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AI^NALI UNIVERSALI
DI
STATISTICA
SGONOMIA PUBBLICA, LEGISLAZlQinS, STOBI A. VIAGGI
E COMMERCIO ',
COMPII.ATI
DA
GIUSEPPE SACCHI
f
E DA YARJ ECONOMISTI ITALIANI-
Volume GXXXVIX dblla Seak Pbiiia.
VOLUME VENTEaiMQT|RZO.
DELLA Serie Terza.
LugUo^ Jgoslo e Settembre <859.
MILANO
PSESSO LA società' PER LA PUBBLICAZIONE DEGLI AVVALI URITBRSAU
DELLE SCIENZE E DELL* INDUSTRIA
Nella Galleria De- Cristofot»; r '• : ^
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THE NEW YORK
PUBLIC LIBRARY
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ANNALI UNIVERSALI
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BIBLIOGRAFIA (0
— oOo—
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
R4SSEGISA DI OPERE ITALIAAE.
!• — * Rendiconto della beneficenza dell' Ospitale Maggiore
di Milano e degli anneai pii Instituli per gli anni 1 856
e 4857; del dotL Audbba Vbbga, Direttore. Milano, 4859.
Edizione tii-4«^ di pag* 480 con taQole topografiche.
xj questo T otUfo Rendiconto^ cho si pabblica da chi regge il
pia antico ed il più grande fra gl'istituti ospitalieri di Lombar-
dia. Esso comprende le notizie riferibili agli anni 48K6 e i857
che tennero questa volta veramente tesoreggiate dall'ottimo di-
rettore Verga. Egli non si accontentò di aggruppar cifre sul mo-
vimeoto e sulla mortami degli infermi, ma presentò con ispleudi-
(f) Sarauuo iodicaie con asterisco (*) di riscoDlre al titolo doiropen
fielle prodoBìoai aopra U qnali ai daranno | «laaado occorroaoi articoli
aualilici*
4
do stile la narrazione dei casi più interessanti alla scienza medicai
e chirurgica. E riguardo alla mortalità si ha pel biennio i 856-57
la cifra più ohe consolante delU perdita del 4Q per iOO, mentre
in altri ospedali questa cifra talvolta è più cbe doppia. Il numero
degli ammalati stati accolti nell'ospiiio fu di 29,751 individui du-
rante l'anno i857 e la spes^ complessiva fu lireaustr. i>978»i33.
L'istituto di Santa Corona che ha la cura degli infermi a do-
micilio diffuse le sue beneficenze a 55,203 individui; per cui la
carità ospitaliera di questi due soli stabilimenti fu recata a 64,954
infermi; il qual numero è più che ingente.
11 Rendiconto cbe annunziamo è accompagnato da un'accuratissi-
ma carta topografica stata disegnata dal valente medico Marieni ,
nella quale è indicato tutto il territorio che viene beneficato dallo
Spedai Maggiore 4i Sfilano e che r^Ppresenta i ponfini dell'ei du-
cato di Milano.
Noi estrarremo da questo Rendicoqtq alcune preziose notizie
pel nostro boUettiqo statistico.
I|. — * Rendiconti delle adunanze della R. Accademia dei
Georgofili di Firenze. Triennio 111. Firenze j 1859. Ed.
tn-8.^, presso la tipografìa Qalilejana.
I Rendiconti che annunziamo recano i processi verbali deirAc-
demia dei Georgofili pel primo quadrimestre dell'anno 4859. Tra
le Memorie state comunicate e che riguardano gli studj civili no?
tammo uh accurato Rendiconto deiropera del conte Bembo sugli
istituti di beneficenza della infelicissima città di Venezia; una Mer
moria del prof. Bufalini sull'educazione considerata in relazione
alle consuetudini sociali dei tempi presenti; ed un Rendiconto sv^\
primi pinque yolqmi della Bibliptec^ civile d^ir italiano che tratr
tano argomenti vitali pel benessere morale p |HiflitiQ9 ft^lla noa(r«|
pcnisol2|.
5
Menlre dettiamo qnesi* annantio le sedute dell' Accademia dei
Georgofili sono sospese* dovendo i più illustri fra i di lei membri
far parte della Consalta di Stato e trattare dei destini politici di
^esto illusire paese che dopo aVef data la rita a Dante, a Hiche>-
langelo, a Maccbiavelli ed a Galiteo, ha par diritto dì prehdere in
Europa an onorevole posto accanto alle più civili nasioni.
HI. — * Bulleitmo delPùimo di Suez diretto dal profeeeoré
Ugo CàUHDBi. T'orino, 4859. Voi IV. Fascicoli 48 e 44 i
presso la tipografia delV Unione i
La coraggiosa intrapresa delFingegnere Calindri di continuare
r illostraalone degli stodj che ormai stanno per ridarsi ad atto
pratico pel taglio dell'istmo di Sues, merita che sia dalla stampa
periodica italiana del continuo raccomandata.
I due fascicoli che annunaiamo ci fanno conoscere in quale
slato si trovino i lavori già tracciati per l'esecttsione di questa
grande opera, e ci riprodacono i voti pel suo compimento che
vengono di mano in mano emessi da tutti i giornali d'Europa é
specialmente dai giornali italiani.
«
IV. -^ * // Museo delle sciènze e delle arti i del dotL Dio-
nigi Lakoner. Milano y 4859; Ediz. tn-8.° con tavole in-
tercalale nel testo i presso il dott. Vallardi,
Ci facciamo solleciti di fai' lìoto ai pubblici educatori che que-^
st'oitioia raccolta del Lardner recata dall'inglese id italiano ed
opporlonamente illustrata dai traduttol*! italiani è ormai presso ai
suo termine.
Noi facciamo fervidi voti perchè quest'ottimo libro di sapienza
wamente utile venga possibilmente messo a portata della gioven-
tù studiosa 9 avendo essa ai dì nostri un vivo bisogno di essere
pasciuta di cognizioni positive, ansichè di ciancio sonorcé
RASSEGATA DI OPERE SiTRANIERE.
V. — RemarqueB ttur fei rqpporU économique entr$i l'Au*
triche et la Lombardie; par A. C. Milano, 1869. Un
opuscolo jn*8.^
Noi dobbiamo essere grati alKaotore anonimo di quest'opusco-
lo per la cura cbe egli si prese di far conoscere quali siano i
veri rapporti economici tra rAostria e la Lombardia. Egli dimo-
stra cbe la Lombardia venne siffattamente dilapidata e saccheg-
giata dal governo austriaco cbe non si poò pretendere cbe deb*
ba, come si vorrebbe, farle sostenere il carico della quattordicesi-
ma parte del favoloso debito pubblico di tutta l'Austria. Noi vor-
remmo cbe i fatti posti in evidensa in quest'opera potessero ave-
re qualche accesso anebo presso la diplomaaia europea la quale
in fatto di scienza civile dimostra da più anni un tale stalo di
proverbiale ignoranxa da fare la dlsperatione di tutti qoelti che
hanno pratica delle cose di Stato.
r
VI. — Hiitoire des origineg , des progrès et des varia-'
tions da droit intemational mariUme ; par Et, Hacti-
FEuiLLB.. Parigi 4858. Un wL in* 8.^
VII. — Des droits et des depoin des nations neuires en
temps de guerre maritime; par M. Haotbfbuillb. Parigi
1858. Tre voi. in -8.*
Noi annuniiamo queste due opere ginridicbe dell'illustre av-
vocato alla Corte di Gassaxione di Francia , perchè sono repu-
tate per opere classiche» e vorremmo cbe fossero consultate dai
nostri giovani giureconsulti in un momenio in cui per la neces-
sità della guerra sì dovette ricorrere al vecchio sistema delle così
dette prede marittime.
MEMORIE ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE.
Msionarto ^eiìm Beonainla péiÈtìem e del C^m-
merelai opera originale italiana del profeesore GE-
ROLAMO BOCCARBO. Torino 1859. Volume /II,
edizione fn-4*^ in due colonne f preeso Seba$liano Franco.
( Contiooaiione e fine. Vedi il fascìcolo di loglio 4859» pag. 265 ).
§ II. — libertà del commercio.
I filosofi, ohe hanno cercalo di dare dell'uomo una de?
finizione che esatinniente esprimesse il suo genere prossimo
e la sua uUima differenta dimenticarono di easervare un ea«
ratiere disUntivo dello umana sciente, ehe non permeile di
eonfonderla eoo alcun olirò essere dell' universo ; e questo
carattere consiste nella facoltè di commerciare, di scambiare i
suoi prodotti coi prodoni degli altri; laonde l'uomo potrebbe
definirsi: un animale cke fa ecambiL — lutti |^i animali sono
dolati dì una certa attività ; molti posseggono una specie di
industrio , e gli edifizi del eaatoro destano a buon diritta
r ammirazione del naturalista osservatore; alouni mostrano
di avere un eerto grado di previdensft, e la formica, nei
suoi lavori, palesa di essere preoooopata non solomente do-
gli attuali e presentanei bisogni, ma esiandio delle Bue fu-
ture necessità. Ma nessuno di essi baratta i prodolli deiro-
pera propria con quelli del lavoro altrui.
L*uomo, consacrandosi ad un sol genere d'industria, ne
8
trae uoa quantità di prodotti maggiore di quella ond* egli
avrebbe bisogno; tua, privo, per ciò appunto, di tutte le al-
tre cose che gli fanno mestieri , ricorre agli altri uomini
che queste cose hanno prodotte, e con. essoloro permuta i
frutti dei proprii sudori, ricevendone i risultati dei sudori
degli altri.
Questo scambio si compie non solo barattando prodotti
eon prodotti, ma eziandio questi con personali servigi, non
che i -servigi medesimi fra loro. Mentre il mercante vende
le sue derrate al fabbricante, questi paga al medico le sue
visite, all'avvocato le sue trattative, le sue lezioni al profes-
sore. Laonde la società tutta intiera è , giusta Y espressione
di Smith, una vasta casa di commercio, o meglio, un im-
menso mercato di scambii.
Gol progredire della società e deirincivilimento^ il mec-
canismo degli scambii, il sistema dei commerci si perfezio-
na. Al semplice, primitivo baratto dei prodotti in natura,
sottentra la compra- vendita per moneta, e V insiituzione di
questa merce da tutti accettata, a tutti bisognevole, facilita
e moltiplica lo scambio di tutte le altre merci. L'invenzio-
ne delle banehe e degl'instituti di credito, rendendo possi*
bili ed agevoli le anticipazioni fondate solla fiducia aumen-
ta la rapidità della oircolazione. Le strade, le navi, i pesi e
le misure, le ferrovie^ tutti i progressi insomma destinati a
mettere in contatto i produttori ed i consumatori, ad eco-
nomizzare il tempo a far risparmiare lavoro e spese, ten-
dono ad accrescere il movimento e la libertà delle transa-
zioni. Talché, per questa parte, la storia economica dell'u-
manità può riassumersi infuna semplice formola: progress
sjoo increm$nto della libertà di commerciare. — Rendere
ogni di più libero il traffico, tale è il grande scopo al quale
cospirano tutti i progressi che, nella vita deirincivilimonto,
fanno le nazioni.
Da una folla di condizioni fisiche, morali, politiche e
sociali questa libertà degli scambi dipende; e dessa è mag-
9
giore 0 minore, a seconda che quelle condizioni sono più
o meno adeguatamente adempite. Possono esse compen-
diarsi in quattro principali capi, dicendo che la liberth del
commercio sta:
1.^ — In proporzione del relativo grado di perfezione
dei mezzi di scambio ^ degli strumenti del commercio. — -
Di vario genere sono questi mezzi, questi strumenti: lingue,
monete, banchi, pesi, misure, veicoli, contabilità. Se una
sola lìngua potesse mai essere adottata dai trafficanti di tutto
il moudo, 0 (siccome ciò può considerarsi come un'utopia)
se la cognizione delle lingue forestiere si diffondesse nella
grande maggioranza dei negozianti; se scomparissero le in-
numerevoli varietà di moneta, di peso, di misura; se Tùso
del eredito e delle banche dovunque si diffondesse, è evi-
dente che il commercio sarebbe infinitamente più libero, più
facile, più esteso.
