesse  di  soccorsi  il  principe 
di  Oranges,  animalo  da  i  Prot<;stanti  di  Ger- 
mania e  da  gli  Ugonotti  di  Francia.  Pertanto 
neir  Ollanda  ,  Zelanda  e  Frisia  si  diede  fuoco 
a<l  un  apciLo  auuiiiilinamcnlo  e  rivolta  di  molte 
città,  dove  principnlmente  avea  preso  radici 
l'eresia,  restando  nullalimeno  alla  Chiesa  e  al 
re  ubi)iiliente  la  principal  fra  osse  ,  cioè  Am- 
sterdam. Collegaronsi  ([ueste ,  prestarono  una 
Kj)ezie  d' iibbidii'nza  all' Oiauges  ,  da  lui  rice- 
verono gcvenialori  e  leggi.  Lld  v.cxo  il  piincipio 


ANNO    .MOl.vXJl  r/^'^ 

«lolla  ropuLbiica  delie  Provincie  Unite ,  vo!- 
girmcnte  appellata  la  Repubblica  Ollandese, 
c'ie  andò  poi  a  poco  a  poco  crescendo  pel 
e  jnconso  de'  vicini  Tedeschi ,  Fraiizesi  ed  In- 
glesi ,  tanto  nella  profession  dell'  eresia ,  quanto 
nella  mercatura  e  nelle  forze  di  mare,  che  ar- 
rivò a  divenire  una  delle  potenze  più  ricche 
d'  Europa  ,  c|uale  oggidì  la  miriamo.  Il  di  piii 
dae  prenderlo  il  lettore  da  altre  storie.  Sia  a 
me  lecito  di  accennare  anche  un  altro  non  men 
sonoro  avvenimento  della  Francia  ,  spettante 
all'  anno  presente.  Durava  la  pace  fra  il  re 
Carlo  IX  e  gli  Ugonotti;  ma  perciocché  il  re, 
tenendo  davanti  agli  occhi  le  biute  infedeltà 
ed  insolenze  passate  di  quegli  eretici ,  e  te- 
mendone sempre  delle  nuo\  e ,  tuttodì  cercava 
la  via  di  vend  carsene  e  di  opprimerli  ;  final- 
mente si  fermò  nella  risoluzion  seguente.  In 
o.'casione  eh'  era  concorsa  a  Parigi  copia  di 
ii>loro,  e  spezialmente  de'  nobili,  per  le  nozze 
di  Arrigo  re  di  Navarro  eretico  (  che  a  suo 
t'mpo  vedremo  re  di  Francia)  con  Marghe- 
l'ita  di  Valois  morella  cattolica  del  suddetto  re 
Carlo,  segretamente  fu  dato  ordine  dal  re  che 
nella  notte  precedente  al  dì  24  d'iigosto,  o 
sia  alla  festa  di  san  Bartolo«neo  ,  si  uccides- 
aero  tutti  gH  Ugonotti.  Grande  strage  fu  fatta 
di  loro  in  Parigi ,  unitosi  il  popolo  a  i  soldati 
dr^l  re  contro  gli  odiati  nemici  della  rcligioii 
cattolica  ;  e  quivi  ne  perirono  circa  due  o  tre 
mila,  come  scrissero  l'Adiiani  e  loSpondano; 
e  non  già  dieci  mila,  come  altri  hanno  scritto, 
tVa'  quali  si  contarono  quasi  qiiattmcento  gen- 
tiluo:yiui  che  godeauo  gradi  onorali  di  milizia: 


