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UNIVERSALI
DI
T 1 S TIC A
, LEGISLAZIONE, STORIA, VIAGGI
; COMMERCIO
> M V I L A "ri
DA
EPPE SACCHI
ECONOMISTI ITALIANI.
LXVII DELU Serie Prima.
ME VENTUNESIMO.
i Serie Terza.
ebbrajo e Marzo 1869.
I I L A N 0
k PUBBLICAZIOIIE DEGLI ANIIALI UIIITERSALI
lEIfZE E dell' niDUSTRU
S^allerìa De - Crisloforia
4869.
Digitiz§d by 'vjOOQ le
THE KEV7 YORK
%umf
ASTOR, Lr NOV aND
TILDEN 1 j ir^'DAllONS
R 19 <^ L
Digitized by CjOOQIC
ANNALI UNIVERSALI
•1 M4tMll««
iiemum§m tM9. "VmU XXL — li."^ •!•
BIBLIOGRAFIA 0)
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
RASSEGNA DI OPERE ITALIANE.
L — * Delle istituzioni di beneficenza della etiti # profonda
di Venezia ; etudj etùrid^ economici e etatiitici del coni»
Pin Luigi Bono. Venezia 4869, freno la tipografia
NaraUmeh. Un VoL tii-8.'' di pag. 506.
il frioeese Moreao Christophe, con qaella barbaDiost franchetst
che è totU propria di aleoni scrittori frsocesi , faceva nella sua
opera Sul problema della miseria (Parigi 1851) questa pittura
di Venetia — ». Veneiia noo preseota più allo sguardo che un con-
tee asMaibranimilo di vecchi edificii sucidi e pov^ , i cui bei
Di scolpiti tervoDo a far tpieoate ogner più Tindigeoia prè-
(I) Smsooo indicate con MCerisco (*) di ritcontro al titolo d«iroper«
^•eUe pffodnaioni sopra le qoali ti dUraono , qnaodo occorrono, articoli
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sente del paese; Persino nei quartieri più riechi i palaizi di mar-
mo servono a dar ricovero ai miserabili. Una voRa si contavano
a Venexia 900 bmlglie nobili. Ora non se ne eontano che 15 an«
Cora ricche e 30 ridotte alla povertà. Venezia ha perduto il suo
commercio, le sue manifatture, la sua industria. Venezia non è più
una capitale 9 ed il tempo si approssima in cui non sarà più che
una grande rovina in mezzo ad una pestìfera palude. Essa conta
45,000 poveri su 100,000 abitanti, per cui si può dire che la
metà della popolazione di Venezia vive di elemosine ».
Questa pittura a tinte luride è dessa vera? E se lo fosse non
vi ha per questa decaduta regina alcun rimedio o conforto?
U generoso patrizio Pier Luigi Bembo che si ricorda delle ma-
gnanime tradizioni della sua famiglia che contò nella storia della
Repubblica più Dogi, volle sciogliere questi ardui problemi che
toccano si da vicino l'esistenza e diremo, anche l'onore del suo
paese. Si pose a studiale attentamente la presente condizione della
sua città nativa, ne esplorò i veri bisogni ed illustrò tutti gli
istituti che la carità cittadina ha fondato per alleviarne i mali. Il
frutto di cosi coscienziosi lavori è consegnato nell'opera che noi
annunziamo pei primi. Essa darà argomento ad una diffusa analisi
che intendiamo di pubblicare sovr'essa nel prossimo fascicolo di
questi Annali. G. Sacchi.
11. — * Almanacco Valtellinese pubblicato per cura della So^
cietà Agraria della Valtellina. Milano 1859. U^ {>oL
•n-16.® di pag. 260, presso la tipografia Yalhrdi.
La benemerita Società agraria valtelKnese, che ormai conta 177
socii con 235 azioni, ha fitto pubblicare per l'anno 1859 il suo se-
condo almanacco che chiaineremo piuttosto Annuario statistico ed
economico della Falteltina.
In questo prezioso libro si fa conoscere la presente condiziono
di quell'interessante paese che dopo aver consumato in opere agri*
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colè fa Tfta ed i sudati rìspàrmii dei profirii abitanti, si trovrper
dfcostanze affaitlo incolpabili nella sitaazi'ooe di doVer assamere^y '
titofo miserando d'Irianda lombarda* Era un atto dégno di carità
dltadina quello che fece TAssociasione agraria fattellinese di ave*
lare ai saoi connazionali le intime sue piaghe» e sedu smarrirsi
d'animo accennare gli stodii e gli sfoni che il paese cerca por
di £ure per uscire nna volta da una crisi dia ha ormai tattf i ca-
ratteri di nna vera catastrofe.
Nell'Annoario che annunziamo renne splendidamente riassunta
la Memoria di Jacini sulle condizioni economiche della provincia
di Sondrio. Si dà la statistica della popolazione e del bestiame;
sì offre il progetto di un'esposizione agricola ed industriale; si
parla del nuovo censo della provincia; si accenna al progresso
ddla peUagra che sempre tien dietro alla miseria. Si invogliano i
vaNeDinesi alle buone opere parlando dei beneficii che recherà
l'Associazione di Corte Palasio» e di quelli che recherà l'istituzione
deDe scuole tecniche^ impropriamente ora dette reali, a Sondrio ed
a Tirano. Si dà infine il rendiconto di quanto fu operato dalla As-
seciazione agraria di VaUdlina.
Noi rendiànlo pubbliche grazie ai benemeriti compilatori di
questo Annuario pel nobile esempio che danno a tolte le altre
Provincie di Lombardia. Noi vorremmo che Annuarii simili fossero
pubblicati anche altrove. Quando H paese conosce sé stesso, potrà
pia ageveUneate Tegliare alla tutela dei suoi più cari interessi.
G. S.
in. — * Della pedagogica; libri cinque del sacerdote G. A.
Ratneri, professore nella R. Università di Torino 4869.
Un volume tfi-8.^ grande^ presso la tipografia Franco^
La sctensa e l'arte pedagogica vennero ai di nostri magistrah
aente trattate in Italia da Rafaele Lambruschini, da Ferrante Aper-
ti, dal Parravicini, dal Cherubini, dal Gioberti, dalla signora Per-
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nicei, dai CKoo CaptKHii e da qaèllo slriordiiirio iogegno deO'abilt
Aalopio Rosmini. Ora d è earo di redere aisoeiani a il nobile
sdiiera ancÌM l'abate Rayneri ebe da pia anni è processore di que-
sta sdenta a Torino.
Seguendo le idee Rosminiane egli diede alla sdenza dell' edu-
care il titdo di pedagogica e la trattò colle più élerate dottrine
filosoMie. Sinora non fo pubblicato che il primo fascicolo ddlV
pera e noi ci risenriamo di teoerne più spedale parola appena
sarà pib inoltrala. Intanto la raccomandiamo a tutti i pubblld e
prirati educatori.
IV. — La moneta^ il credito e le banche ; Memoria del dot-
tor MAssimuANo Mastriblu. Bologna 1859. Un voi Jn-8.^
di pag. 107, dalla tipografia deW Ancora.
In un paese affatto agricolo come è il nostro* pnò riuscir i
pre nuovo II tema che tratta dd credito e ddle banche e
yissimo possiamo dirlo pet" gli Stati romani, of e poco, per non dir
qussi nulla, si è fatto sinora per dare alla posddensa, aH'indnstrin
ed al commercio un normale alito di fila. L'iUnstre economisln
Martinelli, già benemerito per altre opere, consacri i sod studi!
a questo argomento importantissimo e dopo aferli comoÉunlcati
alla Società agraria bolognese, li rese di pubblica ragiene per la*
coraggiare i suoi condttadini a tentare aneb'esd godio istitudsai
di credito che altrove fioriscono e di coi nd ora ssntlf e il pie
urgente bisogno.
Le nodoni che dà Tautore sulle monete , sul credile , e sulle
banche sono attinte ad ottime fonti ed esposte con ordine assen-
nato ed una rara lucidetia. Noi sperìame che la pobWicasione di
cosiffatti studii varrà a tener svegliato il pensiero di qnd pocbi
magnanimi che sanno con insistente coraggio promuovere^ in messo
a mHle ostacoli, tutte le opere buone.
G. 3.
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IBHORIE ORIOINALI
ESTRATTI ED ANÀLISI DI OPERE.
In UaUa.
N.
[elio scono anno noi propugnammo contro mi anonimo
scrittore italiano la cauéa della pubblica economia nel no-
stro paese. Fummo abbastanzi^ lieti nel vedere ridotto al
silenzio chi allora si fece deirattore di una fra te nostre più
pure glorie. E la nostra esultanza ora si è resa più TÌva^
da che vedemmo nella Francia, non sempre amica ai nostri
studj, sorgere un inatteso e valoroso campione della dottrina
italiana. Egli è questi T illustre giureconsulto ed economi-
sta Wolowski, il quale in una sapiente Memoria stata letta
air Accademia delle scienze morali e politiche di Parigi ,
fi accinge a difendere T anteriorità e T intrinseca bontà
morale della scienza economica italiana. Noi pensammo di
br cosa grata ai nostri lettori riproducendo nell* italico
idioma quella sapiente Memoria a cui aggiungemmo qua e Ik
alcune nostre annotazioni.
iTous ierions injusUB éi noua ne reconnais-
9i(m$ pckti ce que nous defons à l'Italie;
e'ui d^elle que nous opom regu lee eden-
eeSf qui, deptds , ani frueHfié si abondam-
meni dan$ toute l'Europe.
EivcTCLOPSDiB. Discoars prélioiinaire.
Uno scrittore che ha dato col titolo di Storia dell* eco-
nomia politica in Italia il sunto forse troppo rapido , ma
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pur fedele, degli seriiti pubUietti dagli eeonomUli italiaoi
sino al principiare del presente secolo, il conte Pecchio,
disse con qualche sentimento di giusto orgoglio : < In que-
sto bel paese Tuomo non fu mai meno produttivo del
suolo che feconda eoi suo sudore ». E diffattì se un vecchio
cronista sorpreso allo spettacolo delle orde conquistatrici che
vennero nel medio evo ad invadere tutta Europa, ha potuto
enfaticamente chiamare il Nord officina genlttim, noi non
possiamo a miglior titolo che cliiamare 1* Italia l'officina del
pensiero. Senza alludere ali* antichità, quaFè quella nazione
che ha saputo dare ne' tempi moderni , Dante e Macchia-
vello, Cristoforo Colombo e Galileo, Rafaele e Michelangelo,
Vico e Volta? L'umanità riconoscente non cesserà mai di
ammirare quésta novella Niobe fiera de' suoi figli gloriosi
sempre bella e sempre commovente sotto il velo de' seco-
lari dolóri, cosicché viene anche al di d'oggi salutata con
que' versi di Virgilio t
Salve magna parens frugum, saturnia tellus.
Magna virùm.
Qualunque escursione si faccia nel dominio del pensiero
sia nella scienza che noli' arte, sia nella storia che nella po-
litica, sia nella filosofia che nel diritto, è sempre verso di
lei che i forti ingegni si volgono esclamando :
Italiam, italiam,
Italiam lato socii clamore salutant.
Lo studio dell' economia politica non fa eccezione in
questa irradiazione universale del genio italiano. La penisola
non è stata soltanto il primo nido delle scienze, delle let-
tere e delle arti per l'Europa moderna: essa ha pur per
la prima prodotto i primi lavori consacrati alla teoria delle
produzioni, del consumo e della distribuzione della ricchezza:
i più gravi problemi economici sono stati per la prima volta
se non decisi, almeno iniziati in questo paese, ed anche al
presente si rannoda a queste origini della scienza ben più
che un semplice interesse di curiosità, da che lo spirito
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originale e la sagaeità penetrarne degli serktori italiani li
oonduase a insegnamenti utilisBimi, a raccogliersi ed appresa
zarsi. Le opere che ci hanno tramandato gli italiani hanno
un tipo cosi speciale ed una lucidezza cosi . splendida che
non si scorge si facilmente in altri scrittori d' oltremonte.
Invece di trattare della ricchezza souo il rapporto astratto
ed assoluto, essi hanno preferìbilmente per iscopo il ben
essere generale dell' umano consorzio: T interesse morale e
politico predomina costantemente nei loro scritti, e sono
pubblicisti ad un tempo ed economisti. Invece di isolare la
scienza della produzione e della distribuzione delle riochttze
inclinano a ravvisarvi una parte della scienza universale (4).
« Il carattere distintivo della scuola economica degli italiani,
dice e con ragione Blanqui, consiste principalmente nello
svolgere un metodo largo e sintetico, nel porre e nel discu-
tere i veri problemi della scienza. Perchè una misura econo-
mica sembri importante, non basta, giusta le loro dottrine,
che racchiuda una questione di denaro, ma deve compren-
dere anehe un principio morale e politico. Le societk civili
non sono per essi case bancarie od officine. Essi considerano
Tuomo come 1* oggetto perpetuo delle loro sollecitudini e
dei loro studj ». Anche il venerabile Droz aveva in poche
parole presentito quasi Tidea madre degli economisti ita-
liani quando disse che « i prodotti sono creati per gli
uomini e non gli nomini pei prodotti ».
Senza dubbio il metodo, scientifico adottato dagli italiani
genera una qualche confusione. Essi possono, seguendo sif-
atto metodo, far spiccare in modo netto e preciso il prin-
cipio della ricchezza, che è Fumano lavoro che feconda
(i) Il sigoor Volowski avrebbe più esattamente detto cbe gli
eeonomisti italiani ravvisano nella pubblica economia un ramo della
seieoza da essi denominata col titolo di filosofia civile.
Ufola del Compilatore,
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la maleria mercè razione morale: non posiono neppure
vantarsi di aver sapolo coordinare on aisiema di pubblica
economia cosi completo, come è rinacito ad Adamo Smith
che segui Y éià civile alla scienm. E giova aggiungere
che il filosofo inglese mentre posò i limili alla scienza
delle ricchezze, si guardò bene dair isolarla come alcuni
suoi pretesi discepoli dopo di lui hanno fetto (4). Invece
di smarrirsi in una specie di aritmetica politica sostituendo
le equazioni algebriche allo studio severo dei fotti ed agli
insegnamenti della storia, seppe formulare una dottrina com*
pietà, senza dimenticare i dati deir esperienza» In Adamo
Smith non si ravvisa quel dogmatismo arido ed impassibile
che fa astrazione dall'umana natura, e che non tende a
trovarvi che cifre, là dove hannovi esseri che sentono^ pen-
sano e soffrono. — Gli economisti italiani hanno forse il torto
di cadere nelP eccesso contrario. Troppo preoccupati delle
dottrine morali, e fortemente attaccati al proposilo di non se-»
parare le idee che ai legano alle due parole ohe eompon-"
gono il titolò della scienza che è 1* economia poUHùo^ oste-»
aero di soverchio V analisi dei fenomeni sociali, e mancando
di unità, hanno spesso mancato anche di vigore. Ma quando
si leggono quei loro s^critii cosi pieni di vita e cosi ricchi
di fatti ben osservati e ben dedotti, quando si consultano
quelle loro opere cosi feconde di forti insegnamenti che
fanno conoscere la potenza espansiva ed inspirano il culto
del libero regime, si ha quasi la tentazione di esclamare
Felix enlpal giacché a malincuore si vorrebbe rinunziare a
cosi felici aspirazioni.
{\) Volowiiki avrebbe' dovalo notare cbe Adamo Smith noe fece
che continuare le tradizioni della scuola che pel primo aveva fon-
data air Università di Oxford il professore italiano An>erico Gentile
il quale insegnando la morale filosofia dal 4590 al f6l1^ fu il pri-
mo ad introdurvi le nozioni della scienza economica^, alla di cui
cattedra succedette dopo un secolo lo slesso Smith.
Nota del Compilatore.
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Il
n.
Le prodwioDÌ éeHa seuohi ìtiliaDft rieseono altref t di oq
fprttide iDlerese sotto il punto di vista dell* origine e dello
snriluppo storico della dottrina.
Aleuoi vollero fiir credere ehe gli studj retativi alla for-.
masione ed alla distribosione delle rieebesse non costKui*
seono ehe un fetta moderno. Molti scrittori non sanno far
risalire V economia pubblica che ad Adamo Smith. Questa
opinione a noi parve ad un tempo erronea e pericolosa »
giacché confonde insieme due ordini di fatti e di idee del
lutto distinte, e sagrifica la questione dei principj ad una
semplice questione di metodo. Noi abbiamo fatto altrove
conoscere (4) che Teeonomia politica non è già una scien-
xa nuova, e soltanto è divenuta da poco tempo in qua .una
scienza distinta dalla filosofia, dalb politica, dalla morale ^
dalla giurisprudenza e dalla storia* Se ciò si volesse porre
in obblio si arrisehierebbe di isolare questo nobilissimo sto*
dio dagli elementi coi quali deve pur conservare un* intima
afBnitè, senza di che smarrirebbài in un pelago di astra^
tieni: gli si toglierebbe ad un tempo T autorità dell' cape*
riensa, e la sicureza della deduzione, e la sua pratica in^
fiuenza.
L'economia forma parte della vita nazionale: fa storia
è per essa una scienza ausiliaria. Le leggi dello sviluppo
economico si vanno elaborando col tempo: esse svolgonsi
piò foni e più pratiche senza mostrar mai fa rigidezza in*
flessibile del calcolo e senza cadere nelF assoluto delle teorie
puramente speculative le quali talvolta prendono 1* orizzonte
di un' epoca per V infinito dell' eternità. I sistemi che pre-
(I) Tedi PintradQiiooe di Vdowski ai Prineipj di ecsoooiia
politica di Roscber da noi pobbHcata nei fascicoli di geaoajo e fel^
brajo ISS8 degli « Annali UaiversaU di Statistica «.
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tendone emanciparsi dalle tradizioni del passalo, per noa
U^ner conio che dei puri concetli della ragione, porlano rim-
pronta visìbile della fonte da cui deridano, e la vera iadi-
pendenza del giudizio nulla tì guadagna. Si costruisce sul-
r arena, quando si einellono ipotesi apeculative, e il moodo
civile che sinora ha troppo sofferto da queste ideali costruiìoni
HìBtoria^ materia prima est phUosophim^^ ha detto Bacone
e questa sentenza è verissima, se si applica > aU* economia
politica. I falli perdono T espressione che hanno » quando
vengono isolati dalla fonte da cui procedono; e per ciò lo stu-
dio profondo della storia basta a preservare recooomista dal
pericolo di infiniti errori. Senza dubbio il campo delle os-
servazioni è pur vasto, e non si possono invocare per ciò
le verità già accettate quando procedano, da fatti necessari
che. costituiscono le leggi naturali; ma la storia può giovare
assaissimo a ben conosoere siffatte leggi, essendo uà loro
carattere essenziale quello di ripetersi in tutti i tempi e da
per tutto.
Spesse volte si paragonò la vita eeonomica e politica
dei popoli alla vita del corpo ed alla vita dell'anima del*
r individuo. Nella politica si ravvisò una specie di psicologìa
e nell'economia pubblica una specie di fisiologia delle na-
zioni. Si dimenticò con ciò che attraverso T attività produt-
tiva degli individui e dei pòpoli, il soffio della vita intel-
lettiva si fa sempre sentire; mens agitai molem. Non si tratta
soltanto di trattare delle forze del mondo materiale la di
eui azione agevolmente si presta alle formule maiemaiiche,
non differendo fra loro che di numero, ma chi vorrebbe
assimilarvi anche l'uomo non farebbe che cadere in una
strana contraddizione. Cosi adoperando non si studierebbe
r uomo vero, e neppure l'uomo medio creato dagli statistici,
né l'uomo universale di Hegel, ma soltanto si studierebbe
una forza naturale sotto apparenze umane, si personifiche-
rebbe un istrumento, ed un semplice fattore della produ-
zione delle ricchezze. Quegli che Dio creò a propria imma-
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gioe per continuar l' opera della creazione^ V essere che egli
dotò di on' anima immortale, diverrebbe un congegno meo»
caoieo il quale opera sempre colla stessa intensità, e serve
ad imprimere il movimento al mondo sempre nella mede-
sima direzione.
E questo non fu il metodo che vollero e seppero se-
guire gli economisti italiani: essi non isolarono giammai la
scienza della produzione dalle idee di morale e di giustizia:
il benessere delle popolazioni ti preoccupa tanto quanto Id
potenza degli Stati. Invece di trattare la scienza sotto un
uoieo aspetto, essi hanno la tendenza di abbracciare il com-
plesso dei problemi che trauano; e questi benché diventino
più complicati, pure la loro soluzione si presenta più com-
pleta e meglio atta alle pratiche applicazioni.
Non vi è infatti una scienza che sia più avida di fatti
d*ogni maniera come l'economia politica: essa mette del
continuo a contribuzione T amministrazione e la politica, la
gtfografia e la storia, la statistica e le leggi. Si può chia-
marla, come la chiamano già gli inglesi, uira filosofia in
materia di fatto {metter of fact). Trattata in questo modo
essa non cade nell'utopia; per cui si può diro che se le
dottrine sooialiste non poterono mai diffondersi, né radicarsi
io Italia, ciò lo si deve al genio pratico degli italiani che
seppero conservare all' economia politica il suo carattere di
scienza sociale, a rischio ben anche di non ^circoscriverla
severamente nei limili suoi sistematici, non potendo essi
dimenticarsi che le società non vivono soltanto d' interessi
OMteriali , e ohe le ricchezze non sono, come da taluni si
vuol t&T credere, la più ^ importante fra le forze della ci-
viltà.
L'alta penetrazione del genio italiano ha gettato vivi
splendori, studiando gli ultimi avanzi del medio evo. Un
dotto distinto, il conte Sclopis, scrivendo lo sue Ricerche
storiche e critiche sullo spirito delle leggi richiamò le ma-
gnifiche parole di Dante quando nel secolo XIV annupziava
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lo sviluppo di quella fòrza doir umaolik, ohe noi ora cbia-
miamo cMlli^ e che egli seppe pel primo quali6carla eoai
scrivendo « lUud igiiur $i quid est quod e$i finis utiHs
CmuTATis hiiwuim gmeris. (De Monarchia, lìb. I) (1). Né
pago di aver trovau questa felice parola lo stesso Dante
soggiungeva: < È assurdo il crédere che la civiltà abbia uno
scopo affatto particolaro: essa è lo scopo comune di tutte
quante le geniL E V opera dell' uman genere consiste nel
metter in azione tutte le forze di cui può disporre V intel-
ligenza umana, per servirsene al fine di conoscere per poi
agire ». Questa filosofica sentenza venne rapita due secoli
dopo da Cartesio, quando ci mostrò come Tuomo sappia
impadronirsi ifelle forze della natura per disciplinarla a
suo modo.
Non dobbiamo però dimenticare! il tempo in cui visse
Dante, e la grandezza morale che allora spiegava T Italia ^
e la possente influenza da essa esercitata nel mondo. Questo
paese era allora in uno stato di emancipazione civile e la
sua gloria fu tale che ninno potè rivaleggiarlo in virtù ci*
viche e nello sviluppo' delle arti, delle lettere e del buon
gusto. Il libero regime non era una semplice teoria. Lo sto-
rico delle repubbliche italiane^ Sismondi, ne segnalò le trac-
eie tuttora superstiti. Ad un si nobile contatto, la nazione
ceppe svolgere tesori d'intelligenza, d'industria e di pub-
blica prosperità: essa raggiunse mirabili progressi in tutte
le arti della vera civiltà, associando all' energia dei carattere
un gtisto dtlicatissimo, ed un'attività ingegnosa congiunta
ad un nobile slancio d'anima: essa perdette la potenza
(1) Il vocabolo eMlià che Dante seppe risuscitare » è voca-
bolo che già osavano ì latini, e tra questi Cicerone, clic scrisse;
offcnis eiviioi est^ non omnia eoelus quoque modo congregatasi
sed coetus multUudines juris consensu et uUUiaUs comunis
Mociatus, (De RepubbUca, lib. II).
Jfota det tompilaiore.
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4a
ereatrìee, qoaade eolie frandiigie perdette h forza espan-
sive che solo paò dare la dignkà eiUadina* L' idea moderna
delh fibertk oiTÌley eioè, della sieureszay della garanzia con-
Ire gli abusi 4el poiere) deUa proteauone pubbliea» non aveva
aneora preso ndiee, uè sorpassala Tidca aoUea della libertà
polhica ohe eonsìsie DflHa parlteipasioiie ai potere e ebe
meno si preoeoopa del beaessere individuale deiruomo
quanto delle sue vinù civili.
Il seiHirociHo della dignità personale e deHa indipendenza
nobilita l'aniina, stimola il pensiero, sveglia T emulazione^
è la DAolle pia potente dell' organismo delle società civili :
noBa vale pia di essa, e nulla può surrogarla. La prodigiosa
prosperila dai eonumi liberi iuliaoi non ebbe akra orìgine:
e questa prosperità valse a stabilire i caaooi pratici della
politica eeoMMaia. Del resto i cosa nota che la pratica della
scienta precede sempre b seienia: l'analisi dei fenomeni
sociali conduce a coordniarli sotto im principio comune,
eeroe anche a scoprire le leggi del mondo materiale giusta
qoaoia ebbe ad insegnarlo pel primo Galileo, quando volle
ebe si interrogasse la natura sotto tutti gli aspetti, provando
e riprovando. D'altronde l'attivo impulso dato ai nuovi in«
teressi economici obbliga a studiarli onde meglio impararli:
le cattive istituzioBi pur troppo tendono a djstiu*barne l'ar-
monia , e fanno nascere collisioni e dissidi! che con grave
fMiea si possono sradicare. Ecco b necessità della scienza
che sa prevedere e provvedere.
111.
L' economia politica come fiMto è una cosa antica come
il mondo: è la vita intima dei popoli, è la manifestazione
materiale dell' anima àMt nazioni. L'uomo comincia ad ope*
rare, poi rawìcma e studia i fotti raccolti: l'arte precede
k scienza, il &ilo è anteriore alla speculazione, e ciò che
spesse volte si prese per un concetto tutto ideale, è invece
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46
il riOesso più o meno esalto della realt&. Il domioio dell' im*
mogioazione e della fantasia non ha potuto sfuggire a que-
sta regola: i capi lavori dell' antichità hanno educato al bello
i popoli prima ehe i dotti sapessero formulare le dottrine
estetiche. Questo avvenne anche dell' economia politica: essa
doveva nascere in Italia, perchè questa contrada nella stessa
notte del medu) evo fu la più popolata, la più riccai la più in*
dusiriosa e la più libera di tutte. I problemi che richiama-
vano l'attenzione dei pensatori dovevano per ciò sorgere
in gran numero e provocare i teoremi della scienza.
Sino dal decimo secolo fioriva Amalfi. Essa aveva estesa
il suo commercio alla Palestina prima ancora che si pen-
sasse alle crociate. L' industria aveva resa ricca questa pie-
cola città che si gloria d' aver scoperta la bussola e formu-
lato il primo codice marittimo. Il Mediterraneo era allora
la grande via delle spedizioni commerciali. I veneziani ed i
genovesi s'elevarono ad un alto grado di prosperità e di pò*
tenza, fecondo quello che fecero dopo di loro gli olandesi»
gli spedizionieri di mare. Tutto il commercio del Levante
e dell'Africa era nelle loro mani, e la produzione ravvivata
dalla facilità dello smercio prese un rapidissimo slancio. Ri-
corderemo noi le meraviglie di Firenze? Possente per le
sue manifatture e pei suoi eapitali, essa aveva in eerta guisa
colonizzato l' Europa colle sue banche, ed alcuni fra i suoi
cittadini avevano ammassato tesori da principe. Due banchieri
di Firenze, Bardi e Peruzzi, avevano dato a mutuo ad Eduar-
do IH re dlnghilterra nel 1370 un milione e mezzo di fio-
rini d' oro che corrispondono a circa 75 milioni di franchi :
ottanta banche fiorentine facevano allora le grandi opera-
zbni bancarie di tutta Europa. Al principio del secolo XIV
le rendite della repubblica fiorentina ascendevano alla som-
ma di 300,000 fiorini d'oro, ossiano 45 milioni di fran-
chi all'anno. Erano più considerevoli che non le rendite
prt^e Insieme del re di Napoli e di Arragona: esse al dire
di Macaulay superavano le entrate stesse dell' Inghilterra e
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deirirlaoda sotto Id regina Elisabetta. Firenze contava unti
popolazione di 470,000 mila abitanti, ed aveva duecento
manifatture di drappi , con 30,QOO operaj e con un annuo
prodotto di 60 milioni di franchi. L* arte di tessere la lana
vi aveva preso un cosi largo sviluppo che colla tenue impo-
sizione di due soldi per ogni pezza di drappo si potè co-
struire Santa Maria del Fiore che è una delle più grandi
chiese che vanti la cristianità.
A lato di Venezia, di Genova e di Firenze, si agitarono
eon una febbrile attività una folla di piccoli Stati, fra i quali
sì distìnguevano Bologna e Milano che fu per qualche tempo
la più potente fra le repubbliche lombarde.
La storia dell* Italia nel medio evo doveva essere feconda
in lezioni di pubblica economia: le lotte intestine, le riva-
lila locali^ suscitavano Temulazione e spesso anche la guer-
ra : la prosperità del commercio e dell' industria, lo sviluppo
del credito, la molteplicità dei rapporti e la libertà delle
opere fornivano un vasto campo alle idee ed alle nuove
istituzioni.
k Venezia fondavasi la prima banca di deposito» o banco
giro; ivi pure nacque la formidabile potenza dei prestiti pub-
blici. Milano, Genova, Firenze, moltiplicarono gli istituti di
credito. Nel 4424 il doge Tomaso Mocenigo pronunziava un
notevole discorso per render conto dello slato delle finanze
e del commercio della repubblica. « Voi siete i soli, egli
diceva, a cui la terra ed il mare sono egualmente aperti.
Voi siete il canale di tutte le ricchezze, voi approvvigionate
tutto il mondo. L'universo intiero s' interessa* della vostra
fortuna, e tutto l'oro vi arriva. Io ho procurato sempre di
prendere cosiffatte misure da tenere in istato di pagamento
corrente tanto 1* interesse dei prestiti, come quello di tutti
i pesi pubblici, e fui abbastanza fortunato di riuscirvi » . Il
vecchio doge coglieva questa circostanza per far comprendere
i^fat* le nazioni erano solidarie le une delle altre, sia nella
Anuu. StaliiUea , roL XXI, serie 3/ 2
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buona come nella mala fortuna. « Guardatevi, soggiungeva,
come dal fuoco, di toccare al bene altrui, e guardatevi bene
di promuovere guerre ingiuste. Iddio vi punirebbe.. • Che
cosa vendereste voi ai milanesi quando li avrete rovinati?
Che potranno essi darvi in cambio dei loro prodotti? E ì
vostri prodotti che diverranno mai quando sianvi necessità di
guerre, ohe intaccheranno i capitali di cui voi avete bisogno
per crearne dei nuovi ?
Nel 4260 si procedeva a Milano al censimento delle terre
e cento zecche in Italia bastavano appena per fornire il dena-
ro necessario al movimento degli affari. I fiorentini furono i
primi ad insiiluire i cosi detti bilanci pubblici. Il gonfaloniere
Pier Soderini sottopose nel 15(0 ali* esame del gran consi-
glio, il prospetto delle rendite e delle spese, e lo fece tre
secoli prima e molto più lucidamente che non lo abbia fatto
alla fine del secolo scorso V illustre Necker. L* industria ed
il commercio erano possenti ed onorati: le arti della seta
e della lana costituivano una specie di patriziato. L'Italia
tutta si copriva di monumenti e di palazzi: essa suscitava
il genio degli artisti, dei poeti e dei pensatori: essa riac-
cese la face delle scienze ed a lato delle arti più ingegnose
e più sublimi essa pose in pratica ì trovati finanzieri più
avanzati; i principj non dovevano per ciò tardare a formu*
larsi.
Essi cominciano a trasparire in quegli scritti che erano
consacrali alle scienze politiche. La sagacità penetrante di
Macchiavello dovea brillare per la prima. Non è già la scienza
economica che T autore del Principe prende a trattare, ma
ad esso basta l'annunziare quelle poche questioni che toc-
cano in qualche modo 1' economia politica, e La sicurezza
pubblica e la protezione, egli dice, sono il nerbo dell'agri-
coltura jd del commercio: il principe deve incoraggiare i
suoi sudditi ad esercitare tranquillamente la loro capacità
per il traffico, per l'agricoltura e per qualsiasi altro ramo del-
l'umana industria; ed è bene che non si astengano dal mi-
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lliorare i loro possessi per lema che nano loro toUi , né
ehe traseorino di traffieare per paura di arbitrar] balzelli •••
Sotto i goYemi moderati la popolazione è sempre numerosa,
e i matrimonj più liberi e più desiderati: ciascuno desidera
di avere tutto quel numero di figli che può allevare, allor*
ehè non teme punto ohe siagli rapito il proprio patrimonio,
e quando sa che i suoi figli nascono liberi e non sctiiavi e
possono levarsi in alto presundo pubblici servìgi ».
Il genio del grande politico fiorentino sente più che mai
r influenza del suo tempo e del suo paese. I prodigi dovuti
all'energia personale velano ai suoi occhi persino le leggi
morali ed i disegni segreti della Provvidenza: l'uomo è
tutto: r intelligenza, Tabilitk, la forza e l'astuzia padroneg-
giano il niondo, l'individuo è la molla che tutto fa muo-
vere, e lo spirito positivo di Macchiavello sagrifica ogni cosa
a cosiffatta potenza. Egli è innanzi tutto uomo di pratica:
se il metodo d'osservazione lo accosta ad Aristotele, un
ardente patriotismo gli inspira massime elevate e degne di
un popolo libero. In quanto alla dottrina che gli si altri-
buisce, alla religione del successo, Blacchiavello ha dipinto
il macchia^eUUmo^ e non l' ha punto inventato. Attaccatosi
al metodo storico e sperimentale, egli lo rese incompleto
coir aver separata la morale dal diritto. Ma anche quando
delineava un ritratto spaventoso per la sua verità, un sen-
timento elevato guidava la sua penna e dava vigoria a' suoi
pensieri. Alcuni non vollero vedere nel libro del Principe
che una specie di breviario del potere assoluto. Eppure
questo libro non sarebbe stato il libro favorito di Enrico III
se questi ne avesse penetrato l'intimo senso.
Ne' suoi discorsi sulle deche di Tito Livio , ne^ suoi
ritratti di Francia e di Lamagna^ come nel Principe^ Mao-
chiavello emise idee notevoli ed osservazioni acutissime su-
gli interessi economici. Dietro il progresso degli avvenimenti
di coi studiava le varie £a$i, questi interessi trovavansi per
cosi dire incarnati nell'insieme della vita nazionale. Non
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trattavasi già di staccarli per formarne una dottriiia, ma solo
di comprenderli per metterli in evidenza. MaccbitfveKo
aveva uno spirito troppo penetrante per lasciare da bahda
quest* ordine di idee e per non saperne trarre lezioni pro-
fittevoli. Un giovine scienziato al quale deve la scuola storica
tedesca importanti e numerosi scritti, il dott. Knies, professore
all'Università di Friburgo in Brisgovia, ha consacrato stadi
specialissimi iniorno a Nicolò Macchiavello considerato comQ
economista (4).
Le repubbliche italiane prepararono lo sviluppo delle
dottrine economiche, rendendole anche pratiche. Esse do*
vettero la loro potenza alle loro ricchezze; e la loro atten*
zione dovette rivolgersi allo sviluppo di queste. Noi dobbiamo
cercare in Italia i primi slanci delle grandi istituzioni eco*
nomiche dei tempi moderni: in Italia nacque il cambio, la
società in accomandita e l'anonima, 1* assicurazione marit-
tima e le numerose applicazioni dello spirito d' associazione
e del credito: l'Italia fu quella che ci ha dato Cristoforo
Colombo r ardito esploratore del nuovo mondo, ed Americo
Yespucci che vi diede il suo nome (2).
IV.
La rivoluzione monetaria cagionata dalla scoperta del*
l'America trovava gli animi già disposti ad apprezzarne le
(i) Vengasi l'opera di Knies intitolata Nicolò MacchiaveUi aU
FolkS'^irthschafìlicher Sckrifsteller. Aocbe Roberto Mohl oel
terzo volume della sua grand-opera Die Geschichte und liUeratur
der Siaaftwissenchaften, consacrò uno speciale studio a Macchia-
vello con idee opposte a quelle di Knies.
(2) Wolowski avrebbe dovuto citare, prima di Colombo, gli
arditi veneti che percorsero l'Asia e fra questi Marco Polo che
giovò colle sue esplorazioni alla prosperiti del commercio italiano
nel medio evo, Ifola del ComfiUntore^
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ai
conseguenze fra ud paca^ già versalo nelle operazioni di
banca e da lungo lenipo intento a eonoacere le vere cause
M valore delle monete. L' antica idea che faceva dipendere
il valore della volontà arbitraria del principe, aveva per
complice V tnleresse de* governi poco scrupolosi, che tro-
vavano neir alterazione delle monete il mezzo comodo di
pagare i loro debiti con fallimenti madcberali. Mentre Dante
imprimeva un marchio d* iofiimia sul re Filippo il Bello
qual falsificatore della moneta, la varietà delle monete che
da tutto il mondo ^an versate sulle trafficanti repubbliche
italiane, consigliarono assai per tempo idee rette sugli ele-
menti veri del prezzo e sulle condizioni del credito. La
moneta di banco stabilita per ottenere la stabilità dei ragt
goagli condiilse a trovar anche il valore intrinseco delle cose
distinguendolo dal loro valor nominale. La scienza nacque
per combattere errori ed abusi {l); ^ perciò nulla vi ha
di più semplice ohe di trovare in Italia le più antiche e
migliori opere sulle monete, pel fatta del rigurgito che ivi
era accaduto di tutte le monete che correvano per il mondo.
Lo stesso avvenne della maggior parte delle verità insegnate
dair economia politica: le cattive pratiche dei governi e dei
popoli richiamavano l'attenzione dei pensatori, e per ciò la
storia di questo- ramo importante delle umane cognizioni,
non è che il racconto di un lungo combattimento. Ora viene
accasata la pubblica economia di non essere che una scienza
descrittiva per ciò che si limita ne' suoi principj a recare
il fedele riflesso di ciò che è, senza ricercare ciò che do-
vrebbe essere. Noi confessiamo che infatti la scienza econo*
mica non ha per anco raggiunto quest'alto suo scopo, ma
(I) Romagnosi soleva dire che T economia politica doleva in^
nanzj totto occuparsi di correggere gli errori e gli abasi, lasciando
alla civile filosofia il pia alto pensiero del normale ordinamento
degli Stati. Nota del CompilaUn-e.
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ss
è già molto il progresso che si è folto additando le ?ie er-
ronee che debbonsi evitare. Il dotto scrittore francese Faustino
Hélie, parlando di Cesare Beccaria, mosiraTa che la riforma
avvenuta nel sistema penale aveva tolta una gran parte delle
attrattive che offrivano gli scritti di questo geoeroso filan-
tropo, le di cui dottrine magnanime avevano al suo tempo
agitata e scossa vivamente tutta l'umana famiglia. Noi dob*
bìamo attribuire un egual merito alFopcra degli economisti ,
ed anche in ciò 1* Italia ha il diritto di rivendicare T onore
di avere aperta la via alle altre colte nazioni.
Per convincersi di ciò basta coosuluire la preziosa rac-
colta pubblicata dal barone Custodi, degli scrittori classici
italiani di economia politica. Sette volumi sono consacrati
alla parte antica e quarantadue volumi alla parte moderna.
Il volume cinquantesimo ed ultimo contiene un'analisi par-
ticolareggiata di tutti gli scritu che fanno parte della rac-
colui e che sono poco noti fuori d'Italia. Sole opere italiane
non presentano un sistema completo e bene coordinato, si
trovano però toccate e sciolte le più vitali questioni della
scienza economica. Cosiffatti lavori oltr'essere notevoli per una
grande lucidezza di concetti ed uua rara potenza di dedu-
zioni, conservano anche un carattere di originalità e di in-
dipendenza che danno maggior valore alle opere di primo
getto. Il genio Italiano sa dare alla scienza una diretione
positiva e pratica e la preserva dalle utopie : esso conser-
va, direm quasi, una fragranza tutta locale che ne accre-
sce il merito.
L'alterazione delle monete aveva portato da per tutto
il disordine: il morbus nummicus che viene segnalato come
un male funesto al pari della peste, fece nascere una delle
prime opere di economia pubblica, il Discorso sopra te mo-
nete e sulla vera proporzione fra Coro e l'argento^ del conte
Scarufli. L' autore era slato direttore della zecca di Reggio.
L'esperienza gli aveva dimostrato il male divoratore, che
giusta le sue espressioni poteva paragonarsi ad un incendio
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che consumava e inceneriva il mondo. ScsrufO non si chiuse
fra i limiti del suo paese, essendo una nota caratteristica
del genio italiano quella di raccogliere V eredità dell' antica
Roma che a tutto il mondo volgevasi , e concepì V idea
grandiosa di una moneta universale che potesse aver corso
per tutta Europa. Tutti gli Stati avrebbero dovuto adottare
una base uniforme per la fabbricazione delle monete d' oro
e d'argento, mediante T opera di un Congresso internazionale.
Egli SUggeri pel primo anche la garanzia comune della marca
di zecca da apporsi a tutti i lavori d'oro e d'argento del-
l'orificeria italiana.
e Non vi sarà, egli scriveva , chi possa esser restio ad
accettare questo nuovo ordine di cose; in quanto che il di*
sordine delle monete va sempre più aggravandosi , e cia-
scuno desidera di possedere nella sua giusta quantità il me-
tallo fino e reale a contraccambio di quanto egli dà, o in
pagamento di quanto gli è dovuto ». Intanto sono già tra-
scorsi Ire secoli dacché il voto di Scaruffi è stato formu-
lato, e l'unità del sistema monetario, al pari dell' unità dei
pesi e delle misure è rimasta ancora nel dominio delle spe-
ranze.
Il carattere espansivo e cosmopolitico delle tendenze del-
l'economia politica italiana si rivelò sino dal suo primo
esordire. Poco tempo dopo il discorso di ScaruQi e le le-
zioni non meno istruttive pubblicate dal fiorentino Davan-
zati, traduttore di Tacito, sulle monete e su i cambi!, ap-
parve un vero trattato di economia pubblica per opera di
Antonio Serra, nato nel regno di Napoli, cosi fecondo di
genii, e può considerarsi qual fondatore della scienza. Il ti-
tolo che egli diede alla sua opera di Brci^e trattato delle
cause che possono far abbondare i regni d'oro e d'argento
dove non sono miniere, ha potuto indurre in errore gli
scrittori che troppo si fidavano del titolo senza studiare
con sufficiente cura quel lavoro degno della più seria at-
tenzione. — Giambattista Say riconobbe che l' Italia ebLc
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r iniziativa delk ricerche relative alla produzione ed alla
disiribuzione delle ricchezze , come ebbe anche l' iniziativa
dopo il rinascinnenio delle lettere in quasi tutti i rami del-
le scienze e delle arti. Ma ritornando ad Antonio Serra, no-
tiamo che egli mette in evidenza il potere produttivo del-
rindustria, e poscia si contraddice dicendo che le ricchez-
ze non consistevano che nel materiale possesso dell' oro e
dell'argento. Forse dopo un maturo esame avrebbe potuto
indursi a temperare cosi rigida sentenza. Senza dubbio l'ab-
bondanza dell'oro e dell'argento non è la ricchezza per se
stessa, e molto meno è la misura di essa, ma è invece il
mezzo e l'avviamento, e come dice uno dei nostri più an-
. tichi economisti, Boisguillebert, le derrate utili sono il firn
e lo scopo della vita economica. L'oro e l'argento non val-
gono che relativamente ed in quanto possono procurarci le
cose necessarie alla vita, servendo soltanto di mezzo che
determina il prezzo delle cose medesime; ciò non pertanto
là dove questi mezzi di cambio esistono, attestano la fecon-
dità della produzione e l'attività della circolazione. L'errore
che Serra non seppe evitare fu quello di aver confuso il
rappresentativo della ricchezza colla ricchezza medesima.
Egli però seppe risalire alle cause prime della potenza e
della ricchezza degli Stati. La sua analisi nulla lascia sfug-
gire, né la fertilità del suolo, né la produzione delle ma-
nifatture^ né i vantaggi del commercio; egli mette anche in
evidenza, come forza economica, il principale agente della
produzione l'uomo, ed i risultati della sua intelligente atti-
vità; soffermasi anche a far parola delle forme del govern.o
per mostrare l' influenza che esercitano sul benessere e la
ricchezza pubblica. Tutti i vantaggi naturali di uno Stato,
egli dice, vanno a rischio di perdersi senza politiche ga-
ranzie, e senza il mantenimento dell'ordine e la stabilità
delle leggi. Le istituzioni politiche sono la condizione pri-
ma della prosperità delle nazioni. Antonio Serra, pubbli-
cando le sue feconde investigazioni su un ramo speciale
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della scienza di Sialo, non intese di isolarlo, ma volle anzi
notare rigorosamente . l' intima sua coesione col complesso
della vita politica. 11 padre deireconomia politica moderna,
A<kimo Smith , camminò sulla via stata aperta da Serra ,
quando fece conoscere come le buone istituzioni politiche
siano indispensabili alla prosperità materiale delle nazioni.
Noi non intendiamo già di tracciar qui il quadro com-
pleto dei servigi resi dall'Italia allo studio deireconomia po-
litica. Il nostro pensiero è più modesto; noi vogliamo sol-
tanto inspirare il desiderio di veder meglio apprezzati co-
siffatti servigi, studiando più da vicino le opere meritorie
di quel paes^. Il conte Peccbio ha riassunto in un libro
interessante, benché incompleto, alcune delle idee che pre-
dominano nella dotta Raccolta del barone Custodi ; ma gio-
va risalire alle fonti originali per attingervi preziosi inse
gnamenti.
I lavori pubblicati da un mezzo secolo in poi provano
ampiamente che gli economisti italiani sanno mantenersi aU
Taltezza dei loro predecessori ; basti citare i nomi di Giojn,
di Roroagnosi, di Fuoco, di Ferrara, di Scialoja, di Bianchi-
ni, di Cibrario e di Cavour per far conoscere quale e quanta
sia l'importanza dei lavori scientifici italiani su questa ma-
teria.
II professore Boccardo lia ora intrapreso un notevole
lavoro col titolo di Dizionario deireconomia politica e del
commercio che abbraccia la teoria e' la pratica , la storia
della scienza, il diritto commerciale e la biografia degli
scrittori celebri. L'opera è già abbastanza inoltrata per po-
terci congratulare coli' autore di un tentativo tanto ardito
eppur si felicemente condotto, giacché egli non si limitò ad
una semplice compilazione, ma volle scrivere un'opera ve-
ramente originale, stesa con forme popolari. Le dottrinò
di Boccardo sono in generale profonde ed accertate; esse
mostrano nel loro autore una scienza bene elaborata ed una
erudizione trascelta.
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Mentre noi rendiamo il ben dovuto omaggio alla Fran-
eia, ove si svolse on sistema logicamente dedotto in fatto
di stodii eeonomièi mercè la scuola fisiocratica, e dobbiamo
rendere il dovute! onore all' immortale Adamo Smith per
aver dato alla scienia una forma definitiva , ci è caro di
dover aggiungere anche il nome di Boccerdo che seppe ri-
vendicare air Italia il merito di aver data la culla alla po-
litica economia. Questo merito non è il solo , e sotto più
rapporti la priorità delle dottrine anche credute le più nuo*
ve appartiene all'Italia. Se si parte dal sistema mercantile,
agricolo ed industriale, le monete ed il credito, è facile se-
gnalarle nei documenti raccolti dal barone Custodi. E se
anche si volesse attingervi V ulteriore svolgimento dei prò*
blemi economici si ravviserebbero pure in quella Raccolta
anche i principii supremi delia scienza, eome sono quelli
che riconoscono nel lavoro dell'uomo impiegalo nella terra
nell'industria e nel commercio la sorgente precipua d'ogni
ricchezza , e che riconoscono nell' umano pensiero la leva
più potente della produzione economica.
V.
Le dottrine legateci dal passato sono, per dir vero, in
molte parti inesatte; erano verità travedute per inspirazione
intuitiva, ma non erano tutta la verità. L' oro e l' argento
ed il commercio che procura questi metalli ai paesi che ne
mancano; le manifatture e l'industria, la terra ed i mezzi
di circolazione, sono tutti Istrumenti, o sintomi, se volete,
ma non sono la sorgente prima e vera delle ricchezze, la
quale emana da una forza superiore ed indipendente dalle
forme e dalle applicazioni che può avere. L' impero della
forza morale, e del pensiero, è stalo traveduto dai più an-
tichi economisti italiani come il principale agente d'ogni
meccanismo sociale; essi compresero pei primi i vantaggi
della libera espansione di questa potenza creatrice. Senza
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libertà, dice Geaovesi, nulh può fiorire*, né Tagricollura,
De le arti , né il commercio (I). Pietro Verri defimsee la
iS>ertà civile , dicendo che essa consiste neUa eonvinstooe
h più completa della sicnreiza di coi può ciascuno andar
eerto (S). Paoletti addentrandosi più intimamente nella que-
stione « lamenta del mal vezxo degli scrittori politici mo-
derni di non parlare che del commercio e del denaro co-
me dei soli mezzi atti ad arricchire lo Stato, mentre gli
antichi parlavano sempre dei costumi e delle virtù (3). L'e-
lemento umano e politico che gli scrittori moderni hanno
(4^ Ecco le parole di Geno?esi : « Ma la arti doo iorìseonoy
do?c non sì lascia la libertà agli artisti. • • Qodl' opprimere lo spi-
rilo de' cooladioi, de' putori» degli artisti : quel vessarli per ogoi
dove: qoeir attraversare con ostacoli losaperabili il coaunercio è,
a pensarla diritta, iodebolire i foodaoienti della clrile grandezza »•
(2) Pietro Verri nella, medltaiione 37 cosi scrireva: « Fa duopo
procurare agli abitanti nn' intima persnasione della sicurezza pro-
pria, nel cbe solo consiste la libertà cirile ■».
E nel trattato dell' annona soggiungerà : « Assodare la pro-
prietày preziosissimo bene dell' uomo sociale* Procurare agli abitanti
la maggior possibile persuasione della propria sicurezza » nel che
solo consiste la libertà civile ».
(3) Paoletti cori scrireva : « I moderni politici non parlano cbe
di commercio e di denaro : conviene sovente rammentarsi della ma*
olerà di pensare dei politici antichi, i quali parlarano sempre dei
costumi e della virtù, due cose troppo essenziali per cosliluire ve-
ramente ricchi, abbondanti e felici gli imperi. — 11 primo e più
gran fondamento delle arti» dell'opulenza e della felicitò di una na-
zione sono certamente le intellettuali e le morali Tirlù. L'ignoranza
ed il vizio tendono a deteriorare neir uomo la forza dell' animo e
delle membra, e quindi a precludere la ria della sapienza e delle
arti che ne son figlie, n costume dunque e la yirtù sono il più
gran mezzo che possono adoperare i sorrani per far fiorire le arti,
per accrescere l'industria, per promuovere le utili fatiche, per mol-
liplieare le entrate della società ».
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forse troppo negleuo, tenne in ^eoe e sempre occnpato un;
larghissimo posto nelle preocoupasiooi della scienza ita-
liana.
il conte Pecohio fece un' osservazione ingegnosa ed è
questa: i sistemi recano sempre Timproota del paese e del
tempo in cui vengono elaborati. Quando si trattata di pre-
sentare un tal genere di lavoro come superiore ad ogni al-
tro, per farne il fondamento di qualche nuova dottrina, i
pensatori trovavansi loro malgrado preoccupali dallo spet-
tacolo che presentava il loro proprio paese , e ciò diede
motivo a gravi divergenze nello sviluppo delle dottrine eco-
nomiche. In Italia, a cagion d'esempio, la divisione delle
terre tenne divise le opinioni su alcuni punti della scien-
za. I toscani PaoietU e Bandini ed il lombardo Beccaria
fecero pendere la bilancia per la produzione rurale, men-
tre Galeani, Palmieri e Genovesi, come siciliani, raccoman-
davano il commercio esteriore, e Zanon ed Àlgarotti che ap-
partenevano all'industriosa Venezia mettevano in eyidenza i
vantaggi del sistema manufatluriero.
Questi scrittori staccandosi dai pregiudizi! e dalle prati-
che consacrate da vecchie abitudini seppero elevarsi ai prin-
cipi! generali per distruggere gli abusi prevalenti: mentre,
commercio de' grani, finanze, imposte, roani morte, primo-
geniture, monopoli! d'ogni genere, sono i principali argo-
menti degli studi profondi ed acuti degli economisti italiani ,
e delle loro idee di riforma.
Noi non possiamo passare sotto silenzio questi nobili sforzi
degli scrittori italiani.
L'arcidiacono Bandini (nato :^ Siena nel 4677 e morto
nel 4760) scrisse nell'anno 4732 il suo Decorso economico^
il quale non vide la luce che nel 4775. Vi si scorgono le
idee. che danno all'A. il merito delle priorità delle dottrine
fisiocraliche, come seppe dimostrarlo Corani nell'atto stesso
che dichiarava non aver avuto né Quesnay , né i suoi di-
scepoli conoscenza alcuna degli scritti di Bandini. Bisogna,
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egli scriveva, .lasciar operare la natura, e non avere per
nonna che le leggi più semplici (4). La libertà favorisce ad
un tempo e la giusta rimunerazione del produttore e l'ab-
bondanza dei prodotti: essa deve porsi in pratica^ special;
mente per il commercio dei grani. Alla per6ne non è gih
l'abbondanza del denaro, ma ò la circolazione rapida dei
valori ciò che aumenta la ricchezza. Un tizzone che si fac-
cia circolare rapidamente traccia un circolo di luce: cosi
pure una somma di numerario che circoli rapidissima, quasi
ne moltiplica il valore. Un solo scudo passato in un attimo
in cento mani fa Tofficio di cento scudi.
Lo spettacolo di desolazione delle Maremme toscane fe-
cero diventare economista il canonico Baodini. Egli com-
prese la potenza delle franchigie economiche come si com-
prende la necessità dell'aria pura per un povero ammalato;
e piò felice de' suoi antecessori potè far adottare le sue
idee di riforma. I suoi consigli confermati ed avvalorati dal-
ringegnere Ximenes, furotio accolli dal gran duca di To-
scana Leopoldo , e questi fece trasformare quella regione
malsana, povera e desolata, in un paese agricolo, prospero
ed industrioso. Batidini levò energicamente la voce anche
per combattere i vecchi pregiudizii che condannavano il li*
bero commercio dei grani, e sotto l'impero delle idee che
egli ebbe la gloria di sviluppare e la fortuna di vedere
accolte, egli aperse alla sua patria una nuova era di pro-
sperità. La sua vita non durò tanto tempo per poter con-
templare egli stesso la mirabile riuscita delle sue pratiche
dottrine; e fu come tanti altri uomini benemeriti che giu-
sta la frase di Bacone divennero t benefattori della po^
steri td.
(I) « Deve lasciarsi» così il Banditi, operar la natura: occor-
rono poche leggi, e queste semplici ed a portata di pastori e di
agricoltori : bisogna ristorare II cuore con qualche respiro di li-
l>erlày perchè prosperi il mondo civile ».
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Gli economisii franeesi ebbero anch* essi il merito d* e-
sporre con una grande potensa di deduzione ed un amore
coraggioso del pubblico bene i principti stali prima di loro
scoperti e meditati da Bandini (4). La loro gloria legil*
lima non deve però far dimenticare i servigi più modesU,
ma non meno meri torli del dotto italiano, {Camtìnua).
latorM» Alto feaidAat^Hie di aia^Te aMteal^Bl pep
ta elAMie •per»J» Ibi ■Ulam» % Memorìa di Olii*
SBPPe SACCHI (»>•
L
Lia prima idea di istituire in Europa una radicale riforma
nelle abitazioni della popolazione operaja è dovuta ad En-
rico Roberts, architetto onorario dell' Associazione pel mi-
glioramento delia condizione delle classi artiere in Inghil-
lerra.
Tutti conoscono il pessimo slato in cui erano tenute le
abitazioni del popolo bracciante nel britannico regno. La pò-
verta massima da una parte ed una intemperante avidità dì
lucro dair altra, fecero si che in quasi tutte le città mani-
fotturiere dell* Inghilterra , non eccettuata la stessa Londra,
non si avevano per gli operai case abitabili, ma piuttosto
antri e peggio fogne pestilenziali. In umide cantine od in
luridi solaj erano per lo più costrette a vegetare, o per dir
meglio a morire migliaja e migliaja di povere famiglie che
(1) Gli scritti di Quesnay risalgono all'anno i758. 1 suoi articoli sui
ironie sa i/ermier< pubblicati nel 4786 oeir Enciclopedia destarono
una grande impressione.
(2) Questa Memoria venne comunicata all'Accademia fisio-me-
dico-stalistica nella seduta del 5'fcbbrajo i859.
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consumavaDO la loro vita nel più suchIo leszo. Non aria ,
Doo luce, non coofoni di aleun genere ^ e quel che è più
non si avevano neppure coperti i poni neri i quali traman-
davano per tuue le abitazioni incomportabili miasmi che
cagionavano spesso esizialissimi contagi.
Una aocieià 6lantro|>ica notri il caritatevole pensiero di
ricostruire di nuovo le abitazioni per gli operai. Essa ottenne
dal Parlamento briunnico il diritto di espropriazione per
titolo di utilità pubblica e valendosi dell' opera benemerita
deir architeuo Roberta, sostituì in Londra stessa ai quartieri
più sozzi e malsani, edifici affatto nuovi costruiti con tutte
le norme consigliate dalla igiene pubblica e dall'arte edi*
lizia applicata a ciò che gli inglesi chiamano comfort: pre*
disponendo in tal modo anche pei poveri tutti quegli agi
che sono compatibili col buon mercato e che sono attinti
alle inspirazioni affettuose se non del viver lieto almeno
del viver bene.
Dopo dodici anni di esperimenti, credette Enrico Ro-
berts di raccomandare questo suo caritatevole pensiero an*
efae alle cittk continentali. Chi regge la cosa pubblica in
Francia fece riprodurre con appositi disegni i rapporti in-
viati dall' archiietlo britannico, e nell'anno 4851 si mise a
disposizione di associazioni filantropiche il cospicuo capitale
di dieci milioni di franchi per la costruzione a Parigi ed
altrove di nuovi quartieri per 1' abitazione degli operaj ,
a cui ai diede anche il titolo* un pò fastoso di cités oif*
vrières. Si accolse da principio coli' entusiasmo . tutto prò*
prìo de' parigini il generoso pensiero, e si cominciò a tentar
qualche cosa, ma la cupidigia del lucro soffocò ben presto
le più nobili aspirazioni, e pochi si approffittarono della li-
berale offerta de' capitali stata fatta dal governo, non vo*
lendosi accettarne le condizioni, le quali erano dirette allo
scopo di procurare alle fiimiglie opcraje abitazioni al mas-
simo buon mercato.
Il pensiero però parve buono a tutti quelli che amano
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il bene, e le intraprese di Roberls formarono argomento dì
una animata diseussiehe in seno al primo Congresso inter-
nazionale di beneficenza ehe si tenne a Brusselles nell'anno
4852. Fu allora deliberalo di diffondere dappertutto i piani
deir architetto britannico, e di tentarne l'introduzione in
varie contrade d' Europa , per farne soggetto di nuovi di-
boitimenti in un successivo Congresso.
Questo infatti si tenne a Brusselles nell' anno 1856, e si
raccolsero da tutte le parti d' Europa le notizie su i miglio-
ramenti edilizj che nel precedente quinquennio erano stati
inrrapresi e furono comp'endiate in un coscienzioso rapporto
che fece al Congresso medesimo Y economista francese Emi-
lio Miller. Eccone il sunto:
Lo stesso Roberta e l' altro inglese Wards riferirono che
una nuova Società^ col titolo di Salopian society ^ si era co-
stituita a Londra con un capitale sociale di due milioni e
mezzo di franchi pe^^ erigere nuove case modello per gli
opera], e tanto avevano queste giovato alla salute degli abi-
tanti che su 5000 persone ehe già in esse alloggiavano, non
si aveva da qualche anno che la jnortaliià di 43 su mille,
mentre negli altri quartieri poveri la mortalità era più del
doppio.
In Francia, se non a Parigi, aveva T istituzione dato già
prosperi risultati a Lilla ed a Mulhouse. In ques' ultima città
si contavano già 300 abitazioni costruite col nuovo meto-
do. Erano desse piccole cas# composte di un pian terreno
e di un primo piano con un solajo. Nel pian terreno vi ave-
vano due camere ed una cucina e nel piano superiore
quattro camere da letto. Ad ogni casa era annesso un or-
ticello dell'estensione dai 420 ai 435 metri di superficie.
Vicino a questi gruppi di case vi aveva un pubblico lava-
(ojo ed un asciugatojo per il bucato, al prezzo di 5
centesimi per ogni due ore di lavoro: uno stabilimento di
bugni a 20 centesimi: una cucina pubblica a prèzzi fissi,
ohe dava a 5 centesimi una zuppa e per 40 centesimi un
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piatto: UD fondaco di droghe e commestibili a prezzi mo-
dici ed QQ magazzeno di abiti falli. Alle famiglie che aspi-
rsraDO di abitare nella dté ouvrtere, si offrivano due par-
titi: o di rendersi proprietario della loro nuova casuccia,
o dì esseme affitluarj. Per chi amava acquistarsi la casa ,
il eoi prezzo variava dai 4900 franchi ai 3000 franchi , si
imponeva la condizione di pagare dai 300 ai 500 franchi
air atto del contralto, e di estinguere rateatamente il debito
eoo pagamenti mensili dai 34 ai 30 fracchi, A chi preferiva
di abitar la oasa come Inquilino si impóneva il fitto in ra-
gione di 14 a 46 franchi al mese.
La società ohe aveva eretta la ette oumère andava rim-
borsandosi dei capitali e sovr'essi intanto pen^epiva un in-
teresse del 4 per 400; e chi l'abitava andava acquistando
le abitodini previdenti del proprietario, e le ore dapprima
perdute all'osieria, erano invece impiegate utilmente in la-
vori di orticoltura.
Un eguale risultamento si aveva dalle dtéi otivrières di
Lilla ove si davano agli operai abitazioni nuove e sane,
composte di quattro camere, due a pian terreno e due a
primo piano, oltre un giardino, per la modica pigione an-
nua di 420 franchi, pagabili in rate di lire 40 al mese.
L'istituzione aveva già preso radice nel Belgio, ove la
cosi detta Casta di previdenza aveva già fatto costruire va-
rie case per le famiglie de' capi operai e le rivendeva fa-
cendo a questi pagare il quarto del prezzo all'atto del con-
tratto, e gli altri tre quarti vennero ripartiti pel periodo di
otto anni e in tante rate mensili.
In Olanda una Società filantropica aveva comperato a
Groninga uno dei quartieri più poveri e su quell'area aveva
costrutto cento piccole case. Le famiglie che le abitano pa-
lpano per settimana da un franco e 5 cent a un franco e
26 cent, di pigione. La condizione igienica di quelle case e
l'essere separate l'una dall'altra, ha fatto si che durante le
àmxu. StoHeUoa. voi. XXI, eerie I.* S
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invasioni del cholera che dal 4845 al 4856 flagellò per cin-
que volte la città di GroDioga, non si ebbe in queste case
modello che un solo caso di cholera.
in quattro città della Gerniania s'introdusse quésto nuovo
sistema. A Berlino si contano già 42 case modello che con-
tengono da 8 a 42 abitazioni per ciascunia. A Brema si co-
strussero 60 case di legno ad uso dei chalets svizzeri, ed
in ciascuna di esse abita una fan^iglia. A Brandeburgo si
eressero sei case con otto abitazioni per ciascuna casa, ed
à Koenisberg si edificò per esperimento una prima casa per
sei abitazioni.
Ha dove l'istituzione prese un più largo sviluppo Ai ia
Danimarca. Da un'accurata relazione pubblicata dal oonsi*
gliore di Suto Carlo David potemmo raccogliere che ivi il
Governo pubblicò una legge generale che stabilisce le con*
dizioni normali che devoqo avere le abitazioni pel povero,
e prescrìsse persino l'altezza d'ogni camera ed il suo aerea-
mento. Nella sola Copenaghen si contano già due città ope-
raie. Quella di Christianyhavn e quella dell'est. La prima
si compone di due grandi edifici che contengono per ca-
dauno 36 abitazioni per operai con famiglia e 6 per operai
celibi. Ivi abitano già 174 persone compresi 87 fanciuiru
Esse pagano per tre camere, compresa la cucina, dai 420
ai 492 franchi all'anno di fitto, ed hanno dai 2200 ai
2500 piedi cubici di spazio aereato. 11 secondo quartiere
posto nei sobborghi orientali della città conta sette grandi
edifici, in ognuno dei quali si hanno 25 abitazioni per ope-
rai con famiglia e 6 per jselibi. Ogni inquilino ha due ca-
mere da letto, una cucina, un solajo ed un piccolo giardino.
La pigione è dai 400 ai 440 franchi all'anno. Vi ha annesso
un pubblico lavatojo.
Ognuno di questi edifici costò 45,000 franchi. Il Go-
verno dichiarò esenti queste proprietà dai pesi pubblici, e
il municipio le sollevò anche dalle gravezze comunali. Le
pigioni danno un reddito di 22,000 franchi all'anno. Con
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qMsCo reddito si sostengono le riparasìoni, si paga su i ca-
pitali Finteresse del 4 per 100 e si ammortixza ogni anno
il debito delle spese di costruzione.
n risultato igienico delle due cittk operaie di Copena-
l^eo fa quello di aver dato, in occasione di malattie epide-
micbe, la mortalità dell* 8 per 100, mentre negli altri quar-
tieri essa fu del 46 per 100; e riguardo alla mortalità dei
bneiulli essa fu del IS per 100 nelle città operaie e del
S6 per 100 altrove.
Anche a Stoccolma, in Isvezia, si contano già 13 edifici
modello per alloggiarvi 1800 operai.
n pensiero della costnizione di nuove c^se per gli ope*
rai fu dagli inglesi trasferito sino alla lontana Australia , e
Tardità razza anglo-sassone ne fece già un'amplissima appli-
cazione negli Stati Uniti d'America.
IL
In base a cosi latte notizie il Congresso di beneficenza
di Brasselles, adouava alcune pratiche conclusioni.
Scelta del locale. — Prima di tutto dev'essere salubre;
il terreno scelto deve poter fornire acque sane ed abbon-
danti quando non si possa disporre d'un condotto speciale,
o dev' essere suscettibile di ricevere gli scoli.
Anche l'esposizione è un punto importante e sì deve
possibilmente evitare di porre le camere principali all't^spo-
sizione del nord.
Disposizione delle case. — Se si tratta di case isolale
o di case a terrapieni , grandi o piccole , la prima condi-
zione è quella di dare la parte più grande alla ventilazione
ed alla luce. Le vie senza uscita che impediscono la libera
circolazione dell'aria dovranno essere evitate.
Ma sovra questo primo punto havvi una questione da
decidere.
Qual'è il sistema preferibile? Qual'è il consiglio che può
darci l'esperienza?
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È evidente che il sistema preferibile è quello che con*
siste nel costruire una casa per ogni famiglia, sia isolata o
vicina ad altre sotto un tetto comune, e aggiungervi un
giardino; ma non è possibile di adottare questo sistema in
tutte le località e nei grandi centri di popolazione soprat*»
tutto^ ove i terreni sono sovente a prezzi molto elevati.
Quando le considerazioni finanziarie non permettono di
adottare queste disposizioni si vantaggiose per Toperajo, bi-
sogna scegliere i grandi fabbricati o quartieri operai , op-
pure il restauro o la ricostruzione delle case già esistenti.
Ed è quest'ultimo mezzo che a nostro parere sarebbe il più
fecondo di felici insultati; esso non ferisce il sentimento di
amor proprio cosi vivo sotto la blouse deiroperajo che gii
rende antipatica ogni istituzione che sembri destinata a con*
finarlo in un quartiere isolato. Miglioriamo adunque le case
già costruite, riprendiamo tostamente quelle abbandonate da
coloro che vanno ad abitare le case nuove, e se sono indi-
spensabili nuovi lavori eseguiamoli di preferenza in tutti i
quartieri della città , conformandoci alle regole conosciute
d' igiene, ed evitando più che sia possibile ogni comunica*
zione interna fVa le diverse abitazioni.
Quando infine alcune considerazioni particolari faranno
scegliere il sistema dei grandi fabbricati, il miglior piano a
seguirsi è quello che presenta la casa costrutta per 54 fa-
miglie, in Strealhhm'Streetf \ Londra. Noi vogliamo parlare
del sistema a gallerie o corridoi esterni. .
Gran parte degli inconvenienti scompaiono in fatti con
questa disposizione, la scala è posta esteriormente, i corri-
doi sono sovrapposti ed aperti; ogni abitazione per mezzo
di piccoli vestiboli dà su queste gallerie. L'aria circola li-
beramente dappertutto, ed uscito di casa propria il locata*»
rio incontra il suo vicino come lo incontrerebbe in istrada*
In ciò è forse interessante Tavvenire, che le contribuì
zioni che in Inghilterra erano proporzionate al numero ed
alla dimensione delle finestre, sono ora ridotte alla dimen-
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sione delle case. Pei vivi reclami del Comitato d' ammini-
strazione le case che c'interessano, ogni abitazione fu con-
siderata dal fisco come una casa piccola e le contribuzioni
sono perciò di poca importanza.
Larghezza delle contrade. — Le amministrazioni pub-
Micbe dovrebbero fissare dappertutto la larghezza delle con-»
trade. Vi sono dei gravi molivi per isperare che severe de-
cisioni saranno prese su questo argomento*
Due casi basteranno per far comprendere 1* importanza
di questa misura. Perchè il cbolera a Parigi nelle contrae
de strette diede 33 morti sopra 4000 abitanti, mentre che
nelle contrade ariose non ve ne furono che é9 sopra
1000?
A Genova nell' ultiipa invasione del cbotera che vi ha
iatlo una strage spaventevole, la città ha speso somme con-*
siderevoli per. soccorrere particolarmente gli abitanti dei
quartieri posti in contrade anguste»
Orli e giardini. — L'esperienza ci ha fatto apprendere
che la superficie d'un giardino od orto per una famiglia
può variare dai. 430 ai 480 metri quadrati. Queste di-
mensioni permettono la coltura e la cura del giardino per
una sola famìglia.
Sovente intorno a queste case si stabiliscono incassamenti
di terra formanti delle ajuole; essi devono essere evitati
come attraenti l'umidità» Si collocheranno invece dei pendj
lastricati per allontanare le acque dai fondamenti.
Scelta dei materiali. — Non vi è una regola particeli re
da prescrivere su questo punto. 1 materiali dipendono dal
paese. La dimensione dei muri dipende dal suolo e questi
variano secondò il piano di costruzione.
I dettagli d'esecuzione sono conosciuti da tutti i costrut-
tori. Noi insistiamo però particolarmente sopra l'importanza
di separare i fondamenti del muro in elevazione con un
letto di terra d' ardesia posto nel cemento , d' asfalto o di
qualche altro materiale capace d'impedire l'umidità.
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Noi abbiamo arioora qualche osaenraiioDe da Ciré sopm
i muri io canoa decorati eoi nome di ehaleis e che a pri-
mo incontro seducono.
In ciò il signor Roberts disse che incessanti inchicÉte
gli furono fatte in Isviuera onde fiir abbandonare questo
sistema che non resiste ad un serio esame. Noi tutti infatti
sappiamo quanto durino queste leggiere costruzioni, che do-
po breve tempo esigono molte riparazioni senza parlare de-
gt* inconvenienti inerenti airìmpiego esclusivo della legna »
air allignarvi insetti nocivi , al pericolo d* incendio e si-
mili.
JPaoimenH. — Generalmente le abitazioni a pian terre»
no, senza cantine, sono malsane.
In molle circosuinze venne impiegata una disposizione
particolare che diede ottimo risultato e che riesce utile di
qui accennare.
II suolo si tiene alla distanza di 50 centimetri dal basso
airallo della linea del pavimento sopra questo suole, si
stabilisce un sistema continuo di canalizzazione, formato di
un seguito di piccoli cordoni di ammattonato a forme con-
vesse sopra i quali si adagiano dei travicelli in quercia od
in abete che ricevono alla loro volu il pavimento. .
Questa canalizzazione serpeggia sotto il pavimento e ter-
'mina da una parte con un' apertura estema o se si vuole
con una bocca di ventilazione.
Essa impedisce Tumidith che putrefa; tre o quattro volle
airénno si ardono air apertura esterna alcune materie che
possono produrre un denso fumo e si affogano cosi gli ani-
mali e gli insetti nocivi.
Neir inverno Y apertura estema rimane chiusa, e V aria
calda e viziata della camera sarà condotta sotto il pavimento
che si manterrà con un calore sensibile.
Ecco ciò che possiam dire sul modo di render sani i
piani terreni, e sulla conservazione dei pavimenti.
Ventilasione. — Al mezzo indicato nel paragrafo che
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preeede tioi crediamo utile di aggiongere i consigli che il
signor Roberts ha raccolti in tra libro che fu distribuito al
Congresso e che il suo autore ha intitolato: Riforma dome^
iikOj fw^ero consigli dia eUase operaja.
Noi diremo ancora che si ottiene un risultato soddisfa-
cente per la ventilasione, mettendo nei muri d'ogni camera
dei eamini di richiamo costeggiami i funnijuoli o riunendoli
più ih alto.
Sopra Vargomento tanto importante della ventilazione, il
signor di Vaux, ispettore generale delle miniere del Belgio,
ha comunicata Tidea di determinare una ventilazione mec-
canica, eguale a quella che si pratica per dar aria alle gal-
lerìe sotterranee.
Premesse queste conclusioni di carattere tutto fabbrile
noi dobbiamo far noto che due sistemi si presentano nella
costruzione delle cosi dette dita operaje; e riguardano tanto
la parte edilizia come la parte economica.
Riguardo alla parte edilizia è da discutersi se meglio
convengano i grandi od i piccoli ediflci. I primi contengono
de' quartieri vasti con più abitazioni, ed i secondi non ser*
vono che per una sola famiglia.
Se si considera il bisogno di avere accumulate molte fa-
miglie io poco spazio, convengono le grandi costruzioni; e
per esse si propongono edifici che presentino molti accessi
e lunghi corridoi a logge bene aereate per dare la maggior
libertà ed il maggior comodo a chi li abita. Gli architetti
devono in cosiffatti edifici largheggiare di tutti que' ripieghi
che Parte edilizia consiglia, perchè le famiglie che coabitano
possano bensì cordialmente convivere, ma non imporsi ser-
vitù reciproche.
Se poi si può disporre di maggior spazio , e se si ha
riguardo al pensiero di dare ad ogni fiimiglia la spontaneità
e diremo anche fintimitb della vita casalinga conviene pre*
ferire ai grandi quartieri la costruzione di piccole casucce
staccate l'una dall'altra con tutti i conforti del cosi detto
chalet svizzero.
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Sia nell'uno che nell'aliro sisiema si dà una grande im-
portanza all'aggiunta di piccoli orticelli per inspirare neli*ar-
tigiano raSètto semplice della orticoltura, e se volete anche
del giardinaggio che lo svia dalla vita della taverna.
Si riconosce pure come indispensabile condizione delle
città operaje, quella dei pubblici lavato] ed asciugato] per
la mondezza della persona.
Riguardo alla parte economica sorgono gravi difficoltà ed
occorrano molti studj prepi^ratorj.
In alcuni paesi, e fra questi citiamo T Inghilterra e la
Danimarca, il Governo concedette alle associazioni che eri-
gono le città operaje il diritto dell'espropriazione forzata
per titolo di pubblica utilità, onde aver l'area che può oc-
correre a condizioni eque e normali. Per far 6orire queste
benefiche istituzioni si tennero anche esonerate dalle pub-
bliche gravezze che sono per solito imposte sulle proprietà
immobili.
In Francia il Governo esibì capitali a prestito gratuito,
onde promuovere cosiffatta istituzione.
In alcuni paesi, come in Olanda ed a Brema, i quartieri
per gli opera] si eressero a spese municipali e si ammini-
strano per conto dei municip].
In altri paesi invece si prereri di erigere le città operd]e
col mezzo di capitali raccolti da filantropiche associazioni. A
queste si potè corrispondere l' interesse annuo del 4 per 400
sul capitale sborsato, oltre un fondo di riserva pel succes-
sivo ammortizzamento.
La costruzione di queste nuove case venne in alcuni
paesi fatta per conto e per interesse perpetuo di date asso-
ciazioni 0 dei municip], ed in altri paesi, invece, si anti-
ciparono le spese di costruzione, per rivendere in seguito
le case costrutte ad opera] probi ed onesti che possono con
previdenti risparmj acquistare in un dato periodo di anni
la proprietà della loro abitazione.
Il primo sistema va preferito per la costruzione di grandi
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Ai
edt6ei che non possono aUrimeoti ripartirsi, ed il secondo
può valere quando si costruiscono piccole casuccie separate.
Quest'ultimo sistema ha un Valore morale, in quanto che
rende alFoperajo tutta la dignità che è propria di chi ap-
partiene al ceto de' piccoli proprietarj. Esso però offre l'in-
conveniente di far perdere, coli' andare del tempo, il bene-
fido delle buone condizioni igienichH , giacché tutti sanno
che le piccole case ereditate da piccoli proprietarj vanno
di anno in anno deperendo e finiscono ad essere non più
case, ma sfasciumi.
Durante il Congresso brussellese del 1856 si eressero
nella residenza del cosi detto museo di economia domestica
ove la nostra Lombardia sì trovò onorata fra le prime, duo
piccole case modello per gli óperaj, e tutti ammiravano in
que' campioni di edificio la semplicità del buon mercato,
mirabilmente congiunta alla comodità casalinga. Ivi gli ope-
ra] potevano credere come si possa con pochi sagrifici tro-
vare l'arte per essi ignota del cosi de^tto ben vivere.
Dopo le conclusioni prese in quel Congresso speravasi
che l'argomento delle case per gli operaj avrebbe trovato
un più largo sviluppo nel successivo Congresso internazio-
nale di beneficenza che si tenne nel 4857 a Francofone sul
Meno. Ma le speranze fallirono.
A quel Congresso intervennero più utopisti metafisici che
uomini pratici. A tutti fu permesso di parlare nella proprio
lingua e ne nacque una vera confusione babelica. Si intro-
dusse di bel nuovo il tema delle città operaje. Il professore
Stubenrauch rappresentante l'impero austriaco riferì fran-
camente che sinora non erasi alcuno occupato in Austria
delle abitazioni per gli operaj, od almeno nessuno vi aveva
pensato in una maniera abbastanza efficace. Il solo beneme-
rito Roberts prese la parola su questo argomento per an-
nunziare con qualche entusiasmo che l'argomento delle case
igieniche per gli operaj era divenuto famigliare anche per
gli iuliani. Annunziò clie a Torino ed a Genova si stavanp
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costruendo case pel popolo con tutti i conforti igienici; che
a Parma areta quel Governo promosso lo stadio delP argo-
mento e fiitto ìvtghe profferte per chi riducesse in atto un
cosi filantropico pensiero; e citò per uliiino con lodi spe-
cialissime im* operetta del marchese Carlo Torrigiani di
Firenze intitolata Ddle abitaziùni del povero^ direiu appunto
allo scopo di far costruire nuove case pel popolo operajo
di Toscana^ Quel brav' uomo di Roberts conchiudeva il suo
rapporto con queste religiose parole: ringraziamo Iddio del
ben fatto e prendiamo coraggio!
HI.
Ora vediamo se cosiffatto argomento possa trovare una
provvida applicazione anche per la città di Milano.
Tutti sanno come al principio di questo secolo |a città
nostra non contava che 432,000 abitanti; eppure pel nuovo
alito di vita che esstf prese si trovò insufficiente a dar
comodo alloggio alle sue 27,000 famiglie. Nei palazzi de'
patri/j furono in qualche parte anche ammessi nuovi abita-
tori: gli edifici cenobitici qua e là sparsi per la città furono
convertiti in vaste case d'affitto: i poveri casolari di un solo
piano si tramutarono in vasti quartieri di abitazione; e su
aree inabitate si costrusscro nuovi edifici. Mercè questo ci-
vico ingrandimento si potè un pò alla volta dare ricetto alla
cresciuta popolazione che nell'anno 4857 ammontava già al
vistoso numero di 486,685 abitanti a stabile dimora.
Mercè le prowidef cure edilizie che presero un più ener-
gico impero durante le ripetute invasioni del contagio cho-
lerìco, le molte abitazioni malsane che si scorgevano lungo
i terraggi ed i borghi di porta Romana e Vigentina , di
Porta Ticinese e di Porta Comasina, possono ormar dirsi
scomparse; ed Hi quelle località ora sorgono vasti edifiej a
piò piani, abbastanza aereati e col sussidio di corridoj e di
lunghe loggie a ringhiera che tolgono alle abitazioni ser-
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43
filù ineomode di passaf^o, ed offiroDa alcune condizioni
normaK di sanità.
Ha quest'opera di rieostruzione non è per anco gene-
rale. Si veggono ancora nel borgo di Porta Comasina» su i
terraggì di San Pietro in Campo Lodtgiafno e dei Ponte dei
Fabbri» nel locale della Vettabbia, in quello della Vittoria
e lungo ii cosi detto borgo di Cittadella, case, o per dir
rollio catapecchie che sono Indegne di accogliere gente
fiva. I nostri medici addetti al servizio di Santa Corona de-
plorano pur troppo questa pessima condizione delle abita-
zioni pei poveri ed incessantemente raclamano una qualche
sollecita e radicale provvidenza.
A ciò si aggiunga che Tindustrìa cresciuta in Milano vi
attrae tutto giorno dall'attiguo contado ed anche dall'estero
un numero piuttosto ingente di operai.
Le nuove opere di allargamento intemo della cittk fanno
demolire caseggiati che davano alloggio a moltissime fami-
glie ed a cui è pur d'uopo che si provveda.
L'addensamento della popolazione massimamente operaja
ha nello acorso anno prodotto per istantaneo risultato che
nel giorno del San Michele si dovette, a cura del Munici-
pio, dar momentaneo ricovero a molte famiglie di artigiani
che non poterono trovarsi alloggio, ed a cui fu poi duopo
di sloggiare dalla città per ritirarsi nei sobborghi.
Sembra adunque giunto il momento che anche a Milano
si pensi come a Parma, a Firenze, a Genova ed a Torino
a dar pia comoda abitazione alla popolazione operaja che
ormai passa il numero di settanta mila e costituisce essa sola
una seconda città.
A cosiffatto provvedimento sarebbero ora diretti i pen-
sieri e le cure del benemerito architetto professore Renza-
nigo. Egli da più anni gratuitamente assiste le pie istitu-
nont degli Asili di carità per l'infanzia e per la puerizia,
ed il Pio istituto di Maternità cogli annessi ricoveri dei Bam-
bini lattanti. Per una lunga sperienza fatta egli conosce i
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veri bisogni della popolazione operaja, ed t conforti igienici
che dovrebbero alla medesima apprestarsi. Conoscendo gli
studi fatti altrove per la costruzione delle cosi dette città
operaje, egH si profferse disposto a tentarne la prova anche
per la nostra popolazione. E innanzi trattar l'ardua questione
se per la città nostra debbasi preferire il sbtema dei grandi
o dei piccoli edifici per le abitazioni degli operai, egli co-
minciò ad andare in cerca di un*area che potesse all'uopo
occorrere. Dopo molle ed accurate investigazioni egli avrebbe
trovato opportune al bisogno due località situata nel cir-
cuito delta parrocchia di San Vittor grande. Una di queste
aree sarebbe minore e giacerebbe ali* estremità dello stra-
done di S. Vittore ove si ha Taccesso ai baluardi di Porta
Vercellina. Essa sarebbe capace di contenere circa mille lo-
cali« Un'altra in una assai più vasta ed un po' più centrale,
sarebbe posta lungo la strada che circuisce il naviglio dal
ponte de' Fabbri al ponte di Sant'Ambrogio e si protende-
rebbe anch'essa sino ai bastioni da Porta Ticinese a Porta
Vercellina. Quest'area potrebbe contenere circa 3000 locali.
Tanto r una che l' altra delle due are.e occuperebbero
spazii ora ad uso di orti, e non si avrebbe a subire la du-
plice spesa di distruggere per ricostruire.
L'area più vasta poi avrebbe il triplice comodo di tro-
varsi adiacente ad un fossato che ora serve ad uso de* la-
vandai e. vi si potrebbe costruire un pubblico lavatojo ed
asciugatojò: sarebbe vicinissima alla Pia Gasa d'industria e
di ricovero a San Vincenzo per accogliere al lavoro tutti i
poveri che ne avessero duopo. E non sarebbe lontana nep-
pure ai molli opifici che sono collocati nel popoloso quar-
tiere di Porta Ticinese.
Dal lato poi del pubblico decoro , il divisato quartiere
per gli operai aprirebbe una nuova strada rettilinea che
dalla piazza del Castello condurrebbe sino al baluardo di
Porta Ticinese e darebbe alla città nuovo lustro prospet*
lieo.
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45
Trovata cosi Tarea, rimangono ora ad esaurirsi i più im-
portaoti studi.
E innanzi tutto è necessario per la città nostra i) co-
struire nuove abitazioni igieniche per la classe operaja?
Cosiffatte costruzioni debbono lasciarsi alla libertà di pri-
vali speculatori , o pure essere eseguite a cura di una as-
sociazione di utilità pubblica?
II Municipio dovrebbe assumere l'iniziativa, o concorrervi
eoi suo autorevole e provvido patrocinio?
Le case da costruirsi debbono essere erette col sistema
dei grandi edifici a più abitazioni , o dei piccoli edifici
isolati?
Devono queste case darsi in affitto o rivendersi a prezzo
di costo ed a rate ripartite?
Allo scioglimento di tutte queste domande, occorrono
eoscienziose esplorazioni ed indagini. E queste non possono
intraprendersi a cura di un solo, ma di molti. Ed è per ciò
che si invoca sin d'ora dal proponente l'opera coscienziosa
e spontanea di una speciale Commissione composta di per-
sone tecniche e di persone che amino coraggiosamente il
b;ne.
EleMentl di «totl0tiea« dt GAETANO VAIUNESCHI.
(Palermo i859, presso la tipografia Morvillo.
Un voìome io'8.* )•
N.
elio scorso anno noi ci facemmo a deplorare la misera
condizione del commercio librario italiano che ci pone spesso
nella strana situazione di dover attingere ai giornali della
Germania la notizia delle nuove opere di statistica e di eco-
nomia pubblica che si stampano nel regno delle Due Si-
cilie.
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46
L^illUstre 8ig. Gaetano Vanneschi , uflBziale addetto alla
Direzione generale di statistica per la Sicilia, ci scrìveva da
Palermo che queir ufficio statistico ci aveva sempre spedite
le dotte relazioni che esso suole pubblicare e che noi non
potemmo mai ricevere, e per mostrarci l'ottima sua volontà
di veder associati i lavori statistici siciliani ai lombardi ci
spediva per la posta il primo fascicolo dei suoi Elementi di
itatistica che ci piace di annunziare almeno pei primi ai
eultori di cosiffatti studj.
Contiene questo fascicolo il proemio di tutta T opera. Si
offre in esso la storia delle scienze statistiche sotto un
aspetto veramente italiano, e Io si fo nella nobile intenzione
di far conoscere Io stato de' nostri studj agli stranieri , es-
sendo l'opera dedicata al benemerito Heuscbiing di Brua-
selles che tanto si distinse nei Congressi internazionali di
statistica. L'autore dopo aver fatto un cenno dei primordj
di questa scienza in Germania per opera dell' Acbenwall, e
dello Schloezer, e dopo aver fatto cenno dei primarj cultori
della statistica in Francia e nell'Inghilterra, si fa a parlare
della parte che vi presero gli scrittori italiani.
Ecco quanto egli dice del Cagnazzi e del Gioja che nel
principio del nostro secolo furono i primi a trattare questa
scienza in via veramente dottrinale.
e Nel 4808 uno scrittore napoletano, Luca de Samuele
Cagnazzi, professore di economia eivile in Napoli, pubbli-
cava i suoi Elementi deW arte staiistica^ come egli volle
chiamarli. — Quest' opera può riputarsi come uno dei primi
sforzi fatti in Italia per ridurre a forma elementare le
idee sparse fin allora in varii libri oltramontani sulla stati-
stica.
> Neil' introduzione l'autore, dopo di aver toccato dello
Stato delle scienze economiche in quel tempo, dell'origine
della statìstica, del suo oggetto e dell'arte di esporla, della
sua divisione e della importanza di sistema e di metodo,
e delle cognizioni necessarie per formarla, viene a definir-
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47
U: « La perfetta coDoscenia dello stato attuale dclle^osci
che il beoessere della società e suoi componenti riguar-
do (1) 9. Qqindi come conseguenza di questo principio
£i sorgere la necessità delP esame deli' uomo coi suoi rap-
porti e di tutti gli esseri ohe lo circondano; da questo esame
risulundo, egli dice, la conoscenza esatta dello stato delle
popolazioni, della loro indole, morale, istruzione, industria,
delle loro sorgenti naturali di ricchezze, cambio e consumo,
della loro politica costituzione, forza per terra e per mare,
ed ogoi altro che possa concorrere all' importante scopo in-
dicato. Le vedute doversi limitare, aOerma poi Tautore, allo
stato presente, senza riguardo al passato, a riserva del caso
che convenga ciò fare per^ pienamente conoscere quello ;
doversi inoltre preparare i materiali per congetturare lo
stato futuro ad oggetto di poterlo migliorare e mai forlo
degenerare.
> Questo concepimento teorico implica nelle indicazioni
pratiche dell'autore stesso molta confusione, per effetto
certamente di non essere allora ben definite le idee suiti-
sticbe; ond'egli dividendo il suo lavoro in due parti, cioè
runa dello itato naturale e l'altra dello itato politico^ in
questa politica comprende la popolazione, le sussistenze, e
lo spirito pubblico, a cui unisce i trattenimenti dilettevoli^
le costumanze popolari, ì vizii ed i delitti, lo sviluppo d'in-
tendimentOj V idifluenza dello spirito pubblico ^ la religione^
Y educazione^ ecc.
» Ha se di ule difetto siam costretti di dar colpa all'au-
(I) n sig. Saverio Heascbliog venne in parte nella stessa sen-
tenza, serìveado nel suo Manuet de Statistique ethnogrt^ique
pubblicato nel 48i7, cbe la statisi ica pqò definirsi: «la sitoaiione
presente dello Stalo »« Né mollo differisce V alUra del sig. N^rdl
€0^ concepita : « la statistica è la sciama che insegna a ricercare
ed esporre sistematicamente le presentì condizioni dello Stato ».
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48
tore» questo è cerio che 1* opera del Cagnazzi, avuto riguardo
al tempo ia cui fu scritta, deve tenersi ìq pregio, almeno
per essere stata una delle prime produzioni italiane che ab-
biano trattato ragionevolmente .della statistica.
• Imperiamo quattro altri scrittori celebrati, Grovan Bat-
tista Say e Carlo Dupin flrancesi, Melchiore Gioja e Giando-
menico Romagnosi italiani, vennero fra qualche errore e
molte verità a dare una forte spinta agli studii statistici in
Europa, restando al Romagnosi la gloria di aver fondato una
scuola della scienza statistica, che or denominiamo per ec-
cellenza italiana.
9 11 Gioja dopo di avere pubblicato nel 1808 in Milano
le sue Tavole statistiche ovvero le norme per definire^ ed-
colare y classificare tutti gli oggetti di amministrazione pri-
vata e pubblica, non che la sua Logica statistica, e nel 1809
r opera sulF Indole, la estensione ed i vantaggi della stati-
stica, diede fuori 47 anni appresso, nella stessa Milano, la
sua Filosofia della Statistica. — Questo colossale lavoro,
che può aversi come la riunione metodica di tutti i suoi
pensamenti anteriori su questa scienza, è stato giudicato
in modo oppostissimo, secondo la maniera di pensare de-
gli scrittori che se ne sono occupati , talché per gli uni
è stato il non plus ultra della sapienza statistica, e per gli
altri il sogno di una immaginazione sfrenata. Certo però è
che le idee del Gioja sono state adottate per molti anni in
Italia, ed in Francia specialmente, ed ancor non sono del tutlo
abbandonate, e per conseguenza conviene di farne qui par-
ticolar motto •*•
Dopo aver data un' idea delle dottrine statistiche di Gioja,
passa a far parola della parte che ci prese Giandomenico
Romagnosi , che svolse pel primo le sue nuove teorie io
questi nostri medesimi Annali.
« Ma ormai la statistica, dice l'autore, doveva appressarsi
ad una novella era per opera dell' illustre Giaudomenicò
Romagnosi.
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9 Neir alla mente di lui questa scienza fu ravvisala cornea
una disciplina complessiva e generale» la quale non appa-
gasi di notizie parziali e disgiunte, e comprender deve gli
elementi costanti ed invariabili , per ricavarsi il concetto
dello stato economico ^ morale e politico di un dato popolo,
ovvero il suo modo di sussistere, la sua operosità e cordia-
lite, il suo grado dì civil libertà e di sicurezza, tutti fini
eongeniti che non potrebbero separarsi senza snaturarli (4).
» Da questi pensieri razionali che formano il cardine
della sua scuola, viene egli a stabilire la necessità di un
modello ideale ovvero d' una norma diretirieej per determi-
nare gli oggetti da rintracciarsi per la formazione delle sta-
tistiche civili, che debbono guidar la pubblica autorità a co-
noscere i veri bisogni de' popoli ed i mezzi di soddisfarli ,
DOQ che a recar rimedio a* mali e troncar gli abusi nel loro
nascere. Questa norma direttrice afferma egli di essere e Ti*
dea di ano stato politicamente forte atteggiata con tutti i
costitutivi della potenza e tratteggiata in tutti i periodi della
vita degli Stati », poiché, egli sostiene, a nulla vale il co-
noscere le circostanze materiali di un popolo, quando non
iscoprasi quello che vi manca sia dal canto della natura ,
sia dal canto delle istituzioni, onde effettuare le mire del-
l'ordine economico j morale e politico; né puossi conoscere
quello che manca allo Stato se manca uno specificato mo-
dello ideale, mediante il quale si possa nello stesso tempo
conoscere a quale grado di civiltà sia posto il dato popolo,
e per quali mezzi possa progredire ed esser migliorato e fi-
nalmente conservato, ecc., (3).
» Le dottrine di Romagnosi non furon comprese dagli stra-
(i) V. RomagBOsi. Questioni sM' ordinamento detU Statisti'
che. Milaoo, i827.
(2) Vedi V.* Questione.
AiiiiAu, Statistica, voi. ZZI, serie 5.« 4
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50
^nieri, forse per le diffieoltà di eoneepimenlo ebe pre-
senu lo stile dì lui; ebbero pochi eommentalori nella pe»
nisola italiana, furono largamente discusse in Sicilia (!)»•
L* autore ci fa conoscere un fatto prezioso per la sciensa
che noi ignoravamo, ed è che la doturina romagnosiana in
fatto di scienza statistica fu a lungo discussa dai pie illu*
stri economisti siciliani, e fra questi dal Ferrara, dal Perei»
dair Amari, dal Mortillaro e dal De lÀica. Noi crediamo di
riprodurre tutu questa parte del proemio, perchè ci svela
r amore grandissimo con cui questa- scienza è trattata ia
ogni parte d'Italia.
« Venuto alla luce il Giornale di Statistica di Palermo
del professore Ferrara con due articoli in quello inseriti
Sulla teoria della statistica secondo Romagnosi^ ritornò a
discutere sulla necessilk di un tipo normale (S), concbia*
dendo che quello immaginato dal Romagnosi non è possi-
bile, poiché r idea di un tipo è unita all' idea di paragone,
Tidea di paragone a quella di due elementi per proferire
un giudizio che non può proferirsi, perchè dallo stato al-
tuale della società non può argomentarsi quello dd suo fu-
turo in cui dovrebbe rinvenirsi la perfettibilità^ che essendo
progressiva ed infinita non ha limite in cui possa rinvenirsi
il tipo normale^ sia che voglia argomentarsi da qualilk po-
sitive, sia che voglia dedursi da qualità negative.
* A quest' ultimo pensamento non fece eco il sig. Amari»
{i) lì solo forse fra gli statistici stranieri che citi Romagnosi
è il signor Saverio Heoschiiog nel sno Manuale di Statistica er-
nografica universale, pubblicato in Brasselles nel i847. Onore al-
l'Henscbling/
Osserviamo a questo proposito che il Dizionario delV Economia
Politica di Coquelit^ e Gwillauminf metiire tratta di lun numero
infinito di ^scrittori di scienze sociali , non fa motto di un Roma-
gnosi . . . Imperdonabile dimenticanza t
(2) Fase. I, p. i, fase U e 111, pag. 212.
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il qotle trattando pare nelle pagine delb stesse giornale,^
Dm difetU $ dette rifotme delU $tati$tkhe di deUtti e di pene^
accennò al aUa neeessità di un modello ideale del perfetto
cMle^ e concbiuse che è possibile di ritrovarlo, poiché cìq
che è necesiorio è poesibile (i). Cosi egli scrisse a queslQ
proposilo: e L' impossibilità di saper sin dove giangeranop
nella loro escogitabile perfexione la sapienza^ la volontà ed
il potere dell' nomo ^ lungi dal far conchiudere che non s^
potrà mai sperare di disegnare questo modello del perfetto
civile, secondo io credo, dà la chiave del grande enigma^
6 se non m'inganno scuopre l'idea profonda e radicale del
tipo normale, il quale in una formola astratta ma conpren-
sìbile e chiara si può definire: Lo itato perfetto dfiUa so-
^tà eiier quello in cui neaun impedimento reità fid un
perfeuonamento progreaioo^ indeterminato^ illimitato fi sem-
pre creecente ».
> e Con questo principio (segue il testo) cadono tutte le
obbicuoni sull' impossibilità di conoscere i lìo^iti della per-
fezione umana, perchè allora è perfetta la società quandp
giunge allo stato in cui possa sempre migliorare e perfe-
zionarsi, senza altri ostacoli che quelli che la natura fisica
e morale le oppose: nel non aver limiti sta il perfetto,
quindi per trovarne il tipo non fa duopo immaginare uno
stato in cui gli uomini in società abbiano aggiunto all'ul-
timo grado nel sapere, nel volere e nel potere. — Al mo-
mento in cui vi arriverebbero, comincerebbero i limiti, e
terminerebbero di esser perfetti; cosi non si dee più par-
lare di un tipo negativo o positivo, ma resta un tipo pro-
gressivo ».
> Air esposta teoria rispose il Ferrare, cioè di lessere
€ impossibile supporre progresso dove non siano ioapedimeoti
a superare, di modo che lo stato io cui il progredire non
(1) Fase. iZ.\ pag. HO.
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sìa impedito ( cioè sia possibile ) sarebbe appuntò lo stato
in cui il progredire è impedito. Nell'ordine fisico (comi*
nua egli) come nel morale, dovunque applichiamo l'idea
del progresso dobbiamo figurare una sfera di opposizioni ,
ed il progresso consiste appunto nel superarle. Se voi amate
di cancellarle, se supponete che più non esistono, distrug^
gerete con questo solo V idea del progresso. — Potreste mai
conoscere il movimento di un carro, ove annulliate per poco
le idee della gravith dei corpi e della resistenza, ecc. Po*
tete mai concepire V umanità che si avanzi senza concepirò
ad un terhpo V esistenza di forze che le contrastano V avan^
zarsi? In che altro se non nella distruzione di queste forze,
l'avanzarsi consiste? *.
» Un terzo autore, il sig. Perez, scrivendo anch' egli nel
ripetuto giornale della Idea del perfetto civile riguardata
come norma della statistica (4), non seppe acquetarsi né allo
scetticismo del primo, uè alla definizione del secondo, e
conchiuse da canto suo: aver la società per fine il tutelare
e proteggere le competenze de' consociati, essere dunque
perfetta quella società che non offre ostacoli, ed anzi dà fa*
cilitazionì all'esercizio di queìle, le competenze riducendosi
tutte al dritto di proprietà, essere nel loro complesso rap-
presentate dall' armonia dei poteri sociali: racchiudere adun-
que lo sviluppo possibile dei poteri esistenti l' idea normale
del perfetto civile che può prenderai per norma della sta*
tistica.
» Finalmente il mentovato signor Ferrara, in una sua
Memoria pubblicata ancora nel più volte detto giornale (2),
intitolata DeW unico modo in cui forse si potrebbe oggidt
avviare utilmente la scienza della statistica^ abbraccia un
tipo di fatto ^ dicendo i.^ che precipua ed indispensabile
(i) Fase, i4.^ pag. i97.
(2) Fase. 17.% pag. 275,
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eondixiooe per otteoere che una staiisUoa esprima lo stato
aiiuale di uA popolo, è di limitarla allo studio degli effetti
ebe 8» risentono dagl' individui componenti quel popolo ;
S.^ che diretto in tal modo il paragone tra un popolo e
r altro, si viene a rendere logicamente possibile fuso di.
un Upo di fattOy abbastanza sicuro, affatto superiore a' dub*
bìi che si aggirano sul tipo della perfezione ideale; e 8.^
che nel cercare e fbrmolare i sommi fenomeni in. cui si possa
lettere ad evidenza il compendio dei mali individuali, con-
sisterebbe una buona statistica. .
» Quanto alle cause, che l'autore in sostanza poi 'non
esclude dallo studio della statistica, giudica che la questione
del tìfo sparisca, poiché non si tratta di paragonare, ma si
bene di spiegare i fenomeni dei fatti sociali, ciò che ri*
chiede sana logica e cuore retto.
» Ora secondo noi giudichiamo, proponendosi la statistica
di descrivere i fatti interessanti dì uno Stato per renderlo
perfetto, è mestieri senza dubbio che concepisca un mo«
delio ideale di uno Stato perfetto. Se la statistica, rilevando
i latti interessanti di uno Stato, non mirasse ad iromegliarlo,
rioscirebbe inutile, riducendosi ad una compilazione di fatti
eseguita unicamente per appagare la curiosità. Se poi non
prendesse le mosse dal modello ideale di uno Stato perfet-
to, riuscirebbe certamente dannosa, operando senza guida
dcuna.
» La scienza che fornisce alla statistica codesto modello
ideale è la filosofia ctpi7e, la quale fondata sulle attinenze
eostanti dello spirito limano e della esteriore natura ^ e av*
valorata dalla storia delle nazioni, non poggia sulle astrat-
tezze ma su* fatti.
> Il signor Ferrara opina che non si può concepire il mo-
dello ideale di uno Stato perfetto, perchè il progresso della
specie umana è illimitato*
> A ciò si risponde:
> I.® Il progresso della specie umana si dice illimitato
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nel senso che non gli si possono assegnare preeisi eonfini^
non nel senso che non vi si possa assegnare alcun limite.
E veramente » risultando il progresso dalle reiasioni dello
spirito umano e dell' esteriore natura, ed essendo limitati si
r uno ebe V altra, il progresso della specie umana è circo*
scrìtto dentro dati cooOni. Gli uomini essenzialmente imper*
fètti non giungeranno mai a percepire il vero, ad operare
il buono, ed esprimere il bello senza alcun difetto, e non
possederanno mai tutta la somma delle utilità. La ignoranza,
la scelleraggine, la mancanza di entusiasmo, la povertà, la
malattia si potranno scemare ma non togliere, essendo i mali
insiti alla natura umana.
» S.^ Il progresso non è illimitato nella qualità, avendo
la specie umana sempre gli stessi bisogni e le stesse ten*
denze: ma nella quantità, potendo più agevolmente, più
rapidamente e più dilettevolmente soddisfare ai bisogni e
alle tendenze. Il modello ideale di uno Stato perfetto avrebbe
un punto fisso nella qualità dei bisogni e delle tendenze
della specie umana regolata da leggi costanti, e non do-
vrebbe supplire che alla quantità.
> Osservando una innumerabile serie di fatti qual'ò quella
che ci offre la storia degli Stati, la filosofia dvik può giuQ«^
gore ad indicare la meta dell' incivilimento degli Stati, senza
aver mestieri di passare a rassegna tutti i modi particolari
mercè dei quali si possan soddisfare più agevolmente più
rapidamente e più dilettevolmente i nostri bisogni e le no-
stre tendenze.
9 La seienza dall' attuale argomenta il ponibile, sdbbene
non possa contemplare il possibile cosi circostanziato eome
r attuale.
• A confermare l'esposto giova il riflettere che quan-
tunque le scienze e le arti sieno illimitate, nondimeno il
filosofo e l'artista ne possono concepire li modello ideale.
» Il signor Ferrara intende supplire al difetto del mo-
dello ideale di uno Stato perfetto, per mezzo del paragone
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66
di qnanto hanno di perfetto gli dtri Stati senza conoscere
io che consista la perfezione di uno Stato ? E come si può
conoscere in che consista la perfezione di uno Stato senza
aver presente il modello ideale di uno Stato perfetta^
» n modello ideale di uno Staio perfetto sorge dalla
osservazione delle leggi costanti della specie e del modo
come si sviluppano, dal paragone di varii Stati in ciò che
hanno di meglio,. che ^rh conosciuto considerando il fine
della slessa specie umana , e dell' ampliamento iotellet-
toale > •
9 II signor Amari vuole che il modello ideale di uno
Stato perfetto consista nella rimozione di tutti gli ostacoli.
Egli ripone dunque il modello ideale di uno Slato per-
fetto nell! impossibile, poiché essendo la specie umana essen-
zialmente limitata troverà sempre ostacoli fuori di lei e
dentro di sé stessa.
» Il signor Perez assume che il modello ideale di uno
Stato perfetto è lo stato reale, non potendo esser differenza
alcuna da ciò che è a ciò che dovrebbe essere, derivando
tanto ciò che è, quanto ciò che dovrebbe essere, dalle re-
lazioni dello spirito umano con la natura esteriore. '
> Le relazioni dello spirito umano con la natura este*
riore se non cangiano nella qualità, cangiano nella quantitl.
n modello ideale di uno Stato perfetto consisterebbe nel
concepire atteggiate queste relazioni nel modo più perfetto
che si possa per lo possibile immegliamento della specie
umana. L' illustre Romagnosi accennò qual sia il tipo ideale
di uno Stato perfetto, e noi crediamo che egli abbia colto
nel segno (I).
(4) Sono pregeroli, sa qaesto argomento, doe scritti. Tono del
car. F. P. Mortillaroy intitolalo Proposta di questioni sulle teorie
statistiche di Momagntìsi (i843), e l'altro del sig. OtUrio Viola,
intitolato IHscussioni per una teoria della Statistica (1846).
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66
» Ma i pensieri di lui non thher segnaci oltremonii, e
dovevano attender tempo non breve per trovare un'altra
mente italiana, che avesse saputo trarne vero ed essen-
ziale vantaggio; spogliandoli bensì dalle astrattezze, che non
puossi non convenire di esistere nei modi romagnosiani, ri-
ducendoli a studio elementare atto a guidar con passi fermi
la gioventù nel difficii sentilo della scienza; non che ad
ammaestrare con facii metodo coloro che per ragion di
ufficio son preposti alla compilazione dei lavori statistici, o
quelli che per privato inleresse o per particolar gusto ne
imprendono lo studio.
» Codesta mente, noi lo diciamo con asseveranza, fu
quella del professor Placido De Luca, il quale con la po-
tenza del suo ingegno seppe ordinare le idee dell* illustre
piacentino, mentre con nobile ardire venne talvolta a criti-
carne i dettami là dove credette utile alia scienza di prati-
carlo, secondo la sua maniera di vedere (4).
» Or la base del suo lavoro sta tutta riposta nella de-
finizione che egli dà della statistica; il rimanente non è che
una logica conseguenza. I sensi della definizione son que-
st'essi:*
« La statistica è la esposizione per via di quantità nu-
meriche, in quadri o prospetti, de* modi di ess«;re degli
uomini e delle cose di un dato paese; o la esposizione dello
staio fisico, morale, economico e politico di un dato po-
polo ». ,
» Romagnosi aveva detto ( quistione I.* ) che sotto il
nome di statistica in generale vuoisi significare comunemente
la esposizione dei modi di essere^ e delle produzioni inte-
ressanti delle cose e degU uomini di un dato paese. Poscia
aveva soggiunto ( quistione li.' ) che il genere di notizie alle
(i) V. De Loca: Principii elementari di Statistica , Napoli»
1847.
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quaU ri suole per antonomasia applkare il no^e di ita-
Ustica, quello è che ri riferisce allo stato economico ^
morate e politico di un dato popolo , etabUmente fissato
su di un dato territorio, condente e in civile colleganza.
» 11 De Luca giudica che la prima oozione del Roma-
gnosi risguardi la biatistica in sé alessa ( ciò che vuoisi in-
tendere il modo com' essa prooede e gli oggetti su cui pro-
cede ), e che la seconda accenni ^lla materia di che deve
comporsi, affermando che V un modo dì definire può sosti*-
tuirsi air altro, o compenetrarsi tutti e due. Poi ampliando
il circolo statistico tracciato dallo slesso Romagnosi, vi com*
prende lo stato fisico, conchiudendo che per mexzo della
analisi scorgesi bene che i modi di essere degli uomini e
delle cose d* un dato paese, si** traducono nello stato fisico,
morale, economico e politico di un dato popolo.
» Ponendo a raffronto le due definizioni veggiam di
leggieri risultarne due differenze essenziali: la prima che in
quella del De Luca si fa mollo del linguaggio e della forma
estrinseca della statistica, di cui si tace nell'altra di Roma-
gnosi: la seconda che il De Luca risguarda lo stato fisico
come necessario ed indispensabile alle statistiche, mentre il
Romagnosi lo trascura.
> Romagnosi in vero non si dichiara in maniera precisa
soli* articolo del linguaggio, ma quando disse modi di es-
sere, pare implicitamente che non volle limitar quello alle
sole cifre numeriche, giacché t modi di essere sono certa-
mente le circostanze che ci fanno apprendere, più che la
quantità, la qualità delle cose nel momento in cui cadono
sotto i nostri occhi ed offronsi alla nostra osservazione. Ma
la qualità delle cos^ non può esprimersi in tutti i casi pos-
sibili con cifre, meno che non si crei un linguaggio con-
venzionale di termini numerici che esprimano in un modo
qualunque la qualità delle cose; e siccome questo linguag-
gio convenzionale par che non sia possibile d'inventarsi, o
almeno sin oggi non è stato inventato, così possiam con*
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58
chiudere che in quello a cui può aceennare iì Romagnosi
debbano inlendersi inclusi tanto i termini numerici per
esprimere le quantità ^ quanto le descrizioni letterali per
indicare le qualitk. Né par che pur egli abbia posto in non
cale la forma estrinseca delle statistiche, che anzi al ca-
po 11. della quistione VIU/ espressamente ne tratta, e vuole
che le parti materiali di quelle si compongano 1.^ di una
carta generale e sommaria di tutto il paese con i relativi
quadri numerativi e complessivi; 2.^ di carte particolari
specificate con i loro quadri enumerativi, ma rispettivamente
complessivi.
» Rispetto allo stato fisico, che il De Luca giudica in*
dispensabile e necessario allo studio della statistica, è da
osservarsi che il Romagnosi,' mentre nella definizione dice
modi di essere delle cose^ ecc., ciò che includer può lo
stato fisico^ poscia in una avvertenza della sezione III.^
della quistione suddetta, nelhi quale tratta di proposito delle
porti di una statistica plenaria e come devono queste es-
sere riferite, consente all' opinione di coloro che giudicano
di essere una (opogrra/fa statistica; ma esplicitamente av«
verte che questa debba avere un aspetto diverso da quello
delle geografie o geologie. Poi non tralascia di dire, che gli
espositori delle statistiche non hanno pensato che se la geo-
logia, la botanica, la zoologia hanno un oggetto materiale
comune cop la statistica, esse però hanno il loro oggetto
logico 0 tecnico che le distingue e le qualifica o le simme-
trizza in una data maniera ; — che ogni scienza consiste nel
conoscere ciò che vogliam safere nelle cose e non nel cono-
scere tutto ciò che esiste nelle cose ; — che questa distin-
cione , non conosciuta dagli statistici , ha gettato nei loro
prospetti un aCkstellamento nocivo, nell'atto che ha fatto
Irasandare l'aspetto proficuo; — che se nella geografia,
nella botanica noi incominciamo dalla natura esteriore per
venire alla mente dell'uomo, per lo contratio nella statì-
stica dobbiamo incominciare dalle esigenze dell' uomo per
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69
fenire ai niem di soddisfiaioDe più o meno preparati e
Mnmidisurali dalla natura; — che non Tale il dire, la mira
per eoi si procede a segnare queste topografie essere ap-
punto r interesse umano per la ragione che si eonsiderano
i partieolari fisici per la loro prossima o rimota influenza
in bene o in male sull'uomo, giacché queste influenze sono
spesso dispotabili e congetturali, molle irreformabili dall' u-
mana potenza, e però rimangono come oggetti di mera cu*
rìosità, e molte non esigono alcun uflBcio della autorità so-
ciale, e perciò sono fuori della sfera delle veramente civili
statistiche.
> Nò qui si arresta, che seguendo il filo del suo ragio-
namento sostiene, che a varie topografiche esigenze gli uo-
mini si accomodano da sé stessi senza bisogno di suggeri-
menti: se mangiano quando hanno fame (son sue parole),
e si cuoprono quando hanno freddo, essi pure accendono il
lume quando manca la luce del giorno, né avvi bisogno di
misurar V altezza dei monti per farli accorgere dei loro bi-
s(^i e provvedervi come si può ; — che la geografia fisieai,
la geologia, la botanica, la zoologia, la cognizione delle
acque termali e minerali, ecc^ sono cose ottime ad esser
conosciute dallo statistico, e sono ausiliarie alla statistica ci-
vile, ma esse non debbono, in massima, far parte della di
lei esporizione, epperò la loro fisica influenza sul bene o
malessere umano non può servir di pretesto per introdurlo
nella esposizione medesima.
» n De Luca, a sostenere il suo assunto, mette innanti
fra gli altri un argomento che trae dalla stessa definizione
di Romagnosi là dove questi dice, che la statistica é Vespai
rizkme de* modi di essere, ecc., delle eoie e degH uomini (4 ).
In queste parole egli vede chiaro che va certamente com-
(i) V. De Luca: Iniroduzione ai sopra cttaH PrineipU di Skh
tiiUea, pag. 45.
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60
preso Io stato fi$ieo o naturale d$l paese i^ limitato beosi,
come poi scorgesi nel corpo della sua opera ^ a certi dati .
rilevanti che hanno una influenza più -immediata sul ben
esserere d^lla società, e da riputarsi utili n^ solo senso
di essere riferibili agli abitanti, alla industria, alla salu-
brità, ecc.
* Ma qui fermando la nostra attenzione, che Io andar
più oltre è superfluo quando ciò basta per offrire un im-
portante problema, noi domandiamo: qual'è dunque la ca-
gione di queste divergenze che pur rinnovansi ad ogni istan-
te sulle parti che compor debbono le statistiche civili?
» Noi siamo trepidanti a dare una risposta a questo sca-
broso quesito, nel ipomenio in cui veggiamo scender nel
campo della lotta i più insigni scrittori della materia ••
L' autore dopo aver dimostrato le dissidenze che tuttora
sussistono suir idea madre, o diremo meglio, sqllo scopo su-
premo a cui deve tendere le civile statistica, esprime fran-
camente le sue idee. Eccole:
« La nostra teoria viene annunziata secondo il nostro par-
ticolar convincimento, il quale è quest'esso: che TulBcio
della statistica civile è quello d' indicare il grado di inci-
vilimento in cui si trovi un dato popolo, convivente in iiti
dato territorio ed in date circostanze.
» Or siccome 1* incivilimento in ultima analisi significa
la maggior soddisfazione de' bisogni e delle esigenze del-
l'umana specie, cosi è questa soddisfazione che la statistica
prende di mira; e quel che più giova si è che la norma
direttrice, la quale abbiamo aflidata più indietro alla filosofiii
civile^ sorge spontanea, ovvero ha un punto certo di par*
tenza nella natura di quelle esigenze e di quei bisogni me*
, desimi, i quelli comunque svariatissimi appajono, pure si
circoscrivono in pochi capi che tutti comprendono, e che
possono ridursi a sette, come qui appresso:
I. La Consociazione:
11. La Riproduzione:
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64
ni. La Sussistenza:
IV. La Consbrvazionr:
V. Il Sapere:
VI. Il Seiitire:
VII. L' EQVA liberta' E SICUREZZA.
> lì soddisfaciménto di queste urgenze della vita umana
forma appunto il principio direttivo delta statistica, e fissa gli
oggetti del suo studio» poiché la consociazione non può av-*
verarsi senza il territorio, ed avverata, forma la popolazione;
eeeo i primi oggetti della statistica: ì^ riproduzione fa emer*
gere il movimento della popolazione; la sussistenza risponde
allo stato economico ; la conservazione allo stato sanitario ;
il sapere allo stato intellettuale; il sentire allo stato morale;
V equa libertà e sicurezza allo stato politico: eeeo tutti gli
filtri oggetti che ne chiudono il quadro; oggetti di alto iù^
teresse scoiale, connaturali ed omogenei nel punto di veduta
del nostro studio^ che senza riguardarli nella loro intrinseca
natura per sapere tutto ciò che in essi esiste, si limita a
sceverarne quelle parti estrinseche che hanno una diretta
influenza sulF incivilimento de' popoli, il quale sempre ri-
sdlvesi nella miglior soddisfazione de' bisogni deli' umana
specie, e nell'appagamento delle esigenze di lei. -
9 Ora a questi bisogni ed a queste esigenze corrispon-
dono , secondo noi , le sette peni della statistica stessa , le
quali sinteticamente enumerate e pur ridotte a sommi capi,
sono le seguenti:
I. Il Territorio e la popolazione m numero:
II. La Popolazione nelle varuzioni del numero:
IIL Lo Stato economico:
IV. Lo Stato sanitario:
V. Lo Stato intellettuale:
VI. Lo Stato morale:
VII. Lo Stato politico.
» E le umane esigenze e gli umani bisogni essendo in-
variabili e costanti possono esser più o meno soddisfatti , ma
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62
non mai cambiano di natura. Questo più o meno di soddi-
sfazione è ciò che dà la misura del grado d' incivilimento,
ed è questo che la forma il compito della statistica ».
Noi non esitiamo a dir buona questa nuova forma di
descrivere il modo di essere di un dato popolo. Soltanto
vorremmo che sotto le due rubriche, territorio e stato eco-
nomieo^ si abbiano a comprendere tutte quelle parti della
statistica che si rìferiseoiip alla produttività del paese nel
senso più largo della parola, e sotto la rubrica sfato poUtico
sì descrivano tutte le funzioni dd magistero pubblico in tuue
le sue eivili attinenxe.
Del resto noi troveremo nella trattazione deir opera tutto
quello sviluppo pratico ddla teoria die solo di volo potè
indioarai nd proemio. Solo desideriamo che T autore trovi
modo di poterci spedire come gli è riuscito questa volu
i suoi lavori e quelli dei suoi dotti eolleghi da cui più che
dal mare ci sentiamo divisi da una muraglia di bronzo, ad
onta dei piroscafi, delle ferrovie e dei telegrafi elettrici che
tutto portano e tutto annunziano, fuordiè le opere che si
pubblicano nd regno delle Due Sicilie*
G. Sacchi
GEOGRAFIA E VIAGGI.
mtndi deUe SMletà i^M^raftehe di Parlai «
«1 I^ondni, di Berlin* e di Vlenii» neU^aniM i8M.
MJ anno 1858 è stato poco fecondo in fatto di esplorazioni
geografiche.
Noi abbiamo voluto scorrere gli atti delle quattro So-
cietè geografiche di Parigi, di Londra, di Berlino e di Vienna,
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63
e non potemmo irovarvi alctm che dMmporUDte. Acceane-
remo soltanto le notizie più capitali.
La Società geografica di Parigi rettificò le notizie date
dal viaggiatore danese Kane^ ftulla formaziooe dei ghiacciai
nel Groenland. — Accolse con favore il progetto del cava»
liere Da Silva di pubblicare una raccolta di lettere inedite
di Americo Vespuccìe — Il geografo Jomard comunicò il facr
simile di una carta geografica del Giappone eseguita dai
Giapponesi.
La Società geografica di Londra si occupò delle nuove
esplorazioni Tatie dagFInglesi nella China, e de' nuovi viaggi
che si vanno tentando nel centro dell'Australia.
La Società geografica di Berlino ebbe da Alessandro
Bnmbold la comunicazione di una lettera dalla quale si
può sperare che Tardilo viaggiatore Vogel che si addentrò
nel cuore dell'Africa aia tuttora in vita. — Lo statistioo
Mahlmann illustrò il piccolo territorio di Arensbergi il quale
conia 4043 abitanti per ogni miglio quadrato tedesco. Que-
sto agglomeramento di popolazione che è un fatto comune
per la Lombardia fu giudicato come un fatto maraviglioso
pei dotti statistici della Prussia. E qui bisogna notare che
l'accennata densità di popolazione non. è per un (iittó di
vita agricola, come avviene da noi, ma è per un fatto in-
dustriale essendovi in quel distretto molti opifici pei lavori
in ferro ed acciajo, per fabbricazione di carta, di stoffe e
per lavori in cuojo.
La Società geografica di Vienna rese una ben dovuta
commemorazione alla coraggiosa Ida Pfeiffer che fece due
volte il giro del globo, e dopo i patimenti sofferti a Mada*
gascar giunse sfinita in Europa e mori il 37 ottobre 1858
nell'età di 61 anni. In seguito si occupò di tutti i lavori
topografici eseguiti nelle varie provincie della monarchia, e
rese conto del viaj^ che va tuttora facendo intomo al
mondo la fregata austriaca la Nofparu.
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64
NnoTl 0t«d|| per determinare la eonfl^nraalene
esatta della terra.
Lia misura degli archi del meridiano che venne più volte
falla su varj punti del globo^ ora si sta facendo anche nel-
r India. Fra i varj metodi che seguonsi per cosiffatta esplo-
razione, quello preferibile pare il meloilo astronomico.
Coir applicazione di questo metodo nella misura degli
archi del meridiano, si venne a riconoscere nell'India che
la curvatura esterna del globo terracqueo presenta in alcune
località forti eminenze ed in altre depressioni lùolio sensi-
bili. L'astronomo Prati dovette però accorgersi che le prime
esplorazioni fatte nell'India davano risultamenti poco esatti, e
credette riconoscere 1' errore nella deviazione del filo a
piombo cagionata dall' attrazione che esercitava sul filo la
massa enorme dei monti dell' Himalaya.
Gli studj sinora fatti nell' India per determinare la con-
figurazione del nostro globo sono perciò da ritenersi non at*
tendibili.
— ooo —
IVn.#¥e esplaraBlani nelle eaverne ossifere
desU Apennlni ll^nrl.
Jja Rivista Contemporanea di Torino ba pubblicato una
preziosa memoria del giovane naturalista Giovanni Capellini^
intorno alle esplorazioni paleontologiche dal medesimo ese-
guile in alcune caverne ossifere poste a Cassana poco lungi
dal golfo della Spezia. Egli descrive l'escursione da esso falla in
queste grotte di cui alcune furono altra volta esplorale, ed al-
tre furono dallo stesso Capellini per la prima volta scoperte*
Il diligente naturalista descrive tutte le reliquie ossee ivi
trovale, dalle quali scorgesi che in gran parte appartengono
ad animali del genere ursus.
Noi speriamo che la Società geologica ora insUtuita a
Milano farà nella stagione autunnale escursioni di stiMio e noQ
ometterà di visitare e di esplorare anche le grotte ora illu-
strate dal Gapelliui.
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lOLLETTlIfO DI NOTIZIS 8TATI8TIGHC ITAUAlfE E STRARIEaB
E DELLE PIÒ IWORTAUTI IIIVEIIZIOIfl E SCOPERTE
0
PROGRESSO DELL' riVDUSTRlA
■
DELLE UTILI COGNIZIONL
FisacoLo DI Gbmmajo 4859.
NOTIZIE ITALIANE
— OOO—
8«elet4 di Mata* S^eeors» contro I danni dello
i^roadine per le provlneie lombarde*
ProlocoUo deWJssembka generale dei Socj, 28 dicembre
1S58^ e Rapporli letti nella medesima. Milano 1859,
di pag. 56.
Rendiconto della gestione sociale de/I' orino 4858 tu pen-
denza del Bilancio finale. Un gran foglio litografato.
hje nel 1857 si ebbero a deplorare danni straordinari
prodotti dalla grandine, ben maggiori ancora ne avvennero
nel decorso 1858, per cui la Direzione della Società Tu co-
stretta a chiamare un secondo versamento di centesimi 85
per ogni lira pagata per fondo di prima garanzia; contro il
quale sulle prime insorsero molte e gravi opposizioni, le
quali in gran parte erano a prevedersi, come osserva il
Direttore della Società, ingegnere Cardani, attesa la ripu-
gnanza che in generale si spiega quando si domanda un
pagamento in nn tempo in cui, cessato il Umore del peri-
colo, sembra mancare il corrispettivo del pagamento stesso.
AmiALi, Statistica, voi. XX J, serie' 2. 5
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66
Gli animi però si calmarono, i pagamenti si vanno ora gra-
(laiamente effettuando, essendo già compiuti per oltre due
terzi, e si può ragionevolmente sperare assicurata la vita di
una si utile associazione, la quale, come asserisce in al-
tro luogo lo stesso Cardani, fu posta nelle più difficili con-
tingenze per essere stata la trascorsa annata enormemente
calamitosa.
La fiducia però che la Direzione e la Amministrazione
della Società seppero ispirare, fece si , che a malgrado di
alcune discussioni alquanto vivaci, l'adunanza del 28 di-
cembre ebbe un andamento regolare, e ne rassodò in certo
qual modo la sua esistenza. Venne presieduta dal conte Gae-
tano Bargnani, il quale « diede un breve cenno degli eventi
verificatisi durante Tannata, dai quali trasse argomento per
atìimare i Soci a vie maggiurmente sostenere l'istituzione
che onora il nostro paese, e nella quale stanno le speranze
dell'agricoltura, i maggiori vantaggi materiali e morali pei
proprietari e gli agricoltori. Raccomandò quindi a questi di
stringersi vie più nel fraterno patto del reciproco soccorso,
per rafforzare in mezzo alle presenti difficoltà l' istituzione,
ed assicurarle quella prosperità e stabilità che è desidera-
bile per gli interessi di tutti e per la gloria del nostro
paese. » Ma ben più distesamente si discorre degli avve-
nimenti del decorso anno, nel Rapporto del Direttore, dal
quale si rileva che il numero dei Soc^ che nell'anno ante-
cedente era di 5723 , in quest' anno giunse a 8704 , ed i
valori assicurati ascesero a L. 55,830,386, sorpassando di
quasi 8 milioni la cifra assicurata nell'anno antecedente, per
cui tenendo calcolo del ribasso dei prezzi dei generi , si
potrebbe calcolare circa un terzo di aumento. Lesse poi la
storia dei gravi disastri prodotti dalla grandine; delle dif-
ficoltà che insorsero nella loro verificazione, dei conseguenti
reclami, e dei meui adoperati affinchè ogni cosa dovesse
procedere a norma dei dettami della legalità e della giu-
stizia. Furono denunziati e riconosciuti oltre 6000 danni,
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67
ripartiti so èirca 4000 Soci, ed i compensi accordali ai me-
dcaiaii ammontarono alla somma di L. S,656,606, d'onde ven-
ne la necessità di un pagamento addizionale, di cui abbiamo
tao cenno. Discorre delle difficoltà incontrate per tale se-
condo pagamento, e come queste sieiio andate gradatamente
dileguandosi, e concbiude facendo voti affinchè continui il
fiivore con che fu accolta finora questa utilissima istitu-
zione.
Nel Rapporto del Consiglio di Amministrazione si dà par-
ticolarmente notizia del sistema delle Agenzie, che si é cer-
cato di moltiplicare, e rendere nello stesso tempo più eco-
nomiche; della grazia ottenuta dal ministero delle Finanze,
ebe la Società sia esonerata dall'obbligo di apporre il bollò
ai registri, ai libri di annotazioni interne ed alle polizze, e
solo un bollo di favore alle notifiche, da cui la Società ot-
tiene un risparmio di oltre L 30,000 annue, e spera potrà
anche ottenere la restituzione di quanto per tale oggeuo era
stato pagato nell'anno antecedente. Fa poi cenno di po-
che eause pendenti presso i tribunali; della chiamata di
ira secondo versamento, dal quale risulterebbe un so-
prawanzo attivo di quasi 130,000 lire, da disporre a norma
dello Statuto, e delle probabilità che il medesimo nel ren*
diconto finale possa riuscire anche maggiore; delle varie
tpeae occorse, nelle quali si procurò sempre il maggior ri-
sparmio ^ e finalmente delle riforme allo Statuto che ven-
gono sottoposte alle deliberazioni dell'Asseroblea.
L'ultimo rapporto letto fu quello della Commissione de-
legata alla revisione* del conto e bilancio 4857, nel quale
dopo essersi brevemente accennato alla origine ed incre-
mento delle Istituzioni di mutuo soccorso, citando con cor-
tesi parole quaifto su tale argomento venne esposto in que-
sti Annali, si espone colle dovute lodi l' ordinamento eco-
■omico-amministrativo della Società, ed esaminati aitenta-
aaeote i libri, si trovò nulla a ridire sul resoconto presen-
talo dalla amministrazione, dal quale risulterebbe un introito
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68
di L. 1,802,147.12, ed una spesa di L. ^,756,817: 00, per
cui vi sarebbe un sopra vvanzo di L 46,880. 4S. Si tribù*
tano giuste lodi alla Amministrazione per la economia usada
nelle varie parti delPazienda sociale, facendo osservare che
le spese di amministrazione, unitamente a quelle di primo
impianto, non importano che L 4, 43 per ogni cento lire
di incasso, mentre sì suole calcolare in altre società ir 5
per cento per la sola amministrazione, escluse le spese stra-»
ordinarie; e venendo a qualche particolare si fa conoscere,
con una ingegnosa tabella, ritrarre gli agenti delle Compa*
gnie a premio fisso proporzionatamente un compenso dop«
pio di quelli della mutua, sebbene questi ultimi abbiano
incarichi più gravosi degli altri. In un'altra tabella, che noi
pure riportiamo (N. 4), si dimostra ohe nell'anno 4857, men«
tre le assicurazioni a premio fisso importavano complessi-
vamente per ogni cento lire, L. 6. 94, colla mutua non
ammontarono che a L. '4. 33, per cui si ebbe un risparmio
di L. 2. 68, e questo risparmio si può calcolare anche mag-
giore, riferendosi alle tariffe anteriori, le quali all'apparire
della nostra Società vennero sensibilmente diminuite, nella
speranza di potervi fare concorrenza. Vorremmo poter rife*-
rire più cose importanti che vi si leggono, ma per non di*
lungarci di troppo, solo trascriveremo le poche ma calde pa-^
role con cui si chiude il Rapporto.
« E voi, egregi Deputati, conservate sempre quel carat-
teristico accordo che tanto contraddistinse tutti i passati
Congressi. Calmi nelle quistioni, remissivi nelle individuali
opinioni, prudenti nel giudicare, generosi nelle delibera-
zioni, instancabili nel propugnare i fecondi umanitari prin^
cipii della Mutua Associazione, irremovibili contro i dissol-
venti raggiri di partito, franchi ed inesorabili contro i ma-
levoli denigratori e gli uomini di mala fede, il cui spirito
è l'egoismo e l'usura; i vostri voti sieno con ogni sforzo
congiunti e diretti al pubblico bene, e da questa savia pos-
sente unione vedrete assicurata la conservazione e la futura
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gfaodezxa di qaesia nobile , benefica e patriotica Istiiu-
lioDe. »
Palla la lettura dei suddetti Rapporti « si presentarono
alle deliberazioni dell'Assemblea alouoe riforme allo Statuto,
che l'esperienza fece giudicare opportune; e dopo qual-
che discussione vennero accettate, o quali erano state pro-
poste dàlia Amministrazione, o con lievi modificazioni. Fi-
nalmente si cstrassero a sorte i nomi dei membri del Consù
glio di Amministrazione e del Consiglio generale^ che dove-
vano cessare dalle loro funzioni; si fecero le nuove nomine,
le quali per la maggior parte non riuscirono che riconfer*
me, il che ridonda a lode della Società. Dopo di che si
sciolse l'adunanza, alla fine della quale il dott. Pavesi, in-
terprete dell'universale sentimento, esclamò: che le passate
Assemblee avevano cementalo la Società e che questa Vha
consolidala.
Ci è poi grato Io scorgere dal rendiconto, che sebbene
nell'anno 1858, come si è veduto, i disastri prodotti dalla
grandine sieno stati gravissimi, pure l'adequato della con*
tribuzione risulterà di circa L. 5. 76 per ogni cento lire ,
per cui si avrà ancora più di una lira di risparmio in con-
ironto delle assicurazioni a premio fisso. Cosi pure essersi
ottenute alcune economie sulle provvigioni e sulle spese di
amministrazione, proporzionatamente agli incassi; e che le
attività ammontarono a L. 3,244,489. 69, e le passività a
lire 3,085,374. 26, per cui rimane un sopravvanzo di lire
439,146. 43, di eui poi si darà conto nel bilancio finale,
nel quale queste cifre potranno soffrire qualche variazione
in causa delle sopravvenienze attive e passive. Dallo stesso
bilancio abbiamo desunto un prospetto dimostrante per
quanto concorse ognuna delle otto provincie, che presero
parte all' associazione, a formare i 55,830,386 di valori as-
sictirati, aggiungendovi la proporzionale per ogni cento lire
dei medesimi valori (N. Il); ed un altro prospetto che pre«
senta la proporzionale parimenti per ogni cento lire dei varii
generi assicurati in ogni provincia, e complessivamente (N. 111).
Porremo fino alle nostre parole col rallegrarci dei favore-
voli risultamenti ottenuti da questa importante Istituzione,
e col ripetere i nostri voti, già espressi nello scorso anno
in questi Annali, affinchè possa estendere ad altri oggetti la
benefica sua azione di reciproco soscorso.
F. Sanse^erinOé
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70
N.^I.
Prospetto dei premU pagati alle Compagnie a premio
ptso, in confronto a guelli pagati alle Società di
JUutuo Soccorso, compreso il i.^ e 2.® fondo di ga-
ranzia^ nelV eserdsio del 1857.
Adequato
Adequato
Alle Compagnie
1
^a le 3 categorie
fra la pianura
a premio &S0
Generi
delle coinp.
e la collina
ci pagarono
assicarabili
a premio fisso
dei prenij pagati
alla mutua
io più
Foglia gelsi •
L. 8,00
L. 3,25
L. 0,75
Ravettone •
» 4,60
> 3,36
• 3,26
Frumento
1
Segale
> 4,60
> 8,00
> 4,60
Orzo . .
Avena • .
Lino • • ;
> 6,00
• 8,00
. 3,00
Grano turco
> 5,50
> 8,63
> 4,88
Legumi • • •
> 6,50
> 8,63
> 3,88
Riso • • •
. 7,ao
. 6,76
• 0,45
Canape . • .
> 12,00
. 6,75
> 6,85
Uva • • »
> 44,00
. 7,76
• 6,86
Somn
Da L. 63,30
L. 88,99 .
L 38,34
Adequato dei dì
versi
prezzi delle tar
iffeL 6,91
L 4,88
L. 3,68
N.^ II.
Prospetto della quota contribuita da ogni provincia alla
mutua assicurazione, colla proporzionale per ogni
cento lire di assicurazione complessiva.
Proviocie
Mantova • •
Brescia . •
Bergamo
G>mo • • •
Lodi e Crema
Cremona • •
Pavia • • •
Proponionate
Valori aasieorati
per ogni lire 100
L 44,573,091
36,40
> 40,483,796
48,24
> 4,895,306
8,76
> 4,984,575
8,98
> 4,067,448
7,29
> 5,490,738
9,80
> 8,809,459
6,82
• 8,427,978
44,66
Somma . . . . L. 66,830,386
L 400,00
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71
HI.
Protpello proporsionale dei varii generi assicurati nelle singole
Provincie, e eomplessivamenle, per ogni cento lire.
g
03
1
Prodotti
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CB
asstcnrati
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Orio
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0,03
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0,50
0,10
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11,47
24,03
0,93
5,K2
Granoturco
16.07
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51,20
30,62
15,52
16,59
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3,19
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Fan, Le-
»
gumi
0,13
1,65
0,02
—
0,03
0.05
0,24
0,02
0,ó(i
Melica
rossa
0.20
—
0,24
—
0,03
—
0.01
0,02
o,m
topini
0,04
—
0,08
0.02
—
—
0,02
—
0.0.1
Rìso
15,59
19,11
2,09
3,02
0,01
36,64
6,68
65,17
20.84
Mìglio
0,02
—
—
—
0.22
0,23
0,01
—
O.Ot
Cinape
0,01
0,53
—
—
0,04
0,11
—
—
O.H
FnilU pri-
matUccia
0,05
0,04
0^01
0,04
—
0,02
0,01
— .
0.03
FmUa iar-
da
0,02
0,08
0,41
1,21
0,07
0.88
—
—
0,'2ii
Ita
3,33
14.26
4,11
13,14
3,01
0,75
2,08
4,06 6.03
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
1
100,00
100,00
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72
nr^tlsle statlsttehe del distretto di Sondrle^
eapol«os# della Valtellina.
( Dall' Almanacco ValtelKiiese ).
Il distretto amministrativo di Sondrio, è composto da
Sondrio, capaluógo, e dalle comuni di Torre, Berbenno,
Acqua, Ponte, Postalesio, Chiesa, Colonna, Spriana, Tresivio,
Pendolasco, Montagna, Faedo, Piateda, Fusine, Lanzada, Al-
bosaggia. Castello dell'Acqua, Boffetto, Chiuro, Caspoggio,
bastione, Cajolo e Cedrasco.
Possiede una popolazione di 39,440 anime, che con-
frontata a quella del 4847, presenta la diminuzione di 33*15
abitanti, decremento che non può attribuirsi che alla man-
canza dei mezzi di sussistenza, siccome il distretto in cui,
abbondando la coltivazione delle vite, venne specialmente
percosso dalla dominante crittogama.
Appartengono al sesso maschile N.^ 14,746, al sesso
femminile N.^ 14,725. La popolazione maschile è distribuita
fra le varie professioni, come segue: sacerdoti N.^ 94, im-
piegati S37, persone addette al servizio sanitario 43, pos-
sessori di rendita in fondi 662, industrianti 335 , commer*
cianti 258, villici 43,486.
La superficie complessiva del terreno fruttifero del di-
stretto è di censuarie pertiche 600,884.' 98, divisa fra le
varie coltivazioni.
In Prati Perl. 40,786. 46.
24,445. 83.
26,986. 07.
13,222. 49.
488,476. 55.
304,969. 46.
2,325. 42.
» Campi .
9 Vigneti •
> Castagneti
» Boschi I .
» Pascoli •
> Paludi .
Pert. 600,834. 98.
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73
Secondo le tariSe deiresiimo stabile, veone attribuiio
per adequato ad ogni pertica censuaria, o ettaro di mille
metri quadrati, la rendita estimale di L 4. 47 al prato,
L 5. 04 al campo, L 6. 40 al vigneto, L 3. 40 al casta-
gneto,' L. 0. 90 al bosco, L. 0. 85 al pascolo, L 4. 40 alla
palude.
Il Toler determinare coi dati officiali o con notizie pri-
vate la quantità dei prodotti del suolo, è compito quanto
difficile altrettanto incerto, attese le variate coltivazioni an-
nuali.
Ad ogni modo, come neir intiera provincia anche nel
distrotto, di cui teniamo parola, volendosi pur desumere i
prodotti del suolo dall' estensione del perticato fruttifero a
norma delle suaccennate diverse coltivazioni^ si ha la certezza
che, anche negli anni più prosperi, il suolo coltivato a ce-
reali non può produrre quanto è necessario a mantenere la
metà della popolazione.
Dalle pertiche 24,445 coltivate a campo, computato pur
anche il prodotto secondario dei cereali che raccoglier si
possono nei terreni coltivati a vite, non si ritraggono al più
che in
Grani Ettolitri 86,800(4)
Pomi di terra .•••.. » ò,000
Prodotti d'ortaggio . • • > S,800
Frutti > 3,000
Ettolitri 46,600
(4) L'ettolitro del grano corrisponde a some 0» qaar. 5, mine i,
decimi 9, di Sondrio.
L'ettolitro del vino corrisponde a some 0, boccali 9i, decimi
% di Sondrio.
Il quintale metrico corrisponde a pesi 43, lib. 5, oncie 40» di
Sondrio.
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74
Somma retro Ettolitri 46,600
Le pertiche 13,2:13 di castagneti, se
si consideri il taglio di molte di queste
piante fruttifere avvenuto in questi ultimi
anni, appena possono produrre in castagne » 3,300
Totale Ettolitri 49,800
Da cinquanta a sessanta mille quintali di legna da fuoco
produrranno gli avanzi dei diboscati monti del distretto,
prodotto anche questo che di anno in anno vien sensibilmente
diminuendo.
Le pertiche 36,936 eoltivate a vi^eti, negli anni ante-
riori al 4851 prima dell'infezione della crittogama, produrre
potevano approssimativamente in vino • Ettolitri 67,334
in Aquavite » 673
Considerato anche che la metà di questo prodotto si
consumasse in natura nel distretto, ritraevasi dalla vendita
all'estero dell'altra metà, in effettivo denaro la somma di
austriache L. 520,000
À quintali 600 di gallette si può calcolare il
prodotto dei gelsi. Prima che l'iatrofia colpisse tale
rendita, importavasi oolla loro vendita la somma
di austriache » 200,000
Dalla vendita in formaggio, allievi di bestiame,
e pellami, ritraevasi pure dalle finitime provincie
lombarde l'approssimativa somma di • . • » 460,000
Totale dell'importazione in effttivo denaro. 'L/ 880,000
Le pertiche 40,786, coltivate a prato, producono per
adequato non più di quintali 200,000 di fieno, il quale
unitamente al prodotto dei pascoli vien consumato al man-
tenimento del bestiame che viene allevato per la coltiva-
zione del suolo.
Il bestiame nel distretto componesi, secondo l'uliima
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75
aoagnire, id cavalli N.^ 316, muli 104, tori SS» vacche 6139,
buoi S7S» vitelli 3467, asini 444, pecore 8888, capre 9001 ^
sauri 446SL
Dal 4847 a questa parte si verificò, dietro assunte in-
iònnazioni in pressoché tutti i comuni di questo distretto,
essere diminuito il bestiame di oltre una metb, e eiò in pro-
porxione maggiore nei comuni viniferi, in cui ebbe a man-
care il prodotto del vino.
Nesstina meraviglia quindi che scemato in proporzione
anche il concime, non si ritragga ora dal suolo il solito pro-
dotto neppure in cereali.
Gli ettolitri 49,800 di cereali basterebbero appena ad
alimentare la popolazione del distretto per sei mesi dell'an-
no, computato occorrere anche soli ettolitri 3 % di grano
per ogni ^individuo della classe agricola. A tale deficienza
sapplivasi colf acquisto deir occorente granaglia nella bassa
Lombardia, e colla vendita del vino e delle gallette introi-
uvasi il denaro per pagarne T importo, per far fronte a
tutte le necessità della vita, ed ai pubblici pesi erariali e
comunali.
Ora, da sette anni, in alcuni comuni mancò per intiero
il prodotto principale del vino; in altri scemò di oltre a
due terzi ; il raccolto non fu sufficiente pei bisogni intemi,
fu anzi necessario provvederne dall' estero.
Da due anni diminuì di oltre la metà la rendita dei
gelsi, e nel corrente anno fu maggiore la somma di denaro
esportata in semente che quella introitata per la vendita
dei bozzoli.
Nessun introito perciò di denaro, né pel vino, né pei
bozzoli; limitato quindi a quello solo che importar si può
dalla vendita dei prodotti del bestiame^ il quale pure scemò
d'assai in confronto degli anni precedenti.
Il distretto quindi, per oltre sette anni, potè dal proprio
suolo ricavare solo un quinto del prodotto ordinario e le
spese comunali, ciò non ostante, aumentarono più che due
volte tanto su quelle anteriori al 4854.
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78
Da un prospeilo del riassunto dei preventivi 1858 delle
città e comuni del distretto appare che le spese ordinarie
dei comuni ascendono ad 'L 446,336
Li interessi dei debiti capitali • • . • » 47,225
Le nuove opere in corso ••.••• » 94,899
Passività per diiTeren^ fra le rimanenze
attive e passive neir azienda del 4857 • . » 42,237
"L. 300,697
A fronte di questa complessiva spesa^ le comuni assorbi-
rono non solo le proprie entrate ordinarie in ^L« 69,245,
ma dovettero alienare proprietà comunali ed assumere altri
mutui passivi per la somma di austr. L. 90,750, ed aggra^
vare V estimo comunale di una sovrimposta di L. 440,702.. ..
L'estimo perciò del distretto che è di L. 452,279 è
aggravato dell'imposta diretta di aosL L. 204,438 in ragione
di cent. 42,55 ogni lira di rendita; dalla sovrimposta co-
rounale in L. 440,702 in ragione per adequato di cent. 30
ogni lira di rendita; sovrimposta che dovrebbe ascendere a
più di cent. 61, qualora la somma di aust. L. 90,750, im-
porto della vendita dei fondi comunali ed assunzione di
mutui, fosse stata sostenuta con maggior aggravio dall'estimo
pagante.
Oltre ai surriferiti pesi devonsi aggiungere le tasse dei
comprensorj instituiti a difesa dei fiumi, che nella città di
Sondrio ascendono pel fiume Adda, ogni anno, ad aust. L. 6,
ogni pertica censuaria, e nelle comuni di Colonna, Berbcnno
e Fusine ad aust. L. 5 pure per pertica; non che le tasse
di trasferimento immobiliare, le quali, in una provincia in
cui la proprietà è divisa in infiniti frazionamenti, risulta cinque
o sei volte più pesante che nelle altre della Lombardia.
Questi dati statistici comprovano evidentemente come
una sola metà della popolazione può alimentarsi col pro-
dotto del suolo, come il denaro che può essere introitato
dal distretto in questi anni di sterilità non basta a soddi-
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77
sfare le imposte erariali, essere quindi ineluttabile la ne-
eessiià in cui trovansi gli agricoltori, per sopperire ai bi-
sogni della vita, di continuare neiratienazione precipitosa delle
proprietà e del bestiame con detrimento assoluto dell' agri-
coltara.
MndJ mtmtimtiei «al moTliiieBto «•mmereUile
dello Stato
Da qualche anno il ministero del commercio di Roma
usa pubblicare rapporti statistici sul movimento commer-
ciale degli Stati pontifici Tutti conoscono che il sistema
che prevale in quel paese è il cosi detto sistema proteuivo,
il quale tende a favorire artificialmente V industria ed il
commercio nazionale. S'impedisce l'estrazione di moke ma-
terie greggio, s' interdice l' introduzione di merci estere o
le sì aggravano di forti balzelli e con ispeciali privilegi ed
esenzioni si tenta d'incoraggiare Io sviluppo di alcune in-
dustrie paesane.
Il professore Luciano Scarabelli ha preso ora ad esami-
nnre l'ultimo prospetto statistico relativo al movimento com*
merciale dello Staio romano per l'anno 4856, e ci comu-
nicò la Memoria che pubblichiamo. Essa offre un'idea esat-
tissima del movimento economico di questa regione centrale
della nostra Italia.
1.
Il commercio internazionale dello Stato romano pel 4856
fu maggiore che mai, e superò il 1852 e il 4854 che pur
furono insigni. Deve avergli giovato la riforma doganale del
4 giugno 4855 e 7 maggio 4856 per molte riduzioni utili
a generi di consumo ovvio e di lavoro. Non sono di parere
cfae l'altezza della cifra generale, 24 milioni di scudi, sia
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giunta a formarsi dalla dimiDuzione del contrabbando, per-
chè molto notevole è anche quella deiresportazione nono-
stante che non sia stata libera l'estrazione dei grani, e im-
possibile, per difetto d'uve, l'esportazione del vino.
I volumi dal governo dati al pubblico dicono invece che
molto crebbe l' importazione legale de' coloniali , e qui ho
fede anch' io che il contrabbando abbia lasciato la merce
alla dogana. Ecco i valori generali di questo settennio:
All'imporUzione.
All'esportazione.
Pel 4850 scudi
9,908,908. —
9,298,844. 92
. 4851 >
40,698,264. —
9,733,464. 88
I86S •
40,248,426. 52
10,474,042. 78
1858 >
42,047,574. 47
7,888,878. 77
4854 >
48,530,822. 66
7,609,892. 95
4855 >
9,797,822. 24
9,685,282. 80
4856 >
42,627,432. 25
44,025,854. 62
L' importazione superò per bisogno di vino e di grano
i valori del 1863 ma non quelli del 1854; l'esportazione
invece superò le cifre di ogni anno precedente per la parte
dei vegetali specialmente, e proprio pei generi annonarii e
pei filamenti. Tuttavia, siccome l'un molo è scorta al suc-
cessivo 0 si compensano a vicenda, abbiam ragione di chie-
der le cifre del triennio 1861-8 e 4864-6 onde istituire i
paragoni. Avremo
Per rimportazione Per l'importazione
4861-3 scudi 38,834,263 38,096,361
4864-6 » 36,956,077 38,910,630
Con questi confronti l' importazione crebbe di circa un
milione per anno, e l'esportazione appena di 370,000 scudi.
"~')orUzione maggiore fu di tessuti di seta, di tessuti di
tessuti di cotone, pelli e mercerie ; quindi se le cifre
esportazione non sono aumentate convien dire che
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delle merci sue siasi fatto buon cambio all'estero per avere
a saldare l'aperto deirimportazione.
La popolazione che nel 1850 si era data di abitanti
3,049,359 Tu trovata nel censo del 4868 di abiuoti 3,434,668
ossia aumentata del 3. 48 per cento , incremento assai no-
tevole 86 la cifra del 1860 è precisamente vera. Ma su
queste cifre anteriori al censo 1868 ò da camminar con
riserbo. Diffatto nel conto del commercio pel 1864 dato
ne' giornali dello Stalo Pontificio , si notarono 696,803 fra
artigiani e commercianti, pel 1857 e dopo sedici anni non
ne conteremo che 868,148 ; fra agricoltori e pastori era-
no 4,176,170 e non se ne avrebbero che 1,004,568; di
scienziati e artisti si sarebbe disceso dai 24,908 ai 33,396;
il clero da 63,484 si sarebbe ridotto a 38,330. Questi ab-
bassamenti sono troppo gravi; la parte agricola e la com-
merciante deve ess»ere anzi aumentata. Siccbò non avendp
di più diligente che il censo del 4868 a questo solo biso-
gnerà attenersi, e attenendosi ad esso avremo sul commer-
cio internazionale scudi 7. 74 (franchi 43. 05) per capO|
ossiano scudi 1. 14 più che nel 1864 se non contiamo
l'altro incremento che la popolazione deve avere avuto nel
triennio successivo al censo; 7« 43 se lo contiamo.
Fu fatta censura dei premii che il governo dà ad inci-
tamento dell'arte della lana; se fosse giusta dovrebbe ap-
plicarsi anche a quelli che si danno a promuovere le pian-
tagioni di che r agricoltura si rifiorisce. Vero è che molti
argomenti liberi sono per eccitare ogni arte senza quello
dei premi pecuniari, e gli insegna l'economia pubblica; tut-
tavia se i prodotti soddisfacessero ai mezzi si sarebbe pros-
simi al di in cui cessare le largizioni. Le scuole dovrebbero
insegnare che il bene libero a tutti rende a chi il fa nelle
proprie terre e nelle proprie officine miglior premio che
qualunque dato da altri. Certo i premi dati non compen-
sano le fatiche. Dal 4860 al 1866 inclusivamente furono
4,436/)85 alberi ammessi a premio; di essi, 183,894 gelsi
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80
di alto fusto, 236,998 olivi, 186,053 casUgni e neirultimo
anno si numerarono 43,800 gelsaie; tutt' insieme nel 4856
si premiarono 343,588 piante di cui 61,374 olivi e 43,871
gelsi. Come il grosso del piantare è in quest'anno ultimo
(diede metà di tutto quello che dato fu dal 1850 al 55),
cosi può essere che un pò v'abbia cagione il premio, uq
pò la persuasione dell' utile privato. La parte adriaca noa
fece presente nel 1856 che di 2515 olivi ma di 23,513
gelsi d'alto fusto e 7300 gelsaie ; il resto è alla parte del
Mediterraneo (1). Mute erano le Accademie agrarie e il go-
verno le ridestò; ben fece, e meglio fece invitando le Pro-
vincie a iostituire scuole e poderi per l'istruzione agricola.
Si dice; mancano leggi economiche per mantenere in vi-
gore e frutto tali stabilimenti. Or via fondate, parlate, scri-
vete, illuminate; il governo che vuole i prodotti deve vo-
lere i mezzi, e se v'invita a fare e loda le Accademie che
stampano, segno è che vuole ajutare e favorire. Su dunque
instituite l'opinione che darà animo e forza al governo. Fa-
remo senza premi se avremo scienza diffusa. Da che Italia
è fuor delle acque l'agricoltura fu sua ricchezza, e da essa
ebbero poi facoltà le industrie che un giorno resero illu-
stre la penisola quanto oggi illustri sono altre provincie
d'Europa. Lo Stato romano in condizione di territorio è si-
mile al Piemonte, ma è nell'arte agricola più fortunato per-
ché lassù abbisognano un milione e duecentomila ettolitri
di grani ogni anno, quaggiù il difetto dei grani nel trien-
nio 1854-5-6 non fu che di 1,427,985, cioè in media
475,962, quindi per rispetto alla popolazione il difetto di
grani del romano sta alio Stato sardo come 16 a 24. Ha in
(1) A tulio il 1858 gli alberi pianUU a premio furono 1,848,247
di cui 295,606 gelsi , 362,670 olivi. La spesa in premii , scudi
144,859. Poniamo questo in nota per non confondere dò che deve
coronare il compito per l'anno 4856.
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81
eompeoso la laedia annua di eccesso esportabile: 576,150
chilograaimi di castagne, e 9,800,000 chilogrammi di riso,
mentre la media dello Staio sardo è 19 miliohi di chilo*
grammi di riso e 954,000 di. castagne, onde se pari è il
computo per le castagne, il romano sta al sardo pel riso
eome 32 sta a 38. Da qualche tempo T Italia ha ricono-
sciuta Timmensa utilità della patata, e Tba presa a coltivare
e a consumare in ogni suo punto; ma egli è prodotto fal-
lace, e guai a chi si fida in lui ; sei sanno gl'Irlandesi. Lo
Stalo sardo ne potè in media annua esportare 70,000 chi-
logrammi, il romano fu desolato nel 1854, e perciò dovette
in media annua de! triennio importarne 968,000 chilogrammi
senta quella desolaiiooe che pur toccò ma minimamente il
Piemonte (poiché egli importò soli 444,348 chilogrammi ,
e lo Stato romano più che cinque milioni!) V esportazione
romana delle patate toccato avrebbe il milione di chilo-
grammi. Goll'abbondanza delle acque e la fertilità del suolo
sono necessari molti mezzi di comunicazione ai corpi di case
e alle foreste, libertà di molo alle persone e alle cose, eseh^
zione di tasse all' agricoltura ed all'esportasione liberissimo
commercio. Con questi argomenti non dovrebb'essere diflS-
cile conseguire una produzione che bastasse al paese e ne
coQsentisse agli altrui. Non si ottiene in Piemonte dove
questa dottrina è sancita per legge, ma dove il clima é ne-
mico legge non vale ; da noi cielo e uomini sono valenti ;
speriamo nella buona volontà di questi e nell'energia del
terreno, e nell'efficacia della temperatura.
Lo StatQ ebbe sinora assai pesi a comportare che pro-
vocarono molte querele e molte giustificazioni. A chiudere
la bocca a tutti sarebbe ottimo, parmi che il governo po-
tesse fare uno spoglio generale d'ogni esatto e d'ogni speso
almeno dagli ultimi conti dati dallo storico signor Coppi, e
non solamente di ciò *che si spese dallo Stato ma dalle Pro-
vincie e dai comuni per utile pubblico, e fatto ragguaglio
Aaiuu. SMialka, voL XXi, serie 3.* 6
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82
ni valor territorialet e alla stima ufficiale della rendita, poi
alla trattazione intemazionale del commercio, ed alle produ-
zioni agricole e industriali « riconoscere dove e come sia
(gravezza vera, e con quali mezzi poter riparare. Ma a co-
testo confronto bisognano statistiche le quali roaùcano. Ad
esempio : quunto seme di filugelli si mette a nascere ? quanti
bozzoli si producono ? <)uanto si fila 7 Abbiamo le note dei
mercati; ma e ciò che si contratta fuor di mercato? quel
ch'entra dall* estero , o quello che esce dallo Stalo è tutto
nelle tabelle commerciali? Ho .innanzi una nota data dal
Piceno per le piazze adriache e per Macerata e Perugia
portante 726,300 chilogrammi di bozzoli venduti nel 4858
e 643,829. 54 senza Perugia e Macerata; in questa noia
che giunge sino al di H luglio dà per Fano 427,857 lib-
bre romane; mentre una carta ufficiale originale di Fano
1 di 8 rende 129,477 libbre; Tuna e T altra nota
la parte contrattata a pronto denaro e Faltra a coo-
i diverse. La differenza è di 549 chilogrammi. Il Pi-
la a Meldola sino bìVH di luglio libbre 152,562; la
itampata dal municipio ne rende sino al 16 libbre
16. 10. Di Fossombrone sono libbre 158,491, nel Pi-
159,389 nella carta del comune^ ma questa nota an-
)bre 50,438 di bozzoli colti che manca al Piceno; di
li non trovo nota nelle altre schede. È dunque non
ivere il vero. Quanto miele, quanta cera, quanta lana,
pelo si avrà? quanti sono precisamente gli animali
ie il suolo nutre ? E i foraggi, e i concimi ? E le acque
ll'irrigazioné ? e i frutti vari delle piante? Abbiamo
ma non sono sufficienti a costituire un criterio. Un
di statistica si va condensando, e vi lavora con amore
etario generale del ministero del commercio cavaliere
auguriamo che si converta in decastero colle debite
di avere e di dare. Molto si é disputato dei pesi
Stato porta , i quali in sostanza oggi ascendono n
Ì6,849,098, o franchi 359,403,756, di debito, di cui
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88
92,568,738 scudi di perpetuò e 84,194,346 di redmibìle,
comprese aucha alcune somme che non comparvere (noQ
m perchè) nel bilancio, e colale somma reca un carico ao«
Bso di scudi 6,079,167. 46; ma al 1856 il earioo era di
ioli 1,557,719 di permanente, 3,587,008 di redimibile «
949,958 -di temporaneo , 6084 d'infruttifero, 38,988 di ar^
mraii, le quali somme insieme costiiuivano la cifra di
6,078,898 ; ma poiché si presumevano 338,353 scudi di al*
tivo« si riduceva a scudi 4,840,647. In due anni la cifra del
carico si è dunque elevata di 1,338,610, perchè nel 1816
furono emesse nuove cartelle di consolidato per scudi 98,700,
e per 3,289,340 nel '1857 per poter ristorare alquanto al-
cuni debililamenti amministrativi» e provvedere al ritiro della
moneta erosa soverchia e darne di fine.
Se la popolazione continuò a crescere del 8. 48 per
cento nel triennio 1854-6 com'era eresciou nel triennio
anteeedenle e saranno stati abitanti 8,^33,407 in lutto lo
Suto e quindi il caribo di ciascuno annuo ragguagliato a
icodi 1. 60 ovvero franchi 8. 08 io un carico di bilancio
preventivo di scudi 4. 45 per persona o franchi 33. 94,
Questo ra^uaglio s'avvicina ansi pareggia quello del Pie*
monte che dà franchi IO. 31 pel debito sopra un bilancio
che carica di 39. 33 il personale di ogni cittadino, e quello
dd Belgio che dà 8. 30 e 81. 40 ed è in molto migliori
eoadiziooi che non il Portogallo, la Spagna, l'Austria, TO*
Itada. lo non so d*onde altri cavasse che l'impoita diretta
colpisse essa sola di franchi 34. 00 per testa ogni cittadino;
troppo affrettati e creduli i giornali a ricevere notizie su
chi non amano. Ma non si ha a far fallo al vero per nimi-
stà da chi pretende insegnare il vero ; colui confuse la
somma delle imposte eolla somma di tutto il bilancio. Fu-
roao gli aumenti dei capitali commerciali che diedero mezzo
dio Suto di provvedere a mi^iori spese per l'assesto delle
sue finanze, e poiché l'aumento del commercio dà maggiore
e più larga facoltà di spendere a molti, cosi vedemmo ac-
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84
«resoerei anche le rendile ad ogni titolo aroministrativo. Le'
presonzioni di elevamento d'attivo del 1856 al 1858 fu di
un miliane di scadi , Ai di due milioni quella dal 4854 al-
4856, e il 4854 non s'era \nolto scostato dagli anni prece*
denti. Anche da questo argomento abbiamo che la prospe*
rità pubblica ebbe notevole avviamento dal 4854' mandato
innanzi dalle provvisioni economiche e in ispecie delle do*
ganalì,
II.
Ora per metterci in via del commercio avuto neiranno
4856, bisognerà cominciare dall' avvertire che le importa*
zioni superano le esportazioni per le sostanze minerali e
per le manifatture, e che superate sono le introduzioni dalle
estrazioni per le sostanze animali e fé vegetali; e cosi ab*
biamo scudi 5,225,274. 35 di merci introdotte sulle estratte,
ne abbiamo 4^223,193. 72 delle estratte sulle inirodoite, e
perciò la bilancia caricherebbe di 4,002,077. 63 l'importa-
zione se non sapessimo che le cifre di esportazione sono
allo stato vergine del paese, e vanno aumentando di valore
per le spese e i lucri sui mercati stranieri « onde compea-
sano le importazioni anzi danno pecunia a riBorir le Gnanze
de' cittadini.
I maggiori valori delle sostanze animali importate fu*
reno pel bestiame, il pesce salato, le pellicerie e le pelli ,
le lane, il pesce fresco, il formaggio e la cera ; e per con*
trarlo l'esportazione si distinse nel bestiame, nelle lane, nel
pesce e nelle carni fresche, nelle pelli e nelle pellicerie.
Fu grande estrazione di bestiame bovino e notevole espor«'
tazione di cavallino e di porcino, e per le parti meridio>
nali dello Stato anche di pecorino e di ovino. Dedotta l'im*
portazione fu esportazione netta di animali bovini 45,130,
cavallini 3868, ovini 46,475, porcini 498 a cui vanno ag^
giunte libbre 4,039,505 di carne salata (quintali 3524),
per determinare i guadagni dell' agricoltura. In. paragpne
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degli anni ondali scemò l'esportdziòne de* porci e della carne
salata e si alzò graDdemeotè quella degli altri animali. Il
decremento di esportazione de' porci e della carne salata
può rappresentare il consumo interno innanzi al quale da
Tari, anni va scemando Tintroduziorte de' pesci salati sino ad
avere un meno di sei milioni e mezzo di libbre (22,035 quintali)
rispetto alla media 4850-4, e di libbre 4»069fl96 (36S4
quintali) rispetto al 1855. Llmporunza che ha Tagricoltura
negli Stati italiani- quasi assoluta nella vita e nella prospe*
riììt degli abitanti m'invila a registrare di questi sette anni
Feccesso deiresportazione di quegli animali:
Anno BoTiDì Civallini Oviai Porcini Carfii salale
qniatili
1850
S,949
8,845
4,998
4,453
4,298
4854
7,907
3,646
2,048
8,938
402
4853
44,467
2,983
— .
4,459
4,802
4854
9,849
9,892
6,735
4,756
4,954
4855
40,403
2,630
—
740
4,109
4866
45,480
3,368
46,475
498
3,524
Somme 59,645 48,754 S9,944 28,214 42,749
La somma degli ovini sarebbe 29,944; ma nel 1852
ebbe un eccesso d'importazione di 4678 e nel 4865 di
7270 , onde si' riduce alla cifra che ho trascritta. I bovini
ebbero nel 4850 una notèvoi parte di vitelli da allevare
cosi che rimase un eccesso di loro introduzione di 8494 «
nel 4854 si ridosso a 2304, a 328 nel 4852; cominciò
nel 4853 l'eoeesso di esportazione in 4754 , prosegui con
4444 nel 4854, con 8246 nel 4855, e fini con 4659 nel
4856é Sino al 4858 l'imporuzione delle pelli degli animali
grossi mantennesi considerevole, ma poi andò scemando cosi
che dalla media annua di quintali 8082 del triennio 4850-2
discese a • 5574 nel 1858 alla media annua di 2828 nel
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86
socei^ivo inennio ; quindi fu grande eonsumo di carni e
questo grande consumo coH'ognor crescente esportazione
degli ammali che altro tmoi s|gni6care se non un miglior
vivere de' cittadini? E migliorarono le finanze di qilelle arti
che sono alimentate dalle pelli degli animali perchè si andò
crescendo loro il capitale della merce nazionale di modo
che dalle libbre 393,344 di eccesso importato di pelli con-
cie nel 1850 (qutnlali 1339) T eccesso andò via via dimi-
nuendo sino a ridursi a libbre 81,656 (o quintali 376) nel
1856. Lungo sarebbe tener dietro ad ognuna di quelle arti
ma abbiamo dai calzolai che Teccesso d'esportazione delle
loro scarpe e dei loro stivali che nel 1850 non era che di
1630 libbre (qiiintali 5. 49) si elevò sino alle 36,300
(quintali 89) nel 1856, e la somma generale delle pelli la-
vorate in quest'anno si pareggiò fra importazione ed espor-
tazione che negli anni innanzi ebbe eccesso d'importazione.
