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Full text of "Annali universali di statistica, economia pubblica, legislazione, storia ..."

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UNIVERSALI 

DI 

T  1  S  TIC  A 

,  LEGISLAZIONE,  STORIA,  VIAGGI 
;  COMMERCIO 

>  M  V  I  L  A  "ri 

DA 

EPPE   SACCHI 

ECONOMISTI   ITALIANI. 


LXVII  DELU  Serie  Prima. 

ME    VENTUNESIMO. 
i  Serie   Terza. 


ebbrajo  e  Marzo  1869. 


I  I  L  A  N  0 

k   PUBBLICAZIOIIE   DEGLI   ANIIALI    UIIITERSALI 
lEIfZE   E   dell'  niDUSTRU 
S^allerìa  De  -  Crisloforia 

4869. 


Digitiz§d  by 'vjOOQ  le 


THE  KEV7  YORK 

%umf 

ASTOR,  Lr  NOV  aND 

TILDEN   1  j  ir^'DAllONS 

R           19 <^           L 

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ANNALI   UNIVERSALI 
•1  M4tMll«« 


iiemum§m  tM9.  "VmU  XXL  —  li."^  •!• 

BIBLIOGRAFIA  0) 


ECONOMIA  PUBBLICA,  STORIA  E  VIAGGI. 
RASSEGNA  DI  OPERE  ITALIANE. 


L  —  *  Delle  istituzioni  di  beneficenza  della  etiti  #  profonda 
di  Venezia  ;  etudj  etùrid^  economici  e  etatiitici  del  coni» 
Pin  Luigi  Bono.  Venezia  4869,  freno  la  tipografia 
NaraUmeh.  Un  VoL  tii-8.''  di  pag.  506. 

il  frioeese  Moreao  Christophe,  con  qaella  barbaDiost  franchetst 
che  è  totU  propria  di  aleoni  scrittori  frsocesi ,  faceva  nella  sua 
opera  Sul  problema  della  miseria  (Parigi  1851)  questa  pittura 
di  Venetia  —  ».  Veneiia  noo  preseota  più  allo  sguardo  che  un  con- 
tee asMaibranimilo  di  vecchi  edificii  sucidi  e  pov^ ,  i  cui  bei 
Di  scolpiti  tervoDo  a  far  tpieoate  ogner  più  Tindigeoia  prè- 


(I)  Smsooo  indicate  con  MCerisco  (*)  di  ritcontro  al  titolo  d«iroper« 
^•eUe  pffodnaioni  sopra  le  qoali  ti  dUraono ,  qnaodo  occorrono,  articoli 


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sente  del  paese;  Persino  nei  quartieri  più  riechi  i  palaizi  di  mar- 
mo servono  a  dar  ricovero  ai  miserabili.  Una  voRa  si  contavano 
a  Venexia  900  bmlglie  nobili.  Ora  non  se  ne  eontano  che  15  an« 
Cora  ricche  e  30  ridotte  alla  povertà.  Venezia  ha  perduto  il  suo 
commercio,  le  sue  manifatture,  la  sua  industria.  Venezia  non  è  più 
una  capitale 9  ed  il  tempo  si  approssima  in  cui  non  sarà  più  che 
una  grande  rovina  in  mezzo  ad  una  pestìfera  palude.  Essa  conta 
45,000  poveri  su  100,000  abitanti,  per  cui  si  può  dire  che  la 
metà  della  popolazione  di  Venezia  vive  di  elemosine  ». 

Questa  pittura  a  tinte  luride  è  dessa  vera?  E  se  lo  fosse  non 
vi  ha  per  questa  decaduta  regina  alcun  rimedio  o  conforto? 

U  generoso  patrizio  Pier  Luigi  Bembo  che  si  ricorda  delle  ma- 
gnanime tradizioni  della  sua  famiglia  che  contò  nella  storia  della 
Repubblica  più  Dogi,  volle  sciogliere  questi  ardui  problemi  che 
toccano  si  da  vicino  l'esistenza  e  diremo,  anche  l'onore  del  suo 
paese.  Si  pose  a  studiale  attentamente  la  presente  condizione  della 
sua  città  nativa,  ne  esplorò  i  veri  bisogni  ed  illustrò  tutti  gli 
istituti  che  la  carità  cittadina  ha  fondato  per  alleviarne  i  mali.  Il 
frutto  di  cosi  coscienziosi  lavori  è  consegnato  nell'opera  che  noi 
annunziamo  pei  primi.  Essa  darà  argomento  ad  una  diffusa  analisi 
che  intendiamo  di  pubblicare  sovr'essa  nel  prossimo  fascicolo  di 
questi  Annali.  G.  Sacchi. 

11.  —  *  Almanacco  Valtellinese  pubblicato  per  cura  della  So^ 
cietà  Agraria  della  Valtellina.  Milano  1859.  U^  {>oL 
•n-16.®  di  pag.  260,  presso  la  tipografia  Yalhrdi. 

La  benemerita  Società  agraria  valtelKnese,  che  ormai  conta  177 
socii  con  235  azioni,  ha  fitto  pubblicare  per  l'anno  1859  il  suo  se- 
condo almanacco  che  chiaineremo  piuttosto  Annuario  statistico  ed 
economico  della  Falteltina. 

In  questo  prezioso  libro  si  fa  conoscere  la  presente  condiziono 
di  quell'interessante  paese  che  dopo  aver  consumato  in  opere  agri* 


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colè  fa  Tfta  ed  i  sudati  rìspàrmii  dei  profirii  abitanti,  si  trovrper 
dfcostanze  affaitlo  incolpabili  nella  sitaazi'ooe  di  doVer  assamere^y  ' 
titofo  miserando  d'Irianda  lombarda*  Era  un  atto  dégno  di  carità 
dltadina  quello  che  fece  TAssociasione  agraria  fattellinese  di  ave* 
lare  ai  saoi  connazionali  le  intime  sue  piaghe»  e  sedu  smarrirsi 
d'animo  accennare  gli  stodii  e  gli  sfoni  che  il  paese  cerca  por 
di  £ure  per  uscire  nna  volta  da  una  crisi  dia  ha  ormai  tattf  i  ca- 
ratteri di  nna  vera  catastrofe. 

Nell'Annoario  che  annunziamo  renne  splendidamente  riassunta 
la  Memoria  di  Jacini  sulle  condizioni  economiche  della  provincia 
di  Sondrio.  Si  dà  la  statistica  della  popolazione  e  del  bestiame; 
sì  offre  il  progetto  di  un'esposizione  agricola  ed  industriale;  si 
parla  del  nuovo  censo  della  provincia;  si  accenna  al  progresso 
ddla  peUagra  che  sempre  tien  dietro  alla  miseria.  Si  invogliano  i 
vaNeDinesi  alle  buone  opere  parlando  dei  beneficii  che  recherà 
l'Associazione  di  Corte  Palasio»  e  di  quelli  che  recherà  l'istituzione 
deDe  scuole  tecniche^  impropriamente  ora  dette  reali,  a  Sondrio  ed 
a  Tirano.  Si  dà  infine  il  rendiconto  di  quanto  fu  operato  dalla  As- 
seciazione  agraria  di  VaUdlina. 

Noi  rendiànlo  pubbliche  grazie  ai  benemeriti  compilatori  di 
questo  Annuario  pel  nobile  esempio  che  danno  a  tolte  le  altre 
Provincie  di  Lombardia.  Noi  vorremmo  che  Annuarii  simili  fossero 
pubblicati  anche  altrove.  Quando  H  paese  conosce  sé  stesso,  potrà 
pia  ageveUneate  Tegliare  alla  tutela  dei  suoi  più  cari  interessi. 

G.  S. 

in.  —  *  Della  pedagogica;  libri  cinque  del  sacerdote  G.  A. 
Ratneri,  professore  nella  R.  Università  di  Torino  4869. 
Un  volume  tfi-8.^  grande^  presso  la  tipografia  Franco^ 

La  sctensa  e  l'arte  pedagogica  vennero  ai  di  nostri  magistrah 
aente  trattate  in  Italia  da  Rafaele  Lambruschini,  da  Ferrante  Aper- 
ti, dal  Parravicini,  dal  Cherubini,  dal  Gioberti,  dalla  signora  Per- 


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nicei,  dai  CKoo  CaptKHii  e  da  qaèllo  slriordiiirio  iogegno  deO'abilt 
Aalopio  Rosmini.  Ora  d  è  earo  di  redere  aisoeiani  a  il  nobile 
sdiiera  ancÌM  l'abate  Rayneri  ebe  da  pia  anni  è  processore  di  que- 
sta sdenta  a  Torino. 

Seguendo  le  idee  Rosminiane  egli  diede  alla  sdenza  dell' edu- 
care il  titdo  di  pedagogica  e  la  trattò  colle  più  élerate  dottrine 
filosoMie.  Sinora  non  fo  pubblicato  che  il  primo  fascicolo  ddlV 
pera  e  noi  ci  risenriamo  di  teoerne  più  spedale  parola  appena 
sarà  pib  inoltrala.  Intanto  la  raccomandiamo  a  tutti  i  pubblld  e 
prirati  educatori. 

IV.  —  La  moneta^  il  credito  e  le  banche  ;  Memoria  del  dot- 
tor MAssimuANo  Mastriblu.  Bologna  1859.  Un  voi  Jn-8.^ 
di  pag.  107,  dalla  tipografia  deW Ancora. 


In  un  paese  affatto  agricolo  come  è  il  nostro*  pnò  riuscir  i 
pre  nuovo  II  tema  che  tratta  dd  credito  e  ddle  banche  e 
yissimo  possiamo  dirlo  pet"  gli  Stati  romani,  of  e  poco,  per  non  dir 
qussi  nulla,  si  è  fatto  sinora  per  dare  alla  posddensa,  aH'indnstrin 
ed  al  commercio  un  normale  alito  di  fila.  L'iUnstre  economisln 
Martinelli,  già  benemerito  per  altre  opere,  consacri  i  sod  studi! 
a  questo  argomento  importantissimo  e  dopo  aferli  comoÉunlcati 
alla  Società  agraria  bolognese,  li  rese  di  pubblica  ragiene  per  la* 
coraggiare  i  suoi  condttadini  a  tentare  aneb'esd  godio  istitudsai 
di  credito  che  altrove  fioriscono  e  di  coi  nd  ora  ssntlf  e  il  pie 
urgente  bisogno. 

Le  nodoni  che  dà  Tautore  sulle  monete ,  sul  credile ,  e  sulle 
banche  sono  attinte  ad  ottime  fonti  ed  esposte  con  ordine  assen- 
nato ed  una  rara  lucidetia.  Noi  sperìame  che  la  pobWicasione  di 
cosiffatti  studii  varrà  a  tener  svegliato  il  pensiero  di  qnd  pocbi 
magnanimi  che  sanno  con  insistente  coraggio  promuovere^  in  messo 
a  mHle  ostacoli,  tutte  le  opere  buone. 

G.  3. 


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IBHORIE  ORIOINALI 
ESTRATTI  ED   ANÀLISI  DI  OPERE. 


In  UaUa. 


N. 


[elio  scono  anno  noi  propugnammo  contro  mi  anonimo 
scrittore  italiano  la  cauéa  della  pubblica  economia  nel  no- 
stro paese.  Fummo  abbastanzi^  lieti  nel  vedere  ridotto  al 
silenzio  chi  allora  si  fece  deirattore  di  una  fra  te  nostre  più 
pure  glorie.  E  la  nostra  esultanza  ora  si  è  resa  più  TÌva^ 
da  che  vedemmo  nella  Francia,  non  sempre  amica  ai  nostri 
studj,  sorgere  un  inatteso  e  valoroso  campione  della  dottrina 
italiana.  Egli  è  questi  T  illustre  giureconsulto  ed  economi- 
sta Wolowski,  il  quale  in  una  sapiente  Memoria  stata  letta 
air  Accademia  delle  scienze  morali  e  politiche  di  Parigi , 
fi  accinge  a  difendere  T  anteriorità  e  T  intrinseca  bontà 
morale  della  scienza  economica  italiana.  Noi  pensammo  di 
br  cosa  grata  ai  nostri  lettori  riproducendo  nell*  italico 
idioma  quella  sapiente  Memoria  a  cui  aggiungemmo  qua  e  Ik 
alcune  nostre  annotazioni. 


iTous  ierions  injusUB  éi  noua  ne  reconnais- 
9i(m$  pckti  ce  que  nous  defons  à  l'Italie; 
e'ui  d^elle  que  nous  opom  regu  lee  eden- 
eeSf  qui,  deptds ,  ani  frueHfié  si  abondam- 
meni  dan$  toute  l'Europe. 

EivcTCLOPSDiB.  Discoars  prélioiinaire. 

Uno  scrittore  che  ha  dato  col  titolo   di  Storia  dell*  eco- 
nomia politica  in  Italia  il  sunto  forse  troppo  rapido ,   ma 


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pur  fedele,  degli  seriiti  pubUietti  dagli  eeonomUli  italiaoi 
sino  al  principiare  del  presente  secolo,  il  conte  Pecchio, 
disse  con  qualche  sentimento  di  giusto  orgoglio  :  <  In  que- 
sto bel  paese  Tuomo  non  fu  mai  meno  produttivo  del 
suolo  che  feconda  eoi  suo  sudore  ».  E  diffattì  se  un  vecchio 
cronista  sorpreso  allo  spettacolo  delle  orde  conquistatrici  che 
vennero  nel  medio  evo  ad  invadere  tutta  Europa,  ha  potuto 
enfaticamente  chiamare  il  Nord  officina  genlttim,  noi  non 
possiamo  a  miglior  titolo  che  cliiamare  1*  Italia  l'officina  del 
pensiero.  Senza  alludere  ali*  antichità,  quaFè  quella  nazione 
che  ha  saputo  dare  ne'  tempi  moderni ,  Dante  e  Macchia- 
vello,  Cristoforo  Colombo  e  Galileo,  Rafaele  e  Michelangelo, 
Vico  e  Volta?  L'umanità  riconoscente  non  cesserà  mai  di 
ammirare  quésta  novella  Niobe  fiera  de'  suoi  figli  gloriosi 
sempre  bella  e  sempre  commovente  sotto  il  velo  de'  seco- 
lari dolóri,  cosicché  viene  anche  al  di  d'oggi  salutata  con 
que'  versi  di  Virgilio  t 

Salve  magna  parens  frugum,  saturnia  tellus. 
Magna  virùm. 

Qualunque  escursione  si  faccia  nel  dominio  del  pensiero 
sia  nella  scienza  che  noli'  arte,  sia  nella  storia  che  nella  po- 
litica, sia  nella  filosofia  che  nel  diritto,  è  sempre  verso  di 
lei  che  i  forti  ingegni  si  volgono  esclamando  : 
Italiam,  italiam, 
Italiam  lato  socii  clamore  salutant. 

Lo  studio  dell'  economia  politica  non  fa  eccezione  in 
questa  irradiazione  universale  del  genio  italiano.  La  penisola 
non  è  stata  soltanto  il  primo  nido  delle  scienze,  delle  let- 
tere e  delle  arti  per  l'Europa  moderna:  essa  ha  pur  per 
la  prima  prodotto  i  primi  lavori  consacrati  alla  teoria  delle 
produzioni,  del  consumo  e  della  distribuzione  della  ricchezza: 
i  più  gravi  problemi  economici  sono  stati  per  la  prima  volta 
se  non  decisi,  almeno  iniziati  in  questo  paese,  ed  anche  al 
presente  si  rannoda  a  queste  origini  della  scienza  ben  più 
che  un  semplice  interesse  di  curiosità,  da  che  lo   spirito 


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originale  e  la  sagaeità  penetrarne  degli  serktori  italiani  li 
oonduase  a  insegnamenti  utilisBimi,  a  raccogliersi  ed  appresa 
zarsi.  Le  opere  che  ci  hanno  tramandato  gli  italiani  hanno 
un  tipo  cosi  speciale  ed  una  lucidezza  cosi .  splendida  che 
non  si  scorge  si  facilmente  in  altri  scrittori  d' oltremonte. 
Invece  di  trattare  della  ricchezza  souo  il  rapporto  astratto 
ed  assoluto,  essi  hanno  preferìbilmente  per  iscopo  il  ben 
essere  generale  dell' umano  consorzio:  T  interesse  morale  e 
politico  predomina  costantemente  nei  loro  scritti,  e  sono 
pubblicisti  ad  un  tempo  ed  economisti.  Invece  di  isolare  la 
scienza  della  produzione  e  della  distribuzione  delle  riochttze 
inclinano  a  ravvisarvi  una  parte  della  scienza  universale  (4). 
«  Il  carattere  distintivo  della  scuola  economica  degli  italiani, 
dice  e  con  ragione  Blanqui,  consiste  principalmente  nello 
svolgere  un  metodo  largo  e  sintetico,  nel  porre  e  nel  discu- 
tere i  veri  problemi  della  scienza.  Perchè  una  misura  econo- 
mica sembri  importante,  non  basta,  giusta  le  loro  dottrine, 
che  racchiuda  una  questione  di  denaro,  ma  deve  compren- 
dere anehe  un  principio  morale  e  politico.  Le  societk  civili 
non  sono  per  essi  case  bancarie  od  officine.  Essi  considerano 
Tuomo  come  1*  oggetto  perpetuo  delle  loro  sollecitudini  e 
dei  loro  studj  ».  Anche  il  venerabile  Droz  aveva  in  poche 
parole  presentito  quasi  Tidea  madre  degli  economisti  ita- 
liani quando  disse  che  «  i  prodotti  sono  creati  per  gli 
uomini  e  non  gli  nomini  pei  prodotti  ». 

Senza  dubbio  il  metodo,  scientifico  adottato  dagli  italiani 
genera  una  qualche  confusione.  Essi  possono,  seguendo  sif- 
atto  metodo,  far  spiccare  in  modo  netto  e  preciso  il  prin- 
cipio della  ricchezza,  che  è  Fumano   lavoro  che  feconda 


(i)  Il  sigoor  Volowski  avrebbe  più  esattamente  detto  cbe  gli 
eeonomisti  italiani  ravvisano  nella  pubblica  economia  un  ramo  della 
seieoza  da  essi  denominata  col  titolo  di  filosofia  civile. 

Ufola  del  Compilatore, 


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la  maleria  mercè  razione  morale:  non  posiono  neppure 
vantarsi  di  aver  sapolo  coordinare  on  aisiema  di  pubblica 
economia  cosi  completo,  come  è  rinacito  ad  Adamo  Smith 
che  segui  Y  éià  civile  alla  scienm.  E  giova  aggiungere 
che  il  filosofo  inglese  mentre  posò  i  limili  alla  scienza 
delle  ricchezze,  si  guardò  bene  dair  isolarla  come  alcuni 
suoi  pretesi  discepoli  dopo  di  lui  hanno  fetto  (4).  Invece 
di  smarrirsi  in  una  specie  di  aritmetica  politica  sostituendo 
le  equazioni  algebriche  allo  studio  severo  dei  fotti  ed  agli 
insegnamenti  della  storia,  seppe  formulare  una  dottrina  com* 
pietà,  senza  dimenticare  i  dati  deir  esperienza»  In  Adamo 
Smith  non  si  ravvisa  quel  dogmatismo  arido  ed  impassibile 
che  fa  astrazione  dall'umana  natura,  e  che  non  tende  a 
trovarvi  che  cifre,  là  dove  hannovi  esseri  che  sentono^  pen- 
sano e  soffrono.  —  Gli  economisti  italiani  hanno  forse  il  torto 
di  cadere  nelP  eccesso  contrario.  Troppo  preoccupati  delle 
dottrine  morali,  e  fortemente  attaccati  al  proposilo  di  non  se-» 
parare  le  idee  che  ai  legano  alle  due  parole  ohe  eompon-" 
gono  il  titolò  della  scienza  che  è  1*  economia  poUHùo^  oste-» 
aero  di  soverchio  V  analisi  dei  fenomeni  sociali,  e  mancando 
di  unità,  hanno  spesso  mancato  anche  di  vigore.  Ma  quando 
si  leggono  quei  loro  s^critii  cosi  pieni  di  vita  e  cosi  ricchi 
di  fatti  ben  osservati  e  ben  dedotti,  quando  si  consultano 
quelle  loro  opere  cosi  feconde  di  forti  insegnamenti  che 
fanno  conoscere  la  potenza  espansiva  ed  inspirano  il  culto 
del  libero  regime,  si  ha  quasi  la  tentazione  di  esclamare 
Felix  enlpal  giacché  a  malincuore  si  vorrebbe  rinunziare  a 
cosi  felici  aspirazioni. 


{\)  Volowiiki  avrebbe'  dovalo  notare  cbe  Adamo  Smith  noe  fece 
che  continuare  le  tradizioni  della  scuola  che  pel  primo  aveva  fon- 
data air  Università  di  Oxford  il  professore  italiano  An>erico  Gentile 
il  quale  insegnando  la  morale  filosofia  dal  4590  al  f6l1^  fu  il  pri- 
mo ad  introdurvi  le  nozioni  della  scienza  economica^,  alla  di  cui 
cattedra  succedette  dopo  un  secolo  lo  slesso  Smith. 

Nota  del  Compilatore. 


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Il 
n. 

Le  prodwioDÌ  éeHa  seuohi  ìtiliaDft  rieseono  altref t  di  oq 
fprttide  iDlerese  sotto  il  punto  di  vista  dell*  origine  e  dello 
snriluppo  storico  della  dottrina. 

Aleuoi  vollero  fiir  credere  ehe  gli  studj  retativi  alla  for-. 
masione  ed  alla  distribosione  delle  rieebesse  non  costKui* 
seono  ehe  un  fetta  moderno.  Molti  scrittori  non  sanno  far 
risalire  V  economia  pubblica  che  ad  Adamo  Smith.  Questa 
opinione  a  noi  parve  ad  un  tempo  erronea  e  pericolosa  » 
giacché  confonde  insieme  due  ordini  di  fatti  e  di  idee  del 
lutto  distinte,  e  sagrifica  la  questione  dei  principj  ad  una 
semplice  questione  di  metodo.  Noi  abbiamo  fatto  altrove 
conoscere  (4)  che  Teeonomia  politica  non  è  già  una  scien- 
xa  nuova,  e  soltanto  è  divenuta  da  poco  tempo  in  qua  .una 
scienza  distinta  dalla  filosofia,  dalb  politica,  dalla  morale ^ 
dalla  giurisprudenza  e  dalla  storia*  Se  ciò  si  volesse  porre 
in  obblio  si  arrisehierebbe  di  isolare  questo  nobilissimo  sto* 
dio  dagli  elementi  coi  quali  deve  pur  conservare  un*  intima 
afBnitè,  senza  di  che  smarrirebbài  in  un  pelago  di  astra^ 
tieni:  gli  si  toglierebbe  ad  un  tempo  T  autorità  dell' cape* 
riensa,  e  la  sicureza  della  deduzione,  e  la  sua  pratica  in^ 
fiuenza. 

L'economia  forma  parte  della  vita  nazionale:  fa  storia 
è  per  essa  una  scienza  ausiliaria.  Le  leggi  dello  sviluppo 
economico  si  vanno  elaborando  col  tempo:  esse  svolgonsi 
piò  foni  e  più  pratiche  senza  mostrar  mai  fa  rigidezza  in* 
flessibile  del  calcolo  e  senza  cadere  nelF  assoluto  delle  teorie 
puramente  speculative  le  quali  talvolta  prendono  1*  orizzonte 
di  un'  epoca  per  V  infinito  dell'  eternità.  I  sistemi  che  pre- 


(I)  Tedi  PintradQiiooe  di  Vdowski  ai  Prineipj  di  ecsoooiia 
politica  di  Roscber  da  noi  pobbHcata  nei  fascicoli  di  geaoajo  e  fel^ 
brajo  ISS8  degli  «  Annali  UaiversaU  di  Statistica  «. 


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42 

tendone  emanciparsi  dalle  tradizioni  del  passalo,  per  noa 
U^ner  conio  che  dei  puri  concetli  della  ragione,  porlano  rim- 
pronta  visìbile  della  fonte  da  cui  deridano,  e  la  vera  iadi- 
pendenza  del  giudizio  nulla  tì  guadagna.  Si  costruisce  sul- 
r arena,  quando  si  einellono  ipotesi  apeculative,  e  il  moodo 
civile  che  sinora  ha  troppo  sofferto  da  queste  ideali  costruiìoni 
HìBtoria^  materia  prima  est  phUosophim^^  ha  detto  Bacone 
e  questa  sentenza  è  verissima,  se  si  applica  >  aU*  economia 
politica.  I  falli  perdono  T  espressione  che  hanno  »  quando 
vengono  isolati  dalla  fonte  da  cui  procedono;  e  per  ciò  lo  stu- 
dio profondo  della  storia  basta  a  preservare  recooomista  dal 
pericolo  di  infiniti  errori.  Senza  dubbio  il  campo  delle  os- 
servazioni è  pur  vasto,  e  non  si  possono  invocare  per  ciò 
le  verità  già  accettate  quando  procedano,  da  fatti  necessari 
che. costituiscono  le  leggi  naturali;  ma  la  storia  può  giovare 
assaissimo  a  ben  conosoere  siffatte  leggi,  essendo  uà  loro 
carattere  essenziale  quello  di  ripetersi  in  tutti  i  tempi  e  da 
per  tutto. 

Spesse  volte  si  paragonò  la  vita  eeonomica  e  politica 
dei  popoli  alla  vita  del  corpo  ed  alla  vita  dell'anima  del* 
r  individuo.  Nella  politica  si  ravvisò  una  specie  di  psicologìa 
e  nell'economia  pubblica  una  specie  di  fisiologia  delle  na- 
zioni. Si  dimenticò  con  ciò  che  attraverso  T  attività  produt- 
tiva degli  individui  e  dei  pòpoli,  il  soffio  della  vita  intel- 
lettiva si  fa  sempre  sentire;  mens  agitai  molem.  Non  si  tratta 
soltanto  di  trattare  delle  forze  del  mondo  materiale  la  di 
eui  azione  agevolmente  si  presta  alle  formule  maiemaiiche, 
non  differendo  fra  loro  che  di  numero,  ma  chi  vorrebbe 
assimilarvi  anche  l'uomo  non  farebbe  che  cadere  in  una 
strana  contraddizione.  Cosi  adoperando  non  si  studierebbe 
r  uomo  vero,  e  neppure  l'uomo  medio  creato  dagli  statistici, 
né  l'uomo  universale  di  Hegel,  ma  soltanto  si  studierebbe 
una  forza  naturale  sotto  apparenze  umane,  si  personifiche- 
rebbe un  istrumento,  ed  un  semplice  fattore  della  produ- 
zione delle  ricchezze.  Quegli  che  Dio  creò  a  propria  imma- 


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48 
gioe  per  continuar  l' opera  della  creazione^  V  essere  che  egli 
dotò  di  on'  anima  immortale,  diverrebbe  un  congegno  meo» 
caoieo  il  quale  opera  sempre  colla  stessa  intensità,  e  serve 
ad  imprimere  il  movimento  al  mondo  sempre  nella  mede- 
sima direzione. 

E  questo  non  fu  il  metodo  che  vollero  e  seppero  se- 
guire gli  economisti  italiani:  essi  non  isolarono  giammai  la 
scienza  della  produzione  dalle  idee  di  morale  e  di  giustizia: 
il  benessere  delle  popolazioni  ti  preoccupa  tanto  quanto  Id 
potenza  degli  Stati.  Invece  di  trattare  la  scienza  sotto  un 
uoieo  aspetto,  essi  hanno  la  tendenza  di  abbracciare  il  com- 
plesso dei  problemi  che  trauano;  e  questi  benché  diventino 
più  complicati,  pure  la  loro  soluzione  si  presenta  più  com- 
pleta e  meglio  atta  alle  pratiche  applicazioni. 

Non  vi  è  infatti  una  scienza  che  sia  più  avida  di  fatti 
d*ogni  maniera  come  l'economia  politica:  essa  mette  del 
continuo  a  contribuzione  T  amministrazione  e  la  politica,  la 
gtfografia  e  la  storia,  la  statistica  e  le  leggi.  Si  può  chia- 
marla, come  la  chiamano  già  gli  inglesi,  uira  filosofia  in 
materia  di  fatto  {metter  of  fact).  Trattata  in  questo  modo 
essa  non  cade  nell'utopia;  per  cui  si  può  diro  che  se  le 
dottrine  sooialiste  non  poterono  mai  diffondersi,  né  radicarsi 
io  Italia,  ciò  lo  si  deve  al  genio  pratico  degli  italiani  che 
seppero  conservare  all'  economia  politica  il  suo  carattere  di 
scienza  sociale,  a  rischio  ben  anche  di  non  ^circoscriverla 
severamente  nei  limili  suoi  sistematici,  non  potendo  essi 
dimenticarsi  che  le  società  non  vivono  soltanto  d' interessi 
OMteriali ,  e  ohe  le  ricchezze  non  sono,  come  da  taluni  si 
vuol  t&T  credere,  la  più  ^ importante  fra  le  forze  della  ci- 
viltà. 

L'alta  penetrazione  del  genio  italiano  ha  gettato  vivi 
splendori,  studiando  gli  ultimi  avanzi  del  medio  evo.  Un 
dotto  distinto,  il  conte  Sclopis,  scrivendo  lo  sue  Ricerche 
storiche  e  critiche  sullo  spirito  delle  leggi  richiamò  le  ma- 
gnifiche parole  di  Dante  quando  nel  secolo  XIV  annupziava 


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44 

lo  sviluppo  di  quella  fòrza  doir  umaolik,  ohe  noi  ora  cbia- 
miamo  cMlli^  e  che  egli  seppe  pel  primo  quali6carla  eoai 
scrivendo  «  lUud  igiiur  $i  quid  est  quod  e$i  finis  utiHs 
CmuTATis  hiiwuim  gmeris.  (De  Monarchia,  lìb.  I)  (1).  Né 
pago  di  aver  trovau  questa  felice  parola  lo  stesso  Dante 
soggiungeva:  <  È  assurdo  il  crédere  che  la  civiltà  abbia  uno 
scopo  affatto  particolaro:  essa  è  lo  scopo  comune  di  tutte 
quante  le  geniL  E  V  opera  dell'  uman  genere  consiste  nel 
metter  in  azione  tutte  le  forze  di  cui  può  disporre  V  intel- 
ligenza umana,  per  servirsene  al  fine  di  conoscere  per  poi 
agire  ».  Questa  filosofica  sentenza  venne  rapita  due  secoli 
dopo  da  Cartesio,  quando  ci  mostrò  come  Tuomo  sappia 
impadronirsi  ifelle  forze  della  natura  per  disciplinarla  a 
suo  modo. 

Non  dobbiamo  però  dimenticare!  il  tempo  in  cui  visse 
Dante,  e  la  grandezza  morale  che  allora  spiegava  T  Italia  ^ 
e  la  possente  influenza  da  essa  esercitata  nel  mondo.  Questo 
paese  era  allora  in  uno  stato  di  emancipazione  civile  e  la 
sua  gloria  fu  tale  che  ninno  potè  rivaleggiarlo  in  virtù  ci* 
viche  e  nello  sviluppo' delle  arti,  delle  lettere  e  del  buon 
gusto.  Il  libero  regime  non  era  una  semplice  teoria.  Lo  sto- 
rico delle  repubbliche  italiane^  Sismondi,  ne  segnalò  le  trac- 
eie  tuttora  superstiti.  Ad  un  si  nobile  contatto,  la  nazione 
ceppe  svolgere  tesori  d'intelligenza,  d'industria  e  di  pub- 
blica prosperità:  essa  raggiunse  mirabili  progressi  in  tutte 
le  arti  della  vera  civiltà,  associando  all'  energia  dei  carattere 
un  gtisto  dtlicatissimo,  ed  un'attività  ingegnosa  congiunta 
ad  un  nobile  slancio  d'anima:  essa   perdette  la  potenza 


(1)  Il  vocabolo  eMlià  che  Dante  seppe  risuscitare  »  è  voca- 
bolo che  già  osavano  ì  latini,  e  tra  questi  Cicerone,  clic  scrisse; 
offcnis  eiviioi  est^  non  omnia  eoelus  quoque  modo  congregatasi 
sed  coetus  multUudines  juris  consensu  et  uUUiaUs  comunis 
Mociatus,  (De  RepubbUca,  lib.  II). 

Jfota  det  tompilaiore. 


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4a 

ereatrìee,  qoaade  eolie  frandiigie  perdette  h  forza  espan- 
sive che  solo  paò  dare  la  dignkà  eiUadina*  L' idea  moderna 
delh  fibertk  oiTÌley  eioè,  della  sieureszay  della  garanzia  con- 
Ire  gli  abusi  4el  poiere)  deUa  proteauone  pubbliea»  non  aveva 
aneora  preso  ndiee,  uè  sorpassala  Tidca  aoUea  della  libertà 
polhica  ohe  eonsìsie  DflHa  parlteipasioiie  ai  potere  e  ebe 
meno  si  preoeoopa  del  beaessere  individuale  deiruomo 
quanto  delle  sue  vinù  civili. 

Il  seiHirociHo  della  dignità  personale  e  deHa  indipendenza 
nobilita  l'aniina,  stimola  il  pensiero,  sveglia  T emulazione^ 
è  la  DAolle  pia  potente  dell'  organismo  delle  società  civili  : 
noBa  vale  pia  di  essa,  e  nulla  può  surrogarla.  La  prodigiosa 
prosperila  dai  eonumi  liberi  iuliaoi  non  ebbe  akra  orìgine: 
e  questa  prosperità  valse  a  stabilire  i  caaooi  pratici  della 
politica  eeoMMaia.  Del  resto  i  cosa  nota  che  la  pratica  della 
scienta  precede  sempre  b  seienia:  l'analisi  dei  fenomeni 
sociali  conduce  a  coordniarli  sotto  im  principio  comune, 
eeroe  anche  a  scoprire  le  leggi  del  mondo  materiale  giusta 
qoaoia  ebbe  ad  insegnarlo  pel  primo  Galileo,  quando  volle 
ebe  si  interrogasse  la  natura  sotto  tutti  gli  aspetti,  provando 
e  riprovando.  D'altronde  l'attivo  impulso  dato  ai  nuovi  in« 
teressi  economici  obbliga  a  studiarli  onde  meglio  impararli: 
le  cattive  istituzioBi  pur  troppo  tendono  a  djstiu*barne  l'ar- 
monia ,  e  fanno  nascere  collisioni  e  dissidi!  che  con  grave 
fMiea  si  possono  sradicare.  Ecco  b  necessità  della  scienza 
che  sa  prevedere  e  provvedere. 

111. 

L' economia  politica  come  fiMto  è  una  cosa  antica  come 
il  mondo:  è  la  vita  intima  dei  popoli,  è  la  manifestazione 
materiale  dell'  anima  àMt  nazioni.  L'uomo  comincia  ad  ope* 
rare,  poi  rawìcma  e  studia  i  fotti  raccolti:  l'arte  precede 
k  scienza,  il  &ilo  è  anteriore  alla  speculazione,  e  ciò  che 
spesse  volte  si  prese  per  un  concetto  tutto  ideale,  è  invece 


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46 

il  riOesso  più  o  meno  esalto  della  realt&.  Il  domioio  dell' im* 
mogioazione  e  della  fantasia  non  ha  potuto  sfuggire  a  que- 
sta regola:  i  capi  lavori  dell'  antichità  hanno  educato  al  bello 
i  popoli  prima  ehe  i  dotti  sapessero  formulare  le  dottrine 
estetiche.  Questo  avvenne  anche  dell'  economia  politica:  essa 
doveva  nascere  in  Italia,  perchè  questa  contrada  nella  stessa 
notte  del  medu)  evo  fu  la  più  popolata,  la  più  riccai  la  più  in* 
dusiriosa  e  la  più  libera  di  tutte.  I  problemi  che  richiama- 
vano  l'attenzione  dei  pensatori  dovevano  per  ciò  sorgere 
in  gran  numero  e  provocare  i  teoremi  della  scienza. 

Sino  dal  decimo  secolo  fioriva  Amalfi.  Essa  aveva  estesa 
il  suo  commercio  alla  Palestina  prima  ancora  che  si  pen- 
sasse alle  crociate.  L' industria  aveva  resa  ricca  questa  pie- 
cola  città  che  si  gloria  d' aver  scoperta  la  bussola  e  formu- 
lato il  primo  codice  marittimo.  Il  Mediterraneo  era  allora 
la  grande  via  delle  spedizioni  commerciali.  I  veneziani  ed  i 
genovesi  s'elevarono  ad  un  alto  grado  di  prosperità  e  di  pò* 
tenza,  fecondo  quello  che  fecero  dopo  di  loro  gli  olandesi» 
gli  spedizionieri  di  mare.  Tutto  il  commercio  del  Levante 
e  dell'Africa  era  nelle  loro  mani,  e  la  produzione  ravvivata 
dalla  facilità  dello  smercio  prese  un  rapidissimo  slancio.  Ri- 
corderemo noi  le  meraviglie  di  Firenze?  Possente  per  le 
sue  manifatture  e  pei  suoi  eapitali,  essa  aveva  in  eerta  guisa 
colonizzato  l' Europa  colle  sue  banche,  ed  alcuni  fra  i  suoi 
cittadini  avevano  ammassato  tesori  da  principe.  Due  banchieri 
di  Firenze,  Bardi  e  Peruzzi,  avevano  dato  a  mutuo  ad  Eduar- 
do IH  re  dlnghilterra  nel  1370  un  milione  e  mezzo  di  fio- 
rini d'  oro  che  corrispondono  a  circa  75  milioni  di  franchi  : 
ottanta  banche  fiorentine  facevano  allora  le  grandi  opera- 
zbni  bancarie  di  tutta  Europa.  Al  principio  del  secolo  XIV 
le  rendite  della  repubblica  fiorentina  ascendevano  alla  som- 
ma di  300,000  fiorini  d'oro,  ossiano  45  milioni  di  fran- 
chi all'anno.  Erano  più  considerevoli  che  non  le  rendite 
prt^e  Insieme  del  re  di  Napoli  e  di  Arragona:  esse  al  dire 
di  Macaulay  superavano  le  entrate  stesse  dell'  Inghilterra  e 


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deirirlaoda  sotto  Id  regina  Elisabetta.  Firenze  contava  unti 
popolazione  di  470,000  mila  abitanti,  ed  aveva  duecento 
manifatture  di  drappi ,  con  30,QOO  operaj  e  con  un  annuo 
prodotto  di  60  milioni  di  franchi.  L*  arte  di  tessere  la  lana 
vi  aveva  preso  un  cosi  largo  sviluppo  che  colla  tenue  impo- 
sizione di  due  soldi  per  ogni  pezza  di  drappo  si  potè  co- 
struire Santa  Maria  del  Fiore  che  è  una  delle  più  grandi 
chiese  che  vanti  la  cristianità. 

A  lato  di  Venezia,  di  Genova  e  di  Firenze,  si  agitarono 
eon  una  febbrile  attività  una  folla  di  piccoli  Stati,  fra  i  quali 
sì  distìnguevano  Bologna  e  Milano  che  fu  per  qualche  tempo 
la  più  potente  fra  le  repubbliche  lombarde. 

La  storia  dell*  Italia  nel  medio  evo  doveva  essere  feconda 
in  lezioni  di  pubblica  economia:  le  lotte  intestine,  le  riva- 
lila locali^  suscitavano  Temulazione  e  spesso  anche  la  guer- 
ra :  la  prosperità  del  commercio  e  dell'  industria,  lo  sviluppo 
del  credito,  la  molteplicità  dei  rapporti  e  la  libertà  delle 
opere  fornivano  un  vasto  campo  alle  idee  ed  alle  nuove 
istituzioni. 

k  Venezia  fondavasi  la  prima  banca  di  deposito»  o  banco 
giro;  ivi  pure  nacque  la  formidabile  potenza  dei  prestiti  pub- 
blici. Milano,  Genova,  Firenze,  moltiplicarono  gli  istituti  di 
credito.  Nel  4424  il  doge  Tomaso  Mocenigo  pronunziava  un 
notevole  discorso  per  render  conto  dello  slato  delle  finanze 
e  del  commercio  della  repubblica.  «  Voi  siete  i  soli,  egli 
diceva,  a  cui  la  terra  ed  il  mare  sono  egualmente  aperti. 
Voi  siete  il  canale  di  tutte  le  ricchezze,  voi  approvvigionate 
tutto  il  mondo.  L'universo  intiero  s' interessa*  della  vostra 
fortuna,  e  tutto  l'oro  vi  arriva.  Io  ho  procurato  sempre  di 
prendere  cosiffatte  misure  da  tenere  in  istato  di  pagamento 
corrente  tanto  1*  interesse  dei  prestiti,  come  quello  di  tutti 
i  pesi  pubblici,  e  fui  abbastanza  fortunato  di  riuscirvi  » .  Il 
vecchio  doge  coglieva  questa  circostanza  per  far  comprendere 
i^fat*  le  nazioni  erano  solidarie  le  une  delle  altre,  sia  nella 
Anuu.  StaliiUea  ,  roL  XXI,  serie  3/  2 


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buona  come  nella  mala  fortuna.  «  Guardatevi,  soggiungeva, 
come  dal  fuoco,  di  toccare  al  bene  altrui,  e  guardatevi  bene 
di  promuovere  guerre  ingiuste.  Iddio  vi  punirebbe.. •  Che 
cosa  vendereste  voi  ai  milanesi  quando  li  avrete  rovinati? 
Che  potranno  essi  darvi  in  cambio  dei  loro  prodotti?  E  ì 
vostri  prodotti  che  diverranno  mai  quando  sianvi  necessità  di 
guerre,  ohe  intaccheranno  i  capitali  di  cui  voi  avete  bisogno 
per  crearne  dei  nuovi  ? 

Nel  4260  si  procedeva  a  Milano  al  censimento  delle  terre 
e  cento  zecche  in  Italia  bastavano  appena  per  fornire  il  dena- 
ro necessario  al  movimento  degli  affari.  I  fiorentini  furono  i 
primi  ad  insiiluire  i  cosi  detti  bilanci  pubblici.  Il  gonfaloniere 
Pier  Soderini  sottopose  nel  15(0  ali*  esame  del  gran  consi- 
glio, il  prospetto  delle  rendite  e  delle  spese,  e  lo  fece  tre 
secoli  prima  e  molto  più  lucidamente  che  non  lo  abbia  fatto 
alla  fine  del  secolo  scorso  V  illustre  Necker.  L*  industria  ed 
il  commercio  erano  possenti  ed  onorati:  le  arti  della  seta 
e  della  lana  costituivano  una  specie  di  patriziato.  L'Italia 
tutta  si  copriva  di  monumenti  e  di  palazzi:  essa  suscitava 
il  genio  degli  artisti,  dei  poeti  e  dei  pensatori:  essa  riac- 
cese la  face  delle  scienze  ed  a  lato  delle  arti  più  ingegnose 
e  più  sublimi  essa  pose  in  pratica  ì  trovati  finanzieri  più 
avanzati;  i  principj  non  dovevano  per  ciò  tardare  a  formu* 
larsi. 

Essi  cominciano  a  trasparire  in  quegli  scritti  che  erano 
consacrali  alle  scienze  politiche.  La  sagacità  penetrante  di 
Macchiavello  dovea  brillare  per  la  prima.  Non  è  già  la  scienza 
economica  che  T autore  del  Principe  prende  a  trattare,  ma 
ad  esso  basta  l'annunziare  quelle  poche  questioni  che  toc- 
cano in  qualche  modo  1'  economia  politica,  e  La  sicurezza 
pubblica  e  la  protezione,  egli  dice,  sono  il  nerbo  dell'agri- 
coltura jd  del  commercio:  il  principe  deve  incoraggiare  i 
suoi  sudditi  ad  esercitare  tranquillamente  la  loro  capacità 
per  il  traffico,  per  l'agricoltura  e  per  qualsiasi  altro  ramo  del- 
l'umana  industria;  ed  è  bene  che  non  si  astengano  dal  mi- 


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lliorare  i  loro  possessi  per  lema  che  nano  loro  toUi ,  né 
ehe  traseorino  di  traffieare  per  paura  di  arbitrar]  balzelli ••• 
Sotto  i  goYemi  moderati  la  popolazione  è  sempre  numerosa, 
e  i  matrimonj  più  liberi  e  più  desiderati:  ciascuno  desidera 
di  avere  tutto  quel  numero  di  figli  che  può  allevare,  allor* 
ehè  non  teme  punto  ohe  siagli  rapito  il  proprio  patrimonio, 
e  quando  sa  che  i  suoi  figli  nascono  liberi  e  non  sctiiavi  e 
possono  levarsi  in  alto  presundo  pubblici  servìgi  ». 

Il  genio  del  grande  politico  fiorentino  sente  più  che  mai 
r  influenza  del  suo  tempo  e  del  suo  paese.  I  prodigi  dovuti 
all'energia  personale  velano  ai  suoi  occhi  persino  le  leggi 
morali  ed  i  disegni  segreti  della  Provvidenza:  l'uomo  è 
tutto:  r intelligenza,  Tabilitk,  la  forza  e  l'astuzia  padroneg- 
giano il  niondo,  l'individuo  è  la  molla  che  tutto  fa  muo- 
vere, e  lo  spirito  positivo  di  Macchiavello  sagrifica  ogni  cosa 
a  cosiffatta  potenza.  Egli  è  innanzi  tutto  uomo  di  pratica: 
se  il  metodo  d'osservazione  lo  accosta  ad  Aristotele,  un 
ardente  patriotismo  gli  inspira  massime  elevate  e  degne  di 
un  popolo  libero.  In  quanto  alla  dottrina  che  gli  si  altri- 
buisce,  alla  religione  del  successo,  Blacchiavello  ha  dipinto 
il  macchia^eUUmo^  e  non  l' ha  punto  inventato.  Attaccatosi 
al  metodo  storico  e  sperimentale,  egli  lo  rese  incompleto 
coir  aver  separata  la  morale  dal  diritto.  Ma  anche  quando 
delineava  un  ritratto  spaventoso  per  la  sua  verità,  un  sen- 
timento elevato  guidava  la  sua  penna  e  dava  vigoria  a'  suoi 
pensieri.  Alcuni  non  vollero  vedere  nel  libro  del  Principe 
che  una  specie  di  breviario  del  potere  assoluto.  Eppure 
questo  libro  non  sarebbe  stato  il  libro  favorito  di  Enrico  III 
se  questi  ne  avesse  penetrato  l'intimo  senso. 

Ne'  suoi  discorsi  sulle  deche  di  Tito  Livio ,  ne^  suoi 
ritratti  di  Francia  e  di  Lamagna^  come  nel  Principe^  Mao- 
chiavello  emise  idee  notevoli  ed  osservazioni  acutissime  su- 
gli interessi  economici.  Dietro  il  progresso  degli  avvenimenti 
di  coi  studiava  le  varie  £a$i,  questi  interessi  trovavansi  per 
cosi  dire  incarnati  nell'insieme   della   vita   nazionale.   Non 


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trattavasi  già  di  staccarli  per  formarne  una  dottriiia,  ma  solo 
di  comprenderli  per  metterli  in  evidenza.  MaccbitfveKo 
aveva  uno  spirito  troppo  penetrante  per  lasciare  da  bahda 
quest*  ordine  di  idee  e  per  non  saperne  trarre  lezioni  pro- 
fittevoli. Un  giovine  scienziato  al  quale  deve  la  scuola  storica 
tedesca  importanti  e  numerosi  scritti,  il  dott.  Knies,  professore 
all'Università  di  Friburgo  in  Brisgovia,  ha  consacrato  stadi 
specialissimi  iniorno  a  Nicolò  Macchiavello  considerato  comQ 
economista  (4). 

Le  repubbliche  italiane  prepararono  lo  sviluppo  delle 
dottrine  economiche,  rendendole  anche  pratiche.  Esse  do* 
vettero  la  loro  potenza  alle  loro  ricchezze;  e  la  loro  atten* 
zione  dovette  rivolgersi  allo  sviluppo  di  queste.  Noi  dobbiamo 
cercare  in  Italia  i  primi  slanci  delle  grandi  istituzioni  eco* 
nomiche  dei  tempi  moderni:  in  Italia  nacque  il  cambio,  la 
società  in  accomandita  e  l'anonima,  1* assicurazione  marit- 
tima e  le  numerose  applicazioni  dello  spirito  d'  associazione 
e  del  credito:  l'Italia  fu  quella  che  ci  ha  dato  Cristoforo 
Colombo  r  ardito  esploratore  del  nuovo  mondo,  ed  Americo 
Yespucci  che  vi  diede  il  suo  nome  (2). 

IV. 

La  rivoluzione  monetaria  cagionata  dalla  scoperta  del* 
l'America  trovava  gli  animi  già  disposti  ad  apprezzarne  le 


(i)  Vengasi  l'opera  di  Knies  intitolata  Nicolò  MacchiaveUi  aU 
FolkS'^irthschafìlicher  Sckrifsteller.  Aocbe  Roberto  Mohl  oel 
terzo  volume  della  sua  grand-opera  Die  Geschichte  und  liUeratur 
der  Siaaftwissenchaften,  consacrò  uno  speciale  studio  a  Macchia- 
vello  con  idee  opposte  a  quelle  di  Knies. 

(2)  Wolowski  avrebbe  dovuto  citare,  prima  di  Colombo,  gli 
arditi  veneti  che  percorsero  l'Asia  e  fra  questi  Marco  Polo  che 
giovò  colle  sue  esplorazioni  alla  prosperiti  del  commercio  italiano 
nel  medio  evo,  Ifola  del  ComfiUntore^ 


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ai 

conseguenze  fra  ud  paca^  già  versalo  nelle  operazioni  di 
banca  e  da  lungo  lenipo  intento  a  eonoacere  le  vere  cause 
M  valore  delle  monete.  L' antica  idea  che  faceva  dipendere 
il  valore  della  volontà  arbitraria  del  principe,  aveva  per 
complice  V  tnleresse  de*  governi  poco  scrupolosi,  che  tro- 
vavano neir  alterazione  delle  monete  il  mezzo  comodo  di 
pagare  i  loro  debiti  con  fallimenti  madcberali.  Mentre  Dante 
imprimeva  un  marchio  d*  iofiimia  sul  re  Filippo  il  Bello 
qual  falsificatore  della  moneta,  la  varietà  delle  monete  che 
da  tutto  il  mondo  ^an  versate  sulle  trafficanti  repubbliche 
italiane,  consigliarono  assai  per  tempo  idee  rette  sugli  ele- 
menti veri  del  prezzo  e  sulle  condizioni  del  credito.  La 
moneta  di  banco  stabilita  per  ottenere  la  stabilità  dei  ragt 
goagli  condiilse  a  trovar  anche  il  valore  intrinseco  delle  cose 
distinguendolo  dal  loro  valor  nominale.  La  scienza  nacque 
per  combattere  errori  ed  abusi  {l);  ^  perciò  nulla  vi  ha 
di  più  semplice  ohe  di  trovare  in  Italia  le  più  antiche  e 
migliori  opere  sulle  monete,  pel  fatta  del  rigurgito  che  ivi 
era  accaduto  di  tutte  le  monete  che  correvano  per  il  mondo. 
Lo  stesso  avvenne  della  maggior  parte  delle  verità  insegnate 
dair  economia  politica:  le  cattive  pratiche  dei  governi  e  dei 
popoli  richiamavano  l'attenzione  dei  pensatori,  e  per  ciò  la 
storia  di  questo- ramo  importante  delle  umane  cognizioni, 
non  è  che  il  racconto  di  un  lungo  combattimento.  Ora  viene 
accasata  la  pubblica  economia  di  non  essere  che  una  scienza 
descrittiva  per  ciò  che  si  limita  ne'  suoi  principj  a  recare 
il  fedele  riflesso  di  ciò  che  è,  senza  ricercare  ciò  che  do- 
vrebbe essere.  Noi  confessiamo  che  infatti  la  scienza  econo* 
mica  non  ha  per  anco  raggiunto  quest'alto  suo  scopo,  ma 


(I)  Romagnosi  soleva  dire  che  T  economia  politica  doleva  in^ 
nanzj  totto  occuparsi  di  correggere  gli  errori  e  gli  abasi,  lasciando 
alla  civile  filosofia  il  pia  alto  pensiero  del  normale  ordinamento 
degli  Stati.  Nota  del  CompilaUn-e. 


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ss 

è  già  molto  il  progresso  che  si  è  folto  additando  le  ?ie  er- 
ronee che  debbonsi  evitare.  Il  dotto  scrittore  francese  Faustino 
Hélie,  parlando  di  Cesare  Beccaria,  mosiraTa  che  la  riforma 
avvenuta  nel  sistema  penale  aveva  tolta  una  gran  parte  delle 
attrattive  che  offrivano  gli  scritti  di  questo  geoeroso  filan- 
tropo, le  di  cui  dottrine  magnanime  avevano  al  suo  tempo 
agitata  e  scossa  vivamente  tutta  l'umana  famiglia.  Noi  dob* 
bìamo  attribuire  un  egual  merito  alFopcra  degli  economisti , 
ed  anche  in  ciò  1*  Italia  ha  il  diritto  di  rivendicare  T  onore 
di  avere  aperta  la  via  alle  altre  colte  nazioni. 

Per  convincersi  di  ciò  basta  coosuluire  la  preziosa  rac- 
colta pubblicata  dal  barone  Custodi,  degli  scrittori  classici 
italiani  di  economia  politica.  Sette  volumi  sono  consacrati 
alla  parte  antica  e  quarantadue  volumi  alla  parte  moderna. 
Il  volume  cinquantesimo  ed  ultimo  contiene  un'analisi  par- 
ticolareggiata di  tutti  gli  scritu  che  fanno  parte  della  rac- 
colui  e  che  sono  poco  noti  fuori  d'Italia.  Sole  opere  italiane 
non  presentano  un  sistema  completo  e  bene  coordinato,  si 
trovano  però  toccate  e  sciolte  le  più  vitali  questioni  della 
scienza  economica.  Cosiffatti  lavori  oltr'essere  notevoli  per  una 
grande  lucidezza  di  concetti  ed  uua  rara  potenza  di  dedu- 
zioni, conservano  anche  un  carattere  di  originalità  e  di  in- 
dipendenza che  danno  maggior  valore  alle  opere  di  primo 
getto.  Il  genio  Italiano  sa  dare  alla  scienza  una  diretione 
positiva  e  pratica  e  la  preserva  dalle  utopie  :  esso  conser- 
va, direm  quasi,  una  fragranza  tutta  locale  che  ne  accre- 
sce il  merito. 

L'alterazione  delle  monete  aveva  portato  da  per  tutto 
il  disordine:  il  morbus  nummicus  che  viene  segnalato  come 
un  male  funesto  al  pari  della  peste,  fece  nascere  una  delle 
prime  opere  di  economia  pubblica,  il  Discorso  sopra  te  mo- 
nete e  sulla  vera  proporzione  fra  Coro  e  l'argento^  del  conte 
Scarufli.  L' autore  era  slato  direttore  della  zecca  di  Reggio. 
L'esperienza  gli  aveva  dimostrato  il  male  divoratore,  che 
giusta  le  sue  espressioni  poteva  paragonarsi  ad  un  incendio 


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23 
che  consumava  e  inceneriva  il  mondo.  ScsrufO  non  si  chiuse 
fra  i  limiti  del  suo  paese,  essendo  una  nota  caratteristica 
del  genio  italiano  quella  di  raccogliere  V  eredità  dell'  antica 
Roma  che  a  tutto  il  mondo  volgevasi ,  e  concepì  V  idea 
grandiosa  di  una  moneta  universale  che  potesse  aver  corso 
per  tutta  Europa.  Tutti  gli  Stati  avrebbero  dovuto  adottare 
una  base  uniforme  per  la  fabbricazione  delle  monete  d' oro 
e  d'argento,  mediante  T  opera  di  un  Congresso  internazionale. 
Egli  SUggeri  pel  primo  anche  la  garanzia  comune  della  marca 
di  zecca  da  apporsi  a  tutti  i  lavori  d'oro  e  d'argento  del- 
l'orificeria  italiana. 

e  Non  vi  sarà,  egli  scriveva ,  chi  possa  esser  restio  ad 
accettare  questo  nuovo  ordine  di  cose;  in  quanto  che  il  di* 
sordine  delle  monete  va  sempre  più  aggravandosi ,  e  cia- 
scuno desidera  di  possedere  nella  sua  giusta  quantità  il  me- 
tallo fino  e  reale  a  contraccambio  di  quanto  egli  dà,  o  in 
pagamento  di  quanto  gli  è  dovuto  ».  Intanto  sono  già  tra- 
scorsi Ire  secoli  dacché  il  voto  di  Scaruffi  è  stato  formu- 
lato, e  l'unità  del  sistema  monetario,  al  pari  dell'  unità  dei 
pesi  e  delle  misure  è  rimasta  ancora  nel  dominio  delle  spe- 
ranze. 

Il  carattere  espansivo  e  cosmopolitico  delle  tendenze  del- 
l'economia  politica  italiana  si  rivelò  sino  dal  suo  primo 
esordire.  Poco  tempo  dopo  il  discorso  di  ScaruQi  e  le  le- 
zioni non  meno  istruttive  pubblicate  dal  fiorentino  Davan- 
zati,  traduttore  di  Tacito,  sulle  monete  e  su  i  cambi!,  ap- 
parve un  vero  trattato  di  economia  pubblica  per  opera  di 
Antonio  Serra,  nato  nel  regno  di  Napoli,  cosi  fecondo  di 
genii,  e  può  considerarsi  qual  fondatore  della  scienza.  Il  ti- 
tolo che  egli  diede  alla  sua  opera  di  Brci^e  trattato  delle 
cause  che  possono  far  abbondare  i  regni  d'oro  e  d'argento 
dove  non  sono  miniere,  ha  potuto  indurre  in  errore  gli 
scrittori  che  troppo  si  fidavano  del  titolo  senza  studiare 
con  sufficiente  cura  quel  lavoro  degno  della  più  seria  at- 
tenzione. —  Giambattista  Say   riconobbe  che   l' Italia   ebLc 


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24 

r  iniziativa  delk  ricerche  relative  alla  produzione  ed  alla 
disiribuzione  delle  ricchezze ,  come  ebbe  anche  l' iniziativa 
dopo  il  rinascinnenio  delle  lettere  in  quasi  tutti  i  rami  del- 
le scienze  e  delle  arti.  Ma  ritornando  ad  Antonio  Serra,  no- 
tiamo che  egli  mette  in  evidenza  il  potere  produttivo  del- 
rindustria,  e  poscia  si  contraddice  dicendo  che  le  ricchez- 
ze non  consistevano  che  nel  materiale  possesso  dell'  oro  e 
dell'argento.  Forse  dopo  un  maturo  esame  avrebbe  potuto 
indursi  a  temperare  cosi  rigida  sentenza.  Senza  dubbio  l'ab- 
bondanza dell'oro  e  dell'argento  non  è  la  ricchezza  per  se 
stessa,  e  molto  meno  è  la  misura  di  essa,  ma  è  invece  il 
mezzo  e  l'avviamento,  e  come  dice  uno  dei  nostri  più  an- 
.  tichi  economisti,  Boisguillebert,  le  derrate  utili  sono  il  firn 
e  lo  scopo  della  vita  economica.  L'oro  e  l'argento  non  val- 
gono che  relativamente  ed  in  quanto  possono  procurarci  le 
cose  necessarie  alla  vita,  servendo  soltanto  di  mezzo  che 
determina  il  prezzo  delle  cose  medesime;  ciò  non  pertanto 
là  dove  questi  mezzi  di  cambio  esistono,  attestano  la  fecon- 
dità della  produzione  e  l'attività  della  circolazione.  L'errore 
che  Serra  non  seppe  evitare  fu  quello  di  aver  confuso  il 
rappresentativo  della  ricchezza  colla  ricchezza  medesima. 
Egli  però  seppe  risalire  alle  cause  prime  della  potenza  e 
della  ricchezza  degli  Stati.  La  sua  analisi  nulla  lascia  sfug- 
gire, né  la  fertilità  del  suolo,  né  la  produzione  delle  ma- 
nifatture^ né  i  vantaggi  del  commercio;  egli  mette  anche  in 
evidenza,  come  forza  economica,  il  principale  agente  della 
produzione  l'uomo,  ed  i  risultati  della  sua  intelligente  atti- 
vità; soffermasi  anche  a  far  parola  delle  forme  del  govern.o 
per  mostrare  l' influenza  che  esercitano  sul  benessere  e  la 
ricchezza  pubblica.  Tutti  i  vantaggi  naturali  di  uno  Stato, 
egli  dice,  vanno  a  rischio  di  perdersi  senza  politiche  ga- 
ranzie, e  senza  il  mantenimento  dell'ordine  e  la  stabilità 
delle  leggi.  Le  istituzioni  politiche  sono  la  condizione  pri- 
ma della  prosperità  delle  nazioni.  Antonio  Serra,  pubbli- 
cando le  sue  feconde   investigazioni  su  un   ramo   speciale 


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della  scienza  di  Sialo,  non  intese  di  isolarlo,  ma  volle  anzi 
notare  rigorosamente  .  l' intima  sua  coesione  col  complesso 
della  vita  politica.  11  padre  deireconomia  politica  moderna, 
A<kimo  Smith ,  camminò  sulla  via  stata  aperta  da  Serra , 
quando  fece  conoscere  come  le  buone  istituzioni  politiche 
siano  indispensabili  alla  prosperità  materiale  delle  nazioni. 
Noi  non  intendiamo  già  di  tracciar  qui  il  quadro  com- 
pleto dei  servigi  resi  dall'Italia  allo  studio  deireconomia  po- 
litica. Il  nostro  pensiero  è  più  modesto;  noi  vogliamo  sol- 
tanto inspirare  il  desiderio  di  veder  meglio  apprezzati  co- 
siffatti servigi,  studiando  più  da  vicino  le  opere  meritorie 
di  quel  paes^.  Il  conte  Peccbio  ha  riassunto  in  un  libro 
interessante,  benché  incompleto,  alcune  delle  idee  che  pre- 
dominano nella  dotta  Raccolta  del  barone  Custodi  ;  ma  gio- 
va risalire  alle  fonti  originali  per  attingervi  preziosi  inse 
gnamenti. 

I  lavori  pubblicati  da  un  mezzo  secolo  in  poi  provano 
ampiamente  che  gli  economisti  italiani  sanno  mantenersi  aU 
Taltezza  dei  loro  predecessori  ;  basti  citare  i  nomi  di  Giojn, 
di  Roroagnosi,  di  Fuoco,  di  Ferrara,  di  Scialoja,  di  Bianchi- 
ni, di  Cibrario  e  di  Cavour  per  far  conoscere  quale  e  quanta 
sia  l'importanza  dei  lavori  scientifici  italiani  su  questa  ma- 
teria. 

II  professore  Boccardo  lia  ora  intrapreso  un  notevole 
lavoro  col  titolo  di  Dizionario  deireconomia  politica  e  del 
commercio  che  abbraccia  la  teoria  e'  la  pratica ,  la  storia 
della  scienza,  il  diritto  commerciale  e  la  biografia  degli 
scrittori  celebri.  L'opera  è  già  abbastanza  inoltrata  per  po- 
terci congratulare  coli'  autore  di  un  tentativo  tanto  ardito 
eppur  si  felicemente  condotto,  giacché  egli  non  si  limitò  ad 
una  semplice  compilazione,  ma  volle  scrivere  un'opera  ve- 
ramente originale,  stesa  con  forme  popolari.  Le  dottrinò 
di  Boccardo  sono  in  generale  profonde  ed  accertate;  esse 
mostrano  nel  loro  autore  una  scienza  bene  elaborata  ed  una 
erudizione  trascelta. 


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Mentre  noi  rendiamo  il  ben  dovuto  omaggio  alla  Fran- 
eia,  ove  si  svolse  on  sistema  logicamente  dedotto  in  fatto 
di  stodii  eeonomièi  mercè  la  scuola  fisiocratica,  e  dobbiamo 
rendere  il  dovute!  onore  all'  immortale  Adamo  Smith  per 
aver  dato  alla  scienia  una  forma  definitiva ,  ci  è  caro  di 
dover  aggiungere  anche  il  nome  di  Boccerdo  che  seppe  ri- 
vendicare air  Italia  il  merito  di  aver  data  la  culla  alla  po- 
litica economia.  Questo  merito  non  è  il  solo ,  e  sotto  più 
rapporti  la  priorità  delle  dottrine  anche  credute  le  più  nuo* 
ve  appartiene  all'Italia.  Se  si  parte  dal  sistema  mercantile, 
agricolo  ed  industriale,  le  monete  ed  il  credito,  è  facile  se- 
gnalarle nei  documenti  raccolti  dal  barone  Custodi.  E  se 
anche  si  volesse  attingervi  V  ulteriore  svolgimento  dei  prò* 
blemi  economici  si  ravviserebbero  pure  in  quella  Raccolta 
anche  i  principii  supremi  delia  scienza,  eome  sono  quelli 
che  riconoscono  nel  lavoro  dell'uomo  impiegalo  nella  terra 
nell'industria  e  nel  commercio  la  sorgente  precipua  d'ogni 
ricchezza ,  e  che  riconoscono  nell'  umano  pensiero  la  leva 
più  potente  della  produzione  economica. 

V. 

Le  dottrine  legateci  dal  passato  sono,  per  dir  vero,  in 
molte  parti  inesatte;  erano  verità  travedute  per  inspirazione 
intuitiva,  ma  non  erano  tutta  la  verità.  L' oro  e  l' argento 
ed  il  commercio  che  procura  questi  metalli  ai  paesi  che  ne 
mancano;  le  manifatture  e  l'industria,  la  terra  ed  i  mezzi 
di  circolazione,  sono  tutti  Istrumenti,  o  sintomi,  se  volete, 
ma  non  sono  la  sorgente  prima  e  vera  delle  ricchezze,  la 
quale  emana  da  una  forza  superiore  ed  indipendente  dalle 
forme  e  dalle  applicazioni  che  può  avere.  L' impero  della 
forza  morale,  e  del  pensiero,  è  stalo  traveduto  dai  più  an- 
tichi economisti  italiani  come  il  principale  agente  d'ogni 
meccanismo  sociale;  essi  compresero  pei  primi  i  vantaggi 
della  libera  espansione  di  questa  potenza   creatrice.   Senza 


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libertà,  dice  Geaovesi,  nulh  può  fiorire*,  né  Tagricollura, 
De  le  arti ,  né  il  commercio  (I).  Pietro  Verri  defimsee  la 
iS>ertà  civile ,  dicendo  che  essa  consiste  neUa  eonvinstooe 
h  più  completa  della  sicnreiza  di  coi  può  ciascuno  andar 
eerto  (S).  Paoletti  addentrandosi  più  intimamente  nella  que- 
stione «  lamenta  del  mal  vezxo  degli  scrittori  politici  mo- 
derni di  non  parlare  che  del  commercio  e  del  denaro  co- 
me  dei  soli  mezzi  atti  ad  arricchire  lo  Stato,  mentre  gli 
antichi  parlavano  sempre  dei  costumi  e  delle  virtù  (3).  L'e- 
lemento umano  e  politico  che  gli  scrittori  moderni   hanno 


(4^  Ecco  le  parole  di  Geno?esi  :  «  Ma  la  arti  doo  iorìseonoy 
do?c  non  sì  lascia  la  libertà  agli  artisti.  •  •  Qodl'  opprimere  lo  spi- 
rilo de'  cooladioi,  de'  putori»  degli  artisti  :  quel  vessarli  per  ogoi 
dove:  qoeir attraversare  con  ostacoli  losaperabili  il  coaunercio  è, 
a  pensarla  diritta,  iodebolire  i  foodaoienti  della  clrile  grandezza  »• 

(2)  Pietro  Verri  nella,  medltaiione  37  cosi  scrireva:  «  Fa  duopo 
procurare  agli  abitanti  nn'  intima  persnasione  della  sicurezza  pro- 
pria, nel  cbe  solo  consiste  la  libertà  cirile  ■». 

E  nel  trattato  dell'  annona  soggiungerà  :  «  Assodare  la  pro- 
prietày  preziosissimo  bene  dell'  uomo  sociale*  Procurare  agli  abitanti 
la  maggior  possibile  persuasione  della  propria  sicurezza  »  nel  che 
solo  consiste  la  libertà  civile  ». 

(3)  Paoletti  cori  scrireva  :  «  I  moderni  politici  non  parlano  cbe 
di  commercio  e  di  denaro  :  conviene  sovente  rammentarsi  della  ma* 
olerà  di  pensare  dei  politici  antichi,  i  quali  parlarano  sempre  dei 
costumi  e  della  virtù,  due  cose  troppo  essenziali  per  cosliluire  ve- 
ramente ricchi,  abbondanti  e  felici  gli  imperi.  —  11  primo  e  più 
gran  fondamento  delle  arti»  dell'opulenza  e  della  felicitò  di  una  na- 
zione sono  certamente  le  intellettuali  e  le  morali  Tirlù.  L'ignoranza 
ed  il  vizio  tendono  a  deteriorare  neir  uomo  la  forza  dell'  animo  e 
delle  membra,  e  quindi  a  precludere  la  ria  della  sapienza  e  delle 
arti  che  ne  son  figlie,  n  costume  dunque  e  la  yirtù  sono  il  più 
gran  mezzo  che  possono  adoperare  i  sorrani  per  far  fiorire  le  arti, 
per  accrescere  l'industria,  per  promuovere  le  utili  fatiche,  per  mol- 
liplieare  le  entrate  della  società  ». 


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forse  troppo  negleuo,  tenne  in  ^eoe  e  sempre  occnpato  un; 
larghissimo  posto  nelle  preocoupasiooi  della  scienza  ita- 
liana. 

il  conte  Pecohio  fece  un'  osservazione  ingegnosa  ed  è 
questa:  i  sistemi  recano  sempre  Timproota  del  paese  e  del 
tempo  in  cui  vengono  elaborati.  Quando  si  trattata  di  pre- 
sentare un  tal  genere  di  lavoro  come  superiore  ad  ogni  al- 
tro, per  farne  il  fondamento  di  qualche  nuova  dottrina,  i 
pensatori  trovavansi  loro  malgrado  preoccupali  dallo  spet- 
tacolo che  presentava  il  loro  proprio  paese ,  e  ciò  diede 
motivo  a  gravi  divergenze  nello  sviluppo  delle  dottrine  eco- 
nomiche. In  Italia,  a  cagion  d'esempio,  la  divisione  delle 
terre  tenne  divise  le  opinioni  su  alcuni  punti  della  scien- 
za. I  toscani  PaoietU  e  Bandini  ed  il  lombardo  Beccaria 
fecero  pendere  la  bilancia  per  la  produzione  rurale,  men- 
tre Galeani,  Palmieri  e  Genovesi,  come  siciliani,  raccoman- 
davano il  commercio  esteriore,  e  Zanon  ed  Àlgarotti  che  ap- 
partenevano all'industriosa  Venezia  mettevano  in  eyidenza  i 
vantaggi  del  sistema  manufatluriero. 

Questi  scrittori  staccandosi  dai  pregiudizi!  e  dalle  prati- 
che consacrate  da  vecchie  abitudini  seppero  elevarsi  ai  prin- 
cipi! generali  per  distruggere  gli  abusi  prevalenti:  mentre, 
commercio  de'  grani,  finanze,  imposte,  roani  morte,  primo- 
geniture, monopoli!  d'ogni  genere,  sono  i  principali  argo- 
menti degli  studi  profondi  ed  acuti  degli  economisti  italiani , 
e  delle  loro  idee  di  riforma. 

Noi  non  possiamo  passare  sotto  silenzio  questi  nobili  sforzi 
degli  scrittori  italiani. 

L'arcidiacono  Bandini  (nato  :^  Siena  nel  4677  e  morto 
nel  4760)  scrisse  nell'anno  4732  il  suo  Decorso  economico^ 
il  quale  non  vide  la  luce  che  nel  4775.  Vi  si  scorgono  le 
idee. che  danno  all'A.  il  merito  delle  priorità  delle  dottrine 
fisiocraliche,  come  seppe  dimostrarlo  Corani  nell'atto  stesso 
che  dichiarava  non  aver  avuto  né  Quesnay ,  né  i  suoi  di- 
scepoli conoscenza  alcuna  degli  scritti  di  Bandini.  Bisogna, 


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egli  scriveva,  .lasciar  operare  la  natura,  e  non  avere  per 
nonna  che  le  leggi  più  semplici  (4).  La  libertà  favorisce  ad 
un  tempo  e  la  giusta  rimunerazione  del  produttore  e  l'ab- 
bondanza dei  prodotti:  essa  deve  porsi  in  pratica^  special; 
mente  per  il  commercio  dei  grani.  Alla  per6ne  non  è  gih 
l'abbondanza  del  denaro,  ma  ò  la  circolazione  rapida  dei 
valori  ciò  che  aumenta  la  ricchezza.  Un  tizzone  che  si  fac- 
cia circolare  rapidamente  traccia  un  circolo  di  luce:  cosi 
pure  una  somma  di  numerario  che  circoli  rapidissima,  quasi 
ne  moltiplica  il  valore.  Un  solo  scudo  passato  in  un  attimo 
in  cento  mani  fa  Tofficio  di  cento  scudi. 

Lo  spettacolo  di  desolazione  delle  Maremme  toscane  fe- 
cero diventare  economista  il  canonico  Baodini.  Egli  com- 
prese la  potenza  delle  franchigie  economiche  come  si  com- 
prende la  necessità  dell'aria  pura  per  un  povero  ammalato; 
e  piò  felice  de'  suoi  antecessori  potè  far  adottare  le  sue 
idee  di  riforma.  I  suoi  consigli  confermati  ed  avvalorati  dal- 
ringegnere  Ximenes,  furotio  accolli  dal  gran  duca  di  To- 
scana Leopoldo ,  e  questi  fece  trasformare  quella  regione 
malsana,  povera  e  desolata,  in  un  paese  agricolo,  prospero 
ed  industrioso.  Batidini  levò  energicamente  la  voce  anche 
per  combattere  i  vecchi  pregiudizii  che  condannavano  il  li* 
bero  commercio  dei  grani,  e  sotto  l'impero  delle  idee  che 
egli  ebbe  la  gloria  di  sviluppare  e  la  fortuna  di  vedere 
accolte,  egli  aperse  alla  sua  patria  una  nuova  era  di  pro- 
sperità. La  sua  vita  non  durò  tanto  tempo  per  poter  con- 
templare egli  stesso  la  mirabile  riuscita  delle  sue  pratiche 
dottrine;  e  fu  come  tanti  altri  uomini  benemeriti  che  giu- 
sta la  frase  di  Bacone  divennero  t  benefattori  della  po^ 
steri td. 


(I)  «  Deve  lasciarsi»  così  il  Banditi,  operar  la  natura:  occor- 
rono poche  leggi,  e  queste  semplici  ed  a  portata  di  pastori  e  di 
agricoltori  :  bisogna  ristorare  II  cuore  con  qualche  respiro  di  li- 
l>erlày  perchè  prosperi  il  mondo  civile  ». 


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80 

Gli  economisii  franeesi  ebbero  anch*  essi  il  merito  d*  e- 
sporre  con  una  grande  potensa  di  deduzione  ed  un  amore 
coraggioso  del  pubblico  bene  i  principti  stali  prima  di  loro 
scoperti  e  meditati  da  Bandini  (4).  La  loro  gloria  legil* 
lima  non  deve  però  far  dimenticare  i  servigi  più  modesU, 
ma  non  meno  meri  torli  del  dotto  italiano,      {Camtìnua). 


latorM»  Alto  feaidAat^Hie  di  aia^Te  aMteal^Bl  pep 
ta  elAMie  •per»J»  Ibi  ■Ulam»  %  Memorìa  di  Olii* 
SBPPe  SACCHI  (»>• 

L 

Lia  prima  idea  di  istituire  in  Europa  una  radicale  riforma 
nelle  abitazioni  della  popolazione  operaja  è  dovuta  ad  En- 
rico Roberts,  architetto  onorario  dell'  Associazione  pel  mi- 
glioramento delia  condizione  delle  classi  artiere  in  Inghil- 
lerra. 

Tutti  conoscono  il  pessimo  slato  in  cui  erano  tenute  le 
abitazioni  del  popolo  bracciante  nel  britannico  regno.  La  pò- 
verta  massima  da  una  parte  ed  una  intemperante  avidità  dì 
lucro  dair  altra,  fecero  si  che  in  quasi  tutte  le  città  mani- 
fotturiere  dell*  Inghilterra ,  non  eccettuata  la  stessa  Londra, 
non  si  avevano  per  gli  operai  case  abitabili,  ma  piuttosto 
antri  e  peggio  fogne  pestilenziali.  In  umide  cantine  od  in 
luridi  solaj  erano  per  lo  più  costrette  a  vegetare,  o  per  dir 
meglio  a  morire  migliaja  e  migliaja  di  povere  famiglie  che 

(1)  Gli  scritti  di  Quesnay  risalgono  all'anno  i758. 1  suoi  articoli  sui 
ironie  sa  i/ermier< pubblicati  nel  4786  oeir Enciclopedia  destarono 
una  grande  impressione. 

(2)  Questa  Memoria  venne  comunicata  all'Accademia  fisio-me- 
dico-stalistica  nella  seduta  del  5'fcbbrajo  i859. 


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81 
consumavaDO  la  loro  vita  nel  più  suchIo  leszo.  Non  aria , 
Doo  luce,  non  coofoni  di  aleun  genere  ^  e  quel  che  è  più 
non  si  avevano  neppure  coperti  i  poni  neri  i  quali  traman- 
davano  per  tuue  le  abitazioni  incomportabili  miasmi  che 
cagionavano  spesso  esizialissimi  contagi. 

Una  aocieià  6lantro|>ica  notri  il  caritatevole  pensiero  di 
ricostruire  di  nuovo  le  abitazioni  per  gli  operai.  Essa  ottenne 
dal  Parlamento  briunnico  il  diritto  di  espropriazione  per 
titolo  di  utilità  pubblica  e  valendosi  dell' opera  benemerita 
deir  architeuo  Roberta,  sostituì  in  Londra  stessa  ai  quartieri 
più  sozzi  e  malsani,  edifici  affatto  nuovi  costruiti  con  tutte 
le  norme  consigliate  dalla  igiene  pubblica  e  dall'arte  edi* 
lizia  applicata  a  ciò  che  gli  inglesi  chiamano  comfort:  pre* 
disponendo  in  tal  modo  anche  pei  poveri  tutti  quegli  agi 
che  sono  compatibili  col  buon  mercato  e  che  sono  attinti 
alle  inspirazioni  affettuose  se  non  del  viver  lieto  almeno 
del  viver  bene. 

Dopo  dodici  anni  di  esperimenti,  credette  Enrico  Ro- 
berts  di  raccomandare  questo  suo  caritatevole  pensiero  an* 
efae  alle  cittk  continentali.  Chi  regge  la  cosa  pubblica  in 
Francia  fece  riprodurre  con  appositi  disegni  i  rapporti  in- 
viati dall' archiietlo  britannico,  e  nell'anno  4851  si  mise  a 
disposizione  di  associazioni  filantropiche  il  cospicuo  capitale 
di  dieci  milioni  di  franchi  per  la  costruzione  a  Parigi  ed 
altrove  di  nuovi  quartieri  per  1'  abitazione  degli  operaj , 
a  cui  ai  diede  anche  il  titolo*  un  pò  fastoso  di  cités  oif* 
vrières.  Si  accolse  da  principio  coli'  entusiasmo  .  tutto  prò* 
prìo  de'  parigini  il  generoso  pensiero,  e  si  cominciò  a  tentar 
qualche  cosa,  ma  la  cupidigia  del  lucro  soffocò  ben  presto 
le  più  nobili  aspirazioni,  e  pochi  si  approffittarono  della  li- 
berale offerta  de' capitali  stata  fatta  dal  governo,  non  vo* 
lendosi  accettarne  le  condizioni,  le  quali  erano  dirette  allo 
scopo  di  procurare  alle  fiimiglie  opcraje  abitazioni  al  mas- 
simo buon  mercato. 

Il  pensiero  però  parve  buono  a  tutti  quelli  che  amano 


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32 

il  bene,  e  le  intraprese  di  Roberls  formarono  argomento  dì 
una  animata  diseussiehe  in  seno  al  primo  Congresso  inter- 
nazionale di  beneficenza  ehe  si  tenne  a  Brusselles  nell'anno 
4852.  Fu  allora  deliberalo  di  diffondere  dappertutto  i  piani 
deir  architetto  britannico,  e  di  tentarne  l'introduzione  in 
varie  contrade  d' Europa ,  per  farne  soggetto  di  nuovi  di- 
boitimenti  in  un  successivo  Congresso. 

Questo  infatti  si  tenne  a  Brusselles  nell'  anno  1856,  e  si 
raccolsero  da  tutte  le  parti  d' Europa  le  notizie  su  i  miglio- 
ramenti edilizj  che  nel  precedente  quinquennio  erano  stati 
inrrapresi  e  furono  comp'endiate  in  un  coscienzioso  rapporto 
che  fece  al  Congresso  medesimo  Y  economista  francese  Emi- 
lio Miller.  Eccone  il  sunto: 

Lo  stesso  Roberta  e  l' altro  inglese  Wards  riferirono  che 
una  nuova  Società^  col  titolo  di  Salopian  society ^  si  era  co- 
stituita a  Londra  con  un  capitale  sociale  di  due  milioni  e 
mezzo  di  franchi  pe^^  erigere  nuove  case  modello  per  gli 
opera],  e  tanto  avevano  queste  giovato  alla  salute  degli  abi- 
tanti che  su  5000  persone  ehe  già  in  esse  alloggiavano,  non 
si  aveva  da  qualche  anno  che  la  jnortaliià  di  43  su  mille, 
mentre  negli  altri  quartieri  poveri  la  mortalità  era  più  del 
doppio. 

In  Francia,  se  non  a  Parigi,  aveva  T  istituzione  dato  già 
prosperi  risultati  a  Lilla  ed  a  Mulhouse.  In  ques'  ultima  città 
si  contavano  già  300  abitazioni  costruite  col  nuovo  meto- 
do. Erano  desse  piccole  cas#  composte  di  un  pian  terreno 
e  di  un  primo  piano  con  un  solajo.  Nel  pian  terreno  vi  ave- 
vano due  camere  ed  una  cucina  e  nel  piano  superiore 
quattro  camere  da  letto.  Ad  ogni  casa  era  annesso  un  or- 
ticello dell'estensione  dai  420  ai  435  metri  di  superficie. 
Vicino  a  questi  gruppi  di  case  vi  aveva  un  pubblico  lava- 
(ojo  ed  un  asciugatojo  per  il  bucato,  al  prezzo  di  5 
centesimi  per  ogni  due  ore  di  lavoro:  uno  stabilimento  di 
bugni  a  20  centesimi:  una  cucina  pubblica  a  prèzzi  fissi, 
ohe  dava  a  5  centesimi  una  zuppa  e  per  40  centesimi  un 


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83 
piatto:  UD  fondaco  di  droghe  e  commestibili  a  prezzi  mo- 
dici  ed  QQ  magazzeno  di  abiti  falli.  Alle  famiglie  che  aspi- 
rsraDO  di  abitare  nella  dté  ouvrtere,  si  offrivano  due  par- 
titi: o  di  rendersi  proprietario  della  loro  nuova  casuccia, 
o  dì  esseme  affitluarj.  Per  chi  amava  acquistarsi  la  casa , 
il  eoi  prezzo  variava  dai  4900  franchi  ai  3000  franchi ,  si 
imponeva  la  condizione  di  pagare  dai  300  ai  500  franchi 
air  atto  del  contralto,  e  di  estinguere  rateatamente  il  debito 
eoo  pagamenti  mensili  dai  34  ai  30  fracchi,  A  chi  preferiva 
di  abitar  la  oasa  come  Inquilino  si  impóneva  il  fitto  in  ra- 
gione di  14  a  46  franchi  al  mese. 

La  società  ohe  aveva  eretta  la  ette  oumère  andava  rim- 
borsandosi dei  capitali  e  sovr'essi  intanto  pen^epiva  un  in- 
teresse del  4  per  400;  e  chi  l'abitava  andava  acquistando 
le  abitodini  previdenti  del  proprietario,  e  le  ore  dapprima 
perdute  all'osieria,  erano  invece  impiegate  utilmente  in  la- 
vori di  orticoltura. 

Un  eguale  risultamento  si  aveva  dalle  dtéi  otivrières  di 
Lilla  ove  si  davano  agli  operai  abitazioni  nuove  e  sane, 
composte  di  quattro  camere,  due  a  pian  terreno  e  due  a 
primo  piano,  oltre  un  giardino,  per  la  modica  pigione  an- 
nua di  420  franchi,  pagabili  in  rate  di  lire  40  al  mese. 

L'istituzione  aveva  già  preso  radice  nel  Belgio,  ove  la 
cosi  detta  Casta  di  previdenza  aveva  già  fatto  costruire  va- 
rie case  per  le  famiglie  de'  capi  operai  e  le  rivendeva  fa- 
cendo a  questi  pagare  il  quarto  del  prezzo  all'atto  del  con- 
tratto, e  gli  altri  tre  quarti  vennero  ripartiti  pel  periodo  di 
otto  anni  e  in  tante  rate  mensili. 

In  Olanda  una  Società  filantropica  aveva  comperato  a 
Groninga  uno  dei  quartieri  più  poveri  e  su  quell'area  aveva 
costrutto  cento  piccole  case.  Le  famiglie  che  le  abitano  pa- 
lpano per  settimana  da  un  franco  e  5  cent  a  un  franco  e 
26  cent,  di  pigione.  La  condizione  igienica  di  quelle  case  e 
l'essere  separate  l'una  dall'altra,  ha  fatto  si  che  durante  le 

àmxu.  StoHeUoa.  voi.  XXI,  eerie  I.*  S 


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34 

invasioni  del  cholera  che  dal  4845  al  4856  flagellò  per  cin- 
que volte  la  città  di  GroDioga,  non  si  ebbe  in  queste  case 
modello  che  un  solo  caso  di  cholera. 

in  quattro  città  della  Gerniania  s'introdusse  quésto  nuovo 
sistema.  A  Berlino  si  contano  già  42  case  modello  che  con- 
tengono da  8  a  42  abitazioni  per  ciascunia.  A  Brema  si  co- 
strussero  60  case  di  legno  ad  uso  dei  chalets  svizzeri,  ed 
in  ciascuna  di  esse  abita  una  fan^iglia.  A  Brandeburgo  si 
eressero  sei  case  con  otto  abitazioni  per  ciascuna  casa,  ed 
à  Koenisberg  si  edificò  per  esperimento  una  prima  casa  per 
sei  abitazioni. 

Ha  dove  l'istituzione  prese  un  più  largo  sviluppo  Ai  ia 
Danimarca.  Da  un'accurata  relazione  pubblicata  dal  oonsi* 
gliore  di  Suto  Carlo  David  potemmo  raccogliere  che  ivi  il 
Governo  pubblicò  una  legge  generale  che  stabilisce  le  con* 
dizioni  normali  che  devoqo  avere  le  abitazioni  pel  povero, 
e  prescrìsse  persino  l'altezza  d'ogni  camera  ed  il  suo  aerea- 
mento.  Nella  sola  Copenaghen  si  contano  già  due  città  ope- 
raie. Quella  di  Christianyhavn  e  quella  dell'est.  La  prima 
si  compone  di  due  grandi  edifici  che  contengono  per  ca- 
dauno 36  abitazioni  per  operai  con  famiglia  e  6  per  operai 
celibi.  Ivi  abitano  già  174  persone  compresi  87  fanciuiru 
Esse  pagano  per  tre  camere,  compresa  la  cucina,  dai  420 
ai  492  franchi  all'anno  di  fitto,  ed  hanno  dai  2200  ai 
2500  piedi  cubici  di  spazio  aereato.  11  secondo  quartiere 
posto  nei  sobborghi  orientali  della  città  conta  sette  grandi 
edifici,  in  ognuno  dei  quali  si  hanno  25  abitazioni  per  ope- 
rai con  famiglia  e  6  per  jselibi.  Ogni  inquilino  ha  due  ca- 
mere da  letto,  una  cucina,  un  solajo  ed  un  piccolo  giardino. 
La  pigione  è  dai  400  ai  440  franchi  all'anno.  Vi  ha  annesso 
un  pubblico  lavatojo. 

Ognuno  di  questi  edifici  costò  45,000  franchi.  Il  Go- 
verno dichiarò  esenti  queste  proprietà  dai  pesi  pubblici,  e 
il  municipio  le  sollevò  anche  dalle  gravezze  comunali.  Le 
pigioni  danno  un  reddito   di  22,000  franchi  all'anno.  Con 


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qMsCo  reddito  si  sostengono  le  riparasìoni,  si  paga  su  i  ca- 
pitali Finteresse  del  4  per  100  e  si  ammortixza  ogni  anno 
il  debito  delle  spese  di  costruzione. 

n  risultato  igienico  delle  due  cittk  operaie  di  Copena- 
l^eo  fa  quello  di  aver  dato,  in  occasione  di  malattie  epide- 
micbe,  la  mortalità  dell*  8  per  100,  mentre  negli  altri  quar- 
tieri essa  fu  del  46  per  100;  e  riguardo  alla  mortalità  dei 
bneiulli  essa  fu  del  IS  per  100  nelle  città  operaie  e  del 
S6  per  100  altrove. 

Anche  a  Stoccolma,  in  Isvezia,  si  contano  già  13  edifici 
modello  per  alloggiarvi  1800  operai. 

n  pensiero  della  costnizione  di  nuove  c^se  per  gli  ope* 
rai  fu  dagli  inglesi  trasferito  sino  alla  lontana  Australia ,  e 
Tardità  razza  anglo-sassone  ne  fece  già  un'amplissima  appli- 
cazione negli  Stati  Uniti  d'America. 

IL 

In  base  a  cosi  latte  notizie  il  Congresso  di  beneficenza 
di  Brasselles,  adouava  alcune  pratiche  conclusioni. 

Scelta  del  locale.  —  Prima  di  tutto  dev'essere  salubre; 
il  terreno  scelto  deve  poter  fornire  acque  sane  ed  abbon- 
danti quando  non  si  possa  disporre  d'un  condotto  speciale, 
o  dev'  essere  suscettibile  di  ricevere  gli  scoli. 

Anche  l'esposizione  è  un  punto  importante  e  sì  deve 
possibilmente  evitare  di  porre  le  camere  principali  all't^spo- 
sizione  del  nord. 

Disposizione  delle  case.  —  Se  si  tratta  di  case  isolale 
o  di  case  a  terrapieni ,  grandi  o  piccole ,  la  prima  condi- 
zione è  quella  di  dare  la  parte  più  grande  alla  ventilazione 
ed  alla  luce.  Le  vie  senza  uscita  che  impediscono  la  libera 
circolazione  dell'aria  dovranno  essere  evitate. 

Ma  sovra  questo  primo  punto  havvi  una  questione  da 
decidere. 

Qual'è  il  sistema  preferibile?  Qual'è  il  consiglio  che  può 
darci  l'esperienza? 


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36 

È  evidente  che  il  sistema  preferibile  è  quello  che  con* 
siste  nel  costruire  una  casa  per  ogni  famiglia,  sia  isolata  o 
vicina  ad  altre  sotto  un  tetto  comune,  e  aggiungervi  un 
giardino;  ma  non  è  possibile  di  adottare  questo  sistema  in 
tutte  le  località  e  nei  grandi  centri  di  popolazione  soprat*» 
tutto^  ove  i  terreni  sono  sovente  a  prezzi  molto  elevati. 

Quando  le  considerazioni  finanziarie  non  permettono  di 
adottare  queste  disposizioni  si  vantaggiose  per  Toperajo,  bi- 
sogna scegliere  i  grandi  fabbricati  o  quartieri  operai ,  op- 
pure  il  restauro  o  la  ricostruzione  delle  case  già  esistenti. 
Ed  è  quest'ultimo  mezzo  che  a  nostro  parere  sarebbe  il  più 
fecondo  di  felici  insultati;  esso  non  ferisce  il  sentimento  di 
amor  proprio  cosi  vivo  sotto  la  blouse  deiroperajo  che  gii 
rende  antipatica  ogni  istituzione  che  sembri  destinata  a  con* 
finarlo  in  un  quartiere  isolato.  Miglioriamo  adunque  le  case 
già  costruite,  riprendiamo  tostamente  quelle  abbandonate  da 
coloro  che  vanno  ad  abitare  le  case  nuove,  e  se  sono  indi- 
spensabili nuovi  lavori  eseguiamoli  di  preferenza  in  tutti  i 
quartieri  della  città ,  conformandoci  alle  regole  conosciute 
d' igiene,  ed  evitando  più  che  sia  possibile  ogni  comunica* 
zione  interna  fVa  le  diverse  abitazioni. 

Quando  infine  alcune  considerazioni  particolari  faranno 
scegliere  il  sistema  dei  grandi  fabbricati,  il  miglior  piano  a 
seguirsi  è  quello  che  presenta  la  casa  costrutta  per  54  fa- 
miglie, in  Strealhhm'Streetf  \  Londra.  Noi  vogliamo  parlare 
del  sistema  a  gallerie  o  corridoi  esterni.    . 

Gran  parte  degli  inconvenienti  scompaiono  in  fatti  con 
questa  disposizione,  la  scala  è  posta  esteriormente,  i  corri- 
doi sono  sovrapposti  ed  aperti;  ogni  abitazione  per  mezzo 
di  piccoli  vestiboli  dà  su  queste  gallerie.  L'aria  circola  li- 
beramente dappertutto,  ed  uscito  di  casa  propria  il  locata*» 
rio  incontra  il  suo  vicino  come  lo  incontrerebbe  in  istrada* 

In  ciò  è  forse  interessante  Tavvenire,  che  le  contribuì 
zioni  che  in  Inghilterra  erano  proporzionate  al  numero  ed 
alla  dimensione  delle  finestre,  sono  ora  ridotte  alla  dimen- 


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37 
sione  delle  case.  Pei  vivi  reclami  del  Comitato  d'  ammini- 
strazione le  case  che  c'interessano,  ogni  abitazione  fu  con- 
siderata dal  fisco  come  una  casa  piccola  e  le  contribuzioni 
sono  perciò  di  poca  importanza. 

Larghezza  delle  contrade.  —  Le  amministrazioni  pub- 
Micbe  dovrebbero  fissare  dappertutto  la  larghezza  delle  con-» 
trade.  Vi  sono  dei  gravi  molivi  per  isperare  che  severe  de- 
cisioni saranno  prese  su  questo  argomento* 

Due  casi  basteranno  per  far  comprendere  1*  importanza 
di  questa  misura.  Perchè  il  cbolera  a  Parigi  nelle  contrae 
de  strette  diede  33  morti  sopra  4000  abitanti,  mentre  che 
nelle  contrade  ariose  non  ve  ne  furono  che  é9  sopra 
1000? 

A  Genova  nell'  ultiipa  invasione  del  cbotera  che  vi  ha 
iatlo  una  strage  spaventevole,  la  città  ha  speso  somme  con-* 
siderevoli  per.  soccorrere  particolarmente  gli  abitanti  dei 
quartieri  posti  in  contrade  anguste» 

Orli  e  giardini.  —  L'esperienza  ci  ha  fatto  apprendere 
che  la  superficie  d'un  giardino  od  orto  per  una  famiglia 
può  variare  dai.  430  ai  480  metri  quadrati.  Queste  di- 
mensioni permettono  la  coltura  e  la  cura  del  giardino  per 
una  sola  famìglia. 

Sovente  intorno  a  queste  case  si  stabiliscono  incassamenti 
di  terra  formanti  delle  ajuole;  essi  devono  essere  evitati 
come  attraenti  l'umidità»  Si  collocheranno  invece  dei  pendj 
lastricati  per  allontanare  le  acque  dai  fondamenti. 

Scelta  dei  materiali.  —  Non  vi  è  una  regola  particeli  re 
da  prescrivere  su  questo  punto.  1  materiali  dipendono  dal 
paese.  La  dimensione  dei  muri  dipende  dal  suolo  e  questi 
variano  secondò  il  piano  di  costruzione. 

I  dettagli  d'esecuzione  sono  conosciuti  da  tutti  i  costrut- 
tori. Noi  insistiamo  però  particolarmente  sopra  l'importanza 
di  separare  i  fondamenti  del  muro  in  elevazione  con  un 
letto  di  terra  d' ardesia  posto  nel  cemento ,  d'  asfalto  o  di 
qualche  altro  materiale  capace  d'impedire  l'umidità. 


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88 

Noi  abbiamo  arioora  qualche  osaenraiioDe  da  Ciré  sopm 
i  muri  io  canoa  decorati  eoi  nome  di  ehaleis  e  che  a  pri- 
mo incontro  seducono. 

In  ciò  il  signor  Roberts  disse  che  incessanti  inchicÉte 
gli  furono  fatte  in  Isviuera  onde  fiir  abbandonare  questo 
sistema  che  non  resiste  ad  un  serio  esame.  Noi  tutti  infatti 
sappiamo  quanto  durino  queste  leggiere  costruzioni,  che  do- 
po breve  tempo  esigono  molte  riparazioni  senza  parlare  de- 
gt*  inconvenienti  inerenti  airìmpiego  esclusivo  della  legna  » 
air  allignarvi  insetti  nocivi ,  al  pericolo  d*  incendio  e  si- 
mili. 

JPaoimenH.  —  Generalmente  le  abitazioni  a  pian  terre» 
no,  senza  cantine,  sono  malsane. 

In  molle  circosuinze  venne  impiegata  una  disposizione 
particolare  che  diede  ottimo  risultato  e  che  riesce  utile  di 
qui  accennare. 

II  suolo  si  tiene  alla  distanza  di  50  centimetri  dal  basso 
airallo  della  linea  del  pavimento  sopra  questo  suole,  si 
stabilisce  un  sistema  continuo  di  canalizzazione,  formato  di 
un  seguito  di  piccoli  cordoni  di  ammattonato  a  forme  con- 
vesse sopra  i  quali  si  adagiano  dei  travicelli  in  quercia  od 
in  abete  che  ricevono  alla  loro  volu  il  pavimento.    . 

Questa  canalizzazione  serpeggia  sotto  il  pavimento  e  ter- 
'mina  da  una  parte  con  un'  apertura  estema  o  se  si  vuole 
con  una  bocca  di  ventilazione. 

Essa  impedisce  Tumidith  che  putrefa;  tre  o  quattro  volle 
airénno  si  ardono  air  apertura  esterna  alcune  materie  che 
possono  produrre  un  denso  fumo  e  si  affogano  cosi  gli  ani- 
mali e  gli  insetti   nocivi. 

Neir  inverno  Y  apertura  estema  rimane  chiusa,  e  V  aria 
calda  e  viziata  della  camera  sarà  condotta  sotto  il  pavimento 
che  si  manterrà  con  un  calore  sensibile. 

Ecco  ciò  che  possiam  dire  sul  modo  di  render  sani  i 
piani  terreni,  e  sulla  conservazione  dei  pavimenti. 

Ventilasione.  —  Al  mezzo  indicato  nel  paragrafo  che 


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89 
preeede  tioi  crediamo  utile  di  aggiongere  i  consigli  che  il 
signor  Roberts  ha  raccolti  in  tra  libro  che  fu  distribuito  al 
Congresso  e  che  il  suo  autore  ha  intitolato:  Riforma  dome^ 
iikOj  fw^ero  consigli  dia  eUase  operaja. 

Noi  diremo  ancora  che  si  ottiene  un  risultato  soddisfa- 
cente per  la  ventilasione,  mettendo  nei  muri  d'ogni  camera 
dei  eamini  di  richiamo  costeggiami  i  funnijuoli  o  riunendoli 
più  ih  alto. 

Sopra  Vargomento  tanto  importante  della  ventilazione,  il 
signor  di  Vaux,  ispettore  generale  delle  miniere  del  Belgio, 
ha  comunicata  Tidea  di  determinare  una  ventilazione  mec- 
canica, eguale  a  quella  che  si  pratica  per  dar  aria  alle  gal- 
lerìe sotterranee. 

Premesse  queste  conclusioni  di  carattere  tutto  fabbrile 
noi  dobbiamo  far  noto  che  due  sistemi  si  presentano  nella 
costruzione  delle  cosi  dette  dita  operaje;  e  riguardano  tanto 
la  parte  edilizia  come  la  parte  economica. 

Riguardo  alla  parte  edilizia  è  da  discutersi  se  meglio 
convengano  i  grandi  od  i  piccoli  ediflci.  I  primi  contengono 
de'  quartieri  vasti  con  più  abitazioni,  ed  i  secondi  non  ser* 
vono  che  per  una  sola  famiglia. 

Se  si  considera  il  bisogno  di  avere  accumulate  molte  fa- 
miglie io  poco  spazio,  convengono  le  grandi  costruzioni;  e 
per  esse  si  propongono  edifici  che  presentino  molti  accessi 
e  lunghi  corridoi  a  logge  bene  aereate  per  dare  la  maggior 
libertà  ed  il  maggior  comodo  a  chi  li  abita.  Gli  architetti 
devono  in  cosiffatti  edifici  largheggiare  di  tutti  que'  ripieghi 
che  Parte  edilizia  consiglia,  perchè  le  famiglie  che  coabitano 
possano  bensì  cordialmente  convivere,  ma  non  imporsi  ser- 
vitù reciproche. 

Se  poi  si  può  disporre  di  maggior  spazio ,  e  se  si  ha 
riguardo  al  pensiero  di  dare  ad  ogni  fiimiglia  la  spontaneità 
e  diremo  anche  fintimitb  della  vita  casalinga  conviene  pre* 
ferire  ai  grandi  quartieri  la  costruzione  di  piccole  casucce 
staccate  l'una  dall'altra  con  tutti  i  conforti  del  cosi  detto 
chalet  svizzero. 


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40 

Sia  nell'uno  che  nell'aliro  sisiema  si  dà  una  grande  im- 
portanza  all'aggiunta  di  piccoli  orticelli  per  inspirare  neli*ar- 
tigiano  raSètto  semplice  della  orticoltura,  e  se  volete  anche 
del  giardinaggio  che  lo  svia  dalla  vita  della  taverna. 

Si  riconosce  pure  come  indispensabile  condizione  delle 
città  operaje,  quella  dei  pubblici  lavato]  ed  asciugato]  per 
la  mondezza  della  persona. 

Riguardo  alla  parte  economica  sorgono  gravi  difficoltà  ed 
occorrano  molti  studj  prepi^ratorj. 

In  alcuni  paesi,  e  fra  questi  citiamo  T  Inghilterra  e  la 
Danimarca,  il  Governo  concedette  alle  associazioni  che  eri- 
gono le  città  operaje  il  diritto  dell'espropriazione  forzata 
per  titolo  di  pubblica  utilità,  onde  aver  l'area  che  può  oc- 
correre a  condizioni  eque  e  normali.  Per  far  6orire  queste 
benefiche  istituzioni  si  tennero  anche  esonerate  dalle  pub- 
bliche gravezze  che  sono  per  solito  imposte  sulle  proprietà 
immobili. 

In  Francia  il  Governo  esibì  capitali  a  prestito  gratuito, 
onde  promuovere  cosiffatta  istituzione. 

In  alcuni  paesi,  come  in  Olanda  ed  a  Brema,  i  quartieri 
per  gli  opera]  si  eressero  a  spese  municipali  e  si  ammini- 
strano per  conto  dei  municip]. 

In  altri  paesi  invece  si  prereri  di  erigere  le  città  operd]e 
col  mezzo  di  capitali  raccolti  da  filantropiche  associazioni.  A 
queste  si  potè  corrispondere  l' interesse  annuo  del  4  per  400 
sul  capitale  sborsato,  oltre  un  fondo  di  riserva  pel  succes- 
sivo ammortizzamento. 

La  costruzione  di  queste  nuove  case  venne  in  alcuni 
paesi  fatta  per  conto  e  per  interesse  perpetuo  di  date  asso- 
ciazioni 0  dei  municip],  ed  in  altri  paesi,  invece,  si  anti- 
ciparono le  spese  di  costruzione,  per  rivendere  in  seguito 
le  case  costrutte  ad  opera]  probi  ed  onesti  che  possono  con 
previdenti  risparmj  acquistare  in  un  dato  periodo  di  anni 
la  proprietà  della  loro  abitazione. 

Il  primo  sistema  va  preferito  per  la  costruzione  di  grandi 


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Ai 
edt6ei  che  non  possono  aUrimeoti  ripartirsi,  ed  il  secondo 
può  valere  quando  si  costruiscono  piccole  casuccie  separate. 
Quest'ultimo  sistema  ha  un  Valore  morale,  in  quanto  che 
rende  alFoperajo  tutta  la  dignità  che  è  propria  di  chi  ap- 
partiene al  ceto  de'  piccoli  proprietarj.  Esso  però  offre  l'in- 
conveniente di  far  perdere,  coli' andare  del  tempo,  il  bene- 
fido  delle  buone  condizioni  igienichH ,  giacché  tutti  sanno 
che  le  piccole  case  ereditate  da  piccoli  proprietarj  vanno 
di  anno  in  anno  deperendo  e  finiscono  ad  essere  non  più 
case,  ma  sfasciumi. 

Durante  il  Congresso  brussellese  del  1856  si  eressero 
nella  residenza  del  cosi  detto  museo  di  economia  domestica 
ove  la  nostra  Lombardia  sì  trovò  onorata  fra  le  prime,  duo 
piccole  case  modello  per  gli  óperaj,  e  tutti  ammiravano  in 
que'  campioni  di  edificio  la  semplicità  del  buon  mercato, 
mirabilmente  congiunta  alla  comodità  casalinga.  Ivi  gli  ope- 
ra] potevano  credere  come  si  possa  con  pochi  sagrifici  tro- 
vare l'arte  per  essi  ignota  del  cosi  de^tto  ben  vivere. 

Dopo  le  conclusioni  prese  in  quel  Congresso  speravasi 
che  l'argomento  delle  case  per  gli  operaj  avrebbe  trovato 
un  più  largo  sviluppo  nel  successivo  Congresso  internazio- 
nale di  beneficenza  che  si  tenne  nel  4857  a  Francofone  sul 
Meno.  Ma  le  speranze  fallirono. 

A  quel  Congresso  intervennero  più  utopisti  metafisici  che 
uomini  pratici.  A  tutti  fu  permesso  di  parlare  nella  proprio 
lingua  e  ne  nacque  una  vera  confusione  babelica.  Si  intro- 
dusse di  bel  nuovo  il  tema  delle  città  operaje.  Il  professore 
Stubenrauch  rappresentante  l'impero  austriaco  riferì  fran- 
camente che  sinora  non  erasi  alcuno  occupato  in  Austria 
delle  abitazioni  per  gli  operaj,  od  almeno  nessuno  vi  aveva 
pensato  in  una  maniera  abbastanza  efficace.  Il  solo  beneme- 
rito  Roberts  prese  la  parola  su  questo  argomento  per  an- 
nunziare con  qualche  entusiasmo  che  l'argomento  delle  case 
igieniche  per  gli  operaj  era  divenuto  famigliare  anche  per 
gli  iuliani.  Annunziò  clie  a  Torino  ed  a  Genova  si  stavanp 


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48 

costruendo  case  pel  popolo  con  tutti  i  conforti  igienici;  che 
a  Parma  areta  quel  Governo  promosso  lo  stadio  delP  argo- 
mento e  fiitto  ìvtghe  profferte  per  chi  riducesse  in  atto  un 
cosi  filantropico  pensiero;  e  citò  per  uliiino  con  lodi  spe- 
cialissime im*  operetta  del  marchese  Carlo  Torrigiani  di 
Firenze  intitolata  Ddle  abitaziùni  del  povero^  direiu  appunto 
allo  scopo  di  far  costruire  nuove  case  pel  popolo  operajo 
di  Toscana^  Quel  brav'  uomo  di  Roberts  conchiudeva  il  suo 
rapporto  con  queste  religiose  parole:  ringraziamo  Iddio  del 
ben  fatto  e  prendiamo  coraggio! 

HI. 

Ora  vediamo  se  cosiffatto  argomento  possa  trovare  una 
provvida  applicazione  anche  per  la  città  di  Milano. 

Tutti  sanno  come  al  principio  di  questo  secolo  |a  città 
nostra  non  contava  che  432,000  abitanti;  eppure  pel  nuovo 
alito  di  vita  che  esstf  prese  si  trovò  insufficiente  a  dar 
comodo  alloggio  alle  sue  27,000  famiglie.  Nei  palazzi  de' 
patri/j  furono  in  qualche  parte  anche  ammessi  nuovi  abita- 
tori: gli  edifici  cenobitici  qua  e  là  sparsi  per  la  città  furono 
convertiti  in  vaste  case  d'affitto:  i  poveri  casolari  di  un  solo 
piano  si  tramutarono  in  vasti  quartieri  di  abitazione;  e  su 
aree  inabitate  si  costrusscro  nuovi  edifici.  Mercè  questo  ci- 
vico ingrandimento  si  potè  un  pò  alla  volta  dare  ricetto  alla 
cresciuta  popolazione  che  nell'anno  4857  ammontava  già  al 
vistoso  numero  di  486,685  abitanti  a  stabile  dimora. 

Mercè  le  prowidef  cure  edilizie  che  presero  un  più  ener- 
gico impero  durante  le  ripetute  invasioni  del  contagio  cho- 
lerìco,  le  molte  abitazioni  malsane  che  si  scorgevano  lungo 
i  terraggi  ed  i  borghi  di  porta  Romana  e  Vigentina ,  di 
Porta  Ticinese  e  di  Porta  Comasina,  possono  ormar  dirsi 
scomparse;  ed  Hi  quelle  località  ora  sorgono  vasti  edifiej  a 
piò  piani,  abbastanza  aereati  e  col  sussidio  di  corridoj  e  di 
lunghe  loggie  a  ringhiera  che  tolgono  alle  abitazioni   ser- 


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43 

filù  ineomode  di  passaf^o,  ed  offiroDa  alcune  condizioni 
normaK  di  sanità. 

Ha  quest'opera  di  rieostruzione  non  è  per  anco  gene- 
rale. Si  veggono  ancora  nel  borgo  di  Porta  Comasina»  su  i 
terraggì  di  San  Pietro  in  Campo  Lodtgiafno  e  dei  Ponte  dei 
Fabbri»  nel  locale  della  Vettabbia,  in  quello  della  Vittoria 
e  lungo  ii  cosi  detto  borgo  di  Cittadella,  case,  o  per  dir 
rollio  catapecchie  che  sono  Indegne  di  accogliere  gente 
fiva.  I  nostri  medici  addetti  al  servizio  di  Santa  Corona  de- 
plorano pur  troppo  questa  pessima  condizione  delle  abita- 
zioni pei  poveri  ed  incessantemente  raclamano  una  qualche 
sollecita  e  radicale  provvidenza. 

A  ciò  si  aggiunga  che  Tindustrìa  cresciuta  in  Milano  vi 
attrae  tutto  giorno  dall'attiguo  contado  ed  anche  dall'estero 
un  numero  piuttosto  ingente  di  operai. 

Le  nuove  opere  di  allargamento  intemo  della  cittk  fanno 
demolire  caseggiati  che  davano  alloggio  a  moltissime  fami- 
glie ed  a  cui  è  pur  d'uopo  che  si  provveda. 

L'addensamento  della  popolazione  massimamente  operaja 
ha  nello  acorso  anno  prodotto  per  istantaneo  risultato  che 
nel  giorno  del  San  Michele  si  dovette,  a  cura  del  Munici- 
pio, dar  momentaneo  ricovero  a  molte  famiglie  di  artigiani 
che  non  poterono  trovarsi  alloggio,  ed  a  cui  fu  poi  duopo 
di  sloggiare  dalla  città  per  ritirarsi  nei  sobborghi. 

Sembra  adunque  giunto  il  momento  che  anche  a  Milano 
si  pensi  come  a  Parma,  a  Firenze,  a  Genova  ed  a  Torino 
a  dar  pia  comoda  abitazione  alla  popolazione  operaja  che 
ormai  passa  il  numero  di  settanta  mila  e  costituisce  essa  sola 
una  seconda  città. 

A  cosiffatto  provvedimento  sarebbero  ora  diretti  i  pen- 
sieri e  le  cure  del  benemerito  architetto  professore  Renza- 
nigo.  Egli  da  più  anni  gratuitamente  assiste  le  pie  istitu- 
nont  degli  Asili  di  carità  per  l'infanzia  e  per  la  puerizia, 
ed  il  Pio  istituto  di  Maternità  cogli  annessi  ricoveri  dei  Bam- 
bini lattanti.  Per  una  lunga  sperienza  fatta  egli  conosce  i 


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veri  bisogni  della  popolazione  operaja,  ed  t  conforti  igienici 
che  dovrebbero  alla  medesima  apprestarsi.  Conoscendo  gli 
studi  fatti  altrove  per  la  costruzione  delle  cosi  dette  città 
operaje,  egH  si  profferse  disposto  a  tentarne  la  prova  anche 
per  la  nostra  popolazione.  E  innanzi  trattar  l'ardua  questione 
se  per  la  città  nostra  debbasi  preferire  il  sbtema  dei  grandi 
o  dei  piccoli  edifici  per  le  abitazioni  degli  operai,  egli  co- 
minciò ad  andare  in  cerca  di  un*area  che  potesse  all'uopo 
occorrere.  Dopo  molle  ed  accurate  investigazioni  egli  avrebbe 
trovato  opportune  al  bisogno  due  località  situata  nel  cir- 
cuito delta  parrocchia  di  San  Vittor  grande.  Una  di  queste 
aree  sarebbe  minore  e  giacerebbe  ali*  estremità  dello  stra- 
done di  S.  Vittore  ove  si  ha  Taccesso  ai  baluardi  di  Porta 
Vercellina.  Essa  sarebbe  capace  di  contenere  circa  mille  lo- 
cali«  Un'altra  in  una  assai  più  vasta  ed  un  po'  più  centrale, 
sarebbe  posta  lungo  la  strada  che  circuisce  il  naviglio  dal 
ponte  de'  Fabbri  al  ponte  di  Sant'Ambrogio  e  si  protende- 
rebbe anch'essa  sino  ai  bastioni  da  Porta  Ticinese  a  Porta 
Vercellina.  Quest'area  potrebbe  contenere  circa  3000  locali. 

Tanto  r  una  che  l' altra  delle  due  are.e  occuperebbero 
spazii  ora  ad  uso  di  orti,  e  non  si  avrebbe  a  subire  la  du- 
plice spesa  di  distruggere  per  ricostruire. 

L'area  più  vasta  poi  avrebbe  il  triplice  comodo  di  tro- 
varsi adiacente  ad  un  fossato  che  ora  serve  ad  uso  de*  la- 
vandai e.  vi  si  potrebbe  costruire  un  pubblico  lavatojo  ed 
asciugatojò:  sarebbe  vicinissima  alla  Pia  Gasa  d'industria  e 
di  ricovero  a  San  Vincenzo  per  accogliere  al  lavoro  tutti  i 
poveri  che  ne  avessero  duopo.  E  non  sarebbe  lontana  nep- 
pure ai  molli  opifici  che  sono  collocati  nel  popoloso  quar- 
tiere di  Porta  Ticinese. 

Dal  lato  poi  del  pubblico  decoro ,  il  divisato  quartiere 
per  gli  operai  aprirebbe  una  nuova  strada  rettilinea  che 
dalla  piazza  del  Castello  condurrebbe  sino  al  baluardo  di 
Porta  Ticinese  e  darebbe  alla  città  nuovo  lustro  prospet* 
lieo. 


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45 

Trovata  cosi  Tarea,  rimangono  ora  ad  esaurirsi  i  più  im- 
portaoti  studi. 

E  innanzi  tutto  è  necessario  per  la  città  nostra  i)  co- 
struire nuove  abitazioni  igieniche  per  la  classe  operaja? 

Cosiffatte  costruzioni  debbono  lasciarsi  alla  libertà  di  pri- 
vali speculatori ,  o  pure  essere  eseguite  a  cura  di  una  as- 
sociazione di  utilità  pubblica? 

II  Municipio  dovrebbe  assumere  l'iniziativa,  o  concorrervi 
eoi  suo  autorevole  e  provvido  patrocinio? 

Le  case  da  costruirsi  debbono  essere  erette  col  sistema 
dei  grandi  edifici  a  più  abitazioni ,  o  dei  piccoli  edifici 
isolati? 

Devono  queste  case  darsi  in  affitto  o  rivendersi  a  prezzo 
di  costo  ed  a  rate  ripartite? 

Allo  scioglimento  di  tutte  queste  domande,  occorrono 
eoscienziose  esplorazioni  ed  indagini.  E  queste  non  possono 
intraprendersi  a  cura  di  un  solo,  ma  di  molti.  Ed  è  per  ciò 
che  si  invoca  sin  d'ora  dal  proponente  l'opera  coscienziosa 
e  spontanea  di  una  speciale  Commissione  composta  di  per- 
sone tecniche  e  di  persone  che  amino  coraggiosamente  il 
b;ne. 


EleMentl  di  «totl0tiea«  dt  GAETANO  VAIUNESCHI. 


(Palermo  i859,  presso  la  tipografia  Morvillo. 
Un  voìome  io'8.*  )• 


N. 


elio  scorso  anno  noi  ci  facemmo  a  deplorare  la  misera 
condizione  del  commercio  librario  italiano  che  ci  pone  spesso 
nella  strana  situazione  di  dover  attingere  ai  giornali  della 
Germania  la  notizia  delle  nuove  opere  di  statistica  e  di  eco- 
nomia pubblica  che  si  stampano  nel  regno  delle  Due  Si- 
cilie. 


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46 

L^illUstre  8ig.  Gaetano  Vanneschi ,  uflBziale  addetto  alla 
Direzione  generale  di  statistica  per  la  Sicilia,  ci  scrìveva  da 
Palermo  che  queir  ufficio  statistico  ci  aveva  sempre  spedite 
le  dotte  relazioni  che  esso  suole  pubblicare  e  che  noi  non 
potemmo  mai  ricevere,  e  per  mostrarci  l'ottima  sua  volontà 
di  veder  associati  i  lavori  statistici  siciliani  ai  lombardi  ci 
spediva  per  la  posta  il  primo  fascicolo  dei  suoi  Elementi  di 
itatistica  che  ci  piace  di  annunziare  almeno  pei  primi  ai 
eultori  di  cosiffatti  studj. 

Contiene  questo  fascicolo  il  proemio  di  tutta  T  opera.  Si 
offre  in  esso  la  storia  delle  scienze  statistiche  sotto  un 
aspetto  veramente  italiano,  e  Io  si  fo  nella  nobile  intenzione 
di  far  conoscere  Io  stato  de'  nostri  studj  agli  stranieri ,  es- 
sendo l'opera  dedicata  al  benemerito  Heuscbiing  di  Brua- 
selles  che  tanto  si  distinse  nei  Congressi  internazionali  di 
statistica.  L'autore  dopo  aver  fatto  un  cenno  dei  primordj 
di  questa  scienza  in  Germania  per  opera  dell'  Acbenwall,  e 
dello  Schloezer,  e  dopo  aver  fatto  cenno  dei  primarj  cultori 
della  statistica  in  Francia  e  nell'Inghilterra,  si  fa  a  parlare 
della  parte  che  vi  presero  gli  scrittori  italiani. 

Ecco  quanto  egli  dice  del  Cagnazzi  e  del  Gioja  che  nel 
principio  del  nostro  secolo  furono  i  primi  a  trattare  questa 
scienza  in  via  veramente  dottrinale. 

e  Nel  4808  uno  scrittore  napoletano,  Luca  de  Samuele 
Cagnazzi,  professore  di  economia  eivile  in  Napoli,  pubbli- 
cava i  suoi  Elementi  deW  arte  staiistica^  come  egli  volle 
chiamarli.  —  Quest'  opera  può  riputarsi  come  uno  dei  primi 
sforzi  fatti  in  Italia  per  ridurre  a  forma  elementare  le 
idee  sparse  fin  allora  in  varii  libri  oltramontani  sulla  stati- 
stica. 

>  Neil'  introduzione  l'autore,  dopo  di  aver  toccato  dello 
Stato  delle  scienze  economiche  in  quel  tempo,  dell'origine 
della  statìstica,  del  suo  oggetto  e  dell'arte  di  esporla,  della 
sua  divisione  e  della  importanza  di  sistema  e  di  metodo, 
e  delle  cognizioni  necessarie  per  formarla,  viene  a  definir- 


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47 
U:  «  La  perfetta  coDoscenia  dello  stato  attuale  dclle^osci 
che  il  beoessere  della  società  e  suoi  componenti  riguar- 
do (1)  9.  Qqindi  come  conseguenza  di  questo  principio 
£i  sorgere  la  necessità  delP  esame  deli'  uomo  coi  suoi  rap- 
porti e  di  tutti  gli  esseri  ohe  lo  circondano;  da  questo  esame 
risulundo,  egli  dice,  la  conoscenza  esatta  dello  stato  delle 
popolazioni,  della  loro  indole,  morale,  istruzione,  industria, 
delle  loro  sorgenti  naturali  di  ricchezze,  cambio  e  consumo, 
della  loro  politica  costituzione,  forza  per  terra  e  per  mare, 
ed  ogoi  altro  che  possa  concorrere  all'  importante  scopo  in- 
dicato. Le  vedute  doversi  limitare,  aOerma  poi  Tautore,  allo 
stato  presente,  senza  riguardo  al  passato,  a  riserva  del  caso 
che  convenga  ciò  fare  per^  pienamente  conoscere  quello  ; 
doversi  inoltre  preparare  i  materiali  per  congetturare  lo 
stato  futuro  ad  oggetto  di  poterlo  migliorare  e  mai  forlo 
degenerare. 

>  Questo  concepimento  teorico  implica  nelle  indicazioni 
pratiche  dell'autore  stesso  molta  confusione,  per  effetto 
certamente  di  non  essere  allora  ben  definite  le  idee  suiti- 
sticbe;  ond'egli  dividendo  il  suo  lavoro  in  due  parti,  cioè 
runa  dello  itato  naturale  e  l'altra  dello  itato  politico^  in 
questa  politica  comprende  la  popolazione,  le  sussistenze,  e 
lo  spirito  pubblico,  a  cui  unisce  i  trattenimenti  dilettevoli^ 
le  costumanze  popolari,  ì  vizii  ed  i  delitti,  lo  sviluppo  d'in- 
tendimentOj  V idifluenza  dello  spirito  pubblico ^  la  religione^ 
Y  educazione^  ecc. 

»  Ha  se  di  ule  difetto  siam  costretti  di  dar  colpa  all'au- 


(I)  n  sig.  Saverio  Heascbliog  venne  in  parte  nella  stessa  sen- 
tenza, serìveado  nel  suo  Manuet  de  Statistique  ethnogrt^ique 
pubblicato  nel  48i7,  cbe  la  statisi  ica  pqò  definirsi:  «la  sitoaiione 
presente  dello  Stalo  »«  Né  mollo  differisce  V  alUra  del  sig.  N^rdl 
€0^  concepita  :  «  la  statistica  è  la  sciama  che  insegna  a  ricercare 
ed  esporre  sistematicamente  le  presentì  condizioni  dello  Stato  ». 


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48 

tore»  questo  è  cerio  che  1*  opera  del  Cagnazzi,  avuto  riguardo 
al  tempo  ia  cui  fu  scritta,  deve  tenersi  ìq  pregio,  almeno 
per  essere  stata  una  delle  prime  produzioni  italiane  che  ab- 
biano trattato  ragionevolmente  .della  statistica. 

•  Imperiamo  quattro  altri  scrittori  celebrati,  Grovan  Bat- 
tista Say  e  Carlo  Dupin  flrancesi,  Melchiore  Gioja  e  Giando- 
menico Romagnosi  italiani,  vennero  fra  qualche  errore  e 
molte  verità  a  dare  una  forte  spinta  agli  studii  statistici  in 
Europa,  restando  al  Romagnosi  la  gloria  di  aver  fondato  una 
scuola  della  scienza  statistica,  che  or  denominiamo  per  ec- 
cellenza italiana. 

9  11  Gioja  dopo  di  avere  pubblicato  nel  1808  in  Milano 
le  sue  Tavole  statistiche  ovvero  le  norme  per  definire^  ed- 
colare  y  classificare  tutti  gli  oggetti  di  amministrazione  pri- 
vata e  pubblica,  non  che  la  sua  Logica  statistica,  e  nel  1809 
r  opera  sulF  Indole,  la  estensione  ed  i  vantaggi  della  stati- 
stica, diede  fuori  47  anni  appresso,  nella  stessa  Milano,  la 
sua  Filosofia  della  Statistica.  —  Questo  colossale  lavoro, 
che  può  aversi  come  la  riunione  metodica  di  tutti  i  suoi 
pensamenti  anteriori  su  questa  scienza,  è  stato  giudicato 
in  modo  oppostissimo,  secondo  la  maniera  di  pensare  de- 
gli scrittori  che  se  ne  sono  occupati ,  talché  per  gli  uni 
è  stato  il  non  plus  ultra  della  sapienza  statistica,  e  per  gli 
altri  il  sogno  di  una  immaginazione  sfrenata.  Certo  però  è 
che  le  idee  del  Gioja  sono  state  adottate  per  molti  anni  in 
Italia,  ed  in  Francia  specialmente,  ed  ancor  non  sono  del  tutlo 
abbandonate,  e  per  conseguenza  conviene  di  farne  qui  par- 
ticolar  motto  •*• 

Dopo  aver  data  un'  idea  delle  dottrine  statistiche  di  Gioja, 
passa  a  far  parola  della  parte  che  ci  prese  Giandomenico 
Romagnosi ,  che  svolse  pel  primo  le  sue  nuove  teorie  io 
questi  nostri  medesimi  Annali. 

«  Ma  ormai  la  statistica,  dice  l'autore,  doveva  appressarsi 
ad  una  novella  era  per  opera  dell' illustre  Giaudomenicò 
Romagnosi. 


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49 

9  Neir  alla  mente  di  lui  questa  scienza  fu  ravvisala  cornea 
una  disciplina  complessiva  e  generale»  la  quale  non  appa- 
gasi di  notizie  parziali  e  disgiunte,  e  comprender  deve  gli 
elementi  costanti  ed  invariabili ,  per  ricavarsi  il  concetto 
dello  stato  economico  ^  morale  e  politico  di  un  dato  popolo, 
ovvero  il  suo  modo  di  sussistere,  la  sua  operosità  e  cordia- 
lite,  il  suo  grado  dì  civil  libertà  e  di  sicurezza,  tutti  fini 
eongeniti  che  non  potrebbero  separarsi  senza  snaturarli  (4). 

»  Da  questi  pensieri  razionali  che  formano  il  cardine 
della  sua  scuola,  viene  egli  a  stabilire  la  necessità  di  un 
modello  ideale  ovvero  d' una  norma  diretirieej  per  determi- 
nare gli  oggetti  da  rintracciarsi  per  la  formazione  delle  sta- 
tistiche civili,  che  debbono  guidar  la  pubblica  autorità  a  co- 
noscere i  veri  bisogni  de'  popoli  ed  i  mezzi  di  soddisfarli , 
DOQ  che  a  recar  rimedio  a*  mali  e  troncar  gli  abusi  nel  loro 
nascere.  Questa  norma  direttrice  afferma  egli  di  essere  e  Ti* 
dea  di  ano  stato  politicamente  forte  atteggiata  con  tutti  i 
costitutivi  della  potenza  e  tratteggiata  in  tutti  i  periodi  della 
vita  degli  Stati  »,  poiché,  egli  sostiene,  a  nulla  vale  il  co- 
noscere le  circostanze  materiali  di  un  popolo,  quando  non 
iscoprasi  quello  che  vi  manca  sia  dal  canto  della  natura , 
sia  dal  canto  delle  istituzioni,  onde  effettuare  le  mire  del- 
l'ordine  economico j  morale  e  politico;  né  puossi  conoscere 
quello  che  manca  allo  Stato  se  manca  uno  specificato  mo- 
dello  ideale,  mediante  il  quale  si  possa  nello  stesso  tempo 
conoscere  a  quale  grado  di  civiltà  sia  posto  il  dato  popolo, 
e  per  quali  mezzi  possa  progredire  ed  esser  migliorato  e  fi- 
nalmente conservato,  ecc.,  (3). 

»  Le  dottrine  di  Romagnosi  non  furon  comprese  dagli  stra- 


(i)  V.  RomagBOsi.  Questioni  sM' ordinamento  detU  Statisti' 
che.  Milaoo,  i827. 

(2)  Vedi  V.*  Questione. 

AiiiiAu,  Statistica,  voi.  ZZI,  serie  5.«  4 


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50 
^nieri,  forse  per  le  diffieoltà  di  eoneepimenlo  ebe  pre- 
senu  lo  stile  dì  lui;  ebbero  pochi  eommentalori  nella  pe» 
nisola  italiana,  furono  largamente  discusse  in  Sicilia  (!)»• 

L*  autore  ci  fa  conoscere  un  fatto  prezioso  per  la  sciensa 
che  noi  ignoravamo,  ed  è  che  la  doturina  romagnosiana  in 
fatto  di  scienza  statistica  fu  a  lungo  discussa  dai  pie  illu* 
stri  economisti  siciliani,  e  fra  questi  dal  Ferrara,  dal  Perei» 
dair  Amari,  dal  Mortillaro  e  dal  De  lÀica.  Noi  crediamo  di 
riprodurre  tutu  questa  parte  del  proemio,  perchè  ci  svela 
r  amore  grandissimo  con  cui  questa- scienza  è  trattata  ia 
ogni  parte  d'Italia. 

«  Venuto  alla  luce  il  Giornale  di  Statistica  di  Palermo 
del  professore  Ferrara  con  due  articoli  in  quello  inseriti 
Sulla  teoria  della  statistica  secondo  Romagnosi^  ritornò  a 
discutere  sulla  necessilk  di  un  tipo  normale  (S),  concbia* 
dendo  che  quello  immaginato  dal  Romagnosi  non  è  possi- 
bile, poiché  r  idea  di  un  tipo  è  unita  all'  idea  di  paragone, 
Tidea  di  paragone  a  quella  di  due  elementi  per  proferire 
un  giudizio  che  non  può  proferirsi,  perchè  dallo  stato  al- 
tuale  della  società  non  può  argomentarsi  quello  dd  suo  fu- 
turo in  cui  dovrebbe  rinvenirsi  la  perfettibilità^  che  essendo 
progressiva  ed  infinita  non  ha  limite  in  cui  possa  rinvenirsi 
il  tipo  normale^  sia  che  voglia  argomentarsi  da  qualilk  po- 
sitive, sia  che  voglia  dedursi  da  qualità  negative. 

*  A  quest'  ultimo  pensamento  non  fece  eco  il  sig.  Amari» 


{i)  lì  solo  forse  fra  gli  statistici  stranieri  che  citi  Romagnosi 
è  il  signor  Saverio  Heoschiiog  nel  sno  Manuale  di  Statistica  er- 
nografica  universale,  pubblicato  in  Brasselles  nel  i847.  Onore  al- 
l'Henscbling/ 

Osserviamo  a  questo  proposito  che  il  Dizionario  delV  Economia 
Politica  di  Coquelit^  e  Gwillauminf  metiire  tratta  di  lun  numero 
infinito  di  ^scrittori  di  scienze  sociali ,  non  fa  motto  di  un  Roma- 
gnosi    . . .  Imperdonabile  dimenticanza  t 

(2)  Fase.  I,  p.  i,  fase  U  e  111,  pag.  212. 


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61 
il  qotle  trattando  pare  nelle  pagine  delb  stesse  giornale,^ 
Dm  difetU  $  dette  rifotme  delU  $tati$tkhe  di  deUtti  e  di  pene^ 
accennò  al  aUa  neeessità  di  un  modello  ideale  del  perfetto 
cMle^  e  concbiuse  che  è  possibile  di  ritrovarlo,  poiché  cìq 
che  è  necesiorio  è  poesibile  (i).  Cosi  egli  scrisse  a  queslQ 
proposilo:  e  L' impossibilità  di  saper  sin  dove  giangeranop 
nella  loro  escogitabile  perfexione  la  sapienza^  la  volontà  ed 
il  potere  dell' nomo  ^  lungi  dal  far  conchiudere  che  non  s^ 
potrà  mai  sperare  di  disegnare  questo  modello  del  perfetto 
civile,  secondo  io  credo,  dà  la  chiave  del  grande  enigma^ 
6  se  non  m'inganno  scuopre  l'idea  profonda  e  radicale  del 
tipo  normale,  il  quale  in  una  formola  astratta  ma  conpren- 
sìbile  e  chiara  si  può  definire:  Lo  itato  perfetto  dfiUa  so- 
^tà  eiier  quello  in  cui  neaun  impedimento  reità  fid  un 
perfeuonamento  progreaioo^  indeterminato^  illimitato  fi  sem- 
pre creecente  ». 

>  e  Con  questo  principio  (segue  il  testo)  cadono  tutte  le 
obbicuoni  sull'  impossibilità  di  conoscere  i  lìo^iti  della  per- 
fezione umana,  perchè  allora  è  perfetta  la  società  quandp 
giunge  allo  stato  in  cui  possa  sempre  migliorare  e  perfe- 
zionarsi, senza  altri  ostacoli  che  quelli  che  la  natura  fisica 
e  morale  le  oppose:  nel  non  aver  limiti  sta  il  perfetto, 
quindi  per  trovarne  il  tipo  non  fa  duopo  immaginare  uno 
stato  in  cui  gli  uomini  in  società  abbiano  aggiunto  all'ul- 
timo grado  nel  sapere,  nel  volere  e  nel  potere.  —  Al  mo- 
mento in  cui  vi  arriverebbero,  comincerebbero  i  limiti,  e 
terminerebbero  di  esser  perfetti;  cosi  non  si  dee  più  par- 
lare di  un  tipo  negativo  o  positivo,  ma  resta  un  tipo  pro- 
gressivo ». 

>  Air  esposta  teoria  rispose  il  Ferrare,  cioè  di  lessere 
€  impossibile  supporre  progresso  dove  non  siano  ioapedimeoti 
a  superare,  di  modo  che  lo  stato  io  cui  il  progredire  non 


(1)  Fase.  iZ.\  pag.  HO. 


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52 

sìa  impedito  (  cioè  sia  possibile  )  sarebbe  appuntò  lo  stato 
in  cui  il  progredire  è  impedito.  Nell'ordine  fisico  (comi* 
nua  egli)  come  nel  morale,  dovunque  applichiamo  l'idea 
del  progresso  dobbiamo  figurare  una  sfera  di  opposizioni , 
ed  il  progresso  consiste  appunto  nel  superarle.  Se  voi  amate 
di  cancellarle,  se  supponete  che  più  non  esistono,  distrug^ 
gerete  con  questo  solo  V  idea  del  progresso.  —  Potreste  mai 
conoscere  il  movimento  di  un  carro,  ove  annulliate  per  poco 
le  idee  della  gravith  dei  corpi  e  della  resistenza,  ecc.  Po* 
tete  mai  concepire  V  umanità  che  si  avanzi  senza  concepirò 
ad  un  terhpo  V  esistenza  di  forze  che  le  contrastano  V  avan^ 
zarsi?  In  che  altro  se  non  nella  distruzione  di  queste  forze, 
l'avanzarsi  consiste?  *. 

»  Un  terzo  autore,  il  sig.  Perez,  scrivendo  anch'  egli  nel 
ripetuto  giornale  della  Idea  del  perfetto  civile  riguardata 
come  norma  della  statistica  (4),  non  seppe  acquetarsi  né  allo 
scetticismo  del  primo,  uè  alla  definizione  del  secondo,  e 
conchiuse  da  canto  suo:  aver  la  società  per  fine  il  tutelare 
e  proteggere  le  competenze  de' consociati,  essere  dunque 
perfetta  quella  società  che  non  offre  ostacoli,  ed  anzi  dà  fa* 
cilitazionì  all'esercizio  di  queìle,  le  competenze  riducendosi 
tutte  al  dritto  di  proprietà,  essere  nel  loro  complesso  rap- 
presentate dall'  armonia  dei  poteri  sociali:  racchiudere  adun- 
que lo  sviluppo  possibile  dei  poteri  esistenti  l' idea  normale 
del  perfetto  civile  che  può  prenderai  per  norma  della  sta* 
tistica. 

»  Finalmente  il  mentovato  signor  Ferrara,  in  una  sua 
Memoria  pubblicata  ancora  nel  più  volte  detto  giornale  (2), 
intitolata  DeW  unico  modo  in  cui  forse  si  potrebbe  oggidt 
avviare  utilmente  la  scienza  della  statistica^  abbraccia  un 
tipo  di  fatto ^  dicendo   i.^  che  precipua  ed  indispensabile 


(i)  Fase,  i4.^  pag.  i97. 
(2)  Fase.  17.%  pag.  275, 


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68 
eondixiooe  per  otteoere  che  una  staiisUoa  esprima  lo  stato 
aiiuale  di  uA  popolo,  è  di  limitarla  allo  studio  degli  effetti 
ebe  8»  risentono  dagl'  individui  componenti  quel  popolo  ; 
S.^  che  diretto  in  tal  modo  il  paragone  tra  un  popolo  e 
r altro,  si  viene  a  rendere  logicamente  possibile  fuso  di. 
un  Upo  di  fattOy  abbastanza  sicuro,  affatto  superiore  a'  dub* 
bìi  che  si  aggirano  sul  tipo  della  perfezione  ideale;  e  8.^ 
che  nel  cercare  e  fbrmolare  i  sommi  fenomeni  in. cui  si  possa 
lettere  ad  evidenza  il  compendio  dei  mali  individuali,  con- 
sisterebbe una  buona  statistica.   . 

»  Quanto  alle  cause,  che  l'autore  in  sostanza  poi 'non 
esclude  dallo  studio  della  statistica,  giudica  che  la  questione 
del  tìfo  sparisca,  poiché  non  si  tratta  di  paragonare,  ma  si 
bene  di  spiegare  i  fenomeni  dei  fatti  sociali,  ciò  che  ri* 
chiede  sana  logica  e  cuore  retto. 

»  Ora  secondo  noi  giudichiamo,  proponendosi  la  statistica 
di  descrivere  i  fatti  interessanti  dì  uno  Stato  per  renderlo 
perfetto,  è  mestieri  senza  dubbio  che  concepisca  un  mo« 
delio  ideale  di  uno  Stato  perfetto.  Se  la  statistica,  rilevando 
i  latti  interessanti  di  uno  Stato,  non  mirasse  ad  iromegliarlo, 
rioscirebbe  inutile,  riducendosi  ad  una  compilazione  di  fatti 
eseguita  unicamente  per  appagare  la  curiosità.  Se  poi  non 
prendesse  le  mosse  dal  modello  ideale  di  uno  Stato  perfet- 
to, riuscirebbe  certamente  dannosa,  operando  senza  guida 
dcuna. 

»  La  scienza  che  fornisce  alla  statistica  codesto  modello 
ideale  è  la  filosofia  ctpi7e,  la  quale  fondata  sulle  attinenze 
eostanti  dello  spirito  limano  e  della  esteriore  natura  ^  e  av* 
valorata  dalla  storia  delle  nazioni,  non  poggia  sulle  astrat- 
tezze ma  su*  fatti. 

>  Il  signor  Ferrara  opina  che  non  si  può  concepire  il  mo- 
dello ideale  di  uno  Stato  perfetto,  perchè  il  progresso  della 
specie  umana  è  illimitato* 

>  A  ciò  si  risponde: 

>  I.®  Il  progresso  della  specie  umana  si  dice  illimitato 


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54 

nel  senso  che  non  gli  si  possono  assegnare  preeisi  eonfini^ 
non  nel  senso  che  non  vi  si  possa  assegnare  alcun  limite. 
E  veramente  »  risultando  il  progresso  dalle  reiasioni  dello 
spirito  umano  e  dell'  esteriore  natura,  ed  essendo  limitati  si 
r  uno  ebe  V  altra,  il  progresso  della  specie  umana  è  circo* 
scrìtto  dentro  dati  cooOni.  Gli  uomini  essenzialmente  imper* 
fètti  non  giungeranno  mai  a  percepire  il  vero,  ad  operare 
il  buono,  ed  esprimere  il  bello  senza  alcun  difetto,  e  non 
possederanno  mai  tutta  la  somma  delle  utilità.  La  ignoranza, 
la  scelleraggine,  la  mancanza  di  entusiasmo,  la  povertà,  la 
malattia  si  potranno  scemare  ma  non  togliere,  essendo  i  mali 
insiti  alla  natura  umana. 

»  S.^  Il  progresso  non  è  illimitato  nella  qualità,  avendo 
la  specie  umana  sempre  gli  stessi  bisogni  e  le  stesse  ten* 
denze:  ma  nella  quantità,  potendo  più  agevolmente,  più 
rapidamente  e  più  dilettevolmente  soddisfare  ai  bisogni  e 
alle  tendenze.  Il  modello  ideale  di  uno  Stato  perfetto  avrebbe 
un  punto  fisso  nella  qualità  dei  bisogni  e  delle  tendenze 
della  specie  umana  regolata  da  leggi  costanti,  e  non  do- 
vrebbe supplire  che  alla  quantità. 

>  Osservando  una  innumerabile  serie  di  fatti  qual'ò  quella 
che  ci  offre  la  storia  degli  Stati,  la  filosofia  dvik  può  giuQ«^ 
gore  ad  indicare  la  meta  dell'  incivilimento  degli  Stati,  senza 
aver  mestieri  di  passare  a  rassegna  tutti  i  modi  particolari 
mercè  dei  quali  si  possan  soddisfare  più  agevolmente  più 
rapidamente  e  più  dilettevolmente  i  nostri  bisogni  e  le  no- 
stre tendenze. 

9  La  seienza  dall'  attuale  argomenta  il  ponibile,  sdbbene 
non  possa  contemplare  il  possibile  cosi  circostanziato  eome 
r  attuale. 

•  A  confermare  l'esposto  giova  il  riflettere  che  quan- 
tunque le  scienze  e  le  arti  sieno  illimitate,  nondimeno  il 
filosofo  e  l'artista  ne  possono  concepire  li  modello  ideale. 

»  Il  signor  Ferrara  intende  supplire  al  difetto  del  mo- 
dello ideale  di  uno  Stato  perfetto,  per  mezzo  del  paragone 


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66 
di  qnanto  hanno  di  perfetto  gli  dtri  Stati  senza  conoscere 
io  che  consista  la  perfezione  di  uno  Stato  ?  E  come  si  può 
conoscere  in  che  consista  la  perfezione  di  uno  Stato  senza 
aver  presente  il  modello  ideale  di  uno  Stato  perfetta^ 

»  n  modello  ideale  di  uno  Staio  perfetto  sorge  dalla 
osservazione  delle  leggi  costanti  della  specie  e  del  modo 
come  si  sviluppano,  dal  paragone  di  varii  Stati  in  ciò  che 
hanno  di  meglio,. che  ^rh  conosciuto  considerando  il  fine 
della  slessa  specie  umana ,  e  dell'  ampliamento  iotellet- 
toale  >  • 

9  II  signor  Amari  vuole  che  il  modello  ideale  di  uno 
Stato  perfetto  consista  nella  rimozione  di  tutti  gli  ostacoli. 
Egli  ripone  dunque  il  modello  ideale  di  uno  Slato  per- 
fetto nell!  impossibile,  poiché  essendo  la  specie  umana  essen- 
zialmente limitata  troverà  sempre  ostacoli  fuori  di  lei  e 
dentro  di  sé  stessa. 

»  Il  signor  Perez  assume  che  il  modello  ideale  di  uno 
Stato  perfetto  è  lo  stato  reale,  non  potendo  esser  differenza 
alcuna  da  ciò  che  è  a  ciò  che  dovrebbe  essere,  derivando 
tanto  ciò  che  è,  quanto  ciò  che  dovrebbe  essere,  dalle  re- 
lazioni dello  spirito  umano  con  la  natura  esteriore.  ' 

>  Le  relazioni  dello  spirito  umano  con  la  natura  este* 
riore  se  non  cangiano  nella  qualità,  cangiano  nella  quantitl. 
n  modello  ideale  di  uno  Stato  perfetto  consisterebbe  nel 
concepire  atteggiate  queste  relazioni  nel  modo  più  perfetto 
che  si  possa  per  lo  possibile  immegliamento  della  specie 
umana.  L' illustre  Romagnosi  accennò  qual  sia  il  tipo  ideale 
di  uno  Stato  perfetto,  e  noi  crediamo  che  egli  abbia  colto 
nel  segno  (I). 


(4)  Sono  pregeroli,  sa  qaesto  argomento,  doe  scritti.  Tono  del 
car.  F.  P.  Mortillaroy  intitolalo  Proposta  di  questioni  sulle  teorie 
statistiche  di  Momagntìsi  (i843),  e  l'altro  del  sig.  OtUrio  Viola, 
intitolato  IHscussioni  per  una  teoria  della  Statistica  (1846). 


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66 

»  Ma  i  pensieri  di  lui  non  thher  segnaci  oltremonii,  e 
dovevano  attender  tempo  non  breve  per  trovare  un'altra 
mente  italiana,  che  avesse  saputo  trarne  vero  ed  essen- 
ziale vantaggio;  spogliandoli  bensì  dalle  astrattezze,  che  non 
puossi  non  convenire  di  esistere  nei  modi  romagnosiani,  ri- 
ducendoli a  studio  elementare  atto  a  guidar  con  passi  fermi 
la  gioventù  nel  difficii  sentilo  della  scienza;  non  che  ad 
ammaestrare  con  facii  metodo  coloro  che  per  ragion  di 
ufficio  son  preposti  alla  compilazione  dei  lavori  statistici,  o 
quelli  che  per  privato  inleresse  o  per  particolar  gusto  ne 
imprendono  lo  studio. 

»  Codesta  mente,  noi  lo  diciamo  con  asseveranza,  fu 
quella  del  professor  Placido  De  Luca,  il  quale  con  la  po- 
tenza del  suo  ingegno  seppe  ordinare  le  idee  dell*  illustre 
piacentino,  mentre  con  nobile  ardire  venne  talvolta  a  criti- 
carne i  dettami  là  dove  credette  utile  alia  scienza  di  prati- 
carlo, secondo  la  sua  maniera  di  vedere  (4). 

»  Or  la  base  del  suo  lavoro  sta  tutta  riposta  nella  de- 
finizione che  egli  dà  della  statistica;  il  rimanente  non  è  che 
una  logica  conseguenza.  I  sensi  della  definizione  son  que- 
st'essi:* 

«  La  statistica  è  la  esposizione  per  via  di  quantità  nu- 
meriche, in  quadri  o  prospetti,  de*  modi  di  ess«;re  degli 
uomini  e  delle  cose  di  un  dato  paese;  o  la  esposizione  dello 
staio  fisico,  morale,  economico  e  politico  di  un  dato  po- 
polo ».     , 

»  Romagnosi  aveva  detto  (  quistione  I.*  )  che  sotto  il 
nome  di  statistica  in  generale  vuoisi  significare  comunemente 
la  esposizione  dei  modi  di  essere^  e  delle  produzioni  inte- 
ressanti delle  cose  e  degU  uomini  di  un  dato  paese.  Poscia 
aveva  soggiunto  (  quistione  li.'  )  che  il  genere  di  notizie  alle 


(i)  V.  De  Loca:  Principii  elementari  di  Statistica ,  Napoli» 
1847. 


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57 

quaU  ri  suole  per  antonomasia  applkare  il  no^e  di  ita- 
Ustica,  quello  è  che  ri  riferisce  allo  stato  economico ^ 
morate  e  politico  di  un  dato  popolo ,  etabUmente  fissato 
su  di  un  dato  territorio,  condente  e  in  civile  colleganza. 

»  11  De  Luca  giudica  che  la  prima  oozione  del  Roma- 
gnosi  risguardi  la  biatistica  in  sé  alessa  (  ciò  che  vuoisi  in- 
tendere  il  modo  com'  essa  prooede  e  gli  oggetti  su  cui  pro- 
cede ),  e  che  la  seconda  accenni  ^lla  materia  di  che  deve 
comporsi,  affermando  che  V  un  modo  dì  definire  può  sosti*- 
tuirsi  air  altro,  o  compenetrarsi  tutti  e  due.  Poi  ampliando 
il  circolo  statistico  tracciato  dallo  slesso  Romagnosi,  vi  com* 
prende  lo  stato  fisico,  conchiudendo  che  per  mexzo  della 
analisi  scorgesi  bene  che  i  modi  di  essere  degli  uomini  e 
delle  cose  d*  un  dato  paese,  si**  traducono  nello  stato  fisico, 
morale,  economico  e  politico  di  un  dato  popolo. 

»  Ponendo  a  raffronto  le  due  definizioni  veggiam  di 
leggieri  risultarne  due  differenze  essenziali:  la  prima  che  in 
quella  del  De  Luca  si  fa  mollo  del  linguaggio  e  della  forma 
estrinseca  della  statistica,  di  cui  si  tace  nell'altra  di  Roma- 
gnosi:  la  seconda  che  il  De  Luca  risguarda  lo  stato  fisico 
come  necessario  ed  indispensabile  alle  statistiche,  mentre  il 
Romagnosi  lo  trascura. 

>  Romagnosi  in  vero  non  si  dichiara  in  maniera  precisa 
soli*  articolo  del  linguaggio,  ma  quando  disse  modi  di  es- 
sere,  pare  implicitamente  che  non  volle  limitar  quello  alle 
sole  cifre  numeriche,  giacché  t  modi  di  essere  sono  certa- 
mente le  circostanze  che  ci  fanno  apprendere,  più  che  la 
quantità,  la  qualità  delle  cose  nel  momento  in  cui  cadono 
sotto  i  nostri  occhi  ed  offronsi  alla  nostra  osservazione.  Ma 
la  qualità  delle  cos^  non  può  esprimersi  in  tutti  i  casi  pos- 
sibili  con  cifre,  meno  che  non  si  crei  un  linguaggio  con- 
venzionale di  termini  numerici  che  esprimano  in  un  modo 
qualunque  la  qualità  delle  cose;  e  siccome  questo  linguag- 
gio convenzionale  par  che  non  sia  possibile  d'inventarsi,  o 
almeno  sin  oggi  non  è  stato   inventato,  così   possiam  con* 


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58 

chiudere  che  in  quello  a  cui  può  aceennare  iì  Romagnosi 
debbano  inlendersi  inclusi  tanto  i  termini  numerici  per 
esprimere  le  quantità  ^  quanto  le  descrizioni  letterali  per 
indicare  le  qualitk.  Né  par  che  pur  egli  abbia  posto  in  non 
cale  la  forma  estrinseca  delle  statistiche,  che  anzi  al  ca- 
po 11.  della  quistione  VIU/  espressamente  ne  tratta,  e  vuole 
che  le  parti  materiali  di  quelle  si  compongano  1.^  di  una 
carta  generale  e  sommaria  di  tutto  il  paese  con  i  relativi 
quadri  numerativi  e  complessivi;  2.^  di  carte  particolari 
specificate  con  i  loro  quadri  enumerativi,  ma  rispettivamente 
complessivi. 

»  Rispetto  allo  stato  fisico,  che  il  De  Luca  giudica  in* 
dispensabile  e  necessario  allo  studio  della  statistica,  è  da 
osservarsi  che  il  Romagnosi,'  mentre  nella  definizione  dice 
modi  di  essere  delle  cose^  ecc.,  ciò  che  includer  può  lo 
stato  fisico^  poscia  in  una  avvertenza  della  sezione  III.^ 
della  quistione  suddetta,  nelhi  quale  tratta  di  proposito  delle 
porti  di  una  statistica  plenaria  e  come  devono  queste  es- 
sere riferite,  consente  all'  opinione  di  coloro  che  giudicano 
di  essere  una  (opogrra/fa  statistica;  ma  esplicitamente  av« 
verte  che  questa  debba  avere  un  aspetto  diverso  da  quello 
delle  geografie  o  geologie.  Poi  non  tralascia  di  dire,  che  gli 
espositori  delle  statistiche  non  hanno  pensato  che  se  la  geo- 
logia, la  botanica,  la  zoologia  hanno  un  oggetto  materiale 
comune  cop  la  statistica,  esse  però  hanno  il  loro  oggetto 
logico  0  tecnico  che  le  distingue  e  le  qualifica  o  le  simme- 
trizza  in  una  data  maniera  ;  —  che  ogni  scienza  consiste  nel 
conoscere  ciò  che  vogliam  safere  nelle  cose  e  non  nel  cono- 
scere tutto  ciò  che  esiste  nelle  cose  ;  —  che  questa  distin- 
cione ,  non  conosciuta  dagli  statistici ,  ha  gettato  nei  loro 
prospetti  un  aCkstellamento  nocivo,  nell'atto  che  ha  fatto 
Irasandare  l'aspetto  proficuo;  —  che  se  nella  geografia, 
nella  botanica  noi  incominciamo  dalla  natura  esteriore  per 
venire  alla  mente  dell'uomo,  per  lo  contratio  nella  statì- 
stica dobbiamo  incominciare  dalle  esigenze  dell' uomo   per 


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69 
fenire  ai  niem  di  soddisfiaioDe  più  o  meno  preparati  e 
Mnmidisurali  dalla  natura;  —  che  non  Tale  il  dire,  la  mira 
per  eoi  si  procede  a  segnare  queste  topografie  essere  ap- 
punto r  interesse  umano  per  la  ragione  che  si  eonsiderano 
i  partieolari  fisici  per  la  loro  prossima  o  rimota  influenza 
in  bene  o  in  male  sull'uomo,  giacché  queste  influenze  sono 
spesso  dispotabili  e  congetturali,  molle  irreformabili  dall'  u- 
mana  potenza,  e  però  rimangono  come  oggetti  di  mera  cu* 
rìosità,  e  molte  non  esigono  alcun  uflBcio  della  autorità  so- 
ciale, e  perciò  sono  fuori  della  sfera  delle  veramente  civili 
statistiche. 

>  Nò  qui  si  arresta,  che  seguendo  il  filo  del  suo  ragio- 
namento sostiene,  che  a  varie  topografiche  esigenze  gli  uo- 
mini si  accomodano  da  sé  stessi  senza  bisogno  di  suggeri- 
menti: se  mangiano  quando  hanno  fame  (son  sue  parole), 
e  si  cuoprono  quando  hanno  freddo,  essi  pure  accendono  il 
lume  quando  manca  la  luce  del  giorno,  né  avvi  bisogno  di 
misurar  V  altezza  dei  monti  per  farli  accorgere  dei  loro  bi- 
s(^i  e  provvedervi  come  si  può  ;  —  che  la  geografia  fisieai, 
la  geologia,  la  botanica,  la  zoologia,  la  cognizione  delle 
acque  termali  e  minerali,  ecc^  sono  cose  ottime  ad  esser 
conosciute  dallo  statistico,  e  sono  ausiliarie  alla  statistica  ci- 
vile, ma  esse  non  debbono,  in  massima,  far  parte  della  di 
lei  esporizione,  epperò  la  loro  fisica  influenza  sul  bene  o 
malessere  umano  non  può  servir  di  pretesto  per  introdurlo 
nella  esposizione  medesima. 

»  n  De  Luca,  a  sostenere  il  suo  assunto,  mette  innanti 
fra  gli  altri  un  argomento  che  trae  dalla  stessa  definizione 
di  Romagnosi  là  dove  questi  dice,  che  la  statistica  é  Vespai 
rizkme  de*  modi  di  essere,  ecc.,  delle  eoie  e  degH  uomini  (4  ). 
In  queste  parole  egli  vede  chiaro  che  va  certamente  com- 


(i)  V.  De  Luca:  Iniroduzione  ai  sopra  cttaH  PrineipU  di  Skh 
tiiUea,  pag.  45. 


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preso  Io  stato  fi$ieo  o  naturale  d$l  paese  i^  limitato  beosi, 
come  poi  scorgesi  nel  corpo  della  sua  opera  ^  a  certi  dati . 
rilevanti  che  hanno  una  influenza  più  -immediata  sul  ben 
esserere  d^lla  società,  e  da  riputarsi  utili  n^  solo  senso 
di  essere  riferibili  agli  abitanti,  alla  industria,  alla  salu- 
brità, ecc. 

*  Ma  qui  fermando  la  nostra  attenzione,  che  Io  andar 
più  oltre  è  superfluo  quando  ciò  basta  per  offrire  un  im- 
portante problema,  noi  domandiamo:  qual'è  dunque  la  ca- 
gione di  queste  divergenze  che  pur  rinnovansi  ad  ogni  istan- 
te sulle  parti  che  compor  debbono  le  statistiche  civili? 

»  Noi  siamo  trepidanti  a  dare  una  risposta  a  questo  sca- 
broso quesito,  nel  ipomenio  in  cui  veggiamo  scender  nel 
campo  della  lotta  i  più  insigni  scrittori  della  materia  •• 

L' autore  dopo  aver  dimostrato  le  dissidenze  che  tuttora 
sussistono  suir  idea  madre,  o  diremo  meglio,  sqllo  scopo  su- 
premo a  cui  deve  tendere  le  civile  statistica,  esprime  fran- 
camente le  sue  idee.  Eccole: 

«  La  nostra  teoria  viene  annunziata  secondo  il  nostro  par- 
ticolar  convincimento,  il  quale  è  quest'esso:  che  TulBcio 
della  statistica  civile  è  quello  d' indicare  il  grado  di  inci- 
vilimento in  cui  si  trovi  un  dato  popolo,  convivente  in  iiti 
dato  territorio  ed  in  date  circostanze. 

»  Or  siccome  1*  incivilimento  in  ultima  analisi  significa 
la  maggior  soddisfazione  de'  bisogni  e  delle  esigenze  del- 
l'umana specie,  cosi  è  questa  soddisfazione  che  la  statistica 
prende  di  mira;  e  quel  che  più  giova  si  è  che  la  norma 
direttrice,  la  quale  abbiamo  aflidata  più  indietro  alla  filosofiii 
civile^  sorge  spontanea,  ovvero  ha  un  punto  certo  di  par* 
tenza  nella  natura  di  quelle  esigenze  e  di  quei  bisogni  me* 
,  desimi,  i  quelli  comunque  svariatissimi  appajono,  pure  si 
circoscrivono  in  pochi  capi  che  tutti  comprendono,  e  che 
possono  ridursi  a  sette,  come  qui  appresso: 

I.  La  Consociazione: 

11.  La  Riproduzione: 


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ni.    La  Sussistenza: 

IV.  La  Consbrvazionr: 

V.  Il  Sapere: 

VI.  Il  Seiitire: 

VII.  L'  EQVA  liberta'  E  SICUREZZA. 

>  lì  soddisfaciménto  di  queste  urgenze  della  vita  umana 
forma  appunto  il  principio  direttivo  delta  statistica,  e  fissa  gli 
oggetti  del  suo  studio»  poiché  la  consociazione  non  può  av-* 
verarsi  senza  il  territorio,  ed  avverata,  forma  la  popolazione; 
eeeo  i  primi  oggetti  della  statistica:  ì^  riproduzione  fa  emer* 
gere  il  movimento  della  popolazione;  la  sussistenza  risponde 
allo  stato  economico  ;  la  conservazione  allo  stato  sanitario  ; 
il  sapere  allo  stato  intellettuale;  il  sentire  allo  stato  morale; 
V  equa  libertà  e  sicurezza  allo  stato  politico:  eeeo  tutti  gli 
filtri  oggetti  che  ne  chiudono  il  quadro;  oggetti  di  alto  iù^ 
teresse  scoiale,  connaturali  ed  omogenei  nel  punto  di  veduta 
del  nostro  studio^  che  senza  riguardarli  nella  loro  intrinseca 
natura  per  sapere  tutto  ciò  che  in  essi  esiste,  si  limita  a 
sceverarne  quelle  parti  estrinseche  che  hanno  una  diretta 
influenza  sulF  incivilimento  de'  popoli,  il  quale  sempre  ri- 
sdlvesi  nella  miglior  soddisfazione  de'  bisogni  deli'  umana 
specie,  e  nell'appagamento  delle  esigenze  di  lei.  - 

9  Ora  a  questi  bisogni  ed  a  queste  esigenze  corrispon- 
dono ,  secondo  noi ,  le  sette  peni  della  statistica  stessa ,  le 
quali  sinteticamente  enumerate  e  pur  ridotte  a  sommi  capi, 
sono  le  seguenti: 

I.  Il  Territorio  e  la  popolazione  m  numero: 

II.  La  Popolazione  nelle  varuzioni  del  numero: 
IIL   Lo  Stato  economico: 

IV.  Lo  Stato  sanitario: 

V.  Lo  Stato  intellettuale: 

VI.  Lo  Stato  morale: 

VII.  Lo  Stato  politico. 

»  E  le  umane  esigenze  e  gli  umani  bisogni  essendo  in- 
variabili  e  costanti  possono  esser  più  o  meno  soddisfatti ,  ma 


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non  mai  cambiano  di  natura.  Questo  più  o  meno  di  soddi- 
sfazione è  ciò  che  dà  la  misura  del  grado  d' incivilimento, 
ed  è  questo  che  la  forma  il  compito  della  statistica  ». 

Noi  non  esitiamo  a  dir  buona  questa  nuova  forma  di 
descrivere  il  modo  di  essere  di  un  dato  popolo.  Soltanto 
vorremmo  che  sotto  le  due  rubriche,  territorio  e  stato  eco- 
nomieo^  si  abbiano  a  comprendere  tutte  quelle  parti  della 
statistica  che  si  rìferiseoiip  alla  produttività  del  paese  nel 
senso  più  largo  della  parola,  e  sotto  la  rubrica  sfato  poUtico 
sì  descrivano  tutte  le  funzioni  dd  magistero  pubblico  in  tuue 
le  sue  eivili  attinenxe. 

Del  resto  noi  troveremo  nella  trattazione  deir  opera  tutto 
quello  sviluppo  pratico  ddla  teoria  die  solo  di  volo  potè 
indioarai  nd  proemio.  Solo  desideriamo  che  T  autore  trovi 
modo  di  poterci  spedire  come  gli  è  riuscito  questa  volu 
i  suoi  lavori  e  quelli  dei  suoi  dotti  eolleghi  da  cui  più  che 
dal  mare  ci  sentiamo  divisi  da  una  muraglia  di  bronzo,  ad 
onta  dei  piroscafi,  delle  ferrovie  e  dei  telegrafi  elettrici  che 
tutto  portano  e  tutto  annunziano,  fuordiè  le  opere  che  si 
pubblicano  nd  regno  delle  Due  Sicilie* 

G.  Sacchi 


GEOGRAFIA    E    VIAGGI. 


mtndi  deUe  SMletà  i^M^raftehe  di  Parlai  « 
«1  I^ondni,  di  Berlin*  e  di  Vlenii»  neU^aniM  i8M. 

MJ  anno  1858  è  stato  poco  fecondo  in  fatto  di  esplorazioni 
geografiche. 

Noi  abbiamo  voluto  scorrere  gli  atti  delle  quattro  So- 
cietè  geografiche  di  Parigi,  di  Londra,  di  Berlino  e  di  Vienna, 


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e  non  potemmo  irovarvi  alctm  che  dMmporUDte.  Acceane- 
remo  soltanto  le  notizie  più  capitali. 

La  Società  geografica  di  Parigi  rettificò  le  notizie  date 
dal  viaggiatore  danese  Kane^  ftulla  formaziooe  dei  ghiacciai 
nel  Groenland.  —  Accolse  con  favore  il  progetto  del  cava» 
liere  Da  Silva  di  pubblicare  una  raccolta  di  lettere  inedite 
di  Americo  Vespuccìe  —  Il  geografo  Jomard  comunicò  il  facr 
simile  di  una  carta  geografica  del  Giappone  eseguita  dai 
Giapponesi. 

La  Società  geografica  di  Londra  si  occupò  delle  nuove 
esplorazioni  Tatie  dagFInglesi  nella  China,  e  de'  nuovi  viaggi 
che  si  vanno  tentando  nel  centro  dell'Australia. 

La  Società  geografica  di  Berlino  ebbe  da  Alessandro 
Bnmbold  la  comunicazione  di  una  lettera  dalla  quale  si 
può  sperare  che  Tardilo  viaggiatore  Vogel  che  si  addentrò 
nel  cuore  dell'Africa  aia  tuttora  in  vita.  —  Lo  statistioo 
Mahlmann  illustrò  il  piccolo  territorio  di  Arensbergi  il  quale 
conia  4043  abitanti  per  ogni  miglio  quadrato  tedesco.  Que- 
sto agglomeramento  di  popolazione  che  è  un  fatto  comune 
per  la  Lombardia  fu  giudicato  come  un  fatto  maraviglioso 
pei  dotti  statistici  della  Prussia.  E  qui  bisogna  notare  che 
l'accennata  densità  di  popolazione  non.  è  per  un  (iittó  di 
vita  agricola,  come  avviene  da  noi,  ma  è  per  un  fatto  in- 
dustriale essendovi  in  quel  distretto  molti  opifici  pei  lavori 
in  ferro  ed  acciajo,  per  fabbricazione  di  carta,  di  stoffe  e 
per  lavori  in  cuojo. 

La  Società  geografica  di  Vienna  rese  una  ben  dovuta 
commemorazione  alla  coraggiosa  Ida  Pfeiffer  che  fece  due 
volte  il  giro  del  globo,  e  dopo  i  patimenti  sofferti  a  Mada* 
gascar  giunse  sfinita  in  Europa  e  mori  il  37  ottobre  1858 
nell'età  di  61  anni.  In  seguito  si  occupò  di  tutti  i  lavori 
topografici  eseguiti  nelle  varie  provincie  della  monarchia,  e 
rese  conto  del  viaj^  che  va  tuttora  facendo  intomo  al 
mondo  la  fregata  austriaca  la  Nofparu. 


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NnoTl  0t«d||  per  determinare  la  eonfl^nraalene 
esatta  della  terra. 

Lia  misura  degli  archi  del  meridiano  che  venne  più  volte 
falla  su  varj  punti  del  globo^  ora  si  sta  facendo  anche  nel- 
r  India.  Fra  i  varj  metodi  che  seguonsi  per  cosiffatta  esplo- 
razione, quello  preferibile  pare  il  meloilo  astronomico. 

Coir  applicazione  di  questo  metodo  nella  misura  degli 
archi  del  meridiano,  si  venne  a  riconoscere  nell'India  che 
la  curvatura  esterna  del  globo  terracqueo  presenta  in  alcune 
località  forti  eminenze  ed  in  altre  depressioni  lùolio  sensi- 
bili. L'astronomo  Prati  dovette  però  accorgersi  che  le  prime 
esplorazioni  fatte  nell'India  davano  risultamenti  poco  esatti,  e 
credette  riconoscere  1'  errore  nella  deviazione  del  filo  a 
piombo  cagionata  dall'  attrazione  che  esercitava  sul  filo  la 
massa  enorme  dei  monti  dell' Himalaya. 

Gli  studj  sinora  fatti  nell'  India  per  determinare  la  con- 
figurazione del  nostro  globo  sono  perciò  da  ritenersi  non  at* 
tendibili. 

— ooo — 

IVn.#¥e  esplaraBlani  nelle  eaverne  ossifere 
desU  Apennlni  ll^nrl. 

Jja  Rivista  Contemporanea  di  Torino  ba  pubblicato  una 
preziosa  memoria  del  giovane  naturalista  Giovanni  Capellini^ 
intorno  alle  esplorazioni  paleontologiche  dal  medesimo  ese- 
guile in  alcune  caverne  ossifere  poste  a  Cassana  poco  lungi 
dal  golfo  della  Spezia.  Egli  descrive  l'escursione  da  esso  falla  in 
queste  grotte  di  cui  alcune  furono  altra  volta  esplorale,  ed  al- 
tre furono  dallo  stesso  Capellini  per  la  prima  volta  scoperte* 
Il  diligente  naturalista  descrive  tutte  le  reliquie  ossee  ivi 
trovale,  dalle  quali  scorgesi  che  in  gran  parte  appartengono 
ad  animali  del  genere  ursus. 

Noi  speriamo  che  la  Società  geologica  ora  insUtuita  a 
Milano  farà  nella  stagione  autunnale  escursioni  di  stiMio  e  noQ 
ometterà  di  visitare  e  di  esplorare  anche  le  grotte  ora  illu- 
strate dal  Gapelliui. 


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lOLLETTlIfO   DI   NOTIZIS   8TATI8TIGHC   ITAUAlfE   E   STRARIEaB 

E  DELLE  PIÒ   IWORTAUTI  IIIVEIIZIOIfl  E   SCOPERTE 

0 

PROGRESSO  DELL'  riVDUSTRlA 

■ 

DELLE    UTILI    COGNIZIONL 


FisacoLo  DI  Gbmmajo  4859. 

NOTIZIE    ITALIANE 

— OOO— 

8«elet4  di  Mata*  S^eeors»  contro  I  danni  dello 
i^roadine  per  le  provlneie  lombarde* 

ProlocoUo  deWJssembka  generale  dei  Socj,  28  dicembre 
1S58^  e  Rapporli  letti  nella  medesima.  Milano  1859, 
di  pag.  56. 

Rendiconto  della  gestione  sociale  de/I' orino  4858  tu  pen- 
denza del  Bilancio  finale.  Un  gran  foglio  litografato. 

hje  nel  1857  si  ebbero  a  deplorare  danni  straordinari 
prodotti  dalla  grandine,  ben  maggiori  ancora  ne  avvennero 
nel  decorso  1858,  per  cui  la  Direzione  della  Società  Tu  co- 
stretta a  chiamare  un  secondo  versamento  di  centesimi  85 
per  ogni  lira  pagata  per  fondo  di  prima  garanzia;  contro  il 
quale  sulle  prime  insorsero  molte  e  gravi  opposizioni,  le 
quali  in  gran  parte  erano  a  prevedersi,  come  osserva  il 
Direttore  della  Società,  ingegnere  Cardani,  attesa  la  ripu- 
gnanza che  in  generale  si  spiega  quando  si  domanda  un 
pagamento  in  nn  tempo  in  cui,  cessato  il  Umore  del  peri- 
colo, sembra  mancare  il  corrispettivo  del  pagamento  stesso. 
AmiALi,  Statistica,  voi.  XX J,  serie'  2.  5 


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Gli  animi  però  si  calmarono,  i  pagamenti  si  vanno  ora  gra- 
(laiamente  effettuando,  essendo  già  compiuti  per  oltre  due 
terzi,  e  si  può  ragionevolmente  sperare  assicurata  la  vita  di 
una  si  utile  associazione,  la  quale,  come  asserisce  in  al- 
tro luogo  lo  stesso  Cardani,  fu  posta  nelle  più  difficili  con- 
tingenze per  essere  stata  la  trascorsa  annata  enormemente 
calamitosa. 

La  fiducia  però  che  la  Direzione  e  la  Amministrazione 
della  Società  seppero  ispirare,  fece  si ,  che  a  malgrado  di 
alcune  discussioni  alquanto  vivaci,  l'adunanza  del  28  di- 
cembre ebbe  un  andamento  regolare,  e  ne  rassodò  in  certo 
qual  modo  la  sua  esistenza.  Venne  presieduta  dal  conte  Gae- 
tano Bargnani,  il  quale  «  diede  un  breve  cenno  degli  eventi 
verificatisi  durante  Tannata,  dai  quali  trasse  argomento  per 
atìimare  i  Soci  a  vie  maggiurmente  sostenere  l'istituzione 
che  onora  il  nostro  paese,  e  nella  quale  stanno  le  speranze 
dell'agricoltura,  i  maggiori  vantaggi  materiali  e  morali  pei 
proprietari  e  gli  agricoltori.  Raccomandò  quindi  a  questi  di 
stringersi  vie  più  nel  fraterno  patto  del  reciproco  soccorso, 
per  rafforzare  in  mezzo  alle  presenti  difficoltà  l' istituzione, 
ed  assicurarle  quella  prosperità  e  stabilità  che  è  desidera- 
bile per  gli  interessi  di  tutti  e  per  la  gloria  del  nostro 
paese.  »  Ma  ben  più  distesamente  si  discorre  degli  avve- 
nimenti del  decorso  anno,  nel  Rapporto  del  Direttore,  dal 
quale  si  rileva  che  il  numero  dei  Soc^  che  nell'anno  ante- 
cedente era  di  5723  ,  in  quest'  anno  giunse  a  8704 ,  ed  i 
valori  assicurati  ascesero  a  L.  55,830,386,  sorpassando  di 
quasi  8  milioni  la  cifra  assicurata  nell'anno  antecedente,  per 
cui  tenendo  calcolo  del  ribasso  dei  prezzi  dei  generi ,  si 
potrebbe  calcolare  circa  un  terzo  di  aumento.  Lesse  poi  la 
storia  dei  gravi  disastri  prodotti  dalla  grandine;  delle  dif- 
ficoltà che  insorsero  nella  loro  verificazione,  dei  conseguenti 
reclami,  e  dei  meui  adoperati  affinchè  ogni  cosa  dovesse 
procedere  a  norma  dei  dettami  della  legalità  e  della  giu- 
stizia. Furono   denunziati  e  riconosciuti   oltre  6000  danni, 


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ripartiti  so  èirca  4000  Soci,  ed  i  compensi  accordali  ai  me- 
dcaiaii  ammontarono  alla  somma  di  L.  S,656,606,  d'onde  ven- 
ne la  necessità  di  un  pagamento  addizionale,  di  cui  abbiamo 
tao  cenno.  Discorre  delle  difficoltà  incontrate  per  tale  se- 
condo pagamento,  e  come  queste  sieiio  andate  gradatamente 
dileguandosi,  e  concbiude  facendo  voti  affinchè  continui  il 
fiivore  con  che  fu  accolta  finora  questa  utilissima  istitu- 
zione. 

Nel  Rapporto  del  Consiglio  di  Amministrazione  si  dà  par- 
ticolarmente notizia  del  sistema  delle  Agenzie,  che  si  é  cer- 
cato di  moltiplicare,  e  rendere  nello  stesso  tempo  più  eco- 
nomiche; della  grazia  ottenuta  dal  ministero  delle  Finanze, 
ebe  la  Società  sia  esonerata  dall'obbligo  di  apporre  il  bollò 
ai  registri,  ai  libri  di  annotazioni  interne  ed  alle  polizze,  e 
solo  un  bollo  di  favore  alle  notifiche,  da  cui  la  Società  ot- 
tiene un  risparmio  di  oltre  L  30,000  annue,  e  spera  potrà 
anche  ottenere  la  restituzione  di  quanto  per  tale  oggeuo  era 
stato  pagato  nell'anno  antecedente.  Fa  poi  cenno  di  po- 
che eause  pendenti  presso  i  tribunali;  della  chiamata  di 
ira  secondo  versamento,  dal  quale  risulterebbe  un  so- 
prawanzo  attivo  di  quasi  130,000  lire,  da  disporre  a  norma 
dello  Statuto,  e  delle  probabilità  che  il  medesimo  nel  ren* 
diconto  finale  possa  riuscire  anche  maggiore;  delle  varie 
tpeae  occorse,  nelle  quali  si  procurò  sempre  il  maggior  ri- 
sparmio ^  e  finalmente  delle  riforme  allo  Statuto  che  ven- 
gono sottoposte  alle  deliberazioni  dell'Asseroblea. 

L'ultimo  rapporto  letto  fu  quello  della  Commissione  de- 
legata alla  revisione*  del  conto  e  bilancio  4857,  nel  quale 
dopo  essersi  brevemente  accennato  alla  origine  ed  incre- 
mento delle  Istituzioni  di  mutuo  soccorso,  citando  con  cor- 
tesi parole  quaifto  su  tale  argomento  venne  esposto  in  que- 
sti Annali,  si  espone  colle  dovute  lodi  l' ordinamento  eco- 
■omico-amministrativo  della  Società,  ed  esaminati  aitenta- 
aaeote  i  libri,  si  trovò  nulla  a  ridire  sul  resoconto  presen- 
talo dalla  amministrazione,  dal  quale  risulterebbe  un  introito 


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68 

di  L.  1,802,147.12,  ed  una  spesa  di  L.  ^,756,817: 00,  per 
cui  vi  sarebbe  un  sopra vvanzo  di  L  46,880.  4S.  Si  tribù* 
tano  giuste  lodi  alla  Amministrazione  per  la  economia  usada 
nelle  varie  parti  delPazienda  sociale,  facendo  osservare  che 
le  spese  di  amministrazione,  unitamente  a  quelle  di  primo 
impianto,  non  importano  che  L  4,  43  per  ogni  cento  lire 
di  incasso,  mentre  sì  suole  calcolare  in  altre  società  ir 5 
per  cento  per  la  sola  amministrazione,  escluse  le  spese  stra-» 
ordinarie;  e  venendo  a  qualche  particolare  si  fa  conoscere, 
con  una  ingegnosa  tabella,  ritrarre  gli  agenti  delle  Compa* 
gnie  a  premio  fisso  proporzionatamente  un  compenso  dop« 
pio  di  quelli  della  mutua,  sebbene  questi  ultimi  abbiano 
incarichi  più  gravosi  degli  altri.  In  un'altra  tabella,  che  noi 
pure  riportiamo  (N.  4),  si  dimostra  ohe  nell'anno  4857,  men« 
tre  le  assicurazioni  a  premio  fisso  importavano  complessi- 
vamente per  ogni  cento  lire,  L.  6.  94,  colla  mutua  non 
ammontarono  che  a  L.  '4.  33,  per  cui  si  ebbe  un  risparmio 
di  L.  2.  68,  e  questo  risparmio  si  può  calcolare  anche  mag- 
giore, riferendosi  alle  tariffe  anteriori,  le  quali  all'apparire 
della  nostra  Società  vennero  sensibilmente  diminuite,  nella 
speranza  di  potervi  fare  concorrenza.  Vorremmo  poter  rife*- 
rire  più  cose  importanti  che  vi  si  leggono,  ma  per  non  di* 
lungarci  di  troppo,  solo  trascriveremo  le  poche  ma  calde  pa-^ 
role  con  cui  si  chiude  il  Rapporto. 

«  E  voi,  egregi  Deputati,  conservate  sempre  quel  carat- 
teristico accordo  che  tanto  contraddistinse  tutti  i  passati 
Congressi.  Calmi  nelle  quistioni,  remissivi  nelle  individuali 
opinioni,  prudenti  nel  giudicare,  generosi  nelle  delibera- 
zioni, instancabili  nel  propugnare  i  fecondi  umanitari  prin^ 
cipii  della  Mutua  Associazione,  irremovibili  contro  i  dissol- 
venti raggiri  di  partito,  franchi  ed  inesorabili  contro  i  ma- 
levoli denigratori  e  gli  uomini  di  mala  fede,  il  cui  spirito 
è  l'egoismo  e  l'usura;  i  vostri  voti  sieno  con  ogni  sforzo 
congiunti  e  diretti  al  pubblico  bene,  e  da  questa  savia  pos- 
sente unione  vedrete  assicurata  la  conservazione  e  la  futura 


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69 
gfaodezxa  di  qaesia  nobile ,  benefica  e  patriotica  Istiiu- 
lioDe.  » 

Palla  la  lettura  dei  suddetti  Rapporti  «  si  presentarono 
alle  deliberazioni  dell'Assemblea  alouoe  riforme  allo  Statuto, 
che  l'esperienza  fece  giudicare  opportune;  e  dopo  qual- 
che discussione  vennero  accettate,  o  quali  erano  state  pro- 
poste dàlia  Amministrazione,  o  con  lievi  modificazioni.  Fi- 
nalmente si  cstrassero  a  sorte  i  nomi  dei  membri  del  Consù 
glio  di  Amministrazione  e  del  Consiglio  generale^  che  dove- 
vano cessare  dalle  loro  funzioni;  si  fecero  le  nuove  nomine, 
le  quali  per  la  maggior  parte  non  riuscirono  che  riconfer* 
me,  il  che  ridonda  a  lode  della  Società.  Dopo  di  che  si 
sciolse  l'adunanza,  alla  fine  della  quale  il  dott.  Pavesi,  in- 
terprete dell'universale  sentimento,  esclamò:  che  le  passate 
Assemblee  avevano  cementalo  la  Società  e  che  questa  Vha 
consolidala. 

Ci  è  poi  grato  Io  scorgere  dal  rendiconto,  che  sebbene 
nell'anno  1858,  come  si  è  veduto,  i  disastri  prodotti  dalla 
grandine  sieno  stati  gravissimi,  pure  l'adequato  della  con* 
tribuzione  risulterà  di  circa  L.  5.  76  per  ogni  cento  lire , 
per  cui  si  avrà  ancora  più  di  una  lira  di  risparmio  in  con- 
ironto  delle  assicurazioni  a  premio  fisso.  Cosi  pure  essersi 
ottenute  alcune  economie  sulle  provvigioni  e  sulle  spese  di 
amministrazione,  proporzionatamente  agli  incassi;  e  che  le 
attività  ammontarono  a  L.  3,244,489.  69,  e  le  passività  a 
lire  3,085,374.  26,  per  cui  rimane  un  sopravvanzo  di  lire 
439,146.  43,  di  eui  poi  si  darà  conto  nel  bilancio  finale, 
nel  quale  queste  cifre  potranno  soffrire  qualche  variazione 
in  causa  delle  sopravvenienze  attive  e  passive.  Dallo  stesso 
bilancio  abbiamo  desunto  un  prospetto  dimostrante  per 
quanto  concorse  ognuna  delle  otto  provincie,  che  presero 
parte  all'  associazione,  a  formare  i  55,830,386  di  valori  as- 
sictirati,  aggiungendovi  la  proporzionale  per  ogni  cento  lire 
dei  medesimi  valori  (N.  Il);  ed  un  altro  prospetto  che  pre« 
senta  la  proporzionale  parimenti  per  ogni  cento  lire  dei  varii 
generi  assicurati  in  ogni  provincia,  e  complessivamente  (N.  111). 
Porremo  fino  alle  nostre  parole  col  rallegrarci  dei  favore- 
voli risultamenti  ottenuti  da  questa  importante  Istituzione, 
e  col  ripetere  i  nostri  voti,  già  espressi  nello  scorso  anno 
in  questi  Annali,  affinchè  possa  estendere  ad  altri  oggetti  la 
benefica  sua  azione  di  reciproco  soscorso. 

F.  Sanse^erinOé 


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70 


N.^I. 


Prospetto  dei  premU  pagati  alle  Compagnie  a  premio 
ptso,  in  confronto  a  guelli  pagati  alle  Società  di 
JUutuo  Soccorso,  compreso  il  i.^  e  2.®  fondo  di  ga- 
ranzia^  nelV  eserdsio  del  1857. 


Adequato 

Adequato 

Alle  Compagnie 

1 

^a  le  3  categorie 

fra  la  pianura 

a  premio  &S0 

Generi 

delle  coinp. 

e  la  collina 

ci  pagarono 

assicarabili 

a  premio  fisso 

dei  prenij  pagati 
alla  mutua 

io  più 

Foglia  gelsi  • 

L.    8,00 

L.    3,25 

L.    0,75 

Ravettone     • 

»     4,60 

>     3,36 

•     3,26 

Frumento 

1 

Segale 

>     4,60 

>     8,00 

>     4,60 

Orzo     .    . 

Avena    •    . 
Lino      •    •    ; 

>     6,00 

•     8,00 

.     3,00 

Grano    turco 

>     5,50 

>     8,63 

>     4,88 

Legumi  •    •    • 

>     6,50 

>     8,63 

>     3,88 

Riso      •    •    • 

.   7,ao 

.     6,76 

•     0,45 

Canape .    •    . 

>  12,00 

.     6,75 

>     6,85 

Uva      •    •    » 

>  44,00 

.     7,76 

•     6,86 

Somn 

Da  L.  63,30 

L.  88,99   . 

L  38,34 

Adequato  dei  dì 

versi 

prezzi  delle  tar 

iffeL    6,91 

L    4,88 

L.    3,68 

N.^  II. 

Prospetto  della  quota  contribuita  da  ogni  provincia  alla 
mutua  assicurazione,  colla  proporzionale  per  ogni 
cento  lire  di  assicurazione  complessiva. 


Proviocie 


Mantova  •  • 

Brescia    .  • 
Bergamo 

G>mo  •    •  • 
Lodi  e  Crema 

Cremona  •  • 

Pavia  •    •  • 


Proponionate 

Valori  aasieorati 

per  ogni  lire  100 

L  44,573,091 

36,40 

>  40,483,796 

48,24 

>     4,895,306 

8,76 

>     4,984,575 

8,98 

>     4,067,448 

7,29 

>     5,490,738 

9,80 

>     8,809,459 

6,82 

•     8,427,978 

44,66 

Somma  .    .    .    .    L.  66,830,386 


L  400,00 


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71 


HI. 


Protpello  proporsionale  dei  varii  generi  assicurati  nelle  singole 
Provincie,  e  eomplessivamenle,  per  ogni  cento  lire. 


g 

03 

1 

Prodotti 

g 

CB 

asstcnrati 

e 

_jj 

1 

« 

C8 

*5 

a 
<• 
=: 

3 
a 
2 

i 

1 

1 

1 

1 

a 

a 

o 

33 

X 

CQ 

«a 

>4 

" 

eu 

u 

Foglia  di 

Msi 

47,35 

8,06 

15,59 

20,08 

17,95 

2,29 

8.3» 

5,70 

1^79 

RareltoDe 

0,5» 

0,17 

0.34 

0.46 

0,27 

0,83 

0.43 

0,49 

0,43 

Frameato 

«1,76 

44,16 

19,83 

30,32 

55.12 

27,45 

23,41 

17,68 

5Mi 

Segale 

5.21 

0,04 

0.19 

0.18 

7,56 

0,17 

0,77 

0,47 

2,0H 

Arena 

1.17 

1,48 

0,25 

0.19 

0,11 

2,23 

0,59 

4,24 

\M 

Orio 

0,04 

0,04 

0,11 

0.24 

0.05 

0,29 

0.03 

0,03 

0.09 

LÌD€ 

0,50 

0,10 

5,54 

0,48 

0.01 

11,47 

24,03 

0,93 

5,K2 

Granoturco 

16.07 

10,28 

51,20 

30,62 

15,52 

16,59 

33,34 

3,19 

J8,70 

Fan,  Le- 

» 

gumi 

0,13 

1,65 

0,02 

— 

0,03 

0.05 

0,24 

0,02 

0,ó(i 

Melica 

rossa 

0.20 

— 

0,24 

— 

0,03 

— 

0.01 

0,02 

o,m 

topini 

0,04 

— 

0,08 

0.02 

— 

— 

0,02 

— 

0.0.1 

Rìso 

15,59 

19,11 

2,09 

3,02 

0,01 

36,64 

6,68 

65,17 

20.84 

Mìglio 

0,02 

— 

— 

— 

0.22 

0,23 

0,01 

— 

O.Ot 

Cinape 

0,01 

0,53 

— 

— 

0,04 

0,11 

— 

— 

O.H 

FnilU  pri- 

matUccia 

0,05 

0,04 

0^01 

0,04 

— 

0,02 

0,01 

— . 

0.03 

FmUa  iar- 

da 

0,02 

0,08 

0,41 

1,21 

0,07 

0.88 

— 

— 

0,'2ii 

Ita 

3,33 

14.26 

4,11 

13,14 

3,01 

0,75 

2,08 

4,06     6.03 

100,00 

100,00 

100,00 

100,00 

100,00 

100,00 

100,00 

1 
100,00 

100,00 

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72 
nr^tlsle  statlsttehe  del  distretto  di  Sondrle^ 
eapol«os#  della  Valtellina. 

(  Dall'  Almanacco  ValtelKiiese  ). 

Il  distretto  amministrativo  di  Sondrio,  è  composto  da 
Sondrio,  capaluógo,  e  dalle  comuni  di  Torre,  Berbenno, 
Acqua,  Ponte,  Postalesio,  Chiesa,  Colonna,  Spriana,  Tresivio, 
Pendolasco,  Montagna,  Faedo,  Piateda,  Fusine,  Lanzada,  Al- 
bosaggia.  Castello  dell'Acqua,  Boffetto,  Chiuro,  Caspoggio, 
bastione,  Cajolo  e  Cedrasco. 

Possiede  una  popolazione  di  39,440  anime,  che  con- 
frontata a  quella  del  4847,  presenta  la  diminuzione  di  33*15 
abitanti,  decremento  che  non  può  attribuirsi  che  alla  man- 
canza dei  mezzi  di  sussistenza,  siccome  il  distretto  in  cui, 
abbondando  la  coltivazione  delle  vite,  venne  specialmente 
percosso  dalla  dominante  crittogama. 

Appartengono  al  sesso  maschile  N.^  14,746,  al  sesso 
femminile  N.^  14,725.  La  popolazione  maschile  è  distribuita 
fra  le  varie  professioni,  come  segue:  sacerdoti  N.^  94,  im- 
piegati S37,  persone  addette  al  servizio  sanitario  43,  pos- 
sessori di  rendita  in  fondi  662,  industrianti  335  ,  commer* 
cianti  258,  villici  43,486. 

La  superficie  complessiva  del  terreno  fruttifero  del  di- 
stretto è  di  censuarie  pertiche  600,884.'  98,  divisa  fra  le 
varie  coltivazioni. 

In  Prati Perl.    40,786.  46. 

24,445.  83. 

26,986.  07. 

13,222.  49. 

488,476.  55. 

304,969.  46. 

2,325.  42. 


»  Campi    . 

9  Vigneti  • 

>  Castagneti 
»  Boschi  I  . 
»  Pascoli  • 

>  Paludi    . 


Pert.  600,834.  98. 


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73 
Secondo  le  tariSe  deiresiimo  stabile,  veone  attribuiio 
per  adequato  ad  ogni  pertica  censuaria,  o  ettaro  di  mille 
metri  quadrati,  la  rendita  estimale  di  L  4.  47  al  prato, 
L  5.  04  al  campo,  L  6.  40  al  vigneto,  L  3.  40  al  casta- 
gneto,' L.  0.  90  al  bosco,  L.  0.  85  al  pascolo,  L  4.  40  alla 
palude. 

Il  Toler  determinare  coi  dati  officiali  o  con  notizie  pri- 
vate la  quantità  dei  prodotti  del  suolo,  è  compito  quanto 
difficile  altrettanto  incerto,  attese  le  variate  coltivazioni  an- 
nuali. 

Ad  ogni  modo,  come  neir  intiera  provincia  anche  nel 
distrotto,  di  cui  teniamo  parola,  volendosi  pur  desumere  i 
prodotti  del  suolo  dall' estensione  del  perticato  fruttifero  a 
norma  delle  suaccennate  diverse  coltivazioni^  si  ha  la  certezza 
che,  anche  negli  anni  più  prosperi,  il  suolo  coltivato  a  ce- 
reali non  può  produrre  quanto  è  necessario  a  mantenere  la 
metà  della  popolazione. 

Dalle  pertiche  24,445  coltivate  a  campo,  computato  pur 
anche  il  prodotto  secondario  dei  cereali  che  raccoglier  si 
possono  nei  terreni  coltivati  a  vite,  non  si  ritraggono  al  più 
che  in 

Grani Ettolitri  86,800(4) 

Pomi  di  terra  .•••..  »  ò,000 
Prodotti  d'ortaggio  .  •  •  >  S,800 
Frutti >        3,000 


Ettolitri  46,600 


(4)  L'ettolitro  del  grano  corrisponde  a  some  0»  qaar.  5,  mine  i, 
decimi  9,  di  Sondrio. 

L'ettolitro  del  vino  corrisponde  a  some  0,  boccali  9i,  decimi 
%  di  Sondrio. 

Il  quintale  metrico  corrisponde  a  pesi  43,  lib.  5,  oncie  40»  di 
Sondrio. 


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74 

Somma  retro  Ettolitri  46,600 
Le  pertiche  13,2:13  di  castagneti,  se 
si  consideri  il  taglio  di  molte  di   queste 
piante  fruttifere  avvenuto  in  questi  ultimi 
anni,  appena  possono  produrre  in  castagne    »        3,300 


Totale  Ettolitri  49,800 
Da  cinquanta  a  sessanta  mille  quintali  di  legna  da  fuoco 
produrranno  gli  avanzi  dei  diboscati  monti   del   distretto, 
prodotto  anche  questo  che  di  anno  in  anno  vien  sensibilmente 
diminuendo. 

Le  pertiche  36,936  eoltivate  a  vi^eti,  negli  anni  ante- 
riori al  4851  prima  dell'infezione  della  crittogama,  produrre 
potevano  approssimativamente  in  vino    •    Ettolitri  67,334 
in  Aquavite »  673 


Considerato  anche  che  la  metà  di  questo  prodotto  si 
consumasse  in  natura  nel  distretto,  ritraevasi  dalla  vendita 
all'estero  dell'altra  metà,  in  effettivo  denaro  la  somma  di 
austriache L.  520,000 

À  quintali  600  di  gallette  si  può  calcolare  il 
prodotto  dei  gelsi.  Prima  che  l'iatrofia  colpisse  tale 
rendita,  importavasi  oolla  loro  vendita  la  somma 
di  austriache »  200,000 

Dalla  vendita  in  formaggio,  allievi  di  bestiame, 
e  pellami,  ritraevasi  pure  dalle  finitime  provincie 
lombarde  l'approssimativa  somma  di  •    .    •    »    460,000 

Totale  dell'importazione  in  effttivo  denaro.  'L/  880,000 
Le  pertiche  40,786,  coltivate  a  prato,  producono  per 
adequato  non  più  di  quintali  200,000  di  fieno,  il  quale 
unitamente  al  prodotto  dei  pascoli  vien  consumato  al  man- 
tenimento del  bestiame  che  viene  allevato  per  la  coltiva- 
zione del  suolo. 

Il  bestiame  nel  distretto  componesi,  secondo  l'uliima 


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75 
aoagnire,  id  cavalli  N.^  316,  muli  104,  tori  SS»  vacche  6139, 
buoi  S7S»  vitelli  3467,  asini  444,  pecore  8888,  capre  9001  ^ 
sauri  446SL 

Dal  4847  a  questa  parte  si  verificò,  dietro  assunte  in- 
iònnazioni  in  pressoché  tutti  i  comuni  di  questo  distretto, 
essere  diminuito  il  bestiame  di  oltre  una  metb,  e  eiò  in  pro- 
porxione  maggiore  nei  comuni  viniferi,  in  cui  ebbe  a  man- 
care il  prodotto  del  vino. 

Nesstina  meraviglia  quindi  che  scemato  in  proporzione 
anche  il  concime,  non  si  ritragga  ora  dal  suolo  il  solito  pro- 
dotto neppure  in  cereali. 

Gli  ettolitri  49,800  di  cereali  basterebbero  appena  ad 
alimentare  la  popolazione  del  distretto  per  sei  mesi  dell'an- 
no, computato  occorrere  anche  soli  ettolitri  3  %  di  grano 
per  ogni  ^individuo  della  classe  agricola.  A  tale  deficienza 
sapplivasi  colf  acquisto  deir  occorente  granaglia  nella  bassa 
Lombardia,  e  colla  vendita  del  vino  e  delle  gallette  introi- 
uvasi  il  denaro  per  pagarne  T importo,  per  far  fronte  a 
tutte  le  necessità  della  vita,  ed  ai  pubblici  pesi  erariali  e 
comunali. 

Ora,  da  sette  anni,  in  alcuni  comuni  mancò  per  intiero 
il  prodotto  principale  del  vino;  in  altri  scemò  di  oltre  a 
due  terzi  ;  il  raccolto  non  fu  sufficiente  pei  bisogni  intemi, 
fu  anzi  necessario  provvederne  dall'  estero. 

Da  due  anni  diminuì  di  oltre  la  metà  la  rendita  dei 
gelsi,  e  nel  corrente  anno  fu  maggiore  la  somma  di  denaro 
esportata  in  semente  che  quella  introitata  per  la  vendita 
dei  bozzoli. 

Nessun  introito  perciò  di  denaro,  né  pel  vino,  né  pei 
bozzoli;  limitato  quindi  a  quello  solo  che  importar  si  può 
dalla  vendita  dei  prodotti  del  bestiame^  il  quale  pure  scemò 
d'assai  in  confronto  degli  anni  precedenti. 

Il  distretto  quindi,  per  oltre  sette  anni,  potè  dal  proprio 
suolo  ricavare  solo  un  quinto  del  prodotto  ordinario  e  le 
spese  comunali,  ciò  non  ostante,  aumentarono  più  che  due 
volte  tanto  su  quelle  anteriori  al  4854. 


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78 

Da  un  prospeilo  del  riassunto  dei  preventivi  1858  delle 

città  e  comuni  del  distretto  appare  che  le  spese   ordinarie 

dei  comuni  ascendono  ad 'L  446,336 

Li  interessi  dei  debiti  capitali  •  •  .  •  »  47,225 
Le  nuove  opere  in  corso  ••.•••  »  94,899 
Passività  per   diiTeren^  fra   le  rimanenze 

attive  e  passive  neir  azienda  del  4857     •    .      »     42,237 


"L.  300,697 

A  fronte  di  questa  complessiva  spesa^  le  comuni  assorbi- 
rono non  solo  le  proprie  entrate  ordinarie  in  ^L«  69,245, 
ma  dovettero  alienare  proprietà  comunali  ed  assumere  altri 
mutui  passivi  per  la  somma  di  austr.  L.  90,750,  ed  aggra^ 
vare  V  estimo  comunale  di  una  sovrimposta  di  L.  440,702.. .. 

L'estimo  perciò  del  distretto  che  è  di  L.  452,279  è 
aggravato  dell'imposta  diretta  di  aosL  L.  204,438  in  ragione 
di  cent.  42,55  ogni  lira  di  rendita;  dalla  sovrimposta  co- 
rounale  in  L.  440,702  in  ragione  per  adequato  di  cent.  30 
ogni  lira  di  rendita;  sovrimposta  che  dovrebbe  ascendere  a 
più  di  cent.  61,  qualora  la  somma  di  aust.  L.  90,750,  im- 
porto della  vendita  dei  fondi  comunali  ed  assunzione  di 
mutui,  fosse  stata  sostenuta  con  maggior  aggravio  dall'estimo 
pagante. 

Oltre  ai  surriferiti  pesi  devonsi  aggiungere  le  tasse  dei 
comprensorj  instituiti  a  difesa  dei  fiumi,  che  nella  città  di 
Sondrio  ascendono  pel  fiume  Adda,  ogni  anno,  ad  aust.  L.  6, 
ogni  pertica  censuaria,  e  nelle  comuni  di  Colonna,  Berbcnno 
e  Fusine  ad  aust.  L.  5  pure  per  pertica;  non  che  le  tasse 
di  trasferimento  immobiliare,  le  quali,  in  una  provincia  in 
cui  la  proprietà  è  divisa  in  infiniti  frazionamenti,  risulta  cinque 
o  sei  volte  più  pesante  che  nelle  altre  della  Lombardia. 

Questi  dati  statistici  comprovano  evidentemente  come 
una  sola  metà  della  popolazione  può  alimentarsi  col  pro- 
dotto del  suolo,  come  il  denaro  che  può  essere  introitato 
dal  distretto  in  questi  anni  di  sterilità  non  basta   a   soddi- 


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77 
sfare  le  imposte  erariali,  essere  quindi  ineluttabile  la  ne- 
eessiià  in  cui  trovansi  gli  agricoltori,  per  sopperire  ai  bi- 
sogni della  vita,  di  continuare  neiratienazione  precipitosa  delle 
proprietà  e  del  bestiame  con  detrimento  assoluto  dell' agri- 
coltara. 

MndJ  mtmtimtiei  «al  moTliiieBto  «•mmereUile 
dello  Stato 


Da  qualche  anno  il  ministero  del  commercio  di  Roma 
usa  pubblicare  rapporti  statistici  sul  movimento  commer- 
ciale degli  Stati  pontifici  Tutti  conoscono  che  il  sistema 
che  prevale  in  quel  paese  è  il  cosi  detto  sistema  proteuivo, 
il  quale  tende  a  favorire  artificialmente  V  industria  ed  il 
commercio  nazionale.  S'impedisce  l'estrazione  di  moke  ma- 
terie greggio,  s' interdice  l' introduzione  di  merci  estere  o 
le  sì  aggravano  di  forti  balzelli  e  con  ispeciali  privilegi  ed 
esenzioni  si  tenta  d'incoraggiare  Io  sviluppo  di  alcune  in- 
dustrie paesane. 

Il  professore  Luciano  Scarabelli  ha  preso  ora  ad  esami- 
nnre  l'ultimo  prospetto  statistico  relativo  al  movimento  com* 
merciale  dello  Staio  romano  per  l'anno  4856,  e  ci  comu- 
nicò la  Memoria  che  pubblichiamo.  Essa  offre  un'idea  esat- 
tissima del  movimento  economico  di  questa  regione  centrale 
della  nostra  Italia. 

1. 

Il  commercio  internazionale  dello  Stato  romano  pel  4856 
fu  maggiore  che  mai,  e  superò  il  1852  e  il  4854  che  pur 
furono  insigni.  Deve  avergli  giovato  la  riforma  doganale  del 
4  giugno  4855  e  7  maggio  4856  per  molte  riduzioni  utili 
a  generi  di  consumo  ovvio  e  di  lavoro.  Non  sono  di  parere 
cfae  l'altezza  della  cifra  generale,  24  milioni  di  scudi,  sia 


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78 

giunta  a  formarsi  dalla  dimiDuzione  del  contrabbando,  per- 
chè molto  notevole  è  anche  quella  deiresportazione  nono- 
stante  che  non  sia  stata  libera  l'estrazione  dei  grani,  e  im- 
possibile, per  difetto  d'uve,  l'esportazione  del  vino. 

I  volumi  dal  governo  dati  al  pubblico  dicono  invece  che 
molto  crebbe  l' importazione  legale  de'  coloniali ,  e  qui  ho 
fede  anch'  io  che  il  contrabbando  abbia  lasciato  la  merce 
alla  dogana.  Ecco  i  valori  generali  di  questo  settennio: 


All'imporUzione. 

All'esportazione. 

Pel  4850  scudi 

9,908,908.  — 

9,298,844.  92 

.   4851      > 

40,698,264.  — 

9,733,464.  88 

I86S     • 

40,248,426.  52 

10,474,042.  78 

1858     > 

42,047,574.  47 

7,888,878.  77 

4854     > 

48,530,822.  66 

7,609,892.  95 

4855     > 

9,797,822.  24 

9,685,282.  80 

4856     > 

42,627,432.  25 

44,025,854.  62 

L' importazione  superò  per  bisogno  di  vino  e  di  grano 
i  valori  del  1863  ma  non  quelli  del  1854;  l'esportazione 
invece  superò  le  cifre  di  ogni  anno  precedente  per  la  parte 
dei  vegetali  specialmente,  e  proprio  pei  generi  annonarii  e 
pei  filamenti.  Tuttavia,  siccome  l'un  molo  è  scorta  al  suc- 
cessivo 0  si  compensano  a  vicenda,  abbiam  ragione  di  chie- 
der le  cifre  del  triennio  1861-8  e  4864-6  onde  istituire  i 
paragoni.  Avremo 

Per  rimportazione     Per  l'importazione 
4861-3  scudi         38,834,263  38,096,361 

4864-6     »  36,956,077  38,910,630 

Con  questi  confronti  l' importazione  crebbe  di  circa  un 

milione  per  anno,  e  l'esportazione  appena  di  370,000  scudi. 

"~')orUzione  maggiore  fu  di  tessuti  di  seta,  di  tessuti  di 

tessuti  di  cotone,  pelli  e  mercerie  ;  quindi  se  le  cifre 

esportazione  non  sono  aumentate  convien   dire  che 


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79 
delle  merci  sue  siasi  fatto  buon  cambio  all'estero  per  avere 
a  saldare  l'aperto  deirimportazione. 

La  popolazione  che  nel  1850  si  era  data  di  abitanti 
3,049,359  Tu  trovata  nel  censo  del  4868  di  abiuoti  3,434,668 
ossia  aumentata  del  3.  48  per  cento ,  incremento  assai  no- 
tevole 86  la  cifra  del  1860  è  precisamente  vera.  Ma  su 
queste  cifre  anteriori  al  censo  1868  ò  da  camminar  con 
riserbo.  Diffatto  nel  conto  del  commercio  pel  1864  dato 
ne'  giornali  dello  Stalo  Pontificio ,  si  notarono  696,803  fra 
artigiani  e  commercianti,  pel  1857  e  dopo  sedici  anni  non 
ne  conteremo  che  868,148  ;  fra  agricoltori  e  pastori  era- 
no 4,176,170  e  non  se  ne  avrebbero  che  1,004,568;  di 
scienziati  e  artisti  si  sarebbe  disceso  dai  24,908  ai  33,396; 
il  clero  da  63,484  si  sarebbe  ridotto  a  38,330.  Questi  ab- 
bassamenti sono  troppo  gravi;  la  parte  agricola  e  la  com- 
merciante deve  ess»ere  anzi  aumentata.  Siccbò  non  avendp 
di  più  diligente  che  il  censo  del  4868  a  questo  solo  biso- 
gnerà attenersi,  e  attenendosi  ad  esso  avremo  sul  commer- 
cio internazionale  scudi  7.  74  (franchi  43.  05)  per  capO| 
ossiano  scudi  1.  14  più  che  nel  1864  se  non  contiamo 
l'altro  incremento  che  la  popolazione  deve  avere  avuto  nel 
triennio  successivo  al  censo;  7«  43  se  lo  contiamo. 

Fu  fatta  censura  dei  premii  che  il  governo  dà  ad  inci- 
tamento dell'arte  della  lana;  se  fosse  giusta  dovrebbe  ap- 
plicarsi anche  a  quelli  che  si  danno  a  promuovere  le  pian- 
tagioni di  che  r  agricoltura  si  rifiorisce.  Vero  è  che  molti 
argomenti  liberi  sono  per  eccitare  ogni  arte  senza  quello 
dei  premi  pecuniari,  e  gli  insegna  l'economia  pubblica;  tut- 
tavia se  i  prodotti  soddisfacessero  ai  mezzi  si  sarebbe  pros- 
simi al  di  in  cui  cessare  le  largizioni.  Le  scuole  dovrebbero 
insegnare  che  il  bene  libero  a  tutti  rende  a  chi  il  fa  nelle 
proprie  terre  e  nelle  proprie  officine  miglior  premio  che 
qualunque  dato  da  altri.  Certo  i  premi  dati  non  compen- 
sano le  fatiche.  Dal  4860  al  1866  inclusivamente  furono 
4,436/)85  alberi  ammessi  a  premio;  di  essi,  183,894  gelsi 


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80 

di  alto  fusto,  236,998  olivi,  186,053  casUgni  e  neirultimo 
anno  si  numerarono  43,800  gelsaie;  tutt' insieme  nel  4856 
si  premiarono  343,588  piante  di  cui  61,374  olivi  e  43,871 
gelsi.  Come  il  grosso  del  piantare  è  in  quest'anno  ultimo 
(diede  metà  di  tutto  quello  che  dato  fu  dal  1850  al  55), 
cosi  può  essere  che  un  pò  v'abbia  cagione  il  premio,  uq 
pò  la  persuasione  dell'  utile  privato.  La  parte  adriaca  noa 
fece  presente  nel  1856  che  di  2515  olivi  ma  di  23,513 
gelsi  d'alto  fusto  e  7300  gelsaie  ;  il  resto  è  alla  parte  del 
Mediterraneo  (1).  Mute  erano  le  Accademie  agrarie  e  il  go- 
verno le  ridestò;  ben  fece,  e  meglio  fece  invitando  le  Pro- 
vincie a  iostituire  scuole  e  poderi  per  l'istruzione  agricola. 
Si  dice;  mancano  leggi  economiche  per  mantenere  in  vi- 
gore e  frutto  tali  stabilimenti.  Or  via  fondate,  parlate,  scri- 
vete, illuminate;  il  governo  che  vuole  i  prodotti  deve  vo- 
lere i  mezzi,  e  se  v'invita  a  fare  e  loda  le  Accademie  che 
stampano,  segno  è  che  vuole  ajutare  e  favorire.  Su  dunque 
instituite  l'opinione  che  darà  animo  e  forza  al  governo.  Fa- 
remo senza  premi  se  avremo  scienza  diffusa.  Da  che  Italia 
è  fuor  delle  acque  l'agricoltura  fu  sua  ricchezza,  e  da  essa 
ebbero  poi  facoltà  le  industrie  che  un  giorno  resero  illu- 
stre la  penisola  quanto  oggi  illustri  sono  altre  provincie 
d'Europa.  Lo  Stato  romano  in  condizione  di  territorio  è  si- 
mile al  Piemonte,  ma  è  nell'arte  agricola  più  fortunato  per- 
ché lassù  abbisognano  un  milione  e  duecentomila  ettolitri 
di  grani  ogni  anno,  quaggiù  il  difetto  dei  grani  nel  trien- 
nio 1854-5-6  non  fu  che  di  1,427,985,  cioè  in  media 
475,962,  quindi  per  rispetto  alla  popolazione  il  difetto  di 
grani  del  romano  sta  alio  Stato  sardo  come  16  a  24.  Ha  in 


(1)  A  tulio  il  1858  gli  alberi  pianUU  a  premio  furono  1,848,247 
di  cui  295,606  gelsi ,  362,670  olivi.  La  spesa  in  premii ,  scudi 
144,859.  Poniamo  questo  in  nota  per  non  confondere  dò  che  deve 
coronare  il  compito  per  l'anno  4856. 


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81 
eompeoso  la  laedia  annua  di  eccesso  esportabile:  576,150 
chilograaimi  di  castagne,  e  9,800,000  chilogrammi  di  riso, 
mentre  la  media  dello  Staio  sardo  è  19  miliohi  di  chilo* 
grammi  di  riso  e  954,000  di. castagne,  onde  se  pari  è  il 
computo  per  le  castagne,  il  romano  sta  al  sardo  pel  riso 
eome  32  sta  a  38.  Da  qualche  tempo  T  Italia  ha  ricono- 
sciuta Timmensa  utilità  della  patata,  e  Tba  presa  a  coltivare 
e  a  consumare  in  ogni  suo  punto;  ma  egli  è  prodotto  fal- 
lace, e  guai  a  chi  si  fida  in  lui  ;  sei  sanno  gl'Irlandesi.  Lo 
Stalo  sardo  ne  potè  in  media  annua  esportare  70,000  chi- 
logrammi, il  romano  fu  desolato  nel  1854,  e  perciò  dovette 
in  media  annua  de!  triennio  importarne  968,000  chilogrammi 
senta  quella  desolaiiooe  che  pur  toccò  ma  minimamente  il 
Piemonte  (poiché  egli  importò  soli  444,348  chilogrammi , 
e  lo  Stato  romano  più  che  cinque  milioni!)  V  esportazione 
romana  delle  patate  toccato  avrebbe  il  milione  di  chilo- 
grammi. Goll'abbondanza  delle  acque  e  la  fertilità  del  suolo 
sono  necessari  molti  mezzi  di  comunicazione  ai  corpi  di  case 
e  alle  foreste,  libertà  di  molo  alle  persone  e  alle  cose,  eseh^ 
zione  di  tasse  all' agricoltura  ed  all'esportasione  liberissimo 
commercio.  Con  questi  argomenti  non  dovrebb'essere  diflS- 
cile  conseguire  una  produzione  che  bastasse  al  paese  e  ne 
coQsentisse  agli  altrui.  Non  si  ottiene  in  Piemonte  dove 
questa  dottrina  è  sancita  per  legge,  ma  dove  il  clima  é  ne- 
mico legge  non  vale  ;  da  noi  cielo  e  uomini  sono  valenti  ; 
speriamo  nella  buona  volontà  di  questi  e  nell'energia  del 
terreno,  e  nell'efficacia  della  temperatura. 

Lo  StatQ  ebbe  sinora  assai  pesi  a  comportare  che  pro- 
vocarono molte  querele  e  molte  giustificazioni.  A  chiudere 
la  bocca  a  tutti  sarebbe  ottimo,  parmi  che  il  governo  po- 
tesse fare  uno  spoglio  generale  d'ogni  esatto  e  d'ogni  speso 
almeno  dagli  ultimi  conti  dati  dallo  storico  signor  Coppi,  e 
non  solamente  di  ciò  *che  si  spese  dallo  Stato  ma  dalle  Pro- 
vincie e  dai  comuni  per  utile  pubblico,  e  fatto  ragguaglio 

Aaiuu.  SMialka,  voL  XXi,  serie  3.*  6 


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82 

ni  valor  territorialet  e  alla  stima  ufficiale  della  rendita,  poi 
alla  trattazione  intemazionale  del  commercio,  ed  alle  produ- 
zioni agricole  e  industriali  «  riconoscere  dove  e  come  sia 
(gravezza  vera,  e  con  quali  mezzi  poter  riparare.  Ma  a  co- 
testo confronto  bisognano  statistiche  le  quali  roaùcano.  Ad 
esempio  :  quunto  seme  di  filugelli  si  mette  a  nascere  ?  quanti 
bozzoli  si  producono  ?  <)uanto  si  fila  7  Abbiamo  le  note  dei 
mercati;  ma  e  ciò  che  si  contratta  fuor  di   mercato?  quel 
ch'entra  dall*  estero ,  o  quello  che  esce  dallo  Stalo  è   tutto 
nelle  tabelle  commerciali?  Ho  .innanzi   una   nota  data  dal 
Piceno  per  le  piazze  adriache   e  per   Macerata   e  Perugia 
portante  726,300  chilogrammi  di  bozzoli  venduti  nel  4858 
e  643,829.  54  senza  Perugia  e  Macerata;  in   questa  noia 
che  giunge  sino  al  di  H  luglio  dà  per  Fano  427,857  lib- 
bre romane;  mentre  una  carta  ufficiale   originale  di  Fano 
1  di  8  rende   129,477   libbre;   Tuna  e  T altra  nota 
la  parte  contrattata  a  pronto  denaro  e  Faltra  a  coo- 
i  diverse.  La  differenza  è  di  549  chilogrammi.  Il  Pi- 
la a  Meldola  sino  bìVH  di  luglio  libbre  152,562;  la 
itampata  dal  municipio  ne  rende  sino  al   16   libbre 
16.  10.  Di  Fossombrone  sono  libbre  158,491,  nel  Pi- 
159,389  nella  carta  del  comune^  ma  questa  nota  an- 
)bre  50,438  di  bozzoli  colti  che  manca  al  Piceno;  di 
li  non  trovo  nota  nelle  altre  schede.  È  dunque  non 
ivere  il  vero.  Quanto  miele,  quanta  cera,  quanta  lana, 
pelo  si  avrà?  quanti  sono  precisamente  gli   animali 
ie  il  suolo  nutre  ?  E  i  foraggi,  e  i  concimi  ?  E  le  acque 
ll'irrigazioné ?  e  i  frutti  vari  delle  piante?   Abbiamo 
ma  non  sono  sufficienti  a  costituire  un  criterio.  Un 
di  statistica  si  va  condensando,  e  vi  lavora  con  amore 
etario  generale  del  ministero  del  commercio  cavaliere 
auguriamo  che  si  converta  in  decastero  colle  debite 
di  avere  e  di  dare.   Molto  si  é   disputato   dei    pesi 
Stato  porta ,  i  quali  in  sostanza   oggi   ascendono   n 
Ì6,849,098,  o  franchi  359,403,756,  di  debito,  di  cui 


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88 
92,568,738  scudi  di  perpetuò  e  84,194,346  di  redmibìle, 
comprese  aucha  alcune  somme  che  non  comparvere  (noQ 
m  perchè)  nel  bilancio,  e  colale  somma  reca  un  carico  ao« 
Bso  di  scudi  6,079,167.  46;  ma  al  1856  il  earioo  era  di 
ioli  1,557,719  di  permanente,  3,587,008  di  redimibile  « 
949,958  -di  temporaneo ,  6084  d'infruttifero,  38,988  di  ar^ 
mraii,  le  quali  somme  insieme  costiiuivano  la  cifra  di 
6,078,898  ;  ma  poiché  si  presumevano  338,353  scudi  di  al* 
tivo«  si  riduceva  a  scudi  4,840,647.  In  due  anni  la  cifra  del 
carico  si  è  dunque  elevata  di  1,338,610,  perchè  nel  1816 
furono  emesse  nuove  cartelle  di  consolidato  per  scudi  98,700, 
e  per  3,289,340  nel  '1857  per  poter  ristorare  alquanto  al- 
cuni debililamenti  amministrativi»  e  provvedere  al  ritiro  della 
moneta  erosa  soverchia  e  darne  di  fine. 

Se  la  popolazione  continuò  a  crescere  del  8.  48  per 
cento  nel  triennio  1854-6  com'era  eresciou  nel  triennio 
anteeedenle  e  saranno  stati  abitanti  8,^33,407  in  lutto  lo 
Suto  e  quindi  il  caribo  di  ciascuno  annuo  ragguagliato  a 
icodi  1.  60  ovvero  franchi  8.  08  io  un  carico  di  bilancio 
preventivo  di  scudi  4.  45  per  persona  o  franchi  33.  94, 
Questo  ra^uaglio  s'avvicina  ansi  pareggia  quello  del  Pie* 
monte  che  dà  franchi  IO.  31  pel  debito  sopra  un  bilancio 
che  carica  di  39.  33  il  personale  di  ogni  cittadino,  e  quello 
dd  Belgio  che  dà  8.  30  e  81.  40  ed  è  in  molto  migliori 
eoadiziooi  che  non  il  Portogallo,  la  Spagna,  l'Austria,  TO* 
Itada.  lo  non  so  d*onde  altri  cavasse  che  l'impoita  diretta 
colpisse  essa  sola  di  franchi  34.  00  per  testa  ogni  cittadino; 
troppo  affrettati  e  creduli  i  giornali  a  ricevere  notizie  su 
chi  non  amano.  Ma  non  si  ha  a  far  fallo  al  vero  per  nimi- 
stà da  chi  pretende  insegnare  il  vero  ;  colui  confuse  la 
somma  delle  imposte  eolla  somma  di  tutto  il  bilancio.  Fu- 
roao  gli  aumenti  dei  capitali  commerciali  che  diedero  mezzo 
dio  Suto  di  provvedere  a  mi^iori  spese  per  l'assesto  delle 
sue  finanze,  e  poiché  l'aumento  del  commercio  dà  maggiore 
e  più  larga  facoltà  di  spendere  a  molti,  cosi  vedemmo  ac- 


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84 

«resoerei  anche  le  rendile  ad  ogni  titolo  aroministrativo.  Le' 
presonzioni  di  elevamento  d'attivo  del  1856  al  1858  fu  di 
un  miliane  di  scadi ,  Ai  di  due  milioni  quella  dal  4854  al- 
4856,  e  il  4854  non  s'era  \nolto  scostato  dagli  anni  prece* 
denti.  Anche  da  questo  argomento  abbiamo  che  la  prospe* 
rità  pubblica  ebbe  notevole  avviamento  dal  4854' mandato 
innanzi  dalle  provvisioni  economiche  e  in  ispecie  delle  do* 
ganalì, 

II. 

Ora  per  metterci  in  via  del  commercio  avuto  neiranno 
4856,  bisognerà  cominciare  dall' avvertire  che  le  importa* 
zioni  superano  le  esportazioni  per  le  sostanze  minerali  e 
per  le  manifatture,  e  che  superate  sono  le  introduzioni  dalle 
estrazioni  per  le  sostanze  animali  e  fé  vegetali;  e  cosi  ab* 
biamo  scudi  5,225,274.  35  di  merci  introdotte  sulle  estratte, 
ne  abbiamo  4^223,193.  72  delle  estratte  sulle  inirodoite,  e 
perciò  la  bilancia  caricherebbe  di  4,002,077.  63  l'importa- 
zione se  non  sapessimo  che  le  cifre  di  esportazione  sono 
allo  stato  vergine  del  paese,  e  vanno  aumentando  di  valore 
per  le  spese  e  i  lucri  sui  mercati  stranieri  «  onde  compea- 
sano  le  importazioni  anzi  danno  pecunia  a  riBorir  le  Gnanze 
de'  cittadini. 

I  maggiori  valori  delle  sostanze  animali  importate  fu* 
reno  pel  bestiame,  il  pesce  salato,  le  pellicerie  e  le  pelli , 
le  lane,  il  pesce  fresco,  il  formaggio  e  la  cera  ;  e  per  con* 
trarlo  l'esportazione  si  distinse  nel  bestiame,  nelle  lane,  nel 
pesce  e  nelle  carni  fresche,  nelle  pelli  e  nelle  pellicerie. 
Fu  grande  estrazione  di  bestiame  bovino  e  notevole  espor«' 
tazione  di  cavallino  e  di  porcino,  e  per  le  parti  meridio> 
nali  dello  Stato  anche  di  pecorino  e  di  ovino.  Dedotta  l'im* 
portazione  fu  esportazione  netta  di  animali  bovini  45,130, 
cavallini  3868,  ovini  46,475,  porcini  498  a  cui  vanno  ag^ 
giunte  libbre  4,039,505  di  carne  salata  (quintali  3524), 
per  determinare  i  guadagni  dell'  agricoltura.   In.  paragpne 


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«5 
degli  anni  ondali  scemò  l'esportdziòne  de*  porci  e  della  carne 
salata  e  si  alzò  graDdemeotè  quella  degli  altri  animali.  Il 
decremento  di  esportazione  de'  porci  e  della  carne  salata 
può  rappresentare  il  consumo  interno  innanzi  al  quale  da 
Tari,  anni  va  scemando  Tintroduziorte  de'  pesci  salati  sino  ad 
avere  un  meno  di  sei  milioni  e  mezzo  di  libbre  (22,035  quintali) 
rispetto  alla  media  4850-4,  e  di  libbre  4»069fl96  (36S4 
quintali)  rispetto  al  1855.  Llmporunza  che  ha  Tagricoltura 
negli  Stati  italiani-  quasi  assoluta  nella  vita  e  nella  prospe* 
riììt  degli  abitanti  m'invila  a  registrare  di  questi  sette  anni 
Feccesso  deiresportazione  di  quegli  animali: 

Anno         BoTiDì       Civallini        Oviai        Porcini    Carfii  salale 


qniatili 

1850 

S,949 

8,845 

4,998 

4,453 

4,298 

4854 

7,907 

3,646 

2,048 

8,938 

402 

4853 

44,467 

2,983 

— . 