3.^ — In proporzione dell' ampiezza del mercato sul
quale il traffico si esercita. — Quanto è più copiosa la
quantità dei prodotti e dei servigi che si offrono; quanto
più è attiva la domanda che il pubblico fa di questi ser-
vigi o prodotti; quanto più numerosi sono i mezzi di tra-
sporto e le strade, di tanto s'aumenta e si assicura la li-'
berta del commercio. Il mercatante di un villaggio* o di
una piccola città è effettivamente men libero di scegliere e
di fare le sue operazioni, che un negoziante di una grande
metropoli. Lo stesso dicasi del consumatore che a Londra
0 a Parigi è più libero di comprare e di procurarsi gli
oggetti onde abbisogna , di quello che in una borgata al-
pina.
3.^ — In proporzione delta moralità degK scambisti. —
In un paese ove le frodi e le sofisticazioni sono comuni e
frequenti, ove abbondano i fallimenti e spesseggiano le ban-
cherotte, ove ^ono molti falsari!, il commercio è infinita-
mente men libero che sopra una piazza ove regna la buona
fede, ove non si è costretti a perdere tempo in saggiare, ri-
*0
p<?sare, verificare i prodoui, ove i conlracnii non fono fdlti
restii a transigere, per tema d'inganni.
4v — In proporzione dei limUi assegnati air ingerì*
'mento del potere sociale. — Li dove i trafficanti sono fa-
i'oiiìzzati a fare quei contratti che loro meglio aggradano
ed a ftirli in quella guia e con quelle clausole che loro
convengono, col solo obbligo di non violare la giustizia e
(li non arrecare detrimento alla società, la libertà è, per
fermo, maggiore che in quei luoghi dove l'autorità inter-
viene, in mille modi e sotto mille svariate forme, ad inca-
gliare, per secondi fini, le transazioni.
Senonchè, fra tutte queste condizioni alle quali soggiace
In libertà del commercio, quelle su cui in peculiar modo
doveva fermarsi e si è effettivamente fermata V attenzione
degli economisti, sono quelle deirultima categoria. Le altre
non potevano, di loro natura, dar luogo a seria disputazio-
ne; eonciossiachè , a meno di assoluta demenza, ninno osi
negare che il commercio è tanto più libero, quanto son più
perfezionati i suoi strumenti, quanto è più esteso il campo
d'azione, quanto è maggiore la moralità di coloro che lo
fanno,
Non cosi della quarta classe di coBdizioni , riguardo alla
quale non è tanto universale il consenso e la concordia del-
le opinioni, — Evvi una scuola , i cui seguaci sostengono
che lungi dal lasciare in intera balia dei privali la facoltà
di fare ogni e qualunque scambio, e di cingerne e fis-
sarne a loro posta le condizioni, il bene della società, l'or-
dine e il progresso della nazione richieggono che il go-
verno prefigga certe norme, distingua gli scambii permessi
da quelh che, naturalmente leciti, vengono pur tuttavia proi-
biti e sottoposti ad arbitrarie restrizioni. Ed applicando, in
peculiar modo, questa dottrina al trafiieo internazionale, as-
seriscono che lo Staio non deve concedere piena ed asso-
soluta liberisi, né alle importazioni, né alle esportazioni; non
a quelle, perchè sonvi casi nei quali la concorrenza degli
Il
esteri prodotti, importati nel paese, potrebbe danneggiare
gravemente i produttori nazionali; non a qaeste, perchè
son?i materie, che fa *d*uopo impedire di passare in mano
dei forestieri, essendo neeessarie tenerle all'interno.
Per guisa tale limitata la questione della libertà del *
commercio si riduee al vedere se alla economica prosperità
meglio conferisca il creare vincoli e pastoie al traiSco in-
ternationale, ovvero il lasciarlo perfettamente padrone di sé
medesimo e del campo sul quale si esercita.
E qui fa mestieri premettere una essenziale distinzione,
sema della quale troppo agevole sarebbe il cadere in con-
fusioni ed in errori. I vincoli ai quali può essere sottopo*-
sto il commercio sono di due specie profondamente diver*
se a seconda dello scopo che ha avuto il legislatore nello
stabilirli. Gli uni sono quelli aventi un fine fittale; gli altri
tendono ad un oggetto meramente reitrimvo.
È lecito di dubitare se alla utilità finanziaria ed alla giu-
stizia distributiva meglio s'addica un sistema contribuii ro,
che faccia direttamente pagare a ciascun cittadino, in pro-
porzione del proprio reddito, la somma da lui dovuta allo
Stato in contraccambio della tutela che lo Stato gli presta;
od un regime (quale si è quello universalmente adottato)
che consìste nel prelevare, ora direttamente e palesemente,
ora in modo occulto ed indiretto, i diversi e molteplici tri-
buti, gli uni ragguagliando al capitale^ altri alla rendita, al-
tri ai eoosumi, altri ai trapassi, alle transazioni, ecc., ecc.
Ma qualunque sia l'opinione che uom giudichi di preferire
intomo a questo gravissimo problema, che nel nostro arti-
colo Tosse verrà ampiamente discusso, eerto è, e ninno po-
trà mai contraddire che le ricchezze commerciali e le classi
della cittadinanza dedite al traffico devono, al pari di tutte
le altre ricchezze, e di tutte le altre classi , sottostare al
-prelevamento di quella quota d'imposta che corrisponde al
vantaggio che godono mcreè della sociale protezione.
Ciò posto, è evidente che se lo sborsare la tassa è un
42
hiconioJo (e DOù suole mai essere coQsidératò come un fa«
vore), vi hanno certi gravami che il commercio deve aop^
portare, e intomo ai quali non vi può essere materia di
contestazione. E questi sono appunto i gravami che risul-
tano dftir obbligo imposto ai mercatanti di contribuire alle
pubbliche spese in giusta proporzione, sono, cioè, i grava-
mi fiscali. Non vi sarebbe, infatti, alcuna plausibile ragione ^
pi*r esentare il commercio da quel civico dovere al quale
si sottopongono le altre industrie, la proprietà fondiaria e
le arti liberali.
Che se anche si volesse (come la celebre scuola di Que-
snay proponeva) sostituire alle molteplici tasse un solo ed
unico tributo, gravante la sola agricoltura e la possidenza
territoriale soltanto, sotto pretesto che l'arte rurale è la sola
produttiva e che le altre industrie non danno un prodotto
netto sul quale possa gravitare il fiscale prelevamento, non
per questo i commercianti verrebbero effettualmente esen-
tati da ogni contribuzione, imperocché, per ragioni che non
è questo il luogo di esporre e che nel mentovalo articolo
Tasie indagheremo^ quella unica imposta finirebbe per ri*
piovere ed allibrarsi fra tutte le classi di cittadini. I possi*
denti, dopo averla anticipata all'erario, se la farebbero di
certo rimborsare da tutti coloro che da essi acquistassero le
derrate di sussistenza e le materie prime deirinduslria. Per
la qual cosa, concluderemo che, qualunque sia il sistema
fiscale che migliore si estimi, sarebbe contrario a giustizia
e ad eeonomia e (quel che più) sarebbe affatto e mate-
rialmente impossibile che il commercio si sottraesse ai vin*
coli che dal regime finanziario ineluttabilmente risultano.
Non credasi però che qualsivoglia ordinamento fiscale
possa egualmente venir approvato; e che nessun suggeri-
mento abbia da fare, per questo riguardo, la scienza eco-
nomica ai governi ed ai finanzieri. Goneiossiachè se siamo
pronti a riconoscere la necessità dei vincoli posti alla li-
bertà commerciale con una mira puramente fiscale, non lo
siamo certamente del pari ad applaudire a tutti i generi di
fiscalità.
Il pagar tributo è considerata dai cittadini (ed io agi
giungo : giustamente considerala) una dura necessità. Fa me*
alieri adunque ohe lo Stalo ed ì suoi agenti con tutti i
mezzi che stanno in loro mano procurino di non renderla
ancor più dura e più vessatoria con l'aggiungere ai naturali
ed inevitabili incomodi che dal prelevamento risultano, ak
tri incomodi artificiali e che con alquanto di cura e di buon
volere avrebbero potuto evitarsi.^
Ed a questo proposilo siami lecita una osservazione
tanto più importante, ed alia quale annetto tanto maggior
peso, in quanto che può farsene in modo peculiare Tappli*
cazione a! mio paese. A dare efficace e vera libertà di com-
mercio ad una nazione non basta (come molti sou troppo
proclivi a credere) il modificare in senso liberale la tariffa
daziaria, lo esonerare da balzello molte merci, e lo sgravar-
le tutte da quei soverchi ed eccessivi tributi che Tignoran*
za ed il restrittivo sistema avevano loro imposto. Tutte que-
ste riforme, che sono certo lodevolissime, ed or ora ne ve-
dremo le ragioni, corrono grave pericolo di tornare incom-
plete e monche, e di non produrre gran parte del bene on-
de sarebbero naturalmente feconde, ove si lascino al tempo
stesso sussistere vieti regolamenti doganali e burocratici, con-
suetudini abusive, fiscalità insopporiabilL Noi abbiamo, ad
esempio in Piemonte, il libero scambio proclamalo in prin-
cipio ; dal libero scambio s'informa la nostra tariffa daziaria ;
il nostro sistema doganale ha cessato di essere proibitivo e
protezionista, per rimanere semplicemente fiscale. Ma, a fron-
te di tutte queste belle conquiste della scienza e della giu-
stizia, sussistono ancora fra noi moltissime e gravosissime
vessazioni doganali. Per rendere necessari innumerevoli im-
piegati, che altrimenti non avrebbero alcuna ragion d'essere
e non potrebbero far atto di presenza, la burocrazia aveva
jnv^nt^ta ed oggi si tollera una folla di bollette, di firme,
Ai
di controlli, di registrazioni, di parassitiche eoniabililà, che
incagliano il commercio, che fanno sprecare tempo e dena*
ri, che cagionano fastidi senza numero al negoziante. Vuoi
tu introdurre libri o carte stampate ? Hai bisogno di passa-
re per la trafila di dieci o dodici impiegati diversi, e {ciò
che riesce incredibile) ti occorre un'autorizzazione dell' in-
tendente, delFauiorità politica. Sta bene che tutto ciò si fa-
cesse in tempi di censnre, di revisioni, di restrizioni , ma
sotto un regime di libertà, in un' epoca neila quale è leci-
to stampare qui ciò che si vuole, e procurarsi per la posta
sen^a autorizzazione alcuna, quanti e quali libri si vogliono ,
non si comprende come si possono conservare siffatte insti-
tuzioni. Citiamo l'esempio che ora prima ci torna a mente ;
ma, quel che del commercio librario» potremmo affermarlo
di molti e molti altri rami di traffico, i quali, sotto un li*
berale sistetna di dazi puratnente ffseali, si trovano tuttavia
incagliati da varie inutili e dannose prescrizioni amministra*
tive. Ma è tale la fiducia che abbiamo nel governo no«tro
e nella bontà degli elementi onde si compone, che ci rite-
niamo sicuri che, appena sorgano tempi più tranquilli ed
alle amministrative riforme più coufacenti, non mancherà di
essere posto in revisione tutto il sistema contributivo per
condurlo a quello stato di relativa perfezione, ond'esso è
suscettibile.
Ciò stabilito intorno ai vincoli della prima specie, pas*
siamo ora a quelli della seconda, ai vincoli creati con uno
scopo puramente restrittivo.
E qui avvertiremo che, siccome lo esporre in tutte le
sue parti ed applicazioni il sistema restrittivo doganale è
naturalmente riserbato all'articolo PaoTszioHisMo, ove sì farà
la storia delle diverse legislazioni a questo sistema informa-
te, si descriveranno i pratici mezzi a tal 6ne adoperati, e si
mostreranno ad una ad una le funeste conseguenze che ne
derivano, ci limiteremo, per conseguenza, di presente allo
esame della questione teorica e generale, senza entrare in
io
minute e pariicolarvggiate considerazioni. Intendiamo qui
in ahri termini di porre e di sciogliere il problema di prin-
cipio rimandando airacoennato articolo lo studio delle moU
t^plici controversie di applicazione.