L'arte della lana assai lentamente avanza, ma anch'essa
avanza con un pò di miglior cura nella pastorizia, concios-
siachè dall'eccesso di 833,000 libbre di lane fine che s'im-
portavano nel 1650 e di 94l>000 nel 185i andò l'eoces»
scemando sino a 510,000 (da quiouli 8089 a 1738) e la
esportazione delle lane nazionali superò l'importazione da
libbre 1,100,770, a 1,817,139 (da quintali 8731 a 6360)
avendovi per 815,834 pecore lana da vendere, perle^ltre
da lavorare. Le capre che davano im eccesso di 1850 lib«
bre di esportazione de' loro peli lasciarono che d'altrettale
eccesso d'importazione si gravasse lo Stato nel triennio
1863-4, ma ora si sono rimesse all'antico prodotto-
li chiarissimo Pietro Maestri registrò testé nella BMsta
Contemfmnnea che gli Stati romani contano 140 stabili-
menti che impiegano 13,660 quintali di lana indigena che
sarebbero il prodotto di 1,866,000 peco;»^ e éOOO quintali
di lana straniera. Quanto a quest'ultima cifra r^Hito eb'e-»
|(li sia stato assai male informato ; perchè la lana forestiera
eutrau «Ilo Stato non superò i 3860 quintali nel sessennio
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87
I850>6, e dal I8S8 andò scemando sino al 1856 che non
ne ebbe die 94 00 e baona parte fu data ai materassi.
Ignoro poi dove attingesse quell'altra cifra del consumo di
lana nazionale ; dal libro del Nigrisoli non si può raccapez-
zar nulla , perchè non euro di raccoglier cifre nelle pro-
vincia* Cosi il Maestri dà alle concerie pelli indìgene di
boe due vnlioni^ cavalline 16,000/caprine 363,000 ^ peco-
rine 4,749,999. Quei due milioni di pelli bovine a me sem-
brano un'esagerazione ; conciossiachè la Francia dodici volte
maggiore dello Stato pontificio non consuma ohe 11,700,000
animali d'ogni fazione , onde lo Stato pontificio a dar largo
non dovrebbe consumare che un milione o poco più ogni
animale compreso. Quei due milioni di animali bovini ma-
cellali darebbero per sé soU 60 chilogrammi di carne per
testa, ne darebbero 10 le pecore e le capre; tanta sarco-
fogia non sarebbe superata in fortuna che dagl'Inglesi. Cosi
mi par da correggere la cifra di 4,347,000 pecore viventi
nello Stato pontificio e datrici di lana, perchè tra le ma-
cellate, le esportate, e le segnale per datrici della lana da
«asportare dovrebbero esse sole superare i tre milioni ^ e
cosi dev' esser stato « perchò negli Stati pontifici , più che
altrove in Italia, il numero delle pecore segue l'antico di-
verbio economico: tanti uomini, tante pecore. Nel 4855 il
ministero del commercio era per credere che la produzione
della lana toccasse i due milioni di chilogrammi, e che il
terzo uscisse dallo Stato; se cosi fosse, il Maestri ancor non
avrebbe avuto ragione coi 48,560 quintali dati ai 440 sta-
bilimenti, perchè e nelle officine minori? e nei telai sparsi?
E poi altrove dice the cinque miHoni di chilogrammi si la-
vorano e .sono 50,000 quintali ossiano 86,440 per tutte
qoene altre officine e pei telai sparsi. Dove prendere unta
hna eolie importazioni enunciate, coi supposti numeri di
bestiame ovino? Né il Maestri, né il ministero adunque si
sono approaaimatt al numero vero delle pecore che ha lo
Stato. Ma il Maestri reputa che ogni pecora dia chilogrammi
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88
4. 61 di lana; per aver tanto è necessità di ben altra cura
che quella che si dà loro nei boschi e nelle selve delFAp^
penino ; ritenendo che ciascuna (coroe nella vicina Toscana,
dia un chilogramroa di lana, saremmo già vicini al vero, e
più vicini se appunto scriveremt a 8 milioni, o a 330O
migliaia le pecore del paese.
■ Il Maestri , la Rivisu agricola francese » il Nigrisoli co-
piandosi Fun r altro affermano che lo Stato pontificio pro-
duce chilogrammi 490,000 di mele e 34,000 d\ cera, e tali
cifre in origine devono essere state ufficiali; ma io non posso
consentirle, almeno per nessuno degli anni 1 850-6. Da quelle
due cifre nasce che la cera sta al miele come 48 a 400 o
più prossimamente il miele è cinque volte tanto alla cera*
Ora gli eccessi di esportazione d^l miele puro furono
Idi' anno
io chilogrammi
4850
155,620
4851
158,000
1853
115,782
1858
193,798
1854
154,443
1855
356,518
1856
331,350
Media 180,600.
Da coi dedotta 1* importazione di chilogrammi 3752 di
miele cavato daireccesso d'impuro, restano 477,848 ohi-
logrammi di esportazione netta, ogni anno, oltre al consumo
del paese che non deve essere poco. Gli anni poi 4855
a 4856 ne avvisano tale esportazione da superare di molto
la sfessa cifra di produzione data da quegli statistici. Forse
la produzione vora tocca i 300,000 chilogrammi, e non
nego che aumenti per le cure migliori date alle api, asfis-
siandole al dividerle e mutarle anziché ucciderle.
Delle materie animali sono i bozzoli, ma poiché più pre-
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89
sto appartengono airindustria, al parlar d*essa ne toccheremo;
e sono i pesci dei quali ò a dire non mollo dopo quello che
avverili testé e nella dispensa 3 del Voi. V della Effe-
meride: che dìmiotiisce coniìnuamenie V imporlazione e la
esportazione del pesce salalo. Quanto al pesce firesoOf di che
Don sì dimenticano le provincie mediterranee intanto che
le adrìache ne mandano maggior quantità aireslero, avemmo
nel 1856 un* importazione per 7408 scudi ed una esporta-
zione per 28,174, mentre la esportazione del salato non fi-
gurò che per scudi 48,122,060 contro scudi 327,789. 49 di
importazione. Le importazioni maggiori sono di salacche, di
tonno sott'olio, di aringhe e di baccalà; le maggiori espor-
tazioni sono delle anguille e altri pesci conciati delle indu-
strie comacchiesi.
In quella dispensa dell' Enciclopedia avvertii che le pro-
vincie mediterranee consumavano un terzo più di tonn8 che
le adriache; il caso continua; dalle libbre di tonno 647,012
introdotte, sono 830,815 per le regioni mediterranee;
eosi è del baccalà, del pesce marinato forestiero e del ta-
rantello; del tuli' assieme delle introduzioni le provincie
mediterranee ricevono un centomila libbre di pesce salato
più che le adriache^ e ne esportano un seicento trenta mila
di meno.
La pesca ha diminuito ancora dal 1855 i suoi fattori.
Eceone le partite: '
airAdrialico al Mediterraneo
Paroni da pesca 668 37
Marinai . 8860 90
Mozzo 580 SS
In unto ft50S 458
Eran nel 1855 . . * . . 3541 158
Diminuiti di 38 5
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90
Per lo contrario crebbe il personale della marineria de-
dita al commercio:
Gipitani per V Oceano • • • 38 —
» di lungo eorso e piloti 417 S4
Paroni di cabotaggio . . • . S46 63
Macatranse di marina • « . 386 7
Marinai 3868 4SS
Mozzi 4448 46à
In tutto 6992 678
Eran nei 4855 5720 630
Cresciuti di 272 48
Ma r aumento è tutto nell* Adriatico, ohe anzi il Medi-
terraneo diminuì le maestranze/ officio importante. La pesca
rinunciò a 25 legni per tonnellate 374, e la marina mer-
cantile crebbeli di 21 per tonnellate 4570. Il maggior legno
è di 546 tonnellate e mezzo ed appartiene all' Adriatico ri
quale possiede anche tutti quelli che sono maggiori di ton-
nellate 450« i quali sommapo, oltre quello | a 80 per ton-
nellate 6802. Insieme sono
Nei lidi romani adriaci. Navi 1563 per tonnellate S7,896
» » mediterranei 279 » 4,467
e si dividono secondo gli esercizi, segnati al 84 dicembre 4856.
Pel commercio solo -288 per top. 28,887 67
Commercio e pesca 406 » 4,825 42
Pesca sola . . 256 > 4,644 53
Alibbi terrieri .4,492 > 3,535 24
Oltre ai quali (senza legni del governo) ^ono sul Po in moto
di cabotaggio 88 > 4,45S 98
Sul Tevere da Pontefelice a Roma 84 » 4,638 95
» da Roma a Jiomicino 23 » 4,002 76
iegni fluviali in tutto . . 445 > 3,795 69
È poi notevde che dal 4837, diminuito il numero dei
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91
mriiiai da peset appena di 70» se ne siano aggregati 8593
a quelli dì eommercto, e peroeehè air ingroanr del tonnel-
liggio ingroaaò il nomerò rispetUfo delle navi e dei marinai,
è bello argomento della prosperità del eommereio ebe itt
questi 90 anni lo stato ha conseguito. Quei S88 navigli di
commercio per tonnellate 39,887 67 erano nel 4837 soli
890 per ÌÌ9I6I; quindi il tonnellaggio medio ch'era di
SO. 73 si è aumenuto sino a 77. 78 , e ragguagliate le ton»
Doliate ai marinai dalle quasi 7 che ciascun n'aveva si sono
ridotte a poco più di 5, diminuite coli' aumento dell' utile
e degli agi le fatiche. Il raddoppiamento della marina com-
merciale non ha raddoppiato il conmiercio, ma l' ha a que-
st' ora messo a tal fona, che se l' intemo si adagi, l'esterno
ai larh innansL Le ferrovie per lo Stato, l' istmo che si ta«
^ieri a Sues daranno a questa terra 4nolto. di bene , che
diventerà maggiore quando i carri potroono correre i monti
come or n corrono le pianure. In questi monti sono tesori
di materie minerali e di vegetabili* Le selve e le foreste
si può dire non sono locche, e le viscere della terra qua
e là seoBgiurace per manco di strade non possono rispon-
dere e come s'aspetta.
Il pia forte eommereio delle materie vegetali è per le
importazioni e per le esportaaioni nei generi annonari!» nel
l^name, nei coloniali, nel tabacco (privativa di Stato), ne«
gli olii, nei l^i di tinta, e nei frutti, nei foraggi, e nella
IH.
L'uinona è precipua provvidensa di governo, ma eolle
presenti aperture di commerci che chi più ha va in cerca
di chi meno ba« facile provvidenxa è lasciare aperte le porte
all'andare e al venire. Se le chiudete per un timore all'u»
sdre, ebe nasce? che quelli i quali comprerebber per ven-
dere non comprano, e il grano del paese aumenta il pretio,
le non diminuisee di bontà, e manca l' utile del commercio
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93
c! quello della ra<!oolta. Dal 1850 al 4854 furono anni searsi
e bisognò iatrodurre grano; la esporiazione quindi assai pic-
cola, e nel 185S di poco maggiore, sebbene 1* importatione
quasi scomparisce, ma nel 4856» qui»i eguale V imporuzione
raddoppiò la esportazione del riso, crebbe di due quinti
quella del grano. Ma in quel 4856 il grano ceno non si
liberò che a luglio, il riso fu libero sempre; il grano ebbe
un dazio, il riso fu fetto onninamente esente. E dapprima
che sì faceva del riso? Si esportava frodando, o si ven-
deva e consumava con minor utile in paese. Egli è ben me-
glio darlo fuori a chi il paga per avere in paese chi sa con«
venire in mantbtture i) denaro che ne ricava. Nel 4856 si
consumarono dalle provincie del Mediterraneo grano rub*
bia ...... . 809,840 rìso libbre 6^748,804
deir adriaiico .... 988,357 • • 40,761,563
Intuito . . . 4,793^067 » 46,540,367
dedotto il consumo, il grano mancò per rubbia 40,503 (o
ettolitri 89,647) e il rìso avanzò per libbre 30,585,430 (o
quintali 493,544). 1^ esportazione del riso non fu che di
libbre 45,995,363 (quintali 54,334) detratta la poea impur*
zinne r quindi rimane una buona annata di consttmo tuttavia
in deposiio. Coi risi indiani è frustranea ogni misura di prò*
tezìonc annonaria.
I^el legname da ardere non è a dire parola; unto ne va
quanto ne viene, piccolo conto; il grande è in quello da
lavoro che molto entra al mare adriatico; pezzi 4,391,530
e molto esce dal mediterraneo, 3,032,765, dando colle de-
bite sottrazioni delle rispettive emissioni ed immissioni una
esportazione generale di 705,348. Le quantità maggiori im-
portate sono di doghe lunghe sino a 6 palmi, di legno se-
gato di oncie due, di segato minore; V esportato dalle prò*
vincie mediterranee è dt quelle simili doghe e vanno in
Francia a formar botti e barili; quando Civitavecchia sari
vicina ad Ancona V un lato deirAppemiino soccorrerà al-
l' altro.
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93
I eoloDiali che ia maggior quaniiià s* imporiano sono il
eaflRè, lo zacchere, ìì pepe, il cotone. 11 cotooe è come sa
ooQ eotrasse poiché appena 460,000 libbre (50 quintali);
il eaSè, lo zocohero, il pepe, il cacao hanno grande con-
iamo. Dedotte le esportazioni si ebbe in libbra (da
grammo):
MFmtm
Caffi
zucchero
Pepe
Cacao
4850
3,664,627
46,234,726
4,053,980
363,064
4851
3,402,453
46,026,900
4,044,854
459,397
4853
3,337.46»
47,040,552
922,736
339,483
4853
8,439,454
48,450,064
946,448
330,848-
4854
2,994,550
20,383,560
733,462
386,000
4855
3,741,407
47.000,000
748,843
429,000
4856
4,566,085
25,406,044
920,538
500,643
L' aumento nel caffè e nello zucchero cominciato nel
1858 e quello del cacao nel 4854 e proseguito cosi ardita-
mente come le cifre insegnano mostra che non solo ò au-
mentata la prosperità del vivere qual si vide cogli animali
e le pelli, ma si aggiunge anche il lusso come in tutti gli
Stati europei. Lo zucchero ò del comune; del raffinato che
nel 1850 eran entrate per le dogane (credo molt' altro in
frodo pel grave dazio di 7 scudi ogni 400 libbre lorde)
crebbe a 8864 nel 4853 in cui la raffineria di Grottamare
col dazio di soH 80 baiocchi importò 4 milioni di libbre di.
brine per raffinarle; stette su questa cifra^'e anche più alta
per due ahri, del 4855 presene solo 363,037 libbre e nel
4856 libbre 484,555; credo che tra pel contrabbando e tra
per la bellezza dei zuccheri comuni che vengono dall' estero
meno carichi di dazio la raffiaeria nazionale non possa so-
stenere la concorrenza.
Il tabacco ha l'eceesso d*importazione di 'libbre 4,298,000
nel 4850, e di 5,066,000 nel 4856; gli anni intermedii
oscillarono fra i 3 e i 8 milioni e il 4854 ebbene 3,900,000!
I conti della Onanza per 1* azienda di questo genere fiscale
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94
non sono quali potrebbero essere se non fossei^ io ammi-
nistrazione eoi privali. Nel 1866 si fissò la cirra di scudi
4,835,330 d'incasso netto, che sarà crescimo di poco sic-
come crebbe di 70,000 scudi il presunto dell* anno prece-
dente. Il presuntivo del 4858 fu di scudi 4,848,938 equi--
valenti a franchi 6,587,990. Considerando il consumo grHiìde
di tabacco, eh* è due terzi più di quello del 4854, la finanza
dovrebbe avere almeno scudi 3,500,000 di sua pane. Colla
somma che percepisce 6 in giusto paragone per esempio col
Piemonte, ma se ciò che va nella cassa privata andasse in
quella del pubblico, se la cifra del consumo non falla , il
oarìco del ubacco negli Stati pontifici sarebbe assai più
fruttuoso, poiché è maggiore. Non sarebbe speculazione frut-
tuosa coltivare il ubacco , in più vaste proporzioni nello
Stato ? Non si potrebbe ad ottenerlo ottimo ofiferire premi
come alle piantagioni d'alberi?
Dèlie piantagioni, gli ulivi sono i più interessanti alberi
per la popolazione. Il territorio senza le 336,998 piante po-
ste al premio dal 4850 al 4856 aveva 94,156 ettari d' oli-
veto. Si calcolano in paesi meno felici 480 e 500 chilo-
grammi per ettaro > ae gli ettari dello Stato romano sono
come quelli si può calcolare su un frutto di 453,000 quin-
tali d'olio. Le piante messe a terra dal 4850 e che vi si
vanno mettendo preparano agli avvenire altri buoni quintali
d' olio, e quasi sarà provvisto al bisogno della popolazione,
perchè alla parte tirrena ne avanza, l'adriaca appunto tanto
né importa. Ma gli anni di scarsità si succedono troppo
spesso per potersi contentare di quel numero di piedi. L'anno
4854 fu infelice, infelicissimi ì due anni di successivi nei
quali fuori un po' Umbria cho venduta la merce in Toscana
la riportò nello Stato pel rialzo del prezzo, quasi nulla die-
dero le altre provincie, e fu incemivo a quelle genti all' e-
strazione di olii da molte sostanze onde &rsi buono ed op-
portuno succedaneo a quello d'olivo.
Nei sei anni 4854-66 la parte adriaca ebbe un eccesso
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95
d' imporlaitofie di libbre 4,498,M2 (quiniati 45,243), la
pme mediterranea un eccesso di esportazione di 1,970,449
(qnkitaU 5918), quindi lo Slato mancò di libbre 2«526,2SS
(quintali 9,324) e in medio nel sessennio libbre 431,560
aoDue, o quintali 2,3S1 d*oiio. L'anno 4856 le provincie
adrìache ebbero bisogno di libbre 793,723 e le mediterra-
nee ne esportarono , compensi (fatti colle introduzioni
4,857,809, cosi rimase un utile al commercio romano per
libbre 4,064,080.
Per le tinture e le concie non trascura il paese gli ar*
busti e le piante che possono soccorrere alle arti; ma ri«
mane tuttavia in bisogno di una più discreta quantità di
materia che per fortuna è di valore non grave* Quesi' anno
1856 r eccesso d* importazione dei legni esotici fu di 6635
quintali^ e degli altri (compresi sei milioni di libbre di val-
lonea importati contro cui stanno un milione e mezzo di
scorze e di coccole importate) fu di 47,000 quintali, in
tutto 24,000 quintali a un bel circa per un valore di 725,584
franchi, ma non è con ciò che non possa con. maggiore
esportazione diminuirsi il tributo che rende ali* estero , e
cosi è da dire pei frutti al quale dà più di mezzo milione
di franchi.
Quanto ai foraggi, non è un eccesso d'esportazione di
40,000 quintali, ma facoltà di maj^ore produzione per Te*
stero e per 1* interno. Nel 4864 si esportarono 45,000 quin-
tali e fu l'anno di maggior esportazione dal 4850 al 4855
inclusivameni^, quindi l'anno 4856 dopo il conoscimento di
molta maggior quantità di bestiame allevato è un anno pre-
monitore di migliore avvenire. Non manca di fertilità e di
forza il terreno né scarse sono le acque per irrigarlo; piut-
tosto è gran bisogno di strade per portar dappertutto le opere
e le cure che dall'agricoltura si chiedono. In medi^ le regioni
adriache abbisognarono nel sessennio libbre annue di cencio
256,347 (perchè nel 4855 ebbero un eccesso di esporta-
zione di libbre 4,288,491 e nel 4856 di 228,221) e le me-
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96
tliterranee ebbero invece uà avanzo esporialo di 3,316,338,
cosicché in sei anni lo Staio si spogliò di quarantamila quin-
tali di forza vificatrice che con mezzi facili di comunica-
zioni interne avrebbero suscitato prodotti notevoli o di ani-
mali o di vegetali ben superiori ai 74,383 scudi ch'ebbe
ricavato di netto da quella dispersione, e si sarebbe con ciò
risparmiata almeno parte degli scudi 46,824 che si sono spesi
comprando i frantumi di corno greggio , che specialmente
gli adriaci vanno aumentandone il consumo anno per anno
in sostituzione del concio lontano e caro. Alla quale indu-
stria fu provvido il Governo diminuendo dai quindici baioc-
chi ad uno il dazio ogni cento libbre nette. La maggior parte
di quella materia è lombardo-veneta e va aritarsi a Bologna
e naturalmente si adopera sul bolognese e sul ferrarese più
che più innanzi.
In queste due provincie più che nelle altre è rigoglioso
un prodotto, che ne forma una vera ricchezza, la canapa:
e per la dimora di molti ebrei si va aumentando un'altra
sorta di commercio che prima non si aveva , o era in pic-
cole proporzioni perchè il genere consumavasi in paese ed
ora gli è sostituita la lana: voglio dire la piuma di' oca; nel
4850 non fu fatta estrazione di lai piuma che di 5600 lib-
bre^ nel 4856 di 25,755; nel 4853 se ne fece eccesso d'e-
aportazione di 58,791 cosicché in media 1850-6 si manda-
rono fuori nette ogni anno libbre 17,763 o chilogrammi
6021. Non conosciamo precisamente la produzione della
canapa, ma Bologna è certamente quella provincia che più
ne rende: Tanno 1866 cavoime 83,246 quintali; in lutto il
sessennio 1851-6 ebbene 467,000 e quindi una media di
77,633 per anno. Nel ferrarese i canapai hanno scacciala la
coltura del formentone e si sono visti steli di canapa alti
cinque metri, tanto vi cresce rigogliosa. Nel resto dello Slato
fuor Macerata che dà un 830 quintali di tal prodotto, quasi
nulla è la sua coltura. L' esportazione della canapa sia per
Francia che per Inghilterra e per Belgio e Olando e Trieste
è in grandissima parte di greggio; ma se ne fa anche di
peuinata per le telerie forestiere onde alimenta in patria uu
bel numero di operai; d'opera forestiera, duole il dirlo,
comprano i litoroli la canapa incatramata , circa un 35,000
a 30,000 libbre ogni anno che ai potrebbe allestire in
paese.
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97
Id tulio il seiicnnio Tanno 1856 fu il massimo espor-
uiore, poiché dedotte le importazioni relative mandò fuori
154,100 quintali iì canapa greggia, 9165 di graffiata 24,804
di pettinata; in lutto 183,076 senza altri 7927 di stoppa.
La media del settennio, perocché l'anno 1853 fu scarsis-
staio di produzione, si riduce a queste cifre in quintali netti
esportati :
di canapa greggia . • . 128,188 1
graffiata . • . 8,700 [ 154,188
> pettinata • * . 17,300 )
di stoppa 7,630
In tutto • • • 161,848
ma contro questo prodotto sta una 'lieve introduzione di
lino, poiché la coltura sua non avanza quanto dovrebbe non
eessando pel lavorar poco di cotone Tuso domesiico del lino.
Nel settennio la maggiore importazione fu al 1852 la quale
sì elevò a 101,662 libbre quasi lutto pettinato olire a 4,468
di stoppa, dedotte sempre le esportazioni, che sono quasi
tutte delle regioni adriache e la minore fu nel 1854 di
^,388 con una esportazione di 3220 di stoppa, ma nel
1856 r importazione neitÌ9i del lino fu di libbre 48,725 con
4757 di sloppa. Il cotone che nel 1850 s* importò in lib-
bre 14,595 e nell^anno successivo in 346,990 andò dimi-
nuendo sino al 1856 che non ne ebbe che 160,461; prese
invece un bel carico di manifatture. Messe a confronto le
cifre di questo anno 1856 , che nella canapa esportata su-
però la media, abbiamo a valore officiale (assai più basso
del reale) di scudi:
Canapa Lino Cotone
Imp. 3J02 10 Imp. 8,737 73 Imp. 16,208 17
Esp. 3,187,916 70 Esp. 2,062 54 Esp. 92 —
Il valore delle importazioni fu di scudi 28,648
» delle esportazioni » > 3,190,070
Quindi l'utile é di 3,161,422 ossia
di un diciasseUe milioni di franchi più che sufficienti a sod-
disfare il valor dei tessuti di cotone e di lino che si prende
dall'estero, perché quei di Canapa anzi danno un attivo
alla esportazione come vedremo or ora parlando delle ma-
ni&tture. ( Confinila ).
Aiouu. StaHiiioaf voi. XXI, serie 3.* 7
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NOTIZIE INTERNE
StotUillca «eli» pop#l«vl»ne awitrlac»
Inulta fine di ottobre 'deiranno 4869 venne eoi metodo
inglese fatta conteggiare la popolazione appartenente ai varj
dominj sottoposti all'impero austriaco. Eccone il risultato
sommario.
Nomerò degli
abitanti.
Austrid sotto TBnns 4,697,180
Austria sotto TEnns 716,904
Salisburgo 448,085
Stiria 4,070,747
Carinzia . . . , 888,598
Camicia 457,338
Littorale 539,428'
Tirolo e Voraibcrg 826,268
Boemia 4,720,348
Moravia 4,878,806
Slesia 447,497
Galizia Occidentale 4,590,245
Galizia Orienule • 8,024,904
Bucovìna ^ 462,242
Dalmazia 445,632
Lombardia 3,866,396
Provincie Venete ^ • . . 2,306,658
Ungheria ( Buda Pest )....*.. 4,765,248
Ungheria (Presburgo) 4,656,659
Oedemburgo 4,818,864
Gassovia 4,349,244
Granvaradino 4,557,040
Voivodato Serbico * . . . 4,532,254
Crovazia e Slavonia 865,400
Transil Vania 2,480,424
Confini militari 4,066,272
Per ciò che riguarda la popolazione delle città prinicipali,
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i^eUbero nel 4857 i risultati ebe seguono. Le etfre deth se^
mda oolonoa ranpresentano V aumento della popolazione
dopo il 4850^1.
Addo 1857 Aameoto.
476,23» abitanti 46,075
S7,648 » 4,025
47.239 > 230
68,475 » 7,755
48,478 • 4,377
20,747 . 8,091
64,096 B 465
44,224 • 4,076
442,588 m 24,488
58,809 • 44,450
43,864 > 3,764
70,384 • 2,096
40,086 » ^
26,345 » 5^78
7,797 • 242
486,685 • 26,684
418,420 > —
55.240 > 5,448
434,705 » 25,826
43,468 » 4,799
48,898 » 2,472
46,417 » 3,383
23,474 » 638
22,507 » 4,838
46,657 • 2,899
48,588 » 2,320
Nell'anno 4850-4854, la popolazione complessiva delle
suddette città ascendeva a 4,544,562 abitanti, nel 4857 a
4,709,546, cosi che l'aumento è di 467,984, mettendo in
eooto la diminuzione di 44,353 anime, avveratesi in due
duà, e dovuta a cagioni locali.
La proporzione d' aumenti nelle rispettive città è appros-
iiiDaiivamente del 23 per 400 per Troppau, 49 per Pest
e Brùnn, 48 per Tetnesvar, 16 per Praga, 45 per Lubiana,
44 per Milano, 42 per Zagabria, 44 per Hermannstadt, e
Grai^ 40 per Vienna, ecc.
Vienna. . •
Line • . .
Salisburgo •
Grau • • •
Clageofurt .
Lubiana • .
Trieste . •
Innsbruk • •
Praga . . .
Bruno . • •
Troppavia
Leopoli • .
Cracovia . .
Czemowitz .
Zara . . .
Milano. . .
Venezia . •
Buda . . •
Pest « . •
Presburgo
Oedemburgo •
Cassovia • •
Granvaradino
Temesvar
Zagabria
Hermannsudt ....
• . •
600581 A
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100
NOTIZIE STRANIERE
Vii rcndleoiit» dodicennale della beneilce!
In Franela.
j.lon dubiiiamo che alcuno v'abbia che al vedersi qui
sovente sotf occhio rendiconti ospitalieri mostri malavoglia
o impazienza*, ma speriamo altresì che molti altri ai quali
i serj siudj economico-sociali sanno giustamente valutare,
ci saranno invece grati per la nostra premura di fornirne.
Né altrimenti essere può se meritamente la beneflcenza con*
corre oggidì quale importante parte dell* economia politica
e della pubblica amministrazione , sia per i vantaggi che
essa arreca ai civili consorzj, sia pel bisogno che ha di essere
e studiata e disposta e disciplinata onde pervenga a me*
glip soddisfare ai suoi fini. Se poi, come abbiamo fatto più
volte per lo passato, ci prevaliamo di tali lavori faui al-
l'estero e specialmente in Francia, egli è perchè quel più
ampio e più opportuno materiale vi troviamo che servir
può a confronti utilissimi con analoghi lavori di pochi do-
stri medici. Ed oltreché per fa parte sanitaria, bramiamo
proporli quali esempi e stimoli, onde anche gli ammini-
stratori del patrimonio de* poveri vogliano pur essi adem-
pire al dovere di mostrare al paese i loro risultamenti eco*
nomici, la pubblicazione de' quali può soddisfare ed accre*
scere ì benefattori , còme il segreto e 1' oscurità possono
far nascere dubbio, diffidenza e contrarj . giudizj.
In Francia dal i842 al 1848 (in 12 anni) furono curali
o mantenuti ne' suoi i031 spedali ed ospizj 7,033,536,
ammalali e di incurabili: il che dà una media annua di
686,127 individui. Ogni anno il numero degli ammessi fu
di 467,601 ; ed il resto, cioè 118,526, rappresenta quelli che
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101
tontaosi rieoverali sotto il 31 del dkcmbre deiranno pre-
eedeate. L'annoa cifra delle ammissioiii doo variò che debol-
nenie in tale spazio dodiceDoale^ quantunque il numero dei
bi nasi assai accresciuto , anzi si pu& considerarlo come
presso a poco permanente almeno nei tempi ordinarii, eccet-
laaodo quelli di rivoluzioni o di carestia. Difatti osservammo
abrsi il numero degli infermi negli anni 1847, i848 e
1849 noti per la scarsezza del vitto, e per le crisi politiche
èe traggono sempre con loro le crisi industriali. Questo
fauo di essersi serbato uguale il numero di ammalati o di
ioeurabili curati negli stabilimenti ospitalieri ad onta dell' au^
Dento della popolazione e di quello de' letti, ad onta del-
r agglomerazione che avvenne nelle città, è risguardato da
L Boniface (1) come un fatto assai favorevole, come una
testimonianza indubitata -di un miglioramento nella pubblica
silote. Ed esso altresì coincide con una graduata diminuzione
del Dumero de' morti nella popolazione in generale. Non può
negarsi che dovessimo aver motivo di lamento ndl' osservare
che stazionaria si trova la mortalità degli spedali e degli
ospizj, ma in proposito dobbiamo riflettere che per conoscere
i risultamenti dell' arte medica un periodo di dodici anni
non può fornirci un bastante campo di osservazioni, abbiso-
gnerebbe a tale intento nientemeno di un secolo.
Però, circa la mortalità negli spedali, prima del 1789
atèiamo appunto dati degni di tutta fede che ci fanno vedere
essere la medesima diminuita di più della mete. Difatti
Messance nelle sue Recherches sur la population ( i 778 )
£ee aver attinto a fonti uflSciali che in quell' epoca negli
spedali ed ospizj di Parigi, di Lione e di altre principali
òuà della Francia si aveva un morto su cinque degli am-
malati si acuti che cronici. Negli anni che esaminiano la
Bortalttà non fu che di 1 su 11 7. È ad osservarsi che un
niglioramento si considerevole non è dovuto soltanto ai
(i) OmHtutionnel, 25 joio 1858.
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4oa
progressi della medicina o della chirurgia, ma devesi altrerf
attribuire in gran pane alle presenti condiiioni igieniche
degli spedali assai più favorevoli che nel 48/ secolo. Aliar*
gamento, salubrità, ventilazione furono procurati ai medesimi.
L'alimento fu reso più delicato e meglio adattato alla cura:
la polizia odierna era sconosciuta. Ecco alcune delle cir-
costanze che specialmente facilitano la guarigione e che
mancavano nel decorso secolo, come rilevar possiamo nelle
descrizioni che Tenon ce ne fa nel celebre rapporto du lui
fatto in nome di una Commissiene all'Accademia di Fran-
cia sugli spedali di Parigi quali trovavansi nel 4790.
Sino ai 4852 inclusi vamente, r amministrazione francese
degli spedali e degli ospizj aveva confuso in una sola cifra il
numero degli ammalati di morbo acuto curati negli spedali
propriamente detti, e quello dei cronici o incurabili man*
tenuti negli ospizj. Una tale confusione cessò per la prima
volta nel 4853 e in quest'anno la dimostrazione di quanto
si operò negli stabilimenti ospitalieri è tale di appagare per
il nuovo modo con cui essa è data.
Il numero totale degli ammalati curati negli spedali sali
nel 4858 a 407,449, tra i quali 363,830 individui di s^o
maschile e 444,589 di femminile: il che corrisponde a 483
uomini su 400 donne. Una tale differenza è tanto più do«
tevole in quanto che in Francia non si contano che 403
maschi su 400 femmine, come provano gli ultimi censimenti.
E più grande ancora risulterebbe tal proporzione se dalle
ammissioni si deducessero circa 700 partorienti che non si
dovrebbero considerare come ammalate. La spiegazione si
trova per gran parte nel fatto che la vita sedentaria delle
donne le preserva da una quantità di malattie inerenti alle
professioni spesso insalubri e pericolose che sono esercitate
dagli uomini. Difatti le ammissioni per accidenti fortuiti e
sinistri nell'anno in discorso furono 5839 soltanto, mentre
quelle degli uomini giunsero a 48,861. Bisogna però ammet-
tere nel tempo stesso, come Io provane i documenti ia ài-
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403
yersì tempi pubblicati sulla mortalità comparativa tra i due
sessi, cbe la donna sembra avere una vitalità superiore a
quella dell'uomo: in tutte le età essa ha una vita proba-
bile e media più lunga: le sue malattie sono più rare e
generalmente di un carattere meno grave, e per conseguenza
il suo ristabilimento è più pronto. Finalmente la moglie
dell'operajo non si determina per Io spedale che agli estremi.
La conoscenza della grande utilità, anzi della necessità di
custodire la easa, ove le cure per allevare ed educare i
figli tutte le appartengono, la ripugnanza eh* essa più del
marito prova nel!' allontanarsi da suoi, e finalmente un gran
coraggio morale la fanno energicamente lottare contro il
male e spesso ancora trionfarne.
Su le 407,419 ammissioni si contarono 88,463 fanciulli
minori di 15 anni, cioè 20,837 ragazzi e 47,625 figlie. Si
potrebbe qui credere che altresì nelli primi stadi della vita
e quando non esistono que* motivi puramente morali ' che
distolgono la donna dal rifuggiarsi negli spedali, il sesso
femminile faccia pure minor parte delle ammisiioni. biso-
gnerà però non perdere di vista che sino alli 45 anni si
conta in Francia nella generale popolazione un maggior nu-
mero di fanciulli maschi cbe di femmine*
Il rapporto delle morti ira gli ammalati adulti curati
nel 4853 fu di 4 su 44.7 per gli uomini e di 4 su 40.4
per le donne. Questa maggior mortalità tra le donne con-
ferma la nostra osservazione cioè, ch'esse non entrano negli
spedali cbe quiinto mai possono più tardi, ossia quando la
malattia ha raggiunto il più alto grado di gravezza. Si trova
altresì la prova della più grande gravezza della malattia
che spinge le donne agli spedali nel fatto che la durata
media di permanenza cbe vi fanno è di 59 giorni, mentre
che essa non è che di 45 per gli uomini.
Nel 4853 in 923 stabilimenti, tra quali 277 ospizi che
non ricevono che incurabili, e 649 spedali misti, ove cioè
«ccettansi incurabili ed ammalati , ^i mantennero 93,484
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404
persone, uomioi 47,695 e donne 45|789. Di un tal numero
di 93,484 vecchi, cronici o incurabili, già 50,484 si trova-
vano ricoverati negli stabilimenti al 1.^ gennajo del 1863. Le
ammissioni nel corso dell'anno furono 43,000, di cui 26^437
maschi e 46,863 femmine.
La proporzione delle morti al totale degrindividui man-
tenuti fu di 4 su 44.46 per gli uomini e di 9.33 per le
femmine. E qui pure troviamo la prova che la donna non
si decide a ricercare il suo ricovero negli ospizi che allor-
quando Veti avanzata o le infermità hanno in essa quasi ,
esaurite le risorse vitali.
Nell'anno di cui parliamo si annoveravano in tutto 4034
stabilimenti spedalieri in Francia, 383 de' quali non riceve-
vano che anmialati acuti, e 649 spedali-ospizi per malati e
per incurabili. Questi 4034 stabilimenti contenevano 58,202
letti gratuiti. Ommettendo il dipartimento della Senna, il
numero dei letti era di 54,949, e comprendendovi 40,626
letti paganti, era di 62,545. Dei suddetti 54,949 letti, 49,506
servivano per gli uomini e 48,454 per le donne, 4728 per
i fanciulli e 9234 per i soldati.
Appartenevano agi' indicati 4034 stabilimenti spedalieri
4885 medici e chirurghi, compresi gl'interni, ed 44,775
impiegati, religiosi e serventi.
Il costo medio della giornata fu di 0,92 per gli uomini
e di 0,88 per le donne, e di 0,76 pei fanciullL
Dal 4842 al 4852, in undici anni, le entrale degli spe-
dali ed ospizi uniti furono 778,745,492 franchi. Onde una
media annua di circa 74 milioni. Esse dividonsi come se-
gue: prodotti d'immobili 13,276,084 fr.; rendite 9,345,676;
interessi dal tesoro 494,337; sovvenzioni e Otti 47,373,443;
doni e legati 4,647,001; ricavi del lavoro negli stabilimenti,
rendite diverse ed imprevveduie 27,795,314.
Se si capitalizzano i redditi degl'immobili sul piede del
3 per cento, il valore venale di tali immobili, nel periodo
4842-52, può essere valutato a 443 milioni e mezzo.
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105
Le spese tutte giunsero in tal lasso di tempo a 673,184,451
ir., ossia nella media di 61,407,000 franebi all'anno. Il so-
praiBnzo totale delle rendite fu di 406 milioni e mezzo, e
per ciascun anno 9,687,500 franchi.
Ma per dare un esempio di un nK)do più particolarìz-
zato di offrire uno stato finanziario della oeneficenza por-
remo sott*occhio il quadro riguardante specialmente ranno
4853.
In quest'anno gl'introiti ordinarti salivano a 44,454,1 1 2
franchi; li straordinari a 40,709,745 franchi; ed i diver.H
n 43,456,479 franchi. Al che aggiungendo il residuo del-
l'esercizio del 4852 in 20.379,294 franebi si ha ira totale
di 85,699,327 franchi.
Le dette risorse furono impiegate come segue: In spese
ordinarie (personale, materiale, commestibili, fermacia, tro-
vatelli, spese diverse) 53,760,596 franchi. In spese ttraoi^
Anorie 4 5,832,576. Totale generale 69,593,4 72 franchi. L'ec-
cedenza delle rendite fu dunque maggiore di 46 milioni:
devesi riflettere però che una simile eccedenza non deriva
che da un certo numero di stabilimenti. Notisi altresì, per
ciò che spetta alle spese ordinarie, che il personale assorbe
circa il nono della spesa toiale, cifra evidentemente alti«<-
sima e cbe deve chiamare sopra di sé l'attenzione di chi
amministra.
Li stabili produssero nel 4853 44 milioni ed un terzo,
reddito che capitalizzato suir interesse del 3 per cento da
un capitale di 476;73O,2t)0 franchi. Le rendile sullo Stato^
sui comuni e dai privati giunsero a 9 milioni; le sovven-
zioni dei comuni 9 milioni ed un terzo; il diritto dei po-
veri sulli spettacoli, balli e feste 4,400,709 franchi.
Tra i ricavi straòrdinarii si scorge figurare la somma di
2,449,949 franchi proveniente dalla vendita d'immobili.
Queste vendite che si rinnovano tutti gli anni provano che
la vendita dei beni .dei stabilimenti di beneficenza non è
per niente un fatto nuovo. Ma Louis Boniface, riflettendo su
ciò, trova che a tale misura essi ricorrono onde ricavare un
maggiore profitto e dccreseere le proprie rendile, ed anzi
vede che una tale pratica avrà per risiiltamento di solle-
vare lo Stato dalla necessità dì soccorrere tali slabilìmenri
eoo degli assegni che talora , cioè nei tempi di carestia ,
giunsero sino a 40 milioni di franchi all'anno.
D. G. Capsoni,
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106
NUOVE COlUNlCAZlOHri
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
— orzo—
■■•Ttmento e pr*d*t(l delle utrmdc ferrate
dorante U atese di dleeatlire ISCS» e daraate
«atta raaaa 18«8.
P
er conoscere rimporlante sviluppo delle ferrovie sarde
daremo inoanzi tutto il quadro del movimento e dei pro-
dotti riferibilmente al dicembre 4858.
I. — Prodotti del dkitnbre 1868.
Movimento. N.* del viaggiatori.
Linea di Genova ad Arona
id. da Alessandria ad Acqui
id. da Torino a Pinerolo i ^^ ^oo
id. da Morlara a Vìgevano ' ^
id. Da Genova a Voltri
Navigazione sul Lago Maggiore
Prodotti. Lire ital. Cen l
Linea da Genova a Torino ed Arona • • • 773,394. 01
id. da Alessandria ad Acqui 46|871. 94
id. da Torino a Pinerolo 82,306. 86
id. da Mortara a Vigevano I0|003. SO
id. da Genova a Voltri 43,349* 84
Navigazione sul Lago Maggiore 24,527. 55
Il prodotto totale pel mese di dicembre è
stato di iul. L. 875,403. 40
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107
IL — Prodotti per tutto Panno 1868.
Uoee Aooo 1857 Aooo 1858
Da Genova a Torino ed
Arona • . . Ital. L. 9,941,179. 85 9,858,438. SS
Da Alessandria ad Acqui » » » S34,054. 40
Da Torino a Pinerolo » 464,577. SS 460,490. 82
Da Morura a Vigevano • 444,974. 47 42^,769. —
Da Genova a Voliri » 814,932. 97 267,551. 60
Navigazione sul Lago Mag-
giore 827,793. 89 831,046. 70
Da questo prospetto comparativo emerge che tranne la
navigazione sul Lago Maggiore che diede un incremento di
introiti per la somma di lire it. 3253. 31 , tutte le linee
di ferrovia, nessuna eccettuam, diedero nel 1858 un sensi-
bile decremento di introiti per la riflessibile somma di
it. lire 153,411. 86. Questo risultato piuttosto deplorabile
dovrebbe promuovere qualche- studio da parte di chi reg-
ge la cosa pubblica. Noi per esempio siamo d'avviso che vi
hanno alcuni tronchi insigniflcanti, come sarebbero quelli
di Mortara a Vigevano e di Genova a Voltri, pei quali è
UQ vero dispendio di lusso quello di trasrerirvi i viaggiatori
ed i carichi col mezzo delle locomotive, mentre dovrebbero
bastare dei traini condotti dai cavalli. La scienza ha già
fatto conoscere che un cavallo vivo quando deve tradurre
00 carico su una strada a ruotaje è in grado di traspor-
tare un peso decuplo di quello che può tradurre sulle stra-
de comuni. Veduto quindi il notevole risparmio di forza
viva che si consegue dai cavalli impiegati al traino sulle
strade a ruotaja ci pare che si potrebbero questi sostituire
alle poderose e costosissime, locomotive mosse dalla fona
del vapore. Ciò è tanto più da calcolarsi pei brevi tronchi
di ferrovia che passano per paesi di poca importanza e pei
quali non riesce di alcun incomodo il giungere alla meta
anche alcuni minuti dippiù del tempo brevissimo che si con-
suma colle macchine a vapore.
Questo 'avvertiamo anche per norma di quei paesi del-
ritalia settentrionale e centrale che mancano di buone stra-
de comuni e per le quali riuscirebbe di soverchio aggra-
vio l'aver ferrovie coli impiego delle locomotive mosse dal
vapore.
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108
NOTIZIE SUL SISTEMA PENTENZIARl»
—orzo —
Statistica criminale desU Stati «ardi
per sl> »nni tSMI. tSM e tSM.
1866
0.
Anni
4857
4858
463
444
563
522
4073
3545
4460
4602
Fmicidi .... N."" 429
Aggressioni violente » 643
Furti qualificati » 4447
Risse e ferite * > IS22
Delitti diversi » 4791 4743 4727
Numero totale 793S 7960 7507
Da questo quadro comparativo emerge che il numero
dei crimini ebbe nel suddetto triennio un leggiero incre-
mento neiranno 4857 ed una notevole dimiouzione nell'anno
4858. Ci piace di manirestare un tal Tatto per conTutare le
esagerazioni di alcuni pubblici fogli che vollero far credere
essere nello scorso anno cresciuu negli Stati sardi in modo
smisurato la pubblica immoralità.
IL
Risultato del concorso stato aperto negli Stati sardi per la
presentazione del miglior progetto architettonico per la
costruzione di nuove carceri cellulari a GenoQU ed a
Torino.
Noi riferiamo il giudizio emesso dalla Commissione ag-
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giadie^rice, onde ne sia data la ben dovuta pubblìcitii , a
conforto ed incoraggiamento dei cinquantaqoattro architetti
che produssero i loro lavori al concorso.
La Commissione nominata dal governo per l'esame e giù-
dÌ2Ìo sui progetti di nuove carceri cellulari da costruirsi a
Torino ed a Genova in esecuzione della legge 27 giugno
1857 e conformemente al programma di concorso di que-
sto ministero del 14 agosto stesso anno, ha testé proferito
il suo giudizio aggiudicando i premi, gli accessit e le men-
zioni onorevoli agli autori di quei progetti che furono ri-
conosciuti i migliori nel modo seguente :
Pel concorso dì Torino.
Premio di L. 8000 — al progetto n. Il coir epigrafe:
« Le prigioni debbono essere incombustibili. »
Autori i signori Luigi Dau e Carlo Luigi Dau, padre e
figlio, ingegneri civili, dimoranti a Vasto nel regno di Na-
poli, provincia di Abruzzo Citeriore.
1.^ Accessit di L. 2500 — ai progetti n. 30 coìl'.epi-
^ra: m È a salute e non a danno. »
Autore il signor Pollani Giuseppe, architetto ed ispettore
centrale del Catastro a Torino.
2.^ Accessit di L. 4500 — ai progetti n. 51 coli' epi-
grafe: « Salubritéj securité^ sur^eillance. »
Autore il signor G. SchSck Jaquet, ingénieur, architecte
è Genève, S28 Tertasse.
Pel concorso di Genova.
Premio di L. 6000 — al progetto n. Il coli' epigrafe :
e Le trombe idrauliche arrestano gFincendi^ ma non li pre-
vengono. »
Autori i signori Luigi Dau e Carlo Luigi Dau, padre e
figlio, ingegneri civili, dimoranti a Vasto nel regno di Na-
poli, provincia di Abruzzo Citeriore.
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140
1.^ Aceeisit. di L. SOOO ^ al progetlo d« 40 coli* epi-
grafe : e E plwribtu unum. •
Autore il signor Girlo Olivari, Ingegnere , allievo aspi-
rante del genio.
S.^ AcceaU di L 1600 — al progetto n* 4 eoH'epigrafe:
« Aòui sot^i2. >
Menzioni om^reooli per ambidue i cotieorst di Tarino
e di Genù9a.
I progetti:
n. 18 eoli
•epigrafe
: Vittorio Emanuele.
* 8
9
A
» 5
W
In fide eonstam»
> SI
9
Hic ardo, ubi justitia paratur.
> S9
9
I scellerati debbono essere puniti.
» 88
9
Ardisci e spera. M.
B 43
9
Italia (concorso di Torino).
> 64
9
Castigando correggere^ moralizzare^
Gli autori dei progetti dei quali fu fatta menzione onc»
rcyole e di quelli cui non venne aggiudicato né premio né
accessit^ sono diffidati che potranno farli ritirare da questo
ministero, mediante le debite giustificazioni , a partire dal
giorno 4 db' febbraio p. 9. dalle ore I alle 4 pomeridiane.
Torino, addi 8 gennaio 1859.
// ministro (L Civomu
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Hi
VARIETÀ
u
l/oraote l'anno 1857 le spese pel museo britannico sa-
lirono a lire italiane 67,77S, delle quali 83,444 per emo-
hunenii, 46,949 per compere ed acquisti, ed 44,860 per
l^ture di libri, ecc. La somipa richiesta onde far fronte
aUe spese dell'anno corrente è di 79,366 lire sterline.
Nel 4857 il numero dei visitatori fu di 634,034, mentre
ehe nel 4856 se ne erano contati soli 361,644. Dal mese
di gennajo al mese di aprile incluso dell' anno 4864 , il
Damerò delle visite dei lettori non fu che di 49,343.
La nuova sala di lettura è stata aperta il 13 maggio
4857 e da questo giorno alla fine dell' anno il numero delle
visite di lettori fu di 76,438, totale 94,370 nel 4857.
La -biblioteca s'accrebbe di 30,344 volumi, dei quali
7S0 provenienti da doni, e di 843 giornali acquistati. II
numero dei pezzi di musica acquistati è di 3864. Fra i
manoscritti che aumentarono la collezione, puossi citare un
papiro greco f per vero dire in frammento, ma che contiene
una parte dell' ultima orazione d' Hyperides pronunciata ad
Atene dopo la battaglia di Lamia, 333 anni avanti Gesù
Cristo; 45 papiri copti e 3 manoscritti in pelle in dialetto
saìdico; il manoscritto greco delle favole di Esopo, di Babrio
(sopra pergamena), un esemplare degli Evangeli in latino,
sopra pergamena, del X secolo; gli otto primi libri del-
l'Eneide con scolii (X secolo); il salterio latino del vescovo
di Grandsonne (d' Exeter), 4337-4369, un prezioso esemplare
di Gower {Confessio amantis); gli Evangeli in armeno, in
leuere cubitali (XI o XII secolo); le carte della famiglia
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H2
Benlìnck, specialuiente quella del conte Bentinck, amba-
sciatore d'Olanda ad Aquisgrana nel 1748, e consigliere di
Guglielmo IV, principe d' Grange (1681-1774); alcuni cu-
riosi autografi di L. Pulci, Gonzales de Cordova, Paolo Ve-
ronese, L. Caracci, Voltaire, Racine, Enrico III di Francia,
Giorgio I e Giorgio II, ecc.; i grandi sigilli di Guglielmo I
Enrico I, Etienne, Riccardo Cuor di Leone ed Enrico III,
il timbro originale d'argento adoperato per la firma di
Giorgio IV, nel 1830[; ed alcnne belle impronte , di rovescio
e per diritto, del gran sigiHo della regina Vittoria.
La sezione delle antichità si è arricchita della collezione
Budrum, prevenuta in Inghilterra nel luglio scorso. La parte
la più importante ed anche la più curiosa di questa colle-
zione si compone degli avanzi del mausoleo innalzato da
Artemisia, regina di Caria, al suo sposo Mausolo, 350 anni
avanti Gesù Cristo. È noto che questo mausoleo conta vasi
per una delle sette meraviglie del mondo antico. Questa
magnifica scoperta archeologica devesi al signor Newton
vice console di Budrum, il quale ne fece oggetto d'un' eru-
dita sua memoria, secondo la quale la tomba eretu dalla'
regina di Caria ricordava por il suo stile ed ornamento il
famoso tempio di Priena, edificato nello stesso tempo e forse
dallo stesso architetto. Dal frontone del mausoleo si distac-
cavano due basso-rilievi, che possono rivaleggiare in bellezza
quelli del Partenone e che li sorpassano in numero.
Le sezioni della storia nazionale (medaglie) furono ar-
ricchite da esemplari troppo numerosi per potere essere
menzionati e le antiche medaglie aggiunte a questa nuova
collezione non mancheranno punto, cosi riunite e comple-
tate, di eccitar la curiosità dei numismatici.
Si continua a copiare e litografare te iscrizioni cuneiformi
. d' Assiria e di Babilonia.
Ecco il risultato di questo lavoro fino al 12 febbrajo
1858; 7 iscrizioni formanti 12 fogli ed 818 linee finite e
500 esemplari impressi; 4 iscrizioni formanti 9 fogli e 918
linee, terminate e pronte ad essere impresse; 6 iscrizioni
formanti 15 pagine in uno stato di copia abbastanza avan-
zato.
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TANNALI IINIVERSILI
91 MAIIMICA
ebhr^l* ISft*. V*l. XXI. — W," «i.
BIBLIOGRAFIA (0
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGL
RASSEGNA M OPERE ITAUAHB.
* Grande illustrazione del LofnbarduhVemto. Brescia
sua provincia. Un voL in-S.^ di pag» 876. — Cremo-
e sua provincia. (Jn voi. inrS.^ di pag. S68. — Bel-
^ttno e sua provincia. Un voL Jn-8.^ dipag. lOS. — ^i*.
4858-69 , presso gli editori Corona e Calmi.
e^tori dell' illustrazione del regno Lombardo-Veneto» ora
del cay. Cesare Canta» hanno in pochi mesi pubblicato tre
illnstrasioni delle tre proyincìe di Brescia, di Cremona e di
[iUnstrazione di Brescia e del suo territorio ò dovuta al gio-
rìttore Carlo Cocchetti. Egli narrò breyemente la storia di
terra dei forti» e lo fece con quel patrio affetto che è ca-
araono indicale eoa aiterisco (*) di riscontro al titolo dciroperi
damiooi sopra le qaali si daranno | qnando occorrono, articoli
StatUtiea, vot. XXi, eerie 2.* 8
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414
raUerisUcQ nel popola c6noaiaii(K Dopo a?tr narrato le magnanime
vicende della saa Urrà nativa, ai accinse ad illustrarne tutte le
memorie artistiche e biografiche, e poscia ne descrisse con tutta
cura il territorio, giovandosi dei lumi deUa statistica e della storia.
Quest' opera del Coccbetti fa un degno riscontro alle storie bre-
sciane che sta ora pubblicando l'Odorici.
%* illustrazione della città e provincia di Cremona venne affidala
al valente doti. Francesco Robolotti, già conosciuto per la sua
accurata statistica cremonese che in gran parte riproducemmo nei
nostri Annali. Anch' egli narra le vicende della sua patria, ricorda
1 suoi uomini Illustri ed i monumenti artistiei, ed in seguito passa
In rassegna i suoi distretti rurali e mette in evidenza tutte le
memorie c)ie valgono ad illustrarli, fn questo lavoro vengono per
la volta prima offerte notizie storiche ed artistiche sinora rimaste
inedite, e cìie con accurate annotazioni sono anche di nuovo illu-'
strato da Cesare Cantù.
ÌA descrizione illustrativa della città di Belluno e della pro-
vincia è o{^ra M dolt. Giuseppe Alvisio in poche pagine egli seppe
caccogliere un vero titeoro di notizie rimaste sinora sepolte negli
archi vj. Le memorie di Belluno rivivono nelle pagine dell' Al visi
e ci fanno conoscere come ogni terra italiana benché povera ed
igiiola ha nn grande valore storico ed artistico.
Noi estrarreno dà qiìieate tre illustr.azioni alcune notizie Stalin
stiehe non per anco abhaatanza noie, onde si riveli ognor più la
vita intima di questo nostro paese.
Intanto ci congratuliamo e con chi promuove e con chi dirige
quest'opera per l'amore che vi traspira in ogni pagina, sapendo
che il suo esempio sta per essere imitato negli Stati sardi, nella
Svizzera italiana, e negli Stati parmensi. G. S,
VI. — * Rapporto statistico della Camera di ComMercio e
d'industria di Lodi, per ranno 1857, redatto da Gae-
nifo PmoYANO. Lodi 1858. Un voi. tn-8.® di pag. 46 con
tacite tavole statistiche.
Quest' è il secondo rapporto statistico che si pubblica dalla
Camera di Commercio di Lodi. La provincia di Lodi e Crema che
conta ^25,611 abitanti è tutta dedita ad opere rurali. La Camera
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di commercio si è quindi occapaU ad illustrarne di preferenza la
condizione agraria. Dalle notizie dalla medesima raccolte potemmo
desumere che T introduzione del bestiame bovino in Lombardia va
di anno in anno decrescendo» il cbe ci prova il depauperamanto
della possidenza che manca dei capitali necessari per acquistare
di anno io anno le mandre che occorrono pei bisogni rurali. 1
prodotti dell' agricoltura lodigiana veonero stimali per Tmo^ 1857
alia somma approssimativa di trentatre milioni di lire. Si volle an-
che calcolare il consumo dei generi occorsi pel vitto d«lla popo-
lazione, ma nei calcoli istituiti per la città di Lodi non si tenne
abbastanza conto dei generi esportati. SI pubblicò anche il risultato
dell' anagrafe slata neir ottobre dell' anno 1857 eseguita anche per
la provincia di Lodi e Crema, giusta la nuove formule statistiche
state air uopo predisposte. Queste formule non furono le più felici
giacché troviamo una rubrica coli' indicazione degli individui lette-
rati ed artisti, e sotto questa rubrica vediamo per la sola provincia
di Lodi indicati 285 individui che professano le lettere e le arti»
il qnal numero è indubbiamente favoloso. Cosi pure troviamo le
donne ed i fanciulli che sono cumulativamente conteggiati, cosic-
ché non si ha più modo di distinguere le une dagli altri.
Noi ritorneremo su questa Memoria statistica che troviamo per
più titoli importantissima, e ne estrarremo le noiiaie più coficlu-
deoli.
VII. — "La Banca delle quattro Legazioni ed il cambio de'
^noi biglietti; parere di Gebouxo Boccardo, Bologna 7 /eó-
brajo 1859. Un opuscolo m-8»^ dt pag. 30.
Noi abbiamo annunziata la sapiente Memoria del doti. Massi*
miliano Martinelli sul credito e sulle banche che l'autore pubbli-
cava per giovare al miglior ordinamento delle banche negli Stati
pontificj. Ora ci piace di annunziare un dotto opuscolo dell'eco-
nomista Boccardo su questo medesimo argomento. Egli veniva pre-
gato di emettere un suo voto se e come doveva contenersi la banca
di sconto stata istituita nell'anno 1857 a Bologna, la quale ora
sconta i biglietti bancarj con monete d' oro di conio estero al va-
lore non di tariffa, ma al eorso abusivo. Il Boccardo tratta la que-
stione se sia lecito alla banca bolognese di obbligare i possessori
de' suoi biglietti ad accettarne il pagamento in una moneta estera
al mutevole e giornaliero valore corrente. Dopo avere addotto le
ragioni che la scienza giurìdica consiglia, egli conclude che nel
eambio del biglietti deve la banca di Bologna pagare colla nio-
oeta legale dello Stata, ed in difetto di essa può anche pagare
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U6
con monete estere, ma queste devono conteggiare al corso di ta-
riflfa. *
Noi ci asteniamo di proferire alcan definitivo giudisio su que*
st' ardua questione , riservandoci a farlo appena avremo letto i
nuovi consulti giuridici stati ora pubblicati a Bologna.
Vili. -^ * Dizionario manuale di geografia antica , e cenni
preliminari ad intelligenza della storia; compilazione di
EacoLE GoBTi. Papta 4859. Edizione in-S.^^ dispensa / di
pag. 460^ presso la tipografia Fusi.
Noi mancavamo ancora di un buon lessico geografico nel quale
fossero acccennati i nomi geografici antichi per contrapporli coi nomi
moderni. Il diligentissimo professore Corti, già noto per altri scritti
importanti, si è accinto a quest'opera faticosissima. La prima di-
spensa sinora pubblicata a modo di dizionario coniprende i nomi
geografici dalla lettera A alla lettera C. Noi esaminammo questo
coscienzioso lavoro e lo trovammo esattissimo. Non possiamo per*
ciò astenersi dal raccomandarlo vivamente a tutti i pubblici e pri-
vati educatori^ essendo per essi un manuale utilissimo, e tanto più
lo /acclamo in quanto che l' autore non è in grado di pubblicare
il resto dcir opera se non quando venga assicurato da un tal nu-
mero di soscrittori che bastino a coprire le spese dell' edizione.
IX. — Storia degli scandagli marittimi, seguita dalla de*
scrizione di una rete palombara; del dottore Savino Sa*
VINI. Torino e Parigi 4858. Un voi. tn-8.^ dt pag. 444
con tavole, presso la tipografia Botta
Da che i cultori degli studj idrografici stanno occui^ndosi dei
migliori metodi per eseguire collo scandaglio la misura della pro-
fondità comparativa dei mari interni e dell' Oceano, era ottima
cosa che uno scienziato dovesse occuparsi di tracciare la storia di
tutti gli apparecchi sinora tentati per queste esplorazioni idrogra-
fiche. L'illustre professore bolognese Savini si assunse questo ufi*
ciò e neir opera che annunziamo traccia la storia di tutti gli scan-
dagli marittimi sinora usati. Fra questi ne trovammo anche uno
ingegnosissimo stato sino dall'anno 4845 inventato dallo stesso
Savini, e la descrizione pura di una nuova rete da palombaro dallo
stesso ideata.
Noi ci congratuliamo col dotto autore di questo suo impor-»
tante lavoro che vivamente raccomandiamo a tutti quelli che si oc^
cupaao di studj idrografici.
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117
MEMORIE ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE.
N«*ir| stadj di Wm9tm$ki snll^eMnoaito yoUtlMi
in ItaUa.
( Conlinaatione e fine. Vedi pag. 7 del precedente fascicolo ).
VI.
I
traitali dì Broggia sopra le imposte e sopra le monete (4)
rinchiudono alcune nozioni giustissime sopra T agricoltura ,
r industria e il commercio^ considerali come elementi del-
la ricchezza dello Stato; da ogni pagina si chiarisce la
convinzione dei vantaggi che procura il lavoro libero. Nello
stesso tempo il benessere delle classi inreriori e dei contadini
è segnalata come una condizione della potenza pubblica e
della pace. Una analisi finissima gli fa ripudiare il principio
d'una tassa unica. Tre sorgenti di rendita debbono contri-
buire alle spese dello Stato: la proprietà territoriale , le
imposte di consumazione e le dogane i di cui diritti deb-
bono essere moderatissimi. Quanto air industria , siccome
essa è la sorgente principale della potenza e della fortuna
degli Stati, cosi non bisogna mai toccarla nel timore di
inaridirla* La parte più importante è quella in cui Broggia
tratta delle imposte di consumazione^ di cui egli fa risplen-
(1) Trattato dei tributi; — Trattato dette monete^ 1745
(Collezione Costodi, parte antica , IV).
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Alt
derc i vantaggi. Queste tasse sono volontarie e non foriate;
esse sono proporzionate ai mezzi disponibili, e si confondono
Isìcilmente colla variazione del prezzo delle derrate, di modo
che il peso che ne risulta diviene poco sensibile, infine le
si pagano di giorno in giorno, senza aver bisogno di formare
delle riserve a questo scopo, né di toccare le economìe di
già fatte, doppio obbligo egualmente penoso per le classi
povere.
Malgrado i pregiudizj della scuola mercantile, che inca-
glieno alcune volte la giustezza naturale di spirito del Brog-
già, il suo è uno di quei lavori che si studiano col mag-
gior frutto ; lontano dal riguardare il denaro siccome la vera
e quasi la sola ricchezza dello Stato, errore troppo eomuoe
degli antichi tempi, egli mostra nella creazione e nella ci^
colazione dei prodotti la condizione prima della prosperità
nazionale.
Le Osservazioni sopra il prezzo legale delle monete^ di
P. Neri (I), espongono, con molta chiarezza e precisione, i
punti ì più importanti relativi a questa grave materia. Chia*
mando lo studio del diritto in ajuto alla soluzione delle
qétstioni economiche, il sapiente Fiorentino prova che i giu-
reconsulti romani sono al sicuro per quanto concerne il
rimprovero che loro si ha sovente indirizzato d'aver disco-
nosciuta la natura della moneta, ammettendo ch'essa era
in qualche modo ideale, e che la volontà del principe po-
teva fissarla arbiti*ariamente. La rettitudine ifiaturale di spi-
rito degli interpreti della legge romana li ha preservati da
questi equivoci, e li ha messi sulla via di molte verità che
insegna la scienza economica.
Coi dae volumi consacrati ai lavori di Neri termina la
parte antiea della collezione Custodi. Nella parte novella
splendono speciaimeate i nomi di Carli, Algarotti, Pdgnini,
(1) irsi.
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U9
Galìani, Genovesi, Beccaria, Verri, Paòlcitl, Orles, Filangieri,
D'Arco, Vasco (») ^ Mengoui.
Fu un gran trattato sulle monete che fece la legittima
riputazione di Carli ; le ricerche da esso isliiuile sulla situa-
zione economica delPItalia, prima della scoperta dell'Ame-
rica, danno molto valore al suo lavoro. Ma il suo scritto
forse il più notevole è qciello eh' egli ha consacrato at bi-
lanci del commercio (2) ; egli traccia le condizioni che deb-
bono governare questi bilanci annoi del commercio delle,
nazioni) e non si lascia ingannare quanto ai valore delle de*
duziofli che se ne possono trarre. La differenza tra le im-
poriizioni e le esportazioni non basta pep far dire che uno
Stato guadagna o perde, che prospera o che decade, biso-
gna avvicinare queste date coi risultamenti statistici della
popolazione, deir interesse del denaro, del prezzo dei pro-
dotti. D* altra parte, Carli non riguarda la terra come la
soia ricchezza dell' uomo ; egli ha il sentimento lato degli
interessi varii e numerosi che concorrono alla prosperità
degli Scati. Una sola classe d' uomini non forma una società ;
un paese popolato di filosofi e di letterati morirebbe di
lame. Se non possedesse ohe operai e mercanti, la sua at-^
tività incontrerebbe ben presto dei limiti : dove non vi fos-
sero che genti ricche, nobili, proprietarii si sarebbe vicini
airanarehia, e quando non vi fosse che popolo, il paese sa-
rebbe miserabile, e dannoso per ogni potere. Dal concorso
di tutte queste forze nasce V equilibrio sociale, e la felicità
(I) Giambattista Vasco fu piemontese; ora si sta erigenda da
mooumeoto a questo scrittore» il dì cai spirilo liberale aveva otia
gran capacità. Del resto il Piemonte ha veduto nascere molti eco-»
oomlsti, tra i quali si distinguono hi ^piesio secolo OatrtiUlf Ga^
leanl, Ifaplooe e Prospero Balbo.
(d) Brene ragionamento sopra i bilanci economici dette na-
tioni. (Collezione Custodi, XIV )«
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420
di tutti richiede che nessuno sia né trascurato, né sacrifi-
cato a profitto altrui.
Fra gli scrittori italiani T economista, nella più larga
estensione del termine, è Genovesi. Versato nello studio
degli antichi e nella conoscenza della filosofia, egli doveva
veramente creare l'insieme della scienza economica io Ita-
lia. Fu Genovesi quello che occupò la prima cattedra, fon-
data propriamente nel 4765, dall'abate Intieri, per T inse-
gnamento di quest' altra icienza nuofpa^ nella patria di Vico.
Genovesi professò le sue Lezioni d^ economia ctpt/e (1), e
quasi nello stesso momento (4754) Adamo Smith gettava
a Glasgow, nel suo corso di filosofia morale, i fondamenti
delle Ricerche $uUa fèatura e le cause della ricchezza delle
nazioni
I lavori di Genovesi sono quelli di un filosofo il quale
ha seriamente studiata la natura dell' uomo e la natura delle
cose; quindi egli non trascura l'influenza economica delle
arti^ che formano l' Intelligenza ed elevano la spirito. D' al-
tra parte, il lot^oro è presentato come il primo capitale del-
le nazioni ; più è grande il numero di quelli che lavorano
più aumenta il benessere di tutti. Il lavoro richiede una
pena, un sacrifizio, ma tutto nasce nella sofferenza ; è que-
sta una legge mondiale che va rispettata e benedetta. Il de-
naro non è la ricchezza , è l' olio che fa correre le ruote
del carro ^ e Genovesi aggiunge in un modo amenissi-
mo : « dopo essersi i don Chisciotti della filosofia, ed i Si-
« sifi della chimica, per molti anni lambiccato il cervello
« hanno conosciuto finalmente che non vi è altr'arte da
< far denaro, che l' oneeta fatica : e ciò fa arrabbiare molli
« stolidi, che credono di far denaro col vento ».
II pensiero di Genovesi è sempre elevato e l'idea mo-
(1) Lezioni di eeononìia civile, (GollezioDe Custodi, VII, VIU
IX).
1 1
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rale domina in tulli i suoi scrini. In una lettera eh' ejjli
scrìveva nel 4765, Genovesi riassume il pensiero della sua
vita : « Io sono oramai vecchio, né spero o pretendo nulla
« più dalla terra. Il mio 6ne sarebbe di vedere se potessi
« lasciare i miei italiani un poco più illuminali, che non
« gli ho trovali venendovi , ed anche meglio aGFezionati
« alla virtù la quale sola può essere la vera madre d* ogni
« bene. È inutile di pensare ad arti , a commercio , a go-
t verno se non si pensa a riformar la morale ». Questo
nobile linguaggio mostra altamente la tendenza della scienza
economica in Italia, poiché il carattere impresso da Geno-
vesi a questo studio non si é giammai scancellato.
Il celebre autore Dei delitti e delle pene^ Cesare Becca-
ria, era ancor più economista che giureconsulto. Egli me-
rita sotto questo rapporto uno studio particolare , che noi
ci proponiamo di farlo parlando delle sue Lezioni d' econO'
mia pubblica (1), assai poco conosciute al di fuori deirita-
lia, mentre il trattato Dei delitti e delle pene è slato tradot-
to in ventidue lingue. Precursore d' Adamo Smith , come
Baodini lo era stato di Quesnay e di Turgot, egli fece gravi-
tare la scienza intorno ad un principio : « Non è che la mas-
sima quantità di lavoro utile quella che dà il maggior prò-
dolio, e ciò che prodlta alle nazioni (2). « Dal momento
in cui questa verità ò dimostrata, tutto ciò che compendia
e facilita il lavoro, tuitp ciò che diminuisce lo eforzo per
accrescere il risultato diviene lo scopo delle nostre ricer-
che ; il principio ammesso in meccanica penetra neir eco-
ti) Elementi di economia pubblica, i769. (Custodi parte mo-
derna» XI e XII).
(S) « Eccitare nella nazione la maggiore quantità possibile di
travaglio utile ». (Beccaria, Economia pubblica, $ i7). « Ho po-
sto per principio generale di tolta la scienza non la massima quan-
tità di travaglio, generalmente, ma la massima quantità di trava-
glio uUle ». (S 19).
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432
Domia sMiale, attivando l'appIiea7Ìonc delle scienze allMn'-
diistria, propagando le nriacchine, e mettendo in opera la
divisione del Imoro, Che i* abbia tolta da Platone o da
Aristotele, o ohe l'abbia egli stesso scoperta, egli è certo
che Beccaria non ha solamente indicata, ma sviluppata que-
sta grande verità prima di Smith, perchè gli Elementi di
economia pubMiea sono stati scritti dal 4769 al 1774. Que-
sta coineidensa che abbiamo già avuto occasione di segna-
lare per Bandìni ed i fisiocrati, è una prova di più che nel-
r ordine scientifico, cernie nel dominio dell' industria, le idee
che sono mature germogliano insieme nelle intelligenze scelle
delle varie naEioni , e ehe, nello stesso tempo, elaborano
gli stessi risultati. Nulla di più chiaro che fa deduzione di
Beccaria: « Ciascuno ]H*ova colf esperienza, che se si ap-
plica la mano e 1* ingegno sempre allo stesso genere di
opere e di prodotti, più facili, più abbondanti e migliori ne
trova i risultati di quello che se ciascuno isolatamente le
cose tutte a sé necessarie soltanto fecesse: onde altri pa-
scono la pecore, altri ne cardano le lane, altri le tessono;
ohi coltiva biade, chi ne fiat il pane, chi veste, chi fabbrica
per gli agricoltori e lavoranti, crescendo e concatenandosi le
arti, te dividendosi in tal maniera per la comune e privata
utilità gli uomini in varie classi e condizioni (4) ».
6. B, Say ha riconoscttilo che Beccaria ha messo pel
primo in rilievo il carattere produttivo del capitale; le idee
eh'egli ha professato sulla popolazione presentano dei con*
fronti curiosi da fare coi principii di Malthus.
VII.
La grande quistione della popolazione ha da gran tempo
occupato in Italia gli ingegni più eniinenti, mentre m altri
(1) Beccaria» Ice. cit., pag. 9.
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paesi si persisteva a prosenlare faltizii iDCoraggiameotit de-
stinali ad aumentare il numero degli abitanti, siceome una
delle leve le più potenti della prosperità degli Stali. Sino
dal fine del sedicesimo secolo, nel 4589, il canonico Bo-
lero (abate di S. Michele della Chiusa in Piemonte)» pre-
cettore dei figli di Carlo Emanuele, duca di Savoja (4), do-
po aver intrapresa la confutazione di Macchiavelli, mostrando
che in politica il giusto non è mai disgiunto dall'utile (2),
biasima gli incoraggiamenti dati al matrimonio; se non si
è in istato di nutrire e d' allevare i figli , questi muojoiio
premaiuramense; la popolazione sì arresta ad un eerto mo-
mento di sviluppo, malgrado la molteplicità dei malrimonii,
i quali divengono un ostacolo , invece d' essere un mezzo
per r accrescimento del numero degli abiunti, allorché
mancano i* mezzi per assicurare V educazione fisica dei
figli.
Questa tesi , analoga a quella che Malthus ha cosi po-
tentemente sviluppata, ho incontralo nel monaco veneziano
Ortes (nato nel 4743, morto nel 4790) un difensore ener-
gico. Le Riflessioni sulla popolazione delle fuizioni^ per rap-
porto all'economia nazionale (3) hanno preceduto il lavoro
di Malthus, il quale non ne ha mai avuia conoscenza ed è
gìuQio alle stesse conclusioni , benché professando no altro
eulto ed appartenendo ad un paesc^ che tanto dlfforisce dal*
rUalia.
Ci basti di qui riassumere le idea principali di Ortes.
La popolazione si mantiene, aumenta o diminuisee in ra-
(1) n Boterò nacque a Bene, piccola città del Piemonte, nel
1540, mori a Torino nel 4617.
(9) Della ragione di Stato , in dieci libri.
(3) CollezioDe Custodi XXfV. — Un' opera precedente e più
coQsiderevole di Ortes è questa : Dell* economia nazionalCf libri 6»
pobbllcaU nel 4774.
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tu
gione dello stato stazionario, progressivo o retrogrado della
ricchezza pubblica , di cui essa non potrebbe precedere lo
sviluppo. Essa dipende dalla libertà di cui gode la nazione.
Le generazioni degli uomini sono limitate dalla ragione , e
la privazione volontaria del matrimonio è 4a prova dell' e-
levazione del nostro essere; infine le case di lavoro e di
soccorso provvedono ai bisogni di alcuni, ma esse ne sproty-
i?edono un maggior numero. Dalla distribuzione delle ric-
chezze moderate dipende il benessere del paese. La sicu-
rezza e la propria dei beni acquistati è il solo mezzo, non
d' impedire che vi siano poveri , ma di diminuirne il nu-
mero, e la libertà è il rimedio sovrano onde guarire le
piaghe sociali.
Noi ci limiteremo a richiamare i lavori del Verri , il
degno amico di Beccaria; le sue Meditazione suW econo^
mia politica sono un libro classico che ogni economi-
sta deve studiare; là s'incontra la prima e la più luminosa
dimostrazione dblla potenza produttiva del commercio. Men-^
zioneremo pure le Leggi politiche ed economiche di Filan*
gieri, che fanno parte della sua grand-opera sulla Scienza
della legislazione^ e per terminare questa breve rivista delle
rimarchevoli produzioni che il barone Custodi ha raccolte,
segnaleremo pure, siccome troppo poco apprezzate, le ec*
celienti Memorie del conte Mengotti. Quella che tratta del
Colbertismo (I) è un vero capo d'opera; scrive colla gra-
zia ed il calore che danno tanta attrattiva alle celebri e vi-
(i) Il Colbertismo ossia della libertà del commercio dei prO"
i della terra. (Custodi , XILXVI). Questa Memoria venne in
!, nel 4792 , a Firenze; essa fu coronata dalla Società reale
nomica. Una nuova edizione, accuratamente riveduta dall'autore^
ata pubblicata a Milano nel 4822: essa comprende i due scritti
conte Mengotti: // Colbertismo e II commercio dei Romani.
st' ultima Memòria è stata coronata dalla francese Accademia
s iscrizioni e belle lettere.
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Yaci opere di Galiani, egli meUe di volta in volta a servi-
gio della causa della libertà commerciale una logica potente
ed una rara vivacità di spirito, e II numerario , egli dice ,
è essenzialmente ribelle agli ordini della legge; egli viene
senza che lo si chiami, se ne va benché lo si arresti, sordo
alle prevenzioni, insensibile ai rimproveri, tratto solamente
dairesca del proGtto ». E qual ammirabile abbozzo che è
quello degli effetti della concorrenza! « La concorrenza è
Farbitra sovrana dei prezzi, la regolatrice legittima e giu-
sta che governa con equità e con> moderazione i contratti
di tutte le classi della società; che mette un giusto confine
alle smoderate pretese di ognuno; che frena l'ingordigia e
l'avarizia, e la costringe a contentarsi di ragionevoli ed one-
sti profitti; che non protegge né opprime, non ama, non
odia, non dona, non toglie, ma sempre giusta, sempre im^^
parziale guarda con i* occhio stesso tutte le classi della so-
cietà, e nella somma della generale prosperità lascia che
ognuno partecipi soltanto di quella parte che a lui legitti-
mamente appartiene ».
Già lo dicemmo, le pubblicazioni dovute agli economi-
sti italiani del secolo decimonono sono degne di questi glo-'
riosi precedenti; regna nella penisola un movimento rimar-
chevole e profondo, di cui l'Europa non ha bastantemente
tenuto conto. Questo movimento rimane sempre fedele al
principio che accomuna gli interessi della produzione al-
l' attività deir uomo , e che non gli isola mai dall* insieme
della vita nazionale. Quindi molti lavori d' un genere ele-
vato non aCtribuiscono aireconomta politica il significato più
stretto che la scienza moderna dà a questo termine onde
meglio allargare l'oggetto d'una natura particolare di stu-
dj. È in questo modo che uno degli scrittori i più distinti
dell'altra parte dell'Alpi, il sig. Cibrario, antico ministro
dell' istruzione pubblica e degli affari esteri del regno di
Sardegna, pubblicando la sua bella ed istruttiva operu: VE-
conomia politica d^l medio eco, non lia inteso di limitare le
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sue investigaiionì ai problemi purameate speculatiri. Coloro
che cercassero in questo libro , che ha collpcato da lungo
tempo Fautore al primo rango dei sapienti italiani, defini-
zioni 0 dissertazioni sulla parte astratta della scienza non
vi troverebbero nessun capitolo sul valore in uso o sul va-
lore in cambio, sull'analisi della produzione, e quindi sul
lavoro, la terra e il capitale, né sopra il prodotto lordo ed
il prodotto netto, la rendita, il prodotto ed il salario. Ma
essi saranno grandemente compensati per l'apprezzamento
sagace dei fatti economici che il sig. Cibrario attinge dalla
profonda conoscenza della storia , unita ad una grande si-
curezza di dottrina. Eseguila sopra un piano largo e vigo-
rosamente concepito 1' Economia politica del medio evo è
«n'opera insieme dilettevole e solida; essa descrive l'orga-
nizzarsi delia società laboriosa, da cui ne vengono le leggi
che governano il lavoro. -— I fatti economici hanno sem-
pre occupalo un posto importante nella vita dei popoli; ma
per rimpiazzare la cronaca col quadro animato dell' esi-
stenza nazionale, per riprodurre in vece dello scheletro dei
tempi passati, lo sviluppo medesimo dei diversi interessi
che coslituiscono, in qualche modo, la vita sociale, bisogna
una scienza variata ed esalta, un esame attento, uno spirilo
critico ed una grande sagacità. Queste qualità splendono in
alto grado nell'opera del signor Cibrario, e questa richiede
dalle circostanze di cui l'autore ha fatto l'oggetto delle sue
investigazioni un' importanza novella. In fatti , 1' epoca alla
quale egli ha consacrato le sue veglie meritava per ogni
punto d'attirare la preferenza; è il momento in cui l'eru-
dizione restituisce al pensiero umano il mondo antico, men-
tre che la bussola apre un novello mondo e l'arte tipo-
grafica la mette in godimento permanente del lavoro di
tutti i secoli. È questa Tepooa in cui il lavoro ingrandisce,
in cui il commercio lontano si estende, in cui le repubbli-
che italiane s'elevano ad una meravigliosa prosperità.
11 signor Cibrario presenta V economia politica siccome
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ona delle parli le più Dobili ed importanti della storia ci-
vile; essa abbraoeia, in fatti; sotto forti aspetti, l'esperienza
dei. governi e dei popoli ; essa mostra lo scopo che gli uni
e gli altri hanno seguito, ed il risultato al quale essi sono
arrivati eolla scelta dei mezzi adottati; essa comprende de-
gl'indirizzi troppo spesso trascurati e senza dei quali pure,
non |)Otrebbesi avere la misura del benessere e del males-
sere delle nazioni, nò conoscere esattamente altra cosa ohe
i feoomeDi della loro vita esterna. L'economia politica, sic-
come la riguiirda l'autore, è nient' altro che la storia com-
parata delle cause e degli effetti dello stato politico, morale
ed economico delle nazioni.
11 signor Cibrario non procede allo sviluppo d'una serie
di formole storiehe; egli non traccia il quadro della filoso-
fia della fttoria, ma quello dell'organismo sociale, partico-
larmenie fermandoai all'epoca che ha preceduto la forma-
zione degli Stati moderni.
La prima parte della sua opera tratta dell'origine e della
forma delie istituzioni politiche.
La seeoada parte comprende ciò che si riferisce alla
coadizione morale ed alla coltura dell'intelligenza.
Infine la terza parte avvera i risultati materiali e de-
scrive la condizione economica dei popoli.
Questo semplice annunzio basta per mostrare la ricchezza
dei materiali riuniti e l'importanza dei risultati constatati,
allorché alcune ricerche d'una grande novità s'appoggiano
<*ostantea>ente sulla conoscenza esalta dei documenti originali.
Il medio evo è lontano dal presentare quella ingenuità na-
lurale che gli si suppone. È l'epoca delle lotte ardenti, in
mezzo alle quali hanno più volte brillato gli sforzi commi-
sti: è r elaborazione ottica del mondo moderno. Nulla di
più curioso che il seguire gli scaricatoi della sociabilità che
eammina, il vedere agire l'uomo nella vita e nell'istoria. Il
regime interno delle nostre società diviene più fucile a in-
tendersi» quando si ha annodalo in questo modo l'antica
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42S
ulleanza delle scienze morali e politiche, perchè nulla di eiò
che è stalo è completamente scomparso, tutto s'è fondato
in forme nuove, e tutto vive nascosto sotto le apparenze di
una trasformazione completa.
. II medio evo abbraccia lo spazio passato dalla caduta
dcir impero romano (sesto secolo) fino a Carlo Quinto;
esso si divide in due grandi periodi di cinque secoli cia-
scuno, ma fu principalmente l'epoca intermediaria tra T an-
tica barbarie e la civiltà moderna, quella del tredicesimo e
quattordicesimo secolo, alla quale il signor Cibrario ha re-
stituito il suo vero carattere, e che egli ci fa conoscere in
modo completo.
L' influenza della chiesa sulla sorte delle popolazioni ha
fornito al signor Cibrario dei bei capitoli. Egli ha saputo
rendere giustizia all'azione dei primi vescovi, capi delle
comunità cristiane che, allorché l' impero romano correva
alla propria rovina, rappresentarono il popolo in modo mi-
gliore di quello che lo facevano le autorità civili: essi sa-
pevano lenire i mali, provvedere ai bisogni , prevenire le
dbgrazie; ministri d'una religione che proclamava l'egua-
glianza degli uomini e dei popoli dinanzi a Dio, essi con-
tribuirono potentemente ai progressi della libertà. L'antica
società avrebbe subito l' influenza della barbarie, che esagera
la forza individuale a pregiudizio della forza collettiva; at-
tendendo che l'azione dei legisti facesse rivivere col diritto
romano l'energia del potere civile, la giurisdizione eccle-
siastica si esercitò a profitto della pace pubblica e del de-
stino dei popoli. Il lavoro ed il commercio diedero alla
religione la potente leva dell'associazione; la storia del
mèdio evo è in gran parte la storia delle corporazioni sotto
tutte le forme, comuni^ compagnie^ società, anse^ leghe^ con"
federazioni^ fraternità. Quelle che il potere pubblico era
incapace di proteggere dovevano organizzarsi in modo da
difendere e governare sé medesimi; ma il principio d'as-
sociazione, il quale produsse grandi e magnifici risultali e
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che ebbe specialmeQte il merito di ravvivare Tenergìa mo-
rale, pose fine a lotte empie, ed a eonflitiì permanenti, dove
il bene pubblico scompariva dinanzi alla competenza accesa
degli interessi.
Le popolazioni rurali sopportano impazientemente il giogo
del servaggio; l'audacia loro non mancava, ma le solleva-
zioni, bruttate in generale da atroci crudeltà , non ebbero
mai il risultato che speravano gli ammutinati, i quali non
avevano in loro servigio che la forza brutale. Non è la vio-
lenza, ma la religione e la legge che dovevano apportare
r emancipazione successiva delle campagne.. L'anarchia so-
ciale cedeva davanti ad una potenza rispettala e temuta da
tutti, benedetta ed invocata dagli oppressi, la potenza della
chiesa. Se l'azione politica dei pontefici fu eccessiva, se
apportò alcune volte attacco ai diritti della sovranità, essa
ebbe un eifetto benefico e civilizzatore per i popoli; essa
s' elevava contro il traffico degli schiavi e contro il duello,
essa proibiva il commercio contro gli aumenti dei diritti di
dogana e cercava di garantire la buona fede nelle transa-
zioni, di ottenere la sicurezza delle strade e dei mari; in*
fine il grande movimento delle crociate fu il punto di par-
tenza della società moderna svelta dall' isolamento locale e
dalla immobilità.
II signor Cibrario ha descritto questa rivoluzione con una
grande chiarezza, e fecondo sempre intervenire le relazioni
le più curiose sullo stato defie persone, l'industria, le re^
lazioni commerciali, la formazione del diritto internazionale,
la condizione delle diverse classi della società. Sempre ani-
mato d'una severa imparzialità, egli non tralascia di oonsi*
derare il medio evo secondo le idee della nostra epoca, ed
egli sa a meraviglia cogliere V idea delle necessità dei
tempi, di cui egli si fa in qualche modo il contemporaneo.
Nulla di più interessante che le pagine consacrate alla
pittura dei costumi e dei rapporti sociali di quest'epoca
lontana. — Il tredicesimo secolo ebbe i vizi e le virtù dei
Aicuu^ Statistica t voi. XXT, serie 3.« 9
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popoli barbari, il quattordicesimo la corruzione deile na«'
zioni civilizzate. Gli omicidìi, le iriolenze ed i delitti erano
più frequenti nel tredicesimo secolo; ma vi si incontra la
fede nel matrimonio e nei contratti, degli abiti semplici, una
nutrizione frugale; la probità domina nei rapporti privati e
nelle cariche pubbliche; tutto ciò non tardò punto a can-
giare, e si vide un' avarizia ed un fasto insieme dar di gomito
una grande povertà. Le pene erano crudeli; pure, eccetto
per i delitti straordinarii, i ricchi potevano comperare rìm*
punita col denaro, mentre che i poveri, per delitti di
minore importanza, erano spietatamente mutilati. Le prigioni
erano spaventose, il più spesso situate sotto i fossati dei ca*
stelli, umide e prive della luce del giorno. Presso a queste
crudeltà, pongono le esazioni d*ogni natura; in molti paesi
il priocìpe si riservava la tutela dei pupilli e degli orfanelli
per darli in servitù al maggior offerente. Il signor Cibrario
traccia questo tristo quadro con una spaventevole verità:
egli ci fa penetrare nella pronfondità dell' ordine sociale per
dissipare la strana illusione di coloro ohe pretendono che il
mondo peggiorando invecchi.
Senza dubbio alcune pratiche generose temperavano leggi
crudeli e le virtù private diminuivano alcune volte i vizj
deir organizzazione pubblica. Molti errori incontravano uà
freno efficace in un' istituzione il di cui senso si è più tardi
perduto, nella cavalleria, che comandava la fedeltà a Dio,
alla sua dama ed al suo principe ed una lotta coraggiosa
contro la violenza nella difesa dei poveri e degli oppressi.
Questi uomini di ferro erano capaci dei sentimenti i più
teneri, della devozione la più passionata ; votati all' azione,
essi sdegnavano le dolcezze del riposo; la guerra e l'amore
costituivano la loro vita. Ma per quanto brillante sia il ri*
flesso della loro fama, non potrebbe diminuire l' orrore dei
tempi, che avevano bisogno di ricorrere all'eroisoio di
pochi, onde rendere meno insopportabile l'oppressione di
tutti.
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4SI
Le feste dei medio evo sono descritte dal signor Gibrario
eoa una serupolosa esattezxa: esse forniscono i dettagli i pia
ameni; noi possiamo citure specialitiente il festino dato a
Milano, nel 4866, da Giovanni Visconti, io ooeasiotie del
matrimonio di sua figlia con Monello re d'Inghilterra.
Al medio evo appartiene F invenzione delle carte da
giooco; i cantimbanchi ed i menestrelli erano numerosi;
ciascun principe aveva un buffone j un poMzo alla sua
corte; questo era la salirà vivente, la parodie burlesca
dei vizj e dei costumi dei grandi nella loro vita pùbbliea e
privata. La musica, il canto, lo spettacolo, la caccia molti*
plicavauo i piaceri d'ogni specie, in un'epoca insieme sen*
suale e rozza. Nello stesso tempo il rinascimento delle let*
tere e delle arti riposa lo spirilo, lo incanta e lo cleVàé Si
aveva cominciato a darsi allo studio nei monasteri; ma in
seguito alle riforme politicbe e religiose deirundeoimo se-
colo, l'amore della scienza si diffuse rapidamente, e l'inse-
gnamento si allargò su d'un' ampie scala, prima in halia,
quindi in Francia, Spagna, loghiiterra, Alemagna. Gli scolari
sedali sulla paglia a centinaja, a migliaja, ascoltavano avida-
mente le lezioni, e ricevevano in seguito con soidnnità, dopo
reiterate prove, il grado di dottore istituito ad immàgine
della cavalleria per elevare la scienza al livello della forza.
11 titolo di cafmlkre e di tonte iu diritto civile e cano-
nico fu uno dei germi del progrelso social^ che doveva
compirsi*
Noi non possiamo seguire il signor Cibrario negl'inte-
ressanti detuigli ch'egli di sullo sviluppo delle belle arti e
dell' arebiteuura. Gli uomini di quest'epoca non esitavano
dinanzi a lunghe intraprese ; il loro spirito slanciavasi verso
il cielo e verso la posterità; essi elevavano monumenti e
non ediGzi, rinunziando di godere essi medesimi ciò che
essi legavano all'avvenire.
Noi abbiamo creduto dover iodieare almeno alcuna delle
qmstioni che, nel senso Volgere dol termine, non si aspei-
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terebbe di veder trattare neWEcononUa politica del medio
690. Il signor Cibrario ha saputo trattarle con un successo
rimarchevole, avvicinandole in un modo intimo al soggeuo
eh* egli aveva scelto. Presso alle conoscenze indispensabili
per dare un'idea esatta dello stato sociale, l'autore ha fallo
chiarire gli effetti economici dell'orgapizzazione politica, egli
non ha nulla trascurato per esporre la situazione dell'indù-^
stria e deiragricoltura, così ha egli tracciato una Storia del
lavorio, istruttiva «piena d'interesse. Nulla è stato omcnesso
di ciò che ci può trasportare col pensiero in quei tempi
rimoli e farei assistere, in qualche modo, all'esistenza delle
popolazioni. La vita privata del passato ha detto tutti i suoi
secreti al signor Cibrario ; egli penetra nella proprietà del
medio evo , egli ci fa assistere alla formazione delle leggi
marittime e commerciali, alle scoperte che hanno ampliato
il cerchio delle relazioni, alla nascila delle teorie di eredito,
d'interesse « di cambio, come a quella del credito pubblico.
La fortuna fatta agli operai, ai lavoratori « ai fabbricanti, ai
mercanti, a tutti i membri attivi della società laboriosa,
chiarisee in tratti precisi, e alcune investigazioni tanto prò-»
fonde che ingegnose sul sistema monetario e sul prezzo reale
del lavoro e dei prodotti, nel tredicesimo e quatiordicesimo
secolo, completano e chiariscono questo vasto quadro. Il
vero valore delle monete e delle derrate, principalmente dei
grani, in questo perìodo del medio evOj non è stalo mai
calcolato con tanta esattezza.
Quale era la quantità di metallo prezioso contenuta in
ciascuna moneta particolare , a quell' epoca in cui il loro
numero infinito e la loro diversità facevano dire: Si vor*
rebb€y ma non si potrà giammai ridurle in una sola ? Quale
quantità di grano o di pane ciascuna moneta può acquistare
ai nostri giorni, quanto metallo simile abbisognerebbe per
ottenere altrettanto di grano o di pane? Queste quisiioni
sono slate di sovente trattate, ma il signor Cibrario sembra
avere levato tutti i dubbi, e risolto un problema che UasMl
apnnziarlo per farne comprendere riipportansa,
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Le difficoltò ei^ano grandi, poiché foceva d^uopò di s(f-
guire accuratamente la variazione delle monete in lega,
peso e valore, come pure la variazione dei pesi e misure,
li signor Gibrario è arrivato a risultali preziosi per lo Spazio
dì cento cinquantaquatifo anm\ dal 1267 al 44i4. Egli ha
stese le tavole del prezzo dei grani per centonove anni ,
dal 4289 al 4397, e quelle del prezzo di diversi prodotti
naturali ed artificiali , della mano d' opera « ecCé, per circa
un secolo e mezzo.
II signor librario considera questa parte come la più
importante e come il suggello dì tutta V opera ; ciò prova
quanto lavoro e fatica gli siano costate quelle lunghe colonne
di cifre, accuratamente classificate. Ma egli è lontano, ciò
che noi dicemmo lo prova bastantemente, dal ridurre tutto
il suo lavoro a soluzioni materiali.
VÉcanonUa politica del medio e0o tiene conto di tutte
le inclinazioni, di tutti Ì desiderii, di tutte le aspirazioni
dell'umanità; essa fa, in uno sviluppo storico opposto all'as-
solutismo delle teorie, un largo posto alla libertà. Produzione,
consumo e proprietà, tali sono le tre faccie sotto le quali
si manifesta la benefica infldeilza di questo princìpio supe-»
riore, il quale è il vero quos ego^ destinalo a tener in freno
le utopie socialiste.
Di questo modo, il signor Cibrarìo codtinda degnamente
Topera degli economisti italiani; egli mostra come la potente
iniziativa della libertà abbia provocate le creazioni feconde,
che la scienza ha in seguito classificate ed analizzate, per
formularne i principi! ; egli non ha separato lo studio del
bene e del bello da quello dell' utile. Coltivata in questo
modo la scienza dell'economia pubblica non arrischia di de^
generare in una semplice aritmetica sociale ; essa subordina •
lo spirito di calcolo alle tendenze generose dell'anima, e
senza obbedire ciecamente a semplici computi di dare ed
overe, essa mostra la legge superiore d'armonia che presiede
alla gravitazione degl'interessi. Ognora appoggiala sulla sto-
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4S4
rh e sulla conoscenza ddl' uomo , considerando i di? ersi
problemi sodo il doppia rapporto economico e politico, essa
aspira a fiir consacrare gì' insegnamenti della giostìzia e
d^lii morale, per assicurare il benessere delle popolazioni,
nello stesso tempo che le ricchezza e la forza degli Stati.
Vili.
Annotazione finale.
Dopo che Wolovski comunicò all'Accademia delle scien-
ze morali e politiche di Parigi, (a Memoria che noi qui of-
frimmo tradotta, nacque una discussione alla quale presero
parte Passy, Cousin e lord Brougham. Noi ignoriamo ancora
ciò che si disse in quell'occasione da lord Brougham e da
Cousin, e solo sappiamo che Passy osservò che Wolowski
aveya accordato all'Italia una parte troppo grande nei pro-
gressi dell'economia politica. Prima del secolo XIV, egli
notava che l'Olanda aveva cooperato all'avanzamento della
scienza, dando alla luce molte opere sul commercio, la na-
vigazione e le finanze. Soggiunse poi che tanto gli scritti
degli Olandesi, quanto quelli degli Italiani, non furono che
atgdj parziali, il di cui addentellato si trovava già nei pen-
samenti degli antichi filosofi greci ; e che del resto l'onore
di aver elevata al grado di vera scienza 1' economia pub-
blica è dovuto intieramente al nostro secolo.
A queste osservazioni di Passy noi crediamo sin d'ora
di contrapporre le seguenti considerazioni.
È vero ohe i filosofi greci, e fra questi Aristotele e
piatone, preannunziarono alcune idee ancora in germe sol-
l'economia pubblica e ne crearono persino il nome, ma
le loro vedute non furono che presentimenti aflatto gene-
rici sul buon governo economico degli Stali. È pur anche
vero che gli Olandesi scrissero opere sulla navigazione, sul
commercio e sulle finanze, mz noo elevarono mai le loro
vedute sino al punto di creare la scienza economica e non
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pnbbliearoDo ì loro scritti ciie nel secolo XVI e non mai
oel secolo XIV id cui non era noia neppure la stampa che
non cominciò ad aver vita che verso la prima metà del se-
eolo XV.
Cosi pure non conveniamo con Passy che la pubblica
economia sia stata elevata al grado di scienza soltanto nel
secolo nostro» mentre essa ebbe vita come dottrina professau
dalle cattedre e pubblicata con opere dottrinali sino dalla
metà del secolo scorso per opera di Antonio Genovesi in
Italisi e di Adamo Smith in Inghilterra.
Premesse queste considerazioni per rettificare le idee
meno esatte di Passy, dobbiamo essere grati al suo collega
Wolowski per avere richiamata 1' attenzione degli scrittori
francesi su i cultori delle scienze economiche in Italia. Solo
avremmo bramato che lo stesso Wolowski avesse potuto
compiere il suo lavoro illustrativo, riassumendo le dottrine
degli economisti italiani contemporanei^ non bastando a
dame un'idea la succinta analisi dell'opera affatto storica di
Gbnrio sulf economia pubblica nel medio evo.
Noi non vogliamo compiere cosi grave lacuna, ma solo
ci basta di averla accennala. Se poi dalle opere avesse TA.
voluto passare a far parola delle istituzioni e delle dotlrine
pratiche attualmente professate in Italia, avrebbe potuto ci-
tare questi tre fatti : la concordia delle dotlrine economiche
professate dai nostri corpi scientifici; la bontà delle istitu-*
xioni e delle riforme economiche promosse dal Parlamento
sardo; e l'unità dei voti economici manifestati dalle Camere
di commercio del nostro regno.
Per citare un solo consesso scientifico, ricordiamo per ti-
tolo di gratitudine l' Accademia dei Georgofili di Firenze
che esiste già da un secolo e che professò e tuttora prò-
fessa le dottrine più libere che si conoscano in fatto di
economia pubblica. Le discussioni del Parlamento sardo in
ciò che riguarda le nuove riforme economiche che vanno in
qnel paese introducendosi, hanno posto in evidenza la bontà
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^S6
intrinseca delle doUrine italianef che accolgono quegli eqtri
temperamenti che valgono a diffondere i valori sociali in
tutte le classi senza dar corso a novazioni pericolose. I voti
che di mano in mano si pubblicano dalle nostre Camere di
commercio e che noi andiamo riproducendo nei nostri Annali,
sono tutti improntati di quella sapienza economica che sinora
non sì conosce dalle Camere di commercio della Francia,
le quali sono ancora tutte inspirate dalle tradizioni piò sto-
lide del vecchio colbertismo.
Noi speriamo che altri dotti francesi imiteranno resem-
pio magnanimo di Bastiat e di Wolowski e non nuincbe-
ranno di raccomandare le nostre dottrine economiche ai
loro connazionali, per fare almanco noto come in fatto dei
buoni studj la patria di Genovesi, di Beccaria e dr Roma-
gnosi non ha ripudiato le sue scientifiche tradizioni.
I pasfianrl delle Alpi e la ferrovia del Brevaere I
Cenni deW ingegnere liVIGI TAUTI»
lia città di Milano per la sua geografica posizione, per Tu*
boriosità del suolo, e per lo spirito intraprendente e posi-
tivo del suo popolo, può e deve essere considerata come il
centro d'aUrazione del commercio di tutta T Italia seitenU'io-
nale. Né barriere doganali, né gelosie di Stato infatti pote-
rono mai contrastarle questo primato, benché abbiano in-
fluito ed influiscano tuttavia potentemente a rallentarne ed
indebolirne lo sviluppo, giacché le leggi di natura sono pre-
potenti, né si lasciano crollare dagli sforzi delle umane le*
gislazioni le quali a lungo andare devono assoggettarvisi ,
tutto concorrendo, e la ragione universale che va allargando
piede ed i perfezionamenti che la scienza seppe in questi
ultimi anni portare alla industria a farl^ trionfare , dacché
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<S7
i telegrafi e le ferrovie di Torino i di Genova, dei Ducafr
e della Venezia colà concorrono come a loro meta prin»
dpale.
Ma questo iroportamistimo scalo ha dietro di sé una
barriera di monti che fanno saldissimo ostacolo alle sue
transazioni col centro del continente, e lo disgiungono bru-
seamente dai grandi mercati europei e dalla gran via com*
merciale segnata dal lago di Gostanza e dal Reno, e questa
è la catena delle alpi reiiche o centrali, il gruppo più alto
e più aspro di. tutta huropa, i cui pioventi si diramano pel
Reno diroccano, per l'Iim al Danubio ed al Mar Nero, per
l'Adda ed il Ticino airAdrialioo, e per il Rodano al Medi-
terraneo. Le due gran vallate dell' Inn e del Rodano che
con pendenze fra loro opposte corrono parallele alla gran
valle del Po, si annodano al centro di questo gruppo il quale
a settentrione irradia a guisa di ventaglio una moltitudine
di vallate minori clic precipitano e raocolgonsi nel gran se-
micerchio descritto dal Reno fra Coirà e Basilea segnando
i confini delia Svizzera.
Molte vie vennero solcate dall'uomo a traverso le di-
rapate valli che bau capo a queste ghiaociate cime, per
mettere in comunicazione questa settentrioaal parte d'Italia
eolla Germania meridionale, e traccio materiali e linguisti-
che tuttavia si conservano de* tempi etruschi e romani.
Quelle del Gottardo, del Lucomagno, del San Bernardino,
della Spinga, del Giulio, del Settimo, comunicano diretta-
mente coll'ampìo dominio del Reno, mentre le vie del Sem-
pione, del piccolo e del grande San Bernardo e del Mon-
cenisio da una parte, del Bernina, del Pinstermintz e del
Brennero dall' altra parte, segnano i principali varchi nelle
valli del Rodano e dell'lnn, le quali per giungere al centro
di Europa trovansi dicontro un' altra e non meno elevata
catena di monti da superare, vale a dire le grandi alpi del-
rOberland Bernese e qnelle che separano il Tirolo tedesco
dalla Baviera.
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138
Ma oramai le strade eomuni dopo la introduzione delie
fmrovie e V applicazione alle slesae della locomotiva sono
diventate mezzi troppo inefficaci ai bisogni del commercio^
e la necessità dì avvantaggiare in tempo ed in dispendio, ha
fatto rivolgere il pensiero dello statista e gli stodj degli uo«
mini d'arte a trovare attraverso quella barriera un varco
praticabile alle locomotive. Una linea retta tirata sulla caru
da Milano al lago di Gostanza, taglia precisamente il colle
della Spinga. La Spluga sarebbe quindi il passo il più di-
retto ed il più breve da tentarsi per congiungere il centro
del commercio italiano col centro del eommerclo di oltre
alpe. Desso infatti accessibile con poca pendenza fino oltre
Chiavenna nel versante Italiano, e fino a Thusia nel ver*
sante Gormantcoi non lascerebbe che una tratta di cinquanta
chilometri, misurata nella sua |H*ojezione, di traversata al-
pina. Se non che la natura interponendo hi questo breve
spazio un colle granitico alto ben m. 2147, mentre Ghia*
venna ata a soli m. 883, e Thusis a m. 719 sul livello del
mare, senza valiate laterali dove trovare sviluppo di linea,
e colla vallata principale del Reno famosa per V orridezza
degli stretti auoi burroni che procacciò alla via postale ri*
cavatavi con miracolo d' arte 1* appellativo di ota mofo, ha
resa impossibile questa direzione.
Le più celebrale autorità tecniche furono chiamate a
studiare gli altri passi più prossimi alla Spluga, il Goturdo
(|m. SUI), il Lucomagno (4866), il Settimo (3890) (4).
11 parere dato da Stephenson di fermare le ferrovie al piede
delle alpi servendosi dei piani iiiclinati mossi dalle abbon*
danti e perenni sorgenti d'acqua che somministrano dovira*
que le stesse, parve sentenza troppa dura ed insufficiente
(4) Il passo dd Giulio (m. 3056 ) inette Chiavenna per la vai
Bregaglia in comuoicazione colla vaf dcVMan. Per passare da que*
sta alla vai del Reno occorre varcare il moote SctUoia.
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4S»
ai bisogni dell'eli. Si studiò più aUentaroente il terreno, si
dispaiò sulla preferenza da darsi all' ano piuttosto ohe al-
l'altro passo e si venne a proposte mal digerite di linee a
pendenze esorbitanti, di tunneti mostruosi dai 4 S ai 44 chi-
lometri ed aiiaccabili alle sole estremità, proposte che per
It loro diffieohi, pel tempo e per l'enorme spesa richiesta
• mandarle ad effetto , riescono inammissibili all' nomo di
baon senso che coi prineipj d'arte più elementari, colla
freddezza del raziocinio e colla cognizione anche superfi*
ciale dei siti si ponga ad esaminare la cosa per formar-
tene un sano criterio.
Bisogna ormai confessare che it problema del passaggio
dille alpi centrali eolle lQeofnQlÌ9e è imolubile almeno coi
mezzi attuali di questo ramo dell'umana industria.
Io eredo qui fuor di luogo e frustraneo lo scendere a
dimostrazioni della erroneità del principio sul quale sono
basate tutte o pressoché tgue le proposte di nuovi sistemi
di locomotive. Ne rimetto il lettore alle sentenze pratiche
di Perdonnet (4) ed ai ealcoli di Conche (S) uomini in
materia competentissimi. Ve un limite di pendenza oltre il
quale cessa la ain^enietua dd sistema automotore; un altro
io cui cessa la poembiKlà^ e questi limili è giuocoforza ri-
speuare. Ormai la qufstiooe si agita sulla preferenza da darsi
in questi casi al sistema dei piani inclinati mossi da idae*
ehìoe fisse a vapore o per caduta d'acqua, oppure a quello
delle strade comuni perfezionate o sussidiate da rotaje di
ferro 0 di granito ; e pende tuttavia controversa.
Ma ad ogni modo qualora si ponga mente alla immensa
raperiorità della trazione per locomotive, ed alla necessità
di par giungere anche con qualche sacrificio di percorrenza
a farle traversare le alpi , deve non solo accogliersi , ma
(1) Traile des ebemiv de fer.
(3) ADoales des pooU et chaoaées. — Mara et Avrll 4858.
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440
sussidiarsf (fi ttitto le 9Ìm|)^Ue degli abitatori della gran
valle del Po quella linea che ne realizzasse la possibilità a
eosto di capitare nelle vallate del Rodano e detrinn , e di
dover indi tentare altri varchi ed altre deviazioni per en«
trare nel domìnio del Reno.
Gih il primo compivo venne assimto dal vicino Piemonte
col traforo del Moncenisio eon an ardire degno dei miglior
successo , benché il problema lasci ancora nell* adottata so-
luzione molto deirindeterminato. Quella traccia però sboc*
cnndo nella vai del Rodano inferiore, troppo si allontana
dal centro del commercio europeo e trovasi a competere
con elementi troppo sfavorevoli colla via di Marsiglia che
iriunge a Bjsilea, se non più breve, eertamente più comoda
e più piana, non avendo a superare né l'Apennino di Gè*
tìova, né Talpe di Bardonnéche; e se pur anche l'esito co-
ronasse felicemente e rapidamente Topera, non sarebbe mai
di tale vantaggio pel commercio continentale che attinge le
sue risorse al Mediterraneo, da tenersi soddisfatto e tran-
quillo si da non tentare altre vie più brevi e più oppor-
tune. ""
E questa sarà per dargli il passo del Dreanero il quale
congiungendo naturalmente il Lombardo-Veneto colla Ba-
viera, e mettendo in comunicazione la vai di Po ed il Me-
diterraneo colle grandi valli del Danubio e del Reno, riu-
nisce in sé tali e tanti elementi di prosperità che ancor mi
sorprende come in mezzo alle polemiche che in argomento
furono pubblicate a migliaja, nesstlno statista o tecnico sìa
disceso a ragionarne comparativamente e con qualche dif-
fusione. Non mancarono però persone che ad esso avessero
rivolli i propr] studj.
Già il veneto ing. Qualizza, fino dai primordi dello svi^
luppo fra noi delle strade ferrate, aveva compilato un suo
progetto per rendere praticabile questo passo alle locomo-
tive, e ne pubblicava in tedescrb i principali dati. Quegli
studj benché affrettati e basati ad elementi aliimetrici spesse
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ai
lontani dal vero, e benché mirassero piutlosio a lottare
eolle diffieoilà che ad evitarle, bastavano però a dare un
ericerio della possibilità di superare quel eolle con piccole
pendenze. Ma sparsi come erano di alcune proposte assai
ardite e poetiche, furooo giudicati assai leggermente e posti
da parte.
Fu nel 4855 che per consiglio del defunto direttore, cav.
Negrelli, volsi coir imprenditore signor Gonzales le mie inda-
gini in argomento, e raccolti par sommi capi dietro ripetute
ispezioni i dati principali, recai le mie proposte al Ministero
nell'occasione appunto che si stava concludendo la vendita
delle ferrovie lombardo^veoete. Ma il contratto che si aveva
per mano, parve materia abbastanza . grande pel momento
e troppo erano tenui i miei appoggi in relaziona all'en-
titii della eosa per poter riescire in argomento. Troppo evi-
dente era però al tempo stesso la opportunità della proposta
perchè gF incaricati della cosa pubblica non ne vedessero
lutia la sua portata, ed il Governo imperiale accolse ed
animò in più occasioni la formazione di una società italiana
che si proponeva di perfezionare quei primi studj e dì assu*
raersi anche la esecuzione deiro^iera a preui determinati,
nel tempo stesso che stimolava i rappresentanti più influenti
della società lombardo-veneta allora costituita , a prender
parte nella questione. E fu allora che percorsa la linea eoo
N. Paulin Talabot e riconosciutane sopra luogo la possibi-
lità di esecuzione senza bisogno di ricorrere a mezzi o ri-
pieghi fttraordinarj ed inusitati, TEocelso Ministero impartiva
gli ordini opportuni 4ii subalterni dicasteri locali perchè ne
coadiuvassero nelle necessarie ricerche, e fu in conseguenza
di dette disposizioni che mi fu possibile di radunare tutti
gli elementi topografici sparsi nei pubblici archivi e di ese-
guire tutti quei* rilievi sopra luogo che valessero a deter*
minare io modo positivo lo sviluppo della linea, e le sue
condizioni altimetrìche, colle quali misurare poi con molta
approssimazione ai vero le difficoltà tecnicbo qon solo, ma
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142
eziandio i limili di curve e di pendenze e la entità della
spesa. E questi studj vennero spinti fino al dettaglio nella
tratta irta di maggiori diflBcoltà tecniche irà Bolzano e Bres-
sanone sullo scorcio- del 4857 e nella primavera del 4858,
quando s'intavolarono le trattative di cessione delle strade
meridionali dello Slato alla nuova potente società, che coa«
diuvata dagli studi stessi, potè con piena cognizione di causa
assumersi anclie la esecuzione di questo tronco fra gli al-
tri moki a cui si ò obbligata entro un determinato periodo
di tempo.
Il Brennero, Tantico Pirenus (parola generica che per
la somiglianza che tiene coll'appellativo di Pirenei dato albi
catena alpina che divide la Spagna dalla Francia , pare si
applicasse dai Celti alle più alte eorone di monti), è il nome
di una cima elevala che si slancia alla estremità orientale
delle alpi reiiche; ed il eolle che da lei si chiama posso
del Brennero segna il confine tra le alpi retiche e le car-
niebe e le noriche, che stendono le loro diramazioni nel-
rÀMstria, nella Stiria e neiriHirico* Esso si eleva sul mare
eoli m. 4368 e forma il punto culminante dove hanno ori-
gine comune la vallata dell'Eisack, italianamente detto Isar-
eo, che scende nella direzione del mezzodì a sboccare nella
vai d' Adige sotto Bolzano , e la vallata del Sili che a set-
tentrione scarica dopo breve eorsa nell'lnn presso lon-
sbruclu
La comodità di queste vallate facilmente praticabili, ad
eccezione di poche tratte, la moderata elevazione del varco,
ed iiifine la pochezza delle nevi che d'ordinario lo ingom-
brano, lo resero noto e frequentato fin dagli antichi tempi.
'Da un cenno di Aristotele (4), riportalo dagli scrittori lo-
cali, pare che fosse noto agli Etruschi, che per questa da
essi chiamata pui eacra perchè posta sotto la protezione
(I) De oirabìlibus aascullalloiiibos, S 86-141.
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443
degli Dei limilrofl, andavano al Nord, I Celli ed i Germani
entrarono in Italia a differenti epòciie per il Brennero, e
luitavia è celebre ii passaggio di Radagnsto nel 406 alla
testa di orde Sveve, Vandalo e Borgognone con immenso
treno di cariaggi e salmerie, alle quali si auribuiscc la fon^»
dazione delle colonie tedesche tuttavia rimaste lungo il ver^
eante italiano.
Il commercio veneto che nel medio evo ero il princF»
pale del continente, servivasi a prererensa di questa via pel
transito delle merci e dei coloniali che tirava dall' Oriente
onde fornirne il cuor della Germaniat ^ Timportanza di que-
sto passo reso a poco a poco più comodo e transitabile ai
carri dopo la eostruzione lungo il torrente del tratto tra
Bolzano e Klansen rinomato per la sua orridezza e della
dal suo costruttore strada del Kunsterwegg (giaccbò la via
romana seguiva con molto incomodo di giravolte e di eoD^
tropendenze Taltipiano superiore dei monti) si aocrebbe col»
l'acerescersi del commercio» fiochò coir aprirsi delle nuove
strade più comodamente praticabili del Gottardo, della Sphi*
ga, del Pinstermintz e della Pontebba, non venne limitale
ad' un troppo piccolo raggio d'azione.
Ma a questo varco sarà per ridonarsi la sua primiera
importanza moltiplicata di tutto V aumento che subirono le
transazioni commeroiali in quest'ultimo mezzo secolo, colla
costruzione della progettata ferrovia a locomotive ohe sarà
la prima e per qualche anno V unica a cavalcare il dorso
delle alpi ed a congiungere il bacino del Mediterraneo a
qoello del Danubio e del Reno. Già un tronco di questa
gran linea venne eostniuo da Verona a Bolzano lungo la
vai d'Adige per la hmghezza di 444 chilometri e sta per
essere posta in azione, ed uu altro tronco da innsbruok al
confine bavarese presso Kofetein lungo la valle deirian^per
h lunghezza di circa 80 obilometri venne in questi ultimi
mesi terminato ed atUvato. Ad unire questi due estremi
della gran catena, orinai non resta che il passaggio del Bren*
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nero da Bolzano ad Innsbruck, che misura sulla via poslafe
una lunghezza di 125 chilometri.
Una moderata altezza sul livello del mare, il sussidio di
valiate laterali abbastanza ampie e praticabili dove trovare
sviluppo di linea nelle tratte di via più erte, un clima oom*
paralivamente temperato, prossimità di materiali aiti alle
costruzioni, il vantaggio infine di poter percorrere dentro i
confini di uno Stato solo, sono tuiti elementi che cospirano
D racilitaroe la esecuzione, non solo, ma eziandio ad assicu-
rarne il non interrotto esercizio.
La differenra di livello tra la stazione di Innsbruck ed
il punto culminante del colle può ritenersi di m. 790, ed
il suo sviluppo misuralo sulla strada postale di circa chilo-
metri 89. Quella dal punto culminante a Bolzano, venne
calcolata di m. 1105 sopra uno sviluppo di chilometri 85.
Considerata quindi la strada in complesso senza aver ri-
guardo alle peculiari circostanze locali che possono alterarne
le pendenze, si avrebbe nella salita da Innsbruck alla som-
nàità una acclività media di millimetri venti per metro, e
nella discesa dal Brennero a Bolzano una declività dì roil-
limitri tredici pure per metro. .
Basterebbero queste cifre per lasciar travedere a primo
colpo d'occhio la possibilità di uno sviluppo conveniente di
una strada ferrata per la quale sieno concessi dei limiti ra-
gionevoli di pendenze e di raggi di curvature, lìmiti non
superiori mai a quelli addottati nelle più rinomate strado
montuose d*Europa. Né la realtà smentisce queste prime
previsioni, giacché presso le situazioni dove la valle è più
angusta e i torrenti precipitano con cadute spesso superiori
<"> 70 per mille, natura aperse delle vallate laterali secoa-
ie tanto dall' un versante quanto dall'altro, nelle quali
)mo d'arte può trovare lo sviluppo di linea occorrente
non oltrepassare i limiti precisati di curve e di pen-
ize , quali per accennare solo le principali, le vallate di
bay, di Gschnitz, di S. Jodocus e dell'Òberberg nel ver-
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145
saDte settentrionale, e quelle di Pflertschi di Ridnaun e di
Pfliisch nel versante meridionale.
La natura poi dei monti di materia schistoaa in gene*
relè, con qualche calcare dal lato d'Innsbruck ed interrotta
da ammassi granitici e porfirici dal lato di Bolzano, è tale
da assicurare alla strada buon materiale da costruzione ed
un terreno bastantemente solido. E se in qualche tratto si
presentano delle masse porflriche in dissoluzione che tal-
volta precipitano a valle in grandiose frane, massime nelle
strette snpracitale da Bolzano a Klausen, non deve riescir
né impossibile né soverchiamente dispendioso T evitarne il
pericolo, sia gettandosi colla strada dall'una all'altra sponda
della valle, sia coprendola con gallerie artificiali abba-
stanza solide da sostenerne l' urto ed il peso di eventuali
cadute.
Abbastanza temperato è il clima del tratto da Bolzano
a Bressanone, dove vegetano bene la vite ed il gelso; al-
quanto più aspro benché ancora mite da Bressanone a Ster-
zing, solo si fa crudo nelle tratte da Sterzing alla sommità
del Brennero, non però tale da impedire il transito gior-
naliero delle diligenze e degli altri rotabili in ogni sugione
dell'anno, dacché ad annate cornimi la neve non si alza
più di un piede da Bolzano a Bressanone, né progredendo
oltre(tassa in via ordinaria i quattro piedi al Brennero, es-
sendo la stal^ione invernale limitata a tre mesi nel primo
tratto ed a cinque nel secondo tratto. Il versante setten-
trionale dal Brennero ad Innsbruck, più tiene del clima
del secondo che del primo tratto.
Poco frequenti succedono le valanghe in quelle gole e
sono prevenibili con opere d'arte. Maggiori disturbi danno
le nevi portate in turbine dai venti e capricciosamente e
ad altezze grandi depositate nelle insenature. Ovvio però è
il causarne le conseguenze col tener la via sollevata di al-
cuni metri dal piano della valle. I venti settentrionali e me-
ridionali che continuamente ed alternativamente vi domi-
Aiauu. Slalisiica, voi. XXI, serie S.* IO
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U6
nnno nella direzione stessa delle gole, nella stagione jemale^
devono tenerla naturalmente spazzata ooine tengono spaz^
zati, eon meraviglia del passaggero, i tetti delle casipole cir-
costanti.
Dopo queste nozioni generali non saranno fuor di luogo
due parole sui torrenti Sili ed Eisack che formano le val-
lale opposte al eolle e lungo i quali si svolge la strada po-
stale, per dare al lettore un quadro abbastanza completo
delle località.
n Sili, piccolo torrente, ba origine nelle ghiacciaje del
Duxer a levante del passo del Brenoer (m, 1368), fornwi
im piccolo lago presso la sommità qbe raccoglie gli scoli
delle prossime falde (m. 1305), d* onde precipita in una
cola piuttosto ripida ed angusta fino a Steinach (m.J033),
ingrossandosi per via dei minori confluenti delle valli di
Oberberg e di Gschnitz dal luto di ponente, del Padauoer
e del S. Jodocus dal lato di levante, valli più o meno am-
pie ed ubertose di pascoli. Da Steinach a Matray, la val-
lata si allarga ed il torrente si fa più tranquillo e meno
penderne, ma giunto a Mdtray ( m. 957 ) , comincia ad in-
cassarsi fra dirupi sotto Pfuns e corre angusto e tovtuoso
fra scogli e burroni fin presso Wilten (m. 680) dove sbocca
nella pianura di Innsbruck a scaricare nelPInn (m« 566) a
pochi passi a levante delia ciuà^ ricevendo nel tragitto a
sinistra il tributo del Rutz-bach (m. 658), cb6 sorte dal-
Tampia valle di Stubay. La sua lunghezza misurata dal colle
del Brennero è di circa 42 chilometri, e la sua pendenza
del 2 per à 00 variamente distribuita , cioè di circa il 26
per 1000 dal Brenner a Steinach, del io per iOOO da Stei-
nach a Matray, e del 48 per 4000 da Matray al suo sbocco
nella vallata dell' Inn, cioè a Wilien. Il suo dominio com-
preso quello degli influenti si può valutare di circa 936
chilometri superficiali.
Assai più grande è quello del torrente Eisack che corre
da Nord a Sud , dal varco cioè del Brennero dove ha lc\
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U7
prime soe 9orgeol^ fioo a BoUano dove si getta neir^dige.
Il colle del Brennero (m. I3$&)|, è una gola strclto e poco
pendente per tiM trotta di oltre cinquo chilometri fino al
Sebollemberg (hl iS89) d'onde precipita piuttosto erta sotto
Goaseofiau ( ta, IQ41 )• Ivi |{ allarga congiuogendosi colla
vallata dello Pflertseb assai più ampia ed amena di quella
deirEiaaek e le loro acque riunite discendono fino a Ster-
ziog (no. W6) tra le falde di due monti alquanto scosceso
ed irte Ui qualche tratto di scogli. Sotto Sterzing {au 931)
r incrociamenta delle dtie vallate pure assai ampie del Ri*
doaan h del Pfiitich che si uniscono all'Eisack quasi in
un puolo ad angolo retto e che colle loro piene spesso noa
eontemporaneCf portano molti depositi, produsse un sensi-
bile rialzo del piano e tale ingombro al libero deflusso delle
acque da renderle pressoché stagnanti provocando anauali
ionondazioni e miasmi insalubri. Dopo Mauis (mt 892)
però riprendono il loro corso normale e con variate, ma
però sempre ragionevoli pendenze tra una valle non molto
lai^ benché alquanto tortuosa, scendono fino ad Unteraue
(m* 695) sotto il forte di Franzensfeste. Detto forte eretto
sopra uno scoglio che si stacca isolato dalla china del vicino
monte, chiude in quella località la vallata e costringe il tor-
rente a correre in un'angusta forra e tortuosa tra il piede
dello scoglio stesso e quello della ripidissima falda del monte
a sinistra, superata la quale si apre un varco piuttosto prò-
fondò fra un terreno diluvionale, finché sotto Bressanone
(m. 569) raggiunge il piano della campagna. I^a città di Bres-
sinooe situata al punto di confiuenza deirEisack e del Rienz
(m. 567) che sorte ricco d*acqua dalla Pusterìa , ha dinanzi
a sé una bella pianura che principia allargan<iosi allo sbocco
dello Schnlders (m. 593). Le acque corrono ivi poco pen-
denti e serpeggianti e la vallala va restringendosi a poco a
poco dopo Bressanone fino alla Chiusa . (Klausen) (m. 549Ì
dove lia princìpio la stretta di già accennata del Kunster-
weggche procede fino a Feigenbrùckc (m. 273) pochi chi-
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lometri prima di Bolzano. È il Kunsterwegg una gola tor-
tuosa serrata fra monti erti e franosi di natura porfirica, le
eui falde ripidissime si sorreggono in qualche sito pel solo
reciproco contrasto al loro incontro nel fondo del burrone,
che in più luoghi non lascia il passo che al torrente ed
alia strada postale, e che ha nome di esser pericolosa per
rilasci e cadute di lavine di sassi delle roccie in decompo-
sizione di alcune sue tratte. La pendenza del torrente però
è sempre] mite e tale si conserva fino al suo sbocco in
Adige presso Bolzano (m. 229) dove si allarga in un piano
ricco di frutti e vigneti. La totale lunghezza delF Eisack %
di chilometri 100. La sua pendenza si può ritenere del 15
per 1000 pei primi sei chilometri , del 68 per 1000 fino a
Gossensatz, del 30 per 1000 da Gossensatz a Sterzing, del 4
per 1000 da Sterzing a Mauis, del 12 per 4000 da Mauis a
Bressanone, del 4 per 1000 da Bressanone a Klausen e del
9 per 1000 da Klausen a Bolzano, nella qual tratta varia al-
quanto a motivo del fondo roccioso toccando sotto Tdrkele
fino il 15 per 1000. Il suo dominio poi, compreso quello
delle vallate influenti, alcune delle quali ragguardevolissime,
si valuta di 3764 chilometri quadrati.
Già questo rapido schizzo delle due valli entro cui fu
tracciata la ferrovia , può dare un' idea delle difficoltà da
sormontarsi, le cui principali sono la sortita dMnnsbruck,
Terta da Siafflach al Brennero, la discesa da Schdllemberg a
Gossensatz, la stretta del Franzensfeste e la gola del Kun-
sterwegg. Senza scendere a dettagli la cui dimostrazione
dovrebbe corredarsi di tipi e che non potrebbero interest
$are la pluralità dei lettori , mi accontenterò di accennare
qui brevemente le proposte studiate per superarle, chiuden-
do con un cenno delle generali pendenze della linea.
I monti che costeggiano la gran valle dell* Inn, chinano
le loro falde pressoché regolarmente verso la valle stessa,
ed i minori torrenti laterali ad essa tributar] , sqlcano la
costiera senza gran fatto sturbarne la generale struttura*
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Còsi è del Sili. &S80 sorte at piano come da una spacca-
tura, mentre le due sponde protendono e s'avanzano sopra
la valle dell'Inn, dove scendono precipitose. Ora per salire
da Innsbruck (m< 690) a Matray (m. 987), o bisogna se^
gntre V imo del torrente » od attenersi alla sponda sinistra
su cui svolge con mille serpeggiamenti la postale, od ap-
pigliarsi alla sponda destra procurando uno sviluppo alla
linea nella falda stessa del monte che fa parete alla valle
deirinn. Impossibile riesce H primo partito a motivo della
tortuosità e della strettezza del burrone, sicché una strada
in esso ricavata dovrebbe risultare un continuo alternarsi
di gallerie e di ponti, né mai avrebbe beneGcio di sole. Il
seguire la sponda sinistra, presentava ripidìtà di pendenze^
enormi spese di iunneU (uno dei quali da ricavarsi nelle
ghiaje, lungo più di due cbilometri) ed instabilità disuolo,
dovendosi appoggiare ad una falda di materia alluvionale
scorrevole e piena di anfrattuosita. Evidente era quindi il
bisogno di tentare una traccia lungo la falda sinistra, or-^
rida pur essa in alcune tratte di inaccessibili burroni, trac-
cia la quale dovesse raggiungere il ciglio superiore dei
burroni stessi. Ocoorreva in poche parole di trovare uno
sviluppo ule da Innsbruck (m« 630) a Patsch (m. 883) che
disuno nella geometrica loro projezione di soli chilometri 8|
da poter vincere la enorme diversità di altezza di oltre 250 m«
con ona pendenza inferiore del. 30 per 1000. E ciò si ou
tenne mediante ona linea che .staccandosi dalla stazione di
Innsbniek ed appoggiandosi alle falde del monte toccasse
Ambras, si approfittasse dell* altipiano di Ampass per farvi
oaa grande svolta che ritornando per Altrans e Vili giun-
gesse a Patsch radendo il ciglio verso V Inn di quelle alte e
pittoresche praterie con uno sviluppo totale di quasi 17 chi->
lometri, ed una media pendenza del 15 per 1000.
Nessuna grave difficoltà presenta il tracciato da Patsch
a Steinach se si eccettuino alcuni manuiSatti arditi per la
loro altezza a traverso le forre che solcano la costa deirEU-*
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bogen tra Patsch e Matray. Da Sleinach a SiaHlach la valle
sale eoa pieeola aeclivilà (il 14 per 4000). È a StalBaeh che
ha principio V erta che conduce al punto culminante del
padso con una pendenza media del 3 per 100 nella luo*
ghezza misurata sulla ponale di nove chilometri che in al-
cuni punti sorpassa fip Tetto pure per cento. La traccia della
ferrata si appoggia appena fuori di Steinach alla falda orieD-
tale della valle e penetrando con una larga svolta nella
tallo di S. Jodocus trova di allungare il proprio sviluppo
lino a dodici chilometri e di ridurre per conseguenza la
propria acclività nei limiti moderati del S3 per mille.
Dalla cima del Brennero fino a SehSllemberg, la ferrovia
segue la piccola pendenza della gola che ne forma il paMO
dove serpeggia impaludando V Eisack ancor meschino terreo-
fèllo, per oltre cinque chilometri. Quivi comincia la gran
discesa fino a Gossensats, discesa che sulla tratta di tre chi-
lometri ed un quarto misurata lungo la postale tocca i m.
214 pari al 66 per mille. Era d'uopo trovar quivi un ge«
neroso mezzo di sviluppo, e fortunatamente lo presta la
bella vallata dello Pflertsoh che si apre opportunamente a
levante con moderata pendenza e felice esposizione di cielo.
Entro di essa serpeggiando la ferrovia per circa undici chi-
lometri, riesce a raggiungere una pendenza media dd SS
e del 19 per mille ed a superare cosi in modo soddisfooente
anche questo terzo intoppo. Mi fu chiesto più volte per^
salire colla ferrovia sino alla vetta del eoHe e non isforanio
la cresu con una galleria onde evitare qualche eentinajo di
metri di ascesa ed altrettanti di discesa? Ove si consideri
che il laghetto del Sili già menzionato sta a soli 66 metri
trotto il punto culminante e dista dallo stesso circa due chi-
lometri e mezzo ( m. S190), che la galleria per sboccare
a PontigI sotto Schdllemberg sarebbe riescila lunga non meno
di nove chilometri, stante T accennata lunghezza del piano
del culmine, e che si avrebbe avuto la conseguenza dì uo
piccolo guadagno ottenuto con enormi sagrificj e forse per
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451
impreveduie difficoltà eli afllucnza d'acque non ottenibile
affatto ad onta dei sogrìfìrj , si persuaderà chiunque della
sconvenienza di tentare tale partito.
Un*akra delle indiente difficoltà è il passo della stretta
del Franzensfeste. Già aecennai come quel forte si erga a
chiudere interamente V ingresso della valle , eretto com* è
sopra un pronMniorio che stringe il torrente contro le Talde
pressoché inaccessibili dell' opposto monte , mentre la po-
stale si arrampica e lo oltrepassa dietro il castello, ad un' al*
tezza di circa metri 94, sopra il letto del torrente. La trac-
eia della ferrovia seguendo naturalmente la minima pendenza
della valle che è quella indicat<i dalle acque, non poteva
elevarsi a tanta altezza senza trovarsi nella necessità di un
lungliissìmo e costosissimo sviluppo -al di là del forte per
discendere a Bressanone, giacché un passo sotterraneo sotto
la fortezza non sarebbe stato concesso dai più ovvi prin-
cipi strategici. Il partito preso di seguire la general pen-
denza della valle suir imo della quale la ferrovìa si sostiene
continuamente dagli otto ai dieci metri, gettandosi con u^i
ponte sulle traccie di quello che fu distrutto nelle guerra
dello scorcio del secolo passato sulla opposta falda del monte,
e cercando ivi un appoggio col mezzo di una galleria al
livello della forra per una tratta di quasi un chilometro ,
seguente prcssooché 1* andamento della costa per sortire alla
luce oltre il forte e riguadagnare in sito opportunissiaio la
sponda destra, raggiungerà lo scopo con un piano ardito si ,
ma pienamente praticabile e senza danno alcuno al forte ,
che potrà difendere quel tratto con due infilate ai rettili-
nei antecedente e seguente, e col render levatoi i due ponti
succennati sull' Eisack.
Nulla dirò del tratto del Kunsterwegg , lungo il quale
r arte non tanto deve esaurire le proprie risorse nel trac-
ciamento deJla linea, quanto nel provvedere ad un solido
appoggio e ad una solida difesa del corpo stradale. Nel solo
tronco da Klauscn a Feigenbrùehe , la linea traversa no\e
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152
volte TEisack con arditi ponti la più parte a sbieco dai
SS ai 54 metri, ad una sol luce, non permettendo il tor-
rente r impianto di pile intermedie, poiché scorre rapidis-
simo sopra fondo di grossi macigni, serve alla fluitazione
dei legnami d'opera, e trasporta d'inverno dei voluminosi
massi di ghiaccio, e supera i contrafforti che producono le
principali tortuosità della valle con cinque iunnels^ il più
lungo dei quaU appena tocca i 400 metri.
La lunghezza totale della linea cosi tracciata riescirà di
circa chiU 437, dodici di più della strada postale, di cui 46
da innsbruck alla sommità del Brennero, 5S dal passo sud-
detto a Bressanone e 89 da Bressanone a Bolzano.
Le sue pendenze oscillano tra iM 5 ed il SS per mille
nel primo e nel secondo tronco, e fra T 8 ed il 44 nel
tronco terzo, lungo il quale, proporzionatamente diminuiti i
convogli, potrebbe proseguire il servizio delle locomotive del
tronco inferiore Verona-Bolzano , dovendo a Bressanone so-
stituirsi macchine più pesanti e più potenti, quali si usano
ne' passi montani, e di tale struttura dà poter facilmente
muoversi sopra curve di raggio di SOO metri, che é il limite
minimo adottalo dal progetto.
Il costo di questa linea fu presunto a S6 milioni di fio^
rini di nuova valuta comprese le locomotive ed il materiale
d' esercizio, il che corrisponde a circa 260 mille florini per
chilometro, somma di gran lunga inferiore al costo delle
famose vie del Sòmmering e di Genova, ed a quella che
sarà per importare il passo dell' Apennino a Pracchia diretto
a congiungere Bologna con Firenze; ma riflessibile ad ogni
modo se si raffronta alla media spesa delle altre linee lom-
bardo-venete, delle piemontesi e delle toscane. Ovvio (però
è il riflesso che il paragone debba erigersi con altre strade
montuose, e che 1' entità del costo è misura delle difficoltà
del lavoro. L' abbozzo che a gran tratti ho tentato di de-
lineare della progettata linea , ben veggo troppo succinto per
poter dare un concetto intero della cosa, dacché non ho
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453
poluto far parola né dei grandi manufaui che vi occorrono
per superare dei profondissimi burroni, o per traversare delle
brghe vallate, né dei muraglioni necessarj in molte tratte a
render pensile la strada là dove per la natura scorrevole e
franosa della falda, riesce impossibile V intagliarla nel monte»
né dell'ampiezza e dell'importanza delle stazioni intermedie,
né delle molte gallerie qui e là richieste dalle locali circo*
stanze, sia per superare dei bruschi contrafforti nelle tratte
sinuose delle valli, sia per procurare alla strada una con-
tinua stabilità dove è obbligata a radere le pareti pietrose
di qualche ciglione. Chi ha tintura di pratica in argomento
potrà facilmente concepire V importanza dell' opera e restar
pago e soddisfatto della dimostrata possibilità eoo un dispen-
dio comparativamente moderato, e tale da non iscoraggiare
li sua attuazione.
Ho cercato di dimostrare la necessità di pur trovare uà
passo che congiunga la valle del Po a quella del Reno» e
di avvicinare il centro dell'Europa ai porti dell'AdriHtico e
del Mediterraneo, ho accennato come Milano dovendo con-
siderarsi qual punto di centrale attrazione del commercio
dell'alta Italia, la linea preferibile per le transazioni eu-
ropee sarebbe quella che varcasse l'alpi alla Spluga; ho
posto in evidenza la impossibilità dì rendere praiicabiie alle
locomotive non solo quel passo, ma gli altri tutti che di-
rettamente comunicanp col dominio del Reno e conseguen-
temente il bisogno di tentare altre vie, sboccassero pure
nelle vallate laterali del Rodano o dell' Ino;, ho detto che
il traforo del Moncenisio, ove pure avesse il desiderato ef-
fetto, non sarebbe tale da soddisfare a qtieslo bisogno , ^d
ho concluso che e^so non poteva meglio appagarsi che colla
ferrovia del Brennero di cui ho cercato di dare un' idea del
progetto che servi di punto di partenza a trattative che
ormai lo reodono di prossima esecuzione.
Ha la ferrovia del Brennero sboccherà ad Innsbruck, di
fronte a cui si erge inaccessibile la catena prealpina che
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454
separa il Tiralo totksoo dalla Baviera. Vero è bene clie da
LiDsbruck a Monaco già edi$te una linea Terrala la quale
seguendo 1* Inn fino a Rosenlieim, sorte dalle prealpi tirolesi,
e sviluppandosi nell* altipiano bavarese per HoUkirk, giunge
a Monaco^ che verrebbe cosi legata^ con Vene74a mediante
un tramite di circa 580 chilometri comodamente percorri-
bili in diciotio ore di tempo. Ma in questi limiti non può
essere trattenuto il genio industriale europeo, dacché un' al-
tro varco, quantunque più difficile, potrà condurre la loco-
motiva da Innsbruck a Gampidonia (Kempten) per Imst e
Reutte, sforando la cresta del monte presso il Lermoos; a
Gampidonia, che sta a mexto della ferrovia che congiunge
Augusta a Lindau sul lago di Gostanza, i punti principali
dove si esercita il commercio mediterraneo d' Europa.
Grande è 1* avvenire riserbato a questa linea cosi com-
pletata, ove si consideri il suo raggio d'azione di là e di
qua delle alpi. Esso penetrando nel cuor della Germania,
formerà il passaggio preferito alle merci che dall' Oriente
si verseranno all'industria ed alla consumazione di una por-
zione notabilissima del nostro continente, al Tirolo, alla Sviz-
zera^ alla Baviera, all' Alsazia, alle provincie Renane da una
parto, e servirà dall'altra parte al reciproco movimento. delle
manifatture e dei prodotti naturali degli accennati paesi e
della Italia settentrionale e centrale. Essa porterà colle sue
vaporiere la più parte de! viaggiatori che dalla Germania
occidentale, dalla Francia, dalP Inghilterra, infine dal nord-
evest dell'Europa si recano in Italia, nei paesi levantini,
e nelle regioni più ricche e popolose dell'Asia e viceversa.
Essa senza nuocere al commercio di Trieste, la cui influenza
i»on può spingersi negli accennati paesi ed a cui è riservato
il mercato dell'Austria, dell' Ungheria, della Polonia e della
Croazia, sarà per dar vita e vita vigorosa ai porti di Venezia,
di Livorno, di Genova^ di Ancona, dacché a calcoli fatti
quei porti potranno giungere ad Innsbruck con una per-
correnza di ferrovia non interrotta, ordinatamente il primo
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165
per Verona di ehiL 400, il seeondo per Bologna e Verona
di chiK 690, il terzo per Milano di chih 604 , e 1* ùllimo
per Padova e Verona di ehil. 644.
E Milano fatto deposito dei prodotti del suolo e deir in-
dustria della valle superiore del Po, e sealo sussidiario al
porto di Genova sarà messo a soli ehil. 450 dallo stesso
punto d'Innsbruck.
Terminerò eon un voto che la nuova potente società
delle strade austriache meridionali, lombardo-venete e del-
riialia centrale, a cui questa linea sarà per recare incalco-
labili ed immediati vantaggi, rendendo fruttiferi i due tronchi
tirolesi e moltiplicando il movimento sulle linee italiane, non
aspetti il termine legale del 1868 concessole per la costru-
xione di questo tronco, ma vi dia immediatamente mano
neir interesse proprio e del commercio Europeo.
liiiOTi 0€adj mmWÈm eendlslMie dei
In FrimelA*
Li illustre scrittore francese Legoyt si accinse non ha guari
ad un improbo lavoro diretto allo scopo di studiare stati-
sticamente lo stato comparativo delle varie nazioni d'Europa
rapporto alle malattie delFintelligenza. Egli mira allo scopo
iroportantisshno di risolvere il problema ora agitatissimo, se
sia 0 no vero che i progressi della coltura in Europa ab*
biano contribuito a far crescere il numero dei pazzi. Noi
ora riproduciamo una parte del lavoro di Legoyt che rio
guarda la Francia , e ci * riserviamo di esporre su questo
proposito il risultato degli studii istituiti anche dagli aeriti
tori italiani.
La prima volta che in Francia si è stabilito il DMiero
dei pazzi curati nei manicomii fu nel 1885. Dappoi questo
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456
numero si è cosiaìilemenl'? accre^cimo^ meno pferè nel 1850^
in seguito alle stragi clic nel 4849 fece in questi stabile
menti il cholera. Cosi di 10,539 ch'erano al primo gennajo
4835 9 al 31 dicembre 4853 ascendevano tosto a 24,524;
quindi in 49 anni vi ebbe un accrescimeoto di 43^995 o
di circa 444 per 400. Questo movimento progressivo, di
cui renderemo più innanzi ragione, tende ora a rallenlarsi.
Noi specialmente vediamo che di 685 per 400 per termine
medio, dal 4839 al 4844, esso è disceso a 489 nel 4844-49
ed a 424 dal 4849 al 4854. Se questo abbassamento fosse
continuato, si potrebbe prevedere il momento in oui la po«
polazione degli stabilimenti pei pazzi diverrebbe stazionaria^
Allorché si studia il rapporto dei sessi nel movimento aq*
nuo deiralienazione mentale, si nota che le donne vi figu-»
rano in numero maggiore che gli uomini, ed a primo aspetto
questo documento pare che confermi il fatto avveratosi nel-*
renumerazione avvenuta nel 4856. Infatti la media annua
calcolata sul periodo di tempo che corre tra il 4842 e il
4854, è di 10>447 donne per 9.344 uomini, quindi per 400
pazzi, 52,23 donne e 47 J7 uomini. Tuttavia si vuol ricer-
care il rapporto sessuale, non più nella popolazione totale
degli stabilimenti, ma nelle annue ammissioni, il risultato
che si osserva è il contrario. La spiegazione di questa con-
traddizione è la. seguente : se nei ricoveri le donne predo-
minano è perchè da una parie il soggiorno degli uomini è
tmolto più breve che dall'altra, le morti negli Uomini sono
più numerose che nelle donne* Eccone la prova: dal 4843
al 4863 si ricevettero nei ricoveri, tanto pubblici che pri-
vali, 94,469 pazzi, de' quali 60,494 uomini e solamente
45,632 donne. Il nuqiero totale di quelli che ne escironp
e dei morti è stato , nello stesso periodo , di 84,970, dei
quali 39,828 donne e 45,632 uomini. Sopra 4000 ricevuti,
in media, 533 furono uomini e 467 donne; sopra 4000
usciti, prima o dopo la guarigione, 535 uomini e 465 donne;
inflne, sopra 4000 moni, 544 uomini e 459 donne. Aduo-
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iò7
qae ordinariamente in un ricovero si debbono trovare più
donne che uomini^ la qual cosa spiega la loro siiperioritli
numerica, giusta la numerazione del 4856, superiorità che
non si è avverata per altro ehe in 38 dipariimenii sopra
83, e preeisamentc in quelli che hanno i più considerevoli
stabilimenti pubblici, come a Parigi in ispecial modo dove
si trovano 2i02 pazze, per 1514 pazzi, differenza deter-
minata dall'esistenza del grande stabilimento della Salpé^
trièrey specialmente consacrato alle donne.
Noi vedemmo che il numero dei ricevuti dal 4835 al
4854 si è quasi triplicato. Quali possono essere le cause dì
questo enorme aumento? L'alienazione mentale farebbe
realmente un numero crescente di vittime? Bisogna cre-
dere , come l'affermano distinti psichiatri , che questa cru-
dele affezione segue lo sviluppo medesimo della civiltà;
ch'essa cresce colla diffusione ddl'istruzione; ch'essa coin-
cide cogli ardori dell'attività industriale e commerciale, col
movimento della ricchezza pubblica, con quell'ardente par-
tecipazione per la fortuna, la fama, il potere, gli onori che
caratterizzano le generazioni moderne? Bisogna consentire
all'opinione di coloro che, ai nostri giorni , vorrebbero at-
tribuire alla pazzia una specie di carattere epidemico , e
spiegare cosi i disordini si frequenti che si compiono nel
dominio delle idee morali? Il che noi potremmo decidere
soltanto quando il numero delle osservazioni sarà bastan-
temente cresciuto per permettere delle induzioni probubili,
e specialmente allorché una serie di enumerazioni purtico-
lari avrà definitivamente confermato od annullato la dottrina
dell'aumento rapido. Ma di già i fatti studiati con attenzione
ci permettono di concludere negativamente, almeno in una
certa misura. Noi dicemmo infatti che la proporzione d'au-
mento dei ricoverali diminuisce graduatamente. Ora se la
pazzia seguisse esattamente il progresso dell' incivilimento
(noi intendiamo questa parola nel sen^o della conquista
progressiva del benessere per le masòe), una simile dimi-
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158
nuiione sarebbe uo non senso, a meno che non si volesse
negare questo progresso. Non bisogna perdere di vista però
che se l'inctviliroenio moderno si presta a critiche più o
meno fondate particolarmente in ciò che concerne il pre-
dominio degr interessi materiali sopra gì' interessi morali ,
esso ha pure, dal punto di vista che ci occupa, salutari ef-
fettÌ4 Non si può negare, per esempio , che alzando per
gradi il livello dell'agiatezza generalo, esso neutraliua le
conseguenze tanto funeste della miseria per la salute pub-
blica. Ueglio nutrito, meglio vestito, meglio alloggiato, Ta-
bitante delle nostre città e delle nostre campagne lotu
più efficacemente contro le deleterie inOuenze che lo cir-
condano.
Il movimento crescente dei ricoverati può però spie-
garsi con considerazioni aflEatto straniere all'aggravamento
delle cause psicologiche che, nell'organizzazione attuale della
nostra società, determinano la pazzia. E dapprima la crea-
zione sopra diversi punti del territorio, in esecuzione della
legge del 4838, di nuovi stabilimenti e in seguito di nuovi
mezzi di ricovero. Sono i nuovi miglioramenti introdotti nel
rejjime interno di questi stabilimenti; l'aver sostituito la
cura morale alle pratiche violente e barbare che altre volte
affliggevano si giustamente le famiglie e le dissuadevano dal-
l'in viare i loro malati ai ricoveri; l'indebolimento graduato
del pregiudizio, altre volte quasi generale, deirincurabilità
della pazzia; la modica cifra della pensione in un gran nu-
mero di stabilimenti, rispetto alle spese, alle difficoltà d'o-
gni natura che producevano la custodia ed il mantenimento
a domicilio di un pazzo; la convinzione progressiva, ben-
ché ancora lentissima, che il pazzie non ptiò guarire che a
condizione di lasciare i luoghi dove la sua pazzia ha preso
principio; la facilità dei mezzi di comunicazione che per-
mettono di trasportare e di visitare facilmente l'ammalato a
grandi distanze ; inQne, e specialmente, il ricovero gratuito
per i pazzi indigenti , e l'obbligo fatto alle autorità locali
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i59
di provocare d'ufficio, se ib d*iiopo, queMo ricoveramenlo.
Bisogna egualmente tener eonto, specialmente In (|uesti ultimi
anni, degli abusi che si sono introdotti nelle ammissioni, in
seguilo alla tendenza delle autorità municipali e delle fa-
miglie d'imporre ai dipartimenti, sotto pretesto d'alienazione
mentale, il peso d'un gran numero d'indigenti. Questi abusi
sono continuamente segnalati nei rapporti, sia dei prefetti ai
coosigli generali, sia delle commissioni di queste assemblee.
Molti fisiologi e psicologi hanno ammesso l'esistenza di
no rapporto d'analogia tra il grado della pazzia e del sui-
cidio. Se questo rapporto fosse vero, se la pazzia e il sui-
cìdio procedessero dalla stessa causa, in altri termini, se
l'ano e l'altra non fossero che manifestazioni diverse della
Slessa .pazzia , il progresso dell' uno ci sarebbe misura del
progresso dell'altra. Ora se si dividono in due periodi eguali
i quattordici anni passati dal 4842 al 4855, si verifica che
la media annua dei suicidi, che eradi 8442 nel primo, s'è
elevato h 3625 nel secondo; è quindi un aumento di 45,4
per 400. Il quale però è stato più considerevole per le
donne, fra le quali i suicidii si sono elevati da un periodo
all'altro da 767 a 903, quindi di 47,7 per 400, mentre che
per gli uomini non ha raggiunto che r8,5 per 400. La po-
polazione generale non essendosi aumentata nello stesso in-
tervallo eììe di 5,5 per 400, la tendenza al suicidio ha se-
guito una progressione tre volte più rapida. È stato lo stesso
della pazzia? Non osiamo crederlo.
Sapra 9084 pazzi che furono ricevuti nei ricoveri, nel
4853 (l'anno il più recente di cui i documenti ufficiali
facciano conoscere la statìstica), 2609 (28,73 per 400) eb-
bero luogo spont«inenmente dietro la domanda delle fami-
glie, e 6472 (74,27 per 100) per le cure dell'autorità. Ve-
desi quindi che la ripugnanza dei parenti a separarsi dai
loro amnnniati è ancora grandissima , e che , sotto questo
rapporta^ i pregiudis^j ed imprudenti affezioni compromet-
tono ancora la salute d'un gran numero di ammalati.
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La maggior parte dei psiehiairi, nel veder predomioare
i eelibi tra i pazzi curati nei ricoveri, ne haano codcIuso
che il celibato crea una disposizione alla pazzia. Egli é cer-
to che nei nostri stabilimenti, il rapporto dei non maritati
ed i maritati è notevolmente superiore allo stesso rapporto
nella popolazione generale. Bisogna ammettere, in fatti, che
la solitudine nella quale vive generalmente il celibe, la
mancanza delle cure, delle affezioni, delle gioje, delle con-
solazioni della famiglia lo lasciano disarmalo contro le pro-
ve della vita? Ovvero precisamente questa condizione di
solitudine, di isolamento del celibe non sarebbe per lui la
cura in un ricovero una specie di necessiià, mentre che la
famiglia non si separa che colla più viva ripugnanza d'ao
padre o d*un figlio, e lo custodisce, a torto senza dubbio,
fino al momento in cui la graviti della malattia l'obbliga
a separarsene? Non si potrà formare una opinione precisa
sopra di ciò, se non quando si conoscerà la distribuzione
per istato civile dei pazzi a domicilio.
Se fosse possibile di considerare l'età dei pazzi ai mo-
mento della loro ammissione ed al principio della loro ma-
lattia, risulterebbe, dai fatti raccolti nel 1863, che la paz-
zia non si manifesta che dopo la pubertà. Il piccolo nu-
mero di pazzi a veni* anni compiti che noi abbiamo dato
giusta i quadri dei ricoverali, conteneva di già un indizio
assai significante sopra questo punto. Inoltre si può ammet-
tere come certo ciressa comunichi di parallelo col progres-
so della ragione. È in questo modo che, almeno in Fran-
cia, essa raggiunse il suo apogeo verso Tela di quaranta
anni, che è pure l'apogeo dello sviluppo intellettuale. A
partire da quest'età, il danno d'essere affetto da alienazione
va gradatamente diminuendo fino all'età avanzata, dove ooo
s'osserva più che quella decrepitezza dell'intelligenza cono-
sciuta sotto il nome di demenza senile. La pazzia pareva
manifestarsi più tardi nelle donne che negli uomini; ma da
cinquanta a sessaot'anni la donna ne è affetta più frequen-
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temente, la qual cosa aY?alorerebbe l'opinione general-
mente sparsa ebe V età eritica predispone le donne alla
pazxia.
Non solo Tereditàèla prima delle eause predisponenti,,
ma essa occupa pure un rango considerevole nell* insieme
delle cause d' ogni natura. Sopra 8883 patzi , o la settima
parte circa di ammalati curati nel 4868, si trovò una pre-
dispoiixione speciale cagionata dall'eredità. Gli uomini figu-
rano in questo numero per 4410 e le donne per 4473. È
quindi una proponuone di 488 sopra 400 ammalati del
sesso maschile, e di 464 sopra 4000 ammalati del sesso
femminile. La predisposizione ereditaria sarebbe adunque un
pò più frequente nella donna che nell'uomo. Quando si
pensa alla somma difficoltà di conoscere esattamente se i
pareali dei pazzi sono o no stati affetti da pazzia è per-
messo di pensare che i risultati avveratisi per la prima
volta nel 4868 siano notevolmente al di sotto della verità.
I psichiatri sono lontani, per altro, dall' accordarsi sull'in-
tensità dell'influenza ereditaria. Parchappe valuta a 46, Gui-
slain a S6, Webster a 83, Thurnam a 84, Esquirol a 46,
Jessea a 66, Holst a 69 per 100 il numero dei casi di paz-
zia Ae sono dovuti all'influenza ereditaria. Recentemente i
sigg. Baillarger ed il dott. Browne pensarono che la predi-
sposiziooe è il più sovente trasmessa dalla origine materna
che non dalla paterna.
Numerose ricerche in Francia e allo straniero permet-
tono d'affermare che la pazzia ò in ispecial modo favo-
rita dai matrimonii tra parenti. È cosi che i figli di cugi-
Di-germani hanno una significante tendenza all' imbecillità
ed all'idiotismo. Allorché, durante tutta una serie di gene-
razioni, i membri dì una famiglia si sono costantemente
maritati tra di loro, i figli nati da queste unioni sono il
più sovente deboli, rachitici, scrofolosi ed inclinati alle affé*
xioni mentali. È *lo stesso dei figli nati da genitori vecchi
Atmàu, StatMica, voi. Xll, urie 3.« Il
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I6S
0 soliti ad ubbriaicarsi. Nello stesso modo si è^autoriniti
a pensare che tutti ^li abusi che hanno per iscopo d'inde*
bolire il sistema nervoso nel padre p nella madre, favori-
scono nei figli le malattìe deirimelligenza. L*infliiensa ere-
ditaria è tale, che sovente la pazzia si manifesta alla stessa
Olà e collo stesso carattere per più generazioni successive.
Cosi, se il padre è stato affetto da manta, è probabaissimo
che il figlio, il nipote ed II figlio del niptite pagheranoo,
sotto la stessa forma, il loro triboto alla pazzia. Se la ma-
dre è stata curata per una nntnia puerperale , la figlia ne
risentirà i sintomi nelle stesse circostanze, e Vha nulla di
più rimarebevole, dice Falret, che la trasmissione certa deHa
mania dai genitori ai figli ». Que^ psichiatro ebbe coca*
sione di constatare questa trasmissione in quattro genera-
zioni della stessa famiglia.
Si comprende che» io un interesse egoista dei più ri*
provevoli , ì parenti diisimulano colla più gran cura i cari
d'alienazione di cui esai baono potuto essere affetti; ma si
vede nello stesso tempo quanto importerebbe il ricercare,
prima di contrarre un o)airin)oniQ che può perpetuare la
trasmissione della più treii^enda delle malattie, TesisleBia
neli* una o l'altra delle d^e famiglie tìhe stanno per unirsi
della predisposizionfd necessaria.
Si sa che è sommamente difficile il conoscere la vera
causa di ciascun caso d'alienazione mentale; h malattia,
meno i casi rari di scpppio subitaneo, risalendo sovente ad
epoche lontane ed essendosi prodotte graduatamente sotto
r influenza di circostanze rimaste inavvedute o dimentica*
te. I dati raccolti dalb statistica, sopra questo argomento,
non debbono adunque estere ammessi die colla maggior
riserva. Alcuni psichiatri dividono le cause della ^pazzia io
tre categorie: 1.^ le cause predisponenti; SL^ le cause fisi-
che; 3.^ le cause morali. La statistica officiale, in Francia, ha
creduto dover adottare questa triplice distinzione, e ne ha .
fatta per la prima volta l'applicazione, nel 1843, a 49,988
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163
casi di follia, ftiducendo qtiesio numero à IQOO onde ISict*
litare il calcolo, si constatò che 444 sembravnno poter es-
sere attribuiti a lòdube ^k'edfspohehti , 490 a càuse fisiche
e S66 è Càuse lA'òritK Le èamè flsichie adunque predomi-
nano nelle àtféfciòtil knéntati. Mìi boti bisogha dinienlteaì*e
chCf ptù eti'd'éhtt òhe le bàttsé litorali, esse sono più facili
a cbnslatàiti. CòMé era petìàésio di prevedérlo, h p^ztÌBh
nella donni, si i^ifo^iscé, il pIQ Ispesso che heiràoitiò, a Càa-
se dell'ordine inbràlé. Sopra 9764 casi d' aliénatione attH-
bttiti a céuse fistblils, 3494 (23 per 100) m trovò che soitb
stati la eohséguèoza immediata déir epilessia ò di coitvùl-
siohi; r Obb^iachéiià né ha (^^odotti 1502 Ò 15 per 400;
la privazione o te hiidérià 933 o 9 per 40b. FÉ*à le eaiise
morali figura in primo rango la perdita di fbKuné; veb«
gono iti seguitò, pet dlrdine defer^ól^nte d' importatila; l'e-
saltazione religiosa, Taniore ihganhatò o non corrispostd^ le
emotioni violenti è siibitaneé, l'orgoglio, la perdita d'una
persona cara, l'aftabiziddè scaduta, lii gelosia, eec*
Nel 4849 1' amttiinistrazione ha fatto raceoglieré alctmi
dati statistici stille diverse forUe dell' dlienatiorie liei no-
stri stabilimenti. Questi dati Édhof èuti forniti per 30,468
individui. Sopra questo numero di artitiidlati Si riléVarorid
7354 casi di mania, 5384 casi di demenza, 4^54 easi d'im-
becillitii, 4432 casi di monomahia, 4045 eaéi di melanconia
0 lipemania, 939 ea^ d'epilessìa; 497 casi di paralisi par-
ziale o generale (non compresi 306 casi di demenza para-
litica che noi abbiamo (^impresi mei casi di defhenzii)^ 478
casi di debòlezta intellettuale, 43^*4 cétf d'Idiotismi, 8 di
cretinismo é 4384 casi di forme diverge, che non possono
essere poste o difficiliiiente nelle categorie precedenti. Quin-
di, la mania e là demehca sono le due forme le più gravi
della pazzia che dominano, in tiOa graodissima proporzione,
nei nosiH stabHlttieitti; il che semfbra oonfermare quest'opi-
nioiie che i {rarèmi non vi mandiTio i loro ammalati, o che
rautoriti non sectiiestri i paui che Quando presso gli uni
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164
e gli altri la pazeia ha rivotUio gradualameoie il soo oaral-
tere il più dannoso.
La pazzia è più frequente la questa ebe in quell'epoca
dell'anno? È impossibile l'ottenere a questo riguardo risul-
tati veramente scientifici, percbè l'invasione della pazzia, se
è alcune volte subitanea , è il più spesso lenta , e prece*
duta da sintomi riconoscibili solo dall'ocobio del psichiatro.
Sopra 27,413 oasi osservati nel 4853, si trovò che i rico-
verati dell'esute hanno sensibilmente sorpassato quelli del-
l'inverno. Ne risulta quindi ebe se non è certo che la sta-
gione calda vegga dichiararsi il maggior numero di affezioni
mentali, non puossi però dubitare che, sotto l'influenza del*
la temperatura, le affezioni esistenti non prendano un'inten-
sità significante.
Lo studio del movimento dell'alienazione mentale nei
manioomj, nel 1863> conferma questo fatto ben conosciuto da
uomini speciali, che i casi di guarigione, quivi come in ogni
altra malattia, sono unto più grandi quanto l'alienato è suto
curato in un'epoca più vicina al principio del male. È in
questo modo che sopra 100 guarigioni, nel 1853, 36 o più
del terzo si ottennero nei tre primi mesi dell'ammissione;
S3 o un quarto dopo una cura di tre a sei mesi; 11 o il
decimo circa dopo una cura di sei a nove mesi, ed 8 do-
po un soggiorno nello stabilimento di nove a dodici mesi.
È r 80 per 100 nel primo anno , e 30 soltanto negli anni
seguenti.
Sfortunatamente , aia per un sentimento d' affezione fa-
tale per colui che ne ò l'oggetto, sia per una colpevole ne-
gligenza, alcune volte per un calcolo di sordido interesse,
i parenti non si separano che il più tardi possibile dai loro
alienati. La storia dei nostri stabilimenti , nel 1853 , ci fa
conoscere in fatti che quasi la metà di questi disgraziati
non vi sono posti che più di due anni dopo l' invasione
della malattia. Si può essere sorpreso, alla presenza di que«
sto fatto, del numero considerevole di incurabili di cui soQO
ingombri questi stabilimenti?
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165
Sì possono classificare id quest^uttima categoria i 2654
idioti ed i 45 cretini che vi si trovavano alla stessa epoca.
n rapporto sessuale per gridioti era di $4,92 uomini, per
45,0d donne; benché dato per piccoli tlumeri, questo ri*
saltato conferma quello della numerazione del 4856.
Sono morti negli stabilimenti^ dal 4 d42 al 4863,32,099
ammalati, dei quali 47,890 uomini e 44,709 donne. E una
media quindi per ogni anno di 2675 morti, cioè di 4 morto
sopra 7,27 pazzi curati; nello stesso periodo la mortalitk
generale in Francia è stata di 2 sopra 44 abitanti. QuelFa
dei pazzi è dunque sei volte più considerevole. Cosi , il
pazzo è sottomesso, in gran pane pel solo fatto della ma*
lauia di cui è affetto, a casi di mortalilà in particolar modo
sfavorevoli; è ciò che confermerà assai probabilmente un
giorno la conoscenza d^lle cause principali delle loro morti,
càuse sulle quali l'amministrazione non ha fino ad ora rac*
colto alcun dato. La mortalità delle donne è minore di quella
degli uomini, nel rapporto di 400 a 429. La donna, le di
cui occupazioni sono più sedentarie che quelle dell'uomo,
s'accomoderebbe ella meglio al regime uniforme degli sta*
bilinienti ? ovvero V alterazione delle facoltà , in principio ,
sarebbe in essa meno profonda? Solamente la conoscenza
delle alienazioni che le sono abituali potrebbe schiarirci so-
pra quest'argomento, ma questo documento ci manca. Quanto
a noi saremmo disposti a cercare la spiegazione di questa
minore mortalità nel fatto generale* da molti confermatosi,
d'una maggiore durata della vita media^ o probabile, a tutte
l'età, nella donna che nell'uomo.
La statistica officiale ci fa conoscere che, dal 4842, mal-
grado i miglioramenti d'ogni natura recati nel trattamento
degli stabilimenti, la mortalità non si è diminuita, od al-
meno questo progresso non è stato sensibile. Epperò il
rapporto medio di 4 morto sopra 7,44, nel 4842-45, non è
disceso che ad 4 sopra 7,64 , dal 4850 al 4853. Ma dap-
prima puossi chiedere se un periodo di dodici anni sia
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166
basunie per iceorgersi d*im progresso notevole nella sHtia-
Itone medica dei pazsi. ^ eerto, per noi ehe se i risultali
della eora ci fossero noti per una più lunga serie d'anni,,
e cliOi specialmentCì tosse possibile di comparare questi ri-
sultati pel periodo anteriore e posteriore airadoxione ne^li
asili dei nuovi metodi curativi, si constaterebbe una dimi-
nuzione sensibilissima del nume^ proponionale dei morti.
Pure, non bisogna dissimularlo,. fino a che i parenti non
saranno convinti della necessith di separarsi dai loro am-
Qialaii fio dai primi segnali i>pn equivoci della malattia, la
cura incontrerà le stesse difficoltà e mostrerà la stessa im-
potenza relativa, fi cosa per altro consolante il pensare che
una dodicesima parte circa dei pazzi curati guarisi^e ogni
anno. Questo numero sarebbe ancora più grande se molte
famiglie non avessero il grave torto, o alcune volte non si
trovassero obbligate, per essere neirimpossilità di continuare
il pagamento d'una pensione, di ritirare l lora ammalati ai
pigimi sintomi di miglioramento. Fatale precipitazione, ordi-
nariamente seguiu da un gran numero di ricadute! Infatti
sopra i 82,876 pazzi curati nel 4853, si contarono 4636
ammalati ricaduti, dei quali 884 uomini ed 804 donne; è
quindi 60 ricadute del sesso maschile e 48 del sesso fem-
minile sopra 400 pazzi curati. Sarchi^ forse prematuro il
dedurne ehe le ricadute sono, n^eno frequenti nelle donne
cl^e negli uomini ; perocché questa conclusione non può es-
sere dedotta che dal rapporto, che noi non conosciamo, delle
ricadute di ciascun sesso in un njomero d' individui che si
curarono in un periodo determinato.
Epperò la mortalità de' pazzi varia assai sensibilmente a
seconda della natura degli stabilin^enti. Cpsl dal 484^4 al
486S si contò Mn morto sopra 6,46 apamalati negli stabili-
menti ospitalieri^ sopra 7,90. nei ricoveri dei dìpartimenir,
e solamente sopra 8^40 negli stabilimepti privati o case di
salute. È adunque nei quartieri di pazzi degli ospizj elio
la mortalità s' eleva alla cifra la più considerevote. Egli è
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467
vero che questi sUbilUnmili , tuui situali nelle eìuè e di
feodaiiooe di già aniieci, non liaimo preso <be una debole
parte ai progress di cui Tigieoe, se non la cura dei pazzi,
Al Soggetto. Qaantid lilla midore mortaliik obe irovnmiio nei
rieoveri privati, giova avvertile ch'essi non sono aperti ebe
ai pazzi ricchi. o per lo meno agiati, e qufaidi questa mi-
nore mortalità deve iMsere causata prio^ dalle care parti-
colari che giustifica la cifra della pensione pagata dalla fa*
miglia, poi lo slato d^aghleisa nel quale ha vissuto il pazzo
prima della sua malattia» e che ha dovuto esercitare unMn-
fluensa favorevole solla sua salute generale, per coos^enza
mila eorabiKtà , detta sua pazzia.