4,459 

4,802 

4854 

9,849 

9,892 

6,735 

4,756 

4,954 

4855 

40,403 

2,630 

— 

740 

4,109 

4866 

45,480 

3,368 

46,475 

498 

3,524 

Somme  59,645      48,754      S9,944       28,214      42,749 

La  somma  degli  ovini  sarebbe  29,944;  ma  nel  1852 
ebbe  un  eccesso  d'importazione  di  4678  e  nel  4865  di 
7270 ,  onde  si'  riduce  alla  cifra  che  ho  trascritta.  I  bovini 
ebbero  nel  4850  una  notèvoi  parte  di  vitelli  da  allevare 
cosi  che  rimase  un  eccesso  di  loro  introduzione  di  8494  « 
nel  4854  si  ridosso  a  2304,  a  328  nel  4852;  cominciò 
nel  4853  l'eoeesso  di  esportazione  in  4754  ,  prosegui  con 
4444  nel  4854,  con  8246  nel  4855,  e  fini  con  4659  nel 
4856é  Sino  al  4858  l'imporuzione  delle  pelli  degli  animali 
grossi  mantennesi  considerevole,  ma  poi  andò  scemando  cosi 
che  dalla  media  annua  di  quintali  8082  del  triennio  4850-2 
discese  a  •  5574  nel  1858  alla  media   annua   di   2828  nel 


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86 

socei^ivo  inennio  ;  quindi  fu  grande  eonsumo  di  carni  e 
questo  grande  consumo  coH'ognor  crescente  esportazione 
degli  ammali  che  altro  tmoi  s|gni6care  se  non  un  miglior 
vivere  de'  cittadini?  E  migliorarono  le  finanze  di  qilelle  arti 
che  sono  alimentate  dalle  pelli  degli  animali  perchè  si  andò 
crescendo  loro  il  capitale  della  merce  nazionale  di  modo 
che  dalle  libbre  393,344  di  eccesso  importato  di  pelli  con- 
cie nel  1850  (qutnlali  1339)  T  eccesso  andò  via  via  dimi- 
nuendo sino  a  ridursi  a  libbre  81,656  (o  quintali  376)  nel 
1856.  Lungo  sarebbe  tener  dietro  ad  ognuna  di  quelle  arti 
ma  abbiamo  dai  calzolai  che  Teccesso  d'esportazione  delle 
loro  scarpe  e  dei  loro  stivali  che  nel  1850  non  era  che  di 
1630  libbre  (qiiintali  5.  49)  si  elevò  sino  alle  36,300 
(quintali  89)  nel  1856,  e  la  somma  generale  delle  pelli  la- 
vorate in  quest'anno  si  pareggiò  fra  importazione  ed  espor- 
tazione che  negli  anni  innanzi  ebbe  eccesso  d'importazione. 
L'arte  della  lana  assai  lentamente  avanza,  ma  anch'essa 
avanza  con  un  pò  di  miglior  cura  nella  pastorizia,  concios- 
siachè  dall'eccesso  di  833,000  libbre  di  lane  fine  che  s'im- 
portavano nel  1650  e  di  94l>000  nel  185i  andò  l'eoces» 
scemando  sino  a  510,000  (da  quiouli  8089  a  1738)  e  la 
esportazione  delle  lane  nazionali  superò  l'importazione  da 
libbre  1,100,770,  a  1,817,139  (da  quintali  8731  a  6360) 
avendovi  per  815,834  pecore  lana  da  vendere,  perle^ltre 
da  lavorare.  Le  capre  che  davano  im  eccesso  di  1850  lib« 
bre  di  esportazione  de'  loro  peli  lasciarono  che  d'altrettale 
eccesso  d'importazione  si  gravasse  lo  Stato  nel  triennio 
1863-4,  ma  ora  si  sono  rimesse  all'antico  prodotto- 
li chiarissimo  Pietro  Maestri  registrò  testé  nella  BMsta 
Contemfmnnea  che  gli  Stati  romani  contano  140  stabili- 
menti che  impiegano  13,660  quintali  di  lana  indigena  che 
sarebbero  il  prodotto  di  1,866,000  peco;»^  e  éOOO  quintali 
di  lana  straniera.  Quanto  a  quest'ultima  cifra  r^Hito  eb'e-» 
|(li  sia  stato  assai  male  informato  ;  perchè  la  lana  forestiera 
eutrau  «Ilo  Stato  non  superò  i  3860  quintali  nel  sessennio 


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87 
I850>6,  e  dal  I8S8  andò  scemando  sino  al  1856  che  non 
ne  ebbe  die  94 00  e  baona  parte  fu  data  ai  materassi. 
Ignoro  poi  dove  attingesse  quell'altra  cifra  del  consumo  di 
lana  nazionale  ;  dal  libro  del  Nigrisoli  non  si  può  raccapez- 
zar nulla ,  perchè  non  euro  di  raccoglier  cifre  nelle  pro- 
vincia* Cosi  il  Maestri  dà  alle  concerie  pelli  indìgene  di 
boe  due  vnlioni^  cavalline  16,000/caprine  363,000  ^  peco- 
rine 4,749,999.  Quei  due  milioni  di  pelli  bovine  a  me  sem- 
brano un'esagerazione  ;  conciossiachè  la  Francia  dodici  volte 
maggiore  dello  Stato  pontificio  non  consuma  ohe  11,700,000 
animali  d'ogni  fazione ,  onde  lo  Stato  pontificio  a  dar  largo 
non  dovrebbe  consumare  che  un  milione  o  poco  più  ogni 
animale  compreso.  Quei  due  milioni  di  animali  bovini  ma- 
cellali darebbero  per  sé  soU  60  chilogrammi  di  carne  per 
testa,  ne  darebbero  10  le  pecore  e  le  capre;  tanta  sarco- 
fogia  non  sarebbe  superata  in  fortuna  che  dagl'Inglesi.  Cosi 
mi  par  da  correggere  la  cifra  di  4,347,000  pecore  viventi 
nello  Stato  pontificio  e  datrici  di  lana,  perchè  tra  le  ma- 
cellate, le  esportate,  e  le  segnale  per  datrici  della  lana  da 
«asportare  dovrebbero  esse  sole  superare  i  tre  milioni  ^  e 
cosi  dev'  esser  stato  «  perchò  negli  Stati  pontifici ,  più  che 
altrove  in  Italia,  il  numero  delle  pecore  segue  l'antico  di- 
verbio economico:  tanti  uomini,  tante  pecore.  Nel  4855  il 
ministero  del  commercio  era  per  credere  che  la  produzione 
della  lana  toccasse  i  due  milioni  di  chilogrammi,  e  che  il 
terzo  uscisse  dallo  Stato;  se  cosi  fosse,  il  Maestri  ancor  non 
avrebbe  avuto  ragione  coi  48,560  quintali  dati  ai  440  sta- 
bilimenti, perchè  e  nelle  officine  minori?  e  nei  telai  sparsi? 
E  poi  altrove  dice  the  cinque  miHoni  di  chilogrammi  si  la- 
vorano e  .sono  50,000  quintali  ossiano  86,440  per  tutte 
qoene  altre  officine  e  pei  telai  sparsi.  Dove  prendere  unta 
hna  eolie  importazioni  enunciate,  coi  supposti  numeri  di 
bestiame  ovino?  Né  il  Maestri,  né  il  ministero  adunque  si 
sono  approaaimatt  al  numero  vero  delle  pecore  che  ha  lo 
Stato.  Ma  il  Maestri  reputa  che  ogni  pecora  dia  chilogrammi 


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88 

4.  61  di  lana;  per  aver  tanto  è  necessità  di  ben  altra  cura 
che  quella  che  si  dà  loro  nei  boschi  e  nelle  selve  delFAp^ 
penino  ;  ritenendo  che  ciascuna  (coroe  nella  vicina  Toscana, 
dia  un  chilogramroa  di  lana,  saremmo  già  vicini  al  vero,  e 
più  vicini  se  appunto  scriveremt  a  8  milioni,  o  a  330O 
migliaia  le  pecore  del  paese. 

■  Il  Maestri ,  la  Rivisu  agricola  francese  »  il  Nigrisoli  co- 
piandosi Fun  r  altro  affermano  che  lo  Stato  pontificio  pro- 
duce chilogrammi  490,000  di  mele  e  34,000  d\  cera,  e  tali 
cifre  in  origine  devono  essere  state  ufficiali;  ma  io  non  posso 
consentirle,  almeno  per  nessuno  degli  anni  1 850-6.  Da  quelle 
due  cifre  nasce  che  la  cera  sta  al  miele  come  48  a  400  o 
più  prossimamente  il  miele  è  cinque  volte  tanto  alla  cera* 
Ora  gli  eccessi  di  esportazione  d^l  miele  puro  furono 


Idi' anno 

io  chilogrammi 

4850 

155,620 

4851 

158,000 

1853 

115,782 

1858 

193,798 

1854 

154,443 

1855 

356,518 

1856 

331,350 

Media  180,600. 

Da  coi  dedotta  1*  importazione  di  chilogrammi  3752  di 
miele  cavato  daireccesso  d'impuro,  restano  477,848  ohi- 
logrammi  di  esportazione  netta,  ogni  anno,  oltre  al  consumo 
del  paese  che  non  deve  essere  poco.  Gli  anni  poi  4855 
a  4856  ne  avvisano  tale  esportazione  da  superare  di  molto 
la  sfessa  cifra  di  produzione  data  da  quegli  statistici.  Forse 
la  produzione  vora  tocca  i  300,000  chilogrammi,  e  non 
nego  che  aumenti  per  le  cure  migliori  date  alle  api,  asfis- 
siandole al  dividerle  e  mutarle  anziché  ucciderle. 

Delle  materie  animali  sono  i  bozzoli,  ma  poiché  più  pre- 


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89 
sto  appartengono  airindustria,  al  parlar  d*essa  ne  toccheremo; 
e  sono  i  pesci  dei  quali  ò  a  dire  non  mollo  dopo  quello  che 
avverili  testé  e  nella  dispensa  3  del  Voi.  V  della  Effe- 
meride: che  dìmiotiisce  coniìnuamenie  V  imporlazione  e  la 
esportazione  del  pesce  salalo.  Quanto  al  pesce  firesoOf  di  che 
Don  sì  dimenticano  le  provincie  mediterranee  intanto  che 
le  adrìache  ne  mandano  maggior  quantità  aireslero,  avemmo 
nel  1856  un*  importazione  per  7408  scudi  ed  una  esporta- 
zione per  28,174,  mentre  la  esportazione  del  salato  non  fi- 
gurò che  per  scudi  48,122,060  contro  scudi  327,789.  49  di 
importazione.  Le  importazioni  maggiori  sono  di  salacche,  di 
tonno  sott'olio,  di  aringhe  e  di  baccalà;  le  maggiori  espor- 
tazioni sono  delle  anguille  e  altri  pesci  conciati  delle  indu- 
strie comacchiesi. 

In  quella  dispensa  dell'  Enciclopedia  avvertii  che  le  pro- 
vincie mediterranee  consumavano  un  terzo  più  di  tonn8  che 
le  adriache;  il  caso  continua;  dalle  libbre  di  tonno  647,012 
introdotte,  sono  830,815  per  le  regioni  mediterranee; 
eosi  è  del  baccalà,  del  pesce  marinato  forestiero  e  del  ta- 
rantello;  del  tuli' assieme  delle  introduzioni  le  provincie 
mediterranee  ricevono  un  centomila  libbre  di  pesce  salato 
più  che  le  adriache^  e  ne  esportano  un  seicento  trenta  mila 
di  meno. 

La  pesca  ha  diminuito  ancora  dal  1855  i  suoi  fattori. 
Eceone  le  partite:  ' 

airAdrialico  al  Mediterraneo 

Paroni  da  pesca 668  37 

Marinai .     8860  90 

Mozzo 580  SS 

In  unto ft50S  458 

Eran  nel  1855      .    .    *    .    .     3541  158 

Diminuiti  di 38  5 


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90 

Per  lo  contrario  crebbe  il  personale  della  marineria  de- 
dita al  commercio: 

Gipitani  per  V  Oceano    •    •    •  38  — 

»       di  lungo  eorso  e  piloti  417  S4 

Paroni  di  cabotaggio  .    .    •    .  S46  63 

Macatranse  di  marina      •    «    .  386  7 

Marinai 3868  4SS 

Mozzi 4448  46à 

In  tutto 6992  678 

Eran  nei  4855 5720  630 

Cresciuti  di 272  48 

Ma  r  aumento  è  tutto  nell*  Adriatico,  ohe  anzi  il  Medi- 
terraneo diminuì  le  maestranze/  officio  importante.  La  pesca 
rinunciò  a  25  legni  per  tonnellate  374,  e  la  marina  mer- 
cantile crebbeli  di  21  per  tonnellate  4570.  Il  maggior  legno 
è  di  546  tonnellate  e  mezzo  ed  appartiene  all' Adriatico  ri 
quale  possiede  anche  tutti  quelli  che  sono  maggiori  di  ton- 
nellate 450«  i  quali  sommapo,  oltre  quello  |  a  80  per  ton- 
nellate 6802.  Insieme  sono 

Nei  lidi  romani  adriaci.  Navi  1563  per  tonnellate  S7,896 
»        »      mediterranei    279  »  4,467 

e  si  dividono  secondo  gli  esercizi,  segnati  al  84  dicembre  4856. 
Pel  commercio  solo  -288  per  top.  28,887  67 
Commercio  e  pesca    406      »  4,825  42 

Pesca  sola      .    .      256      >  4,644  53 

Alibbi  terrieri     .4,492      >  3,535  24 

Oltre  ai  quali  (senza  legni  del  governo)  ^ono  sul  Po  in  moto 

di  cabotaggio 88    >     4,45S  98 

Sul  Tevere  da  Pontefelice  a  Roma    84    »     4,638  95 
»        da  Roma  a  Jiomicino    23    »     4,002  76 

iegni  fluviali  in  tutto  .    .    445    >     3,795  69 
È  poi  notevde  che  dal  4837,  diminuito  il  numero  dei 


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91 
mriiiai  da  peset  appena  di  70»  se  ne  siano  aggregati  8593 
a  quelli  dì  eommercto,  e  peroeehè  air  ingroanr  del  tonnel- 
liggio  ingroaaò  il  nomerò  rispetUfo  delle  navi  e  dei  marinai, 
è  bello  argomento  della  prosperità  del  eommereio  ebe  itt 
questi  90  anni  lo  stato  ha  conseguito.  Quei  S88  navigli  di 
commercio  per  tonnellate  39,887  67  erano  nel  4837  soli 
890  per  ÌÌ9I6I;  quindi  il  tonnellaggio  medio  ch'era  di 
SO.  73  si  è  aumenuto  sino  a  77.  78 ,  e  ragguagliate  le  ton» 
Doliate  ai  marinai  dalle  quasi  7  che  ciascun  n'aveva  si  sono 
ridotte  a  poco  più  di  5,  diminuite  coli' aumento  dell' utile 
e  degli  agi  le  fatiche.  Il  raddoppiamento  della  marina  com- 
merciale non  ha  raddoppiato  il  conmiercio,  ma  l' ha  a  que- 
st' ora  messo  a  tal  fona,  che  se  l' intemo  si  adagi,  l'esterno 
ai  larh  innansL  Le  ferrovie  per  lo  Stato,  l' istmo  che  si  ta« 
^ieri  a  Sues  daranno  a  questa  terra  4nolto.  di  bene ,  che 
diventerà  maggiore  quando  i  carri  potroono  correre  i  monti 
come  or  n  corrono  le  pianure.  In  questi  monti  sono  tesori 
di  materie  minerali  e  di  vegetabili*  Le  selve  e  le  foreste 
si  può  dire  non  sono  locche,  e  le  viscere  della  terra  qua 
e  là  seoBgiurace  per  manco  di  strade  non  possono  rispon- 
dere e  come  s'aspetta. 

Il  pia  forte  eommereio  delle  materie  vegetali  è  per  le 
importazioni  e  per  le  esportaaioni  nei  generi  annonari!»  nel 
l^name,  nei  coloniali,  nel  tabacco  (privativa  di  Stato),  ne« 
gli  olii,  nei  l^i  di  tinta,  e  nei  frutti,  nei  foraggi,  e  nella 


IH. 

L'uinona  è  precipua  provvidensa  di  governo,  ma  eolle 
presenti  aperture  di  commerci  che  chi  più  ha  va  in  cerca 
di  chi  meno  ba«  facile  provvidenxa  è  lasciare  aperte  le  porte 
all'andare  e  al  venire.  Se  le  chiudete  per  un  timore  all'u» 
sdre,  ebe  nasce?  che  quelli  i  quali  comprerebber  per  ven- 
dere non  comprano,  e  il  grano  del  paese  aumenta  il  pretio, 
le  non  diminuisee  di  bontà,  e  manca  l' utile  del  commercio 


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93 

c!  quello  della  ra<!oolta.  Dal  1850  al  4854  furono  anni  searsi 
e  bisognò  iatrodurre  grano;  la  esporiazione  quindi  assai  pic- 
cola, e  nel  185S  di  poco  maggiore,  sebbene  1*  importatione 
quasi  scomparisce,  ma  nel  4856»  qui»i  eguale  V  imporuzione 
raddoppiò  la  esportazione   del  riso,   crebbe  di  due   quinti 
quella  del   grano.   Ma  in  quel  4856  il  grano  ceno  non  si 
liberò  che  a  luglio,  il  riso  fu  libero  sempre;  il  grano  ebbe 
un  dazio,  il  riso  fu  fetto  onninamente  esente.  E  dapprima 
che  sì  faceva  del  riso?   Si  esportava   frodando,  o  si  ven- 
deva e  consumava  con  minor  utile  in  paese.  Egli  è  ben  me- 
glio  darlo  fuori  a  chi  il  paga  per  avere  in  paese  chi  sa  con« 
venire  in  mantbtture  i)  denaro  che  ne  ricava.  Nel  4856  si 
consumarono  dalle  provincie  del  Mediterraneo  grano   rub* 
bia     ......    .    809,840   rìso  libbre    6^748,804 

deir  adriaiico    ....    988,357     •        •       40,761,563 


Intuito      .    .    .      4,793^067  »       46,540,367 

dedotto  il  consumo,  il  grano  mancò  per  rubbia  40,503  (o 
ettolitri  89,647)  e  il  rìso  avanzò  per  libbre  30,585,430  (o 
quintali  493,544).  1^  esportazione  del  riso  non  fu  che  di 
libbre  45,995,363  (quintali  54,334)  detratta  la  poea  impur* 
zinne  r  quindi  rimane  una  buona  annata  di  consttmo  tuttavia 
in  deposiio.  Coi  risi  indiani  è  frustranea  ogni  misura  di  prò* 
tezìonc  annonaria. 

I^el  legname  da  ardere  non  è  a  dire  parola;  unto  ne  va 
quanto  ne  viene,  piccolo  conto;  il  grande  è  in  quello  da 
lavoro  che  molto  entra  al  mare  adriatico;  pezzi  4,391,530 
e  molto  esce  dal  mediterraneo,  3,032,765,  dando  colle  de- 
bite sottrazioni  delle  rispettive  emissioni  ed  immissioni  una 
esportazione  generale  di  705,348.  Le  quantità  maggiori  im- 
portate sono  di  doghe  lunghe  sino  a  6  palmi,  di  legno  se- 
gato di  oncie  due,  di  segato  minore;  V  esportato  dalle  prò* 
vincie  mediterranee  è  dt  quelle  simili  doghe  e  vanno  in 
Francia  a  formar  botti  e  barili;  quando  Civitavecchia  sari 
vicina  ad  Ancona  V  un  lato  deirAppemiino  soccorrerà  al- 
l' altro. 


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93 
I  eoloDiali  che  ia  maggior  quaniiià  s*  imporiano  sono  il 
eaflRè,  lo  zacchere,  ìì  pepe,  il  cotone.  11  cotooe  è  come  sa 
ooQ  eotrasse  poiché  appena  460,000  libbre  (50  quintali); 
il  eaSè,  lo  zocohero,  il  pepe,  il  cacao  hanno  grande  con- 
iamo. Dedotte  le  esportazioni  si  ebbe  in  libbra  (da 
grammo): 


MFmtm 

Caffi 

zucchero 

Pepe 

Cacao 

4850 

3,664,627 

46,234,726 

4,053,980 

363,064 

4851 

3,402,453 

46,026,900 

4,044,854 

459,397 

4853 

3,337.46» 

47,040,552 

922,736 

339,483 

4853 

8,439,454 

48,450,064 

946,448 

330,848- 

4854 

2,994,550 

20,383,560 

733,462 

386,000 

4855 

3,741,407 

47.000,000 

748,843 

429,000 

4856 

4,566,085 

25,406,044 

920,538 

500,643 

L' aumento  nel  caffè  e  nello  zucchero  cominciato  nel 
1858  e  quello  del  cacao  nel  4854  e  proseguito  cosi  ardita- 
mente come  le  cifre  insegnano  mostra  che  non  solo  ò  au- 
mentata la  prosperità  del  vivere  qual  si  vide  cogli  animali 
e  le  pelli,  ma  si  aggiunge  anche  il  lusso  come  in  tutti  gli 
Stati  europei.  Lo  zucchero  ò  del  comune;  del  raffinato  che 
nel  1850  eran  entrate  per  le  dogane  (credo  molt' altro  in 
frodo  pel  grave  dazio  di  7  scudi  ogni  400  libbre  lorde) 
crebbe  a  8864  nel  4853  in  cui  la  raffineria  di  Grottamare 
col  dazio  di  soH  80  baiocchi  importò  4  milioni  di  libbre  di. 
brine  per  raffinarle;  stette  su  questa  cifra^'e  anche  più  alta 
per  due  ahri,  del  4855  presene  solo  363,037  libbre  e  nel 
4856  libbre  484,555;  credo  che  tra  pel  contrabbando  e  tra 
per  la  bellezza  dei  zuccheri  comuni  che  vengono  dall'  estero 
meno  carichi  di  dazio  la  raffiaeria  nazionale  non  possa  so- 
stenere la  concorrenza. 

Il  tabacco  ha  l'eceesso  d*importazione  di 'libbre  4,298,000 
nel  4850,  e  di  5,066,000  nel  4856;  gli  anni  intermedii 
oscillarono  fra  i  3  e  i  8  milioni  e  il  4854  ebbene  3,900,000! 
I  conti  della  Onanza  per  1*  azienda  di  questo  genere  fiscale 


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94 

non  sono  quali  potrebbero  essere  se  non  fossei^  io  ammi- 
nistrazione eoi  privali.  Nel  1866  si  fissò  la  cirra  di    scudi 
4,835,330  d'incasso  netto,  che  sarà  crescimo  di  poco   sic- 
come crebbe  di  70,000  scudi  il  presunto  dell*  anno  prece- 
dente. Il  presuntivo  del  4858  fu  di  scudi  4,848,938    equi-- 
valenti  a  franchi  6,587,990.  Considerando  il  consumo  grHiìde 
di  tabacco,  eh*  è  due  terzi  più  di  quello  del  4854,  la  finanza 
dovrebbe  avere  almeno  scudi  3,500,000  di  sua  pane.  Colla 
somma  che  percepisce  6  in  giusto  paragone  per  esempio  col 
Piemonte,  ma  se  ciò  che  va  nella  cassa  privata  andasse  in 
quella  del  pubblico,  se  la  cifra  del  consumo  non  falla ,  il 
oarìco  del   ubacco   negli  Stati  pontifici   sarebbe  assai  più 
fruttuoso,  poiché  è  maggiore.  Non  sarebbe  speculazione  frut- 
tuosa coltivare  il  ubacco ,  in  più  vaste   proporzioni    nello 
Stato  ?  Non  si  potrebbe  ad  ottenerlo  ottimo  ofiferire  premi 
come  alle  piantagioni  d'alberi? 

Dèlie  piantagioni,  gli  ulivi  sono  i  più  interessanti  alberi 
per  la  popolazione.  Il  territorio  senza  le  336,998  piante  po- 
ste al  premio  dal  4850  al  4856  aveva  94,156  ettari  d' oli- 
veto.   Si   calcolano  in  paesi  meno  felici  480  e  500   chilo- 
grammi per  ettaro  >  ae  gli   ettari  dello  Stato  romano  sono 
come  quelli  si  può  calcolare  su  un  frutto  di  453,000  quin- 
tali d'olio.  Le   piante  messe  a  terra  dal  4850  e  che  vi  si 
vanno  mettendo  preparano  agli  avvenire  altri  buoni  quintali 
d' olio,  e  quasi  sarà  provvisto  al  bisogno  della  popolazione, 
perchè  alla  parte  tirrena  ne  avanza,  l'adriaca  appunto  tanto 
né  importa.  Ma  gli  anni   di  scarsità  si  succedono   troppo 
spesso  per  potersi  contentare  di  quel  numero  di  piedi.  L'anno 
4854  fu  infelice,   infelicissimi  ì  due  anni  di  successivi  nei 
quali  fuori  un  po'  Umbria  cho  venduta  la  merce  in  Toscana 
la  riportò  nello  Stato  pel  rialzo  del  prezzo,  quasi  nulla  die- 
dero le  altre  provincie,  e  fu  incemivo  a  quelle  genti  all'  e- 
strazione  di  olii  da  molte  sostanze  onde  &rsi  buono  ed  op- 
portuno succedaneo  a  quello  d'olivo. 

Nei  sei  anni  4854-66  la  parte  adriaca  ebbe  un  eccesso 


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95 
d' imporlaitofie  di  libbre  4,498,M2  (quiniati  45,243),  la 
pme  mediterranea  un  eccesso  di  esportazione  di  1,970,449 
(qnkitaU  5918),  quindi  lo  Slato  mancò  di  libbre  2«526,2SS 
(quintali  9,324)  e  in  medio  nel  sessennio  libbre  431,560 
aoDue,  o  quintali  2,3S1  d*oiio.  L'anno  4856  le  provincie 
adrìache  ebbero  bisogno  di  libbre  793,723  e  le  mediterra- 
nee ne  esportarono ,  compensi  (fatti  colle  introduzioni 
4,857,809,  cosi  rimase  un  utile  al  commercio  romano  per 
libbre  4,064,080. 

Per  le  tinture  e  le  concie  non  trascura  il  paese  gli  ar* 
busti  e  le  piante  che  possono  soccorrere  alle  arti;  ma  ri« 
mane  tuttavia  in  bisogno  di  una  più  discreta  quantità  di 
materia  che  per  fortuna  è  di  valore  non  grave*  Quesi'  anno 
1856  r  eccesso  d*  importazione  dei  legni  esotici  fu  di  6635 
quintali^  e  degli  altri  (compresi  sei  milioni  di  libbre  di  val- 
lonea  importati  contro  cui  stanno  un  milione  e  mezzo  di 
scorze  e  di  coccole  importate)  fu  di  47,000  quintali,  in 
tutto  24,000  quintali  a  un  bel  circa  per  un  valore  di  725,584 
franchi,  ma  non  è  con  ciò  che  non  possa  con.  maggiore 
esportazione  diminuirsi  il  tributo  che  rende  ali*  estero ,  e 
cosi  è  da  dire  pei  frutti  al  quale  dà  più  di  mezzo  milione 
di  franchi. 

Quanto  ai  foraggi,  non  è  un  eccesso  d'esportazione  di 
40,000  quintali,  ma  facoltà  di  maj^ore  produzione  per  Te* 
stero  e  per  1*  interno.  Nel  4864  si  esportarono  45,000  quin- 
tali e  fu  l'anno  di  maggior  esportazione  dal  4850  al  4855 
inclusivameni^,  quindi  l'anno  4856  dopo  il  conoscimento  di 
molta  maggior  quantità  di  bestiame  allevato  è  un  anno  pre- 
monitore di  migliore  avvenire.  Non  manca  di  fertilità  e  di 
forza  il  terreno  né  scarse  sono  le  acque  per  irrigarlo;  piut- 
tosto è  gran  bisogno  di  strade  per  portar  dappertutto  le  opere 
e  le  cure  che  dall'agricoltura  si  chiedono.  In  medi^  le  regioni 
adriache  abbisognarono  nel  sessennio  libbre  annue  di  cencio 
256,347  (perchè  nel  4855  ebbero  un  eccesso  di  esporta- 
zione di  libbre  4,288,491  e  nel  4856  di  228,221)  e  le  me- 


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96 

tliterranee  ebbero  invece  uà  avanzo  esporialo  di  3,316,338, 
cosicché  in  sei  anni  lo  Staio  si  spogliò  di  quarantamila  quin- 
tali di  forza  vificatrice  che  con  mezzi  facili  di  comunica- 
zioni interne  avrebbero  suscitato  prodotti  notevoli  o  di  ani- 
mali o  di  vegetali  ben  superiori  ai  74,383  scudi  ch'ebbe 
ricavato  di  netto  da  quella  dispersione,  e  si  sarebbe  con  ciò 
risparmiata  almeno  parte  degli  scudi  46,824  che  si  sono  spesi 
comprando  i  frantumi  di  corno  greggio ,  che  specialmente 
gli  adriaci  vanno  aumentandone  il  consumo  anno  per  anno 
in  sostituzione  del  concio  lontano  e  caro.  Alla  quale  indu- 
stria fu  provvido  il  Governo  diminuendo  dai  quindici  baioc- 
chi ad  uno  il  dazio  ogni  cento  libbre  nette.  La  maggior  parte 
di  quella  materia  è  lombardo-veneta  e  va  aritarsi  a  Bologna 
e  naturalmente  si  adopera  sul  bolognese  e  sul  ferrarese  più 
che  più  innanzi. 

In  queste  due  provincie  più  che  nelle  altre  è  rigoglioso 
un  prodotto,  che  ne  forma  una  vera  ricchezza,  la  canapa: 
e  per  la  dimora  di  molti  ebrei  si  va  aumentando  un'altra 
sorta  di  commercio  che  prima  non  si  aveva ,  o  era  in  pic- 
cole proporzioni  perchè  il  genere  consumavasi  in  paese  ed 
ora  gli  è  sostituita  la  lana:  voglio  dire  la  piuma  di'  oca;  nel 
4850  non  fu  fatta  estrazione  di  lai  piuma  che  di  5600  lib- 
bre^ nel  4856  di  25,755;  nel  4853  se  ne  fece  eccesso  d'e- 
aportazione  di  58,791  cosicché  in  media  1850-6  si  manda- 
rono fuori  nette  ogni  anno  libbre  17,763  o  chilogrammi 
6021.  Non  conosciamo  precisamente  la  produzione  della 
canapa,  ma  Bologna  è  certamente  quella  provincia  che  più 
ne  rende:  Tanno  1866  cavoime  83,246  quintali;  in  lutto  il 
sessennio  1851-6  ebbene  467,000  e  quindi  una  media  di 
77,633  per  anno.  Nel  ferrarese  i  canapai  hanno  scacciala  la 
coltura  del  formentone  e  si  sono  visti  steli  di  canapa  alti 
cinque  metri,  tanto  vi  cresce  rigogliosa.  Nel  resto  dello  Slato 
fuor  Macerata  che  dà  un  830  quintali  di  tal  prodotto,  quasi 
nulla  è  la  sua  coltura.  L' esportazione  della  canapa  sia  per 
Francia  che  per  Inghilterra  e  per  Belgio  e  Olando  e  Trieste 
è  in  grandissima  parte  di  greggio;  ma  se  ne  fa  anche  di 
peuinata  per  le  telerie  forestiere  onde  alimenta  in  patria  uu 
bel  numero  di  operai;  d'opera  forestiera,  duole  il  dirlo, 
comprano  i  litoroli  la  canapa  incatramata ,  circa  un  35,000 
a  30,000  libbre  ogni  anno  che  ai  potrebbe  allestire  in 
paese. 


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97 

Id  tulio  il  seiicnnio  Tanno  1856  fu  il  massimo  espor- 
uiore,  poiché  dedotte  le  importazioni  relative  mandò  fuori 
154,100  quintali  iì  canapa  greggia,  9165  di  graffiata  24,804 
di  pettinata;  in  lutto  183,076  senza  altri  7927  di  stoppa. 
La  media  del  settennio,  perocché  l'anno  1853  fu  scarsis- 
staio  di  produzione,  si  riduce  a  queste  cifre  in  quintali  netti 
esportati  : 

di  canapa  greggia      .    •    .    128,188  1 

graffiata     .    •    .        8,700  [  154,188 
>        pettinata    •    *    .      17,300  ) 

di  stoppa 7,630 

In  tutto  •  •  •  161,848 
ma  contro  questo  prodotto  sta  una  'lieve  introduzione  di 
lino,  poiché  la  coltura  sua  non  avanza  quanto  dovrebbe  non 
eessando  pel  lavorar  poco  di  cotone  Tuso  domesiico  del  lino. 
Nel  settennio  la  maggiore  importazione  fu  al  1852  la  quale 
sì  elevò  a  101,662  libbre  quasi  lutto  pettinato  olire  a  4,468 
di  stoppa,  dedotte  sempre  le  esportazioni,  che  sono  quasi 
tutte  delle  regioni  adriache  e  la  minore  fu  nel  1854  di 
^,388  con  una  esportazione  di  3220  di  stoppa,  ma  nel 
1856  r  importazione  neitÌ9i  del  lino  fu  di  libbre  48,725  con 
4757  di  sloppa.  Il  cotone  che  nel  1850  s*  importò  in  lib- 
bre 14,595  e  nell^anno  successivo  in  346,990  andò  dimi- 
nuendo sino  al  1856  che  non  ne  ebbe  che  160,461;  prese 
invece  un  bel  carico  di  manifatture.  Messe  a  confronto  le 
cifre  di  questo  anno  1856 ,  che  nella  canapa  esportata  su- 
però la  media,  abbiamo  a  valore  officiale  (assai  più  basso 
del  reale)  di  scudi: 

Canapa  Lino  Cotone 

Imp.         3J02  10      Imp.     8,737  73      Imp.      16,208  17 
Esp.   3,187,916  70      Esp.      2,062  54      Esp.  92  — 

Il  valore  delle  importazioni  fu  di  scudi     28,648 
»       delle  esportazioni    »         >    3,190,070 

Quindi  l'utile  é  di  3,161,422  ossia 
di  un  diciasseUe  milioni  di  franchi  più  che  sufficienti  a  sod- 
disfare il  valor  dei  tessuti  di  cotone  e  di  lino  che  si  prende 
dall'estero,  perché  quei  di  Canapa  anzi  danno  un  attivo 
alla  esportazione  come  vedremo  or  ora  parlando  delle  ma- 
ni&tture.  (  Confinila  ). 

Aiouu.  StaHiiioaf  voi.  XXI,  serie  3.*  7 


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98 


NOTIZIE    INTERNE 


StotUillca  «eli»  pop#l«vl»ne  awitrlac» 


Inulta  fine  di  ottobre  'deiranno  4869  venne  eoi  metodo 
inglese  fatta  conteggiare  la  popolazione  appartenente  ai  varj 
dominj  sottoposti  all'impero  austriaco.  Eccone  il  risultato 
sommario. 

Nomerò  degli 
abitanti. 

Austrid  sotto  TBnns 4,697,180 

Austria  sotto  TEnns 716,904 

Salisburgo 448,085 

Stiria 4,070,747 

Carinzia    .    .    .    , 888,598 

Camicia 457,338 

Littorale 539,428' 

Tirolo  e  Voraibcrg 826,268 

Boemia 4,720,348 

Moravia 4,878,806 

Slesia 447,497 

Galizia  Occidentale 4,590,245 

Galizia  Orienule    • 8,024,904 

Bucovìna  ^ 462,242 

Dalmazia 445,632 

Lombardia 3,866,396 

Provincie  Venete ^    •    .    .    2,306,658 

Ungheria  (  Buda  Pest  )....*..    4,765,248 

Ungheria  (Presburgo) 4,656,659 

Oedemburgo 4,818,864 

Gassovia 4,349,244 

Granvaradino 4,557,040 

Voivodato  Serbico *    .    .    .    4,532,254 

Crovazia  e  Slavonia 865,400 

Transil  Vania 2,480,424 

Confini  militari 4,066,272 

Per  ciò  che  riguarda  la  popolazione  delle  città  prinicipali, 


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99 

i^eUbero  nel  4857  i  risultati  ebe  seguono.  Le  etfre  deth  se^ 
mda  oolonoa  ranpresentano  V  aumento  della  popolazione 
dopo  il  4850^1. 

Addo  1857  Aameoto. 


476,23»    abitanti  46,075 

S7,648  »  4,025 

47.239  >  230 
68,475  »  7,755 
48,478  •  4,377 
20,747  .  8,091 
64,096  B  465 
44,224  •  4,076 

442,588  m  24,488 

58,809  •  44,450 

43,864  >  3,764 

70,384  •  2,096 

40,086  »  ^ 

26,345  »  5^78 

7,797  •  242 

486,685  •  26,684 

418,420  >  — 

55.240  >  5,448 
434,705  »  25,826 

43,468  »  4,799 

48,898  »  2,472 

46,417  »  3,383 

23,474  »  638 

22,507  »  4,838 

46,657  •  2,899 

48,588  »  2,320 

Nell'anno  4850-4854,  la  popolazione  complessiva  delle 
suddette  città  ascendeva  a  4,544,562  abitanti,  nel  4857  a 
4,709,546,  cosi  che  l'aumento  è  di  467,984,  mettendo  in 
eooto  la  diminuzione  di  44,353  anime,  avveratesi  in  due 
duà,  e  dovuta  a  cagioni  locali. 

La  proporzione  d' aumenti  nelle  rispettive  città  è  appros- 
iiiDaiivamente  del  23  per  400  per  Troppau,  49  per  Pest 
e  Brùnn,  48  per  Tetnesvar,  16  per  Praga,  45  per  Lubiana, 
44  per  Milano,  42  per  Zagabria,  44  per  Hermannstadt,  e 
Grai^  40  per  Vienna,  ecc. 


Vienna.    .  • 

Line     •    .  . 

Salisburgo  • 

Grau    •    •  • 

Clageofurt  . 

Lubiana    •  . 

Trieste      .  • 

Innsbruk  •  • 

Praga  .    .  . 

Bruno .    •  • 
Troppavia 

Leopoli     •  . 

Cracovia   .  . 

Czemowitz  . 

Zara     .    .  . 

Milano.    .  . 

Venezia    .  • 

Buda    .    .  • 

Pest     «    .  • 
Presburgo 

Oedemburgo  • 

Cassovia    •  • 
Granvaradino 

Temesvar 

Zagabria 

Hermannsudt    .... 


•    .    • 


600581 A 


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100 


NOTIZIE   STRANIERE 


Vii  rcndleoiit»  dodicennale  della  beneilce! 
In  Franela. 

j.lon  dubiiiamo  che  alcuno  v'abbia  che  al  vedersi  qui 
sovente  sotf  occhio  rendiconti  ospitalieri  mostri  malavoglia 
o  impazienza*,  ma  speriamo  altresì  che  molti  altri  ai  quali 
i  serj  siudj  economico-sociali  sanno  giustamente  valutare, 
ci  saranno  invece  grati  per  la  nostra  premura  di  fornirne. 
Né  altrimenti  essere  può  se  meritamente  la  beneflcenza  con* 
corre  oggidì  quale  importante  parte  dell*  economia  politica 
e  della  pubblica  amministrazione  ,  sia  per  i  vantaggi  che 
essa  arreca  ai  civili  consorzj,  sia  pel  bisogno  che  ha  di  essere 
e  studiata  e  disposta  e  disciplinata  onde  pervenga  a  me* 
glip  soddisfare  ai  suoi  fini.  Se  poi,  come  abbiamo  fatto  più 
volte  per  lo  passato,  ci  prevaliamo  di  tali  lavori  faui  al- 
l'estero  e  specialmente  in  Francia,  egli  è  perchè  quel  più 
ampio  e  più  opportuno  materiale  vi  troviamo  che  servir 
può  a  confronti  utilissimi  con  analoghi  lavori  di  pochi  do- 
stri  medici.  Ed  oltreché  per  fa  parte  sanitaria,  bramiamo 
proporli  quali  esempi  e  stimoli,  onde  anche  gli  ammini- 
stratori del  patrimonio  de*  poveri  vogliano  pur  essi  adem- 
pire al  dovere  di  mostrare  al  paese  i  loro  risultamenti  eco* 
nomici,  la  pubblicazione  de'  quali  può  soddisfare  ed  accre* 
scere  ì  benefattori ,  còme  il  segreto  e  1'  oscurità  possono 
far  nascere  dubbio,  diffidenza  e  contrarj .  giudizj. 

In  Francia  dal  i842  al  1848  (in  12  anni)  furono  curali 
o  mantenuti  ne'  suoi  i031  spedali  ed  ospizj  7,033,536, 
ammalali  e  di  incurabili:  il  che  dà  una  media  annua  di 
686,127  individui.  Ogni  anno  il  numero  degli  ammessi  fu 
di  467,601  ;  ed  il  resto,  cioè  118,526,  rappresenta  quelli  che 


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101 
tontaosi  rieoverali  sotto  il  31  del  dkcmbre  deiranno  pre- 
eedeate.  L'annoa  cifra  delle  ammissioiii  doo  variò  che  debol- 
nenie  in  tale  spazio  dodiceDoale^  quantunque  il  numero  dei 
bi  nasi  assai  accresciuto ,  anzi  si  pu&  considerarlo  come 
presso  a  poco  permanente  almeno  nei  tempi  ordinarii,  eccet- 
laaodo  quelli  di  rivoluzioni  o  di  carestia.  Difatti  osservammo 
abrsi  il  numero  degli  infermi  negli  anni  1847,  i848  e 
1849  noti  per  la  scarsezza  del  vitto,  e  per  le  crisi  politiche 
èe  traggono  sempre  con  loro  le  crisi  industriali.  Questo 
fauo  di  essersi  serbato  uguale  il  numero  di  ammalati  o  di 
ioeurabili  curati  negli  stabilimenti  ospitalieri  ad  onta  dell' au^ 
Dento  della  popolazione  e  di  quello  de'  letti,  ad  onta  del- 
r agglomerazione  che  avvenne  nelle  città,  è  risguardato  da 
L  Boniface  (1)  come  un  fatto  assai  favorevole,  come  una 
testimonianza  indubitata -di  un  miglioramento  nella  pubblica 
silote.  Ed  esso  altresì  coincide  con  una  graduata  diminuzione 
del  Dumero  de'  morti  nella  popolazione  in  generale.  Non  può 
negarsi  che  dovessimo  aver  motivo  di  lamento  ndl' osservare 
che  stazionaria  si  trova  la  mortalità  degli  spedali  e  degli 
ospizj,  ma  in  proposito  dobbiamo  riflettere  che  per  conoscere 
i  risultamenti  dell'  arte  medica  un  periodo  di  dodici  anni 
non  può  fornirci  un  bastante  campo  di  osservazioni,  abbiso- 
gnerebbe a  tale  intento  nientemeno  di  un  secolo. 

Però,  circa  la  mortalità  negli  spedali,  prima  del  1789 
atèiamo  appunto  dati  degni  di  tutta  fede  che  ci  fanno  vedere 
essere  la  medesima  diminuita  di  più  della  mete.  Difatti 
Messance  nelle  sue  Recherches  sur  la  population  (  i  778  ) 
£ee  aver  attinto  a  fonti  uflSciali  che  in  quell'  epoca  negli 
spedali  ed  ospizj  di  Parigi,  di  Lione  e  di  altre  principali 
òuà  della  Francia  si  aveva  un  morto  su  cinque  degli  am- 
malati  si  acuti  che  cronici.  Negli  anni  che  esaminiano  la 
Bortalttà  non  fu  che  di  1  su  11  7.  È  ad  osservarsi  che  un 
niglioramento  si  considerevole  non   è   dovuto   soltanto  ai 

(i)  OmHtutionnel,  25  joio  1858. 


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4oa 

progressi  della  medicina  o  della  chirurgia,  ma  devesi  altrerf 
attribuire  in  gran  pane  alle  presenti  condiiioni  igieniche 
degli  spedali  assai  più  favorevoli  che  nel  48/  secolo.  Aliar* 
gamento,  salubrità,  ventilazione  furono  procurati  ai  medesimi. 
L'alimento  fu  reso  più  delicato  e  meglio  adattato  alla  cura: 
la  polizia  odierna  era  sconosciuta.  Ecco  alcune  delle  cir- 
costanze  che  specialmente  facilitano  la  guarigione  e  che 
mancavano  nel  decorso  secolo,  come  rilevar  possiamo  nelle 
descrizioni  che  Tenon  ce  ne  fa  nel  celebre  rapporto  du  lui 
fatto  in  nome  di  una  Commissiene  all'Accademia  di  Fran- 
cia sugli  spedali  di  Parigi  quali  trovavansi  nel  4790. 

Sino  ai  4852  inclusi vamente,  r amministrazione  francese 
degli  spedali  e  degli  ospizj  aveva  confuso  in  una  sola  cifra  il 
numero  degli  ammalati  di  morbo  acuto  curati  negli  spedali 
propriamente  detti,  e  quello  dei  cronici  o  incurabili  man* 
tenuti  negli  ospizj.  Una  tale  confusione  cessò  per  la  prima 
volta  nel  4853  e  in  quest'anno  la  dimostrazione  di  quanto 
si  operò  negli  stabilimenti  ospitalieri  è  tale  di  appagare  per 
il  nuovo  modo  con  cui  essa  è  data. 

Il  numero  totale  degli  ammalati  curati  negli  spedali  sali 
nel  4858  a  407,449,  tra  i  quali  363,830  individui  di  s^o 
maschile  e  444,589  di  femminile:  il  che  corrisponde  a  483 
uomini  su  400  donne.  Una  tale  differenza  è  tanto  più  do« 
tevole  in  quanto  che  in  Francia  non  si  contano  che  403 
maschi  su  400  femmine,  come  provano  gli  ultimi  censimenti. 
E  più  grande  ancora  risulterebbe  tal  proporzione  se  dalle 
ammissioni  si  deducessero  circa  700  partorienti  che  non  si 
dovrebbero  considerare  come  ammalate.  La  spiegazione  si 
trova  per  gran  parte  nel  fatto  che  la  vita  sedentaria  delle 
donne  le  preserva  da  una  quantità  di  malattie  inerenti  alle 
professioni  spesso  insalubri  e  pericolose  che  sono  esercitate 
dagli  uomini.  Difatti  le  ammissioni  per  accidenti  fortuiti  e 
sinistri  nell'anno  in  discorso  furono  5839  soltanto,  mentre 
quelle  degli  uomini  giunsero  a  48,861.  Bisogna  però  ammet- 
tere nel  tempo  stesso,  come  Io  provane  i  documenti  ia  ài- 


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403 
yersì  tempi  pubblicati  sulla  mortalità  comparativa  tra  i  due 
sessi,  cbe  la  donna  sembra  avere  una  vitalità  superiore  a 
quella  dell'uomo:  in  tutte  le  età  essa  ha  una  vita  proba- 
bile e  media  più  lunga:  le  sue  malattie  sono  più  rare  e 
generalmente  di  un  carattere  meno  grave,  e  per  conseguenza 
il  suo  ristabilimento  è  più  pronto.  Finalmente  la  moglie 
dell'operajo  non  si  determina  per  Io  spedale  che  agli  estremi. 
La  conoscenza  della  grande  utilità,  anzi  della  necessità  di 
custodire  la  easa,  ove  le  cure  per  allevare  ed  educare  i 
figli  tutte  le  appartengono,  la  ripugnanza  eh*  essa  più  del 
marito  prova  nel!' allontanarsi  da  suoi,  e  finalmente  un  gran 
coraggio  morale  la  fanno  energicamente  lottare  contro  il 
male  e  spesso  ancora  trionfarne. 

Su  le  407,419  ammissioni  si  contarono  88,463  fanciulli 
minori  di  15  anni,  cioè  20,837  ragazzi  e  47,625  figlie.  Si 
potrebbe  qui  credere  che  altresì  nelli  primi  stadi  della  vita 
e  quando  non  esistono  que*  motivi  puramente  morali  '  che 
distolgono  la  donna  dal  rifuggiarsi  negli  spedali,  il  sesso 
femminile  faccia  pure  minor  parte  delle  ammisiioni.  biso- 
gnerà però  non  perdere  di  vista  che  sino  alli  45  anni  si 
conta  in  Francia  nella  generale  popolazione  un  maggior  nu- 
mero di  fanciulli  maschi  cbe  di  femmine* 

Il  rapporto  delle  morti  ira  gli  ammalati  adulti  curati 
nel  4853  fu  di  4  su  44.7  per  gli  uomini  e  di  4  su  40.4 
per  le  donne.  Questa  maggior  mortalità  tra  le  donne  con- 
ferma  la  nostra  osservazione  cioè,  ch'esse  non  entrano  negli 
spedali  cbe  quiinto  mai  possono  più  tardi,  ossia  quando  la 
malattia  ha  raggiunto  il  più  alto  grado  di  gravezza.  Si  trova 
altresì  la  prova  della  più  grande  gravezza  della  malattia 
che  spinge  le  donne  agli  spedali  nel  fatto  che  la  durata 
media  di  permanenza  cbe  vi  fanno  è  di  59  giorni,  mentre 
che  essa  non  è  che  di  45  per  gli  uomini. 

Nel  4853  in  923  stabilimenti,  tra  quali  277  ospizi  che 
non  ricevono  che  incurabili,  e  649  spedali  misti,  ove  cioè 
«ccettansi  incurabili  ed  ammalati ,  ^i   mantennero  93,484 


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404 

persone,  uomioi  47,695  e  donne  45|789.  Di  un  tal  numero 
di  93,484  vecchi,  cronici  o  incurabili,  già  50,484  si  trova- 
vano ricoverati  negli  stabilimenti  al  1.^  gennajo  del  1863.  Le 
ammissioni  nel  corso  dell'anno  furono  43,000,  di  cui  26^437 
maschi  e  46,863  femmine. 

La  proporzione  delle  morti  al  totale  degrindividui  man- 
tenuti  fu  di  4  su  44.46  per  gli  uomini  e  di  9.33  per  le 
femmine.  E  qui  pure  troviamo  la  prova  che  la  donna  non 
si  decide  a  ricercare  il  suo  ricovero  negli  ospizi  che  allor- 
quando Veti  avanzata  o  le  infermità  hanno  in  essa  quasi  , 
esaurite  le  risorse  vitali. 

Nell'anno  di  cui  parliamo  si  annoveravano  in  tutto  4034 
stabilimenti  spedalieri  in  Francia,  383  de' quali  non  riceve- 
vano che  anmialati  acuti,  e  649  spedali-ospizi  per  malati  e 
per  incurabili.  Questi  4034  stabilimenti  contenevano  58,202 
letti  gratuiti.  Ommettendo  il  dipartimento  della  Senna,  il 
numero  dei  letti  era  di  54,949,  e  comprendendovi  40,626 
letti  paganti,  era  di  62,545.  Dei  suddetti  54,949  letti,  49,506 
servivano  per  gli  uomini  e  48,454  per  le  donne,  4728  per 
i  fanciulli  e  9234  per  i  soldati. 

Appartenevano  agi'  indicati  4034  stabilimenti  spedalieri 
4885  medici  e  chirurghi,  compresi  gl'interni,  ed  44,775 
impiegati,  religiosi  e  serventi. 

Il  costo  medio  della  giornata  fu  di  0,92  per  gli  uomini 
e  di  0,88  per  le  donne,  e  di  0,76  pei  fanciullL 

Dal  4842  al  4852,  in  undici  anni,  le  entrale  degli  spe- 
dali ed  ospizi  uniti  furono  778,745,492  franchi.  Onde  una 
media  annua  di  circa  74  milioni.  Esse  dividonsi  come  se- 
gue: prodotti  d'immobili  13,276,084  fr.;  rendite  9,345,676; 
interessi  dal  tesoro  494,337;  sovvenzioni  e  Otti  47,373,443; 
doni  e  legati  4,647,001;  ricavi  del  lavoro  negli  stabilimenti, 
rendite  diverse  ed  imprevveduie  27,795,314. 

Se  si  capitalizzano  i  redditi  degl'immobili  sul  piede  del 
3  per  cento,  il  valore  venale  di  tali  immobili,  nel  periodo 
4842-52,  può  essere  valutato  a  443  milioni  e  mezzo. 


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105 

Le  spese  tutte  giunsero  in  tal  lasso  di  tempo  a  673,184,451 
ir.,  ossia  nella  media  di  61,407,000  franebi  all'anno.  Il  so- 
praiBnzo  totale  delle  rendite  fu  di  406  milioni  e  mezzo,  e 
per  ciascun  anno  9,687,500  franchi. 

Ma  per  dare  un  esempio  di  un  nK)do  più  particolarìz- 
zato  di  offrire  uno  stato  finanziario  della  oeneficenza  por- 
remo sott*occhio  il  quadro  riguardante  specialmente  ranno 
4853. 

In  quest'anno  gl'introiti  ordinarti  salivano  a  44,454,1 1 2 
franchi;  li  straordinari  a  40,709,745  franchi;  ed  i  diver.H 
n  43,456,479  franchi.  Al  che  aggiungendo  il  residuo  del- 
l'esercizio del  4852  in  20.379,294  franebi  si  ha  ira  totale 
di  85,699,327  franchi. 

Le  dette  risorse  furono  impiegate  come  segue:  In  spese 
ordinarie  (personale,  materiale,  commestibili,  fermacia,  tro- 
vatelli, spese  diverse)  53,760,596  franchi.  In  spese  ttraoi^ 
Anorie  4  5,832,576.  Totale  generale  69,593,4  72  franchi.  L'ec- 
cedenza delle  rendite  fu  dunque  maggiore  di  46  milioni: 
devesi  riflettere  però  che  una  simile  eccedenza  non  deriva 
che  da  un  certo  numero  di  stabilimenti.  Notisi  altresì,  per 
ciò  che  spetta  alle  spese  ordinarie,  che  il  personale  assorbe 
circa  il  nono  della  spesa  toiale,  cifra  evidentemente  alti«<- 
sima  e  cbe  deve  chiamare  sopra  di  sé  l'attenzione  di  chi 
amministra. 

Li  stabili  produssero  nel  4853  44  milioni  ed  un  terzo, 
reddito  che  capitalizzato  suir  interesse  del  3  per  cento  da 
un  capitale  di  476;73O,2t)0  franchi.  Le  rendile  sullo  Stato^ 
sui  comuni  e  dai  privati  giunsero  a  9  milioni;  le  sovven- 
zioni dei  comuni  9  milioni  ed  un  terzo;  il  diritto  dei  po- 
veri sulli  spettacoli,  balli  e  feste  4,400,709  franchi. 

Tra  i  ricavi  straòrdinarii  si  scorge  figurare  la  somma  di 
2,449,949  franchi  proveniente  dalla  vendita  d'immobili. 
Queste  vendite  che  si  rinnovano  tutti  gli  anni  provano  che 
la  vendita  dei  beni  .dei  stabilimenti  di  beneficenza  non  è 
per  niente  un  fatto  nuovo.  Ma  Louis  Boniface,  riflettendo  su 
ciò,  trova  che  a  tale  misura  essi  ricorrono  onde  ricavare  un 
maggiore  profitto  e  dccreseere  le  proprie  rendile,  ed  anzi 
vede  che  una  tale  pratica  avrà  per  risiiltamento  di  solle- 
vare lo  Stato  dalla  necessità  dì  soccorrere  tali  slabilìmenri 
eoo  degli  assegni  che  talora ,  cioè  nei  tempi  di  carestia , 
giunsero  sino  a  40  milioni  di  franchi  all'anno. 

D.  G.  Capsoni, 


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106 


NUOVE  COlUNlCAZlOHri 

PER  MEZZO  DI  CANALI,  STRADE  FERRATE 
E  PONTI  DI  FERRO. 

— orzo— 


■■•Ttmento  e  pr*d*t(l  delle  utrmdc  ferrate 

dorante  U  atese  di  dleeatlire  ISCS»  e  daraate 
«atta  raaaa  18«8. 


P 


er  conoscere  rimporlante  sviluppo  delle  ferrovie  sarde 
daremo  inoanzi  tutto  il  quadro  del  movimento  e  dei  pro- 
dotti riferibilmente  al  dicembre  4858. 

I.  —  Prodotti  del  dkitnbre  1868. 

Movimento.  N.*  del  viaggiatori. 

Linea  di  Genova  ad  Arona 

id.    da  Alessandria  ad  Acqui 

id.    da  Torino  a  Pinerolo i    ^^  ^oo 

id.    da  Morlara  a  Vìgevano '         ^ 

id.    Da  Genova  a  Voltri 

Navigazione  sul  Lago  Maggiore 

Prodotti.  Lire  ital.  Cen  l 

Linea  da  Genova  a  Torino  ed  Arona  •    •    •  773,394.  01 

id.    da  Alessandria  ad  Acqui 46|871.  94 

id.    da  Torino  a  Pinerolo 82,306.  86 

id.    da  Mortara  a  Vigevano I0|003.  SO 

id.    da  Genova  a  Voltri 43,349*  84 

Navigazione  sul  Lago  Maggiore 24,527.  55 

Il  prodotto  totale  pel  mese  di  dicembre  è 

stato  di iul.  L.  875,403.  40 


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107 
IL  —  Prodotti  per  tutto  Panno  1868. 
Uoee  Aooo  1857  Aooo  1858 

Da   Genova   a   Torino  ed 

Arona  •  .  .  Ital.  L.  9,941,179.  85  9,858,438.  SS 
Da  Alessandria  ad  Acqui  »  »  »  S34,054.  40 
Da  Torino  a  Pinerolo  »  464,577.  SS  460,490.  82 
Da  Morura  a  Vigevano  •  444,974.  47  42^,769.  — 
Da  Genova  a  Voliri  »  814,932.  97  267,551.  60 
Navigazione  sul  Lago  Mag- 
giore   827,793.  89  831,046.  70 

Da  questo  prospetto  comparativo  emerge  che  tranne  la 
navigazione  sul  Lago  Maggiore  che  diede  un  incremento  di 
introiti  per  la  somma  di  lire  it.  3253.  31 ,  tutte  le  linee 
di  ferrovia,  nessuna  eccettuam,  diedero  nel  1858  un  sensi- 
bile decremento  di  introiti  per  la  riflessibile  somma  di 
it.  lire  153,411.  86.  Questo  risultato  piuttosto  deplorabile 
dovrebbe  promuovere  qualche- studio  da  parte  di  chi  reg- 
ge la  cosa  pubblica.  Noi  per  esempio  siamo  d'avviso  che  vi 
hanno  alcuni  tronchi  insigniflcanti,  come  sarebbero  quelli 
di  Mortara  a  Vigevano  e  di  Genova  a  Voltri,  pei  quali  è 
UQ  vero  dispendio  di  lusso  quello  di  trasrerirvi  i  viaggiatori 
ed  i  carichi  col  mezzo  delle  locomotive,  mentre  dovrebbero 
bastare  dei  traini  condotti  dai  cavalli.  La  scienza  ha  già 
fatto  conoscere  che  un  cavallo  vivo  quando  deve  tradurre 
00  carico  su  una  strada  a  ruotaje  è  in  grado  di  traspor- 
tare un  peso  decuplo  di  quello  che  può  tradurre  sulle  stra- 
de comuni.  Veduto  quindi  il  notevole  risparmio  di  forza 
viva  che  si  consegue  dai  cavalli  impiegati  al  traino  sulle 
strade  a  ruotaja  ci  pare  che  si  potrebbero  questi  sostituire 
alle  poderose  e  costosissime,  locomotive  mosse  dalla  fona 
del  vapore.  Ciò  è  tanto  più  da  calcolarsi  pei  brevi  tronchi 
di  ferrovia  che  passano  per  paesi  di  poca  importanza  e  pei 
quali  non  riesce  di  alcun  incomodo  il  giungere  alla  meta 
anche  alcuni  minuti  dippiù  del  tempo  brevissimo  che  si  con- 
suma  colle  macchine  a  vapore. 

Questo 'avvertiamo  anche  per  norma  di  quei  paesi  del- 
ritalia  settentrionale  e  centrale  che  mancano  di  buone  stra- 
de comuni  e  per  le  quali  riuscirebbe  di  soverchio  aggra- 
vio l'aver  ferrovie  coli  impiego  delle  locomotive  mosse  dal 
vapore. 


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108 


NOTIZIE  SUL  SISTEMA  PENTENZIARl» 

—orzo — 

Statistica  criminale  desU  Stati  «ardi 
per  sl>  »nni  tSMI.  tSM  e  tSM. 


1866 


0. 


Anni 

4857 

4858 

463 

444 

563 

522 

4073 

3545 

4460 

4602 

Fmicidi  ....  N.""  429 
Aggressioni  violente  »  643 
Furti  qualificati  »    4447 

Risse  e  ferite    *  >    IS22 

Delitti  diversi  »    4791        4743        4727 

Numero  totale  793S        7960        7507 

Da  questo  quadro  comparativo  emerge  che  il  numero 
dei  crimini  ebbe  nel  suddetto  triennio  un  leggiero  incre- 
mento neiranno  4857  ed  una  notevole  dimiouzione  nell'anno 
4858.  Ci  piace  di  manirestare  un  tal  Tatto  per  conTutare  le 
esagerazioni  di  alcuni  pubblici  fogli  che  vollero  far  credere 
essere  nello  scorso  anno  cresciuu  negli  Stati  sardi  in  modo 
smisurato  la  pubblica  immoralità. 

IL 

Risultato  del  concorso  stato  aperto  negli  Stati  sardi  per  la 
presentazione  del  miglior  progetto  architettonico  per  la 
costruzione  di  nuove  carceri  cellulari  a  GenoQU  ed  a 
Torino. 

Noi  riferiamo  il  giudizio  emesso  dalla  Commissione  ag- 


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109 
giadie^rice,  onde  ne  sia  data  la  ben  dovuta  pubblìcitii ,  a 
conforto  ed  incoraggiamento  dei  cinquantaqoattro  architetti 
che  produssero  i  loro  lavori  al  concorso. 

La  Commissione  nominata  dal  governo  per  l'esame  e  giù- 
dÌ2Ìo  sui  progetti  di  nuove  carceri  cellulari  da  costruirsi  a 
Torino  ed  a  Genova  in  esecuzione  della  legge  27  giugno 
1857  e  conformemente  al  programma  di  concorso  di  que- 
sto ministero  del  14  agosto  stesso  anno,  ha  testé  proferito 
il  suo  giudizio  aggiudicando  i  premi,  gli  accessit  e  le  men- 
zioni onorevoli  agli  autori  di  quei  progetti  che  furono  ri- 
conosciuti i  migliori  nel  modo  seguente  : 

Pel  concorso  dì  Torino. 

Premio  di  L.  8000  —  al  progetto  n.  Il  coir  epigrafe: 
«  Le  prigioni  debbono  essere  incombustibili.  » 

Autori  i  signori  Luigi  Dau  e  Carlo  Luigi  Dau,  padre  e 
figlio,  ingegneri  civili,  dimoranti  a  Vasto  nel  regno  di  Na- 
poli, provincia  di  Abruzzo  Citeriore. 

1.^  Accessit  di  L.  2500  —  ai  progetti  n.  30  coìl'.epi- 
^ra:  m  È  a  salute  e  non  a  danno.  » 

Autore  il  signor  Pollani  Giuseppe,  architetto  ed  ispettore 
centrale  del  Catastro  a  Torino. 

2.^  Accessit  di  L.  4500  —  ai  progetti  n.  51  coli' epi- 
grafe: «  Salubritéj  securité^  sur^eillance.  » 

Autore  il  signor  G.  SchSck  Jaquet,  ingénieur,  architecte 
è  Genève,  S28  Tertasse. 

Pel  concorso  di  Genova. 

Premio  di  L.  6000  —  al  progetto  n.  Il  coli' epigrafe  : 
e  Le  trombe  idrauliche  arrestano  gFincendi^  ma  non  li  pre- 
vengono.  » 

Autori  i  signori  Luigi  Dau  e  Carlo  Luigi  Dau,  padre  e 
figlio,  ingegneri  civili,  dimoranti  a  Vasto  nel  regno  di  Na- 
poli, provincia  di  Abruzzo  Citeriore. 


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140 

1.^  Aceeisit.  di  L.  SOOO  ^  al  progetlo  d«  40  coli*  epi- 
grafe :  e  E  plwribtu  unum.  • 

Autore  il  signor  Girlo  Olivari,  Ingegnere ,  allievo  aspi- 
rante del  genio. 

S.^  AcceaU  di  L  1600  —  al  progetto  n*  4  eoH'epigrafe: 
«  Aòui  sot^i2.  > 

Menzioni  om^reooli  per  ambidue  i  cotieorst  di  Tarino 
e  di  Genù9a. 


I  progetti: 

n.  18  eoli 

•epigrafe 

:  Vittorio  Emanuele. 

*    8 

9 

A 

»     5 

W 

In  fide  eonstam» 

>  SI 

9 

Hic  ardo,  ubi  justitia  paratur. 

>  S9 

9 

I  scellerati  debbono  essere  puniti. 

»  88 

9 

Ardisci  e  spera.  M. 

B  43 

9 

Italia  (concorso  di  Torino). 

>  64 

9 

Castigando  correggere^  moralizzare^ 

Gli  autori  dei  progetti  dei  quali  fu  fatta  menzione  onc» 
rcyole  e  di  quelli  cui  non  venne  aggiudicato  né  premio  né 
accessit^  sono  diffidati  che  potranno  farli  ritirare  da  questo 
ministero,  mediante  le  debite  giustificazioni ,  a  partire  dal 
giorno  4  db'  febbraio  p.  9.  dalle  ore  I  alle  4  pomeridiane. 

Torino,  addi  8  gennaio  1859. 

//  ministro  (L  Civomu 


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Hi 


VARIETÀ 


u 

l/oraote  l'anno  1857  le  spese  pel  museo  britannico  sa- 
lirono a  lire  italiane  67,77S,  delle  quali  83,444  per  emo- 
hunenii,  46,949  per  compere  ed  acquisti,  ed  44,860  per 
l^ture  di  libri,  ecc.  La  somipa  richiesta  onde  far  fronte 
aUe  spese  dell'anno  corrente  è  di  79,366  lire  sterline. 

Nel  4857  il  numero  dei  visitatori  fu  di  634,034,  mentre 
ehe  nel  4856  se  ne  erano  contati  soli  361,644.  Dal  mese 
di  gennajo  al  mese  di  aprile  incluso  dell'  anno  4864 ,  il 
Damerò  delle  visite  dei  lettori  non  fu  che  di  49,343. 

La  nuova  sala  di  lettura  è  stata  aperta  il  13  maggio 
4857  e  da  questo  giorno  alla  fine  dell'  anno  il  numero  delle 
visite  di  lettori  fu  di  76,438,  totale  94,370  nel  4857. 

La  -biblioteca  s'accrebbe  di  30,344  volumi,  dei  quali 
7S0  provenienti  da  doni,  e  di  843  giornali  acquistati.  II 
numero  dei  pezzi  di  musica  acquistati  è  di  3864.  Fra  i 
manoscritti  che  aumentarono  la  collezione,  puossi  citare  un 
papiro  greco  f  per  vero  dire  in  frammento,  ma  che  contiene 
una  parte  dell'  ultima  orazione  d' Hyperides  pronunciata  ad 
Atene  dopo  la  battaglia  di  Lamia,  333  anni  avanti  Gesù 
Cristo;  45  papiri  copti  e  3  manoscritti  in  pelle  in  dialetto 
saìdico;  il  manoscritto  greco  delle  favole  di  Esopo,  di  Babrio 
(sopra  pergamena),  un  esemplare  degli  Evangeli  in  latino, 
sopra  pergamena,  del  X  secolo;  gli  otto  primi  libri  del- 
l'Eneide con  scolii  (X  secolo);  il  salterio  latino  del  vescovo 
di  Grandsonne  (d' Exeter),  4337-4369,  un  prezioso  esemplare 
di  Gower  {Confessio  amantis);  gli  Evangeli  in  armeno,  in 
leuere  cubitali  (XI  o  XII  secolo);  le  carte  della   famiglia 


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H2 

Benlìnck,  specialuiente  quella  del  conte  Bentinck,  amba- 
sciatore d'Olanda  ad  Aquisgrana  nel  1748,  e  consigliere  di 
Guglielmo  IV,  principe  d' Grange  (1681-1774);  alcuni  cu- 
riosi autografi  di  L.  Pulci,  Gonzales  de  Cordova,  Paolo  Ve- 
ronese, L.  Caracci,  Voltaire,  Racine,  Enrico  III  di  Francia, 
Giorgio  I  e  Giorgio  II,  ecc.;  i  grandi  sigilli  di  Guglielmo  I 
Enrico  I,  Etienne,  Riccardo  Cuor  di  Leone  ed  Enrico  III, 
il  timbro  originale  d'argento  adoperato  per  la  firma  di 
Giorgio  IV,  nel  1830[;  ed  alcnne  belle  impronte ,  di  rovescio 
e  per  diritto,  del  gran  sigiHo  della  regina  Vittoria. 

La  sezione  delle  antichità  si  è  arricchita  della  collezione 
Budrum,  prevenuta  in  Inghilterra  nel  luglio  scorso.  La  parte 
la  più  importante  ed  anche  la  più  curiosa  di  questa  colle- 
zione si  compone  degli  avanzi  del  mausoleo  innalzato  da 
Artemisia,  regina  di  Caria,  al  suo  sposo  Mausolo,  350  anni 
avanti  Gesù  Cristo.  È  noto  che  questo  mausoleo  conta  vasi 
per  una  delle  sette  meraviglie  del  mondo  antico.  Questa 
magnifica  scoperta  archeologica  devesi  al  signor  Newton 
vice  console  di  Budrum,  il  quale  ne  fece  oggetto  d'un'  eru- 
dita sua  memoria,  secondo  la  quale  la  tomba  eretu  dalla' 
regina  di  Caria  ricordava  por  il  suo  stile  ed  ornamento  il 
famoso  tempio  di  Priena,  edificato  nello  stesso  tempo  e  forse 
dallo  stesso  architetto.  Dal  frontone  del  mausoleo  si  distac- 
cavano due  basso-rilievi,  che  possono  rivaleggiare  in  bellezza 
quelli  del  Partenone  e  che  li  sorpassano  in  numero. 

Le  sezioni  della  storia  nazionale  (medaglie)  furono  ar- 
ricchite da  esemplari  troppo  numerosi  per  potere  essere 
menzionati  e  le  antiche  medaglie  aggiunte  a  questa  nuova 
collezione  non  mancheranno  punto,  cosi  riunite  e  comple- 
tate, di  eccitar  la  curiosità  dei  numismatici. 

Si  continua  a  copiare  e  litografare  te  iscrizioni  cuneiformi 
.  d' Assiria  e  di  Babilonia. 

Ecco  il  risultato  di  questo  lavoro  fino  al  12  febbrajo 
1858;  7  iscrizioni  formanti  12  fogli  ed  818  linee  finite  e 
500  esemplari  impressi;  4  iscrizioni  formanti  9  fogli  e  918 
linee,  terminate  e  pronte  ad  essere  impresse;  6  iscrizioni 
formanti  15  pagine  in  uno  stato  di  copia  abbastanza  avan- 
zato. 


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TANNALI   IINIVERSILI 

91  MAIIMICA 


ebhr^l*  ISft*.  V*l.  XXI.  —  W,"  «i. 


BIBLIOGRAFIA  (0 

ECONOMIA  PUBBLICA,  STORIA  E  VIAGGL 
RASSEGNA  M  OPERE  ITAUAHB. 


*  Grande  illustrazione  del  LofnbarduhVemto.  Brescia 
sua  provincia.  Un  voL  in-S.^  di  pag»  876.  —  Cremo- 
e  sua  provincia.  (Jn  voi.  inrS.^  di  pag.  S68.  —  Bel- 
^ttno  e  sua  provincia.  Un  voL  Jn-8.^  dipag.  lOS.  —  ^i*. 
4858-69 ,  presso  gli  editori  Corona  e  Calmi. 

e^tori  dell' illustrazione  del  regno  Lombardo-Veneto»  ora 
del  cay.  Cesare  Canta»  hanno  in  pochi  mesi  pubblicato  tre 
illnstrasioni  delle  tre  proyincìe  di  Brescia,  di  Cremona  e  di 

[iUnstrazione  di  Brescia  e  del  suo  territorio  ò  dovuta  al  gio- 
rìttore  Carlo  Cocchetti.  Egli  narrò  breyemente  la  storia  di 
terra  dei  forti»  e  lo  fece  con  quel  patrio  affetto  che  è  ca- 


araono  indicale  eoa  aiterisco  (*)  di  riscontro  al  titolo  dciroperi 
damiooi  sopra  le  qaali  si  daranno  |  qnando  occorrono,  articoli 

StatUtiea,  vot.  XXi,  eerie  2.*  8 


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414 

raUerisUcQ  nel  popola  c6noaiaii(K  Dopo  a?tr  narrato  le  magnanime 
vicende  della  saa  Urrà  nativa,  ai  accinse  ad  illustrarne  tutte  le 
memorie  artistiche  e  biografiche,  e  poscia  ne  descrisse  con  tutta 
cura  il  territorio,  giovandosi  dei  lumi  deUa  statistica  e  della  storia. 
Quest'  opera  del  Coccbetti  fa  un  degno  riscontro  alle  storie  bre- 
sciane che  sta  ora  pubblicando  l'Odorici. 

%*  illustrazione  della  città  e  provincia  di  Cremona  venne  affidala 
al  valente  doti.  Francesco  Robolotti,  già  conosciuto  per  la  sua 
accurata  statistica  cremonese  che  in  gran  parte  riproducemmo  nei 
nostri  Annali.  Anch'  egli  narra  le  vicende  della  sua  patria,  ricorda 
1  suoi  uomini  Illustri  ed  i  monumenti  artistiei,  ed  in  seguito  passa 
In  rassegna  i  suoi  distretti  rurali  e  mette  in  evidenza  tutte  le 
memorie  c)ie  valgono  ad  illustrarli,  fn  questo  lavoro  vengono  per 
la  volta  prima  offerte  notizie  storiche  ed  artistiche  sinora  rimaste 
inedite,  e  cìie  con  accurate  annotazioni  sono  anche  di  nuovo  illu-' 
strato  da  Cesare  Cantù. 

ÌA  descrizione  illustrativa  della  città  di  Belluno  e  della  pro- 
vincia è  o{^ra  M  dolt.  Giuseppe  Alvisio  in  poche  pagine  egli  seppe 
caccogliere  un  vero  titeoro  di  notizie  rimaste  sinora  sepolte  negli 
archi  vj.  Le  memorie  di  Belluno  rivivono  nelle  pagine  dell' Al  visi 
e  ci  fanno  conoscere  come  ogni  terra  italiana  benché  povera  ed 
igiiola  ha  nn  grande  valore  storico  ed  artistico. 

Noi  estrarreno  dà  qiìieate  tre  illustr.azioni  alcune  notizie  Stalin 
stiehe  non  per  anco  abhaatanza  noie,  onde  si  riveli  ognor  più  la 
vita  intima  di  questo  nostro  paese. 

Intanto  ci  congratuliamo  e  con  chi  promuove  e  con  chi  dirige 
quest'opera  per  l'amore  che  vi  traspira  in  ogni  pagina,  sapendo 
che  il  suo  esempio  sta  per  essere  imitato  negli  Stati  sardi,  nella 
Svizzera  italiana,  e  negli  Stati  parmensi.  G.  S, 

VI.  —  *  Rapporto  statistico  della  Camera  di  ComMercio  e 
d'industria  di  Lodi,  per  ranno  1857,  redatto  da  Gae- 
nifo  PmoYANO.  Lodi  1858.  Un  voi.  tn-8.®  di  pag.  46  con 
tacite  tavole  statistiche. 

Quest' è  il  secondo  rapporto  statistico  che  si  pubblica  dalla 
Camera  di  Commercio  di  Lodi.  La  provincia  di  Lodi  e  Crema  che 
conta  ^25,611  abitanti  è  tutta  dedita  ad  opere  rurali.  La  Camera 


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115 

di  commercio  si  è  quindi  occapaU  ad  illustrarne  di  preferenza  la 
condizione  agraria.  Dalle  notizie  dalla  medesima  raccolte  potemmo 
desumere  che  T  introduzione  del  bestiame  bovino  in  Lombardia  va 
di  anno  in  anno  decrescendo»  il  cbe  ci  prova  il  depauperamanto 
della  possidenza  che  manca  dei  capitali  necessari  per  acquistare 
di  anno  io  anno  le  mandre  che  occorrono  pei  bisogni  rurali.  1 
prodotti  dell'  agricoltura  lodigiana  veonero  stimali  per  Tmo^  1857 
alia  somma  approssimativa  di  trentatre  milioni  di  lire.  Si  volle  an- 
che calcolare  il  consumo  dei  generi  occorsi  pel  vitto  d«lla  popo- 
lazione, ma  nei  calcoli  istituiti  per  la  città  di  Lodi  non  si  tenne 
abbastanza  conto  dei  generi  esportati.  SI  pubblicò  anche  il  risultato 
dell' anagrafe  slata  neir  ottobre  dell' anno  1857  eseguita  anche  per 
la  provincia  di  Lodi  e  Crema,  giusta  la  nuove  formule  statistiche 
state  air  uopo  predisposte.  Queste  formule  non  furono  le  più  felici 
giacché  troviamo  una  rubrica  coli' indicazione  degli  individui  lette- 
rati ed  artisti,  e  sotto  questa  rubrica  vediamo  per  la  sola  provincia 
di  Lodi  indicati  285  individui  che  professano  le  lettere  e  le  arti» 
il  qnal  numero  è  indubbiamente  favoloso.  Cosi  pure  troviamo  le 
donne  ed  i  fanciulli  che  sono  cumulativamente  conteggiati,  cosic- 
ché non  si  ha  più  modo  di  distinguere  le  une  dagli  altri. 

Noi  ritorneremo  su  questa  Memoria  statistica  che  troviamo  per 
più  titoli  importantissima,  e  ne  estrarremo  le  noiiaie  più  coficlu- 
deoli. 

VII.  —  "La  Banca  delle  quattro  Legazioni  ed  il  cambio  de' 
^noi  biglietti;  parere  di  Gebouxo  Boccardo,  Bologna  7  /eó- 
brajo  1859.  Un  opuscolo  m-8»^  dt  pag.  30. 

Noi  abbiamo  annunziata  la  sapiente  Memoria  del  doti.  Massi* 
miliano  Martinelli  sul  credito  e  sulle  banche  che  l'autore  pubbli- 
cava per  giovare  al  miglior  ordinamento  delle  banche  negli  Stati 
pontificj.  Ora  ci  piace  di  annunziare  un  dotto  opuscolo  dell'eco- 
nomista Boccardo  su  questo  medesimo  argomento.  Egli  veniva  pre- 
gato di  emettere  un  suo  voto  se  e  come  doveva  contenersi  la  banca 
di  sconto  stata  istituita  nell'anno  1857  a  Bologna,  la  quale  ora 
sconta  i  biglietti  bancarj  con  monete  d' oro  di  conio  estero  al  va- 
lore non  di  tariffa,  ma  al  eorso  abusivo.  Il  Boccardo  tratta  la  que- 
stione se  sia  lecito  alla  banca  bolognese  di  obbligare  i  possessori 
de'  suoi  biglietti  ad  accettarne  il  pagamento  in  una  moneta  estera 
al  mutevole  e  giornaliero  valore  corrente.  Dopo  avere  addotto  le 
ragioni  che  la  scienza  giurìdica  consiglia,  egli  conclude  che  nel 
eambio  del  biglietti  deve  la  banca  di  Bologna  pagare  colla  nio- 
oeta  legale   dello   Stata,  ed  in  difetto  di  essa  può  anche  pagare 


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U6 

con  monete  estere,  ma  queste  devono  conteggiare  al  corso  di  ta- 
riflfa.  * 

Noi  ci  asteniamo  di  proferire  alcan  definitivo  giudisio  su  que* 
st' ardua  questione ,  riservandoci  a  farlo  appena  avremo  letto  i 
nuovi  consulti  giuridici  stati  ora  pubblicati  a  Bologna. 

Vili.  -^  *  Dizionario  manuale  di  geografia  antica  ,  e  cenni 
preliminari  ad  intelligenza  della  storia;  compilazione  di 
EacoLE  GoBTi.  Papta  4859.  Edizione  in-S.^^  dispensa  /  di 
pag.  460^  presso  la  tipografia  Fusi. 

Noi  mancavamo  ancora  di  un  buon  lessico  geografico  nel  quale 
fossero  acccennati  i  nomi  geografici  antichi  per  contrapporli  coi  nomi 
moderni.  Il  diligentissimo  professore  Corti,  già  noto  per  altri  scritti 
importanti,  si  è  accinto  a  quest'opera  faticosissima.  La  prima  di- 
spensa sinora  pubblicata  a  modo  di  dizionario  coniprende  i  nomi 
geografici  dalla  lettera  A  alla  lettera  C.  Noi  esaminammo  questo 
coscienzioso  lavoro  e  lo  trovammo  esattissimo.  Non  possiamo  per* 
ciò  astenersi  dal  raccomandarlo  vivamente  a  tutti  i  pubblici  e  pri- 
vati educatori^  essendo  per  essi  un  manuale  utilissimo,  e  tanto  più 
lo  /acclamo  in  quanto  che  l' autore  non  è  in  grado  di  pubblicare 
il  resto  dcir  opera  se  non  quando  venga  assicurato  da  un  tal  nu- 
mero di  soscrittori  che  bastino  a  coprire  le  spese  dell' edizione. 

IX.  —  Storia  degli  scandagli  marittimi,  seguita  dalla  de* 
scrizione  di  una  rete  palombara;  del  dottore  Savino  Sa* 
VINI.  Torino  e  Parigi  4858.  Un  voi.  tn-8.^  dt  pag.  444 
con  tavole,  presso  la  tipografia  Botta 

Da  che  i  cultori  degli  studj  idrografici  stanno  occui^ndosi  dei 
migliori  metodi  per  eseguire  collo  scandaglio  la  misura  della  pro- 
fondità comparativa  dei  mari  interni  e  dell' Oceano,  era  ottima 
cosa  che  uno  scienziato  dovesse  occuparsi  di  tracciare  la  storia  di 
tutti  gli  apparecchi  sinora  tentati  per  queste  esplorazioni  idrogra- 
fiche. L'illustre  professore  bolognese  Savini  si  assunse  questo  ufi* 
ciò  e  neir  opera  che  annunziamo  traccia  la  storia  di  tutti  gli  scan- 
dagli marittimi  sinora  usati.  Fra  questi  ne  trovammo  anche  uno 
ingegnosissimo  stato  sino  dall'anno  4845  inventato  dallo  stesso 
Savini,  e  la  descrizione  pura  di  una  nuova  rete  da  palombaro  dallo 
stesso  ideata. 

Noi  ci  congratuliamo  col  dotto  autore  di  questo  suo  impor-» 
tante  lavoro  che  vivamente  raccomandiamo  a  tutti  quelli  che  si  oc^ 
cupaao  di  studj  idrografici. 


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117 

MEMORIE  ORIGINALI 

ESTRATTI  ED   ANALISI   DI  OPERE. 


N«*ir|  stadj  di  Wm9tm$ki  snll^eMnoaito  yoUtlMi 
in  ItaUa. 

(  Conlinaatione  e  fine.  Vedi  pag.  7  del  precedente  fascicolo  ). 

VI. 


I 


traitali  dì  Broggia  sopra  le  imposte  e  sopra  le  monete  (4) 
rinchiudono  alcune  nozioni  giustissime  sopra  T  agricoltura , 
r  industria  e  il  commercio^  considerali  come  elementi  del- 
la ricchezza  dello  Stato;  da  ogni  pagina  si  chiarisce  la 
convinzione  dei  vantaggi  che  procura  il  lavoro  libero.  Nello 
stesso  tempo  il  benessere  delle  classi  inreriori  e  dei  contadini 
è  segnalata  come  una  condizione  della  potenza  pubblica  e 
della  pace.  Una  analisi  finissima  gli  fa  ripudiare  il  principio 
d'una  tassa  unica.  Tre  sorgenti  di  rendita  debbono  contri- 
buire alle  spese  dello  Stato:  la  proprietà  territoriale ,  le 
imposte  di  consumazione  e  le  dogane  i  di  cui  diritti  deb- 
bono essere  moderatissimi.  Quanto  air  industria ,  siccome 
essa  è  la  sorgente  principale  della  potenza  e  della  fortuna 
degli  Stati,  cosi  non  bisogna  mai  toccarla  nel  timore  di 
inaridirla*  La  parte  più  importante  è  quella  in  cui  Broggia 
tratta  delle  imposte  di  consumazione^  di  cui  egli  fa  risplen- 


(1)   Trattato  dei  tributi;  —  Trattato  dette  monete^  1745 
(Collezione  Costodi,  parte  antica ,  IV). 


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Alt 

derc  i  vantaggi.  Queste  tasse  sono  volontarie  e  non  foriate; 
esse  sono  proporzionate  ai  mezzi  disponibili,  e  si  confondono 
Isìcilmente  colla  variazione  del  prezzo  delle  derrate,  di  modo 
che  il  peso  che  ne  risulta  diviene  poco  sensibile,  infine  le 
si  pagano  di  giorno  in  giorno,  senza  aver  bisogno  di  formare 
delle  riserve  a  questo  scopo,  né  di  toccare  le  economìe  di 
già  fatte,  doppio  obbligo  egualmente  penoso  per  le  classi 
povere. 

Malgrado  i  pregiudizj  della  scuola  mercantile,  che  inca- 
glieno  alcune  volte  la  giustezza  naturale  di  spirito  del  Brog- 
già,  il  suo  è  uno  di  quei  lavori  che  si  studiano  col  mag- 
gior frutto  ;  lontano  dal  riguardare  il  denaro  siccome  la  vera 
e  quasi  la  sola  ricchezza  dello  Stato,  errore  troppo  eomuoe 
degli  antichi  tempi,  egli  mostra  nella  creazione  e  nella  ci^ 
colazione  dei  prodotti  la  condizione  prima  della  prosperità 
nazionale. 

Le  Osservazioni  sopra  il  prezzo  legale  delle  monete^  di 
P.  Neri  (I),  espongono,  con  molta  chiarezza  e  precisione,  i 
punti  ì  più  importanti  relativi  a  questa  grave  materia.  Chia* 
mando  lo  studio  del  diritto  in  ajuto  alla  soluzione  delle 
qétstioni  economiche,  il  sapiente  Fiorentino  prova  che  i  giu- 
reconsulti romani  sono  al  sicuro  per  quanto  concerne  il 
rimprovero  che  loro  si  ha  sovente  indirizzato  d'aver  disco- 
nosciuta la  natura  della  moneta,  ammettendo  ch'essa  era 
in  qualche  modo  ideale,  e  che  la  volontà  del  principe  po- 
teva fissarla  arbiti*ariamente.  La  rettitudine  ifiaturale  di  spi- 
rito degli  interpreti  della  legge  romana  li  ha  preservati  da 
questi  equivoci,  e  li  ha  messi  sulla  via  di  molte  verità  che 
insegna  la  scienza  economica. 

Coi  dae  volumi  consacrati  ai  lavori  di  Neri  termina  la 
parte  antiea  della  collezione  Custodi.  Nella  parte  novella 
splendono  speciaimeate  i  nomi  di  Carli,  Algarotti,  Pdgnini, 


(1)  irsi. 


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U9 
Galìani,  Genovesi,  Beccaria,  Verri,  Paòlcitl,  Orles,  Filangieri, 
D'Arco,  Vasco  (»)  ^  Mengoui. 

Fu  un  gran  trattato  sulle  monete  che  fece  la  legittima 
riputazione  di  Carli  ;  le  ricerche  da  esso  isliiuile  sulla  situa- 
zione economica  delPItalia,  prima  della  scoperta  dell'Ame- 
rica, danno  molto  valore  al  suo  lavoro.  Ma  il  suo  scritto 
forse  il  più  notevole  è  qciello  eh'  egli  ha  consacrato  at  bi- 
lanci del  commercio  (2)  ;  egli  traccia  le  condizioni  che  deb- 
bono governare  questi  bilanci  annoi  del  commercio  delle, 
nazioni)  e  non  si  lascia  ingannare  quanto  ai  valore  delle  de* 
duziofli  che  se  ne  possono  trarre.  La  differenza  tra  le  im- 
poriizioni  e  le  esportazioni  non  basta  pep  far  dire  che  uno 
Stato  guadagna  o  perde,  che  prospera  o  che  decade,  biso- 
gna avvicinare  queste  date  coi  risultamenti  statistici  della 
popolazione,  deir  interesse  del  denaro,  del  prezzo  dei  pro- 
dotti. D*  altra  parte,  Carli  non  riguarda  la  terra  come  la 
soia  ricchezza  dell'  uomo  ;  egli  ha  il  sentimento  lato  degli 
interessi  varii  e  numerosi  che  concorrono  alla  prosperità 
degli  Scati.  Una  sola  classe  d' uomini  non  forma  una  società  ; 
un  paese  popolato  di  filosofi  e  di  letterati  morirebbe  di 
lame.  Se  non  possedesse  ohe  operai  e  mercanti,  la  sua  at-^ 
tività  incontrerebbe  ben  presto  dei  limiti  :  dove  non  vi  fos- 
sero che  genti  ricche,  nobili,  proprietarii  si  sarebbe  vicini 
airanarehia,  e  quando  non  vi  fosse  che  popolo,  il  paese  sa- 
rebbe miserabile,  e  dannoso  per  ogni  potere.  Dal  concorso 
di  tutte  queste  forze  nasce  V  equilibrio  sociale,  e  la  felicità 


(I)  Giambattista  Vasco  fu  piemontese;  ora  si  sta  erigenda  da 
mooumeoto  a  questo  scrittore»  il  dì  cai  spirilo  liberale  aveva  otia 
gran  capacità.  Del  resto  il  Piemonte  ha  veduto  nascere  molti  eco-» 
oomlsti,  tra  i  quali  si  distinguono  hi  ^piesio  secolo  OatrtiUlf  Ga^ 
leanl,  Ifaplooe  e  Prospero  Balbo. 

(d)  Brene  ragionamento  sopra  i  bilanci  economici  dette  na- 
tioni.  (Collezione  Custodi,  XIV  )« 


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420 

di  tutti  richiede  che  nessuno  sia  né  trascurato,  né   sacrifi- 
cato a  profitto  altrui. 

Fra  gli  scrittori  italiani  T  economista,  nella  più  larga 
estensione  del  termine,  è  Genovesi.  Versato  nello  studio 
degli  antichi  e  nella  conoscenza  della  filosofia,  egli  doveva 
veramente  creare  l'insieme  della  scienza  economica  io  Ita- 
lia. Fu  Genovesi  quello  che  occupò  la  prima  cattedra,  fon- 
data propriamente  nel  4765,  dall'abate  Intieri,  per  T  inse- 
gnamento di  quest'  altra  icienza  nuofpa^  nella  patria  di  Vico. 
Genovesi  professò  le  sue  Lezioni  d^  economia  ctpt/e  (1),  e 
quasi  nello  stesso  momento  (4754)  Adamo  Smith  gettava 
a  Glasgow,  nel  suo  corso  di  filosofia  morale,  i  fondamenti 
delle  Ricerche  $uUa  fèatura  e  le  cause  della  ricchezza  delle 
nazioni 

I  lavori  di  Genovesi  sono  quelli  di  un  filosofo  il  quale 
ha  seriamente  studiata  la  natura  dell'  uomo  e  la  natura  delle 
cose;  quindi  egli  non  trascura  l'influenza  economica  delle 
arti^  che  formano  l' Intelligenza  ed  elevano  la  spirito.  D' al- 
tra parte,  il  lot^oro  è  presentato  come  il  primo  capitale  del- 
le nazioni  ;  più  è  grande  il  numero  di  quelli  che  lavorano 
più  aumenta  il  benessere  di  tutti.  Il  lavoro  richiede  una 
pena,  un  sacrifizio,  ma  tutto  nasce  nella  sofferenza  ;  è  que- 
sta una  legge  mondiale  che  va  rispettata  e  benedetta.  Il  de- 
naro non  è  la  ricchezza ,  è  l' olio  che  fa  correre  le  ruote 
del  carro  ^  e  Genovesi  aggiunge  in  un  modo  amenissi- 
mo  :  «  dopo  essersi  i  don  Chisciotti  della  filosofia,  ed  i  Si- 
«  sifi  della  chimica,  per  molti  anni  lambiccato  il  cervello 
«  hanno  conosciuto  finalmente  che  non  vi  è  altr'arte  da 
<  far  denaro,  che  l' oneeta  fatica  :  e  ciò  fa  arrabbiare  molli 
«  stolidi,  che  credono  di  far  denaro  col  vento  ». 

II  pensiero  di  Genovesi  è  sempre  elevato  e  l'idea  mo- 


(1)  Lezioni  di  eeononìia  civile,  (GollezioDe  Custodi,  VII,  VIU 
IX). 


1 1 


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rale  domina  in  tulli  i  suoi  scrini.  In  una  lettera  eh'  ejjli 
scrìveva  nel  4765,  Genovesi  riassume  il  pensiero  della  sua 
vita  :  «  Io  sono  oramai  vecchio,  né  spero  o  pretendo  nulla 
«  più  dalla  terra.  Il  mio  6ne  sarebbe  di  vedere  se  potessi 
«  lasciare  i  miei  italiani  un  poco  più  illuminali,  che  non 
«  gli  ho  trovali  venendovi ,  ed  anche  meglio  aGFezionati 
«  alla  virtù  la  quale  sola  può  essere  la  vera  madre  d*  ogni 
«  bene.  È  inutile  di  pensare  ad  arti ,  a  commercio ,  a  go- 
t  verno  se  non  si  pensa  a  riformar  la  morale  ».  Questo 
nobile  linguaggio  mostra  altamente  la  tendenza  della  scienza 
economica  in  Italia,  poiché  il  carattere  impresso  da  Geno- 
vesi a  questo  studio  non  si  é  giammai  scancellato. 

Il  celebre  autore  Dei  delitti  e  delle  pene^  Cesare  Becca- 
ria, era  ancor  più  economista  che  giureconsulto.  Egli  me- 
rita sotto  questo  rapporto  uno  studio  particolare ,  che  noi 
ci  proponiamo  di  farlo  parlando  delle  sue  Lezioni  d' econO' 
mia  pubblica  (1),  assai  poco  conosciute  al  di  fuori  deirita- 
lia,  mentre  il  trattato  Dei  delitti  e  delle  pene  è  slato  tradot- 
to in  ventidue  lingue.  Precursore  d'  Adamo  Smith ,  come 
Baodini  lo  era  stato  di  Quesnay  e  di  Turgot,  egli  fece  gravi- 
tare la  scienza  intorno  ad  un  principio  :  «  Non  è  che  la  mas- 
sima quantità  di  lavoro  utile  quella  che  dà  il  maggior  prò- 
dolio,  e  ciò  che  prodlta  alle  nazioni  (2).  «  Dal  momento 
in  cui  questa  verità  ò  dimostrata,  tutto  ciò  che  compendia 
e  facilita  il  lavoro,  tuitp  ciò  che  diminuisce  lo  eforzo  per 
accrescere  il  risultato  diviene  lo  scopo  delle  nostre  ricer- 
che ;  il  principio  ammesso  in  meccanica  penetra  neir  eco- 
ti) Elementi  di  economia  pubblica,  i769.  (Custodi  parte  mo- 
derna» XI  e  XII). 

(S)  «  Eccitare  nella  nazione  la  maggiore  quantità  possibile  di 
travaglio  utile  ».  (Beccaria,  Economia  pubblica,  $  i7).  «  Ho  po- 
sto per  principio  generale  di  tolta  la  scienza  non  la  massima  quan- 
tità di  travaglio,  generalmente,  ma  la  massima  quantità  di  trava- 
glio uUle  ».  (S  19). 


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432 

Domia  sMiale,  attivando  l'appIiea7Ìonc  delle  scienze  allMn'- 
diistria,  propagando  le  nriacchine,  e  mettendo  in  opera  la 
divisione  del  Imoro,  Che  i*  abbia  tolta  da  Platone  o  da 
Aristotele,  o  ohe  l'abbia  egli  stesso  scoperta,  egli  è  certo 
che  Beccaria  non  ha  solamente  indicata,  ma  sviluppata  que- 
sta grande  verità  prima  di  Smith,  perchè  gli  Elementi  di 
economia  pubMiea  sono  stati  scritti  dal  4769  al  1774.  Que- 
sta coineidensa  che  abbiamo  già  avuto  occasione  di  segna- 
lare per  Bandìni  ed  i  fisiocrati,  è  una  prova  di  più  che  nel- 
r  ordine  scientifico,  cernie  nel  dominio  dell'  industria,  le  idee 
che  sono  mature  germogliano  insieme  nelle  intelligenze  scelle 
delle  varie  naEioni ,  e  ehe,  nello  stesso  tempo,  elaborano 
gli  stessi  risultati.  Nulla  di  più  chiaro  che  fa  deduzione  di 
Beccaria:  «  Ciascuno  ]H*ova  colf  esperienza,  che  se  si  ap- 
plica la  mano  e  1*  ingegno  sempre  allo  stesso  genere  di 
opere  e  di  prodotti,  più  facili,  più  abbondanti  e  migliori  ne 
trova  i  risultati  di  quello  che  se  ciascuno  isolatamente  le 
cose  tutte  a  sé  necessarie  soltanto  fecesse:  onde  altri  pa- 
scono la  pecore,  altri  ne  cardano  le  lane,  altri  le  tessono; 
ohi  coltiva  biade,  chi  ne  fiat  il  pane,  chi  veste,  chi  fabbrica 
per  gli  agricoltori  e  lavoranti,  crescendo  e  concatenandosi  le 
arti,  te  dividendosi  in  tal  maniera  per  la  comune  e  privata 
utilità  gli  uomini  in  varie  classi  e  condizioni  (4)  ». 

6.  B,  Say  ha  riconoscttilo  che  Beccaria  ha  messo  pel 
primo  in  rilievo  il  carattere  produttivo  del  capitale;  le  idee 
eh'egli  ha  professato  sulla  popolazione  presentano  dei  con* 
fronti  curiosi  da  fare  coi  principii  di  Malthus. 

VII. 

La  grande  quistione  della  popolazione  ha  da  gran  tempo 
occupato  in  Italia  gli  ingegni  più  eniinenti,  mentre  m  altri 


(1)  Beccaria»  Ice.  cit.,  pag.  9. 


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423 
paesi  si  persisteva  a  prosenlare  faltizii  iDCoraggiameotit  de- 
stinali ad  aumentare  il  numero  degli  abitanti,  siceome  una 
delle  leve  le  più  potenti  della  prosperità  degli  Stali.  Sino 
dal  fine  del  sedicesimo  secolo,  nel  4589,  il  canonico  Bo- 
lero (abate  di  S.  Michele  della  Chiusa  in  Piemonte)»  pre- 
cettore dei  figli  di  Carlo  Emanuele,  duca  di  Savoja  (4),  do- 
po aver  intrapresa  la  confutazione  di  Macchiavelli,  mostrando 
che  in  politica  il  giusto  non  è  mai  disgiunto  dall'utile  (2), 
biasima  gli  incoraggiamenti  dati  al  matrimonio;  se  non  si 
è  in  istato  di  nutrire  e  d'  allevare  i  figli ,  questi  muojoiio 
premaiuramense;  la  popolazione  sì  arresta  ad  un  eerto  mo- 
mento di  sviluppo,  malgrado  la  molteplicità  dei  malrimonii, 
i  quali  divengono  un  ostacolo ,  invece  d'  essere  un  mezzo 
per  r  accrescimento  del  numero  degli  abiunti,  allorché 
mancano  i*  mezzi  per  assicurare  V  educazione  fisica  dei 
figli. 

Questa  tesi ,  analoga  a  quella  che  Malthus  ha  cosi  po- 
tentemente sviluppata,  ho  incontralo  nel  monaco  veneziano 
Ortes  (nato  nel  4743,  morto  nel  4790)  un  difensore  ener- 
gico. Le  Riflessioni  sulla  popolazione  delle  fuizioni^  per  rap- 
porto all'economia  nazionale  (3)  hanno  preceduto  il  lavoro 
di  Malthus,  il  quale  non  ne  ha  mai  avuia  conoscenza  ed  è 
gìuQio  alle  stesse  conclusioni ,  benché  professando  no  altro 
eulto  ed  appartenendo  ad  un  paesc^  che  tanto  dlfforisce  dal* 
rUalia. 

Ci  basti  di  qui  riassumere  le  idea  principali  di  Ortes. 

La  popolazione  si  mantiene,  aumenta  o  diminuisee  in  ra- 


(1)  n  Boterò  nacque  a  Bene,  piccola  città  del  Piemonte,  nel 
1540,  mori  a  Torino  nel  4617. 

(9)  Della  ragione  di  Stato ,  in  dieci  libri. 

(3)  CollezioDe  Custodi  XXfV.  —  Un'  opera  precedente  e  più 
coQsiderevole  di  Ortes  è  questa  :  Dell*  economia  nazionalCf  libri  6» 
pobbllcaU  nel  4774. 


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tu 

gione  dello  stato  stazionario,  progressivo  o  retrogrado  della 
ricchezza  pubblica ,  di  cui  essa  non  potrebbe  precedere  lo 
sviluppo.  Essa  dipende  dalla  libertà  di  cui  gode  la  nazione. 
Le  generazioni  degli  uomini  sono  limitate  dalla  ragione ,  e 
la  privazione  volontaria  del  matrimonio  è  4a  prova  dell'  e- 
levazione  del  nostro  essere;  infine  le  case  di  lavoro  e  di 
soccorso  provvedono  ai  bisogni  di  alcuni,  ma  esse  ne  sproty- 
i?edono  un  maggior  numero.  Dalla  distribuzione  delle  ric- 
chezze moderate  dipende  il  benessere  del  paese.  La  sicu- 
rezza e  la  propria  dei  beni  acquistati  è  il  solo  mezzo,  non 
d' impedire  che  vi  siano  poveri ,  ma  di  diminuirne  il  nu- 
mero, e  la  libertà  è  il  rimedio  sovrano  onde  guarire  le 
piaghe  sociali. 

Noi  ci  limiteremo  a   richiamare  i  lavori   del   Verri ,  il 
degno  amico  di  Beccaria;   le   sue   Meditazione   suW  econo^ 
mia  politica  sono   un   libro   classico   che   ogni    economi- 
sta deve  studiare;  là  s'incontra  la  prima  e  la  più  luminosa 
dimostrazione  dblla  potenza  produttiva  del  commercio.  Men-^ 
zioneremo   pure  le  Leggi  politiche  ed  economiche  di  Filan* 
gieri,  che  fanno  parte  della  sua  grand-opera  sulla  Scienza 
della  legislazione^  e  per  terminare  questa  breve  rivista  delle 
rimarchevoli  produzioni  che  il  barone  Custodi  ha  raccolte, 
segnaleremo  pure,  siccome  troppo  poco  apprezzate,  le  ec* 
celienti  Memorie  del  conte  Mengotti.  Quella  che  tratta  del 
Colbertismo  (I)  è  un  vero  capo  d'opera;  scrive  colla  gra- 
zia ed  il  calore  che  danno  tanta  attrattiva  alle  celebri  e  vi- 


(i)  Il  Colbertismo  ossia  della  libertà  del  commercio  dei  prO" 
i  della  terra.  (Custodi ,  XILXVI).  Questa  Memoria  venne  in 
!,  nel  4792  ,  a  Firenze;  essa  fu  coronata  dalla  Società  reale 
nomica.  Una  nuova  edizione,  accuratamente  riveduta  dall'autore^ 
ata  pubblicata  a  Milano  nel  4822:  essa  comprende  i  due  scritti 
conte  Mengotti:  //  Colbertismo  e  II  commercio  dei  Romani. 
st' ultima  Memòria  è  stata  coronata  dalla  francese  Accademia 
s  iscrizioni  e  belle  lettere. 


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425 

Yaci  opere  di  Galiani,  egli  meUe  di  volta  in  volta  a  servi- 
gio della  causa  della  libertà  commerciale  una  logica  potente 
ed  una  rara  vivacità  di  spirito,  e  II  numerario ,  egli  dice , 
è  essenzialmente  ribelle  agli  ordini  della  legge;  egli  viene 
senza  che  lo  si  chiami,  se  ne  va  benché  lo  si  arresti,  sordo 
alle  prevenzioni,  insensibile  ai  rimproveri,  tratto  solamente 
dairesca  del  proGtto  ».  E  qual  ammirabile  abbozzo  che  è 
quello  degli  effetti  della  concorrenza!  «  La  concorrenza  è 
Farbitra  sovrana  dei  prezzi,  la  regolatrice  legittima  e  giu- 
sta che  governa  con  equità  e  con>  moderazione  i  contratti 
di  tutte  le  classi  della  società;  che  mette  un  giusto  confine 
alle  smoderate  pretese  di  ognuno;  che  frena  l'ingordigia  e 
l'avarizia,  e  la  costringe  a  contentarsi  di  ragionevoli  ed  one- 
sti profitti;  che  non  protegge  né  opprime,  non  ama,  non 
odia,  non  dona,  non  toglie,  ma  sempre  giusta,  sempre  im^^ 
parziale  guarda  con  i*  occhio  stesso  tutte  le  classi  della  so- 
cietà, e  nella  somma  della  generale  prosperità  lascia  che 
ognuno  partecipi  soltanto  di  quella  parte  che  a  lui  legitti- 
mamente appartiene  ». 

Già  lo  dicemmo,  le  pubblicazioni  dovute  agli  economi- 
sti italiani  del  secolo  decimonono  sono  degne  di  questi  glo-' 
riosi  precedenti;  regna  nella  penisola  un  movimento  rimar- 
chevole e  profondo,  di  cui  l'Europa  non  ha  bastantemente 
tenuto  conto.  Questo  movimento  rimane  sempre  fedele  al 
principio  che  accomuna  gli  interessi  della  produzione  al- 
l' attività  deir  uomo ,  e  che  non  gli  isola  mai  dall*  insieme 
della  vita  nazionale.  Quindi  molti  lavori  d' un  genere  ele- 
vato non  aCtribuiscono  aireconomta  politica  il  significato  più 
stretto  che  la  scienza  moderna  dà  a  questo  termine  onde 
meglio  allargare  l'oggetto  d'una  natura  particolare  di  stu- 
dj.  È  in  questo  modo  che  uno  degli  scrittori  i  più  distinti 
dell'altra  parte  dell'Alpi,  il  sig.  Cibrario,  antico  ministro 
dell'  istruzione  pubblica  e  degli  affari  esteri  del  regno  di 
Sardegna,  pubblicando  la  sua  bella  ed  istruttiva  operu:  VE- 
conomia  politica  d^l  medio  eco,  non  lia  inteso  di  limitare  le 


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126 

sue  investigaiionì  ai  problemi  purameate  speculatiri.  Coloro 
che  cercassero  in  questo  libro ,  che  ha  collpcato  da  lungo 
tempo  Fautore  al  primo  rango  dei  sapienti  italiani,  defini- 
zioni 0  dissertazioni  sulla  parte  astratta  della  scienza  non 
vi  troverebbero  nessun  capitolo  sul  valore  in  uso  o  sul  va- 
lore in  cambio,  sull'analisi  della  produzione,  e  quindi  sul 
lavoro,  la  terra  e  il  capitale,  né  sopra  il  prodotto  lordo  ed 
il  prodotto  netto,  la  rendita,  il  prodotto  ed  il  salario.  Ma 
essi  saranno  grandemente  compensati  per  l'apprezzamento 
sagace  dei  fatti  economici  che  il  sig.  Cibrario  attinge  dalla 
profonda  conoscenza  della  storia ,  unita  ad  una  grande  si- 
curezza di  dottrina.  Eseguila  sopra  un  piano  largo  e  vigo- 
rosamente concepito  1'  Economia  politica  del  medio  evo  è 
«n'opera  insieme  dilettevole  e  solida;  essa  descrive  l'orga- 
nizzarsi delia  società  laboriosa,  da  cui  ne  vengono  le  leggi 
che  governano  il  lavoro.  -—  I  fatti  economici  hanno  sem- 
pre occupalo  un  posto  importante  nella  vita  dei  popoli;  ma 
per  rimpiazzare  la  cronaca  col  quadro  animato  dell'  esi- 
stenza nazionale,  per  riprodurre  in  vece  dello  scheletro  dei 
tempi  passati,  lo  sviluppo  medesimo  dei  diversi  interessi 
che  coslituiscono,  in  qualche  modo,  la  vita  sociale,  bisogna 
una  scienza  variata  ed  esalta,  un  esame  attento,  uno  spirilo 
critico  ed  una  grande  sagacità.  Queste  qualità  splendono  in 
alto  grado  nell'opera  del  signor  Cibrario,  e  questa  richiede 
dalle  circostanze  di  cui  l'autore  ha  fatto  l'oggetto  delle  sue 
investigazioni  un'  importanza  novella.  In  fatti ,  1'  epoca  alla 
quale  egli  ha  consacrato  le  sue  veglie  meritava  per  ogni 
punto  d'attirare  la  preferenza;  è  il  momento  in  cui  l'eru- 
dizione restituisce  al  pensiero  umano  il  mondo  antico,  men- 
tre che  la  bussola  apre  un  novello  mondo  e  l'arte  tipo- 
grafica la  mette  in  godimento  permanente  del  lavoro  di 
tutti  i  secoli.  È  questa  Tepooa  in  cui  il  lavoro  ingrandisce, 
in  cui  il  commercio  lontano  si  estende,  in  cui  le  repubbli- 
che italiane  s'elevano  ad  una  meravigliosa  prosperità. 
11  signor  Cibrario  presenta  V  economia  politica   siccome 


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ona  delle  parli  le  più  Dobili  ed  importanti  della  storia  ci- 
vile; essa  abbraoeia,  in  fatti;  sotto  forti  aspetti,  l'esperienza 
dei.  governi  e  dei  popoli  ;  essa  mostra  lo  scopo  che  gli  uni 
e  gli  altri  hanno  seguito,  ed  il  risultato  al  quale  essi  sono 
arrivati  eolla  scelta  dei  mezzi  adottati;  essa  comprende  de- 
gl'indirizzi troppo  spesso  trascurati  e  senza  dei  quali  pure, 
non  |)Otrebbesi  avere  la  misura  del  benessere  e  del  males- 
sere delle  nazioni,  nò  conoscere  esattamente  altra  cosa  ohe 
i  feoomeDi  della  loro  vita  esterna.  L'economia  politica,  sic- 
come la  riguiirda  l'autore,  è  nient' altro  che  la  storia  com- 
parata delle  cause  e  degli  effetti  dello  stato  politico,  morale 
ed  economico  delle  nazioni. 

11  signor  Cibrario  non  procede  allo  sviluppo  d'una  serie 
di  formole  storiehe;  egli  non  traccia  il  quadro  della  filoso- 
fia della  fttoria,  ma  quello  dell'organismo  sociale,  partico- 
larmenie  fermandoai  all'epoca  che  ha  preceduto  la  forma- 
zione degli  Stati  moderni. 

La  prima  parte  della  sua  opera  tratta  dell'origine  e  della 
forma  delie  istituzioni  politiche. 

La  seeoada  parte  comprende  ciò  che  si  riferisce  alla 
coadizione  morale  ed  alla  coltura  dell'intelligenza. 

Infine  la  terza  parte  avvera  i  risultati  materiali  e  de- 
scrive la  condizione  economica  dei  popoli. 

Questo  semplice  annunzio  basta  per  mostrare  la  ricchezza 
dei  materiali  riuniti  e  l'importanza  dei  risultati  constatati, 
allorché  alcune  ricerche  d'una  grande  novità  s'appoggiano 
<*ostantea>ente  sulla  conoscenza  esalta  dei  documenti  originali. 
Il  medio  evo  è  lontano  dal  presentare  quella  ingenuità  na- 
lurale  che  gli  si  suppone.  È  l'epoca  delle  lotte  ardenti,  in 
mezzo  alle  quali  hanno  più  volte  brillato  gli  sforzi  commi- 
sti: è  r  elaborazione  ottica  del  mondo  moderno.  Nulla  di 
più  curioso  che  il  seguire  gli  scaricatoi  della  sociabilità  che 
eammina,  il  vedere  agire  l'uomo  nella  vita  e  nell'istoria.  Il 
regime  interno  delle  nostre  società  diviene  più  fucile  a  in- 
tendersi»  quando  si  ha  annodalo  in   questo   modo   l'antica 


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42S 

ulleanza  delle  scienze  morali  e  politiche,  perchè  nulla  di  eiò 
che  è  stalo  è  completamente  scomparso,  tutto  s'è  fondato 
in  forme  nuove,  e  tutto  vive  nascosto  sotto  le  apparenze  di 
una  trasformazione  completa. 

.  II  medio  evo  abbraccia  lo  spazio  passato  dalla  caduta 
dcir impero  romano  (sesto  secolo)  fino  a  Carlo  Quinto; 
esso  si  divide  in  due  grandi  periodi  di  cinque  secoli  cia- 
scuno, ma  fu  principalmente  l'epoca  intermediaria  tra  T an- 
tica barbarie  e  la  civiltà  moderna,  quella  del  tredicesimo  e 
quattordicesimo  secolo,  alla  quale  il  signor  Cibrario  ha  re- 
stituito il  suo  vero  carattere,  e  che  egli  ci  fa  conoscere  in 
modo  completo. 

L' influenza  della  chiesa  sulla  sorte  delle  popolazioni  ha 
fornito  al  signor  Cibrario  dei  bei  capitoli.  Egli  ha  saputo 
rendere  giustizia  all'azione  dei  primi  vescovi,  capi  delle 
comunità  cristiane  che,  allorché  l' impero  romano  correva 
alla  propria  rovina,  rappresentarono  il  popolo  in  modo  mi- 
gliore di  quello  che  lo  facevano  le  autorità  civili:  essi  sa- 
pevano lenire  i  mali,  provvedere  ai  bisogni ,  prevenire  le 
dbgrazie;  ministri  d'una  religione  che  proclamava  l'egua- 
glianza degli  uomini  e  dei  popoli  dinanzi  a  Dio,  essi  con- 
tribuirono potentemente  ai  progressi  della  libertà.  L'antica 
società  avrebbe  subito  l' influenza  della  barbarie,  che  esagera 
la  forza  individuale  a  pregiudizio  della  forza  collettiva;  at- 
tendendo che  l'azione  dei  legisti  facesse  rivivere  col  diritto 
romano  l'energia  del  potere  civile,  la  giurisdizione  eccle- 
siastica si  esercitò  a  profitto  della  pace  pubblica  e  del  de- 
stino dei  popoli.  Il  lavoro  ed  il  commercio  diedero  alla 
religione  la  potente  leva  dell'associazione;  la  storia  del 
mèdio  evo  è  in  gran  parte  la  storia  delle  corporazioni  sotto 
tutte  le  forme,  comuni^  compagnie^  società,  anse^  leghe^  con" 
federazioni^  fraternità.  Quelle  che  il  potere  pubblico  era 
incapace  di  proteggere  dovevano  organizzarsi  in  modo  da 
difendere  e  governare  sé  medesimi;  ma  il  principio  d'as- 
sociazione, il  quale  produsse  grandi  e  magnifici  risultali  e 


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129 
che  ebbe  specialmeQte  il  merito  di  ravvivare  Tenergìa  mo- 
rale, pose  fine  a  lotte  empie,  ed  a  eonflitiì  permanenti,  dove 
il  bene  pubblico  scompariva  dinanzi  alla  competenza  accesa 
degli  interessi. 

Le  popolazioni  rurali  sopportano  impazientemente  il  giogo 
del  servaggio;  l'audacia  loro  non  mancava,  ma  le  solleva- 
zioni, bruttate  in  generale  da  atroci  crudeltà ,  non  ebbero 
mai  il  risultato  che  speravano  gli  ammutinati,  i  quali  non 
avevano  in  loro  servigio  che  la  forza  brutale.  Non  è  la  vio- 
lenza, ma  la  religione  e  la  legge  che  dovevano  apportare 
r emancipazione  successiva  delle  campagne..  L'anarchia  so- 
ciale cedeva  davanti  ad  una  potenza  rispettala  e  temuta  da 
tutti,  benedetta  ed  invocata  dagli  oppressi,  la  potenza  della 
chiesa.  Se  l'azione  politica  dei  pontefici  fu  eccessiva,  se 
apportò  alcune  volte  attacco  ai  diritti  della  sovranità,  essa 
ebbe  un  eifetto  benefico  e  civilizzatore  per  i  popoli;  essa 
s' elevava  contro  il  traffico  degli  schiavi  e  contro  il  duello, 
essa  proibiva  il  commercio  contro  gli  aumenti  dei  diritti  di 
dogana  e  cercava  di  garantire  la  buona  fede  nelle  transa- 
zioni, di  ottenere  la  sicurezza  delle  strade  e  dei  mari;  in* 
fine  il  grande  movimento  delle  crociate  fu  il  punto  di  par- 
tenza della  società  moderna  svelta  dall'  isolamento  locale  e 
dalla  immobilità. 

II  signor  Cibrario  ha  descritto  questa  rivoluzione  con  una 
grande  chiarezza,  e  fecondo  sempre  intervenire  le  relazioni 
le  più  curiose  sullo  stato  defie  persone,  l'industria,  le  re^ 
lazioni  commerciali,  la  formazione  del  diritto  internazionale, 
la  condizione  delle  diverse  classi  della  società.  Sempre  ani- 
mato d'una  severa  imparzialità,  egli  non  tralascia  di  oonsi* 
derare  il  medio  evo  secondo  le  idee  della  nostra  epoca,  ed 
egli  sa  a  meraviglia  cogliere  V  idea  delle  necessità  dei 
tempi,  di  cui  egli  si  fa  in  qualche  modo  il  contemporaneo. 

Nulla  di  più  interessante  che  le  pagine  consacrate  alla 
pittura  dei  costumi  e  dei  rapporti  sociali  di  quest'epoca 
lontana.  —  Il  tredicesimo  secolo  ebbe  i  vizi  e  le  virtù  dei 

Aicuu^  Statistica  t  voi.  XXT,  serie  3.«  9 


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430 

popoli  barbari,  il  quattordicesimo  la  corruzione  deile  na«' 
zioni  civilizzate.  Gli  omicidìi,  le  iriolenze  ed  i  delitti  erano 
più  frequenti  nel  tredicesimo  secolo;  ma  vi  si  incontra  la 
fede  nel  matrimonio  e  nei  contratti,  degli  abiti  semplici,  una 
nutrizione  frugale;  la  probità  domina  nei  rapporti  privati  e 
nelle  cariche  pubbliche;  tutto  ciò  non  tardò  punto  a  can- 
giare, e  si  vide  un'  avarizia  ed  un  fasto  insieme  dar  di  gomito 
una  grande  povertà.  Le  pene  erano  crudeli;  pure,  eccetto 
per  i  delitti  straordinarii,  i  ricchi  potevano  comperare  rìm* 
punita  col  denaro,  mentre  che  i  poveri,  per  delitti  di 
minore  importanza,  erano  spietatamente  mutilati.  Le  prigioni 
erano  spaventose,  il  più  spesso  situate  sotto  i  fossati  dei  ca* 
stelli,  umide  e  prive  della  luce  del  giorno.  Presso  a  queste 
crudeltà,  pongono  le  esazioni  d*ogni  natura;  in  molti  paesi 
il  priocìpe  si  riservava  la  tutela  dei  pupilli  e  degli  orfanelli 
per  darli  in  servitù  al  maggior  offerente.  Il  signor  Cibrario 
traccia  questo  tristo  quadro  con  una  spaventevole  verità: 
egli  ci  fa  penetrare  nella  pronfondità  dell'  ordine  sociale  per 
dissipare  la  strana  illusione  di  coloro  ohe  pretendono  che  il 
mondo  peggiorando  invecchi. 

Senza  dubbio  alcune  pratiche  generose  temperavano  leggi 
crudeli  e  le  virtù  private  diminuivano  alcune  volte  i  vizj 
deir  organizzazione  pubblica.  Molti  errori  incontravano  uà 
freno  efficace  in  un'  istituzione  il  di  cui  senso  si  è  più  tardi 
perduto,  nella  cavalleria,  che  comandava  la  fedeltà  a  Dio, 
alla  sua  dama  ed  al  suo  principe  ed  una  lotta  coraggiosa 
contro  la  violenza  nella  difesa  dei  poveri  e  degli  oppressi. 
Questi  uomini  di  ferro  erano  capaci  dei  sentimenti  i  più 
teneri,  della  devozione  la  più  passionata  ;  votati  all'  azione, 
essi  sdegnavano  le  dolcezze  del  riposo;  la  guerra  e  l'amore 
costituivano  la  loro  vita.  Ma  per  quanto  brillante  sia  il  ri* 
flesso  della  loro  fama,  non  potrebbe  diminuire  l' orrore  dei 
tempi,  che  avevano  bisogno  di  ricorrere  all'eroisoio  di 
pochi,  onde  rendere  meno  insopportabile  l'oppressione  di 
tutti. 


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4SI 

Le  feste  dei  medio  evo  sono  descritte  dal  signor  Gibrario 
eoa  una  serupolosa  esattezxa:  esse  forniscono  i  dettagli  i  pia 
ameni;  noi  possiamo  citure  specialitiente  il  festino  dato  a 
Milano,  nel  4866,  da  Giovanni  Visconti,  io  ooeasiotie  del 
matrimonio  di  sua  figlia  con  Monello  re  d'Inghilterra. 

Al  medio  evo  appartiene  F  invenzione  delle  carte  da 
giooco;  i  cantimbanchi  ed  i  menestrelli  erano  numerosi; 
ciascun  principe  aveva  un  buffone  j  un  poMzo  alla  sua 
corte;  questo  era  la  salirà  vivente,  la  parodie  burlesca 
dei  vizj  e  dei  costumi  dei  grandi  nella  loro  vita  pùbbliea  e 
privata.  La  musica,  il  canto,  lo  spettacolo,  la  caccia  molti* 
plicavauo  i  piaceri  d'ogni  specie,  in  un'epoca  insieme  sen* 
suale  e  rozza.  Nello  stesso  tempo  il  rinascimento  delle  let* 
tere  e  delle  arti  riposa  lo  spirilo,  lo  incanta  e  lo  cleVàé  Si 
aveva  cominciato  a  darsi  allo  studio  nei  monasteri;  ma  in 
seguito  alle  riforme  politicbe  e  religiose  deirundeoimo  se- 
colo,  l'amore  della  scienza  si  diffuse  rapidamente, e  l'inse- 
gnamento si  allargò  su  d'un' ampie  scala,  prima  in  halia, 
quindi  in  Francia,  Spagna,  loghiiterra,  Alemagna.  Gli  scolari 
sedali  sulla  paglia  a  centinaja,  a  migliaja,  ascoltavano  avida- 
mente le  lezioni,  e  ricevevano  in  seguito  con  soidnnità,  dopo 
reiterate  prove,  il  grado  di  dottore  istituito  ad  immàgine 
della  cavalleria  per  elevare  la  scienza  al  livello  della  forza. 
11  titolo  di  cafmlkre  e  di  tonte  iu  diritto  civile  e  cano- 
nico fu  uno  dei  germi  del  progrelso  social^  che  doveva 
compirsi* 

Noi  non  possiamo  seguire  il  signor  Cibrario  negl'inte- 
ressanti detuigli  ch'egli  di  sullo  sviluppo  delle  belle  arti  e 
dell' arebiteuura.  Gli  uomini  di  quest'epoca  non  esitavano 
dinanzi  a  lunghe  intraprese  ;  il  loro  spirito  slanciavasi  verso 
il  cielo  e  verso  la  posterità;  essi  elevavano  monumenti  e 
non  ediGzi,  rinunziando  di  godere  essi  medesimi  ciò  che 
essi  legavano  all'avvenire. 

Noi  abbiamo  creduto  dover  iodieare  almeno  alcuna  delle 
qmstioni  che,  nel  senso  Volgere  dol  termine,  non  si  aspei- 


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132 

terebbe  di  veder  trattare  neWEcononUa  politica  del  medio 
690.  Il  signor  Cibrario  ha  saputo  trattarle  con  un  successo 
rimarchevole,  avvicinandole  in  un  modo  intimo  al  soggeuo 
eh*  egli  aveva  scelto.  Presso  alle  conoscenze  indispensabili 
per  dare  un'idea  esatta  dello  stato  sociale,  l'autore  ha  fallo 
chiarire  gli  effetti  economici  dell'orgapizzazione  politica,  egli 
non  ha  nulla  trascurato  per  esporre  la  situazione  dell'indù-^ 
stria  e  deiragricoltura,  così  ha  egli  tracciato  una  Storia  del 
lavorio,  istruttiva  «piena  d'interesse.  Nulla  è  stato  omcnesso 
di  ciò  che  ci  può  trasportare  col  pensiero  in  quei  tempi 
rimoli  e  farei  assistere,  in  qualche  modo,  all'esistenza  delle 
popolazioni.  La  vita  privata  del  passato  ha  detto  tutti  i  suoi 
secreti  al  signor  Cibrario  ;  egli  penetra  nella  proprietà  del 
medio  evo ,  egli  ci  fa  assistere  alla  formazione  delle  leggi 
marittime  e  commerciali,  alle  scoperte  che  hanno  ampliato 
il  cerchio  delle  relazioni,  alla  nascila  delle  teorie  di  eredito, 
d'interesse  «  di  cambio,  come  a  quella  del  credito  pubblico. 
La  fortuna  fatta  agli  operai,  ai  lavoratori  «  ai  fabbricanti,  ai 
mercanti,  a  tutti  i  membri  attivi  della  società  laboriosa, 
chiarisee  in  tratti  precisi,  e  alcune  investigazioni  tanto  prò-» 
fonde  che  ingegnose  sul  sistema  monetario  e  sul  prezzo  reale 
del  lavoro  e  dei  prodotti,  nel  tredicesimo  e  quatiordicesimo 
secolo,  completano  e  chiariscono  questo  vasto  quadro.  Il 
vero  valore  delle  monete  e  delle  derrate,  principalmente  dei 
grani,  in  questo  perìodo  del  medio  evOj  non  è  stalo  mai 
calcolato  con  tanta  esattezza. 

Quale  era  la  quantità  di  metallo  prezioso  contenuta  in 
ciascuna  moneta  particolare ,  a  quell'  epoca  in  cui  il  loro 
numero  infinito  e  la  loro  diversità  facevano  dire:  Si  vor* 
rebb€y  ma  non  si  potrà  giammai  ridurle  in  una  sola  ?  Quale 
quantità  di  grano  o  di  pane  ciascuna  moneta  può  acquistare 
ai  nostri  giorni,  quanto  metallo  simile  abbisognerebbe  per 
ottenere  altrettanto  di  grano  o  di  pane?  Queste  quisiioni 
sono  slate  di  sovente  trattate,  ma  il  signor  Cibrario  sembra 
avere  levato  tutti  i  dubbi,  e  risolto  un  problema  che  UasMl 
apnnziarlo  per  farne  comprendere  riipportansa, 


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433 

Le  difficoltò  ei^ano  grandi,  poiché  foceva  d^uopò  di  s(f- 
guire  accuratamente  la  variazione  delle  monete  in  lega, 
peso  e  valore,  come  pure  la  variazione  dei  pesi  e  misure, 
li  signor  Gibrario  è  arrivato  a  risultali  preziosi  per  lo  Spazio 
dì  cento  cinquantaquatifo  anm\  dal  1267  al  44i4.  Egli  ha 
stese  le  tavole  del  prezzo  dei  grani  per  centonove  anni , 
dal  4289  al  4397,  e  quelle  del  prezzo  di  diversi  prodotti 
naturali  ed  artificiali ,  della  mano  d' opera  «  ecCé,  per  circa 
un  secolo  e  mezzo. 

II  signor  librario  considera  questa  parte  come  la  più 
importante  e  come  il  suggello  dì  tutta  V  opera  ;  ciò  prova 
quanto  lavoro  e  fatica  gli  siano  costate  quelle  lunghe  colonne 
di  cifre,  accuratamente  classificate.  Ma  egli  è  lontano,  ciò 
che  noi  dicemmo  lo  prova  bastantemente,  dal  ridurre  tutto 
il  suo  lavoro  a  soluzioni  materiali. 

VÉcanonUa  politica  del  medio  e0o  tiene  conto  di  tutte 
le  inclinazioni,  di  tutti  Ì  desiderii,  di  tutte  le  aspirazioni 
dell'umanità;  essa  fa,  in  uno  sviluppo  storico  opposto  all'as- 
solutismo delle  teorie,  un  largo  posto  alla  libertà.  Produzione, 
consumo  e  proprietà,  tali  sono  le  tre  faccie  sotto  le  quali 
si  manifesta  la  benefica  infldeilza  di  questo  princìpio  supe-» 
riore,  il  quale  è  il  vero  quos  ego^  destinalo  a  tener  in  freno 
le  utopie  socialiste. 

Di  questo  modo,  il  signor  Cibrarìo  codtinda  degnamente 
Topera  degli  economisti  italiani;  egli  mostra  come  la  potente 
iniziativa  della  libertà  abbia  provocate  le  creazioni  feconde, 
che  la  scienza  ha  in  seguito  classificate  ed  analizzate,  per 
formularne  i  principi!  ;  egli  non  ha  separato  lo  studio  del 
bene  e  del  bello  da  quello  dell'  utile.  Coltivata  in  questo 
modo  la  scienza  dell'economia  pubblica  non  arrischia  di  de^ 
generare  in  una  semplice  aritmetica  sociale  ;  essa  subordina  • 
lo  spirito  di  calcolo  alle  tendenze  generose  dell'anima,  e 
senza  obbedire  ciecamente  a  semplici  computi  di  dare  ed 
overe,  essa  mostra  la  legge  superiore  d'armonia  che  presiede 
alla  gravitazione  degl'interessi.  Ognora  appoggiala  sulla  sto- 


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4S4 

rh  e  sulla  conoscenza  ddl'  uomo ,  considerando  i  di? ersi 
problemi  sodo  il  doppia  rapporto  economico  e  politico,  essa 
aspira  a  fiir  consacrare  gì' insegnamenti  della  giostìzia  e 
d^lii  morale,  per  assicurare  il  benessere  delle  popolazioni, 
nello  stesso  tempo  che  le  ricchezza  e  la  forza  degli  Stati. 

Vili. 
Annotazione  finale. 

Dopo  che  Wolovski  comunicò  all'Accademia  delle  scien- 
ze morali  e  politiche  di  Parigi,  (a  Memoria  che  noi  qui  of- 
frimmo tradotta,  nacque  una  discussione  alla  quale  presero 
parte  Passy,  Cousin  e  lord  Brougham.  Noi  ignoriamo  ancora 
ciò  che  si  disse  in  quell'occasione  da  lord  Brougham  e  da 
Cousin,  e  solo  sappiamo  che  Passy  osservò  che  Wolowski 
aveya  accordato  all'Italia  una  parte  troppo  grande  nei  pro- 
gressi dell'economia  politica.  Prima  del  secolo  XIV,  egli 
notava  che  l'Olanda  aveva  cooperato  all'avanzamento  della 
scienza,  dando  alla  luce  molte  opere  sul  commercio,  la  na- 
vigazione e  le  finanze.  Soggiunse  poi  che  tanto  gli  scritti 
degli  Olandesi,  quanto  quelli  degli  Italiani,  non  furono  che 
atgdj  parziali,  il  di  cui  addentellato  si  trovava  già  nei  pen- 
samenti degli  antichi  filosofi  greci  ;  e  che  del  resto  l'onore 
di  aver  elevata  al  grado  di  vera  scienza  1'  economia  pub- 
blica è  dovuto  intieramente  al  nostro  secolo. 

A  queste  osservazioni  di  Passy  noi  crediamo  sin  d'ora 
di  contrapporre  le  seguenti  considerazioni. 

È  vero  ohe  i  filosofi  greci,  e  fra  questi  Aristotele  e 
piatone,  preannunziarono  alcune  idee  ancora  in  germe  sol- 
l'economia  pubblica  e  ne  crearono  persino  il  nome,  ma 
le  loro  vedute  non  furono  che  presentimenti  aflatto  gene- 
rici sul  buon  governo  economico  degli  Stali.  È  pur  anche 
vero  che  gli  Olandesi  scrissero  opere  sulla  navigazione,  sul 
commercio  e  sulle  finanze,  mz  noo  elevarono  mai  le  loro 
vedute  sino  al  punto  di  creare  la  scienza  economica  e  non 


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435 
pnbbliearoDo  ì  loro  scritti  ciie  nel  secolo  XVI  e  non  mai 
oel  secolo  XIV  id  cui  non  era  noia  neppure  la  stampa  che 
non  cominciò  ad  aver  vita  che  verso  la  prima  metà  del  se- 
eolo  XV. 

Cosi  pure  non  conveniamo  con  Passy  che  la  pubblica 
economia  sia  stata  elevata  al  grado  di  scienza  soltanto  nel 
secolo  nostro»  mentre  essa  ebbe  vita  come  dottrina  professau 
dalle  cattedre  e  pubblicata  con  opere  dottrinali  sino  dalla 
metà  del  secolo  scorso  per  opera  di  Antonio  Genovesi  in 
Italisi  e  di  Adamo  Smith  in  Inghilterra. 

Premesse  queste  considerazioni  per  rettificare  le  idee 
meno  esatte  di  Passy,  dobbiamo  essere  grati  al  suo  collega 
Wolowski  per  avere  richiamata  1'  attenzione  degli  scrittori 
francesi  su  i  cultori  delle  scienze  economiche  in  Italia.  Solo 
avremmo  bramato  che  lo  stesso  Wolowski  avesse  potuto 
compiere  il  suo  lavoro  illustrativo,  riassumendo  le  dottrine 
degli  economisti  italiani  contemporanei^  non  bastando  a 
dame  un'idea  la  succinta  analisi  dell'opera  affatto  storica  di 
Gbnrio  sulf  economia  pubblica  nel  medio  evo. 

Noi  non  vogliamo  compiere  cosi  grave  lacuna,  ma  solo 
ci  basta  di  averla  accennala.  Se  poi  dalle  opere  avesse  TA. 
voluto  passare  a  far  parola  delle  istituzioni  e  delle  dotlrine 
pratiche  attualmente  professate  in  Italia,  avrebbe  potuto  ci- 
tare questi  tre  fatti  :  la  concordia  delle  dotlrine  economiche 
professate  dai  nostri  corpi  scientifici;  la  bontà  delle  istitu-* 
xioni  e  delle  riforme  economiche  promosse  dal  Parlamento 
sardo;  e  l'unità  dei  voti  economici  manifestati  dalle  Camere 
di  commercio  del  nostro  regno. 

Per  citare  un  solo  consesso  scientifico,  ricordiamo  per  ti- 
tolo  di  gratitudine  l' Accademia  dei  Georgofili  di  Firenze 
che  esiste  già  da  un  secolo  e  che  professò  e  tuttora  prò- 
fessa  le  dottrine  più  libere  che  si  conoscano  in  fatto  di 
economia  pubblica.  Le  discussioni  del  Parlamento  sardo  in 
ciò  che  riguarda  le  nuove  riforme  economiche  che  vanno  in 
qnel  paese  introducendosi,  hanno  posto  in  evidenza  la  bontà 


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^S6 

intrinseca  delle  doUrine  italianef  che  accolgono  quegli  eqtri 
temperamenti  che  valgono  a  diffondere  i  valori  sociali  in 
tutte  le  classi  senza  dar  corso  a  novazioni  pericolose.  I  voti 
che  di  mano  in  mano  si  pubblicano  dalle  nostre  Camere  di 
commercio  e  che  noi  andiamo  riproducendo  nei  nostri  Annali, 
sono  tutti  improntati  di  quella  sapienza  economica  che  sinora 
non  sì  conosce  dalle  Camere  di  commercio  della  Francia, 
le  quali  sono  ancora  tutte  inspirate  dalle  tradizioni  piò  sto- 
lide del  vecchio  colbertismo. 

Noi  speriamo  che  altri  dotti  francesi  imiteranno  resem- 
pio  magnanimo  di  Bastiat  e  di  Wolowski  e  non  nuincbe- 
ranno  di  raccomandare  le  nostre  dottrine  economiche  ai 
loro  connazionali,  per  fare  almanco  noto  come  in  fatto  dei 
buoni  studj  la  patria  di  Genovesi,  di  Beccaria  e  dr  Roma- 
gnosi  non  ha  ripudiato  le  sue  scientifiche  tradizioni. 


I  pasfianrl  delle  Alpi  e  la  ferrovia  del  Brevaere  I 

Cenni  deW  ingegnere  liVIGI  TAUTI» 

lia  città  di  Milano  per  la  sua  geografica  posizione,  per  Tu* 
boriosità  del  suolo,  e  per  lo  spirito  intraprendente  e  posi- 
tivo del  suo  popolo,  può  e  deve  essere  considerata  come  il 
centro  d'aUrazione  del  commercio  di  tutta  T  Italia  seitenU'io- 
nale.  Né  barriere  doganali,  né  gelosie  di  Stato  infatti  pote- 
rono mai  contrastarle  questo  primato,  benché  abbiano  in- 
fluito ed  influiscano  tuttavia  potentemente  a  rallentarne  ed 
indebolirne  lo  sviluppo,  giacché  le  leggi  di  natura  sono  pre- 
potenti, né  si  lasciano  crollare  dagli  sforzi  delle  umane  le* 
gislazioni  le  quali  a  lungo  andare  devono  assoggettarvisi , 
tutto  concorrendo,  e  la  ragione  universale  che  va  allargando 
piede  ed  i  perfezionamenti  che  la  scienza  seppe  in  questi 
ultimi  anni  portare  alla  industria  a  farl^  trionfare  ,  dacché 


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<S7 
i  telegrafi  e  le  ferrovie  di  Torino i  di  Genova,  dei  Ducafr 
e  della  Venezia  colà  concorrono  come  a  loro  meta  prin» 
dpale. 

Ma  questo  iroportamistimo  scalo  ha  dietro  di  sé  una 
barriera  di  monti  che  fanno  saldissimo  ostacolo  alle  sue 
transazioni  col  centro  del  continente,  e  lo  disgiungono  bru- 
seamente  dai  grandi  mercati  europei  e  dalla  gran  via  com* 
merciale  segnata  dal  lago  di  Gostanza  e  dal  Reno,  e  questa 
è  la  catena  delle  alpi  reiiche  o  centrali,  il  gruppo  più  alto 
e  più  aspro  di.  tutta  huropa,  i  cui  pioventi  si  diramano  pel 
Reno  diroccano,  per  l'Iim  al  Danubio  ed  al  Mar  Nero,  per 
l'Adda  ed  il  Ticino  airAdrialioo,  e  per  il  Rodano  al  Medi- 
terraneo. Le  due  gran  vallate  dell' Inn  e  del  Rodano  che 
con  pendenze  fra  loro  opposte  corrono  parallele  alla  gran 
valle  del  Po,  si  annodano  al  centro  di  questo  gruppo  il  quale 
a  settentrione  irradia  a  guisa  di  ventaglio  una  moltitudine 
di  vallate  minori  clic  precipitano  e  raocolgonsi  nel  gran  se- 
micerchio descritto  dal  Reno  fra  Coirà  e  Basilea  segnando 
i  confini  delia  Svizzera. 

Molte  vie  vennero  solcate  dall'uomo  a  traverso  le  di- 
rapate valli  che  bau  capo  a  queste  ghiaociate  cime,  per 
mettere  in  comunicazione  questa  settentrioaal  parte  d'Italia 
eolla  Germania  meridionale,  e  traccio  materiali  e  linguisti- 
che tuttavia  si  conservano  de*  tempi  etruschi  e  romani. 
Quelle  del  Gottardo,  del  Lucomagno,  del  San  Bernardino, 
della  Spinga,  del  Giulio,  del  Settimo,  comunicano  diretta- 
mente coll'ampìo  dominio  del  Reno,  mentre  le  vie  del  Sem- 
pione,  del  piccolo  e  del  grande  San  Bernardo  e  del  Mon- 
cenisio  da  una  parte,  del  Bernina,  del  Pinstermintz  e  del 
Brennero  dall'  altra  parte,  segnano  i  principali  varchi  nelle 
valli  del  Rodano  e  dell'lnn,  le  quali  per  giungere  al  centro 
di  Europa  trovansi  dicontro  un'  altra  e  non  meno  elevata 
catena  di  monti  da  superare,  vale  a  dire  le  grandi  alpi  del- 
rOberland  Bernese  e  qnelle  che  separano  il  Tirolo  tedesco 
dalla  Baviera. 


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138 

Ma  oramai  le  strade  eomuni  dopo  la  introduzione  delie 
fmrovie  e  V  applicazione  alle  slesae  della  locomotiva  sono 
diventate  mezzi  troppo  inefficaci  ai  bisogni  del  commercio^ 
e  la  necessità  dì  avvantaggiare  in  tempo  ed  in  dispendio,  ha 
fatto  rivolgere  il  pensiero  dello  statista  e  gli  stodj  degli  uo« 
mini  d'arte  a  trovare  attraverso  quella  barriera  un  varco 
praticabile  alle  locomotive.  Una  linea  retta  tirata  sulla  caru 
da  Milano  al  lago  di  Gostanza,  taglia  precisamente  il  colle 
della  Spinga.  La  Spluga  sarebbe  quindi  il  passo  il  più  di- 
retto ed  il  più  breve  da  tentarsi  per  congiungere  il  centro 
del  commercio  italiano  col  centro  del  eommerclo  di  oltre 
alpe.  Desso  infatti  accessibile  con  poca  pendenza  fino  oltre 
Chiavenna  nel  versante  Italiano,  e  fino  a  Thusia  nel  ver* 
sante  Gormantcoi  non  lascerebbe  che  una  tratta  di  cinquanta 
chilometri,  misurata  nella  sua  |H*ojezione,  di  traversata  al- 
pina. Se  non  che  la  natura  interponendo  hi  questo  breve 
spazio  un  colle  granitico  alto  ben  m.  2147,  mentre  Ghia* 
venna  ata  a  soli  m.  883,  e  Thusis  a  m.  719  sul  livello  del 
mare,  senza  valiate  laterali  dove  trovare  sviluppo  di  linea, 
e  colla  vallata  principale  del  Reno  famosa  per  V  orridezza 
degli  stretti  auoi  burroni  che  procacciò  alla  via  postale  ri* 
cavatavi  con  miracolo  d' arte  1*  appellativo  di  ota  mofo,  ha 
resa  impossibile  questa  direzione. 

Le  più  celebrale  autorità  tecniche  furono  chiamate  a 
studiare  gli  altri  passi  più  prossimi  alla  Spluga,  il  Goturdo 
(|m.  SUI),  il  Lucomagno  (4866),  il  Settimo  (3890) (4). 
11  parere  dato  da  Stephenson  di  fermare  le  ferrovie  al  piede 
delle  alpi  servendosi  dei  piani  iiiclinati  mossi  dalle  abbon* 
danti  e  perenni  sorgenti  d'acqua  che  somministrano  dovira* 
que  le  stesse,  parve  sentenza  troppa  dura  ed  insufficiente 


(4)  Il  passo  dd  Giulio  (m.  3056  )  inette  Chiavenna  per  la  vai 
Bregaglia  in  comuoicazione  colla  vaf  dcVMan.  Per  passare  da  que* 
sta  alla  vai  del  Reno  occorre  varcare  il  moote  SctUoia. 


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4S» 
ai  bisogni  dell'eli.  Si  studiò  più  aUentaroente  il  terreno,  si 
dispaiò  sulla  preferenza  da  darsi  all'  ano  piuttosto  ohe  al- 
l'altro passo  e  si  venne  a  proposte  mal  digerite  di  linee  a 
pendenze  esorbitanti,  di  tunneti  mostruosi  dai  4  S  ai  44  chi- 
lometri ed  aiiaccabili  alle  sole  estremità,  proposte  che  per 
It  loro  diffieohi,  pel  tempo  e  per  l'enorme  spesa  richiesta 
•  mandarle  ad  effetto ,  riescono  inammissibili  all'  nomo  di 
baon  senso  che  coi  prineipj  d'arte  più  elementari,  colla 
freddezza  del  raziocinio  e  colla  cognizione  anche  superfi* 
ciale  dei  siti  si  ponga  ad  esaminare  la  cosa  per  formar- 
tene un  sano  criterio. 

Bisogna  ormai  confessare  che  it  problema  del  passaggio 
dille  alpi  centrali  eolle  lQeofnQlÌ9e  è  imolubile  almeno  coi 
mezzi  attuali  di  questo  ramo  dell'umana  industria. 

Io  eredo  qui  fuor  di  luogo  e  frustraneo  lo  scendere  a 
dimostrazioni  della  erroneità  del  principio  sul  quale  sono 
basate  tutte  o  pressoché  tgue  le  proposte  di  nuovi  sistemi 
di  locomotive.  Ne  rimetto  il  lettore  alle  sentenze  pratiche 
di  Perdonnet  (4)  ed  ai  ealcoli  di  Conche  (S)  uomini  in 
materia  competentissimi.  Ve  un  limite  di  pendenza  oltre  il 
quale  cessa  la  ain^enietua  dd  sistema  automotore;  un  altro 
io  cui  cessa  la  poembiKlà^  e  questi  limili  è  giuocoforza  ri- 
speuare.  Ormai  la  qufstiooe  si  agita  sulla  preferenza  da  darsi 
in  questi  casi  al  sistema  dei  piani  inclinati  mossi  da  idae* 
ehìoe  fisse  a  vapore  o  per  caduta  d'acqua,  oppure  a  quello 
delle  strade  comuni  perfezionate  o  sussidiate  da  rotaje  di 
ferro  0  di  granito  ;  e  pende  tuttavia  controversa. 

Ma  ad  ogni  modo  qualora  si  ponga  mente  alla  immensa 
raperiorità  della  trazione  per  locomotive,  ed  alla  necessità 
di  par  giungere  anche  con  qualche  sacrificio  di  percorrenza 
a  farle  traversare  le  alpi ,  deve  non  solo  accogliersi ,  ma 


(1)  Traile  des  ebemiv  de  fer. 

(3)  ADoales  des  pooU  et  chaoaées.  —  Mara  et  Avrll  4858. 


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440 

sussidiarsf  (fi  ttitto  le  9Ìm|)^Ue  degli  abitatori  della  gran 
valle  del  Po  quella  linea  che  ne  realizzasse  la  possibilità  a 
eosto  di  capitare  nelle  vallate  del  Rodano  e  detrinn ,  e  di 
dover  indi  tentare  altri  varchi  ed  altre  deviazioni  per  en« 
trare  nel  domìnio  del  Reno. 

Gih  il  primo  compivo  venne  assimto  dal  vicino  Piemonte 
col  traforo  del  Moncenisio  eon  an  ardire  degno  dei  miglior 
successo ,  benché  il  problema  lasci  ancora  nell*  adottata  so- 
luzione molto  deirindeterminato.  Quella  traccia  però  sboc* 
cnndo  nella  vai  del  Rodano  inferiore,  troppo  si  allontana 
dal  centro  del  commercio  europeo  e  trovasi  a  competere 
con  elementi  troppo  sfavorevoli  colla  via  di  Marsiglia  che 
iriunge  a  Bjsilea,  se  non  più  breve,  eertamente  più  comoda 
e  più  piana,  non  avendo  a  superare  né  l'Apennino  di  Gè* 
tìova,  né  Talpe  di  Bardonnéche;  e  se  pur  anche  l'esito  co- 
ronasse felicemente  e  rapidamente  Topera,  non  sarebbe  mai 
di  tale  vantaggio  pel  commercio  continentale  che  attinge  le 
sue  risorse  al  Mediterraneo,  da  tenersi  soddisfatto  e  tran- 
quillo si  da  non  tentare  altre  vie  più  brevi  e  più  oppor- 
tune. "" 

E  questa  sarà  per  dargli  il  passo  del  Dreanero  il  quale 
congiungendo  naturalmente  il  Lombardo-Veneto  colla  Ba- 
viera, e  mettendo  in  comunicazione  la  vai  di  Po  ed  il  Me- 
diterraneo colle  grandi  valli  del  Danubio  e  del  Reno,  riu- 
nisce in  sé  tali  e  tanti  elementi  di  prosperità  che  ancor  mi 
sorprende  come  in  mezzo  alle  polemiche  che  in  argomento 
furono  pubblicate  a  migliaja,  nesstlno  statista  o  tecnico  sìa 
disceso  a  ragionarne  comparativamente  e  con  qualche  dif- 
fusione. Non  mancarono  però  persone  che  ad  esso  avessero 
rivolli  i  propr]  studj. 

Già  il  veneto  ing.  Qualizza,  fino  dai  primordi  dello  svi^ 
luppo  fra  noi  delle  strade  ferrate,  aveva  compilato  un  suo 
progetto  per  rendere  praticabile  questo  passo  alle  locomo- 
tive, e  ne  pubblicava  in  tedescrb  i  principali  dati.  Quegli 
studj  benché  affrettati  e  basati  ad  elementi  aliimetrici  spesse 


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ai 

lontani  dal  vero,  e  benché  mirassero  piutlosio  a  lottare 
eolle  diffieoilà  che  ad  evitarle,  bastavano  però  a  dare  un 
ericerio  della  possibilità  di  superare  quel  eolle  con  piccole 
pendenze.  Ma  sparsi  come  erano  di  alcune  proposte  assai 
ardite  e  poetiche,  furooo  giudicati  assai  leggermente  e  posti 
da  parte. 

Fu  nel  4855  che  per  consiglio  del  defunto  direttore,  cav. 
Negrelli,  volsi  coir  imprenditore  signor  Gonzales  le  mie  inda- 
gini in  argomento,  e  raccolti  par  sommi  capi  dietro  ripetute 
ispezioni  i  dati  principali,  recai  le  mie  proposte  al  Ministero 
nell'occasione  appunto  che  si  stava  concludendo  la  vendita 
delle  ferrovie  lombardo^veoete.  Ma  il  contratto  che  si  aveva 
per  mano,  parve  materia  abbastanza . grande  pel  momento 
e  troppo  erano  tenui  i  miei  appoggi  in  relaziona  all'en- 
titii  della  eosa  per  poter  riescire  in  argomento.  Troppo  evi- 
dente era  però  al  tempo  stesso  la  opportunità  della  proposta 
perchè  gF  incaricati  della  cosa  pubblica  non  ne  vedessero 
lutia  la  sua  portata,  ed  il  Governo  imperiale  accolse  ed 
animò  in  più  occasioni  la  formazione  di  una  società  italiana 
che  si  proponeva  di  perfezionare  quei  primi  studj  e  dì  assu* 
raersi  anche  la  esecuzione  deiro^iera  a  preui  determinati, 
nel  tempo  stesso  che  stimolava  i  rappresentanti  più  influenti 
della  società  lombardo-veneta  allora  costituita  ,  a  prender 
parte  nella  questione.  E  fu  allora  che  percorsa  la  linea  eoo 
N.  Paulin  Talabot  e  riconosciutane  sopra  luogo  la  possibi- 
lità di  esecuzione  senza  bisogno  di  ricorrere  a  mezzi  o  ri- 
pieghi fttraordinarj  ed  inusitati,  TEocelso  Ministero  impartiva 
gli  ordini  opportuni  4ii  subalterni  dicasteri  locali  perchè  ne 
coadiuvassero  nelle  necessarie  ricerche,  e  fu  in  conseguenza 
di  dette  disposizioni  che  mi  fu  possibile  di  radunare  tutti 
gli  elementi  topografici  sparsi  nei  pubblici  archivi  e  di  ese- 
guire tutti  quei* rilievi  sopra  luogo  che  valessero  a  deter* 
minare  io  modo  positivo  lo  sviluppo  della  linea,  e  le  sue 
condizioni  altimetrìche,  colle  quali  misurare  poi  con  molta 
approssimazione  ai  vero  le  difficoltà  tecnicbo  qon  solo,  ma 


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142 

eziandio  i  limili  di  curve  e  di  pendenze  e  la  entità  della 
spesa.  E  questi  studj  vennero  spinti  fino  al  dettaglio  nella 
tratta  irta  di  maggiori  diflBcoltà  tecniche  irà  Bolzano  e  Bres- 
sanone sullo  scorcio-  del  4857  e  nella  primavera  del  4858, 
quando  s'intavolarono  le  trattative  di  cessione  delle  strade 
meridionali  dello  Slato  alla  nuova  potente  società,  che  coa« 
diuvata  dagli  studi  stessi,  potè  con  piena  cognizione  di  causa 
assumersi  anclie  la  esecuzione  di  questo  tronco  fra  gli  al- 
tri moki  a  cui  si  ò  obbligata  entro  un  determinato  periodo 
di  tempo. 

Il  Brennero,  Tantico  Pirenus  (parola  generica  che  per 
la  somiglianza  che  tiene  coll'appellativo  di  Pirenei  dato  albi 
catena  alpina  che  divide  la  Spagna  dalla  Francia ,  pare  si 
applicasse  dai  Celti  alle  più  alte  eorone  di  monti),  è  il  nome 
di  una  cima  elevala  che  si  slancia  alla  estremità  orientale 
delle  alpi  reiiche;  ed  il  eolle  che  da  lei  si  chiama  posso 
del  Brennero  segna  il  confine  tra  le  alpi  retiche  e  le  car- 
niebe  e  le  noriche,  che  stendono  le  loro  diramazioni  nel- 
rÀMstria,  nella  Stiria  e  neiriHirico*  Esso  si  eleva  sul  mare 
eoli  m.  4368  e  forma  il  punto  culminante  dove  hanno  ori- 
gine comune  la  vallata  dell'Eisack,  italianamente  detto  Isar- 
eo,  che  scende  nella  direzione  del  mezzodì  a  sboccare  nella 
vai  d' Adige  sotto  Bolzano ,  e  la  vallata  del  Sili  che  a  set- 
tentrione scarica  dopo  breve  eorsa  nell'lnn  presso  lon- 
sbruclu 

La  comodità  di  queste  vallate  facilmente  praticabili,  ad 
eccezione  di  poche  tratte,  la  moderata  elevazione  del  varco, 
ed  iiifine  la  pochezza  delle  nevi  che  d'ordinario  lo  ingom- 
brano, lo  resero  noto  e  frequentato  fin  dagli  antichi  tempi. 
'Da  un  cenno  di  Aristotele  (4),  riportalo  dagli  scrittori  lo- 
cali, pare  che  fosse  noto  agli  Etruschi,  che  per  questa  da 
essi  chiamata  pui  eacra  perchè  posta  sotto  la  protezione 


(I)  De  oirabìlibus  aascullalloiiibos,  S  86-141. 


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443 
degli  Dei  limilrofl,  andavano  al  Nord,  I  Celli  ed  i  Germani 
entrarono  in  Italia  a  differenti  epòciie  per  il  Brennero,  e 
luitavia  è  celebre  ii  passaggio  di  Radagnsto  nel  406  alla 
testa  di  orde  Sveve,  Vandalo  e  Borgognone  con  immenso 
treno  di  cariaggi  e  salmerie,  alle  quali  si  auribuiscc  la  fon^» 
dazione  delle  colonie  tedesche  tuttavia  rimaste  lungo  il  ver^ 
eante  italiano. 

Il  commercio  veneto  che  nel  medio  evo  ero  il  princF» 
pale  del  continente,  servivasi  a  prererensa  di  questa  via  pel 
transito  delle  merci  e  dei  coloniali  che  tirava  dall' Oriente 
onde  fornirne  il  cuor  della  Germaniat  ^  Timportanza  di  que- 
sto passo  reso  a  poco  a  poco  più  comodo  e  transitabile  ai 
carri  dopo  la  eostruzione  lungo  il  torrente  del  tratto  tra 
Bolzano  e  Klansen  rinomato  per  la  sua  orridezza  e  della 
dal  suo  costruttore  strada  del  Kunsterwegg  (giaccbò  la  via 
romana  seguiva  con  molto  incomodo  di  giravolte  e  di  eoD^ 
tropendenze  Taltipiano  superiore  dei  monti)  si  aocrebbe  col» 
l'acerescersi  del  commercio»  fiochò  coir  aprirsi  delle  nuove 
strade  più  comodamente  praticabili  del  Gottardo,  della  Sphi* 
ga,  del  Pinstermintz  e  della  Pontebba,  non  venne  limitale 
ad'  un  troppo  piccolo  raggio  d'azione. 

Ma  a  questo  varco  sarà  per  ridonarsi  la  sua  primiera 
importanza  moltiplicata  di  tutto  V  aumento  che  subirono  le 
transazioni  commeroiali  in  quest'ultimo  mezzo  secolo,  colla 
costruzione  della  progettata  ferrovia  a  locomotive  ohe  sarà 
la  prima  e  per  qualche  anno  V  unica  a  cavalcare  il  dorso 
delle  alpi  ed  a  congiungere  il  bacino  del  Mediterraneo  a 
qoello  del  Danubio  e  del  Reno.  Già  un  tronco  di  questa 
gran  linea  venne  eostniuo  da  Verona  a  Bolzano  lungo  la 
vai  d'Adige  per  la  hmghezza  di  444  chilometri  e  sta  per 
essere  posta  in  azione,  ed  uu  altro  tronco  da  innsbruok  al 
confine  bavarese  presso  Kofetein  lungo  la  valle  deirian^per 
h  lunghezza  di  circa  80  obilometri  venne  in  questi  ultimi 
mesi  terminato  ed  atUvato.  Ad  unire  questi  due  estremi 
della  gran  catena,  orinai  non  resta  che  il  passaggio  del  Bren* 


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144 

nero  da  Bolzano  ad  Innsbruck,  che  misura  sulla  via  poslafe 
una  lunghezza  di  125  chilometri. 

Una  moderata  altezza  sul  livello  del  mare,  il  sussidio  di 
valiate  laterali  abbastanza  ampie  e  praticabili  dove  trovare 
sviluppo  di  linea  nelle  tratte  di  via  più  erte,  un  clima  oom* 
paralivamente  temperato,  prossimità  di  materiali  aiti  alle 
costruzioni,  il  vantaggio  infine  di  poter  percorrere  dentro  i 
confini  di  uno  Stato  solo,  sono  tuiti  elementi  che  cospirano 
D  racilitaroe  la  esecuzione,  non  solo,  ma  eziandio  ad  assicu- 
rarne il  non  interrotto  esercizio. 

La  differenra  di  livello  tra  la  stazione  di  Innsbruck  ed 
il  punto  culminante  del  colle  può  ritenersi  di  m.  790,  ed 
il  suo  sviluppo  misuralo  sulla  strada  postale  di  circa  chilo- 
metri 89.  Quella  dal  punto  culminante  a  Bolzano,  venne 
calcolata  di  m.  1105  sopra  uno  sviluppo  di  chilometri  85. 
Considerata  quindi  la  strada  in  complesso  senza  aver  ri- 
guardo alle  peculiari  circostanze  locali  che  possono  alterarne 
le  pendenze,  si  avrebbe  nella  salita  da  Innsbruck  alla  som- 
nàità  una  acclività  media  di  millimetri  venti  per  metro,  e 
nella  discesa  dal  Brennero  a  Bolzano  una  declività  dì  roil- 
limitri  tredici  pure  per  metro.  . 

Basterebbero  queste  cifre  per  lasciar  travedere  a  primo 
colpo  d'occhio  la  possibilità  di  uno  sviluppo  conveniente  di 
una  strada  ferrata  per  la  quale  sieno  concessi  dei  limiti  ra- 
gionevoli di   pendenze  e  di  raggi  di  curvature,  lìmiti  non 
superiori  mai  a  quelli   addottati  nelle  più  rinomate  strado 
montuose  d*Europa.  Né  la   realtà   smentisce   queste   prime 
previsioni,  giacché  presso  le  situazioni  dove  la  valle  è  più 
angusta  e  i  torrenti  precipitano  con  cadute  spesso  superiori 
<">  70  per  mille,  natura  aperse  delle  vallate  laterali  secoa- 
ie  tanto  dall' un  versante  quanto  dall'altro,  nelle  quali 
)mo  d'arte  può  trovare  lo  sviluppo  di  linea  occorrente 
non   oltrepassare  i  limiti  precisati  di  curve  e  di  pen- 
ize ,  quali  per  accennare  solo  le  principali,  le  vallate  di 
bay,  di  Gschnitz,  di  S.  Jodocus  e  dell'Òberberg  nel  ver- 


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145 

saDte  settentrionale,  e  quelle  di  Pflertschi  di  Ridnaun  e  di 
Pfliisch  nel  versante  meridionale. 

La  natura  poi  dei  monti  di  materia  schistoaa  in  gene* 
relè,  con  qualche  calcare  dal  lato  d'Innsbruck  ed  interrotta 
da  ammassi  granitici  e  porfirici  dal  lato  di  Bolzano,  è  tale 
da  assicurare  alla  strada  buon  materiale  da  costruzione  ed 
un  terreno  bastantemente  solido.  E  se  in  qualche  tratto  si 
presentano  delle  masse  porflriche  in  dissoluzione  che  tal- 
volta precipitano  a  valle  in  grandiose  frane,  massime  nelle 
strette  snpracitale  da  Bolzano  a  Klausen,  non  deve  riescir 
né  impossibile  né  soverchiamente  dispendioso  T  evitarne  il 
pericolo,  sia  gettandosi  colla  strada  dall'una  all'altra  sponda 
della  valle,  sia  coprendola  con  gallerie  artificiali  abba- 
stanza solide  da  sostenerne  l' urto  ed  il  peso  di  eventuali 
cadute. 

Abbastanza  temperato  è  il  clima  del  tratto  da  Bolzano 
a  Bressanone,  dove  vegetano  bene  la  vite  ed  il  gelso;  al- 
quanto più  aspro  benché  ancora  mite  da  Bressanone  a  Ster- 
zing,  solo  si  fa  crudo  nelle  tratte  da  Sterzing  alla  sommità 
del  Brennero,  non  però  tale  da  impedire  il  transito  gior- 
naliero delle  diligenze  e  degli  altri  rotabili  in  ogni  sugione 
dell'anno,  dacché  ad  annate  cornimi  la  neve  non  si  alza 
più  di  un  piede  da  Bolzano  a  Bressanone,  né  progredendo 
oltre(tassa  in  via  ordinaria  i  quattro  piedi  al  Brennero,  es- 
sendo la  stal^ione  invernale  limitata  a  tre  mesi  nel  primo 
tratto  ed  a  cinque  nel  secondo  tratto.  Il  versante  setten- 
trionale dal  Brennero  ad  Innsbruck,  più  tiene  del  clima 
del  secondo  che  del  primo  tratto. 

Poco  frequenti  succedono  le  valanghe  in  quelle  gole  e 
sono  prevenibili  con  opere  d'arte.  Maggiori  disturbi  danno 
le  nevi  portate  in  turbine  dai  venti  e  capricciosamente  e 
ad  altezze  grandi  depositate  nelle  insenature.  Ovvio  però  è 
il  causarne  le  conseguenze  col  tener  la  via  sollevata  di  al- 
cuni metri  dal  piano  della  valle.  I  venti  settentrionali  e  me- 
ridionali che  continuamente  ed  alternativamente   vi  domi- 

Aiauu.  Slalisiica,  voi.  XXI,  serie  S.*  IO 


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nnno  nella  direzione  stessa  delle  gole,  nella  stagione  jemale^ 
devono  tenerla  naturalmente  spazzata  ooine  tengono  spaz^ 
zati,  eon  meraviglia  del  passaggero,  i  tetti  delle  casipole  cir- 
costanti. 

Dopo  queste  nozioni  generali  non  saranno  fuor  di  luogo 
due  parole  sui  torrenti  Sili  ed  Eisack  che  formano  le  val- 
lale opposte  al  eolle  e  lungo  i  quali  si  svolge  la  strada  po- 
stale, per  dare  al  lettore  un  quadro  abbastanza  completo 
delle  località. 

n  Sili,  piccolo  torrente,  ba  origine  nelle  ghiacciaje  del 
Duxer  a  levante  del  passo  del  Brenoer  (m,  1368),  fornwi 
im  piccolo  lago  presso  la  sommità  qbe  raccoglie  gli  scoli 
delle  prossime  falde  (m.  1305),  d*  onde  precipita  in  una 
cola  piuttosto  ripida  ed  angusta  fino  a  Steinach  (m.J033), 
ingrossandosi  per  via  dei  minori  confluenti  delle  valli  di 
Oberberg  e  di  Gschnitz  dal  luto  di  ponente,  del  Padauoer 
e  del  S.  Jodocus  dal  lato  di  levante,  valli  più  o  meno  am- 
pie ed  ubertose  di  pascoli.  Da  Steinach  a  Matray,  la  val- 
lata si  allarga  ed  il  torrente  si  fa  più  tranquillo  e  meno 
penderne,  ma  giunto  a  Mdtray  (  m.  957  ) ,  comincia  ad  in- 
cassarsi fra  dirupi  sotto  Pfuns  e  corre  angusto  e  tovtuoso 
fra  scogli  e  burroni  fin  presso  Wilten  (m.  680)  dove  sbocca 
nella  pianura  di  Innsbruck  a  scaricare  nelPInn  (m«  566)  a 
pochi  passi  a  levante  delia  ciuà^  ricevendo  nel  tragitto  a 
sinistra  il  tributo  del  Rutz-bach  (m.  658),  cb6  sorte  dal- 
Tampia  valle  di  Stubay.  La  sua  lunghezza  misurata  dal  colle 
del  Brennero  è  di  circa  42  chilometri,  e  la  sua  pendenza 
del  2  per  à  00  variamente  distribuita ,  cioè  di  circa  il  26 
per  1000  dal  Brenner  a  Steinach,  del  io  per  iOOO  da  Stei- 
nach a  Matray,  e  del  48  per  4000  da  Matray  al  suo  sbocco 
nella  vallata  dell' Inn,  cioè  a  Wilien.  Il  suo  dominio  com- 
preso quello  degli  influenti  si  può  valutare  di  circa  936 
chilometri  superficiali. 

Assai  più  grande  è  quello  del  torrente  Eisack  che  corre 
da  Nord  a  Sud ,  dal  varco    cioè   del  Brennero  dove   ha  lc\ 


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prime  soe  9orgeol^  fioo  a  BoUano  dove  si  getta  neir^dige. 
Il  colle  del  Brennero  (m.  I3$&)|,  è  una  gola  strclto  e  poco 
pendente  per  tiM  trotta  di  oltre  cinquo  chilometri  fino  al 
Sebollemberg  (hl  iS89)  d'onde  precipita  piuttosto  erta  sotto 
Goaseofiau  (  ta,  IQ41  )•  Ivi  |{  allarga  congiuogendosi  colla 
vallata  dello  Pflertseb  assai  più  ampia  ed  amena  di  quella 
deirEiaaek  e  le  loro  acque  riunite  discendono  fino  a  Ster- 
ziog  (no.  W6)  tra  le  falde  di  due  monti  alquanto  scosceso 
ed  irte  Ui  qualche  tratto  di  scogli.  Sotto  Sterzing  {au  931) 
r  incrociamenta  delle  dtie  vallate  pure  assai  ampie  del  Ri* 
doaan  h  del  Pfiitich  che  si  uniscono  all'Eisack  quasi  in 
un  puolo  ad  angolo  retto  e  che  colle  loro  piene  spesso  noa 
eontemporaneCf  portano  molti  depositi,  produsse  un  sensi- 
bile rialzo  del  piano  e  tale  ingombro  al  libero  deflusso  delle 
acque  da  renderle  pressoché  stagnanti  provocando  anauali 
ionondazioni  e  miasmi  insalubri.  Dopo  Mauis  (mt  892) 
però  riprendono  il  loro  corso  normale  e  con  variate,  ma 
però  sempre  ragionevoli  pendenze  tra  una  valle  non  molto 
lai^  benché  alquanto  tortuosa,  scendono  fino  ad  Unteraue 
(m*  695)  sotto  il  forte  di  Franzensfeste.  Detto  forte  eretto 
sopra  uno  scoglio  che  si  stacca  isolato  dalla  china  del  vicino 
monte,  chiude  in  quella  località  la  vallata  e  costringe  il  tor- 
rente a  correre  in  un'angusta  forra  e  tortuosa  tra  il  piede 
dello  scoglio  stesso  e  quello  della  ripidissima  falda  del  monte 
a  sinistra,  superata  la  quale  si  apre  un  varco  piuttosto  prò- 
fondò  fra  un  terreno  diluvionale,  finché  sotto  Bressanone 
(m.  569)  raggiunge  il  piano  della  campagna.  I^a  città  di  Bres- 
sinooe  situata  al  punto  di  confiuenza  deirEisack  e  del  Rienz 
(m.  567)  che  sorte  ricco  d*acqua  dalla  Pusterìa ,  ha  dinanzi 
a  sé  una  bella  pianura  che  principia  allargan<iosi  allo  sbocco 
dello  Schnlders  (m.  593).  Le  acque  corrono  ivi  poco  pen- 
denti e  serpeggianti  e  la  vallala  va  restringendosi  a  poco  a 
poco  dopo  Bressanone  fino  alla  Chiusa .  (Klausen)  (m.  549Ì 
dove  lia  princìpio  la  stretta  di  già  accennata  del  Kunster- 
weggche  procede  fino  a  Feigenbrùckc  (m.  273)  pochi  chi- 


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lometri  prima  di  Bolzano.  È  il  Kunsterwegg  una  gola  tor- 
tuosa serrata  fra  monti  erti  e  franosi  di  natura  porfirica,  le 
eui  falde  ripidissime  si  sorreggono  in  qualche  sito  pel  solo 
reciproco  contrasto  al  loro  incontro  nel  fondo  del  burrone, 
che  in  più  luoghi  non  lascia  il  passo  che  al  torrente  ed 
alia  strada  postale,  e  che  ha  nome  di  esser  pericolosa  per 
rilasci  e  cadute  di  lavine  di  sassi  delle  roccie  in  decompo- 
sizione di  alcune  sue  tratte.  La  pendenza  del  torrente  però 
è  sempre]  mite  e  tale  si  conserva  fino  al  suo  sbocco  in 
Adige  presso  Bolzano  (m.  229)  dove  si  allarga  in  un  piano 
ricco  di  frutti  e  vigneti.  La  totale  lunghezza  delF  Eisack  % 
di  chilometri  100.  La  sua  pendenza  si  può  ritenere  del  15 
per  1000  pei  primi  sei  chilometri ,  del  68  per  1000  fino  a 
Gossensatz,  del  30  per  1000  da  Gossensatz  a  Sterzing,  del  4 
per  1000  da  Sterzing  a  Mauis,  del  12  per  4000  da  Mauis  a 
Bressanone,  del  4  per  1000  da  Bressanone  a  Klausen  e  del 
9  per  1000  da  Klausen  a  Bolzano,  nella  qual  tratta  varia  al- 
quanto a  motivo  del  fondo  roccioso  toccando  sotto  Tdrkele 
fino  il  15  per  1000.  Il  suo  dominio  poi,  compreso  quello 
delle  vallate  influenti,  alcune  delle  quali  ragguardevolissime, 
si  valuta  di  3764  chilometri  quadrati. 

Già  questo  rapido  schizzo  delle  due  valli  entro  cui  fu 
tracciata  la  ferrovia ,  può  dare  un'  idea  delle  difficoltà  da 
sormontarsi,  le  cui  principali  sono  la  sortita  dMnnsbruck, 
Terta  da  Siafflach  al  Brennero,  la  discesa  da  Schdllemberg  a 
Gossensatz,  la  stretta  del  Franzensfeste  e  la  gola  del  Kun- 
sterwegg. Senza  scendere  a  dettagli  la  cui  dimostrazione 
dovrebbe  corredarsi  di  tipi  e  che  non  potrebbero  interest 
$are  la  pluralità  dei  lettori ,  mi  accontenterò  di  accennare 
qui  brevemente  le  proposte  studiate  per  superarle,  chiuden- 
do con  un  cenno  delle  generali  pendenze  della  linea. 

I  monti  che  costeggiano  la  gran  valle  dell*  Inn,  chinano 
le  loro  falde  pressoché  regolarmente  verso  la  valle  stessa, 
ed  i  minori  torrenti  laterali  ad  essa  tributar] ,  sqlcano  la 
costiera   senza   gran   fatto   sturbarne  la  generale  struttura* 


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Còsi  è  del  Sili.  &S80  sorte  at  piano  come  da  una  spacca- 
tura, mentre  le  due  sponde  protendono  e  s'avanzano  sopra 
la  valle  dell'Inn,  dove  scendono  precipitose.  Ora  per  salire 
da  Innsbruck  (m<  690)  a  Matray  (m.  987),  o  bisogna  se^ 
gntre  V  imo  del  torrente  »  od  attenersi  alla  sponda  sinistra 
su  cui  svolge  con  mille  serpeggiamenti  la  postale,  od  ap- 
pigliarsi alla  sponda  destra  procurando  uno  sviluppo  alla 
linea  nella  falda  stessa  del  monte  che  fa  parete  alla  valle 
deirinn.  Impossibile  riesce  H  primo  partito  a  motivo  della 
tortuosità  e  della  strettezza  del  burrone,  sicché  una  strada 
in  esso  ricavata  dovrebbe  risultare  un  continuo  alternarsi 
di  gallerie  e  di  ponti,  né  mai  avrebbe  beneGcio  di  sole.  Il 
seguire  la  sponda  sinistra,  presentava  ripidìtà  di  pendenze^ 
enormi  spese  di  iunneU  (uno  dei  quali  da  ricavarsi  nelle 
ghiaje,  lungo  più  di  due  cbilometri)  ed  instabilità  disuolo, 
dovendosi  appoggiare  ad  una  falda  di  materia  alluvionale 
scorrevole  e  piena  di  anfrattuosita.  Evidente  era  quindi  il 
bisogno  di  tentare  una  traccia  lungo  la  falda  sinistra,  or-^ 
rida  pur  essa  in  alcune  tratte  di  inaccessibili  burroni,  trac- 
cia la  quale  dovesse  raggiungere  il  ciglio  superiore  dei 
burroni  stessi.  Ocoorreva  in  poche  parole  di  trovare  uno 
sviluppo  ule  da  Innsbruck  (m«  630)  a  Patsch  (m.  883)  che 
disuno  nella  geometrica  loro  projezione  di  soli  chilometri  8| 
da  poter  vincere  la  enorme  diversità  di  altezza  di  oltre  250  m« 
con  ona  pendenza  inferiore  del.  30  per  1000.  E  ciò  si  ou 
tenne  mediante  ona  linea  che  .staccandosi  dalla  stazione  di 
Innsbniek  ed  appoggiandosi  alle  falde  del  monte  toccasse 
Ambras,  si  approfittasse  dell*  altipiano  di  Ampass  per  farvi 
oaa  grande  svolta  che  ritornando  per  Altrans  e  Vili  giun- 
gesse a  Patsch  radendo  il  ciglio  verso  V  Inn  di  quelle  alte  e 
pittoresche  praterie  con  uno  sviluppo  totale  di  quasi  17  chi-> 
lometri,  ed  una  media  pendenza  del  15  per  1000. 

Nessuna  grave  difficoltà  presenta  il  tracciato  da  Patsch 
a  Steinach  se  si  eccettuino  alcuni  manuiSatti  arditi  per  la 
loro  altezza  a  traverso  le  forre  che  solcano  la  costa  deirEU-* 


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bogen  tra  Patsch  e  Matray.  Da  Sleinach  a  SiaHlach  la  valle 
sale  eoa  pieeola  aeclivilà  (il  14  per  4000).  È  a  StalBaeh  che 
ha  principio  V  erta  che  conduce  al  punto  culminante  del 
padso  con  una  pendenza  media  del  3  per  100  nella  luo* 
ghezza  misurata  sulla  ponale  di  nove  chilometri  che  in  al- 
cuni punti  sorpassa  fip  Tetto  pure  per  cento.  La  traccia  della 
ferrata  si  appoggia  appena  fuori  di  Steinach  alla  falda  orieD- 
tale  della  valle  e  penetrando  con  una  larga  svolta  nella 
tallo  di  S.  Jodocus  trova  di  allungare  il  proprio  sviluppo 
lino  a  dodici  chilometri  e  di  ridurre  per  conseguenza  la 
propria  acclività  nei  limiti  moderati  del  S3  per  mille. 

Dalla  cima  del  Brennero  fino  a  SehSllemberg,  la  ferrovia 
segue  la  piccola  pendenza  della  gola  che  ne  forma  il  paMO 
dove  serpeggia  impaludando  V  Eisack  ancor  meschino  terreo- 
fèllo,  per  oltre  cinque  chilometri.  Quivi  comincia  la  gran 
discesa  fino  a  Gossensats,  discesa  che  sulla  tratta  di  tre  chi- 
lometri ed  un  quarto  misurata  lungo  la  postale  tocca  i  m. 
214  pari  al  66  per  mille.  Era  d'uopo  trovar  quivi  un  ge« 
neroso  mezzo  di  sviluppo,  e  fortunatamente  lo  presta  la 
bella  vallata  dello  Pflertsoh  che  si  apre  opportunamente  a 
levante  con  moderata  pendenza  e  felice  esposizione  di  cielo. 
Entro  di  essa  serpeggiando  la  ferrovia  per  circa  undici  chi- 
lometri, riesce  a  raggiungere  una  pendenza  media  dd  SS 
e  del  19  per  mille  ed  a  superare  cosi  in  modo  soddisfooente 
anche  questo  terzo  intoppo.  Mi  fu  chiesto  più  volte  per^ 
salire  colla  ferrovia  sino  alla  vetta  del  eoHe  e  non  isforanio 
la  cresu  con  una  galleria  onde  evitare  qualche  eentinajo  di 
metri  di  ascesa  ed  altrettanti  di  discesa?  Ove  si  consideri 
che  il  laghetto  del  Sili  già  menzionato  sta  a  soli  66  metri 
trotto  il  punto  culminante  e  dista  dallo  stesso  circa  due  chi- 
lometri e  mezzo  (  m.  S190),  che  la  galleria  per  sboccare 
a  PontigI  sotto  Schdllemberg  sarebbe  riescila  lunga  non  meno 
di  nove  chilometri,  stante  T  accennata  lunghezza  del  piano 
del  culmine,  e  che  si  avrebbe  avuto  la  conseguenza  dì  uo 
piccolo  guadagno  ottenuto  con  enormi  sagrificj  e  forse  per 


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impreveduie  difficoltà  eli  afllucnza  d'acque  non  ottenibile 
affatto  ad  onta  dei  sogrìfìrj ,  si  persuaderà  chiunque  della 
sconvenienza  di  tentare  tale  partito. 

Un*akra  delle  indiente  difficoltà  è  il  passo  della  stretta 
del  Franzensfeste.  Già  aecennai  come  quel  forte  si    erga    a 
chiudere  interamente  V  ingresso  della  valle ,  eretto   com*  è 
sopra  un  pronMniorio  che  stringe  il  torrente  contro  le  Talde 
pressoché  inaccessibili  dell'  opposto  monte ,  mentre   la   po- 
stale si  arrampica  e  lo  oltrepassa  dietro  il  castello,  ad  un' al* 
tezza  di  circa  metri  94,  sopra  il  letto  del  torrente.  La  trac- 
eia  della  ferrovia  seguendo  naturalmente  la  minima  pendenza 
della  valle  che  è  quella  indicat<i  dalle  acque,   non    poteva 
elevarsi  a  tanta  altezza  senza  trovarsi  nella  necessità  di  un 
lungliissìmo  e  costosissimo  sviluppo  -al  di  là   del  forte  per 
discendere  a  Bressanone,  giacché  un  passo  sotterraneo  sotto 
la  fortezza  non  sarebbe  stato  concesso  dai    più    ovvi   prin- 
cipi strategici.  Il  partito  preso  di  seguire   la   general    pen- 
denza della  valle  suir  imo  della  quale  la  ferrovìa  si  sostiene 
continuamente  dagli  otto  ai  dieci  metri,  gettandosi  con   u^i 
ponte  sulle  traccie  di  quello  che  fu  distrutto  nelle    guerra 
dello  scorcio  del  secolo  passato  sulla  opposta  falda  del  monte, 
e  cercando  ivi  un  appoggio  col  mezzo  di    una    galleria   al 
livello  della  forra  per  una   tratta   di    quasi  un  chilometro , 
seguente  prcssooché  1*  andamento  della  costa  per  sortire  alla 
luce  oltre  il  forte  e  riguadagnare  in  sito  opportunissiaio  la 
sponda  destra,  raggiungerà  lo  scopo  con  un  piano  ardito  si , 
ma   pienamente  praticabile  e  senza  danno  alcuno  al  forte  , 
che  potrà  difendere    quel  tratto  con  due  infilate  ai  rettili- 
nei antecedente  e  seguente,  e  col  render  levatoi  i  due  ponti 
succennati  sull'  Eisack. 

Nulla  dirò  del  tratto  del  Kunsterwegg  ,  lungo  il  quale 
r  arte  non  tanto  deve  esaurire  le  proprie  risorse  nel  trac- 
ciamento deJla  linea,  quanto  nel  provvedere  ad  un  solido 
appoggio  e  ad  una  solida  difesa  del  corpo  stradale.  Nel  solo 
tronco  da  Klauscn  a  Feigenbrùehe ,  la   linea   traversa  no\e 


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volte  TEisack  con  arditi  ponti  la  più  parte  a  sbieco  dai 
SS  ai  54  metri,  ad  una  sol  luce,  non  permettendo  il  tor- 
rente r  impianto  di  pile  intermedie,  poiché  scorre  rapidis- 
simo sopra  fondo  di  grossi  macigni,  serve  alla  fluitazione 
dei  legnami  d'opera,  e  trasporta  d'inverno  dei  voluminosi 
massi  di  ghiaccio,  e  supera  i  contrafforti  che  producono  le 
principali  tortuosità  della  valle  con  cinque  iunnels^  il  più 
lungo  dei  quaU  appena  tocca  i  400  metri. 

La  lunghezza  totale  della  linea  cosi  tracciata  riescirà  di 
circa  chiU  437,  dodici  di  più  della  strada  postale,  di  cui  46 
da  innsbruck  alla  sommità  del  Brennero,  5S  dal  passo  sud- 
detto a  Bressanone  e  89  da  Bressanone  a  Bolzano. 

Le  sue  pendenze  oscillano  tra  iM  5  ed  il  SS  per  mille 
nel  primo  e  nel  secondo  tronco,  e  fra  T  8  ed  il  44  nel 
tronco  terzo,  lungo  il  quale,  proporzionatamente  diminuiti  i 
convogli,  potrebbe  proseguire  il  servizio  delle  locomotive  del 
tronco  inferiore  Verona-Bolzano ,  dovendo  a  Bressanone  so- 
stituirsi macchine  più  pesanti  e  più  potenti,  quali  si  usano 
ne'  passi  montani,  e  di  tale  struttura  dà  poter  facilmente 
muoversi  sopra  curve  di  raggio  di  SOO  metri,  che  é  il  limite 
minimo  adottalo  dal  progetto. 

Il  costo  di  questa  linea  fu  presunto  a  S6  milioni  di  fio^ 
rini  di  nuova  valuta  comprese  le  locomotive  ed  il  materiale 
d' esercizio,  il  che  corrisponde  a  circa  260  mille  florini  per 
chilometro,  somma  di  gran  lunga  inferiore  al  costo  delle 
famose  vie  del  Sòmmering  e  di  Genova,  ed  a  quella  che 
sarà  per  importare  il  passo  dell' Apennino  a  Pracchia  diretto 
a  congiungere  Bologna  con  Firenze;  ma  riflessibile  ad  ogni 
modo  se  si  raffronta  alla  media  spesa  delle  altre  linee  lom- 
bardo-venete, delle  piemontesi  e  delle  toscane.  Ovvio  (però 
è  il  riflesso  che  il  paragone  debba  erigersi  con  altre  strade 
montuose,  e  che  1'  entità  del  costo  è  misura  delle  difficoltà 
del  lavoro.  L' abbozzo  che  a  gran  tratti  ho  tentato  di  de- 
lineare della  progettata  linea ,  ben  veggo  troppo  succinto  per 
poter  dare  un  concetto  intero  della  cosa,  dacché  non   ho 


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453 
poluto  far  parola  né  dei  grandi  manufaui  che  vi  occorrono 
per  superare  dei  profondissimi  burroni,  o  per  traversare  delle 
brghe  vallate,  né  dei  muraglioni  necessarj  in  molte  tratte  a 
render  pensile  la  strada  là  dove  per  la  natura  scorrevole  e 
franosa  della  falda,  riesce  impossibile  V  intagliarla  nel  monte» 
né  dell'ampiezza  e  dell'importanza  delle  stazioni  intermedie, 
né  delle  molte  gallerie  qui  e  là  richieste  dalle  locali  circo* 
stanze,  sia  per  superare  dei  bruschi  contrafforti  nelle  tratte 
sinuose  delle  valli,  sia  per  procurare  alla  strada  una  con- 
tinua stabilità  dove  è  obbligata  a  radere  le  pareti  pietrose 
di  qualche  ciglione.  Chi  ha  tintura  di  pratica  in  argomento 
potrà  facilmente  concepire  V  importanza  dell'  opera  e  restar 
pago  e  soddisfatto  della  dimostrata  possibilità  eoo  un  dispen- 
dio comparativamente  moderato,  e  tale  da  non  iscoraggiare 
li  sua  attuazione. 

Ho  cercato  di  dimostrare  la  necessità  di  pur  trovare  uà 
passo  che  congiunga  la  valle  del  Po  a  quella  del  Reno»  e 
di  avvicinare  il  centro  dell'Europa  ai  porti  dell'AdriHtico  e 
del  Mediterraneo,  ho  accennato  come  Milano  dovendo  con- 
siderarsi qual  punto  di  centrale  attrazione  del  commercio 
dell'alta  Italia,  la  linea  preferibile  per  le  transazioni  eu- 
ropee sarebbe  quella  che  varcasse  l'alpi  alla  Spluga;  ho 
posto  in  evidenza  la  impossibilità  dì  rendere  praiicabiie  alle 
locomotive  non  solo  quel  passo,  ma  gli  altri  tutti  che  di- 
rettamente comunicanp  col  dominio  del  Reno  e  conseguen- 
temente il  bisogno  di  tentare  altre  vie,  sboccassero  pure 
nelle  vallate  laterali  del  Rodano  o  dell' Ino;,  ho  detto  che 
il  traforo  del  Moncenisio,  ove  pure  avesse  il  desiderato  ef- 
fetto, non  sarebbe  tale  da  soddisfare  a  qtieslo  bisogno ,  ^d 
ho  concluso  che  e^so  non  poteva  meglio  appagarsi  che  colla 
ferrovia  del  Brennero  di  cui  ho  cercato  di  dare  un'  idea  del 
progetto  che  servi  di  punto  di  partenza  a  trattative  che 
ormai  lo  reodono  di  prossima  esecuzione. 

Ha  la  ferrovia  del  Brennero  sboccherà  ad  Innsbruck,  di 
fronte  a  cui  si  erge  inaccessibile   la   catena  prealpina  che 


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454 

separa  il  Tiralo  totksoo  dalla  Baviera.  Vero  è  bene  clie  da 
LiDsbruck  a  Monaco  già  edi$te  una  linea  Terrala  la  quale 
seguendo  1*  Inn  fino  a  Rosenlieim,  sorte  dalle  prealpi  tirolesi, 
e  sviluppandosi  nell*  altipiano  bavarese  per  HoUkirk,  giunge 
a  Monaco^  che  verrebbe  cosi  legata^ con  Vene74a  mediante 
un  tramite  di  circa  580  chilometri  comodamente  percorri- 
bili in  diciotio  ore  di  tempo.  Ma  in  questi  limiti  non  può 
essere  trattenuto  il  genio  industriale  europeo,  dacché  un' al- 
tro varco,  quantunque  più  difficile,  potrà  condurre  la  loco- 
motiva da  Innsbruck  a  Gampidonia  (Kempten)  per  Imst  e 
Reutte,  sforando  la  cresta  del  monte  presso  il  Lermoos;  a 
Gampidonia,  che  sta  a  mexto  della  ferrovia  che  congiunge 
Augusta  a  Lindau  sul  lago  di  Gostanza,  i  punti  principali 
dove  si  esercita  il  commercio  mediterraneo  d' Europa. 

Grande  è  1*  avvenire  riserbato  a  questa  linea  cosi  com- 
pletata, ove  si  consideri  il  suo  raggio  d'azione  di  là  e  di 
qua  delle  alpi.  Esso  penetrando  nel  cuor  della  Germania, 
formerà  il  passaggio  preferito  alle  merci  che  dall'  Oriente 
si  verseranno  all'industria  ed  alla  consumazione  di  una  por- 
zione notabilissima  del  nostro  continente,  al  Tirolo,  alla  Sviz- 
zera^ alla  Baviera,  all'  Alsazia,  alle  provincie  Renane  da  una 
parto,  e  servirà  dall'altra  parte  al  reciproco  movimento. delle 
manifatture  e  dei  prodotti  naturali  degli  accennati  paesi  e 
della  Italia  settentrionale  e  centrale.  Essa  porterà  colle  sue 
vaporiere  la  più  parte  de!  viaggiatori  che  dalla  Germania 
occidentale,  dalla  Francia,  dalP  Inghilterra,  infine  dal  nord- 
evest  dell'Europa  si  recano  in  Italia,  nei  paesi  levantini, 
e  nelle  regioni  più  ricche  e  popolose  dell'Asia  e  viceversa. 
Essa  senza  nuocere  al  commercio  di  Trieste,  la  cui  influenza 
i»on  può  spingersi  negli  accennati  paesi  ed  a  cui  è  riservato 
il  mercato  dell'Austria,  dell'  Ungheria,  della  Polonia  e  della 
Croazia,  sarà  per  dar  vita  e  vita  vigorosa  ai  porti  di  Venezia, 
di  Livorno,  di  Genova^  di  Ancona,  dacché  a  calcoli  fatti 
quei  porti  potranno  giungere  ad  Innsbruck  con  una  per- 
correnza di  ferrovia  non  interrotta,  ordinatamente  il  primo 


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165 
per  Verona  di  ehiL  400,  il  seeondo  per  Bologna  e  Verona 
di  chiK  690,  il  terzo  per  Milano  di  chih  604 ,  e  1*  ùllimo 
per  Padova  e  Verona  di  ehil.  644. 

E  Milano  fatto  deposito  dei  prodotti  del  suolo  e  deir  in- 
dustria della  valle  superiore  del  Po,  e  sealo  sussidiario  al 
porto  di  Genova  sarà  messo  a  soli  ehil.  450  dallo  stesso 
punto  d'Innsbruck. 

Terminerò  eon  un  voto  che  la  nuova  potente  società 
delle  strade  austriache  meridionali,  lombardo-venete  e  del- 
riialia  centrale,  a  cui  questa  linea  sarà  per  recare  incalco- 
labili  ed  immediati  vantaggi,  rendendo  fruttiferi  i  due  tronchi 
tirolesi  e  moltiplicando  il  movimento  sulle  linee  italiane,  non 
aspetti  il  termine  legale  del  1868  concessole  per  la  costru- 
xione  di  questo  tronco,  ma  vi  dia  immediatamente  mano 
neir  interesse  proprio  e  del  commercio  Europeo. 


liiiOTi  0€adj  mmWÈm  eendlslMie  dei 
In  FrimelA* 


Li  illustre  scrittore  francese  Legoyt  si  accinse  non  ha  guari 
ad  un  improbo  lavoro  diretto  allo  scopo  di  studiare  stati- 
sticamente lo  stato  comparativo  delle  varie  nazioni  d'Europa 
rapporto  alle  malattie  delFintelligenza.  Egli  mira  allo  scopo 
iroportantisshno  di  risolvere  il  problema  ora  agitatissimo,  se 
sia  0  no  vero  che  i  progressi  della  coltura  in  Europa  ab* 
biano  contribuito  a  far  crescere  il  numero  dei  pazzi.  Noi 
ora  riproduciamo  una  parte  del  lavoro  di  Legoyt  che  rio 
guarda  la  Francia ,  e  ci  *  riserviamo  di  esporre  su  questo 
proposito  il  risultato  degli  studii  istituiti  anche  dagli  aeriti 
tori  italiani. 

La  prima  volta  che  in  Francia  si  è  stabilito  il  DMiero 
dei  pazzi  curati  nei  manicomii  fu  nel  1885.  Dappoi  questo 


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456 

numero  si  è  cosiaìilemenl'?  accre^cimo^  meno  pferè  nel  1850^ 
in  seguito  alle  stragi  clic  nel  4849  fece  in  questi  stabile 
menti  il  cholera.  Cosi  di  10,539  ch'erano  al  primo  gennajo 
4835 9  al  31  dicembre  4853  ascendevano  tosto  a  24,524; 
quindi  in  49  anni  vi  ebbe  un  accrescimeoto  di  43^995  o 
di  circa  444  per  400.  Questo  movimento  progressivo,  di 
cui  renderemo  più  innanzi  ragione,  tende  ora  a  rallenlarsi. 
Noi  specialmente  vediamo  che  di  685  per  400  per  termine 
medio,  dal  4839  al  4844,  esso  è  disceso  a  489  nel  4844-49 
ed  a  424  dal  4849  al  4854.  Se  questo  abbassamento  fosse 
continuato,  si  potrebbe  prevedere  il  momento  in  oui  la  po« 
polazione  degli  stabilimenti  pei  pazzi  diverrebbe  stazionaria^ 
Allorché  si  studia  il  rapporto  dei  sessi  nel  movimento  aq* 
nuo  deiralienazione  mentale,  si  nota  che  le  donne  vi  figu-» 
rano  in  numero  maggiore  che  gli  uomini,  ed  a  primo  aspetto 
questo  documento  pare  che  confermi  il  fatto  avveratosi  nel-* 
renumerazione  avvenuta  nel  4856.  Infatti  la  media  annua 
calcolata  sul  periodo  di  tempo  che  corre  tra  il  4842  e  il 
4854,  è  di  10>447  donne  per  9.344  uomini,  quindi  per  400 
pazzi,  52,23  donne  e  47  J7  uomini.  Tuttavia  si  vuol  ricer- 
care il  rapporto  sessuale,  non  più  nella  popolazione  totale 
degli  stabilimenti,  ma  nelle  annue  ammissioni,  il  risultato 
che  si  osserva  è  il  contrario.  La  spiegazione  di  questa  con- 
traddizione è  la.  seguente  :  se  nei  ricoveri  le  donne  predo- 
minano è  perchè  da  una  parie  il  soggiorno  degli  uomini  è 
tmolto  più  breve  che  dall'altra,  le  morti  negli  Uomini  sono 
più  numerose  che  nelle  donne*  Eccone  la  prova:  dal  4843 
al  4863  si  ricevettero  nei  ricoveri,  tanto  pubblici  che  pri- 
vali, 94,469  pazzi,  de'  quali  60,494  uomini  e  solamente 
45,632  donne.  Il  nuqiero  totale  di  quelli  che  ne  escironp 
e  dei  morti  è  stato ,  nello  stesso  periodo ,  di  84,970,  dei 
quali  39,828  donne  e  45,632  uomini.  Sopra  4000  ricevuti, 
in  media,  533  furono  uomini  e  467  donne;  sopra  4000 
usciti,  prima  o  dopo  la  guarigione,  535  uomini  e  465  donne; 
inflne,  sopra  4000  moni,  544  uomini  e  459  donne.  Aduo- 


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iò7 

qae  ordinariamente  in  un  ricovero  si  debbono  trovare  più 
donne  che  uomini^  la  qual  cosa  spiega  la  loro  siiperioritli 
numerica,  giusta  la  numerazione  del  4856,  superiorità  che 
non  si  è  avverata  per  altro  ehe  in  38  dipariimenii  sopra 
83,  e  preeisamentc  in  quelli  che  hanno  i  più  considerevoli 
stabilimenti  pubblici,  come  a  Parigi  in  ispecial  modo  dove 
si  trovano  2i02  pazze,  per  1514  pazzi,  differenza  deter- 
minata dall'esistenza  del  grande  stabilimento  della  Salpé^ 
trièrey  specialmente  consacrato  alle  donne. 

Noi  vedemmo  che  il  numero  dei  ricevuti  dal  4835  al 
4854  si  è  quasi  triplicato.  Quali  possono  essere  le  cause  dì 
questo  enorme  aumento?  L'alienazione  mentale  farebbe 
realmente  un  numero  crescente  di  vittime?  Bisogna  cre- 
dere ,  come  l'affermano  distinti  psichiatri ,  che  questa  cru- 
dele affezione  segue  lo  sviluppo  medesimo  della  civiltà; 
ch'essa  cresce  colla  diffusione  ddl'istruzione;  ch'essa  coin- 
cide cogli  ardori  dell'attività  industriale  e  commerciale,  col 
movimento  della  ricchezza  pubblica,  con  quell'ardente  par- 
tecipazione per  la  fortuna,  la  fama,  il  potere,  gli  onori  che 
caratterizzano  le  generazioni  moderne?  Bisogna  consentire 
all'opinione  di  coloro  che,  ai  nostri  giorni ,  vorrebbero  at- 
tribuire alla  pazzia  una  specie  di  carattere  epidemico ,  e 
spiegare  cosi  i  disordini  si  frequenti  che  si  compiono  nel 
dominio  delle  idee  morali?  Il  che  noi  potremmo  decidere 
soltanto  quando  il  numero  delle  osservazioni  sarà  bastan- 
temente cresciuto  per  permettere  delle  induzioni  probubili, 
e  specialmente  allorché  una  serie  di  enumerazioni  purtico- 
lari  avrà  definitivamente  confermato  od  annullato  la  dottrina 
dell'aumento  rapido.  Ma  di  già  i  fatti  studiati  con  attenzione 
ci  permettono  di  concludere  negativamente,  almeno  in  una 
certa  misura.  Noi  dicemmo  infatti  che  la  proporzione  d'au- 
mento dei  ricoverali  diminuisce  graduatamente.  Ora  se  la 
pazzia  seguisse  esattamente  il  progresso  dell'  incivilimento 
(noi  intendiamo  questa  parola  nel  sen^o  della  conquista 
progressiva  del   benessere   per  le  masòe),  una  simile  dimi- 


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158 

nuiione  sarebbe  uo  non  senso,  a  meno  che  non  si  volesse 
negare  questo  progresso.  Non  bisogna  perdere  di  vista  però 
che  se  l'inctviliroenio  moderno  si  presta  a  critiche  più  o 
meno  fondate  particolarmente  in  ciò  che  concerne  il  pre- 
dominio degr  interessi  materiali  sopra  gì' interessi  morali , 
esso  ha  pure,  dal  punto  di  vista  che  ci  occupa,  salutari  ef- 
fettÌ4  Non  si  può  negare,  per  esempio ,  che  alzando  per 
gradi  il  livello  dell'agiatezza  generalo,  esso  neutraliua  le 
conseguenze  tanto  funeste  della  miseria  per  la  salute  pub- 
blica. Ueglio  nutrito,  meglio  vestito,  meglio  alloggiato,  Ta- 
bitante  delle  nostre  città  e  delle  nostre  campagne  lotu 
più  efficacemente  contro  le  deleterie  inOuenze  che  lo  cir- 
condano. 

Il  movimento  crescente  dei  ricoverati  può  però  spie- 
garsi con  considerazioni  aflEatto  straniere  all'aggravamento 
delle  cause  psicologiche  che,  nell'organizzazione  attuale  della 
nostra  società,  determinano  la  pazzia.  E  dapprima  la  crea- 
zione sopra  diversi  punti  del  territorio,  in  esecuzione  della 
legge  del  4838,  di  nuovi  stabilimenti  e  in  seguito  di  nuovi 
mezzi  di  ricovero.  Sono  i  nuovi  miglioramenti  introdotti  nel 
rejjime  interno  di  questi  stabilimenti;  l'aver  sostituito  la 
cura  morale  alle  pratiche  violente  e  barbare  che  altre  volte 
affliggevano  si  giustamente  le  famiglie  e  le  dissuadevano  dal- 
l'in viare  i  loro  malati  ai  ricoveri;  l'indebolimento  graduato 
del  pregiudizio,  altre  volte  quasi  generale,  deirincurabilità 
della  pazzia;  la  modica  cifra  della  pensione  in  un  gran  nu- 
mero di  stabilimenti,  rispetto  alle  spese,  alle  difficoltà  d'o- 
gni natura  che  producevano  la  custodia  ed  il  mantenimento 
a  domicilio  di  un  pazzo;  la  convinzione  progressiva,  ben- 
ché ancora  lentissima,  che  il  pazzie  non  ptiò  guarire  che  a 
condizione  di  lasciare  i  luoghi  dove  la  sua  pazzia  ha  preso 
principio;  la  facilità  dei  mezzi  di  comunicazione  che  per- 
mettono di  trasportare  e  di  visitare  facilmente  l'ammalato  a 
grandi  distanze  ;  inQne,  e  specialmente,  il  ricovero  gratuito 
per  i  pazzi  indigenti ,  e  l'obbligo  fatto  alle  autorità  locali 


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i59 
di  provocare  d'ufficio,  se  ib  d*iiopo,  queMo  ricoveramenlo. 
Bisogna  egualmente  tener  eonto,  specialmente  In  (|uesti  ultimi 
anni,  degli  abusi  che  si  sono  introdotti  nelle  ammissioni,  in 
seguilo  alla  tendenza  delle  autorità  municipali  e  delle  fa- 
miglie d'imporre  ai  dipartimenti,  sotto  pretesto  d'alienazione 
mentale,  il  peso  d'un  gran  numero  d'indigenti.  Questi  abusi 
sono  continuamente  segnalati  nei  rapporti,  sia  dei  prefetti  ai 
coosigli  generali,  sia  delle  commissioni  di  queste  assemblee. 

Molti  fisiologi  e  psicologi  hanno  ammesso  l'esistenza  di 
no  rapporto  d'analogia  tra  il  grado  della  pazzia  e  del  sui- 
cidio. Se  questo  rapporto  fosse  vero,  se  la  pazzia  e  il  sui- 
cìdio procedessero  dalla  stessa  causa,  in  altri  termini,  se 
l'ano  e  l'altra  non  fossero  che  manifestazioni  diverse  della 
Slessa  .pazzia ,  il  progresso  dell'  uno  ci  sarebbe  misura  del 
progresso  dell'altra.  Ora  se  si  dividono  in  due  periodi  eguali 
i  quattordici  anni  passati  dal  4842  al  4855,  si  verifica  che 
la  media  annua  dei  suicidi,  che  eradi  8442  nel  primo,  s'è 
elevato  h  3625  nel  secondo;  è  quindi  un  aumento  di  45,4 
per  400.  Il  quale  però  è  stato  più  considerevole  per  le 
donne,  fra  le  quali  i  suicidii  si  sono  elevati  da  un  periodo 
all'altro  da  767  a  903,  quindi  di  47,7  per  400,  mentre  che 
per  gli  uomini  non  ha  raggiunto  che  r8,5  per  400.  La  po- 
polazione generale  non  essendosi  aumentata  nello  stesso  in- 
tervallo eììe  di  5,5  per  400,  la  tendenza  al  suicidio  ha  se- 
guito una  progressione  tre  volte  più  rapida.  È  stato  lo  stesso 
della  pazzia?  Non  osiamo  crederlo. 

Sapra  9084  pazzi  che  furono  ricevuti  nei  ricoveri,  nel 
4853  (l'anno  il  più  recente  di  cui  i  documenti  ufficiali 
facciano  conoscere  la  statìstica),  2609  (28,73  per  400)  eb- 
bero luogo  spont«inenmente  dietro  la  domanda  delle  fami- 
glie, e  6472  (74,27  per  100)  per  le  cure  dell'autorità.  Ve- 
desi  quindi  che  la  ripugnanza  dei  parenti  a  separarsi  dai 
loro  amnnniati  è  ancora  grandissima ,  e  che ,  sotto  questo 
rapporta^  i  pregiudis^j  ed  imprudenti  affezioni  compromet- 
tono ancora  la  salute  d'un  gran  numero  di  ammalati. 


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160 

La  maggior  parte  dei  psiehiairi,  nel  veder  predomioare 
i  eelibi  tra  i  pazzi  curati  nei  ricoveri,  ne  haano  codcIuso 
che  il  celibato  crea  una  disposizione  alla  pazzia.  Egli  é  cer- 
to che  nei  nostri  stabilimenti,  il  rapporto  dei  non  maritati 
ed  i  maritati  è  notevolmente  superiore  allo  stesso  rapporto 
nella  popolazione  generale.  Bisogna  ammettere,  in  fatti,  che 
la  solitudine  nella  quale  vive  generalmente  il  celibe,  la 
mancanza  delle  cure,  delle  affezioni,  delle  gioje,  delle  con- 
solazioni della  famiglia  lo  lasciano  disarmalo  contro  le  pro- 
ve della  vita?  Ovvero  precisamente  questa  condizione  di 
solitudine,  di  isolamento  del  celibe  non  sarebbe  per  lui  la 
cura  in  un  ricovero  una  specie  di  necessiià,  mentre  che  la 
famiglia  non  si  separa  che  colla  più  viva  ripugnanza  d'ao 
padre  o  d*un  figlio,  e  lo  custodisce,  a  torto  senza  dubbio, 
fino  al  momento  in  cui  la  graviti  della  malattia  l'obbliga 
a  separarsene?  Non  si  potrà  formare  una  opinione  precisa 
sopra  di  ciò,  se  non  quando  si  conoscerà  la  distribuzione 
per  istato  civile  dei  pazzi  a  domicilio. 

Se  fosse  possibile  di  considerare  l'età  dei  pazzi  ai  mo- 
mento della  loro  ammissione  ed  al  principio  della  loro  ma- 
lattia, risulterebbe,  dai  fatti  raccolti  nel  1863,  che  la  paz- 
zia non  si  manifesta  che  dopo  la  pubertà.  Il  piccolo  nu- 
mero  di  pazzi  a  veni*  anni  compiti  che  noi  abbiamo  dato 
giusta  i  quadri  dei  ricoverali,  conteneva  di  già  un  indizio 
assai  significante  sopra  questo  punto.  Inoltre  si  può  ammet- 
tere come  certo  ciressa  comunichi  di  parallelo  col  progres- 
so della  ragione.  È  in  questo  modo  che,  almeno  in  Fran- 
cia, essa  raggiunse  il  suo  apogeo  verso  Tela  di  quaranta 
anni,  che  è  pure  l'apogeo  dello  sviluppo  intellettuale.  A 
partire  da  quest'età,  il  danno  d'essere  affetto  da  alienazione 
va  gradatamente  diminuendo  fino  all'età  avanzata,  dove  ooo 
s'osserva  più  che  quella  decrepitezza  dell'intelligenza  cono- 
sciuta sotto  il  nome  di  demenza  senile.  La  pazzia  pareva 
manifestarsi  più  tardi  nelle  donne  che  negli  uomini;  ma  da 
cinquanta  a  sessaot'anni  la  donna  ne  è  affetta  più  frequen- 


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161 
temente,  la  qual  cosa  aY?alorerebbe  l'opinione  general- 
mente sparsa  ebe  V  età  eritica  predispone  le  donne  alla 
pazxia. 

Non  solo  Tereditàèla  prima  delle  eause  predisponenti,, 
ma  essa  occupa  pure  un  rango  considerevole  nell*  insieme 
delle  cause  d' ogni  natura.  Sopra  8883  patzi ,  o  la  settima 
parte  circa  di  ammalati  curati  nel  4868,  si  trovò  una  pre- 
dispoiixione  speciale  cagionata  dall'eredità.  Gli  uomini  figu- 
rano in  questo  numero  per  4410  e  le  donne  per  4473.  È 
quindi  una  proponuone  di  488  sopra  400  ammalati  del 
sesso  maschile,  e  di  464  sopra  4000  ammalati  del  sesso 
femminile.  La  predisposizione  ereditaria  sarebbe  adunque  un 
pò  più  frequente  nella  donna  che  nell'uomo.  Quando  si 
pensa  alla  somma  difficoltà  di  conoscere  esattamente  se  i 
pareali  dei  pazzi  sono  o  no  stati  affetti  da  pazzia  è  per- 
messo di  pensare  che  i  risultati  avveratisi  per  la  prima 
volta  nel  4868  siano  notevolmente  al  di  sotto  della  verità. 
I  psichiatri  sono  lontani,  per  altro,  dall' accordarsi  sull'in- 
tensità dell'influenza  ereditaria.  Parchappe  valuta  a  46,  Gui- 
slain  a  S6,  Webster  a  83,  Thurnam  a  84,  Esquirol  a  46, 
Jessea  a  66,  Holst  a  69  per  100  il  numero  dei  casi  di  paz- 
zia Ae  sono  dovuti  all'influenza  ereditaria.  Recentemente  i 
sigg.  Baillarger  ed  il  dott.  Browne  pensarono  che  la  predi- 
sposiziooe  è  il  più  sovente  trasmessa  dalla  origine  materna 
che  non  dalla  paterna. 

Numerose  ricerche  in  Francia  e  allo  straniero  permet- 
tono d'affermare  che  la  pazzia  ò  in  ispecial  modo  favo- 
rita dai  matrimonii  tra  parenti.  È  cosi  che  i  figli  di  cugi- 
Di-germani  hanno  una  significante  tendenza  all'  imbecillità 
ed  all'idiotismo.  Allorché,  durante  tutta  una  serie  di  gene- 
razioni, i  membri  dì  una  famiglia  si  sono  costantemente 
maritati  tra  di  loro,  i  figli  nati  da  queste  unioni  sono  il 
più  sovente  deboli,  rachitici,  scrofolosi  ed  inclinati  alle  affé* 
xioni  mentali.  È  *lo  stesso  dei  figli  nati  da  genitori  vecchi 

Atmàu,  StatMica,  voi.  Xll,  urie  3.«  Il 


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I6S 

0  soliti  ad  ubbriaicarsi.  Nello  stesso  modo  si  è^autoriniti 
a  pensare  che  tutti  ^li  abusi  che  hanno  per  iscopo  d'inde* 
bolire  il  sistema  nervoso  nel  padre  p  nella  madre,  favori- 
scono nei  figli  le  malattìe  deirimelligenza.  L*infliiensa  ere- 
ditaria è  tale,  che  sovente  la  pazzia  si  manifesta  alla  stessa 
Olà  e  collo  stesso  carattere  per  più  generazioni  successive. 
Cosi,  se  il  padre  è  stato  affetto  da  manta,  è  probabaissimo 
che  il  figlio,  il  nipote  ed  II  figlio  del  niptite  pagheranoo, 
sotto  la  stessa  forma,  il  loro  triboto  alla  pazzia.  Se  la  ma- 
dre è  stata  curata  per  una  nntnia  puerperale ,  la  figlia  ne 
risentirà  i  sintomi  nelle  stesse  circostanze,  e  Vha  nulla  di 
più  rimarebevole,  dice  Falret,  che  la  trasmissione  certa  deHa 
mania  dai  genitori  ai  figli  ».  Que^  psichiatro  ebbe  coca* 
sione  di  constatare  questa  trasmissione  in  quattro  genera- 
zioni della  stessa  famiglia. 

Si  comprende  che»  io  un  interesse  egoista  dei  più  ri* 
provevoli ,  ì  parenti  diisimulano  colla  più  gran  cura  i  cari 
d'alienazione  di  cui  esai  baono  potuto  essere  affetti;  ma  si 
vede  nello  stesso  tempo  quanto  importerebbe  il  ricercare, 
prima  di  contrarre  un  o)airin)oniQ  che  può  perpetuare  la 
trasmissione  della  più  treii^enda  delle  malattie,  TesisleBia 
neli*  una  o  l'altra  delle  d^e  famiglie  tìhe  stanno  per  unirsi 
della  predisposizionfd  necessaria. 

Si  sa  che  è  sommamente  difficile  il  conoscere  la  vera 
causa  di  ciascun  caso  d'alienazione  mentale;  h  malattia, 
meno  i  casi  rari  di  scpppio  subitaneo,  risalendo  sovente  ad 
epoche  lontane  ed  essendosi  prodotte  graduatamente  sotto 
r  influenza  di  circostanze  rimaste  inavvedute  o  dimentica* 
te.  I  dati  raccolti  dalb  statistica,  sopra  questo  argomento, 
non  debbono  adunque  estere  ammessi  die  colla  maggior 
riserva.  Alcuni  psichiatri  dividono  le  cause  della  ^pazzia  io 
tre  categorie:  1.^  le  cause  predisponenti;  SL^  le  cause  fisi- 
che; 3.^  le  cause  morali.  La  statistica  officiale,  in  Francia,  ha 
creduto  dover  adottare  questa  triplice  distinzione,  e  ne  ha  . 
fatta  per  la  prima  volta  l'applicazione,  nel  1843,  a  49,988 


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163 
casi  di  follia,  ftiducendo  qtiesio  numero  à  IQOO  onde  ISict* 
litare  il  calcolo,  si  constatò  che  444  sembravnno  poter  es- 
sere attribuiti  a  lòdube  ^k'edfspohehti ,  490  a  càuse  fisiche 
e  S66  è  Càuse  lA'òritK  Le  èamè  flsichie  adunque  predomi- 
nano nelle  àtféfciòtil  knéntati.  Mìi  boti  bisogha  dinienlteaì*e 
chCf  ptù  eti'd'éhtt  òhe  le  bàttsé  litorali,  esse  sono  più  facili 
a  cbnslatàiti.  CòMé  era  petìàésio  di  prevedérlo,  h  p^ztÌBh 
nella  donni,  si  i^ifo^iscé,  il  pIQ  Ispesso  che  heiràoitiò,  a  Càa- 
se  dell'ordine  inbràlé.  Sopra  9764  casi  d' aliénatione  attH- 
bttiti  a  céuse  fistblils,  3494  (23  per  100)  m  trovò  che  soitb 
stati  la  eohséguèoza  immediata  déir  epilessia  ò  di  coitvùl- 
siohi;  r  Obb^iachéiià  né  ha  (^^odotti  1502  Ò  15  per  400; 
la  privazione  o  te  hiidérià  933  o  9  per  40b.  FÉ*à  le  eaiise 
morali  figura  in  primo  rango  la  perdita  di  fbKuné;  veb« 
gono  iti  seguitò,  pet  dlrdine  defer^ól^nte  d' importatila;  l'e- 
saltazione religiosa,  Taniore  ihganhatò  o  non  corrispostd^  le 
emotioni  violenti  è  siibitaneé,  l'orgoglio,  la  perdita  d'una 
persona  cara,  l'aftabiziddè  scaduta,  lii  gelosia,  eec* 

Nel  4849  1'  amttiinistrazione  ha  fatto  raceoglieré  alctmi 
dati  statistici  stille  diverse  forUe  dell' dlienatiorie  liei  no- 
stri stabilimenti.  Questi  dati  Édhof  èuti  forniti  per  30,468 
individui.  Sopra  questo  numero  di  artitiidlati  Si  riléVarorid 
7354  casi  di  mania,  5384  casi  di  demenza,  4^54  easi  d'im- 
becillitii,  4432  casi  di  monomahia,  4045  eaéi  di  melanconia 
0  lipemania,  939  ea^  d'epilessìa;  497  casi  di  paralisi  par- 
ziale o  generale  (non  compresi  306  casi  di  demenza  para- 
litica che  noi  abbiamo  (^impresi  mei  casi  di  defhenzii)^  478 
casi  di  debòlezta  intellettuale,  43^*4  cétf  d'Idiotismi,  8  di 
cretinismo  é  4384  casi  di  forme  diverge,  che  non  possono 
essere  poste  o  difficiliiiente  nelle  categorie  precedenti.  Quin- 
di, la  mania  e  là  demehca  sono  le  due  forme  le  più  gravi 
della  pazzia  che  dominano,  in  tiOa  graodissima  proporzione, 
nei  nosiH  stabHlttieitti;  il  che  semfbra  oonfermare  quest'opi- 
nioiie  che  i  {rarèmi  non  vi  mandiTio  i  loro  ammalati,  o  che 
rautoriti  non  sectiiestri  i  paui  che   Quando  presso  gli  uni 


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164 

e  gli  altri  la  pazeia  ha  rivotUio  gradualameoie  il  soo  oaral- 

tere  il  più  dannoso. 

La  pazzia  è  più  frequente  la  questa  ebe  in  quell'epoca 
dell'anno?  È  impossibile  l'ottenere  a  questo  riguardo  risul- 
tati veramente  scientifici,  percbè  l'invasione  della  pazzia,  se 
è  alcune  volte  subitanea ,  è  il  più  spesso  lenta ,  e  prece* 
duta  da  sintomi  riconoscibili  solo  dall'ocobio  del  psichiatro. 
Sopra  27,413  oasi  osservati  nel  4853,  si  trovò  che  i  rico- 
verati dell'esute  hanno  sensibilmente  sorpassato  quelli  del- 
l'inverno.  Ne  risulta  quindi  ebe  se  non  è  certo  che  la  sta- 
gione calda  vegga  dichiararsi  il  maggior  numero  di  affezioni 
mentali,  non  puossi  però  dubitare  che,  sotto  l'influenza  del* 
la  temperatura,  le  affezioni  esistenti  non  prendano  un'inten- 
sità significante. 

Lo  studio  del  movimento  dell'alienazione  mentale  nei 
manioomj,  nel  1863>  conferma  questo  fatto  ben  conosciuto  da 
uomini  speciali,  che  i  casi  di  guarigione,  quivi  come  in  ogni 
altra  malattia,  sono  unto  più  grandi  quanto  l'alienato  è  suto 
curato  in  un'epoca  più  vicina  al  principio  del  male.  È  in 
questo  modo  che  sopra  100  guarigioni,  nel  1853,  36  o  più 
del  terzo  si  ottennero  nei  tre  primi  mesi  dell'ammissione; 
S3  o  un  quarto  dopo  una  cura  di  tre  a  sei  mesi;  11  o  il 
decimo  circa  dopo  una  cura  di  sei  a  nove  mesi,  ed  8  do- 
po un  soggiorno  nello  stabilimento  di  nove  a  dodici  mesi. 
È  r  80  per  100  nel  primo  anno ,  e  30  soltanto  negli  anni 
seguenti. 

Sfortunatamente ,  aia  per  un  sentimento  d' affezione  fa- 
tale per  colui  che  ne  ò  l'oggetto,  sia  per  una  colpevole  ne- 
gligenza, alcune  volte  per  un  calcolo  di  sordido  interesse, 
i  parenti  non  si  separano  che  il  più  tardi  possibile  dai  loro 
alienati.  La  storia  dei  nostri  stabilimenti ,  nel  1853 ,  ci  fa 
conoscere  in  fatti  che  quasi  la  metà  di  questi  disgraziati 
non  vi  sono  posti  che  più  di  due  anni  dopo  l' invasione 
della  malattia.  Si  può  essere  sorpreso,  alla  presenza  di  que« 
sto  fatto,  del  numero  considerevole  di  incurabili  di  cui  soQO 
ingombri  questi  stabilimenti? 


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165 
Sì  possono  classificare  id  quest^uttima  categoria  i  2654 
idioti  ed  i  45  cretini  che  vi  si  trovavano  alla  stessa  epoca. 
n  rapporto  sessuale  per  gridioti  era  di  $4,92  uomini,  per 
45,0d  donne;  benché  dato  per  piccoli  tlumeri,  questo  ri* 
saltato  conferma  quello  della  numerazione  del  4856. 

Sono  morti  negli  stabilimenti^  dal  4  d42  al  4863,32,099 
ammalati,  dei  quali  47,890  uomini  e  44,709  donne.  E  una 
media  quindi  per  ogni  anno  di  2675  morti,  cioè  di  4  morto 
sopra  7,27  pazzi  curati;  nello  stesso  periodo  la  mortalitk 
generale  in  Francia  è  stata  di  2  sopra  44  abitanti.  QuelFa 
dei  pazzi  è  dunque  sei  volte  più  considerevole.  Cosi ,  il 
pazzo  è  sottomesso,  in  gran  pane  pel  solo  fatto  della  ma* 
lauia  di  cui  è  affetto,  a  casi  di  mortalilà  in  particolar  modo 
sfavorevoli;  è  ciò  che  confermerà  assai  probabilmente  un 
giorno  la  conoscenza  d^lle  cause  principali  delle  loro  morti, 
càuse  sulle  quali  l'amministrazione  non  ha  fino  ad  ora  rac* 
colto  alcun  dato.  La  mortalità  delle  donne  è  minore  di  quella 
degli  uomini,  nel  rapporto  di  400  a  429.  La  donna,  le  di 
cui  occupazioni  sono  più  sedentarie  che  quelle  dell'uomo, 
s'accomoderebbe  ella  meglio  al  regime  uniforme  degli  sta* 
bilinienti  ?  ovvero  V  alterazione  delle  facoltà ,  in  principio , 
sarebbe  in  essa  meno  profonda?  Solamente  la  conoscenza 
delle  alienazioni  che  le  sono  abituali  potrebbe  schiarirci  so- 
pra quest'argomento,  ma  questo  documento  ci  manca.  Quanto 
a  noi  saremmo  disposti  a  cercare  la  spiegazione  di  questa 
minore  mortalità  nel  fatto  generale*  da  molti  confermatosi, 
d'una  maggiore  durata  della  vita  media^  o  probabile,  a  tutte 
l'età,  nella  donna  che  nell'uomo. 

La  statistica  officiale  ci  fa  conoscere  che,  dal  4842,  mal- 
grado i  miglioramenti  d'ogni  natura  recati  nel  trattamento 
degli  stabilimenti,  la  mortalità  non  si  è  diminuita,  od  al- 
meno questo  progresso  non  è  stato  sensibile.  Epperò  il 
rapporto  medio  di  4  morto  sopra  7,44,  nel  4842-45,  non  è 
disceso  che  ad  4  sopra  7,64  ,  dal  4850  al  4853.  Ma  dap- 
prima   puossi    chiedere  se  un    periodo   di  dodici  anni  sia 


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basunie  per  iceorgersi  d*im  progresso  notevole  nella  sHtia- 
Itone  medica  dei  pazsi.  ^  eerto,  per  noi  ehe  se  i  risultali 
della  eora  ci  fossero  noti  per  una  più  lunga  serie  d'anni,, 
e  cliOi  specialmentCì  tosse  possibile  di  comparare  questi  ri- 
sultati pel  periodo  anteriore  e  posteriore  airadoxione  ne^li 
asili  dei  nuovi  metodi  curativi,  si  constaterebbe  una  dimi- 
nuzione sensibilissima  del  nume^  proponionale  dei  morti. 
Pure,  non  bisogna  dissimularlo,. fino  a  che  i  parenti  non 
saranno  convinti  della  necessith  di  separarsi  dai  loro  am- 
Qialaii  fio  dai  primi  segnali  i>pn  equivoci  della  malattia,  la 
cura  incontrerà  le  stesse  difficoltà  e  mostrerà  la  stessa  im- 
potenza relativa,  fi  cosa  per  altro  consolante  il  pensare  che 
una  dodicesima  parte  circa  dei  pazzi  curati  guarisi^e  ogni 
anno.  Questo  numero  sarebbe  ancora  più  grande  se  molte 
famiglie  non  avessero  il  grave  torto,  o  alcune  volte  non  si 
trovassero  obbligate,  per  essere  neirimpossilità  di  continuare 
il  pagamento  d'una  pensione,  di  ritirare  l  lora  ammalati  ai 
pigimi  sintomi  di  miglioramento.  Fatale  precipitazione,  ordi- 
nariamente seguiu  da  un  gran  numero  di  ricadute!  Infatti 
sopra  i  82,876  pazzi  curati  nel  4853,  si  contarono  4636 
ammalati  ricaduti,  dei  quali  884  uomini  ed  804  donne;  è 
quindi  60  ricadute  del  sesso  maschile  e  48  del  sesso  fem- 
minile sopra  400  pazzi  curati.  Sarchi^  forse  prematuro  il 
dedurne  ehe  le  ricadute  sono,  n^eno  frequenti  nelle  donne 
cl^e  negli  uomini  ;  perocché  questa  conclusione  non  può  es- 
sere dedotta  che  dal  rapporto,  che  noi  non  conosciamo,  delle 
ricadute  di  ciascun  sesso  in  un  njomero  d' individui  che  si 
curarono  in  un  periodo  determinato. 