■^44  ANN.Vt.t    D   ITAr.tA 

esecuzione  in  cui  restorono  involti  anche  molti 
innocenti  Callolici ,  perchè  ricchi.  Andò  poi 
un  regio  bando ,  che  più  non  s'  incrudehsse 
contro  gh  Ugonotti ,  ina  non  fu  a  tempo  per 
trattenere  i  Cattolici  di  Lione,  Tolosa  ,  Roano 
ed  altre  cilth ,  dal  mettere  a  fil  di  spada  quanti 
di  quella  setta  caddero  nelle  lor  mani.  Famoso 
perciò  divenne  in  Francia  questo  macello  col 
nome  delle  Nozze  Parigine  e  della  Nolte  di 
San  Bartolomeo.  Lasceiò  io  disputare  a  i  gran 
dottori  intorno  al  giustificare  o  ripro\are  quel 
sì  strepitoso  fatto  ,  bastando  a  me  di  dire  che 
per  cagion  d'esso  immense  esagerazioni  fece  il 
partito  degU  Ugonotti  ,  e  loro  servì  di  stimolo 
e  scusa  per  ripigliar  l' armi  contra  del  re.  Nel 
settembre  di  quest'  anno  terminò  i  suoi  giorni 
Barbara  d'Austria  duchessa  di  Ferrara  ,  in  cui 
fra  le  molte  virtii  spezialmente  si  distinse  la 
pietà  ,  ereditaria  dote  della  nobilissima  casa 
d'Austria. 

Anno  di  Cnisro  ì^']^.  Indizione  I. 
di  Greoorio  XIII  papa  3. 
di  Massimiliano  II  impevadort  io. 

Molte  e  grandi  consulte,  per  gl'impulsi  spe- 
zialmente ili  papa  Gregorio,  fatte  furono  nella 
corte  di  Madrid,  in  Roma  e  Venezia,  per  for- 
mare «n  armamento  più  formidabile  de'  prece- 
denti contro  r  imperio  ottomano.  Si  calcolò 
che  il  re  Cattolico  armerebbe  centocinquanta 
galee  ,  cento  i  Veneziani  e  cinquanta  il  pon- 
tefice. Ma  con  tulti  (jucsli  bei  toii'^igli  ,  assai 
chiarita  Jh  rcpub})iua  \cnela  the  in  linei  conli 


ANSO    MDI.XXIIl  745 

SU  gli  aiuti  altrui  e  sulla  buona  sinfonia  delle 
leghe,  .sovente  si  falla  5  e  che  dopo  l'insigne 
vittoria  di  Lepanto  comparivano  vigoroso  come 
prima  le  forze  de'  Musulmani  j  e  che  niun 
conijuisto  si  era  fatto  finora  ,  e  sol  gravissimi 
danni  aveano  patito  i  suoi  littorali  :  tiattò  di 
pace  col  Gran  Signore ,  e  la  conchiuse  per 
mezzo  di  un  suo  ministro  nel  mese  di  marzo, 
e  li  ratificò  nel  seguente  aprile,  con  promet- 
tere, dopo  tanti  milioni  inutilmente  spesi  nella 
passala  guerra  .  di  pagare  per  Ire  anni  cento 
mila  scudi  d'  oro  annualmente  al  superbo  Sul- 
tano. Chi  in  bene  e  chi  in  male  parlò  di  que- 
sta pace:  ma  sopra  gli  altri  se  ne  risentì  viva- 
mente il  pontefice,  per  veder  fatto  un  passo  di 
(anta  importanza  senza  saputa  sua  5  e  maltrat- 
tato con  acerbe  parole  Paolo  Tiepolo  mandato 
apposta  ambasciatore,  che  gliene  diede  la  nuova, 
ordinò  che  questo  gli  si  levasse  davanti.  Andò 
tanto  innanzi  lo  sdegno  e  lo  sparlare  del  po- 
jjoIo  romano  contra  de'  Veneziani ,  che  il  Tie- 
polo temendo  di  qualche  insulto,  fu  forzato  ad 
armar  di  gente  il  suo  palazzo  e  ad  uscirne  cor 
molta  cautela.  Vi  volle  del  tempo  a  quotare 
r  adirato  pontefice  ,  ma  in  fine  si  quotò.  Con 
tranquillità  d'animo  all'incontro  accolse  il  re 
Filippo  n  questa  nuova,  anzi  lodò  la  prudenza 
veneta ,  siccome  quegli  che  da  molto  tempo 
meditava  un'  altra  impresa  ,  ed  avrebbe  nuche 
desiderato  che  nel  precedente  amio  a  quella 
sola  avessero  accudito  l'armi  de'  collegati.  Es- 
sendo stato  cacciato  da  Tunisi  neiranuo  1571 
il  Bey  o  Dey  Amida  per  le  sue  crudellil  .  il  fa- 
moso corsaro  Ulucciali  ro  d'.ligicvi  s' impadronì 