Il quesito, per tal modo detcrminato, si risolve in due:
vi ha, inbtii, una questione di giu§tizia ed una di uiiUtà. —
Consiste la prima nel vedere se sia conforme ad equiti ed
a diritto, ehe la sociale autoritk vincoli e restringa la natu-
rale libertà di commerciare. La seconda sta neir osservare
se, dato anche si possa prescindere dalla rigorosa giustiziai,
sia utile e conveniente per la società intera, pel governo e
pei privati che quesui libertà medesima venga in quella
guisa violata.
Premettiamo a scanso di equivoci, che questa distinzio-
ne viene ammessa da noi unicamente per necessità di me-
todo e per chiarezza di esposizione, non già perchè effetti-
vamente si possano scindere Tuna dall* altra la giustizia e
rutiliti, due cose che, a nostro avviso» ne formano una so-
la, o piuttosto costituiscono due aspetti di un unico prin-
cipio»
Gò posto, la prima questione non può dar luogo a lutw
ga disputazione. Nessun temperamento, nessun artiflcio legi-
slativo od amministrativo potrà far mai che la giustizia non
sia intrinseeameote, profondamente conculcata da un rei;i-
me che sacrifica la libertà di commerciare a particolari con.
venienze. Riduciamo a suoi minimi termini il problema:
Che fa egli il sistema proibitivo, il sistema della restrizione?
Comincia dallo stabilire in diritto ed in fatto che al governo
compete di decidere quali generi d'industria torni più van«
taggioso il far coltivare nel paese ; poscia il governo, muni-
to di questa autorità, dichiara che le tali e tali altre indù*
»trie non potrebbero sussistere o prosperare ove il commer-
cio fosse pienamente libero, ove si potessero introdurre i
prodotti delle industrie similari straniere a far concorrenza
li produttori indigeni: da queste premesse finalmente de-
i6
duce la eoosegueaza che il goterno può, anzi deve o proi-
bire assolutameDie cotale inlroduzione, o almeoo, e secondo
i casi, aggravarla siffaUamente di dazi che il pericolo della
concorrenza sia rimosso. Proteggere un certo numero di pro-
duttori, a danno di tutti i consumatori; obbligare questi ul-
timi a pagare a caro prezzo prodotti di cattiva qualità, per
assicurare ai primi un guadagno, che altrimenti non varreb-
bero a procurarsi, tale è adunque, in ultima analisi, lo sco-
po, Tintento, il risultato del sistema.
Il domandare se un siffatto intento sia giusto è eviden-
temente una pretta derisione. La giustizia è uguale per lutti ;
non ha preferenze ; non tollera ohe, per beneficare il pro-
duttore di ferro nazionale, si danneggino tutti i consumatori
di questo metallo, i quali, ove la protezione non esistesse,
potrebbero procurarselo più abbondantemente ed a più mo-
dico prezzo dai minatori stranieri. Nessun sofisma, per quan-
to sottile, riuscirà mai a persuadermi che è giusto eh' io
sia costretto a pagare dieci lire un pezzo di stoffa, che po-
trei comprare per cinque lire io un altro paese, sol perchè
è necessario un dazio del 100 per 100 a far si che il fab-
bricante di stoffa indigena possa realizzare un profitto.
0 la proprietà noQ è un diritto sacro e rispettabile , o
il protezionismo altro non è (come diceva Bastiat) che una
violazione della proprietà, un comunismo mascherato. Se il
cittadino deve reputarsi veramente padrone de' suoi i^rodotti
deve pure esserlo^ per necessaria conseguenza, del modo di
usarli, di impiegarli, non solamente nel suo consumo perso-
nalcj ma eziandio in qualunque altra legittima maniera, e,
per esempio, di poterli donare, vendere, scambiare a secon-
da della sua convenienza. In ciò appunto consiste la pro-
prietà, giacché poco m' importerebbe che la legge mi di-
chiarasse e riconoscesse proprietario delie cose ch'io chiamo
mie, delle mìe rendite, del mio denaro, se questo legale
riconoscimento dovesse poi risolversi in una sterile parola,
e se non mi coqfcrisse Tassoluto, T incondizionato diritto dì
17
adoperare questi miei beni in quel modo che tonò per esti-
mare migliore, ben inteso purcliò io mi astenga dal farne
un uso illecito ed altrui pregiudizievole.
Or bene, se la legge mi vieta di esportare certi prodotti
e di venderli al loro giusto preizo ; se essa mi comanda di
non importare certi altri prodotti, e mi obbliga di pagare
le analoghe merci al dissopra del loro vero valore; se, in-
somma, in una folla d'occasioni, la legge mi pone neirasso-
lata impossibilità di comprare o di vendere le cose per ciò
ehe valgono, che fa mai dessa se non violare , annientare
il mio diritto di proprietà ?»••
Supponete che tutti i fabbricanti di pannilani, di coto-
nine, di ferramenta del Piemonte formassero una vasta co-
spirazione contro lutti i consumatori di ferramenta, di pan-
nilani e di cotonine , che quella società d' industriali stabi-
lisse un cordone di genti armate al conGne del regno, in*
earicandole di respingere colla forza i prodotti delle forestie-
re fabbriche, oppure di sottoporli ad un balzello tale , ehe
per molli equivalesse ad < una espulsione, e per gli altri co*
sliluisse un aggravamento delle spese di produzione e tra*
sporto, sicché non potessero più vendersi in paese che a
quel prezzo che i iabbrioanti giudicano necessario per non
avere a paventare la concorrenza. In questa ipotesi è evi-
dente che i cospiratori farebbero un buon affare, ma è chia-
ro allresi che commetterebbero la più grande delle ingiu-
stizie, la più flagrante delle iniquità. E non v*ha dubbio che
ove Qua tale congiura si scoprisse, tutto il paese ed il go-
verno e i rappresentami della legge insorgerebbero a re-
spingere la forza colla forza, ed a proleggere la proprietà e
la società roioacoiate.
Ora, invece* di andare essi medesimi o di mandare i lo-
ro sicari alla frontiera armati, invece di proteggersi da sé
Slessi, i fabbricami sumentovati ricorrono al legislatore, al
governo. Rappresentandogli che^ per guadagnare nelle loro
Asuuu. SMUtica^ voL XII 11^ serie 3.* t
4S
industrie, hanno bisogno di un esercito di doganieri che
scacci i prodotti scranieri e di una tariffa di dm proibitivi
ottengono che l'autorità sociale , la cutriee del paese e del
diritto, entri nella loro combriccola, si faccia loro complice
e li protegga^ obbligando il paese a star cheto, e torcendo
a particolare vantaggio il comune diritto. — Forsechè in
questo caso scomparisce V ingiustisia che ognuno era pronto
a confessare ed a reprimere nel caso precedente ? Forsechè
un alto è legittimo od iliegitiimo soltanto a seconda del modo
col quale è fatto e dei materiali siruineiui eoi quali è ese-
guito? Forsechè un attentato alla proprietà cessa di essere
odioso dal momento che la legge lo ha conyalidato e che
il governo \ì Ita prestato man forte?
Se fra il caso ipotetico ed il caso reale esiste una qual-
che differenza, questa è tutta a favore del primo e coiuro
il secondo. Imperoociiè i supposti cospiratori, che wmata
mano respingono daUa frontiera i prodotti esteri, sarebbero
semplici masnadieri e oolla più ; e la loro violenza medesi-
ma, i mezzi illegnli e turpi dei quali si servirebbero, sareb-
bero altrettante riprove ddla loro iniquità, e altrettante con-
ferme deiridea di giustizia che contro dì loro si ribeUereb-
be. Almeno essi non cerdierebbero di corrompere Tautori-
tà, dì scalzare dai fandamenci Tordine sociale; almeno non
darebbero a credere cfae i rappresentanti e i tutori della giu-
stizia e del diritto sono toro complici. Ma la protezione do-
. ganaie, prestata dal governo, non è meno violenta né me-
no odiosa della congiura accennala, ed è più vile e più
corruttrice; perchè la protezione doganale non si contenta
di far forza al giusto ed al retto, la oooiamina e la detur-
pa facendosi schermo della legge per violare ogni legge di
natura. All' ingiusiizk si aggiunge i' immoralità.
1 fautori del sistema proibitivo hanno di buon'ora com-
preso la gravità di quest'obbiezione; e, per torsi d'imbaraz-
zo > ricorsero ad un singolare cavillo. Essi confessano che II
diriiio di operare gli scambi a beneplacito è una legittima
«9
e ipooUnea eomegueoia del difillo di propr ieih ; ma b lo-
ro eoafcnipne è di breve durata. SesCengpno infatti, <^ il
diriuo di proprietà può e deve «aeere talvoka Umiiaio senza
che la giiMliiia possa dirsi violalSi giacehè (dicono) è ap-
punto una delle aurìbuziooi del potere sociale quella di re-
stringere e di limitare i diritti di qualunque natura. Ogoi
nomo ba, per esempio, il diritto di pubblicare le sue idee;
ma il potere sociale può eocepire a questo diritto tutte] le
volte che le idee pubblicate tornano dannose al sociale con-
sorzio. Ogni uomo ha il diritlo di godere le sue rendite;
ma il potere soeiahs prelievi! 'Wfi porzione di queste rendi-
le tolto forma di tasse. Or^ perchè «nai, se tutti i diritti in-
dividuali possano andar soggetti a restriaiooi^ il solo dirit-
lo di scambio sarà assoluto ed intangibile? Quando il go-
verno circoscrive l'eaerciKio d*on diriuo, ciò fa con uno sco-
po d'utilità generale; or dunque^ se è conforme alla gene-
rale utilità che il governo limiti il diritto di scambio, per-
chè mai vorrete voi fare un'ecoezione a favore di quasi' tii<
timo?
Se realmente il restringere la libertà del commercio sia
conforme alla generale utilità, noi vedremo più sotto quan-
do esamineremo la seconda parte del problema. Per ora «
diseittendo il puro quesito dì giustizia, osserf eremo che se
è vero, che talvolta, in certi determinali casi e per motivi
di* un'evidente ed inclutabile necessità, il potere sociale è
costretto insieme ed autorizzato a modificare ed a contem-
perare i naturali diritti dei cittadini, è falsa però e sopram*
modo perniciosa hi teoria posta in campo dai fautori della
restriiione eoromeseiale, secondo i quali Ja missione e^ per
cosi dire, Tessènza del potere sociale sarebbe quella appun-
to di Kmiiare tutti i diritti del cittadino, seaz'altra regola
fuorché quella della propria volontà e dcirarbitrio del su-
premo imperante.
Questa sedicente teoria ha servito sempre di maschera
e di pretesto a tutte le forme di despotismo ; conciossiucliè
so
non sia mai slato alcun liranno cosi ingenuo o cosi im^i
pudente, da dichiarare che egli opprimeva e limitava i àU
ritti altrui per puro capriccio o per {smodata e gratuiti^
voglia di dominare ; ma tutti i despoti e gli usurpatori an-
tichi e moderni hanno ognora cercalo di palliare con 1^
supposta utilità pubblica i loro soprusi.
Nel caso delle imposte, che gli avversarii adducono co» •
me un esempio di legittima restrizione della individuale
proprietà, il governo preleva una porzione dei privati averi
non già per proteggere questa o quella particolare classe di
cittadini , ma per tutelarle tutte ; la preleva perchè tale è
la sua condizione d'essere, perchè altrimenti il governo ces-
serebbe, e con essa scomparirebbe Qgni guarentigia deiror<>
dine sociale.