Epperò  la  mortalità  de'  pazzi  varia  assai  sensibilmente  a 
seconda  della  natura  degli  stabilin^enti.  Cpsl  dal  484^4  al 
486S  si  contò  Mn  morto  sopra  6,46  apamalati  negli  stabili- 
menti ospitalieri^  sopra  7,90.  nei  ricoveri  dei  dìpartimenir, 
e  solamente  sopra  8^40  negli  stabilimepti  privati  o  case  di 
salute.  È  adunque  nei  quartieri  di  pazzi  degli  ospizj  elio 
la  mortalità  s' eleva  alla  cifra  la  più  considerevote.  Egli  è 


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467 
vero  che  questi  sUbilUnmili ,  tuui  situali  nelle  eìuè  e  di 
feodaiiooe  di  già  aniieci,  non  liaimo  preso  <be  una  debole 
parte  ai  progress  di  cui  Tigieoe,  se  non  la  cura  dei  pazzi, 
Al  Soggetto.  Qaantid  lilla  midore  mortaliik  obe  irovnmiio  nei 
rieoveri  privati,  giova  avvertile  ch'essi  non  sono  aperti  ebe 
ai  pazzi  ricchi. o  per  lo  meno  agiati,  e  qufaidi  questa  mi- 
nore mortalità  deve  iMsere  causata  prio^  dalle  care  parti- 
colari che  giustifica  la  cifra  della  pensione  pagata  dalla  fa* 
miglia,  poi  lo  slato  d^aghleisa  nel  quale  ha  vissuto  il  pazzo 
prima  della  sua  malattia»  e  che  ha  dovuto  esercitare  unMn- 
fluensa  favorevole  solla  sua  salute  generale,  per  coos^enza 
mila  eorabiKtà ,  detta  sua  pazzia. 

Sopra  33,876  pazzi  obesi  curarono  nel  4863,  S3,OS4 
cioè  il  70  per  400  eraio  fai  tutto  od  in  parte  a  carico  d<*i 
dipanimenii  e  dei  comuni;  cioè  possono  esaere  considerati 
come  indigenUi  Di  qui  la  grave  quistiooé  di  sspere  se  h 
pazzia. non  sia  più  frequente  nelle  classi  inferiori  che  nelle 
medie  e  superiori  delio  società,  questione  risolta  affermati- 
vameme,  ma  in  seguito  forse  ad  un  esame  insufficiente 
prima  in  Inghilterra,  come  n<^i  lo  vedremo  nella  seconda 
parte  di  questo  studio,  poi  ncgU  altri  paesi  nei  quali  Falie* 
nazione  mentale  è  stata  l'oggetto  di  siudj  coscienziosi.  Se 
questa  soluziooe ,  che  ci  parrebbe  ancora  incontestabile , 
fiMse  esatta,  cosa  bisognerebbe;  pensare  della  doturina  che 
insegna  che  la  follia  cammina  di  pari  passo  collo  sviluppo 
dei  lumi? 

In  Francia,  soltanto  una  dodiceiiima  parte  di  pazzi  è  for« 
niu  dalle  ehissi  che  hanno  un'istruzione  superiore  all'inse- 
gnamento elementare*  Sopra  400  pazzi  che  si  curarono  nel 
4853,  41,64  sapevano  solo  leggere;  49,64  sapevano  leggere 
e  scrivere;  8^  avevano  rioeir ufo  tm'istruzione  più  elevata; 
60,65  non  ne  avevano  rioevtita  alcuna  o  la  loro  istruzione 
non  aveva  potuto  cluarirsi.  Se^  come  v'ha  luogo  a  crederlo, 
il  numero  di  quest'ultimi  non  forma  che  una  debole  parte 
dei  46,463  pazzi  (sopra  3S,876)  l'istruzione  dei  quali,  giù- 


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168 

sta  le  risposte  dei  direttori,  era  odia  o  non  eUara,  la  d^ 
mensa  predominerebbe  specialmente  nelle  classi  meno  istrutte 
della  società.  Poro,  quest'indizio  non  soddisferebbe^^be  ad 
uno  dei  dati  della  quistione,  indicando  la  classe  che  dà  il 
maggior  numero  a««o/tilo  dei  p^zi.  Esso  però  non  fe  cono- 
scere il  numero  di  ammalati  forniti  proporzionatamente, 
cioè  a  popolazione^  eguale,  dalle  classi  istruite  o  nd.  Ecco 
sopra  quest'argomento  alcuni  documenti,  la  di  cui  esaltezza 
non  è  che  approssimativa.  Sopra  S7,680  pazzi ,  la  di  cui 
condizione  si  chiari  nel  186$,  10,666,  cioè  468  per  1000, 
appartenevano  a  professioni  manuali  o  meccaniche  (arti^ 
giani,  operai  agricoli  ed  industriali);  4369,  cioè  168  per 
4000,  erano  domestici  o  giornalieri;  804fr,  cioè  440  per 
4000,  esercitavono  professioni  liberali;  748,  cioè  S8  per 
4000,  erano  militari  o  marinai;  7808,  cioè  S83  per  4000« 
esercitavano  professioni  diverse  o  non  ne  avevano  alcuna. 
Se  si  paragonano  questi  numeri  cogli  abitanti  classificati 
per  professione,  giusta  il  censo  del  4864,  si  trova  che,  ad 
4858,  v'era  nei  nostri  stabilimenti  4  pazzo  sopra  60f  mi- 
litari e  marinai;  sopra  66S  persone  appartenenti  a  profes- 
sioni liberali  (compresi  i  proprietarj  e  capitalisti);  sopra 
644  domestici  e  giornalieri;  sopra  4496  artigiani  ed  ope- 
rai; sopra  SS47  negozianti,  mercanti,  febbricatori,  indu- 
striali. Senza  dubbio,  questi  rapporti  sono  favorevolissimi 
alle  classi  operaje,  ma  importa  il  richiamare  che  nel  4856 
il  terzo  circa  dei  pazzi  esistenti  Jn  Francia  non  era  curato 
negli  stabilimenti,  ed  è  lecito  pensare  che  il  maggior  nu- 
mero di  questi  ultimi  appartiene  alle  classi  agricole,  come- 
che  l'esecuzione  della  legge  del  4888,  dal  punto  di  vista 
della  sequestrazione  d'uflScio,  era  ben  più  severamente  os- 
servata, e  ben  a  ragione ,  nelle  città  che  nelle  campagne. 
Ora,  se  questo  terzo  fosse  riunito  agli  ahri  due  terzi  che 
si  trovavano  negli  stabilimenti,  potrebbe  notevolmente  mo- 
dificare i  rapporti  che  trovammo.  Secondo  la  nostr'opinione, 
la  questione  non  potrebbe  essere  convenevolmente  risolta , 


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469 
se  DOD  altorehè  si  eoDOfcene  enttamente  la  di^nrìbuzìene , 
à  eoa  pene  dietro  il  grado  d*iatniEÌooe  dei  pazzi,  sia  ne- 
gli siabiliaieoii,  sia  fuori;  dalFallra,  dairinsieme della  popo- 
laùone. 

Le  eampagoe  danno  maggior*  nùmero  di  pazzi  agli  sta* 
bilimenti  ehe  le  ciiUi?  Noi  abbiamo  gik  pregiudicata  la  que- 
stione, nel  supporre  ehe  neHe  campagne  la  sequestt^azione 
d*Qflfeìo  dei  pazzi  non  è  seguita  collo  Messo  rigore  delle 
eiuà.  I  Catti  sembrano  confermare  questa  ipotesi.  Sopra  i 
38,876  pozzi  eorati  nel  4808»  43,978  appartencfano  alle 
otta,  eioè  ai  comuni  aventi  più  di  flOOO  abitanti  riuniti,  e 
44,586  ai  eomuni  rurali.  Non  si  potè  conoscere  il  luogo 
d'origine  di  6868.  Gii  abtiMtì  delle  eittk  e  quelli  delle 
ampagne  essendo  come  4  a  8  le  popolazioni  campagnuole, 
ad  intensitk  uguale  dcira!ienazione,  dorrebbero  dare  triplo 
aamero  di  ammalati  delle  città;  ora,  sopra  4900  pazzi  cu-^ 
nti,  473  appartengono  alle  città  e  688  soltanto  alle  cam- 
mpie.  I  pazil  d' orìgine  urbana  seno  quindi  di  molto  più 
namerosi.  Bisogna. quindi  aasòlomménie  coocluderct  eome 
rhsnno  fatto  la  maggior  parte  dei  psicbiatri,  ehe  la  pazzia 
è  tivorita  dairaggruppamenlo  degli  abitanti,  eioè  dalle  con- 
dizioni morali  proprie  delle  città  come  lo  sviluppo  del  lusso, 
gli  ardenti  desidwj ,  le  agitastoni ,  gli  eccessi ,  i  disordini 
d*og&i  natora,  le  miserie  risultanti  dalle  ferie  o  dalle  crisi 
iodostriali?  Lungi  da  noi  il  pensiero  di  disconoscere  tutto 
ciò  ehe  questa  opinione  ha  di  sednoente,  perfino  di  piau- 
nbile;  ma  noi  persistiamo  a  credere  che  il  forte  pre^ 
dominare  dei  pazzi  d'origine  urbana  deve  essere  attribuito 
molto  meno  alia  molteplicità  delle  affezioni  mentali  che  alle 
misure  di  sequestrazione  di  coi  i  malati  vi  sono  più  parti- 
eobrmente  oggetto  da  parte  detrautorìtà. 

Prima  del  4858  gli  aonui  rapporti  dei  direttori  non 
dtttingoevano  le  usoite  giusta  le  lóro  cause;  questa  distìn- 
ziooe,  che  è  stata  fatta  por  la  prima  volta  quest'anno,  rivela 
un  bito  doloroso,  cioè  che,  sopra  400  uscite,  48,48  ebbero 


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470 

luogo  prìma  d^lla  guarifioiie.  Sopra  S771  ptìxtiiì  (  8(»4S  sol- 
laaio  del  totale  degli  aiwit4aii)  si  eontarono  4611  uaromi 
.0  9,SS|  e  19)57  doqoe  o  7,69  aopra  100  amuialati  <fi  etasciio 
86860  ;  è  un  settimo  adunque  di  guarigione  in  più  pei  pani 
ili  86880  maschile.  Questa  'diSerenta,  ehe  eooCnrmaronb  la 
maggior  parte  dei  doeumenti  pubblicati  dagli  altri  paesi; 
deve  attribuirsi  $d  una  maggiore  ktenskà  ddle  oflhsiooi 
meatali  nelle  donne  al  momento  dell' ammissione  negli  sta- 
bilimenti ?  In  seguito  al  carattere  più  dblee,  più  caUno  della 
loro  passia  in  principio,  resterebbero  maggior  tempo  net 
seno  della  (amiglia,  per  non  entrare  negU  suibilimenti  che 
allorché  la  malauia  ha  già  fatto  progressi  inquietanti?  Ov- 
vero i  direttori  avf  eU>ei*o  Immi  speciale  lendeni»,  prima  a 
compendiare,  il  minor  tempo  possibile  le  condiiioni  di  prova 
per  la  convaleseeoaa  degli  Mmini ,  quasi  tulli  soalegM  di 
famiglia;  quindi  a  prolungare  il  aoggiomo  delle  donne  ia 
copsideratione  dello  stato  d'abbaddono  e  di  miseria  al  quale 
qn  gran  nupero  si  troverebbero  esposte  ricuperando  la  loro 
liberth?  Lo  stalo  attuate  dei  Cmiì  non  auioritsa  alouoa  d* 
formazione  sopra  qoen'  argomento.  La  dutaia  media  della 
malattia  pei  guariti  ò  però  stata  quasi  la  siesss  per  aìnbiduè 
i  sessi,  epperò:  9  mm  SS  giorni  per  gli  uomini,  e  9  meri 
18  giorni  per  le  donoe^La  differenia  è  un  pò  più  sensibile 
p^r  le  morti;  vedesi,  in  faui,  ehe  nel  4868  la  durala  delia 
qura  è  slata  di  S  anni  8  giorni  pai  sesso  masdhfle,  e  di  S 
anni  4  mesi  6  giorni,  pel  s««s80femmioilek  L'età  media  delle 
morti  differisce  egualmente  a  seconda  del  sessa  Gli  uomini 
avevano  44.  anni  8.  mesi,  le  donne  48  anni  I  mese:  ora 
Tet^  media  essendo  sfata*  al  momento  dell' ammissionei  per 
quelli  di  89  anni  4  mese,  per  queste  di  44  ami  9  wiesit 
quest'  ultime  sono  vÌ8siii«t  in  media ,  uegU  staUliaiieoti  oo 
flQOO  di  pia  degli  uooiini. 

Tali  ao»io>  fm  i  docuailenli  pubblicali  dell?  aamiiaistrs- 
zjooe  francese,  gli  indisii  che  a  aèi  parvero  chiarire  nel  modo 
il  meoo  dubbio  fenomeni  di  fisiologia  e  di   psicologia  che 


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17t 

KM  relaihri  air  alieaMioM  mtttftte  od  aoalro  paese.  Emi 
bpiaiio  aaeom  iBoke  difBcoltà  sema  soluiioM  definitiva; 
■•  eaai  però  hanno  il  imniafgie  dMndieare  ia  quel  siieura» 
io  qoal  seofla  sono  insvOieienii  t  risoliaii  confermati,  e  oome 
evi  poi80D(^  emere»  completali,  aia  da  oioenraMnit  di  un'al- 
4ia  njÈMUH  aia  4aUa  ooofenMi.  eoi  meato  iìwtk  maggier  mik 
laero  4ì  fatti,  deUe  osaenisaaiDoii  di  già  raeeoke. 

G60GHAPIÀ    E    VIAGGI 


G 


li  icientIaU  che  eseguiaaoiM)  avHa  fregala  lai  Novara  il 
f iag^o  di  cHrcomnavigmone  mondiale  inviarono  in  Europo 
aieane  noUaie  a«tla  vjaiia  da  eaai  bua  a  Macao  verso  le  eoi- 
ste  della  China.  Noi  crediamo  che  rioscirà  caro  ai  nostri 
iMtort  la  riprodnziotto  di  %iell6  noliaie  che  riguardano  paesi 
beo  di,  rado  ilkistrati.  Eoòono  la  relaaione: 

«  lo  quei  giorni ,  ia  ^ui  il  eomi|i<>doro  cogli  tilBaiali 
feee  una  interessante  giù  a  Canton,  i  natnraliÉtì  ne  fecero 
mia  a  Macao.  I  piroscafi  per  qud  luogo  parlotto  da  Hong* 
koog  alle  IS,  e  vi  giungono  per  ordinario  fra  le  4  e  la 
6  pom.  Ei  seno  piccoK,  ma  comodi  piroscafi  ed  anche  il 
Viaggio  non  è  senia  inteffesse.  Si  naviga  da  prima  per 
iitreHi  canali,  fra  ake  isole  di  granito.  Uscendo  dalle  isole 
io  acqua  navigabile  aperta,  il  colore  dell'acqua,  sempre  piA 
torbido  e  tardo,  mostra,  ohe  si  sta  dévanti  aHa  vera  foce 
del  fiome  di  Canton.  Vedonsi  cnArare  ed  uscire  grossi  ne- 
vigli,  ed  andar  so  t  giù  gionebe  e  barche  pesobcreceie»  H 
gran  picco  a  cono  dell* isola  di  Lantao  (alio  3000.  p*),  ed 
io  tEiecia  aUa  terraferma  delh  provincia  di  QuanHong  VtU 


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'47S 

^trà  picco  aeirthiitiitb  tir  GMtl«;  M|«nrciiiib  dall*  alto  al 
dft  soloo  proAmdo ,  formano  un  pittoreafo  fondo  di  sceat 
ntl*  indietro.  Per  quanto  qwei  pieclii/per  la  regolare  ferma 
eooiea,  somiglino  a  tulcani,  tuttavia  molto  verosimilmente 
tiliro  nou  sono  ohe  coni  di  granito  o  di  porfido.  Le  foci 
del  fiume  di  Canton  sono  in  quel  sito  tanto  larghe,  obe 
solo  gradatamente  si  vedono  le  eoste  che  stanno  dirimpet- 
to. La  superficie  dell'acqua  è  tanto  ampia  da  ogni  parte, 
da  poter  credere  di  essere  in  ako  mare. 

>  In  quel  sito,  nel  febbrajo  1857,  sul  piroscafo  la  Queen^ 
che  faceva  viaggio  da  Hongkong  a  Macao ,  e  che  aveva  a 
bordo  un  carico  importante  di  denaro  e  di  oppio,  i  Cinesi, 
che  trovavansi  a  bordo,  mentre  gli  Europei  sedevano  tutti 
a  mensa  nella  cabina,  s' iiapadrooiroiio  dH  Mviglio  ed  as- 
sassinarono i  passaggieri  e  marinai  europei.  Il  capitano  ed 
alcuni  passaggieri ,  per  salvare  la  vita ,  si  gettarono  in  ae- 
qua. Ma  ad  un  solo  ingì^e  riuscì  di  salvarsi.  Egli  è  I'udIco 
testimonio  vivente  di  quell'orribile  fatto.  (I  piroscafo  fa  più 
tardi  distrutto  nel  fiume  di  Canton  e  fu  rinvenuto  abbra* 
ciato. 

»  Prima  che  si  possaino  distintamente  vedere  le  case  di 
Macao,  si  passa  in  mezzo  ai  navigli  che  stanno  nella  radi 
di  quel  luogo.  I  pia  grandi  navigli  deggiono  ancorarsi  dalle 
6  alle  8  leghe  lungi  dalla  città,  e  non  è  a  meravigliarsi  se 
ivi  numerammo  IO  navigli,  mentre  centinaja  ne  stavano 
neireocellente  porto  di  Hongkong.  Il  piccolo  porto  cosi  det- 
to interno,  e  bene  difeso  al  di  là  della  sottile  lingua  di  te^ 
ra  sulla  quale  giace  Macao,  è  accessibile  soltanto  a  piccoli 
navigli  ed  a  giunche  cinesi,  ed  è  anche  pieno  zeppo  di  tali 
navigli. 

>  L' aspetto  di  Macao  non  è  meno  bello  di  quello  di 
Victoria-Town.  Le  case  sono  pittorescamente  a^ruppate  in* 
tomo  ai  numerosi  colli  biella  lingua  di  terra ,  coronali  di 
forti,  e  le  chiese  con  doppii  campanili^  e  la  gran  cupola  del 
Collegio  dei  Gesuiti',  mostrano  eesere  quella  città  cattolieit 


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473 
e,  Qodie  citUi  portoghese,  la  dbtiilguooo  da  Viltoria*  Ci  km- 
mo  sbarcare  alla  parte  orientale  della  liogua  di  terra  di 
Praga  grande,  ove  alla  riva,  esposti  alla  brezza  rinfrescante 
del  mare,  giacciono  in  lunga  fila, l'uno  presso  all'altro  pa* 
lazzi  e  magnifiche  abiCazioni  europee,  mentre  il  piroscafo 
avanzossi  più  addentro  nel  porto  interno. 

»  Il  cokMole  pruasiaiio^  sig.  di  Carlowitz,  c'invitò  nel  più 
amieo  mocto.  Nella  sua  casa  e  lamigUa  trovaipmo  fra  i  tede*; 
schi  il  più  cordiale  accoglimento*  Dobbiamo  al  suo  ajuto 
ed  alle  sue  disposizioni  di  aver  potuto  nel  breve  tempo 
io  cui  potemmo  rimanere  a  Macao  vedere  e  far  cose, 
ehe  io  altre  congiunture  non  avremmo  potuto  vedere  né 
fare.  ' 

>  La  prima  tpèraoMi  <  ooHa  ^  quale  e^  andato  a  Macao ,  * 
quella  di  trovar  ivi  meglio  ebo  a  Hongkong,  da  acquistare 
libri  cinesi  rari ,  andò,  delusa..  Ma  sotto  ogni  altro  aspetto ,  ^ 
Macao  superò  d'assai  la  mia  aspettazione.  La  città  non  mi 
produsse  l' impressione  di  una  grandezza  decaduta.  È  vero  ' 
cli'essa  è  fiorente,  ed  è  quasi  mestamente  tranquilla  in  con* 
fronte  alla  vita  operosa  ddlle  strade  e  del  porto  di  Vitto- 
ria; nelle  ade  parti  cinesi  di  quella  città  scorgeai  operosità . 
rumorosa;  ma  se  la  floridezza  e  la  grandezza  del  commer- 
cio portoghese  sono  per  Macao  cose  perdute,  quella  città  fa 
molli  alTarì.  I  Tedeschi,  gl'Inglesi  e  gli  Americani  fanno  le 
veci  dei  Portoghesi ,  ed  i  ricchi  negozianti  di  Hongkong  e 
Canton  lasciano  d'estate  le  loro  famiglie  a  Macao,  ove  il  cal- 
do, pei  freschi  monsoni  del  sud-ovest,  non  %  mai  molto  op- 
primeoie. 

»  I  nostri  primi  passi  a  Macao  furono  naturalmente  di- 
retti verso  la  grotta  del  Camoens,  nella  quale  lo  sventurato 
poeta  della  Lusiade  sfogò,  nelle  magnifiche  stanze  del  suo 
grande  poema,  il  dolore  del  suo  cuore  ferito  d'amore.  Uu 
ricco  portoghese  ha  cangiato  quel  sito  in  un  grandioso  par- 
co e  giardino,  ed  ha  eretto  al  poeta  un  monumento  nella 
grouo,  formata  naturalmente  da  massi  di  granito,  la  quale 


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174 

mi  rammeniò  tivameote  la  grolla  affatto  Minilo  di  Giam- 
paolo nel  Fkhtelgebirge  pressò  Wliostedel.  Il  buslo  del 
poeia  sia,  nella  suddella  grolla,  su  un  piedestallo,  con  iscri- 
zioni lolle  dalla  Lusiade.  L*  ingresso  n'è  ornalo  da  simboli 
cinesi,  e  sulla  sommile  piana  della  rupe  sta  un  padiglione 
dal  quale  godesi  bellissima  vista  della  ciiik  e  del  porlo  in- 
terno di  Macao.  Il  luiio  sta  nascosto  fhi  alti  ed  ombrosi 
alberi.  Soltamo  in  quelle  opere  grandiose  ed  eteguiie  con 
mollo  gusio,  r  abbandono  e  la  decadenza  mi  fecero  ram- 
mentare Io  splendore  dei  tempi  passali.  Itla  forse  la  miste- 
riosa semioscurità  della  vegetazione  selvaggia,  le  vie  sdruc- 
ciolevoli cieopene  di  mliseo,  e  i  rollami  dei  muri  in  ro- 
vina, sono  cose  che  coniribuiaeono  a  ménieaere  V  eniusia^ 
amo  melanconico  delle  anime  pellegrinanti  al  monumento 
di  quel  poeta. 

>  Riscontro  interessante  a  quel  giardino  all'europea  ed 
a  quel  tempio  del  poeta,  forma  un'opera  cinese  dalla  parte 
del  porlo  loiemoi  ove  fra  pittoreschi  maasi  di  granito,  che 
portan  gigantesche  inscrizioni  cinesi,  e  sotto  gruppi  magni- 
fici di  alberi,  suirascesa  di  un  colle  sono  sparsi  templi  d'i- 
doti  cinesi,  che  uniti  rappresentano  un  parco  di  dei,  al  cui 
ingresso  trovasi  un  gran  tempio  di  Budda^ 

>  Mi  era  stato  tanto  parlato  di  notevoli  pietre  risonan- 
ti, che  trovar  si  Joveano  sulla  grande  isola  di  Maoao,  si- 
tuata dall'altra  parte  del  porto  interno  della  penisola  di  tal 
nome,  che  mi  parve  cosa  interessante  per  la  geografia  farvi 
una  gita,  a  fin  di  chiarire  qual  fosse  veramente  quella  sup- 
posta meraviglia  e  che  cosa  fossero  quei  misteriosi  metalli, 
che  quelle  pietre  doveano  nascondere,  e  nei  quali  rappre- 
sentar dovevano  importantissima  pane  releiirioilài  il  magne- . 


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175 
itfoio,  il  CQOiio  ed  il  hmpo,  mb  luilo  quel  di  più  che  mi 
raeeoounrooa  cinesi  e  non  dnesL 

>  I  signofi  di  C  «  •  M  àéU.  W*  K  .  •  M  niedicò  inglese, 
ed  il  doit  Wong-luD,  èhe  non  avetno  mai  Tedoto  <)aelta 
neravigliai-  ci  aecompagnarooo  n^la  gita.  Un  fraoeeae,  8h 
gnor  F .  «  M  ebbe  b  gentiletie  dt  Ihiei  dà  gtiidki.  Fra  quei 
iignorì  deggio  (arri  eènoieere  da  vieinò  V  amabile  e  colto 
roedieo  docu  Wong4bnf  eome  M  eineae,  che  avendo  siti- 
dbio  la  niedieiiia  ia  Edimburgo^  ed  essendoti  staio  ta«- 
reato,  si  perfesiooò  più  aoeora  nell'Ameriea  seuentrionale, 
ed  ofi,  europeo  di  sentìflBenli  e  di  edueaaiotoé,  ma  dite- 
nolo  di  bel  oMfO  eiMie  h  (ttlta  la  Ma  apparenza  este- 
riore, esercita  eoo  grande  socoesso  quella  scienza  a  Macao 
lira  i  suoi  eonnaaionair,  e  si  uni  a  noi  eome  zelante  amico 
delle  scienze  naturali.  Esempi  simili  sono  aneor  molto  rari 
fra  i  emesi  e  quindi  meritano  dì  esser  notati. 

»  Alcuni  bauelli,  cosi  detti  ianka^  ci  trasportarono  pel 
peno  intemo  air  altra  rfta.  Quei  battelli  sono  piccoli,  i^ic- 
ehè  due  sole  persone  vi  possono  stare,  e  sono  condotti 
eschisivBmente  da  dQe  donne  cìasciino,  che  sono  per  ordi- 
nario ona  vecchia  ed  una  giovane  ed  adulta  rdgazza,  op- 
pure una  ragazza  adulti^  ed  orni  semi-adulta.  Non  so  se 
quelle  ragazze ,  che  hanno  formalmente  piantalo  casa  nei 
loro  battelli,  rappresentino  altrove  qualche  parte.  Ma  credo 
che  ad  esse  posato  bènissimo,  con  qualche  cambiamenco  nel 
testo,  applicarsi  la  nota  bàrearola:  Pasaami  alt  altra  span- 
da^ 0  beltà  gmié0li9fay  ^on  ì]Ucl  che  segue.  Al  di  Ih  del 
porto,  la  via  ci  condusse  in  una  bella  taUc.  Campi  di  riso 
ne  coprono  il  fondo.  Un  fresco  ruscello,  che  scende  dal 
monte  e  che  scorre  per  essa,  è  arginato  e  fa  muovere  molti 


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476 

mulini  cinesi  i  ct^e  coq;.p  iecdi  Uagni  ai  lati  e  con  grappi 
magnifici  di  fiori  e  di  alberi ,  sarebbero  bel  soggetto    per 
un  pittore.  Sui  declivi; ;aiwni  ragaiiif  pastori  cinesi,  con- 
ducono il  bestiame  al  pascolo.  Io  fondo  delia  valle  ci  irò- 
vammo  nel  filo  cereato,  la  supposu  meratiglia  cangiossi 
per  noi  in  un  mare  jgrandioao  4tf  roccia  {ftUmeer)^  for- 
mato da  massi  di  :sywik$  simila  del  tutlo  ai  felimeer  nel- 
l\OdeQwald  dell' A^.  AIciibì  41  i|iiei  massi  giacioDO  Tuoti 
sopra  gli  altrii  e  quindi  quella  pietra»  battendo  su  essa  ed 
martello,  manda  suono/  eome  ogni  altro  masso  di  marmo  o 
di  basalto,  quando  sia  tuoio;  Dopo  avere  a  luogo  abbà- 
sunxa  osservato  quei  massi  d'altfa  parte  poco  inleressanti^ 
coi  quali  i  Cinesi  scolpiscono  figure  di  iigri  e  di  leoni  ohe 
vedonsi  collocate  all'  ingresso  dei  loro  teoipli  a  Macao ,  ce 
ne  ritornammo  pel  pendio  di  un  monte,  dalla  cui  emi- 
nenza godesi  della  bella  vista  del  porta  e  dalla  città  di 
Macao. 

»  Su  quello  e  fogli  al^ri  momj.  del  psese  sono  per 
tutto  sparsi  sepolcri  cinesi.  Evitammo  un  gran  villaggio  ci- 
nese, situato  alla  riva ,  per  non  entrare  in  non  necessarii 
conflitti.  Sebbene  le  mie  aspettaiioni  geologicbe  siano  state 
poco  soddisfatte,  vidi  però  un  pcuo  di  terra  cinese  di  più 
e  rifornai  contento. 

«  Nello  stesso  giorno  il  piroscafo  ci  ricondusse  a  Hong- 
kong.  Dovemmo  approfiture  dei  giorni  rimanenti  per  im- 
ballare le  raccolte,  e  per  acctidire  a  lutti  gli  altri  connes- 
sivi afiari.  Nella  mattina  del  18  luglio,  la  Novara  salpò 
Ffincora  per  Sciangai  »• 


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lOlXEtTlilO  01  flOTIZIE  ^4TISTICHB   ITALfàNE  E  STRÀIIIERB 

E  DELIRE  PIÙ   IMPORTASTI  llfVEaZlORl  E  SGOPEETE 

0 

PKOfiaESSO  DELL'  IlVpiISTftlA 

DELLE    UTILI    GOGIflZlONL 


Fascicolo  di  Febbràjo  4859. 


NOTIZIE    ITALIANE 


11  recito  li^iiibardo- Veneto 
•totlEtleaoieiite  lllvstraio  dalle  Camere 


La  PftovmaA  del  Fbiuli. 
(Vedi  i  fucie^i  dì  nofemlm  e  dfeerabre  I8S8,  M*  24t'2SH). 

XI 

Produzione  serica  e  suo  commercio. 

L  educazióne  dei  bachi  da  seta,  prima  che  Fatrofla  do- 
mioanie  cominciasse  a  diminuirne  il  prodotto,  era  giunta  a 
inolia  floridezza  nella  provincia  del  Friuli. 

U  prodouo  serico  fu  nelPanno  1353  di  libbre  venete 
2,572,263  (4);  nel  4854  fu  di  libbre  3,350,687;  nel  4855 
fu  di  libbre  4^608,874  ;  e  nel  4856  fu  di  U^bre  2,358,438. 


(i)  La  libbra  veneta  corrisponde  a  cbilogrammi  0,447. 
▲rhau.  Statistica,  voL  XXI,  serie  3."  42 


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478 

Il  prezzo  medio  fu  neiranno  1856  di  Ure  aostriaelie  f 
e  86  eentesimi  per  ogni  libbra. 

Nell'anno  1856  si  filarono  nelle  filande  del  Friuli  360,668 
libbre  sottili  venete  (t). 

Se  le  sete  del  Friuli  pel  suo  filo  compatto,  equabilmente 
rotondo,  elastico,  lucente,  hanno  potuto  sostenere  e  sosten- 
gono la  concorrenza  con  quelle  delle  piazze  più  accreditate, 
e  se  airEsposizione  mondiale  di  Parigi  due  dei  quattro  con- 
correnti ebbero  Tenore  del  premio,  ciò  nbn  pertanto  i 
filandieri  più  intelligenti  non  s'illudono  sulla  posizione  di 
questa  serica  industria,  e  bene  comprendono  anzi  la  peces* 
sita  di  recarla  ad  una  maggiore  perfezione  onde  vincere  se 
fia  possibile  la  preponderaiaa  che  hanno  le  sete  francesi 
sulle  italiane. 

Citiamo  un  brano  della  relazione  fatta  dal  signor  Gbi- 
glieri  alla  Camera  di  commercio  di  Milano,  laddove  si 
esprime:  <  Dobbiamo  migliorare  con  ogni  possibile  sforzo 
»  la  produzione  e  lavorazione  indigena,  onde  evitare  che 
;<  le  scie  francesi  acquistino  tale  una  superiorità  da  danneg- 
»  giare  un  ramo  di.  commercio  che  è  per  la  Lombardia 
»  elemento  di  vita  e  di  ricchezza.  » 

Oltre  a  ciò  i  nostri  filandieri  non  temono  soltanla  la  pre- 
ponderanza delle  sete  francesi,  ma  osservano  non  senz'ap- 
prensione che  quelle  dell'Asia,  pella  continuazione  degli 
scarsi  raccolti  in  Europa,  si  aprirono  strada  e  sono  oggidì 
accettate  in  forti  proporzioni  dalle  fabbriche  e  possono, 
quantunque  di  titolo  e  qualità  di  molto  inferiore  alle  no- 
stre ed  atte  soltanto  alla  fabbricazione  di  stoffe  di  genere 
più  scadente,  indurre  col  tempo,  a  svantaggio  delle  ita- 
liane, una  più  lenta  e  minore  ricerca,  e  quindi  un  ribasso 
dei  prezzi. 

In  Francia  vanno  già  preparandosi  a  siffatte  contingenze, 


(I)  La  libbra  sottile  veneta  corrisponde  a  chifogrammi  0,301. 


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479 
e  oca  mancano  economisii  i  quali  sostengono  —  e  Tabbon- 

>  danza  delle  sete  della  China  e  dell'India  nei  mercati  fran- 

>  cesi  non  poter  in  alcun  modo  essere  un  male  —  dare 

>  inTCce  norma  ai  corsi,  e  far  ribassare  i  prezzi  —  solle* 

>  citare  il  consumo  ed  aumentare  il  lavoro  del  sericoltore  e 

>  del  fabbricatore  — *  indi  conchiudono ,  che  tutti  ci  avreb- 

>  bero  il  loro  tornaconto,  e  che  se  un  giorno  la  Gina  venisse 

>  ad  alimentare  in  grandi  proporzioni  le  fabbriche  francesi, 

>  e  se  il  gusto  occidentale  o  piuttosto  il  suo  proprio,  mo- 

>  diGcato  al  contatto  europeo,  le  focesse  accettare  i  prodotti 

>  francesi  in  cambio  della  sua  seta,  immensi  spacci  si  apri- 

>  rebbero  alla  Francia.  » 

Che  che  si  dica  di  là  dei  monti,  i  nostri  filandieri  per* 
leverando  nel  sistema  di  progressivo  miglioramento  fa- 
ranno sempre  il  loro  prò  eoi  produrre  una  seta  che  sia 
reale,  bella,  netta,  e  dì  buon  incannaggio  e  mantenerla  in 
qaeir  opinione  favorevole  che  meritamente  si  è  acquistata 
anche  all'estero* 

E  poiché  le  nostre  sete  sono  gravate  da  un  dazio  di 
esportazione  a  differenza  di  quelle  di  altri  Stati  italiani,  ciò 
die  aumentandone  il  prezzo  impedisce  loro  di  concorrere 
eoo  vantaggio  sugli  esteri  mercati,  la  Camera  non  può  a 
meno  di  associarsi  al  voto  dei  commercianti  di  seta  per  l'a- 
bolizione di  ule  imposta. 

A  chiudere  l'articolo  il  prospetto  che  segue  enimcia  il 
numero  degli  operai  che  s'impiegano  polla  trattura  delle 
Nte,  e  la  mercede  loro  giornaliera  in  adequato. 

Loro  Damerò 

Lavoranti  uomini     .    •    « SOO 

Lavoranti  donne 5500 

Lavoranti  ragttue «    •    •    .    4000 

La  mercede  complessiva  pagata  agli  uomini  in  ragione 
di  lire  austriache  3.  50  al  giorno ,  fu  di         ''L.    S5,000 


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480 

Somma  retro  ausi.  L.      85,000 

La  mercede  complessiva  pagaia  alle  donne 
in  ragione  di  *L.  I.  16  al  giorno  Ai  di  »    44S,760 

La  mercede  complessira  pagata  alle  ragazM 
in  ragione  di  centesimi  7S  al  giorno  fu  di        »    988,750 


Importo  totale  delle  meroi     «L.  76^500 


I  filatoi  e  torcitoi  per  la  seu  sono  5  in  tBtto  il  Friuli 
e  fanno  muovere  50S9  naspi ,  occupando  159  uomini ,  59 
donne  e  69  fanciulle. 

Agli  uomini  si  dà  la  mercede  giornaliera  di  austriache 
lire  4.  60,  alle  donne  si  dà  una  mercede  di  centesimi  75 
ed  alle  ragazze  si  danpo  centesimi  60  al  giorno. 

Esercitano  il  commercio  delle  sete 

a)  i  semplici  filandieri  che  acquistano  i  bozzoli  per 
trarne  la  seta  che  vendono  greggia; 

6)  i  filandieri  filatajeri  che  tratta  e  ridotta  in  trama  la 
seta,  la  vendono  neir interno  e  fuori; 

e)  ì  commercianU  per  proprio  conto  o  per  commissiofle 
che  acquistano  le  sete  greggio  e  lavorate  per  rivendarle  al- 
rintemo  o  airestero. 

II  commercio  della  seta,  ad  eccezione  del  1853  che 
non  sub!  notabili  oscillazioni,  ebbe  negli  ultimi  tre  anni  un 
esito  differente. 

Nel  4854  i  filandieri  perdettero  in  generale  e  per  h 
rendita  scarsa  dei  bozzoli  messi  alla  trattura  e  per  le  grandi 
rimanenze  di  seu  degli  anni  preeedenti. 

Nel  4855,  malgrado  il  prezzo  sostenuto  dei  bozzoli,  ne 
uscirono  i  filaYidieri  con  vantaggio  stante  che  la  seta  greg^ 
già,  sempre  ricercata,  si  mantenne  in  aumento  di  prezzo. 

E  nel  1866,  diminuite  le  rimanenze,  scarso  il  prodotto 
dei  bozzoli,  e  forte  il  presentimento  di  maggiori  guai  nei 
ricolti  successivi' per  la  malattia  dei  bachi,  i  filandieri  ed  i 
commercianti  trassero  dairindtistria  serica  rilevanti  profini. 


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481 
Le  sete  taVofate  ti  émakivano,  pochi  anai  iono,  princi* 
paknente  a  Vienna.  Ma  seemata  in  quelle  fabbriche  la  ri-' 
cerea  del  nostro  pfodotto,  e  d'altronde  alimentate  in  parte 
dalle  sete  asiatiche  e  da  quelle  d^l  Tirolo  e  della  Lombar- 
dia, le  sete  firiulane  che  ora  vi  si  spediscono  rappresentano 
appena  un  quinto  della  produzione  totale.  E  gli  altri  quattro 
quinti  si  mandano  in  Lombardia  ed  in  Francia. 

B  ritornando  al  consumo  delle  sete  del  Friuli  in  Vienna, 
8i  hanno  pel  decennio  I8S9  al  1848  le  seguenti  cifre: 


1889 
4840 
4844 
484S 
4843 
4844 
4846 
4846 
4847 
4848 


Libbre  74,840  (in  hbbr 
480,640 
4S4,4SO 
434,430 
439,840 
438,760 
439,780 
803,430 
339,680 
65,540 


di  Vienna) 


Totale Libbre    4,335,740 

XII. 
Filatura,  tintoria  e  tessitura  di  cototUé 

Una  società  anonima  oggidì  ricostituita  sotto  la  deoo* 
Binazione:  e  Rinnovata  I.  H.  pripUegiata  filatwra  e  tm* 
torta  di  cotone  in  Pordenone  »  diede  viu  a  due  grandi 
stabilimenti  industriali,  l'uno  della  filatura  e  tintoria  nel  vil- 
laggio di  Torre,  l'altro  della  tessitura  meccanica  in  Rorai 
grande. 

Circa  sessanta  macchine  per  la  filatura  mosse  ad  acqua 
con  due  turbini  in  ferro  della  forza  ciascuno  di  cento  ca* 
valli  pongono  in  movimento  N.**  48,493  fusi. 


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4  sa 

Nel  IS55  la  Aiaiara  fu  alimetiuta  di  libbre  metriche 
4,017,658  di  cotone  greggio,  e  nel  4856  dalla  maggiore 
quantità  di  N.^"  4,445,868* 

Il  cotone  Tiene  importato  dal  Levante,  dall' Egitto^- e 
dair America  per  le  vie  di  Venetia  e  di  Trieste. 

Nello  scorso  anno  4856  lo  stabilimento  di  Torre  diede 
il  seguente  prodotto: 

Filati  dal  N.^"    4  al  48  metriche  libbre  702,445 

>      .      46  »  34  »  844,700 

»  96  >  84  >  48,900 

»  86  »  44  »  80,730 

Reffe  in  vari  numeri  »  44,800 


In  tutto  metriche  libbre  4,437,746 

I  filati  e  la  cotonina  tessuta  si  smerciano  prevalentemente 
nel  regno  Lombardo-Veneto  e  nei  ducati  di  Modena  e  Parma. 
Anche  per  quest'industria  la  continuazione  della  Lega  do- 
ganale Austro-Estense-Parmigiana  sarebbe  un  benefizio. 

S'impiegano  per  la  filatura  annualmente  N.*  700  persone 
circa,  alle  quali  viene  corrisposta  la  mercede  media  di  lire 
1.  00  a  lire  4.  i5  al  giorno. 

La  tintoria  che  è  annessa  alla  filatura  produce  ogni  anno 
in  rosso  di  Adrianopoli  e  bleu  libbre  metriche  60,000  circa 
che  si  spediscono  nei  luoghi  già  accennati,  e  s'impiegano 
giornalmente  da  N.^  SO  a  85  individui. 

La  tessitura  meccanica  di  Rorai  con  forza  motrice  d'a- 
cqua lavora  i  filati  che  provengono  dallo  stabilimento  di 
Torre,  e  produce  ogni  anno  da  45  a  46  mila  pezze  di  tele 
greggio  liscie  da  87  a  88  metri  ciasctma;  ha  N.^  400  telai 
semplici  a  macchina,  ed  impiega  giornalmente  N.^  440  per- 
sone colla  mercede  in  adequato  di  aust.  L.  4.  35. 

Ambedue  questi  stabilimenti ,  filatura  e  tessitura ,  retti 
da  circa  un  anno  sotto  la  stessa  ragione  sociale,  e  fusi  ne- 
gl'interessi, si  risentirono,  disgiunti ,  nel  corso  degli  ultimi 


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483 
quallra  anni  e  dalle  agitazioni  politiche  che  muovevano 
dalla  quesUone  d'Oriente,  e  dallo  sbilancio  economico  pro- 
dotto dall'incarimento, delle  sostarne  alimentari.  Nonostante 
esse  sussistono,  e  sostengono  colle  manifatture  dell'impero 
h  eoneorrenuu  Quest'industria  però  acquisterebbe  una  niag« 
giore  solidità  ove  il  dazio  di  favore  di  cui  godono  le  no- 
stre fabbriche  per  l'introduzione  dall'estero  delle  macchine 
e  parti  di  oiacchine  si  convertisse  per  grazia  del  Governo 
imperiale  in  una  totale  esenzione. 

Quanto  poi  al  prezzo  dei  filati  e  delle  tele  non  ò  pos- 
sibile indicarne  una  media  essendo  subordinato  al  eosto 
spesso  variabile  delle  materie  greggio. 

Alure  tessiture  di  cotone  esistono  in  questa  provincia  e 
s^natamente  una  in  Udine  eon  buon  numero  di  telai  a 
mano,  e  si  noverano  pure  altre  tintorie  di  cotoni  in  rosso, 
ma  essendo,  comparativamente  ai  riferiti  due  stabilimenti,  . 
di  minore  importanza ,  la  Camera  fornita  che  sia  dei  ne- 
cessari elementi ,  ne  darà  conto  a  tempo  e  luogo  più  op- 
portuno. 

Xlll. 

Comerie  di  pellami. 

La  concia  e  preparazione  delle  pelli  è  un'industria  per 
la  provincia  del  Friuli  ed  in  particolare  per  la  città  capo- 
luogo di  moh'importanza. 

Esistono  N.^  31  fabbriche  di  concia  pelle  le  quali  ma- 
cerano ogni  anno  dalle  50,000  alle  60,000  pelli,  di  cui  un 
quarto  di  grosse,  cioè  di  bue ,  uno  di  vacca,  ed  il  resto  di 
vitello,  montone,  ecc. 

Le  pelli  grosse  sono  acconciate  in  vallonea,  e  trovano 
smercio  nell'Austria,  Boemia,  Garinzia,  IHirio  e  Tirolo,  men- 
tre tutte  le  altre  in  corteccia  di  rovere  si  vendono  nei  paesi 
suddetti  e  nel  veneto.  Di  nessuna  rilevanza  è  il  numero 
delle  pelli  che  si  preparano  in  alume  ad  uso  di  maseadizzì 
e  soati. 


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184 

I  lavorami  impiegati  nelle  N.^  tO  fabbriche  esisienti 
nella  città  capo  hiogo  ascendono  d*  ordinario  n  N.®  370 ,  e 
ricevono  in  adequalo  la  mercede  giornaliera  di  aust.  L.  4. 50. 
Ad  esse  sono  addetti  anche  N.^  SO  garzoni  ed  attrettanii 
facchini.  Airincontro  le  altre  N.^  11  fabbriche  ubicate  in 
varii  distretti  della  provincia  non  occupano  in  complesso  più 
di  un  centinaio  d'individui  fra  operai,  facchini  e  garzoni. 

Insufficienti  poi  le  petti  degli  animali  che  si  macellano 
nel  Friuli  ai, bisogni  delle  fabbriche,  deggiono  queste  im« 
portarne  di  nazionali  da  Venezia,  e  di  estere  da  Trieste  in 
quantità  piuttosto  considerevole. 

Se  si  eccettui  Tanno  1854,  in  cui  per  rinaciode  gene- 
rale del  commercio  e  per  l'aumento  delle  pelli  greggio,  l'in- 
dustria della  concia  sopportò  delle  perdite,  i  nostri  fabbri- 
catori nel  1855,  e  più  ancora  nella  seconda  metà  del  1856, 
ritrassero  dai  loro  capitali  un  conveniente  interesse,  impe- 
rocché esauriti  tutti  i  depositi  dei  cuoi  per  le  grandi  spe- 
dizioni in  Oriente,  e  mantenutasi  la  ricerca,  le  pelli  confe- 
zionate elcvaronsi  di  prezzo. 

Al  giorno  d'oggi  le  pelli  erude  costano  nei  porti  d'An- 
versa, Marsiglia,  Genova  e  Trieste  il  doppio  di  ciò  che  va- 
levano in  adequato  nell'utiimo  decennio;  e  quest'aumento 
eccessivo  fa  si  che  le  nostre  fabbriche ,  nonostante  1'  alto 
prezzo  delle  pelli  lavorate,, durano  fatica  a  sostenersi,  e 
tendono  al  declinio. 

Oltre  all'incarimento  cagionato  in  questo  articolo  per  la 
scarsezza  di  depositi  nei  paesi  esportatori  dell'America  me- 
ridionale, per  cui  poca  quantità  ne  venne  ritirata,  il  prezzo 
delle  pelli  del  Friuli  sta  in  proporzione  con  quello  degli 
animali,  e  questi  aumentano  sempre  più  di  valore  sia  per- 
chè non  ne  vengono  come  in  altre  epoche  importali  da 
altri  paesi,  sia  perché  gl'indigeni  si  esporuno  dalla  pro- 
vincia in  numero  di  oltre  ventimila  bovi  all'anno  per  es- 
sere macellati  in  Venezia,  Trieste,  nell'Istria  ed  in  altri  mer- 
cati di  consumo. 


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186 
Anche  da  ciò  la  Camera  prende  argomento  per  apprez- 
lare  le  sollecitudini  dell'Associazione  agraria  tendenti  aHo 
scopo  di  aumentare  e  migliorare  la  razza  bovina  col  pro- 
muovere l'ampliazione  dei  prati  naturali  ed  artificiali,  e  le 
irrigazioni. 

XIV. 

Raffineria  dello  zucchero. 

La  ditta  Francesco  Braida  e  comp.  fondatrice  in  Udine 
di  questo  stabilimento  per  la  raffinazione  dello  zucchero 
non  risparmia  né  cure  né  spese  onde  e  nei  processi  di  la- 
vorazione e  nella  perfezione  delle  macchine  tenersi  a  livello 
coi  paesi  che  sono  più  in  progresso  nelF  esercizio  di  tale 
industria  per  poter  sostenere  la  concorrenza. 

In  questa  raffineria  sono  stabilite  due  caldaie  di  eoncen- 
trazioDe,  dette  Yacuum  ;  si  adoperano  forme  di  ferro  anzi^ 
che  di  terra  pei  raffinati  Melis  e  Lumpen  ;  s' imbiancano  i 
pani  di  zucchero,  meno  le  qualità  ordinarie,  senza  fiir  uso 
di  argilla  ;  si  hanno  filtri  grandi  collo  spodio  granito,  e  pic- 
coli collo  spodio  fino;  gli  sciroppi  sono  innalzati  con  pompe 
mosse  da  una  macchina  a  vapore;  si  lavora  con  tre  caldaie 
a  vapore,  della  pressione  di  tre  atmosfere;  ed  infine  una 
macchina  pneumatica  accelera  la  depurazione  e  1*  asciuga* 
mento  dei  pani  di  zucchero. 

Nello  atabilimento  sono  occupate  giornalmente  fra  artieri 
e  operai  N*°  150  persone  e  la  loro  mercede  è  da  .lire  40 
fino  a  lire  430  al  mese. 

I  lavori  della  raffineria  nei  trascorsi  quattro  acini  abbrac* 
ciano  le  seguenti  ^quantità  di  zuccheri  in  farina: 

4853  Zuccheri  greggi  metriche  libica  S,000/)00 

4854  »  »  1,950,000 

4855  »  »,    8,450,000 

4856  >  M  4,940,000 

La  raffineria  è  in  continuo  progresso,  e  per  meglio  co- 


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486 

noflcere  eome  (ale  industria  si  è  mMiteoala  sopra  una  scala 
ascendente,  si  riporiaiio  le  cirre  del  dazio  pagato  alia  regia 
dogana  di  Udine  sulle  brine  introdotte  nel  decennio  4847 
al  4b6fi: 

4847  Importo  del  dazio  austriache  lire  594,977.  49 


4848 
4849 
4850 
4854 
4853 
4853 
4854 
4855 
4856 


516,364.  46 
553,849.83 
484,696.  00 
739,443.50 
799,764.34 
803,346.80 
848,445.45 
865,607.  45 
844,463.00 


I  zuccheri  greggi  si  ritirano  dall' Atana  e  dal  Brasile, 
ed  i  prodotti  ohe  si  ottengono  dalle  farine  ammonuno  or- 
dinariamente al  96  0  97  per  400  tra  i  zuccheri  raffinati  e 
melazzò. 

II  oorobosiibile  che  si  eonsuma  consiste  nella  massima 
parte  in  carbone  fossile  inglese,  in  carbone  indigeno  che  si 
ritira  dalla  Gamia  ed  in  poca  legna  di  faggio. 

Lo  stabilimento  smercia  i  proprii  prodotti  in  tutto  Tim* 
pero  e  la  poca  quantità  di  acquavita  che  si  fabbrica  viene 
venduta  a  Udine  per  la  maggior  parte. 

Riguardo  poi  agli  utili,  gli  anni  4858,  4854  e  4856  die- 
dero un  modico  supporto  del  capitale,  ma  nel  4856  lo  sta- 
bilimento ebbe  a  risentire  una  notabile  perdila,  che  vuoisi 
attribuire  ed  airaumento  dei  prezzi  della  materia  prima,  ed 
alla  maggiore  produzione  dello  zucchero  indigeno,  il  quale 
gravato  essendo,  a  difierenza  dell'esotico ,  di  un  dazio  mi- 
tissioao-può  col  minor  prezzo  predominare  nella  concorrenza. 
Sarebbe  quindi  desiderabile  una  parificazione  del  dazio  de- 
gli zuccheri  indigeno  e  coloniale  per  impedire  la  cessazione 
di  quest'industria. 


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487 
XV. 

Fabbrkhe  éU  carta. 

BsiaCono  in  questa  proTineia  le  segaeoti  N^  7  fabbriche 
di  eaita: 

Nomerò 
Luogo  delle  dei  Fona 

Fabbriche      Tiai  notrice 

Cordenons S  13  Acqua 

Rorai i  8              » 

Passeriano  .;..«.  1  6              » 

Moggio  •••••.«  1  3              9 

Pordenone 4  3              » 

Sacile 4  6 

Totale  N.*    7  84 

Le  fabbriche  della  ditta  Galvani  cioè  quelle  di  Porde- 
none e  Rorai  forniscono  carta  da  disegno,  da  scrivere,  da 
pacchi,  da  stampa,  da  asciugare,  ecc.,  e  le  altre  producono 
le  medesime  qualità  ad  eccezione  della  carta  da  disegno  gik 
accennata.  Però  la  cartiera  esistente  in  Pordenonesi  limita 
a  produrre  soltanto  carta  asciugante  e  da  iovoliura. 

In  nessuno  di  questi  opificii  si  è  ancora  introdotta  la 
&bbrieaaone  della  carta  a  macchina. 

I  prodotti  delle  cartiere  trovano  spaccio  in  provincia  ^ 
ma  la  parte  maggiore  viene  spedita  all'estero  per  le  vie  di 
Trieste  e  di  Venesia. 

La  materia  prima  cioè  gli  stracci  si  raccoglie  principal- 
mente nel  Friuli  e  nelle  contermini  provincie,  ma  da  qual- 
che anno  il  prezzo  di  tali  articoli  si  è  molto  elevalo  in 
causa  delle  spedizioni  che  si  effettuano  per  la  via  di  Trieste 
agli  Stati  Uniti  d*  America  dove  le  fabbriche  di  caria ,  au- 
mentando continuamente,  lavorano  e  consumano  una  massa 
ingente  di  stracci. 


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I8g 

Il  personale  oocupato  oetie  fobbriebe  sta  in  proponione 
del  namero  dei  tini»  eiascuno  dei  quali  richiede  dagli  otto  ai 
dieci  individui  fra  uomini,  donne  e  ragani  compresi  gli 
nomini  preposti  alla  sorveiglianxà  dei  fàUi  e  d^i  ciltndfi.  La 
mercede  quotidiana  degli  operaj  si  aggira  tra  austr.  lire  S.  00, 
e  li  cent.  60. 

Non  tutti  i  Uiii  di  ciascuna  delle  indicate  N.<^  7  fabbriche 
sono  interrotiamenle  attivi  potoidosene  calcolare  in  medio  un 
quinto  d'inoperosi.  ^ 

Perciò  ridotta  l'attività  delle  cartiere  alla  portata  di 
N.^  S4  tini,  e  stabilita  la  produzione  di  ciascuno  a  chilo* 
grammi  ottanta  di  carta  fina  ed  ordinaria  al  giorno,  si  ha 
per  li  presunti  trecento  giorni  lavorativi  in  un  anno  la 
quantità  complessiva  di  oltre  mezzo  milione  di  chilogra:nmi 
di  carta. 

XVf. 

Fabbriche  di  Birra. 

La  persistente  critti^ma  delle  viti  fece  accrescere  il 
numero  delle  fabbriche  di  birra.  Presentemente  il  Friuli  ne 
eonta  N.^  IS  attivate  nei  seguenti  distretti 

Città  di  Udine N.^    S 

Distretto  di  Palma «       »     S 

S.  Vito 

Pordenone 

Gividale 

Moggio 

Godroipo    .    •    •    • 

Geraona 

Tolmezzo  ....••... 

In  tutto  N.^  43 
L' orzo  ed  i  luppoli  sono  le  materie  necessarie  per  for^ 


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48^ 
mare  la  birra.  R  primo  si  proTvede  in  parte  nella  provincia, 
•d  io  parte  a  Trieste  cui  arriva  dall'estero  e  nominatamente 
(fi  Odessa.  1  loppoliV  poiché  grindigenl  sono  di  cattiva  qualità, 
si  acquietano  in  Baviera  e  nella  Boemia  ed  anche  in  Trieste 
dove  vi  hanno  depositi  di  luppoli  d'America. 

Conseguentemente  ai  scarsi  raccolti  ed  alle  straordinarie 
q[iedi&oai  in  Inghilterra,  tanto  Terzo  quanto  i  luppoli  in- 
erirono fortemente  di  preuo  dopo  il  4854  in  guisa  che 
l'orzo  di  Germania  importa  ora  quasi  il  doppio  di  ciò  che 
valeva  quattro  anni  sono,  ed  i  luppoli  che  si  pagavano  fio- 
rini 40  a  60  per  ogni  400  fonti  eostano  0|^di  fiorini  100 
a  440,  e  si  pagarono  per  sino  fiorini  300  e  più. 

Malgrado  l'eccedenza  del  prezzo  della  materia  prima  e 
dell' aumentato  valore  del  combustibile  le  fabbriche  di  birra 
per  la  entità  ragguardevole  dei  consumi  volgono  ad  un  pro- 
gressivo incremento. 

La  produzione  di  un  anno  è  in  termine  medio  di  emeri 
S0,900.  (  Continua  > 


tfelto  tisato  vmwmmwèm. 


(  Continouione  e  fine.  Vedi  il  fascicolo  precedente  ). 

De'  minerali  i  valori  massimi  importati  sono:  il  ferro 
scodi  372,623,  il  piombo  61,833,  le  pietre  per  arti  e  me- 
stieri 65,146,  i  bitumi  per  49,845;  e  le  principali  esporta- 
sieoi:  le  pietre  e  i  materiali  da  fabbrica  per  scudi  458,380, 
gU  zolfi  per  450,029,  ecc.,  oosicehò  il  valore  della  introdu- 
zione supera  fra  tutto  quello  della  esportazione  quanto  scu- 
di 832,M3,89.  Nelle  provinole  va  il  ferro  greggio  dove  sono 
forai  di  fusione,  il  semigrcf^o  nelle  altre.  Temi  e  Tivoli 
lavorarono  molto  negli  anni  procedenti   e  rallentarono  in 


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490 

questo  ;  se  sì  diffondere  la  illumiDazUme  col  gM-lilce  a?ria* 
no  ancor  molto  a  fere.  Questo  modo  di  iHwninare  dove  è 
nei  metodi  migliori  dà  doppia  luce  a  metà  fvtao  di  quel- 
la che  eostava  data  dall' olio.  La  spesa  dei  tubi  ripartita 
sugli  anni  della  loro  durata  diventa  insensibile  al  paese. 
A  quei  lavori  per  Roma,  e  ad  altri  per  le  acque  devesi  il 
maggior  iHinsumo  di  piomUb  ;  né  fo  parola  della  maggiore 
importazione  del  rame  perehò  si  valse  il  Governo  coir  ope- 
ra delle  sue  cecdie.  Nelle  pietre  e  nei  materiali  esportati 
è  principale  la  poszolana  di  che  ora  più  che  mai^  per  la 
facilità  de'  trasporti,  fonno  domanda  i  paesi  esteri;  e  gli 
zolfi  usciti  in  molto  maggior  copia  dell'  anno  1855  devono 
forse  la  loro  fortuna  alla  dottrina  dell'  insolforare  le  viti  per 
redimerle  dalla  crittogama  la  qtiale  come  il  tifo  petecchiale 
negli  umani,  o  il  cbolera,  sarà  allora  sanabile  quando  sarà 
partiu.  Questa  estrazione  fu  tutta  dalle  regioni  dell'Adria- 
tico: 

Zolfo  greggio libbre    44,701,574 

9     raffinato >        4,841,936 

9     fiori 4,6S3 

libbre     46,545,483 
Più  dalle  regioni  merid'ionali  »  410 

libbre      46,545,543 
Dedotto  d' importato  »  9,510 

Resta  esportato  libbre       libbre      46,536,033 
Per  scudi •  479,763,  48 

senza  la  quantità  grande  che  non  ò  indicata  con  cifre  ma 
asserita  usata  alle  viti  dello  Stato.  Questo  anno  4856  superò 
ognuno  de'  precedenti  cominciati  a  crescere  veramente 
col  4854  e  aumentati  regolarmente.  La  media  del  trien- 
nio Ì85S-6  fu  di  libbre  43^45,800  ossiano  quintali  43,545. 
$c,  eom'  è  predicato  dagl'  impresarii,  lo  zolfo  della  ToUa  ò 


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191 
viltDte,. questa  necesailà  che  Tha  (alia  divulgare  gli  acqui* 
slerìi  nome  e  spaccio  abbondarne. 

Perocché  i  minerali  sono  maceria  mortai  e  non  hanno 
▼ita  e  vigore  che  nelle  manifatture,  poco  essendo  da  dire 
di  essi  voltiamo  le  vele  alla  industria  manuale.  Nel  7  mag- 
gio  4856  con  particolare  decreto  si  abbassarono  molti  dazj 
che  a  tale  industria  riguardavano  e  il  ministero  avendo  volita 
to  subito  conoscerne  gli  effetti  ha  fauo  trarre  tabella  delle 
meret  entrate  e  delle  uscite  negli  otto  mesi  dell'  anno,  com* 
parandole  con  quelle  dello  stesso  periodo  dell'  anno  antece* 
dente,  lo  non  posso  contentarmi  di  queste  prove  che  pur 
contentano  i  Governi  akri  d' Italia  e  di  fuori  d' Italia  i  quali 
par  che  dissimulino  le  circostanze  molte  e  le  condizioni 
che  anno  per  anno  negli  stessi  periodi  mutano  i  bisogni  e 
le  operazioni  commerciali.  Queste  epoche  spezzate  non  pos* 
fono  essere  eloquenti  neppure  in  lunga  serie;  e  diflÈatto 
non  ebbe  che  una  cifra  di  376,445  scudi  di  maggior  valore 
commerciale  (per  68,782  alle  estrazioni)  e  un  guadagno 
alla  finanza  di  49>758.  58;  documento  questo  come  quello 
deiranno  passato  che  meno  i  dazj  sono  gravi  e  più  k  fi* 
nania  acquisu,  avvegnaché  più  volentieri  s' impiegano  i  ca- 
pitali, e  rimane  utile  ai  produttori  e  ai  consumatori.  Piui* 
tosto  r incremento  del  4856  sopra  gli  anni  antecedenti  è, 
come  ho  detto  più  sopra,  effetto  vero  delle  diminuzioni  dei 
dazi!  e  deiranno  istesso  e  dei  precedenti.  Il  profitto  della 
finanza  del  4856  sopra  il  4855  fu  di  scudi  287,493  ossiano 
franchi  4,546,742,  considerevole  premio  al  fortunato  pen« 
siero. 

Le  maggiori  importazioni  di  manifatture  furono 
Dei  tessuti  di  cotone     ....    Scudi  4,472,090 

>     seta »     4,028,847 

«     lana  e  misti »     4,009,365 

Filati  di  canapa,  lino,  cotone  .  .  »  4,005,492 
Aeque  e  bevande  fermentate  .  .  »  647,228 
Mercerie »         488,078 


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499 

e  la  somma  generale  è  di  7,649,70<.  9S,  roeolre  le  mag- 
giori esportazioDi  furono 

I  filati  di   seta     ....    Scadi  1^1,785 
OggetU  di  belle  arti    ...    >         SS6,498      * 

Libri »         I47,SS6 

TetSQti  di  lino  e  canape  .  »  218,476 
e  la  somma  generale  fu  9,766,749  Mmdi.  La  differenza  è 
grande  e  ha  bisogno  di  tutta  la  considerazione  gOTcraativa. 
Di  poco  le  cifre  d'esportate  manifatture  nel  4 866 superane 
quelle  del  4866,  mentre  di  moltissimo  superano  le  intro- 
duzioni ;  certo  non  si  compra  senza  denaro,  o  senza  un  ca- 
lore equiTalente  in  merco,  e  quindi  è  necessità  conchiude* 
re  che  le  estrazioni  degli  anni  anteeedenii  abbiano  prom** 
rato  i  capitali  per  le  nuove  introduzioni,  e  non  ultimo  se- 
greto  nelle  cifre  è  nella  differenza  dai  valori  reali  aumentati 
assai  per' certi  generi  ai  valori  officiali  gik  troppo  amichi. 
Certo  non  può  essere  nei  dazii  ridoni  (  fuorché  pel  filo  di 
seta  greggia  )  alla  cifra  di  un  baiocco  ;  che  vuol  dire  al- 
l'obbligo  semplice  della  dichiarazione,  ma  potrebb' essere 
in  estrazioni  fatte  di  frodo  di  que'  generi  su  cui  tratto  trai- 
lo cade  proibizione  dì  vendere  all'estero  sia  ia  questa  come 
nelle  altre  categorie  nelle  quali  poi  anche  per  dazii  singo- 
lari può  venir  tentazione  di  frodo. 

A  ogni  modo  se  ci  rallegreremo  dell' avanzameolo  del-, 
r  agricoltura,  e  non  molto  della  industria  se  di  tanto  si  la 
tributaria  all'estero  negli  oggetti  lavorati,  egH  non  è  per 
ciò  da  esagerare,  come  alcuni  fanno,  la  miseria  delle  opere 
perchè  si  vede  chiaro  che  abbondano  la  materia  prima  di 
prodotto  indigeno,  T intemo  molto  consuma  del  proprio, 
specialmente  i  contadi,  lasciando  alle  città  e  alle  borgate  il 
lusso  di  cose  forestiere. 

Questi  contadi  addestrandosi  alla  coltura  del  gelso  e 
quindi  a  quella  de'  bacili  da  seta  preparano  a  sé  e  ai  pro- 
prietarii  capitalisti  una  bella  sorgente  di  utili  avvegnaché 
per  quanto  ci  venga  ora  in  Europa  seta  dell'Asia   non    ci 


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193 
sì  scemano  le  commisrioni  né  le  domande  per  Io  spaccio 
del  nostro  prodotto.  Il  baco  da  séta  venuto  di  Ik  ha   qui 
troyato  miglior  patria  ed  è   dall'Italia  che  si   fabbrica   la 
miglior  seta  del  mondo.  Troppo  poco  ne  dà  lo  Stato  roma- 
no e  fu  ottimo  pensiero  lo  spingere  innanzi  le  piantagioni 
de*  gelsi,  e  non  curare  i  timori  di  coloro,  che  vanno  di- 
cendo che  anche  troppo  poco  di  braccia  hanno  i  campi 
senza  che  abbia  a  sottrarne  per  on  mese  almeno  a  curare 
i  bachi  ;  perchè  non  è  faccenda  virile  in  quasi  nessun  luo- 
go, e  poi  non  è  detto  che  quella  cura  anche  nei   contadi 
debba  darsi  a  chi  ha  altro  a  fare  nelle  cose  rurali.  Questa 
è  una  industria  come  le  altre  le  quali  sanno  trovarsi  lor 
braccia  ai  loro  proprii  tempi  senza  rubarle  ad  altrui.  La  Lo- 
mellina  per  esempio  ha  grande  faccenda  di  risi,  e  ne  ha  il 
Novarese,  il  Pavese,  ecc.,  territorii  non  popolatissimi ;  come 
li  rimonda  e  li  cura  se  le  gmiti  del  paese  non  bastano? 
Vanno  colà  eserciti  di  donne  dalle  colline   dell'Apennino 
che  una  volta  erano  di  governo  milanese   e   ora    sono   di 
Piemonte,  e  vanno  in  tempi  in  cui  anche  i  bachi  richiedo- 
no le  loro  legioni,  e  si  provvede  air  ona  faccenda  e  ali*  al- 
u^,  poiché  r  altra  6nisce  quando  V  una  ingrossa.  Con  una 
speciale  istruzione  si  potrebbe  poi  meglio  dalla  citià,   che 
abbondano  di  bisognosi  di  lavoro,  trarre  ai  contadi    gente 
più  propria  per  abilità  e  diligenza  per  quella  opera  e  pel 
solo  tempo  in  che  dura,  come  si  traggono  temporanee  alle 
filande  donne  a  centinaia,  che  poi  attendono  a  loro  proprie 
alu'e  faccende. 

Non  è  nota  la  produzione  de*  bozzoli  dello  Stato  roma- 
no ;  regola  non  ci  danno  i  mercanti  a  cui  non  va  tutta  la 
merce  ;  né  le  filande  ohe  comprano  da  varii  luoghi;  anche 
esteri»  e  che  dovendo  poi  vendere  le  vesti  greggie  hanno 
per  introduzione  e  per  estrazione  un  dazio  di  dieci  scudi 
ogni  cento  libbre  lorde.  Ceruimente  il  prodotto  aumenta, 
e  filande  si  moltiplicano  ma  non  si  accrescono  filatoi ,  né 
tintorie^  né  telai,  sebbene  con  macchiDO  si  perfezionino  i 
Arnau.  StaUitka,  voL  XXI,  serie  3«  15 


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494 

metodi,  onde  lulta  V  industria  resta  nel  filare  per  dare  poi 
il  greggio  a  Praocia,  Svizzera  e  Lombardiat  e  più  al  Pie^ 
monte,  il  quale  anzi  fa  grande  incetta  di  ootal  greggio  per 
filatoiare  egli  stesso  e  vendere  poi  ad  Inghilterra  e  Praacia. 
Nel  4856  l'atrofia  de*  bachi  apparve  anche  nello  Slato 
romano,  ma  lìevei  e  i  mercati  pesarono  libbre  4,936,207  di 
bozzoli  (chilogrammi  4,573,374);  la  cifra  è  lontana  da 
quella  del  prodotto  perchè  si  suppone  che  le  sole  regioni 
adriache  diano  ci»fu#  milioni  e  mezzo  di  libbre:  se  la  stessa 
proporzione  si  potesse  fare  tra  i  mercati  e  il  territorio  delle 
mediterranee,  anche  avuto  riguardo  alle  più  rare  loro  pian- 
tagioni, dovrebbesi  far  conto  di  un  sat  miUoni  di  libbre 
almanco  in  tutto  lo  Stato,  che  sono  chic  milioni  di  chilo* 
grammi  rappresentanti  circa  482,000  chilogrammi  di  seta. 
Maestri  opina  che  i  bozzoli  entrati  in  filatura  negli  Stati  ro- 
mani sommino  a  chilogrammi  2,534  «000;  ma,  come  dedotte 
le  estrazioni  si  avrebbe  una  introduzione  di  libb.  23,384,  o 
chilogrammi  7S88  e  quindi  cifra  assai  piccola  per  elevarsi 
a  quella  somma,  forza  ò  concludere  che  se  {il  Maestri  ebbe 
'  la  cifra  vera,  dev'  essere  stata  sottratta  al  Governo  per  iscan-r 
sare  qualche  molestia  di  finanza.  La  seta  che  il  Maestri  ne 
annunzia  sarebbe  di  chilogrammi  302,500.  Ma  c'ò  una  dif- 
ficoltà; io  reputo  due  milioni  di  chilogrammi  la  produzione 
di  bozzoli,  egli  2,740,000,  e  non  ne  manda  alle  filature  ohe 
9,531,000;  mentre  consta  dai  registri  doganali  che  la  im:- 
portazione  supera  di  7588  la  esportazbne;  dove  vanno  i 
chilogrammi  486,588  (  non  è  lieve  somma  )  se  non  si  fi- 
lano in  paese  ?  escono  di  frodo  ad  altri  Siati  poiché  sono 
colpiti  dal  dazio  di  cinque  scudi  ogni  cento  libbre  ?  Questo 
è  quello  che  bisognerebbe  sapere.  Intanto  lo  stesso  Maestri 
dà  per  filo  di  seta  greggio  esportato  4  44,824  chilogrammi, 
cifra,  noi  dice,  che  è  del  4856,  ma  a  quei  numeri  proprio 
non  vera  perchè  T  esportazione  fu  di  libbre  480,578,  che 
sono  chilogrammi  445,966;  ma  devoosi  dedurre  libbre  6088 
4'  imporMiooe  e  rìManftm  libbre. eiport«le  494,^00  osaìano 


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I9S 
chilogrammi  I43,9a6«  La  ragione  ttatislica  poi  richiede  che 
quando  si  voglia  asserire  uu  dato  di  una  produdone  qua- 
lanque,  meglio  poi  se  fallace  ad  anni,  e  i  botoli  son  fallad 
e  li  vediamo  ora  a  qaali  danni!  devesi  prendere  una  media 
80  periodi  ooievoli.  Ora  prendendo  io  la  media  del  seuennio 
4850-6  ho  la  cifra  di  ebilogrammi  4Sl,88i  che  equivalgono 
a  libbre  romane  359,681.  Né  la  cifra  de*   valori  data  dal 
Maestri  è  giusta  io  franchi  6,78^,698;  senta  deduzione  deU 
l'importato  fu  6,949,634,  e  fu  di  6,854,436  colla  dedoiioite. 
Nulla  dice  delle  sete  tinte  e  torte  importate  che  io  ned» 
annua  del  settennio  furono  libbre  8374    e  nel  4866  sdd 
81i8,  o  chilogrammi  S766,  ma  per  lo  contrario  affértna 
che  la  introdutione  dei  tessuti  di  seta  è  di  80,759  chilo* 
grammi  per  franchi  3,406,048.  La  logica  vorrebbe  che  questa 
importazione  fosse  dello  stesso  anno  di  quella  esportazione, 
quindi  è  uopo  domandare  se  nella  somma  intenda  tutto  il 
generale  tessuto,  o  quello  eh' è  proprio  sotto  tal  nome,  e 
«e  di  pura  seta,  o  con  mescolanza  d'altre  materie.  Spogliato 
il  volume  trovo: 

Tessuti  pori      .    .    .     libb.   46,664  o  chil.  46,449 

Gli  stesai  eoi  misti     .    •    »  434,067  »     46,437 

Tutti  i  tessuti  ....    »  447,700  »     50,070  da  cui 

si  dovrebbero  dedurre    .    >         966  »           80      per 

esportazione;  onde  rimarrebbero        cbilog.    49,990 

Nessuna  di  queste  cifre  si  uguaglia  con  quelle  date  dal 
Maestri.  Cosi  non  consonano  i  valori.  I  tessuti  puri  valgono 
fr.  4,868,697;  coi  misti  4,796,498,  tutti  insieme,  dedòtta  la 
csportiizione  6,544,383.  A  ogni  modo  T  esportazione  della 
seta  filata  basu  ad  esuberanza  a  eonapensare  la  somma  di 
luui  i  tessuti  serici.  Duole  che  la  esportazione  di  cotal  sorta 
di  manifottore  si  riduca  a  un  chilogrammo  di  tessuto  puro,  e 
«d  80  soli  di  veli  e  tuHi  di  dui  sono  per  ahro  chiare  le 
nostre  officine. 

Cosi  delle  lanerìe.  Maestri  nota  che  lo  Stuto  romano  ipen« 


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496 

de  4,600,000  fraoohi;  T  imporUEione  del  4856  sommò  a 
4,000,543,  scudi,  esportò  lana  per  437,764  (  dedotte  le  im« 
portazioDi  ),  lo  sbilanoio  è  dunque  di  653,748  scudi  o  frati* 
chi  3,417,478,  e  Tanno  4856  ò  quello  delle  maggiori  in- 
troduzioni di  tessuti  lanari  e  di  serici.  Io  non  posso  trovare 
dove  quel  per  altro  egregio  statistico  abbia  preso  le  tante 
notizie  che  ha  dato,  ma  non  molto  rette,  sugli  Stati  iulìani; 
certo  le  fonti  non  eran  nette.  I  tessuti  di  cotone  domandano 
allo  Stato  4,460,107  scudi,  ma  il  soverchio  di  esportazione 
dei  tessuti  di  lino  e  di  canapa  gli  soccorre  con  un  attivo  di 
400,484  lasciando  che  al  resto  provveggano  i  guadagni  (aiti 
sui  filamenti  della  canapa  ehe  pei  cresciuti  valori  reali 
hanno  ad  avere  ben  altre  cifre  che  quelle  dei  registri  of^ 
Sciali, 

1  prodotti  delle  viti  non  sono  esportabili  né  in  uva  né 
in  mosto  secondo  le  proibizioni  fiscali,  né  in  vino  in  questo 
anno  1856  di  cui  parliamo  perchè  la  crittogama  fece  in  ver* 
tere  T  opinione  del  Governo  la  quale,  prima  proibiva  l'im- 
portazione de'  vini  esteri,  e  ftivoriva  T  esportazione  (  special 
mente  delle  regioni  adriache)  che  ^ali.a  tre  miUoni  di  libbre 
(ettolitri  10,000)  nel  1852  e  4853,  e  si  chiuse  l'uscita  e 
apri  r  entrata  onde  ne  vennero  venticinque  milioni  e  mezzo 
(  ettolitri  83,000,  oltre  a  due  milioni  di  libbre  di  acquavite 
ed  uno  e  mezzo  di  rhum,  arad,  cognac,  ecc,,  insieme  11,600 
di  spiriti,  e  94,000  fra  spiriti  e  vino.  Il  difetto  del  1856 
sarebbe  stato  di  circa  90,000  ettolitri  di  vino,  se  ci  è  con* 
ceduto  credere  ehe  anche  una  parte  di  spiriti  è  andata  a 
fingere  la  soddisfazione  di  un  pò  del  bisogno  del  vino. 
Posto  che  si  mandano  innanzi  le  piantagioni  di  gelsi,  olivi, 
aranci,  castagni,  ecci,  con  premii  e  onori,  non  si  potrebbe  tro- 
var modo  di  hr  moitiplieare  i  vigneti  «peciaimente  neHe  più 
regioni  calde? 

Peir  accrescimento  dell' industrie  manifatturiere  sono  ah 


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497 
gomentì  infallibili  i  lavori  di  macchine  é  di  strumenti  ru- 
rali e  per  le  arti^  alle  quali  non  bastando  i  laboriosi  stabi- 
limenti della  Porreita  e  di  Tivoli. e  di  Terni  e  altri  minori, 
si  è  portato  aiuto  dall'  estero.  Negli  strumenti  rurali  fu  anno 
massimo  dMmportazione  il  1852  perchè  di  libbre  875,000 
(circa  3000  quintali)  e  negli  strumenti  per  le  arti  il  1853 
che  ne  ebbe  ìfiòifiOO  (quintali  circa  5500),  e  i)  1866 
ebbe  di  rurali  libbre  836,000,  di  artigiane  4^597,000  la 
maggior  parte  per  Roma  e  per  Ferrara.  Migliorarono  per 
ciò  le  tessiture,  le  stamperie,  le  tintorie,  le  filature;  e  i 
metodi  agricoli  e  i  vincoli,  e  le  legnerie,  e  le  ferrarle  con 
risparmio  di  tempo  e  di  forze  umane.  Gli  utensili  per  le 
manifatture  che  si  possono  lavorare  in  paese  ebbero  varie 
cifre:  quelli  di  ferro  per  esempio  nel  4853  crebbero  nella 
introduzione  a  libbre  475,400;  diminuirono  nel  1856  a 
140,269,  risalirono  net  1856  a  là6$137  senza  T esportazione 
di  2631.  Le  padellette  e  le  palette  di  ferro  da  218,055 
libbre  del  1861  scesero  a  97,918  nel  1856«  Gli  strumenti 
di  acciaio  che  nel  1850  prendevansi  dall' esiero  in  libbre 
37,600  appena  se  ne  coniarono  13,000  libbre  annue  nel- 
r ultimo  triennio,  ma  crebbero  dalle  65,406  alle  78,011 
libbre  gli  strumenti  ferrei  sopraccaricati  di  acciaro,  e  se 
press' a  poco  fu  ogni  anno  bisoguo  di  670  pettini  d'acciaio 
per  tessere,  che  vuol  dire  che  dunque  non  crebbero  di 
numero  i  telai  attìvii  ben  crebbe  la  provvigione  annua  delle 
bullette  dalle  libbre  117,463  del  1850  via  via  alle  186,493 
del  1855  e  alle  168,559  del  1856,  e  quella  delle  lime  e 
delle  raspe  dalle  36,280  alle  libbre  43,033,  le  qiiali  nella 
maggior  provvisione  danno  segno  di  lavoro  maggiore;  e  pe* 
roccbè  (rovo  specialmepie  indicata  l' importatiobe  degli  aghi 
scrunali  per  la  offibioa  delle  spille  dal  capo  di  vetro  a  fio-> 
logoa,  la  quale  parve  indebotim  nel  1884  in  eui  non  in- 
trodusse che  20^474  libbre  di  quegli  aghi ,  ricrebbe  V  im-* 
portazione  a  33,000  l'anno  da  poi,  e  a  89,054  nel  1856^ 
segno  ehe  non  le  ha  nooiuio  quell'altra  mesaa  in  Genottt  dal 


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498 

Delle  industrie  rimarrebbe  ancora  a  dire  del  sale  ma- 
rino alia  cui  maggior  prodazione  si  fecero  grandi  spese  a 
Gervia,  a  Comacchio,  ad  .Ostia  e  più  assai  a  Corneto.  Nel 
4850  daTansi  a  Modena  e  a  S.  Marino  46,500  quintali  di 
sale;  ma  se  ne  ricevevano  32,000  da  Francia,  e  il  consumo 
delio  Stato  riconosciuto  nel  corso  dal  4843  al  4850  nel 
4854  in  quintali  473,000  medio  annuo  fece  per  tre  lunghi 
anni  desiderare  invano  che  la  fabbrica  nazionale  bastasse; 
ma  nel  triennio  4854-3  fu  necessità  ricevere  36,000  quintali 
di  tale  merce  da  Francia  sebbene  se  ne  mandassero  66,000 
al  modonese  e  alla  repubblica,  ai  quali  luoghi  nel  successivo 
triennio  si  diedero  altri  86,000  quintali,  e  in  questo  anno 
4856  di  cui  diamo  conto  si  portassero  alle  regioni  meridio- 
nali, come  contratto  da  privato,  presi  a  Comacehio  quasi 
86,000  quintali  di  sale.  Che  è  dunque  dell'  attività  delle 
saline  di  Corneto?  Lasciamo  stare  che  si  riceve  sale  dai 
lidi  austrìaci  perchè  se  ne  dà  per  converso  all'Austria,  ma 
aieurata  la  regia  in  casa  non  sarebbe  meglio  imitare  il  Pie- 
monte ehe  rimise  all'  industria  privata  le  saline ,  le  quali 
dopo  avere  provveduto  allo  Stato  provvederebbero  a  sé 
stesse,  senza  dispendii  gravi  dello  Stato.  Nel  4866  per  le 
saline  di  Cervia,  Comacehio  e  Corneto  il  Governo  suppose 
spendere  scudi  800,036  del  reddito  di  665,879;  e  nel  1858 
bilanciò  la  spesa  di  se.  866,349  contro  il  ricavo  di  745,410^ 
che  vuol  dire  che  nel  4836  si  contentava  di  salvare  il  51 
per  cento  e  nel  4858  sperava  il  55  per  cento  del  ricavato 
fletto^  Le  risoluzioni  piemontesi  hanno  attivato  un  traffico 
insperato  ne'  tempi  del  passato.  A  molti,  sapendo  come  il 
consiuno  del  sale  può  esaere  un  altro  indizio  e  di  agiatezza 
e  di  attività  industriale,  sarebbe  stato  piacevole  conoscere 
d'anno  in  anno  la  parte  venduta  agl'individui,  quali  citta- 
dini, quali  rurali.  Ce  ne  può  favorire  un  altro  anno  il  Go- 
verno: sinora  non  ne  abbiamo  segno.  Ma  ne  abbiamo  un 
altro  che  per  l'aumento  di  agiatezza  e  di  politezza  reca 
inoanii  il  volume  commerciale  fra  gli  of^etti  vegetali,  ma 
che  io  tengo  fra  gl'industriali  delle  manifatture. 


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499 
ti  pòco  agiato  fa  rUpnrmio  di  bucato  per  non  guastar 
te  lingerie:  va  in  cerea  di  tele  tinte  a  colori  oscuri  dicendo 
che  resistono  al  lercio;  dovrebbero  dire:  il  lercio  più  tardo 
vedesi.  Quanto  più  frequente  muti  lingerie  e  usi  biancherìe 
lauto  maggior  consumo  farà  e  rimarrà  più  polito;  ma  ai 
mutare  e  air  usar  quel  che  dico  spenderà  più,  e  se  spen- 
dere più  sarà  segno  che  si  troverà  in  finanze  migliori.  Or 
questo  si  ha  dagli  stracci.  Pel  !850  e  1851  non  avemmo 
dialinziooi  di  stracci  bianchi  e  stracci  colorati;  ma  la  di- 
sUntione  abbiamo  negli  anni  successivi  si  nelle  importazioni 
che  nelle  esportazioni.  Per  le  importazioni  diremo  che  si 
pensa  all'alimentar  le  cartiere,  e  il  maggior  consumo  di 
carta  è  segno  anch' esso  di  civiltà;  la  introduzione  della 
caria  estera  fu  in  media  annua  nel  sessennio  antecedente 
libbre  11^)281  di  bianca  da  scrivere,  e  69,4Ì2  di  colorata, 
fiorata,  o  doratn;  nel  4856  questa  sali  a  4^4,464  (net  1855 
Ri  di  402,483  )  e  quella  rimase  a  401,483.  La  maggior  in- 
troduzione di  stracci  bianchi  cominciata  a  crescere  notevol* 
mente  nel  4853  e  giunta  nel  4856  a  libbre  4,284,676  (e 
286,744  di  colorati)  dichiara  la  maggiore  attività  delle  car- 
tiere per  redimersi,  almeno  in  parte^  dalla  carta  estera.  Ld 
maggior  esportazione  degli  stracci  indica  certamente  il  mag- 
gior grado  di  politezza  e  di  agiatezza.  Nel  4852  uscirono 
di  bianchi  libbre  2,889,706,  nel  4854  libbre  3,868,053,  nel 
4856  libb.  4,4S2,a^,  i  colorati  ebbero  in  media  annua  del 
quadriennio  4852^  libbre  4,024,885,  furono  in  libbre 
4,54  4,555  nel  4856.  La  esportazione  netta  del  4850  fu  |di 
2,849,384  libbre  d*  ogni  sorta  di  stracci  insieme  (  quintali 
9659),  quella  del  4856  fu  di  libbre  4,426,020  (quintali 
43,987  )  e  la  maggior  parte  appartiene  alle  regioni  adriache. 
All'agiatezza  accompagnandosi  II  lusso  e  la  gentilezza  et 
conduce  a  cercar  de'  saponi  odorosi,  e  de'  nostrali;  la  sco' 
perta  è  questa!  che  dal  4854  in  cui  l'importazione  dei  no- 
strali era  stata  di  libbre  443,700,  al  4855  le  nostre  fab* 
briehe  produssero  tanto  da  permetterne  appena  Fìmporta- 


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soo 

zione  dr  4  3,000  libbre,  nel  483A  la  importazione  si  cambiò 
in  esportazione  sebbene  per  sole  470  libbre;  quanto  ai 
saponi  odorosi  T  importazione  passò  il  doppio  e  dalle  3160 
libbre  si  elevò  a  66^1.  E  allo  stesso  parvente  vengono  i 
guanti,  da  libbre  2789  importate  nel  4850  alle  libbre  7332 
del  1856,  la  qual  merce  ha  un  bel  nome  in  Italia  quanto 
quella  di  Napoli,  Genova  e  Torino  ma  non  se  ne  esporta 
forse  che  per  contrabbando  essendone  registrati  I75S  paia 
all'importazione  degli  Stati  sardi  nel  4856,  e  82  libbre  al- 
l'esportazione romana  nel  4853.  Al  lusso  e  alla  gentilezza 
e  anche  un  poco  alla  igiene  sono  quelle  biancherie  si  Tre^ 
quenti  mutate,  quelle  saponerie  in  maggior  quantità  usate, 
e  il  più  numeroso  cercar  di  guanti  e  il  maggiore  entrare 
del  placato  (  argimpello  )  e  dell'  argentato  alle  tavole  dei 
non  ricchi  doppiatosi  dal  4850,  alla  grazia  e  al  lusso  il 
doppio  importar  dell'oro  lavorato,  e  l'aumento  dell'argento 
lavorato  da  4200  scudi  per  anno  a  87,800:  alla  graziosa 
educazione  l' entrata  in  sei  anni  avuta  da  757  pianoibrti  fra 
a  coda,  a  tavolo,  o  d'altra  forma,  e  da  2720  strumenti  varii 
senza  gli  organi  a  cilindro,  onde  si  va  cosi  universando  il 
gusto  per  la  musica  allenitrice  de'  costumi  che  ormai  nes- 
suno luogo  può  più  stare  senza  teatro,  nessuna  famiglia  un 
poco  provveduta  da  buona  fortuna,  nissun  liceo  convitto  dei 
due  sessi  può  più  stare  senza  immusicarsi  l' intelletto.  Onde 
nello  Stato  si  vanno  dilatando  e  moltip^ndo  le  officine  in 
servigio  a  queste  arti  cortesi,  e  aumentMo  i  mezzi  del  la- 
vorare e  del  vivere  cosi  che  ne  è  per  ognuno  di  qualunque 
forza  0  facoltà. 

Questo  volume  del  commercio  4856  ci  ha  consolati  non 
poco.;  per  gli  anni  a  lui  successivi  saranno  guai  per  la  seta, 
difetto  di  qualche  milioni,  ma  pel  resto  speriamo  che  dagli 
avviamenti  ora  dati  avremo  a  vieppiù  rallegrarci  anche  perchè 
vediamo  in  ciò  premuroso  il  ministero  del  commercio,  che 
non  cessa  cura  o  fetica. 

Luciano  ScarabtUL 


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301 


NOTIZIE   STRANIERE 

Hut  canale  marittimo  di  Snes. 

(  Con  Tavola  ). 

Ota  per  essere  intrapresa  la  fondasioDe  di  due  fra  i  più 
insigni  monumenti  destinati  ad  onorare  il  nostro  seeolo, 
uno  nell'antico  e  T altro  nel  nuovo  mondo:  il  taglio  dell'Istmo 
di  Suez  e  di  quello  di  Panama 

Due  ferrovie  recentemente  compiute  a  forza  d' immensi 
sacrifici,  traversano  beosi  i  due  btmi;  ma  la  ordinaria  pre<* 
valenza  della  locomotiva  sulla  piccola  navigazione,  discende 
qui  dal  suo  rango  per  rendersi  ausiliaria  e  servire  anzi  dt 
iDcitamento  e  di  mezzo  dimostrativo  la  necessità  della  aper- 
tura di  due  grandi  vie  navigabili  dai  legni  della  più  alta 
portata.  Tale  necessità  può  essere  facilmente  compresa  da 
ehi  voglia  considerare  che  significhi  il  ripetuto  carico  e 
scarico  ai  porti  d'approdo  ed  a  quelli  di  partenza,  dei  legni 
da  migliaia  di  tonno  e  ne  esamini  le  naturali  conseguenze. 

Siccome  fra  le  due  opere,  quella  di  Suez,  per  ragione 
di  vicinanza  e  di  posizione,  si  collega  in  maniera  intima 
cogli  interessi  del  nostro  commercio  e  della  nostra  agricol- 
tura, ci  è  sembrato  opportuno  che  di  essa^  se  non  nei  suoi 
minuti  particolari  e  nelle  ragioni  scientifiche,  almeno  in  un 
riassuntivo  complesso,  ne  venissero  ragguagliati  anche  i 
nostri  agricoltori  in  modo  bastevole  per  poterla  comprendere 
ed  apprezzare.  È  in  questo  scopo  solo  che  intenderemo  a 
rappresentarla  sotto  i  suoi  punti  più  culminanti. 

La  ferrovia  che  fu  istituita  con  capitali  inglesi   per  le 


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SOS 

più  sollecite  relazioni  colle  Indie,  percorre  T  Egitto  da  Ale^^ 
aandria  al  Cairo  e  dal  Cairo  a  Suez;  ma  ciò  che  si  chiama 
r  Istmo  di  Suez  è  la  tratta  compresa  fra  la  rada  del  Pelusio 
nel  mar  Mediterraneo  e  quella  di  Suez  nel  mar  Rosso  (  vedi 
la  carta  )  ;  questa  tratta  è  formata  da  un  avvallamento  sal- 
tuario prodotto  dalla  intersezione  dei  due  piani  inclinati  che 
s'incontrano  discendendo  T  uno  dai  colli  dell'Asia  e  l'altro 
dall'Egitto.  Tale  avvallamento  è  della  lunghezza  lineare  di 
presso  a  cliil.  iSO  e  sembra  che  nei  remoti  tempi  si  tro- 
vasse sommerso  dalle  acque  del  mare;  presunzione  che 
troverebbe  conferma  nella  esistenza  delle  acque  salate  che 
si  rinvengono  nelle  parti  più  depresse  e  che  in  oggi  formano 
i  cosi  detti  Laghi  Amari. 

L'importanza  d'una  via  navigabile  su  questa  lìnea  non 
passò  inosservata  agli  antichi  dominatori  dell'Egitto,  poiché 
essa  forma  la  comunicazione  più  diretta  fra  il  Mediterraneo 
e  l'Oceano  Indiano,  di  cui  il  Mar  Rosso  non  é  che  un  pro^ 
lungamenio.  Si  dice  comprovata  la  preesistente  comunicazio- 
ne fra  i  due  mari  sotto  ì  Faraoni,  i  Tolomei  ed  i  Califfi; 
ma  arduo  assai  sarebbe  il  determinare  qual  parte  nell'opera 
abbia  avuto  ciascuno  e  poco  importa  per  ora  di  conoscere 
che  facessero  Dario  e  Necos,  e  come  |la  regina  Cleopatra 
dopo  la  battaglia  d'Azio,  fuggente  da  un  amante  sventurato, 
trasportasse  la  sua  flotta  traverso  l'Istmo.  Rimandando  quindi 
gli  amatori  di  queste  interessanti  indagini  al  vasto  campo 
offerto  dagli  storici  greci,  romani  ed  ar&bi^  ci  riporteremo 
all'epoca  moderna,  ossia  al  chiudersi  del  passato  secolo, 
nella  quale  risorse  il  pensiero  della  congiunzione  dei  due 
mari  per  questa  via,  scaturito  dal  genio  del  general  Bo^ 
naparte  capo  della  immortale  spedizione  del  4799.  Sbarcato 
appena  V  esercito  sul  suolo  Egizio ,  malgrado  le  cure  più 
che  soverchie  per  tenere  in  trepidazione  ogn' altro  cuore, 
egli  sicuro  e  sereno,  ordinava  subito  sotto  il  comando  di 
Lepere,  una  brigata  d'ingegneri  coli' incarico  di  codiare  il 
taglio  dell' Ismo. 


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203 
Il  rapporto  clic  emerse  da  quelli  sludi,  a  dichiarazione 
dei  più  disiinti  ingegneri  turchi,  Torma  ancora  oggidì  la  più 
icura  guida  dell' antico  Egitto,  oialgrado  le  alcune  inesat- 
tezze che  sotto  il  rapporto  tecnico  ?i  si  includono,  le  quali 
per  altro  trovano  incontestabile  giustiBcasione  nelle  circostanze 
scilo  cui  quelli  ingegneri  erano  costretti  di  operare.  Di- 
sturbati dal  fuoco  nemico  o  dalle  continue  scorrerie  dei 
mammalucchi,  si  trovavano  spesso  nel  caso  di  dover  abban- 
donare le  operazioni  per  cercar  scampo  nella  celerità  degli 
asinelli,  e  non  sempre  riuscivano  a  trovar  rifugio  al  centro 
dei  quadrati  francesi.  Sono  le  celebri  fughe  che  giovavano 
a  sostenere  il  buon  umore  dei  soldati  fra  i  patimenti  e  i 
pericoli  della  spedizione.  È  da  esse  che  ebbe  origine  il 
proverbiale:  au  milieu  lit  anes  et  les  savanUj  con  cui  i 
soldati  solevano  gaiamente  accogliere  nei  loro  quadrati  i 
doni  fuggitivi. 

Fu  per  tal  modo,  che  la  livellazione  io  allora  operata 
presentò  il  risultato  della  elevazione  di  metri  9,90  delle 
acque  del  Mar  Rosso  su  quelle  del  Mediterraneo.  Tal  rìsul- 
tato,  contrastalo  poi,  anzi  dichiarato  impossibile  da  Laplace, 
generò  le  controversie  che  a  varie  riprese  furono  sopite  e 
«  rianimarono,. Oncbè  nell'epoca  più  a  noi  vicina,  quando 
la  politica  d'Europa  si  rivolse  con  particolare  attenzione  al- 
rOriente,  sorsero  i  nuovi  falli  che  spinsero  il  primitivo  pen- 
siero del  general  Booaparte  verso  la  sua  realizzaaione.  Il 
taglio  di  Suez  fu  nuovamente  studiato.  Lo  stesso  principe 
di  Metternich  lo  incoraggiò  presso  Mehemet-Ali;  diversi 
viaggiatori  si  recarono  in  luogo  per  veriflcare  dei  rilievi 
cooosciiui; /re  questi  alcuni  ufficiali  inglesi  vollero  ripetere 
la  livellazione  eoi  barometro  e  col  processo  della  ebollizio- 
oe  dell'  acqua  e  trovarono  di  poter  stabilire  non  «esistere 
alcuna  significante  differenza  fra  l'altezza  dei  due  mari. 

Nel  4847  si  formò  infine  una  Società  della  quale  erano 
ingegneri  Roberto  Stephensoo,  Paulin  Talabol  e  Negrelli,  e 
fa  in  allora  che  una  regolare  rinnovazione  di  rilievi  venne 


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S04 

determinata.  I  tre  ingegneri  misero  in  campagna  ris|>eUi' 
yamente  una  brigata  d'altri  ingegneri,  fra  le  quali  venne 
ripartito  il  lavoro.  La  brigata  auairiaca  ebbe  V  incarico  de- 
gli scandagli  nella  baia  del  Pelusio;  la  inglese,  di  queUt 
nella  rada  di  Suez  e  furono  riservati  i  rilievi  planimetrici 
e  di  livellazione  per  la  brigata  francese,,  la  cui  direzione  da 
Talabot  venne  affidata  al  distinto  Bourdaloue. 

S.  A.  Mohammed-Said ,  attuai  viceré ,  accolse  la  spedii» 
zione  coi  tratti  del  maggior  favore,  e  si  compiacque  perfino 
di  designare  alcuni  fra  i  suoi  più  distinti  ingegneri  in  aa^ 
sistenza  della  brigata  francese  e  di  aggiungervi  altresì  una 
brigata  d'artiglieria. 

Coi  rilievi  raccolti,  Talabot  eresse  11  dotto  rapporto  pub- 
blicato  nello  stesso  anno  4847,  il  quale  include  un  prò-» 
getto  del  taglio  per  la  via  indiretta  di  Alessandria  e  Gairo« 

Siccome  però  i  rilievi  di  livellazione  ottenuti  in  questa 
spedizione  differivano  di  tanto  da  quelli  che  erano  stati  con- 
seguiti dalla  precedente  del  1799»  che  avevano  portato  la 
differenza  di  metri  9,90,  a  risolvere  ogni  dubbiezza,  il  con- 
sole generale  francese  sig.  Sabatier  chiese  ed  ottenne  dal 
viceré  una  nuova  verificazione,  la  quale  fu  operata  col  mez- 
zo degli  ingegneri  egiziani  Linant-Bey  e  Mongel-Bey,  i  me- 
desimi che  avevano  assistito  Bourdaloue  nelle  ultime  ope- 
razioni. Tale  verificaziontf  sorti  un  risultato  consentaneo  a 
quello  ottenuto  da  Bourdaloue  stesso  nel  4847,  ossia  la  dif- 
ferenza d'un  metro  fra  i  due  mari  e  quella  di  soli  metri 
0,181  al  caposaldo  di  Suez,  rispetto  alla  livellazione  pre« 
cedente. 

In  seguito  gli  stessi  ingegneri  egitiani  eressero  essi  pu- 
re un  progetto,  nel  quale  mirarono  alla  congiunzione  diretta 
fra  i  due  mari. 

Esistono  dunque  due  progetti:  quello  indiretto  di  Tala- 
bot e  quello  diretto  degli  egiziani.  L*tfidtre(to,  passando  per 
Alessandria  e  Cairo  percorre  400  cbil.  ed  incontra  diflieohi 
affatto  nuove  nella  storia  delle  grandi  costruzioni  e  tali  che 


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305 
non  ftirono  mal  nemmeno  tentate^  cireoetanza  che  rimarcata 
dallo  stesso  autore  dei  progetto,  lascia  il  mondo  dotto,  am- 
miratore delia  eccezionale  vastità  del  concetto,  ma  non  pie-' 
namente  certo  sulla  possibilità  della  sua  traduafione  in  fatto. 
Fra  gli  enormi  ostacoli  che  a  ciò  si  frappongono,  massimo 
è  quello  del  passaggio  del  Nilo,  sia  mediante  ferma,  che 
colla  oostruzione  di  un  ponte  canale.  Circa  la  ferma,  si  ele- 
vano difficoltà  riconosciute  assolutamente  insuperabili  ;  circa 
il  ponte  canale,  ricordando  che  deve  servire  al  transito  dei 
grossi  legni  e  conservare  un  tirante  d'acqua  fra  7  ed  8  me- 
tri d'altezza,  basti .  accennare  che  dovrebbe  attraversare  una 
sezione  di  fiume  di  metri  SOOO  ad  una  altezza  di  SO  me- 
tri ed  essere  alimentato  con  acqua  da  elevarsi  con  macchi- 
ne a  vapore  della  forza  complessiva  di  6000  cavalli. 

Gli  egiziani  all'incontro  trassero  direttamente  dalla  rada 
del  Pelusio  a  qt^ella  di  Suez  percorrendo  una  distanza  che 
per  varie  inflessioni  raggiunge  chilometri  155,  dei  quali 
però  soli  i20  importano  una  apposita  escavazione,  trovan- 
dosi il  resto  o  bel  e  fatto,  od  adattabile  con  sole  modifica- 
zioni alle  circostanze  attuali ,  approfittandosi  dei  bacini  dei 
laghi  e  di  una  parte  delle  vestigia  deH'antico  canale. 

Dietro  queste  sommaria  nozioni,  le  circostanze  di  mag- 
gior favore  sembrano  militare  dalla  parte  del  progetto  egi- 
ziano; pure  anche  il  progetto  Talabot  non  mancò  di  caldi 
f&utori,  il  che  indusse  S.  A.  il  Vicerò  a  fare  appello  ai  lumi 
ed  al  voto  dei  maggiori  tecnici  dell'Europa,  ed  in  seguito 
a  ciò  soltanto  si  determinò  con  Firmano  45  gennajo  1855 
di  accordare  al  suo  amico  sig.  Ferdinando  de  Lesseps  la 
concessione  di  formare  la  Compagnia  universale  del  canab 
marittimo  di  Suez  nello  scopo  di  aprire  alla  grande  navi- 
gazione un  passaggio  diretto  fra  Suez  ed  un  punto  sul  Me* 
diterroneo. 

Per  effetto  di  questa  eoooessione,  le  notìzie  che  si  rife- 
riscono alla  congiunzione  indiretta,  di  pregio  sommo  pei 
tecnici  studiosi,  si  rendono  superflue  nella  circostanza  pre- 


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206 

sente,  che  htf  per  solo  scopo  quello  di   Aht  conoscere   ne! 

suo  complesso  Popera  che  dev'essere  eseguita. 

Il  canale  parte  dalla  rada  di  Suez  e  dirigendosi  verso 
le  vestigia  del  canale  antieo,  segue  il  fondo  della  valle  fino 
a  raggiungere  il  Lago  di  Timsah  situato  a  circa  la  metà 
dell'  andamento  del  canale  e  destinato  a  servire  di  porto 
interno  per  gli  approvvigionamenti  ed  il  radobbo  delle  na- 
vi. Esso  va  pure  ad  essere  il  punto  di  congiunzione  fra  il 
canale  marittimo  e  l'altro  di  comunicazione  col  Nilo.  Dal 
Lago  Timsah,  il  canale  marittimo  per  Elguisr,  va  a  rag- 
giungere la  sponda  destra  del  Lago  di  Menzaleh,  da  dove 
si  dirige  alla  rada  del  Pelusio,  innoltrandovisi  con  dighe , 
fino  ad  incontrare  una  profondità  di  acqua  di  metri  7,50. 

Fra  tutti  i  canali  artificiali ,  quello  che  per  le  proporzioni 
più  si  avvicina  a  questo,  è  il  Caledonio;  ma  esso  pure  non 
ha  alla  sua  linea  d'acqua  ohe  una  larghezza  di  metri  37  ed 
una  profondità  di  metri  6,40,  mentre  il  canal  di  Suez  deve 
avere  alla  linea  d'acqua  ima  larghezza  di  metri  400  ed  un 
tirante  minimo,  sotto  la  bassa  marea  del  Mediterraneo,  di 
metri  6,60,  poiché  dovrà  esser  praticabile  alle  fregate  ad 
elice  da  4500  tonnell.  Non  facciamo  concorrere  nel  para- 
gone l'ammirabile  nostro  gran  naviglio,  sebbene  in  alcuni 
punti  del  suo  andamento  superiore,  raggiunga  la  larghezza 
fino  di  50  metri,  perchè  la  profondità  delle  sue  acque,  con- 
forme alla  sua  ben  diversa  destinazione,  lo  renderebbe  fuor 
di  proposito. 

Al  canal  marittimo  non  saranno  applicate  che  due  coo- 
che, una  a  ciascuna  delle  due  estremità,  e  ciascuna  lunga 
metri  400,  eolla  larghezza  di  metri  34.  Esse  dovranno  es- 
ser costruite  sul  davanti  delle  dighe  che  si  protenderanno 
in  mare  e  collegate  con  bacini,  dei  quali,  quello  dalla  parte 
di  Suez  destinato  a  trar  profitto  dall'alta  marea  del  Mar 
Rosso,  che  s'innalza  fino  a  metri  2,50  sulla  marea  bassa  del 
Mediterraneo. 

Al  porto  interno  di  Timsah   dovrà  metter  capo  il  canal 


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207 
d'acqua  dolce  derivato  dal  Nilo  in  uo  punto  poco  discosto 
dal  Cairo.  Quest'opera,  che  dovrà  essere  intrapresa  prima 
d'ogni  altra,  ò  di  necessità  indispensabile  tanto  per  l'abbe- 
veraggio  delle  grandi  masse  di  lavoratori,  che  pel  trasporto 
in  luogo  dei  materiali  e  munizioni  d' ógni  genere  durante 
la  attività  dei  lavori.  Essa  dovrà  inoltre  costituire  il  meato 
principale  dell'  interno  traflBco  dell'  Egitto  e  servire  alla  ir- 
rigazione di  estesi  terreni  al  presente  sterili  e  deserti  sol- 
tanto per  mancanza  d'acqua. 

A  soddisrare  cosiffatte  esigenze,  fu  deierminato  che  que- 
sto naviglio  dovesse  avere  una  sezione  sufficiente  per  ac- 
cogliere le  più  grosse  navi  a  vela  ed  a  vapore  che  circo- 
lano nel  Nilo,  per  trasportarle  dall'uno  all'altro  capo  senza 
bisogno  di  scarichi  o  libature.  Per  riguardo  alla  irrigazione, 
i  livelli  furono  stabiliti  nelle  condizioni  ad  essa  più  conve- 
nientu  La  larghezza. alla  linea  d'acqua  fu  stabilita  di  metri 
io  ;  la  profondità  minima  metri  7  ;  la  pendenza  di  0,03,  ogni 
100  metri.  11  volume  delle  aoque  riservato  a  beneficio  delfa 
irrigazione  fu  calcolato  sufficiente  per  S4  mila  ettari  (860 
mila  pert.  roil.).  Il  canale  comprende  varie  chiuse,  alcune 
col  salto  dì  meuri  S,50  e  nel  suo  andamento  percorre  la  valle 
di  Ouadòe  Toumilat ,  ohe  è  l' antica  terra  di  Gessen  della 
Bibbia ,  celebre  per  la  sua  fertilità  e  che  fu  assegnata  dal 
re  Faraone  al  popolo  d' Israele  dietro  intercessione  del  ca* 
sto  ed  accorto  Giuseppe  suo  primo  ministro.  Giunto  il  ea« 
naie  presso  Timsah,  conservata  tant'acqua  che  basti  alla  con* 
liouiià  della  navigazione  fino  al  oanal  marittimo  entro  il 
Lago^  ne  viene  divertita  la  sovra  abbondante  in  due  nuovi 
canali  che  si  diramano  l'uno  nella  direzione  di  Suez  e  PaU 
Uro  in  quella  del  Pelusio.  Entrambe  queste  diramazioni  so- 
no destinate  al  solo  abbeveraggio  ed  alla  irrigazione. 

Tale  ó  il  sunto  della  proposta  presentata  dagli  ingegneri 
egiziani,  per  la  di  cui  esecuztooe  venne  preventivata  una 
somma  di  185  milioni  di  franchi,  la  quale  per  quanto  rag- 
guardevole ,  sta  appena  nella  metà  di  quelle  ohe  importa- 


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S08 

roQO  la  ferrovia  da  Parigi  a  Lione  e  V  ahra  da  Londra  a 
York.  Non  occorrono  commenti  per  dimostrare  che  questa 
proposta  nel  senso  economico  offre  vantaggi  superiori  a 
quella  offerta  da  Talabot. 

Le  fonti  dalle  quali  devono  scaturire  le  rendite  della 
Compagnia,  sono: 

La  percezione  di  un  diritto  di  passaggio  nei  canali; 

Un  diritto  d'ancoraggio  nel  porto  interno; 

Il  prodotto  dei  terreni  messi  a  coltivazione  ed  il  6lto 
delle  acque  ai  privati 

Queste  risorse  possono  venir  riassunte  nel  modo  se- 
guente: 

Passaggio  pel  canale  marittimo,  in  ragione  di  franchi  tO 
per  tonna,  ritenuto  il  tonnellaggio  nella  metà  di  quello  che 
al  presente  si  verifica  sulla  via  del  Capo,  di  tonn.  6  mi- 
lioni ;  quindi  per  tonn«  8  milioni  a  fr.  40   Fr,  30,000,000 

Aqcoraggio  nel  porto  interno,  supposto 
ritraibile  dalla  sok  metà  dei  navigli  che 
transitano  pel  canale  marittimo,  ossieno  ton* 
ne  4,500  m.  ad  un  sol  franco      •    •    •    •    »     1,500,000 

Pedaggio  sul  canale  ausiliario  derivato 
dal  Nilo,  in  ragione  della  sola  quarta  parte 
del  tonnellaggio  che  presentemente  circola 
sul  canale  Mahmo.udié> ossia  per  tonno  456,000 
a  franchi  40 >     4,560,000 

Prodotto  di  34  mille  ettari  di  terreno 
irrigabile,  in  ragione  di  350  franchi  l'ettaro; 
prodotto  delle  piantagioni  sulle  dune,  fitti 
d'acqua »     6,996,000 

RendiU  lorda  in  tutto Fr.  40,056,000 

Dalla  quale  prelevata  la  quota  di  spese  giudicata  ne- 
cessaria alle  spese  d' amministrazione  e  quella  per  V  am- 
mortimento  dei  capitale;  la  quota  convenuta  a  favor  dello 


i 


i 


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209 
Stato  e  quella  a  favore  dei  membri  fondatori  della  Compa- 
gnia, ancora  si  riduce  a  Fr.  39,140,740. 

Nel  preventivo  egiziano  non  si  trova  fatta  deduzione  alcu- 
na pel  titolo  spese  di  manutenzione  del  canale,  forse  ritenen- 
dosi che  possine  esse  venir  bilanciate  dalle  molte  altre  risorse 
di  incerta  valutazione  attualmente,  come  la  somministrazione 
delle  acque  potabili  alle  popolazioni  di  Suez  e  del  porto 
di  Timsah,  il  fitto  dei  magazzini,  il  prodotto  dei  rimorchi, 
la  pesca  del  canale^  il  fitto  dei  salti  d'acqua  per  uso  di 
stabilimenti  industriali  ed  altro. 

Alla  esecuzione  di  questo  progetto  furono  attribuite  gravi 
difficoltà  e  talune  giudicate  perfino  insuperabili.  Le  princi- 
pali sarebbero  dipendenti: 

dalla  estrema  mobilità  del  terreno  in  cui  devesi  ope- 
rare; 

dal  pericolo  d'interrimento  della  baia  del  Pelusio; 

dalla  impossibilità  di  prolungare  in  questo  le  dighe  fino 
all'incontro  di  una  profondità  d'acqtia  di  m.  7,50,  ossia  per 
Qoa  tratta  di  m.  6000; 

infine  nefla  non  comprovata  sicurezza  di  poter  ottenere 
nel  canale  la  costante  altezza  d'acqua  richiesta  ed  il  neces- 
sario suo  movimento  malgrado  l'alta  marea  del  Mar  Rosso 
dalla  quale  s'intende  trar  partito  a  questo  effetto. 

Le  due  prime  quistioni  furono  risolute  in  maniera  per- 
suadente dagli  ingegneri  egiziani;  la  terza  fu  pure  sciolta, 
principalmente  coli' opera  dei  lumi  e  della  esperienza  del- 
rillustre  nostro  Paleocapa  e  colla  indicazione  di  altre  opere 
di  quel  genere  parimenti  colossali,  eseguite  sotto  circostanze 
meno  favorevoli. 

Tali  sarebbero  la  diga  di  Gherbourg,  il  molo  del  porto 
di  Plymouth  e  quello  eseguito  dagli  Olandesi  nella  baia  di 
Lione  presso  il  Capo  di  Buona  Speranza,  il  quale  ha  una 
lunghezza  di  m.  8000  e  fu  gettato  ad  una  profondità  sub- 
aequa  di  m.  46. 

▲mali.  SMiiika^  w>L  XXI,  ierU  i.*  44 


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SiO 

È  soltanto  riguardo  iir  ultima  quistione  che  le  insorte 
discrepanze  sussistono  tuttavia  sostenute  dalla  parte  della 
opposizione  da  tutto  il  peso  della  autorità  del  patriarca  Sic- 
phcnson.  Egli  con  pertinacia  affatto  britannica,  ba  ripetuta- 
mente dichiarato  in  pieno  Parlamento  e  riconfermato  poi 
ed  anche  recentemente  in  una  delle  ultime  adunanze  degli 
ingegneri  civili  a  Parigi,  che  il  canal  marittimo  deve  risiìl- 
versi  in  nuli' altro  che  una  pozzanghera;  Timpresa  essere 
una  follia  ed  i  capitali  impiegativi  una  dilapidazione.  Egli 
respingendo  le  accuse  di  mala  fede  e  di  servilità  alle  ve* 
dute  follaci  ed  egoistiche  del  suo  governo,  dichiara  di  de- 
siderare un  canale  navigabile  davvero  dai  grossi  legni,  fosse 
ampio  quanto  il  Bosforo;  ma  sussistere  nella  aua  profonda 
convinzione  la  assoluta  impossibilità  che  ciò  possa  giam- 
mai ottenersi  col  canale  di  Suez,  nel  più  favorevole  caso, 
forse  utilizzabile  soltanto  per  piccole  iNirche. 

Fra  le  diòbtaraztoni  tanto  solenni  ed  esplicite  di  Roberto 
Siephenson^  che  a  nessuno  è  lecito  di  mettere  in  disparte, 
e  le  opposte  deduzioni  dei  suoi  avversari,  fra  I  quali  taluno 
del  più  insigne  valore,  il  oM)ndo  tecnico  attende  ora  la  pob- 
blicHzione  del  progeuo  di  dettaglio  corredato  dagli  analoghi 
sicuri  dati,  come  ne  venne  fatta  promessa  dagli  stessi  autori 
del  progetto  d'avvno.  Del  resto  il  risultato  pratico  che  deve 
recare  più  chiari  ed  estesi  lumi,  non  è  molto  rimoto  dap- 
poiché i  lavori  d'esecuzione  nella  imminenza  di  essere  in- 
trapresi^ saranno  compiuti  io  soli  sei  anni,  periodo  alquanto 
breve  per  noi  abituati  alle  lunghe  remore  dei  passati  tempi 
nella  costruzione  delle  ferrovie  e  di  altre  opere  che  ci  ri- 
guardano altrettanto  da  vicino. 

I  instancabile  ed  alacre  attività  del  sig.  Lesseps 
y  il  più  nobile  premio  col  raggiùngere  la  co- 
IIS'  compagnia,  le  cui  400  mille  azioni  da  500 
rarono  preoto  collocamento  per  rispetto  a  nu- 
1  presso  capitalisti  francesi  e  soltanto  192,889 
listi  esteri.  E  questo  primo  felice  risultato  serve 


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su 

a  risposa  ad  akra  dicbiaraxkme  dd  signor  SleplieiMoii  » 
qoesla  volta  falsa  ed  ingiuriosa  ed  indegna  del  suo  chiaro 
nome ,  che  Topera  cioè  non  meritasse  d'essere  presa  sul 
serio,  ma  come  vo  moro  attentato  alla  bonarietà  delle  borse 
ioglesi. 

Rimarrebbe  ofa  a  presentare  un  sunto  delle  influenze 
ehe  l'apertura  del  Camile  di  9ue2  esercitar  deve  sulle  con- 
dizioni della  penisola  italiana;  ma  questa  è  la  parte  che  ci 
permettiamo  di  riservare  a  successiva  occasione,  per  dar  6ne 
alle  indicazioni  presemi  ooll'osservare  che  se  questa  grand'o* 
pera  fu  ravvivata  dal  fecondo  genio  di  Bonaparte  capo  della 
spedizione  francese  del  1799,  P  altra  parimenti  importante 
attraverso  l'Istmo  di  Panama,  fu  promossa  dagli  studi  del- 
l'Ingegnere  Luigi  Napoleone,  riassunti  in  una  breve  ma  ap- 
prenatiasima  sua  Memoria  ioseriia  nella  Revue  Brìiaiii^ae 
dell'anno  4846  solio  il  titiife:  La  mina/  de  Nkt^agma,  deHa 
quale  pure  daremo  conto  ai  noalri  leiAori  ia  qualcuno  dei 
prossimi  aumerL 

I.  Bignami. 


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SI  3 


NUOVE  COIUNIGAZIONI 

PER  MEZZO  DI  CANALI,  STRADE  FERRATE 
E  PONTI  DI  FERRa 

Ultimo  Bendleonto  della  Soeletà  delle  strade 
ferrate  del  recito  I^mliardo -Veneto  e  dein* 
tallo  Centrale* 

\ji  pervenne  V  ultimo  rendiconto  della  Società  delle  strade 
ferrate  del  regno  Lombardo-Veneto  e  dell'Italia  Centrale, 
compresi  anche  i  tronchi  cosi  detti  delle  strade  ferrate  me^ 
ridionali.  Noi  riproduciamo  quelle  sole  notizie  che  possono 
interessare  i  lettori  italiani. 

I. 
Prezzo  d' acquUto  delle  strade  rilevate  dallo  Stato. 

Sezione  meridionale  (  lomb.  veneta  )  L.  ital.  60,900,000.  — 
»      settentrionale  (Trieste)  •     »    »     475,000,000.  — 


Totale    L.  itaU  235,900,000 
ossia  fior*  aust.    94,960,000 

Le  29.  S  leghe  austr.,  o  220  chilometri  della  strada  ti* 
rolese,  e  quella  parte  della  strada  di  Sisseck  che  è  già  co- 
struita (i  quali  due  tronchi  rappresentano  in  complesso  una 
spesa  approssimativa  di  32  milioni  di  fiorini  aust.,  ossia  80 
—•'•-"=  iì  lire  ital.)  vengono  ceduti  dallo  Slato  alla  Società 
irrespettivo  ed  a  titolo  di  sovvenzione, 
conto  del  prezzo  d' acquisto  della  rete  lomb.  veneta 


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m 

furono  pagati  finora  40  milioni  di  lire  aust.,  restano  dun- 
que a  pagarsi  trenta  milioni  nel  corso  dei  prossimi  tre  anni* 
Il  prezzo  della  linea  di  Trieste  deve  essere  soddisfatto 
in  nove  rate,  le  cui  scadenze  sono  ripartite  fra  gli  anni 
4858  fino  al  4866,  senza  prestazione  d'interessi,  come 
segue: 

Un  mese  dopo  la  sanzione  suprema 

dell'atto  di  concessione     .    .     10,000,000  di  fior,  austr* 

Al  i  novembre  1859  .    «    *    .    10,000,000  >  > 
Dall'  anno  1860  al  1864  in  5  eguali 

rate *    *    .    30,000,000  »  » 

Nell'anno  1865 40,000,000  »  * 

Nell'anno  4866 40,000,000  >  > 

I  .r  ■ 

Totale  .    .    •    .    é    é    .    é    70,000,000  di  fior,  austr* 

Inoltre  il  Governo  ha  diritto  di  percepire  la  metà  dei 
prodotti  netti  eccedenti  II  7  per  100  sino  all'  importo  di  30 
milioni  di  lire  sulla  rete  lomb.-veneta  e  di  80  milioni  di 
6orini  sulle  rimanenti  linee.  —  Ma  la  Società  ha  il  diritto 
di  affrancarsi  da  quest' obbligo,  pagando  al  Governo  per  la 
rete  lomb.-veneta  40  milioni  di  lire  nel  4866  ed  altrettanti 
nel  4867,  e  per  la  sezione  settentrionale  20  milioni  di 
fiorini  austr.  in  quattro  anni,  cominciando  dal  4874. 

II. 

Spe$e  d*  impianto  della  rete* 

Rete  lomb.-veneta,  compresa  la  strada  da 
Padova  a  Rovigo Itah  L.  323,000,000 

Strada  da  Vienna  a  Trieste,  comprese  le 
spese  di  assestamento  e  di  acquisto  (avuto  ri-> 
guardo  ai  termini  stabiliti  pei  pagamenti)     >  206,000,000 

hai.  L  528,000,000 


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914 

Somma  retro  ital.  L.  528,000,000 

Strade  ungheresi  (  Oedenburg-Kaoisza ,  e 
Pragerhof-Buda-Uy-Sz5ny    ...«•«»  115,000,000 

Strade  Croate  (  Steinbrùek-Sissek  e  Garl- 
stadt) >     80,000,000 

Marburgo-Rlagenfurt-ViUico    ....    »     40,000,000 

Tirolo »     97,000,000 

Totale Ital.  L  810,000,000 

Per  3188  chilometri,  ossia  prezzo  unitario 
per  chilometro,  lire  italiane  358,000,  e  per 
lega  tedesca  774,00()  fior. 

Le  somme  che  furono  finora  realizzate  o 
ohe  sono  da  realizzarsi  pel  corso  del  primo 
semestre  1859  si  elevano  a  104  milioni  di  fior, 
ovvero  360  milioni  di  lire  itah,  cioè: 

Versamento  di  80  fior.  (300  lire  ital.)  sopra 
t60fi00  azioni Ital.  L.  150,000,000 

Pagati  dagli  azionisti  della  Società  della 
strada  ferrata  orientale  di  Francesco  Giuseppe 
e  rappresentati  da  192,000  obbligazioni  rilasciate 
a  quella  Società >     45,000,000 

Obbligazioni  emesse  dalla  Società  lombar- 
do-veneta, circa >     65,000,000 

Ital.  L  360,000,000 

ItaL  L  560,000,000 

Versamento  residuo  di  fior.  120(L.  ital.  800) 
sulle  azioni »  335,000,000 

Bestano  da  coprirsi  mediante  obblig.  Ital.  L  835,000,000 


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S45 
UI. 

Prodotti  verosimili  delF  anno  d'esercizio  1859. 
Prodotti  dell'anno  [d'esercizio  4858. 

Rete  lomb.-venela Ital.  L.    41,000,000 

Linea   Vienoa-Trieste  (comprese   le  dira- 
maxioni  verso  Oedenburg  e  Laxenburg)       >     25,500^000 


hai  L.    86^00,000 

I  prodotti  dell' esercizio  1858  sono  suti  scarsi  per  di- 
versi motivi,  fra  i  quali  i  precipui  sono: 

1.^  La  crisi  commerciale  i  cui  effetti  si  sono  fatti  sentire 
sopra  tolta  la  rete  e  specialmente  sopra  la  lìnea  essenzial- 
mente commerciale  di  Trieste. 

8.^  L'imperfetto  servizio  nell'esercizio  della  strada  di 
Trieste  durante  l'epoca  dal  i.^  novembre  1857  al  1.^  no- 
vembre 1858,  alla  quale  si  riferisce  il  prodotto  sopra  indi- 
cato, essendo  il  trasporto  delle  merci  lungo  quella  linea 
stato  attivato  soltanto  alla  fine  di  ottobre  1857. 

3.^  Le  tre  lacune  tuttora  sussistenti  sulla  linea  princi- 
pale della  rete  lombardo-veneta,  due  delle  quali|,  od  una 
per  lo  meno,  saranno  tolte  entro  i  primi  mesi  dell'anno 
1859. 

Si  può  dunque  calcpiare  3cnza  esagerare  il  prodotto 
lordo  dell'anno  1859  io    ...    .     ItaL  L.    40,000,000 

Ai  quali  bisogna  aggiungere,  per  la  linea  di 
Trieste,  due  mesi  dell'anno  1858,  essendoché 
la  Società  è  cn^ratp  a)  ppssesso  delle  strade 
col  1.^  novembre,  quindi »       4,000,000 

«^i^MB^a— ••■■A  ^Mi^^MS 

Totale  prodotto  lordo  del  1859  Ital.  L.    44,000,000 

non  calcolato  il  prodotto  delle  2S.3  leghe  tedesche  (S20  chil.) 
della  strada  del  Tirolo  che  sunno  per  essere  aperte  all'  e- 
sercizio. 


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S16 

Le  spese  d' esercitio  della  rete  lomb.-Teneia  furono  nel 
1857  del  50  per  400. 

Quelle  della  strada  di  Trieste  Don  sodo  precisamente 
conosciute ,  e  furono  certamente  molto  elevate  durante  il 
primo  aoDO  d'esercitio.  Ma  siccome  anche  sulla  strada  lom- 
bardo*veneta ,  prima  che  questa  fosse  assunta  dalla  Soeieià, 
tali  spese  si  portavano  ad  una  cifra  assai  rilevante^  puossi  spe- 
rare con  fondamento  in  una  immediata  e  considerevole  di- 
minuzione di  esse. 

Ciò  nuUostante,  quand*  anche  si  supponga  che  le  spese 
d'esercizio  per  Y intera  rete  sommino  a(la  cifra  del  55  per 
400  del  prodotto  lordo,  cioè     •    •     Ital.  L.    24,000,000 
il  prodotto  netto  verosimile  dell' esercbio  re- 
sidua in >     20,000,000 


Il  capitale  esborsato  sulle  linee  aperte  all'  esercizio  fino 
a  tutto  il  34  dicembre  J859  può  essere  calcolato  come  segue: 

Versamento  allo  Stato  sul  prezzo  d'acquisto  della  rete 
lombardo-veneta   .....,...»     44,000,000 

Della  linea  di  Trieste •    >     50,000,000 

Spese  di  apprestamenio  e  di  assestamento 
per  le  linee  aperte  all'  esercizio  fino  al  34  di- 
cembre 4859,  all'  incirca >     36,000,000 

Totale     •    .    .    .    Ital.  L  430,000,000 
Essendo  l' importo  dei  versamenti  effettuati 

sulle  azioni  di      . »  450,000,000 

Si   avranno   quindi   disponibili  per  essere  im- 
piegali sulle  nuove  linee »     20,000,000 

Cosicché  il  conto  «  versamento  sulle  azioni  »  offrirà 
presumibilmente  alla  fine  del  4859  un  civanzo  di  8  milioni 
di  fiorini  v.  a.  (20  milioni  di  lire  ital.)  per  le  linee  in  co- 
struzione. 

Siccome  a  senso  della  convenzione  e  degli  statuti ,  gli 


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H7 
ioieressi  delle  somme  impiegale  per  queste  strade  in  co- 
struzione gravitano  sul  capitale,  ne  deriva  per  conseguenza 
che  gli  interessi  del  5  per  400  sopra  questi  8  milioni  dì 
fiorini  (20  milioni  di  lire  ital.)  del  pari  che  gli  interessi 
delle  somme  versate  sulle  azioni,  le  quali  sono  fruttifere  fino  a 
tanto  che  vengono  effetivamente  impiegate ,  aumenteranno 
la  cifra  disponibile  degli  8  milioqi  di  fiorini  (20  milioni  di 
lire  ital.)  provenienti  dal  reddito  netto  dell'esercizio,  cioè 
il  prodotto  netto  totale  da  distribuirsi  per  intero  fra  gli  azio- 
nisti a  titolo  di  dividendo,  salva  prelevazione  del  quoto  de- 
stinato a  costituire  il  fondo  di  riserva. 

Sarebbe  difficile  prevedere  con  esattezza  quali  saranno 
le  rendile  dell'anno  1860.  Ci  limiteremo  dunque  ad  ac- 
cennare che  il  capitale  impiegato  sulla  rete  in  esercizio  si 
aumenterà  durante  questo  periodo  all'  incirca  di  24  milioni 
di  lire  ital.  da  pagarsi  allo  StatOvCioè,  IO  milioni  di  lire 
austr*  al  17  luglio,  e  6  milioni  di  fiorini  al  i  novembre 
4860,  ed  inoltre  delle  spese  che  in  tutto  questo  periodo 
saranno  state  fatte  sulle  linee  in  esercizio.  AH'  incontro  in 
questo  frattempo  la  strada  da  Trieste  al  Ticino  sarà  com- 
pila senza  interruzione,  ed  aperta  quella  da  Pragerhof  a 
Stuhiweissenburg-Buda ,  le  quali  circostanze  non  possono 
a  meno  di  produrre  un  sensibile  aumento  di  rendita. 

IV. 
Condizioni  finanziarie  della  Società  dopo  compiuta  la  rete. 

11  termine  fissato  pel  compimento  dell'intera  rete  è  l'anno 
«868. 

Ammettiamo  che  per  quell'  epoca  la  Società  siasi  affran* 
cau  verso  il  Governo  del  diritto  ad  esso  riservato  di  perce- 
pire la  metà  della  rendita  netta  della  rete  lombardo-veneta 
eccedente  il  7  per  400. 

Con  ciò  il  capitale  sociale  sarebbe  aumentato  di  circa 
6,800^000  fiorini  T.  a.  (17  milionj  di  lire  ital.)  e  raggiun- 


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248 

gerebbt;  la  cifra  di  SSO^SOO^AOO  fioriot  v.  a.  (837,000,000 

di  lire  itaL). 

Supponiamo  inoltre  che  i  180,800,000  fiorini  (452  mi- 
lioni di  lire  ilal.)  in  obbligazioni,  necessarie  per  completare 
questo  capitale,  e  dei  quali  ia  dieci  anni  sono  da  realix- 
zarsi  136,800,000  fiorini  v.  a.  (S42  milioni  di  lire  ttal.)  sieno 
stati  negoziali  in  questo  periodo  di  10  anni  in  un  medio  di 
6  1|2  per  100  d'onde  risulta  un  peso  annuo  in  medio  di 
10  milioni  di  fiorini  t.  a.  (85  milioni  di  lire  ìtal.). 

La  condizione  finanziaria  delF  impresa  si  presenta  quindi 
come  segue: 

Un  dividendo  di  8  per  400  sopra  760,000  azioni  est- 
gerebbe  una  somma  di  •  «  «  •  .  Ital.  L  30,000,000 
ed  un  dividendo  del  10  per  100      ...»  37,500^)00 

Da  ciò  risulta  che  il  prodotto  netto  neeea- 
saria  per  realizzare  un  dividendo  di  8  per  100 

sarebbe    •    • >  55,000,000 

e  per  realizzare  un  dividendo  del  10  per  100  >  62,500,000 


Non  vi  è  alcun  motivo  per  supporre  che  a  queir  epoca 
le  spese  d'esercizio  sulle  strade  della  Società,  superino  quelle 
delle  strade  ferrate  francesi. 

Ammesso  pure  che  alcune  delle  linee  comprese  nella 
concessione,  come  quella  di  Trieste,  presentino  difficoltà 
speciali;  ammesso  che  il  movimento  passaggeri  e  merci  so- 
pra alcune  altre  sia  comparativamente  minore  di  quello  che 
sulle  linee  francesi,  alle  quali  si  potrebbero  quelle  assomi- 
gliare.  ciò  nullameno  il  minor  prodotto  cagionato  da  questi 
motivi  viene  compensato  dal  minor  numero  di  convogli  che 
sì  muovono  sulle  strade  ferrate  austriache. 

Con  tutto  questo  ammettiamo  pure  che  le  spese  d' eser- 
cizio sopra  queste  linee  raggiungano  il  45  per  100  degli 
introiti  lordi,  cifra  molto  elevata,  trattandosi  di  une  rete 
casi  eslesa. 

Posta  questa  base  il  prodotto  lordo  necessario  per  assi* 


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SI9 

curare  r8  per  400  alle  azioni  sarebbe  di  ItaL  L  100,000,000 
oppure   6or.   96,000  per  lega,   per  chilom. 
33,000  lire  ita!,  e  per  assicurare  illO  per  100  >  113,000,000 
oppure  per  lega  108,000  fior.  =s  86,000  lire  ital.  per  chi- 
lometro. 

Ora  i  prodotti  lordi  ehilom.  delle  principali  strade  fer- 
rate francesi  nel  1857  furono: 

per  la  linea  del  Nord  ....    Ital,  L.  63,881  per  ehil. 
da  Parigi  a  Lione  ed  al  Mediterraneo       »  67,653        » 

per  le  linee  dell*  ovest >  44,933        > 

>  di  Orleans »  43,544        > 

deirest >  88,17i 

e  per  termine  medio  •    •    .    •    Ital.  L.  49,160  per  cbil. 

I  prodotti  deiranno  1867  delle  strade  ferrate  austriache 
di  maggior  importanza  fcnrono: 

per  la  strada  del  nord     •    •    .    Ital.  L  68,600  per  diil. 
per  le  strade  concesse  alla  societh  francese 
fondata    dal   Credit  Mobilier  di  Parigi    >  83,800        • 
e  per  la  linea  di  Trieste  nell'anno  1866  , 

(prima  che  fosse  interamente  compiuta)  »  47,000       > 
enei  1867  dopo  compiuta  interamenie  »  46,000       » 

Finalmente  la  rete  lombardo-veneta,  ad 
onta  dello  stato  incompleto  in  cui  si  trova 
ha  dato  nel  1868  quasi      .    •    .    •    >  S6,000        » 


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220 


aS, 


INVENZIONI   E   SCOPERTE 


jt^cco  alcuni  interessanti  dettagli  intorno  al  pericoloso  viag- 
gio fatto  in  podositafo,  dal  signor  O.,..,  di  Rotterdam,  mem- 
bro del  reale  Yacht  Club  neerlandese: 

I  podoscafi  (  waterschoca  )  sono  specie  di  scarpe  (  in  le- 
gno d'abete,  ferro  o  cuojo  )  di  14  piedi  »/«  di  lunghezza 
sopra  9  pollici  d' aliezza.  .In  mezzo  alia  parte  superiore  di 
ciascuna  scarpa  trovansi  Ire  piccole  aste  che  impediscono 
alla  persona  che  nionia  i  podoscafi  di  sdrucciolare.  Col  mezzo 
d'una  lunga  pertica  di  dodici  piedi,  terminata  alle  due 
estremità  da  una  palletta,  si  fa  avanzare  la  navicella  remi- 
gando. Ciò  che,  in  questo  esercizio,  è  più  faticoso  si  è  l'ob- 
bligo in  cui  si  trova  il  navigante  in  podoscafi  di  tenersi  co- 
stantemente in  piedi.  '  Il  vantaffgio  dei  podoscafi  consiste 
principalmente  nella  facilita  colla  quale  si  ponno  guidare  e 
colla  quale  si  ponno  evitare  gli  ostacoli  che  si  presentan 
sull  acqua,  nel  fondo  d'acqua  che  non  sorpassa  40  pollici. 
Tutte  le  acque,  navigabili  o  no,  sonò  accessibili  ai  podo- 
scafi. 

Le  diverse  società  delle  regate,  in  Olanda,  hanno  orga- 
nizzato delle  corse  in  podoscafi  e  fissati  dei  premj  ai  vin«> 
citori. 

II  signor  0...,  fece  la  promessa  di  rendersi  in  podoscafo 
da  Rotterdam  a  Colònia,  risalendo  il  Reno,  nello  spazio  di 
sette  giorni.  Egli  parti  da  Rotterdam  il  16  agosto,  a  sei  ore, 
trentacinque  minuti  di  mattino,  e  malgrado  i  venti  contrarii 
continui,  egli  arrivò  a  Colonia  la  domenica  22  agosto,  a  nove 
ore  e  mezzo  di  sera^  nove  ore  quindi  avanti  il  termine 
prefisso.  La  prestezza  dei  podoscafi,  nelle  acque   tranquille, 

'ì  due  leghe  per  ora;  ma  il  vento  e  le  correnti  hanno 
lente  modificato  la  prestezza  colla  quale  il  signor 
jnse  a  Colonia.  Alcune  volte  allorché  il  signor  0...« 
snto  sfavorevole,  questa  prestezza  non  era  d'un 
i  lega  0  d'  una  mezza  lega  per  ora.  (  Sport  ). 


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221 


VARIETÀ 

— oOo 

Antichità  ei^slfMie  e  feiidaBl«ne  di  un  mnse* 


G. 


li  scavi  ìnirapresi  in  Alessandria  sollo   la  direzione  del 

signor  Marietle,  conservatore  del  museo  egiziano  nel  Louvre 

I       hanno  prodoito  la  scoperla  di  un  gran  numero  di  oggetti  pre- 

I       ziosi.  Una  parte  di  essi  rinchiusa  in  SO  casse  fu  già  spedi- 

I       ta  da  Alessandria  à  Marsiglia,  e  fra  le  altre  cose  vuoisi  far 

menzione  di  un  sarcofago  in  granito  dei  tempi   di   Ceope, 

fondatore  della  grande  piramide,  lungo,  due  metri  e  mezzo 

ed  ornalo  di  scolture. otùm^m^nt^  conservate;  di  un  pugna- 

le  con   impugnatura   d'oro  con    iscrizioni  geroglifiche;   di 

due  leoni  d'oro  trovati  nei  dintorni  di  Tebe  sulla  mummia 

di  un  re  ignoto  appartenente  alle  più   antiche   dinastie,   e 

finalmente  di  alcune  statue  di  bronzo  e   bassorilievi   delle 

più  vetuste  dinastie,  mancanti  sinora  in  tutti  i  musei  egizi! 

d'Europa.  Cinquecento  sottosopra  sono  gli    oggetti    raggua- 

gliati  alla  somma  di  200,000  franchi. 

Il  viceré  d'Egitto,  Said  Pascià,  ha  in  pari  tempo  ordi- 
nato la  fondazione  in  Alessandria  di  un  vasto  musco  in  cui 
verranno  raccolte  tutte  le  antichità  scoperte  o  che  saranno 
per  iscoprirsi  in  Egitto.  Già  gli  architetti  del  governo  egi- 
zio, i  signori  De  Montani  e  Linant-Bey,  danno  opera  al  di- 
segno di  questo  grandioso  edifizio.  Il  signor  Mariette  fu  no- 
^  minato  dal  viceré  conservatore  generale  di  tutti  i  monu- 
menti storici  dell'Egitto  e  si  avrà  come  tale  la  direzione 
cosi  del  nuovo  museo  come  di  tutti  gli  scavi  che  intrapren- 
derannosi  quind' innanzi  in  Egitto. 


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3sa 


n  gioroale  tedesco  V  Aiuland  ha  pubblicato  i  seguenti 
calcoli  sul  cresciuto  consumo  del  cotone  in  Europa  dall'  anno 
4781  al  4866.  Eccone  il  risultato: 

Anni  Libbre  metriche 

Dal  4784  al  478» 40,800,000 

4794  al  4795    • 37,400,000 

4804  al  4805 66,500,000 

4811  al  4815 79,680,000 

4831  al  10S5  ' 453,200,000 

4834  al  4835 843,540,000 

4844  al  4845 585,300,000 

4854  al  4855 ^  744,500,000 

4856 943,800,000 

Da  questo  quadro  raccogliesi  che  nel  solo  perìodo  di 
ottant'  anni  V  aumento  del  consumo  del  cotone  in  Europa 
fu  nella  proporiione  dì  800  ad  4;  cosicché  può  dirsi  che 
s'è  aumentato  di  trecento  volte,  e  se  nel  4784  si  contava 
un  individuo  che  consumava  cotone  ora  se  ne  contano  300; 
non  potendosi  credere  che  ogni  individuo  consumi  ora  300 
volte  più  cotone  che  non  si  consumasse  ottanta  anni  sono. 

A  questo  straordinario  prodotto  e  relativo  consumo  con- 
tribuì massimamente  l'applicazione  delle  macchine.  Se  nel* 
r  Inghilterra  si  usassero  ancora  i  vecchi  metodi  del  filare  e 
del  tessere  dell'anno  4767,  occorrerebbe  per  le  sole  mani- 
fatture di  cotone  l'opera  di  94,380,000  individui,  il  qual 
numero  corrisponde  alla  popolazione  complessiva  della  Fran*  ^ 
eia,  dell'Austria  e  della  Prussia. 

Invece  le  manifatture  a  macchina  dell'  Inghilterra  non 
occupano  che  379,300  operaj,  sussidiati  da  macchine  che 


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223 
corrispondono  a  83)000  cavdHi'Vapore ,  e  Anno  muovere 
veoii  milioni  di 


NhMwa  stottotlM  ééOm 
del   nàmném. 


L'illustre  professore  Dieterici  comunicava  non  ha  guari 
all'Accademia  di  Berlino  un'  importante  sua  Memoria  stati- 
stica, nella  quale  egli  si  faceva  a  riassumere  il  risultato  di 
tutti  i  documenti  che  si  hanno  sulla  popolazione  dei  varj 
Suti  del  mondo,  e  presentava  le  seguenti  conclusioni  nu- 
meriche: 

Inumerò 
degU  abitanti 

Nei  varj  Stati  d'Europa.    .    .    .  873,000,000 

Nell'Asia 760,000,000 

Nell'Africa 300,000,000 

Nell'America 69,000,000 

Nell'Australia 3,000,000 


Numero  totale    4,383,000,000 


Noi  dubitiamo  deir esattezza  di  questi  calcoli,  giacché 
non  crediamo  che  l'Asia  possa  avere  settecento  cinquanta 
milioni  di  abitanti,  e  l'Australia  non  ne  abbia  che  soli  due 
milioni.  Cosi  pure  crediamo  che  la  popolazione  deirAmerica 
superi  d'assai  i  einquantanove  milioni  assegnati  ad  essa  dal 
professore  prussiano. 


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334 

litoilstle»  dei  mwU  pem  mmìpm  M  fiOiÉiine 
nella  Grmi  Bret^si 


Il  dott.  Poey  ha  voluto  spogihire  i  registri  mortaarj  del- 
r  Inghilierra  per  conoscere  quanti  siano  stati  i  morti  per 
colpo  di  fulmioe  nel  quinquennio  decorso  dal  1852  al  4856. 
Eccone  il  risultato: 


Anni 

1853 
1853 
1854 
1855 
1856 


Uomini 

Donne 

ToUl 

.    .    37 

8 

45 

.    .      8 

S 

10 

.    .    .    16 

4 

17 

.    .    .    14 

3 

17 

,    .    .    13 

1 

14 

Totale    88 

15 

403 

Da  questo  prospetto  raccogliesi  che  minimo  è  il  numero 
dei  moni  per  colpo  di  fulmine.  Tra  questi  gli  uomini  sono 
nella  proporzione  quasi  sestupla  a  confronto  delle  donne; 
il  che  ci  mostra  che  le  eventualità  delle  folgori  micidiali 
avvengono  piuttosto  a  campo  aperto  e  sulle  pubbliche  vie 
che  non  nelle  case  ove  quasi  sempre  dimorano  le  donne. 
Questa  statistica  potrebbe  avere  un  maggior  valore,  qualora 
fosser  estesa  anche  ai  paesi  meridionali  d'Europa  ove  i  nem- 
bi temporaleschi  sono  più  frequenti,  e  gioverebbe  che  fos- 
sero istituiti  i  confronti  fra  quei  paesi  che  sono  molto  di- 
fesi dai  parafulmini  con  quelli  ove  tuttora  mancano. 


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ANNALI    UNIVERSALI 

99  SllAlf3«lfSdlL 


Mara»  t^ft». 


¥•!•  yi%M.  —  iv."^  es. 


BIBLIOGRAFIA  (0 

ECONOMIA  PUBBLICA,  STORIA  E  VIAGGI. 
RASSEGNA  DI  OPERE  ITALIAIVE. 


X.  —  ^  La  scienza  medica  della  povertà^  ossia  la  Beneficenza 
illuminata;  pensieri  del  conte  G.  Masssi.  Firenze  4858. 
Voi.  li  fn-8.®  grande  dipag.  650  e  voi.  Ili  dipag.  498; 
coi  tipi  di  M.  Cellini. 


N. 


loi  abbiamo  già  annuDiiata  a  suo  tempo  la  pubblicazione  del 
primo  Tolame  di  quest'opera  del  benemerito  conte  Maffèi.  Ora  ne 
giunse  II  secondo  ed  il  terzo  volume  con  cui  l'opera  sì  compie. 

L'egregio  autore  ba  voluto  risolvere  i  più  ardui  problemi  che 
ora  si  agitano  In  Europa  sul  modo  di  riordinare  la  carità.  Senza 
ricorrere  alle  utopie  funeste  dei  socialisti  e  peggio  dei  comunisti» 


*  (f)  Saranno  iodicale  eoa  asterisco  (*)  di  riscontro  al  titolo  dtiropera 
fl«ello  prodasioui  sopra  le  qaiH  si  daranno  |  quando  occorrono,  arliooli 
Analitici. 

AmjkLL  Statislica,  voU  XXI,  gTÌe  3.*  iS 


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226 

e  sema  ripetere  certe  misticìie  aspiraiioni  ormai  venute  di  moda 
per  cui  voglionsi  i  poveri  nello  sUto  di  perpetua  abiezione  per  dar 
occasione  agli  straricchi  di  eserciUre  le  opere  della  misericordia, 
il  conltf  Masse!  seppe  trattare  il  tema  della  povertà  e  della  benefi- 
cenza che  la  consola  colle  dottrine  tutte  civili  della  scuola  italia- 
na. Nel  secondo  volume  della  sua  opera  svolge  la  parte  terapeu- 
tica della  povertà,  e  nel  terzo  ed  ultimo  volume  tratta  dei  rime- 
di! igienici  che  la  prevengono  e  la  alleviano.     . 

Nella  parte  terapeutica  Fautore  non  lascia  negletta  alcuna  isti- 
tuzione che  giovar  possa  al  vero  sussidio  della  povertà.  Egli  no- 
bilita innanzi  tutto  il  lavoro  •  dimostra  «o«e  si  possa  con  questo 
fornire  i  più  sicuri  presidi!  alle  classi  povere.  Egli  raccomanda 
tutte  le  istituzioni  che  abilitano  e  riabilitano  il  povero  onde  trovi 
da  he  i  mezzi  del  proprio  sostentamento.  E  solo  quando  la  povertà 
procede  da  cause  inescusabili  »  propone  di  dar  corso  ai  rimedi! 
della  carità  sovvenitrice.  Fra  questi  rimedi!  rigetta  l'inerte  elemo- 
sina e  preferisce  i  soccorsi  a  domicilio.  Espone  le  norme  che  do- 
vrebbero reggere  le  istituzioni  di.  beneficenza  ed  a  queste  racco- 
manda la  concordia  nelle  opere  e  la  pubblicità  nei  rendiconti. 

La  parte  igienica  deiropera  tende  a  far  conoscere  tutte  le  prov- 
videnze che  attivare  si  possono  in  ogni  paese,  onde  rendere  il  po- 
polo valido  al  bene.  In  questa  parte  del  suo  lavoro  l'autore  ri- 
corda di  tutte  le  istituzioni  migliori  qua  e  là  iniziate  in  Europa  per 
restituire  alle  class!  povere  la  perduta  dignità  e  diremo  anche  la 
perduta  sanità. 

Memore  l'autore  del  patrio  suo  nido  chiude  il  suo  lavoro  con 
un'accurata  rassegna  di  tutti  gli  istituti  di  beneficenza  cbe  illu- 
strano Bologna,  lu  una  città,  come  è  quella,  che  conta  circa  ses- 
santa mila  abitanti,  vi  hanno  cento  dodici  istituti  che  concorrono 
a  sussidiare  i  poveri  in  ogni  infortunio  della  vita.  Eppure  ad  onta 
di  si  esuberanti  mezzi  di  carità  si  lamenta  ancora  il  vagabondo 
accattonaggio  e  la  miseria  più  cruda  del  proletariato. 

Questa  parte  tutta  storica  rende  ognor  più  preziose  le  dottri- 
ne esposte  dall'autore  e  che  tendono  a  regger  meglio  le  opere 
della  pubblica  carità. 

Noi  daremo  un'analisi  speciale  di  questo  sapiente  lavoro,  che 
merita  di  essere  consultato  da  tutti  quelli  che  presiedono  alle  pie 
opere. 


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sa? 

XI.  —  V Italia;  saggio  descritiivo  per  D.  Gioìchlvo  Feangesco 
Pacheco,  delle  regie  Accademie  spagnuole.  Madrid  1858. 
Un  voi  in-S.^  di  fog,  435,  preeeo  la  stamperia  nazionale. 

L'aviere  visse  Tarii  anni  in  Italia ,  ove  fa  midistro  di  Spagna 
presso  la  corle  di  Roma.  Ad  iniita:ùone  degli  ambasciatori  veneti 
che  raeeogUevano  preziosi  ricordi  negli  esteri  paesi  »  egli  esplorò 
dottamente  le  varie  contrade  italiane ,  e  ritornato  in  patria  le  il- 
lustrò con  un'  opera  che  meriterebbe  fosse  tradotta  anche  da  noi. 

XII.  —  Pensieri  suWistruziane  e  sulFedncazione;  di  Giuseppe 
Lazzabo.  Napoli  4858.  Un  opuscolo  in-8.^  preyo  la  ti- 
pografia dell'Epoca* 

Quest'opuscolo  è  dettato  colle  norme  più  sane  della  pedagogia 
italiana.  Nella  prima  parte  parla  dell' istruzione  e  tratta  dei  mae- 
ilrì  e  dei  metodi,  e  nella  seconda  discorre  intorno  all'educazione. 
Noi  diamo  molta  importanza  a  questa  opcricciuola  perchè  è  pub- 
blicata in  un  paese  ricco  per  natura  d'Ingegni  ma  povero  affatto 
di  istituzioni  veramente  educative.  L'autore  parlerà  forse  per  qual- 
che tempo  al  deserto ,  ma  alia  perine  la  voce  del  bene  si  farà 
strada  e  la  pubblica  educazione  ritornerà  a  fiorire  nella  patria  di 
Vico  e  di  Genovesi. 

XIII.  —  //  primo  istitutóre  dei  sordo-muti;  discorso  del  ca9. 
tAate  G.  B.  Gostardi,  Direttore  dell'Istituto  lombardo- 
veneto  dei  sordo-muti.  Milano  1858.  Un  opuscolo  tn-8.^ 
di  pag.  12. 

XIV.  —  Al  professore  Gandolfl;  alcune  parole  del  sacerdote 
Luigi  Vischi  intorno  ai  sordo-muti.  Modena  4869.  Un  opu- 
scolo m-8.^  di  pag.  48. 

L'abate  Costardi  si  accinse  a  ricordare  nel  suo  discorso  i  me- 
riti di  Pietro  Ponce  di  Leon,  che  fu  il  primo  a  trovare  t  metodi 
dì  educare  i  sordo  muti  sino  dal  secolo  XVI.  Questa  tommemora- 
zione  ci  presenta  la  storia  dei  primi  tentativi  bene  riusciti  per  re- 
dimere i  poveri  sordo-muti  alla  verità  ed  alla  virtù.  Noi  dobbiamo 
esserne  grati  all'autore. 


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2S8 

L'opascolo  inveee  deirabate  Vischi  tratta  di  una  polecoica  in 
sorta  tra  il  sordo-muto  Carbonesi  e  il  professore  Gaodolfi  su  var. 
punti  ancora  contrastati  sulla  riabilitazione  ci?ile  e  giuridica  de 
sordo-muti. 

Noi  desideriamo  che  corrano  tempi  abbastansa  tranquilli  per 
permettere  che  si  tenga  dall'Accademia  fisio-medico-statistica  di 
Milano  il  divisato  Congresso  di  tutti  gli  istitutori  dei  sordo-muti 
in  Italia  [\er  convenire  intorno  nd  una  possibile  uniformità  di 
metodi  diretti  ad  ottenere  la  riabilitazione  civile  del  sordo-muto. 

XV.  —  Sommario  di  storia  della  coltura  italiana  nei  rapporti 
a  quella  delle  altre  nazioni  europee;  di  Giuseppe  Rosa. 
Venezia  4858.  Un  opuscolo  tii-8.^  presso  la  tipografia 
del  Commercio. 

In  un  tempo  in  cui  le  opinioni  dei  dotti  sono    divise   in  due 
partiti,  sostenendo  gli  uni  a  spada  tratta  il  primato  della    coltora 
Italiana  9  ed  altri  facendola  credere  decaduta  ed  unicamente   esal- 
tando la  coltura  oltremontana,  era  bene  che  taluno  sorgesse  a  di- 
mostrare come  ai  dì  nostri  II  pensiero  deve  modellarsi  non  ad  aa 
solo  tipo,  ma  attingere  la  coltura  ovunque  fiorisca.    Sotto   questo 
rapporto  Topuscolo  del  Rosa  può  dirsi  utilissimo.  Soltanto  dobbia- 
mo dire  che  egli  non  fece  che  sfiorare  il  suo  argomenlo  e  lo  tratfò 
cosi  a  spizzico  da  non  offrire  idee  complete.    Non  esitiamo  però 
ad  incoraggiarlo  a  svolgere  le  sue  idee  in  pn  altro  lavoro  più  ri- 
posato. 

XVI.  —  *  Biblioteca  dell'economista;  diretta  da  Francesco  Feb- 
RARA.  Torino  1859.  Dispensa  236  e  237.  Seconda  serie. 
Trattati  speciali  sulla  rendita  della  terra. 

Le  due  dispense  che  annunziamo  e  che  sono  le  ultime  qui 
giunte  f  comprendono  un  repertorio  di  articoli  da  giornale  e  di 
monografie  che  trattano  sulla  rendita  della  terra.  Questa  selva  di 
articoli  ò  scelta  con  bastevole  criterio,  ma  trattano  spesso  argo- 
menti di  applicazioni  pratiche  fuggevoli  e  non  possono  cosliluire 
un  vero  corpo  di  scienza.  Noi  preghiamo  l'illustre  direttore  della 
raccolta  a  voler  meglio  coordinare  cosiffatti  lavori,  per  non  tri* 
mutare  la  su»  piblioteca  iq  un'antologia  giornalistica. 


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Sfi9 


HEHORnS  ORIGIMLI 

ESTRATTI  ED  ANALISI  Di  OPERE* 


MadJ  mimiìàiìtì  àùììtk  |>riidilBl«n«  è  éuI  éòtoÉinercto 
del  cereali  In  Russia  e  sairaTrenlre  del  e<Mii- 
inerele  libere  del  ^ranl  In  Enrepsé 

L 

•Lia  Russia  é  divenuta  da  pochi  anni  il  nuovo  granajo 
d'Europa.  Il  dolio  francese  Robcrlo  de  Massy  raccolse  tutte 
te  notizie  che  si  hanno  sulla  produzione  dei  cereali  e  sul 
commercio  che  se  ne  fa  dall'  impero  russo,  e  noi  credem- 
mo opportuno  di  compendiarle  nella  presente  Memoria. 

Malgrado  le  condizioni  sfavorevoli  in  coi  si  mantiene 
Tagricoltura  io  Russia  (cosi  T  autore )f  e  ciò  in  seguito  alla 
condizione  de'  servi  che  solo  ora  si  stanno  emancipando^ 
pure  la  produzione  dell'impero  in  cereali  raggiunge  ancora  « 
grazie  alla  vasta  estensione  del  territorio,  una  cifra  conside* 
revole.  Si  valuta  l' importanza  media  dei  ricolti,  in  Russia* 
a  260  milioni  di  tchetwerU  (O  di  lutti  i  grani  (543,400,000 
ettol.)  dei  quali  80  milioni  di  Icheiwerts  circa  (476,000^00 
ettol.)  sono  prodotti  dal  regno  di  Polonia  e  dalle  provincie 
polacche  (3).  Nella  cifra  totale  della  ricolta ,  l' avena  e  la 
segale  figurano  per  più  di  dqe  quinti;  l'orzo  viene  dopo; 
quanto  al  frumento^  la  sua  importanza  relativa  è  abbastanza 


(4)  ti  tcbetWert  russo  equivale  a  2  ettolitri  e  9  litri. 
(2)  Soltanto  il  regno  di  Polonia  produce  da  solo  qttasi  dieci 
nilioiii  di  tcbetlrertau 


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debole  e  non  aorpassa  SO  milioni  d*  ettolitri.  Del  resto  ,  il 
eonsumo  del  grano  in  Russia  è  limitatissimo:  non  ?i  sodo 
ehe  le  grandi  città  dove  si  faccia  pane  ài  frumento.  Le  pò* 
polazioni  operaje  ed  agricole  si  nutrono  quasi  esclusivamen- 
te di  segale,  d*  orzo,  di  saraceno  e  d' avena  ;  nelle  Provin- 
cie meridionali  si  aggiunge  anche  il  mais. 

Paragonando  la  produzione  media  dell'impero  coli*  esien* 
sione  delle  terre  dedite  alla  coltura  dei  cereali ,  si  trova 
ebe  la  rendita  media  d' un  ettaro  non  raggiunge  6  ettoliirL 
GU  è  vero  cbe  sopra  9S  milioni  d'  ettari ,  che  comprende 
il  suolo  arabile,  quasi  un  quarto  rimane  ogni  anno  in  ri- 
poso per  il  sistema  d' avvicendamento  triennale  che  domina 
in  Russia.  Fatta  eccezione  dei  campi  improduttivi ,  V  ettaro 
rende  circa  in  media  da  7  ad  8  ettolitri  di  grani.  È  on  pò 
meno  dei  due  terzi  del  ricolto  che  s'ottiene  in  Francia. 

I  260  milioni  di  tchetwerts   di   grano   raccolti   ciascun 
anno  in  Russia  iti  ripartiscono  cosi  :  60  milioni  sono  riser- 
vati per  la  seminagione;   questa   quantità   corrisponde   ad 
una  produzione  di  un  pò  più   di   quattro  volle  la  semen- 
za. —  430   milioni  di  tchetwerts  servono  alla  nutrizione 
della  popolazione y  in  ragione  di  66  milioni  d'abitanti:  è 
circa  2  tchetwerts  o  4  ettolitri  di  grano  per  individuo  ;  ma 
in  niiPQ^a  proporzione  trovasi  compresa  la  quantità  di  grani 
li  alla  preparazione  d'  una  bevanda  chiamata  kwas$ 
quale  fassi  un  gran  consumo  nel  paese.  —  45  mi- 
tchetwerts  sono  destinati  all' alimentazione  del  be- 
si  contano  in  Russia  25  milioni-di  capi  di  bestiame, 
li  47  milioni  di  cavalli.  La  distillazione  e  la  fabbri- 
deli*  acquavita  richiedono  7  milioni  di   tchetwerts. 
esistono  neir  impero  granai  di  riserva  nei  quali  pro- 
e  paesani  sono  obbligati   di  versare   una   porzione 
ro  ricolte,  onde  provvedere,  quando  fa  d' uopo ,  ai 
straordinarii  causali  dall'  insufficienza  della  produzio- 
luò  valutare  a  6  milioni  di  tchetwerts  la  quantità  di 
innualmente  resa  inunobile  in  questi  depositi.  In  rias- 


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231 
fionto,  nrebbero  impiegati  ogni  anno  248  milioni  di  iclie- 
twerts  di  grani  di  tutte  le  specie  ai  diversi  usi  che  abbia- 
mo indicato;  18  milioni  (35  milioni  d'ettolitri)  restereb- 
bero disponibili  per  1*  esportazione. 

Per  (arsi  un'  idea  esatta  dei  meizi  e  dei  bisogni  della 
Russia,  non  si  dovrebbe  far  conto  sulla  comparazione,  in 
qualche  modo  astratta,  che  noi  presentammo  fra  le  quantità 
di  grani  annualmente  raccolte  e  quelle  che  sono  richieste 
dal  consumo;  importa  inoltre  far  conoscere  come  sì  opera 
la  distribuzione  dei  prodotti  agricoli  sopra  la  superGcie  del 
territorio.  I  governi  i  più  ricchi  di  cereali  occupano  la  parte 
meridionale  ed  occidentale  dell'  impero.  In  alcune  Provin- 
cie del  centro  e  dell'  est,  come  Toula ,  Orci ,  Orenbourg , 
e  nel  regno  di  Polonia  e  della  Poddia,  le  ricolte  eccedono 
i  bisogni  della  popolazione.  In  alcune  altre  né  eccedono, 
né  mancano.  Le  regioni  meno  favorite  sono  quelle  del  nord 
e  dei  80d-est,  e  le  contrade  bagnate  dal  mar  Baltico.  Infi- 
ne nella  maggior  parte  dei  governi  del  cenfro,  v'ha  una 
insufficienza  di  prodazione  che  proviene  più  dalla  densità 
reldiiva  della  popolazione  e  dal  predominare  il  lavoro  in- 
dustriale che  dalla  minore  o  maggiore  fecondità  del  suolo. 

Riassumendo  nello  stato  normale,  una  metà  circa  del- 
l' impero  produce  un  eccedente  di  grani,  mentre  che  l' altra 
metà  è  obbligata  di  idrre  dall'estero  il  complemento  del 
suo  approvvigionamento;  ma  diverse  circostanze,  come  le 
intemperie  del  elima,  la  lunghezza  delle  distanze  da  percor- 
rere, e  specialmente  V  imperfezione  delle  vie  di  comunica- 
zione, impediscono  che  si  stabilisca  tra  le  provineie  ste- 
rili ed  i  governi  produttori  un  equilibrio  regolare  e  perma- 
nente. 

In  Russia  le  vie  di  terra  non  sono  quasi  conosciute,  e 
se  si  eccettuano  alcune  larghe  e  belle  ghiajate,  che  sono 
pure  vere  opere  d' arte,  le  pretesa  strade  che  esistono  nel- 


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sss 

l'impero  sono  quasi  impralicabili.  I  trasponi  di  merci  «  e 
particolarmente  quelli  di  cereali,  si  fanno  d*  inverno  per  ai- 
tiraglio  e  d'  estate  colla  navigaiione.  L' attiraglio  è  special- 
mente adottato  per  le  spedizioni  a  breve  distanza,  e  non 
serve  11  piò  di  sovente  che  a  condurre  le  derrate  al  porto 
d' imbarcamento,  dal  quale  esse  sono  spedite,  dopo  lo  sgom- 
bramento,  per  un'  ulteriore  destinazione. 

I  corsi  d'acqua  naturali  od  artiflciali  ehe  possiede  la 
Russia  costituiscono,  per  la  loro  riunione,  un  doppio  siste- 
ma di  vie  navigabili.  Il  primo,  di  cui  il  Volga  forma  in 
qualche  modo  la  base,  parte  dal  mar  Caspio  e  si  dirige, 
per  una  triplice  serie  di  canali,  sopra  il  lago  Ladoga,  si 
confonde  quindi  colla  Neva,  e  termina  a  Pietroburgo,  sul 
golfo  di  Finlandia.  Due  rami  servono  d' appendice  a  questa 
casta  linea  di  navigazione,  la  di  cui  idea  devesi  al  genio 
di  Pietro  il  Grande.  Di  questi  due  rami  1'  uno,  al  sud,  con- 
giunge il  mar  Caspio  al  mare  d' Azof  ed  al  mar  Nero  per 
il  Don  e  il  Dnieper;  il  secondo,  al  nord,  mette  il  golfo  di 
Finlandia  in  comunicazione  col  mar  Bianco  per  il  lago  La- 
doga  e*  h  Dvina  superiore ,  ed  unisce  Pietroburgo  ad  Ar- 

^  khangel. 

II  secondo  sistema  di  comunicazione  ^uviale  stabilisce 
r  unione  tra  il  mar  Nero  ed  il  mar  Baltico  per  il  Dniester 
ed  il  Niemen.  Da  quest'ultimo  fiume  parte  un  canale  se- 
condario che  permette  di  dirigere  i  trasporti  sopra  Riga, 
servendosi  della  Dvina  inferiore.  Quanto  al  Dniester,  la  sua 
parte  inferiore  non  è  navigabile,  e  per  condurre  le  merci 
fino  al  mar  Nero  bisogna  trasportarle  sopra  dei  carri. 

Il  congiungimento  tra  ì  due  sistemi  di  navigazione  che 
noi  abbiamo  indicato  si  opera,  da  una  parte,  per  mezzo  di 
un  canale  che  unisce  Riga  à  Pietroburgo  per  la  Dvina  in- 
feriore, i  laghi  lllmen  e  Ladoga  e,  da  un'  altra  parte,  per 
Odessa  e  Kherson,  dtie  città  situate  sul  mar  Nero,  all'im- 
boccatura del  Dniépcr  e  del  Dniester. 

Nelle  Provincie  polacche  i  mezzi  di  comunicazione  non 


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S33 
sono  più  avanzati  che  nella  Russia ,  e  le  strade  vi  sono 
egaalmente  in  uno  slato  deplorabile.  Ma  questa  parte  del* 
r  impero  possiede  delle  grandi  arterie  fluviali  riunite  fra  di 
loro  con  canali,  e  delie  quali  le  principali' sono:  il  Dnieper 
che  congiunge  il  mar  Nero  al  golfo  di  Riga  ed  atiraversa 
la  Russia  bianca  e  la  Polesia;  il  Niemen,  il  quale  dalle  prò* 
TÌneie  eentrali  di  Grodno  e  Kovno  si  rende  al  mar  Baltico 
auraverso  la  Lituania  ed  il  regno  di  Polonia  ;  la  Vistola,  che 
porta  al  Baltico  i  prodotti  del  regno  di  Polonia  e  si  con« 
giunge  pfr  mezzo  di  un  doppio  sistema  di  canalizzazione 
al  Dnieper  e  al  Niemen  ;  infine  la  Windowa  e  la  Ovina , 
ambedue  tributarie  del  Baltico  e  che  bagnano  la  Lituania , 
la  Samogizia,  ecc. 

È  facile  il  rendersi  conto  deirinsulBcienza  di  queste  vie 
di  comunicazione  per  operare  la  distribuzione  dei  prodotti 
del  suolo  tra  le  diverse  parti  della  Russia.  Le  grandi  linee 
eoi  noi  abbiamo  or  ora  tracciato,  sprovvedute  di  ramifica- 
zioni intermedie,  non  recano  danno  che  ad  un  piccolo  nu- 
mero di  Provincie,  e  per  gli  stessi  governi  che  ne  profitta- 
no, rinterruzione  della  navigazione  per  i  ghiacci  e  lo  sgelo, 
per  sei  o  sette  mesi  dell'anno,  rendono  il  movimento  com- 
mereiale  a  proporzioni  molto  deboli.  Un  altro  inconveniente 
della  breve  durata  della  stagione  navigabile,  si  è  che  le 
spedizioni  dei  grani  non  si  possono  fare  che  in  grande  e 
in  una  sola  epoca  dell'  anno ,  le  lunghe  distanze  non  per- 
mettono di  rinnovarle  facilmente.  Quindi  l'importanza  delle 
spedizioni  regolasi  sopra  i  prezzi,  necessariamente  ipotetici, 
dietro  i  quali  H  commercio  valuta  prima  i  bisogui  che  si 
produrranno  sopra  i  punti  ai  quali  il  grano  è  destinato. 
L'incertezza  di  questi  calcoli  espone  il  consumatore  e  il  ne- 
goziante a  perpetui  pericoli,  poiché  se  nascono  imprevedutt 
bisi^i,  ne  risulta  un  dissesto,  al  quale  non  è  più  possibile 
rimediare;  e  se,  al  contrario,  le  spedizioni  dell'estero  sor- 
passano la  necessiti  del  consumo,  esse  danno  luogo  ad  un 
incaglio  che  è  causa  di  rovina  per  lo  spedizioniere. 


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S34 

Se»  sepra  i  punti  i  più  fovoriti  in  ragione  della  loro  vi- 
cioanxa  alle  grandi  vie  floviali,  il  eommereio  dei  cereali  è 
pure  limitalo  nella  sua  azione,  e  se  manea  i»ìcttre»a  per  le 
•uè  intraprese,  quanti  ostacoli  non  deve  incontrare  nel  re- 
ato dell'impero  ove  i  mezzi  di  comunicoaione  mancano  quasi 
del  tutto  ?  Aggiungiamo  che  t  pregiudizii  delle  popolazioni , 
friù  forti  in  Russia  che  nelle  altre  nazioui,  cotìtrìbuiscono 
pure  ad  allontanare  ogni  tentativo  di  apeeutaziene  aopra  i 
grani.  Cosi  questo  genere  di  commercio  è  quasi  nullo  nella 
maggior  parte  dei  governi  ;  nel  j>iccolo  numero  dì  quelli  ia 
cui  si  esercita  esso  è  concentrato  nelle  mani  di  alcuni  ne- 
gozianti, che  si  sono  esclusivamente  impadroniti  delle  grandi 
piazze  dove  la  necessitii  del  consumo  interno  e  le  domande 
dello  straniero  permettono  di  dare  alle  spedi»ioni  di  grano 
importanza  e  continuiti.  Grazie  a  questi   negozianti   si  sta- 
bilii'oBo  delle  regolari  e  continue  relazioni  fra  alcune  re- 
gioni pròduarioi  dell'  ovest  e  del  osezzodi,  e  eerte  grandi 
città  come  Pieu^burgo^  Riga,  Mosca,  Odessa,  ecc.  Ma  tutie 
le  parti  dell'impero  poste  fuori  dei  movimento  di  scambio, 
di  cui  le  città  che  abbiamo   ora  nominate  formano  i  prin- 
cipali centri,  reslana  indipendenti  ed  isolate,  e  sono  obbli- 
gate ad  essere  bastanti  a  so  stesse,  sia  per  la  Carmazione 
del  loro  approvvigionamento,  sia  per  lo  smercio  dei  loro 
prodotti.  Ora,  anche  nelle  provtncie  le  più  fertili,  il  rigore 
e  l'instabilità  del  clima  conseguitano  tali  oscillazioni  nei  ri- 
sultati della  ricolta,  per  cui  si  vide  su  d'uno  stesse  punto 
le  messe  riportare,  in  un  anno,  dodici  o  quindici  volle  la 
semente,  e  in  altri  anni  più  tardi  rendere  appena  il  grano 
.sentiaeto.  Scusa  dubbio,  gli  esempi  di  un  brusco  passaggio 
dalPuno  all'altro  di  questi  doe  estremi   lioaiti  di  rieolio. 
sonq  abbas^atiza  rari,  ma  si  verificano  frequentemente  da  un 
anno  all'ahro  delle  variazioni  dal  sempliee  al  triplo  ed  an- 
che al  quintuplo  nella  cifra  delh  produzione,  e  queste  dif- 
ferenze bastano  a  gettare  gravi  perturbazioni  neireceoomia 
generale  del  paese. 


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386 
Alle  influeoie  delle  diverse  eaose  ehe  noi  abbianio  or 
ora  indicate  devesi  attribuire  la  pooa  uoiformitè  che  presen- 
tano i  preizi  del  grano  nei  diversi  governi  della  Russia  ;  un 
prospetto  ufficiale  emanato  dal  ministero  del  commercio, 
verificava  che  al  mese  d'agosto  4856  la  segale  costava  un 
rublo  d'argeotOf  80  copecks  ogni  tchetwerts  («3  Tr.  46  cent, 
l'euolitro),  ed  a  Vilna,  la  rubli  e  80  copecks  (26  fr.  Tet- 
loliiro).  L'avena  cosuva,  ad  Orenbourg,  4  rublo  87  copecks 
al  tchetwerts,  e  nella  Tauride  40  rubli  (3  fr«  68  cent,  e 
19  Tr.  44  cent,  l'ettolitro).  In  uno  stesso  governo,  i  corsi 
dei  cereali  provano,  da  un  anno  all'altro,  delle  Quttuaziont 
non  meno  straordinarie.  Cosi,  dal  4846  al  4849,  il  prezzo 
della  segale  ha  passato,  nella  Gurlandia,  di  4  rublo  37  co* 
pecks  per  ogni  tchetvrerts,  ad  44  rubli  7  copecks  (3  fr. 
43  cent.,  a  31  fr.  48  cent,  per  ettolitro);  il  frumento  si  è 
elevalo  di  6  rubli  36  copecks,  a  44  rubli  per  ogni  tchet- 
werts (10  fr.  34  cent,  a  36  fr.  78  cent,  l'ettolitro).  In  que- 
sto stessa  triennio  non  si  trova  ehe  un  numero  di  governi 
rdaiivamente  assai  debole,  nelle  quali  le  variazioni  dei  corsi 
dei  grani  non  abbiano  raggiunto  la  proporzione  del  60  per 
400.  Se  ne  contano  7  solamente  per  la  segale  e  46  pel 
frumento  (4). 

Le  Provincie  nelle  quali  i  corsi  dei  grani  subiscono  gli 
sbalzi  i  più  considerevoli  sono,  per  la  maggior  parte,  quelle 
ehe  possedono  il  suolo  il  più  fertile,  e  le  di  cui  ricolte  sono 
le  più  abbondanti.  Al  contrario,  nei  governi  come  Mosca, 
Pietroburgo,  Arkhangel,  ecc.,  la  di  cui  produzione  è  infe- 
riore al  consumo,  ì  prezzi  si  mantengono  ad  una  tassa  più 
costante.  Questo  fenomeno,  singolare  in  apparenza,  si  spiega 
pure  facilmente. 

La  coltura  avendo  luogo,  in  Russia ,  per  mezzo  del  la- 


(i)  Vedi  Tegoborski,  Studi  tulle  forze  produtlipi  dilla  Rus- 
tia, i.o  fol.,  pag.  354  e  355. 


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236 

voro  obbligatorio,  il  proprietario  ha  da  sborsare  nulla;  egli 
non  può  quindi  stabilire  rapporto  tra  le  sue  spese  di  colti- 
vazione ed  il  reddito  che  ne  trae  ;  il  prezzo  dì  rendita,  in 
una  parola,  non  si  può  determinare  per  i  prodotti  del  suolo, 
non  entra  adunque  nella  determinazione  del  corso  dei  grani 
alcun  elemento  Gsso,  ed  i  prezzi  don  hanno  ahro  regolatore 
che  il  rapporto  essenziale  variabile  che  si  opera  tra  T  of- 
ferta e  la  domanda  ;  se  v'ha  sovrabbondanza  di  grani  i  pro« 
prictarii  sono  obbligati  a  vendere,  quantunque  inferiori  siano 
i  prezzi,  onde  non  essere  completamente  privi  delle  loro 
rendite;  reciprocamente,  se  le  domande  dell'interno  e  dell'e- 
stero divengono  attive,  essi  mantengono  i  corsi  a  prezzi 
tanto  elevati  quanto  essi  vogliono,  con  rapidi  benefici!,  in- 
dennizzandosi delle  cattive  sorti  ch'essi  hanno  potuto  subire. 
Sopra  i  luoghi  di  produzione^  le  oscillazioni  dei  prezzi  re- 
stando dunque,  per  cosi  dire,  abbandonati  al  caso.  Non  è  lo 
stesso  nei  centri  di  consumo  e  d'esportazione,  come  le  città 
che  noi  abbiamo  citate  più  sopra;  là  i  negozianti,  nelle 
mani  dei  quali  si  concentra  il  commercio  dei  grani ,  deb- 
bono trovare  dapprima,  nei  prezzi  di  vendita,  il  compenso 
delle  spese  ch'essi  hanno  fatte  per  la  compera  e  il  tra- 
sporto delle  derrate;  possono  variare  solo  i  loro  guadagni;  e 
l'interesse  comune  di  questi  mercanti  previene  l'avvilimento 
dei  prezzi ,  nello  stesso  tempo  che  la  concorrenza  che  si 
stabilisce  tra  di  loro  impedisce  l'aumento  eccessivo  dei  corsi. 
Ogni  istituzione  che  faciliterà  gli  scambi!  di  prodotti  ira 
le  diverse  parti  dell'  impero  dovrà  necessariamente  influire 
sul  benessere  delle  popolazioni  russe;  a  questo  titolo,  biso- 
gna considerare  come  un  vero  beneficio  per  l' impero  le 
misure  prese  dal  governo  per  autorizzare  la  concessione  di 
una  vasta  rete  di  ferrovìe,  il  di  cui  sviluppo  totale  non  deve 
comprendere  meno  di  4000  chilometri  (I). 

(i)  Vf!ggasi  lo  stadio  pnbtiiicato  daUa  Ilevue  contemparaine  sMe 
ferrofle  rosse,  tom.  XXXI,  pag.  S4&  (fase,  del  45  maggio  1d57>« 


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S37 
Tralasciate  le  sue  ramiGcaiioni,  questa  rete  si  compone 
di  quattro  grandi  linee.  Due  hanno  il  loro  punto  di  par- 
tenza a  Pietroburgo;  l'una  di. esse  solca  la  Russia  in  tutta 
la  sua  lunghezza  «  e  dopo  essersi  valsa  fino  a  Mosca  della 
ferrovia  di  già  esistente  «  termina  a  Teodosia,  città  della 
Tauride,  situau  sul  mar  Nero,  e  il  di  cui  porto  ò  di  rado 
chiuso  dai  ghiacci.  La  seconda  linea  unisce  Pietroburgo  a 
Varsavia  e  si  dirìge  inoltre  fino  alla  frontiera  della  Prussia. 
La  terza  linea,  da  Mosca  a  Nijni«-Novgorod ,  comunica  il 
Volga  e  rimmensa  sua  navigazione  con  Mosca,  Pietroburgo, 
ed  i  porti  del  Baltico.  Infine  la  quarta  linea  stabilisce  1'  u« 
filone  tra  il  eentro  della  Russia  (Orel  o  Koursk)  ed  il  porto 
il  più  meridionale  del  Baltico,  Liebau.  Quest'ultima  linea 
taglia  le  due  prime  in  due  punti;  essa  si  unisce  ad  Orel 
colla  strada  da  Pietroburgo  a  Teodosia,  ed  a  Dunabourg  eoo 
quella  da  Pietroburgo  a  Varsavia, 

A  questa  rete  principale  s'aggiungono  alcuni  prolunga* 
menti  o  ramificazioni  che  furono  l'oggetto  di  concessioni  se- 
parate; le  principali  sono,  da  una  parte,  le  due  strade  po- 
lacche che  partono  da  Varsavia  e  si  dirigono  1'  una  verso 
Vienna,  l'altra  verso  Brorobcrg,  e  dall'altra  parte  la  linea 
da  Dunabourg  a  Liebau ,  due  utili  sbocchi  per  fare  perve- 
nire ai  porti  del  Baltico  i  prodotti  dell'interno  della  Russia. 
Le  linee  di  Pietroburgo  a  Teodosia  e  d'Orci  a  Liebau 
hanno,  pel  commercio  dei  cereali ,  un'  importanza  conside- 
revole. Al  centro  ed  al  mezzodì  esse  traversano  alcune  delle 
Provincie  le  più  fertili  della  Russia;  Orel,  Toula,  Ekatlie- 
rinoslav,  Koursk,  ecc.,  lontani  dalle  grandi  vie  fluviali,  que- 
sti governi  sono  precisamente  quelli  che  soGfrono  oggidì  di 
più  l'insufficienza  delle  vie  dì  comunicazione,  e  ohe  sono  i 
più  espósti  agli  inconvenienti  che  provengono  dalle  brusche 
flattuazioni  del  prezzo  dei  grani.  Allorché  le  nuove  ferrovie 
saranno  in  attività ,  i  prodotti  di  queste  provincie  centrali 
potranno,  in  ogni  tempo^  essere  diretti  dalla  parte,  sia  del 
golfo  di  Finlandia,  che  dal  Baltico  o  del  mar  Nero,  per  sod^ 


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388 

disfare  alle  domande  dell* interno  o  dell' estero.  Di  più,  la 
linea  da  Mosea  a  Nijnì-Novgorod  offrire  al  eommereio  del 
Volga  e  suoi  affluenti  uno  smercio  più  regolare  e  più  facile. 
Infine  la  ferrovia  da  Pietroburgo  a  Varsavia,  la  di  cui  crea- 
tiene  ebbe  specialmente  uno  scopo  amministrativo  e  politico, 
.  acquisterà  egualmente  una  grande  utilità  commerciale,  quan- 
do la  si  prolunghi  sino  alla  frontiera  della  Russia  ;  il  ramo 
da  Varsavia  a  Bromberg  avrà  infatti  enormi  vantaggi  per  la 
spedizione,  nei  depositi  prussiani,  dei  prodotti  delle  Provin- 
cie occidentali  della  Russia. 

Air  epoca  in  cui  ò  stata  fatta  la  concessione  di  queste 
linee  erano  stati  emessi  dei  dubbii  sulla  possibilità  di  com- 
pirne resecuzrone.  L'esperienza  d'un  anno  ha  bastato  per 
mostrare  che  i  dubbii  che  si  avevano  concepiti  erano  sin- 
golarmente esagerati.  Una  sezione  di  quasi  440  chilometri, 
da  Pietroburgo  a  Longa,  è  di  già  in  uso  fino  dal  dicembre 
4857,  e  si  annunciava  per  la  fine  del  1868  l'apertura  delle 
altre  due  sezioni.  L'opera  cammina  adunque  con  tutta  la 
possibile  rapidità,  e  pareva  che  non  solo  la  Compagnia  con- 
cessionaria ha  provato  nessun  imbarazzo  per  procurarsi  ope- 
rai, ma  che  perfino  il  numero  dei  lavorami  che  si  sono  pre- 
sentati ha  di  già  sorpassalo  i  bisogni  del  servizio. 

Grazie  all'apertura  di  tutte  queste  ferrovie,  le  spedizioni 
di  granì  delle  provincie  produttive  dell'impero,  invece  d'es- 
sere abbandonati  a  casi  di  previsioni  sempre  ipotetici,  pren- 
deranno un  corso  più  normale  e  saranno  in  proporzione 
meglio  ed  il  più  presto  coi  bisogni  del  consuiuo  dell'espor- 
tazione.  Ma  perchè  i  vantaggi  risultanti  della  creazione  di 
ferrovie  in  Russia  possano  realizzarsi  e  spandersi  in  tutte 
le  classi  della  po|>olazione  sarebbe  duopo  che  oltre  queste 
grandi  arterie  di  circolazioni  potessero  perfezionarsi  e  mol- 
tiplicarsi le  strade  di  terra  e  le  ghiajate;  perocché^  se  le 
ferrovie  profittano  ai  grandi  centri,  ciò  che  importa  princi- 
palmente ai  comuni  rurali,  la  creazione  di  buone  strade  vi- 
cine uniscono  i  villaggi  alle  piccole  città,  e  facilitano  il  tra- 


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389 
sporto  dei  grani  dal  luogo  di  produsione  sopra  i  mercati  in- 
teraiediarii. 

HI. 

Se  esiste  un  rapporto  iotimo  tra  lo  s?iluppo  di  com- 
mercio dei  cereali  all'  iotemo  ed  il  miglioramento  del  be» 
oessere  della  popolazione  russa,  l'influenza  che  esercitano, 
Bolla  prosperità  generale  dell'impero,  i  movimenti  del  com* 
raercio  d' esportazione  di  queste  derrate  non  è  né  meno 
direuo,  né  meno  sensibile.  Del  resto,  ò  facile  il  rendersi 
eonio  dell'importanza  che  questo  commercio  deve  avere  per 
la  Russia.  In  questo  paese  la  maggior  parte  della  ricolta  si 
consuma  sul  luogo;  sopra  i  S60  milioni  di  tchetwerts  che 
rappresentano  la  produzione  media  in  cereali ,  306  milioni 
(480  milioni  d'ettolitri  circa)  sono  assorti  dalle  popolazioni 
rurali  o  riservati  per  le  seminagioni;  54  milioni  solamente 
di  lehetwerts  (143  milioni  d'ettolitri)  possono  divenire  l'og- 
getto d'operazioni  commerciali,  e  sopra  questa  quantità,  più 
d'uQ  quinto  (25  milioni  d'  ettolitri)  non  ha  altr*  uscita  che 
resportazione.  e  Questo  commercio  deve  dunque  necessa- 
riamente reagire,  in  un  modo  assai  sensibile,  sopra  le  spe- 
eulazioni  dei  mercati,  ad  ogni  ristagno  nell'esportazione  dei 
grani,  specialmente  nelle  annate  abbondanti,  non  può  man* 
care  di  produrre  un  sensibile  abbassamento  all'interno,  come 
pare  le  buone  venture  del  commercio  esterno  producono  ui> 
eBeiio  contrario  (1)  »• 

Prima  di  presentare  il  riassunto  delle  operazioni  di  que- 
sto commercio,  indichiamo  le  direzioni  che  seguono  i  grani 
destinati  all'estero  per  uscire  dall'impero. 

Le  esportazioni  ohe  hanno  luogo  per  mare  si  ooneen- 
trano  quasi  intieramente  nei  porti  seguenti:  Arkbangel,  sul 
mar  Bianco;  Pietroburgo,  sul  golfo  di  Finlandia;  Riga,  sul 


(I)  TegoborskiV  StuiHi  stiKe  forxB  ppoduUUpn  d$Ua  JluiHa. 


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S40 

Baltico;  Odessa,  Eupatoria  e  Teódosia,  sul  mar  Nero;  Ta- 

gaarog,  Boston,  Marioopol,  Berdrausk  e  Kertch,  sul  mare 

d'Azof. 

Arkhangel  è  il  principale  centro  commerciale  delle  Pro- 
vincie del  mar  Bianco;  ma  questo  porto,  ostruito  dai  ghiacci 
dal  mese  di  settembre  al  mese  di  luglio ,  apresi  alla  navi- 
gazione solo  per  due  o  tre  mesi  all'anno  ;  questo  lungo  in- 
tervallo inattivo  rende  le. relazioni  commerciali  con  Arkhan- 
gel assai  avventurose*  perocché  le  ricolte  dell'interno  arri- 
vano quasi  tutte  per  ^ttiraglio  o  per  la  Ovina  superiore ,  e 
non  possono  riporsi  nei  magazzeni  della  città  che  l'anno  se- 
guente; Arkhangel  riceve  i  suoi  foraggi  ed  il  grano  special- 
mente dai  governi  di  Vologda  e  di  Viatka;  essa  spedisce 
principalmente  del  frumento  e  dell'avena  a  Londra,  della 
segale  ad  Amsterdam,  della  segale  e  dell'avena  a  Brema  e 
ad  Amburgo. 

Dal  punto  di  vista  del  commercio  speciale  dei  cereali  « 
Riga  ha  un'  importanza  superiore  a  quella  di  Pietroburgo. 
Le  Provincie  che  l'alimentano  abitualmente  sono  la  Livonia, 
l'Estonia  e  la  Gurlandia.  Quando  la  raccolta  io  queste  con- 
trade non  ò  bastante,  e  le  dimande  dall'estero  sono  più  at- 
tive. Riga  riceve  grano  da  Smolensko,  dalla  Russia  bianca, 
e  dalle  provincie  dell'interno.  Questi  arrivi  si  fanno  per  at- 
tiraglio  per  le  provincie  vicine,  e  per  i  fiumi  dopo  lo  sgelo. 
I  mezzi  di  trasporto,  specialmente  per  le  vie  fluviali,  sono 
poco  dispendiosi;  si  adoperano  barche  grossolane  fatte  con 
alberi  tagliati  sulle  rive  dei  fiumi;  queste  barche,  le  quali 
possono  portare  60  od  80  lasts  (1),  provengono  circa  60 
rubli ,  e  sono  rivendute  all'arrivo  per  legname  da  bruciare. 
1  paesani  ritornano  a  piedi,  procurandosi  una  debole  rimu- 
nerazione da  6  ad  8  rubli  per  iOO  leghe.  Riga  special* 
mente  esporta  segale  ed  orzo,  di  cui  la  maggior  parte  ò 


(1)  Il  lasts  equivale  a  circa  50  ettolitri. 


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S4( 
diretta  per  TOIaoda  e  l'Inghilterra.  Da  alcuni  anni  il  com- 
mercio dei  cereali  a  Riga  va  decrescendo,  questo  fatto  ac- 
cade per  Testensione  che  ha  preso  nelle  provincie  del  Bal- 
tico la  coltura  del  lino. 

Pietroburgo,  come  piazza  commerciale,  è  in  una  situa- 
zione molto  più  sfavorevole.  Il  suo  porto  non  resta  aperto 
alla  navigazione  che  per  tre  o  quattro  mesi,  da  maggio  ad 
agosto  o  settembre,  e  durante  questo  tempo  non  è  acces- 
sibile che  ai  bastimenti  che  s'immergono  nell'acqua  meno 
di  3  metri.  Gli  altri  debbono  arrestarsi  a  Cronstadt  e  sono 
scaricati  col  mezzo  di  battelli.  Pietrobtirgo  riceve  abbon- 
danti provvigioni  dalle  provincie  le  più  fertili  dell'impero: 
Tambou,  Orel,  Penza,  Koursk,  Simbirsk,  ecc.  Le  spedizioni 
di  queste  contrade  pervengono  a  Pietroburgo  pel  Volga  ed 
il  triplice  sistema  di  canali  di  cui  noi  abbiamo  di  già  par- 
lalo. Una  parte  di  questi  grani  ò  destinata  al  consumo  della 
città,  un'altra  è  diretta  verso  Riga  ;  infine ,  il  resto  è  spe- 
dito airestero,  sia  direttamente  da  Pietroburgo  o  per  Cron- 
stadt. 

Creata  alla  fine  dell'ultimo  secolo  da  Caterina  II,  Odessa 
deve  la  sua  importanza  commerciale  al  genio  d'un  francese, 
il  du«»  di  Richelieu,  che  ebbe  l'amministrazione  della  città 
dal  4803  al  4806.  Fin  dall'origine  l'esportazione  dei  cereali 
ha  fatto  il  principale  oggetto  del  commercio  di  Odessa  ;  ma 
io  ispecie  da  dieci  anni  le  sue  spedizioni  di  grani  airestero 
banno  preso  un  maggior  aspetto.  Le  provincie  che  le  spe- 
discono i  loro  prodotti  sono  :  la  Podolia,  la  Kiovia,  la  Volinia, 
Mohiien,  Poltava,  Ekatherinoslaw  e  la  Bessarabia.  Le  tre 
prime  forniscono  principalmente  grano  giallo  di  Polonia,  se- 
gale, orzo  ed  avena.  Kherson  ed  Ekatherinoslaw  producono 
il  grano  rosso,  specialmente  ricercato  per  Costantinopoli,  le 
isole  Jonie  e  Trieste.  Gli  approdi  si  fanno  ad  Odessa  dal 
primo  maggio  al  primo  luglio  e  dal  primo  settembre  al 
primo  novembre.  Una  gran  parte  dei  trasporti  si  effettua 
per  mezzo  di  carri  tirati  da  buoi.  I  grani  della  Bessarabia 

Amuu,  Statistica,  voi.  XXI,  seri*  3.«  46 


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242 

e  delle  provinole  vicine  al  Dniesler  discendono  queslo  fiume 
fino  a  Mazhac,  villaggio  situato  a  40  chilometri  d'Odessa, 
e  di  là  essi  sono  condotti  sopra  carri.  I  governi  sulle  sponde 
del  Dnieper  fanno  arrivare  i  loro  cereali  a  Kherson,  da  dove 
sono  tradotti  ad  Odessa  sopra  battelli  piatti  o  sopra  |carri. 
Le  spese  di  trasporto,  per  queste  differenti  vie,  sono  quasi 
le  stesse;  esse  variano,  a  seconda  della  lontananza  dei  luo- 
ghi di  produzione,  tra  un  franco  e  20  centesimi,  e  2  fran- 
chi e  20  centesimi  per  ogni  ettolitro.  I  cereali  esportati 
d'Odessa  sono  diretti  pei  principali  depositi  del  Mediterraneo, 
Trieste,  Livorno,  Genova  e  Marsiglia,  dove  ricevono  quindi 
la  loro  definitiva  destinazione. 

Quanto  agli  altri  due  porti  del  mar  Nero,  Eupatoria  e 
Teodosia,  il  loro  movimento  coqimerciale  è  poco  conside- 
revole; essi  non  servono  che  alle  esportazioni  del  grano 
della  Crimea.  Eupatoria  è  piuttosto  una  rada  assai  garantita 
che  un  porto  propriamente  detto.  Teodosia  ha  per  il  com- 
mercio un  prezioso  vantaggio;  il  suo  porto  è  sicuro  e  raris- 
sime volte  ostruito  dal  ghiacci.  Devesi  appunto  a  questa  si- 
tuazione privilegiata  Tessere  questa  città,  a  preferenza  di 
Odessa,  stata  scelta  come  capo  della  linea  delia  ferrovia  de- 
stinata a  congiungere  il  mar  Nero  a  Pietroburgo 

Il  governo  ha  preso  recentemente  una  misura  destinata 
ad  accrescere,  in  una  larga  proporzione,  la  prosperità  dei 
porti  del  mar  Nero.  Esso  ha  conceduto  ad  una  compagoia 
mariitima,  designala  sotto  il  nome  di  e  Grande  Compagnia 
russa  di  commercio  e  di  navigazione  >,  una  linea  di  navi* 
gazione  che  s'estende  da  Odessa  a  Trebisonda,  per  Yalta, 
Kertche,  Redout-Kalé  e  segue  tutta  la  costa  caiicasea.  La 
compagnia,  benché  ancora  al  suo  nascere,  ha  di  già  rad- 
doppiate le  mutue  relazioni  precedentemente  stabilite  tra  le 
principali  città  del  mar  Nero;  essa  dispose  d'un  immenso 
capitale,  e  V  estensione  delle  sue  operazioni  dovrà  influire 
sullo  sviluppo  della  ricchezza  di  tutte  le  contrade  delle 
coste. 


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243 
I  porti  del  mare  d'Azof,  Taganrog,  Marìonpol  e  Ber- 
diaosh  ,  SODO  alimentate  dalle  provincie  ehe  li  circondano. 
I  cosacchi  del  Don  forniscono  il  miglior  grano  duro ,  il  grano 
tenero  lo  dà  il  governo  d' Eshalherinoslaw ,  del  paese  dei 
cosacchi  del  mar  Nero,  della  linea  del  Caucaso  o  delle  co- 
lonie di  Malocthenia. 

La  navigazione  incontra  nel  mar  Nero  e  nel  mare  d' Azof 
ostacoli  naturali  che  limitano  ed  incagliano  i  suoi  movimen- 
ti. I  navigli  che  vengono  dal  Mediterraneo  non  possono  en- 
trare nel  mar  Nero  che  e.oll'ajuto  dei  venti  del  mezzodì^ 
che  loro  permettono  di  risalire  la  corrente  che  discende  dal 
Bosforo  da  nord  a  sud.  Ora,  d' estate,  generalmente  dominano 
i  venti  settentrionali,  e  le  navi  debbono  stazionare  a  Costan- 
tinopoli in  queir  epoche  dell'  anno  in  eui  il  loro  concorso 
nei  poni  del  mar  Nero  sarebbe  il  più  necessario.  Nel  mare 
d'Azof  la  navigazione  è  interrotta  per  quattro  o  cinque  mesi 
dell'anno  dai  ghiacci,  e  nel  resto  dell'  anno  la  poca  profondità 
di  questo  mare  ne  interdisce  l'accesso  alle  navi  che  s' immer- 
gono più  di  13  piedi  nell'acqua.  Questi  bastimenti  debbono 
perciò  essere  diminuiti  a  Oseni-Kalè. 

L' esportazione  per  via  di  terra  è ,  nei  tempi  ordinar] , 
assai  limitata.  Fatta  eccezione  di  alcune  spedizioni  poco  im- 
portanti che  si  fanno  per  le  frontiere  d'Austria  e  di  Molda- 
via, i  grani  che  seguono^  le  strade  di  terra  provengono  per 
la  maggior  parte  dalla  Polonia  ed  escono  per  le  frontiere 
della  Prussia,  onde  essere  diretti  verso  i  depositi  di  Memel, 
Stellin,  Koenigsberg  e  Danzica.  Questi  tre  ultimi  porti  sono 
quasi  esclusivamente  alimentati  dai  grani  delle  provincie  po« 
lacche,  che  loro  arrivano  principalmente  per  mezzo  della 
navigazione  fluviale.  Una  porzione  dei  grani  di  Polonia  è 
inohre  inviata  ad  Odessa.  Nel  1864  e  4855  il  blocco  dei 
porti  della  Bussia  aveva  dato  momentaneamente  un'esten- 
sione straordinaria  alle  relazioni  commerciali  colla  Prussia 
per  le  vie  di  terra  e  per  il  Niemen.  Nel  1856,  al  contrario, 
l'insuiBcicnza  della  ricolta  in  Polonia  ha  fatto  proibire  l' u- 


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244 

scila  dei  grani  per  le  frontiere  di  terra.  Quando  sarà  aperta 
alla  circolazione  la  ferrovia  da  Varsavia  a  Promberg,  si  può 
presumere  che  questa  linea  potrà  notevolmente  contribuire 
a  modificare,  a  profitto  del  transito  per  la  Polinia,  la  dire- 
zione che  seguono  oggidì  le  esportazioni  di  grani  ;  questo 
sarà  infatti  il  tragitto  il  più  breve  tra  il  mar  Baltico  ed  il 
mar  Nero,  e  questa  linea  permetterà  d'inviare  in  pochi 
giorni  ai  depositi  prussiani  i  cereali  che  oggidì  debbono 
attendere  alcune  volte  fino  a  nove  mesi,  per  discendere  la 
Vistola,  le  di  cui  acque,  durante  quasi  tutto  Tanno,  restano 
assai  basse. 

Attualmente  i  porti  del  mar  Nero  e  del  mare  d'Àzof  fi* 
gurano  essi  soli  per  più  di  67  per  400  nel  movimento  ge- 
nerale di  esportazione  dei  cereali;  quelli  del  Baltico  concor- 
rono per  meno  di  17  per  400,  le  frontiere  di  terra  per  10 
per  100,  i  porti  del  mar  Bianco  per  5t  per  400.  Insomma 
in  generale  si  può  ammettere  che  le  spedizioni  annue  di 
grani  air  estero  si  compongono  in  questo  modo:  frumen- 
to 2;3,  segale  4;5,  avena  4/10,  orzo  4;20.  Da  treni' anni 
r  esportazione  del  frumento  si  è  quasi  triplicata,  quella  de- 
gli altri  granì  si  è  soltanto  raddoppiata.  Più  di  nove  decimi 
di  frumento  sono  spediti  per  il  mar  Nero  ed  il  mare  d*Àzof, 
il  resto  si  ripartisce  quasi  egualmente  tra  i  porti  del  mar 
Baltico  e  le  frontiere  di  terra.  L'  esportazione  della  segale 
e  dell'orzo  ha  luogo,  per  più  della  metà,  per  Pietroburgo 
e  Riga.  Ne  esce  circa  un  terzo  pel  mar  Nero  e  le  frontiere 
di  terra.  Le  spedizioni  del  mar  Bianco  si  compongono  spe- 
cialmente di  segale  e  d'avena. 

Ci  resta  ora  a  tracciare  rapidamente  il  prospetto  storico 
del  commercio  d'esportazione  dei  cereali.  Questo  ramo  di 
commercio  non  ha  cominciato  a  prendere  qualche  impor- 
tanza in  Russia  che  nella  seconde  metà  del  secolo  XVIII. 
La  media*  dell'  esportazione  annua,  che  era  di  8  a  900,000 
tchetwercs  verso  il  4770,  resta  quasi  stazionaria  fino  alla 
fine  del  secolo.  Dal  4793  al  4795  vi  fu  anche  una  brusca 


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S46 

decrescenta,  e  là  cifra  delle  spedizioni  di  grani  s'abbdssò 
(ino  a  400,000  (chetwerts.  Ma,  a  partire  dal  I800>  il  pro- 
gresso divenne  rapido,  e  le  quaniità  di  cereali  inviate  al* 
r  estero  durante  i  cinque  anni  seguenti ,  sorpassarono  in 
inedia  2  milioni  .di  tchelwerts  (4,480,000  ettolitri). 

L' estensione  di  questo  commercio ,  durante  questo  pe- 
riodo ,  era  dovuta  in  gran  parte  allo  sviluppo  che  prendeva 
Alla  stessa  epoca  la  città  d'Odessa  sotto  Inabile  amministra- 
zione del  duca  di  Riéhelieu.  Dal  1805  al  4814,  il  commercio 
subì  la  scossa  degli  avvenimenti  politici ,  la  guerra  e  il  si^ 
stema  continentale  abbassarono  il  movimento  annuo  dell'  e- 
sportazione  dei  grani  a  500,000  tchetwerls. 

Nell'intervallo  dal  4814  aU 823,  la  carestia  che  desolò 
l'Europa  durante  gli  anni  4846  e  4847  stimolò  tanto  più 
fortemente  l'esportazione  dei  grani  della  Russia,  che  questo 
impero  era  allora  il  principale  e  quasi  l' unico  centro  d'ap- 
provvigionamento per  le  nazioni  occidentali,  le  spedizioni 
delle  Provincie  danubiane,  e  quelle  degli  Stati  Uniti  erano 
ancora,  se  non  completamente  nulle,  almeno  assai  rislrettei 
Noi  non  conosciamo  la  cifra  esatta  delle  quantità  di  grano 
esportato  dalla  Russia  in  quest'epoca;  ma  puossi  giudicare 
della  sua  importanza  relativa  per  questo  latto  che  ad  Odessa 
soltanto  il  valore  della  esportazione  svolevo  da  4  milioni 
di  rubli  d'argento,  nel  4846,  a  40,700,000,  nel  4846,  e  a 
42,000,000  nel  4847. 1  cereali  costituendo  allora  come  oggidì 
la  principal  parte  del  commercio  d' esportazione  ad  Odessa  ^ 
l'aumento  dai  noi  segnalato  doveva  principalmente  agire  so- 
pra quest'  articolo:  durante  il  periodo  decennale  dal  4844  al 
4823,  la  media  annua  delle  spedizioni  di  grani  all'estero 
è  stata,  per  tutto  l'impero,  di  2^085,000  tchetwerts. 

Alcune  cirrostanze  eccezionali  arrestarono  il  movimento 
del  commercio  russo  dal  4824  al  4888;  prima  (u  la  guerra 
sostenuta  contro  la  Turchia  nel  4828  e  4829:  durante  que- 
sti due  anni  le  esportazioni  pei  porti  del  mar  Nero  e  del 
mare  d'Azof  sono  state  quasi  nulle;  cosi   il  valore   totale 


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S46 

delle  spedizioni  d'Odessa,  che  sorpassava  5  roilioni'di  rabli 
d^argenio,  nel  48S7,  non  raggiunse  600,000  rubli  nel  48S8; 
nel  48S9,  1880  e  4834,  H  cholera  Te' strage  in  cerle*parli 
deir  impero  e  paralizzò  le  operazioni  commerciali,  a  questa 
slessa  epoca,  ed  in  forza  del  trattalo  d' Adrjanopoli,  i  princi- 
pati  danubiani,  esonerati  dal  governo  ottomano  dell'  obbligo 
di  riservare  ì  loro  grani  pel  consumo  di  Costantinopoli, 
cominciarono  a  far  concorrenza  alla  Russia  per  l'esportazione 
dei  cereali.  Infine,  nel  4834  e  4832,  la  guerra  eolla  Polo- 
nia e  le  dissenzioni  nel  governo  dell*  ovest ,  fecero  cessare 
ogni  speculazione  commerciale  in  queste  contrade.  Per  il 
periodo  intiero  dal  4824  fai  4833,  la  media  annua  della 
quantità  di  grani  esportati  fu  pure  un  pò  superiore  a  quella 
del  periodo  precedente,  e  raggiunse  2,347,000  tchetwerts, 
rappresentanti  9,475,000  rubli  d'argento. 

Dal  4834  al  4843,  la  Russia  ebbe  due  volte  da  soppor- 
tare una  carestia  quasi  generale;  quella  del  4834  special- 
mente  fu  delle  più  crudeli,  e  fu  causa  della  assoluta  soppres- 
sione di  tutti  i  diritti  all'importazione  sui  cereali.  La  Russia 
fu,  in  questo  solo  anno,  obbligata  di  trarre  4  milione  di 
tchetwerts  di  grani,  e  ne  esportò  soltanto  un  mezzo  milione. 
Nello  stesso  tempo,  lo  stabilirsi  di  comunicazioni  per  basti- 
menti tra  Vienna,  Galatz  e  Costantinopoli,  diede  una  grande 
attività  al  commercio  dei  cereali  nella  Moldo-Valacchia,  e  Te- 
sportazione  annua  di  queste  provincie  raggiunse,  a  quest'  e- 
poca,  4  milione  d'  ettolitri.  Dal  4834  al  4843,  la  media  delle 
spedizioni  in  grani  russi  fu  di  2,280,000  tchetwerts  al- 
l'anno,  il  di  cui  valore  è  stato  di  40,940,609  rubli  d'ar- 
gento. 

Durante  il  perìodo  decennale  seguente,  4843-4853,  eb- 
bero luogo  le  due  più  forti  esportazioni  di  cereali  che  s'ab- 
biano ancora  vedute  in  Russia.  Esse  furono  la  conseguenu 
delle  carestie  che  infierirono  in  Europa  nel  4847  e  4853. 
Le  quantità  di  grani  esportati  dall'  impero  s' elevarono,  nel 
4847,  ad  44,693,000  tchetwerts,  circa  24  milioni  d'ettolitri. 


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247 
Ha  i  fatti  i  più  importanti  che  meritano  l'aiienzione  du- 
rante questo  periodo,  comecliè  hanno  esercitato  un'  influenza 
potente  insieme  e  durevole  sullo  sviluppo  dell'  esportazioni 
dei  cereali  in  Russia»  sono  le  riforme  fatte  alla  legislazione 
dei  grani  in  Inghilterra,  in  Olanda  e  nel  Belgio.  L' abolizione 
dei  com-lavos^  nel  Regno  Unito,  apri  un  vasto  campo  alle 
intraprese  del  commercio  russo,  nello  stesso  tempo  che  le 
modiflcazioni  che  si  fecero  al  sistema  della  scala  mobile  in 
Olanda  e  nel  Belgio  assicurarono  alle  transazioni  commerciali 
con  quesii  paesi  una  base  più  solida.  Sotto  V  influenza  di 
queste  diverse  cause,  T esportazione  russa  prese  un'esten- 
sione ed  una  stabilità  rimarchevole;  e  durante  i  quattro 
anni  4848-1851 ,  il  valore  annuo  dei  cereali  esportati  variò 
solamente  tra  48,550,000  e  24,965,000  di  rubli  d'argento, 
mentre  che,  dal  4844  al  4845,  esso  a\eva  oscillato  tra  9  e 
40  milioni  di  rubli.  La  media  annua  delle  quantità  esporta- 
te, dal  4844  al  4853,  è  stata  di  5,700,000  tchetwerts 
(quasi  di  42  milioni  d'ettolitri),  d'  un  valore  di  29,400,000 
rubli  d'argento. 

Fino  al  4854  i  cereali  del  regno  di  Polonia  non  figu- 
ravano nella  cifra  delle  esportazioni  dell'impero  russo;  ma 
da  queir  epoca  in  poi  i  grani  di  questa  provenienza  sono  com- 
presi nei  totali  ufficiali.  Si  può  valutarne  l'importanza  me- 
dia a  circa  4  milione  e  mezzo  d' ettolitri.  Quanto  alle  altre 
Provincie  polacche  i  loro  prodotti,  che  sono  sempre  stati 
confusi  con  quelli  dell'  impero  russo,  rappresentano  circa  il 
cinquantesimo  dell'  esportazione  totale. 

Riassumendo,  se  si  fa  parte  delle  fluttuazioni  causate  da 
circostanze  passaggere,  e  se  si  tien  conto  di  questo  fatto  che 
gli  avvenimenti  i  più  favorevoli  ebbero  luogo  durante  i  pe- 
riodi dal  4824-4833  e  4834-4843,  e  più  particolarmente 
durante  quest'ultimo,  si  trova  che  dal  4844  il  commercio 
d' esportazione  dei  grani  ha  seguito  un  cammino  ascendente 
che  non  s'è  rallentato  fino  al  4846,  ma  che,  da  quest'ul- 
timo anno  al  4853,  ha  preso  proporzioni  fino  allora  ignote. 


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248 

Nel  1854  e  4855  le  spedizioni  di  cereali  hanno  provaio, 
in  conseguenza  degli  arvenimenli  polilici,  un  periodo  di  crisi 
forzala.  Tutti  i  porti  russi  sono  restati  chiusi  per  questi  due 
anni,  sia  dai  blocchi  delle  potenze  alleate,  sia  per  le  misure 
proibitive  del  governo  russo.  L'esportazione  dei  cereali  noti 
s'  è  potuto  effettuare  che  per  via  di  terra,  e,  benché  questo 
commercio  abbia  preso  un'estensione  relativamente  consi- 
derevole, ptire  la  importanza  fu  assai  ristretta. 

L'anno  4866  s'apri,  pel  commercio  russo,  sotto  auspici 
pochissimo  favorevoli;  il  deposito  di  cereali,  vuotato  durante 
la  guerra,  era  molto  debole  ad  Odessa  sui  principiare  della 
campagna;  la  raccolta  del  4855,  mediocre  sopra  un  gran 
numero  di  punti,  avea  quasi  del  tutto  mancato  in  Polonia, 
ed  il  governo  aveva  perfino  dovuto  interdire  l' esportazione 
dei  grani  per  tutte  le  frontiere  della  terra.  Pure,  grazie 
air  ifnportanza  delle  riserve  che  s'erano  accumulate  nel- 
r  impero,  e  sotto  l' impulso  delle  domande  attive  che  la  con- 
tinuazione della  erisi  annonaria  fece  arrivare  dall'  estero, 
l'esportazione  dei  cereali  raggiunse,  nel  4856,  la  cifra  enorme 
di  56  milioni  di  rubli  d'argento,  4  milione  di  più  che 
nel  4858.  Questo  valore  rappresenta  più  d' un  terzo  del 
movimento  generale  dell'esportazione  in  Russia  durame 
l'anno  4856  (4). 

L' esportazione  dei  cereali  in  Russia  avrebbe  preso  un 
varco  più  rapido,  se  il  sistema  doganale  dell'impero  non 
ne  avesse  fino  ad  ora  paralizzata  l'azione.  Da  Pietro  il  Grande 
le  disposizioni  della  tariffa  russa  erano  state  sempre  combi- 
nate in  modo  da  assicurare  all'  industria  nazionale  un'  ener: 
gi<!a  protezione.  Ora ,  le  restrizioni  fatte  all'  introduzione 
neir  impero  dei   prodotti   esteri ,  presentano  ,  per  quanto 


(4)  In  quest'anno  la  cifra  totale  dell' esportazione  è  stata  di 
460  milioni  di  rubli  (640  milioni  di  franchi).  Il  rablo  vale  4 
franchi. 


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S49 
concerne  il  commercio  dei  cercali,  un  doppio  inconve- 
niente. 

Prima,  la  mancanza  di  reciprocità  rende  le  operazioni 
commerciali  delle  nazioni  estere  colla  Russia  più  onerose  e 
più  difficili;  le  compere  di  grani  che  si  fanno  in  questo 
paese  per  conto  di  negozianti  esteri  non  possono  essere 
pagati  in  mercanzie,  mentre  che  ciò  accadrebbe  se  le  rela-* 
zioni  commerciali  fossero  basate  sullo  scambio  dei  prodotti, 
il  pagamento  dunque  di  queste  derrate  deve  farsi  il  più 
delle  volte  in  numerario  ;  e  se  si  ricorre  alla  carta  di  com- 
mercio, l'alzamento  del  corso  di  cambio  aumenta  di  molto 
le  spese.  Cosi,  il  commercio  straniero,  nei  tempi  ordinari, 
cerca  di  preferenza  le  sue  provvisioni  nei  paesi  che  gli  of- 
frono più  risorse  sotto  il  rapporto  del  credito. 

Da  un'  altra  parte,  in  conseguenza  dei  rigori  della  tariffa 
russa,  i  bastimenti  che  vengono  a  cercare  grani  in  Russia 
sono,  per  la  maggior  parte,  obbligati  d'arrivare  sopra  zavorra 
nei  porti  dell'impero.  Le  spese  ed  i  profitti  del  viaggio  deb- 
bono dunque  essere  esclusivamente  sopportate  dal  carico  del 
ritorno;  questa  circostanza,  che  aumenta  ancor  più  i  pericoli 
inerenti  al  commercio  dei  cereali,  contribuisce  ad  impedire 
l'estensione  della  navigazione  nei  porti  della  Russia,  cosi 
accade  assai  frequentemente,  nei  tempi  ordinari ,  che  i  ba- 
stimenti sono  insufficienti  per  operare  il  trasporto  dei  grani 
esistenti  nei  depositi. 

Oggidì  il  governo  russo  abbandona  le  tradizioni  econo- 
miche di  Pietro  il  Grande,  per  entrare  in  una  via  più  li- 
berale ed  insieme  più  favorevole  agli  interessi  dell'agricol- 
tura e  del  commercio.  La  nuova  tariffa  pubblicata  nel  mese 
di  giugno  1867  ha  abolito  un  gran  numero  di  proibizioni, 
ed  ha  ridotto  ad  una  notevole  proporzione  i  diritti  d'entrata 
che  erano  imposti  alle  derrate  maggiormente  tassate.  Rimar- 
chiamo intanto  che  questa  riforma  coincide  col  trattato  di 
commercio  e  di  navigazione  che  V  imperatore  Napoleone  HI 


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S5a 

ha  concluso  il  44  giugno  4857  colla  Russia ,  e  che  offre 
una  speciale  importanza  sul  commercio  francese  (4). 

IV. 

Noi  abbiamo  presentato  la  situazione  della  Russia  sotto 
il  triplice  aspetto  della  produzione  dei  cereali ,  della  loro 
distribuzione  nelF interno  dell'impero,  e  del  loro  commercio 
d* esportazione.  Non  ci  rimane,  per  terminare  questo  studio, 
che  di  riassumere  i  principali  fatti  che  risultano  da  quanto 
abbiamo  fin  qui  esposto. 

Alcune  casuse  di  diversa  natura,  le  une  inerenti  al  clima 
ed  al  suolo,  le  altre  risultanti  da  una  organizzazione  sociale 
imperfetta,  hanno  mantenuta,  fino  ad  ora,  in  Rtissia  Tagri* 
coltura  in  uno  stato  d' inferiorità  e  cattivo  essere. 

Malgrado  queste  sfavorevoli  condizioni,  la  produzione 
agricola  sorpassa  ancora  le  necessità  del  consumo;  ma  la 
distribuzione  delle  derrate  fra  le  diverse  provincie  incontra 
ostacoli  permanenti  nelle  vie  di  comunicazione,  cosi,  nelle 
contrade  fertili,  l'abbondanza  di  spesso  non  è  che  causa  di 
incaglio  delle  materie  e  di  avvilimento  dei  prezzi  ;  mentre 
che,  nelle  regioni  sterili,  rimane  senza  rimedio  la  carestia. 

Nelle  sue  relazioni  coir  estero,  il  commercio  dei  cereali 
è  stato,  fino  ad  ora,  sommesso  a  violenti  e  brusche  oscil- 
lazioni; meno  le  cifre  estreme  risultanti  da  circostanze  ecce* 
zinnali  e  passeggere,  si  constata,  egli  è  vero,  un  progresso  cre- 
scente nella  quantità  di  grano  spedito  all'estero  da  cin- 
quant'anni;  ma  l'esportazione  avrebbe  preso  una  maggior 
estensione,  se  i  suoi  movimenti  non  fossero  stati  incagliati 
dalle  difficoltà  dei  trasporti  e  pei  rigori  della  tariffa  do- 
ganale. 


(1)  Veggansi  gli  Jnnales  du  eommeru  exUrieuTt  Russie, 
Ligièlation  commerciale,  n."  25. 


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S64 

O^idi  questo  stalo  di  cose  tende  a  modificarsi  sensi- 
bilmente. Da  una  parte  T  emancipazione  dei  servi,  dair  altra 
h  creatione  di  ferrovie,  ed  infine  le  disposizioni  liberali 
introdotte  nelle  leggi  di  dogana,  sono  destinate  a  reagire 
potentemente  sulla  economia  rurale  della  Russia,  e  pel  com« 
roercio  dei  cereali  tanto  all' interno  che  all'estero. 

La  simultanea  influenza  di  queste  riforme  sarà  favorevole 
allo  sviluppo  degli  interessi  agricoli  e  commerciali  ?  Sembra 
difficile  il  portare,  già  fin  d'  ora  sopra  di  ciò ,  un  giudizio 
assoluto.  Poiché,  se  l'abolizione  della  servitù  deve,  sosti- 
tuendo il  lavoro  libero  al  lavoro  obbligatorio,  stimolare  gli 
sforzi  dei  paesani  e  dei  proprietarj,  e  contribuire  al  perfe- 
zionamento  della  coltura,  questa  misura  non  potrebbe  esser 
causa  di  diminuire  ancor  più  il  numero  già  troppo  ristretto 
degli  operai  agricoli?  Quando  il  lavoro  sarà  salariato,  il 
prezzo  di  rendita  acquisterà  una  base  più  certa  e  meno 
mobile,  i  corsi  dei  cereali  tenderanno  a  prendere  maggior 
consistenza  e  saranno  meno  esposti  alle  violenti  variazioni 
che  fino  ad  ora  si  rimarcarono  ;  ma,  nello  stesso  tempo,  la 
loro  tassa  media  non  s'eleverà  precisamente  in  ragione  del 
nuovo  elemento  che  entrerà  nello  stabilimento  del  prezzo 
sopra  i  luoghi  di  produzione?  D'altra  parte,  la  creazione 
di  ferrovie,  mettendo  la  Russia  in  contatto  più  diretto  colle 
naxioni  occidentali,  e  le  modificazioni  liberali  della  tarifla 
rossa  facilitandone  gli  scambj  coli' estero,  par  che  dovrebbe 
aecreseere  il  movimento  d'esportazione  dei  cereali.  Ma  il 
giorno  in  cui  i  prodotti  del  suolo  potranno  distribuirsi  in  un 
modo  più  eguale  sopra  tutte  le  parti  del  territorio,  il  su- 
perfluo delle  contrade  produttrici  non  diminuerà  in  .  una 
notevole  proporzione?  Le  spedizioni  di  grano  all'estero  non 
saranno  determinate  inoltre  dall'aumento  di  prezzo  che  po- 
trà risultare  dai  cangiamenti  introdotti  nel  regime  economico 
della  produzione? 

Solo  l'avvenire  potrà  dare  la  soluzione  di  queste  questioni 
e  di  lotte  quelle  che  nasceranno  dalle  riforme  progettate. 


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252 

Ma  non  si  potrebbe  eontesiare,  già  fin  d*ora,  l'importdnza 
che  presentano  sotto  l'aspetto  degli  interessi  agricoli  le 
misure  che  hanno  segnalato  l'avvenimento  dello  czar  Ales- 
sandro II,  e  devesi  rendere  omaggio  agli  sforzi  che  il  nuovo 
imperatore  ha  di  già  tentati  onde  far  entrare  la  Russia  nella 
via  della  civilizzazione  e  del  progresso. 

V, 

Ora  che  abbiamo  veduto  in  quale  condizione  si  prò*' 
senti  la  produttività  dei  cereali  in  Russia  e  il  suo  commer- 
cio coir  estero  ci  preme  di  far  conoscere  quale  sarà  Tawe* 
nire  del  commercio  dei  grani  in  Europa  ^  quando  anche  le 
principali  nazioni  e  fra  queste  la  Francia  accoglieranno  il 
principio  del  libero  commercio  dei  grani,  come  l'ha  «dot- 
ta(o  già  da  più  anni  l'Inghilterra. 

L' informazione  richiesta  in  Inghilterra  dal  ministro  fran- 
cese dell' agricoltara,  intorno  agli  effetti  che  ha  prodotto  la 
libertà  resa  al  commercio  inglese  dei  cereali  per  l'abile  am* 
ministrazione  di  sir  Roberto  PeeI,  ha  vivamente  preoccupato 
le  menti  dall'altra  parte  dello  stretto.  Fra  le  risposte  fatte 
fino  ad  ora  alle  domande  del  ministro  francese j  la  più  ri* 
roarchevole  si  è  quella  del  signor  Grey  di  Dilston,  il  quale 
coltiva  un  bellissimo  dominio,  sua  proprietà,  e  che  ha,  per 
molto  tempo,  tenuto  in  affitto  dominj  considerevoli ,  nel  Nort- 
humberland,  che  appartengono  all'ospitale  di  Greenwich.  Il 
signor  Grey  è  considerato  come  uno  dei  più  illuminati  pra- 
tici dell'Inghilterra,  e  la  sua  opinione  ha  il  più  gran  peso 
su  amendue  le  sponde  della  Tweed. 

Ecco  il  riassunto  di  questo  suo  scritto: 

«  La  libertà  del  commercio  dei  cereali,  tanto  nell'im- 
portazione che  neir  esportazione  f  ebbe  riusultati  favore-^ 
▼oli  all'agricoltura.  Essa  ha  eccitato  da  tutte  le  parti  Ve* 
mulazione  dei  proprietarj  e  degli  affittajuoli.  —  Il  basso 
prezzo  dei  cereali,  durante  certi  periodi,  lungi  dallo  sco- 
raggiare il  coltivatore  inglese,  gli  ha  fatto  ricercare  e  tro« 


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253 

vare  i  mezzi  atù  a  produrne  maggior  copia  snnza  maggiori 
spese*  —  La  produzione  della  carne  considerala  da  lungo 
tempo  in  questo  paese  come  la  più  essenzial  base  dell'agri- 
coltura,  ha  preso  in  questo  modo  una  nuova  estensione.  — 
Le  rendite  fondiarie  sono  piuttosto  aumentate  ohe  diminui- 
te. —  Infine  le  masse,  sotto  l'influenza  di  numerosi  arrivi 
e  d'  una  abbondanza  di  grani  quasi  continua,  hanno  consu- 
mato maggiormente  e  si  sono  nutrite  in  modo  migliore  ed 
a  buon  mercato  >. 