>j^6  AWAf.r  n'  iTVTJA 

ancora  di  quella  citlà.  Conservavasi  tultavia 
in  potere  del  re  di  Spagna  la  Goletta  ,  for- 
tezza posta  in  faccia  al  porto  di  Tunisi. 
Fece  Amida  ricorso  al  re  Cattolico ,  rappre^* 
sentandogli  la  facilità  di  riacquistar  quella  cit- 
tà; e  il  re,  che  ardeva  di  voglia  di  dar  qual- 
che gastigo  ad  Ulucciall  per  le  insolenze  e  j>er 
li  danni  che  colui  recava  a  i  lidi  crisliai.i  , 
segretamente  ordinò  »  don  Giovanni  d'Austria, 
soggiornante  coir  armata  navale  in  Sicilia  ,  di 
far  queir  impresa.  Non  sì  aspettava  Uluccia!ì 
una  tal  visita ,  e  perà  colla  flotta  turchesi  a 
andava  rondando  per  le  riviere  d'Albania , 
dove  tuttavia  altro  non  fece  che  saccheggi;u'  la 
città  di  Castro.  Con  sole  cento  sei  galee  sottili 
fece  vela  da  i  porti  della  Sicilia  don  Giovanni, 
non  avendo  potuto  le  navi  cariche  di  gente 
pel  vento  contrario  uscire  del  porto  di  Tiapa- 
iii.  Giunto  egli  nel  di  8  di  ottobre  alla  Golet- 
ta ,  lo  sjiavento  entrò  .sì  fattamente  nella  cillà  li 
Tunisi,  che  la  maggior  parte  degli  abitanti  col 
loro  meglio  se  ne  fuggì.  Però  s<'iiza  pericolo 
o  fatica  vi  entrarono  l'armi  cristiane,  le  (juiili 
poco  lardarono  ad  impadronii.si  aneli»'  di  Di- 
sella ,  lontana  da  Tunisi  quaranta  miglia.  M:i 
perchè  si  trovò  essere  troppo  otiialo  Amida  in 
quelle  contrade,  e  nacque  pensiero  a  gli  Spa- 
gnuoli  di  poter  conservare  <(uella  gran  eiltà 
sotto  il  dominio  del  loro  monarca ,  don  Giovanni 
vi  lasciò,  con  titolo  di  Vicerò  o  Governatore, 
RIaometto  cugino  di  Amida,  ed  (jrdiuò  che 
quivi  si  fabbricasse  mia  fortezza  alla  a  signo- 
reggiar la  città  dalla  parte  d'-lla  (jolclla.  Alla 
fabbrica  di    -.ssa   fu  lascialo    Gabrio    Sci  bellone 


ANNO    MDI.XXIII  74? 

eoa  tre  mila  Spagnuolij  altrettanti  Italiani  sotto 
Pagano  Doria  in  restarono  :  il  che  fatto,  si 
restituì  don  Giovanni  con  gloria  a  Messina ,  et 
indi  a  Napoli,  da  dove  si  mise  poi  in  maggio 
alla  volta  di  Spagna ,  chiamatovi  dal  re  per 
altri  bisogni. 