Sopra 33,876 pazzi obesi curarono nel 4863, S3,OS4
cioè il 70 per 400 eraio fai tutto od in parte a carico d<*i
dipanimenii e dei comuni; cioè possono esaere considerati
come indigenUi Di qui la grave quistiooé di sspere se h
pazzia. non sia più frequente nelle classi inferiori che nelle
medie e superiori delio società, questione risolta affermati-
vameme, ma in seguito forse ad un esame insufficiente
prima in Inghilterra, come n<^i lo vedremo nella seconda
parte di questo studio, poi ncgU altri paesi nei quali Falie*
nazione mentale è stata l'oggetto di siudj coscienziosi. Se
questa soluziooe , che ci parrebbe ancora incontestabile ,
fiMse esatta, cosa bisognerebbe; pensare della doturina che
insegna che la follia cammina di pari passo collo sviluppo
dei lumi?
In Francia, soltanto una dodiceiiima parte di pazzi è for«
niu dalle ehissi che hanno un'istruzione superiore all'inse-
gnamento elementare* Sopra 400 pazzi che si curarono nel
4853, 41,64 sapevano solo leggere; 49,64 sapevano leggere
e scrivere; 8^ avevano rioeir ufo tm'istruzione più elevata;
60,65 non ne avevano rioevtita alcuna o la loro istruzione
non aveva potuto cluarirsi. Se^ come v'ha luogo a crederlo,
il numero di quest'ultimi non forma che una debole parte
dei 46,463 pazzi (sopra 3S,876) l'istruzione dei quali, giù-
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168
sta le risposte dei direttori, era odia o non eUara, la d^
mensa predominerebbe specialmente nelle classi meno istrutte
della società. Poro, quest'indizio non soddisferebbe^^be ad
uno dei dati della quistione, indicando la classe che dà il
maggior numero a««o/tilo dei p^zi. Esso però non fe cono-
scere il numero di ammalati forniti proporzionatamente,
cioè a popolazione^ eguale, dalle classi istruite o nd. Ecco
sopra quest'argomento alcuni documenti, la di cui esaltezza
non è che approssimativa. Sopra S7,680 pazzi , la di cui
condizione si chiari nel 186$, 10,666, cioè 468 per 1000,
appartenevano a professioni manuali o meccaniche (arti^
giani, operai agricoli ed industriali); 4369, cioè 168 per
4000, erano domestici o giornalieri; 804fr, cioè 440 per
4000, esercitavono professioni liberali; 748, cioè S8 per
4000, erano militari o marinai; 7808, cioè S83 per 4000«
esercitavano professioni diverse o non ne avevano alcuna.
Se si paragonano questi numeri cogli abitanti classificati
per professione, giusta il censo del 4864, si trova che, ad
4858, v'era nei nostri stabilimenti 4 pazzo sopra 60f mi-
litari e marinai; sopra 66S persone appartenenti a profes-
sioni liberali (compresi i proprietarj e capitalisti); sopra
644 domestici e giornalieri; sopra 4496 artigiani ed ope-
rai; sopra SS47 negozianti, mercanti, febbricatori, indu-
striali. Senza dubbio, questi rapporti sono favorevolissimi
alle classi operaje, ma importa il richiamare che nel 4856
il terzo circa dei pazzi esistenti Jn Francia non era curato
negli stabilimenti, ed è lecito pensare che il maggior nu-
mero di questi ultimi appartiene alle classi agricole, come-
che l'esecuzione della legge del 4888, dal punto di vista
della sequestrazione d'uflScio, era ben più severamente os-
servata, e ben a ragione , nelle città che nelle campagne.
Ora, se questo terzo fosse riunito agli ahri due terzi che
si trovavano negli stabilimenti, potrebbe notevolmente mo-
dificare i rapporti che trovammo. Secondo la nostr'opinione,
la questione non potrebbe essere convenevolmente risolta ,
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469
se DOD altorehè si eoDOfcene enttamente la di^nrìbuzìene ,
à eoa pene dietro il grado d*iatniEÌooe dei pazzi, sia ne-
gli siabiliaieoii, sia fuori; dalFallra, dairinsieme della popo-
laùone.
Le eampagoe danno maggior* nùmero di pazzi agli sta*
bilimenti ehe le ciiUi? Noi abbiamo gik pregiudicata la que-
stione, nel supporre ehe neHe campagne la sequestt^azione
d*Qflfeìo dei pazzi non è seguita collo Messo rigore delle
eiuà. I Catti sembrano confermare questa ipotesi. Sopra i
38,876 pozzi eorati nel 4808» 43,978 appartencfano alle
otta, eioè ai comuni aventi più di flOOO abitanti riuniti, e
44,586 ai eomuni rurali. Non si potè conoscere il luogo
d'origine di 6868. Gii abtiMtì delle eittk e quelli delle
ampagne essendo come 4 a 8 le popolazioni campagnuole,
ad intensitk uguale dcira!ienazione, dorrebbero dare triplo
aamero di ammalati delle città; ora, sopra 4900 pazzi cu-^
nti, 473 appartengono alle città e 688 soltanto alle cam-
mpie. I pazil d' orìgine urbana seno quindi di molto più
namerosi. Bisogna. quindi aasòlomménie coocluderct eome
rhsnno fatto la maggior parte dei psicbiatri, ehe la pazzia
è tivorita dairaggruppamenlo degli abitanti, eioè dalle con-
dizioni morali proprie delle città come lo sviluppo del lusso,
gli ardenti desidwj , le agitastoni , gli eccessi , i disordini
d*og&i natora, le miserie risultanti dalle ferie o dalle crisi
iodostriali? Lungi da noi il pensiero di disconoscere tutto
ciò ehe questa opinione ha di sednoente, perfino di piau-
nbile; ma noi persistiamo a credere che il forte pre^
dominare dei pazzi d'origine urbana deve essere attribuito
molto meno alia molteplicità delle affezioni mentali che alle
misure di sequestrazione di coi i malati vi sono più parti-
eobrmente oggetto da parte detrautorìtà.
Prima del 4858 gli aonui rapporti dei direttori non
dtttingoevano le usoite giusta le lóro cause; questa distìn-
ziooe, che è stata fatta por la prima volta quest'anno, rivela
un bito doloroso, cioè che, sopra 400 uscite, 48,48 ebbero
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470
luogo prìma d^lla guarifioiie. Sopra S771 ptìxtiiì ( 8(»4S sol-
laaio del totale degli aiwit4aii) si eontarono 4611 uaromi
.0 9,SS| e 19)57 doqoe o 7,69 aopra 100 amuialati <fi etasciio
86860 ; è un settimo adunque di guarigione in più pei pani
ili 86880 maschile. Questa 'diSerenta, ehe eooCnrmaronb la
maggior parte dei doeumenti pubblicati dagli altri paesi;
deve attribuirsi $d una maggiore ktenskà ddle oflhsiooi
meatali nelle donne al momento dell' ammissione negli sta-
bilimenti ? In seguito al carattere più dblee, più caUno della
loro passia in principio, resterebbero maggior tempo net
seno della (amiglia, per non entrare negU suibilimenti che
allorché la malauia ha già fatto progressi inquietanti? Ov-
vero i direttori avf eU>ei*o Immi speciale lendeni», prima a
compendiare, il minor tempo possibile le condiiioni di prova
per la convaleseeoaa degli Mmini , quasi tulli soalegM di
famiglia; quindi a prolungare il aoggiomo delle donne ia
copsideratione dello stato d'abbaddono e di miseria al quale
qn gran nupero si troverebbero esposte ricuperando la loro
liberth? Lo stalo attuate dei Cmiì non auioritsa alouoa d*
formazione sopra qoen' argomento. La dutaia media della
malattia pei guariti ò però stata quasi la siesss per aìnbiduè
i sessi, epperò: 9 mm SS giorni per gli uomini, e 9 meri
18 giorni per le donoe^La differenia è un pò più sensibile
p^r le morti; vedesi, in faui, ehe nel 4868 la durala delia
qura è slata di S anni 8 giorni pai sesso masdhfle, e di S
anni 4 mesi 6 giorni, pel s««s80femmioilek L'età media delle
morti differisce egualmente a seconda del sessa Gli uomini
avevano 44. anni 8. mesi, le donne 48 anni I mese: ora
Tet^ media essendo sfata* al momento dell' ammissionei per
quelli di 89 anni 4 mese, per queste di 44 ami 9 wiesit
quest' ultime sono vÌ8siii«t in media , uegU staUliaiieoti oo
flQOO di pia degli uooiini.
Tali ao»io> fm i docuailenli pubblicali dell? aamiiaistrs-
zjooe francese, gli indisii che a aèi parvero chiarire nel modo
il meoo dubbio fenomeni di fisiologia e di psicologia che
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17t
KM relaihri air alieaMioM mtttftte od aoalro paese. Emi
bpiaiio aaeom iBoke difBcoltà sema soluiioM definitiva;
■• eaai però hanno il imniafgie dMndieare ia quel siieura»
io qoal seofla sono insvOieienii t risoliaii confermati, e oome
evi poi80D(^ emere» completali, aia da oioenraMnit di un'al-
4ia njÈMUH aia 4aUa ooofenMi. eoi meato iìwtk maggier mik
laero 4ì fatti, deUe osaenisaaiDoii di già raeeoke.
G60GHAPIÀ E VIAGGI
G
li icientIaU che eseguiaaoiM) avHa fregala lai Novara il
f iag^o di cHrcomnavigmone mondiale inviarono in Europo
aieane noUaie a«tla vjaiia da eaai bua a Macao verso le eoi-
ste della China. Noi crediamo che rioscirà caro ai nostri
iMtort la riprodnziotto di %iell6 noliaie che riguardano paesi
beo di, rado ilkistrati. Eoòono la relaaione:
« lo quei giorni , ia ^ui il eomi|i<>doro cogli tilBaiali
feee una interessante giù a Canton, i natnraliÉtì ne fecero
mia a Macao. I piroscafi per qud luogo parlotto da Hong*
koog alle IS, e vi giungono per ordinario fra le 4 e la
6 pom. Ei seno piccoK, ma comodi piroscafi ed anche il
Viaggio non è senia inteffesse. Si naviga da prima per
iitreHi canali, fra ake isole di granito. Uscendo dalle isole
io acqua navigabile aperta, il colore dell'acqua, sempre piA
torbido e tardo, mostra, ohe si sta dévanti aHa vera foce
del fiome di Canton. Vedonsi cnArare ed uscire grossi ne-
vigli, ed andar so t giù gionebe e barche pesobcreceie» H
gran picco a cono dell* isola di Lantao (alio 3000. p*), ed
io tEiecia aUa terraferma delh provincia di QuanHong VtU
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'47S
^trà picco aeirthiitiitb tir GMtl«; M|«nrciiiib dall* alto al
dft soloo proAmdo , formano un pittoreafo fondo di sceat
ntl* indietro. Per quanto qwei pieclii/per la regolare ferma
eooiea, somiglino a tulcani, tuttavia molto verosimilmente
tiliro nou sono ohe coni di granito o di porfido. Le foci
del fiume di Canton sono in quel sito tanto larghe, obe
solo gradatamente si vedono le eoste che stanno dirimpet-
to. La superficie dell'acqua è tanto ampia da ogni parte,
da poter credere di essere in ako mare.
> In quel sito, nel febbrajo 1857, sul piroscafo la Queen^
che faceva viaggio da Hongkong a Macao , e che aveva a
bordo un carico importante di denaro e di oppio, i Cinesi,
che trovavansi a bordo, mentre gli Europei sedevano tutti
a mensa nella cabina, s' iiapadrooiroiio dH Mviglio ed as-
sassinarono i passaggieri e marinai europei. Il capitano ed
alcuni passaggieri , per salvare la vita , si gettarono in ae-
qua. Ma ad un solo ingì^e riuscì di salvarsi. Egli è I'udIco
testimonio vivente di quell'orribile fatto. (I piroscafo fa più
tardi distrutto nel fiume di Canton e fu rinvenuto abbra*
ciato.
» Prima che si possaino distintamente vedere le case di
Macao, si passa in mezzo ai navigli che stanno nella radi
di quel luogo. I pia grandi navigli deggiono ancorarsi dalle
6 alle 8 leghe lungi dalla città, e non è a meravigliarsi se
ivi numerammo IO navigli, mentre centinaja ne stavano
neireocellente porto di Hongkong. Il piccolo porto cosi det-
to interno, e bene difeso al di là della sottile lingua di te^
ra sulla quale giace Macao, è accessibile soltanto a piccoli
navigli ed a giunche cinesi, ed è anche pieno zeppo di tali
navigli.
> L' aspetto di Macao non è meno bello di quello di
Victoria-Town. Le case sono pittorescamente a^ruppate in*
tomo ai numerosi colli biella lingua di terra , coronali di
forti, e le chiese con doppii campanili^ e la gran cupola del
Collegio dei Gesuiti', mostrano eesere quella città cattolieit
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473
e, Qodie citUi portoghese, la dbtiilguooo da Viltoria* Ci km-
mo sbarcare alla parte orientale della liogua di terra di
Praga grande, ove alla riva, esposti alla brezza rinfrescante
del mare, giacciono in lunga fila, l'uno presso all'altro pa*
lazzi e magnifiche abiCazioni europee, mentre il piroscafo
avanzossi più addentro nel porto interno.
» Il cokMole pruasiaiio^ sig. di Carlowitz, c'invitò nel più
amieo mocto. Nella sua casa e lamigUa trovaipmo fra i tede*;
schi il più cordiale accoglimento* Dobbiamo al suo ajuto
ed alle sue disposizioni di aver potuto nel breve tempo
io cui potemmo rimanere a Macao vedere e far cose,
ehe io altre congiunture non avremmo potuto vedere né
fare. '
> La prima tpèraoMi < ooHa ^ quale e^ andato a Macao , *
quella di trovar ivi meglio ebo a Hongkong, da acquistare
libri cinesi rari , andò, delusa.. Ma sotto ogni altro aspetto , ^
Macao superò d'assai la mia aspettazione. La città non mi
produsse l' impressione di una grandezza decaduta. È vero '
cli'essa è fiorente, ed è quasi mestamente tranquilla in con*
fronte alla vita operosa ddlle strade e del porto di Vitto-
ria; nelle ade parti cinesi di quella città scorgeai operosità .
rumorosa; ma se la floridezza e la grandezza del commer-
cio portoghese sono per Macao cose perdute, quella città fa
molli alTarì. I Tedeschi, gl'Inglesi e gli Americani fanno le
veci dei Portoghesi , ed i ricchi negozianti di Hongkong e
Canton lasciano d'estate le loro famiglie a Macao, ove il cal-
do, pei freschi monsoni del sud-ovest, non % mai molto op-
primeoie.
» I nostri primi passi a Macao furono naturalmente di-
retti verso la grotta del Camoens, nella quale lo sventurato
poeta della Lusiade sfogò, nelle magnifiche stanze del suo
grande poema, il dolore del suo cuore ferito d'amore. Uu
ricco portoghese ha cangiato quel sito in un grandioso par-
co e giardino, ed ha eretto al poeta un monumento nella
grouo, formata naturalmente da massi di granito, la quale
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174
mi rammeniò tivameote la grolla affatto Minilo di Giam-
paolo nel Fkhtelgebirge pressò Wliostedel. Il buslo del
poeia sia, nella suddella grolla, su un piedestallo, con iscri-
zioni lolle dalla Lusiade. L* ingresso n'è ornalo da simboli
cinesi, e sulla sommile piana della rupe sta un padiglione
dal quale godesi bellissima vista della ciiik e del porlo in-
terno di Macao. Il luiio sta nascosto fhi alti ed ombrosi
alberi. Soltamo in quelle opere grandiose ed eteguiie con
mollo gusio, r abbandono e la decadenza mi fecero ram-
mentare Io splendore dei tempi passali. Itla forse la miste-
riosa semioscurità della vegetazione selvaggia, le vie sdruc-
ciolevoli cieopene di mliseo, e i rollami dei muri in ro-
vina, sono cose che coniribuiaeono a ménieaere V eniusia^
amo melanconico delle anime pellegrinanti al monumento
di quel poeta.
> Riscontro interessante a quel giardino all'europea ed
a quel tempio del poeta, forma un'opera cinese dalla parte
del porlo loiemoi ove fra pittoreschi maasi di granito, che
portan gigantesche inscrizioni cinesi, e sotto gruppi magni-
fici di alberi, suirascesa di un colle sono sparsi templi d'i-
doti cinesi, che uniti rappresentano un parco di dei, al cui
ingresso trovasi un gran tempio di Budda^
> Mi era stato tanto parlato di notevoli pietre risonan-
ti, che trovar si Joveano sulla grande isola di Maoao, si-
tuata dall'altra parte del porto interno della penisola di tal
nome, che mi parve cosa interessante per la geografia farvi
una gita, a fin di chiarire qual fosse veramente quella sup-
posta meraviglia e che cosa fossero quei misteriosi metalli,
che quelle pietre doveano nascondere, e nei quali rappre-
sentar dovevano importantissima pane releiirioilài il magne- .
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175
itfoio, il CQOiio ed il hmpo, mb luilo quel di più che mi
raeeoounrooa cinesi e non dnesL
> I signofi di C « • M àéU. W* K . • M niedicò inglese,
ed il doit Wong-luD, èhe non avetno mai Tedoto <)aelta
neravigliai- ci aecompagnarooo n^la gita. Un fraoeeae, 8h
gnor F . « M ebbe b gentiletie dt Ihiei dà gtiidki. Fra quei
iignorì deggio (arri eènoieere da vieinò V amabile e colto
roedieo docu Wong4bnf eome M eineae, che avendo siti-
dbio la niedieiiia ia Edimburgo^ ed essendoti staio ta«-
reato, si perfesiooò più aoeora nell'Ameriea seuentrionale,
ed ofi, europeo di sentìflBenli e di edueaaiotoé, ma dite-
nolo di bel oMfO eiMie h (ttlta la Ma apparenza este-
riore, esercita eoo grande socoesso quella scienza a Macao
lira i suoi eonnaaionair, e si uni a noi eome zelante amico
delle scienze naturali. Esempi simili sono aneor molto rari
fra i emesi e quindi meritano dì esser notati.
» Alcuni bauelli, cosi detti ianka^ ci trasportarono pel
peno intemo air altra rfta. Quei battelli sono piccoli, i^ic-
ehè due sole persone vi possono stare, e sono condotti
eschisivBmente da dQe donne cìasciino, che sono per ordi-
nario ona vecchia ed una giovane ed adulta rdgazza, op-
pure una ragazza adulti^ ed orni semi-adulta. Non so se
quelle ragazze , che hanno formalmente piantalo casa nei
loro battelli, rappresentino altrove qualche parte. Ma credo
che ad esse posato bènissimo, con qualche cambiamenco nel
testo, applicarsi la nota bàrearola: Pasaami alt altra span-
da^ 0 beltà gmié0li9fay ^on ì]Ucl che segue. Al di Ih del
porto, la via ci condusse in una bella taUc. Campi di riso
ne coprono il fondo. Un fresco ruscello, che scende dal
monte e che scorre per essa, è arginato e fa muovere molti
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476
mulini cinesi i ct^e coq;.p iecdi Uagni ai lati e con grappi
magnifici di fiori e di alberi , sarebbero bel soggetto per
un pittore. Sui declivi; ;aiwni ragaiiif pastori cinesi, con-
ducono il bestiame al pascolo. Io fondo delia valle ci irò-
vammo nel filo cereato, la supposu meratiglia cangiossi
per noi in un mare jgrandioao 4tf roccia {ftUmeer)^ for-
mato da massi di :sywik$ simila del tutlo ai felimeer nel-
l\OdeQwald dell' A^. AIciibì 41 i|iiei massi giacioDO Tuoti
sopra gli altrii e quindi quella pietra» battendo su essa ed
martello, manda suono/ eome ogni altro masso di marmo o
di basalto, quando sia tuoio; Dopo avere a luogo abbà-
sunxa osservato quei massi d'altfa parte poco inleressanti^
coi quali i Cinesi scolpiscono figure di iigri e di leoni ohe
vedonsi collocate all' ingresso dei loro teoipli a Macao , ce
ne ritornammo pel pendio di un monte, dalla cui emi-
nenza godesi della bella vista del porta e dalla città di
Macao.
» Su quello e fogli al^ri momj. del psese sono per
tutto sparsi sepolcri cinesi. Evitammo un gran villaggio ci-
nese, situato alla riva , per non entrare in non necessarii
conflitti. Sebbene le mie aspettaiioni geologicbe siano state
poco soddisfatte, vidi però un pcuo di terra cinese di più
e rifornai contento.
« Nello stesso giorno il piroscafo ci ricondusse a Hong-
kong. Dovemmo approfiture dei giorni rimanenti per im-
ballare le raccolte, e per acctidire a lutti gli altri connes-
sivi afiari. Nella mattina del 18 luglio, la Novara salpò
Ffincora per Sciangai »•
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lOlXEtTlilO 01 flOTIZIE ^4TISTICHB ITALfàNE E STRÀIIIERB
E DELIRE PIÙ IMPORTASTI llfVEaZlORl E SGOPEETE
0
PKOfiaESSO DELL' IlVpiISTftlA
DELLE UTILI GOGIflZlONL
Fascicolo di Febbràjo 4859.
NOTIZIE ITALIANE
11 recito li^iiibardo- Veneto
•totlEtleaoieiite lllvstraio dalle Camere
La PftovmaA del Fbiuli.
(Vedi i fucie^i dì nofemlm e dfeerabre I8S8, M* 24t'2SH).
XI
Produzione serica e suo commercio.
L educazióne dei bachi da seta, prima che Fatrofla do-
mioanie cominciasse a diminuirne il prodotto, era giunta a
inolia floridezza nella provincia del Friuli.
U prodouo serico fu nelPanno 1353 di libbre venete
2,572,263 (4); nel 4854 fu di libbre 3,350,687; nel 4855
fu di libbre 4^608,874 ; e nel 4856 fu di U^bre 2,358,438.
(i) La libbra veneta corrisponde a cbilogrammi 0,447.
▲rhau. Statistica, voL XXI, serie 3." 42
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478
Il prezzo medio fu neiranno 1856 di Ure aostriaelie f
e 86 eentesimi per ogni libbra.
Nell'anno 1856 si filarono nelle filande del Friuli 360,668
libbre sottili venete (t).
Se le sete del Friuli pel suo filo compatto, equabilmente
rotondo, elastico, lucente, hanno potuto sostenere e sosten-
gono la concorrenza con quelle delle piazze più accreditate,
e se airEsposizione mondiale di Parigi due dei quattro con-
correnti ebbero Tenore del premio, ciò nbn pertanto i
filandieri più intelligenti non s'illudono sulla posizione di
questa serica industria, e bene comprendono anzi la peces*
sita di recarla ad una maggiore perfezione onde vincere se
fia possibile la preponderaiaa che hanno le sete francesi
sulle italiane.
Citiamo un brano della relazione fatta dal signor Gbi-
glieri alla Camera di commercio di Milano, laddove si
esprime: < Dobbiamo migliorare con ogni possibile sforzo
» la produzione e lavorazione indigena, onde evitare che
;< le scie francesi acquistino tale una superiorità da danneg-
» giare un ramo di. commercio che è per la Lombardia
» elemento di vita e di ricchezza. »
Oltre a ciò i nostri filandieri non temono soltanla la pre-
ponderanza delle sete francesi, ma osservano non senz'ap-
prensione che quelle dell'Asia, pella continuazione degli
scarsi raccolti in Europa, si aprirono strada e sono oggidì
accettate in forti proporzioni dalle fabbriche e possono,
quantunque di titolo e qualità di molto inferiore alle no-
stre ed atte soltanto alla fabbricazione di stoffe di genere
più scadente, indurre col tempo, a svantaggio delle ita-
liane, una più lenta e minore ricerca, e quindi un ribasso
dei prezzi.
In Francia vanno già preparandosi a siffatte contingenze,
(I) La libbra sottile veneta corrisponde a chifogrammi 0,301.
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479
e oca mancano economisii i quali sostengono — e Tabbon-
> danza delle sete della China e dell'India nei mercati fran-
> cesi non poter in alcun modo essere un male — dare
> inTCce norma ai corsi, e far ribassare i prezzi — solle*
> citare il consumo ed aumentare il lavoro del sericoltore e
> del fabbricatore — * indi conchiudono , che tutti ci avreb-
> bero il loro tornaconto, e che se un giorno la Gina venisse
> ad alimentare in grandi proporzioni le fabbriche francesi,
> e se il gusto occidentale o piuttosto il suo proprio, mo-
> diGcato al contatto europeo, le focesse accettare i prodotti
> francesi in cambio della sua seta, immensi spacci si apri-
> rebbero alla Francia. »
Che che si dica di là dei monti, i nostri filandieri per*
leverando nel sistema di progressivo miglioramento fa-
ranno sempre il loro prò eoi produrre una seta che sia
reale, bella, netta, e dì buon incannaggio e mantenerla in
qaeir opinione favorevole che meritamente si è acquistata
anche all'estero*
E poiché le nostre sete sono gravate da un dazio di
esportazione a differenza di quelle di altri Stati italiani, ciò
die aumentandone il prezzo impedisce loro di concorrere
eoo vantaggio sugli esteri mercati, la Camera non può a
meno di associarsi al voto dei commercianti di seta per l'a-
bolizione di ule imposta.
A chiudere l'articolo il prospetto che segue enimcia il
numero degli operai che s'impiegano polla trattura delle
Nte, e la mercede loro giornaliera in adequato.
Loro Damerò
Lavoranti uomini . • « SOO
Lavoranti donne 5500
Lavoranti ragttue « • • . 4000
La mercede complessiva pagata agli uomini in ragione
di lire austriache 3. 50 al giorno , fu di ''L. S5,000
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480
Somma retro ausi. L. 85,000
La mercede complessiva pagaia alle donne
in ragione di *L. I. 16 al giorno Ai di » 44S,760
La mercede complessira pagata alle ragazM
in ragione di centesimi 7S al giorno fu di » 988,750
Importo totale delle meroi «L. 76^500
I filatoi e torcitoi per la seu sono 5 in tBtto il Friuli
e fanno muovere 50S9 naspi , occupando 159 uomini , 59
donne e 69 fanciulle.
Agli uomini si dà la mercede giornaliera di austriache
lire 4. 60, alle donne si dà una mercede di centesimi 75
ed alle ragazze si danpo centesimi 60 al giorno.
Esercitano il commercio delle sete
a) i semplici filandieri che acquistano i bozzoli per
trarne la seta che vendono greggia;
6) i filandieri filatajeri che tratta e ridotta in trama la
seta, la vendono neir interno e fuori;
e) ì commercianU per proprio conto o per commissiofle
che acquistano le sete greggio e lavorate per rivendarle al-
rintemo o airestero.
II commercio della seta, ad eccezione del 1853 che
non sub! notabili oscillazioni, ebbe negli ultimi tre anni un
esito differente.
Nel 4854 i filandieri perdettero in generale e per h
rendita scarsa dei bozzoli messi alla trattura e per le grandi
rimanenze di seu degli anni preeedenti.
Nel 4855, malgrado il prezzo sostenuto dei bozzoli, ne
uscirono i filaYidieri con vantaggio stante che la seta greg^
già, sempre ricercata, si mantenne in aumento di prezzo.
E nel 1866, diminuite le rimanenze, scarso il prodotto
dei bozzoli, e forte il presentimento di maggiori guai nei
ricolti successivi' per la malattia dei bachi, i filandieri ed i
commercianti trassero dairindtistria serica rilevanti profini.
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481
Le sete taVofate ti émakivano, pochi anai iono, princi*
paknente a Vienna. Ma seemata in quelle fabbriche la ri-'
cerea del nostro pfodotto, e d'altronde alimentate in parte
dalle sete asiatiche e da quelle d^l Tirolo e della Lombar-
dia, le sete firiulane che ora vi si spediscono rappresentano
appena un quinto della produzione totale. E gli altri quattro
quinti si mandano in Lombardia ed in Francia.
B ritornando al consumo delle sete del Friuli in Vienna,
8i hanno pel decennio I8S9 al 1848 le seguenti cifre:
1889
4840
4844
484S
4843
4844
4846
4846
4847
4848
Libbre 74,840 (in hbbr
480,640
4S4,4SO
434,430
439,840
438,760
439,780
803,430
339,680
65,540
di Vienna)
Totale Libbre 4,335,740
XII.
Filatura, tintoria e tessitura di cototUé
Una società anonima oggidì ricostituita sotto la deoo*
Binazione: e Rinnovata I. H. pripUegiata filatwra e tm*
torta di cotone in Pordenone » diede viu a due grandi
stabilimenti industriali, l'uno della filatura e tintoria nel vil-
laggio di Torre, l'altro della tessitura meccanica in Rorai
grande.
Circa sessanta macchine per la filatura mosse ad acqua
con due turbini in ferro della forza ciascuno di cento ca*
valli pongono in movimento N.** 48,493 fusi.
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4 sa
Nel IS55 la Aiaiara fu alimetiuta di libbre metriche
4,017,658 di cotone greggio, e nel 4856 dalla maggiore
quantità di N.^" 4,445,868*
Il cotone Tiene importato dal Levante, dall' Egitto^- e
dair America per le vie di Venetia e di Trieste.
Nello scorso anno 4856 lo stabilimento di Torre diede
il seguente prodotto:
Filati dal N.^" 4 al 48 metriche libbre 702,445
> . 46 » 34 » 844,700
» 96 > 84 > 48,900
» 86 » 44 » 80,730
Reffe in vari numeri » 44,800
In tutto metriche libbre 4,437,746
I filati e la cotonina tessuta si smerciano prevalentemente
nel regno Lombardo-Veneto e nei ducati di Modena e Parma.
Anche per quest'industria la continuazione della Lega do-
ganale Austro-Estense-Parmigiana sarebbe un benefizio.
S'impiegano per la filatura annualmente N.* 700 persone
circa, alle quali viene corrisposta la mercede media di lire
1. 00 a lire 4. i5 al giorno.
La tintoria che è annessa alla filatura produce ogni anno
in rosso di Adrianopoli e bleu libbre metriche 60,000 circa
che si spediscono nei luoghi già accennati, e s'impiegano
giornalmente da N.^ SO a 85 individui.
La tessitura meccanica di Rorai con forza motrice d'a-
cqua lavora i filati che provengono dallo stabilimento di
Torre, e produce ogni anno da 45 a 46 mila pezze di tele
greggio liscie da 87 a 88 metri ciasctma; ha N.^ 400 telai
semplici a macchina, ed impiega giornalmente N.^ 440 per-
sone colla mercede in adequato di aust. L. 4. 35.
Ambedue questi stabilimenti , filatura e tessitura , retti
da circa un anno sotto la stessa ragione sociale, e fusi ne-
gl'interessi, si risentirono, disgiunti , nel corso degli ultimi
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483
quallra anni e dalle agitazioni politiche che muovevano
dalla quesUone d'Oriente, e dallo sbilancio economico pro-
dotto dall'incarimento, delle sostarne alimentari. Nonostante
esse sussistono, e sostengono colle manifatture dell'impero
h eoneorrenuu Quest'industria però acquisterebbe una niag«
giore solidità ove il dazio di favore di cui godono le no-
stre fabbriche per l'introduzione dall'estero delle macchine
e parti di oiacchine si convertisse per grazia del Governo
imperiale in una totale esenzione.
Quanto poi al prezzo dei filati e delle tele non ò pos-
sibile indicarne una media essendo subordinato al eosto
spesso variabile delle materie greggio.
Alure tessiture di cotone esistono in questa provincia e
s^natamente una in Udine eon buon numero di telai a
mano, e si noverano pure altre tintorie di cotoni in rosso,
ma essendo, comparativamente ai riferiti due stabilimenti, .
di minore importanza , la Camera fornita che sia dei ne-
cessari elementi , ne darà conto a tempo e luogo più op-
portuno.
Xlll.
Comerie di pellami.
La concia e preparazione delle pelli è un'industria per
la provincia del Friuli ed in particolare per la città capo-
luogo di moh'importanza.
Esistono N.^ 31 fabbriche di concia pelle le quali ma-
cerano ogni anno dalle 50,000 alle 60,000 pelli, di cui un
quarto di grosse, cioè di bue , uno di vacca, ed il resto di
vitello, montone, ecc.
Le pelli grosse sono acconciate in vallonea, e trovano
smercio nell'Austria, Boemia, Garinzia, IHirio e Tirolo, men-
tre tutte le altre in corteccia di rovere si vendono nei paesi
suddetti e nel veneto. Di nessuna rilevanza è il numero
delle pelli che si preparano in alume ad uso di maseadizzì
e soati.
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184
I lavorami impiegati nelle N.^ tO fabbriche esisienti
nella città capo hiogo ascendono d* ordinario n N.® 370 , e
ricevono in adequalo la mercede giornaliera di aust. L. 4. 50.
Ad esse sono addetti anche N.^ SO garzoni ed attrettanii
facchini. Airincontro le altre N.^ 11 fabbriche ubicate in
varii distretti della provincia non occupano in complesso più
di un centinaio d'individui fra operai, facchini e garzoni.
Insufficienti poi le petti degli animali che si macellano
nel Friuli ai, bisogni delle fabbriche, deggiono queste im«
portarne di nazionali da Venezia, e di estere da Trieste in
quantità piuttosto considerevole.
Se si eccettui Tanno 1854, in cui per rinaciode gene-
rale del commercio e per l'aumento delle pelli greggio, l'in-
dustria della concia sopportò delle perdite, i nostri fabbri-
catori nel 1855, e più ancora nella seconda metà del 1856,
ritrassero dai loro capitali un conveniente interesse, impe-
rocché esauriti tutti i depositi dei cuoi per le grandi spe-
dizioni in Oriente, e mantenutasi la ricerca, le pelli confe-
zionate elcvaronsi di prezzo.
Al giorno d'oggi le pelli erude costano nei porti d'An-
versa, Marsiglia, Genova e Trieste il doppio di ciò che va-
levano in adequato nell'utiimo decennio; e quest'aumento
eccessivo fa si che le nostre fabbriche , nonostante 1' alto
prezzo delle pelli lavorate,, durano fatica a sostenersi, e
tendono al declinio.
Oltre all'incarimento cagionato in questo articolo per la
scarsezza di depositi nei paesi esportatori dell'America me-
ridionale, per cui poca quantità ne venne ritirata, il prezzo
delle pelli del Friuli sta in proporzione con quello degli
animali, e questi aumentano sempre più di valore sia per-
chè non ne vengono come in altre epoche importali da
altri paesi, sia perché gl'indigeni si esporuno dalla pro-
vincia in numero di oltre ventimila bovi all'anno per es-
sere macellati in Venezia, Trieste, nell'Istria ed in altri mer-
cati di consumo.
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186
Anche da ciò la Camera prende argomento per apprez-
lare le sollecitudini dell'Associazione agraria tendenti aHo
scopo di aumentare e migliorare la razza bovina col pro-
muovere l'ampliazione dei prati naturali ed artificiali, e le
irrigazioni.
XIV.
Raffineria dello zucchero.
La ditta Francesco Braida e comp. fondatrice in Udine
di questo stabilimento per la raffinazione dello zucchero
non risparmia né cure né spese onde e nei processi di la-
vorazione e nella perfezione delle macchine tenersi a livello
coi paesi che sono più in progresso nelF esercizio di tale
industria per poter sostenere la concorrenza.
In questa raffineria sono stabilite due caldaie di eoncen-
trazioDe, dette Yacuum ; si adoperano forme di ferro anzi^
che di terra pei raffinati Melis e Lumpen ; s' imbiancano i
pani di zucchero, meno le qualità ordinarie, senza fiir uso
di argilla ; si hanno filtri grandi collo spodio granito, e pic-
coli collo spodio fino; gli sciroppi sono innalzati con pompe
mosse da una macchina a vapore; si lavora con tre caldaie
a vapore, della pressione di tre atmosfere; ed infine una
macchina pneumatica accelera la depurazione e 1* asciuga*
mento dei pani di zucchero.
Nello atabilimento sono occupate giornalmente fra artieri
e operai N*° 150 persone e la loro mercede è da .lire 40
fino a lire 430 al mese.
I lavori della raffineria nei trascorsi quattro acini abbrac*
ciano le seguenti ^quantità di zuccheri in farina:
4853 Zuccheri greggi metriche libica S,000/)00
4854 » » 1,950,000
4855 » », 8,450,000
4856 > M 4,940,000
La raffineria è in continuo progresso, e per meglio co-
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486
noflcere eome (ale industria si è mMiteoala sopra una scala
ascendente, si riporiaiio le cirre del dazio pagato alia regia
dogana di Udine sulle brine introdotte nel decennio 4847
al 4b6fi:
4847 Importo del dazio austriache lire 594,977. 49
4848
4849
4850
4854
4853
4853
4854
4855
4856
516,364. 46
553,849.83
484,696. 00
739,443.50
799,764.34
803,346.80
848,445.45
865,607. 45
844,463.00
I zuccheri greggi si ritirano dall' Atana e dal Brasile,
ed i prodotti ohe si ottengono dalle farine ammonuno or-
dinariamente al 96 0 97 per 400 tra i zuccheri raffinati e
melazzò.
II oorobosiibile che si eonsuma consiste nella massima
parte in carbone fossile inglese, in carbone indigeno che si
ritira dalla Gamia ed in poca legna di faggio.
Lo stabilimento smercia i proprii prodotti in tutto Tim*
pero e la poca quantità di acquavita che si fabbrica viene
venduta a Udine per la maggior parte.
Riguardo poi agli utili, gli anni 4858, 4854 e 4856 die-
dero un modico supporto del capitale, ma nel 4856 lo sta-
bilimento ebbe a risentire una notabile perdila, che vuoisi
attribuire ed airaumento dei prezzi della materia prima, ed
alla maggiore produzione dello zucchero indigeno, il quale
gravato essendo, a difierenza dell'esotico , di un dazio mi-
tissioao-può col minor prezzo predominare nella concorrenza.
Sarebbe quindi desiderabile una parificazione del dazio de-
gli zuccheri indigeno e coloniale per impedire la cessazione
di quest'industria.
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487
XV.
Fabbrkhe éU carta.
BsiaCono in questa proTineia le segaeoti N^ 7 fabbriche
di eaita:
Nomerò
Luogo delle dei Fona
Fabbriche Tiai notrice
Cordenons S 13 Acqua
Rorai i 8 »
Passeriano .;..«. 1 6 »
Moggio •••••.« 1 3 9
Pordenone 4 3 »
Sacile 4 6
Totale N.* 7 84
Le fabbriche della ditta Galvani cioè quelle di Porde-
none e Rorai forniscono carta da disegno, da scrivere, da
pacchi, da stampa, da asciugare, ecc., e le altre producono
le medesime qualità ad eccezione della carta da disegno gik
accennata. Però la cartiera esistente in Pordenonesi limita
a produrre soltanto carta asciugante e da iovoliura.
In nessuno di questi opificii si è ancora introdotta la
&bbrieaaone della carta a macchina.
I prodotti delle cartiere trovano spaccio in provincia ^
ma la parte maggiore viene spedita all'estero per le vie di
Trieste e di Venesia.
La materia prima cioè gli stracci si raccoglie principal-
mente nel Friuli e nelle contermini provincie, ma da qual-
che anno il prezzo di tali articoli si è molto elevalo in
causa delle spedizioni che si effettuano per la via di Trieste
agli Stati Uniti d* America dove le fabbriche di caria , au-
mentando continuamente, lavorano e consumano una massa
ingente di stracci.
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I8g
Il personale oocupato oetie fobbriebe sta in proponione
del namero dei tini» eiascuno dei quali richiede dagli otto ai
dieci individui fra uomini, donne e ragani compresi gli
nomini preposti alla sorveiglianxà dei fàUi e d^i ciltndfi. La
mercede quotidiana degli operaj si aggira tra austr. lire S. 00,
e li cent. 60.
Non tutti i Uiii di ciascuna delle indicate N.<^ 7 fabbriche
sono interrotiamenle attivi potoidosene calcolare in medio un
quinto d'inoperosi. ^
Perciò ridotta l'attività delle cartiere alla portata di
N.^ S4 tini, e stabilita la produzione di ciascuno a chilo*
grammi ottanta di carta fina ed ordinaria al giorno, si ha
per li presunti trecento giorni lavorativi in un anno la
quantità complessiva di oltre mezzo milione di chilogra:nmi
di carta.
XVf.
Fabbriche di Birra.
La persistente critti^ma delle viti fece accrescere il
numero delle fabbriche di birra. Presentemente il Friuli ne
eonta N.^ IS attivate nei seguenti distretti
Città di Udine N.^ S
Distretto di Palma « » S
S. Vito
Pordenone
Gividale
Moggio
Godroipo . • • •
Geraona
Tolmezzo ....••...
In tutto N.^ 43
L' orzo ed i luppoli sono le materie necessarie per for^
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48^
mare la birra. R primo si proTvede in parte nella provincia,
•d io parte a Trieste cui arriva dall'estero e nominatamente
(fi Odessa. 1 loppoliV poiché grindigenl sono di cattiva qualità,
si acquietano in Baviera e nella Boemia ed anche in Trieste
dove vi hanno depositi di luppoli d'America.
Conseguentemente ai scarsi raccolti ed alle straordinarie
q[iedi&oai in Inghilterra, tanto Terzo quanto i luppoli in-
erirono fortemente di preuo dopo il 4854 in guisa che
l'orzo di Germania importa ora quasi il doppio di ciò che
valeva quattro anni sono, ed i luppoli che si pagavano fio-
rini 40 a 60 per ogni 400 fonti eostano 0|^di fiorini 100
a 440, e si pagarono per sino fiorini 300 e più.
Malgrado l'eccedenza del prezzo della materia prima e
dell' aumentato valore del combustibile le fabbriche di birra
per la entità ragguardevole dei consumi volgono ad un pro-
gressivo incremento.
La produzione di un anno è in termine medio di emeri
S0,900. ( Continua >
tfelto tisato vmwmmwèm.
( Continouione e fine. Vedi il fascicolo precedente ).
De' minerali i valori massimi importati sono: il ferro
scodi 372,623, il piombo 61,833, le pietre per arti e me-
stieri 65,146, i bitumi per 49,845; e le principali esporta-
sieoi: le pietre e i materiali da fabbrica per scudi 458,380,
gU zolfi per 450,029, ecc., oosicehò il valore della introdu-
zione supera fra tutto quello della esportazione quanto scu-
di 832,M3,89. Nelle provinole va il ferro greggio dove sono
forai di fusione, il semigrcf^o nelle altre. Temi e Tivoli
lavorarono molto negli anni procedenti e rallentarono in
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490
questo ; se sì diffondere la illumiDazUme col gM-lilce a?ria*
no ancor molto a fere. Questo modo di iHwninare dove è
nei metodi migliori dà doppia luce a metà fvtao di quel-
la che eostava data dall' olio. La spesa dei tubi ripartita
sugli anni della loro durata diventa insensibile al paese.
A quei lavori per Roma, e ad altri per le acque devesi il
maggior iHinsumo di piomUb ; né fo parola della maggiore
importazione del rame perehò si valse il Governo coir ope-
ra delle sue cecdie. Nelle pietre e nei materiali esportati
è principale la poszolana di che ora più che mai^ per la
facilità de' trasporti, fonno domanda i paesi esteri; e gli
zolfi usciti in molto maggior copia dell' anno 1855 devono
forse la loro fortuna alla dottrina dell' insolforare le viti per
redimerle dalla crittogama la qtiale come il tifo petecchiale
negli umani, o il cbolera, sarà allora sanabile quando sarà
partiu. Questa estrazione fu tutta dalle regioni dell'Adria-
tico:
Zolfo greggio libbre 44,701,574
9 raffinato > 4,841,936
9 fiori 4,6S3
libbre 46,545,483
Più dalle regioni merid'ionali » 410
libbre 46,545,543
Dedotto d' importato » 9,510
Resta esportato libbre libbre 46,536,033
Per scudi • 479,763, 48
senza la quantità grande che non ò indicata con cifre ma
asserita usata alle viti dello Stato. Questo anno 4856 superò
ognuno de' precedenti cominciati a crescere veramente
col 4854 e aumentati regolarmente. La media del trien-
nio Ì85S-6 fu di libbre 43^45,800 ossiano quintali 43,545.
$c, eom' è predicato dagl' impresarii, lo zolfo della ToUa ò
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191
viltDte,. questa necesailà che Tha (alia divulgare gli acqui*
slerìi nome e spaccio abbondarne.
Perocché i minerali sono maceria mortai e non hanno
▼ita e vigore che nelle manifatture, poco essendo da dire
di essi voltiamo le vele alla industria manuale. Nel 7 mag-
gio 4856 con particolare decreto si abbassarono molti dazj
che a tale industria riguardavano e il ministero avendo volita
to subito conoscerne gli effetti ha fauo trarre tabella delle
meret entrate e delle uscite negli otto mesi dell' anno, com*
parandole con quelle dello stesso periodo dell' anno antece*
dente, lo non posso contentarmi di queste prove che pur
contentano i Governi akri d' Italia e di fuori d' Italia i quali
par che dissimulino le circostanze molte e le condizioni
che anno per anno negli stessi periodi mutano i bisogni e
le operazioni commerciali. Queste epoche spezzate non pos*
fono essere eloquenti neppure in lunga serie; e diflÈatto
non ebbe che una cifra di 376,445 scudi di maggior valore
commerciale (per 68,782 alle estrazioni) e un guadagno
alla finanza di 49>758. 58; documento questo come quello
deiranno passato che meno i dazj sono gravi e più k fi*
nania acquisu, avvegnaché più volentieri s' impiegano i ca-
pitali, e rimane utile ai produttori e ai consumatori. Piui*
tosto r incremento del 4856 sopra gli anni antecedenti è,
come ho detto più sopra, effetto vero delle diminuzioni dei
dazi! e deiranno istesso e dei precedenti. Il profitto della
finanza del 4856 sopra il 4855 fu di scudi 287,493 ossiano
franchi 4,546,742, considerevole premio al fortunato pen«
siero.
Le maggiori importazioni di manifatture furono
Dei tessuti di cotone .... Scudi 4,472,090
> seta » 4,028,847
« lana e misti » 4,009,365
Filati di canapa, lino, cotone . . » 4,005,492
Aeque e bevande fermentate . . » 647,228
Mercerie » 488,078
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499
e la somma generale è di 7,649,70<. 9S, roeolre le mag-
giori esportazioDi furono
I filati di seta .... Scadi 1^1,785
OggetU di belle arti ... > SS6,498 *
Libri » I47,SS6
TetSQti di lino e canape . » 218,476
e la somma generale fu 9,766,749 Mmdi. La differenza è
grande e ha bisogno di tutta la considerazione gOTcraativa.
Di poco le cifre d'esportate manifatture nel 4 866 superane
quelle del 4866, mentre di moltissimo superano le intro-
duzioni ; certo non si compra senza denaro, o senza un ca-
lore equiTalente in merco, e quindi è necessità conchiude*
re che le estrazioni degli anni anteeedenii abbiano prom**
rato i capitali per le nuove introduzioni, e non ultimo se-
greto nelle cifre è nella differenza dai valori reali aumentati
assai per' certi generi ai valori officiali gik troppo amichi.
Certo non può essere nei dazii ridoni ( fuorché pel filo di
seta greggia ) alla cifra di un baiocco ; che vuol dire al-
l'obbligo semplice della dichiarazione, ma potrebb' essere
in estrazioni fatte di frodo di que' generi su cui tratto trai-
lo cade proibizione dì vendere all'estero sia ia questa come
nelle altre categorie nelle quali poi anche per dazii singo-
lari può venir tentazione di frodo.
A ogni modo se ci rallegreremo dell' avanzameolo del-,
r agricoltura, e non molto della industria se di tanto si la
tributaria all'estero negli oggetti lavorati, egH non è per
ciò da esagerare, come alcuni fanno, la miseria delle opere
perchè si vede chiaro che abbondano la materia prima di
prodotto indigeno, T intemo molto consuma del proprio,
specialmente i contadi, lasciando alle città e alle borgate il
lusso di cose forestiere.
Questi contadi addestrandosi alla coltura del gelso e
quindi a quella de' bacili da seta preparano a sé e ai pro-
prietarii capitalisti una bella sorgente di utili avvegnaché
per quanto ci venga ora in Europa seta dell'Asia non ci
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193
sì scemano le commisrioni né le domande per Io spaccio
del nostro prodotto. Il baco da séta venuto di Ik ha qui
troyato miglior patria ed è dall'Italia che si fabbrica la
miglior seta del mondo. Troppo poco ne dà lo Stato roma-
no e fu ottimo pensiero lo spingere innanzi le piantagioni
de* gelsi, e non curare i timori di coloro, che vanno di-
cendo che anche troppo poco di braccia hanno i campi
senza che abbia a sottrarne per on mese almeno a curare
i bachi ; perchè non è faccenda virile in quasi nessun luo-
go, e poi non è detto che quella cura anche nei contadi
debba darsi a chi ha altro a fare nelle cose rurali. Questa
è una industria come le altre le quali sanno trovarsi lor
braccia ai loro proprii tempi senza rubarle ad altrui. La Lo-
mellina per esempio ha grande faccenda di risi, e ne ha il
Novarese, il Pavese, ecc., territorii non popolatissimi ; come
li rimonda e li cura se le gmiti del paese non bastano?
Vanno colà eserciti di donne dalle colline dell'Apennino
che una volta erano di governo milanese e ora sono di
Piemonte, e vanno in tempi in cui anche i bachi richiedo-
no le loro legioni, e si provvede air ona faccenda e ali* al-
u^, poiché r altra 6nisce quando V una ingrossa. Con una
speciale istruzione si potrebbe poi meglio dalla citià, che
abbondano di bisognosi di lavoro, trarre ai contadi gente
più propria per abilità e diligenza per quella opera e pel
solo tempo in che dura, come si traggono temporanee alle
filande donne a centinaia, che poi attendono a loro proprie
alu'e faccende.
Non è nota la produzione de* bozzoli dello Stato roma-
no ; regola non ci danno i mercanti a cui non va tutta la
merce ; né le filande ohe comprano da varii luoghi; anche
esteri» e che dovendo poi vendere le vesti greggie hanno
per introduzione e per estrazione un dazio di dieci scudi
ogni cento libbre lorde. Ceruimente il prodotto aumenta,
e filande si moltiplicano ma non si accrescono filatoi , né
tintorie^ né telai, sebbene con macchiDO si perfezionino i
Arnau. StaUitka, voL XXI, serie 3« 15
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494
metodi, onde lulta V industria resta nel filare per dare poi
il greggio a Praocia, Svizzera e Lombardiat e più al Pie^
monte, il quale anzi fa grande incetta di ootal greggio per
filatoiare egli stesso e vendere poi ad Inghilterra e Praacia.
Nel 4856 l'atrofia de* bachi apparve anche nello Slato
romano, ma lìevei e i mercati pesarono libbre 4,936,207 di
bozzoli (chilogrammi 4,573,374); la cifra è lontana da
quella del prodotto perchè si suppone che le sole regioni
adriache diano ci»fu# milioni e mezzo di libbre: se la stessa
proporzione si potesse fare tra i mercati e il territorio delle
mediterranee, anche avuto riguardo alle più rare loro pian-
tagioni, dovrebbesi far conto di un sat miUoni di libbre
almanco in tutto lo Stato, che sono chic milioni di chilo*
grammi rappresentanti circa 482,000 chilogrammi di seta.
Maestri opina che i bozzoli entrati in filatura negli Stati ro-
mani sommino a chilogrammi 2,534 «000; ma, come dedotte
le estrazioni si avrebbe una introduzione di libb. 23,384, o
chilogrammi 7S88 e quindi cifra assai piccola per elevarsi
a quella somma, forza ò concludere che se {il Maestri ebbe
' la cifra vera, dev' essere stata sottratta al Governo per iscan-r
sare qualche molestia di finanza. La seta che il Maestri ne
annunzia sarebbe di chilogrammi 302,500. Ma c'ò una dif-
ficoltà; io reputo due milioni di chilogrammi la produzione
di bozzoli, egli 2,740,000, e non ne manda alle filature ohe
9,531,000; mentre consta dai registri doganali che la im:-
portazione supera di 7588 la esportazbne; dove vanno i
chilogrammi 486,588 ( non è lieve somma ) se non si fi-
lano in paese ? escono di frodo ad altri Siati poiché sono
colpiti dal dazio di cinque scudi ogni cento libbre ? Questo
è quello che bisognerebbe sapere. Intanto lo stesso Maestri
dà per filo di seta greggio esportato 4 44,824 chilogrammi,
cifra, noi dice, che è del 4856, ma a quei numeri proprio
non vera perchè T esportazione fu di libbre 480,578, che
sono chilogrammi 445,966; ma devoosi dedurre libbre 6088
4' imporMiooe e rìManftm libbre. eiport«le 494,^00 osaìano
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I9S
chilogrammi I43,9a6« La ragione ttatislica poi richiede che
quando si voglia asserire uu dato di una produdone qua-
lanque, meglio poi se fallace ad anni, e i botoli son fallad
e li vediamo ora a qaali danni! devesi prendere una media
80 periodi ooievoli. Ora prendendo io la media del seuennio
4850-6 ho la cifra di ebilogrammi 4Sl,88i che equivalgono
a libbre romane 359,681. Né la cifra de* valori data dal
Maestri è giusta io franchi 6,78^,698; senta deduzione deU
l'importato fu 6,949,634, e fu di 6,854,436 colla dedoiioite.
Nulla dice delle sete tinte e torte importate che io ned»
annua del settennio furono libbre 8374 e nel 4866 sdd
81i8, o chilogrammi S766, ma per lo contrario affértna
che la introdutione dei tessuti di seta è di 80,759 chilo*
grammi per franchi 3,406,048. La logica vorrebbe che questa
importazione fosse dello stesso anno di quella esportazione,
quindi è uopo domandare se nella somma intenda tutto il
generale tessuto, o quello eh' è proprio sotto tal nome, e
«e di pura seta, o con mescolanza d'altre materie. Spogliato
il volume trovo:
Tessuti pori . . . libb. 46,664 o chil. 46,449
Gli stesai eoi misti . • » 434,067 » 46,437
Tutti i tessuti .... » 447,700 » 50,070 da cui
si dovrebbero dedurre . > 966 » 80 per
esportazione; onde rimarrebbero cbilog. 49,990
Nessuna di queste cifre si uguaglia con quelle date dal
Maestri. Cosi non consonano i valori. I tessuti puri valgono
fr. 4,868,697; coi misti 4,796,498, tutti insieme, dedòtta la
csportiizione 6,544,383. A ogni modo T esportazione della
seta filata basu ad esuberanza a eonapensare la somma di
luui i tessuti serici. Duole che la esportazione di cotal sorta
di manifottore si riduca a un chilogrammo di tessuto puro, e
«d 80 soli di veli e tuHi di dui sono per ahro chiare le
nostre officine.
Cosi delle lanerìe. Maestri nota che lo Stuto romano ipen«
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496
de 4,600,000 fraoohi; T imporUEione del 4856 sommò a
4,000,543, scudi, esportò lana per 437,764 ( dedotte le im«
portazioDi ), lo sbilanoio è dunque di 653,748 scudi o frati*
chi 3,417,478, e Tanno 4856 ò quello delle maggiori in-
troduzioni di tessuti lanari e di serici. Io non posso trovare
dove quel per altro egregio statistico abbia preso le tante
notizie che ha dato, ma non molto rette, sugli Stati iulìani;
certo le fonti non eran nette. I tessuti di cotone domandano
allo Stato 4,460,107 scudi, ma il soverchio di esportazione
dei tessuti di lino e di canapa gli soccorre con un attivo di
400,484 lasciando che al resto provveggano i guadagni (aiti
sui filamenti della canapa ehe pei cresciuti valori reali
hanno ad avere ben altre cifre che quelle dei registri of^
Sciali,
1 prodotti delle viti non sono esportabili né in uva né
in mosto secondo le proibizioni fiscali, né in vino in questo
anno 1856 di cui parliamo perchè la crittogama fece in ver*
tere T opinione del Governo la quale, prima proibiva l'im-
portazione de' vini esteri, e ftivoriva T esportazione ( special
mente delle regioni adriache) che ^ali.a tre miUoni di libbre
(ettolitri 10,000) nel 1852 e 4853, e si chiuse l'uscita e
apri r entrata onde ne vennero venticinque milioni e mezzo
( ettolitri 83,000, oltre a due milioni di libbre di acquavite
ed uno e mezzo di rhum, arad, cognac, ecc,, insieme 11,600
di spiriti, e 94,000 fra spiriti e vino. Il difetto del 1856
sarebbe stato di circa 90,000 ettolitri di vino, se ci è con*
ceduto credere ehe anche una parte di spiriti è andata a
fingere la soddisfazione di un pò del bisogno del vino.
Posto che si mandano innanzi le piantagioni di gelsi, olivi,
aranci, castagni, ecci, con premii e onori, non si potrebbe tro-
var modo di hr moitiplieare i vigneti «peciaimente neHe più
regioni calde?
Peir accrescimento dell' industrie manifatturiere sono ah
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497
gomentì infallibili i lavori di macchine é di strumenti ru-
rali e per le arti^ alle quali non bastando i laboriosi stabi-
limenti della Porreita e di Tivoli. e di Terni e altri minori,
si è portato aiuto dall' estero. Negli strumenti rurali fu anno
massimo dMmportazione il 1852 perchè di libbre 875,000
(circa 3000 quintali) e negli strumenti per le arti il 1853
che ne ebbe ìfiòifiOO (quintali circa 5500), e i) 1866
ebbe di rurali libbre 836,000, di artigiane 4^597,000 la
maggior parte per Roma e per Ferrara. Migliorarono per
ciò le tessiture, le stamperie, le tintorie, le filature; e i
metodi agricoli e i vincoli, e le legnerie, e le ferrarle con
risparmio di tempo e di forze umane. Gli utensili per le
manifatture che si possono lavorare in paese ebbero varie
cifre: quelli di ferro per esempio nel 4853 crebbero nella
introduzione a libbre 475,400; diminuirono nel 1856 a
140,269, risalirono net 1856 a là6$137 senza T esportazione
di 2631. Le padellette e le palette di ferro da 218,055
libbre del 1861 scesero a 97,918 nel 1856« Gli strumenti
di acciaio che nel 1850 prendevansi dall' esiero in libbre
37,600 appena se ne coniarono 13,000 libbre annue nel-
r ultimo triennio, ma crebbero dalle 65,406 alle 78,011
libbre gli strumenti ferrei sopraccaricati di acciaro, e se
press' a poco fu ogni anno bisoguo di 670 pettini d'acciaio
per tessere, che vuol dire che dunque non crebbero di
numero i telai attìvii ben crebbe la provvigione annua delle
bullette dalle libbre 117,463 del 1850 via via alle 186,493
del 1855 e alle 168,559 del 1856, e quella delle lime e
delle raspe dalle 36,280 alle libbre 43,033, le qiiali nella
maggior provvisione danno segno di lavoro maggiore; e pe*
roccbè (rovo specialmepie indicata l' importatiobe degli aghi
scrunali per la offibioa delle spille dal capo di vetro a fio->
logoa, la quale parve indebotim nel 1884 in eui non in-
trodusse che 20^474 libbre di quegli aghi , ricrebbe V im-*
portazione a 33,000 l'anno da poi, e a 89,054 nel 1856^
segno ehe non le ha nooiuio quell'altra mesaa in Genottt dal
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498
Delle industrie rimarrebbe ancora a dire del sale ma-
rino alia cui maggior prodazione si fecero grandi spese a
Gervia, a Comacchio, ad .Ostia e più assai a Corneto. Nel
4850 daTansi a Modena e a S. Marino 46,500 quintali di
sale; ma se ne ricevevano 32,000 da Francia, e il consumo
delio Stato riconosciuto nel corso dal 4843 al 4850 nel
4854 in quintali 473,000 medio annuo fece per tre lunghi
anni desiderare invano che la fabbrica nazionale bastasse;
ma nel triennio 4854-3 fu necessità ricevere 36,000 quintali
di tale merce da Francia sebbene se ne mandassero 66,000
al modonese e alla repubblica, ai quali luoghi nel successivo
triennio si diedero altri 86,000 quintali, e in questo anno
4856 di cui diamo conto si portassero alle regioni meridio-
nali, come contratto da privato, presi a Comacehio quasi
86,000 quintali di sale. Che è dunque dell' attività delle
saline di Corneto? Lasciamo stare che si riceve sale dai
lidi austrìaci perchè se ne dà per converso all'Austria, ma
aieurata la regia in casa non sarebbe meglio imitare il Pie-
monte ehe rimise all' industria privata le saline , le quali
dopo avere provveduto allo Stato provvederebbero a sé
stesse, senza dispendii gravi dello Stato. Nel 4866 per le
saline di Cervia, Comacehio e Corneto il Governo suppose
spendere scudi 800,036 del reddito di 665,879; e nel 1858
bilanciò la spesa di se. 866,349 contro il ricavo di 745,410^
che vuol dire che nel 4836 si contentava di salvare il 51
per cento e nel 4858 sperava il 55 per cento del ricavato
fletto^ Le risoluzioni piemontesi hanno attivato un traffico
insperato ne' tempi del passato. A molti, sapendo come il
consiuno del sale può esaere un altro indizio e di agiatezza
e di attività industriale, sarebbe stato piacevole conoscere
d'anno in anno la parte venduta agl'individui, quali citta-
dini, quali rurali. Ce ne può favorire un altro anno il Go-
verno: sinora non ne abbiamo segno. Ma ne abbiamo un
altro che per l'aumento di agiatezza e di politezza reca
inoanii il volume commerciale fra gli of^etti vegetali, ma
che io tengo fra gl'industriali delle manifatture.
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499
ti pòco agiato fa rUpnrmio di bucato per non guastar
te lingerie: va in cerea di tele tinte a colori oscuri dicendo
che resistono al lercio; dovrebbero dire: il lercio più tardo
vedesi. Quanto più frequente muti lingerie e usi biancherìe
lauto maggior consumo farà e rimarrà più polito; ma ai
mutare e air usar quel che dico spenderà più, e se spen-
dere più sarà segno che si troverà in finanze migliori. Or
questo si ha dagli stracci. Pel !850 e 1851 non avemmo
dialinziooi di stracci bianchi e stracci colorati; ma la di-
sUntione abbiamo negli anni successivi si nelle importazioni
che nelle esportazioni. Per le importazioni diremo che si
pensa all'alimentar le cartiere, e il maggior consumo di
carta è segno anch' esso di civiltà; la introduzione della
caria estera fu in media annua nel sessennio antecedente
libbre 11^)281 di bianca da scrivere, e 69,4Ì2 di colorata,
fiorata, o doratn; nel 4856 questa sali a 4^4,464 (net 1855
Ri di 402,483 ) e quella rimase a 401,483. La maggior in-
troduzione di stracci bianchi cominciata a crescere notevol*
mente nel 4853 e giunta nel 4856 a libbre 4,284,676 (e
286,744 di colorati) dichiara la maggiore attività delle car-
tiere per redimersi, almeno in parte^ dalla carta estera. Ld
maggior esportazione degli stracci indica certamente il mag-
gior grado di politezza e di agiatezza. Nel 4852 uscirono
di bianchi libbre 2,889,706, nel 4854 libbre 3,868,053, nel
4856 libb. 4,4S2,a^, i colorati ebbero in media annua del
quadriennio 4852^ libbre 4,024,885, furono in libbre
4,54 4,555 nel 4856. La esportazione netta del 4850 fu |di
2,849,384 libbre d* ogni sorta di stracci insieme ( quintali
9659), quella del 4856 fu di libbre 4,426,020 (quintali
43,987 ) e la maggior parte appartiene alle regioni adriache.
All'agiatezza accompagnandosi II lusso e la gentilezza et
conduce a cercar de' saponi odorosi, e de' nostrali; la sco'
perta è questa! che dal 4854 in cui l'importazione dei no-
strali era stata di libbre 443,700, al 4855 le nostre fab*
briehe produssero tanto da permetterne appena Fìmporta-
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soo
zione dr 4 3,000 libbre, nel 483A la importazione si cambiò
in esportazione sebbene per sole 470 libbre; quanto ai
saponi odorosi T importazione passò il doppio e dalle 3160
libbre si elevò a 66^1. E allo stesso parvente vengono i
guanti, da libbre 2789 importate nel 4850 alle libbre 7332
del 1856, la qual merce ha un bel nome in Italia quanto
quella di Napoli, Genova e Torino ma non se ne esporta
forse che per contrabbando essendone registrati I75S paia
all'importazione degli Stati sardi nel 4856, e 82 libbre al-
l'esportazione romana nel 4853. Al lusso e alla gentilezza
e anche un poco alla igiene sono quelle biancherie si Tre^
quenti mutate, quelle saponerie in maggior quantità usate,
e il più numeroso cercar di guanti e il maggiore entrare
del placato ( argimpello ) e dell' argentato alle tavole dei
non ricchi doppiatosi dal 4850, alla grazia e al lusso il
doppio importar dell'oro lavorato, e l'aumento dell'argento
lavorato da 4200 scudi per anno a 87,800: alla graziosa
educazione l' entrata in sei anni avuta da 757 pianoibrti fra
a coda, a tavolo, o d'altra forma, e da 2720 strumenti varii
senza gli organi a cilindro, onde si va cosi universando il
gusto per la musica allenitrice de' costumi che ormai nes-
suno luogo può più stare senza teatro, nessuna famiglia un
poco provveduta da buona fortuna, nissun liceo convitto dei
due sessi può più stare senza immusicarsi l' intelletto. Onde
nello Stato si vanno dilatando e moltip^ndo le officine in
servigio a queste arti cortesi, e aumentMo i mezzi del la-
vorare e del vivere cosi che ne è per ognuno di qualunque
forza 0 facoltà.
Questo volume del commercio 4856 ci ha consolati non
poco.; per gli anni a lui successivi saranno guai per la seta,
difetto di qualche milioni, ma pel resto speriamo che dagli
avviamenti ora dati avremo a vieppiù rallegrarci anche perchè
vediamo in ciò premuroso il ministero del commercio, che
non cessa cura o fetica.
Luciano ScarabtUL
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301
NOTIZIE STRANIERE
Hut canale marittimo di Snes.
( Con Tavola ).
Ota per essere intrapresa la fondasioDe di due fra i più
insigni monumenti destinati ad onorare il nostro seeolo,
uno nell'antico e T altro nel nuovo mondo: il taglio dell'Istmo
di Suez e di quello di Panama
Due ferrovie recentemente compiute a forza d' immensi
sacrifici, traversano beosi i due btmi; ma la ordinaria pre<*
valenza della locomotiva sulla piccola navigazione, discende
qui dal suo rango per rendersi ausiliaria e servire anzi dt
iDcitamento e di mezzo dimostrativo la necessità della aper-
tura di due grandi vie navigabili dai legni della più alta
portata. Tale necessità può essere facilmente compresa da
ehi voglia considerare che significhi il ripetuto carico e
scarico ai porti d'approdo ed a quelli di partenza, dei legni
da migliaia di tonno e ne esamini le naturali conseguenze.
Siccome fra le due opere, quella di Suez, per ragione
di vicinanza e di posizione, si collega in maniera intima
cogli interessi del nostro commercio e della nostra agricol-
tura, ci è sembrato opportuno che di essa^ se non nei suoi
minuti particolari e nelle ragioni scientifiche, almeno in un
riassuntivo complesso, ne venissero ragguagliati anche i
nostri agricoltori in modo bastevole per poterla comprendere
ed apprezzare. È in questo scopo solo che intenderemo a
rappresentarla sotto i suoi punti più culminanti.
La ferrovia che fu istituita con capitali inglesi per le
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SOS
più sollecite relazioni colle Indie, percorre T Egitto da Ale^^
aandria al Cairo e dal Cairo a Suez; ma ciò che si chiama
r Istmo di Suez è la tratta compresa fra la rada del Pelusio
nel mar Mediterraneo e quella di Suez nel mar Rosso ( vedi
la carta ) ; questa tratta è formata da un avvallamento sal-
tuario prodotto dalla intersezione dei due piani inclinati che
s'incontrano discendendo T uno dai colli dell'Asia e l'altro
dall'Egitto. Tale avvallamento è della lunghezza lineare di
presso a cliil. iSO e sembra che nei remoti tempi si tro-
vasse sommerso dalle acque del mare; presunzione che
troverebbe conferma nella esistenza delle acque salate che
si rinvengono nelle parti più depresse e che in oggi formano
i cosi detti Laghi Amari.
L'importanza d'una via navigabile su questa lìnea non
passò inosservata agli antichi dominatori dell'Egitto, poiché
essa forma la comunicazione più diretta fra il Mediterraneo
e l'Oceano Indiano, di cui il Mar Rosso non é che un pro^
lungamenio. Si dice comprovata la preesistente comunicazio-
ne fra i due mari sotto ì Faraoni, i Tolomei ed i Califfi;
ma arduo assai sarebbe il determinare qual parte nell'opera
abbia avuto ciascuno e poco importa per ora di conoscere
che facessero Dario e Necos, e come |la regina Cleopatra
dopo la battaglia d'Azio, fuggente da un amante sventurato,
trasportasse la sua flotta traverso l'Istmo. Rimandando quindi
gli amatori di queste interessanti indagini al vasto campo
offerto dagli storici greci, romani ed ar&bi^ ci riporteremo
all'epoca moderna, ossia al chiudersi del passato secolo,
nella quale risorse il pensiero della congiunzione dei due
mari per questa via, scaturito dal genio del general Bo^
naparte capo della immortale spedizione del 4799. Sbarcato
appena V esercito sul suolo Egizio , malgrado le cure più
che soverchie per tenere in trepidazione ogn' altro cuore,
egli sicuro e sereno, ordinava subito sotto il comando di
Lepere, una brigata d'ingegneri coli' incarico di codiare il
taglio dell' Ismo.
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203
Il rapporto clic emerse da quelli sludi, a dichiarazione
dei più disiinti ingegneri turchi, Torma ancora oggidì la più
icura guida dell' antico Egitto, oialgrado le alcune inesat-
tezze che sotto il rapporto tecnico ?i si includono, le quali
per altro trovano incontestabile giustiBcasione nelle circostanze
scilo cui quelli ingegneri erano costretti di operare. Di-
sturbati dal fuoco nemico o dalle continue scorrerie dei
mammalucchi, si trovavano spesso nel caso di dover abban-
donare le operazioni per cercar scampo nella celerità degli
asinelli, e non sempre riuscivano a trovar rifugio al centro
dei quadrati francesi. Sono le celebri fughe che giovavano
a sostenere il buon umore dei soldati fra i patimenti e i
pericoli della spedizione. È da esse che ebbe origine il
proverbiale: au milieu lit anes et les savanUj con cui i
soldati solevano gaiamente accogliere nei loro quadrati i
doni fuggitivi.
Fu per tal modo, che la livellazione io allora operata
presentò il risultato della elevazione di metri 9,90 delle
acque del Mar Rosso su quelle del Mediterraneo. Tal rìsul-
tato, contrastalo poi, anzi dichiarato impossibile da Laplace,
generò le controversie che a varie riprese furono sopite e
« rianimarono,. Oncbè nell'epoca più a noi vicina, quando
la politica d'Europa si rivolse con particolare attenzione al-
rOriente, sorsero i nuovi falli che spinsero il primitivo pen-
siero del general Booaparte verso la sua realizzaaione. Il
taglio di Suez fu nuovamente studiato. Lo stesso principe
di Metternich lo incoraggiò presso Mehemet-Ali; diversi
viaggiatori si recarono in luogo per veriflcare dei rilievi
cooosciiui; /re questi alcuni ufficiali inglesi vollero ripetere
la livellazione eoi barometro e col processo della ebollizio-
oe dell' acqua e trovarono di poter stabilire non «esistere
alcuna significante differenza fra l'altezza dei due mari.
Nel 4847 si formò infine una Società della quale erano
ingegneri Roberto Stephensoo, Paulin Talabol e Negrelli, e
fa in allora che una regolare rinnovazione di rilievi venne
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S04
determinata. I tre ingegneri misero in campagna ris|>eUi'
yamente una brigata d'altri ingegneri, fra le quali venne
ripartito il lavoro. La brigata auairiaca ebbe V incarico de-
gli scandagli nella baia del Pelusio; la inglese, di queUt
nella rada di Suez e furono riservati i rilievi planimetrici
e di livellazione per la brigata francese,, la cui direzione da
Talabot venne affidata al distinto Bourdaloue.
S. A. Mohammed-Said , attuai viceré , accolse la spedii»
zione coi tratti del maggior favore, e si compiacque perfino
di designare alcuni fra i suoi più distinti ingegneri in aa^
sistenza della brigata francese e di aggiungervi altresì una
brigata d'artiglieria.
Coi rilievi raccolti, Talabot eresse 11 dotto rapporto pub-
blicato nello stesso anno 4847, il quale include un prò-»
getto del taglio per la via indiretta di Alessandria e Gairo«
Siccome però i rilievi di livellazione ottenuti in questa
spedizione differivano di tanto da quelli che erano stati con-
seguiti dalla precedente del 1799» che avevano portato la
differenza di metri 9,90, a risolvere ogni dubbiezza, il con-
sole generale francese sig. Sabatier chiese ed ottenne dal
viceré una nuova verificazione, la quale fu operata col mez-
zo degli ingegneri egiziani Linant-Bey e Mongel-Bey, i me-
desimi che avevano assistito Bourdaloue nelle ultime ope-
razioni. Tale verificaziontf sorti un risultato consentaneo a
quello ottenuto da Bourdaloue stesso nel 4847, ossia la dif-
ferenza d'un metro fra i due mari e quella di soli metri
0,181 al caposaldo di Suez, rispetto alla livellazione pre«
cedente.
In seguito gli stessi ingegneri egitiani eressero essi pu-
re un progetto, nel quale mirarono alla congiunzione diretta
fra i due mari.
Esistono dunque due progetti: quello indiretto di Tala-
bot e quello diretto degli egiziani. L*tfidtre(to, passando per
Alessandria e Cairo percorre 400 cbil. ed incontra diflieohi
affatto nuove nella storia delle grandi costruzioni e tali che
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305
non ftirono mal nemmeno tentate^ cireoetanza che rimarcata
dallo stesso autore dei progetto, lascia il mondo dotto, am-
miratore delia eccezionale vastità del concetto, ma non pie-'
namente certo sulla possibilità della sua traduafione in fatto.
Fra gli enormi ostacoli che a ciò si frappongono, massimo
è quello del passaggio del Nilo, sia mediante ferma, che
colla oostruzione di un ponte canale. Circa la ferma, si ele-
vano difficoltà riconosciute assolutamente insuperabili ; circa
il ponte canale, ricordando che deve servire al transito dei
grossi legni e conservare un tirante d'acqua fra 7 ed 8 me-
tri d'altezza, basti . accennare che dovrebbe attraversare una
sezione di fiume di metri SOOO ad una altezza di SO me-
tri ed essere alimentato con acqua da elevarsi con macchi-
ne a vapore della forza complessiva di 6000 cavalli.
Gli egiziani all'incontro trassero direttamente dalla rada
del Pelusio a qt^ella di Suez percorrendo una distanza che
per varie inflessioni raggiunge chilometri 155, dei quali
però soli i20 importano una apposita escavazione, trovan-
dosi il resto o bel e fatto, od adattabile con sole modifica-
zioni alle circostanze attuali , approfittandosi dei bacini dei
laghi e di una parte delle vestigia deH'antico canale.
Dietro queste sommaria nozioni, le circostanze di mag-
gior favore sembrano militare dalla parte del progetto egi-
ziano; pure anche il progetto Talabot non mancò di caldi
f&utori, il che indusse S. A. il Vicerò a fare appello ai lumi
ed al voto dei maggiori tecnici dell'Europa, ed in seguito
a ciò soltanto si determinò con Firmano 45 gennajo 1855
di accordare al suo amico sig. Ferdinando de Lesseps la
concessione di formare la Compagnia universale del canab
marittimo di Suez nello scopo di aprire alla grande navi-
gazione un passaggio diretto fra Suez ed un punto sul Me*
diterroneo.
Per effetto di questa eoooessione, le notìzie che si rife-
riscono alla congiunzione indiretta, di pregio sommo pei
tecnici studiosi, si rendono superflue nella circostanza pre-
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206
sente, che htf per solo scopo quello di Aht conoscere ne!
suo complesso Popera che dev'essere eseguita.
Il canale parte dalla rada di Suez e dirigendosi verso
le vestigia del canale antieo, segue il fondo della valle fino
a raggiungere il Lago di Timsah situato a circa la metà
dell' andamento del canale e destinato a servire di porto
interno per gli approvvigionamenti ed il radobbo delle na-
vi. Esso va pure ad essere il punto di congiunzione fra il
canale marittimo e l'altro di comunicazione col Nilo. Dal
Lago Timsah, il canale marittimo per Elguisr, va a rag-
giungere la sponda destra del Lago di Menzaleh, da dove
si dirige alla rada del Pelusio, innoltrandovisi con dighe ,
fino ad incontrare una profondità di acqua di metri 7,50.
Fra tutti i canali artificiali , quello che per le proporzioni
più si avvicina a questo, è il Caledonio; ma esso pure non
ha alla sua linea d'acqua ohe una larghezza di metri 37 ed
una profondità di metri 6,40, mentre il canal di Suez deve
avere alla linea d'acqua ima larghezza di metri 400 ed un
tirante minimo, sotto la bassa marea del Mediterraneo, di
metri 6,60, poiché dovrà esser praticabile alle fregate ad
elice da 4500 tonnell. Non facciamo concorrere nel para-
gone l'ammirabile nostro gran naviglio, sebbene in alcuni
punti del suo andamento superiore, raggiunga la larghezza
fino di 50 metri, perchè la profondità delle sue acque, con-
forme alla sua ben diversa destinazione, lo renderebbe fuor
di proposito.
Al canal marittimo non saranno applicate che due coo-
che, una a ciascuna delle due estremità, e ciascuna lunga
metri 400, eolla larghezza di metri 34. Esse dovranno es-
ser costruite sul davanti delle dighe che si protenderanno
in mare e collegate con bacini, dei quali, quello dalla parte
di Suez destinato a trar profitto dall'alta marea del Mar
Rosso, che s'innalza fino a metri 2,50 sulla marea bassa del
Mediterraneo.
Al porto interno di Timsah dovrà metter capo il canal
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207
d'acqua dolce derivato dal Nilo in uo punto poco discosto
dal Cairo. Quest'opera, che dovrà essere intrapresa prima
d'ogni altra, ò di necessità indispensabile tanto per l'abbe-
veraggio delle grandi masse di lavoratori, che pel trasporto
in luogo dei materiali e munizioni d' ógni genere durante
la attività dei lavori. Essa dovrà inoltre costituire il meato
principale dell' interno traflBco dell' Egitto e servire alla ir-
rigazione di estesi terreni al presente sterili e deserti sol-
tanto per mancanza d'acqua.
A soddisrare cosiffatte esigenze, fu deierminato che que-
sto naviglio dovesse avere una sezione sufficiente per ac-
cogliere le più grosse navi a vela ed a vapore che circo-
lano nel Nilo, per trasportarle dall'uno all'altro capo senza
bisogno di scarichi o libature. Per riguardo alla irrigazione,
i livelli furono stabiliti nelle condizioni ad essa più conve-
nientu La larghezza. alla linea d'acqua fu stabilita di metri
io ; la profondità minima metri 7 ; la pendenza di 0,03, ogni
100 metri. 11 volume delle aoque riservato a beneficio delfa
irrigazione fu calcolato sufficiente per S4 mila ettari (860
mila pert. roil.). Il canale comprende varie chiuse, alcune
col salto dì meuri S,50 e nel suo andamento percorre la valle
di Ouadòe Toumilat , ohe è l' antica terra di Gessen della
Bibbia , celebre per la sua fertilità e che fu assegnata dal
re Faraone al popolo d' Israele dietro intercessione del ca*
sto ed accorto Giuseppe suo primo ministro. Giunto il ea«
naie presso Timsah, conservata tant'acqua che basti alla con*
liouiià della navigazione fino al oanal marittimo entro il
Lago^ ne viene divertita la sovra abbondante in due nuovi
canali che si diramano l'uno nella direzione di Suez e PaU
Uro in quella del Pelusio. Entrambe queste diramazioni so-
no destinate al solo abbeveraggio ed alla irrigazione.
Tale ó il sunto della proposta presentata dagli ingegneri
egiziani, per la di cui esecuztooe venne preventivata una
somma di 185 milioni di franchi, la quale per quanto rag-
guardevole , sta appena nella metà di quelle ohe importa-
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S08
roQO la ferrovia da Parigi a Lione e V ahra da Londra a
York. Non occorrono commenti per dimostrare che questa
proposta nel senso economico offre vantaggi superiori a
quella offerta da Talabot.
Le fonti dalle quali devono scaturire le rendite della
Compagnia, sono:
La percezione di un diritto di passaggio nei canali;
Un diritto d'ancoraggio nel porto interno;
Il prodotto dei terreni messi a coltivazione ed il 6lto
delle acque ai privati
Queste risorse possono venir riassunte nel modo se-
guente:
Passaggio pel canale marittimo, in ragione di franchi tO
per tonna, ritenuto il tonnellaggio nella metà di quello che
al presente si verifica sulla via del Capo, di tonn. 6 mi-
lioni ; quindi per tonn« 8 milioni a fr. 40 Fr, 30,000,000
Aqcoraggio nel porto interno, supposto
ritraibile dalla sok metà dei navigli che
transitano pel canale marittimo, ossieno ton*
ne 4,500 m. ad un sol franco • • • • » 1,500,000
Pedaggio sul canale ausiliario derivato
dal Nilo, in ragione della sola quarta parte
del tonnellaggio che presentemente circola
sul canale Mahmo.udié> ossia per tonno 456,000
a franchi 40 > 4,560,000
Prodotto di 34 mille ettari di terreno
irrigabile, in ragione di 350 franchi l'ettaro;
prodotto delle piantagioni sulle dune, fitti
d'acqua » 6,996,000
RendiU lorda in tutto Fr. 40,056,000
Dalla quale prelevata la quota di spese giudicata ne-
cessaria alle spese d' amministrazione e quella per V am-
mortimento dei capitale; la quota convenuta a favor dello
i
i
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209
Stato e quella a favore dei membri fondatori della Compa-
gnia, ancora si riduce a Fr. 39,140,740.
Nel preventivo egiziano non si trova fatta deduzione alcu-
na pel titolo spese di manutenzione del canale, forse ritenen-
dosi che possine esse venir bilanciate dalle molte altre risorse
di incerta valutazione attualmente, come la somministrazione
delle acque potabili alle popolazioni di Suez e del porto
di Timsah, il fitto dei magazzini, il prodotto dei rimorchi,
la pesca del canale^ il fitto dei salti d'acqua per uso di
stabilimenti industriali ed altro.
Alla esecuzione di questo progetto furono attribuite gravi
difficoltà e talune giudicate perfino insuperabili. Le princi-
pali sarebbero dipendenti:
dalla estrema mobilità del terreno in cui devesi ope-
rare;
dal pericolo d'interrimento della baia del Pelusio;
dalla impossibilità di prolungare in questo le dighe fino
all'incontro di una profondità d'acqtia di m. 7,50, ossia per
Qoa tratta di m. 6000;
infine nefla non comprovata sicurezza di poter ottenere
nel canale la costante altezza d'acqua richiesta ed il neces-
sario suo movimento malgrado l'alta marea del Mar Rosso
dalla quale s'intende trar partito a questo effetto.
Le due prime quistioni furono risolute in maniera per-
suadente dagli ingegneri egiziani; la terza fu pure sciolta,
principalmente coli' opera dei lumi e della esperienza del-
rillustre nostro Paleocapa e colla indicazione di altre opere
di quel genere parimenti colossali, eseguite sotto circostanze
meno favorevoli.
Tali sarebbero la diga di Gherbourg, il molo del porto
di Plymouth e quello eseguito dagli Olandesi nella baia di
Lione presso il Capo di Buona Speranza, il quale ha una
lunghezza di m. 8000 e fu gettato ad una profondità sub-
aequa di m. 46.
▲mali. SMiiika^ w>L XXI, ierU i.* 44
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SiO
È soltanto riguardo iir ultima quistione che le insorte
discrepanze sussistono tuttavia sostenute dalla parte della
opposizione da tutto il peso della autorità del patriarca Sic-
phcnson. Egli con pertinacia affatto britannica, ba ripetuta-
mente dichiarato in pieno Parlamento e riconfermato poi
ed anche recentemente in una delle ultime adunanze degli
ingegneri civili a Parigi, che il canal marittimo deve risiìl-
versi in nuli' altro che una pozzanghera; Timpresa essere
una follia ed i capitali impiegativi una dilapidazione. Egli
respingendo le accuse di mala fede e di servilità alle ve*
dute follaci ed egoistiche del suo governo, dichiara di de-
siderare un canale navigabile davvero dai grossi legni, fosse
ampio quanto il Bosforo; ma sussistere nella aua profonda
convinzione la assoluta impossibilità che ciò possa giam-
mai ottenersi col canale di Suez, nel più favorevole caso,
forse utilizzabile soltanto per piccole iNirche.
Fra le diòbtaraztoni tanto solenni ed esplicite di Roberto
Siephenson^ che a nessuno è lecito di mettere in disparte,
e le opposte deduzioni dei suoi avversari, fra I quali taluno
del più insigne valore, il oM)ndo tecnico attende ora la pob-
blicHzione del progeuo di dettaglio corredato dagli analoghi
sicuri dati, come ne venne fatta promessa dagli stessi autori
del progetto d'avvno. Del resto il risultato pratico che deve
recare più chiari ed estesi lumi, non è molto rimoto dap-
poiché i lavori d'esecuzione nella imminenza di essere in-
trapresi^ saranno compiuti io soli sei anni, periodo alquanto
breve per noi abituati alle lunghe remore dei passati tempi
nella costruzione delle ferrovie e di altre opere che ci ri-
guardano altrettanto da vicino.
I instancabile ed alacre attività del sig. Lesseps
y il più nobile premio col raggiùngere la co-
IIS' compagnia, le cui 400 mille azioni da 500
rarono preoto collocamento per rispetto a nu-
1 presso capitalisti francesi e soltanto 192,889
listi esteri. E questo primo felice risultato serve
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su
a risposa ad akra dicbiaraxkme dd signor SleplieiMoii »
qoesla volta falsa ed ingiuriosa ed indegna del suo chiaro
nome , che Topera cioè non meritasse d'essere presa sul
serio, ma come vo moro attentato alla bonarietà delle borse
ioglesi.
Rimarrebbe ofa a presentare un sunto delle influenze
ehe l'apertura del Camile di 9ue2 esercitar deve sulle con-
dizioni della penisola italiana; ma questa è la parte che ci
permettiamo di riservare a successiva occasione, per dar 6ne
alle indicazioni presemi ooll'osservare che se questa grand'o*
pera fu ravvivata dal fecondo genio di Bonaparte capo della
spedizione francese del 1799, P altra parimenti importante
attraverso l'Istmo di Panama, fu promossa dagli studi del-
l'Ingegnere Luigi Napoleone, riassunti in una breve ma ap-
prenatiasima sua Memoria ioseriia nella Revue Brìiaiii^ae
dell'anno 4846 solio il titiife: La mina/ de Nkt^agma, deHa
quale pure daremo conto ai noalri leiAori ia qualcuno dei
prossimi aumerL
I. Bignami.
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SI 3
NUOVE COIUNIGAZIONI
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRa
Ultimo Bendleonto della Soeletà delle strade
ferrate del recito I^mliardo -Veneto e dein*
tallo Centrale*
\ji pervenne V ultimo rendiconto della Società delle strade
ferrate del regno Lombardo-Veneto e dell'Italia Centrale,
compresi anche i tronchi cosi detti delle strade ferrate me^
ridionali. Noi riproduciamo quelle sole notizie che possono
interessare i lettori italiani.
I.
Prezzo d' acquUto delle strade rilevate dallo Stato.
Sezione meridionale ( lomb. veneta ) L. ital. 60,900,000. —
» settentrionale (Trieste) • » » 475,000,000. —
Totale L. itaU 235,900,000
ossia fior* aust. 94,960,000
Le 29. S leghe austr., o 220 chilometri della strada ti*
rolese, e quella parte della strada di Sisseck che è già co-
struita (i quali due tronchi rappresentano in complesso una
spesa approssimativa di 32 milioni di fiorini aust., ossia 80
—•'•-"= iì lire ital.) vengono ceduti dallo Slato alla Società
irrespettivo ed a titolo di sovvenzione,
conto del prezzo d' acquisto della rete lomb. veneta
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m
furono pagati finora 40 milioni di lire aust., restano dun-
que a pagarsi trenta milioni nel corso dei prossimi tre anni*
Il prezzo della linea di Trieste deve essere soddisfatto
in nove rate, le cui scadenze sono ripartite fra gli anni
4858 fino al 4866, senza prestazione d'interessi, come
segue:
Un mese dopo la sanzione suprema
dell'atto di concessione . . 10,000,000 di fior, austr*
Al i novembre 1859 . « * . 10,000,000 > >
Dall' anno 1860 al 1864 in 5 eguali
rate * * . 30,000,000 » »
Nell'anno 1865 40,000,000 » *
Nell'anno 4866 40,000,000 > >
I .r ■
Totale . . • . é é . é 70,000,000 di fior, austr*
Inoltre il Governo ha diritto di percepire la metà dei
prodotti netti eccedenti II 7 per 100 sino all' importo di 30
milioni di lire sulla rete lomb.-veneta e di 80 milioni di
6orini sulle rimanenti linee. — Ma la Società ha il diritto
di affrancarsi da quest' obbligo, pagando al Governo per la
rete lomb.-veneta 40 milioni di lire nel 4866 ed altrettanti
nel 4867, e per la sezione settentrionale 20 milioni di
fiorini austr. in quattro anni, cominciando dal 4874.
II.
Spe$e d* impianto della rete*
Rete lomb.-veneta, compresa la strada da
Padova a Rovigo Itah L. 323,000,000
Strada da Vienna a Trieste, comprese le
spese di assestamento e di acquisto (avuto ri->
guardo ai termini stabiliti pei pagamenti) > 206,000,000
hai. L 528,000,000
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914
Somma retro ital. L. 528,000,000
Strade ungheresi ( Oedenburg-Kaoisza , e
Pragerhof-Buda-Uy-Sz5ny ...«•«» 115,000,000
Strade Croate ( Steinbrùek-Sissek e Garl-
stadt) > 80,000,000
Marburgo-Rlagenfurt-ViUico .... » 40,000,000
Tirolo » 97,000,000
Totale Ital. L 810,000,000
Per 3188 chilometri, ossia prezzo unitario
per chilometro, lire italiane 358,000, e per
lega tedesca 774,00() fior.
Le somme che furono finora realizzate o
ohe sono da realizzarsi pel corso del primo
semestre 1859 si elevano a 104 milioni di fior,
ovvero 360 milioni di lire itah, cioè:
Versamento di 80 fior. (300 lire ital.) sopra
t60fi00 azioni Ital. L. 150,000,000
Pagati dagli azionisti della Società della
strada ferrata orientale di Francesco Giuseppe
e rappresentati da 192,000 obbligazioni rilasciate
a quella Società > 45,000,000
Obbligazioni emesse dalla Società lombar-
do-veneta, circa > 65,000,000
Ital. L 360,000,000
ItaL L 560,000,000
Versamento residuo di fior. 120(L. ital. 800)
sulle azioni » 335,000,000
Bestano da coprirsi mediante obblig. Ital. L 835,000,000
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S45
UI.
Prodotti verosimili delF anno d'esercizio 1859.
Prodotti dell'anno [d'esercizio 4858.
Rete lomb.-venela Ital. L. 41,000,000
Linea Vienoa-Trieste (comprese le dira-
maxioni verso Oedenburg e Laxenburg) > 25,500^000
hai L. 86^00,000
I prodotti dell' esercizio 1858 sono suti scarsi per di-
versi motivi, fra i quali i precipui sono:
1.^ La crisi commerciale i cui effetti si sono fatti sentire
sopra tolta la rete e specialmente sopra la lìnea essenzial-
mente commerciale di Trieste.
8.^ L'imperfetto servizio nell'esercizio della strada di
Trieste durante l'epoca dal i.^ novembre 1857 al 1.^ no-
vembre 1858, alla quale si riferisce il prodotto sopra indi-
cato, essendo il trasporto delle merci lungo quella linea
stato attivato soltanto alla fine di ottobre 1857.
3.^ Le tre lacune tuttora sussistenti sulla linea princi-
pale della rete lombardo-veneta, due delle quali|, od una
per lo meno, saranno tolte entro i primi mesi dell'anno
1859.
Si può dunque calcpiare 3cnza esagerare il prodotto
lordo dell'anno 1859 io ... . ItaL L. 40,000,000
Ai quali bisogna aggiungere, per la linea di
Trieste, due mesi dell'anno 1858, essendoché
la Società è cn^ratp a) ppssesso delle strade
col 1.^ novembre, quindi » 4,000,000
«^i^MB^a— ••■■A ^Mi^^MS
Totale prodotto lordo del 1859 Ital. L. 44,000,000
non calcolato il prodotto delle 2S.3 leghe tedesche (S20 chil.)
della strada del Tirolo che sunno per essere aperte all' e-
sercizio.
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S16
Le spese d' esercitio della rete lomb.-Teneia furono nel
1857 del 50 per 400.
Quelle della strada di Trieste Don sodo precisamente
conosciute , e furono certamente molto elevate durante il
primo aoDO d'esercitio. Ma siccome anche sulla strada lom-
bardo*veneta , prima che questa fosse assunta dalla Soeieià,
tali spese si portavano ad una cifra assai rilevante^ puossi spe-
rare con fondamento in una immediata e considerevole di-
minuzione di esse.
Ciò nuUostante, quand* anche si supponga che le spese
d'esercizio per Y intera rete sommino a(la cifra del 55 per
400 del prodotto lordo, cioè • • Ital. L. 24,000,000
il prodotto netto verosimile dell' esercbio re-
sidua in > 20,000,000
Il capitale esborsato sulle linee aperte all' esercizio fino
a tutto il 34 dicembre J859 può essere calcolato come segue:
Versamento allo Stato sul prezzo d'acquisto della rete
lombardo-veneta .....,...» 44,000,000
Della linea di Trieste • > 50,000,000
Spese di apprestamenio e di assestamento
per le linee aperte all' esercizio fino al 34 di-
cembre 4859, all' incirca > 36,000,000
Totale • . . . Ital. L 430,000,000
Essendo l' importo dei versamenti effettuati
sulle azioni di . » 450,000,000
Si avranno quindi disponibili per essere im-
piegali sulle nuove linee » 20,000,000
Cosicché il conto « versamento sulle azioni » offrirà
presumibilmente alla fine del 4859 un civanzo di 8 milioni
di fiorini v. a. (20 milioni di lire ital.) per le linee in co-
struzione.
Siccome a senso della convenzione e degli statuti , gli
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H7
ioieressi delle somme impiegale per queste strade in co-
struzione gravitano sul capitale, ne deriva per conseguenza
che gli interessi del 5 per 400 sopra questi 8 milioni dì
fiorini (20 milioni di lire ital.) del pari che gli interessi
delle somme versate sulle azioni, le quali sono fruttifere fino a
tanto che vengono effetivamente impiegate , aumenteranno
la cifra disponibile degli 8 milioqi di fiorini (20 milioni di
lire ital.) provenienti dal reddito netto dell'esercizio, cioè
il prodotto netto totale da distribuirsi per intero fra gli azio-
nisti a titolo di dividendo, salva prelevazione del quoto de-
stinato a costituire il fondo di riserva.
Sarebbe difficile prevedere con esattezza quali saranno
le rendile dell'anno 1860. Ci limiteremo dunque ad ac-
cennare che il capitale impiegato sulla rete in esercizio si
aumenterà durante questo periodo all' incirca di 24 milioni
di lire ital. da pagarsi allo StatOvCioè, IO milioni di lire
austr* al 17 luglio, e 6 milioni di fiorini al i novembre
4860, ed inoltre delle spese che in tutto questo periodo
saranno state fatte sulle linee in esercizio. AH' incontro in
questo frattempo la strada da Trieste al Ticino sarà com-
pila senza interruzione, ed aperta quella da Pragerhof a
Stuhiweissenburg-Buda , le quali circostanze non possono
a meno di produrre un sensibile aumento di rendita.
IV.
Condizioni finanziarie della Società dopo compiuta la rete.
11 termine fissato pel compimento dell'intera rete è l'anno
«868.
Ammettiamo che per quell' epoca la Società siasi affran*
cau verso il Governo del diritto ad esso riservato di perce-
pire la metà della rendita netta della rete lombardo-veneta
eccedente il 7 per 400.
Con ciò il capitale sociale sarebbe aumentato di circa
6,800^000 fiorini T. a. (17 milionj di lire ital.) e raggiun-
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248
gerebbt; la cifra di SSO^SOO^AOO fioriot v. a. (837,000,000
di lire itaL).
Supponiamo inoltre che i 180,800,000 fiorini (452 mi-
lioni di lire ilal.) in obbligazioni, necessarie per completare
questo capitale, e dei quali ia dieci anni sono da realix-
zarsi 136,800,000 fiorini v. a. (S42 milioni di lire ttal.) sieno
stati negoziali in questo periodo di 10 anni in un medio di
6 1|2 per 100 d'onde risulta un peso annuo in medio di
10 milioni di fiorini t. a. (85 milioni di lire ìtal.).
La condizione finanziaria delF impresa si presenta quindi
come segue:
Un dividendo di 8 per 400 sopra 760,000 azioni est-
gerebbe una somma di • « « • . Ital. L 30,000,000
ed un dividendo del 10 per 100 ...» 37,500^)00
Da ciò risulta che il prodotto netto neeea-
saria per realizzare un dividendo di 8 per 100
sarebbe • • > 55,000,000
e per realizzare un dividendo del 10 per 100 > 62,500,000
Non vi è alcun motivo per supporre che a queir epoca
le spese d'esercizio sulle strade della Società, superino quelle
delle strade ferrate francesi.
Ammesso pure che alcune delle linee comprese nella
concessione, come quella di Trieste, presentino difficoltà
speciali; ammesso che il movimento passaggeri e merci so-
pra alcune altre sia comparativamente minore di quello che
sulle linee francesi, alle quali si potrebbero quelle assomi-
gliare. ciò nullameno il minor prodotto cagionato da questi
motivi viene compensato dal minor numero di convogli che
sì muovono sulle strade ferrate austriache.
Con tutto questo ammettiamo pure che le spese d' eser-
cizio sopra queste linee raggiungano il 45 per 100 degli
introiti lordi, cifra molto elevata, trattandosi di une rete
casi eslesa.
Posta questa base il prodotto lordo necessario per assi*
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SI9
curare r8 per 400 alle azioni sarebbe di ItaL L 100,000,000
oppure 6or. 96,000 per lega, per chilom.
33,000 lire ita!, e per assicurare illO per 100 > 113,000,000
oppure per lega 108,000 fior. =s 86,000 lire ital. per chi-
lometro.
Ora i prodotti lordi ehilom. delle principali strade fer-
rate francesi nel 1857 furono:
per la linea del Nord .... Ital, L. 63,881 per ehil.
da Parigi a Lione ed al Mediterraneo » 67,653 »
per le linee dell* ovest > 44,933 >
> di Orleans » 43,544 >
deirest > 88,17i
e per termine medio • • . • Ital. L. 49,160 per cbil.
I prodotti deiranno 1867 delle strade ferrate austriache
di maggior importanza fcnrono:
per la strada del nord • • . Ital. L 68,600 per diil.
per le strade concesse alla societh francese
fondata dal Credit Mobilier di Parigi > 83,800 •
e per la linea di Trieste nell'anno 1866 ,
(prima che fosse interamente compiuta) » 47,000 >
enei 1867 dopo compiuta interamenie » 46,000 »
Finalmente la rete lombardo-veneta, ad
onta dello stato incompleto in cui si trova
ha dato nel 1868 quasi . • . • > S6,000 »
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220
aS,
INVENZIONI E SCOPERTE
jt^cco alcuni interessanti dettagli intorno al pericoloso viag-
gio fatto in podositafo, dal signor O.,.., di Rotterdam, mem-
bro del reale Yacht Club neerlandese:
I podoscafi ( waterschoca ) sono specie di scarpe ( in le-
gno d'abete, ferro o cuojo ) di 14 piedi »/« di lunghezza
sopra 9 pollici d' aliezza. .In mezzo alia parte superiore di
ciascuna scarpa trovansi Ire piccole aste che impediscono
alla persona che nionia i podoscafi di sdrucciolare. Col mezzo
d'una lunga pertica di dodici piedi, terminata alle due
estremità da una palletta, si fa avanzare la navicella remi-
gando. Ciò che, in questo esercizio, è più faticoso si è l'ob-
bligo in cui si trova il navigante in podoscafi di tenersi co-
stantemente in piedi. ' Il vantaffgio dei podoscafi consiste
principalmente nella facilita colla quale si ponno guidare e
colla quale si ponno evitare gli ostacoli che si presentan
sull acqua, nel fondo d'acqua che non sorpassa 40 pollici.
Tutte le acque, navigabili o no, sonò accessibili ai podo-
scafi.
Le diverse società delle regate, in Olanda, hanno orga-
nizzato delle corse in podoscafi e fissati dei premj ai vin«>
citori.
II signor 0..., fece la promessa di rendersi in podoscafo
da Rotterdam a Colònia, risalendo il Reno, nello spazio di
sette giorni. Egli parti da Rotterdam il 16 agosto, a sei ore,
trentacinque minuti di mattino, e malgrado i venti contrarii
continui, egli arrivò a Colonia la domenica 22 agosto, a nove
ore e mezzo di sera^ nove ore quindi avanti il termine
prefisso. La prestezza dei podoscafi, nelle acque tranquille,
'ì due leghe per ora; ma il vento e le correnti hanno
lente modificato la prestezza colla quale il signor
jnse a Colonia. Alcune volte allorché il signor 0...«
snto sfavorevole, questa prestezza non era d'un
i lega 0 d' una mezza lega per ora. ( Sport ).
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221
VARIETÀ
— oOo
Antichità ei^slfMie e feiidaBl«ne di un mnse*
G.
li scavi ìnirapresi in Alessandria sollo la direzione del
signor Marietle, conservatore del museo egiziano nel Louvre
I hanno prodoito la scoperla di un gran numero di oggetti pre-
I ziosi. Una parte di essi rinchiusa in SO casse fu già spedi-
I ta da Alessandria à Marsiglia, e fra le altre cose vuoisi far
menzione di un sarcofago in granito dei tempi di Ceope,
fondatore della grande piramide, lungo, due metri e mezzo
ed ornalo di scolture. otùm^m^nt^ conservate; di un pugna-
le con impugnatura d'oro con iscrizioni geroglifiche; di
due leoni d'oro trovati nei dintorni di Tebe sulla mummia
di un re ignoto appartenente alle più antiche dinastie, e
finalmente di alcune statue di bronzo e bassorilievi delle
più vetuste dinastie, mancanti sinora in tutti i musei egizi!
d'Europa. Cinquecento sottosopra sono gli oggetti raggua-
gliati alla somma di 200,000 franchi.
Il viceré d'Egitto, Said Pascià, ha in pari tempo ordi-
nato la fondazione in Alessandria di un vasto musco in cui
verranno raccolte tutte le antichità scoperte o che saranno
per iscoprirsi in Egitto. Già gli architetti del governo egi-
zio, i signori De Montani e Linant-Bey, danno opera al di-
segno di questo grandioso edifizio. Il signor Mariette fu no-
^ minato dal viceré conservatore generale di tutti i monu-
menti storici dell'Egitto e si avrà come tale la direzione
cosi del nuovo museo come di tutti gli scavi che intrapren-
derannosi quind' innanzi in Egitto.
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3sa
n gioroale tedesco V Aiuland ha pubblicato i seguenti
calcoli sul cresciuto consumo del cotone in Europa dall' anno
4781 al 4866. Eccone il risultato:
Anni Libbre metriche
Dal 4784 al 478» 40,800,000
4794 al 4795 • 37,400,000
4804 al 4805 66,500,000
4811 al 4815 79,680,000
4831 al 10S5 ' 453,200,000
4834 al 4835 843,540,000
4844 al 4845 585,300,000
4854 al 4855 ^ 744,500,000
4856 943,800,000
Da questo quadro raccogliesi che nel solo perìodo di
ottant' anni V aumento del consumo del cotone in Europa
fu nella proporiione dì 800 ad 4; cosicché può dirsi che
s'è aumentato di trecento volte, e se nel 4784 si contava
un individuo che consumava cotone ora se ne contano 300;
non potendosi credere che ogni individuo consumi ora 300
volte più cotone che non si consumasse ottanta anni sono.
A questo straordinario prodotto e relativo consumo con-
tribuì massimamente l'applicazione delle macchine. Se nel*
r Inghilterra si usassero ancora i vecchi metodi del filare e
del tessere dell'anno 4767, occorrerebbe per le sole mani-
fatture di cotone l'opera di 94,380,000 individui, il qual
numero corrisponde alla popolazione complessiva della Fran* ^
eia, dell'Austria e della Prussia.
Invece le manifatture a macchina dell' Inghilterra non
occupano che 379,300 operaj, sussidiati da macchine che
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223
corrispondono a 83)000 cavdHi'Vapore , e Anno muovere
veoii milioni di
NhMwa stottotlM ééOm
del nàmném.
L'illustre professore Dieterici comunicava non ha guari
all'Accademia di Berlino un' importante sua Memoria stati-
stica, nella quale egli si faceva a riassumere il risultato di
tutti i documenti che si hanno sulla popolazione dei varj
Suti del mondo, e presentava le seguenti conclusioni nu-
meriche:
Inumerò
degU abitanti
Nei varj Stati d'Europa. . . . 873,000,000
Nell'Asia 760,000,000
Nell'Africa 300,000,000
Nell'America 69,000,000
Nell'Australia 3,000,000
Numero totale 4,383,000,000
Noi dubitiamo deir esattezza di questi calcoli, giacché
non crediamo che l'Asia possa avere settecento cinquanta
milioni di abitanti, e l'Australia non ne abbia che soli due
milioni. Cosi pure crediamo che la popolazione deirAmerica
superi d'assai i einquantanove milioni assegnati ad essa dal
professore prussiano.
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334
litoilstle» dei mwU pem mmìpm M fiOiÉiine
nella Grmi Bret^si
Il dott. Poey ha voluto spogihire i registri mortaarj del-
r Inghilierra per conoscere quanti siano stati i morti per
colpo di fulmioe nel quinquennio decorso dal 1852 al 4856.
Eccone il risultato:
Anni
1853
1853
1854
1855
1856
Uomini
Donne
ToUl
. . 37
8
45
. . 8
S
10
. . . 16
4
17
. . . 14
3
17
, . . 13
1
14
Totale 88
15
403
Da questo prospetto raccogliesi che minimo è il numero
dei moni per colpo di fulmine. Tra questi gli uomini sono
nella proporzione quasi sestupla a confronto delle donne;
il che ci mostra che le eventualità delle folgori micidiali
avvengono piuttosto a campo aperto e sulle pubbliche vie
che non nelle case ove quasi sempre dimorano le donne.
Questa statistica potrebbe avere un maggior valore, qualora
fosser estesa anche ai paesi meridionali d'Europa ove i nem-
bi temporaleschi sono più frequenti, e gioverebbe che fos-
sero istituiti i confronti fra quei paesi che sono molto di-
fesi dai parafulmini con quelli ove tuttora mancano.
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ANNALI UNIVERSALI
99 SllAlf3«lfSdlL
Mara» t^ft».
¥•!• yi%M. — iv."^ es.
BIBLIOGRAFIA (0
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
RASSEGNA DI OPERE ITALIAIVE.
X. — ^ La scienza medica della povertà^ ossia la Beneficenza
illuminata; pensieri del conte G. Masssi. Firenze 4858.
Voi. li fn-8.® grande dipag. 650 e voi. Ili dipag. 498;
coi tipi di M. Cellini.
N.
loi abbiamo già annuDiiata a suo tempo la pubblicazione del
primo Tolame di quest'opera del benemerito conte Maffèi. Ora ne
giunse II secondo ed il terzo volume con cui l'opera sì compie.
L'egregio autore ba voluto risolvere i più ardui problemi che
ora si agitano In Europa sul modo di riordinare la carità. Senza
ricorrere alle utopie funeste dei socialisti e peggio dei comunisti»
* (f) Saranno iodicale eoa asterisco (*) di riscontro al titolo dtiropera
fl«ello prodasioui sopra le qaiH si daranno | quando occorrono, arliooli
Analitici.
AmjkLL Statislica, voU XXI, gTÌe 3.* iS
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226
e sema ripetere certe misticìie aspiraiioni ormai venute di moda
per cui voglionsi i poveri nello sUto di perpetua abiezione per dar
occasione agli straricchi di eserciUre le opere della misericordia,
il conltf Masse! seppe trattare il tema della povertà e della benefi-
cenza che la consola colle dottrine tutte civili della scuola italia-
na. Nel secondo volume della sua opera svolge la parte terapeu-
tica della povertà, e nel terzo ed ultimo volume tratta dei rime-
di! igienici che la prevengono e la alleviano. .
Nella parte terapeutica Fautore non lascia negletta alcuna isti-
tuzione che giovar possa al vero sussidio della povertà. Egli no-
bilita innanzi tutto il lavoro • dimostra «o«e si possa con questo
fornire i più sicuri presidi! alle classi povere. Egli raccomanda
tutte le istituzioni che abilitano e riabilitano il povero onde trovi
da he i mezzi del proprio sostentamento. E solo quando la povertà
procede da cause inescusabili » propone di dar corso ai rimedi!
della carità sovvenitrice. Fra questi rimedi! rigetta l'inerte elemo-
sina e preferisce i soccorsi a domicilio. Espone le norme che do-
vrebbero reggere le istituzioni di. beneficenza ed a queste racco-
manda la concordia nelle opere e la pubblicità nei rendiconti.
La parte igienica deiropera tende a far conoscere tutte le prov-
videnze che attivare si possono in ogni paese, onde rendere il po-
polo valido al bene. In questa parte del suo lavoro l'autore ri-
corda di tutte le istituzioni migliori qua e là iniziate in Europa per
restituire alle class! povere la perduta dignità e diremo anche la
perduta sanità.
Memore l'autore del patrio suo nido chiude il suo lavoro con
un'accurata rassegna di tutti gli istituti di beneficenza cbe illu-
strano Bologna, lu una città, come è quella, che conta circa ses-
santa mila abitanti, vi hanno cento dodici istituti che concorrono
a sussidiare i poveri in ogni infortunio della vita. Eppure ad onta
di si esuberanti mezzi di carità si lamenta ancora il vagabondo
accattonaggio e la miseria più cruda del proletariato.
Questa parte tutta storica rende ognor più preziose le dottri-
ne esposte dall'autore e che tendono a regger meglio le opere
della pubblica carità.
Noi daremo un'analisi speciale di questo sapiente lavoro, che
merita di essere consultato da tutti quelli che presiedono alle pie
opere.
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sa?
XI. — V Italia; saggio descritiivo per D. Gioìchlvo Feangesco
Pacheco, delle regie Accademie spagnuole. Madrid 1858.
Un voi in-S.^ di fog, 435, preeeo la stamperia nazionale.
L'aviere visse Tarii anni in Italia , ove fa midistro di Spagna
presso la corle di Roma. Ad iniita:ùone degli ambasciatori veneti
che raeeogUevano preziosi ricordi negli esteri paesi » egli esplorò
dottamente le varie contrade italiane , e ritornato in patria le il-
lustrò con un' opera che meriterebbe fosse tradotta anche da noi.
XII. — Pensieri suWistruziane e sulFedncazione; di Giuseppe
Lazzabo. Napoli 4858. Un opuscolo in-8.^ preyo la ti-
pografia dell'Epoca*
Quest'opuscolo è dettato colle norme più sane della pedagogia
italiana. Nella prima parte parla dell' istruzione e tratta dei mae-
ilrì e dei metodi, e nella seconda discorre intorno all'educazione.
Noi diamo molta importanza a questa opcricciuola perchè è pub-
blicata in un paese ricco per natura d'Ingegni ma povero affatto
di istituzioni veramente educative. L'autore parlerà forse per qual-
che tempo al deserto , ma alia perine la voce del bene si farà
strada e la pubblica educazione ritornerà a fiorire nella patria di
Vico e di Genovesi.
XIII. — // primo istitutóre dei sordo-muti; discorso del ca9.
tAate G. B. Gostardi, Direttore dell'Istituto lombardo-
veneto dei sordo-muti. Milano 1858. Un opuscolo tn-8.^
di pag. 12.
XIV. — Al professore Gandolfl; alcune parole del sacerdote
Luigi Vischi intorno ai sordo-muti. Modena 4869. Un opu-
scolo m-8.^ di pag. 48.
L'abate Costardi si accinse a ricordare nel suo discorso i me-
riti di Pietro Ponce di Leon, che fu il primo a trovare t metodi
dì educare i sordo muti sino dal secolo XVI. Questa tommemora-
zione ci presenta la storia dei primi tentativi bene riusciti per re-
dimere i poveri sordo-muti alla verità ed alla virtù. Noi dobbiamo
esserne grati all'autore.
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2S8
L'opascolo inveee deirabate Vischi tratta di una polecoica in
sorta tra il sordo-muto Carbonesi e il professore Gaodolfi su var.
punti ancora contrastati sulla riabilitazione ci?ile e giuridica de
sordo-muti.
Noi desideriamo che corrano tempi abbastansa tranquilli per
permettere che si tenga dall'Accademia fisio-medico-statistica di
Milano il divisato Congresso di tutti gli istitutori dei sordo-muti
in Italia [\er convenire intorno nd una possibile uniformità di
metodi diretti ad ottenere la riabilitazione civile del sordo-muto.
XV. — Sommario di storia della coltura italiana nei rapporti
a quella delle altre nazioni europee; di Giuseppe Rosa.
Venezia 4858. Un opuscolo tii-8.^ presso la tipografia
del Commercio.
In un tempo in cui le opinioni dei dotti sono divise in due
partiti, sostenendo gli uni a spada tratta il primato della coltora
Italiana 9 ed altri facendola credere decaduta ed unicamente esal-
tando la coltura oltremontana, era bene che taluno sorgesse a di-
mostrare come ai dì nostri II pensiero deve modellarsi non ad aa
solo tipo, ma attingere la coltura ovunque fiorisca. Sotto questo
rapporto Topuscolo del Rosa può dirsi utilissimo. Soltanto dobbia-
mo dire che egli non fece che sfiorare il suo argomenlo e lo tratfò
cosi a spizzico da non offrire idee complete. Non esitiamo però
ad incoraggiarlo a svolgere le sue idee in pn altro lavoro più ri-
posato.
XVI. — * Biblioteca dell'economista; diretta da Francesco Feb-
RARA. Torino 1859. Dispensa 236 e 237. Seconda serie.
Trattati speciali sulla rendita della terra.
Le due dispense che annunziamo e che sono le ultime qui
giunte f comprendono un repertorio di articoli da giornale e di
monografie che trattano sulla rendita della terra. Questa selva di
articoli ò scelta con bastevole criterio, ma trattano spesso argo-
menti di applicazioni pratiche fuggevoli e non possono cosliluire
un vero corpo di scienza. Noi preghiamo l'illustre direttore della
raccolta a voler meglio coordinare cosiffatti lavori, per non tri*
mutare la su» piblioteca iq un'antologia giornalistica.
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Sfi9
HEHORnS ORIGIMLI
ESTRATTI ED ANALISI Di OPERE*
MadJ mimiìàiìtì àùììtk |>riidilBl«n« è éuI éòtoÉinercto
del cereali In Russia e sairaTrenlre del e<Mii-
inerele libere del ^ranl In Enrepsé
L
•Lia Russia é divenuta da pochi anni il nuovo granajo
d'Europa. Il dolio francese Robcrlo de Massy raccolse tutte
te notizie che si hanno sulla produzione dei cereali e sul
commercio che se ne fa dall' impero russo, e noi credem-
mo opportuno di compendiarle nella presente Memoria.
Malgrado le condizioni sfavorevoli in coi si mantiene
Tagricoltura io Russia (cosi T autore )f e ciò in seguito alla
condizione de' servi che solo ora si stanno emancipando^
pure la produzione dell'impero in cereali raggiunge ancora «
grazie alla vasta estensione del territorio, una cifra conside*
revole. Si valuta l' importanza media dei ricolti, in Russia*
a 260 milioni di tchetwerU (O di lutti i grani (543,400,000
ettol.) dei quali 80 milioni di Icheiwerts circa (476,000^00
ettol.) sono prodotti dal regno di Polonia e dalle provincie
polacche (3). Nella cifra totale della ricolta , l' avena e la
segale figurano per più di dqe quinti; l'orzo viene dopo;
quanto al frumento^ la sua importanza relativa è abbastanza
(4) ti tcbetWert russo equivale a 2 ettolitri e 9 litri.
(2) Soltanto il regno di Polonia produce da solo qttasi dieci
nilioiii di tcbetlrertau
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debole e non aorpassa SO milioni d* ettolitri. Del resto , il
eonsumo del grano in Russia è limitatissimo: non ?i sodo
ehe le grandi città dove si faccia pane ài frumento. Le pò*
polazioni operaje ed agricole si nutrono quasi esclusivamen-
te di segale, d* orzo, di saraceno e d' avena ; nelle Provin-
cie meridionali si aggiunge anche il mais.
Paragonando la produzione media dell'impero coli* esien*
sione delle terre dedite alla coltura dei cereali , si trova
ebe la rendita media d' un ettaro non raggiunge 6 ettoliirL
GU è vero cbe sopra 9S milioni d' ettari , che comprende
il suolo arabile, quasi un quarto rimane ogni anno in ri-
poso per il sistema d' avvicendamento triennale che domina
in Russia. Fatta eccezione dei campi improduttivi , V ettaro
rende circa in media da 7 ad 8 ettolitri di grani. È on pò
meno dei due terzi del ricolto che s'ottiene in Francia.
I 260 milioni di tchetwerts di grano raccolti ciascun
anno in Russia iti ripartiscono cosi : 60 milioni sono riser-
vati per la seminagione; questa quantità corrisponde ad
una produzione di un pò più di quattro volle la semen-
za. — 430 milioni di tchetwerts servono alla nutrizione
della popolazione y in ragione di 66 milioni d'abitanti: è
circa 2 tchetwerts o 4 ettolitri di grano per individuo ; ma
in niiPQ^a proporzione trovasi compresa la quantità di grani
li alla preparazione d' una bevanda chiamata kwas$
quale fassi un gran consumo nel paese. — 45 mi-
tchetwerts sono destinati all' alimentazione del be-
si contano in Russia 25 milioni-di capi di bestiame,
li 47 milioni di cavalli. La distillazione e la fabbri-
deli* acquavita richiedono 7 milioni di tchetwerts.
esistono neir impero granai di riserva nei quali pro-
e paesani sono obbligati di versare una porzione
ro ricolte, onde provvedere, quando fa d' uopo , ai
straordinarii causali dall' insufficienza della produzio-
luò valutare a 6 milioni di tchetwerts la quantità di
innualmente resa inunobile in questi depositi. In rias-
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231
fionto, nrebbero impiegati ogni anno 248 milioni di iclie-
twerts di grani di tutte le specie ai diversi usi che abbia-
mo indicato; 18 milioni (35 milioni d'ettolitri) restereb-
bero disponibili per 1* esportazione.
Per (arsi un' idea esatta dei meizi e dei bisogni della
Russia, non si dovrebbe far conto sulla comparazione, in
qualche modo astratta, che noi presentammo fra le quantità
di grani annualmente raccolte e quelle che sono richieste
dal consumo; importa inoltre far conoscere come sì opera
la distribuzione dei prodotti agricoli sopra la superGcie del
territorio. I governi i più ricchi di cereali occupano la parte
meridionale ed occidentale dell' impero. In alcune Provin-
cie del centro e dell' est, come Toula , Orci , Orenbourg ,
e nel regno di Polonia e della Poddia, le ricolte eccedono
i bisogni della popolazione. In alcune altre né eccedono,
né mancano. Le regioni meno favorite sono quelle del nord
e dei 80d-est, e le contrade bagnate dal mar Baltico. Infi-
ne nella maggior parte dei governi del cenfro, v'ha una
insufficienza di prodazione che proviene più dalla densità
reldiiva della popolazione e dal predominare il lavoro in-
dustriale che dalla minore o maggiore fecondità del suolo.
Riassumendo nello stato normale, una metà circa del-
l' impero produce un eccedente di grani, mentre che l' altra
metà è obbligata di idrre dall'estero il complemento del
suo approvvigionamento; ma diverse circostanze, come le
intemperie del elima, la lunghezza delle distanze da percor-
rere, e specialmente V imperfezione delle vie di comunica-
zione, impediscono che si stabilisca tra le provineie ste-
rili ed i governi produttori un equilibrio regolare e perma-
nente.
In Russia le vie di terra non sono quasi conosciute, e
se si eccettuano alcune larghe e belle ghiajate, che sono
pure vere opere d' arte, le pretesa strade che esistono nel-
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sss
l'impero sono quasi impralicabili. I trasponi di merci « e
particolarmente quelli di cereali, si fanno d* inverno per ai-
tiraglio e d' estate colla navigaiione. L' attiraglio è special-
mente adottato per le spedizioni a breve distanza, e non
serve 11 piò di sovente che a condurre le derrate al porto
d' imbarcamento, dal quale esse sono spedite, dopo lo sgom-
bramento, per un' ulteriore destinazione.
I corsi d'acqua naturali od artiflciali ehe possiede la
Russia costituiscono, per la loro riunione, un doppio siste-
ma di vie navigabili. Il primo, di cui il Volga forma in
qualche modo la base, parte dal mar Caspio e si dirige,
per una triplice serie di canali, sopra il lago Ladoga, si
confonde quindi colla Neva, e termina a Pietroburgo, sul
golfo di Finlandia. Due rami servono d' appendice a questa
casta linea di navigazione, la di cui idea devesi al genio
di Pietro il Grande. Di questi due rami 1' uno, al sud, con-
giunge il mar Caspio al mare d' Azof ed al mar Nero per
il Don e il Dnieper; il secondo, al nord, mette il golfo di
Finlandia in comunicazione col mar Bianco per il lago La-
doga e* h Dvina superiore , ed unisce Pietroburgo ad Ar-
^ khangel.
II secondo sistema di comunicazione ^uviale stabilisce
r unione tra il mar Nero ed il mar Baltico per il Dniester
ed il Niemen. Da quest'ultimo fiume parte un canale se-
condario che permette di dirigere i trasporti sopra Riga,
servendosi della Dvina inferiore. Quanto al Dniester, la sua
parte inferiore non è navigabile, e per condurre le merci
fino al mar Nero bisogna trasportarle sopra dei carri.
Il congiungimento tra ì due sistemi di navigazione che
noi abbiamo indicato si opera, da una parte, per mezzo di
un canale che unisce Riga à Pietroburgo per la Dvina in-
feriore, i laghi lllmen e Ladoga e, da un' altra parte, per
Odessa e Kherson, dtie città situate sul mar Nero, all'im-
boccatura del Dniépcr e del Dniester.
Nelle Provincie polacche i mezzi di comunicazione non
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S33
sono più avanzati che nella Russia , e le strade vi sono
egaalmente in uno slato deplorabile. Ma questa parte del*
r impero possiede delle grandi arterie fluviali riunite fra di
loro con canali, e delie quali le principali' sono: il Dnieper
che congiunge il mar Nero al golfo di Riga ed atiraversa
la Russia bianca e la Polesia; il Niemen, il quale dalle prò*
TÌneie eentrali di Grodno e Kovno si rende al mar Baltico
auraverso la Lituania ed il regno di Polonia ; la Vistola, che
porta al Baltico i prodotti del regno di Polonia e si con«
giunge pfr mezzo di un doppio sistema di canalizzazione
al Dnieper e al Niemen ; infine la Windowa e la Ovina ,
ambedue tributarie del Baltico e che bagnano la Lituania ,
la Samogizia, ecc.
È facile il rendersi conto deirinsulBcienza di queste vie
di comunicazione per operare la distribuzione dei prodotti
del suolo tra le diverse parti della Russia. Le grandi linee
eoi noi abbiamo or ora tracciato, sprovvedute di ramifica-
zioni intermedie, non recano danno che ad un piccolo nu-
mero di Provincie, e per gli stessi governi che ne profitta-
no, rinterruzione della navigazione per i ghiacci e lo sgelo,
per sei o sette mesi dell'anno, rendono il movimento com-
mereiale a proporzioni molto deboli. Un altro inconveniente
della breve durata della stagione navigabile, si è che le
spedizioni dei grani non si possono fare che in grande e
in una sola epoca dell' anno , le lunghe distanze non per-
mettono di rinnovarle facilmente. Quindi l'importanza delle
spedizioni regolasi sopra i prezzi, necessariamente ipotetici,
dietro i quali H commercio valuta prima i bisogui che si
produrranno sopra i punti ai quali il grano è destinato.
L'incertezza di questi calcoli espone il consumatore e il ne-
goziante a perpetui pericoli, poiché se nascono imprevedutt
bisi^i, ne risulta un dissesto, al quale non è più possibile
rimediare; e se, al contrario, le spedizioni dell'estero sor-
passano la necessiti del consumo, esse danno luogo ad un
incaglio che è causa di rovina per lo spedizioniere.
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S34
Se» sepra i punti i più fovoriti in ragione della loro vi-
cioanxa alle grandi vie floviali, il eommereio dei cereali è
pure limitalo nella sua azione, e se manea i»ìcttre»a per le
•uè intraprese, quanti ostacoli non deve incontrare nel re-
ato dell'impero ove i mezzi di comunicoaione mancano quasi
del tutto ? Aggiungiamo che t pregiudizii delle popolazioni ,
friù forti in Russia che nelle altre nazioui, cotìtrìbuiscono
pure ad allontanare ogni tentativo di apeeutaziene aopra i
grani. Cosi questo genere di commercio è quasi nullo nella
maggior parte dei governi ; nel j>iccolo numero dì quelli ia
cui si esercita esso è concentrato nelle mani di alcuni ne-
gozianti, che si sono esclusivamente impadroniti delle grandi
piazze dove la necessitii del consumo interno e le domande
dello straniero permettono di dare alle spedi»ioni di grano
importanza e continuiti. Grazie a questi negozianti si sta-
bilii'oBo delle regolari e continue relazioni fra alcune re-
gioni pròduarioi dell' ovest e del osezzodi, e eerte grandi
città come Pieu^burgo^ Riga, Mosca, Odessa, ecc. Ma tutie
le parti dell'impero poste fuori dei movimento di scambio,
di cui le città che abbiamo ora nominate formano i prin-
cipali centri, reslana indipendenti ed isolate, e sono obbli-
gate ad essere bastanti a so stesse, sia per la Carmazione
del loro approvvigionamento, sia per lo smercio dei loro
prodotti. Ora, anche nelle provtncie le più fertili, il rigore
e l'instabilità del clima conseguitano tali oscillazioni nei ri-
sultati della ricolta, per cui si vide su d'uno stesse punto
le messe riportare, in un anno, dodici o quindici volle la
semente, e in altri anni più tardi rendere appena il grano
.sentiaeto. Scusa dubbio, gli esempi di un brusco passaggio
dalPuno all'altro di questi doe estremi lioaiti di rieolio.
sonq abbas^atiza rari, ma si verificano frequentemente da un
anno all'ahro delle variazioni dal sempliee al triplo ed an-
che al quintuplo nella cifra delh produzione, e queste dif-
ferenze bastano a gettare gravi perturbazioni neireceoomia
generale del paese.
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386
Alle influeoie delle diverse eaose ehe noi abbianio or
ora indicate devesi attribuire la pooa uoiformitè che presen-
tano i preizi del grano nei diversi governi della Russia ; un
prospetto ufficiale emanato dal ministero del commercio,
verificava che al mese d'agosto 4856 la segale costava un
rublo d'argeotOf 80 copecks ogni tchetwerts («3 Tr. 46 cent,
l'euolitro), ed a Vilna, la rubli e 80 copecks (26 fr. Tet-
loliiro). L'avena cosuva, ad Orenbourg, 4 rublo 87 copecks
al tchetwerts, e nella Tauride 40 rubli (3 fr« 68 cent, e
19 Tr. 44 cent, l'ettolitro). In uno stesso governo, i corsi
dei cereali provano, da un anno all'altro, delle Quttuaziont
non meno straordinarie. Cosi, dal 4846 al 4849, il prezzo
della segale ha passato, nella Gurlandia, di 4 rublo 37 co*
pecks per ogni tchetvrerts, ad 44 rubli 7 copecks (3 fr.
43 cent., a 31 fr. 48 cent, per ettolitro); il frumento si è
elevalo di 6 rubli 36 copecks, a 44 rubli per ogni tchet-
werts (10 fr. 34 cent, a 36 fr. 78 cent, l'ettolitro). In que-
sto stessa triennio non si trova ehe un numero di governi
rdaiivamente assai debole, nelle quali le variazioni dei corsi
dei grani non abbiano raggiunto la proporzione del 60 per
400. Se ne contano 7 solamente per la segale e 46 pel
frumento (4).
Le Provincie nelle quali i corsi dei grani subiscono gli
sbalzi i più considerevoli sono, per la maggior parte, quelle
ehe possedono il suolo il più fertile, e le di cui ricolte sono
le più abbondanti. Al contrario, nei governi come Mosca,
Pietroburgo, Arkhangel, ecc., la di cui produzione è infe-
riore al consumo, ì prezzi si mantengono ad una tassa più
costante. Questo fenomeno, singolare in apparenza, si spiega
pure facilmente.
La coltura avendo luogo, in Russia , per mezzo del la-
(i) Vedi Tegoborski, Studi tulle forze produtlipi dilla Rus-
tia, i.o fol., pag. 354 e 355.
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236
voro obbligatorio, il proprietario ha da sborsare nulla; egli
non può quindi stabilire rapporto tra le sue spese di colti-
vazione ed il reddito che ne trae ; il prezzo dì rendita, in
una parola, non si può determinare per i prodotti del suolo,
non entra adunque nella determinazione del corso dei grani
alcun elemento Gsso, ed i prezzi don hanno ahro regolatore
che il rapporto essenziale variabile che si opera tra T of-
ferta e la domanda ; se v'ha sovrabbondanza di grani i pro«
prictarii sono obbligati a vendere, quantunque inferiori siano
i prezzi, onde non essere completamente privi delle loro
rendite; reciprocamente, se le domande dell'interno e dell'e-
stero divengono attive, essi mantengono i corsi a prezzi
tanto elevati quanto essi vogliono, con rapidi benefici!, in-
dennizzandosi delle cattive sorti ch'essi hanno potuto subire.
Sopra i luoghi di produzione^ le oscillazioni dei prezzi re-
stando dunque, per cosi dire, abbandonati al caso. Non è lo
stesso nei centri di consumo e d'esportazione, come le città
che noi abbiamo citate più sopra; là i negozianti, nelle
mani dei quali si concentra il commercio dei grani , deb-
bono trovare dapprima, nei prezzi di vendita, il compenso
delle spese ch'essi hanno fatte per la compera e il tra-
sporto delle derrate; possono variare solo i loro guadagni; e
l'interesse comune di questi mercanti previene l'avvilimento
dei prezzi , nello stesso tempo che la concorrenza che si
stabilisce tra di loro impedisce l'aumento eccessivo dei corsi.
Ogni istituzione che faciliterà gli scambi! di prodotti ira
le diverse parti dell' impero dovrà necessariamente influire
sul benessere delle popolazioni russe; a questo titolo, biso-
gna considerare come un vero beneficio per l' impero le
misure prese dal governo per autorizzare la concessione di
una vasta rete di ferrovìe, il di cui sviluppo totale non deve
comprendere meno di 4000 chilometri (I).
(i) Vf!ggasi lo stadio pnbtiiicato daUa Ilevue contemparaine sMe
ferrofle rosse, tom. XXXI, pag. S4& (fase, del 45 maggio 1d57>«
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S37
Tralasciate le sue ramiGcaiioni, questa rete si compone
di quattro grandi linee. Due hanno il loro punto di par-
tenza a Pietroburgo; l'una di. esse solca la Russia in tutta
la sua lunghezza « e dopo essersi valsa fino a Mosca della
ferrovia di già esistente « termina a Teodosia, città della
Tauride, situau sul mar Nero, e il di cui porto ò di rado
chiuso dai ghiacci. La seconda linea unisce Pietroburgo a
Varsavia e si dirìge inoltre fino alla frontiera della Prussia.
La terza linea, da Mosca a Nijni«-Novgorod , comunica il
Volga e rimmensa sua navigazione con Mosca, Pietroburgo,
ed i porti del Baltico. Infine la quarta linea stabilisce 1' u«
filone tra il eentro della Russia (Orel o Koursk) ed il porto
il più meridionale del Baltico, Liebau. Quest'ultima linea
taglia le due prime in due punti; essa si unisce ad Orel
colla strada da Pietroburgo a Teodosia, ed a Dunabourg eoo
quella da Pietroburgo a Varsavia,
A questa rete principale s'aggiungono alcuni prolunga*
menti o ramificazioni che furono l'oggetto di concessioni se-
parate; le principali sono, da una parte, le due strade po-
lacche che partono da Varsavia e si dirigono 1' una verso
Vienna, l'altra verso Brorobcrg, e dall'altra parte la linea
da Dunabourg a Liebau , due utili sbocchi per fare perve-
nire ai porti del Baltico i prodotti dell'interno della Russia.
Le linee di Pietroburgo a Teodosia e d'Orci a Liebau
hanno, pel commercio dei cereali , un' importanza conside-
revole. Al centro ed al mezzodì esse traversano alcune delle
Provincie le più fertili della Russia; Orel, Toula, Ekatlie-
rinoslav, Koursk, ecc., lontani dalle grandi vie fluviali, que-
sti governi sono precisamente quelli che soGfrono oggidì di
più l'insufficienza delle vie dì comunicazione, e ohe sono i
più espósti agli inconvenienti che provengono dalle brusche
flattuazioni del prezzo dei grani. Allorché le nuove ferrovie
saranno in attività , i prodotti di queste provincie centrali
potranno, in ogni tempo^ essere diretti dalla parte, sia del
golfo di Finlandia, che dal Baltico o del mar Nero, per sod^
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388
disfare alle domande dell* interno o dell' estero. Di più, la
linea da Mosea a Nijnì-Novgorod offrire al eommereio del
Volga e suoi affluenti uno smercio più regolare e più facile.
Infine la ferrovia da Pietroburgo a Varsavia, la di cui crea-
tiene ebbe specialmente uno scopo amministrativo e politico,
. acquisterà egualmente una grande utilità commerciale, quan-
do la si prolunghi sino alla frontiera della Russia ; il ramo
da Varsavia a Bromberg avrà infatti enormi vantaggi per la
spedizione, nei depositi prussiani, dei prodotti delle Provin-
cie occidentali della Russia.
Air epoca in cui ò stata fatta la concessione di queste
linee erano stati emessi dei dubbii sulla possibilità di com-
pirne resecuzrone. L'esperienza d'un anno ha bastato per
mostrare che i dubbii che si avevano concepiti erano sin-
golarmente esagerati. Una sezione di quasi 440 chilometri,
da Pietroburgo a Longa, è di già in uso fino dal dicembre
4857, e si annunciava per la fine del 1868 l'apertura delle
altre due sezioni. L'opera cammina adunque con tutta la
possibile rapidità, e pareva che non solo la Compagnia con-
cessionaria ha provato nessun imbarazzo per procurarsi ope-
rai, ma che perfino il numero dei lavorami che si sono pre-
sentati ha di già sorpassalo i bisogni del servizio.
Grazie all'apertura di tutte queste ferrovie, le spedizioni
di granì delle provincie produttive dell'impero, invece d'es-
sere abbandonati a casi di previsioni sempre ipotetici, pren-
deranno un corso più normale e saranno in proporzione
meglio ed il più presto coi bisogni del consuiuo dell'espor-
tazione. Ma perchè i vantaggi risultanti della creazione di
ferrovie in Russia possano realizzarsi e spandersi in tutte
le classi della po|>olazione sarebbe duopo che oltre queste
grandi arterie di circolazioni potessero perfezionarsi e mol-
tiplicarsi le strade di terra e le ghiajate; perocché^ se le
ferrovie profittano ai grandi centri, ciò che importa princi-
palmente ai comuni rurali, la creazione di buone strade vi-
cine uniscono i villaggi alle piccole città, e facilitano il tra-
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389
sporto dei grani dal luogo di produsione sopra i mercati in-
teraiediarii.
HI.
Se esiste un rapporto iotimo tra lo s?iluppo di com-
mercio dei cereali all' iotemo ed il miglioramento del be»
oessere della popolazione russa, l'influenza che esercitano,
Bolla prosperità generale dell'impero, i movimenti del com*
raercio d' esportazione di queste derrate non è né meno
direuo, né meno sensibile. Del resto, ò facile il rendersi
eonio dell'importanza che questo commercio deve avere per
la Russia. In questo paese la maggior parte della ricolta si
consuma sul luogo; sopra i S60 milioni di tchetwerts che
rappresentano la produzione media in cereali , 306 milioni
(480 milioni d'ettolitri circa) sono assorti dalle popolazioni
rurali o riservati per le seminagioni; 54 milioni solamente
di lehetwerts (143 milioni d'ettolitri) possono divenire l'og-
getto d'operazioni commerciali, e sopra questa quantità, più
d'uQ quinto (25 milioni d' ettolitri) non ha altr* uscita che
resportazione. e Questo commercio deve dunque necessa-
riamente reagire, in un modo assai sensibile, sopra le spe-
eulazioni dei mercati, ad ogni ristagno nell'esportazione dei
grani, specialmente nelle annate abbondanti, non può man*
care di produrre un sensibile abbassamento all'interno, come
pare le buone venture del commercio esterno producono ui>
eBeiio contrario (1) »•
Prima di presentare il riassunto delle operazioni di que-
sto commercio, indichiamo le direzioni che seguono i grani
destinati all'estero per uscire dall'impero.
Le esportazioni ohe hanno luogo per mare si ooneen-
trano quasi intieramente nei porti seguenti: Arkbangel, sul
mar Bianco; Pietroburgo, sul golfo di Finlandia; Riga, sul
(I) TegoborskiV StuiHi stiKe forxB ppoduUUpn d$Ua JluiHa.
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S40
Baltico; Odessa, Eupatoria e Teódosia, sul mar Nero; Ta-
gaarog, Boston, Marioopol, Berdrausk e Kertch, sul mare
d'Azof.
Arkhangel è il principale centro commerciale delle Pro-
vincie del mar Bianco; ma questo porto, ostruito dai ghiacci
dal mese di settembre al mese di luglio , apresi alla navi-
gazione solo per due o tre mesi all'anno ; questo lungo in-
tervallo inattivo rende le. relazioni commerciali con Arkhan-
gel assai avventurose* perocché le ricolte dell'interno arri-
vano quasi tutte per ^ttiraglio o per la Ovina superiore , e
non possono riporsi nei magazzeni della città che l'anno se-
guente; Arkhangel riceve i suoi foraggi ed il grano special-
mente dai governi di Vologda e di Viatka; essa spedisce
principalmente del frumento e dell'avena a Londra, della
segale ad Amsterdam, della segale e dell'avena a Brema e
ad Amburgo.
Dal punto di vista del commercio speciale dei cereali «
Riga ha un' importanza superiore a quella di Pietroburgo.
Le Provincie che l'alimentano abitualmente sono la Livonia,
l'Estonia e la Gurlandia. Quando la raccolta io queste con-
trade non ò bastante, e le dimande dall'estero sono più at-
tive. Riga riceve grano da Smolensko, dalla Russia bianca,
e dalle provincie dell'interno. Questi arrivi si fanno per at-
tiraglio per le provincie vicine, e per i fiumi dopo lo sgelo.
I mezzi di trasporto, specialmente per le vie fluviali, sono
poco dispendiosi; si adoperano barche grossolane fatte con
alberi tagliati sulle rive dei fiumi; queste barche, le quali
possono portare 60 od 80 lasts (1), provengono circa 60
rubli , e sono rivendute all'arrivo per legname da bruciare.
1 paesani ritornano a piedi, procurandosi una debole rimu-
nerazione da 6 ad 8 rubli per iOO leghe. Riga special*
mente esporta segale ed orzo, di cui la maggior parte ò
(1) Il lasts equivale a circa 50 ettolitri.
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S4(
diretta per TOIaoda e l'Inghilterra. Da alcuni anni il com-
mercio dei cereali a Riga va decrescendo, questo fatto ac-
cade per Testensione che ha preso nelle provincie del Bal-
tico la coltura del lino.
Pietroburgo, come piazza commerciale, è in una situa-
zione molto più sfavorevole. Il suo porto non resta aperto
alla navigazione che per tre o quattro mesi, da maggio ad
agosto o settembre, e durante questo tempo non è acces-
sibile che ai bastimenti che s'immergono nell'acqua meno
di 3 metri. Gli altri debbono arrestarsi a Cronstadt e sono
scaricati col mezzo di battelli. Pietrobtirgo riceve abbon-
danti provvigioni dalle provincie le più fertili dell'impero:
Tambou, Orel, Penza, Koursk, Simbirsk, ecc. Le spedizioni
di queste contrade pervengono a Pietroburgo pel Volga ed
il triplice sistema di canali di cui noi abbiamo di già par-
lalo. Una parte di questi grani ò destinata al consumo della
città, un'altra è diretta verso Riga ; infine , il resto è spe-
dito airestero, sia direttamente da Pietroburgo o per Cron-
stadt.
Creata alla fine dell'ultimo secolo da Caterina II, Odessa
deve la sua importanza commerciale al genio d'un francese,
il du«» di Richelieu, che ebbe l'amministrazione della città
dal 4803 al 4806. Fin dall'origine l'esportazione dei cereali
ha fatto il principale oggetto del commercio di Odessa ; ma
io ispecie da dieci anni le sue spedizioni di grani airestero
banno preso un maggior aspetto. Le provincie che le spe-
discono i loro prodotti sono : la Podolia, la Kiovia, la Volinia,
Mohiien, Poltava, Ekatherinoslaw e la Bessarabia. Le tre
prime forniscono principalmente grano giallo di Polonia, se-
gale, orzo ed avena. Kherson ed Ekatherinoslaw producono
il grano rosso, specialmente ricercato per Costantinopoli, le
isole Jonie e Trieste. Gli approdi si fanno ad Odessa dal
primo maggio al primo luglio e dal primo settembre al
primo novembre. Una gran parte dei trasporti si effettua
per mezzo di carri tirati da buoi. I grani della Bessarabia
Amuu, Statistica, voi. XXI, seri* 3.« 46
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242
e delle provinole vicine al Dniesler discendono queslo fiume
fino a Mazhac, villaggio situato a 40 chilometri d'Odessa,
e di là essi sono condotti sopra carri. I governi sulle sponde
del Dnieper fanno arrivare i loro cereali a Kherson, da dove
sono tradotti ad Odessa sopra battelli piatti o sopra |carri.
Le spese di trasporto, per queste differenti vie, sono quasi
le stesse; esse variano, a seconda della lontananza dei luo-
ghi di produzione, tra un franco e 20 centesimi, e 2 fran-
chi e 20 centesimi per ogni ettolitro. I cereali esportati
d'Odessa sono diretti pei principali depositi del Mediterraneo,
Trieste, Livorno, Genova e Marsiglia, dove ricevono quindi
la loro definitiva destinazione.
Quanto agli altri due porti del mar Nero, Eupatoria e
Teodosia, il loro movimento coqimerciale è poco conside-
revole; essi non servono che alle esportazioni del grano
della Crimea. Eupatoria è piuttosto una rada assai garantita
che un porto propriamente detto. Teodosia ha per il com-
mercio un prezioso vantaggio; il suo porto è sicuro e raris-
sime volte ostruito dal ghiacci. Devesi appunto a questa si-
tuazione privilegiata Tessere questa città, a preferenza di
Odessa, stata scelta come capo della linea delia ferrovia de-
stinata a congiungere il mar Nero a Pietroburgo
Il governo ha preso recentemente una misura destinata
ad accrescere, in una larga proporzione, la prosperità dei
porti del mar Nero. Esso ha conceduto ad una compagoia
mariitima, designala sotto il nome di e Grande Compagnia
russa di commercio e di navigazione >, una linea di navi*
gazione che s'estende da Odessa a Trebisonda, per Yalta,
Kertche, Redout-Kalé e segue tutta la costa caiicasea. La
compagnia, benché ancora al suo nascere, ha di già rad-
doppiate le mutue relazioni precedentemente stabilite tra le
principali città del mar Nero; essa dispose d'un immenso
capitale, e V estensione delle sue operazioni dovrà influire
sullo sviluppo della ricchezza di tutte le contrade delle
coste.
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243
I porti del mare d'Azof, Taganrog, Marìonpol e Ber-
diaosh , SODO alimentate dalle provincie ehe li circondano.
I cosacchi del Don forniscono il miglior grano duro , il grano
tenero lo dà il governo d' Eshalherinoslaw , del paese dei
cosacchi del mar Nero, della linea del Caucaso o delle co-
lonie di Malocthenia.
La navigazione incontra nel mar Nero e nel mare d' Azof
ostacoli naturali che limitano ed incagliano i suoi movimen-
ti. I navigli che vengono dal Mediterraneo non possono en-
trare nel mar Nero che e.oll'ajuto dei venti del mezzodì^
che loro permettono di risalire la corrente che discende dal
Bosforo da nord a sud. Ora, d' estate, generalmente dominano
i venti settentrionali, e le navi debbono stazionare a Costan-
tinopoli in queir epoche dell' anno in eui il loro concorso
nei poni del mar Nero sarebbe il più necessario. Nel mare
d'Azof la navigazione è interrotta per quattro o cinque mesi
dell'anno dai ghiacci, e nel resto dell' anno la poca profondità
di questo mare ne interdisce l'accesso alle navi che s' immer-
gono più di 13 piedi nell'acqua. Questi bastimenti debbono
perciò essere diminuiti a Oseni-Kalè.
L' esportazione per via di terra è , nei tempi ordinar] ,
assai limitata. Fatta eccezione di alcune spedizioni poco im-
portanti che si fanno per le frontiere d'Austria e di Molda-
via, i grani che seguono^ le strade di terra provengono per
la maggior parte dalla Polonia ed escono per le frontiere
della Prussia, onde essere diretti verso i depositi di Memel,
Stellin, Koenigsberg e Danzica. Questi tre ultimi porti sono
quasi esclusivamente alimentati dai grani delle provincie po«
lacche, che loro arrivano principalmente per mezzo della
navigazione fluviale. Una porzione dei grani di Polonia è
inohre inviata ad Odessa. Nel 1864 e 4855 il blocco dei
porti della Bussia aveva dato momentaneamente un'esten-
sione straordinaria alle relazioni commerciali colla Prussia
per le vie di terra e per il Niemen. Nel 1856, al contrario,
l'insuiBcicnza della ricolta in Polonia ha fatto proibire l' u-
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scila dei grani per le frontiere di terra. Quando sarà aperta
alla circolazione la ferrovia da Varsavia a Promberg, si può
presumere che questa linea potrà notevolmente contribuire
a modificare, a profitto del transito per la Polinia, la dire-
zione che seguono oggidì le esportazioni di grani ; questo
sarà infatti il tragitto il più breve tra il mar Baltico ed il
mar Nero, e questa linea permetterà d'inviare in pochi
giorni ai depositi prussiani i cereali che oggidì debbono
attendere alcune volte fino a nove mesi, per discendere la
Vistola, le di cui acque, durante quasi tutto Tanno, restano
assai basse.
Attualmente i porti del mar Nero e del mare d'Àzof fi*
gurano essi soli per più di 67 per 400 nel movimento ge-
nerale di esportazione dei cereali; quelli del Baltico concor-
rono per meno di 17 per 400, le frontiere di terra per 10
per 100, i porti del mar Bianco per 5t per 400. Insomma
in generale si può ammettere che le spedizioni annue di
grani air estero si compongono in questo modo: frumen-
to 2;3, segale 4;5, avena 4/10, orzo 4;20. Da treni' anni
r esportazione del frumento si è quasi triplicata, quella de-
gli altri granì si è soltanto raddoppiata. Più di nove decimi
di frumento sono spediti per il mar Nero ed il mare d*Àzof,
il resto si ripartisce quasi egualmente tra i porti del mar
Baltico e le frontiere di terra. L' esportazione della segale
e dell'orzo ha luogo, per più della metà, per Pietroburgo
e Riga. Ne esce circa un terzo pel mar Nero e le frontiere
di terra. Le spedizioni del mar Bianco si compongono spe-
cialmente di segale e d'avena.
Ci resta ora a tracciare rapidamente il prospetto storico
del commercio d'esportazione dei cereali. Questo ramo di
commercio non ha cominciato a prendere qualche impor-
tanza in Russia che nella seconde metà del secolo XVIII.
La media* dell' esportazione annua, che era di 8 a 900,000
tchetwercs verso il 4770, resta quasi stazionaria fino alla
fine del secolo. Dal 4793 al 4795 vi fu anche una brusca
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decrescenta, e là cifra delle spedizioni di grani s'abbdssò
(ino a 400,000 (chetwerts. Ma, a partire dal I800> il pro-
gresso divenne rapido, e le quaniità di cereali inviate al*
r estero durante i cinque anni seguenti , sorpassarono in
inedia 2 milioni .di tchelwerts (4,480,000 ettolitri).
L' estensione di questo commercio , durante questo pe-
riodo , era dovuta in gran parte allo sviluppo che prendeva
Alla stessa epoca la città d'Odessa sotto Inabile amministra-
zione del duca di Riéhelieu. Dal 1805 al 4814, il commercio
subì la scossa degli avvenimenti politici , la guerra e il si^
stema continentale abbassarono il movimento annuo dell' e-
sportazione dei grani a 500,000 tchetwerls.
Nell'intervallo dal 4814 aU 823, la carestia che desolò
l'Europa durante gli anni 4846 e 4847 stimolò tanto più
fortemente l'esportazione dei grani della Russia, che questo
impero era allora il principale e quasi l' unico centro d'ap-
provvigionamento per le nazioni occidentali, le spedizioni
delle Provincie danubiane, e quelle degli Stati Uniti erano
ancora, se non completamente nulle, almeno assai rislrettei
Noi non conosciamo la cifra esatta delle quantità di grano
esportato dalla Russia in quest'epoca; ma puossi giudicare
della sua importanza relativa per questo latto che ad Odessa
soltanto il valore della esportazione svolevo da 4 milioni
di rubli d'argento, nel 4846, a 40,700,000, nel 4846, e a
42,000,000 nel 4847. 1 cereali costituendo allora come oggidì
la principal parte del commercio d' esportazione ad Odessa ^
l'aumento dai noi segnalato doveva principalmente agire so-
pra quest' articolo: durante il periodo decennale dal 4844 al
4823, la media annua delle spedizioni di grani all'estero
è stata, per tutto l'impero, di 2^085,000 tchetwerts.
Alcune cirrostanze eccezionali arrestarono il movimento
del commercio russo dal 4824 al 4888; prima (u la guerra
sostenuta contro la Turchia nel 4828 e 4829: durante que-
sti due anni le esportazioni pei porti del mar Nero e del
mare d'Azof sono state quasi nulle; cosi il valore totale
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delle spedizioni d'Odessa, che sorpassava 5 roilioni'di rabli
d^argenio, nel 48S7, non raggiunse 600,000 rubli nel 48S8;
nel 48S9, 1880 e 4834, H cholera Te' strage in cerle*parli
deir impero e paralizzò le operazioni commerciali, a questa
slessa epoca, ed in forza del trattalo d' Adrjanopoli, i princi-
pati danubiani, esonerati dal governo ottomano dell' obbligo
di riservare ì loro grani pel consumo di Costantinopoli,
cominciarono a far concorrenza alla Russia per l'esportazione
dei cereali. Infine, nel 4834 e 4832, la guerra eolla Polo-
nia e le dissenzioni nel governo dell* ovest , fecero cessare
ogni speculazione commerciale in queste contrade. Per il
periodo intiero dal 4824 fai 4833, la media annua della
quantità di grani esportati fu pure un pò superiore a quella
del periodo precedente, e raggiunse 2,347,000 tchetwerts,
rappresentanti 9,475,000 rubli d'argento.
Dal 4834 al 4843, la Russia ebbe due volte da soppor-
tare una carestia quasi generale; quella del 4834 special-
mente fu delle più crudeli, e fu causa della assoluta soppres-
sione di tutti i diritti all'importazione sui cereali. La Russia
fu, in questo solo anno, obbligata di trarre 4 milione di
tchetwerts di grani, e ne esportò soltanto un mezzo milione.
Nello stesso tempo, lo stabilirsi di comunicazioni per basti-
menti tra Vienna, Galatz e Costantinopoli, diede una grande
attività al commercio dei cereali nella Moldo-Valacchia, e Te-
sportazione annua di queste provincie raggiunse, a quest' e-
poca, 4 milione d' ettolitri. Dal 4834 al 4843, la media delle
spedizioni in grani russi fu di 2,280,000 tchetwerts al-
l'anno, il di cui valore è stato di 40,940,609 rubli d'ar-
gento.
Durante il perìodo decennale seguente, 4843-4853, eb-
bero luogo le due più forti esportazioni di cereali che s'ab-
biano ancora vedute in Russia. Esse furono la conseguenu
delle carestie che infierirono in Europa nel 4847 e 4853.
Le quantità di grani esportati dall' impero s' elevarono, nel
4847, ad 44,693,000 tchetwerts, circa 24 milioni d'ettolitri.
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247
Ha i fatti i più importanti che meritano l'aiienzione du-
rante questo periodo, comecliè hanno esercitato un' influenza
potente insieme e durevole sullo sviluppo dell' esportazioni
dei cereali in Russia» sono le riforme fatte alla legislazione
dei grani in Inghilterra, in Olanda e nel Belgio. L' abolizione
dei com-lavos^ nel Regno Unito, apri un vasto campo alle
intraprese del commercio russo, nello stesso tempo che le
modiflcazioni che si fecero al sistema della scala mobile in
Olanda e nel Belgio assicurarono alle transazioni commerciali
con quesii paesi una base più solida. Sotto V influenza di
queste diverse cause, T esportazione russa prese un'esten-
sione ed una stabilità rimarchevole; e durante i quattro
anni 4848-1851 , il valore annuo dei cereali esportati variò
solamente tra 48,550,000 e 24,965,000 di rubli d'argento,
mentre che, dal 4844 al 4845, esso a\eva oscillato tra 9 e
40 milioni di rubli. La media annua delle quantità esporta-
te, dal 4844 al 4853, è stata di 5,700,000 tchetwerts
(quasi di 42 milioni d'ettolitri), d' un valore di 29,400,000
rubli d'argento.
Fino al 4854 i cereali del regno di Polonia non figu-
ravano nella cifra delle esportazioni dell'impero russo; ma
da queir epoca in poi i grani di questa provenienza sono com-
presi nei totali ufficiali. Si può valutarne l'importanza me-
dia a circa 4 milione e mezzo d' ettolitri. Quanto alle altre
Provincie polacche i loro prodotti, che sono sempre stati
confusi con quelli dell' impero russo, rappresentano circa il
cinquantesimo dell' esportazione totale.
Riassumendo, se si fa parte delle fluttuazioni causate da
circostanze passaggere, e se si tien conto di questo fatto che
gli avvenimenti i più favorevoli ebbero luogo durante i pe-
riodi dal 4824-4833 e 4834-4843, e più particolarmente
durante quest'ultimo, si trova che dal 4844 il commercio
d' esportazione dei grani ha seguito un cammino ascendente
che non s'è rallentato fino al 4846, ma che, da quest'ul-
timo anno al 4853, ha preso proporzioni fino allora ignote.
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248
Nel 1854 e 4855 le spedizioni di cereali hanno provaio,
in conseguenza degli arvenimenli polilici, un periodo di crisi
forzala. Tutti i porti russi sono restati chiusi per questi due
anni, sia dai blocchi delle potenze alleate, sia per le misure
proibitive del governo russo. L'esportazione dei cereali noti
s' è potuto effettuare che per via di terra, e, benché questo
commercio abbia preso un'estensione relativamente consi-
derevole, ptire la importanza fu assai ristretta.
L'anno 4866 s'apri, pel commercio russo, sotto auspici
pochissimo favorevoli; il deposito di cereali, vuotato durante
la guerra, era molto debole ad Odessa sui principiare della
campagna; la raccolta del 4855, mediocre sopra un gran
numero di punti, avea quasi del tutto mancato in Polonia,
ed il governo aveva perfino dovuto interdire l' esportazione
dei grani per tutte le frontiere della terra. Pure, grazie
air ifnportanza delle riserve che s'erano accumulate nel-
r impero, e sotto l' impulso delle domande attive che la con-
tinuazione della erisi annonaria fece arrivare dall' estero,
l'esportazione dei cereali raggiunse, nel 4856, la cifra enorme
di 56 milioni di rubli d'argento, 4 milione di più che
nel 4858. Questo valore rappresenta più d' un terzo del
movimento generale dell'esportazione in Russia durame
l'anno 4856 (4).
L' esportazione dei cereali in Russia avrebbe preso un
varco più rapido, se il sistema doganale dell'impero non
ne avesse fino ad ora paralizzata l'azione. Da Pietro il Grande
le disposizioni della tariffa russa erano state sempre combi-
nate in modo da assicurare all' industria nazionale un' ener:
gi<!a protezione. Ora , le restrizioni fatte all' introduzione
neir impero dei prodotti esteri , presentano , per quanto
(4) In quest'anno la cifra totale dell' esportazione è stata di
460 milioni di rubli (640 milioni di franchi). Il rablo vale 4
franchi.
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S49
concerne il commercio dei cercali, un doppio inconve-
niente.
Prima, la mancanza di reciprocità rende le operazioni
commerciali delle nazioni estere colla Russia più onerose e
più difficili; le compere di grani che si fanno in questo
paese per conto di negozianti esteri non possono essere
pagati in mercanzie, mentre che ciò accadrebbe se le rela-*
zioni commerciali fossero basate sullo scambio dei prodotti,
il pagamento dunque di queste derrate deve farsi il più
delle volte in numerario ; e se si ricorre alla carta di com-
mercio, l'alzamento del corso di cambio aumenta di molto
le spese. Cosi, il commercio straniero, nei tempi ordinari,
cerca di preferenza le sue provvisioni nei paesi che gli of-
frono più risorse sotto il rapporto del credito.
Da un' altra parte, in conseguenza dei rigori della tariffa
russa, i bastimenti che vengono a cercare grani in Russia
sono, per la maggior parte, obbligati d'arrivare sopra zavorra
nei porti dell'impero. Le spese ed i profitti del viaggio deb-
bono dunque essere esclusivamente sopportate dal carico del
ritorno; questa circostanza, che aumenta ancor più i pericoli
inerenti al commercio dei cereali, contribuisce ad impedire
l'estensione della navigazione nei porti della Russia, cosi
accade assai frequentemente, nei tempi ordinari , che i ba-
stimenti sono insufficienti per operare il trasporto dei grani
esistenti nei depositi.
Oggidì il governo russo abbandona le tradizioni econo-
miche di Pietro il Grande, per entrare in una via più li-
berale ed insieme più favorevole agli interessi dell'agricol-
tura e del commercio. La nuova tariffa pubblicata nel mese
di giugno 1867 ha abolito un gran numero di proibizioni,
ed ha ridotto ad una notevole proporzione i diritti d'entrata
che erano imposti alle derrate maggiormente tassate. Rimar-
chiamo intanto che questa riforma coincide col trattato di
commercio e di navigazione che V imperatore Napoleone HI
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S5a
ha concluso il 44 giugno 4857 colla Russia , e che offre
una speciale importanza sul commercio francese (4).
IV.
Noi abbiamo presentato la situazione della Russia sotto
il triplice aspetto della produzione dei cereali , della loro
distribuzione nelF interno dell'impero, e del loro commercio
d* esportazione. Non ci rimane, per terminare questo studio,
che di riassumere i principali fatti che risultano da quanto
abbiamo fin qui esposto.
Alcune casuse di diversa natura, le une inerenti al clima
ed al suolo, le altre risultanti da una organizzazione sociale
imperfetta, hanno mantenuta, fino ad ora, in Rtissia Tagri*
coltura in uno stato d' inferiorità e cattivo essere.
Malgrado queste sfavorevoli condizioni, la produzione
agricola sorpassa ancora le necessità del consumo; ma la
distribuzione delle derrate fra le diverse provincie incontra
ostacoli permanenti nelle vie di comunicazione, cosi, nelle
contrade fertili, l'abbondanza di spesso non è che causa di
incaglio delle materie e di avvilimento dei prezzi ; mentre
che, nelle regioni sterili, rimane senza rimedio la carestia.
Nelle sue relazioni coir estero, il commercio dei cereali
è stato, fino ad ora, sommesso a violenti e brusche oscil-
lazioni; meno le cifre estreme risultanti da circostanze ecce*
zinnali e passeggere, si constata, egli è vero, un progresso cre-
scente nella quantità di grano spedito all'estero da cin-
quant'anni; ma l'esportazione avrebbe preso una maggior
estensione, se i suoi movimenti non fossero stati incagliati
dalle difficoltà dei trasporti e pei rigori della tariffa do-
ganale.
(1) Veggansi gli Jnnales du eommeru exUrieuTt Russie,
Ligièlation commerciale, n." 25.
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S64
O^idi questo stalo di cose tende a modificarsi sensi-
bilmente. Da una parte T emancipazione dei servi, dair altra
h creatione di ferrovie, ed infine le disposizioni liberali
introdotte nelle leggi di dogana, sono destinate a reagire
potentemente sulla economia rurale della Russia, e pel com«
roercio dei cereali tanto all' interno che all'estero.
La simultanea influenza di queste riforme sarà favorevole
allo sviluppo degli interessi agricoli e commerciali ? Sembra
difficile il portare, già fin d' ora sopra di ciò , un giudizio
assoluto. Poiché, se l'abolizione della servitù deve, sosti-
tuendo il lavoro libero al lavoro obbligatorio, stimolare gli
sforzi dei paesani e dei proprietarj, e contribuire al perfe-
zionamento della coltura, questa misura non potrebbe esser
causa di diminuire ancor più il numero già troppo ristretto
degli operai agricoli? Quando il lavoro sarà salariato, il
prezzo di rendita acquisterà una base più certa e meno
mobile, i corsi dei cereali tenderanno a prendere maggior
consistenza e saranno meno esposti alle violenti variazioni
che fino ad ora si rimarcarono ; ma, nello stesso tempo, la
loro tassa media non s'eleverà precisamente in ragione del
nuovo elemento che entrerà nello stabilimento del prezzo
sopra i luoghi di produzione? D'altra parte, la creazione
di ferrovie, mettendo la Russia in contatto più diretto colle
naxioni occidentali, e le modificazioni liberali della tarifla
rossa facilitandone gli scambj coli' estero, par che dovrebbe
aecreseere il movimento d'esportazione dei cereali. Ma il
giorno in cui i prodotti del suolo potranno distribuirsi in un
modo più eguale sopra tutte le parti del territorio, il su-
perfluo delle contrade produttrici non diminuerà in . una
notevole proporzione? Le spedizioni di grano all'estero non
saranno determinate inoltre dall'aumento di prezzo che po-
trà risultare dai cangiamenti introdotti nel regime economico
della produzione?
Solo l'avvenire potrà dare la soluzione di queste questioni
e di lotte quelle che nasceranno dalle riforme progettate.
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252
Ma non si potrebbe eontesiare, già fin d*ora, l'importdnza
che presentano sotto l'aspetto degli interessi agricoli le
misure che hanno segnalato l'avvenimento dello czar Ales-
sandro II, e devesi rendere omaggio agli sforzi che il nuovo
imperatore ha di già tentati onde far entrare la Russia nella
via della civilizzazione e del progresso.
V,
Ora che abbiamo veduto in quale condizione si prò*'
senti la produttività dei cereali in Russia e il suo commer-
cio coir estero ci preme di far conoscere quale sarà Tawe*
nire del commercio dei grani in Europa ^ quando anche le
principali nazioni e fra queste la Francia accoglieranno il
principio del libero commercio dei grani, come l'ha «dot-
ta(o già da più anni l'Inghilterra.
L' informazione richiesta in Inghilterra dal ministro fran-
cese dell' agricoltara, intorno agli effetti che ha prodotto la
libertà resa al commercio inglese dei cereali per l'abile am*
ministrazione di sir Roberto PeeI, ha vivamente preoccupato
le menti dall'altra parte dello stretto. Fra le risposte fatte
fino ad ora alle domande del ministro francese j la più ri*
roarchevole si è quella del signor Grey di Dilston, il quale
coltiva un bellissimo dominio, sua proprietà, e che ha, per
molto tempo, tenuto in affitto dominj considerevoli , nel Nort-
humberland, che appartengono all'ospitale di Greenwich. Il
signor Grey è considerato come uno dei più illuminati pra-
tici dell'Inghilterra, e la sua opinione ha il più gran peso
su amendue le sponde della Tweed.
Ecco il riassunto di questo suo scritto:
« La libertà del commercio dei cereali, tanto nell'im-
portazione che neir esportazione f ebbe riusultati favore-^
▼oli all'agricoltura. Essa ha eccitato da tutte le parti Ve*
mulazione dei proprietarj e degli affittajuoli. — Il basso
prezzo dei cereali, durante certi periodi, lungi dallo sco-
raggiare il coltivatore inglese, gli ha fatto ricercare e tro«
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253
vare i mezzi atù a produrne maggior copia snnza maggiori
spese* — La produzione della carne considerala da lungo
tempo in questo paese come la più essenzial base dell'agri-
coltura, ha preso in questo modo una nuova estensione. —
Le rendite fondiarie sono piuttosto aumentate ohe diminui-
te. — Infine le masse, sotto l'influenza di numerosi arrivi
e d' una abbondanza di grani quasi continua, hanno consu-
mato maggiormente e si sono nutrite in modo migliore ed
a buon mercato >.
Ecco ciò ch'egli stabilisce con fatti positivi, riconoscendo
per altro che, per alcuni punti del dettaglio statistico, non
potè procacciarsi notizie esatte. Perciò un giornale inglese,
The Economist, s' è .incaricato di completare il Rapporto
del signor Grey e di chiarire ancor più d' appresso la qui-
siione ricorrendo a cifre officiali. L'articolo è assai interes-
sante, e mette in rilievo la situazione inglese da diciassette
anni; havvi in esso un'eccellente lezione per gli economi-
sti del continente.