In quanto poi alla libertà di stampa , che è pur citata
dagli avversari come un diritto il quale viene (secondo loro)
limitato dalla legge che reprime gli abusi che la malvagità
e l'ignoranza possono farne, non esiste parità alcuna colla
libertà di commercio. L'autpre che calunnia e corrompe fa
un male e commette un delitto ; ragion vuole ohe la legge
lo reprima. Ma qual delitto commettesi, di grazia, da me^
quando invece di accomodariqi a pagar tre soldi un quin-
terno di carta cattiva prodotta nello Stato, preferisco com-
prare con due soldi un bel quinteriio di carta straniera?...
e Ciò che il potere sociale^ diremo col sig. Dunoyer (i)^
può ragionevolmente domandare, ciò che è necessario ch*et
pretenda, ciò che non potrà mai esigere troppo imperiosa-
mente, si è il sacriflzio, non già ben inteso, de' nostri di-
ritti, ma di quanto li distrugge q li impedisce di nascere
si è l'abbandono delle nostre ingiuste pretese; si è la ri-
nuncia a qualunque azione suscettibile di venir giustamen-
(1) Mémoire sur ki Hberié du commerce international , ic^-
gerita n»! tomu XtX, 1.* dfl Journal des Économis^tfs*
SI
te qualificata crìini|he, delitto, ingiuria, offesa^ danno; e^ per
non uscire dall'argomento che ci occupa, ciò che può e
deve domandarci, in materia di scambila per esempio, si è
di asienerci da qualunque dolo, da qualsiasi frode, da ogni
ingiusta meita nelle nostre transazioni. Ma inferire dacché
il governo deve sbandire dai contralti la violenza e Tinga-
no che Ile distruggono la libèrti^ aver egli precisamente il
diritto d*incagliare, di limitare la libertà degli scambi; in-*
ferire dacch'ei deve studiosamente vigilare e far si che il
prezzo delle cose naturalmente si stabilisca, ch'egli ha il
diritto d'imprimere al prezzò delle cose, mercè delle sue
restrizioni, un ribasso od un rialzo fittizio, non è ciò forse
un ragionare del tutto a dontrosenso? Non è egli un arri«
vare precisamente ad una induzione oppòsta a quella che
le premesse indicavano? >
Dopo le quali cose noi crediamo al tutto superfluo lo
insistere più a lungo sulla prima questione, sulla questione
di giustizia; scendiamo quindi a quella di utilità;
È egli vero che il regime proibitivo, da noi dimostrato
iniquo ed ingiusto, compensi almeno questa taccia che dal
punto di diritto può farglisi, con grandi vantaggi dal punto
d'economia? È egli vero che esso arrechi tali incoraggia-
menti all'industria, tanto incrementò alla pubblica e priva-
ta ricchezza^ da far trascurare l' irregolasità e V anormalità
giuridica del principio da cui parte?, È egli vero che sia
renduto necessario in virtù delle naturali differenze che di-
stinguono e separano le varie nazionalità ? È egli vero che
esso solo possa assicurare a guarentire V indipendenza dei
popolij e fondarne sòpfa solide basi la grandezza? ,
A tutte queste ed a simigliami domande, che implicano
ed involgono un problema uiiliurio, i protezionisti rispon-
dono risoluta l'affermativa. Laonde sarà prezzo dell'opera il
portare un pò addentro il lume dell'analisi in questa parte
cosi importante del problema.
V ha un primo fatto che gli avversarii non possono per
il .
alcun modo impugnare, un facto dì etidenca isica e mate-
riak, elle, cioè qualunque sia, e per ora suppomainolo
egregro, Pinflusso che le doganali reatrisioai eserettano sul-
le industrie e sulle classi sociali che le leggi hanno toIui»
rn ispecial modo proieggore, le restriaioni medesime devo-
no«però necessaria mente danneggiare piò o meno tutte quel*
le altro elassi, alle quali il sistema doganale non ha voluto
arrecare alcun beneOzto, e le quali non sognano neppure
di domandargli che te voglia proteggere con ahre restrt-
zicn».
Citiamo UD esempio: i fabbricanti di carta in un dato
paese non credono (poniam caso) dì poter sostenere Teste*
ra concorrenza se la carta forestiera non è gravata d*un da«
zio del 50 per 100. Invocano quindi ed ottengono dal go-
verno lo stabilimento di questo dazio, lo voglio ammettere
per ora che questo atto della legge torni intieramente a be-
DcBcio delle cartiere nazionali; voglio prescindere da ogni
idea di giustizia, e domando semplicemente: i consumatori
di carta, gli scrittori, gli stampatori^ i disegnatori quale in-
fluenza risentiranno dal dazio ? È manifesto che tutti costo-
ro saranno danneggiati almeno di tanto quanto è reccezio-
naie proGtto garantito ai cartieri. E, in generale, possiamo
asserire che tutte le classi sociali, che non mettono sul mer-
cato prodotti materiali, che vivono dei loro personali ser-
vigi, che non vendono che il loro lavoro (che è quanto di-
re l'immensa maggioranza della popolazione) , non risentono
che il peso dei vincoli creati dal sistema proibitivo, senza
compenso di sorta.
Ma ciò non è ancor tutto. — Nel novero delle persone
che il sistema protegge, molte pe sono cui, in correspetii-
vo di oneri reali e gravissimi, non db effettivamente che il-
lusioni e ridicoli benefizit. Infatti, attesa la divisione del la-
voro, base universale su cui riposa Tordinamento del civile
consorzio, ciascuno si dedica ad una speciale industria , e
lascia che gli altri producano tutte le altre innumerevoli
S3
cose delle quali ei paò avere bisogno, e ehe egli si procu-
re dando in iseambio i prodotti del suo proprio mestiere.
Or bene, se, in quanto è produttore di una sola qualità di
merci, il cittadino è protetto dftHa tariffa daiiaria, ne viene,
all*incoRtro, danneggiato^ in quanto è consumalore di tutie
le altre merci. B ajceome la quantità degli oggetti ch'ersi
provvede mediante lo scambio* è inGnitamente più svariata
e /lìò grande di quella degli oggetti eh'oi mette sul merca^
to, è evidente che ehi iacesse il bilancio di ciò che gli io^
glie e di quanto gli dà ta protezione, il passivo verrebbe a
superare di gran lunga Tatiivo. E se, per insostenibile ipo«
tesi, fingiamo che le due partite si bilancino e ehe ogni
cittadino sia precisamente tanto vantaggiato quanto è danne^
giato dalla tariffa, resterà ancora da domandare : quale titi**
iità vi sia a creare artificialmente e con grandi stenti un
pareggiamento forzoso, quando v'ero un mezzo ei)si seoapU-
ce ed ovvio come la libertà per ottenere un pareggiamen-
to spontaneo e naturale ? Non ci ricorda egli questo caso il
caso dì quella moltitudine, cosi graziosamente descritta dal
Manzoni nei suoi Promessi S/M)si, in cui ogni individuo, per
veder meglio, e più da lontano, si leva sulla ponta dei pie-
di ; ma , siecdme tutti si sono coi^i levati , la posizione di
eìaseuno, relativamente a quella di tutti gli altri, resta la
stessa di prima, con di più la fotiea di rimanersi in equili-
brio ed in un disagiato atteggiamento? B non era meglio
starsene tutti concordi e tranquilli al proprio posto?
Ma l'ipotesi del pareggiamento, che pure si poco giova
agli avversari, è, lo ripetiamo, assurda ed insostenibile. In
realtà se il sistema protettivo fa del bene ad uno, fa del
male a eento, spoglia i cento per arricchire Tuno. Gdcolasi
a 55 milioni di franchi la somma che il dazio posto in
Francia sulla razza bovina permetteva, non ha molto , agli
allevatori di bestiami di prelevare sopra i consumatori di
carne. A 25 milioni si calcola la somma che ragrieohure
francese è obbligata a pagare ogni anno, pel dazio sui Ter-
24
ri agi* incraprendUori di miniere ; e ci& che qoesto da2io
medesimo costa alle industrie in generale eslimasi ad ao^
nui 60 milioni di franchi* Ora, io domando: dov'è il go«
▼erno cosi sapiente, cosi onniscenie e cosi divino, che pos^
sa dare ai consumatori di carne e di ferro un esatto com-*
penso di questo balzello, che è loro imposto per vantaggia-
re i produttori di quei due generi ? Quale intelligenia riuscì^
rà mai ad allibrare cosi esattamente il sacrificio ed il van-*
faggio, da far si che le due quantità esattamente si contm-'
bilancino per tutte le professioni, per tutte le arti, per tut^
te le innumerevoli classi di produttori e di consumatori ?
Ma (dicono gK avversarli, vieppiù stretti dalla inesorabi^
le logica) voi, o economisti, ragionate sempre con principj
assoluti, e cadete perciò nella utopia. La libertà del com-
mercio che invocate con tanta ostinazione sarebbe possibile
ove noi vivessimo in un mondo, dal quale ogni differenza
di nazionalità fosse scomparsa, e dove non esistessero inte-'
ressi contrari. Ma questo mondo non esiste; sonvi, ed è uti«
le che vi sieno , diverse nazionalità ; le differenti nazioni
hanno ed avranno sempre interessi divergenti e spesso op«
posti ; e quindi sarà ognora necessario che ogni Slato man«
tenga integralmente nel suo seno tutto ciò che riebiedesi
alla propria sicurezza ed indipendenza, tutte le industrie
confacenti al proprio sostentamento ed ali* intema prosperi-
tà. Or bene, qual' è il mezzo per ottenere tutti questi van-
taggi, se non il lavoro? QuaKè il regime, che può condur^^
re il lavoro in tulle quelle vie nelle quali è necessario che
si porti, per produrre tulle le cose necessarie ed utili , se
non quel regime che, rimovendo l'estera concorrenza, assi-
cura ad ogni nazione il monopolio del proprio mercato?
Questa argomentazione, che si spesso e sotto tante di-
verse forme comparisce nei libri e nei discorsi dei protezio-
nisti, eon una speciosa apparenza di verità non racchiude
che un grossolano sofisma. *
E primieramente è assolutamente erroneo il dire che
2d
eli eeoitoinisii fondino la teoria dei libero scambio sulle
ipotesi d'uD mondo, dal quale ogni differenza di nazionalità
fosse sbaodiia. Che anzi non solo riconoscono essi e confes-*
sano il fatto delle nazionalità^ ma eziandio lo giustificano e
lo aeeettano come un fatto provvidenziale, ponendolo appunto
a base della loro teoria. Le nazionalità gelose, ostili-, batta-
gliere dei barbari tempi, non hanno certamente e non avran-
no mai né Tapplaùso né il rimpianto degli economisti. Ma
essi ammettono fra le nazioni eerte notabili diSerenie fisi«
che, geografiche, etQografiehe> politiche e sociali, che costi-
tuiscono lo loro personalità, la loro originalità ed autonomia.
E sì è -appunto perchè esistono queste differenze tra pae-
se, fra nazione e nazione, che gli economisti dichiarano ne-^
cestsario lo stabilire fra le diverse popolazioni una razionale
divisione del Javoro, in quella guisa medesima e per gli
stessi motivi che hanno fatta stabilire fra grindividui. Ed in
quell'identico modo che la divisione del lavoro individuale
irae alla necessaria conseguenza della libertà di scambio fra
i cittadini, affinchè ciascuno possa provvedersi quelle cose
che non ba personalmente prodotte, dando in correspettivo
le cose che produce, cosi del pari la divisione del lavoro
tra popoli conduce ad una conclusione perfettamente eguale.
È veramente singolare il ragionamento degli avversari:
dalla premessa che sussistono fra i diversi Stati certe incan-
cellabili disparità, in virtù delle quali ognuno d*essi è più
acconcio ad un dato numero di produzioni, anziché ad al-
tre che sono riserbate agli Stati vicini e lontani, ne inferi-
scono Tinduzione che gl'interessi di questi Stati sono opposti
ed ostili, che essi devono vivere separati, che devono farsi
una guerra almeno di tariffe doganali. E noi affermiamo che
è precisamente la conclusione inversa che bisognava ricavare
da quella premessa.
« Tutto dinota infatti, diremo qui col Dunoycr (i), che
i*^rti«MMaaMiM*^iMM*i.*i*i
(1) Memoria succitata, pag. 33«
56
Tnuiore di tulle cose, collocando le nazioni in mezzo a con-
, <] i/ioni si prodigiosamente diverse, distribuendo loro riecbex-
7Q e facolti buon numero delle quali sembrano tanto peeu-
tinri ad alcune di esse, quanto sono pur nondias^no neees-
sarie a tutte, volle che invece di isolarsi , essi strìngessero
vincoli d'unione, ed avessero relazioni di commercio molie-
ftlici, coniinue, vivaei ed ognora più numerose e più attive*
Basta aprir gli occhi per vedere che esiste dovunque un
gran novero d'industrie, e delle più importanti, per le quali
h mestieri mettere a contribuzione i più diversi paesi , ed
il cui esercizio diverrebbe immediatamente impossibile, se
le commerciali relazioni che uniscono più o meno comple-
tamente le diverse parti del mondo, fossero un di interrotte*
Né punto più arduo è il riconoscere che vi hanno ragguar-
devoli industrie, le quali sono interamente proprie di certi
paesi, e che divengono motivi naturali, e quasi direi ine-
TÌtAbili di comunicazione fra questi e tutti gli altri paesi.