Ecco  ciò  ch'egli  stabilisce  con  fatti  positivi,  riconoscendo 
per  altro  che,  per  alcuni  punti  del  dettaglio  statistico,  non 
potè  procacciarsi  notizie  esatte.  Perciò  un  giornale  inglese, 
The  Economist,  s' è  .incaricato  di  completare  il  Rapporto 
del  signor  Grey  e  di  chiarire  ancor  più  d' appresso  la  qui- 
siione  ricorrendo  a  cifre  officiali.  L'articolo  è  assai  interes- 
sante, e  mette  in  rilievo  la  situazione  inglese  da  diciassette 
anni;  havvi  in  esso  un'eccellente  lezione  per  gli  economi- 
sti del  continente. 

Il  bill  che  revocò  le  leggi  restrittive  pei  cereali  data,  in 
vero,  dal  4  846;  ma  non  ebbe  il  suo  effetto  attivo  che  tre 
anni  di  grazia  accordati  ai  coltivatori ,  durante  i  quali  si 
cercò  solo  di  far  subire  una  nuova  modificazione  alla  vec- 
chia scala  mobile  che  era  di  gik  stata  modificata  neN  843. 

Partendo  dal  4849,  epoca  della  revoca  definitiva  delle 
l^ggi  restrittive,  noh  conteremo  nove  anni  di  commercio 
perfettamente  libero.  Il  miglior  modo  d'apprezzare  l'effetto 
prodotto  dal  nuovo  sistema,  in  ciò  che  concerne  l'aumento 
degli  approvvigionamenti^  è  di  comparare  le  quantità  di  ce- 
reali importati  durante  ciascuno  dei  nove  anni  che  hanno 
seguito  lo  stabilimento  della  libertà,  colle  quantità  impor- 
tate durante  ciascuno  dei  nove  anni  che  l' hanno  preceduto. 
Eeco  il  prospetto  esatto  di  queste  quantità  pei  grani  d'ogni 
Datura  ed  anche  per  le  farine  (queste  ultime  si  computa- 
rono in  equivalenti  di  grano,  onde  non  avere  che  unità  della 
stessa  natura). 


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354 


Crani  «  farine  d'ogni  natura  importati. 


Quarters 

Quarters 

4840  .    . 

.    .    3,920,014 

4849  .    . 

.    .  40,669,664 

4841  .    . 

,    .    8,627^62 

4850  .    . 

.    .    9,019.690 

4842  .    . 

.    .    8,697,279 

4854  .    . 

.    .     9,648,026 

4848  . 

.    .    .    4,433,891 

4852  .    . 

.    .    7,746,669 

4844  .    . 

.    .    3,030,681 

4853  .    . 

.     .  40,473,135 

4845  .     , 

.    .    .    2,429,916 

4854  .    . 

.    .    7,909,544 

4346  .    . 

.    .    4,762,474 

4856  .    . 

.    .    6,278,813 

4847  .    . 

.    .  44,912,864 

4856  .    . 

.    .     9,339,425 

4848  .    . 

.    .    7,528,472 

4867  .    . 
Media  per 

.    .    9,469,480 

Media  pei 

'  nove 

DOVe 

aoni    . 

.    .    .    4,703,650 

anni    . 

.    .    8,880,449 

Il  ^uarter  vale  2  ettolitri  e  90  litri;  ciò  che  dà  per  la  me- 
dia dei  primi  nove  anni  più  di  tredici  milioni  e  mezzo  d*  et- 
tolitri, e  per  la  media  dei  nove  altri  anni  circa  ventisei 
miKoni  d'ettolitri. 

Non  trascuriamo  d'osservare  che,  in  questo  quadro»  la 
media  dei  primi  nove  anni  è  aumentata  d'un  milione  e  mezzo 
di  quarters  per  le  grandi  importazioni  che  ebbero  luogo  oe< 
gli  ultimi  due  anni,  in  causa  della  carestia  in  Irlanda  e  della 
malattia  del  pomo  dì  terra,  ed  anche  della  modificazione 
della  scala  dei  diritti  votata  nel  1846. 

D'altra  parte,  e  di  ciò  non  v'  ha  a  dubitare ,  il  signor 
Grey  l' ha  stabilito  con  prove  irrecusabili,  le  raccolte ,  du- 
rante il  secondo  periodo  dei  nove  anni,  sono  state  molto 
più  abbondanti  e  nello  stesso  tempo  più  eguali  che  durame 
il  primo  periodo. 

L'aumento  degli  approvvigionamenti  è  dunque  slato 
enorme,  tanto  per  le  importazioni  che  hanno  raddoppiato 
quanto  per  le  raccolte  più  considerevoli. 


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955 

Un'altra  questione  si  presenta,  non  meno  interessante 
per  r  amministrazione  francese,  che  vuol  fondare  un  sistema 
per  l'avvenire,  che  per  l'Inghilterra,  la  quale  non  ha  il 
disturbo  di  riflettere  sul  suo  passato,  è  dessa  la  questione 
dei  prezzi. 

Anche  qui  il  modo  migliore  di  procedere  onde  perve* 
Dire  ad  una  buona  conclusione^  si  è  quello  di  comparare  i 
prezzi  medii  durante  i  due  periodi  di  nove  annL  La  durata 
è  mollo  lunga  per  fornire  una  media  convenevole  di  flutr 
tuazioni  provenienti  da  cause  diverse. 

L'  Economist  dà  il  quadro  rilevalo ,  dalla  Gazzetta  dei 
mercati,  dei  prezzi  medii,  durante  ciascuno  di  questi  dt- 
ciotto  anni,  del  grano,  dell'  orzo  e  dell'  avena.  —  Da  queste 
cifre  paragonate  tra  di  esse  apparisce  come  il  prezzo  medio 
del  grano  durante  il  periodo  di  nove  anni  che  hanno  pre- 
ceduto la  revoca  delle  vecchie  leggi,  periodo  che  comprende 
i  due  anni  di  carestia^  è  stato  di  57  scellini  e  8  denari  per 
ogni  quarter,  mentre  che  è  stato  soltanto  di  54  scellini  ^e  8 
denari  per  il  periodo  dei  nove  anni  che  hanno  seguito , 
quindi  un  abbassamento  di  2  scellini  e  dieci  denari  per 
quarter  sul  prezzo  medio.  —  11  prezzo  medio  dell'  orzo  du- 
rante il  primo  periodo  è  stato  di  SS  scellini  e  4  denari, 
mentre  che  s' abbassa  a  82  scellini  e  5  denari  pel  secondo 
periodo,  quindi  una  diminuzione  di  11  denari  per  quarter. — 
Il  prezzo  dell'avena  è  stato  di  22  scellini  e  5  denari  pel 
primo  periodo,  mentre  ch'esso  s'abbassa  22  scellini  pel  se- 
condo ;  quindi  una  diminuzione  di  6  denari. 

Ecco  tutto  l'abbassamento  che  fecero  nei  prezzi  remu- 
neratori,  pel  produttore,  le  sue  ricche  più  abbondanti  ed 
una  importazione  che  ha  raddoppiato. 

Ma  il  signor  Grey  segnala  molti  vantaggi  che ,  pel  pro- 
duttore, hanno  compensato  e  di  più  questo  abbassamento 
dei  prezzi.  —  Dalla  revoca  delle  leggi  restrittive  il  prodotto 
aumenta  considerevolmente,  la  coltura  si  è  di  molto  mi- 
gliorata, ecc.  Questo  miglioramento  ebbe  luogo  non  solo  con 


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356 

una  maggior  raeooUa  di  cereali,  ma  con  un  maggior  con- 
sumo dì  bestiame;  e  se  il  prezzo  dei  cereali  si  è  d*  un  pò 
abbassato,  i  prezzi  della  carne,  della  lana  e  del  bestiame 
sì  sono  elevati  di  molto  ,  e  quesl'  aumento  è  d*  un  carattere 
favorevole ,  esso  è  V  effetto  dell*  accrescimento  della  do- 
manda. 

e  II  consumo  tanto  del  grano  che  della  carne  da  ma- 
cello, dice  .il  signor  Grey,  ha  preso  un  grandissimo  svilup^ 
pò.  Il  prezzo  del  grano  è  stalo  moderato,  ed  ha  in  generale 
subito  poche  fluttuazioni,  mentre  che  i  salarii  dei  lavoranti 
sono  stati  buoni  e  la  mano  d'  opera  ha  sempre  trovalo  il 
suo  impiego,  talmente  che  essi  stavano  quasi  per  consumare 
della  carne  e  non  solo  del  pane,  benché  la  prima  siasi  sem- 
pre mantenuta  ad  un  prezzo  elevato.  È  un  fatto  incontesta- 
bile che  le  classi  inferiori  della  Gran  Bretagna  si  nutrono 
oggidi  meglio  del  passato ,  e  ciò  in  causa  dei  buoni  salyii 
eh'  essi  ottengono  e  di  un  generale  miglioramento  nella  loro 
posizione  ». 

Gomprendesi  da  tutto  ciò  che  il  coltivatore  ha  guadagnato 
con  questo  cangiamento  nella  situazione  dell'  insieme  dei  con- 
sumatori. 

Quanto  alla  quistione  che  tocca  V  interesse  dei  proprietà* 
rj:  la  rendita  fondiaria  ha  diminuito  od  aumentato?  Noi  ve- 
demmo che  il  signor  Grey  ci  dice  eh'  essa  ha  piuttosto  au- 
mentato. L' Economist  alla  sua  volta  giustifica  1'  asserzione 
appoggiandosi  a  cifre  officiali.  Nel  4848,  l'ultimo  anno  .che 
precedette  la  revoca  delle  leggi  restrittive,  la  rendita  fon- 
diaria obbligata  alla  tassa  sulle  proprietà  era  di  46,718,399 
lire  sterline.  Noi  la  vediamo  nel  1857  elevarsi  a  47«109,I43 
lire  sterline.  Ma  ciò  non  è  tutto,  fa  d'uopo  considerare  che 
la  superficie  del  suolo  agricolo  va  diminuendo  ciascim  anno 
in  causa  di  quel  che  si  adopera  per  abitazioni,  per  le  vie 
di  comunicazione,  strade  e  ferrovie. 

Nel  1848,  la  rendita  della  proprietà  ricavata  d'  ogni  na- 
tura  era   di   42,314,000   lire;   nel  1857,   s'era   elevau  a 


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S57 
49,352,573  lire,  quindi  un  aumento  di  7,0S8,57à  neHa  ren- 
dita netta.  Di  essa  si  può  calcolare  che  almeno  il  IO  per 
400  è  rappresentato  dai  fondi  che  cosliluiscono  il  suolo  sul 
quale  sono  costrutte  le  abitazioni.  V  ha  adunque  una  nuova 
cifra  di  703,857  lire  in  favore  del  suolo  considerato  come 
proprietà  particolare. 

Passiamo  all'articolo  ferrovie.  Neh  1848- il  prodotto  netto 
era  di  5,934,460  lire;  nel  4857  si  è  elevato  a  40,166,000. 
Sopra  i  trecento  tniUoni  di  lire  che  le  ferrovie  costarono  per 
essere  fondate,  per  qual  somma  vi  è  entrata  la  compera  deir 
terreni  f  Non  lo  si  può  dire  con  una  perfetta  precisione,  ma 
è  certo  eh'  essa  fu  enorme.  Contiamola  solo  sopra  tinquanta 
miiiani  di  lire  e  supponiamo  che  la  metà  sia  stata  pagata  dal 
4848,  allora  noi  abbiamo,  al  4  j>er  400  d'interesse,  una 
nuova  somma  di  4,000,000  di  tire  all'  anno  pel  suolo. 

Cosi  del  suolo  utilizzato  per  la  coltura  si  adoperò  per 
litri  usi  un  valore  annuo  di  4,708,857  lire,  e  nondimeno 
b  rendita  fondiaria  di  ciò  che  resta  nel  4857,  presenta  un 
aumento  di  45,466,000  lire  sopra  quello  dell'  anno  4848.  — 
lo  altre  parole  si  può  calcolare  che,  durante  il  periodo  che 
ha  seguito  la  revoca  delle  leggi  restrittive,  la  rendita  fon- 
diaria  ai  è  aumentata  di  due  milioni  di  lire  all'anno. 

Ed  i  felici  risultati  della  misura  presa  non  si  limitano 
i  ciò:  v'hanno  ancora  altri  modi  d'essere  della  proprietà 
che  furono  per  essa  beneficati.  Per  esempio,  le  miniere,  che 
nel  4848  davano  un  prodotto  netto  di  3,474,000  lire  ,  hanno 
net  4857  dato  3,694,000,  quindi  530,000  lire  di  più.  —  Gli 
alti  fornelli  che,  nel  4848,  davano  un  prodotto  netto  di 
738,000  lire,  hanno  dato,  nel  4857,  fino  a  983,735  lire. 

Da  eiò  devesi  necessariamente  concludere  che  la  revoca 
delle  leggi  restrittive  sul  commercio  dei  cereali  ha  in  modo 
ammirabile  servito  agli  interessi  di  tutto  il  mondo;  al  pro- 
prietario, al  coltivatore  ed  al  consumatore;  è  d'essa  una 
misura  che  in  presenza  di  prove  eoii  evidenti,  i  governi  del 
Anuu.  Slutiitica,  vote  XX f,  seHe  3.  47 


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258 

eontinente  s*  affreileranno  probabilmente  on  gioroo  o  Vahro 

ad  adottare. 

VI. 

Facciamo  menzione  d*  un'  ultima  considerazione  del  sig. 
Grey,  la  quale  è  di  tal  natura  da  meritare  tutta  l' attenzione 
deir  Amministrazione  francese.  Parlando  dei  differenti  pro- 
gressi compiuti  nelP  agricoltura  del  suo  paese,  egli  dà  una 
grande  importanza  ai  perfezionamenti  introdotti  negli  isini- 
menti  agrarj  ed  all'  invenzione  di  alcuni  altri,  ciò  che  per- 
mette d' eseguire  i  lavori  dei  campi  a  miglior  mercato,  me- 
glio e  più  presto.  Il  coltivatore  francese  non  potrk  seguire 
in  quesia  via  di  progresso  la  sua  rivale  della  Gran  Breta* 
gna  che  in  quel  giorno  in  cui  otterrà  il  ferro  a  buon 
mercato. 

L' informazione  richiesta  dal  ministro  francese  delFagri- 
coltura  terminerà  adunque  con  un  risultato  che  già  alcuni 
chiari  ingegni  prevedevano.  Essa  sarà  tutta  favorevole  al  si- 
stema deir  importazione  e  della  esportazione  permanenti  e 
simultanee.  Dopo  constatato  questo  fatto  noi  diremo  che  la 
Francia  è  sollecitata  a  seguire  questo  movimento  da  ragioni 
diverse  da  quelle  che  determinarono  1*  Inghilterra.  VEeho 
agricole  esponeva,  sul  principio  di  quest'  anno,  la  situazione 
francese  diversa  da  quella  dell'  inglese,  e  lo  faceva  con  una 
rimarchevole  chiarezza. 

L'Inghilterra,  qualunque  fosse  l'abbondanza  delle  sue  ri- 
colte di  cereali,  provava  ciascun  anno  un  deficit,  e  codesta 
considerazione  bastava  da  sé  sola  perchè  si  decidesse  a  far 
cessare  V  intermittenza  delle  importazioni  e  delle  esportazio- 
ni, ed  a  dare  cosi  maggiore  regolarità  ai  prezzi  dei  grani 
Dell'  interesse  dei  consumatori. 

La  Francia  non  ò  certamente  nella  stessa  posizione.  Essa 
ha  per  lo  più  ricolte  sufficienti.  Il  deficit  non  arriva  che  ac- 
cidentalmente ;  e  non  è  permanente  come  lo  è  in  Inghilterra. 
Negli  anni   d'abbondanza,  essa  ha  perfino  degli  eccedenti 


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959 
di  eoi  essa  può  disporre  in  favore  delle  nazioni  meno  fa- 
vorite. 

Pure  sta  nel  suo  interesse  di  pronunciarsi  francamente 
per  la  libertà  commerciale,  di  avere  sempre  ^  oioèi  la  foci« 
lite  d'importare  e  di  esportare.  Sono  i  bisogni  annui  del** 
P  Inghilterra  che  pei  francesi  costituiscono  uno  dei  motivi 
per  adottare  questa  misura. 

La  Francia  può  sempre  fornire  milioni  d'ottolitri  di 
grano  all'Inghilterra;  dessa  è  cosi  vicina  a  Londra  ed  a  Li- 
verpool  per  cui  questi  due  luoghi  cotanto  popolati  debbono 
per  la  Francia  essere  veramente  mercati  francesi.  La  forza 
delle  cose  glielo  offre:  sarebbe  deplorabile  che  leggi  restrit- 
tive venissero  ad  interdirlo  alia  Francia.  Sono  per  essa  degli 
sbocchi  naturali,  facili,  e  se  le  fossero  chiusi  porterebbero 
uo  grave  pregiudizio  all'  agricoltura  francese.  V  interesse 
del  produttore  agricolo  reclama  adunque  la  permanente 
esportazione. 

Ma  d'appresso  a  questo  grand'  interesse  si  collocano  l'in- 
teresse generale  e  la  costante  sicurezza  del  paese.  Una  legge 
come  quella  della  scala  mobile,  che  permetteva  di  escire 
ai  grdhi  quando  essi  erano  a  basso  prezzo,  e  che  ne  arre- 
suiva  l'entrata  per  non  permetterla  che  quando  i  prezzi  si 
elevavano  all'  interno,  era  essenzialmente  dannosa.  Essa  perio- 
dicamente dava  luogo  all'  esaurimento  del  paese  e  lo  forzava 
1  riprendere  a  caro  prezzo  dallo  straniero  ciò  che  aveva 
esportato  a  buon  mercato.  Quindi  ne  venivano  alternati  ri- 
bussi ed  aumenti,  che  a  poco  a  poco  portavano  danno  al- 
l' interesse  dei  consumatore  e  del  prodottore,  talmente  che 
alla  6ne  tutto  il  mondo  ne  soffriva. 

Queste  verità  sono  si  chiare  che  non  tarderà  il  giorno 
in  CUI  esse  saranno  da  tutti  comprese.  Ma  vi  sono  gli  in- 
teressi del  momento  che  mormorano  contro  l' importazio- 
ne allorché  i  prezzi  sonoy  come  oggidì,  in  tanto  ribasso; 
eontro  l'esportazione  allorché  i  prezzi  sono  in  grande  au- 
mento. In  quest'  ultimo  caso  sono  i  consumatori  che  do- 


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360 

mandano  che  siano  chiuse  le  porte  ai  grani ,  ohe  tentereb- 
bero d'  uscire  nell'  altro,  sono  i  produttori  che  gridano  contro 
la  facohà  permanente  d' importare. 

Noi  adunque  non  ci  facciamo  le  meraviglie  nello  inten- 
dere oggigiorno  elevarsi,  nel  seno  di  alcune  riunioni  agrì^ 
cole,  eerte  domande  in  favore  del  ristabilimento  delle  scala 
mobile.  A  costoro  che  a  tutta  prima  ci  sembrano  retrogradi, 
rispondiamo  che  questo  sistema,  tolto  dai  francesi  agli  inglesi, 
che  si  sono  afiTrettati  di  rinunziarvi,  non  ha  mai,  in  nessuno 
dei  due  casi  preveduti  di  aumento  o  di  ribasso  estremo, 
agito  in  un  modo  che  possa  dirsi  soddisfaciente. 

A  coloro  che  hanno  timore  della  carezza ,  noi  ricorde* 
remo  che  ogni  qual  volta  il  pezzo  si  è  elevato,  si  dovette 
sospendere  razione  della  scala  mobile;  per  essi  adunque  per 
Io  meno  il  sistema  è  inutile. 

A  coloro  che,  come  oggidì,  vedono  rotti  i  loro  interessi 
pel  ribasso  dei  grani  noi  diremo;  gettate  indietro  lo  sguardo 
e  diteci  qpale  ostacolo  la  scala  mobile  ha  dato  luogo  ad  uri 
avvilimento  del  prezzo  dei  corsi? 

La  scala  mobile  funzionava  nel  4848-49-50  51 -53;  i 
grani  durante  questo  periodo  si  vendettero  a  Parigi  da  4:) 
a  45  fr.  50  e.  per  ettolitro,  ciò  ohe  li  poneva  in  certe  prò? 
vincie,  a  40  Q  44  fr.  l'ettolitro,  al  di  sotto  dei  prezzi  att 
tuali. 

I  timori  inspirati  dalla  rivoluzione  repubblicana  hanno 
contribuito,  si  dire,  a  quest*  avvilimento  dei  prezzi.  Noi  po- 
tremmo contestare  quest' influenza;  si  videro  in  altri  tempi 
i  danni  della  repubblica  provocare,  al  contrario,  un  aumento 
eccessivo.  Bfa  prendiamo  altre  epoche  io  cui  regnavano  b 
pace  e  la  sicurezza. 

Nel  1881,  sotto  il  pieno  esercizio  della  scala  mobile,  il 
prezzo  medio  del  grano  i«i  Francia  era  di  15  fr.  Tettolitro; 
nel  482S  esso  s'eleva  a  17  fr.;  nel  13S3  ritorna  a  45  fr, 
50  e;  nel  1844  »  44  fr,  90  e;  nel  48S5  a  15  fr-  23  e.; 
nel  4856  9  26  fr, 


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S61 

Il  produttore  allora  ti  lagnava^  come  oggidì}  colui  che 
soffre  ha  sempre  il  diritto  di  lagnarsi.  La  scala  mobile  pò- 
nera  rimedio  a  nulla« 

Nel  4838-84^85-36  e  87  noi  ritrovammo  a  Parigi  il  grano 
a  prezzi  avviliti  da  13  a  14  fr«  TettolitrOé  Allora  però  la 
scala  mobile  slava  per  riordinarsi  con  cura  nel  1883^ 

Come  in  oggi  il  coltivatore  e  specialmente  il  proprie^ 
lariO)  con  innanzi  questi  prezzi,  gridavano  alla  rovina.  Si 
accusava  di  permettere  ai  marsigliesi  di  far  infranciosare  i 
loro  grani  a  Lorieot  i  porto  in  cui  i  diritti  d*  eoirata  erano 
più  bassÌ4 

Bisogna  pure  appoggiarsi  sui  prìncipj.  Ciò  che  é  richie- 
sto dal  produttore!  sono  degli  sbocchi»  e  degli  sbocchi  per- 
manenti;  la  libertè  commerciale  gKene  assicura  di  questo 
genere  sui  mercati  inglesi;  è  desso  il  miglior  incoraggia* 
mento  che  si  possa  dargli*  Ma  se  il  produttore  stabilisce  che, 
pei  proprio  interesse^  l'importazione  possa  essere  vincolata 
da  diritti  proibitivi,  sarfa  forzato  d* ammettere  egualmente 
elie^  Dcir  interesse  del  consumatore  nazionale,  V  esportazione 
possa  anche  essere  sospesa.  La  legge  non  può  aver  due  pesi 
e  due  misure^  —  Un  Ingegno  imparziale  è  condotto,  a  forza 
di  logica  «  a  domandare  al  governo  di  darei  sempre  per 
principio  la  libera  entrata  ed  uscita^  La  libertà  commer- 
ciale dei  grani  è  il  migliore  di  tutti  i  rimedj. 

AnnwuktfU  mimitmit^^Umtamm^.  Anno  1,  1857-68.  Vn 
voi  inA^.^  di  paQé  595.  Milano  t  Torino  48S8|  presso 
a  CanadeUL 


(  Articolo  II.  Vedi  faseieolo  di  ottobre  e  flotémbre  1888  )< 


L. 


vedute  stfltiitiefae  del  dotto  autore  dell'  Annuario  si 
flttecaoo  dagli  studj  comuoemeuie  professati  da  ohi  coltiva 


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S62 

questa  scienxa.  1  nostri  lettori  n*  ebbero  gik  un  saggio  nel 
primo  articolo  da  noi  consacralo  a  quest'opera  tutta  iialia- 
na.  Ora  ci  faremo  a  trascegliére  da  quest'ottimo  repertorio 
alcune  notizie  che  più  da  vicino  interessano  chi  segue  l'an- 
damento progressivo  di  cosiffatti  stodj. 

Nella  rassegna  statistica  che  l'autore  va  fecendo  dei  più 
colti  popoli  del  mondo,  egli  sa  porre  in  una  evidenza  af- 
fatto nuova  le  condizioni  di  quei  popoli  che  vivono,  per 
cosi  dire,  di  vita  nuova,  entrando  per  la  prima  volta  nel- 
Tarduo  arringo  della  civiltà  e  di  quei  papoi  per  cosi  dire 
invecchiati  sotto  il  peso  di  antiche  istituzioni  e  che  cercano 
con  provvide  riforme  di  rifarsi,  se  possono,,  alle  nuove  esi- 
genze della  sapienza  civile. 

Noi  estrarremo  dall'opera  alcuni  fra  i  più  notevoli  squarci 
in  cui  appajono  appunto  queste  due  vite. 

Fra  i  popoli  che  cercano  risorgere  alla  luce  della  col- 
tura e  della  sapienza,  vi  ha  innanzi  tutto  il  popolo  Rume- 
no, che  abita  i  vasti  territorj  della  Moldavia,  della  Vala- 
chia,  della  Bessarabia,  della  Bueovina,  della  Transilvania  e 
del  Banato,  che  l'autore  chiama  col  nome  di  membra  di- 
lacerate e  guaste  dell'antica  Daoia.  Questa  popolazione  rag- 
giunge ora  il  numero  abbastanza  vistoso  di  cinque  milioni 
e  764  mila  abitanti,  sparsi  su  un'estensione  di  S94,445  chi- 
lometri quadrati. 

«  Manca,  dice  l'amore^  alle  lettere  italiane  —  e  fra 
tanto  rettoricar  di  politica  ci  pare  vergogna  —  una  storia 
di  Rumania  ;  parte  che  avrebbe  ad  essere  della  storia  na- 
zionale, e  non  ignobile  pronostico  dei  nostri  destini.  Eppu- 
re sarebbe  impossibile  trovar  materia  più  grave  e  insegna- 
tiva di  questa,  e  insieme  più  nuova  e  meglio  atta  a  muo- 
vere gli  affetti.  Perocché,  nello  svolgere  gli  annali  della 
Dacia  rediviva,  ci  par  come  di  scendere  in  una  città  disot- 
terrata, dove  in  mezzo  ai  segni  della  corruzione  e  deUa 
morte  s'incontrano  ad  ogni  tratto  memorie  domestiche  e 
pietose  reliquie,  delle  quali  solo  il  nostro  cuore  può  indo* 


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S63 
vinare  i  s^^reii.  Il  popolo  rumeno  ooo  ventilo  da  natura, 
ma  edificato  ad  arte  sull'estremo  lembo  d'Europa,  come 
▼ivenle  trincea  del  mondo  civile,  è  vero  simbolo  delle  stir- 
pi latine  ;  le  quali  pigliano  indole  e  stigma,  non  dal  terreno 
ove  si  radicano,  né  dal  sangue  onde  vengono,  ma  si  vera» 
mente  dal  verbo  sociale ,  dalla  lingua ,  dalle  inslituzioni , 
dall'industria  civile.  E  l'arte  dei  padri  nostri  qui  mostrò 
d'  essere  quello  che  sempre  è  l' arie  vera ,  una  natura  in- 
terpretata, indovinata,  rinvigorita.  Gl'Italiani  dell' Istro,  cal- 
pesti dal  pie  di  quanti  popoli  nuovi  capitarono  in  Europa 
dai  Goti,  dagli  Unni,  dai  Bulgari,  dagli  Slavi,  dai  Lombardi, 
dai  Cumani,  dagli  Avari,  dai  Tartari,  dagli  Ottomani,  dagli 
Ungari,  dai  Polacchi,  dai  Russi,  durarono.  Dispersi  nei  na- 
scondigli silvani,  scaduti  fino  ad  esser  per  legge  pareggiati 
alle  bestie  da  soma,  inbarbariti  eo'  barbari,  appiattati  tra  i 
solchi  della  terra  nudrice,  tornati  all'  obliosità  rusticana,  alle 
stupide  rassegnazioni  della  servitù,  alle  tuniche  villose  dei 
selvaggi  {guba\  alle  stalle  sotterranee,  alle  tane  trogloditi- 
che (bordei),  portarono  seco  nondimeno  senza  saperlo  la 
chiave  della  memoria  e  della  speranza  in  quel  linguaggio 
disprezzato,  che  un  giorno  doveva  riaprire  lo  spiraglio  della 
luce  e  richiamarli  a  un  tratto  nella  nobile  patria  dei  loro 
pensieri.  Ed  a  noi  pure,  leggendo  le  nuove  e  fresche  ispi- 
razioni di  codesta  letteratura  ultimogenita  del  genio  latino, 
corre  involontariamente  sulle  labbra  l' esclamazione,  con  cui 
il  prode  Janco  salutò  i  settantamila  romani  accorsi  nel  4848 
dai  tugurii  transilvanici  ai  comizii  di  Blaiumo  :  Cristo  è  ri- 
sorto. E  invero  saper  morire  senza  perder  l'anima  é  il  pro- 
prio carattere  della  civiltà  latina ,  destinata  a  sperimentare 
più  volte  la  gioventù,  e  sdegnosa  delle  immortali  decrepi- 
tezze delle  stirpi  asiatiche. 

»  Ogotino  vede  perciò  quanta  importi  che  la  Valachia  e 
la  Moldavia ,  chiamate  ora  dal  consenso  dell'  Europa  a  fare 
sperimento  di  sé  medesime,  mostrino  di  poter  coi  fatti  ade- 
guar le  promesse ,  e ,  pur  ci  eonvien  confessarlo ,  i  garriti 


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264 

superbi.  —  Vero  è  che  te  dae  provincia  insieme  non  faiuto 
neppur  la  mela  della  Dacia  antica;  ma  in  esse  soltanto  la 
stirpe  latina  prevale  senta  contrasto  negli  ordini  e  nelle  tra- 
dizioni  civili.   Imperocché  nei  principati  danubiani  lo  stalo 
è  ancora  oggidì  come  fu  sempre,  romano;  romano  di   lin- 
gua,  di  tradizioni,  d'aspetto  le  plebi  rustiche;  e  i  nobili, 
benché  straniati  la  più  parte  e  guasti  dalla  bastardigia   bi- 
zantina, vogliono  ora  essere  romani  anch'essi:  e  piaccia  a 
Dio  che  troppo  severo  abbia  a  trovarsi  il   giudizio  di   chi 
Invece  li  gridò  innesto  pessimo  di  rigidezza  latina,  di  greca 
sottilità,  di  sprezzatura  turchesca  e  di  russa  ipocrisia.  Certo 
é  che  le  condizioni  economiche  dei  due  paesi  gemelli,  mas- 
sime per  colpa   della  prodiga  flscalith  patrizia ,  sono  quasi 
che  disperate.  «  Non  le  guerre,  né  le  devastazioni  tartari- 
che, né  le  ingorde  concussioni   ridussero  la  Rumania  allo 
stremo:  ma  un  morbo  più  intimo,  un  cancro  al  cuore,  la 
bojeria».  {QueiL  économ.  des  Princip.  Danub.^  pag.  43). 
E  si  che  fin  dai  tempi  del  Sestini ,  i  principati  erano  messi  a 
ruba  e  a  sacco  ogni  anno  dai  Turchi  e  dagli  Ospodari,  sotto 
specie  di  commercio  e  di  governo.  Le  due  provincìe  che  il 
Sultano  ne*  suoi  Aui$cherif/l  onorava  col  titolo  costoso  di 
canot^e  delP impero^  dovevano  allora,  parliamo  di  cent'anni, 
fa,  vendere  per  decreto  quanti  carnaggi  e  grani  occorres- 
sero ai  mercati  di  Stamboul:  oltredichè  il  cacio,  la  cera, 
il  burro  s'avevano  a  fornire  ai  Capan&^  o  come  dire  ai 
pizzicagnoli  e  fondachieri   della  capitale;  e  i  prezzi  erano 
neir arbitrio  dei  compratori,  che  ora  davano  poco,  ora  nul- 
la, pagavano  colla  peste,  col  bastone,  col  palo.  Cosi  man- 
davano a  male  da  500  a  600,000  montoni  ogni  anno,  nu- 
meri che,  se  non  sono  spropositali,  ci  danno  la  misura  della 
ricchezza  naturale  e  della  miseria  civile  dei  principati.  Peg- 
gio  fu  quando  (dopo  il  trattato  di  Kainardj)  di  questi  ap- 
provvigionamenti si  die  carico  agli  Ospodari;  i  quali,  se  i 
Turchi  domandavano  cento,  facevano  incetta  dei  doppio  e 
del  triplo,  pagando  ogni  cosa  ad  arbitrio,  e  rivendendo  poi  il 


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S6S 
soverchio  nel  paese,  che  doveva  ricomprare  a  ingordi  prezzi 
quello  eh' ei  medesimo  poco  prima  aveva  fornito  a  vilissì- 
roo  mercato.  E  nondimeno  quésti  e  gli  akri  mali  della  ve- 
nalità degli  uffici!  e  dei  giudiiii  paiono  agli  scrictori  m^ 
mani  lievi  e  comportabili  a  petto  del  disordine  che  stra- 
volge e  confonde  anche  di  presente  in  quel  paese  la  logica 
del  lavoro  e  della  proprietà* 

»  Da  principio  i  Ru.nani  conoscevano  tre  maniere  di  pro- 
prietà: runa  ottima»  libera,  conforme  alle  vecchie  tradizioni 
latine:  onde  il  verbo  moi*  tenire,  e  il  nome  di  tnos'  leni  o 
mosneni,  a  signiflcar  coloro  che  giusta  T  avito  costume  pos- 
siedono terre;  i  quali  pigliano  invece  nome  di  gradiitenij 
quando  non  dall*  originaria  e  immemorabile  divisione  delle 
terre  comuni,  ma  per  graio^  cioè  a  dire  grazia  di  popolo 
0  di  principe,  tengono  i  bro  posassi  territoriali.  Gli  altri 
due  modi  si  ponno  assimigliare  ali*  utile  ed  al  diretto  do- 
roinio  de*  nostri  legisti:  ma  con  origine  ed  eflTetti  in  tutto 
disformi.  Erano  dunque  la  più  parte  delle  terre  di  Ruma- 
nia^  principalmente  alla  pianura,  possedute  nei  primi  tempi 
e  coltivate  e  amministrate  in  comune.  Imperocché  le  popo- 
lazioni latine,  quando  nel  XIII  secolo  cominciarono  a  calar 
a  sciami  dalle  valli  bastarnicbe^  ove  s*  erano  trafugate  di- 
nanzi alla  furia  dei  barbari,  piantarono  nei  piani  dell'Aiuta 
e  della  Dumbovitza,  colonie  e  borgate  rette  a  comune  si 
nei  rispetti  politici,  come  negli  economici.  Ma  poi  i  bojerì 
(6opt9  Aert)  e  i  principi  {Domni)  ebbero  »  premio  di  ser- 
vigi guerreschi  o  civili,  alcuna  parte  dell'agro  pubblico;  e 
crescendo  le  largizioni,  e  cumulandosi,  e  di  precarie  facen- 
dosi, per  ragione  di  erediti,  gentilizie  e  perpetue,  in  capo 
a  due  secoli  le  terre  che  non  erano  in  privato  dominio  di 
moiteni  o  gradisteni,  si  trovarono  o  si  supposero  tutte  8og«> 
gene  all'  alto  dominio  dei  magnati ,  del  principato  o  della 
chiesa.  Questo  modo  di  supremazia  da  principio  però  non 
doveva  voler  altro  importare,  che  facoltà  di  porre  gravezze 
e  di  cavar  tributo  dalle  comunità  agricole,  vere  e  legittimi 


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posseditrici  del  suolo.  Ma  poi  la  mala  imilasiòne  de*  vicini 
5iignori  UDgheri  e  polacchi,  soggiogatori  e  dominatori   im- 
roanissimt  de*  Rumani  di  Traosilvaoia  e  degli  Slovacchi  di 
Halici  e  di  Podolia,  e  gli  esempi  della  feadalìtà  germanica, 
tentarono  e  sedussero  i  voivodi  e  i  bojari;  e  sotto  Serba* 
no  I  (1594)  tutti  i  coloni'  che  non  erano  in  beni  pro{)ri 
{tnosneni)  o,  che  è  lo  stesso,  tutti  quelli  che  coltivavano 
beni  comunali  furono  obbligati  alla  gleba,  cioè  costretti  a 
vivere  e  lavorare  ne'  comuni  ove  erano  nati  ;  e  poscia  per 
quella  progressione  logica,  che  pare  più  spedita  e  impaziente 
al  male  che  al  bene,  vennero  spesso  pareggiati  agli  zingari, 
miserrima  ed  infima  generazione  di  schiavi  per  legge  e 
costume  tenuti  in  conto  di  cose  animali.   In  progresso  di 
tempo  però  gli  Ospodari   faoarioti  che  volevano    accattar 
popolarità ,  umiliare  i  magnali  romani ,  far  via  ai  loro  crea- 
li, mostrarono  di  voler  metter  mano  a'  rimedi:  e  a  mezzo 
del  secolo  passalo  (4746-4749)  proscrissero  la  servitù;  e, 
fatte  tre   parti   de'  dominii  comunali ,  assegnarono  l' una 
«U'aho  proprietario,  e  le  due  ai  coloni.  Ottimo  compenso 
se  non  fosse  sialo  avvelenato  da  inique  provvigioni  ;  l' una 
delle  quali  riduceva  gli  svincolati  dall'  agricoltura  servile  in 
dipendenza  personale  de'  nobili,  che  fu  il  principio '  degli 
Écutelnici;  l'altra  obbligava  l  coloni  rimasti  sui  fondi  a  col* 
livare  il  campo  dominicale  sotto  specie  d' omaggio  e  di  cen- 
so. Per  lai  modo  le  cose  si  ridussero  a   termini ,   che  in 
virtù  delle  leggi  liberatrici,  ì  veri  padroni  del  suolo  pagano 
in  opere  i  rubatorì  del  pubblico  e  gli  usurpatori  dei  loro 
beni  :  e  il  lavoro  di  cui  sono  stati  tassali  (che  da  ultimo, 
prese  nome  conveniente  alla  cosa ,  ehìantasi  con   voeabolo 
russò  jobagia)  è  si  grave,  che  spesso  non  lascia  ii'  eonudi^ 
ni  tempo  e  respiro   d'attendere  a  quella  parte   de'  fondi 
comunali ,  che  la  legge  astuta  e  barbara   loro  assegnò  in 
luogo  di  prezzo»  Nuota  maniera  di  schiavtlù,  per  cui  il  pa- 
drone non  ha  cura  o  pensiero  de'  servi  ;  e  per  cui  all'uom 
di  fatica  è  concessa,  massimo  dei  premii,  la  proprietà  della 


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terra^  ma  sequestrata  la  madre  d^  ogni  libertà  e  d' ogni  va- 
lore, la  libertà  del  lavoro.  {Queit.  économ.  des  Prin.  Dan.y 
p.  86).  S' aggiunga  che  i  mosteni  e  i  piccoli  proprietarii , 
circonvenuti  da  insidie  processuali,  soffocati  sotto  i  balzelli 
ond'  erano  immuni  i  latifondi  signorili ,  citati  a  provar  la 
libertà  come  un  privilegio  odioso,  logorati  dalle  ipoteche  e 
dalle  usure,  a  m^no  a  mano  scomparvero,  e  con  essi  la. 
forza  e  il  nerbo  della  nazione. 

>  L' atonia  economica,  ohe  sempre  tien  dietro  alle  con- 
gestioni della  proprietà  fondiaria^  è  raggravata  nei  principati 
danubiani  da  un  altro  disordine.  Un  terso  almeno  dei  colti 
è  venuto  in  proprietà  dei  monasteri,  i  quali  sono  59  in 
Valachia  e  43  in  Moldavia,  e  cavano  dai  loro  vastissimi 
possessi  una  rendita  di  80  milioni  di  piastre.  Questo  tesoro 
il  quale,  ove  si  badasse  alle  fondazioni  originarie ,  avrebbe 
ad  essere  dispensato  in  opere  di  carità  e  di  educazione,  6 
divorato  da  monaci  e  da  conventi  stranieri  ;  essendo  piaciuto 
agli  Ospodari  fanarioti  di  dedicare,  o  come  dicono  i  Rumeni, 
i'inchinare  codesti  istituti  ai  Santuari  del  monte  Atos,  del 
Sinai  e  di  Gorusalemme.  Ond' è  che  le  provinole  danubiane 
sono  il  più  ricco  feudo  della  chiesa  bizantina,  a  cui  pagano 
annualmente  un  tributo  dodici  volte  maggiore  di  quello 
che  pei  trattati  sono  obbligate  a  versare  nell'erario  del 
Gran  Signore. 

'  Delle  misere  condizioni  del  popolo  si  ptiò  far  questa 
ragione  che  anche  dopo  il  trattato  di  Kainardj  due  terzi 
delle  rendite  dello  Stato  in  Valachia,  e  più  che  la.  metà  in 
Moldavia,  eavavansi  direttamente  dftlla  capitazione  de^  coo- 
udini,  sui  quali  poi  venivano  a  ricadere  anche  tutte  le  im- 
poste indirette  («d/e,  dedma  del  mte/e,  tasia  sulle  tnandre 
0  vacarti  ),  meno  forse  il  t^inetrtl  o  dazio  del  vino  e  le  do- 
pile, che  appena  rispondevano  al  decimo  dell'imposta  totale 
(  Satini,  op.  àt.  ).  Onde  a  buon  dritto  un  villano  ammesso 
ira  i  eonimbsarii,  che  nel  4848  pigliarono  ad  esome  il  gran 
problema  dell' iostauramento  eeonomieo,  potè  dire:  noi  siamo 


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S«8 

lo  Stato,  noi  siaiùo  1*  erario  |  Toro^  o  Bojerii  non  vi  piove 
dal  cieloi  ma  esce  dalle  nostre  capanne.  {Regnault^  pag. 
443  > 

>  La  nobilth  rumana  è  quasi  lulta  avveniizia:  greculi  b 
più  partCf  rotti  agli  intrighi  ed  alle  sehifeue  del  serraglio, 
che  venuti  a  far  ufficio  di  gabellotti  (^gabelaui)f  a  mano 
a  mano  per  seduiiooe,  per  insidie,  per  matrimoniii  per  pro- 
tezione degli  Ospodari  s*  intrusero  nelle  antiche  case ,  e  le 
spodestarono.  Numerosa  è  la  classe  de'  bennati  {neamurì) 
discendenti  dalla  nobiltà  paesana  che  scaduti  alla  vanga  i  o 
peggio  air  anticamera  dei  venturieri  bizantini  «  nondimeno 
conservano  una  cotai  vena  dell' aulico  onore^  Il  .Sesliai  il 
quale  chiama  questi  neamuri  e  i  moaneni  {mazili)  gen- 
tiluomini di  campagna y  ce  li  mostra  sottoposti  anch'essi 
alla  capitazione  e  perciò  raccostati  ai  colonia  II  Ganesco  ei  dà 
la  seguente  statistica  delle  condizioni  sociali  in  Valachia. 

Nobili  officiali^  riconosciuti  o  ereati  dagli  Ospodari  2^330. 

Piccola  nobiltà  ereditaria^  Bojeri  de  néam  (neamuri)  6fiSt. 

Postelnicei     •    <  ^    «    «  1,1  S4. 

Mazili  (mosneni)   «    4    «  6,095. 


Totale  de^  nobili   valachi  15,480. 

»  La  campagna  numera  33^5  villaggi,  S1S7  nella  graa 
Valacbia,  4198  nella  pìccola  Valachia  detta  anche  Oltenia^ 
perchè  trovasi  sulla  destra  dell* Olto  (Aiuta).  Di  questi  S8S6 
villaggi,  798  sono  abitati  da  piccoli  pfoprìetarr^  che  somme- 
rebbero a  296,090;  e  f^i  altri  S5S7  villaggi  appartengono 
a  3844  grandi  proprietarìi.  In  questo  conto  non  entrano  i 
conventi^  La  rendita  agraria  dei  due  principati  valutasi  di 
'330  milioni  di  piastre.  Oltre  là  popolazione  umana,  v*  ba 
circa  S  milioni  di  bovi,  400  mila  cavalli,  4  milioni  dì  peco- 
re. Un  ettolitro  dì  firumento  neir  ultimo  ventennio  s*ebbe 
al  prezzo  medio  di  SO  franchi^  al  minimo  di  6,  al  massimo 
di  50.  Nello  stesso  venlennio  il  valor  d'un  bue  stette  trai 


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60  e  i  90  franchi;  quello  d'una  vacca  tra  i  35  e  i  42. 
L'esportazione  media  nel  decennio  1887-47  fu  di  58,000,000 
franchi  annui«  de'  quali  30  milioni  in  cercali,  i5  milioni 
in  bestiame,  il  resto  in  lane,  pelli,  uva,  vino ,  sale.  L' im- 
portazione, durante  lo  itesto  periodò,  fu  di  circa  50  milioni 
annui;  e  metà  delle  merci  importate  venivano  giù  pel  Da- 
nubio dall'Austria,  e  principalmente  dalla  Germania  setten- 
trionale. Il  commercio  russo  non  entrava  che  per  un  cinquan- 
tesimo uel  valore  delle  importazioni;  ringljese  per  un  ottavo; 
il  levantino  per  più  d'un  quarto  (Ganeico.  La  Valachia, 
pag.  427-87. 

»  Queste  indicazioni,  raccolte  e  ordinate  da  un  partigiano 
dei  Cantacuzeno,  e  delle  riforme  lente  e  graduali ,  sono 
ipaochevoli  ed  ambigue,  massime  ove  toccano  il  formidabile 
problema  della  proprietà,  e  dei  possessi  ecclesiastici. 

»  Ma  da  altri  riecontri  sappiamo,  che  il  clero  ne'  due 
principati  passa  il  nomerò  di  400,000;  povero,  ignorante, 
evangelico,  popolare  anzi  popolano  nelle  campagne;  molle, 
servile,  voltabile  nelle  città;  intrigante,  sedizioso,  greco-russo 
ne'  monasteri.  \  Bojeri  sogliono  distinguersi  in  gi;andi  e 
piccoli;  onde  infinite  contenzioni  di  genealogia  e  di  etichetta 
non  v'essendo  araldica  sicura,  e  pochi  casati  avendo  storia 
pubblica  ed  onorata.  Cresce  confusione  la  stessa  gerarchia 
turco-greca,  inventata  dai  nuovi  nobilastri,  e  testimonio  delle 
loro  schiavesche  abitudini;  della  quale  ci  piace  ricordare 
per  la  singolarità  filologica  le  cariche  di  piìar  (piianzieré), 
eomts  (scudiere),  tpathar  (porta  spada),  camera$  (carne- 
i^zzo  0  camerlingo),  poftelnic  (mastro  di  posta):  infimi 
fra  tutti  i  grammatici  e  i  eonoepièti  (Vaillant.  op.  cit.  — 
Le$  rangs  et  les  titres  en  Vahchie  par  Dounault  ).  Il  Go- 
Desco  non  ha,  crediamo,  che  enumerate  le  famiglie  nobili. 
Più  compiute  statistiche,  eomechò  di  nu)lti  anni  addietro, 
ei  daoQp  anche  il  numero  delle  persone. 


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In  Vaiachia 

In  Moldavìf 

65,700 

36.948 

45,480 

36,440 

872,077 

213,114 

1,764,683 

863,668 

79,844 

444,580 

370 


Clero 

Nobili 

Immuni  dalla  capitaiione  (uffi- 
ciali dello  Siato  e  dei  Bojerii  ve- 
dove,  infermi,  atranieri)      •    •    • 

Soggetti  alla  capitazione  (coloni) 

Soggetti  alla  patente  mercatanti 
»  In  questo  quadro  non  vennero  per  avventura  com- 
putati  gli  zingari;  molti  de*  quali  sono  ancora,  persona  ci 
anima,  proprietà  mobile  dei  bojeri,  e  perciò  non  connume- 
rati  nella  apecie  umana.  Ad  ogni  modo  dalle  cifre  surrife- 
rite possiamo  ritrarre  quanto  iniquamente  sieno  rìpafrtite  le 
pubbliche  gravezze,  veggendovisi  immuni  dalia  capitazione, 
che  è  a  dire  tutta  T imposta  diretta,  i  padroni  della  terra 
e  del  lavoro,  quelli  che  inventarono  la  4brmola  economica, 
t7  tempo  del  colono  è  il  noitro  capitale  (Queet.  économ.^ 
pag*  41  ).  E  dell'  immunità  non  godont)  solo  i  frati  e  t  bo- 
jeri, ma  anche  i  loro  famigli  e  cortigiani,  che  coi  mereiai 
greci,  co*  veniurìeri,  coi  mendicanti,  coi  vagabondi,  coi 
panduri,  coi  selvaggi  netotsi  (zìngari  paria),  co'  bettolieri 
giudei  (  Saint-Marc  Girardin^  Souvenir  de  voyages  )  fanno 
una  popolazione  parassita,  turbolenta,  usuraja,  oziosa,  rapi- 
naCrice,  che  è  la  lebbra,  è  il  morbo  cutaneo  della  Rumania, 
come  i  latifondi  privilegiati  ne  sono  1* intimo  struggimento  e 
la  tisi. 

»  Le  poche  cifre  che  abbiamo  raccolto  mostrano  V  immen- 
sa importanza  economica  e  commerciale  de*  principati  danu- 
biani, i  quali  coir  Ungheria  diventeranno  i  granai  dell'Eu- 
ropa occidentale,  e  ci  libereranno  dal  monopolio  della  Russia, 
che  nel  48dS  vantavasi  di  posseilere  la  ehitive  del  ventre 
europeo.  Il  Danubio,  co*  suoi  vasti  serpeggiamenti  per  entro 
le  terre  ungariche  e  tutl*  intomo  alla  Vaiachia,  è,  giusta  la 
felice  «espressione  di  Saint-Marc  Girardin,  una  strada  circon-. 
fluente  (^cliemin  de  rond)^  a  cui  ponno  con  breve 4ragitto 


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(ir  capo,  come  raggi  alla  periferia ,  tutte  le  strade  interne 
delle  più  frugifere  pianure  di  Europa.  Né  il  Nistro,  né  il 
Boristene,  fiumi  dritti,  con  poveri  confluenti  e  malagevoli 
alia  navigazione,  potrebbero  mai  gareggiare  col  Danubio, 
96  gli  si  tolgano  d*  in  sulla  bocca  i  bavagli  delle  fortezze 
e  delle  dogane.  E  già  nel  4854  a  dispetto  degli  impacci  di 
Sulina  e  di  Bratta  quasi  duemila  navi  caricarono  grano  ne* 
porti  del  Danubio:  e  a  Marsiglia,  quando  il  grano  d'Odessa 
tornava  32  rubli,  il  grano  di  Braila  potevasi  avere  a  18; 
e  solo  r  Inghilterra  in  quell'anno  trasse  da  quest'ultimo 
porto  700,000  ettolitri  di  cereali.  (  Ganeico^  op,  ciL  —  Ae- 
jnault ,  pag.  24  )  ». 

L'autore  pasf^a  in  seguito  a^  dar  la  storia  contemporanea 
di  questa  forte  razza  romena  che  ha  saputo  resistere  per 
Unti  secoli  alle  mille  catastrofi  che  parevano  dovessero  ina- 
bissarla ed  emette  un  vaticinio  statistico  sulla  sua  risurre- 
zione. 

Nello  staccarsi  dalle  terre  rumene  l'autore  getta  uno 
sguardo  alla  razza  greca,  anch'essa  di  recente  risorta,  e  dà 
di  essa  e  delle  Isole  Jonie  le  notizie  che  qui  riferiamo. 

«  La  Grecia,  cosi  TA. ,  non  é  veramente  un  integro  corpo, 
ma  una  testa  spiccata  dal  busto,  la  quale  come  quella  che 
Dante  immaginò  parla  e  si  querela  e  fa  ufficio  di  lucerna  al 
muiilato  cadavere.  —  Non  vogliamo  con  ciò  dar  ragione  ai 
sogni  dell' Eteria,  che  tutte  le  provinole  europee  della  Tur*» 
eliia  e  gran  parte  delle  asiatiche  voleva,  come  membra  del- 
l'impero  Bisantino,  rivendicare  alla  Grecia.  L'impero  Bi* 
santino  non  fu  piantato,  né  si  mantenne  per  virtù  greca; 
anzi  fu  r  ultimogenito  della  civiltà  romana.  E  veramente 
più  che  dissennatezza,  sarebbe  vergogna  pei  Greci  abbando- 
nar le  proprie  e  native  tradizioni  della  gloriosa  Eliade,  e 
lasciarsi  adescare  alla  memoria  della  Grecia  bastarda  del  me- 
dio evo ,  e  alla  vanità  d' un  primato  episcopale  ed  impe- 
riale. Bla  cosi  avviene  sempre:  i  popoli,  a  coi  non  è  con- 
cessa la  riposata  fornta  naturale,  vanno  vagabondando  coi 


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S7a 

desidera  e  strepiiando  sulle  soglie  della  vita,  come  quelle 
anime  virgiliane 

•  •  •  quibus  altera  fato 
Corpora  debentur. 

»  Ha  non  vogliamo  entrar  di  traforo  iu  questa  materia 
che  ci  sarebbe  più  che  domestica.  Basti  notare  èhe  la  di« 
plomazia,  e  quando  legittimò  nel  1830  l'attuale  regno  gre- 
co, e  quando  nel  4854  lo  violentò  all^abiura  e  lo  condan* 
nò  air  ammenda  delle  sue  nobili  ambizioni,  fece  cosa  ira- 
tissima alla  Russia,  esiziale  alla  Turchia,  e  sopramoJo  dan* 
nosa  alla  liberti  d'Europa;  di  che  ci  piacque  trovar  una 
confessione  pienissima  nel  più  autorevole  fra  i  diarii  inglesi 
(The  Greek  people^  and  the  Greek  Kingdom.  Bdimb.  Ae^tcu;., 
aprile  4836).  Ma  sappiamo  che  solo  il  tempo  e  la  sventu- 
ra danno  forza  ai  rimorsi  e  valore  alle  inutili  profezie. 

»  Non  più  che  la  terza  parte  della  nazione  ellenica  irovò 
una  patria  politica  nel  nuovo  regno  di  Grecia  ;  al  quale  se 
fossero  state  congiunte  tutte  le  isole  dell'Arcipelago,  e  Cre- 
ta, e  la  Tessaglia,  e  l'Epiro,  sarebbesi  dau  una  consistenza 
e  un  istinto  conservativo,  che  ora  indarno  gli  si  comanda 
colla  forza.  —  Sull'  estensione  attuale  del  regno  greco  non 
abbiamo  fermi  riscontri.  Il  Balbi  la  faceva  di  48,354  chil. 
q.,  il  De  Reden  di  895.  58  miglia  q.  geografiche  germani* 
che  (chil.  q.  49,136.  57):  l'iliiniiano  dei  due  Mondi,  Ed- 
mondo About  {La  Grece  contemp.  Paris,  1854.)/  e  L.  Sca- 
rabelli  (su  un  rapporto  del  Ministro  della  pubb.  istruzione 
Christopoulus)  le  attribuiscono  7,648,469  ettari  :  il  Kolb  7S0 
e  lo  Scheler  747,  6  miglia  geografiche  germaniche  (39,500 
e  39,336  chil.  q.):  infine  l'Atlante  del  Colton  45,236  mi* 
glia  geogr.  inglesi  (39,44jl  chil.  q.) .  —  Più  d'  un  terzo  del 
territorio  è  irto  di  montagne  selvose  e  di  nude  roocie  :  indi 
la  dilBcoltà  d'  una  esalta  misurazione.  I  dubbj  non  ci  pote- 
rono essere  chiariti  neppure  dalle  earte  pubblicate  per  cura 
degli  uflScialt  francesi  nel  4832  e  nel  4852,  né  dall'opera 
sulla  Grecia  del  Wordsworth,  tanto  pregevole  ne'  rispetti 


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J78 
dell'  arte  tipografica,  e  si  scarsa  ne'  rispetti  statistici  e  scien<> 
tifici.  Ma  sia  che  vuoisi,  il  territorio  greoo  è  uno  de'  più 
vasti  del  mondo,  perchè  vorebbesi  misurare  e  descrivere  a 
passi,  e  non  a  chilometri.  L' Attica  non  pareggia  in  super* 
ficie  geometrica  la  provincia  di  Milano  (4843  chil.  quad.), 
e  nondimeno  occupa  uno  de'  più  grandi  e  luminosi  spazii 
della  geografia  ideale.  —  SI  hanno  meglio  accertate  notizie 
intorno  alla  popolazione  del  regno;  643  mila  cristiani  l'a- 
bitavano nel  4833,  appena  finita  la  guerra  dell' indipenden- 
za, i  quali  in  SO  anni  crebbero  fino  a  4,003,043  (4853) 
—  e  negli  ultimi  quattro  anni  (4863-4855)  giunsero  a 
4,043,453.  -—  Queste  cifre  accusano  un  aumento,  che  va 
rallentandosi,  e  tende  ad  avvicinarsi  alla  proporzione  del- 
l'uno per  400  all'anno.  —  I  sette  decimi  circa  de'  re- 
gnicoli sono  di  stirpe  greca;  il  resto  arnauti  (380,000), 
ed  armeni  (30  in  30,000),  con  pochi  ebrei.  Le  rendite 
dello  Stato  sono  di  circa  30  milioni  di  franchi  (nel  4856 
32,723,079  dramme;  23,930,377  nei  4857;  48,375,307  nei 
conto  di  prephione  del  4858).  L'esercito  regolare  non  passa 
i  40>000  uomini  :  abbondano  i  preti  (5444  parroci),  gì'  im- 
piegati, classe  che  moltiplicò  sformatamente  sotto  la  reg- 
genza bavarioa  (43,549  secondo  il  Kolb),  e  i  marinai  che 
da  veni'  anni  in  qua  raddoppiarono  di  numero,  e  di  presente 
passano  i  30  mila.  Un  più  rapido  accrescimento  ebbe  la 
marineria  mercantile  de'  Greci,  a  considerare  il  numero  e 
la  capacità  delle  navi;  le  quali  nel  4834  non  erano  più 
di  400;  nel  4838  già  sommavano  a  3345  capaci  di  89,643 
toon.  ;  e  nel  4856  erano  5,053  di  numero  e  potevano  por- 
tare 395,000  tonn.,  che  fanno  un  naviglio  superiore  a  quel- 
lo delle  Due  Sicilie  ». 

A  canto  al  regno  di  Grecia  sta  il  gruppo  marittimo  delle 
isole  Joniche. 

«  Questa  picclola,  ma  florida  parte  di  Grecia,  che  anco- 
ra porta  i  segni  della  provvidenza  veneziana,  reggesi  sotto 

Amau.  Statistica,  voi.  XXÌ,  itrie  3.*  \è 


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274 

nome  di  repubblica, federativa  in  gelosissima  (mela  deirin- 
ghikerra.  L'alto  commissario  della  corona  britannica  ha  sui 
magistrati  della  repubblica  jonica  maggior  balia  di  quella 
che  ne  sia  concessa  ai  governatori  delle  colonie  inglesi.  Le 
sette  isole  nutrono  su  una'  superficie  di  2800  chil.  quad. 
2^9,797  greci  9  e  3000  soldati  inglesi,  che  vi  stanno  a  pre- 
sidio. La  corona  prolettrice  può  tenervene  quant*  altri  vuole 
ma  lo  Statuto  del  1847  assicura  gli  jonici  di  non  averne 
a  sperare  più  di  3000:  il  soprappiù  è  una  giunta  gratuita. 
Le  finanze  degli  Stati  Uniti  delCJonia^  secondo  i  ragguagli 
del  Kolb,  stanno  tra  ì  4  milioni  e  mezzo  e  i  5  milioni  di 
frcnnchi,  che  sarebbe  già  una  rendita  ^ragionevole.  L'alma- 
nacco di  Gotha  però  (1858)  fa  ascendere  le  entrate  del 
1856  a  38i,439  steri,  per  gli  Slati,  e  42,216  steri,  pei  mu- 
nicipii  (una  somma  di  40,641,000  fran.);  la  quale  notizia 
ci  pare  spropositata,  e  non  riscontra  con  tutti  gli  altri  rag- 
guagli. 

Se  le  isole  Joniche  avessero  ad  essere  restituite  a  sé 
slesse  ;  e  €andia  che  sotto  il  reggimento  veneziano  nume- 
rava da  5  a  600  mila  abitanti,  e  TEpiro,  e  la  Tessaglia  do- 
vessero quandochesia  ricongiungersi  in  un  corpo  coll'Eto- 
lia,  coir  Attica,  e  col  Peloponeso,  la  Grecia,  allargandosi  so 
un  territorio  di  circa  80  mila  chilometri  quadrati,  potrebbe 
in  poco  volger  d'anni  noverare  cinque  o  sei  milioni  d'abi* 
tanti,  e  crescere  in  ricchezza  per  modo  da  nascerle  deside- 
rio di  quiete,  e  pensiero  di  conservare  la  libertà  propria 
custodendo  Talirui  contro  V  oltrapotenza  russa.  Ma  finché  la 
Grecia  non  sarà  che  una  crisalide  di  nazione,  ella  per  ne- 
cessità di  natura  punterà  sempre,  senza  guardar  tempo  né 
modo,  a  forar  il  bozzolo  ed  uscir  alla  vita. 

«  I  moderni  Elleni ,  sono  accusati  di  non  saper  amare 
che  odiando  :  e  veramente  quello  eh'  ci  portano  alla  loro 
patria  e  alla  loro  fede ,  è  amore  disdegnoso  e  ombroso  e 
spesso  ingiurioso  agli  altri  popoli.  Ma  non  si  pirò  dimenti- 
care, che  appena  usciti  cosi  laceri  e  monchi  di  sotto  al  pres- 


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275 
8010  turchesco,  t  Greci  si  sentirono  d*  ogni  parte  e  astiati  e 
insidiati:  e  per  poeo  non  si  negò  loro  persino  la  virtù  guer- 
resca ,  di  cui  avevano  dato  meravigliose  prove  nel  loro 
decenne  duello  coi  Turchi  ^  e  la  nobile  eredità  degli  avi 
loro  ». 

La  legge  delle  analogìe  indusse  l'autore  a  far  parola  an* 
che  di  un  altro  popolo  a  civiltà  anticbissima  e  che  tuttora 
porta  il  marchio  delia  splendida  civiltà  latina.  Ecco  ciò  che 
ne  pensa  l'autore. 

«  Delle  genti  latine  trattammo  più  a  lungo,  forse  che  noi 
comporti  la  natura  del  libro ^  ma  non  senza  ragione;  per- 
chè sol  esse  ponno  darci  risoluto  il  più  gran  dubbio  che 
travagli  la  mente  degli  uomini ,  se  cioè  le  società  umane 
possano  per  virtù  di  senno  e  di  volontà  rifiorire  e  perpe* 
tuarai^  o  se  invece  debbano  di  necessità  declinare  alla  veo- 
chiaja,  e  finire  per  istanchezza  e  dissoluzione.  Tutta  Tanti- 
cbità  giudicò  i  popoli  soggetti  al  fato  comune  delle  cose 
lerrestri,  caduche  e  rinascenti  per  alternazione  di  vita  e  di 
morte.  Solo  il  genio  latino  osò  primamente  augurarsi  una 
vita  immortale;  perchè  vive  esso  creando  il  geometrico 
poema  del  diritto;  presenti  che  le  vere  leggi  della  vita  so- 
ciale si  trovano  nelle  etèrne  necessità  della  ragione,  anziché 
nelle  cosmiche  vicissitudini  della  fortuna  e  del  fato,  nelle 
mutabili  ispirazioni  del  sentimento  e  nelle  svariate  tempe- 
rie delle  schiatte  e  dei  sangui.  Le  quali  leggi  diventando 
luce  e  sostanza  di  vita,  ponno  trarre  da  sé  medesime  la 
forza  continua  di  atteggiare  e  rimutare  all'  uopo  il  corpo 
sociale,  di  prevenire  il  logoramento  e  la  decrepitezza,  e  di 
comooicare  alla  materia  civile  l' immortale  gioventù  e  la 
perpetua  vigilanza  del  pensiero.  Fin  qui,  noi  si  niega,  il 
mondo  umano  continuò  a  similitudine  del  mondo  fisico; 
dalla  morte  usci  la  vita,  e  la  vita  corse  al  riposo  della 
morte;  la  distruzione  fu  una  condizione  necessaria  della 
creazione;  l'obblio  una  condizione  necessaria  alla  memo- 
ria. Schiatte  nuove  e  nuove  lingue  bisogoaroeo  ad  «Uar- 


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876 
.    gar  lo  spazio  de!  pensieri  ;  nuove  terre  e  nuovi  cieli  si  cert- 
carono  a  nuovi  sperimenti  di  civiltà  e  di  ragione.  Ora  po«> 
tremo  noi  mai  evocare  dal  fondo  stesso  della  natura  uma- 
na, e  ottenere   dalla   fecondità  e  dalla  onnipresenza   dello 
spirito  le  novelle  condizioni  di  vita,  che  fin  qui  non  si  p0i> 
terono  trovare  se  non  trasmigrando  da  paese  a  paese,  da 
gente  a  gente  e  quasi  da  natura  a  natura?  Par  che  la  vita 
civile  non  divori  sé  stesso,  come  il  mistico  serpente   degli 
antichi;  e  che  anzi  dalla  successione  e  dalla  continuità  dei 
tempi  essa  tragga  forze  crescenti^  e  colla  fatica  e  coll'eser* 
cizio  acquisti,  come  il  pensiero,  un'incessabile  vigorìa  crea^ 
trioe  e  riparatrice,  ecco  il  problema  del  nostro  e  di  tutti  i 
secoli  avvenire,  che  ci  si  propone  sotto  il  tema  volgare  del 
progresso.  Le  genti  latine,  le  quali  già  sperimentarono  due 
periodi  di  civiltà,  divise  da  una  lunga  notte  piena  di  profeti^ 
che  visioni,  esse  che  due  volte  furono  chiamate  airintelligenza 
della  vita,  e  che  ponno  interrogare  due  memorie  e  pensare 
con  due  anime,   ora  tentano  spontanee  e  volenti  la  terza 
palingenesi  ;  e,  respingendo  i  paurosi  beneficii  delle  tenebre 
e  della  morte ,  la  tentano  nella  piena  luce  della   coscienza 
e  della  storia.  Cavare  per  maturanza  di  ragione  dalle  lun- 
ghe sperienze,  dai  rimorsi ,  dai  rimpianti  e  dalle  infermità 
senili  coraggio  e  anoore  d'innovata  gioventù,  ecco  quaPè, 
da  settant'anni,  lo  sforzo  della  civiltà  latina.  Chi  guarda  solo 
il  viluppo  e  il  contrasto  di  queste  idee,   dice   confusione; 
ma  chi  ben  considera,  sente  quanto  la  vecchiaja  sia  atta  a 
comprendere  la  gioventù  e  a  desiderarla,  quanto  la  ragione 
sia  efficace  suscitatrice  di  affetti,  e  come  Tintelligenza  possa, 
merco  di  quella  che  Roroagnosi  chiama  suprema  economia 
del  sapere,  sgomberare  lo  spazio  mentale  a  nuove  idee,  al* 
leggerir  lo  spirito  a  vita  nuova,  ed  esercitare  cosi  queiruf* 
ficio  di  purgazione  e  di  liberazione,  il  quale  fin  qui  non  fq 
potuto  compiere  che  dall' obblio  e  dalla  morte. 

>  Sotto  tre  gravi  pesi  «  per  sentenza  di  scrittori  noq 
j(;nobilÌ9  s'iccascipao  I0  g^ni)  latine;  il  clima  troppo  stiipo^ 


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ktivo  del  tHeitoiì^  efae  sfrUlta  e  logora  la  tlrilitir  delle  ge^ 
nerazioni  e  turba  quasi  per  inebbriamento  cosmico  la  teoh- 
peranza  della  volontà  6  la  lucidezza  delI'iiuellezioDe;  il  culto 
reso  ascetico  il  quale  circonda  lo  spirito  ucnano  come  a  dire 
di  un'atmosfera  torrida,  in  cui  s'avvicendano  le  esaltazioni 
e  i  languori,  gli  ardimenti  e  le  umiliazioni;  e  Infine  la  tra- 
dizione gloriosa  delie  età  classiche,  che  nel  mondo  dei  fatti 
come  in  quello  dei  pensieri,  delle  forme  e  delle  immagini» 
propone  csemplai'i  di  non  superabile  finitezza,  scoraggiando 
e  nel  .tempo  stesso  acquietando  nell'ammirazione  le  facoltà 
creative  d'una  stirpe  tanto  più  disperata  da  poter  mai  toc-* 
ear  di  nuovo  la  perduta  altezza^  quanto  più  ha  pronto,  sot- 
tile  e  incontentabile  il  sènso  della  grandezza4  della  sempli- 
cità e  della  perfezione.   Se  queste   cose  fossero  vere«  con« 
verrebbe  dire  che  gli  stessi  influssi  per  cui  già  nei  primor^ 
dii  del  rinascimento  europeo,  le  nazioni  latine  precorsero  a 
tutte  le  altre^  ora  tolgano  loro  i  frutti  d'una  ferma  e  sapo- 
rosa maturità;  a  quel  modo  che  veggiamo  accadere   delle 
piante  primaticce^  le  quali  dal  rigoglio  d'una  precoce  fiori-'  ^ 
tura   trapassano  ad  una  frondosità   infruttifera4   Ma  codeste 
similitudini   fisiologiche  »  le  quali   appropriano  ai   processi 
dello  spirito  umano  lo  svolgersi  dei  corpi  che  non  ban  sen-' 
80  e  coscienza^  portano  con  sé  la  loro  confutazione.  Lo  spi^ 
rito  che  sente  e  possiede  la  propria  forztf,  può  discemere 
ed  eleggere;  onde  egli  ha  in  sé  il  germe  e  il  principio  di 
una   crescente  e  perpetuabile   libertà   di  cessare  il  male  h 
cercare  il  bene.  Se  codesta  libertà  d'elezione   possa  tanto 
aell'uomo,  ch'ei  si  disnodi  una  volta  dalle  spire  della  natu-» 
re  ricircolante^  la  quale  torna  sempre  sull'orme  sue  pro<> 
prie   finché  vi  si  affonda,  é  ciò  che  si   vedrà  per  prova 
nelle  genti  latine  messe  al  punto^  se  toglion  viverci  di  tro- 
var r  arte  di  rivivere  e  la  forza  di  ringiovanire^  La  storia 
moderna ,   com'  altri  scrisse  ^  é  la  storia  della  redenzione 
delle  stirpi  dannate  fin  qui  alla  schiavitù  della  materia;  a 
questo  verameaie  della  storia  moderna  è  il  prospetto  so* 


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S78 

ciale.  Altri  aggiunse  ch^essa  è  Tinsurrezione  della  storia  an- 
tica contro  la  storia  del  medio  evo;  e  qaesto  Teramente 
della  storia  moderna  è  il  prospetto  filosofico;  ma  Vba,  ere- 
diamOy  un  prospetto  più  alto  ancora  e  più  naovo.  Il  tempo, 
che  è  lo  spazio  deirintelligenz»,  e  quasi  a  dire  la  propria 
materia  dello  spirito  anziché  menomare,  dovrebbe  crescere 
le  forze  di  tntte  quelle  cose  che  vivono  di  spirito.  Questa 
è  la  legge  delle  immortalità^  alla  quale  s'aggiunge  un'altra 
degnità  che  spiega  Tascensione  perpetua  dell'anima  :  fV  mal$ 
cerca  rimedii  a  sé  stesso  e  il  bene  accresce  desiderii  e  crea 
presentimenti  d'un  bene  maggiore. 

€  Se  il  filo  dunque  non  si  spezza,  se  la  coscienza  per* 
mane  e  in  essa  gli  errori,  i  dolori,   le  sperienze   si  eonti* 
nuano.  non  v'ha  alcuna  necessaria  cagione  d'inrernaiti  e  di 
cascaggine;  a  meno  che  non  vogliasi  credere^   che    anche 
nel  regno  dello  spirito  le  conseguenze   della   vita    tirino  a 
negare  e  distruggere  i  principi!  ond'ella  mosse.  Da  quest'ai* 
tozza   vorrebbersi  di  nuovo   chiamar  ad  esame  i  tre   temi 
degli  effetti  del  clima  ^  delle  credenze  e  delle  tradizioni  ci- 
vili ed  estetiche  sulla  vita  dei  popoli  latini,  e  sulle  eredità 
e  trasformazioni   organiche   delle  stirpi   antiche  in  civiltà. 
Noi  possiamo  vincere,  o  a  dir  meglio  correggere  e  voltare 
a  nostr'uopo  la  natura  in  molte  delle  produzioni,  dove  pre* 
valgono  le  forze  inconscie  e  fatali  ;  ma  ancora  non  abbiamo 
scandagliato  a  fondo  fin  dove  si  possa  vincere  e  correggere 
e  trasformare   la  natura,  che  è  nostra   propria.  Direbbest 
che  conosciamo  assai  meglio  l'arte  di  liberarci  dalle  streue 
formidabili  del  mondo  esteriore,  che  quella  di  possedere  e 
maneggiare  le  forze  interiori ,  su  odi  dovrebbe  aver  pieoa 
dominio  la  coscienza.  E  questo  ci  avviene  perchè  noi  ci  cre- 
diamo più  liberi  o  altramente  liberi  dj  quelli  che  siamo  in 
effetto,  e  a  ciascuno  di  noi  pare  di  poter  recarsi  a  un  tratto 
in  mano  l'indirizzo  di  sé  medesimo,  voltar  l'animo  proprio 
e  il  pensiero  come  più  gli  talenti»  e  reggersi  quasi  per  bai* 
danza  e  per  impeto  di  volontà.  Ma  in  nessoa  caso  è  si  pò* 


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co  durevole  la  lirannide,  come  quaad'ella  si  «serciia  contro 
sé  stesso.  A  noi  conviene  invece  fabbricarci  a  poco  a  poco 
e  ammanirci  con  paziente  diligenza  gli  strumenti  del  bene. 
Il  linguaggio,  l'artCt  la  scienza,  le  istituzioni  civili  ^  e  per* 
sino  il  pensiero  e  la  coscienza  non  hanno  saldezza  ed  elB- 
cacia  se  non  per  virtù  di  eonsuetudioe ,  per  lunga  tradi- 
zione e  moltiplicazione  di  sperienze,  per  prova  e  contro- 
prova di  fratellevoie  convivenza.  Come  dunque  dimostrare 
che  il  tempo  abbia  di  necessità  a  logorare  la  forza  deli'in- 
telligenxa  e  della  spontaneitii?  Ben  può  farsi,  che  alcuna 
volta  il  bene  porti  tentazione  di  Irasouraggine  e  d'abuso; 
ma  questo  non  avviene  per  legge  fatale,  sibbene  per  colpa 
e  per  dannazione  volontaria.  Che  il  clima  benigno  ai  sensi 
e  largo  ai  bisogni  dell'uomo,  che  le  ispirazioni  cristiane  ri- 
velatriei  del  paziente  entusiasmo  d'amore,  che  le  belle  e. 
grandi  tradizioni  dell'antichità  classica  (vocabolo  propriissi-. 
mo  a  significare  il  pregio  di  una  sicura  ed  eflicace  parsi- 
monia nell'elezione  delle  forme  e  nell'uso  delle  forze)  ab-^ 
biaoo  ad  essere  di  necessità  peso  e  scandalo  e  vecchiezza 
allo  spirito,  non  potremo  mai  indurqi  a  crederlo;  e  piutto- 
sto confesseremo  colpevoli  e  dannabili  le  stirpi  che  lasciano 
intorpidire  e  spegnere  io  sé,  per  una  cotal  sazietà  del  bello 
e  del  bene,  i  più  cari  e  salutiferi  doni  della  provvidenza. 
Ma  noi  siamo  di  quelli  che  credono  profetica  l'epigrafe  po- 
sta da  un  bi^arro  tribuno  pulla  breccia  di  Roma:  La  sto- 
ria romana  non  è  ancora  finita  ». 

Dopo  questo  preludio  si  fa  l'autore  a  ricercare  le  con- 
dizioni statistiche  delle  schiatte  latine;  e  qui  è  dove  fran- 
camente confessa  di  mancare  in  gran  parte  di  documenti. 
Premett(3  innanzi  tutto  una  rassegiia  biblio{;rafica  di  tutte 
le  opere  statistiche  italiane,  e  fa  conoscere  come  queste 
non  diano  che  notizie  a  frammenti.  Reca  in  seguito  un  pre- 
ziosissimo lavoro  di  Pietro  Maestri  sulla  popolazione  appar- 
tenente ai  paesi  di  razza  latina.  Secondo  i  calcoli  dal  me- 
desimo istituiti  la  popolazione  complessiva  dell'Italia  e  delle 


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280 

isole  non  sarebbe  minore  di  S7,I07,039  individui,  sparsi 
su  una  superficie  territoriale  di  8S7,086  chiloroelri  quadra- 
ti. La  sua  densità  media  sarebbe  di  83  abitanti  per  ogni 
chilometro  quadrato.  Confrontando  questo  dato  statistico 
col  resto  della  popolazione  europea,  la  quale  sarebbe  di 
370,000,000  di  abitanti,  sparsi  su  9,900,000  chilometri 
quadrati,  si  avrebbe  a  favore  della  rana  latina  che  questa 
ha  una  densità  sestupla  a  confronto  del  resto  d'Europa,  o 
in  altre  parole  dove  nelle  altre  regioni  d'Europa  vive  un  abi- 
tante da  noi  ne  vivono  sei  ;  ed  in  confronto  di  tutta  la  po- 
polazione del  globo  l' Italia  dà  48  abitanti  che  vivono  là 
dove  nel  resto  del  mondo  non  vive  che  un  uomo  solo. 

La  densità  specifica  della  popolazione  6  già  un  buon 
sintomo  della  vitalità  civile  della  razza  latina  che  non  si 
depaupera  nelle  emigrazioni,  né  col  decremento  prodotto  da 
cause  d*  indole  esiziale. 

Rimane  ora  a  vedere  qoal  valore  abbia  questa  popola- 
zione rispetto  alla  produttività  economica;  ed  anche  qui  il 
dotto  compilatore  dell'Annuario  confessa  di  conoscere  me- 
glio lo  stato  economico  dell'Inghilterra,  della  Francia  e  per- 
fino dell'America,  che  non  delle  varie  regioni  abiute  dalla 
stirpe  latina.  Egli  si  prova  a  riassumere  il  bilancio  della 
possidenza  territoriale,  e  colla  scorta  degli  studj  statistici 
dello  stesso  Maestri  s'ingegna  ad  offrire  qualche  prospetto 
statistico.  Secondo  i  suoi  calcoli  si  conterebbero  in  Italia: 

Ettari 
Terreni  aratorj  con  e  senza  viti.    .    11,875,584 
Prati  naturali  ed  irrigui     ....      4,874,076 

Risaje 488,092 

Oliveti 620,694 

Casugneti 638,043 

Boschi 4,866,520 

Pascoli  naturali 6,496,645 

Sugni,  valli  e  paludi 4,848,828 

Terreni  incolti 6,775,787 


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981 
Da  questo  prospetto  agevolmente  rilevasi  che  cir(^  tre 
quinti  del  territorio  italiano  è  per  la  natura  sua  pioitosio 
alpestre  ed  in  parte  paludoso  e  costretto  a  non  dare  che 
prodotti  montanini,  e  solo  due  quinti  e  in  grado  di  offrircf 
prodotti  veramente  agricoli.  Questo  deve  porre  in  avver- 
tenza chi  regge  la  cosa  pubblica  nelle  varie  regioni  italiane 
che  non  si  può  troppo  pretendere  dal^  agricoltura  che  ha 
limiti  piuttosto  angusti,  lasciando  ai  poeti  ed  ai  touristi  il 
eostume  di  chiamar  per  vezzo  antico  questo  pittoresco  paese 
il  giardino  d'Europa. 

La  statistica  dei  prodotti  rurali  pone  in  evidenza  questa 
fiiUo  economico. 

Giusta  i  calcoli  stati  istituiti  dal  Maestri  i  prodotti  agri* 
eoli  deiriulia  sarebbero  i  seguenti: 

Ettolitri 

Frumento «    •    •    36,400,000 

Zea  mais S4 ,000,000 

Segale •    .      8,136,000 

Orzo 3,340,000 

Avena 760,000 

Riso 1.818,000 

Cereali  minuti 7,000,000 

Legumi 3,400,000 

Castagne 6,325,000 

Olio 4,467,000 

Vino 38,340,000 

Patate 3,000,000 

Alcuni  altri  prodotti  che  servono  airalimento  del  beslift- 
ne  ed  air  industria  nazionale  vennero  cosi  calcolati: 

QuinUU 

Foraggi 8»000,000 

Canape    ..........         898,000 

Lino  .    * 814,000 

Foglie  di  gelso 10,860,000. 


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L'wtore  però  didiiara  che  quieste  cifre  non  sono  che 
upproasimaUve. 

Eguali  notizie  ci  vengono  offerte  riguardo  ali*  industria 
italiana  che  noi  non  riproduciapao  avendo  già  avuto  cura 
di  pubblicare  nei  nostri  Annali  le  parti  più  notevoli  dei 
lavori  statistici  già  posti  in  luce  dallo  stesso  Maestri  ed  an- 
che dal  professore  Luciano  Scarabelli. 

Riguardo  al  commercio  non  è  in  grado  Fautore  che  di 
offrire  poche  cifre  sgranate  che  riguardano  soltanto  il  re- 
gno Sardo,  il  gran  ducato  di  Toscana,  e  gli  Stati  ponti&cj. 
Per  supplire  a  cosi  grave  lacuna  cercò  almeno  di  presen- 
tare un  quadro  statistico  abbastanza  esatto  delle  strade  co- 
muni, delle  stra()e  ferrate  e  della  marineria  italiana.  Do- 
lente l'autore  di  non  poter  dare  dippiù  si  volge  a  tutti  i 
buoni  perche  jo  ajutino  nella  compilazione  degli  Annuarj 
futuri,  e  dice  che  sarebbe  bello  poter  cosi  /are  per  opera 
di  privata  diligenza  e  per  miracolo  di  concordia  letteraria 
quello  che  altrove  appena  riesce  per  virtù  di  pubbliche  isti- 
tuzioni* E  poi  siamo  lieti  di  poter  sin  d' ora  annunziare  che 
questo  voto  non  rimarrà  punto  un  pio  desiderio.  Leggemmo 
già  nei  giornali  che  l'Accademia  di  Udine  sta  compilando 
una  nuova  statistica  del  Friuli  per  donarla  all'autore  del- 
l'Annuario statistico  italiano,  e  valenti  statistici  stanno  rac- 
cogliendo in  pltre  parti  d'Italia  buone  notizie  per  ingem- 
mar^ i  futuri  volumi  di  quest'opera  eminentemente  patria. 
Noi  pure  contribuiremo  colle  povere  nostre  forze  per  mo- 
strafoi  meritevoli  dei  vivi  incoraggiamenti  che,  ad  onta  di 
mille  ostacoli  che  ne  tolgono  ormai  la  lena  ha  l'autore  cre- 
duto di  prodigare  a  questa  nostra  opera  periodica. 

G.  SaccAt. 


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Naavl  d*cttiBeatl  •taMstld  iat«ra«  «1  p»e»l  j 


dcU*4 

La  California. 
I. 


I, 


I  periodo  decennale  ora  trascorso  sarà  segnato  nella  storia 
della  eolonizxazione  come  uno  de*  più  importanti.  Dorante 
questo  periodo  la  popolazione  del  Canada  s'è  aumentata 
d'un  ter2o;  quella  delle  colonie  dell' Australia  s'è  elevata, 
da  300,000  o  400,000  anime,  a  quasi  un  milione;  la  sola 
provincia  della  Vittoria,  ch'esisteva  soltanto  nel  4847,  ha 
ora  una  rendita  annua  di  8  milion}  di  sterline  (75  milioni 
di  franchi).  Una  futura  Gran  Bretagna  fu  fondata  ed  orga- 
nixzala  nella  Nuova  Zelanda.  Tre  nuovi  Stati,  dei  quali  il 
più  considerevole  è  la  California,  e  sette  od  otto  terrilorii 
furono  aggiunti  airUnione  nord-americana,  per  occupazione 
0  per  conquista  sul  Messico^  Il  mondo  commerciale  si  è 
arricchito  di  tre  grandi  mercati,  due  sulle  rive  deirOceaoo 
PaciBco,  i  di  cui  nomi  sono  famigliari  alle  nostre  orecchie 
come  quelli  d'Amburgo  e  di  Amsterdam  ;  il  terzo  sui  grandi 
laghi  d' America ,  e  che ,  benché  meno  noto  in  Europa ,  è 
forse  la  più  rimarchevole  creazione  dei  tre;  essi  sono: San- 
Praociscò,  Melbourne  e  Chicago.  Nessuna  di  queste  tre  città 
è  menzionata  nell'edizione  del  4849  del  Dizionario  di  Geo* 
grafia  di  Mac-Cullooh.  Aggiungiamo  alla  fine  che  in  questo 
stesso  periodo  decennale  gettossi  una  ferrovia  attraverso 
l'istmo  di  Panama,  e  s'è  quasi  compiuta  quella  dell'istmo  di 
Suez;  diremo  pure  come  in  questo  periodo,  per  mezzo  del 
vapore,  si  stabilirono  oomunioaiioni  sopra  tutte  le  grandi 
vie  oceaniche  del  globo,  ad  eccezione  del  Pacifico,  e  si  c»> 
perse  il  continente  ed  i  mari  d'Europa  colla  rete  del  tele- 
grafo elettrico. 

Certamente  sono  questi  prodigiosi  lavori  compiuti  in  uno 


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«84  ' 

spazio  di  tempo  eguale  ad  ud  sellimo  della  vila  ordinaria 
(lelPuomo;  e  la  è  eosa  poco  probabile  che  s'abbiano  a  ve- 
dersi rinnovare  sulla  stessa  scala,  a  meno  ehe  circostanze 
simili,  affatto  indipendenti  dalla  volonlh  deiruomo^  non  ab- 
biano a  riprodursi  ;  noi  vogliamo  parlare  della  distruzione 
dei  mezzi  di  sussistenza  di  tutt'una  nazione  (4)i  ^  ^^"^ 
scoperta  simultanea  di  vasti  depositi  auriferi  sopra  due  punti 
diversi  della  superficie  del  globo.  L'emigrazione,  almeno 
quella  delle  isole  Britanniche ,  s'ò  di  molto  diminuita  ;  ma 
la  spinta  colonizzatrice  data  alla  popolazione  europea  con- 
tinuerà ancora  molto  tempo  a  produrre  i  suoi  effetti,  e  di 
tutte  le  parti  della  terra  che  non  sono  ancora  del  tutto  oc- 
cupaie,  non  ve  n'ha  forse  ehe  offra  on  più  bel  campo  alla 
civilizzazione  cristiana  quanto  la  regione  nord-ovest  dell'A' 
jnerica,  dalla  frontiera  del  Messico  fino  ai  confini  dei  pos* 
sedimenti  russi. 

Pareva  poco  probabile  che  una  parte  assai  considerevole 
dell'immigrazione  che  doveva  popolare  queste  contrade  vi 
si  portasse  dagli  Slati  sulle  rive  dell'Atlantico  attraverso  il 
icontinente  americano;  la  distanza  da  trapassare  era  troppo 
grande,  il  viaggio  troppo  faticoso^  malgrado  il  nuovo  eie* 
mento  introdotto  nei  calcoli  dalla  scoperta  dell'  oro ,  ed  il 
furore  epidemico  occasionato  da  questa  scoperta  nei  pazzi 
anni  4849-1854;  i  fatti  hanno  eonfermato  questa  congettura 
e  non  si  valuta  più  di  un  sesto  della  popolazione  bianca 
della  California  il  numero  di  coloro  ehe  vi  sono  penetrati 
per  questa  via ,  mentre  che  migliaia  d'individui  che  tentai 
rono  prendere  la  stessa  via  hanno  disseminato  le  loro  ossa 
nelle  vasti  solitudini  delle  praterie  ,0  nelle  gole  delle  mon« 
tagne  Boccate.  Lo  strano  stabilimento  della  reput^blica  dei 
Mormoni,  a  mezzo  del  eammino  tra  la  frontiera  del  Kansas 
e  queUa  della  California,  ha,  in  causa,  di  circostanze  politi^ 


(I)  L*irlaoda. 


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285 
die,  inoagliato  piatlosto  che  facilitalo  le  comunìcaxioni  ;ve 
la  maggior  parie  degrimmigrati  pervennero  a  San-Franoisco 
per  mare  pei  primi  anni  che  seguirono  la  scoperla  dell'oro, 
e  prìncipalmenie  col  mezco  di  magnifici  elippers  coi  quali 
gli  Americani  non  lardarono  a  far  passare  il  Capo  Horn.  Si 
potè  dire  che  la  creazione  di  San-Prancisco  era  dovala  ai 
chppers.  La  necessità  df  trasportare  rapidamente  le  mercan- 
zie sopra  un  mercato  cosi  lontano  e  cosi  esposto  ad  essere 
empito  forzò  ben  presto  gli  armatori  interessati  al  commer- 
cio della  California  ad  inventare  nuovi  modelli  di  bastimenti, 
d'una  mossa  superiore.  Questi  bei  elippers  impiegano  circa 
quattro  mesi  a  percorrere  le  coste  delle  «due  Americhe  (i). 

Ma  da  ehe  fu  compiuta  la  ferrovia  attraverso  l'istmo  di 
Panama  i  viaggiatori  adottarono  di  preferenza  questa  via. 
Infatti  la  regione  impraticabile  che  occupa  il  centro  del- 
l'America del  nord  non  ha  meno  di  trecento  cinquanta  le- 
ghe di  larghezza  media  ;  ò  una  barriera  formata  di  molte 
patene  di  montagne ,  alternale  da  piani  sabbiosi  o  petrosi , 
mancanti  d'acqua  d'estate,  e  dove  l'inverno  ò  estremamente 
rigoroso. 

La  topografia  dello  Stato  americano  di  California,  la  di 
cui  estesa  superficie  eguaglia  quasi  quella  della  Francia  ^  è 
semplicissima.  Dapprima  è  una  lunga  valle  confinante  all'est 
eolla  Sierra  Nevada,  all'ovest  da  una  catena  di  alture  di 
poca  elevazione  e  che  comunica  colle  miniere  per  l'unica 
uscita  del  porlo  di  San-Prancisco,  designata  dai  moderni  suoi 
abitanti  col  nome  pittorico  di  «  la  Porta  d'oro  >  ;  io  se- 
condo luogo  il  versante  raaritlimo  di  queste  alture. 

La  regione  compresa  tra  questi  limili  sembrava,  a  parte 
ogni  esagerazione,  essere  una  delle  contrade  le  più  amene 
della  terra.  Essa  presenta  tutte  le   varietà  d'aspetto,  dalle 


{ì)  The  Jnale  of  California,  bj  F.  Soulé 
NUbcl,  ia-8.®  New-York,  1854, 


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S86 

moQlagne  coperte  dì  neve  fino  alle  larghe  vallate  pastorali; 
essa  manca  un  pò  di  yaste  pianure.  Il  suo  clima,  se  lo  ri* 
guardiamo  pel  benessere  e  soddisfacimento  dell'  uomo,  è 
uno  dei  più  belli  che  si  conosca.  I^a  sua  temperatura  ri* 
corda  quella  dell'Italia;  ma  il  suo  cielo  è  più  sereno  e  più 
secco,  e  l'aria  è  di  molto  più  pura.  Essa  tiene  un  felice 
mezzo  tra  l'aridità  del  Messico  ed  il  clima  piovoso  dell'A- 
merica del  nord-ovest» 

e  L'anno,  dice  il  proGessore  Seyd  (4),  si  divide  in  sta- 
gione secca  e  stagione  piovosa.  La  stagione  secca  comprende 
la  maggior  parte  della  primavera,  tutto  l'estate  ed  una  gran 
parte  dell'autunno.  In  vicinanza  a  questa  costa  il  calore  i 
temperato  dai  venti  che  soffiano  dal  mare  all'interno  :  esso 
è  alcune  volte  forte  di  giorno,  ma  verso  sera  l'aria  si  raf- 
fredda e  si  può  sopportare,  alla  notte,  una  leggiera  coperta. 
La  stagione  delle  pioggie,  che  è  Io  stesso  per  altro  d' una 
stagione  di  pioggia  perpetua,  d'ordinario  comincia  verso  la 
^ne  di  novembre  e  dura  fino  al  mese  d'aprile.  La  tempe- 
ratura rarissime  volte  s'abbassa  sotto  lo  zero,  e  non  si  vede 
la  neve  che  sulle  montagne,  dove  essa  cade  in  abbondanza 
ed  alimenta  le  correnti  d'acqua  per  l'esute. 

»  Gli  uragani  in  California  sono  quasi  sconosciuti  par- 
ticolarmente nel  nord,  e  non  si  è  giammai  inteso  il  tuono 
a  San-Prancisco.  Leggiere  scosse  di  terremoto  si  sono  per 
vero  alcune  volte  fatte  sentire,  ma  esse  non  ebbero  giam- 
mai deplorabili  conseguenze.....  L'aria  della  California  è  d'una 
trasparenza  straordinaria,  e  la  luna  vi  brilla  d'una  luce  si 
viva  che  si  può  facilmente  leggere  un  libro  come  ad  una 
luce  ordinaria.  » 

Senza  del  tutto  dividere  l'entusiasmo  del  signor  Seyd, 
che  è  un  agente  d'emigrazione,  noi  crediamo  che  alla  fine 


(I)  California  and  its  Ae$aureeSp  by  E.  S^d,  io-8.*  Loadao, 
1£58. 


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287 
non  ci  ha  moUo  ingannati  sui  vantaggi  reali  del  clima  della 
California.  Pure  la  secchezza  dell*  estate  è  per  gli  europei 
penosa,  e  la  stessa  San-Francisco,  collocata  in  una  specie  d'ini* 
buto  che  raccoglie  i  venti  del  mare  e  li  trasmette  airin< 
terno»  non  pareva  essere,  sotto  questo  rapporto,  una  loc9- 
lità  molto  seducente. 

e  Se  i*  inverno  non  è  straordinariamente  piovoso  «  dice 
k  sìg/  Farnham  (4),  che  non  è  prevenuta  in  favore  del 
paese,  vi  si  gode  una  temperatura  soddisfacente.  Nel  caso 
contrario  si  ha  T  innondazione  e  la  stagione  piovosa  non 
cessa  che  per  far  luogo  a  ciò  che  si  chiama  abusivamente 
Testate,  stagione  cosi  fredda  per  cui  si  è  obbligati  di  co- 
prirsi più  ancora  del  mese  di  gennajo;  tanto  umida,  in  causa 
delle  nebbie,  che  si  è  penetrati  sino  al  midollo  delle  ossa; 
ed  una  passeggiata  al  di  fuori  dopo  mezzodì  è  una  lotta 
perpetua.  I  vostri  occhi  sono  acciecati,  i  vostri  denti  ag« 
ghiacciati,  e  voi  siete  talmente  tormentati  dalia  sabbia  che 
penetra  attraverso  le  vostre  vesti  che  è  indispensabile,  per 
rimettersi,  di  cominciare  a  prendere  un  bagno  caldo,  lusso 
che  non  si  può  procurare  nella  propria  casa,  comechè  l'a- 
cqua è  assai  rara  e,  in  generale,  di  cattivissima  qualità.  » 

È  una  particolarità  rimarchevole  del  clima  che  noi  dob- 
biamo menzionare  Tassenza  di  proprietà  di  decomposizione. 
Le  malattie  occasionate  dall'aria  cattiva,  le  febbri  lente  od 
intermittenii  parevano  essere  quasi  sconosciute.  Fu  una  fe- 
lice circostanza  per  San-Francisco  che»  durante  la  sua  feb- 
bre d'oro,  fosse  preservato  da  altre  epidemie.  I  disgraziati 
emigranti  perivano  a  migliaia  di  fatica  piuttosto  che  di  ma- 
lauia,  ed  i  loro  cadaveri  formavano  per  cosi  dire  il  lastri- 
cato delle  eontradcf. 


(i)  California  Indoors  and  Outf  by  Elisa  Pamham,  ìq-8.^ 
Kcw-York,  1856. 


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S88  ' 

«  Si  irelasciara  perfiuo  la  fitica  dì  fare  apesa  aleoot 
per  le  tombe  e  le  lenzuola,  e  doq  si  aveva  Demmeno  il 
tempo  di  andare  ad  ud  meuo  miglio  di  disunza  per  ren- 
dere gli  ultimi  doveri  agli  avanzi  d' uno  straniero.  Un  buco 
poco  profondo,  fatto  nel  primo  terreno  vacante,  faceva  le 
veci  meglio  del  più  sontuoso  mausoleo.  Più  tardi,  nel  li- 
vellar le  contrade ,  facendo  poui ,  fondamenta  di  case ,  si 
ritrovò  una  quantità  d' individui  eh*  erano  stati  sotterrati  a 
questo  modo  >.  {^Annali  di  San-Francisco). 

Nessuna  Nemesi  vendicatrice  punì  colla  peste  questo  sei- 
vaggio  disprezzo  degli  ultimi  doveri  dell'umanità:  i  cadaveri 
si  trovavano  trasformati  in  mummie  dalla  sola  azione  della 
natura. 

(  Collimila  )• 


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BOLLETTINO   DI   flOTIZIB    STATISTICHE   ITALIAIKE   S   STBARIEM 

E  DELLE  PIÙ  impoetauti  irvenzioui  e  scoperte 

0 

PROGRESSO  DELL'  fNDUSTRlA 

DELLE    UTILI    COGNIZIONI. 


Fascicolo  di  Marzo  4859. 


NOTIZIE    ITALIANE 

Eelasloiie  del  podentà  BoMle  AMe^^mnéirm  Mmtr^ 
eeffo  al  Conml^ì!k9  «•manale  di  Veneslaf  nella 
ternata  14  dicembre  1868  «  «alle  eendMlenl 
aaimlnlstratlve  dell^anne. 


0 


uimo  consiglio,  e  degno  di  essere  imitato  dai  reggitori 
di  altri  municipìi,  sembraci  quello,  ora  iniziato  dal  podestà 
(il  Venezia,  di  far  pubblicamente  noto  quanto  è  slato  ope-'' 
rato  in  vantaggio  del  comune,  quanto  si  crede  maggior- 
loeote  utile  da  operarsi  in  seguilo,  e  le  vie  che  condussero 
0  potrebbero  condurre  ad  ottenere  i  desiderali  migliora- 
menti.  Questa  relazione  è  stesa  con  vedute  larghe  e  Gian- 
tropiche,  ed  il  signor  Marcello  mostra  continuamente  grande 
amore  per  il  suo  paese,  senza  mai  lavarsi  trascinare  da 
grette  passioncelle  municipali.  E  quando  anche  crede  suo 
dovere  di  confutare  alcune  inesatte  asserzioni  relative  a 
quella  città,  che  si  leggono  nella  grande  illustrazione   del 

▲rbau.  SiaUitka.  voU  XX/,  terU  I.*  I» 


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S90 

Lombardo-Veneto,  egti  si  mostra  sempre  calmo  ed  animalo 

dal  solo  amore  del  vero. 

Venezia  per  la  sua  umile  origine ,  il  suo  rapido  incre- 
mento, la  sua  singolare  positura,  la  sua  splendida  storia,  i 
suoi  maravigliosi  monumenti,  desta  in  ognuno  sentimenti  di 
ammirazione  e  di  amore;  ed  ivi  danno  convegno  genti  di 
lontane  regioni,  attratti  eziandio  dalla  cortesia  e  dall'umor 
gaio  de'  suoi  abitatori.  Ma  quella  città  per  essere  fabbricala 
in  mezzo  alle  acque,  sovra  un  terreno  molle,  esige  molte 
cure  per  la  sua  conservazione,  laonde  quando  per  incuria 
dei  reggitori,  o  per  la  tristizia  dei  tempi  non  vi  si  prodi- 
garono le  necessarie  cure,  la  si  vide  presto  decadere  ;  ma 
da  alciiue  decine  di  anni,  volfjendo  per  essa  tempi  migliori, 
sebbene  interroui  da  deplorabili  avvenimenti,  ed  essen- 
dosi ridestato  nei  cittadini  l'amore  per  il  luogo  nativo,  che 
forse  rimase  per  qualche  istante  assopito  «  noi  vediamo  di 
continuo  farsi  più  leggiadra  e  ringiovanire  quella  superba 
regina  dell'Adriatico. 

E  sembra  che  il  podestà  Marcello  si  adoperi  eoo  molta 
alacrità  ad  accrescerne  i  comodi  ed  il  decoro.  Discorre  nella 
presente  relazione  di  quanto  venne  a  tale  scopo  eseguito 
nell'anno  4858.  Migliorate  le  cisterne  di  acqua  potabile,  sca- 
vato un  pozzo  al  lido,  espurgati  canali  che  si  andavano 
ostruendo,  ristaurati  o  rifatti  ponti,  rinnovate  strade,  alcune 
allargate,  riattati  alcuni  fabbricati  comunali,  fra  quali  la  bella 
lorre  del'orologio  nella  gran  piazza  di  S.  Marco,  aperta  una 
bella  strada  al  lido  a  vantaggio  di  coloro  che  si  recano  a 
bagnarsi  inél  mare,  e  dati  molti  provvedimenti  per  miglio- 
rare la  illuminazione  della  città,  per  rendere  le  strade  più 
pulite  e  togliere  in  parte  gl'ingombri  dei  venditori  che  ne 
rallentavano  il  momento,  particolarmente  i  pescivendoli  ed 
altri  riordinamenti  anche  ampiìnistrativi;  tutto  ciò  costituisce 
Toperato  del  decorso  anno.  Altri  simili  lavori  poi  propone 
da  eseguirsi  in  seguito,  fra  quali  preparare  un  piano  di  or- 
dioamciito  generale  dei  canali  e  delle  strade  con  opportuni 


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29! 
ithrgameotif  da  auivarsi  quando  ai  preieoti  T  opporiuniii  ; 
•eavare  nuovi  pozzi  al  lido  per  poi  condurre  l'acqua  a  Ve- 
Dczia,  e  iogliena  per  tol  modo  dal  pericolo  che  la  petn- 
lanza  od  il  ca$o  di  guerra  la  riduca  in  un'irreparabiU  ne^ 
cetiita;  ed  a  tale  oggetto  vennero  anche  iniziati  studi!  per 
depurare  l'acqua  salsa  e  renderla  potabile.  Cosi  pure  si  prò- 
pongono  nuovi  regolamenti  amministrativi ,  nuovi  risiauri , 
ed  il  progetto  di  un  cimitero,  e  provvedimenti  affinchè  iJ 
classe  povera  non  abbia  a  dimorare  in  abitazioni  malsane. 
Né  vien  dimenticata  la  parie  intellettuale,  annunziando  che 
si  sta  per  aggiungere  alia  scuola  reale,  per  cura  del  comune, 
l'insegnamento  di  nautica  e  di  commercio,  ed  è  presso  a 
fondarsi  un  istituto  per  l'insegnamento  della  musica. 

Si  annunzia  poi  che  il  Municipio,  unitamente  alla  Camera 
di  Commercio  ed  al  comando  della  marina  ha  preso  in 
esame  un  piano  per  costruire  un  dock  di  raddobbo,  ciò  che 
iispemerebbe  d'inviar  bastimmUi  con  grande  dispendio  ai  #i. 
mUi  slahilimenti  d: Inghilterra,  facililerebbe  l' estero  commer- 
do,  e  renderebbe  di  più  eoddis fazione  lo  scalo  di  Venezif.  E 
parimenii  eoi  concorso  dei  diretiori  degli  stabilimenti  di 
beoeCcenza,  si  è  posto  mano  a  riordinare  la  pubblica  carità, 
mentre  avviene  a  Venezia,  come  in  altri  luoghi,  che  essen- 
dovi esuberanti  mezzi  per  provvedere  alla  miseria,  questi 
riescono  insufficienti,  per  non  essere  acconciamente  disiri- 
boiti;  e  su  tale  argomento  trascriveremo  alcune  parole  del 
Marcello  che  ci  sembra  possano  ensere  utilmente  meditate. 

e  Scorsi  i  registri  della  fraterna  dei  poveri,  sì  potè  di 
leggieri  riconoscere  essere  ben  oltre  una  meti  degli  inscritti 
tuli' altro  che  da  classificarsi  fra  coloro  che  meritano  ele- 
mosina. Soavi  anzi  moltissimi  tali  che  dovrebbero  offendersi 
d* essere  inscritti  fra  miserabili.  Chi  è  più  degno  d'invidia, 
chi  deve  sentire  maggior  orgoglio  di  sé  dell'operajo  e  del- 
l'industriante,  i  quali  colie  loro  onorate  fatiche,  acquistano 
il  pane  alle  proprie  famiglie  ?•  Essi  sanno  di  essere  indivi- 
doalmente  più  alti  nell' opinione  di  chi  oell'osio   aonMiOia 


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392 

il  provento  dell'  avito  patrimonio.  Possono  bensi  per  mabi- 
tia  0  per  cessazione  di  lavoro  versare  in  istrettezze,  e  quindi 
abbisognare  precariamente  deirajuio  de*  fondi,  che  la   be- 
neficenza dei  vivi  e  dei  trapassati   offre  all'indigenza;   ma 
non  sono  veramente  poveri  nel  vero  senso,  non   indigenti. 
Se  ci  limitassimo  alla  sola  miseria  impotente  e  permanente, 
si  restringerebbe  d'assai  ancora  il  numero  de'  nostri  poveri. 
Nel  senso  delle  antiche  nostre  benefiche  istituzioni  non  sono 
quindi  mendici  tutti  coloro  che  figurano  nei  registri   delle 
parrocchiali  fraterne,  ed  i   realmente   poveri  non  sono  a 
Venezia  in  diversa  proporzione  che  nelle  altre  città  a  pari 
condizioni,  pertanto  dobbiamo  conchiudere  che  quelle  cifre 
favolose  che  si  è  piaciuto  alcuno  di  portare  talora  in  campo, 
più  a  commiserazione  che  a  provvedimento,  devono  essere 
ridotte  di  oltre  la  metà,  come  osservava  anche  di    recente 
la  Commissione  generale  di  pubblica  beneficenza,  ma  sono 
tenute  soltanto  in  evidenza  pegli  eventuali  sussidii  ». 

F.  Sanseverino, 

—eoo— 

lV#tlsle  0t»tl0tiche  00  i  sordo- matl  di  campiifBS 
educati  li»  llllaiio. 

(  Da  aoa  lettera  diretta  al  Compilatore  )• 

La  Commissione  promotriee  dell'educazione  dei  sordo* 
muti  in  Milano  ha  stampato  coi  tipi  dell'  Arcivescovile  una 
relazione  de'  fatti  suoi  piena  di  notìzie  su  molti  stabilimenti 
italiani  e  stranieri  per  lo  stesso  santissimo  fine.  Che  fd  al 
mio  periodico,  soggiungerete  voi,  questa  novella?  Abbiate 
pazien^  che  non  è  estranea  e  deve  entrarvi  se  mei  per- 
mettete. Fra  le  tante  cose  dette  e  date  in  quel  libro  è  il 
programma  per  un  saggio  che  offerir  dovevano  e  offersero 
nell'agosto  4858  al  pubblico,  ò  una  serie  di  temi  póni  dai 
predenti  agli  alunni,  e  lo  svolgimento  da  essi  dato  stant 


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398 

pede  in  uno.  Uno  è  c^eeto:  Un  sordthmutó  icacùiaio  dallo 
stabilimento  de'  tórdo-muti^  scrive  (U  rettore*  Quegli  è  i?er<h 
mente  pentito  e  riconoBce  che  il  castigo  è  giusto,  li  sordo- 
muto a  cui  è  toccato  T  argomento  diede  mano  alla  penoa 
e  diresse  la  lettera  al  suo  Rettore  Don  Erpìlio  Tarra. 

e  Molto  reverendo  sig.  Don  Emilio 

«  Città,  23  agosto  1858. 
«  lo  l'amo  assai  con  tanto  rispetto,  mi  ricordo   di   lei 

>  e  pregherò  sempre  Dio  di  benedirla. 

»  Io  so  che  Ella  è  buono  e  giusto,  poiché  dovette  di- 

>  scacciarmi  dallo  stabilimento  de'  sordo-muti ,  perchè  io 
»  non  studiai  la  santa  religione,  gli  esercizii  della  gramma-^ 

>  tica,  ecc.  Ma  quando  abbandonai  lei  ed  i  miei  compagni 

>  le  obbedii  rassegnandomi   al  voler   di   Dio.   Quando   io 

>  andava  alla  mia  patria  di  tanto  in  tanto  mi  fermai,  pre*» 
»  gando  che,  quando  io  vi  entrerei,   la  mia    famiglia   mi 

>  vedrebbe  e  piangerebbe  dirottamente  perchè  io  la  offesi 
»  e  perchè  essa   mi   accusò  sempre-  con  premura   e   con 

>  amore. 

>  Io  proseguiva  per  la  strada  e  vidi  una  cappella  sulla 

*  quale  era  dipinta  Maria  Vergine  con  Gesù  Cristo  morto; 

*  poi  mi  rivolsi  ad  essa,   m'inginocchiai  davanti   a  Maria 

>  Vergine,  sollevai  gli  occhia  poi  diedi  in  uno  scoppio   di 

>  pianto,  perchè  io  mi  ricordai  di  avere  offeso  lei  e   dissi 

>  alla  Santissima  Madre  di  Dio:  —  Tu  aiuta  sempre   Don 

>  Emilio  Tarra  con  amore,  ma  io  spero  che  tu  mi  soccer* 
<  rerai  ed  infonderai  in  luì  di  perdonarmi.  — 

>  Perciò  io  mi  consolai  un  pò,  e  mi  asciugai  gli  occhi 

>  eoi  fazzoletto  perchè  Maria  Vergine  mi  ajutò  nel  cuore. 

>  lo  proseguii  alla  mìa  patria ,  ma  mentre  io  vi  entrai 

>  la  mia   famiglia  mi   abbracciò   con   contentezza   perché 

>  essa  pensò  che  io  avessi  finito  gli  studii,  dunque  io  vi 
»  stessi  sempre.  Ma  io  la  gestii  il  mio  fatto  ed  allora  questa 

>  si  mise  a  piangere  con  dolore  pensando  che  affaticò  inu* 
»  tilmente  per  me. 


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S94 

»  Sebbene  io  desideri  di  domindire  il  perdono  a  lei, 
»  Uittavia  io  temo  ehe  Ella  non  mi  perdoni;  ma  il  sig.  par- 
»  roco  mi  insegna  la   bontk,  mi   eorregge   per  rendermi 

>  buono;  laonde  io  lo  ringraziai,  sperai  ehe  Ella  mi  per- 
»  donerebbe. 

>  Infatti  io  presi  questa  carta  per   iscrirere  a   lei    per 

>  pregarla  di  concedermi  il  perdono,  perchè  io  sono  eerta- 
»  mente  pentito.  Le  domando  il  perdono  inginocchiandomi 
»  e  piangendo  dirotlamenie  con  tanto  dolore;  ora  le  prò- 
»  metto  di  obbedire  a  lei  sempre  fino  alla  morte* 

>  Ma  io  prego  lei  di  ciò  perchè  io  desidererei  di  ri- 
p  tornare  allo  stabilimento  dei  sordo-inoti.  Allora  io  le  ha- 
9  cierò  la  mano  con  tanto  rispeuo  desiderando  di  insegnare 

>  ai  miei  cari  compagni  robbediensa  verso  di  lei. 

»  Se  Ella  riceverà  questa  mia  lettera  e  mi  esaudiri  io 

>  mi  consolerò  tanto  e  ringrasterò  la  Santissima  Madre  di 
»  Dio. 

»   Io  la  riverisco  con  tenerem,  ed  Ella  riverisca  i  miei 

>  benefattori  con  umto  rispetto  e  loro  iaccia  molli  augurii. 

>  sono 

M  Di  Lei 

•  AflTez.^  ed  umiliss.^  scolaro 
^  Moneta  Giuseppe,  sordo-muto  »• 

La  metà  prima  di  questa  lettera  è  visibilmente  dettata 
da  una  mente  turbata  dalla  possibilità  vera  del  caso  pro« 
posto.  E  sotto  la  impressione  che  la  idea  fece  su  quello  spi- 
rito è  uscito  un  tratto  di  composizione  delicatissimo  ed 
fsposesi  in  uno  stile  che  non  si  trova  ehe  nella  Bibbia  mo- 
saica.  Tutti  gli  affetti  gentili  e  generosi  vi  sono  in  oioaM 
e  magnifico  è  quel  consolarsi  dopo  la  preghiera^  poetico  e 
filosofico  queir  asciugarsi  gli  occhi  per  essersi  sentito  fiutalo 
usi  cuore  da  Colsi  a  cui  nella  preghiera  si  era  rivolto*  Eoctf 
la  efficacia  della  preghiera. 

In  questa  quiete  e  fiducia  dell*  animo  la  finaione  and& 


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S95 
perdendo  la  sua  forza,  e  certo  la  'lettera  si  trascina  con 
isiento  sino  alla  fine,  perchè  reputo  che  Jo  scrivente  non  • 
molto  Tolentieri  si  trovasse  in  quel  tema.  Nella  educazione 
dovendosi  insegnar  di  virtù  non  avrebbe  mai  a  entrare  que- 
sta idea  di  un  male  che  ha  del  vile.  Rammento  che  del 
1842  all'ospizio  de'  sordo-muti  a  Roma  toccò  da  una  vi- 
siiatrice  un  alunno  un  tema  press*  a  poco  eguale,  e  Talunno 
mutò  colore  e  fisonomia  e  dato  di  piglio  al  gesto  scrisse 
sulla  lavagna:  «  Questo  non  può  accader  qui  »•  Ma  quegli 
aveva  un  sedici  anni  di  etk,  questo  Maneta  non  ne  numera 
die  dieci.  Ora  tenuto  conto  della  ripugnanza  che  dovrebbe 
sentire  a  trattare  una  finzione  di  un  fatto  che  a  buona  educa- 
zione dovrebbe  essere  impossibile,  ed  esaminand  »  tutta  la 
prima  parte  io  domanderò  volentieri  in  quale  scuola  privata 
0  pubblica  delFun  sesso  o  dell'altro  ò  una  persona  di 
dieci  anni  fornita  di  tutte  le  sue  facoltà  fisiche,  la  quale 
air  improvviso,  e  in  faccia  di  un  popolo,  sia  capace  di  dare 
quello  che  il  Moneta  diede?  Il  quale  finita  la  lettera  volle 
scrivere  un  complimento  pietoso  ai  suoi  benefattori  che  aveva 
innanzi. 

«  Il  mio  cuore  è  assai  contento  perchè  vedo  i  mici  bene- 
fattori. Quando  io  andrò  alla  chiesa  del  mio  paese  racco- 
manderò i  miei  benefattori  al  Dio  buonissimo.  - 

«  Quando  io  disoorr^ò  colia  mia  famiglia,  le  dirò:  lo 
mi  riaordo  dei  miei  benefattori,  perciò  noi  preghiamo  Dio 
di  benedirli  con  molte  grasie.  —  Quand*  io  beverò  un  bic- 
chiere di  vino,  dirò  ai  miei  amici:  —  lo  bevo  questo  vino 
alla  salute  de'  miei  benefattori!  Evviva  ». 

Quelto  brindisi,  o  questa  scappata  mostra  di  che  indole 
sia  il  giovanetto,  il  quale  tutto  preso  dai  pentimenti  di  bontà 
e  per  Dio  e  per  gli  uomini  niente  sa  dire  che  non  sia  per 
Soddisfazione  degli  animi  che  asp*u*ano  al  bene.  Di  che  ca- 
rattere, si  vede  dal  brindisi  stesso  —  ilare  e  buono.  Quei 
tema  lo  doveva  dunque  avere  disturbato  molto,  e  senza  ciò 
reputo  «he  sia  molto  egregiamente   educato   al  sentimento 


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296 

dei  bene  e  del  vero,  alla  rieonoteenza  e  alla  gralitodiné  pei 
ricevuti  beoeBzi;  la  qoal  condiiione  insinuata  in  molti  aoiiai 
è  cagione  che  da  ogni  onesto  cittadino  si  auguri  che  i  me- 
todi che  opera  per  gli  altri  educatori  si  conducano  come 
in  questo  de*  sordo-muti.  Ben  so,  e  intendo,  che  manchevoli 
come  sono  di  un  organo  si  pericoloso  a  corrompere  ogni 
affetto  e  a  guastare  ogni  inclinazione,  perchè  ad  esso  affol- 
lansi  dall'  esterno  mille  e  mille  svariate  indicazioni  di  ogni 
forma,  di  ogni  stile,  di  ogni  forza,  di  ogni  valore,  di  ogni 
bontk  e«  noi  dissimuliamo,  di  ogni  malvagità  i  sordo-muti 
più  facilmente  che  alurt  si  possono  tener  lontani  da  ciò 
che  perverta  la  mente  e  l'animo  di  altrui,  e  quel  can- 
dore di  stile  che  appare  nella  prima  metà  della  lettera 
di  questo  ragazzo  di  40  anni  sono  appunto  da  ciò;  pos- 
sono gli  educatori  degl'  imperfetti  parere ,  ed  essere  più 
miracolosi  che  gli  educatori  de'  perfetti.  Ma  io  vorrei  sapere 
se  pei  perfetti  si  usino  quelle  cure  e  quelle  diligenze  che 
per  gP imperfetti.  No,  no;  universalmente  fidasi  troppo  su 
tale  perfezione,  mentre  a  parer  mio  anzi  allora  che  si  ha 
innanzi  una  facoltà  di  più  si  dovrebbe  avere  maggiore  stu- 
dio a  che  la  non  si  impiegasse  male.  Male  impiegata,  vanno 
a  male  quelle  cure  più  speciali  che  alle  alire  si  danno. 

V.  S.  chiarissima  apprezzando  questo  saggio  non  potrà 
a  meno  di  domandare  se  gli  altri  corrispondessero  a  cotal 
segno  ai  loro  studii.  Noi  sappiamo  che  si  producono  sempre 
i  migliori,  ma  questo  è  per  mostrare  che  se  terra  è,  V  agri- 
coltore fa  il  suo  debito.  Tuttavia  gli  altri  non  male  resero; 
ma  da  questo  vedesi  che  la  istruzione  e  la  educazione  è 
compartita  degnamente  alle  speranze  del  paese.  Sono  56 
i  maschi  ricoverati  e  34  le  femmine,  certamente  non  tutii 
al  medesimo  grado  d' intelligenza,  d' attitudine,  di  capacità, 
ma  tutti  nella  cura  istessa,  otto  de'  maschi  e  due  delle 
femmine  mantenute  nell'  ospizio  da  tutt'  altra  provvisione 
che  da  quella  della  carila  individuale. 

V.  S.  chiarissima  ohe  con  molta   e  diligente  attenzione 


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2W 

prosegue  lo  sviluppo  dell' educaiione  di  questi  paesi  italiani 
arra  spero  a  rallegrarsi  di  questi  prodotti ,  e  non  reputerà 
dissonante  al  perìodieo  suo  il  registrarvi  questa  nota,  invi- 
tando anzi  i  cittadini  a  volerla  soccorrere  in  tutto  il  suo 
bisogno,  che  è  ben  grande,  con  ciò  sia  che  nella  sola  pro- 
vincia di  Milano  siano  370  maschi  e  387  femmine  che  aspet- 
tano la  grazia  che  Dio  Signore  per  mezzo  dei  più  gentili 
cittadini  e  pietosi  compana  a  questa  classe  di  sfortunati.  Dei 
quali  abbiamo  cifre  distinte  di  dichiararsi  atti  e  di  non  atti 
a  ricevere  con  effetto  buono  il  rimedio  o  il  soccorso  alla 
loro  disgrazia,  e  le  cifre  sono  : 

Di  atti  Di  non  atti 

maschi     femmine     maschi       femmine 


dair  1  ai    9  anni 

55 

43 

48 

4S 

9  ai  45     » 

67 

40 

SS 

34 

45  ai  SO     > 

82 

84 

65 

S9 

SO  ai  più    » 

S9 

24 

S4 

37 

Nei  maschi  è  maggior  numero  d' inetti  al  tempo  dello 
sviluppo  della  pubertà,  passato  il  quale  cresce  anche  il 
numero  delle  femmine  che  relativamente  ai  maschi  si  man- 
tiene altissimo  nell'  età  più  adulta.  Il  rapporto  dei  sordo- 
muti maschi  alla  popolazione  è  di  0,5593  per  mille,  delle 
femmine  è  0,4338  per  la  maggior  cura  che  si  ha  del  lor 
sesso  sia  nel  contegno  domestico,  sia  nelle  fatiche.  Tutt*  as- 
sieme è  0,9932,  0  r  uno  per  mille  della  popolazione. 

Quanto  costerà  il  loro  mantenimento?  —  Nel  1855  fu 
di  lire  austriache  1,54  per  ciascuno,  nel!' anno  succes- 
sivo 1,88;  nel  4857  fu  di  1,55.  Le  famiglie  di  Milano 
ciiià  e  provincia  sono  sicuramente  433,000;  scartiamone 
un  terzo  di  persone  che  non  abbiano  che  il  proprio  la- 
voro, ci  rimangono  88,700  famiglie  che  possono  pensare 
alle  limosine  abituali  ed  alla  nuova.  Quanto  dovrebbe  dare 
ciascuna  famiglia?  Una  minima  somma  ogni  di:  un  cente- 
simo e  quindici  millesimi {\ir  0,0445..!)  ossiano:  0,0845 


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S98 

per  éettimana,  OTvèìro  trentaquatiró  cenUsini  e  mtzsè  per 
'inesef  Quil'è  oiai  qndla  famiglia,  di  quei  dae  terzi  di  laica 
la  popolaiione  della  proTincia,  che  non  possa  aite  sue  abitoalt 
limodioe  eoDoedere  un  aumenlo  di  irentaquattro  etnteiùm 
t  m0zto  per  mese?  Bisogna  pubblicare  quesi^arttmetiea  am 
lutti  i  canti,  e  ne  supplico  alla  Commissione  di  beneficeiua 
per  questi  sgraziati. 

Ma  sonoci  altri  fratellr,  oltre  i  provinciali,  a  cui  soeeor* 
rere  sparsi  in  altre  provincie,  che  per  amministrazione  spi- 
rituale si  trovano  sotto  lo  stesso  Pastore.  Della  Diocesi  di 
Milano  sono: 

Sul  Comasco  femmine  sordo-mute  430   maschi  447 
Sul  Pavese  »  »  61        »  60 

Sul  Bergamasco     >  >  44        >  44 

Nel  Comasco  il  numero  è  minore  che  nel  Milanese,  ma 
il  Pavese  ha  F  4,3364  per  mille,  il  Bergamasco  1*4,4904; 
sul  Comasco  e  sul  Pavese  il  numero  delle  femmine  difet- 
tose dell'organo  dell* udito  è  maggiore  fra  gli  anni  9  e  45 
di  quello  dei  maschi,  e  questo  rapporto  continua  sul  Coma- 
sco anche  dai  46  ai  30  almeno  fra  le  atte  a  ricevere  la  con- 
veniente istruzione.  La  facilità  del  soccorrere  è  presaga  poca 
eguale  dappertutto.  Si  avrebbero  dunque: 


Di  maschi 

Di  fcomine 

Atti       ioetU 

Alle       loelle 

Dall'i  ai  9  anni 

81           S5 

70          H 

Dai  9  ai  15     .    . 

87          40 

81          31 

Dai  15  ai  80  .    . 

48<          86 

tu          58 

Olire  ai  80 .    .    . 

80          55 

sa          45 

S79        205  8S4        455 

Sul  toule  adunque  di  4063  individui,  684  sono  mneiii 


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S99 

e  479  femmine,  e  il  rapporto  ^grilletti  al  totale  è  del  32 
per  oekiio  per  le  femmine,  del  35  pei  masehi;  superiore 
nelle  femmine  della  eik  aTanzata;  ma  per  ciò  che  le  femmine 
nel  commercio  civile  (almeno  della  ^tk  in  cui  viviamo  che 
non  accennano  di  volersi  mutare  per  parecchie  altre  a  ve« 
Dire)  hanno  minor  bisogno  di  acquisti,  non  sarh  tanto  fru- 
stranea per  loro  la  fatica  degl'istruttori  e  degli  educatori 
se  la  si  compartirà  con  qualche  maggiore  pazienza. 

Un  sordo-muto  modanese  potè  coli*  esempio  di  sé  prò- 
vare  che  la  mancanza  dell*  udito  dalla  nascita  non  può  im« 
peJire  dall'allevare  airintendimento  delle  più  alte  e  più  no« 
bili  discipline  un  uomo,  e  la  sua  presenza  al  saggio  mila- 
nese  fu  beirargomento  agrinstruiti  e  agl'instruttori  per  ani- 
mani  ciascuno  al  loro  ufiBcio  dal  dare  e  dairacquistare  tutto 
qael  più  di  sapere  che  è  possibile  nello  stabilimento  che 
noe  può  essere  poco  dappoiché  il  direttor  suo  ha  tanto  di 
amore  quanto  ne  mostra  in  andando  chiedendo  qua  e  colà 
per  lettere  od  in  persona  quello  che  di  meglio  tentisi  al- 
trove, o  altrove  riesca!  lo  vorrei  che  cosi  i  moderatori  della 
pubblica  istruzbne  cotesto  qua  e  altrove  vedeasero  e  esa- 
minassero per  eavare  che,  come  e  quanto  poasibil  fosse 
compartire,  a  questo  modo,  di  utile  e  pronto  sopra  ai  gio- 
vanetti non  privi  di  organo  aleuno,  perchè  ^  ripieto,  parmi 
che  si  guadagnerebbe  gran  tempo ,  s*  innamorerebbe  tutti 
dello  studiare  mentre  molli  s'annojano,  si  stancano  e  eessa- 
no, e  si  giungerebbe  in  egual  tempo  assai  più  innanzi  a  cui 
per  ora  assolutamente  non  giungesi* 

Desidero  die  la  parola  autorevole  di  V.  &  ebiarissM^ 
ne  giudica  bene,  si  unisca  alla  aia  per  tonpetrare  <|uesta 
fortana» 

Di  V.  S.  chiarissima 

Milano,  SI  novembre  1858. 

Servitore  divoiiss.^ 
Xjfctaiio  prof.  Searabelli^ 


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800 

.    Il  reffmo  MmbMPdo  •  Veneto 
statkitleAiiieiite  lllastraie  dalle  f^amere 
di   Comnierelo* 

La  PaovmaA  del  Friuli. 

(  CoDlinaazione  e  fine.  Vedi  il  fascicolo  di  febbrajo  4859  ). 

XVII. 
Seghe  de'  legnami 

Il  suolo  montuoso  del  Friuli  è  immensamente  produtti- 
vo di  legna.  Per  la  segatura  degli  alberi  atti  alle  opere 
edilizie  ed  ai  lavori  da  legnajuolo  esistono  65  seghe.  Que* 
sie  sono  collocate  in  riva  ai  fiumi  ed  ai  torrenti  e  vatmo 
0  forza  d*  acqua.  Pochissime  fra  esse  lavorano  giorno  e  noi* 
te.  Il  maggior  numero  non  lavora  che  di  giorno  e  per  cir* 
ea  due  tersi  dell'anno  rimangono  inoperose. 

«  L'abete  ed  il  larice  in  principalità  sono  i  legnami 
che  vengono  dalle  Taglie  ridotti  io  tavole,  travi  ed  altri 
pezzi  ad  uso  di  costruzione,  i  quali  servono  per  la  minor 
parte  al  consumo  interno  della  provincia ,  e  si  depositano 
per  la  maggiore  nei  magazzini  di  Venezia  e  Trieste  dove  si 
spediscono  nei  paesi  della  monarchia  ed  anche  air  estero  e 
specialmente  in  Levante. 

9  La  produzione  totale  degli  opificii  può  mediamente 
determinarsi  in  un  anno  nella  cifra  di  N.^  500,000  pezzi 
di  sorta  che  escono  dalle  seghe  del  valore  complessivo  di 
oust.  lire  400,000. 

»  Se  le  seghe  sono  indispensabili  per  dare  vita  e  prez- 
zo ad  una  pianta  la  quale,  se  giacente  in  bosco  o  ridotta 
soltanto  in  taglia,  non  presterebbesi  all'  uso  della  sua  desti- 
nazione, dall'  altro  canto  non  è  nuovo,  se  non  frequente,  il 
caso  che  taluno  di  essi  opìficii  facilitino  in  alto  grado  le 
contravvenzioni  forestali.  Entra,  e  può  entrare,  nelle  seghe 


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SOI 
anche  il  legname  da  delitto,  ed  iotrodotlo  e  trasformata 
che  sia  in  tavole  od  aliri  pezzi ,  chi  è  in  grado  di  consta* 
lame  la  provenienza  ?  E  peggio  poi  se  amalgamate  le  tavo« 
le  di  provenienza  legittima  con  quelle  che  non  lo  sono,  e 
cooformaia  di  entrambe  la  zattera  viene  questa  abbandonata 
alia  corrente  delle  acque  ? 

»  Se  una  maggiore  sorveglianza  alle  seghe,  fosse  com- 
patibile, potressimo  lusingarci  di  vedere  scemato  il  nwnero 
delle  tante  contravvenzioni  che  hanno  per  base  la  persua- 
sione dell'  impunità,  e  la  certezza  del  guadagno.  • 

XVIII. 
Altre  industrie. 

La  Camera  di  commercio  ricorda  V  industria  delle  terra- 
glie, per  la  quale  non  esiste  che  un  solo  opificio  condotto' 
dalla  ditta  Galvani  a  Pordenone,  e  che  conta  circa  100  ope- 
ra]. Essa  fabbrica  vasellami  di  terraglia  con  o  senza  vernice 
ad  imitazione  anche  delle  terraglie  inglési.  Un  terzo  del 
prodotto  si  esporta  per  Venezia  e  per  Trieste  e  gli  altri 
due  terzi  si  consumano  in  paese. 

La  città  di  Udine  ha  il  suo  gazometro  e  coir  idrogeno 
si  illuminano  le  pubbliche  vie  e  mohe  case  private.  Il  nu- 
mero delle  fiammelle  non  è  che  di  1078. 

Dopo  aver  fatto  parola  di  altre  minute  industrie,  come 
sono  quelle  delle  fonderie  di  campane,  di  fabbriche  di  coltel- 
li, di  carrozze,  di  mobiglie,  di  lavori  da  orificeria,  dì  fab- 
briche d'aceto  ed  acquavite,  oltre  sei  tipografie  ed  uno 
stabilimento  litografico,  la  Camera  di  commercio  presenta 
queste  preziose  conclusioni. 

«I  nostri  artieri  sono  in  generale  dotati  di  una  pratica 
iotelligenza  non  comune,  ma  non  sempre  le  opere  loro, 
giungono  a  quella  maggiore  perfezione  che  soltanto  si  ot- 
tiene col  sussidio  di  buone  teorie,  e  di  appropriati  modelli. 
Ood'è  che  a  generalizzare  le  nozioni   fondamentali   della 


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SOS 

iDeceaDicn,  della  tecnologìa,  del  disegno,  ecc^  applicate  alle 
arti,  sarebbe  utile  T  insiituiione  delle  Scuole  tecniche,  ed 
indispensabile,  se  non  altro,  Tattivazione  delle  Scuole  reali 
inferiori  complete  onde  dare  un  complesso  dì  coltura  suflS- 
ciente  ai  bisogni  delle  elassi  destinate  ad  esercitare  un*  arte 
od  un  mestiere  (I). 

»  A  questo  difetto  si  è  tentato  e  si  tenta  sopperire  in 
qualche  modo  coli*  esposizione  provinciale  dei  prodotti  delle 
arti  e  mestieri,  e  con  annuale  distribuzione  de*  premii,  ma 
tali  sollecitudini,  sempre  commendabili  ed  utili,  non  raggiun- 
gono  pienamente  lo  scopo  che  la  Società  d*  incoraggiamento 
ai  è  prefisso,  giacché,  come  si  esprime  un  nostro  egregio 
amatore  delle  arti,  le  espoiizioni  industriali  pouono  j/tòpa- 
re  air  educazione  degli  artieri  ma  non  a  formarli  ralenti.  « 

»  lo  mancanza  pertanto  delle  Scuole  reali  la  Camera  d'ac- 
cordo col  Municipio  aveva  proposto  il  collocamento  in  que- 
sta città  deir  Atelier  della  strada  ferrau  veneto  •illirica  onde 
dare  lavoro  e  completamento  di  educazione  a  tanti  artieri 
ehe  volonterosi  avrebbero  prestato  l'opera  loro,  ma  la  re- 
gia amministrazione,  sia  che  volgesse  allora  in  mente  di 
cedere,  come  ha  fatto,  la  ferrovia  ad  una  società  di  privati 
o  avesse  già  predesignalo  per  1*  officina  altro  sito  che  in 
Udine  non  fosse,  si  tenne,  rispondendo,  in  una  non  lusin- 
ghiera riserva. 

»  Comunque  ciò  sia,  la  scrivente  ama  credere  che  i  di 
lei  voti  possano  essere  assecondati,  vieppiù  che  la  centrali- 
tà del  luogo  ove  si  erige  una  stazione  di  primaria  impor- 
tanza, r  opportunità  di  avere  d'appresso  l'occorrente  forza 
motrice  d'acqua,  l'affluenza  di  bravi  e  robusti  artefici  che 

(I)  Nella  sola  città  di  Udine  esistono  le  Imp.  regie  Scaote 
cfemenUri  magfiori  nelle  quali  s'iuéeguaao  le  oiaterie  attineuU 
al  I.  e  M.  Corso  delle  Scuole  reali  iaferiori.  Aggiaugenduvi  il  III. 
Corso  si  avrebbe  il  completaineato  delle  reali  inferiori  già  attiva- 
le ìa  altre  diti  della  nonarcbia  col  nuovo  sistena. 


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303 
ti  idalterebbero  a  modiche  mercedi,  e.  la  bcilitii  di  ritrarre 
dai  boschi  non  lontani  ,v  e  dalle  cave  di  carbon  ToMÌle  il 
combustibile,  autorizzano  Y  opinione  che  1*  impresa  conoea- 
sionaria  trovar  poirejbbe  quivi  nell'  impianto  ed  eaercixio 
deir  Atelier  il  migliore  suo  lornaconto. 

>  Inoltre  a  meglio  giovare  alla  condizione  economica  e 
morale  degli  artieri  rimane  vivo  e  sempre  più  incalzaote 
il  bisogno  della  inslituzìone  di  una  Gassa  di  Risparmia,  e 
la  Camera,  fidente  nello  zelo  dimostrato  dalle  autorità  lo« 
cali  anche  in  quest'  argomento ,  e  grata  ai  molti  cittadini 
filantropi  che  ai  obbligarono  di  garantire  col  proprio  Tin* 
UDgibilità  dei  depositi  e  la  regolare  amministrazione  della 
Cassa,  spera  vedere  avverata  al  più  presto  1*  instituzione  da 
tanti  anni  promossa,  e  continuamente  attesa.  • 

XIX. 

Stato  del  Commercio 

Le  notizie  sulla  condizione  del  traffico  non  possono  es- 
sere esattamente  offerte  dalla  Camera  del  commercio  ^  non 
eueodoci  da  una  provincia  all'altra  linee  di  confine,  per 
constatare  le  importazioni  e  le  esportazioni. 

La  Camera  del  commercio  di  Udine  si  limita  per  tanto 
a  d.irc  quelle  poche  notizie  ohe  potevano  più  interessare. 
Essa  ci  dà  la  nota  delle  ditte  esercenti  arti  e  commercio 
da  cui  raccogliamo  che  nel  4853  erano  10,383;  nel  4864 
erano  10,350;  nel  4855  erano  ridotte  a  9,948;  e  nel  4856 
erano  9,949.  Questa  diminuzione  nel  numero  degli  esercenti 
ci  mostra  un  visibile  decremento  nella  agiatezza   pubblica. 

Cun  una  lealtà  che  altamente  onora  la  Camera  del  Com« 
nereio  di  Udine,  si  fa  essa  ad  indagare  i  veri  bisogni  del* 
r  industria  e  dei  commercio  del  paese.  Fa  oonoacere  che  le 
eccessive  controllerie  di  finanza  paralizzano  tutto  il  movi- 
mento interno  del  tralBco.  Rivela  il  danno  che  reca  al  com* 
aiercio  la  procedura  di  indagini  che  è  voluto   dal   sistema 


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304 

delle  imposte  sulla  rendita.  Esprime  il  bisogno  di  uno  spe** 
eiale  regolamento  per  i  mediatori'  di  metzu  Mostra  la  neces- 
sità di  un  sistema  più  uniforme  nei  pesi  e  nelle  misure. 
Fa  conoscere  che  la  possidenza  e  V  industria  sono  ora  di- 
vorali dalle  usure  e  dà  il  quadro  dei  sei  monti  di  pegno 
esbtenti  nel  Friuli,  che  prestano  ogni  anno  una  somma  non 
mai  minore  di  un  milione  e  trecento  mila  lire. 

Mentre  noi  tributiamo  un  omaggio  di  gratitudine  alla 
benemerita  Camera  di  commercio,  crediamo  di  concbiudere 
questa  nostra  rassegna  con  un'importante  annotazione  fa- 
voritaci dal  nostro  collaboratore  ed  amico  il  signor  conte 
Sanseverino  sui  vincoli  feudali  che  tuttora  aggravano  il 
Friuli. 

«  Nel  Rapporto  statistico  della  Camera  di  commercio  dì 
Udine  si  parla  dei  danni  che  arrecano  a  quella  provincia  i 
vincoli  feudali,  per  la  poca  sicurezza  dei  possedimenti,  per 
essere  impedita  la  circolazione  della  proprietà,  e  per  F  ab- 
bandono in  cui  talvolta  si  lasciano  le  lerro  dai  possessori, 
non  potendo  questi  trasmettere  ai  prossimi  parenti  o  ad 
altre  persone  amate,  dovendo  per  legge  succedervi  agnati, 
che  essi  forse  neppure  conoscono,  e  coi^  quali  esistono  rela- 
zioni tutt' altro  che  amorevoli.  A  tali  svantaggi  se  ne  pos* 
sono  aggiungere  altri  ancora  che  anderemo  ora  enumeran- 
do. Essendo  questi  feudi  divisibili  ali*  infinito  fra  la  discen- 
denza mascolina,  ne  avviene  che  nel  continuo  dividere  ed 
ereditare  le  terre  feudali,  i  possessori  hanno  proprietà  in- 
finitamente sminuzzate  e  sparse  in  parecchi  comuni,  talvolta 
dair  una  all'altra  estremità  della  provincia,  d'onde  gravissimo 
danno  alla  agricoltura. 

Da  un  tale  sminuzzamento  della  proprietà  feudale  ne 
proviene  ancora  che  nel  Friuli  si  trovi  un  grandissimo  nu- 
mero di  nobili,  anche  titolati,  che  hanno  appena  di  che 
vivere  stentatamente,  e  sono  proverbiali  i  conti  del  Friuli, 
ma  che  appartenendo  alla  aristocrazia  si  credono  in  obbligo 
di  vivere ,  come  si  suol  dire,  more  nobilium^  per  cui  sentono 


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805 

maggiormenie  il  peso  della  loro  miseria,  senza  ehe  possano 
trovare  il  mezzo  di  uscirne,  poiché  in  buona  parte  crede- 
rebbero di  avvilirsi  cercando  di  migliorare  col  lavoro  la 
propria  sorte,  anche  coir  esercitare  quelle  arti  che  si  chia- 
mano nobili.  Ad  esempio  dei  possessori  di  feudi  anche  gli 
altri  nobili  e  non  nobili  che  posseggono  poche  terre  di  li- 
bero allodio  vogliono  star  sul  grande  più  che  non  compor* 
tino  le  loro  rendite. 

Questo  princìpio  di  casta  va  discendendo  fino  alle  ultime 
classi.  I  possessori  di  una  casa  e  di  qualche  campieello  non 
li  degnano  di  bagnare  la  terra  col  sudore  della  loro  fronte, 
ma  affidano  il  lavoro  a  braccianti.  Scendendo  ancora,  gli 
artefici  dei  villaggi,  come  sarebbero  legnajuoli,  fabbri-ferrai, 
«rtori,  calzolaj,  ecc.,  si  credono  assai  superiori  alla  classe 
dei  contadini ,  e  mancando  il  lavoro  non  si  abbasserebbero 
ad  adoperare  la  marra  e  l'aratro;  d'onde  ne  viene  che  il 
contadino  è  posto  all'  ultimo  gradino  della  scala  sociale,  per 
cui  trovandosi  in  tale  stato  di  avvilimento,  facilmente  si  ab- 
brutisce nel  vizio,  e  soffoca  quei  generosi  sentimenti,  che 
eertamente  germoglierebbero  nel  suo  cuore,  se  meglio  fosse 
in  lui  pure  apprezzata  1'  umana  dignità,  e  se  si  avesse  per 
lui  quella  stima  che  è  dovuta  a  chi  esercita  la  più  utile  di 
tutte  le  arti. 

Non  vogliamo  negare  che  anche  in  altre  provincie  la 
condizione  del  contadino  non  sia  quale  dovrebbe  essere; 
pure  ci  sembra  che  nel  Friuli  generalmente  più  che  in  al- 
tri luoghi  gli  si  neghino  quei  diritti  che  sono  dovuti  all'  es- 
sere umano.  V  ha  però  a  rallegrarsi  che  l' istruzione  ora 
va  anche  colà  diffondendosi  nelle  campagne  ehe  abbondano 
di  animi  generosi  che  si  adoprano  con  ogni  potere  a  miglio- 
rarne U  sorte,  che  grandissimi  vantaggi  ha  già  arrecato 
l'Associazione  agraria  Friulana,  la  quale  coi  suoi  Congressi 
vaganti,  va  facendo  conoscere  .l' importanza  dell'  agricoltura 
e  degli  agricoltori,  e  va  distruggendo  i  pregiudizii  che  ot* 

Afuuu.  StaHstica,  voi.  XXI.  ierU  5/  30 


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306 

tenebravano  quelle  menti  ignare,  per  eui  forse  non  andrà 
guari  che  quella  popolazione  eampagnuola  potrà  servire  d'e- 
sempio, e  suscitare  Temulazione  in  altre  simili  popolazioni, 
ebe  ora  si  trovano  in  uno  stato  di  maggior  sviluppo  intel- 
lettuale. 


Statistica   deU*  Indiuitrla  italiaMi^ 
del  dott.  IPieirm  Mme99ri. 

Nella  Rivista  Contemporanea  di  Torino,  che  ora  può  dira 
la  più  completa  opera  periodica  ebe  renda  conto  del  pro- 
gresso degli  utili  studj  in  Italia,  venne  continuala  la  pub- 
blicazione dell'accurata  statistica  del  dott.  Pietro  Maestri 
suir  industria  manifatturiera  in  Italia. 

Noi  riprodurremo  alcune  fra  le  più  notevoli  parti  di 
quel  lavoro,  soggiungendovi,  come  al  solito,  alcune  nostre 
annotazioni. 

Il  dott.  Maestri  rende  conto  della  produzione  italiana 
delle  farine,  delle  paste  e  dell*  amido,  e  dice  quanto  segue. 

1. 
Farine ,  paste  ,  amido. 

Farine.  —  La  macina  del  grano  e  la  conseguente  ri- 
duzione di  esso  in  farina  si  opera  in  tre  modi  diversi:  4.^ 
coi  molini  ordinarli;  S.^  con  quelli  a  vapore;  3.^  coi  molioi 
ad  acqua,  secondo  il  sistema  anglo-americano. 

Nulla  noi  abbiamo  a  dire  intorno  alla  prima  mam'era, 
contandosi  dappertutto  un  numero  infinito  di  molini,  che  il 
Tento  fa  muovere,  o  V  acqua  di  qualche  fiume  o  torrente, 
con  meccanismi  grossolani  e  che  somministrano  farina  di 
qualili  scadente,  malgrado  qualche  volta  la  bontà  dei  grani 
impiegati. 


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Un  primo  progresso  industriale  si  è  operato  fra  noi, 
soehe  in  questo  ramo,  eoll'iQlroduziooe  dei  molini  a  vapore, 
die  dovetano  sostituire  ai  motori  usati  fin  qui,^  troppo  irre- 
golari ed  incostanti,  una  forza  più  perenne.  La  prima  città 
in  Italia,  che  applicasse  quel  trovato,  fu  Venezia,  la  quale, 
fin  dal  4843,  per  mezzo  del  signor  Oexle,  ebbe  a  servirsi 
di  molini  a  vapore,  capaci  di  ridurre  in  farina  ogni  giorno 
ben  300  staia  (  355  ettolitri  )  di  grano,  ottenendosi  una  fa- 
rina di  una  finezza  fin  allora  sconosciuta,  e  capace  dì  resi- 
stere ai  lunghi  viaggi  di  mare,  e  di  preservarsi  perfino  nei 
paesi  più  caldi.  1  mulini  a  vapore  hanno  per  questa  città 
un'importanza  afiiatto  speciale,  poiché,  essendo  essa  priva 
di  correnti  d*  acqua  da  giovarsene  come  forze  motriei,  né 
essendo  esposta  a  venti  regolari,  per  la  macina  del  grano, 
sarebbe  nella  necessità  di  dipendere  dalle  provincie  di  terra- 
ferma, la  qual  cosa,  nel  caso  di  un  blocco,  aggraverebbe 
«Dgolarroente  la  sua  condizione.  Ma/ a  meglio  persuadersi 
deir  utile  che  essi  possono  recare  colà,  basti  il  ricordare  i 
^rvigi  già  resi  durante  l'assedio  degli  anni  4848-49.  In 
quell'epoca  memorabile  il  solo  molino  Oexle  preparava  dai 
700  agli  800  sacchi  (  dai  476  ai  504  ettolitri  )  di  farina  al 
giorno,  mediante  un  lavoro  continuo  di  operai,  che  si  mu* 
uvano  a  turno.  Né  di  questa  risorsa  accontentavasi  la  forte 
battagliera  nell'  Adriatico,  che  altri  espedienti  improvvisava 
a  furia  pel  servizio  d'approvvigionamento  della  città.  Tre 
molini  infatti  furono  costrutti  nella  stazione  della  strada 
ferrata  di  Santa  Lucia,  serviti  da  tre  locomotive  e  da  ven- 
titré macine.  Allorché  le4>ombee  le  granate  piovevano  su 
quella  stazione,  le  deue  macine  vennero  trasportate  alla 
Giudecca.  Due  altri  molini  con  dodici  macine  si  ottennero 
dalla  fabbrica  stèssa.  La  fabbrica  d'asfalto  alla  Giudecca 
forni  ugualmente  due  molini,  con  otto  macine  e  la  propria 
macchina  a  vapore.  In  un  mulino  a  quattro  mucine  trasfor^ 
mossi  infine  il  euraporto  a  vapore,  pure  ancorato  alla  Giu- 
decca. Il  complesso  di  quei  molini  dava  dai  4000  ai  4300 


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908 

sacchi  (dai  680  ai  816  eiloliiri)  di  farìna  al  giorno,  che 
insieme  a  quelli  prodotti  dai  molini  Oexie,  costituivano  ap^ 
punto  la  consumazione  di  Venezia,  dei  forti  e  deir  estuario 
di  quel  tempo. 

Una  delle  primarie  industrie  di  Trieste  e  la  macina  dei 
grani.  Le  farine  prodotte  dai  mulini  di  quella  città  procurano 
alle  navi  mercantili  dell' Adriatico  numerosi  carichi  di  siffatto 
articolo  destinati  pel  Brasile.  Cosi  nel  1850  37,000  quint. 
met.  di  farina  sono  stati  esportati  per  quella  regione,  44,300 
per  r  Egitto,  le  Isole  Jonie,  Gibilterra,  la  Turchia,  la  Grecia, 
e  più  di  40i,700  q.  m.  ebbero  sfogo  verso  i  varii  porti 
4leir  Istria  e  della  Venezia.  L*imporunza  della  piazza  di 
Trieste  come  mercato  granario  risulta  da  una  pubblicazione 
più  recente  che  abbiamo  sott' occhi  intitolata:  Rivista  del* 
Mandamento  e  ìnoQimento  generale  nel  traffico  dei  grani 
e  delle  farine  per  via  di  mare  durante  il  1858.  Secondo 
quel  documento,  l'importanza  del  frumento  è  stato  Tanno 
scorso  di  481,950  ettolitri,  ripartita  a  seconda  dei  luoghi 
di  provenienza  di  questa  guisa:  Itali^  ettolitri  252,4  53. 
Russia  ettolitri  107,730.  Danubio  ettolitri  107,811.  Levante 
7290.  Egitto  6966,  ecc.  Il  grano  turco  importato  tocca  gli 
ettolitri  393,1 21  j  dei  quali  61,890  ettolitri  provenienti  dal- 
l'Italia,  227,448  ettolitri  dal  Danubio,  ettolitri  108,783  dal 
Levante. 

Né  r  importazione  che  accade  del  frumento  per  Via  di 
mare  basta  ai  bisogni  ordinari!  di  quella  piazza,  la  quale 
cerca  supplirvi,  facendo  appello  ai  grani  dell'  Ungheria  c^ie 
le  vengono  quindi  dalla  terraferisa  con  un  benefìcio  anche 
maggiore  di  quello  che  si  ottiene  dalle  altre  provenienset 
Tanto  i  grani  dell'una,  quanto  quelli  dell'altra  origine  ser* 
vono  in  parte  alT  esportazione. 

Gli  altri  generi  importati  sono  la  segale  ettolitri  63,342, 
l'orzo  ettolitri  22,760,  e  l'avena  ettolitri  90,882. 

L'esportazione  e  i  consumi  si  riassumono  colle  cifre  che 
seguono} 


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so» 

Framcnto ettolitri    434^403 

Grano  turco »         406,377 

Segale .  70,956 

Orzo '.•...         »  37,479 

Avena  .    «    •«.•••«    «         »  90,882 

In  quanto  alle  farine,  la  totalità  dell* esportazione  ope« 
ratasi  nel  4858  ammonta  a  colli  100,354,  provenienti  prin- 
cipalmente dai  mulini  di  Trieste  e  di  Gorizia,  e  diretti  sulla 
Dalmazia,  Tlstria,  il  Levante,  T America  del  sud« 

Il  principale  mulino  di  Trieste  ha  una  macchina  a  va- 
pore della  forza  di  80  a  90  cavalli*  Altro  mulino,  pure  a 
vapore  e  dipendente  dal  primo,  esiste  a  Duino,  nelle  vici-* 
Danze  di  quella  città*  L*  uno  e  V  altro  sono  di  proprietà  di 
una  compagnia,  e  contano  complessivamente  34  macine  ed 
un  consumo  annuo  medio  di  cereali  di  220,500  ettolitri. 

Il  mulino  di  Gorizia,  di  proprietà  della  ditta  Reiter  e 
C,  possiede  20  macine,  che  convertono  in  farina  ogni  anno 
462  mila  ettolitri  di  cereali. 

Nella  Calabria  ulteriore  II  (  regno  di  Napoli  ),  presso  Io 
stabilimento  di  paste  dei  signori  Barocco  e  Macry  v'  ha  due 
molini  a  vapore,  uno  dei  quali  serve  a  sfarinare  per  le  pa- 
ste che  si  lavorano  in  detto  stabilimento  «  e  1*  altro  sta  a 
disposizione  del  pubblico.  Altro  molino,  pure  a  vapore,  esi- 
ste nella  terra  di  Bari,  che  macina  circa  208  ettolitri  di 
grano  al  giorno*  Da  non  molto  un  meccanismo  di  qjaesto 
genere  venne  ugualmente  istituito  presso  Ferrara,  negli  Siati 
romanL  In  Toscana  infine  si  contano  parecchi  molini  a 
vapore.  Noi  non  ricorderemo  che  i  due  appartenenti  al 
flig.  Bongleux,  Tuno  presso  Livorno  con  macchina  della 
forza  di  30  cavalli,  T altro  a  Pontedera  con  macchina  di 
egual  forza. 

Ma  i  molini  a  vapore,  che  pure  io  alcune  località  pro- 
dussero qualche  beneficio,  in  altre^  come  a  Sampierdarena, 
presso  Genova,  Alba  (  Stati  sardi  )  e  in  Corsica ,  dovettero 
pel  soverchio  prezzo  del  combustibile  i  smettere  ogni  loro 


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SI» 

esereitio.  Uo  metodo  ioveee  più  semplice  e  meno  dispen- 
dioso si  è  quello  dei  molioi  ad  acqua,  secondo  il  sistema 
anglo-americano,  dal  quale  si  attendono  infatti  quei  risullatt 
che  si  sono  sperati  invano  dai  sistemi  precedenti.  Fin  qui 
a  prezzi  uguali  del  grano,  il  pane  in  Italia  eostava  un  quarto 
di  più  che  a  Parigi.  La  nuova  macina  meccanica,  riuscendo 
a  bene,  non  può  a  menò  di  realizzare  nuove  economie, 
perfezionando  d' altra  parte  i  prodotti,  e  sminuendo  il  prezzo 
delle  farine,  che,  fra  noi,  non  è  in  alcuna  proporzione  con 
quello  dei  grani. 

La  prima  applicazione  delle  macine  anglo-americane 
spetta  alla  Lombardia,  la  quale  già  da  più  di  20  anni  aveva 
in  attività  a  Melegnano,  sul  Lambro,  un  molino  organnczato 
di  quel  modo.  Da  qualche  tempo  tuttavia  quello  stabilimento 
ha  cessato  dalle  sue  funzioni,  applicando  il  proprio  mecca- 
nismo airuiBoio  forse  più  proficuo  di  una  filatura  dì  lino. 

A  Verona  invece,  di  proprietà  del  sig.  Pietro  Bonomi, 
v'hanno  sull'Adige  otto  mulini,  di  cui  quattro  mossi  da  una 
turbina  della  forza  di  SS  cavalli,  e  gli  ahri  quattro  da  una 
seconda  turbina  di  forza  minore,  che  macinano  100  moggie 
(  68  ettolitri  )  di  farina  al  giorno.  Si  calcola  che  i  molrai 
Bonomi  possono  quindi  macinare  con  metodi  economici  e 
pronti  e  con  risultati  soddisfacenti  da  30  a  40  mila  sacchi 
(dai  S0,400  ai  S7,S00  ettolitri)  di  frumento  all'anno. 

La  maggior  turbina  di  quello  stabilimento,  oltre  ai  mo- 
lini,  serve  pure  di  agente  motore  ad  una  pila  meccanica  da 
rìso,  costrutta  anch'essa  secondo  il  sistema  americano,  la 
seconda  di  tal  genere  in  Europa,  avendo  essa  cominciato  le 
sue  operazioni  fin  dal  SO  luglio  1861.  Lappila  in  discorso 
tiene  in  attività  60  pistoni,  è  può  brillare  40  moggia  (  S7 
ettolitri  )  di  risone  al  giorno. 

Di  minore  importanza  è  il  molino  da  poco  tempo  in- 
trodotto a  Frascati,  presso  ftoma,  in  ferro  fuso,  douto  di 
sei  macine,  che  girano  pure  in  virtù  della  forza  delle  acque, 
e  riduce  ogni  |;iomo  in  farina  1084  chilogrammi  circa  di 
cereali. 


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su 

A  Ferrara  v'  ha  un  inalino  a  rapore  per  macinar  gra- 
naglie della  forza  di  36  cavalli. 

Se  ne  trovano  ugualmente  a  Coro,  a  Guarda-Ferrarese, 
Libola,  Mnsaaficaglia.  Presso  quest'ultimi  v'hanno  pilatoi  dì 
riso,  meccanismi  per  sgranare  le  spiche  di  frumento,  dì  riso, 
e  levarne  la  pulla,  per  vagliare  il  grano  e  burattare  la 
farina. 

A  Chiara  valle  nella  provincia  d'Ancona,  un  mulinò  da 
grano^  secondo  il  sistema  americano. 

Altro  piccolo  stabilimento ,  appartenente  al  sig.  Frey,  esi- 
ste sul  fiume  Teuza,  nel  Principato  Citeriore  (regno  di 
Napoli  )• 

Anche  in  Corsica,  dopo  il  1863,  furono  aperti  presso 
Bastia  due  macine  col  sistema  inglese,  quelle  di  Marmoraya 
e  di  Grigione.  Nei  d' intorni  di  Calvi  v'è  pure  altro  mulino 
a  ruote  perfezionate. 

Mentre  i  molini  anglo-americani  si  ponno  dire  quasi  an- 
cora affatto  sconosciuti  negli  allri  Stati  d'Italia,  giovandosi 
essi  per  la  macina  dei  grani  di  qualche  raro  molino  a  va- 
pore, oppure  lasciando  quell'operazione  in  balla  degli  an- 
tichi sistemi,  il  Piemonte  in  questo,  come  hi  molti  altri 
rami  d'industria,  entrò  piò  ardito  nella  via  dell'  innovazione, 
sicché  già  a  quest'ora  conta  il  maggior  numero  di  quelle 
istituzioni.  Di  data  piò  antico  è  il  molino  di  Collegno,  presso 
Torino,  con  24  paja  di  mole,  che  macina  600  q.  m.  di 
grano  al  giorno.  Il  molino  di  Settimo  invece,  con  6  paja  di 
mole,  non  ne  riduce  in  farina,  in  quello  stesso  periodo  di 
tempo,  che  480  q.  m.  Non  ci  è  dato  conoscere  i  partico- 
lari di  altro  mulino  al  Mussotto  provinca  d'Alba,  esercitato 
dai  signori  Tarditi  e  Traverso.  In  Sampierdarena  il  molino, 
che  prima  era  mosso  dal  vapore,  ora  Io  è  dall'acquedotto 
Nicolay  mediante  turbina  della  forza  di  60  cavalli.  Quello 
stabitinMinto  con  30  itaila  q.  m.  di  grano  produce  ogni  anno 
circa  SO  nàila  q.  m.  di  farina,  màcinau  secondo  il  metodo 
americano.  Si  fanno  pratiche  per  Tìntroduzione  di  siffatti  niu- 
lini  anche  a  Novara,  Asti ,  Casale. 


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SIS 

Il  ventilare^  il  crivellare,  rasciugare  e  macinare  rh  grano 
non  è  che  V  esordio  di  una  serie  di  altri  proceiisi  indusirìali, 
per  cui  ottenuta  la  farina,  questa  si  riduce  alla  madia,  e  si 
manipola  nelle  olBcine  di  panificazione.  Anche  quest'ultime 
sono  quasi  universalmente  lasciate,  in  Italia,  ai  soliti  antichi 
metodi,  senza  l' applicazione  di  quei  meccanismi  che  altrove 
permettono  la  fabbricazione  del  pane  con  sistema  più  sem- 
plice ed  economico.  Tuttavia  da  qualche  anno  qualche  ri- 
forma in  questo  senso  s' è  tentata  anche  fra  noi.  Cosi  a  To- 
rino un*  apposita  società  esiste  col  capitale  di  700  mila  fran- 
chi, e  provvista  di  quanto  occorre,  secondo  ìi  nuovo  sistema 
ad  aria  continuamente  riscaldata,  per  abburattare  la  farina, 
impastare  e  preparare  pane  e  biscotti,  senza  bisogno  di  ri- 
correre alle  mani  dell'  uomo.  Altra  società  veniva  fondata 
nel  4853  a  Cornigliano  presso  Genova ,  per  la  macina  e  pa- 
nificazione a  vapore,  che  però  ha  fatto  cattivi  affari.  Una 
panificazione  meccanica  v*  ha  pure  a  Milano,  di  proprietà 
del  marchese  Rescalli. 

Paste.  —  È  industria  propria  di  molte  città  e  borghi 
d'Italia,  che  imbandisce  uno  dei  più  frequenti  e  graditi 
cibi  delle  nostre  men3e,  e  somministra  le  materie  ad  un 
considerevole  commercio  d' esportazione.  Per  gli  usi  quoti- 
diani tutti  i  nostri  paesi  indistintamente  fabbricano  paste  di 
frumento,  ma  le  ricerche  del  di  fuori  affluiscono  solo  in 
quei  luoghi,  presso  i  quali  quella  lavorazione  è  più  per- 
fetta. 

La  diversa  qualità,  i  diversi  metodi  di  macinatura  del 
grano  e  di  preparazione  delle  fecole  contribuiscono  a  dare 
maggior  valore  e  miglior  credito  piuttosto  all'  uno  che  al- 
l' altro  centro  di  con/ezione  di  quell'  articolo.  Genova  so- 
prattutto è  la  città  che  gode  la  più  grande  rinomanza  io 
proposito.  I  frumenti  e  le  farine  di  cui  essa  sì  serve  le 
vengono  principalmente  dal  mar  Nero.  Né  solo  la  città,  ma 
quasi  tutte  le  coste  della  Liguria  preparano  paste  per  l'e- 
stero sicché,  nel  breve  tratto  di  littorale  da  Nervi  a  Genova 


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e  Savona ,  i  vermicellaì  sono  in  numero  di  centotr entaquat- 
tro  ;  gli  operai  addetti  a  quel  lavoro  un  migliaio  circa»  che 
impiegano  466,000  q.  m.  di  grano  ogni  anno.  Dagli  Stati 
sardi  si  fa  un'annua  esportazione  di  paste  per  11,258  q.  m. 
La  più  gran  parte  delle  paste  genovesi  consiste  in  vermi- 
celli!, affidati  al  commercio  entro  cassettine  in  legno,  che 
gli  abitanti  del  paese  preparano  quindi  a  profusione.  Da 
quanto  coosta  a  noi  non  v'ha  in  Liguria  alcuna  fabbrica 
meccanica. 

Oltre  le  paste,  si  fabbricano  in  Genova,  e  si  vendono  alle 
navi  estere  che  visitano  quel  porto  circa  800  q.  m.  di  bi- 
scotto di  mare  ogni  anno,  senza  contare  quello  consumato 
dalle  navi  e  dagli  equipaggi  nazionali. 

Dopo  Genova,  viene  Napoli  nel  grado  d'importanza  di 
questa  fabbricazione.  In  quel  regno  belle  e  preziose  qualità 
di  grano  e  sopralutto  le  farine  saragolle  danno  luogo  a  paste 
e  maccheroni  squisiti  e  sopraffini.  Un  esteso  consumo  di 
paste  si  fa  all'  interno  del  paese  siccome  se  ne  mantiene  uà 
traffico  all'estero  di  chilogrammi  218,500  e  pel  valore  di 
91,974  fr.  Una  delle  fabbriche  più  cospicue  del  regno  è 
quella  della  Calabria  Ulteriore,  fornita  di  una  macchina  a 
vapore  e  che  somministra  dai  450  ai  600  ehil.  di  paste  al 
giorno.  La  Sicilia  pure  fa  grande  uso  di  paste  fabbricate  nel 
paese  con  grani  indigeni. 

Anche  Bologna  gode  di  una  ben  meritata  celebrità  per 
quest'  articolo.  Al  prosperamento  di  tale  ramo  d' indostria 
contribuisce  l'introdotta  coltivazione  dei  grani  di  Manfredo- 
nia e  di  Tangarock,  i  quali  attesa  la  loro  durezza ,  non  si 
versano  in  fiore  di  farina ,  ma  si  scagliano  in  semolelle.  Se 
la  parte  orientale  degli  Stati  romani  si  distingue  per  buona 
qualità  delle  paste  (tagliatelli),  la  parte  occidentale  è  nota 
pel  numero  delle  fabbriche  e  per  la  quantità  dei  suoi  prò- 
dotti.  Quivi  gli  stabilimenti  che  preparano  paste  sono  in 
numero  di  65,  aventi  un  annuo  giro  di  affari  per  la  somma 
di  204,000  franchi. 


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Le  paste  toscane  non  la  cedono  per  nulla  a  quelle  di 
Bologna ,  né  alle  paste  più  rinomate  di  Genova.  Solamente 
la  scarsezza  del  ricolto  dei  grani  in  qud  paese ,  obbligato 
d'importarne  ogni  anno  dal  di  fnori,  gli  è  d'ostacolo  a! 
traffico  air  estero  di  un  articolo ,  il  quale  tuttavia  è  prodotto 
in  copia  sufficiente  da  soddisfare  ai  bisogni  locali. 

Varie  sono  in  Livorno  anche  le  fabbriche  del  biscotto 
per  uso  della  marina,  ma  tutte  organizzate  secondo  gli  an- 
tichi sistemi.  Da  non  molto  tuttavia ,  per  opera  del  sig. 
Bougleux,  venne  introdotta  pure  la  lavorazione  del  biscouo 
azzimo.  Tale  prodotto  supera  ogni  altra  qualità,  ed  ha  il 
pregio  di  conservarsi  a  lungo  senza  assumere  cattivo  odore, 
e  senza  ammufibre;  fabbricato  dapprima  esclusivamente  da« 
gli  stranieri,  esso  lo  è  ora  da  questo  nostro  stabilimento, 
cui  ricorrono  i  legni  americani  ed  inglesi,  che  prendono  le 
loro  provvigioni  alla  Spezia. 

Si  trovano  a  Bastia  (Corsica)  quìndici  piccole  fabbriche, 
due  ad  Aiaccio,  ed  una  a  Sartene  di  paste  che  impiegano 
da  trema  a  quaranta  operai.  Il  beneflcio  è  piuttosto  scarso, 
sebbene  si  mantengano,  malgrado  la  concorrenza  che  loro 
viene  dal  continente,  tuttora  in  esercizio.  Esse  tirano  dalle 
altre  {parli  d'Italia  il  frumento  di  cui  abbisognano,  e  che 
si  chiama  gran  duro. 

Anche  a  Malta  si  fanno  paste  di  diverse  specie,  che  sono 
lof^i  tuttavia  dall'  uguagliare  le  paste  di  Napoli  e  di  Geno- 
va^ Il  prezzo  di  vendita  è  di  84  franchi,  79  chil.,  mentre 
quello  di  fabbrica  compresa  la  materia  prima  non  ammonta 
che  a  38  franchi.  Il  biscotto  invece  fabbricalo  nell'  isola  per 
r  approvvigioDémento  dei  bastimenti  è  più  leggiero  e  più 
friabile  di  quello  fette  in  Francia  e  nelle  altre  regioni  ita- 
liane. Esso  ha  un  prezzo  di  costo  e  di  vendita  pari  a  quello 
delle  paste. 

Siccome  Genova  e  NapoK  sufi  Mediterraneo,  cesi  Venezia 
e  Trieste  sull'Adriatico  si  distinguono  per  questa  fabbrica- 
zione. Le   paste  di  farina  di  frumento  sono  lavorate  nella 


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IMrima  di  dette  città  io  alcuni  stabilimenti ,  per  te  qualità 
ordinarie,  con  sufficiente  perfezione*  Per  le  qualità  fine 
SODO  preferibili  le  paste  dei  paesi  sopraccitati,  sebbene  an- 
che Venezia  da  qualche  tempo  abbia  fatto  dei  progressi  e 
spedisca  i  proprii  prodotti  principalmente  nelle  provincie 
contermini. 

Nella  ciità  di  Trieste,  ali*  industria  della  macina  del  grano 
s'aggiunge  quella  della  lavorazione  delle  paste  e  del  biscotto, 
air  uso  della  marina.  Essa  prende  uno  sviluppo  maggiore 
ogni  di  più,  e  si  serve  delle  numerose  navi  che  solcano 
r  Adriatico  per  spedire  air  estero  i  suoi  prodotti. 

Amido.  —  Quasi  in  tutti  gli  Stati  e  presso  le  città  prin« 
eipali  d*  Italia  vi  ha  fabbriche  di  amido ,  le  quali  provve- 
dono air  interno  consumo.  I  paesi  tuttavìa  che  ne  ^sommi- 
nistrano in  maggior  copia ,  fino  a  permetterne  un'  esporta- 
zione, sono  Venezia  e  Ravenna.  L'amido  in  Venezia  si  trae 
dal  frumento,  per  la  qualità  si  distingue  in  fino  e  ordinario; 
quello  in  polvere  è  detto  cipria.  I  miglioramenti  di  recente 
introdotti  in  questa  produzione  hanno  fatto  prevalere  la  qua* 
fila  fina,  che  si  consuma  in  tutto  il  Lombardo-Veneto,  in 
varie  altre  provincie  d' Italia,  in  Germania  ed  in  Grecia.  Cal- 
colasi che  colà  se  ne  producano  200  mila  chilogrammi.  La 
fibbrìca  principale  appartiene  al  signor  Pietro  Tosi,  ed  im- 
piega ogni  anno  dalle  tre  alle  quattro  mila  stala  (dai  258 
ti  340  ettolitri)  di  frumento,  ricavandone  oltre  a  un  milione 
di  chitogr.  d*amido  di  diverse  qualità.  In  quel!'  opificio  sono 
assai  opportunamente  costrutte  le  stufe  per  l'essiccazione  onde 
ouener  quella  screpolatura  nei  pani,  mediante  la  quale  si  ha 
r amido  in  cannelli,  come  è  richiesto  appunto  dal  com- 
mercio. 

Di  amido  e  cipria  tanto  se  ne  fabbrica  negli  Stati  romani, 
qtuinto  ne  'occorre  pei  diversi  usi.  Se  ne  fa  annualmente 
tm'  esportazione  di  800  chilogrammi ,  che  risuhano  quan 
per  intero  dall'  esuberante  prodotto  della  fabbrica  di  Raven- 
na, appartenente  ai  fratelli  .Peruszi  di  Toscana. 


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Questi  ultimi  sono  propriciarti  direttori  di  altre  due  fab* 
briche  in  Firenze  e  Livorno,  che  preparano  l*  amido  alFo- 
landese,  cioè  prosciugandolo  col  calore,  ed  alla  francese 
seccandolo  per  mezzo  di  correnti  d*aria. 

A  GenoTa  pure  vi  banno  sette  fabbriche  di  questa  so- 
stanza, al  Bisagno  e  a  Sampierdarena ,  che  contano  comples- 
sivamente 50  operai,  e  pongono  in  movimento  ogni  anno 
un  capitale  di  150  mila  franchi. 

Ma  questa  sostanza  si  ottiene  da  molti  altri  vegetabili 
ed  in  particolare  da  alcuni  tuberi  e  da  semi  di  cereali  che 
non  siano  il  frumento.  Cosi  negli  Stati  romani  venne  aperta 
una  fabbrica  di  amido,  tratto  dalle  patate,  di  buona  quali- 
tà, ed  a  discretissimo  prezzo.  II  signor  Coppa  di  Novara, 
Siali  sardi ,  fabbrica  del  pari  due  qualità  di  fecole  di  riso 
r  una  bianca  e  preparata  senza  fermentazione,  propria  agli 
usi  medici  tecnologici  ;  V  altra  consistente  in  amido  impuro, 
cavato  dal  risina ,  mediante  la  putrefazione,  e  che  impie- 
gasi a  servizio  delle  arti.  Questo  stesso  fabbricatore  ed  il 
farmacista  Albani  di  Monza,  in  Lombardia,  ebbero  ottimi  ri- 
sultali, sostituendo,  nella  fabbricazione  dell*  amido,  al  graoo 
un  genere  di  quasi  nessun  valore,  cioè  le  castagne  amare. 
L*  esperimento  venne  fatto  dal  sig.  Albani  con  400  moggie 
(272  ettolitri)  di  castagne,  dalle  quali  ottenne  3200  ehi- 
logrammi  di  amido  di  qualità  ordinaria. 

Annotazione. 

A  queste  importanti  notizie  raccolte  dal  dottor  Maesu*! 
dobbiamo  fare  alcune  aggiunte. 

È  un  fatto  tutto  proprio  delle  regioni  italiane  che  la 
varietà  grandissima  dei  grani  che  vi  si  coltivano  e  proiperano 
rende  pure  svariatissimo  il  prodotto  delle  farine.  Neil'  espo- 
sizione di  economia  domestica  stata  tenuta  a  Brusselles  nel- 
Tanno  4856  la  sola  Lombardia  ha  potuto  preseoure  27 
varietà  diverse  di  grano  e  di  farine,  ed  il  Congresso  inter- 


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nazionale  di  beneficenza  le  accordò  per  questo  solo  ramo 
di  produzione  la  grande  medaglia  d*  incoraggiamento.  Mercè 
questa  ricchezza  di  prodotto  anche  la  Lombardia  ha  potuto 
migliorare  la  manifattura  delle  sue  paste  in  modo  da  avvi- 
cinarsi al  pregio  di  quelle  di  Genova  e  di  Napoli.  L'  uso 
però  grandissimo  che  si  fa  del  riso  in  Lombardia  ha  reso 
meno  ricercato  il  consumo  delle  paste.  Solo  riguardo  alla 
fabbricazione  del  pane  è  a  desiderarsi  che  si  diffondano  un 
pò  più  i  nuovi  processi  meccanici  e  chimici  introdotti  in  ai- 
ire  parti  d'Europa.  Anche  Tostinata  conservazione  delle  mete, 
0  calmieri,  nella  maggior  parte  degli  Stati  italiani ,  ha  con- 
tribuito a  tenere  V  industria  del  fornajo  in  uno  stalo  regre- 
diente. 

IL 

Raffinerie  di  zucchero. 

Mentre  facevasi  uso  un  tempo  delle  farine  di  zuccaro  quali 
procedevano  dai  porti  dei  paesi  di  produzione,  ora  invece,  pre- 
ferendosi gli  zuccari  depurali,  alcuni  speculatori  non  esita- 
rono introdurre  fra  noi,  come  altrove,  la  raffinatura  dello 
zuccaro,  secondo  i  nuovi  processi  di  fabbricazione. 

In  Venezia  tali  istituzioni  sono  antiche:  si  può  affermare 
infatti,  senza  tema  di  essere  smentiti,  che  quella  città,  fa^ 
verità  d'  altronde  da*  suoi  precoci  commerci,  abbia  forse  la 
prima  in  Europa,  accolto  tale  ramo  d*  industria.  Fin  dalla 
metà  del  secolo  XVIII  ben  sette  raffinerie  si  contavano  colà, 
le  quali  poi  si  ridussero  a  due,  tenute  in  vita  anch'esse 
quasi  esclusivamente  dalla  prolezione  delle  tariffe  doganali. 
Lo  stabilimento  più  importante  è  quello  del  signor  Reali , 
presso  cui  si  osservano  tutti  i  perfezionamenti  dovuti  alla 
meccanica  ed  alla  chimica  moderna.  Fondato  d' altronde  su 
vaste  proporzioni,  esso  purifica  ogni  anno  20  mila  quint. 
mei.  di  zuccaro,  ed  adopera  il  vapore  allo  scopo  di  far  su- 
bire allo  zuccaro  la  prima  soluzione,  la  cottura  o  concentra- 


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818 

sione  del  siroppo»  la  quale  si  fa  a  bassa  lemperatura,  e  si 
rende  maggiormente  sollecita  per  mezzo  del  vuoto  che  si 
ottiene  colla  macchina  a  vapore.  Il  Reali  introdusse  del  pari 
il  processo,  scoperto  dal  Flory,  onde  earboniczare  le  ossa  e 
trarne  il  nero  animale,  con  cui  si  scolora  e  quindi  si  raflSna 
lo  zuccaro. 

Oltre  a  questa  raffineria,  altra  ne  venne  attivata  in  Ve- 
nezia nel  locale  della  cessata  febbrica  dei  panni  feltrati.  La 
nuova  raffineria  appartiene  ad  una  società  in  accomandita, 
rappresentata  dal  Giuriate  e  che  raffina  dodici  mila  q.  m.  di 
luccaro  ogni  anno. 

Tre  altre  raffinerie  esistono  nelle  provincie  venete,  Tuna 
a  Verona,  più  considerevole,  che  impiega  ogni  anno  più  di 
30  mila  quin.  met.  di  materia  prima.  La  raffineria  Vittorelli, 
èi  Treviso,  ne  lavora  44,444  q.  m.,  e  la  Braida  di  Udine 
40,808  q.  m. 

Nel  Tirolo  una  società  d'azionisti  ottiene  dalla  propria 
annua  fabbricazione  6460  q.  m.  di  zuccaro  raffinato.  U  Cir- 
colo di  Gorizia  ha  pure  grandi  raffinerie  che  danno  non 
meno  cospicui  prodotti. 

A  Milano,  in  Lombardia,  quattro  furono  gli  stabilimenti 
fondati  a  quello  scopo,  dei  quali  tuttavia  non  ne  rimase  che 
uno  solo  in  attività.  Eretto  e  condotto  da  una  società  in  ac- 
comandita per  azioni,  conta  due  grandi  caldaie  di  concen- 
trazione, ossia  di  cottura  degli  siroppi  zuccherini  nel  vuoto, 
secondo  il  sistema  Howard  ;  esso  segue  il  processo  Champo- 
nois  per  la  carbonizzazione  delle  ossa,  ed  impiega  i  filtri  Du- 
moiit  pel  nero  in  grana  ed  i  cosi  detti  Monijus  pei  siroppi 
che  si  elevano  colla  pressione  del  vapore;  possiede  infine 
dieci  altre  caldaie  della  forza  complessiva  di  205  cavalli, 
ventidue  macchine  centrifughe,  parimenti  a  vapore,  per  la 
depurazione  dei  prodotti  zuccherini,  denominati  Batard  e 
Vergeoise,  e  due  pompe  pneumatiche  di  grande  diametro, 
che  accelerano  ocl  vuolo  la  depuruxioiie  dei  p^ni  di  sue* 
earo.  Sono  addetti  alla  fabbrica  200  operai  ed  41  commessi 


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319 
di  studio.  Il  personale  poi  occupato  al  di  fuori  dello  stabi- 
limeuto  può  calcolarsi  a  circa  mille  individui,  dei  quali 
parte  lavora  alle  turbine,  di  proprietà  della  società ,  parte 
nel  raccogliere  le  ossa  da  carbonizzarCi  e  parte  attende  ai 
lavori  di  macchinista,  di  fabbro -ferraio,  ecc.  La  ralBneria  di 
Milano  è  capace  del  lavoro  annuo  di  70  mila  q.  m.  di  zuc- 
cari  in  farina,  sebbene  non  se  ne  lavorano  in  tempo  medio 
che  51,160  q.  m.  colla  spesa  pel  personale  di  studio  di 
S6,938  fr.,  e  per  mercede  degli  operaj  di  472,480  fr.  ogni 
anno.  I  49,S00  q.  m.  di  zuccari  raffinati  nell'anno  1856  rap- 
presentano il  valore  di  fabbrica  di  7,656,000  franchi. 

Le  farine  che  adoperansi  in  questo  stabilimento  proven- 
gono principalmente  dal  Brasile  e  dell'Avana,  e  sono  nella 
quasi  totalità  mascabadi,  cioè  zuccari  bruni  e  biondi.  I  pro- 
dotti risultanti  ammontano  all' 85  per  400  circa  della  quan* 
tiià  di  zuccaro  in  farina  sottoposto  alla  raffinatura,  e  con- 
sistono in  Melis,  Batard,  Vergeoìse  e  Melazzo.  Per  combustibile 
impìegansi:  il  carbone  fossile  di  Newcastle,  adoperato  a  pre- 
ferenza, le  torbe  tratte  dalle  cave  della  società,  e  poca  le- 
gna. Ciò  che  ottiensi  da  quella  lavorazione  viene  smerciato 
io  Lombardia,  e  una  piccola  porzione  se  ne  esita  nel  veneto 
e  nel  Tirolo.  Quasi  tutto  il  cascame,  meno  quello  che  si 
consuma  per  le  fabbriche  locali  di  birra,  passa  alle  varie 
Provincie  della  monarchia  austriaca. 

Una  ralDneria  di  zuccaro  di  canna  esiste  a  Grottamare, 
negli  Stati  romani,  fin  dal  4833,  fondata  dal  conte  Francesco 
Paccarani,  e  rappresentata  da  una  società   in   accomandita, 
eon  un  capitale  di  400,000  fr.  circa.  La  maggior  parte  delle 
azioni  spetta  alla  famiglia  del  fondatore.  Questo  stabilimento, 
incoraggiato  e  protetto  dal  Governo,  ha   prosperalo   finora 
eoa  vantaggio  degli  azionisti  e  della  popolazione  di  Grò 
tnare,  che  vi  presta  non  piccolo  numero  di  braccia.  La  s 
detta  raffineria  non  può  produrre  oltre  i  436  mila  chii 
zuccaro  all'anno;  tale  è  il  limite  che  le  è  determinato  d 
concessione  governativa.  Essa  riceve  da  Trieste  e  da   M 


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330 

sigila  I  zuccari  grezzi  del  Brasile  e  delle  ADtille;  alla  por- 
tata dei  più  recenti  metodi  di  fabbricazione,  estrae  la  mag- 
gior copia  possìbile  di  zuccaro  in  grana  dalle  farine  sotto- 
poste alla  raflSnatura.  La  sua  produzione  annua  è  di  40i 
mila  chil.  di  zuccari  raffinati  e  biondi,  con  qualche  pò  di 
melassa.  La  maggior  parte  degli  zuccari  prodotti  a  Groitamare 
servono  al  consumo  degli  Stati  romani;  il  contrabbando  ne 
introduce  pure  unaporzione  nel  finittimo  regno  di  Napoli. 

La  ditta  Paccarani  esperimentava  inoltre  la  coltura  della 
barbabietola  nelle  Romagne,  ma  con  poco  frutto,  laonde 
essa  già  da  qualche  tempo  ha  rinunciato  affatto  a  quella 
speculazione. 

Anche  lo  stabilimento  Vittorio  Emanuele,  in  Sardegna, 
attende  alla  coltura  speciale  della  barbabietola  e  conseguente 
fabbricazione  dell'alcool  e  dello  zuccaro.  La  costruzione  e 
gli  strumenti  necessari  al  taglio  ed  al  disseccamento  delle 
barbabietole  sono  stabilite  presso  quel  dominio  a  seconda 
di  un  metodo  usato  in  molti  luoghi  della  Francia  seuen- 
trionale.  Una  sega  riduce  la  radice  in  pezzi  e  può  agire  di 
questo  modo  su  120  mila  chilogr.  in  ventiquattro  ore.  Il 
tutto  è  pronto  per  disseccarle.  Cosi  la  barbabietola  si  con- 
serva benissimo,  e  mantenendo  la  sua  parte  zuccherina  per 
più  anni,  si  trova  ridotta  al  sesto  del  suo  peso  primitivo, 
ed  il  trasporto  ne  è  facile,  semplice  e  meno  dispendioso. 
Si  è  a  Genova  che  la  società  intende  eseguire  la  distillazione. 
La  fabbricazione  dello  zuccaro  in  cambio  si  fa  sul  luogo. 

La  Toscana,  gli  Stati  sardi  e  le  Due  Sicilie  mancano 
affatto  di  simili  stabilimenti,  sebbene  non  v'abbia  luogo  in 
cui  la  coltura  delle  barbabietole  e  la  raffinatura  degli  zuc- 
cari sia  'di  più  imperiosa  necessità.  La  consumazione  degli 
zuccari  raffinati  vi  aumenta  in  proporzione  considerevole,  e 
quei  paesi  che  non  saprebbero  produrre  un'  oncia  di  zuc- 
caro, ne  consumano,  relativamente  alla  popolazione,  quanto 
la  Francia,  la  quale  ne  trae  copia  dalle  sue  colonie  e  ne 
fabbrica  in  grosse  partite  pel  consumo  proprio  e  per  V  e- 
sportazione. 

Finofa  le  provincie  d'Italia  che  possiedono  raffinerìe 
godettero  di  larghi  privilegi,  che  guarentivano  l' esistenza 
di  quelle  lavorazioni.  Cosi  nel  lombardo-veneto  a  far  pro- 
sperare tale  industria,  la  vigente  tariffa  daziaria  dispone  che 
vengano  introdotte  le  farine  di  zuccaro  ad  essa  occorrenti, 


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321 

Terso  il  solo  dazio  di  entrata  di  81  fr.  68  cent,  al  qainialc, 
mentre  quelle  che  abbisognano  al  resto  dei  consumatori , 
e  che  sono  di  identica  qualità,  sono  sottoposte  al  pagamento 
di  47  fr.  52  cent,  pure  al  quintale.  Ad  allontanare  poi  la 
concorrenza  che  gli  zuccari  raflinati  esteri  potrebbero  eser- 
citare sui  nostri,  la  succitata  tariffa  li  colpisce  del  gravoso 
dazio  di  66  fr.  al  quintale. 

Negli  Stati  romani  il  governo  percepisce,  sopra  4,356,000 
ehilogr.  di  zuccaro  grezzo,  il  quinto  soltanto  del  diritto 
d'entrata  che  pagano  gli  zuccari  importati  in  quegli  Stati, 
la  qual  cosa  assicura  una  sufficiente  prolezione  allo  stabiii- 
roento  di  Grottomare,  privilegiato  inoltre  fino  all'anno  1864. 

E  qui  non  vogliamo  tacere,  come  codesto  sistema  prò- 
leuivo,  opportunissimo  a  mantener  nei  nostri  Stati  un  ramo 
d'industria  che  altrimenti  non  reggerebbe  alla  concorrenza 
delle  raffinerie  francesi  e  belgiche,  torna  di  non  poco  no- 
cumento alla  popolazione  in  genere,  la  quale  è  costretta  a 
pagare  lo  zuccaro  ad  un  prezzo  assai  più  elevato  di  quello 
che  ragionevolmente  dovrebbe. 

Ma  l'apertura  dell' itsmo  di  Suez  è  destinata  forse  a 
cambiare  le  sorti  di  quest'industria  fra  noi,  ed  a  svilupparla 
anche  di  vantaggio  sempre  più,  senza  bisogno  di  ulteriore 
tutela  di  protezionismo.  Il  compimento  di  quest'opera  gran- 
diosa aprirà  all'Europa  i  mercati  indiani,  ove  lo  zuccaro 
importa  al  fabbricatore  il  terzo  ed  anche  il  quarto  del 
prezzo  di  costo  dello  zuccaro  delle  colonie,  ed  ove  il  lavoro 
dell'  uomo  libero  riesce  meno  dispendioso  di  quello  degli 
schiavi,  ed  il  suolo  del  Bengala  più  fecondo  e  più  ricco 
di  qualsiasi  altro.  Sarà  dùnque  un  bene  per  l' Italia  il  pos- 
sedere raffinerie,  trovandosi  essa  più  vicina  ai  mercati  di 
produzione  comparativamente  agli  altri  paesi  dell'Europa; 
e  sarebbe  davvero  una  derisione  se  lasciasse  la  materia 
attraversare  il  proprio  territorio  per  riceverla  poscia  più 
tardi  purificala  e  raffinata  per  opera  di  stranieri. 

Noi  dobbiamo  soggiungere  ai  voti  del  dott.  Maestri  quello 
piuttosto  che  abbia  a  cessare  pel  vero  interesse  dei  consu- 
matori Io  stato  di  privativa  che  dà  una  vita  di  monopolio 
alle  raffinerie  di  zucchero.  La  Lombardia  ha  più  d'ogni 
altra  provincia  sofferto  da  questo  sistema  di  proteziene ,  e 
pel  vero  interesse  pubblico  è  da  desiderarsi  la  concorrenza 
interna  ed  esterna  anche  per  questo  ramo  di  produzione. 

Annau.  StatUtica^  voi.  XXlf  serie  3.'  21 


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332 


NOTIZIE   STRANIERE 


BeiiMe«nto  della  tienellceiia»  41  Parigi 


D. 


"all'Amministrazione  della  pubblica  assistenza  a  Parigi  ogni 
anno  vien  dato  il  rendiconto  della  propria  gestione  e  con 
esso  si  fanno  conoscere  al  Consiglio  incaricato  della  aorre- 
glianza  delle  finanze  spedalinghe  le  direrse  operazioni  che 
ebbero  luogo  nel  precedente  uguale  periodo  di  esercizio. 
Cosi  si  fece  riguardo  all'anno  4857|  e  noi  nel  offrirlo  ai  no- 
stri  lettori  troviamo  opportuno  premettere  un  quadro  della 
situazione  dei  varj  istituti  ospitalieri  di  Parigi  all'epoca  in 
cui  la  loro  amministrazione  centrale  prese  posto  nell'autun- 
no del  1858  sulla  piazza  dell'Hotel-  de-Ville. 

La  metropoli  francese  possiede  sedici  spedali  per  la  cura 
degli  ammalati  e  dodici  ospizj  o  case  di  rifugio  per  gli  in- 
fermi incurabili  e  per  i  poveri  vecchi. 

Gli  spedali  sono,  l'Hdtel-Dieu,  la  Pitie,  la  Gharité,  Saint- 
Antoine,  Necker,  Gochin,  Beaujon,  la  Riboisiére,  Saint-Louis^ 
le  Midi,  Lourcine,  Ics  Enfans-maladeSi  Sainte-Eugenie ,  la 
Maison  d'accouchement ,  la  Glinique  de  l'Ecole  de  médecine 
et  la  Maison  municipale  de  sante  du  foubourg  Saint-Denis. 

1  dodici  ospizj  sono:  Bicétre,  la  Salpétrière,  les  Incura- 
bles  hommes  (Ics  Récolets),  les  Incurables  femmes  (mede' 
Sèvres),  les  Enfont-TTOuvés,  les  Ménages,  la  Rochefoucauid, 
Sainte-Périne,  Boulard,  Brezin ,  Devillas,  e  l'asilo  Lambreeht 
à  Gourbeoier.  • 

I  mezzi  necessarii  a  sostenere  le  spese  che  esigono  tali 
stabilimenti  devono  essere  assai  validi.  Ciò  vien  dimostrato 
dalle  cifre  del  1857  che  montano  a  fr.  46^427,117  in  rea- 


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dita  ordinaria,  e  in  16,132,114  franchi  in  spese  pure  ordì* 
narie  (!)• 

Si  dividono  le  rendile  secondo  la  loro  fonte,  e  sono: 


Dalle  possesioni  e  rendite  d'immobili 
Per  interessi  di  capitali     •    •    •    « 
Per  rendite  e  dividendi    •    •    •    • 
»            eventuali     •    •    •    • 
Concessioni  dei  terreni  ne*  cimiteri 
Diritti  sugli  spettacoli  •    •    •    •    • 
Boni  del  Monte  di  Pietà    .... 
Rimborsi  da  famiglie  da  comuni     •    . 
Sovvenzione  municipale     •    .    •    •    . 
Rendite  e  fondazioni 


Fr.  970,929.  91 
700,065.  38 

4,316,802.  31 
244,234.  47 
462,481.  00 

4,889,240.  08 
859,457.  41 

8,664,424.  68 

7,207,4S7,  00 
646,348.  48 

Fr.  46,437,447.  07 

Lungo  sarebbe  e  fors'  anche  inutile  il  far  oggetto  di  di- 
scorso ognuno  di  quegli  enti  di  rendita,  ma  opportuno  surà 
piuttosto  il  fermarsi  coli*  attenzione  nostra  su  quanto  riguarda 
i  beni  immobili  che  formarono  V  oggetto  della  nota  circolare 
del  già  ministro  dell'  interno  generale  Espinasse  colla  quale 
caldamente  consigliava  alla  Amministrazione  dì  beneGeenza 
di  alienare  i  stabili  che  le  appartengono.  Dunque  ci  fornirà 
lume,  per  quanto  spetta  a  Parigi,  il  paragrafo  che  segue 
della  Memoria  comunicata  al  Consiglio  municipale  dal  pre- 
fetto della  Senna  in  occasione  che  presentò  il  budget  del 
4859.  =3  «  De'  beni  immobili,  ivi  si  legge,  che  possiede 
r  assistenza  pubblica  di  Parigi,  alcuni  sono  suscelttibili  di  mi- 
glioramenti, altri  sono  per  necessità  improduttivi.  Molti  dei 
primi ,  di  diflScile   amministrazione,  di  scarsissima  rendila , 

(1)  Il  totale  degli  introiti  ordintrj.  straordinarj  e  sopplementarj 
dà  pel  4857  una  cifra  dì  41,860,092  fr.  Le  spese  giunsero  a 
57,793,725  fr.  Con  U  che  si  ba  una  eccedenza  di  quelle  sa  que- 
ste di  4,066,369  fr. 


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324 

pos3pno  eoo  vantaggio  esser  venduti.  Pure  sonvepe  di  quelli 
posti  8U  eerti  punti  della  città,  il  cui  valore  deve  salire 
ass^i  di  qui  9  qualche  t^mpo,  onde  un  giudizioso  ritardo 
potrà  compensare  all'epoca  della  vendita  che  venissse  diffe- 
rita. In  venti  anni  i'  amministrazione  pia  di  Parigi  colle  ven- 
dite fatte  di  fondi  realizzò  14  milioni  e  9^,844  franchi.  Tali 
immobili  venduti  non  davano  annualmente  che  287,507  fr. 
Dei  quattordici  milioni  e  venlidue  mila  ed  ottocento  quat- 
tordici franchi»  7  milioni  ed  87,769  fr.  furono  impiegali 
nella  compera  di  802,226  fr.  di  rendita:  li  6  milioni  935,045 
fr.  di  avanzo  furono  adoperati  a  far  fronte  ai  bisogni  di- 
versi di  servizio ,  specialmente  all'  ingrandimento  e  ripara- 
zione delle  fabbriche.  Ad  onta  di  ciò,  invece  di  perdere 
in  rendita,  con  tale  operazione  si  ebbe  un  utile.  Da  una 
ricerca  che  ultimamente  fu  eseguita  risulta  che  del  pari  eoa 
vantaggio  si  potrebbero  altresì  alienare 
Dei  foodi  nella  città  pel  valore  di  .  ,  ,  Fr,  3,322^000 
Dei  (ondi  in  campagna  f    ,    ,    •    •    .    .       »  3,419,000 


Ossia  in  complesso  pel  totale  di  •  ,  ,  ,  Fr,  6,441,000 
Patte  queste  vendite  alle  cause  pie  di  Parigi  rimarranno  ao^ 
Cora  più  di  22  milioni  di  possessi  in^mobili  frutpferi.  >  == 

Non  bisogna  poscia  dim^enticare  che,  astrazione  fatta  de- 
gli immobili  produttivi ,  la  beneficenza  dqlla.  metropoli  fran- 
cese possiede  anche  degli  altri  imtpobili  considerevolissimi 
che  non  sono  atti  a  dare  alcuna  rendita  ;  accennar  vogliamo 
le  fabbriche  e  loro  vaste  dipenden;ce  che  sono  occtipaie  dai 
varj  stabilimenti  ospitalieri. 

Per  quanto  concerne  Tanno  1957  la  pubblica  assistenza 
introitò  la  sonima  di  1,049,612  fr.  per  la  vendita  di  diverse 
porzioni  di  terreno  sul  tj^uai  d'Austerlitz,  nella  rue  Dilimbre, 
dietro  Vf/ópital  Saini-Louis  a  Montrouge^  a  Champrosay^  ecc, 
Ed  è  pur  intenzionata  di  presto  alienare  i  terrei)!  occupati 
p  Chaillot  da  Sainte-Périnej  e  nella  rue  de  la  Ckaise  da|- 
)*  pspizip  disila  Ménaqes^  Questi  du^  stabiiipienti,  li  cui  edi- 


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S95 

fizj  6  giardini  sodo  valutati  qtlasi  9  miliooi ,  devofio  esser 
traslticati ,  il  primo  a  Auteuil  in  una  proprietà  acquistata 
espressamente  dall'  amministrazione,  ed  il  secondo  a  Issy  in 
una  possesione  che  gli  ospizj  hanno  già  da  mollo  lempof 
sul  territorio  di  questo  comune. 

Fra  gli  idtfdili  che  abbiamo  qui  sopra  esposti  li  doni  ed 
i  legati  figurano  per  la  somma  di  173,382  fr.  in  capitali^ 
e  per  6^80  fr.  in  rendita^  La  pi6  importante  di  queste  do-> 
nazioni  è  una  rendita  di  5000  fr.  fatta  da  M.  Halphen  agli 
ospizj  di  Parigi;  segue  una  rendita  di  1500  fr.  istituiti  da 
M.  Citiate  per  Un  postò  di  chirurgo;  in  fine,  tra  capitali 
molli  se  ne  annoverano  cliq  sono  altrettanti  legati  da  àO 
mila  franchi  lasciati  dal  sig.  Boulard  de  Feur,  da  madami- 
gella David  e  dal  sig.  Huchon.  Si  aggiungano  18  mila  fr. 
donati  dal  sig.  Rothild  e  16  mila  dal  fouditore  Gro^atier. 

Se  questa  specie  di  risorsa  fu  minore  nel  1857  che 
nel  4856)  nel  quale  ultimo  anno  era  andata  al  di  là  dei 
600  mild  fi*,  in  capitale  (4),  il  diritto  sugli  spettacoli  in- 
vece raggiunse  nel  1857  una  cifra  non  mai  avuta  per  T  ad- 
dietro (2)}  tal  prodotto  oltrepassò  1,382,240  fr.^  mentre 
che  nel  4856  non  era  stato  che  di  4,334^140  fr. 

Ora  non  soggiungeremo  che  qualche  parola  intorno  alla 
sovvenzione  municipale  fatta  dalla  città  agli  ospizj  per  ri- 
Uiediare  al  deficit  che  ogni  anno  pesa  sul  loro  budget  (3)^ 


(1)  ti  sig.  Pescatore  aveva  lasciato  400,000  fr.  ai  poveri:  dal 
sig.  Debetber  si  ebbe  il  legato  di  204,000  e  466,666,  dalla  vedova 
signora  Rivière. 

(2)  Eccettuald  però  raono  delta  esposizione  onitersale. 

(5)  Non  bisogna  confondere  la  sovvenziofie  data  dalla  città  agli 
ospizj  con  le  anlicipazioni  cbe  essai  fa  ógni  anno  al  dipartimento' 
della  Senna  per  compensare  le  spese  avute  per  i  pazzi  e  per  gli 
esposti.  Un  tal  debito  cbe  alla  6ne  del  4856  gf ungeva  a  7,074,305 
fr.  verrà. estinto  alla  fine  del  4859  con  il  presUto  di  60  miliimi 
tbe  il  dipartimeoio  ba  contratto  in  virtù  della  legge  17  lagli<» 
4856. 


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SÌ6 

La  sovvenzione  pagata  nel  4867  giunse  a  7  milioni  e  207,187 
franchi,  ai  spera  però  che  questa  diminuirà  per  l'avvenire, 
giacché  l'amministrazione  della  pubblica  assistenza  saprà 
procurarsi  un  aumento  di  risorse  per  diminuire  i  propij 
deficit. 

La  cifra  delle  spese  ordinarie  pagate  nel  4867  si  innalzò 
a  46  milioni  e  482,444  fr.  nei  quali  gli  osptzj  figurano  per  5 
milioni  e  43,886  fr.,  gli  spedali  per  6  milioni  e  862,467  fr., 
gli  esposti  per  2  milioni  846,680,  finalmente  i  soccorsi  a 
domicilio  per  2  milioni  848,467* 

In  questa  categoria  di  spese  si  hanno  curiosi  ed  impor- 
tanti dati  statistici* 

Prima  di  tutto  vediamo  che  24,444  ammalati  furono  cu- 
rati durante  il  4857  nei  diversi  spedali  di  Parigi,  mentre- 
che  49,464  di  altra  specie  di  bisognosi  vennero  ricoverati 
negli  ospizj  e  case  di  ritiro.  Gli  ammalati  non  sono  tutti  di 
Parigi,  e  perciò  l'amministrazione  mentre  accoglie  qualun- 
que infelice  che  cerca  un  asilo,  tien  nota  del  luogo  di  sua 
nascita;  e  questa  pratica  (a  si  che,  a  riguardo  dei  pazzi  e 
degli  esposti,  essa  può  dimandare  rimborso  per  gli  estranei 
dai  comuni  ove  essi  hanno  il  loro  domicilio* 

Su  li  94,444  individui  ricevuti  negli  spedali  di  Parigi 
nell'anno  4867,  la  capitale  non  conta  che  68,080  parigini. 
E  in  questa  cifra  il  42.®  circondario  che  comprende  i  quar- 
tieri di  Mouffetard  e  della  Montagne  Sainte-Genevihe  ^  fi- 
gura per  42,493  individui.  Dopo  di  questo  viene  VS.^  cir- 
condario per  8446;  finalmente  il  meno  caricato  dei  dodici 
circondar]  è  il  4.®  che  non  forni  che  2466  malati  ;  devesi 
però  osservare  che  quest'ultimo  è  il  meno  popolato  di  Pa- 
rigi da  che  i  lavori  dei  mercati,  e  della  via  di  Tivoli  e  del 
Louvre 'fecero  scomparire  la  maggior  parte  delle  vie  com- 
prese nel  suo  circolo. 

L'esterno  immediato  della  città  diede  un  contingente  di 
4MS7  individui:  Belleville  (2707),  La  Ghapelle  (4967), 
La  Villette  (4886),  le  Baignolles  (4826),  sono  i  comuni 


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327 
che  somminislraDO  la  cifra  la  più  considerabile.  Invece  le 
piccole  comuni  di  Fresnes,  dell' Hay  e  di  Chevilly  non  vi- 
dero entrare  uno  dei  suoi  abilanli  n^li  spedali  di  Parigi  in 
quell'anno.  Finalmente  altri  dipartimenti  figurano  per  4032 
persone;;  quelli  più  vicini  alla  capitale^  com'è  naturale,  dan« 
no  il  numero  maggiore  di  malatL  Cosi,  il  dipartimento  di 
Seine-el-Oise  ne  forni  817 ,  .quello  di  Seine-«t*Maine  133, 
iodi  l'altro  dell'Oise  69,  ecc.  Finalmente  ventiquattro  fore- 
stieri vengono  a  compire  il  totale  che  abbiamo  dato,  cioè 
8  inglesi,  6  belgi,  3  svizzeri,  S  italiani  ed  un  africano. 

In  appendice  ai  suddetti  ammalati  che  sono  curati  gra- 
tuitamente negli  spedali,  devono  esser  registrate  le  persone 
che  suppliscono  alla  propria  spesa  e  che  vengono  tenute  in 
stanze  separate.  Per  questo  oggetto  si  ha  una  rendita  assai 
importante;  468,078  fr.  furono  cosi  incassati  nel  4858,  e  nel 
budget  pel  4859  è  periata  la  cifra  a  649,000  fr.  a  motivo 
di  450  letti  nuovi  che  si  stabiliranno  nella  casa  di  salute 
del  sobborgo  Saint-Denis.  Questi  450  letti  rappresenteranno 
54,750  giornate  le  quali  in  ragione  di  3  fr.  e  50  cent, 
(in  via  media)  per  ciascuna  giornata,  daranno  un  introito 
di  493,458  fr.  Lo  stesso  dicasi  per  i  paganti  negli  ospizj , 
i  quali  nel  4857  hanno  procurato  alla  pia  amministrazione 
448,371  fr. 

Passando  a  considerare  i  ricoverati  secondo  la  profes- 
sione 81  trovano  gli  operai  di  fabbriche  ed  i  giornalieri  in 
maggior  numero  tra  gli  uomini,  mentre  le  domestiche  e  le 
cucitrici  prevalgono  tra  le  donne. 

Dopo  questa  categoria  di  ammalati  che  la  città  fa  cura- 
re negli  spedali,  un'altra  ve  ne  ha  cui  pietosamente  prov- 
vede. Dir  vogliamo  di  quelli  che  si  trovano  nelle  loro  case 
e  ricevono  soccorsi.  Le  classi  operaje  sentono  sempre  più 
il  vantaggio  del  nuovo  servizio  medico  cosi  applicalo,  di 
una  beneficenza,  cioè,  che  mentre  loro  offre  tutti  i  sus- 
sidj  di  uno  spedale,  loro  lascia  anche  le  premure  e  le  con- 
solazioni della  famiglia.  Una  somma  di  9,895,788  fr.  fu  di- 


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.128 

ym  nel  4857  su  33^304  focolari  avenii  una  popolazione  in- 
digente di  80,467  individui. 

Un  tale  riparto  si  fa  nei  dodici  circondarii  della  capriale 
aeeondo  il  numero  degli  infelici:  il  43.^  ebbe  405,509  fr., 
e  1*8.^  354,650  per  una  popolazione  di  oltre  47,338  pove- 
ri nel  primo,  e  di  46,623  nel  secondo. 

Vengono  poi  coloro  che  si  ricovrano  negli  ospizj  de.i 
pazzi  e  nelle  case  di  ricovero;  in  questi  essi  fanno  un  più 
lungo  soggiorno,  anzi  un  gran  numero  di  loro  non  ne  sorte 
più:  49,454  individui  furono  mantenuti  in  questi  ospizi!  nel- 
Tanno  4857,  e  993S  sortirono  o  per  guarigione  o  per  morte 
e  la  popolazione  di  tali  stabilimenti  rimaneva  di  9223  di  paz- 
zi nel  34  dicembre  4857. 

Resta  finalmente  a  dirsi  sulla  divisione  della  spesa  tra 
i  diversi  stabilimenti  ed  anche  sul  valore  delle  derrate  con- 
sumate dalla  popalazione  miserabile  che  li  hanno  abitati.  Ve- 
diamo adunque  che  per  Bicétre  abbisognò  1,640,234  fr.,  per 
la  Salpétrière  2,270,523  fr.,  per  THótel-Dieu  659,525  fr.,  ecc., 
e  che  il  costo  della  giornata  di  un  ammalato  in  uno  spe- 
dale è  di  2  fr.  27  cent.,  e  di  4  fr.  47  cenL  in  un  ospizio, 
ciò  che  di  una  media  di  60  fr.  62  cent,  per  importo  di 
cura  d'ogni  ammalato  negli  spedali,  e  porta  a  830  fr.  64 
cent,  la  spesa  di  ogni  letto  negli  spedali ,  ed  a  539  fr. 
77  cenu  quella  di  ogni  ricoverato  negli  ospizj.  La  diversiià 
del  trattamento  nelle  due  specie  di  stabilimenti  spiega  la 
diversità  di  quelle  cifre. 

Nel  4856  i  medesimi  prezzi  della  giornata  erano  saliti 
a  2  fr.  35  cenL  ed  a  4  fr.  53  cent.;  la  diminuzione  che 
si  nota  nelle  cifre  col  4857  è  giustificata  dall'abbaiamento 
nel  valore  delle  derrate  in  quest'ultimo  anno.  Per  dare  una 
idea  della  carezza  sempre  crescente  nelle  cose  necessarie  al 
vivere  in  Parigi  faremo  notare  che  nel  4852  la  giornata 
negli  spedali  non  giungeva  che  ad  4  fr.  79  cent.,  il  che 
dà  una  differenza  in  più  pel  4857  di  48  cent.  E  cosi  pure 
dicasi  per  la  giornata  negli  ospizj,  essa  ^ra  cinque  anni  or 
sono  di  4  fr.  44  cent.,  e  al  presente  importa  36  cent,  di 
più.  Questi  non  sono^  è  vero,  che  centesimi,  ma  è  vero 
pur  anco  che  rappresentano  molte  migliaja  di  franchi  in 
quanto   che  nel  4857  si  ebbero  negli  spedali  2  milioni  e 


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829 

355^61  giornate  per  gli  ammalati  (4)  e  3  milioni  529,496 
negli  ospizj. 

I  diversi  generi  di  consumo  eostarono:  2,462,(83  fr.  per 
il  pane,  4,348,368  fr.  per  il  vino,  1,657,347  fr.  per  la  carne, 
677,457  fr.  per  li  medicamenti,  ecc.  D.  u.  Capsoni. 


Mtattotlaa  étMt^  Isole  Jonle  neiraniio  t8M. 

Dair  ultimo  censimento  fatto  nell'anno  scorso  alle  ìsole 
Jonie  si  ebbero  le  seguenti  risultanze  statistiche. 

L'isola  di  Corfù  conta  37,296  abitanti  indigeni  e  9700 
stranieri ,  la  maggior  parte  inglesi.  La  superficie  deir  isola 
è  di  227  miglia  quadrate  inglesi. 

Cefalonia  ha  l'estensione  di  544  miglia  quadrate  di  ter- 
ritorio,* con  38,524  uomini  e  34,957  donne,  oltre  i  4993 
stranieri. 

Zante  ha  la  superficie  di  464  miglia  quadrate  con  20,757 
uomini  e  47,870  donne,  oltre  436  stranieri. 

Santa  Maura  ha  l'estensione  di  456  miglia  quadrale,  con 
una  popolazione  di  5936  uomini  e  5442  donne,  oltre  i  404 
forastieri. 

Cerigo  ha  la  superficie  di  486  miglia  quadrate,  con  una 
popolazione  di  7046  nomini  e  5994  donne  e  52  soli  stranieri. 

Paio  ha  26  miglia  quadrate  di  superficie,  con  2729  uo- 
mini e  2296  donne,  oltre  45  alranieri. 

Nel  loro  complesso  le  isole  Jonie  hanno  una  superficie 
di  4044  miglia  Quadrate,  con  244,593  abitanti,  dei  quali 
49,563  sono  applicati  all'agricoltura,  7989  sono  dediti  al- 
l'industria e  6323  attendono  al  commercio. 

11  numero  delle  nascite  è  di  5843  in  circa  e  quello  delle 
morti  è  di  5363;  e  quello  dei  matrimonj  è  di  4304. 

Il  suolo  è  ripartito  in  tal  modo  che  da  49,906  acri  di 
terreno  si  coltiva  frumento;  da  52,275  acri  si  cava  orzo; 
da  4815  acri  si  coltiva  avena;  8034  acri  sono  coltivati  a 
^iti;  623  acri  sono  coltivati  a  cotone;  4849  acri  danno  li- 
no; e  da  802  acri  si  traggono  legumi.  Vi  hanno  97,536 
^i  tenuti  a  pascolo  e  279,737  acri  sono  per  lo  più  roccia 
inette  ad  ogni  coltura. 

(4)  Il  nomerò  dei  letti  occupati  giunse  a  46,423 ,  cioè  6453 
per  gli  spedali  e  9670  per  gli  osplzJ. 


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330 


INVENZIONI   E   SCOPERTE 


Il  Wmmm^mutoip^mto  ^  iì«ot«  ••a^e^iio  per  la  fls- 
MMrfoae  ffraflca  del  ««onl  e  ddte  parate  In- 
ventato da  jyifaai*ifa  ^eaMe  Se^ii» 


R 


OD  dobbiamo  meravigliarci  se  vi  ha  chi  pensi  a  rinve- 
nire un  mezzQ  meccanico  che  sia  alto  a  ricevere  e  conser- 
vare le  impressioni  delle  diverse  onde  sonore  in  ragione 
della  loro  forza  e  durala,  quantunque  nell'  attuale  stato  delle 
nostre  cognizioni  vi  abbiano  molti  che  credono  che*  lo  scio- 
glimento di  questo  problema  possa  essere  un  atto  di  vera 
lemerilà. 

Certamente  è  da  desiderarsi  che  T  uomo  possa  giungere 
a  questo  ritrovato,  che  sembra  ancor  essere  un  sogno^  per- 
chè non  possiamo  intravedere  quale  nuova  scoperta  possa 
essere  serbata  ai  nostri  figli  e  forse  inaspettatamente  essa 
verità,  nell'istesso  modo  che  i  nostri  padri  desideravano 
ardentemente  di  ottenere  la  permanenza  delle  imagini  fug- 
gitive della  camera  ottica,  e  questa  si  ottenne  soltanto  ire 
secoli  dopo.  Quest'ultima  considerazione  ci  induce  a  non 
essere  troppo  facili  a  condannare  siccome  utopia  un  pensiero 
nuovo  pel  solo  fatto  che  ora  noi  Io  crediamo  impossibile. 

Il  signor  Edoardo  Leone  Scott  pubblicava  nel  giornale 
il  Cosmos  una  Memoria  allo  scopo  di  rendere  ragione  di 
alouui  suoi  tentativi  fatti  all'intento  di  ricevere  e  conser- 
vare graficamente  il  suono  della  parola  da  sé  stessa  prodoitta. 
Egli  premette  innanzi  lutto  che  come  la  luce  cosi  anche  il 
suono  è  atto  a  portare  ad  una  determinata  distanza  le  im- 
pressioni delle  proprie  vibrazioni.  Dopo  lunghi  studj  egli 
sarebbe  arrivato  a  raccogliere  e  conservare  le  traccie  di 
quasi  tutti  i  moventi  dell'aria  e  prodoui  tanto  dal  suolo 


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88t 
come  da  ahre  specie  di  ramore,  e  eoi  medesimi  mezzi  e 
sotto  certe  speciali  coDdizioni  pelò  anche  ottenere  la  rap- 
presentazione fedele  tanto  dei  rapidi  motimenti  come  dei 
più  leggieri ,  e  quasi  impercettibili  ai  nostri  sensi. 

Pensò  quindi  al  modo  di  costruire  un  apparecchio  che 
fosse  atto  a  seguire  la  diversa  rapiditk,  successione  e  durate 
dei  suoni  lasciando  questi  le  loro  particolari  impronte,  e 
la  soluzione  egli  la  cercò  nella  conformazione  dell' orecchio 
ornano,  giusta  il  principio  scientifico  dell'ondulazione,  pro- 
pagazione e  dispersione  del  suono  e  nella  proprietà  dei  tu- 
bi che  in  ragione  della  massa  d'aria  contenuta,  sono  atti 
a  ricevere  e  trasmettere  solo  quelle  determinate  intonazioni. 

Ad  ima  delle  estremità  di  questi  tubi  egli  ha  applicata 
ooa  sostanza  infinitamente  elastica  da  surrogare  la  mem- 
brana acustica  dell'  orecchio ,  e  dotata  di  tale  mobilità  da 
ricevere  il  più  piccolo  movimento  all'aria  comunicato  per 
trasmetterlo  ad  un'  altra  sostanza  tanto  tenue  da  non  offrire 
resistenza,  e  che  perdo  esso  chiamò  semifluida  j  ma  tale 
però  da  conservare  ogni  impronta  ricevuta.  Questa  sostanza 
sarebbe  uno  strato  tenuissimo  e  impalpabile  di  nero  fumo 
ottenuto  per  volatilizzazione,  e  disposto  su  di  un  corpo  qua- 
lunque animato  da  un  movimento  regolare  e  progressivo. 

Questo  sarebbe  il  principio  sul  quale  riposa  il  suddetto 
^^gegno. 

L' autore  fa  sapere  che  il  suo  Fono-autografo  (  o  tras- 
mettitore del  suono)  non  riproduce  soltanto  la  tonalità  del 
suono,  ma  anche  con  un  particolare  processo  anche  ciascun 
timbro.  Seppe  altresì  riunire  in  diverse  esperienze  il  para- 
gone  del  suono  della  voce  con  quello  della  eometta,  del- 
l' oboe,  e  di  altri  istrumenti,  ed  a  mezzo  di  una  membrana 
di  caoutcbouc  avrebbe  ottenuto  i  toni  gravi  e  profondi.  I 
suoni  degli  istrumenti  presentano  caratteri  speciali  e  affatto 
diversi  da  quello  del  canto,  siccome  questi  alla  loro  volta 
diversificano  da  quelli  delle  grida  e  degli  urli.  Cosi  piure 
mentre  si  riscontrano  le  traccio  regolari  prodotte  dal  canto 


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332 

dolce,  ftUfetiantosono  irregoltri  quelli  dei  canio  disguscoio 
e  stonato.  L'autore  chiude  la  sua  Memoria  coi  ctiiedere 
ojuio.e  consiglio  dagli  uomini  di  scienta  e  dai  pratici  onde 
giungere  al  maggiore  perfezionamento  di  cui  sembra  sia 
suscettibile  il  suo  congegno. 

L'abate  Moigno  avverte  ohe  ora  il  signor  Leone  Scott 
fljutato  dalle  cognizioni  teoriche  pratiche  del  signor  Rodolfo 
Koenig  costrusse  un  mioya  apparecchio  che  segna  colla  più 
grande  precisione  e  nettezza  le  vibrazioni  di  un  diapason 
(  comunemente  corrista  )  fossero  queste  nel  numero  di  mille 
per  minuto  secondo.  La  demarcazione  con  linee  abbastanza 
distanti  può  continuarsi  per  lo  spazio  di  ventiquatro  secoo" 
di  divisi  in  quattro  intervalli  di  sei  secondi  ciascuno.  Si 
può  quindi  con  una  sola  esperienza  coniare  il  numero  delle 
vibrazioni  di  un  determinato  diapa$on  ed  avere  colla  mas- 
sima facilità  lo  stretto  rapporto  con  un  numero  determioa* 
lo,  come,  per  esempio,  di  480.  Il  problema  Vici  diapason  e 
degli  istrumenti  regolatori,  stabilito  nei  decreto  minestrale 
francese  del  i  febbraio  corrente  anno,  troverebbe  con  que- 
sto  apparecchio  una  soluzione  facile  ed  esatta,  da  sembrare 
impossibile  come  non  abbia  ad  essere  immediatamente  adoC' 
tato.  , 

Lo  stesso  redattore  soggiunse  altresì  di  ayere  vedute  le 
tavole  citate  nella  Memoria  del  stignor  Leone  Scott;  le  trac* 
eie  de'  suoni  sempl.ei,  de'  suoni  compost),  degli  accordi,  di 
ana  preghiera  recitala,  di  una  frase  declamata,  dei  movi* 
menti  di  vibrazione  dei  corpi  animati,  e  dì  rotazione,  ecc$ 
furono  trovati  veramente  sorprendenti.  Volle  che  questi  fos- 
sero veduti  anche  dal  celebre  Wheatstone  che  fece  impor» 
tanti  esperienze  nell'  acustica,  e  io  stesso  avrebbe  presagito 
da  questi  saggi  un  beli'  avvenire  ed  anzi  ne  prese  nota  per 
«omunicarli  alla  Società  reale  delle  scienze  di  Londra. 

Noi  siamo  lieti  di  poter  essere  i  primi  a  porgere  que- 
sta notizia  agli  scienziati  italiani,  nella  speranza  che  abbiano 
a  studiare  anch'essi  un  si  importante  argomento. 


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SS3 


VARIETÀ 


Iie  MlaBcle  presso  gU  antleU  popoli. 


D. 


Fue  anni  or  sono  si  propose  di  sostituire  anche  in  Lom- 
bardia l'uso  delle  bilancie  a  quello  delle  stadere,  credendo 
ebe  quest'ultime  riuscissero  un  mezzo  di  misura  a  peso  al- 
quanto imperfetto.  Le  nuove  investigazioni  intraprese  dagli 
archeologi  hanno  invece  provalo  che  il  congegno  della 
bilancia  è  un  congegno  primitivo  e  quello  invece  della 
stadera  è  un  vero  ritrovato  scientifico  dovuto  al  popolo 
più  commerciante  dell*  antichità ,  che  fu  il  popolo  fenicio. 

Nella  scoperta  di  strumenti  e  di  utensili  domestici  re- 
centemente fatta  a  Pompei  non  solo  si  trovò  la  stadera , 
come  tuttora  si  usa  in  Lombardia ,  ma  ben  anco  la  bilan- 
cia coi  perfezionamenti  propri!  della  stadera. 

Noi  crediamo  di  giovarsi  dei  disegni  favoritici  dal  com- 
pilatore del  giornale  VAriiiia^  per  dare  ai  nostri  lettori 
uo'  idea  esatta  delle  antiche  stadere ,  come  si  usavano  da- 
gli antichi. 

V  incisione  che  qui  produciamo  rappresenta  una  fra  le 
moltissime  stadere  rinvenute  a  Pompei  che  i  Greci  chia- 
mavano hemizrgia  od  anche  stateroBj  ed  i  latini  trutinm 
campanw.  Esse  sono  elegantissime  di  forma  come  è  pure 
elegante  il  loro  contrappeso  da  noi  detto  bilancino  o  piom- 
bino, dai  Greci  sphcBroma  e  dai  latini  aquipondium  che  è 
sempre  raffigurato  artisticamente  o  sotto  sembianze  di  una 
testa  di  guerriero,  o  di  una  figura  fenaminìle,  o  di  uà 
felino,  od  altro  simile,  ed  anche  con  forme  dì  frutti  d'ogni 
sorta ,  indicando  cosi  che  l' elemento  artistico  era  sempre 


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884 

dominante  ìd  ogM  oggecio,  fosse  anche  TuiensUe  domeslico 

più  comune. 


L'invenzione  della  stadera  rimonta  ad  epoche  a  noi  lon- 
tanissime, ma  meno  lontane  d'assai  della  bilancia,  giacché 
quest'ultima  porta  il  carattere  delle  età  primitive,  mentre 
tuu'all'opposto  è  della  stadera,  la  quale  sembra  il  prodotto 
di  una  conseguita  e  già  matura  civiltà,  e  questa  sola  con- 
siderasione  basterebbe  a  far  eliminare  qualunque  pensiero 
della  sua  proscrisione.  Anzi  in  quei  paesi  ove  più  antica- 
mente si  raggiunse  l'apice  della  civiltà  ivi  il  suo  uso  è  più 
radicato,  e  massime  presso  i  popoli  derivati  da  colonie  fe- 
nicie, oppure  presso  quelli  ove  i  Fenicii   ebbero  maggior 


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885 

ooDtatto  di  commercio.  Infatti  mentre  nel  territorio  fran- 
cese non  trovasi  adottata  la  stadera,  la  si  trova  all'incontro 
per  eccezioDe  nella  città  di  Marsiglia  e  nel  littorale  adia- 
cente che  fu  un  tempo  abitato  da  una  colonm  fenicia. 

La  stadera  di  cui  noi  offrimmo  il  disino  raggiunge 
un'  importanza  maggiore  oltre  a  quella  delFartei  e  ciò  per 
un'  iscrizione  che  trovasi  impressa  a  caratteri  romani  sotto 
il  piattello ,  e  la  cui  traduzione  dice  —  e  Nel  consolato 
Vili  di  Vespa3Ìano  Imperatore  Augusto ,  e  nel  VI  di  Tito 
Imperatore  figlio  di  Augusto,  saggiata  nel  Campidoglio  »  — 
cioè  che  nell'anno  77  dell'era  volgare ,  e  per  conseguenza 
doe  anni  prima  della  tremenda  eruzione  vesuviana  che  su- 
bissò Pompei,  questa  stadera  venne  contrassegnata  dalla  pub- 
blica autorità, 

È  noto  che  il  carico  di  sorvegliare  i  venditori  e  di  esa- 
minare i  pesi  e  le  misure  era  dato  agli  Edili;  che  poi  la 
loro  residenza  fosse  nel  Campidoglio,  viene  attestato  da  vari 
amori  e  specialmente  da  Tito  Livio. 