Il bill che revocò le leggi restrittive pei cereali data, in
vero, dal 4 846; ma non ebbe il suo effetto attivo che tre
anni di grazia accordati ai coltivatori , durante i quali si
cercò solo di far subire una nuova modificazione alla vec-
chia scala mobile che era di gik stata modificata neN 843.
Partendo dal 4849, epoca della revoca definitiva delle
l^ggi restrittive, noh conteremo nove anni di commercio
perfettamente libero. Il miglior modo d'apprezzare l'effetto
prodotto dal nuovo sistema, in ciò che concerne l'aumento
degli approvvigionamenti^ è di comparare le quantità di ce-
reali importati durante ciascuno dei nove anni che hanno
seguito lo stabilimento della libertà, colle quantità impor-
tate durante ciascuno dei nove anni che l' hanno preceduto.
Eeco il prospetto esatto di queste quantità pei grani d'ogni
Datura ed anche per le farine (queste ultime si computa-
rono in equivalenti di grano, onde non avere che unità della
stessa natura).
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354
Crani « farine d'ogni natura importati.
Quarters
Quarters
4840 . .
. . 3,920,014
4849 . .
. . 40,669,664
4841 . .
, . 8,627^62
4850 . .
. . 9,019.690
4842 . .
. . 8,697,279
4854 . .
. . 9,648,026
4848 .
. . . 4,433,891
4852 . .
. . 7,746,669
4844 . .
. . 3,030,681
4853 . .
. . 40,473,135
4845 . ,
. . . 2,429,916
4854 . .
. . 7,909,544
4346 . .
. . 4,762,474
4856 . .
. . 6,278,813
4847 . .
. . 44,912,864
4856 . .
. . 9,339,425
4848 . .
. . 7,528,472
4867 . .
Media per
. . 9,469,480
Media pei
' nove
DOVe
aoni .
. . . 4,703,650
anni .
. . 8,880,449
Il ^uarter vale 2 ettolitri e 90 litri; ciò che dà per la me-
dia dei primi nove anni più di tredici milioni e mezzo d* et-
tolitri, e per la media dei nove altri anni circa ventisei
miKoni d'ettolitri.
Non trascuriamo d'osservare che, in questo quadro» la
media dei primi nove anni è aumentata d'un milione e mezzo
di quarters per le grandi importazioni che ebbero luogo oe<
gli ultimi due anni, in causa della carestia in Irlanda e della
malattia del pomo dì terra, ed anche della modificazione
della scala dei diritti votata nel 1846.
D'altra parte, e di ciò non v' ha a dubitare , il signor
Grey l' ha stabilito con prove irrecusabili, le raccolte , du-
rante il secondo periodo dei nove anni, sono state molto
più abbondanti e nello stesso tempo più eguali che durame
il primo periodo.
L'aumento degli approvvigionamenti è dunque slato
enorme, tanto per le importazioni che hanno raddoppiato
quanto per le raccolte più considerevoli.
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955
Un'altra questione si presenta, non meno interessante
per r amministrazione francese, che vuol fondare un sistema
per l'avvenire, che per l'Inghilterra, la quale non ha il
disturbo di riflettere sul suo passato, è dessa la questione
dei prezzi.
Anche qui il modo migliore di procedere onde perve*
Dire ad una buona conclusione^ si è quello di comparare i
prezzi medii durante i due periodi di nove annL La durata
è mollo lunga per fornire una media convenevole di flutr
tuazioni provenienti da cause diverse.
L' Economist dà il quadro rilevalo , dalla Gazzetta dei
mercati, dei prezzi medii, durante ciascuno di questi dt-
ciotto anni, del grano, dell' orzo e dell' avena. — Da queste
cifre paragonate tra di esse apparisce come il prezzo medio
del grano durante il periodo di nove anni che hanno pre-
ceduto la revoca delle vecchie leggi, periodo che comprende
i due anni di carestia^ è stato di 57 scellini e 8 denari per
ogni quarter, mentre che è stato soltanto di 54 scellini ^e 8
denari per il periodo dei nove anni che hanno seguito ,
quindi un abbassamento di 2 scellini e dieci denari per
quarter sul prezzo medio. — 11 prezzo medio dell' orzo du-
rante il primo periodo è stato di SS scellini e 4 denari,
mentre che s' abbassa a 82 scellini e 5 denari pel secondo
periodo, quindi una diminuzione di 11 denari per quarter. —
Il prezzo dell'avena è stato di 22 scellini e 5 denari pel
primo periodo, mentre ch'esso s'abbassa 22 scellini pel se-
condo ; quindi una diminuzione di 6 denari.
Ecco tutto l'abbassamento che fecero nei prezzi remu-
neratori, pel produttore, le sue ricche più abbondanti ed
una importazione che ha raddoppiato.
Ma il signor Grey segnala molti vantaggi che , pel pro-
duttore, hanno compensato e di più questo abbassamento
dei prezzi. — Dalla revoca delle leggi restrittive il prodotto
aumenta considerevolmente, la coltura si è di molto mi-
gliorata, ecc. Questo miglioramento ebbe luogo non solo con
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356
una maggior raeooUa di cereali, ma con un maggior con-
sumo dì bestiame; e se il prezzo dei cereali si è d* un pò
abbassato, i prezzi della carne, della lana e del bestiame
sì sono elevati di molto , e quesl' aumento è d* un carattere
favorevole , esso è V effetto dell* accrescimento della do-
manda.
e II consumo tanto del grano che della carne da ma-
cello, dice .il signor Grey, ha preso un grandissimo svilup^
pò. Il prezzo del grano è stalo moderato, ed ha in generale
subito poche fluttuazioni, mentre che i salarii dei lavoranti
sono stati buoni e la mano d' opera ha sempre trovalo il
suo impiego, talmente che essi stavano quasi per consumare
della carne e non solo del pane, benché la prima siasi sem-
pre mantenuta ad un prezzo elevato. È un fatto incontesta-
bile che le classi inferiori della Gran Bretagna si nutrono
oggidi meglio del passato , e ciò in causa dei buoni salyii
eh' essi ottengono e di un generale miglioramento nella loro
posizione ».
Gomprendesi da tutto ciò che il coltivatore ha guadagnato
con questo cangiamento nella situazione dell' insieme dei con-
sumatori.
Quanto alla quistione che tocca V interesse dei proprietà*
rj: la rendita fondiaria ha diminuito od aumentato? Noi ve-
demmo che il signor Grey ci dice eh' essa ha piuttosto au-
mentato. L' Economist alla sua volta giustifica 1' asserzione
appoggiandosi a cifre officiali. Nel 4848, l'ultimo anno .che
precedette la revoca delle leggi restrittive, la rendita fon-
diaria obbligata alla tassa sulle proprietà era di 46,718,399
lire sterline. Noi la vediamo nel 1857 elevarsi a 47«109,I43
lire sterline. Ma ciò non è tutto, fa d'uopo considerare che
la superficie del suolo agricolo va diminuendo ciascim anno
in causa di quel che si adopera per abitazioni, per le vie
di comunicazione, strade e ferrovie.
Nel 1848, la rendita della proprietà ricavata d' ogni na-
tura era di 42,314,000 lire; nel 1857, s'era elevau a
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S57
49,352,573 lire, quindi un aumento di 7,0S8,57à neHa ren-
dita netta. Di essa si può calcolare che almeno il IO per
400 è rappresentato dai fondi che cosliluiscono il suolo sul
quale sono costrutte le abitazioni. V ha adunque una nuova
cifra di 703,857 lire in favore del suolo considerato come
proprietà particolare.
Passiamo all'articolo ferrovie. Neh 1848- il prodotto netto
era di 5,934,460 lire; nel 4857 si è elevato a 40,166,000.
Sopra i trecento tniUoni di lire che le ferrovie costarono per
essere fondate, per qual somma vi è entrata la compera deir
terreni f Non lo si può dire con una perfetta precisione, ma
è certo eh' essa fu enorme. Contiamola solo sopra tinquanta
miiiani di lire e supponiamo che la metà sia stata pagata dal
4848, allora noi abbiamo, al 4 j>er 400 d'interesse, una
nuova somma di 4,000,000 di tire all' anno pel suolo.
Cosi del suolo utilizzato per la coltura si adoperò per
litri usi un valore annuo di 4,708,857 lire, e nondimeno
b rendita fondiaria di ciò che resta nel 4857, presenta un
aumento di 45,466,000 lire sopra quello dell' anno 4848. —
lo altre parole si può calcolare che, durante il periodo che
ha seguito la revoca delle leggi restrittive, la rendita fon-
diaria ai è aumentata di due milioni di lire all'anno.
Ed i felici risultati della misura presa non si limitano
i ciò: v'hanno ancora altri modi d'essere della proprietà
che furono per essa beneficati. Per esempio, le miniere, che
nel 4848 davano un prodotto netto di 3,474,000 lire , hanno
net 4857 dato 3,694,000, quindi 530,000 lire di più. — Gli
alti fornelli che, nel 4848, davano un prodotto netto di
738,000 lire, hanno dato, nel 4857, fino a 983,735 lire.
Da eiò devesi necessariamente concludere che la revoca
delle leggi restrittive sul commercio dei cereali ha in modo
ammirabile servito agli interessi di tutto il mondo; al pro-
prietario, al coltivatore ed al consumatore; è d'essa una
misura che in presenza di prove eoii evidenti, i governi del
Anuu. Slutiitica, vote XX f, seHe 3. 47
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258
eontinente s* affreileranno probabilmente on gioroo o Vahro
ad adottare.
VI.
Facciamo menzione d* un' ultima considerazione del sig.
Grey, la quale è di tal natura da meritare tutta l' attenzione
deir Amministrazione francese. Parlando dei differenti pro-
gressi compiuti nelP agricoltura del suo paese, egli dà una
grande importanza ai perfezionamenti introdotti negli isini-
menti agrarj ed all' invenzione di alcuni altri, ciò che per-
mette d' eseguire i lavori dei campi a miglior mercato, me-
glio e più presto. Il coltivatore francese non potrk seguire
in quesia via di progresso la sua rivale della Gran Breta*
gna che in quel giorno in cui otterrà il ferro a buon
mercato.
L' informazione richiesta dal ministro francese delFagri-
coltura terminerà adunque con un risultato che già alcuni
chiari ingegni prevedevano. Essa sarà tutta favorevole al si-
stema deir importazione e della esportazione permanenti e
simultanee. Dopo constatato questo fatto noi diremo che la
Francia è sollecitata a seguire questo movimento da ragioni
diverse da quelle che determinarono 1* Inghilterra. VEeho
agricole esponeva, sul principio di quest' anno, la situazione
francese diversa da quella dell' inglese, e lo faceva con una
rimarchevole chiarezza.
L'Inghilterra, qualunque fosse l'abbondanza delle sue ri-
colte di cereali, provava ciascun anno un deficit, e codesta
considerazione bastava da sé sola perchè si decidesse a far
cessare V intermittenza delle importazioni e delle esportazio-
ni, ed a dare cosi maggiore regolarità ai prezzi dei grani
Dell' interesse dei consumatori.
La Francia non ò certamente nella stessa posizione. Essa
ha per lo più ricolte sufficienti. Il deficit non arriva che ac-
cidentalmente ; e non è permanente come lo è in Inghilterra.
Negli anni d'abbondanza, essa ha perfino degli eccedenti
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959
di eoi essa può disporre in favore delle nazioni meno fa-
vorite.
Pure sta nel suo interesse di pronunciarsi francamente
per la libertà commerciale, di avere sempre ^ oioèi la foci«
lite d'importare e di esportare. Sono i bisogni annui del**
P Inghilterra che pei francesi costituiscono uno dei motivi
per adottare questa misura.
La Francia può sempre fornire milioni d'ottolitri di
grano all'Inghilterra; dessa è cosi vicina a Londra ed a Li-
verpool per cui questi due luoghi cotanto popolati debbono
per la Francia essere veramente mercati francesi. La forza
delle cose glielo offre: sarebbe deplorabile che leggi restrit-
tive venissero ad interdirlo alia Francia. Sono per essa degli
sbocchi naturali, facili, e se le fossero chiusi porterebbero
uo grave pregiudizio all' agricoltura francese. V interesse
del produttore agricolo reclama adunque la permanente
esportazione.
Ma d'appresso a questo grand' interesse si collocano l'in-
teresse generale e la costante sicurezza del paese. Una legge
come quella della scala mobile, che permetteva di escire
ai grdhi quando essi erano a basso prezzo, e che ne arre-
suiva l'entrata per non permetterla che quando i prezzi si
elevavano all' interno, era essenzialmente dannosa. Essa perio-
dicamente dava luogo all' esaurimento del paese e lo forzava
1 riprendere a caro prezzo dallo straniero ciò che aveva
esportato a buon mercato. Quindi ne venivano alternati ri-
bussi ed aumenti, che a poco a poco portavano danno al-
l' interesse dei consumatore e del prodottore, talmente che
alla 6ne tutto il mondo ne soffriva.
Queste verità sono si chiare che non tarderà il giorno
in CUI esse saranno da tutti comprese. Ma vi sono gli in-
teressi del momento che mormorano contro l' importazio-
ne allorché i prezzi sonoy come oggidì, in tanto ribasso;
eontro l'esportazione allorché i prezzi sono in grande au-
mento. In quest' ultimo caso sono i consumatori che do-
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360
mandano che siano chiuse le porte ai grani , ohe tentereb-
bero d' uscire nell' altro, sono i produttori che gridano contro
la facohà permanente d' importare.
Noi adunque non ci facciamo le meraviglie nello inten-
dere oggigiorno elevarsi, nel seno di alcune riunioni agrì^
cole, eerte domande in favore del ristabilimento delle scala
mobile. A costoro che a tutta prima ci sembrano retrogradi,
rispondiamo che questo sistema, tolto dai francesi agli inglesi,
che si sono afiTrettati di rinunziarvi, non ha mai, in nessuno
dei due casi preveduti di aumento o di ribasso estremo,
agito in un modo che possa dirsi soddisfaciente.
A coloro che hanno timore della carezza , noi ricorde*
remo che ogni qual volta il pezzo si è elevato, si dovette
sospendere razione della scala mobile; per essi adunque per
Io meno il sistema è inutile.
A coloro che, come oggidì, vedono rotti i loro interessi
pel ribasso dei grani noi diremo; gettate indietro lo sguardo
e diteci qpale ostacolo la scala mobile ha dato luogo ad uri
avvilimento del prezzo dei corsi?
La scala mobile funzionava nel 4848-49-50 51 -53; i
grani durante questo periodo si vendettero a Parigi da 4:)
a 45 fr. 50 e. per ettolitro, ciò ohe li poneva in certe prò?
vincie, a 40 Q 44 fr. l'ettolitro, al di sotto dei prezzi att
tuali.
I timori inspirati dalla rivoluzione repubblicana hanno
contribuito, si dire, a quest* avvilimento dei prezzi. Noi po-
tremmo contestare quest' influenza; si videro in altri tempi
i danni della repubblica provocare, al contrario, un aumento
eccessivo. Bfa prendiamo altre epoche io cui regnavano b
pace e la sicurezza.
Nel 1881, sotto il pieno esercizio della scala mobile, il
prezzo medio del grano i«i Francia era di 15 fr. Tettolitro;
nel 482S esso s'eleva a 17 fr.; nel 13S3 ritorna a 45 fr,
50 e; nel 1844 » 44 fr, 90 e; nel 48S5 a 15 fr- 23 e.;
nel 4856 9 26 fr,
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S61
Il produttore allora ti lagnava^ come oggidì} colui che
soffre ha sempre il diritto di lagnarsi. La scala mobile pò-
nera rimedio a nulla«
Nel 4838-84^85-36 e 87 noi ritrovammo a Parigi il grano
a prezzi avviliti da 13 a 14 fr« TettolitrOé Allora però la
scala mobile slava per riordinarsi con cura nel 1883^
Come in oggi il coltivatore e specialmente il proprie^
lariO) con innanzi questi prezzi, gridavano alla rovina. Si
accusava di permettere ai marsigliesi di far infranciosare i
loro grani a Lorieot i porto in cui i diritti d* eoirata erano
più bassÌ4
Bisogna pure appoggiarsi sui prìncipj. Ciò che é richie-
sto dal produttore! sono degli sbocchi» e degli sbocchi per-
manenti; la libertè commerciale gKene assicura di questo
genere sui mercati inglesi; è desso il miglior incoraggia*
mento che si possa dargli* Ma se il produttore stabilisce che,
pei proprio interesse^ l'importazione possa essere vincolata
da diritti proibitivi, sarfa forzato d* ammettere egualmente
elie^ Dcir interesse del consumatore nazionale, V esportazione
possa anche essere sospesa. La legge non può aver due pesi
e due misure^ — Un Ingegno imparziale è condotto, a forza
di logica « a domandare al governo di darei sempre per
principio la libera entrata ed uscita^ La libertà commer-
ciale dei grani è il migliore di tutti i rimedj.
AnnwuktfU mimitmit^^Umtamm^. Anno 1, 1857-68. Vn
voi inA^.^ di paQé 595. Milano t Torino 48S8| presso
a CanadeUL
( Articolo II. Vedi faseieolo di ottobre e flotémbre 1888 )<
L.
vedute stfltiitiefae del dotto autore dell' Annuario si
flttecaoo dagli studj comuoemeuie professati da ohi coltiva
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S62
questa scienxa. 1 nostri lettori n* ebbero gik un saggio nel
primo articolo da noi consacralo a quest'opera tutta iialia-
na. Ora ci faremo a trascegliére da quest'ottimo repertorio
alcune notizie che più da vicino interessano chi segue l'an-
damento progressivo di cosiffatti stodj.
Nella rassegna statistica che l'autore va fecendo dei più
colti popoli del mondo, egli sa porre in una evidenza af-
fatto nuova le condizioni di quei popoli che vivono, per
cosi dire, di vita nuova, entrando per la prima volta nel-
Tarduo arringo della civiltà e di quei papoi per cosi dire
invecchiati sotto il peso di antiche istituzioni e che cercano
con provvide riforme di rifarsi, se possono,, alle nuove esi-
genze della sapienza civile.
Noi estrarremo dall'opera alcuni fra i più notevoli squarci
in cui appajono appunto queste due vite.
Fra i popoli che cercano risorgere alla luce della col-
tura e della sapienza, vi ha innanzi tutto il popolo Rume-
no, che abita i vasti territorj della Moldavia, della Vala-
chia, della Bessarabia, della Bueovina, della Transilvania e
del Banato, che l'autore chiama col nome di membra di-
lacerate e guaste dell'antica Daoia. Questa popolazione rag-
giunge ora il numero abbastanza vistoso di cinque milioni
e 764 mila abitanti, sparsi su un'estensione di S94,445 chi-
lometri quadrati.
« Manca, dice l'amore^ alle lettere italiane — e fra
tanto rettoricar di politica ci pare vergogna — una storia
di Rumania ; parte che avrebbe ad essere della storia na-
zionale, e non ignobile pronostico dei nostri destini. Eppu-
re sarebbe impossibile trovar materia più grave e insegna-
tiva di questa, e insieme più nuova e meglio atta a muo-
vere gli affetti. Perocché, nello svolgere gli annali della
Dacia rediviva, ci par come di scendere in una città disot-
terrata, dove in mezzo ai segni della corruzione e deUa
morte s'incontrano ad ogni tratto memorie domestiche e
pietose reliquie, delle quali solo il nostro cuore può indo*
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S63
vinare i s^^reii. Il popolo rumeno ooo ventilo da natura,
ma edificato ad arte sull'estremo lembo d'Europa, come
▼ivenle trincea del mondo civile, è vero simbolo delle stir-
pi latine ; le quali pigliano indole e stigma, non dal terreno
ove si radicano, né dal sangue onde vengono, ma si vera»
mente dal verbo sociale , dalla lingua , dalle inslituzioni ,
dall'industria civile. E l'arte dei padri nostri qui mostrò
d' essere quello che sempre è l' arie vera , una natura in-
terpretata, indovinata, rinvigorita. Gl'Italiani dell' Istro, cal-
pesti dal pie di quanti popoli nuovi capitarono in Europa
dai Goti, dagli Unni, dai Bulgari, dagli Slavi, dai Lombardi,
dai Cumani, dagli Avari, dai Tartari, dagli Ottomani, dagli
Ungari, dai Polacchi, dai Russi, durarono. Dispersi nei na-
scondigli silvani, scaduti fino ad esser per legge pareggiati
alle bestie da soma, inbarbariti eo' barbari, appiattati tra i
solchi della terra nudrice, tornati all' obliosità rusticana, alle
stupide rassegnazioni della servitù, alle tuniche villose dei
selvaggi {guba\ alle stalle sotterranee, alle tane trogloditi-
che (bordei), portarono seco nondimeno senza saperlo la
chiave della memoria e della speranza in quel linguaggio
disprezzato, che un giorno doveva riaprire lo spiraglio della
luce e richiamarli a un tratto nella nobile patria dei loro
pensieri. Ed a noi pure, leggendo le nuove e fresche ispi-
razioni di codesta letteratura ultimogenita del genio latino,
corre involontariamente sulle labbra l' esclamazione, con cui
il prode Janco salutò i settantamila romani accorsi nel 4848
dai tugurii transilvanici ai comizii di Blaiumo : Cristo è ri-
sorto. E invero saper morire senza perder l'anima é il pro-
prio carattere della civiltà latina , destinata a sperimentare
più volte la gioventù, e sdegnosa delle immortali decrepi-
tezze delle stirpi asiatiche.
» Ogotino vede perciò quanta importi che la Valachia e
la Moldavia , chiamate ora dal consenso dell' Europa a fare
sperimento di sé medesime, mostrino di poter coi fatti ade-
guar le promesse , e , pur ci eonvien confessarlo , i garriti
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264
superbi. — Vero è che te dae provincia insieme non faiuto
neppur la mela della Dacia antica; ma in esse soltanto la
stirpe latina prevale senta contrasto negli ordini e nelle tra-
dizioni civili. Imperocché nei principati danubiani lo stalo
è ancora oggidì come fu sempre, romano; romano di lin-
gua, di tradizioni, d'aspetto le plebi rustiche; e i nobili,
benché straniati la più parte e guasti dalla bastardigia bi-
zantina, vogliono ora essere romani anch'essi: e piaccia a
Dio che troppo severo abbia a trovarsi il giudizio di chi
Invece li gridò innesto pessimo di rigidezza latina, di greca
sottilità, di sprezzatura turchesca e di russa ipocrisia. Certo
é che le condizioni economiche dei due paesi gemelli, mas-
sime per colpa della prodiga flscalith patrizia , sono quasi
che disperate. « Non le guerre, né le devastazioni tartari-
che, né le ingorde concussioni ridussero la Rumania allo
stremo: ma un morbo più intimo, un cancro al cuore, la
bojeria». {QueiL économ. des Princip. Danub.^ pag. 43).
E si che fin dai tempi del Sestini , i principati erano messi a
ruba e a sacco ogni anno dai Turchi e dagli Ospodari, sotto
specie di commercio e di governo. Le due provincìe che il
Sultano ne* suoi Aui$cherif/l onorava col titolo costoso di
canot^e delP impero^ dovevano allora, parliamo di cent'anni,
fa, vendere per decreto quanti carnaggi e grani occorres-
sero ai mercati di Stamboul: oltredichè il cacio, la cera,
il burro s'avevano a fornire ai Capan&^ o come dire ai
pizzicagnoli e fondachieri della capitale; e i prezzi erano
neir arbitrio dei compratori, che ora davano poco, ora nul-
la, pagavano colla peste, col bastone, col palo. Cosi man-
davano a male da 500 a 600,000 montoni ogni anno, nu-
meri che, se non sono spropositali, ci danno la misura della
ricchezza naturale e della miseria civile dei principati. Peg-
gio fu quando (dopo il trattato di Kainardj) di questi ap-
provvigionamenti si die carico agli Ospodari; i quali, se i
Turchi domandavano cento, facevano incetta dei doppio e
del triplo, pagando ogni cosa ad arbitrio, e rivendendo poi il
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S6S
soverchio nel paese, che doveva ricomprare a ingordi prezzi
quello eh' ei medesimo poco prima aveva fornito a vilissì-
roo mercato. E nondimeno quésti e gli akri mali della ve-
nalità degli uffici! e dei giudiiii paiono agli scrictori m^
mani lievi e comportabili a petto del disordine che stra-
volge e confonde anche di presente in quel paese la logica
del lavoro e della proprietà*
» Da principio i Ru.nani conoscevano tre maniere di pro-
prietà: runa ottima» libera, conforme alle vecchie tradizioni
latine: onde il verbo moi* tenire, e il nome di tnos' leni o
mosneni, a signiflcar coloro che giusta T avito costume pos-
siedono terre; i quali pigliano invece nome di gradiitenij
quando non dall* originaria e immemorabile divisione delle
terre comuni, ma per graio^ cioè a dire grazia di popolo
0 di principe, tengono i bro posassi territoriali. Gli altri
due modi si ponno assimigliare ali* utile ed al diretto do-
roinio de* nostri legisti: ma con origine ed eflTetti in tutto
disformi. Erano dunque la più parte delle terre di Ruma-
nia^ principalmente alla pianura, possedute nei primi tempi
e coltivate e amministrate in comune. Imperocché le popo-
lazioni latine, quando nel XIII secolo cominciarono a calar
a sciami dalle valli bastarnicbe^ ove s* erano trafugate di-
nanzi alla furia dei barbari, piantarono nei piani dell'Aiuta
e della Dumbovitza, colonie e borgate rette a comune si
nei rispetti politici, come negli economici. Ma poi i bojerì
(6opt9 Aert) e i principi {Domni) ebbero » premio di ser-
vigi guerreschi o civili, alcuna parte dell'agro pubblico; e
crescendo le largizioni, e cumulandosi, e di precarie facen-
dosi, per ragione di erediti, gentilizie e perpetue, in capo
a due secoli le terre che non erano in privato dominio di
moiteni o gradisteni, si trovarono o si supposero tutte 8og«>
gene all' alto dominio dei magnati , del principato o della
chiesa. Questo modo di supremazia da principio però non
doveva voler altro importare, che facoltà di porre gravezze
e di cavar tributo dalle comunità agricole, vere e legittimi
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posseditrici del suolo. Ma poi la mala imilasiòne de* vicini
5iignori UDgheri e polacchi, soggiogatori e dominatori im-
roanissimt de* Rumani di Traosilvaoia e degli Slovacchi di
Halici e di Podolia, e gli esempi della feadalìtà germanica,
tentarono e sedussero i voivodi e i bojari; e sotto Serba*
no I (1594) tutti i coloni' che non erano in beni pro{)ri
{tnosneni) o, che è lo stesso, tutti quelli che coltivavano
beni comunali furono obbligati alla gleba, cioè costretti a
vivere e lavorare ne' comuni ove erano nati ; e poscia per
quella progressione logica, che pare più spedita e impaziente
al male che al bene, vennero spesso pareggiati agli zingari,
miserrima ed infima generazione di schiavi per legge e
costume tenuti in conto di cose animali. In progresso di
tempo però gli Ospodari faoarioti che volevano accattar
popolarità , umiliare i magnali romani , far via ai loro crea-
li, mostrarono di voler metter mano a' rimedi: e a mezzo
del secolo passalo (4746-4749) proscrissero la servitù; e,
fatte tre parti de' dominii comunali , assegnarono l' una
«U'aho proprietario, e le due ai coloni. Ottimo compenso
se non fosse sialo avvelenato da inique provvigioni ; l' una
delle quali riduceva gli svincolati dall' agricoltura servile in
dipendenza personale de' nobili, che fu il principio ' degli
Écutelnici; l'altra obbligava l coloni rimasti sui fondi a col*
livare il campo dominicale sotto specie d' omaggio e di cen-
so. Per lai modo le cose si ridussero a termini , che in
virtù delle leggi liberatrici, ì veri padroni del suolo pagano
in opere i rubatorì del pubblico e gli usurpatori dei loro
beni : e il lavoro di cui sono stati tassali (che da ultimo,
prese nome conveniente alla cosa , ehìantasi con voeabolo
russò jobagia) è si grave, che spesso non lascia ii' eonudi^
ni tempo e respiro d'attendere a quella parte de' fondi
comunali , che la legge astuta e barbara loro assegnò in
luogo di prezzo» Nuota maniera di schiavtlù, per cui il pa-
drone non ha cura o pensiero de' servi ; e per cui all'uom
di fatica è concessa, massimo dei premii, la proprietà della
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terra^ ma sequestrata la madre d^ ogni libertà e d' ogni va-
lore, la libertà del lavoro. {Queit. économ. des Prin. Dan.y
p. 86). S' aggiunga che i mosteni e i piccoli proprietarii ,
circonvenuti da insidie processuali, soffocati sotto i balzelli
ond' erano immuni i latifondi signorili , citati a provar la
libertà come un privilegio odioso, logorati dalle ipoteche e
dalle usure, a m^no a mano scomparvero, e con essi la.
forza e il nerbo della nazione.
> L' atonia economica, ohe sempre tien dietro alle con-
gestioni della proprietà fondiaria^ è raggravata nei principati
danubiani da un altro disordine. Un terso almeno dei colti
è venuto in proprietà dei monasteri, i quali sono 59 in
Valachia e 43 in Moldavia, e cavano dai loro vastissimi
possessi una rendita di 80 milioni di piastre. Questo tesoro
il quale, ove si badasse alle fondazioni originarie , avrebbe
ad essere dispensato in opere di carità e di educazione, 6
divorato da monaci e da conventi stranieri ; essendo piaciuto
agli Ospodari fanarioti di dedicare, o come dicono i Rumeni,
i'inchinare codesti istituti ai Santuari del monte Atos, del
Sinai e di Gorusalemme. Ond' è che le provinole danubiane
sono il più ricco feudo della chiesa bizantina, a cui pagano
annualmente un tributo dodici volte maggiore di quello
che pei trattati sono obbligate a versare nell'erario del
Gran Signore.
' Delle misere condizioni del popolo si ptiò far questa
ragione che anche dopo il trattato di Kainardj due terzi
delle rendite dello Stato in Valachia, e più che la. metà in
Moldavia, eavavansi direttamente dftlla capitazione de^ coo-
udini, sui quali poi venivano a ricadere anche tutte le im-
poste indirette («d/e, dedma del mte/e, tasia sulle tnandre
0 vacarti ), meno forse il t^inetrtl o dazio del vino e le do-
pile, che appena rispondevano al decimo dell'imposta totale
( Satini, op. àt. ). Onde a buon dritto un villano ammesso
ira i eonimbsarii, che nel 4848 pigliarono ad esome il gran
problema dell' iostauramento eeonomieo, potè dire: noi siamo
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S«8
lo Stato, noi siaiùo 1* erario | Toro^ o Bojerii non vi piove
dal cieloi ma esce dalle nostre capanne. {Regnault^ pag.
443 >
> La nobilth rumana è quasi lulta avveniizia: greculi b
più partCf rotti agli intrighi ed alle sehifeue del serraglio,
che venuti a far ufficio di gabellotti (^gabelaui)f a mano
a mano per seduiiooe, per insidie, per matrimoniii per pro-
tezione degli Ospodari s* intrusero nelle antiche case , e le
spodestarono. Numerosa è la classe de' bennati {neamurì)
discendenti dalla nobiltà paesana che scaduti alla vanga i o
peggio air anticamera dei venturieri bizantini « nondimeno
conservano una cotai vena dell' aulico onore^ Il .Sesliai il
quale chiama questi neamuri e i moaneni {mazili) gen-
tiluomini di campagna y ce li mostra sottoposti anch'essi
alla capitazione e perciò raccostati ai colonia II Ganesco ei dà
la seguente statistica delle condizioni sociali in Valachia.
Nobili officiali^ riconosciuti o ereati dagli Ospodari 2^330.
Piccola nobiltà ereditaria^ Bojeri de néam (neamuri) 6fiSt.
Postelnicei • < ^ « « 1,1 S4.
Mazili (mosneni) « 4 « 6,095.
Totale de^ nobili valachi 15,480.
» La campagna numera 33^5 villaggi, S1S7 nella graa
Valacbia, 4198 nella pìccola Valachia detta anche Oltenia^
perchè trovasi sulla destra dell* Olto (Aiuta). Di questi S8S6
villaggi, 798 sono abitati da piccoli pfoprìetarr^ che somme-
rebbero a 296,090; e f^i altri S5S7 villaggi appartengono
a 3844 grandi proprietarìi. In questo conto non entrano i
conventi^ La rendita agraria dei due principati valutasi di
'330 milioni di piastre. Oltre là popolazione umana, v* ba
circa S milioni di bovi, 400 mila cavalli, 4 milioni dì peco-
re. Un ettolitro dì firumento neir ultimo ventennio s*ebbe
al prezzo medio di SO franchi^ al minimo di 6, al massimo
di 50. Nello stesso venlennio il valor d'un bue stette trai
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969
60 e i 90 franchi; quello d'una vacca tra i 35 e i 42.
L'esportazione media nel decennio 1887-47 fu di 58,000,000
franchi annui« de' quali 30 milioni in cercali, i5 milioni
in bestiame, il resto in lane, pelli, uva, vino , sale. L' im-
portazione, durante lo itesto periodò, fu di circa 50 milioni
annui; e metà delle merci importate venivano giù pel Da-
nubio dall'Austria, e principalmente dalla Germania setten-
trionale. Il commercio russo non entrava che per un cinquan-
tesimo uel valore delle importazioni; ringljese per un ottavo;
il levantino per più d'un quarto (Ganeico. La Valachia,
pag. 427-87.
» Queste indicazioni, raccolte e ordinate da un partigiano
dei Cantacuzeno, e delle riforme lente e graduali , sono
ipaochevoli ed ambigue, massime ove toccano il formidabile
problema della proprietà, e dei possessi ecclesiastici.
» Ma da altri riecontri sappiamo, che il clero ne' due
principati passa il nomerò di 400,000; povero, ignorante,
evangelico, popolare anzi popolano nelle campagne; molle,
servile, voltabile nelle città; intrigante, sedizioso, greco-russo
ne' monasteri. \ Bojeri sogliono distinguersi in gi;andi e
piccoli; onde infinite contenzioni di genealogia e di etichetta
non v'essendo araldica sicura, e pochi casati avendo storia
pubblica ed onorata. Cresce confusione la stessa gerarchia
turco-greca, inventata dai nuovi nobilastri, e testimonio delle
loro schiavesche abitudini; della quale ci piace ricordare
per la singolarità filologica le cariche di piìar (piianzieré),
eomts (scudiere), tpathar (porta spada), camera$ (carne-
i^zzo 0 camerlingo), poftelnic (mastro di posta): infimi
fra tutti i grammatici e i eonoepièti (Vaillant. op. cit. —
Le$ rangs et les titres en Vahchie par Dounault ). Il Go-
Desco non ha, crediamo, che enumerate le famiglie nobili.
Più compiute statistiche, eomechò di nu)lti anni addietro,
ei daoQp anche il numero delle persone.
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In Vaiachia
In Moldavìf
65,700
36.948
45,480
36,440
872,077
213,114
1,764,683
863,668
79,844
444,580
370
Clero
Nobili
Immuni dalla capitaiione (uffi-
ciali dello Siato e dei Bojerii ve-
dove, infermi, atranieri) • • •
Soggetti alla capitazione (coloni)
Soggetti alla patente mercatanti
» In questo quadro non vennero per avventura com-
putati gli zingari; molti de* quali sono ancora, persona ci
anima, proprietà mobile dei bojeri, e perciò non connume-
rati nella apecie umana. Ad ogni modo dalle cifre surrife-
rite possiamo ritrarre quanto iniquamente sieno rìpafrtite le
pubbliche gravezze, veggendovisi immuni dalia capitazione,
che è a dire tutta T imposta diretta, i padroni della terra
e del lavoro, quelli che inventarono la 4brmola economica,
t7 tempo del colono è il noitro capitale (Queet. économ.^
pag* 41 ). E dell' immunità non godont) solo i frati e t bo-
jeri, ma anche i loro famigli e cortigiani, che coi mereiai
greci, co* veniurìeri, coi mendicanti, coi vagabondi, coi
panduri, coi selvaggi netotsi (zìngari paria), co' bettolieri
giudei ( Saint-Marc Girardin^ Souvenir de voyages ) fanno
una popolazione parassita, turbolenta, usuraja, oziosa, rapi-
naCrice, che è la lebbra, è il morbo cutaneo della Rumania,
come i latifondi privilegiati ne sono 1* intimo struggimento e
la tisi.
» Le poche cifre che abbiamo raccolto mostrano V immen-
sa importanza economica e commerciale de* principati danu-
biani, i quali coir Ungheria diventeranno i granai dell'Eu-
ropa occidentale, e ci libereranno dal monopolio della Russia,
che nel 48dS vantavasi di posseilere la ehitive del ventre
europeo. Il Danubio, co* suoi vasti serpeggiamenti per entro
le terre ungariche e tutl* intomo alla Vaiachia, è, giusta la
felice «espressione di Saint-Marc Girardin, una strada circon-.
fluente (^cliemin de rond)^ a cui ponno con breve 4ragitto
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(ir capo, come raggi alla periferia , tutte le strade interne
delle più frugifere pianure di Europa. Né il Nistro, né il
Boristene, fiumi dritti, con poveri confluenti e malagevoli
alia navigazione, potrebbero mai gareggiare col Danubio,
96 gli si tolgano d* in sulla bocca i bavagli delle fortezze
e delle dogane. E già nel 4854 a dispetto degli impacci di
Sulina e di Bratta quasi duemila navi caricarono grano ne*
porti del Danubio: e a Marsiglia, quando il grano d'Odessa
tornava 32 rubli, il grano di Braila potevasi avere a 18;
e solo r Inghilterra in quell'anno trasse da quest'ultimo
porto 700,000 ettolitri di cereali. ( Ganeico^ op, ciL — Ae-
jnault , pag. 24 ) ».
L'autore pasf^a in seguito a^ dar la storia contemporanea
di questa forte razza romena che ha saputo resistere per
Unti secoli alle mille catastrofi che parevano dovessero ina-
bissarla ed emette un vaticinio statistico sulla sua risurre-
zione.
Nello staccarsi dalle terre rumene l'autore getta uno
sguardo alla razza greca, anch'essa di recente risorta, e dà
di essa e delle Isole Jonie le notizie che qui riferiamo.
« La Grecia, cosi TA. , non é veramente un integro corpo,
ma una testa spiccata dal busto, la quale come quella che
Dante immaginò parla e si querela e fa ufficio di lucerna al
muiilato cadavere. — Non vogliamo con ciò dar ragione ai
sogni dell' Eteria, che tutte le provinole europee della Tur*»
eliia e gran parte delle asiatiche voleva, come membra del-
l'impero Bisantino, rivendicare alla Grecia. L'impero Bi*
santino non fu piantato, né si mantenne per virtù greca;
anzi fu r ultimogenito della civiltà romana. E veramente
più che dissennatezza, sarebbe vergogna pei Greci abbando-
nar le proprie e native tradizioni della gloriosa Eliade, e
lasciarsi adescare alla memoria della Grecia bastarda del me-
dio evo , e alla vanità d' un primato episcopale ed impe-
riale. Bla cosi avviene sempre: i popoli, a coi non è con-
cessa la riposata fornta naturale, vanno vagabondando coi
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S7a
desidera e strepiiando sulle soglie della vita, come quelle
anime virgiliane
• • • quibus altera fato
Corpora debentur.
» Ha non vogliamo entrar di traforo iu questa materia
che ci sarebbe più che domestica. Basti notare èhe la di«
plomazia, e quando legittimò nel 1830 l'attuale regno gre-
co, e quando nel 4854 lo violentò all^abiura e lo condan*
nò air ammenda delle sue nobili ambizioni, fece cosa ira-
tissima alla Russia, esiziale alla Turchia, e sopramoJo dan*
nosa alla liberti d'Europa; di che ci piacque trovar una
confessione pienissima nel più autorevole fra i diarii inglesi
(The Greek people^ and the Greek Kingdom. Bdimb. Ae^tcu;.,
aprile 4836). Ma sappiamo che solo il tempo e la sventu-
ra danno forza ai rimorsi e valore alle inutili profezie.
» Non più che la terza parte della nazione ellenica irovò
una patria politica nel nuovo regno di Grecia ; al quale se
fossero state congiunte tutte le isole dell'Arcipelago, e Cre-
ta, e la Tessaglia, e l'Epiro, sarebbesi dau una consistenza
e un istinto conservativo, che ora indarno gli si comanda
colla forza. — Sull' estensione attuale del regno greco non
abbiamo fermi riscontri. Il Balbi la faceva di 48,354 chil.
q., il De Reden di 895. 58 miglia q. geografiche germani*
che (chil. q. 49,136. 57): l'iliiniiano dei due Mondi, Ed-
mondo About {La Grece contemp. Paris, 1854.)/ e L. Sca-
rabelli (su un rapporto del Ministro della pubb. istruzione
Christopoulus) le attribuiscono 7,648,469 ettari : il Kolb 7S0
e lo Scheler 747, 6 miglia geografiche germaniche (39,500
e 39,336 chil. q.): infine l'Atlante del Colton 45,236 mi*
glia geogr. inglesi (39,44jl chil. q.) . — Più d' un terzo del
territorio è irto di montagne selvose e di nude roocie : indi
la dilBcoltà d' una esalta misurazione. I dubbj non ci pote-
rono essere chiariti neppure dalle earte pubblicate per cura
degli uflScialt francesi nel 4832 e nel 4852, né dall'opera
sulla Grecia del Wordsworth, tanto pregevole ne' rispetti
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dell' arte tipografica, e si scarsa ne' rispetti statistici e scien<>
tifici. Ma sia che vuoisi, il territorio greoo è uno de' più
vasti del mondo, perchè vorebbesi misurare e descrivere a
passi, e non a chilometri. L' Attica non pareggia in super*
ficie geometrica la provincia di Milano (4843 chil. quad.),
e nondimeno occupa uno de' più grandi e luminosi spazii
della geografia ideale. — SI hanno meglio accertate notizie
intorno alla popolazione del regno; 643 mila cristiani l'a-
bitavano nel 4833, appena finita la guerra dell' indipenden-
za, i quali in SO anni crebbero fino a 4,003,043 (4853)
— e negli ultimi quattro anni (4863-4855) giunsero a
4,043,453. -— Queste cifre accusano un aumento, che va
rallentandosi, e tende ad avvicinarsi alla proporzione del-
l'uno per 400 all'anno. — I sette decimi circa de' re-
gnicoli sono di stirpe greca; il resto arnauti (380,000),
ed armeni (30 in 30,000), con pochi ebrei. Le rendite
dello Stato sono di circa 30 milioni di franchi (nel 4856
32,723,079 dramme; 23,930,377 nei 4857; 48,375,307 nei
conto di prephione del 4858). L'esercito regolare non passa
i 40>000 uomini : abbondano i preti (5444 parroci), gì' im-
piegati, classe che moltiplicò sformatamente sotto la reg-
genza bavarioa (43,549 secondo il Kolb), e i marinai che
da veni' anni in qua raddoppiarono di numero, e di presente
passano i 30 mila. Un più rapido accrescimento ebbe la
marineria mercantile de' Greci, a considerare il numero e
la capacità delle navi; le quali nel 4834 non erano più
di 400; nel 4838 già sommavano a 3345 capaci di 89,643
toon. ; e nel 4856 erano 5,053 di numero e potevano por-
tare 395,000 tonn., che fanno un naviglio superiore a quel-
lo delle Due Sicilie ».
A canto al regno di Grecia sta il gruppo marittimo delle
isole Joniche.
« Questa picclola, ma florida parte di Grecia, che anco-
ra porta i segni della provvidenza veneziana, reggesi sotto
Amau. Statistica, voi. XXÌ, itrie 3.* \è
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274
nome di repubblica, federativa in gelosissima (mela deirin-
ghikerra. L'alto commissario della corona britannica ha sui
magistrati della repubblica jonica maggior balia di quella
che ne sia concessa ai governatori delle colonie inglesi. Le
sette isole nutrono su una' superficie di 2800 chil. quad.
2^9,797 greci 9 e 3000 soldati inglesi, che vi stanno a pre-
sidio. La corona prolettrice può tenervene quant* altri vuole
ma lo Statuto del 1847 assicura gli jonici di non averne
a sperare più di 3000: il soprappiù è una giunta gratuita.
Le finanze degli Stati Uniti delCJonia^ secondo i ragguagli
del Kolb, stanno tra ì 4 milioni e mezzo e i 5 milioni di
frcnnchi, che sarebbe già una rendita ^ragionevole. L'alma-
nacco di Gotha però (1858) fa ascendere le entrate del
1856 a 38i,439 steri, per gli Slati, e 42,216 steri, pei mu-
nicipii (una somma di 40,641,000 fran.); la quale notizia
ci pare spropositata, e non riscontra con tutti gli altri rag-
guagli.
Se le isole Joniche avessero ad essere restituite a sé
slesse ; e €andia che sotto il reggimento veneziano nume-
rava da 5 a 600 mila abitanti, e TEpiro, e la Tessaglia do-
vessero quandochesia ricongiungersi in un corpo coll'Eto-
lia, coir Attica, e col Peloponeso, la Grecia, allargandosi so
un territorio di circa 80 mila chilometri quadrati, potrebbe
in poco volger d'anni noverare cinque o sei milioni d'abi*
tanti, e crescere in ricchezza per modo da nascerle deside-
rio di quiete, e pensiero di conservare la libertà propria
custodendo Talirui contro V oltrapotenza russa. Ma finché la
Grecia non sarà che una crisalide di nazione, ella per ne-
cessità di natura punterà sempre, senza guardar tempo né
modo, a forar il bozzolo ed uscir alla vita.
« I moderni Elleni , sono accusati di non saper amare
che odiando : e veramente quello eh' ci portano alla loro
patria e alla loro fede , è amore disdegnoso e ombroso e
spesso ingiurioso agli altri popoli. Ma non si pirò dimenti-
care, che appena usciti cosi laceri e monchi di sotto al pres-
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275
8010 turchesco, t Greci si sentirono d* ogni parte e astiati e
insidiati: e per poeo non si negò loro persino la virtù guer-
resca , di cui avevano dato meravigliose prove nel loro
decenne duello coi Turchi ^ e la nobile eredità degli avi
loro ».
La legge delle analogìe indusse l'autore a far parola an*
che di un altro popolo a civiltà anticbissima e che tuttora
porta il marchio delia splendida civiltà latina. Ecco ciò che
ne pensa l'autore.
« Delle genti latine trattammo più a lungo, forse che noi
comporti la natura del libro ^ ma non senza ragione; per-
chè sol esse ponno darci risoluto il più gran dubbio che
travagli la mente degli uomini , se cioè le società umane
possano per virtù di senno e di volontà rifiorire e perpe*
tuarai^ o se invece debbano di necessità declinare alla veo-
chiaja, e finire per istanchezza e dissoluzione. Tutta Tanti-
cbità giudicò i popoli soggetti al fato comune delle cose
lerrestri, caduche e rinascenti per alternazione di vita e di
morte. Solo il genio latino osò primamente augurarsi una
vita immortale; perchè vive esso creando il geometrico
poema del diritto; presenti che le vere leggi della vita so-
ciale si trovano nelle etèrne necessità della ragione, anziché
nelle cosmiche vicissitudini della fortuna e del fato, nelle
mutabili ispirazioni del sentimento e nelle svariate tempe-
rie delle schiatte e dei sangui. Le quali leggi diventando
luce e sostanza di vita, ponno trarre da sé medesime la
forza continua di atteggiare e rimutare all' uopo il corpo
sociale, di prevenire il logoramento e la decrepitezza, e di
comooicare alla materia civile l' immortale gioventù e la
perpetua vigilanza del pensiero. Fin qui, noi si niega, il
mondo umano continuò a similitudine del mondo fisico;
dalla morte usci la vita, e la vita corse al riposo della
morte; la distruzione fu una condizione necessaria della
creazione; l'obblio una condizione necessaria alla memo-
ria. Schiatte nuove e nuove lingue bisogoaroeo ad «Uar-
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876
. gar lo spazio de! pensieri ; nuove terre e nuovi cieli si cert-
carono a nuovi sperimenti di civiltà e di ragione. Ora po«>
tremo noi mai evocare dal fondo stesso della natura uma-
na, e ottenere dalla fecondità e dalla onnipresenza dello
spirito le novelle condizioni di vita, che fin qui non si p0i>
terono trovare se non trasmigrando da paese a paese, da
gente a gente e quasi da natura a natura? Par che la vita
civile non divori sé stesso, come il mistico serpente degli
antichi; e che anzi dalla successione e dalla continuità dei
tempi essa tragga forze crescenti^ e colla fatica e coll'eser*
cizio acquisti, come il pensiero, un'incessabile vigorìa crea^
trioe e riparatrice, ecco il problema del nostro e di tutti i
secoli avvenire, che ci si propone sotto il tema volgare del
progresso. Le genti latine, le quali già sperimentarono due
periodi di civiltà, divise da una lunga notte piena di profeti^
che visioni, esse che due volte furono chiamate airintelligenza
della vita, e che ponno interrogare due memorie e pensare
con due anime, ora tentano spontanee e volenti la terza
palingenesi ; e, respingendo i paurosi beneficii delle tenebre
e della morte , la tentano nella piena luce della coscienza
e della storia. Cavare per maturanza di ragione dalle lun-
ghe sperienze, dai rimorsi , dai rimpianti e dalle infermità
senili coraggio e anoore d'innovata gioventù, ecco quaPè,
da settant'anni, lo sforzo della civiltà latina. Chi guarda solo
il viluppo e il contrasto di queste idee, dice confusione;
ma chi ben considera, sente quanto la vecchiaja sia atta a
comprendere la gioventù e a desiderarla, quanto la ragione
sia efficace suscitatrice di affetti, e come Tintelligenza possa,
merco di quella che Roroagnosi chiama suprema economia
del sapere, sgomberare lo spazio mentale a nuove idee, al*
leggerir lo spirito a vita nuova, ed esercitare cosi queiruf*
ficio di purgazione e di liberazione, il quale fin qui non fq
potuto compiere che dall' obblio e dalla morte.
> Sotto tre gravi pesi « per sentenza di scrittori noq
j(;nobilÌ9 s'iccascipao I0 g^ni) latine; il clima troppo stiipo^
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877
ktivo del tHeitoiì^ efae sfrUlta e logora la tlrilitir delle ge^
nerazioni e turba quasi per inebbriamento cosmico la teoh-
peranza della volontà 6 la lucidezza delI'iiuellezioDe; il culto
reso ascetico il quale circonda lo spirito ucnano come a dire
di un'atmosfera torrida, in cui s'avvicendano le esaltazioni
e i languori, gli ardimenti e le umiliazioni; e Infine la tra-
dizione gloriosa delie età classiche, che nel mondo dei fatti
come in quello dei pensieri, delle forme e delle immagini»
propone csemplai'i di non superabile finitezza, scoraggiando
e nel .tempo stesso acquietando nell'ammirazione le facoltà
creative d'una stirpe tanto più disperata da poter mai toc-*
ear di nuovo la perduta altezza^ quanto più ha pronto, sot-
tile e incontentabile il sènso della grandezza4 della sempli-
cità e della perfezione. Se queste cose fossero vere« con«
verrebbe dire che gli stessi influssi per cui già nei primor^
dii del rinascimento europeo, le nazioni latine precorsero a
tutte le altre^ ora tolgano loro i frutti d'una ferma e sapo-
rosa maturità; a quel modo che veggiamo accadere delle
piante primaticce^ le quali dal rigoglio d'una precoce fiori-' ^
tura trapassano ad una frondosità infruttifera4 Ma codeste
similitudini fisiologiche » le quali appropriano ai processi
dello spirito umano lo svolgersi dei corpi che non ban sen-'
80 e coscienza^ portano con sé la loro confutazione. Lo spi^
rito che sente e possiede la propria forztf, può discemere
ed eleggere; onde egli ha in sé il germe e il principio di
una crescente e perpetuabile libertà di cessare il male h
cercare il bene. Se codesta libertà d'elezione possa tanto
aell'uomo, ch'ei si disnodi una volta dalle spire della natu-»
re ricircolante^ la quale torna sempre sull'orme sue pro<>
prie finché vi si affonda, é ciò che si vedrà per prova
nelle genti latine messe al punto^ se toglion viverci di tro-
var r arte di rivivere e la forza di ringiovanire^ La storia
moderna , com' altri scrisse ^ é la storia della redenzione
delle stirpi dannate fin qui alla schiavitù della materia; a
questo verameaie della storia moderna è il prospetto so*
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S78
ciale. Altri aggiunse ch^essa è Tinsurrezione della storia an-
tica contro la storia del medio evo; e qaesto Teramente
della storia moderna è il prospetto filosofico; ma Vba, ere-
diamOy un prospetto più alto ancora e più naovo. Il tempo,
che è lo spazio deirintelligenz», e quasi a dire la propria
materia dello spirito anziché menomare, dovrebbe crescere
le forze di tntte quelle cose che vivono di spirito. Questa
è la legge delle immortalità^ alla quale s'aggiunge un'altra
degnità che spiega Tascensione perpetua dell'anima : fV mal$
cerca rimedii a sé stesso e il bene accresce desiderii e crea
presentimenti d'un bene maggiore.
€ Se il filo dunque non si spezza, se la coscienza per*
mane e in essa gli errori, i dolori, le sperienze si eonti*
nuano. non v'ha alcuna necessaria cagione d'inrernaiti e di
cascaggine; a meno che non vogliasi credere^ che anche
nel regno dello spirito le conseguenze della vita tirino a
negare e distruggere i principi! ond'ella mosse. Da quest'ai*
tozza vorrebbersi di nuovo chiamar ad esame i tre temi
degli effetti del clima ^ delle credenze e delle tradizioni ci-
vili ed estetiche sulla vita dei popoli latini, e sulle eredità
e trasformazioni organiche delle stirpi antiche in civiltà.
Noi possiamo vincere, o a dir meglio correggere e voltare
a nostr'uopo la natura in molte delle produzioni, dove pre*
valgono le forze inconscie e fatali ; ma ancora non abbiamo
scandagliato a fondo fin dove si possa vincere e correggere
e trasformare la natura, che è nostra propria. Direbbest
che conosciamo assai meglio l'arte di liberarci dalle streue
formidabili del mondo esteriore, che quella di possedere e
maneggiare le forze interiori , su odi dovrebbe aver pieoa
dominio la coscienza. E questo ci avviene perchè noi ci cre-
diamo più liberi o altramente liberi dj quelli che siamo in
effetto, e a ciascuno di noi pare di poter recarsi a un tratto
in mano l'indirizzo di sé medesimo, voltar l'animo proprio
e il pensiero come più gli talenti» e reggersi quasi per bai*
danza e per impeto di volontà. Ma in nessoa caso è si pò*
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279
co durevole la lirannide, come quaad'ella si «serciia contro
sé stesso. A noi conviene invece fabbricarci a poco a poco
e ammanirci con paziente diligenza gli strumenti del bene.
Il linguaggio, l'artCt la scienza, le istituzioni civili ^ e per*
sino il pensiero e la coscienza non hanno saldezza ed elB-
cacia se non per virtù di eonsuetudioe , per lunga tradi-
zione e moltiplicazione di sperienze, per prova e contro-
prova di fratellevoie convivenza. Come dunque dimostrare
che il tempo abbia di necessità a logorare la forza deli'in-
telligenxa e della spontaneitii? Ben può farsi, che alcuna
volta il bene porti tentazione di Irasouraggine e d'abuso;
ma questo non avviene per legge fatale, sibbene per colpa
e per dannazione volontaria. Che il clima benigno ai sensi
e largo ai bisogni dell'uomo, che le ispirazioni cristiane ri-
velatriei del paziente entusiasmo d'amore, che le belle e.
grandi tradizioni dell'antichità classica (vocabolo propriissi-.
mo a significare il pregio di una sicura ed eflicace parsi-
monia nell'elezione delle forme e nell'uso delle forze) ab-^
biaoo ad essere di necessità peso e scandalo e vecchiezza
allo spirito, non potremo mai indurqi a crederlo; e piutto-
sto confesseremo colpevoli e dannabili le stirpi che lasciano
intorpidire e spegnere io sé, per una cotal sazietà del bello
e del bene, i più cari e salutiferi doni della provvidenza.
Ma noi siamo di quelli che credono profetica l'epigrafe po-
sta da un bi^arro tribuno pulla breccia di Roma: La sto-
ria romana non è ancora finita ».
Dopo questo preludio si fa l'autore a ricercare le con-
dizioni statistiche delle schiatte latine; e qui è dove fran-
camente confessa di mancare in gran parte di documenti.
Premett(3 innanzi tutto una rassegiia biblio{;rafica di tutte
le opere statistiche italiane, e fa conoscere come queste
non diano che notizie a frammenti. Reca in seguito un pre-
ziosissimo lavoro di Pietro Maestri sulla popolazione appar-
tenente ai paesi di razza latina. Secondo i calcoli dal me-
desimo istituiti la popolazione complessiva dell'Italia e delle
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isole non sarebbe minore di S7,I07,039 individui, sparsi
su una superficie territoriale di 8S7,086 chiloroelri quadra-
ti. La sua densità media sarebbe di 83 abitanti per ogni
chilometro quadrato. Confrontando questo dato statistico
col resto della popolazione europea, la quale sarebbe di
370,000,000 di abitanti, sparsi su 9,900,000 chilometri
quadrati, si avrebbe a favore della rana latina che questa
ha una densità sestupla a confronto del resto d'Europa, o
in altre parole dove nelle altre regioni d'Europa vive un abi-
tante da noi ne vivono sei ; ed in confronto di tutta la po-
polazione del globo l' Italia dà 48 abitanti che vivono là
dove nel resto del mondo non vive che un uomo solo.
La densità specifica della popolazione 6 già un buon
sintomo della vitalità civile della razza latina che non si
depaupera nelle emigrazioni, né col decremento prodotto da
cause d* indole esiziale.
Rimane ora a vedere qoal valore abbia questa popola-
zione rispetto alla produttività economica; ed anche qui il
dotto compilatore dell'Annuario confessa di conoscere me-
glio lo stato economico dell'Inghilterra, della Francia e per-
fino dell'America, che non delle varie regioni abiute dalla
stirpe latina. Egli si prova a riassumere il bilancio della
possidenza territoriale, e colla scorta degli studj statistici
dello stesso Maestri s'ingegna ad offrire qualche prospetto
statistico. Secondo i suoi calcoli si conterebbero in Italia:
Ettari
Terreni aratorj con e senza viti. . 11,875,584
Prati naturali ed irrigui .... 4,874,076
Risaje 488,092
Oliveti 620,694
Casugneti 638,043
Boschi 4,866,520
Pascoli naturali 6,496,645
Sugni, valli e paludi 4,848,828
Terreni incolti 6,775,787
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Da questo prospetto agevolmente rilevasi che cir(^ tre
quinti del territorio italiano è per la natura sua pioitosio
alpestre ed in parte paludoso e costretto a non dare che
prodotti montanini, e solo due quinti e in grado di offrircf
prodotti veramente agricoli. Questo deve porre in avver-
tenza chi regge la cosa pubblica nelle varie regioni italiane
che non si può troppo pretendere dal^ agricoltura che ha
limiti piuttosto angusti, lasciando ai poeti ed ai touristi il
eostume di chiamar per vezzo antico questo pittoresco paese
il giardino d'Europa.
La statistica dei prodotti rurali pone in evidenza questa
fiiUo economico.
Giusta i calcoli stati istituiti dal Maestri i prodotti agri*
eoli deiriulia sarebbero i seguenti:
Ettolitri
Frumento « • • 36,400,000
Zea mais S4 ,000,000
Segale • . 8,136,000
Orzo 3,340,000
Avena 760,000
Riso 1.818,000
Cereali minuti 7,000,000
Legumi 3,400,000
Castagne 6,325,000
Olio 4,467,000
Vino 38,340,000
Patate 3,000,000
Alcuni altri prodotti che servono airalimento del beslift-
ne ed air industria nazionale vennero cosi calcolati:
QuinUU
Foraggi 8»000,000
Canape .......... 898,000
Lino . * 814,000
Foglie di gelso 10,860,000.
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L'wtore però didiiara che quieste cifre non sono che
upproasimaUve.
Eguali notizie ci vengono offerte riguardo ali* industria
italiana che noi non riproduciapao avendo già avuto cura
di pubblicare nei nostri Annali le parti più notevoli dei
lavori statistici già posti in luce dallo stesso Maestri ed an-
che dal professore Luciano Scarabelli.
Riguardo al commercio non è in grado Fautore che di
offrire poche cifre sgranate che riguardano soltanto il re-
gno Sardo, il gran ducato di Toscana, e gli Stati ponti&cj.
Per supplire a cosi grave lacuna cercò almeno di presen-
tare un quadro statistico abbastanza esatto delle strade co-
muni, delle stra()e ferrate e della marineria italiana. Do-
lente l'autore di non poter dare dippiù si volge a tutti i
buoni perche jo ajutino nella compilazione degli Annuarj
futuri, e dice che sarebbe bello poter cosi /are per opera
di privata diligenza e per miracolo di concordia letteraria
quello che altrove appena riesce per virtù di pubbliche isti-
tuzioni* E poi siamo lieti di poter sin d' ora annunziare che
questo voto non rimarrà punto un pio desiderio. Leggemmo
già nei giornali che l'Accademia di Udine sta compilando
una nuova statistica del Friuli per donarla all'autore del-
l'Annuario statistico italiano, e valenti statistici stanno rac-
cogliendo in pltre parti d'Italia buone notizie per ingem-
mar^ i futuri volumi di quest'opera eminentemente patria.
Noi pure contribuiremo colle povere nostre forze per mo-
strafoi meritevoli dei vivi incoraggiamenti che, ad onta di
mille ostacoli che ne tolgono ormai la lena ha l'autore cre-
duto di prodigare a questa nostra opera periodica.
G. SaccAt.
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Naavl d*cttiBeatl •taMstld iat«ra« «1 p»e»l j
dcU*4
La California.
I.
I,
I periodo decennale ora trascorso sarà segnato nella storia
della eolonizxazione come uno de* più importanti. Dorante
questo periodo la popolazione del Canada s'è aumentata
d'un ter2o; quella delle colonie dell' Australia s'è elevata,
da 300,000 o 400,000 anime, a quasi un milione; la sola
provincia della Vittoria, ch'esisteva soltanto nel 4847, ha
ora una rendita annua di 8 milion} di sterline (75 milioni
di franchi). Una futura Gran Bretagna fu fondata ed orga-
nixzala nella Nuova Zelanda. Tre nuovi Stati, dei quali il
più considerevole è la California, e sette od otto terrilorii
furono aggiunti airUnione nord-americana, per occupazione
0 per conquista sul Messico^ Il mondo commerciale si è
arricchito di tre grandi mercati, due sulle rive deirOceaoo
PaciBco, i di cui nomi sono famigliari alle nostre orecchie
come quelli d'Amburgo e di Amsterdam ; il terzo sui grandi
laghi d' America , e che , benché meno noto in Europa , è
forse la più rimarchevole creazione dei tre; essi sono: San-
Praociscò, Melbourne e Chicago. Nessuna di queste tre città
è menzionata nell'edizione del 4849 del Dizionario di Geo*
grafia di Mac-Cullooh. Aggiungiamo alla fine che in questo
stesso periodo decennale gettossi una ferrovia attraverso
l'istmo di Panama, e s'è quasi compiuta quella dell'istmo di
Suez; diremo pure come in questo periodo, per mezzo del
vapore, si stabilirono oomunioaiioni sopra tutte le grandi
vie oceaniche del globo, ad eccezione del Pacifico, e si c»>
perse il continente ed i mari d'Europa colla rete del tele-
grafo elettrico.
Certamente sono questi prodigiosi lavori compiuti in uno
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«84 '
spazio di tempo eguale ad ud sellimo della vila ordinaria
(lelPuomo; e la è eosa poco probabile che s'abbiano a ve-
dersi rinnovare sulla stessa scala, a meno ehe circostanze
simili, affatto indipendenti dalla volonlh deiruomo^ non ab-
biano a riprodursi ; noi vogliamo parlare della distruzione
dei mezzi di sussistenza di tutt'una nazione (4)i ^ ^^"^
scoperta simultanea di vasti depositi auriferi sopra due punti
diversi della superficie del globo. L'emigrazione, almeno
quella delle isole Britanniche , s'ò di molto diminuita ; ma
la spinta colonizzatrice data alla popolazione europea con-
tinuerà ancora molto tempo a produrre i suoi effetti, e di
tutte le parti della terra che non sono ancora del tutto oc-
cupaie, non ve n'ha forse ehe offra on più bel campo alla
civilizzazione cristiana quanto la regione nord-ovest dell'A'
jnerica, dalla frontiera del Messico fino ai confini dei pos*
sedimenti russi.
Pareva poco probabile che una parte assai considerevole
dell'immigrazione che doveva popolare queste contrade vi
si portasse dagli Slati sulle rive dell'Atlantico attraverso il
icontinente americano; la distanza da trapassare era troppo
grande, il viaggio troppo faticoso^ malgrado il nuovo eie*
mento introdotto nei calcoli dalla scoperta dell' oro , ed il
furore epidemico occasionato da questa scoperta nei pazzi
anni 4849-1854; i fatti hanno eonfermato questa congettura
e non si valuta più di un sesto della popolazione bianca
della California il numero di coloro ehe vi sono penetrati
per questa via , mentre che migliaia d'individui che tentai
rono prendere la stessa via hanno disseminato le loro ossa
nelle vasti solitudini delle praterie ,0 nelle gole delle mon«
tagne Boccate. Lo strano stabilimento della reput^blica dei
Mormoni, a mezzo del eammino tra la frontiera del Kansas
e queUa della California, ha, in causa, di circostanze politi^
(I) L*irlaoda.
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285
die, inoagliato piatlosto che facilitalo le comunìcaxioni ;ve
la maggior parie degrimmigrati pervennero a San-Franoisco
per mare pei primi anni che seguirono la scoperla dell'oro,
e prìncipalmenie col mezco di magnifici elippers coi quali
gli Americani non lardarono a far passare il Capo Horn. Si
potè dire che la creazione di San-Prancisco era dovala ai
chppers. La necessità df trasportare rapidamente le mercan-
zie sopra un mercato cosi lontano e cosi esposto ad essere
empito forzò ben presto gli armatori interessati al commer-
cio della California ad inventare nuovi modelli di bastimenti,
d'una mossa superiore. Questi bei elippers impiegano circa
quattro mesi a percorrere le coste delle «due Americhe (i).
Ma da ehe fu compiuta la ferrovia attraverso l'istmo di
Panama i viaggiatori adottarono di preferenza questa via.
Infatti la regione impraticabile che occupa il centro del-
l'America del nord non ha meno di trecento cinquanta le-
ghe di larghezza media ; ò una barriera formata di molte
patene di montagne , alternale da piani sabbiosi o petrosi ,
mancanti d'acqua d'estate, e dove l'inverno ò estremamente
rigoroso.
La topografia dello Stato americano di California, la di
cui estesa superficie eguaglia quasi quella della Francia ^ è
semplicissima. Dapprima è una lunga valle confinante all'est
eolla Sierra Nevada, all'ovest da una catena di alture di
poca elevazione e che comunica colle miniere per l'unica
uscita del porlo di San-Prancisco, designata dai moderni suoi
abitanti col nome pittorico di « la Porta d'oro > ; io se-
condo luogo il versante raaritlimo di queste alture.
La regione compresa tra questi limili sembrava, a parte
ogni esagerazione, essere una delle contrade le più amene
della terra. Essa presenta tutte le varietà d'aspetto, dalle
{ì) The Jnale of California, bj F. Soulé
NUbcl, ia-8.® New-York, 1854,
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S86
moQlagne coperte dì neve fino alle larghe vallate pastorali;
essa manca un pò di yaste pianure. Il suo clima, se lo ri*
guardiamo pel benessere e soddisfacimento dell' uomo, è
uno dei più belli che si conosca. I^a sua temperatura ri*
corda quella dell'Italia; ma il suo cielo è più sereno e più
secco, e l'aria è di molto più pura. Essa tiene un felice
mezzo tra l'aridità del Messico ed il clima piovoso dell'A-
merica del nord-ovest»
e L'anno, dice il proGessore Seyd (4), si divide in sta-
gione secca e stagione piovosa. La stagione secca comprende
la maggior parte della primavera, tutto l'estate ed una gran
parte dell'autunno. In vicinanza a questa costa il calore i
temperato dai venti che soffiano dal mare all'interno : esso
è alcune volte forte di giorno, ma verso sera l'aria si raf-
fredda e si può sopportare, alla notte, una leggiera coperta.
La stagione delle pioggie, che è Io stesso per altro d' una
stagione di pioggia perpetua, d'ordinario comincia verso la
^ne di novembre e dura fino al mese d'aprile. La tempe-
ratura rarissime volte s'abbassa sotto lo zero, e non si vede
la neve che sulle montagne, dove essa cade in abbondanza
ed alimenta le correnti d'acqua per l'esute.
» Gli uragani in California sono quasi sconosciuti par-
ticolarmente nel nord, e non si è giammai inteso il tuono
a San-Prancisco. Leggiere scosse di terremoto si sono per
vero alcune volte fatte sentire, ma esse non ebbero giam-
mai deplorabili conseguenze..... L'aria della California è d'una
trasparenza straordinaria, e la luna vi brilla d'una luce si
viva che si può facilmente leggere un libro come ad una
luce ordinaria. »
Senza del tutto dividere l'entusiasmo del signor Seyd,
che è un agente d'emigrazione, noi crediamo che alla fine
(I) California and its Ae$aureeSp by E. S^d, io-8.* Loadao,
1£58.
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287
non ci ha moUo ingannati sui vantaggi reali del clima della
California. Pure la secchezza dell* estate è per gli europei
penosa, e la stessa San-Francisco, collocata in una specie d'ini*
buto che raccoglie i venti del mare e li trasmette airin<
terno» non pareva essere, sotto questo rapporto, una loc9-
lità molto seducente.
e Se i* inverno non è straordinariamente piovoso « dice
k sìg/ Farnham (4), che non è prevenuta in favore del
paese, vi si gode una temperatura soddisfacente. Nel caso
contrario si ha T innondazione e la stagione piovosa non
cessa che per far luogo a ciò che si chiama abusivamente
Testate, stagione cosi fredda per cui si è obbligati di co-
prirsi più ancora del mese di gennajo; tanto umida, in causa
delle nebbie, che si è penetrati sino al midollo delle ossa;
ed una passeggiata al di fuori dopo mezzodì è una lotta
perpetua. I vostri occhi sono acciecati, i vostri denti ag«
ghiacciati, e voi siete talmente tormentati dalia sabbia che
penetra attraverso le vostre vesti che è indispensabile, per
rimettersi, di cominciare a prendere un bagno caldo, lusso
che non si può procurare nella propria casa, comechè l'a-
cqua è assai rara e, in generale, di cattivissima qualità. »
È una particolarità rimarchevole del clima che noi dob-
biamo menzionare Tassenza di proprietà di decomposizione.
Le malattie occasionate dall'aria cattiva, le febbri lente od
intermittenii parevano essere quasi sconosciute. Fu una fe-
lice circostanza per San-Francisco che» durante la sua feb-
bre d'oro, fosse preservato da altre epidemie. I disgraziati
emigranti perivano a migliaia di fatica piuttosto che di ma-
lauia, ed i loro cadaveri formavano per cosi dire il lastri-
cato delle eontradcf.
(i) California Indoors and Outf by Elisa Pamham, ìq-8.^
Kcw-York, 1856.
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S88 '
« Si irelasciara perfiuo la fitica dì fare apesa aleoot
per le tombe e le lenzuola, e doq si aveva Demmeno il
tempo di andare ad ud meuo miglio di disunza per ren-
dere gli ultimi doveri agli avanzi d' uno straniero. Un buco
poco profondo, fatto nel primo terreno vacante, faceva le
veci meglio del più sontuoso mausoleo. Più tardi, nel li-
vellar le contrade , facendo poui , fondamenta di case , si
ritrovò una quantità d' individui eh* erano stati sotterrati a
questo modo >. {^Annali di San-Francisco).
Nessuna Nemesi vendicatrice punì colla peste questo sei-
vaggio disprezzo degli ultimi doveri dell'umanità: i cadaveri
si trovavano trasformati in mummie dalla sola azione della
natura.
( Collimila )•
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BOLLETTINO DI flOTIZIB STATISTICHE ITALIAIKE S STBARIEM
E DELLE PIÙ impoetauti irvenzioui e scoperte
0
PROGRESSO DELL' fNDUSTRlA
DELLE UTILI COGNIZIONI.
Fascicolo di Marzo 4859.
NOTIZIE ITALIANE
Eelasloiie del podentà BoMle AMe^^mnéirm Mmtr^
eeffo al Conml^ì!k9 «•manale di Veneslaf nella
ternata 14 dicembre 1868 « «alle eendMlenl
aaimlnlstratlve dell^anne.
0
uimo consiglio, e degno di essere imitato dai reggitori
di altri municipìi, sembraci quello, ora iniziato dal podestà
(il Venezia, di far pubblicamente noto quanto è slato ope-''
rato in vantaggio del comune, quanto si crede maggior-
loeote utile da operarsi in seguilo, e le vie che condussero
0 potrebbero condurre ad ottenere i desiderali migliora-
menti. Questa relazione è stesa con vedute larghe e Gian-
tropiche, ed il signor Marcello mostra continuamente grande
amore per il suo paese, senza mai lavarsi trascinare da
grette passioncelle municipali. E quando anche crede suo
dovere di confutare alcune inesatte asserzioni relative a
quella città, che si leggono nella grande illustrazione del
▲rbau. SiaUitka. voU XX/, terU I.* I»
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S90
Lombardo-Veneto, egti si mostra sempre calmo ed animalo
dal solo amore del vero.
Venezia per la sua umile origine , il suo rapido incre-
mento, la sua singolare positura, la sua splendida storia, i
suoi maravigliosi monumenti, desta in ognuno sentimenti di
ammirazione e di amore; ed ivi danno convegno genti di
lontane regioni, attratti eziandio dalla cortesia e dall'umor
gaio de' suoi abitatori. Ma quella città per essere fabbricala
in mezzo alle acque, sovra un terreno molle, esige molte
cure per la sua conservazione, laonde quando per incuria
dei reggitori, o per la tristizia dei tempi non vi si prodi-
garono le necessarie cure, la si vide presto decadere ; ma
da alciiue decine di anni, volfjendo per essa tempi migliori,
sebbene interroui da deplorabili avvenimenti, ed essen-
dosi ridestato nei cittadini l'amore per il luogo nativo, che
forse rimase per qualche istante assopito « noi vediamo di
continuo farsi più leggiadra e ringiovanire quella superba
regina dell'Adriatico.
E sembra che il podestà Marcello si adoperi eoo molta
alacrità ad accrescerne i comodi ed il decoro. Discorre nella
presente relazione di quanto venne a tale scopo eseguito
nell'anno 4858. Migliorate le cisterne di acqua potabile, sca-
vato un pozzo al lido, espurgati canali che si andavano
ostruendo, ristaurati o rifatti ponti, rinnovate strade, alcune
allargate, riattati alcuni fabbricati comunali, fra quali la bella
lorre del'orologio nella gran piazza di S. Marco, aperta una
bella strada al lido a vantaggio di coloro che si recano a
bagnarsi inél mare, e dati molti provvedimenti per miglio-
rare la illuminazione della città, per rendere le strade più
pulite e togliere in parte gl'ingombri dei venditori che ne
rallentavano il momento, particolarmente i pescivendoli ed
altri riordinamenti anche ampiìnistrativi; tutto ciò costituisce
Toperato del decorso anno. Altri simili lavori poi propone
da eseguirsi in seguito, fra quali preparare un piano di or-
dioamciito generale dei canali e delle strade con opportuni
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29!
ithrgameotif da auivarsi quando ai preieoti T opporiuniii ;
•eavare nuovi pozzi al lido per poi condurre l'acqua a Ve-
Dczia, e iogliena per tol modo dal pericolo che la petn-
lanza od il ca$o di guerra la riduca in un'irreparabiU ne^
cetiita; ed a tale oggetto vennero anche iniziati studi! per
depurare l'acqua salsa e renderla potabile. Cosi pure si prò-
pongono nuovi regolamenti amministrativi , nuovi risiauri ,
ed il progetto di un cimitero, e provvedimenti affinchè iJ
classe povera non abbia a dimorare in abitazioni malsane.
Né vien dimenticata la parie intellettuale, annunziando che
si sta per aggiungere alia scuola reale, per cura del comune,
l'insegnamento di nautica e di commercio, ed è presso a
fondarsi un istituto per l'insegnamento della musica.
Si annunzia poi che il Municipio, unitamente alla Camera
di Commercio ed al comando della marina ha preso in
esame un piano per costruire un dock di raddobbo, ciò che
iispemerebbe d'inviar bastimmUi con grande dispendio ai #i.
mUi slahilimenti d: Inghilterra, facililerebbe l' estero commer-
do, e renderebbe di più eoddis fazione lo scalo di Venezif. E
parimenii eoi concorso dei diretiori degli stabilimenti di
beoeCcenza, si è posto mano a riordinare la pubblica carità,
mentre avviene a Venezia, come in altri luoghi, che essen-
dovi esuberanti mezzi per provvedere alla miseria, questi
riescono insufficienti, per non essere acconciamente disiri-
boiti; e su tale argomento trascriveremo alcune parole del
Marcello che ci sembra possano ensere utilmente meditate.
e Scorsi i registri della fraterna dei poveri, sì potè di
leggieri riconoscere essere ben oltre una meti degli inscritti
tuli' altro che da classificarsi fra coloro che meritano ele-
mosina. Soavi anzi moltissimi tali che dovrebbero offendersi
d* essere inscritti fra miserabili. Chi è più degno d'invidia,
chi deve sentire maggior orgoglio di sé dell'operajo e del-
l'industriante, i quali colie loro onorate fatiche, acquistano
il pane alle proprie famiglie ?• Essi sanno di essere indivi-
doalmente più alti nell' opinione di chi oell'osio aonMiOia
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392
il provento dell' avito patrimonio. Possono bensi per mabi-
tia 0 per cessazione di lavoro versare in istrettezze, e quindi
abbisognare precariamente deirajuio de* fondi, che la be-
neficenza dei vivi e dei trapassati offre all'indigenza; ma
non sono veramente poveri nel vero senso, non indigenti.
Se ci limitassimo alla sola miseria impotente e permanente,
si restringerebbe d'assai ancora il numero de' nostri poveri.
Nel senso delle antiche nostre benefiche istituzioni non sono
quindi mendici tutti coloro che figurano nei registri delle
parrocchiali fraterne, ed i realmente poveri non sono a
Venezia in diversa proporzione che nelle altre città a pari
condizioni, pertanto dobbiamo conchiudere che quelle cifre
favolose che si è piaciuto alcuno di portare talora in campo,
più a commiserazione che a provvedimento, devono essere
ridotte di oltre la metà, come osservava anche di recente
la Commissione generale di pubblica beneficenza, ma sono
tenute soltanto in evidenza pegli eventuali sussidii ».
F. Sanseverino,
—eoo—
lV#tlsle 0t»tl0tiche 00 i sordo- matl di campiifBS
educati li» llllaiio.
( Da aoa lettera diretta al Compilatore )•
La Commissione promotriee dell'educazione dei sordo*
muti in Milano ha stampato coi tipi dell' Arcivescovile una
relazione de' fatti suoi piena di notìzie su molti stabilimenti
italiani e stranieri per lo stesso santissimo fine. Che fd al
mio periodico, soggiungerete voi, questa novella? Abbiate
pazien^ che non è estranea e deve entrarvi se mei per-
mettete. Fra le tante cose dette e date in quel libro è il
programma per un saggio che offerir dovevano e offersero
nell'agosto 4858 al pubblico, ò una serie di temi póni dai
predenti agli alunni, e lo svolgimento da essi dato stant
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398
pede in uno. Uno è c^eeto: Un sordthmutó icacùiaio dallo
stabilimento de' tórdo-muti^ scrive (U rettore* Quegli è i?er<h
mente pentito e riconoBce che il castigo è giusto, li sordo-
muto a cui è toccato T argomento diede mano alla penoa
e diresse la lettera al suo Rettore Don Erpìlio Tarra.
e Molto reverendo sig. Don Emilio
« Città, 23 agosto 1858.
« lo l'amo assai con tanto rispetto, mi ricordo di lei
> e pregherò sempre Dio di benedirla.
» Io so che Ella è buono e giusto, poiché dovette di-
> scacciarmi dallo stabilimento de' sordo-muti , perchè io
» non studiai la santa religione, gli esercizii della gramma-^
> tica, ecc. Ma quando abbandonai lei ed i miei compagni
> le obbedii rassegnandomi al voler di Dio. Quando io
> andava alla mia patria di tanto in tanto mi fermai, pre*»
» gando che, quando io vi entrerei, la mia famiglia mi
> vedrebbe e piangerebbe dirottamente perchè io la offesi
» e perchè essa mi accusò sempre- con premura e con
> amore.
> Io proseguiva per la strada e vidi una cappella sulla
* quale era dipinta Maria Vergine con Gesù Cristo morto;
* poi mi rivolsi ad essa, m'inginocchiai davanti a Maria
> Vergine, sollevai gli occhia poi diedi in uno scoppio di
> pianto, perchè io mi ricordai di avere offeso lei e dissi
> alla Santissima Madre di Dio: — Tu aiuta sempre Don
> Emilio Tarra con amore, ma io spero che tu mi soccer*
< rerai ed infonderai in luì di perdonarmi. —
> Perciò io mi consolai un pò, e mi asciugai gli occhi
> eoi fazzoletto perchè Maria Vergine mi ajutò nel cuore.
> lo proseguii alla mìa patria , ma mentre io vi entrai
> la mia famiglia mi abbracciò con contentezza perché
> essa pensò che io avessi finito gli studii, dunque io vi
» stessi sempre. Ma io la gestii il mio fatto ed allora questa
> si mise a piangere con dolore pensando che affaticò inu*
» tilmente per me.
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S94
» Sebbene io desideri di domindire il perdono a lei,
» Uittavia io temo ehe Ella non mi perdoni; ma il sig. par-
» roco mi insegna la bontk, mi eorregge per rendermi
> buono; laonde io lo ringraziai, sperai ehe Ella mi per-
» donerebbe.
> Infatti io presi questa carta per iscrirere a lei per
> pregarla di concedermi il perdono, perchè io sono eerta-
» mente pentito. Le domando il perdono inginocchiandomi
» e piangendo dirotlamenie con tanto dolore; ora le prò-
» metto di obbedire a lei sempre fino alla morte*
> Ma io prego lei di ciò perchè io desidererei di ri-
p tornare allo stabilimento dei sordo-inoti. Allora io le ha-
9 cierò la mano con tanto rispeuo desiderando di insegnare
> ai miei cari compagni robbediensa verso di lei.
» Se Ella riceverà questa mia lettera e mi esaudiri io
> mi consolerò tanto e ringrasterò la Santissima Madre di
» Dio.
» Io la riverisco con tenerem, ed Ella riverisca i miei
> benefattori con umto rispetto e loro iaccia molli augurii.
> sono
M Di Lei
• AflTez.^ ed umiliss.^ scolaro
^ Moneta Giuseppe, sordo-muto »•
La metà prima di questa lettera è visibilmente dettata
da una mente turbata dalla possibilità vera del caso pro«
posto. E sotto la impressione che la idea fece su quello spi-
rito è uscito un tratto di composizione delicatissimo ed
fsposesi in uno stile che non si trova ehe nella Bibbia mo-
saica. Tutti gli affetti gentili e generosi vi sono in oioaM
e magnifico è quel consolarsi dopo la preghiera^ poetico e
filosofico queir asciugarsi gli occhi per essersi sentito fiutalo
usi cuore da Colsi a cui nella preghiera si era rivolto* Eoctf
la efficacia della preghiera.
In questa quiete e fiducia dell* animo la finaione and&
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S95
perdendo la sua forza, e certo la 'lettera si trascina con
isiento sino alla fine, perchè reputo che Jo scrivente non •
molto Tolentieri si trovasse in quel tema. Nella educazione
dovendosi insegnar di virtù non avrebbe mai a entrare que-
sta idea di un male che ha del vile. Rammento che del
1842 all'ospizio de' sordo-muti a Roma toccò da una vi-
siiatrice un alunno un tema press* a poco eguale, e Talunno
mutò colore e fisonomia e dato di piglio al gesto scrisse
sulla lavagna: « Questo non può accader qui »• Ma quegli
aveva un sedici anni di etk, questo Maneta non ne numera
die dieci. Ora tenuto conto della ripugnanza che dovrebbe
sentire a trattare una finzione di un fatto che a buona educa-
zione dovrebbe essere impossibile, ed esaminand » tutta la
prima parte io domanderò volentieri in quale scuola privata
0 pubblica delFun sesso o dell'altro ò una persona di
dieci anni fornita di tutte le sue facoltà fisiche, la quale
air improvviso, e in faccia di un popolo, sia capace di dare
quello che il Moneta diede? Il quale finita la lettera volle
scrivere un complimento pietoso ai suoi benefattori che aveva
innanzi.
« Il mio cuore è assai contento perchè vedo i mici bene-
fattori. Quando io andrò alla chiesa del mio paese racco-
manderò i miei benefattori al Dio buonissimo. -
« Quando io disoorr^ò colia mia famiglia, le dirò: lo
mi riaordo dei miei benefattori, perciò noi preghiamo Dio
di benedirli con molte grasie. — Quand* io beverò un bic-
chiere di vino, dirò ai miei amici: — lo bevo questo vino
alla salute de' miei benefattori! Evviva ».
Quelto brindisi, o questa scappata mostra di che indole
sia il giovanetto, il quale tutto preso dai pentimenti di bontà
e per Dio e per gli uomini niente sa dire che non sia per
Soddisfazione degli animi che asp*u*ano al bene. Di che ca-
rattere, si vede dal brindisi stesso — ilare e buono. Quei
tema lo doveva dunque avere disturbato molto, e senza ciò
reputo «he sia molto egregiamente educato al sentimento
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dei bene e del vero, alla rieonoteenza e alla gralitodiné pei
ricevuti beoeBzi; la qoal condiiione insinuata in molti aoiiai
è cagione che da ogni onesto cittadino si auguri che i me-
todi che opera per gli altri educatori si conducano come
in questo de* sordo-muti. Ben so, e intendo, che manchevoli
come sono di un organo si pericoloso a corrompere ogni
affetto e a guastare ogni inclinazione, perchè ad esso affol-
lansi dall' esterno mille e mille svariate indicazioni di ogni
forma, di ogni stile, di ogni forza, di ogni valore, di ogni
bontk e« noi dissimuliamo, di ogni malvagità i sordo-muti
più facilmente che alurt si possono tener lontani da ciò
che perverta la mente e l'animo di altrui, e quel can-
dore di stile che appare nella prima metà della lettera
di questo ragazzo di 40 anni sono appunto da ciò; pos-
sono gli educatori degl' imperfetti parere , ed essere più
miracolosi che gli educatori de' perfetti. Ma io vorrei sapere
se pei perfetti si usino quelle cure e quelle diligenze che
per gP imperfetti. No, no; universalmente fidasi troppo su
tale perfezione, mentre a parer mio anzi allora che si ha
innanzi una facoltà di più si dovrebbe avere maggiore stu-
dio a che la non si impiegasse male. Male impiegata, vanno
a male quelle cure più speciali che alle alire si danno.
V. S. chiarissima apprezzando questo saggio non potrà
a meno di domandare se gli altri corrispondessero a cotal
segno ai loro studii. Noi sappiamo che si producono sempre
i migliori, ma questo è per mostrare che se terra è, V agri-
coltore fa il suo debito. Tuttavia gli altri non male resero;
ma da questo vedesi che la istruzione e la educazione è
compartita degnamente alle speranze del paese. Sono 56
i maschi ricoverati e 34 le femmine, certamente non tutii
al medesimo grado d' intelligenza, d' attitudine, di capacità,
ma tutti nella cura istessa, otto de' maschi e due delle
femmine mantenute nell' ospizio da tutt' altra provvisione
che da quella della carila individuale.
V. S. chiarissima ohe con molta e diligente attenzione
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2W
prosegue lo sviluppo dell' educaiione di questi paesi italiani
arra spero a rallegrarsi di questi prodotti , e non reputerà
dissonante al perìodieo suo il registrarvi questa nota, invi-
tando anzi i cittadini a volerla soccorrere in tutto il suo
bisogno, che è ben grande, con ciò sia che nella sola pro-
vincia di Milano siano 370 maschi e 387 femmine che aspet-
tano la grazia che Dio Signore per mezzo dei più gentili
cittadini e pietosi compana a questa classe di sfortunati. Dei
quali abbiamo cifre distinte di dichiararsi atti e di non atti
a ricevere con effetto buono il rimedio o il soccorso alla
loro disgrazia, e le cifre sono :
Di atti Di non atti
maschi femmine maschi femmine
dair 1 ai 9 anni
55
43
48
4S
9 ai 45 »
67
40
SS
34
45 ai SO >
82
84
65
S9
SO ai più »
S9
24
S4
37
Nei maschi è maggior numero d' inetti al tempo dello
sviluppo della pubertà, passato il quale cresce anche il
numero delle femmine che relativamente ai maschi si man-
tiene altissimo nell' età più adulta. Il rapporto dei sordo-
muti maschi alla popolazione è di 0,5593 per mille, delle
femmine è 0,4338 per la maggior cura che si ha del lor
sesso sia nel contegno domestico, sia nelle fatiche. Tutt* as-
sieme è 0,9932, 0 r uno per mille della popolazione.
Quanto costerà il loro mantenimento? — Nel 1855 fu
di lire austriache 1,54 per ciascuno, nel!' anno succes-
sivo 1,88; nel 4857 fu di 1,55. Le famiglie di Milano
ciiià e provincia sono sicuramente 433,000; scartiamone
un terzo di persone che non abbiano che il proprio la-
voro, ci rimangono 88,700 famiglie che possono pensare
alle limosine abituali ed alla nuova. Quanto dovrebbe dare
ciascuna famiglia? Una minima somma ogni di: un cente-
simo e quindici millesimi {\ir 0,0445..!) ossiano: 0,0845
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S98
per éettimana, OTvèìro trentaquatiró cenUsini e mtzsè per
'inesef Quil'è oiai qndla famiglia, di quei dae terzi di laica
la popolaiione della proTincia, che non possa aite sue abitoalt
limodioe eoDoedere un aumenlo di irentaquattro etnteiùm
t m0zto per mese? Bisogna pubblicare quesi^arttmetiea am
lutti i canti, e ne supplico alla Commissione di beneficeiua
per questi sgraziati.
Ma sonoci altri fratellr, oltre i provinciali, a cui soeeor*
rere sparsi in altre provincie, che per amministrazione spi-
rituale si trovano sotto lo stesso Pastore. Della Diocesi di
Milano sono:
Sul Comasco femmine sordo-mute 430 maschi 447
Sul Pavese » » 61 » 60
Sul Bergamasco > > 44 > 44
Nel Comasco il numero è minore che nel Milanese, ma
il Pavese ha F 4,3364 per mille, il Bergamasco 1*4,4904;
sul Comasco e sul Pavese il numero delle femmine difet-
tose dell'organo dell* udito è maggiore fra gli anni 9 e 45
di quello dei maschi, e questo rapporto continua sul Coma-
sco anche dai 46 ai 30 almeno fra le atte a ricevere la con-
veniente istruzione. La facilità del soccorrere è presaga poca
eguale dappertutto. Si avrebbero dunque:
Di maschi
Di fcomine
Atti ioetU
Alle loelle
Dall'i ai 9 anni
81 S5
70 H
Dai 9 ai 15 . .
87 40
81 31
Dai 15 ai 80 . .
48< 86
tu 58
Olire ai 80 . . .
80 55
sa 45
S79 205 8S4 455
Sul toule adunque di 4063 individui, 684 sono mneiii
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S99
e 479 femmine, e il rapporto ^grilletti al totale è del 32
per oekiio per le femmine, del 35 pei masehi; superiore
nelle femmine della eik aTanzata; ma per ciò che le femmine
nel commercio civile (almeno della ^tk in cui viviamo che
non accennano di volersi mutare per parecchie altre a ve«
Dire) hanno minor bisogno di acquisti, non sarh tanto fru-
stranea per loro la fatica degl'istruttori e degli educatori
se la si compartirà con qualche maggiore pazienza.
Un sordo-muto modanese potè coli* esempio di sé prò-
vare che la mancanza dell* udito dalla nascita non può im«
peJire dall'allevare airintendimento delle più alte e più no«
bili discipline un uomo, e la sua presenza al saggio mila-
nese fu beirargomento agrinstruiti e agl'instruttori per ani-
mani ciascuno al loro ufiBcio dal dare e dairacquistare tutto
qael più di sapere che è possibile nello stabilimento che
noe può essere poco dappoiché il direttor suo ha tanto di
amore quanto ne mostra in andando chiedendo qua e colà
per lettere od in persona quello che di meglio tentisi al-
trove, o altrove riesca! lo vorrei che cosi i moderatori della
pubblica istruzbne cotesto qua e altrove vedeasero e esa-
minassero per eavare che, come e quanto poasibil fosse
compartire, a questo modo, di utile e pronto sopra ai gio-
vanetti non privi di organo aleuno, perchè ^ ripieto, parmi
che si guadagnerebbe gran tempo , s* innamorerebbe tutti
dello studiare mentre molli s'annojano, si stancano e eessa-
no, e si giungerebbe in egual tempo assai più innanzi a cui
per ora assolutamente non giungesi*
Desidero die la parola autorevole di V. & ebiarissM^
ne giudica bene, si unisca alla aia per tonpetrare <|uesta
fortana»
Di V. S. chiarissima
Milano, SI novembre 1858.
Servitore divoiiss.^
Xjfctaiio prof. Searabelli^
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800
. Il reffmo MmbMPdo • Veneto
statkitleAiiieiite lllastraie dalle f^amere
di Comnierelo*
La PaovmaA del Friuli.
( CoDlinaazione e fine. Vedi il fascicolo di febbrajo 4859 ).
XVII.
Seghe de' legnami
Il suolo montuoso del Friuli è immensamente produtti-
vo di legna. Per la segatura degli alberi atti alle opere
edilizie ed ai lavori da legnajuolo esistono 65 seghe. Que*
sie sono collocate in riva ai fiumi ed ai torrenti e vatmo
0 forza d* acqua. Pochissime fra esse lavorano giorno e noi*
te. Il maggior numero non lavora che di giorno e per cir*
ea due tersi dell'anno rimangono inoperose.
« L'abete ed il larice in principalità sono i legnami
che vengono dalle Taglie ridotti io tavole, travi ed altri
pezzi ad uso di costruzione, i quali servono per la minor
parte al consumo interno della provincia , e si depositano
per la maggiore nei magazzini di Venezia e Trieste dove si
spediscono nei paesi della monarchia ed anche air estero e
specialmente in Levante.
9 La produzione totale degli opificii può mediamente
determinarsi in un anno nella cifra di N.^ 500,000 pezzi
di sorta che escono dalle seghe del valore complessivo di
oust. lire 400,000.
» Se le seghe sono indispensabili per dare vita e prez-
zo ad una pianta la quale, se giacente in bosco o ridotta
soltanto in taglia, non presterebbesi all' uso della sua desti-
nazione, dall' altro canto non è nuovo, se non frequente, il
caso che taluno di essi opìficii facilitino in alto grado le
contravvenzioni forestali. Entra, e può entrare, nelle seghe
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SOI
anche il legname da delitto, ed iotrodotlo e trasformata
che sia in tavole od aliri pezzi , chi è in grado di consta*
lame la provenienza ? E peggio poi se amalgamate le tavo«
le di provenienza legittima con quelle che non lo sono, e
cooformaia di entrambe la zattera viene questa abbandonata
alia corrente delle acque ?
» Se una maggiore sorveglianza alle seghe, fosse com-
patibile, potressimo lusingarci di vedere scemato il nwnero
delle tante contravvenzioni che hanno per base la persua-
sione dell' impunità, e la certezza del guadagno. •
XVIII.
Altre industrie.
La Camera di commercio ricorda V industria delle terra-
glie, per la quale non esiste che un solo opificio condotto'
dalla ditta Galvani a Pordenone, e che conta circa 100 ope-
ra]. Essa fabbrica vasellami di terraglia con o senza vernice
ad imitazione anche delle terraglie inglési. Un terzo del
prodotto si esporta per Venezia e per Trieste e gli altri
due terzi si consumano in paese.
La città di Udine ha il suo gazometro e coir idrogeno
si illuminano le pubbliche vie e mohe case private. Il nu-
mero delle fiammelle non è che di 1078.
Dopo aver fatto parola di altre minute industrie, come
sono quelle delle fonderie di campane, di fabbriche di coltel-
li, di carrozze, di mobiglie, di lavori da orificeria, dì fab-
briche d'aceto ed acquavite, oltre sei tipografie ed uno
stabilimento litografico, la Camera di commercio presenta
queste preziose conclusioni.
«I nostri artieri sono in generale dotati di una pratica
iotelligenza non comune, ma non sempre le opere loro,
giungono a quella maggiore perfezione che soltanto si ot-
tiene col sussidio di buone teorie, e di appropriati modelli.
Ood'è che a generalizzare le nozioni fondamentali della
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SOS
iDeceaDicn, della tecnologìa, del disegno, ecc^ applicate alle
arti, sarebbe utile T insiituiione delle Scuole tecniche, ed
indispensabile, se non altro, Tattivazione delle Scuole reali
inferiori complete onde dare un complesso dì coltura suflS-
ciente ai bisogni delle elassi destinate ad esercitare un* arte
od un mestiere (I).
» A questo difetto si è tentato e si tenta sopperire in
qualche modo coli* esposizione provinciale dei prodotti delle
arti e mestieri, e con annuale distribuzione de* premii, ma
tali sollecitudini, sempre commendabili ed utili, non raggiun-
gono pienamente lo scopo che la Società d* incoraggiamento
ai è prefisso, giacché, come si esprime un nostro egregio
amatore delle arti, le espoiizioni industriali pouono j/tòpa-
re air educazione degli artieri ma non a formarli ralenti. «
» lo mancanza pertanto delle Scuole reali la Camera d'ac-
cordo col Municipio aveva proposto il collocamento in que-
sta città deir Atelier della strada ferrau veneto •illirica onde
dare lavoro e completamento di educazione a tanti artieri
ehe volonterosi avrebbero prestato l'opera loro, ma la re-
gia amministrazione, sia che volgesse allora in mente di
cedere, come ha fatto, la ferrovia ad una società di privati
o avesse già predesignalo per 1* officina altro sito che in
Udine non fosse, si tenne, rispondendo, in una non lusin-
ghiera riserva.
» Comunque ciò sia, la scrivente ama credere che i di
lei voti possano essere assecondati, vieppiù che la centrali-
tà del luogo ove si erige una stazione di primaria impor-
tanza, r opportunità di avere d'appresso l'occorrente forza
motrice d'acqua, l'affluenza di bravi e robusti artefici che
(I) Nella sola città di Udine esistono le Imp. regie Scaote
cfemenUri magfiori nelle quali s'iuéeguaao le oiaterie attineuU
al I. e M. Corso delle Scuole reali iaferiori. Aggiaugenduvi il III.
Corso si avrebbe il completaineato delle reali inferiori già attiva-
le ìa altre diti della nonarcbia col nuovo sistena.
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303
ti idalterebbero a modiche mercedi, e. la bcilitii di ritrarre
dai boschi non lontani ,v e dalle cave di carbon ToMÌle il
combustibile, autorizzano Y opinione che 1* impresa conoea-
sionaria trovar poirejbbe quivi nell' impianto ed eaercixio
deir Atelier il migliore suo lornaconto.
> Inoltre a meglio giovare alla condizione economica e
morale degli artieri rimane vivo e sempre più incalzaote
il bisogno della inslituzìone di una Gassa di Risparmia, e
la Camera, fidente nello zelo dimostrato dalle autorità lo«
cali anche in quest' argomento , e grata ai molti cittadini
filantropi che ai obbligarono di garantire col proprio Tin*
UDgibilità dei depositi e la regolare amministrazione della
Cassa, spera vedere avverata al più presto 1* instituzione da
tanti anni promossa, e continuamente attesa. •
XIX.
Stato del Commercio
Le notizie sulla condizione del traffico non possono es-
sere esattamente offerte dalla Camera del commercio ^ non
eueodoci da una provincia all'altra linee di confine, per
constatare le importazioni e le esportazioni.
La Camera del commercio di Udine si limita per tanto
a d.irc quelle poche notizie ohe potevano più interessare.
Essa ci dà la nota delle ditte esercenti arti e commercio
da cui raccogliamo che nel 4853 erano 10,383; nel 4864
erano 10,350; nel 4855 erano ridotte a 9,948; e nel 4856
erano 9,949. Questa diminuzione nel numero degli esercenti
ci mostra un visibile decremento nella agiatezza pubblica.
Cun una lealtà che altamente onora la Camera del Com«
nereio di Udine, si fa essa ad indagare i veri bisogni del*
r industria e dei commercio del paese. Fa oonoacere che le
eccessive controllerie di finanza paralizzano tutto il movi-
mento interno del tralBco. Rivela il danno che reca al com*
aiercio la procedura di indagini che è voluto dal sistema
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304
delle imposte sulla rendita. Esprime il bisogno di uno spe**
eiale regolamento per i mediatori' di metzu Mostra la neces-
sità di un sistema più uniforme nei pesi e nelle misure.
Fa conoscere che la possidenza e V industria sono ora di-
vorali dalle usure e dà il quadro dei sei monti di pegno
esbtenti nel Friuli, che prestano ogni anno una somma non
mai minore di un milione e trecento mila lire.
Mentre noi tributiamo un omaggio di gratitudine alla
benemerita Camera di commercio, crediamo di concbiudere
questa nostra rassegna con un'importante annotazione fa-
voritaci dal nostro collaboratore ed amico il signor conte
Sanseverino sui vincoli feudali che tuttora aggravano il
Friuli.
« Nel Rapporto statistico della Camera di commercio dì
Udine si parla dei danni che arrecano a quella provincia i
vincoli feudali, per la poca sicurezza dei possedimenti, per
essere impedita la circolazione della proprietà, e per F ab-
bandono in cui talvolta si lasciano le lerro dai possessori,
non potendo questi trasmettere ai prossimi parenti o ad
altre persone amate, dovendo per legge succedervi agnati,
che essi forse neppure conoscono, e coi^ quali esistono rela-
zioni tutt' altro che amorevoli. A tali svantaggi se ne pos*
sono aggiungere altri ancora che anderemo ora enumeran-
do. Essendo questi feudi divisibili ali* infinito fra la discen-
denza mascolina, ne avviene che nel continuo dividere ed
ereditare le terre feudali, i possessori hanno proprietà in-
finitamente sminuzzate e sparse in parecchi comuni, talvolta
dair una all'altra estremità della provincia, d'onde gravissimo
danno alla agricoltura.
Da un tale sminuzzamento della proprietà feudale ne
proviene ancora che nel Friuli si trovi un grandissimo nu-
mero di nobili, anche titolati, che hanno appena di che
vivere stentatamente, e sono proverbiali i conti del Friuli,
ma che appartenendo alla aristocrazia si credono in obbligo
di vivere , come si suol dire, more nobilium^ per cui sentono
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805
maggiormenie il peso della loro miseria, senza ehe possano
trovare il mezzo di uscirne, poiché in buona parte crede-
rebbero di avvilirsi cercando di migliorare col lavoro la
propria sorte, anche coir esercitare quelle arti che si chia-
mano nobili. Ad esempio dei possessori di feudi anche gli
altri nobili e non nobili che posseggono poche terre di li-
bero allodio vogliono star sul grande più che non compor*
tino le loro rendite.
Questo princìpio di casta va discendendo fino alle ultime
classi. I possessori di una casa e di qualche campieello non
li degnano di bagnare la terra col sudore della loro fronte,
ma affidano il lavoro a braccianti. Scendendo ancora, gli
artefici dei villaggi, come sarebbero legnajuoli, fabbri-ferrai,
«rtori, calzolaj, ecc., si credono assai superiori alla classe
dei contadini , e mancando il lavoro non si abbasserebbero
ad adoperare la marra e l'aratro; d'onde ne viene che il
contadino è posto all' ultimo gradino della scala sociale, per
cui trovandosi in tale stato di avvilimento, facilmente si ab-
brutisce nel vizio, e soffoca quei generosi sentimenti, che
eertamente germoglierebbero nel suo cuore, se meglio fosse
in lui pure apprezzata 1' umana dignità, e se si avesse per
lui quella stima che è dovuta a chi esercita la più utile di
tutte le arti.
Non vogliamo negare che anche in altre provincie la
condizione del contadino non sia quale dovrebbe essere;
pure ci sembra che nel Friuli generalmente più che in al-
tri luoghi gli si neghino quei diritti che sono dovuti all' es-
sere umano. V ha però a rallegrarsi che l' istruzione ora
va anche colà diffondendosi nelle campagne ehe abbondano
di animi generosi che si adoprano con ogni potere a miglio-
rarne U sorte, che grandissimi vantaggi ha già arrecato
l'Associazione agraria Friulana, la quale coi suoi Congressi
vaganti, va facendo conoscere .l' importanza dell' agricoltura
e degli agricoltori, e va distruggendo i pregiudizii che ot*
Afuuu. StaHstica, voi. XXI. ierU 5/ 30
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306
tenebravano quelle menti ignare, per eui forse non andrà
guari che quella popolazione eampagnuola potrà servire d'e-
sempio, e suscitare Temulazione in altre simili popolazioni,
ebe ora si trovano in uno stato di maggior sviluppo intel-
lettuale.
Statistica deU* Indiuitrla italiaMi^
del dott. IPieirm Mme99ri.
Nella Rivista Contemporanea di Torino, che ora può dira
la più completa opera periodica ebe renda conto del pro-
gresso degli utili studj in Italia, venne continuala la pub-
blicazione dell'accurata statistica del dott. Pietro Maestri
suir industria manifatturiera in Italia.
Noi riprodurremo alcune fra le più notevoli parti di
quel lavoro, soggiungendovi, come al solito, alcune nostre
annotazioni.
Il dott. Maestri rende conto della produzione italiana
delle farine, delle paste e dell* amido, e dice quanto segue.
1.
Farine , paste , amido.
Farine. — La macina del grano e la conseguente ri-
duzione di esso in farina si opera in tre modi diversi: 4.^
coi molini ordinarli; S.^ con quelli a vapore; 3.^ coi molioi
ad acqua, secondo il sistema anglo-americano.
Nulla noi abbiamo a dire intorno alla prima mam'era,
contandosi dappertutto un numero infinito di molini, che il
Tento fa muovere, o V acqua di qualche fiume o torrente,
con meccanismi grossolani e che somministrano farina di
qualili scadente, malgrado qualche volta la bontà dei grani
impiegati.
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807
Un primo progresso industriale si è operato fra noi,
soehe in questo ramo, eoll'iQlroduziooe dei molini a vapore,
die dovetano sostituire ai motori usati fin qui,^ troppo irre-
golari ed incostanti, una forza più perenne. La prima città
in Italia, che applicasse quel trovato, fu Venezia, la quale,
fin dal 4843, per mezzo del signor Oexle, ebbe a servirsi
di molini a vapore, capaci di ridurre in farina ogni giorno
ben 300 staia ( 355 ettolitri ) di grano, ottenendosi una fa-
rina di una finezza fin allora sconosciuta, e capace dì resi-
stere ai lunghi viaggi di mare, e di preservarsi perfino nei
paesi più caldi. 1 mulini a vapore hanno per questa città
un'importanza afiiatto speciale, poiché, essendo essa priva
di correnti d* acqua da giovarsene come forze motriei, né
essendo esposta a venti regolari, per la macina del grano,
sarebbe nella necessità di dipendere dalle provincie di terra-
ferma, la qual cosa, nel caso di un blocco, aggraverebbe
«Dgolarroente la sua condizione. Ma/ a meglio persuadersi
deir utile che essi possono recare colà, basti il ricordare i
^rvigi già resi durante l'assedio degli anni 4848-49. In
quell'epoca memorabile il solo molino Oexle preparava dai
700 agli 800 sacchi ( dai 476 ai 504 ettolitri ) di farina al
giorno, mediante un lavoro continuo di operai, che si mu*
uvano a turno. Né di questa risorsa accontentavasi la forte
battagliera nell' Adriatico, che altri espedienti improvvisava
a furia pel servizio d'approvvigionamento della città. Tre
molini infatti furono costrutti nella stazione della strada
ferrata di Santa Lucia, serviti da tre locomotive e da ven-
titré macine. Allorché le4>ombee le granate piovevano su
quella stazione, le deue macine vennero trasportate alla
Giudecca. Due altri molini con dodici macine si ottennero
dalla fabbrica stèssa. La fabbrica d'asfalto alla Giudecca
forni ugualmente due molini, con otto macine e la propria
macchina a vapore. In un mulino a quattro mucine trasfor^
mossi infine il euraporto a vapore, pure ancorato alla Giu-
decca. Il complesso di quei molini dava dai 4000 ai 4300
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908
sacchi (dai 680 ai 816 eiloliiri) di farìna al giorno, che
insieme a quelli prodotti dai molini Oexie, costituivano ap^
punto la consumazione di Venezia, dei forti e deir estuario
di quel tempo.
Una delle primarie industrie di Trieste e la macina dei
grani. Le farine prodotte dai mulini di quella città procurano
alle navi mercantili dell' Adriatico numerosi carichi di siffatto
articolo destinati pel Brasile. Cosi nel 1850 37,000 quint.
met. di farina sono stati esportati per quella regione, 44,300
per r Egitto, le Isole Jonie, Gibilterra, la Turchia, la Grecia,
e più di 40i,700 q. m. ebbero sfogo verso i varii porti
4leir Istria e della Venezia. L*imporunza della piazza di
Trieste come mercato granario risulta da una pubblicazione
più recente che abbiamo sott' occhi intitolata: Rivista del*
Mandamento e ìnoQimento generale nel traffico dei grani
e delle farine per via di mare durante il 1858. Secondo
quel documento, l'importanza del frumento è stato Tanno
scorso di 481,950 ettolitri, ripartita a seconda dei luoghi
di provenienza di questa guisa: Itali^ ettolitri 252,4 53.
Russia ettolitri 107,730. Danubio ettolitri 107,811. Levante
7290. Egitto 6966, ecc. Il grano turco importato tocca gli
ettolitri 393,1 21 j dei quali 61,890 ettolitri provenienti dal-
l'Italia, 227,448 ettolitri dal Danubio, ettolitri 108,783 dal
Levante.
Né r importazione che accade del frumento per Via di
mare basta ai bisogni ordinari! di quella piazza, la quale
cerca supplirvi, facendo appello ai grani dell' Ungheria c^ie
le vengono quindi dalla terraferisa con un benefìcio anche
maggiore di quello che si ottiene dalle altre provenienset
Tanto i grani dell'una, quanto quelli dell'altra origine ser*
vono in parte alT esportazione.
Gli altri generi importati sono la segale ettolitri 63,342,
l'orzo ettolitri 22,760, e l'avena ettolitri 90,882.
L'esportazione e i consumi si riassumono colle cifre che
seguono}
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so»
Framcnto ettolitri 434^403
Grano turco » 406,377
Segale . 70,956
Orzo '.•... » 37,479
Avena . « •«.•••« « » 90,882
In quanto alle farine, la totalità dell* esportazione ope«
ratasi nel 4858 ammonta a colli 100,354, provenienti prin-
cipalmente dai mulini di Trieste e di Gorizia, e diretti sulla
Dalmazia, Tlstria, il Levante, T America del sud«
Il principale mulino di Trieste ha una macchina a va-
pore della forza di 80 a 90 cavalli* Altro mulino, pure a
vapore e dipendente dal primo, esiste a Duino, nelle vici-*
Danze di quella città* L* uno e V altro sono di proprietà di
una compagnia, e contano complessivamente 34 macine ed
un consumo annuo medio di cereali di 220,500 ettolitri.
Il mulino di Gorizia, di proprietà della ditta Reiter e
C, possiede 20 macine, che convertono in farina ogni anno
462 mila ettolitri di cereali.
Nella Calabria ulteriore II ( regno di Napoli ), presso Io
stabilimento di paste dei signori Barocco e Macry v' ha due
molini a vapore, uno dei quali serve a sfarinare per le pa-
ste che si lavorano in detto stabilimento « e 1* altro sta a
disposizione del pubblico. Altro molino, pure a vapore, esi-
ste nella terra di Bari, che macina circa 208 ettolitri di
grano al giorno* Da non molto un meccanismo di qjaesto
genere venne ugualmente istituito presso Ferrara, negli Siati
romanL In Toscana infine si contano parecchi molini a
vapore. Noi non ricorderemo che i due appartenenti al
flig. Bongleux, Tuno presso Livorno con macchina della
forza di 30 cavalli, T altro a Pontedera con macchina di
egual forza.
Ma i molini a vapore, che pure io alcune località pro-
dussero qualche beneficio, in altre^ come a Sampierdarena,
presso Genova, Alba ( Stati sardi ) e in Corsica , dovettero
pel soverchio prezzo del combustibile i smettere ogni loro
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SI»
esereitio. Uo metodo ioveee più semplice e meno dispen-
dioso si è quello dei molioi ad acqua, secondo il sistema
anglo-americano, dal quale si attendono infatti quei risullatt
che si sono sperati invano dai sistemi precedenti. Fin qui
a prezzi uguali del grano, il pane in Italia eostava un quarto
di più che a Parigi. La nuova macina meccanica, riuscendo
a bene, non può a menò di realizzare nuove economie,
perfezionando d' altra parte i prodotti, e sminuendo il prezzo
delle farine, che, fra noi, non è in alcuna proporzione con
quello dei grani.
La prima applicazione delle macine anglo-americane
spetta alla Lombardia, la quale già da più di 20 anni aveva
in attività a Melegnano, sul Lambro, un molino organnczato
di quel modo. Da qualche tempo tuttavia quello stabilimento
ha cessato dalle sue funzioni, applicando il proprio mecca-
nismo airuiBoio forse più proficuo di una filatura dì lino.
A Verona invece, di proprietà del sig. Pietro Bonomi,
v'hanno sull'Adige otto mulini, di cui quattro mossi da una
turbina della forza di SS cavalli, e gli ahri quattro da una
seconda turbina di forza minore, che macinano 100 moggie
( 68 ettolitri ) di farina al giorno. Si calcola che i molrai
Bonomi possono quindi macinare con metodi economici e
pronti e con risultati soddisfacenti da 30 a 40 mila sacchi
(dai S0,400 ai S7,S00 ettolitri) di frumento all'anno.
La maggior turbina di quello stabilimento, oltre ai mo-
lini, serve pure di agente motore ad una pila meccanica da
rìso, costrutta anch'essa secondo il sistema americano, la
seconda di tal genere in Europa, avendo essa cominciato le
sue operazioni fin dal SO luglio 1861. Lappila in discorso
tiene in attività 60 pistoni, è può brillare 40 moggia ( S7
ettolitri ) di risone al giorno.
Di minore importanza è il molino da poco tempo in-
trodotto a Frascati, presso ftoma, in ferro fuso, douto di
sei macine, che girano pure in virtù della forza delle acque,
e riduce ogni |;iomo in farina 1084 chilogrammi circa di
cereali.
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su
A Ferrara v' ha un inalino a rapore per macinar gra-
naglie della forza di 36 cavalli.
Se ne trovano ugualmente a Coro, a Guarda-Ferrarese,
Libola, Mnsaaficaglia. Presso quest'ultimi v'hanno pilatoi dì
riso, meccanismi per sgranare le spiche di frumento, dì riso,
e levarne la pulla, per vagliare il grano e burattare la
farina.
A Chiara valle nella provincia d'Ancona, un mulinò da
grano^ secondo il sistema americano.
Altro piccolo stabilimento , appartenente al sig. Frey, esi-
ste sul fiume Teuza, nel Principato Citeriore (regno di
Napoli )•
Anche in Corsica, dopo il 1863, furono aperti presso
Bastia due macine col sistema inglese, quelle di Marmoraya
e di Grigione. Nei d' intorni di Calvi v'è pure altro mulino
a ruote perfezionate.
Mentre i molini anglo-americani si ponno dire quasi an-
cora affatto sconosciuti negli allri Stati d'Italia, giovandosi
essi per la macina dei grani di qualche raro molino a va-
pore, oppure lasciando quell'operazione in balla degli an-
tichi sistemi, il Piemonte in questo, come hi molti altri
rami d'industria, entrò piò ardito nella via dell' innovazione,
sicché già a quest'ora conta il maggior numero di quelle
istituzioni. Di data piò antico è il molino di Collegno, presso
Torino, con 24 paja di mole, che macina 600 q. m. di
grano al giorno. Il molino di Settimo invece, con 6 paja di
mole, non ne riduce in farina, in quello stesso periodo di
tempo, che 480 q. m. Non ci è dato conoscere i partico-
lari di altro mulino al Mussotto provinca d'Alba, esercitato
dai signori Tarditi e Traverso. In Sampierdarena il molino,
che prima era mosso dal vapore, ora Io è dall'acquedotto
Nicolay mediante turbina della forza di 60 cavalli. Quello
stabitinMinto con 30 itaila q. m. di grano produce ogni anno
circa SO nàila q. m. di farina, màcinau secondo il metodo
americano. Si fanno pratiche per Tìntroduzione di siffatti niu-
lini anche a Novara, Asti , Casale.
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SIS
Il ventilare^ il crivellare, rasciugare e macinare rh grano
non è che V esordio di una serie di altri proceiisi indusirìali,
per cui ottenuta la farina, questa si riduce alla madia, e si
manipola nelle olBcine di panificazione. Anche quest'ultime
sono quasi universalmente lasciate, in Italia, ai soliti antichi
metodi, senza l' applicazione di quei meccanismi che altrove
permettono la fabbricazione del pane con sistema più sem-
plice ed economico. Tuttavia da qualche anno qualche ri-
forma in questo senso s' è tentata anche fra noi. Cosi a To-
rino un* apposita società esiste col capitale di 700 mila fran-
chi, e provvista di quanto occorre, secondo ìi nuovo sistema
ad aria continuamente riscaldata, per abburattare la farina,
impastare e preparare pane e biscotti, senza bisogno di ri-
correre alle mani dell' uomo. Altra società veniva fondata
nel 4853 a Cornigliano presso Genova , per la macina e pa-
nificazione a vapore, che però ha fatto cattivi affari. Una
panificazione meccanica v* ha pure a Milano, di proprietà
del marchese Rescalli.
Paste. — È industria propria di molte città e borghi
d'Italia, che imbandisce uno dei più frequenti e graditi
cibi delle nostre men3e, e somministra le materie ad un
considerevole commercio d' esportazione. Per gli usi quoti-
diani tutti i nostri paesi indistintamente fabbricano paste di
frumento, ma le ricerche del di fuori affluiscono solo in
quei luoghi, presso i quali quella lavorazione è più per-
fetta.
La diversa qualità, i diversi metodi di macinatura del
grano e di preparazione delle fecole contribuiscono a dare
maggior valore e miglior credito piuttosto all' uno che al-
l' altro centro di con/ezione di quell' articolo. Genova so-
prattutto è la città che gode la più grande rinomanza io
proposito. I frumenti e le farine di cui essa sì serve le
vengono principalmente dal mar Nero. Né solo la città, ma
quasi tutte le coste della Liguria preparano paste per l'e-
stero sicché, nel breve tratto di littorale da Nervi a Genova
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S43
e Savona , i vermicellaì sono in numero di centotr entaquat-
tro ; gli operai addetti a quel lavoro un migliaio circa» che
impiegano 466,000 q. m. di grano ogni anno. Dagli Stati
sardi si fa un'annua esportazione di paste per 11,258 q. m.
La più gran parte delle paste genovesi consiste in vermi-
celli!, affidati al commercio entro cassettine in legno, che
gli abitanti del paese preparano quindi a profusione. Da
quanto coosta a noi non v'ha in Liguria alcuna fabbrica
meccanica.
Oltre le paste, si fabbricano in Genova, e si vendono alle
navi estere che visitano quel porto circa 800 q. m. di bi-
scotto di mare ogni anno, senza contare quello consumato
dalle navi e dagli equipaggi nazionali.
Dopo Genova, viene Napoli nel grado d'importanza di
questa fabbricazione. In quel regno belle e preziose qualità
di grano e sopralutto le farine saragolle danno luogo a paste
e maccheroni squisiti e sopraffini. Un esteso consumo di
paste si fa all' interno del paese siccome se ne mantiene uà
traffico all'estero di chilogrammi 218,500 e pel valore di
91,974 fr. Una delle fabbriche più cospicue del regno è
quella della Calabria Ulteriore, fornita di una macchina a
vapore e che somministra dai 450 ai 600 ehil. di paste al
giorno. La Sicilia pure fa grande uso di paste fabbricate nel
paese con grani indigeni.
Anche Bologna gode di una ben meritata celebrità per
quest' articolo. Al prosperamento di tale ramo d' indostria
contribuisce l'introdotta coltivazione dei grani di Manfredo-
nia e di Tangarock, i quali attesa la loro durezza , non si
versano in fiore di farina , ma si scagliano in semolelle. Se
la parte orientale degli Stati romani si distingue per buona
qualità delle paste (tagliatelli), la parte occidentale è nota
pel numero delle fabbriche e per la quantità dei suoi prò-
dotti. Quivi gli stabilimenti che preparano paste sono in
numero di 65, aventi un annuo giro di affari per la somma
di 204,000 franchi.
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Le paste toscane non la cedono per nulla a quelle di
Bologna , né alle paste più rinomate di Genova. Solamente
la scarsezza del ricolto dei grani in qud paese , obbligato
d'importarne ogni anno dal di fnori, gli è d'ostacolo a!
traffico air estero di un articolo , il quale tuttavia è prodotto
in copia sufficiente da soddisfare ai bisogni locali.
Varie sono in Livorno anche le fabbriche del biscotto
per uso della marina, ma tutte organizzate secondo gli an-
tichi sistemi. Da non molto tuttavia , per opera del sig.
Bougleux, venne introdotta pure la lavorazione del biscouo
azzimo. Tale prodotto supera ogni altra qualità, ed ha il
pregio di conservarsi a lungo senza assumere cattivo odore,
e senza ammufibre; fabbricato dapprima esclusivamente da«
gli stranieri, esso lo è ora da questo nostro stabilimento,
cui ricorrono i legni americani ed inglesi, che prendono le
loro provvigioni alla Spezia.
Si trovano a Bastia (Corsica) quìndici piccole fabbriche,
due ad Aiaccio, ed una a Sartene di paste che impiegano
da trema a quaranta operai. Il beneflcio è piuttosto scarso,
sebbene si mantengano, malgrado la concorrenza che loro
viene dal continente, tuttora in esercizio. Esse tirano dalle
altre {parli d'Italia il frumento di cui abbisognano, e che
si chiama gran duro.
Anche a Malta si fanno paste di diverse specie, che sono
lof^i tuttavia dall' uguagliare le paste di Napoli e di Geno-
va^ Il prezzo di vendita è di 84 franchi, 79 chil., mentre
quello di fabbrica compresa la materia prima non ammonta
che a 38 franchi. Il biscotto invece fabbricalo nell' isola per
r approvvigioDémento dei bastimenti è più leggiero e più
friabile di quello fette in Francia e nelle altre regioni ita-
liane. Esso ha un prezzo di costo e di vendita pari a quello
delle paste.
Siccome Genova e NapoK sufi Mediterraneo, cesi Venezia
e Trieste sull'Adriatico si distinguono per questa fabbrica-
zione. Le paste di farina di frumento sono lavorate nella
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8<6
IMrima di dette città io alcuni stabilimenti , per te qualità
ordinarie, con sufficiente perfezione* Per le qualità fine
SODO preferibili le paste dei paesi sopraccitati, sebbene an-
che Venezia da qualche tempo abbia fatto dei progressi e
spedisca i proprii prodotti principalmente nelle provincie
contermini.
Nella ciità di Trieste, ali* industria della macina del grano
s'aggiunge quella della lavorazione delle paste e del biscotto,
air uso della marina. Essa prende uno sviluppo maggiore
ogni di più, e si serve delle numerose navi che solcano
r Adriatico per spedire air estero i suoi prodotti.
Amido. — Quasi in tutti gli Stati e presso le città prin«
eipali d* Italia vi ha fabbriche di amido , le quali provve-
dono air interno consumo. I paesi tuttavìa che ne ^sommi-
nistrano in maggior copia , fino a permetterne un' esporta-
zione, sono Venezia e Ravenna. L'amido in Venezia si trae
dal frumento, per la qualità si distingue in fino e ordinario;
quello in polvere è detto cipria. I miglioramenti di recente
introdotti in questa produzione hanno fatto prevalere la qua*
fila fina, che si consuma in tutto il Lombardo-Veneto, in
varie altre provincie d' Italia, in Germania ed in Grecia. Cal-
colasi che colà se ne producano 200 mila chilogrammi. La
fibbrìca principale appartiene al signor Pietro Tosi, ed im-
piega ogni anno dalle tre alle quattro mila stala (dai 258
ti 340 ettolitri) di frumento, ricavandone oltre a un milione
di chitogr. d*amido di diverse qualità. In quel!' opificio sono
assai opportunamente costrutte le stufe per l'essiccazione onde
ouener quella screpolatura nei pani, mediante la quale si ha
r amido in cannelli, come è richiesto appunto dal com-
mercio.
Di amido e cipria tanto se ne fabbrica negli Stati romani,
qtuinto ne 'occorre pei diversi usi. Se ne fa annualmente
tm' esportazione di 800 chilogrammi , che risuhano quan
per intero dall' esuberante prodotto della fabbrica di Raven-
na, appartenente ai fratelli .Peruszi di Toscana.
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Questi ultimi sono propriciarti direttori di altre due fab*
briche in Firenze e Livorno, che preparano l* amido alFo-
landese, cioè prosciugandolo col calore, ed alla francese
seccandolo per mezzo di correnti d*aria.
A GenoTa pure vi banno sette fabbriche di questa so-
stanza, al Bisagno e a Sampierdarena , che contano comples-
sivamente 50 operai, e pongono in movimento ogni anno
un capitale di 150 mila franchi.
Ma questa sostanza si ottiene da molti altri vegetabili
ed in particolare da alcuni tuberi e da semi di cereali che
non siano il frumento. Cosi negli Stati romani venne aperta
una fabbrica di amido, tratto dalle patate, di buona quali-
tà, ed a discretissimo prezzo. II signor Coppa di Novara,
Siali sardi , fabbrica del pari due qualità di fecole di riso
r una bianca e preparata senza fermentazione, propria agli
usi medici tecnologici ; V altra consistente in amido impuro,
cavato dal risina , mediante la putrefazione, e che impie-
gasi a servizio delle arti. Questo stesso fabbricatore ed il
farmacista Albani di Monza, in Lombardia, ebbero ottimi ri-
sultali, sostituendo, nella fabbricazione dell* amido, al graoo
un genere di quasi nessun valore, cioè le castagne amare.
L* esperimento venne fatto dal sig. Albani con 400 moggie
(272 ettolitri) di castagne, dalle quali ottenne 3200 ehi-
logrammi di amido di qualità ordinaria.
Annotazione.
A queste importanti notizie raccolte dal dottor Maesu*!
dobbiamo fare alcune aggiunte.
È un fatto tutto proprio delle regioni italiane che la
varietà grandissima dei grani che vi si coltivano e proiperano
rende pure svariatissimo il prodotto delle farine. Neil' espo-
sizione di economia domestica stata tenuta a Brusselles nel-
Tanno 4856 la sola Lombardia ha potuto preseoure 27
varietà diverse di grano e di farine, ed il Congresso inter-
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817
nazionale di beneficenza le accordò per questo solo ramo
di produzione la grande medaglia d* incoraggiamento. Mercè
questa ricchezza di prodotto anche la Lombardia ha potuto
migliorare la manifattura delle sue paste in modo da avvi-
cinarsi al pregio di quelle di Genova e di Napoli. L' uso
però grandissimo che si fa del riso in Lombardia ha reso
meno ricercato il consumo delle paste. Solo riguardo alla
fabbricazione del pane è a desiderarsi che si diffondano un
pò più i nuovi processi meccanici e chimici introdotti in ai-
ire parti d'Europa. Anche Tostinata conservazione delle mete,
0 calmieri, nella maggior parte degli Stati italiani , ha con-
tribuito a tenere V industria del fornajo in uno stalo regre-
diente.
IL
Raffinerie di zucchero.
Mentre facevasi uso un tempo delle farine di zuccaro quali
procedevano dai porti dei paesi di produzione, ora invece, pre-
ferendosi gli zuccari depurali, alcuni speculatori non esita-
rono introdurre fra noi, come altrove, la raffinatura dello
zuccaro, secondo i nuovi processi di fabbricazione.
In Venezia tali istituzioni sono antiche: si può affermare
infatti, senza tema di essere smentiti, che quella città, fa^
verità d' altronde da* suoi precoci commerci, abbia forse la
prima in Europa, accolto tale ramo d* industria. Fin dalla
metà del secolo XVIII ben sette raffinerie si contavano colà,
le quali poi si ridussero a due, tenute in vita anch'esse
quasi esclusivamente dalla prolezione delle tariffe doganali.
Lo stabilimento più importante è quello del signor Reali ,
presso cui si osservano tutti i perfezionamenti dovuti alla
meccanica ed alla chimica moderna. Fondato d' altronde su
vaste proporzioni, esso purifica ogni anno 20 mila quint.
mei. di zuccaro, ed adopera il vapore allo scopo di far su-
bire allo zuccaro la prima soluzione, la cottura o concentra-
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818
sione del siroppo» la quale si fa a bassa lemperatura, e si
rende maggiormente sollecita per mezzo del vuoto che si
ottiene colla macchina a vapore. Il Reali introdusse del pari
il processo, scoperto dal Flory, onde earboniczare le ossa e
trarne il nero animale, con cui si scolora e quindi si raflSna
lo zuccaro.
Oltre a questa raffineria, altra ne venne attivata in Ve-
nezia nel locale della cessata febbrica dei panni feltrati. La
nuova raffineria appartiene ad una società in accomandita,
rappresentata dal Giuriate e che raffina dodici mila q. m. di
luccaro ogni anno.
Tre altre raffinerie esistono nelle provincie venete, Tuna
a Verona, più considerevole, che impiega ogni anno più di
30 mila quin. met. di materia prima. La raffineria Vittorelli,
èi Treviso, ne lavora 44,444 q. m., e la Braida di Udine
40,808 q. m.
Nel Tirolo una società d'azionisti ottiene dalla propria
annua fabbricazione 6460 q. m. di zuccaro raffinato. U Cir-
colo di Gorizia ha pure grandi raffinerie che danno non
meno cospicui prodotti.
A Milano, in Lombardia, quattro furono gli stabilimenti
fondati a quello scopo, dei quali tuttavia non ne rimase che
uno solo in attività. Eretto e condotto da una società in ac-
comandita per azioni, conta due grandi caldaie di concen-
trazione, ossia di cottura degli siroppi zuccherini nel vuoto,
secondo il sistema Howard ; esso segue il processo Champo-
nois per la carbonizzazione delle ossa, ed impiega i filtri Du-
moiit pel nero in grana ed i cosi detti Monijus pei siroppi
che si elevano colla pressione del vapore; possiede infine
dieci altre caldaie della forza complessiva di 205 cavalli,
ventidue macchine centrifughe, parimenti a vapore, per la
depurazione dei prodotti zuccherini, denominati Batard e
Vergeoise, e due pompe pneumatiche di grande diametro,
che accelerano ocl vuolo la depuruxioiie dei p^ni di sue*
earo. Sono addetti alla fabbrica 200 operai ed 41 commessi
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319
di studio. Il personale poi occupato al di fuori dello stabi-
limeuto può calcolarsi a circa mille individui, dei quali
parte lavora alle turbine, di proprietà della società , parte
nel raccogliere le ossa da carbonizzarCi e parte attende ai
lavori di macchinista, di fabbro -ferraio, ecc. La ralBneria di
Milano è capace del lavoro annuo di 70 mila q. m. di zuc-
cari in farina, sebbene non se ne lavorano in tempo medio
che 51,160 q. m. colla spesa pel personale di studio di
S6,938 fr., e per mercede degli operaj di 472,480 fr. ogni
anno. I 49,S00 q. m. di zuccari raffinati nell'anno 1856 rap-
presentano il valore di fabbrica di 7,656,000 franchi.
Le farine che adoperansi in questo stabilimento proven-
gono principalmente dal Brasile e dell'Avana, e sono nella
quasi totalità mascabadi, cioè zuccari bruni e biondi. I pro-
dotti risultanti ammontano all' 85 per 400 circa della quan*
tiià di zuccaro in farina sottoposto alla raffinatura, e con-
sistono in Melis, Batard, Vergeoìse e Melazzo. Per combustibile
impìegansi: il carbone fossile di Newcastle, adoperato a pre-
ferenza, le torbe tratte dalle cave della società, e poca le-
gna. Ciò che ottiensi da quella lavorazione viene smerciato
io Lombardia, e una piccola porzione se ne esita nel veneto
e nel Tirolo. Quasi tutto il cascame, meno quello che si
consuma per le fabbriche locali di birra, passa alle varie
Provincie della monarchia austriaca.
Una ralDneria di zuccaro di canna esiste a Grottamare,
negli Stati romani, fin dal 4833, fondata dal conte Francesco
Paccarani, e rappresentata da una società in accomandita,
eon un capitale di 400,000 fr. circa. La maggior parte delle
azioni spetta alla famiglia del fondatore. Questo stabilimento,
incoraggiato e protetto dal Governo, ha prosperalo finora
eoa vantaggio degli azionisti e della popolazione di Grò
tnare, che vi presta non piccolo numero di braccia. La s
detta raffineria non può produrre oltre i 436 mila chii
zuccaro all'anno; tale è il limite che le è determinato d
concessione governativa. Essa riceve da Trieste e da M
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330
sigila I zuccari grezzi del Brasile e delle ADtille; alla por-
tata dei più recenti metodi di fabbricazione, estrae la mag-
gior copia possìbile di zuccaro in grana dalle farine sotto-
poste alla raflSnatura. La sua produzione annua è di 40i
mila chil. di zuccari raffinati e biondi, con qualche pò di
melassa. La maggior parte degli zuccari prodotti a Groitamare
servono al consumo degli Stati romani; il contrabbando ne
introduce pure unaporzione nel finittimo regno di Napoli.
La ditta Paccarani esperimentava inoltre la coltura della
barbabietola nelle Romagne, ma con poco frutto, laonde
essa già da qualche tempo ha rinunciato affatto a quella
speculazione.
Anche lo stabilimento Vittorio Emanuele, in Sardegna,
attende alla coltura speciale della barbabietola e conseguente
fabbricazione dell'alcool e dello zuccaro. La costruzione e
gli strumenti necessari al taglio ed al disseccamento delle
barbabietole sono stabilite presso quel dominio a seconda
di un metodo usato in molti luoghi della Francia seuen-
trionale. Una sega riduce la radice in pezzi e può agire di
questo modo su 120 mila chilogr. in ventiquattro ore. Il
tutto è pronto per disseccarle. Cosi la barbabietola si con-
serva benissimo, e mantenendo la sua parte zuccherina per
più anni, si trova ridotta al sesto del suo peso primitivo,
ed il trasporto ne è facile, semplice e meno dispendioso.
Si è a Genova che la società intende eseguire la distillazione.
La fabbricazione dello zuccaro in cambio si fa sul luogo.
La Toscana, gli Stati sardi e le Due Sicilie mancano
affatto di simili stabilimenti, sebbene non v'abbia luogo in
cui la coltura delle barbabietole e la raffinatura degli zuc-
cari sia 'di più imperiosa necessità. La consumazione degli
zuccari raffinati vi aumenta in proporzione considerevole, e
quei paesi che non saprebbero produrre un' oncia di zuc-
caro, ne consumano, relativamente alla popolazione, quanto
la Francia, la quale ne trae copia dalle sue colonie e ne
fabbrica in grosse partite pel consumo proprio e per V e-
sportazione.
Finofa le provincie d'Italia che possiedono raffinerìe
godettero di larghi privilegi, che guarentivano l' esistenza
di quelle lavorazioni. Cosi nel lombardo-veneto a far pro-
sperare tale industria, la vigente tariffa daziaria dispone che
vengano introdotte le farine di zuccaro ad essa occorrenti,
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321
Terso il solo dazio di entrata di 81 fr. 68 cent, al qainialc,
mentre quelle che abbisognano al resto dei consumatori ,
e che sono di identica qualità, sono sottoposte al pagamento
di 47 fr. 52 cent, pure al quintale. Ad allontanare poi la
concorrenza che gli zuccari raflinati esteri potrebbero eser-
citare sui nostri, la succitata tariffa li colpisce del gravoso
dazio di 66 fr. al quintale.
Negli Stati romani il governo percepisce, sopra 4,356,000
ehilogr. di zuccaro grezzo, il quinto soltanto del diritto
d'entrata che pagano gli zuccari importati in quegli Stati,
la qual cosa assicura una sufficiente prolezione allo stabiii-
roento di Grottomare, privilegiato inoltre fino all'anno 1864.
E qui non vogliamo tacere, come codesto sistema prò-
leuivo, opportunissimo a mantener nei nostri Stati un ramo
d'industria che altrimenti non reggerebbe alla concorrenza
delle raffinerie francesi e belgiche, torna di non poco no-
cumento alla popolazione in genere, la quale è costretta a
pagare lo zuccaro ad un prezzo assai più elevato di quello
che ragionevolmente dovrebbe.
Ma l'apertura dell' itsmo di Suez è destinata forse a
cambiare le sorti di quest'industria fra noi, ed a svilupparla
anche di vantaggio sempre più, senza bisogno di ulteriore
tutela di protezionismo. Il compimento di quest'opera gran-
diosa aprirà all'Europa i mercati indiani, ove lo zuccaro
importa al fabbricatore il terzo ed anche il quarto del
prezzo di costo dello zuccaro delle colonie, ed ove il lavoro
dell' uomo libero riesce meno dispendioso di quello degli
schiavi, ed il suolo del Bengala più fecondo e più ricco
di qualsiasi altro. Sarà dùnque un bene per l' Italia il pos-
sedere raffinerie, trovandosi essa più vicina ai mercati di
produzione comparativamente agli altri paesi dell'Europa;
e sarebbe davvero una derisione se lasciasse la materia
attraversare il proprio territorio per riceverla poscia più
tardi purificala e raffinata per opera di stranieri.
Noi dobbiamo soggiungere ai voti del dott. Maestri quello
piuttosto che abbia a cessare pel vero interesse dei consu-
matori Io stato di privativa che dà una vita di monopolio
alle raffinerie di zucchero. La Lombardia ha più d'ogni
altra provincia sofferto da questo sistema di proteziene , e
pel vero interesse pubblico è da desiderarsi la concorrenza
interna ed esterna anche per questo ramo di produzione.
Annau. StatUtica^ voi. XXlf serie 3.' 21
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332
NOTIZIE STRANIERE
BeiiMe«nto della tienellceiia» 41 Parigi
D.
"all'Amministrazione della pubblica assistenza a Parigi ogni
anno vien dato il rendiconto della propria gestione e con
esso si fanno conoscere al Consiglio incaricato della aorre-
glianza delle finanze spedalinghe le direrse operazioni che
ebbero luogo nel precedente uguale periodo di esercizio.
Cosi si fece riguardo all'anno 4857| e noi nel offrirlo ai no-
stri lettori troviamo opportuno premettere un quadro della
situazione dei varj istituti ospitalieri di Parigi all'epoca in
cui la loro amministrazione centrale prese posto nell'autun-
no del 1858 sulla piazza dell'Hotel- de-Ville.
La metropoli francese possiede sedici spedali per la cura
degli ammalati e dodici ospizj o case di rifugio per gli in-
fermi incurabili e per i poveri vecchi.
Gli spedali sono, l'Hdtel-Dieu, la Pitie, la Gharité, Saint-
Antoine, Necker, Gochin, Beaujon, la Riboisiére, Saint-Louis^
le Midi, Lourcine, Ics Enfans-maladeSi Sainte-Eugenie , la
Maison d'accouchement , la Glinique de l'Ecole de médecine
et la Maison municipale de sante du foubourg Saint-Denis.
1 dodici ospizj sono: Bicétre, la Salpétrière, les Incura-
bles hommes (Ics Récolets), les Incurables femmes (mede'
Sèvres), les Enfont-TTOuvés, les Ménages, la Rochefoucauid,
Sainte-Périne, Boulard, Brezin , Devillas, e l'asilo Lambreeht
à Gourbeoier. •
I mezzi necessarii a sostenere le spese che esigono tali
stabilimenti devono essere assai validi. Ciò vien dimostrato
dalle cifre del 1857 che montano a fr. 46^427,117 in rea-
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dita ordinaria, e in 16,132,114 franchi in spese pure ordì*
narie (!)•
Si dividono le rendile secondo la loro fonte, e sono:
Dalle possesioni e rendite d'immobili
Per interessi di capitali • • • «
Per rendite e dividendi • • • •
» eventuali • • • •
Concessioni dei terreni ne* cimiteri
Diritti sugli spettacoli • • • • •
Boni del Monte di Pietà ....
Rimborsi da famiglie da comuni • .
Sovvenzione municipale • . • • .
Rendite e fondazioni
Fr. 970,929. 91
700,065. 38
4,316,802. 31
244,234. 47
462,481. 00
4,889,240. 08
859,457. 41
8,664,424. 68
7,207,4S7, 00
646,348. 48
Fr. 46,437,447. 07
Lungo sarebbe e fors' anche inutile il far oggetto di di-
scorso ognuno di quegli enti di rendita, ma opportuno surà
piuttosto il fermarsi coli* attenzione nostra su quanto riguarda
i beni immobili che formarono V oggetto della nota circolare
del già ministro dell' interno generale Espinasse colla quale
caldamente consigliava alla Amministrazione dì beneGeenza
di alienare i stabili che le appartengono. Dunque ci fornirà
lume, per quanto spetta a Parigi, il paragrafo che segue
della Memoria comunicata al Consiglio municipale dal pre-
fetto della Senna in occasione che presentò il budget del
4859. =3 « De' beni immobili, ivi si legge, che possiede
r assistenza pubblica di Parigi, alcuni sono suscelttibili di mi-
glioramenti, altri sono per necessità improduttivi. Molti dei
primi , di diflScile amministrazione, di scarsissima rendila ,
(1) Il totale degli introiti ordintrj. straordinarj e sopplementarj
dà pel 4857 una cifra dì 41,860,092 fr. Le spese giunsero a
57,793,725 fr. Con U che si ba una eccedenza di quelle sa que-
ste di 4,066,369 fr.
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324
pos3pno eoo vantaggio esser venduti. Pure sonvepe di quelli
posti 8U eerti punti della città, il cui valore deve salire
ass^i di qui 9 qualche t^mpo, onde un giudizioso ritardo
potrà compensare all'epoca della vendita che venissse diffe-
rita. In venti anni i' amministrazione pia di Parigi colle ven-
dite fatte di fondi realizzò 14 milioni e 9^,844 franchi. Tali
immobili venduti non davano annualmente che 287,507 fr.
Dei quattordici milioni e venlidue mila ed ottocento quat-
tordici franchi» 7 milioni ed 87,769 fr. furono impiegali
nella compera di 802,226 fr. di rendita: li 6 milioni 935,045
fr. di avanzo furono adoperati a far fronte ai bisogni di-
versi di servizio , specialmente all' ingrandimento e ripara-
zione delle fabbriche. Ad onta di ciò, invece di perdere
in rendita, con tale operazione si ebbe un utile. Da una
ricerca che ultimamente fu eseguita risulta che del pari eoa
vantaggio si potrebbero altresì alienare
Dei foodi nella città pel valore di . , , Fr, 3,322^000
Dei (ondi in campagna f , , • • . . » 3,419,000
Ossia in complesso pel totale di • , , , Fr, 6,441,000
Patte queste vendite alle cause pie di Parigi rimarranno ao^
Cora più di 22 milioni di possessi in^mobili frutpferi. > ==
Non bisogna poscia dim^enticare che, astrazione fatta de-
gli immobili produttivi , la beneficenza dqlla. metropoli fran-
cese possiede anche degli altri imtpobili considerevolissimi
che non sono atti a dare alcuna rendita ; accennar vogliamo
le fabbriche e loro vaste dipenden;ce che sono occtipaie dai
varj stabilimenti ospitalieri.
Per quanto concerne Tanno 1957 la pubblica assistenza
introitò la sonima di 1,049,612 fr. per la vendita di diverse
porzioni di terreno sul tj^uai d'Austerlitz, nella rue Dilimbre,
dietro Vf/ópital Saini-Louis a Montrouge^ a Champrosay^ ecc,
Ed è pur intenzionata di presto alienare i terrei)! occupati
p Chaillot da Sainte-Périnej e nella rue de la Ckaise da|-
)* pspizip disila Ménaqes^ Questi du^ stabiiipienti, li cui edi-
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S95
fizj 6 giardini sodo valutati qtlasi 9 miliooi , devofio esser
traslticati , il primo a Auteuil in una proprietà acquistata
espressamente dall' amministrazione, ed il secondo a Issy in
una possesione che gli ospizj hanno già da mollo lempof
sul territorio di questo comune.
Fra gli idtfdili che abbiamo qui sopra esposti li doni ed
i legati figurano per la somma di 173,382 fr. in capitali^
e per 6^80 fr. in rendita^ La pi6 importante di queste do->
nazioni è una rendita di 5000 fr. fatta da M. Halphen agli
ospizj di Parigi; segue una rendita di 1500 fr. istituiti da
M. Citiate per Un postò di chirurgo; in fine, tra capitali
molli se ne annoverano cliq sono altrettanti legati da àO
mila franchi lasciati dal sig. Boulard de Feur, da madami-
gella David e dal sig. Huchon. Si aggiungano 18 mila fr.
donati dal sig. Rothild e 16 mila dal fouditore Gro^atier.
Se questa specie di risorsa fu minore nel 1857 che
nel 4856) nel quale ultimo anno era andata al di là dei
600 mild fi*, in capitale (4), il diritto sugli spettacoli in-
vece raggiunse nel 1857 una cifra non mai avuta per T ad-
dietro (2)} tal prodotto oltrepassò 1,382,240 fr.^ mentre
che nel 4856 non era stato che di 4,334^140 fr.
Ora non soggiungeremo che qualche parola intorno alla
sovvenzione municipale fatta dalla città agli ospizj per ri-
Uiediare al deficit che ogni anno pesa sul loro budget (3)^
(1) ti sig. Pescatore aveva lasciato 400,000 fr. ai poveri: dal
sig. Debetber si ebbe il legato di 204,000 e 466,666, dalla vedova
signora Rivière.
(2) Eccettuald però raono delta esposizione onitersale.
(5) Non bisogna confondere la sovvenziofie data dalla città agli
ospizj con le anlicipazioni cbe essai fa ógni anno al dipartimento'
della Senna per compensare le spese avute per i pazzi e per gli
esposti. Un tal debito cbe alla 6ne del 4856 gf ungeva a 7,074,305
fr. verrà. estinto alla fine del 4859 con il presUto di 60 miliimi
tbe il dipartimeoio ba contratto in virtù della legge 17 lagli<»
4856.
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SÌ6
La sovvenzione pagata nel 4867 giunse a 7 milioni e 207,187
franchi, ai spera però che questa diminuirà per l'avvenire,
giacché l'amministrazione della pubblica assistenza saprà
procurarsi un aumento di risorse per diminuire i propij
deficit.
La cifra delle spese ordinarie pagate nel 4867 si innalzò
a 46 milioni e 482,444 fr. nei quali gli osptzj figurano per 5
milioni e 43,886 fr., gli spedali per 6 milioni e 862,467 fr.,
gli esposti per 2 milioni 846,680, finalmente i soccorsi a
domicilio per 2 milioni 848,467*
In questa categoria di spese si hanno curiosi ed impor-
tanti dati statistici*
Prima di tutto vediamo che 24,444 ammalati furono cu-
rati durante il 4857 nei diversi spedali di Parigi, mentre-
che 49,464 di altra specie di bisognosi vennero ricoverati
negli ospizj e case di ritiro. Gli ammalati non sono tutti di
Parigi, e perciò l'amministrazione mentre accoglie qualun-
que infelice che cerca un asilo, tien nota del luogo di sua
nascita; e questa pratica (a si che, a riguardo dei pazzi e
degli esposti, essa può dimandare rimborso per gli estranei
dai comuni ove essi hanno il loro domicilio*
Su li 94,444 individui ricevuti negli spedali di Parigi
nell'anno 4867, la capitale non conta che 68,080 parigini.
E in questa cifra il 42.® circondario che comprende i quar-
tieri di Mouffetard e della Montagne Sainte-Genevihe ^ fi-
gura per 42,493 individui. Dopo di questo viene VS.^ cir-
condario per 8446; finalmente il meno caricato dei dodici
circondar] è il 4.® che non forni che 2466 malati ; devesi
però osservare che quest'ultimo è il meno popolato di Pa-
rigi da che i lavori dei mercati, e della via di Tivoli e del
Louvre 'fecero scomparire la maggior parte delle vie com-
prese nel suo circolo.
L'esterno immediato della città diede un contingente di
4MS7 individui: Belleville (2707), La Ghapelle (4967),
La Villette (4886), le Baignolles (4826), sono i comuni
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327
che somminislraDO la cifra la più considerabile. Invece le
piccole comuni di Fresnes, dell' Hay e di Chevilly non vi-
dero entrare uno dei suoi abilanli n^li spedali di Parigi in
quell'anno. Finalmente altri dipartimenti figurano per 4032
persone;; quelli più vicini alla capitale^ com'è naturale, dan«
no il numero maggiore di malatL Cosi, il dipartimento di
Seine-el-Oise ne forni 817 , .quello di Seine-«t*Maine 133,
iodi l'altro dell'Oise 69, ecc. Finalmente ventiquattro fore-
stieri vengono a compire il totale che abbiamo dato, cioè
8 inglesi, 6 belgi, 3 svizzeri, S italiani ed un africano.
In appendice ai suddetti ammalati che sono curati gra-
tuitamente negli spedali, devono esser registrate le persone
che suppliscono alla propria spesa e che vengono tenute in
stanze separate. Per questo oggetto si ha una rendita assai
importante; 468,078 fr. furono cosi incassati nel 4858, e nel
budget pel 4859 è periata la cifra a 649,000 fr. a motivo
di 450 letti nuovi che si stabiliranno nella casa di salute
del sobborgo Saint-Denis. Questi 450 letti rappresenteranno
54,750 giornate le quali in ragione di 3 fr. e 50 cent,
(in via media) per ciascuna giornata, daranno un introito
di 493,458 fr. Lo stesso dicasi per i paganti negli ospizj ,
i quali nel 4857 hanno procurato alla pia amministrazione
448,371 fr.
Passando a considerare i ricoverati secondo la profes-
sione 81 trovano gli operai di fabbriche ed i giornalieri in
maggior numero tra gli uomini, mentre le domestiche e le
cucitrici prevalgono tra le donne.
Dopo questa categoria di ammalati che la città fa cura-
re negli spedali, un'altra ve ne ha cui pietosamente prov-
vede. Dir vogliamo di quelli che si trovano nelle loro case
e ricevono soccorsi. Le classi operaje sentono sempre più
il vantaggio del nuovo servizio medico cosi applicalo, di
una beneficenza, cioè, che mentre loro offre tutti i sus-
sidj di uno spedale, loro lascia anche le premure e le con-
solazioni della famiglia. Una somma di 9,895,788 fr. fu di-
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.128
ym nel 4857 su 33^304 focolari avenii una popolazione in-
digente di 80,467 individui.
Un tale riparto si fa nei dodici circondarii della capriale
aeeondo il numero degli infelici: il 43.^ ebbe 405,509 fr.,
e 1*8.^ 354,650 per una popolazione di oltre 47,338 pove-
ri nel primo, e di 46,623 nel secondo.
Vengono poi coloro che si ricovrano negli ospizj de.i
pazzi e nelle case di ricovero; in questi essi fanno un più
lungo soggiorno, anzi un gran numero di loro non ne sorte
più: 49,454 individui furono mantenuti in questi ospizi! nel-
Tanno 4857, e 993S sortirono o per guarigione o per morte
e la popolazione di tali stabilimenti rimaneva di 9223 di paz-
zi nel 34 dicembre 4857.
Resta finalmente a dirsi sulla divisione della spesa tra
i diversi stabilimenti ed anche sul valore delle derrate con-
sumate dalla popalazione miserabile che li hanno abitati. Ve-
diamo adunque che per Bicétre abbisognò 1,640,234 fr., per
la Salpétrière 2,270,523 fr., per THótel-Dieu 659,525 fr., ecc.,
e che il costo della giornata di un ammalato in uno spe-
dale è di 2 fr. 27 cent., e di 4 fr. 47 cenL in un ospizio,
ciò che di una media di 60 fr. 62 cent, per importo di
cura d'ogni ammalato negli spedali, e porta a 830 fr. 64
cent, la spesa di ogni letto negli spedali , ed a 539 fr.
77 cenu quella di ogni ricoverato negli ospizj. La diversiià
del trattamento nelle due specie di stabilimenti spiega la
diversità di quelle cifre.
Nel 4856 i medesimi prezzi della giornata erano saliti
a 2 fr. 35 cenL ed a 4 fr. 53 cent.; la diminuzione che
si nota nelle cifre col 4857 è giustificata dall'abbaiamento
nel valore delle derrate in quest'ultimo anno. Per dare una
idea della carezza sempre crescente nelle cose necessarie al
vivere in Parigi faremo notare che nel 4852 la giornata
negli spedali non giungeva che ad 4 fr. 79 cent., il che
dà una differenza in più pel 4857 di 48 cent. E cosi pure
dicasi per la giornata negli ospizj, essa ^ra cinque anni or
sono di 4 fr. 44 cent., e al presente importa 36 cent, di
più. Questi non sono^ è vero, che centesimi, ma è vero
pur anco che rappresentano molte migliaja di franchi in
quanto che nel 4857 si ebbero negli spedali 2 milioni e
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829
355^61 giornate per gli ammalati (4) e 3 milioni 529,496
negli ospizj.
I diversi generi di consumo eostarono: 2,462,(83 fr. per
il pane, 4,348,368 fr. per il vino, 1,657,347 fr. per la carne,
677,457 fr. per li medicamenti, ecc. D. u. Capsoni.
Mtattotlaa étMt^ Isole Jonle neiraniio t8M.
Dair ultimo censimento fatto nell'anno scorso alle ìsole
Jonie si ebbero le seguenti risultanze statistiche.
L'isola di Corfù conta 37,296 abitanti indigeni e 9700
stranieri , la maggior parte inglesi. La superficie deir isola
è di 227 miglia quadrate inglesi.
Cefalonia ha l'estensione di 544 miglia quadrate di ter-
ritorio,* con 38,524 uomini e 34,957 donne, oltre i 4993
stranieri.
Zante ha la superficie di 464 miglia quadrate con 20,757
uomini e 47,870 donne, oltre 436 stranieri.
Santa Maura ha l'estensione di 456 miglia quadrale, con
una popolazione di 5936 uomini e 5442 donne, oltre i 404
forastieri.
Cerigo ha la superficie di 486 miglia quadrate, con una
popolazione di 7046 nomini e 5994 donne e 52 soli stranieri.
Paio ha 26 miglia quadrate di superficie, con 2729 uo-
mini e 2296 donne, oltre 45 alranieri.
Nel loro complesso le isole Jonie hanno una superficie
di 4044 miglia Quadrate, con 244,593 abitanti, dei quali
49,563 sono applicati all'agricoltura, 7989 sono dediti al-
l'industria e 6323 attendono al commercio.
11 numero delle nascite è di 5843 in circa e quello delle
morti è di 5363; e quello dei matrimonj è di 4304.
Il suolo è ripartito in tal modo che da 49,906 acri di
terreno si coltiva frumento; da 52,275 acri si cava orzo;
da 4815 acri si coltiva avena; 8034 acri sono coltivati a
^iti; 623 acri sono coltivati a cotone; 4849 acri danno li-
no; e da 802 acri si traggono legumi. Vi hanno 97,536
^i tenuti a pascolo e 279,737 acri sono per lo più roccia
inette ad ogni coltura.
(4) Il nomerò dei letti occupati giunse a 46,423 , cioè 6453
per gli spedali e 9670 per gli osplzJ.
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330
INVENZIONI E SCOPERTE
Il Wmmm^mutoip^mto ^ iì«ot« ••a^e^iio per la fls-
MMrfoae ffraflca del ««onl e ddte parate In-
ventato da jyifaai*ifa ^eaMe Se^ii»
R
OD dobbiamo meravigliarci se vi ha chi pensi a rinve-
nire un mezzQ meccanico che sia alto a ricevere e conser-
vare le impressioni delle diverse onde sonore in ragione
della loro forza e durala, quantunque nell' attuale stato delle
nostre cognizioni vi abbiano molti che credono che* lo scio-
glimento di questo problema possa essere un atto di vera
lemerilà.
Certamente è da desiderarsi che T uomo possa giungere
a questo ritrovato, che sembra ancor essere un sogno^ per-
chè non possiamo intravedere quale nuova scoperta possa
essere serbata ai nostri figli e forse inaspettatamente essa
verità, nell'istesso modo che i nostri padri desideravano
ardentemente di ottenere la permanenza delle imagini fug-
gitive della camera ottica, e questa si ottenne soltanto ire
secoli dopo. Quest'ultima considerazione ci induce a non
essere troppo facili a condannare siccome utopia un pensiero
nuovo pel solo fatto che ora noi Io crediamo impossibile.
Il signor Edoardo Leone Scott pubblicava nel giornale
il Cosmos una Memoria allo scopo di rendere ragione di
alouui suoi tentativi fatti all'intento di ricevere e conser-
vare graficamente il suono della parola da sé stessa prodoitta.
Egli premette innanzi lutto che come la luce cosi anche il
suono è atto a portare ad una determinata distanza le im-
pressioni delle proprie vibrazioni. Dopo lunghi studj egli
sarebbe arrivato a raccogliere e conservare le traccie di
quasi tutti i moventi dell'aria e prodoui tanto dal suolo
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88t
come da ahre specie di ramore, e eoi medesimi mezzi e
sotto certe speciali coDdizioni pelò anche ottenere la rap-
presentazione fedele tanto dei rapidi motimenti come dei
più leggieri , e quasi impercettibili ai nostri sensi.
Pensò quindi al modo di costruire un apparecchio che
fosse atto a seguire la diversa rapiditk, successione e durate
dei suoni lasciando questi le loro particolari impronte, e
la soluzione egli la cercò nella conformazione dell' orecchio
ornano, giusta il principio scientifico dell'ondulazione, pro-
pagazione e dispersione del suono e nella proprietà dei tu-
bi che in ragione della massa d'aria contenuta, sono atti
a ricevere e trasmettere solo quelle determinate intonazioni.
Ad ima delle estremità di questi tubi egli ha applicata
ooa sostanza infinitamente elastica da surrogare la mem-
brana acustica dell' orecchio , e dotata di tale mobilità da
ricevere il più piccolo movimento all'aria comunicato per
trasmetterlo ad un' altra sostanza tanto tenue da non offrire
resistenza, e che perdo esso chiamò semifluida j ma tale
però da conservare ogni impronta ricevuta. Questa sostanza
sarebbe uno strato tenuissimo e impalpabile di nero fumo
ottenuto per volatilizzazione, e disposto su di un corpo qua-
lunque animato da un movimento regolare e progressivo.
Questo sarebbe il principio sul quale riposa il suddetto
^^gegno.
L' autore fa sapere che il suo Fono-autografo ( o tras-
mettitore del suono) non riproduce soltanto la tonalità del
suono, ma anche con un particolare processo anche ciascun
timbro. Seppe altresì riunire in diverse esperienze il para-
gone del suono della voce con quello della eometta, del-
l' oboe, e di altri istrumenti, ed a mezzo di una membrana
di caoutcbouc avrebbe ottenuto i toni gravi e profondi. I
suoni degli istrumenti presentano caratteri speciali e affatto
diversi da quello del canto, siccome questi alla loro volta
diversificano da quelli delle grida e degli urli. Cosi piure
mentre si riscontrano le traccio regolari prodotte dal canto
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332
dolce, ftUfetiantosono irregoltri quelli dei canio disguscoio
e stonato. L'autore chiude la sua Memoria coi ctiiedere
ojuio.e consiglio dagli uomini di scienta e dai pratici onde
giungere al maggiore perfezionamento di cui sembra sia
suscettibile il suo congegno.
L'abate Moigno avverte ohe ora il signor Leone Scott
fljutato dalle cognizioni teoriche pratiche del signor Rodolfo
Koenig costrusse un mioya apparecchio che segna colla più
grande precisione e nettezza le vibrazioni di un diapason
( comunemente corrista ) fossero queste nel numero di mille
per minuto secondo. La demarcazione con linee abbastanza
distanti può continuarsi per lo spazio di ventiquatro secoo"
di divisi in quattro intervalli di sei secondi ciascuno. Si
può quindi con una sola esperienza coniare il numero delle
vibrazioni di un determinato diapa$on ed avere colla mas-
sima facilità lo stretto rapporto con un numero determioa*
lo, come, per esempio, di 480. Il problema Vici diapason e
degli istrumenti regolatori, stabilito nei decreto minestrale
francese del i febbraio corrente anno, troverebbe con que-
sto apparecchio una soluzione facile ed esatta, da sembrare
impossibile come non abbia ad essere immediatamente adoC'
tato. ,
Lo stesso redattore soggiunse altresì di ayere vedute le
tavole citate nella Memoria del stignor Leone Scott; le trac*
eie de' suoni sempl.ei, de' suoni compost), degli accordi, di
ana preghiera recitala, di una frase declamata, dei movi*
menti di vibrazione dei corpi animati, e dì rotazione, ecc$
furono trovati veramente sorprendenti. Volle che questi fos-
sero veduti anche dal celebre Wheatstone che fece impor»
tanti esperienze nell' acustica, e io stesso avrebbe presagito
da questi saggi un beli' avvenire ed anzi ne prese nota per
«omunicarli alla Società reale delle scienze di Londra.
Noi siamo lieti di poter essere i primi a porgere que-
sta notizia agli scienziati italiani, nella speranza che abbiano
a studiare anch'essi un si importante argomento.
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SS3
VARIETÀ
Iie MlaBcle presso gU antleU popoli.
D.
Fue anni or sono si propose di sostituire anche in Lom-
bardia l'uso delle bilancie a quello delle stadere, credendo
ebe quest'ultime riuscissero un mezzo di misura a peso al-
quanto imperfetto. Le nuove investigazioni intraprese dagli
archeologi hanno invece provalo che il congegno della
bilancia è un congegno primitivo e quello invece della
stadera è un vero ritrovato scientifico dovuto al popolo
più commerciante dell* antichità , che fu il popolo fenicio.
Nella scoperta di strumenti e di utensili domestici re-
centemente fatta a Pompei non solo si trovò la stadera ,
come tuttora si usa in Lombardia , ma ben anco la bilan-
cia coi perfezionamenti propri! della stadera.
Noi crediamo di giovarsi dei disegni favoritici dal com-
pilatore del giornale VAriiiia^ per dare ai nostri lettori
uo' idea esatta delle antiche stadere , come si usavano da-
gli antichi.
V incisione che qui produciamo rappresenta una fra le
moltissime stadere rinvenute a Pompei che i Greci chia-
mavano hemizrgia od anche stateroBj ed i latini trutinm
campanw. Esse sono elegantissime di forma come è pure
elegante il loro contrappeso da noi detto bilancino o piom-
bino, dai Greci sphcBroma e dai latini aquipondium che è
sempre raffigurato artisticamente o sotto sembianze di una
testa di guerriero, o di una figura fenaminìle, o di uà
felino, od altro simile, ed anche con forme dì frutti d'ogni
sorta , indicando cosi che l' elemento artistico era sempre
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884
dominante ìd ogM oggecio, fosse anche TuiensUe domeslico
più comune.
L'invenzione della stadera rimonta ad epoche a noi lon-
tanissime, ma meno lontane d'assai della bilancia, giacché
quest'ultima porta il carattere delle età primitive, mentre
tuu'all'opposto è della stadera, la quale sembra il prodotto
di una conseguita e già matura civiltà, e questa sola con-
siderasione basterebbe a far eliminare qualunque pensiero
della sua proscrisione. Anzi in quei paesi ove più antica-
mente si raggiunse l'apice della civiltà ivi il suo uso è più
radicato, e massime presso i popoli derivati da colonie fe-
nicie, oppure presso quelli ove i Fenicii ebbero maggior
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885
ooDtatto di commercio. Infatti mentre nel territorio fran-
cese non trovasi adottata la stadera, la si trova all'incontro
per eccezioDe nella città di Marsiglia e nel littorale adia-
cente che fu un tempo abitato da una colonm fenicia.
La stadera di cui noi offrimmo il disino raggiunge
un' importanza maggiore oltre a quella delFartei e ciò per
un' iscrizione che trovasi impressa a caratteri romani sotto
il piattello , e la cui traduzione dice — e Nel consolato
Vili di Vespa3Ìano Imperatore Augusto , e nel VI di Tito
Imperatore figlio di Augusto, saggiata nel Campidoglio » —
cioè che nell'anno 77 dell'era volgare , e per conseguenza
doe anni prima della tremenda eruzione vesuviana che su-
bissò Pompei, questa stadera venne contrassegnata dalla pub-
blica autorità,
È noto che il carico di sorvegliare i venditori e di esa-
minare i pesi e le misure era dato agli Edili; che poi la
loro residenza fosse nel Campidoglio, viene attestato da vari
amori e specialmente da Tito Livio.
L'asta era detta dai Latini Scapus o Ubrile^ o iugum,
ed era divisa da un lato in più parti segnate con una li-
nea, e coi nùmeri dall'I sino al X, ed alla metà di cia-
scuna divisione vedesi un puntino. L'altro lato invece tro-
vasi diviso con altre linee dai numeri X sino al XXXX e
la metà è contraddistinta con un V. Tutte queste divisioni
dell'asta vengono dette da Aristotele Sparita. Questo se-
condo scompartimento segnato dall'altro lato dell'asta ci
mostra come fosse destinato a prolungare più avanti il peso
in modo da misurare incominciando col X precisamente
ove con questo numero si completava la prima divisione ,
per arrivare poscia sino al XXXX, ed a quest'effetto era
destinato T uncino che si vede più vicino al centro della
bilancia per ricevere' l' anello colle quattro catenelle por-
tante Q piattello, e cosi accorciare da questo lato il brac-
cio di leva.