Egli è poi da osservarsi che le industrie dette similari, cui
simultaneamente esercitano diverse contrade, barino k mag-
gior parte, in ciascuna regione, caratteri ohe le contraddi-
stinguono; che tutti i popoli imprimono a tutti i loro pro-
dotti un particolare marchio; e che questa diversità dei
medesimi prodotti, renduta più sensibile alla naturale attrat-
tiva che hanno per gli uomini di tutti i paesi le cose ve-
nute da lontano, basta abbondantemente a far si che non
si escludano vicendevolmente, e che all' incontro si servano
reciprocamente di incentivo allo smercio, provocando, fra i
paesi che li creano, attive relazioni commerciali >.
Lungi adunque dal legittimare un sistema di ostilità e
di restrizioni* le naturali e molteplici varietà economiche ,
dalle quali le nazionalità sono contrassegnate, determinano
invece e sanzionano un regime di illimitata libertà di scambi.
E nulla può trovarsi di più assurdo che il supposto argo-
mento che gli avversari derivano dalla santa idea dell'indi-
pondenzu, da essi falsata ed abusata. Quando due privati
S7
iodiviilui fanno scambio dei rispettivi prodotti o dei loro
senrigi, nessuno ha mai sognato di affermare eh' essi rinun-
sino pereto alla personale loro indipendenza; anzi il buon
senso chiama tanta più indipendente e libero quell'uomo
ehe può lare più scarobìi e procurarsi un maggior numero
di soddisfazioni, mentre invece appella restrizione dell'in*
dipendenza tfualunque vincolo che la legge o T altrui vo«
Ionie si alterni di mettere alla facoltà di scambiare. Or ciò
che è vero di due particolari persone, cesserà di esserlo
di due grandi aggregati d'uomini, di due nazioni? Quando
il Piemonte fa commercio coli' Inghilterra , in che m^i
vede menomata la propria indipendenza? E se vuoisi
chiamare dipendenza e soggezione il bisogno che il Pie-
monte ha dei ferri inglesi, chi non vede che questa sog-
gezione trova il suo correspettivo , il suo esatto compenso
nel bisogno che ha 1* Inghilterra delie sete piemoptesi?
Il preteso argomento dell' indipendenza è stato abilmente
eonfoiato da uno dei più valenti oratori della léga inglese,
dal sìg. W. J. Fox.
« Essere indipendente dallo straniero, diss'egli, ecco il
favorito tema dell'aristocrazia. Ma chi mai, di grazia, è que-
sto gran signore, questo avvocato della nazionale indipen-
denza, questo nemico di qualunque dipendenza dall' estero?
Esamioiamo la sua vita. Ecco un cuoco francese^ che pre«
para il pranzo del padrone, ed un cameriere ivizzero che
aeeoncia il padrone per l'ora del banchetto. Mitedy, che
accetta la sua mano^ è tutta splendente di perle, non mai
trovate nelle ostriche britanniche, e la piuma che ondeggia
sulla sua capigliatura non fece mai parte della coda d'un
tacchino inglese. Le carni della sua mensa vengono dal
B^giOy i suoi vini dalle rive del Reno o del Rodano. Ei
riposa gli sguardi sopra fiori venuti dall'ilmerica Meridionale^
e solletica l'olfato col fumo d'una foglia portata dall' ilme-
rica Boreale. Il suo favorito puledro è di araba origine, ed
il suo cane della razza del San Bernardo. Ricca è la gal-
28
Iorio (li qnaJri fiamminghi d di statue greche. Ih egli bra^
ma di distrazioni? Va a sentire cantanti italianiy islrumenti-
Mi tedeschi^ e lo spettacolo si compie con un ballo francese^
6* innalza egli agli onori giodiziarii? L'ermellino che orna
ic sue spalle non aveva mai prima d'allora flgaraio sul dorso
d' una bestia britannica. Persino la sua mente è un centone
di esotiche contribuzioni. La stia filosofia e la dua poesia
Vengono di Creda o da Roma^ la sua geometria da Ales-
mandria ^ la sua aritmetica dall' il ra6ia e la sua religione
dalia Palestina. Nella sua cuna inrantile fregò i suoi denti
sul corallo dell'Oceano indiano; e quand'ei morrà il marmo
di Carrara coprirà la sua tomba ••• Ed ecco l'uomo che
dice: Siamo indipendenti daUo stranierol^.. (<)•
La sola cosa dalla quale l'aristocratica inglese voleva
che l'Inghilterra fosse indipendente, la sola cosa di cui bra-
mava proscrivere l' importazione, era il grano. Volea che il
popolo fosse indipendente e libero di morire di fatne, ed
egli • ( il landlord ) libero e indipendente d'affamarlo. E
della stessa stampa è la libertà, è l' indipendenza che invo-
cano in tutti i paesi i fautori della restrizione. Qui sono i
minatori che vogliono l'indipendenza dal cdmbustibile o dal
ferro straniero; là sono i teslitori che la invocano dalle tele
e dai panni forestieri; e cosi di seguito.
Ma le commerciali restrizioni ( osservano i nostri contrad-
ditori) sono imposte dall'interesse dell'industria; le arti lan-
guirebbero se protette non fossero, e lutti i paesi che hanno
fatto reali e grandi progressi industriali^ li hanno compiti
sotto l'egida del protezionismo.
• Il governo, la società sono (e chi lo nega?) in debito
dì protezione verso le arti e le industrie, in questo senso
(1) Discorso di Fox nel Meeting del S6 gennajo 1844. (Vedi
r opera intitolata Cobden et la tigae, di Bastiat, e il nostro ar-
ticolo Lega inglese
29
ehe devono rimuovere tutte le rause artificialmente o fraut
dolentemente perturbatrici dell* esercizio e della libertà della
industrie medesime. Ma questa protezione non deve, noa
poò estendersi ( e noi lo abbiamo provato di sopra ) fino al
segno dì ereare monopolii e restrizioni, quand'aneo queste
tornar dovessero realmente vantaggiose alle arti protette.
Se non che, ò erroneo il diro che una tal proteziode
riesea effettivamente giovevole alle arti medesime, È possi-r
bile il dare di questa verità una rigorosa dimostrazione.
Allorquando, in un paese, una industria qualunque ( per
esempio quella delle cotonerie) vien messa, mercè di re*
strizìoni doganali, al riparo dell'estera concorrenza, gli uo-
mini dai quali questa è esercitata si trovano pasti immedia-i
tamenie in una posizione che permette loro di vendere ai
loro compatrioti i proprii prodotti , le loro telerie ad un
prezzo piò alto di quello che era lor dato costituire prima
che le restrizioni fossero state create. Ciò assicura loro un
lucro eccezionale. -^ Ma un tal lucro non tarda gran faito
a venir meno. Adescali dalla prospettiva -di un eccezionale
guadagno, i capitali affluiscono verso 1* industria che lo pro-
cura; e questo movimento dei capitali che vengono ( giusta
la pittoresca espressione del Rossi ) ad ingurgitarsi nei fitti-
zii eanali aperti, non si fermerà tranne al mon^coto iq cui
la eoncorrenzQ interna avrà ricandotto i benefizi 4^11' indù-
itria proietta al limite minimo c\ti possano discenderei cioè
al pari con tutti gli 'altri profitti (4). Ora, se si riflette che
il motivo per cui V Industria è protetta, si è che> Vendendo
i prodotti air antico prezzo, essa sarebbe danneggiata ; se si
osserva che 1^ concorrenza interna costringerà ipevitabiimente
i produttori a contentarsi del beneficio netto che daniiq
tutte le altre arti, ai giupge inelt^ttabi Intente pila qoqclqsione
(i) V- il tDiq :pratlaio teorico^pratico di economia, politica g
Tol. 111^ pag. 61 della 2,' edisione.
so
die quel tanto di più che al preno naturale ha aggiunto
la resiri»one, mentre è un danno positivo pel compratore,
non rappresenta alcun reale vantaggio pel venditore, omi bensì
soltanto rappresenta il maggior dispendio di prodozioDe ebe
eosta un'industria non omogenea al paese. Per rendere più
evidente e sensibile il fatto, supponiamo che, sotto il rcfime
di libertà 9 le cotonine straniere si vendessero a 5 soidi il
pafnno. La protezione permette di portare a IO midi questo
pretzo. Momentaneamente i produttori di cotonine nazionali
furanno un largo guadagno. Ma, dopo questa prtnui /ase
del fenomeno, viene la seconda, viene, cioè, rioierna con-
correnza^ la qoale riduce il prezzo del palmo di cotonina a
9, a 8, a 7, a 6 soldi. Suppongo che quesi* ultima cifra
rappresenti il costo di produzione interno,* compresovi il
benefizio del fabbricante. Dunque il prezzo non anderà al
dissotto di 6 soldi. Rimarrà dunque ancora la «lilTerenza di
4 soldo tra il prezzo del prodotto nazionale, e quello del
prodotto simile esotico. Ma questo soprappiù non anderà già
(come nella prima fase) nella borsa del produttore; bensì
rappresenterà una perdita netta pel paese, perdita derivante
dal divario irremediabilmenie esistente tra il costo di pro-
duzione nel paese, e quello del (irodotio estero.
Arroge ancora che, se l' industria in questione fosse la
sola favorita dalla legge restrittiva, il benefizio che nella
prima fase le è assicurato, potrebbe sembrare se non molto
onesto, almeno molto vantaggioso e reale per lei, permet-
tendole (fi vendere il suo prodotto al prezzo di monopolio.
Ma è d*uopn riflettere che, per quanto T arbitrio non co«
nosjpa legge, è però impossibile cht una cosi eccezionale
condizione duri per lungo tempo; è impossibile che ima
sola sia r arte assistita dal sistema restrittivo. Dal momento
clic una professione ha ottenuto dal potere sociale questo
singolare favore di escludere 1* incomodo aculeo della stra-
niere concorrenza, iutt« le altre protcssiofìi, o cnokc srlaieno,
sorgono a fargli identica domanda. Egli sarà giuocoforza
81
r aceoodiscendere, perchè le •teste ragioni che assistevano
h prima fisnehegi^aiio tutte le altre. Le quali perciò, ad
imitaxtoQe di quella, alzano i prezzi de' loro prodotti. Dal
che deriYa quella fiilsa poaizlone, che abbiamo earatterizzala
pia aopra eoU* esempio della folla del Manzoni, quella po«
sizione in cui nessuna industria può vendere più caro ciò
ch'essa fa, se non a condizione di pagare |mù caro ciò ch'essa
consuma ; e per conseguenza, l' ultimo risultato a cui metie
il sisteoia, si è di obbligare il paese a produrre più dispen*
dìosamente tutte le cose onde ha bi^gno.
Ma non basta. L* esempio dato dalla prima industria die
si è fiitu proteggere conuo lo estranee rivalità, non è imi-
tato solamente dalle altre industrie dei forestieri paesi.
Ognuno di questi, vedendo respingere dallo Stato vicino i
prodotti delle proprie manifatture, respinge, rappresaglia, le
merci della finitima contrada; e una nuova conaeguenza di
questo odioso ed assurdo sistema di universale ripulsione,
si è che le diverse industrie d' ogni paese non solo devonti
tdlerare il pregiudizio di pagare ogni cosa più caramente,
di lavorare più dispendiosamente e di avere maggiore didi-
colta a vendere i loro prodotti sull' interno mercato , ma
eziandio di vedersi perentoriamente espulse dai mercati degli
altri paesi del mondo (4).
Alle quali osservazioni fa d' uopo aggiungere ancora che
non sempre T aumento de' prezzi arUficialmente prodotto
dalle doganali restrizioni assicura alle proteiietindustrie la
fiicoltà di vendere con vantaggio i loro prodotti. Questo
aumento infatti ha spesso^ per effetto dì scemare e di sco-
raggiare il consumo che altre industrie fanno dei prodotti
dell'industrii favorita; talché, se questa riesce a vendere
più cari gli oggetti che commercia, ne vende però minore
quantità, ed il suo lucro effettivo risulta per tal guisa mi-
(I) V. Dunoyer, op. cit., pag. 29,
S2
nore. Se, per proteggere la nazionale pastorizia, vieta od
incaglia il governo l'importazione della lana forestiera, non
v' ha dubbio che sarà in facoltà dei possidenti indigeni il
pretendere delle loro lane un prezzo proporzionalmente più
alto; ma i fabbricanti di panni restringeranno le loro ope-
razioni, compreranno minoro quantità di lane, e cosi, in
ultima analisi, il profitto dei venditori di lana troverassi ri-
dotto a limiti, che possono divenire più esigui di quello
che stali sarabbero se la loro industria non fosse stata
protettta.