Continuò  in  quest'  anno  la  guerra  iu  Fran- 
cia fra  il  re  Carlo  IX  e  gli  Ugonotti  ,  e  in 
Fiandra  fra  que'  ribelli  e  il  duca  d'Alva.  Al 
trovarsi  quel  duca  assai  vecchio  e  mal  concio 
per  la  podagra  ,  e  j)iù  al  vedersi  cotanto  odiato 
da  i  popoli ,  avea  più  volte  chiesta  licenza  di 
tornarsene  in  Ispagna.  La  impetrò  in  quest'an- 
no ,  e  forse  con  discapito  de  gli  all'ari  del  re 
in  Fiandra  ;  perchè  s  egli  col  suo  crudele  e 
sempre  detestabile  governo  avea  eccitato  si  la- 
giimevole  incendio  in  quelle  contrade  ,  il  cre- 
dito nondimeno  e  la  sua  maestria  nell'  arte 
della  guerra  tenea  iu  somma  apprensione  il 
principe  d"  Oranges  e  i  sollevati  :  il  perchè 
motivo  per  loro  d' allegrezza  fu  la  di  lui  par- 
tenza. Andò  alla  corte  ,  e  fa  ben  ricevuto;  da 
li  nondimeno  a  qualche  tempo  restò  confinato 
in  Uceda  ;  ma  rtierilava  ben  altro  un  uomo  ^ 
inumano.  Fama  correa  che  dieciotto  mila  Fiam- 
minghi d'  ordine  suo  per  mano  del  carnetìce 
avessero  perduta  la  vita.  Era  vacato  per  Ìa 
morte  di  Sigismondo  Augusto  il  trono  di  Po- 
lonia ,  e  molti  competitori  si  afFicciarono  as- 
piranti a  quella  corona.  Tanti  maneggi  (  con- 
sistenti per  r  ordinario  nel  buon  uso  dell'  o- 
ro  )  furono  fatti  da  Carlo  IX  re  di  Francia  , 
che  gli  riusti  di  fir  cadere  1'  eleKÌone  in 
Arrijj'O    duca    d"Aiit;iò  .    suo    minor    fratello  ; 


^4^*  ANNAl  I    d'  IT  VrtA 

elezione  iiulladimciio  aggravata  da  molle  dure 
condizioni ,  delle  quali  parla  la  storia.  Passò 
in  Francia  una  bella  ambasceria  di  Polacchi 
per  sollecitar  questo  principe  a  consolar  colla 
sua  presenza  chi  1'  aspettava  con  «ingoiar  di- 
vozione. Sul  fine  di  settembre  si  mosse  il  re 
novello  verso  la  Polonia ,  e  non  giunse  colà 
se  non  sul  fine  del  seguente  gennaio.  Attentis- 
simo sempre  al  bene  della  religione  papa  Gre- 
gorio XIII  ,  istituì  neir  anno  precedente  in 
Roma  il  Collegio  Germanico  eoli'  annua  dote 
di  dieci  mila  .soa«li  d'oro,  afìlnebè  abnen  cento 
giovinetti  quivi  si  educassero  ,  e  nelle  scienze 
e  lingue  si  addottrinassero.  Ne  diede  la  cura  a 
i  padri  della  Compagnia  di  Gesù ,  sì  da  lui 
amati  e  {jivoriti  ,  die  qualunque  grazia  e  pri- 
vilegio a  lui  chiesero  ,  tutto  ottennero.  Dimo- 
rava in  questi  tempi  Cosimo  gran  duca  di  To- 
scana in  Pisa  ,  lasciando  a  don  Fraii<;esco  suo 
primogenito  le  cure  del  governo.  Poca  era  la 
sua  sanitìt  ;  sopragiunse  ancora  un  sì  j)eriii- 
cioso  .iccidente  al  corpo  suo  ,  che  ogni  suo 
membro  restò  impolente  al  suo  ulizio.  Nulla- 
dinieno  la  mente  ritenne  sempre  il  suo  vigo- 
re ,  se  non  clic  si  cominciò  a  preveder  vicina 
la  sua   morte. 


Fin»   ui;t,  Voi.umk  XIV. 


EKROIU 

CORBE7,I0!f< 

.6 

.    2f)   illlticlli 

antiche 

3i     . 

>    1 1    Vita 

via 

47     . 

>    i4  1'  flibcro 

ebbero 

65     . 

>   22   Crn-mnna. 

Cre-monsa. 

65 

>   32  Cremona 

Creinonsa 

i4?> 

>  22  salvocoudoto 

snlvocondotto 

217 

>  23  niedjci 

Medici 

33 1 

»   27   potea 

non  potea 
archibugio 
di 

335 

343 

»  25  arghibugio 
»  27  da 

385 
bo4 
6?o 

>    18  compresi 
"   19  Carlo  I 
>•    17  della 

compresa 

Carlo 

dellr 

625 

•j    II   atto 

fatto 

^ 


i 


ìk 


H>1« 


t4H>\tÌ 


"^^^ 


-^      ,             \t 

^^ 

Wi^^m 

^-  '""  ■■'^■ 

.-jSi'-iSBL  ÌRJ 


L¥"„TffV 


^^9^' 


^-À