Si rinvennero altresì molte stadere senza il piattello, le
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386
quali avevavano invece gli uncini collocali ali' estremili 'di
ciascuna catenella
Oltre alle stadere ai trovarono altresì molte bilancie a
due coppe o piattelli, da* Greci. chiamate zygi^ o gic^hi per
trovarsi aggiogate le due coppe, e dai Latini chiamate librcB
0 bilances. Quelle di Pompei sono interessantissime perchè
f^imostrano a quale eccellenza di eognitioni tecniche fos-
sero que' popoli salili.
La bilancia di cui qui offriamo il disegno ha questo di
parlicolare che presso al bilico ha aggiunto il contrappeso
per associarvi anche V utile delle stadere. Infatti una metà
dell'asta è suddivisa con tanti segni indicanti i gradi o spa-
zìi sui quali vi può scorrere a volontà il contrappeso o
piombino, detto anche romano in altre provinole italiane,
e perciò con tale perfezionamento si evitava dai venditori
la necessità di portar seco una grande quantità di pesi ,
siccome noi siamo tuttora obbligati. Ad essi quindi bastava
avere, od il solo peso dell* unità ^ o quello delle frazioni,
ed oltre alla leggierezza riunivano una maggiore speditez-
za e precisione potendo. cosi suddividere anco le frazioni.
Sarebbe a desiderarsi pertanto che tale perfezionamento
venisse introdotto anche ai nostri tempi , massime in quei
paesi ove i venditori di commestibili che percorrono le vìe
sono obbligati, oltre al peso degli oggetti che vogliono
vendere, a portar seco le bilancie con tutti i pesi.
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337
INDICE
DELLE MATERflS CONTENUTE NBL PRESENTE VOLUME.
Rassegna di Opbeb Italuhs.
L I/elle btitasioni di beneficiensa deUa città e provìocia di
Veneiia; studj storici» ecooomici t statistici del conte
Pier Luigi Bembo. • . \ • . (G. Sacchi) pag. 3
Il AluNKiaco VaJtellinese pubblicato per cara della Società
Agraria della Valtellioa . • • • . . • {G. S.) » 4
III. Della pedagogica ; libri cinque del sacerdote G. A. Hay-
neri^ professore nella R. UoiTersitk di Torino. {G. S.) »» 5
IV. La moneta» il credito e le banche ; Memoria del dottor
Maseimiliano MarUnelU ». » 6
V. Grande mustrasione del Lombardo-Veneto. Brescia e sna
proTlncia. •^ Cremona e soa provincia. — Bellono e soa
provincia • • • ( (7. 5. ) » Ii3
VL Rapporto statistico delta Camera di Commercio e d' indn^
stria di Lodi, per Tanno ISBT, redatto da Gaetano ri-
rotano • » 114
VII. La Banca delle quattro Legaiioni ed II cambio de' suoi
lAgtteitI; parere di Gerolamo Boccardo . . . . »,ii5
VIIL Diiionario manuale di geografia antica, e cenni preli-
minari ad inteilfgenza della storia ; compiMsione di ET'
cole CorH . . . r » «6
n* Storia degli scandagli marittimi , seguita dalla descrizio-
ne di una reta palombara ; del dottore Savino Savini » ivi
X. La Miensa medica della povertà , os^ia la beneficeau
illnminata; pensieri del eoste G. Maee^ ''225
22
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XI, L raiiHi j Mggio tfescTnttw per -
euco PaeheeOf delle regie Accademie spagnuole* • pag. S37
XII. Peosieri soli' istniiioAe e aoH* edocaiione ; di Giuseppe
Lattaro. * . • 4 é • 4 ^ » « » • • • . « >n
xni. Il primo iostitotore dei sordo -moti; discorso del ca?.
abate G. B. Costardi , Direttore dell' Istituto lombardo -
Tenete dei sordo -moti . • « • » in
XIV. Al prof. Gandolfi; alcune parole del sacerdote Luigi
n$bhf Ibtomo ài «o^^mil» • • . . . • a é » iH
XV. Sòmifia^Iò di stòHÉ diélU còlttira ilallani nei Hip|ioni a
quélfs àéltc altre baffoni europee ; di Otueèppe JlMa« » 3S8
XVI. bibliòtefca deir éeonottiisti diretta da Pfaneeeeo nr^
rara. . ^ .......... é . é ^ .^ M
Mteofc» Oftiaffi<iu^ EafBàTfi e» AMéusi di Opub*
Nootì stndj di fFolowski sull'economia politica in Italia, m 7» 117
Intorno alla fondaaiofie di nuove abitaiiooi per la classe ope-
rila in Milaot; Memoria di Giuseppe Sacchi . • • » 30
Elementi di Statistica ; di (^oetono Fannesehi . « . • » 45
1 passaggi dalle alpiiO la ferrovia ^el Vr^nnerf; dell' ioge-
gtere Luigi TaUi .,•...•..*..» 136
lluevl studj sulla condizione dei paui io Francia .. » » itS
StudJ statistici sulla prodpaone « sol commercio dei cereali
in Russia e suir avvenire del commercio, libero del grani
in Knropa «•»..••#* »339
Annuario 9tatiatic» Italiapo* Anno ifi. 18S7-S8« {G. Sacchi) » S61
Ni^vi documenti statistici intorno ai paesi deiroro (ArL I.) « 883
Geografia e Viaggi.
Stud) deHe SoifietI geografiche di l^afigi, di tofiòrs. Sì Me^
libo e di Vienna itelPanifò 1698 . .... . » 62
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Noori stadj pw deUrniiiiro U eoififatatloiit utMà MUl
lem. • • • • 4 é • ' . • • è • • . • pag. 64
Nuove esplorazioni nelle caverne ossifere degli Apeqnini
liguri. « • • • * M ivi
Nuova descrisione di Macao * • , . » 171
Noticm iNtiàiiB.
Statistica della popolaalooe «istriaca neiraniio IS57 • . » 98
NoTizm Italiami.
Società di Ratòo Soòcofso cobtro i danni della grandine per
le Provincie lombarde • • . • (F^ Sanseverino) n 65
Notizie statistiche del distretto di Sondrio capoluogo della
Valtellina • • • » 7i
Stadi statiBtiòi sul motfmèttto coimnerbiale dello Stato roma-
no {tuéUtnù SearalelU) •» 77, 189
n regno Lombardo-Veneto statisticamente illustrato dalle Ca-
mere di Commercio. La provincia del Friuli. • » 177» 300
Relazione del podestà nobile Jlessandro Mareelìo al Con-
siglio comunale di Venezia ^ nella - tornala 14 dicembre
185^ Stille condizioni amMitilsMtiVe dell' aiino {P. San-
severino ) .... \ .... * 289
Notizie statistiche sa I sordo ^matl di eampagAh educati in
Milano . . • 4 * . 4 . . , . é é * . ; » 99i
SUtistica deiriiidttstria italiana, dei doft. Pietro Màeetti » 306
NonziB Steauiebb.
tJo rendiconto decennale della beneficenza in Francia (D. G. C.) « 100
Sai canale marittimo di Suez* {Con Tavole). ( /« Mignami ) » 201
Hendiconto della beneficenza di Parigi per Tanno ^57. (0.
G, Capeani) m 322
SUtistica delle Isole ionie nell'anno 1858 «329
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840
Nuoti caMnucAiKmi wbm auto di CLui au , Snuoc màuis
B PoilTI DI VBigM).
Morlmaito e prodotti delle strade ferrate sarde durante il mese
di dicembre 1858 e dorante tatto l'anno 1858 i pa(. 106
Ultimo Rendicontò della Società delle strade ferrate del re-
gno Lombardo-Veneto e dellMtalia Centrale . • • . «SIS
Nonz» SUL Sistema Pbniteuzuuo.
Statistica criminale degli Stati sardi per gli anni 1856, 4857
e 1858 • 408
InVEflZlOm B SCOPEBTS.
I Podoscafi • • • • 9S0
II Fono-aatografo, nuovo congegno per la fissaiìone grafica j
del suoni e della parola, iuTentato dt Edoardo Leone
SeoiL • • 330
Varietà'.
Il Museo britannico mIH
Antichità egisiane e fondaiione di un museo egisltno ia Ateo-
sàndria • • • » • • • •• S91
Progresso dell' industria del cotone in Buropa . • • • » S2t
Nuora statìstica della popolasione del mondo • • , • » SSS
Statistica dei morti per colpo di fulmine nella Gran Breta-
gna 4 - M4
Le Bilancle presso gli antichi popoli » 333
FINE DEL VOLUME XXL*
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ANNUI UNIVERSALI
»1 •14tlMli«
Aprile IMS. ¥•!• %Xa. — fd.^ 04.
BIBLIOGRAFIA (O
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
RASSEGNA DI OPERE ITALIANE.
I. — Sulla proposta dello svincolamento dei livelli in Val-
tellina; considerazioni del dott. Pibtbo Caini. Milano 4859.
Un opuscolo tA-8.^ di pag. 24, presso la tipografia Ber-
. nardoni*
r ra le Tarìe provvidenze state da alcuni economisti proposte pel
miglior essere dell'Irlanda lombarda, la Valtellina, farvi anche
quella di far procedere in via coattiva, o per lo meno jussoria,
allo svincolo de' livelli che ormai affettano tutto l'agro valtellinese.
L'egregio dott. Gaiml deputato di quella provincia presso la Con-
gregazione Centrale di Lombardia, ha preso a trattare 'questo vi-
tale argomento, e nell' opuscolo che annunsiamo ha cercato di di-
mostrare che il proposto svincolo dei livelli valtellinesi sarebbe in
questo momento una misura inopportuna e disastrosa.
(I) Saraono indicale cos atterlMO (*) di riteontra al titolo dell'opera
nmkU prodaiioni sopra lo <|«ali si daraano , qaando occorroaO| articoli
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In poche pagine fa conoacere il vero stato della poaaidenu
prediale di qaella valle poverissima e mette in tutta evidenia i ti-
toli affatto speciali di quelle alpestri looalìtji che indussero ad af-
fidare quelle squallide rupi» e quelle povere ericaje a coloni che
vi fabbricano ad arte il terriccio vegetale e che senza T aspettativa
dell' utile dominio non avrebbero mai voluto» né potuto accingersi
a queir opera titanica. È bensì vero che quel sistema di proprietà
divisa ha pel successivo ripartirsi delle famiglie recato un micro-
scopico sminuzzamento di poderi e minuscole prestazioni livella-
rie» ma questo può dirsi un effetto immancabile di un sistema
agronomico che non può essere che proprio di un paese di mon-
tagna che ad ogni co#to vuol essere coltivato per alimentare i suoi
cento mila abitanti. 6e questo sistema si volesse far cessare con
atti Ifftslativi » andrebbero a concentrarsi tutte le proprietà rurali
nelle mani di pochi esteri capitalisti e si avrebbe per conseguente
effetto un più squallido proletariato di gente respinta dal proprio
nido,
Le provvidenze per l' Irlanda lombarda non possono consistere
in questa misura inopportuna e desolatrice» ma in altri alleviamenti
economici che il coscienzioso e sapiente economista Jacini ebbe già
il coraggio di additare e cbe il valtellin^se Caiu^i approva ed ap-
poggia di tutto cuore.
IL — La banca di Bologna e il napoleone (Toro. Bologna^
novembre 48d8. C/n opuscolo tn-8,^ di pag. 14, coi tipi
della Volpe.
UL — La banca pontificia per le guatlro Legazioni contro
la ditta Facchini, Bologna, novembre 4858. Un opuscolo
m-4.^ di pag, 24.
IV. — Nuovo cenno intorno la banca e il napoleone d* oro^
Bologna, novembre 4858. Un opuscolo tn-8.^ di pag, 24,
COI tipi della Volpe,
V. — La banca di Bologna e le valute monetarie; discorso
deir acv. GiACiifTo G^lgabini. Bologna 4859* Un opuscolo
m-8.^ di pag, 70 , presso la tipografia air Ancóra.
VI. — La banca delle (quattro Legazioni ed il cambio dei
suoi biglietti] parere di Geroubio Boccardo. Bologna ,
febbrajù 1859. Un opuscolo inS.^ di pag. 30.
VII. -»• Osservazioni sul parerò del professore Gerolamo
Bocoardo, intorno la banca delle quattro Legazioni; del
dott, Massimiliano Martinelli. Bologna 4859. Un opu-
scolo 111-8.^ di pag^ 44, presso la tipografia alt Ancora.
VlUf — Bisposta alla parte giuridica del parere del signor
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profeiMore Gerolanio Booeardo sulla questione della mo^
neta; dell'avo. FaiNCEsco Borgatti. Bobgna 4859. Un-
oputcolo tn-8.^ di page 34, presso la tipografia air
C Ancata i
IX. — La banca delle quattro Legazioni^ la moneta ed il
eredito; risposta dal prof, (jeroumo BoccarDo alte osser-
vazioni del dott. Martinelli e dell* avv. Borgalti. Bologna
4859. t/n opuscolo in*SJ' di pag. 32, presso la tipografia
della Volpe.
X. — Poche avvertenze delC atv.'FnstiCKco Borgatti sull*uU
timo parere del professore GeroUmo Boccardo. Bologna
4859. Un opuscolo tn-^8.^ di pag. 40, presso la tipografia
ali* Ancóra.
XI. — // quesito intorno la banca delle quattro Lega^
zioni; iittopa Memoria del dott. MAssmitUNo Martinellu
Bologna 4859. l/n opuscolo in^S.^ di pag* 37, presso la
tipografia alt Ancóra*
XII. — Dei biglietti di banco in Bologna^ questione sul modo
con cui f)anno pagati dalla banca d'Ile quattro Legazioni;
parere di Francesco Ferrara, profesnore di Economia pò*
litica a Torino. Bologna 4859. Un opuscolo in^S/^ di
pag. 7B, presso là tipografia alC Ancora.
Noi raceogliamo in UD^aniea rassegaa l^annOnEio di ùndici Me-
morie ebe provano quale sia il progresso della sciensa economioa
ÌQ Italia. La banca delle quattro Legazioni res^idente a Bologna si è
non ba guari trovata in una situazione veramente anormale. Lo
Stato pontificio non ba moneta propria che basti alle coQtrattaiìoni
commerciali. Esso dovette perrtlettere V Introduzione 6 1' uso delle
monete estere, ad alònne delle quali attribuì un valore legale. Fra
le monete d'argento estere circolavano anche le lire austriache
di veccbio conio, le quali avendo per disposisione legislativa do-
rato scapitare del 5 per 400, si rimandarono fuori dello Stato
abbastania in tempo per non soggiacere all' ingiunta perdita nel
valore legale. In mancanza di monete d'argento dovette la Banca
bolognese acquistare dall' estero tanti peizi d' oro da venti franchi
per la somma di un milione e settecento novantatre mila e du^
cento trenta nove scudi perdendo neir acquisto scudi sei mila e
cento cinquanta nove. Nelle operaxioni di sconto di cambiali ed in
altri pagamenti, essa pose In circolazione i pezzi d'oro da venti
francbi al valor corrente di piazza , come al valor corrente plateale
aveva essa stessa ricevuto i detti pezil d'oro di mano in mano che
i debitori delle eambiali estinsero il loro debito presso la banca.
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Sorse allora la controversia giaridfca, se la banea boloftesa
fosse obblìjKata a do?er porre in circolasione i pesai d'oro da 20
franchi a ralor rigoroso di tariffa» od al valor corrente di piazza.
Consaltato il prof. Boccardo di Genova, questi in due dotte Me-
morie si accinse a dimostrare che la banca bolognese deve pagare
colla moneta legale In scadi romani , ed in difetto della detta moneta
può pagare in napoleoni d'oro, ma deve darli al corso di tariffa.
I giareconsalti ed economisti Minelli, Vecchietti, Osima, Gal-
garini, Martinelli, Borgatti, Piacentini Rinaldi, e per ultimo il pro-
fessore Francesco Ferrara, sostennero con vittoriosa dottrina que-
st' altro assunto, che la banca bolognese può tanto In via di eco-
nomia, come di diritto, dare a sua libera scelta o scudi romani o
qualunque altra fra le monete che hanno corso legale negli Stati
del Papa, e può liberamente dare anche napoleoni d'oro, non a
rigore di tariffa, ma secondo il valore corrente della piazza.
Dopo avere anche noi consultato gli statuti della banca ed ap-
profondita quest'ardua e dilicata questione non esitammo ad in-
clinare pel voto ultimamente espresso dal prof. Ferrara; ed al
quale sappiamo essere aderente, anche il prof. Scialoja, non poten-
dosi obbligare un istituto mercantile di credito a scostarsi dall'uso
dei valori correnti di piazta, i quali costituiscono per esso la vera
misura della circolazione monetaria.
Crediamo però di dover richiamare l'attenzione di tutti gli stu-
diosi su questo fatto consolantissimo di vedere nel breve periodo
di cinque mesi agitarsi in Italia una delle più ardue questioni eco-
nomiche da otto valentissimi scrittori che in fatto di sapienza giu-
ridica *ed economica non cedono ad alcuno de' più riputati cultori
di questa scienza che vantar possano la Francia, l' Inghilterra e la
stessa dotta Germania. G. SaeehL
XIII. — * Del valore della monela eecondo i principi com'
parati del dirilto romano pubblico e privato^ della giù-
rieprudenza^ e della moderna economia; dell' avv» Boa-
gatti. Bologna 4869. Un opuscolo jtt*8.^ di pag. 47.
Ecco un' altra Memoria che esce alla luce in Bologna per trat-
tare un argomento che è per noi tutti di una grande importanu.
L' egregio avvocato Borgatti ha voluto mostrare come in cosiffatli
studj che ormai pajono nuovissimi» ci abbiano già precorso g|li
antichi nostri scrittori, incominciàbdo dai giureconsulti romani e
giù scendendo sino a tutti i dotti interpreti del romano diritta.
Noi faremo di nuovo cenno di queste Memoria dopo che avremo
pubblicato i tre sapienti lavori che su questo tema ci ha ora la-
Yorito l'illustre professore di economia politica Andrea ZambeUi,
e che vanno ad ingemmare le pagine del nostri Annali.
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lElQRIE ORIGINAI!
ESTRATTI ED ANAIISI DI OPERE.
Belto mlflvra 4el Tatari t« paesi e tempi élMmni*
ti. Discussione economicO'-storiea^ letta dal professore
ANDBiiA XAMBBiiM neW Atemo di Brescia Iranno
4867.
Paktb Ptinu
/ metalli preziosL
i
I Beccaria (I) ed altri economisti dello scorso secolo av-
Tisavano, < essere le monete pezzi di metallo , che misurano
i valori, nella guisa medesima che le libbre e le once mi-
surano il peso, il piede ed il braccio Téstensione delle cose « •
Ma perchè il valor d' una cosa serva a misurare quello di
tutte le altre, conviene che sia per sé medesimo invariabile
e che conservi Tidea della grandezza misurata non solo nel
tempo e nel luogo, dove ,si fa il paragone, bensì fra etk re-
mote runa all'altra ed in paesi stranieri e diversi fra loro;
sicché per continuare neir esempio del preallegalo scrittore,
qualora la detta misura di tre palmi, dopo aver misurato un
braccio di panno, venisse col tempo , o per un cangiamento
di clima, a raccorciarsi e si riducesse al quarto della sua
primitiva lunghezza^ più non offirirebbe al eerto una giusta
notizia della estensione del panno misurato. Or quello che
non successe del braccio da misurar le stoffe e i panni,
{i) Dei disordini e dei rimeij delle numeU; parte frìm.
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8
succede pur troppo delle monéte dell* oro e ddl* argento.
Codesti metalli sono bensì la materia più idonea a servir
di veicolo pei cambj, a rappresentare i valori delle cose e
ad esseme la misura approssimativa negli ordinar] contralti,
perchè oltre all' avere un valore intrinseco, racchiuso in pic-
eni volume e guarentito dal conio di cui sono suscettivi,
hanno anche un pregio, il meno dipendente dai tempi e
dai luoghi, il meno variabile, in un determinato spazio, come
dice Chévalier (4). Ma se dessi ne somministrano una mi-
sura relativa, già non ne viene che ne somministrino una
assoluta: per contrario sono ben lontani dal somministrarce-
la. Non solo la denominazione e V impronta delle monete, ma
inoltre il valore intrinseco di esse suol variare nella lonta-
nanza dei paesi e dei tempi, essendo anch'essi que' pezzi
monetati una merce or più or meno pregiata, secondo che
sia in minore o in maggior copia, e secondo gli usi e i bi-
sogni di quella.
Non v' ha dubbio infatti , che i metalli preziosi valgono
assai meno nell' America meridionale ed alle Antille che non
in Europa, perchè essendo quello il paese delle miniere
d'onde Toro e l'argento si spargono nelle altre parti del mon-
do, i suddetti metalli naturalmente vi sovrabbondano; e sic-
come alla massa che se ne asporta se ne aggiunge di con-
tinuo una nuova, conforme ha osservato anche John Mill (2),
dessa ha in quelle parli una tendenza costante a calar di
pregio, o per dirlo in ^Itro modo, il prezzo delle derrate
vi tende costantemente ad alzarsi. Sono codesti metalli la
merce monetabile, la merce universale, nella cui correspei-
tiviià si trovano quindi tutte le merci; in conseguenza di
che si alza o si abbassa il pregio di queste, secondo che
(i) La Mannaie; pag. 179.
(2) Elémens d'economie politiqut: traduits de l'angUis par
T. T. Parisot, eh. IH, seetion XIV.
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9
essi abbondino o scemilo: della quale verità ci offrono un
odierno chiarissimo esempio la Nuova California e I* Oceania,
di cui tante cose ci narrano tutti i giornali d'Europa. Quivi
luuo costa assai più caro, perchè vi è molto scemato il
pregio dell'oro che vi sovrabbonda e che vi circola quasi
solo. Per r opposto , giusta i computi statistici , se non al
presente, come appare dalle odierne notiiie, certo parecchi
anni Ta, il valore dell'argento riusciva alla China il doppio
di quanto io si apprezza in Europa ; la quale differenza de-
, rivo in prima dai provvedimenti dei governatori spagnuoli
ehe per favorire il commercio europeo ne lasciavano aspor-
tare ai Chinesi la minor parte possibile nelle fiere messicane;
indi, cioè dopo le rivoluzioni americane del I8l0, vi con-
tribuì singolarmente l'usanza orientale dei tesori e quella
di giovarsene in copia per foggiarne utensili ed ornamenti
costosi. Cosi pur succede al Giappone, dove l'argento è tut-
tora assai più caro che in Europa (4).
Non minori delle differenze locali sono nelle grandi di-
stanze le differenze dei tempi. Il valore d' una stessa quan-
tità di metallo nobile in età distanti fu stimato assai varia-
mente in confronto d' una merce , il cui pregio si mantenne
in lunghi intervalli a un di presso il medesimo. V ha di
fatto una derrata, la quale benché assai corruttibile, benché
da uh anno all'altro vada soggetta a frequenti variazioni di va-
lore, e quindi tra per questi e per altri motivi non abbia le
qualità idonee a servir di moneta, mondimene serbò in jspo-
che remote le meno'^incostanti proporzioni con le altre der-
rate; e questa è il frumento: né ciò dee parere strano a chi
osservi, che essendo esso fino dai primi tempi storici il nu-
trimento comune delle nazioni europee* ne fu sempre so-
stenuta la ricerca dalla necessità ; ed anziché incararne o di-
minuirsene il prezzo medio, a causa della penuria o dell' ab-
(i) V. M. Cbévalier: Economie poi., tom. Ili, pag. 359.
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IO
bdndanxa, h pojpolasioiie nfA cono degli aonl ai ira pur
aempre a mano a fnaoo propondonaodo alle medesime. Qael
preszo, aDOorehè tarli tempo per tempo, non laacia di eoo*
tenersi fra certi conSni nelle sue stesse oscillasioni. Laonde
se, per esempio, da quattro secoli in qua troTcremo il grano
quando eostare una maggiore , quando una minor copia di
argento e d' oro, se ne dovrà sicuramente inferire , che non
il Trumento, sibbene il metallo variò Trattante di valore. Il
grano può Tare per approssimazione in grandi intervalli di
tempo ciò che non potrebbe nei corti; in questi è peggior
misura dei valori che noi sia la moneta; in quelli è migliore
per r evidente ragione accennata: il che non ha osservato
un odierno econombta, il quale vorrebbe combattere uiu
verità, eramai ricevuta dai dotti e dalle A(^oademie net cal-
coli statistici e storici.
Ora, paragonando il valor medio della merce alimentaria
col valore dell' argento , e servendoci a tal fine delle co-
scienziose indagini di Duprè di Saint Maur, citato dallo
Smith e dal Say, troviamo che dopo il iMO^ cioè dopo Is
acoperta deHe miniere americane, il grano venne dapprima
a valere il doppio dell* argento con cui Io si paragonava per
innanzi, indi a poco a poco due toni, e poi verso il 1574
tre quarti più ; talmente ebè, nel confronto tra il costo del
frumento sul principiare del secolo decimosesto e la 6ne di
esso, risulta da quei calcolii come pure osserva il Say (4),
che nella seconda epoca«coovenne dure quattro oncie*d*ar«
gente in circa per ottenere quella stessa misura di grano
che neir epoca prima ottenevasi con un'oncia: ed anche ttiuc
le altre derrate si alzarono di pregio a xptd raggua^io, se-
condo che abbiamo dalle memorie del seeob dacimcMsesto:
onde appar manifesto che dal 45S0 in poi T argento calò
di pregio in ragione di tre quarti. Giusta i calcola istessi.
(1) Coan d'economie poUtique: Um. li, pag. 80 et soir*
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u
YoTé calò ioveee per- due leni del tao pregio; e bisognò
dame due leni più che per lo addietro. Né si tralasci di av-
vertire che alle calcolazioni di Duprè di Saint-Maur corrispon-
dono quelle del vescovo Flettwood relativamente all' Inghil-
tem; quelle di Davansati rispetta all' Italia; quelle del pa«
dre Moncada in ordine alla Spagna; quelle, ed ancor più,
di Michele Chévalier nel 4850 (I), di Stirliog (3) e di Te-
goborsky (3) nel 4b5S; « manifesto indisio che tanto più
oro ed argento abbiamo » : dioea Davanzati (4).
Che poi codesta diminusione di pregio dei metalli nobili
non siasi compiuta nella indicata ragione, fuorché entro lo
ipaxio di quasi un secolo, dacché si scopersero le miniere
americane, tion dee recar mfiraviglia a chi rifletta relativa-
mente al metallo monetato, essere questa la merce imiver-
sale, onde ha da passare qualche tempo prima che ne siano
ingombre tutte le vie della cireolasione ; e quanto ai detti
metalli in verghe^ essendo quelli una meree che trova un
grande sfogo negli oggetti di lusso e di coi sempre si fa
capitale pel monetaggio, naturalmente nelhi sua sovrabbon*
danza non scema di pregio che a poco a poco. A ogni mo-
do, la enorme quantità cresciutane produsse codesti ooi^
derabili effetti.
Porse obbietteranno alcuni, che una siAtta varietà nei
pregi dell'oro e deir argento, avvenuta per la copia stra-
bocchevole che ne versarono le miniere del Messico e del
Potosi ne* paesi europei^ fu circostanza al tutto straordina-
ria, tale da non rinnovarsi, opperò da non tenerne maggior
eooto che di cosa accidentale si farebbe. Ma^ coom diasi
poc'anzi, il valor del denaro variò d'età in età non solo
(1) La Mannaie: pag. 195.
i^) De la dHomomrU dis mine$ dTor m JvélraM si su Os-
Ufomie.
• (3) ùes gUes auHfère$ en Califomie ei tn JmtralU.
(4) Lezione Mie maneie.
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in proporzione doliti copia che se n' ebbe, bensi ancora de*
gli usi e dei bisogni di quello. In fatii si hanno buone ra«
gioni di credere che il pregio dei metalli nobili (se per
l'accennata causa invili considerabilmente dal secolo deci-
mosesto al decimosettima) posteriormente, cioè, come cre-
de Smith, dopo il 4636, secondo Humboldt verso il 1650,
secondo Chévalier verso il 46SO, cominciasse a rialzarsi, né
in seguito per lungo tempo si (acesse più jrile, benché la
quantità siasene frattanto aumentata in Europa dai due mi*
liardi e duecentocinquanta milioni ai sette miliardi e qua-
rantacinque miilioni di franchi, indi cresciuta nel secolo de**
cimottavo oltre a nove miliardi giusta gli esatti ragguagli
di Guglielmo Jacob, a cui presso a poco corrispondono
quelli di Tegoborsky (A); in somma fino a tredici in quat-
tordici miliardi. E vagliami a dimostrarlo qualche esempio
di persone opulenti e femose. Dalle Lettere {2) della Main-^
tenon a sua cognata d'Aubigné> lettere in cui si leggono
specificate ad una ad ima le spese domestiche di codesta
amica e poi moglie di Luigi decimoquarto, e le quali per
conseguenza ci porgono^ una chiara idea del come vivevasi
allora nelle case dei grandi, è agevole il raoeogliere, che
non solamemte i consumi del secolo decimosettimo eran
minori degli odierni, ma quelli delle primarie (amigl'ie mon-
tavano ad assai meno di ciò che si spende oggidì da qiia«
iunque agiato cittadino. Questo pur si raccoglie àB\VE$$ai
sur les moeurs di Voltaire. Ai giorni nostri per tanto la ri-
cerca delle derrate di uso comune riesce assai, maggiore
che non nell'epoca accennata. Anche il popolo fa maggiori
»
(1) Essai fur les consequences epentuelles de ta deeouverle
des gites aurifères en Californie et en Justralie: Paris, 1853.
Secondo Tegoborsky (ibid. pag. 71 ), e seooodo Jacob e Chéva-
lier Toro e l'argento, che trovatasi In Europa prima della se^
porta dell'America» non passava un nrìltardo di franchi.
(2) Pubblicate a Parigi nel 1806: T. I. pag. ilO.
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13
e più larghi consuoii. Alla quale circostanza dove si aggiun-
ga t* altra rilevantissima dell'essere state d'allora in poi
molte delle derrate, o direttamente, o indirettamente, caricate
per tutto da imposte maggiori , ne procederebbe la conse-
guenza che i prodotti di generale consumazione fossero pre<
tentemente più cari che allora non erano. Eppure i com-
puti statistici in gran numero e l'autorevole asserzione di
Gamier (4), il traduttore e commentatore di Smith, ci in-
formano, che la massima parte delle derrate cotidiane cor-
rispondevano allora ad una quantità di denaro, non inferio-
re a quella che se ne dh odiernamente; sicché bisogna con-
ehiudeme che da quel tempo in poi il pregio della moneta
siasi realmente accresciuto.
Vero è che qualche scemamenta di pregio de' metalli
nobili avvenne pure nel 4760 per gli scavi maggiori delle
miniere, né io lo nego a Tegoborsky: ma non fu che di
breve durata, come osserva Chévalier; fu poco sensibile,
conforme abbiamo da Stirling; e poco tempo dorò il rin«
caramcnto del grano che allora avvenne e al quale pure
contribuirono le frequenti guerre. E se , come ci informano
le attuali statistiche e il predetto Chévalier, una notabile
varietà di pregio decrescente or succede da qualche tempo
nell' oro sui mercati di Ghinda, dei Belgio, dell' Annover ed
anche altrove per gli scavi della California e dell' Oceania,
vi ripara nella moneta il contrapposto del valore dell'ar-
gento, notabilmente rincarito; onde i prezzi delle merci
non ne sono alterati in Europa come alla California , dove
non si spende che 1' oro o almeno per la massima parte.
Si può (>ertanto asserire, che da circa due secoli in qua
il pregio del denaro si ò anzi sostenuto che scemato. Nò
di un tal fatto ci sono ignote le cagioni. V ebbero certuni,
(i) Nella nota XL. aH' opera di A. Sailb: Sulla natura e le
CttUMt Mia ricchezza Mie nazionU
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44
ì quali non vedendo come tutto si lega neir ordine lodale,
come da una causa istessa avvengono nel bene e nel male
infiniti effetti, di cui nessuno deve essere ignoralo dal poli-
tico, parve che trovassero nella scoperta dei tesori americani
tina cagione di danni anziché di vantaggi^ Osservarono alcool
falli, ma non tulli : solila imperfezione delie menti o scarse
o preoccupale. La scoperta delle miniere d'America essen-
dosi falla in un tempo che ignoravasi la vera teorica delle
ricchezze, i re di Spagna Carb Quinto e Filippo Secondo
non se ne valsero che per far nuove guerre ; il che nocque
a loro stessi ; ma nocque ben anco agli altri Stati che non
possedevan miniere, i cui principi, non volendo io guerra
esser da meno dei monarchi spagnuoli, credeilero di potervi
sopperire coir alterar le monete e coir accrescer le impo-
ste : ma siccome da un male nasce talora un bene, se per
qualche tempo i popoli irovaronsi per ciò in uno stato as-
sai tristo di cose, in apprèsso, non bastando le alterate mo-
nete, la stessa causa erzò il debito pubblico che dovendosi
appoggiare al credito fece a poiu) a poco, se non jcessare
(che certo non cessarono) almeno scemare assai le dette
alterazioni: e da quella cagione medesima provenne pure
una maggiore attività industriosa per poter supplire alle
pia gravi imposte: la quale congiunta ai progressi contem-
poranei della civiltà, alzò il pregio del contante, cosi pel
bisogno cresciutone nei eambjs coitie per la cresciuta pro-
duzione delle derrate e la minorata consumazione riprodut-
tiva, che scemano i prezzi di quelle, e rendono oonsegueo*
temente piò preziosa la merce universale.
La scoperta delle miniere americane fu pure assai van-
taggiosa da questo lato, che accrescendo infinitamente i ca-
piuli , uno degli agenti produttivi , accrebbe al medesimo
ragguaglio 1* industria e la ricchezza. Quanti progressi non-
fecero da indi in qua e nell* agricoltura e nelle arti e nel
commercio ringhilierra, la Francia, l'Olanda, la Germania
ed il norie europeo ! I prodotti sempre crescenti dovettero
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MeenaiiBmenie richiedere vn propomeoale e successivo
«HDeitto nella quatiiidi della moneta impiegata per la cir-
eobaiooe di quei prodoiti medesimi : tanto più che V incre-
meato della popolazionoi eifeituatod dal settecento in poi,
lamentò anch'esso di sua natura la domanda dei metalli
nobili. L' aumento ognor maggiore ddle case doviziose, na-
torsi eonsegueosa dell' aumentata industria, generò natural-
mente lo stesso progressivo aumento nella rioerea di essi me«
talli, per formarne vasellami, gioje ed altri ornamenti da let-
to, da tavola e della persona, di cui prima non fiiceasi mostra
che tra le pareti dei prìncipi e dei grandi. Vero ò, né io il
negherò a Chévalier (I), che la civiltà moderna prepone
i oiobili leggieri ed eleganti ai dispendiosi, sgraziati e pe-
nati delle età passata; ma in parecchi arnesi e masseri-
zie molti pure preferiscono l'argento e l'oro; e molti an-
cora odiernamente li profondono nella eontraftttura dei
mobili antichi o rococò, come li chiamano; e, dove antica-
mente Taccumulazione delle ricchezze in poche mani con-
cedeva soltanto a pochi il for uso delle ricche suppellettili ,
oggimai lo scompartimento maggiore delle facoltà le ha rese
comuni a tante delle agiate famiglie, onde si compone la
miglior parte della società. Ciò pure osserva Tegoborsky.
A questi motivi del rincaramento della moneta si ag«
gioQse fattività mercantile dell' America moderna, la quale,
schiava ed ignorante ne' secoli decimosesto e deeimosettimo,
cominciò nel susseguente ad ingentilirsi, massime nel set-
tentrione, e liberatasi dal giogo europeo si dette a lavorare
e a trafficare per sé stessa^ attraendo non poca quantità dei
metalli nobili, che a larga mano le somministrò la natura,
e di cui Tavea quasi al tutto spogliata il dominio straniero.
Al dire di Tegoborsky , quattro quinti ne vengono in Eu-
ropa dal Messico e dal Perù ; la metà dalla California ; tre
quarti dall'Australia.
(i) nevue des Deux Monéte: octobre, 18b7, Dt la bai8S9
probable de l'or.
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16
Aggiungasi b massa enorine d' oro e d' argeato che va
nella China e nelle Indie Orientali, o direttamente sul grande
Oceano, o indirettamente per mezzo degli Europei, che aspor-
tandone il thè, la porcellana, le spezierie, il cotone grq;-
gio e molte altre merci, lascian quivi una gran copia dei
metalli americani, i quali o vi rimangono stagnanti, o con-
vertiti in oggetti di lusso contribuiscono al fasto asiatico.
Tegoborsky infatti osserva che l'attuale commercio eolI'E-
giito e col Mar Rosso, quello coli* India e colla China, e
quello segnatamente dei Russi a Kiatka e a Toboisk, vi as-
sorbono una notabile quantità dell'oro europeo. « Vero è ,
soggiunge, che gl'Inglesi esitando alla China l'oppio ed an-
che alcune delle loro manifatture, ne estraggono pure al-
quanto uro; ma una gran parte di questo rimane neirio«
dia che ne abbisogna (4) >•
Oltre le quali cose , il logoramento cui soggiaeiono le
monete pel maggiore uso negli aumentati movimenti mer-
cantili ; le fusioni che ne fanno gli ore6ci e gli argentieri,
massimamente nei paesi dove non sia attivo il commercio
dei metalli preziosi, a fine di procacciarne la quantità ri-
chiesta dall'arte loro e risparmiare le spese del saggio e del
raffinamento ; le rifusioni e i rinnovamenti nella molteplice
varietà delle mode, tanto cresciuta oggidì; la manifattura
ognor progressiva degli oriuoli d'oro e d'argento; la con-
suetudine dei principi orientali di accumular tesori per va-
lersene nelle circostanze straordinarie ; 1' usanza pressoché
generale nei paesi asiatici di nascondere gran parte di quei
metalli nelle viscere della terra, onde sottrarli agli avidi
sguardi del potere arbitrario, e la cui notizia muor non di
rado insieme con colui che li sotterrò; e la perdita ohe se
ne (a nei cosi frequenti trasporti per terra e per mare,
sono cause anch' esse d' un progressivo rincaramento della
merce monetata.
(1) Ibidem.
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47
Pertanto assai lungi dal vero andrebbe ehi non ponendo
mente a que' fatti e a quelle cause incontrastabili credesse
col celebre Locke (4) che al ten^po moderno convenga
dare dieci volte più denaro che non si dava sul principio
del mille cinquecento per ottenere la mercanzia [medesi*
ma. Ed anche Chévalier e Tegoborsky , i quali opinano ,
essersi il pregio dei metalli nobili dagli scavi americani in
poi diminuito in ragione di uno a sei, mi pare che facciano
un calcolo esagerato. Ma ceno di tre quarti, e forse, più ne
avvenne in generale la diminuzione di quel pregio ; sicché
una rendita di quattrocento nell'età odierna corrisponde in
circa ad una di cento negli anni anteriori al mille cinque-
centoventi (8).
Quanto alle future variazioni del valore delia moneta,
troviamo assai discordi le sentenze dei moderni economisti.
« Qualche tempo fa, tra il ISSI e il 4840, cioè parecchi
anni prima delle scoperte califomesi ed australi, Guglielmo
Jaccft) (S) e Pellegrino Rossi (4) sostenevano che i prodotti
delie miniere messicane dovessero da indi in poi andar de-
crescendo, stanti le maggiori spese di scavazione pei filoni
ognora più profondi e scarsi e per le rivoluzioni delle co*
Ionie spagnuole. Ma il signor Humbold , viaggiatore ed os-
servatore indefesso della natura in tutte le parti del mondo,
sommo naturalista e valente politico ad un tempo, chiara-
mente avea pure affermato nel suo Saggio sulla Nuova
Spagna^ che « da cent'anni in qua l'annua produzione di
(1^ Delle cause dell'abboìtsamento dell'interesse,
(2) « Si può ainoieUere che il pregio del deoaro, come me-
tallo, dalla scoperta delle miniere americane fino ai giorni nostri
sì è abbassato nella proporzione di tre o quattro ad uno, » dice
Rosctier. Principii d'economia poliiicaf tradotti e commentati da
H. Wolowski. Tom. il» e. 4. Parigi 1857.
(5) Nel libro : Sui metalli Ji[eziosi. On preeious metals.
(4) Cours d'economie politique^ dixième le^on.
A!«iuu. Statistica, voi. XlìI, serie <V 3
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18
quelle miniere si accrebbe lo ragione di ventìcinque a cen-
to dieci » 9 e soggiungeva « esser tale l'abbondanza dell'ar-
gento nella catena delle Ande, che risguardando al numero
degli stratì dei minerali per anco intatti, o solo superGcial-
mente scavati, saremmo quasi indotti a pensare, che gli eu-
ropei abbiano appena principiato a godere di quei ricebi
prodotU »• E in una più recente e lodata opera (4), eom-
bauendo que'vaui timori, diceva queste notabili parole:
e Le mal condotte imprese minerali fecero supporre un
esaurimento nelle vene messicane, a cui si oppone la no-
tixia geognostica del paese e il tesUmonio ddl' esperiema.
La sola zecca di Zacatecas, nei torbidi anni che eonero dal
4811 al 4833, coniò da trecentosessanta milioni di franchi;
e una sola di quelle vene, la vena grande (3), obe ò pure
aperta fin dal secolo decimosesto, somministrò dai 18S8 al
4833 trecentoquindici mila seicentotreniasei cbilogrAnmi di
argento. A mostrare, egli prosegue, quale affluenza di me-
talli possa ancora operarsi in quelle contrade quando la
scienza vi promuova Io scrutinio del terreno, l>aala il dire,
che presso Sombrarete i marchesi dell' Alportado raccolaera
in cinque mesi, sopra una lunghezza di trenta metri, uà
prodotto netto di 22 milioni di franchi, e nel distretto di
Catorfc il prete Giovanni Flores ricavò in trenta mesi di-
ciannove milioni di franchi da una vena che il popolo stu-
pefallo denominò : la borsa del Padre Eterno (JLa bolsa de
DioB Padre) ».
Credeva il preallegato Jacob che fosse una prova del
suo assunto Tabbassamento del prezzo dei grani, da lui os-
servato allora, cioè nel 4831 , in ogni parte del mondo;
ma, concessa eziandio la verità dell'asserto e diffalcatene le
(1) Sulle fluUuaziofU nella produzione dell'oro^ Uì riguardo
ull'economia poliUea. Deutsche Vierteljahrssckrifl.
(9) La teta grande.
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19
firietki non poteva esso derivare dai lanti terreni frattanto
diboseali e eokivati ^ dalle cosi agevolate comunieaiionì e
Mia lunga pace che aveva dorato per si gran tempo f Cre-
deva il detto autore che allo scemamento da loì supposto
deiroro e dell* argento messicano e peruviano in Europa
siano per contribuire e raboliaione della schiavitù dei Negri,
per cui ne venga a costar di più la scavazione, e la natu-
rale animosità fra gli americani del sud e gii europei , per
li quale siasi scemato assai il commercio fra noi e quelle
parti ; ma dall' un canto egli non tenne alcuna nota delle
iDaechine a vapore, mediante le quali lo scavamento può
ke senza di tanti e tanti operai; né osservò dall* altro ohe
rinterruzione e diminuzione dei traffichi tra l'Europa e l'A^
meriea n%n potrebb'essere che di breve durata, avendo na«
toralmente quei popoli o qualunque siansi gli scavatori di
quelle miniere un interesse di esitare gli scavati metalli ,
perchè altrimenti nella sovrabbondanza loro se ne avvili*
rebbe di soverchio il pregio. Certo le rivoluzioni, cui vanno
soggetti anche al di d'oggi codesti paesi, segnatamente al
Messico ed al Perù, riescono un ostacolo ad un'attiva sca»
Yazione delle miniere. Ne sofferse particolarmente quella
dell'argento, di cui il Messico abbonda. Ma, come afferma
Tegoborsky, vi ripara l'oculato interesse delle società ano-
niae inglesi e francesi, che or ne esercitano la lucrosa in-
dustria.
Meglio previdente delle future varietà nel pregio dei
nobili metalli era. stato Oo dal secolo scorso (4) il celebre
Ricci, uno dei nostri economisti. « Sappiamo, egli diceva,
che l'Oriente per timore della tirannide tien celata gran-
dissima copia d'oro e d'argento, la quale (come la ragione
(i) Cioè fin dal 1787 neir opera: nifwrma degl'UHiuU pii
mUa'eiUà di àiàdina. Raccolta dal baroo Custodi. Tom. XLI,
pig. 270 e seguenti.
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potrà forse con rarmi penetrare in quelle eontrade) verri
a poco a poco dissepolta dalle stesse passioni che traggono
e spargono il contante in Europa. Sappiamo che il più ampio
e fertile continente d'Africa ò anche per la naaggior parte
inaccesso , e mostra sui lidi , alle foci dei fiumi , terre e
arene lucenti, presentissimi indizi di metalli. Sappiamo che
gli africani sulle coste della Guinea recano i ciottoli argen-
tati e la polvere e le glebe dell'oro , e ohe restano ovun-
que a forsi immense scoperte di terre vastissime, delie quali
infaticabili viaggiatori o videro appena o sol toccarono i
lidi. Quindi è forza dire che le stesse passioni che ora di-
sperdono gli uomini sopra la terra li caocieranno ancora
per alcun tempo a pertugiare altri monti, a dirupare altre
pendici, a tenure aliri pelaghi; e non può credersi da uomo
di sana mente che tulio il gran movimento del lusso e delle
passioni abbia a soffrire violenta collisione, né che l'uomo
abbia involati i tesori alla terra, né che la natura sia stane»
di riprodurli. » Queste parole, le quali ancorché scritte
molli anni addietro, pure si appropriano assai bene allo stato
odierno delle cose , cioè alle conquiste inglesi , fran/^esi e
russe ed alle spedizioni scientifiche e mercantili europee,
ricevono una conferma dal prelodato Humbold; la ricevono
dal Balbi, al cui dire il prododo delle miniere e lavature
aurifere dei monti Urali, tiggiunto a quello delle altre mi-
niere e lavature della Russia orientale, segnatamente del-
TAliai, si eleva ad un' enorme cifra ; e lo dice anche Tego-
borsky; la ricevono dalle osservazioni analoghe di Brogniard;
e più ancora dalla prodigiosa quantità di oro che tuttodì ««
va scoprendo nella Nuova California, la quale dall'anno 1849
in poi lo fece assai scemare di pregio in America, indi
anche in alcune parli d'Europa; ne alzò corrispondenlement<ì
il pregio dell'argento, e la cosa giunse a tal termine ncl-
Talterata proporzione dei due metalli che cagionò scrii ti-
mori nelU Francia e neil' Inghilterra e indusse l' Olanda ,
TAnnovcr e il Belgio a demonetare l'oro, p il oontkiente
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SI
Australe} non rivela una quantica di mihiere d' ^iro ancor ^
niaflgiore ? E codesta quantità non potrebbe ancora aumen-
tarsi per Timpiego di più potenti ntiezzi di eMrazione?
Sembrerebbe pertanto che all'opposto di quanto già si
imnìaginavano Guglielmo Jacob e Pellegrino Rossi, il talora
dell'oro e dell'argento dovesse da quindi innanzi andare an-
i5or decrescendo ed effettuarsi l'adtico presagio del Davan-
xati che ^ converrà trovare altra cosa più rara per fer roo-^
neta «. Se non che le agevolate comunicazioni dei popoli^
aumeniatrici dei cambi a cui necessita in proporzione il
denaro ; V attività industriale e mercantile , cresciuta a di-
smisura^ e le qtiali perciò accrebber pure a dismisura il bi-
sogno del contante; l'aumento della popolazione generale
del globo, il quale, secondo i calcoli statistici, supera d'as-
sai l'aumento annuale della moneta ; e il progresso delle
arti sosterranno naturalmente il pregio di quella e per la
sempre crescente ricerca di essa, e per lo scemar di costo
delle mercanzie, cagionato dalla maggior produzione e dalle
menomate consumazioni riproduttive. E qualor anco il pro-
dotto delle miniere avesse a superare l'incremento e il bi-
sogno dell'industria e dei traffichi, l'eccesso dei metalli no-
bili troverà facilmente uno sfogo negli utensili d'argento e
d'oro che in tal caso si^moUipIicherebbero. La qual cosa
avverrebbe segnatamente dell'oro, se mai per la combinata
influenza delle miniere della California e delPOceania quel
metallo venisse ad una troppo scadente proporzione coll'ar-
gento, come infatti si teme (4). Prestandosi l'oro ai mede-
simi usi che TargentOy ed essendo d'altronde più duttile e
d' una maggiore e meno alterabii bellezza ^ tenderebbe a
rimpiazzarlo in una moltitudine di ornamenti e di suppel-
lettili, e cosi potrebbe sostenersene il pregio. D'altra parte
anche gli scavi dell'argento par che possano aumentarsi «
(1) Vedi liiobale Ghévilier: La Monnaief pag. 54SI«
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Sf
come 8i raceoglte da parecchie nocizie che oe ne danno i
giornali, e certo il faranno, se andranno a cessare una volta
quelle perpetue rifoluzioni del Messico che ne abbonda tut-
tavia; tanto più che il valore di esso, accresciuto per lo
scemare di quello dell'oro, dee pure altrarvi l'oculato in-
teresse degl'intraprenditori. Un gran problema per le con-
siderazioni dell'economista sono senz'altro codeste miniere
dell'Oceania e della California ; e, eonforme dice Chévalier,
fra pochi anni si saprà con una sufficiente approssimazione
quale sia il raggio, dove in cosi vasto orizzonte cessi ciò
che sembra probabile e cominci ciò che sembra chimerico.
Comunque siasi , e benché non sia concesso alla corta no-
stra veduta lo spingere uno sguardo acuro nelP avvenire ,
non è malagevole il comprendere, che il pregio dei me-
talli nobili, se non cadrà nell'avvilimento, a ogni modo può
ancora soggiacere nelle vicende dei tempi e della natura
ad altre ed altre varietà ; inevitabii destino di tutte le cose
nostre 1 Fors'anco vi contribuiranno le cedole di baneoche
in si gran numero tengono luogo di moneta in parecchi
Stati, le case di liquidazione (clearing-house) le quali die-
tro Tesempio autorevole di Londra par che vogliano gene-
ralizzarsi, e il diminuito afflusso dell'oro verso TAsta cbe
oggimai, segnatamente la China, comincia a cambiare merci
eon merci.
Or poiché il pregio del denaro, elevato prima della sco-
perta del Nuovo Mondo, sminuito appresso di oltre tre quarti
tornò in maggiore stima dopo il secolo decimosettimo , né
pare improbabile che abbia ancora ad alterarsi , come tasi
poteva affermare il Beccaria, che nella guisa istetso che le
libbre e le once misurano il peso , il piede ed il braccio
r estensione delle cose, si misurino dalle monete i valori ?:
come asserire il Carli che son desse la stabile e comune
misura di tutte le cose, sentenza a cui pure si accostarono
que' due chiari intelletti del Montesquieu e del Condorcet?
Tanto é vero , che nel fatto della pubblica economia il se-
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< 33
colo traseono creò e promosse , ma troTs^rasi ancora ben lon-
lino dalla perfeiione. U siaiema mereaoUle, quello che ri<^
eoDOSoeva ogni prosperità nazionale dalla gran copia del de-
naro, e che ancor domina in molti errori popolari, ebbe
orìgine in parte da quella falsa opinione. È il denaro, com'io
diceva, un opportuno veicolo pei cambj , anzi la sola merce
che possa fare in quelli il necessario ufficio di misura co-
mune, perchè è quella cosa che va meno soggetta a logo-
rarsi e a perire , ed oltre gli altri requisiti , mentovati di
sopra , è pure nel suo intrinseco valore la meno dipendente
dai tempi e dai luoghi, il che non si può dire del grano
salvo chò in lontani intervalli; ma tutto ciò non la spoglia
delle qualità , comuni ad ogni merce, cioè dell' essere più
o meno pregevole, secondochè la si trovi in minore o mag-
gior copia, 0 se ne abbia un maggiore o minore bisogno:
e siccome, soprappiù, questa è la merce universale e la mi-
sura e il ragguaglio delle altre mercanzie, e quindi il suo
pregio, che si circoscrive al veicolo dei cambj, sta sempre
in correspettìvità del pregio di quelle, cosi il valore di essa
talor anco si alza o si abbassa secondochè si abbassi o si
alzi il valore delle derrate che sono continuamente col suo
mezzo rappresentate e cambiate. Talvolta concorre, per esem-
pio, ad abbassarlo, una penuria di materie prime, di seta,
di uve, quale abbiam pur troppo veduta ultimamente, e
per cui, sostenendosi il prezzo dei relativi prodotti, relativa-
mente si abbassa il pregio del contante. Concorre tale altra
volta ad alzarlo un progresso industriale, onde scemino le
spese di produzione, la quale a un tempo si aumenti, come
avviene nel caso di macchine introdotte, che ne scemano
conseguentemente il pregio del prodotto. Quindi a gran tor-
to, come ben dice Blanqui, si immaginarono gli uomini per
lungo tempo che la moneta nella sua qualità di misura dei
valori avesse per sé medesima un carattere invariabile, e
che quando si paga una merce, ora più, ora meno, si avesse
sempre ad intendere e a credere per fermo che la merce
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si fosse cangiata di ralore e non la monota* Può allo voho,
succedere ancor questo cangiamento: ma le alterazioni fuù
durevoli, quelle che interessano il presente diseorso|, comC;
ben dice Gbévaller (i)» e come abbiam pure toccato con
roano, derivano dalla minore o maggior quantità di metalli,
nobili e dal bisogno maggiore o minore che se ne abbia.
Parte Sboouda.
// /aporo umano e il frumento.
Confutata questa opinione, che per tanto tempo fu rice-
vuta dagli economisti e domina anche oggidì nelle menti di
parecchi, procediamo a far parola di un* altra non meno ce-
lebre sentenza, la quale per Tautorevol nome di chi la in-
trodusse trovò non pochi seguaci nella Gran*Bretagna , iti
Francia ed in Germania. Smith attribuisce al lavoro umano
la qualità di misura costante dei valori, perchè, come afferma,
< non varia mai di valore (3) ». E soggiunge il suo dotto
commentatore Garnier: « Quantità uguali di lavoro debbono
necessariamente in ogni tempo ed in ogni luogo avere per
chi lavora un egual valore ; perciocché nel suo stato abituale
di salute, di forza e di attività, e secondo l'ordinario grado
di attitudine e di destrezza ond'è suscettivo, convien pur
sempre che egli si privi della medesima porzione di liber-
tà, di riposo, di felicità. Qualch' elb siasi la quantità di der-
rate che riceve in compenso del proprio lavoro, la paga
(i) De la baisse probable de l'or: Revue des Deax Mondes,
1 octobre 1857.
(2) « Il lavoro, egli dice (Ricerche sulla natura e le cauxe
della ricchezza delle nazioni, I. I, e. V)« è la sola misura uni-
versale, la soli esatta dei valori, la sola che possa servire a pa-
ragonare i valori delle varie merci in tutte le epoche e in tutti i
i luoghi t».
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26
sempre ad un medesimo prezzo: il qoalein vero può com^
prore quelle derrate quando in maltiere, quando in minor
copia, ma varia non gii il valore del lavoro che compra «
beasi quello delle cose eoroproté. In tutte le età, in tutti
i paesi è caro ciò che C09ta molto lavoro ad acquistarsi , dove
è a buon mercato quello che V uomo può procacciarsi con
poco lavoro; epperò il lavoro, non variando giammai nel
SQo pregio, si ha da avere per b sola, reale e diffloìtiva mi*
sarà, la quale possa servire in tutti i tempi ed in tutti f
hioghi ad apprezzare e paragonare il valore di tutte le
merci (I) ».
Tale è il parere dei due illustri economisti , al quale si
accosta quello del barone di Herzberg. Ma lasciando anche
stare che non vi si tiene alcuna nota della precedente istruì
lione degli operaj, delle varie abiliti, delie differenti forze
tunane e fisiche e morali, e delle macchine impiegate o no;
dall' aver sempre una certa quantità di lavoro lo stesso va-
lore per chi lo presta già non ne conseguita che esso abbia
sempre il medesimo valore cambiabile, ovvero che conservi
lo stesso pregio per chi lo toglie a locazione; giacché il la-
voro umano è anch' esso una merce contrattabile, e quindi
al pari di qualunque altra merce può essere più o meno
offerto, più 0 meno ricercato; ed il suo valore cambiabilci
il quale non altrimenti che ogni altro simil valore, viene
determinato nella eontroversia fra chi lo^ vende e chi lo
compra, si cangia di sua nftura col cangiarsi delle circo-
stanze. Rossi agitando qtiesta questione, osserva che e altro è
l'oggetto, altro il valore di esso ; quello invariabile^ variabile
questo (3)» osservazione la quale non manca di giustezza;
ma io invece direi, che altro è il valor milurale, altro il
valor cambiabile o riconosciuto ; e Teconomista, la cui scienza
(1) V. nota IX, air opera di A. Smith.
(2) Cimrs d'economie polUique: Neuvième Le^n..
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è la riccbesii^ aoo riaguarda che a qtieai* ultimo il quale
solo può farlo ricco o povero. L' errore ala oej coofandere
il valor naturale aaaololanieiiie cooaiderato , cioè quello cui
avverte il filoaofo, eoo caso valore io cambio, di cui noi
dobbiamo eaclusivamente occuparci, ae già non ai vestii
uscir di strada ed avvilupparci in un siffatto labirinto, da
non trovare il filo per uscirne. Ora, se per deierminare il
valor naturale basta un solo, cioè colui che lo presta, per
determinare il valore cambiabile ci voglion due, chi roCEre
e chi lo ricerca; é questo avvien pure del lavoro; che ma*
teriale com* è, viene ad essere una merce anch'esso, giasta
la atessa scuola inglese.
Che ami, come bene avverte lord Lauderdale (1), oneo-
tre il pregio di ogni cosa si va mutando ià quattro casi, vale
a dire a corti e a luoghi intervalli di tempo , in paesi di-
versi e in varie parli dello stesso paese, ma in generale non
soggiace a varietà nel medesimo tempo e nel medesimo
luogo; per lo contrario il lavoro ha la singolare proprietà
di variar di costo nel tempo e nel luogo isteaso. Che ne
varii in eorti intervalli di tempo , lo dimostra T industria
agricola, la quale, richiedendo m^gior numero di operaj
ne* giorni della mietitura e della raccoha che non nel rini-
nente dell'anno, ne accresce perciò le mercedi: e lo stesso
Adamo Smith ci inrorma pure, che « al sopravvenire d'oni
guerra quando 40 o 50,000 marina], tolti dal commereio
niariuimo, passano sulle navi del re d' Inghilterra, mancano
gli uomini alla marineria mercantile,' che ne fa quindi ri-
cerca con una aollecitudine , pari alla scarsezza loro, onde
t salarj, che per T ordinario ammontano a 34 in 37 scdti-
ni il mese , ascendono in quella circostanza fino a due ed
anche a tre lire sterline (3) ».
(I ) Mecherehes $ur la nature el l'origine de la richesse pi^
bHque: tradoit de l'anglafs par B. Lageatie de Lavalsse: eh. l
(3) ilfcdkifxa delle naziùni, I. I , cap, X.
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Relativamente alle epoche loDiane» per non discoetarnìi
da^ esempi britanotcL sempre fecondi di utili congetture
e teorie^ risulta dai computi statistici» che il lavoro vi si
pagò più caro nel secolo dedmottavo che oelF anteeeden<>
te: eppure abbiamo già dimostrato, essersi il pregio del con-
tante dal secolo decimosettimo in poi anzi sostenuto che av*
vilito; laonde bisogna pur credere che una tal variazione
derivasse piuttosto dalla richiesta dell'opera umana, fsttasi
assai maggiore dopo il 4750, mercè i rapidi progressi del*
r indusuria e del commercio inglese. E se, per mala ventura
deir Inghilterra, gli stipcndj dei lavoranti or vanno soletti
a tristi vicende e sono V occasione di frequenti rivolte e som*
mosse, già non ne deducono ì politici la causa dal caro delle
monete, onde iinzi i viveri eosterebbero assai meno, ma in-
vece dalle azzardose intraprese e dalla non rara spropor-
zione fra i prodoui manifottori e T esito dei medesimi, pei
ealcoli follaci 9 pei dazj protettori dell' industria nazionale
nella terraferma europea, e piò ancora per l'avanzamento
di questa in ogni ramo di quella, sicché talvolta agli intra-
prenditori della Gran-Bretagna altro espediente non rimane
per iscampare dair imminente rovina che il diminuire le
mercedi. D* altra parte, come il lavoro umano potrebb' essere
misura ordinaria dei valori nell'antichità greca e romana,
quando per l' ordinario esso era eseguito dagli schiavi? Come
calcolare per tal mezzo le ricchezze antiche nelle ricerche
antiquarie e storiche, a coi oggidì tanto si interessano i
dotti?
E per parlare ancora di epoche eventuali, alle volte,
in una penuria di viveri, il pregio del lavoro si abbassa, of-
frendolo in quella circostanza, oltre i consueti, coloro i quali
non possono più mantenersi con ciò che loro bastava dap-
prima. Eppure gli economisti sostengono il contrario, e con
ragione nella più parte dei casi; ma ne videro una singo-
lare eccezione in Lombardia nel 4847* Tanto difficile a de-
terminarsi è questa varietà del prezao dei lavori» che sfugge
talora ogni regola speculativa!
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ss
Quanto alia varietà dei luoghi , o* informa A prelodato
Humbold, che gli operai degli Stali Uniti d'America costano
un terzo più che in Francia i quantunque il vaiseote del
denaro in quelle parti « eccetto la Califoroftaf ai mattieoga
maggiore ohe npn in Europa < per la sempre crescente at-
tività deirindustria e della mercatura, ai cambi moltepliei
delle quali fa d*uopo un assai numeroso contante, i cui in-
teressi riescono per conseguenza più alti che altrove; ma-
nifesta prova che la ricerca del lavoro e non altro ne aha
le mercedi fino ai tre ed anche ai quattro franchi; onde
i viaggiatori vi trovano i giornalieri assai meglio provvisti
di vitto, di alloggio e di vestito. E passando dalle grandi
alle piccole distanze, in un paese medesimo quanto non dif-
feriscono le mercedi dei lavoranti? La maggiore o minore
richiesta del lavoro, le differenzia fra Tagricohura e le ma-
nifatture, e nelle ani istesse fra il sarto e il tenitore, fra
i produttori delle merci correnti e quelli delle preziose ; e
per valermi delle parole medesime di Smith, in contrad-
dizione alla di lui sentenza: « a Londra e ne' suoi eontoroi
il prezzo del lavoro si mantiene più elevato che ad alcune
miglia di lontananza ; più basso ancora lo sr trova in Isoo^
zia , dove pur varia , sebbene non cosi come nell' Inghil-
terra »• Or chi non vede provenir ciò dal maggiore o mi-
nor bisogno degli operai nelle varie parti del Regno Unito?
Il lavoro umano va dunque soggetto anch'esso a quelle
quattro cause di' alterazione nel pregio, cui le merci tutte,
tutti i valori economici comunemente soggiacciono. Ma ooa
è tutto; questa pretesa idea d'ogni valore naanea infino
della qualità, ehe pur hanno tulle le cose venali di essere
nello stesso tempo e luogo una vera misura dei valori ; per
convincercene della quale verità bastino le seguenti parole
del medesimo Smith (4): « in nessuna parte si può real-
fl) imetnt li», h cap. 8.
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S9
BMDte appreisare il vabrt del lavoro, giacohè in un luogo
iste«o si Vede sovente la medesima Tatica oilenere diffe-
remi oompensi , non . solo io ragione dell' altitudine degli
operai^ bensì aoeora della liberalità o strettezza dei padroni. »
E veramente » diee qui lord Lauderdale : « queste varietà
debbono infatti intendersi del valor reale del lavoro e non
di quello del denaro, formando questo nel medesimo tempo
e nel luogo medesiipo un' esatta misura d' ogni valor ve*
naie. »
Soprappiù per i^n altro motivo può variare il pregio del
lavoro secondo la ricerca e l' offerta. Se sianvi molti capi-
tali relativamente al numero degli operai , il lavoro è ad
alto prezzo, ^ questo si avvilisce, se in proporzione della
populaziooe siano scarsi i capitali, il capitale è la base di
pgoi industria, quindi anche la misura del pregio del la-
voro. Se poi qualcuno volesse dire che intanto il lavoro .
può avere un prezzo assoluto, in quanto le mercedi rioe*
vono la loro misura invariabile dai bisogni reali dell'uoifto,
rispondo che qtiesti ne possono indicare il limite minimo,
ma non il medio e il massimo , dove appunto si scorgono
le varietà cagionate dall'attività industriale e dalla quantità
dei capitali. 1^ quali osservazioni tutte manifestano la fal-
lacia dell'opinione di Adamo Smith e più ancora del mar-
chese Garnier e del barone di Herzberg, i quali, traviati
il pari di tanti altri ingegni dall'amor del sistema, conces*
sero air umano lavoro assai più che la di lui essenza me-
desima e le mepii degli uomini non gli concedono.
Chiunque intenda alcun poco 1' essenza dei valori e le
loro varietà non può fare che a prima vista non si accorga
non potersene avere misura perfetta ; perchè, come non po-
trebbe servire a misurar la lunghezza e la quantità delle
cose ciò che varii di dimensione, cosi neanche quello che
varia nel proprio valore potrebb' essere una norma sicura
per conoscere il valsente delle altre cose; e di valute im-
mutabili né la natura né l'arto pe ne somministrarono 6-
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noni. Come ben dke Giuseppe Garnter , I* odierao autore
degli Etementi di economia politica : « non 0i può appres-
sare la quantità assoluta del valor d* una cosa , ma solo la
relativa e comparativa ^ perchè il valore d*una merce non
esiste per sé medesimo, astrazione Tetta da ogni compara-
sione, bensì col mezzo di questa. »
Ma dovremo noi dunque mancare d*una regola certa per
valutare le cose mercatabili? Dove trovare in tal caso la veri
equità dei cambi e dei contratti, che è pure il sostegno
precipuo d* ogni commercio ? Alla quale obbiezione si ri-
sponde che, non eccettuata la matematica, la quale inraiii
non trovò per anco la quadratura del circolo, in ogni scieint,
in ogni umana faccenda conviene sostituire airevidente cer-
tezza i calcoli della probabilità o di approssimazione che
dir si voglia; i matematici li spinsero Ano alla cento qua-
rantesima decimale, onde non altrimenti che pure si pratica
nei consigli dei magistrati e nelle più nobili discipline, dob-
biamo anche nel fatto dei valori stareene contenti ai com-
puti approssimativi , come anche fanno gli economisti e i
dotti odierni, Gamier, Coquelin, Bdck, Dureau de la Malie,
Letronne ed altri parecchi. Negli usi comuni della vita,
quando aocada paragonare il pregio di due cose, non distanti
fra loro per intervalli di tempo e di luogo, qualsivoglia
derrata che abbia un valore può somministrarci un'idea più
0 meno prossima del valore di un'altra: cosi, per cagione
d'esempio, tatle le derrate ch'io posso comprare con un
tallero valgono le une le altre ; cosi una casa che si cam-
biasse con venti cavalli di pari costo varrebbe il doppio di
qualunque prodotto che si potesse acquistare per dieci ca-
valli di quel prezzo ; e manifesta ne appar la ragione dove
si rifletta essere il valore d' una medesima cosa nel tempo
e nel luogo istesso un Valore unico, pressoché imuiutabik
llsso, determinato, e poter quindi farci conoscere le ugua-
glianze 0 differenze di ^Itrt valori, qualora di mano in mano
b si raffronti ad essi. Che Se per determinare ri valsente
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d'ai» cosa, anehe fuori dei etsi di compra e vendila, ci
tagliamo in preferenra dei metalli preziosi ridoui a moneta,
ciò avviene a seansamento dì dubbi , d' indugi e di fatica ,
esseado il pregio d*una certa quantità di danaro più gene-
relaente noto di ogni altro, sunte quella pubblica attesta-
uooe del peso e del titolo, e, come si disse, la merce uni-
f ereale, che rappresenta tutte le merci per le già dimo-
strate ragioni.
Ma parecchie difficoltà insorgono nel calcolare la diffe-
renza dei valori, anche per via di approssimaaione , in età
diverse e lontane: la quale calcolaaione è pur mestieri ta-
lora, 0 per le indagini storiche della rìccheEsa degli antichi
0 del medio evo, in cui commisero errori madornali pareo-
ehi, pur riputati scrittori, o per interpretare o fare stipu-
lazioni ad epoche remote, come sarebbe a dire un censo
eafiteoiico. Dove or dunque troverem noi la necessaria mi-
sura per valutare i pregi delle cose in tempi dbtaniì ? Non
già nei naetalli preziosi, perchè, conforme si vide, la minore
0 maggior copia di essi ed il maggiore o minor bisogno
che ne abbia l'industria, in diversi e lontani tempi, quando
ne accrescono , quando ne scemano il valore ; molto meno
Del lavoro umano per le accennate ragioni ^ segnatamente
oell'aniichità greca e romana allorché lo eseguivan gli schiavi»
Però mi sovviene di aver detto più sopra esservi una iter*
rata di cui giovandosi per nutrimento comune le nazioni
europee, ne fu sempre sostenuta la ricerca dalla necessità;
e quindi, sebbene da un anno ali* altro soggiaccia a parec-
chie vicissitudini di pregio, nulladimeno a lunghi intervalli,
proporzionandosi la popolazione degli Stati all'abbondanza
0 penuria di quella, non ne calò né se ne accrebbe il co-
tto in ragione di èsse, perchè eoll'inoremento o la diminu-
zione della quantità di tal mense nei giro degli aimi se ne
aumentò o diminuì ben anco la consumaaione. Questa der-*
rata, come pur dìnu è il frumento; il cui prezzo convieii
credere che fosse per adequato a un di presso il medesimo
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ifi o^Qt età ; ma si avvaria ad un teoopo, significare le pa-
role per adequato e a un di presso ti valor medio della
merce alimedlariaf o per dir la cosa altrimenti, doversi ade-
quare per un medio proporzionale l'un anno eoiraltro, giac-
ché, se il grano non variò notabilmente di valore a luo-
ghi intervalli di tempo, per altra parte chi voglia fame la
base d'un computo qualunque non dee dimeottcare, avere
pressoché sempre differito da un anno ali* altro la raocolu
di esso, onde in questo ne fu penuria, ne decadde in quello
per Tàbbondansa il prezzo, alternandosi di continuo questa
vicenda, ma contenendosi pur sempre o presso a poco en-
tro certi confini, che costituiscono appunto quel valor
medio.
Io non nego a Rossi, che il proporzionarsi della popola-
zione ai mezzi di nutrimento proceda lentamente di sua na-
tura, e che in tali casi v'abbiano perciò delle età transito-
rie, cosi nell'incremento, come nel deci;emento di quella;
ma poiché, come dice anch' egli in un altro luogo, i mate-
matici istessi, i quali non potrebbero mai giungere alla
quadratura del circolo, pur nei calcoli decimali si contea*
(ano di quelli che meno se ne discosuino, perché non fa-
rem noi lo stesso per la misura dei valori? Ora, dei me-
talli nobili, del lavoro umano e del grano, quale é la mi-
sura che a grandi distanze di tempo meno si discosta dal
vero? Le cose già dette dimostrano evidentemente, esser
quella il grano , il cui pregio , quantunque in quel lento
proporzionarsi alla popolazione, cioè nelle epoche di trau:
sizioiie, possa variare alquanto, a ogni modo varia assai me-
no che non variarono, giusta le precedenti dimostrazioni, i
metalli preziosi e il lavoro umano. Assai più che in mate-
matica i nostri calcoli son pur troppo dì approssimazione;
uè perciò conviene rinunziarvi, nft tampoco vi si rinunzia.
Ncppur io il dissi valore assoluto^ si bene approssimativo e
il meno incostante* quale in iproposito. di valori possiamo
spVrar di trovarlo : e ad epoche distanti non vi si presta
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ebe il ^rano. Cosi pur peosano e Leber (4) e Michele Che-
valier; il quale ultimo dice, esser bensi d'anno in anno
▼ariabile il prezzo dei grani, ma per adequalo e a grandi
distanze di tempo variare assai meno che 1* oro e l' argen-
to (i). Né pensa altrimenti 1* autorevole Tegoborsky (3).
V'ha pur chi dice non potersene av^re una norma si«
cura in que' tempi, ne' quali si ignori a quanto ne am-
montassero le spese di produzione. Ma egli ignora, che, se
codeste spese sono calcolabili e valutabili dall' economo pro-
duttore, esse non diventano perciò la regola dei prezzi, la
quale viene determinata dalla ricerca e dall'offerta, cioè
dal mercato con cui ai consigliano i produttori medesimi, e
il quale si regola secondo la quantità e il bisogno della
derrata.
Venendo per tanto al caso nostro, e seguendo l'esempio
delle più reputate Accademie e dei dotti i più coscienziosi,
lo storico e lo statistico, a cuij per esempio, . piaccia di vé-
riBcare, se un cavallo, una pecora costassero più o meno
fra gli antichi che fra i moderni , investigherà quanto fru-
mento^ dovasi allora per riceverne una pecora o un cavallo,
ovvero quanto grano si comprava con la moneta, cioè con
l'oro o con l'argento monetato che pagava que' due valori,
e quindi potrà dedurre in via di approssimazione le diffe-
renze eoi tempi nostri, e valutare nel miglior modo possi-
bile r antica e la moderna ricchezza : sopra di che possono
consultarsi per l'antichità il Bóck, Dureau de la Malie e
Letronne, pel medio evo Leber e Cibrario. Qualora poi vo-
gliasi stipulare per tempi remoti , come sarebbe a dire un
censo eofiteotico, già non conviene il farlo in oro od argon-
(i) Essai sur Vappréciatian de la fortune pri9eé au moyen
ége.
(2) La Mannaie, pag. 92» S59, 240.
(3) Des gites av^ifères: pag. 217.
Amuu. StaUsiica, voi. XXf/. serie I.* 5
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34
lo , U quale o per la scoperta di nuove miniere o per al-
tre circostanze potrebbe variare assai di valore; e mollo
più fa d'uopo il guardarsi dal contrattare in moneta nomi*
naie, potendo questo nome applicarsi dai governi a diverse
valute; ma si bene gioverà il patteggiare in grano; cioè
determinare una somma d' oro e d' argento equivalente ad
una tal misura di grano; perchè influendo le già dette ra-
gioni sopra ciascuna età , quel che accadde per lo passato
dee non meno effettuarsi neU' avvenire : e per lai guisa i
posteri non avranno a dolersi della negligenza o. dell'igno-
ranza degli avi.
Quali e quante conseguenze non provennero iofatli da
quel si notabile abbassamento dei metalli nobili , osservato
di sopra! È vero^ che influendo codesta diminuzione di
pregio della merce universale sopra tutte le merci , e ve-
nendo lune perciò a costar più di prima « un sioiiie rio-
caramenio riesce soltanto apparente per chi compra e ven-
de, perchè il denaro altro non è che un veicolo dei eambj»
la forma intermedia che assumono le derrate per cambiarsi
le une colle altre ; e il cambio in tal caso si fa tra prodoUi
e proiioiti; e nulla importa se queir intermedio sia due od
uno, purché il divario non avvenga nel pregio correspetti-
vo di essi prodotti cambiali. Ma^ è vero non meno che lo
scemar di pregio della moneta pregiudica agli interessi di
ohi senza avere merci da vendere tragga la propria entrata
dair annua riscossione di censi, di rèndite perpetue, di affiui
di lunga durata, di stipendj o pensioni, le cui somme non
valgono più lo stesso per V avvenuto incaramento delle der-
rate. Siccome, giusta le cose dette, l'argento aveva sul prio*
cipio del secolo decimosesto un valsente quattro volte mag-
giore che non ebbe verso la (Ine di esso , da quest' epoca
in poi si comprò con quattro onci e di argentò ciò che pri-
ma compra vasi con una, e le rendite sopraddette ne furono
quindi scemate di tre quarti e più. I falli ne dimostrarono
Id realtà. Guglielmo Jacob nella ricordata epera sui metalli
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preziosi, parlando degli effèlU cagionati nel secolo decimo-
sesto in Europa dallo scemamento di pregio delle monete
d'oro e d'argento per la gran copia venutane dairAmcriea,
riporta un dialogo di Guglielmo Shafford , intitolalo e Al-
cune idee sui beni di questo regno d* Inghilterra », e un
discorso del vescoYO anglicano Latimer ad Odoardo Sesto,
Tuno e 1* altro del secolo predetto, da cui si raccoglie che
quegli effetti realmente accaddero: i quali documenti sono
pure avvertiti dal Rossi colle analoghe considerazioni (4).
Ne abbiamo un' altra prova in un Memoriale , presentato a
Caterina de' Medici dalla città di Bordeaux, in cui si muo-
n lunga lagnanza di codesti effetti medesimi, e del quale
io debbo la notizia a Blanquì FAiné (2). Gos^l pure, làdo«
ve gli affitti erano dì assai lunga durata , siccQUìe nell' In-
ghilterra, i proprietari delle terre, allora gentiluomini per
la più parte, ne soffersero un danno enorme ; e per lo con-
trario si arricchirono assai gli aiYittajuoIi e i manifattori ,
che vendeano ad un prezzo molto elevato i prodotti loro,
il che, come osservano e Rossi e Chévalier (3), ha contri-
buito alla elevazione della classe mezzana o terzo stato, che
quiiuli cominciò a gareggiare di ricchezza con la nobiltà*
Ignorandosi a quel tempo le teorie della scienza economica
ed essendo Tatale agli uomini che debbano passare tra met-
to a molti errori ed a molte sventure prima di giungere
ad una verità poKtiea fondamentale, e gli interlocutori del
Dialogo mentovato e il vescovo anglicano ed i cittadini di
Bordeaux attribuivano la causa di quello sconcerto a tut-
t' altro che alla sovrabbondanza delforo e deirargento : ma
tutti però faceano solenne testimonianza dell'universale disa-
(1) Caurs d'economie polilique: Dixièine Le^on.
(2) Hisioire de l'economie polilique: T. I» pag, 574. Il Me-
moriale è del 158(y sotto il titolo : tt Discours sur l'excessive cherté
presente à la rcìne , mère da roi, par un sien fidèle serviteiu* «•
(3) La Monnaie: pag. 195, 196.
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S6
gio, la cui causa, per le ragioni addotte di sopra, era quella
che 81 accennò; e se in codesta età hi ignota agli ingegni
volgari non mostrò di ignorarla il Datansati (f ), né la igno-
rò il Padre Moncada (3). Or dunque da che provennero
questi sconcerti nelle private fortune, se non dair errore di
risguardare il denaro come una misura invariabile dei va-
lori? Quanto s^re|)be stato meglio il riporre questa nel
grano?
Professore 4^drea ìkfnbelli,
-^oOo-^
ItoUe totMvstoBi di SieseAMBm ^M^lta «Ittà e
provisela di Veiirala< studj stùrìcO'economkO'Stor
iistìd del conte PIER lilJIGI BEHPO (S)» Rapporto
di €iiw9eppe 9neehé letto alC Accademia fisio-tncdlCO'
etatistica nella seduta 44 aprile 4899^
ilLllorehò si studiano gli istituti di beneficenza delle cento
città italiane, si affacciano tosto allo sguardo dello statistico
due località che appajono le più ricche di opere pie e che
pure non bastano al ris(»tto della pubblica miseria. Sono
queste le due città di Roma e di Veneslat
Si neir una ohe neir altra la pubblica misericordia prò*
fonde annui tesori per alleviare i mali dell'indigeasa e que*
sta ricompare ogni anno sempre più querula di prima.
(i) Lezione delle monete* « Queste ricche oaviga«ioai tuo
(atto crescere I pregi delle cose, » egli dice.
(2| PoQ Saqcho de Moncada, oeir opera =;: « Hestauracioo pò*
litica de Bspana » — Con la abondancia de oro y piata ha ba^ado
su valor y consegaleotementc ha subido ci de lo qae se compra
con la moneda.
(3) Un voi. i.n-8,' ai pag. 504,
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Era quindi a desiderarsi efae qualche persona eolia e
dabbene avesse a studiare da vicino le pie opere state isti-
tuite in queste due città per otfrircli aimeno i dati onde ri-
solvere r ardua problema della pubblica miseria resa insa-
fiata ed insaziabile^
Àll^ illustrazione degli istituti di carità di Roma si pre-
sto, anni sono, l'abate Monchini ora cardinale di Santa Gbie-
sa, ed all'illustrazione della beneflcenza veneta ora si accinse
il benemerito conte Pier Luigi Bembo, già noto ai buoni
per altri scritti diretti a promuovere utili istituzioni. Noi
confrontammo queste due opere illustrative e dobbiamo dar
francamente la preferenza a quella del conte Bembo i per
una maggiore profondità di vedute economiche e per un
più ricco corredo di sapienza civile^
Il conte Bembo cercò di tener distinte le opere pie che
fendono a prevenire la miseria, od a riabilitare il povero
per ridonargli i mezzi onde vivere, da quelle invece di sem-
plice sovvenimento. Noi dobbiamo essergli grati di questa
provvida distinzione^ giacché vale a far conoscere che sì
debba intraprendere non pel semplice alleviamento, ma per
la progressiva estinzione dell* indigenza; il ohe non venne
fatto dal Morichini«
Crediamo di dover dare qualche inlportanza a cosiffatta
distinzione scientifica giacché ci fu dato di udire ^ anni so-"
DO, da un illustre castigliano die aveva visitato tutti gli isti-^
luti di beneficenza in 4talia per ordine del governo spa-
gnuolo, che da noi la carità aveva eretta una piramide di
beneficenze, che per essere veramente utili dovevano essere
riordinate tutte al rovescio. Egli trovava che gli istituti di
soccorso empievano^ per cosi dire, tutta la base della pira-
mide i e quelli di carattere preventivo erano invece cosi
scarsi da posare quasi tutti sul vertice. F^er promuovere il
vero bene del nostro popolo egli avrebbe voluto efae la
base della piramide fosse occupata dai soli istituti preventivi^
e sulla cima non si elevassero che gli istituti di puro sov-
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ss
yenimèntd. L'attuale esistenza delle opere di cariti italiana,
egli eonchiudeva , ci mostra il paese del buon cuore , ma
solo dopo un migliore ordinamento degli istituti pii sotto
il punto di vista del vero benessere civile si potri dire
che al buon cuore si è anche associata la previdenza del
senno italiano.
Il conte Bembo si è inspirato a queste idee previdenti
ed il suo libro può qualificarsi come un eccellente manuale
per chiunque fosse chiamato a sopraintendere alla pubblica
beneficenza. Nella sua opera si descrivono e si illustrano le
ottanta pie istituzioni ora esistenti nelfa città e nella pro-
vincia di Venezia che comprende 53 comuni colle due mi-
nori città di Chioggia e Portogruaro, ed ha una popolazio-
ne di 285,339 abitanti con un estimo di 6,258,000 lire au-
striache.
Il dotto autore descrive d*ogni pia opera f origine, Io sco-
po, rordiiiamento, il patrimonio e la rendita. In questa eru-
dita e coscienziosa illustrazione egli profonde un vero te*
soro di dottrine civili e non manca di accennare ai sperati
miglioramenti. Ma noi passeremmo i limiti di questo nostro
Rapporto, ove volessimo scorrere tutte le parti dell'opera;
cL restringeremo perciò ad una sola , nella quale a nostro
avviso si riassume tutto il problema del veneto proletariato;
ed è la parte elemosiniera.
Quando si pensa che la popolazione stabile della città di
Venezia, non contando i 6889 forastieri, era al SI ottobre
1857 di 113^525 abitanti e che su questo numero erano
inscritti nei registri tenuti dalle cosi dette fraterne parroc-
chiali 34,824 poveri che chiedevano tm' elemosina, v' è da
prenderne qualche sgomento. Una città tanto operosa e tan-
to ricca , come Venezia , che contò mille anni di vita glo-
riosa, e che ora è costretta a presentare al mondo civile il
mesto spettacolo del terzo quasi della sua popolazione che
aspira a vivere di carità merita pure che gii statisti se ne
occupino per trovarne un radicale rimedio. E di questo no-
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fero, ci piace a dirlo, é Villustre conte Bembo che non a
torto reca il nome di una famiglia che in altri tempi resse
trionfalmente i destini della veneta Signoria.
Se però si studia più da vicino questa piaga della città
già regina dei mari non la si trova poi cosi grave, né cosi
irreoiediabile come ebbe a qualificarla Moreau Christophe,
il quale, nella sua opera Problème de la misere^ ebbe a dire
che tra breve Venise ne sera plus qu*une grande ruine au
milieu des marais pestilentiels.
Venezia, come Roma, porta seco il supplizio di essere
stata forse per troppo tempo una città di sterminala potenza.
Il suo popolo era avvezzo ad essere da un ricco patriziato
alimentato, accarezzato e protetto; e negli ultimi secoli della
veneta Signoria, godette anch'esso, come il popolo dei Qui-
riti, il gratuito beneficio del pane e dei pubblici spettacoli.
Quando la Repubblica veneta cadeva nell'anno 1797, i po-
veri di Venezia erano assistiti da tante pie opere e confra-
ternite che oltre ai palazzi ed ai magnifici sacrar] ove se-
devano, avevano investito nella Zecca veneta tanti capitali
da corrispondere alla somma di sessant' otto milioni di lire
austriaqhe. La poveraglia era avvezza ad accattare pubblica-
mente ed una buona metà del popolo, poteva dirsi, che vi-
veva delle ricchezze liberamente profuse dall'altra metà. Si
racconta dal Bembo che i poveri che stavano attorno alle
pile dell'acqua lustrale a San Marco guadagnavano non me-
no di lire otto al giorno, il doppio di quanto ora guadagna
un professore di belle lettere. Egli cita Tistrumento dolale
di una giovane mendicante che cedette al suo sposo il prò-
|vemo delle limosine che essa riceveva appiedi del ponte di
Canonica, dalla prima ora della notte sino alle ore tre, e che
in ragione di lire 22 venete di giorno, costituì un capitale
totale di oltre lire 80,000.
Questa tremenda piaga della mendicità legata come la
terribile camicia di Nesso, a chi dovette reggere la città di
Venezia dopo che cessò di essere autonoma, fii l'occasione
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di mille provvidenze ammiBisirative, ora più ed ora raeoa
felici , e intomo alle quali il conte Bembo discorre con si
franco giudizio da renderlo sotto questo rapporto altamente
benemerito al suo paese.
Nel periodo che decorse dal 4797 al 18 gennajo IS06
non si introdusse alcuna innovazione nel sistema elemosi-
niere già accolto sino dal tempo della veneta Signoria, e
dal Governo austriaco si prosegui a corrispondere ai luoghi
pii gli interessi sopra gli undici milioni di ducati che a no-
me della pubblica beneficenza erano stati investiti nella ve-
neta zecca.
Aggregata Venezia al Regno Italico si estese anche ad
essa r istituzione delle congregazioni di carità, come erano
già in vigore in tutte le altre città del regno. La Congre-
gazione dì carità assunse la generale amministrazione di tutti
gli ospitali, luoghi pii, lasciti e fondi di beneficenza d*ogni
titolo e provenienza. Essa ripartivasi in tre sezionL La pri-
ma sopraintendeva agli ospedali per gli infermi d'ogni ma-
niera, ed alla pia casa degli esposti; la seconda vegliava
sugli ospizii propriamente delti e sugli orfanotrofii ; e la
terza attendeva al ramo elemosiniere. Queste Commissioni
speciali attendevano alle rispettive opere pie e rendevano
conto del loro operato alla Congregazione di carità che col-
legialmente adunavasi ogni settimana e provvedeva ai biso-
gni di tutte le pie istituzioni, per le quali tenevasi una
cassa comune, benché distinta pei rispettivi patrimonj.
L'autore giustamente encomia T ordinamento dato alla
pubblica beneficenza durante il Regno Italico, e dimostra
come in seguito all'editto pubblicato dal prefetto delPAdria-
tico il 21 otiobre 1844 , e reso operativo coi 4.^ gen-
najo 4842, si riesci ad estirpare a Venezia la mendicità
vagabonda.
Il sistema delle Congregazioni di carità venne nella sola
parte che risguarda le istituzioni elemosiniere confermato
col decreto 4.^ dicembre 4846 che istituì per Venezia una
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Commissione centrale di beneficenza^ sotto la presidenza del
veneto Patriarca. Allorché fu istìtnita non aveva che 4&00
poveri da sovvenire a domicilio, e 486 accattoni inabili al
lavoro da ricoverare nelle pie case d' industria. Ma a poco
a poco anche questa Commissione dovette allargare il cam-
po alla beneficenza, e vide distrutto tutto il bene promosso
dalla già esistente Congregazione di carjth, allorché al 23
febbrajo 'ISSófuropo separati e disgiunti tutti i patrimonj
delle cause pie e posti sotto tante speciali amministrazioni.
Questa misura che pareva consigliata dal desiderio di asso*
ciare ad ogni pia opera persone benemerite che più da vi«
dno le vegliassero ed anche le amassero, ottenne in vece
Io scopo opposto. L'autore stesso^ ci dice, che le pie cause
cosi disgiunte invece di concorrere al comune bene si fe-
cero e si fanno tuttora una reciproca guerra. L'ospitale si
duole perché la casa di ricovero respinge duramente i suoi
cronici ; l' uno e l' altra rifiutano di ricevere gli oggetti la-
vorati nella pia casa d' industria ; questa si lagna della
Commissione di beneficenza perché non le concede assegni
che bastino ai suoi bisogni. Le pie case delle penitenti e
delle zitelle povere sono invece straricche; l'orfanotrofio
femminile ed altre opere pie opere sono miserabili. Intanto
i pii lasciti, resi attenuati dalle tasse mortuarie^ dell' 8 per
100 si vanno ognor più assottigliando, ed il povero comu-
ne di Venezia deve sovvenire del proprio per soccorrere
gli indigenti l'ingente somma annua di 686,000 lire.
L'autore offre gli ultimi rendiconti della Commissione
di beneficenza da cui scorgesi tutta la gravità della pubblica
miseria. Nel triennio decorso dal 4854 al 4856 venne re-
gistrato aegU elenchi della parrocchia il seguente numero
di poveri:
poveri
Nel 1854 ....... 35,342
Nel 4855 36,246
Nel 1856 ....... 34,824
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4S
Dopo ilMilo eiploraBioDi sulh fera pofenh e \ù vista
dtll'^esiguiUi (dei aieia 4i6ponibiK si soccorsero eOetUva*
oìeoce:
Inferi
Nel 4864 S9SI
Nel 4856 ' . . . 3380
Nel 4866 3076
Le limosine si distribuiscoDO per decadi. Il maximum
è fissato a lire 40 per ogni decade « ed il minimum t
lire 3.
. Per indurre le famiglie povere ad inviare * i loro figli
agli asili di carità per l'infaniia si distribuirono ad esse:
Nel 4854 L S074
Nel 4855 b |06S
Nel 4856 > 4445
Questo artificiale incoraggiamento dato ai poveri per in-
durli a ricevere un secondo beneficio ci dimostra lo suio
di gr^ve avvilimento m coi si trova il veneto (Mroleta-
fiato.
E quella parte di esso che viene ogni giorno avviato
alle pie case d' industria non dà risultati migliori. Quesce
pie case accolgono ogni giorno circa 7S0 poveri. Questi
fanno un cosi misero lavoro che nell'anno 4856 non die-
dero complessivamente che un valore di *L 3354, il qual
%aJor di lavoro ripartito so ciascun individuo corrisponde
alla microscopica somma di L. 4 all'anno. E il costo di cia-
scheduno fu invece di 'U 460. Se Targon^nto della con-
servazione 0 meno delle pie case d'industria dovesse trat-
tarsi dai , pubblici economistii essi non esiterebbero coli' e-
sempio di Venezia a promuoverne l'abolizione.
E qui è dove lo stesso Bembo non può rattenere le
voci della coscienza di un provvido amministratore che vede
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la carità sperperarsi ìd iMerili rsuliati 6 non esita a pre-
porre più ratlicali rinedj*
Se i palpitivi, egli 4ke^ non goartfooM la piaga fa
doopo ricorrere a prawtdeoze pìA efficaci e più oppor-
tune.
Egli pi^pooe hi riabilitazione del lavoro con ogni in»>
nìera di istìtuaioni pretehiive. Al posto delle istituzioni di
mero soccorso egli vorrebbe surrogate quelle di previden-
za, e quindi raccomanda le scuole infantili, le scuole di la-
voro, gli istituti correttivi pei derelitti, il patronato pei po-
veri operai senza lavoro, le associazioni di mutuo soccorso,
i premj in libretti di cassa di risparmio ai fettorini più
probi ed operosi; e la scienza teenica e lÌBJbbrile resa qual
patrimonio universale.
Noi fecciam vivo plnuso a queste ottime idee ed ove
riescano ad aver vita pratica noi le promettiamo sia d*ora
una pro^>era rìcsoita.
E perchè resempio di una grande città, che a Venezia
è sorella, possa esserle quasi di conforto noi crediamo op*
portono di citare le prowidénse che ora si prendono dalla
città di Milano per sovvenire all' attuale crisi degli operai
senza lavoro, e che ci mostrano quanto giovi avere un po-
polo già riabilitato dalla Santità delle buone opere.
Dalle indagini suitistiohe state accuratamente intraprese
per conoscere il vero numero degli operai che soffrono per
le industrie attinenti agli agi ed al lusso i, ora pur troppo
cadute in islaio di grave erisi, è emerso che più di sei mila
operai si trovano nel pericolo di dover lottare da un giorno
all'altro colla fame. Bastò questa notizia per ravvivare la
fiamma non mai spenta della carità cittadina e questa nel
solo periodo di un mese, dal 19 marzo al 48 aprile, of-
ferse in tante spontanee eiaiigizioBi la cospioua somma di
442,965 lire austriache.
Si attivarono tante CommissioBi dì indagini e dì benefi-
cenza quante sono le parrocchie della città, e queste tro-
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varono nella prima seUimana d'aprile 1669 operai sprov-
veduti di lavoro e meritevoli di soccorso; nella seconda sei-
timana ne aoccorsero 2059, e dal S4 aprile ti 1.^ maggio
ne ajutarono 2257. A questi si concede per ora un'elargi»
ziòne di un fiorino alla settimana. Questo numero potrà
forse crescere ancora, ove la crisi pur troppo si prolunghi,
ma ci è caro sin d'ora di far conoscere che varj operai
soccorsi nella prima settimana, si astennero di presentarsi
per altri sussidj , avendo dichiarato che s* erano procurato
un eventuale lavoro: molti fra essi, preferirono di recarsi
alle pie case d'industria^ ove ora intervengono giornalmente
più di due mila individui, ed aUri si presentarono alle Com^
missioni parrocchiali non per chiedere soccorso, ma per
chiedere qualsiasi occasione di lavoro* E per citare un fatto
abbastanza notevole che ci prova quanto il lavoro abbia no*
bilitata la nostra classe* operaja, riferirò che nel giorno 18
d'aprile si presentò al Municipio un povero artefice che la*
vera a domicilio ed offerse io dono no bellissimo crocifisso
di metallo inargentalo, dicendo che quella era un'opera da
lui eseguita nelle ore d'ozio e che l'offriva a beneficio dei
suoi confratelli senza lavoro^ non potendo egli offrire che
un tenue prodotto delle sue numi, non avendo egli bisogno
di soccorsi per avere ancora bastetrole lavoro da sussidiarsi
da sé. Invitato a svelare il suo nome, vi si rifiutò mode-
stamente soggiungendo che la povertà deir offerta non me-
ritava che seco portasse anche il nome dell' offerente.
Questo esempio che forse non rimarrà solo in questa
città madre vera del bene , ci dimostra quanto giovi riabt*-
litàre il popolo non col semplice pane della carità, ma col-
l'opera educativa e produttiva. Mercè quest'opera di carità
sapiente potrà anche Venezia, colle cure assennate di chi
la regge e seguendo gli illuminati indirizzi dello stesso
conte Bembo, veder redento un pò alla volta il suo popolo
che per tanti riguardi ha diritto al fervido affetto di tulli
i buoni.
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IìiiotI dloemnieiitl mimUtMeì Intopmo al paesi
deU^
(Continaazìone, Vedi ft fescieolo precidente , pag. S83).
La California.
il
Le parli migliori delia Galiforom parevano MOgoIarmeDte
ben opportune, sotto il rapporto del suolo e del clima , al-
r agricoltura delle regioni temperate. Se noi dobbiamo cre-
dere agli AnnaU della California^ tutte le produzioni della
terra, naturali o coltivate, dal cavolo *fino al pino, farebbero
impallidire le produzioni corrispondenti dell'esaurito Oriente;
ma bisogna anehe tener conto dell'immaginazione americana.
Alla e Fiera d'agricoltura » ch'ebbe luogo a Sacramento,
nel 4853, figuravano, tra gli altri prodigi, una barbabietola
del pesa di settantatre libbre ; una carola del peso di dieci
libbre, e che aveva tre piedi e tre pollici di lunghezza ; —
e ve ne erano, sulla stessa piazza , cinquanta della stessa
qualità; » — un ftisto di grano, dell'altezza ài ventun piedi
e nove pollici, un pomo che aveva quindici pollici e mezzo
di diametro! Checché ne sia dei pomi e delle barbabie-
tole, non potrebbe esservi dubbio ragionevole sulle dimen-
lìoni enormi che raggiungono» in certe località, gli alberi
delle foreste. Generalmente parlando^ la California, eccetto
verso il nord, non pareva essere un paese molto selvoso,
specialmente quando la si paragoni colla costa degli Stati
Uniti, che guarda l'Atlantico. 11 carattere rado della vege-
tazione messicana si prolunga a molti gradi al nord. Ma
alcune parti dei confini delle due Sierras sono coperte di
foreste d' una incomparabile grandezza, dove difièrenii specie
di pini giganteschi crescono e muojono, generazione dopo
generazione, nelle solitudini dove non è ancora penetrata.
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1* acceiu del Yankee. Sul rancho del capiuno Graham , a
una sessantina di miglia al sud di Sau-Prancisco , e non
lungi dalla costa, si trova; dice la sig. Paruham < una foresta
i di cui alberi presentano enormi dimensioni. Da tutte le
parti 8* innalzano immensi tronchi, la di cui altezza si conta
a centìnaja di piedi, e il di dui diametro, ad altezza d'uomo,
è da dieci a dodici, quindici e dieciotto piedi. L*uno d'essi,
noto sotto il nome di Grand' albero, ha trecento piedi d'al-
tezza e quasi a dicianove di diametro, a sci piedi da terra.
Pure, le persone stesse che lo cercano passano alcune volte
d'appresso senza vederlo, tanto è poco rimarchevole in
mezzo [agli orgogliosi suoi vicini; questi alberi sono una
specie di cedro, — il legno rosso del paese, che s'adopera
come legname d'opera ».
La CEimosa foresta di pf^elUngtonia giganUa (dalla quale
proviene la mostra di scorza che se non c'inganniamo si
può ancora vedere al Palazzo di cristallo), si trova, se dob*
biamo credere al signor Seyd, nella contea di Calaveras, sul
versante orientale della Sierra Nevada, e quasi sotto la stessa
latitudiue di San-Prancisco. f 11 Patriarca della foresta (al*
bero che ora è caduto e del quale si fecero disegni lito-
grafati) ha cinquanta piedi di diametro, e si suppone che
la sua altezza doveva essere di piti di cinquecento piedi! »
molto superiore quindi a quella del dieomo di San Paolo (I).
Ma la superiorità della California non si limita ni regno ve-
(I) Da comaaicazioni recentemente indiriszate alla Società ìa*
periale d'agricoltura, da un viaggiatore degno di fede e che si è
recato espressamente sui luoghi per verificare il fatto, risulta che
questi alberi, scoperti nel I85G da cacciatori, esistono in realtà.
Essi coprono, nel nomerò di novantadue, uno spazio d*ona sessan-
tina d'ettari. Il Patriarca della fore^tia é caduto al suolo. Le os-
servazioni fatte sul tronco d'ano di essi hanno provalo che doveva
avere quattromila anni almeno, essendo il numero dei cerchi con-
centrici più di seimila.
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gelale; le sue cadute d*aeqiia e i smi pr60i(HCÌi sono su-
pariorì , ci si <iice , a tutte le ahre curiosità analoghe del-
raotico e del nuovo mondo. Nella valle Yohamite, contea
di Moriposa, un fiume largo come il Tamigi, a Rtebmond,
m precipita da un'altezza perpendicolare di duemila e cento
piedi, essendo Taltezza .totale della caduta di tremila e cento
piedi !
Tale ei9 la magnifica contrada sulla quale alcuni mis-
sionari spagnuoli mantennero per due secoli la loro pacifica
e sonnolenta teocrazia, fino all'arrivo de^i Americani. « Vi
fii mai, dice (a signora' Famham, una popolazione più fé*
Kee di quella che abitava queste contrade? Lo zelo dei mis-
sionari Gesuiti aveva da molto tempo piantato la croce sotto
questo bel ciclo. Da essi erano stati gl'indiani trasformati da
nemici selvaggi in servitori utili e sommessi. Quanto essi
godevano della ricchezza d'un ^uolo che rispondeva alle loro
iatiehe con una profusione* che non s'incontra forse in al-
can altro paese abitato dalla razza bianca! Le loro greggi
si moltiplicano da sé istcsse e i loro grani, una volta se-
minati, non avevano bisogno d'essere rinnovati tutti gli »nni.
1 loro cavalli erano rapidi e tanto numerosi che si poteva
accalappiarli impunemente. Il loro maggior lusso era il ri-
poso, e l'ambizione era più che mai al popolo sconosciui;i.
Essi nascevano, vivevano e morivano in una pacifica sfera
di gioie >•
Devesi pure aggiungere che lo stato cronico di rivolu-
zione, nel quale era caduto il Messico, e la minaccia di se-
colarizzazione continuaniiente sospesa sulla loro testa, aveva
reso i padri molto indifferenti all' amministrazione delle
loro proprietà, ch'erano molto dilapidate all'epoca dell'irru-
zione degli Americani. II loro più alto grado di prosperità
pare sia stato verso il 1824; da quel momento la loro opu-
lenza e la loro civilizzazione decaddero, ed è probabile che
quei pochi uomini energici ed industriosi che potevano
trovarsi disseminati in quel paese d'indolenza videro senza
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ripugnania, se non con soddisfazione, l'arrivo degU Anglo-
sassoni che tosto s'impadronirono del loro paese pel mag-
gior bene comune (!)•
Gli annali della filibusteria non presentano che un me-
diocre interesse, malgrado gli sforzi che fecero gli Amari-
cani per rialzarne la dignità ^ rivestendoli di colori roman-
zeschi. Noi trascorreremo adunque assai rapidamente sui
dettagli deir unione graduale della California; sul tentativo
prematuro del coraggioso eomandante Jones che, ne(l84S,
nel mezzo d'una profonda pace» inalberò i colori deiruniooe
a Mcmterey, e doveue, per confessione degli stessi Ame-
ricani, abbassar la bandiera e rendere la città ai suoi legit-
timi possessori, scusandosi alla nieglio per la stranezza di
questo procedere; sopra i tentativi del colonnello John (L
Frémont, che si è distinto dappoi sopra un più vasto tea-
tro; sopra le misure ardite ed energiche adotte nel 1845,
e poste in esecuzione dal comandante Roberto Stockton,
che è evidentemente l'eroe degli annalisti americani. Le osti-
lità privale di questi signori contro la popolazione creola
divennero atti nazionali, ed essi medesimi si videro trasfor-
mati, forse un pò loro malgrado, da cacciatori di buoi sei-
valichi in guerrieri legittimi per la dichiarazione di guerra
del 4846 fra gli Stati Uniti ed il Messico. Stockton, alla te-
(1 ) Se alcuno dei nostri lettori desidera avere delle oozioni
precise e complete» non solo intorno alle missioni degli Spagnuolì»
ma sopratlullo su ciò che concerne la California, all'epoca deir inva-
zione americana, noi non possiamo far meglio che indirizaarlo alU
buonissima opera di on francese, osservatore esatto insieme ed in-
telligente, che fa il primo esploratore di quelle contrade e che
ne ha perfettamente compreso l'avvenire poììiìco : Exploration du
terriloire de l'Oregon^ des Californies et de la mer Fermeiile ,
compiuta negli anni 1840, 1841 e 1842, dal signor Daflot di Mo-
fras, addetto alla legazione francese al Messico, pubblicata per or-
djue del re. 2 voi. con atlante; Parigi, Arthus Bertrand, 18ii.
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sta di trecento fDanott e soldati di merioai s'avanzò ardita-
mente neirinterno del paese onde assalire il genelrale mes-
sicano, Castro^ pósto alla missione di Los«Àngeles con dop-
pia fanteria, qualche drapello di cavalleria^ e sette pezzi di
cannone. Il generale spedi un corriere al cotnandante per"
prevenirb ebe s' egli marciava alla volta della città avrebbe
trovata la tomba deHa sua iruppa. < In questo caso, rispose
il comandante, dite al generale di prepararsi a far suonare
pei funerali domattina ad otto ore, poiché io vi sarò ap-
ponto a queir ora. » Egli tenpe la parola; ma neir inter-
vallo Castro aveva levate le tende e presa la fuga colla sua
cavalleria.
L'autorità della federazione messicana dileguò in fumo.
La California fu aggregata agli Stati- Uniti, come territorio;
e dopo aver soffocato un'insurrezione disperata dei disgra-
ziotit creoli, che, come accade d'ordinario, ritrovarono il loro
coraggio* qtiand'era troppo tardi , gli Americani consolidarono
la loro dominazione colla pace del' 4848, ed il titolo ille-
gittimo del filibuàtiere. disparve col diritto riconosciuto del
vincitore..
Alla fine delle ostilità, supponevasi ctie la California con-
tenesse da dodici a quindici mila abitanti bianchi , creoli ,
yancbees, marinai disertori, avventurieri d'ogni paese, ed un
certo numero di mormoni, forieri deUa grand' emigrazione
di qtìesta comunità verso l'occidente.
A quest^epoca esistevo, sulla futura città di San-Franci-
SCO, non lungi dalla missione di questo nome, un piccolo
villaggio spagnuolo chiamato Yerba^Buen» , che si era for-
niato d'appresso alla Porta d'oro, sul punto della baia il più
favorevole per lo stabilimento d'un porto. Nel i8S6 un ame-
ricano di nome JcicobPrimer Lee^e, vi si era stabilito nella
qualità di commerciaiue ,. e dopo numerose didicoltà colle
autorità della Gulifornia, aveva Onito coll'ottenere una porzione
di terreno sul quale egli oonrusse una, casa/ dappoi rinnovata,
Anmau. SlaUstica, vói. XXII, serie 3.* 4
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ma che si trova quasi nel centro della citth attuale. Egli sposò,
poco tempo dopo, la sorella del generale Vallejo , uno dei
rari indigeni ch'ebbero il buon pensiero di prendere parie
alle speculazioni degli Americani che cominciavano dì già
ad accaparrare delle terre. Da quest' unione nacque , nel
4S38, Rosalia Leese, la prima americana nata a Yerba-
Buena, TEva di San*Francisco, che, s'ella vive tuttora, deie
per conseguenza aver raggiunta Teta di vent*anni. Nel 4847
la popol^ione dì Yerba«Buena era di circa 45o anime; fu
al principio dell'anno ste^o che (essendo allora la città oe-
cupau dagli Americani in guerra col Messico) il ano nome
fu cangiato con ordinanza in quello di San-Francisoo (!)•
"'•
Per una singolare coincidenta , fu nel me^e di gennaio
4848, al momento in cui gli Americani prendevano pos-
sesso definitivo del paese, ch'ebbe luogo sulla terra del ca-
pitano Sutter, a sessanta miglia circa airest della oKtà at*
male di Sacramento e sulla branca sud del Rio de Ics ame-
ricano-s la scoperta dell'oro che doveva, nello spazio di ciò*
que anni, trasformare questo modesto villaggio io uno dei
più grandi mercati del mondo.
Fu un certo Marshall , il quale s' ef^ impegnato a eo-
struire un mulino pel conte di Sutter, il quale acopri pel
primo le particelle del metallo brillante nell' alveo del ru-
scello sul quale egli lavorara» Tutto tremante per T emo-
zione, egli corse a raccontare al capitano Sutter dò che
aveva veduto, il capitano sulle prime credette cb*egli fosse
(1) La Francia, poco tempo ^rima deiroccopazione americana,
aveva toIiUo acquistare il possesso della baia di San-Pranciseo ,
una delle più belle del mondo. Fu fatta la proposta» e ne forano
indicaU i mezzi, ma il governo di Luigi Filippo era allora assorta
da altre preoccupaziooi.
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5(
pizzo, e più tardi confessò che nel menlfe che acroizìipva
qaesta strana confidenza aveva rocchio sulla propria cnra-
bina. Pure tutti i suoi dubbi furono dissipati allorché Mer-
shall ebbe gettato sulla tavola un'oncia o due di questa rac-
colta d*oro. Ma mentre essi si davano insieme a questa ri-
cerca, i loro movimenti, i loro gesti di soddisfazione, le loro
esclamationi soffocate, attrassero T attenzione d'tin operaio
mormone il quale lavorava in vicinanza. Egli li spiò e nre-
sto ^ppe tutto.
Marshall non sfuggi alla sorte che tocca all'autore d*niia
leoperia, senza eccettuarne gli uomini che Iranno reso molto
più glandi servigi di lui airumanith. Dopo aver aggiunto
dei magliardi alla ricchezza metallica del mondo, benché
l'esistenza dell'oro in California fosse stata segnalata prima
di lui, egli è ora ridotto alla miseria. Il generale Sutter,
svizzero d'origine, uomo di progetti e proprietario primi-
tivo del terreno sul quale s'innalza la città di Sacramento,
risiede attualmente sulle sue terre dove vive felice e si oc-
capa d'agricoltura.
Ma la via era aperta, e nel 1848 eominciò questo pro«
digioso movimento d* emigrazione verso il novello Eldorado,
movimento che fu seguito e sotto certi rapporti fu sorpas-
sato dagli avvenimenti simili in Australia, ma ehe per altro
resterà sempre come uno dei più curiosi fenomeni della sto-
ria moderna.
€ La sfera d'eccitazione andò sempre più iiìgrafnleadosi
por nulla perdendo della, sua intensità. Dapprima furono
i Messicani delle provincie più vicine, poi quelli delle Pro-
vincie più lontane,, che in folla si portarono verso la Cali-
fornia. La popolazione mezzo selvaggia , indolente e pure
avventurosa della Sonora, giunse in California dal sud a
luigiiaja, uieuire che, dalla parte del nord, l'Oregon vi
mandava, in numero quasi egtiale, i robusti suoi abitanti»
Le isole Sandwidi seguirono l'esempio, colla bizzarra loro
accozzaglia di razza bianca e di colore. Quindi vennero gli
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abitanti del Perù e del Chili, In tale abbondanza, cfie i na-
vigli appena bastavano al loro trasporlo. Ben presto ìb China
spedi i suoi figli industriosi, -^ deboli, per vero, di corpo
e di spirito, ma perseveranti e eapaéi d'ottenere dei grandi
risultati col loro spirito d' assoctazionb. L' Australia pure
fornì il suo contigente d'abili avventurieri, di cui una no*
tevole parte aveva avuto dei guai colla giustizia. L'epide-
mia non tardò a raggiungere anelli gli Stati Uniti, che pos-
sedono tuttora una popolazione risoluta ed irritabile; e
delle armate, per servirci d* un lermme moderato, s' organiz-
zarono tosto per andare in California a prender parte al
ricolto dell'oro. L'anno 1848 fu perduto pel viaggio per
terra, ma, dal principio dell'anno 1849, numerose carovane
erano in viaggio per trapassare, per differenti vfe , te Mon-
tagne Rocciose. Le fatiche e la morte causarono crudeli
stragi fra quei disgraziati, che lastricavano le vie dei loro
cadaveri, senza che l'esempio potesse arrestare coloro che
lì seguivano. Avanti! Avanti! al paese dell'oro! pareva fosse
la parola d' ordine universale. Delle flotte, passando il capo
Horn , apportavano a Sun Francisco i loro carichi umani,
mentre che migliaja di altri individui, traversando il Mes-
sico, o sorpassando l' istmo di Panama, si dirigevano verso
la Porta d'oro per altre navi stabilite a quest'uopo sull'O-
ceano pacifico. Più tardi, ma con minore intensii& , questa
febbre dell'oro produsse in Europa risultati analoghi. Quanti
giovani nella Gran Bretagna , in Francia , in Alemagna , -—
oziosi o dissipati ()er la maggior parte, — rompendo tutti
i legami che li potevano avvincere al loro paese, s'imbar-
carono per la California, nella speranza di far fortuna o di
morire alla fatica ! Questo straordinario concorso di circo*
stanze ben presto riunì una popolazione d'un quarto di mi-
lioni d' individui, dei più intelligenti, dei più coraggiosi, e
nello slesso tempo dei più indolenti, fors' anco dei più dan*
nosi che siano mai stati assembrati su d'uno stesso punto
del globo ».
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Il prodotlo dell'oro in California s' elevò nel 1851- «a 9
milioni di sterline, a 43 milioni nel 4852; dopo Taceresci-
roento è stato più lento, poiché non si raccolsero, nel 1856|
che 15,400,000 lir. su (385 milioni di franchi ). Insomma,
la California ha aggiunto alla circolazione metallica un cen-
Unajo di milioni di sterline ( 2 miglìardi e mezzo di fran-
ebi ). Si ignora ancora fino a qual punto i perfezionamenti
introdotti nei processi di trìtamento del quarzo contrabilan-
ceranno la diminuzione evidente del prodotto dei depositi
superficiali, che non sono mai siati cosi ricchi come quelli
deir Australia: ma noi (Crediamo che cinque o sei compagnie
inglesi , formale per V introduzione di questi processi, sono
di già. cadute o stanno per cadere, mentre alcuni specula-
tori americani, stabiliti sui luoghi, vi trovano ancora, dice-
si, un beneficio ragionevolissimo.
Noi non dobbiamo tralasciare di menzionare die la sco-
perta più recente d'un' altra sostanza metallica ancor più
preziosa perchè^ rara, il mercurio, pare debba essere per la
California una sorgente di prosperità più permanente de-
gli stessi suoi terreni atiriferi. La scoperta di queste miniere
ha di gii fatto abbassare il prezzo del mercurio, e dà un
tale impulso alla produzione dell'argento al Messico e nel-
l'America del Sud, che è poco probabile che si vedano
realizzarsi presto i pronostici {generalmente accettali da al-
cuni anni sopra un cangiamento eventuale, ma prossimo,
nel valoi:e relativo dell'oro e dell* argento.
1 distretti auriferi proibiti fino ad ora si limitarono
esclusivamente al bacino del fiume Sacramento, di cui San*
Francisco vuole essere lo sbocco naturale. Tutto il com-
mercio marittimo di queste nazioni si trova adunque con-
centrato sopra quest' unico punto. .Alla fine del 4849 San-
Francisco contava 20,000 abitanti; nel 4853, quasi 50,000,
dei quali 5000 Alemanni,, 3000 Francesi, 3000 Spagnuoii
americani e 3000 Chinesì. In seguito l'aumento della po-
polazione si è rallentato.
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B4
Quale strano spettacolo presentava San-Praneiseo in quei
quattro anni in cut s* accuniularono gli avrenimenti ordinarli
d*un quarto di secolo! Una gran citth sortiva dalla terra
ed intieri quartieri ne e**ano quattro volte edlBcati» dopo
d'essere stati distrutti dal fuoco; le sue istituzioni s'orga-
nizzavano y provvedevasi ai suoi bisogni municipali , e si
spendeva per la sua eostruzione una somma di lavoro, Bsieo
ed intellettuale , eguale a quella che si è potuto spendere»
nel corso di molti secoli, per perpetuare resistenza mono-
tona di qualche aulica città di Italia o di Germania ; —
tutto ciò in mezzo ali* eccitazione prodotta pei terreni auri*
feri vicini che esaurivano e rinnovavano continuamente la
popolazione e con articoli di prima qualità a prezzi che,
soli, sarebbero sembrati suflScìenti per rendere impossibile
r impiego di questo lavoro continuo.
In ciascuna settimana vedevansi partire per le miniere
delle migliaja d' individui e ritornare alcune ceniinaja di fe-
lici avventurieri, che si affrettavano a dissipare il frutto delle
loro fatiche nei godimenti sfrenati di quel lusso parassita
della ricchezza il quale s'era stabilito nelle contrade della
capitale nascente. Il porto ' era pieno di navi che marcivano
come inutili, e sprovviste dei marina] , i quali erano fuggiti
alle miniere e il ritorno d'un bastimento non aveva inte-
resse che per gli armatori, non avendo la California che
poche once di polvere d'oro da iniziare in eambio dei ea-
riehi che impacciavano. Non era che con un'estrema fatica
ed a grandi spese che si potevano procurare delle braccia
e dei domestici, ma la perseveranza colla quale i coloni
lottarono contro gì' imbarazzi d' una simile situazione fu
eroica.
« Allorché, più tardi, gl'immigranti cominciarono ad
arrivare in gran bumero, si poterono procurare delle braccia
ma sempre a condizione di pagarle estremamente care. Per-
sone ritornate dalle miDiere, altre che avevano avuto la
prudenza di non andarvi, si ponevano a servizio di buon
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5&
grado, con salarti che variavano da IS a 80 dollari (60 a
460 franchi ) al giomof condizioni p^r le quali la maggior
pane dei capitalisti esitavano a lanciarsi in grandi intraprese.
Ha quest'esitazione fu di breve durata; e tutte le braccia
furono ben presto requisite « a qualunque prezzo si fosse.
L'emigrazione d'un gran Stato arrivò tutta in un momento
e sì aveva nulla preparato onde riceverla. Bisognò misurare
i terreni, livellar le contrade, appianar le eolUne, empiere
buchi e lagune, piantare nella baja dei pali, procurarsi le-
gni, naattoni, gesso e tutti gli altri materiali di costruzione,
costruir case ed ammobigliarle, stabilire vasti magazzenr, co-
struir lidi grandissimi, caricare o scaricare immense quan<*
tiià di mercanzie, e provvedere mille altri bisogni egual-
mente urgenti. Uolto tempo prima che lutto ciò fosse com-
piuto, le colline di sabbia ed i terreni aridi che circonda-
vano la città s'erano coperti di tende e capanne d'ogni
forma e- specie; la baja era animata da una moltitu-
dine di navigli, e di piccole navi che a' incrociavano in
ogni senso^ portando passaggeri e mercanzie; le vie ancora
informi, che non offrivano che mucchi di sabbia e di pol-
vere, abissi di fango, dove a' inghiottivano i cavalli e le vet-
ture, formicolavano d' esseri umani,, venuti da tutte le parti
dell'universo e parlanti tutte le lingue; — * tutta questa
popolasione in movimento affaccendata, occupata, a vendere
ed a comperar terreni su cui editicare, carichi di mercanzie
scelte, polvere d' oro a centinaja di libbre, poderi di più le-
ghe quadrate d'estensione, colle loro migliaja di capi di
bestiame, di pezzi di terra nelle città progettate che non
esistevano che sulla carta, in una parola, speculando e giuo-
cando sopra tutto ciò che poteva essere oggetto d' un trar*
fico qualunque. E tutti guadagnavano denari^ e tutti face^an
fortuna* Tutto questo rumore e questo movimento colpivano
di meraviglia e d'una specie di stupore l'emigrante nuo-
vamente sbarcaiOr e gli davano una prodigiosa idea dell'e-
suberanza di vitalità, di energia, d'attività, che regnavano
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in quel luogo; egli non poteva pensare^ senza un senlimémo
di profonda apprensione, alla lotta terribile nella quale osso
pure stava per gettarsi. »
Sale da giuoco, lucieanti come palazci di fate, ó che
sembravano , per magfa , escire tutto in un momento dal
suolo, empirono quasi tutta la Piava e (e contrade vicine.
Le bevande inebbrianti univano le lokH> attraitive alla bel-
lezza d*ima musica più rumorosa che melodiosa, e tutto
respirava una allegria Tebbrile, una pazza attrattiva, in que-
sti giuochi, dove si guadagnavano e si perdevano sul tappeto
verde in un momento delle fortune. Tutti allora giocavano
dal ftiinìstro della religione dalla cravatta bianca inamidata,
fino al negro che guadagnava un dollaro a pulire le scarpe
del suo padrone. Non s'aveva il tempo di pensare a dò
che si faceva e non si lasciava al cervello scaldato il tem-
po di raffreddarsi fino a che restava nelle tasche una mone-
ta od un pò di polvere d'oro. Cosi questi saloni enmo
pieni, giorno e notte, d' una folla di viaggiatori impazienti
che non potevano saziarsi d' emozioni né troppo pretto
sbarazzarsi dei loro mucclii d'oro.
« Giammai, forse aveva il mondo veduto un simile spet-
tacolo, ed è probabìte oh^ passeranno delle generazioni in-
nanzi che nulla di simile si riproduca ».
La popolazione era -quasi tutta composta di maschi adulti
e questo fatto parla abbastanza da sé svesso. Le poco dis-
graziate creature che attraevano a San- Francisco i promotori
delle case di giuoco e d'altri luoghi pubblici dove la folle
profusione delle miniere trovava qno sbocco, erano fomite
dal Messico, dalle razze meticeie dell'inferno, dai Kavacs
delle isole Sandwich : molte erano Chinesi e queste erano
le più degradate : alcune di queste avventuriere , d' una
classe più elevata appartenevano a paesi più civilizzati. Un
disegno che noi abbiamo sotto gli occhi, e che è intitolalo
« Le bcUezze di S. Francisco, la Celeste^ la Senbra e la
Madama », rappresenta queste signore come le si vedevano
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nel I8&S, dandosi iti comune ai loro esereisj peripatetici:
e non' 81 può noD essére compresi da un sentimento di
compassione pensando alla misèria ed alla disperazione che
8i nascondevano sotto quelle brillanti toelette, la di cui com-
parazione ha/ alcun che dì strano. La sola vista d' una bella
donna, ^ il solo suòno della sua voce erano allora' godimenti
pei quali il meno imprudente era sempre pronto a sacrifi-
fare una parte del suo tesoro. Il lieve privilegio d'indiriz-
zare alcune pardo di coli versazione ad una donna era assai
ricercato e si pagava alcune volte generosamente. Cosi i pro^^
prietarj d'alberghi, di salons^ e specialmente di case da
giuoco, trovavano un grandissimo vantaggio nell'avere una
signorina al banco: e più d'una di queste signorine non
tardò a far fortuna per proprio conto, sia con un ricco msk
(rimofiio, sia con felici speculazióni.
IV.
In seguito a profonde meditazioni su questo stato ribut-
tante di cose la sigiK>ra Farnham, della quale noi abbiamo
già citato il libro , rtsoHretie d' mtraprendere tm- viaggio a
San-Francisco , e fece pubblicare a New-York un programma
nel quale ella esponeva gì* inconvenienti d' ogni natura che
risultavano per l'umanità dall'assenza di donne in Califor-
nia. Ella proponeva quindi di partire alla testa d' una com-
pagnia di donne: il numero era fissato da cento a cento
trenta, ciò che permetteva ^li allestire un bastimento spe-
cialmente opportuno al loro uso;* le persone che. volevano
prender parte alla spedizione non dovevano aver meno di
venticinque anni^ mostrare certificali di buoni coslumi, di
capacità, ecc., e versare una somma di 260 dollari (4250
franchi ). Non si mancherà d' ammirare questa morale severa
di cose che aveva risoluto di non- infliggere agli abitanti della
California, sospirando presso ai compagni, che donne « non
aventi meno di venticinque anni » • Perchè questo carico di
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damigelle di media età (dMe eirooodtto da lotte le eure con-
venevoli, la signora Farabam proponeva d* aggiungere alla
spedizione sei od otto uomini maritati rispettabili, acoom-
pngnnti dalle loro mogli e dai lofo figli. Ci rincresce di dire
die questtf progetto, ehe aveva ottenuto T approvazione di
molte persone distinte, e tra gli altri di Mad. Sedgwiek, sia
andato in fumo. La necessità imposta alle candidate di dichia-
rarsi deir età di venticinque anni entrò forse in ciò? Quest' è
qnello che noi non sapremmo dire; ma non si potè trovare,
nelle summentovate condizioni, che tre signore le quali ac-
consentissero ad esercitare sui celibatari di San-Praneisco
« la loro influenza conservatrice » per servirci dei termini
stessi del programma. Si apprenderà con piacere che « due
di queste signore sono ritornate col mezzo di vìvere nel-
r agiatezza pel resto dei loro giorni, ed un* intatta repuu-
zione » ; la terza viveva nella famiglia della signora Fambaro
air epoca in cui elU scriveva.
D'ordinario si approfitta di ciò che la* città di San-Fran-
cisco e lo Stato di cui essa è la capitale abbiano potuto at-
traversare questo primo periodo d'anarchia e prendere la
forma di oomunità abbastanza regolare, se ne approfitta, di-
ciam noi, onde esaliare il carattere della razza americana
che sa sempre bastare a sé stessa. Quest* elogio, fino ad oo
certo punto, è meritato. Gli Americani sono dotati, senza
dubbio , d' una meravigliosa attitudine a progredire a di-
spetto degli ostacoli,— a costrurre una macchina provvisoria
ehe, in assenza d'una organizzazione regolare, funzionerà
irrossolanamente , ma in un modo sufficiente. Pure non è
meno vero che, in questi ultimi anni, essi furono deplora-
bilmente delusi nei loro sforzi per organizzare il loro si-
stema politico su d' una baf>e solida e razionale. La demo-
crazia spinta fino agli ultimi suoi limiti, come noi l'abbiamo
veduta oggidì, pareva avesse due bisogni insaziabili: t^uno,
quello dell' eccitazione ioeessante delle elezioni a tutte te
cariche; — l'altro, quello di kr contintnmentc opposiaiooe,
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d* insalare ed avvilire le autorità ohe provengono dalle pro-
prie loro elexioni.
La California, eome vedemmo, fu coatituila in territorio
nel 1848, in Stato avanti la fine del 4849. In qiieat' inter-
vallo, il paese fu naturalmente amministrato, secondo la co-
stituzione dell'Unione, dalle autorità nominate dal governo
eentrale: ma pareva che il governatore Riley ed i suoi su^
bordinoli s'astcnc*ssero prudentemente dal prendere una parte
attivissima agli aiTari; pretcndesi persino che questo gover-
natore, riconoscendo V impossibilità di mantenere uno stato
maggiore officiale, andò egli atesso a fare un giro alle mi-
niere durante ui^a parte della sua magistratura. Ma da che
lo Stato entrò nella pienezza dei suoi diritti, la sua costitu-
zione locale fu messa in completa attività. Tutti i funzionar],
nell'ordine amministrativo come nell'ordine giudiziario,
»ono eletti dal popolo, per un termine più o meno lungo ,
dal governatore fino al controllore, al tesoriere e all'ispet-
tare generale, e dal presidente della Corte suprema fino
agli altonMys del distretto ed ai ewroners; ed il sistema di
rotazione è ingegnosamente organizzato in modo da procu^
rare ai cittadini la gradita eccitazione delle elezioni che hanno
luogo in ogni tempo e sopra tutti i punii dello Stato. Ag-
giungiamo che le elezioni municipali di Sao-Prancisco dal-
l' origine hanno presentato maggior interesse, importanza e
nello alesso tempo maggior corruzione organizzala di quella
perfino delle alte cariche dello Stat,o. Coloro che conoscono
il modo con cui funzionano questo istituzioni comprende-
ranno facilmente i risultali d'un simile sistema.
< Un sintomo spiacevole ed allarmante che si è sempre
ooQservato in California, dice la signora Farnham, è l'ele-
xioue agli impieghi pubblici di uomini diffamati, lo ben mi
•0, ed il confesso con vergogna, che si può dire che ciò che
è vero per gli altri Stati dell* Unione, lo é pure della Cali-
fornia. Pure i risultati non sono gli atessi. Le scelte di que**
tu natura sono più dannose in California che negli Stati più
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aniiclii, pcrehè in Golirornia non esiste alctvì controllo pra-
tico sugli aati dei funzionar]. Malgrado i numerosi misfalli,
perfino i delitti di cui essi si rendono quotidianamente col-
pevoli e che eccitano l' indegnazione di iutir i buoni, dob
si ha ancora esempio di punizione inflitta ad uno di loro.
Spessori dice dei candidati eletti negli altri Stati che nelle
nostre scelte noi non teniamo aleiin conto dell^ attitudine o
del merito degli indÌTidui,. e ciò è troppo vero, ma in Ca-
lifornia si vede spesso che l' incapacità grossolana e vergo*
gnosa è il più sicuro mezzo di successo. Si direbbe che fra
i materiali oRerti, debbasi scegliere ciò che v' ha di peg-
gio. Del resto, come queste elezioni si fanq^ pure quelle
dei membri 'del Congresso e di alcuni dei più alti funiìonar}
deir Unione. A qualunque grado della scala si arresti, è molto
più probabile che colui che occupa un impiego pubblico lo
disonorerà, piuttosto che non gli faccia onore ».
Questi mali sono aggravati, 'senza alcun dubbio, dai meni
scandalosi che si impiegano per falsare i risultati degli scru-
tinj ; ma il loro principio reale è nclf aceiecamento politico
della gran maggioranza degli elettori. Se questi abusi fossero
stati ristretti all' elezione dei legislatori, od anche dei fun-
zionar] esecutivi, il male sarebbe slato relativamenie poco con-
siderevole. Nelle società puramente democratiche, la stampa
periodica, qualunque possa essere la sua tendenza nelle al-
tre comunità, prende necessariamente un certo carattere ed
ajuta a tenere, fino ad un certo punto, in rispetto i più
cattivi funzionar] elettivi di queste classi. Essi sono disprez-
zati, gli è vero, ciò che è di già riproverole dal punto di
vista dd pubblico , ma il k>ro potere di fare il nnàle è ri-
stretto in certi limiti. Allorché la corruzione, al contrario,
donHiia fino ai posti della magistratura e vi si stabilisce io
permanenza , V avvenire della comunità è veramente fosco.
Se dobbiamo credere alla testimonianza degli stessi scrittori
americani, non vi sarebbe in California- un sol tribunale, ap-
pena un sol giuclice, il di cui carattere inspira podiissimo
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rispetto. È questo un nàaie contro il quale T opinione pub*
Mica è impotente |coroe lo è ogni autorità esterna. Nel*
r Unione, come in Inghilterra, tutto il meccanismo , regolare
od irregolare del governo finisce Col < riunire dodici uomini
su di un banco », e se questi dodici uomini sono abitual-
mente mal diretti 5 se le istruzioni eh' essi ricevono emanano
da una sorgente corrotta, non v' ha potenza al mondo che
sia capace d' arrestare il male, a meno che dessa non fosse
la legge marziale del re popolaccio, comunemente chiamata
la legge di Lynch.
li solo giudice della Galifornia che sembra abbia imposto
rispetto è stato il giudice Almond; pure non era stato eletto
dal popolo, ma nominato dal governatore federali prima della
formazione dello Stato, lì giudice Almond, sul conto del
ffuale si dicono molte storielle, professava un sovrano di-
sprezzo pei discorsi lunghi^ le sottigliezze legali e le opi-
nioni degli autorL Era un uomo d'una mente viva, d'un
^udizio netto, « la stia opinione una volta formata, dicono
gli annalisti, — il che accadeva alcune volte anche prima
che il primo testimonio fosse stato inteso fino alla fine, —
si poteva considerare la sua decisione come decretata ». I
suoi -sforzi erano specialmente diretti contro le frodi dei
padroni di bastimenti mercantili in riguardo dei quali egli
si mostrava inesorabile, di modo che la cprte del giudice
Almond fini col diventare un tale spauracchio pei capitani
di navigli eh' essi amavano meglio transigere, anche con
perdita, su d'un punto io litigio con un marinajo od un.
passaggiero, piuttosto che sommettere la questione al giu-
dizio di sua onoranze. Noi dubitiamo che il mantello del
giudice Almond non sia disceso sui suoi successori eletti,
« Uno dei giudici di contea, dice madama Farnham,
benché avesse una posizione sociale, i talenti e le cognizioni
necessarie, era un ubbriacone ed un libertino; la sua con-
dotta durante tutto il periodo oOicialc delie sue funzioni fu
un perpetuo insulto a tutte le persone dabbene , a tutte
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quelle che si rispettnvano. Anche prima che il suo temine
di officio fosse spirato, tutti coloro che arevano concorso
alla sua nomina ne erano completamente disgustati e ne
domandavano il cambio. Essi T ottennero. — « Furono le
tre sue figlie che I* hanno eletto », mi diceva un tale
parlando d'un altro giudice; e siccome io mostrava uni
certa meraviglia: < È la pura verità, egli riprese, e voi ora
e ve ne persuaderete. Vi sono molli celibi nel paese, e le
é HgliA^ del giudice benché mal allevate, sono belle persone*
« Io pure sono celibe ed ho votato per lui, benché io non
< abbia alcun' idea di sfiosarc una di esse; ma gli è ceno
9 che, senza le sue figlie, io avrei certamente votato per
< l'altro coftorrente ».
E inutile il dire che i giudici eletti in simili circostanze
tono sempre disposti a concordare di simpatia colla pubblica
opinione, anche quando V opinione pubblica è contraria alla
legge, il giudice Hoffman , presiedendo, nel 4864, al giu-
dizio del colonnello Watkins, noto filibustiere, s'esprimeva
in questi termini:
€ lo ho, con tutto il cuore, simpatia verso l'aceusaio:
ma io sono incaricato di far eseguire la legge e debbo fare
il mio dovere, qualunque siano le mie simpatie, lo posso
ammirare gli uomini coraggiosi che hanno intrapreso queste
spedizioni per rialzare, commessi dicono, gli altari rovesciati
e riaccendere i fuochi estinti della liberti al Messico e
nella bassa California. Egli è ponnibile che costoro non siano
che avventurieri che non hanno altro s(*opo che di arric*
chirsi a buon mercato in un altro paese. Ma, quando par
io credessi, che non è cosi e che il loro scopo è stato eosi
onorevole, cosi disinteressato come ce lo ha rappresentato
il loro avvocato, pure, sedendo qui come giudice, io non
dovrei occuparmi che di questa sola questione: La legge è
slata violata? »
I fatti erano cosi evidenti , per cui il ^ttiri dovette di-
chiarare l'accusato colpevole. Egli fu condannato, insieme
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li !iao compagno, il maggiore Emery, id unUmmenda di
mille e cinquecento dollari, eh* essi dichiararono, più (ardì,
di essere neU* impossibilità di pagare. Nel momento in cui
noi scriviamo (l8òS), parerà che fossero stati emessi dei
dubbj sulla quistione di sapere se si ptiò, di diritto o di
fatto^ costringerli a pagare o ritenerli in prigione fino a che
essi abbiano pagato , ma ciò che v* ha di più probabile si
è che né il colonnello Watkins né il maggiore Emery non
saranno pijili inquietati ; è in questo modo che passano le
cose in Calirornia. ( Continua ).
GEOGRAFIA E VIAGGI.
Mmmwe carte archeetoslelie della GalUa antlea.
Il
I governo francese ha istituita una speciale Commissione
composra di membri dell' Istituto e di distinti archeologi col*
r incarico di preparare i materiali necessarj per la forma-
zione di una carta archeologica delle antiche Gallie.
Dopo un maturo esame la Commissione decise di com-
porre tre carte archeologiche. Sulla prima saranno indicale
le amichila celtiche e le campagne di Cesare, sino al mo-
mento storico in cui quel proconsole lasciò le Gallio do[>o
le conquiste. La seconda camprenderb la geografia delle
Gallio sino all'epoca di Costantino. La terza rappresenterà
lo stato della Francia all' epoca dei Merovingi^ Cosi passando
da una carta ali* altra si avrà la storica trasformazione delle
contrade e delle località sotto i Celti, i Romani ed i Franchi.
Si troverà, per esempio, la stessa località designata da prin^
eipio come ciano sotto i Celti, come oppidum o municipio
sotto i Ron^ni, e poscia come vicus o borgo sotto i Franchi.
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Sulle carie si |aggeranuo i nomi moderni delle locatila a
canto ai nomi aniichi. Con segni convenzionali saranno in-
ilicaii i monumenti amichi di vario genere. Si vanno ora
i^iluendo esalti studj per determinare meglio che si possa il
iraceiacnenio clelle antiche vie romape. ,
I doxù aitendono con viva ansietà la pubblicazione di
queste carte.;
— oOo —
NaoYe esplorasioni nell^ AiMtralla.
G,
li inglesi continuano le loro esplorazioni nel centro del-
l' Australia. Alla Società Geografica di Londra giunse testé un
rapporto del capitario Stuard dal quale rilevasi esser esso
penetrato nel cuore dell'Australia al grado 31^ 40' di lati-
tudine sud, avanzandosi verso il nord sino al grado 2^^ 20'
di latitudine. Scoperse in quel tratto di paese un gran lago
ricco di pesce. Dopo aver girato le rive del lago giunse ^i
una vasta pianura dell' estensione dille dodici alle dieciotto
miglia quadrate di superficie ricca di eccellenti pascoli. Egli
renificò la forma geografica del lago Torrens, che sulle cane
sinora in uso prende la figura di un ferro da cavallo, men-
tre in fatto non è che una serie di varj bacini insieme con-
giunti du correnti acquee.
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«OLLETTIEIO Dt IIOTIZIE STATISTICHE ITALIANE E STRANIEBB
£ DELLE PIÙ IMPORTARTI IRVENZlOni E SCOPERTE
0
PROGRESSO DELL' IIVDIISTRU
I
DELLE UTILI COGNIZIONI.
Pascicolo di Aprile 1859.
NOTIZIE ITALIANE
WmtìmtUm dell^ndastria inaBiliBttvrlera In ItaUa,
del doti. JPieitrm Mme^iri.
( Estratto dalla RifisU Contemporanea ).
OUL
Vi hanno olii di diverse qualità: alcuni sono tratti da
Stanze vegetabili, altri in cambio hanno origine animale.
I quelli che appartengono alla prima specie, V olio d* oli«
va occupa senza dubbio il primo posto, e noi cominceremo
perciò dair esame di tale prodotto indici^ndo le condizioni
di cultura dell'albero che gli è proprio.
L' olivo ha bisogno di un clima temperato ; le sue fu*
glie restano verdi tutto Tanno, e i 9uoi frutti impiegano
un tempo abbastanza lungo onde giungere a maturanza , il
che fa di esso un albero a vegetazione lenta, ma continua,
capace di sostenere un freddo anche intenso ove non sia
troppo prolungato. Là dove 1* arancio perirebbe, T olivo prò-
A^Au Sèatistica, vot iXXIi, $^ne 3.* 5
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I
'
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spera mirabilmenie, giunge ad un* altezza piuttosto eoDside*
revole ed è riputato eome una delle principali ricchezze
del nostro paese.
Per tali condizioni V olivo è direouto un albero di cui-
tura quasi universale in Italia. Le coste di Genova e di Nizza
sono coperte da questa preziosa vegetazione, che appartiene
ugualmente alla Toscana^ e soprattutto «Ile caropagoe di
Pisa e di Lucca , celebraiissime per la bontk dei loro olii.
La piantagione dell' olivo si associa spesso colà alla vigna ,
oppure è disposta su piccoli ripiani a gradinale. Questa spe-
cie di coltura, negli Stati romani, si conA ai terreni vul-
canici, e principalmente ai calcarei; essa cresce ovunque
presso le proviocie orientali e le occidènuli, sotto le mura
di Roma e sul versante degli Apennini. La Sardegna e la
Corsica fruiscono pure della medesima la quale rende lieta
anche la regione dei laghi di Lombardia, la Venezia, le eo-
ste dell'Istria, a malgrado della loro posizione settentrionale.
Ma di tutte le regioni italiane, la parte continentale del re-
gno delle Due Sicilie è ancora quella in cui la coltivazione
dell'olivo è più diffusa, e i suoi prodotti più regolari e
cospicui. Lungo le coste nordiche della Sicilia, i declivii
delle montagne e le valli sono quasi interamente popolate
da olìveti. Nella costa meridionale ed occidentale, e geue-
ralmente all' interno dell' isola , l' olivo è più raro e non
fornisce neppure olio sufliciente al bisogno dei suoi abitaift.
La parte orientale della cosu a settentrione di Caunia pro-
duce olivi di ottima qualità.
La bacca dell' olivo, che impiega ne' nostri paesi, come
dappertutto, i due terzi dell'anno a crescere ed a maturare,
raccogliesi allorché comincia l'inverno. D'ordinario si aspet-
ta che i venti e la maturità eccessiva facciano cadere le ali-
ve, oppure queste vengono scosse dagli alberi, e le poche
che restano, sullo scorcio dalja stagione, sono staccale dai ra-
mi per mezzo di lunghe pertiche o di bastoni , a un di-
presso come si usd colle noci. Si le une che le altre ven-
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gono poscia raoeoile dalle donne e dai ragaui e ripofie in
tini, ove rimangono circa un mese, allo scopo di esirnrne
Tolio, come erroneamente preiendesi, in copia maggiore.
Ci corre obbligo tuttavia di tosto avvertire come il sistema
di abbacchiare, battendo i rami dell* albero , sia oltremodo
rovinoso per i raccolti futuri, cpperò in taluni luoghi proi«
bito a coloro che prendono in fitto gli ulivi con appositi
patti. V* hanno di proprieiarj infatti che praticano il raccolto
dei frutti prima che giungano alla loro completa maturanza
staccandoli dagli alberi, guidati in ciò dall'esperienza, la
quale insegna come Tolio tratto dalle ulive molto mature
e annerite riesca minore di quantità ed abbis<^ni di mag-
giore depurazione. Anche la cattiva abitudine di promuovere
la fermentazione delle bacche, prima di triturarle e di pre*
merle, va perdendo de* suoi partigiani fra noi e presso la
maggior parte dei nostri paesi oleiferi.
Per la triturazione impiegansi delle mole di pietra ro-
tanti entro una vasca in muratura ed intorno ad esse per-
pendicolare, mosse da asta orizzontale, spinta dall'acqua od
a forza d' uomini o da uno o più animali da tiro. A questo
antico e primitivo sistema in molti luoghi fu sostituito l' eleo-
iribo, che è applicazione altrettanto semplice quanto inge-
gnosa del molinello a caffè. Con quel meccanismo basta me-
no della metà di forza motrice ad ottenere una triturazione
tripla di quella che davano le antiche macine, ond' è che
un solo oleotribo tritura tante bacche quante bastano a te-
ner in moto tre torchi. Prescindendo dalla necessaria di-
spersione della sostanza oleosa che deriva dall' assorbimento
dell'antico apparecchio di pietre connesse, e che è nulla
neir oleotribo , la triturazione operata con questa macchina
è eosi uguale, cosi uniforme, da assicurare un prodotto mag-
giore sotto r azione del torchio ; la qual' ultima si ripartisce
equabilmente sulla pasta già omogenea delle bacche peste,
I vantaggi di questa macchina ai riassumono nell' economìa
della mano d' opera , del tempo e del locale , perchè essa
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non occupa che la metà dello spazio assegnato alle macine
. ordinarie e nell* aumento delia produzione.
Dopo la triturazione viene la pressione. Poiché il fratto
è schiacciato si raccoglie e si pone in sportini d'erba^ di
forma cilindrica, fatti di giunchi e di altre erbe; i quali
sportini si sottopongono al torchio (molti in una volta). Il
torchio è ordinariamente formato da una pietra che viene
lasciata discendere , e prèmuta sulle ulive da un sistema
analogo i quello dei nostri torchi da vino : una colonna di
legno verticale, alla quale per mezzo di un palo trasverso
si applica la forza degli uomini destinati a farla girare. In
alcune delle nostre provinole la pressione si compie per
mezzo di strettoie meccaniche specialmente mosse ad acqua
( strettoie con viti ) e colonne di ferro fuso , strettoie alla
Ravanes,
Intorno al piano Inferiore del torchio su cui stanno le
ulive schiacciate, scende una ribalta solcala da rigagnoli,
pei quali Tulio, che cola dagli sportini sotto la pressione,
s* avvia ad un becco d* onde è raccolto in un truogolo o sec-
chia sottoposta.
L'olio che cola dal torchio è torbido, chiamasi mosto:
per farlo diventar brillante (limpido diremo noi) si pone
un ampio recipiente, in fondo al quale col tempo e col ri-
poso depone il sediménto, oppure si filtra tosto, appena spre-
muto, eoi cotone e per mezzo di apposito filtro. Anche fra
noi in non pochi luoghi venne introdotto quesi' ultimo me-
todo di chiarificazione e di purificazione consigliato dai re-
centi progressi della chimica, e che già rende celebrati gli
olii del mezzodì della Francia.
Nelle diverse parti d'Italia, ove coltivasi T ulivo, dopo
la prima estrazione dell* olio « le sunse vengono gettate a
marcire su letamai, ovvero si destinano ad alimento delU
combustione, specialmente dei forni di panatieria. In poclii
luoghi finora si ripassano, e dopo breve ebollizione nelPac-
(|ua calda vendono sottoposte .di bel nuovo 9l|o strettoio
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onde oUeoerne olii di qualità inferiore. Tuttavia alcuni fub-ì
bricaoii traggono partito dalle sanse^ e producono olii lavati *
nella proporzione di una sesta parte della quantità ottenuta .
colla prima pressione, assicurandosi d' altra parte col nocciolo
un separato prodottOé
Alcuni degli apparecchi che servono a si proficua fab-
bricazione sono posti in movimento dall'azione dell'acqua,
altri invece, assai più estesi e migliori, sono regolali dalla
forza del vapore* Cmì neli' isola di Sardegna ve n' ha ' a
Sassari uno ad acqua ed altro a vapore, altri due lavoratoi
sono io esercizio a Cagliari ed a Bosa. Alla terraferma de-
gli Stati sardi, ed al granducato di Toscana sono pure fa^c
migliari quegli apparecchi, dei quali, nel 4835, non si conta-
vano nel regno di Napoli che tre, mentre ora ve n'hanno
almeno quarantacinque*
Un' utile modificazione fu quella recata ai serbatoi di
olio^ per cui ai vasi ordinari in terra creta , che occupana
molto spazio , facili a rompersi ed incomodi nel vuotarsi i
vennero sostituiti grandi cilindri in lamine di ferro> i quali
versano di leggieri quanto contengono, mediante robinelti
aperti al centro ed alla base di quei recipienti.
Come vedesi, la fabbricazione dell' olio d' oliva era, al^
tre volte, presso noi oltremodo negletta. Nulla foceasi per
raccogliere le bacche con minor spesa, per premerle ancor
fresche^ ben tritui>arle, separare l'olio delle varie pressioni^
ottenere dalle sanse l'olio lavato, per purificare e rendere
chiari i prodotti in genere con maggiore agevolezza e risuU
tati più soddisfacenti. Tuttavia, da qualche tempo, de' mi-
glioramenti sensibili furono introdotti, ed i metodi usati og-
gidì in alcune parti del rQgno di Napoli i negli Stati sard»
e nel granducato di Toscana permettono di ottenere olii
che uguaglino, ove pure non superino^ le migliori qualità
di quelli di Provenza.
Del resto, se qtialche incuria esiste aocora in quesV arte
essa è largimente controbilanciala dall' abbondanza del pro^
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dotto» il quale é comune a tutto il paese, e che, dopo arer
soddisratto i bi8<^i locali, cosiituiace l'oggetto di una vasta
esportazione. E a convincere i nostri lettori basti 1* indicare
nel prospetto che segue, la quantità ed il valore dell' olio
prodotto nelle varie proviocie italiane o di là inviato al-
l' estero.
Prodozioice.
Regno delle Due Sicilie, Napoli
Sicilia
Stali sardi. Terraferma . .
Sardegna • •
Toscana
Corsica
Stali romani
Istria e Gorizia • • • •
Venezia •
Modena
Lombardia
Quantità
656,000 ettol.
356,000
383,500
54,000
160,000
150,000
430,000
41,873
7,840
5,434
3,966
Valore
50,000,000 fr.
47,000,000 .
30,000,000 >
3,700,000 »
44,800,000»
40,500,000 •
40,000,000 >
844,000 >
490,000 >
850,000»
450,000»
tn tutta Italia .... 4,747,309 ettol. 434,801,000 fr.
EsPOaTAZIORB.
Regno delle Due Sicilie. Napoli 338,000 ettol. 35,000,000 Tr.
Sicilia 64,000 » 4,545,000»
Stati sardi. Terraferma • . 99,308 » 6,954,000 »
Sardegna . . 4,344 » 80,860»
Corsica 74,000 » 5,000,000 »
Toscana 44,600 > 4,653,000»
Stati romani 3,398 » 330,860 »
Sulla quantità d' olio esportata dal regno di Napoli ,
40,497 ettolitri vanno all'Inghilterra » 46,2843 all'Austria,
38^45 alla Francia, 45,460 al Neiherlands, 34,380 alto
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Russia» 90^16 agli Stali sardi, 45,000 agli Suti romani,
769 alla Toscana, 6594 alla Sicilia, 82,832 ettolitri ad altri
. paesi. Due terzi dell' olio ehe si esporta dagli Stati sardi
SODO diretti io Francia, il rèsto io loghilterra, io Austria, ecc.
Le cifre del prospetto che precede parlano da sé; esse
ci Tanno conoscere quali siano i paesi che producono Tolio
d'olivo in maggior copia, e quali quelli che ne spediscono
di vantaggio airestero, quale sia in una parola Timporianza
di questa produzione e di questo commercio presso tutta
la penisola.
In Italia la quantità d*olio d'olivo che si ottiene è tale
che gli olii estratti dagli altri frutti, o dalle altre sementi,
sono di poca rilevanza» Nondimeno ogni provincia ha olii
speciali cavati dai diversi vegetali. Cosi la pUtacia lentiicut
dà olio buono per f^ì usi domeatici. L' industria si serve
dell'olio di lino o di noce, la medicina di quello di man*
dofle dolci e di ricino, ehe cominciano ad essere di qual-
che conto nelle nostre produzioni. Parlando della fabbripa-
zione dell'olio di semi di lino, merita nota l'opiGcio sorto
non ha guari nella città di Livorno, ed appartenente alla
società sotto la ditta la Nuo^a industria. Esso impiega me-
todi perfezionati, e va munito di una macchina a vapore
della forza di 4S cavalli.
Nel Mantovano, nel Bresciano, nel Vigentino la coltiva:
zione del ricino occupa intieri campi. In Toscana, negli Stati
romani e nel regno di Napoli trovasi pure in via di pro-
gresso. Commendevoii per la fabbrica di quest'olio sono:
uno stabilimento nella città di Geprano, nella delegazione
di Prosinone, fornito di un grandioso torchio idraulico, po-
sto in moto dalle acque del Uri, e l'altro del signor Groppi
di Forlì, che mantiene SO operai, e produce circa 40,000
chi1. di detto olio ogni anno. In quest'ultimo opiGcio fun*
zionauo tre macchine costrutte a Glascow, ed una mac*
china atta ad acciaccare il seme del ricino, con cui se ne
bvora 400 chilogrammi all'ora.
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In Sampierdarena, presso Genova, v*ha la fabbrica d*o-.
lio di sesamo del signor Calvi, fornita di un motore idran-
lieo, e capace di produrre q. m. 7500 d'olio all'anno, im-
piegandovi una doppia quantità di sostanza oleosa. I residui
di quella lavorazione compongono le cosi dette pianelle, spe-
dice all'estero per uso di combustibile.
Dal fagus syhtstris e dal cornus sanguifUB si estrae un
olio che si può avere del pari da altre piante oleose, la
colza^ il sesamo^ il gyperus esculans^ ecc. Noi ci limiteremo
ad indicare qui le qualità e la quantità di questi olii pro-
dotti da oguuna delle nostre provincie italiane.
Olio di lino. — Lombardia 21,414 ettolitri. Venezia
4907 ettolitri. U Sicilia ne ha un'esportazione pel valore
di 80,750 franchi.
Olio di raQizzone. •- Lombardia 44,844 ettolitri. Ve-
nezia 38,S744 ettolitri. Modena 5282 ettolitri.
Olio di noce. — Lombardia 40,675 ettolitri. Venezia
a,486 ettolitri.
Saponi.
Noi non pretendiamo aver scoperta questa sostanza, chia-
mata $apo dai Latini, e che il vecchio Plinio cosi defini-
sce : Gallorum hoc in^entum, rutilandis capilUs ex sevo ^t
cinere. Tuttavia fin dal sesto secolo abbiamo una città, Sa-
vona nella Lii^uria, che porta il nome di questa merce, e
che distinguesi appunt3 per la fabbrica di essa, favorii^ dai
boschi di olivi, i quali coll'oiio ne fornivano la materia es-
senziale. Anche in oggi Genova, Napoli, Livorno sono i een-
tri principali di quest' industria , affine a quella degli olii ,
d'onde anzi ne dipende, e che riesce infatti florida là dove
la copia delle sostanze grasse in genere somministra il ma-
teriale opportuno alla sua lavorazione.
E per cominciare dagli Stali sardi diremo come essi pos-
siedano 70 fabbriche con 420 caldaie, e quasi 200 operai.
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ed un prodotto di circa SO mila quintali metrici ogni anno
di sapone d*ogni qualità. Alcune di queste fabbriche, quelle
dì Nizza e di Torino, impiegano particolarmente alla sape*
nificazione le sode artificiali di Francia, e danno saponi
duri quanto quelli di Marsiglia. Le 30 fabbriche di Sam«
pierdarena lavorano ogni anno 43 mila q. m. di sapone con
metodi perfezionati, servendosi di grassi, olii di palma, di
cocco e di resina^ all'uso inglese. La ditta Braghi e comp.
di questo borgo ottenne molti elogi dal giuri della grande
esposizione parigina, e medaglia di premio dalla Camera di
commercio del proprio paese, pel suo sapone d'olio di palma
raffinato, ed altro di olio di cacao e sego marmorizzato, di
boooa fabbricazione ed a prezzi affatto moderati. Anche il
signor Aquarone di Savona è proprietario di una grande
officina presso cui si trattano 700 barili d' olio nazionale
ogni anno che poscia vengono convertiti in sapone mediante
l'oso delle sode naturali di Sardegna e di Spagna, e delle
artificiali di Marsiglia. Il suo sapone marmoreo rosso e schiz-
zato verde è solubilissimo, spumante, ben lavato, capace di
reggere al confronto coi migliori prodotti nazionali ed esteri
di tal genere.
L'esportazione totale annua di questa sostanza dai R. Stati
è di 240 mila chilogrammi.
Dopo il Piemonte viene, per le saponerie in ordine d'im-
portanza, Napoli la quale, oltre alle piccole ed antiche fab-
briche, conta le recenti di Pozzuoli e di Cesiellamare, che
diedero nuovo lustro a questa lavorazione. Ed infatti, meo*
tre prima si spedivano in Francia, ed altrove i saponi molli
e non altrimenti apparecchiati, quali colavano dalle vasche
baresi, salentine, atresi, gaetane e napoletane, e si compe<
ravaoo alPestero saponette sode ed a forme variate, ora in-
Teee non solo si mantiene l'antico traffico, ma è cresciuto
per l'esportazione del sapone bianco e colorato, ed anche
del profumato e cosmetico. Se ne estraggono ogni anno 230
mila chilogrammi. La fabbrica più importante del regno ap-
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paritene ti signor Jenevoiz di Napoli , i cui processi dif*
Teriseono tlquablo dagli ordinaru. Le materie prime sono
le ceneri delle piante aromatiche raccolte in Italia. Egli
mischia la lessiva alcalina, durante rebnlKzione, con acque
disiillate aromatiche. Tostochè il sapone raggiunge una
conveniente trasparenxa lo si versa in recipienti , o casse
poco profonde, lasciandolo esposto all'aaione dei raggi solari.
Acquistata cosi una cottura naturale ed una tal quale con-
sistenza, gli si fa assorbire per due mesi, ogni giorno, dei-
Tacqua di trìpùli (specie di saponaria che si raccoglie sulle
colline del convento dei Camandola). Queste lozioni ripetute
purgano il sapone dal cattivo odore, e gli permettono di
rendersi spumeggiante e candidissimo. Lo stesso fabbricatore
si serve anche della malva di Sicilia, con cui ottiene sa-
poni ontuosi detti mahaviica^ oUimi per la barbo e per gli
usi in genere della loeletia. Ed anche nelle provineie del
regno si è progredito in quesio ramo d'industria. I sapooi
infuui a basì di soda della fabbrica di Creochi, Bevilacqaa
e comp. di Lanciano, il sapone inglese, il coma ad uso di
Levante ed il Windsor richiamano particolarmente la nostra
attenzione. Lo stesso dicasi della fabbrica di Marciano dello
atesso comune del regno, che prepara con pieno successo
il sapone detto di Marsiglia, Tinglese, Tamericano ed il gal-
leggiante.
Anche in Toscana Tindustrisr dei sapooi progredisce sotto
buoni auspicii. Sessanta sono le febbriche che provvedono
nirinterno consumo, e permettono un'esportazione pel valore
(li due milioni di franchi. Le principoli fabbriche spettano
al signor Conti e 6gli, Tona stabilita fuori di Livorno, l'al-
tra in cita, degne di molta lode per reccellenza dei predoni
t; l'estesa loro lavorazione ; sulla . quale vivono trenta fami-
glie , e si fondo un commercio coli' estero di 40 ' mila chi-
logrammi all'anno di saponi, di qualità differenti ed a prezzi
assai discreti. Questo spaccio sempre crescente giustifica il
eredito che la merce s'è acquisuta, sicché oggi non tcise
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h eoocorrenia degli altri poesi sui mercati dell* Europa e
deirAmerica. Né il stgoor Conti fabbrica solo i saponi più
comuni ed ordinarli , ma quelli ancora di alcune qualità par-
ticolari e pregCToli, il sapone bianco liquidato^ atto alla cot-
lora ed alla tintura della seta; il sapone marmato aszurro
e rosso, buono per qualsiasi uso , e specialmente per pur-
gare le lane e feltrarle ; il sapone spumeggiante, il marino,
il giallo alla resina, ecc.
Le saponerie degli Stati romani sommano a quaranu,
delle quali venti almeno appartengono a Roma. La migliore
e più estesa fabbricazione è quella di Pontelagoseuro , che
produce sapone ad uso di Marsiglia, e si giova di solo olio
d'oliva e di soda d'Alicante e di Sicilia. Gli opifici di Jesi,
di Logo e di Pontelagoseuro danno un prodotto comples*
sivo quasi esclusivamente smerciato airintemo, di 008,600
chilogrammi di sapone ordinario ogni anno. Il valore del-
TaoDua lavorazione di quest'articolo per tutti gli Stati è di
74S mila franchi. x
Le manifatiure di sapone non sono nelle provincie
lombardo-venete cosi floride come altrove. Venezia ha tut-
tavia due grandi iabbriche, eolle quali provvede le vicine
Provincie, e potò fare anche di recente qualche spedizione
io America. L'una d'esse, quella della Mira, ha tre caldaie
riscaldate a vapore e della capacità di chilogrammi 8000
ciascuna..
In Lombardia sono trentadue le fabbriche di sapone ,
cioè venti nella provincia di Milano, nove in quella di Como,
ed una rispettivamente nelle provincie di Lodi, Mantova e
Brescia. La produzione annua delle fabbriche milanesi rap«
presenta da s6 sola un valore di costo che si aggira fra il
milione e mezzo e i due milioni di franchi. S' impi^no ,
come materie prime, i grassi cotti, Tolcina, le morchie del-
Toiio d'oliva, questo stesso olio di qualità inferiore ed il
sego di cui non si fa uso nella iabbricazione delle candele.
Il espone che se ne ottiene è il nostrale, detto, dal suo co-
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lore, sapone giallo^ che ooeCa 75 ffariehi al quintale* Tanto
la lavoratione quanto la vendila contano due epoche distime
neiranno: la stagione esii?ay o del lavorp e dello spaccio^
e la stagione jemale o stagione morta. Ottanta sono gli ope-
rai impiegati, con una mercede che varia da l franco a I
franco e 50 centesimi al giprnOé II consumo esaurisce la
produzione locale, e assorbe in certa proporzione anche i
prodotti di alcune provincie della monarchia austriaca e di
altrove pei saponi fini , prescindendo dal sapone di Marsi-
glia ed anche di Livorno, che le tintorie lombarde im-*
piegano piuttosto largamente per la purgatura delle sete*
In Trieste v'ha la gramle fabbrica Giiozza, ove per rad*»
dietro producevasi due milioni di chilogrammi di sapooe
ogni anno. In queiropificia si adoperano principalmente IV
lio del Levante e quello d'Italia *e la soda di Sicilia. Se ne
conservano le provvigioni in appositi serbatole Ogni qualiih
d'olio ha il suo bacino particolare.
Vino, acetOy acquavite^ birrcté
Vino. -^ L'Italia s'ebbe in antico una specie di primato
per ciò che spetta a questo ramo d' industria ; i nomi del
Geccubo, del Setino, del Faustiano, del Falerno, del Gmiro
furono decantati dai poeti , e richiesti universalmente , ap-
punto come oggidì accade dei migliori vini francesi. Se i
nostri prodotti enologici non hanno ora il valore d'un tempo
ciò devesi ripetere non già dulia mancanza di materia prima,
di cui anzi siamo bastevolmente provvisti , ma dall' incuria
e dall'ignoranza che accompagnano quella fabbricazione.
Vediamo ad ogni modo quali sitano le condizioni della col-
tura della vite, e delle sue produzioni rispettive presso ì
vari Slati della penisola.
L'industria dei vini è, dopo quella della seta, la prima
in ordine d'importanza, negli Stati sardi. La coltura della
vile domina quasi dappertutto nelle provineie d'Asti, Me»*
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'77
saodria, Valenza, Vogliera, nel Monferrato e nel Tortonese;
essa è pure di qualche rilievo nei dintorni di Pinerolo» di
Àlba« Mondovi, Acqui, nella valle d'Aosta, nel Canavese, nella
contea dì Nizxa e infine nel Piemonte propriamente detto.
11 prodotto annuo dei vini negli Stati di terraferma può va-
lutarsi a 3,800,000 ettolitri, consumati sia sul luogo, sia
nella Svizzera italiana ed in Lombardia. La media dell'e*
•portazione è di 430,000 ettolitri, a cui' si potrebbero ag-^
giungere da 43 a 43,000 ettolitri ohe escono dagli Stati di
eontrabbaodo. Il totale di questi 443,000 ettolitri, venduti
air estero al prezzo di 20 franchi Y ettolitro , dà un utile
netto di quasi 8,000,000 di franchi.
L*arte di preparare e conservare la vite lia bisogno qui^
eome altrove, di grandi miglioramenti. 1 prodotti che se ne
ottengono ora hanno qualche analogia con quelli delle vi-
gne di Gette e delle sponde del Rodano, ma sono più cari;
sono spediti tuttavia sui mercati dell* America del sud, ove
fanno concorrenza ai vini francesi.
Il ricolto del vino nelPisola di Sardegna va acquistando
un'importanza sempre maggiore; pochi miglioramenti ba*
sterebbero a fare della Sardegna uno dei paesi più viniferi
delFEuropa ; da 3500 a 4000 pipe catalane vengono esporr
tale ogni anno, principalmente da Ogliastro, Oristano ed KU
ghero e dirette su Genova, ove danno forza ai più deboli
vini francesi. Il Monaco^ il Giro, il Cannonau, la JUahasia^
il Nascu e la Gutrnaccia sono le qualitù di vino più ap*
prezzate ; il Nasou si distingue su tutti, ed è vino di color
d'ambra> generoso, dolce, con profumo graditissimo; viene
poscia il Giro che somiglia un pò al tinto d'Alicante; il
JUafvaiia di Sorso, 3osa, Alghero, Quariù, vino secco^ è pure
assai squbito.
La maggior parte del vino che si raccoglie nel Lombardo*
Veneto spetta alla pianura od al colle. Si coltiva la vite an-
che a pie dei monti ; ma l'elevazione e la temperatura dei
luoghi non permettono ai fruiti che se ne cavano la loro
completa maturanza.
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In pianura la vite è eohivata fra i campi aemioati, che
portano il nome di campi arativi vitati « o campi arborati
vitati; in collina siffatti campi sono chiamati ranchi^ allorché
le viti siano piantate a filari, ed abbiano a sostegno dei pali
di legno; ricevono lo stesso nome anche quando arraoipi*
cano sugli alberi, 'e Tiptervallo che separa i filari sia col-
tivato il più spesso a semipa. Si dicono vigne finalmente i
campi in cui le viti rimangono basse, sebbene assicurate
del pari a pali come sopra.
In Lombardia si contano 470,000 ettari di terreno col*
tivati a vite, per cui direbbesi che oltre un quarto del
suolo lombardo subisca tale coltivatione , se questa vi re-
gnasse da sola , e se pochi non fossero invece i territori!
esclusivamente consacrati a vigneto. Negli anni di abbon-
danza la Lombardia può dare 8,000,000 di euolitrì di vino,
ossia quattro ettolitri di vino per ogni ettaro di terreno
coltivato a vite. Le spese di ooltivaiione sono tuttavia in
Lombardia piuttosto considerevoli, e raggiungono spesso
Timporto di una buona metli dei prodotti di un'annata or-
dinaria. La viticoltura del paese non basta a dar tanto vino
quanto occorre al consumo de' suoi abitanti, dovendosi, ne-
gli anni anche prosperi, importare dairestero oltre 440,000
ettolitri di vino di qualità comune, e pel valore di 5,000,000
di franchi* Non sono compresi in questo computo i vini di
lusso.
Su una metà circa della superficie produttiva del suolo
veneto, cioè sopra 750 mila ettari di terreno aratorio , la
vite s'innalza rigogliosa associata spesso ai gelsi, agli olivi e
ad altri alberi produttivi. La superficie, pressoché sola a vi-
gneti, non é che di ettari S8,SI6.
Il prodotto annuo medio del vino in quelle provincie é
di 3,100,000 ettolitri; negli anni prosperi poi esso rag-
giunge i S,500,000 ettolitri, rappresentante un valore me-
dio di 36 milioni di franchi alPanno. Da ciò rilevasi l'iro-
portanza della viticoltura colà mentre la detta cifra corri-
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sponde t poco meno di uo tcHtimo di luUi i valori agricoli
della Venesia. Siffatu produsioDO besU a soddiifare non solo
i bisogni delle provinole venete, ma. può fornire altresì la
materia ad un annuo cominereìo d'esportazione per la Loni-
bardìa, pel Tirolo, per la Carniola, la Svizzera, eoe. La
sola Lombardia ne ritrae oltre a 400 mila ettolitri ogni
anno.