L'asta  era  detta  dai  Latini  Scapus  o  Ubrile^  o  iugum, 
ed  era  divisa  da  un  lato  in  più  parti  segnate  con  una  li- 
nea, e  coi  nùmeri  dall'I  sino  al  X,  ed  alla  metà  di  cia- 
scuna divisione  vedesi  un  puntino.  L'altro  lato  invece  tro- 
vasi diviso  con  altre  linee  dai  numeri  X  sino  al  XXXX  e 
la  metà  è  contraddistinta  con  un  V.  Tutte  queste  divisioni 
dell'asta  vengono  dette  da  Aristotele  Sparita.  Questo  se- 
condo scompartimento  segnato  dall'altro  lato  dell'asta  ci 
mostra  come  fosse  destinato  a  prolungare  più  avanti  il  peso 
in  modo  da  misurare  incominciando  col  X  precisamente 
ove  con  questo  numero  si  completava  la  prima  divisione , 
per  arrivare  poscia  sino  al  XXXX,  ed  a  quest'effetto  era 
destinato  T  uncino  che  si  vede  più  vicino  al  centro  della 
bilancia  per  ricevere'  l' anello  colle  quattro  catenelle  por- 
tante Q  piattello,  e  cosi  accorciare  da  questo  lato  il  brac- 
cio di  leva. 

Si  rinvennero  altresì  molte  stadere  senza  il  piattello,  le 


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386 

quali  avevavano  invece  gli  uncini  collocali  ali'  estremili  'di 

ciascuna  catenella 

Oltre  alle  stadere  ai  trovarono  altresì  molte  bilancie  a 
due  coppe  o  piattelli,  da*  Greci. chiamate  zygi^  o  gic^hi  per 
trovarsi  aggiogate  le  due  coppe,  e  dai  Latini  chiamate  librcB 
0  bilances.  Quelle  di  Pompei  sono  interessantissime  perchè 
f^imostrano  a  quale  eccellenza  di  eognitioni  tecniche  fos- 
sero que' popoli  salili. 


La  bilancia  di  cui  qui  offriamo  il  disegno  ha  questo  di 
parlicolare  che  presso  al  bilico  ha  aggiunto  il  contrappeso 
per  associarvi  anche  V  utile  delle  stadere.  Infatti  una  metà 
dell'asta  è  suddivisa  con  tanti  segni  indicanti  i  gradi  o  spa- 
zìi  sui  quali  vi  può  scorrere  a  volontà  il  contrappeso  o 
piombino,  detto  anche  romano  in  altre  provinole  italiane, 
e  perciò  con  tale  perfezionamento  si  evitava  dai  venditori 
la  necessità  di  portar  seco  una  grande  quantità  di  pesi , 
siccome  noi  siamo  tuttora  obbligati.  Ad  essi  quindi  bastava 
avere,  od  il  solo  peso  dell*  unità ^  o  quello  delle  frazioni, 
ed  oltre  alla  leggierezza  riunivano  una  maggiore  speditez- 
za e  precisione  potendo. cosi  suddividere  anco  le  frazioni. 

Sarebbe  a  desiderarsi  pertanto  che  tale  perfezionamento 
venisse  introdotto  anche  ai  nostri  tempi ,  massime  in  quei 
paesi  ove  i  venditori  di  commestibili  che  percorrono  le  vìe 
sono  obbligati,  oltre  al  peso  degli  oggetti  che  vogliono 
vendere,  a  portar  seco  le  bilancie  con  tutti  i  pesi. 


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337 


INDICE 
DELLE  MATERflS  CONTENUTE  NBL  PRESENTE  VOLUME. 

Rassegna  di  Opbeb  Italuhs. 

L  I/elle  btitasioni  di  beneficiensa  deUa  città  e  provìocia  di 
Veneiia;  studj  storici»  ecooomici  t  statistici  del  conte 
Pier  Luigi  Bembo.    •    .   \    •    .    (G.  Sacchi)    pag.     3 

Il  AluNKiaco  VaJtellinese  pubblicato  per  cara  della  Società 
Agraria  della  Valtellioa  .    •    •    •    .     .    •     {G.  S.)  »      4 

III.  Della  pedagogica  ;  libri  cinque  del  sacerdote  G.  A.  Hay- 
neri^  professore  nella  R.  UoiTersitk  di  Torino.  {G.  S.)  »»      5 

IV.  La  moneta»  il  credito  e  le  banche  ;  Memoria  del  dottor 
Maseimiliano  MarUnelU ».    »      6 

V.  Grande  mustrasione  del  Lombardo-Veneto.  Brescia  e  sna 
proTlncia.  •^  Cremona  e  soa  provincia.  —  Bellono  e  soa 
provincia    •    •    • (  (7.  5.  )    »  Ii3 

VL  Rapporto  statistico  delta  Camera  di  Commercio  e  d' indn^ 
stria  di  Lodi,  per  Tanno  ISBT,  redatto  da  Gaetano  ri- 
rotano       •    »  114 

VII.  La  Banca  delle  quattro  Legaiioni  ed  II  cambio  de'  suoi 
lAgtteitI;  parere  di   Gerolamo  Boccardo    .    .    .    .    »,ii5 

VIIL  Diiionario  manuale  di  geografia  antica,  e  cenni  preli- 
minari ad  inteilfgenza  della  storia  ;  compiMsione  di  ET' 
cole   CorH     .    .    .    r »  «6 

n*  Storia  degli  scandagli  marittimi ,  seguita  dalla  descrizio- 
ne di  una  reta  palombara  ;  del  dottore  Savino  Savini    »   ivi 

X.  La  Miensa  medica  della  povertà  ,  os^ia  la  beneficeau 

illnminata;  pensieri  del  eoste  G.  Maee^ ''225 

22 


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XI,  L  raiiHi  j  Mggio  tfescTnttw  per  - 
euco  PaeheeOf  delle  regie  Accademie  spagnuole*    •    pag.  S37 

XII.  Peosieri  soli'  istniiioAe  e  aoH*  edocaiione  ;  di  Giuseppe 
Lattaro.    *    .    •    4    é    •    4    ^    »    «    »    •    •    •    .    «    >n 

xni.  Il  primo  iostitotore  dei  sordo -moti;  discorso  del  ca?. 
abate  G.  B.  Costardi ,  Direttore  dell'  Istituto  lombardo - 
Tenete  dei  sordo -moti .    •    «    • »    in 

XIV.  Al  prof.  Gandolfi;  alcune  parole  del  sacerdote  Luigi 
n$bhf  Ibtomo  ài  «o^^mil»     •    •    .    .    .    •    a    é  »  iH 

XV.  Sòmifia^Iò  di  stòHÉ  diélU  còlttira  ilallani  nei  Hip|ioni  a 
quélfs  àéltc  altre  baffoni  europee  ;  di  Otueèppe  JlMa«    »  3S8 

XVI.  bibliòtefca  deir  éeonottiisti  diretta  da  Pfaneeeeo  nr^ 
rara.    .    ^    ..........    é    .    é    ^    .^  M 

Mteofc»  Oftiaffi<iu^  EafBàTfi  e»  AMéusi  di  Opub* 

Nootì  stndj  di  fFolowski  sull'economia  politica  in  Italia,    m  7»  117 
Intorno  alla  fondaaiofie  di  nuove  abitaiiooi  per  la  classe  ope- 
rila in  Milaot;  Memoria  di  Giuseppe  Sacchi   .    •    •    »    30 
Elementi  di  Statistica  ;  di  (^oetono  Fannesehi  .    «    .    •    »    45 
1  passaggi  dalle  alpiiO  la  ferrovia  ^el  Vr^nnerf;  dell' ioge- 

gtere  Luigi   TaUi     .,•...•..*..»  136 
lluevl  studj  sulla  condizione   dei   paui  io   Francia    ..  »    »  itS 
StudJ  statistici  sulla  prodpaone  «  sol  commercio  dei  cereali 
in  Russia  e  suir  avvenire  del  commercio,  libero  del  grani 

in  Knropa      «•»..••#* »339 

Annuario  9tatiatic»  Italiapo*  Anno  ifi.  18S7-S8«  {G.  Sacchi)  »  S61 
Ni^vi  documenti  statistici  intorno  ai  paesi  deiroro  (ArL  I.)   «  883 

Geografia  e  Viaggi. 

Stud)  deHe  SoifietI  geografiche  di  l^afigi,  di  tofiòrs.  Sì  Me^ 
libo  e  di  Vienna  itelPanifò  1698     .     ....     .     »    62 


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Noori  stadj  pw  deUrniiiiro  U  eoififatatloiit  utMà  MUl 
lem.     •    •    •    •    4    é    •  '  .    •    •    è    •    •    .    •    pag.    64 

Nuove  esplorazioni  nelle  caverne  ossifere  degli  Apeqnini 
liguri.    «    •    •    •    * M    ivi 

Nuova  descrisione  di   Macao *    •    ,    .    »  171 

Noticm  iNtiàiiB. 

Statistica  della  popolaalooe  «istriaca  neiraniio  IS57  •    .    »    98 

NoTizm  Italiami. 

Società  di  Ratòo  Soòcofso  cobtro  i  danni  della  grandine  per 
le  Provincie  lombarde      •    •    .    •    (F^  Sanseverino)  n    65 

Notizie  statistiche  del  distretto  di  Sondrio  capoluogo  della 
Valtellina    •    •    • »    7i 

Stadi  statiBtiòi  sul  motfmèttto  coimnerbiale  dello  Stato  roma- 
no  {tuéUtnù  SearalelU)    •»  77,  189 

n  regno  Lombardo-Veneto  statisticamente  illustrato  dalle  Ca- 
mere di   Commercio.  La  provincia  del  Friuli.  •    »  177»  300 

Relazione  del  podestà  nobile  Jlessandro  Mareelìo  al  Con- 
siglio comunale  di  Venezia  ^  nella  -  tornala  14  dicembre 
185^  Stille  condizioni  amMitilsMtiVe  dell' aiino  {P.  San- 
severino )    ....  \    .... *  289 

Notizie  statistiche  sa  I  sordo ^matl  di  eampagAh  educati  in 
Milano    .    .    •    4    *    .    4    .    .    ,    .    é    é    *    .    ;    »  99i 

SUtistica  deiriiidttstria  italiana,  dei  doft.  Pietro  Màeetti  »  306 

NonziB  Steauiebb. 

tJo  rendiconto  decennale  della  beneficenza  in  Francia  (D.  G.  C.)  «  100 
Sai  canale  marittimo  di  Suez*  {Con  Tavole).  (  /«  Mignami  )  »  201 
Hendiconto  della  beneficenza  di  Parigi  per  Tanno  ^57.  (0. 

G,  Capeani) m  322 

SUtistica  delle  Isole  ionie  nell'anno  1858 «329 


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840 
Nuoti  caMnucAiKmi  wbm  auto  di  CLui au  ,  Snuoc  màuis 

B  PoilTI  DI  VBigM). 

Morlmaito  e  prodotti  delle  strade  ferrate  sarde  durante  il  mese 
di  dicembre  1858  e  dorante  tatto  l'anno  1858    i    pa(.  106 

Ultimo  Rendicontò  della  Società  delle  strade  ferrate  del  re- 
gno Lombardo-Veneto  e  dellMtalia  Centrale    .    •    •    .    «SIS 

Nonz»  SUL  Sistema  Pbniteuzuuo. 

Statistica  criminale  degli  Stati  sardi  per  gli  anni  1856,  4857 
e  1858 •  408 

InVEflZlOm   B  SCOPEBTS. 

I  Podoscafi      •    •    • •  9S0 

II  Fono-aatografo,  nuovo  congegno  per  la  fissaiìone  grafica        j 

del  suoni  e  della  parola,  iuTentato  dt  Edoardo  Leone 
SeoiL • •  330 

Varietà'. 

Il  Museo  britannico mIH 

Antichità  egisiane  e  fondaiione  di  un  museo  egisltno  ia  Ateo- 

sàndria       •    •    •    » •    •    •    ••  S91 

Progresso  dell' industria  del  cotone  in  Buropa  .  •  •  •  »  S2t 
Nuora  statìstica  della  popolasione  del  mondo  •  •  ,  •  »  SSS 
Statistica  dei  morti  per  colpo  di  fulmine  nella  Gran  Breta- 

gna 4 -  M4 

Le  Bilancle  presso  gli  antichi  popoli »  333 


FINE  DEL  VOLUME  XXL* 


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ANNUI   UNIVERSALI 
»1  •14tlMli« 


Aprile  IMS.  ¥•!•  %Xa.  —  fd.^  04. 

BIBLIOGRAFIA  (O 


ECONOMIA  PUBBLICA,  STORIA  E  VIAGGI. 
RASSEGNA  DI  OPERE  ITALIANE. 


I.  —  Sulla  proposta  dello  svincolamento  dei  livelli  in  Val- 
tellina; considerazioni  del  dott.  Pibtbo  Caini.  Milano  4859. 
Un  opuscolo  tA-8.^  di  pag.  24,  presso  la  tipografia  Ber- 
.  nardoni* 


r  ra  le  Tarìe  provvidenze  state  da  alcuni  economisti  proposte  pel 
miglior  essere  dell'Irlanda  lombarda,  la  Valtellina,  farvi  anche 
quella  di  far  procedere  in  via  coattiva,  o  per  lo  meno  jussoria, 
allo  svincolo  de'  livelli  che  ormai  affettano  tutto  l'agro  valtellinese. 
L'egregio  dott.  Gaiml  deputato  di  quella  provincia  presso  la  Con- 
gregazione Centrale  di  Lombardia,  ha  preso  a  trattare  'questo  vi- 
tale argomento,  e  nell'  opuscolo  che  annunsiamo  ha  cercato  di  di- 
mostrare che  il  proposto  svincolo  dei  livelli  valtellinesi  sarebbe  in 
questo  momento  una  misura  inopportuna  e  disastrosa. 


(I)  Saraono  indicale  cos  atterlMO  (*)  di  riteontra  al  titolo  dell'opera 
nmkU  prodaiioni  sopra  lo  <|«ali  si  daraano ,  qaando  occorroaO|  articoli 


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In  poche  pagine  fa  conoacere  il  vero  stato  della  poaaidenu 
prediale  di  qaella  valle  poverissima  e  mette  in  tutta  evidenia  i  ti- 
toli affatto  speciali  di  quelle  alpestri  looalìtji  che  indussero  ad  af- 
fidare quelle  squallide  rupi»  e  quelle  povere  ericaje  a  coloni  che 
vi  fabbricano  ad  arte  il  terriccio  vegetale  e  che  senza  T  aspettativa 
dell'  utile  dominio  non  avrebbero  mai  voluto»  né  potuto  accingersi 
a  queir  opera  titanica.  È  bensì  vero  che  quel  sistema  di  proprietà 
divisa  ha  pel  successivo  ripartirsi  delle  famiglie  recato  un  micro- 
scopico sminuzzamento  di  poderi  e  minuscole  prestazioni  livella- 
rie»  ma  questo  può  dirsi  un  effetto  immancabile  di  un  sistema 
agronomico  che  non  può  essere  che  proprio  di  un  paese  di  mon- 
tagna che  ad  ogni  co#to  vuol  essere  coltivato  per  alimentare  i  suoi 
cento  mila  abitanti.  6e  questo  sistema  si  volesse  far  cessare  con 
atti  Ifftslativi  »  andrebbero  a  concentrarsi  tutte  le  proprietà  rurali 
nelle  mani  di  pochi  esteri  capitalisti  e  si  avrebbe  per  conseguente 
effetto  un  più  squallido  proletariato  di  gente  respinta  dal  proprio 
nido, 

Le  provvidenze  per  l' Irlanda  lombarda  non  possono  consistere 
in  questa  misura  inopportuna  e  desolatrice»  ma  in  altri  alleviamenti 
economici  che  il  coscienzioso  e  sapiente  economista  Jacini  ebbe  già 
il  coraggio  di  additare  e  cbe  il  valtellin^se  Caiu^i  approva  ed  ap- 
poggia di  tutto  cuore. 

IL  —  La  banca  di  Bologna  e  il  napoleone  (Toro.  Bologna^ 

novembre  48d8.  C/n  opuscolo  tn-8,^  di  pag.  14,  coi  tipi 

della  Volpe. 
UL  —  La  banca  pontificia  per  le  guatlro  Legazioni  contro 

la  ditta  Facchini,  Bologna,  novembre  4858.  Un  opuscolo 

m-4.^  di  pag,  24. 

IV.  —  Nuovo  cenno  intorno  la  banca  e  il  napoleone  d*  oro^ 
Bologna,  novembre  4858.  Un  opuscolo  tn-8.^  di  pag,  24, 
COI  tipi  della  Volpe, 

V.  —  La  banca  di  Bologna  e  le  valute  monetarie;  discorso 

deir  acv.  GiACiifTo  G^lgabini.  Bologna  4859*  Un  opuscolo 
m-8.^  di  pag,  70 ,  presso  la  tipografia  air  Ancóra. 

VI.  —  La  banca  delle  (quattro  Legazioni  ed  il  cambio  dei 
suoi  biglietti]  parere  di  Geroubio  Boccardo.  Bologna , 
febbrajù  1859.  Un  opuscolo  inS.^  di  pag.  30. 

VII.  -»•  Osservazioni  sul  parerò  del  professore  Gerolamo 
Bocoardo,  intorno  la  banca  delle  quattro  Legazioni;  del 
dott,  Massimiliano  Martinelli.  Bologna  4859.  Un  opu- 
scolo  111-8.^  di  pag^  44,  presso  la  tipografia  alt  Ancora. 

VlUf  —  Bisposta  alla  parte  giuridica  del  parere  del  signor 


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profeiMore  Gerolanio  Booeardo  sulla  questione  della  mo^ 
neta;    dell'avo.   FaiNCEsco   Borgatti.  Bobgna  4859.  Un- 
oputcolo   tn-8.^   di  page  34,  presso   la   tipografia   air 
C  Ancata  i 

IX.  —  La  banca  delle  quattro  Legazioni^  la  moneta  ed  il 
eredito;  risposta  dal  prof,  (jeroumo  BoccarDo  alte  osser- 
vazioni  del  dott.  Martinelli  e  dell*  avv.  Borgalti.  Bologna 
4859.  t/n  opuscolo  in*SJ'  di  pag.  32,  presso  la  tipografia 
della   Volpe. 

X.  —  Poche  avvertenze  delC  atv.'FnstiCKco  Borgatti  sull*uU 
timo  parere  del  professore  GeroUmo  Boccardo.  Bologna 
4859.  Un  opuscolo  tn-^8.^  di  pag.  40,  presso  la  tipografia 
ali*  Ancóra. 

XI.  —  //  quesito  intorno  la  banca  delle  quattro  Lega^ 
zioni;  iittopa  Memoria  del  dott.  MAssmitUNo  Martinellu 
Bologna  4859.  l/n  opuscolo  in^S.^  di  pag*  37,  presso  la 
tipografia  alt  Ancóra* 

XII.  —  Dei  biglietti  di  banco  in  Bologna^  questione  sul  modo 
con  cui  f)anno  pagati  dalla  banca  d'Ile  quattro  Legazioni; 
parere  di  Francesco  Ferrara,  profesnore  di  Economia  pò* 
litica  a  Torino.  Bologna  4859.  Un  opuscolo  in^S/^  di 
pag.  7B,  presso  là  tipografia  alC  Ancora. 

Noi  raceogliamo  in  UD^aniea  rassegaa  l^annOnEio  di  ùndici  Me- 
morie ebe  provano  quale  sia  il  progresso  della  sciensa  economioa 
ÌQ  Italia.  La  banca  delle  quattro  Legazioni  res^idente  a  Bologna  si  è 
non  ba  guari  trovata  in  una  situazione  veramente  anormale.  Lo 
Stato  pontificio  non  ba  moneta  propria  che  basti  alle  coQtrattaiìoni 
commerciali.  Esso  dovette  perrtlettere  V  Introduzione  6  1'  uso  delle 
monete  estere,  ad  alònne  delle  quali  attribuì  un  valore  legale.  Fra 
le  monete  d'argento  estere  circolavano  anche  le  lire  austriache 
di  veccbio  conio,  le  quali  avendo  per  disposisione  legislativa  do- 
rato scapitare  del  5  per  400,  si  rimandarono  fuori  dello  Stato 
abbastania  in  tempo  per  non  soggiacere  all' ingiunta  perdita  nel 
valore  legale.  In  mancanza  di  monete  d'argento  dovette  la  Banca 
bolognese  acquistare  dall' estero  tanti  peizi  d' oro  da  venti  franchi 
per  la  somma  di  un  milione  e  settecento  novantatre  mila  e  du^ 
cento  trenta  nove  scudi  perdendo  neir  acquisto  scudi  sei  mila  e 
cento  cinquanta  nove.  Nelle  operaxioni  di  sconto  di  cambiali  ed  in 
altri  pagamenti,  essa  pose  In  circolazione  i  pezzi  d'oro  da  venti 
francbi  al  valor  corrente  di  piazza ,  come  al  valor  corrente  plateale 
aveva  essa  stessa  ricevuto  i  detti  pezil  d'oro  di  mano  in  mano  che 
i  debitori  delle  eambiali  estinsero  il  loro  debito  presso  la  banca. 


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Sorse  allora  la  controversia  giaridfca,  se  la  banea  boloftesa 
fosse  obblìjKata  a  do?er  porre  in  circolasione  i  pesai  d'oro  da  20 
franchi  a  ralor  rigoroso  di  tariffa»  od  al  valor  corrente  di  piazza. 
Consaltato  il  prof.  Boccardo  di  Genova,  questi  in  due  dotte  Me- 
morie si  accinse  a  dimostrare  che  la  banca  bolognese  deve  pagare 
colla  moneta  legale  In  scadi  romani ,  ed  in  difetto  della  detta  moneta 
può  pagare  in  napoleoni  d'oro,  ma  deve  darli  al  corso  di  tariffa. 

I  giareconsalti  ed  economisti  Minelli,  Vecchietti,  Osima,  Gal- 
garini,  Martinelli,  Borgatti,  Piacentini  Rinaldi,  e  per  ultimo  il  pro- 
fessore Francesco  Ferrara,  sostennero  con  vittoriosa  dottrina  que- 
st' altro  assunto,  che  la  banca  bolognese  può  tanto  In  via  di  eco- 
nomia, come  di  diritto,  dare  a  sua  libera  scelta  o  scudi  romani  o 
qualunque  altra  fra  le  monete  che  hanno  corso  legale  negli  Stati 
del  Papa,  e  può  liberamente  dare  anche  napoleoni  d'oro,  non  a 
rigore  di  tariffa,  ma  secondo  il  valore  corrente  della  piazza. 

Dopo  avere  anche  noi  consultato  gli  statuti  della  banca  ed  ap- 
profondita quest'ardua  e  dilicata  questione  non  esitammo  ad  in- 
clinare pel  voto  ultimamente  espresso  dal  prof.  Ferrara;  ed  al 
quale  sappiamo  essere  aderente,  anche  il  prof.  Scialoja,  non  poten- 
dosi obbligare  un  istituto  mercantile  di  credito  a  scostarsi  dall'uso 
dei  valori  correnti  di  piazta,  i  quali  costituiscono  per  esso  la  vera 
misura  della  circolazione  monetaria. 

Crediamo  però  di  dover  richiamare  l'attenzione  di  tutti  gli  stu- 
diosi su  questo  fatto  consolantissimo  di  vedere  nel  breve  periodo 
di  cinque  mesi  agitarsi  in  Italia  una  delle  più  ardue  questioni  eco- 
nomiche da  otto  valentissimi  scrittori  che  in  fatto  di  sapienza  giu- 
ridica *ed  economica  non  cedono  ad  alcuno  de'  più  riputati  cultori 
di  questa  scienza  che  vantar  possano  la  Francia,  l' Inghilterra  e  la 
stessa  dotta  Germania.  G.  SaeehL 

XIII.  — *  Del  valore  della  monela  eecondo  i  principi  com' 
parati  del  dirilto  romano  pubblico  e  privato^  della  giù- 
rieprudenza^  e  della  moderna  economia;  dell'  avv»  Boa- 
gatti.  Bologna  4869.  Un  opuscolo  jtt*8.^  di  pag.  47. 

Ecco  un'  altra  Memoria  che  esce  alla  luce  in  Bologna  per  trat- 
tare un  argomento  che  è  per  noi  tutti  di  una  grande  importanu. 
L' egregio  avvocato  Borgatti  ha  voluto  mostrare  come  in  cosiffatli 
studj  che  ormai  pajono  nuovissimi»  ci  abbiano  già  precorso  g|li 
antichi  nostri  scrittori,  incominciàbdo  dai  giureconsulti  romani  e 
giù  scendendo  sino  a  tutti  i  dotti  interpreti  del  romano  diritta. 
Noi  faremo  di  nuovo  cenno  di  queste  Memoria  dopo  che  avremo 
pubblicato  i  tre  sapienti  lavori  che  su  questo  tema  ci  ha  ora  la- 
Yorito  l'illustre  professore  di  economia  politica  Andrea  ZambeUi, 
e  che  vanno  ad  ingemmare  le  pagine  del  nostri  Annali. 


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lElQRIE  ORIGINAI! 

ESTRATTI  ED  ANAIISI  DI  OPERE. 


Belto  mlflvra  4el  Tatari  t«  paesi  e  tempi  élMmni* 

ti.  Discussione  economicO'-storiea^  letta  dal  professore 
ANDBiiA  XAMBBiiM  neW Atemo  di  Brescia  Iranno 
4867. 

Paktb  Ptinu 
/  metalli  preziosL 


i 


I  Beccaria  (I)  ed  altri  economisti  dello  scorso  secolo  av- 
Tisavano,  <  essere  le  monete  pezzi  di  metallo ,  che  misurano 
i  valori,  nella  guisa  medesima  che  le  libbre  e  le  once  mi- 
surano il  peso,  il  piede  ed  il  braccio  Téstensione  delle  cose  «  • 
Ma  perchè  il  valor  d' una  cosa  serva  a  misurare  quello  di 
tutte  le  altre,  conviene  che  sia  per  sé  medesimo  invariabile 
e  che  conservi  Tidea  della  grandezza  misurata  non  solo  nel 
tempo  e  nel  luogo,  dove  ,si  fa  il  paragone,  bensì  fra  etk  re- 
mote runa  all'altra  ed  in  paesi  stranieri  e  diversi  fra  loro; 
sicché  per  continuare  neir  esempio  del  preallegalo  scrittore, 
qualora  la  detta  misura  di  tre  palmi,  dopo  aver  misurato  un 
braccio  di  panno,  venisse  col  tempo ,  o  per  un  cangiamento 
di  clima,  a  raccorciarsi  e  si  riducesse  al  quarto  della  sua 
primitiva  lunghezza^  più  non  offirirebbe  al  eerto  una  giusta 
notizia  della  estensione  del  panno  misurato.  Or  quello  che 
non   successe  del  braccio  da  misurar  le  stoffe  e  i  panni, 

{i)  Dei  disordini  e  dei  rimeij  delle  numeU;  parte  frìm. 


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8 

succede  pur  troppo  delle  monéte  dell*  oro  e  ddl*  argento. 
Codesti  metalli  sono  bensì  la  materia  più  idonea  a  servir 
di  veicolo  pei  cambj,  a  rappresentare  i  valori  delle  cose  e 
ad  esseme  la  misura  approssimativa  negli  ordinar]  contralti, 
perchè  oltre  all'  avere  un  valore  intrinseco,  racchiuso  in  pic- 
eni volume  e  guarentito  dal  conio  di  cui  sono  suscettivi, 
hanno  anche  un  pregio,  il  meno  dipendente  dai  tempi  e 
dai  luoghi,  il  meno  variabile,  in  un  determinato  spazio,  come 
dice  Chévalier  (4).  Ma  se  dessi  ne  somministrano  una  mi- 
sura relativa,  già  non  ne  viene  che  ne  somministrino  una 
assoluta:  per  contrario  sono  ben  lontani  dal  somministrarce- 
la. Non  solo  la  denominazione  e  V  impronta  delle  monete,  ma 
inoltre  il  valore  intrinseco  di  esse  suol  variare  nella  lonta- 
nanza dei  paesi  e  dei  tempi,  essendo  anch'essi  que' pezzi 
monetati  una  merce  or  più  or  meno  pregiata,  secondo  che 
sia  in  minore  o  in  maggior  copia,  e  secondo  gli  usi  e  i  bi- 
sogni di  quella. 

Non  v'  ha  dubbio  infatti ,  che  i  metalli  preziosi  valgono 
assai  meno  nell'  America  meridionale  ed  alle  Antille  che  non 
in  Europa,  perchè  essendo  quello  il  paese  delle  miniere 
d'onde  Toro  e  l'argento  si  spargono  nelle  altre  parti  del  mon- 
do, i  suddetti  metalli  naturalmente  vi  sovrabbondano;  e  sic- 
come alla  massa  che  se  ne  asporta  se  ne  aggiunge  di  con- 
tinuo una  nuova,  conforme  ha  osservato  anche  John  Mill  (2), 
dessa  ha  in  quelle  parli  una  tendenza  costante  a  calar  di 
pregio,  o  per  dirlo  in  ^Itro  modo,  il  prezzo  delle  derrate 
vi  tende  costantemente  ad  alzarsi.  Sono  codesti  metalli  la 
merce  monetabile,  la  merce  universale,  nella  cui  correspei- 
tiviià  si  trovano  quindi  tutte  le  merci;  in  conseguenza  di 
che  si   alza  o  si  abbassa  il  pregio  di  queste,  secondo  che 


(i)  La  Mannaie;  pag.  179. 

(2)  Elémens  d'economie  politiqut:  traduits  de  l'angUis  par 
T.  T.  Parisot,  eh.  IH,  seetion  XIV. 


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9 

essi  abbondino  o  scemilo:  della  quale  verità  ci  offrono  un 
odierno  chiarissimo  esempio  la  Nuova  California  e  I*  Oceania, 
di  cui  tante  cose  ci  narrano  tutti  i  giornali  d'Europa.  Quivi 
luuo  costa  assai  più  caro,  perchè  vi  è  molto  scemato  il 
pregio  dell'oro  che  vi  sovrabbonda  e  che  vi  circola  quasi 
solo.  Per  r  opposto ,  giusta  i  computi  statistici ,  se  non  al 
presente,  come  appare  dalle  odierne  notiiie,  certo  parecchi 
anni  Ta,  il  valore  dell'argento  riusciva  alla  China  il  doppio 
di  quanto  io  si  apprezza  in  Europa  ;  la  quale  differenza  de- 
,  rivo  in  prima  dai  provvedimenti  dei  governatori  spagnuoli 
ehe  per  favorire  il  commercio  europeo  ne  lasciavano  aspor- 
tare ai  Chinesi  la  minor  parte  possibile  nelle  fiere  messicane; 
indi,  cioè  dopo  le  rivoluzioni  americane  del  I8l0,  vi  con- 
tribuì singolarmente  l'usanza  orientale  dei  tesori  e  quella 
di  giovarsene  in  copia  per  foggiarne  utensili  ed  ornamenti 
costosi.  Cosi  pur  succede  al  Giappone,  dove  l'argento  è  tut- 
tora assai  più  caro  che  in  Europa  (4). 

Non  minori  delle  differenze  locali  sono  nelle  grandi  di- 
stanze le  differenze  dei  tempi.  Il  valore  d' una  stessa  quan- 
tità di  metallo  nobile  in  età  distanti  fu  stimato  assai  varia- 
mente in  confronto  d' una  merce ,  il  cui  pregio  si  mantenne 
in  lunghi  intervalli  a  un  di  presso  il  medesimo.  V  ha  di 
fatto  una  derrata,  la  quale  benché  assai  corruttibile,  benché 
da  uh  anno  all'altro  vada  soggetta  a  frequenti  variazioni  di  va- 
lore, e  quindi  tra  per  questi  e  per  altri  motivi  non  abbia  le 
qualità  idonee  a  servir  di  moneta,  mondimene  serbò  in  jspo- 
che  remote  le  meno'^incostanti  proporzioni  con  le  altre  der- 
rate; e  questa  è  il  frumento:  né  ciò  dee  parere  strano  a  chi 
osservi,  che  essendo  esso  fino  dai  primi  tempi  storici  il  nu- 
trimento comune  delle  nazioni  europee*  ne  fu  sempre  so- 
stenuta la  ricerca  dalla  necessità  ;  ed  anziché  incararne  o  di- 
minuirsene il  prezzo  medio,  a  causa  della  penuria  o  dell' ab- 


(i)  V.  M.  Cbévalier:  Economie  poi.,  tom.  Ili,  pag.  359. 


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IO 

bdndanxa,  h  pojpolasioiie  nfA  cono  degli  aonl  ai  ira  pur 
aempre  a  mano  a  fnaoo  propondonaodo  alle  medesime.  Qael 
preszo,  aDOorehè  tarli  tempo  per  tempo,  non  laacia  di  eoo* 
tenersi  fra  certi  conSni  nelle  sue  stesse  oscillasioni.  Laonde 
se,  per  esempio,  da  quattro  secoli  in  qua  troTcremo  il  grano 
quando  eostare  una  maggiore ,  quando  una  minor  copia  di 
argento  e  d' oro,  se  ne  dovrà  sicuramente  inferire ,  che  non 
il  Trumento,  sibbene  il  metallo  variò  Trattante  di  valore.  Il 
grano  può  Tare  per  approssimazione  in  grandi  intervalli  di 
tempo  ciò  che  non  potrebbe  nei  corti;  in  questi  è  peggior 
misura  dei  valori  che  noi  sia  la  moneta;  in  quelli  è  migliore 
per  r evidente  ragione  accennata:  il  che  non  ha  osservato 
un  odierno  econombta,  il  quale  vorrebbe  combattere  uiu 
verità,  eramai  ricevuta  dai  dotti  e  dalle  A(^oademie  net  cal- 
coli statistici  e  storici. 

Ora,  paragonando  il  valor  medio  della  merce  alimentaria 
col  valore  dell'  argento ,  e  servendoci  a  tal  fine  delle  co- 
scienziose indagini  di  Duprè  di  Saint  Maur,  citato  dallo 
Smith  e  dal  Say,  troviamo  che  dopo  il  iMO^  cioè  dopo  Is 
acoperta  deHe  miniere  americane,  il  grano  venne  dapprima 
a  valere  il  doppio  dell*  argento  con  cui  Io  si  paragonava  per 
innanzi,  indi  a  poco  a  poco  due  toni,  e  poi  verso  il  1574 
tre  quarti  più  ;  talmente  ebè,  nel  confronto  tra  il  costo  del 
frumento  sul  principiare  del  secolo  decimosesto  e  la  6ne  di 
esso,  risulta  da  quei  calcolii  come  pure  osserva  il  Say  (4), 
che  nella  seconda  epoca«coovenne  dure  quattro  oncie*d*ar« 
gente  in  circa  per  ottenere  quella  stessa  misura  di  grano 
che  neir  epoca  prima  ottenevasi  con  un'oncia:  ed  anche  ttiuc 
le  altre  derrate  si  alzarono  di  pregio  a  xptd  raggua^io,  se- 
condo che  abbiamo  dalle  memorie  del  seeob  dacimcMsesto: 
onde  appar  manifesto  che  dal  45S0  in  poi  T  argento  calò 
di  pregio  in  ragione  di  tre  quarti.  Giusta  i  calcola   istessi. 


(1)  Coan  d'economie  poUtique:  Um.  li,  pag.  80  et  soir* 


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u 

YoTé  calò  ioveee  per- due  leni  del  tao  pregio;  e  bisognò 
dame  due  leni  più  che  per  lo  addietro.  Né  si  tralasci  di  av- 
vertire che  alle  calcolazioni  di  Duprè  di  Saint-Maur  corrispon- 
dono quelle  del  vescovo  Flettwood  relativamente  all'  Inghil- 
tem;  quelle  di  Davansati  rispetta  all' Italia;  quelle  del  pa« 
dre  Moncada  in  ordine  alla  Spagna;  quelle,  ed  ancor  più, 
di  Michele  Chévalier  nel  4850  (I),  di  Stirliog  (3)  e  di  Te- 
goborsky  (3)  nel  4b5S;  «  manifesto  indisio  che  tanto  più 
oro  ed  argento  abbiamo  »  :  dioea  Davanzati  (4). 

Che  poi  codesta  diminusione  di  pregio  dei  metalli  nobili 
non  siasi  compiuta  nella  indicata  ragione,  fuorché  entro  lo 
ipaxio  di  quasi  un  secolo,  dacché  si  scopersero  le  miniere 
americane,  tion  dee  recar  mfiraviglia  a  chi  rifletta  relativa- 
mente al  metallo  monetato,  essere  questa  la  merce  imiver- 
sale,  onde  ha  da  passare  qualche  tempo  prima  che  ne  siano 
ingombre  tutte  le  vie  della  cireolasione  ;  e  quanto  ai  detti 
metalli  in  verghe^  essendo  quelli  una  meree  che  trova  un 
grande  sfogo  negli  oggetti  di  lusso  e  di  coi  sempre  si  fa 
capitale  pel  monetaggio,  naturalmente  nelhi  sua  sovrabbon* 
danza  non  scema  di  pregio  che  a  poco  a  poco.  A  ogni  mo- 
do, la  enorme  quantità  cresciutane  produsse  codesti  ooi^ 
derabili  effetti. 

Porse  obbietteranno  alcuni,  che  una  siAtta  varietà  nei 
pregi  dell'oro  e  deir argento,  avvenuta  per  la  copia  stra- 
bocchevole che  ne  versarono  le  miniere  del  Messico  e  del 
Potosi  ne*  paesi  europei^  fu  circostanza  al  tutto  straordina- 
ria, tale  da  non  rinnovarsi,  opperò  da  non  tenerne  maggior 
eooto  che  di  cosa  accidentale  si  farebbe.  Ma^  coom  diasi 
poc'anzi,  il  valor  del  denaro  variò  d'età  in  età  non   solo 

(1)  La  Mannaie:  pag.  195. 

i^)  De  la  dHomomrU  dis  mine$  dTor  m  JvélraM  si  su  Os- 
Ufomie. 
•    (3)  ùes  gUes  auHfère$  en  Califomie  ei  tn  JmtralU. 

(4)  Lezione  Mie  maneie. 


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42 

in  proporzione  doliti  copia  che  se  n'  ebbe,  bensi  ancora  de* 
gli  usi  e  dei  bisogni  di  quello.  In  fatii  si  hanno  buone  ra« 
gioni  di  credere  che  il  pregio  dei  metalli  nobili  (se  per 
l'accennata  causa  invili  considerabilmente  dal  secolo  deci- 
mosesto al  decimosettima)  posteriormente,  cioè,  come  cre- 
de Smith,  dopo  il  4636,  secondo  Humboldt  verso  il  1650, 
secondo  Chévalier  verso  il  46SO,  cominciasse  a  rialzarsi,  né 
in  seguito  per  lungo  tempo  si  (acesse  più  jrile,  benché  la 
quantità  siasene  frattanto  aumentata  in  Europa  dai  due  mi* 
liardi  e  duecentocinquanta  milioni  ai  sette  miliardi  e  qua- 
rantacinque miilioni  di  franchi,  indi  cresciuta  nel  secolo  de** 
cimottavo  oltre  a  nove  miliardi  giusta  gli  esatti  ragguagli 
di  Guglielmo  Jacob,  a  cui  presso  a  poco  corrispondono 
quelli  di  Tegoborsky  (A);  in  somma  fino  a  tredici  in  quat- 
tordici miliardi.  E  vagliami  a  dimostrarlo  qualche  esempio 
di  persone  opulenti  e  femose.  Dalle  Lettere  {2)  della  Main-^ 
tenon  a  sua  cognata  d'Aubigné>  lettere  in  cui  si  leggono 
specificate  ad  una  ad  ima  le  spese  domestiche  di  codesta 
amica  e  poi  moglie  di  Luigi  decimoquarto,  e  le  quali  per 
conseguenza  ci  porgono^  una  chiara  idea  del  come  vivevasi 
allora  nelle  case  dei  grandi,  è  agevole  il  raoeogliere,  che 
non  solamemte  i  consumi  del  secolo  decimosettimo  eran 
minori  degli  odierni,  ma  quelli  delle  primarie  (amigl'ie  mon- 
tavano ad  assai  meno  di  ciò  che  si  spende  oggidì  da  qiia« 
iunque  agiato  cittadino.  Questo  pur  si  raccoglie  àB\VE$$ai 
sur  les  moeurs  di  Voltaire.  Ai  giorni  nostri  per  tanto  la  ri- 
cerca delle  derrate  di  uso  comune  riesce  assai,  maggiore 
che  non  nell'epoca  accennata.  Anche  il  popolo  fa  maggiori 

» 

(1)  Essai  fur  les  consequences  epentuelles  de  ta  deeouverle 
des  gites  aurifères  en  Californie  et  en  Justralie:  Paris,  1853. 
Secondo  Tegoborsky  (ibid.  pag.  71  ),  e  seooodo  Jacob  e  Chéva- 
lier Toro  e  l'argento,  che  trovatasi  In  Europa  prima  della  se^ 
porta  dell'America»  non  passava  un  nrìltardo  di  franchi. 

(2)  Pubblicate  a  Parigi  nel  1806:  T.  I.  pag.  ilO. 


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13 

e  più  larghi  consuoii.  Alla  quale  circostanza  dove  si  aggiun- 
ga t* altra  rilevantissima  dell'essere  state  d'allora  in  poi 
molte  delle  derrate,  o  direttamente,  o  indirettamente,  caricate 
per  tutto  da  imposte  maggiori ,  ne  procederebbe  la  conse- 
guenza che  i  prodotti  di  generale  consumazione  fossero  pre< 
tentemente  più  cari  che  allora  non  erano.  Eppure  i  com- 
puti statistici  in  gran  numero  e  l'autorevole  asserzione  di 
Gamier  (4),  il  traduttore  e  commentatore  di  Smith,  ci  in- 
formano, che  la  massima  parte  delle  derrate  cotidiane  cor- 
rispondevano allora  ad  una  quantità  di  denaro,  non  inferio- 
re a  quella  che  se  ne  dh  odiernamente;  sicché  bisogna  con- 
ehiudeme  che  da  quel  tempo  in  poi  il  pregio  della  moneta 
siasi  realmente  accresciuto. 

Vero  è  che  qualche  scemamenta  di  pregio  de'  metalli 
nobili  avvenne  pure  nel  4760  per  gli  scavi  maggiori  delle 
miniere,  né  io  lo  nego  a  Tegoborsky:  ma  non  fu  che  di 
breve  durata,  come  osserva  Chévalier;  fu  poco  sensibile, 
conforme  abbiamo  da  Stirling;  e  poco  tempo  dorò  il  rin« 
caramcnto  del  grano  che  allora  avvenne  e  al  quale  pure 
contribuirono  le  frequenti  guerre.  E  se ,  come  ci  informano 
le  attuali  statistiche  e  il  predetto  Chévalier,  una  notabile 
varietà  di  pregio  decrescente  or  succede  da  qualche  tempo 
nell'  oro  sui  mercati  di  Ghinda,  dei  Belgio,  dell'  Annover  ed 
anche  altrove  per  gli  scavi  della  California  e  dell' Oceania, 
vi  ripara  nella  moneta  il  contrapposto  del  valore  dell'ar- 
gento, notabilmente  rincarito;  onde  i  prezzi  delle  merci 
non  ne  sono  alterati  in  Europa  come  alla  California ,  dove 
non  si  spende  che  1'  oro  o  almeno  per  la  massima  parte. 
Si  può  (>ertanto  asserire,  che  da  circa  due  secoli  in  qua 
il  pregio  del  denaro  si  ò  anzi  sostenuto  che  scemato.  Nò 
di  un  tal  fatto  ci  sono  ignote  le  cagioni.  V  ebbero  certuni, 


(i)  Nella  nota  XL.  aH' opera  di  A.  Sailb:  Sulla  natura  e  le 
CttUMt  Mia  ricchezza  Mie  nazionU 


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44 

ì  quali  non  vedendo  come  tutto  si  lega  neir  ordine  lodale, 
come  da  una  causa  istessa  avvengono  nel  bene  e  nel  male 
infiniti  effetti,  di  cui  nessuno  deve  essere  ignoralo  dal  poli- 
tico, parve  che  trovassero  nella  scoperta  dei  tesori  americani 
tina  cagione  di  danni  anziché  di  vantaggi^  Osservarono  alcool 
falli,  ma  non  tulli  :  solila  imperfezione  delie  menti  o  scarse 
o  preoccupale.  La  scoperta  delle  miniere  d'America  essen- 
dosi falla  in  un  tempo  che  ignoravasi  la  vera  teorica  delle 
ricchezze,  i  re  di  Spagna  Carb  Quinto  e  Filippo  Secondo 
non  se  ne  valsero  che  per  far  nuove  guerre  ;  il  che  nocque 
a  loro  stessi  ;  ma  nocque  ben  anco  agli  altri  Stati  che  non 
possedevan  miniere,  i  cui  principi,  non  volendo  io  guerra 
esser  da  meno  dei  monarchi  spagnuoli,  credeilero  di  potervi 
sopperire  coir  alterar  le  monete  e  coir  accrescer  le  impo- 
ste :  ma  siccome  da  un  male  nasce  talora  un  bene,  se  per 
qualche  tempo  i  popoli  irovaronsi  per  ciò  in  uno  stato  as- 
sai tristo  di  cose,  in  apprèsso,  non  bastando  le  alterate  mo- 
nete, la  stessa  causa  erzò  il  debito  pubblico  che  dovendosi 
appoggiare  al  credito  fece  a  poiu)  a  poco,  se  non  jcessare 
(che  certo  non  cessarono)  almeno  scemare  assai  le  dette 
alterazioni:  e  da  quella  cagione  medesima  provenne  pure 
una  maggiore  attività  industriosa  per  poter  supplire  alle 
pia  gravi  imposte:  la  quale  congiunta  ai  progressi  contem- 
poranei della  civiltà,  alzò  il  pregio  del  contante,  cosi  pel 
bisogno  cresciutone  nei  eambjs  coitie  per  la  cresciuta  pro- 
duzione delle  derrate  e  la  minorata  consumazione  riprodut- 
tiva, che  scemano  i  prezzi  di  quelle,  e  rendono  oonsegueo* 
temente  piò  preziosa  la  merce  universale. 

La  scoperta  delle  miniere  americane  fu  pure  assai  van- 
taggiosa da  questo  lato,  che  accrescendo  infinitamente  i  ca- 
piuli ,  uno  degli  agenti  produttivi ,  accrebbe  al  medesimo 
ragguaglio  1* industria  e  la  ricchezza.  Quanti  progressi  non- 
fecero  da  indi  in  qua  e  nell*  agricoltura  e  nelle  arti  e  nel 
commercio  ringhilierra,  la  Francia,  l'Olanda,  la  Germania 
ed  il  norie  europeo  !  I  prodotti  sempre  crescenti  dovettero 


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13 
MeenaiiBmenie  richiedere  vn  propomeoale  e  successivo 
«HDeitto  nella  quatiiidi  della  moneta  impiegata  per  la  cir- 
eobaiooe  di  quei  prodoiti  medesimi  :  tanto  più  che  V  incre- 
meato  della  popolazionoi  eifeituatod  dal  settecento  in  poi, 
lamentò  anch'esso  di  sua  natura  la  domanda  dei  metalli 
nobili.  L' aumento  ognor  maggiore  ddle  case  doviziose,  na- 
torsi  eonsegueosa  dell'  aumentata  industria,  generò  natural- 
mente lo  stesso  progressivo  aumento  nella  rioerea  di  essi  me« 
talli,  per  formarne  vasellami,  gioje  ed  altri  ornamenti  da  let- 
to, da  tavola  e  della  persona,  di  cui  prima  non  fiiceasi  mostra 
che  tra  le  pareti  dei  prìncipi  e  dei  grandi.  Vero  ò,  né  io  il 
negherò  a  Chévalier  (I),  che  la  civiltà  moderna  prepone 
i  oiobili  leggieri  ed  eleganti  ai  dispendiosi,  sgraziati  e  pe- 
nati delle  età  passata;  ma  in  parecchi  arnesi  e  masseri- 
zie molti  pure  preferiscono  l'argento  e  l'oro;  e  molti  an- 
cora odiernamente  li  profondono  nella  eontraftttura  dei 
mobili  antichi  o  rococò,  come  li  chiamano;  e,  dove  antica- 
mente Taccumulazione  delle  ricchezze  in  poche  mani  con- 
cedeva soltanto  a  pochi  il  for  uso  delle  ricche  suppellettili , 
oggimai  lo  scompartimento  maggiore  delle  facoltà  le  ha  rese 
comuni  a  tante  delle  agiate  famiglie,  onde  si  compone  la 
miglior  parte  della  società.  Ciò  pure  osserva  Tegoborsky. 

A  questi  motivi  del  rincaramento  della  moneta  si  ag« 
gioQse  fattività  mercantile  dell' America  moderna,  la  quale, 
schiava  ed  ignorante  ne'  secoli  decimosesto  e  deeimosettimo, 
cominciò  nel  susseguente  ad  ingentilirsi,  massime  nel  set- 
tentrione, e  liberatasi  dal  giogo  europeo  si  dette  a  lavorare 
e  a  trafficare  per  sé  stessa^  attraendo  non  poca  quantità  dei 
metalli  nobili,  che  a  larga  mano  le  somministrò  la  natura, 
e  di  cui  Tavea  quasi  al  tutto  spogliata  il  dominio  straniero. 
Al  dire  di  Tegoborsky ,  quattro  quinti  ne  vengono  in  Eu- 
ropa dal  Messico  e  dal  Perù  ;  la  metà  dalla  California  ;  tre 
quarti  dall'Australia. 

(i)  nevue  des  Deux  Monéte:  octobre,  18b7,  Dt  la  bai8S9 
probable  de  l'or. 


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16 

Aggiungasi  b  massa  enorine  d' oro  e  d' argeato  che  va 
nella  China  e  nelle  Indie  Orientali,  o  direttamente  sul  grande 
Oceano,  o  indirettamente  per  mezzo  degli  Europei,  che  aspor- 
tandone il  thè,  la  porcellana,  le  spezierie,  il  cotone  grq;- 
gio  e  molte  altre  merci,  lascian  quivi  una  gran  copia  dei 
metalli  americani,  i  quali  o  vi  rimangono  stagnanti,  o  con- 
vertiti in  oggetti  di  lusso  contribuiscono  al  fasto  asiatico. 
Tegoborsky  infatti  osserva  che  l'attuale  commercio  eolI'E- 
giito  e  col  Mar  Rosso,  quello  coli* India  e  colla  China,  e 
quello  segnatamente  dei  Russi  a  Kiatka  e  a  Toboisk,  vi  as- 
sorbono una  notabile  quantità  dell'oro  europeo.  «  Vero  è , 
soggiunge,  che  gl'Inglesi  esitando  alla  China  l'oppio  ed  an- 
che alcune  delle  loro  manifatture,  ne  estraggono  pure  al- 
quanto uro;  ma  una  gran  parte  di  questo  rimane  neirio« 
dia  che  ne  abbisogna  (4)  >• 

Oltre  le  quali  cose ,  il  logoramento  cui  soggiaeiono  le 
monete  pel  maggiore  uso  negli  aumentati  movimenti  mer- 
cantili ;  le  fusioni  che  ne  fanno  gli  ore6ci  e  gli  argentieri, 
massimamente  nei  paesi  dove  non  sia  attivo  il  commercio 
dei  metalli  preziosi,  a  fine  di  procacciarne  la  quantità  ri- 
chiesta dall'arte  loro  e  risparmiare  le  spese  del  saggio  e  del 
raffinamento  ;  le  rifusioni  e  i  rinnovamenti  nella  molteplice 
varietà  delle  mode,  tanto  cresciuta  oggidì;  la  manifattura 
ognor  progressiva  degli  oriuoli  d'oro  e  d'argento;  la  con- 
suetudine dei  principi  orientali  di  accumular  tesori  per  va- 
lersene nelle  circostanze  straordinarie  ;  1'  usanza  pressoché 
generale  nei  paesi  asiatici  di  nascondere  gran  parte  di  quei 
metalli  nelle  viscere  della  terra,  onde  sottrarli  agli  avidi 
sguardi  del  potere  arbitrario,  e  la  cui  notizia  muor  non  di 
rado  insieme  con  colui  che  li  sotterrò;  e  la  perdita  ohe  se 
ne  (a  nei  cosi  frequenti  trasporti  per  terra  e  per  mare, 
sono  cause  anch'  esse  d' un  progressivo  rincaramento  della 
merce  monetata. 

(1)  Ibidem. 


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47 
Pertanto  assai  lungi  dal  vero  andrebbe  ehi  non  ponendo 
mente  a  que'  fatti  e  a  quelle  cause  incontrastabili  credesse 
col  celebre  Locke  (4)  che  al  ten^po  moderno  convenga 
dare  dieci  volte  più  denaro  che  non  si  dava  sul  principio 
del  mille  cinquecento  per  ottenere  la  mercanzia  [medesi* 
ma.  Ed  anche  Chévalier  e  Tegoborsky ,  i  quali  opinano , 
essersi  il  pregio  dei  metalli  nobili  dagli  scavi  americani  in 
poi  diminuito  in  ragione  di  uno  a  sei,  mi  pare  che  facciano 
un  calcolo  esagerato.  Ma  ceno  di  tre  quarti,  e  forse,  più  ne 
avvenne  in  generale  la  diminuzione  di  quel  pregio  ;  sicché 
una  rendita  di  quattrocento  nell'età  odierna  corrisponde  in 
circa  ad  una  di  cento  negli  anni  anteriori  al  mille  cinque- 
centoventi  (8). 

Quanto  alle  future  variazioni  del  valore  delia  moneta, 
troviamo  assai  discordi  le  sentenze  dei  moderni  economisti. 
«  Qualche  tempo  fa,  tra  il  ISSI  e  il  4840,  cioè  parecchi 
anni  prima  delle  scoperte  califomesi  ed  australi,  Guglielmo 
Jaccft)  (S)  e  Pellegrino  Rossi  (4)  sostenevano  che  i  prodotti 
delie  miniere  messicane  dovessero  da  indi  in  poi  andar  de- 
crescendo, stanti  le  maggiori  spese  di  scavazione  pei  filoni 
ognora  più  profondi  e  scarsi  e  per  le  rivoluzioni  delle  co* 
Ionie  spagnuole.  Ma  il  signor  Humbold ,  viaggiatore  ed  os- 
servatore indefesso  della  natura  in  tutte  le  parti  del  mondo, 
sommo  naturalista  e  valente  politico  ad  un  tempo,  chiara- 
mente avea  pure  affermato  nel  suo  Saggio  sulla  Nuova 
Spagna^  che  «  da  cent'anni  in  qua  l'annua  produzione  di 

(1^  Delle  cause  dell'abboìtsamento  dell'interesse, 

(2)  «  Si  può  ainoieUere  che  il  pregio  del  deoaro,  come  me- 
tallo, dalla  scoperta  delle  miniere  americane  fino  ai  giorni  nostri 
sì  è  abbassato  nella  proporzione  di  tre  o  quattro  ad  uno,  »  dice 
Rosctier.  Principii  d'economia  poliiicaf  tradotti  e  commentati  da 
H.  Wolowski.  Tom.  il»  e.  4.  Parigi  1857. 

(5)  Nel  libro  :  Sui  metalli  Ji[eziosi.  On  preeious  metals. 

(4)  Cours  d'economie  politique^  dixième  le^on. 

A!«iuu.  Statistica,  voi.  XlìI,  serie  <V  3 


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18 

quelle  miniere  si  accrebbe  lo  ragione  di  ventìcinque  a  cen- 
to dieci  »  9  e  soggiungeva  «  esser  tale  l'abbondanza  dell'ar- 
gento nella  catena  delle  Ande,  che  risguardando  al  numero 
degli  stratì  dei  minerali  per  anco  intatti,  o  solo  superGcial- 
mente  scavati,  saremmo  quasi  indotti  a  pensare,  che  gli  eu- 
ropei abbiano  appena  principiato  a  godere  di  quei  ricebi 
prodotU  »•  E  in  una  più  recente  e  lodata  opera  (4),  eom- 
bauendo  que'vaui  timori,  diceva  queste  notabili  parole: 
e  Le  mal  condotte  imprese  minerali  fecero  supporre  un 
esaurimento  nelle  vene  messicane,  a  cui  si  oppone  la  no- 
tixia  geognostica  del  paese  e  il  tesUmonio  ddl' esperiema. 
La  sola  zecca  di  Zacatecas,  nei  torbidi  anni  che  eonero  dal 
4811  al  4833,  coniò  da  trecentosessanta  milioni  di  franchi; 
e  una  sola  di  quelle  vene,  la  vena  grande  (3),  obe  ò  pure 
aperta  fin  dal  secolo  decimosesto,  somministrò  dai  18S8  al 
4833  trecentoquindici  mila  seicentotreniasei  cbilogrAnmi  di 
argento.  A  mostrare,  egli  prosegue,  quale  affluenza  di  me- 
talli possa  ancora  operarsi  in  quelle  contrade  quando  la 
scienza  vi  promuova  Io  scrutinio  del  terreno,  l>aala  il  dire, 
che  presso  Sombrarete  i  marchesi  dell' Alportado  raccolaera 
in  cinque  mesi,  sopra  una  lunghezza  di  trenta  metri,  uà 
prodotto  netto  di  22  milioni  di  franchi,  e  nel  distretto  di 
Catorfc  il  prete  Giovanni  Flores  ricavò  in  trenta  mesi  di- 
ciannove milioni  di  franchi  da  una  vena  che  il  popolo  stu- 
pefallo denominò  :  la  borsa  del  Padre  Eterno  (JLa  bolsa  de 
DioB  Padre)  ». 

Credeva  il  preallegato  Jacob  che  fosse  una  prova  del 
suo  assunto  Tabbassamento  del  prezzo  dei  grani,  da  lui  os- 
servato allora,  cioè  nel  4831  ,  in  ogni  parte  del  mondo; 
ma,  concessa  eziandio  la  verità  dell'asserto  e  diffalcatene  le 


(1)  Sulle  fluUuaziofU  nella  produzione  dell'oro^  Uì  riguardo 
ull'economia  poliUea.  Deutsche  Vierteljahrssckrifl. 
(9)  La  teta  grande. 


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19 

firietki  non  poteva  esso  derivare  dai  lanti  terreni  frattanto 
diboseali  e  eokivati  ^  dalle  cosi  agevolate  comunieaiionì  e 
Mia  lunga  pace  che  aveva  dorato  per  si  gran  tempo  f  Cre- 
deva il  detto  autore  che  allo  scemamento  da  loì  supposto 
deiroro  e  dell*  argento  messicano  e  peruviano  in  Europa 
siano  per  contribuire  e  raboliaione  della  schiavitù  dei  Negri, 
per  cui  ne  venga  a  costar  di  più  la  scavazione,  e  la  natu- 
rale animosità  fra  gli  americani  del  sud  e  gii  europei ,  per 
li  quale  siasi  scemato  assai  il  commercio  fra  noi  e  quelle 
parti  ;  ma  dall'  un  canto  egli  non  tenne  alcuna  nota  delle 
iDaechine  a  vapore,  mediante  le  quali  lo  scavamento  può 
ke  senza  di  tanti  e  tanti  operai;  né  osservò  dall*  altro  ohe 
rinterruzione  e  diminuzione  dei  traffichi  tra  l'Europa  e  l'A^ 
meriea  n%n  potrebb'essere  che  di  breve  durata,  avendo  na« 
toralmente  quei  popoli  o  qualunque  siansi  gli  scavatori  di 
quelle  miniere  un  interesse  di  esitare  gli  scavati  metalli , 
perchè  altrimenti  nella  sovrabbondanza  loro  se  ne  avvili* 
rebbe  di  soverchio  il  pregio.  Certo  le  rivoluzioni,  cui  vanno 
soggetti  anche  al  di  d'oggi  codesti  paesi,  segnatamente  al 
Messico  ed  al  Perù,  riescono  un  ostacolo  ad  un'attiva  sca» 
Yazione  delle  miniere.  Ne  sofferse  particolarmente  quella 
dell'argento,  di  cui  il  Messico  abbonda.  Ma,  come  afferma 
Tegoborsky,  vi  ripara  l'oculato  interesse  delle  società  ano- 
niae  inglesi  e  francesi,  che  or  ne  esercitano  la  lucrosa  in- 
dustria. 

Meglio  previdente  delle  future  varietà  nel  pregio  dei 
nobili  metalli  era. stato  Oo  dal  secolo  scorso  (4)  il  celebre 
Ricci,  uno  dei  nostri  economisti.  «  Sappiamo,  egli  diceva, 
che  l'Oriente  per  timore  della  tirannide  tien  celata  gran- 
dissima copia  d'oro  e  d'argento,  la  quale  (come  la  ragione 


(i)  Cioè  fin  dal  1787  neir opera:  nifwrma  degl'UHiuU  pii 
mUa'eiUà  di  àiàdina.  Raccolta  dal  baroo  Custodi.  Tom.  XLI, 
pig.  270  e  seguenti. 


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potrà  forse  con  rarmi  penetrare  in  quelle  eontrade)  verri 
a  poco  a  poco  dissepolta  dalle  stesse  passioni  che  traggono 
e  spargono  il  contante  in  Europa.  Sappiamo  che  il  più  ampio 
e  fertile  continente  d'Africa  ò  anche  per  la  naaggior  parte 
inaccesso ,  e  mostra  sui  lidi ,  alle   foci  dei   fiumi ,  terre  e 
arene  lucenti,  presentissimi  indizi  di  metalli.  Sappiamo  che 
gli  africani  sulle  coste  della  Guinea  recano  i  ciottoli  argen- 
tati e  la  polvere  e  le  glebe  dell'oro ,  e  ohe  restano  ovun- 
que a  forsi  immense  scoperte  di  terre  vastissime,  delie  quali 
infaticabili  viaggiatori  o  videro  appena   o   sol   toccarono  i 
lidi.  Quindi  è  forza  dire  che  le  stesse  passioni  che  ora  di- 
sperdono gli  uomini  sopra  la  terra   li   caocieranno   ancora 
per  alcun  tempo  a  pertugiare  altri  monti,  a  dirupare  altre 
pendici,  a  tenure  aliri  pelaghi;  e  non  può  credersi  da  uomo 
di  sana  mente  che  tulio  il  gran  movimento  del  lusso  e  delle 
passioni  abbia  a  soffrire  violenta  collisione,  né  che  l'uomo 
abbia  involati  i  tesori  alla  terra,  né  che  la  natura  sia  stane» 
di  riprodurli.  »   Queste   parole,  le   quali  ancorché  scritte 
molli  anni  addietro,  pure  si  appropriano  assai  bene  allo  stato 
odierno  delle  cose ,  cioè  alle  conquiste  inglesi ,  fran/^esi   e 
russe  ed  alle  spedizioni  scientifiche   e  mercantili  europee, 
ricevono  una  conferma  dal  prelodato  Humbold;  la  ricevono 
dal  Balbi,  al  cui  dire  il  prododo  delle  miniere  e  lavature 
aurifere  dei  monti  Urali,  tiggiunto  a  quello  delle  altre  mi- 
niere e  lavature  della  Russia  orientale,  segnatamente    del- 
TAliai,  si  eleva  ad  un'  enorme  cifra  ;  e  lo  dice  anche  Tego- 
borsky;  la  ricevono  dalle  osservazioni  analoghe  di  Brogniard; 
e  più  ancora  dalla  prodigiosa  quantità  di  oro  che  tuttodì  «« 
va  scoprendo  nella  Nuova  California,  la  quale  dall'anno  1849 
in  poi    lo  fece  assai   scemare   di    pregio  in  America,  indi 
anche  in  alcune  parli  d'Europa;  ne  alzò  corrispondenlement<ì 
il  pregio  dell'argento,  e  la  cosa  giunse  a  tal  termine    ncl- 
Talterata  proporzione  dei  due  metalli  che  cagionò  scrii  ti- 
mori nelU  Francia  e  neil'  Inghilterra    e  indusse   l' Olanda , 
TAnnovcr  e  il  Belgio  a  demonetare  l'oro,   p  il  oontkiente 


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SI 
Australe}  non  rivela  una  quantica   di  mihiere  d'  ^iro  ancor  ^ 
niaflgiore  ?  E  codesta  quantità  non  potrebbe  ancora  aumen- 
tarsi per  Timpiego  di  più  potenti  ntiezzi  di  eMrazione? 

Sembrerebbe  pertanto  che  all'opposto  di  quanto  già  si 
imnìaginavano  Guglielmo  Jacob  e  Pellegrino  Rossi,  il  talora 
dell'oro  e  dell'argento  dovesse  da  quindi  innanzi  andare  an- 
i5or  decrescendo  ed  effettuarsi  l'adtico  presagio  del  Davan- 
xati  che  ^  converrà  trovare  altra  cosa  più  rara  per  fer  roo-^ 
neta  «.  Se  non  che  le  agevolate  comunicazioni  dei  popoli^ 
aumeniatrici  dei  cambi  a  cui  necessita  in  proporzione  il 
denaro  ;  V  attività  industriale  e  mercantile ,  cresciuta  a  di- 
smisura^ e  le  qtiali  perciò  accrebber  pure  a  dismisura  il  bi- 
sogno del  contante;  l'aumento  della  popolazione  generale 
del  globo,  il  quale,  secondo  i  calcoli  statistici,  supera  d'as- 
sai l'aumento  annuale  della  moneta  ;  e  il  progresso  delle 
arti  sosterranno  naturalmente  il  pregio  di  quella  e  per  la 
sempre  crescente  ricerca  di  essa,  e  per  lo  scemar  di  costo 
delle  mercanzie,  cagionato  dalla  maggior  produzione  e  dalle 
menomate  consumazioni  riproduttive.  E  qualor  anco  il  pro- 
dotto delle  miniere  avesse  a  superare  l'incremento  e  il  bi- 
sogno dell'industria  e  dei  traffichi,  l'eccesso  dei  metalli  no- 
bili troverà  facilmente  uno  sfogo  negli  utensili  d'argento  e 
d'oro  che  in  tal  caso  si^moUipIicherebbero.  La  qual  cosa 
avverrebbe  segnatamente  dell'oro,  se  mai  per  la  combinata 
influenza  delle  miniere  della  California  e  delPOceania  quel 
metallo  venisse  ad  una  troppo  scadente  proporzione  coll'ar- 
gento,  come  infatti  si  teme  (4).  Prestandosi  l'oro  ai  mede- 
simi usi  che  TargentOy  ed  essendo  d'altronde  più  duttile  e 
d' una  maggiore  e  meno  alterabii  bellezza  ^  tenderebbe  a 
rimpiazzarlo  in  una  moltitudine  di  ornamenti  e  di  suppel- 
lettili, e  cosi  potrebbe  sostenersene  il  pregio.  D'altra  parte 
anche  gli  scavi  dell'argento   par  che  possano  aumentarsi  « 


(1)  Vedi  liiobale  Ghévilier:  La  Monnaief  pag.  54SI« 


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Sf 

come  8i  raceoglte  da  parecchie  nocizie  che  oe  ne  danno  i 
giornali,  e  certo  il  faranno,  se  andranno  a  cessare  una  volta 
quelle  perpetue  rifoluzioni  del  Messico  che  ne  abbonda  tut- 
tavia; tanto  più  che  il  valore  di  esso,  accresciuto  per  lo 
scemare  di  quello  dell'oro,  dee  pure  altrarvi  l'oculato  in- 
teresse degl'intraprenditori.  Un  gran  problema  per  le  con- 
siderazioni dell'economista  sono  senz'altro  codeste  miniere 
dell'Oceania  e  della  California  ;  e,  eonforme  dice  Chévalier, 
fra  pochi  anni  si  saprà  con  una  sufficiente  approssimazione 
quale  sia  il  raggio,  dove  in  cosi  vasto  orizzonte  cessi  ciò 
che  sembra  probabile  e  cominci  ciò  che  sembra  chimerico. 
Comunque  siasi ,  e  benché  non  sia  concesso  alla  corta  no- 
stra veduta  lo  spingere  uno  sguardo  acuro  nelP  avvenire , 
non  è  malagevole  il  comprendere,  che  il  pregio  dei  me- 
talli nobili,  se  non  cadrà  nell'avvilimento,  a  ogni  modo  può 
ancora  soggiacere  nelle  vicende  dei  tempi   e   della  natura 
ad  altre  ed  altre  varietà  ;  inevitabii  destino  di  tutte  le  cose 
nostre  1  Fors'anco  vi  contribuiranno  le  cedole  di  baneoche 
in  si  gran  numero  tengono  luogo  di   moneta   in    parecchi 
Stati,  le  case  di  liquidazione  (clearing-house)  le  quali  die- 
tro Tesempio  autorevole  di  Londra  par  che  vogliano  gene- 
ralizzarsi,  e  il  diminuito  afflusso  dell'oro  verso  TAsta  cbe 
oggimai,  segnatamente  la  China,  comincia  a  cambiare  merci 
eon  merci. 

Or  poiché  il  pregio  del  denaro,  elevato  prima  della  sco- 
perta del  Nuovo  Mondo,  sminuito  appresso  di  oltre  tre  quarti 
tornò  in  maggiore  stima  dopo  il  secolo  decimosettimo ,  né 
pare  improbabile  che  abbia  ancora  ad  alterarsi ,  come  tasi 
poteva  affermare  il  Beccaria,  che  nella  guisa  istetso  che  le 
libbre  e  le  once  misurano  il  peso ,  il  piede  ed  il  braccio 
r  estensione  delle  cose,  si  misurino  dalle  monete  i  valori  ?: 
come  asserire  il  Carli  che  son  desse  la  stabile  e  comune 
misura  di  tutte  le  cose,  sentenza  a  cui  pure  si  accostarono 
que'  due  chiari  intelletti  del  Montesquieu  e  del  Condorcet? 
Tanto  é  vero ,  che  nel  fatto  della  pubblica  economia  il  se- 


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<  33 
colo  traseono  creò  e  promosse ,  ma  troTs^rasi  ancora  ben  lon- 
lino  dalla  perfeiione.  U  siaiema  mereaoUle,  quello  che  ri<^ 
eoDOSoeva  ogni  prosperità  nazionale  dalla  gran  copia  del  de- 
naro, e  che  ancor  domina  in  molti  errori  popolari,  ebbe 
orìgine  in  parte  da  quella  falsa  opinione.  È  il  denaro,  com'io 
diceva,  un  opportuno  veicolo  pei  cambj ,  anzi  la  sola  merce 
che  possa  fare  in  quelli  il  necessario  ufficio  di  misura  co- 
mune, perchè  è  quella  cosa  che  va  meno  soggetta  a  logo- 
rarsi e  a  perire ,  ed  oltre  gli  altri  requisiti ,  mentovati  di 
sopra ,  è  pure  nel  suo  intrinseco  valore  la  meno  dipendente 
dai  tempi  e  dai  luoghi,  il  che  non  si  può  dire  del  grano 
salvo  chò  in  lontani  intervalli;  ma  tutto  ciò  non  la  spoglia 
delle  qualità ,  comuni  ad  ogni  merce,  cioè  dell'  essere  più 
o  meno  pregevole,  secondochè  la  si  trovi  in  minore  o  mag- 
gior copia,  0  se  ne  abbia  un  maggiore  o  minore  bisogno: 
e  siccome,  soprappiù,  questa  è  la  merce  universale  e  la  mi- 
sura e  il  ragguaglio  delle  altre  mercanzie,  e  quindi  il  suo 
pregio,  che  si  circoscrive  al  veicolo  dei  cambj,  sta  sempre 
in  correspettìvità  del  pregio  di  quelle,  cosi  il  valore  di  essa 
talor  anco  si  alza  o  si  abbassa  secondochè  si  abbassi  o  si 
alzi  il  valore  delle  derrate  che  sono  continuamente  col  suo 
mezzo  rappresentate  e  cambiate.  Talvolta  concorre,  per  esem- 
pio, ad  abbassarlo,  una  penuria  di  materie  prime,  di  seta, 
di  uve,  quale  abbiam  pur  troppo  veduta  ultimamente,  e 
per  cui,  sostenendosi  il  prezzo  dei  relativi  prodotti,  relativa- 
mente si  abbassa  il  pregio  del  contante.  Concorre  tale  altra 
volta  ad  alzarlo  un  progresso  industriale,  onde  scemino  le 
spese  di  produzione,  la  quale  a  un  tempo  si  aumenti,  come 
avviene  nel  caso  di  macchine  introdotte,  che  ne  scemano 
conseguentemente  il  pregio  del  prodotto.  Quindi  a  gran  tor- 
to, come  ben  dice  Blanqui,  si  immaginarono  gli  uomini  per 
lungo  tempo  che  la  moneta  nella  sua  qualità  di  misura  dei 
valori  avesse  per  sé  medesima  un  carattere  invariabile,  e 
che  quando  si  paga  una  merce,  ora  più,  ora  meno,  si  avesse 
sempre  ad  intendere  e  a  credere  per  fermo  che  la  merce 


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si  fosse  cangiata  di  ralore  e  non  la  monota*  Può  allo  voho, 
succedere  ancor  questo  cangiamento:  ma  le  alterazioni  fuù 
durevoli,  quelle  che  interessano  il  presente  diseorso|,  comC; 
ben  dice  Gbévaller  (i)»  e  come  abbiam  pure  toccato  con 
roano,  derivano  dalla  minore  o  maggior  quantità  di  metalli, 
nobili  e  dal  bisogno  maggiore  o  minore  che  se  ne  abbia. 

Parte  Sboouda. 

//  /aporo  umano  e  il  frumento. 

Confutata  questa  opinione,  che  per  tanto  tempo  fu  rice- 
vuta dagli  economisti  e  domina  anche  oggidì  nelle  menti  di 
parecchi,  procediamo  a  far  parola  di  un*  altra  non  meno  ce- 
lebre sentenza,  la  quale  per  Tautorevol  nome  di  chi  la  in- 
trodusse trovò  non  pochi  seguaci  nella  Gran*Bretagna ,  iti 
Francia  ed  in  Germania.  Smith  attribuisce  al  lavoro  umano 
la  qualità  di  misura  costante  dei  valori,  perchè,  come  afferma, 
<  non  varia  mai  di  valore  (3)  ».  E  soggiunge  il  suo  dotto 
commentatore  Garnier:  «  Quantità  uguali  di  lavoro  debbono 
necessariamente  in  ogni  tempo  ed  in  ogni  luogo  avere  per 
chi  lavora  un  egual  valore  ;  perciocché  nel  suo  stato  abituale 
di  salute,  di  forza  e  di  attività,  e  secondo  l'ordinario  grado 
di  attitudine  e  di  destrezza  ond'è  suscettivo,  convien  pur 
sempre  che  egli  si  privi  della  medesima  porzione  di  liber- 
tà, di  riposo,  di  felicità.  Qualch'  elb  siasi  la  quantità  di  der- 
rate che   riceve   in  compenso  del  proprio  lavoro,  la  paga 

(i)  De  la  baisse  probable  de  l'or:  Revue  des  Deax  Mondes, 
1  octobre  1857. 

(2)  «  Il  lavoro,  egli  dice  (Ricerche  sulla  natura  e  le  cauxe 
della  ricchezza  delle  nazioni,  I.  I,  e.  V)«  è  la  sola  misura  uni- 
versale, la  soli  esatta  dei  valori,  la  sola  che  possa  servire  a  pa- 
ragonare i  valori  delle  varie  merci  in  tutte  le  epoche  e  in  tutti  i 
i  luoghi  t». 


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sempre  ad  un  medesimo  prezzo:  il  qoalein  vero  può  com^ 
prore  quelle  derrate  quando  in  maltiere,  quando  in  minor 
copia,  ma  varia  non  gii  il  valore  del  lavoro  che  compra  « 
beasi  quello  delle  cose  eoroproté.  In  tutte  le  età,  in  tutti 
i  paesi  è  caro  ciò  che  C09ta  molto  lavoro  ad  acquistarsi ,  dove 
è  a  buon  mercato  quello  che  V  uomo  può  procacciarsi  con 
poco  lavoro;  epperò  il  lavoro,  non  variando  giammai  nel 
SQo  pregio,  si  ha  da  avere  per  b  sola,  reale  e  diffloìtiva  mi* 
sarà,  la  quale  possa  servire  in  tutti  i  tempi  ed  in  tutti  f 
hioghi  ad  apprezzare  e  paragonare  il  valore  di  tutte  le 
merci  (I)  ». 

Tale  è  il  parere  dei  due  illustri  economisti ,  al  quale  si 
accosta  quello  del  barone  di  Herzberg.  Ma  lasciando  anche 
stare  che  non  vi  si  tiene  alcuna  nota  della  precedente  istruì 
lione  degli  operaj,  delle  varie  abiliti,  delie  differenti  forze 
tunane  e  fisiche  e  morali,  e  delle  macchine  impiegate  o  no; 
dall' aver  sempre  una  certa  quantità  di  lavoro  lo  stesso  va- 
lore per  chi  lo  presta  già  non  ne  conseguita  che  esso  abbia 
sempre  il  medesimo  valore  cambiabile,  ovvero  che  conservi 
lo  stesso  pregio  per  chi  lo  toglie  a  locazione;  giacché  il  la- 
voro umano  è  anch'  esso  una  merce  contrattabile,  e  quindi 
al  pari  di  qualunque  altra  merce  può  essere  più  o  meno 
offerto,  più  0  meno  ricercato;  ed  il  suo  valore  cambiabilci 
il  quale  non  altrimenti  che  ogni  altro  simil  valore,  viene 
determinato  nella  eontroversia  fra  chi  lo^  vende  e  chi  lo 
compra,  si  cangia  di  sua  nftura  col  cangiarsi  delle  circo- 
stanze. Rossi  agitando  qtiesta  questione,  osserva  che  e  altro  è 
l'oggetto,  altro  il  valore  di  esso  ;  quello  invariabile^  variabile 
questo  (3)»  osservazione  la  quale  non  manca  di  giustezza; 
ma  io  invece  direi,  che  altro  è  il  valor  milurale,  altro  il 
valor  cambiabile  o  riconosciuto  ;  e  Teconomista,  la  cui  scienza 


(1)  V.  nota  IX,  air  opera  di  A.  Smith. 

(2)  Cimrs  d'economie  polUique:  Neuvième  Le^n.. 


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è  la  riccbesii^  aoo  riaguarda  che  a  qtieai*  ultimo  il  quale 
solo  può  farlo  ricco  o  povero.  L' errore  ala  oej  coofandere 
il  valor  naturale  aaaololanieiiie  cooaiderato ,  cioè  quello  cui 
avverte  il  filoaofo,  eoo  caso  valore  io  cambio,  di  cui  noi 
dobbiamo  eaclusivamente  occuparci,  ae  già  non  ai  vestii 
uscir  di  strada  ed  avvilupparci  in  un  siffatto  labirinto,  da 
non  trovare  il  filo  per  uscirne.  Ora,  se  per  deierminare  il 
valor  naturale  basta  un  solo,  cioè  colui  che  lo  presta,  per 
determinare  il  valore  cambiabile  ci  voglion  due,  chi  roCEre 
e  chi  lo  ricerca;  é  questo  avvien  pure  del  lavoro;  che  ma* 
teriale  com*  è,  viene  ad  essere  una  merce  anch'esso,  giasta 
la  atessa  scuola  inglese. 

Che  ami,  come  bene  avverte  lord  Lauderdale  (1),  oneo- 
tre  il  pregio  di  ogni  cosa  si  va  mutando  ià  quattro  casi,  vale 
a  dire  a  corti  e  a  luoghi  intervalli  di  tempo ,  in  paesi  di- 
versi e  in  varie  parli  dello  stesso  paese,  ma  in  generale  non 
soggiace  a  varietà  nel  medesimo  tempo  e  nel  medesimo 
luogo;  per  lo  contrario  il  lavoro  ha  la  singolare  proprietà 
di  variar  di  costo  nel  tempo  e  nel  luogo  isteaso.  Che  ne 
varii  in  eorti  intervalli  di  tempo ,  lo  dimostra  T  industria 
agricola,  la  quale,  richiedendo  m^gior  numero  di  operaj 
ne*  giorni  della  mietitura  e  della  raccoha  che  non  nel  rini- 
nente  dell'anno,  ne  accresce  perciò  le  mercedi:  e  lo  stesso 
Adamo  Smith  ci  inrorma  pure,  che  «  al  sopravvenire  d'oni 
guerra  quando  40  o  50,000  marina],  tolti  dal  commereio 
niariuimo,  passano  sulle  navi  del  re  d' Inghilterra,  mancano 
gli  uomini  alla  marineria  mercantile,'  che  ne  fa  quindi  ri- 
cerca con  una  aollecitudine ,  pari  alla  scarsezza  loro,  onde 
t  salarj,  che  per  T  ordinario  ammontano  a  34  in  37  scdti- 
ni  il  mese ,  ascendono  in  quella  circostanza  fino  a  due  ed 
anche  a  tre  lire  sterline  (3)  ». 


(I  )  Mecherehes  $ur  la  nature  el  l'origine  de  la  richesse  pi^ 
bHque:  tradoit  de  l'anglafs  par  B.  Lageatie  de  Lavalsse:  eh.  l 
(3)  ilfcdkifxa  delle  naziùni,  I.  I ,  cap,  X. 


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Relativamente  alle  epoche  loDiane»  per  non  discoetarnìi 
da^  esempi  britanotcL  sempre  fecondi  di  utili  congetture 
e  teorie^  risulta  dai  computi  statistici»  che  il  lavoro  vi  si 
pagò  più  caro  nel  secolo  dedmottavo  che  oelF  anteeeden<> 
te:  eppure  abbiamo  già  dimostrato,  essersi  il  pregio  del  con- 
tante dal  secolo  decimosettimo  in  poi  anzi  sostenuto  che  av* 
vilito;  laonde  bisogna  pur  credere  che  una  tal  variazione 
derivasse  piuttosto  dalla  richiesta  dell'opera  umana,  fsttasi 
assai  maggiore  dopo  il  4750,  mercè  i  rapidi  progressi  del* 
r  indusuria  e  del  commercio  inglese.  E  se,  per  mala  ventura 
deir  Inghilterra,  gli  stipcndj  dei  lavoranti  or  vanno  soletti 
a  tristi  vicende  e  sono  V  occasione  di  frequenti  rivolte  e  som* 
mosse,  già  non  ne  deducono  ì  politici  la  causa  dal  caro  delle 
monete,  onde  iinzi  i  viveri  eosterebbero  assai  meno,  ma  in- 
vece  dalle  azzardose  intraprese  e  dalla  non  rara  spropor- 
zione fra  i  prodoui  manifottori  e  T  esito  dei  medesimi,  pei 
ealcoli  follaci  9  pei  dazj  protettori  dell' industria  nazionale 
nella  terraferma  europea,  e  piò  ancora  per  l'avanzamento 
di  questa  in  ogni  ramo  di  quella,  sicché  talvolta  agli  intra- 
prenditori  della  Gran-Bretagna  altro  espediente  non  rimane 
per  iscampare  dair  imminente  rovina  che  il  diminuire  le 
mercedi.  D*  altra  parte,  come  il  lavoro  umano  potrebb'  essere 
misura  ordinaria  dei  valori  nell'antichità  greca  e  romana, 
quando  per  l' ordinario  esso  era  eseguito  dagli  schiavi?  Come 
calcolare  per  tal  mezzo  le  ricchezze  antiche  nelle  ricerche 
antiquarie  e  storiche,  a  coi  oggidì  tanto  si  interessano  i 
dotti? 

E  per  parlare  ancora  di  epoche  eventuali,  alle  volte, 
in  una  penuria  di  viveri,  il  pregio  del  lavoro  si  abbassa,  of- 
frendolo in  quella  circostanza,  oltre  i  consueti,  coloro  i  quali 
non  possono  più  mantenersi  con  ciò  che  loro  bastava  dap- 
prima. Eppure  gli  economisti  sostengono  il  contrario,  e  con 
ragione  nella  più  parte  dei  casi;  ma  ne  videro  una  singo- 
lare eccezione  in  Lombardia  nel  4847*  Tanto  difficile  a  de- 
terminarsi è  questa  varietà  del  prezao  dei  lavori»  che  sfugge 
talora  ogni  regola  speculativa! 


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ss 

Quanto  alia  varietà  dei  luoghi ,  o*  informa  A  prelodato 
Humbold,  che  gli  operai  degli  Stali  Uniti  d'America  costano 
un  terzo  più  che  in  Francia  i  quantunque  il  vaiseote  del 
denaro  in  quelle  parti  «  eccetto  la  Califoroftaf  ai  mattieoga 
maggiore  ohe  npn  in  Europa  <  per  la  sempre  crescente  at- 
tività deirindustria  e  della  mercatura,  ai  cambi  moltepliei 
delle  quali  fa  d*uopo  un  assai  numeroso  contante,  i  cui  in- 
teressi riescono  per  conseguenza  più  alti  che  altrove;  ma- 
nifesta prova  che  la  ricerca  del  lavoro  e  non  altro  ne  aha 
le  mercedi  fino  ai  tre  ed  anche  ai  quattro  franchi;  onde 
i  viaggiatori  vi  trovano  i  giornalieri  assai  meglio  provvisti 
di  vitto,  di  alloggio  e  di  vestito.  E  passando  dalle  grandi 
alle  piccole  distanze,  in  un  paese  medesimo  quanto  non  dif- 
feriscono le  mercedi  dei  lavoranti?  La  maggiore  o  minore 
richiesta  del  lavoro,  le  differenzia  fra  Tagricohura  e  le  ma- 
nifatture, e  nelle  ani  istesse  fra  il  sarto  e  il  tenitore,  fra 
i  produttori  delle  merci  correnti  e  quelli  delle  preziose  ;  e 
per  valermi  delle  parole  medesime  di  Smith,  in  contrad- 
dizione alla  di  lui  sentenza:  «  a  Londra  e  ne' suoi  eontoroi 
il  prezzo  del  lavoro  si  mantiene  più  elevato  che  ad  alcune 
miglia  di  lontananza  ;  più  basso  ancora  lo  sr  trova  in  Isoo^ 
zia ,  dove  pur  varia ,  sebbene  non  cosi  come  nell'  Inghil- 
terra »•  Or  chi  non  vede  provenir  ciò  dal  maggiore  o  mi- 
nor bisogno  degli  operai  nelle  varie  parti  del  Regno  Unito? 

Il  lavoro  umano  va  dunque  soggetto  anch'esso  a  quelle 
quattro  cause  di'  alterazione  nel  pregio,  cui  le  merci  tutte, 
tutti  i  valori  economici  comunemente  soggiacciono.  Ma  ooa 
è  tutto;  questa  pretesa  idea  d'ogni  valore  naanea  infino 
della  qualità,  ehe  pur  hanno  tulle  le  cose  venali  di  essere 
nello  stesso  tempo  e  luogo  una  vera  misura  dei  valori  ;  per 
convincercene  della  quale  verità  bastino  le  seguenti  parole 
del  medesimo  Smith  (4):  «  in  nessuna  parte  si  può  real- 


fl)  imetnt  li»,  h  cap.  8. 


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S9 
BMDte  appreisare  il  vabrt  del  lavoro,  giacohè  in  un  luogo 
iste«o  si  Vede  sovente  la  medesima  Tatica  oilenere  diffe- 
remi  oompensi ,  non  .  solo  io  ragione  dell'  altitudine  degli 
operai^  bensì  aoeora  della  liberalità  o  strettezza  dei  padroni.  » 
E  veramente  »  diee  qui  lord  Lauderdale  :  «  queste  varietà 
debbono  infatti  intendersi  del  valor  reale  del  lavoro  e  non 
di  quello  del  denaro,  formando  questo  nel  medesimo  tempo 
e  nel  luogo  medesiipo  un'  esatta  misura  d' ogni  valor  ve* 
naie.  » 

Soprappiù  per  i^n  altro  motivo  può  variare  il  pregio  del 
lavoro  secondo  la  ricerca  e  l' offerta.  Se  sianvi  molti  capi- 
tali relativamente  al  numero  degli  operai ,  il  lavoro  è  ad 
alto  prezzo,  ^  questo  si  avvilisce,  se  in  proporzione  della 
populaziooe  siano  scarsi  i  capitali,  il  capitale  è  la  base  di 
pgoi  industria,  quindi  anche  la  misura  del  pregio  del  la- 
voro. Se  poi  qualcuno  volesse  dire  che  intanto  il  lavoro  . 
può  avere  un  prezzo  assoluto,  in  quanto  le  mercedi  rioe* 
vono  la  loro  misura  invariabile  dai  bisogni  reali  dell'uoifto, 
rispondo  che  qtiesti  ne  possono  indicare  il  limite  minimo, 
ma  non  il  medio  e  il  massimo ,  dove  appunto  si  scorgono 
le  varietà  cagionate  dall'attività  industriale  e  dalla  quantità 
dei  capitali.  1^  quali  osservazioni  tutte  manifestano  la  fal- 
lacia dell'opinione  di  Adamo  Smith  e  più  ancora  del  mar- 
chese Garnier  e  del  barone  di  Herzberg,  i  quali,  traviati 
il  pari  di  tanti  altri  ingegni  dall'amor  del  sistema,  conces* 
sero  air  umano  lavoro  assai  più  che  la  di  lui  essenza  me- 
desima e  le  mepii  degli  uomini  non  gli  concedono. 

Chiunque  intenda  alcun  poco  1'  essenza  dei  valori  e  le 
loro  varietà  non  può  fare  che  a  prima  vista  non  si  accorga 
non  potersene  avere  misura  perfetta  ;  perchè,  come  non  po- 
trebbe servire  a  misurar  la  lunghezza  e  la  quantità  delle 
cose  ciò  che  varii  di  dimensione,  cosi  neanche  quello  che 
varia  nel  proprio  valore  potrebb' essere  una  norma  sicura 
per  conoscere  il  valsente  delle  altre  cose;  e  di  valute  im- 
mutabili né  la  natura  né  l'arto  pe  ne  somministrarono  6- 


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noni.  Come  ben  dke  Giuseppe  Garnter ,  I*  odierao  autore 
degli  Etementi  di  economia  politica  :  «  non  0i  può  appres- 
sare la  quantità  assoluta  del  valor  d*  una  cosa ,  ma  solo  la 
relativa  e  comparativa  ^  perchè  il  valore  d*una  merce  non 
esiste  per  sé  medesimo,  astrazione  Tetta  da  ogni  compara- 
sione,  bensì  col  mezzo  di  questa.  » 

Ma  dovremo  noi  dunque  mancare  d*una  regola  certa  per 
valutare  le  cose  mercatabili?  Dove  trovare  in  tal  caso  la  veri 
equità  dei  cambi  e  dei  contratti,  che  è  pure  il  sostegno 
precipuo  d*  ogni  commercio  ?  Alla  quale  obbiezione  si  ri- 
sponde  che,  non  eccettuata  la  matematica,  la  quale  inraiii 
non  trovò  per  anco  la  quadratura  del  circolo,  in  ogni  scieint, 
in  ogni  umana  faccenda  conviene  sostituire  airevidente  cer- 
tezza i  calcoli  della  probabilità  o  di  approssimazione  che 
dir  si  voglia;  i  matematici  li  spinsero  Ano  alla  cento  qua- 
rantesima decimale,  onde  non  altrimenti  che  pure  si  pratica 
nei  consigli  dei  magistrati  e  nelle  più  nobili  discipline,  dob- 
biamo anche  nel  fatto  dei  valori  stareene  contenti  ai  com- 
puti approssimativi ,  come  anche  fanno  gli  economisti  e  i 
dotti  odierni,  Gamier,  Coquelin,  Bdck,  Dureau  de  la  Malie, 
Letronne  ed  altri  parecchi.  Negli  usi  comuni  della  vita, 
quando  aocada  paragonare  il  pregio  di  due  cose,  non  distanti 
fra  loro  per  intervalli  di  tempo  e  di  luogo,  qualsivoglia 
derrata  che  abbia  un  valore  può  somministrarci  un'idea  più 
0  meno  prossima  del  valore  di  un'altra:  cosi,  per  cagione 
d'esempio,  tatle  le  derrate  ch'io  posso  comprare  con  un 
tallero  valgono  le  une  le  altre  ;  cosi  una  casa  che  si  cam- 
biasse con  venti  cavalli  di  pari  costo  varrebbe  il  doppio  di 
qualunque  prodotto  che  si  potesse  acquistare  per  dieci  ca- 
valli di  quel  prezzo  ;  e  manifesta  ne  appar  la  ragione  dove 
si  rifletta  essere  il  valore  d' una  medesima  cosa  nel  tempo 
e  nel  luogo  istesso  un  Valore  unico,  pressoché  imuiutabik 
llsso,  determinato,  e  poter  quindi  farci  conoscere  le  ugua- 
glianze 0  differenze  di  ^Itrt  valori,  qualora  di  mano  in  mano 
b  si  raffronti  ad  essi.  Che  Se  per  determinare  ri   valsente 


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d'ai»  cosa,  anehe  fuori  dei  etsi  di  compra  e  vendila,  ci 
tagliamo  in  preferenra  dei  metalli  preziosi  ridoui  a  moneta, 
ciò  avviene  a  seansamento  dì  dubbi ,  d' indugi  e  di  fatica , 
esseado  il  pregio  d*una  certa  quantità  di  danaro  più  gene- 
relaente  noto  di  ogni  altro,  sunte  quella  pubblica  attesta- 
uooe  del  peso  e  del  titolo,  e,  come  si  disse,  la  merce  uni- 
f ereale,  che  rappresenta  tutte  le  merci  per  le  già  dimo- 
strate ragioni. 

Ma  parecchie  difficoltà  insorgono  nel  calcolare  la  diffe- 
renza dei  valori,  anche  per  via  di  approssimaaione ,  in  età 
diverse  e  lontane:  la  quale  calcolaaione  è  pur  mestieri  ta- 
lora, 0  per  le  indagini  storiche  della  rìccheEsa  degli  antichi 
0  del  medio  evo,  in  cui  commisero  errori  madornali  pareo- 
ehi,  pur  riputati  scrittori,  o  per  interpretare  o  fare  stipu- 
lazioni ad  epoche  remote,  come  sarebbe  a  dire  un  censo 
eafiteoiico.  Dove  or  dunque  troverem  noi  la  necessaria  mi- 
sura per  valutare  i  pregi  delle  cose  in  tempi  dbtaniì  ?  Non 
già  nei  naetalli  preziosi,  perchè,  conforme  si  vide,  la  minore 
0  maggior  copia  di  essi  ed  il  maggiore  o  minor  bisogno 
che  ne  abbia  l'industria,  in  diversi  e  lontani  tempi,  quando 
ne  accrescono ,  quando  ne  scemano  il  valore  ;  molto  meno 
Del  lavoro  umano  per  le  accennate  ragioni  ^  segnatamente 
oell'aniichità  greca  e  romana  allorché  lo  eseguivan  gli  schiavi» 
Però  mi  sovviene  di  aver  detto  più  sopra  esservi  una  iter* 
rata  di  cui  giovandosi  per  nutrimento  comune  le  nazioni 
europee,  ne  fu  sempre  sostenuta  la  ricerca  dalla  necessità; 
e  quindi,  sebbene  da  un  anno  ali*  altro  soggiaccia  a  parec- 
chie vicissitudini  di  pregio,  nulladimeno  a  lunghi  intervalli, 
proporzionandosi  la  popolazione  degli  Stati  all'abbondanza 
0  penuria  di  quella,  non  ne  calò  né  se  ne  accrebbe  il  co- 
tto in  ragione  di  èsse,  perchè  eoll'inoremento  o  la  diminu- 
zione della  quantità  di  tal  mense  nei  giro  degli  aimi  se  ne 
aumentò  o  diminuì  ben  anco  la  consumaaione.  Questa  der-* 
rata,  come  pur  dìnu  è  il  frumento;  il  cui  prezzo  convieii 
credere  che  fosse  per  adequato  a  un  di  presso  il  medesimo 


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ifi  o^Qt  età  ;  ma  si  avvaria  ad  un  teoopo,  significare  le  pa- 
role per  adequato  e  a  un  di  presso  ti  valor  medio  della 
merce  alimedlariaf  o  per  dir  la  cosa  altrimenti,  doversi  ade- 
quare per  un  medio  proporzionale  l'un  anno  eoiraltro,  giac- 
ché, se  il  grano  non  variò  notabilmente  di  valore  a  luo- 
ghi intervalli  di  tempo,  per  altra  parte  chi  voglia  fame  la 
base  d'un  computo  qualunque  non  dee  dimeottcare,  avere 
pressoché  sempre  differito  da  un  anno  ali*  altro  la  raocolu 
di  esso,  onde  in  questo  ne  fu  penuria,  ne  decadde  in  quello 
per  Tàbbondansa  il  prezzo,  alternandosi  di  continuo  questa 
vicenda,  ma  contenendosi  pur  sempre  o  presso  a  poco  en- 
tro certi  confini,  che  costituiscono  appunto  quel  valor 
medio. 

Io  non  nego  a  Rossi,  che  il  proporzionarsi  della  popola- 
zione ai  mezzi  di  nutrimento  proceda  lentamente  di  sua  na- 
tura, e  che  in  tali  casi  v'abbiano  perciò  delle  età  transito- 
rie, cosi  nell'incremento,  come  nel  deci;emento  di  quella; 
ma  poiché,  come  dice  anch'  egli  in  un  altro  luogo,  i  mate- 
matici istessi,  i  quali  non  potrebbero  mai  giungere  alla 
quadratura  del  circolo,  pur  nei  calcoli  decimali  si  contea* 
(ano  di  quelli  che  meno  se  ne  discosuino,  perché  non  fa- 
rem  noi  lo  stesso  per  la  misura  dei  valori?  Ora,  dei  me- 
talli nobili,  del  lavoro  umano  e  del  grano,  quale  é  la  mi- 
sura che  a  grandi  distanze  di  tempo  meno  si  discosta  dal 
vero?  Le  cose  già  dette  dimostrano  evidentemente,  esser 
quella  il  grano ,  il  cui  pregio ,  quantunque  in  quel  lento 
proporzionarsi  alla  popolazione,  cioè  nelle  epoche  di  trau: 
sizioiie,  possa  variare  alquanto,  a  ogni  modo  varia  assai  me- 
no che  non  variarono,  giusta  le  precedenti  dimostrazioni,  i 
metalli  preziosi  e  il  lavoro  umano.  Assai  più  che  in  mate- 
matica i  nostri  calcoli  son  pur  troppo  dì  approssimazione; 
uè  perciò  conviene  rinunziarvi,  nft  tampoco  vi  si  rinunzia. 
Ncppur  io  il  dissi  valore  assoluto^  si  bene  approssimativo  e 
il  meno  incostante*  quale  in  iproposito.  di  valori  possiamo 
spVrar  di  trovarlo  :  e  ad  epoche  distanti  non  vi   si   presta 


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83 

ebe  il  ^rano.  Cosi  pur  peosano  e  Leber  (4)  e  Michele  Che- 
valier;  il  quale  ultimo  dice,  esser  bensi  d'anno  in  anno 
▼ariabile  il  prezzo  dei  grani,  ma  per  adequalo  e  a  grandi 
distanze  di  tempo  variare  assai  meno  che  1*  oro  e  l' argen- 
to (i).  Né  pensa  altrimenti  1*  autorevole  Tegoborsky  (3). 

V'ha  pur  chi  dice  non  potersene  av^re  una  norma  si« 
cura  in  que'  tempi,  ne'  quali  si  ignori  a  quanto  ne  am- 
montassero le  spese  di  produzione.  Ma  egli  ignora,  che,  se 
codeste  spese  sono  calcolabili  e  valutabili  dall'  economo  pro- 
duttore, esse  non  diventano  perciò  la  regola  dei  prezzi,  la 
quale  viene  determinata  dalla  ricerca  e  dall'offerta,  cioè 
dal  mercato  con  cui  ai  consigliano  i  produttori  medesimi,  e 
il  quale  si  regola  secondo  la  quantità  e  il  bisogno  della 
derrata. 

Venendo  per  tanto  al  caso  nostro,  e  seguendo  l'esempio 
delle  più  reputate  Accademie  e  dei  dotti  i  più  coscienziosi, 
lo  storico  e  lo  statistico,  a  cuij  per  esempio, .  piaccia  di  vé- 
riBcare,  se  un  cavallo,  una  pecora  costassero  più  o  meno 
fra  gli  antichi  che  fra  i  moderni ,  investigherà  quanto  fru- 
mento^ dovasi  allora  per  riceverne  una  pecora  o  un  cavallo, 
ovvero  quanto  grano  si  comprava  con  la  moneta,  cioè  con 
l'oro  o  con  l'argento  monetato  che  pagava  que'  due  valori, 
e  quindi  potrà  dedurre  in  via  di  approssimazione  le  diffe- 
renze eoi  tempi  nostri,  e  valutare  nel  miglior  modo  possi- 
bile r  antica  e  la  moderna  ricchezza  :  sopra  di  che  possono 
consultarsi  per  l'antichità  il  Bóck,  Dureau  de  la  Malie  e 
Letronne,  pel  medio  evo  Leber  e  Cibrario.  Qualora  poi  vo- 
gliasi stipulare  per  tempi  remoti ,  come  sarebbe  a  dire  un 
censo  eofiteotico,  già  non  conviene  il  farlo  in  oro  od  argon- 


(i)  Essai  sur  Vappréciatian  de  la  fortune  pri9eé  au  moyen 
ége. 

(2)  La  Mannaie,  pag.  92»  S59,  240. 

(3)  Des  gites  av^ifères:  pag.  217. 

Amuu.  StaUsiica,  voi.  XXf/.  serie  I.*  5 


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34 

lo ,  U  quale  o  per  la  scoperta  di  nuove  miniere  o  per  al- 
tre circostanze  potrebbe  variare  assai  di  valore;  e  mollo 
più  fa  d'uopo  il  guardarsi  dal  contrattare  in  moneta  nomi* 
naie,  potendo  questo  nome  applicarsi  dai  governi  a  diverse 
valute;  ma  si  bene  gioverà  il  patteggiare  in  grano;  cioè 
determinare  una  somma  d' oro  e  d' argento  equivalente  ad 
una  tal  misura  di  grano;  perchè  influendo  le  già  dette  ra- 
gioni sopra  ciascuna  età ,  quel  che  accadde  per  lo  passato 
dee  non  meno  effettuarsi  neU'  avvenire  :  e  per  lai  guisa  i 
posteri  non  avranno  a  dolersi  della  negligenza  o.  dell'igno- 
ranza degli  avi. 

Quali  e  quante  conseguenze  non  provennero  iofatli  da 
quel  si  notabile  abbassamento  dei  metalli  nobili ,  osservato 
di  sopra!  È  vero^  che  influendo  codesta  diminuzione  di 
pregio  della  merce  universale  sopra  tutte  le  merci ,  e  ve- 
nendo lune  perciò  a  costar  più  di  prima  «  un  sioiiie  rio- 
caramenio  riesce  soltanto  apparente  per  chi  compra  e  ven- 
de, perchè  il  denaro  altro  non  è  che  un  veicolo  dei  eambj» 
la  forma  intermedia  che  assumono  le  derrate  per  cambiarsi 
le  une  colle  altre  ;  e  il  cambio  in  tal  caso  si  fa  tra  prodoUi 
e  proiioiti;  e  nulla  importa  se  queir  intermedio  sia  due  od 
uno,  purché  il  divario  non  avvenga  nel  pregio  correspetti- 
vo  di  essi  prodotti  cambiali.  Ma^  è  vero  non  meno  che  lo 
scemar  di  pregio  della  moneta  pregiudica  agli  interessi  di 
ohi  senza  avere  merci  da  vendere  tragga  la  propria  entrata 
dair  annua  riscossione  di  censi,  di  rèndite  perpetue,  di  affiui 
di  lunga  durata,  di  stipendj  o  pensioni,  le  cui  somme  non 
valgono  più  lo  stesso  per  V  avvenuto  incaramento  delle  der- 
rate. Siccome,  giusta  le  cose  dette,  l'argento  aveva  sul  prio* 
cipio  del  secolo  decimosesto  un  valsente  quattro  volte  mag- 
giore che  non  ebbe  verso  la  (Ine  di  esso ,  da  quest'  epoca 
in  poi  si  comprò  con  quattro  onci  e  di  argentò  ciò  che  pri- 
ma compra  vasi  con  una,  e  le  rendite  sopraddette  ne  furono 
quindi  scemate  di  tre  quarti  e  più.  I  falli  ne  dimostrarono 
Id  realtà.  Guglielmo  Jacob  nella  ricordata  epera  sui  metalli 


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85 
preziosi,  parlando  degli  effèlU  cagionati  nel  secolo  decimo- 
sesto  in  Europa  dallo  scemamento  di  pregio  delle   monete 
d'oro  e  d'argento  per  la  gran  copia  venutane  dairAmcriea, 
riporta  un  dialogo  di  Guglielmo  Shafford ,  intitolalo  e  Al- 
cune idee  sui  beni  di  questo  regno  d* Inghilterra  »,  e  un 
discorso  del  vescoYO  anglicano  Latimer  ad  Odoardo   Sesto, 
Tuno  e  1*  altro  del  secolo  predetto,  da  cui  si  raccoglie  che 
quegli  effetti  realmente  accaddero:  i  quali  documenti  sono 
pure  avvertiti  dal  Rossi  colle  analoghe  considerazioni   (4). 
Ne  abbiamo  un'  altra  prova  in  un  Memoriale ,  presentato  a 
Caterina  de'  Medici  dalla  città  di  Bordeaux,  in  cui  si  muo- 
n  lunga  lagnanza  di  codesti  effetti  medesimi,  e  del  quale 
io  debbo  la  notizia  a  Blanquì  FAiné  (2).  Gos^l  pure,  làdo« 
ve  gli  affitti  erano  dì  assai  lunga  durata ,  siccQUìe   nell'  In- 
ghilterra, i  proprietari  delle  terre,  allora  gentiluomini  per 
la  più  parte,  ne  soffersero  un  danno  enorme  ;  e  per  lo  con- 
trario si  arricchirono  assai    gli   aiYittajuoIi   e  i  manifattori , 
che  vendeano  ad  un  prezzo  molto  elevato  i  prodotti   loro, 
il  che,  come  osservano  e  Rossi  e  Chévalier  (3),  ha  contri- 
buito alla  elevazione  della  classe  mezzana  o  terzo  stato,  che 
quiiuli  cominciò  a  gareggiare  di  ricchezza  con   la   nobiltà* 
Ignorandosi  a  quel  tempo  le  teorie  della  scienza  economica 
ed  essendo  Tatale  agli  uomini  che  debbano  passare  tra  met- 
to a  molti  errori  ed  a  molte  sventure  prima   di   giungere 
ad  una  verità  poKtiea  fondamentale,  e  gli  interlocutori  del 
Dialogo  mentovato  e  il  vescovo  anglicano  ed  i  cittadini  di 
Bordeaux   attribuivano  la  causa  di  quello  sconcerto  a  tut- 
t' altro  che  alla  sovrabbondanza  delforo  e  deirargento  :  ma 
tutti  però  faceano  solenne  testimonianza  dell'universale  disa- 

(1)  Caurs  d'economie  polilique:  Dixièine  Le^on. 

(2)  Hisioire  de  l'economie  polilique:  T.  I»  pag,  574.  Il  Me- 
moriale è  del  158(y  sotto  il  titolo  :  tt  Discours  sur  l'excessive  cherté 
presente  à  la  rcìne ,  mère  da  roi,  par  un  sien  fidèle  serviteiu*  «• 

(3)  La  Monnaie:  pag.  195,  196. 


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S6 

gio,  la  cui  causa,  per  le  ragioni  addotte  di  sopra,  era  quella 
che  81  accennò;  e  se  in  codesta  età  hi  ignota  agli  ingegni 
volgari  non  mostrò  di  ignorarla  il  Datansati  (f  ),  né  la  igno- 
rò il  Padre  Moncada  (3).  Or  dunque  da  che  provennero 
questi  sconcerti  nelle  private  fortune,  se  non  dair  errore  di 
risguardare  il  denaro  come  una  misura  invariabile  dei  va- 
lori? Quanto  s^re|)be  stato  meglio  il  riporre  questa  nel 

grano? 

Professore  4^drea  ìkfnbelli, 

-^oOo-^ 

ItoUe  totMvstoBi  di  SieseAMBm  ^M^lta  «Ittà  e 
provisela  di  Veiirala<  studj  stùrìcO'economkO'Stor 
iistìd  del  conte  PIER  lilJIGI  BEHPO  (S)»  Rapporto 
di  €iiw9eppe  9neehé  letto  alC Accademia  fisio-tncdlCO' 
etatistica  nella  seduta  44  aprile  4899^ 

ilLllorehò  si  studiano  gli  istituti  di  beneficenza  delle  cento 
città  italiane,  si  affacciano  tosto  allo  sguardo  dello  statistico 
due  località  che  appajono  le  più  ricche  di  opere  pie  e  che 
pure  non  bastano  al  ris(»tto  della  pubblica  miseria.  Sono 
queste  le  due  città  di  Roma  e  di  Veneslat 

Si  neir  una  ohe  neir  altra  la  pubblica  misericordia  prò* 
fonde  annui  tesori  per  alleviare  i  mali  dell'indigeasa  e  que* 
sta  ricompare  ogni  anno  sempre  più  querula  di  prima. 


(i)  Lezione  delle  monete*  «  Queste  ricche  oaviga«ioai  tuo 
(atto  crescere  I  pregi  delle  cose,  »  egli  dice. 

(2|  PoQ  Saqcho  de  Moncada,  oeir  opera  =;:  «  Hestauracioo  pò* 
litica  de  Bspana  »  —  Con  la  abondancia  de  oro  y  piata  ha  ba^ado 
su  valor  y  consegaleotementc  ha  subido  ci  de  lo  qae  se  compra 
con  la  moneda. 

(3)  Un  voi.  i.n-8,'  ai  pag.  504, 


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87 

Era  quindi  a  desiderarsi  efae  qualche  persona  eolia  e 
dabbene  avesse  a  studiare  da  vicino  le  pie  opere  state  isti- 
tuite  in  queste  due  città  per  otfrircli  aimeno  i  dati  onde  ri- 
solvere r  ardua  problema  della  pubblica  miseria  resa  insa- 
fiata  ed  insaziabile^ 

Àll^  illustrazione  degli  istituti  di  carità  di  Roma  si  pre- 
sto,  anni  sono,  l'abate  Monchini  ora  cardinale  di  Santa  Gbie- 
sa,  ed  all'illustrazione  della  beneflcenza  veneta  ora  si  accinse 
il  benemerito  conte  Pier  Luigi  Bembo,  già  noto  ai  buoni 
per  altri  scritti  diretti  a  promuovere  utili  istituzioni.  Noi 
confrontammo  queste  due  opere  illustrative  e  dobbiamo  dar 
francamente  la  preferenza  a  quella  del  conte  Bembo  i  per 
una  maggiore  profondità  di  vedute  economiche  e  per  un 
più  ricco  corredo  di  sapienza  civile^ 

Il  conte  Bembo  cercò  di  tener  distinte  le  opere  pie  che 
fendono  a  prevenire  la  miseria,  od  a  riabilitare  il  povero 
per  ridonargli  i  mezzi  onde  vivere,  da  quelle  invece  di  sem- 
plice sovvenimento.  Noi  dobbiamo  essergli  grati  di  questa 
provvida  distinzione^  giacché  vale  a  far  conoscere  che  sì 
debba  intraprendere  non  pel  semplice  alleviamento,  ma  per 
la  progressiva  estinzione  dell*  indigenza;  il  ohe  non  venne 
fatto  dal  Morichini« 

Crediamo  di  dover  dare  qualche  inlportanza  a  cosiffatta 
distinzione  scientifica  giacché  ci  fu  dato  di  udire  ^  anni  so-" 
DO,  da  un  illustre  castigliano  die  aveva  visitato  tutti  gli  isti-^ 
luti  di  beneficenza  in  4talia  per  ordine  del  governo  spa- 
gnuolo,  che  da  noi  la  carità  aveva  eretta  una  piramide  di 
beneficenze,  che  per  essere  veramente  utili  dovevano  essere 
riordinate  tutte  al  rovescio.  Egli  trovava  che  gli  istituti  di 
soccorso  empievano^  per  cosi  dire,  tutta  la  base  della  pira- 
mide i  e  quelli  di  carattere  preventivo  erano  invece  cosi 
scarsi  da  posare  quasi  tutti  sul  vertice.  F^er  promuovere  il 
vero  bene  del  nostro  popolo  egli  avrebbe  voluto  efae  la 
base  della  piramide  fosse  occupata  dai  soli  istituti  preventivi^ 
e  sulla  cima  non  si  elevassero  che  gli  istituti  di  puro  sov- 


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ss 

yenimèntd.  L'attuale  esistenza  delle  opere  di  cariti  italiana, 
egli  eonchiudeva ,  ci  mostra  il  paese  del  buon  cuore ,  ma 
solo  dopo  un  migliore  ordinamento  degli  istituti  pii  sotto 
il  punto  di  vista  del  vero  benessere  civile  si  potri  dire 
che  al  buon  cuore  si  è  anche  associata  la  previdenza  del 
senno  italiano. 

Il  conte  Bembo  si  è  inspirato  a  queste  idee  previdenti 
ed  il  suo  libro  può  qualificarsi  come  un  eccellente  manuale 
per  chiunque  fosse  chiamato  a  sopraintendere  alla  pubblica 
beneficenza.  Nella  sua  opera  si  descrivono  e  si  illustrano  le 
ottanta  pie  istituzioni  ora  esistenti  nelfa  città  e  nella  pro- 
vincia di  Venezia  che  comprende  53  comuni  colle  due  mi- 
nori città  di  Chioggia  e  Portogruaro,  ed  ha  una  popolazio- 
ne di  285,339  abitanti  con  un  estimo  di  6,258,000  lire  au- 
striache. 

Il  dotto  autore  descrive  d*ogni  pia  opera  f  origine,  Io  sco- 
po, rordiiiamento,  il  patrimonio  e  la  rendita.  In  questa  eru- 
dita e  coscienziosa  illustrazione  egli  profonde  un  vero  te* 
soro  di  dottrine  civili  e  non  manca  di  accennare  ai  sperati 
miglioramenti.  Ma  noi  passeremmo  i  limiti  di  questo  nostro 
Rapporto,  ove  volessimo  scorrere  tutte  le  parti  dell'opera; 
cL  restringeremo  perciò  ad  una  sola ,  nella  quale  a  nostro 
avviso  si  riassume  tutto  il  problema  del  veneto  proletariato; 
ed  è  la  parte  elemosiniera. 

Quando  si  pensa  che  la  popolazione  stabile  della  città  di 
Venezia,  non  contando  i  6889  forastieri,  era  al  SI  ottobre 
1857  di  113^525  abitanti  e  che  su  questo  numero  erano 
inscritti  nei  registri  tenuti  dalle  cosi  dette  fraterne  parroc- 
chiali 34,824  poveri  che  chiedevano  tm'  elemosina,  v'  è  da 
prenderne  qualche  sgomento.  Una  città  tanto  operosa  e  tan- 
to ricca ,  come  Venezia ,  che  contò  mille  anni  di  vita  glo- 
riosa, e  che  ora  è  costretta  a  presentare  al  mondo  civile  il 
mesto  spettacolo  del  terzo  quasi  della  sua  popolazione  che 
aspira  a  vivere  di  carità  merita  pure  che  gii  statisti  se  ne 
occupino  per  trovarne  un  radicale  rimedio.  E  di  questo  no- 


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fero,  ci  piace  a  dirlo,  é  Villustre  conte  Bembo  che  non  a 
torto  reca  il  nome  di  una  famiglia  che  in  altri  tempi  resse 
trionfalmente  i  destini  della  veneta  Signoria. 

Se  però  si  studia  più  da  vicino  questa  piaga  della  città 
già  regina  dei  mari  non  la  si  trova  poi  cosi  grave,  né  cosi 
irreoiediabile  come  ebbe  a  qualificarla  Moreau  Christophe, 
il  quale,  nella  sua  opera  Problème  de  la  misere^  ebbe  a  dire 
che  tra  breve  Venise  ne  sera  plus  qu*une  grande  ruine  au 
milieu  des  marais  pestilentiels. 

Venezia,  come  Roma,  porta  seco  il  supplizio  di  essere 
stata  forse  per  troppo  tempo  una  città  di  sterminala  potenza. 
Il  suo  popolo  era  avvezzo  ad  essere  da  un  ricco  patriziato 
alimentato,  accarezzato  e  protetto;  e  negli  ultimi  secoli  della 
veneta  Signoria,  godette  anch'esso,  come  il  popolo  dei  Qui- 
riti, il  gratuito  beneficio  del  pane  e  dei  pubblici  spettacoli. 
Quando  la  Repubblica  veneta  cadeva  nell'anno  1797,  i  po- 
veri di  Venezia  erano  assistiti  da  tante  pie  opere  e  confra- 
ternite che  oltre  ai  palazzi  ed  ai  magnifici  sacrar]  ove  se- 
devano, avevano  investito  nella  Zecca  veneta  tanti  capitali 
da  corrispondere  alla  somma  di  sessant'  otto  milioni  di  lire 
austriaqhe.  La  poveraglia  era  avvezza  ad  accattare  pubblica- 
mente ed  una  buona  metà  del  popolo,  poteva  dirsi,  che  vi- 
veva delle  ricchezze  liberamente  profuse  dall'altra  metà.  Si 
racconta  dal  Bembo  che  i  poveri  che  stavano  attorno  alle 
pile  dell'acqua  lustrale  a  San  Marco  guadagnavano  non  me- 
no di  lire  otto  al  giorno,  il  doppio  di  quanto  ora  guadagna 
un  professore  di  belle  lettere.  Egli  cita  Tistrumento  dolale 
di  una  giovane  mendicante  che  cedette  al  suo  sposo  il  prò- 
|vemo  delle  limosine  che  essa  riceveva  appiedi  del  ponte  di 
Canonica,  dalla  prima  ora  della  notte  sino  alle  ore  tre,  e  che 
in  ragione  di  lire  22  venete  di  giorno,  costituì  un  capitale 
totale  di  oltre  lire  80,000. 

Questa  tremenda  piaga  della  mendicità  legata  come  la 
terribile  camicia  di  Nesso,  a  chi  dovette  reggere  la  città  di 
Venezia  dopo  che  cessò  di  essere  autonoma,  fii  l'occasione 


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40 

di  mille  provvidenze  ammiBisirative,  ora  più  ed  ora  raeoa 
felici ,  e  intomo  alle  quali  il  conte  Bembo  discorre  con  si 
franco  giudizio  da  renderlo  sotto  questo  rapporto  altamente 
benemerito  al  suo  paese. 

Nel  periodo  che  decorse  dal  4797  al  18  gennajo  IS06 
non  si  introdusse  alcuna  innovazione  nel  sistema  elemosi- 
niere già  accolto  sino  dal  tempo  della  veneta  Signoria,  e 
dal  Governo  austriaco  si  prosegui  a  corrispondere  ai  luoghi 
pii  gli  interessi  sopra  gli  undici  milioni  di  ducati  che  a  no- 
me della  pubblica  beneficenza  erano  stati  investiti  nella  ve- 
neta zecca. 

Aggregata  Venezia  al  Regno  Italico  si  estese  anche  ad 
essa  r istituzione  delle  congregazioni  di  carità,  come  erano 
già  in  vigore  in  tutte  le  altre  città  del  regno.  La  Congre- 
gazione dì  carità  assunse  la  generale  amministrazione  di  tutti 
gli  ospitali,  luoghi  pii,  lasciti  e  fondi  di  beneficenza  d*ogni 
titolo  e  provenienza.  Essa  ripartivasi  in  tre  sezionL  La  pri- 
ma sopraintendeva  agli  ospedali  per  gli  infermi  d'ogni  ma- 
niera, ed  alla  pia  casa  degli  esposti;  la  seconda  vegliava 
sugli  ospizii  propriamente  delti  e  sugli  orfanotrofii  ;  e  la 
terza  attendeva  al  ramo  elemosiniere.  Queste  Commissioni 
speciali  attendevano  alle  rispettive  opere  pie  e  rendevano 
conto  del  loro  operato  alla  Congregazione  di  carità  che  col- 
legialmente adunavasi  ogni  settimana  e  provvedeva  ai  biso- 
gni di  tutte  le  pie  istituzioni,  per  le  quali  tenevasi  una 
cassa  comune,  benché  distinta  pei  rispettivi  patrimonj. 

L'autore  giustamente  encomia  T ordinamento  dato  alla 
pubblica  beneficenza  durante  il  Regno  Italico,  e  dimostra 
come  in  seguito  all'editto  pubblicato  dal  prefetto  delPAdria- 
tico  il  21  otiobre  1844  ,  e  reso  operativo  coi  4.^  gen- 
najo 4842,  si  riesci  ad  estirpare  a  Venezia  la  mendicità 
vagabonda. 

Il  sistema  delle  Congregazioni  di  carità  venne  nella  sola 
parte  che  risguarda  le  istituzioni  elemosiniere  confermato 
col  decreto  4.^  dicembre  4846  che  istituì  per  Venezia  una 


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41 
Commissione  centrale  di  beneficenza^  sotto  la  presidenza  del 
veneto  Patriarca.  Allorché  fu  istìtnita  non  aveva  che  4&00 
poveri  da  sovvenire  a  domicilio,  e  486  accattoni  inabili  al 
lavoro  da  ricoverare  nelle  pie  case  d' industria.  Ma  a  poco 
a  poco  anche  questa  Commissione  dovette  allargare  il  cam- 
po alla  beneficenza,  e  vide  distrutto  tutto  il  bene  promosso 
dalla  già  esistente  Congregazione  di  carjth,  allorché  al  23 
febbrajo  'ISSófuropo  separati  e  disgiunti  tutti  i  patrimonj 
delle  cause  pie  e  posti  sotto  tante  speciali  amministrazioni. 
Questa  misura  che  pareva  consigliata  dal  desiderio  di  asso* 
ciare  ad  ogni  pia  opera  persone  benemerite  che  più  da  vi« 
dno  le  vegliassero  ed  anche  le  amassero,  ottenne  in  vece 
Io  scopo  opposto.  L'autore  stesso^  ci  dice,  che  le  pie  cause 
cosi  disgiunte  invece  di  concorrere  al  comune  bene  si  fe- 
cero e  si  fanno  tuttora  una  reciproca  guerra.  L'ospitale  si 
duole  perché  la  casa  di  ricovero  respinge  duramente  i  suoi 
cronici  ;  l' uno  e  l' altra  rifiutano  di  ricevere  gli  oggetti  la- 
vorati nella  pia  casa  d' industria  ;  questa  si  lagna  della 
Commissione  di  beneficenza  perché  non  le  concede  assegni 
che  bastino  ai  suoi  bisogni.  Le  pie  case  delle  penitenti  e 
delle  zitelle  povere  sono  invece  straricche;  l'orfanotrofio 
femminile  ed  altre  opere  pie  opere  sono  miserabili.  Intanto 
i  pii  lasciti,  resi  attenuati  dalle  tasse  mortuarie^  dell'  8  per 
100  si  vanno  ognor  più  assottigliando,  ed  il  povero  comu- 
ne di  Venezia  deve  sovvenire  del  proprio  per  soccorrere 
gli  indigenti  l'ingente  somma  annua  di  686,000  lire. 

L'autore  offre  gli  ultimi  rendiconti  della  Commissione 
di  beneficenza  da  cui  scorgesi  tutta  la  gravità  della  pubblica 
miseria.  Nel  triennio  decorso  dal  4854  al  4856  venne  re- 
gistrato aegU  elenchi  della  parrocchia  il  seguente  numero 
di  poveri: 

poveri 

Nel  1854   .......  35,342 

Nel  4855 36,246 

Nel  1856   .......  34,824 


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4S 

Dopo  ilMilo  eiploraBioDi  sulh  fera  pofenh  e  \ù  vista 
dtll'^esiguiUi  (dei  aieia  4i6ponibiK  si  soccorsero  eOetUva* 
oìeoce: 

Inferi 

Nel  4864 S9SI 

Nel  4856 '  .    .    .    3380 

Nel  4866 3076 

Le  limosine  si  distribuiscoDO  per  decadi.  Il  maximum 
è  fissato  a  lire  40  per  ogni  decade  «  ed  il  minimum  t 
lire  3. 

.  Per  indurre  le  famiglie  povere  ad  inviare  *  i  loro  figli 
agli  asili  di  carità  per  l'infaniia  si  distribuirono  ad  esse: 

Nel  4854 L  S074 

Nel  4855 b  |06S 

Nel  4856 >  4445 

Questo  artificiale  incoraggiamento  dato  ai  poveri  per  in- 
durli a  ricevere  un  secondo  beneficio  ci  dimostra  lo  suio 
di  gr^ve  avvilimento  m  coi  si  trova  il  veneto  (Mroleta- 
fiato. 

E  quella  parte  di  esso  che  viene  ogni  giorno  avviato 
alle  pie  case  d' industria  non  dà  risultati  migliori.  Quesce 
pie  case  accolgono  ogni  giorno  circa  7S0  poveri.  Questi 
fanno  un  cosi  misero  lavoro  che  nell'anno  4856  non  die- 
dero complessivamente  che  un  valore  di  *L  3354,  il  qual 
%aJor  di  lavoro  ripartito  so  ciascun  individuo  corrisponde 
alla  microscopica  somma  di  L.  4  all'anno.  E  il  costo  di  cia- 
scheduno fu  invece  di  'U  460.  Se  Targon^nto  della  con- 
servazione 0  meno  delle  pie  case  d'industria  dovesse  trat- 
tarsi dai ,  pubblici  economistii  essi  non  esiterebbero  coli'  e- 
sempio  di  Venezia  a  promuoverne  l'abolizione. 

E  qui  è  dove  lo  stesso  Bembo  non  può  rattenere  le 
voci  della  coscienza  di  un  provvido  amministratore  che  vede 


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48 

la  carità  sperperarsi  ìd  iMerili  rsuliati  6  non  esita  a  pre- 
porre  più  ratlicali  rinedj* 

Se  i  palpitivi,  egli  4ke^  non  goartfooM  la  piaga  fa 
doopo  ricorrere  a  prawtdeoze  pìA  efficaci  e  più  oppor- 
tune. 

Egli  pi^pooe  hi  riabilitazione  del  lavoro  con  ogni  in»> 
nìera  di  istìtuaioni  pretehiive.  Al  posto  delle  istituzioni  di 
mero  soccorso  egli  vorrebbe  surrogate  quelle  di  previden- 
za,  e  quindi  raccomanda  le  scuole  infantili,  le  scuole  di  la- 
voro, gli  istituti  correttivi  pei  derelitti,  il  patronato  pei  po- 
veri operai  senza  lavoro,  le  associazioni  di  mutuo  soccorso, 
i  premj  in  libretti  di  cassa  di  risparmio  ai  fettorini  più 
probi  ed  operosi;  e  la  scienza  teenica  e  lÌBJbbrile  resa  qual 
patrimonio  universale. 

Noi  fecciam  vivo  plnuso  a  queste  ottime  idee  ed  ove 
riescano  ad  aver  vita  pratica  noi  le  promettiamo  sia  d*ora 
una  pro^>era  rìcsoita. 

E  perchè  resempio  di  una  grande  città,  che  a  Venezia 
è  sorella,  possa  esserle  quasi  di  conforto  noi  crediamo  op* 
portono  di  citare  le  prowidénse  che  ora  si  prendono  dalla 
città  di  Milano  per  sovvenire  all' attuale  crisi  degli  operai 
senza  lavoro,  e  che  ci  mostrano  quanto  giovi  avere  un  po- 
polo già  riabilitato  dalla  Santità  delle  buone  opere. 

Dalle  indagini  suitistiohe  state  accuratamente  intraprese 
per  conoscere  il  vero  numero  degli  operai  che  soffrono  per 
le  industrie  attinenti  agli  agi  ed  al  lusso  i,  ora  pur  troppo 
cadute  in  islaio  di  grave  erisi,  è  emerso  che  più  di  sei  mila 
operai  si  trovano  nel  pericolo  di  dover  lottare  da  un  giorno 
all'altro  colla  fame.  Bastò  questa  notizia  per  ravvivare  la 
fiamma  non  mai  spenta  della  carità  cittadina  e  questa  nel 
solo  periodo  di  un  mese,  dal  19  marzo  al  48  aprile,  of- 
ferse in  tante  spontanee  eiaiigizioBi  la  cospioua  somma  di 
442,965  lire  austriache. 

Si  attivarono  tante  CommissioBi  dì  indagini  e  dì  benefi- 
cenza quante  sono  le  parrocchie  della  città,  e  queste   tro- 


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44 

varono  nella  prima  seUimana  d'aprile  1669  operai  sprov- 
veduti di  lavoro  e  meritevoli  di  soccorso;  nella  seconda  sei- 
timana  ne  aoccorsero  2059,  e  dal  S4  aprile  ti  1.^  maggio 
ne  ajutarono  2257.  A  questi  si  concede  per  ora  un'elargi» 
ziòne  di  un  fiorino  alla  settimana.  Questo  numero  potrà 
forse  crescere  ancora,  ove  la  crisi  pur  troppo  si  prolunghi, 
ma  ci  è  caro  sin  d'ora  di  far  conoscere  che  varj  operai 
soccorsi  nella  prima  settimana,  si  astennero  di  presentarsi 
per  altri  sussidj ,  avendo  dichiarato  che  s*  erano  procurato 
un  eventuale  lavoro:  molti  fra  essi,  preferirono  di  recarsi 
alle  pie  case  d'industria^  ove  ora  intervengono  giornalmente 
più  di  due  mila  individui,  ed  aUri  si  presentarono  alle  Com^ 
missioni  parrocchiali  non  per  chiedere  soccorso,  ma  per 
chiedere  qualsiasi  occasione  di  lavoro*  E  per  citare  un  fatto 
abbastanza  notevole  che  ci  prova  quanto  il  lavoro  abbia  no* 
bilitata  la  nostra  classe*  operaja,  riferirò  che  nel  giorno  18 
d'aprile  si  presentò  al  Municipio  un  povero  artefice  che  la* 
vera  a  domicilio  ed  offerse  io  dono  no  bellissimo  crocifisso 
di  metallo  inargentalo,  dicendo  che  quella  era  un'opera  da 
lui  eseguita  nelle  ore  d'ozio  e  che  l'offriva  a  beneficio  dei 
suoi  confratelli  senza  lavoro^  non  potendo  egli  offrire  che 
un  tenue  prodotto  delle  sue  numi,  non  avendo  egli  bisogno 
di  soccorsi  per  avere  ancora  bastetrole  lavoro  da  sussidiarsi 
da  sé.  Invitato  a  svelare  il  suo  nome,  vi  si  rifiutò  mode- 
stamente soggiungendo  che  la  povertà  deir  offerta  non  me- 
ritava che  seco  portasse  anche  il  nome  dell'  offerente. 

Questo  esempio  che  forse  non  rimarrà  solo  in  questa 
città  madre  vera  del  bene ,  ci  dimostra  quanto  giovi  riabt*- 
litàre  il  popolo  non  col  semplice  pane  della  carità,  ma  col- 
l'opera  educativa  e  produttiva.  Mercè  quest'opera  di  carità 
sapiente  potrà  anche  Venezia,  colle  cure  assennate  di  chi 
la  regge  e  seguendo  gli  illuminati  indirizzi  dello  stesso 
conte  Bembo,  veder  redento  un  pò  alla  volta  il  suo  popolo 
che  per  tanti  riguardi  ha  diritto  al  fervido  affetto  di  tulli 
i  buoni. 


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45 
IìiiotI  dloemnieiitl  mimUtMeì  Intopmo  al  paesi 
deU^ 


(Continaazìone,  Vedi  ft  fescieolo  precidente ,  pag.  S83). 

La  California. 

il 

Le  parli  migliori  delia  Galiforom  parevano  MOgoIarmeDte 
ben  opportune,  sotto  il  rapporto  del  suolo  e  del  clima ,  al- 
r  agricoltura  delle  regioni  temperate.  Se  noi  dobbiamo  cre- 
dere agli  AnnaU  della  California^  tutte  le  produzioni  della 
terra,  naturali  o  coltivate,  dal  cavolo *fino  al  pino,  farebbero 
impallidire  le  produzioni  corrispondenti  dell'esaurito  Oriente; 
ma  bisogna  anehe  tener  conto  dell'immaginazione  americana. 
Alla  e  Fiera  d'agricoltura  »  ch'ebbe  luogo  a  Sacramento, 
nel  4853,  figuravano,  tra  gli  altri  prodigi,  una  barbabietola 
del  pesa  di  settantatre  libbre  ;  una  carola  del  peso  di  dieci 
libbre,  e  che  aveva  tre  piedi  e  tre  pollici  di  lunghezza  ;  — 
e  ve  ne  erano,  sulla  stessa  piazza ,  cinquanta  della  stessa 
qualità;  »  —  un  ftisto  di  grano,  dell'altezza  ài  ventun  piedi 
e  nove  pollici,  un  pomo  che  aveva  quindici  pollici  e  mezzo 
di  diametro!  Checché  ne  sia  dei  pomi  e  delle  barbabie- 
tole, non  potrebbe  esservi  dubbio  ragionevole  sulle  dimen- 
lìoni  enormi  che  raggiungono»  in  certe  località,  gli  alberi 
delle  foreste.  Generalmente  parlando^  la  California,  eccetto 
verso  il  nord,  non  pareva  essere  un  paese  molto  selvoso, 
specialmente  quando  la  si  paragoni  colla  costa  degli  Stati 
Uniti,  che  guarda  l'Atlantico.  11  carattere  rado  della  vege- 
tazione messicana  si  prolunga  a  molti  gradi  al  nord.  Ma 
alcune  parti  dei  confini  delle  due  Sierras  sono  coperte  di 
foreste  d' una  incomparabile  grandezza,  dove  difièrenii  specie 
di  pini  giganteschi  crescono  e  muojono,  generazione  dopo 
generazione,  nelle  solitudini  dove  non  è  ancora   penetrata. 


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46 

1*  acceiu  del  Yankee.  Sul  rancho  del  capiuno  Graham ,  a 
una  sessantina  di  miglia  al  sud  di  Sau-Prancisco ,  e  non 
lungi  dalla  costa,  si  trova;  dice  la  sig.  Paruham  <  una  foresta 
i  di  cui  alberi  presentano  enormi  dimensioni.  Da  tutte  le 
parti  8*  innalzano  immensi  tronchi,  la  di  cui  altezza  si  conta 
a  centìnaja  di  piedi,  e  il  di  dui  diametro,  ad  altezza  d'uomo, 
è  da  dieci  a  dodici,  quindici  e  dieciotto  piedi.  L*uno  d'essi, 
noto  sotto  il  nome  di  Grand' albero,  ha  trecento  piedi  d'al- 
tezza e  quasi  a  dicianove  di  diametro,  a  sci  piedi  da  terra. 
Pure,  le  persone  stesse  che  lo  cercano  passano  alcune  volte 
d'appresso  senza  vederlo,  tanto  è  poco  rimarchevole  in 
mezzo  [agli  orgogliosi  suoi  vicini;  questi  alberi  sono  una 
specie  di  cedro,  —  il  legno  rosso  del  paese,  che  s'adopera 
come  legname  d'opera  ». 

La  CEimosa  foresta  di  pf^elUngtonia  giganUa  (dalla  quale 
proviene  la  mostra  di  scorza  che  se  non  c'inganniamo  si 
può  ancora  vedere  al  Palazzo  di  cristallo),  si  trova,  se  dob* 
biamo  credere  al  signor  Seyd,  nella  contea  di  Calaveras,  sul 
versante  orientale  della  Sierra  Nevada,  e  quasi  sotto  la  stessa 
latitudiue  di  San-Prancisco.  f  11  Patriarca  della  foresta  (al* 
bero  che  ora  è  caduto  e  del  quale  si  fecero  disegni  lito- 
grafati) ha  cinquanta  piedi  di  diametro,  e  si  suppone  che 
la  sua  altezza  doveva  essere  di  piti  di  cinquecento  piedi!  » 
molto  superiore  quindi  a  quella  del  dieomo  di  San  Paolo  (I). 
Ma  la  superiorità  della  California  non  si  limita  ni  regno  ve- 


(I)  Da  comaaicazioni  recentemente  indiriszate  alla  Società  ìa* 
periale  d'agricoltura,  da  un  viaggiatore  degno  di  fede  e  che  si  è 
recato  espressamente  sui  luoghi  per  verificare  il  fatto,  risulta  che 
questi  alberi,  scoperti  nel  I85G  da  cacciatori,  esistono  in  realtà. 
Essi  coprono,  nel  nomerò  di  novantadue,  uno  spazio  d*ona  sessan- 
tina d'ettari.  Il  Patriarca  della  fore^tia  é  caduto  al  suolo.  Le  os- 
servazioni fatte  sul  tronco  d'ano  di  essi  hanno  provalo  che  doveva 
avere  quattromila  anni  almeno,  essendo  il  numero  dei  cerchi  con- 
centrici più  di  seimila. 


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47 
gelale;  le  sue  cadute  d*aeqiia  e  i  smi  pr60i(HCÌi  sono  su- 
pariorì ,  ci  si  <iice ,  a  tutte  le  ahre  curiosità  analoghe  del- 
raotico  e  del  nuovo  mondo.  Nella  valle  Yohamite,  contea 
di  Moriposa,  un  fiume  largo  come  il  Tamigi,  a  Rtebmond, 
m  precipita  da  un'altezza  perpendicolare  di  duemila  e  cento 
piedi,  essendo  Taltezza  .totale  della  caduta  di  tremila  e  cento 
piedi  ! 

Tale  ei9  la  magnifica  contrada  sulla  quale  alcuni  mis- 
sionari spagnuoli  mantennero  per  due  secoli  la  loro  pacifica 
e  sonnolenta  teocrazia,  fino  all'arrivo  de^i  Americani.  «  Vi 
fii  mai,  dice  (a  signora'  Famham,  una  popolazione  più  fé* 
Kee  di  quella  che  abitava  queste  contrade?  Lo  zelo  dei  mis- 
sionari Gesuiti  aveva  da  molto  tempo  piantato  la  croce  sotto 
questo  bel  ciclo.  Da  essi  erano  stati  gl'indiani  trasformati  da 
nemici  selvaggi  in  servitori  utili  e  sommessi.  Quanto  essi 
godevano  della  ricchezza  d'un  ^uolo  che  rispondeva  alle  loro 
iatiehe  con  una  profusione* che  non  s'incontra  forse  in  al- 
can  altro  paese  abitato  dalla  razza  bianca!  Le  loro  greggi 
si  moltiplicano  da  sé  istcsse  e  i  loro  grani,  una  volta  se- 
minati, non  avevano  bisogno  d'essere  rinnovati  tutti  gli  »nni. 
1  loro  cavalli  erano  rapidi  e  tanto  numerosi  che  si  poteva 
accalappiarli  impunemente.  Il  loro  maggior  lusso  era  il  ri- 
poso, e  l'ambizione  era  più  che  mai  al  popolo  sconosciui;i. 
Essi  nascevano,  vivevano  e  morivano  in  una  pacifica  sfera 
di  gioie  >• 

Devesi  pure  aggiungere  che  lo  stato  cronico  di  rivolu- 
zione, nel  quale  era  caduto  il  Messico,  e  la  minaccia  di  se- 
colarizzazione continuaniiente  sospesa  sulla  loro  testa,  aveva 
reso  i  padri  molto  indifferenti  all' amministrazione  delle 
loro  proprietà,  ch'erano  molto  dilapidate  all'epoca  dell'irru- 
zione degli  Americani.  II  loro  più  alto  grado  di  prosperità 
pare  sia  stato  verso  il  1824;  da  quel  momento  la  loro  opu- 
lenza e  la  loro  civilizzazione  decaddero,  ed  è  probabile  che 
quei  pochi  uomini  energici  ed  industriosi  che  potevano 
trovarsi  disseminati  in  quel  paese  d'indolenza  videro  senza 


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48 

ripugnania,  se  non  con  soddisfazione,  l'arrivo  degU  Anglo- 
sassoni che  tosto  s'impadronirono  del  loro  paese  pel  mag- 
gior bene  comune  (!)• 

Gli  annali  della  filibusteria  non  presentano  che  un  me- 
diocre interesse,  malgrado  gli  sforzi  che  fecero  gli  Amari- 
cani  per  rialzarne  la  dignità  ^  rivestendoli  di  colori  roman- 
zeschi. Noi  trascorreremo  adunque  assai  rapidamente  sui 
dettagli  deir unione  graduale  della  California;  sul  tentativo 
prematuro  del  coraggioso  eomandante  Jones  che,  ne(l84S, 
nel  mezzo  d'una  profonda  pace»  inalberò  i  colori  deiruniooe 
a  Mcmterey,  e  doveue,  per  confessione  degli  stessi  Ame- 
ricani, abbassar  la  bandiera  e  rendere  la  città  ai  suoi  legit- 
timi possessori,  scusandosi  alla  nieglio  per  la  stranezza  di 
questo  procedere;  sopra  i  tentativi  del  colonnello  John  (L 
Frémont,  che  si  è  distinto  dappoi  sopra  un  più  vasto  tea- 
tro; sopra  le  misure  ardite  ed  energiche  adotte  nel  1845, 
e  poste  in  esecuzione  dal  comandante  Roberto  Stockton, 
che  è  evidentemente  l'eroe  degli  annalisti  americani.  Le  osti- 
lità privale  di  questi  signori  contro  la  popolazione  creola 
divennero  atti  nazionali,  ed  essi  medesimi  si  videro  trasfor- 
mati, forse  un  pò  loro  malgrado,  da  cacciatori  di  buoi  sei- 
valichi  in  guerrieri  legittimi  per  la  dichiarazione  di  guerra 
del  4846  fra  gli  Stati  Uniti  ed  il  Messico.  Stockton,  alla  te- 


(1  )  Se  alcuno  dei  nostri  lettori  desidera  avere  delle  oozioni 
precise  e  complete»  non  solo  intorno  alle  missioni  degli  Spagnuolì» 
ma  sopratlullo  su  ciò  che  concerne  la  California,  all'epoca  deir  inva- 
zione  americana,  noi  non  possiamo  far  meglio  che  indirizaarlo  alU 
buonissima  opera  di  on  francese,  osservatore  esatto  insieme  ed  in- 
telligente, che  fa  il  primo  esploratore  di  quelle  contrade  e  che 
ne  ha  perfettamente  compreso  l'avvenire  poììiìco  :  Exploration  du 
terriloire  de  l'Oregon^  des  Californies  et  de  la  mer  Fermeiile , 
compiuta  negli  anni  1840,  1841  e  1842,  dal  signor  Daflot  di  Mo- 
fras,  addetto  alla  legazione  francese  al  Messico,  pubblicata  per  or- 
djue  del  re.  2  voi.  con  atlante;  Parigi,  Arthus  Bertrand,  18ii. 


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49 
sta  di  trecento  fDanott  e  soldati  di  merioai  s'avanzò  ardita- 
mente neirinterno  del  paese  onde  assalire  il  genelrale  mes- 
sicano, Castro^  pósto  alla  missione  di  Los«Àngeles  con  dop- 
pia fanteria,  qualche  drapello  di  cavalleria^  e  sette  pezzi  di 
cannone.  Il  generale  spedi  un  corriere  al  cotnandante  per" 
prevenirb  ebe  s' egli  marciava  alla  volta  della  città  avrebbe 
trovata  la  tomba  deHa  sua  iruppa.  <  In  questo  caso,  rispose 
il  comandante,  dite  al  generale  di  prepararsi  a  far  suonare 
pei  funerali  domattina  ad  otto  ore,  poiché  io  vi  sarò  ap- 
ponto  a  queir  ora.  »  Egli  tenpe  la  parola;  ma  neir  inter- 
vallo Castro  aveva  levate  le  tende  e  presa  la  fuga  colla  sua 
cavalleria. 

L'autorità  della  federazione  messicana  dileguò  in  fumo. 
La  California  fu  aggregata  agli  Stati-  Uniti,  come  territorio; 
e  dopo  aver  soffocato  un'insurrezione  disperata  dei  disgra- 
ziotit  creoli,  che,  come  accade  d'ordinario,  ritrovarono  il  loro 
coraggio*  qtiand'era  troppo  tardi ,  gli  Americani  consolidarono 
la  loro  dominazione  colla  pace  del' 4848,  ed  il  titolo  ille- 
gittimo del  filibuàtiere. disparve  col  diritto  riconosciuto  del 
vincitore.. 

Alla  fine  delle  ostilità,  supponevasi  ctie  la  California  con- 
tenesse  da  dodici  a  quindici  mila  abitanti  bianchi ,  creoli , 
yancbees,  marinai  disertori,  avventurieri  d'ogni  paese,  ed  un 
certo  numero  di  mormoni,  forieri  deUa  grand' emigrazione 
di  qtìesta  comunità  verso  l'occidente. 

A  quest^epoca  esistevo,  sulla  futura  città  di  San-Franci- 
SCO,  non  lungi  dalla  missione  di  questo  nome,  un  piccolo 
villaggio  spagnuolo  chiamato  Yerba^Buen» ,  che  si  era  for- 
niato  d'appresso  alla  Porta  d'oro,  sul  punto  della  baia  il  più 
favorevole  per  lo  stabilimento  d'un  porto.  Nel  i8S6  un  ame- 
ricano di  nome  JcicobPrimer  Lee^e,  vi  si  era  stabilito  nella 
qualità  di  commerciaiue ,.  e  dopo  numerose  didicoltà  colle 
autorità  della  Gulifornia,  aveva  Onito  coll'ottenere  una  porzione 
di  terreno  sul  quale  egli  oonrusse  una,  casa/ dappoi  rinnovata, 

Anmau.  SlaUstica,  vói.  XXII,  serie  3.*  4 


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50 

ma  che  si  trova  quasi  nel  centro  della  citth  attuale.  Egli  sposò, 
poco  tempo  dopo,  la  sorella  del  generale  Vallejo ,  uno  dei 
rari  indigeni  ch'ebbero  il  buon  pensiero  di  prendere  parie 
alle  speculazioni  degli  Americani  che  cominciavano  dì  già 
ad  accaparrare  delle  terre.  Da  quest'  unione  nacque ,  nel 
4S38,  Rosalia  Leese,  la  prima  americana  nata  a  Yerba- 
Buena,  TEva  di  San*Francisco,  che,  s'ella  vive  tuttora,  deie 
per  conseguenza  aver  raggiunta  Teta  di  vent*anni.  Nel  4847 
la  popol^ione  dì  Yerba«Buena  era  di  circa  45o  anime;  fu 
al  principio  dell'anno  ste^o  che  (essendo  allora  la  città  oe- 
cupau  dagli  Americani  in  guerra  col  Messico)  il  ano  nome 
fu  cangiato  con  ordinanza  in  quello  di  San-Francisoo  (!)• 

"'• 

Per  una  singolare  coincidenta ,  fu  nel  me^e  di  gennaio 
4848,  al  momento  in  cui  gli  Americani  prendevano  pos- 
sesso definitivo  del  paese,  ch'ebbe  luogo  sulla  terra  del  ca- 
pitano Sutter,  a  sessanta  miglia  circa  airest  della  oKtà  at* 
male  di  Sacramento  e  sulla  branca  sud  del  Rio  de  Ics  ame- 
ricano-s  la  scoperta  dell'oro  che  doveva,  nello  spazio  di  ciò* 
que  anni,  trasformare  questo  modesto  villaggio  io  uno  dei 
più  grandi  mercati  del  mondo. 

Fu  un  certo  Marshall ,  il  quale  s' ef^  impegnato  a  eo- 
struire un  mulino  pel  conte  di  Sutter,  il  quale  acopri  pel 
primo  le  particelle  del  metallo  brillante  nell'  alveo  del  ru- 
scello sul  quale  egli  lavorara»  Tutto  tremante  per  T  emo- 
zione, egli  corse  a  raccontare  al  capitano  Sutter  dò  che 
aveva  veduto,  il  capitano  sulle  prime  credette  cb*egli  fosse 


(1)  La  Francia,  poco  tempo  ^rima  deiroccopazione  americana, 
aveva  toIiUo  acquistare  il  possesso  della  baia  di  San-Pranciseo , 
una  delle  più  belle  del  mondo.  Fu  fatta  la  proposta»  e  ne  forano 
indicaU  i  mezzi,  ma  il  governo  di  Luigi  Filippo  era  allora  assorta 
da  altre  preoccupaziooi. 


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pizzo,  e  più  tardi  confessò  che  nel  menlfe  che  acroizìipva 
qaesta  strana  confidenza  aveva  rocchio  sulla  propria  cnra- 
bina.  Pure  tutti  i  suoi  dubbi  furono  dissipati  allorché  Mer- 
shall  ebbe  gettato  sulla  tavola  un'oncia  o  due  di  questa  rac- 
colta d*oro.  Ma  mentre  essi  si  davano  insieme  a  questa  ri- 
cerca, i  loro  movimenti,  i  loro  gesti  di  soddisfazione,  le  loro 
esclamationi  soffocate,  attrassero  T attenzione  d'tin  operaio 
mormone  il  quale  lavorava  in  vicinanza.  Egli  li  spiò  e  nre- 
sto  ^ppe  tutto. 

Marshall  non  sfuggi  alla  sorte  che  tocca  all'autore  d*niia 
leoperia,  senza  eccettuarne  gli  uomini  che  Iranno  reso  molto 
più  glandi  servigi  di  lui  airumanith.  Dopo  aver  aggiunto 
dei  magliardi  alla  ricchezza  metallica  del  mondo,  benché 
l'esistenza  dell'oro  in  California  fosse  stata  segnalata  prima 
di  lui,  egli  è  ora  ridotto  alla  miseria.  Il  generale  Sutter, 
svizzero  d'origine,  uomo  di  progetti  e  proprietario  primi- 
tivo del  terreno  sul  quale  s'innalza  la  città  di  Sacramento, 
risiede  attualmente  sulle  sue  terre  dove  vive  felice  e  si  oc- 
capa  d'agricoltura. 

Ma  la  via  era  aperta,  e  nel  1848  eominciò  questo  pro« 
digioso  movimento  d*  emigrazione  verso  il  novello  Eldorado, 
movimento  che  fu  seguito  e  sotto  certi  rapporti  fu  sorpas- 
sato dagli  avvenimenti  simili  in  Australia,  ma  ehe  per  altro 
resterà  sempre  come  uno  dei  più  curiosi  fenomeni  della  sto- 
ria moderna. 

€  La  sfera  d'eccitazione  andò  sempre  più  iiìgrafnleadosi 
por  nulla  perdendo  della,  sua  intensità.  Dapprima  furono 
i  Messicani  delle  provincie  più  vicine,  poi  quelli  delle  Pro- 
vincie più  lontane,, che  in  folla  si  portarono  verso  la  Cali- 
fornia. La  popolazione  mezzo  selvaggia ,  indolente  e  pure 
avventurosa  della  Sonora,  giunse  in  California  dal  sud  a 
luigiiaja,  uieuire  che,  dalla  parte  del  nord,  l'Oregon  vi 
mandava,  in  numero  quasi  egtiale,  i  robusti  suoi  abitanti» 
Le  isole  Sandwidi  seguirono  l'esempio,  colla  bizzarra  loro 
accozzaglia  di  razza  bianca  e  di  colore.  Quindi  vennero  gli 


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abitanti  del  Perù  e  del  Chili,  In  tale  abbondanza,  cfie  i  na- 
vigli appena  bastavano  al  loro  trasporlo.  Ben  presto  ìb  China 
spedi  i  suoi  figli  industriosi,  -^  deboli,  per  vero,  di  corpo 
e  di  spirito,  ma  perseveranti  e  eapaéi  d'ottenere  dei  grandi 
risultati  col  loro  spirito  d' assoctazionb.  L' Australia  pure 
fornì  il  suo  contigente  d'abili  avventurieri,  di  cui  una  no* 
tevole  parte  aveva  avuto  dei  guai  colla  giustizia.  L'epide- 
mia non  tardò  a  raggiungere  anelli  gli  Stati  Uniti, che  pos- 
sedono  tuttora  una  popolazione  risoluta  ed  irritabile;  e 
delle  armate,  per  servirci  d* un  lermme  moderato,  s' organiz- 
zarono tosto  per  andare  in  California  a  prender  parte  al 
ricolto  dell'oro.  L'anno  1848  fu  perduto  pel  viaggio  per 
terra,  ma,  dal  principio  dell'anno  1849,  numerose  carovane 
erano  in  viaggio  per  trapassare,  per  differenti  vfe ,  te  Mon- 
tagne Rocciose.  Le  fatiche  e  la  morte  causarono  crudeli 
stragi  fra  quei  disgraziati,  che  lastricavano  le  vie  dei  loro 
cadaveri,  senza  che  l'esempio  potesse  arrestare  coloro  che 
lì  seguivano.  Avanti!  Avanti!  al  paese  dell'oro!  pareva  fosse 
la  parola  d'  ordine  universale.  Delle  flotte,  passando  il  capo 
Horn ,  apportavano  a  Sun  Francisco  i  loro  carichi  umani, 
mentre  che  migliaja  di  altri  individui,  traversando  il  Mes- 
sico, o  sorpassando  l' istmo  di  Panama,  si  dirigevano  verso 
la  Porta  d'oro  per  altre  navi  stabilite  a  quest'uopo  sull'O- 
ceano pacifico.  Più  tardi,  ma  con  minore  intensii& ,  questa 
febbre  dell'oro  produsse  in  Europa  risultati  analoghi.  Quanti 
giovani  nella  Gran  Bretagna ,  in  Francia ,  in  Alemagna ,  -— 
oziosi  o  dissipati  ()er  la  maggior  parte,  —  rompendo  tutti 
i  legami  che  li  potevano  avvincere  al  loro  paese,  s'imbar- 
carono per  la  California,  nella  speranza  di  far  fortuna  o  di 
morire  alla  fatica  !  Questo  straordinario  concorso  di  circo* 
stanze  ben  presto  riunì  una  popolazione  d'un  quarto  di  mi- 
lioni d' individui,  dei  più  intelligenti,  dei  più  coraggiosi,  e 
nello  slesso  tempo  dei  più  indolenti,  fors'  anco  dei  più  dan* 
nosi  che  siano  mai  stati  assembrati  su  d'uno  stesso  punto 
del  globo  ». 


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58 
Il  prodotlo  dell'oro  in  California  s' elevò  nel  1851- «a  9 
milioni  di  sterline,  a  43  milioni  nel  4852;  dopo  Taceresci- 
roento  è  stato  più  lento,  poiché  non  si  raccolsero,  nel  1856| 
che  15,400,000  lir.  su  (385  milioni  di  franchi  ).  Insomma, 
la  California  ha  aggiunto  alla  circolazione  metallica  un  cen- 
Unajo  di  milioni  di  sterline  (  2  miglìardi  e  mezzo  di  fran- 
ebi  ).  Si  ignora  ancora  fino  a  qual  punto  i  perfezionamenti 
introdotti  nei  processi  di  trìtamento  del  quarzo  contrabilan- 
ceranno la  diminuzione  evidente  del  prodotto  dei  depositi 
superficiali,  che  non  sono  mai  siati  cosi  ricchi  come  quelli 
deir  Australia:  ma  noi  (Crediamo  che  cinque  o  sei  compagnie 
inglesi ,  formale  per  V  introduzione  di  questi  processi,  sono 
di  già. cadute  o  stanno  per  cadere,  mentre  alcuni  specula- 
tori americani,  stabiliti  sui  luoghi,  vi  trovano  ancora,  dice- 
si,  un  beneficio  ragionevolissimo. 

Noi  non  dobbiamo  tralasciare  di  menzionare  die  la  sco- 
perta più  recente  d'un' altra  sostanza  metallica  ancor  più 
preziosa  perchè^  rara,  il  mercurio,  pare  debba  essere  per  la 
California  una  sorgente  di  prosperità  più  permanente  de- 
gli stessi  suoi  terreni  atiriferi.  La  scoperta  di  queste  miniere 
ha  di  gii  fatto  abbassare  il  prezzo  del  mercurio,  e  dà  un 
tale  impulso  alla  produzione  dell'argento  al  Messico  e  nel- 
l'America del  Sud,  che  è  poco  probabile  che  si  vedano 
realizzarsi  presto  i  pronostici  {generalmente  accettali  da  al- 
cuni anni  sopra  un  cangiamento  eventuale,  ma  prossimo, 
nel  valoi:e  relativo  dell'oro  e  dell* argento. 

1  distretti  auriferi  proibiti  fino  ad  ora  si  limitarono 
esclusivamente  al  bacino  del  fiume  Sacramento,  di  cui  San* 
Francisco  vuole  essere  lo  sbocco  naturale.  Tutto  il  com- 
mercio marittimo  di  queste  nazioni  si  trova  adunque  con- 
centrato sopra  quest' unico  punto.  .Alla  fine  del  4849  San- 
Francisco  contava  20,000  abitanti;  nel  4853,  quasi  50,000, 
dei  quali  5000  Alemanni,,  3000  Francesi,  3000  Spagnuoii 
americani  e  3000  Chinesì.  In  seguito  l'aumento  della  po- 
polazione si  è  rallentato. 


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B4 

Quale  strano  spettacolo  presentava  San-Praneiseo  in  quei 
quattro  anni  in  cut  s*  accuniularono  gli  avrenimenti  ordinarli 
d*un  quarto  di  secolo!  Una  gran  citth  sortiva  dalla  terra 
ed  intieri  quartieri  ne  e**ano  quattro  volte  edlBcati»  dopo 
d'essere  stati  distrutti  dal  fuoco;  le  sue  istituzioni  s'orga- 
nizzavano y  provvedevasi  ai  suoi  bisogni  municipali ,  e  si 
spendeva  per  la  sua  eostruzione  una  somma  di  lavoro,  Bsieo 
ed  intellettuale ,  eguale  a  quella  che  si  è  potuto  spendere» 
nel  corso  di  molti  secoli,  per  perpetuare  resistenza  mono- 
tona di  qualche  aulica  città  di  Italia  o  di  Germania  ;  — 
tutto  ciò  in  mezzo  ali*  eccitazione  prodotta  pei  terreni  auri* 
feri  vicini  che  esaurivano  e  rinnovavano  continuamente  la 
popolazione  e  con  articoli  di  prima  qualità  a  prezzi  che, 
soli,  sarebbero  sembrati  suflScìenti  per  rendere  impossibile 
r  impiego  di  questo  lavoro  continuo. 

In  ciascuna  settimana  vedevansi  partire  per  le  miniere 
delle  migliaja  d' individui  e  ritornare  alcune  ceniinaja  di  fe- 
lici avventurieri,  che  si  affrettavano  a  dissipare  il  frutto  delle 
loro  fatiche  nei  godimenti  sfrenati  di  quel  lusso  parassita 
della  ricchezza  il  quale  s'era  stabilito  nelle  contrade  della 
capitale  nascente.  Il  porto  '  era  pieno  di  navi  che  marcivano 
come  inutili,  e  sprovviste  dei  marina] ,  i  quali  erano  fuggiti 
alle  miniere  e  il  ritorno  d'un  bastimento  non  aveva  inte- 
resse che  per  gli  armatori,  non  avendo  la  California  che 
poche  once  di  polvere  d'oro  da  iniziare  in  eambio  dei  ea- 
riehi  che  impacciavano.  Non  era  che  con  un'estrema  fatica 
ed  a  grandi  spese  che  si  potevano  procurare  delle  braccia 
e  dei  domestici,  ma  la  perseveranza  colla  quale  i  coloni 
lottarono  contro  gì'  imbarazzi  d' una  simile  situazione  fu 
eroica. 

«  Allorché,  più  tardi,  gl'immigranti  cominciarono  ad 
arrivare  in  gran  bumero,  si  poterono  procurare  delle  braccia 
ma  sempre  a  condizione  di  pagarle  estremamente  care.  Per- 
sone ritornate  dalle  miDiere,  altre  che  avevano  avuto  la 
prudenza  di  non  andarvi,  si  ponevano  a  servizio   di   buon 


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5& 
grado,  con  salarti  che  variavano  da  IS  a  80  dollari  (60  a 
460  franchi  )  al  giomof  condizioni  p^r  le  quali  la  maggior 
pane  dei  capitalisti  esitavano  a  lanciarsi  in  grandi  intraprese. 
Ha  quest'esitazione  fu  di  breve  durata;  e  tutte  le  braccia 
furono  ben  presto  requisite  «  a  qualunque  prezzo  si  fosse. 
L'emigrazione  d'un  gran  Stato  arrivò  tutta  in  un  momento 
e  sì  aveva  nulla  preparato  onde  riceverla.  Bisognò  misurare 
i  terreni,  livellar  le  contrade,  appianar  le  eolUne,  empiere 
buchi  e  lagune,  piantare  nella  baja  dei  pali,  procurarsi  le- 
gni, naattoni,  gesso  e  tutti  gli  altri  materiali  di  costruzione, 
costruir  case  ed  ammobigliarle,  stabilire  vasti  magazzenr,  co- 
struir lidi  grandissimi,  caricare  o  scaricare  immense  quan<* 
tiià  di  mercanzie,  e  provvedere  mille  altri  bisogni  egual- 
mente urgenti.  Uolto  tempo  prima  che  lutto  ciò  fosse  com- 
piuto, le  colline  di  sabbia  ed  i  terreni  aridi  che  circonda- 
vano la  città  s'erano  coperti  di  tende  e  capanne  d'ogni 
forma  e-  specie;  la  baja  era  animata  da  una  moltitu- 
dine di  navigli,  e  di  piccole  navi  che  a' incrociavano  in 
ogni  senso^  portando  passaggeri  e  mercanzie;  le  vie  ancora 
informi,  che  non  offrivano  che  mucchi  di  sabbia  e  di  pol- 
vere, abissi  di  fango,  dove  a'  inghiottivano  i  cavalli  e  le  vet- 
ture, formicolavano  d' esseri  umani,,  venuti  da  tutte  le  parti 
dell'universo  e  parlanti  tutte  le  lingue;  — *  tutta  questa 
popolasione  in  movimento  affaccendata,  occupata,  a  vendere 
ed  a  comperar  terreni  su  cui  editicare,  carichi  di  mercanzie 
scelte,  polvere  d' oro  a  centinaja  di  libbre,  poderi  di  più  le- 
ghe quadrate  d'estensione,  colle  loro  migliaja  di  capi  di 
bestiame,  di  pezzi  di  terra  nelle  città  progettate  che  non 
esistevano  che  sulla  carta,  in  una  parola,  speculando  e  giuo- 
cando  sopra  tutto  ciò  che  poteva  essere  oggetto  d' un  trar* 
fico  qualunque.  E  tutti  guadagnavano  denari^  e  tutti  face^an 
fortuna*  Tutto  questo  rumore  e  questo  movimento  colpivano 
di  meraviglia  e  d'una  specie  di  stupore  l'emigrante  nuo- 
vamente sbarcaiOr  e  gli  davano  una  prodigiosa  idea  dell'e- 
suberanza di  vitalità,  di  energia,  d'attività,  che  regnavano 


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in  quel  luogo;  egli  non  poteva  pensare^  senza  un  senlimémo 
di  profonda  apprensione,  alla  lotta  terribile  nella  quale  osso 
pure  stava  per  gettarsi.  » 

Sale  da  giuoco,  lucieanti  come  palazci  di  fate,  ó  che 
sembravano ,  per  magfa ,  escire  tutto  in  un  momento  dal 
suolo,  empirono  quasi  tutta  la  Piava  e  (e  contrade  vicine. 
Le  bevande  inebbrianti  univano  le  lokH>  attraitive  alla  bel- 
lezza d*ima  musica  più  rumorosa  che  melodiosa,  e  tutto 
respirava  una  allegria  Tebbrile,  una  pazza  attrattiva,  in  que- 
sti  giuochi,  dove  si  guadagnavano  e  si  perdevano  sul  tappeto 
verde  in  un  momento  delle  fortune.  Tutti  allora  giocavano 
dal  ftiinìstro  della  religione  dalla  cravatta  bianca  inamidata, 
fino  al  negro  che  guadagnava  un  dollaro  a  pulire  le  scarpe 
del  suo  padrone.  Non  s'aveva  il  tempo  di  pensare  a  dò 
che  si  faceva  e  non  si  lasciava  al  cervello  scaldato  il  tem- 
po di  raffreddarsi  fino  a  che  restava  nelle  tasche  una  mone- 
ta od  un  pò  di  polvere  d'oro.  Cosi  questi  saloni  enmo 
pieni,  giorno  e  notte,  d'  una  folla  di  viaggiatori  impazienti 
che  non  potevano  saziarsi  d' emozioni  né  troppo  pretto 
sbarazzarsi  dei  loro  mucclii  d'oro. 

«  Giammai,  forse  aveva  il  mondo  veduto  un  simile  spet- 
tacolo, ed  è  probabìte  oh^  passeranno  delle  generazioni  in- 
nanzi che  nulla  di  simile  si  riproduca  ». 

La  popolazione  era  -quasi  tutta  composta  di  maschi  adulti 
e  questo  fatto  parla  abbastanza  da  sé  svesso.  Le  poco  dis- 
graziate creature  che  attraevano  a  San- Francisco  i  promotori 
delle  case  di  giuoco  e  d'altri  luoghi  pubblici  dove  la  folle 
profusione  delle  miniere  trovava  qno  sbocco,  erano  fomite 
dal  Messico,  dalle  razze  meticeie  dell'inferno,  dai  Kavacs 
delle  isole  Sandwich  :  molte  erano  Chinesi  e  queste  erano 
le  più  degradate  :  alcune  di  queste  avventuriere ,  d' una 
classe  più  elevata  appartenevano  a  paesi  più  civilizzati.  Un 
disegno  che  noi  abbiamo  sotto  gli  occhi,  e  che  è  intitolalo 
«  Le  bcUezze  di  S.  Francisco,  la  Celeste^  la  Senbra  e  la 
Madama  »,  rappresenta  queste  signore  come  le  si  vedevano 


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nel  I8&S,  dandosi  iti  comune  ai  loro  esereisj  peripatetici: 
e  non' 81  può  noD  essére  compresi  da  un  sentimento  di 
compassione  pensando  alla  misèria  ed  alla  disperazione  che 
8i  nascondevano  sotto  quelle  brillanti  toelette,  la  di  cui  com- 
parazione ha/  alcun  che  dì  strano.  La  sola  vista  d' una  bella 
donna,  ^  il  solo  suòno  della  sua  voce  erano  allora' godimenti 
pei  quali  il  meno  imprudente  era  sempre  pronto  a  sacrifi- 
fare  una  parte  del  suo  tesoro.  Il  lieve  privilegio  d'indiriz- 
zare alcune  pardo  di  coli versazione  ad  una  donna  era  assai 
ricercato  e  si  pagava  alcune  volte  generosamente.  Cosi  i  pro^^ 
prietarj  d'alberghi,  di  salons^  e  specialmente  di  case  da 
giuoco,  trovavano  un  grandissimo  vantaggio  nell'avere  una 
signorina  al  banco:  e  più  d'una  di  queste  signorine  non 
tardò  a  far  fortuna  per  proprio  conto,  sia  con  un  ricco  msk 
(rimofiio,  sia  con  felici  speculazióni. 

IV. 

In  seguito  a  profonde  meditazioni  su  questo  stato  ribut- 
tante di  cose  la  sigiK>ra  Farnham,  della  quale  noi  abbiamo 
già  citato  il  libro ,  rtsoHretie  d' mtraprendere  tm-  viaggio  a 
San-Francisco ,  e  fece  pubblicare  a  New-York  un  programma 
nel  quale  ella  esponeva  gì*  inconvenienti  d'  ogni  natura  che 
risultavano  per  l'umanità  dall'assenza  di  donne  in  Califor- 
nia. Ella  proponeva  quindi  di  partire  alla  testa  d' una  com- 
pagnia di  donne:  il  numero  era  fissato  da  cento  a  cento 
trenta,  ciò  che  permetteva  ^li  allestire  un  bastimento  spe- 
cialmente opportuno  al  loro  uso;* le  persone  che. volevano 
prender  parte  alla  spedizione  non  dovevano  aver  meno  di 
venticinque  anni^  mostrare  certificali  di  buoni  coslumi,  di 
capacità,  ecc.,  e  versare  una  somma  di  260  dollari  (4250 
franchi  ).  Non  si  mancherà  d' ammirare  questa  morale  severa 
di  cose  che  aveva  risoluto  di  non- infliggere  agli  abitanti  della 
California,  sospirando  presso  ai  compagni,  che  donne  «  non 
aventi  meno  di  venticinque  anni  »  •  Perchè  questo  carico  di 


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damigelle  di  media  età  (dMe  eirooodtto  da  lotte  le  eure  con- 
venevoli, la  signora  Farabam  proponeva  d*  aggiungere  alla 
spedizione  sei  od  otto  uomini  maritati  rispettabili,  acoom- 
pngnnti  dalle  loro  mogli  e  dai  lofo  figli.  Ci  rincresce  di  dire 
die  questtf  progetto,  ehe  aveva  ottenuto  T approvazione  di 
molte  persone  distinte,  e  tra  gli  altri  di  Mad.  Sedgwiek,  sia 
andato  in  fumo.  La  necessità  imposta  alle  candidate  di  dichia- 
rarsi deir  età  di  venticinque  anni  entrò  forse  in  ciò?  Quest'  è 
qnello  che  noi  non  sapremmo  dire;  ma  non  si  potè  trovare, 
nelle  summentovate  condizioni,  che  tre  signore  le  quali  ac- 
consentissero ad  esercitare  sui  celibatari  di  San-Praneisco 
«  la  loro  influenza  conservatrice  »  per  servirci  dei  termini 
stessi  del  programma.  Si  apprenderà  con  piacere  che  «  due 
di  queste  signore  sono  ritornate  col  mezzo  di  vìvere  nel- 
r  agiatezza  pel  resto  dei  loro  giorni,  ed  un*  intatta  repuu- 
zione  »  ;  la  terza  viveva  nella  famiglia  della  signora  Fambaro 
air  epoca  in  cui  elU  scriveva. 

D'ordinario  si  approfitta  di  ciò  che  la*  città  di  San-Fran- 
cisco  e  lo  Stato  di  cui  essa  è  la  capitale  abbiano  potuto  at- 
traversare questo  primo  periodo  d'anarchia  e  prendere  la 
forma  di  oomunità  abbastanza  regolare,  se  ne  approfitta,  di- 
ciam  noi,  onde  esaliare  il  carattere  della  razza  americana 
che  sa  sempre  bastare  a  sé  stessa.  Quest*  elogio,  fino  ad  oo 
certo  punto,  è  meritato.  Gli  Americani  sono  dotati,  senza 
dubbio ,  d'  una  meravigliosa  attitudine  a  progredire  a  di- 
spetto degli  ostacoli,—  a  costrurre  una  macchina  provvisoria 
ehe,  in  assenza  d'una  organizzazione  regolare,  funzionerà 
irrossolanamente ,  ma  in  un  modo  sufficiente.  Pure  non  è 
meno  vero  che,  in  questi  ultimi  anni,  essi  furono  deplora- 
bilmente delusi  nei  loro  sforzi  per  organizzare  il  loro  si- 
stema politico  su  d' una  baf>e  solida  e  razionale.  La  demo- 
crazia spinta  fino  agli  ultimi  suoi  limiti,  come  noi  l'abbiamo 
veduta  oggidì,  pareva  avesse  due  bisogni  insaziabili:  t^uno, 
quello  dell' eccitazione  ioeessante  delle  elezioni  a  tutte  te 
cariche;  —  l'altro,  quello  di  kr  contintnmentc  opposiaiooe, 


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d*  insalare  ed  avvilire  le  autorità  ohe  provengono  dalle  pro- 
prie loro  elexioni. 

La  California,  eome  vedemmo,  fu  coatituila  in  territorio 
nel  1848,  in  Stato  avanti  la  fine  del  4849.  In  qiieat' inter- 
vallo, il  paese  fu  naturalmente  amministrato,  secondo  la  co- 
stituzione dell'Unione,  dalle  autorità  nominate  dal  governo 
eentrale:  ma  pareva  che  il  governatore  Riley  ed  i  suoi  su^ 
bordinoli  s'astcnc*ssero  prudentemente  dal  prendere  una  parte 
attivissima  agli  aiTari;  pretcndesi  persino  che  questo  gover- 
natore, riconoscendo  V  impossibilità  di  mantenere  uno  stato 
maggiore  officiale,  andò  egli  atesso  a  fare  un  giro  alle  mi- 
niere durante  ui^a  parte  della  sua  magistratura.  Ma  da  che 
lo  Stato  entrò  nella  pienezza  dei  suoi  diritti,  la  sua  costitu- 
zione locale  fu  messa  in  completa  attività.  Tutti  i  funzionar], 
nell'ordine  amministrativo  come  nell'ordine  giudiziario, 
»ono  eletti  dal  popolo,  per  un  termine  più  o  meno  lungo , 
dal  governatore  fino  al  controllore,  al  tesoriere  e  all'ispet- 
tare  generale,  e  dal  presidente  della  Corte  suprema  fino 
agli  altonMys  del  distretto  ed  ai  ewroners;  ed  il  sistema  di 
rotazione  è  ingegnosamente  organizzato  in  modo  da  procu^ 
rare  ai  cittadini  la  gradita  eccitazione  delle  elezioni  che  hanno 
luogo  in  ogni  tempo  e  sopra  tutti  i  punii  dello  Stato.  Ag- 
giungiamo che  le  elezioni  municipali  di  Sao-Prancisco  dal- 
l' origine  hanno  presentato  maggior  interesse,  importanza  e 
nello  alesso  tempo  maggior  corruzione  organizzala  di  quella 
perfino  delle  alte  cariche  dello  Stat,o.  Coloro  che  conoscono 
il  modo  con  cui  funzionano  questo  istituzioni  comprende- 
ranno facilmente  i  risultali  d'un  simile  sistema. 

<  Un  sintomo  spiacevole  ed  allarmante  che  si  è  sempre 
ooQservato  in  California,  dice  la  signora  Farnham,  è  l'ele- 
xioue  agli  impieghi  pubblici  di  uomini  diffamati,  lo  ben  mi 
•0,  ed  il  confesso  con  vergogna,  che  si  può  dire  che  ciò  che 
è  vero  per  gli  altri  Stati  dell*  Unione,  lo  é  pure  della  Cali- 
fornia. Pure  i  risultati  non  sono  gli  atessi.  Le  scelte  di  que** 
tu  natura  sono  più  dannose  in  California  che  negli  Stati  più 


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aniiclii,  pcrehè  in  Golirornia  non  esiste  alctvì  controllo  pra- 
tico sugli  aati  dei  funzionar].  Malgrado  i  numerosi  misfalli, 
perfino  i  delitti  di  cui  essi  si  rendono  quotidianamente  col- 
pevoli e  che  eccitano  l' indegnazione  di  iutir  i  buoni,  dob 
si  ha  ancora  esempio  di  punizione  inflitta  ad  uno  di  loro. 
Spessori  dice  dei  candidati  eletti  negli  altri  Stati  che  nelle 
nostre  scelte  noi  non  teniamo  aleiin  conto  dell^  attitudine  o 
del  merito  degli  indÌTidui,.  e  ciò  è  troppo  vero,  ma  in  Ca- 
lifornia si  vede  spesso  che  l' incapacità  grossolana  e  vergo* 
gnosa  è  il  più  sicuro  mezzo  di  successo.  Si  direbbe  che  fra 
i  materiali  oRerti,  debbasi  scegliere  ciò  che  v'  ha  di  peg- 
gio. Del  resto,  come  queste  elezioni  si  fanq^  pure  quelle 
dei  membri  'del  Congresso  e  di  alcuni  dei  più  alti  funiìonar} 
deir  Unione.  A  qualunque  grado  della  scala  si  arresti,  è  molto 
più  probabile  che  colui  che  occupa  un  impiego  pubblico  lo 
disonorerà,  piuttosto  che  non  gli  faccia  onore  ». 

Questi  mali  sono  aggravati, 'senza  alcun  dubbio,  dai  meni 
scandalosi  che  si  impiegano  per  falsare  i  risultati  degli  scru- 
tinj  ;  ma  il  loro  principio  reale  è  nclf  aceiecamento  politico 
della  gran  maggioranza  degli  elettori.  Se  questi  abusi  fossero 
stati  ristretti  all'  elezione  dei  legislatori,  od  anche  dei  fun- 
zionar] esecutivi,  il  male  sarebbe  slato  relativamenie  poco  con- 
siderevole. Nelle  società  puramente  democratiche,  la  stampa 
periodica,  qualunque  possa  essere  la  sua  tendenza  nelle  al- 
tre comunità,  prende  necessariamente  un  certo  carattere  ed 
ajuta  a  tenere,  fino  ad  un  certo  punto,  in  rispetto  i  più 
cattivi  funzionar]  elettivi  di  queste  classi.  Essi  sono  disprez- 
zati, gli  è  vero,  ciò  che  è  di  già  riproverole  dal  punto  di 
vista  dd  pubblico ,  ma  il  k>ro  potere  di  fare  il  nnàle  è  ri- 
stretto  in  certi  limiti.  Allorché  la  corruzione,  al  contrario, 
donHiia  fino  ai  posti  della  magistratura  e  vi  si  stabilisce  io 
permanenza ,  V  avvenire  della  comunità  è  veramente  fosco. 
Se  dobbiamo  credere  alla  testimonianza  degli  stessi  scrittori 
americani,  non  vi  sarebbe  in  California-  un  sol  tribunale,  ap- 
pena un  sol  giuclice,  il  di  cui  carattere  inspira    podiissimo 


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61 

rispetto.  È  questo  un  nàaie  contro  il  quale  T  opinione  pub* 
Mica  è  impotente  |coroe  lo  è  ogni  autorità  esterna.  Nel* 
r  Unione,  come  in  Inghilterra,  tutto  il  meccanismo ,  regolare 
od  irregolare  del  governo  finisce  Col  <  riunire  dodici  uomini 
su  di  un  banco  »,  e  se  questi  dodici  uomini  sono  abitual- 
mente mal  diretti  5  se  le  istruzioni  eh'  essi  ricevono  emanano 
da  una  sorgente  corrotta,  non  v'  ha  potenza  al  mondo  che 
sia  capace  d' arrestare  il  male,  a  meno  che  dessa  non  fosse 
la  legge  marziale  del  re  popolaccio,  comunemente  chiamata 
la  legge  di  Lynch. 

li  solo  giudice  della  Galifornia  che  sembra  abbia  imposto 
rispetto  è  stato  il  giudice  Almond;  pure  non  era  stato  eletto 
dal  popolo,  ma  nominato  dal  governatore  federali  prima  della 
formazione  dello  Stato,  lì  giudice  Almond,  sul  conto  del 
ffuale  si  dicono  molte  storielle,  professava  un  sovrano  di- 
sprezzo pei  discorsi  lunghi^  le  sottigliezze  legali  e  le  opi- 
nioni degli  autorL  Era  un  uomo  d'una  mente  viva,  d'un 
^udizio  netto,  «  la  stia  opinione  una  volta  formata,  dicono 
gli  annalisti,  —  il  che  accadeva  alcune  volte  anche  prima 
che  il  primo  testimonio  fosse  stato  inteso  fino  alla  fine,  — 
si  poteva  considerare  la  sua  decisione  come  decretata  ».  I 
suoi -sforzi  erano  specialmente  diretti  contro  le  frodi  dei 
padroni  di  bastimenti  mercantili  in  riguardo  dei  quali  egli 
si  mostrava  inesorabile,  di  modo  che  la  cprte  del  giudice 
Almond  fini  col  diventare  un  tale  spauracchio  pei  capitani 
di  navigli  eh' essi  amavano  meglio  transigere,  anche  con 
perdita,  su  d'un  punto  io  litigio  con  un  marinajo  od  un. 
passaggiero,  piuttosto  che  sommettere  la  questione  al  giu- 
dizio di  sua  onoranze.  Noi  dubitiamo  che  il  mantello  del 
giudice  Almond  non  sia  disceso  sui  suoi  successori  eletti, 

«  Uno  dei  giudici  di  contea,  dice  madama  Farnham, 
benché  avesse  una  posizione  sociale,  i  talenti  e  le  cognizioni 
necessarie,  era  un  ubbriacone  ed  un  libertino;  la  sua  con- 
dotta durante  tutto  il  periodo  oOicialc  delie  sue  funzioni  fu 
un  perpetuo  insulto  a  tutte  le  persone   dabbene ,  a  tutte 


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63 

quelle  che  si  rispettnvano.  Anche  prima  che  il  suo  temine 
di  officio  fosse  spirato,  tutti  coloro  che  arevano  concorso 
alla  sua  nomina  ne  erano  completamente  disgustati  e  ne 
domandavano  il  cambio.  Essi  T  ottennero.  —  «  Furono  le 
tre  sue  figlie  che  I*  hanno  eletto  »,  mi  diceva  un  tale 
parlando  d'un  altro  giudice;  e  siccome  io  mostrava  uni 
certa  meraviglia:  <  È  la  pura  verità,  egli  riprese,  e  voi  ora 
e  ve  ne  persuaderete.  Vi  sono  molli  celibi  nel  paese,  e  le 
é  HgliA^  del  giudice  benché  mal  allevate,  sono  belle  persone* 
«  Io  pure  sono  celibe  ed  ho  votato  per  lui,  benché  io  non 

<  abbia  alcun' idea  di  sfiosarc  una  di  esse;  ma  gli  è  ceno 
9  che,  senza  le  sue  figlie,  io  avrei  certamente  votato  per 

<  l'altro  coftorrente  ». 

E  inutile  il  dire  che  i  giudici  eletti  in  simili  circostanze 
tono  sempre  disposti  a  concordare  di  simpatia  colla  pubblica 
opinione,  anche  quando  V  opinione  pubblica  è  contraria  alla 
legge,  il  giudice  Hoffman ,  presiedendo,  nel  4864,  al  giu- 
dizio del  colonnello  Watkins,  noto  filibustiere,  s'esprimeva 
in  questi  termini: 

€  lo  ho,  con  tutto  il  cuore,  simpatia  verso  l'aceusaio: 
ma  io  sono  incaricato  di  far  eseguire  la  legge  e  debbo  fare 
il  mio  dovere,  qualunque  siano  le  mie  simpatie,  lo  posso 
ammirare  gli  uomini  coraggiosi  che  hanno  intrapreso  queste 
spedizioni  per  rialzare,  commessi  dicono,  gli  altari  rovesciati 
e  riaccendere  i  fuochi  estinti  della  liberti  al  Messico  e 
nella  bassa  California.  Egli  è  ponnibile  che  costoro  non  siano 
che  avventurieri  che  non  hanno  altro  s(*opo  che  di  arric* 
chirsi  a  buon  mercato  in  un  altro  paese.  Ma,  quando  par 
io  credessi,  che  non  è  cosi  e  che  il  loro  scopo  è  stato  eosi 
onorevole,  cosi  disinteressato  come  ce  lo  ha  rappresentato 
il  loro  avvocato,  pure,  sedendo  qui  come  giudice,  io  non 
dovrei  occuparmi  che  di  questa  sola  questione:  La  legge  è 
slata  violata?  » 

I  fatti  erano  cosi  evidenti ,  per  cui  il  ^ttiri  dovette  di- 
chiarare l'accusato  colpevole.  Egli  fu  condannato,  insieme 


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63 
li  !iao  compagno,  il  maggiore  Emery,  id  unUmmenda  di 
mille  e  cinquecento  dollari,  eh* essi  dichiararono,  più  (ardì, 
di  essere  neU*  impossibilità  di  pagare.  Nel  momento  in  cui 
noi  scriviamo  (l8òS),  parerà  che  fossero  stati  emessi  dei 
dubbj  sulla  quistione  di  sapere  se  si  ptiò,  di  diritto  o  di 
fatto^  costringerli  a  pagare  o  ritenerli  in  prigione  fino  a  che 
essi  abbiano  pagato ,  ma  ciò  che  v*  ha  di  più  probabile  si 
è  che  né  il  colonnello  Watkins  né  il  maggiore  Emery  non 
saranno  pijili  inquietati  ;  è  in  questo  modo  che  passano  le 
cose  in  Calirornia.  (  Continua  ). 


GEOGRAFIA    E    VIAGGI. 


Mmmwe  carte  archeetoslelie  della  GalUa  antlea. 


Il 


I  governo  francese  ha  istituita  una  speciale  Commissione 
composra  di  membri  dell'  Istituto  e  di  distinti  archeologi  col* 
r  incarico  di  preparare  i  materiali  necessarj  per  la  forma- 
zione di  una  carta  archeologica  delle  antiche  Gallie. 

Dopo  un  maturo  esame  la  Commissione  decise  di  com- 
porre tre  carte  archeologiche.  Sulla  prima  saranno  indicale 
le  amichila  celtiche  e  le  campagne  di  Cesare,  sino  al  mo- 
mento storico  in  cui  quel  proconsole  lasciò  le  Gallio  do[>o 
le  conquiste.  La  seconda  camprenderb  la  geografia  delle 
Gallio  sino  all'epoca  di  Costantino.  La  terza  rappresenterà 
lo  stato  della  Francia  all'  epoca  dei  Merovingi^  Cosi  passando 
da  una  carta  ali*  altra  si  avrà  la  storica  trasformazione  delle 
contrade  e  delle  località  sotto  i  Celti,  i  Romani  ed  i  Franchi. 
Si  troverà,  per  esempio,  la  stessa  località  designata  da  prin^ 
eipio  come  ciano  sotto  i  Celti,  come  oppidum  o  municipio 
sotto  i  Ron^ni,  e  poscia  come  vicus  o  borgo  sotto  i  Franchi. 


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64 

Sulle  carie  si  |aggeranuo  i  nomi  moderni  delle  locatila  a 
canto  ai  nomi  aniichi.  Con  segni  convenzionali  saranno  in- 
ilicaii  i  monumenti  amichi  di  vario  genere.  Si  vanno  ora 
i^iluendo  esalti  studj  per  determinare  meglio  che  si  possa  il 
iraceiacnenio  clelle  antiche  vie  romape.  , 

I  doxù  aitendono   con   viva   ansietà  la  pubblicazione  di 
queste   carte.; 

— oOo — 
NaoYe  esplorasioni  nell^  AiMtralla. 


G, 


li  inglesi  continuano  le  loro  esplorazioni  nel  centro  del- 
l' Australia.  Alla  Società  Geografica  di  Londra  giunse  testé  un 
rapporto  del  capitario  Stuard  dal  quale  rilevasi  esser  esso 
penetrato  nel  cuore  dell'Australia  al  grado  31^  40'  di  lati- 
tudine sud,  avanzandosi  verso  il  nord  sino  al  grado  2^^  20' 
di  latitudine.  Scoperse  in  quel  tratto  di  paese  un  gran  lago 
ricco  di  pesce.  Dopo  aver  girato  le  rive  del  lago  giunse  ^i 
una  vasta  pianura  dell'  estensione  dille  dodici  alle  dieciotto 
miglia  quadrate  di  superficie  ricca  di  eccellenti  pascoli.  Egli 
renificò  la  forma  geografica  del  lago  Torrens,  che  sulle  cane 
sinora  in  uso  prende  la  figura  di  un  ferro  da  cavallo,  men- 
tre in  fatto  non  è  che  una  serie  di  varj  bacini  insieme  con- 
giunti du  correnti  acquee. 


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«OLLETTIEIO   Dt  IIOTIZIE  STATISTICHE   ITALIANE   E   STRANIEBB 

£  DELLE  PIÙ   IMPORTARTI   IRVENZlOni   E   SCOPERTE 

0 

PROGRESSO  DELL'  IIVDIISTRU 

I 
DELLE    UTILI    COGNIZIONI. 


Pascicolo  di  Aprile  1859. 


NOTIZIE    ITALIANE 


WmtìmtUm  dell^ndastria  inaBiliBttvrlera  In  ItaUa, 
del  doti.  JPieitrm  Mme^iri. 

(  Estratto  dalla  RifisU  Contemporanea  ). 

OUL 

Vi  hanno  olii   di  diverse  qualità:  alcuni  sono   tratti   da 

Stanze  vegetabili,  altri  in  cambio  hanno  origine  animale. 
I  quelli  che  appartengono  alla  prima  specie,  V  olio  d*  oli« 
va  occupa  senza  dubbio  il  primo  posto,  e  noi  cominceremo 
perciò  dair  esame  di  tale  prodotto  indici^ndo  le  condizioni 
di  cultura  dell'albero  che  gli  è  proprio. 

L' olivo  ha  bisogno  di  un  clima  temperato  ;  le  sue  fu* 
glie  restano  verdi  tutto  Tanno,  e  i  9uoi  frutti  impiegano 
un  tempo  abbastanza  lungo  onde  giungere  a  maturanza ,  il 
che  fa  di  esso  un  albero  a  vegetazione  lenta,  ma  continua, 
capace  di  sostenere  un  freddo  anche  intenso  ove  non  sia 
troppo  prolungato.  Là  dove  1*  arancio  perirebbe,  T  olivo  prò- 
A^Au  Sèatistica,  vot  iXXIi,  $^ne  3.*  5 


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I 


' 


66 

spera  mirabilmenie,  giunge  ad  un*  altezza  piuttosto  eoDside* 
revole  ed  è  riputato  eome  una  delle  principali  ricchezze 
del  nostro  paese. 

Per  tali  condizioni  V  olivo  è  direouto  un  albero  di  cui- 
tura  quasi  universale  in  Italia.  Le  coste  di  Genova  e  di  Nizza 
sono  coperte  da  questa  preziosa  vegetazione,  che  appartiene 
ugualmente  alla  Toscana^  e  soprattutto   «Ile   caropagoe   di 
Pisa  e  di  Lucca ,  celebraiissime  per  la  bontk  dei  loro  olii. 
La  piantagione  dell'  olivo  si  associa  spesso  colà  alla  vigna , 
oppure  è  disposta  su  piccoli  ripiani  a  gradinale.  Questa  spe- 
cie di  coltura,  negli  Stati  romani,  si  conA  ai  terreni  vul- 
canici, e  principalmente  ai  calcarei;   essa   cresce   ovunque 
presso  le  proviocie  orientali  e  le  occidènuli,  sotto  le  mura 
di  Roma  e  sul  versante  degli  Apennini.   La  Sardegna  e  la 
Corsica  fruiscono  pure  della  medesima  la  quale  rende  lieta 
anche  la  regione  dei  laghi  di  Lombardia,  la  Venezia,  le  eo- 
ste dell'Istria,  a  malgrado  della  loro  posizione  settentrionale. 
Ma  di  tutte  le  regioni  italiane,  la  parte  continentale  del  re- 
gno delle  Due  Sicilie  è  ancora  quella  in  cui  la  coltivazione 
dell'olivo  è  più  diffusa,  e  i  suoi  prodotti    più    regolari   e 
cospicui.  Lungo  le  coste  nordiche   della   Sicilia,  i   declivii 
delle  montagne  e  le  valli  sono  quasi  interamente   popolate 
da  olìveti.  Nella  costa  meridionale  ed  occidentale,  e  geue- 
ralmente  all'  interno  dell'  isola ,   l' olivo  è  più  raro   e   non 
fornisce  neppure  olio  sufliciente  al  bisogno  dei  suoi  abitaift. 
La  parte  orientale  della  cosu  a  settentrione  di  Caunia  pro- 
duce olivi  di  ottima  qualità. 

La  bacca  dell'  olivo,  che  impiega  ne'  nostri  paesi,  come 
dappertutto,  i  due  terzi  dell'anno  a  crescere  ed  a  maturare, 
raccogliesi  allorché  comincia  l'inverno.  D'ordinario  si  aspet- 
ta che  i  venti  e  la  maturità  eccessiva  facciano  cadere  le  ali- 
ve, oppure  queste  vengono  scosse  dagli  alberi,  e  le  poche 
che  restano,  sullo  scorcio  dalja  stagione,  sono  staccale  dai  ra- 
mi per  mezzo  di  lunghe  pertiche  o  di  bastoni ,  a  un  di- 
presso come  si  usd  colle  noci.  Si  le  une  che  le  altre  ven- 


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«7 
gono  poscia  raoeoile  dalle  donne  e  dai  ragaui  e  ripofie  in 
tini,  ove  rimangono  circa  un  mese,  allo  scopo  di  esirnrne 
Tolio,  come  erroneamente  preiendesi,  in  copia  maggiore. 
Ci  corre  obbligo  tuttavia  di  tosto  avvertire  come  il  sistema 
di  abbacchiare,  battendo  i  rami  dell*  albero ,  sia  oltremodo 
rovinoso  per  i  raccolti  futuri,  cpperò  in  taluni  luoghi  proi« 
bito  a  coloro  che  prendono  in  fitto  gli  ulivi  con  appositi 
patti.  V*  hanno  di  proprieiarj  infatti  che  praticano  il  raccolto 
dei  frutti  prima  che  giungano  alla  loro  completa  maturanza 
staccandoli  dagli  alberi,  guidati  in  ciò  dall'esperienza,  la 
quale  insegna  come  Tolio  tratto  dalle  ulive  molto  mature 
e  annerite  riesca  minore  di  quantità  ed  abbis<^ni  di  mag- 
giore depurazione.  Anche  la  cattiva  abitudine  di  promuovere 
la  fermentazione  delle  bacche,  prima  di  triturarle  e  di  pre* 
merle,  va  perdendo  de*  suoi  partigiani  fra  noi  e  presso  la 
maggior  parte  dei  nostri  paesi  oleiferi. 

Per  la  triturazione  impiegansi  delle  mole  di  pietra  ro- 
tanti  entro  una  vasca  in  muratura  ed  intorno  ad  esse  per- 
pendicolare,  mosse  da  asta  orizzontale,  spinta  dall'acqua  od 
a  forza  d'  uomini  o  da  uno  o  più  animali  da  tiro.  A  questo 
antico  e  primitivo  sistema  in  molti  luoghi  fu  sostituito  l' eleo- 
iribo,  che  è  applicazione  altrettanto  semplice  quanto  inge- 
gnosa del  molinello  a  caffè.  Con  quel  meccanismo  basta  me- 
no della  metà  di  forza  motrice  ad  ottenere  una  triturazione 
tripla  di  quella  che  davano  le  antiche  macine,  ond'  è  che 
un  solo  oleotribo  tritura  tante  bacche  quante  bastano  a  te- 
ner in  moto  tre  torchi.  Prescindendo  dalla  necessaria  di- 
spersione della  sostanza  oleosa  che  deriva  dall'  assorbimento 
dell'antico  apparecchio  di  pietre  connesse,  e  che  è  nulla 
neir  oleotribo ,  la  triturazione  operata  con  questa  macchina 
è  eosi  uguale,  cosi  uniforme,  da  assicurare  un  prodotto  mag- 
giore sotto  r  azione  del  torchio  ;  la  qual'  ultima  si  ripartisce 
equabilmente  sulla  pasta  già  omogenea  delle  bacche  peste, 
I  vantaggi  di  questa  macchina  ai  riassumono  nell'  economìa 
della  mano  d' opera ,  del  tempo  e  del  locale ,  perchè  essa 


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68 

non  occupa  che  la  metà  dello  spazio  assegnato  alle  macine 
.  ordinarie  e  nell*  aumento  delia  produzione. 

Dopo  la  triturazione  viene  la  pressione.  Poiché  il  fratto 
è  schiacciato  si  raccoglie  e  si  pone  in  sportini  d'erba^  di 
forma  cilindrica,  fatti  di  giunchi  e  di  altre  erbe;  i  quali 
sportini  si  sottopongono  al  torchio  (molti  in  una  volta). Il 
torchio  è  ordinariamente  formato  da  una  pietra  che  viene 
lasciata  discendere ,  e  prèmuta  sulle  ulive  da  un  sistema 
analogo  i  quello  dei  nostri  torchi  da  vino  :  una  colonna  di 
legno  verticale,  alla  quale  per  mezzo  di  un  palo  trasverso 
si  applica  la  forza  degli  uomini  destinati  a  farla  girare.  In 
alcune  delle  nostre  provinole  la  pressione  si  compie  per 
mezzo  di  strettoie  meccaniche  specialmente  mosse  ad  acqua 
(  strettoie  con  viti  )  e  colonne  di  ferro  fuso ,  strettoie  alla 
Ravanes, 

Intorno  al  piano  Inferiore  del  torchio  su  cui  stanno  le 
ulive  schiacciate,  scende  una  ribalta  solcala  da  rigagnoli, 
pei  quali  Tulio,  che  cola  dagli  sportini  sotto  la  pressione, 
s*  avvia  ad  un  becco  d*  onde  è  raccolto  in  un  truogolo  o  sec- 
chia sottoposta. 

L'olio  che  cola  dal  torchio  è  torbido,  chiamasi  mosto: 
per  farlo  diventar  brillante  (limpido  diremo  noi)  si  pone 
un  ampio  recipiente,  in  fondo  al  quale  col  tempo  e  col  ri- 
poso depone  il  sediménto,  oppure  si  filtra  tosto,  appena  spre- 
muto, eoi  cotone  e  per  mezzo  di  apposito  filtro.  Anche  fra 
noi  in  non  pochi  luoghi  venne  introdotto  quesi'  ultimo  me- 
todo di  chiarificazione  e  di  purificazione  consigliato  dai  re- 
centi progressi  della  chimica,  e  che  già  rende  celebrati  gli 
olii  del  mezzodì  della  Francia. 

Nelle  diverse  parti  d'Italia,  ove  coltivasi  T ulivo,  dopo 
la  prima  estrazione  dell*  olio  «  le  sunse  vengono  gettate  a 
marcire  su  letamai,  ovvero  si  destinano  ad  alimento  delU 
combustione,  specialmente  dei  forni  di  panatieria.  In  poclii 
luoghi  finora  si  ripassano,  e  dopo  breve  ebollizione  nelPac- 
(|ua  calda  vendono  sottoposte  .di   bel   nuovo  9l|o  strettoio 


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69* 
onde  oUeoerne  olii  di  qualità  inferiore.  Tuttavia  alcuni  fub-ì 
bricaoii  traggono  partito  dalle  sanse^  e  producono  olii  lavati  * 
nella  proporzione  di  una  sesta  parte  della  quantità  ottenuta  . 
colla  prima  pressione,  assicurandosi  d'  altra  parte  col  nocciolo 
un  separato  prodottOé 

Alcuni  degli  apparecchi  che  servono  a  si  proficua  fab- 
bricazione sono  posti  in  movimento  dall'azione  dell'acqua, 
altri  invece,  assai  più  estesi  e  migliori,  sono  regolali  dalla 
forza  del  vapore*  Cmì  neli'  isola  di  Sardegna  ve  n'  ha  '  a 
Sassari  uno  ad  acqua  ed  altro  a  vapore,  altri  due  lavoratoi 
sono  io  esercizio  a  Cagliari  ed  a  Bosa.  Alla  terraferma  de- 
gli Stati  sardi,  ed  al  granducato  di  Toscana  sono  pure  fa^c 
migliari  quegli  apparecchi,  dei  quali,  nel  4835,  non  si  conta- 
vano nel  regno  di  Napoli  che  tre,  mentre  ora  ve  n'hanno 
almeno  quarantacinque* 

Un'  utile  modificazione  fu  quella  recata  ai  serbatoi  di 
olio^  per  cui  ai  vasi  ordinari  in  terra  creta ,  che  occupana 
molto  spazio ,  facili  a  rompersi  ed  incomodi  nel  vuotarsi  i 
vennero  sostituiti  grandi  cilindri  in  lamine  di  ferro>  i  quali 
versano  di  leggieri  quanto  contengono,  mediante  robinelti 
aperti  al  centro  ed  alla  base  di  quei  recipienti. 

Come  vedesi,  la  fabbricazione  dell'  olio  d' oliva  era,  al^ 
tre  volte,  presso  noi  oltremodo  negletta.  Nulla  foceasi  per 
raccogliere  le  bacche  con  minor  spesa,  per  premerle  ancor 
fresche^  ben  tritui>arle,  separare  l'olio  delle  varie  pressioni^ 
ottenere  dalle  sanse  l'olio  lavato,  per  purificare  e  rendere 
chiari  i  prodotti  in  genere  con  maggiore  agevolezza  e  risuU 
tati  più  soddisfacenti.  Tuttavia,  da  qualche  tempo,  de'  mi- 
glioramenti sensibili  furono  introdotti,  ed  i  metodi  usati  og- 
gidì in  alcune  parti  del  rQgno  di  Napoli  i  negli  Stati  sard» 
e  nel  granducato  di  Toscana  permettono  di  ottenere  olii 
che  uguaglino,  ove  pure  non  superino^  le  migliori  qualità 
di  quelli  di  Provenza. 

Del  resto,  se  qtialche  incuria  esiste  aocora  in  quesV  arte 
essa  è  largimente  controbilanciala  dall'  abbondanza  del  pro^ 


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dotto»  il  quale  é  comune  a  tutto  il  paese,  e  che,  dopo  arer 
soddisratto  i  bi8<^i  locali,  cosiituiace  l'oggetto  di  una  vasta 
esportazione.  E  a  convincere  i  nostri  lettori  basti  1*  indicare 
nel  prospetto  che  segue,  la  quantità  ed  il  valore  dell' olio 
prodotto  nelle  varie  proviocie  italiane  o  di  là  inviato  al- 
l' estero. 


Prodozioice. 


Regno  delle  Due  Sicilie,  Napoli 

Sicilia 

Stali  sardi.  Terraferma  .    . 

Sardegna     •    • 

Toscana 

Corsica 

Stali  romani 

Istria  e  Gorizia     •    •    •    • 

Venezia • 

Modena 

Lombardia 


Quantità 
656,000  ettol. 
356,000 
383,500 
54,000 
160,000 
150,000 
430,000 
41,873 

7,840 

5,434 

3,966 


Valore 

50,000,000  fr. 

47,000,000  . 

30,000,000  > 

3,700,000  » 

44,800,000» 

40,500,000  • 

40,000,000  > 

844,000  > 

490,000  > 

850,000» 

450,000» 


tn  tutta  Italia    ....      4,747,309  ettol.  434,801,000  fr. 

EsPOaTAZIORB. 

Regno  delle  Due  Sicilie.  Napoli  338,000  ettol.  35,000,000  Tr. 

Sicilia  64,000  »  4,545,000» 

Stati  sardi.  Terraferma   •    .  99,308  »  6,954,000  » 

Sardegna     .    .  4,344  »  80,860» 

Corsica 74,000  »  5,000,000  » 

Toscana 44,600  >  4,653,000» 

Stati  romani 3,398  »  330,860  » 

Sulla  quantità  d' olio  esportata  dal  regno  di  Napoli , 
40,497  ettolitri  vanno  all'Inghilterra  »  46,2843  all'Austria, 
38^45  alla  Francia,  45,460  al  Neiherlands,  34,380  alto 


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74 

Russia»  90^16  agli  Stali  sardi,  45,000  agli  Suti  romani, 

769  alla  Toscana,  6594  alla  Sicilia,  82,832  ettolitri  ad  altri 

.  paesi.   Due  terzi  dell'  olio  ehe  si  esporta  dagli  Stati   sardi 

SODO  diretti  io  Francia,  il  rèsto  io  loghilterra,  io  Austria,  ecc. 

Le  cifre  del  prospetto  che  precede  parlano  da  sé;  esse 
ci  Tanno  conoscere  quali  siano  i  paesi  che  producono  Tolio 
d'olivo  in  maggior  copia,  e  quali  quelli  che  ne  spediscono 
di  vantaggio  airestero,  quale  sia  in  una  parola  Timporianza 
di  questa  produzione  e  di  questo  commercio  presso  tutta 
la  penisola. 

In  Italia  la  quantità  d*olio  d'olivo  che  si  ottiene  è  tale 
che  gli  olii  estratti  dagli  altri  frutti,  o  dalle  altre  sementi, 
sono  di  poca  rilevanza»  Nondimeno  ogni  provincia  ha  olii 
speciali  cavati  dai  diversi  vegetali.  Cosi  la  pUtacia  lentiicut 
dà  olio  buono  per  f^ì  usi  domeatici.  L' industria  si  serve 
dell'olio  di  lino  o  di  noce,  la  medicina  di  quello  di  man* 
dofle  dolci  e  di  ricino,  ehe  cominciano  ad  essere  di  qual- 
che conto  nelle  nostre  produzioni.  Parlando  della  fabbripa- 
zione  dell'olio  di  semi  di  lino,  merita  nota  l'opiGcio  sorto 
non  ha  guari  nella  città  di  Livorno,  ed  appartenente  alla 
società  sotto  la  ditta  la  Nuo^a  industria.  Esso  impiega  me- 
todi perfezionati,  e  va  munito  di  una  macchina  a  vapore 
della  forza  di  4S  cavalli. 

Nel  Mantovano,  nel  Bresciano,  nel  Vigentino  la  coltiva: 
zione  del  ricino  occupa  intieri  campi.  In  Toscana,  negli  Stati 
romani  e  nel  regno  di  Napoli  trovasi  pure  in  via  di  pro- 
gresso. Commendevoii  per  la  fabbrica  di  quest'olio  sono: 
uno  stabilimento  nella  città  di  Geprano,  nella  delegazione 
di  Prosinone,  fornito  di  un  grandioso  torchio  idraulico,  po- 
sto in  moto  dalle  acque  del  Uri,  e  l'altro  del  signor  Groppi 
di  Forlì,  che  mantiene  SO  operai,  e  produce  circa  40,000 
chi1.  di  detto  olio  ogni  anno.  In  quest'ultimo  opiGcio  fun* 
zionauo  tre  macchine  costrutte  a  Glascow,  ed  una  mac* 
china  atta  ad  acciaccare  il  seme  del  ricino,  con  cui  se  ne 
bvora  400  chilogrammi  all'ora. 


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72 

In  Sampierdarena,  presso  Genova,  v*ha  la  fabbrica  d*o-. 
lio  di  sesamo  del  signor  Calvi,  fornita  di  un  motore  idran- 
lieo,  e  capace  di  produrre  q.  m.  7500  d'olio  all'anno,  im- 
piegandovi una  doppia  quantità  di  sostanza  oleosa.  I  residui 
di  quella  lavorazione  compongono  le  cosi  dette  pianelle,  spe- 
dice all'estero  per  uso  di  combustibile. 

Dal  fagus  syhtstris  e  dal  cornus  sanguifUB  si  estrae  un 
olio  che  si  può  avere  del  pari  da  altre  piante  oleose,  la 
colza^  il  sesamo^  il  gyperus  esculans^  ecc.  Noi  ci  limiteremo 
ad  indicare  qui  le  qualità  e  la  quantità  di  questi  olii  pro- 
dotti da  oguuna  delle  nostre  provincie  italiane. 

Olio  di  lino.  —  Lombardia  21,414  ettolitri.  Venezia 
4907  ettolitri.  U  Sicilia  ne  ha  un'esportazione  pel  valore 
di  80,750  franchi. 

Olio  di  raQizzone.  •-  Lombardia  44,844  ettolitri.  Ve- 
nezia 38,S744  ettolitri.  Modena  5282  ettolitri. 

Olio  di  noce.  —  Lombardia  40,675  ettolitri.  Venezia 
a,486  ettolitri. 

Saponi. 

Noi  non  pretendiamo  aver  scoperta  questa  sostanza,  chia- 
mata $apo  dai  Latini,  e  che  il  vecchio  Plinio  cosi  defini- 
sce :  Gallorum  hoc  in^entum,  rutilandis  capilUs  ex  sevo  ^t 
cinere.  Tuttavia  fin  dal  sesto  secolo  abbiamo  una  città,  Sa- 
vona nella  Lii^uria,  che  porta  il  nome  di  questa  merce,  e 
che  distinguesi  appunt3  per  la  fabbrica  di  essa,  favorii^  dai 
boschi  di  olivi,  i  quali  coll'oiio  ne  fornivano  la  materia  es- 
senziale. Anche  in  oggi  Genova,  Napoli,  Livorno  sono  i  een- 
tri principali  di  quest'  industria ,  affine  a  quella  degli  olii , 
d'onde  anzi  ne  dipende,  e  che  riesce  infatti  florida  là  dove 
la  copia  delle  sostanze  grasse  in  genere  somministra  il  ma- 
teriale opportuno  alla  sua  lavorazione. 

E  per  cominciare  dagli  Stali  sardi  diremo  come  essi  pos- 
siedano 70  fabbriche  con  420  caldaie,  e  quasi  200  operai. 


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73 
ed  un  prodotto  di  circa  SO  mila  quintali  metrici  ogni  anno 
di  sapone  d*ogni  qualità.  Alcune  di  queste  fabbriche,  quelle 
dì  Nizza  e  di  Torino,  impiegano  particolarmente  alla  sape* 
nificazione  le  sode  artificiali  di  Francia,  e  danno  saponi 
duri  quanto  quelli  di  Marsiglia.  Le  30  fabbriche  di  Sam« 
pierdarena  lavorano  ogni  anno  43  mila  q.  m.  di  sapone  con 
metodi  perfezionati,  servendosi  di  grassi,  olii  di  palma,  di 
cocco  e  di  resina^  all'uso  inglese.  La  ditta  Braghi  e  comp. 
di  questo  borgo  ottenne  molti  elogi  dal  giuri  della  grande 
esposizione  parigina,  e  medaglia  di  premio  dalla  Camera  di 
commercio  del  proprio  paese,  pel  suo  sapone  d'olio  di  palma 
raffinato,  ed  altro  di  olio  di  cacao  e  sego  marmorizzato,  di 
boooa  fabbricazione  ed  a  prezzi  affatto  moderati.  Anche  il 
signor  Aquarone  di  Savona  è  proprietario  di  una  grande 
officina  presso  cui  si  trattano  700  barili  d' olio  nazionale 
ogni  anno  che  poscia  vengono  convertiti  in  sapone  mediante 
l'oso  delle  sode  naturali  di  Sardegna  e  di  Spagna,  e  delle 
artificiali  di  Marsiglia.  Il  suo  sapone  marmoreo  rosso  e  schiz- 
zato verde  è  solubilissimo,  spumante,  ben  lavato,  capace  di 
reggere  al  confronto  coi  migliori  prodotti  nazionali  ed  esteri 
di  tal  genere. 

L'esportazione  totale  annua  di  questa  sostanza  dai  R.  Stati 
è  di  240  mila  chilogrammi. 

Dopo  il  Piemonte  viene,  per  le  saponerie  in  ordine  d'im- 
portanza, Napoli  la  quale,  oltre  alle  piccole  ed  antiche  fab- 
briche, conta  le  recenti  di  Pozzuoli  e  di  Cesiellamare,  che 
diedero  nuovo  lustro  a  questa  lavorazione.  Ed  infatti,  meo* 
tre  prima  si  spedivano  in  Francia,  ed  altrove  i  saponi  molli 
e  non  altrimenti  apparecchiati,  quali  colavano  dalle  vasche 
baresi,  salentine,  atresi,  gaetane  e  napoletane,  e  si  compe< 
ravaoo  alPestero  saponette  sode  ed  a  forme  variate,  ora  in- 
Teee  non  solo  si  mantiene  l'antico  traffico,  ma  è  cresciuto 
per  l'esportazione  del  sapone  bianco  e  colorato,  ed  anche 
del  profumato  e  cosmetico.  Se  ne  estraggono  ogni  anno  230 
mila  chilogrammi.  La  fabbrica  più  importante  del  regno  ap- 


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74 

paritene  ti  signor  Jenevoiz  di  Napoli ,  i  cui  processi  dif* 
Teriseono  tlquablo  dagli  ordinaru.  Le  materie  prime  sono 
le  ceneri  delle  piante  aromatiche  raccolte  in  Italia.  Egli 
mischia  la  lessiva  alcalina,  durante  rebnlKzione,  con  acque 
disiillate  aromatiche.  Tostochè  il  sapone  raggiunge  una 
conveniente  trasparenxa  lo  si  versa  in  recipienti ,  o  casse 
poco  profonde,  lasciandolo  esposto  all'aaione  dei  raggi  solari. 
Acquistata  cosi  una  cottura  naturale  ed  una  tal  quale  con- 
sistenza, gli  si  fa  assorbire  per  due  mesi,  ogni  giorno,  dei- 
Tacqua  di  trìpùli  (specie  di  saponaria  che  si  raccoglie  sulle 
colline  del  convento  dei  Camandola).  Queste  lozioni  ripetute 
purgano  il  sapone  dal  cattivo  odore,  e  gli  permettono  di 
rendersi  spumeggiante  e  candidissimo.  Lo  stesso  fabbricatore 
si  serve  anche  della  malva  di  Sicilia,  con  cui  ottiene  sa- 
poni ontuosi  detti  mahaviica^  oUimi  per  la  barbo  e  per  gli 
usi  in  genere  della  loeletia.  Ed  anche  nelle  provineie  del 
regno  si  è  progredito  in  quesio  ramo  d'industria.  I  sapooi 
infuui  a  basì  di  soda  della  fabbrica  di  Creochi,  Bevilacqaa 
e  comp.  di  Lanciano,  il  sapone  inglese,  il  coma  ad  uso  di 
Levante  ed  il  Windsor  richiamano  particolarmente  la  nostra 
attenzione.  Lo  stesso  dicasi  della  fabbrica  di  Marciano  dello 
atesso  comune  del  regno,  che  prepara  con  pieno  successo 
il  sapone  detto  di  Marsiglia,  Tinglese,  Tamericano  ed  il  gal- 
leggiante. 

Anche  in  Toscana  Tindustrisr  dei  sapooi  progredisce  sotto 
buoni  auspicii.  Sessanta  sono  le  febbriche  che  provvedono 
nirinterno  consumo,  e  permettono  un'esportazione  pel  valore 
(li  due  milioni  di  franchi.  Le  principoli  fabbriche  spettano 
al  signor  Conti  e  6gli,  Tona  stabilita  fuori  di  Livorno,  l'al- 
tra in  cita,  degne  di  molta  lode  per  reccellenza  dei  predoni 
t;  l'estesa  loro  lavorazione  ;  sulla .  quale  vivono  trenta  fami- 
glie ,  e  si  fondo  un  commercio  coli'  estero  di  40  '  mila  chi- 
logrammi all'anno  di  saponi,  di  qualità  differenti  ed  a  prezzi 
assai  discreti.  Questo  spaccio  sempre  crescente  giustifica  il 
eredito  che  la  merce  s'è  acquisuta,  sicché  oggi  non  tcise 


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h  eoocorrenia  degli  altri  poesi  sui  mercati  dell*  Europa  e 
deirAmerica.  Né  il  stgoor  Conti  fabbrica  solo  i  saponi  più 
comuni  ed  ordinarli ,  ma  quelli  ancora  di  alcune  qualità  par- 
ticolari e  pregCToli,  il  sapone  bianco  liquidato^  atto  alla  cot- 
lora  ed  alla  tintura  della  seta;  il  sapone  marmato  aszurro 
e  rosso,  buono  per  qualsiasi  uso ,  e  specialmente  per  pur- 
gare le  lane  e  feltrarle  ;  il  sapone  spumeggiante,  il  marino, 
il  giallo  alla  resina,  ecc. 

Le  saponerie  degli  Stati  romani  sommano  a  quaranu, 
delle  quali  venti  almeno  appartengono  a  Roma.  La  migliore 
e  più  estesa  fabbricazione  è  quella  di  Pontelagoseuro ,  che 
produce  sapone  ad  uso  di  Marsiglia,  e  si  giova  di  solo  olio 
d'oliva  e  di  soda  d'Alicante  e  di  Sicilia.  Gli  opifici  di  Jesi, 
di  Logo  e  di  Pontelagoseuro  danno  un  prodotto  comples* 
sivo  quasi  esclusivamente  smerciato  airintemo,  di  008,600 
chilogrammi  di  sapone  ordinario  ogni  anno.  Il  valore  del- 
TaoDua  lavorazione  di  quest'articolo  per  tutti  gli  Stati  è  di 
74S  mila  franchi.  x 

Le  manifatiure  di  sapone  non  sono  nelle  provincie 
lombardo-venete  cosi  floride  come  altrove.  Venezia  ha  tut- 
tavia due  grandi  iabbriche,  eolle  quali  provvede  le  vicine 
Provincie,  e  potò  fare  anche  di  recente  qualche  spedizione 
io  America.  L'una  d'esse,  quella  della  Mira,  ha  tre  caldaie 
riscaldate  a  vapore  e  della  capacità  di  chilogrammi  8000 
ciascuna.. 

In  Lombardia  sono  trentadue  le  fabbriche  di  sapone , 
cioè  venti  nella  provincia  di  Milano,  nove  in  quella  di  Como, 
ed  una  rispettivamente  nelle  provincie  di  Lodi,  Mantova  e 
Brescia.  La  produzione  annua  delle  fabbriche  milanesi  rap« 
presenta  da  s6  sola  un  valore  di  costo  che  si  aggira  fra  il 
milione  e  mezzo  e  i  due  milioni  di  franchi.  S' impi^no , 
come  materie  prime,  i  grassi  cotti,  Tolcina,  le  morchie  del- 
Toiio  d'oliva,  questo  stesso  olio  di  qualità  inferiore  ed  il 
sego  di  cui  non  si  fa  uso  nella  iabbricazione  delle  candele. 
Il  espone  che  se  ne  ottiene  è  il  nostrale,  detto,  dal  suo  co- 


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76 

lore,  sapone  giallo^  che  ooeCa  75  ffariehi  al  quintale*  Tanto 
la  lavoratione  quanto  la  vendila  contano  due  epoche  distime 
neiranno:  la  stagione  esii?ay  o  del  lavorp  e  dello  spaccio^ 
e  la  stagione  jemale  o  stagione  morta.  Ottanta  sono  gli  ope- 
rai impiegati,  con  una  mercede  che  varia  da  l  franco  a  I 
franco  e  50  centesimi  al  giprnOé  II  consumo  esaurisce  la 
produzione  locale,  e  assorbe  in  certa  proporzione  anche  i 
prodotti  di  alcune  provincie  della  monarchia  austriaca  e  di 
altrove  pei  saponi  fini ,  prescindendo  dal  sapone  di  Marsi- 
glia ed  anche  di  Livorno,  che  le  tintorie  lombarde  im-* 
piegano  piuttosto  largamente  per  la  purgatura  delle  sete* 

In  Trieste  v'ha  la  gramle  fabbrica  Giiozza,  ove  per  rad*» 
dietro  producevasi  due  milioni  di  chilogrammi  di  sapooe 
ogni  anno.  In  queiropificia  si  adoperano  principalmente  IV 
lio  del  Levante  e  quello  d'Italia  *e  la  soda  di  Sicilia.  Se  ne 
conservano  le  provvigioni  in  appositi  serbatole  Ogni  qualiih 
d'olio  ha  il  suo  bacino  particolare. 

Vino,  acetOy  acquavite^  birrcté 

Vino.  -^  L'Italia  s'ebbe  in  antico  una  specie  di  primato 
per  ciò  che  spetta  a  questo  ramo  d' industria  ;  i  nomi  del 
Geccubo,  del  Setino,  del  Faustiano,  del  Falerno,  del  Gmiro 
furono  decantati  dai  poeti ,  e  richiesti  universalmente ,  ap- 
punto come  oggidì  accade  dei  migliori  vini  francesi.  Se  i 
nostri  prodotti  enologici  non  hanno  ora  il  valore  d'un  tempo 
ciò  devesi  ripetere  non  già  dulia  mancanza  di  materia  prima, 
di  cui  anzi  siamo  bastevolmente  provvisti ,  ma  dall'  incuria 
e  dall'ignoranza  che  accompagnano  quella  fabbricazione. 
Vediamo  ad  ogni  modo  quali  sitano  le  condizioni  della  col- 
tura della  vite,  e  delle  sue  produzioni  rispettive  presso  ì 
vari  Slati  della  penisola. 

L'industria  dei  vini  è,  dopo  quella  della  seta,  la  prima 
in  ordine  d'importanza,  negli  Stati  sardi.  La  coltura  della 
vile  domina  quasi  dappertutto  nelle  provineie  d'Asti,  Me»* 


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'77 
saodria,  Valenza,  Vogliera,  nel  Monferrato  e  nel  Tortonese; 
essa  è  pure  di  qualche  rilievo  nei  dintorni  di  Pinerolo»  di 
Àlba«  Mondovi,  Acqui,  nella  valle  d'Aosta,  nel  Canavese,  nella 
contea  dì  Nizxa  e  infine  nel  Piemonte  propriamente  detto. 
11  prodotto  annuo  dei  vini  negli  Stati  di  terraferma  può  va- 
lutarsi a  3,800,000  ettolitri,  consumati  sia  sul  luogo,  sia 
nella  Svizzera  italiana  ed  in  Lombardia.  La  media  dell'e* 
•portazione  è  di  430,000  ettolitri,  a  cui' si  potrebbero  ag-^ 
giungere  da  43  a  43,000  ettolitri  ohe  escono  dagli  Stati  di 
eontrabbaodo.  Il  totale  di  questi  443,000  ettolitri,  venduti 
air  estero  al  prezzo  di  20  franchi  Y  ettolitro ,  dà  un  utile 
netto  di  quasi  8,000,000  di  franchi. 

L*arte  di  preparare  e  conservare  la  vite  lia  bisogno  qui^ 
eome  altrove,  di  grandi  miglioramenti.  1  prodotti  che  se  ne 
ottengono  ora  hanno  qualche  analogia  con  quelli  delle  vi- 
gne di  Gette  e  delle  sponde  del  Rodano,  ma  sono  più  cari; 
sono  spediti  tuttavia  sui  mercati  dell* America  del  sud,  ove 
fanno  concorrenza  ai  vini  francesi. 

Il  ricolto  del  vino  nelPisola  di  Sardegna  va  acquistando 
un'importanza  sempre  maggiore;  pochi  miglioramenti  ba* 
sterebbero  a  fare  della  Sardegna  uno  dei  paesi  più  viniferi 
delFEuropa  ;  da  3500  a  4000  pipe  catalane  vengono  esporr 
tale  ogni  anno,  principalmente  da  Ogliastro,  Oristano  ed  KU 
ghero  e  dirette  su  Genova,  ove  danno  forza  ai  più  deboli 
vini  francesi.  Il  Monaco^  il  Giro,  il  Cannonau,  la  JUahasia^ 
il  Nascu  e  la  Gutrnaccia  sono  le  qualitù  di  vino  più  ap* 
prezzate  ;  il  Nasou  si  distingue  su  tutti,  ed  è  vino  di  color 
d'ambra>  generoso,  dolce,  con  profumo  graditissimo;  viene 
poscia  il  Giro  che  somiglia  un  pò  al  tinto  d'Alicante;  il 
JUafvaiia  di  Sorso,  3osa,  Alghero,  Quariù,  vino  secco^  è  pure 
assai  squbito. 

La  maggior  parte  del  vino  che  si  raccoglie  nel  Lombardo* 
Veneto  spetta  alla  pianura  od  al  colle.  Si  coltiva  la  vite  an- 
che a  pie  dei  monti  ;  ma  l'elevazione  e  la  temperatura  dei 
luoghi  non  permettono  ai  fruiti  che  se  ne  cavano  la  loro 
completa  maturanza. 