Del tutto gratuita è poi l'asserzione (tante volle ripetuta)
dei nostri avversari, che le nazioni oggidì più avanzate nelle
arti e nelle industrie abbiano fatto i loro maggiori progressi
sotto r influsso del sistema restrittivo. Nel nostro articolo
storico suir Inghilterra, la quale è appunto la nazione che
più frequentemente si cita, abbiamo provato che in generale
i mirabili porfezionamenti industriali in quel paese compiuti
si avverarono piuttosto a malgrado che a cagione del prole*
zionismo. E, per fermo, è ben difficile il comprendere come
possa giavare ai popolo ed alle loro industrie un regime che,
come abbiamo di sopra veduto, tende fatalmente a produrre
i risultati contrari.
Ciò che realmente vantaggia le nazioni e le arti produt*
live, si è la concorrenza, l' emulazione, il pacifico coofliiio
degli ingegni, dell'attività, dei capitali e del lavoro; si ò
il libero scaftrbio delle merci, delle derrate, delle idee^
ss
itelto proprietà liitcll«ltii»l« CMuilderMft
dal Iftto del dlrllte (1>.
Vi
ì ha o non vi| ba una proprieth intellettuale? Il pror-
dottore intellettuale, l'artista, lo scrittore, eec., è o non
è proprietario della sua opera? Ed è a torto o a ragione
che, per designare diritti, d'altronde assai differenti, gli si
accorda di riconoscere so quest'opera l'espressione di prò»
prietk letteraria o artistica che gik da mezzo secolo è quasi
ooanimemente prevalsa? Beco, in tutta la sua seroplieità, ma in
tutta la sua estensione, il problema messo in campo a firn*
lelks innanzi ai rappresentanti di tutte le nazioni incivilite
e efae, malgrado la soluzione che ha ricevuto al Congresso,
resta tuttavia insoluto innanzi al mondo intelligente.
Per risohere questo probleAia intorifo al quale si è
tanto discusso, una sola cosa, per quello che ci pare, è ne*
eessaria a sapersi. Che cosa è la proprieth ? Da che dipende
? in che consiste? Ciò che subilo risalta agli occhi né più
né meno da questa inchiesta si è: la proprieth è dessa le*
gittima ?
Chiedere se la proprieth sia legittima , è agli occhi di
molti fare una domanda ridicola, se non impertinente: im«
perelocehè tuui credono alla proprieth, * o per lo meno tutti
credono di credervi. E quando^ una ventina d'anni fa, uno
scrittore oscuro, in cerca dei mezzi di cessar d'esserlo e
preferendo come più rapido e più sicuro, lo scandalo alla sti-
ma immaginò di dare al pubblico per cosa nuova, che cosi
(i) A segoito de' nostri studi sulla proprietà letteraria , noi
pobblichiaiDo una dotta Memoria dell' illostre giurecoosalto Passy»
estratta da un volame ancora inedito sulla proprieth intelleltoale
che ferrh presto alla loco a Parigi.
k%n\u. Slalisdcat voL XXHI, $érU 3»^ 3'
34
baonameDie b prese per tale, il vecebio guauakaglio di pa«
role d* un vecchio libraccio disprezzato dai nostri padri (4),
ciò produsse, noi non T abbiamo dimenticato, perchè noi
ne fremiamo ancora internamente, un sollevamento uni-
versale d' iadegnaziooe. Giammai socceaso fu cosi com-
pleto; e fu invano che dopo, e coi mezzi i più disperati,
r ardito declamatore ba cercato di raggiungere simili effetti.
Egli ha coperto Dio delle sue imprecazioni e del suo dt«
sprezzo, fece a Satana le anticipazioni le più lusinghiere e
le più tenere proteste: né Dio né Satana non banqo fatto
sembianza di commoversene, e nessuno si è molto oom*
mosso per esso. Ma i più miti hanno maledetto con parole
di furore Tempio che levava la mano contro Farce santa
del lavoro, e ruggiti di terrore e di collera si fecero udire
da tutte le parti quando il possessore del suolo o il deteo-
tore de* suoi frutti, meno tolleranti o meno fidenti nella
loro forza che il Greaiere sentirono intimarsi come a lui 9
in nome dei pretesi progressi della scienza, di dover « ri-
lirprsi > senza indugio innanzi al nuovo ordinatore di
tutte le cose (S).
(i) La famosa forinola; La proprietà è tia farto; « questa m
deflnisione più preziosa ebe i milioni di Rothschild, « questa espres-
sione di cai non se ne dice due in due mila anni », questa ri-
veUsione che era a dire del signor P. G. Proudhon « il solo suo
bene fulla terra *i e che credeva essere T avvenimento il più
considerevole del regno di Luigi Filippp »; qaesta formola è co-
piata, aflalto trivialmente copiata, come pure la maggior parte delle
considerazioni che l'appoggiano, dalle ricerche filosofiche sulla pro-
prietà e sul furto di Brissot de Warville che espiò poscia e fece
obbliare qaesta opera detestabile morendo coi Girondini per le idee
apposte. Si trovano dei dat| curiosi su questo soggetto nell' eccel-
lente istoria del comunismo del sig. A Sadre.
(2) « Deslraam et aedificabo » ( io distruggerò ed edificherò )
è roncata divisa dell'autóre delle contraddisioni economiche.
35
Bitogna ben dirlo, questa riprovatione delle idee del
sif • Proadhon pesava meno sul fondo che sulla forma ; e
non tanto alla sua dottrina quanto alle application! eh* egli
ne soleva fare s' indirizzava la resistenza del maggior nu-
mero. Quelli che, come lui, non temevano di mettere al*
r ordine del giorno il racconciamento dei beni di questo
mondo, reclamando come ponto di partenza di un avvenire
nuovo, la distruzione antecedente di tutto il passato, non
* sono i soli essi che abbiano messo in quistione ai no-
stri giorni il diritto di proprietà; e fra quelli stessi' che,
per sentimento del pericolo o per attaccamento alle tradi-
zioni della coscienza universale, si sono più altamente op-
posti alle divagazioni ed alle intraprese socialiste, fra quelli
che, pel loro coraggio e pel loro talento, hanno inconie-
stabilmente contribuito a mantenere intatta la situazione dei
proprìetarj minacciati, ve ne ha più d'uno, se si spingono
un pò gli argomenti , che non più che I proprj avversar] ,
non comprende, non rispetta, ed in fondo non ammette
la proprìèth. Non è per considerazioni d' utilità , ben più
che per viste di giustizia, che si ha, nella maggior parte
delle discussioni eontem|y>ranee , motivata l'appropriazione
esclusiva della terra e la disposizione assoluta de' suoi pro-
dotti, e non è come il più profittevole degli aggiustamenti
piuttosto che come la più inviolabile delle obbligazioni che
il rispetto del bene altrui fu presentato all'approvazione
degli uomini ? Non vi ha una scuola intiera» ed una scuola
potente, che fa oggidì derivare la proprietà dalla consacra-
zione e dalla istituzione stessa della legge, e che per spie-
game l'esistenza, per determinarne i confini e giustificarne
le conseguenze non conosce altra regola , altro criterio ed
altra misura che le necessità della vita comune e il grande
vantaggio del maggior numero? Ora subordinare l'esistenza)
del diritto al suo riconoscimento, non è negargli il carattere
stesso di diritto e ridurlo alla condizione di fattoi Atiri*
buire alla volontii di un legislatore la creazione di un' isti-
fazione, non è conferire al legislatore il potere di roodifÌT
care o di distruggere a suo talento questa istituzione? Foni
dare i più essenziali e i più universali rapporti umani sol*
l'utilità, non è dare a questi rapporti una base evidente*
mente incerta e discutibile 3 e poiché gli interessi variano
dall' uno all' altro come ptire la maniera di farli intendere,
non è autorizzare al di là del bisogno, ben lungi dal calmare,
tutti i reclami e tutte le pretensioni? Noq è raggiungere^
in una parola, fino alla sua radice, ogni speranza di saldezza,
rovinare ^cnza ritorno ogni nozione di giustizia ; non è scre-
ditar^ )a legge stessa ed elevare l'edificio sociale sul vuoto?
Imperocché le prescrizioni civili non hanno più ragione di
essere se esse non sono l' espressione delle prescrizioni moT
rali; e, senza il pensiero di un diriuo che la rialzi e che
la protegga , la forza , ^ia pubblica , sia privata non é che
una violenza senza causa e senza scusa. La legge e 1- utility
non sono adunque che appoggi di seconda itiano, i quali
non sostengono nulla se essi non sono sostenuti da alim
cagione. Quelli che ripongono in tali armi la loro con-
fidenza non sono, in qualunque maniera essi pensano, che
dei campioni equivoci ; e la caus^ che essi abbracciano ,
sotto la loro guardia non é sicura. Possono essere assai ai-
laccati alla tale o tal' altra forma di proprietà , ma essi non
aderiscono al principio della proprietà. Possono essere i di-
fensori più devoti, più ardenti, più disinteressati dei diritU
legali dei proprietari!; ma essi non hanno alcuna idea del di-
ritto naturale di proprietà. Resistono al saccheggio dei frulli
più desiderabili; ma abbandonano l'albero che li porta. Sor-
reggono e consolidano alla meglio eie che ^i vede deH'edificiq
baituio in breccia; essi ne trascurano il fondamento minato
sotto il suolo: ma fanno ancora peggio, ne pegano perOnq
r esistenza.
Questo fondamento secreto che aimuncia tulio che non
comparo all'occhio ma sovr'esso riposa, tutto ciò che vi
compare, p senza il quale nulla potrebbe sussistere, e noa
87
SI {Potrebbe éòncepWe neppure un istante $e non è al di -^
faori dell'uomo, nei fatali contingenti e variabili, e airin-
terno di e^so e in quello che vi fil in esso di più neces*
sano, di piò industrioso, «nella liberti morale che ogni serie
filosofia andrà a cercarlo. E qui, qui unicamente che è pos*
sibtie provare non dei fenomeni discutibili > ma la legge
dei fenomeni, non dei fatti di proprietà^ ma il diritto di
proprietà. La proprietà non è un'accessorio dell' uomo, un
prodotto facoliativo delle convenzioni sociali, essa è il fonda-
mento dì sua natura, e desso non lo circonda da ogni parte
se nnn perchè procede sèmpre da Tu).
Ciò che la costituisce non è questo o ()uell' oggetto im-
prontato dall'umana attività; è appunto questa attività stes-
so; è Teserci^io individuale delle facoltà e la personalità pro«»
pria che è il privilegio dell' Umanilà. E come è stato eletto
con altrettanta giustezza che forza, « la possessione di sé
stesso * è t la cita della ^ita ». L'uomo è in grazia del
decreto della provvidenza che gli ha dato il libero arbitrio,
proprietario di sé medesimo ì e non è che in forza di questo
medesimo decreto, proprietario di sé stesso. Un momento
di riflessione basterà per farlo comprendere*
L'uomo è una forza, uba fòrza automotrice; ma non è
Dna forza indipendente. Dispone di sé; ma non basta a sé
^esso. Per durare bisognerebbe si rinnovasse; e per rinno-
varsi è necessario si consumi^ E dunque per la necessità la
più evidente, in commercio perpetuo, col mondo esteriore ,
preadeniio e restituendo, ricevendo e donando 4 pagando
aUa lettera la sua persona^ tuttoció che assorbe la persona
t viviOdando per esser vivificato inceséantemenle per una
certa trasmutazione misteriosa: ciò che ora cèssa d'essergli,
ciò che non era lo diviene ; e la vita come un moto circo-
lare, sorte dall'uomo sotto una forma per rientrarvi sotià
an' ahra.