Variano i vini, rispetto alla qualità, a seconda dei luoghi
di loro provenienza. D' ordinario quelli di collina sono i
migliori. La Valtellina, m Lombardia^ ne ha di buoni, che
esporta in Isvìzzera e nel vicino Tirolo; la provincia vero,
nese ne fabbrica di eccellenti a imitazione del Beno e dello
Champagne; il Vigentino provvede di vini pure assai eneo*
miati; un largo tratta di Lombardia ed il Friuli è famoso
pel suo raonOf pel suo piccoletto, e per la sua reboia.
Le colline tra Tboozo e Tlndri sono in gran parte eol*
tivate a viti. I ronchi di Gorizia, onde rompere l'erta del
luogo, presentano degli scaglioni larghi e alti più di due
metri, tappezzati d'erba. I vini che se ne traggono sono ec-
cellenti. Neiristria il vino dà ora la media di circa 469 mila
ettolitri. Di questi, 36,500 servono al eonsumo dei fabbri-
CMpti; altra quantità pressoché uguale Vendesi al mimilo
entro i confini di quella provincia d'Italia, e 79,500 ei«
tolitri infine alimentano il suo commercio d'esportazione.
Sui colli del Trentino, nel Tirolo italiano, fovoriti da
clima ancora mite, e da posizione abbastanza propizia, ere*
scono quelle viti d'onde fu tratto il vino retico, che tanta
fama s*ebbe ai tempi di Augusto. Le pratiche per cui si
ottiene quel prodotto sono a un dipresso quelle stesse in
uso nel Lombardo-Veneto. Il commercio si lisiita ai bisogni
del paese, il quale provvedesi in parte anche dall'estero.
Estesa ed importante si è la coltura della vite in multa
parte del cantone Ticino. Vario è il «modo di coltivarvi
quella pianta, a rompi^ ove ess^ maritasi agli olmi, ai pioppi,
si gelsi, ai novale, o a diversi piani o scaglioni, a pali od
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n pergola. Può trovarsi in montagaa, ia collina od ia pia*
nura. Dalla collina soltanto si ottengono vini di qualche pre-
gio ; tali sono quelli del Mendrisotto e di alcune località del
Luganese, del Locarnese e del Bellinzonese. Però quasi dap-
pertutto, anziché la qualità, si ho di mira la quantità del
prodotto.
Nelle annate buone il vino si vende dai Si ai 36 frao-
clii r ettolitro; nelle cattive lo si esita a stento a quel
prezzo.
Sono rinomate per la conservazione del vino le cave o
grotte di diverse parti del cantone, che si prestano siogo*
larmente a conservarlo sano e buono.
La vite sovrabbonda nel ducato di Parma; giunge essa
fio verso la cima dei monti, e poche sono le ville che ne
manchino affatto. Ma i proprietari non osano estenderne la
coltivazione per gli ostacoli che poi s* infrappongono allo
spaccio dei vini. Di questi se ne ottengono di ottime qua-
lità, specialmente sul Piacentino, ove hanno grido i vini
santi. Nel Guastallese e nei terreni grassi che gentralmente
costeggiano il Po, i vini riescono alquanto aspretti, ma spi-
ritosi, epperò convengono a distillatori.
È di qualche rilievo anche pel ducato di Modena la fab-
bricazione e la distillazione dei vini e delle vioaccie per
formarne acquavite. Abbondano di uva principalmente le
Provincie cispennine. Il Lambrusca dei bassi dislretii di tali
Provincie può gareggiare con qualsiasi altra qualità di vino
coloralo ; e i vini bianchi dei colli di Lavizzano, Fiorano e
Scandiano potrebbero raggiungere anche una maggior per-
fezione, allorché fossero resi più alcoolici e meno dolci,
evitaQdo il metodo della completa fermentazione delle gra-
sce. Nelle Provincie transappennine. Carrara, che possiede
una posizione favorevole alle vigne, ci dà saggi di vini da
preferirsi anche agli stranieri, fabbricati quali sono con di-
ligenze maggiori dell'ordinario. E già fino dairantichità i
vini lunesi tenevano, al dir di Plinio, il primo posto fra i
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vini d'Etruria. La quantità dell'uva raccolta è di 4,754,636
q. m.; il vino che si trae di 4,004,443 ettolitri, e così ogni
ettolitro di vino componesi di 475 q. m. di uva; il vino
cioè sta airava come IS^Sl.
Il consumo che si fa in parte è di 849,459 ettolitri.
L*avanio del vino commerciabile all'estero è di 454,984 et-
tolitri. Il valore medio per ettolitro è di franchi 9.
Negli Slati romani di due specie sono i terreni piantati
a vite, cioè vigneti semplici e alberati e vitati, i primi con
una superOcie di 39,639 ettari, i secondi di 704,357 et*
tari; in tuttjo ettari 740,886. Vario è il frutto degli uni e
degli altri. Gli alberati contengono poche viti, le quali tut-
tuvia, ciascuna per sé, rendono di molto, laddove i vigneti
semplici hanno, con un maggior numero di quelle piante ,
un prodotto relativamente minore. Sta però sempre il fatto
che la migliore qualità del vino si ottiene là dove maggiore
è il numero delle viti. Il prodotto, sebbene soggetto a vi-
cende, può ritenersi un anno per l'altro di 43 ettolitri so-
pra ogni ettaro negli alberati, e di 33 ettolitri nei vignati.
Facendone Tapplicazione risulta che gli alberali in ettari
701^57, a 43 ettolitri l'ettaro, diano ettolitri 8,445,084
Ed i vigneti in ettari 39,639, a 33
ettolitri, producano » 874,834
In tutto . . ettolitri 9,386,933 (4)
Il vino ragguagliato alla popolazione dà per ogni indi-
viduo 3 ettolitri, 48 litri, il che dimostra il gran consumo
che se ne fa. Gli Stati romani dunque hanno vino in grande
copia e di discreta qualità. I vini di Bologna e delle Ro-
(I) Noi togliamo siffatti particolari dal libro del signor Galli
sogli Stati pontifici. Dobbiamo però avvertire il lettore cbe la pre-
4u£ione del vino quale viene riportata dairex-ministro delle inaose
pontificie ci pare un pò esagerata.
AiiKAu. Statistica, voi, XXII ^ serie 3. C
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niagne sono di molta forza. Orvieto ed i paesi limitrofi
danno vini graditi per la leggerezza. La riviera dei CasicUi
vicini a Roma primeggia invece pel gusto unito alla roba*
stezza. Le vigne intorno a Roma presentano vini stimali per
Id loro salubrità.
La vite occupa un posto di qualche momento neiragfi*
coltura toscana; ve n'ha in collina ed in pianura, e forma
durante T estate uno dei più graziosi ornamenti del paese.
Come di solilo, nelle nostre contrade, essa s'accoppia a piante
di varie specie. Talora è piantala neirintervallo e ad ogni
distanza di due alberi che gli servono di sostegno, e talora
invece a pie di un albero, che sembra proteggerla^ e dalla
cui cima i rami ondeggiano vagamente.
Alcune località della Toscana producono vini aggrada*
voli, ma i processi difettosi di fabbricazione nuocono assai
alla loro qualità, infatti non si fa altro che premere l'uva
in un lino e dopo qualche tempo si decanta il liquido che
si ottiene di questo modo senza bisogno del torchio. Il re-
siduo misto a qualche secchia d'acquo serve a fare, mediante
lo ste<iso processo , altrettanta quantità di piqueUe. La To-
scana, ne' suoi anni migliori, non produce vini che pel pro-
prio consumo. Ove si tolga forse il Montepulciano^ raccolto
in poca copia, gli altri vini devono considerarsi come assai
leggieri, e contenenti una dose cosi scarsa di alcool da non
poter essere trasportati impunemente da un luogo all'alU'o.
I villi più fini dell'isola d'Elba sono il Moscato^ VAlea-
ticOy VAusonica; e potrebbesì otienerne anche dei migliori,
allorché non prevalesse la cattiva abitudine di mescolare le
uve delle diverse qualità. La produzione del vino nell'isola
d'Elba è di 74 mila ettolitri, di cui mela serve per il con-
sumo interno e metà viene esportata. Prima della maialila
i prezzi c(»rrenii del vino sul luoj^o variavano dai 4 franchi
e 20 centesimi ai 5 franchi e 20 centesimi il barile di Fi-
renze, che corrisponde a 45 litri e mezzo.
Presso quasi lune le campagne dell'Italia meridionale,
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e |iarlicolarmen(e nel regno di Napolii la vite è disposta «i
festoni. Si piantano dei pioppi simeiricàmente , e la vile,
slanciandosi da un albero all'altro, vi si arrampica co* suoi
pampini e forma immensi pergolati i che si distendono a
perdita di vista, e sotto cui raccolgonsi poaeia legumi d'o-
gni genere, grano turco, pomi di terra, lino, ecc., difesi di
questa guisa in parte dall'ardore dei raggi solari. Nulla di
più semplice v'ha di questa specie di coltura. I gambi della
vite, accoppiati ai pioppi, salgono t quattro o cinque piedi
d'altezza ; talora invece a due metri mandano i propri! rami
agli alberi vicini.
Si fa il ricolto nel mese di agosto; già verso la fine di
settembre i contadini incaricati della potatura montano sui
pioppi , vi amputano i rami inutili , ne assicurano la vite ,
ne puliscono il gambo, vi applicano ingrasso, ove occorra,
sfrondano le branche dei pioppi, preparano con essa delle
fescine ; operazioni che sono le sole poi che si compiono
in tutto l'anno. Le spese di coltura sono perciò assai mo-
diche; i contadini che vi attendono guadagnano circa! fran-
co e 60 centesimi al giorno.
Molte sono le qualità di vino raccolte nei dintorni di
Napoli. Il Lacryfna ChrysU è il più famoso; raccolto in al-
ctmi orti posti a pie del Vesuvio , è diiBcile , per non dir
impossibile, acquistarne a Napoli di naturale, ma fa d'uopo
comperarlo direttamente dai proprietari. I vini di Posilippo,
d'Ischia e di Capri ponno dirsi di consumo generale. I vini
rossi, comuni, ad uso dei proleiarii della citià di Napoli, si
vendevano altra volta da 10 a 45 centesimi al litro. I vini
rossi d' Ischia , di qualità superiore » ponno essere compa-
rati ai Bourgognes ordinarli, e si vendono a 4 franco e 50
centesimi al litro. A Taranto si acquistano dei vini rossi
carichi , in ragione di 80 franchi l' ettolitro. I vini di
Gallipoli sono più comuni, sicché si comperano a metà
prezzo.
Tutti'qucsti vini, tranne le poche eccezioni indicate,
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SODO densi, grossolani| mal preparati, difficili a conservarsi
e a trasportarsi per mare.
In Sicilia il grappolo nero è il più generale e il più
abbondante; esso è spesso piantato promiscuamente eoi bianco.
Tranne sulle maggiori alture, la vendemmia di solito co-
mincia verso la meti od alla fine di settembre. Ogni vi^
gneto ha d'ordinario a sua disposizione un torchio ed un
palmento, annessi alla casa del vignaiuolo. Di questi stru-
menti se ne fa uso in quel paese come dappertutto.
Il commercio del vino coirestero forma una delle sor-
genti più feconde della ricchezza pubblica in Sicilia. Tat^-
tavia i vini di questo paese, fabbricati in genere con poca
diligenza, non paiono suscettibili di conservazione, e per
trasportarli oltre i mari riesce indispensabile il mescolarli
con un pò di alcool. Tra i diversi colli viniferi che si tro-
vano in Sicilia, due soli hanno nome e fama in Europa, i
colli di Marsala e di Siracusa.
Vi hanno due qualità di vini di Siracusa, l'uno secco,
che somiglia un pò al vino di Chablis, e gode inoltre del
calore dei vini francesi del mezzogiorno; il secondo dolce,
come il moscato di Francia, ma più ealdo e generoso.
Quando conta cinque o sei anni, e si ha la cura di trava-
sarlo più volte, diventa eccellente. La pipa di questo vino
Vendesi sul luogo, e all'ingrosso, a prezzo medio, 400 fran«
chi circa. L'esportazione ne è poco considerevole, né oltre*
passa il valore di 200,000 franchia
Il vino di Marsala, che da tanti anni gode molta fama
in Inghilterra e in America, e che da poco tempo soltanto
comincia ad essere conosciuto in Francia, è prodotto cai si
fa subire un certo grado di elaborazione, il territorio di
Marsala, propriamente detto, non produce vino; quello che
si ftibbrica in quella città , e che ne ha assunto il nome ,
viene dai ricchissimi vigneti di Massara e di Castclveterano.
Tradotto a Marsala vi è lavorato da negozianti inglesi, quivi
stabiliti da più annif avanti il monopolio dell' esportazione
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ss
del vino di Marsala per l' Inghiherra e per V America. Vi
sono oggidì in quella ciuà cinque o sei case inglesi che
s'occupano esclusivamente della fabbricazione e del com-
mercio del vino di Marsaldé La prima di queste case occupa
220 operai, la seconda 160 e le altre tre 95. In tutto
465 operai. Queste diverse case comperano e consumano
nelle loro fabbriche 2S mila pipe di vino di 500 litri cia-
scuna.
Seimila sono le pipe che si abbruciano onde ottenerne
Talcool che serve alla fabbricazione del vino; 4 mila pipe
vengono consumate nelF interno del regno delle Due Sici^
He; 45 mila pipe, ossia 75 mila ettolitri, spedite all'e-
stero.
Il prezzo medio all'ingrosso della pipa sul luogo è di
45 onze, ossia 200 franchi; 40 franchi l'ettolitro. L'espor-*
tazione adunque dei vini di Marsala può calcolarsi ad un
talora di tre milioni di franchi*
I vini di Castelveterano, sebbene ealdi e capitosi, si di-
rebbero assai ordinari! se fossero posti in circolazione pel
consumo al loro stato naturale. I fabbricanti inglesi , dopo
un riposo di qualche tempo, e poiché furono fatti decantare
accuralameote, li mescolano coli' alcool che si ottiene dai
medesimi vini. Operata tale miscela, vengono i vini lasciati
in quiete almeno per un biennio , poi travasati , e indi a
due altri anni sono posti in barili da mandare all'estero^
Più il vino di Marsala è stagionalo e più è la rinomanza di
cui gode. L'evaporazione della parte spiritosa gli fa perdere
quel calore fattizio che lo fa spesso disaggradevole al gusto,
e più non conserva allora che quell'abboccato, il quale lo
rende caro agl'intelligenti a un dipresso come lo Xere$4
E per tale infatti il Marsala è venduto da taluno in Io*
gbilterra.
Come già si è fatto dell'olio^ chiudiamo questi cenni sul
vino cogli specchi della sua produzione ed esportazione dei
varii Stati d'Italia:
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M
Prodotti EsportaxiODi
quantità Ttlore quantità valore
ettolitri franchi ettolitri franchi
•
SUti I Terraferma 3,800,412 76,008,240 i 45,814 5,000,000
Sardi 'Sardegna 508,000 10,000.000 142,767 2,855,540
Regno delle i Napoli 5,200,000 100,000,000 5,040 558,444
Due Sicilie i Sicilia 4,950,000 40,000,000 98,550 3,934,000
SUti romani . . 9,286,922 80,000,000 5,200 84,U5
Toscana .... 4,500,000 48,000,000 ~
Lombardia . . . 4,597,062 52,512,060
Venesia .... 2,406,495 56,150,000 92,507 4,500,000
Modena .... 4,004,445 9,000,000 451,984 4,567,856
Parma .... 600,000 4,500,000 45,000 435,000
Trieste, Istria, Gorizia 402,545 8,000,000
Tirolo italiano . . 245,200 4,000,000
Cantone Ticino . . 405,000 5,459,000
Corsica .... 469,455 4,255,825
Totale . . . 28,240,240 425,365,425 652,462 45,254,785
Ma quest'industria pur tanto fruttifera e che conta, come
abbiam visto^ qualche nobile prodotto, d'ordinario è abban-
donala in Italia alle vecchie consuetudini, né si conforta di
quelle norme e di quelle pratiche sapienti le quali danno
alle merci francesi una superiorità inconiestabile. In generale
non si trae tutto quel profitto che si potrebbe dalla dispo-
sizione del nostro suolo alla coltura della vite, si trascurano
que' processi di fabbricazione del vino, che tanto coniribai-
scono ad accrescerne i pregi, ad assicurarne la conserva-
zione e la possibile navigazione. L'introduzione di siffatti
miglioramenti, oltre ad aumentare il valore de* nostri pro-
dotti e schiudere la via a più proficue esportazioni, potrebbe
anche sminuire l'introduzione dei vini esteri, il cui valore
di tanto supera quello dell'esportazione dei nostrali. E qui
ci affrettiamo a soggiungere che gli ettolitri *652^46S aventi
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on valore di tredici milioni di franchi circa recati da noi
nella bilancia del commercio di esportazione, debbono con-
siderarsi piuttosto come un articolo richiesto e smerciato tra
le stesse prorineie italiane, che come un oggetto di cambio
iotemazionale.
Aceto. — Tanta essendo la copia del vino, non deve
recar maraviglia che grande sia pure la produzione dell'a-
ceto. Come accade del primo, quasi in ogni luogo, anche
il secondo sorpassa i bisogni deirintemo consumo. Cosi ne-
gli Stati romani esso dà luogo ad un'esportazione annua di
q. m. 830i e pel valore di 6*4,888 franchi. In Toscana è
famoso, come medicinale, l'aceto di Santa Maria Novella,
che trova spaccio per tutta Europa; nel regno di Napoli
per la forza e pel gusto ond'è fornito quello del Vasto, del
quale se n'estraggono, solo per gli Stati romani , q. m. 928
e pel valore di 42,000 franchi, destinati alla preparazione
delle anguille di Comacchio.
Né vogliamo chiudere la trattazione di quest'articolo
senza accennare alla recente fondazione di una società di
aceteria in Torino, di ragione dei professori Selmi e Cle-
menti. Dieci diverse qualità di aceto furono . presentate da
essa nell'ultima esposizione torinese, preparati con metodo
semplice, e diretto ad ottenere la totale acetazione del vino,
di modo che in esso non rimanga più una sol gocciola d'a-
cetato infruttuosa. Quest' acetazione poi si compie nel più
breve tempo possibile, e quindi con risparmio di giacenza
di capitali. Gli aceti Riescono tosto graditi e ricchi degli
aromi eterei proprii degli aceti che rimangono lungamente
nei fondaci degli altri fabbricatori. Laonde il buon mercato
dei nuovi prodotti e la loro svariata qualità dai più forti e
pregiati ai piìi semplici e popolari. I tini acetificatori basati
sulla moltiplicazione della superficie del liquido acctifican*
tesi e suH'accelerata fermentazione, vennero con particolari
modificazioni perfezionati dai proprietari di detta aceteria.
Acquavite. — Anche il prodotto dell'acquavite è piut-
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88
tosto esteso fra noi. La qeaotUii del vino che supera il /
consumo e che non può inviarsi all'estero, viene impiegata
in quella fabbricazione. Poco è Fuso intemo che noi ne
facciamo; se ne impiega in cambio buona parte per le
arti e mestieri; il resto serve pel commercio d'espor-
tazione. Di tal guisa se ne esporta dagli Siati sardi et-
tolitri 21,000^ da Napoli ettolitri 3613 e pel valore di
218,812 franchi, da Sicilia per una quantità ed un valore
doppio del sopracitato. La decima pane del vino che si fe
negli Stati romani è convertita in acquavite ; quindi si cal-
cola che le quantità di essa prodotta ogni anno è di etto-
litri 178,171. Le fabbriche principali sono nella provincia
di Marittima e Campagna, in quella di Bologna e nelle Ro-
magne. L^ produzione dello spirito nel ducato di Modena
si calcola a 6193 ettolitri. Solo nella provincia di questo
nome si hanno macchine ehe forniscono in complesso 3600
ettolitri di alcool, spacciato quasi per intiero all'estero. Tale
prodotto è costituito da 10,300 ettolitri di acquetta di gradi
15. L'esportazione dal ducato di Parma di detto articolo
oltrepassa i 700 ettolitri.
Ottimi rosolii producono Cremona, Genova e Firenze;
Yalchermes della farmacia dei frati di Santa Maria Novella
in quest'ultima città è soprattutto assai ricercato. Brescia in-
vece è noia per la sua acquavite d'anice o mistrà^ di cui
fa abbondante e lucrosissimo commercio nelle altre Provin-
cie lombarde ed all'estero. L'acquavite di genziana , di ra-
dice d' imperatoria , di bacche di ginepro è molto in uso
presso gli alpigiani del Trentino. Ma la fabbricazione che
ancora non ha alcun liquore che lo uguagli è quella del
vermouth di Torino, specie dì vino bianco in cui ponesi in
infusione dell' assenzio e che si beve a digiuno onde ecci*
tare o risvegliare l'appetito.
La scarsità del prodotto del vino ha consigliato di recente
ad alcuni intraprenditori privati , e a qualche apposita so-
cietà , r estrazione dell' alcool * da varie sostanze vegetabili.
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89
Cosi io Sicilia ana compagnia francese stabili in Catania una
distilleria con nnaccliina a vapore, che fa base della distil-
lazione la caruba, dalla quale ricava meglio che il 40 per
400 di alcool. In Lombardia vi furono tentativi per trarre
quella sostanza dalla barbabietola : in Toscana e neirisola di
Sardegna la si volle ottenere da un tubero di vegetabile
assai comune in quei paesi, l'asfodelo. Anche in Milano la
ditta Sessa, Fumagalli e compagni esercita l'industria di ca-
vare gli alcool dai cereali guasti , inservibili e nocivi alla
salute, e da altri prodotti svariati del suolo. Essa dispone
di tre distinti stabilimenti: il primo destinato al distendi-
mento, alla bagnatura e alla germinazione dei grani; noi
secondo, coH'aiuto di apposite macchine ed apparecchi, si
effettua propriamente la fabbricazione degli alcool , produ-
cendone oltre 2000 litri al giorno. 11 terzo stabilimento serve
per la consumazione dei cascami della distillazione, coi quali
si alimentano in gran parte molte bestie bovine da macello
ed anche vacche per trarne il latte. In questo fabbricato
ponno collogarsi 260 capi. Cinquanta sono gli operai impie-
gati nella produzione degli alcool, e venti nella custodia e
cura del bestiame.
Due grandiosi stabilimenti per T esercizio di tale indu-
stria sono stati fondati testé, il primo a Livorno dal signor
Gustavo Corridi ; il secondo in Porto Santo Stefano da una
società anonima. Il fine di essi è la distillazione dell'alcool
da ogni sostanza capace della sua produzione. La monta-
tura di questi due opifizi ha nulla da invidiare alle più ri*
nomate fabbriche forestiere; l'uno e l'altro forniti di mac-
chine a vapore della forza che supera i 45 cavalli.
Una fabbrica infine venne istituita a quello scopo nel
regno di Napoli, in Rogliano di Calabria.
Birra. — D'introduzione abbastanza recente, ma diffusa
oramai per tutta la penisola. L'Italia settentrionale è quella
tuttavia che ne prepara a preferenza. Genova ne ha cinque
fabbriche, Torino anche più. Nelle vicinanze di Alessandria
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9C
si è tentata di fresco la coltivazione dei luppoli che permi-
sero al signor Perla di ottenere una qualità di birra pre-
miata airesposizione universale di Parigi. In numero di 41
sono le fabbriche lombarde che preparano per 28,955 q. ro.
di birra. La birra che generalmente si produce da queste
fabbriche varia dal 4 agli 8 del saccaromelro. Se ne fab*
brica della buona in Milano ed anche nelle altre città, ma
è ritenuta migliore quella di Chiavenna e quella della ditta
Salico Lorenzo in Castello sopra Lecco. Le fabbriche no-
strane bastano quasi al consumo, poiché T introduzione che
se ne fa non è che di 440 quintali metrici.
Il prodotto in birra di Trieste, Istria e Gorizia ascende
a 4442 ettolitri» Dottor Pietro Maestri.
— oOo —
Rendlcentp drlla settima adanansa i^enerale del
Pie Ooiisarsie di nmtae ••«•ersa del Haacatrl
di JUiinliardia*
Nel giorno 8 maggio 4859 tenevasi la settima adunanza
generale , onorala dalla presenza degl'I. R. ispettori scola-
stici generale , provinciale , urbano, del chiarissimo barone
Vacani, presidente dell'I. R. Istituto lombardo di scienze e
lettere, ed altri protettori. Vi parteciparono 47 soci ordi-
nari! fra cui vaVie signore. Con nobile e dignitosa discus-
sione si trattarono gli affari dell' Istituto ; e il presidente
rendeva conto dello stato economico e morale della Società
colle seguenti parole:
Rapporto del presidente cavaliere Ignazio Canta
nell'adunanza delfS maggio 4859.
Dall'ultima adunanza (44 novembre 4858) l'Istituto, per
fortunose vicende, subì una lezione che deve portar frutto
oll'avvenire.
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91
L'assenza d'uo aomo che dovrebbe sedere a questo banco
è uà fatto di troppo valore perchè io debba stendere un
velo sulle memorie che T aurora della nostra esistenza so-
ciale dovrft legar per sempre a quel nome.
Un'istituzione da gran tempo reclamata, per due lustri
ponderata dalla magisiraiura , quando potè dir Goalmente:
il mio giorno è venuto! scossa da un urto improvviso sa-
rebbe caduta senza il prontissimo soccorso d'una mano ce-
leste.
Concedete tale sfogo ad un cuore che troppo sofferse ,
e la cui quiete cedette più notti al terror di vedere que-
sto edificio converso In un mucchio di rottami su cui la
beffa e la violenza maledicessero l'impresa mal riuscita.
Ad impedir tanto disastro s'accolsero il 26 dicembre i
vostri incaricati, e pensando quali misure potessero scon-
giurar la tempesta, trovarono urgente di condensare i se-
parati poteri nella sola persona più responsale dinanzi allo
Statuto. Volendo però che ogni esazione di denaro, ogni di-
rezione d'ufficio s'accentrasse nel solo presidente, gli fu
dato l'aiuto d'un esattore stipendiato che funzionasse sotto
b sua immediata vigilanza, ma legato da una guarentigia di
ifttUe fiorini.
( 11 segretario Restellini legge il protocollo di quella se-
duta )•
Mentre con ciò si provvedeva all' esatta consegna e al
pronto impiego delle esazioni venne la totrice magistratura
a suggerir quanto credeva proprio a rimovere anche la più
impreveduta possibiliik d'altre consimili sciagure.
E con riverita ordinanza del 31 gennaio promoveva il
consiglio : e ohe tanto al collettore, quanto al cassiere del-
> l'Istituto fo!<se prescritta la misura della cauzione da ri-
» spettivamente esibire, e che quando gl'incassi la aupe-
» rassero fosse tosto il di più versato per parte del collet-
» lore nelle mani del cassiere, e per parte di questo in
» una cassa forte a due o tre chiavi , da conservarsi una
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9à
1^ dal presidente deir Islitulo , un'altra di! segretario t la
» terza dallo steaap cassiere. »
Quanto al collettore ern già provveduto eolla cartella di
mille Oorini deposta a salvaguardia negli uffici della presi-
denza. Quanto al cassiere il nostro patrono Galbiati credette
rispondere con sua dell'S febbraio : « Ereditai dal mio gè-
» nitore un patrimonio senza un obolo d' ipoteca , né un
> vincolo qualunque, e tale lo voglio trasmettere ai miei
» figli. Se avessi dovuto fare un'eccezione, quella sarebbe,
• lo ripeto, per i maestri privati di Lombardia, istituzione
» che mi è tanto omogenea e cara. Tale invariabile prìo'*
» cipio non essendo conciliabile con quanto prescrive TI.
» R. Delegazione, io mi dimetto dall'ufficio onorevole di
» cassiere, grato alla confidenza che i sullodati maestri vol-
» lero in me riporre. Ella, signor Cantò, avrà quindi la
» compiacenza di darne immediata partecipazione alla lode-
» vole Società , legalizzare per tal modo la cosa , onde ri*
» metterò Toccorrenie al mio successore, ecc. >•
Eran troppo forti queste ragioni, ma la perdita di tal
uomo sarebbe stato il più forte incaglio sulla nostra vìa.
Dove trovare altro individuo, che possedendo si lauta
fortuna avesse al pari di lui zelo ed amore alla nostra isti-
tuzione da lui fin nel suo nascere accolta sotto il suo pa-
trocinio ? Quindi airistanza deiranlicizia cedette, e con esem-
pio affatto nuovo, oltre i gravi incomodi con cui regge que-
sta tutela, oltre la guarentigia morale che già aveva dato
collocando i nostri risparmii all'ombra del suo patrimonio,
egli, cassiere gratuito, volle consegnarci a maggior quiete
nelle mani 46,000 lire in earte pubbliche, dando così alla
Società, al paese, un nuovo documento di virtù cittadina e
di disinteressata annegazione.
Queste provvidenze, e la pura e semplice Storta dt /atta
resa pubblica dai giornali di cui l'Istituto dispone, rivol-
sero in vantaggio la sventtira. Alla Società s'aggiunse nuova
fama, riverenza e simpatia ; al nostro confidente appello ri*
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spose l'oro del ricco e l'obolo del povero; al disgusto di
poche ripulse ebbimo il coDlrapposto di molti atti di cor-
tesia e d'aiuto ; e le oblazioni quasi affatto rimarginaron la
ferita. Noi mandiamo ai generosi una parola di grazie, non
richiesta da loro , ma dovuta da cuori riconoscenti ; i loro
nomi scritti nei nostri libri attesteranno ai futuri quanto
anehe in isquallidi tempi sappia essere benefica la terra
lombarda.
La nostra unione capitalizzava i frutti raccolti. Il 9 di-
cembre 1858 concordando i voti e le perizie degli onore-
voli giureconsulti ed ingegneri d' ufficio fu dal consocio si-
gnor dottor Chiodi sistemato un mutuo di 10,000 lire al
4,3;4 per cento , a sicurezza del quale V assuntore signor
Arnaboldi legava di primissima ipoteca un fondo io Grescen-
zago del riconosciuto valore di *L. 22,950.
Il 25 gennaio successivo abbiamo pur mutuate altre
20,000 lire al 4,1 ;2 per cento presso l'Amministrazione dei
PP. LL. elemosinieri, autorizzati a tale assunzione dalla De-
legazione provinciale con ordine 26 dicembre 4858.
( Le scritture originali di questi due mutui stanno nel-
l'archìvio del signor cancelliere dottor Chiodi; le copie au-
tentiche presso la presidenza ).
Altre 17,000 in obbligazioni L. V. e della città di Mi-
lano si trovano protette negli scrigni della Commissione
centrale di beneficenza; altre 31,700 lire fruttano sulla
Cassa di risparmio inscritte in un libro col nome del-
l' Istituto e custodito dal patrono cassiere. — Ove s' ag-
giungano 770 altre lire fra oggetti e mobìli di ufficio, li-
bri e statuti» può vantare la Società un 'possesso di 51,000
lire, 44,000 delle quali tutte riscosse dopo la caduta del-
l'economo ad oggi.
Se e quanti dei soci trovinsi in indugio di pagamento,
lo diremo a giorni, dopo l'esame che va or facendosi degli
speciali bilanci, e ognuno che non fosse in linea cogh altri
verrà eccitato, onde eviti le conseguenze antivedute dal § 4
dello Statuto.
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Da molte parli ci si consiglia di consolidare le nostre
facoltà sopra uno stabile che darebbe ali* Istituto anche il
titolo e reniità di possidente. A tal uopo tre progetti ei
furono esibiti che abbiamo già sottoposti alle rigorose me>
ditazioni dei signori ingegnere Crespi e avvocato Barai , e
che ora sottoporremo alla vostra discussione.
( Il presidente dividendo là questione in due parti: la 4.*
di massima^ la 8.' di confrontOi mette alla discussione : se
convenga per ora investir capitali in compere di case. —
Dopo le evidenti ragioni esposte dal signor cavaliere Giu-
seppe Sacchi, in cui chiama a lume dell'adunanza la sua
sapienza e pratica amministrativa, fu unanimepte votato:
che per ora l'assunzione dei mutui , validamente ipotecati ,
fosse Timpiego da adottarsi, declinando affatto da ogni com-
pera di case ).
Cosi attraverso agli uni di sistematiche avversioni e di
un inaspettato scompiglio la nostra emione in poco tempo
svolse proporzioni da gigante. Ora slamo 906 colleghi di-
sposti con questa misura:
Milano città 269
Provincia 404
totale 370
Bergamo >
i6
»
73
> 89
Brescia i
46
»
40
> 55
Como 1
44
»
183
. 197
Cremona
43
»
1
> 13
Lodi è 1
Crema ( >
40
3
1
18
> 31
Mantova
48
»
18
86
Pavia • ]
7
»
64
74
Sondrio
» '
44
44
Num. 906
Qual* altra mutua società, tranne quella degrinsegnanti
in Piemonte, conta Tltalia numerosa come la nostra? Quanti
mai calcoli premeditati s' erano furono vinti. Il nostro Sta-
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tato, che non ebbe nascendo il dono della profeziai si trova
ore insufficiente ed angusto dinanzi a tanta mole; e il com-
pito della direzione fu reso incredibilmente difficile e gra-
▼oso, stendendo il suo esercizio su tutti i S109 comuni lom-
bardi.
La ^la corrispondenza coli' ispettorato generale, e coi
413 ispettori scolastici delle provincie e dei distretti, cogli
uffici amministrativi, coi mille fra protettori e soci, e le
continue interpellanze, addossano tal mole di lavoro a cui
più non regge l'attività di un uomo per pronto e laborioso
che ei fosse, e l'ufficio nostro acquistò l' importanza d' una
vasta e complicata gestione. Riscossioni giornaliere, solleci-
tazioni ai ritardanti, continue esportazioni per la cassa cen-
trale, compere e vendite, ricapiti di atti e diplomi, reazioni
incessanti fra membro e membro della vostra amministra-
zione, porterebbero inevitabilmente seco confusione ed im-
paccio nel sollecito cammino degli affari. Quindi perchè
lutto raggiunga una matematica sicurezza, si è reso indi-
spensabile l'istituzione d' un permanente ufficio , e voi nel-
l'interesse nomnne vorrete combinare ed approvarne, nei
modi che stimerete, la sua sistemazione.
( Espostosi il voto del delegato governativo cavaliere Sac-
chi suirincompatibilità di accoppiare in un solo individuo
le funzioni d'economo e di collettore, dovendo in forza
dello Statuto essere uno revisore dell'altro, fu stabilito che
il collettore avrebbe l'assunto delle esazioni, e darebbe cuu-
zione di mille fiorini, e che l'economo starebbe nelle strette
attribuzioni a lui assegnate dal § 25 dello Statuto. Concor-
rendo in ciò anche il voto del signor vice-direttore ragio-
niere Grippa, e avvocato Barai, e d'altri che presero la pa-
rola, Tassemblea decise, che al presidente verrebbero asse-
gnate 4200 annue lire con cui formerebbe presso di sé
l'ufficio, composto dell'economo, del collettore e di uno
aerittore, sotto la sua irtimediuta ispezione, per poter cosi
provvedere e al decoro del corpo e all'esattezza degl'incocu-
bonii ).
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Se lo zelo deg)' ispeitori seolasiici s* era anehe prima
spinio a favor del consorzio, esso comparve assai più ef-
ficace dopo il fallo doloroso. Seppero essi aoimare di mag-
giore impulso i loro dipendenlì, lanto che da qoel gioroo
ci mandarono e sussidii , e 75 nuovi confralelli ad ingros-
Siire la noslra legione. Vogliale dunque a qualcuno ancora
di essi reiribuire una prova di riconoscenza a lenore del
§ 6 del noslro Slaluio.
(Dieiro proposla del signor vice-presidenie Arzonico ven-
gono acclamali soci onorari i sacerdoli don C. Zaffrani, pro-
posto di Tirano 9 e don Paolo Lazzari di Bormio, ispellori
scolastici di quei dislrel(i).
Ora ad evasione del § 6 del regolamenlo interno si è
pubblicoio l'elenco nominale degli ascritti all' istituto, ove
figurano per primi i patroni e protellori, e vi si è aggiunta
la ristampa dello Statuto e di tutti gli alti ufficiali che TU
stiiuto emanò dal i luglio 4857 a lutto il 1858. È il co-
dice della nostra vita sociale. Ciascuno di noi dovrebbe
possederlo a cognizione e ad uso de' propri diriili, ed a ri-
sparmio di dubbi e d'oscillazioni. — Ne spediremo pertanto
copie anche agli onorevoli ispettori scolastici affinchè vo-
gliano proporli nei loro distretti, tanto più che la vendita
torna a beneficio deiristituzione.
Due anni sono dei 906 confralelli che or siamo chi à
conosceva, chi aveva un comune interesse? Oggi formiamo
una sola famiglia, e consociata in un reciproco afTetto. Chi
avrebbe fra noi sparsa una parola di compianto sulla defunta
Giovanna Manara s'ella non apparteneva all'Istituto? Il 19
dello scorso novembre un altro de' nostri colleghi. Onoralo
Tosi, di Tabellano, provincia di Mantova, esauriva a 44 anni
un'esistenza operosa, vittima di zelo e d'instancabile eser-
cizio della sua professione per 23 anni. Chi avrebbe fra
noi conosciute le rare virtù di quel maestro, se alla noslra
esumazione e al noslro compianto non l'avesse raccomandato
con affettuose parole il suo zelantissimo ispettore di Con*
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agp, don Antonio Rastelli» arciprete di Suuara? E quanto
or ci duole di aggiungere terzo fra questi il ragioniere
Carlo Marocco, delle cui virtù cittadine e personali e del
cui zelo per quest'Istituto, che perdette in lui il proprio
relatore, diedero già sollecite e sincere lodi il professore
BanB, e il yioe-presidente Arzonieo che coireloqueoza del
euore deponeva un ultimo tributo di ricordanza sull'orlo di
quella fossa che del defunto involava per sempre le spo-
glie!
Ogni volta che ci raduniamo eccoci sempre al dolore
di sbozzare la vita di qualcuno di questi uomini laboriosi,
la cui esistenza fu assorbita da servigi prestati al paese. In*
fotti vi ha forse carriera più esigente, più infeconda di pane
giornaliero che quella per cui il maestro procede? Vi ha
forse qualche altra che esiga altrettanta annegazione e tanto
sacrificio? Allor che un uomo apporta a servigio del co-
mune tutto quanto possiede di zelo , d' ingegno , d' intelli-
genza, si può ben dire che fu utile al suo paese; e lo è
senza contrasto anche il più modesto insegnante quando,
convinto della sua dignità, sa Carsi amare, rispettare; quindi
ora che abbiamo il mezzo di farlo, ad ogni perdita che ci
vien notificata, procuriamo che il nome*del perduto collega
abbia un posto negli annali dell'istituzione. Aggiungeremo
pertanto un tributo d'omaggio anche al pastore di questa
diocesi, V'arcivescovo Romilli, rapito jeri a' suoi lunghi pati-
menti, e all'elenco dei nostri protettori onorari, che più volte
sovvenne questo consorzio di cortesi parole.
Ma a riempiere le lacune qui annunciate teniamo da-
vanti altri sei candidati che aspirano a collocarsi con noi, e
attendono da voi le parole d'accoglimento.
(Dopo esaurite tutte le pratiche vengono accettati a nuovi
soci i seguenti aspiranti : Antonio Giudici di Viggiù ; le so-
relle Adelaide e Luigia Pozzone ; Giuseppe Berrà di Milano;
Angiola Morganti di Varese e Pasqualina Bogni di Cajcllo.)
AiuiAU. Statistica 9 voi. XXil, seri^ 3.* 7
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Quesi' espoabUmie, sigQori e collabi, vi aliesterk qmto
prospera influeosa esereita e sempre più verrà Tlsiiiulo
esercitando sul Dostro avvenire. Esso è intanto un luogo
di riserva 9 una speeie di granaio in cui il maestro depo-
sita i suoi manipoli pei momenti (^lla scarseiza. Nelle ciò*
quanta mila lire e in quella maggior somma che verrà tra
poco a raccorsi si compia una grand' opera. Un tempn la
seieoia e la possidenia avrebber trattato con una speeie di
disdegno le minute questioni che risguardano il maestro;
ora sappiamo alla prova quanta stima ei vien accordala, e
noi facciamo gli sforzi per mi^ritarla. Non ci siamo apaven*
tati dall'inatteso disoriline in cui dx posta la nostra naseooto
isutuzione ; e qoello (u spavento passaggiero; e ravvisammo
im consiglio provvido, propizio, nascosto dietro a queU'av-i
veoimento per toglierci con più fiducia dall'ineertexia. L'e-
conomia BOB cessa dunque di procedere attraverso a lutti
questi movimenti e di estendere il benessere dell' iadìvi^
duo e del oonsonio, e le dottrine morali elie impiimoao to
loro forme all'isiituiione ne faranno tra poco risemire i be-
neflcj della prevideoaa e del risparmio.
Intanto gettiamo uno sguardo di viva confidenza aopra
una creazione di jeri, diggià cosi imponente per prosperità
e servigi; cerchiamo sempre più perfezionarla eoli' ardore^
colla perseveranza e colla sicura aspettazione di giorni mi-
gliori.
(Con unanimi applusi fu manifestata l'approvazione al-
l'operato dell' ammlnistraiione e al rapporto del presideo*
let in seguito al quale eomunicavasi il .seguente rendi-
conto ).
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BSando delF entrata ed uscita détC Istituto di mutug soc-
corso pei maestri prioùti di LombaraiUj fino al SO
aprile 1869.
ATTITO.
Esatte a totto 1857.
Dai protettori perpetui • • . • 'L. 606 —
Da Inter, mataratl sulle Obbllgaxioiii • 300 —
Dalle copie rendote dello Statato • • 63. SS
Dfti soci perpetui od «maallali . . m 43349. 54
ToUlc «L. U3i8. 79 -L 14318. 79
Esatte a tutto J8!>8.
Dai protettori perpetui . • . . *L. 300 —
Dai soci perpetui e aanoallsti . . • 44017 —
Da interessi naturali • . . • • i» 600 —
Tasse d'ingresso » 47279. 60
Vendita di SUtuti i» 40 —
Totale L* 32236. 60 » 32336. 6a
Esatte a tutto 4839.
Dai protettori *L 300 ^
Dai soci • 6840. 28
Da obluioni in denaro effettive . « 6430. 47
ToUle aL. 43S70. 73 » 43970. 75
Da aggiungere airattivo per oggetti
mobiliari e per mille copie del nuovo
Statuto circa m 770 ^
JfB. Molti altri oggetti giaciono
come oblazioni di valore non anco
determinato. —
Totale aL. 60896. 44
PASSIVO.
Per debito del già economo Viglezii aL 9301. 30
Per deprezzamento di moneta in forza
del nuovo sistema • 550 — -
ToUle «U 9854. 30 n 9854. 30
ToUle attivo netto al 30 aprile 1859 «L 51044. 84
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leo
9.9t T -H-
niOTIZIB STRANIERA
•taitotlea •omparailva del coiiiMierei# insieme
e fr«pee#e nefll fiiiiil i9ft« e t951^
X ogiiamo i legaenti raggjaagli da qq aniaolo del Mom-
teur Unwersel intorno al commercio della Francia coir In*
ghilterra negli anpi 4856-57.
Il movimento generale dei nostri scambi col Regno Unir
to aveva nel 4865, anno dell' esposizione universale di Pa-
rigi» raggiunto la cifra (in valore variabile o reale) di 80$
milioni di franchi, (a qual somma, comparativamente al
4854, presentava un aumento di 34 milioni.
Nel 4856 un nuovo e più rapido slancio portò quella
cifra commerciale a 065 milioni.
Infine nel 4857, il totale generale ha dato 979^milioni
e sarebbe senza dubbio salito ancor più alto se la crisi com-
merciale americana che scoppiò verso la fine del terzo tri*
mestre dell'esercizio pop fosse venuta ad attraversare il cor*
so di quella prosperiti commerciale o piuttosto a gittare
una grave perturbazione nelle transazioni del commercio e
dell* industria delia maggior parte dei paesi.
^co come si sono composte, in valori variabili o reali ,
Je cifre del nostro commercio col Regno Unito nel 4855 ^
4350 p 4S$7 (ip milioni di franchi ):
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401
4865 4806 4867
Commercio generale Iro^iori&sione 868 4S8 485'
Esportazione 448 6S3 548
totale 806 960 979
Commercio spedale Importazione 878 ^37 SS3
Esportazione 308 373 387
Totale 586 709 709
L'esame di queste cifre dimostra nn aumento nel 4856
nel nostro commercio speciale, ma nel 4857 una sosta a
risultati assolutamente identici a quelli del 4856. Qui ap-
pare r influenza che la crisi accennata più sopra ha eserci-
tato sui nòstri scambi proprii coir Inghilterra. Le compre
che noi abbiam fatte a codesta potenza (quelle che sono
entrate nel nostro consumo) sono infatti cadute da 337
milioni a 832 , e le esportazioni che le abbiamo fatte in
prodotti del nostro suolo e delta nostra industria non sono
cresciute che della tenue soquma di 45 milioni^ Ora dal
4855 al 4856 la cifra ne era cresciuta di 64 milioni^ In<
somma V andamento del nostro sbocco in Inghilterra è stato
dal 4854 in poi, come segue (valori variabili o reali):
milioni di fré
4854 .....-..- 293
4853 ......... 296
4853 ......... 436
4854 ......... 356
4855 «......•« 308
4856 .;..•.... 372
4857 387
In nìtm anaoi come si scorge, sali lani'ako come nel
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lOt
4S5) la eifrt delle nostre esportastoni speciaU in Inghiherrt
a i progressi del 1856 e del 4867 sono lungi dairayer
riparato alle perdite del 4864 e del 4856. Trovasene , in
parte, la spiegaxione nella cessasione quasi totale, o se non
ahro nella dhninuciooe delle nostre spedizioni di granaglie,
di vini, e di acquavite, a cagione dei cattivi nostri ricolti
successivi.
Quanto al valore delle nostre importazioni speciali, esso
ha seguilo, dal 4864 in qua, un moto ascendente più no-
tevole ancora (valori reali):
milioni di fr.
f854 69
4852 94
4853 406
4864 449
4885 • . • 278
4866 SS7
4857 822
Salvo la leggera sospensione già notata nel 4857 T au-
mento si mostra sostenuto, costante e sopràtutto considere-
vole. Questo rapido incremento è in ispecial modo da no-
tare neiranno 4855. Una causa principale lo spiega e fa
vedere dei resto che il progresso, da questo lato, è in qual-
che modo estraneo alle nostre transazioni proprie coli* In-
ghilterra. E per verità esso concerne in gran parte un Tatto
delle relazioni indirette, vale a dire le forti domande di sete
di provenienza cinese che da 4 o 6 anni facciamo ai depo-
siti britannici. Nel 4864 le nostre importazioni (commer-
cio speciale ) delle specie non . superavano 43 milioni di
franchi; nel 4856 andavano a 70; nel 4866 a 405; e
nel 4857 a 440: crebbero quindi in tre anni di circa 450
per 400.
Altri grandi articoli ancora, quali b laaa e il earbene ,
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103
hanno parteeipiito a questo progreeio delle nostre ioipor-
tazioni dall' Inghilterra.
Si è veduto più aopra che nel complesso del nostro
eommercio dell857 eoiringhiltem, il <{nale è stato dì 97S
milioni, il nostro commercio speciale contava per 709 , la-
sciando cosi, fuori dei nostri scambi proprii, una somma di
864 milioni, che rappresenta le nostre operazioni di depo-
sito, di riesportazione o di transito. '
Il transito propriamente detto, cioè il valore delle mer-
canzie che abbiamo ricevute dagli altri paesi a destinazione
deir Inghilterra, o che l' Inghilterra ci ha spedite per gli
altri paesi, conta per 314 milioni: 90 alla provenienza- dal-
l'Inghilterra e 434 a destinazione di codesta potenza.
Ecco r andamento del nostro transito coir Inghilterra
dal 1804 (valori reali):
Proreniente
A destinasione
ToUle
<^airinghilterra
dall'Ingbiterra
in
milioni
milioni
milioni
di franchi
di franchi
di franchi
4851
49.3
68.4
87.4
1863
25.7
86.8
44S.5
4853
85.5
488.»
463.5
4854
29.7
439.8
459.6
4855
-50..
98.5
448.5
4856
84.3
480.5
244-8
4857
98.8
4S4.1
213.9
La nostra navigazione tra Francia e Regno Unito è stata
nel 4856 di 47^433 navi con 3,077,544 tonn., e nel 4857
di 48,636 navi con 3,334,423 tonn.
Le operazioni su lest all'uscita formano quasi il terzo,
del tonnellaggio generale, proporzione che pur troppo non
si spiega che dalla difficoltà che incontra la nostra marina
a comporre carichi di spedizione: i prodotti pesanti e in-
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404
gombraoU ebe abbondino alla marina inglese nei porli i)rv
tannici mancano, per la nostra, net porti francesi.
Ecco come si ripartita per porli nel 1857 il motimen-
to generale (carico e lesi assieme) consistente in 28,666
navi di 3,654,475 tonn. :
Nwi
ToimeUate
L' Havre
8,769
587,788
Boulogne
3,460
889,390
Galais
3,964
853,389
Bordeaux
l,9J7
880,843
Marsiglia
d74
346,988
Dunkerque
3,356
338,065
Nantes
1,658
166,178
Rouen
1,407
158,845
Altri porli
13,361
1,110,944
38,666
3,554,475
Se al tonnellaggio dell* Havre si aggiunge quello di
Rouen, che è per cosi dire un annesso del primo porlo,
si ba un totale di 746,433 tonn. che rappresenta più del
quinto di tulio il nostro intercorso coi porti britannici.
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109
INTENZIONI E SCOPERTE
tflà In mmm prc««« I p«p*ll antichi»
^ gioniali riboccano quasi sempre di annunzj di scoperte
tecniche che si vogliono far credere nuove, per non dire
nuovissime, e T erudito che consulta i documenti e i monu-
menti storici le trova invenzioni di data qualche volta an*
tichissima«
Fra le invenzioni credute nuove havvi quella della cosi
detta cucina a vapore. Ora dalle nuove esplorazioni fatte
da eruditi e da artisti negli utensili domestici che si vanno
di mano in mano scavando a Pompei, è emerso che gli
antichi avevano cosi disposta la loro cucina da preparare
appunto i cibi coir aequa riscaldata sino all'evaporazione. Noi
ci facemmo esibire i disegni ancora inediti che vennero
eseguiti sul luogo e li presentiamo ai nostri lettori perchè
conoscano siino a qual punto erano progrediti i popoli della
Magna Grecia nell'arte culinaria.
La cucina non era presso gli antichi una camera affu-
micata, a grandi bocche da cammino ed a lunghi fornelli
come si usa tra noi. Gli antichi sapevano preparare i loro
cibi nello stesso triclinio ove sedevano per mangiare. I loro
aroesi da cucina erano di forme artistiche piuttosto eleganti
e non presentavano alcuna apparenza di sucidume.
Noi presentiamo la figura delle loro pentole che erano
sempre sorrette da un piedestallo.
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106
Alcuni tra i sostegni che veggonsi lùtlora a Pompei sono
riccamente ornati con fogliami e figure a basso-rilieTo. Essi
ci mostrano che si preferiva l'uso del carline a quello
della legna.
In vece del nostro fornello comune, e del cammino da
cucina, usavano a Pompei i cesi detti bragieri, detti jnrekm
dai greci e focus dai latini* Questo bragiere era per lo più
sorretto su quattro gambi o sostegni che presentavano la
figura di sfingi alate. Il bragiere presentava una superficie
abbastanza ampia* per potervi collocare o la legna, o per lo
più il carbone, ed aveva più nicchie e risvolti su cui po-
savantt le pentole. Questo bragiere quando era ponatile
prendeva il titolo di igniiabulum. Talvolta era piccolo di
forma e serviva ad uso di scalda vivande ed allora chiama-
vasi foculuM^ il quale in mensam cum obsoniis inserebaiur
ne quid intepeiceret.
Noi presentiamo il disegno di un igniiabulum come fu
trovato a Pompei.
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107
Esso è di forme elegaali ed ha deposto m od angolo
UDO di quei vasi ohe prendevano il nome di miliarium^ il
quale erat vas longum et anguiium, cujus um$ erai ad
calefadeìutam aq^un^ vel aliquid macerandunij qui etiam
farnaceum lebetem voeabant. Quesli vasi ad acqua calda
si 'tenevano sempre disposti pei tepidarj, e vi avevano nella
Magna Grecia ed a Roma de* luoghi speciali, come sareb-
bero le nostre botteghe da caffo che chiamavansi termopoli
e dove si tenevano sempre disposti per il lavacro de' piedi
e delle mani questi vasi miliarii con acqua calda. E si rac-
coglie dagli stessi storici che V imperatore Claudio fece una
volta chiudere per castigo tutte le termopoli di Roma, per*
che i rispettivi esercenti non le avevano chiuse in attestata
di lutto nel giorno in cui erano stati celebrati i riti funebri
per la morte di Drusilla.
Il terzo disegno che qui presentiamoi venuto anch^essoh
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408
da Pompei, è un ignitabulum costrutto iu modo da for cuo-
cere le vivande eoi mexzo del vapore.
Questo bragiere ha la figura di un castello merlato con
quattro torri ai quattro angoli. In mezzo al quadrilatero si
poneva la legna od il carbone acceso. Nello sporto interno
del castello girava una specie di cassettone vuoto entro eui
si versava da un robinetto a spina l'acqua a riscaldare. II
fuoco che ardeva su quella cornice piena d'acqua la ri-
scaldava sino all'evaporazione. Allora ponevansi dentro alle
quattro torri pentole, o casseruole quadrate che chiamavaosi
ealdariae^ le quali andavano a combaciarsi perfettamente ai
quattro angoli interni d'ogni torre. Il vapore sottostante ri-
scaldava le pentole sovrapposte, ove i cibi cuocevano a ba-
gno-maria. In mezzo poi al bragiere si ponevano que* vasi
culinarj che contenevano cibi da cuocere a Tuoco vivo, e tra
una torre e l'altra si collocavano anche gli spiedi per far
cuocere gli arrosti.
1 moderni inventori della cucina a vapore non hanno
forse saputo far meglio degli antichi, i quali in fatto dd-
r arte culinaria hanno al certa superato i loro ghioui pr^
nipoti.
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109
BIOGRAFI A
Alessandro Hamboldl.
N.
Iella mattiaa del 7 maggio 1659 moriva a Berlino il
Nestore degli scienziati d'Europa Alessandro Huroboidc.
I giornali tutti della Germania si cinsero di lutto nel
giorno che diedero si infausto annunzio ai loro connazio-
nali.
Noi che crediamo che i grandi uomini appartengano ad
un' uniea patria^ il mondo, ci troviamo in debito di com*
niemorare le gesta di questo illustre scienziato che tenne
nel nostro secolo un posto tanto onorevole quanto V italiano
Alessandro Volta ed il francese Cuvi^r.
Alessandro Humboldt nasceva a Berlino il 14 settembre
1769 « nell'anno stesso in cui nasceva Napoleone Bonapar-^
le. Memore di quel precetto che la fortuna e la nobiltà
Don hanno alcun pregio per sé stesse, quando non venga-
no onorate dal sapere e dalla virtù , si diede il giovinetto
Alessandro sino dai primi anni a studiare con una costanza
esemplare; e fra i tanti studj che nobilitano l'uomo, egli
antepose per una prediletta sua vocazione gli studi fisici e
naturali. A quindici anni egli già percorreva per istudio le
varie regioni della Germania, l'Olanda e l'Inghilterra, ed
a ventun' anni pubblicava la sua prima Memoria sulle roccie
basaltiche del Reno, Studiando la geologia, volle anche ap-
profondirsi nello studio dei fossili, scegliendo fra questi i
prodotti vegetali, e nell'anno 1793 diede alla luce la sua
seconda opera intitolata Specimen fiorai eubterranem. La fa-
ma acquistatasi da questo dotto giovane lo fece nominare
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no
direttore generale delle miniere , e neir esercizio di tale
carica ebbe campo di continuare ne* suoi prediletti studii e
di giovare ad un tempo con ottime istittizioni igieniche al
benessere dei poyeri minatori. Sullo scorcio del secolo
passato Galvani aveva data la prima spinta alla novella scien-
za deir elettricità animale, ed Humboldt si diede ad istitui-
re sperienze preziosissime che rese pubbliche con un dotto
libro sugli eOetti del galvanismo sul sistema nervoso e mu-
scolare desìi esseri viventi. In quelle sperienze egli si spin-
se talvolu con soverchia temerità ed ebbe a provare sovr»
sé stesso i furti effetti dell' elettricità , soffrendo alquanto
nella salute; e non è a far meraviglia se tre anni fa il sa-
pieote Humboldt sorridesse alle pazze superstizioni dei ia«
voli giranti per creduto magnetismo, e dei morti redivivi e
nascosti ne' mobili della casa, mentre egli che conosceva
più d'ogni altro i fenomeni veri del magnetismo, non po-
teva né doveva prestar fede ai fenomeni inventati dai cre-
duloni^
Nell'anno 4797 Humboldt visitò la Sviscera e l'Italia
settentrionale; ma in quei tempi di guerra egK non trovò
un* posto pacifico per la scienza, ed imbarcatosi nell'anno
1798 a Marsiglia, risolvette di fare un' eseursione per più
anni nel Nuovo Mondo. Egli ebbe la fortuna di prendersi
per compagno il naturalista Boopland, ed a tutte sue spese
si fece a percorrere in ogni sua parte l'America meridio-
nale e la nordica. Ivi si applicò massimamente a tre grandi
studii, a quello dei fenomeni dei vulcani, allo studio del
magnetismo terrestre ed a quello della geografia botanica,
scieuza che deve ad Humbolid la vita. Egli ebbe l'ardire
di salire pel primo sul Cbimborazo , che ò l' alpe più aita
dell'America. Ivi istituì singolari sperienze di fisica, di geo-
logia e di meteorologia. Dopo sei anni di continui e peri-
colosi viag^, Humboldt fece ritomo in Europa, e prese
stanza a Parigi. Ivi si occupò con Bonpiand a mettere in
ordine la straricca eollezione de' minerali, de' vegetabili, e
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441
degli animali da esso Ncoolti ìd America > e pubblicò in
una serie di volumi l'illustrazione del suo monimieniale
viaggio. Col fiaieo Gay-Lussac fece un secondo viaggio in
Italia, mentre meditava una più lontana escursione nelle re-
gioni centrali dell'Asia che non potò poi mandare ad eF-
ietto.
La celebrità acquistata ne* due mondi da Humboldt lo
resero carissimo al re di Prussia, che volle ad ogni costo
averlo sempre al suo fianco, come il migliore de' suoi
amid. E della amicizia del principe egli sempre giovossi
per (are il bene. Quando la Prussia fu invasa dalle armi
Dapoleoniche, Humboldt imitò t* esempio di Barnaba Oriaui
e presentatosi a Napoleone chiese ed ottenne che le case
abitate dagli uomini benemeriti del suo paese non fossero
occupate dalla soldatesca e con vera magnanimità dimenti-
cò di indicare la casa propria, a tal che provò il dolore di
veder scoperchiato da' soldati francesi il sepolcro persino
della propria madre^ per la brutale ingordigia di scoprirvi
qualche nascosto tesoro. E quando le armi prussiane cogli
aMeati invasero Parigi, Humboldt non pensò punto alle rap-
presaglie, ma ottenne dal re di Prussia che non fosse fatto
saltar per aria il magnifico ponte di Jena a Parigi che p4*l
nome eliti portava voleyasi far distruggere da Blucber ; ed
impedi che de' notevoli banchieri parigini fossero tenuti
come ostaggi a guarentigia delle militari imposizioni. Questi
fatti magnanimi indussero lo stesso re di Francia a far di*
chiarare cittadino francese Alessandro Humboldt. Nell'aona
1820 egli accompagnava il re di Prussia al Congresso di
Verona e servi da guida a quel monarca nel viaggio che
egli fece in Italia. Tutti i monarchi d' Europa vollero orna-
re il petto dell' illustre Humboldt con decorazioni cavalle-
resche, e questi con umiltà pari a quella del nostro Man-
zoui seppe costantemente rifiutarle tutte e solo accettò quel-
la dell'aquila prussiana che i voti unanimi del paese e del
suo re gì' imposero come un dovere.
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US
Nella sua tarda vecchiesza egli compose il suo Co$mo$
che può dirsi il capo lavoro della sciensa del nostru aeeolo.
Quest'opera è ora tradotta nelle sette prÌDcipali lingoe par-
late in Europa che lo stesso Humboldt sapeva inteadere «
scrivere correttamente.
Quest* uomo di celebrità già immortale può essere ù^*
to come modello alla gioventù nostra* Egli ha mostralo in
novant'anni di vita come si debba associare la sapieosa al-
la virtù. La sapienza di Humboldt non è la dottrina ebe
splende di luce fosforica, ma è la scienza vera che tutta
conosce ed abbraccia ad un tempo e il mondo materiale ed
il morale. Egli penetrò ne' misteri più reconditi della na-
tura e seppe coordinarli alle sublimi vedute della Provvi-
denza. La sua scienza non è arida, ma feconda. Le sue teo-
rie non sono astrazioni da lambicco, ma enunciazioni di forti
e diremo anche di potenti verità. Le sue opere poi sono
quelle dell' onesto uomo. Non vi ha dotto in Europa che
non ricordi il nome di Humboldt, e nel ricordarlo non vi
aggiunga parole di alta venerazione e di affetto. La oaiitt-
ne germanica poi giustamente esultava di vedersi ononia
da tant'uomoi ed il mondo civile si compiaceva di posia-
derlo, giacché é rara cosa quella di vedere congiunti io ini
solo nome tanto senno e tanta virtù. I Prussiani ora devooa
venerare la memoria del loro Alessandro Humboldt, come
noi desideriamo' di venerare per molti anni ancora il no-
stro Alessandro Manzoni, pari a lui nella scienza e neUa
morali doti dell' animo !
G. SaechL
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MOZ a Genova. Mancava ancora un libro che riassumesse Tespo-
siiione storica della giurisprudenza forestale in Italia nei tempi
più antichi, ed a si nohile e faticoso lavoro si accinse l'erudito e
coscienzioso Berenger di origine francese» ma divenuto sino dalla
prima infanzia nostro eletto concittadino. Egli volle rivendicare
all'Italia un titolo di onore che le era stato sino ad ora contrastato»
avendo gli scrittori di Germania fatto credere che la scienza del
governo dei boschi sorgerne prima nel loro paese» facendone risalire
le prime leggi ai capitolari di Carlo Magno. Il Berenger dimostrò
invece nell'opera che noi annunziamo che la giurisprudenza fore-
stale è dovuta all'antica ed esemplare sapienza romana. Egli ci dà
innanzi tutto l'indicazione delle primitive foreste italiane accen-
nandone il carattere e l'importanza* Illustra egli in seguito i ho*
schi sacri denominati Inehi^ ripartiti in tre grandi categorie»
cioè nei boschi sacri alle fonti, nei boschi annessi ai sepolcri, e
nei boschi proprii dei templi e dei sacelli. E per far noto come
le leggi forestali fossero antichissime in Italia ne cita una legge
delle XII tavole la quale prescriveva di serbare i Incbi nelle cam-
pagne per ornarli cogli emblemi dei lari. Ci dà 1' etimologia dei
vocabolo lucunif che significa lo squarcio che si faceva nei bo-
schi per erigervi le are dei sagrificii. 1 boschi sacri erano dalla
legge contemplati tra i cosi detti oggetti santi che dovevano te-
nersi incolumi e rispettarsi come le mura delle città , e costitui-
vano pei campi dei privati i cosi detti confini primitivi od arci-
fini. Illustra le piante dette sacre, l'aròore^ sancta o delubri, e
ne cita le autorità che vegliavano per la tutela dei boschi e che
appartenevano al Collegio dei pontefici. Con vasta e sicura erudi-
zione ci svela tutto il mirabile magistero della legislazione romana
sulle foreste.
Noi vorremmo che gli studiosi dell'antica nostra giurispruden-
za, e diremo anche dell' antica nostra letteratura, si procurassero
l'acquisto di quest'ottimo libro.
XV. — Archivio storico italiano, e Giornale storico degli
Archivj toscani. Firenze 4859, presso Vieusseux. Ko-
lume IX ^ m-8.*, di pag. 196 e 76, con una tavola.
La prima parte del volume che annunziamo è consacrata al-
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415
l'Archifio storico. Essa eontiene cinqne Memorie che si riferiscono
alle lettere di Giovanni De Medici detto delle bande nere; alle re-
Iasioni degli ambasciatori veneti; al progressiiro svolgimento de-
gli stadii storici nel regno di Napoli; all'inlrodniione del cristia-
nesimo in Prussia; alla viU di Gianmario Pidelfo, ed ai giornali
presso gli antichi romani.
La rassegna bibliografica espone e giudica sei nuove opere sto-
riche che sono; l'opera di Gornet sa Paolo V e la repubblica ve-
ncta; la tesi di laurea del giovane Desjardins sulle Uvole alimen-
Urie dei romani; i tratUti dell'orific^sria e della scultura di Ben-
venuto Cellini nuovamente editi dal Milanesi; la biograGa dello
storico Troya slaU compiIaU dal Trevisani ; la storia letteraria
della Liguria edita dallo Spotorno; e l'opera di Eugenio Rendù
intitolato l'Empire d'Jllemagne et l'Italie au moyen àge.
Si oflTìrono in segnilo molte notizie bibliografiche e sloriche, e
si chiude l'Archivio colla citazione di 41 nuovi libri storici pub-
blicati in varii SUti d'Italia,
Il giornale storico degli Arcbivii toscani offre documenti ine-
diti su Pia de' Tolomei stata mestamente canUU da Dante, sul
pillor Guido Sanese, su fra Gerolamo Savonarola, su Silvestre Al-
dobrandioi e su Cosimo I dei Medici.
Noi speriamo di veder presto pubblicati anche i documenti
inediti più preziosi dell'Archivio diplomatico di Milano.
XVI. — Iscrizioni etrusche ed etrusco-latine , illustrate dal
professore G. C. Conbstabilb. Firenze e Perugia 4848.
Edizione in-folio.
Il conte Coaestabile è professore di archeologia neH'Dniversiti
di Perugia e si diede la cura di illustrare tutte le iscrizioni etru-
sche ed etrusco-latine che si conservano nella Galleria degli uffi-
zii in Firenze. Per dare al suo lavoro tutto il carattere dell' au-
tenticità vi aggiunse io tante tavole litografiche anche il fac-nimile
delle iscrizioni , per cui possono anche gli eruditi stranieri fare
nn riscontro critico del suo dotto lavoro. Noi pure raccomaodiamo
quest'opera agli archeologi d'Europa.
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146
XVIL — Annuario $tatÌ8tico detta proiHncia di Milano per
Fanno 1859. Anno L Milano 4859. Un volume ìhtìV
di pag. 469 , presso G. Pirola.
XVIII. — Almanacco cremasco per Fanno 4859. Anno XXVI.
Milano 4859. Un voL {n«46.^ di pag. 264.
Noi citiamo questi due presiosi Annaarii statistici io qoanto
che ?algono a dar contezia ogni anno delle istitazìoni comooali
e di beneficenia» ed offrono cosi i materiali che occorrono per
l'Annuario statistico italiano di cai già offrimmo ai nostri lettori
un sunto analitico. Cosi potessero da ogni città italiana oscire
alla luce simili Annuarii ad illustrare almanco la vita citile di
questo nostro paese.
RASSEGNA DI OPERE STRANIERE.
XIX. — * Traile théorique et pralique d'economie politique;
par J. G. CoimcEL|.6 S^euiu Parigi 4859. Tomo Ily tn-S.®,
di pag, 576,
Noi abbiamo già annunziato il primo volume dell'opera di Se*
neuil che comprende la parte teorica del suo Corso di economia
pubblica. Il secondo volume tratta dell'economia pratica» a coi
diede il titolo un pò singolare di ergonomia, dal vocabolo greco
ergo ohe significa lavoro e nomoSf legge o norma , per cui sa-
rebbe la legislazione del lavoro. Questa parte però dell'opera è af-
fatto incompleta e noi ci riserviamo di far conoscere in questi Ao-
nali il nostro giudizio*
XX. — ffis Coire dee classes oui>rières en Frante, depvis
la conquète de Jules Cesar jusqu^a la revolution ; por
E. Levassedr. Parigi 4859* Due volumi in-S.^ di pag. 5b7
e pasf, 557,
Quest'opera di Levassour venne premiata dairAccademta delle
scienze morali e politiche di Parigi. Essa presenta la migliore ino*
nografia storica che si conosca sulla coQdiiione delle classi ope-
raje francesi. Noi ameremmo che un'opera simile potesse compi*
larsi anche da noi,
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117
HENORIG ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE.
Bella mlsora del Talari In paesi e tempi distai!*
ti* Discussione economico -storica ^ letta dal professore
ANIIRKA ZAMBBI«U nell'Ateneo di Brescia l'anno
4857.
( Gonlinnasione e fine. Vedi pag. 7 del precedente fascicolo ). .
Parte Terza.
Errori di alcuni storici e statistici nella misura
dei valori in epoche distantié
CoNCLusiaifE.
X^ue&ìo mi sembra l'espediente migliore. Ma, comunque
siasi, i posteri non avranno per certo a dolersi tanto di noi
in questo affare del computo dei valori quanto noi possiamo
a buon dritto lagnarci dei nostri antenati ; i quali pregiudi-
carono non poco airìnteresse dei tardi nipoti colla institu-
zione male avvertita dei censi , e colle negligenti e fallaci
indagini storiche trassero parecchi nell'errore intorno alla
valutazione delle ricchezze antiche: errore, cui né tampoco
sToggirono alcuni odierni statistici e storici. Se dovessimo
prestar fede a Rollin ed a Crévier, le cui Storie Antica e
Bomana furono per lungo tempo in gran credito nelle scuole,
e sono ancora citate da parecchi, e, che è più, ristampate,
eonverrebbe quasi pensare ehe le nazioni dell'Antichilà fos-
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148
sero più ricche delle moderne. Que* dugentoveniì milioni
di talenti d'argento che il rè Sardanapalo fa gettare sopra
il suo rogo prima di precipitarvisi egli stesso; i settanta-
due milioni spesi da Alessandro Magno per celebrare i «fu-
nerali deir amico Efestione; Caligola che in un sol prAio
consuma dieci milioni di sesterzj ; le mense del famoso
Apicio, Talutate cento milioni di sesterzj Tuna, e molti e
molti altri esempi di tal fatta ci mostrano i metalli preziosi
in si gran copia fra gli Antichi da farci sembrare i no-
stri tempi 9 starei per dire, poveri e meschini in paragone
di quelli. Non a si smisurate, ma a non molto minori pro-
porzioni valuta codesti conviti anche IHoreau des Jonnès
nella sua Statistica dei popoli dell' antichità; e lo stesso
Dureau de la Malie, a cui dobbiamo una dotta e coscien-
ziosa opera suir£conomta politica dei Romani^ ne fa talora
miracolosi racconti.
Però la critica e la filosofia, note ben poco a Rollio e
a Crévier, ma notissime e luminose nell'età nostra, chiara*
. mente ci mostrano, essere i fatti e la ragione contrarli del
tutto a quella sentenza , già tanto divulgata , e a cui non
mancano seguaci anche odiernamente. Credettero alcuni,
che le conquiste della Siria e della Macedonia abbiano ar-
ricchita Roma di immensi tesori: eppure la legge Licinia ,
una delle sontuarie, promulgata ottant*anni dopo la disfaua
di Antioco e di Perseo, limitò le spese delle mense ordi-
narie a trenta assi per testa ; i quali, come ci informa lo
stesso Moreau de Jonnès (I), corrispondono a due franchi
6 settanta centesimi; e non molto prima la legge Fannia
avea limitata quella delle mense solenni a cento assi, cioè
a nove franchi. Dalla prospera età degli Antonini in poi
non si videro talvolta ridotti i Cesari a spogliare i templi,
a fonderne i metalli preziosi per far moneta, infino a veo-
(I) Statistìque dea peuples de Vantiquité; T. II, p. 484.
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U9
dere le ricche suppellettili dei palazzi imperiali, e ad alle-
gare Toro e l'argento al rame e al ferro senza alcuna mi-
sura di equità e di convenienza, peggiorando ollremodo
Tusitata moneta delKasse e dandole un mentito pregio? (1)
E il costo del frumento, questa approssimativa misura dei
valori a tempi remoti, si sostenne forse tra i Greci e i Ro-
inani a un grado elevato, come pure doveva essere nel caso
d'una enorme quantità d'oro e d'argento? Dalle dottissime
note del marchese Garnier al libro di Smith Sulla richezza
delle nazioni^ palesemente si deduce, come basso in para-
gone dei nostri tempi si mantenne il valore di quella der-
rata nei floridi anni di Alene e di Roma, cioè dalle care-
stie in fuori (2): lo stesso osservano Michele Chévalier (3)
e Moreau de Jonnès (4): evidente indizio di più scarsa e
cara moneta.
E dato pure, che talor anco per un eccesso di metalli
nobili quel valore si alzasse, converrebbe fare un'altra con-
siderazione a cui non avvertirono alcuni* Dove nell'età no-
stra molti regni e repubbliche possono prosperare ad un
tempo e levarsi in ricchezza ed in potenza, senza che l'uno
Stato danneggi l'altro, fra gli Antichi quasi pareva che ciò
(osse impossibile, avendo prima dominato gli Assirii, indi i
Persiani, appresso i Greci, ad ultimo i Romani con una ma-
ravigliosa e strana vicenda di trionG e di rovine: laonde,
se Babilonia, Persepoli ed Antiochia furono a mano a mano
la sede della magnificenza asiatica, se Roma diventò in. ap-
presso l'opulenta metropoli del mondo allora conosciuto,
(1) V. Heroiiiani, ifisloricB; e in genere la Storia Augunia;
V. anche Tillemont: ffistoire dei Empereurs^ T. II e III; e Men-
gottl; Del Commeroh dei lUnàanU
(2) y. li nota XI.
(5) La Monnaie, p. 555.
(4) T. I, p. 240. T. II, p. 446 , 47 dell'opera statietique des
peuples de VJntiquité.
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420
questa concenlraziom^ d dovizie e di possanza in una sola
città capitale veniva ad essere, starei per dire, uno sforzo
dell* orgoglio umano , che impoveriva e desolava si gran
parte della ternh, per ostentarne e profonderne in un an-
golo di essa i rapiti tesori: tristissima condizione di quelle
genti , celebrate pur tanto , la quale ci dimostra, come le
ricchezze antiche non erano generali ma proprie d'un paese
con enorme pregiudizio d'infiniti altri, circoscritte quindi e
non diffuse e moUipiici, anzi solo in apparenza grandi e mi-
rabili. Le guerre antiche aveano per principale scopo la ra-
pina e rinviene, dove le odierne si propongono per pre-
cipuo oggetto di far valere i diritti delle nazioni e di pro-
teggerne gli interessi; e sei moderni amano di arricchirsi
coll'industria, gli antichi si arricchivano principalmente colla
guerra, da alcune eccezioni in fuori.
E poi, d' onde avrebbero cavata gli Antichi una si gran
massa di metalli nobili ? Certo, non dalle miniere dell' Attica,
la cui scarsa produzione si può desumere da un testo di
Senofonte (I), dove il filosofo, incoraggiando gli Ateniesi a
seguitarne lo scavamento, soggiunge, che, per quanto grande
ne fosse la copia dell'argento scavatone, non perciò ne ver-
rebbe meno il valore: con le quali parole intendeva signi-
ficare, non già che il pregio del denaro rimanga lo stesso
per qualsiasi abbondanza di quello, bensì che l'avvilimento
del di lui costo non sarebbe provenuto dalle anguste vene
metalliche della sua terra. Il supporre in lui piuttosto quella
che questa sentenza sarebbe una manifesta ingiuria al suo
chiaro ingegno, il quale in proposito di economia vide
più avanti di tutti i filosofi antichi , secondo che si scorge
nella Ciropedia e nel libro Delle finanze di Atene. Oltre
di che il vedere, com'egli pur dica, che quando l'oro è
assai copioso ^uole scemar di valore e render prezioso Tar-
(i) Delie finanze di Jtene: cap. IV.
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424
genio, dimostra, avere Senofonte in sostanza voluto dire
che, siccome l'argento è più richiesto cleiroro per tanti
usi e di cambio e di ornamento e di utensili, e siccome to
miniere ateniesi non possono darne tanto che ne sovrabboa*
di, cosi esso non verrà mai nell'Attica a scemar di pregio.
Che molti tesori si traessero dal suolo affricano, non
sembra pur verosimile , qualora si noti , che a que' tempi
TAffrica era men conosciuta di oggidì, e che anzi i Carta-
ginesi, popolo industrioso e potente dell'Antichità, andavano
a cercar l'oro e l'argento nella Spagna, da loro sottomessa,
scavandonelo con avidità mercantesca; né più prosperarono
le cose loro poiché ne furono espulsi dai Romani: laonde
sembra che il commercio coli' interno dell'Affrica non appor-
tasse a quelli la grande quantità di metalli nobili che parve
supporre il celebre Heéren.
Quanto alle miniere spagnuole, cosi decantate nelle an-
tiche memorie e di cui qualche dotto non dubitò di asserire
che fossero allora quel che or sono le americane, parecchie
ragioni mi inducono a pensare il contrario. E di fatto, non
sarebbe torse in tal caso cresciuto di pregio in proporzione
il frumento che Roma al tempo della repubblica per l'or*
dinario comprò a buon mercato in tempi prosperi ed anche
dopo le conquiste spagnuole? (I). Ciò bene accadde nel
secolo decimosesto dell* era nostra, conforme abbiamo dagli
autentici documenti, prodotti di sopra; ma non avvenne al
tempo accennato, giusta le concordi attestazioni degli alle-
gati scrittori. I filoni dell'antica Spagna convien dire che
assai differissero dagli inesausti del Messico, perché dopo
la caduta dei Califfi ommeiadi, quasi più non se ne ragiona.
Che dobbiam credere adunque dei maravigliosi racconti che
ce ne fecero Erodoto (2), Diodoro Siculo, e lo stesso Ari-
{ì) VeUi Moreau de lonnès: tom. II, pag. 446, dove cita Poli-
bio e Cicerone nelle Verrine.
(2) Secondo Erodoto, Aristotile e Diodoro Siculo, i Fenlcj tre-
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ISS
Motele nella sua Storta Natwrakì Consklerala la diffdrenza
tra il pregio del grano nelle due epoche accennate, consi-
derato resaurimenio minerale che poi in Ispa^na ne avvenne,
considerato inoltre, ehe anche le miniere, scavate nel regno
di Granala dal 4 833 in poi, e di cai parla Michele Chéva-
lier, non pajono gran cosa, diremo, che la, critica degli an-
tichi storici era per anco imperfeita e che non poca parte
di que' racconti sono da reputarci una favola. Anche Viardof,
solito a magnificare le ricchezze spagnuole ed arabe, pare
che in cerio modo inclini a trovarvi non poco di favoloso (I).
E, posto ancora che codeste miniere al tempo dei Cesari e
dei Califfi abbondassero di metalli preziosi, il valore di questi
raffinati e monetati dovea farsi tanto maggiore, nei tempi
antichi verso dei nostri, quanto maggiormentcv laboriosa ne
riusciva la scavazione e lenta la raffinatura , non altrimenti
che a circostanze pari si alza il prezzo delle derrate là dove
prima di giungere ai centri di consumo sia loro mestieri il
passare per vie lunghe e disagiose.
Per quello poi cne concerne la regione orientale di Ophir,
chiamata dai Fenicj la patria dell'oro, e gii ori e gli argenti
dell' India, della Colchide, dell' isola di Taso, della Battria-
na, della Frigia e della Lidia, oltreché non ne abbiamo che
incerte e talor anco favolose notizie, e non solo nel Libro di
varono neiriberia ana si gran quantità d'oro e d'argento ch^
rimpiazzarono sulle loro navi con que' metalli preziosi tatti gli
utensili di ferro e di piombo. « In Iberia , dice Aristotile ( nella
traduzione latina) combastis aliquando a pastoribas sylrìs, calen-
teque] ìgnibns terra, manifestom argentom defluxìt «. Riferisce
Strabone ( Geog. 4 , III ) che dalle sole miniere di Cartagena si
cavavano venticinque mila dramme d'argento al giprno; sebbene,
a dir vero, egli poi creda una iperlrale, una favola ciò cbe ne
affermano Aristotele ed ancbe Possidonio.
(i ; aistoire des Arabes et des Marti en E^ogne; toin. fi,
pajf 45. ^
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138
Clesia siiU* India, ma in quello pure Delle cose indiche di
Arrìaoo , erano questi per lo pìn anzi leni di arene aurifere
che non vene sotterranee , e i naturalisti ci insegnano che
quelli sono assai più faciji a sfruttarsi che non queste: onde
come osserva l'autorevole Humboldt (4), molte terre famose
nei prischi tempi per copia d*oro, sembrarono povere ai
viaggiatori che le ricorsero ai nostri giorni. L' oro che Cri-
sioforo Colombo nel suo celebre viaggio per un errore geo-
graflco credea trovare nell' India, e cui perciò chiamava in-
diano, fu poi trovalo in enorme quantitk, non sulle rive del-
l'Indo, ma nel Messico e nel Perù dai seguaci di Cortez e
di Pizzarro. Ed anche la Spagna, come ci insegna lo stesso
Humboldt (2), abbondava di arene piuttostoc he di vene me-
tallifere.
Non nego a Dureau de la Malie, che neiranticliitk Toro
sino dai più remoli tempi dovette trovarsi in maggior copia
che r argento; perchè, come già dissi anch' io, dove il primo
(lei preziosi metalli è di facile e poco costosa scavazione, il
secondo profondandosi entro le viscere della terra, richiede
l'ajuto delle macchine e di qualche chimico processo per
esserne estratto. Ma quando penso che la Repubblica romana
non coniò che monete di rame fino al 486 di Roma, e che
l'oro vi fu monetato dopo l'argento: quando penso ai fre-
quenti sbilanci fra il pregio relativo dei due metalli nobili
nel tempo antico, tanto per l'oro quanto per l'argento, con
sproporzioni non molto distanti, il che non sarebbe avvenuto
in un costante eccesso dell' oro: quando penso che le grandi
sproporzioni fra questo e l' altro metallo in favore dell' ar-
gento, dall'uno aMO, e al nove ed ancor meno, non suc-
eessero che dopo le strepitose conquiste di Alessandro Magno
(1) Sulla fluttuazione nella produzione dell'oro^ 1838.
(2) Ibidem. Lo dice in parte ancbe Strabene; TàguH auriferi
diccfano i Romani.
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424
e di Cesare (4) ed altretloli , e non pei eresciaiì scavi del t
r oro, mi è forza dedurne, che anehe le miniere di questo
non vi fossero in tanlo notabile quantitii*
Or venendo alla conclusione, parmi di potere affermare
a buon dritto, essere un errore, un sogno di alcuni mal
cauti eruditi quell* eccesso di metalli preziosi negli antichi
tempi. La quale fallace opinione procedette dallo mende
moltipliei degli amanuensi e dei traduttori che tante volte
ai pensieri degli autori greci e latini sostituirono i proprj;
dalle interpolazioni dei trascrittori dei bassi tempi, i cui ma-
noscritti non fu poi possibile il collazionare cogli originali
che già erano periti; dalle diverse guise con cui i moderni
interpreti dichiararono i computi antichi, ora travedendo per
ignoranza o per negligenza, ed ora contraddicendosi fra loro;
dalla smania di raccontar cose grandi e miracolose che pur
traspira dagli scritti dei più accreditati storici deirAoticbità,
quali furono al certo Erodoto^ Livio, Diodoro Siculo e Plu-
tarco; e dalla propensione della nostra immaginativa ad in«
grandire tutto ciò che distintamente non conosce « e quindi
ad esagerare i remoti avvenimenti, i quali non di rado ci
compajono oscuri o per lo meno incerti.
Un'altra sorta dì sbagli nella calcolazione delle somme
antiche generò in altri scrittori moderni un effetto diamo-
tralmente opposto all'accennato, indùcfndoli a stimare le
ricchezze dei tempi andati mollo meno che in realtà non
erano. Gli storici Vertot , Fleury , Voltaire ed il medesimo
Raynal, il quale pure nella sua celebre Storia degli slaòt-
(1) Vedi a tale proposito la ricordata autorevole opera di Ales-
sandro Homboldt = Sulle fluttuazioni nella produzione deWorozz
dove parlando di quelli sbilancjy egli dice queste notabili parole:
m quanto men * considerabile era a qoe' tempi rammasso dd me-
talli preziosi, tanto piò repentino giungeva lo sbilancio fra i loro
rapporti; e la sopravvegnenza di (anta minor quantità dell'ano o
dell'altro metallo bastava ad alterarli ».
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IS5
tìmeiìti degli Europei nelle due Indie si moslrò cosi accu*
rato investigatore delle mercantili notizie, quando valutano
ia moderni contanti quelli ricordati dalla storia, credono di
aver fatto abbastanza col ridurre a moneta corrente la quan-
tità d* oro e d' argento efiéttivamente indicata dalla «omma
aoiica, senza avvertire che la odierna denominazione di
quella miBsa metallica non ci somministra una vera idea di
quanto si vuol sapere, cioè del valore che dessa aveva an-
ticamente, e che a tal fine conviene aneora osservare la
variazione sopravvenuta nel metallo istesso. Voltaire infatti
per dimostrare la parsimonia della Gasa reale di Francia ai
tempi di Carlo Quinto, vale a dire nel secolo decimoquarto,
riporta nel suo Eitai sur le» moeurs (4) un decreto di
quel re, con cui assegnava ai Figli di Francia un appan-
naggio di 42,000 lire annuali ; e calcolando, che giusta i
ragguagli comparativi del marco d* argento tra quell* epoca
e il suo tempo, cioè quello di Luigi XV, esse venivano ad
essere 100,000 lire in circa, ne conchiude senz' altro, e§^
sere stata questa una ben piccola entrata per un principe
di casa sovrana : ma se egli avesse avvertito a quello sce-
mare che ha fatto il valore dell' arg«nto in ragione di tre
quarti dal 4570 in pai , avvenimento già da noi osservato
col paragone della merce alimentaria , avrebbe computata
400,000 franchi la rendita dei principi reali della monar-
chia francese nel 43dO. Cadde nello stesso errore il Raynal
quando valutò le finanze del re Luigi XII: peggiori abba-
gli presero Bossuet e Fleury. In virtù delle quali conside-
razioni si (a palese, che non si possono leggere con profit-
to le 'Storie senza il soccorso dell* economia politica, essen-
do state scrìtte le migliori fra quelle in un tempo che gli
storici non risguardavano le cose nel loro vero aspetto,
tiran fonte di politica fu sempre la storia \ ma per chi non
(1) Cbapitre LXXXIV.
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426
si giovi delle nostre doUrìne può (orse riuscire talvolta di
danno anziché di vantaggio^ empiendogli la mente, non di
?ere<» ma di fallaci notizie, che divengono poi la cagione di
molti errori politici. Ma se, come pare, le scienze economi-
che prenderanno fra gli storici, fra i magistrali e fra t cit-
tadini un maggior piede che non preser Gnora, i nostri di-
scendenti avranno dei valori dell'età una ben giusta idea,
dove noi ne abbiamo a fatica una incerta dei valori antichi.
Più malagevole riesce la valutazione dei pregj delle cose
n«lla lontananza dei paesi ; per la quale io già non intendo
r intervallo che separa la Francia dall' Italia o dalla Spagna
la Russia , bensì V immenso tratto eht} da noi divide , per
esempio, la China e le grandi Indie, e queste dall'America.
Diverse abitudini, bisogni e costumi affatto dissimili vi sono
naturai cagione di infinite differenze nella calcolazione dei
valori ; e, non che le altre usanze , ne varia in fino il co-
mune alimento, quello la cui domanda e ToSerla conserva*
no per 1* ordinario una proporzione relativa. Dove gli Bu-
ropei sogliono eomuDemente nutrirsi dei grano, la merce
Diimentaria dei Cfoinesi è il riso, la cui coltura, benché ese-
guita col traspiantamenco che richiede gran numero di brac-
cia, vi riesce per le basse meroedi poco dispendiosa, onde
lo si compra a più vii mercato che non il frumento. Soprap-
più, come dice Davis (4), se ne fa per l' ordinario una dop-
pia annuale raccolta. Le carestie per cooseguenia non vi
sono cosi generali e funeste eome a quando a quando si
manifestano in Europa, quantunque alla China i lavoranti
pel loro gran numero ricevano assai bassi salarj» Ma per le
ragioni istesse, non essendo proporzione alcuna fra le- der-
rate alimentarie di queste due parti del mondo, non se ne
potrebbe dedurre alcuna misura .dei valori a distanze si
(i) La ^hinCf eh. XX; ouvrage traduil de Tanglais par A.
Picliard.
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127
grandi. Non ce ne sonmiiiiiitraao lampooo una Ossa e pre-
cisa i metalli nobilii più valutali nell'alta Asia che non fra
noi, e maggiormente in Europa che non alle Ami Ile e nel*
r America meridionale: né potrebbero giovare a tal uopo
le nostre stoffe , né gli altri arnesi e gli abbigliamenti , in
cai , tranne poche eccezioni , per ora almeno non ricono-
scono quasi alcun pregio gli Asiatici, schiavi più che altri
delle antiche abitudini e delle usanze avite, segnatamente i
Chinesi e i Giapponesi. In siffatta mancanza di regola deter-
minata e certa per la stima dei valori fra quei paesi e i
nostri, forse meno male di ogni altra cosa vi si prestano le
monete d*oro e d'argento pel più facile trasporlo e il più
difficile logoramento, e per le molteplici comunicazioni, age-
volate in guisa roaravigliosa dalla civiltà moderna. Sebbene,
a che inoltrarci in questa discussione? Qualunque sia la
proporzione dei valori fra paesi tanto lontani, pel commer-
eie che importa ? Non basta forse al negoziante il conosce»
re quella proporzione in Europa? Mandi egli o mercanzie
o contante alla China, purché possa calcolare ciò che val-
gono neiruna parte e nell* altra, e le spese coi loro com-
pensi e i guadagni dell' industria , non si dà veruna briga
del resto : perocché , colla sua moneta che vai più fra i
Chinesi , comprerà il thè e la porcellana a buon mercato ,
ed a più caro costo li rivenderà in Europa : e se le di lui
merci pel caro dei metalli nobili cosleran meno nell'alta
k^ù , col denaro cavatone saprà riuscire a buon fine ne'
proprj interessi , altre derrate a buon mercato acquistando
ed a ntaggior prezzo vendendole là dove si trovi più basso
• il valor dell'oro e dell'argento: sicché quel volere propor-
zionare t valori fra i due lontani paesi altro non sarebbe
pel mercante che una mera speculazione teoretica, di cut
non fa capitale chi va trafficando pel mondo.
Professore Àiidrea ZamMlL
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438
Wéì wMÈeimdm storleo wàmWÈe tMemmm ni^rall^ e émUm
•o» piifc reeente ApplleAml^iie «ircc^B^iiila pe-
Utieai Memoria del consigliere WÈAMMA99JIlWLìR P#*
U, letta all'I. R. Istituto delle scienze^ lettere ed arti
di Lombardia nella seduta del 20 febbrajo 4859 (4).
Oggetto della Memoria.
N.
lot abbiamo sino dallo scorso anno ampiamente disdusa
la dottrina del cosi detto metodo storico applicato alle scien-
ze economiche, che Tillustre Volowsky in buona fede cre-
dette una invenzione delid scuola germanica (2). la una
serie di articoli noi procurammo di far conoscere come la
scienza economica trattata col cosi detto metodo storico noe
faceva gii un passo progressivo, ma regressivo. A conforto
delle buone dottrine italiane è ora sceso in campo un va*
loroso campione nel benemerito professore Poli che in una
dotta e coscienziosa Memoria stata con pubblico applauso
letta non ha guari ali* Istituto lombardo ha voluto trattare
quest'ardua questione sotto punti di veduta veramente ma-
gistrali, e diremo in molte parti anche nuovi. Egli si ae-
einse a dimostrare in una prima Memoria la fallacia ed i
perniciosi effetti dell'applicazione del metodo storico alle
scienze morali e principalmente alla filosoBa, al diritto ed
alla politica. Promise poi di trattare in altra successiva Me-
moria con quale infelice avvedimento siasi lo stesso metodo
applicato alla pubblica economia , riservandosi a far cono-
fi) Questa Memoria venne pubblicata nel voi. Vili, fase. I.*,
delle Memorie dell' I. H. Istituto lombardo. Milano 4859, dalla
tipografia Bernarcioni.
(3) Vedi negli annali di statistica , i fascìcoli di febbrajo ,
marzo e giugno ì8j8.
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429
seere il vero e proprio metodo delle seieose morali per ve-
nire alla Goale coDclusione che seoxa lume di filosofia non
si può mai pigliare speranza di lieto fine in qualsivoglia
scienza o disciplina.
Noi crediamo di far cosa grata ai nostri lettori riprodu-
cendo i più importanti squarci di questa dotta Memoria per
mostrare come da noi sappiasi conservare quel caratteristico
tipo della scienza iuliana che il Romagnosi soleva dire prov-
videnziale.
!!•
// metodo storico applicato alle idenze morali.
L'autore premette innanzi tutto una filosofica definizione
del metodo, ed accenna in che veramente consiste il cosi
detto metodo storico, il quale non è in sostanza che l'ap-
plicazione dell'esperienza storica, o dei fatti passati, per lu-
me delle cosi dette scienze morali.
« 11 metodo (continua l'autore), quale normiM) regola
air investigare ed al conosyre, è l' organo o strumento che
adopera la mente ad apprendere le cose e le loro relazio*
ni. Il metodo pertanto dev' essere tale da mettere in giusta
corrispondenza e comunicazione la mente con quel dato og-
getto cui essa s'aOigge per contemplarlo e per conoscerlo ;
senza di che> o non ci ha scienza , od ima scienza inade-
quata ed imperfetta, che non può mai aggiustarsi a verità
ed a certezza. Ora , quale corrispondenza e comunicazione
d può essere mai tra le scienze morali, che dal nome stes-
so sono r opposto delle fisiche e perciò del tutto astratte e
razionali, ed il metodo storico, al tutto empirico e speri-,
mentale? A quello occorrono la ragione ed i suoi pensa-
menti interiori ; a questo i sensi interposti tra la ragione e
gli oggetti esteriori. Oltrecciò le scienze morali constano di
idee che trascendono i fatti e l' esperienza ; ed il metodo
AiBiAu. statistica, voL XXllf urie 3. 9
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130
storico, non somministra che fatti , dentro la eercliia del*
r esperienza medesima. Le scienze morali hanno per ogget-
to l'uomo interiore, ossia considerato nella sua ragione e
nella sua libertà, e nelle azioni che ne dipendono; ed il
metodo storico non addita che il modo ond' egli opera ester-
namente, si colle une che colle altre. Le scienze morali si
piantano sopra principi e verità assolute, e perciò neeessa*
rie ed universali, mentre il metodo storico non coglie che
il contingente ed il variabile del mondo morale. Le meo-
te morali determinano il bene ed il male, il giusto e T io-
giusto ; ed il metodo storico non ci offre che lo spettacolo
di tutti e due, sempre conAisi insieme. Le scienze morali
ci istruiscono di ciò che deve essere, ed il metodo storico,
di quello che fu. Le scienze morali, siccome un complesso
o sistema di principj o,di verità assolute, non hanno {ter-
mine 0 limite nello spazio e nel tempo; ed il metodo sto-
rico soggiace necessariamente a questo ed a quello. Il me-
todo storico, come fonte di scienza, si fonda sui principj di
causalità e di analogia , onde 1' aspettazione dei casi simili ;
ma le scienze morali non ricoioscono in questi principj se
non eause comuni tanto del bene e del male morale, quan-
to di tutti i fenomeni anche del mondo fisico. Per ultimo,
quali e quante assurdità non dovrebbero inferirsi siccome
legittime conseguenze dall* ammettere il metodo storico qual
bMc 0 fondamento del vero e del certo nelle scienze roo*
rali? La prima di queste assurdità sarebbe quella di rite-
nere le scienze morali non più certe ed assolute, ma var»-
bili e contingenti come la stessa storia, e quindi varìabiii
e contingenti le nostre idee ed i nostri giudizii sul bene e
sul male morale, e sulF essenziale differenza tra ruDo e
l'altro. La seconda, di ridurre i loro principj incrollabili
ed assoluti a semplici massime o regole di prudenza e di
pratica condotta che ogni individuo può dedurre dalla co-
noscenza del passato o dalla propria esperienza. La terza
ed ultima, di precipitare le scienze morali, tra i dubbi e
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181
le contraddizioni al fondo dello scetticismo, mentre le bro
dottrine sono il sostegno più solido dell'umana società, i
dettami e le convinzioni del senso comune. Che se le scien-
ze fisiche e naturali possono andare a fidanza sul metodo
storico , siccome vanno suir empirico , noi possono ugual-
mente le morali. Le scienze fisiche o natoralì non istudia-
Bo che Tatti o Tenomeni , ned è da loro , anzi per loro è
superfluo il ricercarne V essenza e la più intima cagione, in
qoanto che questi fatti o fenomeni sono per $ò stessi già
perfetti e compiuti, perchè sempre conformi alle leggi im-
BMitabili della natura, sicché il loro sapere non progredisoe
ehe suir immensa scala di questi fotti o fenomeni , o colla
loro più accurata analisi per via di sperimenti, o colle loro
novità mediante scoperte ed invenzioni, frutti di una più
esatta osservazione, o col sottoporli nella loro immensa
varietà ad un principio <H>mune, o col significarli e tradurli
nelle formolo più precise della matematica, che valgono ad
imprimerli del carattere di vere leggi. Le scienze morali ,
•ir incontro, non potendo né dovendo arrestarsi ai puri fatti
0 fenomeni, siccome sono nella loro manifestazione tutte le
mnane azioni , le quali possono convenire o disconvenire
eolle leggi della naturai, per essere variabili quanto lo è
l'umano arbitrio che le produce, non valgono, come le fi-
siche 0 naturali, ad appropriarsi il metodo storico qual fonte
del vero e del certo , in relazione ai fenomeni medesimi ,
senta fallire alla meta, e senza traviare e perdersi nell' er-
rore. Finalmente gli è tanto vero che eoi metodo storico
non possonc^ reggere e governarsi le scienze morali, che la
storia stessa, in quanto vuol essere luce di verità e mastra
della vita, deve invocare i dogmi della psicologia, della mo-
rale, della politica, e di tutte le altre scienze che servono
a legìuime deduzioni dal passato; e quando essa, o trop-
po speranzosa o troppo ardita^ pretese di attingere verità e
sapienza alle narrazioni del puro fatto, o del solo positivo,
non potè a meno di non rompere allo scoglio dvX fuialisuiu
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433
•iorìco I assai acutamente iotravveduto e spiegato dair illu-
stre autore della Storta Mia Colonna infame^ parlaodo del
processo degli untori e dedotto da chiunque si faccia a leg-
gere imparzialmente la celebrata storia della rivoluzione
francese di Tbiers ».
Dopo questa lucida esposizione l'autore passa a mostra*
re come le scienze morali siano vere scienze nel senso più
rigoroso della parola. Vittoriosa è la dimostrazione che egli
ne fa, e rende con ciò sempre più evidente 1* assioma che
gli studii morali possono bensì giovarsi dei fatti speri-
mentalit come di prove estrìnseche della verità , ma non
sono i fatti quelli che costituiscono per sé stessi le verilà
morali che hanno un fondamento tutto intrinseco e loro
proprio*
III.
Il, metodo itorieo applicato alla filosofia ed al diritto.
m Ma se vuoisi ( prosegue V A. ) conoscere ancora più
in aperto V inettitudine ed il mal uso del metodo storico
nelle scienze morali, veggasi la sua applicazione alla filoso*»
fia, al diritto ed alla politica* Nella filosofia si possono con*
ure ornai tre grandi applicazioni di questo metodo : la pri-
ma si è quella che ne fece 1* immortale Vico nella Scienza
Nuova ; la seconda il Cousin col suo ecletticismo, e la terza
recentissima Augusto Gomte nella sua Filosofia positiva, ed
il Buckle nella sua Storia della dfHltà in Inghilterra, lì
Vico, movendo dal principio, che il vero metodo nelle eoie
civili è quello che contempla e crea, e che la storia dino«
ta il corso di tutte le cose fino dai primordj dell* umana
ragione, s'innalzò al concepimento della sua storia ideale
eterna, per la quale il mondo civile o delle nazioni, sorve*
gliato e diretto sempre dalla Provvidenza come sua creatrice
e dispositrice, e dal senso comune e dalle comuni necessi-
tà ed utilità, si volge e rivolge, e sempre ritorna in sé stesso
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io tre cieli similari^ ossia delle tre età degli dei, degli eroi^
e degli uomini, le quali formadOi non che il corso trino e
similare, eterno e perenne di tutte le nazioni, ma benanco
il ricorso dai primi tempi barbari ai tempi stessi barbari
ritornanti e riprodotti , conchiudendo ^ che questo corso e
ricorso delle nazioni, per una costante uniformiti e per un
ordine giammai interrotto di cagioni e di effetti, esse deb-
bono serbare tutte ; sicché la storia ideale eterna non è
propria solo dei Greci e de* Romani, o la storia particolare
di queste due nazioni , ma la storia comune ed universale
e perciò ideale, su cui, qual legge eterna, debbono correre
tutte le nazioni ne' loro sòrgimenti, suti e fini, se dall' eter^
Diià de' tempi potessero nascere mai mondi infiniti, il Gou^
sin, riconoscendo che la filosofia è un bisogno ed un pro^
dotto necessario dello spir'^to dell' uomo, 1' elemento costi-
tutivo della coscienza del genere umano, e la forma più
elevata del pensiero, afferma eh' essa abbia la sua esistenza
isterica nell' Oriente, nella Grecia ed in Roma, come pure
ne' sistemi già noti dei grandi filosofi quali rappresentatori
delle varie epoche dell' umanità, e perciò associando , anzi
fondendo egli la sua filosofia eclettica colla sua storia ^ ne
ricava tre elementi o tre epoche : la prima, dell' ispirazione
0 dell' infinito ; la seconda, della riflessiooe nascente o del-
l'aurora della ragione, che separa il Jfe dal non Jfe, ov-
vero del tfnito ; e la terza ed ultima, della riflessione com-
piuta, 0 del rapporto tra il finito e V infinito. E queste tre
epoche, per suo avviso, non sono elementi della storia ma
dell' umanità» si seguitano sempre nell' ordine anzidetto , e
s'aggirano sempre sui quauro grandi sistemi del sensismo
dell' idealismo , dello scetticismo e del misticismo, formando
cosi una specie di ciclo isterico-filosofico pel quale un' epo-
ca serve di germe o di preparamento all' altra , infino a
tanto che l' ultima diventi il prodotto delle prime, siccome
lo dimostra la storia della filosofia orientale e delle scuole
greche per inaino a' tempi nostri. Augusto GomtCì nella sua
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Filosofia poiiHva^ fondata tutta suH* ossenrazione dei fclti o
della storia, credette d' avere scoperta la gran legge filoso-
fica della successione costante dei tre stati della ìntellìgenn
umana e della società: il primo ieologieo^ cioè quello in
cui trionfa il sopranaturalismo; il secondo dì tramizione
0 metafisico , in cui domina |tl naturalismo ; ed il terzo
seientifieo o posiiipOf nel quale la mente riduce tutti i fe-
nomeni indistintamente a leggi naturali ed inyarìabili od
minor numero, ed escluse come significanti le cagioni. Pi*
naimente il Buckle, nella recentissima sua Storia della d-
viltà inghiif ispirandosi, al dire di Remusat, se non ai prin-
cipj, allo spirito della dottrina dello stesso Augusto Corate»
suppone che i fatti della storia possano ridursi, come quelli
d*ogni altra scienza a leggi generali ; e siccome la ihaterìt
della storia si compone tutta dello spìrito umano e delle
sue leggi, e della natura e delle sue leggi; cosi cogliendo-
vi ciò che v' ha di costante e dì regolare nella iBucceasiooe
dei fatti ben avverati colla statistica ed a forma matematica
viene a capo di questi principj o leggi filosofiche: I** che
r umanità ingrandisce in ragione inversa delle cause fisiche
o delh natura, pel predominio della scienza e ricchezza in-
tellettuale sulla natura medesima ; S.* che V umana civiltà
non è altro che la crescente vittoria delle Icf^ della mente
e dello spirito su quelle della natura; 8/ ebe in mezzo
alla continua varice e mobilità tra le nozioni intellettuali e
le morali, il vero progresso o la civiltà si verifica dal lato
delle intellettuali o dell* intelligenza, perchè queste sempre
ai aeeumulano e rimangono, e quelle sempre si movono e
dispariscono , e perehè il bene ehe si fa ^ trapassa e si di-
sperde, mentre il vero che si ritrova, sussiste etemamenie ;
4.* che la totalità delle azioni umane è sempre diretta e
governata dalla totalità delle idee o cognizioni umane , onde
le leggi deir incivilimento d* una data nazione saranno sem-
pre le leggi intellettuali dell'umanità, purché lo sviluppo
o genio di questa nasione sia originale, né venga modifica-
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lo da aliene eircofttanze o cagioni ; 5.* che la gloria 4ella
cifiltà altro non è in fondo che la gloria dello spirito uma-
BO, e la storia dello spirito umano quella della sua scienza
leueraria e filosofica; 6.* che infine questa scienza dello
spirito umano e della ciyiltk e delle sue leggi, d^otta col
metodo storico, è ben diversa dalla filosofia dello spirito
umano dei psicologi e dei metafisiet, in quanto essi la at-
tirano dalla semplice osservazione dello spirito sovra sé stesso,
mentre colla storia scaturisce dallo studio dei fenomeni del-
l'anima nelle azioni di tutta la specie umana in massa,
•fuggendo cosi ai pregiudizj ed alle illusioni ddla propria
eoscienza o dell* inidividuo, e servendo m^lio alla severità
del metodo dell* induzione. A questi saggi d' applicazione
del metodo storico alla filosofia potrei aggiungerne molC aU
tri, tolti alla filosofia della storia dei progressisti, incomin-
dando da Saint-Simon e da Buishez, e discendendo sino a
Gervìnus; ma siccome in tutti questi scrittori, eccetto la
varietk delle loro dottrine, scorgesi comune il metodo sto-
rico con quelli sopramenzionati, in quanto tutti s' accordano
io derivare la teorica delle epoche critiche ed organiche
come leggi costanti della umanità o della filosofia dalla pura
storia ; cosi mi ristringo a considerare la riuscita, di un co-
tal metodo nei primi e non negli ultimi , anche come su*
perflui all'uopo (4).
(I) V. Principi di una Scienza nuoìm ft intorno ailà comu-
ne natura d$Ue nazioni^ di Glan^Battista Vico. Opere, voi. IV. Mi-
iaao, 4836, presso la Società de' Classici lUllani. — Mamuik
Mia Storia detta Fttoeofia, di G. Tennemano co' suppleoMati di
Giaodsmeoieo Ronagnesi e Baldassare Poli. Voi. Ili, Htlano, 1836,
SoppUmeoto IH : Filosofi francesL — ffietoire de ta philoeophie
OH dixhuitifme eUete par le eh. V. Consio, tom. l Paris, i829.
Mcfme dee deux mondee, tom. 18, 1. novem., Paris, 1858. —
De ta civitieation moderne. Articolo di M. Charles de Rémosat
ioli' opera Htstory of a^itisation in Engtand, by n. G. Bucale,
vd. I. LondoD, 1857.
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E venendo innanzi tratto al Vico, nome elte tanto onora
e rìnrama V italiana sapienza , non può negarsi ehe la sua
storia ideale, dedotta dalla sola storia del mondo greco e
romano, non vada trampolando qua e là sopra un edifizio
che minaccia la libertà umana ; che colla dottrina del corso
e ricorso delle tre età in un ciclo similare e perpetuo an-
che per le nazioni venture, non si rigetti la legge di pro-
gresso e d'incivilimento continuo ed attivo, sebbene finito
delP umanità , per confinarlo in quello del solo indivìduo ;
che non si trasmuti il medio èva, come epoca di avanza-
mento o di progresso per Y età moderna, in un' epoca di
barbarie ricorrente e sempre rediviva ; e che aprendosi eoa
essa una fonte originale ed inesausta di grandi veri per la
storia del diritto romano e per la filologia, non veggasi al-
tresì difiuso quello spirito di imitazione che fii trasfumare
le stesse sue scoperte attraverso le tenebre dell' esagerazio-
ne e dell'errore. Né può dirsi altramente della filosofia
storica od eclettica, ritratta dai sistemi dei più grandi filo*
sofi nelle opere del Cousin, mentre se la filosofia già esiste
in questi stessi sistemi , è vano il cercarla od il riferla ; e
mentre la storia stessa delle più antiche teogonie, invece
di confermare le tre epoche del Ut e del non Me e del
loro rapporto, apertamente le inverte o le rimove. Né si
avvantaggia od immeglia il metodo storico nella filosofia
positiva del Comte, il quale assegna come legge fissa ed
etema si all' intelligenza che all' umana società quella dei
tre stati I teologico , metafisico , e positivo in quest' ordine
stesso costante e progressivo, quando la storia, e più anco*
ra la vera scienza psicologica, ce li addita come tutti etra
contemporanei ; ovvero in un ordine sempre variabile ed
inverso, quando è un sogno che il sapere e l' incivilimeoto
umano siano al colmo della perfezione nella pura scienza
di tutti i fatti 0 fenomeni, a foggia del mondo materiale »
quando la sua filosofia, rigettando ogni idea o deduzione
di metafisica, tarpa le ali all' umano ingegno coli' interchiu-
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dergli qualsiasi ricerca delle caose e dei fini, e quando rap-
piccinisce tutta la filosofia, da si ^grande com*è, ad una
scienza statica e dinamica dell* anima uniana, che punto non
diflaomi^lia dalla scienza fisica o della materia. Per ultimo
la storia deli' incivilimento del Buckle , mentre tocca agli
stessi errori della filosofia positiva del Conite, quale sua
precorritrice, ha di suo proprio la somma difficoltà di ap-
purare e sgranare i fenomeni e le leggi intellettuali e mo-
rali da tutto l'ingombro del clima, dei costumi e del go-
Temo, e degli altri oggetti che s'accumulano e si sovrap-
pongono nello stato concreto d' una nazione ; di mettere al
disopra della moraliìà la scienza, e di stabilire come tipo e
eriterio dell' umano incivilimentc la sola massa delle idee e
dei lavori letterarj e scientifici. E prescindendo anche da
tutto questo, chi potrebbe mai consentirgli, a rigore filoso-
fico, che l'um^a civiltà progredisca in fatto nella ragione
inversa delle cause fisiche; o che si possa formolare una
vera scienza teorica dogmatica dello spirito umano dietro
alla sola scorta delle sue manifestazioni, nella storia? Né
per tali appunti io intendo già di impugnare queste mani-
festazioni ; ovvero le leggi generali le quali conserva lo spi-
rito umano medesimo; ma si bene di affermare soltanto,
ma con tutta asservanza, che l'osservazione anche la più
severa ed esatta di codeste manifestazioni non ò , né sarà
mai da tanto da ricostituire tutta la scienza della filosofia,
sia perchè la sola conoscenza dei fatti non vale come scien-
za nemmeno nella fisica, sia perchè la filosofia è scienza
più di priocipj che di fatti , ed i principj che in ogni caso
soprastaano alla storia ed a qualunque loro esperienza. Per
altra parte, né più felici né più proficue si mostrano di que-
ste nella filosofia le prove dell' applicazione del metodo sto-
rico alle scienze del diritto e della politica.
>'È inutile ch'io qui m'iptertenga a narrare il nascimen-
to , le vicissitudini ed i tanti lavori onde si rendette cosi
benemerita la scuola storica del diritto, nata e cresciuta io
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Germania, rimettendo il lettore pet tali notixie ai Saggi di
scienza pottiieo4igaie da me pubblicati in Milane sino dil-
Tanno 1841 (l)i e reputando più aeoonoio inteee di rin*-
Tangare ad nn tratto e più dappresso i prìncipi di <|iiesta
scuola; aecioccbè tocchisi con mano quanto il metodo stori-
eo sia lungi dal fare senrigio anco albi scieosa del diritto.
Il Sarigny di Berlino, fondatore ed antesignano di * questa
scuola, proclamando il principio, che il diritto non è altra-
mente una libera creazione del legislatore, nui si bene un
naturale prodotto, ed il successivo sTolgimento dei costumi
dei bisogni, e di tutto ciò che v' ha di esteriore e di iodi-
viduale in un popolo, ne dedusse essere desso un oggetto
di competenta storica, un fatto nel presente intimamente
congiunto col passato, la idea o la verità dello stesso dirit-
to intrinsecata colla sua viui, e trasfusa ne' codici o nella
legge. Quindi incuorandosi più che mai i suoi s^;oaci a
raccogliere i rottami del diritto papiriano od antìgiustioiano,
a rovistare negli archivj e nelle biblioteche per sincerarvi i
testi più autentici e più corretti, a produrre un nuovo cor-
so di diritto romano più compiuto, di cui egli stesso è l'au»
toro, a fame il raffronto nel diritto comparativo coi eodici
del medio evo ed anche moderni, in un eolla oognizione
di tutte le istituzioni politiche e religiose che vi si riferi-
scono, si pervenne alla conclusione, che in tal modo solunto
o dopo tutto questo arrabbattarsi della filologia e dell* ese-
gesi legale intorno ai codici ed alle leggi già esistenti, sa-
rebbe venuto il momento d'un nuovo codice nationale,
consentaneo all'indole e alle condizioni del proprio paese,
ed al compimento di quelk santa alleanza die deve sussi-
(I) V. Saggi di scienza politica-legale^ de! dottor Baldassare
PoH, ecc. Voi. unico, Milano, 1841, presso Perdli e Mariani, edi-
tori, pag. 43. Saggio I. « Della riforma della Giurispradenia come
scieota del diritto. •
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scere tre le idee giuridiche della storia e quelle della pratica
gtarisprudenza^ ossia della loro applicazione. Sicché per tali
principi, aocolti con plauso ed entusiasmo anche patriottico
dai dotti della 'Germania , vi sorse e propagossi grande e
rumarosa la scuola storica del diritto , la cui ultima glori*
fieazione si fu queUa dell' insegnamento del diritto romano
come eminentemente storico, io tutte le Uniyersith aleman-
ne. Ma per quanto Mano belli ed ingegnosi questi trovati
della scuola storica, per quanto fruttifere a certi riguardi le
me opere, e desiderabili i suoi trionfi, ognuno deve con-
venire che, compeoetrandosi siffattamente il diritto colla sua
storia , si viene a distruggere ed^ a porre in dubbio la sua
idea siccome un prodotto immediato della ragione ; che si
confonde e si scambia la slessa idea del diritto colle sue
Monche apparizioni; che il diritto ridotto a storia deve va-
riare come la storia stessa, onde tanti diritti quante le sto-
rie e quanti i popoli. Al che apertamente contrasta V esem-
pio del diritto romano , che , dopo tanti secoli , forma la
pietra angolare di tutti i codici del mondo, ed è tuttor
venerato come vera ragione scritta , siccome il gran libro
del jos di natura. Si arroge inoltre che, per giudicare delh
vita 0 delle apparizioni storiche del diritto nel mondo delle
nazioni, bisogna uscire dai cancelli della storia , e presup-
porre un diritto anteriore o della ragione, indipendente da
qodla; ehe altro è la idea di questo diritto anteriore o
razionale, la quale cammina maestosa ed inflessibile col
tempo e colle generazioni, ed altro la varia sua applicazio-
ne e le sue accidentalità nei codici dei legislatori e w\
eostomi delle nazioni ; che in fine, se è assurdo o perieon
Iosa il far credere che il diritto stiasi lutto nella legge oi
nei codici, e per ciò nella volontà del legislatore, non lo è
meno V affermare che il diritto si generi e ai svolga a po-
co a poco nella vita e nelle istorie delle medesime ; poi-
ché, se nel primo oaso ai slbgge ali* arbitrio d'un solo, nel
secondo si cade in quello dei molti^ e poiché se il diritto
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dipende dallA sole eondiiiool istoriche di ogni popolo, es9o
non si compie né si avvera che tardi ^ non è più la voce
od il comando della natura, ma un' idea ed una emanaùo-
ne deir uomo e della sua antiveggensa poliUfca. Per le quali
cose parmi abbastanza chiarito come il nrelodo storico aia
impossente per sé a farne dedurre anco la sciema del di-
ritto, dovendosi per altra parte gratificare fin d'ora al mi-
glior indirizao che piglia tra noi, e per gli scritti anche
d' un nostro collega, la storia del diritto, in quanto con casa
si mira ad aggrandirne e lumeggiarne la idea attraverso al-
le sue tradizioni storiche e nella coscienza de' popoli, tra
la poVertk de' monumenti e la caligine de' secoli più re*
moti (4) ».
IV.
// metodo storico appUeato alla sdenzd politica.
L'autore dopo avere dimostrato come il metodo alortca
non si attaglia né alia filosofia, né al diritto, passa a dimo-
strare che non è neppure applicabile alle scienze politiche,
e fa conoscere come questa applicazione sia già stata tentata
con men felice successo da due grandi ingegni l' uno ita-
liano e l'altro francese.
« V applicazione del metodo storico alla politica noi la
dobbiamo principalmente al Machiavelli ne' Di$cor$i $ulk
Deche di Tito Li9ÌQ , ed al Montesquieu nell' opera solle
Spirito delk leggi. Il Machiavelli, spasimato della storia, in-
culca come tanti precetti di politica, che v' ha un cerchio
dei tre stati del principato, degli ottimali e del popolo, co-
(i) Sulla Società Latina , Memorit di Francesco Kosd, né
voi. VII, fase. V. delle Memorie delV I. R. IsHtuto Lombardo.
Milano, i8S8. — Storia della Legislazione lialiana, di Federica
Sclopìs. Voi. % Torioo, 1840 i&44, presso G. PombaeO^mpagaL
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141
gli altri tre propin(|ai delia aDarohia, della oligarchia e del
dfspotismoi nel quale devono girare e rigirarsi infinito tem-
po tutte le repubbliche, sull* esempio di Sparla, di Atene,
e di Roma; che non si fugge a ciascuno di questi siali o
modi , se non eleggendone uno che partecipi di lulti , .sul
Tare di quello della romana repubblica, mista e perrelt» ai
(empi de* consoli, del senato e dei tribuni ; che gli uomini
non operano mai nulla dì bene se non per necessitè ; essen-
do cosi avTcnulo a Roma allorché i nobili si stettero tran-
quilli, e si portarono umanamenie eolla plebe finché vissero
i Tarquinj ; che la fortuna e la malizia furono cagioni del-
1* imperio romano, perchè dove è buona malixia conviene
che sia buon ordine , e coli* ordine buona forluna ; che i
tumulti tra i nobili e la plebe non sono nocivi, ma merita-
DO somma lode, perchè furono la prima cagione di lenere
libera Roma e della creazione dei tribuni ; che tulle le eose
ehe nascono a favore della religione, comechò le si giudi-
cassero false, i principi d*una repubblica debbono favorirle
ed accrescerle , siccome si fece coi soldati romani del lago
Albano e del icmpfo di Giunoqe airossidioae ed al sao«
efaeggio della città dei Vejenti. E seguitando di tal passo ,
eonlinua il Segretario fioreniino ad impemare sulla storia
romana i suoi principj politici, al punto di adombrarci una
srìenza che sia norma al reggimento di tutti gli Stali. — Il
Montesquieu, per lo contrario , sebbene grande inneslaiore
ancb'egli della politica colla storia, dopo aver fissato il prin*
eipio che ci sono leggi di oaiura e della ragione primitiva
preesistenti in uno stato dell* uomo anteriore allo stabili-
mento delle umane società, viene insegnando che le leggi
umane debbono essere il complesso dei casi particolari cui
si applica questa stessa ragione; talché solo per caso può
darsi che le leggi di una nazione convengano ad un' altra ;
che in ogni forma di governo. è inerente un proprio prin-
eipio, il quale è la viAù politica o l'amore del bene gene*
mie nella democraziai la moderazione neirapislocraiia, To-
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nore nelb monarchia ; ondecbè le diverse leggi civili e pò-
liiichei mentre debbono mantenere ed avvivare questo prtn-
cipiot sono altresì in necessità di eonformarvisi, siccome sto-
ricameote ei tenta di provarlo colle leggi suntuarie, col*
l'uguale divisione delle terre e coir abolizione della bmi-
glia iu Isparta, coi feudi e col diritto di i^rimogenitura nel'
oiedio evo, colle soslituziooi, colla nobiltà erediuria e eoo
Ititte le sue prerogative d* onore nelle monarchie. E ìataoto
studiasi il Montesquieu di dimostrare ed illustrare, colla sto*
ria sempre tra mano, queste due dottrine politiche, in quan-
to, a sua detta, egli avrebbe trovato che tutti questi suoi
priooipj pensati e ripensati colla ragione e come leggi di
natura, pienamente s'accordano e si compongono- coi easi
particolari additati dalla storia. «Perlochè è ovvio , che , se
tanto il Machiavelli, quanto il Montesquieu, convengono e
s'assomigliano od passionarsi ambedue della storia , air in-
tento di assodare vieppiù la scienza politica, si allontanane e
e si differenziano però non poco tra loro nel modo di ap-
plicarvi il suo metodo, giacché mentre il Machiavelli fa pro-
eedere la politica immediatamente dalla storia, il Montes-
quieu non vuol servirsene che a riprova ed a riscontro. Laon-
de per Machiavelli è vero in politica tutto quello che ne
detta la storia, e per Montesquieu è vero quello soluoto
ohe ne insegna la ragione, e che è in conformità eziaodia
eolla storia (1). Per altro, tuttoché sia cosi differente la ma-
il) Opere di Nicolò Machiavelli, V. III. lUI. 1819. Discorso
sopra le Deehs di, Tito Livio. — OEuvres complètes de Montes-
quieu. Paris, 1845. De VÈ^rit des lois^ Liv. ìfi , 3.^ 4.^. —
Il Machiavelli, nel discorso sopra la I Deca, cosi si esprime circa
alla novità del suo metodo : « Ho deliberato entrare per una via»
la quale non essendo stata per ancora da alcuno pesta, mi potreb-
l»e ancora arrecare premio.. .. B se P ingegno povero» la poea
esperieosa delle cose presenti, la debole ootiaia delle anticlio fa-
ranno questo mio conato difettivo e di non mqlta utilità, daranno
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Diera di applicare la sioria in questi due sommi alla scien-
za politica, apparisce però sempre ed evidenlemente V abu<»
so del metodo storieo si nelPuno che nell'altro, e quel
che è più, la sua inegualitk al vero dimostramento di que-
sta scienza.
• Primieraroentei il Machiavelli appoggiando i suoi prin«
eipj di politica in principalità alla storia romana , s' attiene
per soverchia ammirazione ad un solo esemplare né sempre
(lerfetto, né al tutto sicuro. Se Roma fu la prima legislatri-
ce e la maestre di quella giurisprudenza che illuminò il
mondo ; se gloriosa conquistatrice, colh forza dell' armi este-
se il suo dominio nelle più lontane regioni; se rinomata an-
che nelle scienze e nelle arti edilizie, offerse un' epoca
grandiosa di civiltà progrediente nei destini dell'umanità,
noi non apprenderemo per ciò mai da essa le massime
di giustizia politica o di Stato sull' impianto della famiglia*
sulla concordia e libertà civile, sul diritto della guerra o
della conquista, sul rispetto all' indipendenza degli altri po-
poli j sulla venerazione e conservazione delle memorie e
dei monumenti delle due civiltà etnisca e greca, che pre*
cedettero ed ajutarono cotanto la sua propria. Secondaria-
mente, dato anche che della politica romana si potesse re-
care innanzi il ritratto più compiuto e peregrino, un solo
esempio non può valere per tutti a costituire la scienza*
Terzamente, per quanto impongano i fatti sceverati dalla
storia di Roma dal nostro autore, non sarà mai vero che
sìa costante, indeclinabile e comune a tutte le nazioni il
giro e rigiro delle forme di governo da lui pre6sso, men-
tre per generazioni e generazioni esse perdurano e si con-
sloieoo la via ad alcuno che con più firtù, più discorso e giudl-
sio potrà a questa mia intensione soddisfare. « Per ciò rimane
proratò che Maehiafelli precedette a Montesquieu nel!' applicazione
M metodo storico alla scienza politica»
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sumaDo ad una ad una; che colla forma mista ai. eiìiioa
lutti gli ÌDConvenieiiti di ciascheduna, dacché Roma stessa
da questa forma mista trapassò all' uaica e semplice forma
delia monarchia; che gli uomini non operino mai il bene
se non per forza o necessità, mentre si vantano a migliaja
ì martiri e gH eroi del sagrifizio di sé stessi : che sole le
armi e la fortuna fondino e glorifichino gli imperi, quando
è la sola giusCizia che ^e^e crearli , e la virtù ed il cimi-
tenumenlo fortificarli e manienerli; ohe la lotu tra il pa-
triziato e la plebe sia stau giusta ed utile in sé stessa e
nelle sue conseguenze, dappoiché lo stesso tribunato fu cau-
sa di sedizioni e di guerre intestine, e preparò la via al suo
decadimento. Né dissimile, sebbene più mite, può essere il
giudizio che deve farsi delle politiche dottrine del Montea-
quieu, In quanto egli si propone di suggellarle col loro ri-
scontro sulla storia. Il Montesquieu vide la luee « ma corse
tosto ad intenebrarla. È chiaro e giusto il suo concetto di
leggi di patura o della ragione primitiva anteriore, o a dir
meglio indipendente dalle società umane ; ma non lo é cosi
l'altro, che le leggi umane sono unte applicazioni della ra-
gione o della natura ai casi particolari dettati dalla storia.
Che ciò debba essere, tutti vorranno consentirlo; ma ad
attestare che ciò non é, bastano gli storici esempi del cul-
to idolatrico degli antichi, delle Caste alle Indie ed in Egit-
to, e della schiavitù greca e romana, della servitù della
gleba ne' secoli di mezzo, e nella tratta dei Negri nei no-
stri. Che se poi intende il Montesquieu, che tra i casi par-
ticolari da lui indagati nella storia, e le leggi di natura da
lui pensati colla ragione, debba correre sempre ed in fatto
un' assoluta e costante conformità e coerenza, allora o non
si segue più la storia che nella parte favorevole» tralascian-
do la contraria ; o si travalica dalla semplice riprova o dal
semplice riscontro alla perfetu identità e consonanza tra la
storia e le leggi di natura e della ragione; ed in tal caso
si travede, e si rica^^a col Montesquieu nella fallace dottri-
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US
na del Machiavelli; imperciocché la storia od il fallo, in-
corporalo colle leggi di natura o della ragione, genera H
dirìiio, ossia le stesse leggi di natura o della ragione ; e le
leggi di natura o della ragione incorporale colla storia o
col fatto, fanno disparire il diritto, perchè non sono più che
tante storie e tanti fatti. Dal che conseguiterebbe T altro
erroneo principio di politica legislalis^a : — che solo per
«?aso le leggi d'una nazione possono convenire ad un* al-
tra: e che quindi tutte debbono variare per difetto di bon«
tà assoluta, o p6r prevalenza e soprabbondanza della sola
relativa. — Ma a comprendere ancora più chiaramente 1* in-
suflBcienza ed inadattabilità del metodo storico ai principj
della scienza politica, basti una rapida rivista delle altre sue
dottrine, qui ricapitolate ed esposte.
I governi hanno necessariamente un modo di essere ed
lina vita, di azione. Il primo è la loro forma; la seconda il
loro principio attivo o motore. Egli è perciò indubitato,
come afferma il Montesquieu, che ogni forma di governo
debba essere animata od eccitata ad operare da un pro-
prio prineipio, il quale però non è né può essere il tripli-
ce da essolui cosi separato e distinto, della virtù o probità
nella democrazia, della moderazione neir aristocrazia, e del-
l' onore nella monarchia^ sia che si riguardi ai contrarj ar-
gomenti della ragione, sia che si consideri al fatto od alU
storia. Il principio del governo, riferito col Montesquieu al-
la sola persona fisica o morale che regge la cosa pubblica
come può essere mai eéclusivamente o quello della virtù o
probità, 0 della moderazione o dell' onore, mentre la virtù
o la probità si connette per modo colla moderazione e col-
Tenore, da informarne si l'uno che l'altro, e da non po-
ter sussistere ed agire questi. senza il simultaneo concorso
di quella? Qual è mai la repubblica^ qual è l'aristocrazia,
quale il sovrano o monarca che possa regnare, e ben diri«
gerc e prosperare lo Stato, senza assumere a base del go-
Anuu. SlatisUea, voi. XXII, $eri$ 5.* iO
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H6
verno la virtù politica^ o l'amore del bene comune o ge-
nerale, e con esse la (emperanza e la giustizia disiriimliva
che portano con sé le distinzioni ed i premj , non meno
che la moderazione in tutte le sue azioni ? Ecco come 1* idea*
ta ripartizione o separazione del triplice principio del go-
verno farebbe le pugna coi dettati delia ragione propugna-
trice della sua identità o unificazione. Ma venendo anche
alla storia ed a' suoi passi citati dal medesimo Montesquieu,
è egli vero che la democrazia si pianti e si conservi eolla
sola virtù o probità» e che invece T aristocrazia e la me*
narchia lo possano anche con manco di virtù o probità, al-
lorché runa abbia per principio la moderazione ^ e 1* altra
Tonore» a motivo che nella prima si esige la virtù in tutti
i cittadini; e nella seconda vi suppliscano o le leggi o la
volontà del legislatore?
9 Sono queste le storiche dottrine del Montesquieu intor*
no al principio rispettivo alla varia forma di governo , ma
che , lungi dall' essere comprovate , vengpno anzi amentite
dalla storia. E potremo credere provato o confermato dalla
storia che fossero rette ^ dominate dal principio della virtù
le greche democraziei quando veggiamo le ime soperchiare
le altre, e sconfiggersi tra loro eolle guerre messeoiche, e
colle gare e gelosie tra Sparta ed Atene per la ingiusta «i-
premazia su tutta la nazione, e causa della comune mina ?
E saranno tratti della loro virtù la tirannide delle colonie,
i partiti e le discordie tra gli Eupatridi ed i Demjorgi, per
opprimere sempre più la plebe ; la distinzione delle tribù
per razze^ la schiavitù degli Iloti, V ostracismo di Gimone,
di Aristide e di Temistocle, ed il veleno propinato in carce-
re a Taramene abborritore del governo terrorista dei XXX
tiranni in Atene, ed a Socrate, 1* uomo il più virtuoso de'
suoi tempi ? Né può dire altramente la storia , iaterrogafa
sullo spirito di moderazione che dovrebbe, aieeoaie prioei-
pio, signoreggiare le aristocrazie. Furono forse dettati da
moderazione nella romana aristocrazia il jus pontificio e
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147
preioriaao, eoo eui i nobili iiranneggiarono per (aoto tempo
i plebei : i pretesti di guerre» di alleanze» e di mediaztooi,
coloriti dai consoli e dal senato^ eoi popola finitimi, al solo
fine di soggiogarli ; V insaziabile cupidigia /ed avarizia del
palrizialo, cbe ridusse il popolo a ritirarsi t^ Gianicolo per
non essere più vittima del durissimo 4ri^p^to dei .eredi»
tori ? Che se, come osserva il Montesqg^ ^nAemvào i^u-
scire impotenti gli sforzi degl* Inglesi fi^er tCiopservanii àq xe^
pubblica ai tempi dì Cromwell, questo npn awejgipie fiejr gi-
rello di virtù, ma bensi per la eoncordja ^ potenza del
Parlamento avvalorata da Monk, ricoodviitcìre e firopugna-
lore della ristorazione. E poi, chi potrà ipai «ffer,piare .che
il principio o l'elemento dell' aristocrazia inglese , .qotaato
predominante nella forma di quel governo, aia qyelb della
moderazione, specialmente riguardo ai suoi possessi peli* Ir-
landa a' tempi passati , e prima ebe il ipedio ceto s* at-
tentasse non di raggiungerla, ma solo d' eqiularl^ ? Infine ,
se gli onori e le distinzioni sono più che jnfii necessarj al-
la monarchia, mentre sotto altra forma e C9n ftkri oggetti
sono pure inseparabili da qualunque altro mqdo di governo
non potrà mai ammettersi col Montesquieu cbe l'onore deb-
ba essere il suo principio unico vivificatore» il succedaneo
della virtù stessa ; unto più eh' esso, oltreché fomentare la
vanità e l'ambizione, si fa strumento di vizio e di corru-
zione, qualora non sia premio alla vera virtù ed pi merito
incontrasuto e riconosciuto. Che se per jfoQtesquleu ^i può
nella monarchia essere buoni cittadini sep^ essere buoni
uomini , per difetto di moralità o di inien^oo^ , ÀP nìlopk
l'onore potrà ispirare azioni solo esteriormepte belle jd plau-
sibilij ma non il sincero amore dello Stato ,e del bene co*
mune, che, come sostiene e glorifica le ^lice forcpe di go-
verno, cosi è solido scudo e fondamento jsi quello della mo-
narchia. E chi fu mai più prodigo di cariche, di privilegi
e di distinzioni, anche ali* aristocrazia intellettuale,, di Lui-
gi XIV , il quale doveite però morire scontento e contrito
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148
del suo regno f grande in apparenza ma misero in realtà?
Chi mai più di Napoleone I il Grande sollevò alla dignità
del principato, del ducato, e della nuova nobiltà il merito
personale ed anche l'ingegno povero, sensa provare nel
momento del pericolo il conforto che V onore potesse vale*
re , se non alla consolidazione , almeno alla momeatanet
salvezza dell' impero ? Inoltre devesi soggiungere che» am-
mettendo, secondo il Montesquieu^ i tre principj del gover»
no siccome leggi di natura o della ragione devono pure
ammettersi come altrettante leggi di natura e della ragione
tutte quelle altre che potrebbe inventare la politica come
rispondenti alle qualità e alla specie diversa di questi prìth
cipj medesimi. Quindi sarebbe logico il riconoscere e dw
chiarare per leggi di natura e della ragione le leggi santoa»
rie e l'annientamento della famiglia in Isparta, perchè op*
portunissimi stimoli alla rigida virtù della democrazia; il
feudalismo ed il diritto di primogenittira, perchè atti a te-
nere in freno le masse coli' innalzamento a potenza di po-
che famiglie; lo stolto sistema di magnificenza e vanità di
Federico I di Prussia, anzi che quello della parsimonia mi-
litare del grande Federico II suo successore, perchè col
primo si anticipò il nome di re ad un piccolo duca od
elettore, e perchè col secondo si ripose la grandezza del
regno nella disciplina e nella forza dell' esercito. Il che io
non saprei dire quanto si confaccia ai veri principj della
scienza politica, comunque si accordi coi fotti della storia.
Goncbiudasi pertanto^ che il metodo storico, come discon-
viene qual fondamento o principio del vero e del certo
nelle scienze morali in genere, cosi ripugna come tale alla
filosofia, al diritto, ed alla politica in ispecie >.
Dopo questa splendida dimostrazione V autore nota che
non vorrebbe che §i traessero dalle sue dottrine illazioni
esagerate, per lasciar credere che debba stabilirsi una spe-
cie di divorzio fra le scienze morali e la storia. Conchiitde
9fizi la ^qa Memoria mo^trapdo j b^neficii segna|at|ssimi cb^
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149
h storia rende agli studii morati: e come sia da stimarsi
l'attuale tendenza del secolo agli siudii storici. Noi credia-
mo di riprodurre anche quest'ultimo squarcio per far sem^
pre più conoscere come i pensatori italiani sappiano nel
trattare argomenti filosoGci serbar sempre quello spirito di
moderazione che non é che l'espressione della sapienza co*
scienziosa.
« La storia (dice Tutore) none ehe la manifestazione
dell' idea nel mondo delle nazioni. La storta, in quanto si
fa la investigatrice e narratrice della vita interna ed esterna
dei popoli, delle loro leggi, dei loro costumi, delle epoche
della loro grandezza e del loro decadimento , percorre e
comprende tutto l'ambito della scienza dell' uomo e delie
sue relazioni ; e per ciò va a congiungersi intimamente non
pure colla filosofia, ma con tutte quante le scienze morali
si pure che applicate. Quindi non sarebbe né possibile nò
ragionevole un assoluto divorzio di queste scienze dalla
storia. Ma altro è che la storia si oongiunga per si fatto
modo colle scienze morali, quale scienza ausiliare od affine
ed è ben altro che col suo metodo pretenda di stabilirne e
fondarne i principi e le dottrine, dichiarandosi essa stessa
scienza unica e principale, dominatrice e trasformatrice in
8Ò medesima di tutte le morali discipline. Nel primo sup-
posto essa è scienza indispensabile ed ajutatrice; nel secon-
do diviene scienza fallace e sovversiva ; là avvi il buon uso
della storia, e qui il suo abuso.
> È innegabile per tante ragioni, ma fra la altre per lo
spirito di imitazione e di emulazione, od anche per il bi-
sogno di un sapere più certo e positivo, essere il nostro
secolo più che mai propenso e dedito agli studj storici,'
ttccbè la tendenza generale de' nostri più chiari ingegni
terso la storia ò un fatto che si può regplare, ma non di-
sU'oggere o disapprovare. E non è egli un istinto naturale
td irresistibile quello che ci porta a conoscere il vero do^
dunque si trovi o donde ci venga, ed a congiungere il pre*
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150
sente col passato, per indagare la origine e ?e vicissitudini
degli Suti, le somiglianze e gli af^glomeramenti o trapassi
di stirpe e di parentela tra ttàziooi le più dissimili e tonta*
ne 9 e per riconoscere ed apprezzare tutti quanti gli sforzi
e i movimenti anche inconsapevoli e spontanei deir imeni
umanità sotto l'impero della legge del progresso e dell' or-
dine mirabile coti che la governa la Providenza ? E non si
innalza a grandiosi concetti la mente, ed a nobili sentimenti
il cuore allorché n'é dato di dominare in un punto col-
minante , com' è qtfello della storia , tutti i corsi e ricorsi
dell'umana famiglia nelle varie parti del globo, per servir
sempre a questa legge ed a quest' ordine provvidenziale; dì
dischiudere i tesori delle istorie patrie non per boria na-
zionale, ma a miglioramento o ad emenda dei posteri; di
rivendicare alla luce del vero la virtù degli onesti coli' »•
famia de' tristi; e di riirarne preziosi documenti a norma
del vivere più riposato^ tanto dell' umana società, quanto de'
suoi indivìdui ? Rfa se '6n qui non si può che animare ed
approvare questa tendenza agli studj storici perchè essa si
contiene ne' suoi giusti con6ni , sarebbe improvido e dan-
iioso ir renderla predominante ed escltisiva con soverchio
plauso ed eccitamento, e nell' idea di sostituire per essa il
semplice materiale della scienza alla adenza medesima. La
storia distende ed amplifica la sfera delle nostre cognizioni
e di cognizioni utiKssime. La storia pensa, giudica ed eru-
disce, ma sempre riproduce, e non inventa nò crea. Lai st^
ria, non curando che il passato, ci fa mena presdà oo> pre-
sente. Lo stodio della storia altrui potrebbe essere di- oste*
Oolo é (Preparare la propria. Il secolo XV, eosl rinemaio
per l'erudizione, non fu il secolo più splèndido della tia^
Kana letteratura. — Egli è con questi avvedimenti è rispeiii
che devesi assecondare ed inìcoi^ggire la eonyune lendenaa
agR studj della storia ; ed a tanto può giovare U persoa^
sione che il metodo sCortco noti possa aervire per aè di
base, ed a criterio della verità 0 deHa certezsa nelle seien-
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451
te morali, ticcome venne per me già dimostrato. Finalmente
né 8i degrada né si svilisce la storia riehiamandola al suo
vero compito od officio. Questo suo compito è grande e
glorioso più che mai fci possa immaginare. Esso consiste
principalmente nella revisione e nel!' appuramento, la mercè
della sdenta critica, de* suoi monumenti bugiardi o mal
interpretati ; nel rifacimento di quelle storie in cui, in cam-
bio della verità e sincerità, spiccano Tira e l'amore di
parte, le opinioni e le passioni dell' autore; nel fare prò
delle grandi scoperte dell' archeologia , dell' etnografia e
della linguistica, che raltargano ed appianano il campo a
più sode induzioni storiche sul mondo antico; nel miglio-
rare il proprio metodo, che non può più essere né il nar-
rativo arido come la pura cronaca , né l' oratorio inorpel-
lato dalle sue parlate e daf suoi piagnimenti, né l'ideale o
filosofico che improvvisa o romanzeggia in mezzo alla real«
tà storica; ma bensì il vivente o drammatico, col quale si
dipinge e si descrive tutta la vita d' un popolo, ovvero ciò
che esso ha pensato, sentito edf operato in un dato spaziò
ed in tm dato tempo; nel gittare con salde ed irrefraga-
bili testimonianze le fondamenta della certezza morale e
del consenso del genere umano, a sostegno dell'autorità
delle tradizioni; nel connettere e riunire i fatti su tale re-
lazione di antecedenti e di conseguenti, che vi si vegga
campeggiar sempre il principio di causalità, nel che sta pre-
cisamente tutta la filosdfia della storia; nel riformare e ri-
eosiftaire pressoché tutte le storie dì scienze e di lettert-
tura , scritte da penne imperite o profane ; nell' avvancag-
giarsi infine dei progressi e del verace lume dì tutte le al-
tre scienze, o come sorelle o come sovvenitrict di pensieri
e di gfodizj stigli uomini e sugli avvenimenti che devonai
rramandare aHa prosperità col suggelto della storia quale
speeehio del vero, qual maestra della vita, quale emenda-
ffiee de' nostri eostumf. -^ E se la storia tanto si propon-
ga, e tutta si concentri nell' adempimento di quest» còm-
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452
pilo cosi Tasto ed onoratissimo, chi vorrà mai dire eh" essa
venga abbassata e depressa, o non piuttosto levata al som-
mo di tutta la sua importanza e grandezza, ad onta che se
oe debba eliminare e precidere il metodo storico, come
inetto a fondare il vero ed il certo delle scienze morali ,
siccome il prova l'assunto della prima parte della preseate
Memoria? »
Noi esprimiamo i nostri più fervidi voti perchè T auto-
re trovi tempo ed agio che basti per condur presto a ter-
mine questo suo dotto lavoro, che può dirsi una nuova
protesta del senno italiano contro le fantasticagini geraia-
niche.
{««•Ti 4#enMienll statlstlel Intera» al pae»!
( Continuazione e fine. Vedi il fascicolo precedente , pig. 45 ).
La California.
V.
E
queste le son bagatelle, ma quando la frode e la vio-
lenza si esercitavano impunemente in tutta l'estensione dello
Stato; quando le corti di giustizia, invece d'essere il ter-
rore dei colpevoli, loro offrivano un rifugio e li coprivano
odia loro protezione, si incominciò ad accorgersi della gra-
vità della situazione, e la comunità si mosse, nell'interesse
della propria sua difesa, oontro i mostruosi abusi eh* essa
atessa aveva creati e che creavano ancora, a ciascuna ele-
zione successiva. Un'altra eausa che pareva aver molto con-
tribuito air impopolarità dei tribunali , fu l' estrema incer-
tezza dei tit<^ territoriali, incertezza che ha regnato molto
tempo e che regna ancpra ra Galiforoia. In gran parte è la
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453
conseguenza della confosìone nelle regole del diritio e nei
limiti della proprieià, che s' era introdotta nei creoli spa-
gnuoli ai diritti dei quali .trovavansi sostituiti i prioai acqui-
renti americani. Ma questo male è stato considerevolmente
aggravato dall' incapacità e dalla corruzione dei tribunali. La
storia della California ci fornisce abbondanti esempi del
modo con cui questi tribunali favorivano gli intrighi degli ar-
diti speculatori: noi ci limiteremo a citare il famoso caso del
dottor Smith» comechò esso sia facile ad essere inteso. U
dottore Peter Smith, fece nel 4850, colla città di San-Fran-
eisco, tm trattato pel quale egli incaricavasi del mantenimento
de' suoi malati indigenti, io ragione di quattro dollari ( 30
franchi ) per testa al giorno. Il dottore esegui fedelmente
i suoi obblighi: ma la città, avendo poco denaro contante
lo pagò quasi intieramente in carta, producentò un interesse
di tre per cento al mese. Nel 4854, si fece un atto onde
convertire questa carta in debito consolidato: ma certi cre-
ditori, alla testa dei quali stava il dottor Smitb> non trovando
le condizioni della conversione di loro gusto, fecero alla
città un processo ch'essi guadagnarono, ed il dottore, in
virtù del suo giudicato, fece praticare un sequestro sulle di-
verse vie appartenenti alla corporazione, sui terreni dell'an-
tica casa civica, sull' ospitale della [città e sue dipendenze^
Ora, queste stesse proprietà erano state legalmente, -^ al-
meno lo si credeva» — messe a disposizione di commissari
nominati dall'atto di conversione di cui si parlò più sopra.
I commissari s'affrettarono a dichiarare pubblicamente che
tutte le vendite che potrebbero aver luogo in forza del
giudizio Smith sarebbero illegali e considerate come nulle.
Ne risultò che le proprietà sequestrate furono vendute dallo
sceriffo a prezzi quasi nominali. U dottore continuò adun-
que i suoi sequestri, fino a che la maggior parte dei beni
delhi città, valutati a più migliaja di dollari, fosse stata ven-
duta alle stesse condizioni illusorie, onde coprire un debito
di venti mila dollari. Il pubblico era sulle prime disposto
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154
a trattar Taffare come urta eommedta, un pò dispendiosa ,
gli è verot per gli acquirenti. Ma , ebn gran meraviglia di
tutt' il mondo, la eorte suprema decise che queste vendite
delle vie ed altre proprietà della ehth erana legali! La mo-
nicipalità fu rovinata; il deficit fu riscattato per messo dì
tasse sugli abitanti; coloro che avevano comperato a vii
prezzo realizzarono enormi fortmie, ««- e i giudici?
e Non è facile, vi risponderanno i discreti annaUsii, lo
acoprire e segnalare i veri colpevoli: ciascuno su ciò può
avere la sua opinione. Ma ciò che parve perseverante sì è
che pare sia nel deétino di San-Francisco di essere predalo
da tutte le bande , e che i suoi « notevoli cittadini » ab-
biano troppo spesso T occasione di for delle fortune rapide
insieme e facili ».
I casi disperati esigono dei rimedj eroici, e i disordioi
dei tribunali della California ebbero per risultato di produrre
le applicazioni forse piò rimarchevoli e più sistematiche
della legge di Lynch al cor^o politico, che ebbero loogo
subito che gli antichi tribunali vehemici della Germania cad-
dero in disuso.
Nel 4849, ! cittadini di San-Franelsco avevano improv-
visato una polizia propria, h quale aveva per iscopo di
porre un termine agli eccessi d' una associazione di periur-
batori della, tranquillità pubblica , la quale aveva preso il
nome di e La Mota » e che distinguevasi particolarmente
per le sue violenze sdi disgraziati che frequentavano le con-
trade a queir epoca. A questa polizia succedette nel 1851
il famoso e Comitato dì vigilanza >. San-Frandsco aUora
era in uno stato spaveittoso: la legge^ che si rispetta ^dap-
pertutto altrove, colà noti era Che un oggetto di deririone;
gli inccnd]^ questi flagelli distruttori, non solo pei disastri
cui danno luogo, ma anche pei sospetti ch'essi lasciano cre-
scere, mottiplicavansi in^ tm modo allarmante. Fu in queste
circostanze che un certo numerò dei principali cittadini si
obbligarono, con un atto scritto, di proteggere le persone
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155
ed r beiìii dei loro eondttadmi. Si seelse an Joe&Ie, nel quale
uno o più membri del Comitato dovevano essere sempre
presenti, ad ogni ora del giorno e della notte , onde rìce-
Tere i rapporti ehe sarebbero fatti sogli atti di violenza
coTrimess}. Se, nell'opinione del membro o dei membri
presenti, il caso richiedeva un'intervenzione immediata,
convocavasi il Comitato per mezzo di due colpi battuti su
d'una campana, e questo segnale era ripetuto molte volte,
sd un minuto d'intervallo.
Erano alcuni giorni appena che il Gomitato funzionava,
quando fece arrestare, giudicò e condannò a morto, per
furto, uno fuggito da Sydney, certo Jenkins. Le autoriti
della citth furono gentilmente invitate a non immischiarsi ,
mentre che si appendeva il colpevole ad una corda attac*
cata ad una trave che spoi^eva sulla Plaza. Un verdict del
eoroner dichiarò che era morto per strangolamento, pel
fatto ed in seguito d'un'azione concertata tra un'associazione
di cittadini prendente il titolo dì Comitato di vigilanza, e
molti membri del Comitato furono designati a nome. Tutt'il
Comitato, che comprendeva alcuni degl'individui i più ric-
chi, i più influenti ed i più Hspeitabili della città, assunse
sabito ed impunemente la responsabilità pubblica di questo
atto, e si obbligò di esercitare la sua giurisdizione somma-
ria in altri casi.
La prima collisione seria colle sedicenti autorità ebbe
luogo in occasione di due malfattori nominati Whitthaker
e Mackenzie, che il Comitato aveva riconosciuti colpevoli
di diversi furti ed incendii , e condannati a morte. Il go-
vernatore dello Slato credette dover intervenire. Lo sce-
riffo, armato d'un mandato d'Aaòeas corpus ^ si rese alla
sala del Comitato e seco recò i due condannati. ! due mem**
bri del Comitato furono tosto contocati colla campana d'aK
larme. Si recarono subho alla prigione, le di cui porte Ai«
rono sforzate, malgrado una lieve resistenza da parte dei
guardiani e dei carcerieri. Mackenzie e Wittaker furono ri«
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presi e rimasero appesi alle finestre della sala del Comitato,
M. i eapi delle corde essendo rigettati al di dentro e ratte-
nuti a forza dagli stessi m^n^bri. > L' informazione del co*
roner ebbe luogo come al solito, e come al solito le auto-
rità intimidite non osarono darvi seguito. In tutte le parti
dello Stato si formarono tosto dei Comitati figliali di vi-
gilanza ; una moltitudine di malfattori, dei quali si tralasciò
di rilevarne il numero, furono appesi, sferzali od espulsi;
e grazie a questa demissione sommaria si ebbero cinque
anni di tranquillità..
Ecco del resto come uno straniero rende conto d'una di
queste esecuzioni improvvisate, di cui egli fu testimonio
oculare: e Non conoscendo alcuno, egli dice, e desiderando
farmi indicare il colpevole, io domandai ad un individuo,
che si teneva un pò in disparte, quale era Tuomo che do-
veva essere appeso ; al che egli rispose senza che il suo
aspetto facesse la minima alterazione: « Credo d'esser io,
signore t e Una mezz'ora dopo il disgraziato era appeso ad
un pezzo d'albero, e la piccola comunità disperdevasi assai
tranquillamente. » ^
Ma nel 4856 si dovette tornar da capo. Queste volto il
Comitato di vigilanza riorganizzato ebbe non solo a repri-
mere gli atti colpevoli di violenza, ma a lottare comro la
grossolana corruzione politica che supponevasi ne fosse, la
causa e che serviva certamente ad incoraggiarli.
« Considerando, dice l'atto costitutivo del Gomitato, che
è divenuto evidente pei cittadini di San-Prancisco che i re-
golamenti della Società , come esistono al presente , e le
leggi» eome sono ora amministrata, nion presentano alcuna
garanzia per la sicurezza delle persone, né delle propriet.\
che malfattori s'associano onde rapire i bossoli dello scru-
tinio , loro sostituirne degli altri* od empirli di bollettini
<{he non eranvi stati deposti, d'onde ne risulta che le no*
atre elezioni sono, falsate, i nostri diritti violali, e non resta
altro mezzo di manifestare la volontà del popolo.... »
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157
L* antico Comiinlo di sicurezza pubblica fu adunque ri-
stabilito con maggior solennità di prima. Questa volta perA
le autorità intervennero davvero. Davide Terry, giùdicef
della corte suprema, lanciò un mandato d'habeas co'pus nel
caso d' un certo Miltigan cbe il Comitato aveva fatto arre*
stare per furto e frodi elettorali. Il governatore dichiarò
San-Prancisco in istato d* insurrezione , e credette di dove^
re reclutare degli ausiliarii per la eausa della legge e del-
l'ordine. Questi ausiliarii, ci si dice, appartenevano tutti alle
infime classi della società , e il Seyd li designa con motla^
bizzarria come « un ammasso d'intriganti di basso grado
di gesuiti, di demagoghi e di falsari! elettorali. » Il Comi-
tato che rappresentava, a quanto pare , 1' elemento conser-
vatore, continuò, cerne al solito, le sue investigazioni, senza
inquietarsi di questi deboli avversarli. « L'ascendente della
maggioranza, esso proclamò, è uno dei prineipii fondamen-
tali del governo repubblicano ; e quando dei funzionari cor-
rotti, ohe si sono fraudolentemente impadroniti delle redini
dell* autorità , impediscono appositamente l'esecuzione delle
leggi e allontanano la pena' dalla testa dei colpevoli , il
potere ch'essi hanno usurpato ritorna di diritto al popolo ,
al quale è stato tolto >. Pino al 20 giugno, il Comitato
aveva disposto di ventisei individui , dei quali tre erano
morti (appesi !), e gli altri banditi ; essi erano stati dichia-
rati colpevoli d'essere < notoriamente cattivi soggetti e per*
Bone dannose , come tali perturbatori della pace pubbUca ,
violatori della purezza e della sincerità dello scrutinio. »
Le sentenze erano 8igni6cate a ciascuno degl'individui con-
dannati al bando ; il suggello portava l' impronta d' un oc*
Ohio, simbolo adottato dal Gomitato. Inflne s'elevò una dif*
Scolta, nel corso della quale il giudice Terry colpi con un
coltello un agente di polizia del Comitato. Nello spazio di
pochi minuti tre o quattromila cittadini erano uniti alle
armi ; i mantenitori della legge e dell'ordine furono assediati
e disarmati; il giudice Terry condannato in prigione, poi
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45S
messo in libertà con dispretto. Il irioofo del Comitalo era
completo. Dopo avere ìniierameote purgato la comanità egli
stesso si demise dalle sue funzioni ; ed è io questo modo
che terminò» almeno pel momento, una rivoluzione che,
neiropinione della signora Parnham : € ha fornito la prova
più soddisfiicente della capacità degli Americani a gover*
Darsi da sé medesimi. »
Ma t diranno gli entusiasti , queste non sono altro che
nubi passaggere che oscurano per un momento il magnifico
avvenire della California: ciò che importa di notare si è
che in mezzo ad istituzioni politiche che cadono prematu*
rameote* sotto il generale disprezzo, e eoo una popolazione
che non riconosceva oè lef^i, né legislatura, nemmeno
quelle che ha fatte essa medesima, la grand*opera della co-
lonizzazione e dei miglioramenti cammina benissimo come
avrebbe potuto farlo sotto la più perfetta delle utopie. Noi
non esamineremo fino a qual pimto si può ammettere , in
lesi generale, che il benessere fisico dell'uomo conurabilao*
ei la corruzione morale e politica. Noi crediamo che vi ha
qualche cosa di più semplice da rispondere a questi otti*
misti; cioè che la California, con tulli i suoi vantaggi at-
tuali, colla prospettiva certa d'una prosperità definitiva, pure
non progredisce almeno in proporzione a quanto si doveva
aspettare ed alla quale ha essa realmente diritto. Ha un bel
fare, la California non può attirarsi l'emigrazione, ora che
la febbre dell' oro è calmata. Essa non offre un campo di
lavoro attraente per la parte civilizzata e tranquilla della spe-
cie umana. Il primo tempo in cui s'arrestò nella meravi-
gliosa sua carriera (u la scoperta dell'oro in Australia, che,
nel 4854 , ricbis^poò in un momento tutta la ^a popo-
lazione nomade atte miniere. Moki ritornarono , non v* ha
dubbio, la maggior parte sqoraggiati dal poco loro successo
in una regione do?e, se i depositi auriferi sono più ricchi
che in California; U lavoro d'estrazione è, dicesi, più lati-
coso; alcuni, disgustiHi del contatto coi condaimati della
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159
tenu di Van Dicmen e della Nttora^Galles del sud. Pure,
ed infine, rémigrasione verao Tovest eoniiiMiò, ed i suoi ef-
fetti sono stati d'allora in poi molto sensibili In Galiforniu. Alla
fine del 4853 la California, ooatava eirca 350,000 abitanti,
di cui un quinto erano donne. Negli ultimi tre aoni la sua
popolatione non s'è quasi aumentata ; la corrente deiremi*
{razione parerà essersi diretta, pel momento, dall'altra parte
dell'Oceano Pacifico. Il signor Seyd vorrebbe farla ritornare
verso la California, ove, egli dice, < si vedono delle serventi,
delle donne che lavano il vasellame, le quali sono pagate
come un giudice in Germania ; dei negri che s* haoiie il
trattamento d'un maggiore o d'un colonnello prussiano ; dei
rsgazzi di dieci anni cbe guadagnano, per fare alcune eom«-
roissioni, il doppio di ciò che si paga io Europa ad un luo-
gotenente di linea. < Sembrerebbe, in simili condiaùoni,
dover essere un compiN) feoile, ma non è punto cosi. Gli
emigrati, anche quelli della classe più volgare, hanno dei
bisogni generali oltre a quelli della semplice natura; essi
comprendono, come gli altri, che la sicurezza, l'ordine • la
civiliszatiooe, non sono cose afiatlo indifferenti. V ha , noi
lo crediamo , un comiaeiamento di miglioramento sociale ;
ma vi vorranno degli anni perchè la CaUIbrnia riacquisti il
800 carattere compromesso dai bossoli a scrutinio pieni di
falli bollettini , dei Comitati di vigilanza , e dei suoi eitta<^
dini rispettabili che tirano il capo d' una eorda che strao-»
gola qualche disgraziata vittima del v^rdiet pia o meno pafr-
sionatò d'un giuri costituìlo onde mettere in eseeuzieièe la
iegge di Lyneh.
IV.
È impoesibile di non far notare il eonirasto ebe prer
sentaroBO la^ California e l' Australia in simigliami cìmoma-
ze. Allorché si iraltè , per h prhna volta , delle rive auri-
fere della Vittoria , questa provincia era quasi neUa stressa
situazione deHa l^alifornia, i suoi fieni erano ooenpaii da
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J60
qualche migliaja di coloni e di squatters. Lo slancio verso
quei luoghi fu ancor più violento, se è possibile, e Tecciu-
zionè più folle che in Galirornia. La situazione fa singoiar*
mente aggravata dalla presenza d*un gran numero di eon-
damnati (uggiti dagli stabilimenti penitenziarj , ove, ciò che
non valeva meglio, liberati dal carcere e portatori di per*
messi di circolare, arrivavano in folla agli stabilimenti vi-
cini « che avevano di già servito di prigione. Naturalmente
si supponeva che le scene di Sacramento stassero per rinno-
varsi con nuovi eccessi sulle pendici di Ballarat e di Beo-
digo. Ila i fatU smentirono queste congetture. Senza dubbio
si commisero delitti e numerosi atti di violenza; vi fu una
seria insurrezione, molte sommosse sanguinose, ma la voce
calma e regolare dell' antica legge inglese e deirordine fu
dovunque intesa. Il vero principio conservatore della società,
il rispetto delle istituzioni stabilite, di quelle istituzioni al-
cune volte per sé stesse insignificanti, ma che baiano una
grand'importanza come parli d*un tutto, permise alla comu-
nità di passare impunemente una lotta tanto intensa. I iri*
bunali non cessarono per tutto il tempo di funzionare re-
golarmente, senza mai lasciarsi intimidire o corrompere;
noi non sappiamo nemmeno che la loro integrità sia mai
stata posta in dubbio. Eccettuati alctmi casi isolati, non si
ebbe mai ricorso alla giustizia irregolare del popolo; si
comprendeva che questo ricorso era inutile. La colonia di
Vittoria ha tre anni meno (sotto il rapporto aurifero) della
California; essa non produce più oro; è un paese nieoo
fertile, meno pittoresco, meno attraente; pure In sua popo-
lazione s'eleva di già a 450,000 anime, di cui un terzo di
donne, — sproporzione molto seria , ma che pure non è
intollerabile. Benché i luoghi in cui si recluu la massa
della sua popolazione siano più lontani, e ohe il viaggio aia
più dispendioso^ essa non riceve meno costantemente, ed in
gran numero, emigranti d'ogni classe; i capitali stranieri vi
sono abbondanti ed a buon mercato, e le intraprese d'ogni
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461
natura eolà trovano tutto l' incoraggiamento desiderabile.
Quanto ai progressi morali e sociali, non vogliamo 'stabilire
paragone tra i due paesi; noi ci limiteremo a dire chCf
malgrado la massa d'antichi condannati che si suppongono
stabiliti alla Vittoriai il numero totale degli individui posti
sotto la sorveglianza della polizia non eccedeva, al mese di
dicembre 4857, la cifra di 934.
Quali sono le cause d'una differenza cosi marcata nelle
fortune recenti di queste contrade, che si potrebbero consi-
derare come sorelle? Noi ne segnaleremo due, di cui noi
lasceremo Testimazione ai nostri lettori. La prima è il modo
diverso con cui queste terre sono state amministrate. Men-
tre quelle della California sono state» fio dalForigine, preda
d'abili speculatori, apportando assolutamente nulla allo Stato
e contribuendo per niente ai pubblici bisogni, quelle della
Vittoria erano strettamente assoggettate ad un sistema d'ap-
propriazione severissimo e stabilito; noi non abbiamo bisogno
di dirlo in vista d' uno stato di cose affatto straniere alla
produzione aurifera. La metà del prodotto delle enormi ven-
dite di terre, che succedevano, era regolarmente trasmesso in
Inghilterra, dove, tre commissarii nominati per atto del
Parlamento, lo impiegavano nel fornire alla colonia ciò che
aveva più di bisogno; robusti coloni agricoli specialmente
donne, — persone tutte le di cui . risorse domestiche sareb-
bero state insufficienti per loro permettere di andarvi da essi
medesimi. Nell'intervallo dal 1854 al 4857, questi commis-
sarii hanno spedito, in numeri rotondi, 30,000 emigranti
maschi e 50,000 femmine. Il governo locale è ora in pos*
sesso della rendita delle terre, e pareva disposto ad impie*
garla saggiamente, mettendo a profitto le lezioni dell'espe-
rienza.
La seconda causa è stata ed è ancora la differenza di
governo. Gli abitanti della Vittoria possono vantarsi d'essere
liberi come quelli d'alcuna comunità della terra; essi si go«
AfWAu. Slaliatka^ voi. XXii* strie 5* il
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162
vernano da loro 8te$si, nel solo significato della parola che
abbia un valore, cioè ch'essi fanno le loro leggi per meno
dei loro rappresentanti e che essi amministrano le proprie
loro finanze. Ma in tutto il loro periodo di prova , ed àn-
che oggidì essi sono stati amministrati da fuiìzionarj esecu-
tivi, che dipendono, in fine, dal popolo, ma che non sono
eletti direttamente dal popolo, e che sono per consegoenza
al coperto di quel disprezzo che, dappertutto altro?e, la
moltitudine mostra cosi capricciosamente ai . favoriti effimeri
venuti dal . bossolo dello scrutinio. E ciò che è ancor piò im-
portante si è che tutti i giudici sono nominati, secondo Tao*
fico e buon metodo europeo, dall'autorità esecutiva supre-
ma , per tutta la vita , almeno in pratica. Il capo del go«
verno avendo poco potere diretto, ma una grand'influenu
personale, è stato il rappresentante della madre patria, e eo-
rae tale al di sopra delle passioni locali e della eomunilL..;
in lontananza si è sempre scórta l'ombra della corona. Po^
se sì contesterà l'efficacia di queste cause; ci basti di eoa-
statarne con confidenza il risultato. — La più giovane di
queste due sorelle aurifere, e la meno favorita sotto il rap-
porto dei vantaggi naturali^ ha, per ora, sorpassata la sua
maggiore, la quale ha inalberato i principj americani: « la-
sciate fare e progredire », e pare debba mantenere la sua
raperiorità. {Edinburg Review).
in appendice al fin qui detto riprodurremo dagli Anna*
k$ du commerce exìerieur alcuni interessanti dati statistici
sul momentaneo movimento delle popolazioni delle mi-
niere.
< La California, un momento spaventata dal rapido spo-
polamento che s'operava tanto a San Francisco che nell'io-
lerno, daiTabbandono delle sue miniere e delle diverse sue
intraprese, riprende coraggio vedendo ritornare coloro che
Y avevano abbandonata cosi imprudentemente. Il suo eccel-
lente clima, rinesauribìle fertilità de! mo suo suolo, le sue
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46S
miniere d*oro, di mercurio, di carbone, offrono delle risor-
se che non sono esaurite. KW inoootro , dopo i moki mi-
lioni di dollari estrani dalla sua superficie fin dal 4849,
oono venuti altri milioni , ancor più numerosi estratti dai
suoi quarzi, dai suoi tunnels, dalle sue montagne, dai Ietti
dei suoi fiumi, col mezzo di colossali intraprese che non
sono , al dire di tutti , che al loro principio e jiromettono
abbondami raccolti a più generazioni avvenire.
« Non bisogna che gettare un occhio sulla cifra delle
spedizioni d'oro del 1858 per convuiGersi che invece di
diminuire, i prodotti auriferi della California si manten-
gono , ed anzi vanno aumentando. Ecco queste cifre pel pe -
riodo dal 5 genoajo al 5 luglio dell'anno 1858:
Il 5 gennajo 1858 . . . . 1,966,636 doli
Il 20 > .... 1,881,630
Il 5 febbrajo 1,954,000
Il 20 . 1,571,086
Il 5 marzo 2;086,379
Il 20 > 1,661,929
Il 6 aprile 1,674,294
II 20 . 1,947,784
Il 5 maggio 1,912,879
Il 20 » 1,879,672
Il 5 giugno • 1,236,062
Il 20 • ' 1,857,995
Il 5 luglio 1,618,891
lan
23,250,487 dollari
Quindi in franchi 125,551,010
» Non bisogna dimenticare che questi 23 milioni 1/2
di dollari non rappresentano il totale vero. dell'oro esporta*
lo; ma solo la |iar4e che figura oOiciahnente più manifesta.