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78 

In  pianura  la  vite  è  eohivata  fra  i  campi  aemioati,  che 
portano  il  nome  di  campi  arativi  vitati  «  o  campi  arborati 
vitati;  in  collina  siffatti  campi  sono  chiamati  ranchi^  allorché 
le  viti  siano  piantate  a  filari,  ed  abbiano  a  sostegno  dei  pali 
di  legno;  ricevono  lo  stesso  nome  anche  quando  arraoipi* 
cano  sugli  alberi,  'e  Tiptervallo  che  separa  i  filari  sia  col- 
tivato il  più  spesso  a  semipa.  Si  dicono  vigne  finalmente  i 
campi  in  cui  le  viti  rimangono  basse,  sebbene  assicurate 
del  pari  a  pali  come  sopra. 

In  Lombardia  si  contano  470,000  ettari  di  terreno  col* 
tivati  a  vite,  per  cui  direbbesi  che  oltre  un  quarto  del 
suolo  lombardo  subisca  tale  coltivatione ,  se  questa  vi  re- 
gnasse da  sola ,  e  se  pochi  non  fossero  invece  i  territori! 
esclusivamente  consacrati  a  vigneto.  Negli  anni  di  abbon- 
danza la  Lombardia  può  dare  8,000,000  di  euolitrì  di  vino, 
ossia  quattro  ettolitri  di  vino  per  ogni  ettaro  di  terreno 
coltivato  a  vite.  Le  spese  di  ooltivaiione  sono  tuttavia  in 
Lombardia  piuttosto  considerevoli,  e  raggiungono  spesso 
Timporto  di  una  buona  metli  dei  prodotti  di  un'annata  or- 
dinaria. La  viticoltura  del  paese  non  basta  a  dar  tanto  vino 
quanto  occorre  al  consumo  de'  suoi  abitanti,  dovendosi,  ne- 
gli anni  anche  prosperi,  importare  dairestero  oltre  440,000 
ettolitri  di  vino  di  qualità  comune,  e  pel  valore  di  5,000,000 
di  franchi*  Non  sono  compresi  in  questo  computo  i  vini  di 
lusso. 

Su  una  metà  circa  della  superficie  produttiva  del  suolo 
veneto,  cioè  sopra  750  mila  ettari  di  terreno  aratorio ,  la 
vite  s'innalza  rigogliosa  associata  spesso  ai  gelsi,  agli  olivi  e 
ad  altri  alberi  produttivi.  La  superficie,  pressoché  sola  a  vi- 
gneti, non  é  che  di  ettari  S8,SI6. 

Il  prodotto  annuo  medio  del  vino  in  quelle  provincie  é 
di  3,100,000  ettolitri;  negli  anni  prosperi  poi  esso  rag- 
giunge i  S,500,000  ettolitri,  rappresentante  un  valore  me- 
dio di  36  milioni  di  franchi  alPanno.  Da  ciò  rilevasi  l'iro- 
portanza  della  viticoltura  colà  mentre  la  detta  cifra   corri- 


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sponde  t  poco  meno  di  uo  tcHtimo  di  luUi  i  valori  agricoli 
della  Venesia.  Siffatu  produsioDO  besU  a  soddiifare  non  solo 
i  bisogni  delle  provinole  venete,  ma. può  fornire  altresì  la 
materia  ad  un  annuo  cominereìo  d'esportazione  per  la  Loni- 
bardìa,  pel  Tirolo,  per  la  Carniola,  la  Svizzera,  eoe.  La 
sola  Lombardia  ne  ritrae  oltre  a  400  mila  ettolitri  ogni 
anno. 

Variano  i  vini,  rispetto  alla  qualità,  a  seconda  dei  luoghi 
di  loro  provenienza.  D' ordinario  quelli  di  collina  sono  i 
migliori.  La  Valtellina,  m  Lombardia^  ne  ha  di  buoni,  che 
esporta  in  Isvìzzera  e  nel  vicino  Tirolo;  la  provincia  vero, 
nese  ne  fabbrica  di  eccellenti  a  imitazione  del  Beno  e  dello 
Champagne;  il  Vigentino  provvede  di  vini  pure  assai  eneo* 
miati;  un  largo  tratta  di  Lombardia  ed  il  Friuli  è  famoso 
pel  suo  raonOf  pel  suo  piccoletto,  e  per  la  sua  reboia. 

Le  colline  tra  Tboozo  e  Tlndri  sono  in  gran  parte  eol* 
tivate  a  viti.  I  ronchi  di  Gorizia,  onde  rompere  l'erta  del 
luogo,  presentano  degli  scaglioni  larghi  e  alti  più  di  due 
metri,  tappezzati  d'erba.  I  vini  che  se  ne  traggono  sono  ec- 
cellenti. Neiristria  il  vino  dà  ora  la  media  di  circa  469  mila 
ettolitri.  Di  questi,  36,500  servono  al  eonsumo  dei  fabbri- 
CMpti;  altra  quantità  pressoché  uguale  Vendesi  al  mimilo 
entro  i  confini  di  quella  provincia  d'Italia,  e  79,500  ei« 
tolitri  infine  alimentano  il  suo  commercio  d'esportazione. 

Sui  colli  del  Trentino,  nel  Tirolo  italiano,  fovoriti  da 
clima  ancora  mite,  e  da  posizione  abbastanza  propizia,  ere* 
scono  quelle  viti  d'onde  fu  tratto  il  vino  retico,  che  tanta 
fama  s*ebbe  ai  tempi  di  Augusto.  Le  pratiche  per  cui  si 
ottiene  quel  prodotto  sono  a  un  dipresso  quelle  stesse  in 
uso  nel  Lombardo-Veneto.  Il  commercio  si  lisiita  ai  bisogni 
del  paese,  il  quale  provvedesi  in  parte  anche  dall'estero. 

Estesa  ed  importante  si  è  la  coltura  della  vite  in  multa 
parte  del  cantone  Ticino.  Vario  è  il  «modo  di  coltivarvi 
quella  pianta,  a  rompi^  ove  ess^  maritasi  agli  olmi,  ai  pioppi, 
si  gelsi,  ai  novale,  o  a  diversi  piani  o  scaglioni,  a  pali  od 


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n  pergola.  Può  trovarsi  in  montagaa,  ia  collina  od  ia  pia* 
nura.  Dalla  collina  soltanto  si  ottengono  vini  di  qualche  pre- 
gio ;  tali  sono  quelli  del  Mendrisotto  e  di  alcune  località  del 
Luganese,  del  Locarnese  e  del  Bellinzonese.  Però  quasi  dap- 
pertutto, anziché  la  qualità,  si  ho  di  mira  la  quantità  del 
prodotto. 

Nelle  annate  buone  il  vino  si  vende  dai  Si  ai  36  frao- 
clii  r ettolitro;  nelle  cattive  lo  si  esita  a  stento  a  quel 
prezzo. 

Sono  rinomate  per  la  conservazione  del  vino  le  cave  o 
grotte  di  diverse  parti  del  cantone,  che  si  prestano  siogo* 
larmente  a  conservarlo  sano  e  buono. 

La  vite  sovrabbonda  nel  ducato  di  Parma;  giunge  essa 
fio  verso  la  cima  dei  monti,  e  poche  sono  le  ville  che  ne 
manchino  affatto.  Ma  i  proprietari  non  osano  estenderne  la 
coltivazione  per  gli  ostacoli  che  poi  s*  infrappongono  allo 
spaccio  dei  vini.  Di  questi  se  ne  ottengono  di  ottime  qua- 
lità, specialmente  sul  Piacentino,  ove  hanno  grido  i  vini 
santi.  Nel  Guastallese  e  nei  terreni  grassi  che  gentralmente 
costeggiano  il  Po,  i  vini  riescono  alquanto  aspretti,  ma  spi- 
ritosi, epperò  convengono  a  distillatori. 

È  di  qualche  rilievo  anche  pel  ducato  di  Modena  la  fab- 
bricazione e  la  distillazione  dei  vini  e  delle  vioaccie  per 
formarne  acquavite.  Abbondano  di  uva  principalmente  le 
Provincie  cispennine.  Il  Lambrusca  dei  bassi  dislretii  di  tali 
Provincie  può  gareggiare  con  qualsiasi  altra  qualità  di  vino 
coloralo  ;  e  i  vini  bianchi  dei  colli  di  Lavizzano,  Fiorano  e 
Scandiano  potrebbero  raggiungere  anche  una  maggior  per- 
fezione, allorché  fossero  resi  più  alcoolici  e  meno  dolci, 
evitaQdo  il  metodo  della  completa  fermentazione  delle  gra- 
sce. Nelle  Provincie  transappennine.  Carrara,  che  possiede 
una  posizione  favorevole  alle  vigne,  ci  dà  saggi  di  vini  da 
preferirsi  anche  agli  stranieri,  fabbricati  quali  sono  con  di- 
ligenze maggiori  dell'ordinario.  E  già  fino  dairantichità  i 
vini  lunesi  tenevano,  al  dir  di  Plinio,  il  primo  posto  fra  i 


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vini  d'Etruria.  La  quantità  dell'uva  raccolta  è  di  4,754,636 
q.  m.;  il  vino  che  si  trae  di  4,004,443  ettolitri,  e  così  ogni 
ettolitro  di  vino  componesi  di  475  q.  m.  di  uva;  il  vino 
cioè  sta  airava  come  IS^Sl. 

Il  consumo  che  si  fa  in  parte  è  di  849,459  ettolitri. 
L*avanio  del  vino  commerciabile  all'estero  è  di  454,984  et- 
tolitri. Il  valore  medio  per  ettolitro  è  di  franchi  9. 

Negli  Slati  romani  di  due  specie  sono  i  terreni  piantati 
a  vite,  cioè  vigneti  semplici  e  alberati  e  vitati,  i  primi  con 
una  superOcie  di  39,639  ettari,  i  secondi  di  704,357  et* 
tari;  in  tuttjo  ettari  740,886.  Vario  è  il  frutto  degli  uni  e 
degli  altri.  Gli  alberati  contengono  poche  viti,  le  quali  tut- 
tuvia,  ciascuna  per  sé,  rendono  di  molto,  laddove  i  vigneti 
semplici  hanno,  con  un  maggior  numero  di  quelle  piante , 
un  prodotto  relativamente  minore.  Sta  però  sempre  il  fatto 
che  la  migliore  qualità  del  vino  si  ottiene  là  dove  maggiore 
è  il  numero  delle  viti.  Il  prodotto,  sebbene  soggetto  a  vi- 
cende, può  ritenersi  un  anno  per  l'altro  di  43  ettolitri  so- 
pra ogni  ettaro  negli  alberati,  e  di  33  ettolitri  nei  vignati. 

Facendone  Tapplicazione  risulta  che  gli  alberali  in  ettari 
701^57,  a  43  ettolitri  l'ettaro,  diano  ettolitri  8,445,084 

Ed  i  vigneti  in  ettari  39,639,  a  33 
ettolitri,  producano »         874,834 


In  tutto .     .  ettolitri  9,386,933  (4) 

Il  vino  ragguagliato  alla  popolazione  dà  per  ogni  indi- 
viduo 3  ettolitri,  48  litri,  il  che  dimostra  il  gran  consumo 
che  se  ne  fa.  Gli  Stati  romani  dunque  hanno  vino  in  grande 
copia  e  di  discreta  qualità.   I   vini  di  Bologna  e  delle  Ro- 


(I)  Noi  togliamo  siffatti  particolari  dal  libro  del  signor  Galli 
sogli  Stati  pontifici.  Dobbiamo  però  avvertire  il  lettore  cbe  la  pre- 
4u£ione  del  vino  quale  viene  riportata  dairex-ministro  delle  inaose 
pontificie  ci  pare  un  pò  esagerata. 

AiiKAu.  Statistica,  voi,  XXII ^  serie  3.  C 


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niagne  sono  di  molta  forza.  Orvieto  ed  i  paesi  limitrofi 
danno  vini  graditi  per  la  leggerezza.  La  riviera  dei  CasicUi 
vicini  a  Roma  primeggia  invece  pel  gusto  unito  alla  roba* 
stezza.  Le  vigne  intorno  a  Roma  presentano  vini  stimali  per 
Id  loro  salubrità. 

La  vite  occupa  un  posto  di  qualche  momento  neiragfi* 
coltura  toscana;  ve  n'ha  in  collina  ed  in  pianura,  e  forma 
durante  T  estate  uno  dei  più  graziosi  ornamenti  del  paese. 
Come  di  solilo,  nelle  nostre  contrade,  essa  s'accoppia  a  piante 
di  varie  specie.  Talora  è  piantala  neirintervallo  e  ad  ogni 
distanza  di  due  alberi  che  gli  servono  di  sostegno,  e  talora 
invece  a  pie  di  un  albero,  che  sembra  proteggerla^  e  dalla 
cui  cima  i  rami  ondeggiano  vagamente. 

Alcune  località  della  Toscana  producono  vini  aggrada* 
voli,  ma  i  processi  difettosi  di  fabbricazione  nuocono  assai 
alla  loro  qualità,  infatti  non  si  fa  altro  che  premere  l'uva 
in  un  lino  e  dopo  qualche  tempo  si  decanta  il  liquido  che 
si  ottiene  di  questo  modo  senza  bisogno  del  torchio.  Il  re- 
siduo misto  a  qualche  secchia  d'acquo  serve  a  fare,  mediante 
lo  ste<iso  processo ,  altrettanta  quantità  di  piqueUe.  La  To- 
scana, ne'  suoi  anni  migliori,  non  produce  vini  che  pel  pro- 
prio consumo.  Ove  si  tolga  forse  il  Montepulciano^  raccolto 
in  poca  copia,  gli  altri  vini  devono  considerarsi  come  assai 
leggieri,  e  contenenti  una  dose  cosi  scarsa  di  alcool  da  non 
poter  essere  trasportati  impunemente  da  un  luogo  all'alU'o. 

I  villi  più  fini  dell'isola  d'Elba  sono  il  Moscato^  VAlea- 
ticOy  VAusonica;  e  potrebbesì  otienerne  anche  dei  migliori, 
allorché  non  prevalesse  la  cattiva  abitudine  di  mescolare  le 
uve  delle  diverse  qualità.  La  produzione  del  vino  nell'isola 
d'Elba  è  di  74  mila  ettolitri,  di  cui  mela  serve  per  il  con- 
sumo interno  e  metà  viene  esportata.  Prima  della  maialila 
i  prezzi  c(»rrenii  del  vino  sul  luoj^o  variavano  dai  4  franchi 
e  20  centesimi  ai  5  franchi  e  20  centesimi  il  barile  di  Fi- 
renze, che  corrisponde  a  45  litri  e  mezzo. 

Presso  quasi  lune  le  campagne  dell'Italia  meridionale, 


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e  |iarlicolarmen(e  nel  regno  di  Napolii  la  vite  è  disposta  «i 
festoni.  Si  piantano  dei  pioppi  simeiricàmente ,  e  la  vile, 
slanciandosi  da  un  albero  all'altro,  vi  si  arrampica  co*  suoi 
pampini  e  forma  immensi  pergolati  i  che  si  distendono  a 
perdita  di  vista,  e  sotto  cui  raccolgonsi  poaeia  legumi  d'o- 
gni genere,  grano  turco,  pomi  di  terra,  lino,  ecc.,  difesi  di 
questa  guisa  in  parte  dall'ardore  dei  raggi  solari.  Nulla  di 
più  semplice  v'ha  di  questa  specie  di  coltura.  I  gambi  della 
vite,  accoppiati  ai  pioppi,  salgono  t  quattro  o  cinque  piedi 
d'altezza  ;  talora  invece  a  due  metri  mandano  i  propri!  rami 
agli  alberi  vicini. 

Si  fa  il  ricolto  nel  mese  di  agosto;  già  verso  la  fine  di 
settembre  i  contadini  incaricati  della  potatura  montano  sui 
pioppi ,  vi  amputano  i  rami  inutili ,  ne  assicurano  la  vite , 
ne  puliscono  il  gambo,  vi  applicano  ingrasso,  ove  occorra, 
sfrondano  le  branche  dei  pioppi,  preparano  con  essa  delle 
fescine  ;  operazioni  che  sono  le  sole  poi  che  si  compiono 
in  tutto  l'anno.  Le  spese  di  coltura  sono  perciò  assai  mo- 
diche;  i  contadini  che  vi  attendono  guadagnano  circa!  fran- 
co e  60  centesimi  al  giorno. 

Molte  sono  le  qualità  di  vino  raccolte  nei  dintorni  di 
Napoli.  Il  Lacryfna  ChrysU  è  il  più  famoso;  raccolto  in  al- 
ctmi  orti  posti  a  pie  del  Vesuvio ,  è  diiBcile ,  per  non  dir 
impossibile,  acquistarne  a  Napoli  di  naturale,  ma  fa  d'uopo 
comperarlo  direttamente  dai  proprietari.  I  vini  di  Posilippo, 
d'Ischia  e  di  Capri  ponno  dirsi  di  consumo  generale.  I  vini 
rossi,  comuni,  ad  uso  dei  proleiarii  della  citià  di  Napoli,  si 
vendevano  altra  volta  da  10  a  45  centesimi  al  litro.  I  vini 
rossi  d' Ischia ,  di  qualità  superiore  »  ponno  essere  compa- 
rati ai  Bourgognes  ordinarli,  e  si  vendono  a  4  franco  e  50 
centesimi  al  litro.  A  Taranto  si  acquistano  dei  vini  rossi 
carichi ,  in  ragione  di  80  franchi  l' ettolitro.  I  vini  di 
Gallipoli  sono  più  comuni,  sicché  si  comperano  a  metà 
prezzo. 

Tutti'qucsti  vini,  tranne   le   poche   eccezioni  indicate, 


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SODO  densi,  grossolani|  mal  preparati,  difficili  a  conservarsi 
e  a  trasportarsi  per  mare. 

In  Sicilia  il  grappolo  nero  è  il  più  generale  e  il  più 
abbondante;  esso  è  spesso  piantato  promiscuamente  eoi  bianco. 
Tranne  sulle  maggiori  alture,  la  vendemmia  di  solito  co- 
mincia verso  la  meti  od  alla  fine  di  settembre.  Ogni  vi^ 
gneto  ha  d'ordinario  a  sua  disposizione  un  torchio  ed  un 
palmento,  annessi  alla  casa  del  vignaiuolo.  Di  questi  stru- 
menti se  ne  fa  uso  in  quel  paese  come  dappertutto. 

Il  commercio  del  vino  coirestero  forma  una  delle  sor- 
genti più  feconde  della  ricchezza  pubblica  in  Sicilia.  Tat^- 
tavia  i  vini  di  questo  paese,  fabbricati  in  genere  con  poca 
diligenza,  non  paiono  suscettibili  di  conservazione,  e  per 
trasportarli  oltre  i  mari  riesce  indispensabile  il  mescolarli 
con  un  pò  di  alcool.  Tra  i  diversi  colli  viniferi  che  si  tro- 
vano in  Sicilia,  due  soli  hanno  nome  e  fama  in  Europa,  i 
colli  di  Marsala  e  di  Siracusa. 

Vi  hanno  due  qualità  di  vini  di  Siracusa,  l'uno  secco, 
che  somiglia  un  pò  al  vino  di  Chablis,  e  gode  inoltre  del 
calore  dei  vini  francesi  del  mezzogiorno;  il  secondo  dolce, 
come  il  moscato  di  Francia,  ma  più  ealdo  e  generoso. 
Quando  conta  cinque  o  sei  anni,  e  si  ha  la  cura  di  trava- 
sarlo più  volte,  diventa  eccellente.  La  pipa  di  questo  vino 
Vendesi  sul  luogo,  e  all'ingrosso,  a  prezzo  medio,  400  fran« 
chi  circa.  L'esportazione  ne  è  poco  considerevole,  né  oltre* 
passa  il  valore  di  200,000  franchia 

Il  vino  di  Marsala,  che  da  tanti  anni  gode  molta  fama 
in  Inghilterra  e  in  America,  e  che  da  poco  tempo  soltanto 
comincia  ad  essere  conosciuto  in  Francia,  è  prodotto  cai  si 
fa  subire  un  certo  grado  di  elaborazione,  il  territorio  di 
Marsala,  propriamente  detto,  non  produce  vino;  quello  che 
si  ftibbrica  in  quella  città ,  e  che  ne  ha  assunto  il  nome , 
viene  dai  ricchissimi  vigneti  di  Massara  e  di  Castclveterano. 
Tradotto  a  Marsala  vi  è  lavorato  da  negozianti  inglesi,  quivi 
stabiliti  da  più  annif  avanti  il  monopolio  dell' esportazione 


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ss 

del  vino  di  Marsala  per  l' Inghiherra  e  per  V  America.  Vi 
sono  oggidì  in  quella  ciuà  cinque  o  sei  case  inglesi  che 
s'occupano  esclusivamente  della  fabbricazione  e  del  com- 
mercio del  vino  di  Marsaldé  La  prima  di  queste  case  occupa 
220  operai,  la  seconda  160  e  le  altre  tre  95.  In  tutto 
465  operai.  Queste  diverse  case  comperano  e  consumano 
nelle  loro  fabbriche  2S  mila  pipe  di  vino  di  500  litri  cia- 
scuna. 

Seimila  sono  le  pipe  che  si  abbruciano  onde  ottenerne 
Talcool  che  serve  alla  fabbricazione  del  vino;  4  mila  pipe 
vengono  consumate  nelF  interno  del  regno  delle  Due  Sici^ 
He;  45  mila  pipe,  ossia  75  mila  ettolitri,  spedite  all'e- 
stero. 

Il  prezzo  medio  all'ingrosso  della  pipa  sul  luogo  è  di 
45  onze,  ossia  200  franchi;  40  franchi  l'ettolitro.  L'espor-* 
tazione  adunque  dei  vini  di  Marsala  può  calcolarsi  ad  un 
talora  di  tre  milioni  di  franchi* 

I  vini  di  Castelveterano,  sebbene  ealdi  e  capitosi,  si  di- 
rebbero assai  ordinari!  se  fossero  posti  in  circolazione  pel 
consumo  al  loro  stato  naturale.  I  fabbricanti  inglesi ,  dopo 
un  riposo  di  qualche  tempo,  e  poiché  furono  fatti  decantare 
accuralameote,  li  mescolano  coli' alcool  che  si  ottiene  dai 
medesimi  vini.  Operata  tale  miscela,  vengono  i  vini  lasciati 
in  quiete  almeno  per  un  biennio ,  poi  travasati ,  e  indi  a 
due  altri  anni  sono  posti  in  barili  da  mandare  all'estero^ 
Più  il  vino  di  Marsala  è  stagionalo  e  più  è  la  rinomanza  di 
cui  gode.  L'evaporazione  della  parte  spiritosa  gli  fa  perdere 
quel  calore  fattizio  che  lo  fa  spesso  disaggradevole  al  gusto, 
e  più  non  conserva  allora  che  quell'abboccato,  il  quale  lo 
rende  caro  agl'intelligenti  a  un  dipresso  come  lo  Xere$4 
E  per  tale  infatti  il  Marsala  è  venduto  da  taluno  in  Io* 
gbilterra. 

Come  già  si  è  fatto  dell'olio^  chiudiamo  questi  cenni  sul 
vino  cogli  specchi  della  sua  produzione  ed  esportazione  dei 
varii  Stati  d'Italia: 


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M 

Prodotti  EsportaxiODi 

quantità          Ttlore      quantità  valore 

ettolitri          franchi      ettolitri  franchi 

• 

SUti        I  Terraferma  3,800,412    76,008,240  i  45,814  5,000,000 

Sardi  'Sardegna       508,000    10,000.000  142,767  2,855,540 

Regno  delle  i  Napoli  5,200,000  100,000,000      5,040  558,444 

Due  Sicilie  i  Sicilia  4,950,000    40,000,000    98,550  3,934,000 

SUti   romani     .    .    9,286,922    80,000,000      5,200  84,U5 

Toscana    ....    4,500,000    48,000,000  ~ 


Lombardia     .    .    .  4,597,062    52,512,060 

Venesia    ....  2,406,495  56,150,000    92,507    4,500,000 

Modena     ....  4,004,445  9,000,000  451,984    4,567,856 

Parma      ....  600,000  4,500,000    45,000       435,000 

Trieste,  Istria,  Gorizia    402,545      8,000,000 

Tirolo  italiano    .    .  245,200      4,000,000 

Cantone  Ticino  .    .  405,000      5,459,000 

Corsica      ....  469,455      4,255,825 


Totale    .    .    .  28,240,240  425,365,425  652,462  45,254,785 

Ma  quest'industria  pur  tanto  fruttifera  e  che  conta,  come 
abbiam  visto^  qualche  nobile  prodotto,  d'ordinario  è  abban- 
donala in  Italia  alle  vecchie  consuetudini,  né  si  conforta  di 
quelle  norme  e  di  quelle  pratiche  sapienti  le  quali  danno 
alle  merci  francesi  una  superiorità  inconiestabile.  In  generale 
non  si  trae  tutto  quel  profitto  che  si  potrebbe  dalla  dispo- 
sizione del  nostro  suolo  alla  coltura  della  vite,  si  trascurano 
que'  processi  di  fabbricazione  del  vino,  che  tanto  coniribai- 
scono  ad  accrescerne  i  pregi,  ad  assicurarne  la  conserva- 
zione e  la  possibile  navigazione.  L'introduzione  di  siffatti 
miglioramenti,  oltre  ad  aumentare  il  valore  de* nostri  pro- 
dotti e  schiudere  la  via  a  più  proficue  esportazioni,  potrebbe 
anche  sminuire  l'introduzione  dei  vini  esteri,  il  cui  valore 
di  tanto  supera  quello  dell'esportazione  dei  nostrali.  E  qui 
ci  affrettiamo  a  soggiungere  che  gli  ettolitri *652^46S  aventi 


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on  valore  di  tredici  milioni  di  franchi  circa  recati  da  noi 
nella  bilancia  del  commercio  di  esportazione,  debbono  con- 
siderarsi piuttosto  come  un  articolo  richiesto  e  smerciato  tra 
le  stesse  prorineie  italiane,  che  come  un  oggetto  di  cambio 
iotemazionale. 

Aceto.  —  Tanta  essendo  la  copia  del  vino,  non  deve 
recar  maraviglia  che  grande  sia  pure  la  produzione  dell'a- 
ceto. Come  accade  del  primo,  quasi  in  ogni  luogo,  anche 
il  secondo  sorpassa  i  bisogni  deirintemo  consumo.  Cosi  ne- 
gli Stati  romani  esso  dà  luogo  ad  un'esportazione  annua  di 
q.  m.  830i  e  pel  valore  di  6*4,888  franchi.  In  Toscana  è 
famoso,  come  medicinale,  l'aceto  di  Santa  Maria  Novella, 
che  trova  spaccio  per  tutta  Europa;  nel  regno  di  Napoli 
per  la  forza  e  pel  gusto  ond'è  fornito  quello  del  Vasto,  del 
quale  se  n'estraggono,  solo  per  gli  Stati  romani ,  q.  m.  928 
e  pel  valore  di  42,000  franchi,  destinati  alla  preparazione 
delle  anguille  di  Comacchio. 

Né  vogliamo  chiudere  la  trattazione  di  quest'articolo 
senza  accennare  alla  recente  fondazione  di  una  società  di 
aceteria  in  Torino,  di  ragione  dei  professori  Selmi  e  Cle- 
menti. Dieci  diverse  qualità  di  aceto  furono .  presentate  da 
essa  nell'ultima  esposizione  torinese,  preparati  con  metodo 
semplice,  e  diretto  ad  ottenere  la  totale  acetazione  del  vino, 
di  modo  che  in  esso  non  rimanga  più  una  sol  gocciola  d'a- 
cetato infruttuosa.  Quest' acetazione  poi  si  compie  nel  più 
breve  tempo  possibile,  e  quindi  con  risparmio  di  giacenza 
di  capitali.  Gli  aceti  Riescono  tosto  graditi  e  ricchi  degli 
aromi  eterei  proprii  degli  aceti  che  rimangono  lungamente 
nei  fondaci  degli  altri  fabbricatori.  Laonde  il  buon  mercato 
dei  nuovi  prodotti  e  la  loro  svariata  qualità  dai  più  forti  e 
pregiati  ai  piìi  semplici  e  popolari.  I  tini  acetificatori  basati 
sulla  moltiplicazione  della  superficie  del  liquido  acctifican* 
tesi  e  suH'accelerata  fermentazione,  vennero  con  particolari 
modificazioni  perfezionati  dai  proprietari  di  detta  aceteria. 

Acquavite.  —  Anche  il  prodotto  dell'acquavite  è   piut- 


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tosto  esteso  fra  noi.  La  qeaotUii  del  vino  che  supera  il  / 
consumo  e  che  non  può  inviarsi  all'estero,  viene  impiegata 
in  quella  fabbricazione.  Poco  è  Fuso  intemo  che  noi  ne 
facciamo;  se  ne  impiega  in  cambio  buona  parte  per  le 
arti  e  mestieri;  il  resto  serve  pel  commercio  d'espor- 
tazione. Di  tal  guisa  se  ne  esporta  dagli  Siati  sardi  et- 
tolitri 21,000^  da  Napoli  ettolitri  3613  e  pel  valore  di 
218,812  franchi,  da  Sicilia  per  una  quantità  ed  un  valore 
doppio  del  sopracitato.  La  decima  pane  del  vino  che  si  fe 
negli  Stati  romani  è  convertita  in  acquavite  ;  quindi  si  cal- 
cola che  le  quantità  di  essa  prodotta  ogni  anno  è  di  etto- 
litri 178,171.  Le  fabbriche  principali  sono  nella  provincia 
di  Marittima  e  Campagna,  in  quella  di  Bologna  e  nelle  Ro- 
magne.  L^  produzione  dello  spirito  nel  ducato  di  Modena 
si  calcola  a  6193  ettolitri.  Solo  nella  provincia  di  questo 
nome  si  hanno  macchine  ehe  forniscono  in  complesso  3600 
ettolitri  di  alcool,  spacciato  quasi  per  intiero  all'estero.  Tale 
prodotto  è  costituito  da  10,300  ettolitri  di  acquetta  di  gradi 
15.  L'esportazione  dal  ducato  di  Parma  di  detto  articolo 
oltrepassa  i  700  ettolitri. 

Ottimi  rosolii  producono  Cremona,  Genova  e  Firenze; 
Yalchermes  della  farmacia  dei  frati  di  Santa  Maria  Novella 
in  quest'ultima  città  è  soprattutto  assai  ricercato.  Brescia  in- 
vece è  noia  per  la  sua  acquavite  d'anice  o  mistrà^  di  cui 
fa  abbondante  e  lucrosissimo  commercio  nelle  altre  Provin- 
cie lombarde  ed  all'estero.  L'acquavite  di  genziana ,  di  ra- 
dice d' imperatoria ,  di  bacche  di  ginepro  è  molto  in  uso 
presso  gli  alpigiani  del  Trentino.  Ma  la  fabbricazione  che 
ancora  non  ha  alcun  liquore  che  lo  uguagli  è  quella  del 
vermouth  di  Torino,  specie  dì  vino  bianco  in  cui  ponesi  in 
infusione  dell'  assenzio  e  che  si  beve  a  digiuno  onde  ecci* 
tare  o  risvegliare  l'appetito. 

La  scarsità  del  prodotto  del  vino  ha  consigliato  di  recente 
ad  alcuni  intraprenditori  privati  ,  e  a  qualche  apposita  so- 
cietà ,  r  estrazione  dell'  alcool  *  da  varie  sostanze   vegetabili. 


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89 
Cosi  io  Sicilia  ana  compagnia  francese  stabili  in  Catania  una 
distilleria  con  nnaccliina  a  vapore,  che  fa  base  della  distil- 
lazione la  caruba,  dalla  quale  ricava  meglio  che  il  40  per 
400  di  alcool.  In  Lombardia  vi  furono  tentativi  per  trarre 
quella  sostanza  dalla  barbabietola  :  in  Toscana  e  neirisola  di 
Sardegna  la  si  volle  ottenere  da  un  tubero  di  vegetabile 
assai  comune  in  quei  paesi,  l'asfodelo.  Anche  in  Milano  la 
ditta  Sessa,  Fumagalli  e  compagni  esercita  l'industria  di  ca- 
vare gli  alcool  dai  cereali  guasti ,  inservibili  e  nocivi  alla 
salute,  e  da  altri  prodotti  svariati  del  suolo.  Essa  dispone 
di  tre  distinti  stabilimenti:  il  primo  destinato  al  distendi- 
mento, alla  bagnatura  e  alla  germinazione  dei  grani;  noi 
secondo,  coH'aiuto  di  apposite  macchine  ed  apparecchi,  si 
effettua  propriamente  la  fabbricazione  degli  alcool ,  produ- 
cendone oltre  2000  litri  al  giorno.  11  terzo  stabilimento  serve 
per  la  consumazione  dei  cascami  della  distillazione,  coi  quali 
si  alimentano  in  gran  parte  molte  bestie  bovine  da  macello 
ed  anche  vacche  per  trarne  il  latte.  In  questo  fabbricato 
ponno  collogarsi  260  capi.  Cinquanta  sono  gli  operai  impie- 
gati nella  produzione  degli  alcool,  e  venti  nella  custodia  e 
cura  del  bestiame. 

Due  grandiosi  stabilimenti  per  T  esercizio  di  tale  indu- 
stria sono  stati  fondati  testé,  il  primo  a  Livorno  dal  signor 
Gustavo  Corridi  ;  il  secondo  in  Porto  Santo  Stefano  da  una 
società  anonima.  Il  fine  di  essi  è  la  distillazione  dell'alcool 
da  ogni  sostanza  capace  della  sua  produzione.  La  monta- 
tura di  questi  due  opifizi  ha  nulla  da  invidiare  alle  più  ri* 
nomate  fabbriche  forestiere;  l'uno  e  l'altro  forniti  di  mac- 
chine a  vapore  della  forza  che  supera  i  45  cavalli. 

Una  fabbrica  infine  venne  istituita  a  quello  scopo  nel 
regno  di  Napoli,  in  Rogliano  di  Calabria. 

Birra.  —  D'introduzione  abbastanza  recente,  ma  diffusa 
oramai  per  tutta  la  penisola.  L'Italia  settentrionale  è  quella 
tuttavia  che  ne  prepara  a  preferenza.  Genova  ne  ha  cinque 
fabbriche,  Torino  anche  più.  Nelle  vicinanze  di  Alessandria 


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9C 

si  è  tentata  di  fresco  la  coltivazione  dei  luppoli  che  permi- 
sero al  signor  Perla  di  ottenere  una  qualità  di  birra  pre- 
miata airesposizione  universale  di  Parigi.  In  numero  di  41 
sono  le  fabbriche  lombarde  che  preparano  per  28,955  q.  ro. 
di  birra.  La  birra  che  generalmente  si  produce  da  queste 
fabbriche  varia  dal  4  agli  8  del  saccaromelro.  Se  ne  fab* 
brica  della  buona  in  Milano  ed  anche  nelle  altre  città,  ma 
è  ritenuta  migliore  quella  di  Chiavenna  e  quella  della  ditta 
Salico  Lorenzo  in  Castello  sopra  Lecco.  Le  fabbriche  no- 
strane bastano  quasi  al  consumo,  poiché  T introduzione  che 
se  ne  fa  non  è  che  di  440  quintali  metrici. 

Il  prodotto  in  birra  di  Trieste,  Istria  e  Gorizia  ascende 
a  4442  ettolitri»  Dottor  Pietro  Maestri. 

— oOo — 

Rendlcentp  drlla  settima  adanansa  i^enerale  del 
Pie  Ooiisarsie  di  nmtae  ••«•ersa  del  Haacatrl 
di  JUiinliardia* 

Nel  giorno  8  maggio  4859  tenevasi  la  settima  adunanza 
generale ,  onorala  dalla  presenza  degl'I.  R.  ispettori  scola- 
stici generale ,  provinciale ,  urbano,  del  chiarissimo  barone 
Vacani,  presidente  dell'I.  R.  Istituto  lombardo  di  scienze  e 
lettere,  ed  altri  protettori.  Vi  parteciparono  47  soci  ordi- 
nari!  fra  cui  vaVie  signore.  Con  nobile  e  dignitosa  discus- 
sione si  trattarono  gli  affari  dell'  Istituto  ;  e  il  presidente 
rendeva  conto  dello  stato  economico  e  morale  della  Società 
colle  seguenti  parole: 

Rapporto  del  presidente   cavaliere   Ignazio   Canta 
nell'adunanza  delfS  maggio  4859. 

Dall'ultima  adunanza  (44  novembre  4858)  l'Istituto,  per 
fortunose  vicende,  subì  una  lezione  che  deve  portar  frutto 
oll'avvenire. 


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91 

L'assenza  d'uo  aomo  che  dovrebbe  sedere  a  questo  banco 
è  uà  fatto  di  troppo  valore  perchè  io  debba  stendere  un 
velo  sulle  memorie  che  T  aurora  della  nostra  esistenza  so- 
ciale dovrft  legar  per  sempre  a  quel  nome. 

Un'istituzione  da  gran  tempo  reclamata,  per  due  lustri 
ponderata  dalla  magisiraiura ,  quando  potè  dir  Goalmente: 
il  mio  giorno  è  venuto!  scossa  da  un  urto  improvviso  sa- 
rebbe caduta  senza  il  prontissimo  soccorso  d'una  mano  ce- 
leste. 

Concedete  tale  sfogo  ad  un  cuore  che  troppo  sofferse  , 
e  la  cui  quiete  cedette  più  notti  al  terror  di  vedere  que- 
sto edificio  converso  In  un  mucchio  di  rottami  su  cui  la 
beffa  e  la  violenza  maledicessero  l'impresa  mal  riuscita. 

Ad  impedir  tanto  disastro  s'accolsero  il  26  dicembre  i 
vostri  incaricati,  e  pensando  quali  misure  potessero  scon- 
giurar la  tempesta,  trovarono  urgente  di  condensare  i  se- 
parati poteri  nella  sola  persona  più  responsale  dinanzi  allo 
Statuto.  Volendo  però  che  ogni  esazione  di  denaro,  ogni  di- 
rezione d'ufficio  s'accentrasse  nel  solo  presidente,  gli  fu 
dato  l'aiuto  d'un  esattore  stipendiato  che  funzionasse  sotto 
b  sua  immediata  vigilanza,  ma  legato  da  una  guarentigia  di 
ifttUe  fiorini. 

(  11  segretario  Restellini  legge  il  protocollo  di  quella  se- 
duta )• 

Mentre  con  ciò  si  provvedeva  all'  esatta  consegna  e  al 
pronto  impiego  delle  esazioni  venne  la  totrice  magistratura 
a  suggerir  quanto  credeva  proprio  a  rimovere  anche  la  più 
impreveduta  possibiliik  d'altre  consimili  sciagure. 

E  con  riverita  ordinanza  del  31  gennaio  promoveva  il 
consiglio  :  e  ohe  tanto  al  collettore,  quanto  al  cassiere  del- 
>  l'Istituto  fo!<se  prescritta  la  misura  della  cauzione  da  ri- 
»  spettivamente  esibire,  e  che  quando  gl'incassi  la  aupe- 
»  rassero  fosse  tosto  il  di  più  versato  per  parte  del  collet- 
»  lore  nelle  mani  del  cassiere,  e  per  parte  di  questo  in 
»  una  cassa  forte  a  due  o  tre  chiavi ,  da  conservarsi   una 


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9à 

1^  dal  presidente  deir Islitulo ,  un'altra  di!  segretario  t  la 

»  terza  dallo  steaap  cassiere.  » 

Quanto  al  collettore  ern  già  provveduto  eolla  cartella  di 
mille  Oorini  deposta  a  salvaguardia  negli  uffici  della  presi- 
denza. Quanto  al  cassiere  il  nostro  patrono  Galbiati  credette 
rispondere  con  sua  dell'S  febbraio  :  «  Ereditai  dal  mio  gè- 
»  nitore  un  patrimonio  senza  un  obolo  d' ipoteca ,  né  un 
>  vincolo  qualunque,  e  tale  lo  voglio  trasmettere  ai  miei 
»  figli.  Se  avessi  dovuto  fare  un'eccezione,  quella  sarebbe, 
•  lo  ripeto,  per  i  maestri  privati  di  Lombardia,  istituzione 
»  che  mi  è  tanto  omogenea  e  cara.  Tale  invariabile  prìo'* 
»  cipio  non  essendo  conciliabile  con  quanto  prescrive  TI. 
»  R.  Delegazione,  io  mi  dimetto  dall'ufficio  onorevole  di 
»  cassiere,  grato  alla  confidenza  che  i  sullodati  maestri  vol- 
»  lero  in  me  riporre.  Ella,  signor  Cantò,  avrà  quindi  la 
»  compiacenza  di  darne  immediata  partecipazione  alla  lode- 
»  vole  Società ,  legalizzare  per  tal  modo  la  cosa ,  onde  ri* 
»  metterò  Toccorrenie  al  mio  successore,  ecc.  >• 

Eran  troppo  forti  queste  ragioni,  ma  la  perdita  di  tal 
uomo  sarebbe  stato  il  più  forte  incaglio  sulla  nostra  vìa. 
Dove  trovare  altro  individuo,  che  possedendo  si  lauta 
fortuna  avesse  al  pari  di  lui  zelo  ed  amore  alla  nostra  isti- 
tuzione da  lui  fin  nel  suo  nascere  accolta  sotto  il  suo  pa- 
trocinio ?  Quindi  airistanza  deiranlicizia  cedette,  e  con  esem- 
pio affatto  nuovo,  oltre  i  gravi  incomodi  con  cui  regge  que- 
sta tutela,  oltre  la  guarentigia  morale  che  già  aveva  dato 
collocando  i  nostri  risparmii  all'ombra  del  suo  patrimonio, 
egli,  cassiere  gratuito,  volle  consegnarci  a  maggior  quiete 
nelle  mani  46,000  lire  in  earte  pubbliche,  dando  così  alla 
Società,  al  paese,  un  nuovo  documento  di  virtù  cittadina  e 
di  disinteressata  annegazione. 

Queste  provvidenze,  e  la  pura  e  semplice  Storta  dt  /atta 
resa  pubblica  dai  giornali  di  cui  l'Istituto  dispone,  rivol- 
sero in  vantaggio  la  sventtira.  Alla  Società  s'aggiunse  nuova 
fama,  riverenza  e  simpatia  ;  al  nostro  confidente  appello  ri* 


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93 
spose  l'oro  del  ricco  e  l'obolo  del  povero;  al  disgusto  di 
poche  ripulse  ebbimo  il  coDlrapposto  di  molti  atti  di  cor- 
tesia e  d'aiuto  ;  e  le  oblazioni  quasi  affatto  rimarginaron  la 
ferita.  Noi  mandiamo  ai  generosi  una  parola  di  grazie,  non 
richiesta  da  loro ,  ma  dovuta  da  cuori  riconoscenti  ;  i  loro 
nomi  scritti  nei  nostri  libri  attesteranno  ai  futuri  quanto 
anehe  in  isquallidi  tempi  sappia  essere  benefica  la  terra 
lombarda. 

La  nostra  unione  capitalizzava  i  frutti  raccolti.  Il  9  di- 
cembre 1858  concordando  i  voti  e  le  perizie  degli  onore- 
voli giureconsulti  ed  ingegneri  d'  ufficio  fu  dal  consocio  si- 
gnor dottor  Chiodi  sistemato  un  mutuo  di  10,000  lire  al 
4,3;4  per  cento ,  a  sicurezza  del  quale  V  assuntore  signor 
Arnaboldi  legava  di  primissima  ipoteca  un  fondo  io  Grescen- 
zago  del  riconosciuto  valore  di  *L.  22,950. 

Il  25  gennaio  successivo  abbiamo  pur  mutuate  altre 
20,000  lire  al  4,1  ;2  per  cento  presso  l'Amministrazione  dei 
PP.  LL.  elemosinieri,  autorizzati  a  tale  assunzione  dalla  De- 
legazione provinciale  con  ordine  26  dicembre  4858. 

(  Le  scritture  originali  di  questi  due  mutui  stanno  nel- 
l'archìvio del  signor  cancelliere  dottor  Chiodi;  le  copie  au- 
tentiche presso  la  presidenza  ). 

Altre  17,000  in  obbligazioni  L.  V.  e  della  città  di  Mi- 
lano si  trovano  protette  negli  scrigni  della  Commissione 
centrale  di  beneficenza;  altre  31,700  lire  fruttano  sulla 
Cassa  di  risparmio  inscritte  in  un  libro  col  nome  del- 
l' Istituto  e  custodito  dal  patrono  cassiere.  —  Ove  s' ag- 
giungano 770  altre  lire  fra  oggetti  e  mobìli  di  ufficio,  li- 
bri e  statuti»  può  vantare  la  Società  un  'possesso  di  51,000 
lire,  44,000  delle  quali  tutte  riscosse  dopo  la  caduta  del- 
l'economo ad  oggi. 

Se  e  quanti  dei  soci  trovinsi  in  indugio  di  pagamento, 
lo  diremo  a  giorni,  dopo  l'esame  che  va  or  facendosi  degli 
speciali  bilanci,  e  ognuno  che  non  fosse  in  linea  cogh  altri 
verrà  eccitato,  onde  eviti  le  conseguenze  antivedute  dal  §  4 
dello  Statuto. 


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94 

Da  molte  parli  ci  si  consiglia  di  consolidare  le  nostre 
facoltà  sopra  uno  stabile  che  darebbe  ali*  Istituto  anche  il 
titolo  e  reniità  di  possidente.  A  tal  uopo  tre  progetti  ei 
furono  esibiti  che  abbiamo  già  sottoposti  alle  rigorose  me> 
ditazioni  dei  signori  ingegnere  Crespi  e  avvocato  Barai ,  e 
che  ora  sottoporremo  alla  vostra  discussione. 

(  Il  presidente  dividendo  là  questione  in  due  parti:  la  4.* 
di  massima^  la  8.'  di  confrontOi  mette  alla  discussione  :  se 
convenga  per  ora  investir  capitali  in  compere  di  case.  — 
Dopo  le  evidenti  ragioni  esposte  dal  signor  cavaliere  Giu- 
seppe Sacchi,  in  cui  chiama  a  lume  dell'adunanza  la  sua 
sapienza  e  pratica  amministrativa,  fu  unanimepte  votato: 
che  per  ora  l'assunzione  dei  mutui ,  validamente  ipotecati , 
fosse  Timpiego  da  adottarsi,  declinando  affatto  da  ogni  com- 
pera di  case  ). 

Cosi  attraverso  agli  uni  di  sistematiche  avversioni  e  di 
un  inaspettato  scompiglio  la  nostra  emione  in  poco  tempo 
svolse  proporzioni  da  gigante.  Ora  slamo  906  colleghi  di- 
sposti con  questa  misura: 


Milano      città        269 

Provincia  404 

totale    370 

Bergamo      > 

i6 

» 

73 

>         89 

Brescia        i 

46 

» 

40 

>         55 

Como         1 

44 

» 

183 

.       197 

Cremona 

43 

» 

1 

>         13 

Lodi     è      1 
Crema  (      > 

40 
3 

1 

18 

>         31 

Mantova 

48 

» 

18 

86 

Pavia      •    ] 

7 

» 

64 

74 

Sondrio 

»    ' 

44 

44 

Num.  906 

Qual* altra  mutua  società,  tranne  quella  degrinsegnanti 
in  Piemonte,  conta  Tltalia  numerosa  come  la  nostra?  Quanti 
mai  calcoli  premeditati  s'  erano  furono  vinti.  Il  nostro  Sta- 


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95 
tato,  che  non  ebbe  nascendo  il  dono  della  profeziai  si  trova 
ore  insufficiente  ed  angusto  dinanzi  a  tanta  mole;  e  il  com- 
pito della  direzione  fu  reso  incredibilmente  difficile  e  gra- 
▼oso,  stendendo  il  suo  esercizio  su  tutti  i  S109  comuni  lom- 
bardi. 

La  ^la  corrispondenza  coli' ispettorato  generale,  e  coi 
413  ispettori  scolastici  delle  provincie  e  dei  distretti,  cogli 
uffici  amministrativi,  coi  mille  fra  protettori  e  soci,  e  le 
continue  interpellanze,  addossano  tal  mole  di  lavoro  a  cui 
più  non  regge  l'attività  di  un  uomo  per  pronto  e  laborioso 
che  ei  fosse,  e  l'ufficio  nostro  acquistò  l' importanza  d'  una 
vasta  e  complicata  gestione.  Riscossioni  giornaliere,  solleci- 
tazioni ai  ritardanti,  continue  esportazioni  per  la  cassa  cen- 
trale, compere  e  vendite,  ricapiti  di  atti  e  diplomi,  reazioni 
incessanti  fra  membro  e  membro  della  vostra  amministra- 
zione, porterebbero  inevitabilmente  seco  confusione  ed  im- 
paccio nel  sollecito  cammino  degli  affari.  Quindi  perchè 
lutto  raggiunga  una  matematica  sicurezza,  si  è  reso  indi- 
spensabile l'istituzione  d' un  permanente  ufficio ,  e  voi  nel- 
l'interesse  nomnne  vorrete  combinare  ed  approvarne,  nei 
modi  che  stimerete,  la  sua  sistemazione. 

(  Espostosi  il  voto  del  delegato  governativo  cavaliere  Sac- 
chi suirincompatibilità  di  accoppiare  in  un  solo  individuo 
le  funzioni  d'economo  e  di  collettore,  dovendo  in  forza 
dello  Statuto  essere  uno  revisore  dell'altro,  fu  stabilito  che 
il  collettore  avrebbe  l'assunto  delle  esazioni,  e  darebbe  cuu- 
zione  di  mille  fiorini,  e  che  l'economo  starebbe  nelle  strette 
attribuzioni  a  lui  assegnate  dal  §  25  dello  Statuto.  Concor- 
rendo in  ciò  anche  il  voto  del  signor  vice-direttore  ragio- 
niere Grippa,  e  avvocato  Barai,  e  d'altri  che  presero  la  pa- 
rola, Tassemblea  decise,  che  al  presidente  verrebbero  asse- 
gnate 4200  annue  lire  con  cui  formerebbe  presso  di  sé 
l'ufficio,  composto  dell'economo,  del  collettore  e  di  uno 
aerittore,  sotto  la  sua  irtimediuta  ispezione,  per  poter  cosi 
provvedere  e  al  decoro  del  corpo  e  all'esattezza  degl'incocu- 
bonii  ). 


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96 

Se  lo  zelo  deg)'  ispeitori  seolasiici  s*  era  anehe  prima 
spinio  a  favor  del  consorzio,  esso  comparve  assai  più  ef- 
ficace dopo  il  fallo  doloroso.  Seppero  essi  aoimare  di  mag- 
giore impulso  i  loro  dipendenlì,  lanto  che  da  qoel  gioroo 
ci  mandarono  e  sussidii ,  e  75  nuovi  confralelli  ad  ingros- 
Siire  la  noslra  legione.  Vogliale  dunque  a  qualcuno  ancora 
di  essi  reiribuire  una  prova  di  riconoscenza  a  lenore  del 
§  6  del  noslro  Slaluio. 

(Dieiro  proposla  del  signor  vice-presidenie  Arzonico  ven- 
gono acclamali  soci  onorari  i  sacerdoli  don  C.  Zaffrani,  pro- 
posto di  Tirano 9  e  don  Paolo  Lazzari  di  Bormio,  ispellori 
scolastici  di  quei  dislrel(i). 

Ora  ad  evasione  del  §  6  del  regolamenlo  interno  si  è 
pubblicoio  l'elenco  nominale  degli  ascritti  all' istituto,  ove 
figurano  per  primi  i  patroni  e  protellori,  e  vi  si  è  aggiunta 
la  ristampa  dello  Statuto  e  di  tutti  gli  alti  ufficiali  che  TU 
stiiuto  emanò  dal  i  luglio  4857  a  lutto  il  1858.  È  il  co- 
dice della  nostra  vita  sociale.  Ciascuno  di  noi  dovrebbe 
possederlo  a  cognizione  e  ad  uso  de'  propri  diriili,  ed  a  ri- 
sparmio di  dubbi  e  d'oscillazioni.  —  Ne  spediremo  pertanto 
copie  anche  agli  onorevoli  ispettori  scolastici  affinchè  vo- 
gliano proporli  nei  loro  distretti,  tanto  più  che  la  vendita 
torna  a  beneficio  deiristituzione. 

Due  anni  sono  dei  906  confralelli  che  or  siamo  chi  à 
conosceva,  chi  aveva  un  comune  interesse?  Oggi  formiamo 
una  sola  famiglia,  e  consociata  in  un  reciproco  afTetto.  Chi 
avrebbe  fra  noi  sparsa  una  parola  di  compianto  sulla  defunta 
Giovanna  Manara  s'ella  non  apparteneva  all'Istituto?  Il  19 
dello  scorso  novembre  un  altro  de'  nostri  colleghi.  Onoralo 
Tosi,  di  Tabellano,  provincia  di  Mantova,  esauriva  a  44  anni 
un'esistenza  operosa,  vittima  di  zelo  e  d'instancabile  eser- 
cizio della  sua  professione  per  23  anni.  Chi  avrebbe  fra 
noi  conosciute  le  rare  virtù  di  quel  maestro,  se  alla  noslra 
esumazione  e  al  noslro  compianto  non  l'avesse  raccomandato 
con  affettuose  parole  il  suo  zelantissimo   ispettore  di    Con* 


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97 
agp,  don  Antonio  Rastelli»  arciprete  di  Suuara?  E  quanto 
or  ci  duole  di  aggiungere  terzo  fra  questi  il  ragioniere 
Carlo  Marocco,  delle  cui  virtù  cittadine  e  personali  e  del 
cui  zelo  per  quest'Istituto,  che  perdette  in  lui  il  proprio 
relatore,  diedero  già  sollecite  e  sincere  lodi  il  professore 
BanB,  e  il  yioe-presidente  Arzonieo  che  coireloqueoza  del 
euore  deponeva  un  ultimo  tributo  di  ricordanza  sull'orlo  di 
quella  fossa  che  del  defunto  involava  per  sempre  le  spo- 
glie! 

Ogni  volta  che  ci  raduniamo  eccoci  sempre  al  dolore 
di  sbozzare  la  vita  di  qualcuno  di  questi  uomini  laboriosi, 
la  cui  esistenza  fu  assorbita  da  servigi  prestati  al  paese.  In* 
fotti  vi  ha  forse  carriera  più  esigente,  più  infeconda  di  pane 
giornaliero  che  quella  per  cui  il  maestro  procede?  Vi  ha 
forse  qualche  altra  che  esiga  altrettanta  annegazione  e  tanto 
sacrificio?  Allor  che  un  uomo  apporta  a  servigio  del  co- 
mune tutto  quanto  possiede  di  zelo ,  d' ingegno ,  d' intelli- 
genza, si  può  ben  dire  che  fu  utile  al  suo  paese;  e  lo  è 
senza  contrasto  anche  il  più  modesto  insegnante  quando, 
convinto  della  sua  dignità,  sa  Carsi  amare,  rispettare;  quindi 
ora  che  abbiamo  il  mezzo  di  farlo,  ad  ogni  perdita  che  ci 
vien  notificata,  procuriamo  che  il  nome*del  perduto  collega 
abbia  un  posto  negli  annali  dell'istituzione.  Aggiungeremo 
pertanto  un  tributo  d'omaggio  anche  al  pastore  di  questa 
diocesi,  V'arcivescovo  Romilli,  rapito  jeri  a'  suoi  lunghi  pati- 
menti, e  all'elenco  dei  nostri  protettori  onorari,  che  più  volte 
sovvenne  questo  consorzio  di  cortesi  parole. 

Ma  a  riempiere  le  lacune  qui  annunciate  teniamo  da- 
vanti altri  sei  candidati  che  aspirano  a  collocarsi  con  noi,  e 
attendono  da  voi  le  parole  d'accoglimento. 
(Dopo  esaurite  tutte  le  pratiche  vengono  accettati  a  nuovi 
soci  i  seguenti  aspiranti  :  Antonio  Giudici  di  Viggiù  ;  le  so- 
relle Adelaide  e  Luigia  Pozzone  ;  Giuseppe  Berrà  di  Milano; 
Angiola  Morganti  di  Varese  e  Pasqualina  Bogni  di  Cajcllo.) 

AiuiAU.  Statistica  9  voi.  XXil,  seri^  3.*  7 


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98 

Quesi' espoabUmie,  sigQori  e  collabi,  vi  aliesterk  qmto 
prospera  influeosa  esereita  e  sempre  più  verrà  Tlsiiiulo 
esercitando  sul  Dostro  avvenire.  Esso  è  intanto  un  luogo 
di  riserva  9  una  speeie  di  granaio  in  cui  il  maestro  depo- 
sita  i  suoi  manipoli  pei  momenti  (^lla  scarseiza.  Nelle  ciò* 
quanta  mila  lire  e  in  quella  maggior  somma  che  verrà  tra 
poco  a  raccorsi  si  compia  una  grand' opera.  Un  tempn  la 
seieoia  e  la  possidenia  avrebber  trattato  con  una  speeie  di 
disdegno  le  minute  questioni  che  risguardano  il  maestro; 
ora  sappiamo  alla  prova  quanta  stima  ei  vien  accordala,  e 
noi  facciamo  gli  sforzi  per  mi^ritarla.  Non  ci  siamo  apaven* 
tati  dall'inatteso  disoriline  in  cui  dx  posta  la  nostra  naseooto 
isutuzione  ;  e  qoello  (u  spavento  passaggiero;  e  ravvisammo 
im  consiglio  provvido,  propizio,  nascosto  dietro  a  queU'av-i 
veoimento  per  toglierci  con  più  fiducia  dall'ineertexia.  L'e- 
conomia BOB  cessa  dunque  di  procedere  attraverso  a  lutti 
questi  movimenti  e  di  estendere  il  benessere  dell'  iadìvi^ 
duo  e  del  oonsonio,  e  le  dottrine  morali  elie  impiimoao  to 
loro  forme  all'isiituiione  ne  faranno  tra  poco  risemire  i  be- 
neflcj  della  prevideoaa  e  del  risparmio. 

Intanto  gettiamo  uno  sguardo  di  viva  confidenza  aopra 
una  creazione  di  jeri,  diggià  cosi  imponente  per  prosperità 
e  servigi;  cerchiamo  sempre  più  perfezionarla  eoli' ardore^ 
colla  perseveranza  e  colla  sicura  aspettazione  di  giorni  mi- 
gliori. 

(Con  unanimi  applusi  fu  manifestata  l'approvazione  al- 
l'operato  dell' ammlnistraiione  e  al  rapporto  del  presideo* 
let  in  seguito  al  quale  eomunicavasi  il  .seguente  rendi- 
conto  ). 


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BSando  delF  entrata  ed  uscita  détC  Istituto  di  mutug  soc- 
corso pei  maestri  prioùti  di  LombaraiUj  fino  al  SO 
aprile  1869. 

ATTITO. 

Esatte  a  totto  1857. 
Dai  protettori  perpetui   •    •    .    •    'L.      606   — 
Da  Inter,  mataratl  sulle  Obbllgaxioiii  •      300  — 
Dalle  copie  rendote  dello  Statato   •    •        63.  SS 
Dfti  soci  perpetui  od  «maallali  .    .    m  43349.  54 

ToUlc  «L.  U3i8.  79  -L   14318.  79 
Esatte  a  tutto  J8!>8. 

Dai  protettori  perpetui     .    •    .    .  *L.      300  — 

Dai  soci  perpetui  e  aanoallsti    .    .    •  44017  — 

Da  interessi  naturali  •    .    .    •    •    i»      600  — 

Tasse  d'ingresso »  47279.  60 

Vendita  di  SUtuti i»        40  — 

Totale    L*  32236.  60  »   32336.  6a 

Esatte  a  tutto  4839. 

Dai  protettori *L      300  ^ 

Dai  soci •    6840.  28 

Da  obluioni  in  denaro  effettive    .    «    6430.  47 

ToUle  aL.  43S70.  73  »   43970.  75 

Da  aggiungere  airattivo  per  oggetti 
mobiliari  e  per  mille  copie  del  nuovo 
Statuto  circa m       770  ^ 

JfB.  Molti  altri  oggetti  giaciono 

come  oblazioni  di  valore  non  anco 

determinato.  — 

Totale  aL.  60896.  44 

PASSIVO. 

Per  debito  del  già  economo  Viglezii  aL  9301.  30 
Per  deprezzamento  di  moneta  in  forza 

del  nuovo  sistema •    550  — - 


ToUle  «U  9854.  30  n     9854.  30 


ToUle  attivo  netto  al  30  aprile  1859  «L  51044.  84 


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leo 


9.9t  T   -H- 


niOTIZIB   STRANIERA 


•taitotlea  •omparailva  del  coiiiMierei#  insieme 
e  fr«pee#e  nefll  fiiiiil  i9ft«  e  t951^ 

X  ogiiamo  i  legaenti  raggjaagli  da  qq  aniaolo  del  Mom- 
teur  Unwersel  intorno  al  commercio  della  Francia  coir  In* 
ghilterra  negli  anpi  4856-57. 

Il  movimento  generale  dei  nostri  scambi  col  Regno  Unir 
to  aveva  nel  4865,  anno  dell'  esposizione  universale  di  Pa- 
rigi» raggiunto  la  cifra  (in  valore  variabile  o  reale)  di  80$ 
milioni  di  franchi,  (a  qual  somma,  comparativamente  al 
4854,  presentava  un  aumento  di  34  milioni. 

Nel  4856  un  nuovo  e  più  rapido  slancio  portò  quella 
cifra  commerciale  a  065  milioni. 

Infine  nel  4857,  il  totale  generale  ha  dato  979^milioni 
e  sarebbe  senza  dubbio  salito  ancor  più  alto  se  la  crisi  com- 
merciale americana  che  scoppiò  verso  la  fine  del  terzo  tri* 
mestre  dell'esercizio  pop  fosse  venuta  ad  attraversare  il  cor* 
so  di  quella  prosperiti  commerciale  o  piuttosto  a  gittare 
una  grave  perturbazione  nelle  transazioni  del  commercio  e 
dell*  industria  delia  maggior  parte  dei  paesi. 

^co  come  si  sono  composte,  in  valori  variabili  o  reali , 
Je  cifre  del  nostro  commercio  col  Regno  Unito  nel  4855  ^ 
4350  p  4S$7  (ip  milioni  di  franchi  ): 


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401 
4865      4806      4867 
Commercio  generale  Iro^iori&sione  868       4S8        485' 
Esportazione  448       6S3        548 

totale    806       960         979 

Commercio  spedale  Importazione  878       ^37        SS3 
Esportazione  308       373         387 

Totale    586       709         709 

L'esame  di  queste  cifre  dimostra  nn  aumento  nel  4856 
nel  nostro  commercio  speciale,  ma  nel  4857  una  sosta  a 
risultati  assolutamente  identici  a  quelli  del  4856.  Qui  ap- 
pare r  influenza  che  la  crisi  accennata  più  sopra  ha  eserci- 
tato sui  nòstri  scambi  proprii  coir  Inghilterra.  Le  compre 
che  noi  abbiam  fatte  a  codesta  potenza  (quelle  che  sono 
entrate  nel  nostro  consumo)  sono  infatti  cadute  da  337 
milioni  a  832 ,  e  le  esportazioni  che  le  abbiamo  fatte  in 
prodotti  del  nostro  suolo  e  delta  nostra  industria  non  sono 
cresciute  che  della  tenue  soquma  di  45  milioni^  Ora  dal 
4855  al  4856  la  cifra  ne  era  cresciuta  di  64  milioni^  In< 
somma  V  andamento  del  nostro  sbocco  in  Inghilterra  è  stato 
dal  4854  in  poi,  come  segue  (valori  variabili  o  reali): 

milioni  di  fré 

4854  .....-..-  293 

4853  .........  296 

4853  .........  436 

4854  .........  356 

4855  «......•«  308 

4856  .;..•....  372 
4857 387 

In  nìtm  anaoi  come  si  scorge,  sali  lani'ako  come  nel 


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lOt 

4S5)  la  eifrt  delle  nostre  esportastoni  speciaU  in  Inghiherrt 
a  i  progressi  del  1856  e  del  4867  sono  lungi  dairayer 
riparato  alle  perdite  del  4864  e  del  4856.  Trovasene ,  in 
parte,  la  spiegaxione  nella  cessasione  quasi  totale,  o  se  non 
ahro  nella  dhninuciooe  delle  nostre  spedizioni  di  granaglie, 
di  vini,  e  di  acquavite,  a  cagione  dei  cattivi  nostri  ricolti 
successivi. 

Quanto  al  valore  delle  nostre  importazioni  speciali,  esso 
ha  seguilo,  dal  4864  in  qua,  un  moto  ascendente  più  no- 
tevole ancora  (valori  reali): 

milioni  di  fr. 

f854 69 

4852 94 

4853 406 

4864 449 

4885    •    .    • 278 

4866 SS7 

4857 822 

Salvo  la  leggera  sospensione  già  notata  nel  4857  T  au- 
mento si  mostra  sostenuto,  costante  e  sopràtutto  considere- 
vole. Questo  rapido  incremento  è  in  ispecial  modo  da  no- 
tare neiranno  4855.  Una  causa  principale  lo  spiega  e  fa 
vedere  dei  resto  che  il  progresso,  da  questo  lato,  è  in  qual- 
che modo  estraneo  alle  nostre  transazioni  proprie  coli*  In- 
ghilterra. E  per  verità  esso  concerne  in  gran  parte  un  Tatto 
delle  relazioni  indirette,  vale  a  dire  le  forti  domande  di  sete 
di  provenienza  cinese  che  da  4  o  6  anni  facciamo  ai  depo- 
siti britannici.  Nel  4864  le  nostre  importazioni  (commer- 
cio speciale  )  delle  specie  non .  superavano  43  milioni  di 
franchi;  nel  4856  andavano  a  70;  nel  4866  a  405;  e 
nel  4857  a  440:  crebbero  quindi  in  tre  anni  di  circa  450 
per  400. 

Altri  grandi  articoli  ancora,  quali  b  laaa  e  il  earbene , 


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103 
hanno  parteeipiito  a  questo  progreeio  delle  nostre  ioipor- 
tazioni  dall'  Inghilterra. 

Si  è  veduto  più  aopra  che  nel  complesso  del  nostro 
eommercio  dell857  eoiringhiltem,  il  <{nale  è  stato  dì  97S 
milioni,  il  nostro  commercio  speciale  contava  per  709 ,  la- 
sciando  cosi,  fuori  dei  nostri  scambi  proprii,  una  somma  di 
864  milioni,  che  rappresenta  le  nostre  operazioni  di  depo- 
sito, di  riesportazione  o  di  transito.   ' 

Il  transito  propriamente  detto,  cioè  il  valore  delle  mer- 
canzie che  abbiamo  ricevute  dagli  altri  paesi  a  destinazione 
deir  Inghilterra,  o  che  l' Inghilterra  ci  ha  spedite  per  gli 
altri  paesi,  conta  per  314  milioni:  90  alla  provenienza- dal- 
l'Inghilterra  e  434  a  destinazione  di  codesta  potenza. 

Ecco  r  andamento  del  nostro  transito  coir  Inghilterra 
dal  1804  (valori  reali): 


Proreniente 

A  destinasione 

ToUle 

<^airinghilterra 

dall'Ingbiterra 

in 

milioni 

milioni 

milioni 

di  franchi 

di  franchi 

di  franchi 

4851 

49.3 

68.4 

87.4 

1863 

25.7 

86.8 

44S.5 

4853 

85.5 

488.» 

463.5 

4854 

29.7 

439.8 

459.6 

4855 

-50.. 

98.5 

448.5 

4856 

84.3 

480.5 

244-8 

4857 

98.8 

4S4.1 

213.9 

La  nostra  navigazione  tra  Francia  e  Regno  Unito  è  stata 
nel  4856  di  47^433  navi  con  3,077,544  tonn.,  e  nel  4857 
di  48,636  navi  con  3,334,423  tonn. 

Le  operazioni  su  lest  all'uscita  formano  quasi   il   terzo, 
del  tonnellaggio  generale,  proporzione  che  pur  troppo  non 
si  spiega  che  dalla  difficoltà  che  incontra  la  nostra  marina 
a  comporre  carichi  di  spedizione:  i  prodotti  pesanti  e   in- 


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404 

gombraoU  ebe  abbondino  alla  marina  inglese  nei  porli  i)rv 

tannici  mancano,  per  la  nostra,  net  porti  francesi. 

Ecco  come  si  ripartita  per  porli  nel  1857  il  motimen- 
to  generale  (carico  e  lesi  assieme)  consistente  in  28,666 
navi  di  3,654,475  tonn.  : 


Nwi 

ToimeUate 

L' Havre 

8,769 

587,788 

Boulogne 

3,460 

889,390 

Galais 

3,964 

853,389 

Bordeaux 

l,9J7 

880,843 

Marsiglia 

d74 

346,988 

Dunkerque 

3,356 

338,065 

Nantes 

1,658 

166,178 

Rouen 

1,407 

158,845 

Altri  porli 

13,361 

1,110,944 

38,666 


3,554,475 


Se  al  tonnellaggio  dell*  Havre  si  aggiunge  quello  di 
Rouen,  che  è  per  cosi  dire  un  annesso  del  primo  porlo, 
si  ba  un  totale  di  746,433  tonn.  che  rappresenta  più  del 
quinto  di  tulio  il  nostro  intercorso  coi  porti  britannici. 


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109 


INTENZIONI  E  SCOPERTE 


tflà  In  mmm  prc«««  I  p«p*ll  antichi» 


^  gioniali  riboccano  quasi  sempre  di  annunzj  di  scoperte 
tecniche  che  si  vogliono  far  credere  nuove,  per  non  dire 
nuovissime,  e  T  erudito  che  consulta  i  documenti  e  i  monu- 
menti storici  le  trova  invenzioni  di  data  qualche  volta  an* 
tichissima« 

Fra  le  invenzioni  credute  nuove  havvi  quella  della  cosi 
detta  cucina  a  vapore.  Ora  dalle  nuove  esplorazioni  fatte 
da  eruditi  e  da  artisti  negli  utensili  domestici  che  si  vanno 
di  mano  in  mano  scavando  a  Pompei,  è  emerso  che  gli 
antichi  avevano  cosi  disposta  la  loro  cucina  da  preparare 
appunto  i  cibi  coir  aequa  riscaldata  sino  all'evaporazione.  Noi 
ci  facemmo  esibire  i  disegni  ancora  inediti  che  vennero 
eseguiti  sul  luogo  e  li  presentiamo  ai  nostri  lettori  perchè 
conoscano  siino  a  qual  punto  erano  progrediti  i  popoli  della 
Magna  Grecia  nell'arte  culinaria. 

La  cucina  non  era  presso  gli  antichi  una  camera  affu- 
micata,  a  grandi  bocche  da  cammino  ed  a  lunghi  fornelli 
come  si  usa  tra  noi.  Gli  antichi  sapevano  preparare  i  loro 
cibi  nello  stesso  triclinio  ove  sedevano  per  mangiare.  I  loro 
aroesi  da  cucina  erano  di  forme  artistiche  piuttosto  eleganti 
e  non  presentavano  alcuna  apparenza  di  sucidume. 

Noi  presentiamo  la  figura  delle  loro  pentole  che  erano 
sempre  sorrette  da  un  piedestallo. 


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106 


Alcuni  tra  i  sostegni  che  veggonsi  lùtlora  a  Pompei  sono 
riccamente  ornati  con  fogliami  e  figure  a  basso-rilieTo.  Essi 
ci  mostrano  che  si  preferiva  l'uso  del  carline  a  quello 
della  legna. 

In  vece  del  nostro  fornello  comune,  e  del  cammino  da 
cucina,  usavano  a  Pompei  i  cesi  detti  bragieri,  detti  jnrekm 
dai  greci  e  focus  dai  latini*  Questo  bragiere  era  per  lo  più 
sorretto  su  quattro  gambi  o  sostegni  che  presentavano  la 
figura  di  sfingi  alate.  Il  bragiere  presentava  una  superficie 
abbastanza  ampia*  per  potervi  collocare  o  la  legna,  o  per  lo 
più  il  carbone,  ed  aveva  più  nicchie  e  risvolti  su  cui  po- 
savantt  le  pentole.  Questo  bragiere  quando  era  ponatile 
prendeva  il  titolo  di  igniiabulum.  Talvolta  era  piccolo  di 
forma  e  serviva  ad  uso  di  scalda  vivande  ed  allora  chiama- 
vasi  foculuM^  il  quale  in  mensam  cum  obsoniis  inserebaiur 
ne  quid  intepeiceret. 

Noi  presentiamo  il  disegno  di  un  igniiabulum  come  fu 
trovato  a  Pompei. 


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107 


Esso  è  di  forme  elegaali  ed  ha  deposto  m  od  angolo 
UDO  di  quei  vasi  ohe  prendevano  il  nome  di  miliarium^  il 
quale  erat  vas  longum  et  anguiium,  cujus  um$  erai  ad 
calefadeìutam  aq^un^  vel  aliquid  macerandunij  qui  etiam 
farnaceum  lebetem  voeabant.  Quesli  vasi  ad  acqua  calda 
si 'tenevano  sempre  disposti  pei  tepidarj,  e  vi  avevano  nella 
Magna  Grecia  ed  a  Roma  de*  luoghi  speciali,  come  sareb- 
bero le  nostre  botteghe  da  caffo  che  chiamavansi  termopoli 
e  dove  si  tenevano  sempre  disposti  per  il  lavacro  de'  piedi 
e  delle  mani  questi  vasi  miliarii  con  acqua  calda.  E  si  rac- 
coglie dagli  stessi  storici  che  V  imperatore  Claudio  fece  una 
volta  chiudere  per  castigo  tutte  le  termopoli  di  Roma,  per* 
che  i  rispettivi  esercenti  non  le  avevano  chiuse  in  attestata 
di  lutto  nel  giorno  in  cui  erano  stati  celebrati  i  riti  funebri 
per  la  morte  di  Drusilla. 

Il  terzo  disegno  che  qui  presentiamoi  venuto  anch^essoh 


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408 

da  Pompei,  è  un  ignitabulum  costrutto  iu  modo  da  for  cuo- 
cere le  vivande  eoi  mexzo  del  vapore. 


Questo  bragiere  ha  la  figura  di  un  castello  merlato  con 
quattro  torri  ai  quattro  angoli.  In  mezzo  al  quadrilatero  si 
poneva  la  legna  od  il  carbone  acceso.  Nello  sporto  interno 
del  castello  girava  una  specie  di  cassettone  vuoto  entro  eui 
si  versava  da  un  robinetto  a  spina  l'acqua  a  riscaldare.  II 
fuoco  che  ardeva  su  quella  cornice  piena  d'acqua  la  ri- 
scaldava sino  all'evaporazione.  Allora  ponevansi  dentro  alle 
quattro  torri  pentole,  o  casseruole  quadrate  che  chiamavaosi 
ealdariae^  le  quali  andavano  a  combaciarsi  perfettamente  ai 
quattro  angoli  interni  d'ogni  torre.  Il  vapore  sottostante  ri- 
scaldava le  pentole  sovrapposte,  ove  i  cibi  cuocevano  a  ba- 
gno-maria. In  mezzo  poi  al  bragiere  si  ponevano  que*  vasi 
culinarj  che  contenevano  cibi  da  cuocere  a  Tuoco  vivo,  e  tra 
una  torre  e  l'altra  si  collocavano  anche  gli  spiedi  per  far 
cuocere  gli  arrosti. 

1  moderni  inventori  della  cucina  a  vapore  non  hanno 
forse  saputo  far  meglio  degli  antichi,  i  quali  in  fatto  dd- 
r  arte  culinaria  hanno  al  certa  superato  i  loro  ghioui  pr^ 
nipoti. 


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109 


BIOGRAFI  A 


Alessandro  Hamboldl. 


N. 


Iella  mattiaa  del  7  maggio  1659  moriva  a  Berlino  il 
Nestore  degli  scienziati  d'Europa  Alessandro  Huroboidc. 

I  giornali  tutti  della  Germania  si  cinsero  di  lutto  nel 
giorno  che  diedero  si  infausto  annunzio  ai  loro  connazio- 
nali. 

Noi  che  crediamo  che  i  grandi  uomini  appartengano  ad 
un'  uniea  patria^  il  mondo,  ci  troviamo  in  debito  di  com* 
niemorare  le  gesta  di  questo  illustre  scienziato  che  tenne 
nel  nostro  secolo  un  posto  tanto  onorevole  quanto  V  italiano 
Alessandro  Volta  ed  il  francese  Cuvi^r. 

Alessandro  Humboldt  nasceva  a  Berlino  il  14  settembre 
1769 «  nell'anno  stesso  in  cui  nasceva  Napoleone  Bonapar-^ 
le.  Memore  di  quel  precetto  che  la  fortuna  e  la  nobiltà 
Don  hanno  alcun  pregio  per  sé  stesse,  quando  non  venga- 
no onorate  dal  sapere  e  dalla  virtù ,  si  diede  il  giovinetto 
Alessandro  sino  dai  primi  anni  a  studiare  con  una  costanza 
esemplare;  e  fra  i  tanti  studj  che  nobilitano  l'uomo,  egli 
antepose  per  una  prediletta  sua  vocazione  gli  studi  fisici  e 
naturali.  A  quindici  anni  egli  già  percorreva  per  istudio  le 
varie  regioni  della  Germania,  l'Olanda  e  l'Inghilterra,  ed 
a  ventun'  anni  pubblicava  la  sua  prima  Memoria  sulle  roccie 
basaltiche  del  Reno,  Studiando  la  geologia,  volle  anche  ap- 
profondirsi nello  studio  dei  fossili,  scegliendo  fra  questi  i 
prodotti  vegetali,  e  nell'anno  1793  diede  alla  luce  la  sua 
seconda  opera  intitolata  Specimen  fiorai  eubterranem.  La  fa- 
ma acquistatasi  da  questo  dotto  giovane  lo  fece  nominare 


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no 

direttore  generale  delle  miniere ,  e  neir  esercizio  di  tale 
carica  ebbe  campo  di  continuare  ne*  suoi  prediletti  studii  e 
di  giovare  ad  un  tempo  con  ottime  istittizioni  igieniche  al 
benessere  dei  poyeri  minatori.  Sullo  scorcio  del  secolo 
passato  Galvani  aveva  data  la  prima  spinta  alla  novella  scien- 
za deir  elettricità  animale,  ed  Humboldt  si  diede  ad  istitui- 
re sperienze  preziosissime  che  rese  pubbliche  con  un  dotto 
libro  sugli  eOetti  del  galvanismo  sul  sistema  nervoso  e  mu- 
scolare desìi  esseri  viventi.  In  quelle  sperienze  egli  si  spin- 
se talvolu  con  soverchia  temerità  ed  ebbe  a  provare  sovr» 
sé  stesso  i  furti  effetti  dell'  elettricità ,  soffrendo  alquanto 
nella  salute;  e  non  è  a  far  meraviglia  se  tre  anni  fa  il  sa- 
pieote  Humboldt  sorridesse  alle  pazze  superstizioni  dei  ia« 
voli  giranti  per  creduto  magnetismo,  e  dei  morti  redivivi  e 
nascosti  ne'  mobili  della  casa,  mentre  egli  che  conosceva 
più  d'ogni  altro  i  fenomeni  veri  del  magnetismo,  non  po- 
teva né  doveva  prestar  fede  ai  fenomeni  inventati  dai  cre- 
duloni^ 

Nell'anno  4797  Humboldt  visitò  la  Sviscera  e  l'Italia 
settentrionale;  ma  in  quei  tempi  di  guerra  egK  non  trovò 
un*  posto  pacifico  per  la  scienza,  ed  imbarcatosi  nell'anno 
1798  a  Marsiglia,  risolvette  di  fare  un' eseursione  per  più 
anni  nel  Nuovo  Mondo.  Egli  ebbe  la  fortuna  di  prendersi 
per  compagno  il  naturalista  Boopland,  ed  a  tutte  sue  spese 
si  fece  a  percorrere  in  ogni  sua  parte  l'America  meridio- 
nale e  la  nordica.  Ivi  si  applicò  massimamente  a  tre  grandi 
studii,  a  quello  dei  fenomeni  dei  vulcani,  allo  studio  del 
magnetismo  terrestre  ed  a  quello  della  geografia  botanica, 
scieuza  che  deve  ad  Humbolid  la  vita.  Egli  ebbe  l'ardire 
di  salire  pel  primo  sul  Cbimborazo ,  che  ò  l' alpe  più  aita 
dell'America.  Ivi  istituì  singolari  sperienze  di  fisica,  di  geo- 
logia e  di  meteorologia.  Dopo  sei  anni  di  continui  e  peri- 
colosi viag^,  Humboldt  fece  ritomo  in  Europa,  e  prese 
stanza  a  Parigi.  Ivi  si  occupò  con  Bonpiand  a  mettere  in 
ordine  la  straricca  eollezione  de'  minerali,  de'  vegetabili,  e 


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441 

degli  animali  da  esso  Ncoolti  ìd  America  >  e  pubblicò  in 
una  serie  di  volumi  l'illustrazione  del  suo  monimieniale 
viaggio.  Col  fiaieo  Gay-Lussac  fece  un  secondo  viaggio  in 
Italia,  mentre  meditava  una  più  lontana  escursione  nelle  re- 
gioni centrali  dell'Asia  che  non  potò  poi  mandare  ad  eF- 
ietto. 

La  celebrità  acquistata  ne*  due  mondi  da  Humboldt  lo 
resero  carissimo  al  re  di  Prussia,  che  volle  ad  ogni  costo 
averlo  sempre  al  suo  fianco,  come  il  migliore  de'  suoi 
amid.  E  della  amicizia  del  principe  egli  sempre  giovossi 
per  (are  il  bene.  Quando  la  Prussia  fu  invasa  dalle  armi 
Dapoleoniche,  Humboldt  imitò  t*  esempio  di  Barnaba  Oriaui 
e  presentatosi  a  Napoleone  chiese  ed  ottenne  che  le  case 
abitate  dagli  uomini  benemeriti  del  suo  paese  non  fossero 
occupate  dalla  soldatesca  e  con  vera  magnanimità  dimenti- 
cò di  indicare  la  casa  propria,  a  tal  che  provò  il  dolore  di 
veder  scoperchiato  da'  soldati  francesi  il  sepolcro  persino 
della  propria  madre^  per  la  brutale  ingordigia  di  scoprirvi 
qualche  nascosto  tesoro.  E  quando  le  armi  prussiane  cogli 
aMeati  invasero  Parigi,  Humboldt  non  pensò  punto  alle  rap- 
presaglie, ma  ottenne  dal  re  di  Prussia  che  non  fosse  fatto 
saltar  per  aria  il  magnifico  ponte  di  Jena  a  Parigi  che  p4*l 
nome  eliti  portava  voleyasi  far  distruggere  da  Blucber  ;  ed 
impedi  che  de'  notevoli  banchieri  parigini  fossero  tenuti 
come  ostaggi  a  guarentigia  delle  militari  imposizioni.  Questi 
fatti  magnanimi  indussero  lo  stesso  re  di  Francia  a  far  di* 
chiarare  cittadino  francese  Alessandro  Humboldt.  Nell'aona 
1820  egli  accompagnava  il  re  di  Prussia  al  Congresso  di 
Verona  e  servi  da  guida  a  quel  monarca  nel  viaggio  che 
egli  fece  in  Italia.  Tutti  i  monarchi  d' Europa  vollero  orna- 
re il  petto  dell'  illustre  Humboldt  con  decorazioni  cavalle- 
resche, e  questi  con  umiltà  pari  a  quella  del  nostro  Man- 
zoui  seppe  costantemente  rifiutarle  tutte  e  solo  accettò  quel- 
la dell'aquila  prussiana  che  i  voti  unanimi  del  paese  e  del 
suo  re  gì' imposero  come  un  dovere. 


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US 

Nella  sua  tarda  vecchiesza  egli  compose  il  suo  Co$mo$ 
che  può  dirsi  il  capo  lavoro  della  sciensa  del  nostru  aeeolo. 
Quest'opera  è  ora  tradotta  nelle  sette  prÌDcipali  lingoe  par- 
late in  Europa  che  lo  stesso  Humboldt  sapeva  inteadere  « 
scrivere  correttamente. 

Quest*  uomo  di  celebrità  già  immortale  può  essere  ù^* 
to  come  modello  alla  gioventù  nostra*  Egli  ha  mostralo  in 
novant'anni  di  vita  come  si  debba  associare  la  sapieosa  al- 
la virtù.  La  sapienza  di  Humboldt  non  è  la  dottrina  ebe 
splende  di  luce  fosforica,  ma  è  la  scienza  vera  che  tutta 
conosce  ed  abbraccia  ad  un  tempo  e  il  mondo  materiale  ed 
il  morale.  Egli  penetrò  ne'  misteri  più  reconditi  della  na- 
tura e  seppe  coordinarli  alle  sublimi  vedute  della  Provvi- 
denza. La  sua  scienza  non  è  arida,  ma  feconda.  Le  sue  teo- 
rie non  sono  astrazioni  da  lambicco,  ma  enunciazioni  di  forti 
e  diremo  anche  di  potenti  verità.  Le  sue  opere  poi  sono 
quelle  dell'  onesto  uomo.  Non  vi  ha  dotto  in  Europa  che 
non  ricordi  il  nome  di  Humboldt,  e  nel  ricordarlo  non  vi 
aggiunga  parole  di  alta  venerazione  e  di  affetto.  La  oaiitt- 
ne  germanica  poi  giustamente  esultava  di  vedersi  ononia 
da  tant'uomoi  ed  il  mondo  civile  si  compiaceva  di  posia- 
derlo,  giacché  é  rara  cosa  quella  di  vedere  congiunti  io  ini 
solo  nome  tanto  senno  e  tanta  virtù.  I  Prussiani  ora  devooa 
venerare  la  memoria  del  loro  Alessandro  Humboldt,  come 
noi  desideriamo' di  venerare  per  molti  anni  ancora  il  no- 
stro Alessandro  Manzoni,  pari  a  lui  nella  scienza  e  neUa 
morali  doti  dell'  animo  ! 

G.  SaechL 


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MOZ  a  Genova.  Mancava  ancora  un  libro  che  riassumesse  Tespo- 
siiione  storica  della  giurisprudenza  forestale  in  Italia  nei  tempi 
più  antichi,  ed  a  si  nohile  e  faticoso  lavoro  si  accinse  l'erudito  e 
coscienzioso  Berenger  di  origine  francese»  ma  divenuto  sino  dalla 
prima  infanzia  nostro  eletto  concittadino.  Egli  volle  rivendicare 
all'Italia  un  titolo  di  onore  che  le  era  stato  sino  ad  ora  contrastato» 
avendo  gli  scrittori  di  Germania  fatto  credere  che  la  scienza  del 
governo  dei  boschi  sorgerne  prima  nel  loro  paese»  facendone  risalire 
le  prime  leggi  ai  capitolari  di  Carlo  Magno.  Il  Berenger  dimostrò 
invece  nell'opera  che  noi  annunziamo  che  la  giurisprudenza  fore- 
stale è  dovuta  all'antica  ed  esemplare  sapienza  romana.  Egli  ci  dà 
innanzi  tutto  l'indicazione  delle  primitive  foreste  italiane  accen- 
nandone il  carattere  e  l'importanza*  Illustra  egli  in  seguito  i  ho* 
schi  sacri  denominati  Inehi^  ripartiti  in  tre  grandi  categorie» 
cioè  nei  boschi  sacri  alle  fonti,  nei  boschi  annessi  ai  sepolcri,  e 
nei  boschi  proprii  dei  templi  e  dei  sacelli.  E  per  far  noto  come 
le  leggi  forestali  fossero  antichissime  in  Italia  ne  cita  una  legge 
delle  XII  tavole  la  quale  prescriveva  di  serbare  i  Incbi  nelle  cam- 
pagne per  ornarli  cogli  emblemi  dei  lari.  Ci  dà  1'  etimologia  dei 
vocabolo  lucunif  che  significa  lo  squarcio  che  si  faceva  nei  bo- 
schi per  erigervi  le  are  dei  sagrificii.  1  boschi  sacri  erano  dalla 
legge  contemplati  tra  i  cosi  detti  oggetti  santi  che  dovevano  te- 
nersi incolumi  e  rispettarsi  come  le  mura  delle  città ,  e  costitui- 
vano pei  campi  dei  privati  i  cosi  detti  confini  primitivi  od  arci- 
fini.  Illustra  le  piante  dette  sacre,  l'aròore^  sancta  o  delubri,  e 
ne  cita  le  autorità  che  vegliavano  per  la  tutela  dei  boschi  e  che 
appartenevano  al  Collegio  dei  pontefici.  Con  vasta  e  sicura  erudi- 
zione ci  svela  tutto  il  mirabile  magistero  della  legislazione  romana 
sulle  foreste. 

Noi  vorremmo  che  gli  studiosi  dell'antica  nostra  giurispruden- 
za, e  diremo  anche  dell'  antica  nostra  letteratura,  si  procurassero 
l'acquisto  di  quest'ottimo  libro. 

XV.  —  Archivio  storico  italiano,  e  Giornale  storico  degli 
Archivj  toscani.  Firenze  4859,  presso  Vieusseux.  Ko- 
lume  IX ^  m-8.*,  di  pag.  196  e  76,  con  una  tavola. 

La  prima  parte  del  volume  che   annunziamo  è   consacrata  al- 


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l'Archifio  storico.  Essa  eontiene  cinqne  Memorie  che  si  riferiscono 
alle  lettere  di  Giovanni  De  Medici  detto  delle  bande  nere;  alle  re- 
Iasioni  degli  ambasciatori  veneti;  al  progressiiro  svolgimento  de- 
gli stadii  storici  nel  regno  di  Napoli;  all'inlrodniione  del  cristia- 
nesimo in  Prussia;  alla  viU  di  Gianmario  Pidelfo,  ed  ai  giornali 
presso  gli  antichi  romani. 

La  rassegna  bibliografica  espone  e  giudica  sei  nuove  opere  sto- 
riche che  sono;  l'opera  di  Gornet  sa  Paolo  V  e  la  repubblica  ve- 
ncta;  la  tesi  di  laurea  del  giovane  Desjardins  sulle  Uvole  alimen- 
Urie  dei  romani;  i  tratUti  dell'orific^sria  e  della  scultura  di  Ben- 
venuto Cellini  nuovamente  editi  dal  Milanesi;  la  biograGa  dello 
storico  Troya  slaU  compiIaU  dal  Trevisani  ;  la  storia  letteraria 
della  Liguria  edita  dallo  Spotorno;  e  l'opera  di  Eugenio  Rendù 
intitolato  l'Empire  d'Jllemagne  et  l'Italie  au  moyen  àge. 

Si  oflTìrono  in  segnilo  molte  notizie  bibliografiche  e  sloriche,  e 
si  chiude  l'Archivio  colla  citazione  di  41  nuovi  libri  storici  pub- 
blicati in  varii  SUti  d'Italia, 

Il  giornale  storico  degli  Arcbivii  toscani  offre  documenti  ine- 
diti su  Pia  de' Tolomei  stata  mestamente  canUU  da  Dante,  sul 
pillor  Guido  Sanese,  su  fra  Gerolamo  Savonarola,  su  Silvestre  Al- 
dobrandioi  e  su  Cosimo  I  dei  Medici. 

Noi  speriamo  di  veder  presto  pubblicati  anche  i  documenti 
inediti  più  preziosi  dell'Archivio  diplomatico  di  Milano. 

XVI.  —  Iscrizioni  etrusche  ed  etrusco-latine ,  illustrate  dal 
professore  G.  C.  Conbstabilb.  Firenze  e  Perugia  4848. 
Edizione  in-folio. 

Il  conte  Coaestabile  è  professore  di  archeologia  neH'Dniversiti 
di  Perugia  e  si  diede  la  cura  di  illustrare  tutte  le  iscrizioni  etru- 
sche  ed  etrusco-latine  che  si  conservano  nella  Galleria  degli  uffi- 
zii  in  Firenze.  Per  dare  al  suo  lavoro  tutto  il  carattere  dell'  au- 
tenticità vi  aggiunse  io  tante  tavole  litografiche  anche  il  fac-nimile 
delle  iscrizioni ,  per  cui  possono  anche  gli  eruditi  stranieri  fare 
nn  riscontro  critico  del  suo  dotto  lavoro.  Noi  pure  raccomaodiamo 
quest'opera  agli  archeologi  d'Europa. 


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146 

XVIL  —  Annuario  $tatÌ8tico  detta  proiHncia  di  Milano  per 

Fanno  1859.  Anno  L  Milano  4859.  Un  volume  ìhtìV 

di  pag.  469 ,  presso  G.  Pirola. 

XVIII.  —  Almanacco  cremasco  per  Fanno  4859.  Anno  XXVI. 
Milano  4859.  Un  voL  {n«46.^  di  pag.  264. 

Noi  citiamo  questi  due  presiosi  Annaarii  statistici  io  qoanto 
che  ?algono  a  dar  contezia  ogni  anno  delle  istitazìoni  comooali 
e  di  beneficenia»  ed  offrono  cosi  i  materiali  che  occorrono  per 
l'Annuario  statistico  italiano  di  cai  già  offrimmo  ai  nostri  lettori 
un  sunto  analitico.  Cosi  potessero  da  ogni  città  italiana  oscire 
alla  luce  simili  Annuarii  ad  illustrare  almanco  la  vita  citile  di 
questo  nostro  paese. 

RASSEGNA  DI  OPERE  STRANIERE. 

XIX.  —  *  Traile  théorique  et  pralique  d'economie  politique; 
par  J.  G.  CoimcEL|.6  S^euiu  Parigi  4859.  Tomo  Ily  tn-S.®, 
di  pag,  576, 

Noi  abbiamo  già  annunziato  il  primo  volume  dell'opera  di  Se* 
neuil  che  comprende  la  parte  teorica  del  suo  Corso  di  economia 
pubblica.  Il  secondo  volume  tratta  dell'economia  pratica»  a  coi 
diede  il  titolo  un  pò  singolare  di  ergonomia,  dal  vocabolo  greco 
ergo  ohe  significa  lavoro  e  nomoSf  legge  o  norma ,  per  cui  sa- 
rebbe la  legislazione  del  lavoro.  Questa  parte  però  dell'opera  è  af- 
fatto incompleta  e  noi  ci  riserviamo  di  far  conoscere  in  questi  Ao- 
nali  il  nostro  giudizio* 

XX.  —  ffis Coire  dee  classes  oui>rières  en  Frante,  depvis 
la  conquète  de  Jules  Cesar  jusqu^a  la  revolution  ;  por 
E.  Levassedr.  Parigi  4859*  Due  volumi  in-S.^  di  pag.  5b7 
e  pasf,  557, 

Quest'opera  di  Levassour  venne  premiata  dairAccademta  delle 
scienze  morali  e  politiche  di  Parigi.  Essa  presenta  la  migliore  ino* 
nografia  storica  che  si  conosca  sulla  coQdiiione  delle  classi  ope- 
raje  francesi.  Noi  ameremmo  che  un'opera  simile  potesse  compi* 
larsi  anche  da  noi, 


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117 


HENORIG  ORIGINALI 

ESTRATTI  ED  ANALISI  DI  OPERE. 


Bella  mlsora  del  Talari  In  paesi  e  tempi  distai!* 

ti*  Discussione  economico -storica  ^  letta  dal  professore 
ANIIRKA  ZAMBBI«U  nell'Ateneo  di  Brescia  l'anno 
4857. 

(  Gonlinnasione  e  fine.  Vedi  pag.  7  del  precedente  fascicolo  ). . 

Parte  Terza. 

Errori  di  alcuni  storici  e  statistici  nella  misura 
dei  valori  in  epoche  distantié 

CoNCLusiaifE. 

X^ue&ìo  mi  sembra  l'espediente  migliore.  Ma,  comunque 
siasi,  i  posteri  non  avranno  per  certo  a  dolersi  tanto  di  noi 
in  questo  affare  del  computo  dei  valori  quanto  noi  possiamo 
a  buon  dritto  lagnarci  dei  nostri  antenati  ;  i  quali  pregiudi- 
carono non  poco  airìnteresse  dei  tardi  nipoti  colla  institu- 
zione  male  avvertita  dei  censi ,  e  colle  negligenti  e  fallaci 
indagini  storiche  trassero  parecchi  nell'errore  intorno  alla 
valutazione  delle  ricchezze  antiche:  errore,  cui  né  tampoco 
sToggirono  alcuni  odierni  statistici  e  storici.  Se  dovessimo 
prestar  fede  a  Rollin  ed  a  Crévier,  le  cui  Storie  Antica  e 
Bomana  furono  per  lungo  tempo  in  gran  credito  nelle  scuole, 
e  sono  ancora  citate  da  parecchi,  e,  che  è  più,  ristampate, 
eonverrebbe  quasi  pensare  ehe  le  nazioni  dell'Antichilà  fos- 


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sero  più  ricche  delle  moderne.  Que*  dugentoveniì  milioni 
di  talenti  d'argento  che  il  rè  Sardanapalo  fa  gettare  sopra 
il  suo  rogo  prima  di  precipitarvisi  egli  stesso;  i  settanta- 
due milioni  spesi  da  Alessandro  Magno  per  celebrare  i  «fu- 
nerali deir  amico  Efestione;  Caligola  che  in  un  sol  prAio 
consuma  dieci  milioni  di  sesterzj  ;  le  mense  del  famoso 
Apicio,  Talutate  cento  milioni  di  sesterzj  Tuna,  e  molti  e 
molti  altri  esempi  di  tal  fatta  ci  mostrano  i  metalli  preziosi 
in  si  gran  copia  fra  gli  Antichi  da  farci  sembrare  i  no- 
stri tempi  9  starei  per  dire,  poveri  e  meschini  in  paragone 
di  quelli.  Non  a  si  smisurate,  ma  a  non  molto  minori  pro- 
porzioni valuta  codesti  conviti  anche  IHoreau  des  Jonnès 
nella  sua  Statistica  dei  popoli  dell'  antichità;  e  lo  stesso 
Dureau  de  la  Malie,  a  cui  dobbiamo  una  dotta  e  coscien- 
ziosa opera  suir£conomta  politica  dei  Romani^  ne  fa  talora 
miracolosi  racconti. 

Però  la  critica  e  la  filosofia,  note  ben  poco  a  Rollio  e 
a  Crévier,  ma  notissime  e  luminose  nell'età  nostra,  chiara* 
.  mente  ci  mostrano,  essere  i  fatti  e  la  ragione  contrarli  del 
tutto  a  quella  sentenza ,  già  tanto  divulgata ,  e  a  cui  non 
mancano  seguaci  anche  odiernamente.  Credettero  alcuni, 
che  le  conquiste  della  Siria  e  della  Macedonia  abbiano  ar- 
ricchita Roma  di  immensi  tesori:  eppure  la  legge  Licinia  , 
una  delle  sontuarie,  promulgata  ottant*anni  dopo  la  disfaua 
di  Antioco  e  di  Perseo,  limitò  le  spese  delle  mense  ordi- 
narie a  trenta  assi  per  testa  ;  i  quali,  come  ci  informa  lo 
stesso  Moreau  de  Jonnès  (I),  corrispondono  a  due  franchi 
6  settanta  centesimi;  e  non  molto  prima  la  legge  Fannia 
avea  limitata  quella  delle  mense  solenni  a  cento  assi,  cioè 
a  nove  franchi.  Dalla  prospera  età  degli  Antonini  in  poi 
non  si  videro  talvolta  ridotti  i  Cesari  a  spogliare  i  templi, 
a  fonderne  i  metalli  preziosi  per  far  moneta,  infino  a  veo- 


(I)  Statistìque  dea  peuples  de  Vantiquité;  T.  II,  p.  484. 


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U9 
dere  le  ricche  suppellettili  dei  palazzi  imperiali,  e  ad  alle- 
gare Toro  e  l'argento  al  rame  e  al  ferro  senza  alcuna  mi- 
sura di  equità  e  di  convenienza,  peggiorando  ollremodo 
Tusitata  moneta  delKasse  e  dandole  un  mentito  pregio?  (1) 
E  il  costo  del  frumento,  questa  approssimativa  misura  dei 
valori  a  tempi  remoti,  si  sostenne  forse  tra  i  Greci  e  i  Ro- 
inani  a  un  grado  elevato,  come  pure  doveva  essere  nel  caso 
d'una  enorme  quantità  d'oro  e  d'argento?  Dalle  dottissime 
note  del  marchese  Garnier  al  libro  di  Smith  Sulla  richezza 
delle  nazioni^  palesemente  si  deduce,  come  basso  in  para- 
gone dei  nostri  tempi  si  mantenne  il  valore  di  quella  der- 
rata nei  floridi  anni  di  Alene  e  di  Roma,  cioè  dalle  care- 
stie in  fuori  (2):  lo  stesso  osservano  Michele  Chévalier  (3) 
e  Moreau  de  Jonnès  (4):  evidente  indizio  di  più  scarsa  e 
cara  moneta. 

E  dato  pure,  che  talor  anco  per  un  eccesso  di  metalli 
nobili  quel  valore  si  alzasse,  converrebbe  fare  un'altra  con- 
siderazione a  cui  non  avvertirono  alcuni*  Dove  nell'età  no- 
stra molti  regni  e  repubbliche  possono  prosperare  ad  un 
tempo  e  levarsi  in  ricchezza  ed  in  potenza,  senza  che  l'uno 
Stato  danneggi  l'altro,  fra  gli  Antichi  quasi  pareva  che  ciò 
(osse  impossibile,  avendo  prima  dominato  gli  Assirii,  indi  i 
Persiani,  appresso  i  Greci,  ad  ultimo  i  Romani  con  una  ma- 
ravigliosa  e  strana  vicenda  di  trionG  e  di  rovine:  laonde, 
se  Babilonia,  Persepoli  ed  Antiochia  furono  a  mano  a  mano 
la  sede  della  magnificenza  asiatica,  se  Roma  diventò  in. ap- 
presso l'opulenta  metropoli  del   mondo  allora  conosciuto, 


(1)  V.  Heroiiiani,  ifisloricB;  e  in  genere  la  Storia  Augunia; 
V.  anche  Tillemont:  ffistoire  dei  Empereurs^  T.  II  e  III;  e  Men- 
gottl;  Del  Commeroh  dei  lUnàanU 

(2)  y.  li  nota  XI. 

(5)  La  Monnaie,  p.  555. 

(4)  T.  I,  p.  240.  T.  II,  p.  446 ,  47  dell'opera  statietique  des 
peuples  de  VJntiquité. 


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420 

questa  concenlraziom^  d  dovizie  e  di  possanza  in  una  sola 
città  capitale  veniva  ad  essere,  starei  per  dire,  uno  sforzo 
dell*  orgoglio  umano ,  che  impoveriva  e  desolava  si  gran 
parte  della  ternh,  per  ostentarne  e  profonderne  in  un  an- 
golo di  essa  i  rapiti  tesori:  tristissima  condizione  di  quelle 
genti ,  celebrate  pur  tanto ,  la  quale  ci  dimostra,  come  le 
ricchezze  antiche  non  erano  generali  ma  proprie  d'un  paese 
con  enorme  pregiudizio  d'infiniti  altri,  circoscritte  quindi  e 
non  diffuse  e  moUipiici,  anzi  solo  in  apparenza  grandi  e  mi- 
rabili. Le  guerre  antiche  aveano  per  principale  scopo  la  ra- 
pina e  rinviene,  dove  le  odierne  si  propongono  per  pre- 
cipuo  oggetto  di  far  valere  i  diritti  delle  nazioni  e  di  pro- 
teggerne gli  interessi;  e  sei  moderni  amano  di  arricchirsi 
coll'industria,  gli  antichi  si  arricchivano  principalmente  colla 
guerra,  da  alcune  eccezioni  in  fuori. 

E  poi,  d' onde  avrebbero  cavata  gli  Antichi  una  si  gran 
massa  di  metalli  nobili  ?  Certo,  non  dalle  miniere  dell'  Attica, 
la  cui  scarsa  produzione  si  può  desumere  da  un  testo  di 
Senofonte  (I),  dove  il  filosofo,  incoraggiando  gli  Ateniesi  a 
seguitarne  lo  scavamento,  soggiunge,  che,  per  quanto  grande 
ne  fosse  la  copia  dell'argento  scavatone,  non  perciò  ne  ver- 
rebbe meno  il  valore:  con  le  quali  parole  intendeva  signi- 
ficare, non  già  che  il  pregio  del  denaro  rimanga  lo  stesso 
per  qualsiasi  abbondanza  di  quello,  bensì  che  l'avvilimento 
del  di  lui  costo  non  sarebbe  provenuto  dalle  anguste  vene 
metalliche  della  sua  terra.  Il  supporre  in  lui  piuttosto  quella 
che  questa  sentenza  sarebbe  una  manifesta  ingiuria  al  suo 
chiaro  ingegno,  il  quale  in  proposito  di  economia  vide 
più  avanti  di  tutti  i  filosofi  antichi ,  secondo  che  si  scorge 
nella  Ciropedia  e  nel  libro  Delle  finanze  di  Atene.  Oltre 
di  che  il  vedere,  com'egli  pur  dica,  che  quando  l'oro  è 
assai  copioso  ^uole  scemar  di  valore  e  render  prezioso  Tar- 


(i)  Delie  finanze  di  Jtene:  cap.  IV. 


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424 

genio,  dimostra,  avere  Senofonte  in  sostanza  voluto  dire 
che,  siccome  l'argento  è  più  richiesto  cleiroro  per  tanti 
usi  e  di  cambio  e  di  ornamento  e  di  utensili,  e  siccome  to 
miniere  ateniesi  non  possono  darne  tanto  che  ne  sovrabboa* 
di,  cosi  esso  non  verrà  mai  nell'Attica  a  scemar  di  pregio. 

Che  molti  tesori  si  traessero  dal  suolo  affricano,  non 
sembra  pur  verosimile ,  qualora  si  noti ,  che  a  que'  tempi 
TAffrica  era  men  conosciuta  di  oggidì,  e  che  anzi  i  Carta- 
ginesi, popolo  industrioso  e  potente  dell'Antichità,  andavano 
a  cercar  l'oro  e  l'argento  nella  Spagna,  da  loro  sottomessa, 
scavandonelo  con  avidità  mercantesca;  né  più  prosperarono 
le  cose  loro  poiché  ne  furono  espulsi  dai  Romani:  laonde 
sembra  che  il  commercio  coli'  interno  dell'Affrica  non  appor- 
tasse a  quelli  la  grande  quantità  di  metalli  nobili  che  parve 
supporre  il  celebre  Heéren. 

Quanto  alle  miniere  spagnuole,  cosi  decantate  nelle  an- 
tiche memorie  e  di  cui  qualche  dotto  non  dubitò  di  asserire 
che  fossero  allora  quel  che  or  sono  le  americane,  parecchie 
ragioni  mi  inducono  a  pensare  il  contrario.  E  di  fatto,  non 
sarebbe  torse  in  tal  caso  cresciuto  di  pregio  in  proporzione 
il  frumento  che  Roma  al  tempo  della  repubblica  per  l'or* 
dinario  comprò  a  buon  mercato  in  tempi  prosperi  ed  anche 
dopo  le  conquiste  spagnuole?  (I).  Ciò  bene  accadde  nel 
secolo  decimosesto  dell*  era  nostra,  conforme  abbiamo  dagli 
autentici  documenti,  prodotti  di  sopra;  ma  non  avvenne  al 
tempo  accennato,  giusta  le  concordi  attestazioni  degli  alle- 
gati scrittori.  I  filoni  dell'antica  Spagna  convien  dire  che 
assai  differissero  dagli  inesausti  del  Messico,  perché  dopo 
la  caduta  dei  Califfi  ommeiadi,  quasi  più  non  se  ne  ragiona. 
Che  dobbiam  credere  adunque  dei  maravigliosi  racconti  che 
ce  ne  fecero  Erodoto  (2),  Diodoro  Siculo,  e  lo  stesso  Ari- 

{ì)  VeUi  Moreau  de  lonnès:  tom.  II,  pag.  446,  dove  cita  Poli- 
bio e  Cicerone  nelle  Verrine. 

(2)  Secondo  Erodoto,  Aristotile  e  Diodoro  Siculo,  i  Fenlcj  tre- 


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ISS 

Motele  nella  sua  Storta  Natwrakì  Consklerala  la  diffdrenza 
tra  il  pregio  del  grano  nelle  due  epoche  accennate,  consi- 
derato resaurimenio  minerale  che  poi  in  Ispa^na  ne  avvenne, 
considerato  inoltre,  ehe  anche  le  miniere,  scavate  nel  regno 
di  Granala  dal  4  833  in  poi,  e  di  cai  parla  Michele  Chéva- 
lier,  non  pajono  gran  cosa,  diremo,  che  la,  critica  degli  an- 
tichi storici  era  per  anco  imperfeita  e  che  non  poca  parte 
di  que'  racconti  sono  da  reputarci  una  favola.  Anche  Viardof, 
solito  a  magnificare  le  ricchezze  spagnuole  ed  arabe,  pare 
che  in  cerio  modo  inclini  a  trovarvi  non  poco  di  favoloso  (I). 
E,  posto  ancora  che  codeste  miniere  al  tempo  dei  Cesari  e 
dei  Califfi  abbondassero  di  metalli  preziosi,  il  valore  di  questi 
raffinati  e  monetati  dovea  farsi  tanto  maggiore,  nei  tempi 
antichi  verso  dei  nostri,  quanto  maggiormentcv  laboriosa  ne 
riusciva  la  scavazione  e  lenta  la  raffinatura ,  non  altrimenti 
che  a  circostanze  pari  si  alza  il  prezzo  delle  derrate  là  dove 
prima  di  giungere  ai  centri  di  consumo  sia  loro  mestieri  il 
passare  per  vie  lunghe  e  disagiose. 

Per  quello  poi  cne  concerne  la  regione  orientale  di  Ophir, 
chiamata  dai  Fenicj  la  patria  dell'oro,  e  gii  ori  e  gli  argenti 
dell'  India,  della  Colchide,  dell'  isola  di  Taso,  della  Battria- 
na,  della  Frigia  e  della  Lidia,  oltreché  non  ne  abbiamo  che 
incerte  e  talor  anco  favolose  notizie,  e  non  solo  nel  Libro  di 


varono  neiriberia  ana  si  gran  quantità  d'oro  e  d'argento  ch^ 
rimpiazzarono  sulle  loro  navi  con  que'  metalli  preziosi  tatti  gli 
utensili  di  ferro  e  di  piombo.  «  In  Iberia ,  dice  Aristotile  (  nella 
traduzione  latina)  combastis  aliquando  a  pastoribas  sylrìs,  calen- 
teque]  ìgnibns  terra,  manifestom  argentom  defluxìt  «.  Riferisce 
Strabone  (  Geog.  4 ,  III  )  che  dalle  sole  miniere  di  Cartagena  si 
cavavano  venticinque  mila  dramme  d'argento  al  giprno;  sebbene, 
a  dir  vero,  egli  poi  creda  una  iperlrale,  una  favola  ciò  cbe  ne 
affermano  Aristotele  ed  ancbe  Possidonio. 

(i  ;  aistoire  des  Arabes  et  des  Marti  en  E^ogne;  toin.    fi, 
pajf    45.  ^ 


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138 

Clesia  siiU*  India,  ma  in  quello  pure  Delle  cose  indiche  di 
Arrìaoo ,  erano  questi  per  lo  pìn  anzi  leni  di  arene  aurifere 
che  non  vene  sotterranee ,  e  i  naturalisti  ci  insegnano  che 
quelli  sono  assai  più  faciji  a  sfruttarsi  che  non  queste:  onde 
come  osserva  l'autorevole  Humboldt  (4),  molte  terre  famose 
nei  prischi  tempi  per  copia  d*oro,  sembrarono  povere  ai 
viaggiatori  che  le  ricorsero  ai  nostri  giorni.  L' oro  che  Cri- 
sioforo  Colombo  nel  suo  celebre  viaggio  per  un  errore  geo- 
graflco  credea  trovare  nell' India,  e  cui  perciò  chiamava  in- 
diano, fu  poi  trovalo  in  enorme  quantitk,  non  sulle  rive  del- 
l'Indo,  ma  nel  Messico  e  nel  Perù  dai  seguaci  di  Cortez  e 
di  Pizzarro.  Ed  anche  la  Spagna,  come  ci  insegna  lo  stesso 
Humboldt  (2),  abbondava  di  arene  piuttostoc he  di  vene  me- 
tallifere. 

Non  nego  a  Dureau  de  la  Malie,  che  neiranticliitk  Toro 
sino  dai  più  remoli  tempi  dovette  trovarsi  in  maggior  copia 
che  r  argento;  perchè,  come  già  dissi  anch'  io,  dove  il  primo 
(lei  preziosi  metalli  è  di  facile  e  poco  costosa  scavazione,  il 
secondo  profondandosi  entro  le  viscere  della  terra,  richiede 
l'ajuto  delle  macchine  e  di  qualche  chimico  processo  per 
esserne  estratto.  Ma  quando  penso  che  la  Repubblica  romana 
non  coniò  che  monete  di  rame  fino  al  486  di  Roma,  e  che 
l'oro  vi  fu  monetato  dopo  l'argento:  quando  penso  ai  fre- 
quenti sbilanci  fra  il  pregio  relativo  dei  due  metalli  nobili 
nel  tempo  antico,  tanto  per  l'oro  quanto  per  l'argento,  con 
sproporzioni  non  molto  distanti,  il  che  non  sarebbe  avvenuto 
in  un  costante  eccesso  dell'  oro:  quando  penso  che  le  grandi 
sproporzioni  fra  questo  e  l' altro  metallo  in  favore  dell'  ar- 
gento, dall'uno  aMO,  e  al  nove  ed  ancor  meno,  non  suc- 
eessero  che  dopo  le  strepitose  conquiste  di  Alessandro  Magno 


(1)  Sulla  fluttuazione  nella  produzione  dell'oro^  1838. 

(2)  Ibidem.  Lo  dice  in  parte  ancbe  Strabene;  TàguH  auriferi 
diccfano  i  Romani. 


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424 

e  di  Cesare  (4)  ed  altretloli ,  e  non  pei  eresciaiì  scavi  del  t 
r  oro,  mi  è  forza  dedurne,  che  anehe  le  miniere  di  questo 
non  vi  fossero  in  tanlo  notabile  quantitii* 

Or  venendo  alla  conclusione,  parmi  di  potere  affermare 
a  buon  dritto,  essere  un  errore,  un  sogno  di  alcuni  mal 
cauti  eruditi  quell*  eccesso  di  metalli  preziosi  negli  antichi 
tempi.  La  quale  fallace  opinione  procedette  dallo  mende 
moltipliei  degli  amanuensi  e  dei  traduttori  che  tante  volte 
ai  pensieri  degli  autori  greci  e  latini  sostituirono  i  proprj; 
dalle  interpolazioni  dei  trascrittori  dei  bassi  tempi,  i  cui  ma- 
noscritti non  fu  poi  possibile  il  collazionare  cogli  originali 
che  già  erano  periti;  dalle  diverse  guise  con  cui  i  moderni 
interpreti  dichiararono  i  computi  antichi,  ora  travedendo  per 
ignoranza  o  per  negligenza,  ed  ora  contraddicendosi  fra  loro; 
dalla  smania  di  raccontar  cose  grandi  e  miracolose  che  pur 
traspira  dagli  scritti  dei  più  accreditati  storici  deirAoticbità, 
quali  furono  al  certo  Erodoto^  Livio,  Diodoro  Siculo  e  Plu- 
tarco; e  dalla  propensione  della  nostra  immaginativa  ad  in« 
grandire  tutto  ciò  che  distintamente  non  conosce  «  e  quindi 
ad  esagerare  i  remoti  avvenimenti,  i  quali  non  di  rado  ci 
compajono  oscuri  o  per  lo  meno  incerti. 

Un'altra  sorta  dì  sbagli  nella  calcolazione  delle  somme 
antiche  generò  in  altri  scrittori  moderni  un  effetto  diamo- 
tralmente  opposto  all'accennato,  indùcfndoli  a  stimare  le 
ricchezze  dei  tempi  andati  mollo  meno  che  in  realtà  non 
erano.  Gli  storici  Vertot ,  Fleury ,  Voltaire  ed  il  medesimo 
Raynal,  il  quale  pure  nella  sua  celebre  Storia  degli  slaòt- 


(1)  Vedi  a  tale  proposito  la  ricordata  autorevole  opera  di  Ales- 
sandro Homboldt  =  Sulle  fluttuazioni  nella  produzione  deWorozz 
dove  parlando  di  quelli  sbilancjy  egli  dice  queste  notabili  parole: 
m  quanto  men  *  considerabile  era  a  qoe' tempi  rammasso  dd  me- 
talli preziosi,  tanto  piò  repentino  giungeva  lo  sbilancio  fra  i  loro 
rapporti;  e  la  sopravvegnenza  di  (anta  minor  quantità  dell'ano  o 
dell'altro  metallo  bastava  ad  alterarli  ». 


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IS5 

tìmeiìti  degli  Europei  nelle  due  Indie  si  moslrò  cosi  accu* 
rato  investigatore  delle  mercantili  notizie,  quando  valutano 
ia  moderni  contanti  quelli  ricordati  dalla  storia,  credono  di 
aver  fatto  abbastanza  col  ridurre  a  moneta  corrente  la  quan- 
tità d*  oro  e  d' argento  efiéttivamente  indicata  dalla  «omma 
aoiica,  senza  avvertire  che  la  odierna  denominazione  di 
quella  miBsa  metallica  non  ci  somministra  una  vera  idea  di 
quanto  si  vuol  sapere,  cioè  del  valore  che  dessa  aveva  an- 
ticamente, e  che  a  tal  fine  conviene  aneora  osservare  la 
variazione  sopravvenuta  nel  metallo  istesso.  Voltaire  infatti 
per  dimostrare  la  parsimonia  della  Gasa  reale  di  Francia  ai 
tempi  di  Carlo  Quinto,  vale  a  dire  nel  secolo  decimoquarto, 
riporta  nel  suo  Eitai  sur  le»  moeurs  (4)  un  decreto  di 
quel  re,  con  cui  assegnava  ai  Figli  di  Francia  un  appan- 
naggio di  42,000  lire  annuali  ;  e  calcolando,  che  giusta  i 
ragguagli  comparativi  del  marco  d*  argento  tra  quell*  epoca 
e  il  suo  tempo,  cioè  quello  di  Luigi  XV,  esse  venivano  ad 
essere  100,000  lire  in  circa,  ne  conchiude  senz'  altro,  e§^ 
sere  stata  questa  una  ben  piccola  entrata  per  un  principe 
di  casa  sovrana  :  ma  se  egli  avesse  avvertito  a  quello  sce- 
mare che  ha  fatto  il  valore  dell' arg«nto  in  ragione  di  tre 
quarti  dal  4570  in  pai ,  avvenimento  già  da  noi  osservato 
col  paragone  della  merce  alimentaria ,  avrebbe  computata 
400,000  franchi  la  rendita  dei  principi  reali  della  monar- 
chia francese  nel  43dO.  Cadde  nello  stesso  errore  il  Raynal 
quando  valutò  le  finanze  del  re  Luigi  XII:  peggiori  abba- 
gli presero  Bossuet  e  Fleury.  In  virtù  delle  quali  conside- 
razioni si  (a  palese,  che  non  si  possono  leggere  con  profit- 
to le 'Storie  senza  il  soccorso  dell*  economia  politica,  essen- 
do state  scrìtte  le  migliori  fra  quelle  in  un  tempo  che  gli 
storici  non  risguardavano  le  cose  nel  loro  vero  aspetto, 
tiran  fonte  di  politica  fu  sempre  la  storia  \  ma  per  chi  non 


(1)  Cbapitre  LXXXIV. 


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426 

si  giovi  delle  nostre  doUrìne  può  (orse  riuscire  talvolta  di 
danno  anziché  di  vantaggio^  empiendogli  la  mente,  non  di 
?ere<»  ma  di  fallaci  notizie,  che  divengono  poi  la  cagione  di 
molti  errori  politici.  Ma  se,  come  pare,  le  scienze  economi- 
che prenderanno  fra  gli  storici,  fra  i  magistrali  e  fra  t  cit- 
tadini un  maggior  piede  che  non  preser  Gnora,  i  nostri  di- 
scendenti avranno  dei  valori  dell'età  una  ben  giusta  idea, 
dove  noi  ne  abbiamo  a  fatica  una  incerta  dei  valori  antichi. 
Più  malagevole  riesce  la  valutazione  dei  pregj  delle  cose 
n«lla  lontananza  dei  paesi  ;  per  la  quale  io  già  non  intendo 
r  intervallo  che  separa  la  Francia  dall'  Italia  o  dalla  Spagna 
la  Russia ,  bensì  V  immenso  tratto  eht}  da  noi  divide ,  per 
esempio,  la  China  e  le  grandi  Indie,  e  queste  dall'America. 
Diverse  abitudini,  bisogni  e  costumi  affatto  dissimili  vi  sono 
naturai  cagione  di  infinite  differenze  nella  calcolazione  dei 
valori  ;  e,  non  che  le  altre  usanze ,  ne  varia  in  fino  il  co- 
mune alimento,  quello  la  cui  domanda  e  ToSerla  conserva* 
no  per  1*  ordinario  una  proporzione  relativa.  Dove  gli  Bu- 
ropei  sogliono  eomuDemente  nutrirsi  dei  grano,  la  merce 
Diimentaria  dei  Cfoinesi  è  il  riso,  la  cui  coltura,  benché  ese- 
guita col  traspiantamenco  che  richiede  gran  numero  di  brac- 
cia, vi  riesce  per  le  basse  meroedi  poco  dispendiosa,  onde 
lo  si  compra  a  più  vii  mercato  che  non  il  frumento.  Soprap- 
più,  come  dice  Davis  (4),  se  ne  fa  per  l' ordinario  una  dop- 
pia annuale  raccolta.  Le  carestie  per  cooseguenia  non  vi 
sono  cosi  generali  e  funeste  eome  a  quando  a  quando  si 
manifestano  in  Europa,  quantunque  alla  China  i  lavoranti 
pel  loro  gran  numero  ricevano  assai  bassi  salarj»  Ma  per  le 
ragioni  istesse,  non  essendo  proporzione  alcuna  fra  le-  der- 
rate alimentarie  di  queste  due  parti  del  mondo,  non  se  ne 
potrebbe  dedurre  alcuna    misura  .dei   valori   a   distanze  si 


(i)  La  ^hinCf  eh.   XX;  ouvrage  traduil  de  Tanglais  par  A. 
Picliard. 


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127 
grandi.  Non  ce  ne  sonmiiiiiitraao  lampooo  una  Ossa  e  pre- 
cisa i  metalli  nobilii  più  valutali  nell'alta  Asia  che  non  fra 
noi,  e  maggiormente  in  Europa  che  non  alle  Ami  Ile  e  nel* 
r America  meridionale:  né  potrebbero  giovare  a  tal  uopo 
le  nostre  stoffe ,  né  gli  altri  arnesi  e  gli  abbigliamenti ,  in 
cai ,  tranne  poche  eccezioni ,  per  ora  almeno  non  ricono- 
scono quasi  alcun  pregio  gli  Asiatici,  schiavi  più  che  altri 
delle  antiche  abitudini  e  delle  usanze  avite,  segnatamente  i 
Chinesi  e  i  Giapponesi.  In  siffatta  mancanza  di  regola  deter- 
minata e  certa  per  la  stima  dei  valori  fra  quei  paesi  e  i 
nostri,  forse  meno  male  di  ogni  altra  cosa  vi  si  prestano  le 
monete  d*oro  e  d'argento  pel  più  facile  trasporlo  e  il  più 
difficile  logoramento,  e  per  le  molteplici  comunicazioni,  age- 
volate in  guisa  roaravigliosa  dalla  civiltà  moderna.  Sebbene, 
a  che  inoltrarci  in  questa  discussione?  Qualunque  sia  la 
proporzione  dei  valori  fra  paesi  tanto  lontani,  pel  commer- 
eie  che  importa  ?  Non  basta  forse  al  negoziante  il  conosce» 
re  quella  proporzione  in  Europa?  Mandi  egli  o  mercanzie 
o  contante  alla  China,  purché  possa  calcolare  ciò  che  val- 
gono neiruna  parte  e  nell*  altra,  e  le  spese  coi  loro  com- 
pensi e  i  guadagni  dell' industria ,  non  si  dà  veruna  briga 
del  resto  :  perocché ,  colla  sua  moneta  che  vai  più  fra  i 
Chinesi ,  comprerà  il  thè  e  la  porcellana  a  buon  mercato , 
ed  a  più  caro  costo  li  rivenderà  in  Europa  :  e  se  le  di  lui 
merci  pel  caro  dei  metalli  nobili  cosleran  meno  nell'alta 
k^ù ,  col  denaro  cavatone  saprà  riuscire  a  buon  fine  ne' 
proprj  interessi ,  altre  derrate  a  buon  mercato  acquistando 
ed  a  ntaggior  prezzo  vendendole  là  dove  si  trovi  più  basso 
•  il  valor  dell'oro  e  dell'argento:  sicché  quel  volere  propor- 
zionare t  valori  fra  i  due  lontani  paesi  altro  non  sarebbe 
pel  mercante  che  una  mera  speculazione  teoretica,  di  cut 
non  fa  capitale  chi  va  trafficando  pel  mondo. 

Professore  Àiidrea  ZamMlL 


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438 

Wéì  wMÈeimdm  storleo  wàmWÈe  tMemmm  ni^rall^  e  émUm 
•o»  piifc  reeente  ApplleAml^iie  «ircc^B^iiila  pe- 
Utieai  Memoria  del  consigliere  WÈAMMA99JIlWLìR  P#* 

U,  letta  all'I.  R.  Istituto  delle  scienze^  lettere  ed  arti 
di  Lombardia  nella  seduta  del  20  febbrajo  4859  (4). 


Oggetto  della  Memoria. 


N. 


lot  abbiamo  sino  dallo  scorso  anno  ampiamente  disdusa 
la  dottrina  del  cosi  detto  metodo  storico  applicato  alle  scien- 
ze economiche,  che  Tillustre  Volowsky  in  buona  fede  cre- 
dette una  invenzione  delid  scuola  germanica  (2).  la  una 
serie  di  articoli  noi  procurammo  di  far  conoscere  come  la 
scienza  economica  trattata  col  cosi  detto  metodo  storico  noe 
faceva  gii  un  passo  progressivo,  ma  regressivo.  A  conforto 
delle  buone  dottrine  italiane  è  ora  sceso  in  campo  un  va* 
loroso  campione  nel  benemerito  professore  Poli  che  in  una 
dotta  e  coscienziosa  Memoria  stata  con  pubblico  applauso 
letta  non  ha  guari  ali*  Istituto  lombardo  ha  voluto  trattare 
quest'ardua  questione  sotto  punti  di  veduta  veramente  ma- 
gistrali, e  diremo  in  molte  parti  anche  nuovi.  Egli  si  ae- 
einse  a  dimostrare  in  una  prima  Memoria  la  fallacia  ed  i 
perniciosi  effetti  dell'applicazione  del  metodo  storico  alle 
scienze  morali  e  principalmente  alla  filosoBa,  al  diritto  ed 
alla  politica.  Promise  poi  di  trattare  in  altra  successiva  Me- 
moria con  quale  infelice  avvedimento  siasi  lo  stesso  metodo 
applicato  alla  pubblica  economia ,  riservandosi  a  far  cono- 
fi)  Questa  Memoria  venne  pubblicata  nel  voi.  Vili,  fase.  I.*, 
delle  Memorie  dell'  I.  H.  Istituto  lombardo.  Milano  4859,  dalla 
tipografia  Bernarcioni. 

(3)  Vedi  negli    annali  di  statistica ,    i  fascìcoli  di  febbrajo , 
marzo  e  giugno  ì8j8. 


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429 
seere  il  vero  e  proprio  metodo  delle  seieose  morali  per  ve- 
nire alla  Goale  coDclusione  che  seoxa  lume  di  filosofia  non 
si  può  mai  pigliare  speranza  di  lieto  fine  in  qualsivoglia 
scienza  o  disciplina. 

Noi  crediamo  di  far  cosa  grata  ai  nostri  lettori  riprodu- 
cendo i  più  importanti  squarci  di  questa  dotta  Memoria  per 
mostrare  come  da  noi  sappiasi  conservare  quel  caratteristico 
tipo  della  scienza  iuliana  che  il  Romagnosi  soleva  dire  prov- 
videnziale. 

!!• 

//  metodo  storico  applicato  alle  idenze  morali. 

L'autore  premette  innanzi  tutto  una  filosofica  definizione 
del  metodo,  ed  accenna  in  che  veramente  consiste  il  cosi 
detto  metodo  storico,  il  quale  non  è  in  sostanza  che  l'ap- 
plicazione dell'esperienza  storica,  o  dei  fatti  passati,  per  lu- 
me delle  cosi  dette  scienze  morali. 

«  11  metodo  (continua  l'autore),  quale normiM) regola 
air  investigare  ed  al  conosyre,  è  l' organo  o  strumento  che 
adopera  la  mente  ad  apprendere  le  cose  e  le  loro  relazio* 
ni.  Il  metodo  pertanto  dev'  essere  tale  da  mettere  in  giusta 
corrispondenza  e  comunicazione  la  mente  con  quel  dato  og- 
getto cui  essa  s'aOigge  per  contemplarlo  e  per  conoscerlo  ; 
senza  di  che>  o  non  ci  ha  scienza ,  od  ima  scienza  inade- 
quata ed  imperfetta,  che  non  può  mai  aggiustarsi  a  verità 
ed  a  certezza.  Ora ,  quale  corrispondenza  e  comunicazione 
d  può  essere  mai  tra  le  scienze  morali,  che  dal  nome  stes- 
so sono  r  opposto  delle  fisiche  e  perciò  del  tutto  astratte  e 
razionali,  ed  il  metodo  storico,  al  tutto  empirico  e  speri-, 
mentale?  A  quello  occorrono  la  ragione  ed  i  suoi  pensa- 
menti interiori  ;  a  questo  i  sensi  interposti  tra  la  ragione  e 
gli  oggetti  esteriori.  Oltrecciò  le  scienze  morali  constano  di 
idee  che  trascendono  i  fatti  e  l' esperienza  ;  ed  il  metodo 

AiBiAu.  statistica,  voL  XXllf  urie  3.  9 


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130 

storico,  non  somministra  che  fatti ,  dentro  la  eercliia  del* 
r  esperienza  medesima.  Le  scienze  morali  hanno  per  ogget- 
to l'uomo  interiore,  ossia  considerato  nella  sua  ragione  e 
nella  sua  libertà,  e  nelle  azioni  che  ne  dipendono;  ed  il 
metodo  storico  non  addita  che  il  modo  ond'  egli  opera  ester- 
namente, si  colle  une  che  colle  altre.  Le  scienze  morali  si 
piantano  sopra  principi  e  verità  assolute,  e  perciò  neeessa* 
rie  ed  universali,  mentre  il  metodo  storico  non  coglie  che 
il  contingente  ed  il  variabile  del  mondo  morale.  Le  meo- 
te  morali  determinano  il  bene  ed  il  male,  il  giusto  e  T  io- 
giusto  ;  ed  il  metodo  storico  non  ci  offre  che  lo  spettacolo 
di  tutti  e  due,  sempre  conAisi  insieme.  Le  scienze  morali 
ci  istruiscono  di  ciò  che  deve  essere,  ed  il  metodo  storico, 
di  quello  che  fu.  Le  scienze  morali,  siccome  un  complesso 
o  sistema  di  principj  o,di  verità  assolute,  non  hanno  {ter- 
mine 0  limite  nello  spazio  e  nel  tempo;  ed  il  metodo  sto- 
rico soggiace  necessariamente  a  questo  ed  a  quello.  Il  me- 
todo storico,  come  fonte  di  scienza,  si  fonda  sui  principj  di 
causalità  e  di  analogia ,  onde  1'  aspettazione  dei  casi  simili  ; 
ma  le  scienze  morali  non  ricoioscono  in  questi  principj  se 
non  eause  comuni  tanto  del  bene  e  del  male  morale,  quan- 
to di  tutti  i  fenomeni  anche  del  mondo  fisico.  Per  ultimo, 
quali  e  quante  assurdità  non  dovrebbero  inferirsi  siccome 
legittime  conseguenze  dall*  ammettere  il  metodo  storico  qual 
bMc  0  fondamento  del  vero  e  del  certo  nelle  scienze  roo* 
rali?  La  prima  di  queste  assurdità  sarebbe  quella  di  rite- 
nere le  scienze  morali  non  più  certe  ed  assolute,  ma  var»- 
bili  e  contingenti  come  la  stessa  storia,  e  quindi  varìabiii 
e  contingenti  le  nostre  idee  ed  i  nostri  giudizii  sul  bene  e 
sul  male  morale,  e  sulF essenziale  differenza  tra  ruDo  e 
l'altro.  La  seconda,  di  ridurre  i  loro  principj  incrollabili 
ed  assoluti  a  semplici  massime  o  regole  di  prudenza  e  di 
pratica  condotta  che  ogni  individuo  può  dedurre  dalla  co- 
noscenza del  passato  o  dalla  propria  esperienza.  La  terza 
ed  ultima,  di  precipitare  le  scienze  morali,  tra  i  dubbi  e 


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181 

le  contraddizioni  al  fondo  dello  scetticismo,  mentre  le  bro 
dottrine  sono  il  sostegno  più  solido  dell'umana  società,  i 
dettami  e  le  convinzioni  del  senso  comune.  Che  se  le  scien- 
ze fisiche  e  naturali  possono  andare  a  fidanza  sul  metodo 
storico ,  siccome  vanno  suir  empirico ,  noi  possono  ugual- 
mente  le  morali.  Le  scienze  fisiche  o  natoralì  non  istudia- 
Bo  che  Tatti  o  Tenomeni ,  ned  è  da  loro ,  anzi  per  loro  è 
superfluo  il  ricercarne  V  essenza  e  la  più  intima  cagione,  in 
qoanto  che  questi  fatti  o  fenomeni  sono  per  $ò  stessi  già 
perfetti  e  compiuti,  perchè  sempre  conformi  alle  leggi  im- 
BMitabili  della  natura,  sicché  il  loro  sapere  non  progredisoe 
ehe  suir  immensa  scala  di  questi  fotti  o  fenomeni ,  o  colla 
loro  più  accurata  analisi  per  via  di  sperimenti,  o  colle  loro 
novità  mediante  scoperte  ed  invenzioni,  frutti  di  una  più 
esatta  osservazione,  o  col  sottoporli  nella  loro  immensa 
varietà  ad  un  principio  <H>mune,  o  col  significarli  e  tradurli 
nelle  formolo  più  precise  della  matematica,  che  valgono  ad 
imprimerli  del  carattere  di  vere  leggi.  Le  scienze  morali , 
•ir  incontro,  non  potendo  né  dovendo  arrestarsi  ai  puri  fatti 
0  fenomeni,  siccome  sono  nella  loro  manifestazione  tutte  le 
mnane  azioni ,  le  quali  possono  convenire  o  disconvenire 
eolle  leggi  della  naturai,  per  essere  variabili  quanto  lo  è 
l'umano  arbitrio  che  le  produce,  non  valgono,  come  le  fi- 
siche 0  naturali,  ad  appropriarsi  il  metodo  storico  qual  fonte 
del  vero  e  del  certo ,  in  relazione  ai  fenomeni  medesimi , 
senta  fallire  alla  meta,  e  senza  traviare  e  perdersi  nell'  er- 
rore. Finalmente  gli  è  tanto  vero  che  eoi  metodo  storico 
non  possonc^  reggere  e  governarsi  le  scienze  morali,  che  la 
storia  stessa,  in  quanto  vuol  essere  luce  di  verità  e  mastra 
della  vita,  deve  invocare  i  dogmi  della  psicologia,  della  mo- 
rale, della  politica,  e  di  tutte  le  altre  scienze  che  servono 
a  legìuime  deduzioni  dal  passato;  e  quando  essa,  o  trop- 
po speranzosa  o  troppo  ardita^  pretese  di  attingere  verità  e 
sapienza  alle  narrazioni  del  puro  fatto,  o  del  solo  positivo, 
non  potè  a  meno  di  non  rompere  allo  scoglio  dvX  fuialisuiu 


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433 

•iorìco  I  assai  acutamente  iotravveduto  e  spiegato  dair  illu- 
stre autore  della  Storta  Mia  Colonna  infame^  parlaodo  del 
processo  degli  untori  e  dedotto  da  chiunque  si  faccia  a  leg- 
gere imparzialmente  la  celebrata  storia  della  rivoluzione 
francese  di  Tbiers  ». 

Dopo  questa  lucida  esposizione  l'autore  passa  a  mostra* 
re  come  le  scienze  morali  siano  vere  scienze  nel  senso  più 
rigoroso  della  parola.  Vittoriosa  è  la  dimostrazione  che  egli 
ne  fa,  e  rende  con  ciò  sempre  più  evidente  1*  assioma  che 
gli  studii  morali  possono  bensì  giovarsi  dei  fatti  speri- 
mentalit  come  di  prove  estrìnseche  della  verità ,  ma  non 
sono  i  fatti  quelli  che  costituiscono  per  sé  stessi  le  verilà 
morali  che  hanno  un  fondamento  tutto  intrinseco  e  loro 
proprio* 

III. 
Il, metodo  itorieo  applicato  alla  filosofia  ed  al  diritto. 

m  Ma  se  vuoisi  (  prosegue  V  A.  )  conoscere  ancora  più 
in  aperto  V  inettitudine  ed  il  mal  uso  del  metodo  storico 
nelle  scienze  morali,  veggasi  la  sua  applicazione  alla  filoso*» 
fia,  al  diritto  ed  alla  politica*  Nella  filosofia  si  possono  con* 
ure  ornai  tre  grandi  applicazioni  di  questo  metodo  :  la  pri- 
ma si  è  quella  che  ne  fece  1*  immortale  Vico  nella  Scienza 
Nuova  ;  la  seconda  il  Cousin  col  suo  ecletticismo,  e  la  terza 
recentissima  Augusto  Gomte  nella  sua  Filosofia  positiva,  ed 
il  Buckle  nella  sua  Storia  della  dfHltà  in  Inghilterra,  lì 
Vico,  movendo  dal  principio,  che  il  vero  metodo  nelle  eoie 
civili  è  quello  che  contempla  e  crea,  e  che  la  storia  dino« 
ta  il  corso  di  tutte  le  cose  fino  dai  primordj  dell*  umana 
ragione,  s'innalzò  al  concepimento  della  sua  storia  ideale 
eterna,  per  la  quale  il  mondo  civile  o  delle  nazioni,  sorve* 
gliato  e  diretto  sempre  dalla  Provvidenza  come  sua  creatrice 
e  dispositrice,  e  dal  senso  comune  e  dalle  comuni  necessi- 
tà ed  utilità,  si  volge  e  rivolge,  e  sempre  ritorna  in  sé  stesso 


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488 

io  tre  cieli  similari^  ossia  delle  tre  età  degli  dei,  degli  eroi^ 
e  degli  uomini,  le  quali  formadOi  non  che  il  corso  trino  e 
similare,  eterno  e  perenne  di  tutte  le  nazioni,  ma  benanco 
il  ricorso  dai  primi  tempi  barbari  ai  tempi  stessi  barbari 
ritornanti  e  riprodotti ,  conchiudendo  ^  che  questo  corso  e 
ricorso  delle  nazioni,  per  una  costante  uniformiti  e  per  un 
ordine  giammai  interrotto  di  cagioni  e  di  effetti,  esse  deb- 
bono serbare  tutte  ;  sicché  la  storia  ideale  eterna  non  è 
propria  solo  dei  Greci  e  de*  Romani,  o  la  storia  particolare 
di  queste  due  nazioni ,  ma  la  storia  comune  ed  universale 
e  perciò  ideale,  su  cui,  qual  legge  eterna,  debbono  correre 
tutte  le  nazioni  ne'  loro  sòrgimenti,  suti  e  fini,  se  dall'  eter^ 
Diià  de'  tempi  potessero  nascere  mai  mondi  infiniti,  il  Gou^ 
sin,  riconoscendo  che  la  filosofia  è  un  bisogno  ed  un  pro^ 
dotto  necessario  dello  spir'^to  dell'  uomo,  1'  elemento  costi- 
tutivo della  coscienza  del  genere  umano,  e  la  forma  più 
elevata  del  pensiero,  afferma  eh'  essa  abbia  la  sua  esistenza 
isterica  nell'  Oriente,  nella  Grecia  ed  in  Roma,  come  pure 
ne'  sistemi  già  noti  dei  grandi  filosofi  quali  rappresentatori 
delle  varie  epoche  dell'  umanità,  e  perciò  associando ,  anzi 
fondendo  egli  la  sua  filosofia  eclettica  colla  sua  storia  ^  ne 
ricava  tre  elementi  o  tre  epoche  :  la  prima,  dell'  ispirazione 
0  dell'  infinito  ;  la  seconda,  della  riflessiooe  nascente  o  del- 
l'aurora  della  ragione,  che  separa  il  Jfe  dal  non  Jfe,  ov- 
vero  del  tfnito  ;  e  la  terza  ed  ultima,  della  riflessione  com- 
piuta, 0  del  rapporto  tra  il  finito  e  V  infinito.  E  queste  tre 
epoche,  per  suo  avviso,  non  sono  elementi  della  storia  ma 
dell'  umanità»  si  seguitano  sempre  nell'  ordine  anzidetto ,  e 
s'aggirano  sempre  sui  quauro  grandi  sistemi  del  sensismo 
dell'  idealismo ,  dello  scetticismo  e  del  misticismo,  formando 
cosi  una  specie  di  ciclo  isterico-filosofico  pel  quale  un'  epo- 
ca serve  di  germe  o  di  preparamento  all'  altra ,  infino  a 
tanto  che  l' ultima  diventi  il  prodotto  delle  prime,  siccome 
lo  dimostra  la  storia  della  filosofia  orientale  e  delle  scuole 
greche  per  inaino  a'  tempi  nostri.  Augusto  GomtCì  nella  sua 


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484 

Filosofia  poiiHva^  fondata  tutta  suH*  ossenrazione  dei  fclti  o 
della  storia,  credette  d' avere  scoperta  la  gran  legge  filoso- 
fica della  successione  costante  dei  tre  stati  della  ìntellìgenn 
umana  e  della  società:  il  primo    ieologieo^  cioè  quello  in 
cui   trionfa   il  sopranaturalismo;  il  secondo  dì   tramizione 
0  metafisico ,  in  cui   domina  |tl   naturalismo  ;  ed   il   terzo 
seientifieo  o  posiiipOf  nel  quale  la  mente  riduce  tutti  i  fe- 
nomeni indistintamente  a  leggi  naturali   ed  inyarìabili   od 
minor  numero,  ed  escluse  come  significanti  le  cagioni.  Pi* 
naimente  il  Buckle,  nella  recentissima  sua  Storia  della  d- 
viltà  inghiif  ispirandosi,  al  dire  di  Remusat,  se  non  ai  prin- 
cipj,  allo  spirito  della  dottrina  dello  stesso  Augusto  Corate» 
suppone  che  i  fatti  della  storia  possano  ridursi,  come  quelli 
d*ogni  altra  scienza  a  leggi  generali  ;  e  siccome  la  ihaterìt 
della  storia  si  compone  tutta  dello  spìrito  umano  e  delle 
sue  leggi,  e  della  natura  e  delle  sue  leggi; cosi  cogliendo- 
vi ciò  che  v'  ha  di  costante  e  dì  regolare  nella  iBucceasiooe 
dei  fatti  ben  avverati  colla  statistica  ed  a  forma  matematica 
viene  a  capo  di  questi  principj  o  leggi  filosofiche:  I**  che 
r  umanità  ingrandisce  in  ragione  inversa  delle  cause  fisiche 
o  delh  natura,  pel  predominio  della  scienza  e  ricchezza  in- 
tellettuale sulla  natura  medesima  ;  S.*  che  V  umana   civiltà 
non  è  altro  che  la  crescente  vittoria  delle  Icf^  della  mente 
e  dello  spirito  su  quelle  della  natura;  8/  ebe   in  mezzo 
alla  continua  varice  e  mobilità  tra  le  nozioni  intellettuali  e 
le  morali,  il  vero  progresso  o  la  civiltà  si  verifica  dal  lato 
delle  intellettuali  o  dell*  intelligenza,  perchè  queste  sempre 
ai  aeeumulano  e  rimangono,  e  quelle  sempre  si  movono  e 
dispariscono ,  e  perehè  il  bene  ehe  si  fa  ^  trapassa  e  si  di- 
sperde, mentre  il  vero  che  si  ritrova,  sussiste  etemamenie  ; 
4.*  che  la  totalità  delle  azioni  umane  è  sempre   diretta    e 
governata  dalla  totalità  delle  idee  o  cognizioni  umane ,  onde 
le  leggi  deir  incivilimento  d*  una  data  nazione  saranno  sem- 
pre le  leggi  intellettuali  dell'umanità,  purché  lo   sviluppo 
o  genio  di  questa  nasione  sia  originale,  né  venga  modifica- 


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435 
lo  da  aliene  eircofttanze  o  cagioni  ;  5.*  che  la  gloria  4ella 
cifiltà  altro  non  è  in  fondo  che  la  gloria  dello  spirito  uma- 
BO,  e  la  storia  dello  spirito  umano  quella  della  sua  scienza 
leueraria  e  filosofica;  6.*  che  infine  questa  scienza  dello 
spirito  umano  e  della  ciyiltk  e  delle  sue  leggi,  d^otta  col 
metodo  storico,  è  ben  diversa  dalla  filosofia  dello  spirito 
umano  dei  psicologi  e  dei  metafisiet,  in  quanto  essi  la  at- 
tirano dalla  semplice  osservazione  dello  spirito  sovra  sé  stesso, 
mentre  colla  storia  scaturisce  dallo  studio  dei  fenomeni  del- 
l'anima  nelle  azioni  di  tutta  la  specie  umana  in  massa, 
•fuggendo  cosi  ai  pregiudizj  ed  alle  illusioni  ddla  propria 
eoscienza  o  dell*  inidividuo,  e  servendo  m^lio  alla  severità 
del  metodo  dell*  induzione.  A  questi  saggi  d'  applicazione 
del  metodo  storico  alla  filosofia  potrei  aggiungerne  molC  aU 
tri,  tolti  alla  filosofia  della  storia  dei  progressisti,  incomin- 
dando  da  Saint-Simon  e  da  Buishez,  e  discendendo  sino  a 
Gervìnus;  ma  siccome  in  tutti  questi  scrittori,  eccetto  la 
varietk  delle  loro  dottrine,  scorgesi  comune  il  metodo  sto- 
rico con  quelli  sopramenzionati,  in  quanto  tutti  s' accordano 
io  derivare  la  teorica  delle  epoche  critiche  ed  organiche 
come  leggi  costanti  della  umanità  o  della  filosofia  dalla  pura 
storia  ;  cosi  mi  ristringo  a  considerare  la  riuscita,  di  un  co- 
tal  metodo  nei  primi  e  non  negli  ultimi ,  anche  come  su* 
perflui  all'uopo  (4). 

(I)  V.  Principi  di  una  Scienza  nuoìm  ft  intorno  ailà  comu- 
ne natura  d$Ue  nazioni^  di  Glan^Battista  Vico.  Opere,  voi.  IV.  Mi- 
iaao,  4836,  presso  la  Società  de'  Classici  lUllani.  —  Mamuik 
Mia  Storia  detta  Fttoeofia,  di  G.  Tennemano  co'  suppleoMati  di 
Giaodsmeoieo  Ronagnesi  e  Baldassare  Poli.  Voi.  Ili,  Htlano,  1836, 
SoppUmeoto  IH  :  Filosofi  francesL  —  ffietoire  de  ta  philoeophie 
OH  dixhuitifme  eUete  par  le  eh.  V.  Consio,  tom.  l  Paris,  i829. 
Mcfme  dee  deux  mondee,  tom.  18,  1.  novem.,  Paris,  1858.  — 
De  ta  civitieation  moderne.  Articolo  di  M.  Charles  de  Rémosat 
ioli' opera  Htstory  of  a^itisation  in  Engtand,  by  n.  G.  Bucale, 
vd.  I.  LondoD,  1857. 


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436 

E  venendo  innanzi  tratto  al  Vico,  nome  elte  tanto  onora 
e  rìnrama  V  italiana  sapienza ,  non  può  negarsi  ehe  la  sua 
storia  ideale,  dedotta  dalla  sola  storia  del  mondo  greco  e 
romano,  non  vada  trampolando  qua  e  là  sopra  un  edifizio 
che  minaccia  la  libertà  umana  ;  che  colla  dottrina  del  corso 
e  ricorso  delle  tre  età  in  un  ciclo  similare  e  perpetuo  an- 
che per  le  nazioni  venture,  non  si  rigetti  la  legge  di  pro- 
gresso e  d'incivilimento  continuo  ed  attivo,  sebbene  finito 
delP  umanità ,  per  confinarlo  in  quello  del  solo  indivìduo  ; 
che  non  si  trasmuti  il  medio  èva,  come  epoca  di  avanza- 
mento o  di  progresso  per  Y  età  moderna,  in  un'  epoca  di 
barbarie  ricorrente  e  sempre  rediviva  ;  e  che  aprendosi  eoa 
essa  una  fonte  originale  ed  inesausta  di  grandi  veri  per  la 
storia  del  diritto  romano  e  per  la  filologia,  non  veggasi  al- 
tresì difiuso  quello  spirito  di  imitazione  che  fii  trasfumare 
le  stesse  sue  scoperte  attraverso  le  tenebre  dell'  esagerazio- 
ne e  dell'errore.  Né  può  dirsi  altramente  della  filosofia 
storica  od  eclettica,  ritratta  dai  sistemi  dei  più  grandi  filo* 
sofi  nelle  opere  del  Cousin,  mentre  se  la  filosofia  già  esiste 
in  questi  stessi  sistemi ,  è  vano  il  cercarla  od  il  riferla  ;  e 
mentre  la  storia  stessa  delle  più  antiche  teogonie,  invece 
di  confermare  le  tre  epoche  del  Ut  e  del  non  Me  e  del 
loro  rapporto,  apertamente  le  inverte  o  le  rimove.  Né  si 
avvantaggia  od  immeglia  il  metodo  storico  nella  filosofia 
positiva  del  Comte,  il  quale  assegna  come  legge  fissa  ed 
etema  si  all'  intelligenza  che  all'  umana  società  quella  dei 
tre  stati  I  teologico ,  metafisico ,  e  positivo  in  quest'  ordine 
stesso  costante  e  progressivo,  quando  la  storia,  e  più  anco* 
ra  la  vera  scienza  psicologica,  ce  li  addita  come  tutti  etra 
contemporanei  ;  ovvero  in  un  ordine  sempre  variabile  ed 
inverso,  quando  è  un  sogno  che  il  sapere  e  l' incivilimeoto 
umano  siano  al  colmo  della  perfezione  nella  pura  scienza 
di  tutti  i  fatti  0  fenomeni,  a  foggia  del  mondo  materiale  » 
quando  la  sua  filosofia,  rigettando  ogni  idea  o  deduzione 
di  metafisica,  tarpa  le  ali  all'  umano  ingegno  coli'  interchiu- 


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137 
dergli  qualsiasi  ricerca  delle  caose  e  dei  fini,  e  quando  rap- 
piccinisce tutta  la  filosofia,  da  si  ^grande  com*è,  ad  una 
scienza  statica  e  dinamica  dell*  anima  uniana,  che  punto  non 
diflaomi^lia  dalla  scienza  fisica  o  della  materia.  Per  ultimo 
la  storia  deli'  incivilimento  del  Buckle ,  mentre  tocca  agli 
stessi  errori  della  filosofia  positiva  del  Conite,  quale  sua 
precorritrice,  ha  di  suo  proprio  la  somma  difficoltà  di  ap- 
purare e  sgranare  i  fenomeni  e  le  leggi  intellettuali  e  mo- 
rali  da  tutto  l'ingombro  del  clima,  dei  costumi  e  del  go- 
Temo,  e  degli  altri  oggetti  che  s'accumulano  e  si  sovrap- 
pongono nello  stato  concreto  d' una  nazione  ;  di  mettere  al 
disopra  della  moraliìà  la  scienza,  e  di  stabilire  come  tipo  e 
eriterio  dell'  umano  incivilimentc  la  sola  massa  delle  idee  e 
dei  lavori  letterarj  e  scientifici.  E  prescindendo  anche  da 
tutto  questo,  chi  potrebbe  mai  consentirgli,  a  rigore  filoso- 
fico, che  l'um^a  civiltà  progredisca  in  fatto  nella  ragione 
inversa  delle  cause  fisiche;  o  che  si  possa  formolare  una 
vera  scienza  teorica  dogmatica  dello  spirito  umano  dietro 
alla  sola  scorta  delle  sue  manifestazioni,  nella  storia?  Né 
per  tali  appunti  io  intendo  già  di  impugnare  queste  mani- 
festazioni ;  ovvero  le  leggi  generali  le  quali  conserva  lo  spi- 
rito umano  medesimo;  ma  si  bene  di  affermare  soltanto, 
ma  con  tutta  asservanza,  che  l'osservazione  anche  la  più 
severa  ed  esatta  di  codeste  manifestazioni  non  ò ,  né  sarà 
mai  da  tanto  da  ricostituire  tutta  la  scienza  della  filosofia, 
sia  perchè  la  sola  conoscenza  dei  fatti  non  vale  come  scien- 
za nemmeno  nella  fisica,  sia  perchè  la  filosofia  è  scienza 
più  di  priocipj  che  di  fatti ,  ed  i  principj  che  in  ogni  caso 
soprastaano  alla  storia  ed  a  qualunque  loro  esperienza.  Per 
altra  parte,  né  più  felici  né  più  proficue  si  mostrano  di  que- 
ste nella  filosofia  le  prove  dell'  applicazione  del  metodo  sto- 
rico alle  scienze  del  diritto  e  della  politica. 

>'È  inutile  ch'io  qui  m'iptertenga  a  narrare  il  nascimen- 
to ,  le  vicissitudini  ed  i  tanti  lavori  onde  si  rendette  cosi 
benemerita  la  scuola  storica  del  diritto,  nata  e  cresciuta  io 


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198 

Germania,  rimettendo  il  lettore  pet  tali  notixie  ai  Saggi  di 
scienza  pottiieo4igaie  da  me  pubblicati  in  Milane  sino  dil- 
Tanno  1841  (l)i  e  reputando  più  aeoonoio  inteee  di  rin*- 
Tangare  ad  nn  tratto  e  più  dappresso  i  prìncipi  di   <|iiesta 
scuola;  aecioccbè  tocchisi  con  mano  quanto  il  metodo  stori- 
eo  sia  lungi  dal  fare  senrigio  anco  albi  scieosa  del   diritto. 
Il  Sarigny  di  Berlino,  fondatore  ed  antesignano  di  *  questa 
scuola,  proclamando  il  principio,  che  il  diritto  non  è  altra- 
mente una  libera  creazione  del  legislatore,  nui  si  bene  un 
naturale  prodotto,  ed  il  successivo  sTolgimento  dei  costumi 
dei  bisogni,  e  di  tutto  ciò  che  v'  ha  di  esteriore  e  di  iodi- 
viduale  in  un  popolo,  ne  dedusse  essere  desso  un  oggetto 
di  competenta  storica,  un  fatto  nel  presente  intimamente 
congiunto  col  passato,  la  idea  o  la  verità  dello  stesso  dirit- 
to intrinsecata  colla  sua  viui,  e  trasfusa  ne'  codici  o   nella 
legge.  Quindi  incuorandosi  più  che  mai   i  suoi  s^;oaci   a 
raccogliere  i  rottami  del  diritto  papiriano  od  antìgiustioiano, 
a  rovistare  negli  archivj  e  nelle  biblioteche  per  sincerarvi  i 
testi  più  autentici  e  più  corretti,  a  produrre  un  nuovo  cor- 
so di  diritto  romano  più  compiuto,  di  cui  egli  stesso  è  l'au» 
toro,  a  fame  il  raffronto  nel  diritto  comparativo  coi  eodici 
del  medio  evo  ed  anche  moderni,  in  un   eolla  oognizione 
di  tutte  le  istituzioni  politiche  e  religiose  che  vi  si   riferi- 
scono, si  pervenne  alla  conclusione,  che  in  tal  modo  solunto 
o  dopo  tutto  questo  arrabbattarsi  della  filologia  e  dell*  ese- 
gesi legale  intorno  ai  codici  ed  alle  leggi  già  esistenti,  sa- 
rebbe venuto  il  momento  d'un  nuovo  codice   nationale, 
consentaneo  all'indole  e  alle  condizioni  del  proprio  paese, 
ed  al  compimento  di  quelk  santa  alleanza  die  deve  sussi- 


(I)  V.  Saggi  di  scienza  politica-legale^  de!  dottor  Baldassare 
PoH,  ecc.  Voi.  unico,  Milano,  1841,  presso  Perdli  e  Mariani,  edi- 
tori, pag.  43.  Saggio  I.  «  Della  riforma  della  Giurispradenia  come 
scieota  del  diritto.  • 


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189 

scere  tre  le  idee  giuridiche  della  storia  e  quelle  della  pratica 
gtarisprudenza^  ossia  della  loro  applicazione.  Sicché  per  tali 
principi,  aocolti  con  plauso  ed  entusiasmo  anche  patriottico 
dai  dotti  della  'Germania ,  vi  sorse  e  propagossi  grande  e 
rumarosa  la  scuola  storica  del  diritto ,  la  cui  ultima  glori* 
fieazione  si  fu  queUa  dell'  insegnamento  del  diritto  romano 
come  eminentemente  storico,  io  tutte  le  Uniyersith  aleman- 
ne. Ma  per  quanto  Mano  belli  ed  ingegnosi  questi  trovati 
della  scuola  storica,  per  quanto  fruttifere  a  certi  riguardi  le 
me  opere,  e  desiderabili  i  suoi  trionfi,  ognuno  deve  con- 
venire che,  compeoetrandosi  siffattamente  il  diritto  colla  sua 
storia ,  si  viene  a  distruggere  ed^  a  porre  in  dubbio  la  sua 
idea  siccome  un  prodotto  immediato  della  ragione  ;  che  si 
confonde  e  si  scambia  la  slessa  idea  del  diritto  colle  sue 
Monche  apparizioni;  che  il  diritto  ridotto  a  storia  deve  va- 
riare come  la  storia  stessa,  onde  tanti  diritti  quante  le  sto- 
rie e  quanti  i  popoli.  Al  che  apertamente  contrasta  V  esem- 
pio del  diritto  romano ,  che ,  dopo  tanti  secoli ,  forma  la 
pietra  angolare  di  tutti  i  codici  del  mondo,  ed  è  tuttor 
venerato  come  vera  ragione  scritta ,  siccome  il  gran  libro 
del  jos  di  natura.  Si  arroge  inoltre  che,  per  giudicare  delh 
vita  0  delle  apparizioni  storiche  del  diritto  nel  mondo  delle 
nazioni,  bisogna  uscire  dai  cancelli  della  storia ,  e  presup- 
porre un  diritto  anteriore  o  della  ragione,  indipendente  da 
qodla;  ehe  altro  è  la  idea  di  questo  diritto  anteriore  o 
razionale,  la  quale  cammina  maestosa  ed  inflessibile  col 
tempo  e  colle  generazioni,  ed  altro  la  varia  sua  applicazio- 
ne e  le  sue  accidentalità  nei  codici  dei  legislatori  e  w\ 
eostomi  delle  nazioni  ;  che  in  fine,  se  è  assurdo  o  perieon 
Iosa  il  far  credere  che  il  diritto  stiasi  lutto  nella  legge  oi 
nei  codici,  e  per  ciò  nella  volontà  del  legislatore,  non  lo  è 
meno  V  affermare  che  il  diritto  si  generi  e  ai  svolga  a  po- 
co a  poco  nella  vita  e  nelle  istorie  delle  medesime  ;  poi- 
ché, se  nel  primo  oaso  ai  slbgge  ali* arbitrio  d'un  solo,  nel 
secondo  si  cade  in  quello  dei  molti^  e  poiché  se  il  diritto 


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dipende  dallA  sole  eondiiiool  istoriche  di  ogni  popolo,  es9o 
non  si  compie  né  si  avvera  che  tardi  ^  non  è  più  la  voce 
od  il  comando  della  natura,  ma  un'  idea  ed  una  emanaùo- 
ne  deir  uomo  e  della  sua  antiveggensa  poliUfca.  Per  le  quali 
cose  parmi  abbastanza  chiarito  come  il  nrelodo  storico  aia 
impossente  per  sé  a  farne  dedurre  anco  la  sciema  del  di- 
ritto, dovendosi  per  altra  parte  gratificare  fin  d'ora  al  mi- 
glior indirizao  che  piglia  tra  noi,  e  per  gli  scritti  anche 
d' un  nostro  collega,  la  storia  del  diritto,  in  quanto  con  casa 
si  mira  ad  aggrandirne  e  lumeggiarne  la  idea  attraverso  al- 
le sue  tradizioni  storiche  e  nella  coscienza  de'  popoli,  tra 
la  poVertk  de'  monumenti  e  la  caligine  de'  secoli  più  re* 
moti  (4)  ». 

IV. 

//  metodo  storico  appUeato  alla  sdenzd  politica. 

L'autore  dopo  avere  dimostrato  come  il  metodo  alortca 
non  si  attaglia  né  alia  filosofia,  né  al  diritto,  passa  a  dimo- 
strare che  non  è  neppure  applicabile  alle  scienze  politiche, 
e  fa  conoscere  come  questa  applicazione  sia  già  stata  tentata 
con  men  felice  successo  da  due  grandi  ingegni  l' uno  ita- 
liano e  l'altro  francese. 

«  V  applicazione  del  metodo  storico  alla  politica  noi  la 
dobbiamo  principalmente  al  Machiavelli  ne'  Di$cor$i  $ulk 
Deche  di  Tito  Li9ÌQ ,  ed  al  Montesquieu  nell'  opera  solle 
Spirito  delk  leggi.  Il  Machiavelli,  spasimato  della  storia,  in- 
culca come  tanti  precetti  di  politica,  che  v'  ha  un  cerchio 
dei  tre  stati  del  principato,  degli  ottimali  e  del  popolo,  co- 


(i)  Sulla  Società  Latina ,  Memorit  di  Francesco  Kosd,  né 
voi.  VII,  fase.  V.  delle  Memorie  delV  I.  R.  IsHtuto  Lombardo. 
Milano,  i8S8.  —  Storia  della  Legislazione  lialiana,  di  Federica 
Sclopìs.  Voi.  %  Torioo,  1840  i&44,  presso  G.  PombaeO^mpagaL 


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141 

gli  altri  tre  propin(|ai  delia  aDarohia,  della  oligarchia  e  del 
dfspotismoi  nel  quale  devono  girare  e  rigirarsi  infinito  tem- 
po tutte  le  repubbliche,  sull* esempio  di  Sparla,  di  Atene, 
e  di  Roma;  che  non  si  fugge  a  ciascuno  di  questi  siali  o 
modi ,  se  non  eleggendone  uno  che  partecipi  di  lulti ,  .sul 
Tare  di  quello  della  romana  repubblica,  mista  e  perrelt»  ai 
(empi  de*  consoli,  del  senato  e  dei  tribuni  ;  che  gli  uomini 
non  operano  mai  nulla  dì  bene  se  non  per  necessitè  ;  essen- 
do  cosi  avTcnulo  a  Roma  allorché  i  nobili  si  stettero  tran- 
quilli, e  si  portarono  umanamenie  eolla  plebe  finché  vissero 
i  Tarquinj  ;  che  la  fortuna  e  la  malizia  furono  cagioni  del- 
1* imperio  romano,  perchè  dove  è  buona  malixia  conviene 
che  sia  buon  ordine ,  e  coli*  ordine  buona  forluna  ;  che  i 
tumulti  tra  i  nobili  e  la  plebe  non  sono  nocivi,  ma  merita- 
DO  somma  lode,  perchè  furono  la  prima  cagione  di  lenere 
libera  Roma  e  della  creazione  dei  tribuni  ;  che  tulle  le  eose 
ehe  nascono  a  favore  della  religione,  comechò  le  si  giudi- 
cassero false,  i  principi  d*una  repubblica  debbono  favorirle 
ed  accrescerle  ,  siccome  si  fece  coi  soldati  romani  del  lago 
Albano  e  del  icmpfo  di  Giunoqe  airossidioae  ed  al  sao« 
efaeggio  della  città  dei  Vejenti.  E  seguitando  di  tal  passo , 
eonlinua  il  Segretario  fioreniino  ad  impemare  sulla  storia 
romana  i  suoi  principj  politici,  al  punto  di  adombrarci  una 
srìenza  che  sia  norma  al  reggimento  di  tutti  gli  Stali.  —  Il 
Montesquieu,  per  lo  contrario ,  sebbene  grande  inneslaiore 
ancb'egli  della  politica  colla  storia,  dopo  aver  fissato  il  prin* 
eipio  che  ci  sono  leggi  di  oaiura  e  della  ragione  primitiva 
preesistenti  in  uno  stato  dell*  uomo  anteriore  allo  stabili- 
mento delle  umane  società,  viene  insegnando  che  le  leggi 
umane  debbono  essere  il  complesso  dei  casi  particolari  cui 
si  applica  questa  stessa  ragione;  talché  solo  per  caso  può 
darsi  che  le  leggi  di  una  nazione  convengano  ad  un'  altra  ; 
che  in  ogni  forma  di  governo. è  inerente  un  proprio  prin- 
eipio,  il  quale  è  la  viAù  politica  o  l'amore  del  bene  gene* 
mie  nella  democraziai  la  moderazione  neirapislocraiia,  To- 


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nore  nelb  monarchia  ;  ondecbè  le  diverse  leggi  civili  e  pò- 
liiichei  mentre  debbono  mantenere  ed  avvivare  questo  prtn- 
cipiot  sono  altresì  in  necessità  di  eonformarvisi,  siccome  sto- 
ricameote  ei  tenta  di  provarlo  colle  leggi  suntuarie,  col* 
l'uguale  divisione  delle  terre  e  coir  abolizione  della  bmi- 
glia  iu  Isparta,  coi  feudi  e  col  diritto  di  i^rimogenitura  nel' 
oiedio  evo,  colle  soslituziooi,  colla  nobiltà  erediuria  e  eoo 
Ititte  le  sue  prerogative  d* onore  nelle  monarchie.  E  ìataoto 
studiasi  il  Montesquieu  di  dimostrare  ed  illustrare,  colla  sto* 
ria  sempre  tra  mano,  queste  due  dottrine  politiche,  in  quan- 
to, a  sua  detta,  egli  avrebbe  trovato  che  tutti  questi  suoi 
priooipj  pensati  e  ripensati  colla  ragione  e  come  leggi  di 
natura,  pienamente  s'accordano  e  si  compongono- coi  easi 
particolari  additati  dalla  storia.  «Perlochè  è  ovvio ,  che  ,  se 
tanto  il  Machiavelli,  quanto  il  Montesquieu,  convengono  e 
s'assomigliano  od  passionarsi  ambedue  della  storia ,  air  in- 
tento di  assodare  vieppiù  la  scienza  politica,  si  allontanane  e 
e  si  differenziano  però  non  poco  tra  loro  nel  modo  di  ap- 
plicarvi il  suo  metodo,  giacché  mentre  il  Machiavelli  fa  pro- 
eedere  la  politica  immediatamente  dalla  storia,  il  Montes- 
quieu non  vuol  servirsene  che  a  riprova  ed  a  riscontro.  Laon- 
de per  Machiavelli  è  vero  in  politica  tutto  quello  che  ne 
detta  la  storia,  e  per  Montesquieu  è  vero  quello  soluoto 
ohe  ne  insegna  la  ragione,  e  che  è  in  conformità  eziaodia 
eolla  storia  (1).  Per  altro,  tuttoché  sia  cosi  differente  la  ma- 


il) Opere  di  Nicolò  Machiavelli,  V.  III.  lUI.  1819.  Discorso 
sopra  le  Deehs  di,  Tito  Livio.  —  OEuvres  complètes  de  Montes- 
quieu. Paris,  1845.  De  VÈ^rit  des  lois^  Liv.  ìfi ,  3.^  4.^.  — 
Il  Machiavelli,  nel  discorso  sopra  la  I  Deca,  cosi  si  esprime  circa 
alla  novità  del  suo  metodo  :  «  Ho  deliberato  entrare  per  una  via» 
la  quale  non  essendo  stata  per  ancora  da  alcuno  pesta,  mi  potreb- 
l»e  ancora  arrecare  premio.. ..  B  se  P ingegno  povero»  la  poea 
esperieosa  delle  cose  presenti,  la  debole  ootiaia  delle  anticlio  fa- 
ranno questo  mio  conato  difettivo  e  di  non  mqlta  utilità,  daranno 


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Diera  di  applicare  la  sioria  in  questi  due  sommi  alla  scien- 
za politica,  apparisce  però  sempre  ed  evidenlemente  V  abu<» 
so  del  metodo  storieo  si  nelPuno  che  nell'altro,  e  quel 
che  è  più,  la  sua  inegualitk  al  vero  dimostramento  di  que- 
sta scienza. 

•  Primieraroentei  il  Machiavelli  appoggiando  i  suoi  prin« 
eipj  di  politica  in  principalità  alla  storia  romana ,  s' attiene 
per  soverchia  ammirazione  ad  un  solo  esemplare  né  sempre 
(lerfetto,  né  al  tutto  sicuro.  Se  Roma  fu  la  prima  legislatri- 
ce e  la  maestre  di  quella  giurisprudenza  che  illuminò  il 
mondo  ;  se  gloriosa  conquistatrice,  colh  forza  dell'  armi  este- 
se il  suo  dominio  nelle  più  lontane  regioni;  se  rinomata  an- 
che nelle  scienze  e  nelle  arti  edilizie,  offerse  un'  epoca 
grandiosa  di  civiltà  progrediente  nei  destini  dell'umanità, 
noi  non  apprenderemo  per  ciò  mai  da  essa  le  massime 
di  giustizia  politica  o  di  Stato  sull'  impianto  della  famiglia* 
sulla  concordia  e  libertà  civile,  sul  diritto  della  guerra  o 
della  conquista,  sul  rispetto  all'  indipendenza  degli  altri  po- 
poli j  sulla  venerazione  e  conservazione  delle  memorie  e 
dei  monumenti  delle  due  civiltà  etnisca  e  greca,  che  pre* 
cedettero  ed  ajutarono  cotanto  la  sua  propria.  Secondaria- 
mente, dato  anche  che  della  politica  romana  si  potesse  re- 
care innanzi  il  ritratto  più  compiuto  e  peregrino,  un  solo 
esempio  non  può  valere  per  tutti  a  costituire  la  scienza* 
Terzamente,  per  quanto  impongano  i  fatti  sceverati  dalla 
storia  di  Roma  dal  nostro  autore,  non  sarà  mai  vero  che 
sìa  costante,  indeclinabile  e  comune  a  tutte  le  nazioni  il 
giro  e  rigiro  delle  forme  di  governo  da  lui  pre6sso,  men- 
tre per  generazioni  e  generazioni  esse  perdurano  e  si  con- 


sloieoo  la  via  ad  alcuno  che  con  più  firtù,  più  discorso  e  giudl- 
sio  potrà  a  questa  mia  intensione  soddisfare.  «  Per  ciò  rimane 
proratò  che  Maehiafelli  precedette  a  Montesquieu  nel!' applicazione 
M  metodo  storico  alla  scienza  politica» 


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sumaDo  ad  una  ad  una;  che  colla  forma  mista  ai.  eiìiioa 
lutti  gli  ÌDConvenieiiti  di  ciascheduna,  dacché  Roma  stessa 
da  questa  forma  mista  trapassò  all'  uaica  e  semplice  forma 
delia  monarchia;  che  gli  uomini  non  operino  mai  il  bene 
se  non  per  forza  o  necessità,  mentre  si  vantano  a  migliaja 
ì  martiri  e  gH  eroi  del  sagrifizio  di  sé  stessi  :  che  sole  le 
armi  e  la  fortuna  fondino  e  glorifichino  gli  imperi,  quando 
è  la  sola  giusCizia  che  ^e^e  crearli ,  e  la  virtù  ed  il  cimi- 
tenumenlo  fortificarli  e  manienerli;  ohe  la  lotu  tra  il  pa- 
triziato e  la  plebe  sia  stau  giusta  ed  utile  in  sé  stessa  e 
nelle  sue  conseguenze,  dappoiché  lo  stesso  tribunato  fu  cau- 
sa di  sedizioni  e  di  guerre  intestine,  e  preparò  la  via  al  suo 
decadimento.  Né  dissimile,  sebbene  più  mite,  può  essere  il 
giudizio  che  deve  farsi  delle  politiche  dottrine  del  Montea- 
quieu,  In  quanto  egli  si  propone  di  suggellarle  col  loro  ri- 
scontro sulla  storia.  Il  Montesquieu  vide  la  luee  «  ma  corse 
tosto  ad  intenebrarla.  È  chiaro  e  giusto  il  suo  concetto  di 
leggi  di  patura  o  della  ragione  primitiva  anteriore,  o  a  dir 
meglio  indipendente  dalle  società  umane  ;  ma  non  lo  é  cosi 
l'altro,  che  le  leggi  umane  sono  unte  applicazioni  della  ra- 
gione o  della  natura  ai  casi  particolari  dettati  dalla  storia. 
Che  ciò  debba  essere,  tutti  vorranno  consentirlo;  ma  ad 
attestare  che  ciò  non  é,  bastano  gli  storici  esempi  del  cul- 
to idolatrico  degli  antichi,  delle  Caste  alle  Indie  ed  in  Egit- 
to, e  della  schiavitù  greca  e  romana,  della  servitù  della 
gleba  ne'  secoli  di  mezzo,  e  nella  tratta  dei  Negri  nei  no- 
stri. Che  se  poi  intende  il  Montesquieu,  che  tra  i  casi  par- 
ticolari da  lui  indagati  nella  storia,  e  le  leggi  di  natura  da 
lui  pensati  colla  ragione,  debba  correre  sempre  ed  in  fatto 
un'  assoluta  e  costante  conformità  e  coerenza,  allora  o  non 
si  segue  più  la  storia  che  nella  parte  favorevole»  tralascian- 
do la  contraria  ;  o  si  travalica  dalla  semplice  riprova  o  dal 
semplice  riscontro  alla  perfetu  identità  e  consonanza  tra  la 
storia  e  le  leggi  di  natura  e  della  ragione;  ed  in  tal  caso 
si  travede,  e  si  rica^^a  col  Montesquieu  nella  fallace  dottri- 


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US 

na  del  Machiavelli;  imperciocché  la  storia  od  il  fallo,  in- 
corporalo colle  leggi  di  natura  o  della  ragione,  genera  H 
dirìiio,  ossia  le  stesse  leggi  di  natura  o  della  ragione  ;  e  le 
leggi  di  natura  o  della  ragione  incorporale  colla  storia  o 
col  fatto,  fanno  disparire  il  diritto,  perchè  non  sono  più  che 
tante  storie  e  tanti  fatti.  Dal  che  conseguiterebbe  T altro 
erroneo  principio  di  politica  legislalis^a  :  —  che  solo  per 
«?aso  le  leggi  d'una  nazione  possono  convenire  ad  un*  al- 
tra: e  che  quindi  tutte  debbono  variare  per  difetto  di  bon« 
tà  assoluta,  o  p6r  prevalenza  e  soprabbondanza  della  sola 
relativa.  —  Ma  a  comprendere  ancora  più  chiaramente  1*  in- 
suflBcienza  ed  inadattabilità  del  metodo  storico  ai  principj 
della  scienza  politica,  basti  una  rapida  rivista  delle  altre  sue 
dottrine,  qui  ricapitolate  ed  esposte. 

I  governi  hanno  necessariamente  un  modo  di  essere  ed 
lina  vita,  di  azione.  Il  primo  è  la  loro  forma;  la  seconda  il 
loro  principio  attivo  o  motore.   Egli  è  perciò  indubitato, 
come  afferma  il  Montesquieu,  che  ogni  forma  di  governo 
debba  essere  animata  od  eccitata  ad  operare   da   un   pro- 
prio prineipio,  il  quale  però  non  è  né  può  essere  il  tripli- 
ce da  essolui  cosi  separato  e  distinto,  della  virtù  o  probità 
nella  democrazia,  della  moderazione  neir  aristocrazia,  e  del- 
l' onore  nella  monarchia^  sia  che  si  riguardi  ai  contrarj  ar- 
gomenti della  ragione,  sia  che  si  consideri  al  fatto  od  alU 
storia.  Il  principio  del  governo,  riferito  col  Montesquieu  al- 
la sola  persona  fisica  o  morale  che  regge  la  cosa  pubblica 
come  può  essere  mai  eéclusivamente  o  quello  della  virtù  o 
probità,  0  della  moderazione  o  dell'  onore,  mentre  la  virtù 
o  la  probità  si  connette  per  modo  colla  moderazione  e  col- 
Tenore,  da  informarne  si  l'uno  che  l'altro,  e  da  non  po- 
ter sussistere  ed  agire  questi. senza  il  simultaneo  concorso 
di  quella?  Qual  è  mai  la  repubblica^  qual  è  l'aristocrazia, 
quale  il  sovrano  o  monarca  che  possa  regnare,  e  ben  diri« 
gerc  e  prosperare  lo  Stato,  senza  assumere  a  base  del  go- 

Anuu.  SlatisUea,  voi.  XXII,  $eri$  5.*  iO 


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H6 

verno  la  virtù  politica^  o  l'amore  del  bene  comune  o  ge- 
nerale, e  con  esse  la  (emperanza  e  la  giustizia  disiriimliva 
che  portano  con  sé  le  distinzioni  ed  i  premj ,  non  meno 
che  la  moderazione  in  tutte  le  sue  azioni  ?  Ecco  come  1*  idea* 
ta  ripartizione  o  separazione  del  triplice  principio  del  go- 
verno farebbe  le  pugna  coi  dettati  delia  ragione  propugna- 
trice della  sua  identità  o  unificazione.  Ma  venendo  anche 
alla  storia  ed  a'  suoi  passi  citati  dal  medesimo  Montesquieu, 
è  egli  vero  che  la  democrazia  si  pianti  e  si  conservi  eolla 
sola  virtù  o  probità»  e  che  invece  T aristocrazia  e  la  me* 
narchia  lo  possano  anche  con  manco  di  virtù  o  probità,  al- 
lorché runa  abbia  per  principio  la  moderazione ^  e  1* altra 
Tonore»  a  motivo  che  nella  prima  si  esige  la  virtù  in  tutti 
i  cittadini;  e  nella  seconda  vi  suppliscano  o  le  leggi  o  la 
volontà  del  legislatore? 

9  Sono  queste  le  storiche  dottrine  del  Montesquieu  intor* 
no  al  principio  rispettivo  alla  varia  forma  di  governo ,  ma 
che ,  lungi  dall'  essere  comprovate ,  vengpno  anzi  amentite 
dalla  storia.  E  potremo  credere  provato  o  confermato  dalla 
storia  che  fossero  rette  ^  dominate  dal  principio  della  virtù 
le  greche  democraziei  quando  veggiamo  le  ime  soperchiare 
le  altre,  e  sconfiggersi  tra  loro  eolle  guerre  messeoiche,  e 
colle  gare  e  gelosie  tra  Sparta  ed  Atene  per  la  ingiusta  «i- 
premazia  su  tutta  la  nazione,  e  causa  della  comune  mina  ? 
E  saranno  tratti  della  loro  virtù  la  tirannide  delle  colonie, 
i  partiti  e  le  discordie  tra  gli  Eupatridi  ed  i  Demjorgi,  per 
opprimere  sempre  più  la  plebe  ;  la  distinzione  delle  tribù 
per  razze^  la  schiavitù  degli  Iloti,  V  ostracismo  di  Gimone, 
di  Aristide  e  di  Temistocle,  ed  il  veleno  propinato  in  carce- 
re a  Taramene  abborritore  del  governo  terrorista  dei  XXX 
tiranni  in  Atene,  ed  a  Socrate,  1*  uomo  il  più  virtuoso  de' 
suoi  tempi  ?  Né  può  dire  altramente  la  storia ,  iaterrogafa 
sullo  spirito  di  moderazione  che  dovrebbe,  aieeoaie  prioei- 
pio,  signoreggiare  le  aristocrazie.  Furono  forse  dettati  da 
moderazione  nella  romana  aristocrazia   il  jus  pontificio  e 


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preioriaao,  eoo  eui  i  nobili  iiranneggiarono  per  (aoto  tempo 
i  plebei  :  i  pretesti  di  guerre»  di  alleanze»  e  di  mediaztooi, 
coloriti  dai  consoli  e  dal  senato^  eoi  popola  finitimi,  al  solo 
fine  di  soggiogarli  ;  V  insaziabile  cupidigia  /ed  avarizia  del 
palrizialo,  cbe  ridusse  il  popolo  a  ritirarsi  t^  Gianicolo  per 
non  essere  più  vittima  del  durissimo  4ri^p^to  dei  .eredi» 
tori  ?  Che  se,  come  osserva  il  Montesqg^  ^nAemvào  i^u- 
scire  impotenti  gli  sforzi  degl*  Inglesi  fi^er  tCiopservanii  àq  xe^ 
pubblica  ai  tempi  dì  Cromwell,  questo  npn  awejgipie  fiejr  gi- 
rello di  virtù,  ma  bensi  per  la  eoncordja  ^  potenza  del 
Parlamento  avvalorata  da  Monk,  ricoodviitcìre  e  firopugna- 
lore  della  ristorazione.  E  poi,  chi  potrà  ipai  «ffer,piare  .che 
il  principio  o  l'elemento  dell' aristocrazia  inglese ,  .qotaato 
predominante  nella  forma  di  quel  governo,  aia  qyelb  della 
moderazione,  specialmente  riguardo  ai  suoi  possessi  peli*  Ir- 
landa a'  tempi  passati ,  e  prima  ebe  il  ipedio  ceto  s*  at- 
tentasse non  di  raggiungerla,  ma  solo  d'  eqiularl^  ?  Infine , 
se  gli  onori  e  le  distinzioni  sono  più  che  jnfii  necessarj  al- 
la monarchia,  mentre  sotto  altra  forma  e  C9n  ftkri  oggetti 
sono  pure  inseparabili  da  qualunque  altro  mqdo  di  governo 
non  potrà  mai  ammettersi  col  Montesquieu  cbe  l'onore  deb- 
ba essere  il  suo  principio  unico  vivificatore»  il  succedaneo 
della  virtù  stessa  ;  unto  più  eh'  esso,  oltreché  fomentare  la 
vanità  e  l'ambizione,  si  fa  strumento  di  vizio  e  di  corru- 
zione, qualora  non  sia  premio  alla  vera  virtù  ed  pi  merito 
incontrasuto  e  riconosciuto.  Che  se  per  jfoQtesquleu  ^i  può 
nella  monarchia  essere  buoni  cittadini  sep^  essere  buoni 
uomini ,  per  difetto  di  moralità  o  di  inien^oo^ ,  ÀP  nìlopk 
l'onore  potrà  ispirare  azioni  solo  esteriormepte  belle  jd  plau- 
sibilij  ma  non  il  sincero  amore  dello  Stato  ,e  del  bene  co* 
mune,  che,  come  sostiene  e  glorifica  le  ^lice  forcpe  di  go- 
verno, cosi  è  solido  scudo  e  fondamento  jsi  quello  della  mo- 
narchia. E  chi  fu  mai  più  prodigo  di  cariche,  di  privilegi 
e  di  distinzioni,  anche  ali*  aristocrazia  intellettuale,,  di  Lui- 
gi XIV ,  il  quale  doveite  però  morire  scontento  e  contrito 


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del  suo  regno f  grande  in  apparenza  ma  misero  in  realtà? 
Chi  mai  più  di  Napoleone  I  il  Grande  sollevò  alla  dignità 
del  principato,  del  ducato,  e  della  nuova  nobiltà  il  merito 
personale  ed  anche  l'ingegno  povero,   sensa   provare   nel 
momento  del  pericolo  il  conforto  che  V  onore  potesse  vale* 
re ,  se  non  alla  consolidazione ,   almeno   alla   momeatanet 
salvezza  dell'  impero  ?  Inoltre  devesi  soggiungere  che»  am- 
mettendo,  secondo  il  Montesquieu^  i  tre  principj  del  gover» 
no  siccome  leggi  di  natura  o   della   ragione   devono  pure 
ammettersi  come  altrettante  leggi  di  natura  e  della  ragione 
tutte  quelle  altre  che  potrebbe  inventare  la  politica   come 
rispondenti  alle  qualità  e  alla  specie  diversa  di  questi  prìth 
cipj  medesimi.  Quindi  sarebbe  logico  il  riconoscere   e  dw 
chiarare  per  leggi  di  natura  e  della  ragione  le  leggi  santoa» 
rie  e  l'annientamento  della  famiglia  in  Isparta,  perchè  op* 
portunissimi  stimoli  alla   rigida  virtù   della   democrazia;   il 
feudalismo  ed  il  diritto  di  primogenittira,  perchè  atti  a  te- 
nere in  freno  le  masse  coli' innalzamento  a  potenza  di  po- 
che famiglie;  lo  stolto  sistema  di  magnificenza  e  vanità  di 
Federico  I  di  Prussia,  anzi  che  quello  della  parsimonia  mi- 
litare del  grande  Federico   II   suo  successore,   perchè   col 
primo  si  anticipò  il  nome  di   re   ad    un    piccolo  duca    od 
elettore,  e  perchè  col  secondo  si  ripose  la  grandezza    del 
regno  nella  disciplina  e  nella  forza  dell'  esercito.  Il  che  io 
non  saprei  dire  quanto  si  confaccia  ai  veri   principj    della 
scienza  politica,  comunque  si  accordi  coi  fotti  della  storia. 
Goncbiudasi  pertanto^  che  il  metodo  storico,  come   discon- 
viene qual  fondamento  o  principio   del   vero   e   del    certo 
nelle  scienze  morali  in  genere,  cosi  ripugna  come  tale  alla 
filosofia,  al  diritto,  ed  alla  politica  in  ispecie  >. 

Dopo  questa  splendida  dimostrazione  V  autore  nota  che 
non  vorrebbe  che  §i  traessero  dalle  sue  dottrine  illazioni 
esagerate,  per  lasciar  credere  che  debba  stabilirsi  una  spe- 
cie di  divorzio  fra  le  scienze  morali  e  la  storia.  Conchiitde 
9fizi  la  ^qa  Memoria  mo^trapdo  j  b^neficii  segna|at|ssimi  cb^ 


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h  storia  rende  agli  studii  morati:  e  come  sia  da  stimarsi 
l'attuale  tendenza  del  secolo  agli  siudii  storici.  Noi  credia- 
mo di  riprodurre  anche  quest'ultimo  squarcio  per  far  sem^ 
pre  più  conoscere  come  i  pensatori  italiani  sappiano  nel 
trattare  argomenti  filosoGci  serbar  sempre  quello  spirito  di 
moderazione  che  non  é  che  l'espressione  della  sapienza  co* 
scienziosa. 

«  La  storia  (dice  Tutore)  none  ehe  la  manifestazione 
dell'  idea  nel  mondo  delle  nazioni.  La  storta,  in  quanto  si 
fa  la  investigatrice  e  narratrice  della  vita  interna  ed  esterna 
dei  popoli,  delle  loro  leggi,  dei  loro  costumi,  delle  epoche 
della  loro  grandezza  e  del  loro  decadimento ,  percorre  e 
comprende  tutto  l'ambito  della  scienza  dell' uomo  e  delie 
sue  relazioni  ;  e  per  ciò  va  a  congiungersi  intimamente  non 
pure  colla  filosofia,  ma  con  tutte  quante  le  scienze  morali 
si  pure  che  applicate.  Quindi  non  sarebbe  né  possibile  nò 
ragionevole  un  assoluto  divorzio  di  queste  scienze  dalla 
storia.  Ma  altro  è  che  la  storia  si  oongiunga  per  si  fatto 
modo  colle  scienze  morali,  quale  scienza  ausiliare  od  affine 
ed  è  ben  altro  che  col  suo  metodo  pretenda  di  stabilirne  e 
fondarne  i  principi  e  le  dottrine,  dichiarandosi  essa  stessa 
scienza  unica  e  principale,  dominatrice  e  trasformatrice  in 
8Ò  medesima  di  tutte  le  morali  discipline.  Nel  primo  sup- 
posto essa  è  scienza  indispensabile  ed  ajutatrice;  nel  secon- 
do diviene  scienza  fallace  e  sovversiva  ;  là  avvi  il  buon  uso 
della  storia,  e  qui  il  suo  abuso. 

>  È  innegabile  per  tante  ragioni,  ma  fra  la  altre  per  lo 
spirito  di  imitazione  e  di  emulazione,  od  anche  per  il  bi- 
sogno di  un  sapere  più  certo  e  positivo,  essere  il  nostro 
secolo  più  che  mai  propenso  e  dedito  agli  studj  storici,' 
ttccbè  la  tendenza  generale  de'  nostri  più  chiari  ingegni 
terso  la  storia  ò  un  fatto  che  si  può  regplare,  ma  non  di- 
sU'oggere  o  disapprovare.  E  non  è  egli  un  istinto  naturale 
td  irresistibile  quello  che  ci  porta  a  conoscere  il  vero  do^ 
dunque  si  trovi  o  donde  ci  venga,  ed  a  congiungere  il  pre* 


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sente  col  passato,  per  indagare  la  origine  e  ?e  vicissitudini 
degli  Suti,  le  somiglianze  e  gli  af^glomeramenti  o  trapassi 
di  stirpe  e  di  parentela  tra  ttàziooi  le  più  dissimili  e  tonta* 
ne  9  e  per  riconoscere  ed  apprezzare  tutti  quanti  gli  sforzi 
e  i  movimenti  anche  inconsapevoli  e  spontanei   deir  imeni 
umanità  sotto  l'impero  della  legge  del  progresso  e  dell' or- 
dine mirabile  coti  che  la  governa  la  Providenza  ?  E  non  si 
innalza  a  grandiosi  concetti  la  mente,  ed  a  nobili  sentimenti 
il  cuore  allorché  n'é  dato  di  dominare  in  un   punto   col- 
minante ,  com'  è  qtfello  della  storia ,  tutti  i  corsi  e   ricorsi 
dell'umana  famiglia  nelle  varie  parti  del  globo,  per  servir 
sempre  a  questa  legge  ed  a  quest'  ordine  provvidenziale;  dì 
dischiudere  i  tesori  delle  istorie  patrie  non  per  boria   na- 
zionale, ma  a  miglioramento  o  ad  emenda  dei  posteri;  di 
rivendicare  alla  luce  del  vero  la  virtù  degli  onesti  coli'  »• 
famia  de'  tristi;  e  di  riirarne  preziosi  documenti  a  norma 
del  vivere  più  riposato^  tanto  dell'  umana  società,  quanto  de' 
suoi  indivìdui  ?  Rfa  se  '6n  qui  non  si  può  che  animare  ed 
approvare  questa  tendenza  agli  studj  storici  perchè  essa   si 
contiene  ne'  suoi  giusti  con6ni ,  sarebbe  improvido  e  dan- 
iioso  ir  renderla  predominante  ed  escltisiva  con  soverchio 
plauso  ed  eccitamento,  e  nell'  idea  di  sostituire  per  essa  il 
semplice  materiale  della  scienza  alla  adenza  medesima.   La 
storia  distende  ed  amplifica  la  sfera  delle  nostre  cognizioni 
e  di  cognizioni  utiKssime.  La  storia  pensa,  giudica  ed  eru- 
disce, ma  sempre  riproduce,  e  non  inventa  nò  crea.  Lai  st^ 
ria,  non  curando  che  il  passato,  ci  fa  mena  presdà  oo>  pre- 
sente. Lo  stodio  della  storia  altrui  potrebbe  essere  di- oste* 
Oolo  é  (Preparare  la  propria.   Il  secolo  XV,   eosl   rinemaio 
per  l'erudizione,  non  fu  il  secolo  più  splèndido  della    tia^ 
Kana  letteratura.  —  Egli  è  con  questi  avvedimenti  è  rispeiii 
che  devesi  assecondare  ed  inìcoi^ggire  la  eonyune  lendenaa 
agR  studj  della  storia  ;  ed  a  tanto  può  giovare   U   persoa^ 
sione  che  il  metodo  sCortco  noti  possa  aervire  per   aè   di 
base,  ed  a  criterio  della  verità  0  deHa  certezsa  nelle  seien- 


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te  morali,  ticcome  venne  per  me  già  dimostrato.  Finalmente 
né  8i  degrada  né  si  svilisce  la  storia  riehiamandola  al  suo 
vero  compito  od  officio.  Questo  suo  compito  è  grande  e 
glorioso  più  che  mai  fci  possa  immaginare.  Esso  consiste 
principalmente  nella  revisione  e  nel!'  appuramento,  la  mercè 
della  sdenta  critica,  de*  suoi  monumenti  bugiardi  o  mal 
interpretati  ;  nel  rifacimento  di  quelle  storie  in  cui,  in  cam- 
bio della  verità  e  sincerità,  spiccano  Tira  e  l'amore  di 
parte,  le  opinioni  e  le  passioni  dell' autore;  nel  fare  prò 
delle  grandi  scoperte  dell' archeologia ,  dell' etnografia  e 
della  linguistica,  che  raltargano  ed  appianano  il  campo  a 
più  sode  induzioni  storiche  sul  mondo  antico;  nel  miglio- 
rare il  proprio  metodo,  che  non  può  più  essere  né  il  nar- 
rativo arido  come  la  pura  cronaca ,  né  l' oratorio  inorpel- 
lato dalle  sue  parlate  e  daf  suoi  piagnimenti,  né  l'ideale  o 
filosofico  che  improvvisa  o  romanzeggia  in  mezzo  alla  real« 
tà  storica;  ma  bensì  il  vivente  o  drammatico,  col  quale  si 
dipinge  e  si  descrive  tutta  la  vita  d' un  popolo,  ovvero  ciò 
che  esso  ha  pensato,  sentito  edf  operato  in  un  dato  spaziò 
ed  in  tm  dato  tempo;  nel  gittare  con  salde  ed  irrefraga- 
bili testimonianze  le  fondamenta  della  certezza  morale  e 
del  consenso  del  genere  umano,  a  sostegno  dell'autorità 
delle  tradizioni;  nel  connettere  e  riunire  i  fatti  su  tale  re- 
lazione di  antecedenti  e  di  conseguenti,  che  vi  si  vegga 
campeggiar  sempre  il  principio  di  causalità,  nel  che  sta  pre- 
cisamente tutta  la  filosdfia  della  storia;  nel  riformare  e  ri- 
eosiftaire  pressoché  tutte  le  storie  dì  scienze  e  di  lettert- 
tura ,  scritte  da  penne  imperite  o  profane  ;  nell'  avvancag- 
giarsi  infine  dei  progressi  e  del  verace  lume  dì  tutte  le  al- 
tre scienze,  o  come  sorelle  o  come  sovvenitrict  di  pensieri 
e  di  gfodizj  stigli  uomini  e  sugli  avvenimenti  che  devonai 
rramandare  aHa  prosperità  col  suggelto  della  storia  quale 
speeehio  del  vero,  qual  maestra  della  vita,  quale  emenda- 
ffiee  de'  nostri  eostumf.  -^  E  se  la  storia  tanto  si  propon- 
ga, e  tutta  si  concentri  nell'  adempimento  di  quest»  còm- 


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452 

pilo  cosi  Tasto  ed  onoratissimo,  chi  vorrà  mai  dire  eh"  essa 
venga  abbassata  e  depressa,  o  non  piuttosto  levata  al  som- 
mo di  tutta  la  sua  importanza  e  grandezza,  ad  onta  che  se 
oe  debba  eliminare  e  precidere  il  metodo  storico,  come 
inetto  a  fondare  il  vero  ed  il  certo  delle  scienze  morali , 
siccome  il  prova  l'assunto  della  prima  parte  della  preseate 
Memoria?  » 

Noi  esprimiamo  i  nostri  più  fervidi  voti  perchè  T  auto- 
re trovi  tempo  ed  agio  che  basti  per  condur  presto  a  ter- 
mine questo  suo  dotto  lavoro,  che  può  dirsi  una  nuova 
protesta  del  senno  italiano  contro  le  fantasticagini  geraia- 
niche. 


{««•Ti  4#enMienll  statlstlel  Intera»  al  pae»! 

(  Continuazione  e  fine.  Vedi  il  fascicolo  precedente ,  pig.  45  ). 

La  California. 

V. 


E 


queste  le  son  bagatelle,  ma  quando  la  frode  e  la  vio- 
lenza si  esercitavano  impunemente  in  tutta  l'estensione  dello 
Stato;  quando  le  corti  di  giustizia,  invece  d'essere  il  ter- 
rore dei  colpevoli,  loro  offrivano  un  rifugio  e  li  coprivano 
odia  loro  protezione,  si  incominciò  ad  accorgersi  della  gra- 
vità della  situazione,  e  la  comunità  si  mosse,  nell'interesse 
della  propria  sua  difesa,  oontro  i  mostruosi  abusi  eh* essa 
atessa  aveva  creati  e  che  creavano  ancora,  a  ciascuna  ele- 
zione successiva.  Un'altra  eausa  che  pareva  aver  molto  con- 
tribuito air  impopolarità  dei  tribunali ,  fu  l' estrema  incer- 
tezza dei  tit<^  territoriali,  incertezza  che  ha  regnato  molto 
tempo  e  che  regna  ancpra  ra  Galiforoia.  In  gran  parte  è  la 


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453 

conseguenza  della  confosìone  nelle  regole  del  diritio  e  nei 
limiti  della  proprieià,  che  s' era  introdotta   nei  creoli   spa- 
gnuoli  ai  diritti  dei  quali  .trovavansi  sostituiti  i  prioai  acqui- 
renti americani.  Ma  questo  male  è  stato  considerevolmente 
aggravato  dall'  incapacità  e  dalla  corruzione  dei  tribunali.  La 
storia  della   California  ci   fornisce   abbondanti   esempi   del 
modo  con  cui  questi  tribunali  favorivano  gli  intrighi  degli  ar- 
diti speculatori:  noi  ci  limiteremo  a  citare  il  famoso  caso  del 
dottor  Smith»  comechò  esso  sia  facile  ad  essere   inteso.   U 
dottore  Peter  Smith,  fece  nel  4850,  colla  città  di  San-Fran- 
eisco,  tm  trattato  pel  quale  egli  incaricavasi  del  mantenimento 
de'  suoi  malati  indigenti,  io  ragione  di  quattro  dollari  (  30 
franchi  )  per  testa  al  giorno.  Il  dottore  esegui   fedelmente 
i  suoi  obblighi:  ma  la  città,  avendo  poco  denaro   contante 
lo  pagò  quasi  intieramente  in  carta,  producentò  un  interesse 
di  tre  per  cento  al  mese.  Nel  4854,  si  fece  un  atto  onde 
convertire  questa  carta  in  debito  consolidato:  ma  certi  cre- 
ditori, alla  testa  dei  quali  stava  il  dottor  Smitb>  non  trovando 
le  condizioni  della  conversione  di   loro   gusto,   fecero   alla 
città  un  processo  ch'essi  guadagnarono,  ed  il  dottore,   in 
virtù  del  suo  giudicato,  fece  praticare  un  sequestro  sulle  di- 
verse vie  appartenenti  alla  corporazione,  sui  terreni  dell'an- 
tica casa  civica,  sull'  ospitale  della  [città   e  sue  dipendenze^ 
Ora,  queste  stesse  proprietà  erano  state  legalmente,  -^  al- 
meno lo  si  credeva»  —  messe  a  disposizione  di  commissari 
nominati  dall'atto  di  conversione  di  cui  si  parlò  più  sopra. 
I  commissari  s'affrettarono  a  dichiarare  pubblicamente  che 
tutte  le  vendite  che  potrebbero  aver  luogo   in   forza   del 
giudizio  Smith  sarebbero  illegali  e  considerate  come  nulle. 
Ne  risultò  che  le  proprietà  sequestrate  furono  vendute  dallo 
sceriffo  a  prezzi  quasi  nominali.  U  dottore  continuò  adun- 
que i  suoi  sequestri,  fino  a  che  la  maggior  parte  dei  beni 
delhi  città,  valutati  a  più  migliaja  di  dollari,  fosse  stata  ven- 
duta alle  stesse  condizioni  illusorie,  onde  coprire  un  debito 
di  venti  mila  dollari.  Il  pubblico  era  sulle   prime   disposto 


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154 

a  trattar  Taffare  come  urta  eommedta,  un  pò  dispendiosa , 
gli  è  verot  per  gli  acquirenti.  Ma ,  ebn  gran  meraviglia  di 
tutt'  il  mondo,  la  eorte  suprema  decise  che  queste  vendite 
delle  vie  ed  altre  proprietà  della  ehth  erana  legali!  La  mo- 
nicipalità  fu  rovinata;  il  deficit  fu  riscattato  per  messo  dì 
tasse  sugli  abitanti;  coloro  che  avevano  comperato  a  vii 
prezzo  realizzarono  enormi  fortmie,  ««-  e  i  giudici? 

e  Non  è  facile,  vi  risponderanno  i  discreti  annaUsii,  lo 
acoprire  e  segnalare  i  veri  colpevoli:  ciascuno  su  ciò  può 
avere  la  sua  opinione.  Ma  ciò  che  parve  perseverante  sì  è 
che  pare  sia  nel  deétino  di  San-Francisco  di  essere  predalo 
da  tutte  le  bande ,  e  che  i  suoi  «  notevoli  cittadini  »  ab- 
biano troppo  spesso  T  occasione  di  for  delle  fortune  rapide 
insieme  e  facili  ». 

I  casi  disperati  esigono  dei  rimedj  eroici,  e  i  disordioi 
dei  tribunali  della  California  ebbero  per  risultato  di  produrre 
le  applicazioni  forse  piò  rimarchevoli  e  più  sistematiche 
della  legge  di  Lynch  al  cor^o  politico,  che  ebbero  loogo 
subito  che  gli  antichi  tribunali  vehemici  della  Germania  cad- 
dero in  disuso. 

Nel  4849,  !  cittadini  di  San-Franelsco  avevano  improv- 
visato una  polizia  propria,  h  quale  aveva  per  iscopo  di 
porre  un  termine  agli  eccessi  d' una  associazione  di  periur- 
batori  della,  tranquillità  pubblica ,  la  quale  aveva  preso  il 
nome  di  e  La  Mota  »  e  che  distinguevasi  particolarmente 
per  le  sue  violenze  sdi  disgraziati  che  frequentavano  le  con- 
trade a  queir  epoca.  A  questa  polizia  succedette  nel  1851 
il  famoso  e  Comitato  dì  vigilanza  >.  San-Frandsco  aUora 
era  in  uno  stato  spaveittoso:  la  legge^  che  si  rispetta  ^dap- 
pertutto altrove,  colà  noti  era  Che  un  oggetto  di  deririone; 
gli  inccnd]^  questi  flagelli  distruttori,  non  solo  pei  disastri 
cui  danno  luogo,  ma  anche  pei  sospetti  ch'essi  lasciano  cre- 
scere, mottiplicavansi  in^  tm  modo  allarmante.  Fu  in  queste 
circostanze  che  un  certo  numerò  dei  principali  cittadini  si 
obbligarono,  con  un  atto  scritto,  di  proteggere  le  persone 


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155 
ed  r  beiìii  dei  loro  eondttadmi.  Si  seelse  an  Joe&Ie,  nel  quale 
uno  o  più  membri  del  Comitato  dovevano  essere  sempre 
presenti,  ad  ogni  ora  del  giorno  e  della  notte ,  onde  rìce- 
Tere  i  rapporti  ehe  sarebbero  fatti  sogli  atti  di  violenza 
coTrimess}.  Se,  nell'opinione  del  membro  o  dei  membri 
presenti,  il  caso  richiedeva  un'intervenzione  immediata, 
convocavasi  il  Comitato  per  mezzo  di  due  colpi  battuti  su 
d'una  campana,  e  questo  segnale  era  ripetuto  molte  volte, 
sd  un  minuto  d'intervallo. 

Erano  alcuni  giorni  appena  che  il  Gomitato  funzionava, 
quando  fece  arrestare,  giudicò  e  condannò  a  morto,  per 
furto,  uno  fuggito  da  Sydney,  certo  Jenkins.  Le  autoriti 
della  citth  furono  gentilmente  invitate  a  non  immischiarsi , 
mentre  che  si  appendeva  il  colpevole  ad  una  corda  attac* 
cata  ad  una  trave  che  spoi^eva  sulla  Plaza.  Un  verdict  del 
eoroner  dichiarò  che  era  morto  per  strangolamento,  pel 
fatto  ed  in  seguito  d'un'azione  concertata  tra  un'associazione 
di  cittadini  prendente  il  titolo  dì  Comitato  di  vigilanza,  e 
molti  membri  del  Comitato  furono  designati  a  nome.  Tutt'il 
Comitato,  che  comprendeva  alcuni  degl'individui  i  più  ric- 
chi, i  più  influenti  ed  i  più  Hspeitabili  della  città,  assunse 
sabito  ed  impunemente  la  responsabilità  pubblica  di  questo 
atto,  e  si  obbligò  di  esercitare  la  sua  giurisdizione  somma- 
ria in  altri  casi. 

La  prima  collisione  seria  colle  sedicenti  autorità  ebbe 
luogo  in  occasione  di  due  malfattori  nominati  Whitthaker 
e  Mackenzie,  che  il  Comitato  aveva  riconosciuti  colpevoli 
di  diversi  furti  ed  incendii ,  e  condannati  a  morte.  Il  go- 
vernatore  dello  Slato  credette  dover  intervenire.  Lo  sce- 
riffo, armato  d'un  mandato  d'Aaòeas  corpus ^  si  rese  alla 
sala  del  Comitato  e  seco  recò  i  due  condannati.  !  due  mem** 
bri  del  Comitato  furono  tosto  contocati  colla  campana  d'aK 
larme.  Si  recarono  subho  alla  prigione,  le  di  cui  porte  Ai« 
rono  sforzate,  malgrado  una  lieve  resistenza  da  parte  dei 
guardiani  e  dei  carcerieri.  Mackenzie  e  Wittaker  furono  ri« 


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156 

presi  e  rimasero  appesi  alle  finestre  della  sala  del  Comitato, 
M.  i  eapi  delle  corde  essendo  rigettati  al  di  dentro  e  ratte- 
nuti a  forza  dagli  stessi  m^n^bri.  >  L' informazione  del  co* 
roner  ebbe  luogo  come  al  solito,  e  come  al  solito  le  auto- 
rità intimidite  non  osarono  darvi  seguito.  In  tutte  le  parti 
dello  Stato  si  formarono  tosto  dei  Comitati  figliali  di  vi- 
gilanza ;  una  moltitudine  di  malfattori,  dei  quali  si  tralasciò 
di  rilevarne  il  numero,  furono  appesi,  sferzali  od  espulsi; 
e  grazie  a  questa  demissione  sommaria  si  ebbero  cinque 
anni  di  tranquillità.. 

Ecco  del  resto  come  uno  straniero  rende  conto  d'una  di 
queste  esecuzioni  improvvisate,  di  cui  egli  fu  testimonio 
oculare:  e  Non  conoscendo  alcuno,  egli  dice,  e  desiderando 
farmi  indicare  il  colpevole,  io  domandai  ad  un  individuo, 
che  si  teneva  un  pò  in  disparte,  quale  era  Tuomo  che  do- 
veva essere  appeso  ;  al  che  egli  rispose  senza  che  il  suo 
aspetto  facesse  la  minima  alterazione:  «  Credo  d'esser  io, 
signore  t  e  Una  mezz'ora  dopo  il  disgraziato  era  appeso  ad 
un  pezzo  d'albero,  e  la  piccola  comunità  disperdevasi  assai 
tranquillamente.  »  ^ 

Ma  nel  4856  si  dovette  tornar  da  capo.  Queste  volto  il 
Comitato  di  vigilanza  riorganizzato  ebbe  non  solo  a  repri- 
mere gli  atti  colpevoli  di  violenza,  ma  a  lottare  comro  la 
grossolana  corruzione  politica  che  supponevasi  ne  fosse,  la 
causa  e  che  serviva  certamente  ad  incoraggiarli. 

«  Considerando,  dice  l'atto  costitutivo  del  Gomitato,  che 
è  divenuto  evidente  pei  cittadini  di  San-Prancisco  che  i  re- 
golamenti della  Società ,  come  esistono  al  presente ,  e  le 
leggi»  eome  sono  ora  amministrata,  nion  presentano  alcuna 
garanzia  per  la  sicurezza  delle  persone,  né  delle  propriet.\ 
che  malfattori  s'associano  onde  rapire  i  bossoli  dello  scru- 
tinio ,  loro  sostituirne  degli  altri* od  empirli  di  bollettini 
<{he  non  eranvi  stati  deposti,  d'onde  ne  risulta  che  le  no* 
atre  elezioni  sono,  falsate,  i  nostri  diritti  violali,  e  non  resta 
altro  mezzo  di  manifestare  la  volontà  del  popolo....  » 


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157 
L*  antico  Comiinlo  di  sicurezza  pubblica  fu  adunque  ri- 
stabilito con  maggior  solennità  di  prima.  Questa  volta  perA 
le  autorità  intervennero  davvero.  Davide  Terry,  giùdicef 
della  corte  suprema,  lanciò  un  mandato  d'habeas  co'pus  nel 
caso  d'  un  certo  Miltigan  cbe  il  Comitato  aveva  fatto  arre* 
stare  per  furto  e  frodi  elettorali.  Il  governatore  dichiarò 
San-Prancisco  in  istato  d*  insurrezione ,  e  credette  di  dove^ 
re  reclutare  degli  ausiliarii  per  la  eausa  della  legge  e  del- 
l'ordine. Questi  ausiliarii,  ci  si  dice,  appartenevano  tutti  alle 
infime  classi  della  società ,  e  il  Seyd  li  designa  con  motla^ 
bizzarria  come  «  un  ammasso  d'intriganti  di  basso  grado 
di  gesuiti,  di  demagoghi  e  di  falsari!  elettorali.  »  Il  Comi- 
tato che  rappresentava,  a  quanto  pare ,  1'  elemento  conser- 
vatore, continuò,  cerne  al  solito,  le  sue  investigazioni,  senza 
inquietarsi  di  questi  deboli  avversarli.  «  L'ascendente  della 
maggioranza,  esso  proclamò,  è  uno  dei  prineipii  fondamen- 
tali del  governo  repubblicano  ;  e  quando  dei  funzionari  cor- 
rotti, ohe  si  sono  fraudolentemente  impadroniti  delle  redini 
dell*  autorità ,  impediscono  appositamente  l'esecuzione  delle 
leggi  e  allontanano  la  pena'  dalla  testa  dei  colpevoli ,  il 
potere  ch'essi  hanno  usurpato  ritorna  di  diritto  al  popolo , 
al  quale  è  stato  tolto  >.  Pino  al  20  giugno,  il  Comitato 
aveva  disposto  di  ventisei  individui ,  dei  quali  tre  erano 
morti  (appesi  !),  e  gli  altri  banditi  ;  essi  erano  stati  dichia- 
rati colpevoli  d'essere  <  notoriamente  cattivi  soggetti  e  per* 
Bone  dannose  ,  come  tali  perturbatori  della  pace  pubbUca , 
violatori  della  purezza  e  della  sincerità  dello  scrutinio.  » 
Le  sentenze  erano  8igni6cate  a  ciascuno  degl'individui  con- 
dannati al  bando  ;  il  suggello  portava  l' impronta  d'  un  oc* 
Ohio,  simbolo  adottato  dal  Gomitato.  Inflne  s'elevò  una  dif* 
Scolta,  nel  corso  della  quale  il  giudice  Terry  colpi  con  un 
coltello  un  agente  di  polizia  del  Comitato.  Nello  spazio  di 
pochi  minuti  tre  o  quattromila  cittadini  erano  uniti  alle 
armi  ;  i  mantenitori  della  legge  e  dell'ordine  furono  assediati 
e  disarmati;  il  giudice  Terry  condannato  in  prigione,  poi 


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45S 

messo  in  libertà  con  dispretto.  Il  irioofo  del  Comitalo  era 
completo.  Dopo  avere  ìniierameote  purgato  la  comanità  egli 
stesso  si  demise  dalle  sue  funzioni  ;  ed  è  io  questo  modo 
che  terminò»  almeno  pel  momento,  una  rivoluzione  che, 
neiropinione  della  signora  Parnham  :  €  ha  fornito  la  prova 
più  soddisfiicente  della  capacità  degli  Americani  a  gover* 
Darsi  da  sé  medesimi.  » 

Ma  t  diranno  gli  entusiasti ,  queste  non  sono  altro  che 
nubi  passaggere  che  oscurano  per  un  momento  il  magnifico 
avvenire  della  California:  ciò  che  importa  di  notare  si  è 
che  in  mezzo  ad  istituzioni  politiche  che  cadono  prematu* 
rameote*  sotto  il  generale  disprezzo,  e  eoo  una  popolazione 
che  non  riconosceva  oè  lef^i,  né  legislatura,  nemmeno 
quelle  che  ha  fatte  essa  medesima,  la  grand*opera  della  co- 
lonizzazione e  dei  miglioramenti  cammina  benissimo  come 
avrebbe  potuto  farlo  sotto  la  più  perfetta  delle  utopie.  Noi 
non  esamineremo  fino  a  qual  pimto  si  può  ammettere ,  in 
lesi  generale,  che  il  benessere  fisico  dell'uomo  conurabilao* 
ei  la  corruzione  morale  e  politica.  Noi  crediamo  che  vi  ha 
qualche  cosa  di  più  semplice  da  rispondere  a  questi  otti* 
misti;  cioè  che  la  California,  con  tulli  i  suoi  vantaggi  at- 
tuali, colla  prospettiva  certa  d'una  prosperità  definitiva,  pure 
non  progredisce  almeno  in  proporzione  a  quanto  si  doveva 
aspettare  ed  alla  quale  ha  essa  realmente  diritto.  Ha  un  bel 
fare,  la  California  non  può  attirarsi  l'emigrazione,  ora  che 
la  febbre  dell'  oro  è  calmata.  Essa  non  offre  un  campo  di 
lavoro  attraente  per  la  parte  civilizzata  e  tranquilla  della  spe- 
cie umana.  Il  primo  tempo  in  cui  s'arrestò  nella  meravi- 
gliosa sua  carriera  (u  la  scoperta  dell'oro  in  Australia,  che, 
nel  4854 ,  ricbis^poò  in  un  momento  tutta  la  ^a  popo- 
lazione nomade  atte  miniere.  Moki  ritornarono ,  non  v*  ha 
dubbio,  la  maggior  parte  sqoraggiati  dal  poco  loro  successo 
in  una  regione  do?e,  se  i  depositi  auriferi  sono  più  ricchi 
che  in  California;  U  lavoro  d'estrazione  è,  dicesi,  più  lati- 
coso;  alcuni,  disgustiHi  del  contatto  coi  condaimati  della 


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159 
tenu  di  Van  Dicmen  e  della  Nttora^Galles  del  sud.  Pure, 
ed  infine,  rémigrasione  verao  Tovest  eoniiiMiò,  ed  i  suoi  ef- 
fetti sono  stati  d'allora  in  poi  molto  sensibili  In  Galiforniu.  Alla 
fine  del  4853  la  California,  ooatava  eirca  350,000  abitanti, 
di  cui  un  quinto  erano  donne.  Negli  ultimi  tre  aoni  la  sua 
popolatione  non  s'è  quasi  aumentata  ;  la  corrente  deiremi* 
{razione  parerà  essersi  diretta,  pel  momento,  dall'altra  parte 
dell'Oceano  Pacifico.  Il  signor  Seyd  vorrebbe  farla  ritornare 
verso  la  California,  ove,  egli  dice,  <  si  vedono  delle  serventi, 
delle  donne  che  lavano  il  vasellame,  le  quali  sono  pagate 
come  un  giudice  in  Germania  ;  dei  negri  che  s*  haoiie  il 
trattamento  d'un  maggiore  o  d'un  colonnello  prussiano  ;  dei 
rsgazzi  di  dieci  anni  cbe  guadagnano,  per  fare  alcune  eom«- 
roissioni,  il  doppio  di  ciò  che  si  paga  io  Europa  ad  un  luo- 
gotenente di  linea.  <  Sembrerebbe,  in  simili  condiaùoni, 
dover  essere  un  compiN)  feoile,  ma  non  è  punto  cosi.  Gli 
emigrati,  anche  quelli  della  classe  più  volgare,  hanno  dei 
bisogni  generali  oltre  a  quelli  della  semplice  natura;  essi 
comprendono,  come  gli  altri,  che  la  sicurezza,  l'ordine  •  la 
civiliszatiooe,  non  sono  cose  afiatlo  indifferenti.  V  ha ,  noi 
lo  crediamo ,  un  comiaeiamento  di  miglioramento  sociale  ; 
ma  vi  vorranno  degli  anni  perchè  la  CaUIbrnia  riacquisti  il 
800  carattere  compromesso  dai  bossoli  a  scrutinio  pieni  di 
falli  bollettini ,  dei  Comitati  di  vigilanza ,  e  dei  suoi  eitta<^ 
dini  rispettabili  che  tirano  il  capo  d' una  eorda  che  strao-» 
gola  qualche  disgraziata  vittima  del  v^rdiet  pia  o  meno  pafr- 
sionatò  d'un  giuri  costituìlo  onde  mettere  in  eseeuzieièe  la 
iegge  di  Lyneh. 

IV. 

È  impoesibile  di  non  far  notare  il  eonirasto  ebe  prer 
sentaroBO  la^  California  e  l' Australia  in  simigliami  cìmoma- 
ze.  Allorché  si  iraltè ,  per  h  prhna  volta ,  delle  rive  auri- 
fere della  Vittoria ,  questa  provincia  era  quasi  neUa  stressa 
situazione  deHa  l^alifornia,  i  suoi  fieni  erano  ooenpaii  da 


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J60 

qualche  migliaja  di  coloni  e  di  squatters.  Lo  slancio  verso 
quei  luoghi  fu  ancor  più  violento,  se  è  possibile,  e  Tecciu- 
zionè  più  folle  che  in  Galirornia.  La  situazione  fa  singoiar* 
mente  aggravata  dalla  presenza  d*un  gran  numero  di  eon- 
damnati  (uggiti  dagli  stabilimenti  penitenziarj ,  ove,  ciò  che 
non  valeva  meglio,  liberati  dal  carcere  e  portatori  di  per* 
messi  di  circolare,  arrivavano  in  folla  agli  stabilimenti  vi- 
cini «  che  avevano  di  già  servito  di  prigione.  Naturalmente 
si  supponeva  che  le  scene  di  Sacramento  stassero  per  rinno- 
varsi con  nuovi  eccessi  sulle  pendici  di  Ballarat  e  di  Beo- 
digo.  Ila  i  fatU  smentirono  queste  congetture.  Senza  dubbio 
si  commisero  delitti  e  numerosi  atti  di  violenza;  vi  fu  una 
seria  insurrezione,  molte  sommosse  sanguinose,  ma  la  voce 
calma  e  regolare  dell' antica  legge  inglese  e  deirordine  fu 
dovunque  intesa.  Il  vero  principio  conservatore  della  società, 
il  rispetto  delle  istituzioni  stabilite,  di  quelle  istituzioni  al- 
cune volte  per  sé  stesse  insignificanti,  ma  che  baiano  una 
grand'importanza  come  parli  d*un  tutto,  permise  alla  comu- 
nità di  passare  impunemente  una  lotta  tanto  intensa.  I  iri* 
bunali  non  cessarono  per  tutto  il  tempo  di  funzionare  re- 
golarmente, senza  mai  lasciarsi  intimidire  o  corrompere; 
noi  non  sappiamo  nemmeno  che  la  loro  integrità  sia  mai 
stata  posta  in  dubbio.  Eccettuati  alctmi  casi  isolati,  non  si 
ebbe  mai  ricorso  alla  giustizia  irregolare  del  popolo;  si 
comprendeva  che  questo  ricorso  era  inutile.  La  colonia  di 
Vittoria  ha  tre  anni  meno  (sotto  il  rapporto  aurifero)  della 
California;  essa  non  produce  più  oro;  è  un  paese  nieoo 
fertile,  meno  pittoresco,  meno  attraente;  pure  In  sua  popo- 
lazione s'eleva  di  già  a  450,000  anime,  di  cui  un  terzo  di 
donne,  —  sproporzione  molto  seria ,  ma  che  pure  non  è 
intollerabile.  Benché  i  luoghi  in  cui  si  recluu  la  massa 
della  sua  popolazione  siano  più  lontani,  e  ohe  il  viaggio  aia 
più  dispendioso^  essa  non  riceve  meno  costantemente,  ed  in 
gran  numero,  emigranti  d'ogni  classe;  i  capitali  stranieri  vi 
sono  abbondanti  ed  a  buon  mercato,  e  le  intraprese  d'ogni 


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461 
natura  eolà  trovano  tutto  l' incoraggiamento  desiderabile. 
Quanto  ai  progressi  morali  e  sociali,  non  vogliamo  'stabilire 
paragone  tra  i  due  paesi;  noi  ci  limiteremo  a  dire  chCf 
malgrado  la  massa  d'antichi  condannati  che  si  suppongono 
stabiliti  alla  Vittoriai  il  numero  totale  degli  individui  posti 
sotto  la  sorveglianza  della  polizia  non  eccedeva,  al  mese  di 
dicembre  4857,  la  cifra  di  934. 

Quali  sono  le  cause  d'una  differenza  cosi  marcata  nelle 
fortune  recenti  di  queste  contrade,  che  si  potrebbero  consi- 
derare come  sorelle?  Noi  ne  segnaleremo  due,  di  cui  noi 
lasceremo  Testimazione  ai  nostri  lettori.  La  prima  è  il  modo 
diverso  con  cui  queste  terre  sono  state  amministrate.  Men- 
tre quelle  della  California  sono  state»  fio  dalForigine,  preda 
d'abili  speculatori,  apportando  assolutamente  nulla  allo  Stato 
e  contribuendo  per  niente  ai  pubblici  bisogni,  quelle  della 
Vittoria  erano  strettamente  assoggettate  ad  un  sistema  d'ap- 
propriazione severissimo  e  stabilito;  noi  non  abbiamo  bisogno 
di  dirlo  in  vista  d' uno  stato  di  cose  affatto  straniere  alla 
produzione  aurifera.  La  metà  del  prodotto  delle  enormi  ven- 
dite di  terre,  che  succedevano,  era  regolarmente  trasmesso  in 
Inghilterra,  dove,  tre  commissarii  nominati  per  atto  del 
Parlamento,  lo  impiegavano  nel  fornire  alla  colonia  ciò  che 
aveva  più  di  bisogno;  robusti  coloni  agricoli  specialmente 
donne,  —  persone  tutte  le  di  cui .  risorse  domestiche  sareb- 
bero state  insufficienti  per  loro  permettere  di  andarvi  da  essi 
medesimi.  Nell'intervallo  dal  1854  al  4857,  questi  commis- 
sarii hanno  spedito,  in  numeri  rotondi,  30,000  emigranti 
maschi  e  50,000  femmine.  Il  governo  locale  è  ora  in  pos* 
sesso  della  rendita  delle  terre,  e  pareva  disposto  ad  impie* 
garla  saggiamente,  mettendo  a  profitto  le  lezioni  dell'espe- 
rienza. 