Ma fra queste trasformazioni più 0 meno rapide, per-
siste r ìdentttn del soggetto; la forza una volta nata in lui'
88
■
è sua per sempre^ i sopra qualunque punto della sua car-
riera la ai eonsideri, raeeoUa nel suo centro, o sparsa lungi
da lui, forma o agente, latente o visìbile, è sempre la stessa
forza , diversamente applicata ma jion cambiata. E sempre
la personalità libera d* un agente morale.
Del resto in ciò, e malgrado la sua natura superiore ,
r attività umana non fa ecccEÌone, nulla quaggiù, né materia
né forza non comporta distruzione. Le apparenze cambiano,
r essenza resta, e il mondo non è che una serie di movi-
menti. Quando la luce disseminata nello spasio cessa di
essere percettibile ai nostri sguardi, eli' è completa come
quando è sfolgorante in tutta la sua pompa; e quando il
vapore, tramutazione fremente del generatore, ricade freddo
e stanco fuori della macchina che lo rigetta, la sua potenza
non è né annichilita, nò diminuita, elFè spostata, e la
scienza abile a seguir tutto e a misurar tutto può ritrovarla
intiera nei giri ch'egli ha animato, nelle resistenze che ha
vinto, nei pesi che ha sollevato, nei corpi che ha sminuz-
zati 0 riscaldati, come prima di comparire nelPacqua s'agi-
tava nel fuoco, come prima di stiscitare la fiamma, essa co-
vava negli elementi tranquilli della combustione.
Quando dunque l'uomo produce al di fuori, la forza in-
teriore che è in lui, manifesta sotto una forma o sotto un'al-
tra, questa iniziativa che è il suo maraviglioso dono; quando
per un impulso tutto suo proprio; dà alle cose un anda-
mento che non avevano, egli modifica la loro disposizione ,
la loro destinazione, i loro rapporti, e porta su di essi la
stia impronta; quando egli agisce in una parola e fa un'o-
pera, — sia opera di spirito oppure di corpo, — quest'o-
pera in ciò che è sua non è altro che un deposito^ e a
dir bene una porzione del suo essere; non solamente essa
è sua, ma dessa è sé ile$io; egli solo perciò ha diritto
su di essa; egli solo, dopo avere con una prima metamor-
fosi disposio delia sua potenza attiva, ha diritto di disporne
ancora per una seconda ; e opporsi a questo diritto , met*
89
lendo ostacolo per un mezza qualunque, a chi l'esercita a
suo modo , è nientemeno che at4ent8re allo sTÌloppo delle
licolii, attaccarne la persona e restriDgeriie colla sua libertà
una parte della saa esistenza. La proprietÀ, cosi presa nel
800 principio, non è, lo si vede, che il fatto elementare della
dìsiiniioae delle esistenze e la sua legittimith si confoode
eolla legittimità stessa della vita. L'uonào nasoe proprietario^
Don Io diviene.
Ciò che è oscuro per la maggior parte delle intelligenze^
perdona nozione cosi semplice e ciò che nasconde qualche
Toka, anche alle anime le più giuste, questa suprema equità
della proprietà è 1* intervento della maieria. Che ciascun»
abbia la piena ed assoluta possessione di sé stesso, è ciò
che nessuno sicuramente imaginerebbe di contestare, qùàn-*
tonque so molti punti nel mondo si è veduto e si vede an-
eora il sistema contrario realizzalo dalla schiavitù, qoanlùn'^
que sopra qualcuno forse la libertà individuale, conseguen*
za e condizione di questa possessione, non sia giammài
slata da nessuno riconosciuta completamente. Ma che a qoe*
sta possessione di sé stesso debba essere aggiunta la possea^
sione eselusìva degli oggetti esteriori, o che ad un essere
che passa, e per uno sforzo d'un istante debba essere at«
triboita alla perpetuità^ come lo si dice, una parte più o
meno grande di questo dominio imperituro, e 'che Taitore^
attrsTersando il teatro possa impadronirsene escludendo tutti
quelli che dopo lui compariranno, — ecco ciò che sembra
strano, esorbitante^ inaoeetiabile, e che non si può negarlo
rivolta seriamente il senso morale. Ecco anche, noi azzar*
diamo il dirlo, ciò che non è, ciò che non può essere^ ciò
che non sembra poter esistere che per una vista superfieiale
delle cose; ed è questo senza dubbio rcrrore primitivo da
cui sono sortile tutte le confusioni relative alla proprietà.
Hanno beUo esservi le apparenze e colle apparenze, le abi-
tudini della lingua, la proprietà non ò materiale e non
havvi proprietà materidle. La materia è indispensabile alh
40
maoifestazione delia proprietà come il corpo alla manifeftift'
zione deiraDima; ma deasa non no è Vcggetto^ non è che
il mezzOy come il corpo non è che il mezzo dello spirilo; è
per essa che si possiedci ma non è dessa che si possiede; e
ciò che si possiede da essa, è quello ehe fi si è messo del
proprio. « Noi siamo spirili, ha scritto Franklin (I), ed i
carpi d furono preètati ».
La proprietà è uno spirito, diremo noi alla nostra volta,
è uno spirito che non cammina senza un corpo. Ma questo
corpo non gli è che prestato come si prestano gli organi
air anima , coli' incarico di renderne conto a suo rischio e
pericolo, e fino all'ultimo atomo.
Abbisogna di notarlo infatti? E non è stato detto le
mille volte che sembra quasi puerile il ridirlo? Questa ma«
teria che agli occhi del volgo costituisce la proprietà, e di
cui egli è cosi disposto a credere che la proprietà sia la
canfisca definitiva nelle mani d*un solo; questa materia per
sé stessa e indipendentemente da ogni applicazione della
forza umana, non è d'alcun prezzo per l'uomo; questa ma^
teria inoltre, anche riempita al più alto grado della forza
umana, non è che un titolo precario nelle mani dell'uomo;
non ne è il padrone, ma l'occupatile; e la misura della sua
occupazione nel tempo come nello spazio, è la misura stessa
della sua azione personale. Che cos' è l' impadronirsi della
materia» noi lo domandiamo al più semplice buon senso, se
non che mettere con un alto delia nostra libertà e della nostra
potenza, questa materia a nostro uso, fare apparire in essa, a
$ue spesBj un'utilità che non aveva? E cos'è servirsi della
materia se non che cavare da essa a noitro profitto quest'u-
tilità cosi ottenuta ehe può essere più o meno reale, più o me-
(1^ Vedi Miieellanee di morale, d'economia e di politica ^
estratte e tradotte dal sig. A. Franeeseo Renoiurd , III edizione »
pag. i8'2.
41
no eslesa , più o meno durevole , i' impiego che se ne fa
forse più o meno vantaggioso, più o meno sensato, più o
meno lento; e Taomo può variare in mille e mille manie-
re qaesta presa e questa ripresa di sé slesso che si ohia-
ma un pò leggermente coi nomi ambiziosi di produzione^
di eonsìtmaziotie, di creazione e di distruzione; ma sempre
il suo potere sulla materia è compreso in questi due ter-
mini estremi: lo sforzo d'ottenere dal quale prende vita la
soddisfazione d*usarne e per la quale perisce. Goll'una semina
la vita, coir altra la raccoglie; coir una attinge al serbatojo,
coll'altra ve ne rimette; e l'oggetto cosi preso un momento
nelle sue mani, pegno inviolabile di questa credensa in sé
stesso, soggetto passivo e indifferente d'un'azione straniera e
libera, non è la sostanza della proprietà ma il suo invi'
luppo^ il segno visibile della fona invisibile la di cui sor*
gente è poi l' intermedio indispensabile « ma transitorio e
neutro» per il quale essa s' esercita, diciam e meglio, si con-
serva.
Si conserva tutt' intiera? Non si perde nulla da que-
ste trasmutazioni successive che sono la sua legge d'esi-
stenza? Il compenso, qualunque esso sia, può essere sem-
pre suiSisiente e sicuro; e l'uomo, proprietario ò vera»
mente, senza restrizione e io tutto il rigore del termine,
proprietario perpetuo e incommensurabile di sé stesso? Co-
me ciò potrà essere, poiché l'uomo é un essere finito; e
tutto, in lui e intorno a lui, chi l'assicura del contrario?
Non è un luogo comune , e troppo comune , il dire che
ad ogni momento , e ad onta dei suoi sforzi per ritenerla ,
la vita gli sfugge; e non é visibilmente per l'impiego della
forza interna come per l' impiego delle forze esterne che
nelle sue mani non sono che rappresentazioni ({) incomple-
(I) Degli equivalenti secondo l'espressione dei fisici e dei chi-
mici.
42
le, condannato a non oltencre in effetto utile, tanto ch*e-
l^li foroiace in lavoro bruto? Il fatto stesso del progresso
vlie sembra a prima vista contraddire questa legge, nori è
in realtà che una dimostrazione permanente; imperocché a
meno di creare la propria vita, il che non fu mai sostenuto
Fuomo non può che evidentemente risparmiarla; ed allora
ciò che noi chiamiamo accrescimento non è che una dimi-
nuzione di perdita.
Egli è certo come noi V abbiamo detto più sopra che
di questa vita bene o male impiegata^ nulla perisce; come
del calore e dell' elettricità bene o male distribuiti, nulla
si annienta; ma una parte, più o meno grande, secondo la
maniera d'impiegarla, in perduta dimora pel suo possessore
primitivo, cosi come il calore e l'elettricità, variabili secon-
do gli apparecchi che li ricevono o li trasmettono , è per-
duui per noi nella nostra abitazione o nei nostri ópificii.
Questa parte perduta della Vita di ciascun uomo è tutto quel-
lo che non ha saputo, per una scelta felice, fissare negli
oggetti proprii per restituirsela comodamente e sìeuramen-
te (4). 11 resto solo forma il dominio della proprietà indivi-
duale. Questo è a dir il vero il prodotto netto della persona
umana. Ciò che vale questo prodotto netto ^ e ciò che ha
costato a quello che l'ottieile, nessuno può pretendere di
valutarlo, perocché noi non abbiamo alcun prezzo per misu-
rare direttamente la potenza della vita (3). Ma noi possiamo
(i) Per avere un'idea completamente esatta dei fenomeni a cai
dà luogo lo sforzo umano, bisognerebbe mensionare ciò che, sen-
za essere perduto, non è riservato in proprietà al suo autore, e
di cui ha la sua parte, quando ('ha, col concorso altrui, lo lasciò
da parte in questo momento, per terminar più presto, questo pro-
dotto comune, che non entra nella proprietà privala, nostro og-
getto principale, lo avrò a parlarne piò tardi, perchè esso rappre-
senta una gran parte nel mondo sociale.
(2) Non più che nell'altro del resto. Noi abbiamo degli app*4-
43
però formareene un' idea , e questo secondo noi stessi. La
proprietà è sotto i nostri occhi. Gonsiderìaroo ciò che era
al principio , ciò che è divenuta e ciò che diviene , e
quale estensione rapida e indefinita le è manifestamente
riservata; pensiamo a ciò che questa estensione suppone in
isforei inutili ed in potere improduttivo e noi non potremo
impedirci di riconoscere che la vita umana è un fiume im-
menso, e che una ben minima parte può essere ritenuta
al suo passaggio.
Questo modesto avanzo é ancora sottomesso alla sua
volta alla stessa condisione, e va, a ciascun nuovo impiego
ridueendosi ancora. Come, dopo ciò> aver gelosia di colui
che possiede e sotto qual pretesto di usurpazione o d'inva*
sione contestargli questa quintessenza di lui stesso? Come
trovare strano che, ciò ch'egli è riuscito a salvare della tua
persona, egli ne ha come della stessa sua persona, il modo
dì disporne intieramente? Che lo dia, che lo presti, che lo
venda, che anche Io sprechi se vuole, che dopo averlo
conservato durante il soggiorno su queita terra lo trasmetta
lasciandolo a chi vuole, fuggendo cosi, quasi, alla morte
che sembra colpirlo tutto intiero, ed aggiungendo per un
ultimo impiego di lui stesso, ad una vita nuova ciò che ha
saputo economizzare colla sua?
Federico Paisy.
recebi che ci dicono che il tal corpo [ha tanti gradi di calore»
che il tal altro pesa tanti grammi senza tanti metri; ciò ci per*
mette di confrontarsi sotto II rapporto della tcmperatora , della
densità o del volume con altri corpi ; ma qoesti non ci fa co*
Bosccre cos'è il earere, il peso» o r estensione» e ciò che eia-
seno corpo possiede degli uni e dell'altra in quantità asso-
luta.