Se si calcola tuuo quello che resta nel paese e quello
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464
che se n'allonUDa senza dichiarazione, si arriverà facil>
mente ad una cifra di 450 milioni di franchi come risul-
tato delle operazioni delle miniere della California durante
il periodo di sei mesi e mezzo che sono passati dal 1.^ geo-
najo 4858; è quindi una media di 23,076,920 franchi al
mese.
» Bisogna, gli è vero, dire che il lavoro non è più ciò
eh* è stato; esso è divenuto tanto più rozzo, più faticoso,
quanto più si è discesi dalla super6cie nella profondità del
suolo. Esso ha cessato d'essere alla portata di tutti per pas-
sare nel dominio esclusivo delle Compagnie e del capiule,
esigendo forti anticipazioni onde assicurare il successo delle
intraprese. E forse è appunto ciò che ha determinato e
precipitato le partenze verso il Fraser; v'ha la prospettiva
di ritornare padroni e lavoratori insieme , di lavorare per
sé direttameùte , di estrarre da solo il profitto del caso , e
di realizzare ciascuna sera il beneficio netto della (allea
della giornata che ha agito meno. Ma ora che le aeque
del Frazer tolgono a queste legiuime e naturali ambizioni
i tesori da tutti sogtiati , sarà pur necessario che quesii
uomini si rassegnino a venire a ritrovare il cammino dei
vecchi claimi di California che facevanli vìvere comoda-
mente, e ch'essi hanno troppo presto disdegnati.
I clomialt presso gU imttoltl Romani.
(Ì^^W Jrchiffio ttarieo, tom. IX. Firenze 1859).
N
el 1858 Vittorio Le Glerc pubblicò a Parigi una Memoria,
Sui giùrnali presio i Romani^ nella quale con molta uma-
nità e discorso e con erudizione squisita trattò la questione
di ogni sorta di atti pubblici a Roma, e quindi degli atti
diurni^ e di loro forma o materia e vicende e importanza.
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165
Qoanto alla origine egli slima probabile che i giornali co-
minciassero tre anni dopo la cadula di Numanzia, cioè nel
6SS, quando cessarono gli Annali dti pontefici; congettura
combattuta da altri, i quali appoggiati ad uu passo di Sve-
tonio, interpretato in modo diverso» riportano al primo con^
solato di Cesare la prima pubblicaiione degli atti diurni.
Più recentemente altri scrissero sullo stesso argomento
in Germania, e da ultimo usci la Memoria del Rensen, nella
qiiale si illustrano di nuovo gli aUi diurni del popolo, gli
atti del senato, gli atti militari, gli atti forensi, e si ricerca
la loro forma e materia e valore, usando spasso buona cri*
fica, e talvolta combattendo eon ipotesi non meglio fondate
delle ipotesi antiche. Del che basti citare un esempio. 11 l^e
Clero pensò e fu seguito da altri in questa opinione, che
Cesare facesse pubblicare gli atti del senato per togliere ai
padri il prestigio del mistero in cui si avvolgevano, e per
diminuire la loro autorità ai cospetto del popolo. Il che se-
condo noi, non apparisce inverisimile e si accorda benissimo
colla politica e cogli intendimenti dell'uomo che mirava 9
distruggere gli ordini antichi, ed a recare lutto in sua mano.
Ma il nostro autore, tenendosi ad avviso contrario, nega
senz'altro questa spiegazione, e afferma che Cesare fece
pubblicare gli atti senatoriali pel suo amore alle lettere e
ai monumenti.
Per ciò che spetta alla materia di cui discorriamo dagli
sludii antichi e recenti risulta chiaro che a Roma, negli
ultimi tempi della repubblica, e per tutto l'impero, vi erano
giornali che in alcune parti rassomigliavano ai giornali mo-
derni, e con veri nomi ehiamavansi diurna populi romani^
dìuma urbis acta, diurna actarum scriptura, populi diurna
aeta, diurni eommenlarii, eommentarH rerum urbanorum,
aeta rerum urbanorum, aeta urbana, urbiè acta, publica
aeto, e anche aeta senz'altro. Non ne rimane alcun brano
ohe ci dia precisameme la Ibrma di essi, perchè i fram-
menti che si riportano fino all'anno 585 di Roma, sono
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evidentemente un' imposHira di qualche erudito del
lo XVI. Ma rrmangòno molli fatti che gli scrittori tolsero
da questi giornali, e quindi è fidile a?er notizia della loro
natura , delle cose che raccontavano al pubblico , e della
fede che potevano meritare come monumento di storia.
Quando la potenza romana fu molto ampliata, i cittadini
che per causa di affari pubblici o privati erano eoatretti a
trattenersi in paesi lontani, si ragguagliavano delle cose di
Roma per via di lettere, le quali, istituitt i giornali, erano
per lo più copie o estratti di essi. Le lettere di Cicerone
e quelle a lui dirette da altri ci danno per più anni parec-
chie delle cose contenute in questi diarii, i quali riporta-
yano i senaticonsulti, gli editti decretati per pubblica auto-
rità^ le cose forensi, gli intrighi de* comisii, i nomi dei
magistrati designati, i processi, le ingiuste assoluzioni e le
fischiate fatte al teatro contro gli avvocati dei rei. Delle
cause celebri davano notizie più particolareggiate; sull'affare
di Milone, Asconio Pediano trovò nei giornali molti fotti con
cui potè ijlostrar Cicerone, e narrare i tumulti del tribu-
nato di Cìodio, un liberto del quale assetò Pompeo i^ sua
casa: e di là raccolse i particolari sullo scontro a Boville,
sul giorno preciso della uccisione di Clodio, sulle agitazioni
popolari e sui discorsi pronunziati nel iÒro da Sallustio e
da Quinto Pompeo, tribuni turbolenti particolari oeaiicldi
Milone.
Vi erano annunsii deUe morti di uomini celebri, fune-
mlii 'miserie e ridteolezae degli uomini, scandali, chiacche-
re, aneddoti di teatro, attori fischiati, avventure galaoii,
adulterii, nozze, divorzii, descrizioni di giuochi di gladia-
tori, notizie di ciò che accadeva a Roma cfoi giorno, no-
tizie di guerra, considerazioni politiche: laaciavasi travedere
che Pompeo mancava di spirito e Cesare di probità; e poi
dicevano dell' Italia invasa dal vincitore delle Gallio. Aveva-
no declamazioni contro i visii e la eornizioM del seeolo;
dicevano di feste roligiose, di dedicazioni di teiopli, di prò-
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467
<)igt 6 porieoti. Flinio trovò nei giornali che nel 710 erano
piovuti mattoni.
Più abbondanti sono i ricordi che si hanno dai giornali
nei tempi dei Cesari, e ci sono anch' essi teslimonii dei co-
stumi del tempo e di queil* obbrobrioso servaggio* Cresco-
no i chiacchierìi e le inezie raccolte per (ar ridere il po-
polo servo e il dispostismo corrompe la pubblicità a suo
profitto. Cesare ohe sapeva benissimo volger contro la li-
berte gli strumenti di essa , usò a suo aiuto anche i giornali
senza curare di verità o di menzogna e fece scrìvere che
Marco Antonio volle deferirgli per ordine del popolo la pò-
testa regia, e che egli non l'aveva accettata. Augusto che
pacificò con la libertà anche V eloquenza e la stona e lasciò
scrivere solo chi scriveva per lui , mentre vietava la pubbli-
cazione degli atti del senato, tollerò i giornali, ma sottomet-
tendoli a rigorosa censura^ la quale dorò sotto Tiberio come
sotto gli altri tiranni. E quindi Petronio ne fa la parodia
riferendo alla forma e nello stile dei giornali che nel pre-
dìo Cumano di Trìmalcione sono nati 11 35 di luglio 80
bambini e 40 bambine; ehe sono state messe nel graoajo
500 mila moggia di grano; che si domarono 90 bovi;
che fu posto in servo Mitridate per aver bestemmialo il genio
di Cajo, che si riposero io cassa 400 mila sesterzii non po-
tuti impiegare, e che nello stesso giorno vi fu incendio ne-
gli orti pompeiani.
Quando tutto è in mano di un solo , i giornali narrano
le cose della reggia e le presentazioni di corte. Livia vi
fece annunziare i nomi dei senatori e dei cittadini che ave-
vano chiesto di essere ammessi a salutarla; il che ripelè
poscia Agrìppina. Tiberio tiranno più raffinato, ne abusò tur*
pemente; faceva metter^ nei giornali articoli contro sé stesso
e divulgava non salo le cose che* altri avesse detto ia se-
greto contro di lui , ma ne* aggiungeva altre di sua in-
venzione per trarne poscia pretesto a vendette; e mosso
d' invidia vietò che si scrivesse nei giornali il nome di un fa-
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moso architetto che cod mirabile arte ateva rialtato uo
portico cadente. Domiziano vietò di scrivere nei gioraaii
ciò che a luì non piaceva, e peggio di tutti fa Comodo>il
quale amando anche la celebrità e lo scandalo che gli ve-
niva dalle turpitudini , volle si pubblicassero tutte le sue cru-
deltà , tutte le sue prove di gladiatore , tutte le sue in-
famie.
Ora si divulgavano i rescritti , le costituzioni, gli editti, le
opere edilizie dei principi, le loro orazioni, e le vili accla-
mazioni dai senatori ripetute cinque volte, dieci e venti
volte, e che sono le pagine le più vergognose della storit
romana; le proposizioni dei templi a Nerone, l'apoteosi di
Claudio, il titolo di Nume a Domiziano: le quali cose sta-
vano ora in luogo dei liberi suffragi con cui sotto la Re-
pubblica si designavano i magistrati. Del servo senato regi-
stravansi anche le sentenze e i discorsi, e nelle provincie,
secondo la testimonianza di Tacilo, si leggevano gli atti per
conoscere il contegno di Trasea, mentre tutti i senatori adu-
lavano e plaudivano alle crudeli follie di Nerone; e ciò che
Trasea non aveva fatto, ora come oggi direbbesi l' avveni-
mento del giorno.
largo spazio vi occupavano le varietà, i portenti, le fa-
vole , i fatti memorabili. Neil' aimo 800 sotto le censure di
Claudio, i giornali annunziarono che fu portata a Roma la
fenice ed esposta nel Comizio. Plinio vi lesse che agli 14
aprile del 718, nel duodecimo consolato di Augusto, un Cri-
spino llaro di onesta famiglia plebea di Priesole venne a
sagrificare in gran pompa nel tempio di Giove Capitolino
accompagnato da 7 figli e due figlie, da 27 nipoti, da 8 oh
poti femmine, e da S7 pronipoti. Vi lesse anche h storia
del cocchiere della fazione rossa messo sul rogo, e il fatto
singolare occorso nella condanna capitale di Tizio Sabino;
come egli fu condannato a morte eoi servi , iì cane di uno
di essi lo seguì alla prigione, alle gemonìe, e fino al Teve-
re, ove fece ogni sforzo per sostenere sull'acqua, il corpo
del suo padrone.
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169
Svetonio che miolto si dilettava della storia aneddotica
svolse mollo i diarii e in essi trovò il di natalizio di Tiberio
e il Idogo in cui nacque Caligola, e cita a proposito delle*
sue nuove lettere introdotte da Claudio neir alfabeto latino
e poscia morte con lui. Tacito, che ricorda come nei gior-
nali si lodassero gli edifizii e nominatamente V anfiteatro co^
strutto da Nerone nel campo Marzio, trovò in essi doeumenti
sul Tunerale di Germanico, e i nomi di quelli che v'inter-
vennero: e Giovenale ne attesta che vi si scrivevano i nomi
dei nati, e vi si pubblicavano le nozze.
Gli atti diurni si perpetuarono sino alla (ine dell' impero,
e nel codice Teodosiano si ha quasi il nome di giornalista
nella parola diurnarius; ma poco sappiamo della pubblica-
zione e della forma di essi, malgrado le ricerche fatte dal
Renssen nella sua accurata ed erudiu Memoria. La cura de-
gli atti è noto che fu affidata ai questori e poi ai prefetti
dell' erario. È molto probabile che i giornali non si pubbli-
cassero prima di avere avuto l'approvazione del principe;
ciò voleva il dispotismo imperiale. Si scrivevano in parta,
e vi erano in Roma persone ehh vivevano di. questa fac-
cenda. Si esponevano non si sa se per uno o più giorni : ognuno
poteva leggerli e copiarli ed in tal modo i presenti e gli as-
senti delle Provincie e gli eserciti avevano notizia delle cose
di Roma. Pare che poi si portassero netl' erario, e nelle bi-
blioteche.
Sulla forma esterna e sulla dettatura di essi non havvi
memoria. Solo Quintiliano si lamenta che anche i giornali
attestassero della corruzione della lingua. Ad essi attinsero
notizie Tacito, Svetonio, Plinio e i successivi scrittori delle
vicende romane; e qoamunque abusati e corrotti dal dispo-
seismo, per ciò che spetta ai luoghi dei fatti , alle date ed
a parecchie particolarili delle cose giornaliere di Roma si
tennero come uno dei fonti della storia imperiale.
Atto Vann^cci.
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Goógle
170
|i»lMle«-ec«ii«ailcltei del conte CJkMKUM
BBIVSe DI CAVeUBt preiidente M Consiglio dei
ministri di S. JU. il re di Sardegna. Dispensa Y ed
ultima. Cuneo 1857-58. Un mi in-S.^ di pag. 707.
N
oi potemmo annunxiare soltanto i primi fascicoli di que-
sta interessante raccolta degli scritti del ministro Cavour»
avendo la eensara austriaca, ad onta della proclamala li-
berti della stampa , assolutamente interdetta l' introduzione
degli ultimi fascicoli dell* operai perchò contenevano alcuni
scritti politici di questo illustre reggitore della cosa pubblica
italiana.
Noi ci riserviamo di pubblicare uno speciale articolo
analitico su questa preziosa raccolta, ed intanto ci piaee di
render conio della biografia del conte di Cavour con coi si
dà compimento al volume.
Camillo Benso di Cavour nacque il 40 agosto delPanno
1810 da un'amica famiglia patrizia che conta nomi illustri
sino dal tempo in cui agltavansi nell'alta Italia quelle ter-
ribili guerre che segnavano colla Pace di Costanza Tera
gloriosa deiremancipazione dei Comuni italiani.
Il giovine Camillo era sino dai suoi primi anni edueato
alla vita militare neirAccademia di Torino da cui usciva col
grado di luogotenente nel Genio. L'illustre Plana che fa imo
dei suoi educatori e maestri lo stimava altamente come uno
dei suoi più valenti allievi negli studj matematici. Deside^
roso di conoscere l'Europa e di erudirsi negli studj proprj
della scienza dell'uomo di Stato, recossi il giovine Cavour
in Francia e nell'Inghilterra ove studiò quelle mirabili isti-
tuzioni politiche, e con quella coscienziosa assennatezn ehe
è tnita propria dei forti ingegni italiani si pose a far te-
foro delle più splendide applicazioni della scienza al ci-
vile regimei Mentre altri suoi concittadini si accontentavano
di apprendere dagli inglesi l'arte di far scommesse alle cor-
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171
se dei t^vMì, egli invece si dediesra alle indagini più ar-
due della scienza che insegna a condurre i popoli al vero
benessere. Egli scrisse durante il suo soggiorno in Inghil-
terra alcuni splendidi articoli nella Biblioteca universale di
Ginevra sulla condizione dell'Irlanda, sullo sviluppo da darsi
alle ferrovie, e confutò ben anco gli errori dei eomunisti.
I nostri Annali di Statistica furono i primi a raccogliere
quei stupendi scritti e fu per noi un onore di trovare fra
i nostri collaboratori anche il nome carissimo di Cavour.
Ritornato in patria, in un momento in cui non era an-
cor sorto il primo crepuscolo della rigenerazione italiana,
si accinse il Cavour ad introdurre quelle istituzioni che ten-
dono ad associare gli uomini di buona volontà in una
concorde famiglia per promuovere il pubblico bene e fu
uno dei primi fondatori delPAssociazione agraria piemo|nte-
se. In pari tempo si consacrò ai lavori accuratissimi della .
Commissione superiore di statistica, afBnchè il paese po-
tesse un pò alla volta conoscere sé stesso e le proprie
forze.
Accortosi che la pubblicith era I* unico mezzo per far
sorgere a nuova vita il paese pensò sulla fine dell' anno
4847 a fondare un giornale politico quotidiano a cui diede
il titolo abbastanza felice di Risorgimento^ per mostrare al-
r Italia che era giunta oramai l'ora del suo riscatto. E Ca-
vour medesimo la anticipava nella memoranda notte del 7
gennajo dìei 4848 « allorché proponeva un indirizzo al re
Carlo Alberto, di gloriosa ricordanza, perchè avesse a con-
cedere al paese le franchigie dello Statuto.
Un mese dopo lo Stato sardo godeva i beneficj della
vita parlamentaria, e Cavour chiamato a «edere nel primo
Parlamento italiano, concorreva a compilare la legge eletto*
rale che tuttora vige e che col fette ha mostrata 1' intrin-
eeea sua bontà. Appena il Parlamento ebbe nel proprio
grembo il Cavour si accorse tosto della fòrza mirabile del
suo ingegno, che in ogni ramo di legislazione era versatis-
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172
Simo e ncU^afdua scienza delle finanze più che oratore era
maestro.
Nei momenti più terribili dell' anno 1849 quando era
prossima la rottura della tregua coli' Austria egli scriveva
all' ambasciador sardo a Parigi che preferiva di essere in«
ghiottito nella caustrofe italiana, se tale era la volontà di
Dio, piuttosto che laMsiar torturare dal vandalismo austriaco
quella nobii parte d'Italia che coll'atto della fusione si era
spontaneamente aggregata alla Sardegna. Ma pur troppo la
catastrofe avvenne e la disfatta di Novara fece per alcun
tempo tacere la voce dell'italica redenzione.
Cavour però non era uomo da sbigottirsi né da indie-
treggiare. Costretto dalla prepotenza dei fatti compiuti a
non poter trasportare le sue magnanime aspirazioni al di
là della sarda frontiera, egli si consacrò tutto quanto all'e-
mancipazione interna del suo paese. Due dolorose reliquie
erano rimaste dell'antico regime semifeudale del vecchia
Piemonte, la cleroerazia resa onnipotente, ed il sistema di
privilegio in ogni economica istituzione. A distruggere la
prima si associò Cavour alle nobili fatiche del suo collega
ed amico Siccardi e concorse con cittadino coraggio all'a-
bolizione del foro ecclesiastico, ed alla successiva abolizione
di corporazioni religiose per nulla utili allo Stato.
Questa prima emancipazione costò a Cavour ed a' suoi
amici gravissime molestie, ma valse a dare al paese la li-
bertà dell'anima, senza rinunziare al tesoro della fede e
delle cattoliche discipline. Per 1' emancipazione economica
ebbe Cavour il buon senno di procedere graduatamente, e
con provvido successo. Il Piemonte non conosceva per anco
che pochi fra i beneficj della libertà economica interna. Ca-
vour seppe concedergli un pò alla volta questi beneficj che
il popolo per solito disconosce, gridando, come al tempq di
Dante, viva la mia morie e muoja la mia vita! Correvano
tempi di carestia; e in mezzo a questi seppe (^vour iniro*
durre il libero commercio dei grani, mentre tutti gli alirt
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178
priDcipi italiani cliiudevano le frontiere, e per isramare le
popolaxioni famelielie le affamayano magistralmente. Genova
divenne l'emporio dei grani esteri, e mentre si stentava in
o^ni altra regione italiana, lo Stato sardo aveva per tutto il
suo popolo la eopia del pane quotidiano e poteva mandarne
anche ali*estero. E perchè il pane fosse liberamente venduto
tolse Cavour i vincoli dei calmieri e fece cessare la priva-
tiva della macina. A far fiorire le industrie fece un pò alla
volta abolire anche gli ultimi avanzi delle vecchie maestran-
ze e vi l^ce sostituire le associazioni di mutuo soccorso per
gli operai.
Emancipate le forze produttive interne del paese pensò
Cavour a trovar nuovi sbocchi anche airestero e fece con-
cliiudere trattati internazionali di commercio- colla Francia,
coir Inghilterra e col Belgio, appoggiandosi piò che poteva
dlla dottrina del libero scambio.
Conoscitore profondo della scienza finanziera seppe gio-
varsi dei validi ajuli che può prestare il credito pubblico e
per anticipare al suo paese i grandiosi beneficj delle strade
ferrate che ormai s'intrecciano a rete pel suolo sardo pro-
mosse all'opportunità dei pubblici prestiti che furono sem-
pre contratti a condizioni abbastanza prospere. I pusillanimi
gridavano all' espilazione della pubblica fortuna , temendo
che le forze dell'erario si andassero ad esaurire per uno
Stato di cinque milioni di abitanti ; ma Cavour con una pe-
netrazione politica tutta sua propria pensava a dare al suo
paese un avvenire più splendido. Egli si ricordava dei fatti
del 4848 e pel magnanimo suo cuore e per quello del re
galantuomo (giacché non possiamo con altro titolo nomi-
nare il re Emanuele), la famiglia sarda non era che una
parte preriosa della grande famiglia italiana. Cavour volle
che l'esercito sardo, come la vanguardia dell'esercito italico
facesse di nuovo le tue nobili prove di valore su quei
campì gloriosi ove combattevano tre grandi nazioni, la fran-
cese, l'inglese e la russa. AI 26 gcnnajo dell'anno 4855 il
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174
Piemonte stipulaTa eolia Francia e la Gran Bretagot un
Tratuto per inviare in Crimea quindici mila soldati. I pur
sillanimi temettero anche questa volta che i sagrificj della
Sardegna andassero perduti per la causa italiana , ma Ca-
vour stette fermo e l' italico vessillo sventolò su gli aridi
piani della Crimea dove i liguri avevano piantato pei primi
io stendardo di Genova.
La presa di Sebastopoli condusse alla pace, e nelle con-
ferente internazionali di Parigi, il ministro Cavour potè per
la prima volta parlare dell' italiana famiglia. Le sue parole
suonarono ahe e dignitose e chi rappresentava 1* Austria
non potè a meno di risentirsene. Ma la voce di Cavour era
la voce di tutto un popolo che aspirava al Onale suo ri*
scatto, e benché squarciato e diviso eccbeggiò di tutto gau-
dio ed in meuo a mille pericoli fece giungere fino a To-
rino r espressione unanime della nazionale riconoscenza.
DalFanno 1856 in cui fu segnata la pace di Parigi sino
ud ora non scorsero che tre anni, e la costanza di Cavour
e del suo re valse a muovere 1* animo grandissimo di Na-
poleone 111, che fece sua la causa degli italiani, e col brac<
do potente della valorosissima Francia trasse di bel nuovo
a «combattere neiralla Italia ove Napoleone 1 trovò il primo
campo della sua gloria. Ma la gloria del nuovo Napoleone
è ancor più fulgida delKanticd perchè non aspira a conqui-
ste, ma al riscatto di un'intera popolazione.
Frammezzo alle voci di benedizione e di plauso che si
levano da tutte parti, il nome di Cavour è salutalo con Ce-
sta, e noi ci riserviamo di parlare delle sue opere ad animo
più riposato.
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I7J
GEOGRAFIA E VIAGGI.
liC cMite del Mar
// Yem9n.
1 Romani designa vano (come ora lo chiamano gritaliani) col
nome d'Arabia felice qnella parte della penisola araba che
è al sud deir Egiaz e che gli scriuori orientali chiamano
pure la perla del Mar Rosso; né è senza ragione l'applica-
ziooe dì tali caratteristiche qualificazioni ad * una regione
tanto riccamente dotata dalla natura.
In fatto la ricchezza dello Yemen è straordinaria.
Nelle interne piaggio montuose si raccolgono in quantità
immense il miglior caffo del mondo, Tincenso e legno d'a-
loe della migliore qualità.
11 caffè fu per la prima volta recato in Turchia nel
4554, come lo fu nel 4600 a Marsiglia ed a Venezia, da
dove si sparse nel rimanente d'Europa. L'uso se ne estende
ogni giorno più. Alla metà del XVII secolo l'isloriografo turco
Hadji Khalfa ne valutava l'esportazione annua a 80,000 balle
di 40 faraslé (200 libbre), di cui 40,000 ne passavano per
Gedda ed il rimanente per Bassora. Se una tale valutazione
è esatta la produzione del caffè nello Yemen ha solamente
raddoppiato nei decorsi 200 anni , 1' esportazione totale di
un tale prezioso articolo essendo oggi di circa 4,562,000
faraslé n che attualmente, come allora, posti in balle da
40 faraslé per ognuna, sono esportate per un terzo da Ged-
da e per i due altri terzi da Hodeida, Lohela e Aden, da
dove passano in Inghilterra e in America.
La indicata esportazione calcolata a due talleri per fa*
raslé^ come prezzo adequato, rappresenta un valore totale
di talleri 3 jìZifiOOj ossia al di là di 43 milioni di franchi.
Le qualità più ricercate sono quelle di KaouKaban«
di Djébel Daràn , dì Diébel Rema , d' EI-Molk-hadère di
Cbibàm.
La produzione potrebbe essere ancora più grande, avuto
riguardo alla popolazione del paese produttore, se le strade
fossero più sicure e l'amministrazione fosse più forte e meno
avida.
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L*uso del caflè (io decozione dei graoi abbrustoliti e
macioati^ è sconosciuto nello Yemen e negli Stati i dì cui
abitanti bevono soltanto una infusione nell'acqua bollente
della polpa del seme non abbrustolito, la qual bevanda chia-
mano ghisehr.
II grano e la robbia vegetano abbondantemente negli
alti-piani delFinterno.
L'indaco^ il cotone e il sesamo riescono benissimo sol
litorale (le Téhama), e una intelligente amministrazione
potrebbe fame una sorgente inesauribile di benessere pel
paese.
A Drébémi , a Beit-el-Fakih «e a Zébid vi sono ulune
manifatture in cui si fabbricano dei foutas (tele da testa)
e dei rédifs, che sono pezzi di lana di cui gli abitanti ne
portaho uno il giorno sulle braccia e del quale se ne ser-
vono la notte per coperta,
A. Zébid si confeziona una grande quantità di nahkil
(sandali in cuojo di bove) per uso deirHediaz, dello Ye-
men e deirAbissinia.
Un^altra industria molto sparsa nello Yemen è quello di
tingere in azzurro certe particolari stoffe di lana bianca ini-
portate dall'India e dairinirhilterra.
Zébid e Beit-el-Fakih forniscono pure a tutte le contrt-
de litorali del Mar Rosso dei graziosissimi milayéif^ come si
' chiamano i fazzoletti turchini per le donne e delle camicie
egualmente ricercate.
La divisione politica del paese comprende tre principali
circoscrizioni, il regno d*Assyr, Abou-Arih e il territorio del*
r Imam di Suna. La zona litorale nel 4849 ricadde sotto
Tamministrazione turca.
Il totale dei differenti diritti percepiti nei porti forma
una rendita annua di circa 450,000 ialterù 480,000 impor-
tando le spese d*amministrazione. L' eccedente va a Gedda
per coprire le spese amministrative dell'Hediaz.
Il commercio dello Yemen si fa per i porti di Djizào,
di Loheia, di Hodelda, di Moka e d*Aden.
Non è possibile, in causa della completa mancanza di ne-
gozianti europei , di presentare dei dati numerici esatti e
precisi sul movimento di quei porli.
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lOLLCTTmO DI ?IOTlZie STATISTICHE ITALIANE E STBARIEBI
E DELLE Pili IMPORTANTI IKVEl^ZlOIII E SCOPERTE
0
PROGRESSO DELL' INDUSTRIA
I
DELLE UTILI COGNIZIO^TI.
Fasocolo di Maggio 1869.
NOTIZIE ITALIANE
— OOO —
•taiUitlM dcU^ arte UpiigvaflM In Italia.
N
^li studj da noi pubblicati nello scorso anno sall'al-
tuale condizione della proprietà letteraria in Italia abbiamo
di volo accennato il pessimo stato del commercio librario
italiano e le nuove istituzioni giuridiche reclamate dai buoni
pel suo risorgimento. Ora ci è caro di riprodurre dall' ot-
tima Rivista Contepiporanea di Torino un accurato lavoro
statistico del dottor Maestri in cui si fa conoscere il vero
stato della produttività tipografica italiana. Questa Memoria»
che contiene preziose notizie, è importantissima in questo
supremo momento in cui i destini di questo addolorato
paese stanno per essere gloriosamente decisi.
* Le Cartiere in Italia.
Vuso del papiro, fabbricato in Egitto, cessò in Europa
allorché le relazioni commerciali di Venezia, Napoli, Sicilia
AmAu. StatieUca, voi. XXil, eerie S/ 13
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178
vi introdussero la carta di cotone, della quale senrinai
r Oriente. Pia dai primordii del secolo XIV esistevano a
Fabriano nel Piceno, e a Colle in Toscana, fabbriche di
carta, che avevano T acqua a forza motrice. Si è dalla ma-
nifattìira di Fabriano che Bodoni ticava, verso la fine del
secolo scorso, le sue belle edizioni. Quest'industria, come
vedremo, si mantiene, anche oggi, colà floridissima, sicché
la carta che se ne trae ebbe premii alle grandi esposizioni
industriali di Londra e dì Parigi.
Le condizioni attuali del cartifizio nei vari! stati d* lulia
poono riassumersi nelle cifre seguenti:
etnei Carta Prodotto Fatare
Cor- impiegati dei
tiere Operai q. m. risme quifU. m. prodoìU
SUti Sardi 43 3,299 88,500 890,000 66,0i3 6,3793<0
Lombardia 90
Regno delle
Due Sicilie 18
Toscana 36
Stati romani 70
Modena
2,000 70,000 650,000 — 4,500,000
3,100 34,000 — 23,000 3,000,000
2,01)0 46,272 19,000 — 2,180,000
1,500 18,645 16,666 12,407 1,776^10
16 200 2,034 1,700 I,4i3 1,490^000
I tini degli Stati sardi sono 276, e le macchine che
servono le cartiere 14. L'annuo prodotto della carta da
stampa e dn sorivere colorata fina può valutarsi a 389,270
miriagram'Tii; quello della carta colorata da imballaggio a
270,864 miriagrammi. La produzione totale della carta, che
ammonta quindi a 66,015 q. m. , è aumentata da quel
eh* era nel 1845 del 28 per 100. Tale incremento, che non
ebbe per conseguenza di ridurre le importazioni dell'estero
di que5t*ariioolo, poiché, come vedremo, anch' esse subirono
una sensìbile aumentazione, si spiega dallo sviluppo verifi-
catosi ncir istruzione popolare, dai rapporti economici mol-
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179
tiplieati, sdpfaliiUo dopo la riduzione della ìoriffa postale,
dal prìncipto di libertà, ehe ha Tatto del Piemonte il oentro
più brillante dell'intelligenza italiana. I soli giornali poUtiei
assorbono S70 mila ehilogr. oirea di earta air anno.
La febbricazione indigena basta al eonsumo della q«ast
totalità della carta che serve agli usi più importanti e gè*-
nerali. Per questa qualità di carta anzi btorasi, principal-
mente dalle cartiere liguri , anche per 1* esportazione. La
carta, detta di Genova, fabbricata nei dintorni di quella citair^
godette per l' addietro di molto credito in Inghilterra, poiché
risulla da utia petizione diretta , sotto la regina Anna , dai
fabbricatori di earte da giuoco atta damerà dei Comuni, che
il loro consumo per quella lavorazione sommava a 40 mila
risme di carta bianda di Genova. La carta ivi prodotta in-
laui per la sua cedevolezza e insieaie per la sua solidità
conviene meglio d'ogni altra alla confezione delle carte da
giuoco* L' esportazione invece che ai fa in oggi da questa
stessa piazza, sempre con bandiera nazionale, e piuttosto su
larga scala, è diretta pel Messicot 1^ Pl&^ >' Perù, le Re-
pubbliche centrali deir America ed in più piccola quantità
anche pel Levante, la Spagna, il Portogallo, i quali pacai
si servono della nostra carta quasi esclusivamente a formare
i loro eigaritos. Alimentano questo traffico le fabbriche li*
guri, che trovansi pressoché tutte nel territorio di Veltri e
sue adiacenze, e che dispongono della metà quasi dei tini
degli Stati sardi» contandosene, lungo i torrenti Lerisa e
Cerosa, fino a 104, eoa un consumo di 30,800 q. m. di
cenci ed un prodotto di 44,560 q. m. di carta, pel valore
di 4,638,000 fr.
Un altro genere eho pure esportasi per l' America, nella
quantità di 400 mila ehilogr. e pel valore di circa Ì00
mila franchi, é la carta straccia da imballaggio, della quale
esistono 60 fabbriche circa, sempre nel borgo di Veltri, io
riviere di Genova. Ivi trovansi due cartiere meceasichc, sic-
come una terza ne esiste, dello stesso genere, a Pegli.
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480
Come abbiamo visto» b Lombardia conia 90 fabbricbe
dì caru, eoo S70 lini. Esse sommioislrano lavoro a circa 9
mila persone» cioè 900 nomini, 900 donne» e 900 ragani
d'ambo i aessi* La mercede der primi è di 4 Tr. e 5 eent.
al |;iomo. Le cartiere lombarde sono quasi tutte a mano. 1
'soli stabilimenti meccanici ponno dirsi: quello di Briosce,
nel distretto di Carato» che ha aperto da poco tempo ona
febbrica a macchina» i cui prodotti si limitano tuttavia a
carta d'impacco edeste e grezza ed a poca carta^>^dinaria;
Io stabilimento di Besozso, dotato pnre di una macchina» è
simile al precedente per le qualità di sua produzione. Nel
4854 cotesta fobbrica potè [accrescere i propri mezzi ed
ampliare il lavoro, sicché in oggi produce anche caru da
cancelleria e da stampa» cartoncini leggieri, ecc. ecc.» nelh
quantità di circa 400 ehil. al giorno e coir impiego di SO
operai.
Un terzo stabilimento a macchina esiste in Alzano Mag-
giore, provincia di Bergamo. Ma ancora di maggior rilievo
in Lombardia sono le febbriche di Varese e Vaprio. La ma*
nifattura di Varese fu la prima ad importare le macchine
in quella provincia d'Italia, sicché fu in possesso» almeno
per qualche tempo» dei diritti di privativa. Già provvista
delle migliori macchine inglesi» essa continua ad arricchirsi
di quegli strumenti del lavoro che hi rendono capace di
produrre ogni sorta di carta» compresa quella da litografia
e da tapezzaria. Lo stabilimento di Vaprio infine ha due
possenti macchine » servite dalle acque della Manesana » ed
atto» come hi precedente» a fabbricare carta di toite^ le
specie, cioè senza fine, da lettera, da cancelleria, litografia»
tappezzeria, ed anche tinta in pasta. Esso occupa 430 uomini»
460 donne e 40 raggazzi, e mantiene un trafiico abbastanvi
vivo ed esteso. Le materie prime le vengono dal Lombardo*
Veneto e dai Ducati.
V hanno fabbriche anche nel Tirolo italiano, di cui tut*
lavia non ci ^ dato precisare 1^ importanza.
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Nel veMio la aob provincia di Vieettta ha dodici car*
tiere, ire delle quidi Del dbtreuo di Baaiaùo, una in quel
di Vìcenaa, ed il reato nei distretli di Tiene e Schio. Con-
uno quegli atabilmenii 34 tini , 300 operai, e producono
carta di diferea qualità, pel valore a un dipresso di 450
mila franchi. La migliore fabbrica delk provincia è quella
di Artiero, ove notevoli miglioramenti furono introdotti di
recente per opera del sig. Jacob, di Roveredo.
Le fabbriche di carta del Friuli sono 7 con 31 tini, ed
agenti motori ad acqua. Il personale ivi impiegato sta in
proportione del numero dei tini, ciascuno dei ^li richiede
dagli otto ai dieci individui fra uomini , donne e ragaxzi.
La loro ivercede quotidiana varia tra i 44 cent, a 4 fr. 70
eent. La produzione complessiva di detti stabilimenti oltre-
passa il raezxo milione di chilog. di' carta ogni anno. Le
fabbriche della ditta Galvani^ cioè quelle di Pordenone e di
Rorai, forniscono anche carta da disegno, da scrivere, men-
tre le altre non ne danno che della più ordinaria.
La fabbrica di carta a mano della ditta Walner, di Mon-
torio, nelb provincia di Verona, conu S8 pile, e si riserve
per la triturazione e per l'affinamento della pasta dei ci*
Kndri che vediamo operare anche secondo i più moderni
sistemi per la confezione della carta a macchina.
Le eartiere dello Stato romano sono in numero di 70,
che tutuvia non soddisfino del tutto al consumo intemo.
Tre sole macchine furono introdotte finora nelle manifatture
di Phime, di Anatrelle e delle vicinanze di Roma. Fabriano
peaaiede cinque subilimenti di quel genere. Tre di essi
appartengono al sig. Miliani, serviti da 460 operai. Gli altri
due non ne contano che 60. Devono considerarsi quali
manifatture ugualmente importanti quelle di Jesi, Foligno,
Ghiaravalle, Bologna.
Da cinquanta cartiere notansi io Toscana, situate nelle
varie provincia, fra cui Poscia e Pistoja si distinguono per
fabbriche di carte senza fine, alle quali servono di forza
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489
motrice le aoque delti Pescia e della Lima* La più ragguar-
defole socio ogni aspetto è la earliera del sig. Cidi, che
dispone di due poderose maechine inglesi, e (broiaee Cdi
di earta larghi dae braccia e lunghi a piacere. Esce da
quella fabbrica un prodotto annuo di circa 700 balle di
carta bianca, e pel valore di 800 mila franebi.
Le principali manifatture di carta del regno di Napoli
sono quelle dell'isola di Sera, di Picinisco, d'Amalfi e di
Camello. I fratelli Pirmin Didot e il Lerètre stabilirono, od
4847, la prima macchina a carta continua, con brcfctto
d' iotrodukione alla cartiera del Fibreno, nelP isola di Sera.
Le dodici macchine* che ora vi lavorano, impiegano 4SO0
operai. Quello stièiiimento escluse quasi dal eoosoaio le
cane bianche lisce, che la Francia forniva ahre volte al
regno di Napoli. Esso produce belle qualità di carta da di-
segno, litografia, incisione e da scrivere. La earta per lito-
grafia costa 435 franchi la risma da 400 ehilog.; lo carta
da disegno S65 fr., e quella da scrivere 449. Un'altra car-
tiera dell'isola di Sera fabbrica carta alla francese in ragione
di franchi 13 la risma. Le cartiere di Attina produoopo
qualità di carta analoga. Le quindici cartiere d'Amalfi sono
a tini, non fabbricano che carte comuni da involto e da
imballaggio, ed occupano circa 300 operaL Calcolando a fiOO
chilogr. per giorno il prodotto delle macchine, e a 50
quello delle tino, la lavorazione in quel regno sarebbe di
9,340,000 chilogrammi ogni anno.
La Sicilia possedeva due cartiere a tini, ma la coocor-
ronza delle macchine stabilite nel regno di Napoli ha de-
terminato la chiusura anche di quelle manifatture.
Né tutti i paesi d'Iulia ottengono quanto potrebbero,
sicché spesso poi sono costretti a rendere largo tributo ia
acquisto di carta allo straniero. Degli stracci^ che sono la
materia prima di qoest' industria^ v' ha esporlazionei mentre
poi tmportanai dall'estero a caro prezzo i prodotti già ma-
nofuiii. Cosi dagli Stati sordi si es^iorta ogni anno per
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483
r America, atteso il lieve darla iT uscita, chilograiì^mi S37,i28
di stracci bianchi e 69,446 chilogrammi di stracci colorati;
il tatto pel valore di oltre 400,000 Tranchi. L'importazione
della carta bianca, esclusa quella di tappezzeria, che si cui-'
cola a 79,7C5 chilogrammi, è di chilogrammi S4fi,87S contro
nn* esportazione di quella stessa sostanza, la quale si valuta
in chilogrammi 4,913,127. In questo caso Tesportazione su-
pera r importazione di chilogrammi 4,800,749.
Per debito di giustizia dobbiamo tuttavia dichiarare che^
mentre la nostra esportazione consiste quasi esclusivamente
in carta da impac<!0 ed in quella da eigaritos^ IMùtroduzione
di carta estera risguarda invece le qualità di lussò, di fan-
tasia, la carta da lettere, da disegno, da impressioni spe*
ciali,
' Gli atracci estratti dagli Stati romani sommano a
4,608,463 chilogrammi, di cui tre quarti bianchi e il resto
colorati. Le quantità e qualità -dì carta importata negli Stati
sono le seguenti: 46,749 chilogrammi di carta da scrivere
e da stampare; 766f chilogrammi di carta tinta e fiorata;
4556, chilogrammi di carta d'impressione; 4 OS chilogrammi
di carte geografiche e 3633 chilogrammi di cartoni.
La Toscana fornisce ogni anno al commercio 35,884,000
ehitogrammi di stracci, dei quali 46,000,000 provenienti dal
paese stesso, e S0,000,000 importati dalla Lombardia, dal
Piemonte, dall'Egitto, da Tonisi e dagli altri paesi barbare-
8 'hi. Livorno è il deposito generale di quest'articolo. De'
vasti magazzini ben ventilati vi sono disposti per riceverlo,
ed allorché lo straccio è trito e pulito, viene posto in balle
per l'esportazione. La media del numero delle balle oue^
note colla quantità aopracitata è di 34,000 del peso di
850 chilogrammi ciascuna. Sopra quel numero 35,000 so-
no dirette agli Stadi Uniti , 6000 in Inghilterra 3000 in
Ispagna.
Di fronte all' importanza di questo traiBco, di ben poco
conto diventa la quantità della carta importata dall' estero
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184
in Toscana, di ogni qualità, amariszata, bianca ed ombrato
di ogni sesto, tarehina, da musica, cartocd, ecc., che nel
suo insieme non giunge al carico di 70,000 chilogrammi, pel
valore di 340,000 franchi.
Da Sicilia in6ne si estraggono per 660,000 franchi di
stracci, mentre importasi per la somma di SS8,000 franchi
in caru di differente qualità. La parte continentale del re-
gno ha un'estrazione di 4,440)863 chilogrammi di stracci,
pel valore di 84,408 franchi. L'introduzione della carta dal-
l'estero costa al paese una spesa di 600/)00 franchi. È
però vero che di quest'articolo si veriBca anche un'estra-
zione di non lieve momento per la Sicilia, Roma, Livorno,
Malta, le Isole Ionie e k Grecia.
Arte tipografica e commercio dei Hbrù
Nel 4466, cioè tredici anno dopo che la prima Bibbia
fu stampata dal Guttemberg in Magonu, due stampatori
tedeschi, lo Sweinheim e il Pannartz, vennero in lulia di
là, e fermarono la loro dimora nel monastero di Subiaeo
( Stati romani )• I primi prodotti dell' arte loro sono il Do-
nato prò pueruUiy e le opere di Lattanzio Firmiaao, che
ponno dirsi anche i primi libri stampati in Italia. Chiamati
a Roma da Paolo li, quegli artefici ripubblicarono parecchie
altre opere. Vuoisi che due tedeschi pure, Giovanni e Vin-
delino da Spira, erigessero torchi nel 4479 in Venezie, ove
fin dal 4474 si era trasferito il francese Nicolò Tenson, cui
spetta il pregio di aver ridotto il carattere rotondo o ro-
mano a molta nitidezza e venustà.
Con non minore celerità quest'arte fu portata in Milano
sotto il dominio di Gian Galeazzo Maria Sforza. Anzi, se si
potesse prestar fede all'Argelato, essa avrebbe avuto prin-
cipio colà fin dal 4463. Ad ogni modo, senza tema di andar
errati, si può ritenere che la capitale lombarda fu la prima
città in EurofMi ad avere tipografia, come lo attesta un istru-
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485
mento del 6 agosto 447S, rogalo dal aotaio Zunieo e re*
peribile nell* archivio notarile della cittk» che tratta appunto
deir istituzione di una stamperia, ad erigere la quale diede
opera anche quel Cola Montano, forte e severo repubblicano
di quell'epoca, capo della congiura e(ie fini col togliere di
vita Gian Galeaxzo* Il primo saggio dei caratteri greci fu
dato in Milano; e in Soflcino (oasiello nella provincia di
Crema) queHo di caratteri ebraici.
Ancèe lai Toscana ebbe gran nome per quel suo antico
Bernardo Genuini, il quale , per avere inventato punzoni ,
roalrici, e condotto edizioni di somma eleganza col solo aiuto
de' figli suoi, nel 4474, si meritò il titolo di seeondo in»
seniore dilla stampe. E d*ahra parte a Colle, colFopportu*
niik delle cartiere, vi fu anche alla fine dei secolo XV ereua
una stamperia, donde uscirono molti bei libri. Un certo Mae*
stro Bono, stampatore, il SO aprile 4474 chiese alla comunith
di Colle esenzione delle gabelle, e T ottenne, promettendo
di venirvi ad esercitare la stampa, come fece, e cootinud
per più anni a tenervi aperta la stamperia; laonde negli
stanziamenti della coimmitk« sotto il di 8 gennaio 4479, si
vede fatto terrazzano; ed un'altra ne era in quelle viei*
nanze, nel Castello de* Cortesi, nobile famiglia di S, Gimi-
guano.
La storia letterarin fa menaione di molti libri stampati
in alcune provineie del Piemonte grima della fine del se-
colo deoimoquinlo: a Sa vigliano (4470 circa), a Mondovi
(4473), a Torino e a Genova (4474), a Ciselle (4476),
a Pinerolo, a Novi e a Salinzo (4479), a Casale (4484),
a Chivasso 4486, a Nizza (449S), ad Alba (4493)^ a Va-
Imza (4496), a Carmagnola (4497). È pur ben noto, che
nel secolo seguente il Giolito di Trino ( patria che fu pure
de' Cumini), ebbe ofiicina in patria prima che in Venezia,
e che il celebre Torreotino anch'egli ebbe stanza a Mondovi.
Né la cittk di Napoli rimase ultima nell* arringo. Pe* suoi
tipi, fra le altre opere, si pubblicarono il Dizionario di
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480
Tìnct^r Terminùrnm muikae definitorium (H78)« e h
t(Porefi(»n deirarmoiiiii, Teàr^Acum ùpu$ ormoniae dtscipJnifs
(1480) di &iffurio.
Infine, eontemporaneftmente quasi agli altri paesi, Padota^
Messina, Palermo e Parma ebbero lipografie. Di questo modo
)*arte della slampa, quasi ad un tempo e ben poco dopo
hi sua scoperta, corse tutte le eittk d'Italia, che tì erano
mirabilinenie preparate ad accoglierla ed a senrirsene dal-
V alto grado di loro cultura intellettuale. E si noti che qne*
si' arte fu grande fra noi fin dai suoi prìmordii, e tale la
resero gli Aldi, i Giunta, i Soncino, i Gioliti, i Marcolinì, eee.
Ma ancora il più benemerito de'^suoi cultori è Aldo Ma-
nuzio, nato nel 1459 in Bassiano^ nel territorio di Roma, e
di Ih, dopo alcune vicende, passato in Venexia, ove od
4 i&i^aperse una stamperìa. Nello spaxio di veni' anni pub-
blicò grande quaniitè d'autori classici, greci e latini, losti-
tui in casa propria un'accademia, ove iosegnavasi il greco,
accioccliè le sue edlx!oni riescissero corrette. I più fra gli
uomini celebri vi erano ascritti, come il Navahero, il Bembo
ed altri. Quando dedicò ad Alberto Pio, signore di Carpi,
suo discepolo, alcune opere di Aristotele, scriveva giovarsi
eontiniiamenie della gente colta per collazionare antichi eo-
dici; e fra i molti del celebre medico e filosofo N. Leoni-
ceno (Ha Lonigo), di Lorenzo Maggtolo da Genova, iiomo
di vasta erudizione. Mandò a Roma, Firenze, Milano, in
Grecia e nella Gran Bretagna affine di rintracciarvi la ver-
sione de' libri morali, politici ed economici d'Aristotele
stesso, falla da Leonardo Aretino. Divenne amico di Erasmo
da Rotterdam. Queir illustre olandese ebbe a dire, che le
qualche nume della letteratura avesse aiutato quel gran ti-
pografo, non libro antico, latino, greco, ebraico, caldaico
sarebbe rim:isio inedito. Aldo era utile ai dotti, questi a lui.
Ungnresi e Polacchi gli mandavano codici o doni.
Se dobbiamo credere al signor Girardi di Venezia , dal
qtialc caviamo le seguenti notizie sull'Aldo, di quasi nessuna
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edizione egli fu mai contemo appieno. Un errore che si
fosse potuto tórre, l'avrebbe pagato uno scudQ d'oro, tan-
t'era l'amore ch'egli poruva all'arte a cui tutto sacrificava,
lo una prefazione latina dice, dacché s'era dato a quella
dura impresa^ poter giurare di non aver avuto un'ora di
quiete. E per isbarazzarsi -dagli sfacendati aveva fatto scrivere
à lettere cubitali sulla porta del suo gabinetto,x ehe ehi non
avesse affari non v'entrasse, o se ne andasse tosto che sbri«
gati. Inventò caratteri, che per la forma noi chiamiamo
eorshiy e i Francesi italicu Anzi, dopo la celebre edizione
di Virgilio del 4504, Aldo pelle altre stampe usò quasi
sempre il corsivo. Migliorò i caratteri greci, e li rese più
elegami. Omai non v' è chi non conosca le edizioni aldine,
che ornarono le librerie e deliziarono i bibliofili. Un cata*
logo delle edizioni aldine fu pubblicato in Padova nel 4790.
Ha vi si comprendono anche quelle dei suoi eredi Giovanni
d'Asola, suo genero. Paolo Manuzio, suo figlio, e Aldo il
giovane, suo nipote. Un catalogo fu fatto dal Renouard sin
Parigi nel 4 808: Annàles de Fimprivnerie det yl/dM, ou
hiiUrire de$ troii Manucet ei de$ kur$ editìons^ libro che
ebbe molte edizioni, delle quali la migliore è del 48S4.
Le infelici vicende politiche della penisola e il conse-
guente deperimento della letteratura peggiorarono in pari
tempo le condizioni della stampa, che rimase dal 600 sia
quasi verso la metà del secolo scorso (eccettuata la tipo-
grafia dei Gemino diretta dai fraicll Volpi ) in uno stato di
grande torpore, o, diremo meglio, di notevole decadenza.
Tuttavia sul finire del secolo XVIII venne il Bodoni, ehe,
con assidue cure, come il Didot in Francia, ebbe a ridonare
a quest' arte parte della sua antica perfezione. Oggidì, se le
altre nazioni ci superano in copta di produzioni ed in ec-
cellenza di strumenti, vediamo la tipografia impiegare an-
che fra noi numeroso personale e cospicui capitali.
Sommano a più di cento le tipografie delle provincio
iuliane deglr Stati sardi, di cui venticinque ne ha la prò-
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488
.vincia eli Genova, e trentaJue la sola cittì dì Torino. Le
irenUilue tipograCe di quest* uUima città sono servite dt
780 operài e da 193 torchi, dei quali 445 a roano e 47
a macchina, I principali slabìlimenii di questo genere sono:
la tipografia Favaio con cinque torchi a macchina ed una
macchina a vapore; la tipografia sociale, editrice dei S vo-
lumi del Mondo iUuitratOy pubblicati negli anni 4847 e
4848, è provvista essa ppre di una grandissima macchina
da stampa non che di un torchio a vapore; la stamperia
reale che ha S4 torchi a mano e 4 a macchina, piò una
fonderia di caratteri con tre fornelli e 46 operai. La pob-
blicasione che farà grande onore alla seienza, ed anche a
codesta reale tipografia che Tha assunta, è il Glossario
dello antiche lingue d' Italia^ compilato da Ariodanie Fabreui,
già successore del Vermiglioli nella cattedra di archeologia
in Perugia. Quest'opera avrà da 400 a 4 SO fogli in-4.^ a
due colonne, con 300 intagli in legno intercalati nel testo
e 30 tavole litografiehe, che daranno T esempio delle anti-
chissime e più notevoli iscrizioni. Si sono fotti fondere ca-
ratteri a posta per eerte parti del libro, liberalità ben me^
ritata da uno dei più ingegnosi, dei più sapienti « dei più
modesti dei nostri eruditi. Le nuove condizioni di libertà
(atte «I Piemonte dallo Statuto diedero un grande slancio
a quest'industria, che diventò negli Stali sardi ciò che essa
era in Lombardia prima del 4848. Qui infatti convennero
gli ingegni da tutte le parti d* Italia; qui elaborate nel cro-
giuolo del pensiero nazionale, si creano e prosperano le
migliori imprese tipografiche e librarie, i cui prodotti fecoo-
datori si spargono poscia per tutta la penbola. Infine ben
70 tra riviste e giornali dimandano ogni giorno all'attività
dei torchi subalpini di che pascere la risvegliata e fervida
curiosità del paese.
Sessantadue sono le tipografie lombarde con 346 torchi,
700 lavoranti aduki e 3S0 ragazzi. La sola città di Milano
ne ha 37, compresa lo stamperia reale, con 930 torchi, di
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48$
coi 6 meccaoici e 600 operai, dei quali 640 uomini che
guadagnano da 4 fr. 32 cent, al giorno > e 60 ragazzi.
Sparse nelle provincie v* hanno 23 altre tipografie con 86
torchi e forse 200 operai, la cai mercede è di una metà
minore di quella che tocca agli operai della capitale. Dopo
quest'ultima città tiene per numero ed importanza di ti-
pografie Brescia e Bergamo, che ne hanno la prima 9 e
la seconda 7* Escono in genere dalle officine lombarde le
stampe occorrenti alla pubblica e privata amministrazione ;
la pubblicazione di alcuni periodici, che in Milano ammon-
tano a 80, de' quali 40 in foglio ed il rimanente in fasci-
coli, oltre altri 7 che si stampano in provincia. Ricorderemo
inoltre la pubblicazione di alcune opere originali, le quali
si |iossono valutare a circa 80 all'anno, e di molte tradu-
zioni, e la ristampa di molte edizioni esaurite. Almanacchi
e strenne vedono la luce del pari in Milano, fra cui v'haniio
edizioni elegantissime. Nelle strenne principalmente il merito
tipografico va di pari passo QpH* artistico per la bellezza
delle incisioni^ la splendidezza delle legature. Oramai an-
che per quest'articolo Milano s'è emancipato dallo straniero,
ed ha saputo anzi crearsi delle risorse di spaccio presso
le altre provinole lombarde e pressso molti Stati d'Italia.
II valore annuo lordo delle produzioni tipografiche di quella
città è di 900,000 franchi circa. L' I. R. Stamperia rappre-
senta da sé sola la metà circa del valore e dell'attività di
tutte le altre complessivamente.
Ben cinquanta sono le tipografie del veneto; Venezia,
sola ne eonta 45 con 400 operai ed un prodotto annuo del
iralore di 400,000 fr. La media del salario degli operai è
di S franchi. Le frequenti ristampe e le traduzioni manten-
gono in vita un' industria altre volte fiorentissima pel com-*
mercio, che facevasi specialmete in Levante, nella Spagna
e nel Portogallo. Meritevoli anche in oggi della maggiore
attenzione è la tipografia armena dei monaci Mechitaristi di
S. Lazzaro, isolata che può dirsi il centro della coltura ar-
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ineDa in Europa. Lo stabilimento. tipogra6co dell' AntoneUi
è pure importante ed assai attivo, occupando più di trecento
operai. Esso tiene in movimento continuo 30 torchi, fra
quali due macchine celeri. Per eleganza e correzione delle
opere v'ha pure ricordata la tipografia Naratovich, presso
la quale 6 torchit un cilindro e SO operai valgono a com-
piere grande copia di lavori. La tipografia Merlo possiede
6 torcbìi fra quali uno di ferro, una macchina per cilindrare
ed un assortimento di tipi e specialmente di caratteri
greci ed ebraici. Presso quello stabilimento sono notevoli
i lavori musicali stampati con caratteri mòbili. Ricorderemo
infine la tipografia Cecchini , provvista di 7 torchi e SO
operai.
Gnque tipografie lavorano in Trieste: quella del LoyJ
austriaco oon studio d'^arte, uno de' più grandi stabilimeuU
di questo genere in Italia, che pubblica 4 giornali, 1* Osser-
vatore Triestino^ il Diavoletto^ V Istria e il Triester Zeitmng;
la tipografia Veis, che ha S torchi a macchina e 6 ordinari,
e che stampa V Emporio di Trieste^ giornale commerciale;
la tipografia Pagani, donde esce il giornale la Favilla; le
tipografie infine Stallecker e Marmigh.
Le tipografie della sola Firenze sommano a 36, con IS3
torchi, 7 macchine e 370 operai. Principale subilimento di
quella città, la tipografia di Felice Leroonnìer, possiede 8
torchi a mano e tre macchine, il tuttto servito da 410 ope*
raì. Le sue produzioni si distinguono per la nettezza e la
precisione della stampa. Anche il Barbèra conta 4 torchi
a mano, due macchine e oltre 60 operai. La stamperia gran-
ducale ha 16 torchi e 80 operai.
Gli Stati romani sono ricchi di settantadoe stamperìe,
ripartite nelle varie città dello Stato. Roma possiede i due
principali stabilimenti di questo genere: la tipografia della
R. Ganiera Apostolica che dà lavoro a ben 300 operai, e
l'altra de Propaganda Fide^ fornita di un'immensa ricchezza
di caratteri di ogni lingua orientale, in cui riproduce ad ogni
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Milo opere o rimali o dì preci, o di catechismi, o di
scienza per servire alla fuhzioQe dei missionari, elie luiii
ianno centro a quella Goi^regazioDe della quale sono o fu-
rono alunni o dipendemi. Anche Bologna tiene in attività
otto tipografie, con dieci a dodici torchi V vna. La gover-
nativa alla Volpe e quella del Sassi ne hanno ia ferro, e
si distinguono per isquisiti lavori tipografici ed ornato, messi
ad oro ed a colori,.
Cenioveaii tipografie co^ S50 torchi servono la parte
eontinemale del regno di Napoli. Tiene il prtmaio colà la
fltiunperia reale, nel convento del Rosario del Palaso, ric-
camente prorvista di caratteri per le lingue ebraica ed
orientali* È dessa ohe slampa le antichità di Ercolano ed i
papiri svolti fin qui. Aluro stabilimento di qualche rilievo è
quello del sig. Nobile, il primo del regno che vi bcesèe
uso dei torchi di ferro fuso, e che introducesse la macchina
celere a ruote, cui si adatta, ove vogliasi, un motore a va-
pore; la macchina a giacer per fornire il lucido alla carta,
mentre si stampa; la, stampa delle lavoleiie stereotipe; le
incisioni sul legno da intercalarsi ai caratteri e stamparsi
coi mezzi tipografici, ecc. ecc. Egli ha pure perfezionato
Tane di stampare in oro e a colori, specialmente sulla
carta porcellana, U\eo, seta» All'ultima Esposizione industriale
di Napoli queir abile tipografo presentava un lavoro non
nu|i, per quanto ci consta, eseguito oltremonti, cioè un mo-
numento ideale, dedicato a Guticmberg, e tirato a slampa
veniidue volte. Siffatto lavoro è oltremodo difficile neirase-
cuzione a cagione della diversità dei fregi, dei colori e dei
molli ornamenti tipografici. Gli stabilimenti che pure giova
ricordare sono: la tipografia del R. Albergo dei poveri e
l'altra di Giuseppe Migliaccio di Cosenza»
Malta dispone di IS tip^rafie^ con un personale di 96
operai.
E riassumendo le cifre e le notizie che precedono sulle
tipografie di vari Slati d' Italia, possiamo dire che il nostro
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paese possiede un complesso di cirea 600 stabilimenu eoa
2000 torchi e da 8 o 16 mila fra scrivaoi^ commessi, ràg-
gtaiorif compositori, torcolieri, legatori. Parrebbe potersi
coDchiudere da ciò che V industria tipograBca è presso noi
assai fiorente, e che i suoi risultati uguagliano quelli di
<|ualsiasi natione più eÌTÌle. Tutuvia, ove si esaminino (più
daTvicioo le condisioni, Tcdesi, a non dubitarne, come il
numero piuttosto considercTole degli stabilimenti è a sci-
pito delia loro rilevanxa, come cioè molti di essi non siena
che piccole officine, le quali dovrebbero già a quest'ora
aver ceduto il posto alle intraprese niMiggiori. Anche il ma-
teriale tipografico è presso alcuna di quelle stamperie affirtto
primitivo ed imperfetto, mancando di quei congegni ddlt
meccanica odierna che eeonomixzano le spese e miglionoo
la produzione. Rari sono gli stabilimenti che reggano, per
la bontà delle ediiioni od il buon mercato, al confronto A
quelli onde si vantano gli stranieri, specialmente in Francia
ed in Inghilterra. Solo di recente taluni dei nostri tipografi
si sono provvisti di torchi allMnglese^ di macchine celeri
da soppressare, lisciare la carta, macchine a vapore, e po-
terono, mefcè di quelle riforme, recare nuovo ineremeato
alla loro industria. Anche il modico valore della mano d'o-
pera fa si che essi possano sostenere la conoorreoxa coll'e-
stero, perfino in quelle ristampe o contraflhzioni di opere
in lingua straniera, alle quali non rimangono seconde né
per la discrezione dei prezzi, né per le nitidezza o novità
dei tipi e V artificioso disegno dei fregi.
Poche altre considerazioni infine ci restano ad aggiungere
intomo alla natura delle pubblicazioni che si compiono og-
gidì, ed alle condizioni in genere del commercio librario nel
nostro paese, ba maggior parte dei libri che vedono la
luce in Italia consiste, lo ripetiamo, in ristampe di edizioni
od in traduzioni di opere straniere. Ristretto è il numero
delle originali, e più scarso anoora quello dei libri tirati a
molte edizioni od a più migliaia di esemplari. A condidoni
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oiuali di coltura ÌDlellettu&le il nostro paese produce meoo
di altri, presso cui Y arte tipografica ha mezzi più spicei
ed economici, ed i suoi prodotti vie più acconci alla dif-
fusione , ed editori e librai onesti , accorti ed intrapren-
denti.
Quanti infatti dei nostri migliori ingegni non giungono
a stampare quello che scrivono o che meditano! Quanti sono
i disegni utili che rimangono sensi potersi aprire una via
lino al pubblicot quanti i manoscritti , anche importanti, ai
quali non è dato trovare un editore! Un autore deve avere
mezzi del proprio e correre il rischio delle spese di stampa,
oppure uli fa duopo rassegnarsi ad essere uno strumento
nelle mani di qualche speculatore, che fu delle cose vostre
ciò ebc' più gli torna a conto, e che sagrifica ai suoi pre-
giudizi, ai suoi capricci od ai suoi interessi la vostra con-
venienza e tolora perfino il vostro decoro.
Né si può dire che manchino fra noi editori probi ed
intelligenti ; soltanto quegir esempi sono rari , e , più che
regole, ponno dirsi eccezioni. Di solito invece l'ufficio di
editore o di libraio spetta ad uomini che trattano la tipo-
grafia come un mestiere, e non già, come fticevasi un tempo,
quale una delle arti belle, «socia e sorella delle lettere e
delle scienze. In cambio di chiamare a sé persone che siano
in grado di collazionare i eodici od i testi, di correggere
le stampe, regolare gli strumenti ed i metodi tipografici, non
si circondano che di faecendieri, senza credito e senza clien-
tela. Poche sono le diligenze che consacrano alla loro arte^
poche le fatiche e meno ancora il danaro.
Cosi nella scelta delle cose da stamparsi, in cambio di
tenersi ai libri di qualche levatura^ s'appigliano a libercoli
ed a pubblicazioncelle di circostanza, ed a preferenza ancora
a traduzioni, nelle quali nulla eosta l'acquisto dell'opera e
pochissimo il lavoro di farla italiana, affidandosene d'ordinario
la cura a gente ignara delle due lingue, che traduce pel
A^nAU Stati$!ica voi. XXI/9 s'n'e 3.* i3 •
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presso ood* altri a stento s'indurrebbe a copiare il mano*
scrino. In ogni caso si seguono e non ai prevengono i gusti
del pubblico, si cercano le vie in cuit se poco \' è da gua*
dagnarts, nulla v*ha a perdere. Le ardile speculaxioni che for-
mano insieme colla gloria la fortuna delle grandi infprese sono
ignorate fra noi; ove gli intraprendtiori dispongono di mezii
aifatto limitati, ed ove» quand'anche ne abbondassero» per
ispirito di malintesa economia sono usi di risparmiare su
quegli espedienti che altrove sono risguardati come indi-
spensabili alla buona riuscita di un ramo di commercio
qualsiasi, la pubblicità cioè degli annunsi e la mohiplicìlà
dei deposili presso le varie piaue del paese e dell' estero.
Ma ancora la più grande piaga risiede nelle eoodiiioiU
stesse del commercio librario. Cosi i rapfiorti fra i librai
non sono mantenuti che a condisione di aconti esorbitanti^
ed a pericolo bene spesso di perdere beneficiit mercantie
e ogni cosa. Più che concorrenza ^ ai fonno tra loro una
guerra sleale, le cui conseguenze sono anche più. rovinose
pel fatto che Napoli s'è ricusata finora di stipulare cogli
aliri Stali ogni convenzione a tutela della proprielà letteraria.
Epperò non è esagerazione l'asserire che editori e librai,
anziché collaboratori , sono i ^>iù mortali nemici degli
studiosi.
Ad accrescere le diflBcoltà del commercio librario s'ag-
giungono la diversità delle monete, fonte perpetua di usura
nei ragguagli. La rete ancora incompiuta delle strade di
ferro in Italia vi rende più sensibile il difetto di concen-
trazione, rimanendo gli Stati in un disgregamento che rende
difficili e costose le mutue relazioni , le quali sono incep-
pate anche di vantaggio dalla gravezza dei diritti di transito,
d'importazione e di esportazione. Un libro prima di giun-
gere dair uno all'altro Stato deve pagare la licenza di pas-
sare negli intermedi: licenza poco costosa pel più degli Stali
alquanto mu$;giorc in altri, ma tuttavia gravosa essa pure e
per la sua disparità nociva allo scambio. Quanto alla gra-
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testi dei diritti di dogana , per l' ìntriMiusioiie dei libri,
eita è benai aeemata ia alcune parli d'Italia» ma non tanto
che lasci desiderio di maggiori diroinmioni; e quanto al-
l' uguaglianza ?' hanno Stati che pagano cento là dove altri
pagano dieci od anche solo cinque. La tariffa, per esempio/
del regno delle Due Sicilie può equivalere ad una vera
proibizione.
Non possiamo a meno di accennare infine ad altro grave
singolarissimo impaccio posto al commercio librario,, quello
delb censura, per cui un libro che esca in Firenze non è
permesso qualche volta a MilanOi aiccome quivi ai stampano
opere forzatamente escluse dal traffico coli* estrema penisola;
ed a Torino si compiono pubblicazioni e che pel solo buo
di loro origine vengono poste al bando da tutti gli altri
Slati d'Italia.
Fabbricazione dei caratteri e dei torchi da elmmpa.
L'arte tipografica mantiene in attiviti altro ramo d'in-
dustria, quello della produzione dei caratteri, che si fa di
due maniere: coli' incisione dei punzoni onde ottenerne le
matrici, e colla fondita dei caratteri. L'una e Taltra maniera
di produzione sono proprie di quasi tutte le città d'Italia.
Cosi r incisione dei punzoni sì fa negli Stati sardi per opera
di Antonio Farina* lombardo, che fornisce da parecchi anni,
coi prodotti del suo bulino, le principali stamperie del Pie-
monte e della Liguria. Quest'arteficie, cbe 'prima lavorava
in Milano, sua patria, vi lasciò delle matrici di merito non
minore delle migliori di Francia e d' Inghilterra. Tutti ri-
cordano una edizioncina che egli ha esposto io una delie
pubbliche mostre industriali, ammirabile per 1* esattezza del
lavoro, e per le dimensioni microscopiche dei caratteri,
dinnanzi a cui i più minuti elzevir potevan dirsi caratteri
cubitali. L' opera del bulino riducesi ora fra noi a ben poca
cosa non esercitandosi che per qualche singolarità di lavoro.
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Invece l'arte meccaaioa di fondere i caratteri e di ridarli
a finimento, ha fatto negli ultimi cinquani' anni qualche
progresso. In Lombardia principalmente essa ha una qualche
estensione^ contandoTisi in attivila fin 9 fonderie, alle quali,
oltre i eapi, sono addetti 90 operai tra fonditori e lisciatori,
che guadagnano S A*. 64 oent* al giohH> — e 50 lavoranti
tra donne e ragazzi* la cui mercede varia da 88 cent, a 4
fr. SS cent. Le materie prime, cioè il piombo e il regolo
d'antimonio, si comperano dall* Ungheria, dalla Carinzia e
dair Inghilterra. Le matrici vi pervengono quasi esclusiva-
mente dalla Francia. I prodotti di queste fabbriche vengono
smerciati in Toscana, in Piemonte, nei Ducati, ed in minore
quantità nelle Romagne e nel regno di Napoli. Delle neve
fonderie lombarde, sei appartengono a Milano, le quali ul-
time danno una produzione annua pel valore di 250,000
franchi. Né s* intende compresa in esse la fonderia che serve
il regio stabilimento della capitale lombarda.
V'hanno pure in quella stessa città due fabbricatori, ed
uno in Monza, i quali, oltre la costruzione di pressoi per
paste, olii, ecc.« applicano in modo speciale alla costruzione
dei torchi da stampa in ferro fuso e di pressoi pure per
uso dei tipografi. La fabbrica di Monza è la più importante.
I pezzi delle macchine si gettano nelle fonderie di Dongo,
sul lago di Como, e di Clusone nella provincia di Ber-
gamo.
Sono impiegati giornalmente in questa manifattura 30
individui. Il valore annuo de' suoi prodotti può calcolarsi
a 40,000 fr., costruendosi ogni anno per adequato circa SO
torchi e 3 pressoi del valore medio di 4200 franchi. Le
vie di smercio dei torchi sono le medesime che pei carata
teri di stampa.
Nello stabilimento Antonelli, in Venezia, si fondono ca*
ratteri ad uso di quella tipografia e del commercio nelle
altre province venete»
Le quattro fonderie di caratteri degli Stati romani , di
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cui due sono in Roma e due iti Bologna» si studiano ogni
di più di raggiungere nella lavorazione quel perfezionamenio
che si trova nelle fonderìe francesi. Impiegano 60 operai e
danno prodotti pel valore di 30,000 fr.
Né la Toscana rimane indietro nella fonditura dei |)uoni
caratteri da stampa. Sei fonderie di tal genere in Firenze^
ed alA*6 due in Livorno, danno saggi di gran perfeziona'^
mento nel formare i loro tipi. I due migliori stabilimenti
di questo genere sono quelli del signor Robisto e del signor
Ponthenier di Livorno, i quali presentano una collezione di
caratteri e fregi, copiosa, variata, e sopratutto assai prego-
volo per l'esattezza del getto, la nitidezza dei tipi ed il
gusto dei disegni.
Nel regno di Napoli fin dal 1809 la fonderìa del Gar«
minello a Ghiaia e r altra del signor Cattaneo e del R.
Albergo dei Poveri somministravano oggetti alle tipografie
di quella provìncia d' Italia. Tuttavia i punzoni d' acciaio e
le matrici per ogni specie di carattere, i fregi e le vignette
non sono state mai si belli, si precisi, e di forme si svariate,
quanto quelle eseguite da Salvatore Banchieri, di Napoli,
artista d'abilità non comune. Del pari pregevoli sono i pun-
zoni lavorati da Francesco Solazzo. Per quantità di produ-
zioni distinguesi il R. Albergo dei Poveri, che somministra
caratteri ogni anno pel valore di 294 a 30,000 fr. (I).
Dottor Pietro Maestri.
(i) Un'unica aggiunta ci occorre di fare a quest'articolo ed
è quella di notare cbe l'Autore ha omesso di ricordare le ^7 car-
tiere di Toscolano sul lago di Garda, che producono 2,472,000 ehì-^
togrammi di carta^all'anno» pel valore di circa 1,364,640 lire.
{Nota della Compilazione).
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NOTIZIE INTERNE
■■•▼Imoit» MoraMMlale degU 0tetl saHU
dodo la denominazione di Notizie inteme noi pubblidiere*
mo d'ora in poi tutti i più importanti doettmeoti statiatici
che si riferiscono al nuovo regno a cui ci gloriamo di ap-
partenere. Le istituzioni parlamentarie che Io reggono ren-
dono necessaria la massima pubblicitk in ogni ramo di pub-
blica amministrazione, e noi non mancheremo al nostro de-
bito nel far conoscere le forze produttive del paese enei-
l'avvisare ai mezzi atti a svolgore il suo migliore beneaso*
re. Intanto riproduciamo le notizie relative al movimento
commerciale di questo Stato durante l'anno 4858.
I.
Importazioni,
L'anno 4858 non è stato neppure normale e regolare
per gli scambii internazionali. In essi si subirono gli effetti
della crise scoppiata negli ultimi mesi del 4867 e che ha
travagliata pressoché tutta l'America e l'Europa, ed il no-
stao paese ha inoltre sofferto del quasi fallito raccolto dei
bozzoli.
Il prospetto del oommercio del nostro Stato dimostra
come sia stata seosibile l'influenza delle catiae perturbatrici
che abbifimo indicate; ma ia pari tempo attesta un incre-
mento nel consumo di alcune derrate, ehe non si ottiene
in generale che in anni d'agiatezza.
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L'introduzione del vini e dell* acquavite è stala la se*
guente :
Vini Acquavite
4858 .... Lilri 30,359,084 Litri 4,987,179
4857 .... > 42,496,423 » 4,984,843
4856 .... » 25,065,496 > 3,035,430
La diminuzione considerevole che si era avuta nel 4857
neir entrata dei vini , in seguito delle più abbondanti ven-
demmie del paese, noo si è mantenuta, ^ l'introduzione su-
pera non che il 4857, ma altresì il 4855. Ciò devesi non
solo al consumo della Liguria, ma benanco all'abitudine in-
valsa presso di molti di far uso di vini forestieri, a cui si
sono avvezzati durante la prevalenza della crittogama , ma
da cui iacilmente sì svezzerebbero se si mettesse maggior
cura nella fabbricazione e purificazione dei vini nostrani,
che certo potrebbero gareggiare coi migliori vini esteri di
esteso consumo.
Anche nei prodotti coloniali v'è aumento in confronto
dell'anno antecedente.
L* introduzione del caffè e dello zucchero è la se-
guente:
Caffè Zoccbero
4858 .... Chil. 3,373,434 Ghil. 49,068,494
1857 .... . 3,834,488 . 47,197,290
4856 ... . » 3,957,959 » 49,679,964
L'aumento nel caffè è assai più notevole che quello del-
lo zucchero. La diminuzione dei prezzi cagionata dalla cri-
se, ha senza dubbio contribuito a dare maggiore svihippo
al consumo.
Le altre merci in cui c'è aumento in confronto dell'an-
no scorso sono:
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300
1858
1857
Chilogrammi Chilognmmi
Olii d'oliva 4,070,078 439,798
Caccao S45,639 20^,368
Prodotti chimici .... 4,775,417 3,495,349
Colorì 305,408 393,490
Geaeri per tinu e concia . 9,432,193 6,946,145
Cera da lavorare .... 444,253 435,613
Formaggi 3,504310 2,889,795
Pelliccerìe 10,794 6,423
Pelli in basana, ecc. . . . 330,233 172,151
Pelli lavorate 43,042 44,437
Filati di canapa e lino . . 1,028,496 929,934
Filati di cotone .... 94,990 87,740
Tessuti di cotone .... 4,842,378 4,642,136
Altre manifatture di cotone. 104,406 99,825
Filati di lana 39,801 34,674
Tessuti di lana 577,241 527,318
Altre manifatture di lana . 425,525 408,695
Carbone di legna .... 13,646,736 12,872,475
Utensili e lavori diversi in
legno 69,230 68,694
Carta 418,028 313,378
Rame lavorato 33,918 28,075
Zolfo 795,020 342,466
Vetrì e cristalli 2,467,655 2,248,852
Vetrìficasioni 14,221 9,735
Si ha per contro diminuiione neir entrata dei seguenti
prodotti:
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Ì8S8
20 1^
1857
Olii diversi .
Pepe . . .
Pesci varii .
Pelli crude .
Pelli diverse.
Canape e lino J.
Tele di canapa e lino
Altre manifaUore di canapa
Cotone in lana . . .
LAna
Legna da fuoco . .
Legni d'ebanista . .
Mobili di legno. . .
Carta per lappmeria .
Libri
Mercerie e chincaglie
Macchine e meccan. L.
Rame non lavorato .
Ottone non lavorato .
Ottone lavorato. . .
Piombo non lavorato.
Piombo lavorato . .
Vasellame di terra
Vasellame di porcellana
Cbilogramni
1,064,019
488,460
S,699,980
2,553,034
420,844
3,338,483
271,420
82,428
9,447,433
2,269,388
29,664,697
844,334
62,848
72,650
203,766
486,334
4,776,484
466,426
27,008
24,372
892,290
94,040
4,448,089
405,307
Chilogramnit
4,268,702
488,640
4,085,083
3,863,524
484,366
3,378,490
274,821
84,635
42,609,490
2,738,782
35,350,962
479,665
403,588
79,765
230,224
546,697
2,722,536
259,266
32,422
50,743
4,544,242
447,042
4,602,089
444,864
Ci resta ora a considerare le importazioni di alcuni
prodotti speciali, come sete, granaglie, ferri, carbon fos-
sile.
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90S
G)mìnciondo dalle sete, eeeo il movimento nei due ul-
timi anni:
i85S i857
Sete grezze Cbil. 700,679 755,584
Sete lavorate » 371 ,'597 58,604
Tessuti di seta ... . » 89,345 94,847
Altre maniratture di seta. » 46,59S 15,300
Neir introduzione delle sete greggio v' è riduzione di
eirca 35 mila ebilogrammi; ma in eonfronto del 4856 v'è
aumento di 358 mila.
Delle lavorate Timportasione è sestuplicata, e nei tessuti
non si ebbe sensibile variazione.
Quanto ai cereali V importazione dei tre uhimì amii è
la seguente:
Fromento Altre granaglie
4858 .... Ettolitri 4,588,508 436,724
4857 ... . » 4,456,557 480,734
4856 ... . > 4,SS7,72S 634,444
La variazione non è notevole, ed ali* aumento del fru-
mento corrisponde un maggiore aumento nelK esportazione.
Consideriamo ora l'entrata del ferro:
1.* fabbrìcaiione
Lavoralo
4858 . .
4857 . .
4856 . .
, . Chil. 47,803,703
. . > 34,442,854
. . > 22,840,270
3,632,774
8,656,847
3,876,403
L*importazione del ferro di prima fabbricazione eootiiiua
a discendere, mentre aumenta quella del ferro lavorsto.
Nella ghisa si ba un risultato contrario:
Ghisa non lavorata Ghisa lavorala
4858 .... Chil. 44,644,446 3,235,518
4857 .... . 8,524,046 S,957;645
4856 .., . » 9,587,868 4,078,292
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903
Tra ferro e ghisa sMntroducono poco meno in 35 mila
tonnellate; è una quantità tanto ragguardevole che non vi
aono più lavori importanti per nuove strade ferrate.
L'importazione del carbon fossile aumenta notevolmente
d'anno in anno.
4858 ..... Tonnellate 453^40
4857 » 443,943
4856. .... » 403,909
4855 » 94,066
4854 > 70,336
L'aumento in 6 anni è di 417 per cento.
In complesso si ebbe 66 articoli specificati, aumento
per 34 e diminuzione per 33; ma le diminuzioni non sono
guarì importanti, per cui la situazione difficile provocata
dalla crisi americana ha influito più nell* arrestare V incre-
mento, ohe nel cagionare tm regresso nelle industrie o nel
consumo.
II.
EspùrtazionL
Le esportazioni dello Stato presentano del pari aumento
per circa la metà e la diminuzione per l'altra metà.
Nei vini ed olii d'oliva si ha la diminuzione come dal
seguente prospètto:
Vini Olii d'oliva
4858. . . Litri 34,355,556 Cbil. 9,088,364
4857. . . . 39,930,803 • 9,678,778
4856. . . > 20,756,433 » 40,943,854
Nelle granaglie invece, se ne togli i cereali diversi, v'ha
aumento ragguardevole e relativamente superiore all'au-
mento dell'importazione.
Eccone il prospetto.
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S04
Ffttffleiito Altre granaflle
4858 ... . Ettol. 487,849 Euol. 457^24
4857 ... . » 404,668 » 482,S99
4856 ... . » 99,374 > 444,497
L' esportazione del riso è salita a quintali S8S,6S6 da
quintali 243,447 nel 4857, e quinuli 247,743 nel 4856.
Delle paste di frumento si esportarono chil. 3,645,069
contro chil. 4,703,603 nel 4858, e chil. 4,245,493 nei
4857.
NelPuscita del bestiame continua l'incremento.
Bestiame
BoTino
Otìdo
N.» 66,628
N.">
87,097
> 64,349
»
84,884
. 64,379
»
76,473
4858 . .
4857 . .
4856 . .
Quanto alle sete, il movimento delle nostre filande e
torcitoi non si è rallentato , malgrado la malatiia del fila-
gallo, che ha invaso tutto il paese.
Ecco Tuscita della seta:
» Gresza Lavorata
4858. .... Chil. 334,694 Chil. 945,896
4857 » 442,546 » 644,533
4856. ... . > 234,988 » 925,296
Di moresche uscirono chil. 373,565 nel 4858 contro
374,300 nel 4857 e chil. 399,207 nel 4856.
Duole lo scorgere là diminuzione neiru^iu dei tessuti
serici. Nel 4858 ne furono asporUti chil. 32,894 , contro
chil. 33,466 nel 4857, e chil. 49,437 nel 4856.
Dopo questi gli articoli in cui si ebbe aumenta, sono i
seguenti:
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305
485d '
. Confetti Chil. 204,339
Sapone > 953,334
Cordami di canape . . » 367,568
Tele di canape ... > 73,470
Filali di cotone ... > 469,887
Libri stampati ... > 440,575
Vasellame > 669,444
Ossa di bestiame. . -. > 384,355
Carbone di legna . . Quint. 406,439
Legna da fuoco ... > 344,477
Minerale di piombo. . > 433^64
Diminuirono invece i seguenti:
4857
430,069
467,364
363,406
39,468
406,990
91,669
663,400
376.494
97,893
330,686
49,480
Formaggi . .
Jr vSCI • • •
Pelli crude .
Pelli in basana
Stoffe in cotone
Sughero . .
Frutta verdi .
Prodotti chimici
Soda. . . .
Carta . . .
Ghisa in massa
Chil.
4858
843,324
8,063
781,387
59,048
46,395
337,0.15
44,055^54
33,005,844
38,966
4,672,374
4,839,670
4857
963,737
43,854
866,684
75,365
46,448
769,445
45,064,608
33,539,458
54,500
4,643,427
2,liO;190
In complesso si hanno 48 articoli che aumentarono e
47 che soffersero diminuzione; ma sia l'aumento che la dì-
minuzione non furono tanto ragguardevoli da indicare una
variaziona sensibile nel movimento delle esportazioni. Con-
viene osservare che nelle esportazioni la Sardegna comincia
a prendere una parte distinta.
1 prodotti delle dogane si dividono come segue:
4858 4857-56
Importazioni
Esportazioni
44,850,487
336,397
44,688,349
219,854
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106
Gli articoli che diedero più rilevaDii prodoui loao «!•
l'import azione:
Zucchero . . .
Tessuti di cotone
Tessuti di lana .
Cafiè ....
Vini
Ferri ....
Tessuti di seta .
Formaggi . . .
Mercerie e chincaglie
Acquavite . . .
Tele di canapa .
Vetri e crisulli .
Filati di canapa e lino
Olio d'oliva . . .
1858
L. 4,308,6S6
3,381,758
1,383,018
981,936
886,810
680,567
668,648
868,765
351.051
843,561
167,439
120,188
117,639
107,163
1857.56
4,155^86
8,800,335
1,309,110
868,373
1,131,389
658,919
703,495
871,593
368,670
343,479
153,369
104,093
104,094
15,967
Gli altri articoli produssero ciascuno meno dì 100,m. lire.
AH'esportaiione gli articoli che produssero di più sono:
1858 1857-56
* Carbone di legno . . . L. 46,350 33,367
Vini 45,393 47,359
OUi d'oliva > 37,864 30,888
È noto come la maggior parte dei prodotti siano esenti
da diritti all'esportazione.
Commercio di Terraferma colla Sardegna.
Gli scambii fra le provincie del Continente e la Sarde-
goa migliorarono nel 1858 in confronto del 1857.
Il valore delle merci introdotte dalla Sardegna nella
Terraferma è:
Merci nazionali L. 6,9%,318
Merci nazionalizzate . . . ., • 15,998
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1,887,134
4,609,764
1,303,120
444,773
441,540
331,683
220,018
178,226
174,973
163,077
148,457
Terraferma
nella
lino
8,934,011
3,488,347
207
Le principali delle prime sono:
Cereali L.
Olii
Bevande fermentate.
Tonno
Minerali
Fruiti
Pelli crude • . .
Formaggio ....
Sughero ....
Semenze oleose . .
Prodotti chimici • •
Il valore delle merci introdotte dalla
Sardegna è il seguente:
Merci nazionali • .
Merci nazionalizzate .
Le prineipalt merci nazionali sono:
Manifatture di cotone
» lana •
9 seta .
Chincaglierie e mercerie
Manifatture di canape e
Vasellami^ vetri e cristalli
Pelli diverse ....
Farina e paste • . •
Carta
Ferro
Legnami da costruzione
Pietre, materiali, bitumi
Metalli diversi comuni .
Delle merci nazionalizzate le
Derrate coloniali . .
Pelli diverse. . . .
Pietre, ccc
Chincaglierìe e mercerie
Manifatture di lana
» seta
> cotone
Bevande distillate •
In totale l'aumento degli scambj tra la Terraferma e risola
di Sardegna è stato di 5,400,000 lire in confronto del 1857.
8,265,535
964,300
864,800
666,340
424,739
4H,345
317,382
236,483
183,638
144,610
119,550
115,000
108,776
principali sono:
L. 543,241
» 427,749
> 345,600
> 184,260
> 155,480
> 4 24,800
» 113,645
> 120,900
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SOS
NOTIZIE STRANIERE
€«ittaier«l« d^esp^rtaal^ae della draa Bvete^iui*
La Gran Bretagna presenta in questo momento il de-
plorabile spettacolo di una grande nazione che non vuole
adorare che Toro^ e per l'avidità di questo metallo dhde-
/ gna di cooperare all'emancipazione dei popoli latini. Essa
conta più una lira sterlina che un popolo libero dippià.
Con una cinica indifferenza va contando ad uno ad uno i
suoi quattrini, e prima di toccarsi il cuore per sentire se
sia scevro di rimorsi, guarda alla cassa se è ancora piena
di scellini. Facciamo adunque anche noi il conto di cassa
riproducendo il quadro statistico del commercio esterno della
Gran Bretagna per gli anni 4857 e 4858.
Anno
4858 4857
Lire steri. Lire sterL
Possessi britanici . . 40,284^994 37,454,688
Stati Uniti ..... U,540,646 48,985,939
Germania 4^,753,655 43,098,333
America dei Sud . . 8,634,636 40,989,333
Olanda 5,456,423 6,384,394
Francia 4,864,558 6,343,358
Turchia 4,356,406 3,407,404
Russia 3,096,278 3,098,849
Indie occidentali . . . 3,590,358 3,079,503
Spagna 2,478,988 2,420,538
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S09
Anno
1858 1857
Lire sler. Lire sler.
Egitto 1,985,833 1,899,289
Belgio 4,813,686 1,737,304
Cina 1,780,783 1,738.885
Portogallo 1,548,861 1,589,087
Due Sicilie 1,369,396 1,088,983
Austria ...... 1,397,355 1,113,51^
Sardegna 1,174,430 1,310,310
Toscana 986,519 800,069
Giava 831,871 744,493
Danimarca 595,370 886,700
Coste occident. d'Africa 691,435 787,530
Siria e Palestina .... 760,533 703,375
Filippine 511,570 534,884
Svezia 438,161 559,699
Norvegia 395,381 441,704
Messico 414,811 567,311
Stati Romani .... 409,475 318,597
America centrale . . . 893,074 313,871
Grecia 949,683 300,666
Moldo-Valacbia . . . 195,984 801,466
Marocco 84,056 148,809
Isole del mare del Sud 67,485 91,837
Algeria 30,605 19,406
Isole del Capo Verde . 14,736 16,640
Altre destinazioni . . 81,889 14,3/0
116,614,881 133,066,170
AniiÀU. Statittica, voi, XXIIt lertt 5.* 14
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210
li 1858 presenta, in confronio del 1857, una diininu*
zrone di 5,451^776 Kre sterline.
Se nel 1857 non ci fosse stata T insurrezione indiana
che da cagionato un minor consumo di prodotti britannici
nelle provineie travagliale dalla guerra, la diminuzione del
1858 sarebbe stata più ragguardevole poicliè nel ISfiSTe-
sirazione per le Indie è risalita a 16,782,515 lire sterline
contro 11,666,714 nel 1858.
I paesi che furono travagliati dalla erisi degli ulticni
mesi del 1857, furono pur quelli che meno importarono
dei prodotti britannici.
Una potenza industriale la quale ba un* esportazione di
merci per circa tnemsla milioni di franchi ha bisogno che
le altre nazioni sieoo prospere.
Questo bisogno è la più eloquente confutazione del so-
fisma che è accreditato universalmente, vantaggiarsi Tla-
ghifierra colle crisi politiche o commerciali degli altri Stati.
Le esportazioni del Regno Unito dimrnirìrono sempre allor-
ché il (Modo era lurbal<> da disordini politici ù da dissesti
ecoMMBici. Esse non si sviluppano ed aumeatano che in
mezzo alla pace ed alla prosperità generale.
Ciò spiega, se ,non giustifica, la politica di quegl'ioglesi
che chiudono gli occhi alle sofferenze dei popoli, per non
turbare la quiete e provocare la guerra. Diciamo spiega e
non giustifica, perchè non è giustificabile una politica fon-
data esetesivamenije sugl'interessi materiali, per quanto ri-
spettabili siano e prevalenti.
Applicando queste considerazioni alFItalia, è evidente che
per la Gran Bretagna Thalia ha un'importanza economica
assai maggiore dc'n\\ustria.
Le esportazioni per la Sardegna, Napoli, Toscana e Ro-
magna giungono a 4 bilioni di lire sterline, mentre quelle
per rAuslria oltrepassano di poco il milione.
£ pf4>babUiAcnte i prodotti spedili in Austria sono desti-
nati qoiist tutti al Lombardo-Veneto, cosicché il tralTico della
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SH
Gran Bretogna coli' Austria è iiì3Ì|;oiScaote. Dìffutli lo iiu iffe
austriache sono fondate sul principio protettivo e leodo^p
ad escludere le merci inglesi*
Quelle tariffe non hanno favorito lo sviluppo deirindM-
Siria intema, perché non è la prolezione ma la coacorreoia
che lo promuove ; tuttavia se gli effetti non furono favore-
voli alle manifatture deir impero austriaco tornarono dannose
agli Stati esteri, e l'Inghilterra è quella che ne ha sofferta
più di tutti.
L'Italia libera sarebbe un mercato vastissimo per gli
scambi internazionali, e mentre svolgerebbe grinte/ni ele-
menti di prosperità industriale, porgerebbe la mano amica
ulle estere produzioni, sopratulto di Francia ed Inghiliurra.
— OQO—
Vm cwclna e T aslto 41 l^rindliiilll- Street.
Nel 4846 a Londra fu fondata la pia istituzione detta
Leicester square Soupe-kUchtn an Refuge. Essa è mantenuta
coi doni e assegni fatti per sottoscrizioni annuali negli al-
berghi e nel clubs di West-End , non che dai generosi com-
mercianti, ristoratori e mercanti di derrate dello stesso West-
End. Si distribuiscono de* boni dagPi azionisti ai poveri che
sono nelle condizioni volute per avere il loro desinare, ov-
vero soltanto una porzione più o meno generosa di zup-
pa« ecc., oppure, se invalidi, per esser ammessi neirasilo
ove son mantenuti e alloggiali.
La zuppa è approntala tutti i giorni a tre ore, e solamente
chi è munito di biglietto viene ammesso nella cucina per
ricevere la propria porzione. €oloro ehe hanno viglietii per
famiglie si presentano con uà grande reetfthritie imi quale
81 vertano tutte le porzioni vohivt. Soddisfeui che Mano
luui i portatori di viglietii, e restando ancora della zufipa,
vico questa distribuita ai bisognasi che non colerono otte-
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S13
nere dei boni, ed essi ivi mangiano le loro porzioni ioioroo
alle tavole.
Le persone che hanno viglietli per tutti i pasti ed an-
che per dormire si presentano alle nove ore di sera. I do-
mestici dimessi possono talora restare nell'asilo fino a che
trovino padroni. Però si ha l'avvertenza di non dare que-
sta specie di soccorsi che ài più bisognosi. L41 zuppa nella
cui composizione entrano tutti i legumi e camangiari pos-
sibili è eccellente e gode di vera celebrità, ed essa vien
molto ricercata da benefattori che vogliono distribuirla ai loro
poveri. A Natale poi di^tribuisconsi alle povere famiglie a
migliaja le porzioni di tal zuppa a cui si unisce pane, del
plum-pudding , del thè e del caffè, e cosi far meglio solen-
nizzare quella giornata.
La beneficenza di cui parliamo si manda ad effetto nella
grande metropoli inglese, ma in un oscuro e rovinato can-
tuccio di essa conosciuto col nome di Ham Yard^ Great
JFindmiU'itreet, Bani'fnarked,
D. G. C
StutlatlM deir latr«sl«iie poftbllM aella Gran 1
Bretoffm neirama« tM8.
Nel bilancio dell'anno 1858 trovammo notale le se*
guenti cifre per la spesa occorsa ne' varj istituti di pub-
blica istruzione nel Regno Unito*
|.ire sterline
Istruzione elementare ..,••.,. 663,435
Incoraggiamenti alle scienze ed alle arti . . 83,730
Istruzione pubblica dell'Irlanda 823,000
Università Reale in Irlanda 8,SSS
Collegio Reale in Irlanda 4,800
Accademia Reale in Irlanda •«•••• 500
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$4S
Università di Londra ..<.«« i . 3,6S4 ^
Università di Scozia 7,640
Accademia Reale tberoica 300
Museo britannico 79,375
Galleria di belle arti 46,474
Acquisto d'opere scientifiche 5,039
Società Reale di geografia ...... 500
Società Reale di Londra . 4,000
11 fondo di 663,435 lire sterline venne impiegato per
447,774 lire nella costruzione ed ampliamenti dei locali
per le scuole elementari; per 64^494 lire sterline in au-
mento agli stipendi ai maestri ed alle maestre; per lire
646S in acquisto di libri ed apparecchi d'istruzione; per
lire 34,434 in assegni agli ispettori scolastici, ecc.
Neir Inghilterra si tengono aperte nelle case di lavoro
scuole pei figli poveri a cui intervengono 37,340 fanciulli.
Nell'Irlanda si tengono aperte 437 scuole dello stesso genere
per istruirci 23,674 fanciulli poveri.
Si estese il numero delle scuole nazionali agricole che
ora ammontano a 468. Si istituirono 3 hindar garten^ o
giardini pei fanciulli; e si sovvennero opportunamente le
cosi dette sale d'asilo per la povera infanzia.
Ad onta però di queste pubbliche istituzioni non si è
provveduto abbastanza all'istruzione completa del popolo
inglese.
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214
NUOVE GOMUIVICAZIOIII
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
— OZIO —
IViMV» statlstlea deUe stHMle fevMito 9m
Lia costruzione delle arterie principali di strade ferrate
è fyresaoehè compiuta negK Stati pia importanti d* Europa»
ed il bisogno di nuove linee ai Ìi vìeppià sentire.
Egli è perehè le strade ferrate che sono in eaeroizio n^
esado il movimento e l'industria in lontane regioni, eatesdono
ì eonfini deNa umana attività e rendono neoeasarii i meni
che possomi sussidiarla.
La Francia è una delle nazioni d'Europa che ha fatti
più rapidi progressi negK ultimi anni. Essa si lasciò prece-
dere da altri Suti, soprattutto dell* Inghikerra , dal Belgio
e dalla Germania; ma dopo il 1863 ha riscattaAo il tempo
perdute in discoaaioni, pur troppo soventi voke sterili» con un'
operosith di tnii non ha ritardato a ritrarre copiosi frutli.
Eoco la situazione successiva della rete francese decretata
ed in esercizio alla fine di ciascun anno:
Anat Chil. decritati CMl te eserc.
1888 48 . —
4880 442 63
4842 2987 590
4848 4703 2214
4851 4953 3544
4852 6884 3859
4853 •....,. . 8786 4050
4854 9464 4640
4855 44754 5530
4856 44754 6495
4857 45956 7458
4858 15956 8657
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2<5
Da queslo prospetto rimila die b rete francese non ha
cominciato ad esercitarsi in parie che nel 1848. Dopo
d'allora si è sviluppata con grande celerità e TesteiMÌoiie
aperta ciascun anno al pobblico servizio attesta la gravità
dei sagrificii che la natione ha faiii e la potenza e molti-
plicitè delle sue forze produnive.
La lunghezza totale delle strade ferrate del mondo era
descritta nella segueme guisa nei documeuti ufficiali pub-
pltcaii dal governo francese.
AI 81 dicembre 4857 vi erano:
Europa •
America
Africa
Asia • .
Oceania *
1 esereixio
In eoslrunooe
Tdlale
Ckil.
Cbil.
CbM.
40,630
35,603
76,433
46,397
49,(40
&4^S7
380
907
4,287
400
7,270
7,670
430
481
314
86,297 68^1 449,928
Gli Stati Uniti d* America hanno il primato per V esten-
sione delle linee, e superano tatto l'Europa rispetto allo
rete in esercìo.
Quanto alla lunghezza totale delle linee deoreiatc in
esercizio^ gli Stati principali d'Europa e d'America sì clas-
sificavano come segue:
Estensione esercitata
Estensione decretata .
Cbil.
Chil.
Stati Uniti . . . 44,900
Stati Uniti . . . 68,000
Gran Breugna . . 44,670
Gran Bretagna . . 31,080
Francia .... 7,458
Francia .... 43,870
Prussia .... 4,695
Austria .... 8,372
Germania .... 4,384
Prussia .... 6,749
Austria .... 3,577
Germania .... 5,893
Canada .... 2,430
Russia 5,433
Belgio 4,480
Spagna ; . . . 3,489
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S16
lulia .
Russia .
Spagni
Svittera
Olanda
Danimarca
Sveiia e Nonregia
Portogallo
Turchia .
Grecia . «
4,179 Canada .
4,178 Italia . .
670 Belgio . .
647 Svinerà .
379 Turchia .
S40 Olanda .
466 Danimarca
64 Portogallo
00 Svexia e Nonregia
00 Grecia ....
3,160
3,966
8,St3
a,4ó6
4,530
4,137
480
439
296
40
L' avansamento degli Suti in fatto di vie ferrate non si
può però giudicare dall* estensione chilometrica giudicata
assolutamente, ma dall' estensione relativa, cioè in rapporto
della popolazione e della superficie del paese.
Ecco il prospetto delle strade ferrate in confronto della
popolazione, ossia quanti chilometri di strade ferrate copiara
ciascun paese sopra un milione d'abitanti.
LQDgbeua eaereiUU
Longhena decreUU
Chil.
Cbil.
Suti Uniti . .
. 1806. 7
Suti Uniti . .
, 8500. 9
Canade . . .
. &iSO. 1
Canada . . .
, 4477. 9
Gran Bretagna.
536. 7
Svizzera . . .
905. 4
Belgio . . . ,
, 338. 4
Gran Breugna. .
774. 8
Pruuia ....
272. 9
Belgio ....
483. 4
Germania . . ,
851. 5
Prussia . . .
893. S
Svizzera ....
315. 4
Francia ....
387. 4
Francia . . .
. 308. 3
Germania . .
338. 6
Danimarca . .
140. 5
Olanda . . .
389. 5
Olanda . . .
407. 8
Spagna . . .
854. 6
Austria . . .
89. 4
Danimarca . .
352. 6
lulia ....
68. 5
Austria ....
340. 3
Spagna ....
48. 9
Italia
473. 4
Svezia e Norvegia .
83. 8
Portogallo . .
435. 4
Russia ....
49. 6
Turchia' . . .
98. 7
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117
48. 3
0. 0
0. 0
Russia ....
Sveiia e Norv^ia .
Grecia ....
90. 4
60. 2
9. 6
Portogallo . . .
Tarchia ....
Grecia ....
Ecco ora il confronto colla superficie, ossia quanti chi*
lometri di strade ferrate sì hanno per ciascun miriametro
quadrato di superficie:
EstenftioDe esercitata
Chil.
Belgio 5. 0
Gran Bretagna. • . 4. 7
Germania . . • • 1. 8
Pnissta 4. 7
Francia I. 4
Svizzera. .... 4. 3
Olanda 4. 0
Italia. ..... 0. 6
Austria 0. 5
Stati Uniti . ... 0. 5
Danimarca .... 0. 4
Canada 0. 2
Spagna 0. 4
Portogallo .... 0. 07
Russia 0. 02
Sfczia e Norvegia . 0. 02
Turchia .... 0. 00
Grecia 0. 00
Estensione decretata
Cbil.
Belgio 7. 5
Gran Bretagna. . • 6. 8
Svizzera 5. 5
Olanda 3. 2
Francia 3. 7
Germania . . . . 2. 5
Prussia ..... 2. 4
Italia 4. 5
Austria. ..... 4. 2
Danimarca .... 0. 8
Stati Uniti .... 0. 7
Spagna 0. 7
Canada 0. 5
Portogallo .... 0. 5
Turchia .... 0. 3
Russia 0. 4
Svezia e Norvegia . 0. 04
Grecia 0. 02
È assai importante questo prospetto , avvegnaché ci
faccia conoscere quali sono gli Stati meglio forniti di strade
ferrate.
Gli Stati Uniti che in modo assoluto hanno una esten-
sione che supera quella di tutti gli Stati d' Europa riuniti
insieme, si trovano in ragione di superficie al decimo grado
per le linee esercitate ed all' undecimo pel totale della rete
decretata.
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818
Il Bclgìfl che è un pìeèolo Sialo, ba la suprematia su
iiitii gli allri, t lo sviluppo rapido delle we industrie e del
suo eommercio è cerio derivalo in gran pane dall' aver sa-
puto per tempo apprestare i vantaggi delle strade ferrate
e promuoverne l'eseoiaione.
Ecco ora il ragguaglio del numero dei viaggiatori tra-
sportali sulle strade ferrate dei priocipali Stati:
Anni Estensione Numero dei
media viaggiatori
Austria 4858 4,383 10,533337
Belgio (Suto) . . 4857 741 6,458,494
Ganadh ..... 4857 4,753 4,603,655
Spagna ..... 4859 48S 8,539,981
Stati Uniti .... 4855 34,473 60,89i,09l
Prancia 4857 6,874 40,663,168
Gran Bretagna — Ing. 4857 9,954 445.858,806
Scozia 4857 4,747 44,733,503
Irlanda 4857 4,490 8,416,5:9
India inglese . . . 4857 406 4,946,953
Prussia 4857 4,314 48,414,094
Bussia (Stato) . . 4856 650 377,801
Sardegna (Stato) . . 4B57 389 3,354,609
Svizzera 4857 437 3,399,534
Toscana 4856 485 4,463,834
Per le principali linee della Francia il movimento si ri-
partiva nel modo seguente, comprendendovi anche le merci.
Nome delle linee Viaggiatori Mereiwie
N.o Tonoellate
Nord 6,466,440 3,577,731
Est 5,434,513 3,035,779
Ovest ........ 43,761,853 4,487,575
Orleans 4,358,171 1,743,080
Parigi-Mediterraneo . . . 7,464,898 S,684,5C<5
Mezzodì , 8,079,894 586,765
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219
Quanto ai prodolli ed aHe spese di esercizio , aggiun-
giamo un prospetto per le principali reti, che ci sembra
assai importante. -^ Eccolo:
Eappmio
Estem.
nendtta '
per 100
Stati
Jnni
podia
PndoUo
nella fraUrm.
aa
Lire
Lire edìlproi.
Austria
i858
4333
11,247,436
5,400,000
i»fi»
Belgio
4857
1655
43,006,385
20,127,350
46. 80
Canada
1837
1753
29,339,500
9,084,225
30. 96
Spagna
1855
483
3,425,700
1,728,725
50. 46
Stati tedeschi
1855
3H6
101,059,250
6^986,050
64.30
Stali UniU
i857
34000
534,327,840
222,636,600
41. 67
Francia
i857
6874
313,818,016
177,701,743
56. 63
GraoBret-Ia
-
glìiterra
4857
9254
513,193,700
191,661,050
37. 35
Scozia
4837
1717
62,536,950
25,575,725
40. 90
Irlanda
4857
1490
28,634.600
11,148,000
49. 41
Olanda
4857
228
6.965,475
2,719,550
39. 04
India inglese
4857
406
5,292.325
5,052,925
57. 69
Prussia
4857
4311
135,646.010
72,288,383
54. 09
Russia
4856
650
99.197.725
n
»
Sardegna
4857
389
11,460,664
6,077,496
53. 02
Srizzera
4837
437
6,716.901
3,866.735
78. 56
Toscana
4856
135
3,188.400
1,715,873
53. 82
Questo quadro attesta la grande e straordinaria impor-
tanza delle strade ferrate ed i rapporti fra la rendita e la
Un* industria che sorta appena da SS anni> dk già una
rendita dì circa duemila milioni, ed un beneficio netto di
oltre mille milioni; unMndustria che ha sconvolte intera-
mente le condizioni dell' industria e del traffico e porta un
grande sussidio all' agricoltura , merita tutta T attenzione e
la soHecHudine dei governi^ e può bene essere riguardata
come il ramo principale dell' attività sociale netl* ultimo
{quarto di secolo.
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220
Wotlsle sul trafero del llmieeiil»l««
Lo scavo di galleria già fatto in ottobre era di metri
237, e se ne fa in media 0,70 al giorno. Avendo suhico
trovato la roccia si. principiò lo scavo ia grande sezione. La
natura della roccia è di sehisto argiUoso-calcare e si scrosta
facilmente al contatto dell'aria e specialmente ali* umiditi ,
si fu perciò costretti di armare la vòlta con puntelli ^ sin
tanto che vi si facesse il rivestimento in muratura.
Si fa il rivestimento della galleria con mattoni, perchè
si manca afTatto di roccia dura nei contorni. Fu però tro-
vata una qualità di terra buona per fare mattoni , e se ne
trovano già in pronto gran copia, ma la calce si è costretti
farla arrivare da Casale.
Il canale della presa d* acqua per 1* edificio dei compres-
sori è ultimato ; aggiungasi a tale edificio il fabbricato delle
officine. Il numero degli operai colà impiegati, tutto com-
preso, era in ottobre di 4200. La mancanza di roccia per
la muratura, la mancanza di calce, ed il non avere trovata
jn galleria roccia abbastanza resistente per sostenere da sé
il vòlto ^ pose l'entrata di Bardonnèche in condizioni piò
critiche che dalla parte di Modane.
L'ingresso nord si trova molto più basso di quello di
Bardonnèche.
Ciò malgrado l' ingresso da Modane si trova più elevalo
della strada nazionale di metri 105,34 o distante da que-
sta strada metri 460, mentre l'entrata di Bardonnèche si
trova a livello. Bisogna perciò guadagnare quest'altezza, svi-
luppando la ferrovia intorno a Modane per la lunghezza di
metri 4500 per entrare in galleria.
A diritta della strada nazionale e fra questa ed il tor-
rente Are, si costrusse un canale di derivazione pei due
cdifizii delle ruote idrauliche e dei compressori della lun-
ghezza di metri 4000.
A sinistra della strada nazionale e di fronte alla gallerìa
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224
si costrusse il fabbricalo delle officine. Questo bel fabbrica-
to è quadro ed ha 60 metri di .lato.
Dalla parte di Bardonnèche oon necessitando V edificio
delle ruote idrauliche, si è già ricevuta e stabilita una par-
te dei meecanismi per la eompreasione dell' aria , ed ave-
vansi inoltre alla fine di aprile metri 376 di galleria in
grande sezione. La natura della roccia è sempre la stessa,
e quantunque siasi incontrata in questi due ultimi mesi un*
pò d* acqua, 1* avanzamento medio giornaliero è sempre di
metri 0,75 perchè la roccia è tenera ( schisto argilloso-cal-
care); si è però costretti di rivestirla, ma ciò non impe-
disce l'avanzamento. Il rivestimento si fa colà pei piedritti
moellons e pel vólto in mattoni. Si è pure ricevuta una
quantità di meccanismi destinati per il fabbricato delle
officine.
A Modane, siccome occorsero grandi opere attorno a!
canale, si per contenere le scarpe, perchè il terreno è sab-
biouiccio, come per aver incontrato uno strato di melma
dove appunto dovevano aver luogo le fondazioni degli edi-
fici! delle ruote idrauliche e dei compressori^^ il lavoro sof-
frì maggior ritardo e non si darà principio allo stabilimen-
to delle macchine, che nell'entrante primavera.
La pietra da taglio occorrente per questi due fabbricati
è di metri liti. 500 ed i buchi nella stessa pietra per in-
trodurvi i boloni è di metri lineari 500.
La lunghezza della galleria era alla fine di aprile di me-
tri 272,35, e I' avanzamento giornaliero di metri 0,50. La
Ratura della roccia (grès-entraxìfère) fu sempre la stessa,
cioè assai sconoesM con infiltrazioni d'acqua.
Il tratto di galleria che traversa il terreno di frana (me-
tri 183) trovavasi alla fine di aprile tutto aperto in gran
sezione.
Si è già ricevuto un buon numero di macchine di do-
tazioni per il fabbricato dell' olBcine.
Appena gli edifizii potranno ricevere le macchine, si po-
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iranno scavare 3 metri di roccia per parte di galleria al
giorno* (MoniL Torinese).
IMatlstlea delle stradle ferrate nesll Stati Calti
4* Amerlea.
Non v' ha nazione che abbia sviluppata Y industria delle
strade ferrale eon tanta rapidità ed un* auiviià si straordi-
naria quanto gli Stati Uniti d'America.
li popolo americano non conosce limite al suo progreno
né ostacolo al suo movimento. Esso procede innansi atter-
rando le barriere, vincendo ogni difficoltà, dimentico dd
passato, pensoso solo dell* avvenire.
Appena si pensò a sostituire alle strade ordinarie le vìe
ferrate , gli Stati Uniti ne fecero V esperimento ; ma dap-
priucipio r importanza dei nuovi mezzi di comunicazione
non fu meglio compresa in America che in Europa. Erano
le vie ferrate destinate soltanto ai viaggiatori, oppure dorè-
vano facilitare il trasporto delle merci?
É questa per la nostra generazione una quistione oziosa.
Ma trent' anni addietro la era importante : pochi prevedeva-
no lo sviluppo della nuova industria dei trasporti ; come
forse noi non prevediamo i successivi progressi oè le re-
golari trasformazioni eh* casa subirà ancora nel nostro suolo.
I più restringevano al trasporto dei passaggeri 1* utilità
delle strade (errate. Ci volle del tempo prima di riconosce-
re tutti i vantaggi che se oe potevano ritrarre e la rivolu-
zione che dovevano fare nella pubUiea economia.
Lentamente procede nei primi amii ìin America la co-
striuione delle strade ferrale; ma appena il popolo ameri-
cano ne comprese i grandi beneficii, niun ostacolo più lo
rattenne: non le difficoltà del terreno, non l* importanza
dei capitali, o l* esito infelice di parecchie imprese.
Gli Stali Uniti avevano bisogno di vincere gi* immensi
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22;ì
spazi! che separavano le ciao, i borghi, le praterie, di strin-
gersi fra di loro, di accelerare le comunicazioni.
A questo bisogno soddisfecero si bene che in 30 anni
costrussero S8,i38 miglia (chilometri 45,435 ), ossia un
miglio per mille abitanti, mentre 1* Inghilterra, che in Eu-
ropa è la-meglio fornita di vie ferrate, non conta che un
miglio sopra 3 mila abitanti.
Il progresso della oostruzione delle strade ferrate negli
Slati Uniti risulta dal seguente prospetto delle linee aperte
al principio di ciascun anno:
Anno
Miglia
Anno
Miglia
Anno
Miglia
4838
3
4839
1923
4850
7342
4829
28
4840
2167
4854
9090
4830
44
4844
8349
4862
44031
4 881
54
4842
8877
4853
48379
4832
431
4843
4474
4854
49438
4833
576
4844
4342
4855
49769
4834
872
4845
4670
4856
21069
4885
988
4846
48S6
4857
23761
4886
4402
4847
5282
4858
S59o6
4837
4442
4848
6679
4859
282^)8
4838
4843
4849
6353
L' incremento delle strade ferrate, aperte al pnblilic-d
servizio è soprattutto straordinario negli ultimi dieci anni.
Non valsero ad arrestare il movimento le reiterate crisi che
colpirono il commercio, i fallimenti di molte Compai^nìe, la
rovina di molti capitali impiegali in vie ferrate che non
diedero un prodotto rimuneratore, od i cui proventi furono
dissipati.
Negli Siati Uniti adunque si hanno:
Cbil. 71,467 di vie ferrate concesse
> 45,435 » io esercizio.
Queste cosUno franchi 5,609,975,577, ossia firanohi
413,440 per cbilometro.
Un solo Stalo, agregato receniemente, quello di Minne-
sota , è sprovvisto di strade ferrate. Tutti gli altri ne sono
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solcati: le principaii ciuà sono ti
grandi distanze sono superate, e
se regioni deserte» immense forc
versate soltanto dai coraggiosi di
mano d' uomo non aveva toccate
federazione.
Il costo chilometrico di 142,
credere che le vie ferrate danno
Per costrarre le vie ferrate i
paese ove i salari sono elevati e
to necessario di abbandonare qui
1 lavori sono ristretti al pun
no modestissime, le grandi oper
numero, gli Stati hanno fatte lai
€iò spiega la tenuità relativa
te Compagnie fallirono o si scio
sulle loro rovine poterono miglii
Ma in un paese dove il capii
frutta il 40 per O/O, le strade f(
non potevano dare splendidi ris
medii superano di poco quelli o
ferenza che in Europa 1' interess
no elevato, le vie ferrate che f
in proporzione più produttive d<
aero 6 e 7 per O/O.
Qualunque però sia la condii
cictà di strade ferrate negli Stati
questi debbono il loro rapido svi
produzione e del traffico ai nuov
Le vie ferrate hanno traafori
naie, hanno agevolata l'erezione
inazione di città dove non si ved
I proventi delle linee seguirò
golare di aumento, che attesta 1*
pubblica e privata.
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ANNALI l'IVIVERSALI
«
^k.
Glasn<» t^S9. Voi. JLJLU. — IV.^ €
lUKLlOGUAFIA (0
— ooo—
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
RASSEG.^A DI OPERE ITALUKE.
XXL — Sulla esposizione agricola ed industriale bresciana;
lettere di Giuseppe Zan^rdelli, Milano 4859. Un volume
in- 8.^ di pag. 464.
iVlIorchè nell'anoo 1857 si tenne a Brescia la prima esposisione
agricola, industriale ed artistica di tutti i prodotti di quell'opero-
sissimo paese» noi fummo i primi a far voti perchè quel nobile
esempio fosse imitato dalle altre provincie finìtime e preparasse
coH'andare del tempo una grande esposizione italiana.
Ci gode l'animo di veder ora in un Imon libro raccolto un
completo ragguaglio di quella esemplare esposisione, e di vederlo
compilato da uno dei più benemeriti scrittori bresciani* In questo
(1) Saranno indicale eoo asterisco (*) di riscontro al titolo deiropcft
qaellc produiioiii sopra le qoali si daranno, quando occotroDO| artìeoU
ai aUiìcì.
AffMALi. Statistica f voL XXII, seris 3.* i5
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236
aureo folame troviamo illustrala tutta l'operosità cenonana io
ogni maniera di applicazioni all' agricoltura , all' industria ed alle
arti belle. Brescia ci compare agli occhi nella sua antica gran-
dezza e giustifica il titolo che porta nella storia di essere il paese
magnanioio dei forti. Solo traspare dalle pagine del Zanardelli il
grido di dolore di chi deve far noto alla patria quanto avrebbe
potuto dare, se un regime di terrore e di saccheggio oon l'aTesse
per undici anni tormentata e diremo persino sgozzata. Ma grazie
a Dio quel regime é cessato e quantunque su quella tt*rra circo-
lino ancora potenti eserciti cbe sui colli di Solferino danno quelle
memorande bai taglie cbe staranno come le pagine più belle della
nostra storia, pure Brescia già respira U più pura aura di fita^
e la sua indomabile operosità ritornerà fra breve a far pro-
digi,
€i basti dire cbe la sola industria delle armi che fa vivere
due valli bresciane e che era ridotta a produrre soltanto 12 mila
canne da fucile, ha ora commissioni per fornire in pochi mesi ai-
Tarmata italiana 70 mila fucili. Ciò che diciamo delle armi potre-
mo dirlo delle altre industrie » le quali nella nuova rigenerazione
del paese andranno a ricevere nuovo lustro ed incremento. Intanto
il libro del Zanardelli può consultarsi cuuie la migliore statistica
deiriudustria bresciana.
XXII. — * Biblioteca dell' Economista , diretta dal profes-
sore FRAHcesco Ferrara. Seconda serie. Trattati spedalL
Torino 1859; sono usciti alla luce i fascicoli dal /V.® 240
ot 246 ; edizione in -8.®, presso l'Unione tipografica.
I fascicoli ora asciti alla luce comprendono buona parte del
«econdo volume che contiene una serie di Memorie le quali ap*
pflcano le dottrine deireconomia pobblica all'agricoltura. Fra que-
ste noteremo la Memoria di Thornlon sulle pìccole proprietà; un
lavoro di Bastiat sul contratto di mezzeria; uno scritto di Wolow-
sky sulla 'divisione del suolo; le lettere di Tracy suH' agricolta-
ra, e ciò cbe più importa l'intiera opera di Jacini sulla proprietà
fondiaria in Lombardia.
Si dà fine al volume con una serie di opuscoli sull'agricoltura
ioscaiia.
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257
Noi ci congratuliamo col direttoro della raccolta per avere in
questo fohiaie fatto tesoro dei più sapie&U scritti dei noMri eco-
nomisti itaHaui» giacché crediamo che in questa parte di ecoii^*
mia pratica non siamo secondi a nessun' altra nazione del mondo.
Noi parleremo in seguito di questo volume per mettere a ri-
scontro le dottrine italiane colle straniere.
RASSEGNA DI OPERE STRANIERE.
XXIU. — La liberté; par Jcles Simon. Ain'^t 4S59. Due
volumi in-9J^ di pag. M4 e 671.
Il nome di questo filosofo non è ignoto air Italia. Egli scrisse
la sua erudita storia sulla scuola filosofica alessandrina che diede
argomento, anni sono, a sapienti articoli di Cesare Correnti siati
inseriti nella Rivista europea. Pubblicò io seguito le tre opere
sul dovere, sulla religione naturale e sulla libertà di coscienza, in
cui fece francamente conoscere come cosiffatti argomenti di alla
portata filosofica vadano trattati* Ora publ>licò in due volumi un
Trattato sulla liberti. Era tempo che questo tema fosse discussi»
filosoficamente dopo che si era abusato tanto di questa magnifica
e diremo anche di questa consolante parola. Qualsiasi definitione
della libertà lascia sempre un non so che di vago e di indefiniti»
riferendosi sempre ad un ordine di fatti psicologici d'indole nega*
tiva, consistendo piuttosto nel togliere gli ostacoli all'essere che
pensa e che vuole, anzi che a delineare un campo di aspirazioni
e di azioni che possa dirsi certo e definito, n filosofo Simon ha
votolo provarsi ad assegnare alla libertà umana i suoi confini, e
lo ha fatto con profonda dottrina ed ottimo criterio. Dopo aver
parlalo det dovere e dell'autorità, ha cercato di indicare come deb-
ba essere franchigiata la libertà dell'operare nell'individuo, nel san-
tuario domestico e nella vita civile. Concbiuse il suo libro accen-
nando come debba reggersi anche la libertà del culto e la libertà
del pensiero.
In questi tempi ih cui le aspirazioni alla vita libera possono
per avventura trasmodare, noi crediamo che sia opera da buon cit-
tadino quella di raccomandare la lettura di questo nuovo*, la^
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9S8
?oro Glosofico di Simon che oell'atto che assieura airuomo le sue
normali franchigie, gli mostra però il campo gioridico entro cai
possa spaziare la sua libera operosiià*
XXIV, — Annuaire de Veconornie politique et de la &tati<'
stique ; par M. Block e^ Gciuaumix. Parigi 1859. Uà
voi. in- 16,° di pag. 676.
È questo l'anno decimoseslo da che si pubblica l'Annuario di
economia pubblica e di statistica a Parigi. Il suo esempio venne
imitato in Olanda» in Germania e soprattutto in Italia ore dappri-
ma per opera dello Stefani od ora del Correnti, ha contribuito alta
pubblicazione di Annuarii che costituiscono il vero vade mecum
della scienza economica e statistica.
L'Annuario di quest'anno non presenta forse memorie e rag-
guagli di una capitale importanza, ma è più ricco di preziose no»
tizie. L'illustre Legoyt che dirige gli uffici di statistica in Francia
vi inserì un suo nuovo lavoro sul movimento della popolazione
francese in occasione dell'ultimo censimento fatto nell'anno 185G.
Il signor Courtois pubblicò un'accurata analisi dei rendiconti finan-
ziarli della Francia per gli anni 1855, 1856, 1857 e 1858 e rese
conto del budjet preventivo francese per Tanno 1859. Il signor
Leone Chemin Dupenles fece conoscere lo stato del commercia
francese nell'anno 1857, e Maurizio Block ne riassunse le condi-
zioni pel periodo di trent'anni decorsi dal 18S7 ari 856. Seguono
i Rendiconti della giustizia civile e criminale francese per l'anno
i856 e le relazioni sulle Società di soccorso mutuo in Francia
per l'anno 1857. Anche la statistica postale, telegrafica e ferrovia*
ria per la Francia i magistralmente illustrala.
Vi ha una parte consacrata alla sola statistica di Parigi e si
danno buone notizie sulla pubblica beneficenza delia metropoli.
La terza parte dell' Annuario è consacrata alla rassegna stali*
stica dei principali Slati del mondo. Questa rassegna non è sem-
pre completa , ma si offrono però ragguagli abbastanza precisi ed
interessanti sullo slato finanziere delle varie nazioni.
Sotto il titolo varietà si dà una rivista economica per l'anno
1858 e la nota bibliografica delle opere di economia pubblica
che vennero alla luce in Europa nel secondo semestre dell'anno
1858. Sventuratamente questo elenco è troppo incompleto ed omet-
te quasi tutti i libri di economia politica che si pubblicarono in
Ingnijlcrra, in Germania ed in llalia.
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J2»
HEMORIE ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE.
l^nliMleaslilnl rec^tttl di c^en^mla pttlltlé*
« di slulUtlca In Italia.
\jon questo litolo ba il Journal des Economistés di Parigi
pubblicata una relazione del signor Michelini, deputato al
Parlamento sardo, con cui di fa a compiere le lacune che
gli italiani notarono nel sapiente articolo di Wolowski sulla
storia deir economia politica in Italia (i). Noi crediamo di
far cosa grata ai nostri lettori riproducendo questo Rapporto
deir illustre pubblicista italiano e vi faremo succedere, come
al solito, una nostra annotazione finale per aggiungere quanta
venne, per brevità dimenticato dal Michelini.
È in Italia che T economia politica ha fatto intendere i
suoi primi vagiti, ma è in Francia e sopratutlo in Inghil-
terra ch'ella s'è ingrandita. Vi ebbe tuttavia un tempo sia
per la teoria, sia per la pratica, in cui l'Italia non stava
addietro ad alcun' altra nazione d'Europa. Noi vogliamo par-
lare della seconda metà dell'ultimo secolo: egli è di que«
sto tempo che Genovesi, Galiani e Filangieri pubblicavano a
Napoli le loro opere immortali, ed a Milano il Verri ed il
Beccaria; ed è allora che Bartolomeo Intieri fondava nel-
l'Università di Napoli (4754) la prima cattedra d'economia
(i) Vedi gli j4nmli di àtatistlca, fascicolo dì genoajo 1859.
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politici che ftbbia esistilo in Europa; è di questo tempo
infine che il granduca di Toscana , potentemente niuuto
da Angelo Tavanti, suo ministro delle finanze, Taceva della
buona economia politica in Toscana. Poche opere compar-
vero intorno a questa scienza durante la dominazione fran-
cese. Vengono in appresso Gioia, espositore chiaro e preciso;
Romagnosi, spirito profondo che lo si può considerare come
capu scuola « e gli altri scrittori degli Annali universali di
$tatÌÈtiray economia politica^ legislazione^ geografia, ecc., gior-
nale che senza interruzione è sorlo a MìUdo dop» il 4&33,
e che è certamente una delle più ricche raccolte di nozioni
economiehe e statistiche.
Ma se neir ultimo secolo il governo di Napoli, di Lom-
bardia, di Piemonte e di Toseana non erano contrari al pro-
gresso degli studi ecoDomioi; se quest'ultimo non solo dava
loro un'aperta proleiione, ma ne seguiva ancora le dottrine»
non fu più la stessa cosa dopo le rivoluzioni che ebbero
luogo in Italia alla fine dell'ultimo secolo ed al prineipiare
di questo, e dopo le ristorazioni ohe ne seguirono.
Quasi tutti i miglioramenti spontanei cessarono, e le
seieoze morali e politiche non furono più riguardate di buon
occhio dai sospettosi governi gelosi del loro potere: Teeo-
somia politica aopratutto, a cagione de' suoi rapporti colla
'politica propriamente delta, fu proscrìtta come una scienza
rivoluzionaria* Cosi In cattedra d' economia politica che nel
4817 era alata instiiuita nell'Università di Torino dal re
ViKorìo Emanuele I, istituzione ohe si riguardava come una
eooeeaaione folta al partito liberale ed amico del progresso»
fti soppressa nel IS3i dal governo reazionario di Carlo Fe-
lice. Cosi pure il governo di Toscana aveva soppressa nel 1836
uua soeietb che s'era formata allo scopo di coltivare gli
•ludi aiatisliei.
Dopo gli avvenimenti del 4848 l'economia politica prese
un grande sviluppo in Piemonte, sia come scienza, sia come
arte. La riforma doganale, le leggi dei brevetti d'invenzioni,
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2SI
sui sensali di commercio, sulle marche di Aibbriea furono '
buone ed utili applicazioni dei più sani principii della scienta
economica. Noi siamo felici di dire a questo riguardo che
l'abbassamento dei dìriiti di dogana, benché so una scala
considereyole^ non trovò io Piemonte un'opposizione così
forte come in at<!ri paesi. Appena alcuni manifatturieri in-
teressati alla consenrasione dei diritti elevai», appena i{
sùgnor Massimu-Turina e alcuni altri protezionisti quando
pure fecero udire alcuni lamenti, opposero alcuni argomenti
contro la liberti del commercio. I soli avversari, io non
dirò seriì, ma ostinati, furono i giornali ohiericali e reazio*
nìsti, ebe si posero quali campioni del protezionismo e del
lavoro nazionale^ e ciò non fu che per far opposizione al
governo in economia politica come nel resto.
Noi non parleremo di una moltitudine di opere d*ogni
sorta che precedettero, accompagnarono o seguirono le di^
scussioni legislative sulla riforma doganale o sulle altrf leggi
economiche; ma forse è conveniente il dire qualche parola
<ii quelle di maggior eleiratezza e in cui, siccome non si ha
un disegno preconcetto, non si cerca di trarre dalla scienza
delle applicazioni dei prineipj talvolta erronei.
Francesco Ferrara , professore d' economia politica nel-
l'Università di Torino, grande avversario dell' intervento go«
vemativo, gran partigiano della libertà commerciale, e sopra-
tutto di quella d'insegnamento pubblicò dopo il 1850» sotto
il titolo di Biblioteca deW economista ^ una scelta collezione
delle più importanti produzioni, antiche e moderne, italiane
e straniere della scienza economica. Ciascun volume è pre-
ceduto d'una saggia introduzione, nella quale il signor Frr^
rara dà delle notizie biografiche ed apprezza in un modo
Assennato le opere che vi son contenute. Fra queste in-
troduzioni noi crediamo nostro dovore far menzione spe*
eiale dell' ultitna, che è relativa alla moneta ed al credito,
e ebe è per sé stessa una buona opera. Questa collezione^
ctie pel formato richiama quella del sig. Guillaumin, e che
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S3S
tìOQ le è inferiore , è divisa in due serie , la prima delle
()uali comprende i trattati generali della scienza economica,
e b seconda i trattati speciali su qualcuna delle sue pani.
Noi abbiamo già dieci volumi della prima serie « che con-
tengono, fra gli altri, i fisiocrati Smith, Genovesi, Verri, Becca-
ria, Filangeri, Ortes, Storch, Say, Sismondi, Destutt de Tracy,
Drox , Eisdell , Poulett, Malthus , Lauderdfte , Bentham ,
Rossi, Banfield, Peschine^ Smith, Ricardo/ Rae, Torrens,
Bastiat, Giuseppe Garnier, James e Stuart Mill, Chamers,
e Chevalier. L41 seconda serie, giunta al suo sesto volume
contiene delle opere oppure degli articoli delle riviste re-
lativeai seguenti oggetti: Della moneta; — Del credito e delle
banche; -^ Dell* agricoltura e delle qu'tstionl economiche
che le appartengono; — L'individuo e lo Stato; — La
libertà del lavoro. — Sotto questo titolo trovasi tutto che
si ha scritto di meglio nelle differenti lingue su ciascuna
materia.
Scialoja, sapiente napoletano, si è aquistata una fama
europea pe* suoi principii dell'economia sociale esposti se-
guendo l'ordine logico delle idee. Quesu opera, della quelle
il signor Roberto del Molel, celebre professore air Università
di Tubinga, ha detto che sarebbe difficile di trovarne un' al-
tra che fosse scritta con tm più bel fare filosofico, tanto la
deduzione delle idee fondamentali è lucida e forte, fu tra-
dotta in francese nel 1844 da U. Devillew. Si ha ancora
dello stesso autore un' operetta assai rimarchevole che h:i
per titolo Carestia e governo^ nella quale dimostra che nei
tempi di penuria ciò che i governi possono far di meglio
si è di stabilire la più gran libertà nel commercio dei
cereali.
Gerolamo Boccardo, economista distinto e laborioso, pub-
blicò a Torino, nel 4853, un trattato teorico pratico d* eco-
nomia politica. Come lo dice questo titolo, l'opera è divisa
in due parti, la prima delle quali è consacrata *air esposizione
teofrica dei principj relativi alla produzione, alla distribuzione
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233
Cil alla consumazione delle rìccliezze ; V autore vi dà delle
nozioni chiare e complete sul cambio, sul valore, sulla' po-
polazione, sulla proprietà, sul capitale, sulla rendita, sul pro-
fitto, sul salario, sulla concorrenza, ecc. Nella parte pratica
o speciale, V autore fa V applicazione alle differenti quistioni
che si rapportano alle ricchezze, dei principj eh' egli ha
stabilito nella parte teorica; egli è di questa maniera ch'egli
tratta dell'agricoltura, dell'industriai del commercio, delle
macchine, della moneta, del eredito, del pauperismo e della
benefìcenza, ed iniirie delle quistìoni relative alle finanze.
In questa seconda parte egli segue lo sresso ordine che
nella prima, cioè quello della produzione, della distribuzione
e della consumazione delle ricchezze.
Noi non sapremo dire se è più conveniente di separare,
in un trattato elementare d'economia politica, la teoria dilla
pratica, o se vai meglio mescerle insieme, come l'hanno
Tatto G. B. Say ed altri distinti economisti, di maniera che
le applicazioni si deducono da principj in un moifo più di-
retto, e quasi senza che il lettore se ne accorga. Comunque
sia, l'autore 6 eertamenie uno degli economisti i più orto-
dossi, e se voi non trovale delle cose nuove nella sua opera,
voi la leggete tuttavia con un'attenzione sostenuta appunto
dalla chiarezza dell' espòsiziobe, che forma il suo merito
principale. Al principio di ciascun capitolo l' autore ha in-
dicato le forni di cui si è servito, ed alle quali possono ri-
correre coloro che amano approfondirsi nelle quistioni che
vi sono trattate.
Noi abbiamo un'altra prova del favore che godono in
Piemonte e in tutta l'Italia gli siudj economici in una vasta
pubblicazione dello stesso autore relativa a questa scienza.
Noi ne esporremo il titolo benché sia un pò lungo pei' me-
glio farne conoscere la portala.
« Dizionario dell'economia politica e del commercio, teo-
rico e pratico, utile non solamente al dotto ed al pubblico
omministraiore, ma ancora al commerciante, al banchiere,
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air agricoltore ed al capitalista; opera originale italiana del
lirofessore Gerolamo Boccardo, contenente tytri gli articoli
d'economia politica, di diritto e di pratica commerciale, di
storia e dì biografia economica e mercantile, di terminologia
agraria, industriale, bancaria marittima, e tecnologica ••
Sono già comparsi due volumi dì quest' opera eccellente,
in cui alcuni articoli, quelli d'economia specialmente politica,
sono tali cbe si possono ctiiamare veri trattati.
Noi abbiamo ancora dello stesso autore un'operetta sulla
ferrovia da costruirsi lungo il mare della Liguria occiden-
tale (4) , ed un eccellente Manuale di storia , ecc. (2).
Il si;;. Cibrario, storico sapiente quanto coscienzioso, fece
anch* egli d(*lle escursioni nella scienza delle ricchezze, la
sua opera dell* economia politica nel medio evo, si fa rimar-
care tanto per una vasta erudizione come per un giusto
apprezzamento dei fatti che vi sono narrati. Fu tradotta in
francese nel 4845.
Noi non possiamo né dobbiamo parlare di tutte le opere
di economia p<>lrtica che sono comparse in Italia in questi
ultimi tempi. Egli è perciò che noi oì limiteremo a indicare
oltre la Storia civile delle Toscana e il Manuale istorico delle
massime ed ordinanze economiche ohe sono in vigore nella
Toscana , opera pubblicata da Antonio Zobi a Firenre , il
Trattato d'economia sociale, pubblicato l'armo scorso nello
^esso paese dall' avvocato Bartolomeo Trinci.
Diciamo aneora qualche parola sulla Sicilia. Per un* ec-
cellente notizie biografica e bibliografica che fu stampata
ultinaamente nella Rivista conten^oraiua dì Torino e che
(1) La Liguria occidentale e le ferropie'^ considerazioni di Ge-
rolamo Boccardo. Torino 1858.
(2) Manuale di storia del commercio , delV industria e del-
^economia politica y ad uso delle scuole speciali secondai te-
Torino 18T)8, i voi. in-8« di 462 pagine.
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33$
fu riprodotta negli Annali um^ertali di statistica di Mila-
no, sotto il titolo « Gli economisti in Sicilia »« si vede che
gli sludj economici vi fioriscono forse più che non si crede
comunemente in Europa. Noi non ripeteremo ciò che si
può leggere nell'articolo che noi citammo, diremo unica*
mente che gli economisti siciliani^ come Francesco Ferrara,
Emanuele Estiller , Rafaello Busaeca , Emerigo Amari , Vito
cl'Ondes-Reggio, Francesco Perei, Giovanni Bruno, G. Van-
nesclii, appartengono alla buona scuola, e che alcuni tra
essi cercano trarre dalla scienza economica delle eonclusiont
pratiche favorevoli alla Sicilia.
Giacché noi nominammo Giovanni Bruno daremo una
buona nuova ai nostri lettori. Queslo sapiente professore d' e*
cooomia politica é conosciuto per alcune opere di cui eccone
i titoli : « Sul sistema doganale in Sicilia e sulla scala fran-
ca a Palermo (4)». — « Sulla libertà della fabbricazione
del pane >. -^ « Suir importazione delle bestie cornute ». —
« Sui difetti e le riforme delle statìstiche commerciali » . —
Ora il signor Bruno pubblicherà nel corso di questo anno,
a Palermo, un* opera in quattro volumi, il titolo della quale
sarò « La scienza dell' ordine sociale, o nuova esposizione
d'economia politica » . L'opera, della quale noi abbiamo sotto
gli occhi il piano e l' indice delle materie , sarà divisa in
quattro parti, di cui eccone i titoli: — Coodizi<mi organiche
per la conservazione ed il mantenimento progressivo dell' in-
dividuo. — Delle famiglie. — Delie società, — Delle pub-
Miebe finanze, o dei mezzi di sovvenire ai bisogni ordinar]
e straordinarj della società.
(i) La scala fraaca a Palermo, come a Napoli, è una dogana
nella quale le mercanzie importate dair estero possono restare per
anni, ma senza cbe si possa giammai esportarle. Vi si fa inoltre
qualche facililazone per il pagamento dei diritti.
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236
II.
Ora , per vieppiù avvicinarci all' oggetto principale Ai
questo articolo, noi parleremo di alcune pubblicazioni rela-
tive alla statistica, che sono comparse in questi ultimi tempi
in Piemonte e nel resto deir Italia.
Nel 4836 il re Carlo Alberto institul a Torino una Com-
missione superiore di statistica, e nelle provincie delle Com-
missioni secondarie sotto la presidenza degli inlendeùii, che
furono incaricati di raccogliere le notizie relative alle pro-
vincie di terraferma; le attribuzioni della Commissione su-
periore furono in seguito estese alla Sardegna. Furono già
pubblicati molti g/^os^i volumi.
Le principali materie che vi sono contenute concernono
i censi della popolazione fatti in diverse epoche (4); la
statistica elettorale (2), la statìstica giudiziaria, che coro-
prende la statistica civile , commerciale, penale e della
giurisdizione contenziosa , e la statistica medica. Noi posse-
diamo inoltre cinque altri grossi volumi che espongono il
movimento del commercio esterno del Piemonte dal 4854
sino al 4856. Questa pubblicazione annuale, nella quale en-
trasi in tutti i dettagli immaginabili, è fatta dalla direzione
generale delle gabelle.
Noi non parleremo dei < Saggi economico-statistici », pub-
blicati a Roma da Angelo Gallo, né delle pubblicazioni uSictalt
assai impenette degli Stali del papa e delle Due Sicilie, ma
noi dichiareremo come pubblicazione delle più importanti
(1) Sci^ondo r ultimo censo, la popolazione degli Stati sardi era,
nella notte del 51 dicembre al 4 gennajo 1859, di 5,0i! ,855 abi-
tanti.
(2) Eranvi nel 1850, 92,422 elettori inscritti per le elezioni po-
litiche, e 507,422 per le elezioni commerciali, provinciali e dirf-
sionarie. Dopo II loro numero s'è aamenlato, avendo molti con-
tribaenti, in seguito all'aumento degli immobili, acquistato il di*
ritto elettorale.
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237
fa grand* opera in cinque volumi in 8.^ clic il sig. Zucca*
gni Orlandini pubblicò a Firenze dal 4848 al 48d4 col li*
tolo dr: « Ricerche siaiisliclie del gran ducalo di Toscana »•
Ivi si trovano notizie assai interessanti sulla popolazione
delle diverse parti della Toscana nelle epoche difTerenli,
sulla sua ripartizione e suo movimento, sull'istruzione, sul
prezzo delle derrate, sulle prigioni, sulla marina mercantile^
suir armata, sulle acque minerali, sui trovateHi, sulle Gero
ed i mercati, sulle fonti, ecc. È un'opera quasi onciale, per-
rocche r autore era segretario in capo della sezione aùnU
steriale dello stato civile e della statistica generale.
Noi passiamo ora ai lavori relativi alld statistica, che
non hanno il carattere officiale. Abbiameì per intesa che
noi non parleremo che delle principali pubblicazioni di
questo genere.
\t signor Guglielmo Stefani ha pubblicato a Torino, nel
48f>2^ un Annuario italiano storico-ftatìstico pel 4863, di-
viso in due parti, la prima delle quali è consacrata alla po-
polazione, ali» statìstica medica, all' idrologia minerale, atta
navigazione^ alle ferrovie, ai telegraiì elettrici, all'industria,
olla guardia nazionale , ali* istruzione pubblica , alla marina
militare, alle Accademie scientifiche e letterarie, ai lavori
parlamentari e alle finanze. Tutte queste notizie non con*
cernono che il Piemonte. La seconda parte, quella relativa
alla storia, comprende al contrario ^indicazione dei princi*
pali avvenimenti ohe hanno avuto luogo dopo il 4851, non
solamente in Italia, ma ancora in tutta Europa. Alcuni arti-
coli sono dovuti alla penna del professor Scarabelli che è
uno dei nostri più diligenti statistici.
Nello stesso anno 4852^ il dottor Pietro Maestri ha pub-
blicato a Torino un Annuario polilico-economico. Questa è.
un'opera importante, non solamente pei dati statistici, ma
ancora per le considerazioni storiche politiche ed econo-
miche di cui è arricchito. Certamente la nostra ortodossia
in economia politica non ci permette di dividere il dcside*
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rio dell'autore per it (riodfò del socialismo ìù Italia. Il so*
eialismo, die' egli, la di cui necessità è dimostrata dair im-
poienia deirecoooodia politica a risolvere il gran problema
del pauperismo, non è che una seconda Tuse deHa democra-
zia. Pei principii che irioofarono nel 4789 ebbe luogo il
risorgimenlo della borghesia sulla rovina della aobilià; ora
pel socialismo deve aver luogo in un prossimo avvenire il
risorgimento della massa del popolo. Allora si abolirono le
corporazioni e ì privilegi; oggi bisogna proclamare l'emaa-
cipazione del lavoro che è la parola d'ordine della nuova
rivoluzione.
Come ollora gli scritti degli enciclopedisti prepararono
la via alla rivoluzione politica , ora gli scritti dei socialisti
la preparano alle rivoluzioni sociali. Se le ultime rivolu-
zioni non sono riuscite in Italia, si è che la massa del po-
polo non vi ha preso mollo interesse, perchè la rivoluzione
politica non ha voluto la rivoluzione sociale. Ad onta di
tutti gli ostacoli, e benché si ami rappresentare l'Iulia co-
me straniera a qualunque dottrina socialista , il socialismo
vi trionrerk presto o urdi, nella stesso maniera che negli
altri paesi.
Noi abbiamo traccialo il riassunto d* uno dei principali <
capitoli dell'Annuario, quello che ha per titolo Economia
sociale, l/antore lo termina consigliando ai governi d'Italia
di far in maniera che per mezzo dì concessioni successive,
ri risorgimento del socialismo, ciic secondo lui è inevitabile,
abbia luogo in un modo pacifico affinchè la tormenta rivo-
luzionaria non venga a ripetere un'altra volta, con lu sua
voce spaventevole: È troppo tardi!
Non siamo sensibili quanto l'autore ai mali del paupe-
rismo , noi confessiamo pure che se V economia può atte-
nuarli, essa non può succorerli. Egli è che v' hanno dei mali
che sono inerenti alla natura umana ed a cui bisogna ras-
segnarsi. Quanto al socialismo, noi crediamo fermaraenie
ohe invece di risanarli, esso li aggraverebbe. Noi ignoria-
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t^9
mo ancora se, nelle rivoluiioni pacifiche o sanguinarie die
devono neeessariamcnic aver luogo in Italia , i eangiamenfi
politici saranno accompagnali da cangiamenti sociali; ma di
questo noi siamo persuasi, che se ciò accadesse, sarebbe una
gran disgrafia per l'Italia. Gon)e ci è impossibile di credere
al trionfo del socialismo, cosi noi temiamo che la rivoluziono
politica non faccia naufragio colla rivoluzione sociale. Egli
é perciò che noi desideriamo, con tutta hi forza della no*
str' anima, che questa alleanza non abbia luogo; e noi lo
speriamo ancora perchè abbiamo fede nel buon senso delle
popolazioni italiane ed agli effetti della trista esperienza che
ne fu fatto altrove.
Ma se in economia politica noi differiamo su alcuni punti
dal doti. Maestri, noi approviamo altamente, e ci affrettiamo
a dichiararlo, tutte le sue opinioni sulla politica. Egli è che
si possono cangiare le istituzioni politiche rispettando la na-
tura umana, mentre bisognerebbe farle violenza se si voles*
sero cangiare le istituzioni sociali.
Cosi la storia ci presenta più d' un esempio di repub-
bliche democratiche assai floride , mentre la comunità dei
beni non ha potuto durare in nessuna parte. Noi appro-
viamo soprattutto ciò che dice l'autore nel capitolo Pie*
monte e Italia. Si, se per la lealii del re Vittorio Ema*
nuele, per I9 moderazione e saggezza del popolo, per il
concorso delle circostanze felici^ la sola libertà pieinontéso
s'è salvata dal naufragio che hanno fatto nel i849 tutte le
altre libertà della penisola, un gran dovere è imposto per
questa parte al Piemonte: cioè di accogliere la prima fa-
vorevole occasione per togliere le altre provincic italiane
dall'abisso in cui le ha gettate la violenza. Questo è un suo
dovere ed è anche un suo interesse. Imperocché, come
quando una delle parti del corpo è inferma le altre non
possono star bene, cosi pure Tindipendenza e la libertà pie-
nHKìtese non saranno giammai complete, giammai esse avran-
no garanzia di durata se esse non si dilatano per tutta Ita-
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240
lia. Speriamo che il Piemonte potrà ben presto soddisfare
a ciò che esige il suo dovere verso sé slesso e verso i suoi
connazionali delle altre provinole italiane.
Le principali materie trattate neirAnnuario sono retati-
ve alla popolazione, all' istruzione pubblica , alla beneficen-
za, alle associazioni, alle forze di terra e di mare, alla ma-
rina mercantile, alla statistica giudiziaria, al eulto, alle isti-
tuzioni agricole ed alle finanze. È un peccato che la mag*
gior parte di qu(>sti dati statistici non riguardano che il
Piemonte; ma può darsi che Ttiutore non abbia potuto
avere delle notizie dei paesi retti da governi assoluti ^ so-
spettosi e nemici della pubblicità di queste.
Noi dobbiamo tuttavia eccettuarne la parte che (ratta
delle finanze nella quale si trova un quadro che compren-
de tutto fattivo ed il passivo dei diversi Siali d* Italia. Si
vede che la somma totale delle rendite è di 479,492,000
franchi e quella delle spese 527,493,000 fr. Ma se si ag-
giungano le rendite e le spese di alcuni degJi Stati italiani,
che figurano in altri quadri finanziarli, noi avremo pei pri-
mi un totale di 524,842,000 franchi, e per i secondi di
572,842,000 fr. V'è sempre un deficit di 48 milioni.
Nello stesso quadro si vede che il debito toiule dei di-
versi. Stati italiani ammonta alla somma di 4,555,500,000
franchi. Perchè i domanda Tautore, si ha contratto un de-
bito si enorme? Ecco la risposta; Se da 455^ milioni le-
viamo 440 milioni impiegati nello ferrovie piemontesi, 80
milioni per il debito del regno Lombardo-Veneto anteriore
al 4845, 90 milioni che hanno una simile origine a Napoli,
nel Piemonte e nella Toscana, il resto dei 4200 milioni e più
che furono consumati, sia in gratificazioni date dai sovrani
ai cortigiani che gli seguirono in esilio, sia nelle spese e
compensazioni pagate alle armate straniere che sono venute
a reprimere le rivoluzioni del 4824^ del 4854 e del 4848,
sia in rimunerazione a quelli che in queste circostanze se-
guirono la causa della schiavitù e dell' assolutismo , sia io*
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141
Ane ia dilapidasioni dei governi indigeni ed in eoneessioni
dei governi stranieri e soprattutto dell'Austria.
Quest'ultima potenza inoltre portò via dal 4815 al 1848»
dal solo regno Lombardo-Veneto, più di 20 milioni ciascun
anno, che fanno da 6 a 700 milioni che bisogna aggiun-
gere ai 4300 milioni. Povera Italia! Ecco come s'impiega il
tuo denaro» il frutto del tuo lavoro! Certamente la morale,
non meno che Teconomia, condannano queste spogliazioni che
aono vere spogliazioni; eppure sarà sempre cosi finché ]'!•
talia non avrà conquistato la sua indipendenza e la sua na-
zionalità. Egli è perciò che una guerra intrapresa per questo
scopo deve essere egualmente approvata dalla morafe e dal-
l'economia politica.
Il signor Maestri pubblicò ancora nell'anno seguente 1853
un altro Annuario economicO'Statistwo dell'Italia. Entrò in
grandi dettagli sulla popolazione non solamente degli Stati
sardì, come nell'Annuario del 486S^ ma ancora di tutta la
penisola. Dopo un saggio sulla storia e sullo stato attuale
delle istituzioni dei comuni in Lombardia, si trovano delle
notizie assai interessanti sull'agricoltura del Piemonte, che
per questo riguardo, e colla Lombardia e coll'antico ducato
di Lucca è uno dei paesi più avanzati d'Italia, benché sia
ancora assai lontano non solamente dalla perfezione, ma an-
cora dallo stato nel quale si trova l'agricoltura negli altri
paesi come nel Belgio e nell' Inghilterra*
Quasi cinquecento pagine sono impiegate a descrivere
l'industria italiana; è un soggetto sul quale l'autore ha fatto
studii profondi, come se ne può convincere dagli articoli
assai rimarchevoli che sono stati pubblicati nella Bivista
contemporanea di Torino, e negli altri giornali italiani e
francesi. Per dare una prova della saggezza delle osserva-
zioni che fa l'autore in questa parte della sua opera, noi
diremo che dopo aver vivamente eccitato i suoi eompa-
triotti a dare il più grande sviluppo possibile all'industria af-
AiuiAu. Slalitticap voi. XXI! * serie 3.* 46
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342
fine di poter loliare coniro la concorrenti delle nazioni un-
nierc, loro consiglia di non darsi ad ogni sorta d*indastrìa,
ina scegliere quelle che sono più conformi alle circosianie
locali ed alle abitudini delle popolazioni. Certamente vai me-
glio, in generale, impiegare le accumulazioni dei capitali
che si fanno annualmente per l'aumento delle industrie già
esistenti, che la creazione di nuove. Gli studii sull'ammini-
sirazione delle Due Sicilie sono una delle partì più impor>
tanti deirAnnuario; è scritta con la più grande imparziali-
tà, e bisognerebbe che fosse conosciuta d>i tutti quelli che
pretendono giudicare questo paese, a cui la natura ha pro>
digato iSuoi doni più preziosi, e gli uomini ogni sorta di
tormenti.
Terminano l'Annuario delle notizie intorno alla marina
militare dei diversi Stati d' Italia , e soprattutto di Napoli ,
dell'Austria (Venezia ed Istria) e della Sardegna.
Avendo il Maestri abbandonata l'Italia per recarsi a Parigi,
la pubblicazione dei suoi Annuarii fu disgraziatamente in-
térfolUi. Ma verso la fine dello scorso anno Cesare Correnti
pubblicò un Annuario èHtliètko italhn^y 1857-58. Un uomo
privato che, in Italia, vuol raccogliere delle notizie statisti-
che tk*ova difficoltà di tutti i generi. Tutti quelli che amano
quesu sorta di studi! saranno grati a Correnti dì averli sor-
niontati per mezzo della sua volontà energica.
ANNOTAZIOIfC.
Le notizie offerte dall'onorevole deputato Nichelini sul-
le più recenti opere economiche e statistiche italiane ba-
stano a far Conoscere a tutta Europa come l'Italia, anche in
mezzo ai suoi grafi infonunii, soppia attendere ai civili stu-
dii. Solo avremmo bramato che V ottimo autore avesse po-
tuto estendere le Sue ricerche bibliog^'afichè alle varie re-
gioni italiane ove dia per tutto escono buoni libri di eeono-
Ipia pubblica e monografie statìstiche; e tra queste «:i sa-
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S13
rebbe piaciuto che avesse ricordato le iilustnitioni suiisù-
ehe pubblicate da quasi tutte le Camere di commercio e
d'iodusiria della Lombardia e della Veoeiia. avremmo pure
desiderato che fra i dotti eooregni che in Italia si occupa-
no degli studi! economici fosse stata ricordata k benemerita
Accademia dei Georgoflli di Firenze ehe da oltre un secolo
consacra i suoi studi! alla pubblica economia. Del resto dob<
biamo far voti perchè T assestamento politico d'Italia possa
finalmente aver luogo onde dar agio e tempo ai suoi più
foni pensatori per dedicarsi agli studi! che meglio impor-
tano alla civile prosperità. ^
•0 —
Aunnarlo siiitlstlco IIaIIaiì^» Milano i Torino 4858.
Un voi in-46.'' di pag. 695, prèsso C. Canadetli.
( Articolo IH ed ultimo. Vedi il fiscieolo di mano 4859» pag. 261 ).
N.
[egli articoli analitici da noi siiiora pubblicati su questo
sapiente Annuario di Cesare Correnti abbiamo avuto dì mi-
ra di porre possibilmente in evidenza i pregi caratteristici
della stirpe latina per far noto quanto essa abbia fatto e
possa fdre a beneficio della civiltà. Noi chiuderemo questa
nostra rassegna riproducendo i più notevoli squarci della
magnifica illustrazione che TA. dell* Annuario ha fatto della
Francia che ora tanto può in tutta Europa.
« Non può dubitarsi (scrive l'autore) che tra le gemi
di lingua Ialina non tenga il primo luogo per potenza e per
numero la francese; la quale raccolta in una regione otti-
mamente fronteggiata , come fin da* suoi tempi notava con
molta particolarità il Macchiaveilo, ha poco a temere degli
assalti de* vicini, e può come da un campo piantato nel cucM'e
d* Europa eleggere tempo e luogo alle offese, e impedire
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S44
la coDgiuntioDe degli aliri Stati a' suoi danni. Per qu6s(*ae«
concia postura strategica e per essere il territorio francese
tetragono e tarchiato cosi, che dentro un giro di 3800 chi-
lometri {i)y come fosse compassato con tutta Teconomia
geometrica, include la ?a8ta superficie di 531,000 chilome-
tri quadrati, il marchese d' Ormea soleva dire, che la chiave
deir equilibrio politico era appesa, per chi sapesse trovarla,
nel gabinetto di Versailles; e Federico di Prussia prometteva,
che s* ci fosse stato re dì Francia non si sarebbe mosso bru-
scolo in Europa senza il suo beneplacito (S). La popolazione
(I) Il confine francese secondo il Kolb misura, non computiado
la Corsica, 4444 chilometri, de' quali però solo i730 verso terra,
cioè 363 verso il Belgio, 346 verso la Germania ,. S4f verso la
Svizzera, 331 verso gli Stati Sardi, 450 verso la Spagna. Secondo
il Lavallée invece talla la frontiera gallica tra il Reno, le Alpi, il
Mediterraneo, i Pirenei e l' Atlantico noq gira che 3880 chil., e
la frontiera della Francia attuale 3760 chil., de' quali solo 1360
verso il continente. Reltiltheando il pentagono e rettificando i pic-
coli ondeggiamenti dei confini non si numerano più di 3330 cbiK
(3) Le cose non sono mutate gran fatto, benché ì trattati del
4 Si 5 s'industriassero, secondo i consigli di De Pradt, di murarla
Francia in casa sua, e perciò le piantassero d'intorno a compierne
la clausura , sulle Alpi la Monarchia Sabauda, a Settentrione il
doppio regno de' Paesi Bassi, e a cavallo del Reno la Prussia. Og*
gimai la Francia, senza pur romper guerra all'Europa, spezzò il
moro ostile di cui era recinta, e riebbe quelle frontiere di piccoli
Stali amici o dipendenti, che le fanno abilità di portar sempre U
guerra fuori di casa. La debolezza de' confini francesi amplificati
dal Negri {Del vario grado di importanza degli Stali odierni t
p, 38 42), non si riscontra, anche discorrendola topograficamente,
che in un solo lato del pentagono francese, e nel lato più brete.
Certo che a voler supporre tutt' Europa collegata contro la Fran-
cia, e gli eserciti tedeschi, russi e inglesi già postati nel Belgio,
in Savoja è nella Svizzera, come nel 18i5, si avrebbe buon giuoco.
Ma a guardar le cose come sono, una congiura europea contro la
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245
francese, benché a^ssi meno densa dell' inglese e delP ita->
liana, è nondimeno accentrata e schierata dentro linee, in
paragone delta gran mole, si brevi che potrebbe, a rigor di
parola, cinger con un fitto muro d'uomini possenti alle armi
tutta la cerchia de' suoi confini. Siede questo corpo mem^^
bruto e poderoso su tre mari, l'uno de' quali guarda verso
mezzodì, l'altro a ponente, il terzo, per Io spiraglio dello
stretto a settentrione; ond'è che la Francia, pur trovandosi
nel massiccio del continente, è aperta a tutti i venti e a
tutte le curiosità, e avvivata come i paesi litorani da uno
spirito operoso ed indagatore. La storia di questo popolo, a
guardarla per la cruna del sentimento nazionale , dee pa-
rere una gloriosa visione: e non mancano poeti, anche sotto
specie d'eruditi e di filosofi, che celebrano tuttodì la bella
epopea francese. Fin dalle prime età l'eroico vagabondare
dei Brenni e la fatidica misteriosità dei Druidi pajono pre«
sentimenti barbarici di cristianesimo e di cavalleria: e vi é
ora chi ripesca nei tetri enigmi dei bramini dell' Occidente
yaticinj e speranze di nuove religioni. Ma anche dove la sto-
ria certa lascia men comodo spazio agli armeggiamenti della
fantasia, il poema gallico trova la materia d' una splendida
trasfigurazione. Dal di che un Brenno umiliò Roma al tri-
buto, è sempre la mano robusta ed audace di questo po^
polo che apre e chiude le porte del destino. Sono i celti
delle legioni cesariane che fondano l'impero; sono le Gal-
lio appena evangelizzate che non esitano a ripudiare T im-
pero semipagano, e che osano invocare le armi nuove dei
barbari e pigliare la maternità spirituale dei Franchi ; ai
quali divenuti poi primogeniti della Chiesa e principi delle
Francia non potrebbe neppar rannodare e coordinare le sparse
masse de' suoi eserciti, innanzi che i francesi uscendo interi dalle
loro linee, non avessero oppresso qualcuno de' collegati, e trasporr
tato il campo di bettaglia nel eentro o nel mezzodì d'Europa.
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tUrpi litioe, dobbiamo se T Europi non fu seoniacniU dal
colto d^ Odino e di Maoroeiio; se rinacque memoria di Ro-
ma; se il nome deirinnorato impero ravviò il desiderio
d'una stabile aocietk dei popoli civili; se la corona sacra,
gentile, ereditaria di Francia , coli* impedire che I tedeschi
sequestrassero a favore d*un solo popolo la successione di
Carlo Magno, fondò le liberti naùonali; se ai tetri Nibe-
lungi del Reno e alle ladronaie de' Normanni successero i
sacramenti della cavalleria e le corti di amore. La Francia
incoronò la federazione feudale cun Ugo Capete, trovò l' u-
nità dello Slato con Luigi XI, la Monarchia assoluta coi Bor-
boni, la Monarchia rappresentativa colla Costituente: e l'Eu-
ropa segui di punto in punto gli esempi del popolo speri-
mentatore: il quale apri le crociate con Goffredo di Lorena
e le chiuse con Luigi IX; creò il papato politico coi Carlo*
vingi e ne segnò i limiti col Concilio di Basilea e colla di-
chiarazione del 1682; piantò le istituzioni comunali e sor-
focò lo spirito municipale ; fondò t' equilibrio europeo con
Enrico IV e con Richelieu, e stabili la preponderanza del
genio latino, del reggimento civile e delle tradizioni classi-
che con Luigi XIV e con Napoleone. Non è mestieri ricor-
dare le parti più note di questa glorificazione: l'Università
parigina, palestra « per tutto il medio evo, della ginnastica
intellettuaie; la lingua francese, miracolo di grazia e di lo-
gica il cui impero è più vasto di quello di Roma; Cartesio
padre della scienza moderna; 1* Enciclopedia, la rivoluzione,
i codici, la dittatura europea, e inflne il governo parlamen-
tare, che alta sovranità capricciosa dell'arbitrio e alla sovra-
nità meccanica del numero, sostituì la sovranità della ragione.
Questa era, diecianni fa, la coticlusione dell* Iliade francese,
la quale ora invece finisce come quella d*Omero, colla de-
scrizione d'un funerale. Onde Edgardo Quinci confessa che
bisogna rifarsi a capo. Ma a noi basta aver notato come si
colori e si trasformi nella coscienza nazionale la lunga tradi-
zione di uno Stato che è per fermo il più antico della pre-
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247
sente Edropa, e in cui a Tolie pajono ribollire ancora gli
umori d'una indomita gioventù.
» In sesaant'anni la Francia asaaggìò dodici costituzioni
diverse; la Torma del presente governo, giusta la ctassiflea-
zione deHMmittar/o Mia Rimta dei Pne Mondin è monar-
chico^rappresentativa. La costituzione del 1852 ricorda io
statuto deiranno Vili, tracciato dal primo Console sugli ab-
bozzi di Sìéyès; anzi il principe costituente nel suo pro-
clama del ÌA gennajo 1853 manifestò intero il apo concet-
to: doversi instaurare tutto P edificio napoleonico; la società
moderna non aver altra condÌMÌone di ^ta^ se non se quella
impostale dal gran rioolgimento del 4789; la rivoluzione
aver sbrattato il terreno delle veuhie macerie y ma solo
F impero aver architettato il piano della nuopa Francia,
Basi del governo rappresentativo: la responsabilità del capo
dello Stato; rirreaponsabìlitk dei ministri esecutori; un Con«
siglio di Stato, che studia e prepara lo schema delle leggi;
un Corpo eletto da tutti i cittadini, che discute e vota leggi
ed imposte, senza però poter introdurre novità e neppur
mutare e correggere gli schemi presentati dal governo. Il
suo voto uno schietto si o no; consesso che rappresenta la
nazione, me nel quale non s'imperna il Mvemo, come av-
viene nei parlamenti foggiati all'inglese. V'è pure un Sena-
to, corpo moderatore e conservatore della costituzione, cbe
può proporre leggi al capo dello Staio, a cui solo è riser*
vato il diritto d'introdurre le proposte di nuovi provvedi-
menti innanzi al Corpo legislativo.
« Questo statuto conservò dapprima il nome della re-
pubblica, che poi si mutò in impero, novità preveduta da
tutti e votata da quasi otto decimi dei cittadini francesi.
(Proclamazione 3 dicembre 4858). Acclamato T impero, la
legge cosiituiiva nel 1852 fu interpretata e modificata da Se*
nato-consulti , che accordarono all' imperatore il diritto di
grazia e d'amnistia, e quello di preaiedere, se gli piaccia, il
Senato e il Consiglio di Stato, e stabilirono che le spese sa-
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348
rebbero discusse e volate dal Corpo legislaiÌTO non anieola^
lamente^ ma in complesso per ciascun ministero, lasdando-
ne il ripartito assegnamento e perciò la vera disposizione al
Consiglio di Stato e all'imperatore. Questa provvisione e Tal-
tra che statuiva non potersi diyulgar per le stampe i pro-
cessi verbali del Consesso legislativo, ma doversene pubbli*
care i riassunti compilati sotto il sindacato del presidente,
troncarono ogni nerbo deirelemento rappresentativo ».
Dopo questo quadro storico della Francia Tauiore entra
a far note alcune particolarità statistiche. L'attuale territorio
francese (egli dice) ha un'estensione di 630,S50 chilometri
quadrati^ compresavi anche la Corsica. È diviso in 86 di-
partimenti, 863 circondari!', S847 cantoni e 36,835 comunL
La popolazione secondo l'ultimo censimento pubblicato nei
primi giorni del 1867 ascende a 36,039^54 abitanti. L'au-
mento della popolazione dal 4790, che era di 36,563,074
sino al presente, è stato di quasi dieci milioni. L'aomento
è propriamente notevole. Da alcuni anni in poi però questo
movimento è assai rallentato. Anzi dall' ultimo censimento
sarebbe emerso che le nascite non basterebbero a surrogare
le perdite della popolazione in causa delle varie guerre oe-
corse e delle replicate invasioni del cbolera. Su questo prò*
posito l'autore osserva quanto segue:
e Nessuno può meravigliarsi se coi quadri statistici pub-
blicati da Lavergne {L^agrkulture et la popnlation en Fran-
ce. Revue dei DeuxJHondes^ avr. 4857), e quelli che nel-
r Accademia delle scienze sostennero le sue conclusioni,
siasi parlato della decadenza della Francia , tema già toc-
cato, con una cotal vena paradossasiica ma originale, da
Raudol {De la décadence de la France^ libretto di cui si
fecero, crediamo, quattro edizioni; l'ultima del 48£i0). Ma
il vero si è che la popolazione francese crebbe sempre con
una quasi peritanza e cautela, la quale smentisce le idee
che corrono in Europa sulla spensieratezza e avventamggi-
ne gallica. Se abbiamo a credere a Vauban, che consultò il
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249
censo del testatico nel 1697, la popolasione del regno ascen-
deva nei principi! del secolo XVill a 49 milioni d'abitanti.