La  seconda  causa  è  stata  ed  è  ancora  la  differenza  di 
governo.  Gli  abitanti  della  Vittoria  possono  vantarsi  d'essere 
liberi  come  quelli  d'alcuna  comunità  della  terra;  essi  si  go« 

AfWAu.  Slaliatka^  voi.  XXii*  strie 5*  il 


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162 

vernano  da  loro  8te$si,  nel  solo  significato  della  parola  che 
abbia  un  valore,  cioè  ch'essi  fanno  le  loro  leggi  per  meno 
dei  loro  rappresentanti  e  che  essi  amministrano  le  proprie 
loro  finanze.  Ma  in  tutto  il  loro  periodo  di  prova ,  ed  àn- 
che  oggidì  essi  sono  stati  amministrati  da  fuiìzionarj  esecu- 
tivi, che  dipendono,  in  fine,  dal  popolo,  ma  che  non  sono 
eletti  direttamente  dal  popolo,  e  che  sono  per  consegoenza 
al  coperto  di  quel  disprezzo  che,  dappertutto  altro?e,  la 
moltitudine  mostra  cosi  capricciosamente  ai .  favoriti  effimeri 
venuti  dal .  bossolo  dello  scrutinio.  E  ciò  che  è  ancor  piò  im- 
portante si  è  che  tutti  i  giudici  sono  nominati,  secondo  Tao* 
fico  e  buon  metodo  europeo,  dall'autorità  esecutiva  supre- 
ma ,  per  tutta  la  vita ,  almeno  in  pratica.  Il  capo  del  go« 
verno  avendo  poco  potere  diretto,  ma  una  grand'influenu 
personale,  è  stato  il  rappresentante  della  madre  patria,  e  eo- 
rae  tale  al  di  sopra  delle  passioni  locali  e  della  eomunilL..; 
in  lontananza  si  è  sempre  scórta  l'ombra  della  corona.  Po^ 
se  sì  contesterà  l'efficacia  di  queste  cause;  ci  basti  di  eoa- 
statarne  con  confidenza  il  risultato.  —  La  più  giovane  di 
queste  due  sorelle  aurifere,  e  la  meno  favorita  sotto  il  rap- 
porto dei  vantaggi  naturali^  ha,  per  ora,  sorpassata  la  sua 
maggiore,  la  quale  ha  inalberato  i  principj  americani:  «  la- 
sciate fare  e  progredire  »,  e  pare  debba  mantenere  la  sua 
raperiorità.  {Edinburg  Review). 

in  appendice  al  fin  qui  detto  riprodurremo  dagli  Anna* 
k$  du  commerce  exìerieur  alcuni  interessanti  dati  statistici 
sul  momentaneo  movimento  delle  popolazioni  delle  mi- 
niere. 

<  La  California,  un  momento  spaventata  dal  rapido  spo- 
polamento che  s'operava  tanto  a  San  Francisco  che  nell'io- 
lerno,  daiTabbandono  delle  sue  miniere  e  delle  diverse  sue 
intraprese,  riprende  coraggio  vedendo  ritornare  coloro  che 
Y  avevano  abbandonata  cosi  imprudentemente.  Il  suo  eccel- 
lente clima,  rinesauribìle  fertilità  de!  mo  suo  suolo,  le  sue 


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46S 
miniere  d*oro,  di  mercurio,  di  carbone,  offrono  delle  risor- 
se che  non  sono  esaurite.  KW  inoootro ,  dopo  i  moki  mi- 
lioni di  dollari  estrani  dalla  sua  superficie  fin  dal  4849, 
oono  venuti  altri  milioni ,  ancor  più  numerosi  estratti  dai 
suoi  quarzi,  dai  suoi  tunnels,  dalle  sue  montagne,  dai  Ietti 
dei  suoi  fiumi,  col  mezzo  di  colossali  intraprese  che  non 
sono ,  al  dire  di  tutti ,  che  al  loro  principio  e  jiromettono 
abbondami  raccolti  a  più  generazioni  avvenire. 

«  Non  bisogna  che  gettare  un  occhio  sulla  cifra  delle 
spedizioni  d'oro  del  1858  per  convuiGersi  che  invece  di 
diminuire,  i  prodotti  auriferi  della  California  si  manten- 
gono ,  ed  anzi  vanno  aumentando.  Ecco  queste  cifre  pel  pe  - 
riodo  dal  5  genoajo  al  5  luglio  dell'anno  1858: 


Il    5  gennajo  1858  .    .     .    .  1,966,636  doli 

Il  20  >  ....  1,881,630 

Il    5  febbrajo 1,954,000 

Il  20       .  1,571,086 

Il    5  marzo 2;086,379 

Il  20      >  1,661,929 

Il     6  aprile 1,674,294 

II  20     .  1,947,784 

Il     5  maggio 1,912,879 

Il  20      »  1,879,672 

Il    5  giugno  • 1,236,062 

Il  20      •  ' 1,857,995 

Il     5  luglio 1,618,891 


lan 


23,250,487  dollari 
Quindi  in  franchi     125,551,010 


»  Non  bisogna  dimenticare  che  questi  23  milioni  1/2 
di  dollari  non  rappresentano  il  totale  vero. dell'oro  esporta* 
lo;  ma  solo  la  |iar4e  che  figura  oOiciahnente  più  manifesta. 
Se  si  calcola  tuuo   quello  che   resta  nel   paese  e  quello 


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464 

che  se  n'allonUDa  senza  dichiarazione,  si  arriverà  facil> 
mente  ad  una  cifra  di  450  milioni  di  franchi  come  risul- 
tato delle  operazioni  delle  miniere  della  California  durante 
il  periodo  di  sei  mesi  e  mezzo  che  sono  passati  dal  1.^  geo- 
najo  4858;  è  quindi  una  media  di  23,076,920  franchi  al 
mese. 

»  Bisogna,  gli  è  vero,  dire  che  il  lavoro  non  è  più  ciò 
eh* è  stato;  esso  è  divenuto  tanto  più  rozzo,  più  faticoso, 
quanto  più  si  è  discesi  dalla  super6cie  nella  profondità  del 
suolo.  Esso  ha  cessato  d'essere  alla  portata  di  tutti  per  pas- 
sare nel  dominio  esclusivo  delle  Compagnie  e  del  capiule, 
esigendo  forti  anticipazioni  onde  assicurare  il  successo  delle 
intraprese.  E  forse  è  appunto  ciò  che  ha  determinato  e 
precipitato  le  partenze  verso  il  Fraser;  v'ha  la  prospettiva 
di  ritornare  padroni  e  lavoratori  insieme ,  di  lavorare  per 
sé  direttameùte ,  di  estrarre  da  solo  il  profitto  del  caso ,  e 
di  realizzare  ciascuna  sera  il  beneficio  netto  della  (allea 
della  giornata  che  ha  agito  meno.  Ma  ora  che  le  aeque 
del  Frazer  tolgono  a  queste  legiuime  e  naturali  ambizioni 
i  tesori  da  tutti  sogtiati  ,  sarà  pur  necessario  che  quesii 
uomini  si  rassegnino  a  venire  a  ritrovare  il  cammino  dei 
vecchi  claimi  di  California  che  facevanli  vìvere  comoda- 
mente, e  ch'essi  hanno  troppo  presto  disdegnati. 


I  clomialt  presso  gU  imttoltl  Romani. 

(Ì^^W  Jrchiffio  ttarieo,  tom.  IX.  Firenze  1859). 


N 


el  1858  Vittorio  Le  Glerc  pubblicò  a  Parigi  una  Memoria, 
Sui  giùrnali  presio  i  Romani^  nella  quale  con  molta  uma- 
nità e  discorso  e  con  erudizione  squisita  trattò  la  questione 
di  ogni  sorta  di  atti  pubblici  a  Roma,  e  quindi  degli  atti 
diurni^  e  di  loro  forma  o  materia  e  vicende  e  importanza. 


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165 
Qoanto  alla  origine  egli  slima  probabile  che  i  giornali  co- 
minciassero tre  anni  dopo  la  cadula  di  Numanzia,  cioè  nel 
6SS,  quando  cessarono  gli  Annali  dti  pontefici;  congettura 
combattuta  da  altri,  i  quali  appoggiati  ad  uu  passo  di  Sve- 
tonio,  interpretato  in  modo  diverso»  riportano  al  primo  con^ 
solato  di  Cesare  la  prima  pubblicaiione  degli  atti  diurni. 

Più  recentemente  altri  scrissero  sullo  stesso  argomento 
in  Germania,  e  da  ultimo  usci  la  Memoria  del  Rensen,  nella 
qiiale  si  illustrano  di  nuovo  gli  aUi  diurni  del  popolo,  gli 
atti  del  senato,  gli  atti  militari,  gli  atti  forensi,  e  si  ricerca 
la  loro  forma  e  materia  e  valore,  usando  spasso  buona  cri* 
fica,  e  talvolta  combattendo  eon  ipotesi  non  meglio  fondate 
delle  ipotesi  antiche.  Del  che  basti  citare  un  esempio.  11  l^e 
Clero  pensò  e  fu  seguito  da  altri  in  questa  opinione,  che 
Cesare  facesse  pubblicare  gli  atti  del  senato  per  togliere  ai 
padri  il  prestigio  del  mistero  in  cui  si  avvolgevano,  e  per 
diminuire  la  loro  autorità  ai  cospetto  del  popolo.  Il  che  se- 
condo noi,  non  apparisce  inverisimile  e  si  accorda  benissimo 
colla  politica  e  cogli  intendimenti  dell'uomo  che  mirava  9 
distruggere  gli  ordini  antichi,  ed  a  recare  lutto  in  sua  mano. 
Ma  il  nostro  autore,  tenendosi  ad  avviso  contrario,  nega 
senz'altro  questa  spiegazione,  e  afferma  che  Cesare  fece 
pubblicare  gli  atti  senatoriali  pel  suo  amore  alle  lettere  e 
ai  monumenti. 

Per  ciò  che  spetta  alla  materia  di  cui  discorriamo  dagli 
sludii  antichi  e  recenti  risulta  chiaro  che  a  Roma,  negli 
ultimi  tempi  della  repubblica,  e  per  tutto  l'impero,  vi  erano 
giornali  che  in  alcune  parti  rassomigliavano  ai  giornali  mo- 
derni, e  con  veri  nomi  ehiamavansi  diurna  populi  romani^ 
dìuma  urbis  acta,  diurna  actarum  scriptura,  populi  diurna 
aeta,  diurni  eommenlarii,  eommentarH  rerum  urbanorum, 
aeta  rerum  urbanorum,  aeta  urbana,  urbiè  acta,  publica 
aeto,  e  anche  aeta  senz'altro.  Non  ne  rimane  alcun  brano 
ohe  ci  dia  precisameme  la  Ibrma  di  essi,  perchè  i  fram- 
menti che  si  riportano   fino  all'anno  585  di  Roma,  sono 


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evidentemente  un'  imposHira  di  qualche  erudito  del 
lo  XVI.  Ma  rrmangòno  molli  fatti  che  gli  scrittori  tolsero 
da  questi  giornali,  e  quindi  è  fidile  a?er  notizia  della  loro 
natura ,  delle  cose  che  raccontavano  al  pubblico ,  e  della 
fede  che  potevano  meritare  come  monumento  di  storia. 

Quando  la  potenza  romana  fu  molto  ampliata,  i  cittadini 
che  per  causa  di  affari  pubblici  o  privati  erano  eoatretti  a 
trattenersi  in  paesi  lontani,  si  ragguagliavano  delle  cose  di 
Roma  per  via  di  lettere,  le  quali,  istituitt  i  giornali,  erano 
per  lo  più  copie  o  estratti  di  essi.  Le  lettere  di  Cicerone 
e  quelle  a  lui  dirette  da  altri  ci  danno  per  più  anni  parec- 
chie delle  cose  contenute  in  questi  diarii,  i  quali  riporta- 
yano  i  senaticonsulti,  gli  editti  decretati  per  pubblica  auto- 
rità^ le  cose  forensi,  gli  intrighi  de*  comisii,  i  nomi  dei 
magistrati  designati,  i  processi,  le  ingiuste  assoluzioni  e  le 
fischiate  fatte  al  teatro  contro  gli  avvocati  dei  rei.  Delle 
cause  celebri  davano  notizie  più  particolareggiate;  sull'affare 
di  Milone,  Asconio  Pediano  trovò  nei  giornali  molti  fotti  con 
cui  potè  ijlostrar  Cicerone,  e  narrare  i  tumulti  del  tribu- 
nato di  Cìodio,  un  liberto  del  quale  assetò  Pompeo  i^  sua 
casa:  e  di  là  raccolse  i  particolari  sullo  scontro  a  Boville, 
sul  giorno  preciso  della  uccisione  di  Clodio,  sulle  agitazioni 
popolari  e  sui  discorsi  pronunziati  nel  iÒro  da  Sallustio  e 
da  Quinto  Pompeo,  tribuni  turbolenti  particolari  oeaiicldi 
Milone. 

Vi  erano  annunsii  deUe  morti  di  uomini  celebri,  fune- 
mlii  'miserie  e  ridteolezae  degli  uomini,  scandali,  chiacche- 
re,  aneddoti  di  teatro,  attori  fischiati,  avventure  galaoii, 
adulterii,  nozze,  divorzii,  descrizioni  di  giuochi  di  gladia- 
tori, notizie  di  ciò  che  accadeva  a  Roma  cfoi  giorno,  no- 
tizie di  guerra,  considerazioni  politiche:  laaciavasi  travedere 
che  Pompeo  mancava  di  spirito  e  Cesare  di  probità;  e  poi 
dicevano  dell'  Italia  invasa  dal  vincitore  delle  Gallio.  Aveva- 
no declamazioni  contro  i  visii  e  la  eornizioM  del  seeolo; 
dicevano  di  feste  roligiose,  di  dedicazioni  di  teiopli,  di  prò- 


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467 
<)igt  6  porieoti.  Flinio  trovò  nei  giornali  che  nel  710  erano 
piovuti  mattoni. 

Più  abbondanti  sono  i  ricordi  che  si  hanno  dai  giornali 
nei  tempi  dei  Cesari,  e  ci  sono  anch'  essi  teslimonii  dei  co- 
stumi del  tempo  e  di  queil*  obbrobrioso  servaggio*  Cresco- 
no  i  chiacchierìi  e  le  inezie  raccolte  per  (ar  ridere  il  po- 
polo servo  e  il  dispostismo  corrompe  la  pubblicità  a  suo 
profitto.  Cesare  ohe  sapeva  benissimo  volger  contro  la  li- 
berte  gli  strumenti  di  essa ,  usò  a  suo  aiuto  anche  i  giornali 
senza  curare  di  verità  o  di  menzogna  e  fece  scrìvere  che 
Marco  Antonio  volle  deferirgli  per  ordine  del  popolo  la  pò- 
testa  regia,  e  che  egli  non  l'aveva  accettata.  Augusto  che 
pacificò  con  la  libertà  anche  V  eloquenza  e  la  stona  e  lasciò 
scrivere  solo  chi  scriveva  per  lui ,  mentre  vietava  la  pubbli- 
cazione degli  atti  del  senato,  tollerò  i  giornali,  ma  sottomet- 
tendoli a  rigorosa  censura^  la  quale  dorò  sotto  Tiberio  come 
sotto  gli  altri  tiranni.  E  quindi  Petronio  ne  fa  la  parodia 
riferendo  alla  forma  e  nello  stile  dei  giornali  che  nel  pre- 
dìo  Cumano  di  Trìmalcione  sono  nati  11  35  di  luglio  80 
bambini  e  40  bambine;  ehe  sono  state  messe  nel  graoajo 
500  mila  moggia  di  grano;  che  si  domarono  90  bovi; 
che  fu  posto  in  servo  Mitridate  per  aver  bestemmialo  il  genio 
di  Cajo,  che  si  riposero  io  cassa  400  mila  sesterzii  non  po- 
tuti impiegare,  e  che  nello  stesso  giorno  vi  fu  incendio  ne- 
gli orti  pompeiani. 

Quando  tutto  è  in  mano  di  un  solo ,  i  giornali  narrano 
le  cose  della  reggia  e  le  presentazioni  di  corte.  Livia  vi 
fece  annunziare  i  nomi  dei  senatori  e  dei  cittadini  che  ave- 
vano chiesto  di  essere  ammessi  a  salutarla;  il  che  ripelè 
poscia  Agrìppina.  Tiberio  tiranno  più  raffinato,  ne  abusò  tur* 
pemente;  faceva  metter^  nei  giornali  articoli  contro  sé  stesso 
e  divulgava  non  salo  le  cose  che*  altri  avesse  detto  ia  se- 
greto contro  di  lui ,  ma  ne*  aggiungeva  altre  di  sua  in- 
venzione per  trarne  poscia  pretesto  a  vendette;  e  mosso 
d' invidia  vietò  che  si  scrivesse  nei  giornali  il  nome  di  un  fa- 


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468 

moso  architetto  che  cod  mirabile  arte  ateva  rialtato  uo 
portico  cadente.  Domiziano  vietò  di  scrivere  nei  gioraaii 
ciò  che  a  luì  non  piaceva,  e  peggio  di  tutti  fa  Comodo>il 
quale  amando  anche  la  celebrità  e  lo  scandalo  che  gli  ve- 
niva dalle  turpitudini ,  volle  si  pubblicassero  tutte  le  sue  cru- 
deltà ,  tutte  le  sue  prove  di  gladiatore ,  tutte  le  sue  in- 
famie. 

Ora  si  divulgavano  i  rescritti ,  le  costituzioni,  gli  editti,  le 
opere  edilizie  dei  principi,  le  loro  orazioni,  e  le  vili  accla- 
mazioni dai  senatori  ripetute  cinque  volte,  dieci  e  venti 
volte,  e  che  sono  le  pagine  le  più  vergognose  della  storit 
romana;  le  proposizioni  dei  templi  a  Nerone,  l'apoteosi  di 
Claudio,  il  titolo  di  Nume  a  Domiziano:  le  quali  cose  sta- 
vano ora  in  luogo  dei  liberi  suffragi  con  cui  sotto  la  Re- 
pubblica si  designavano  i  magistrati.  Del  servo  senato  regi- 
stravansi  anche  le  sentenze  e  i  discorsi,  e  nelle  provincie, 
secondo  la  testimonianza  di  Tacilo,  si  leggevano  gli  atti  per 
conoscere  il  contegno  di  Trasea,  mentre  tutti  i  senatori  adu- 
lavano e  plaudivano  alle  crudeli  follie  di  Nerone;  e  ciò  che 
Trasea  non  aveva  fatto,  ora  come  oggi  direbbesi  l' avveni- 
mento del  giorno. 

largo  spazio  vi  occupavano  le  varietà,  i  portenti,  le  fa- 
vole ,  i  fatti  memorabili.  Neil'  aimo  800  sotto  le  censure  di 
Claudio,  i  giornali  annunziarono  che  fu  portata  a  Roma  la 
fenice  ed  esposta  nel  Comizio.  Plinio  vi  lesse  che  agli  14 
aprile  del  718,  nel  duodecimo  consolato  di  Augusto,  un  Cri- 
spino llaro  di  onesta  famiglia  plebea  di  Priesole  venne  a 
sagrificare  in  gran  pompa  nel  tempio  di  Giove  Capitolino 
accompagnato  da  7  figli  e  due  figlie,  da  27  nipoti,  da  8  oh 
poti  femmine,  e  da  S7  pronipoti.  Vi  lesse  anche  h  storia 
del  cocchiere  della  fazione  rossa  messo  sul  rogo,  e  il  fatto 
singolare  occorso  nella  condanna  capitale  di  Tizio  Sabino; 
come  egli  fu  condannato  a  morte  eoi  servi ,  iì  cane  di  uno 
di  essi  lo  seguì  alla  prigione,  alle  gemonìe,  e  fino  al  Teve- 
re, ove  fece  ogni  sforzo  per  sostenere  sull'acqua,  il  corpo 
del  suo  padrone. 


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169 
Svetonio  che  miolto  si  dilettava  della  storia  aneddotica 
svolse  mollo  i  diarii  e  in  essi  trovò  il  di  natalizio  di  Tiberio 
e  il  Idogo  in  cui  nacque  Caligola,  e  cita  a  proposito  delle* 
sue  nuove  lettere  introdotte  da  Claudio  neir  alfabeto  latino 
e  poscia  morte  con  lui.  Tacito,  che  ricorda  come  nei  gior- 
nali si  lodassero  gli  edifizii  e  nominatamente  V  anfiteatro  co^ 
strutto  da  Nerone  nel  campo  Marzio,  trovò  in  essi  doeumenti 
sul  Tunerale  di  Germanico,  e  i  nomi  di  quelli  che  v'inter- 
vennero: e  Giovenale  ne  attesta  che  vi  si  scrivevano  i  nomi 
dei  nati,  e  vi  si  pubblicavano  le  nozze. 

Gli  atti  diurni  si  perpetuarono  sino  alla  (ine  dell' impero, 
e  nel  codice  Teodosiano  si  ha  quasi  il  nome  di  giornalista 
nella  parola  diurnarius;  ma  poco  sappiamo  della  pubblica- 
zione e  della  forma  di  essi,  malgrado  le  ricerche  fatte  dal 
Renssen  nella  sua  accurata  ed  erudiu  Memoria.  La  cura  de- 
gli atti  è  noto  che  fu  affidata  ai  questori  e  poi  ai  prefetti 
dell'  erario.  È  molto  probabile  che  i  giornali  non  si  pubbli- 
cassero prima  di  avere  avuto  l'approvazione  del  principe; 
ciò  voleva  il  dispotismo  imperiale.  Si  scrivevano  in  parta, 
e  vi  erano  in  Roma  persone  ehh  vivevano  di.  questa  fac- 
cenda. Si  esponevano  non  si  sa  se  per  uno  o  più  giorni  :  ognuno 
poteva  leggerli  e  copiarli  ed  in  tal  modo  i  presenti  e  gli  as- 
senti delle  Provincie  e  gli  eserciti  avevano  notizia  delle  cose 
di  Roma.  Pare  che  poi  si  portassero  netl'  erario,  e  nelle  bi- 
blioteche. 

Sulla  forma  esterna  e  sulla  dettatura  di  essi  non  havvi 
memoria.  Solo  Quintiliano  si  lamenta  che  anche  i  giornali 
attestassero  della  corruzione  della  lingua.  Ad  essi  attinsero 
notizie  Tacito,  Svetonio,  Plinio  e  i  successivi  scrittori  delle 
vicende  romane;  e  qoamunque  abusati  e  corrotti  dal  dispo- 
seismo,  per  ciò  che  spetta  ai  luoghi  dei  fatti ,  alle  date  ed 
a  parecchie  particolarili  delle  cose  giornaliere  di  Roma  si 
tennero  come  uno  dei  fonti  della  storia  imperiale. 

Atto  Vann^cci. 


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Goógle 


170 

|i»lMle«-ec«ii«ailcltei   del  conte  CJkMKUM 

BBIVSe  DI  CAVeUBt  preiidente  M  Consiglio  dei 
ministri  di  S.  JU.  il  re  di  Sardegna.  Dispensa  Y  ed 
ultima.  Cuneo  1857-58.  Un  mi  in-S.^  di  pag.  707. 


N 


oi  potemmo  annunxiare  soltanto  i  primi  fascicoli  di  que- 
sta interessante  raccolta  degli  scritti  del  ministro  Cavour» 
avendo  la  eensara  austriaca,  ad  onta  della  proclamala  li- 
berti della  stampa ,  assolutamente  interdetta  l' introduzione 
degli  ultimi  fascicoli  dell* operai  perchò  contenevano  alcuni 
scritti  politici  di  questo  illustre  reggitore  della  cosa  pubblica 
italiana. 

Noi  ci  riserviamo  di  pubblicare  uno  speciale  articolo 
analitico  su  questa  preziosa  raccolta,  ed  intanto  ci  piaee  di 
render  conio  della  biografia  del  conte  di  Cavour  con  coi  si 
dà  compimento  al  volume. 

Camillo  Benso  di  Cavour  nacque  il  40  agosto  delPanno 
1810  da  un'amica  famiglia  patrizia  che  conta  nomi  illustri 
sino  dal  tempo  in  cui  agltavansi  nell'alta  Italia  quelle  ter- 
ribili guerre  che  segnavano  colla  Pace  di  Costanza  Tera 
gloriosa  deiremancipazione  dei  Comuni  italiani. 

Il  giovine  Camillo  era  sino  dai  suoi  primi  anni  edueato 
alla  vita  militare  neirAccademia  di  Torino  da  cui  usciva  col 
grado  di  luogotenente  nel  Genio.  L'illustre  Plana  che  fa  imo 
dei  suoi  educatori  e  maestri  lo  stimava  altamente  come  uno 
dei  suoi  più  valenti  allievi  negli  studj  matematici.  Deside^ 
roso  di  conoscere  l'Europa  e  di  erudirsi  negli  studj  proprj 
della  scienza  dell'uomo  di  Stato,  recossi  il  giovine  Cavour 
in  Francia  e  nell'Inghilterra  ove  studiò  quelle  mirabili  isti- 
tuzioni politiche,  e  con  quella  coscienziosa  assennatezn  ehe 
è  tnita  propria  dei  forti  ingegni  italiani  si  pose  a  far  te- 
foro  delle  più  splendide  applicazioni  della  scienza  al  ci- 
vile regimei  Mentre  altri  suoi  concittadini  si  accontentavano 
di  apprendere  dagli  inglesi  l'arte  di  far  scommesse  alle  cor- 


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171 

se  dei  t^vMì,  egli  invece  si  dediesra  alle  indagini  più  ar- 
due della  scienza  che  insegna  a  condurre  i  popoli  al  vero 
benessere.  Egli  scrisse  durante  il  suo  soggiorno  in  Inghil- 
terra alcuni  splendidi  articoli  nella  Biblioteca  universale  di 
Ginevra  sulla  condizione  dell'Irlanda,  sullo  sviluppo  da  darsi 
alle  ferrovie,  e  confutò  ben  anco  gli  errori  dei  eomunisti. 
I  nostri  Annali  di  Statistica  furono  i  primi  a  raccogliere 
quei  stupendi  scritti  e  fu  per  noi  un  onore  di  trovare  fra 
i  nostri  collaboratori  anche  il  nome  carissimo  di  Cavour. 

Ritornato  in  patria,  in  un  momento  in  cui  non  era  an- 
cor sorto  il  primo  crepuscolo  della  rigenerazione  italiana, 
si  accinse  il  Cavour  ad  introdurre  quelle  istituzioni  che  ten- 
dono ad  associare  gli  uomini  di  buona  volontà  in  una 
concorde  famiglia  per  promuovere  il  pubblico  bene  e  fu 
uno  dei  primi  fondatori  delPAssociazione  agraria  piemo|nte- 
se.  In  pari  tempo  si  consacrò  ai  lavori  accuratissimi  della . 
Commissione  superiore  di  statistica,  afBnchè  il  paese  po- 
tesse un  pò  alla  volta  conoscere  sé  stesso  e  le  proprie 
forze. 

Accortosi  che  la  pubblicith  era  I*  unico  mezzo  per  far 
sorgere  a  nuova  vita  il  paese  pensò  sulla  fine  dell'  anno 
4847  a  fondare  un  giornale  politico  quotidiano  a  cui  diede 
il  titolo  abbastanza  felice  di  Risorgimento^  per  mostrare  al- 
r  Italia  che  era  giunta  oramai  l'ora  del  suo  riscatto.  E  Ca- 
vour medesimo  la  anticipava  nella  memoranda  notte  del  7 
gennajo  dìei  4848  «  allorché  proponeva  un  indirizzo  al  re 
Carlo  Alberto,  di  gloriosa  ricordanza,  perchè  avesse  a  con- 
cedere al  paese  le  franchigie  dello  Statuto. 

Un  mese  dopo  lo  Stato  sardo  godeva  i  beneficj  della 
vita  parlamentaria,  e  Cavour  chiamato  a  «edere  nel  primo 
Parlamento  italiano,  concorreva  a  compilare  la  legge  eletto* 
rale  che  tuttora  vige  e  che  col  fette  ha  mostrata  1'  intrin- 
eeea  sua  bontà.  Appena  il  Parlamento  ebbe  nel  proprio 
grembo  il  Cavour  si  accorse  tosto  della  fòrza  mirabile  del 
suo  ingegno,  che  in  ogni  ramo  di  legislazione  era  versatis- 


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Simo  e  ncU^afdua  scienza  delle  finanze  più  che  oratore  era 

maestro. 

Nei  momenti  più  terribili  dell'  anno  1849  quando  era 
prossima  la  rottura  della  tregua  coli' Austria  egli  scriveva 
all'  ambasciador  sardo  a  Parigi  che  preferiva  di  essere  in« 
ghiottito  nella  caustrofe  italiana,  se  tale  era  la  volontà  di 
Dio,  piuttosto  che  laMsiar  torturare  dal  vandalismo  austriaco 
quella  nobii  parte  d'Italia  che  coll'atto  della  fusione  si  era 
spontaneamente  aggregata  alla  Sardegna.  Ma  pur  troppo  la 
catastrofe  avvenne  e  la  disfatta  di  Novara  fece  per  alcun 
tempo  tacere  la  voce  dell'italica  redenzione. 

Cavour  però  non  era  uomo  da  sbigottirsi  né  da  indie- 
treggiare. Costretto  dalla  prepotenza  dei  fatti  compiuti  a 
non  poter  trasportare  le  sue  magnanime  aspirazioni  al  di 
là  della  sarda  frontiera,  egli  si  consacrò  tutto  quanto  all'e- 
mancipazione interna  del  suo  paese.  Due  dolorose  reliquie 
erano  rimaste  dell'antico  regime  semifeudale  del  vecchia 
Piemonte,  la  cleroerazia  resa  onnipotente,  ed  il  sistema  di 
privilegio  in  ogni  economica  istituzione.  A  distruggere  la 
prima  si  associò  Cavour  alle  nobili  fatiche  del  suo  collega 
ed  amico  Siccardi  e  concorse  con  cittadino  coraggio  all'a- 
bolizione del  foro  ecclesiastico,  ed  alla  successiva  abolizione 
di  corporazioni  religiose  per  nulla  utili  allo  Stato. 

Questa  prima  emancipazione  costò  a  Cavour  ed  a'  suoi 
amici  gravissime  molestie,  ma  valse  a  dare  al  paese  la  li- 
bertà dell'anima,  senza  rinunziare  al  tesoro  della  fede  e 
delle  cattoliche  discipline.  Per  1'  emancipazione  economica 
ebbe  Cavour  il  buon  senno  di  procedere  graduatamente,  e 
con  provvido  successo.  Il  Piemonte  non  conosceva  per  anco 
che  pochi  fra  i  beneficj  della  libertà  economica  interna.  Ca- 
vour seppe  concedergli  un  pò  alla  volta  questi  beneficj  che 
il  popolo  per  solito  disconosce,  gridando,  come  al  tempq  di 
Dante,  viva  la  mia  morie  e  muoja  la  mia  vita!  Correvano 
tempi  di  carestia;  e  in  mezzo  a  questi  seppe  (^vour  iniro* 
durre  il  libero  commercio  dei  grani,  mentre  tutti  gli  alirt 


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priDcipi  italiani  cliiudevano  le  frontiere,  e  per  isramare  le 
popolaxioni  famelielie  le  affamayano  magistralmente.  Genova 
divenne  l'emporio  dei  grani  esteri,  e  mentre  si  stentava  in 
o^ni  altra  regione  italiana,  lo  Stato  sardo  aveva  per  tutto  il 
suo  popolo  la  eopia  del  pane  quotidiano  e  poteva  mandarne 
anche  ali*estero.  E  perchè  il  pane  fosse  liberamente  venduto 
tolse  Cavour  i  vincoli  dei  calmieri  e  fece  cessare  la  priva- 
tiva della  macina.  A  far  fiorire  le  industrie  fece  un  pò  alla 
volta  abolire  anche  gli  ultimi  avanzi  delle  vecchie  maestran- 
ze e  vi  l^ce  sostituire  le  associazioni  di  mutuo  soccorso  per 
gli  operai. 

Emancipate  le  forze  produttive  interne  del  paese  pensò 
Cavour  a  trovar  nuovi  sbocchi  anche  airestero  e  fece  con- 
cliiudere  trattati  internazionali  di  commercio-  colla  Francia, 
coir  Inghilterra  e  col  Belgio,  appoggiandosi  piò  che  poteva 
dlla  dottrina  del  libero  scambio. 

Conoscitore  profondo  della  scienza  finanziera  seppe  gio- 
varsi dei  validi  ajuli  che  può  prestare  il  credito  pubblico  e 
per  anticipare  al  suo  paese  i  grandiosi  beneficj  delle  strade 
ferrate  che  ormai  s'intrecciano  a  rete  pel  suolo  sardo  pro- 
mosse all'opportunità  dei  pubblici  prestiti  che  furono  sem- 
pre contratti  a  condizioni  abbastanza  prospere.  I  pusillanimi 
gridavano  all'  espilazione  della  pubblica  fortuna ,  temendo 
che  le  forze  dell'erario  si  andassero  ad  esaurire  per  uno 
Stato  di  cinque  milioni  di  abitanti  ;  ma  Cavour  con  una  pe- 
netrazione politica  tutta  sua  propria  pensava  a  dare  al  suo 
paese  un  avvenire  più  splendido.  Egli  si  ricordava  dei  fatti 
del  4848  e  pel  magnanimo  suo  cuore  e  per  quello  del  re 
galantuomo  (giacché  non  possiamo  con  altro  titolo  nomi- 
nare il  re  Emanuele),  la  famiglia  sarda  non  era  che  una 
parte  preriosa  della  grande  famiglia  italiana.  Cavour  volle 
che  l'esercito  sardo,  come  la  vanguardia  dell'esercito  italico 
facesse  di  nuovo  le  tue  nobili  prove  di  valore  su  quei 
campì  gloriosi  ove  combattevano  tre  grandi  nazioni,  la  fran- 
cese, l'inglese  e  la  russa.  AI  26  gcnnajo  dell'anno  4855  il 


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Piemonte  stipulaTa  eolia  Francia  e  la  Gran  Bretagot  un 
Tratuto  per  inviare  in  Crimea  quindici  mila  soldati.  I  pur 
sillanimi  temettero  anche  questa  volta  che  i  sagrificj  della 
Sardegna  andassero  perduti  per  la  causa  italiana ,  ma  Ca- 
vour stette  fermo  e  l' italico  vessillo  sventolò  su  gli  aridi 
piani  della  Crimea  dove  i  liguri  avevano  piantato  pei  primi 
io  stendardo  di  Genova. 

La  presa  di  Sebastopoli  condusse  alla  pace,  e  nelle  con- 
ferente internazionali  di  Parigi,  il  ministro  Cavour  potè  per 
la  prima  volta  parlare  dell'  italiana  famiglia.  Le  sue  parole 
suonarono  ahe  e  dignitose  e  chi  rappresentava  1*  Austria 
non  potè  a  meno  di  risentirsene.  Ma  la  voce  di  Cavour  era 
la  voce  di  tutto  un  popolo  che  aspirava  al  Onale  suo  ri* 
scatto,  e  benché  squarciato  e  diviso  eccbeggiò  di  tutto  gau- 
dio ed  in  meuo  a  mille  pericoli  fece  giungere  fino  a  To- 
rino r  espressione  unanime  della  nazionale  riconoscenza. 

DalFanno  1856  in  cui  fu  segnata  la  pace  di  Parigi  sino 
ud  ora  non  scorsero  che  tre  anni,  e  la  costanza  di  Cavour 
e  del  suo  re  valse  a  muovere  1*  animo  grandissimo  di  Na- 
poleone 111,  che  fece  sua  la  causa  degli  italiani,  e  col  brac< 
do  potente  della  valorosissima  Francia  trasse  di  bel  nuovo 
a  «combattere  neiralla  Italia  ove  Napoleone  1  trovò  il  primo 
campo  della  sua  gloria.  Ma  la  gloria  del  nuovo  Napoleone 
è  ancor  più  fulgida  delKanticd  perchè  non  aspira  a  conqui- 
ste, ma  al  riscatto  di  un'intera  popolazione. 

Frammezzo  alle  voci  di  benedizione  e  di  plauso  che  si 
levano  da  tutte  parti,  il  nome  di  Cavour  è  salutalo  con  Ce- 
sta, e  noi  ci  riserviamo  di  parlare  delle  sue  opere  ad  animo 
più  riposato. 


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GEOGRAFIA    E    VIAGGI. 


liC  cMite  del  Mar 

//  Yem9n. 

1  Romani  designa  vano  (come  ora  lo  chiamano  gritaliani)  col 
nome  d'Arabia  felice  qnella  parte  della  penisola  araba  che 
è  al  sud  deir  Egiaz  e  che  gli  scriuori  orientali  chiamano 
pure  la  perla  del  Mar  Rosso;  né  è  senza  ragione  l'applica- 
ziooe  dì  tali  caratteristiche  qualificazioni  ad  *  una  regione 
tanto  riccamente  dotata  dalla  natura. 

In  fatto  la  ricchezza  dello  Yemen  è  straordinaria. 

Nelle  interne  piaggio  montuose  si  raccolgono  in  quantità 
immense  il  miglior  caffo  del  mondo,  Tincenso  e  legno  d'a- 
loe della  migliore  qualità. 

11  caffè  fu  per  la  prima  volta  recato  in  Turchia  nel 
4554,  come  lo  fu  nel  4600  a  Marsiglia  ed  a  Venezia,  da 
dove  si  sparse  nel  rimanente  d'Europa.  L'uso  se  ne  estende 
ogni  giorno  più.  Alla  metà  del  XVII  secolo  l'isloriografo  turco 
Hadji  Khalfa  ne  valutava  l'esportazione  annua  a  80,000  balle 
di  40  faraslé  (200  libbre),  di  cui  40,000  ne  passavano  per 
Gedda  ed  il  rimanente  per  Bassora.  Se  una  tale  valutazione 
è  esatta  la  produzione  del  caffè  nello  Yemen  ha  solamente 
raddoppiato  nei  decorsi  200  anni ,  1'  esportazione  totale  di 
un  tale  prezioso  articolo  essendo  oggi  di  circa  4,562,000 
faraslé n  che  attualmente,  come  allora,  posti  in  balle  da 
40  faraslé  per  ognuna,  sono  esportate  per  un  terzo  da  Ged- 
da e  per  i  due  altri  terzi  da  Hodeida,  Lohela  e  Aden,  da 
dove  passano  in  Inghilterra  e  in  America. 

La  indicata  esportazione  calcolata  a  due  talleri  per  fa* 
raslé^  come  prezzo  adequato,  rappresenta  un  valore  totale 
di  talleri  3 jìZifiOOj  ossia  al  di  là  di  43  milioni  di  franchi. 

Le  qualità  più  ricercate  sono  quelle  di  KaouKaban« 
di  Djébel  Daràn ,  dì  Diébel  Rema ,  d' EI-Molk-hadère  di 
Cbibàm. 

La  produzione  potrebbe  essere  ancora  più  grande,  avuto 
riguardo  alla  popolazione  del  paese  produttore,  se  le  strade 
fossero  più  sicure  e  l'amministrazione  fosse  più  forte  e  meno 
avida. 


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L*uso  del  caflè  (io  decozione  dei  graoi  abbrustoliti  e 
macioati^  è  sconosciuto  nello  Yemen  e  negli  Stati  i  dì  cui 
abitanti  bevono  soltanto  una  infusione  nell'acqua  bollente 
della  polpa  del  seme  non  abbrustolito,  la  qual  bevanda  chia- 
mano ghisehr. 

II  grano  e  la  robbia  vegetano  abbondantemente  negli 
alti-piani  delFinterno. 

L'indaco^  il  cotone  e  il  sesamo  riescono  benissimo  sol 
litorale  (le  Téhama),  e  una  intelligente  amministrazione 
potrebbe  fame  una  sorgente  inesauribile  di  benessere  pel 
paese. 

A  Drébémi ,  a  Beit-el-Fakih  «e  a  Zébid  vi  sono  ulune 
manifatture  in  cui  si  fabbricano  dei  foutas  (tele  da  testa) 
e  dei  rédifs,  che  sono  pezzi  di  lana  di  cui  gli  abitanti  ne 
portaho  uno  il  giorno  sulle  braccia  e  del  quale  se  ne  ser- 
vono la  notte  per  coperta, 

A.  Zébid  si  confeziona  una  grande  quantità  di  nahkil 
(sandali  in  cuojo  di  bove)  per  uso  deirHediaz,  dello  Ye- 
men e  deirAbissinia. 

Un^altra  industria  molto  sparsa  nello  Yemen  è  quello  di 
tingere  in  azzurro  certe  particolari  stoffe  di  lana  bianca  ini- 
portate  dall'India  e  dairinirhilterra. 

Zébid  e  Beit-el-Fakih  forniscono  pure  a  tutte  le  contrt- 
de  litorali  del  Mar  Rosso  dei  graziosissimi  milayéif^  come  si 
'  chiamano  i  fazzoletti  turchini  per  le  donne  e  delle  camicie 
egualmente  ricercate. 

La  divisione  politica  del  paese  comprende  tre  principali 
circoscrizioni,  il  regno  d*Assyr,  Abou-Arih  e  il  territorio  del* 
r  Imam  di  Suna.  La  zona  litorale  nel  4849  ricadde  sotto 
Tamministrazione  turca. 

Il  totale  dei  differenti  diritti  percepiti  nei  porti  forma 
una  rendita  annua  di  circa  450,000  ialterù  480,000  impor- 
tando le  spese  d*amministrazione.  L' eccedente  va  a  Gedda 
per  coprire  le  spese  amministrative  dell'Hediaz. 

Il  commercio  dello  Yemen  si  fa  per  i  porti  di  Djizào, 
di  Loheia,  di  Hodelda,  di  Moka  e  d*Aden. 

Non  è  possibile,  in  causa  della  completa  mancanza  di  ne- 
gozianti europei ,  di  presentare  dei  dati  numerici  esatti  e 
precisi  sul  movimento  di  quei  porli. 


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lOLLCTTmO   DI   ?IOTlZie   STATISTICHE   ITALIANE   E   STBARIEBI 

E   DELLE   Pili   IMPORTANTI   IKVEl^ZlOIII   E   SCOPERTE 

0 

PROGRESSO  DELL'  INDUSTRIA 

I 

DELLE    UTILI    COGNIZIO^TI. 


Fasocolo  di  Maggio  1869. 

NOTIZIE    ITALIANE 

— OOO — 

•taiUitlM  dcU^  arte  UpiigvaflM  In  Italia. 


N 


^li  studj  da  noi  pubblicati  nello  scorso  anno  sall'al- 
tuale  condizione  della  proprietà  letteraria  in  Italia  abbiamo 
di  volo  accennato  il  pessimo  stato  del  commercio  librario 
italiano  e  le  nuove  istituzioni  giuridiche  reclamate  dai  buoni 
pel  suo  risorgimento.  Ora  ci  è  caro  di  riprodurre  dall' ot- 
tima Rivista  Contepiporanea  di  Torino  un  accurato  lavoro 
statistico  del  dottor  Maestri  in  cui  si  fa  conoscere  il  vero 
stato  della  produttività  tipografica  italiana.  Questa  Memoria» 
che  contiene  preziose  notizie,  è  importantissima  in  questo 
supremo  momento  in  cui  i  destini  di  questo  addolorato 
paese  stanno  per  essere  gloriosamente  decisi. 

*    Le  Cartiere  in  Italia. 

Vuso  del  papiro,  fabbricato  in  Egitto,  cessò  in   Europa 
allorché  le  relazioni  commerciali  di  Venezia,  Napoli,  Sicilia 
AmAu.  StatieUca,  voi.  XXil,  eerie  S/  13 


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vi  introdussero  la  carta  di  cotone,  della  quale  senrinai 
r  Oriente.  Pia  dai  primordii  del  secolo  XIV  esistevano  a 
Fabriano  nel  Piceno,  e  a  Colle  in  Toscana,  fabbriche  di 
carta,  che  avevano  T  acqua  a  forza  motrice.  Si  è  dalla  ma- 
nifattìira  di  Fabriano  che  Bodoni  ticava,  verso  la  fine  del 
secolo  scorso,  le  sue  belle  edizioni.  Quest'industria,  come 
vedremo,  si  mantiene,  anche  oggi,  colà  floridissima,  sicché 
la  carta  che  se  ne  trae  ebbe  premii  alle  grandi  esposizioni 
industriali  di  Londra  e  dì  Parigi. 

Le  condizioni  attuali  del  cartifizio  nei  vari!  stati  d*  lulia 
poono  riassumersi  nelle  cifre  seguenti: 

etnei       Carta    Prodotto     Fatare 
Cor-  impiegati  dei 

tiere    Operai    q.  m.      risme    quifU.  m.    prodoìU 

SUti  Sardi  43      3,299    88,500    890,000    66,0i3    6,3793<0 

Lombardia  90 
Regno   delle 

Due  Sicilie  18 

Toscana  36 

Stati  romani  70 
Modena 


2,000  70,000  650,000      —  4,500,000 

3,100  34,000        —        23,000  3,000,000 

2,01)0  46,272      19,000       —  2,180,000 

1,500  18,645      16,666    12,407  1,776^10 


16         200      2,034        1,700      I,4i3    1,490^000 


I  tini  degli  Stati  sardi  sono  276,  e  le  macchine  che 
servono  le  cartiere  14.  L'annuo  prodotto  della  carta  da 
stampa  e  dn  sorivere  colorata  fina  può  valutarsi  a  389,270 
miriagram'Tii;  quello  della  carta  colorata  da  imballaggio  a 
270,864  miriagrammi.  La  produzione  totale  della  carta,  che 
ammonta  quindi  a  66,015  q.  m. ,  è  aumentata  da  quel 
eh*  era  nel  1845  del  28  per  100.  Tale  incremento,  che  non 
ebbe  per  conseguenza  di  ridurre  le  importazioni  dell'estero 
di  que5t*ariioolo,  poiché,  come  vedremo,  anch' esse  subirono 
una  sensìbile  aumentazione,  si  spiega  dallo  sviluppo  verifi- 
catosi ncir  istruzione  popolare,  dai  rapporti  economici  mol- 


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tiplieati,  sdpfaliiUo  dopo  la  riduzione  della  ìoriffa  postale, 
dal  prìncipto  di  libertà,  ehe  ha  Tatto  del  Piemonte  il  oentro 
più  brillante  dell'intelligenza  italiana.  I  soli  giornali  poUtiei 
assorbono  S70  mila  ehilogr.  oirea  di  earta  air  anno. 

La  febbricazione  indigena  basta  al  eonsumo  della  q«ast 
totalità  della  carta  che  serve  agli  usi  più  importanti  e  gè*- 
nerali.  Per  questa  qualità  di  carta  anzi  btorasi,  principal- 
mente dalle  cartiere  liguri ,  anche  per  1*  esportazione.  La 
carta,  detta  di  Genova,  fabbricata  nei  dintorni  di  quella  citair^ 
godette  per  l' addietro  di  molto  credito  in  Inghilterra,  poiché 
risulla  da  utia  petizione  diretta ,  sotto  la  regina  Anna ,  dai 
fabbricatori  di  earte  da  giuoco  atta  damerà  dei  Comuni,  che 
il  loro  consumo  per  quella  lavorazione  sommava  a  40  mila 
risme  di  carta  bianda  di  Genova.  La  carta  ivi  prodotta  in- 
laui  per  la  sua  cedevolezza  e  insieaie  per  la  sua  solidità 
conviene  meglio  d'ogni  altra  alla  confezione  delle  carte  da 
giuoco*  L' esportazione  invece  che  ai  fa  in  oggi  da  questa 
stessa  piazza,  sempre  con  bandiera  nazionale,  e  piuttosto  su 
larga  scala,  è  diretta  pel  Messicot  1^  Pl&^  >'  Perù,  le  Re- 
pubbliche centrali  deir  America  ed  in  più  piccola  quantità 
anche  pel  Levante,  la  Spagna,  il  Portogallo,  i  quali  pacai 
si  servono  della  nostra  carta  quasi  esclusivamente  a  formare 
i  loro  eigaritos.  Alimentano  questo  traffico  le  fabbriche  li* 
guri,  che  trovansi  pressoché  tutte  nel  territorio  di  Veltri  e 
sue  adiacenze,  e  che  dispongono  della  metà  quasi  dei  tini 
degli  Stati  sardi»  contandosene,  lungo  i  torrenti  Lerisa  e 
Cerosa,  fino  a  104,  eoa  un  consumo  di  30,800  q.  m.  di 
cenci  ed  un  prodotto  di  44,560  q.  m.  di  carta,  pel  valore 
di  4,638,000  fr. 

Un  altro  genere  eho  pure  esportasi  per  l' America,  nella 
quantità  di  400  mila  ehilogr.  e  pel  valore  di  circa  Ì00 
mila  franchi,  é  la  carta  straccia  da  imballaggio,  della  quale 
esistono  60  fabbriche  circa,  sempre  nel  borgo  di  Veltri,  io 
riviere  di  Genova.  Ivi  trovansi  due  cartiere  meceasichc,  sic- 
come una  terza  ne  esiste,  dello  stesso  genere,  a  Pegli. 


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480 

Come  abbiamo  visto»  b  Lombardia  conia  90  fabbricbe 
dì  caru,  eoo  S70  lini.  Esse  sommioislrano  lavoro  a  circa  9 
mila  persone»  cioè  900  nomini,  900  donne»  e  900  ragani 
d'ambo  i  aessi*  La  mercede  der  primi  è  di  4  Tr.  e  5  eent. 
al  |;iomo.  Le  cartiere  lombarde  sono  quasi  tutte  a  mano.  1 
'soli  stabilimenti  meccanici  ponno  dirsi:  quello  di  Briosce, 
nel  distretto  di  Carato»  che  ha  aperto  da  poco  tempo  ona 
febbrica  a  macchina»  i  cui  prodotti  si  limitano  tuttavia  a 
carta  d'impacco  edeste  e  grezza  ed  a  poca  carta^>^dinaria; 
Io  stabilimento  di  Besozso,  dotato  pnre  di  una  macchina»  è 
simile  al  precedente  per  le  qualità  di  sua  produzione.  Nel 
4854  cotesta  fobbrica  potè  [accrescere  i  propri  mezzi  ed 
ampliare  il  lavoro,  sicché  in  oggi  produce  anche  caru  da 
cancelleria  e  da  stampa»  cartoncini  leggieri,  ecc.  ecc.»  nelh 
quantità  di  circa  400  ehil.  al  giorno  e  coir  impiego  di  SO 
operai. 

Un  terzo  stabilimento  a  macchina  esiste  in  Alzano  Mag- 
giore, provincia  di  Bergamo.  Ma  ancora  di  maggior  rilievo 
in  Lombardia  sono  le  febbriche  di  Varese  e  Vaprio.  La  ma* 
nifattura  di  Varese  fu  la  prima  ad  importare  le  macchine 
in  quella  provincia  d'Italia,  sicché  fu  in  possesso»  almeno 
per  qualche  tempo»  dei  diritti  di  privativa.  Già  provvista 
delle  migliori  macchine  inglesi»  essa  continua  ad  arricchirsi 
di  quegli  strumenti  del  lavoro  che  hi  rendono  capace  di 
produrre  ogni  sorta  di  carta»  compresa  quella  da  litografia 
e  da  tapezzaria.  Lo  stabilimento  di  Vaprio  infine  ha  due 
possenti  macchine  »  servite  dalle  acque  della  Manesana  »  ed 
atto»  come  hi  precedente»  a  fabbricare  carta  di  toite^  le 
specie,  cioè  senza  fine,  da  lettera,  da  cancelleria,  litografia» 
tappezzeria,  ed  anche  tinta  in  pasta.  Esso  occupa  430  uomini» 
460  donne  e  40  raggazzi,  e  mantiene  un  trafiico  abbastanvi 
vivo  ed  esteso.  Le  materie  prime  le  vengono  dal  Lombardo* 
Veneto  e  dai  Ducati. 

V  hanno  fabbriche  anche  nel  Tirolo  italiano,  di  cui  tut* 
lavia  non  ci  ^  dato  precisare  1^  importanza. 


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Nel  veMio  la  aob  provincia  di  Vieettta  ha  dodici  car* 
tiere,  ire  delle  quidi  Del  dbtreuo  di  Baaiaùo,  una  in  quel 
di  Vìcenaa,  ed  il  reato  nei  distretli  di  Tiene  e  Schio.  Con- 
uno  quegli  atabilmenii  34  tini ,  300  operai,  e  producono 
carta  di  diferea  qualità,  pel  valore  a  un  dipresso  di  450 
mila  franchi.  La  migliore  fabbrica  delk  provincia  è  quella 
di  Artiero,  ove  notevoli  miglioramenti  furono  introdotti  di 
recente  per  opera  del  sig.  Jacob,  di  Roveredo. 

Le  fabbriche  di  carta  del  Friuli  sono  7  con  31  tini,  ed 
agenti  motori  ad  acqua.  Il  personale  ivi  impiegato  sta  in 
proportione  del  numero  dei  tini,  ciascuno  dei  ^li  richiede 
dagli  otto  ai  dieci  individui  fra  uomini ,  donne  e  ragaxzi. 
La  loro  ivercede  quotidiana  varia  tra  i  44  cent,  a  4  fr.  70 
eent.  La  produzione  complessiva  di  detti  stabilimenti  oltre- 
passa il  raezxo  milione  di  chilog.  di'  carta  ogni  anno.  Le 
fabbriche  della  ditta  Galvani^  cioè  quelle  di  Pordenone  e  di 
Rorai,  forniscono  anche  carta  da  disegno,  da  scrivere,  men- 
tre le  altre  non  ne  danno  che  della  più  ordinaria. 

La  fabbrica  di  carta  a  mano  della  ditta  Walner,  di  Mon- 
torio,  nelb  provincia  di  Verona,  conu  S8  pile,  e  si  riserve 
per  la  triturazione  e  per  l'affinamento  della  pasta  dei  ci* 
Kndri  che  vediamo  operare  anche  secondo  i  più  moderni 
sistemi  per  la  confezione  della  carta  a  macchina. 

Le  eartiere  dello  Stato  romano  sono  in  numero  di  70, 
che  tutuvia  non  soddisfino  del  tutto  al  consumo  intemo. 
Tre  sole  macchine  furono  introdotte  finora  nelle  manifatture 
di  Phime,  di  Anatrelle  e  delle  vicinanze  di  Roma.  Fabriano 
peaaiede  cinque  subilimenti  di  quel  genere.  Tre  di  essi 
appartengono  al  sig.  Miliani,  serviti  da  460  operai.  Gli  altri 
due  non  ne  contano  che  60.  Devono  considerarsi  quali 
manifatture  ugualmente  importanti  quelle  di  Jesi,  Foligno, 
Ghiaravalle,  Bologna. 

Da  cinquanta  cartiere  notansi  io  Toscana,  situate  nelle 
varie  provincia,  fra  cui  Poscia  e  Pistoja  si  distinguono  per 
fabbriche  di  carte  senza  fine,  alle  quali  servono  di   forza 


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489 

motrice  le  aoque  delti  Pescia  e  della  Lima*  La  più  ragguar- 
defole  socio  ogni  aspetto  è  la  earliera  del  sig.  Cidi,  che 
dispone  di  due  poderose  maechine  inglesi,  e  (broiaee  Cdi 
di  earta  larghi  dae  braccia  e  lunghi  a  piacere.  Esce  da 
quella  fabbrica  un  prodotto  annuo  di  circa  700  balle  di 
carta  bianca,  e  pel  valore  di  800  mila  franebi. 

Le  principali  manifatture  di  carta  del  regno  di  Napoli 
sono  quelle  dell'isola  di  Sera,  di  Picinisco,  d'Amalfi  e  di 
Camello.  I  fratelli  Pirmin  Didot  e  il  Lerètre  stabilirono,  od 
4847,  la  prima  macchina  a  carta  continua,  con  brcfctto 
d' iotrodukione  alla  cartiera  del  Fibreno,  nelP  isola  di  Sera. 
Le  dodici  macchine*  che  ora  vi  lavorano,  impiegano  4SO0 
operai.  Quello  stièiiimento  escluse  quasi  dal  eoosoaio  le 
cane  bianche  lisce,  che  la  Francia  forniva  ahre  volte  al 
regno  di  Napoli.  Esso  produce  belle  qualità  di  carta  da  di- 
segno, litografia,  incisione  e  da  scrivere.  La  earta  per  lito- 
grafia costa  435  franchi  la  risma  da  400  ehilog.;  lo  carta 
da  disegno  S65  fr.,  e  quella  da  scrivere  449.  Un'altra  car- 
tiera dell'isola  di  Sera  fabbrica  carta  alla  francese  in  ragione 
di  franchi  13  la  risma.  Le  cartiere  di  Attina  produoopo 
qualità  di  carta  analoga.  Le  quindici  cartiere  d'Amalfi  sono 
a  tini,  non  fabbricano  che  carte  comuni  da  involto  e  da 
imballaggio,  ed  occupano  circa  300  operaL  Calcolando  a  fiOO 
chilogr.  per  giorno  il  prodotto  delle  macchine,  e  a  50 
quello  delle  tino,  la  lavorazione  in  quel  regno  sarebbe  di 
9,340,000  chilogrammi  ogni  anno. 

La  Sicilia  possedeva  due  cartiere  a  tini,  ma  la  coocor- 
ronza  delle  macchine  stabilite  nel  regno  di  Napoli  ha  de- 
terminato la  chiusura  anche  di  quelle  manifatture. 

Né  tutti  i  paesi  d'Iulia  ottengono  quanto  potrebbero, 
sicché  spesso  poi  sono  costretti  a  rendere  largo  tributo  ia 
acquisto  di  carta  allo  straniero.  Degli  stracci^  che  sono  la 
materia  prima  di  qoest'  industria^  v'  ha  esporlazionei  mentre 
poi  tmportanai  dall'estero  a  caro  prezzo  i  prodotti  già  ma- 
nofuiii.  Cosi   dagli  Stati   sordi   si   es^iorta   ogni  anno  per 


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483 
r  America,  atteso  il  lieve  darla  iT uscita,  chilograiì^mi  S37,i28 
di  stracci  bianchi  e  69,446  chilogrammi  di  stracci  colorati; 
il  tatto  pel  valore  di  oltre  400,000  Tranchi.  L'importazione 
della  carta  bianca,  esclusa  quella  di  tappezzeria,  che  si  cui-' 
cola  a  79,7C5  chilogrammi,  è  di  chilogrammi  S4fi,87S  contro 
nn*  esportazione  di  quella  stessa  sostanza,  la  quale  si  valuta 
in  chilogrammi  4,913,127.  In  questo  caso  Tesportazione  su- 
pera r  importazione  di  chilogrammi  4,800,749. 

Per  debito  di  giustizia  dobbiamo  tuttavia  dichiarare  che^ 
mentre  la  nostra  esportazione  consiste  quasi  esclusivamente 
in  carta  da  impac<!0  ed  in  quella  da  eigaritos^  IMùtroduzione 
di  carta  estera  risguarda  invece  le  qualità  di  lussò,  di  fan- 
tasia, la  carta  da  lettere,  da  disegno,  da  impressioni  spe* 
ciali, 

'  Gli  atracci  estratti  dagli  Stati  romani  sommano  a 
4,608,463  chilogrammi,  di  cui  tre  quarti  bianchi  e  il  resto 
colorati.  Le  quantità  e  qualità  -dì  carta  importata  negli  Stati 
sono  le  seguenti:  46,749  chilogrammi  di  carta  da  scrivere 
e  da  stampare;  766f  chilogrammi  di  carta  tinta  e  fiorata; 
4556,  chilogrammi  di  carta  d'impressione;  4 OS  chilogrammi 
di  carte  geografiche  e  3633  chilogrammi  di  cartoni. 

La  Toscana  fornisce  ogni  anno  al  commercio  35,884,000 
ehitogrammi  di  stracci,  dei  quali  46,000,000  provenienti  dal 
paese  stesso,  e  S0,000,000  importati  dalla  Lombardia,  dal 
Piemonte,  dall'Egitto,  da  Tonisi  e  dagli  altri  paesi  barbare- 
8 'hi.  Livorno  è  il  deposito  generale  di  quest'articolo.  De' 
vasti  magazzini  ben  ventilati  vi  sono  disposti  per  riceverlo, 
ed  allorché  lo  straccio  è  trito  e  pulito,  viene  posto  in  balle 
per  l'esportazione.  La  media  del  numero  delle  balle  oue^ 
note  colla  quantità  aopracitata  è  di  34,000  del  peso  di 
850  chilogrammi  ciascuna.  Sopra  quel  numero  35,000  so- 
no dirette  agli  Stadi  Uniti ,  6000  in  Inghilterra  3000  in 
Ispagna. 

Di  fronte  all'  importanza  di  questo  traiBco,  di  ben  poco 
conto  diventa  la  quantità  della  carta  importata   dall'  estero 


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184 

in  Toscana,  di  ogni  qualità,  amariszata,  bianca  ed  ombrato 
di  ogni  sesto,  tarehina,  da  musica,  cartocd,  ecc.,  che  nel 
suo  insieme  non  giunge  al  carico  di  70,000  chilogrammi,  pel 
valore  di  340,000  franchi. 

Da  Sicilia  in6ne  si  estraggono  per  660,000  franchi  di 
stracci,  mentre  importasi  per  la  somma  di  SS8,000  franchi 
in  caru  di  differente  qualità.  La  parte  continentale  del  re- 
gno ha  un'estrazione  di  4,440)863  chilogrammi  di  stracci, 
pel  valore  di  84,408  franchi.  L'introduzione  della  carta  dal- 
l'estero costa  al  paese  una  spesa  di  600/)00  franchi.  È 
però  vero  che  di  quest'articolo  si  veriBca  anche  un'estra- 
zione di  non  lieve  momento  per  la  Sicilia,  Roma,  Livorno, 
Malta,  le  Isole  Ionie  e  k  Grecia. 

Arte  tipografica  e  commercio  dei  Hbrù 

Nel  4466,  cioè  tredici  anno  dopo  che  la  prima  Bibbia 
fu  stampata  dal  Guttemberg  in  Magonu,  due  stampatori 
tedeschi,  lo  Sweinheim  e  il  Pannartz,  vennero  in  lulia  di 
là,  e  fermarono  la  loro  dimora  nel  monastero  di  Subiaeo 
(  Stati  romani  )•  I  primi  prodotti  dell'  arte  loro  sono  il  Do- 
nato prò  pueruUiy  e  le  opere  di  Lattanzio  Firmiaao,  che 
ponno  dirsi  anche  i  primi  libri  stampati  in  Italia.  Chiamati 
a  Roma  da  Paolo  li,  quegli  artefici  ripubblicarono  parecchie 
altre  opere.  Vuoisi  che  due  tedeschi  pure,  Giovanni  e  Vin- 
delino  da  Spira,  erigessero  torchi  nel  4479  in  Venezie,  ove 
fin  dal  4474  si  era  trasferito  il  francese  Nicolò  Tenson,  cui 
spetta  il  pregio  di  aver  ridotto  il  carattere  rotondo  o  ro- 
mano a  molta  nitidezza  e  venustà. 

Con  non  minore  celerità  quest'arte  fu  portata  in  Milano 
sotto  il  dominio  di  Gian  Galeazzo  Maria  Sforza.  Anzi,  se  si 
potesse  prestar  fede  all'Argelato,  essa  avrebbe  avuto  prin- 
cipio colà  fin  dal  4463.  Ad  ogni  modo,  senza  tema  di  andar 
errati,  si  può  ritenere  che  la  capitale  lombarda  fu  la  prima 
città  in  EurofMi  ad  avere  tipografia,  come  lo  attesta  un  istru- 


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485 

mento  del  6  agosto  447S,  rogalo  dal  aotaio  Zunieo  e  re* 
peribile  nell*  archivio  notarile  della  cittk»  che  tratta  appunto 
deir  istituzione  di  una  stamperia,  ad  erigere  la  quale  diede 
opera  anche  quel  Cola  Montano,  forte  e  severo  repubblicano 
di  quell'epoca,  capo  della  congiura  e(ie  fini  col  togliere  di 
vita  Gian  Galeaxzo*  Il  primo  saggio  dei  caratteri  greci  fu 
dato  in  Milano;  e  in  Soflcino  (oasiello  nella  provincia  di 
Crema)  queHo  di  caratteri  ebraici. 

Ancèe  lai  Toscana  ebbe  gran  nome  per  quel  suo  antico 
Bernardo  Genuini,  il  quale ,  per  avere  inventato  punzoni , 
roalrici,  e  condotto  edizioni  di  somma  eleganza  col  solo  aiuto 
de'  figli  suoi,  nel  4474,  si  meritò  il  titolo  di  seeondo  in» 
seniore  dilla  stampe.  E  d*ahra  parte  a  Colle,  colFopportu* 
niik  delle  cartiere,  vi  fu  anche  alla  fine  dei  secolo  XV  ereua 
una  stamperia,  donde  uscirono  molti  bei  libri.  Un  certo  Mae* 
stro  Bono,  stampatore,  il  SO  aprile  4474  chiese  alla  comunith 
di  Colle  esenzione  delle  gabelle,  e  T ottenne,  promettendo 
di  venirvi  ad  esercitare  la  stampa,  come  fece,  e  cootinud 
per  più  anni  a  tenervi  aperta  la  stamperia;  laonde  negli 
stanziamenti  della  coimmitk«  sotto  il  di  8  gennaio  4479,  si 
vede  fatto  terrazzano;  ed  un'altra  ne  era  in  quelle  viei* 
nanze,  nel  Castello  de*  Cortesi,  nobile  famiglia  di  S,  Gimi- 
guano. 

La  storia  letterarin  fa  menaione  di  molti  libri  stampati 
in  alcune  provineie  del  Piemonte  grima  della  fine  del  se- 
colo deoimoquinlo:  a  Sa  vigliano  (4470  circa),  a  Mondovi 
(4473),  a  Torino  e  a  Genova  (4474),  a  Ciselle  (4476), 
a  Pinerolo,  a  Novi  e  a  Salinzo  (4479),  a  Casale  (4484), 
a  Chivasso  4486,  a  Nizza  (449S),  ad  Alba  (4493)^  a  Va- 
Imza  (4496),  a  Carmagnola  (4497).  È  pur  ben  noto,  che 
nel  secolo  seguente  il  Giolito  di  Trino  (  patria  che  fu  pure 
de'  Cumini),  ebbe  ofiicina  in  patria  prima  che  in  Venezia, 
e  che  il  celebre  Torreotino  anch'egli  ebbe  stanza  a  Mondovi. 
Né  la  cittk  di  Napoli  rimase  ultima  nell*  arringo.  Pe*  suoi 
tipi,  fra  le  altre  opere,  si  pubblicarono   il   Dizionario  di 


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Tìnct^r  Terminùrnm  muikae  definitorium  (H78)«  e  h 
t(Porefi(»n  deirarmoiiiii,  Teàr^Acum  ùpu$  ormoniae  dtscipJnifs 
(1480)  di  &iffurio. 

Infine,  eontemporaneftmente  quasi  agli  altri  paesi,  Padota^ 
Messina,  Palermo  e  Parma  ebbero  lipografie.  Di  questo  modo 
)*arte  della  slampa,  quasi  ad  un  tempo  e  ben  poco  dopo 
hi  sua  scoperta,  corse  tutte  le  eittk  d'Italia,  che   tì   erano 
mirabilinenie  preparate  ad  accoglierla  ed  a  senrirsene  dal- 
V  alto  grado  di  loro  cultura  intellettuale.  E  si  noti  che  qne* 
si' arte  fu  grande  fra  noi  fin  dai  suoi  prìmordii,  e  tale  la 
resero  gli  Aldi,  i  Giunta,  i  Soncino,  i  Gioliti,  i  Marcolinì,  eee. 
Ma  ancora  il  più  benemerito  de'^suoi  cultori   è  Aldo   Ma- 
nuzio, nato  nel  1459  in  Bassiano^  nel  territorio  di  Roma,  e 
di  Ih,  dopo  alcune  vicende,   passato  in  Venexia,   ove  od 
4  i&i^aperse  una  stamperìa.  Nello  spaxio  di  veni'  anni  pub- 
blicò grande  quaniitè  d'autori  classici,  greci  e  latini,  losti- 
tui  in  casa  propria  un'accademia,  ove  iosegnavasi  il  greco, 
accioccliè  le  sue  edlx!oni  riescissero  corrette.  I  più   fra  gli 
uomini  celebri  vi  erano  ascritti,  come  il  Navahero,  il  Bembo 
ed  altri.  Quando  dedicò  ad  Alberto  Pio,  signore  di  Carpi, 
suo  discepolo,  alcune  opere  di  Aristotele,  scriveva  giovarsi 
eontiniiamenie  della  gente  colta  per  collazionare  antichi  eo- 
dici; e  fra  i  molti  del  celebre  medico  e  filosofo  N.  Leoni- 
ceno  (Ha  Lonigo),  di  Lorenzo  Maggtolo  da  Genova,  iiomo 
di  vasta  erudizione.   Mandò  a  Roma,  Firenze,   Milano,   in 
Grecia  e  nella  Gran  Bretagna  affine  di  rintracciarvi  la  ver- 
sione de'  libri   morali,  politici   ed   economici    d'Aristotele 
stesso,  falla  da  Leonardo  Aretino.  Divenne  amico  di  Erasmo 
da  Rotterdam.  Queir  illustre  olandese  ebbe  a  dire,  che  le 
qualche  nume  della  letteratura  avesse  aiutato  quel  gran  ti- 
pografo, non  libro  antico,  latino,  greco,  ebraico,  caldaico 
sarebbe  rim:isio  inedito.  Aldo  era  utile  ai  dotti,  questi  a  lui. 
Ungnresi  e  Polacchi  gli  mandavano  codici  o  doni. 

Se  dobbiamo  credere  al  signor  Girardi  di  Venezia ,  dal 
qtialc  caviamo  le  seguenti  notizie  sull'Aldo,  di  quasi  nessuna 


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edizione  egli  fu  mai  contemo  appieno.  Un  errore  che  si 
fosse  potuto  tórre,  l'avrebbe  pagato  uno  scudQ  d'oro,  tan- 
t'era  l'amore  ch'egli  poruva  all'arte  a  cui  tutto  sacrificava, 
lo  una  prefazione  latina  dice,  dacché  s'era  dato  a  quella 
dura  impresa^  poter  giurare  di  non  aver  avuto  un'ora  di 
quiete.  E  per  isbarazzarsi  -dagli  sfacendati  aveva  fatto  scrivere 
à  lettere  cubitali  sulla  porta  del  suo  gabinetto,x  ehe  ehi  non 
avesse  affari  non  v'entrasse,  o  se  ne  andasse  tosto  che  sbri« 
gati.  Inventò  caratteri,  che  per  la  forma  noi  chiamiamo 
eorshiy  e  i  Francesi  italicu  Anzi,  dopo  la  celebre  edizione 
di  Virgilio  del  4504,  Aldo  pelle  altre  stampe  usò  quasi 
sempre  il  corsivo.  Migliorò  i  caratteri  greci,  e  li  rese  più 
elegami.  Omai  non  v'  è  chi  non  conosca  le  edizioni  aldine, 
che  ornarono  le  librerie  e  deliziarono  i  bibliofili.  Un  cata* 
logo  delle  edizioni  aldine  fu  pubblicato  in  Padova  nel  4790. 
Ha  vi  si  comprendono  anche  quelle  dei  suoi  eredi  Giovanni 
d'Asola,  suo  genero.  Paolo  Manuzio,  suo  figlio,  e  Aldo  il 
giovane,  suo  nipote.  Un  catalogo  fu  fatto  dal  Renouard  sin 
Parigi  nel  4  808:  Annàles  de  Fimprivnerie  det  yl/dM,  ou 
hiiUrire  de$  troii  Manucet  ei  de$  kur$  editìons^  libro  che 
ebbe  molte  edizioni,  delle  quali  la  migliore  è  del  48S4. 

Le  infelici  vicende  politiche  della  penisola  e  il  conse- 
guente deperimento  della  letteratura  peggiorarono  in  pari 
tempo  le  condizioni  della  stampa,  che  rimase  dal  600  sia 
quasi  verso  la  metà  del  secolo  scorso  (eccettuata  la  tipo- 
grafia dei  Gemino  diretta  dai  fraicll  Volpi  )  in  uno  stato  di 
grande  torpore,  o,  diremo  meglio,  di  notevole  decadenza. 
Tuttavia  sul  finire  del  secolo  XVIII  venne  il  Bodoni,  ehe, 
con  assidue  cure,  come  il  Didot  in  Francia,  ebbe  a  ridonare 
a  quest'  arte  parte  della  sua  antica  perfezione.  Oggidì,  se  le 
altre  nazioni  ci  superano  in  copta  di  produzioni  ed  in  ec- 
cellenza di  strumenti,  vediamo  la  tipografia  impiegare  an- 
che fra  noi  numeroso  personale  e  cospicui  capitali. 

Sommano  a  più  di  cento  le  tipografie  delle  provincio 
iuliane  deglr  Stati   sardi,  di  cui  venticinque  ne  ha  la  prò- 


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488 

.vincia  eli  Genova,  e  trentaJue  la  sola  cittì  dì  Torino.  Le 
irenUilue  tipograCe  di  quest*  uUima  città  sono  servite  dt 
780  operài  e  da  193  torchi,  dei  quali  445  a  roano  e  47 
a  macchina,  I  principali  slabìlimenii  di  questo  genere  sono: 
la  tipografia  Favaio  con  cinque  torchi  a  macchina  ed  una 
macchina  a  vapore;  la  tipografia  sociale,  editrice  dei  S  vo- 
lumi del  Mondo  iUuitratOy  pubblicati  negli  anni  4847  e 
4848,  è  provvista  essa  ppre  di  una  grandissima  macchina 
da  stampa  non  che  di  un  torchio  a  vapore;  la  stamperia 
reale  che  ha  S4  torchi  a  mano  e  4  a  macchina,  piò  una 
fonderia  di  caratteri  con  tre  fornelli  e  46  operai.  La  pob- 
blicasione  che  farà  grande  onore  alla  seienza,  ed  anche  a 
codesta  reale  tipografia  che  Tha  assunta,  è  il  Glossario 
dello  antiche  lingue  d' Italia^  compilato  da  Ariodanie  Fabreui, 
già  successore  del  Vermiglioli  nella  cattedra  di  archeologia 
in  Perugia.  Quest'opera  avrà  da  400  a  4 SO  fogli  in-4.^  a 
due  colonne,  con  300  intagli  in  legno  intercalati  nel  testo 
e  30  tavole  litografiehe,  che  daranno  T  esempio  delle  anti- 
chissime e  più  notevoli  iscrizioni.  Si  sono  fotti  fondere  ca- 
ratteri a  posta  per  eerte  parti  del  libro,  liberalità  ben  me^ 
ritata  da  uno  dei  più  ingegnosi,  dei  più  sapienti  «  dei  più 
modesti  dei  nostri  eruditi.  Le  nuove  condizioni  di  libertà 
(atte  «I  Piemonte  dallo  Statuto  diedero  un  grande  slancio 
a  quest'industria,  che  diventò  negli  Stali  sardi  ciò  che  essa 
era  in  Lombardia  prima  del  4848.  Qui  infatti  convennero 
gli  ingegni  da  tutte  le  parti  d* Italia;  qui  elaborate  nel  cro- 
giuolo del  pensiero  nazionale,  si  creano  e  prosperano  le 
migliori  imprese  tipografiche  e  librarie,  i  cui  prodotti  fecoo- 
datori  si  spargono  poscia  per  tutta  la  penbola.  Infine  ben 
70  tra  riviste  e  giornali  dimandano  ogni  giorno  all'attività 
dei  torchi  subalpini  di  che  pascere  la  risvegliata  e  fervida 
curiosità  del  paese. 

Sessantadue  sono  le  tipografie  lombarde  con  346  torchi, 
700  lavoranti  aduki  e  3S0  ragazzi.  La  sola  città  di  Milano 
ne  ha  37,  compresa  lo  stamperia  reale,  con  930  torchi,  di 


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48$ 

coi  6  meccaoici  e  600  operai,  dei  quali  640  uomini  che 
guadagnano  da  4  fr.  32  cent,  al  giorno  >  e  60  ragazzi. 
Sparse  nelle  provincie  v*  hanno  23  altre  tipografie  con  86 
torchi  e  forse  200  operai,  la  cai  mercede  è  di  una  metà 
minore  di  quella  che  tocca  agli  operai  della  capitale.  Dopo 
quest'ultima  città  tiene  per  numero  ed  importanza  di  ti- 
pografie Brescia  e  Bergamo,  che  ne  hanno  la  prima  9  e 
la  seconda  7*  Escono  in  genere  dalle  officine  lombarde  le 
stampe  occorrenti  alla  pubblica  e  privata  amministrazione  ; 
la  pubblicazione  di  alcuni  periodici,  che  in  Milano  ammon- 
tano a  80,  de'  quali  40  in  foglio  ed  il  rimanente  in  fasci- 
coli, oltre  altri  7  che  si  stampano  in  provincia.  Ricorderemo 
inoltre  la  pubblicazione  di  alcune  opere  originali,  le  quali 
si  |iossono  valutare  a  circa  80  all'anno,  e  di  molte  tradu- 
zioni, e  la  ristampa  di  molte  edizioni  esaurite.  Almanacchi 
e  strenne  vedono  la  luce  del  pari  in  Milano,  fra  cui  v'haniio 
edizioni  elegantissime.  Nelle  strenne  principalmente  il  merito 
tipografico  va  di  pari  passo  QpH*  artistico  per  la  bellezza 
delle  incisioni^  la  splendidezza  delle  legature.  Oramai  an- 
che per  quest'articolo  Milano  s'è  emancipato  dallo  straniero, 
ed  ha  saputo  anzi  crearsi  delle  risorse  di  spaccio  presso 
le  altre  provinole  lombarde  e  pressso  molti  Stati  d'Italia. 
II  valore  annuo  lordo  delle  produzioni  tipografiche  di  quella 
città  è  di  900,000  franchi  circa.  L'  I.  R.  Stamperia  rappre- 
senta da  sé  sola  la  metà  circa  del  valore  e  dell'attività  di 
tutte  le  altre  complessivamente. 

Ben  cinquanta  sono  le  tipografie  del  veneto;  Venezia, 
sola  ne  eonta  45  con  400  operai  ed  un  prodotto  annuo  del 
iralore  di  400,000  fr.  La  media  del  salario  degli  operai  è 
di  S  franchi.  Le  frequenti  ristampe  e  le  traduzioni  manten- 
gono in  vita  un'  industria  altre  volte  fiorentissima  pel  com-* 
mercio,  che  facevasi  specialmete  in  Levante,  nella  Spagna 
e  nel  Portogallo.  Meritevoli  anche  in  oggi  della  maggiore 
attenzione  è  la  tipografia  armena  dei  monaci  Mechitaristi  di 
S.  Lazzaro,  isolata  che  può  dirsi  il  centro  della  coltura  ar- 


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190 

ineDa  in  Europa.  Lo  stabilimento.  tipogra6co  dell' AntoneUi 
è  pure  importante  ed  assai  attivo,  occupando  più  di  trecento 
operai.  Esso  tiene  in  movimento  continuo  30  torchi,  fra 
quali  due  macchine  celeri.  Per  eleganza  e  correzione  delle 
opere  v'ha  pure  ricordata  la  tipografia  Naratovich,  presso 
la  quale  6  torchit  un  cilindro  e  SO  operai  valgono  a  com- 
piere grande  copia  di  lavori.  La  tipografia  Merlo  possiede 
6  torcbìi  fra  quali  uno  di  ferro,  una  macchina  per  cilindrare 
ed  un  assortimento  di  tipi  e  specialmente  di  caratteri 
greci  ed  ebraici.  Presso  quello  stabilimento  sono  notevoli 
i  lavori  musicali  stampati  con  caratteri  mòbili.  Ricorderemo 
infine  la  tipografia  Cecchini ,  provvista  di  7  torchi  e  SO 
operai. 

Gnque  tipografie  lavorano  in  Trieste:  quella  del  LoyJ 
austriaco  oon  studio  d'^arte,  uno  de'  più  grandi  stabilimeuU 
di  questo  genere  in  Italia,  che  pubblica  4  giornali,  1*  Osser- 
vatore Triestino^  il  Diavoletto^  V Istria  e  il  Triester  Zeitmng; 
la  tipografia  Veis,  che  ha  S  torchi  a  macchina  e  6  ordinari, 
e  che  stampa  V  Emporio  di  Trieste^  giornale  commerciale; 
la  tipografia  Pagani,  donde  esce  il  giornale  la  Favilla;  le 
tipografie  infine  Stallecker  e  Marmigh. 

Le  tipografie  della  sola  Firenze  sommano  a  36,  con  IS3 
torchi,  7  macchine  e  370  operai.  Principale  subilimento  di 
quella  città,  la  tipografia  di  Felice  Leroonnìer,  possiede  8 
torchi  a  mano  e  tre  macchine,  il  tuttto  servito  da  410  ope* 
raì.  Le  sue  produzioni  si  distinguono  per  la  nettezza  e  la 
precisione  della  stampa.  Anche  il  Barbèra  conta  4  torchi 
a  mano,  due  macchine  e  oltre  60  operai.  La  stamperia  gran- 
ducale ha  16  torchi  e  80  operai. 

Gli  Stati  romani  sono  ricchi  di  settantadoe  stamperìe, 
ripartite  nelle  varie  città  dello  Stato.  Roma  possiede  i  due 
principali  stabilimenti  di  questo  genere:  la  tipografia  della 
R.  Ganiera  Apostolica  che  dà  lavoro  a  ben  300  operai,  e 
l'altra  de  Propaganda  Fide^  fornita  di  un'immensa  ricchezza 
di  caratteri  di  ogni  lingua  orientale,  in  cui  riproduce  ad  ogni 


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191 
Milo  opere  o  rimali  o  dì  preci,  o  di  catechismi,  o  di 
scienza  per  servire  alla  fuhzioQe  dei  missionari,  elie  luiii 
ianno  centro  a  quella  Goi^regazioDe  della  quale  sono  o  fu- 
rono alunni  o  dipendemi.  Anche  Bologna  tiene  in  attività 
otto  tipografie,  con  dieci  a  dodici  torchi  V  vna.  La  gover- 
nativa alla  Volpe  e  quella  del  Sassi  ne  hanno  ia  ferro,  e 
si  distinguono  per  isquisiti  lavori  tipografici  ed  ornato,  messi 
ad  oro  ed  a  colori,. 

Cenioveaii  tipografie  co^  S50  torchi  servono  la  parte 
eontinemale  del  regno  di  Napoli.  Tiene  il  prtmaio  colà  la 
fltiunperia  reale,  nel  convento  del  Rosario  del  Palaso,  ric- 
camente  prorvista  di  caratteri  per  le  lingue  ebraica  ed 
orientali*  È  dessa  ohe  slampa  le  antichità  di  Ercolano  ed  i 
papiri  svolti  fin  qui.  Aluro  stabilimento  di  qualche  rilievo  è 
quello  del  sig.  Nobile,  il  primo  del  regno  che  vi  bcesèe 
uso  dei  torchi  di  ferro  fuso,  e  che  introducesse  la  macchina 
celere  a  ruote,  cui  si  adatta,  ove  vogliasi,  un  motore  a  va- 
pore; la  macchina  a  giacer  per  fornire  il  lucido  alla  carta, 
mentre  si  stampa;  la, stampa  delle  lavoleiie  stereotipe;  le 
incisioni  sul  legno  da  intercalarsi  ai  caratteri  e  stamparsi 
coi  mezzi  tipografici,  ecc.  ecc.  Egli  ha  pure  perfezionato 
Tane  di  stampare  in  oro  e  a  colori,  specialmente  sulla 
carta  porcellana,  U\eo,  seta»  All'ultima  Esposizione  industriale 
di  Napoli  queir  abile  tipografo  presentava  un  lavoro  non 
nu|i,  per  quanto  ci  consta,  eseguito  oltremonti,  cioè  un  mo- 
numento ideale,  dedicato  a  Guticmberg,  e  tirato  a  slampa 
veniidue  volte.  Siffatto  lavoro  è  oltremodo  difficile  neirase- 
cuzione  a  cagione  della  diversità  dei  fregi,  dei  colori  e  dei 
molli  ornamenti  tipografici.  Gli  stabilimenti  che  pure  giova 
ricordare  sono:  la  tipografia  del  R.  Albergo  dei  poveri  e 
l'altra  di  Giuseppe  Migliaccio  di  Cosenza» 

Malta  dispone  di  IS  tip^rafie^  con  un  personale  di  96 
operai. 

E  riassumendo  le  cifre  e  le  notizie  che  precedono  sulle 
tipografie  di  vari  Slati  d' Italia,  possiamo  dire  che  il  nostro 


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493 

paese  possiede  un  complesso  di  cirea  600  stabilimenu  eoa 
2000  torchi  e  da  8  o  16  mila  fra  scrivaoi^  commessi,  ràg- 
gtaiorif  compositori,  torcolieri,  legatori.  Parrebbe  potersi 
coDchiudere  da  ciò  che  V  industria  tipograBca  è  presso  noi 
assai  fiorente,  e  che  i  suoi  risultati  uguagliano  quelli  di 
<|ualsiasi  natione  più  eÌTÌle.  Tutuvia,  ove  si  esaminino  (più 
daTvicioo  le  condisioni,  Tcdesi,  a  non  dubitarne,  come  il 
numero  piuttosto  considercTole  degli  stabilimenti  è  a  sci- 
pito delia  loro  rilevanxa,  come  cioè  molti  di  essi  non  siena 
che  piccole  officine,  le  quali  dovrebbero  già  a  quest'ora 
aver  ceduto  il  posto  alle  intraprese  niMiggiori.  Anche  il  ma- 
teriale tipografico  è  presso  alcuna  di  quelle  stamperie  affirtto 
primitivo  ed  imperfetto,  mancando  di  quei  congegni  ddlt 
meccanica  odierna  che  eeonomixzano  le  spese  e  miglionoo 
la  produzione.  Rari  sono  gli  stabilimenti  che  reggano,  per 
la  bontà  delle  ediiioni  od  il  buon  mercato,  al  confronto  A 
quelli  onde  si  vantano  gli  stranieri,  specialmente  in  Francia 
ed  in  Inghilterra.  Solo  di  recente  taluni  dei  nostri  tipografi 
si  sono  provvisti  di  torchi  allMnglese^  di  macchine  celeri 
da  soppressare,  lisciare  la  carta,  macchine  a  vapore,  e  po- 
terono, mefcè  di  quelle  riforme,  recare  nuovo  ineremeato 
alla  loro  industria.  Anche  il  modico  valore  della  mano  d'o- 
pera fa  si  che  essi  possano  sostenere  la  conoorreoxa  coll'e- 
stero,  perfino  in  quelle  ristampe  o  contraflhzioni  di  opere 
in  lingua  straniera,  alle  quali  non  rimangono  seconde  né 
per  la  discrezione  dei  prezzi,  né  per  le  nitidezza  o  novità 
dei  tipi  e  V  artificioso  disegno  dei  fregi. 

Poche  altre  considerazioni  infine  ci  restano  ad  aggiungere 
intomo  alla  natura  delle  pubblicazioni  che  si  compiono  og- 
gidì, ed  alle  condizioni  in  genere  del  commercio  librario  nel 
nostro  paese,  ba  maggior  parte  dei  libri  che  vedono  la 
luce  in  Italia  consiste,  lo  ripetiamo,  in  ristampe  di  edizioni 
od  in  traduzioni  di  opere  straniere.  Ristretto  è  il  numero 
delle  originali,  e  più  scarso  anoora  quello  dei  libri  tirati  a 
molte  edizioni  od  a  più  migliaia  di  esemplari.  A  condidoni 


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oiuali  di  coltura  ÌDlellettu&le  il  nostro  paese  produce  meoo 
di  altri,  presso  cui  Y  arte  tipografica  ha  mezzi  più  spicei 
ed  economici,  ed  i  suoi  prodotti  vie  più  acconci  alla  dif- 
fusione ,  ed  editori  e  librai  onesti ,  accorti  ed  intrapren- 
denti. 

Quanti  infatti  dei  nostri  migliori  ingegni  non  giungono 
a  stampare  quello  che  scrivono  o  che  meditano!  Quanti  sono 
i  disegni  utili  che  rimangono  sensi  potersi  aprire  una  via 
lino  al  pubblicot  quanti  i  manoscritti ,  anche  importanti,  ai 
quali  non  è  dato  trovare  un  editore!  Un  autore  deve  avere 
mezzi  del  proprio  e  correre  il  rischio  delle  spese  di  stampa, 
oppure  uli  fa  duopo  rassegnarsi  ad  essere  uno  strumento 
nelle  mani  di  qualche  speculatore,  che  fu  delle  cose  vostre 
ciò  ebc'  più  gli  torna  a  conto,  e  che  sagrifica  ai  suoi  pre- 
giudizi, ai  suoi  capricci  od  ai  suoi  interessi  la  vostra  con- 
venienza e  tolora  perfino  il  vostro  decoro. 

Né  si  può  dire  che  manchino  fra  noi  editori  probi  ed 
intelligenti  ;  soltanto  quegir  esempi  sono  rari ,  e ,  più  che 
regole,  ponno  dirsi  eccezioni.  Di  solito  invece  l'ufficio  di 
editore  o  di  libraio  spetta  ad  uomini  che  trattano  la  tipo- 
grafia come  un  mestiere,  e  non  già,  come  fticevasi  un  tempo, 
quale  una  delle  arti  belle, «socia  e  sorella  delle  lettere  e 
delle  scienze.  In  cambio  di  chiamare  a  sé  persone  che  siano 
in  grado  di  collazionare  i  eodici  od  i  testi,  di  correggere 
le  stampe,  regolare  gli  strumenti  ed  i  metodi  tipografici,  non 
si  circondano  che  di  faecendieri,  senza  credito  e  senza  clien- 
tela. Poche  sono  le  diligenze  che  consacrano  alla  loro  arte^ 
poche  le  fatiche  e  meno  ancora  il  danaro. 

Cosi  nella  scelta  delle  cose  da  stamparsi,  in  cambio  di 
tenersi  ai  libri  di  qualche  levatura^  s'appigliano  a  libercoli 
ed  a  pubblicazioncelle  di  circostanza,  ed  a  preferenza  ancora 
a  traduzioni,  nelle  quali  nulla  eosta  l'acquisto  dell'opera  e 
pochissimo  il  lavoro  di  farla  italiana,  affidandosene  d'ordinario 
la  cura  a  gente  ignara  delle  due   lingue,  che   traduce  pel 

A^nAU  Stati$!ica  voi.  XXI/9  s'n'e  3.*  i3  • 


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presso  ood* altri  a  stento  s'indurrebbe  a  copiare  il  mano* 
scrino.  In  ogni  caso  si  seguono  e  non  ai  prevengono  i  gusti 
del  pubblico,  si  cercano  le  vie  in  cuit  se  poco  \'  è  da  gua* 
dagnarts,  nulla  v*ha  a  perdere.  Le  ardile  speculaxioni  che  for- 
mano insieme  colla  gloria  la  fortuna  delle  grandi  infprese  sono 
ignorate  fra  noi;  ove  gli  intraprendtiori  dispongono  di  mezii 
aifatto  limitati,  ed  ove»  quand'anche  ne  abbondassero»  per 
ispirito  di  malintesa  economia  sono  usi  di  risparmiare  su 
quegli  espedienti  che  altrove  sono  risguardati  come  indi- 
spensabili alla  buona  riuscita  di  un  ramo  di  commercio 
qualsiasi,  la  pubblicità  cioè  degli  annunsi  e  la  mohiplicìlà 
dei  deposili  presso  le  varie  piaue  del  paese  e  dell'  estero. 

Ma  ancora  la  più  grande  piaga  risiede  nelle  eoodiiioiU 
stesse  del  commercio  librario.  Cosi  i  rapfiorti  fra  i  librai 
non  sono  mantenuti  che  a  condisione  di  aconti  esorbitanti^ 
ed  a  pericolo  bene  spesso  di  perdere  beneficiit  mercantie 
e  ogni  cosa.  Più  che  concorrenza  ^  ai  fonno  tra  loro  una 
guerra  sleale,  le  cui  conseguenze  sono  anche  più.  rovinose 
pel  fatto  che  Napoli  s'è  ricusata  finora  di  stipulare  cogli 
aliri  Stali  ogni  convenzione  a  tutela  della  proprielà  letteraria. 
Epperò  non  è  esagerazione  l'asserire  che  editori  e  librai, 
anziché  collaboratori ,  sono  i  ^>iù  mortali  nemici  degli 
studiosi. 

Ad  accrescere  le  diflBcoltà  del  commercio  librario  s'ag- 
giungono la  diversità  delle  monete,  fonte  perpetua  di  usura 
nei  ragguagli.  La  rete  ancora  incompiuta  delle  strade  di 
ferro  in  Italia  vi  rende  più  sensibile  il  difetto  di  concen- 
trazione, rimanendo  gli  Stati  in  un  disgregamento  che  rende 
difficili  e  costose  le  mutue  relazioni ,  le  quali  sono  incep- 
pate anche  di  vantaggio  dalla  gravezza  dei  diritti  di  transito, 
d'importazione  e  di  esportazione.  Un  libro  prima  di  giun- 
gere dair  uno  all'altro  Stato  deve  pagare  la  licenza  di  pas- 
sare negli  intermedi:  licenza  poco  costosa  pel  più  degli  Stali 
alquanto  mu$;giorc  in  altri,  ma  tuttavia  gravosa  essa  pure  e 
per  la  sua  disparità  nociva  allo  scambio.  Quanto   alla   gra- 


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testi  dei  diritti  di  dogana ,  per  l' ìntriMiusioiie  dei  libri, 
eita  è  benai  aeemata  ia  alcune  parli  d'Italia»  ma  non  tanto 
che  lasci  desiderio  di  maggiori  diroinmioni;  e  quanto  al- 
l' uguaglianza  ?'  hanno  Stati  che  pagano  cento  là  dove  altri 
pagano  dieci  od  anche  solo  cinque.  La  tariffa,  per  esempio/ 
del  regno  delle  Due  Sicilie  può  equivalere  ad  una  vera 
proibizione. 

Non  possiamo  a  meno  di  accennare  infine  ad  altro  grave 
singolarissimo  impaccio  posto  al  commercio  librario,,  quello 
delb  censura,  per  cui  un  libro  che  esca  in  Firenze  non  è 
permesso  qualche  volta  a  MilanOi  aiccome  quivi  ai  stampano 
opere  forzatamente  escluse  dal  traffico  coli* estrema  penisola; 
ed  a  Torino  si  compiono  pubblicazioni  e  che  pel  solo  buo 
di  loro  origine  vengono  poste  al  bando  da  tutti  gli  altri 
Slati  d'Italia. 

Fabbricazione  dei  caratteri  e  dei  torchi  da  elmmpa. 

L'arte  tipografica  mantiene  in  attiviti  altro  ramo  d'in- 
dustria, quello  della  produzione  dei  caratteri,  che  si  fa  di 
due  maniere:  coli' incisione  dei  punzoni  onde  ottenerne  le 
matrici,  e  colla  fondita  dei  caratteri.  L'una  e  Taltra  maniera 
di  produzione  sono  proprie  di  quasi  tutte  le  città  d'Italia. 
Cosi  r  incisione  dei  punzoni  sì  fa  negli  Stati  sardi  per  opera 
di  Antonio  Farina*  lombardo,  che  fornisce  da  parecchi  anni, 
coi  prodotti  del  suo  bulino,  le  principali  stamperie  del  Pie- 
monte e  della  Liguria.  Quest'arteficie,  cbe 'prima  lavorava 
in  Milano,  sua  patria,  vi  lasciò  delle  matrici  di  merito  non 
minore  delle  migliori  di  Francia  e  d' Inghilterra.  Tutti  ri- 
cordano una  edizioncina  che  egli  ha  esposto  io  una  delie 
pubbliche  mostre  industriali,  ammirabile  per  1*  esattezza  del 
lavoro,  e  per  le  dimensioni  microscopiche  dei  caratteri, 
dinnanzi  a  cui  i  più  minuti  elzevir  potevan  dirsi  caratteri 
cubitali.  L' opera  del  bulino  riducesi  ora  fra  noi  a  ben  poca 
cosa  non  esercitandosi  che  per  qualche  singolarità  di  lavoro. 


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Invece  l'arte  meccaaioa  di  fondere  i  caratteri  e  di  ridarli 
a  finimento,  ha  fatto  negli  ultimi  cinquani' anni  qualche 
progresso.  In  Lombardia  principalmente  essa  ha  una  qualche 
estensione^  contandoTisi  in  attivila  fin  9  fonderie,  alle  quali, 
oltre  i  eapi,  sono  addetti  90  operai  tra  fonditori  e  lisciatori, 
che  guadagnano  S  A*.  64  oent*  al  giohH>  —  e  50  lavoranti 
tra  donne  e  ragazzi*  la  cui  mercede  varia  da  88  cent,  a  4 
fr.  SS  cent.  Le  materie  prime,  cioè  il  piombo  e  il  regolo 
d'antimonio,  si  comperano  dall* Ungheria,  dalla  Carinzia  e 
dair  Inghilterra.  Le  matrici  vi  pervengono  quasi  esclusiva- 
mente dalla  Francia.  I  prodotti  di  queste  fabbriche  vengono 
smerciati  in  Toscana,  in  Piemonte,  nei  Ducati,  ed  in  minore 
quantità  nelle  Romagne  e  nel  regno  di  Napoli.  Delle  neve 
fonderie  lombarde,  sei  appartengono  a  Milano,  le  quali  ul- 
time danno  una  produzione  annua  pel  valore  di  250,000 
franchi.  Né  s*  intende  compresa  in  esse  la  fonderia  che  serve 
il  regio  stabilimento  della  capitale  lombarda. 

V'hanno  pure  in  quella  stessa  città  due  fabbricatori,  ed 
uno  in  Monza,  i  quali,  oltre  la  costruzione  di  pressoi  per 
paste,  olii,  ecc.«  applicano  in  modo  speciale  alla  costruzione 
dei  torchi  da  stampa  in  ferro  fuso  e  di  pressoi  pure  per 
uso  dei  tipografi.  La  fabbrica  di  Monza  è  la  più  importante. 
I  pezzi  delle  macchine  si  gettano  nelle  fonderie  di  Dongo, 
sul  lago  di  Como,  e  di  Clusone  nella  provincia  di  Ber- 
gamo. 

Sono  impiegati  giornalmente  in  questa  manifattura  30 
individui.  Il  valore  annuo  de'  suoi  prodotti  può  calcolarsi 
a  40,000  fr.,  costruendosi  ogni  anno  per  adequato  circa  SO 
torchi  e  3  pressoi  del  valore  medio  di  4200  franchi.  Le 
vie  di  smercio  dei  torchi  sono  le  medesime  che  pei  carata 
teri  di  stampa. 

Nello  stabilimento  Antonelli,  in  Venezia,  si  fondono  ca* 
ratteri  ad  uso  di  quella  tipografia  e  del  commercio  nelle 
altre  province  venete» 

Le  quattro  fonderie  di  caratteri  degli  Stati  romani ,  di 


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Ì97 
cui  due  sono  in  Roma  e  due  iti  Bologna»  si  studiano  ogni 
di  più  di  raggiungere  nella  lavorazione  quel  perfezionamenio 
che  si  trova  nelle  fonderìe  francesi.  Impiegano  60  operai  e 
danno  prodotti  pel  valore  di  30,000  fr. 

Né  la  Toscana  rimane  indietro  nella  fonditura  dei  |)uoni 
caratteri  da  stampa.  Sei  fonderie  di  tal  genere  in  Firenze^ 
ed  alA*6  due  in  Livorno,  danno  saggi  di  gran  perfeziona'^ 
mento  nel  formare  i  loro  tipi.  I  due  migliori  stabilimenti 
di  questo  genere  sono  quelli  del  signor  Robisto  e  del  signor 
Ponthenier  di  Livorno,  i  quali  presentano  una  collezione  di 
caratteri  e  fregi,  copiosa,  variata,  e  sopratutto  assai  prego- 
volo  per  l'esattezza  del  getto,  la  nitidezza  dei  tipi  ed  il 
gusto  dei  disegni. 

Nel  regno  di  Napoli  fin  dal  1809  la  fonderìa  del  Gar« 
minello  a  Ghiaia  e  r  altra  del  signor  Cattaneo  e  del  R. 
Albergo  dei  Poveri  somministravano  oggetti  alle  tipografie 
di  quella  provìncia  d' Italia.  Tuttavia  i  punzoni  d' acciaio  e 
le  matrici  per  ogni  specie  di  carattere,  i  fregi  e  le  vignette 
non  sono  state  mai  si  belli,  si  precisi,  e  di  forme  si  svariate, 
quanto  quelle  eseguite  da  Salvatore  Banchieri,  di  Napoli, 
artista  d'abilità  non  comune.  Del  pari  pregevoli  sono  i  pun- 
zoni lavorati  da  Francesco  Solazzo.  Per  quantità  di  produ- 
zioni distinguesi  il  R.  Albergo  dei  Poveri,  che  somministra 
caratteri  ogni  anno  pel  valore  di  294  a  30,000  fr.  (I). 

Dottor  Pietro  Maestri. 


(i)  Un'unica  aggiunta  ci  occorre  di  fare  a  quest'articolo  ed 
è  quella  di  notare  cbe  l'Autore  ha  omesso  di  ricordare  le  ^7  car- 
tiere di  Toscolano  sul  lago  di  Garda,  che  producono  2,472,000  ehì-^ 
togrammi  di  carta^all'anno»  pel  valore  di  circa  1,364,640  lire. 

{Nota  della  Compilazione). 


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I9B 


NOTIZIE    INTERNE 


■■•▼Imoit»  MoraMMlale  degU  0tetl  saHU 


dodo  la  denominazione  di  Notizie  inteme  noi  pubblidiere* 
mo  d'ora  in  poi  tutti  i  più  importanti  doettmeoti  statiatici 
che  si  riferiscono  al  nuovo  regno  a  cui  ci  gloriamo  di  ap- 
partenere. Le  istituzioni  parlamentarie  che  Io  reggono  ren- 
dono necessaria  la  massima  pubblicitk  in  ogni  ramo  di  pub- 
blica amministrazione,  e  noi  non  mancheremo  al  nostro  de- 
bito nel  far  conoscere  le  forze  produttive  del  paese  enei- 
l'avvisare  ai  mezzi  atti  a  svolgore  il  suo  migliore  beneaso* 
re.  Intanto  riproduciamo  le  notizie  relative  al  movimento 
commerciale  di  questo  Stato  durante  l'anno  4858. 

I. 

Importazioni, 

L'anno  4858  non  è  stato  neppure  normale  e  regolare 
per  gli  scambii  internazionali.  In  essi  si  subirono  gli  effetti 
della  crise  scoppiata  negli  ultimi  mesi  del  4867  e  che  ha 
travagliata  pressoché  tutta  l'America  e  l'Europa,  ed  il  no- 
stao  paese  ha  inoltre  sofferto  del  quasi  fallito  raccolto  dei 
bozzoli. 

Il  prospetto  del  oommercio  del  nostro  Stato  dimostra 
come  sia  stata  seosibile  l'influenza  delle  catiae  perturbatrici 
che  abbifimo  indicate;  ma  ia  pari  tempo  attesta  un  incre- 
mento nel  consumo  di  alcune  derrate,  ehe  non  si  ottiene 
in  generale  che  in  anni  d'agiatezza. 


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ì 

199 
L'introduzione   del  vini  e  dell* acquavite  è  stala  la  se* 
guente  : 

Vini  Acquavite 

4858  ....    Lilri  30,359,084    Litri  4,987,179 

4857  ....  >  42,496,423  »  4,984,843 
4856  ....    »  25,065,496    >  3,035,430 

La  diminuzione  considerevole  che  si  era  avuta  nel  4857 
neir  entrata  dei  vini ,  in  seguito  delle  più  abbondanti  ven- 
demmie del  paese,  noo  si  è  mantenuta,  ^  l'introduzione  su- 
pera non  che  il  4857,  ma  altresì  il  4855.  Ciò  devesi  non 
solo  al  consumo  della  Liguria,  ma  benanco  all'abitudine  in- 
valsa presso  di  molti  di  far  uso  di  vini  forestieri,  a  cui  si 
sono  avvezzati  durante  la  prevalenza  della  crittogama ,  ma 
da  cui  iacilmente  sì  svezzerebbero  se  si  mettesse  maggior 
cura  nella  fabbricazione  e  purificazione  dei  vini  nostrani, 
che  certo  potrebbero  gareggiare  coi  migliori  vini  esteri  di 
esteso  consumo. 

Anche  nei  prodotti  coloniali  v'è  aumento  in  confronto 
dell'anno  antecedente. 

L*  introduzione  del  caffè  e  dello  zucchero  è  la  se- 
guente: 

Caffè  Zoccbero 

4858  ....  Chil.  3,373,434  Ghil.  49,068,494 
1857  ....  .  3,834,488  .  47,197,290 
4856  ...    .        »    3,957,959        »    49,679,964 

L'aumento  nel  caffè  è  assai  più  notevole  che  quello  del- 
lo zucchero.  La  diminuzione  dei  prezzi  cagionata  dalla  cri- 
se,  ha  senza  dubbio  contribuito  a  dare  maggiore  svihippo 
al  consumo. 

Le  altre  merci  in  cui  c'è  aumento  in  confronto  dell'an- 
no  scorso  sono: 


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300 


1858 


1857 

Chilogrammi  Chilognmmi 

Olii  d'oliva 4,070,078  439,798 

Caccao S45,639  20^,368 

Prodotti  chimici    ....  4,775,417  3,495,349 

Colorì 305,408  393,490 

Geaeri  per  tinu  e  concia    .  9,432,193  6,946,145 

Cera  da  lavorare    ....  444,253  435,613 

Formaggi 3,504310  2,889,795 

Pelliccerìe 10,794  6,423 

Pelli  in  basana,  ecc.  .    .    .  330,233  172,151 

Pelli  lavorate 43,042  44,437 

Filati  di  canapa  e  lino    .    .  1,028,496  929,934 

Filati  di  cotone     ....  94,990  87,740 

Tessuti  di  cotone  ....  4,842,378  4,642,136 

Altre  manifatture  di  cotone.  104,406  99,825 

Filati  di  lana 39,801  34,674 

Tessuti  di  lana 577,241  527,318 

Altre  manifatture  di  lana     .  425,525  408,695 

Carbone  di  legna  ....  13,646,736  12,872,475 
Utensili    e    lavori    diversi    in 

legno 69,230  68,694 

Carta 418,028  313,378 

Rame  lavorato 33,918  28,075 

Zolfo 795,020  342,466 

Vetrì  e  cristalli 2,467,655  2,248,852 

Vetrìficasioni 14,221  9,735 

Si  ha  per  contro  diminuiione  neir entrata  dei  seguenti 
prodotti: 


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Ì8S8 


20 1^ 


1857 


Olii  diversi  . 

Pepe  .     .    . 

Pesci  varii    . 

Pelli  crude  . 

Pelli  diverse. 

Canape  e  lino  J. 

Tele  di  canapa  e  lino 

Altre  manifaUore  di  canapa 

Cotone  in  lana .    .    . 

LAna 

Legna  da  fuoco  .  . 
Legni  d'ebanista  .  . 
Mobili  di  legno.  .  . 
Carta  per  lappmeria . 

Libri 

Mercerie  e  chincaglie 
Macchine  e  meccan.  L. 
Rame  non  lavorato     . 
Ottone  non  lavorato  . 
Ottone  lavorato.    .    . 
Piombo  non  lavorato. 
Piombo  lavorato    .    . 
Vasellame  di  terra 
Vasellame  di  porcellana 


Cbilogramni 

1,064,019 

488,460 

S,699,980 

2,553,034 

420,844 

3,338,483 

271,420 

82,428 

9,447,433 

2,269,388 

29,664,697 

844,334 

62,848 

72,650 

203,766 

486,334 

4,776,484 

466,426 

27,008 

24,372 

892,290 

94,040 

4,448,089 

405,307 


Chilogramnit 

4,268,702 
488,640 

4,085,083 

3,863,524 
484,366 

3,378,490 

274,821 

84,635 

42,609,490 

2,738,782 
35,350,962 
479,665 
403,588 
79,765 
230,224 
546,697 

2,722,536 

259,266 

32,422 

50,743 

4,544,242 
447,042 

4,602,089 
444,864 


Ci  resta  ora  a  considerare  le  importazioni  di  alcuni 
prodotti  speciali,  come  sete,  granaglie,  ferri,  carbon  fos- 
sile. 


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90S 

G)mìnciondo  dalle  sete,  eeeo  il  movimento  nei  due  ul- 
timi anni: 

i85S  i857 

Sete  grezze Cbil.  700,679  755,584 

Sete  lavorate »    371  ,'597  58,604 

Tessuti  di  seta    ...    .  »      89,345  94,847 

Altre  maniratture  di  seta.  »      46,59S  15,300 

Neir  introduzione  delle  sete  greggio  v'  è  riduzione  di 
eirca  35  mila  ebilogrammi;  ma  in  eonfronto  del  4856  v'è 
aumento  di  358  mila. 

Delle  lavorate  Timportasione  è  sestuplicata,  e  nei  tessuti 
non  si  ebbe  sensibile  variazione. 

Quanto  ai  cereali  V  importazione  dei  tre  uhimì  amii  è 

la  seguente: 

Fromento     Altre  granaglie 

4858    ....    Ettolitri  4,588,508        436,724 
4857    ...    .  »       4,456,557         480,734 

4856    ...     .  >       4,SS7,72S         634,444 

La  variazione  non  è  notevole,  ed  ali*  aumento  del  fru- 
mento corrisponde  un  maggiore  aumento  nelK  esportazione. 
Consideriamo  ora  l'entrata  del  ferro: 


1.*  fabbrìcaiione 

Lavoralo 

4858    .     . 
4857    .     . 
4856    .     . 

,    .    Chil.  47,803,703 
.    .        >    34,442,854 
.    .        >    22,840,270 

3,632,774 
8,656,847 
3,876,403 

L*importazione  del  ferro  di  prima  fabbricazione  eootiiiua 

a  discendere,   mentre   aumenta  quella  del  ferro   lavorsto. 
Nella  ghisa  si  ba  un  risultato  contrario: 

Ghisa  non  lavorata  Ghisa  lavorala 
4858    ....     Chil.  44,644,446        3,235,518 
4857    ....        .       8,524,046         S,957;645 
4856    ..,     .        »      9,587,868         4,078,292 


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903 
Tra  ferro  e  ghisa  sMntroducono  poco  meno  in  35  mila 
tonnellate;  è  una  quantità  tanto   ragguardevole  che  non  vi 
aono  più  lavori  importanti  per  nuove  strade  ferrate. 

L'importazione  del  carbon  fossile  aumenta  notevolmente 
d'anno  in  anno. 

4858  .....  Tonnellate  453^40 

4857 »          443,943 

4856.    ....  »          403,909 

4855 »            94,066 

4854 >            70,336 

L'aumento  in  6  anni  è  di  417  per  cento. 

In  complesso  si  ebbe  66  articoli  specificati,  aumento 
per  34  e  diminuzione  per  33;  ma  le  diminuzioni  non  sono 
guarì  importanti,  per  cui  la  situazione  difficile  provocata 
dalla  crisi  americana  ha  influito  più  nell*  arrestare  V  incre- 
mento,  ohe  nel  cagionare  tm  regresso  nelle  industrie  o  nel 
consumo. 

II. 

EspùrtazionL 

Le  esportazioni  dello  Stato  presentano  del  pari  aumento 
per  circa  la  metà  e  la  diminuzione  per  l'altra  metà. 

Nei  vini  ed  olii  d'oliva  si  ha  la  diminuzione  come  dal 
seguente  prospètto: 

Vini  Olii  d'oliva 

4858.  .  .  Litri  34,355,556  Cbil.  9,088,364 
4857.  .  .  .  39,930,803  •  9,678,778 
4856.    .    .        >    20,756,433        »    40,943,854 

Nelle  granaglie  invece,  se  ne  togli  i  cereali  diversi,  v'ha 
aumento  ragguardevole  e  relativamente  superiore  all'au- 
mento dell'importazione. 

Eccone  il  prospetto. 


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S04 

Ffttffleiito        Altre  granaflle 

4858  ...  .  Ettol.  487,849  Euol.  457^24 
4857  ...  .  »  404,668  »  482,S99 
4856     ...    .         »       99,374         >     444,497 

L' esportazione  del  riso  è  salita  a  quintali  S8S,6S6  da 
quintali  243,447  nel  4857,  e  quinuli  247,743  nel  4856. 

Delle  paste  di  frumento  si  esportarono  chil.  3,645,069 
contro  chil.  4,703,603  nel  4858,  e  chil.  4,245,493  nei 
4857. 

NelPuscita  del  bestiame  continua  l'incremento. 


Bestiame 

BoTino 

Otìdo 

N.»  66,628 

N."> 

87,097 

>    64,349 

» 

84,884 

.    64,379 

» 

76,473 

4858  .  . 
4857  .  . 
4856  .  . 

Quanto  alle  sete,  il  movimento  delle  nostre  filande  e 
torcitoi  non  si  è  rallentato ,  malgrado  la  malatiia  del  fila- 
gallo,  che  ha  invaso  tutto  il  paese. 

Ecco  Tuscita  della  seta: 

»  Gresza  Lavorata 

4858.    ....    Chil.  334,694    Chil.  945,896 

4857 »    442,546        »    644,533 

4856.     ...     .        >    234,988        »    925,296 

Di  moresche  uscirono  chil.  373,565  nel  4858  contro 
374,300  nel  4857  e  chil.  399,207  nel  4856. 

Duole  lo  scorgere  là  diminuzione  neiru^iu  dei  tessuti 
serici.  Nel  4858  ne  furono  asporUti  chil.  32,894  ,  contro 
chil.  33,466  nel  4857,  e  chil.  49,437  nel  4856. 

Dopo  questi  gli  articoli  in  cui  si  ebbe  aumenta,  sono  i 
seguenti: 


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305 


485d    ' 

.  Confetti Chil.  204,339 

Sapone >  953,334 

Cordami  di  canape  .  .  »  367,568 
Tele  di  canape  ...        >      73,470 

Filali  di  cotone  ...        >  469,887 

Libri  stampati     ...        >  440,575 

Vasellame >  669,444 

Ossa  di  bestiame.    .  -.        >  384,355 

Carbone  di  legna     .    .  Quint.  406,439 

Legna  da  fuoco  ...        >  344,477 

Minerale  di  piombo.    .        >  433^64 

Diminuirono  invece  i  seguenti: 


4857 

430,069 
467,364 
363,406 

39,468 
406,990 

91,669 
663,400 
376.494 

97,893 
330,686 

49,480 


Formaggi    .    . 

Jr  vSCI        •       •       • 

Pelli  crude  . 
Pelli  in  basana 
Stoffe  in  cotone 
Sughero  .  . 
Frutta  verdi  . 
Prodotti  chimici 
Soda.  .  .  . 
Carta  .  .  . 
Ghisa  in  massa 


Chil. 


4858 

843,324 

8,063 

781,387 

59,048 

46,395 

337,0.15 

44,055^54 

33,005,844 

38,966 

4,672,374 

4,839,670 


4857 

963,737 

43,854 

866,684 

75,365 

46,448 

769,445 

45,064,608 

33,539,458 

54,500 

4,643,427 

2,liO;190 


In  complesso  si  hanno  48  articoli  che  aumentarono  e 
47  che  soffersero  diminuzione;  ma  sia  l'aumento  che  la  dì- 
minuzione  non  furono  tanto  ragguardevoli  da  indicare  una 
variaziona  sensibile  nel  movimento  delle  esportazioni.  Con- 
viene osservare  che  nelle  esportazioni  la  Sardegna  comincia 
a  prendere  una  parte  distinta. 

1  prodotti  delle  dogane  si  dividono  come  segue: 

4858  4857-56 


Importazioni 
Esportazioni 


44,850,487 
336,397 


44,688,349 
219,854 


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106 

Gli  articoli  che  diedero  più  rilevaDii   prodoui    loao  «!• 
l'import  azione: 


Zucchero  .  .  . 
Tessuti  di  cotone 
Tessuti  di  lana  . 
Cafiè     .... 

Vini 

Ferri  .... 
Tessuti  di  seta  . 
Formaggi  .  .  . 
Mercerie  e  chincaglie 
Acquavite  .  .  . 
Tele  di  canapa  . 
Vetri  e  crisulli  . 
Filati  di  canapa  e  lino 
Olio  d'oliva    .    .    . 


1858 

L.  4,308,6S6 
3,381,758 
1,383,018 
981,936 
886,810 
680,567 
668,648 
868,765 
351.051 
843,561 
167,439 
120,188 
117,639 
107,163 


1857.56 

4,155^86 

8,800,335 

1,309,110 

868,373 

1,131,389 

658,919 

703,495 

871,593 

368,670 

343,479 

153,369 

104,093 

104,094 

15,967 


Gli  altri  articoli  produssero  ciascuno  meno  dì  100,m.  lire. 
AH'esportaiione  gli  articoli  che  produssero  di  più  sono: 

1858  1857-56 

*  Carbone  di  legno    .    .    .    L.  46,350        33,367 

Vini 45,393        47,359 

OUi  d'oliva >  37,864        30,888 

È  noto  come  la  maggior  parte  dei  prodotti  siano  esenti 
da  diritti  all'esportazione. 

Commercio  di  Terraferma  colla  Sardegna. 

Gli  scambii  fra  le  provincie  del  Continente  e  la  Sarde- 
goa  migliorarono  nel  1858  in  confronto  del  1857. 

Il  valore  delle   merci   introdotte  dalla   Sardegna  nella 
Terraferma  è: 

Merci  nazionali L.  6,9%,318 

Merci  nazionalizzate .    .    .    .,   •        15,998 


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1,887,134 
4,609,764 
1,303,120 
444,773 
441,540 
331,683 
220,018 
178,226 
174,973 
163,077 
148,457 

Terraferma 


nella 


lino 


8,934,011 
3,488,347 


207 
Le  principali  delle  prime  sono: 

Cereali L. 

Olii 

Bevande  fermentate. 

Tonno    

Minerali 

Fruiti 

Pelli  crude     •    .    . 

Formaggio  .... 

Sughero     .... 

Semenze  oleose   .    . 

Prodotti  chimici  •    • 
Il  valore  delle  merci  introdotte  dalla 
Sardegna  è  il  seguente: 

Merci  nazionali    •    . 

Merci  nazionalizzate . 
Le  prineipalt  merci  nazionali  sono: 

Manifatture  di  cotone 
»  lana  • 

9  seta  . 

Chincaglierie  e  mercerie 

Manifatture  di  canape  e 

Vasellami^  vetri  e  cristalli 

Pelli  diverse  .... 

Farina  e  paste     •    .    • 

Carta 

Ferro 

Legnami  da  costruzione 

Pietre,  materiali,  bitumi 

Metalli  diversi  comuni . 
Delle  merci  nazionalizzate  le 

Derrate  coloniali    .    . 

Pelli  diverse.    .    .    . 

Pietre,  ccc 

Chincaglierìe  e  mercerie 

Manifatture  di  lana 
»  seta 

>  cotone 

Bevande  distillate  • 

In  totale  l'aumento  degli  scambj  tra  la  Terraferma  e  risola 

di  Sardegna  è  stato  di  5,400,000  lire  in  confronto  del  1857. 


8,265,535 
964,300 
864,800 
666,340 
424,739 
4H,345 
317,382 
236,483 
183,638 
144,610 
119,550 
115,000 
108,776 
principali  sono: 

L.  543,241 

»  427,749 

>  345,600 

>  184,260 

>  155,480 

>  4  24,800 
»   113,645 

>  120,900 


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SOS 


NOTIZIE   STRANIERE 

€«ittaier«l«  d^esp^rtaal^ae  della  draa  Bvete^iui* 

La  Gran  Bretagna  presenta  in  questo  momento  il  de- 
plorabile spettacolo  di  una  grande  nazione  che  non  vuole 
adorare  che  Toro^  e  per  l'avidità  di  questo  metallo  dhde- 
/  gna  di  cooperare  all'emancipazione  dei  popoli  latini.  Essa 
conta  più  una  lira  sterlina  che  un  popolo  libero  dippià. 
Con  una  cinica  indifferenza  va  contando  ad  uno  ad  uno  i 
suoi  quattrini,  e  prima  di  toccarsi  il  cuore  per  sentire  se 
sia  scevro  di  rimorsi,  guarda  alla  cassa  se  è  ancora  piena 
di  scellini.  Facciamo  adunque  anche  noi  il  conto  di  cassa 
riproducendo  il  quadro  statistico  del  commercio  esterno  della 
Gran  Bretagna  per  gli  anni  4857  e  4858. 

Anno 
4858  4857 

Lire  steri.  Lire  sterL 

Possessi   britanici     .    .  40,284^994  37,454,688 

Stati  Uniti  .....  U,540,646  48,985,939 

Germania 4^,753,655  43,098,333 

America  dei  Sud      .    .  8,634,636  40,989,333 

Olanda 5,456,423  6,384,394 

Francia 4,864,558  6,343,358 

Turchia 4,356,406  3,407,404 

Russia 3,096,278  3,098,849 

Indie  occidentali  .    .    .  3,590,358  3,079,503 

Spagna 2,478,988  2,420,538 


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S09 

Anno 

1858  1857 

Lire  sler.  Lire  sler. 

Egitto 1,985,833  1,899,289 

Belgio 4,813,686  1,737,304 

Cina 1,780,783  1,738.885 

Portogallo 1,548,861  1,589,087 

Due  Sicilie 1,369,396  1,088,983 

Austria    ......      1,397,355  1,113,51^ 

Sardegna 1,174,430  1,310,310 

Toscana 986,519  800,069 

Giava 831,871  744,493 

Danimarca 595,370  886,700 

Coste  occident.  d'Africa        691,435  787,530 

Siria  e  Palestina  ....        760,533  703,375 

Filippine 511,570  534,884 

Svezia 438,161  559,699 

Norvegia 395,381  441,704 

Messico 414,811  567,311 

Stati  Romani    ....         409,475  318,597 

America  centrale  .    .    .         893,074  313,871 

Grecia 949,683  300,666 

Moldo-Valacbia      .    .    .         195,984  801,466 

Marocco 84,056  148,809 

Isole  del  mare  del  Sud            67,485  91,837 

Algeria 30,605  19,406 

Isole  del  Capo  Verde    .          14,736  16,640 

Altre  destinazioni     .    .          81,889  14,3/0 

116,614,881  133,066,170 

AniiÀU.  Statittica,  voi,  XXIIt  lertt  5.*  14 


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210 

li  1858  presenta,  in  confronio  del  1857,  una  diininu* 
zrone  di  5,451^776  Kre  sterline. 

Se  nel  1857  non  ci  fosse  stata  T  insurrezione  indiana 
che  da  cagionato  un  minor  consumo  di  prodotti  britannici 
nelle  provineie  travagliale  dalla  guerra,  la  diminuzione  del 
1858  sarebbe  stata  più  ragguardevole  poicliè  nel  ISfiSTe- 
sirazione  per  le  Indie  è  risalita  a  16,782,515  lire  sterline 
contro  11,666,714  nel  1858. 

I  paesi  che  furono  travagliati  dalla  erisi  degli  ulticni 
mesi  del  1857,  furono  pur  quelli  che  meno  importarono 
dei  prodotti  britannici. 

Una  potenza  industriale  la  quale  ba  un*  esportazione  di 
merci  per  circa  tnemsla  milioni  di  franchi  ha  bisogno  che 
le  altre  nazioni  sieoo  prospere. 

Questo  bisogno  è  la  più  eloquente  confutazione  del  so- 
fisma che  è  accreditato  universalmente,  vantaggiarsi  Tla- 
ghifierra  colle  crisi  politiche  o  commerciali  degli  altri  Stati. 
Le  esportazioni  del  Regno  Unito  dimrnirìrono  sempre  allor- 
ché il  (Modo  era  lurbal<>  da  disordini  politici  ù  da  dissesti 
ecoMMBici.  Esse  non  si  sviluppano  ed  aumeatano  che  in 
mezzo  alla  pace  ed  alla  prosperità  generale. 

Ciò  spiega,  se  ,non  giustifica,  la  politica  di  quegl'ioglesi 
che  chiudono  gli  occhi  alle  sofferenze  dei  popoli,  per  non 
turbare  la  quiete  e  provocare  la  guerra.  Diciamo  spiega  e 
non  giustifica,  perchè  non  è  giustificabile  una  politica  fon- 
data esetesivamenije  sugl'interessi  materiali,  per  quanto  ri- 
spettabili siano  e  prevalenti. 

Applicando  queste  considerazioni  alFItalia,  è  evidente  che 
per  la  Gran  Bretagna  Thalia  ha  un'importanza  economica 
assai  maggiore  dc'n\\ustria. 

Le  esportazioni  per  la  Sardegna,  Napoli,  Toscana  e  Ro- 
magna giungono  a  4  bilioni  di  lire  sterline,  mentre  quelle 
per  rAuslria  oltrepassano  di  poco  il  milione. 

£  pf4>babUiAcnte  i  prodotti  spedili  in  Austria  sono  desti- 
nati qoiist  tutti  al  Lombardo-Veneto,  cosicché  il  tralTico  della 


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SH 
Gran  Bretogna  coli'  Austria  è  iiì3Ì|;oiScaote.  Dìffutli  lo  iiu  iffe 
austriache  sono  fondate  sul  principio  protettivo  e  leodo^p 
ad  escludere  le  merci  inglesi* 

Quelle  tariffe  non  hanno  favorito  lo  sviluppo  deirindM- 
Siria  intema,  perché  non  è  la  prolezione  ma  la  coacorreoia 
che  lo  promuove  ;  tuttavia  se  gli  effetti  non  furono  favore- 
voli alle  manifatture  deir  impero  austriaco  tornarono  dannose 
agli  Stati  esteri,  e  l'Inghilterra  è  quella  che  ne  ha  sofferta 
più  di  tutti. 

L'Italia  libera  sarebbe  un  mercato  vastissimo  per  gli 
scambi  internazionali,  e  mentre  svolgerebbe  grinte/ni  ele- 
menti di  prosperità  industriale,  porgerebbe  la  mano  amica 
ulle  estere  produzioni,  sopratulto  di  Francia  ed  Inghiliurra. 

— OQO— 

Vm  cwclna  e  T  aslto  41  l^rindliiilll- Street. 

Nel  4846  a  Londra  fu  fondata  la  pia  istituzione  detta 
Leicester  square  Soupe-kUchtn  an  Refuge.  Essa  è  mantenuta 
coi  doni  e  assegni  fatti  per  sottoscrizioni  annuali  negli  al- 
berghi e  nel  clubs  di  West-End ,  non  che  dai  generosi  com- 
mercianti, ristoratori  e  mercanti  di  derrate  dello  stesso  West- 
End.  Si  distribuiscono  de*  boni  dagPi  azionisti  ai  poveri  che 
sono  nelle  condizioni  volute  per  avere  il  loro  desinare,  ov- 
vero soltanto  una  porzione  più  o  meno  generosa  di  zup- 
pa«  ecc.,  oppure,  se  invalidi,  per  esser  ammessi  neirasilo 
ove  son  mantenuti  e  alloggiali. 

La  zuppa  è  approntala  tutti  i  giorni  a  tre  ore,  e  solamente 
chi  è  munito  di  biglietto  viene  ammesso  nella  cucina  per 
ricevere  la  propria  porzione.  €oloro  ehe  hanno  viglietii  per 
famiglie  si  presentano  con  uà  grande  reetfthritie  imi  quale 
81  vertano  tutte  le  porzioni  vohivt.  Soddisfeui  che  Mano 
luui  i  portatori  di  viglietii,  e  restando  ancora  della  zufipa, 
vico  questa  distribuita  ai  bisognasi  che  non  colerono  otte- 


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S13 

nere  dei  boni,  ed  essi  ivi  mangiano  le  loro  porzioni  ioioroo 
alle  tavole. 

Le  persone  che  hanno  viglietli  per  tutti  i  pasti  ed  an- 
che per  dormire  si  presentano  alle  nove  ore  di  sera.  I  do- 
mestici dimessi  possono  talora  restare  nell'asilo  fino  a  che 
trovino  padroni.  Però  si  ha  l'avvertenza  di  non  dare  que- 
sta specie  di  soccorsi  che  ài  più  bisognosi.  L41  zuppa  nella 
cui  composizione  entrano  tutti  i  legumi  e  camangiari  pos- 
sibili è  eccellente  e  gode  di  vera  celebrità,  ed  essa  vien 
molto  ricercata  da  benefattori  che  vogliono  distribuirla  ai  loro 
poveri.  A  Natale  poi  di^tribuisconsi  alle  povere  famiglie  a 
migliaja  le  porzioni  di  tal  zuppa  a  cui  si  unisce  pane,  del 
plum-pudding ,  del  thè  e  del  caffè,  e  cosi  far  meglio  solen- 
nizzare quella  giornata. 

La  beneficenza  di  cui  parliamo  si  manda  ad  effetto  nella 
grande  metropoli  inglese,  ma  in  un  oscuro  e  rovinato  can- 
tuccio di  essa  conosciuto  col  nome  di  Ham  Yard^  Great 
JFindmiU'itreet,  Bani'fnarked, 

D.  G.  C 


StutlatlM  deir  latr«sl«iie  poftbllM  aella  Gran    1 
Bretoffm  neirama«  tM8. 

Nel  bilancio  dell'anno  1858  trovammo  notale  le  se* 
guenti  cifre  per  la  spesa  occorsa  ne'  varj  istituti  di  pub- 
blica istruzione  nel  Regno  Unito* 

|.ire  sterline 
Istruzione  elementare  ..,••.,.    663,435 
Incoraggiamenti  alle  scienze  ed  alle  arti .    .      83,730 

Istruzione  pubblica  dell'Irlanda 823,000 

Università  Reale  in  Irlanda 8,SSS 

Collegio  Reale  in  Irlanda 4,800 

Accademia  Reale  in  Irlanda  •«••••  500 


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$4S 

Università  di  Londra    ..<.««    i    .  3,6S4  ^ 

Università  di  Scozia 7,640 

Accademia  Reale  tberoica 300 

Museo  britannico 79,375 

Galleria  di  belle  arti 46,474 

Acquisto  d'opere  scientifiche 5,039 

Società  Reale  di  geografia     ......  500 

Società  Reale  di  Londra  . 4,000 

11  fondo  di  663,435  lire  sterline  venne  impiegato  per 
447,774  lire  nella  costruzione  ed  ampliamenti  dei  locali 
per  le  scuole  elementari;  per  64^494  lire  sterline  in  au- 
mento agli  stipendi  ai  maestri  ed  alle  maestre;  per  lire 
646S  in  acquisto  di  libri  ed  apparecchi  d'istruzione;  per 
lire  34,434  in  assegni  agli  ispettori  scolastici,  ecc. 

Neir  Inghilterra  si  tengono  aperte  nelle  case  di  lavoro 
scuole  pei  figli  poveri  a  cui  intervengono  37,340  fanciulli. 
Nell'Irlanda  si  tengono  aperte  437  scuole  dello  stesso  genere 
per  istruirci  23,674  fanciulli  poveri. 

Si  estese  il  numero  delle  scuole  nazionali  agricole  che 
ora  ammontano  a  468.  Si  istituirono  3  hindar  garten^  o 
giardini  pei  fanciulli;  e  si  sovvennero  opportunamente  le 
cosi  dette  sale  d'asilo  per  la  povera  infanzia. 

Ad  onta  però  di  queste  pubbliche  istituzioni  non  si  è 
provveduto  abbastanza  all'istruzione  completa  del  popolo 
inglese. 


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214 


NUOVE   GOMUIVICAZIOIII 

PER  MEZZO  DI  CANALI,  STRADE  FERRATE 
E  PONTI  DI  FERRO. 

— OZIO — 

IViMV»  statlstlea  deUe  stHMle  fevMito  9m 


Lia  costruzione  delle  arterie  principali  di  strade  ferrate 
è  fyresaoehè  compiuta  negK  Stati  pia  importanti  d*  Europa» 
ed  il  bisogno  di  nuove  linee  ai  Ìi  vìeppià  sentire. 

Egli  è  perehè  le  strade  ferrate  che  sono  in  eaeroizio  n^ 
esado  il  movimento  e  l'industria  in  lontane  regioni,  eatesdono 
ì  eonfini  deNa  umana  attività  e  rendono  neoeasarii  i  meni 
che  possomi  sussidiarla. 

La  Francia  è  una  delle  nazioni  d'Europa  che  ha  fatti 
più  rapidi  progressi  negK  ultimi  anni.  Essa  si  lasciò  prece- 
dere da  altri  Suti,  soprattutto  dell*  Inghikerra ,  dal  Belgio 
e  dalla  Germania;  ma  dopo  il  1863  ha  riscattaAo  il  tempo 
perdute  in  discoaaioni,  pur  troppo  soventi  voke  sterili»  con  un' 
operosith  di  tnii  non  ha  ritardato  a  ritrarre  copiosi  frutli. 
Eoco  la  situazione  successiva  della  rete  francese  decretata 
ed  in  esercizio  alla  fine  di  ciascun  anno: 

Anat  Chil.  decritati     CMl  te  eserc. 

1888 48  .       — 

4880 442        63 

4842 2987        590 

4848 4703       2214 

4851 4953       3544 

4852 6884       3859 

4853  •....,.  .   8786       4050 

4854 9464       4640 

4855 44754       5530 

4856 44754       6495 

4857 45956       7458 

4858 15956       8657 


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2<5 
Da  queslo  prospetto  rimila  die  b  rete  francese  non  ha 
cominciato  ad  esercitarsi  in  parie  che  nel  1848.  Dopo 
d'allora  si  è  sviluppata  con  grande  celerità  e  TesteiMÌoiie 
aperta  ciascun  anno  al  pobblico  servizio  attesta  la  gravità 
dei  sagrificii  che  la  natione  ha  faiii  e  la  potenza  e  molti- 
plicitè  delle  sue  forze  produnive. 

La  lunghezza  totale  delle  strade  ferrate  del  mondo  era 
descritta  nella  segueme  guisa  nei  documeuti  ufficiali  pub- 
pltcaii  dal  governo  francese. 

AI  81  dicembre  4857  vi  erano: 


Europa  • 
America 
Africa 
Asia  •    . 
Oceania  * 


1  esereixio 

In  eoslrunooe 

Tdlale 

Ckil. 

Cbil. 

CbM. 

40,630 

35,603 

76,433 

46,397 

49,(40 

&4^S7 

380 

907 

4,287 

400 

7,270 

7,670 

430 

481 

314 

86,297  68^1  449,928 

Gli  Stati  Uniti  d*  America  hanno  il  primato  per  V  esten- 
sione delle  linee,  e  superano  tatto  l'Europa  rispetto  allo 
rete  in  esercìo. 

Quanto  alla  lunghezza  totale  delle  linee  deoreiatc  in 
esercizio^  gli  Stati  principali  d'Europa  e  d'America  sì  clas- 
sificavano come  segue: 


Estensione  esercitata 

Estensione  decretata  . 

Cbil. 

Chil. 

Stati  Uniti     .     .     .     44,900 

Stati  Uniti     .     .     .    68,000 

Gran  Breugna    .     .    44,670 

Gran  Bretagna  .     .    31,080 

Francia     ....      7,458 

Francia     ....    43,870 

Prussia      ....      4,695 

Austria      ....      8,372 

Germania  ....       4,384 

Prussia      ....      6,749 

Austria      ....      3,577 

Germania ....      5,893 

Canada      ....       2,430 

Russia 5,433 

Belgio 4,480 

Spagna     ;    .     .    .      3,489 

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S16 

lulia    . 
Russia  . 
Spagni 
Svittera 
Olanda 
Danimarca 
Sveiia  e  Nonregia 
Portogallo 
Turchia    . 
Grecia  .    « 


4,179  Canada     . 

4,178  Italia    .    . 

670  Belgio  .    . 

647  Svinerà    . 

379  Turchia    . 

S40  Olanda     . 

466  Danimarca 

64  Portogallo 

00  Svexia  e  Nonregia 

00  Grecia  .... 


3,160 

3,966 

8,St3 

a,4ó6 

4,530 

4,137 

480 

439 

296 

40 


L' avansamento  degli  Suti  in  fatto  di  vie  ferrate  non  si 
può  però  giudicare  dall*  estensione  chilometrica  giudicata 
assolutamente,  ma  dall' estensione  relativa,  cioè  in  rapporto 
della  popolazione  e  della  superficie  del  paese. 

Ecco  il  prospetto  delle  strade  ferrate  in  confronto  della 
popolazione,  ossia  quanti  chilometri  di  strade  ferrate  copiara 
ciascun  paese  sopra  un  milione  d'abitanti. 


LQDgbeua  eaereiUU 

Longhena  decreUU 

Chil. 

Cbil. 

Suti  Uniti  .    . 

.    1806.  7 

Suti  Uniti  .    . 

,    8500.  9 

Canade    .    .    . 

.      &iSO.  1 

Canada   .    .    . 

,     4477.  9 

Gran  Bretagna. 

536.  7 

Svizzera .    .    . 

905.  4 

Belgio     .    .    .    , 

,      338.  4 

Gran  Breugna.    . 

774.  8 

Pruuia    .... 

272.  9 

Belgio     .... 

483.  4 

Germania     .    .    , 

851.  5 

Prussia    .    .    . 

893.  S 

Svizzera  .... 

315.  4 

Francia   .... 

387.  4 

Francia   .    .    . 

.      308.  3 

Germania     .    . 

338.  6 

Danimarca  .    . 

140.  5 

Olanda    .    .    . 

389.  5 

Olanda    .    .    . 

407.  8 

Spagna    .    .    . 

854.  6 

Austria    .    .    . 

89.  4 

Danimarca  .    . 

352.  6 

lulia  .... 

68.  5 

Austria    .... 

340.  3 

Spagna   .... 

48.  9 

Italia 

473.  4 

Svezia  e  Norvegia . 

83.  8 

Portogallo    .    . 

435.  4 

Russia     .... 

49.  6 

Turchia' .    .    . 

98.  7 

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117 

48.  3 
0.  0 
0.  0 

Russia     .... 
Sveiia  e  Norv^ia  . 
Grecia     .... 

90.  4 

60.  2 

9.  6 

Portogallo  .  .  . 
Tarchia  .... 
Grecia     .... 

Ecco  ora  il  confronto  colla  superficie,  ossia  quanti  chi* 
lometri  di  strade  ferrate  sì  hanno  per  ciascun  miriametro 
quadrato  di  superficie: 


EstenftioDe  esercitata 
Chil. 

Belgio 5.    0 

Gran  Bretagna.    •    .  4.    7 

Germania    .    .    •    •  1.    8 

Pnissta 4.    7 

Francia I.     4 

Svizzera.    ....  4.    3 

Olanda 4.    0 

Italia.    .....  0.    6 

Austria 0.    5 

Stati  Uniti  .    ...  0.    5 

Danimarca  ....  0.     4 

Canada 0.     2 

Spagna 0.     4 

Portogallo  ....  0.  07 

Russia 0.  02 

Sfczia  e  Norvegia     .  0.  02 

Turchia      ....  0.  00 

Grecia 0.  00 


Estensione  decretata 

Cbil. 

Belgio 7.  5 

Gran  Bretagna.    .    •  6.  8 

Svizzera 5.  5 

Olanda 3.  2 

Francia 3.  7 

Germania    .    .    .    .  2.  5 

Prussia  .....  2.  4 

Italia 4.  5 

Austria. .....  4.  2 

Danimarca  ....  0.  8 

Stati  Uniti  ....  0.  7 

Spagna 0.  7 

Canada 0.  5 

Portogallo  ....  0.  5 

Turchia      ....  0.  3 

Russia 0.  4 

Svezia  e  Norvegia     .  0.  04 

Grecia 0.  02 


È  assai  importante  questo  prospetto ,  avvegnaché  ci 
faccia  conoscere  quali  sono  gli  Stati  meglio  forniti  di  strade 
ferrate. 

Gli  Stati  Uniti  che  in  modo  assoluto  hanno  una  esten- 
sione che  supera  quella  di  tutti  gli  Stati  d'  Europa  riuniti 
insieme,  si  trovano  in  ragione  di  superficie  al  decimo  grado 
per  le  linee  esercitate  ed  all'  undecimo  pel  totale  della  rete 
decretata. 


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818 

Il  Bclgìfl  che  è  un  pìeèolo  Sialo,  ba  la  suprematia  su 
iiitii  gli  allri,  t  lo  sviluppo  rapido  delle  we  industrie  e  del 
suo  eommercio  è  cerio  derivalo  in  gran  pane  dall' aver  sa- 
puto per  tempo  apprestare  i  vantaggi  delle  strade  ferrate 
e  promuoverne  l'eseoiaione. 

Ecco  ora  il  ragguaglio  del  numero  dei  viaggiatori  tra- 
sportali sulle  strade  ferrate  dei  priocipali  Stati: 

Anni       Estensione        Numero  dei 
media  viaggiatori 

Austria 4858  4,383  10,533337 

Belgio  (Suto)     .    .  4857  741  6,458,494 

Ganadh   .....  4857  4,753  4,603,655 

Spagna   .....  4859  48S  8,539,981 

Stati  Uniti  ....  4855  34,473  60,89i,09l 

Prancia 4857  6,874  40,663,168 

Gran  Bretagna  —  Ing.  4857  9,954  445.858,806 

Scozia 4857  4,747  44,733,503 

Irlanda 4857  4,490  8,416,5:9 

India  inglese    .    .    .  4857  406  4,946,953 

Prussia 4857  4,314  48,414,094 

Bussia  (Stato)     .    .  4856  650  377,801 

Sardegna  (Stato) .    .  4B57  389  3,354,609 

Svizzera 4857  437  3,399,534 

Toscana 4856  485  4,463,834 

Per  le  principali  linee  della  Francia  il  movimento  si  ri- 
partiva nel  modo  seguente,  comprendendovi  anche  le  merci. 

Nome  delle  linee  Viaggiatori  Mereiwie 

N.o  Tonoellate 

Nord 6,466,440  3,577,731 

Est 5,434,513  3,035,779 

Ovest  ........  43,761,853  4,487,575 

Orleans 4,358,171  1,743,080 

Parigi-Mediterraneo    .    .    .  7,464,898  S,684,5C<5 

Mezzodì    , 8,079,894  586,765 


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219 
Quanto  ai  prodolli  ed  aHe  spese  di  esercizio ,  aggiun- 
giamo un  prospetto  per  le  principali  reti,  che  ci   sembra 
assai  importante.  -^  Eccolo: 


Eappmio 

Estem. 

nendtta  ' 

per  100 

Stati 

Jnni 

podia 

PndoUo 

nella      fraUrm. 

aa 

Lire 

Lire     edìlproi. 

Austria 

i858 

4333 

11,247,436 

5,400,000 

i»fi» 

Belgio 

4857 

1655 

43,006,385 

20,127,350 

46.  80 

Canada 

1837 

1753 

29,339,500 

9,084,225 

30.  96 

Spagna 

1855 

483 

3,425,700 

1,728,725 

50.  46 

Stati  tedeschi 

1855 

3H6 

101,059,250 

6^986,050 

64.30 

Stali  UniU 

i857 

34000 

534,327,840 

222,636,600 

41.  67 

Francia 

i857 

6874 

313,818,016 

177,701,743 

56.  63 

GraoBret-Ia 

- 

glìiterra 

4857 

9254 

513,193,700 

191,661,050 

37.  35 

Scozia 

4837 

1717 

62,536,950 

25,575,725 

40.  90 

Irlanda 

4857 

1490 

28,634.600 

11,148,000 

49.  41 

Olanda 

4857 

228 

6.965,475 

2,719,550 

39.  04 

India  inglese 

4857 

406 

5,292.325 

5,052,925 

57.  69 

Prussia 

4857 

4311 

135,646.010 

72,288,383 

54.  09 

Russia 

4856 

650 

99.197.725 

n 

» 

Sardegna 

4857 

389 

11,460,664 

6,077,496 

53.  02 

Srizzera 

4837 

437 

6,716.901 

3,866.735 

78.  56 

Toscana 

4856 

135 

3,188.400 

1,715,873 

53.  82 

Questo  quadro  attesta  la  grande  e  straordinaria  impor- 
tanza delle  strade  ferrate  ed  i  rapporti  fra  la  rendita  e   la 

Un*  industria  che  sorta  appena  da  SS  anni>  dk  già  una 
rendita  dì  circa  duemila  milioni,  ed  un  beneficio  netto  di 
oltre  mille  milioni;  unMndustria  che  ha  sconvolte  intera- 
mente  le  condizioni  dell' industria  e  del  traffico  e  porta  un 
grande  sussidio  all'  agricoltura ,  merita  tutta  T  attenzione  e 
la  soHecHudine  dei  governi^  e  può  bene  essere  riguardata 
come  il  ramo  principale  dell' attività  sociale  netl*  ultimo 
{quarto  di  secolo. 


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220 

Wotlsle  sul  trafero  del  llmieeiil»l«« 

Lo  scavo  di  galleria  già  fatto  in  ottobre  era  di  metri 
237,  e  se  ne  fa  in  media  0,70  al  giorno.  Avendo  suhico 
trovato  la  roccia  si.  principiò  lo  scavo  ia  grande  sezione.  La 
natura  della  roccia  è  di  sehisto  argiUoso-calcare  e  si  scrosta 
facilmente  al  contatto  dell'aria  e  specialmente  ali* umiditi , 
si  fu  perciò  costretti  di  armare  la  vòlta  con  puntelli  ^  sin 
tanto  che  vi  si  facesse  il  rivestimento  in  muratura. 

Si  fa  il  rivestimento  della  galleria  con  mattoni,  perchè 
si  manca  afTatto  di  roccia  dura  nei  contorni.  Fu  però  tro- 
vata una  qualità  di  terra  buona  per  fare  mattoni ,  e  se  ne 
trovano  già  in  pronto  gran  copia,  ma  la  calce  si  è  costretti 
farla  arrivare  da  Casale. 

Il  canale  della  presa  d*  acqua  per  1*  edificio  dei  compres- 
sori è  ultimato  ;  aggiungasi  a  tale  edificio  il  fabbricato  delle 
officine.  Il  numero  degli  operai  colà  impiegati,  tutto  com- 
preso, era  in  ottobre  di  4200.  La  mancanza  di  roccia  per 
la  muratura,  la  mancanza  di  calce,  ed  il  non  avere  trovata 
jn  galleria  roccia  abbastanza  resistente  per  sostenere  da  sé 
il  vòlto ^  pose  l'entrata  di  Bardonnèche  in  condizioni  piò 
critiche  che  dalla  parte  di  Modane. 

L'ingresso  nord  si  trova  molto  più  basso  di  quello  di 
Bardonnèche. 

Ciò  malgrado  l' ingresso  da  Modane  si  trova  più  elevalo 
della  strada  nazionale  di  metri  105,34  o  distante  da  que- 
sta  strada  metri  460,  mentre  l'entrata  di  Bardonnèche  si 
trova  a  livello.  Bisogna  perciò  guadagnare  quest'altezza,  svi- 
luppando la  ferrovia  intorno  a  Modane  per  la  lunghezza  di 
metri  4500  per  entrare  in  galleria. 

A  diritta  della  strada  nazionale  e  fra  questa  ed  il  tor- 
rente Are,  si  costrusse  un  canale  di  derivazione  pei  due 
cdifizii  delle  ruote  idrauliche  e  dei  compressori  della  lun- 
ghezza di  metri  4000. 

A  sinistra  della  strada  nazionale  e  di  fronte  alla  gallerìa 


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224 

si  costrusse  il  fabbricalo  delle  officine.  Questo  bel  fabbrica- 
to è  quadro  ed  ha  60  metri  di  .lato. 

Dalla  parte  di  Bardonnèche  oon  necessitando  V  edificio 
delle  ruote  idrauliche,  si  è  già  ricevuta  e  stabilita  una  par- 
te dei  meecanismi  per  la  eompreasione  dell'  aria ,  ed  ave- 
vansi  inoltre  alla  fine  di  aprile  metri  376  di  galleria  in 
grande  sezione.  La  natura  della  roccia  è  sempre  la  stessa, 
e  quantunque  siasi  incontrata  in  questi  due  ultimi  mesi  un* 
pò  d*  acqua,  1*  avanzamento  medio  giornaliero  è  sempre  di 
metri  0,75  perchè  la  roccia  è  tenera  (  schisto  argilloso-cal- 
care);  si  è  però  costretti  di  rivestirla,  ma  ciò  non  impe- 
disce l'avanzamento.  Il  rivestimento  si  fa  colà  pei  piedritti 
moellons  e  pel  vólto  in  mattoni.  Si  è  pure  ricevuta  una 
quantità  di  meccanismi  destinati  per  il  fabbricato  delle 
officine. 

A  Modane,  siccome  occorsero  grandi  opere  attorno  a! 
canale,  si  per  contenere  le  scarpe,  perchè  il  terreno  è  sab- 
biouiccio,  come  per  aver  incontrato  uno  strato  di  melma 
dove  appunto  dovevano  aver  luogo  le  fondazioni  degli  edi- 
fici! delle  ruote  idrauliche  e  dei  compressori^^  il  lavoro  sof- 
frì maggior  ritardo  e  non  si  darà  principio  allo  stabilimen- 
to delle  macchine,  che  nell'entrante  primavera. 

La  pietra  da  taglio  occorrente  per  questi  due  fabbricati 
è  di  metri  liti.  500  ed  i  buchi  nella  stessa  pietra  per  in- 
trodurvi i  boloni  è  di  metri  lineari  500. 

La  lunghezza  della  galleria  era  alla  fine  di  aprile  di  me- 
tri 272,35,  e  I'  avanzamento  giornaliero  di  metri  0,50.  La 
Ratura  della  roccia  (grès-entraxìfère)  fu  sempre  la  stessa, 
cioè  assai  sconoesM  con  infiltrazioni  d'acqua. 

Il  tratto  di  galleria  che  traversa  il  terreno  di  frana  (me- 
tri 183)  trovavasi  alla  fine  di  aprile  tutto  aperto  in  gran 
sezione. 

Si  è  già  ricevuto  un  buon  numero  di  macchine  di  do- 
tazioni per  il  fabbricato  dell' olBcine. 

Appena  gli  edifizii  potranno  ricevere  le  macchine,  si  po- 


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iranno  scavare  3  metri  di  roccia  per  parte  di   galleria  al 
giorno*  (MoniL  Torinese). 


IMatlstlea  delle  stradle  ferrate  nesll  Stati  Calti 
4*  Amerlea. 

Non  v'  ha  nazione  che  abbia  sviluppata  Y  industria  delle 
strade  ferrale  eon  tanta  rapidità  ed  un*  auiviià  si  straordi- 
naria quanto  gli  Stati  Uniti  d'America. 

li  popolo  americano  non  conosce  limite  al  suo  progreno 
né  ostacolo  al  suo  movimento.  Esso  procede  innansi  atter- 
rando le  barriere,  vincendo  ogni  difficoltà,  dimentico  dd 
passato,  pensoso  solo  dell*  avvenire. 

Appena  si  pensò  a  sostituire  alle  strade  ordinarie  le  vìe 
ferrate ,  gli  Stati  Uniti  ne  fecero  V  esperimento  ;  ma  dap- 
priucipio  r  importanza  dei  nuovi  mezzi  di  comunicazione 
non  fu  meglio  compresa  in  America  che  in  Europa.  Erano 
le  vie  ferrate  destinate  soltanto  ai  viaggiatori,  oppure  dorè- 
vano  facilitare  il  trasporto  delle  merci? 

É  questa  per  la  nostra  generazione  una  quistione  oziosa. 
Ma  trent'  anni  addietro  la  era  importante  :  pochi  prevedeva- 
no lo  sviluppo  della  nuova  industria  dei  trasporti  ;  come 
forse  noi  non  prevediamo  i  successivi  progressi  oè  le  re- 
golari trasformazioni  eh*  casa  subirà  ancora  nel  nostro  suolo. 

I  più  restringevano  al  trasporto  dei  passaggeri  1*  utilità 
delle  strade  (errate.  Ci  volle  del  tempo  prima  di  riconosce- 
re tutti  i  vantaggi  che  se  oe  potevano  ritrarre  e  la  rivolu- 
zione che  dovevano  fare  nella  pubUiea  economia. 

Lentamente  procede  nei  primi  amii  ìin  America  la  co- 
striuione  delle  strade  ferrale;  ma  appena  il  popolo  ameri- 
cano ne  comprese  i  grandi  beneficii,  niun  ostacolo  più  lo 
rattenne:  non  le  difficoltà  del  terreno,  non  l* importanza 
dei  capitali,  o  l*  esito  infelice  di  parecchie  imprese. 

Gli  Stali  Uniti  avevano  bisogno  di   vincere  gi*  immensi 


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22;ì 
spazi!  che  separavano  le  ciao,  i  borghi,  le  praterie,  di  strin- 
gersi fra  di  loro,  di  accelerare  le  comunicazioni. 

A  questo  bisogno  soddisfecero  si  bene  che  in  30  anni 
costrussero  S8,i38  miglia  (chilometri  45,435 ),  ossia  un 
miglio  per  mille  abitanti,  mentre  1*  Inghilterra,  che  in  Eu- 
ropa è  la-meglio  fornita  di  vie  ferrate,  non  conta  che  un 
miglio  sopra  3  mila  abitanti. 

Il  progresso  della  oostruzione  delle  strade  ferrate  negli 
Slati  Uniti  risulta  dal  seguente  prospetto  delle  linee  aperte 
al  principio  di  ciascun  anno: 


Anno 

Miglia 

Anno 

Miglia 

Anno 

Miglia 

4838 

3 

4839 

1923 

4850 

7342 

4829 

28 

4840 

2167 

4854 

9090 

4830 

44 

4844 

8349 

4862 

44031 

4  881 

54 

4842 

8877 

4853 

48379 

4832 

431 

4843 

4474 

4854 

49438 

4833 

576 

4844 

4342 

4855 

49769 

4834 

872 

4845 

4670 

4856 

21069 

4885 

988 

4846 

48S6 

4857 

23761 

4886 

4402 

4847 

5282 

4858 

S59o6 

4837 

4442 

4848 

6679 

4859 

282^)8 

4838 

4843 

4849 

6353 

L' incremento  delle  strade  ferrate,  aperte  al  pnblilic-d 
servizio  è  soprattutto  straordinario  negli  ultimi  dieci  anni. 
Non  valsero  ad  arrestare  il  movimento  le  reiterate  crisi  che 
colpirono  il  commercio,  i  fallimenti  di  molte  Compai^nìe,  la 
rovina  di  molti  capitali  impiegali  in  vie  ferrate  che  non 
diedero  un  prodotto  rimuneratore,  od  i  cui  proventi  furono 
dissipati. 

Negli  Siati  Uniti  adunque  si  hanno: 
Cbil.  71,467  di  vie  ferrate  concesse 
>       45,435  »  io  esercizio. 

Queste  cosUno  franchi  5,609,975,577,  ossia  firanohi 
413,440  per  cbilometro. 

Un  solo  Stalo,  agregato  receniemente,  quello  di  Minne- 
sota ,  è  sprovvisto  di  strade  ferrate.  Tutti  gli  altri  ne  sono 


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solcati:  le  principaii  ciuà  sono  ti 
grandi  distanze  sono  superate,  e 
se  regioni  deserte»  immense  forc 
versate  soltanto  dai  coraggiosi  di 
mano  d' uomo  non  aveva  toccate 
federazione. 

Il  costo  chilometrico  di  142, 
credere  che  le  vie  ferrate  danno 

Per  costrarre  le  vie  ferrate  i 
paese  ove  i  salari  sono  elevati  e 
to  necessario  di  abbandonare  qui 

1  lavori  sono  ristretti  al  pun 
no  modestissime,  le  grandi  oper 
numero,  gli  Stati  hanno  fatte  lai 

€iò  spiega  la  tenuità  relativa 
te  Compagnie  fallirono  o  si  scio 
sulle  loro  rovine  poterono  miglii 

Ma  in  un  paese  dove  il  capii 
frutta  il  40  per  O/O,  le  strade  f( 
non  potevano  dare  splendidi  ris 
medii  superano  di  poco  quelli  o 
ferenza  che  in  Europa  1'  interess 
no  elevato,  le  vie  ferrate  che  f 
in  proporzione  più  produttive  d< 
aero  6  e  7  per  O/O. 

Qualunque  però  sia  la  condii 
cictà  di  strade  ferrate  negli  Stati 
questi  debbono  il  loro  rapido  svi 
produzione  e  del  traffico  ai  nuov 

Le  vie  ferrate  hanno  traafori 
naie,  hanno  agevolata  l'erezione 
inazione  di  città  dove  non  si  ved 

I  proventi  delle  linee  seguirò 
golare  di  aumento,  che  attesta  1* 
pubblica  e  privata. 


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ANNALI    l'IVIVERSALI 

« 


^k. 


Glasn<»  t^S9.  Voi.  JLJLU.  —  IV.^  € 

lUKLlOGUAFIA  (0 

— ooo— 
ECONOMIA  PUBBLICA,  STORIA  E  VIAGGI. 

RASSEG.^A  DI  OPERE  ITALUKE. 


XXL  —  Sulla  esposizione  agricola  ed  industriale  bresciana; 
lettere  di  Giuseppe  Zan^rdelli,  Milano  4859.  Un  volume 
in- 8.^  di  pag.  464. 

iVlIorchè  nell'anoo  1857  si  tenne  a  Brescia  la  prima  esposisione 
agricola,  industriale  ed  artistica  di  tutti  i  prodotti  di  quell'opero- 
sissimo paese»  noi  fummo  i  primi  a  far  voti  perchè  quel  nobile 
esempio  fosse  imitato  dalle  altre  provincie  finìtime  e  preparasse 
coH'andare  del  tempo  una  grande  esposizione  italiana. 

Ci  gode  l'animo  di  veder  ora  in  un  Imon  libro  raccolto  un 
completo  ragguaglio  di  quella  esemplare  esposisione,  e  di  vederlo 
compilato  da  uno  dei  più  benemeriti  scrittori  bresciani*  In  questo 


(1)  Saranno  indicale  eoo  asterisco  (*)  di  riscontro  al  titolo  deiropcft 
qaellc  produiioiii  sopra  le  qoali  si  daranno,  quando  occotroDO|  artìeoU 
ai  aUiìcì. 

AffMALi.  Statistica  f  voL  XXII,  seris  3.*  i5 


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236 

aureo  folame  troviamo  illustrala  tutta  l'operosità  cenonana  io 
ogni  maniera  di  applicazioni  all'  agricoltura ,  all'  industria  ed  alle 
arti  belle.  Brescia  ci  compare  agli  occhi  nella  sua  antica  gran- 
dezza e  giustifica  il  titolo  che  porta  nella  storia  di  essere  il  paese 
magnanioio  dei  forti.  Solo  traspare  dalle  pagine  del  Zanardelli  il 
grido  di  dolore  di  chi  deve  far  noto  alla  patria  quanto  avrebbe 
potuto  dare,  se  un  regime  di  terrore  e  di  saccheggio  oon  l'aTesse 
per  undici  anni  tormentata  e  diremo  persino  sgozzata.  Ma  grazie 
a  Dio  quel  regime  é  cessato  e  quantunque  su  quella  tt*rra  circo- 
lino ancora  potenti  eserciti  cbe  sui  colli  di  Solferino  danno  quelle 
memorande  bai  taglie  cbe  staranno  come  le  pagine  più  belle  della 
nostra  storia,  pure  Brescia  già  respira  U  più  pura  aura  di  fita^ 
e  la  sua  indomabile  operosità  ritornerà  fra  breve  a  far  pro- 
digi, 

€i  basti  dire  cbe  la  sola  industria  delle  armi  che  fa  vivere 
due  valli  bresciane  e  che  era  ridotta  a  produrre  soltanto  12  mila 
canne  da  fucile,  ha  ora  commissioni  per  fornire  in  pochi  mesi  ai- 
Tarmata  italiana  70  mila  fucili.  Ciò  che  diciamo  delle  armi  potre- 
mo dirlo  delle  altre  industrie  »  le  quali  nella  nuova  rigenerazione 
del  paese  andranno  a  ricevere  nuovo  lustro  ed  incremento.  Intanto 
il  libro  del  Zanardelli  può  consultarsi  cuuie  la  migliore  statistica 
deiriudustria  bresciana. 

XXII.  —  *  Biblioteca  dell'  Economista  ,  diretta  dal  profes- 
sore FRAHcesco  Ferrara.  Seconda  serie.  Trattati  spedalL 
Torino  1859;  sono  usciti  alla  luce  i  fascicoli  dal  /V.®  240 
ot  246  ;  edizione  in -8.®,  presso  l'Unione  tipografica. 

I  fascicoli  ora  asciti  alla  luce  comprendono  buona  parte  del 
«econdo  volume  che  contiene  una  serie  di  Memorie  le  quali  ap* 
pflcano  le  dottrine  deireconomia  pobblica  all'agricoltura.  Fra  que- 
ste noteremo  la  Memoria  di  Thornlon  sulle  pìccole  proprietà;  un 
lavoro  di  Bastiat  sul  contratto  di  mezzeria;  uno  scritto  di  Wolow- 
sky  sulla 'divisione  del  suolo;  le  lettere  di  Tracy  suH' agricolta- 
ra,  e  ciò  cbe  più  importa  l'intiera  opera  di  Jacini  sulla  proprietà 
fondiaria  in  Lombardia. 

Si  dà  fine  al  volume  con  una  serie  di  opuscoli  sull'agricoltura 
ioscaiia. 


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257 

Noi  ci  congratuliamo  col  direttoro  della  raccolta  per  avere  in 
questo  fohiaie  fatto  tesoro  dei  più  sapie&U  scritti  dei  noMri  eco- 
nomisti  itaHaui»  giacché  crediamo  che  in  questa  parte  di  ecoii^* 
mia  pratica  non  siamo  secondi  a  nessun'  altra  nazione  del  mondo. 

Noi  parleremo  in  seguito  di  questo  volume  per  mettere  a  ri- 
scontro le  dottrine  italiane  colle  straniere. 

RASSEGNA  DI  OPERE  STRANIERE. 


XXIU.  —  La  liberté;  par   Jcles  Simon.    Ain'^t  4S59.  Due 
volumi  in-9J^  di  pag.  M4  e  671. 

Il  nome  di  questo  filosofo  non  è  ignoto  air  Italia.  Egli  scrisse 
la  sua  erudita  storia  sulla  scuola  filosofica  alessandrina  che  diede 
argomento,  anni  sono,  a  sapienti  articoli  di  Cesare  Correnti  siati 
inseriti  nella  Rivista  europea.  Pubblicò  io  seguito  le  tre  opere 
sul  dovere,  sulla  religione  naturale  e  sulla  libertà  di  coscienza,  in 
cui  fece  francamente  conoscere  come  cosiffatti  argomenti  di  alla 
portata  filosofica  vadano  trattati*  Ora  publ>licò  in  due  volumi  un 
Trattato  sulla  liberti.  Era  tempo  che  questo  tema  fosse  discussi» 
filosoficamente  dopo  che  si  era  abusato  tanto  di  questa  magnifica 
e  diremo  anche  di  questa  consolante  parola.  Qualsiasi  definitione 
della  libertà  lascia  sempre  un  non  so  che  di  vago  e  di  indefiniti» 
riferendosi  sempre  ad  un  ordine  di  fatti  psicologici  d'indole  nega* 
tiva,  consistendo  piuttosto  nel  togliere  gli  ostacoli  all'essere  che 
pensa  e  che  vuole,  anzi  che  a  delineare  un  campo  di  aspirazioni 
e  di  azioni  che  possa  dirsi  certo  e  definito,  n  filosofo  Simon  ha 
votolo  provarsi  ad  assegnare  alla  libertà  umana  i  suoi  confini,  e 
lo  ha  fatto  con  profonda  dottrina  ed  ottimo  criterio.  Dopo  aver 
parlalo  det  dovere  e  dell'autorità,  ha  cercato  di  indicare  come  deb- 
ba essere  franchigiata  la  libertà  dell'operare  nell'individuo,  nel  san- 
tuario domestico  e  nella  vita  civile.  Concbiuse  il  suo  libro  accen- 
nando come  debba  reggersi  anche  la  libertà  del  culto  e  la  libertà 
del  pensiero. 

In  questi  tempi  ih  cui  le  aspirazioni  alla  vita  libera  possono 
per  avventura  trasmodare,  noi  crediamo  che  sia  opera  da  buon  cit- 
tadino  quella  di    raccomandare   la   lettura    di    questo   nuovo*,  la^ 


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9S8 

?oro  Glosofico  di  Simon  che  oell'atto  che  assieura  airuomo  le  sue 
normali  franchigie,  gli  mostra  però  il  campo  gioridico  entro  cai 
possa  spaziare  la  sua  libera  operosiià* 

XXIV,  —  Annuaire  de  Veconornie  politique  et  de  la  &tati<' 
stique  ;  par  M.  Block  e^  Gciuaumix.  Parigi  1859.  Uà 
voi.  in- 16,°  di  pag.  676. 

È  questo  l'anno  decimoseslo  da  che  si  pubblica  l'Annuario  di 
economia  pubblica  e  di  statistica  a  Parigi.  Il  suo  esempio  venne 
imitato  in  Olanda»  in  Germania  e  soprattutto  in  Italia  ore  dappri- 
ma per  opera  dello  Stefani  od  ora  del  Correnti,  ha  contribuito  alta 
pubblicazione  di  Annuarii  che  costituiscono  il  vero  vade  mecum 
della  scienza  economica  e  statistica. 

L'Annuario  di  quest'anno  non  presenta  forse  memorie  e  rag- 
guagli di  una  capitale  importanza,  ma  è  più  ricco  di  preziose  no» 
tizie.  L'illustre  Legoyt  che  dirige  gli  uffici  di  statistica  in  Francia 
vi  inserì  un  suo  nuovo  lavoro  sul  movimento  della  popolazione 
francese  in  occasione  dell'ultimo  censimento  fatto  nell'anno  185G. 
Il  signor  Courtois  pubblicò  un'accurata  analisi  dei  rendiconti  finan- 
ziarli della  Francia  per  gli  anni  1855,  1856,  1857  e  1858  e  rese 
conto  del  budjet  preventivo  francese  per  Tanno  1859.  Il  signor 
Leone  Chemin  Dupenles  fece  conoscere  lo  stato  del  commercia 
francese  nell'anno  1857,  e  Maurizio  Block  ne  riassunse  le  condi- 
zioni pel  periodo  di  trent'anni  decorsi  dal  18S7  ari 856.  Seguono 
i  Rendiconti  della  giustizia  civile  e  criminale  francese  per  l'anno 
i856  e  le  relazioni  sulle  Società  di  soccorso  mutuo  in  Francia 
per  l'anno  1857.  Anche  la  statistica  postale,  telegrafica  e  ferrovia* 
ria  per  la  Francia  i  magistralmente  illustrala. 

Vi  ha  una  parte  consacrata  alla  sola  statistica  di  Parigi  e  si 
danno  buone  notizie  sulla  pubblica  beneficenza  delia  metropoli. 

La  terza  parte  dell'  Annuario  è  consacrata  alla  rassegna  stali* 
stica  dei  principali  Slati  del  mondo.  Questa  rassegna  non  è  sem- 
pre completa  ,  ma  si  offrono  però  ragguagli  abbastanza  precisi  ed 
interessanti  sullo  slato  finanziere  delle  varie  nazioni. 

Sotto  il  titolo  varietà  si  dà  una  rivista  economica  per  l'anno 
1858  e  la  nota  bibliografica  delle  opere  di  economia  pubblica 
che  vennero  alla  luce  in  Europa  nel  secondo  semestre  dell'anno 
1858.  Sventuratamente  questo  elenco  è  troppo  incompleto  ed  omet- 
te quasi  tutti  i  libri  di  economia  politica  che  si  pubblicarono  in 
Ingnijlcrra,  in  Germania  ed  in  llalia. 


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J2» 

HEMORIE  ORIGINALI 

ESTRATTI    ED   ANALISI   DI   OPERE. 


l^nliMleaslilnl  rec^tttl  di  c^en^mla  pttlltlé* 
«  di  slulUtlca  In  Italia. 


\jon  questo  litolo  ba  il  Journal  des  Economistés  di  Parigi 
pubblicata  una  relazione  del  signor  Michelini,  deputato  al 
Parlamento  sardo,  con  cui  di  fa  a  compiere  le  lacune  che 
gli  italiani  notarono  nel  sapiente  articolo  di  Wolowski  sulla 
storia  deir  economia  politica  in  Italia  (i).  Noi  crediamo  di 
far  cosa  grata  ai  nostri  lettori  riproducendo  questo  Rapporto 
deir  illustre  pubblicista  italiano  e  vi  faremo  succedere,  come 
al  solito,  una  nostra  annotazione  finale  per  aggiungere  quanta 
venne,  per  brevità  dimenticato  dal  Michelini. 

È  in  Italia  che  T  economia  politica  ha  fatto  intendere  i 
suoi  primi  vagiti,  ma  è  in  Francia  e  sopratutlo  in  Inghil- 
terra ch'ella  s'è  ingrandita.  Vi  ebbe  tuttavia  un  tempo  sia 
per  la  teoria,  sia  per  la  pratica,  in  cui  l'Italia  non  stava 
addietro  ad  alcun' altra  nazione  d'Europa.  Noi  vogliamo  par- 
lare della  seconda  metà  dell'ultimo  secolo:  egli  è  di  que« 
sto  tempo  che  Genovesi,  Galiani  e  Filangieri  pubblicavano  a 
Napoli  le  loro  opere  immortali,  ed  a  Milano  il  Verri  ed  il 
Beccaria;  ed  è  allora  che  Bartolomeo  Intieri  fondava  nel- 
l'Università di  Napoli  (4754)  la  prima  cattedra  d'economia 


(i)  Vedi  gli  j4nmli  di  àtatistlca,  fascicolo  dì  genoajo  1859. 


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politici  che  ftbbia  esistilo  in  Europa;  è  di  questo  tempo 
infine  che  il  granduca  di  Toscana ,  potentemente  niuuto 
da  Angelo  Tavanti,  suo  ministro  delle  finanze,  Taceva  della 
buona  economia  politica  in  Toscana.  Poche  opere  compar- 
vero intorno  a  questa  scienza  durante  la  dominazione  fran- 
cese. Vengono  in  appresso  Gioia,  espositore  chiaro  e  preciso; 
Romagnosi,  spirito  profondo  che  lo  si  può  considerare  come 
capu  scuola  «  e  gli  altri  scrittori  degli  Annali  universali  di 
$tatÌÈtiray  economia  politica^  legislazione^  geografia,  ecc.,  gior- 
nale che  senza  interruzione  è  sorlo  a  MìUdo  dop»  il  4&33, 
e  che  è  certamente  una  delle  più  ricche  raccolte  di  nozioni 
economiehe  e  statistiche. 

Ma  se  neir  ultimo  secolo  il  governo  di  Napoli,  di  Lom- 
bardia, di  Piemonte  e  di  Toseana  non  erano  contrari  al  pro- 
gresso degli  studi  ecoDomioi;  se  quest'ultimo  non  solo  dava 
loro  un'aperta  proleiione,  ma  ne  seguiva  ancora  le  dottrine» 
non  fu  più  la  stessa  cosa  dopo  le  rivoluzioni  che  ebbero 
luogo  in  Italia  alla  fine  dell'ultimo  secolo  ed  al  prineipiare 
di  questo,  e  dopo  le  ristorazioni  ohe  ne  seguirono. 

Quasi  tutti  i  miglioramenti  spontanei  cessarono,  e  le 
seieoze  morali  e  politiche  non  furono  più  riguardate  di  buon 
occhio  dai  sospettosi  governi  gelosi  del  loro  potere:  Teeo- 
somia  politica  aopratutto,  a  cagione  de' suoi  rapporti  colla 
'politica  propriamente  delta,  fu  proscrìtta  come  una  scienza 
rivoluzionaria*  Cosi  In  cattedra  d' economia  politica  che  nel 
4817  era  alata  instiiuita  nell'Università  di  Torino  dal  re 
ViKorìo  Emanuele  I,  istituzione  ohe  si  riguardava  come  una 
eooeeaaione  folta  al  partito  liberale  ed  amico  del  progresso» 
fti  soppressa  nel  IS3i  dal  governo  reazionario  di  Carlo  Fe- 
lice. Cosi  pure  il  governo  di  Toscana  aveva  soppressa  nel  1836 
uua  soeietb  che  s'era  formata  allo  scopo  di  coltivare  gli 
•ludi  aiatisliei. 

Dopo  gli  avvenimenti  del  4848  l'economia  politica  prese 
un  grande  sviluppo  in  Piemonte,  sia  come  scienza,  sia  come 
arte.  La  riforma  doganale,  le  leggi  dei  brevetti  d'invenzioni, 


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2SI 
sui  sensali  di  commercio,  sulle  marche  di  Aibbriea  furono  ' 
buone  ed  utili  applicazioni  dei  più  sani  principii  della  scienta 
economica.  Noi  siamo  felici  di  dire  a  questo  riguardo  che 
l'abbassamento  dei  dìriiti  di  dogana,  benché  so  una  scala 
considereyole^  non  trovò  io  Piemonte  un'opposizione  così 
forte  come  in  at<!ri  paesi.  Appena  alcuni  manifatturieri  in- 
teressati alla  consenrasione  dei  diritti  elevai»,  appena  i{ 
sùgnor  Massimu-Turina  e  alcuni  altri  protezionisti  quando 
pure  fecero  udire  alcuni  lamenti,  opposero  alcuni  argomenti 
contro  la  liberti  del  commercio.  I  soli  avversari,  io  non 
dirò  seriì,  ma  ostinati,  furono  i  giornali  ohiericali  e  reazio* 
nìsti,  ebe  si  posero  quali  campioni  del  protezionismo  e  del 
lavoro  nazionale^  e  ciò  non  fu  che  per  far  opposizione  al 
governo  in  economia  politica  come  nel  resto. 

Noi  non  parleremo  di  una  moltitudine  di  opere  d*ogni 
sorta  che  precedettero,  accompagnarono  o  seguirono  le  di^ 
scussioni  legislative  sulla  riforma  doganale  o  sulle  altrf  leggi 
economiche;  ma  forse  è  conveniente  il  dire  qualche  parola 
<ii  quelle  di  maggior  eleiratezza  e  in  cui,  siccome  non  si  ha 
un  disegno  preconcetto,  non  si  cerca  di  trarre  dalla  scienza 
delle  applicazioni  dei  prineipj  talvolta  erronei. 

Francesco  Ferrara ,  professore  d' economia  politica  nel- 
l'Università  di  Torino,  grande  avversario  dell' intervento  go« 
vemativo,  gran  partigiano  della  libertà  commerciale,  e  sopra- 
tutto di  quella  d'insegnamento  pubblicò  dopo  il  1850»  sotto 
il  titolo  di  Biblioteca  deW  economista ^  una  scelta  collezione 
delle  più  importanti  produzioni,  antiche  e  moderne,  italiane 
e  straniere  della  scienza  economica.  Ciascun  volume  è  pre- 
ceduto d'una  saggia  introduzione,  nella  quale  il  signor  Frr^ 
rara  dà  delle  notizie  biografiche  ed  apprezza  in  un  modo 
Assennato  le  opere  che  vi  son  contenute.  Fra  queste  in- 
troduzioni noi  crediamo  nostro  dovore  far  menzione  spe* 
eiale  dell' ultitna,  che  è  relativa  alla  moneta  ed  al  credito, 
e  ebe  è  per  sé  stessa  una  buona  opera.  Questa  collezione^ 
ctie  pel  formato  richiama  quella  del  sig.  Guillaumin,  e  che 


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S3S 

tìOQ  le  è  inferiore ,  è  divisa  in  due  serie ,  la  prima  delle 
()uali  comprende  i  trattati  generali  della  scienza  economica, 
e  b  seconda  i  trattati  speciali  su  qualcuna  delle  sue  pani. 
Noi  abbiamo  già  dieci  volumi  della  prima  serie  «  che  con- 
tengono, fra  gli  altri,  i  fisiocrati  Smith,  Genovesi,  Verri,  Becca- 
ria, Filangeri,  Ortes,  Storch,  Say,  Sismondi,  Destutt  de  Tracy, 
Drox ,  Eisdell ,  Poulett,  Malthus ,  Lauderdfte  ,  Bentham , 
Rossi,  Banfield,  Peschine^  Smith,  Ricardo/  Rae,  Torrens, 
Bastiat,  Giuseppe  Garnier,  James  e  Stuart  Mill,  Chamers, 
e  Chevalier.  L41  seconda  serie,  giunta  al  suo  sesto  volume 
contiene  delle  opere  oppure  degli  articoli  delle  riviste  re- 
lativeai  seguenti  oggetti:  Della  moneta;  —  Del  credito  e  delle 
banche;  -^  Dell* agricoltura  e  delle  qu'tstionl  economiche 
che  le  appartengono;  —  L'individuo  e  lo  Stato;  —  La 
libertà  del  lavoro.  —  Sotto  questo  titolo  trovasi  tutto  che 
si  ha  scritto  di  meglio  nelle  differenti  lingue  su  ciascuna 
materia. 

Scialoja,  sapiente  napoletano,  si  è  aquistata  una  fama 
europea  pe*  suoi  principii  dell'economia  sociale  esposti  se- 
guendo l'ordine  logico  delle  idee.  Quesu  opera,  della  quelle 
il  signor  Roberto  del  Molel,  celebre  professore  air  Università 
di  Tubinga,  ha  detto  che  sarebbe  difficile  di  trovarne  un'  al- 
tra che  fosse  scritta  con  tm  più  bel  fare  filosofico,  tanto  la 
deduzione  delle  idee  fondamentali  è  lucida  e  forte,  fu  tra- 
dotta in  francese  nel  1844  da  U.  Devillew.  Si  ha  ancora 
dello  stesso  autore  un'  operetta  assai  rimarchevole  che  h:i 
per  titolo  Carestia  e  governo^  nella  quale  dimostra  che  nei 
tempi  di  penuria  ciò  che  i  governi  possono  far  di  meglio 
si  è  di  stabilire  la  più  gran  libertà  nel  commercio  dei 
cereali. 

Gerolamo  Boccardo,  economista  distinto  e  laborioso,  pub- 
blicò a  Torino,  nel  4853,  un  trattato  teorico  pratico  d*  eco- 
nomia politica.  Come  lo  dice  questo  titolo,  l'opera  è  divisa 
in  due  parti,  la  prima  delle  quali  è  consacrata  *air  esposizione 
teofrica  dei  principj  relativi  alla  produzione,  alla  distribuzione 


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233 
Cil  alla  consumazione  delle  rìccliezze  ;  V  autore  vi  dà  delle 
nozioni  chiare  e  complete  sul  cambio,  sul  valore,  sulla' po- 
polazione, sulla  proprietà,  sul  capitale,  sulla  rendita,  sul  pro- 
fitto, sul  salario,  sulla  concorrenza,  ecc.  Nella  parte  pratica 
o  speciale,  V  autore  fa  V  applicazione  alle  differenti  quistioni 
che  si  rapportano  alle  ricchezze,  dei  principj  eh'  egli  ha 
stabilito  nella  parte  teorica;  egli  è  di  questa  maniera  ch'egli 
tratta  dell'agricoltura,  dell'industriai  del  commercio,  delle 
macchine,  della  moneta,  del  eredito,  del  pauperismo  e  della 
benefìcenza,  ed  iniirie  delle  quistìoni  relative  alle  finanze. 
In  questa  seconda  parte  egli  segue  lo  sresso  ordine  che 
nella  prima,  cioè  quello  della  produzione,  della  distribuzione 
e  della  consumazione  delle  ricchezze. 

Noi  non  sapremo  dire  se  è  più  conveniente  di  separare, 
in  un  trattato  elementare  d'economia  politica,  la  teoria  dilla 
pratica,  o  se  vai  meglio  mescerle  insieme,  come  l'hanno 
Tatto  G.  B.  Say  ed  altri  distinti  economisti,  di  maniera  che 
le  applicazioni  si  deducono  da  principj  in  un  moifo  più  di- 
retto, e  quasi  senza  che  il  lettore  se  ne  accorga.  Comunque 
sia,  l'autore  6  eertamenie  uno  degli  economisti  i  più  orto- 
dossi, e  se  voi  non  trovale  delle  cose  nuove  nella  sua  opera, 
voi  la  leggete  tuttavia  con  un'attenzione  sostenuta  appunto 
dalla  chiarezza  dell' espòsiziobe,  che  forma  il  suo  merito 
principale.  Al  principio  di  ciascun  capitolo  l' autore  ha  in- 
dicato le  forni  di  cui  si  è  servito,  ed  alle  quali  possono  ri- 
correre coloro  che  amano  approfondirsi  nelle  quistioni  che 
vi  sono  trattate. 

Noi  abbiamo  un'altra  prova  del  favore  che  godono  in 
Piemonte  e  in  tutta  l'Italia  gli  siudj  economici  in  una  vasta 
pubblicazione  dello  stesso  autore  relativa  a  questa  scienza. 
Noi  ne  esporremo  il  titolo  benché  sia  un  pò  lungo  pei'  me- 
glio farne  conoscere  la  portala. 

«  Dizionario  dell'economia  politica  e  del  commercio,  teo- 
rico e  pratico,  utile  non  solamente  al  dotto  ed  al  pubblico 
omministraiore,  ma  ancora  al  commerciante,  al   banchiere, 


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234 

air  agricoltore  ed  al  capitalista;  opera  originale  italiana  del 
lirofessore  Gerolamo  Boccardo,  contenente  tytri  gli  articoli 
d'economia  politica,  di  diritto  e  di  pratica  commerciale,  di 
storia  e  dì  biografia  economica  e  mercantile,  di  terminologia 
agraria,  industriale,  bancaria  marittima,  e  tecnologica  •• 

Sono  già  comparsi  due  volumi  dì  quest'  opera  eccellente, 
in  cui  alcuni  articoli,  quelli  d'economia  specialmente  politica, 
sono  tali  cbe  si  possono  ctiiamare  veri  trattati. 

Noi  abbiamo  ancora  dello  stesso  autore  un'operetta  sulla 
ferrovia  da  costruirsi  lungo  il  mare  della  Liguria  occiden- 
tale (4)  ,  ed  un  eccellente  Manuale  di  storia  ,  ecc.  (2). 

Il  si;;.  Cibrario,  storico  sapiente  quanto  coscienzioso,  fece 
anch*  egli  d(*lle  escursioni  nella  scienza  delle  ricchezze,  la 
sua  opera  dell*  economia  politica  nel  medio  evo,  si  fa  rimar- 
care  tanto  per  una  vasta  erudizione  come  per  un  giusto 
apprezzamento  dei  fatti  che  vi  sono  narrati.  Fu  tradotta  in 
francese  nel  4845. 

Noi  non  possiamo  né  dobbiamo  parlare  di  tutte  le  opere 
di  economia  p<>lrtica  che  sono  comparse  in  Italia  in  questi 
ultimi  tempi.  Egli  è  perciò  che  noi  oì  limiteremo  a  indicare 
oltre  la  Storia  civile  delle  Toscana  e  il  Manuale  istorico  delle 
massime  ed  ordinanze  economiche  ohe  sono  in  vigore  nella 
Toscana ,  opera  pubblicata  da  Antonio  Zobi  a  Firenre ,  il 
Trattato  d'economia  sociale,  pubblicato  l'armo  scorso  nello 
^esso  paese  dall'  avvocato  Bartolomeo  Trinci. 

Diciamo  aneora  qualche  parola  sulla  Sicilia.  Per  un*  ec- 
cellente notizie  biografica  e  bibliografica  che  fu  stampata 
ultinaamente  nella  Rivista  conten^oraiua  dì  Torino  e  che 


(1)  La  Liguria  occidentale  e  le  ferropie'^  considerazioni  di  Ge- 
rolamo Boccardo.  Torino  1858. 

(2)  Manuale  di  storia  del  commercio ,  delV  industria  e  del- 
^economia  politica  y  ad  uso  delle  scuole  speciali  secondai  te- 
Torino  18T)8,  i   voi.  in-8«  di  462  pagine. 


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33$ 
fu  riprodotta  negli  Annali  um^ertali  di  statistica  di  Mila- 
no, sotto  il  titolo  «  Gli  economisti  in  Sicilia  »«  si  vede  che 
gli  sludj  economici  vi  fioriscono  forse  più  che  non  si  crede 
comunemente  in  Europa.  Noi  non  ripeteremo  ciò  che  si 
può  leggere  nell'articolo  che  noi  citammo,  diremo  unica* 
mente  che  gli  economisti  siciliani^  come  Francesco  Ferrara, 
Emanuele  Estiller ,  Rafaello  Busaeca  ,  Emerigo  Amari ,  Vito 
cl'Ondes-Reggio,  Francesco  Perei,  Giovanni  Bruno,  G.  Van- 
nesclii,  appartengono  alla  buona  scuola,  e  che  alcuni  tra 
essi  cercano  trarre  dalla  scienza  economica  delle  eonclusiont 
pratiche  favorevoli  alla  Sicilia. 

Giacché  noi  nominammo  Giovanni  Bruno  daremo  una 
buona  nuova  ai  nostri  lettori.  Queslo  sapiente  professore  d' e* 
cooomia  politica  é  conosciuto  per  alcune  opere  di  cui  eccone 
i  titoli  :  «  Sul  sistema  doganale  in  Sicilia  e  sulla  scala  fran- 
ca a  Palermo  (4)».  —  «  Sulla  libertà  della  fabbricazione 
del  pane  >.  -^  «  Suir importazione  delle  bestie  cornute  ».  — 
«  Sui  difetti  e  le  riforme  delle  statìstiche  commerciali  » .  — 
Ora  il  signor  Bruno  pubblicherà  nel  corso  di  questo  anno, 
a  Palermo,  un*  opera  in  quattro  volumi,  il  titolo  della  quale 
sarò  «  La  scienza  dell'  ordine  sociale,  o  nuova  esposizione 
d'economia  politica  » .  L'opera,  della  quale  noi  abbiamo  sotto 
gli  occhi  il  piano  e  l' indice  delle  materie ,  sarà  divisa  in 
quattro  parti,  di  cui  eccone  i  titoli:  —  Coodizi<mi  organiche 
per  la  conservazione  ed  il  mantenimento  progressivo  dell'  in- 
dividuo.  —  Delle  famiglie.  —  Delie  società,  —  Delle  pub- 
Miebe  finanze,  o  dei  mezzi  di  sovvenire  ai  bisogni  ordinar] 
e  straordinarj  della  società. 


(i)  La  scala  fraaca  a  Palermo,  come  a  Napoli,  è  una  dogana 
nella  quale  le  mercanzie  importate  dair  estero  possono  restare  per 
anni,  ma  senza  cbe  si  possa  giammai  esportarle.  Vi  si  fa  inoltre 
qualche  facililazone  per  il  pagamento  dei  diritti. 


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236 

II. 

Ora ,  per  vieppiù  avvicinarci  all'  oggetto  principale  Ai 
questo  articolo,  noi  parleremo  di  alcune  pubblicazioni  rela- 
tive alla  statistica,  che  sono  comparse  in  questi  ultimi  tempi 
in  Piemonte  e  nel  resto  deir  Italia. 

Nel  4836  il  re  Carlo  Alberto  institul  a  Torino  una  Com- 
missione superiore  di  statistica,  e  nelle  provincie  delle  Com- 
missioni secondarie  sotto  la  presidenza  degli  inlendeùii,  che 
furono  incaricati  di  raccogliere  le  notizie  relative  alle  pro- 
vincie di  terraferma;  le  attribuzioni  della  Commissione  su- 
periore furono  in  seguito  estese  alla  Sardegna.  Furono  già 
pubblicati  molti  g/^os^i  volumi. 

Le  principali  materie  che  vi  sono  contenute  concernono 
i  censi  della  popolazione  fatti  in  diverse  epoche  (4);  la 
statistica  elettorale  (2),  la  statìstica  giudiziaria,  che  coro- 
prende  la  statistica  civile ,  commerciale,  penale  e  della 
giurisdizione  contenziosa ,  e  la  statistica  medica.  Noi  posse- 
diamo inoltre  cinque  altri  grossi  volumi  che  espongono  il 
movimento  del  commercio  esterno  del  Piemonte  dal  4854 
sino  al  4856.  Questa  pubblicazione  annuale,  nella  quale  en- 
trasi in  tutti  i  dettagli  immaginabili,  è  fatta  dalla  direzione 
generale  delle  gabelle. 

Noi  non  parleremo  dei  <  Saggi  economico-statistici  »,  pub- 
blicati a  Roma  da  Angelo  Gallo,  né  delle  pubblicazioni  uSictalt 
assai  impenette  degli  Stali  del  papa  e  delle  Due  Sicilie,  ma 
noi  dichiareremo  come  pubblicazione  delle   più   importanti 


(1)  Sci^ondo  r  ultimo  censo,  la  popolazione  degli  Stati  sardi  era, 
nella  notte  del  51  dicembre  al  4  gennajo  1859,  di  5,0i! ,855  abi- 
tanti. 

(2)  Eranvi  nel  1850,  92,422  elettori  inscritti  per  le  elezioni  po- 
litiche, e  507,422  per  le  elezioni  commerciali,  provinciali  e  dirf- 
sionarie.  Dopo  II  loro  numero  s'è  aamenlato,  avendo  molti  con- 
tribaenti,  in  seguito  all'aumento  degli  immobili,  acquistato  il  di* 
ritto  elettorale. 


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237 
fa  grand*  opera  in  cinque  volumi  in  8.^  clic  il  sig.  Zucca* 
gni  Orlandini  pubblicò  a  Firenze  dal  4848  al  48d4  col  li* 
tolo  dr:  «  Ricerche  siaiisliclie  del  gran  ducalo  di  Toscana  »• 
Ivi  si  trovano  notizie  assai  interessanti  sulla  popolazione 
delle  diverse  parti  della  Toscana  nelle  epoche  difTerenli, 
sulla  sua  ripartizione  e  suo  movimento,  sull'istruzione,  sul 
prezzo  delle  derrate,  sulle  prigioni,  sulla  marina  mercantile^ 
suir armata,  sulle  acque  minerali,  sui  trovateHi,  sulle  Gero 
ed  i  mercati,  sulle  fonti,  ecc.  È  un'opera  quasi  onciale,  per- 
rocche  r  autore  era  segretario  in  capo  della  sezione  aùnU 
steriale  dello  stato  civile  e  della  statistica  generale. 

Noi  passiamo  ora  ai  lavori  relativi  alld  statistica,  che 
non  hanno  il  carattere  officiale.  Abbiameì  per  intesa  che 
noi  non  parleremo  che  delle  principali  pubblicazioni  di 
questo  genere. 

\t  signor  Guglielmo  Stefani  ha  pubblicato  a  Torino,  nel 
48f>2^  un  Annuario  italiano  storico-ftatìstico  pel  4863,  di- 
viso in  due  parti,  la  prima  delle  quali  è  consacrata  alla  po- 
polazione, ali»  statìstica  medica,  all'  idrologia  minerale,  atta 
navigazione^  alle  ferrovie,  ai  telegraiì  elettrici,  all'industria, 
olla  guardia  nazionale ,  ali*  istruzione  pubblica ,  alla  marina 
militare,  alle  Accademie  scientifiche  e  letterarie,  ai  lavori 
parlamentari  e  alle  finanze.  Tutte  queste  notizie  non  con* 
cernono  che  il  Piemonte.  La  seconda  parte,  quella  relativa 
alla  storia,  comprende  al  contrario  ^indicazione  dei  princi* 
pali  avvenimenti  ohe  hanno  avuto  luogo  dopo  il  4851,  non 
solamente  in  Italia,  ma  ancora  in  tutta  Europa.  Alcuni  arti- 
coli sono  dovuti  alla  penna  del  professor  Scarabelli  che  è 
uno  dei  nostri  più  diligenti  statistici. 

Nello  stesso  anno  4852^  il  dottor  Pietro  Maestri  ha  pub- 
blicato a  Torino  un  Annuario  polilico-economico.  Questa  è. 
un'opera  importante,  non  solamente  pei  dati  statistici,  ma 
ancora  per  le  considerazioni  storiche  politiche  ed  econo- 
miche di  cui  è  arricchito.  Certamente  la  nostra  ortodossia 
in  economia  politica  non  ci  permette  di  dividere  il  dcside* 


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238 

rio  dell'autore  per  it  (riodfò  del  socialismo  ìù  Italia.  Il  so* 
eialismo,  die'  egli,  la  di  cui  necessità  è  dimostrata  dair  im- 
poienia  deirecoooodia  politica  a  risolvere  il  gran  problema 
del  pauperismo,  non  è  che  una  seconda  Tuse  deHa  democra- 
zia. Pei  principii  che  irioofarono  nel  4789  ebbe  luogo  il 
risorgimenlo  della  borghesia  sulla  rovina  della  aobilià;  ora 
pel  socialismo  deve  aver  luogo  in  un  prossimo  avvenire  il 
risorgimento  della  massa  del  popolo.  Allora  si  abolirono  le 
corporazioni  e  ì  privilegi;  oggi  bisogna  proclamare  l'emaa- 
cipazione  del  lavoro  che  è  la  parola  d'ordine  della  nuova 
rivoluzione. 

Come  ollora  gli  scritti  degli  enciclopedisti  prepararono 
la  via  alla  rivoluzione  politica ,  ora  gli  scritti  dei  socialisti 
la  preparano  alle  rivoluzioni  sociali.  Se  le  ultime  rivolu- 
zioni non  sono  riuscite  in  Italia,  si  è  che  la  massa  del  po- 
polo non  vi  ha  preso  mollo  interesse,  perchè  la  rivoluzione 
politica  non  ha  voluto  la  rivoluzione  sociale.  Ad  onta  di 
tutti  gli  ostacoli,  e  benché  si  ami  rappresentare  l'Iulia  co- 
me straniera  a  qualunque  dottrina  socialista ,  il  socialismo 
vi  trionrerk  presto  o  urdi,  nella  stesso  maniera  che  negli 
altri  paesi. 

Noi  abbiamo  traccialo  il  riassunto  d*  uno  dei  principali  < 
capitoli  dell'Annuario,  quello  che  ha  per  titolo  Economia 
sociale,  l/antore  lo  termina  consigliando  ai  governi  d'Italia 
di  far  in  maniera  che  per  mezzo  dì  concessioni  successive, 
ri  risorgimento  del  socialismo,  ciic  secondo  lui  è  inevitabile, 
abbia  luogo  in  un  modo  pacifico  affinchè  la  tormenta  rivo- 
luzionaria non  venga  a  ripetere  un'altra  volta,  con  lu  sua 
voce  spaventevole:  È  troppo  tardi! 

Non  siamo  sensibili  quanto  l'autore  ai  mali  del  paupe- 
rismo ,  noi  confessiamo  pure  che  se  V  economia  può  atte- 
nuarli, essa  non  può  succorerli.  Egli  è  che  v'  hanno  dei  mali 
che  sono  inerenti  alla  natura  umana  ed  a  cui  bisogna  ras- 
segnarsi. Quanto  al  socialismo,  noi  crediamo  fermaraenie 
ohe  invece  di  risanarli,  esso  li  aggraverebbe.   Noi  ignoria- 


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t^9 

mo  ancora  se,  nelle  rivoluiioni  pacifiche  o  sanguinarie  die 
devono  neeessariamcnic  aver  luogo  in  Italia ,  i  eangiamenfi 
politici  saranno  accompagnali  da  cangiamenti  sociali;  ma  di 
questo  noi  siamo  persuasi,  che  se  ciò  accadesse,  sarebbe  una 
gran  disgrafia  per  l'Italia.  Gon)e  ci  è  impossibile  di  credere 
al  trionfo  del  socialismo,  cosi  noi  temiamo  che  la  rivoluziono 
politica  non  faccia  naufragio  colla  rivoluzione  sociale.  Egli 
é  perciò  che  noi  desideriamo,  con  tutta  hi  forza  della  no* 
str' anima,  che  questa  alleanza  non  abbia  luogo;  e  noi  lo 
speriamo  ancora  perchè  abbiamo  fede  nel  buon  senso  delle 
popolazioni  italiane  ed  agli  effetti  della  trista  esperienza  che 
ne  fu  fatto  altrove. 

Ma  se  in  economia  politica  noi  differiamo  su  alcuni  punti 
dal  doti.  Maestri,  noi  approviamo  altamente,  e  ci  affrettiamo 
a  dichiararlo,  tutte  le  sue  opinioni  sulla  politica.  Egli  è  che 
si  possono  cangiare  le  istituzioni  politiche  rispettando  la  na- 
tura umana,  mentre  bisognerebbe  farle  violenza  se  si  voles* 
sero  cangiare  le  istituzioni  sociali. 

Cosi  la  storia  ci  presenta  più  d'  un  esempio  di  repub- 
bliche democratiche  assai  floride ,  mentre  la  comunità  dei 
beni  non  ha  potuto  durare  in  nessuna  parte.  Noi  appro- 
viamo soprattutto  ciò  che  dice  l'autore  nel  capitolo  Pie* 
monte  e  Italia.  Si,  se  per  la  lealii  del  re  Vittorio  Ema* 
nuele,  per  I9  moderazione  e  saggezza  del  popolo,  per  il 
concorso  delle  circostanze  felici^  la  sola  libertà  pieinontéso 
s'è  salvata  dal  naufragio  che  hanno  fatto  nel  i849  tutte  le 
altre  libertà  della  penisola,  un  gran  dovere  è  imposto  per 
questa  parte  al  Piemonte:  cioè  di  accogliere  la  prima  fa- 
vorevole occasione  per  togliere  le  altre  provincic  italiane 
dall'abisso  in  cui  le  ha  gettate  la  violenza.  Questo  è  un  suo 
dovere  ed  è  anche  un  suo  interesse.  Imperocché,  come 
quando  una  delle  parti  del  corpo  è  inferma  le  altre  non 
possono  star  bene,  cosi  pure  Tindipendenza  e  la  libertà  pie- 
nHKìtese  non  saranno  giammai  complete,  giammai  esse  avran- 
no garanzia  di  durata  se  esse  non  si  dilatano  per  tutta  Ita- 


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240 

lia.  Speriamo  che  il  Piemonte  potrà  ben  presto  soddisfare 
a  ciò  che  esige  il  suo  dovere  verso  sé  slesso  e  verso  i  suoi 
connazionali  delle  altre  provinole  italiane. 

Le  principali  materie  trattate  neirAnnuario  sono  retati- 
ve  alla  popolazione,  all'  istruzione  pubblica ,  alla  beneficen- 
za, alle  associazioni,  alle  forze  di  terra  e  di  mare,  alla  ma- 
rina mercantile,  alla  statistica  giudiziaria,  al  eulto,  alle  isti- 
tuzioni agricole  ed  alle  finanze.  È  un  peccato  che  la  mag* 
gior  parte  di  qu(>sti  dati  statistici  non  riguardano  che  il 
Piemonte;  ma  può  darsi  che  Ttiutore  non  abbia  potuto 
avere  delle  notizie  dei  paesi  retti  da  governi  assoluti  ^  so- 
spettosi e  nemici  della  pubblicità  di  queste. 

Noi  dobbiamo  tuttavia  eccettuarne  la  parte  che  (ratta 
delle  finanze  nella  quale  si  trova  un  quadro  che  compren- 
de tutto  fattivo  ed  il  passivo  dei  diversi  Siali  d*  Italia.  Si 
vede  che  la  somma  totale  delle  rendite  è  di  479,492,000 
franchi  e  quella  delle  spese  527,493,000  fr.  Ma  se  si  ag- 
giungano le  rendite  e  le  spese  di  alcuni  degJi  Stati  italiani, 
che  figurano  in  altri  quadri  finanziarli,  noi  avremo  pei  pri- 
mi un  totale  di  524,842,000  franchi,  e  per  i  secondi  di 
572,842,000  fr.  V'è  sempre  un  deficit  di  48  milioni. 

Nello  stesso  quadro  si  vede  che  il  debito  toiule  dei  di- 
versi. Stati  italiani  ammonta  alla  somma  di  4,555,500,000 
franchi.  Perchè  i  domanda  Tautore,  si  ha  contratto  un  de- 
bito si  enorme?  Ecco  la  risposta;  Se  da  455^  milioni  le- 
viamo 440  milioni  impiegati  nello  ferrovie  piemontesi,  80 
milioni  per  il  debito  del  regno  Lombardo-Veneto  anteriore 
al  4845,  90  milioni  che  hanno  una  simile  origine  a  Napoli, 
nel  Piemonte  e  nella  Toscana,  il  resto  dei  4200  milioni  e  più 
che  furono  consumati,  sia  in  gratificazioni  date  dai  sovrani 
ai  cortigiani  che  gli  seguirono  in  esilio,  sia  nelle  spese  e 
compensazioni  pagate  alle  armate  straniere  che  sono  venute 
a  reprimere  le  rivoluzioni  del  4824^  del  4854  e  del  4848, 
sia  in  rimunerazione  a  quelli  che  in  queste  circostanze  se- 
guirono la  causa  della  schiavitù  e  dell' assolutismo ,  sia  io* 


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141 

Ane  ia  dilapidasioni  dei  governi  indigeni  ed  in  eoneessioni 
dei  governi  stranieri  e  soprattutto  dell'Austria. 

Quest'ultima  potenza  inoltre  portò  via  dal  4815  al  1848» 
dal  solo  regno  Lombardo-Veneto,  più  di  20  milioni  ciascun 
anno,  che  fanno  da  6  a  700  milioni  che  bisogna  aggiun- 
gere ai  4300  milioni.  Povera  Italia!  Ecco  come  s'impiega  il 
tuo  denaro»  il  frutto  del  tuo  lavoro!  Certamente  la  morale, 
non  meno  che  Teconomia,  condannano  queste  spogliazioni  che 
aono  vere  spogliazioni;  eppure  sarà  sempre  cosi  finché  ]'!• 
talia  non  avrà  conquistato  la  sua  indipendenza  e  la  sua  na- 
zionalità. Egli  è  perciò  che  una  guerra  intrapresa  per  questo 
scopo  deve  essere  egualmente  approvata  dalla  morafe  e  dal- 
l'economia politica. 

Il  signor  Maestri  pubblicò  ancora  nell'anno  seguente  1853 
un  altro  Annuario  economicO'Statistwo  dell'Italia.  Entrò  in 
grandi  dettagli  sulla  popolazione  non  solamente  degli  Stati 
sardì,  come  nell'Annuario  del  486S^  ma  ancora  di  tutta  la 
penisola.  Dopo  un  saggio  sulla  storia  e  sullo  stato  attuale 
delle  istituzioni  dei  comuni  in  Lombardia,  si  trovano  delle 
notizie  assai  interessanti  sull'agricoltura  del  Piemonte,  che 
per  questo  riguardo,  e  colla  Lombardia  e  coll'antico  ducato 
di  Lucca  è  uno  dei  paesi  più  avanzati  d'Italia,  benché  sia 
ancora  assai  lontano  non  solamente  dalla  perfezione,  ma  an- 
cora dallo  stato  nel  quale  si  trova  l'agricoltura  negli  altri 
paesi  come  nel  Belgio  e  nell'  Inghilterra* 

Quasi  cinquecento  pagine  sono  impiegate  a  descrivere 
l'industria  italiana;  è  un  soggetto  sul  quale  l'autore  ha  fatto 
studii  profondi,  come  se  ne  può  convincere  dagli  articoli 
assai  rimarchevoli  che  sono  stati  pubblicati  nella  Bivista 
contemporanea  di  Torino,  e  negli  altri  giornali  italiani  e 
francesi.  Per  dare  una  prova  della  saggezza  delle  osserva- 
zioni che  fa  l'autore  in  questa  parte  della  sua  opera,  noi 
diremo  che  dopo  aver  vivamente  eccitato  i  suoi  eompa- 
triotti  a  dare  il  più  grande  sviluppo  possibile  all'industria  af- 

AiuiAu.  Slalitticap  voi.  XXI! *  serie  3.*  46 


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342 

fine  di  poter  loliare  coniro  la  concorrenti  delle  nazioni  un- 
nierc,  loro  consiglia  di  non  darsi  ad  ogni  sorta  d*indastrìa, 
ina  scegliere  quelle  che  sono  più  conformi  alle  circosianie 
locali  ed  alle  abitudini  delle  popolazioni.  Certamente  vai  me- 
glio, in  generale,  impiegare  le  accumulazioni  dei  capitali 
che  si  fanno  annualmente  per  l'aumento  delle  industrie  già 
esistenti,  che  la  creazione  di  nuove.  Gli  studii  sull'ammini- 
sirazione  delle  Due  Sicilie  sono  una  delle  partì  più  impor> 
tanti  deirAnnuario;  è  scritta  con  la  più  grande  imparziali- 
tà, e  bisognerebbe  che  fosse  conosciuta  d>i  tutti  quelli  che 
pretendono  giudicare  questo  paese,  a  cui  la  natura  ha  pro> 
digato  iSuoi  doni  più  preziosi,  e  gli  uomini  ogni  sorta  di 
tormenti. 

Terminano  l'Annuario  delle  notizie  intorno  alla  marina 
militare  dei  diversi  Stati  d' Italia ,  e  soprattutto  di  Napoli , 
dell'Austria  (Venezia  ed  Istria)  e  della  Sardegna. 

Avendo  il  Maestri  abbandonata  l'Italia  per  recarsi  a  Parigi, 
la  pubblicazione  dei  suoi  Annuarii  fu  disgraziatamente  in- 
térfolUi.  Ma  verso  la  fine  dello  scorso  anno  Cesare  Correnti 
pubblicò  un  Annuario  èHtliètko  italhn^y  1857-58.  Un  uomo 
privato  che,  in  Italia,  vuol  raccogliere  delle  notizie  statisti- 
che  tk*ova  difficoltà  di  tutti  i  generi.  Tutti  quelli  che  amano 
quesu  sorta  di  studi!  saranno  grati  a  Correnti  dì  averli  sor- 
niontati  per  mezzo  della  sua  volontà  energica. 

ANNOTAZIOIfC. 

Le  notizie  offerte  dall'onorevole  deputato  Nichelini  sul- 
le più  recenti  opere  economiche  e  statistiche  italiane  ba- 
stano a  far  Conoscere  a  tutta  Europa  come  l'Italia,  anche  in 
mezzo  ai  suoi  grafi  infonunii,  soppia  attendere  ai  civili  stu- 
dii. Solo  avremmo  bramato  che  V  ottimo  autore  avesse  po- 
tuto estendere  le  Sue  ricerche  bibliog^'afichè  alle  varie  re- 
gioni italiane  ove  dia  per  tutto  escono  buoni  libri  di  eeono- 
Ipia  pubblica  e  monografie    statìstiche;  e  tra  queste  «:i  sa- 


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S13 
rebbe  piaciuto  che  avesse  ricordato  le  iilustnitioni  suiisù- 
ehe  pubblicate  da  quasi  tutte  le  Camere  di  commercio  e 
d'iodusiria  della  Lombardia  e  della  Veoeiia.  avremmo  pure 
desiderato  che  fra  i  dotti  eooregni  che  in  Italia  si  occupa- 
no degli  studi!  economici  fosse  stata  ricordata  k  benemerita 
Accademia  dei  Georgoflli  di  Firenze  ehe  da  oltre  un  secolo 
consacra  i  suoi  studi!  alla  pubblica  economia.  Del  resto  dob< 
biamo  far  voti  perchè  T assestamento  politico  d'Italia  possa 
finalmente  aver  luogo  onde  dar  agio  e  tempo  ai  suoi  più 
foni  pensatori  per  dedicarsi  agli  studi!  che  meglio  impor- 
tano  alla  civile  prosperità.    ^ 


•0 — 


Aunnarlo  siiitlstlco  IIaIIaiì^»  Milano  i  Torino  4858. 
Un  voi  in-46.''  di  pag.  695,  prèsso  C.  Canadetli. 

(  Articolo  IH  ed  ultimo.  Vedi  il  fiscieolo  di  mano  4859»  pag.  261  ). 


N. 


[egli  articoli  analitici  da  noi  siiiora  pubblicati  su  questo 
sapiente  Annuario  di  Cesare  Correnti  abbiamo  avuto  dì  mi- 
ra di  porre  possibilmente  in  evidenza  i  pregi  caratteristici 
della  stirpe  latina  per  far  noto  quanto  essa  abbia  fatto  e 
possa  fdre  a  beneficio  della  civiltà.  Noi  chiuderemo  questa 
nostra  rassegna  riproducendo  i  più  notevoli  squarci  della 
magnifica  illustrazione  che  TA.  dell*  Annuario  ha  fatto  della 
Francia  che  ora  tanto  può  in  tutta  Europa. 

«  Non  può  dubitarsi  (scrive  l'autore)  che  tra  le  gemi 
di  lingua  Ialina  non  tenga  il  primo  luogo  per  potenza  e  per 
numero  la  francese;  la  quale  raccolta  in  una  regione  otti- 
mamente fronteggiata ,  come  fin  da*  suoi  tempi  notava  con 
molta  particolarità  il  Macchiaveilo,  ha  poco  a  temere  degli 
assalti  de*  vicini,  e  può  come  da  un  campo  piantato  nel  cucM'e 
d* Europa    eleggere   tempo  e    luogo  alle  offese,  e  impedire 


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S44 

la  coDgiuntioDe  degli  aliri  Stati  a' suoi  danni.  Per  qu6s(*ae« 
concia  postura  strategica  e  per  essere  il  territorio  francese 
tetragono  e  tarchiato  cosi,  che  dentro  un  giro  di  3800  chi- 
lometri {i)y  come  fosse  compassato  con  tutta  Teconomia 
geometrica,  include  la  ?a8ta  superficie  di  531,000  chilome- 
tri quadrati,  il  marchese  d' Ormea  soleva  dire,  che  la  chiave 
deir  equilibrio  politico  era  appesa,  per  chi  sapesse  trovarla, 
nel  gabinetto  di  Versailles;  e  Federico  di  Prussia  prometteva, 
che  s*  ci  fosse  stato  re  dì  Francia  non  si  sarebbe  mosso  bru- 
scolo in  Europa  senza  il  suo  beneplacito  (S).  La  popolazione 


(I)  Il  confine  francese  secondo  il  Kolb  misura,  non  computiado 
la  Corsica,  4444  chilometri,  de'  quali  però  solo  i730  verso  terra, 
cioè  363  verso  il  Belgio,  346  verso  la  Germania ,. S4f  verso  la 
Svizzera,  331  verso  gli  Stati  Sardi,  450  verso  la  Spagna.  Secondo 
il  Lavallée  invece  talla  la  frontiera  gallica  tra  il  Reno,  le  Alpi,  il 
Mediterraneo,  i  Pirenei  e  l' Atlantico  noq  gira  che  3880  chil.,  e 
la  frontiera  della  Francia  attuale  3760  chil.,  de' quali  solo  1360 
verso  il  continente.  Reltiltheando  il  pentagono  e  rettificando  i  pic- 
coli ondeggiamenti  dei  confini  non  si  numerano  più  di  3330  cbiK 

(3)  Le  cose  non  sono  mutate  gran  fatto,  benché  ì  trattati  del 
4  Si  5  s'industriassero,  secondo  i  consigli  di  De  Pradt,  di  murarla 
Francia  in  casa  sua,  e  perciò  le  piantassero  d'intorno  a  compierne 
la  clausura ,  sulle  Alpi  la  Monarchia  Sabauda,  a  Settentrione  il 
doppio  regno  de' Paesi  Bassi,  e  a  cavallo  del  Reno  la  Prussia.  Og* 
gimai  la  Francia,  senza  pur  romper  guerra  all'Europa,  spezzò  il 
moro  ostile  di  cui  era  recinta,  e  riebbe  quelle  frontiere  di  piccoli 
Stali  amici  o  dipendenti,  che  le  fanno  abilità  di  portar  sempre  U 
guerra  fuori  di  casa.  La  debolezza  de' confini  francesi  amplificati 
dal  Negri  {Del  vario  grado  di  importanza  degli  Stali  odierni  t 
p,  38  42),  non  si  riscontra,  anche  discorrendola  topograficamente, 
che  in  un  solo  lato  del  pentagono  francese,  e  nel  lato  più  brete. 
Certo  che  a  voler  supporre  tutt' Europa  collegata  contro  la  Fran- 
cia, e  gli  eserciti  tedeschi,  russi  e  inglesi  già  postati  nel  Belgio, 
in  Savoja  è  nella  Svizzera,  come  nel  18i5,  si  avrebbe  buon  giuoco. 
Ma  a  guardar  le  cose  come  sono,  una  congiura  europea  contro  la 


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francese,  benché  a^ssi  meno  densa  dell'  inglese  e  delP  ita-> 
liana,  è  nondimeno  accentrata  e  schierata  dentro  linee,  in 
paragone  delta  gran  mole,  si  brevi  che  potrebbe,  a  rigor  di 
parola,  cinger  con  un  fitto  muro  d'uomini  possenti  alle  armi 
tutta  la  cerchia  de'  suoi  confini.  Siede  questo  corpo  mem^^ 
bruto  e  poderoso  su  tre  mari,  l'uno  de'  quali  guarda  verso 
mezzodì,  l'altro  a  ponente,  il  terzo,  per  Io  spiraglio  dello 
stretto  a  settentrione;  ond'è  che  la  Francia,  pur  trovandosi 
nel  massiccio  del  continente,  è  aperta  a  tutti  i  venti  e  a 
tutte  le  curiosità,  e  avvivata  come  i  paesi  litorani  da  uno 
spirito  operoso  ed  indagatore.  La  storia  di  questo  popolo,  a 
guardarla  per  la  cruna  del  sentimento  nazionale  ,  dee  pa- 
rere una  gloriosa  visione:  e  non  mancano  poeti,  anche  sotto 
specie  d'eruditi  e  di  filosofi,  che  celebrano  tuttodì  la  bella 
epopea  francese.  Fin  dalle  prime  età  l'eroico  vagabondare 
dei  Brenni  e  la  fatidica  misteriosità  dei  Druidi  pajono  pre« 
sentimenti  barbarici  di  cristianesimo  e  di  cavalleria:  e  vi  é 
ora  chi  ripesca  nei  tetri  enigmi  dei  bramini  dell' Occidente 
yaticinj  e  speranze  di  nuove  religioni.  Ma  anche  dove  la  sto- 
ria certa  lascia  men  comodo  spazio  agli  armeggiamenti  della 
fantasia,  il  poema  gallico  trova  la  materia  d'  una  splendida 
trasfigurazione.  Dal  di  che  un  Brenno  umiliò  Roma  al  tri- 
buto,  è  sempre  la  mano  robusta  ed  audace  di  questo  po^ 
polo  che  apre  e  chiude  le  porte  del  destino.  Sono  i  celti 
delle  legioni  cesariane  che  fondano  l'impero;  sono  le  Gal- 
lio appena  evangelizzate  che  non  esitano  a  ripudiare  T  im- 
pero semipagano,  e  che  osano  invocare  le  armi  nuove  dei 
barbari  e  pigliare  la  maternità  spirituale  dei  Franchi  ;  ai 
quali  divenuti  poi  primogeniti  della  Chiesa  e  principi  delle 


Francia  non  potrebbe  neppar  rannodare  e  coordinare  le  sparse 
masse  de' suoi  eserciti,  innanzi  che  i  francesi  uscendo  interi  dalle 
loro  linee,  non  avessero  oppresso  qualcuno  de' collegati,  e  trasporr 
tato  il  campo  di  bettaglia  nel  eentro  o  nel  mezzodì  d'Europa. 


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tUrpi  litioe,  dobbiamo  se  T  Europi  non  fu  seoniacniU  dal 
colto  d^ Odino  e  di  Maoroeiio;  se  rinacque  memoria  di  Ro- 
ma; se  il  nome  deirinnorato  impero  ravviò  il  desiderio 
d'una  stabile  aocietk  dei  popoli  civili;  se  la  corona  sacra, 
gentile,  ereditaria  di  Francia ,  coli*  impedire  che  I  tedeschi 
sequestrassero  a  favore  d*un  solo  popolo  la  successione  di 
Carlo  Magno,  fondò  le  liberti  naùonali;  se  ai  tetri  Nibe- 
lungi  del  Reno  e  alle  ladronaie  de' Normanni  successero  i 
sacramenti  della  cavalleria  e  le  corti  di  amore.  La  Francia 
incoronò  la  federazione  feudale  cun  Ugo  Capete,  trovò  l' u- 
nità  dello  Slato  con  Luigi  XI,  la  Monarchia  assoluta  coi  Bor- 
boni, la  Monarchia  rappresentativa  colla  Costituente:  e  l'Eu- 
ropa  segui  di  punto  in  punto  gli  esempi  del  popolo  speri- 
mentatore: il  quale  apri  le  crociate  con  Goffredo  di  Lorena 
e  le  chiuse  con  Luigi  IX;  creò  il  papato  politico  coi  Carlo* 
vingi  e  ne  segnò  i  limiti  col  Concilio  di  Basilea  e  colla  di- 
chiarazione del  1682;  piantò  le  istituzioni  comunali  e  sor- 
focò  lo  spirito  municipale  ;  fondò  t'  equilibrio  europeo  con 
Enrico  IV  e  con  Richelieu,  e  stabili  la  preponderanza  del 
genio  latino,  del  reggimento  civile  e  delle  tradizioni  classi- 
che con  Luigi  XIV  e  con  Napoleone.  Non  è  mestieri  ricor- 
dare le  parti  più  note  di  questa  glorificazione:  l'Università 
parigina,  palestra  «  per  tutto  il  medio  evo,  della  ginnastica 
intellettuaie;  la  lingua  francese,  miracolo  di  grazia  e  di  lo- 
gica il  cui  impero  è  più  vasto  di  quello  di  Roma;  Cartesio 
padre  della  scienza  moderna;  1* Enciclopedia,  la  rivoluzione, 
i  codici,  la  dittatura  europea,  e  inflne  il  governo  parlamen- 
tare, che  alta  sovranità  capricciosa  dell'arbitrio  e  alla  sovra- 
nità meccanica  del  numero,  sostituì  la  sovranità  della  ragione. 
Questa  era,  diecianni  fa,  la  coticlusione  dell* Iliade  francese, 
la  quale  ora  invece  finisce  come  quella  d*Omero,  colla  de- 
scrizione d'un  funerale.  Onde  Edgardo  Quinci  confessa  che 
bisogna  rifarsi  a  capo.  Ma  a  noi  basta  aver  notato  come  si 
colori  e  si  trasformi  nella  coscienza  nazionale  la  lunga  tradi- 
zione di  uno  Stato  che  è  per  fermo  il  più  antico  della  pre- 


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sente  Edropa,  e  in  cui  a  Tolie  pajono  ribollire  ancora  gli 
umori  d'una  indomita  gioventù. 

»  In  sesaant'anni  la  Francia  asaaggìò  dodici  costituzioni 
diverse;  la  Torma  del  presente  governo,  giusta  la  ctassiflea- 
zione  deHMmittar/o  Mia  Rimta  dei  Pne  Mondin  è  monar- 
chico^rappresentativa.   La  costituzione  del   1852   ricorda  io 
statuto  deiranno  Vili,  tracciato  dal  primo  Console  sugli  ab- 
bozzi di  Sìéyès;  anzi  il  principe   costituente   nel   suo  pro- 
clama del  ÌA  gennajo  1853  manifestò  intero  il  apo  concet- 
to: doversi  instaurare  tutto  P edificio  napoleonico;  la  società 
moderna  non  aver  altra  condÌMÌone  di  ^ta^  se  non  se  quella 
impostale   dal  gran  rioolgimento  del  4789;  la  rivoluzione 
aver  sbrattato  il  terreno  delle  veuhie  macerie  y   ma  solo 
F  impero  aver  architettato  il  piano   della   nuopa   Francia, 
Basi  del  governo  rappresentativo:  la  responsabilità  del  capo 
dello  Stato;  rirreaponsabìlitk  dei  ministri  esecutori;  un  Con« 
siglio  di  Stato,  che  studia  e  prepara  lo  schema  delle  leggi; 
un  Corpo  eletto  da  tutti  i  cittadini,  che  discute  e  vota  leggi 
ed  imposte,  senza  però  poter   introdurre   novità  e  neppur 
mutare  e  correggere  gli  schemi   presentati   dal  governo.  Il 
suo  voto  uno  schietto  si  o  no;  consesso  che  rappresenta  la 
nazione,  me  nel  quale  non  s'imperna  il  Mvemo,  come  av- 
viene nei  parlamenti  foggiati  all'inglese.  V'è  pure  un  Sena- 
to, corpo  moderatore  e  conservatore  della  costituzione,  cbe 
può  proporre  leggi  al  capo  dello  Staio,  a  cui  solo  è  riser* 
vato  il  diritto  d'introdurre  le  proposte  di  nuovi  provvedi- 
menti innanzi  al  Corpo  legislativo. 

«  Questo  statuto  conservò  dapprima  il  nome  della  re- 
pubblica, che  poi  si  mutò  in  impero,  novità  preveduta  da 
tutti  e  votata  da  quasi  otto  decimi  dei  cittadini  francesi. 
(Proclamazione  3  dicembre  4858).  Acclamato  T impero,  la 
legge  cosiituiiva  nel  1852  fu  interpretata  e  modificata  da  Se* 
nato-consulti ,  che  accordarono  all'  imperatore  il  diritto  di 
grazia  e  d'amnistia,  e  quello  di  preaiedere,  se  gli  piaccia,  il 
Senato  e  il  Consiglio  di  Stato,  e  stabilirono  che  le  spese  sa- 


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rebbero  discusse  e  volate  dal  Corpo  legislaiÌTO  non  anieola^ 
lamente^  ma  in  complesso  per  ciascun  ministero,  lasdando- 
ne  il  ripartito  assegnamento  e  perciò  la  vera  disposizione  al 
Consiglio  di  Stato  e  all'imperatore.  Questa  provvisione  e  Tal- 
tra  che  statuiva  non  potersi  diyulgar  per  le  stampe  i  pro- 
cessi verbali  del  Consesso  legislativo,  ma  doversene  pubbli* 
care  i  riassunti  compilati  sotto  il  sindacato  del  presidente, 
troncarono  ogni  nerbo  deirelemento  rappresentativo  ». 