E questo numero s'accorda con quello che trovo notato nel
censo del 4710, ordinato per fuochi, e che numerava in-
torno a 49,000,000 abitanti. Il censo del 4762 dà 21,769,463
abitanti; Necker nel 4784, fondandosi sulla proporzione
delle nascite annuali, giudicava la popolazione francese es-
sere di 24,800,000; di 25,670,000 la pubblicava il catasto
officiale del 4798. In un secolo che solo sul principio e sul
finire fu turbato da grosse guerre, e che dal 4745 al 4785
segnò i settant'anni più pacifici e quieti della storia di Fran-
cia, abbiamo dunque un aumento non maggiore del 34 per
400; dove nei 56 anni di questo secolo gik abbiamo un
aumento che raggiunge la misura del 88 per 400. Verissi-
mo che nell'ultimo lustro, sotto il nuovo indirizzo napoleo-
nico, si ha un aumento mìnimo di popolazione, cioè poco
più del quinto dell'aumiento effettuatosj nel migliore quin-
quennio del governo parlamentare (4844*4846). Ma né il
4850, né il 54 e neppure il 52 furono anni quieti, e da
permettere riposate previsioni' d'avvenire; poi sopravvenne
la guerra, da cui sempre si erano astenuti gli Orleanici
fino a morirne paralitici. Le guerre del primo Napoleone
non impedirono , è vero , che la Francia nel primo lustro
glorioso di questo secolo (4800-4806) crescesse di quiisi
due milioni d'abitanti; ma chi potesse guardare partitamene
te i risultati del 4800 e del 4804 troverebbe certo che gli
anni di guerra guerreggiata diedero popolazione scarsa ;
poscia, come vegliamo accadere anche dopo le pestilenze ^
due o trje anni di fecondità straordinaria ripagano l' in-
dugio.
« Si è fatto anche un gran rumore per lo spostamento
della popolazione francese; precipitarsi le genti rusticane
alle grandi città , spopolarsi le campagne^ esser la Francia
minacciata d'apoplessia. Le tavole statistiche ci dicono che
negli otto dipartimenti dove stanno i più attivi mercati del-
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rindustria e dei commerci, Parigi^ Jfl^r9iglin, A'imti, Bor-
demix, Saint'EiÌ0nn0^ Lione, LiUa^ NMtes^ la popolaxiene
crebbe di 544,698 abitanti in cinque anni; 305,354 nel di-
partimento della Senna, 209,344 negli altri sette; mentre
non crebbe che di 346,305 abitanti in tutta la Francia. Que-
8t*aumento fn dunque a srapito d'altri dipartiment*; e in-
fatti nove dipartimenti agricoli, nei quali prima del 4850
la popolazione era sempre andata crescendo, hanno dal 1854
al 4856 perduto 202,575 abitanti. Ma anche per questi fatti
non si può argomentare, come fa la Rivista d'Edimburgo
{The last amus of Frante^ fase, d'aprile 1857) mutata U
complessione della Francia. Già* fin dal quinquennio prece-
ilenie la popolazione di 49 dipartimenti aveva dato segno
ili decrescere, e quella degli 8 dipartimenti ove siedono le
grandi città era notabilmente cresciuta; e anche con queste
trasmigrazioni dei paesi montani e agricoli ai paesi indu-
striali, la Francia ricnane sempre con una popolazione ur-
bana assai inferiore di numero a quella dell'Inghilterra e
dell' Italia. La Rivista d' Edimburgo lascia intendere che il
temperaménto del prpolo francese, a tutti questi indizii, sì
può credere mansuefatto e sgagliardito; il programma, dice
essa, che mise fuori il nuovo imperatore {l'empire est la
paix) è il programma del destino, come lo mostra il nuo-
vo censo francese; la Francia va diventando sedentaria e
houegaja. — Lo scrittore anglo-sassone giunge con visibile
compiacenza a questa conclusione; ma per avventura egli
ignora che nei popoli latini 1' elemento vitale , eccitante o
guerresco è nelle città; e che in Francia soprattutto non
è tra la plebe delle oflBcine ebe i partigiani della pace e
gli apostoli della rassegnazione troveranno applausi e se-
guaci.
« L'aumento della popolazione francese, che, a ragione
di medie aveva toccato r4,28 per 400 all'anno nel primo
periodo si fortunato e promettente del governo napoleonics
(4800-4806), scapitò poi nei* 44 anni successivi (48061820)
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di 3/5 , e sì ridusse a 0,51 per 100, colpa le gaerre cod-
tinue, i subili trabalzi delle pubblicbe e private fortune ,
e infine la pace stracca e disonorata. Nel decennio più
quieto della restaurazione borbonica (1831-1830) Taumento
annuo si ragguagliò a 0,69 per 100; ma ricadde a 0,50 nel
decennio, che corse dalla rivoluzione di luglio al rassoda-
mento della dinastia orleanese (1831-1840). Nei cinque an-
ni io cui più saldo parve e operoso il governo parlamen-
tare (1841-1846) la ragione dell'aumento annuale ricrebbe
fino a 0,69; anzi nel 1845 segnò la misura massima del so-
pra montare delle nascite sulle morti (nati 993,033; morti
754,701; eccedenza dei nati sui morti 337,333). Nel 1846
il caro dei viveri, che nel successivo anno si aggravò in
vera penuria, presagiva il terremoto del 1848. Il numero
dei morti nel 1847 superò di 103,000 quello dei morti nel
1845; e anche lo nascite diminuirono di 74,000, onde la
media annua del quinquennio 1847-1851 si trovò ridotta a
0,21; gridandosene la colpa alle frenesie dei novatori, che
spaventavano le famiglie e sturbavano le nuove generazio-
ni. Ma il vero si è, che nei quattro anni in cui la Francia
*si resse a popolo (1848-4851) le nascite abbondarono; e
più ancora, cosa veramente notabile^ i matrimoni!, i quali
neirolimpiade repubblicana furono 1,156^63, cioè 289,000
alPanno, numero che non veggiam pareggiato né prima, né
poi. Anzi il massimo numero annuale dei matrimonj fran-
cesi (297,657) s'ebbe nell'annata, sopra tutte l'altre incer*
lissima ai politicanti^ del 1850, in cui però furono benigne
le stagioni e larghi i raccolti della campagna. — Né dopo
il 1851 , che purve mettere un termine alle rivolture di
Francia, si rianimò Taumento della popolazione; che anzi
misurandolo sull'ultimo censo, dal 1851 al 1856 non andò
ohre la tenue ragione annua del 0,15 per 100; durando la
quale la nazione francese non potrebbe esser recata a dop-
pio numero se non a capo di quasi cinquecent' anni ; dove
se fosse continuato quell* impulso fecondo dei primi anni
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del Consolalo e dell' Impero « entro il corrente secolo h
Francia avrebbe potuto namerare più di 60 milioni d* abt»
tanti.
» Il censo del 1856, chi Io raffronti con quello del 4851,
mosira che veramente i beneficii dell'unificazione nazionale
si ripartono sulle popolazioni francesi, tanto gelose d'egua-
lità, con diseguaglianza grandissima. E prima di tutto è no-
tabile, che tredici dei 22 dtparltmeyilt, i quali fino dal 4851
avevano men denso popolo, e non contavano 50 anime per
ogni chilom. q. di superficie. (i4/le Alpi^ Basse Alpi, Lo-
zère^ Marna^ Alta JUarna^ Cantal^ Aube, Costa d^Oro^ An-
de^ Nièore^ Gers^ Dróme, Aveyron)^ videro anche nel!' ul-
timo lustro assottigliarsi il numero dei loro abitanti, e que-
sto graduale e quasi regolare scemamento 4\ forze nelle
parti meno vigorose e più lontane dai centri si ringorganti
dì vita è, a giudizio di molti, un primo indizio di conge-
stione pericolosa. Il sovrabbondare della vita nazionale per
rifluire al nord e all'ovest; ed è come dire, che la Fran-
cia si volta sempre più verso l'Inghilterra, il Belgio e To-
ccano Atlantico. Paragonando i 23 dipartimenti settentrio-
nali, coi 26 che ponno chiamarsi meridionali, veggiamo nei
primi la popolazione crescere di 228,200 anime, e nei se-
condi di soli 85>678. E si che dei 23 dipartimenti nordici
la maggior parte, cioè 46, in questi ultimi 5 anni scapiu-
rono in fatto di popolazione; ma i 481,404 abitanti, ch'essi
perdettero, vengono ripagati ad usura coi 409,304 abitanti
acquistati dai 7 dipartimenti vicini nei quali la popolazione
è sul crescere. Nel sud invece il movimento fu più langui-
do; ad una diminuzione di 86,957 abitanti, che ebbe luo-
go in 47 dipartimenti^ non si può contrapporre che Tau-
mento' di 422,635 verificatisi negli altri 9 dipartimenti me-
ridionali. — L'opposizione tra la plaga orientale e Tocei-'
dentale del territorio francese è forse più ancora spiccata.
Degli 8 dipartimenti che formavano un tempo la Pranca-
Contea, la Borgogna, il Delfinato e il Lionese {Alta Sonna,
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S58
Cosfa d'Oro^ Doubs^ Sonna e Loira, (attira, Aine e Isère)
perdettero 105,501 abitanti; dimodoché questa regione del
1854 al 4856 presenta un itfanco di 53,457, benché pos-
segga Lione, la seconda capitale della Francia e il florido
8U0 dipartimento {Rodano)^ che di per sé solo crebbe di
61,544 anime. Gli otto dipartimenti più occidentali invece
che un tempo andavano sotto il nome di Bretagna, di Poi-
tou e di Santongia, e parevano i paesi più divisi e lontani
dal cuore della Francia, crebbero di 15,390 abitanti, cioè
assai più della Francia, centrale^ dove per 7 dipartimenti ^
che perdettero 36,105 abitanti, 9 ne guadagnarono non più
di 49,358. <— Ma vuoisi aspettare un nuovo censo prima di
trarre ferme illazioni da fatti, che ponno ancora credersi
conseguenza di fluttuazioni accidentali , anziché indizii di
nuove e crescenti aitrazioni ».
Dopo queste considerazioni sullo stato della popolazione
Tautore passa a dare il seguente quadro sommario sulla pro-
prietk fondiaria in Francia.
« Il suolo della Francia, secondo le indicazioni del ca-
tasto ( le quali però voglionsi riferire a parecchi anni ad-
dietro, poiché i rilievi cadastrali, cominciati nel 1808, furono
per la terraferma compiuti nel 1847), misura 53,305,744
ettari, cosi distinti per ragione di coltura:
Terre aratorie .... 25,581,658 ettari e 70 are
Prati 5,159,226 » S6 »
Vigneti 2,090,538 » 58 »
Boschi 7,702.435 . 16 .
Orti, vivai e giardini . . 628,235 » 35 >
Gelseti, olì veti, frutteti . • 110,724 » 60 »
Castagneti 563,986 > 26 >
Vincheti e albereti . ♦ . 64,716 » 51 »
Pozze, gore, rivi . • • • 17,400 » 94 »
Lande, pascoli, torbiere, pa*
ludi» roccie, terre incolte . • 7,171,203 > 16 >
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S54
Sugni ....... 478«7S3 ellari e 28 are
Canali di navigazione . . 42,272 » 98 »
Cave e miniere . • • • 4,475 > 74 »
Fabbricati soggetti air im-
posta 245,043 » 45 »
Terreni soggetti all'impoaU 49,530,835 » 97 »
Terreni non soggetti alFim*
posta (strade, piane, luoghi
pubblici, chiese , laghi , fiumi ,
terre improduttive del dema-
nio) 2,776,408 . 85 »
Superficie totale .... 52,305,744 > 32 >
> Di quesu superficie, neppur la dodicesima parte
(4,268,750 ett.) è montuosa: ma le lande e gli stipeti pi-
gliano poco meno della nona parte (5,676,088 ett.), e più
che ahrettanto le sabbie (5,924^77 ett.). La proprietà di
queste terre, che secondo le matrici cadaslrali darebbero
una rendita mponibile di 4,053,907,443 fr., è divisa, come
accennammo, fra 44,053,702 intestati* Ma questo numero,
che è il risultato di rilievi eseguiti successivamente ne! corso
di quarant'anni (4808-4847), risponderebbe all'anno medio
di si lunga operazione, che è il 4827. Nel 4842 le inte-
stazioni (cotes) erano 44,544,844; nel 4854 42,549,954 e
nel 4854 43,122,758. — Nondimeno queste cifre non danno
il numero fermo dei proprieiarj francesi; essendoché lo
stesso nome può essere più volte intestato non solo in
dipartimenti diversi, ma fin in uno stesso dipariimento. Ma
dn altre indagini (Cochut. Lindasirie agricole en Frante)
si è potuto ritrarre, che le famiglie proprietarie del suolo
francese sarebbero intorno a 4,700,000, più che la metà
delle famiglie, ond*è composta la nazione (9,022,924 ). E
siccome le famiglie degli agricoltori e dei possidenti sono
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355
d* ordinario assai più numerose, e meglio osiervano i vin-
eoli della domeiticiià, che non le famiglie degli operai e
de' eensuari, coti può tenersi ohe i sei decimi della popò-
laaione Trancese abbiano qualche parte nella proprietà ter-
ritoriale. Non più che SS^OOO però sono le case, che ponno,
per conto de' possessi fondiarii, dirsi agiate; le i}tiali possie-
dono l'ottava parte del suolo produttivo (6 milioni di tìu\
pagano ciascuna 500 o più franchi d'imposta, e godono,
a ragion di medie, una rendita di 4000 fr. (ì grandi prò-
prietarii che pagano più dì 3000 fr. d'imposta fondiaria non
passano i 1700). Metà del suolo francese (37,000,000 di
ett. ) è diviso fra 760,000 famiglie, che sono il nerbo delle
elassi meztane ed hanno insieme una rendita fondiaria di
quasi 4300 milioni di franchi (una media di 1400 fr. per
famiglia). Infine gli altri 45 milioni di ettari di terreno si
sbriciolano in picciole tenute fra 8,900,000 famiglie d'agrl»
coltori, ciascuna delle quali trae da' suoi esigui possessi una
rendita media di 170 fr. Benché quest'ultima classe di po-
veri possidenti non possa vivere che lavorando a mercede
sui fondi altrui, essa non è però men tenace e puntigliosa
de' suoi diritti di proprietà, come ne fanno prova le stati-
stiche processuali. Ond'è che le plebi rustiche di Francia
dall' un Iato avversano per invincibile istinto tutto ciò che
ricorda l'antico loro servaggio economico, e però sono ne-
micissimi del nome regio e delle memorie feudali, ma daU
r altra guardano sospettose e restie ogni novità, e sono, ol-
tre ogni credere, paurose d'essere zimbellate dalle parole,
e quindi prossoché inaccessibili alle seduzioni dell'eloquenza
e alle persuasioni della dottrina. — Questi sono ora i nuovi
padroni della Francia. E però argutamente rispondeva mi
èlosofo a chi, quasi in tuono di beffo, gli domandava su eh(^
mai si fondasse il nuovo impero in Francia; su tre ba<i
salde e ^santi come la terra; il voto universale, democrazia
delle campagne; reWcito, aristocrazia delle campagne; il
caitolicismo, filosofia delle campagne >.
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S56
Due altri grandi elementi di potenza vanta la Franeia,
ed è la potenza peeuniaria e la militare. Sulla condizione
finanziera della Francia, l'autore scrive quanto segae:
« La storia delle finanze francesi è lo studio più olile
che possa proporsi uno statista: ma non è senza grandi dif-
ficoltà benché i documenti abbondino. L'arbitrio dapprinia,
i conflitti delle fazioni dappoi e sopratutto la vastità e roa-
tabilità della materia non lasciarono che si potessero ridurre
a poche e chiare somme i risultamenti di questa grande
sperienza governativa. Macchiavelli scriveva a' suoi tempi :
ft L'entrata ordinaria e straordinaria della corona non ho po-
tuto sapere perchè ne ho dimandato a molti, e ciascuno mi
ha detto, essere tanto, quunto ne vuole il re > — e ancora —
e Ho fauo diligenza di ritrarre quanti denari sieno assegnati
Tanno al re per le spese sue di casa e della persona sita,
e trovo avere quanti ne domanda >. Due secoli e meno
dopo potevasi sapere (Documento del 1740), che sulle spese
complessive dello Stato, le quali erano 170 milioni e mezio
di lire, 7,800,000 erano assegnate alla regia mensa, 1,640,000
per minuti piaceri del re e doni alle favorite; 1,890,000
per le regie scuderie; 1,900,000 per la regia guardaroba;
4,200,000 per la guardia reale; 44,000,000 venivano sotto
la strana rubrica di Dépenses inconnues^ che a pensar bene
vorran dire polizia, diplomazia, . • . • , 55,800,000 I>asta-
vano per la guerra e marina; 49,020,000 pel debito pub-
blico; e avanzava ancora una spesa di 1,400,000 giustifi-
cata col titolo d'esptons extra-ordinairet.
« Nel 1784 il rapporto di Necker dà 438,233»000 lire
di entrata, e 396,974,666 di spesa. — Nel 4784 già le spese
ascendono a 640,000,000 di cui 29,000,000 per la Corte.
— Tutte le rendite erariali d'ogni natura non passavano
allora, secondo Necker, i 600 milioni: ma convien notare
che l'agricoltore aveva a sopportare il peso delle decime
ecclesiastiche e delle angherie feudali; e che il denaro a quei
tempi costava assai più che adesso: e come le imposte era-
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riali si pagayano in denaro, cosi dee computarsi come ne-
cessaria a scontar le pubbliche gravezie una quantità di pro-
dotti primi almeno superiore d'un terzo al Talore moneta-
riO) e che ora rappresenterebbero una somma di 800 mi-
lioni. Oltre di ohe metà delle terre erano immuni; Tindu-
stria non era libera; ai giudici si dovevano le strenne {lei
èpkes). Gli è chiaro che prima della rivoluzione il popolo
francese sppportava in effetto imposte e gravezze maggiori
di quelle che oggidì compajono incomportabili.
« Il primo bilancio presentato a^li Stati generali nel 4789
portava la rendita complessiva a • . . . 661,368,027
ìe spese ordinarie d'amministrazione . . « 536,444,000
le spese di esazione » 76,079|000
il manco > 60,149,027
€ 11 bilancio del 4797 (anno VI) fu equilibratto sulla
somma di 616 milioni — Quello dell'anno XI, nel massimo
ascendente di Buooaparte, sulla somma di 586 milioni e
mezzo. — I bilanci dell' impero stettero fra i 700 e gli 800
milioni; e solo nel 1813 con tutta Europa addosso la Fran-
cia, che però contava 430 dipartimenti, ebbe un bilancio
di previsione ^i 1450 milioni, de' quali 28,300,000 asse-
gnali alla lista civile ed agli appanaggi (1). I bilanci du-
rante la ristaurazione stettero tra i 900 e i 1000 milioni:
in 46 anni le spese toccarono quasi 46,000 milioni; di cui
però 4364 milioni per indennità di guerra pagati all'Eu-
ropa vittoriosa. Dal 4830 al 4847 durante il reggimento
dell'Orléans le spese crebbero con un'ascensione graduale
e quasi regolare da 4,095,042,000 che fu la cifra del 4830,
(1). Kolb. Op. cit. — Frankrelcb. Finanzen, — Diverse sono
le indicazioni date da Wolowski nelle sue Nolices hisU et sta-
fisL sur Vadministr. dee finance^ et de fa dette pub. en Frante.
Jnn. del Guillauin. 1848.
Amàu. Statistica, voi. XXil, serie 3.* 17
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ft 1,689,678,000 cbe fu la cifra del 4847. In cifre tonde
U Francia spese in qoesU 18 anni SS mila milioni, di cui
20 mila milioni e mexzo si ottennero dalle imposte, 470O
milioni furono coperti con mezii siraordinarj di credito, e
circa 900 milioni rimasero come un debito del tesoro. Nd
quattro anni della repubblica (1848-1851) le spese totali
toccarono la somma di 6,851,338,064 fr., di cui 5,035,973,364
furono dati dalle imposte ordinarie, 957,895^40 furono ca-
vati da mexzi straordiuarj, e rimasero circa 360 milioni di
manco.
« Le finanze del nuovo impero in cinque anni (1853*
4857) crebbero notevolmente le spese e le rendite dello
SiatQ. Non possiamo ora dare le cifre esalte, perchè non si
SODO ancora vagliati e chiusi i conti dal 1853 in poi, né si
può far fondamento solo sui bilanci, come U chiamano prov*
fìsorti, massime in tempi ne* quali le spese strabocchevoli
della guerra passarono ogni previsione. Nondimeno le cifre
approssimative delle spese prevedute ci danno per questo
quinquennio la somma di 7863 milioni distribuiti in ragione
ffresoeate
4853-1487 milioni 1 /.,. ... ...
i Oltre a ciò nei primi 4 anni
.^«.".««« * f (53-56) abbiamo già crediti
4855-4553 » > , . . ,
4856 - 4598 » ( ^"Pple«»eniari per la somma
.Jmn\^^f^ * I «norme di circa 4 400 milioni.
1857-1699 » !
« Per le rendile conosciamo bene lune quelle preve-
dute e sperale, ma non abbiamo ancora il conto fermo di
quelle effettivamente incassate nel quinquennio. Le nuove
imposte avrebbero dovuto dare, giusta le speranze, un 70
milioni annui d'aumento. Secondo il Kolb, le rendite or*
din^rie dell' iippero per due terze pani vengono dalle im-
poste indirette , e per l'altro terzo dalle imposte direue e
dai beni demaniali, il cui ricavo però non giunge al 3 p. 0|0
4.ell9 reud^^ dello Stato. (In un totale di 1 400 milioni, 40
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259
milioni e S|4 dai beni demaniali, 439 milioni e l;S dalle
imposte dirette, 939 milioni e S;4 dalle indirette).
e La litu eivile dell'imperatore è di S5 milioni. Il oom-
plesso delle spese per dotasiodi dinastiche ed assegni ^i
grandi corpi politici dello Stato, che nel 4847 era stato di
14,819,271 franchi, nel 1849 di 9,608,388, nel 1851 di
8,419,733 sali nell85S a 37,383,114, e nel 1867 a 29,470,180.
e II conto di prepitùme del 1858 porta tutte le spese n
4,717,156,190 franchi e le rendite ad 1,737^115,191. E un
aumento di circa 18 milioni sulle spese prevedute pel 1857:
e r aumento cadde per intero sulle spese come dieoqo d^'or*
dine e di riscossione ^ che pel 1867 furono computate in
524 milioni, e pel 1868 in 545.
e Rispetto al debito pubblico T Almanacco di Gotha
(ann. 1857) pubblicava qnesto ingegnoso quadro compa-
rativo:
Capitali in francbi Nel 1848 Nel 1853
Rendita al 5 per 100 . . 2,934,993,380 —
al 4 1;S per 100 34,673,666 3,847,370,336
al 4 per 100 . . 696,416,937 63,367,988
al 3 per 100 . . 1,663,134,975 1,613,399,700
Prestili per lavori pubblici
(182M822) .... 96,825,100 78,442,330
Cauzioni ...... 235,685,632 140,000,000
Rendite transitorie . . . 44,944,840 40,400,000
Debito fluttuante .... 873,758,640 780,000,000
* ih II t I ' ■ -• • - ■ . ,
6,469,430,070 6,051,980^54
« Con ciò vorrebbesi fa^ comprendere che senza le spese
della guerra incontrate dopo il 1853 l'impero avrebbe sa-
nate le piaghe economiche lasciate aperte da' precedenti go-
verni. Ma ne' primi anni facile e a tutti, banchieri, ministri
e governi, il porre in contò lé speranze, le cifre e le buone
intenzioni. Solo il tempo porla i maturi frutti del bene e
del male.
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260
« Il vero 8i è, che nel 4 856, quando ancora noo eraoe
state chiarite tutte le spese della guerra , il debito fermo
{dette consolidie)^ computati anche i presiiii del 1854 e del
4855, saliva a 7,558,040,882 franchi cosi ripartiti:
Titolo.
Nuffl. della
Interessi.
Capitale
iscrizioni.
nominale.
Prestito al 4 4/3
perlOO(Conver-
sioae del 1852)
780,215
171,182,165
3,802,937,000
— al 4 1/2 per
100 (del 1825)
1,979
884,560
19,656,888
•w al 4 per 100
2,653
2,353,568
58,839,200
— < al 3 per 100
235,491
110,298,232
3,676,607;733
4 ,020,338 284,668,525 7,558«0 1 0,821
e Ma un anno dopo le rendite rispondenti al debito
pubblico consolidato erano poste in conto per 308,645,291 :
oltre gli interessi per altri prestiti speciali e per capiuli
rimborsabili, che giungevano a 47,806,627 franchi; cosicché
cogli assegni fatti alla Cassa d'Ammortizzazione (86,806,923
fr.), e col debito vitalizio (68,242,242) le somme destinate,
come dicono, a servigio del debito pubblico toccavano nel
4857 i 544,225,062 franchi. — Dieci anni prima, nell'ulti-
ino bilancio discusso sotto la monarchia parlamentare (4847),
le rendite del debito iscritto sul
gran libro ascendevano a , . ,
la dote della Cassa dMmmortfz-
zazione era di . , • . « ,
)e rendite vitalizie, le pensioni
e gli interessi di tutti gli altri
capitali rimborsabili per qual-
siasi titolo ,,.,..,
334,437,912 franchi;
48,886,568
95,848,339
che sono in complesso
379,472,849 franchi,
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£61
eioè i 3^,052,246 meno che nel 1857. £d è a notarsi, che
sebbene la Cafsa d'Ammortizzazione ora abbia un assegno
quasi doppio di quello che figurala nel bilancio deW847,
nondimeno le sue operazioni sono ancora affatto nominali e
fittizie. Il manco di cassa (découverts) a cui si provvede
coiremissiode dei buoni del tesoro, coli' uso dei fondi delle
casse di risparmio, delle comuni e dei pubblici stabilimenti,
e colle anticipazioni dei ricevitori generali, dà origine a un
altro debito, che chiamano fluttante, il quale di presente
tocca un migliajo di milioni. *
E il debito pubblico ha dovuto in questo anno crescere
d'un mezzo miliardo, per il prestito nazionale stato aperto
onde avere i mezzi di far la guerra.
E per la guerra ha la Francia sempre pronto il più po-^
deroso e diremo anche il piò valoroso esercito del mondoé
Ecco quanto ne dice il nostro autore:
« Gloria della Francia è V esercito, vera istituzione po^
litica più ancora che militare: sulla quale ora è piantato
il governo. Tutti i giovani ventenni atti alle armi sono co-
icritti; estraggono a sorte un numero, che stabilisce l'ordine
della chiamata: mezzo milione di giovani entrano per età
Ogni anno nella coscrizione: la legge ne chiama- all' armi
.120 mila; ora 80, ora 400 mila subito; gli altri rimangono
a disposizione. Dura il servizio seti' anni ; le prime sei cla>si
dei chiamati fanno T esercito attivo, la classe settima e i
non chiamati, ma pur designati dalla sorte e obbligati dalla
I^gg^9 la riserva. — ^ Cosi da cinque a seicento mila uomini
entrano nelle milizie stanziali, e da due a trecentomila nelle
riserve.
» Le riforme, che l'imperatore annunziava nel suo di-
scorso inaugurale del 46 settembre 4857, porteranno, come
ei disse, le riserve a 600,000 uomini. Giusta il programma
imperiale, dei 420,000 coscritti ogni anno verrebbero chia«
mati alle bandiere 400,000; e dopo esser rimasti due anni
sotto l'armi, due terzi di essi sarebbero, rimandati alla ri«
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serva, nella quale perciò entrerebbero 250,000 oommi delle
prime classi, olire tutta la settima classe (100,000), e i
440,000 nomini formati da ref^iduo delle 7 classi, ebe deve
per legge rimanere a disposizione del governo. — Queste
disposizioni però« a far i conti larghi, darebbero per T eser-
cito attivo intomo a 350,000 uomini, e per le riserve
500^000. Ma forse l'imperatore contava le ooserizioni annuali
di 1 40,000. — Il numero dei giovani francesi dai SO ai S4
anni è, in termine medio, di 305,600.
• Il nerbo dell* esercito sono le fanterie, come dicono,
di linea, ordinate in lOi) reggimenti, eguali in tulio fra
loro e non distinti che dal numero ordinale. Ogni re|^-
mento ha 5 battaglioni di 8 compagnie. Sono dunque 300
battaglioni, cioè 2400 compagnie, ohe a portarle a numero
pieno farebbero 360,000 tra graduati e gregarii: ma con-
vien porli in conto per 320,000. S* aggiungono 35 battaglioni
di veliti, i quali, divisi ih cacciatori, zuavi, bersagliatori al-
gerini, sono un 40,000 uomini : 56 reggimenti di cavalleria,
che vanno presso ai 50,000 uomini. Le artiglierie, il genio,
la gendarmeria, i traini vogliono un servizio di 90,000 uo*
mini. Forma corpo diviso e privilegiato, almeno per nome
ed aspetto, la guardia imperiale, istituzione nata neU' antico
impero a mano mano e sul campo, ora risuscitata a puntellar
lu reggia; la quale perciò noa è guardata di buon occhio
dall'esercito. Novera da 35 in 40,000 uomini; granatieri (46
batt. ), gendarmi ( 2 batt. ), zuavi ( 2 batt. ), fiancheggiaiori
( 4 regg. ), cacciatori ( 1 batt. ), e 6 reggimenti di cavalli
sceltissimi.
> I gradi si danno a ragion di merito e di servizio; oft
almeno confessabilmente, ci ha luogo la nascila, e il bvore;
e il principe Napoleone ricordava ancora testé quello cbc
dicevasi ai tempi del primo imporo: ogni soldato poter trovar
nel suo zaino lo scettro di mareseiallo.
» Ne' primi di del 48M, quando si ruppe la guerra
d'Oriente, l'esercito francese coniava 570,000 uomini; de*
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S6d
quali 490,000 oombflti^mi (Htìvi; e dveva 168 bailerìe con
4008 afliglierie. Nel gMnajo 1856 gli ufficiali e sddaii attiri
erano 507,439, e 47,S57 <}uelli occupati tacila gendarmeria
e nelle varie amministrazioni. Nel giugno 1866 furono con-
gedati 95,000 soldati; e T esercito sunztete fé ridotto a
380,000 con 6 marescialli, 149 generali di divisione, 232
generali di brigata.
> La Francia ha 119 fortene, la più porte assiepate
sulla frontiera che guarda il Belgio e la Germania. I bastioni/
e i forti, che fenno di Parigi un gran campo trineerato, co-
siarono più di tOO milioni di franchi.
Napoleone I. levò in Franéia ne' quindici anni della sua
dittatura più di tre milioni di soldati. Nel 18(4 egli èveva
a' suoi cenni circa 1,440,000 uomini (800,000 deirimpero,
400,000 del Regno d'Italia, 430,000 della Confederazione
del Reno, 50,000 del regno di Napoli, e 60,000 del gran
ducalo di Varsavia). Nel 4843 il Senato consenti a Nopo*
Icone cinque leve, che in complesso avrebbero dovuto dsrC
4,440,000 coscritti. Qtiesto fatto basta a dar ragione dello
spossamento della Francia nel 4614 e nel 4815. Lta breve,
ma difficile e disagiata campagna di Crimea eostò alla Francia
an 400,000 uomini. Dal rapporto del ministro della guerra
(SS ottobre 4856) si ritrae che 809,S68 soldati con 41,974
cavalli vennero tragittali per nave da Marsiglia, da Tolone^
da Algeri, da Civitavecchia in Grecia , e sulle riviere deU
r Eusino. Non tornarono che Sà7,485 uomini, e 9000 ca-
valli. Tra andata e ritorno 636,408 uomini, 50,974 cavalli
e armi, e salmerie per 724,536 tonnellate. Le vettovaglie^
i foraggi, i combustibili di cui si dovette rifornire T esercito,
assediato più che assediante, somnmrono all'enorme peso
di 6 milioni di tonnellate. S'agghmgano 4676 artiglierie,
4823 carri di cannone o da trainò, S.4 88,000 projettili,
chilogrammi 4,000,000 di polvere. -^ Codesta sterminata
massa di pesi non sarebhesi potuta smuovere che a spizzico
e ancor meno recare a si gremdi distanze, senza lunghi in^
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S64
tervalli di tempo, se le strade ferrate e i piroscafi, non hoc
quesitum munus in utut^ non avessero ajutato cogli argo-
menti della civiltà una guerra, che fu una prova di forxe
gigantesche e di animi pusilli.
> La flotta francese non ha ancora potuto riparare i danni
sofferti durante la rivoluzione, quando quasi tutti gli ufficiali
nobili che avevano domestiche le tradizioni del valore e
degli studj, l'abbandonarono agli audaci ma imperiti repub-
blicani. Nel 17S6 la Francia aveva 78 navi da linea , 74
fregate, SS corvette, 88 legni minori, con 18,000 cannoni
e 78,000 marinai* Neil* aprile del 4864, a gran meraviglia
deir Europa, noverava 53 navi di linea con 5096 cannoni ,
68 fregate con 3955 cannoni, 179 legni minori con 2723
cannoni, oltre 131 piroscafi della forza di 32,350 cavalli
vap. Di questi piroscafi 7 hanno la portata di navi di fila,
20 di fregate, e 30 di corvette. Ma quest'enorme materiale
nautico non può facilmente trovare il necessario numero di
marinai.
• Non basterebbero più libri a ritrarre anche solo in
ombra lo stato economico e morale non del governo, ma
della nazione francese: di cui certamente non potrebbe dirsi
quello che lo Czar volle dire della Russia: ch'ella cbinmi tutti
i suoi pensieri a capitolo. Ci pare anzi l'opposto. Come dopo
una gran sbattitura di passione, un uomo rimane stracco e
svoglialo della vita, e si lascia andar dove lo porta il caso,
purché non torni al martello dei temuti pensieri, cosi la
Francia adesso: e ci si passi la similitudine, che ci dispensa
d' entrar più innanzi in questa materia. Diremo solo che del
socialismo o del comunismo, di cui oltri mostra aver si gran
paura, non deve temere la Francia, il cui suolo, classificalo
in 126,810,194 parcelle cadastrati, è spartito tra 11,053,702
possessori. S'aggiunga che ora più milioni di cittadini hanno
parte ne' fondi pubblici. Napoleone HI. comprese .la fun*
aione socialistica ed equilibratrice del governo, e dell' im-
posta. L' Orleanese stimolò all' emulazione della ricchezza e
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265
degli agi i popolani grassi, il Napoleonide n aizza il popolo
minuto; aiutati ambedue dalla pendenza del secolo, che fa
gli uomini tanto^ più sitibondi di consolazioni o, come dice
r inglese, dì conforti sensuali, quanto più svigorisce l'efficacia
e dileguasi la speranza della vita spirituale >.
Mentre scriviamo quest* articolo la Francia ha mostrato
a Montebello, a Magenta, a Melegnano ed a Solferino quanto
iralga il suo esercito. Possa Y esempio della sua disciplina
e ilei suo valore essere per noi argomento di viva emula-
zione per veder ordinato un esercito italiano che sia degno
dalla patria di Giulio Cesare e di Napoleone 1. 1
lMxÌ«ttarl# della E«#iì«miìa politica e del C^ai^
iiierel#< opera originale ilaliana del professore GÈ-
ROliAMO B0CCAB1I0. Torino 1859. Volume III,
edizione th-4.® in due colonne^ presso Sebasliano Franco.
Li illustre professore Boccardo continua la pubblizazione
del suo Dizionario con un'alacrità veramente maravigliosa.
Nel breve periodo di un biennio vennero gii dati alla luce
i primi due volumi di quest'ottima raccolta, ed ora si pub-
blicarono i primi tre fascicoli del terzo volume. In questi
notammo tre articoli veramente magistrali, sulle leghe do-
ganali, sulla libertà nelle materie economiche e sul com*
roercio dei libri. Noi ci riserviamo a far parola del primo
articolo appena vedremo la possibilità che una buona lega
doganale possa stabilirsi anche in Italia. Intanto ne piace di
riprodurre buona parte dell'articolo sulla libertà economica
siccome quella che contiene la professione di fede di tutti
gti economisti italiani.
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266
LiBUTi' ifELLt vATCìiic EcoNonciB. — {Economia politica).
A due generali tipi possono ridursi gV inoumeretoli si-
stemi economici che vennero in diversi lempi profesmii da-
gli scrittori od attuati dai legislatori ed ordinatori dei po-
poli, relativamente agli interessi economici della società;
Funo d'essi è il regime della libertà ; Taltro quello della re-
strizione. Secondo il primo, conviene lasciare spontaneo svi-
luppo alle facoltà e alle tendenze individuali, ogniqualvolta
queste non sono direttamente contrarie al diritto altrui e al
bene comune; fa d'uopo reprimere l'abuso, ma non mai in-
cagliare l'uso legìttimo che delle proprie forze e dei pro-
pri strumenti di lavoro fa il cittadino ; bisogna schiudere il
più vasto campo della concorrenza, cosi fra gl'individui co-
me fra le nazioni. — Giusta il secondo sistema, per lo con-
trario, è mestieri che il legislatore intervenga minuumenie
nelle private faccende; s*ado[lSeri a contenere gli uni, ad ec-
citare gli altri; crei in certi casi dei vincoli, e dei stimoli
in certi altri; procuri non solo di reprimere l'abuso, ma di
prevenirlo con artificiali e complicati mezzi.
Il terreno sul quale ambo i sistemi vennero pia frequen-
temente e più manifestamente a tenzone, si è quello del
commercio propriamente detto. Ma tutte quante le industrie,
dirò di più, tutte le manifestazioni delta umana attività pos-
sono, al pari del traffico, andar sottoposte all'uno od all'al-
tro dei due mentovati reggimenti. Egli é perciò che, nella
prima parte di questo articolo, ci occuperemo dell^ libertà
economica in generale; e nella seconda, studieremo in ispe-
eie la questione della libertà del commercio.
§ I. — DeUa liberti economica in genere,
Dugnld Stewart, uno dei più profondi e sagaci scrittori
della scuola filosofica scozzese, osservava argutamente che,
quanto ò minore la coltura degli uomini, tanto è in essi
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267
maggiore la tendenza a violentare It opere della natura.
Le tribù selvagge hanno costume di defonoare il corpo dei
loro bambini, ed alcone di esse spingono la barbarie a se-
gno di comprimere loro la testa , senza punto riflettere al
detrimento che arrecano cosi alla sede dell' intelligenza e
del pensiero* Dalla stessa origine emana la consuetudine del
tatuaggio^ sparsa in ambi gli emisferi tra le incolte popò-
lazioni, le quali non saprebbero mai indursi a pensare che
l'amano corpo sia infinitamente più bello nella sua nativa
condizione, anziché coperto di quelle strane figure e di quei
capricciosi disegni, che taluni nomini delle classi inferiori
usano ancora nei nostri paesi di praticarsi con mezzi qual-
che volta dolorosi. In Oriente sussistono molte barbare co-
stumanze della stessa natura; le donne persiane credono di
iiumentare la loro bellezza tingendosi coirauurro hanna le
pupille, le guancie e le ugno; gli abitanti della Cocincina
si anneriscono o si indorano i denìi; e le femmine chinest
si marlorano i piedi, onde costringerli a mostruosa picco-
lezza. Paragonìnsi queste e simigliami abitudini delie genti /
rozze, incolte o corrotte^ coi metodi educativi delle più in-
gentilite nazioni europee» e si vedrà che, se il carattere
predominante appo le prime è un'assurda ostilità contro le
leggi fisiologiche della natura, quello delle seconde, all'in-
contro, consiste nel rispettare e neir« assecondare lo svolgi-
mento spontaneo delle leggi medesime* Nessuna schiatta
possiede fanciulli più meravigliasamente belli, vegeti, robu«
ati e bene aitami della persona di quelli che fanno liete
e soperbe le ricche ed agiate famiglie della Scozia e dei-
ringhilterra. Ha in nessuna contrada è lasciato più libero
sviluppo alla educazione fisica delle crescenti generazioni di
quello onde godono i ragazzi di Caledonia e d'Albione. In-
dìzio di progredita civiltà è l'abbandono pei fattizi! e oon-
venzionali adornamenti , e la corrispondente sostituzione di
più semplici e naturali acconciature. Gli Europei dell'età
nostra hanno smesso la polvere cipria e le ridicole parrue-
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• 268
che del secolo scorso. E i nostri giardini non vedono pia
tngliare e smozzicare gli alberi e le piante. 11 famoso Alham-
bra di Granata conteneva piscine piene d'acqua di svariati
e splendidi colori; prati sparsi di fiori e d'erbe fatte di pre-
ziosi metalli; boschetti nei quali la manierata industria mo*
resca faceva balcheggiare aogelli d'oro e d'argento; giardi-
ni, i cui arboscelli, in mille guise frastagliati, rappresenu*
vano statue, vasi ed altre fantastiche figure. Ben diversi
Bono i parchi dei signori e dei principi della presente età,
i quali ambiscono lasciarvi rigoglioso e potente lo svolgi*
mento della nativa vegetazione; e l'arte del giardiniere si
propone non più lo scopo di combattere, ma si quello di
simulare la natura. Lo stesso antagonismo rivelasi fra le arti
belle dei popoli cresciuti a verace incivilimento, e quelle
delle nazioni fuorviate dal retto sentiero. La naturalezza ri-
splende e regna nella statuaria greca , nella pittura raflbel-
lesca, nella poesia dell'/flighieri e nella musica d'un Bellini;
l'artifizio e il manierato prevalgono nei prodotti dell'età di
un Macini e d'un Bernini, e nella cosi detta arte del baroe*
eo. Gli sforzi dell'ingegno, che fa violenza alla natura, pos*
sono talvolta ammirarsi ma devono sempre deplorarsi.
Ciò che diciamo nell'ordine dell'educazione, del costume
e dell'arte, può a buon dritto ripetersi nell'ordine civile
ed economico. Più si risale nella serie dei tempi, e più si
trova arbitraria e forzata la struttura e l' organizzazione im*
posta alle umane società. Nelle vetuste teocrazie orienuli, il
regime delle caste divideva gli uomini in tanti strati prò*
fondamente separati e fatalmente immutabili; ed il legisla-
tore non limitavasi soltanto a creare fattizie distribuzioni di
classi, attribuendo alle une tutte le ricchezze, tuui i diritti,
tutti i godimenti, e condannando le altre a perpetua abbie-
zione, ma scendeva eziandio a regolare con minute pre^*
scrizioni i più riposti atti della vita domestica, le più pie*»
cole operazioni dell'industria. Erano indicati gli strumenti
ed i metodi onde il più oscuro artigiano doveva servirsi ;
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269
ed era come delitto punita qualunque innovazione che aspi-*
rasse a perfezionamento.
Meno tiranniche, ma pur sempre ariifioialt furono le
instìiuzioni che, nella classica antichità occidentale, tennero:
date a' popoli. Licurgo a Sparta, Minosse in Greta, Solooe in
Atene, Numa nel Lazio, i Lucomoni in Etruria, i Druidi
stessi fra* Celti modellarono le società sulle quali imperavano,
a seconda dei loro peculiari interessi o delle loro preconi
cette idee, cui le sponunee tendenze della umana natura
erano troppo spesso sacriflcaie.
Il medesimo spirito predominò nel medio evo. Alla schia-
vitù, è vero, era sottentrato allora, men duro e raen cru-
dele, il servaggio della gleba; ma le separazioni fra il vil-
lano e il barone, tra l'uomo de' campi e quello delle bor-
gate e delle città, duravano irremovibili ed arbitrarie. Le
corporazioni d'arti e mestieri classiflcavano , press' a poco
come le antichissime caste, gli esercenti le varie industrie.
Il lavoro non era men yincolato da vessatorii regolamenti ,
di quello che fosse stato in India sotto la ferrea legge bra«
minica.
Il pensiero e V intelletto furono nella stessa guisa trattati
come le materiali manifestazioni dell' umana attività. Dogmi
assoluti, credenze ed opinioni preformate vennero dettate al
pensiero quasi il non plus ultra della verità e della sapienza ;*
e chi s' attentava di metterle in dubbio, d' investigare i pro-
blemi e le leggi della natura, era gridato empio e sovver-
titore dell' ordine e dell' umano consorzio. Galileo messo a
tortura, Colombo davanti al Consiglio di Salamanca, Giovanni'
Huss sul rogo, la storia degli Auto-da-fe e della Inquisi-
zione, sono altrettante riprove di quesu nefanda tirannia
delie anime, eguale a quella che eiercitavasi sui corpi e
sulle professioni.
La passione , la smania di tutto regolare e prescrivere
anzi tempo e fuor di ragione, non cessò interamente nei
moderni tempi, sebbene sia venuta attenuandosi e modiG-
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S70
eaudosi. Il Colbertisroo, con la sua bilancia del commercio ,
prelese fissare il limite delle imporiaiiooi e quello delle
esportationi, in vista di assicurare al paese un aumenlo di
numerario, creduto Tunica o la principale ricebeua. I pro-
iezionisti moltiplicarono le restrizioni e le pastoie onde be-
neficare certe classi di produttori a scapito delle altre tutte
e con sacrifizio dei consumatori. Col sistema coloniale « si
vollero condannare i sudditi metropolitani a pagar cari i
prodotti tropicali, obbligandoli a comperarli solo dalie co-
lonie, nel mentrechè queste si traevano a rovina costringen-
dole a trafficare esclusivamente colla madre patria. Leggi
annonarie, vincolatrici del commercio dei generi frumentarii;
mete e calmieri sulle carni e sulle altre derrate di consumo;
leggi iuntuarie, limitazioni del lusso, censure preventive,
proibizioni di libri, incoraggiamenti al matrimonio, tali ed
innumerevoli altre prescrizioni arbitrarie, jeri ancora in vi-
gore dappertutto, oggi conservate in non pochi paesi, atte-'
stano non per anco spenta negli animi dell* universale , e
specialmente in quella di molti governanti, l'idea cbe la
pubblica autoritk debba e possa a suo beneplacito regolare,
modificare, determinare l'andamento della vita economica
delle nazioni*
Questa tendenza a sostituire capricciose combinazioni a
quelle che sgorgano spontanee dalla natura, fu ed è adunque
troppo generale, troppo perseverante e tenace, perchè si
possa non riguardarla che come una accidentalità di poco
momento. Essa attesta, all' incontro, nell* umano spirito una
specit di predisposizione morbosa a certi errori, contro i quali
conviene stare in guardia. Ecco le cause alle quali, secondo
un chiaro economista contemporaneo (I), si può questa ten-
denza imputare: « Primieramente, si compiacciono ognora
(i) Passj. Liberlé en matièré de travail $i de propriélé, nei
journal des EconomisUs. i.* serie» toma XX, pag. 298efeg.
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S7I
gli uomini nel fare atto di forza e di potenza; e^ quanto
8on meno numerosi gli oggetti sui quali lo stato delie arti
consente loro di operare, vieppiù si sforzano essi d'impri-
mervi il suggello della loro volontà. Inoltre, fino a tantoché
ineulte durano le società, le leggi mercè delle quali la prov-
iridenza ne regge i destini non si manifestano che |)arzial*
laente ed incompiutamente. Legislatori ai quali molli fatti
eompiti non avevano ancora insegnato che Tuomo è perfet-
tibile, e che air estensione della sua intelligenza e della sua
attività devono corrispondere progressivi cambiamenti nel
suo modo d' esistenza, non scorgevano nelle popolazioni che
un inerte ammasso di materiali da collocare, da distribuire,
da coordinare giusta regole tolte, a cosi dire, dalla statica.
Erigere un edificio, la cui durata valesse ad attcstarne la
solidità, ecco lo scopo ch'ei si proponevano; e tutto con-
sisteva per loro nello immaginare instituzioni abbastanza
possenti per inchiodare per sempre al prefisso luogo cia-
scuna delle parti del tutto >•
Checché di ciò sia, non ci occuperemo noi di indagare
più minutamente le psicologiche ed antropologiche cagioni
del fatto. Ci basta avere accertato che il fatto sussiste, che,
cioè, invece, di aver fede nelle leggi naturali d' ordine e
d* armonia che la divina provvidenza ha imposte al libero
e spontaneo svolgimento dei fenomeni economici, la maggior
parte, T immensa pluralità dei legislatori sonosi occupati nel
circoscrivere con impedimenti e vincoli d'ogni maniera la
libertà degl'individui e quella delle nazioni.
Spetta all'economia politica 1* incontrastabile gloria di
avere sollevato la prima voce contro si nefasto regime; di
aver raccolto un pingue tesoro di esperienze e di osserva-
zioni tendenti a provare i danni enormi che ne provengono ;
di avere ad uno avi uno ooiubattuti e dimostrati assurdi e
attentatorii ai più sacri diritti dell'uomo i monopolii e i
privil^i di qualunque natura; di aver fatto cadere già moke
delle antiche restrizioni alla libertà industriale opposte, e
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ili
adoperarsi del coDliouo a br respingere quelle altre doo
poche le quali dorano tuttavia. Laonde creiamo che niua
retio e coscienzioso estimatore vorrà contraddirci quando
affermiaoìo che, ove anche 1* economia politica non avesse
fatto alir' opera , tranne quest' una , e neasun' altra veriii
avesse aggiunto al corredo delle umane cogniaioni, ciò par
nondimeno basterebbe* a farla degna dell'amore, della veoe-
razione e della riconoscenza di tutti gli uomini di seooo •
di cuore, i quali concordemente la proclamapo Scienza deUm
umana libertà»
Ma quali sono i fondamenti razionali sui quali riposa la
teoria degli economisti in favore della libertà medesima?
Da quali principiì, da quali fatti partono essi per condaa*
nare tutti i sistemi restrittivi, e per giungere logicamente
alla conclusione che è utile e necessario lasciare spontaneo
e franco sviluppo al lavoro ed all'industria?
A colali domande procureremo ora di rispondere con la
scorta dei più autorevoli maestri della scienza (4).
E, per cominciare dalla definizione stessa del coneeuo
di libertà, gioverà osservare che vi sono poche cose ai
mondo sulle quali corrano le idee più diverse e sovente
pur troppo più imperfette di quelle che taluni si foromoo
di essa libertà. Se voi scorrete i più celebri trattati di mo-
rale o di politica si antichi che moderni, troverete che essi
vi danno della libertà una nozione o talmente astratta che
sarebbe difficile recarla a pratico giovamento, o cosi monca
(i) E specialmente eoo quella dì Carlo Danoyer» il quale ha
esclosivamente consacrato a siffatta questione i tre volomi della
bellissima sua opera intitolata: De la liberté du travail, oa sim^
pie exposé dee eonditions par lesquelles les foreee humaines se
déueloppent apec le plus de puiesanee. — V* anche un suo arti-
ticolo intitolato: Influence de la civiUeatian sur la liberté 9 nel-
VJnnuaire de V Economie poUtiquef %* aonée» 184$» pag. 31
e seguenti.
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878
ed incompleta, che un solo isunte di riflessione basta a
€»>DTÌncervi degli errori in cui sarebbe agevole V incorrere
ove di esse si volesse tentare qualche effettiva applicazione.
La maggior parte dei pensatori che dell'arduo problema
•ODOsi occùpHii, hanno mostrato di credere che la libertà
ab alcunché di assoluto, d* immutabile, che risiede nell* uomo
in qualunque età e condizione egli si trovi, senza modifi-
cazione alcuna derivata sia dall' ordine de' tempi , sia da
quello dello spazio.
Cosi, a cagion d'esempio, la famosa Assemblea costituente
.francese del 1789, nella solenne Dichiarazione dei diritii
dell^uomo^ vi dirà che: Gii uomini nascono e rimangono
liberi, e che: la libertà è il potere di fare dò che non
nuoce altrui. — Ora non si richiedono lunghe considera*
ziooi per dimostrare che ambe queste proposizioni sono
egualmente erronee. Non è vero, in linea di fatto, che gli
.uomini nascono liberi: bensì coli' attitudine, con la capacità
di diventare liberi; ma, all'atto della loro nascita, non go-
dono effettivamente alcuna libertà, ed è quello il momento
delia loro vita in cui sono meno liberi. Se non nascono tali
ne emerge per corollario che non si può dire che tali
rimangano: si può affermare bensì che liberi divengono, e
che lo divengono a misura che sviluppano le loro facoltà e
che rimuovono gli ostacoli che loro impedivano di esserlo. —
Erronea era poi la citata definizione, secondo la quale l'u-
nica condizione della libertà si è lo astenersi dal nuocere
altrui. Non v'ha dubbio che vera libertà e completa non
esiste per V uomo ingiusto e schiavo delle sue passioni ;
talché uno dei caratteri della libertà si é quello di non
ledere quella degli altri. Ma oltre a questo carattere, la li-
bertà ne comporta, ne esige altri. Non basta infatti lo aver
rimosso gli ostacoli che ad essa oppongono le passioni e
l'ingiustizia, ma bisogna allontanare quelli ancora che ven-
gono creati dall'ignoranza; non basta essere morali e vir-
tuosi, fa d' uopo inoltre essere abili ed intelligenti.
▲iwAu. Statistica, voi. XXII, serie 3.* i%
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274
Geremia Benlham, che ha vivamente criiicato la defi-
nizione data dall* assemblea cosiiiuente , e clie avrebbe al
certo più vivamente ancora criticato quella che la seeonda
assemblea dello stesso nome in Francia diede nel 1848(1),
non è vero, disse^ che la libertà consista nel poter fare ciò
che non nuoce, ma bensì risiede e nel poter fare ciò che
si TuolCf tanto il male quanto il bene ; e si è perciò :)ppQnto
che sono necessarie le leggi a restringerla agli atti non no-
civi (S) » • — Reca sorpresa, diremo qui col sig* Dunoyer (S),
il vedere da queste parole un filosofo cosi giudizioso^ quale
si è Bentham, confondere la libertà con la licenza, e tro-
vare che le leggi la ristringono vietandoci di fare il male.
Nulla è per fermo meno esatto di questa proposizione. Non
è punto vero che noi saremmo più lìberi ove le leggi non
ci proibissero di farci scambievole violenza; egli è chiaro»
all'incontro, che noi saremmo infinitamente men liberi; noa
godremmo di sicurezza alcuna; si vivrebbe in continui pe-
ricoli; quasi tutte le facoltà nostre sarebbero paralizzate. Le
leggi aumentano dunque la nostra potenza d' azione, invece
di scemarla, col vietarci talune azioni; ed invece di dire,
come lo fa Bentham, che non si potrebbe impedire agli
uomini di nuocersi vicendevolmente senza restringere la loro
libertà, conviene affermare, e converso, che uno dei mezzi
migliori d* an^pliare la libertà loro si è di impedire ad essi
di nuocersi.
La maggior parte degli errori che si commettono vol-
garmente parlando della libenà, deriva duli* abitudine con-
tratta nelle scuole, di annettere a questo vocabolo uno qua-
(1) Non ho il testo» ma qaella definizioDe darà (se la memoria
non mi tradisce) come essenziale e costitutivo carattere della li-
bertà il diruto 4i andare e venire come uom vuole l,.
(!2) Tattica delle Aeeemblee rappresentative » tom. n , pag.
$43, ediz. francese 4el 1822.
(3j Loc. cU.
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275
luoque dei Uinti sensi che gli si attribuifaoo una volta, e
ehe cessàroDo di convenirsi alle eambiate eondiEÌoni della
civile società.
Gli antichi si formavano infatti della libertà un ben di-
verso eonceito da quello che ne abbiamo noi moderm'. A
Sparta ed a Roma, purché fosse libero lo Stato, libera la
Repubblica, poco o nulla importava ai cittadini della li-
bjcrtà dei privati individui. Anzi quest'ultima libertà non
era tampoco conosciuta, né sospettata, nò desiderata. Un* in-
numerabile popolazione servile era dagli uomini liberi con-
siderata come assolutamente priva del diritto oud* essi usa-
vano ed abusavano. E la stessa porzione libera della società
pagana era talmente vincolata ed angustiata da minute e
vessatorie prescrizioni, da tirannici pregiudizi!, da una crassa
ignoranza, che la libertà era piuttosto un nome vano che
una effettiva realtà. Sotto Licurgo, era forse libera Lacede-
moncj ma non erano certamente liberi i Lacedemoni , ai
quali non era permesso di mangiare come e dove loro me-
glio piacesse, di dare ai loro figli l'educazione ch,e stimavan
migliore» di emigrare, di viaggiare, di studiare, di coliivaro
le arti, o di compiere altri atti, per se stessi innocenti o
vantaggiosi, delia privala o pubblica vita. Ed in Roma, qual
singolare libertà era quella dei ciitadioi, sottoposti al tribù*
naie censorio, che comandava dispoticamente, ordinava e
vietava ì tali e tali altri consumi, prescriveva all'uno di
ammogliarsi o di pagare un balzello pel celibato, proibiva a
questa classe sociale l'esercizio dalla tale indostria, mentre
la imponeva a queir altra !.. . In una società che disprezzava
il lavoro e la mercatura, come cose indegne di libere mani,
ninna libertà economica realmente esisteva. In uu' epoca nella
quale 1' uomo non aveva saputo scoprire che uno scarso nu-
mero di leggi della natura, e inventare che pochi e rozzi
strumenti per dominarla e modificarla, ei non era libero,
neir esatto senso della |>arola, ma schiavo della propria igno-
ranza e del mondo esteriore.
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Di poco più felice e completo fu il tipo della libertà per
le popolazioni del medio evo. Anche là dove era caduto il
servaggio della gleba, la parola libertà assumevasi in un ù-
gnificato piutitosto n$gatwo ohe positwo. Quando una borgata
od ana città sottraevasi al giogo d* un barone o d* un feuda-
tario, scriveva sulle porte delle sue mura: Ubertosa col che
voleasi dire che il comune non era più ligio airantico so-
vrano. Ma indarno avrebbesi potuto desiderare nell' interno
di quelle mura la genuina applicazione della libertà civile
ed industriale. Il commerciante, il fabbricante, Toperajo do-
vevano ascriversi ad una corporazione; i processi di proda-
Eione e d'arte eran prescritti dall'alto; il bracciante im-
piegato in una manifattura non poteva, cosi a Londra (tome
a Venezia, abbandonare il paese e portare all'estero le co
gnìzioni dei segreti di fabbricazione, senza esporre sé ed i
suoi alle più gravi pene: a Genova nell'Adriatico vi fu un
tempo in cui la navigazione doveva farsi secondo le norme,
e nei tempi e nei modi dal legislatore prefiniti; l'interesse
dei capitali era limitato da supremi decreti, il vestimento ed
i costumi delle famiglie erano vigilati, modificali, corretti a
seconda delle preconcette suddivisioni della cittadinanza;
r autorità temporale e la spirituale proibivano di leggere
certi libri, di nutrire certi pensieri, di credere a certe cose,
ed era spesso arso vivo ohi usava della libertà di ragionare.
Or bene, queste idee, queste leggi e costumanze sociali
sono andate in disuso ed in oblio; altri costumi, altri bi-
sogni sorsero nel seno della società, e le popolazioni , più
per istinta che per riflessione, seppero formarsi un ben al-
tro concetto della libertà di quello che ne avessero i mag*
giori nostri. L' individuo, anche nei paesi più despoticameote
governati, gode oggidi una somma di diritti ed una indi-
pendenza personale infinitamente più grandi che nel mondo
pagano e nell' età di mezzo. Gelosissimo è poi il sentimeoio
di questi diritti e di questa indipendenza negli Slati retti a
iii)erale sistema politicOf
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277
Prallatito T uòmo, del menirechè si affrancava dalle ca^-
pricciose ed arbitrarie pastoie create dalle antiche leggi, li-
beravasi dal giogo, ancora più gravoso ed umiliante , della
antica ignoranza. Ei si sentiva divenire più libero, a misura
che diventava più istruito* I segreti della natura vengono
ad uno ad uno scoperti^ e le sue forze dominate e costrette
a migliorare gli umani destini. La scienza e la moralità, più
diffuse e meglio assicurate, allargano la sfera d'azione e, per
conseguenza, la libertà dell* uomo.
Tutte queste cose però, sentite ed attuate dall* umanità,
dal popolo, di rado sono comprese dai filosofi e dai letterati
i quali prosieguono a definire la libertà, come avrebbe po«
tuio fare un contemporaneo di Pericle, di Tiberio Gracco
o un coetaneo di Arnaldo da Brescia. I più arditi pensatori
stimano d' aver fatto una bella scoperta, dichiarando che la
libertà dell'uomo è più grande in quella condizione che
denominano Stato di natura^ benché sia lo stato più ìnna^
turale per 1* uomo, di quello che nel seno d* una inciviliu
convivenza. A misura che questa progredisce (dicono essi)
la libertà viene meno; un romano antico era più libero di
noi, ed un selvaggio è il più libero degli uomini. Né
questi seguaci di Rousseau riflettono punto che è vera
precisamente la reciproca di eìò che asseriscono e che
ciò che affermano ,con tanta sicurezza è completo er-
rore. II selvaggio è il meno libero degli uomini: ^chiavo
della propria impotenza, soggiace a tutti gli agenti esteriori
dei quali non sa sottrarsi al tirannico impero. Non è libero
di guareotirsi dalle intemperie, di provvedersi il vitto e la
casa sicura e comoda e sufficiente, non lo è di mantenere,
di educare, di istruire sé stesso ed i figli.
Dalla stessa fonte d'errori dipende il malvezzo di rap-
presentare la libertà come alcun che di opposto all'ordine,
alla ragione, alla prudenza, alla saviezza. « Parlasi, diremo
col Dunoyer, del continuo d' una /t6er:à ragianeQole^ di una
saggia libertà , per antitesi alla libertà semplicemente detta,
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278
che di sé sola non sembra né abbastanza ragione?ok, né
abbastanza saggia. Dicesi, del pari, che la libertà è preziosa,
ma che più prezioso ancora è l'ordine, ed ogni giorno f'ba
chi sorge a domandare, in nome dell* ordine, il sacrìficto
della liberth. Fa egli mestieri di dire non essenri punto tra
queste cose T antagonismo che si cerca di mettervi? In che
mai consistono la saviezza e li regione ^ se non nel più
perfetto uso di tutte le nostre facoltà? Ed io qual modo
possiamo noi godere della libertà, se non precisamente
usando delle facoltà nostre nel modo che la ragione e la
saviezza prescrivono? I>ove mai scorgiamo noi regnare Vor-
dine più verace? Non è egli forse colà dove ciascuno aatiensi
da qualunque aggressione, da ogni ingiustizia? E che do-
manda la libertà? Non è, per avventura, tra le altre cose,
che ciascheduno receda dalla violenza e dair iniquità ? Non
evvi adunque, sotto le parole d* ordine, di saviezza, di ra-
gione, idea alcuna che il vocabolo libertà non implichi, e
ebiunque chiede il sagrificio della libertà nell* interesse del-
Tordine, è altrettanto nemico deir ordine quanto lo è della
libertà. — Un pregiudizio poco dissimile dal precedente è
quello che presenta la libertà come elemento d'agitazione,
ed il dispotismo come un* arra di pace. Si è in questo
senso che corre un adagio politico si conosciuto e si fre-
quentemente citato : Malo periculosav tiberlaien quam omsTov
seroitiuffi preferisco una turbolenta libertà ad un pacifico
servaggio. Follia lo sposare cosi le idee d'ordine e di si-
curezza al dispotismo, e quelle d'agitazione e di periglio
ad un libero regime. Se il dispotismo fosse più della li-
bertà favorevole all' umano riposo , sarebbe d' uopo , senza
dubbio, preferirlo. Ma cosi non è ; ciò che turba ed agita
il mondo si è, per Io contrario, il dispotismo, ciò che lo
acqueu si è U libertà, ed ecco, per appunto, perchè la li-
bertà è da anteporsi al dispotismo. La libertà è tranquilla,
turbolenta è la tirannide. Dovunque seno uomini che vo-
gliono opprimerne altri, ivi è violenza, disordine e cagione
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279
di diaordÌDi; dovunque non v* ha chi affueci dorninairici
pretese , dovunque è libertà , iti è riposo ed arra di ri-
poso. Basta aprire gli occhi per convincersene. Parago-
nate i paesi ove regna maggiore tirannide con quelli ove
ne ha meno, e dite se i più liberi non sono reatmene i
più paciflci? (I) ••
Abbiamo voluto riferire per disteso queste belle parole
di un insigne economista , perchè ci sembrano piene di
un'ammirabile verità e degne di venir profondamente me-
ditate. Dalle precedenti considerazioni noi crediamo che ri-
sulti pienamente giustificata e spontanea la definizione che
eig\i ci dà delta libertà, quando dice (2): essere questa il
potere che fuomo acquista di mare delle sue forze più fa-
cilmenle a misura cKei riesce ad affrancarsi dagli ostacoli
che ne incagliavano Cesercizio, — Talché la libertà, per sif-
fatta guisa considerata, non è già un quid assoluto ed in*
variabile, per modo che si possono a priori assegnare i suoi
limiti, ma bensì è un' ampliazione successiva e progressiva
delle umane potenze e facoltà ; non è il risultamento di una
speciale forma di governo, ma quello invece dello svolgi-
mento della civiltà; non consiste in un peculiare attributo
dell'uomo, si vero nel suo affrancamento da tutti gli osta-
coli che alla sua attività si oppongono.
Non è certamente nei brevi limiti di un articolo, che
ci sarebbe dato enumerare tutti questi ostacoli e i modi più
atti a vincerli. Possiamo bensì dividerli in due grandi cate-
gorie; r una delle quali comprende gli ostacoli che sono
nell'uomo medesimo; l'altra quelli che stanno fuori di lui.
Nella prima classe comprendonsi quelli che derivano
dall' organizzazione fisica dell' uomo, e quelli che risiedono
nel suo essere morale ed intellettuale. — Ih quanto alla fi-
(i) Donoyer, op. dt., voi. f, pag. 38 e seguenti.
(2) Voi. I, pjig 34.
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S80
sica orginiizatione, basta la più rapida osserfazione per eoa*
vincersi che non tutte le razze, nelle quali l'umana natura
è fisiologicamente ed antropologicamente divisa , h?nno un
medesimo grado di attitudine ad acquistare la libertà. Le
facoltà corporee, la destrezza delle membra, la forza, la ro-
bustezza, non sono, nell'uomo bianco e caucaseo, meno di-
verse da quelle dell' etiope o del mongolo , di quello che
sieno differenti le loro facoltà spirituali. Ed è evidente che
se la libertà consiste nel potere di usare delie proprie for-
ze e di dominar la natura, vi saranno notabili divani nel
grado di libertà onde sono suscettibili queste varietà della
umana specie. Ove ne fosse d' uopo , la loro comparativa
istoria ci fornirebbe copiosi argomenti di fatto a convalida-
re questa proposizione. — Quel che diciamo delie stirpi e
delle nazioni in massa considerate, possiamo a buon dritto
ripeterlo degl'individui; e, in quella guisa stessa che i Osici
distinguono nei diversi corpi una varia capacità del calori-
co, e i chimici una varia capacità di idratazione, cosi doi
possiamo discernere nei diversi uomini uria differente capa-
cità per la libertà^ a seconda che sono più o meno cooi-
pletamente predisposti all'esercizio delle fisiche loro facoltà.
— Eguale differenza sussiste in ordine alle potenze intel-
lettuali e morali; l'uomo ignorante la cui intelligenza é of-
fuscata dall' errore o quello il cui animo è corrotto , sono ,
per fermo, men lìberi, cioè meno capaci di ampliare la loro
sfera d'azione, di quello che lo sia l' uomo abile, educato ,
edotto nelle leggi della natura, onesto e morigerato. D'onde
emerge una novella riprova della suprema influenza econo-
mica e sociale dell'istruzione e dell'educazione, importanza
che a suo luogo ci studiammo di mettere in chiaro.
Degli ostacoli estrinseci e che dal di fuori dell'uomo si
oppongono alla sua libertà altri sono fisici, altri politici o
sociali. Gli ostacoli fisici risultano dalle varie condizioni geo-
grafiche, telluriche, climatologiche, in inezzo alle quali uom
vive. Fra due popoli , dei quali l' uno sia stabilito in una
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281
contrada amena, fertile, provveduta d'acque e di abbondevoli
meui di comunicazione; e V altro trovisi invece in paese
impervio, sterile, soggetto agli eccessi della temperatura, il
primo, non ha dubbio^ gode una maggiore attitudine alla
li|iertà che non il secondo; il primo, cioè, potrà più age-
volmente e con una minor somma di sforzi elevarsi a quel
completo e franco uso delle proprie forze, che costituisce
la libertà. — Gli ostacoli politici e sociali consistono in
tutte quelle assurde e viziose istituzioni che l'ignoranza, la
mala fede, lo spirito di monopolio, la tirannide hanno fi-
gliato per assiepare di artificiali vincoli e di arbitrarie bar-
riere l'esercizio delle umane facoltà, l'uso delle forze, in una
parola, la libertà del lavoro.
Con queste ultime parole abbiamo proferito una espres*
sioue che comprende e riassume molti dei concetti di so-
pra esposti. € Chi dice lavoro y osserva qui giustamente il
sig. GL Garnier (4), dice, per molti rispetti, la società tutta
intera quant'ò ; di guisa che se la formola • libertà del la-
voro > non è tutta la libertà, ne costituisce per fermo una
immensa • porzione , e poche sono le libertà che in quella
non siano compendiate. Ma, nel linguaggio economico, vien
dato un più ristretto significato, comechè al certo molto
esteso ancora, a questa formola — libertà del lavoro, — >
che esprime per qualunque cittadino la facoltà di esercitare
una o parecchie professioni ; di regolare il prezzo dei suoi
prodotti e dei suoi servigi come meglio stima; di scambiare
i frutti del suo lavoro, sia nell'interno dello Stato, sia all'e-
stero, a seconda dei proprii interessi >•
Gli ostacoli di qualunque natura opposti a questa liber-
tà del lavoro, o libertà economica, che voglia dirsi, erano
(come vedemmo di sopra) molto maggiori nei tempi ad-
dietro, e più numerosi di quelli che siano oggidì, almeno
(I) Art. LiberU du (ravail nei Dictionnaire di GuilUomin.
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S89
nelle più incifilile società, i progressi della educatone e
della eoUum hanno modificalo e , fino ad un certo segno ,
più o meno neutralissato gli ostacoli dipendenti dalla r»zza,
dalla fisica organitzasione e dall^ copdizioni inielleituaH e
morali. L'opera dell'industria, dominatrice della natura, ha
attenuato quelli derivanti dalla posizione geografica e dalle
altre circostanze esteriori. L'esperienza, finalmente, e la più
completa cognizione dei reraci interessi dell' uman genere
hanno fatto abolire e scomparire successivamente un gran
numero degli ostacoli fittizi ed artificiali, creati dalle leggi
e dalle instituzioni.
Sarebbe però un grave errore il credere che gli intral-
ci di quest'ultima specie siano stati completamente tolti nel-
l'epoca nostra; e che la libertà e del lavoro e dell'industria
esista oggidì in tutti i rami dell'umana attività. Imperocché,
nella grande maggioranza dei paesi, sussistono ancora innumf •
revoli restrizioni, legami infiniti che incagliano il libero eser-
cizio d'un grandissimo numero di professioni, la libera sod*
disiazione di una immensa quantità di bisogni.
E valga il vero: che sono esse mai, se non sisiematichf
opposizioni alla libertà d«l lavoro, quelle puvative indu-
striali che concedono ad uno od a pochi individui il di-
ritto esclusivo di creare certi prodotti e di prestare certi
servigi? quelle leggi sui brevetti, che immobilizzano la vir-
tù progressiva delle invenzioni e delle scoperte? quelle lau-
ree, e quei diplomi, senza delle quali è vietato Tiotrapren-
dere le cosi dette arti liberali anche all' uomo più capace
di esercitarle? quei posti privilegiati di notaio, di procura-
tore, di farmacista , che limitano il numero dei membri di
queste vere corporazioni, e fissano le condizioni della loro
ammissione? quelle tariffe daziarie, che escludono e sovrac-
caricano di balzelli i prodotti deirindustria forestiera coll'in-
tento (dicesi) di protesero la nazionale industria?. . .
Oltre a tutte queste espresse restrizioni , a questi ed u
ben altri incagli direttamente stiscitati contro 1' economica
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asft
liberià, altri ve ne sodo in gran numero , che più indiref-
mente, ma non meno energicamente la osteggiano. Tali sono
qaelle leggi che, nella maggior pane dei eodici, determina-
no l'interesse dei capitali dati a prestito; quelle ohe si op-
pongono alla libera formazione e gestione delle banche e
delle altre instituzioni di credito; quelle che difficultano le
applicazioni dello spirito d'associazione, prescrivendo minute
e yessatorie formalità per la costituzione di certi eonsorzit
commerciali ed industriali; quelle che moltiplicano gl'in*
cumbenti e i fastidii doganali, necessari per l'introduzione
e la tratta delle merci; quelle che sostituiscono la burocra*
zia e la centralizzazione alla semplicità amministrativa; quel-
le che sottopongono a regolamenti, non sempre inspirati da
sana economia e da spirito di giustizia, la coltivazione delle
miniere, resereizio di certe arti considerate come incomode
od insalubri, il taglio dei boschi , le irrigazioni , i dissoda-
menti, ecc.
Sulle quali cose tutte avendo noi, nel presente Diziona-
rio^ altrettanti speciali articoli, ove quelle diverse materie
sono diligentemente disaminate, ci asterremo, a scanso d'i-
nutili ripetizioni, d'instituirne qui pacticolare analisi. E af-
fermeremo invece, con sintetica formola, che ben s'inganna
a partito ehi crede èssere la moderna società completamente .
in possesso della libertà economica ed industriale.
Esiste, è vero, a questo proposito, una grande varietà
di condizioni fra i differenti paesi, alcuni dei quali giac-
ciono ancora sotto l'impero delle legislazioni improntate del
marchio del più rigoroso ed assurdo sistema restrittivo,
mentre altri, al contrario, sono sapientemente entrati in una
via di liberali riforme. E chi potrebbe, a cagion d'esempio,
mettere a pari in materia di libertà industriale, la Francia
e rioghilterra, l'Atistria ed il Belgio, il Piemonte e Napoli
n gli Stati della Chiesa, l'America del nord e la più parte
delle nazioni germaniche? Uno dei popoli sui quali pesi, in
faccia alla scienza, la più grave responsabilità, per aver dato
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284
e per dare luUavU IVseropio del regime anlieconotnico, •si
è la Francia; la quale nonostaniecliè abbia avuto ed abbia
i più valenti economisti ad avvertirla delKerrore e ad inse-
gnarle la verità, a malgradocliè abbia fatto dura esperienza
delle funeste conseguenze di un irrazionale sistema proibi-
tivo, pur tutta volta gelosamente lo serba, e spesso rilutta ai
tentativi che un più illuminato governo ha talora fatti per
rimediarvi.
E lo spirito illiberale della economica legislazione è cosi
congenito in quella nazione, per tante altre parti si glo-
riosa e benemerita dell' umanità che non solamente i par-
tili fautori del passato, i retrogradi in materia d'amministra-
zione si tengono fedeli al metodo regolamentano, ma ezian*
dio gli slessi più, caldi amatori di novità, coloro che si pro-
clamano riformatori dell'ordine sociale, aspirano pur troppo
sovente non ad affrancare ma a vieppiù vincolare ed impa-
stoiare il lavoro, la produzione, Io scambio,
E qual nome daremo noi a quelle sognate organizza^
sioni del lavoro^ con le quali gli oltramontani utopisti vor-
rebbero ribadire le catene delle industrie e del commercio,
e ricondurre la moderna società al sistema delle corpora-
zioni e delle maestranze? Qual libertà economica restereb-
be più ad un popolo, ove si promulgassero e venissero real-
mente in vigore quelle leggi sulla limitazione delle ore del
lavoro, quei regolamenti ostili alle macchine ed all'introdu-
zione di nuovi perfezionamenti, quei falansteri, quegli opi*
ficii nazionali e quelle altre supposte riforme che una vani-
tosa ignoranza dei principii fondamentali della sociale eco-
nomia ha preteso di suggerire ? . . -
Nel nostro articolo Concorrenza speriamo d' avere suflS-
cientemcnte dimostrato che la vera, l'unica organizzazione
del lavoro è la libertà; e che, se è possibile attuare nella
umana congregazione quel tipo d'ordine e d'armonia, al
quale la nostra razza aspira, ciò può avvenire soltanto me-
diante una progressiva e continua ampliazione del libero
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2«5
esercizio di tutte le limane facolth. E quanto 1* umano ge-
nere sia ancora lontano da questa meta, quanto la concor*
renza sia tuttavia incompleta e monca, dalle cose di sopra
scritte apparisce. Laonde non possiamo che far plauso alle
seguenti parole, con le quali il sig. Dunoyer risponde a quei
socialisti, che accusano la libertà del lavoro e la concorren-
za di riuscire sol propizia alle più agiate ed opulente classi
della cittadinanza ed infesta alla popolazione lavoratrice: • lo
prego di meditare quanto debba a buon dritto apparir sin-
golare che altri osi attribuire la sventura delle elassi labo-
riose all'esagerazione della concorrenza, nello stato d'imper-
fezione notoria di cui trovansi per anco la libertà del lavo-
ro e quella delle contrattazioni. V ha chi parla di concor-
renza illimitata, universale! B dove, di grazia, esiste ella
mai? Sta in fatti, che concorrenza veracemente universale
non v'ha. È egli mestieri di provarlo? Dimenticate voi adun-
que non esservi alcun paese civili;, ove l'intera moltitudine
dei produttori non si difenda, mercè doppie o triplici linee
doganali, contro la forestiera concorrenza? Né rammentate
fino a qual segno, anche nell'interno di ogni paese la con-
correnza è lungi tuttora dallo essere integra , e da quante
cause ella è più o meno limitata dovunque? . • • >
Ancora un'osservazione intorno alla libertà in materia
economico-industriale. Questa , lo abbiamo veduto , formar
deve il tipo, lo scopo, la mela ultima d'una civile società.
Sarà egli possibile attuarla completamente, assolutamente di
sbalzo, presso qualunque popolo, senza riguardo alcuno alle
speciali sue condizioni, al suo passato, alle sue tendenze, al*
le sue tradizioni?
V'ha (lo sappiamo) una scuola, che in Italia conta uno
o due noti fautori, la quale a siffatta domanda risponde con
una ricisa affermativa. Armati di forbice e di scure, vorreb-
bero costoro abbattere, con un sol colpo tutti gli ostacoli e
far tavola rasa di tutte le antiche instituzioni. Noi preferia-
mo attenerci alla sapiente dottrina dei nostri grandi mae-
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S86
stri» alla dottrina dei Romagnosi, dei Catuneo, dd Rossi,
ì quali, pur levando alla la bandiera della libertà, e indi-
eandola alle genti eooie Teccelso fine eui devono intendere
rieonoseono però la necessità ineluttabile di procedere co-
raggiosi si, ma prudenti e guardinghi , nella via delle ri-
torme. L* economia politica (rammentiamo bene) non è b
aola soiensa eui incomba Tarduo uiBcio di dirigere e rego-
lare le sodali bisogne; la storia, il diritto devono sussidiar-
la, ilhiminarla, oontemperarne i giudizi. Chi ignora queste
diverse discipline, chi è uomo d'un sol libro, chi non sa
vedere nel mondo delle genti che si agita e progrediice
fuorché rimpero delle sole leggi economiche, neghi pure a
sua posta la convenienza di questo contemperamento. Cape
mb homine unius libril i principi! deireconomia politica, in
qtiamo ella è scienza^ sono assoluti ed inflessibili; le bro
applieaaioni , in quanto la si considera sotto rispetto del-
Vm^te^ devono modificarci a seconda delle variabili circo-
stante dei tempi, dei paesi, dei costumi. Qtiegli italiani
pseudo-economisti, ai quali alludevo piò sopra, non sanno o
non vogliono vedere questa disiiii2Ìone fra la scienza e l'ar-
te; e, per volere patrocinare una applicazione immediata ed
assoluta della più sbrigliala libertà, senza rispetto agl*inu-
ressi nati sotto Tinfiusso di un regime erroneo si, ma lun-
go tempo legale, si espongono al grave rischio di compro-
mettere e di rendere odiosa la causa della libertà che ogni
economista deve propugnare. ( Continua ).
—030—
U'e^mmmàm pvIMblIc» n««ll M«tl llnlti
d* America.
MJ economista americano Carey nello scorso anno venne
a visitare la Lombardia e giunto a Milano gli bastò la di-
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mora di due ore nelle praterie irrigue del milanese per
poter dire ohe aveva trovato da noi risoluto ano dei più
ardui problemi eco0omict« quello deiruoione della eeienza e
deir arte. Trovandosi nello scorso mese di giugno a Parigi
venne interrogata. dai membri della Soeietk di economia po-
litica sulla condizione della scienza economica presso gli
Stali Uniti d'America. Con una franchezza che noi chiame*
remo piuttosto temerità, rispose ohe non si poteva iieppur
obiedere se nel nord dell'America vi fossero economisti giac-
ché tutti lo erano. E per giustificare questo suo paradosso
disse che a casa sua si contavano quattro mila giornali, i
quoti potevano dirsi corsi perpetui di economia pubbh'ca.
Soggiunse che gli uomini di Stato erano cosi profondi in
questa scienza, che fecero fare al paese continui miracoli,
e la popolazione trovossi cosi bene avviata alla prosperiti
economica che in pochi anni crebbe del doppio.
Il sig. Carey à tanto sicuro della perfetta conoscenza che
hanno i suoi connazionali delle dottrine economiche , che
fece la proposta ad un economista parigino di procurargli in
America un milione di lettori, purchò volesse assumersi là
briga di rispondere di mano in mano a tutti i quesiti che
avrebbegli dato.
Dopo aver fatto questo quadro ottimistico sulla capacità
degli americani a professare Teconomio politica, non mancò
di far noto che erano più pratici che teorici. E la pratica,
soggiunge egli, non é sempre quella che meglio corrisponde
alla teoria, giacché gli americani conservano ancora il si-
stema protettivo per le dogune e mantengono ancora la
schiavitù dei poveri negri. Oltre di ciò il governo non sa
dcinpre vedere il vero bene del popolo e per non arri-
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388
scbiar capitali si astiene spesso dal far opere grandiose e
ne lascia tutto T incarico ai privati, il di cui interesse non
è sempre quello del pubblico. Cita per esempio le opere
da farsi lungo. i due grandi fiumi l'Ohio ed il Mìssissipi.
Nella primavera l'esuberanza delle acque, tnal regolate è co-
siffatto che un milione di jugeri di buon terreno è quasi
sempre sommerso con gravi perdite dei proprietarii* Un in*
gegnere civile, dopo aver fatto studii preparatorii, fece noto
che colla spesa di erica dieci milioni di franchi in opere
di arginatura , si può bonificar tanta terra da cavarne un
annuo profitto di quaranta milioni di franchi. 11 progetto
dell'ingegnere andò fallito e si spese il pubblico denaro per
le spediiioni guerresche al Giappone e al Paraguay.
Il sig. Garey soggiunse che i suoi connazionali preferen-
do l'economia pratica alla teorica non si curauo mollo dei
progressi dottrinali di questa scienza.
Noi che leggemmo le opere di Garey dobbiamo dire che
anch*egli per voler fare dell'economia pubblica una specie
di scienza geometrica, dimentica troppo i fatti e ne travolge
l'indole per adagiarli alle sue preconcette teorie, le quali
non hanno che la sembianza della novitk.
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BOLLETTIi^lO DI ?COTIZIE STATISTICHE ITALURf f STRÀRIERt
E DELLE PIÙ IMPORTANTI IRVEnZIOIfl E SCOPERTE
0
PROGRESSO DELL' INDUSTRIA
»
I>ELLE UTILI COGNIZIONI.
FAsacoLO m GiuGifo 4869.
NOTIZIE ITALIANE
— oO«» —
lie lflip«ftte In Ii^mlbardl».
I
I giornale La Lombardia «ÒDtiéne nel foglio del 3 luglio
il reso eooto dell' ainministraziGne fiDBOziaria della Lombar-
dia neiranno 4857.
È un documento importante siccome quello che dimo-
stra quali carichi imponesse l'Austria al Lombardo-Veneto.
Esso è il seguente, e riguarda soltanto la Lombardia , non
le proTÌncte venete:
IimoiTL
Imposte dirette»
Imposta prediale ordinaria • •
delta straordinaria .
GHitributo arti e commercio .
Tassa sulla rendita . • • •
Tassa d'arginatura • . • •
A^riAU statistica» vot, XXI/f s^rie 3,*
Prodotto netto
aL. «4,870,099, 09
. > 7,422,669. 86
. * 506,706. 61
» 2,077,459. 43
. > 93,922. 93
aL. 34,230,857. 44
i9
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290
Imposte indirette.
Dazio consumo murato aL. 5,412,056. SS
forese
detto
Dogane
Sale .
Tabaechi • «
Bollo
Tasse
Lotto
Posta .
Garanzia degli ori ed argemerie
Verificazione pesi e misure • .
Diritti uniti
S,972,59S, 96
7,626,094. 17
8,296,650. 7S
11,103,842. 86
2,672,104. 10
7,716,850. 08
2,668,415. 00
297,916. 63
68^19. 51
80,789. 98
462,228. 89
aL. 49,216^58. 69
Introiti della proprietà dello Stato, ecc.
Beni demaniali aL. 448,964. 45
Boschi « •
Stamperia
24,767. 61
68,259. 79
aL. 282,085. 61
Acanzi del fondo d* ammorUzzazione.
Rendita di obblig. dello Stato
Gass9 d*ammor.ti.zzazione • •
aL. 1,321,121. 29
. > 6,299. 86
aL. 1,318,821. 15
Prodotti digerii.
IH^dotti diversi della cutsa prineipale • aL 427,219. 60
lOlerÉasi di eassa dei viglieiti del Tesoro > 81. 54
aL. 427,301. 04
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MI
StML
Débilo dillo Staio.
laiaraifi del debile eonseUdito del
Monte tL 7,508,5(Ì7. S7
ioCeresii del presUia Umb.-Veneio 1850 > 8,878,618. 08
Imerem detta eooTersione dei TigUetU del
tesoro > 1,815,784. 84
Ditto delle obbliguiooì delb ferrom di
Como M m,99%é 88
Ditto dei Tìgletti del Tesoro . . . . » 8,195. 8(^
CapiuK resiilaiti a earìeo del Moote . . % 4$4»997* 90
Ammontnaiioiie delie obbligaaoni del
prestito Lombardo-Veneto 1850 . > 8,81 4,800. 00
Detto delle obbligssioni della stradi ferrata
di Como > 878,000. 00
aL 16,647,173. 94
Còrit.
Tesorerii di Corte in Vienoa e ramo Co-
rena al. 44i43»470. 80
Intimo, ^
Governo generale . . . ... . aU 970,896. 41
Amministrazione politica delle Provincie » 4,786,109. 63
Case di pena » 504,851. 91
aL 6,801,857. 94
Dicastero di Polizia.
Pubblica sicurezn r , aL. 8,075,174. 69
Gendannerta ......... > 1,438,867. 50
aL 8,514,048, 19
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S9a
Arnmta.
Dotazione militare ....... oL.
Pennoni
Altre spese militari
25,375,71 i. 87
89,862. 02
43,432. 77
al. 26,500,307. 66
Amminktrazkme delle finanze.
Prefettura, Intendenza e cassa di finanza aL.
UlEcii diversi »
Guardia di finanza .......>
Nuoto fondo catastale »
4,610,787. 69
4,200,230. 46
2,848,330. 92
527,800. 60
al. 6,666,748. 67
Giu$ tizia.
Amministrazione della giustizia e carceri aL 5,371,496. 48
CttUo ed istruzione pubblica.
Scuole
Studii
Istituto di scienze, ecc.
Accademia di belle arti
Fondazioni, ecc. . . ,
Culto
317,984. 98
917,954. 77
60,004. 44
427,846. 20
343,026. 49
647,746. 67
aL 2,274.522. 95
Commercio e pubbliche costruzioni.
UfBcio delle pubbliche costruzioni, manuten*
zione di fabbricati erariali ... aL
Strade ferrate >
Strade comuni »
Acque ,,.,,,.....>
493,215. SS
368,864. 67
, > 2,790,853. 61
. > 4,348,404. 89
aL 4,971,335. 40
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S9S
Conlabilili. . . aL. 910,594. U
m '
BlASSVNTO*
Introiti.
Imposta diretta àL 81,S30^857« 44
Imposte iodirette > 49»S4 6,368, 69
Proprietà dello Suto, eoe » S4S^08B. 64
Fondo d'ammortizsazioDe » 4,848,434.46
Prodotti diversi > 437,304. 04
aL. 83,434,998. 60
Spese.
Debito dello Stato aL. 46,647,173.94
Corte > 4,343,470. 80
Interno . > 6,301,267. 94
Pubblica sicurezza > 3,614,042. 49
Armata > 35,600,307. 66
Finanze » 6,666,748. 67
Giustizia > 6,371,196. 48
Istruzione e colto > 2,274,633. 96
Pubblica costruzione » 4,974,836. 40
Contabilità » 910,694. 44
aL. 76,390,649. 84
Introiti aL. 83,434,933. 60
Spese » 76,390,649. 84
Avanzo netto ... * aL. 6,844,273. 66
L' Austria levò in Lombardia nel 4867 lire italiane
68,993,336. Le spese bilanciate ascesero a sole lire 63,344,446
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•94
Il ttMeoiHo del 1857 per luuo Vimpero era:
ImnHii L il. 745,739,617
Spese » 863,074,287
Deficienza L. it. 106,384,670
La popebtibne éell' impero, secoodo le autkiielie affi-
èiili% eeaeododi 89,411,309 anime, e quelh d^ Looriar*
dia di foli 8 milioni', ne deriva die in ragione delia pò*
polaiione i earichi per la Lombardia eaaer dolevano di foli
57 milioni. Ma contiene osservare che negrintrorti dd 4857
figurano SS,S94,987 fiorini di. proventi straordinarii ossia
66 milioni di franchi. Tolti questi, la parte proporzionale
deHa Lombardia nelle spese avrebbe dovuta essere di soli
58 milioni, per guisa che la Lombardia pagava 16 milioni
di più e costava meno delle altre provincie, tanto che le
Provincie italiane sono le sole che lasciassero un avanzo, e
sono quelle che erano più aggravate, senza le gravézze che
pesavano su loro bastassero a colmare una defièienza che
aumentava d*anno in anno.
ItA •#ndtetosie AiiiiiilnIstrAtIvA 4ellii Toseaaa.
Dalla statistica Toscana compilata dall' operosissimo Zue-
oigni Orlandini non apprendemmo sinora altro che a cono*
seere il numero deHa popolazione, e lo stato topografico e
mercantile di questa nobii parte d'Italia; ma nulla cono-
scevamo del suo stato economico e politico. Ora ci è caro
da pur averne qualche notizia colf organo di que' magnanimi
cittadini che compongono il ministero toscano e che iofor-
marotto la consulta di Stato nella seduta tenuta il 16 lu*
glio 1859 sulla condizione dal paese. Noi crediamo che ci
corra debiiOi per l' afietto che portiamo alla generosa con-
trada ohe ha dato al mondo Dante, Machiavelloi MicbelanBelo
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295
e Galileo, di riprodurre il rapporto uccisile del ministero
tonano.
t La parte amministrntira della Toscana sotto il cessato
governo non era meno imperfetta della politica : questa era
guastata dalle massime austro-gesuitiche, quella era disordi-
nata da erronee pratiche e dalla mancanza di un metodo
rationale. Ma se a un tratto fu spezzato il giogo austriaco
non a un tratto si può correggere la sua mala amministra-
zione. Il giogo fu rotto per sempre, quando la dinastia au-
mriaca con volontario abbandono dimise il supremo potere
di fatto, eh' essa riteneva da che perde quello di diritto col-
l'abolizione dello Statuto. Ma, lei partita, restavano tutti gli
ordigni della macchina governativa o vecchi , o guasti , o
imperfetti. Finché T Italia non sia ricostituita, il governo
provvisorio in 48 giorni, ed il nuovo ministero in 54 pote-
vano, dovevano soltanto soddisfare a due necessità imperio-
se, l'ordine pubblico e la guerra. L'avvenimento del 27
aprile non fu violenza fisica, fu combattimento civile : l'oc-
chio non vide alcuna strage, ma la mente discopri un gran
vuoto, la mancanza assoluta d'ogni instrumento governativo.
La insipienza congiunta con l'avversione a lutto quanto era
nazionale aveva ridotto il granducato austriaco ad uno sche-
letro. Appena toccato dalla mano nazionale andò in polvere.
Ma sebbene sia fausto per un popolo che senza eccidj si di-
legui un mal governo, non è senza pericolo ri ritrovarsi pri-
vo d'ogni buon istituto pubblico, quando appunto gli animi
incoraggiti dalla felice occasione vorebbero in un giorno ri-
guadagnare lo spazio perduto con l' indietreggiare di molti
anni.
e A questa necesiiiè di evitare il disordine interno per
conservarsi interi al supremo assetto d'Italia, si aggiungeva
l'altra necessità di provvedere il tributo alla guerra della
indipendenza, rilegando la disciplina delle poche milizie
scomposta dai moti civili, riunendo nuovi soldati, e provve-
dendo tutto quel che mancava per armarli e abilitarli a te-
ner la campagna.
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296
e yordine fu , ed è eonservato con mano ferma. Fra
tante passioni e tanti intrighi, con la forza del gran concet-
to nazionale e della aieura coscienza di conseguirlo, furono
rotte le trame de* perturbatorii dileguate le ombre de' ti-
midi, attirati i prudenti e animosi che sanno la forza vera
non stare nelle guardie pretoriane, ma nel concorso e nel-
la costanza di tutti a volere il bene, a farlo, a mantenerlo»
Molti son gli atti pubblici del governo su ciò, gli atti nen
pubblicati son maggiori di numero e d* importanza, perchè
il ministro dell* interno è instancabile nel far penetrare in
tutti gli ordini dello Stato l'alto concetto della sorte offerta
all'Italia di farsi grande e potente: il 4)uale concetto estin-
gue le idee meschine, eccita i virili propositi, e alla frivo-
lezza delle ciance sostituisce la gravità delI'azìoBe. Intanto
per secondare l'opera conservatrice, si forma una nuova e
vera gendarmeria: è proposto il decreto per una guardia,
di sicurezza affidata a que' cittadini che hanno più bisogno
di conservarla : è proposto il decreto perchè il voto intel-
ligente e non la cieca sorte costituisca le rappresentanze
municipali. Vennero già pubblicati decreti percliè le false
notizie non destino vane apprensioni, e perchè le insidie
dei perturbatori non si ascondano ancora nelle pubbliche
esultanze.
« Alla ricreazione dell'ordine morale ha cooperato solleci-
tamente il ministro della giustizia col provvedere alla di-
gnità della magistratura, col preparare i decreti per misu-
rare le pene con la qualità de' delitti, per guarentire la fe-
de pubblica nelle istituzioni del credito , e ne' giudizi di
fallimento.
e II mitìistro degli affari ecclesiastici aveva in questo pro-
posito un' opera più vasta , sebbene meno assai pppariscen-
te. Il regno della coscienza è il più importante. Non dirò
le preparazioni necessarie ad assicurarne la libertà, e insie-
me la libertà de' culti in modo sempre conservativo del-
l'ordine. Fare lo Staio laico senza che cessi di essere reti-
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297
giosoi anzi diventando veramente religioso^ facendosi tollc-'
rante, non è opera da con^pierti io un mese. Ma sarà com-
pita con tutta la fermezza che si richiede nella cosa piilr
importante all' uomo» perchè si estende oltre questa terra^
Né il ministro si è ristretto a preparare si grande opera:
egli non ha tralasciato e noa tralascerà veruna occasione di
operare praticamente ed estesamente. Ha preveduto i mali
che possono venire dalla tnrbazione delle coscienze per abu^
so del ministero ecclesiastico, ora specialmente che gli ;Btti
del governo temporale del Papa danno ampia materia al
giudizio della pubblica opinione. Per prcTcnire il tentativo
ancora di questo turbamento, il governo ha invocato il sen-
no dell'Episcopato toscano, mentre provvedeva da sé stesso
alla pronta e ferma repressione di ogni reato , senza fare
alcuna distinzione fra gli ecclesiastici ed i laici.
« Il ministro delta pubblica istruzione volle rianimare
gl'iogegni perseguitati o avviliti dalla dinastia decadiua, U
quale temeva più d'ogni altra potenza quella della mente.
Porte nel principio che più che con i preroii gì' ingegni si
rialzano con vendicar le ingiurie loro fatte, apri questa stra-
da con esempi rassicuranti. E indefessamente si occupò nel
riordinare il pubblico insegnamento, come istituzione neces-
saria alla grandezza morale della nazione.
< Cosi ciascun ministero e^rcitando il proprio ufficio
con uniformità di concetto governativo, mentre soddisfeceo-
te ( per quanto era in lui e permetteva la brevità del tem-
po procelloso) ai vari bisogni del paese, cooperava al co-
mune intento di comporre queir ordine degli animi e delle
menti, senza del quale la quiete materiale o è breve son-
no, 0 lunga morte, -
« L'altra necessità predominante, e non meno grave, era
quella della guerra. Questa scoppiava, quando si compieva
ratte del 27 aprile. Allora la Toscana aveva la cauiva isti-
tuzione del general comando che riuniva V uffizio del mini*,
stero della guerra, e quello del capo della milizia. AUora
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S98
h Toscana aveva setiefiina soldati (non contando i eaeda-
forì di costa, e di frohtrera), i quali avrebbero potuto en-
trare in campagna ; ma i bersaglieri mancavano di carabi-
BC, non vi erano carriaggi, né la provianda, nò quant* altro
occorre ad un esercito per uscire daHe parate e andare a
eombattere. In meno di due mesi da poca e mal accozzata
militia Al composto un esercito non grande, ma un eserci-
to che ascese a 42,000 uòmini di ogni arme, senza conta-
re i depositi. Cosi fu cresciuto Tesercito di dieci battaglio-
ni di fanteria ; di tre squadroni di cavalleria, di due compa-
gnie di zappatori 'del genio; di due batterie di artiglierìa,
di un corpo di provianda cAn sufBciente numero di uomioi
e di cavalli ; e ordinati infine i depositi, e ordinata la crea-
zione di nuovi corpi, i quali potranno ristorare T esercito
ed aumentarlo.
« E non si ristette solo la cura del nuovo ministrò della
guerra ad aumentare h nrifiltzia, ma la corredava dì lutti
quei fornimenti, che sono necessarj in campagna : così crea-
va il servizio dei viveri, dei trasporti, delle poste, e quello
aanitarìo e religioso. Finalmente per provvedere ai bisogni
futuri deireserciio, da un lato si apparecchiava grande
quantità di oggetti di %estiarìo, di armi di più qualità, una
batteria da posizione e due nuove scialuppe cannoniere ; e
dall'altro s'istituiva una nuova scuola nel Collegio Militare
per formarvi entro lo spazio di sei mesi buoni sottouffleiali
s'invitavano con un premio a tornar alle bandiere sotto uffi-
ciali e soldati, che le avevano abbandonate per eapitolazio*
' ne compiuta ; e si faceva un nuovo appello ai patriottismo
della gioventù, perchè corresse volontaria sotto le armi, e
ai fornisse per cotal modo incremento' all'esercito.
« Il re protettore univa intonto le nostre milizie al quinto
corpo del valoroso esercito francese: e una colonna dei no-
stri è già discesa nei campi lomt>ardi : dove la prima prova
del redivivo valore militare dei toscani gli accenderà mag-
giormente a corinbattere in modo da gareggiare di valore
co' francesi e da compiere il gran destino d'Italia»
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S99
« Tutto questo apparecchio di prOTredimenti civili e roi-
liiari aoD potrebbe reggere se non foae sostenuto dalla fi-
Dania. II suo presente slato è in condizioni partieolarii e rì-
cbiede un'esposizione compilila, che il «sinistro da cui è
retta si propone presentare da sé slesso alla Consulta. Noi
qui ne feremo un breve cenno.
« Prospero pare lo slato della Finanta, perdiè il debito
pubblico è piocoKssimo in paragone delle forze economiche
del paese e confrontato eon quello degli altri: pare anche
moderato il bilancio presuntivo, edito dal cessato governo.
Ma il giudisio che si fa, guardando la superficie delle cose
non regge addenirandovisi. Occorrono nuovi fondi, perchè
la guerra e nn miglior reggimento esigono maggiore spesa.
Diminuire dunque non si può Tusdie, si può togliere molti
abusi, ma le necessità delle ghisie spese durano, e altre
sopraggiungeranno. Crescer renfrata non ai può senu una
riforma generale di tutte le imposte. Questa non è opera
da imprendersi ora ebe la guerra assorbe fotte le cure del
presente, e non fa conoseere distiDiamenie il nostro avve*
nire. Convien dunque fere oggi il bone possibile e riserva-
re il meglio al poi. Ecco le massime regolatrici : modifica*
re la macchina finanziaria e noki riferla: non gravare il
paese di nuove imposte se non neH'estreina neeessiih: ot*
tenere dal credito quel ehe manca al bilancio : esser lar-
ghissimi alla guerra e parchi in tulio il resto.
« il bilancio del cessato governo era illusorio dando un
avanzo di L. 86,400. Rifatto il bilancio dei sole semestre
di luglio al dicembre di quesl* anno , di un disavanzo di
circa dieci milioni.
« Questo disavanto non proviene, come alcuno potreb^
be credere , sohenlo dai lavori di pobblioa utiKik , i quali
non son compresi nel bilsncio dato alle stampe, ma in par*
le massima deriva da un debito fluttuante formalo nel peg*
gior modo, cioè da cambiali a varie scadenze, le quali al
SI dicembre 1858 ascendevano a L. 0,701,980. Oltre a ciò
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800
la finanza ha un debito idgeACé con la Cassa de* Rispannj.
Di questi debiti si poteva in altri tempi differire il paga*
mento: ora bisogna effettuarlo subito.
« Nel bilancio veecbio le spese della milisia non erano
comprese che per rassegoaniento ordinario. 11 bilancio nuo-
vo, facendo il calcolo del più ristretto assegnacnento straor*
dinario pìresagisce un olfl|;gior disavanzo.
« Per far fronte a quest' impegni non si può ricorrere
che al credito. La difficoltà di un imprestìto che potesse
fornire i fondi a tutto il 4860 non nasce tanto dalle angu-
stie finanziarie dell* Bnropa quanto dalla ristrettezza del teìoa-
pò. Bisognava comiociare da guadagnare tempo per prov-
vedere danaro. Né guadagnar tempo si poteva cbe eon par-
ziali provvedimenti, i quali saraimo partitamente esposti dal
rapporto speeiale del miniare delle finanze. Il più grande
e il più felice fu trovato quello delle cedole comunali. Bi-
sognava creare un titolo superiore ad ogni eccezione, spen-
dibile in ToscMia, e spendibile immediatamente. Il frutto
dovea regolarsi non su prestiti a kmga scadenza, o non
rimborsabili ; bensì su quelli a scadenza breve, ed avuto ri-
guardo alle condizioni dell'attuai mercato. Le cedole comu-
nali, quali furoD divisate, erano il titolo migliore, poste le
presenti condizioni. Il rimanente sarà fornito dal nuovo pre-
stilo, e se la Provvidenza prosegue ad ajutare 1* Italia, ab-
biamo ragione di sperare che riusciremo. Allora tutte le
difficoltà saran vinte: e, ristabilita la pace e costituita la
nazione libera, non vi sarà un debito impossibile a soppor-
tare e ad essere estinto in tempo non lungo.
Per questi brevi cenni il ministero si confida aver di*
mostrato che non gU mancò Y animo per sostenere il grave
incarico, finché la consulta non venisse a crescergli le forse
con l'appoggio della sua saggezza o del suo affetto ali»
causa nazionale.
RicasoK — n Ridolfi — Poggi — Bu$acca
Salvagnoli — De-Ca^ero.
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301-
NOTIZIE INTERNE
n Utoncto desìi 8totl «ardi ipcr V mmnm i8M.
Rbnditb. • •
I. JLIirezione generale delle gabelle o delle iropesie indi-'
rene.
Prodoui delle dogane, ...... Fr. 18,000,000
Diritti marittimi •••..... » 460,000
Sale > 10,640,000
Tabaeeo > 18,500,000
Polvere e piombe .•..«... > 870^000
Gabelle o diritti di consumo aulla carne e sol-
le bevande » 6,170,000
Diverse > 480,000'
II. Direzione generale delle imposte dirette
e dei dominj.
Imposta fondiaria (prediale) • . . • » 46,726,533
Imposta personale e mobile • •.•.••. » 3,500,000
Tassa delle patenti » * 3,050,000
Diritti sulla vendila delle bevande e delle der-
rate non sottomesse al diritto di dettaglio
come pure diritto di licenza . • . • , » 650,000
Tassa sulle carrozze ••.••.• > 600,000
Centesimi addizionali sulle imposte dirette at-
taccate alle spese di ricupero • •
Diritti di verificazione dei pesi e misui
— dMnscrizione
— d'ipoteca .
«^ di successione
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309
Bollo : . . . . Pr. s,soo,ooe
Carta filigrana per le earte da giuoco . % 75,000
Tassa sulle Società ed assieuraiioni marittime • 400,000
— di maoomorta > 910,000
Diritto di passaporto, di porte d^armi e di
caccia ' • • > 500,000
Prodotto dei dominj > 9,262,440
Libretti degli operai e dei domestici. • » 8,000
Lotto • 8,000,000,
Spese di giustizia » 891,000
Diritti e prodotti diversi percepiti per rammi*
nisirazione qui sopra » 9,576,100
IU« Direzione generale dei lavori pubblici.
Ferrovie (Rendite delle) > 14,480,000
Rimborsi > 860,000
IV.Diresione generale delle poste • » 4,000,000
V. Miiiistere degli affari esteri (consolalt).
Diritti di cancdlerta - • • t 975,000
VI. Ministero dell'interno.
Telegrafo elettrico ........ • 600,000
Prigioni, ecc. • 658,000
Diversi > 6,000
VII. Ministero deiristrusione pubblica (scoo^
le di veterinaria) » 41,000
VIIL Amministrazione della moneta . » 985,900
(di cui 90,000 per spese di monetazione).
IX. Tesoro pubblico (rendite diverse, ricev.
d'ordine, ecc.) • » 8,908,850
Pr. 148,969,854
Rendite straordinarie » 1,082,667
Totale generale Fr. 444,989,591
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Spese.
303
Ministero delle Unanxe ...... Pr.
Ecco alcuni capitoli del bilancio di questo
ministero.
Dote della corona . . • . Fr,
Appannaggi . • ^
79,015,546
4,000^000
600,000
85,000
175,000
40,289,899
4,000,000
2,429,805
1,982,765
4,396,000
3,987,732
2,S6S,l8Ìl
4,968,706
229,100
Senato
Camera dei Deputati
Servìzio del debito
Interessi dei boni del tesoro »
Spese per la ^drOttiéM delle im-
poste dirette • . • • »
Spese per riscrizione e pei do-
mini! ....
Spese pel lotto . .
— per le dogane
— - pel Éale • •
— pel tabacco .
— per la polvere e per piombo»
(Più, r amministrazione centrale, i servigi
diversi, le spese straordinarie).
Ministero di grazia e giustizia .... »
Ministero degli affari esteri ..... >
Ministero dell'istruzione pubblica ... ^
(Amministrazione centrale, insegnamento su-
periore e tecQologleo; il bilancio non racehiuh
de alcuni capitoli che coneerpouo Ttstruzione
primaria).
Ministero dell' interno >
Eccone i capitoli:
Amministrazione centrale . . Fr. 202,581
Consiglio di Stato .... » 178,879
Archivi del regno .... t 66,419
6,276,248
1,359,318
2^85,079
7,789,098
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304
Teatri (censura 6000, teatro di To-
rino 1880) Fr. 7,860
Amministrazione sanitaria . . » 97,300
Telegrafia . > 410^568
Intendenze. » 4,098,660
Agricoltura > 4,000
Foreste » 184,060
Statistica » :i,000
Stabilimenti di beneficenza (perso-
nale, ecc.) ..'••• » 688,581
Prigioni, case di correzione • > 3^98,610
Pubblica sicurezza (Questure, ecc.,
non compresi i carabinieri reali) » 876,625
Servizii diversi spese comuni e
straordinarie*
Ministero dei bfori pubblici ... . . » 44,851^57
Ecco i principali capitoli:
Lavori pubblici ordinari! (strade ,
porti, ecc.) . . • . V Fr. 2,322,538
(di cui 362,680 per il personale).
Ferrovie > 6,511,000
(di cui pel personale 2,689,400).
Poste > 2,218,232
Lavori pubblici straordinarii • » 3,502,898
(di cui per le ferrovie 729,800).
Ministero della guerra > 33,618,942
Ministero della marina . . . %. • • > 4,673,942
Totale Fr. 148,747,562
di cui 5,484|186 fr. in spese straordinarie.
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SOS
Debito pubblico.
Rendila perpetua a 5 per 100 dee. del S4 die.
1819 Fr. 9,416,0Sa
•— redimibile 5 per 100 medeiiina data » S,867,SS7
— — 6 per 100 deer. del 30 mag-
gio 1881 > 1,500,000
— — 4 per 100 (obblig. dello Su*
to> Deer. del SOJmagg. 1884 > 1,680,000
— — 4 per 100. Legge 7 sett.
1848 e S6 marzo 1851 . » 8,044,036
— — 4 per 1 00 ( obbl. dello Stato).
Legge 26 marzo 1849 . > 1,194,130
— — (f per 100. Legge 13 e 16
giugno e 3 ottobre 1849,
1.° febbrajo, 13 luglio e 13
dicembre 1850, 14 aprile e
11 maggio 1854 . . > 16^03,384
— *- 4 per 100 (obbl. dello Stato).
Legge 9 luglio 1850 . > 1,080,000
— — 6 per 100. Legge 86 giugno
1851 > 4,530,635
— — 3 per 100. Legge 13 febbr.
1853 e 14 aprUe 1854 » 3,339,877
— — feudale di Sardegna 5 per
400 ..... . > 658,833
— perpetua di Sardegna 5 per 100 > 33,979
— redimibile di Sardegna 5 per 100 > 380,000
Interessi del debito inglese » 3,000,000
Cangio per 1 pagamanti all'estero ... > 36,837
Toule Fr. 40,389,897
Aggiungendovi il nuovo prestilo di 50 milioni, questa
poru il capitale del debito pubblico a 750 milioni.
Atmku. SWiBtica, voi. XXH, serie 3.* 20
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30&
NOTIZIE STRANIERE
9t|itl«tlCA c^mpArA^tTIl ddr Industria
dena Ummm Bmiacn» 4al tM9 al t86€».
jLFal 1850 al 1856 è da notarsi m accrescimento consi-
derevole nel numero e n^l materiale dei stabilimenti numì-
faiiurieri del Regno Uni^o.
Nel 4850 non se ne contavano ctit 4600; nel 4856 ne
esistevano 5447; accrescimento 547; e è a notarsi che que-
sto progresso ha avuto luogo specialmente nell' industria
della seta; di 377 le fabbriche di seta sono passate a 460;
ilpcreseimentQ 485.
Simile osservazione è da farsi per il numero degli stro-
ipei)ti« delle forze motrici degli pperaij ed anche per il va-
lore totale dell'esportazione dei prodotti (fili e tessuti), U
quale» in questi sei anni, é passata da 4408 milioni di fran-
chi a 4498, aocresoendosi cosi di 400 milioni. Qui ancora
bisogna far osservare che è la fabbrica di seterie che in pro-
porzione ha maggiormente sviluppato le sue vie (da 34
fniliQiìi a 74); ma T industria del cotone, che occupa co-
flaniemente il prirpato delle manifatture inglesi, si è an-
^h'e^a assai sviluppata; Is^ su^ cifra, d'esportazione ha pas-
sato da 706 pilioni a 957, accrescendosi cosi quasi del 36
per 400, e il numero degli strpmenti eh* essa metteva in
movimento è salilo da 20,977,600 a più di 28 milioni; ae-
Crespipiento ^9 p^r 4Q0.
Del resto, per meglio precisare la situazione esaminerei
ma si^ccessivppiìeBtf quella 4i ciascuno dei rami della ma-
nifattura inglese n^l |85<3,
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307
I.
Mustria M coIflHi.
L'Inghilterra ha consumato» nel IS^^^ 4Q0 n^ilion^ di chi-
logrammi di ìcolone, i quaU haqQO prod^ttp» allfi QJ^tura, 861
miliopi di cbilograqdipi di filato*
Questa quantilii totale di cotpiis fu vfte^n in opera da
S240 stabilimenti manifatturieri (filatura e tessitura) impie-
gando S8,040,S17 stromenti, f)98|847 telaj meccanici, idrau-
lici 0 a vapore (questi ultimi contando una forza di 81,291
cavalii-vapore) e 379,213 operai, di cui 233,0i7 occupati
alla filatura e 146,196 alla tesaifum.
La produzione di questa ipapp d'ppfra dayi|, fome ab-
biaino detto, 361 milioni cbilogrf^iqi di Qlo, 41 c^ii 85 ipi-
lioni erapo esportati.
[pestava cqs) , per il consuiqo delle falìbriphe , $(96 mi*,
lioni di chilogrammi di filato.
In tessuti di cotone d*qgnì fDfinier^, In prpdp^ipne era
cosi di 296 milioni di chilogrammi, dj ciii I84 ^ranp esporr
tati e 92 entravano nel consumo intemo.
Sull'insieme dei tefsuti esportati ^3 soqp bianchi e f ru-
di, 1/3 stampati e tinti*
I tessuti esportati sono in proporzione di 1;3 meno cari
che i tessuti consumati nell'iRterno.
11.
L'Inghilterra nel 1^56 prpduceva 68 milipqj di (hilo-
grammi di lana e ne irppprtay; 51 mi|ipni. To(aIp 119
milioni.
Ma, su questa quantità, essa esportava 19 milioni di chi*
logrammi di lana grezza e 12 milioni di filato.
Ciò ohe lasciava pel consumo dello sue fabbriche, quanto
io lana grezza ^hie filata, dava un totale di 93 milioni di
chilogrammi.
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308
Si contavano in Inghilterra 1508 fabbriche di lana scar*
classata e 625 di lana pettinata. Totale 2030. Le une e le
altre impiegavano 3,114,521 stronfienti, 53,409 telaj meccao
nici e 166,895 operai.
L' esportazione del tessuto di lana di fabbrica inglese
s'innalzava nel 1856 a 238 milioni di franchi. QueHa dei
filati vi aggiungeva 72 milioni. Totale 310 milioni.
111.
industria del Uno.
L'Inghilterra ha prodotto, nel 1856, 33,762,000 chilo*
grammi di lino e di canape. L'importazione aggiungeva a
questa quantità 164,016,000 chilogrammi, totale 197,778,000
chilogrammi. Pi questo totale ne fu trasportato in filato
11,373,000 chilogrammi, ciò che lasciava pel consumo delle
fabbriche 186,456,000 chilogrammi.
Il numero delle fabbriche di tela era di 417; — quello
dei telaj meccanici di 7689; -^ e quello degli operai di
80,262.
Il valore dei fili e tessuti inglesi esportati saliva , nel
4856, a 157 milioni di franchi, di cui 34 in filato.
IV.
industria della seta.
Vi erano importati nel 1856 4,644,000 chilogrammi, tan*
to greggia che acconciata. Di questa quantità se ne esporr
t^va 1,462,000 chilogrammi. Ciò che lasciava pel consumo
delle fabbriche 3,182,000 chilogrammi.
Questa quantità era messa io opera da 460 manibuure
impiegando:
Tqlaj meccanici ,,,,.,, 9,260
Operai .,,,,,,,,., 66,187
Il valore delle sete inglesi esportate pel 1856 saliva a 74
milioni dì franchi.
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809
Industria minerale.
Nel 1856 il valore» totale dei minerali estratti dal saolo^
in Inghilterra ha potuto essere valutato come segue, secondo
il presso medio delle materie sul luogo delle, miniere.
Minerali di stagno
> di rame
» di piombo
» di zinco
> di ferro
Pirite di ferro •
Arsenico . • .
Nichel ... *
Carbon fossile •
Sale ....
Barite e altri minerali
Terre per la porcellana
Pietre per fabbrica •
Fr. 46,6d8,S60
58,689,000
85,787,725
686,375
442,395,375
4,154,650
47,775
43,495
.416,596,550
13,849,825
250,000
8,022,400
76,061,950
Fr. 765,048,059
ti valore mercantile dei metalli ottenuto nelle Tucine
può essere slimato cosi: stagno, 20,031 ,025 ; rame, 71 ,1 76,975 ;
piombo, 43,877,400; argento, 3,838,675; zinco, 5,576,875;
metalli fasi, 565,639,700; altri meulli, 3,500,000. Toule
610,631,750 fr.
VI.
Produzione del carbon fossile.
Toanellale
Nel 4864 64,661,401
4855 N . . ' 64,453,070
4856 66,645,450
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»10
li numero Cotale delle miniere di earbon fottile in atti-
Titk nel Regno Unito è di S8S9, vale a dire:
Numero Tonnellate
Dufham e Northiimberland . 870 15,493,761
Gambèfland S8 9< 8,645
Yorkflhìre 899 9,083,894
Derbyshire e Nottiagbamabire SOO 8,383^335
Warwichshirc . . ^ . . . 16 335,000
Leieestershire ...:.. 14 633,478
Haffordahire and Woreestersire 648 7,305«500
Laucadhire 359 8,950,000
Chcshire 31 754,520
Shropshire . 55 753,400
Gloucestershir e Sommersetshire 87 4,530,009
Norlh Walea 94 4,046,500
South Wales 864 8,949,400
Scozia 805 7,800,000
Irlanda 33 636,525
Totale 2839 66,645,450
]««•▼• ÉtÀtlsilM iAit^ì mmiì tékìU a^Atti#MM.
Ogni qual volta la vecchia ed inferma Europa si volge
febbrilmente sul suo letto di dolore per cercar come ada-
giarvisi meno crucciosamente, le aspirazioni dei buoni si
dirigono sempre verso il nuovo mondo per trovarvi quella
serenità di cielo che più non si ravvisa nello scombujato
e stiÈtosd mondo vecchio. Si vive meglio agH Slati Uniù
d'ArtiéHda che non da noi? Quella giovine dèm^razia che
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Sii
pur neseonde nel ÈWtì seno la lebbhi della schiavitù dei
n«gri, vai meglio dellfe iarlàlé forme de' gòreirrti metto
feudali d' Europa ? La giovihe e forte fazìja degli Jartchee è
più operosa e diremo anche mtglioi^e dèlia giocane rdzza
slava che vuole ad ogni coslb ih Europa iróvarvi la sua
buona parte di sole? o ddlà uliginosa é pretendente ratza
germanica che colla gravila agghiacciata delle sue pedante-
sche legioni vuole imporre la legge al vfecèhto hibhdo dopo
averlo per più secoli imbarbarito? o della àniiéa è stimprè
aspirante al riscaito ( senza raggiungerlo mai ) della addo*
lòrata razta latina che vttole fra i suoi due mari e le alpi
vedersi finalmente raccolia in una rigenerata famiglia? — *
Il problema è degno dello stùdio degli èt^tisti, e questi non
mancarono di accingervisi a sciòglierlo. Per far conos<?ere
su questo argomento quali siano gli ultimi studi stati fatti
da uno dei più forti ingégni italiani noi ripròduciart^ò
quanto ora scrisse sugli àtati Uuiti d'America il nostro Ce-
sare Correnti ncll' Annuijtrio italiano.
« È questo veramente un nuovo mondo; o nuoto ora
assai più che noi foése a' tempi del Colombo. La Vita isd-
vaggia e la barbarica erano allora note e largamente sfie-
rimentate sulla terra ; e Y Africa piantata in sugli occhi delia
nostra Europa ci si móstra ancora oggidì quali apparvero
le coste del Verzino al Cabrai e quelle dei Caraibi ad Amerigo,
che dovettero ricordargli i Lestrigoni e i Ciclopi d'Omero. An-
che la teo crazia guerriera degli Azechi e il patriarcato impe-
riale degli Incas avevano riscontri ed esempi nelle vetuste so-
cietà del l'Ariana e della Cina. Ma ci mancava ancora non che
la sperienza, fin la speraiìza d'una democrazìa, mobile e sve-
glia come quella d'Atene, pertinace è legistieà come quella
di Roma, e convivente su un territorio Vastissirtiò come
fosse raccolta in uno stesso foro coTtiiziaié. Ni mancò rìie-
ravigliose sono ora le novità delle òostuitianzè e delle leggi
americane, come eh' esse nei nomi e nelle fotme paiano
rispondere alle nostre. Ma nel fatto, dica chi vuole, noi vi
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3IS
ei troviamo come in im altro mondo. Peroechè hri Tediamo
Testremo della schiafìtù eongianto, anzi raggravato dall'estre-
mo della liberti ; e da una parte ad ogni cenno della nìol-
titudine nascere, come ne' primi initi delle società » magi-
strati, soldati e carnefici temporanei; dall'altra essere i>er
inespugnabile consenso di leggi e d'opinioni dannata ad
irredimibile anatema tutta una schiatta d'uomini, cui è disdetta
la comunione non pur dei diritti, ma anche dei doveri e
dei sentimenti umani. A crescere le contraddizioni stupende
si pensi un popolo bottegaio e traflBcatore, e che nondimeno
tira all'eroico, e s'impunta in iin orgoglio pia che romano:
ai pensi una civiltà credula alle iperboli e sitibonda d*ogni
misteriosità, benché ella sia cresciuta a matura gioventù
nella piena luce del nostro secolo, senza neppur aver attra-
versato i fantasiosi crepuscoli della fanciullezza , e senza
strascicarsi dietro quelle memorie, che spesso affascinano,
come seduzioni d'un' altra vita, la coscienza de' popoli
vecchi: si pensi alle nobili e serene immagini di Washington,
l'eroe, del buon senso, e di Franklin, il filosofo del buon sen-
so, messe talora sullo stesso altare cogli idoli quotidiani d'un
volgo sensuale ed impaziente, con un pirato di popoli, con
un giuntatore di profezie, con una sibilla a prezzo fisso. —
Questa grande esperienza ripigliala su un terreno libero e
sgombro, questa che a molti pare la barbarie della civiltà,
a molli altri la controprova della storia, e a non pochi, per
dirla con un'immagine di Franklin, la seconda edizione del-
l'Europa riveduta, ricorretta e ristampata coti tipi nuovi e
vergini, vorrebb' essere studiata con diligenza grandissima
principalmente da noi italiani, che per l'infeconda ricchezza
delle nostre memorie, e pel doloroso far niente a cui siamo
condannali, siamo quasi il contrapposto naturale di questi
popoli che non hanno né tempo, nò materia, nò vo|putà di
far lunghi rimpianti. Per questa volta però stiamoci contenti
a poche cifre.
> L' unione americana è uno dei più vasti Stati che sieoo
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313
al montlo. Ma non ci riesce agevole dare il fermo ntiinero
di chilometri quadrati, che misura questo paesie, tutto unito
in un solo e continuo corpo» senza frastagli, e inframessure
di confini, benché si distenda latamente fra i due grandi
Oceani per lo spazio di 4538 chilometri, che tanti ne corrono
dal capo GuodJy Head al Capo di Lookout, i quali quasi
sotto lo stesso paralello si bagnano uno nelle acque del-
l' Atlantico, V altro in quello del Pacifico* Minore è la lar^
gbezza del territorio da settentrione a mezzodì; la quale
dalle scaturigini del Mouse nello Stato di Minnesota sino alla
foce del Rio Grande nel Texas non piglia più di 2500 chi-
lometri. Cosi la forma generale di questo gran quadrilatero
si adagia, appunto come il vecchio continente^ più nel senso
della longitudine, cbe in quello della latittidine; ond'ei ne
viene ad essere raccolto sotto i medesimi paralelli, ohe è
un dire sotto la stessa temperie, e sotto Io stesso aspetto di
cielo, più assai che non sembrasse comportorlo l'ossatura del
continente americano, che va come un ponte da polo a polo, e
lascia g(an parte delle zone temperate ai campi inseminati
del mare, per usare una frase america che non è qui senza im-
portanza econo mica. E in vero le terre dell* Unione si potreb-
bero per le rispondenze geologiche e meterologiehe raffrotare
assai ra gionevolmente all'Europa; come il Messico e TJucatan
sii* Africa e all'Arabia; e il Brasile e il Perù, air India e
all'Asia centrale. — Tutte le regioni venute in possesso
dell' Unione americana farebbero ora secondo il Kolb una
superficie di 156,086 miglia quad. germaniche (8,56^,560
rhil. quad.), e Secondo l'Annuario del Guillaumin la misura
giusta di 843,082,465 ettari. I riscontri d' altri statistici da- .
rebbero invece 5,979,000 chil. quad. — Ma più autorevole
ci par la cifra adottata nell'Atlante de| Colton (A^eu;Tor^,
4855) di 2,963,666 miglia quadrate ingl. ( 7,672,565 chil.
quad.), dalla quale non si discosta gran fatto quella dei-
Y American almanac del 4857 (2,872,800 miglia quad..
ìngl. ossia 7,437,834 chil. quad.). Le differenze però nota-
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914
bili delle tnisure anche degli Stati primogeniti dell* Unione,
t da lungo tempo domestici agli anglo-sassoni ci persuadono
che gli studi topografici e statistici si fanno jn America con
quella larghetza e sprezzaiura naturale in gente coi sovrab-
bonda ogni cosà meno il tempo.
» Trentaire sono gli Stati che compongono V Unione,
oltre sei territori» che ancora sono in tutela del governo fé*
derale, e il distretto comune dove sorge Washington. DI
questi Stati alcuni ponno raffrontarsi per estensione ai di-
partimenti francesi, altri e sono i più, pareggiano in vastità
i mezzani Stali d'Europa; i nuovi territori poi, che guardano
r Occidente, tengono lo spazio d*una delle nostre grandi
nazioni (Il Texas e il Nerbraska occupano una superfieie
di 730 in 800 mila chi), quad. ). — La popolazione , che
neir ultimo censo (4866) si trovò essere di SS,49l,9lft
abitanti d'ogni classe e d'ogni colore, sul finire del 4S56
passava i 27 milioni, e quest'aóno 1858 dovrebbe attingere
i SO milioni.
» Per l'importanza rispettiva degli Stati giova ricordare,
che quando fu stabilita V Unione, le colonie della nuova In-
ghilterra contavano 4,009,823 abitanti, gli Stati atlantici dì
mezzo 4,337,465, gli Stati meridionali, 4,473,680, mentre
che nelle vaste solitudini continentali, tra infinite torme di
selvaggi appena vagava qualche migliaio di sparsi cacciatori
e boscaiuoli europei, veri straccorridòri della civiltà. Nel
4850 i selvaggi, ricacciati verso i deserti rocciosi e le erme
marine dell'Occidente, appena si credevano giugnere a
400,000, noverando bnche i 450m. che si annidano sui
confini della California e del Messico: i sei Stati della nuova
Inghilterra ( Maine , Nuovo Hampihire , Dermonty Mastn-
ckus$et^ Isola di Rode, Connecticut) che, in confronte di
tante terre vacue, sono stretti, entro angusti termini, e non
occupano che circa 468 mila chil. qùad:, contano 2,736,146
abitanti ; i cinque Stati mediani (Nuova York^ Nuova Jerseif
PenriWania^ Detaware^ 3fary!andJ su una superficie 29±in.
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815
ehil. quad. hanno 6,6S4,98S abitanti, e i einque Stati me-
ridionali fVirginìa^ Carolina del Nord, CaroKna del Sndj
Geòrgia^ Florida) doTo è ammessa la schianta, su una su-
perneie di circa 640rh. chil. quad., non hanno che 3,952,887
ab. 1 nuovi Stali posti dentro terra o sull'Oceano Pacifico
soglionsi distinguere anch'essi in meridionali e settentrionali ;
ì primi hanno una popolazione di 8,337^147 anime, i se-
condi di 6,^79,d28 onde può arguirsene che anche la nuova
corrente dei migranti preferisce ai paesi di vegetazione più
sfoggiala e di più molle clima i paesi temperati, direm quasi
la natura europea.
> Se la popolazione degli Stali Dniti avesse a moltiplicare
quìnd' innanzi conie dal 1790 al 4850, nel primo anno del
secolo irenturo essa avrebbe a toccare i cento milioni. Né
si deve credere che solo in questi ultimi anni, per le tra-
boccanti migraziotii euk*opee, sia venuto crescèndo sforma-
tamente il moto ascensivo della popolazione americana. È
serissimo che nell* ultimo decennio censuario (484O>50) la
ragióne dell' uutnento fu del 35,87 per 402: ma nel se-
condo decennio censuario (4800-1840) già era stata del
36,45 per 400, e in tutti i sessant'anni passati (4790-1850)
non fu mai minore del 32 per 400 e sarà senz* alcun dub-
bio maggiore nel decekinto corrente. Né di questo aumenti»
può darsi troppo gran parte alle migrazióni, dacché veggiamo
che dal 4820 al 4855 I«i popolazione triplicò, ascéndendo
da 9 a 27 milioni, quantunque in tutto questo quarto di se-
colo non sicno venuti a stanziarsi negli Stati Uniti più di
4,200,000 sti^anieri (Hystory of immigraiion to the unttet
States by fFUliam /. Bromwell, New York 4856;; de*
quali solo 309,330 dal 4820 al 4S35, 676,379 dal 35 al
45; 2,978,378 dal 46 al 55. — S'aggiunga che anche ne-
gli Slati più popolosi dell'Unione la popolazione è ancora
essai lontana dall'essere densa come la troviiamo in Europa:
poiché lo Stato dove è maggiore la popolazione specifica,
il Massàchussct, su 20,202 chil. quad., che è una superficie
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816
poco minore della Lombardia, non b(i ud milione d'abitanti:
e tutti gli Stati Atlantici « giada due secoli aperti alle co-
lonie europee t su una superficie, che è quasi doppia di
quella della Francia , noverano appena 44 milioni d'abi-
tami.
» Non vuoisi toccar leggermente la questione della schia-
vitù, vituperosa lebbra, dicono gli apologisti degli Suti
Uniti, inoculata col primo sangue in tutte quasi le colonie
americane dalla barbara frettolosità europea, e che ora non
può sterparsi con impazienza chirurgica, ma dee lasciarsi
sanare al tempo e all'aria salubre della libertà. E veramente,
aggiungono, la piaga se non dà vista di volersi chiuder si
presto, almeno non inciprinisce. Nel 4790 il numero degli
schiavi stava a quello dei liberi cittadini come 47,76 a 400:
nel 4850 non passava la proporzione del 43,82 per 400. —
Verissimo. Ma è anche vero che in 60 anni la popolaziono
schiava quintuplicò. Nel 4790 la gente, come la chiamano*
colorata {colored) numerava 757,363 teste; nel 4850
3,638,808, a comprendervi anehe 434,495 liberti , che la
legge eguaglia ai liberi, ma il colore della pelle e il costume
inesorabile ricacciano fuor dalla comunanza civile. E si ri-
cordi che dal 4815 in poi, impedita la tratta dei negri,
pochi africani giugnevano ad ingrossare il gregge degli
schiavi, mentre invece dall'Europa riversavansi 4 milioni
di coloni a rafforzare la popolazione bianca. E infatti le due
popolazioni crebbero nella proporzione medesima durante il
primo e il secondo decennio censuario ( 4790-1800-4840): e
solo dopoché fu chiuso Tìnfando mercato africano, e dopoché
parecchi Stati deirUuione ebbero respinta la malefica istituzio-
ne, cominciò a rallentarsi la moltiplicazione degli schiavi, tut-
toché anche di presente ei sieno e per caldezza di sangue, e
per istigazione ed industria dei padroni, e per sensualità spen-
sierata assai più generativi e vitali dei liberi. — Il censo del
4850 rivelò, sotto questo rispetto, fatti notevolissimi; tra i qua-
li non vogliamo tacere la longevità singolare degli schiavi, e
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più ancora de' liberti: poiché dove nel 4850 appena si tro-
vavano 787 bianchi che toccassero o passassero i cento anni
d*età (1 su 24,845), si trovavano poi 4425 schiavi centenari
( 4 su 2248 ), e 343 centenari su i 434,495 liberi di colore *
(4 per ogni 4267). — All'opposito sui 3,204^343 schiavi
non v'erano che 327 dementi (circa 4 su 40,000), mentre
vi erano 344 dementi tra ! liberti (4 su 4400), e 44,978
tra i bianchi (circa 4 su 4300).
» Ma lasciamo queste curiosità. Lo specchietto, che pub-
blichiamo cavandolo dall' Atlante del Colton ( The United
States of Amer, tom. 4 ) proverà che il mal contagio non
è ancor sul calo.
Ragione dell'incremento decennale secondo le diverte
classi della popolazione.
Biaocbi Lìberi SchìaTi locremento totale
Cento di colore
4790-1900
35,68
82,28
27,96
35.01 per 100
1800-18(0
36,18
72,00
33,40
36,45 >
4810-1830
34,12
27,73
29,40
33,13 .
4820-1830
34,03
34,20
30,62
83,49 >
4830-1840
34.72
20,87
23,81
32,67 .
4840,1850
37,74
12,47
28,82
35,»7 .
« Da queste cifre si ritrae, che nei primi due decenni
dell'indipendenza l'emancipazione delle classi servili proce-
deva assai rapidamente, cotalchè se fosse durata codesta pu-
rificazione volontaria, il numero dei liberti nel 4850 sarebbe
stato quattro volte maggiore di quello che si trovò essere ,
e il numero degli schiavi non avrebbe forse passato i 2
milioni e mezzo; i quali altri venti o trent'anni sarebbero
stati trasformati in gente libera, merco una graduale reden-
zione, non dovuta a violenza di legge, ma a virtù di co-
stume. Invece dopo il 4840 e più ancora dopo il 4830 le
emanoipazicui si fecere sempre meno frequenti^ e la schia*
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sia
\itù per infelice riscontro diTcnió il fondamento econoroieOf
la ragion di Stato, la necessità di alcuni fra i Tocchi e di
molti fra i nuovi membri della federazione americana.
» Mentre per disperazione d'ogni previdenza si laseia
invecchiare la mala contagione della schiavitù, la fortuna,
quasi per levar via ogni pretesto di soosa, prodiga i suoi
favori agli Suti Uniti. Le regioni aurifere della California
versano lesori, e le terre vacue preparano altri tesori alle
crescenti ambizioni della federazione americana. Secondo il
rapporto dei Guthrie, segretario al tesoro, che fu pubblicato
aullo scorcio del 1856, il valore presuntivo di tutte le pro-
prietà mobili e immobili dei cittadini dell' Unione poteva
erodersi vicino a 10 mila milioni di dollari. Sterminate sono
le ricchezze degli Stati, se il principale strumento d'ogni
ricchezza, l'uomo non manchi alla materia ed allo spazio.
Nel 1850 le terre del pubblico misuravano 1400 mila milioni
d'acri (circa 570,000,000 di ettari), che anche vendute a
vilissimo mercato dovranno rispondere a un 8 mila milioni
di dollari: somma più che doppia dell' enorme debito del-
r Inghilterra, e di cui la decima parte basterebbe a ricom-
perar tutti gli schiavi. Me ad altro si volgono i pensieri della
fortunata repùbblica: la quale a volle par che provi la pue-
rile impazienza di fare un qualche sperimento delle sue
forze: e intanto sempre più inclina a quella sentenza chi-
nese, che l'America è un mondo a parte, dove l'Europa
noM ha a metter mano, né parola.
» Codesti sono ghiribizzi di noviziato. Ma non è men me-
raviglioso per noi, che affogl^iamp nej debiti, vedere un go-
verno in gran pensiero per non s^per come rin^ettere in
bilancio le finanze viziale pel soverchiar d^lle rendite sulle
spese. Nel 1856 (da giugno 1855 q gii4gQ0 1856) le en-
trate federali spn^maronp a 73,948,14) dollari, le fpe$e a
72,948,793 a Secarvi anche |fi sommP p^gi|(4 al H^\co per
cessione di territorio. Rimaneva apepra intero anzi ifigrospato
d*un milione di dollari il sopravanzo di 48,93Sy976 ^alUri
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819
sul bilancio deiranno prima; ond'è che il presidente ottenne
dal Congresso die :}i sgravassero d*un sesto i balzelli delle
dogane, e si restringessero per format che non avessero a
dure più di 50 miUeni di dollari Tanno.
> Come la fortuna pubbliea e il territorio agrario (i
proventi del quale valsero nel 4855 2500 milioni di dollari),
cosi s'allargano le industrie e i commerci: e ne diamo questo
solo saggio, che dal 1790 in poi la capacità del naviglio
commerciale degli Stati Uniti crebbe ^ cosa incredibile ma
vera, in ragione più rapida del rapidissimo aumento della
popolazione.
4791 503,449 tonnellate
4833 4,324,692
4842 3,093,390 »
4853 4,438,045 »
485^ 5,313,000
> Codeste sono braccia aggiunte a si grande e ponderoso
corpo, il quale ingigantisce ad occhi veggenti. Ma invano
sin qui si cerca argomentare da fermi indizi quale voglia
ceserò la vocazione di questo nuovo popolo, il quale non-
dimeno a molti segni ci ricorda il giudaismo cristiano e
r aspra libertà dei puritani, da cui venne il primo germe
e la tempera nativa delle colonie angloamericane: ond' altri
ebbe a definire il Yankee, un inglese meno la vernice nor-
manna e più la taccagneria scozzese «. *
I«e S^eletà di bclkefleensA ìnglemU
lì sig. Tidd Pratt , addetto a diverse società caritatevoli
d'Inghilterra, in una Memoria letta ultimamente a Londra,
dimostrò eh^ dopo il 4793 si formarono in Inghilterra e
nel paese di Galles 36,000 società di beneficenza , delle
quali ne cessarono 6000.
Restano dunque in pieno vigore 30,000 società compo-
ste di 3,500,000 membri. Onde assicurare la prosperità di
luite queste eorporazieni , bisognerebbe che fossero provve-
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320
dutè di un senrlzio medico ben organizzato, che avessero
mezzi per le spese di cura nella malattia, di sepoltura e
di amministrazione.
La estinzione di molte di tali società è dovuta ad ana
mancanza di determinazione dello scopo, e ad una caiijTa
amministrazione.
11 capitale delle società ora esistenti è di 10,000,000 di
lire sterline, e le spese annue salgono a 4,500,000 lire
sterline. D* G. C.
— oOo—
Stotlstle» del panperlsnao brltoniBÌe«
nell^amio 1868*
AI 4 gennaio <858 il numero totale dei poveri soccorri
in Inghilterra colla contea di Galles era di 903,033 per-
sone. Questo numero superava di 35,377 quello dell* anno
precedente. In questo numero contavansi 465,770 persone
valide al lavoro.
Nella Scozia invere il numero dei poveri inscritti per
pubblico soccorso era di 88,633 e si era diminuito di 40,741
individui in confronto dell' anno precedente. La spesa toule
della carità pubblica aumentò per la Scozia alla somma di
lire sterline 506,533 corrispondente a trenta milioni e set-
leeento quaranta mila franchi. Si contano nella Scozia 309 ri-
coveri di lavoro {poor-houtei).
Neil* Irlanda si contavano, neiranno 4858, i 86,335 po-
veri ricoverati neije case di lavoro. 11 contributo per soc-
correre i poveri fii di dieci denari per ogni lira sterlina
di rendita censuaria, e la spesa pel mantenimento della pò*
veraglia ammontò a 498,318 lire sterline che corrispondono
a dodici milioni e quattrocento cinquantacinque mila franchi.
Negli ospizi e ne'manioomii si contarono nell* Inghil-
terra 47,573 ricoverati durante Tanno 4858. 11 numero però
degli idioti e dei matti diversamente assistiti della carità
privata è più del doppio. In Iscozia si contavano 4643 po-
veri dementi ricoverati, e nell'lrlande se ne coniavano 4381,
mentre altri 40,463 mentecatti erano assistiti i^Ua meglio
dalla carità privata.
La statistica della miseria inglese continua a darci scon-
solanti cifre ad onta de* suoi straricchi cittadini e de* suoi
oltre potenti land-lordi.
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321
NUOVE GOHUNIGAZIONI
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
-oz^o— *
lie ferrovie Itallaiie.
D
a qualche mese abbiamo dovalo sospendere le consuete
notizie intorno al rooTimeoto delle ferrovie italiane. La guer-
ra scoppiata nell'alta Italia sconvolse il regolare andamento
di questi novelli veicoli della civiltà. L' invasione austriaca
nel Piemonte portò seco la distruzione di una parte dei
viadotti e dei ponti. La ritirata dell' esercito austriaco fece
distruggere il magnifico ponte di Boffalora sul Ticino, e due
ponti suirAdda presso Gassano. Altre fatali distruzioni sa-
rebbero avvenute se la pronta energia dei militi condotti
da Garibaldi, il di cui accorrere quasi a volo valse loro il
titolo proverbiale di caQalkria a piedi, non avesse impedito
Io scoppio delle mine state gik -predisposte dagli austriaci
fuggenti. Ma appena l'inimico sgombrava', l'attività italiana
riparava i disastri recati alle ferrovie ed il loro restauro fu
cosi istantaneo che giovò immensamente l'uso delle ferro-
vie al movimento celerissimo dell'esercito francese che potè
cogliere una prima palma a Magenta e la seconda a Solfe-
rino. E perchè il servizio delle ferrovie non fosse iriterrot-
AtiifAu. Siatiitica, voi. XXII, ieri$ 3.* ài
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322
lo si costruì nella strada che circuisce Milano un tronco dì
congiunzione fra la strada di Genova e Torino per Milano
con quella da Milano per Brescia e Desenzano e di là per
Verona e pel veneto se al Mincio non si fosse arrestata la
marcia deiresercito degli alleati.
Durante T occorsa guerra, tanto la Francia » come T Au-
stria poterono conoscere di quale e quanta importanze sia
per gli eserciti militanti Fuso delle ferrovie. Le mafcie pro-
cedono con pochi pericoli e senza disagi e nel breve pe-
riodo di poche ore si possono lanciare eserciti a cento e
più miglia di distanza. La rete ferroviaria ha centuplicato la
potenza degli Stati.
E quando gli eserciti hanno sospeso il loro corso, val-
sero le ferrovie a ricongiungere i popoli pet risalutarsi come
fratelli. Voglia Iddio che la rete ferroviaria italiana posa
Tcramente affratellare la nazione, e non sia più una rete
di ferro per aggiogarla! Se i destini d'Italia sono maturi,
noi speriamo di non maledire le ferrovie, come mezzi ri-
servati soltanto a portare la distruzione e la morte.
11 tasllo d«U* Istmo di Sues.
Finalmente il taglio dell* istmo di Suez, progettato dal-
l' ingegnere Lesseps ed assecondato da tutte le nazioni del
tfiondo, tranne dall'Inghilterra, sta per essere intrapreso.
Noi rìprodueiamo la relazione ehe nello scorso mese di aprile
pubblicava la Deputazione degli ingegneri stati inviati solla
feccia dei luoghi.
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323
I.
Dal Cairo a Suez.
È il sabato del 5 marzo che dopo sei giorni di traver-
sata, la Deputazione della Compagnia universale, presieduta
dal sig. Ferdinando de Lesseps è giunta in Egitto.
Una permanenza di quattro giorni in Alessandria e di
dieci giorni al Cairo è stata consacrata alle disposizioni da
preodere per la formazione e T approvvigionamento della
carovana.
11 sabato 21 marzo alle 9.42 antim. ha avuto luogo la
partenza generale e simultanea. Il signor de Lesseps era in
testa della carovana pieno dì slancio e di confidenza.
L* esplorazione e il cammino della Deputazione hanno ri-
chiesto sedici giorni d'accampamento nel deserto; sono stati
percorsi 400 chilometri.
Tre soggiorni dell'accampamento hanno particolarmente
permesso e favorito un esame più studiato dei luoghi:
il primo a MolI-el-Kebir, il 24 marzo;
il secondo a Bir-Abu-Balah, il 29;
il terzo sulla spiaggia di Suez, il 2 aprile.
A partire dal villaggio di Kanka fino a Tellel-Kebir, noi
costeggiavamo il deserto a destra senza perdere di vista la
pianura coltivata, nella quale vi sembravano insufficienti le
irrigazioni. Il canale d'irrigazione compreso nella conces-
sione deve decuplare le colture. A giudicarne dai sakiéhs in
altiviià, l'acqua non è a più di due metri di profondità.
È a Tell-el-Kebir che si traversa il canale discendendo da
Zagazig a Ramsés; la valle era ancora innondata. Questa val-
lata, che chiamasi VOuadée^ fa direttamente capo al lago
Timsah, la quale è l'antica tena di Gessen.
Una esplorazione importante ci chiama sulla riva sinistra;
di contro a noi, all'ovest, si estende un vasto terreno de-
serto, formante presso a poco un triangolo, i di cui angoli
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824
sono Koreine, Kantara-el-Hasné e la fontana Bir-Abu^lab,
i cui dintorni devono offrire considerevoli elemenli alla ir-
rigazione.
Appena abbiamo traversato pochi chilometri del deserto
neir angolo del mezzogiorno, i nostri occhi vengono ralle-
grati da una ricca vallata e da una foresta di una grande
estensione. Sotto i nostri occhi si estendono successivamente
Koreine con i sqoi abbondanti sakiéhs e i suoi bei datte-
ri; poi Salaich, non meno ricco, con le sue praterie e i
suoi villaggi interpolati da una foresta di palme d'una rì-
noarchevole vegetazione.
È un piacere e un contrasto incantevole lo andare lungo
questa verdeggiante vallata a lato d* un' arida sabbia alla su*
perfide, il cui suolo non attende che d'essere umettalo per
rivalizzare col suolo contiguo.
In tali condizioni si continua per una lunghezza di 50 chi-
lometri bene al di là di Salaieh.
Nelle vicinanze del K^ntara-el-Kasné (ponte del tesoro)
s' incontra la strada della Siria. |l suolo avvallato, d'un co^
lore nerastro, appalesa la stessa facilità di fertilizzazione, e
le ripe rialzate del gran canale attraversato da questo pome
(Kantara), non lasciano alcun dubbio su questo fatto.
Dal Kantara a Bir-Abu-Balah si rimarcano le rovine d'una
città e quindi si va ravvicinandosi al lago Tiinsah (lago del
Gocodrillo),
Il soggiorno a Bir-Abu-Balah (pozzo del padre dei datteri)
è stato consacrato a studiare b\ nord e al sud gli accidenti
e la profondità di quel luogo destinato a divenire il centro
della navigazione e del commercio, ed a vedere ben presto
sopra le sue rive un porto e una città considerevoli.
Nella parte nord-ovest lo sguardo è fissato e sorpreso dal
panorama dell' insieme. Il bacino si disegna con dei frastagli,
dai quali l'arte saprà trarre gran profitto. L'esame del suolo
e la presenta dei materiali utili sorpassano le speranze pre-
concclie ; una vasta depressione formante una specie di ca-
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846
naie naturale quasi parallelo alla linea precedenlemente trac-"
eiaia, sarà utilizzata dal sig. ingegnere in capo per abbre-^
viare la distanza e realizzare una importante economia.
Alla estremità sud si trova una sorgente d'acqua dolce
chiamata Nefibé, la quale circostanza autorizza la certezza
di poter coprire di culture quei dintorni.
La sorgente d'Abu-Balab, quantunque leggermente salma-
stra, è perfettamente potabile, sopratutto pel bestiame. Tutta
la carovana vi si è dissetata.
Prima di abbandonare questo punto, la vallata delFOuedée
che vi fa capo è stata esplorata sino a Ramsés, ove il si*
gnor de Lesseps V aveva già percorsa discendendo da Teli*
el-Kebir. ^
Le memorie annesse a questa contrada, T antica Gessen
abitata dagli Ebrei, e le nostre proprie osservazioni fanno
giudicare della futura fecondità dalla fecondità passata.
Partendo dal secondo accampamento d'Abu-Balah, la parte
nord-est di Timsah si presenta all'attenzione dei. signori in-
gegneri. I movimenti dei terreni e gli ammucchiamenti della
sabbia vi sono osservati e misurati sopra una considerevole
estensione, molto al di là del porto militare sino al cantone
dello Sceico-Enncdec.
Gli stessi vantaggi per la profondità e la escavazione vi
sono riconosciuti sino alla soglia del Serapeio, di fronte alle
rovine d' un monumento di Gambise.
. Al di là della stazione del Serapeio il cammino è stato
più rapido e le osservazioni meno numerose.
In questa pane del viaggio abbiamo costantemente costeg-
giato i laghi Amari, lasciando a destra il canaletto che dee
condurre le acque deirOuadée alle terre coltivabili. 11 ba-
cino dei laghi Amari che dee traversare il canale marittimo
è cosperso dalle sabbie e inghiaiato dai ciottoli , di cui
ciascuno di noi vuol prendere dei campioni , e sprovvisto
della vegetazione di cui è generalmente sparso il Iago
Timsah.
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826
I laghi Amari comunicano col gran eanale di Neco, del
quale rimangono tutt'ora le tracce per 15 chilometri sino
a Suez.
Nelle montagne di Geneff, un'altra ricognizione constala
resistenza d'una cava offerente le più utili risorse.
Finalmente entrata nella sezione del vecchio canale, la
curovana segue una dolce pendenza, e senza sortire dal de-
serto si accampa nella rada in vista di Suez fra la linea az-
zurra del mare e il Tosco aspetto dei monti di Attaka e le
sabbie di un'arida pianura.
Dopo un'attenta ispezione delle cave dell' Attaka e delle
risorse d' ogni specie che presentano ai lavori di costruzione
in Suez, la deputazione ritorna al Cairo.
11.
Dal Cairo al porto Said.
II cammino lento e misurato della carovana non aveva in
conto alcuno permesso alla deputazióne di estendere le sue
esplorazioni al nord-ovest dell'Istmo al di là del Kantara,
punto d'unione della strada della Siria col canale maritti-
mo. A partire da questo importante punto , la direzione
proposta dal progetto preventivo era stata cangiata e spo-
stata.
Dopo avere studiato i luoghi e misurate le diverse pro-
fondità del mare, la Commissione scientifica internazionale
aveva determinata la direzione definitiva del Bosforo presso
a poco in linea retta verso il monticeilo Pbiligret, fra Pe-
lusio e il bogaz delle torre di Gemileh, còlboata dalla parte
di Damiata.
La linea adottata traversa in tutta la sua estensione il ba-
cino del lago Menzaleh, navigabile per le bacche dei pesca-
tori in una profondità adequata di S ro. a S m., 60.
Quelle enormi lagune coprono un territorio altre volte
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327
fertile e coltivato, che allora conteneva più città celebri
nella storia.
Il lago è disseminato d' interrimenti moliO' numerosi e
d'isolotti testimonii per la maggior parte dell'antica ricchezza
di quei luoghi.
La navigazione in quelle vaste lagune , in mezzo d' una
quantità di avana! quasi g^ll^gianti, doveva essere il com-
plemento della traversata del deserto.
Dopo il porto di Suez, studiato e visitato al sud*est, ri-
maneva da fissarsi il porto di Said al nord-ovest.
In mancanza di battelli a vapore d'ogni comunicazione
regolare, è bisognato organizzare sul Nilo una flottiglia di
grandi barche adattata alla navigazione del fiuqde, e sul lago
Menzaleh un'altra riunione di barche peschereccie.
Sei giorni sono stati impiegati al Cairo e al porto di Bo-
lacco per i preparativi di questa spedizione.
Mercoledì 43 aprile si è effettuato l'imbarco a Bcna l'As-
sai, su quattro battelli di grandezza e velocità differenti.
Un vento favorevole ci avrebbe spinti in quarantott'ore a
Damiata^ ma invece questo trafitto ci ha costato sei giorni.
Ora contrariata dal vento, ora rigettata alla riva dal soffio
violento del Kamsino, o fermata dai bassi-fondi, la flotiiglia
ha dovuto quasi costantemente avere ricorso alla risorsa
ugualmente faticosa del remo, della pertica o della funi-
cella.
L' esame delle diverse eolture, dei sakiés^ delle rare fab-
briche e del sistema delle irrigazioni locali ha guadagnato
in causa di tale lentezza, per esserci più specialmente de-
dicati allo studio dei canali e degli espurghi.
Alla nostra partenza dal Cairo per la ferrovia sino a Bcna-
l'Assal, avevamo ricevute le migliori assicurazioni dell'acco-
glienza e del buon volere ehe ci attendevano sul nostro pas-
^Sgio* Quelle assicurazioni non sono $tate ingannatrici: il
signor sotto- governatore di Damiata, tutti i consoli, la fami-
glia del rispettabile signor Suzrur hanno fatto pavesare ì
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328
consolati ; per ogni dove le più cordiali dimbslrazioni ci
hanno circondato. Noi siamo stati gli oggetti della più splen-
dida ospitalità, e al nostro ritorno il console inglese ha pur
anco voluto indirizzarci un grazioso invito che il tempo
non ci ha permesso accettare.
Il bel sito di Damiata e tutte quelle affettuose premure
avevano pur non di meno per la Commissione meno attraenza
che la spiaggia nuda e sterile che si estende all'intorno del
porto Said.
Il mercoledì 20 aprile quattro barche ci ricevevano a 2 chi-
lometri dalla città.
Malgrado i frequenti insabbiamenti, con il soccorso delle
braccia, delle gambe e delle spalle dei vigorosi pescatori di
Matarich , le nostre barche si dirigono senza sviare verso
Tennys, antica città egiziana e romana , precisamente sulla
linea del canale marittimo.
Il primo raggio di sole dell' indomani ha illuminata la
nostra vista sull'isola ove sono sparse quelle rovine. Dopo
la spedizione d'Egitto^ Tennys e i suoi scavi non hanno do-
vuto ricevere una più numerosa compagnia. Fra mezzo i
rottami di mattoni che cuoprono più di un chilometro dì
suolo, delle profonde escavazioni pongono allo scoperto delle
rovine fatte pure per sorprendere gli occhi che videro Pe«
lusio e Cartagine. Delle fondazioni romane, dei monticelli
su cui s' elevano dei templi, una colonna di marmo a 6or
di terra, degli accumulamenti di materiali alle superBeie e
al disotto, quattro cisterne con le loro vòlte intatte assieme
al loro cemento; degli avanzi di vòlte ed archi in tutte le
direzioni: questi sono i testimonii che ci hanno raccontato
i guasti dei secoli e l'antico splendore di quei luoghi, nello
stesso tempo che quello spettacolo c'insegnava le risorse
che ci offrivano quelle macerie per i materiali dei quali si
abbisogna e e' incoraggivano nella speranza di rilevare quei
tristi avanzi.
Ciascuno si ritira pensieroso con le mani cariche di fram-
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829
menti di vasi e di stalaelte, di cui il tempo non ha poluto
interamente cancellare il disegno o le impronte.
I nostri ingegneri hanno calcolato che i materiali che si
potrebbero raccogliere su quel suolo per la costruzione del
porto Saìd debbono elevarsi almeno a 15,000 metri cubi.
Nella stessa mattina, dopo. la nostra visita a Tennys, ab^
hiamo passata T ultima foce del ramo taunìtico in faccia alla
torre di Gemileh.
Le nostre barche vi depositavano i nostri bagagli e le
nostre tende destinate a un nuovo deserto.-
Più di 20 chilometri ci separavano dal monticello Phili-
gret; il nostro ardore impaziente ce lo fa percorrere a piedi
sulle rive del Mediterraneo, piene di conchiglie e di strati
di sabbia.
La Commissione vi sorprende l'ingegnere idrografo, il si-
gnor Laorusse, con in mano lo scandaglio, discendente dalla
sua barca per notare sotto la sua tenda le differenti pro-
fondità della riva.
Le nostre tele sormontate dai colori egiziani, s'innalzano
provvisoriamente appiedi dell'isolato monticello per essere
poi trasportate sulla linea quando vi saranno ultimale le
prime operazioni
Questo è ancora il deserto, ma con l'alto mare al nord,
le lagune al mezzogiorno, e fra le due uno sterile marcia-
piede che si dilatava o restringeva in ragione del livello
delle acque.
È ciò un grandioso spettacolo, tutto pieno di ricordi, ri-
sv#gliante contemporaneamente l' immaginazione e il pen*
siero* Ma tali emozioni non distolgono un istante la Com-
missione dallo scopo che essa va proseguendo su questo
teatro delle passate prosperità che spera rinnovare. Essa si
è recata su queste rive per il compimento d'una missione
positiva e più elevata ; essa vi si è diretta per porre a pro-
fitto il frutto di magnifici studii e cominciare l' esecuzione
del grande lavoro, i cui piani sono stati tracciati dalla scien-
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380
ta e dairaatorilà della Goimiiisaione scientifica internatio^-
naie.
Essa vi è venuta per determinare definitivamente il panto
deir uscita del gran canale sul Mediterraneo e preparare le
fondamenta della citiò, che sotto il nome felicemente scelto
di porto di Said deve corrispondere col porto di Suez per
i flutti uniti dei due mari.
Appena la Commissione può rapidamente dirigere la sua
attenzione sui prodotti naturali che le offrono queste rive
per r aumento delle rendite della Compagnia: Kabbondanza
della pesca nel lago e nel mare, la preparazione della but*
targa, la vendita del pesce salato, la faciliti di raccogliere
con poca spesa il sale bianco cristallizzato. La corrente de-
gli spirili è altrove ; queste considerazioni sono inferiori e
il loro momento può aggiornarsi; in oggi si tratta dell'opera
stessa, non degli accessori!.
Ciascuno misura col passo e coir occhio il suolo da sca-
vare e quello da edificare: la strada lungo mare per con-
tenere i flutti, le abitazioni fisse in luogo delle tende mo-
bili, le case dei lavoratori, i riftigii di buon soccorso; un
faro da elevare per guida dei navigatori, un minaretio pei
musulmani, una chiesa per i cristiani.
Finalmente gli ultimi calcoli sono fatti. Il punto è scelto
dove la riva, per la sua più rapida declività, il mare sem-
bra più prestarsi ad abbreviare la lunghezza delle gettate
e a semplificare le difficoltà e la durata di quei lavori.
È designato il giorno di lunedi 35 aprile 4859 per dare
il primo colpo di zappa, il quale dee soddisfare l'impazienza
del mondo e terminare la missione della deputazione delegata.
Da Damiata a Benah, aprile 4859.
A. de Corbin de lUangoux.
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831
PROGRAMMI E PREMJ
Cone^r*! e premj protratti dAirifltitwto
naie delle «eleiiae e delle arti di
dalla R* AecadenUa delle •eieiiac| di Tarli
I
tempi che corrono sono poco propizii alla tralUzione di
temi scientifici.
L' Istituto nazionale delle scienze e àtìit «ni di Mifamo
ha dovuto protrarre a miglior tempo resposìzione ed i con-
corsi pei premii d'industria. Anche i concorsi seientiSci so-
no mancati.
Gol mese di giugno scadeva il termine pel concorso di
fondazione Ravizza, giusta il quale doveva concedersi il pre-
mio di franchi 700 all' autore del miglior libro di morate
semplice e pratica per istruzione del popolo. Non si pre-
sentò che un unico concorrente con un'opera incompleta e
si dovette protrarre il concorso sino a tutto il mese di mai;-
del prossimo anno 4860.
Per la fine di maggio del 1860 va pure a acadere il
termine dell'altro concorso al premio di franchi 1400 per
la trattazione del seguente tema già altre volte proposto.
« Quali fondamenti dare ad una filosofia cbe rifereiidosi
alle dottrine tradizionali italiane meglio conduca alle appli-
cazioni sociali e civili ».
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332
La iraUazione di siffallo tema è di suprema impor-
tanza per gli italiani. È quasi un debito della nazione quel-
lo di far conoscere le eminenti dottrine che diedero alla
nostra fllosofia quello speciale carattere che da alcuni se-
coli serba di atteggiarsi meglio d'ogni altra alle più sapienti
applicazioni giuridiche e sociali. Noi desideriamo che qual-
che forte pensatore italiano si accinga alla soluzione di an
argomento che farà onore alla patria comune.
Cogliamo questa occasione per invitare di bel nuovo gli
scrittori italiani' a trattare anche l'altro tema stato proposto
dalla R. Accademia delle scienze di Torino, che 6 il se-
guente:
e Descrivere la condizione degli studii storici in Italia
dalla pace di Aquisgrana dal 4748 al 4848, saguendo il ca-
rattere letterario dei varii principali scrittori.
» Determinare l' influenu che gli avvenimenti politici
ebbero sull'indole e sul corso di questi studii ».
Il premio è una medaglia d'oro del valore di mille
franchi.
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8S3
INDICE
DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE VOLUME.
Rassegna di Opere Italuhe.
I. Italia proposta dello sTiocolamento del livelli in Vallelliiia;
considerazioni del dolt* Pietro Caimi . • . , pag*
n. La banca di Bologna e il napoleone d' oro.
HI. La banca pontificia per le quattro Legazioni contro la
ditta Facchini.
IV. Nuovo cenno intorno la banca e il napoleone d' oro.
V. La banca di Bologna e le valute monetarie; discorso del-
l'avv. Giacinto Gatgarini.
VI. La banca delle quattro Legazioni ed il cambio dei suoi
biglietti; parere di Gerolamo Boceardo.
VII. Osservazioni sul parere del professore Gerolamo Boc*
cardo^ intorno la banca delle quattro Legazioni; del dott.
JUassimiliano Martinelli.
Vili. Risposta alla parte giuridica del parere del signor pro-
fessore Gerolamo Boccardo sulla questione della moneta ;
dell' avv. Francesco Borgatti.
IX. La banca delle quattro Legazioni, la moneta ed il credito;
risposta del prof. Gerolamo Boccardo alle osservazioni
del dott, Martinelli e dell' avv. BorgatlL
X. Poche avvertenze dell' avv. Francesco Borgata sull'ulti'
mo parere del professore Gerolamo Boccardo.
XI. Il quesito intorno la banca delle quattro Legazioni ; nuo-
va Memoria del dotL Massimiliano Martinelli.
XII. Dei biglietti di banco in Bologna» questione sul modo
con cui vanno pagati dalla banca delle quattro Legazioni ;
parere di Francesco Ferrara »
XIII. Del valore della moneta secondo i principi comparati
del diritto romano pubblico e privato, della giurisprudenza
e della moderna economia; dciravv. BorgalU , . »
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384
saggio di A. di Berenger pag. 113
XV. ArchiTÌo storico Italiano, o Giornale slorieo degli Ar-
chi?! toscani • . . » fl4
XVI. Iscrisiooi etnische ed etrasco-laline , illustrate dal pro-
fessore G. C. OonetUMle » US
XVII. Annuario statistico della profineia dì Milano per Taa*
no 1859. Anno I.
XVIII. Almanacco cremaseo per Panno I8K9, Anno XXVL » 146
XXI. Salla esposizione agricola ed industriale bresciana; let-
tere di Giuseppe Zanardelli » 235
XXII. Biblioteca dell' Economista » diretta dal prof. fY-ancesco
Arroro. Seconda serie • , • 236
Rassegua di Opere SriuiiiBaB.
XIX. Traile tbéorique et pratìque d'economie politiqne;
par /• G. Coureelle Seneuil » ivi
XX. Hlstoire des classes oafrières en Franco » depois la con-
quète de Jales Cesar Jnsqu'a la revolution ; par £. Xe-
vcaseur • • • » iì%
XXni. La liberté; par Jules Simon » 237
XXIV. Annnaire de Teconomie polilique et de la statistiquc;
par M. Block et Guiltaumin » 338
Memorie Oeigiiiali, Estratti ed Analisi di Opere,
Della misura dei valori in paesi e tempi distanti. Discussio-
ne economico • slorica 9 letta dal prof. Andrea Zambelli
all'Ateneo di Brescia l'anno i857 » 7, Ii7
Delle istituzioni di beneficenza nella città e provincia di Ve-
nezia; studii storico- economico -statistici del conte Pier
Luigi Bembo. .Happorto di Giuseppe Sacchi letto all'Ac-
cademia fisio-medico-statistica nella seduta 14 aprile i859 » 36
Nuovi documenti statistici intorno ai paesi dell'oro. (Con-
tinuazione e fine. ) ...» 45, 153
Del metodo storico nelle scienze morali, e della sua più re-
cente applicazione all'economia politica; Memoria del
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935
coasigliere Baldassare Poli, letta al R. Istituto delle
scienze, lettere ed arti di Lombardia nella seduta del
20 febbraio 1859 pag. IS8
1 giornali presso gli antichi Romani • • i* 164
Opere politico -eeonomicbe ; del conte Camillo Benso di
Oipouff presidente del Consiglio dei ministri di S. Bf.
il re di Sardegna. Dispensa V ed uUioia • • • • i* 170
Pabblicazioni recenti di economìa politica e di statistica in
lUlia. . • I* 229
Annuario statistico italiano. ( Articolo HI ed ultimo ) , . » 243
Dizionario della Economia politica e del Commercio; opera
originale italiana del professore Gerolamo Boccardo • » 265
L'Economia pubblica negli Stati Vniti d'America ...» 286
GsoGRAnA E Viaggi.
Nuove carte archeologiche della Calila antica • • • . » 63
Nuoto esplorasioni neir Australia » 64
Le coste del Mar Rosso, — Il Yemen » 175
Notizie Italianb.
Slaiislica dell' industria manifiittariera in Italia ; del doti.
Pietro Maestri » 65
Rendiconto della settima adunanza generale del Pio Consorzio
di mutuo soccorso dei maestri di Lombardia ...» 90
Statistica dell'arte tipografica in Italia. (Dott. P. Maestri) « 177
Le imposte in Lombardia n 289
La condizione amministratira della Toscana » 294
Novizie Interne.
Movimento commerciale degli Stati sardi [durante l' anno
1858 » 198
11 bilancio degli Stati sardi per l'anno 1858 * ... » 301
Notizie Straniere.
Statistica comparativa del commercio inglese e francese ne-
gli anni 1856 e 1857 • » iOO
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336
Commercio d* esportazione della Gran Bretagna . • . pag. 908
La cucina e l'asilo di fFindmiU-StreeL •••*.•» 211
Statistica deir istnuione pubblica nella Gran Bretagna nel-
l'anno i856 ; » 31S
Statistica comparatìTa dell' industria della Gran Bretagna dal
i850 al 1856 , «306
Nuora statistica degli Stati Uniti d' America « 310
Le Società di beneficènti inglesi » 319
Statistica dcA panperbmo britannico neiranno 1898 . • » 3%
Noovi coMrNiazioifi per xezzo di Canili , Stiiìdb pemiati
E Ponti di ferro.
Nuora statistica delle strade ferrate in Europa • » * • » 314
Notizie sul traforo del Moncenisio •••••«•. i* 220
Statistica delle strade ferrate negli Stati Uniti d'America « 222
Le ferroTie Italiane « 32Ì
11 taglio dell'Istmo di Sues « , » 32|
Intenzioni e Scoperte.
La cucina a vapore gii in oso presso i popoli aatitM • • iiOf
Biografia*
JUitandiv Butnboldt « iOf
PbOGRAMII e PftEHI.
Concorsi e premj protratti dall'Istituto nazionale delle scienae
e delle arti di Milano, e dalla R. Accademia delle scienze
di Torino . . . m 331
FINE DEL VOLUME XXII/
Ssam 8.*
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V •
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