Dopo  questo  quadro  storico  della  Francia  Tauiore  entra 
a  far  note  alcune  particolarità  statistiche.  L'attuale  territorio 
francese  (egli  dice)  ha  un'estensione  di  630,S50  chilometri 
quadrati^  compresavi  anche  la  Corsica.  È  diviso  in  86  di- 
partimenti, 863  circondari!',  S847  cantoni  e  36,835  comunL 
La  popolazione  secondo  l'ultimo  censimento  pubblicato  nei 
primi  giorni  del  1867  ascende  a  36,039^54  abitanti.  L'au- 
mento della  popolazione  dal  4790,  che  era  di  36,563,074 
sino  al  presente,  è  stato  di  quasi  dieci  milioni.  L'aomento 
è  propriamente  notevole.  Da  alcuni  anni  in  poi  però  questo 
movimento  è  assai  rallentato.  Anzi  dall'  ultimo  censimento 
sarebbe  emerso  che  le  nascite  non  basterebbero  a  surrogare 
le  perdite  della  popolazione  in  causa  delle  varie  guerre  oe- 
corse  e  delle  replicate  invasioni  del  cbolera.  Su  questo  prò* 
posito  l'autore  osserva  quanto  segue: 

e  Nessuno  può  meravigliarsi  se  coi  quadri  statistici  pub- 
blicati da  Lavergne  {L^agrkulture  et  la  popnlation  en  Fran- 
ce.  Revue  dei  DeuxJHondes^  avr.  4857),  e  quelli  che  nel- 
r  Accademia  delle  scienze  sostennero  le  sue  conclusioni, 
siasi  parlato  della  decadenza  della  Francia ,  tema  già  toc- 
cato, con  una  cotal  vena  paradossasiica  ma  originale,  da 
Raudol  {De  la  décadence  de  la  France^  libretto  di  cui  si 
fecero,  crediamo,  quattro  edizioni;  l'ultima  del  48£i0).  Ma 
il  vero  si  è  che  la  popolazione  francese  crebbe  sempre  con 
una  quasi  peritanza  e  cautela,  la  quale  smentisce  le  idee 
che  corrono  in  Europa  sulla  spensieratezza  e  avventamggi- 
ne  gallica.  Se  abbiamo  a  credere  a  Vauban,  che  consultò  il 


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censo  del  testatico  nel  1697,  la  popolasione  del  regno  ascen- 
deva  nei  principi!  del  secolo  XVill  a  49  milioni  d'abitanti. 
E  questo  numero  s'accorda  con  quello  che  trovo  notato  nel 
censo  del  4710,  ordinato  per  fuochi,  e  che  numerava  in- 
torno a  49,000,000  abitanti.  Il  censo  del  4762  dà  21,769,463 
abitanti;  Necker  nel  4784,  fondandosi  sulla  proporzione 
delle  nascite  annuali,  giudicava  la  popolazione  francese  es- 
sere di  24,800,000;  di  25,670,000  la  pubblicava  il  catasto 
officiale  del  4798.  In  un  secolo  che  solo  sul  principio  e  sul 
finire  fu  turbato  da  grosse  guerre,  e  che  dal  4745  al  4785 
segnò  i  settant'anni  più  pacifici  e  quieti  della  storia  di  Fran- 
cia, abbiamo  dunque  un  aumento  non  maggiore  del  34  per 
400;  dove  nei  56  anni  di  questo  secolo  gik  abbiamo  un 
aumento  che  raggiunge  la  misura  del  88  per  400.  Verissi- 
mo che  nell'ultimo  lustro,  sotto  il  nuovo  indirizzo  napoleo- 
nico, si  ha  un  aumento  mìnimo  di  popolazione,  cioè  poco 
più  del  quinto  dell'aumiento  effettuatosj  nel  migliore  quin- 
quennio del  governo  parlamentare  (4844*4846).  Ma  né  il 
4850,  né  il  54  e  neppure  il  52  furono  anni  quieti,  e  da 
permettere  riposate  previsioni'  d'avvenire;  poi  sopravvenne 
la  guerra,  da  cui  sempre  si  erano  astenuti  gli  Orleanici 
fino  a  morirne  paralitici.  Le  guerre  del  primo  Napoleone 
non  impedirono ,  è  vero ,  che  la  Francia  nel  primo  lustro 
glorioso  di  questo  secolo  (4800-4806)  crescesse  di  quiisi 
due  milioni  d'abitanti;  ma  chi  potesse  guardare  partitamene 
te  i  risultati  del  4800  e  del  4804  troverebbe  certo  che  gli 
anni  di  guerra  guerreggiata  diedero  popolazione  scarsa  ; 
poscia,  come  vegliamo  accadere  anche  dopo  le  pestilenze  ^ 
due  o  trje  anni  di  fecondità  straordinaria  ripagano  l' in- 
dugio. 

«  Si  è  fatto  anche  un  gran  rumore  per  lo  spostamento 
della  popolazione  francese;  precipitarsi  le  genti  rusticane 
alle  grandi  città ,  spopolarsi  le  campagne^  esser  la  Francia 
minacciata  d'apoplessia.  Le  tavole  statistiche  ci  dicono  che 
negli  otto  dipartimenti  dove  stanno  i  più  attivi  mercati  del- 


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rindustria  e  dei  commerci,  Parigi^  Jfl^r9iglin,  A'imti,  Bor- 
demix,  Saint'EiÌ0nn0^  Lione,  LiUa^  NMtes^  la  popolaxiene 
crebbe  di  544,698  abitanti  in  cinque  anni;  305,354  nel  di- 
partimento della  Senna,  209,344  negli  altri  sette;  mentre 
non  crebbe  che  di  346,305  abitanti  in  tutta  la  Francia.  Que- 
8t*aumento  fn  dunque  a  srapito  d'altri  dipartiment*;  e  in- 
fatti nove  dipartimenti  agricoli,  nei  quali  prima  del  4850 
la  popolazione  era  sempre  andata  crescendo,  hanno  dal  1854 
al  4856  perduto  202,575  abitanti.  Ma  anche  per  questi  fatti 
non  si  può  argomentare,  come  fa  la  Rivista  d'Edimburgo 
{The  last  amus  of  Frante^  fase,  d'aprile  1857)  mutata  U 
complessione  della  Francia.  Già*  fin  dal  quinquennio  prece- 
ilenie  la  popolazione  di  49  dipartimenti  aveva  dato  segno 
ili  decrescere,  e  quella  degli  8  dipartimenti  ove  siedono  le 
grandi  città  era  notabilmente  cresciuta;  e  anche  con  queste 
trasmigrazioni  dei  paesi  montani  e  agricoli  ai  paesi  indu- 
striali, la  Francia  ricnane  sempre  con  una  popolazione  ur- 
bana assai  inferiore  di  numero  a  quella  dell'Inghilterra  e 
dell'  Italia.  La  Rivista  d' Edimburgo  lascia  intendere  che  il 
temperaménto  del  prpolo  francese,  a  tutti  questi  indizii,  sì 
può  credere  mansuefatto  e  sgagliardito;  il  programma,  dice 
essa,  che  mise  fuori  il  nuovo  imperatore  {l'empire  est  la 
paix)  è  il  programma  del  destino,  come  lo  mostra  il  nuo- 
vo censo  francese;  la  Francia  va  diventando  sedentaria  e 
houegaja.  —  Lo  scrittore  anglo-sassone  giunge  con  visibile 
compiacenza  a  questa  conclusione;  ma  per  avventura  egli 
ignora  che  nei  popoli  latini  1'  elemento  vitale ,  eccitante  o 
guerresco  è  nelle  città;  e  che  in  Francia  soprattutto  non 
è  tra  la  plebe  delle  oflBcine  ebe  i  partigiani  della  pace  e 
gli  apostoli  della  rassegnazione  troveranno  applausi  e  se- 
guaci. 

«  L'aumento  della  popolazione  francese,  che,  a  ragione 
di  medie  aveva  toccato  r4,28  per  400  all'anno  nel  primo 
periodo  si  fortunato  e  promettente  del  governo  napoleonics 
(4800-4806),  scapitò  poi  nei*  44  anni  successivi  (48061820) 


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di  3/5 ,  e  sì  ridusse  a  0,51  per  100,  colpa  le  gaerre  cod- 
tinue,  i  subili  trabalzi  delle  pubblicbe  e  private  fortune , 
e  infine  la  pace  stracca  e  disonorata.  Nel  decennio  più 
quieto  della  restaurazione  borbonica  (1831-1830)  Taumento 
annuo  si  ragguagliò  a  0,69  per  100;  ma  ricadde  a  0,50  nel 
decennio,  che  corse  dalla  rivoluzione  di  luglio  al  rassoda- 
mento  della  dinastia  orleanese  (1831-1840).  Nei  cinque  an- 
ni  io  cui  più  saldo  parve  e  operoso  il  governo  parlamen- 
tare (1841-1846)  la  ragione  dell'aumento  annuale  ricrebbe 
fino  a  0,69;  anzi  nel  1845  segnò  la  misura  massima  del  so- 
pra montare  delle  nascite  sulle  morti  (nati  993,033;  morti 
754,701;  eccedenza  dei  nati  sui  morti  337,333).  Nel  1846 
il  caro  dei  viveri,  che  nel  successivo  anno  si  aggravò  in 
vera  penuria,  presagiva  il  terremoto  del  1848.  Il  numero 
dei  morti  nel  1847  superò  di  103,000  quello  dei  morti  nel 
1845;  e  anche  lo  nascite  diminuirono  di  74,000,  onde  la 
media  annua  del  quinquennio  1847-1851  si  trovò  ridotta  a 
0,21;  gridandosene  la  colpa  alle  frenesie  dei  novatori,  che 
spaventavano  le  famiglie  e  sturbavano  le  nuove  generazio- 
ni. Ma  il  vero  si  è,  che  nei  quattro  anni  in  cui  la  Francia 
*si  resse  a  popolo  (1848-4851)  le  nascite  abbondarono;  e 
più  ancora,  cosa  veramente  notabile^  i  matrimoni!,  i  quali 
neirolimpiade  repubblicana  furono  1,156^63,  cioè  289,000 
alPanno,  numero  che  non  veggiam  pareggiato  né  prima,  né 
poi.  Anzi  il  massimo  numero  annuale  dei  matrimonj  fran- 
cesi (297,657)  s'ebbe  nell'annata,  sopra  tutte  l'altre  incer* 
lissima  ai  politicanti^  del  1850,  in  cui  però  furono  benigne 
le  stagioni  e  larghi  i  raccolti  della  campagna.  —  Né  dopo 
il  1851 ,  che  purve  mettere  un  termine  alle  rivolture  di 
Francia,  si  rianimò  Taumento  della  popolazione;  che  anzi 
misurandolo  sull'ultimo  censo,  dal  1851  al  1856  non  andò 
ohre  la  tenue  ragione  annua  del  0,15  per  100;  durando  la 
quale  la  nazione  francese  non  potrebbe  esser  recata  a  dop- 
pio numero  se  non  a  capo  di  quasi  cinquecent' anni  ;  dove 
se  fosse  continuato   quell*  impulso    fecondo  dei  primi   anni 


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del  Consolalo  e   dell'  Impero  «   entro  il   corrente  secolo  h 

Francia  avrebbe  potuto  namerare  più  di  60  milioni  d*  abt» 

tanti. 

»  Il  censo  del  1856,  chi  Io  raffronti  con  quello  del  4851, 
mosira  che  veramente  i  beneficii  dell'unificazione  nazionale 
si  ripartono  sulle  popolazioni  francesi,  tanto  gelose  d'egua- 
lità, con  diseguaglianza  grandissima.  E  prima  di  tutto  è  no- 
tabile, che  tredici  dei  22  dtparltmeyilt,  i  quali  fino  dal  4851 
avevano  men  denso  popolo,  e  non  contavano  50  anime  per 
ogni  chilom.  q.  di  superficie. (i4/le  Alpi^  Basse  Alpi,  Lo- 
zère^  Marna^  Alta  JUarna^  Cantal^  Aube,  Costa  d^Oro^  An- 
de^ Nièore^  Gers^  Dróme,  Aveyron)^  videro  anche  nel!'  ul- 
timo lustro  assottigliarsi  il  numero  dei  loro  abitanti,  e  que- 
sto graduale  e  quasi  regolare  scemamento  4\  forze  nelle 
parti  meno  vigorose  e  più  lontane  dai  centri  si  ringorganti 
dì  vita  è,  a  giudizio  di  molti,  un  primo  indizio  di  conge- 
stione pericolosa.  Il  sovrabbondare  della  vita  nazionale  per 
rifluire  al  nord  e  all'ovest;  ed  è  come  dire,  che  la  Fran- 
cia si  volta  sempre  più  verso  l'Inghilterra,  il  Belgio  e  To- 
ccano Atlantico.  Paragonando  i  23  dipartimenti  settentrio- 
nali, coi  26  che  ponno  chiamarsi  meridionali,  veggiamo  nei 
primi  la  popolazione  crescere  di  228,200  anime,  e  nei  se- 
condi di  soli  85>678.  E  si  che  dei  23  dipartimenti  nordici 
la  maggior  parte,  cioè  46,  in  questi  ultimi  5  anni  scapiu- 
rono  in  fatto  di  popolazione;  ma  i  481,404  abitanti,  ch'essi 
perdettero,  vengono  ripagati  ad  usura  coi  409,304  abitanti 
acquistati  dai  7  dipartimenti  vicini  nei  quali  la  popolazione 
è  sul  crescere.  Nel  sud  invece  il  movimento  fu  più  langui- 
do; ad  una  diminuzione  di  86,957  abitanti,  che  ebbe  luo- 
go in  47  dipartimenti^  non  si  può  contrapporre  che  Tau- 
mento'  di  422,635  verificatisi  negli  altri  9  dipartimenti  me- 
ridionali. —  L'opposizione  tra  la  plaga  orientale  e  Tocei-' 
dentale  del  territorio  francese  è  forse  più  ancora  spiccata. 
Degli  8  dipartimenti  che  formavano  un  tempo  la  Pranca- 
Contea,  la  Borgogna,  il  Delfinato  e  il  Lionese  {Alta  Sonna, 


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Cosfa  d'Oro^  Doubs^  Sonna  e  Loira,  (attira,  Aine  e  Isère) 
perdettero  105,501  abitanti;  dimodoché  questa  regione  del 
1854  al  4856  presenta  un  itfanco  di  53,457,  benché  pos- 
segga Lione,  la  seconda  capitale  della  Francia  e  il  florido 
8U0  dipartimento  {Rodano)^  che  di  per  sé  solo  crebbe  di 
61,544  anime.  Gli  otto  dipartimenti  più  occidentali  invece 
che  un  tempo  andavano  sotto  il  nome  di  Bretagna,  di  Poi- 
tou  e  di  Santongia,  e  parevano  i  paesi  più  divisi  e  lontani 
dal  cuore  della  Francia,  crebbero  di  15,390  abitanti,  cioè 
assai  più  della  Francia,  centrale^  dove  per  7  dipartimenti  ^ 
che  perdettero  36,105  abitanti,  9  ne  guadagnarono  non  più 
di  49,358.  <—  Ma  vuoisi  aspettare  un  nuovo  censo  prima  di 
trarre  ferme  illazioni  da  fatti,  che  ponno  ancora  credersi 
conseguenza  di  fluttuazioni  accidentali ,  anziché  indizii  di 
nuove  e  crescenti  aitrazioni  ». 

Dopo  queste  considerazioni  sullo  stato  della  popolazione 
Tautore  passa  a  dare  il  seguente  quadro  sommario  sulla  pro- 
prietk  fondiaria  in  Francia. 

«  Il  suolo  della  Francia,  secondo  le  indicazioni  del  ca- 
tasto (  le  quali  però  voglionsi  riferire  a  parecchi  anni  ad- 
dietro, poiché  i  rilievi  cadastrali,  cominciati  nel  1808,  furono 
per  la  terraferma  compiuti  nel  1847),  misura  53,305,744 
ettari,  cosi  distinti  per  ragione  di  coltura: 

Terre  aratorie     ....  25,581,658  ettari  e  70  are 

Prati 5,159,226  »  S6  » 

Vigneti 2,090,538  »  58  » 

Boschi 7,702.435  .  16  . 

Orti,  vivai  e  giardini    .    .  628,235  »  35  > 

Gelseti,  olì  veti,  frutteti .    •  110,724  »  60  » 

Castagneti 563,986  >  26  > 

Vincheti  e  albereti   .    ♦    .  64,716  »  51  » 

Pozze,  gore,  rivi .    •    •    •  17,400  »  94  » 
Lande,  pascoli,  torbiere,  pa* 

ludi»  roccie,  terre  incolte  .    •  7,171,203  >  16  > 


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Sugni    .......  478«7S3  ellari  e  28  are 

Canali  di  navigazione    .    .  42,272         »    98      » 
Cave  e  miniere    .    •    •    •  4,475         >     74      » 
Fabbricati  soggetti  air  im- 
posta    245,043         »     45      » 


Terreni  soggetti  all'impoaU    49,530,835         »     97      » 

Terreni  non  soggetti  alFim* 
posta  (strade,  piane,  luoghi 
pubblici,  chiese ,  laghi ,  fiumi , 
terre  improduttive  del  dema- 
nio) 2,776,408         .     85      » 

Superficie  totale  ....    52,305,744         >     32     > 

>  Di  quesu  superficie,  neppur  la  dodicesima  parte 
(4,268,750  ett.)  è  montuosa:  ma  le  lande  e  gli  stipeti  pi- 
gliano poco  meno  della  nona  parte  (5,676,088  ett.),  e  più 
che  ahrettanto  le  sabbie  (5,924^77  ett.).  La  proprietà  di 
queste  terre,  che  secondo  le  matrici  cadaslrali  darebbero 
una  rendita  mponibile  di  4,053,907,443  fr.,  è  divisa,  come 
accennammo,  fra  44,053,702  intestati*  Ma  questo  numero, 
che  è  il  risultato  di  rilievi  eseguiti  successivamente  ne!  corso 
di  quarant'anni  (4808-4847),  risponderebbe  all'anno  medio 
di  si  lunga  operazione,  che  è  il  4827.  Nel  4842  le  inte- 
stazioni (cotes)  erano  44,544,844;  nel  4854  42,549,954  e 
nel  4854  43,122,758.  —  Nondimeno  queste  cifre  non  danno 
il  numero  fermo  dei  proprieiarj  francesi;  essendoché  lo 
stesso  nome  può  essere  più  volte  intestato  non  solo  in 
dipartimenti  diversi,  ma  fin  in  uno  stesso  dipariimento.  Ma 
dn  altre  indagini  (Cochut.  Lindasirie  agricole  en  Frante) 
si  è  potuto  ritrarre,  che  le  famiglie  proprietarie  del  suolo 
francese  sarebbero  intorno  a  4,700,000,  più  che  la  metà 
delle  famiglie,  ond*è  composta  la  nazione  (9,022,924  ).  E 
siccome  le  famiglie  degli  agricoltori  e   dei  possidenti  sono 


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d*  ordinario  assai  più  numerose,  e  meglio  osiervano  i  vin- 
eoli  della  domeiticiià,  che  non  le  famiglie  degli  operai  e 
de'  eensuari,  coti  può  tenersi  ohe  i  sei  decimi  della  popò- 
laaione  Trancese  abbiano  qualche  parte  nella  proprietà  ter- 
ritoriale. Non  più  che  SS^OOO  però  sono  le  case,  che  ponno, 
per  conto  de'  possessi  fondiarii,  dirsi  agiate;  le  i}tiali  possie- 
dono l'ottava  parte  del  suolo  produttivo  (6  milioni  di  tìu\ 
pagano  ciascuna  500  o  più  franchi  d'imposta,  e  godono, 
a  ragion  di  medie,  una  rendita  di  4000  fr.  (ì  grandi  prò- 
prietarii  che  pagano  più  dì  3000  fr.  d'imposta  fondiaria  non 
passano  i  1700).  Metà  del  suolo  francese  (37,000,000  di 
ett.  )  è  diviso  fra  760,000  famiglie,  che  sono  il  nerbo  delle 
elassi  meztane  ed  hanno  insieme  una  rendita  fondiaria  di 
quasi  4300  milioni  di  franchi  (una  media  di  1400  fr.  per 
famiglia).  Infine  gli  altri  45  milioni  di  ettari  di  terreno  si 
sbriciolano  in  picciole  tenute  fra  8,900,000  famiglie  d'agrl» 
coltori,  ciascuna  delle  quali  trae  da'  suoi  esigui  possessi  una 
rendita  media  di  170  fr.  Benché  quest'ultima  classe  di  po- 
veri possidenti  non  possa  vivere  che  lavorando  a  mercede 
sui  fondi  altrui,  essa  non  è  però  men  tenace  e  puntigliosa 
de'  suoi  diritti  di  proprietà,  come  ne  fanno  prova  le  stati- 
stiche processuali.  Ond'è  che  le  plebi  rustiche  di  Francia 
dall' un  Iato  avversano  per  invincibile  istinto  tutto  ciò  che 
ricorda  l'antico  loro  servaggio  economico,  e  però  sono  ne- 
micissimi del  nome  regio  e  delle  memorie  feudali,  ma  daU 
r  altra  guardano  sospettose  e  restie  ogni  novità,  e  sono,  ol- 
tre ogni  credere,  paurose  d'essere  zimbellate  dalle  parole, 
e  quindi  prossoché  inaccessibili  alle  seduzioni  dell'eloquenza 
e  alle  persuasioni  della  dottrina.  —  Questi  sono  ora  i  nuovi 
padroni  della  Francia.  E  però  argutamente  rispondeva  mi 
èlosofo  a  chi,  quasi  in  tuono  di  beffo,  gli  domandava  su  eh(^ 
mai  si  fondasse  il  nuovo  impero  in  Francia;  su  tre  ba<i 
salde  e  ^santi  come  la  terra;  il  voto  universale,  democrazia 
delle  campagne;  reWcito,  aristocrazia  delle  campagne;  il 
caitolicismo,  filosofia  delle  campagne  >. 


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Due  altri  grandi  elementi  di  potenza  vanta  la  Franeia, 
ed  è  la  potenza  peeuniaria  e  la  militare.  Sulla  condizione 
finanziera  della  Francia,  l'autore  scrive  quanto  segae: 

«  La  storia  delle  finanze  francesi   è  lo  studio  più  olile 
che  possa  proporsi  uno  statista:  ma  non  è  senza  grandi  dif- 
ficoltà benché  i  documenti  abbondino.  L'arbitrio  dapprinia, 
i  conflitti  delle  fazioni  dappoi  e  sopratutto  la  vastità  e  roa- 
tabilità  della  materia  non  lasciarono  che  si  potessero  ridurre 
a  poche  e  chiare  somme  i  risultamenti   di  questa   grande 
sperienza  governativa.   Macchiavelli  scriveva  a'  suoi  tempi  : 
ft  L'entrata  ordinaria  e  straordinaria  della  corona  non  ho  po- 
tuto sapere  perchè  ne  ho  dimandato  a  molti,  e  ciascuno  mi 
ha  detto,  essere  tanto,  quunto  ne  vuole  il  re  >  —  e  ancora  — 
e  Ho  fauo  diligenza  di  ritrarre  quanti  denari  sieno  assegnati 
Tanno  al  re  per  le  spese  sue  di  casa  e  della  persona  sita, 
e  trovo   avere  quanti   ne  domanda  >.  Due  secoli  e   meno 
dopo  potevasi  sapere  (Documento  del  1740),  che  sulle  spese 
complessive  dello  Stato,  le  quali  erano  170  milioni  e  mezio 
di  lire,  7,800,000  erano  assegnate  alla  regia  mensa,  1,640,000 
per  minuti    piaceri  del  re  e  doni  alle  favorite;   1,890,000 
per  le  regie  scuderie;  1,900,000  per  la  regia  guardaroba; 
4,200,000  per  la  guardia  reale;  44,000,000  venivano  sotto 
la  strana  rubrica  di  Dépenses  inconnues^  che  a  pensar  bene 
vorran  dire  polizia,  diplomazia,  .  •  .  •  ,  55,800,000  I>asta- 
vano  per  la  guerra  e  marina;  49,020,000  pel  debito  pub- 
blico; e  avanzava   ancora  una   spesa  di  1,400,000  giustifi- 
cata col  titolo  d'esptons  extra-ordinairet. 

«  Nel  1784  il  rapporto  di  Necker  dà  438,233»000  lire 
di  entrata,  e  396,974,666  di  spesa.  —  Nel  4784  già  le  spese 
ascendono  a  640,000,000  di  cui  29,000,000  per  la  Corte. 
—  Tutte  le  rendite  erariali  d'ogni  natura  non  passavano 
allora,  secondo  Necker,  i  600  milioni:  ma  convien  notare 
che  l'agricoltore  aveva  a  sopportare  il  peso  delle  decime 
ecclesiastiche  e  delle  angherie  feudali;  e  che  il  denaro  a  quei 
tempi  costava  assai  più  che  adesso:  e  come  le  imposte  era- 


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riali  si  pagayano  in  denaro,  cosi  dee  computarsi  come  ne- 
cessaria a  scontar  le  pubbliche  gravezie  una  quantità  di  pro- 
dotti primi  almeno  superiore  d'un  terzo  al  Talore  moneta- 
riO)  e  che  ora  rappresenterebbero  una  somma  di  800  mi- 
lioni. Oltre  di  ohe  metà  delle  terre  erano  immuni;  Tindu- 
stria  non  era  libera;  ai  giudici  si  dovevano  le  strenne  {lei 
èpkes).  Gli  è  chiaro  che  prima  della  rivoluzione  il  popolo 
francese  sppportava  in  effetto  imposte  e  gravezze  maggiori 
di  quelle  che  oggidì  compajono  incomportabili. 

«  Il  primo  bilancio  presentato  a^li  Stati  generali  nel  4789 
portava  la  rendita  complessiva  a  •  .  .  .  661,368,027 
ìe  spese  ordinarie  d'amministrazione  .    .    «    536,444,000 

le  spese  di  esazione »      76,079|000 

il  manco >      60,149,027 

€  11  bilancio  del  4797  (anno  VI)  fu  equilibratto  sulla 
somma  di  616  milioni  —  Quello  dell'anno  XI,  nel  massimo 
ascendente  di  Buooaparte,  sulla  somma  di  586  milioni  e 
mezzo.  —  I  bilanci  dell'  impero  stettero  fra  i  700  e  gli  800 
milioni;  e  solo  nel  1813  con  tutta  Europa  addosso  la  Fran- 
cia, che  però  contava  430  dipartimenti,  ebbe  un  bilancio 
di  previsione ^i  1450  milioni,  de' quali  28,300,000  asse- 
gnali alla  lista  civile  ed  agli  appanaggi  (1).  I  bilanci  du- 
rante la  ristaurazione  stettero  tra  i  900  e  i  1000  milioni: 
in  46  anni  le  spese  toccarono  quasi  46,000  milioni;  di  cui 
però  4364  milioni  per  indennità  di  guerra  pagati  all'Eu- 
ropa vittoriosa.  Dal  4830  al  4847  durante  il  reggimento 
dell'Orléans  le  spese  crebbero  con  un'ascensione  graduale 
e  quasi  regolare  da  4,095,042,000  che  fu  la  cifra  del  4830, 


(1).  Kolb.  Op.  cit.  —  Frankrelcb.  Finanzen,  —  Diverse  sono 
le  indicazioni  date  da  Wolowski  nelle  sue  Nolices  hisU  et  sta- 
fisL  sur  Vadministr.  dee  finance^  et  de  fa  dette  pub.  en  Frante. 
Jnn.  del  Guillauin.  1848. 

Amàu.  Statistica,  voi.  XXil,  serie  3.*  17 


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ft  1,689,678,000  cbe  fu  la  cifra  del  4847.  In  cifre  tonde 
U  Francia  spese  in  qoesU  18  anni  SS  mila  milioni,  di  cui 
20  mila  milioni  e  mexzo  si  ottennero  dalle  imposte,  470O 
milioni  furono  coperti  con  mezii  siraordinarj  di  credito,  e 
circa  900  milioni  rimasero  come  un  debito  del  tesoro.  Nd 
quattro  anni  della  repubblica  (1848-1851)  le  spese  totali 
toccarono  la  somma  di  6,851,338,064  fr.,  di  cui  5,035,973,364 
furono  dati  dalle  imposte  ordinarie,  957,895^40  furono  ca- 
vati da  mexzi  straordiuarj,  e  rimasero  circa  360  milioni  di 
manco. 

«  Le  finanze  del  nuovo  impero  in  cinque  anni  (1853* 
4857)  crebbero  notevolmente  le  spese  e  le  rendite  dello 
SiatQ.  Non  possiamo  ora  dare  le  cifre  esalte,  perchè  non  si 
SODO  ancora  vagliati  e  chiusi  i  conti  dal  1853  in  poi,  né  si 
può  far  fondamento  solo  sui  bilanci,  come  U  chiamano  prov* 
fìsorti,  massime  in  tempi  ne*  quali  le  spese  strabocchevoli 
della  guerra  passarono  ogni  previsione.  Nondimeno  le  cifre 
approssimative  delle  spese  prevedute  ci  danno  per  questo 
quinquennio  la  somma  di  7863  milioni  distribuiti  in  ragione 
ffresoeate 


4853-1487  milioni  1 /.,.  ...      ... 

i  Oltre  a  ciò  nei  primi  4  anni 

.^«.".«««      *       f     (53-56)  abbiamo  già  crediti 

4855-4553      »       >  ,         .    .         , 

4856  -  4598      »       (     ^"Pple«»eniari  per  la  somma 

.Jmn\^^f^      *       I     «norme  di  circa  4  400  milioni. 
1857-1699      »       ! 


«  Per  le  rendile  conosciamo  bene  lune  quelle  preve- 
dute e  sperale,  ma  non  abbiamo  ancora  il  conto  fermo  di 
quelle  effettivamente  incassate  nel  quinquennio.  Le  nuove 
imposte  avrebbero  dovuto  dare,  giusta  le  speranze,  un  70 
milioni  annui  d'aumento.  Secondo  il  Kolb,  le  rendite  or* 
din^rie  dell' iippero  per  due  terze  pani  vengono  dalle  im- 
poste indirette ,  e  per  l'altro  terzo  dalle  imposte  direue  e 
dai  beni  demaniali,  il  cui  ricavo  però  non  giunge  al  3  p.  0|0 
4.ell9  reud^^  dello  Stato.  (In  un  totale  di  1 400  milioni,  40 


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259 
milioni  e  S|4  dai  beni  demaniali,  439  milioni  e  l;S  dalle 
imposte  dirette,  939  milioni  e  S;4  dalle  indirette). 

e  La  litu  eivile  dell'imperatore  è  di  S5  milioni.  Il  oom- 
plesso  delle  spese  per  dotasiodi  dinastiche  ed  assegni  ^i 
grandi  corpi  politici  dello  Stato,  che  nel  4847  era  stato  di 
14,819,271  franchi,  nel  1849  di  9,608,388,  nel  1851  di 
8,419,733  sali  nell85S  a  37,383,114,  e  nel  1867  a  29,470,180. 

e  II  conto  di  prepitùme  del  1858  porta  tutte  le  spese  n 
4,717,156,190  franchi  e  le  rendite  ad  1,737^115,191.  E  un 
aumento  di  circa  18  milioni  sulle  spese  prevedute  pel  1857: 
e  r  aumento  cadde  per  intero  sulle  spese  come  dieoqo  d^'or* 
dine  e  di  riscossione  ^  che  pel  1867  furono  computate  in 
524  milioni,  e  pel  1868  in  545. 

e  Rispetto  al  debito  pubblico  T  Almanacco  di  Gotha 
(ann.  1857)  pubblicava  qnesto  ingegnoso  quadro  compa- 
rativo: 

Capitali  in  francbi  Nel  1848  Nel  1853 

Rendita  al  5  per  100  .    .  2,934,993,380  — 

al  4  1;S  per  100  34,673,666  3,847,370,336 

al  4  per  100  .    .  696,416,937  63,367,988 

al  3  per  100  .    .  1,663,134,975  1,613,399,700 

Prestili  per  lavori  pubblici 

(182M822)  ....  96,825,100  78,442,330 

Cauzioni      ......  235,685,632  140,000,000 

Rendite  transitorie    .    .    .  44,944,840  40,400,000 

Debito  fluttuante  ....       873,758,640      780,000,000 

*    ih  II    t I     '  ■  -•      •  -  ■    .      , 

6,469,430,070    6,051,980^54 

«  Con  ciò  vorrebbesi  fa^  comprendere  che  senza  le  spese 
della  guerra  incontrate  dopo  il  1853  l'impero  avrebbe  sa- 
nate le  piaghe  economiche  lasciate  aperte  da'  precedenti  go- 
verni. Ma  ne'  primi  anni  facile  e  a  tutti,  banchieri,  ministri 
e  governi,  il  porre  in  contò  lé  speranze,  le  cifre  e  le  buone 
intenzioni.  Solo  il  tempo  porla  i  maturi  frutti  del  bene  e 
del  male. 


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260 

«  Il  vero  8i  è,  che  nel  4  856,  quando  ancora  noo  eraoe 
state  chiarite  tutte  le  spese  della  guerra ,  il  debito  fermo 
{dette  consolidie)^  computati  anche  i  presiiii  del  1854  e  del 
4855,  saliva  a  7,558,040,882  franchi  cosi  ripartiti: 


Titolo. 

Nuffl.  della 

Interessi. 

Capitale 

iscrizioni. 

nominale. 

Prestito  al  4  4/3 

perlOO(Conver- 

sioae  del  1852) 

780,215 

171,182,165 

3,802,937,000 

—  al  4  1/2  per 

100  (del  1825) 

1,979 

884,560 

19,656,888 

•w  al  4  per  100 

2,653 

2,353,568 

58,839,200 

— <  al  3  per  100 

235,491 

110,298,232 

3,676,607;733 

4 ,020,338     284,668,525     7,558«0 1 0,821 

e  Ma  un   anno   dopo  le   rendite   rispondenti  al  debito 
pubblico  consolidato  erano  poste  in  conto  per  308,645,291  : 
oltre  gli  interessi    per  altri   prestiti   speciali  e  per  capiuli 
rimborsabili,  che  giungevano  a  47,806,627  franchi;  cosicché 
cogli  assegni  fatti  alla  Cassa  d'Ammortizzazione  (86,806,923 
fr.),  e  col  debito  vitalizio  (68,242,242)  le  somme  destinate, 
come  dicono,  a  servigio  del  debito  pubblico  toccavano  nel 
4857  i  544,225,062  franchi.  —  Dieci  anni  prima,  nell'ulti- 
ino  bilancio  discusso  sotto  la  monarchia  parlamentare  (4847), 
le  rendite  del  debito  iscritto   sul 
gran  libro  ascendevano  a  ,    .    , 
la  dote  della  Cassa  dMmmortfz- 
zazione  era  di  .    ,    •    .    «    , 
)e   rendite   vitalizie,   le  pensioni 
e  gli  interessi  di  tutti  gli  altri 
capitali   rimborsabili  per  qual- 
siasi titolo    ,,.,.., 


334,437,912  franchi; 
48,886,568 


95,848,339 


che  sono  in  complesso 


379,472,849  franchi, 


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£61 
eioè  i  3^,052,246  meno  che  nel  1857.  £d  è  a  notarsi,  che 
sebbene  la  Cafsa  d'Ammortizzazione  ora  abbia  un  assegno 
quasi  doppio  di  quello  che  figurala  nel  bilancio  deW847, 
nondimeno  le  sue  operazioni  sono  ancora  affatto  nominali  e 
fittizie.  Il  manco  di  cassa  (découverts)  a  cui  si  provvede 
coiremissiode  dei  buoni  del  tesoro,  coli' uso  dei  fondi  delle 
casse  di  risparmio,  delle  comuni  e  dei  pubblici  stabilimenti, 
e  colle  anticipazioni  dei  ricevitori  generali,  dà  origine  a  un 
altro  debito,  che  chiamano  fluttante,  il  quale  di  presente 
tocca  un  migliajo  di  milioni.  * 

E  il  debito  pubblico  ha  dovuto  in  questo  anno  crescere 
d'un  mezzo  miliardo,  per  il  prestito  nazionale  stato  aperto 
onde  avere  i  mezzi  di  far  la  guerra. 

E  per  la  guerra  ha  la  Francia  sempre  pronto  il  più  po-^ 
deroso  e  diremo  anche  il  piò  valoroso  esercito  del  mondoé 
Ecco  quanto  ne  dice  il  nostro  autore: 

«  Gloria  della  Francia  è  V  esercito,  vera  istituzione  po^ 
litica  più  ancora  che  militare:  sulla  quale  ora  è  piantato 
il  governo.  Tutti  i  giovani  ventenni  atti  alle  armi  sono  co- 
icritti;  estraggono  a  sorte  un  numero,  che  stabilisce  l'ordine 
della  chiamata:  mezzo  milione  di  giovani  entrano  per  età 
Ogni  anno  nella  coscrizione:  la  legge  ne  chiama- all' armi 
.120  mila;  ora  80,  ora  400  mila  subito;  gli  altri  rimangono 
a  disposizione.  Dura  il  servizio  seti'  anni  ;  le  prime  sei  cla>si 
dei  chiamati  fanno  T esercito  attivo,  la  classe  settima  e  i 
non  chiamati,  ma  pur  designati  dalla  sorte  e  obbligati  dalla 
I^gg^9  la  riserva.  — ^  Cosi  da  cinque  a  seicento  mila  uomini 
entrano  nelle  milizie  stanziali,  e  da  due  a  trecentomila  nelle 
riserve. 

»  Le  riforme,  che  l'imperatore  annunziava  nel  suo  di- 
scorso inaugurale  del  46  settembre  4857,  porteranno,  come 
ei  disse,  le  riserve  a  600,000  uomini.  Giusta  il  programma 
imperiale,  dei  420,000  coscritti  ogni  anno  verrebbero  chia« 
mati  alle  bandiere  400,000;  e  dopo  esser  rimasti  due  anni 
sotto  l'armi,  due  terzi  di  essi  sarebbero,  rimandati   alla  ri« 


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serva,  nella  quale  perciò  entrerebbero  250,000  oommi  delle 
prime  classi,  olire  tutta  la  settima  classe  (100,000),  e  i 
440,000  nomini  formati  da  ref^iduo  delle  7  classi,  ebe  deve 
per  legge  rimanere  a  disposizione  del  governo.  —  Queste 
disposizioni  però«  a  far  i  conti  larghi,  darebbero  per  T  eser- 
cito attivo  intomo  a  350,000  uomini,  e  per  le  riserve 
500^000.  Ma  forse  l'imperatore  contava  le  ooserizioni  annuali 
di  1 40,000.  —  Il  numero  dei  giovani  francesi  dai  SO  ai  S4 
anni  è,  in  termine  medio,  di  305,600. 

•  Il  nerbo  dell*  esercito  sono  le  fanterie,  come  dicono, 
di  linea,  ordinate  in  lOi)  reggimenti,  eguali  in  tulio  fra 
loro  e  non  distinti  che  dal  numero  ordinale.  Ogni  re|^- 
mento  ha  5  battaglioni  di  8  compagnie.  Sono  dunque  300 
battaglioni,  cioè  2400  compagnie,  ohe  a  portarle  a  numero 
pieno  farebbero  360,000  tra  graduati  e  gregarii:  ma  con- 
vien  porli  in  conto  per  320,000.  S* aggiungono  35  battaglioni 
di  veliti,  i  quali,  divisi  ih  cacciatori,  zuavi,  bersagliatori  al- 
gerini, sono  un  40,000  uomini  :  56  reggimenti  di  cavalleria, 
che  vanno  presso  ai  50,000  uomini.  Le  artiglierie,  il  genio, 
la  gendarmeria,  i  traini  vogliono  un  servizio  di  90,000  uo* 
mini.  Forma  corpo  diviso  e  privilegiato,  almeno  per  nome 
ed  aspetto,  la  guardia  imperiale,  istituzione  nata  neU' antico 
impero  a  mano  mano  e  sul  campo,  ora  risuscitata  a  puntellar 
lu  reggia;  la  quale  perciò  noa  è  guardata  di  buon  occhio 
dall'esercito.  Novera  da  35  in  40,000  uomini;  granatieri  (46 
batt.  ),  gendarmi  (  2  batt.  ),  zuavi  (  2  batt.  ),  fiancheggiaiori 
(  4  regg.  ),  cacciatori  (  1  batt.  ),  e  6  reggimenti  di  cavalli 
sceltissimi. 

>  I  gradi  si  danno  a  ragion  di  merito  e  di  servizio;  oft 
almeno  confessabilmente,  ci  ha  luogo  la  nascila,  e  il  bvore; 
e  il  principe  Napoleone  ricordava  ancora  testé  quello  cbc 
dicevasi  ai  tempi  del  primo  imporo:  ogni  soldato  poter  trovar 
nel  suo  zaino  lo  scettro  di  mareseiallo. 

»  Ne'  primi  di  del  48M,  quando  si  ruppe  la  guerra 
d'Oriente,  l'esercito  francese  coniava  570,000  uomini;  de* 


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S6d 
quali  490,000  oombflti^mi  (Htìvi;  e  dveva  168  bailerìe  con 
4008  afliglierie.  Nel  gMnajo  1856  gli  ufficiali  e  sddaii  attiri 
erano  507,439,  e  47,S57  <}uelli  occupati  tacila  gendarmeria 
e  nelle  varie  amministrazioni.  Nel  giugno  1866  furono  con- 
gedati 95,000  soldati;  e  T  esercito  sunztete  fé  ridotto  a 
380,000  con  6  marescialli,  149  generali  di  divisione,  232 
generali  di  brigata. 

>  La  Francia  ha  119  fortene,  la  più  porte  assiepate 
sulla  frontiera  che  guarda  il  Belgio  e  la  Germania.  I  bastioni/ 
e  i  forti,  che  fenno  di  Parigi  un  gran  campo  trineerato,  co- 
siarono  più  di  tOO  milioni  di  franchi. 

Napoleone  I.  levò  in  Franéia  ne'  quindici  anni  della  sua 
dittatura  più  di  tre  milioni  di  soldati.  Nel  18(4  egli  èveva 
a'  suoi  cenni  circa  1,440,000  uomini  (800,000  deirimpero, 
400,000  del  Regno  d'Italia,  430,000  della  Confederazione 
del  Reno,  50,000  del  regno  di  Napoli,  e  60,000  del  gran 
ducalo  di  Varsavia).  Nel  4843  il  Senato  consenti  a  Nopo* 
Icone  cinque  leve,  che  in  complesso  avrebbero  dovuto  dsrC 
4,440,000  coscritti.  Qtiesto  fatto  basta  a  dar  ragione  dello 
spossamento  della  Francia  nel  4614  e  nel  4815.  Lta  breve, 
ma  difficile  e  disagiata  campagna  di  Crimea  eostò  alla  Francia 
an  400,000  uomini.  Dal  rapporto  del  ministro  della  guerra 
(SS  ottobre  4856)  si  ritrae  che  809,S68 soldati  con  41,974 
cavalli  vennero  tragittali  per  nave  da  Marsiglia,  da  Tolone^ 
da  Algeri,  da  Civitavecchia  in  Grecia ,  e  sulle  riviere  deU 
r Eusino.  Non  tornarono  che  Sà7,485  uomini,  e  9000  ca- 
valli. Tra  andata  e  ritorno  636,408  uomini,  50,974  cavalli 
e  armi,  e  salmerie  per  724,536  tonnellate.  Le  vettovaglie^ 
i  foraggi,  i  combustibili  di  cui  si  dovette  rifornire  T  esercito, 
assediato  più  che  assediante,  somnmrono  all'enorme  peso 
di  6  milioni  di  tonnellate.  S'agghmgano  4676  artiglierie, 
4823  carri  di  cannone  o  da  trainò,  S.4 88,000  projettili, 
chilogrammi  4,000,000  di  polvere.  -^  Codesta  sterminata 
massa  di  pesi  non  sarebhesi  potuta  smuovere  che  a  spizzico 
e  ancor  meno  recare  a  si  gremdi  distanze,  senza  lunghi  in^ 


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S64 

tervalli  di  tempo,  se  le  strade  ferrate  e  i  piroscafi,  non  hoc 
quesitum  munus  in  utut^  non  avessero  ajutato  cogli  argo- 
menti della  civiltà  una  guerra,  che  fu  una  prova  di  forxe 
gigantesche  e  di  animi  pusilli. 

>  La  flotta  francese  non  ha  ancora  potuto  riparare  i  danni 
sofferti  durante  la  rivoluzione,  quando  quasi  tutti  gli  ufficiali 
nobili  che  avevano  domestiche  le  tradizioni  del  valore  e 
degli  studj,  l'abbandonarono  agli  audaci  ma  imperiti  repub- 
blicani. Nel  17S6  la  Francia  aveva  78  navi  da  linea  ,  74 
fregate,  SS  corvette,  88  legni  minori,  con  18,000  cannoni 
e  78,000  marinai*  Neil*  aprile  del  4864,  a  gran  meraviglia 
deir  Europa,  noverava  53  navi  di  linea  con  5096  cannoni , 
68  fregate  con  3955  cannoni,  179  legni  minori  con  2723 
cannoni,  oltre  131  piroscafi  della  forza  di  32,350  cavalli 
vap.  Di  questi  piroscafi  7  hanno  la  portata  di  navi  di  fila, 
20  di  fregate,  e  30  di  corvette.  Ma  quest'enorme  materiale 
nautico  non  può  facilmente  trovare  il  necessario  numero  di 
marinai. 

•  Non  basterebbero  più  libri  a  ritrarre  anche  solo  in 
ombra  lo  stato  economico  e  morale  non  del  governo,  ma 
della  nazione  francese:  di  cui  certamente  non  potrebbe  dirsi 
quello  che  lo  Czar  volle  dire  della  Russia:  ch'ella  cbinmi  tutti 
i  suoi  pensieri  a  capitolo.  Ci  pare  anzi  l'opposto.  Come  dopo 
una  gran  sbattitura  di  passione,  un  uomo  rimane  stracco  e 
svoglialo  della  vita,  e  si  lascia  andar  dove  lo  porta  il  caso, 
purché  non  torni  al  martello  dei  temuti  pensieri,  cosi  la 
Francia  adesso:  e  ci  si  passi  la  similitudine,  che  ci  dispensa 
d'  entrar  più  innanzi  in  questa  materia.  Diremo  solo  che  del 
socialismo  o  del  comunismo,  di  cui  oltri  mostra  aver  si  gran 
paura,  non  deve  temere  la  Francia,  il  cui  suolo,  classificalo 
in  126,810,194  parcelle  cadastrati,  è  spartito  tra  11,053,702 
possessori.  S'aggiunga  che  ora  più  milioni  di  cittadini  hanno 
parte  ne'  fondi  pubblici.  Napoleone  HI.  comprese  .la  fun* 
aione  socialistica  ed  equilibratrice  del  governo,  e  dell'  im- 
posta. L'  Orleanese  stimolò  all'  emulazione  della  ricchezza  e 


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265 
degli  agi  i  popolani  grassi,  il  Napoleonide  n  aizza  il  popolo 
minuto;  aiutati  ambedue  dalla  pendenza  del  secolo,  che  fa 
gli  uomini  tanto^  più  sitibondi  di  consolazioni  o,  come  dice 
r  inglese,  dì  conforti  sensuali,  quanto  più  svigorisce  l'efficacia 
e  dileguasi  la  speranza  della  vita  spirituale  >. 

Mentre  scriviamo  quest*  articolo  la  Francia  ha  mostrato 
a  Montebello,  a  Magenta,  a  Melegnano  ed  a  Solferino  quanto 
iralga  il  suo  esercito.  Possa  Y  esempio  della  sua  disciplina 
e  ilei  suo  valore  essere  per  noi  argomento  di  viva  emula- 
zione per  veder  ordinato  un  esercito  italiano  che  sia  degno 
dalla  patria  di  Giulio  Cesare  e  di  Napoleone  1. 1 


lMxÌ«ttarl#  della  E«#iì«miìa  politica  e  del  C^ai^ 
iiierel#<  opera  originale  ilaliana  del  professore  GÈ- 
ROliAMO  B0CCAB1I0.  Torino  1859.  Volume  III, 
edizione  th-4.®  in  due  colonne^  presso  Sebasliano  Franco. 

Li  illustre  professore  Boccardo  continua  la  pubblizazione 
del  suo  Dizionario  con  un'alacrità  veramente  maravigliosa. 
Nel  breve  periodo  di  un  biennio  vennero  gii  dati  alla  luce 
i  primi  due  volumi  di  quest'ottima  raccolta,  ed  ora  si  pub- 
blicarono i  primi  tre  fascicoli  del  terzo  volume.  In  questi 
notammo  tre  articoli  veramente  magistrali,  sulle  leghe  do- 
ganali, sulla  libertà  nelle  materie  economiche  e  sul  com* 
roercio  dei  libri.  Noi  ci  riserviamo  a  far  parola  del  primo 
articolo  appena  vedremo  la  possibilità  che  una  buona  lega 
doganale  possa  stabilirsi  anche  in  Italia.  Intanto  ne  piace  di 
riprodurre  buona  parte  dell'articolo  sulla  libertà  economica 
siccome  quella  che  contiene  la  professione  di  fede  di  tutti 
gti  economisti  italiani. 


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266 
LiBUTi'  ifELLt  vATCìiic  EcoNonciB.  —  {Economia  politica). 

A  due  generali  tipi  possono  ridursi  gV  inoumeretoli  si- 
stemi economici  che  vennero  in  diversi  lempi  profesmii  da- 
gli scrittori  od  attuati  dai  legislatori  ed  ordinatori  dei  po- 
poli, relativamente  agli  interessi  economici  della  società; 
Funo  d'essi  è  il  regime  della  libertà  ;  Taltro  quello  della  re- 
strizione.  Secondo  il  primo,  conviene  lasciare  spontaneo  svi- 
luppo alle  facoltà  e  alle  tendenze  individuali,  ogniqualvolta 
queste  non  sono  direttamente  contrarie  al  diritto  altrui  e  al 
bene  comune;  fa  d'uopo  reprimere  l'abuso,  ma  non  mai  in- 
cagliare  l'uso  legìttimo  che  delle  proprie  forze  e  dei  pro- 
pri strumenti  di  lavoro  fa  il  cittadino  ;  bisogna  schiudere  il 
più  vasto  campo  della  concorrenza,  cosi  fra  gl'individui  co- 
me fra  le  nazioni.  —  Giusta  il  secondo  sistema,  per  lo  con- 
trario, è  mestieri  che  il  legislatore  intervenga  minuumenie 
nelle  private  faccende;  s*ado[lSeri  a  contenere  gli  uni,  ad  ec- 
citare gli  altri;  crei  in  certi  casi  dei  vincoli,  e  dei  stimoli 
in  certi  altri;  procuri  non  solo  di  reprimere  l'abuso,  ma  di 
prevenirlo  con  artificiali  e  complicati  mezzi. 

Il  terreno  sul  quale  ambo  i  sistemi  vennero  pia  frequen- 
temente e  più  manifestamente  a  tenzone,  si  è  quello  del 
commercio  propriamente  detto.  Ma  tutte  quante  le  industrie, 
dirò  di  più,  tutte  le  manifestazioni  delta  umana  attività  pos- 
sono, al  pari  del  traffico,  andar  sottoposte  all'uno  od  all'al- 
tro dei  due  mentovati  reggimenti.  Egli  é  perciò  che,  nella 
prima  parte  di  questo  articolo,  ci  occuperemo  dell^  libertà 
economica  in  generale;  e  nella  seconda,  studieremo  in  ispe- 
eie  la  questione  della  libertà  del  commercio. 

§  I.  —  DeUa  liberti  economica  in  genere, 

Dugnld  Stewart,  uno  dei  più  profondi  e  sagaci  scrittori 
della  scuola  filosofica  scozzese,  osservava  argutamente  che, 
quanto  ò  minore  la  coltura  degli   uomini,   tanto  è  in  essi 


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267 
maggiore  la  tendenza  a  violentare  It  opere  della  natura. 
Le  tribù  selvagge  hanno  costume  di  defonoare  il  corpo  dei 
loro  bambini,  ed  alcone  di  esse  spingono  la  barbarie  a  se- 
gno di  comprimere  loro  la  testa ,  senza  punto  riflettere  al 
detrimento  che  arrecano  cosi  alla  sede  dell' intelligenza  e 
del  pensiero*  Dalla  stessa  origine  emana  la  consuetudine  del 
tatuaggio^  sparsa  in  ambi  gli  emisferi  tra  le  incolte  popò- 
lazioni,  le  quali  non  saprebbero  mai  indursi  a  pensare  che 
l'amano  corpo  sia  infinitamente  più  bello  nella  sua  nativa 
condizione,  anziché  coperto  di  quelle  strane  figure  e  di  quei 
capricciosi  disegni,  che  taluni  nomini  delle  classi  inferiori 
usano  ancora  nei  nostri  paesi  di  praticarsi  con  mezzi  qual- 
che volta  dolorosi.  In  Oriente  sussistono  molte  barbare  co- 
stumanze della  stessa  natura;  le  donne  persiane  credono  di 
iiumentare  la  loro  bellezza  tingendosi  coirauurro  hanna  le 
pupille,  le  guancie  e  le  ugno;  gli  abitanti  della  Cocincina 
si  anneriscono  o  si  indorano  i  denìi;  e  le  femmine  chinest 
si  marlorano  i  piedi,  onde  costringerli  a  mostruosa  picco- 
lezza. Paragonìnsi  queste  e  simigliami  abitudini  delie  genti  / 
rozze,  incolte  o  corrotte^  coi  metodi  educativi  delle  più  in- 
gentilite nazioni  europee»  e  si  vedrà  che,  se  il  carattere 
predominante  appo  le  prime  è  un'assurda  ostilità  contro  le 
leggi  fisiologiche  della  natura,  quello  delle  seconde,  all'in- 
contro, consiste  nel  rispettare  e  neir« assecondare  lo  svolgi- 
mento spontaneo  delle  leggi  medesime*  Nessuna  schiatta 
possiede  fanciulli  più  meravigliasamente  belli,  vegeti,  robu« 
ati  e  bene  aitami  della  persona  di  quelli  che  fanno  liete 
e  soperbe  le  ricche  ed  agiate  famiglie  della  Scozia  e  dei- 
ringhilterra.  Ha  in  nessuna  contrada  è  lasciato  più  libero 
sviluppo  alla  educazione  fisica  delle  crescenti  generazioni  di 
quello  onde  godono  i  ragazzi  di  Caledonia  e  d'Albione.  In- 
dìzio di  progredita  civiltà  è  l'abbandono  pei  fattizi!  e  oon- 
venzionali  adornamenti ,  e  la  corrispondente  sostituzione  di 
più  semplici  e  naturali  acconciature.  Gli  Europei  dell'età 
nostra  hanno  smesso  la  polvere  cipria  e  le  ridicole  parrue- 


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•  268 
che  del  secolo  scorso.  E  i  nostri  giardini  non  vedono  pia 
tngliare  e  smozzicare  gli  alberi  e  le  piante.  11  famoso  Alham- 
bra  di  Granata  conteneva  piscine  piene  d'acqua  di  svariati 
e  splendidi  colori;  prati  sparsi  di  fiori  e  d'erbe  fatte  di  pre- 
ziosi metalli;  boschetti  nei  quali  la  manierata  industria  mo* 
resca  faceva  balcheggiare  aogelli  d'oro  e  d'argento;  giardi- 
ni, i  cui  arboscelli,  in  mille  guise  frastagliati,  rappresenu* 
vano  statue,  vasi  ed  altre  fantastiche  figure.  Ben  diversi 
Bono  i  parchi  dei  signori  e  dei  principi  della  presente  età, 
i  quali  ambiscono  lasciarvi  rigoglioso  e  potente  lo  svolgi* 
mento  della  nativa  vegetazione;  e  l'arte  del  giardiniere  si 
propone  non  più  lo  scopo  di  combattere,  ma  si  quello  di 
simulare  la  natura.  Lo  stesso  antagonismo  rivelasi  fra  le  arti 
belle  dei  popoli  cresciuti  a  verace  incivilimento,  e  quelle 
delle  nazioni  fuorviate  dal  retto  sentiero.  La  naturalezza  ri- 
splende  e  regna  nella  statuaria  greca ,  nella  pittura  raflbel- 
lesca,  nella  poesia  dell'/flighieri  e  nella  musica  d'un  Bellini; 
l'artifizio  e  il  manierato  prevalgono  nei  prodotti  dell'età  di 
un  Macini  e  d'un  Bernini,  e  nella  cosi  detta  arte  del  baroe* 
eo.  Gli  sforzi  dell'ingegno,  che  fa  violenza  alla  natura,  pos* 
sono  talvolta  ammirarsi  ma  devono  sempre  deplorarsi. 

Ciò  che  diciamo  nell'ordine  dell'educazione,  del  costume 
e  dell'arte,  può  a  buon  dritto  ripetersi  nell'ordine  civile 
ed  economico.  Più  si  risale  nella  serie  dei  tempi,  e  più  si 
trova  arbitraria  e  forzata  la  struttura  e  l' organizzazione  im* 
posta  alle  umane  società.  Nelle  vetuste  teocrazie  orienuli,  il 
regime  delle  caste  divideva  gli  uomini  in  tanti  strati  prò* 
fondamente  separati  e  fatalmente  immutabili;  ed  il  legisla- 
tore non  limitavasi  soltanto  a  creare  fattizie  distribuzioni  di 
classi,  attribuendo  alle  une  tutte  le  ricchezze,  tuui  i  diritti, 
tutti  i  godimenti,  e  condannando  le  altre  a  perpetua  abbie- 
zione,  ma  scendeva  eziandio  a  regolare  con  minute  pre^* 
scrizioni  i  più  riposti  atti  della  vita  domestica,  le  più  pie*» 
cole  operazioni  dell'industria.  Erano  indicati  gli  strumenti 
ed  i  metodi  onde  il  più  oscuro  artigiano  doveva   servirsi  ; 


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269 
ed  era  come  delitto  punita  qualunque  innovazione  che  aspi-* 
rasse  a  perfezionamento. 

Meno  tiranniche,  ma  pur  sempre  ariifioialt  furono  le 
instìiuzioni  che,  nella  classica  antichità  occidentale,  tennero: 
date  a' popoli.  Licurgo  a  Sparta,  Minosse  in  Greta,  Solooe  in 
Atene,  Numa  nel  Lazio,  i  Lucomoni  in  Etruria,  i  Druidi 
stessi  fra*  Celti  modellarono  le  società  sulle  quali  imperavano, 
a  seconda  dei  loro  peculiari  interessi  o  delle  loro  preconi 
cette  idee,  cui  le  sponunee  tendenze  della  umana  natura 
erano  troppo  spesso  sacriflcaie. 

Il  medesimo  spirito  predominò  nel  medio  evo.  Alla  schia- 
vitù, è  vero,  era  sottentrato  allora,  men  duro  e  raen  cru- 
dele, il  servaggio  della  gleba;  ma  le  separazioni  fra  il  vil- 
lano e  il  barone,  tra  l'uomo  de'  campi  e  quello  delle  bor- 
gate e  delle  città,  duravano  irremovibili  ed  arbitrarie.  Le 
corporazioni  d'arti  e  mestieri  classiflcavano ,  press' a  poco 
come  le  antichissime  caste,  gli  esercenti  le  varie  industrie. 
Il  lavoro  non  era  men  yincolato  da  vessatorii  regolamenti , 
di  quello  che  fosse  stato  in  India  sotto  la  ferrea  legge  bra« 
minica. 

Il  pensiero  e  V  intelletto  furono  nella  stessa  guisa  trattati 
come  le  materiali  manifestazioni  dell'  umana  attività.  Dogmi 
assoluti,  credenze  ed  opinioni  preformate  vennero  dettate  al 
pensiero  quasi  il  non  plus  ultra  della  verità  e  della  sapienza  ;* 
e  chi  s' attentava  di  metterle  in  dubbio,  d' investigare  i  pro- 
blemi e  le  leggi  della  natura,  era  gridato  empio  e  sovver- 
titore dell'  ordine  e  dell'  umano  consorzio.  Galileo  messo  a 
tortura,  Colombo  davanti  al  Consiglio  di  Salamanca,  Giovanni' 
Huss  sul  rogo,  la  storia  degli  Auto-da-fe  e  della  Inquisi- 
zione, sono  altrettante  riprove  di  quesu  nefanda  tirannia 
delie  anime,  eguale  a  quella  che  eiercitavasi  sui  corpi  e 
sulle  professioni. 

La  passione ,  la  smania  di  tutto  regolare  e  prescrivere 
anzi  tempo  e  fuor  di  ragione,  non  cessò  interamente  nei 
moderni  tempi,  sebbene  sia  venuta  attenuandosi   e   modiG- 


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S70 

eaudosi.  Il  Colbertisroo,  con  la  sua  bilancia  del  commercio , 
prelese  fissare  il  limite  delle  imporiaiiooi  e  quello  delle 
esportationi,  in  vista  di  assicurare  al  paese  un  aumenlo  di 
numerario,  creduto  Tunica  o  la  principale  ricebeua.  I  pro- 
iezionisti moltiplicarono  le  restrizioni  e  le  pastoie  onde  be- 
neficare certe  classi  di  produttori  a  scapito  delle  altre  tutte 
e  con  sacrifizio  dei  consumatori.  Col  sistema  coloniale  «  si 
vollero  condannare  i  sudditi  metropolitani  a  pagar  cari  i 
prodotti  tropicali,  obbligandoli  a  comperarli  solo  dalie  co- 
lonie, nel  mentrechè  queste  si  traevano  a  rovina  costringen- 
dole a  trafficare  esclusivamente  colla  madre  patria.  Leggi 
annonarie,  vincolatrici  del  commercio  dei  generi  frumentarii; 
mete  e  calmieri  sulle  carni  e  sulle  altre  derrate  di  consumo; 
leggi  iuntuarie,  limitazioni  del  lusso,  censure  preventive, 
proibizioni  di  libri,  incoraggiamenti  al  matrimonio,  tali  ed 
innumerevoli  altre  prescrizioni  arbitrarie,  jeri  ancora  in  vi- 
gore dappertutto,  oggi  conservate  in  non  pochi  paesi,  atte-' 
stano  non  per  anco  spenta  negli  animi  dell*  universale ,  e 
specialmente  in  quella  di  molti  governanti,  l'idea  cbe  la 
pubblica  autoritk  debba  e  possa  a  suo  beneplacito  regolare, 
modificare,  determinare  l'andamento  della  vita  economica 
delle  nazioni* 

Questa  tendenza  a  sostituire  capricciose  combinazioni  a 
quelle  che  sgorgano  spontanee  dalla  natura,  fu  ed  è  adunque 
troppo  generale,  troppo  perseverante  e  tenace,  perchè  si 
possa  non  riguardarla  che  come  una  accidentalità  di  poco 
momento.  Essa  attesta,  all'  incontro,  nell*  umano  spirito  una 
specit  di  predisposizione  morbosa  a  certi  errori,  contro  i  quali 
conviene  stare  in  guardia.  Ecco  le  cause  alle  quali,  secondo 
un  chiaro  economista  contemporaneo  (I),  si  può  questa  ten- 
denza imputare:  «  Primieramente,  si  compiacciono  ognora 


(i)  Passj.  Liberlé  en  matièré  de  travail  $i  de  propriélé,  nei 
journal  des  EconomisUs.  i.*  serie»  toma  XX,  pag.  298efeg. 


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S7I 
gli  uomini  nel  fare  atto  di  forza  e  di  potenza;  e^  quanto 
8on  meno  numerosi  gli  oggetti  sui  quali  lo  stato  delie  arti 
consente  loro  di  operare,  vieppiù  si  sforzano  essi  d'impri- 
mervi il  suggello  della  loro  volontà.  Inoltre,  fino  a  tantoché 
ineulte  durano  le  società,  le  leggi  mercè  delle  quali  la  prov- 
iridenza  ne  regge  i  destini  non  si  manifestano  che  |)arzial* 
laente  ed  incompiutamente.  Legislatori  ai  quali  molli  fatti 
eompiti  non  avevano  ancora  insegnato  che  Tuomo  è  perfet- 
tibile, e  che  air  estensione  della  sua  intelligenza  e  della  sua 
attività  devono  corrispondere  progressivi  cambiamenti  nel 
suo  modo  d' esistenza,  non  scorgevano  nelle  popolazioni  che 
un  inerte  ammasso  di  materiali  da  collocare,  da  distribuire, 
da  coordinare  giusta  regole  tolte,  a  cosi  dire,  dalla  statica. 
Erigere  un  edificio,  la  cui  durata  valesse  ad  attcstarne  la 
solidità,  ecco  lo  scopo  ch'ei  si  proponevano;  e  tutto  con- 
sisteva per  loro  nello  immaginare  instituzioni  abbastanza 
possenti  per  inchiodare  per  sempre  al  prefisso  luogo  cia- 
scuna delle  parti  del  tutto  >• 

Checché  di  ciò  sia,  non  ci  occuperemo  noi  di  indagare 
più  minutamente  le  psicologiche  ed  antropologiche  cagioni 
del  fatto.  Ci  basta  avere  accertato  che  il  fatto  sussiste,  che, 
cioè,  invece,  di  aver  fede  nelle  leggi  naturali  d' ordine  e 
d* armonia  che  la  divina  provvidenza  ha  imposte  al  libero 
e  spontaneo  svolgimento  dei  fenomeni  economici,  la  maggior 
parte,  T  immensa  pluralità  dei  legislatori  sonosi  occupati  nel 
circoscrivere  con  impedimenti  e  vincoli  d'ogni  maniera  la 
libertà  degl'individui  e  quella  delle  nazioni. 

Spetta  all'economia  politica  1* incontrastabile  gloria  di 
avere  sollevato  la  prima  voce  contro  si  nefasto  regime;  di 
aver  raccolto  un  pingue  tesoro  di  esperienze  e  di  osserva- 
zioni tendenti  a  provare  i  danni  enormi  che  ne  provengono  ; 
di  avere  ad  uno  avi  uno  ooiubattuti  e  dimostrati  assurdi  e 
attentatorii  ai  più  sacri  diritti  dell'uomo  i  monopolii  e  i 
privil^i  di  qualunque  natura;  di  aver  fatto  cadere  già  moke 
delle  antiche  restrizioni  alla  libertà  industriale   opposte,   e 


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ili 

adoperarsi  del  coDliouo  a  br  respingere  quelle  altre  doo 
poche  le  quali  dorano  tuttavia.  Laonde  creiamo  che  niua 
retio  e  coscienzioso  estimatore  vorrà  contraddirci  quando 
affermiaoìo  che,  ove  anche  1*  economia  politica  non  avesse 
fatto  alir'  opera ,  tranne  quest'  una ,  e  neasun'  altra  veriii 
avesse  aggiunto  al  corredo  delle  umane  cogniaioni,  ciò  par 
nondimeno  basterebbe*  a  farla  degna  dell'amore,  della  veoe- 
razione  e  della  riconoscenza  di  tutti  gli  uomini  di  seooo  • 
di  cuore,  i  quali  concordemente  la  proclamapo  Scienza  deUm 
umana  libertà» 

Ma  quali  sono  i  fondamenti  razionali  sui  quali  riposa  la 
teoria  degli  economisti  in  favore  della  libertà  medesima? 
Da  quali  principiì,  da  quali  fatti  partono  essi  per  condaa* 
nare  tutti  i  sistemi  restrittivi,  e  per  giungere  logicamente 
alla  conclusione  che  è  utile  e  necessario  lasciare  spontaneo 
e  franco  sviluppo  al  lavoro  ed  all'industria? 

A  colali  domande  procureremo  ora  di  rispondere  con  la 
scorta  dei  più  autorevoli  maestri  della  scienza  (4). 

E,  per  cominciare  dalla  definizione  stessa  del  coneeuo 
di  libertà,  gioverà  osservare  che  vi  sono  poche  cose  ai 
mondo  sulle  quali  corrano  le  idee  più  diverse  e  sovente 
pur  troppo  più  imperfette  di  quelle  che  taluni  si  foromoo 
di  essa  libertà.  Se  voi  scorrete  i  più  celebri  trattati  di  mo- 
rale o  di  politica  si  antichi  che  moderni,  troverete  che  essi 
vi  danno  della  libertà  una  nozione  o  talmente  astratta  che 
sarebbe  difficile  recarla  a  pratico  giovamento,  o  cosi  monca 


(i)  E  specialmente  eoo  quella  dì  Carlo  Danoyer»  il  quale  ha 
esclosivamente  consacrato  a  siffatta  questione  i  tre  volomi  della 
bellissima  sua  opera  intitolata:  De  la  liberté  du  travail,  oa  sim^ 
pie  exposé  dee  eonditions  par  lesquelles  les  foreee  humaines  se 
déueloppent  apec  le  plus  de  puiesanee.  —  V*  anche  un  suo  arti- 
ticolo  intitolato:  Influence  de  la  civiUeatian  sur  la  liberté 9  nel- 
VJnnuaire  de  V Economie  poUtiquef  %*  aonée»  184$»  pag.  31 
e  seguenti. 


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ed  incompleta,  che  un  solo  isunte   di   riflessione   basta   a 
€»>DTÌncervi  degli  errori  in  cui  sarebbe  agevole  V  incorrere 
ove  di  esse  si  volesse  tentare  qualche  effettiva  applicazione. 
La  maggior  parte  dei  pensatori  che  dell'arduo  problema 
•ODOsi  occùpHii,  hanno  mostrato  di  credere   che   la    libertà 
ab  alcunché  di  assoluto,  d*  immutabile,  che  risiede  nell*  uomo 
in  qualunque  età  e  condizione  egli  si  trovi,  senza   modifi- 
cazione alcuna  derivata   sia   dall'  ordine   de'  tempi ,   sia  da 
quello  dello  spazio. 

Cosi,  a  cagion  d'esempio,  la  famosa  Assemblea  costituente 
.francese  del  1789,  nella  solenne  Dichiarazione  dei  diritii 
dell^uomo^  vi  dirà  che:  Gii  uomini  nascono  e  rimangono 
liberi,  e  che:  la  libertà  è  il  potere  di  fare   dò  che  non 
nuoce  altrui.  —  Ora  non  si  richiedono   lunghe  considera* 
ziooi    per  dimostrare  che  ambe   queste   proposizioni   sono 
egualmente  erronee.  Non  è  vero,  in  linea  di  fatto,  che  gli 
.uomini  nascono  liberi:  bensì  coli' attitudine,  con  la  capacità 
di  diventare  liberi;  ma,  all'atto  della  loro  nascita,  non  go- 
dono effettivamente  alcuna  libertà,  ed  è  quello  il  momento 
delia  loro  vita  in  cui  sono  meno  liberi.  Se  non  nascono  tali 
ne  emerge   per   corollario  che  non  si  può  dire  che   tali 
rimangano:  si  può  affermare  bensì  che  liberi  divengono,  e 
che  lo  divengono  a  misura  che  sviluppano  le  loro  facoltà  e 
che  rimuovono  gli  ostacoli  che  loro  impedivano  di  esserlo.  — 
Erronea  era  poi  la  citata  definizione,  secondo  la  quale  l'u- 
nica condizione  della  libertà  si  è  lo  astenersi   dal   nuocere 
altrui.  Non  v'ha  dubbio  che  vera  libertà  e  completa   non 
esiste  per  V  uomo   ingiusto   e   schiavo  delle  sue   passioni  ; 
talché  uno  dei  caratteri  della  libertà   si   é   quello   di    non 
ledere  quella  degli  altri.  Ma  oltre  a  questo  carattere,  la  li- 
bertà ne  comporta,  ne  esige  altri.  Non  basta  infatti  lo  aver 
rimosso  gli  ostacoli  che  ad  essa   oppongono   le    passioni   e 
l'ingiustizia,  ma  bisogna  allontanare  quelli  ancora  che  ven- 
gono creati  dall'ignoranza;  non  basta  essere  morali  e   vir- 
tuosi, fa  d'  uopo  inoltre  essere  abili  ed  intelligenti. 
▲iwAu.  Statistica,  voi.  XXII,  serie  3.*  i% 


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274 

Geremia  Benlham,  che  ha  vivamente  criiicato  la  defi- 
nizione data  dall*  assemblea  cosiiiuente ,  e  clie  avrebbe  al 
certo  più  vivamente  ancora  criticato  quella  che  la  seeonda 
assemblea  dello  stesso  nome  in  Francia  diede  nel  1848(1), 
non  è  vero,  disse^  che  la  libertà  consista  nel  poter  fare  ciò 
che  non  nuoce,  ma  bensì  risiede  e  nel  poter  fare  ciò  che 
si  TuolCf  tanto  il  male  quanto  il  bene  ;  e  si  è  perciò  :)ppQnto 
che  sono  necessarie  le  leggi  a  restringerla  agli  atti  non  no- 
civi (S)  »  •  —  Reca  sorpresa,  diremo  qui  col  sig*  Dunoyer  (S), 
il  vedere  da  queste  parole  un  filosofo  cosi  giudizioso^  quale 
si  è  Bentham,  confondere  la  libertà  con  la  licenza,  e  tro- 
vare che  le  leggi  la  ristringono  vietandoci  di  fare  il  male. 
Nulla  è  per  fermo  meno  esatto  di  questa  proposizione.  Non 
è  punto  vero  che  noi  saremmo  più  lìberi  ove  le  leggi  non 
ci  proibissero  di  farci  scambievole  violenza;  egli  è  chiaro» 
all'incontro,  che  noi  saremmo  infinitamente  men  liberi;  noa 
godremmo  di  sicurezza  alcuna;  si  vivrebbe  in  continui  pe- 
ricoli; quasi  tutte  le  facoltà  nostre  sarebbero  paralizzate.  Le 
leggi  aumentano  dunque  la  nostra  potenza  d' azione,  invece 
di  scemarla,  col  vietarci  talune  azioni;  ed  invece  di  dire, 
come  lo  fa  Bentham,  che  non  si  potrebbe  impedire  agli 
uomini  di  nuocersi  vicendevolmente  senza  restringere  la  loro 
libertà,  conviene  affermare,  e  converso,  che  uno  dei  mezzi 
migliori  d*  an^pliare  la  libertà  loro  si  è  di  impedire  ad  essi 
di  nuocersi. 

La  maggior  parte  degli  errori  che  si  commettono  vol- 
garmente parlando  della  libenà,  deriva  duli*  abitudine  con- 
tratta nelle  scuole,  di  annettere  a  questo  vocabolo  uno  qua- 


(1)  Non  ho  il  testo»  ma  qaella  definizioDe  darà  (se  la  memoria 
non  mi  tradisce)  come  essenziale  e  costitutivo  carattere  della  li- 
bertà il  diruto  4i  andare  e  venire  come  uom  vuole  l,. 

(!2)  Tattica  delle  Aeeemblee  rappresentative  »  tom.  n  ,  pag. 
$43,  ediz.  francese  4el  1822. 

(3j  Loc.  cU. 


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275 
luoque  dei  Uinti  sensi  che  gli  si  attribuifaoo  una  volta,  e 
ehe  cessàroDo  di  convenirsi  alle  eambiate  eondiEÌoni  della 
civile  società. 

Gli  antichi  si  formavano  infatti  della  libertà  un  ben  di- 
verso  eonceito  da  quello  che  ne  abbiamo  noi  moderm'.  A 
Sparta  ed  a  Roma,  purché  fosse  libero  lo  Stato,  libera  la 
Repubblica,  poco  o  nulla  importava  ai  cittadini  della  li- 
bjcrtà  dei  privati  individui.  Anzi  quest'ultima  libertà  non 
era  tampoco  conosciuta,  né  sospettata,  nò  desiderata.  Un*  in- 
numerabile  popolazione  servile  era  dagli  uomini  liberi  con- 
siderata come  assolutamente  priva  del  diritto  oud*  essi  usa- 
vano ed  abusavano.  E  la  stessa  porzione  libera  della  società 
pagana  era  talmente  vincolata  ed  angustiata  da  minute  e 
vessatorie  prescrizioni,  da  tirannici  pregiudizi!,  da  una  crassa 
ignoranza,  che  la  libertà  era  piuttosto  un  nome  vano  che 
una  effettiva  realtà.  Sotto  Licurgo,  era  forse  libera  Lacede- 
moncj  ma  non  erano  certamente  liberi  i  Lacedemoni ,  ai 
quali  non  era  permesso  di  mangiare  come  e  dove  loro  me- 
glio piacesse,  di  dare  ai  loro  figli  l'educazione  ch,e  stimavan 
migliore»  di  emigrare,  di  viaggiare,  di  studiare,  di  coliivaro 
le  arti,  o  di  compiere  altri  atti,  per  se  stessi  innocenti  o 
vantaggiosi,  delia  privala  o  pubblica  vita.  Ed  in  Roma,  qual 
singolare  libertà  era  quella  dei  ciitadioi,  sottoposti  al  tribù* 
naie  censorio,  che  comandava  dispoticamente,  ordinava  e 
vietava  ì  tali  e  tali  altri  consumi,  prescriveva  all'uno  di 
ammogliarsi  o  di  pagare  un  balzello  pel  celibato,  proibiva  a 
questa  classe  sociale  l'esercizio  dalla  tale  indostria,  mentre 
la  imponeva  a  queir  altra  !.. .  In  una  società  che  disprezzava 
il  lavoro  e  la  mercatura,  come  cose  indegne  di  libere  mani, 
ninna  libertà  economica  realmente  esisteva.  In  uu'  epoca  nella 
quale  1'  uomo  non  aveva  saputo  scoprire  che  uno  scarso  nu- 
mero di  leggi  della  natura,  e  inventare  che  pochi  e  rozzi 
strumenti  per  dominarla  e  modificarla,  ei  non  era  libero, 
neir  esatto  senso  della  |>arola,  ma  schiavo  della  propria  igno- 
ranza e  del  mondo  esteriore. 


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876 

Di  poco  più  felice  e  completo  fu  il  tipo  della  libertà  per 
le  popolazioni  del  medio  evo.  Anche  là  dove  era  caduto  il 
servaggio  della  gleba,  la  parola  libertà  assumevasi  in  un  ù- 
gnificato  piutitosto  n$gatwo  ohe  positwo.  Quando  una  borgata 
od  ana  città  sottraevasi  al  giogo  d*  un  barone  o  d*  un  feuda- 
tario, scriveva  sulle  porte  delle  sue  mura:  Ubertosa  col  che 
voleasi  dire  che  il  comune  non  era  più  ligio  airantico  so- 
vrano. Ma  indarno  avrebbesi  potuto  desiderare  nell'  interno 
di  quelle  mura  la  genuina  applicazione  della  libertà  civile 
ed  industriale.  Il  commerciante,  il  fabbricante,  Toperajo  do- 
vevano ascriversi  ad  una  corporazione;  i  processi  di  proda- 
Eione  e  d'arte  eran  prescritti  dall'alto;  il  bracciante  im- 
piegato in  una  manifattura  non  poteva,  cosi  a  Londra  (tome 
a  Venezia,  abbandonare  il  paese  e  portare  all'estero  le  co 
gnìzioni  dei  segreti  di  fabbricazione,  senza  esporre  sé  ed  i 
suoi  alle  più  gravi  pene:  a  Genova  nell'Adriatico  vi  fu  un 
tempo  in  cui  la  navigazione  doveva  farsi  secondo  le  norme, 
e  nei  tempi  e  nei  modi  dal  legislatore  prefiniti;  l'interesse 
dei  capitali  era  limitato  da  supremi  decreti,  il  vestimento  ed 
i  costumi  delle  famiglie  erano  vigilati,  modificali,  corretti  a 
seconda  delle  preconcette  suddivisioni  della  cittadinanza; 
r  autorità  temporale  e  la  spirituale  proibivano  di  leggere 
certi  libri,  di  nutrire  certi  pensieri,  di  credere  a  certe  cose, 
ed  era  spesso  arso  vivo  ohi  usava  della  libertà  di  ragionare. 
Or  bene,  queste  idee,  queste  leggi  e  costumanze  sociali 
sono  andate  in  disuso  ed  in  oblio;  altri  costumi,  altri  bi- 
sogni sorsero  nel  seno  della  società,  e  le  popolazioni ,  più 
per  istinta  che  per  riflessione,  seppero  formarsi  un  ben  al- 
tro concetto  della  libertà  di  quello  che  ne  avessero  i  mag* 
giori  nostri.  L' individuo,  anche  nei  paesi  più  despoticameote 
governati,  gode  oggidi  una  somma  di  diritti  ed  una  indi- 
pendenza personale  infinitamente  più  grandi  che  nel  mondo 
pagano  e  nell'  età  di  mezzo.  Gelosissimo  è  poi  il  sentimeoio 
di  questi  diritti  e  di  questa  indipendenza  negli  Slati  retti  a 
iii)erale  sistema  politicOf 


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277 
Prallatito  T  uòmo,  del  menirechè  si  affrancava  dalle  ca^- 
pricciose  ed  arbitrarie  pastoie  create  dalle  antiche  leggi,  li- 
beravasi  dal  giogo,  ancora  più  gravoso  ed  umiliante ,  della 
antica  ignoranza.  Ei  si  sentiva  divenire  più  libero,  a  misura 
che  diventava  più  istruito*  I  segreti  della  natura  vengono 
ad  uno  ad  uno  scoperti^  e  le  sue  forze  dominate  e  costrette 
a  migliorare  gli  umani  destini.  La  scienza  e  la  moralità,  più 
diffuse  e  meglio  assicurate,  allargano  la  sfera  d'azione  e,  per 
conseguenza,  la  libertà  dell*  uomo. 

Tutte  queste  cose  però,  sentite  ed  attuate  dall*  umanità, 
dal  popolo,  di  rado  sono  comprese  dai  filosofi  e  dai  letterati 
i  quali  prosieguono  a  definire  la  libertà,  come  avrebbe  po« 
tuio  fare  un  contemporaneo  di  Pericle,  di  Tiberio  Gracco 
o  un  coetaneo  di  Arnaldo  da  Brescia.  I  più  arditi  pensatori 
stimano  d' aver  fatto  una  bella  scoperta,  dichiarando  che  la 
libertà  dell'uomo  è  più  grande  in  quella  condizione  che 
denominano  Stato  di  natura^  benché  sia  lo  stato  più  ìnna^ 
turale  per  1*  uomo,  di  quello  che  nel  seno  d*  una  inciviliu 
convivenza.  A  misura  che  questa  progredisce  (dicono  essi) 
la  libertà  viene  meno;  un  romano  antico  era  più  libero  di 
noi,  ed  un  selvaggio  è  il  più  libero  degli  uomini.  Né 
questi  seguaci  di  Rousseau  riflettono  punto  che  è  vera 
precisamente  la  reciproca  di  eìò  che  asseriscono  e  che 
ciò  che  affermano  ,con  tanta  sicurezza  è  completo  er- 
rore. II  selvaggio  è  il  meno  libero  degli  uomini:  ^chiavo 
della  propria  impotenza,  soggiace  a  tutti  gli  agenti  esteriori 
dei  quali  non  sa  sottrarsi  al  tirannico  impero.  Non  è  libero 
di  guareotirsi  dalle  intemperie,  di  provvedersi  il  vitto  e  la 
casa  sicura  e  comoda  e  sufficiente,  non  lo  è  di  mantenere, 
di  educare,  di  istruire  sé  stesso  ed  i  figli. 

Dalla  stessa  fonte  d'errori  dipende  il  malvezzo  di  rap- 
presentare la  libertà  come  alcun  che  di  opposto  all'ordine, 
alla  ragione,  alla  prudenza,  alla  saviezza.  «  Parlasi,  diremo 
col  Dunoyer,  del  continuo  d' una  /t6er:à  ragianeQole^  di  una 
saggia  libertà ,  per  antitesi  alla  libertà  semplicemente  detta, 


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che  di  sé  sola  non  sembra  né  abbastanza  ragione?ok,  né 
abbastanza  saggia.  Dicesi,  del  pari,  che  la  libertà  è  preziosa, 
ma  che  più  prezioso  ancora  è  l'ordine,  ed  ogni  giorno  f'ba 
chi  sorge  a  domandare,  in  nome  dell* ordine,  il  sacrìficto 
della  liberth.  Fa  egli  mestieri  di  dire  non  essenri  punto  tra 
queste  cose  T  antagonismo  che  si  cerca  di  mettervi?  In  che 
mai  consistono  la  saviezza  e  li  regione ^  se  non  nel  più 
perfetto  uso  di  tutte  le  nostre  facoltà?  Ed  io  qual  modo 
possiamo  noi  godere  della  libertà,  se  non  precisamente 
usando  delle  facoltà  nostre  nel  modo  che  la  ragione  e  la 
saviezza  prescrivono?  I>ove  mai  scorgiamo  noi  regnare  Vor- 
dine  più  verace?  Non  è  egli  forse  colà  dove  ciascuno  aatiensi 
da  qualunque  aggressione,  da  ogni  ingiustizia?  E  che  do- 
manda la  libertà?  Non  è,  per  avventura,  tra  le  altre  cose, 
che  ciascheduno  receda  dalla  violenza  e  dair  iniquità  ?  Non 
evvi  adunque,  sotto  le  parole  d* ordine,  di  saviezza,  di  ra- 
gione, idea  alcuna  che  il  vocabolo  libertà  non  implichi,  e 
ebiunque  chiede  il  sagrificio  della  libertà  nell*  interesse  del- 
Tordine,  è  altrettanto  nemico  deir ordine  quanto  lo  è  della 
libertà.  —  Un  pregiudizio  poco  dissimile  dal  precedente  è 
quello  che  presenta  la  libertà  come  elemento  d'agitazione, 
ed  il  dispotismo  come  un*  arra  di  pace.  Si  è  in  questo 
senso  che  corre  un  adagio  politico  si  conosciuto  e  si  fre- 
quentemente citato  :  Malo  periculosav  tiberlaien  quam  omsTov 
seroitiuffi  preferisco  una  turbolenta  libertà  ad  un  pacifico 
servaggio.  Follia  lo  sposare  cosi  le  idee  d'ordine  e  di  si- 
curezza al  dispotismo,  e  quelle  d'agitazione  e  di  periglio 
ad  un  libero  regime.  Se  il  dispotismo  fosse  più  della  li- 
bertà favorevole  all'  umano  riposo ,  sarebbe  d'  uopo ,  senza 
dubbio,  preferirlo.  Ma  cosi  non  è  ;  ciò  che  turba  ed  agita 
il  mondo  si  è,  per  Io  contrario,  il  dispotismo,  ciò  che  lo 
acqueu  si  è  U  libertà,  ed  ecco,  per  appunto,  perchè  la  li- 
bertà è  da  anteporsi  al  dispotismo.  La  libertà  è  tranquilla, 
turbolenta  è  la  tirannide.  Dovunque  seno  uomini  che  vo- 
gliono opprimerne  altri,  ivi  è  violenza,  disordine  e  cagione 


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279 
di  diaordÌDi;  dovunque  non  v*  ha  chi  affueci  dorninairici 
pretese ,  dovunque  è  libertà ,  iti  è  riposo  ed  arra  di  ri- 
poso. Basta  aprire  gli  occhi  per  convincersene.  Parago- 
nate i  paesi  ove  regna  maggiore  tirannide  con  quelli  ove 
ne  ha  meno,  e  dite  se  i  più  liberi  non  sono  reatmene  i 
più  paciflci?  (I)  •• 

Abbiamo  voluto  riferire  per  disteso  queste  belle  parole 
di  un  insigne  economista ,  perchè  ci  sembrano  piene  di 
un'ammirabile  verità  e  degne  di  venir  profondamente  me- 
ditate. Dalle  precedenti  considerazioni  noi  crediamo  che  ri- 
sulti pienamente  giustificata  e  spontanea  la  definizione  che 
eig\i  ci  dà  delta  libertà,  quando  dice  (2):  essere  questa  il 
potere  che  fuomo  acquista  di  mare  delle  sue  forze  più  fa- 
cilmenle  a  misura  cKei  riesce  ad  affrancarsi  dagli  ostacoli 
che  ne  incagliavano  Cesercizio,  —  Talché  la  libertà,  per  sif- 
fatta guisa  considerata,  non  è  già  un  quid  assoluto  ed  in* 
variabile,  per  modo  che  si  possono  a  priori  assegnare  i  suoi 
limiti,  ma  bensì  è  un' ampliazione  successiva  e  progressiva 
delle  umane  potenze  e  facoltà  ;  non  è  il  risultamento  di  una 
speciale  forma  di  governo,  ma  quello  invece  dello  svolgi- 
mento della  civiltà;  non  consiste  in  un  peculiare  attributo 
dell'uomo,  si  vero  nel  suo  affrancamento  da  tutti  gli  osta- 
coli che  alla  sua  attività  si  oppongono. 

Non  è  certamente  nei  brevi  limiti  di  un  articolo,  che 
ci  sarebbe  dato  enumerare  tutti  questi  ostacoli  e  i  modi  più 
atti  a  vincerli.  Possiamo  bensì  dividerli  in  due  grandi  cate- 
gorie; r  una  delle  quali  comprende  gli  ostacoli  che  sono 
nell'uomo  medesimo;  l'altra  quelli  che  stanno  fuori  di  lui. 

Nella  prima  classe  comprendonsi  quelli  che  derivano 
dall'  organizzazione  fisica  dell'  uomo,  e  quelli  che  risiedono 
nel  suo  essere  morale  ed  intellettuale.  —  Ih  quanto  alla  fi- 


(i)  Donoyer,  op.  dt.,  voi.  f,  pag.  38  e  seguenti. 
(2)  Voi.  I,  pjig  34. 


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S80 

sica  orginiizatione,  basta  la  più  rapida  osserfazione  per  eoa* 
vincersi  che  non  tutte  le  razze,  nelle  quali  l'umana  natura 
è  fisiologicamente  ed  antropologicamente  divisa ,  h?nno  un 
medesimo  grado  di  attitudine  ad  acquistare  la  libertà.  Le 
facoltà  corporee,  la  destrezza  delle  membra,  la  forza,  la  ro- 
bustezza, non  sono,  nell'uomo  bianco  e  caucaseo,  meno  di- 
verse da  quelle  dell'  etiope  o  del  mongolo ,  di  quello  che 
sieno  differenti  le  loro  facoltà  spirituali.  Ed  è  evidente  che 
se  la  libertà  consiste  nel  potere  di  usare  delie  proprie  for- 
ze e  di  dominar  la  natura,  vi  saranno  notabili  divani  nel 
grado  di  libertà  onde  sono  suscettibili  queste  varietà  della 
umana  specie.  Ove  ne  fosse  d'  uopo ,  la  loro  comparativa 
istoria  ci  fornirebbe  copiosi  argomenti  di  fatto  a  convalida- 
re questa  proposizione.  —  Quel  che  diciamo  delie  stirpi  e 
delle  nazioni  in  massa  considerate,  possiamo  a  buon  dritto 
ripeterlo  degl'individui;  e,  in  quella  guisa  stessa  che  i  Osici 
distinguono  nei  diversi  corpi  una  varia  capacità  del  calori- 
co, e  i  chimici  una  varia  capacità  di  idratazione,  cosi  doi 
possiamo  discernere  nei  diversi  uomini  uria  differente  capa- 
cità per  la  libertà^  a  seconda  che  sono  più  o  meno  cooi- 
pletamente  predisposti  all'esercizio  delle  fisiche  loro  facoltà. 
—  Eguale  differenza  sussiste  in  ordine  alle  potenze  intel- 
lettuali e  morali;  l'uomo  ignorante  la  cui  intelligenza  é  of- 
fuscata dall'  errore  o  quello  il  cui  animo  è  corrotto ,  sono , 
per  fermo,  men  lìberi,  cioè  meno  capaci  di  ampliare  la  loro 
sfera  d'azione,  di  quello  che  lo  sia  l' uomo  abile,  educato , 
edotto  nelle  leggi  della  natura,  onesto  e  morigerato.  D'onde 
emerge  una  novella  riprova  della  suprema  influenza  econo- 
mica e  sociale  dell'istruzione  e  dell'educazione,  importanza 
che  a  suo  luogo  ci  studiammo  di  mettere  in  chiaro. 

Degli  ostacoli  estrinseci  e  che  dal  di  fuori  dell'uomo  si 
oppongono  alla  sua  libertà  altri  sono  fisici,  altri  politici  o 
sociali.  Gli  ostacoli  fisici  risultano  dalle  varie  condizioni  geo- 
grafiche, telluriche,  climatologiche,  in  inezzo  alle  quali  uom 
vive.  Fra  due  popoli ,  dei  quali  l' uno  sia  stabilito   in  una 


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contrada  amena,  fertile,  provveduta  d'acque  e  di  abbondevoli 
meui  di  comunicazione;  e  V  altro  trovisi  invece  in  paese 
impervio,  sterile,  soggetto  agli  eccessi  della  temperatura,  il 
primo,  non  ha  dubbio^  gode  una  maggiore  attitudine  alla 
li|iertà  che  non  il  secondo;  il  primo,  cioè,  potrà  più  age- 
volmente  e  con  una  minor  somma  di  sforzi  elevarsi  a  quel 
completo  e  franco  uso  delle  proprie  forze,  che  costituisce 
la  libertà.  —  Gli  ostacoli  politici  e  sociali  consistono  in 
tutte  quelle  assurde  e  viziose  istituzioni  che  l'ignoranza,  la 
mala  fede,  lo  spirito  di  monopolio,  la  tirannide  hanno  fi- 
gliato per  assiepare  di  artificiali  vincoli  e  di  arbitrarie  bar- 
riere l'esercizio  delle  umane  facoltà,  l'uso  delle  forze,  in  una 
parola,  la  libertà  del  lavoro. 

Con  queste  ultime  parole  abbiamo  proferito  una  espres* 
sioue  che  comprende  e  riassume  molti  dei  concetti  di  so- 
pra esposti.  €  Chi  dice  lavoro  y  osserva  qui  giustamente  il 
sig.  GL  Garnier  (4),  dice,  per  molti  rispetti,  la  società  tutta 
intera  quant'ò  ;  di  guisa  che  se  la  formola  •  libertà  del  la- 
voro  >  non  è  tutta  la  libertà,  ne  costituisce  per  fermo  una 
immensa  •  porzione ,  e  poche  sono  le  libertà  che  in  quella 
non  siano  compendiate.  Ma,  nel  linguaggio  economico,  vien 
dato  un  più  ristretto  significato,  comechè  al  certo  molto 
esteso  ancora,  a  questa  formola  —  libertà  del  lavoro,  — > 
che  esprime  per  qualunque  cittadino  la  facoltà  di  esercitare 
una  o  parecchie  professioni  ;  di  regolare  il  prezzo  dei  suoi 
prodotti  e  dei  suoi  servigi  come  meglio  stima;  di  scambiare 
i  frutti  del  suo  lavoro,  sia  nell'interno  dello  Stato,  sia  all'e- 
stero, a  seconda  dei  proprii  interessi  >• 

Gli  ostacoli  di  qualunque  natura  opposti  a  questa  liber- 
tà del  lavoro,  o  libertà  economica,  che  voglia  dirsi,  erano 
(come  vedemmo  di  sopra)  molto  maggiori  nei  tempi  ad- 
dietro, e  più  numerosi  di  quelli  che  siano  oggidì,  almeno 


(I)  Art.  LiberU  du  (ravail  nei  Dictionnaire  di  GuilUomin. 


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S89 

nelle  più  incifilile  società,  i  progressi  della  educatone  e 
della  eoUum  hanno  modificalo  e ,  fino  ad  un  certo  segno , 
più  o  meno  neutralissato  gli  ostacoli  dipendenti  dalla  r»zza, 
dalla  fisica  organitzasione  e  dall^  copdizioni  inielleituaH  e 
morali.  L'opera  dell'industria,  dominatrice  della  natura,  ha 
attenuato  quelli  derivanti  dalla  posizione  geografica  e  dalle 
altre  circostanze  esteriori.  L'esperienza,  finalmente,  e  la  più 
completa  cognizione  dei  reraci  interessi  dell' uman  genere 
hanno  fatto  abolire  e  scomparire  successivamente  un  gran 
numero  degli  ostacoli  fittizi  ed  artificiali,  creati  dalle  leggi 
e  dalle  instituzioni. 

Sarebbe  però  un  grave  errore  il  credere  che  gli  intral- 
ci di  quest'ultima  specie  siano  stati  completamente  tolti  nel- 
l'epoca nostra;  e  che  la  libertà  e  del  lavoro  e  dell'industria 
esista  oggidì  in  tutti  i  rami  dell'umana  attività.  Imperocché, 
nella  grande  maggioranza  dei  paesi,  sussistono  ancora  innumf  • 
revoli  restrizioni,  legami  infiniti  che  incagliano  il  libero  eser- 
cizio d'un  grandissimo  numero  di  professioni,  la  libera  sod* 
disiazione  di  una  immensa  quantità  di  bisogni. 

E  valga  il  vero:  che  sono  esse  mai,  se  non  sisiematichf 
opposizioni  alla  libertà  d«l  lavoro,  quelle  puvative  indu- 
striali che  concedono  ad  uno  od  a  pochi  individui  il  di- 
ritto esclusivo  di  creare  certi  prodotti  e  di  prestare  certi 
servigi?  quelle  leggi  sui  brevetti,  che  immobilizzano  la  vir- 
tù progressiva  delle  invenzioni  e  delle  scoperte?  quelle  lau- 
ree, e  quei  diplomi,  senza  delle  quali  è  vietato  Tiotrapren- 
dere  le  cosi  dette  arti  liberali  anche  all'  uomo  più  capace 
di  esercitarle?  quei  posti  privilegiati  di  notaio,  di  procura- 
tore, di  farmacista ,  che  limitano  il  numero  dei  membri  di 
queste  vere  corporazioni,  e  fissano  le  condizioni  della  loro 
ammissione?  quelle  tariffe  daziarie,  che  escludono  e  sovrac- 
caricano di  balzelli  i  prodotti  deirindustria  forestiera  coll'in- 
tento  (dicesi)  di  protesero  la  nazionale  industria?. . . 

Oltre  a  tutte  queste  espresse  restrizioni ,  a  questi  ed  u 
ben  altri  incagli  direttamente   stiscitati  contro  1'  economica 


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asft 

liberià,  altri  ve  ne  sodo  in  gran  numero ,  che  più  indiref- 
mente,  ma  non  meno  energicamente  la  osteggiano.  Tali  sono 
qaelle  leggi  che,  nella  maggior  pane  dei  eodici,  determina- 
no l'interesse  dei  capitali  dati  a  prestito;  quelle  ohe  si  op- 
pongono alla  libera  formazione  e  gestione  delle  banche  e 
delle  altre  instituzioni  di  credito;  quelle  che  difficultano  le 
applicazioni  dello  spirito  d'associazione,  prescrivendo  minute 
e  yessatorie  formalità  per  la  costituzione  di  certi  eonsorzit 
commerciali  ed  industriali;  quelle  che  moltiplicano  gl'in* 
cumbenti  e  i  fastidii  doganali,  necessari  per  l'introduzione 
e  la  tratta  delle  merci;  quelle  che  sostituiscono  la  burocra* 
zia  e  la  centralizzazione  alla  semplicità  amministrativa;  quel- 
le che  sottopongono  a  regolamenti,  non  sempre  inspirati  da 
sana  economia  e  da  spirito  di  giustizia,  la  coltivazione  delle 
miniere,  resereizio  di  certe  arti  considerate  come  incomode 
od  insalubri,  il  taglio  dei  boschi ,  le  irrigazioni ,  i  dissoda- 
menti, ecc. 

Sulle  quali  cose  tutte  avendo  noi,  nel  presente  Diziona- 
rio^ altrettanti  speciali  articoli,  ove  quelle  diverse  materie 
sono  diligentemente  disaminate,  ci  asterremo,  a  scanso  d'i- 
nutili ripetizioni,  d'instituirne  qui  pacticolare  analisi.  E  af- 
fermeremo invece,  con  sintetica  formola,  che  ben  s'inganna 
a  partito  ehi  crede  èssere  la  moderna  società  completamente . 
in  possesso  della  libertà  economica  ed  industriale. 

Esiste,  è  vero,  a  questo  proposito,  una  grande  varietà 
di  condizioni  fra  i  differenti  paesi,  alcuni  dei  quali  giac- 
ciono ancora  sotto  l'impero  delle  legislazioni  improntate  del 
marchio  del  più  rigoroso  ed  assurdo  sistema  restrittivo, 
mentre  altri,  al  contrario,  sono  sapientemente  entrati  in  una 
via  di  liberali  riforme.  E  chi  potrebbe,  a  cagion  d'esempio, 
mettere  a  pari  in  materia  di  libertà  industriale,  la  Francia 
e  rioghilterra,  l'Atistria  ed  il  Belgio,  il  Piemonte  e  Napoli 
n  gli  Stati  della  Chiesa,  l'America  del  nord  e  la  più  parte 
delle  nazioni  germaniche?  Uno  dei  popoli  sui  quali  pesi,  in 
faccia  alla  scienza,  la  più  grave  responsabilità,  per  aver  dato 


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284 

e  per  dare  luUavU  IVseropio  del  regime  anlieconotnico,  •si 
è  la  Francia;  la  quale  nonostaniecliè  abbia  avuto  ed  abbia 
i  più  valenti  economisti  ad  avvertirla  delKerrore  e  ad  inse- 
gnarle la  verità,  a  malgradocliè  abbia  fatto  dura  esperienza 
delle  funeste  conseguenze  di  un  irrazionale  sistema  proibi- 
tivo, pur  tutta  volta  gelosamente  lo  serba,  e  spesso  rilutta  ai 
tentativi  che  un  più  illuminato  governo  ha  talora  fatti  per 
rimediarvi. 

E  lo  spirito  illiberale  della  economica  legislazione  è  cosi 
congenito  in  quella  nazione,  per  tante  altre  parti  si  glo- 
riosa e  benemerita  dell'  umanità  che  non  solamente  i  par- 
tili fautori  del  passato,  i  retrogradi  in  materia  d'amministra- 
zione si  tengono  fedeli  al  metodo  regolamentano,  ma  ezian* 
dio  gli  slessi  più,  caldi  amatori  di  novità,  coloro  che  si  pro- 
clamano riformatori  dell'ordine  sociale,  aspirano  pur  troppo 
sovente  non  ad  affrancare  ma  a  vieppiù  vincolare  ed  impa- 
stoiare il  lavoro,  la  produzione,  Io  scambio, 

E  qual  nome  daremo  noi  a  quelle  sognate  organizza^ 
sioni  del  lavoro^  con  le  quali  gli  oltramontani  utopisti  vor- 
rebbero ribadire  le  catene  delle  industrie  e  del  commercio, 
e  ricondurre  la  moderna  società  al  sistema  delle  corpora- 
zioni e  delle  maestranze?  Qual  libertà  economica  restereb- 
be più  ad  un  popolo,  ove  si  promulgassero  e  venissero  real- 
mente in  vigore  quelle  leggi  sulla  limitazione  delle  ore  del 
lavoro,  quei  regolamenti  ostili  alle  macchine  ed  all'introdu- 
zione di  nuovi  perfezionamenti,  quei  falansteri,  quegli  opi* 
ficii  nazionali  e  quelle  altre  supposte  riforme  che  una  vani- 
tosa ignoranza  dei  principii  fondamentali  della  sociale  eco- 
nomia ha  preteso  di  suggerire  ?  . .  - 

Nel  nostro  articolo  Concorrenza  speriamo  d' avere  suflS- 
cientemcnte  dimostrato  che  la  vera,  l'unica  organizzazione 
del  lavoro  è  la  libertà;  e  che,  se  è  possibile  attuare  nella 
umana  congregazione  quel  tipo  d'ordine  e  d'armonia,  al 
quale  la  nostra  razza  aspira,  ciò  può  avvenire  soltanto  me- 
diante una  progressiva  e   continua   ampliazione  del   libero 


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2«5 
esercizio  di  tutte  le  limane  facolth.  E  quanto  1*  umano  ge- 
nere sia  ancora  lontano  da  questa  meta,  quanto  la  concor* 
renza  sia  tuttavia  incompleta  e  monca,  dalle  cose  di  sopra 
scritte  apparisce.  Laonde  non    possiamo  che  far  plauso  alle 
seguenti  parole,  con  le  quali  il  sig.  Dunoyer  risponde  a  quei 
socialisti,  che  accusano  la  libertà  del  lavoro  e  la  concorren- 
za  di  riuscire  sol  propizia  alle  più  agiate  ed  opulente  classi 
della  cittadinanza  ed  infesta  alla  popolazione  lavoratrice:  •  lo 
prego  di  meditare  quanto  debba  a  buon  dritto  apparir  sin- 
golare che  altri  osi  attribuire  la  sventura  delle  elassi  labo- 
riose all'esagerazione  della  concorrenza,  nello  stato  d'imper- 
fezione notoria  di  cui  trovansi  per  anco  la  libertà  del  lavo- 
ro e  quella  delle  contrattazioni.  V  ha  chi  parla  di  concor- 
renza illimitata,  universale!  B  dove,  di  grazia,    esiste  ella 
mai?  Sta  in  fatti,  che  concorrenza   veracemente  universale 
non  v'ha.  È  egli  mestieri  di  provarlo?  Dimenticate  voi  adun- 
que non  esservi  alcun  paese  civili;,  ove  l'intera  moltitudine 
dei  produttori  non  si  difenda,  mercè  doppie  o  triplici  linee 
doganali,  contro  la  forestiera  concorrenza?  Né  rammentate 
fino  a  qual  segno,  anche  nell'interno  di  ogni  paese  la  con- 
correnza è  lungi  tuttora  dallo  essere   integra ,  e  da  quante 
cause  ella  è  più  o  meno  limitata  dovunque?  .  •  •  > 

Ancora  un'osservazione  intorno  alla  libertà  in  materia 
economico-industriale.  Questa ,  lo  abbiamo  veduto ,  formar 
deve  il  tipo,  lo  scopo,  la  mela  ultima  d'una  civile  società. 
Sarà  egli  possibile  attuarla  completamente,  assolutamente  di 
sbalzo,  presso  qualunque  popolo,  senza  riguardo  alcuno  alle 
speciali  sue  condizioni,  al  suo  passato,  alle  sue  tendenze,  al* 
le  sue  tradizioni? 

V'ha  (lo  sappiamo)  una  scuola,  che  in  Italia  conta  uno 
o  due  noti  fautori,  la  quale  a  siffatta  domanda  risponde  con 
una  ricisa  affermativa.  Armati  di  forbice  e  di  scure,  vorreb- 
bero costoro  abbattere,  con  un  sol  colpo  tutti  gli  ostacoli  e 
far  tavola  rasa  di  tutte  le  antiche  instituzioni.  Noi  preferia- 
mo attenerci  alla  sapiente  dottrina  dei  nostri   grandi   mae- 


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S86 

stri»  alla  dottrina  dei  Romagnosi,  dei  Catuneo,  dd  Rossi, 
ì  quali,  pur  levando  alla  la  bandiera  della  libertà,  e  indi- 
eandola  alle  genti  eooie  Teccelso  fine  eui  devono  intendere 
rieonoseono  però  la  necessità  ineluttabile  di  procedere  co- 
raggiosi si,  ma  prudenti  e  guardinghi ,  nella  via  delle  ri- 
torme.  L* economia  politica  (rammentiamo  bene)  non  è  b 
aola  soiensa  eui  incomba  Tarduo  uiBcio  di  dirigere  e  rego- 
lare le  sodali  bisogne;  la  storia,  il  diritto  devono  sussidiar- 
la,  ilhiminarla,  oontemperarne  i  giudizi.  Chi  ignora  queste 
diverse  discipline,  chi  è  uomo  d'un  sol  libro,  chi  non  sa 
vedere  nel  mondo  delle  genti  che  si  agita  e  progrediice 
fuorché  rimpero  delle  sole  leggi  economiche,  neghi  pure  a 
sua  posta  la  convenienza  di  questo  contemperamento.  Cape 
mb  homine  unius  libril  i  principi!  deireconomia  politica,  in 
qtiamo  ella  è  scienza^  sono  assoluti  ed  inflessibili;  le  bro 
applieaaioni ,  in  quanto  la  si  considera  sotto  rispetto  del- 
Vm^te^  devono  modificarci  a  seconda  delle  variabili  circo- 
stante dei  tempi,  dei  paesi,  dei  costumi.  Qtiegli  italiani 
pseudo-economisti,  ai  quali  alludevo  piò  sopra,  non  sanno  o 
non  vogliono  vedere  questa  disiiii2Ìone  fra  la  scienza  e  l'ar- 
te; e,  per  volere  patrocinare  una  applicazione  immediata  ed 
assoluta  della  più  sbrigliala  libertà,  senza  rispetto  agl*inu- 
ressi  nati  sotto  Tinfiusso  di  un  regime  erroneo  si,  ma  lun- 
go tempo  legale,  si  espongono  al  grave  rischio  di  compro- 
mettere e  di  rendere  odiosa  la  causa  della  libertà  che  ogni 
economista  deve  propugnare.  (  Continua  ). 

—030— 

U'e^mmmàm  pvIMblIc»  n««ll  M«tl  llnlti 
d*  America. 

MJ  economista  americano  Carey  nello  scorso  anno  venne 
a  visitare  la  Lombardia  e  giunto  a  Milano   gli  bastò  la  di- 


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987 
mora  di  due  ore  nelle  praterie  irrigue  del  milanese  per 
poter  dire  ohe  aveva  trovato  da  noi  risoluto  ano  dei  più 
ardui  problemi  eco0omict«  quello  deiruoione  della  eeienza  e 
deir  arte.  Trovandosi  nello  scorso  mese  di  giugno  a  Parigi 
venne  interrogata. dai  membri  della  Soeietk  di  economia  po- 
litica sulla  condizione  della  scienza  economica  presso  gli 
Stali  Uniti  d'America.  Con  una  franchezza  che  noi  chiame* 
remo  piuttosto  temerità,  rispose  ohe  non  si  poteva  iieppur 
obiedere  se  nel  nord  dell'America  vi  fossero  economisti  giac- 
ché tutti  lo  erano.  E  per  giustificare  questo  suo  paradosso 
disse  che  a  casa  sua  si  contavano  quattro  mila  giornali,  i 
quoti  potevano  dirsi  corsi  perpetui  di  economia  pubbh'ca. 
Soggiunse  che  gli  uomini  di  Stato  erano  cosi  profondi  in 
questa  scienza,  che  fecero  fare  al  paese  continui  miracoli, 
e  la  popolazione  trovossi  cosi  bene  avviata  alla  prosperiti 
economica  che  in  pochi  anni  crebbe  del  doppio. 

Il  sig.  Carey  à  tanto  sicuro  della  perfetta  conoscenza  che 
hanno  i  suoi  connazionali  delle  dottrine  economiche ,  che 
fece  la  proposta  ad  un  economista  parigino  di  procurargli  in 
America  un  milione  di  lettori,  purchò  volesse  assumersi  là 
briga  di  rispondere  di  mano  in  mano  a  tutti  i  quesiti  che 
avrebbegli  dato. 

Dopo  aver  fatto  questo  quadro  ottimistico  sulla  capacità 
degli  americani  a  professare  Teconomio  politica,  non  mancò 
di  far  noto  che  erano  più  pratici  che  teorici.  E  la  pratica, 
soggiunge  egli,  non  é  sempre  quella  che  meglio  corrisponde 
alla  teoria,  giacché  gli  americani  conservano  ancora  il  si- 
stema protettivo  per  le  dogune  e  mantengono  ancora  la 
schiavitù  dei  poveri  negri.  Oltre  di  ciò  il  governo  non  sa 
dcinpre    vedere  il  vero    bene    del    popolo  e  per   non  arri- 


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388 

scbiar  capitali  si  astiene  spesso  dal  far  opere  grandiose  e 
ne  lascia  tutto  T  incarico  ai  privati,  il  di  cui  interesse  non 
è  sempre  quello  del  pubblico.  Cita  per  esempio  le  opere 
da  farsi  lungo. i  due  grandi  fiumi  l'Ohio  ed  il  Mìssissipi. 
Nella  primavera  l'esuberanza  delle  acque,  tnal  regolate  è  co- 
siffatto  che  un  milione  di  jugeri  di  buon  terreno  è  quasi 
sempre  sommerso  con  gravi  perdite  dei  proprietarii*  Un  in* 
gegnere  civile,  dopo  aver  fatto  studii  preparatorii,  fece  noto 
che  colla  spesa  di  erica  dieci  milioni  di  franchi  in  opere 
di  arginatura ,  si  può  bonificar  tanta  terra  da  cavarne  un 
annuo  profitto  di  quaranta  milioni  di  franchi.  11  progetto 
dell'ingegnere  andò  fallito  e  si  spese  il  pubblico  denaro  per 
le  spediiioni  guerresche  al  Giappone  e  al  Paraguay. 

Il  sig.  Garey  soggiunse  che  i  suoi  connazionali  preferen- 
do l'economia  pratica  alla  teorica  non  si  curauo  mollo  dei 
progressi  dottrinali  di  questa  scienza. 

Noi  che  leggemmo  le  opere  di  Garey  dobbiamo  dire  che 
anch*egli  per  voler  fare  dell'economia  pubblica  una  specie 
di  scienza  geometrica,  dimentica  troppo  i  fatti  e  ne  travolge 
l'indole  per  adagiarli  alle  sue  preconcette  teorie,  le  quali 
non  hanno  che  la  sembianza  della  novitk. 


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BOLLETTIi^lO   DI   ?COTIZIE   STATISTICHE   ITALURf    f   STRÀRIERt 

E   DELLE   PIÙ    IMPORTANTI   IRVEnZIOIfl   E    SCOPERTE 

0 

PROGRESSO  DELL'  INDUSTRIA 

» 

I>ELLE    UTILI    COGNIZIONI. 


FAsacoLO  m  GiuGifo  4869. 


NOTIZIE    ITALIANE 


— oO«» — 


lie  lflip«ftte  In  Ii^mlbardl». 


I 


I  giornale  La  Lombardia  «ÒDtiéne  nel  foglio  del  3  luglio 
il  reso  eooto  dell'  ainministraziGne  fiDBOziaria  della  Lombar- 
dia neiranno  4857. 

È  un  documento  importante  siccome  quello  che  dimo- 
stra quali  carichi  imponesse  l'Austria  al  Lombardo-Veneto. 
Esso  è  il  seguente,  e  riguarda  soltanto  la  Lombardia ,  non 
le  proTÌncte  venete: 

IimoiTL 
Imposte  dirette» 


Imposta  prediale  ordinaria  •  • 
delta  straordinaria  . 
GHitributo  arti  e  commercio  . 
Tassa  sulla  rendita  .  •  •  • 
Tassa  d'arginatura    •     .    •    • 


A^riAU  statistica»  vot,  XXI/f  s^rie  3,* 


Prodotto  netto 

aL.  «4,870,099,  09 

.    >     7,422,669.  86 

.    *        506,706.  61 

»     2,077,459.  43 

.    >  93,922.  93 

aL.  34,230,857.  44 
i9 


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290 

Imposte  indirette. 

Dazio  consumo  murato aL.  5,412,056.  SS 


forese 


detto 

Dogane 

Sale . 

Tabaechi •    « 

Bollo 

Tasse 

Lotto 

Posta . 

Garanzia  degli  ori  ed  argemerie 
Verificazione  pesi  e  misure    •    . 
Diritti  uniti 


S,972,59S,  96 

7,626,094.  17 

8,296,650.  7S 

11,103,842.  86 

2,672,104.  10 

7,716,850.  08 

2,668,415.  00 

297,916.  63 

68^19.  51 

80,789.  98 

462,228.  89 


aL.    49,216^58.  69 
Introiti  della  proprietà  dello  Stato,  ecc. 

Beni  demaniali aL.    448,964.  45 

Boschi «    • 

Stamperia 


24,767.  61 
68,259.  79 


aL.    282,085.  61 


Acanzi  del  fondo  d*  ammorUzzazione. 


Rendita  di  obblig.  dello  Stato 
Gass9  d*ammor.ti.zzazione   •    • 


aL.    1,321,121.  29 
.  >  6,299.  86 


aL.    1,318,821.  15 


Prodotti  digerii. 


IH^dotti  diversi  della  cutsa  prineipale  •    aL     427,219.  60 
lOlerÉasi  di  eassa  dei  viglieiti  del  Tesoro  >  81.  54 

aL.     427,301.  04 


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MI 

StML 

Débilo  dillo  Staio. 

laiaraifi  del  debile  eonseUdito  del 

Monte tL     7,508,5(Ì7.  S7 

ioCeresii  del  presUia  Umb.-Veneio  1850  >    8,878,618.  08 

Imerem  detta  eooTersione  dei  TigUetU  del 

tesoro >     1,815,784.  84 

Ditto  delle  obbliguiooì  delb  ferrom  di 

Como M       m,99%é  88 

Ditto  dei  Tìgletti  del  Tesoro  .    .    .    .    »  8,195.  8(^ 

CapiuK  resiilaiti  a  earìeo  del  Moote  .  .  %  4$4»997*  90 
Ammontnaiioiie    delie    obbligaaoni    del 

prestito  Lombardo-Veneto  1850  .  >  8,81 4,800.  00 
Detto  delle  obbligssioni  della  stradi  ferrata 

di  Como >        878,000.  00 

aL    16,647,173.  94 

Còrit. 

Tesorerii  di  Corte  in  Vienoa  e  ramo  Co- 

rena al.    44i43»470.  80 

Intimo,  ^ 

Governo  generale   .    .    .    ...    .    aU      970,896.  41 

Amministrazione  politica  delle  Provincie  »  4,786,109.  63 
Case  di  pena »       504,851.  91 

aL    6,801,857.  94 

Dicastero  di  Polizia. 

Pubblica  sicurezn r    ,    aL.    8,075,174.  69 

Gendannerta  .........      >     1,438,867.  50 

aL    8,514,048,  19 


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S9a 

Arnmta. 
Dotazione  militare  .......      oL. 

Pennoni 


Altre  spese  militari 


25,375,71  i.  87 
89,862.  02 
43,432.  77 

al.    26,500,307.  66 


Amminktrazkme  delle  finanze. 
Prefettura,  Intendenza  e  cassa  di  finanza  aL. 


UlEcii  diversi » 

Guardia  di  finanza  .......> 

Nuoto  fondo  catastale » 


4,610,787.  69 

4,200,230.  46 

2,848,330.  92 

527,800.  60 

al.    6,666,748.  67 


Giu$  tizia. 
Amministrazione  della  giustizia  e  carceri  aL    5,371,496.  48 

CttUo  ed  istruzione  pubblica. 


Scuole 

Studii 

Istituto  di  scienze,  ecc. 
Accademia  di  belle  arti 
Fondazioni,  ecc.   .    .    , 
Culto 


317,984.  98 
917,954.  77 
60,004.  44 
427,846.  20 
343,026.  49 
647,746.  67 

aL    2,274.522.  95 


Commercio  e  pubbliche  costruzioni. 


UfBcio  delle  pubbliche  costruzioni,  manuten* 
zione  di  fabbricati  erariali  ...     aL 

Strade  ferrate > 

Strade  comuni » 

Acque     ,,.,,,.....> 


493,215.  SS 

368,864.  67 

,    >     2,790,853.  61 

.     >     4,348,404.  89 

aL    4,971,335.  40 


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S9S 
Conlabilili. .    .     aL.      910,594.  U 


m        ' 


BlASSVNTO* 

Introiti. 

Imposta  diretta àL  81,S30^857«  44 

Imposte  iodirette >  49»S4  6,368,  69 

Proprietà  dello  Suto,  eoe »  S4S^08B.  64 

Fondo  d'ammortizsazioDe »  4,848,434.46 

Prodotti  diversi >  437,304.  04 

aL.  83,434,998.  60 

Spese. 

Debito  dello  Stato aL.  46,647,173.94 

Corte >  4,343,470.  80 

Interno      . >  6,301,267.  94 

Pubblica  sicurezza >  3,614,042.  49 

Armata >  35,600,307.  66 

Finanze »  6,666,748.  67 

Giustizia >  6,371,196.  48 

Istruzione  e  colto >  2,274,633.  96 

Pubblica  costruzione »  4,974,836.  40 

Contabilità »  910,694.  44 

aL.  76,390,649.  84 

Introiti aL.  83,434,933.  60 

Spese »  76,390,649.  84 

Avanzo  netto    ...  * aL.  6,844,273.  66 

L'  Austria  levò  in  Lombardia  nel   4867   lire  italiane 
68,993,336.  Le  spese  bilanciate  ascesero  a  sole  lire  63,344,446 


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•94 

Il  ttMeoiHo  del  1857  per  luuo  Vimpero  era: 

ImnHii L  il.    745,739,617 

Spese »       863,074,287 


Deficienza    L.  it.    106,384,670 

La  popebtibne  éell'  impero,  secoodo  le  autkiielie  affi- 
èiili%  eeaeododi  89,411,309  anime,  e  quelh  d^  Looriar* 
dia  di  foli  8  milioni',  ne  deriva  die  in  ragione  delia  pò* 
polaiione  i  earichi  per  la  Lombardia  eaaer  dolevano  di  foli 

57  milioni.  Ma  contiene  osservare  che  negrintrorti  dd  4857 
figurano  SS,S94,987  fiorini  di.  proventi  straordinarii  ossia 
66  milioni  di  franchi.  Tolti  questi,  la  parte  proporzionale 
deHa  Lombardia  nelle  spese  avrebbe  dovuta  essere  di   soli 

58  milioni,  per  guisa  che  la  Lombardia  pagava  16  milioni 
di  più  e  costava  meno  delle  altre  provincie,  tanto  che  le 
Provincie  italiane  sono  le  sole  che  lasciassero  un  avanzo,  e 
sono  quelle  che  erano  più  aggravate,  senza  le  gravézze  che 
pesavano  su  loro  bastassero  a  colmare  una  defièienza  che 
aumentava  d*anno  in  anno. 


ItA  •#ndtetosie  AiiiiiilnIstrAtIvA  4ellii  Toseaaa. 


Dalla  statistica  Toscana  compilata  dall'  operosissimo  Zue- 
oigni  Orlandini  non  apprendemmo  sinora  altro  che  a  cono* 
seere  il  numero  deHa  popolazione,  e  lo  stato  topografico  e 
mercantile  di  questa  nobii  parte  d'Italia;  ma  nulla  cono- 
scevamo del  suo  stato  economico  e  politico.  Ora  ci  è  caro 
da  pur  averne  qualche  notizia  colf  organo  di  que'  magnanimi 
cittadini  che  compongono  il  ministero  toscano  e  che  iofor- 
marotto  la  consulta  di  Stato  nella  seduta  tenuta  il  16  lu* 
glio  1859  sulla  condizione  dal  paese.  Noi  crediamo  che  ci 
corra  debiiOi  per  l' afietto  che  portiamo  alla  generosa  con- 
trada ohe  ha  dato  al  mondo  Dante,  Machiavelloi  MicbelanBelo 


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295 

e  Galileo,  di  riprodurre  il  rapporto  uccisile   del    ministero 
tonano. 

t  La  parte  amministrntira  della  Toscana  sotto  il  cessato 
governo  non  era  meno  imperfetta  della  politica  :  questa  era 
guastata  dalle  massime  austro-gesuitiche,  quella  era  disordi- 
nata da  erronee  pratiche  e  dalla  mancanza   di  un   metodo 
rationale.  Ma  se  a  un  tratto  fu  spezzato  il  giogo   austriaco 
non  a  un  tratto  si  può  correggere  la  sua  mala  amministra- 
zione. Il  giogo  fu  rotto  per  sempre,  quando  la  dinastia  au- 
mriaca  con  volontario  abbandono  dimise  il  supremo  potere 
di  fatto,  eh'  essa  riteneva  da  che  perde  quello  di  diritto  col- 
l'abolizione  dello  Statuto.  Ma,  lei  partita,  restavano  tutti  gli 
ordigni  della  macchina  governativa   o   vecchi ,  o  guasti ,  o 
imperfetti.  Finché  T Italia   non   sia   ricostituita,   il  governo 
provvisorio  in  48  giorni,  ed  il  nuovo  ministero  in  54  pote- 
vano, dovevano  soltanto  soddisfare  a  due  necessità  imperio- 
se, l'ordine  pubblico  e  la   guerra.   L'avvenimento   del   27 
aprile  non  fu  violenza  fisica,  fu  combattimento  civile  :  l'oc- 
chio non  vide  alcuna  strage,  ma  la  mente  discopri  un  gran 
vuoto,  la  mancanza  assoluta  d'ogni  instrumento  governativo. 
La  insipienza  congiunta  con  l'avversione  a  lutto  quanto  era 
nazionale  aveva  ridotto  il  granducato  austriaco  ad  uno  sche- 
letro. Appena  toccato  dalla  mano  nazionale  andò  in  polvere. 
Ma  sebbene  sia  fausto  per  un  popolo  che  senza  eccidj  si  di- 
legui un  mal  governo,  non  è  senza  pericolo  ri  ritrovarsi  pri- 
vo d'ogni  buon  istituto  pubblico,  quando  appunto  gli  animi 
incoraggiti  dalla  felice  occasione  vorebbero  in  un  giorno  ri- 
guadagnare lo  spazio  perduto  con  l' indietreggiare  di  molti 
anni. 

e  A  questa  necesiiiè  di  evitare  il  disordine  interno  per 
conservarsi  interi  al  supremo  assetto  d'Italia,  si  aggiungeva 
l'altra  necessità  di  provvedere  il  tributo  alla  guerra  della 
indipendenza,  rilegando  la  disciplina  delle  poche  milizie 
scomposta  dai  moti  civili,  riunendo  nuovi  soldati,  e  provve- 
dendo tutto  quel  che  mancava  per  armarli  e  abilitarli  a  te- 
ner la  campagna. 


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296 

e  yordine  fu ,  ed  è  eonservato  con  mano  ferma.  Fra 
tante  passioni  e  tanti  intrighi,  con  la  forza  del  gran  concet- 
to nazionale  e  della  aieura  coscienza  di  conseguirlo,  furono 
rotte  le  trame  de*  perturbatorii  dileguate  le  ombre  de'  ti- 
midi,  attirati  i  prudenti  e  animosi  che  sanno  la  forza  vera 
non  stare  nelle  guardie  pretoriane,  ma  nel  concorso  e  nel- 
la costanza  di  tutti  a  volere  il  bene,  a  farlo,  a  mantenerlo» 
Molti  son  gli  atti  pubblici  del  governo  su  ciò,  gli  atti  nen 
pubblicati  son  maggiori  di  numero  e  d*  importanza,  perchè 
il  ministro  dell*  interno  è  instancabile  nel  far  penetrare  in 
tutti  gli  ordini  dello  Stato  l'alto  concetto  della  sorte  offerta 
all'Italia  di  farsi  grande  e  potente:  il  4)uale  concetto  estin- 
gue le  idee  meschine,  eccita  i  virili  propositi,  e  alla  frivo- 
lezza delle  ciance  sostituisce  la  gravità  delI'azìoBe.  Intanto 
per  secondare  l'opera  conservatrice,  si  forma  una  nuova  e 
vera  gendarmeria:  è  proposto  il  decreto  per  una  guardia, 
di  sicurezza  affidata  a  que'  cittadini  che  hanno  più  bisogno 
di  conservarla  :  è  proposto  il  decreto  perchè  il  voto  intel- 
ligente  e  non  la  cieca  sorte  costituisca  le  rappresentanze 
municipali.  Vennero  già  pubblicati  decreti  percliè  le  false 
notizie  non  destino  vane  apprensioni,  e  perchè  le  insidie 
dei  perturbatori  non  si  ascondano  ancora  nelle  pubbliche 
esultanze. 

«  Alla  ricreazione  dell'ordine  morale  ha  cooperato  solleci- 
tamente il  ministro  della  giustizia  col  provvedere  alla  di- 
gnità della  magistratura,  col  preparare  i  decreti  per  misu- 
rare le  pene  con  la  qualità  de'  delitti,  per  guarentire  la  fe- 
de pubblica  nelle  istituzioni  del  credito ,  e  ne'  giudizi  di 
fallimento. 

e  II  mitìistro  degli  affari  ecclesiastici  aveva  in  questo  pro- 
posito un'  opera  più  vasta ,  sebbene  meno  assai  pppariscen- 
te.  Il  regno  della  coscienza  è  il  più  importante.  Non  dirò 
le  preparazioni  necessarie  ad  assicurarne  la  libertà,  e  insie- 
me la  libertà  de'  culti  in  modo  sempre  conservativo  del- 
l'ordine. Fare  lo  Staio  laico  senza  che  cessi  di  essere  reti- 


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297 
giosoi  anzi  diventando  veramente  religioso^  facendosi  tollc-' 
rante,  non  è  opera  da  con^pierti  io  un  mese.  Ma  sarà  com- 
pita con  tutta  la  fermezza  che  si  richiede  nella  cosa  piilr 
importante  all'  uomo»  perchè  si  estende  oltre  questa  terra^ 
Né  il  ministro  si  è  ristretto  a  preparare  si  grande  opera: 
egli  non  ha  tralasciato  e  noa  tralascerà  veruna  occasione  di 
operare  praticamente  ed  estesamente.  Ha  preveduto  i  mali 
che  possono  venire  dalla  tnrbazione  delle  coscienze  per  abu^ 
so  del  ministero  ecclesiastico,  ora  specialmente  che  gli  ;Btti 
del  governo  temporale  del  Papa  danno  ampia  materia  al 
giudizio  della  pubblica  opinione.  Per  prcTcnire  il  tentativo 
ancora  di  questo  turbamento,  il  governo  ha  invocato  il  sen- 
no dell'Episcopato  toscano,  mentre  provvedeva  da  sé  stesso 
alla  pronta  e  ferma  repressione  di  ogni  reato ,  senza  fare 
alcuna  distinzione  fra  gli  ecclesiastici  ed  i  laici. 

«  Il  ministro  delta  pubblica  istruzione  volle  rianimare 
gl'iogegni  perseguitati  o  avviliti  dalla  dinastia  decadiua,  U 
quale  temeva  più  d'ogni  altra  potenza  quella  della  mente. 
Porte  nel  principio  che  più  che  con  i  preroii  gì'  ingegni  si 
rialzano  con  vendicar  le  ingiurie  loro  fatte,  apri  questa  stra- 
da con  esempi  rassicuranti.  E  indefessamente  si  occupò  nel 
riordinare  il  pubblico  insegnamento,  come  istituzione  neces- 
saria alla  grandezza  morale  della  nazione. 

<  Cosi  ciascun  ministero  e^rcitando  il  proprio  ufficio 
con  uniformità  di  concetto  governativo,  mentre  soddisfeceo- 
te  (  per  quanto  era  in  lui  e  permetteva  la  brevità  del  tem- 
po procelloso)  ai  vari  bisogni  del  paese,  cooperava  al  co- 
mune intento  di  comporre  queir  ordine  degli  animi  e  delle 
menti,  senza  del  quale  la  quiete  materiale  o  è  breve  son- 
no, 0  lunga  morte,    - 

«  L'altra  necessità  predominante,  e  non  meno  grave,  era 
quella  della  guerra.  Questa  scoppiava,  quando  si  compieva 
ratte  del  27  aprile.  Allora  la  Toscana  aveva  la  cauiva  isti- 
tuzione del  general  comando  che  riuniva  V  uffizio  del  mini*, 
stero  della  guerra,  e  quello  del  capo  della   milizia.  AUora 


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S98 

h  Toscana  aveva  setiefiina  soldati  (non  contando  i  eaeda- 
forì  di  costa,  e  di  frohtrera),  i  quali  avrebbero  potuto  en- 
trare in  campagna  ;  ma  i  bersaglieri  mancavano  di  carabi- 
BC,  non  vi  erano  carriaggi,  né  la  provianda,  nò  quant*  altro 
occorre  ad  un  esercito  per  uscire  daHe  parate  e  andare  a 
eombattere.  In  meno  di  due  mesi  da  poca  e  mal  accozzata 
militia  Al  composto  un  esercito  non  grande,  ma  un  eserci- 
to che  ascese  a  42,000  uòmini  di  ogni  arme,  senza  conta- 
re i  depositi.  Cosi  fu  cresciuto  Tesercito  di  dieci  battaglio- 
ni  di  fanteria  ;  di  tre  squadroni  di  cavalleria,  di  due  compa- 
gnie di  zappatori 'del  genio;  di  due  batterie  di  artiglierìa, 
di  un  corpo  di  provianda  cAn  sufBciente  numero  di  uomioi 
e  di  cavalli  ;  e  ordinati  infine  i  depositi,  e  ordinata  la  crea- 
zione di  nuovi  corpi,  i  quali  potranno  ristorare  T  esercito 
ed  aumentarlo. 

«  E  non  si  ristette  solo  la  cura  del  nuovo  ministrò  della 
guerra  ad  aumentare  h  nrifiltzia,  ma  la  corredava  dì  lutti 
quei  fornimenti,  che  sono  necessarj  in  campagna  :  così  crea- 
va il  servizio  dei  viveri,  dei  trasporti,  delle  poste,  e  quello 
aanitarìo  e  religioso.  Finalmente  per  provvedere  ai  bisogni 
futuri  deireserciio,  da  un  lato  si  apparecchiava  grande 
quantità  di  oggetti  di  %estiarìo,  di  armi  di  più  qualità,  una 
batteria  da  posizione  e  due  nuove  scialuppe  cannoniere  ;  e 
dall'altro  s'istituiva  una  nuova  scuola  nel  Collegio  Militare 
per  formarvi  entro  lo  spazio  di  sei  mesi  buoni  sottouffleiali 
s'invitavano  con  un  premio  a  tornar  alle  bandiere  sotto  uffi- 
ciali e  soldati,  che  le  avevano  abbandonate  per  eapitolazio* 
'  ne  compiuta  ;  e  si  faceva  un  nuovo  appello  ai  patriottismo 
della  gioventù,  perchè  corresse  volontaria  sotto  le  armi,  e 
ai  fornisse  per  cotal  modo  incremento'  all'esercito. 

«  Il  re  protettore  univa  intonto  le  nostre  milizie  al  quinto 
corpo  del  valoroso  esercito  francese:  e  una  colonna  dei  no- 
stri è  già  discesa  nei  campi  lomt>ardi  :  dove  la  prima  prova 
del  redivivo  valore  militare  dei  toscani  gli  accenderà  mag- 
giormente a  corinbattere  in  modo  da  gareggiare  di  valore 
co'  francesi  e  da  compiere  il  gran  destino  d'Italia» 


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S99 

«  Tutto  questo  apparecchio  di  prOTredimenti  civili  e  roi- 
liiari  aoD  potrebbe  reggere  se  non  foae  sostenuto  dalla  fi- 
Dania.  II  suo  presente  slato  è  in  condizioni  partieolarii  e  rì- 
cbiede  un'esposizione  compilila,  che  il  «sinistro  da  cui  è 
retta  si  propone  presentare  da  sé  slesso  alla  Consulta.  Noi 
qui  ne  feremo  un  breve  cenno. 

«  Prospero  pare  lo  slato  della  Finanta,  perdiè  il  debito 
pubblico  è  piocoKssimo  in  paragone  delle  forze  economiche 
del  paese  e  confrontato  eon  quello  degli  altri:  pare  anche 
moderato  il  bilancio  presuntivo,  edito  dal  cessato  governo. 
Ma  il  giudisio  che  si  fa,  guardando  la  superficie  delle  cose 
non  regge  addenirandovisi.  Occorrono  nuovi  fondi,  perchè 
la  guerra  e  nn  miglior  reggimento  esigono  maggiore  spesa. 
Diminuire  dunque  non  si  può  Tusdie,  si  può  togliere  molti 
abusi,  ma  le  necessità  delle  ghisie  spese  durano,  e  altre 
sopraggiungeranno.  Crescer  renfrata  non  ai  può  senu  una 
riforma  generale  di  tutte  le  imposte.  Questa  non  è  opera 
da  imprendersi  ora  ebe  la  guerra  assorbe  fotte  le  cure  del 
presente,  e  non  fa  conoseere  distiDiamenie  il  nostro  avve* 
nire.  Convien  dunque  fere  oggi  il  bone  possibile  e  riserva- 
re il  meglio  al  poi.  Ecco  le  massime  regolatrici  :  modifica* 
re  la  macchina  finanziaria  e  noki  riferla:  non  gravare  il 
paese  di  nuove  imposte  se  non  neH'estreina  neeessiih:  ot* 
tenere  dal  credito  quel  ehe  manca  al  bilancio  :  esser  lar- 
ghissimi alla  guerra  e  parchi  in  tulio  il  resto. 

«  il  bilancio  del  cessato  governo  era  illusorio  dando  un 
avanzo  di  L.  86,400.  Rifatto  il  bilancio  dei  sole  semestre 
di  luglio  al  dicembre  di  quesl*  anno ,  di  un  disavanzo  di 
circa  dieci  milioni. 

«  Questo  disavanto  non  proviene,  come  alcuno  potreb^ 
be  credere ,  sohenlo  dai  lavori  di  pobblioa  utiKik ,  i  quali 
non  son  compresi  nel  bilsncio  dato  alle  stampe,  ma  in  par* 
le  massima  deriva  da  un  debito  fluttuante  formalo  nel  peg* 
gior  modo,  cioè  da  cambiali  a  varie  scadenze,  le  quali  al 
SI  dicembre  1858  ascendevano  a  L.  0,701,980.  Oltre  a  ciò 


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800 

la  finanza  ha  un  debito  idgeACé  con  la  Cassa  de*  Rispannj. 
Di  questi  debiti  si  poteva  in  altri  tempi  differire  il  paga* 
mento:  ora  bisogna  effettuarlo  subito. 

«  Nel  bilancio  veecbio  le  spese  della  milisia  non  erano 
comprese  che  per  rassegoaniento  ordinario.  11  bilancio  nuo- 
vo, facendo  il  calcolo  del  più  ristretto  assegnacnento  straor* 
dinario  pìresagisce  un  olfl|;gior  disavanzo. 

«  Per  far  fronte  a  quest'  impegni  non  si  può  ricorrere 
che  al  credito.  La  difficoltà  di  un  imprestìto  che  potesse 
fornire  i  fondi  a  tutto  il  4860  non  nasce  tanto  dalle  angu- 
stie finanziarie  dell*  Bnropa  quanto  dalla  ristrettezza  del  teìoa- 
pò.  Bisognava  comiociare  da  guadagnare  tempo  per  prov- 
vedere danaro.  Né  guadagnar  tempo  si  poteva  cbe  eon  par- 
ziali provvedimenti,  i  quali  saraimo  partitamente  esposti  dal 
rapporto  speeiale  del  miniare  delle  finanze.  Il  più  grande 
e  il  più  felice  fu  trovato  quello  delle  cedole  comunali.  Bi- 
sognava creare  un  titolo  superiore  ad  ogni  eccezione,  spen- 
dibile in  ToscMia,  e  spendibile  immediatamente.  Il  frutto 
dovea  regolarsi  non  su  prestiti  a  kmga  scadenza,  o  non 
rimborsabili  ;  bensì  su  quelli  a  scadenza  breve,  ed  avuto  ri- 
guardo alle  condizioni  dell'attuai  mercato.  Le  cedole  comu- 
nali, quali  furoD  divisate,  erano  il  titolo  migliore,  poste  le 
presenti  condizioni.  Il  rimanente  sarà  fornito  dal  nuovo  pre- 
stilo, e  se  la  Provvidenza  prosegue  ad  ajutare  1* Italia,  ab- 
biamo ragione  di  sperare  che  riusciremo.  Allora  tutte  le 
difficoltà  saran  vinte:  e,  ristabilita  la  pace  e  costituita  la 
nazione  libera,  non  vi  sarà  un  debito  impossibile  a  soppor- 
tare e  ad  essere  estinto  in  tempo  non  lungo. 

Per  questi  brevi  cenni  il  ministero  si  confida  aver  di* 
mostrato  che  non  gU  mancò  Y  animo  per  sostenere  il  grave 
incarico,  finché  la  consulta  non  venisse  a  crescergli  le  forse 
con  l'appoggio  della  sua  saggezza  o  del  suo  affetto  ali» 
causa  nazionale. 

RicasoK  — n  Ridolfi  —  Poggi  —  Bu$acca 
Salvagnoli  —  De-Ca^ero. 


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301- 


NOTIZIE    INTERNE 


n  Utoncto  desìi  8totl  «ardi  ipcr  V  mmnm  i8M. 

Rbnditb.  •     • 

I.  JLIirezione  generale  delle  gabelle  o  delle  iropesie   indi-' 

rene. 
Prodoui  delle  dogane,    ......    Fr.    18,000,000 

Diritti  marittimi      •••.....       »  460,000 

Sale >     10,640,000 

Tabaeeo >     18,500,000 

Polvere  e  piombe  .•..«...       >         870^000 
Gabelle  o  diritti  di  consumo  aulla  carne  e  sol- 

le  bevande »       6,170,000 

Diverse >         480,000' 

II.  Direzione  generale  delle  imposte  dirette 
e  dei  dominj. 
Imposta  fondiaria  (prediale)     •    .    .    •       »     46,726,533 
Imposta  personale  e  mobile  •    •.•.••.      »       3,500,000 

Tassa  delle  patenti »    *  3,050,000 

Diritti  sulla  vendila  delle  bevande  e  delle  der- 
rate non  sottomesse  al  diritto  di   dettaglio 
come  pure  diritto  di  licenza    .    • .  •  ,    »         650,000 
Tassa  sulle  carrozze    ••.••.•       >         600,000 
Centesimi  addizionali  sulle  imposte  dirette  at- 
taccate alle  spese  di  ricupero  •    • 
Diritti  di  verificazione  dei  pesi  e  misui 

—  dMnscrizione 

—  d'ipoteca . 

«^     di  successione 


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309 

Bollo :  .  .  .  .   Pr.  s,soo,ooe 

Carta  filigrana  per  le  earte  da  giuoco   .       %  75,000 

Tassa  sulle  Società  ed  assieuraiioni  marittime  •  400,000 

—    di  maoomorta >  910,000 

Diritto  di  passaporto,  di  porte  d^armi  e  di 

caccia '  •    •       >  500,000 

Prodotto  dei  dominj >  9,262,440 

Libretti  degli  operai  e  dei  domestici.    •       »  8,000 

Lotto •  8,000,000, 

Spese  di  giustizia »  891,000 

Diritti  e  prodotti  diversi  percepiti  per  rammi* 

nisirazione  qui  sopra »  9,576,100 

IU«  Direzione  generale  dei  lavori  pubblici. 

Ferrovie  (Rendite  delle) >  14,480,000 

Rimborsi >  860,000 

IV.Diresione  generale  delle  poste    •       »  4,000,000 

V.  Miiiistere  degli  affari  esteri  (consolalt). 

Diritti  di  cancdlerta -  •    •       t  975,000 

VI.  Ministero  dell'interno. 

Telegrafo  elettrico ........       •  600,000 

Prigioni,  ecc. •  658,000 

Diversi >  6,000 

VII.  Ministero  deiristrusione  pubblica  (scoo^ 

le  di  veterinaria) »  41,000 

VIIL  Amministrazione  della  moneta    .     »  985,900 

(di  cui  90,000  per  spese  di  monetazione). 
IX.  Tesoro  pubblico  (rendite  diverse,  ricev. 

d'ordine,  ecc.) •       »  8,908,850 

Pr.  148,969,854 

Rendite  straordinarie »  1,082,667 


Totale  generale    Fr.  444,989,591 


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Spese. 


303 


Ministero  delle  Unanxe     ......    Pr. 

Ecco  alcuni  capitoli  del  bilancio  di  questo 
ministero. 
Dote  della  corona  .    .    •    .    Fr, 
Appannaggi   .    •   ^ 


79,015,546 


4,000^000 

600,000 

85,000 

175,000 

40,289,899 

4,000,000 

2,429,805 

1,982,765 
4,396,000 
3,987,732 
2,S6S,l8Ìl 
4,968,706 
229,100 


Senato 

Camera  dei  Deputati 

Servìzio  del  debito 

Interessi  dei  boni  del  tesoro       » 

Spese  per  la  ^drOttiéM  delle  im- 
poste dirette     •    .    •    •       » 

Spese  per  riscrizione  e  pei  do- 
mini!  .... 

Spese  pel  lotto  .    . 

—  per  le  dogane 
— -    pel  Éale  •    • 

—  pel  tabacco  . 

—  per  la  polvere  e  per  piombo» 
(Più,  r  amministrazione  centrale,  i  servigi 

diversi,  le  spese  straordinarie). 
Ministero  di  grazia  e  giustizia  ....  » 
Ministero  degli  affari  esteri  .....  > 
Ministero  dell'istruzione  pubblica  ...  ^ 
(Amministrazione  centrale,  insegnamento  su- 
periore e  tecQologleo;  il  bilancio  non  racehiuh 
de  alcuni  capitoli  che  coneerpouo  Ttstruzione 
primaria). 

Ministero  dell' interno > 

Eccone  i  capitoli: 
Amministrazione  centrale  .    .    Fr.     202,581 
Consiglio  di  Stato    ....        »      178,879 
Archivi  del  regno    ....        t        66,419 


6,276,248 
1,359,318 
2^85,079 


7,789,098 


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304 

Teatri  (censura  6000,  teatro  di  To- 
rino 1880) Fr.         7,860 

Amministrazione  sanitaria  .    .       »       97,300 

Telegrafia  . >      410^568 

Intendenze. »  4,098,660 

Agricoltura >         4,000 

Foreste »      184,060 

Statistica »         :i,000 

Stabilimenti  di  beneficenza  (perso- 
nale, ecc.)     ..'•••       »      688,581 
Prigioni,  case  di  correzione  •       >  3^98,610 
Pubblica  sicurezza  (Questure,  ecc., 

non  compresi  i  carabinieri  reali)  »      876,625 
Servizii  diversi  spese  comuni  e 
straordinarie* 
Ministero  dei  bfori  pubblici     ...    .    .       »     44,851^57 

Ecco  i  principali  capitoli: 
Lavori   pubblici  ordinari!   (strade , 

porti,  ecc.)     .    .    •    .    V    Fr.  2,322,538 
(di  cui  362,680  per  il  personale). 

Ferrovie >  6,511,000 

(di  cui  pel  personale  2,689,400). 

Poste >  2,218,232 

Lavori  pubblici  straordinarii  •       »  3,502,898 
(di  cui  per  le  ferrovie  729,800). 

Ministero  della  guerra >     33,618,942 

Ministero  della  marina    .    .    .    %.  •    •       >       4,673,942 

Totale    Fr.  148,747,562 
di  cui  5,484|186  fr.  in  spese  straordinarie. 


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SOS 
Debito  pubblico. 

Rendila  perpetua  a  5  per  100  dee.  del  S4  die. 

1819 Fr.    9,416,0Sa 

•—      redimibile  5  per  100  medeiiina  data  »     S,867,SS7 

—  —        6  per  100  deer.  del  30  mag- 

gio 1881 >     1,500,000 

—  —         4  per  100  (obblig.  dello  Su* 

to>  Deer.  del  SOJmagg.  1884  >  1,680,000 

—  —         4  per  100.   Legge  7  sett. 

1848  e  S6  marzo  1851 .       »  8,044,036 

—  —         4  per  1 00  (  obbl.  dello  Stato). 

Legge  26  marzo  1849  .    >     1,194,130 

—  —         (f  per  100.  Legge  13  e  16 

giugno  e  3  ottobre  1849, 
1.°  febbrajo,  13  luglio  e  13 
dicembre  1850,  14  aprile  e 
11  maggio  1854    .    .       >  16^03,384 

—  *-         4  per  100  (obbl.  dello  Stato). 

Legge  9  luglio  1850  .       >     1,080,000 

—  —        6  per  100.  Legge  86  giugno 

1851 >     4,530,635 

—  —         3  per  100.  Legge  13  febbr. 

1853  e  14  aprUe  1854      »     3,339,877 

—  —        feudale  di  Sardegna  5  per 

400      .....    .  >  658,833 

—  perpetua  di  Sardegna  5  per  100  >  33,979 

—  redimibile  di  Sardegna  5  per  100  >  380,000 

Interessi  del  debito  inglese »  3,000,000 

Cangio  per  1  pagamanti  all'estero  ...  >  36,837 

Toule    Fr.  40,389,897 


Aggiungendovi   il  nuovo  prestilo  di  50  milioni,  questa 
poru  il  capitale  del  debito  pubblico  a  750  milioni. 
Atmku.  SWiBtica,  voi.  XXH,  serie  3.*  20 


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30& 


NOTIZIE   STRANIERE 


9t|itl«tlCA  c^mpArA^tTIl  ddr  Industria 
dena  Ummm  Bmiacn»  4al  tM9  al  t86€». 

jLFal  1850  al  1856  è  da  notarsi  m  accrescimento  consi- 
derevole nel  numero  e  n^l  materiale  dei  stabilimenti  numì- 
faiiurieri  del  Regno  Uni^o. 

Nel  4850  non  se  ne  contavano  ctit  4600;  nel  4856  ne 
esistevano  5447;  accrescimento  547;  e  è  a  notarsi  che  que- 
sto progresso  ha  avuto  luogo  specialmente  nell' industria 
della  seta;  di  377  le  fabbriche  di  seta  sono  passate  a  460; 
ilpcreseimentQ  485. 

Simile  osservazione  è  da  farsi  per  il  numero  degli  stro- 
ipei)ti«  delle  forze  motrici  degli  pperaij  ed  anche  per  il  va- 
lore totale  dell'esportazione  dei  prodotti  (fili  e  tessuti),  U 
quale»  in  questi  sei  anni,  é  passata  da  4408  milioni  di  fran- 
chi a  4498,  aocresoendosi  cosi  di  400  milioni.  Qui  ancora 
bisogna  far  osservare  che  è  la  fabbrica  di  seterie  che  in  pro- 
porzione ha  maggiormente  sviluppato  le  sue  vie  (da  34 
fniliQiìi  a  74);  ma  T  industria  del  cotone,  che  occupa  co- 
flaniemente  il  prirpato  delle  manifatture  inglesi,  si  è  an- 
^h'e^a  assai  sviluppata;  Is^  su^  cifra, d'esportazione  ha  pas- 
sato da  706  pilioni  a  957,  accrescendosi  cosi  quasi  del  36 
per  400,  e  il  numero  degli  strpmenti  eh*  essa  metteva  in 
movimento  è  salilo  da  20,977,600  a  più  di  28  milioni;  ae- 
Crespipiento  ^9  p^r  4Q0. 

Del  resto,  per  meglio  precisare  la  situazione  esaminerei 
ma  si^ccessivppiìeBtf  quella  4i  ciascuno  dei  rami  della  ma- 
nifattura inglese  n^l  |85<3, 


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307 
I. 

Mustria  M  coIflHi. 

L'Inghilterra  ha  consumato»  nel  IS^^^  4Q0  n^ilion^  di  chi- 
logrammi di  ìcolone,  i  quaU  haqQO  prod^ttp»  allfi  QJ^tura,  861 
miliopi  di  cbilograqdipi  di  filato* 

Questa  quantilii  totale  di  cotpiis  fu  vfte^n  in  opera  da 
S240  stabilimenti  manifatturieri  (filatura  e  tessitura)  impie- 
gando S8,040,S17  stromenti,  f)98|847  telaj  meccanici,  idrau- 
lici 0  a  vapore  (questi  ultimi  contando  una  forza  di  81,291 
cavalii-vapore)  e  379,213  operai,  di  cui  233,0i7  occupati 
alla  filatura  e  146,196  alla  tesaifum. 

La  produzione  di  questa  ipapp  d'ppfra  dayi|,  fome  ab- 
biaino  detto,  361  milioni  cbilogrf^iqi  di  Qlo,  41  c^ii  85  ipi- 
lioni  erapo  esportati. 

[pestava  cqs) ,  per  il  consuiqo  delle  falìbriphe ,  $(96  mi*, 
lioni  di  chilogrammi  di  filato. 

In  tessuti  di  cotone  d*qgnì  fDfinier^,  In  prpdp^ipne  era 
cosi  di  296  milioni  di  chilogrammi,  dj  ciii  I84  ^ranp  esporr 
tati  e  92  entravano  nel  consumo  intemo. 

Sull'insieme  dei  tefsuti  esportati  ^3  soqp  bianchi  e  f ru- 
di, 1/3  stampati  e  tinti* 

I  tessuti  esportati  sono  in  proporzione  di  1;3  meno  cari 
che  i  tessuti  consumati  nell'iRterno. 

11. 

L'Inghilterra  nel  1^56  prpduceva  68  milipqj  di  (hilo- 
grammi  di  lana  e  ne  irppprtay;  51  mi|ipni.  To(aIp  119 
milioni. 

Ma,  su  questa  quantità,  essa  esportava  19  milioni  di  chi* 
logrammi  di  lana  grezza  e  12  milioni  di  filato. 

Ciò  ohe  lasciava  pel  consumo  dello  sue  fabbriche,  quanto 
io  lana  grezza  ^hie  filata,  dava  un  totale  di  93  milioni  di 
chilogrammi. 


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308 

Si  contavano  in  Inghilterra  1508  fabbriche  di  lana  scar* 
classata  e  625  di  lana  pettinata.  Totale  2030.  Le  une  e  le 
altre  impiegavano  3,114,521  stronfienti,  53,409  telaj  meccao 
nici  e  166,895  operai. 

L'  esportazione  del  tessuto  di  lana  di  fabbrica  inglese 
s'innalzava  nel  1856  a  238  milioni  di  franchi.  QueHa  dei 
filati  vi  aggiungeva  72  milioni.  Totale  310  milioni. 

111. 
industria  del  Uno. 

L'Inghilterra  ha  prodotto,  nel  1856,  33,762,000  chilo* 
grammi  di  lino  e  di  canape.  L'importazione  aggiungeva  a 
questa  quantità  164,016,000  chilogrammi,  totale  197,778,000 
chilogrammi.  Pi  questo  totale  ne  fu  trasportato  in  filato 
11,373,000  chilogrammi,  ciò  che  lasciava  pel  consumo  delle 
fabbriche  186,456,000  chilogrammi. 

Il  numero  delle  fabbriche  di  tela  era  di  417;  —  quello 
dei  telaj   meccanici  di  7689;  -^  e  quello  degli   operai  di 
80,262. 

Il  valore  dei  fili  e  tessuti  inglesi  esportati  saliva ,  nel 
4856,  a  157  milioni  di  franchi,  di  cui  34  in  filato. 

IV. 
industria  della  seta. 

Vi  erano  importati  nel  1856  4,644,000  chilogrammi,  tan* 
to  greggia  che  acconciata.  Di  questa  quantità  se  ne  esporr 
t^va  1,462,000  chilogrammi.  Ciò  che  lasciava  pel  consumo 
delle  fabbriche  3,182,000  chilogrammi. 

Questa  quantità  era  messa  io  opera  da  460  manibuure 
impiegando: 

Tqlaj  meccanici    ,,,,.,,      9,260 
Operai   .,,,,,,,,.,    66,187 
Il  valore  delle  sete  inglesi  esportate  pel  1856  saliva  a  74 
milioni  dì  franchi. 


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809 


Industria  minerale. 

Nel  1856  il  valore» totale  dei  minerali  estratti  dal  saolo^ 
in  Inghilterra  ha  potuto  essere  valutato  come  segue,  secondo 
il  presso  medio  delle  materie  sul  luogo  delle,  miniere. 


Minerali  di  stagno 

>  di  rame 
»        di  piombo 
»        di  zinco 

>  di  ferro 
Pirite  di  ferro  • 
Arsenico   .    •    . 
Nichel  ...    * 
Carbon  fossile    • 
Sale     .... 
Barite  e  altri  minerali 
Terre  per  la  porcellana 
Pietre  per  fabbrica     • 


Fr.    46,6d8,S60 
58,689,000 
85,787,725 
686,375 
442,395,375 
4,154,650 
47,775 
43,495 
.416,596,550 
13,849,825 
250,000 
8,022,400 
76,061,950 

Fr.  765,048,059 


ti  valore  mercantile  dei  metalli  ottenuto  nelle  Tucine 
può  essere  slimato  cosi:  stagno,  20,031 ,025  ;  rame,  71 ,1 76,975  ; 
piombo,  43,877,400;  argento,  3,838,675;  zinco,  5,576,875; 
metalli  fasi,  565,639,700;  altri  meulli,  3,500,000.  Toule 
610,631,750  fr. 

VI. 


Produzione  del  carbon  fossile. 


Toanellale 


Nel  4864 64,661,401 

4855 N  .  .  '  64,453,070 

4856 66,645,450 


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»10 

li  numero  Cotale  delle  miniere  di  earbon  fottile  in  atti- 
Titk  nel  Regno  Unito  è  di  S8S9,  vale  a  dire: 

Numero  Tonnellate 

Dufham  e  Northiimberland     .    870        15,493,761 

Gambèfland S8  9<  8,645 

Yorkflhìre 899  9,083,894 

Derbyshire  e  Nottiagbamabire     SOO  8,383^335 

Warwichshirc  .    .    ^    .    .    .      16  335,000 

Leieestershire   ...:..      14  633,478 

Haffordahire  and  Woreestersire   648  7,305«500 

Laucadhire 359  8,950,000 

Chcshire 31  754,520 

Shropshire .      55  753,400 

Gloucestershir  e  Sommersetshire    87  4,530,009 

Norlh  Walea 94  4,046,500 

South  Wales 864  8,949,400 

Scozia 805  7,800,000 

Irlanda 33  636,525 

Totale    2839  66,645,450 


]««•▼•  ÉtÀtlsilM  iAit^ì  mmiì  tékìU  a^Atti#MM. 

Ogni  qual  volta  la  vecchia  ed  inferma  Europa  si  volge 
febbrilmente  sul  suo  letto  di  dolore  per  cercar  come  ada- 
giarvisi  meno  crucciosamente,  le  aspirazioni  dei  buoni  si 
dirigono  sempre  verso  il  nuovo  mondo  per  trovarvi  quella 
serenità  di  cielo  che  più  non  si  ravvisa  nello  scombujato 
e  stiÈtosd  mondo  vecchio.  Si  vive  meglio  agH  Slati  Uniù 
d'ArtiéHda  che  non  da  noi?  Quella  giovine  dèm^razia  che 


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Sii 
pur  neseonde  nel  ÈWtì  seno  la  lebbhi  della  schiavitù  dei 
n«gri,  vai  meglio  dellfe  iarlàlé  forme  de'  gòreirrti  metto 
feudali  d' Europa  ?  La  giovihe  e  forte  fazìja  degli  Jartchee  è 
più  operosa  e  diremo  anche  mtglioi^e  dèlia  giocane  rdzza 
slava  che  vuole  ad  ogni  coslb  ih  Europa  iróvarvi  la  sua 
buona  parte  di  sole?  o  ddlà  uliginosa  é  pretendente  ratza 
germanica  che  colla  gravila  agghiacciata  delle  sue  pedante- 
sche legioni  vuole  imporre  la  legge  al  vfecèhto  hibhdo  dopo 
averlo  per  più  secoli  imbarbarito?  o  della  àniiéa  è  stimprè 
aspirante  al  riscaito  (  senza  raggiungerlo  mai  )  della  addo* 
lòrata  razta  latina  che  vttole  fra  i  suoi  due  mari  e  le  alpi 
vedersi  finalmente  raccolia  in  una  rigenerata  famiglia?  — * 
Il  problema  è  degno  dello  stùdio  degli  èt^tisti,  e  questi  non 
mancarono  di  accingervisi  a  sciòglierlo.  Per  far  conos<?ere 
su  questo  argomento  quali  siano  gli  ultimi  studi  stati  fatti 
da  uno  dei  più  forti  ingégni  italiani  noi  ripròduciart^ò 
quanto  ora  scrisse  sugli  àtati  Uuiti  d'America  il  nostro  Ce- 
sare Correnti  ncll'  Annuijtrio  italiano. 

«  È  questo  veramente  un  nuovo  mondo;  o  nuoto  ora 
assai  più  che  noi  foése  a'  tempi  del  Colombo.  La  Vita  isd- 
vaggia  e  la  barbarica  erano  allora  note  e  largamente  sfie- 
rimentate  sulla  terra  ;  e  Y  Africa  piantata  in  sugli  occhi  delia 
nostra  Europa  ci  si  móstra  ancora  oggidì  quali  apparvero 
le  coste  del  Verzino  al  Cabrai  e  quelle  dei  Caraibi  ad  Amerigo, 
che  dovettero  ricordargli  i  Lestrigoni  e  i  Ciclopi  d'Omero.  An- 
che  la  teo  crazia  guerriera  degli  Azechi  e  il  patriarcato  impe- 
riale degli  Incas  avevano  riscontri  ed  esempi  nelle  vetuste  so- 
cietà del  l'Ariana  e  della  Cina.  Ma  ci  mancava  ancora  non  che 
la  sperienza,  fin  la  speraiìza  d'una  democrazìa,  mobile  e  sve- 
glia come  quella  d'Atene,  pertinace  è  legistieà  come  quella 
di  Roma,  e  convivente  su  un  territorio  Vastissirtiò  come 
fosse  raccolta  in  uno  stesso  foro  coTtiiziaié.  Ni  mancò  rìie- 
ravigliose  sono  ora  le  novità  delle  òostuitianzè  e  delle  leggi 
americane,  come  eh'  esse  nei  nomi  e  nelle  fotme  paiano 
rispondere  alle  nostre.  Ma  nel  fatto,  dica  chi  vuole,  noi  vi 


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3IS 

ei  troviamo  come  in  im  altro  mondo.  Peroechè  hri  Tediamo 
Testremo  della  schiafìtù  eongianto,  anzi  raggravato  dall'estre- 
mo della  liberti  ;  e  da  una  parte  ad  ogni  cenno  della  nìol- 
titudine  nascere,  come  ne'  primi  initi  delle  società  »  magi- 
strati, soldati  e  carnefici  temporanei;  dall'altra  essere  i>er 
inespugnabile  consenso  di  leggi  e  d'opinioni  dannata  ad 
irredimibile  anatema  tutta  una  schiatta  d'uomini,  cui  è  disdetta 
la  comunione  non  pur  dei  diritti,  ma  anche  dei  doveri  e 
dei  sentimenti  umani.  A  crescere  le  contraddizioni  stupende 
si  pensi  un  popolo  bottegaio  e  traflBcatore,  e  che  nondimeno 
tira  all'eroico,  e  s'impunta  in  iin  orgoglio  pia  che  romano: 
ai  pensi  una  civiltà  credula  alle  iperboli  e  sitibonda  d*ogni 
misteriosità,  benché  ella  sia  cresciuta  a  matura  gioventù 
nella  piena  luce  del  nostro  secolo,  senza  neppur  aver  attra- 
versato i  fantasiosi  crepuscoli  della  fanciullezza ,  e  senza 
strascicarsi  dietro  quelle  memorie,  che  spesso  affascinano, 
come  seduzioni  d'un' altra  vita,  la  coscienza  de'  popoli 
vecchi:  si  pensi  alle  nobili  e  serene  immagini  di  Washington, 
l'eroe, del  buon  senso,  e  di  Franklin,  il  filosofo  del  buon  sen- 
so, messe  talora  sullo  stesso  altare  cogli  idoli  quotidiani  d'un 
volgo  sensuale  ed  impaziente,  con  un  pirato  di  popoli,  con 
un  giuntatore  di  profezie,  con  una  sibilla  a  prezzo  fisso.  — 
Questa  grande  esperienza  ripigliala  su  un  terreno  libero  e 
sgombro,  questa  che  a  molti  pare  la  barbarie  della  civiltà, 
a  molli  altri  la  controprova  della  storia,  e  a  non  pochi,  per 
dirla  con  un'immagine  di  Franklin,  la  seconda  edizione  del- 
l'Europa  riveduta,  ricorretta  e  ristampata  coti  tipi  nuovi  e 
vergini,  vorrebb' essere  studiata  con  diligenza  grandissima 
principalmente  da  noi  italiani,  che  per  l'infeconda  ricchezza 
delle  nostre  memorie,  e  pel  doloroso  far  niente  a  cui  siamo 
condannali,  siamo  quasi  il  contrapposto  naturale  di  questi 
popoli  che  non  hanno  né  tempo,  nò  materia,  nò  vo|putà  di 
far  lunghi  rimpianti.  Per  questa  volta  però  stiamoci  contenti 
a  poche  cifre. 

>  L' unione  americana  è  uno  dei  più  vasti  Stati  che  sieoo 


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313 
al  montlo.  Ma  non  ci  riesce  agevole  dare  il  fermo  ntiinero 
di  chilometri  quadrati,  che  misura  questo  paesie,  tutto  unito 
in  un  solo  e  continuo  corpo»  senza  frastagli,  e  inframessure 
di  confini,  benché  si  distenda  latamente  fra  i  due  grandi 
Oceani  per  lo  spazio  di  4538  chilometri,  che  tanti  ne  corrono 
dal  capo  GuodJy  Head  al  Capo  di  Lookout,  i  quali  quasi 
sotto  lo  stesso  paralello  si  bagnano  uno  nelle  acque  del- 
l' Atlantico,  V  altro  in  quello  del  Pacifico*  Minore  è  la  lar^ 
gbezza  del  territorio  da  settentrione  a  mezzodì;  la  quale 
dalle  scaturigini  del  Mouse  nello  Stato  di  Minnesota  sino  alla 
foce  del  Rio  Grande  nel  Texas  non  piglia  più  di  2500  chi- 
lometri. Cosi  la  forma  generale  di  questo  gran  quadrilatero 
si  adagia,  appunto  come  il  vecchio  continente^  più  nel  senso 
della  longitudine,  cbe  in  quello  della  latittidine;  ond'ei  ne 
viene  ad  essere  raccolto  sotto  i  medesimi  paralelli,  ohe  è 
un  dire  sotto  la  stessa  temperie,  e  sotto  Io  stesso  aspetto  di 
cielo,  più  assai  che  non  sembrasse  comportorlo  l'ossatura  del 
continente  americano,  che  va  come  un  ponte  da  polo  a  polo,  e 
lascia  g(an  parte  delle  zone  temperate  ai  campi  inseminati 
del  mare,  per  usare  una  frase  america  che  non  è  qui  senza  im- 
portanza econo  mica.  E  in  vero  le  terre  dell*  Unione  si  potreb- 
bero per  le  rispondenze  geologiche  e  meterologiehe  raffrotare 
assai  ra  gionevolmente  all'Europa;  come  il  Messico  e  TJucatan 
sii*  Africa  e  all'Arabia;  e  il  Brasile  e  il  Perù,  air  India  e 
all'Asia  centrale.  —  Tutte  le  regioni  venute  in  possesso 
dell'  Unione  americana  farebbero  ora  secondo  il  Kolb  una 
superficie  di  156,086  miglia  quad.  germaniche  (8,56^,560 
rhil.  quad.),  e  Secondo  l'Annuario  del  Guillaumin  la  misura 
giusta  di  843,082,465  ettari.  I  riscontri  d' altri  statistici  da- . 
rebbero  invece  5,979,000  chil.  quad.  —  Ma  più  autorevole 
ci  par  la  cifra  adottata  nell'Atlante  de|  Colton  (A^eu;Tor^, 
4855)  di  2,963,666  miglia  quadrate  ingl.  (  7,672,565  chil. 
quad.),  dalla  quale  non  si  discosta  gran  fatto  quella  dei- 
Y  American  almanac  del  4857  (2,872,800  miglia  quad.. 
ìngl.  ossia  7,437,834  chil.  quad.).  Le  differenze  però  nota- 


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914 

bili  delle  tnisure  anche  degli  Stati  primogeniti  dell*  Unione, 
t  da  lungo  tempo  domestici  agli  anglo-sassoni  ci  persuadono 
che  gli  studi  topografici  e  statistici  si  fanno  jn  America  con 
quella  larghetza  e  sprezzaiura  naturale  in  gente  coi  sovrab- 
bonda ogni  cosà  meno  il  tempo. 

»  Trentaire  sono  gli  Stati  che  compongono  V  Unione, 
oltre  sei  territori»  che  ancora  sono  in  tutela  del  governo  fé* 
derale,  e  il  distretto  comune  dove  sorge  Washington.  DI 
questi  Stati  alcuni  ponno  raffrontarsi  per  estensione  ai  di- 
partimenti francesi,  altri  e  sono  i  più,  pareggiano  in  vastità 
i  mezzani  Stali  d'Europa;  i  nuovi  territori  poi,  che  guardano 
r  Occidente,  tengono  lo  spazio  d*una  delle  nostre  grandi 
nazioni  (Il  Texas  e  il  Nerbraska  occupano  una  superfieie 
di  730  in  800  mila  chi),  quad.  ).  —  La  popolazione ,  che 
neir  ultimo  censo  (4866)  si  trovò  essere  di  SS,49l,9lft 
abitanti  d'ogni  classe  e  d'ogni  colore,  sul  finire  del  4S56 
passava  i  27  milioni,  e  quest'aóno  1858  dovrebbe  attingere 
i  SO  milioni. 

»  Per  l'importanza  rispettiva  degli  Stati  giova  ricordare, 
che  quando  fu  stabilita  V  Unione,  le  colonie  della  nuova  In- 
ghilterra contavano  4,009,823  abitanti,  gli  Stati  atlantici  dì 
mezzo  4,337,465,  gli  Stati  meridionali,  4,473,680,  mentre 
che  nelle  vaste  solitudini  continentali,  tra  infinite  torme  di 
selvaggi  appena  vagava  qualche  migliaio  di  sparsi  cacciatori 
e  boscaiuoli  europei,  veri  straccorridòri  della  civiltà.  Nel 
4850  i  selvaggi,  ricacciati  verso  i  deserti  rocciosi  e  le  erme 
marine  dell'Occidente,  appena  si  credevano  giugnere  a 
400,000,  noverando  bnche  i  450m.  che  si  annidano  sui 
confini  della  California  e  del  Messico:  i  sei  Stati  della  nuova 
Inghilterra  (  Maine ,  Nuovo  Hampihire ,  Dermonty  Mastn- 
ckus$et^  Isola  di  Rode,  Connecticut)  che,  in  confronte  di 
tante  terre  vacue,  sono  stretti,  entro  angusti  termini,  e  non 
occupano  che  circa  468  mila  chil.  qùad:,  contano  2,736,146 
abitanti  ;  i  cinque  Stati  mediani  (Nuova  York^  Nuova  Jerseif 
PenriWania^  Detaware^  3fary!andJ  su  una  superficie  29±in. 


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815 

ehil.  quad.  hanno  6,6S4,98S  abitanti,  e  i  einque  Stati  me- 
ridionali fVirginìa^  Carolina  del  Nord,  CaroKna  del  Sndj 
Geòrgia^  Florida)  doTo  è  ammessa  la  schianta,  su  una  su- 
perneie  di  circa  640rh.  chil.  quad.,  non  hanno  che  3,952,887 
ab.  1  nuovi  Stali  posti  dentro  terra  o  sull'Oceano  Pacifico 
soglionsi  distinguere  anch'essi  in  meridionali  e  settentrionali  ; 
ì  primi  hanno  una  popolazione  di  8,337^147  anime,  i  se- 
condi di  6,^79,d28  onde  può  arguirsene  che  anche  la  nuova 
corrente  dei  migranti  preferisce  ai  paesi  di  vegetazione  più 
sfoggiala  e  di  più  molle  clima  i  paesi  temperati,  direm  quasi 
la  natura  europea. 

>  Se  la  popolazione  degli  Stali  Dniti  avesse  a  moltiplicare 
quìnd' innanzi  conie  dal  1790  al  4850,  nel  primo  anno  del 
secolo  irenturo  essa  avrebbe  a  toccare  i  cento  milioni.  Né 
si  deve  credere  che  solo  in  questi  ultimi  anni,  per  le  tra- 
boccanti migraziotii  euk*opee,  sia  venuto  crescèndo  sforma- 
tamente il  moto  ascensivo  della  popolazione  americana.  È 
serissimo  che  nell* ultimo  decennio  censuario  (484O>50)  la 
ragióne  dell' uutnento  fu  del  35,87  per  402:  ma  nel  se- 
condo decennio  censuario  (4800-1840)  già  era  stata  del 
36,45  per  400,  e  in  tutti  i  sessant'anni  passati  (4790-1850) 
non  fu  mai  minore  del  32  per  400  e  sarà  senz* alcun  dub- 
bio maggiore  nel  decekinto  corrente.  Né  di  questo  aumenti» 
può  darsi  troppo  gran  parte  alle  migrazióni,  dacché  veggiamo 
che  dal  4820  al  4855  I«i  popolazione  triplicò,  ascéndendo 
da  9  a  27  milioni,  quantunque  in  tutto  questo  quarto  di  se- 
colo non  sicno  venuti  a  stanziarsi  negli  Stati  Uniti  più  di 
4,200,000  sti^anieri  (Hystory  of  immigraiion  to  the  unttet 
States  by  fFUliam  /.  Bromwell,  New  York  4856;;  de* 
quali  solo  309,330  dal  4820  al  4S35,  676,379  dal  35  al 
45;  2,978,378  dal  46  al  55.  —  S'aggiunga  che  anche  ne- 
gli Slati  più  popolosi  dell'Unione  la  popolazione  è  ancora 
essai  lontana  dall'essere  densa  come  la  troviiamo  in  Europa: 
poiché  lo  Stato  dove  è  maggiore  la  popolazione  specifica, 
il  Massàchussct,  su  20,202  chil.  quad.,  che  è  una  superficie 


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816 

poco  minore  della  Lombardia,  non  b(i  ud  milione  d'abitanti: 
e  tutti  gli  Stati  Atlantici  «  giada  due  secoli  aperti  alle  co- 
lonie europee  t  su  una  superficie,  che  è  quasi  doppia  di 
quella  della  Francia ,  noverano  appena  44  milioni  d'abi- 
tami. 

»  Non  vuoisi  toccar  leggermente  la  questione  della  schia- 
vitù, vituperosa  lebbra,  dicono  gli  apologisti  degli  Suti 
Uniti,  inoculata  col  primo  sangue  in  tutte  quasi  le  colonie 
americane  dalla  barbara  frettolosità  europea,  e  che  ora  non 
può  sterparsi  con  impazienza  chirurgica,  ma  dee  lasciarsi 
sanare  al  tempo  e  all'aria  salubre  della  libertà.  E  veramente, 
aggiungono,  la  piaga  se  non  dà  vista  di  volersi  chiuder  si 
presto,  almeno  non  inciprinisce.  Nel  4790  il  numero  degli 
schiavi  stava  a  quello  dei  liberi  cittadini  come  47,76  a  400: 
nel  4850  non  passava  la  proporzione  del  43,82  per  400.  — 
Verissimo.  Ma  è  anche  vero  che  in  60  anni  la  popolaziono 
schiava  quintuplicò.  Nel  4790  la  gente,  come  la  chiamano* 
colorata  {colored)  numerava  757,363  teste;  nel  4850 
3,638,808,  a  comprendervi  anehe  434,495  liberti ,  che  la 
legge  eguaglia  ai  liberi,  ma  il  colore  della  pelle  e  il  costume 
inesorabile  ricacciano  fuor  dalla  comunanza  civile.  E  si  ri- 
cordi che  dal  4815  in  poi,  impedita  la  tratta  dei  negri, 
pochi  africani  giugnevano  ad  ingrossare  il  gregge  degli 
schiavi,  mentre  invece  dall'Europa  riversavansi  4  milioni 
di  coloni  a  rafforzare  la  popolazione  bianca.  E  infatti  le  due 
popolazioni  crebbero  nella  proporzione  medesima  durante  il 
primo  e  il  secondo  decennio  censuario  (  4790-1800-4840):  e 
solo  dopoché  fu  chiuso  Tìnfando  mercato  africano,  e  dopoché 
parecchi  Stati  deirUuione  ebbero  respinta  la  malefica  istituzio- 
ne, cominciò  a  rallentarsi  la  moltiplicazione  degli  schiavi,  tut- 
toché anche  di  presente  ei  sieno  e  per  caldezza  di  sangue,  e 
per  istigazione  ed  industria  dei  padroni,  e  per  sensualità  spen- 
sierata assai  più  generativi  e  vitali  dei  liberi.  —  Il  censo  del 
4850  rivelò,  sotto  questo  rispetto,  fatti  notevolissimi;  tra  i  qua- 
li non  vogliamo  tacere  la  longevità  singolare  degli  schiavi,  e 


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847 
più  ancora  de'  liberti:  poiché  dove  nel  4850  appena  si  tro- 
vavano 787  bianchi  che  toccassero  o  passassero  i  cento  anni 
d*età  (1  su  24,845),  si  trovavano  poi  4425  schiavi  centenari 
(  4  su  2248  ),  e  343  centenari  su  i  434,495  liberi  di  colore  * 
(4  per  ogni  4267).  —  All'opposito  sui  3,204^343  schiavi 
non  v'erano  che  327  dementi  (circa  4  su  40,000),  mentre 
vi  erano  344  dementi  tra  !  liberti  (4  su  4400),  e  44,978 
tra  i  bianchi  (circa  4  su  4300). 

»  Ma  lasciamo  queste  curiosità.  Lo  specchietto,  che  pub- 
blichiamo cavandolo  dall'  Atlante  del  Colton  (  The  United 
States  of  Amer,  tom.  4  )  proverà  che  il  mal  contagio  non 
è  ancor  sul  calo. 

Ragione  dell'incremento  decennale  secondo  le  diverte 
classi  della  popolazione. 

Biaocbi        Lìberi        SchìaTi      locremento  totale 
Cento  di  colore 


4790-1900 

35,68 

82,28 

27,96 

35.01  per  100 

1800-18(0 

36,18 

72,00 

33,40 

36,45       > 

4810-1830 

34,12 

27,73 

29,40 

33,13       . 

4820-1830 

34,03 

34,20 

30,62 

83,49       > 

4830-1840 

34.72 

20,87 

23,81 

32,67       . 

4840,1850 

37,74 

12,47 

28,82 

35,»7       . 

«  Da  queste  cifre  si  ritrae,  che  nei  primi  due  decenni 
dell'indipendenza  l'emancipazione  delle  classi  servili  proce- 
deva  assai  rapidamente,  cotalchè  se  fosse  durata  codesta  pu- 
rificazione volontaria,  il  numero  dei  liberti  nel  4850  sarebbe 
stato  quattro  volte  maggiore  di  quello  che  si  trovò  essere , 
e  il  numero  degli  schiavi  non  avrebbe  forse  passato  i  2 
milioni  e  mezzo;  i  quali  altri  venti  o  trent'anni  sarebbero 
stati  trasformati  in  gente  libera,  merco  una  graduale  reden- 
zione, non  dovuta  a  violenza  di  legge,  ma  a  virtù  di  co- 
stume. Invece  dopo  il  4840  e  più  ancora  dopo  il  4830  le 
emanoipazicui  si  fecere  sempre  meno  frequenti^  e  la  schia* 


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sia 

\itù  per  infelice  riscontro  diTcnió  il  fondamento  econoroieOf 
la  ragion  di  Stato,  la  necessità  di  alcuni  fra  i  Tocchi  e  di 
molti  fra  i  nuovi  membri  della  federazione  americana. 

»  Mentre  per  disperazione  d'ogni  previdenza  si   laseia 
invecchiare  la  mala  contagione  della  schiavitù,  la  fortuna, 
quasi  per  levar  via  ogni  pretesto  di  soosa,  prodiga  i   suoi 
favori  agli  Suti  Uniti.  Le  regioni  aurifere  della   California 
versano  lesori,  e  le  terre  vacue  preparano  altri  tesori  alle 
crescenti  ambizioni  della  federazione  americana.  Secondo  il 
rapporto  dei  Guthrie,  segretario  al  tesoro,  che  fu  pubblicato 
aullo  scorcio  del  1856,  il  valore  presuntivo  di  tutte  le  pro- 
prietà mobili  e  immobili  dei   cittadini  dell' Unione    poteva 
erodersi  vicino  a  10  mila  milioni  di  dollari.  Sterminate  sono 
le  ricchezze  degli  Stati,  se  il  principale  strumento  d'ogni 
ricchezza,  l'uomo  non  manchi  alla  materia  ed  allo   spazio. 
Nel  1850  le  terre  del  pubblico  misuravano  1400  mila  milioni 
d'acri  (circa  570,000,000  di  ettari),  che  anche  vendute  a 
vilissimo  mercato  dovranno  rispondere  a  un  8  mila  milioni 
di  dollari:  somma  più  che  doppia  dell' enorme  debito  del- 
r  Inghilterra,  e  di  cui  la  decima  parte  basterebbe  a  ricom- 
perar tutti  gli  schiavi.  Me  ad  altro  si  volgono  i  pensieri  della 
fortunata  repùbblica:  la  quale  a  volle  par  che  provi  la  pue- 
rile impazienza  di   fare  un   qualche  sperimento  delle  sue 
forze:  e  intanto  sempre  più  inclina  a  quella  sentenza   chi- 
nese,  che  l'America  è  un  mondo  a   parte,  dove   l'Europa 
noM  ha  a  metter  mano,  né  parola. 

»  Codesti  sono  ghiribizzi  di  noviziato.  Ma  non  è  men  me- 
raviglioso per  noi,  che  affogl^iamp  nej  debiti,  vedere  un  go- 
verno in  gran  pensiero  per  non  s^per  come  rin^ettere  in 
bilancio  le  finanze  viziale  pel  soverchiar  d^lle  rendite  sulle 
spese.  Nel  1856  (da  giugno  1855  q  gii4gQ0  1856)  le  en- 
trate federali  spn^maronp  a  73,948,14)  dollari,  le  fpe$e  a 
72,948,793  a  Secarvi  anche  |fi  sommP  p^gi|(4  al  H^\co  per 
cessione  di  territorio.  Rimaneva  apepra  intero  anzi  ifigrospato 
d*un  milione  di  dollari  il  sopravanzo  di  48,93Sy976  ^alUri 


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819 
sul  bilancio  deiranno  prima;  ond'è  che  il  presidente  ottenne 
dal  Congresso  die  :}i  sgravassero  d*un  sesto  i  balzelli  delle 
dogane,  e  si  restringessero  per  format  che  non  avessero  a 
dure  più  di  50  miUeni  di  dollari  Tanno. 

>  Come  la  fortuna  pubbliea  e  il  territorio  agrario  (i 
proventi  del  quale  valsero  nel  4855  2500  milioni  di  dollari), 
cosi  s'allargano  le  industrie  e  i  commerci:  e  ne  diamo  questo 
solo  saggio,  che  dal  1790  in  poi  la  capacità  del  naviglio 
commerciale  degli  Stati  Uniti  crebbe  ^  cosa  incredibile  ma 
vera,  in  ragione  più  rapida  del  rapidissimo  aumento  della 
popolazione. 

4791 503,449  tonnellate 

4833 4,324,692 

4842 3,093,390         » 

4853 4,438,045         » 

485^ 5,313,000 

>  Codeste  sono  braccia  aggiunte  a  si  grande  e  ponderoso 
corpo,  il  quale  ingigantisce  ad  occhi  veggenti.  Ma  invano 
sin  qui  si  cerca  argomentare  da  fermi  indizi  quale  voglia 
ceserò  la  vocazione  di  questo  nuovo  popolo,  il  quale  non- 
dimeno a  molti  segni  ci  ricorda  il  giudaismo  cristiano  e 
r  aspra  libertà  dei  puritani,  da  cui  venne  il  primo  germe 
e  la  tempera  nativa  delle  colonie  angloamericane:  ond' altri 
ebbe  a  definire  il  Yankee,  un  inglese  meno  la  vernice  nor- 
manna e  più  la  taccagneria  scozzese  «.  * 

I«e  S^eletà  di  bclkefleensA  ìnglemU 

lì  sig.  Tidd  Pratt ,  addetto  a  diverse  società  caritatevoli 
d'Inghilterra,  in  una  Memoria  letta  ultimamente  a  Londra, 
dimostrò  eh^  dopo  il  4793  si  formarono  in  Inghilterra  e 
nel  paese  di  Galles  36,000  società  di  beneficenza ,  delle 
quali  ne  cessarono  6000. 

Restano  dunque  in  pieno  vigore  30,000  società  compo- 
ste di  3,500,000  membri.  Onde  assicurare  la  prosperità  di 
luite  queste  eorporazieni ,  bisognerebbe  che  fossero  provve- 


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320 

dutè  di  un  senrlzio  medico  ben  organizzato,  che  avessero 
mezzi  per  le  spese  di  cura  nella  malattia,  di  sepoltura  e 
di  amministrazione. 

La  estinzione  di  molte  di  tali  società  è  dovuta  ad  ana 
mancanza  di  determinazione  dello  scopo,  e  ad  una  caiijTa 
amministrazione. 

11  capitale  delle  società  ora  esistenti  è  di  10,000,000  di 
lire  sterline,  e  le  spese  annue  salgono  a  4,500,000  lire 
sterline.  D*  G.  C. 

— oOo— 

Stotlstle»  del  panperlsnao  brltoniBÌe« 
nell^amio  1868* 

AI  4  gennaio  <858  il  numero  totale  dei  poveri  soccorri 
in  Inghilterra  colla  contea  di  Galles  era  di  903,033  per- 
sone. Questo  numero  superava  di  35,377  quello  dell*  anno 
precedente.  In  questo  numero  contavansi  465,770  persone 
valide  al  lavoro. 

Nella  Scozia  invere  il  numero  dei  poveri  inscritti  per 
pubblico  soccorso  era  di  88,633  e  si  era  diminuito  di  40,741 
individui  in  confronto  dell' anno  precedente.  La  spesa  toule 
della  carità  pubblica  aumentò  per  la  Scozia  alla  somma  di 
lire  sterline  506,533  corrispondente  a  trenta  milioni  e  set- 
leeento  quaranta  mila  franchi.  Si  contano  nella  Scozia  309  ri- 
coveri di  lavoro  {poor-houtei). 

Neil*  Irlanda  si  contavano,  neiranno  4858,  i  86,335  po- 
veri ricoverati  neije  case  di  lavoro.  11  contributo  per  soc- 
correre i  poveri  fii  di  dieci  denari  per  ogni  lira  sterlina 
di  rendita  censuaria,  e  la  spesa  pel  mantenimento  della  pò* 
veraglia  ammontò  a  498,318  lire  sterline  che  corrispondono 
a  dodici  milioni  e  quattrocento  cinquantacinque  mila  franchi. 

Negli  ospizi  e  ne'manioomii  si  contarono  nell*  Inghil- 
terra 47,573  ricoverati  durante  Tanno  4858. 11  numero  però 
degli  idioti  e  dei  matti  diversamente  assistiti  della  carità 
privata  è  più  del  doppio.  In  Iscozia  si  contavano  4643  po- 
veri dementi  ricoverati,  e  nell'lrlande  se  ne  coniavano  4381, 
mentre  altri  40,463  mentecatti  erano  assistiti  i^Ua  meglio 
dalla  carità  privata. 

La  statistica  della  miseria  inglese  continua  a  darci  scon- 
solanti cifre  ad  onta  de*  suoi  straricchi  cittadini  e  de*  suoi 
oltre  potenti  land-lordi. 


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321 


NUOVE   GOHUNIGAZIONI 

PER  MEZZO  DI  CANALI,  STRADE  FERRATE 
E  PONTI  DI  FERRO. 


-oz^o— * 


lie  ferrovie  Itallaiie. 


D 


a  qualche  mese  abbiamo  dovalo  sospendere  le  consuete 
notizie  intorno  al  rooTimeoto  delle  ferrovie  italiane.  La  guer- 
ra scoppiata  nell'alta  Italia  sconvolse  il  regolare  andamento 
di  questi  novelli  veicoli  della  civiltà.  L' invasione  austriaca 
nel  Piemonte  portò  seco  la  distruzione  di  una  parte  dei 
viadotti  e  dei  ponti.  La  ritirata  dell' esercito  austriaco  fece 
distruggere  il  magnifico  ponte  di  Boffalora  sul  Ticino,  e  due 
ponti  suirAdda  presso  Gassano.  Altre  fatali  distruzioni  sa- 
rebbero avvenute  se  la  pronta  energia  dei  militi  condotti 
da  Garibaldi,  il  di  cui  accorrere  quasi  a  volo  valse  loro  il 
titolo  proverbiale  di  caQalkria  a  piedi,  non  avesse  impedito 
Io  scoppio  delle  mine  state  gik  -predisposte  dagli  austriaci 
fuggenti.  Ma  appena  l'inimico  sgombrava',  l'attività  italiana 
riparava  i  disastri  recati  alle  ferrovie  ed  il  loro  restauro  fu 
cosi  istantaneo  che  giovò  immensamente  l'uso  delle  ferro- 
vie al  movimento  celerissimo  dell'esercito  francese  che  potè 
cogliere  una  prima  palma  a  Magenta  e  la  seconda  a  Solfe- 
rino. E  perchè  il  servizio  delle  ferrovie  non  fosse  iriterrot- 

AtiifAu.  Siatiitica,  voi.  XXII,  ieri$  3.*  ài 


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322 

lo  si  costruì  nella  strada  che  circuisce  Milano  un  tronco  dì 
congiunzione  fra  la  strada  di  Genova  e  Torino  per  Milano 
con  quella  da  Milano  per  Brescia  e  Desenzano  e  di  là  per 
Verona  e  pel  veneto  se  al  Mincio  non  si  fosse  arrestata  la 
marcia  deiresercito  degli  alleati. 

Durante  T  occorsa  guerra,  tanto  la  Francia  »  come  T Au- 
stria poterono  conoscere  di  quale  e  quanta  importanze  sia 
per  gli  eserciti  militanti  Fuso  delle  ferrovie.  Le  mafcie  pro- 
cedono con  pochi  pericoli  e  senza  disagi  e  nel  breve  pe- 
riodo di  poche  ore  si  possono  lanciare  eserciti  a  cento  e 
più  miglia  di  distanza.  La  rete  ferroviaria  ha  centuplicato  la 
potenza  degli  Stati. 

E  quando  gli  eserciti  hanno  sospeso  il  loro  corso,  val- 
sero le  ferrovie  a  ricongiungere  i  popoli  pet  risalutarsi  come 
fratelli.  Voglia  Iddio  che  la  rete  ferroviaria  italiana  posa 
Tcramente  affratellare  la  nazione,  e  non  sia  più  una  rete 
di  ferro  per  aggiogarla!  Se  i  destini  d'Italia  sono  maturi, 
noi  speriamo  di  non  maledire  le  ferrovie,  come  mezzi  ri- 
servati soltanto  a  portare  la  distruzione  e  la  morte. 


11  tasllo  d«U*  Istmo  di  Sues. 

Finalmente  il  taglio  dell* istmo  di  Suez,  progettato  dal- 
l' ingegnere  Lesseps  ed  assecondato  da  tutte  le  nazioni  del 
tfiondo,  tranne  dall'Inghilterra,  sta  per  essere  intrapreso. 
Noi  rìprodueiamo  la  relazione  ehe  nello  scorso  mese  di  aprile 
pubblicava  la  Deputazione  degli  ingegneri  stati  inviati  solla 
feccia  dei  luoghi. 


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323 
I. 

Dal  Cairo  a  Suez. 

È  il  sabato  del  5  marzo  che  dopo  sei  giorni  di  traver- 
sata, la  Deputazione  della  Compagnia  universale,  presieduta 
dal  sig.  Ferdinando  de  Lesseps  è  giunta  in  Egitto. 

Una  permanenza  di  quattro  giorni  in  Alessandria  e  di 
dieci  giorni  al  Cairo  è  stata  consacrata  alle  disposizioni  da 
preodere  per  la  formazione  e  T  approvvigionamento  della 
carovana. 

11  sabato  21  marzo  alle  9.42  antim.  ha  avuto  luogo  la 
partenza  generale  e  simultanea.  Il  signor  de  Lesseps  era  in 
testa  della  carovana  pieno  dì  slancio  e  di  confidenza. 

L*  esplorazione  e  il  cammino  della  Deputazione  hanno  ri- 
chiesto sedici  giorni  d'accampamento  nel  deserto;  sono  stati 
percorsi  400  chilometri. 

Tre  soggiorni  dell'accampamento   hanno  particolarmente 
permesso  e  favorito  un  esame  più  studiato  dei  luoghi: 
il  primo  a  MolI-el-Kebir,  il  24  marzo; 
il  secondo  a  Bir-Abu-Balah,  il  29; 
il  terzo  sulla  spiaggia  di  Suez,  il  2  aprile. 

A  partire  dal  villaggio  di  Kanka  fino  a  Tellel-Kebir,  noi 
costeggiavamo  il  deserto  a  destra  senza  perdere  di  vista  la 
pianura  coltivata,  nella  quale  vi  sembravano  insufficienti  le 
irrigazioni.  Il  canale  d'irrigazione  compreso  nella  conces- 
sione deve  decuplare  le  colture.  A  giudicarne  dai  sakiéhs  in 
altiviià,  l'acqua  non  è  a  più  di  due  metri  di  profondità. 
È  a  Tell-el-Kebir  che  si  traversa  il  canale  discendendo  da 
Zagazig  a  Ramsés;  la  valle  era  ancora  innondata.  Questa  val- 
lata, che  chiamasi  VOuadée^  fa  direttamente  capo  al  lago 
Timsah,  la  quale  è  l'antica  tena  di  Gessen. 

Una  esplorazione  importante  ci  chiama  sulla  riva  sinistra; 
di  contro  a  noi,  all'ovest,  si  estende  un  vasto  terreno  de- 
serto, formante  presso  a  poco  un  triangolo,  i  di  cui  angoli 


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824 

sono  Koreine,  Kantara-el-Hasné  e  la  fontana  Bir-Abu^lab, 
i  cui  dintorni  devono  offrire  considerevoli  elemenli  alla  ir- 
rigazione. 

Appena  abbiamo  traversato  pochi  chilometri  del  deserto 
neir  angolo  del  mezzogiorno,  i  nostri  occhi  vengono  ralle- 
grati da  una  ricca  vallata  e  da  una  foresta  di  una  grande 
estensione.  Sotto  i  nostri  occhi  si  estendono  successivamente 
Koreine  con  i  sqoi  abbondanti  sakiéhs  e  i  suoi  bei  datte- 
ri; poi  Salaich,  non  meno  ricco,  con  le  sue  praterie  e  i 
suoi  villaggi  interpolati  da  una  foresta  di  palme  d'una  rì- 
noarchevole  vegetazione. 

È  un  piacere  e  un  contrasto  incantevole  lo  andare  lungo 
questa  verdeggiante  vallata  a  lato  d*  un' arida  sabbia  alla  su* 
perfide,  il  cui  suolo  non  attende  che  d'essere  umettalo  per 
rivalizzare  col  suolo  contiguo. 

In  tali  condizioni  si  continua  per  una  lunghezza  di  50  chi- 
lometri bene  al  di  là  di  Salaieh. 

Nelle  vicinanze  del  K^ntara-el-Kasné  (ponte  del  tesoro) 
s' incontra  la  strada  della  Siria.  |l  suolo  avvallato,  d'un  co^ 
lore  nerastro,  appalesa  la  stessa  facilità  di  fertilizzazione,  e 
le  ripe  rialzate  del  gran  canale  attraversato  da  questo  pome 
(Kantara),  non  lasciano  alcun  dubbio  su  questo  fatto. 

Dal  Kantara  a  Bir-Abu-Balah  si  rimarcano  le  rovine  d'una 
città  e  quindi  si  va  ravvicinandosi  al  lago  Tiinsah  (lago  del 
Gocodrillo), 

Il  soggiorno  a  Bir-Abu-Balah  (pozzo  del  padre  dei  datteri) 
è  stato  consacrato  a  studiare  b\  nord  e  al  sud  gli  accidenti 
e  la  profondità  di  quel  luogo  destinato  a  divenire  il  centro 
della  navigazione  e  del  commercio,  ed  a  vedere  ben  presto 
sopra  le  sue  rive  un  porto  e  una  città  considerevoli. 

Nella  parte  nord-ovest  lo  sguardo  è  fissato  e  sorpreso  dal 
panorama  dell' insieme.  Il  bacino  si  disegna  con  dei  frastagli, 
dai  quali  l'arte  saprà  trarre  gran  profitto.  L'esame  del  suolo 
e  la  presenta  dei  materiali  utili  sorpassano  le  speranze  pre- 
concclie  ;  una  vasta  depressione  formante  una  specie  di  ca- 


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846 
naie  naturale  quasi  parallelo  alla  linea  precedenlemente  trac-" 
eiaia,  sarà  utilizzata  dal  sig.  ingegnere  in  capo  per  abbre-^ 
viare  la  distanza  e  realizzare  una  importante  economia. 

Alla  estremità  sud  si  trova  una  sorgente  d'acqua  dolce 
chiamata  Nefibé,  la  quale  circostanza  autorizza  la  certezza 
di  poter  coprire  di  culture  quei  dintorni. 

La  sorgente  d'Abu-Balab,  quantunque  leggermente  salma- 
stra, è  perfettamente  potabile,  sopratutto  pel  bestiame.  Tutta 
la  carovana  vi  si  è  dissetata. 

Prima  di  abbandonare  questo  punto,  la  vallata  delFOuedée 
che  vi  fa  capo  è  stata  esplorata  sino  a  Ramsés,  ove  il  si* 
gnor  de  Lesseps  V  aveva  già  percorsa  discendendo  da  Teli* 
el-Kebir.  ^ 

Le  memorie  annesse  a  questa  contrada,  T antica  Gessen 
abitata  dagli  Ebrei,  e  le  nostre  proprie  osservazioni  fanno 
giudicare  della  futura  fecondità  dalla  fecondità  passata. 

Partendo  dal  secondo  accampamento  d'Abu-Balah,  la  parte 
nord-est  di  Timsah  si  presenta  all'attenzione  dei. signori  in- 
gegneri. I  movimenti  dei  terreni  e  gli  ammucchiamenti  della 
sabbia  vi  sono  osservati  e  misurati  sopra  una  considerevole 
estensione,  molto  al  di  là  del  porto  militare  sino  al  cantone 
dello  Sceico-Enncdec. 

Gli  stessi  vantaggi  per  la  profondità  e  la  escavazione  vi 
sono  riconosciuti  sino  alla  soglia  del  Serapeio,  di  fronte  alle 
rovine  d' un  monumento  di  Gambise. 
.  Al  di  là  della  stazione  del  Serapeio  il  cammino   è  stato 
più  rapido  e  le  osservazioni  meno  numerose. 

In  questa  pane  del  viaggio  abbiamo  costantemente  costeg- 
giato i  laghi  Amari,  lasciando  a  destra  il  canaletto  che  dee 
condurre  le  acque  deirOuadée  alle  terre  coltivabili.  11  ba- 
cino dei  laghi  Amari  che  dee  traversare  il  canale  marittimo 
è  cosperso  dalle  sabbie  e  inghiaiato  dai  ciottoli ,  di  cui 
ciascuno  di  noi  vuol  prendere  dei  campioni ,  e  sprovvisto 
della  vegetazione  di  cui  è  generalmente  sparso  il  Iago 
Timsah. 


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826 

I  laghi  Amari  comunicano  col  gran  eanale  di  Neco,  del 
quale  rimangono  tutt'ora  le  tracce  per  15  chilometri  sino 
a  Suez. 

Nelle  montagne  di  Geneff,  un'altra  ricognizione  constala 
resistenza  d'una  cava  offerente  le  più  utili  risorse. 

Finalmente  entrata  nella  sezione  del  vecchio  canale,  la 
curovana  segue  una  dolce  pendenza,  e  senza  sortire  dal  de- 
serto si  accampa  nella  rada  in  vista  di  Suez  fra  la  linea  az- 
zurra del  mare  e  il  Tosco  aspetto  dei  monti  di  Attaka  e  le 
sabbie  di  un'arida  pianura. 

Dopo  un'attenta  ispezione  delle  cave  dell' Attaka  e  delle 
risorse  d' ogni  specie  che  presentano  ai  lavori  di  costruzione 
in  Suez,  la  deputazione  ritorna  al  Cairo. 

11. 
Dal  Cairo  al  porto  Said. 

II  cammino  lento  e  misurato  della  carovana  non  aveva  in 
conto  alcuno  permesso  alla  deputazióne  di  estendere  le  sue 
esplorazioni  al  nord-ovest  dell'Istmo  al  di  là  del  Kantara, 
punto  d'unione  della  strada  della  Siria  col  canale  maritti- 
mo. A  partire  da  questo  importante  punto ,  la  direzione 
proposta  dal  progetto  preventivo  era  stata  cangiata  e  spo- 
stata. 

Dopo  avere  studiato  i  luoghi  e  misurate  le  diverse  pro- 
fondità del  mare,  la  Commissione  scientifica  internazionale 
aveva  determinata  la  direzione  definitiva  del  Bosforo  presso 
a  poco  in  linea  retta  verso  il  monticeilo  Pbiligret,  fra  Pe- 
lusio  e  il  bogaz  delle  torre  di  Gemileh,  còlboata  dalla  parte 
di  Damiata. 

La  linea  adottata  traversa  in  tutta  la  sua  estensione  il  ba- 
cino del  lago  Menzaleh,  navigabile  per  le  bacche  dei  pesca- 
tori in  una  profondità  adequata  di  S  ro.  a  S  m.,  60. 

Quelle  enormi   lagune  coprono  un   territorio  altre  volte 


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327 
fertile  e  coltivato,  che  allora  conteneva  più  città  celebri 
nella  storia. 

Il  lago  è  disseminato  d' interrimenti  moliO'  numerosi  e 
d'isolotti  testimonii  per  la  maggior  parte  dell'antica  ricchezza 
di  quei  luoghi. 

La  navigazione  in  quelle  vaste  lagune ,  in  mezzo  d'  una 
quantità  di  avana!  quasi  g^ll^gianti,  doveva  essere  il  com- 
plemento della  traversata  del  deserto. 

Dopo  il  porto  di  Suez,  studiato  e  visitato  al  sud*est,  ri- 
maneva da  fissarsi  il  porto  di  Said  al  nord-ovest. 

In  mancanza  di  battelli  a  vapore  d'ogni  comunicazione 
regolare,  è  bisognato  organizzare  sul  Nilo  una  flottiglia  di 
grandi  barche  adattata  alla  navigazione  del  fiuqde,  e  sul  lago 
Menzaleh  un'altra  riunione  di  barche  peschereccie. 

Sei  giorni  sono  stati  impiegati  al  Cairo  e  al  porto  di  Bo- 
lacco  per  i  preparativi  di  questa  spedizione. 

Mercoledì  43  aprile  si  è  effettuato  l'imbarco  a  Bcna  l'As- 
sai, su  quattro  battelli  di  grandezza  e  velocità  differenti. 

Un  vento  favorevole  ci  avrebbe  spinti  in  quarantott'ore  a 
Damiata^  ma  invece  questo  trafitto  ci  ha  costato  sei  giorni. 
Ora  contrariata  dal  vento,  ora  rigettata  alla  riva  dal  soffio 
violento  del  Kamsino,  o  fermata  dai  bassi-fondi,  la  flotiiglia 
ha  dovuto  quasi  costantemente  avere  ricorso  alla  risorsa 
ugualmente  faticosa  del  remo,  della  pertica  o  della  funi- 
cella. 

L' esame  delle  diverse  eolture,  dei  sakiés^  delle  rare  fab- 
briche e  del  sistema  delle  irrigazioni  locali  ha  guadagnato 
in  causa  di  tale  lentezza,  per  esserci  più  specialmente  de- 
dicati allo  studio  dei  canali  e  degli  espurghi. 

Alla  nostra  partenza  dal  Cairo  per  la  ferrovia  sino  a  Bcna- 
l'Assal,  avevamo  ricevute  le  migliori  assicurazioni  dell'acco- 
glienza e  del  buon  volere  ehe  ci  attendevano  sul  nostro  pas- 
^Sgio*  Quelle  assicurazioni  non  sono  $tate  ingannatrici:  il 
signor  sotto- governatore  di  Damiata,  tutti  i  consoli,  la  fami- 
glia del   rispettabile   signor  Suzrur  hanno  fatto  pavesare  ì 


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328 

consolati  ;  per  ogni  dove  le  più  cordiali  dimbslrazioni  ci 
hanno  circondato.  Noi  siamo  stati  gli  oggetti  della  più  splen- 
dida ospitalità,  e  al  nostro  ritorno  il  console  inglese  ha  pur 
anco  voluto  indirizzarci  un  grazioso  invito  che  il  tempo 
non  ci  ha  permesso  accettare. 

Il  bel  sito  di  Damiata  e  tutte  quelle  affettuose  premure 
avevano  pur  non  di  meno  per  la  Commissione  meno  attraenza 
che  la  spiaggia  nuda  e  sterile  che  si  estende  all'intorno  del 
porto  Said. 

Il  mercoledì  20  aprile  quattro  barche  ci  ricevevano  a  2  chi- 
lometri dalla  città. 

Malgrado  i  frequenti  insabbiamenti,  con  il  soccorso  delle 
braccia,  delle  gambe  e  delle  spalle  dei  vigorosi  pescatori  di 
Matarich ,  le  nostre  barche  si  dirigono  senza  sviare  verso 
Tennys,  antica  città  egiziana  e  romana ,  precisamente  sulla 
linea  del  canale  marittimo. 

Il  primo  raggio  di  sole  dell' indomani  ha  illuminata  la 
nostra  vista  sull'isola  ove  sono  sparse  quelle  rovine.  Dopo 
la  spedizione  d'Egitto^  Tennys  e  i  suoi  scavi  non  hanno  do- 
vuto ricevere  una  più  numerosa  compagnia.  Fra  mezzo  i 
rottami  di  mattoni  che  cuoprono  più  di  un  chilometro  dì 
suolo,  delle  profonde  escavazioni  pongono  allo  scoperto  delle 
rovine  fatte  pure  per  sorprendere  gli  occhi  che  videro  Pe« 
lusio  e  Cartagine.  Delle  fondazioni  romane,  dei  monticelli 
su  cui  s'  elevano  dei  templi,  una  colonna  di  marmo  a  6or 
di  terra,  degli  accumulamenti  di  materiali  alle  superBeie  e 
al  disotto,  quattro  cisterne  con  le  loro  vòlte  intatte  assieme 
al  loro  cemento;  degli  avanzi  di  vòlte  ed  archi  in  tutte  le 
direzioni:  questi  sono  i  testimonii  che  ci  hanno  raccontato 
i  guasti  dei  secoli  e  l'antico  splendore  di  quei  luoghi,  nello 
stesso  tempo  che  quello  spettacolo  c'insegnava  le  risorse 
che  ci  offrivano  quelle  macerie  per  i  materiali  dei  quali  si 
abbisogna  e  e'  incoraggivano  nella  speranza  di  rilevare  quei 
tristi  avanzi. 

Ciascuno  si  ritira  pensieroso  con  le  mani  cariche  di  fram- 


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829 

menti  di  vasi  e  di  stalaelte,  di  cui  il  tempo  non  ha  poluto 
interamente  cancellare  il  disegno  o  le  impronte. 

I  nostri  ingegneri  hanno  calcolato  che  i  materiali  che  si 
potrebbero  raccogliere  su  quel  suolo  per  la  costruzione  del 
porto  Saìd  debbono  elevarsi  almeno  a  15,000  metri  cubi. 

Nella  stessa  mattina,  dopo. la  nostra  visita  a  Tennys,  ab^ 
hiamo  passata  T  ultima  foce  del  ramo  taunìtico  in  faccia  alla 
torre  di  Gemileh. 

Le  nostre  barche  vi  depositavano  i  nostri  bagagli  e  le 
nostre  tende  destinate  a  un  nuovo  deserto.- 

Più  di  20  chilometri  ci  separavano  dal  monticello  Phili- 
gret;  il  nostro  ardore  impaziente  ce  lo  fa  percorrere  a  piedi 
sulle  rive  del  Mediterraneo,  piene  di  conchiglie  e  di  strati 
di  sabbia. 

La  Commissione  vi  sorprende  l'ingegnere  idrografo,  il  si- 
gnor Laorusse,  con  in  mano  lo  scandaglio,  discendente  dalla 
sua  barca  per  notare  sotto  la  sua  tenda  le  differenti  pro- 
fondità della  riva. 

Le  nostre  tele  sormontate  dai  colori  egiziani,  s'innalzano 
provvisoriamente  appiedi  dell'isolato  monticello  per  essere 
poi  trasportate  sulla  linea  quando  vi  saranno  ultimale  le 
prime  operazioni 

Questo  è  ancora  il  deserto,  ma  con  l'alto  mare  al  nord, 
le  lagune  al  mezzogiorno,  e  fra  le  due  uno  sterile  marcia- 
piede che  si  dilatava  o  restringeva  in  ragione  del  livello 
delle  acque. 

È  ciò  un  grandioso  spettacolo,  tutto  pieno  di  ricordi,  ri- 
sv#gliante  contemporaneamente  l' immaginazione  e  il  pen* 
siero*  Ma  tali  emozioni  non  distolgono  un  istante  la  Com- 
missione dallo  scopo  che  essa  va  proseguendo  su  questo 
teatro  delle  passate  prosperità  che  spera  rinnovare.  Essa  si 
è  recata  su  queste  rive  per  il  compimento  d'una  missione 
positiva  e  più  elevata  ;  essa  vi  si  è  diretta  per  porre  a  pro- 
fitto il  frutto  di  magnifici  studii  e  cominciare  l' esecuzione 
del  grande  lavoro,  i  cui  piani  sono  stati  tracciati  dalla  scien- 


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380 

ta  e  dairaatorilà  della  Goimiiisaione  scientifica  internatio^- 

naie. 

Essa  vi  è  venuta  per  determinare  definitivamente  il  panto 
deir  uscita  del  gran  canale  sul  Mediterraneo  e  preparare  le 
fondamenta  della  citiò,  che  sotto  il  nome  felicemente  scelto 
di  porto  di  Said  deve  corrispondere  col  porto  di  Suez  per 
i  flutti  uniti  dei  due  mari. 

Appena  la  Commissione  può  rapidamente  dirigere  la  sua 
attenzione  sui  prodotti  naturali  che  le  offrono  queste  rive 
per  r aumento  delle  rendite  della  Compagnia:  Kabbondanza 
della  pesca  nel  lago  e  nel  mare,  la  preparazione  della  but* 
targa,  la  vendita  del  pesce  salato,  la  faciliti  di  raccogliere 
con  poca  spesa  il  sale  bianco  cristallizzato.  La  corrente  de- 
gli spirili  è  altrove  ;  queste  considerazioni  sono  inferiori  e 
il  loro  momento  può  aggiornarsi;  in  oggi  si  tratta  dell'opera 
stessa,  non  degli  accessori!. 

Ciascuno  misura  col  passo  e  coir  occhio  il  suolo  da  sca- 
vare e  quello  da  edificare:  la  strada  lungo  mare  per  con- 
tenere i  flutti,  le  abitazioni  fisse  in  luogo  delle  tende  mo- 
bili, le  case  dei  lavoratori,  i  riftigii  di  buon  soccorso;  un 
faro  da  elevare  per  guida  dei  navigatori,  un  minaretio  pei 
musulmani,  una  chiesa  per  i  cristiani. 

Finalmente  gli  ultimi  calcoli  sono  fatti.  Il  punto  è  scelto 
dove  la  riva,  per  la  sua  più  rapida  declività,  il  mare  sem- 
bra più  prestarsi  ad  abbreviare  la  lunghezza  delle  gettate 
e  a  semplificare  le  difficoltà  e  la  durata  di  quei  lavori. 

È  designato  il  giorno  di  lunedi  35  aprile  4859  per  dare 
il  primo  colpo  di  zappa,  il  quale  dee  soddisfare  l'impazienza 
del  mondo  e  terminare  la  missione  della  deputazione  delegata. 
Da  Damiata  a  Benah,  aprile  4859. 

A.  de  Corbin  de  lUangoux. 


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831 


PROGRAMMI   E   PREMJ 


Cone^r*!  e  premj  protratti    dAirifltitwto 
naie  delle  «eleiiae   e  delle  arti   di 


dalla  R*  AecadenUa  delle  •eieiiac|  di  Tarli 


I 


tempi  che  corrono  sono  poco  propizii  alla  tralUzione  di 
temi  scientifici. 

L' Istituto  nazionale  delle  scienze  e  àtìit  «ni  di  Mifamo 
ha  dovuto  protrarre  a  miglior  tempo  resposìzione  ed  i  con- 
corsi pei  premii  d'industria.  Anche  i  concorsi  seientiSci  so- 
no mancati. 

Gol  mese  di  giugno  scadeva  il  termine  pel  concorso  di 
fondazione  Ravizza,  giusta  il  quale  doveva  concedersi  il  pre- 
mio di  franchi  700  all'  autore  del  miglior  libro  di  morate 
semplice  e  pratica  per  istruzione  del  popolo.  Non  si  pre- 
sentò che  un  unico  concorrente  con  un'opera  incompleta  e 
si  dovette  protrarre  il  concorso  sino  a  tutto  il  mese  di  mai;- 
del  prossimo  anno  4860. 

Per  la  fine  di  maggio  del  1860  va  pure  a  acadere  il 
termine  dell'altro  concorso  al  premio  di  franchi  1400  per 
la  trattazione  del  seguente  tema  già  altre  volte  proposto. 

«  Quali  fondamenti  dare  ad  una  filosofia  cbe  rifereiidosi 
alle  dottrine  tradizionali  italiane  meglio  conduca  alle  appli- 
cazioni sociali  e  civili  ». 


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332 

La  iraUazione  di  siffallo  tema  è  di  suprema  impor- 
tanza per  gli  italiani.  È  quasi  un  debito  della  nazione  quel- 
lo  di  far  conoscere  le  eminenti  dottrine  che  diedero  alla 
nostra  fllosofia  quello  speciale  carattere  che  da  alcuni  se- 
coli serba  di  atteggiarsi  meglio  d'ogni  altra  alle  più  sapienti 
applicazioni  giuridiche  e  sociali.  Noi  desideriamo  che  qual- 
che forte  pensatore  italiano  si  accinga  alla  soluzione  di  an 
argomento  che  farà  onore  alla  patria  comune. 

Cogliamo  questa  occasione  per  invitare  di  bel  nuovo  gli 
scrittori  italiani' a  trattare  anche  l'altro  tema  stato  proposto 
dalla  R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino,  che  6  il  se- 
guente: 

e  Descrivere  la  condizione  degli  studii  storici  in  Italia 
dalla  pace  di  Aquisgrana  dal  4748  al  4848,  saguendo  il  ca- 
rattere letterario  dei  varii  principali  scrittori. 

»  Determinare  l' influenu  che  gli  avvenimenti  politici 
ebbero  sull'indole  e  sul  corso  di  questi  studii  ». 

Il  premio  è  una  medaglia  d'oro  del  valore  di  mille 
franchi. 


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8S3 


INDICE 
DELLE  MATERIE  CONTENUTE  NEL  PRESENTE  VOLUME. 

Rassegna  di  Opere  Italuhe. 

I.  Italia  proposta  dello  sTiocolamento  del  livelli  in  Vallelliiia; 

considerazioni  del  dolt*  Pietro  Caimi     .    •    .    ,    pag* 
n.  La  banca  di  Bologna  e  il  napoleone  d'  oro. 
HI.  La  banca  pontificia  per  le  quattro   Legazioni   contro   la 

ditta  Facchini. 

IV.  Nuovo  cenno  intorno  la  banca  e  il  napoleone  d'  oro. 

V.  La  banca  di  Bologna  e  le  valute  monetarie;  discorso  del- 
l'avv.  Giacinto  Gatgarini. 

VI.  La  banca  delle  quattro  Legazioni  ed  il  cambio  dei  suoi 
biglietti;  parere  di  Gerolamo  Boceardo. 

VII.  Osservazioni  sul  parere  del  professore  Gerolamo  Boc* 
cardo^  intorno  la  banca  delle  quattro  Legazioni;  del  dott. 
JUassimiliano  Martinelli. 

Vili.  Risposta  alla  parte  giuridica  del  parere  del  signor  pro- 
fessore Gerolamo  Boccardo  sulla  questione  della  moneta  ; 
dell' avv.  Francesco  Borgatti. 

IX.  La  banca  delle  quattro  Legazioni,  la  moneta  ed  il  credito; 
risposta  del  prof.  Gerolamo  Boccardo  alle  osservazioni 
del  dott,  Martinelli  e  dell'  avv.  BorgatlL 

X.  Poche  avvertenze  dell' avv.  Francesco  Borgata  sull'ulti' 
mo  parere  del  professore  Gerolamo  Boccardo. 

XI.  Il  quesito  intorno  la  banca  delle  quattro  Legazioni  ;  nuo- 
va Memoria  del  dotL  Massimiliano  Martinelli. 

XII.  Dei  biglietti  di  banco  in  Bologna»  questione  sul  modo 
con  cui  vanno  pagati  dalla  banca  delle  quattro  Legazioni  ; 
parere  di  Francesco  Ferrara » 

XIII.  Del  valore  della  moneta  secondo  i  principi  comparati 
del  diritto  romano  pubblico  e  privato,  della  giurisprudenza 
e  della  moderna  economia;   dciravv.    BorgalU    ,    .    » 


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384 

saggio  di  A.  di  Berenger pag.  113 

XV.  ArchiTÌo  storico  Italiano,  o  Giornale  slorieo  degli  Ar- 
chi?! toscani •    .    .    »  fl4 

XVI.  Iscrisiooi  etnische  ed  etrasco-laline ,  illustrate  dal  pro- 
fessore G.  C.  OonetUMle »  US 

XVII.  Annuario  statistico  della  profineia  dì  Milano  per  Taa* 
no  1859.  Anno  I. 

XVIII.  Almanacco  cremaseo  per  Panno  I8K9,  Anno  XXVL  »  146 

XXI.  Salla  esposizione  agricola  ed  industriale  bresciana;  let- 
tere di  Giuseppe  Zanardelli »  235 

XXII.  Biblioteca  dell' Economista  »  diretta  dal  prof.  fY-ancesco 
Arroro.  Seconda  serie     •    , •  236 

Rassegua  di  Opere  SriuiiiBaB. 

XIX.  Traile  tbéorique  et   pratìque  d'economie  politiqne; 

par  /•  G.  Coureelle  Seneuil »    ivi 

XX.  Hlstoire  des  classes  oafrières  en  Franco  »  depois  la  con- 
quète  de  Jales  Cesar  Jnsqu'a  la  revolution  ;  par  £.  Xe- 
vcaseur •    •    •    »  iì% 

XXni.  La  liberté;  par  Jules  Simon »  237 

XXIV.  Annnaire  de  Teconomie  polilique  et  de  la  statistiquc; 
par  M.  Block  et  Guiltaumin »  338 

Memorie  Oeigiiiali,  Estratti  ed  Analisi  di  Opere, 

Della  misura  dei  valori  in  paesi  e  tempi  distanti.  Discussio- 
ne economico  •  slorica  9  letta  dal  prof.  Andrea  Zambelli 
all'Ateneo  di  Brescia  l'anno  i857 »    7,  Ii7 

Delle  istituzioni  di  beneficenza  nella  città  e  provincia  di  Ve- 
nezia; studii  storico- economico -statistici  del  conte  Pier 
Luigi  Bembo.  .Happorto  di  Giuseppe  Sacchi  letto  all'Ac- 
cademia fisio-medico-statistica  nella  seduta  14  aprile  i859  »    36 

Nuovi  documenti  statistici  intorno  ai  paesi  dell'oro.  (Con- 
tinuazione e  fine.  ) ...»    45,  153 

Del  metodo  storico  nelle  scienze  morali,  e  della  sua  più  re- 
cente applicazione    all'economia    politica;    Memoria   del 


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935 

coasigliere   Baldassare  Poli,  letta  al  R.  Istituto  delle 

scienze,  lettere  ed   arti   di  Lombardia   nella  seduta   del 

20  febbraio  1859 pag.  IS8 

1  giornali  presso  gli  antichi  Romani •    •    i*  164 

Opere  politico -eeonomicbe  ;  del  conte   Camillo  Benso  di 

Oipouff  presidente  del  Consiglio  dei  ministri  di  S.   Bf. 

il  re  di  Sardegna.  Dispensa  V  ed  uUioia  •  •  •  •  i*  170 
Pabblicazioni  recenti  di  economìa  politica  e  di  statistica  in 

lUlia.    . • I*  229 

Annuario  statistico  italiano.  (  Articolo  HI  ed  ultimo  )  ,  .  »  243 
Dizionario  della  Economia  politica  e  del  Commercio;  opera 

originale  italiana  del  professore  Gerolamo  Boccardo  •  »  265 
L'Economia  pubblica  negli  Stati  Vniti  d'America  ...»  286 

GsoGRAnA  E  Viaggi. 

Nuove  carte  archeologiche  della  Calila  antica    •    •    •    .    »    63 

Nuoto  esplorasioni  neir  Australia »    64 

Le  coste  del  Mar  Rosso,  —  Il  Yemen »  175 

Notizie  Italianb. 

Slaiislica  dell'  industria  manifiittariera  in  Italia  ;  del  doti. 

Pietro  Maestri »  65 

Rendiconto  della  settima  adunanza  generale  del  Pio  Consorzio 

di  mutuo  soccorso  dei  maestri  di  Lombardia    ...»  90 

Statistica  dell'arte  tipografica  in  Italia.  (Dott.  P.  Maestri)  «  177 

Le  imposte  in  Lombardia n  289 

La  condizione  amministratira  della  Toscana »  294 

Novizie  Interne. 

Movimento  commerciale  degli    Stati    sardi  [durante   l' anno 

1858 »  198 

11  bilancio  degli  Stati  sardi  per  l'anno  1858     *    ...    »  301 

Notizie  Straniere. 

Statistica  comparativa  del  commercio  inglese  e  francese  ne- 
gli anni  1856  e  1857 •    »  iOO 


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336 

Commercio  d*  esportazione  della  Gran  Bretagna  .    •    .    pag.  908 
La  cucina  e  l'asilo  di  fFindmiU-StreeL   •••*.•»  211 
Statistica  deir  istnuione  pubblica   nella  Gran  Bretagna  nel- 
l'anno i856    ; »  31S 

Statistica  comparatìTa  dell' industria  della  Gran  Bretagna   dal 

i850  al  1856 , «306 

Nuora  statistica  degli  Stati  Uniti  d' America «  310 

Le  Società  di  beneficènti  inglesi »  319 

Statistica  dcA  panperbmo  britannico  neiranno  1898    .    •    »  3% 

Noovi  coMrNiazioifi  per  xezzo  di  Canili  ,  Stiiìdb  pemiati 
E  Ponti  di  ferro. 

Nuora  statistica  delle  strade  ferrate  in  Europa   •    »    *    •  »  314 

Notizie  sul  traforo  del  Moncenisio    •••••«•.  i*  220 

Statistica  delle  strade  ferrate  negli  Stati  Uniti  d'America  «  222 

Le  ferroTie  Italiane «  32Ì 

11  taglio  dell'Istmo  di  Sues «    ,  »  32| 

Intenzioni  e  Scoperte. 

La  cucina  a  vapore  gii  in  oso  presso  i  popoli  aatitM    •    •  iiOf 

Biografia* 

JUitandiv  Butnboldt «  iOf 

PbOGRAMII   e   PftEHI. 

Concorsi  e  premj  protratti  dall'Istituto  nazionale  delle  scienae 
e  delle  arti  di  Milano,  e  dalla  R.  Accademia  delle  scienze 
di  Torino .    .    .    m  331 


FINE  DEL  VOLUME  XXII/ 
Ssam  8.* 


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V  • 


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