44
JBibii^iecn éieW eem9$mm4sim. — ta^vl «iadj ■«!!*
trarla del prodotti lmiii«terlali i del profeSiore
PBAII€E9€0 FERRARA.
X/opo il silenzio di due anni il professóre Ferrara ha ria«
perto le pagine della sua splendida Bibliotecfr dell' econonnista
per Irauare uno di quei temi di economia sociale in^ cui
egli sa essere più che maestro. A proposito delle opere eco-
nomiche di Dunoyer, sulle quali egli pubblicò una coscien-
ziosa rassegna critica, il professore siciliano si accinse a trai*
tare l'arduo argomento deli' immaterialità dei prodotti , e
per parlare più esattamente si pose a discutere se ed in quanto
i prodotti attinenti immediatamente al pensiero possano far
parte della pubblica economia. Noi crediamo di ftir cosa
grata ,ai nostri lettori nel riprodurre la più noterole parte
del suo lavoro, per farne un riscontro alle ultra-metafisiche
e quasi inintelligibili dottrine di Passy.
e Son già trascorsi sei anni dacché , pubblicando nella
Biblioteca deirSconomiita l'opera di Slorch, ed a proposito
di ciò che questo autore aveva chiamato Beni interni ^ io
esposi la questione de' Prodotti immateriali^ ed emisi l'opi-
nione che ho sempre creduto di dover professare sopra un
tal puntOf il quale, nella concatenazione delle dottrine eco-
nomiche, ha un* importanza molto superiore .a quella che
ordinariamente si crede. Il principio, da me abbracciato,
era affatto diverso da ciò che i varii economisti avevano fin
allora ammesso ; differiva anche, e sopra un punto non ul-
timo, dalle idee medesime di Dunoyer. Io, a dirla in bre-
Vè, sostenni che quegli atti umani ai quali si è dato il no*
me di produzioni immateriali ^ sono, non solamente veri
prodotti (come il maggior numero de' moderni scrittori lo
accorda) , ma d' un' indole perfettamente analoga a quella
de' prodotti chiamati inateria/i, ricchezze ^ ecc.; che, per
conseguenza, invece di affaticarci a riabilitarli, a farli entra-
45
we nella classe de* prodotti e nella afera dell' eoonomia poli*
tica» noi non dobbiamo far altro che abolirne la distinzione.
Diremo che tutti i prodotti sono materiali^ o che tutti sono
immaimaH : la scelta sarà iodiflEerente« dipenderà dal punto
di vista in cui preferiremo di collocarci; ma qualunque esso
sia 9 il principio importante a determinarsi si è, che non
bavYÌ ragionevole distinzione da fare, e la matwalitd o /*im-
materialità appartiene egualmente, in virtù dello slesso ti«
telo, a Ittllt, al pane come al consiglio del medico, al les^
suto come alla sentenza del magistrato.
« Questo penderò è per me una premessa della quale ,
insegnando l'economia politica, ho dovuto frequentemente ser«
virmi. Lungi dal riguardarlo come un ozioso sfoggio dì 90U
ligliene teoriche, io vi ho trovato- un principio fondamen-
tale alla soluzione d'intrigati problemi e d'importantissime
quiitiiooi in pratica.
e Dunoyer è l'autore che, meglio di ogni altro, abbia sa-
puto restituire ai prodotti immateriali la qualità o la dignità:
se così vuol dirsi, di prodotto e ricchezza^ immaginando
quella sua, originale insieme e sagace, distinzione tra le in*
dusirie che lavorano sulla maceria e le industrie cìie lavo-,
ran sull'uomo. Ma egli è ben lontano dall'essere andato fin
dove io eredo che sia necessario spingerci ; anzi , appunto
perchè ha saputo cosi bene provare che , oltre ai prodotti
materiali, vi sono gli immateriali e son vere ricchezze, ap-
punto per ciò il suo sistema non tende che a rincalzare e
perpetuare viemeglio la distinzione che a me sembra doversi
abolire. Pubblicando adunque la sua grand' opera, io avrei
perciò solo un suflìciente motivo di ricordare la quistione
e sottoporre al sup criierio la lacuna che parmi scoprire
nella sua teoria.
e Ma io non voglio nondimeno dissimulare che un secon-
do motivo mi muove. La teoria da me preferita oou ha
fatto fortuna. Dopo ch& io la scrissi, ho veduto delle opere
in cui naturaloiCnte si sarebbe dovuto tenerne conto per
46
confutarla oJ aromeuerla, e nulla vi ho trovalo che potesse
illuminarmi sul grado di merito da doverleai attribuire.
« In Italia, il prof. Boccardo nel tuo recente Trattata di
Economia polìtica, tacque aflhtio au* questo argomento, e si
tenne senz* altro all'antica distinzione, e Le utilità, egli disse,
possono crearsi in due modi ; od incorporandosi in qualche
materiale oggetto (cosi fanno gli agricoltori ed i fabbricanti
d'ogni maniera), o senza concretarsi in alcuna cosa corpo-
rea^ ma soddisfacendo pur sempre alcun umano bisogno;
tale è il caso d'un artista, d*un medico, d'un professore » (I).
« NeirfconoiMi socio/e del Marescotti, pubblicatasi anche
dopo, vedo che la quistione è sorvolata dei pari. Solo nel
momento in cui scrivo, mi giunge un' opera del sig. Marco
Minghetti, che accenna in tma nota il mio pensiero e noi
disapprova (S).
« Da un altro lato, in Francia si è poco tempo addie-
tro risuscitato e discusso questo problema dei prodotti im-
materiali. Nel medesimo tempo in cui io pubblicava quelle
idee (4858), il prof. Ghcrbuliez nel Giornale d^li econo-
misti scriveva un articolo sull'oggetto e sui limiti delK eco-
nomia politica (3), argomento che erasi poco prima agitato
nell'Accademia 'delle scienze morali e politiche tra Cou9Ìn,
Chevalier e Dunoyer, a proposito dell'articolo Gouvernement
dato da quest'ultimo al Dizionario d'Economia politica. Il
prof. Cherbttliez assunse, fra le altre cose, che e i prodotti
(1) Lib. 1^ cap. i, pag. 22 deiredizione di Torino. — lo tro-
vo tanto più sorprendente il sileniio dell' A.» quantoché egli ap-
prova ed adotta nel rimanente le mie argomentazioni contro la
proprietà letteraria; le quali comincerebbero a divenire difettose
ed in certi punti assurde, se non si cominciasse dallo stabilire
che le utilità possono crearsi In una fola (non in due) maniere.
(2) Della Economia pubblica^ libri cinque di Marco Mtngbetti.
Firenze, Le Monnier, 1859. — V. la nota a pag. 329.
(3) Scptembre 18I)b, p. 360.
47
poramente imuiaicriali deiriodustria umana non fan pane
delia rìccbexza sociale, e non entrano nel dominio della
scienza economica ». In febbrajo del 4855 Giua. Garnier,
analizzando il fenomeno della prodazione « non solamente
giustificò il concetto di Dunoyer, ma tentò anche uno sfor-
zo per dimostrare che la sua teoria era sostanzialmenta
d'accordo con quella di Say, il quale sembrerebbe non ave-
re intieramente riconosciuto V indole di ricchezza nei pro-
dotti immateriali^ quantunque sia stato il primo a propor-
re il vocabolo (1). In giugno dello stesso anno, il conte Kr^
rivabene si dichiarò per l'opinione di Cherbuliez, sostenen-
do che le opere intelleituali, benché non'sieno sterili, ooq
meritano punto la qualificazione di prodotti (3). Dunoyer ,
dal canto suo , rendendo conto all' Accademia d' una terza
edizione degli Elementi di Garnìer, si estese particolarmen-
te a dimostrare che questi non era pooto riuscito a metter
d'accordo la sua teoria con quella del Say, e ribadì le idee
espresse nell'opera sulla libertà del lavoro (3). E finalmen-
te nell'anno ora scorso due notabili articoli apparvero di
Dupuynode, ne' quali - la quistiooe è di nuovo trattata, e la
dottrina di Dunoyer ben difesa (4).
m Io non posso menomamente sorprendermi che niuno
di questi sommi scrittori abbia posto ad esame la mia opi-
nione, nascosta, dirò cosi, in lina prefazione d'nn' opera
che eertamente non è né anco andata a Parigi ; ma mi fa
nieraviglia che il vero nodo della quislione non siasi lor
presentato in modo abbastanza netto, perchè qualcheduno
ai trovale logicamente condotto alla deduzione medesima
(1) Jùum. dee Economie tee^ févr. i855» p. 161.
(i) Ivi , jain , p. 378.
(3) Ivi, juUIoI 1857.
(4) Ir i , ardi et juln 1858, pag« 3 et 337 : Étude eur <a prth
duciioH immalérielle.
4S
che io ne ho traila. Il solo Garnier, come or ora dirò, ha
già dato un nuovo passo, spingendosi fino a un pùnto, dal
quale non resta che di eliminare uii ultinìo equivoco per*
che ci trovassimo entrambi in pieno aceordo. Questo equi*
voco ora io tenterò di tor via, sottoponendo ai miei illustri
colleghi e maestri la mia maniera di considerare T argomento
su cui essi han disputato.
« Oggi non più si dice, anzi propriamente non si è mai
inteso di dire, che le opere umane sièno vuole di utile elTet-
to, e si debba disprezzarle, o dichiararle improduttive^ qua-
lora non si conchiudano colla creazione d* un oggetto sen-
sibile, che riassuma sotto una data forma gli sforzi fatti per
conferirgli esistenza. Smith, ì fisiocrati, Malthus, Cherbuliez,
Arrivabene, Baudrillart tutti hanno, più o meno riconosciu*
to r utilith di quelle oper^ stesse che gli uhi, con un voca-
bolo ohe andava al di Ib del loro pensiero, chiamarono sfe-
rtVt 0 improduttive^ che gli altri vorebbero soltanto distili*
guere dalla massa de* prodotti sensibili e perciò sottrarre
air impero della scienza economica. È solo intorno a quesi*
ultimo punto, che oggi si disputa. Trattasi di sapere se le
produzioni dette immateriali, malgrado che sieno d*una tia-
tura diversa da quella delle altre, vadan comprese fra le
cose di cui r economia politica vuole esaminare con quali
leggi si producano , si distribuiscano , e si consumino. — ^
Ma questa discussione vien dopo; v'è un altro quesito pre*
liminare a proporre: se veramente queste tali produzioni
Steno d'un* altra natura; punto diverso ed indipenJente dal
primo, con cui conviene di non confonderlo. Giacché poireb»
he ben darsi che i prodotti immateriali vadano esclusi dal-
ia scienza economica per altri caolivii perchè, ad esempio,
cosi porti il modo speciale in cui la scienza sia da noi de-
finita e lo scopo che le avremo assegoaio, mentre potrebbe
darsi airincoutro che, senz'essere veri prodotti, vi si deb-
bin comprendere. Cumiuciamo dunqqc dalla qiiistione fon-
damentalf?.
49
« LMdea che noi concordemente annettiamo agli ordì-
narii prodotti^ si compone di due elementi: futilità e la
forma materiale. Se V uno de' due si sopprime, il prodotto
sparisce. Uà corpo è un corpo, non è un prodotto, se non
ei si presenta eolP attitudine a soddisfare qualche nostro de-
siderio; un desiderio soddisfatto, o possibile a soddisfarsi^
sarà il sentimento o la previsione di un piacere; non sarà
aè par esso un prodotto, finché noi non vediamo il corpo
che sia capace di procurarci quel dato piacere. Ciò non am-
inette alcun dubbio, mi pare. Da ciò viene la maniera in
cai gli economisti definiscono Tatto del produrre: la produ-
zione, si sa, è, secondo loro, una trasformazione che la ma-
teria subisce, affinchè passi, dallo stato suo naturale o indif-
ferente per noi , allo staio artificiale o desiderato da noi ;
ed essa si chiama appunto prodotto o ricchezza^ quando si
trova condotta a quest'ultimo stato.
e Ma ciò solo già basterebbe per doverne dedurre che
lo ammettere prodotti immateriali è una contraddizione nei
termini. Supporre qualche cosa puramente iAimateriale, esclu-
de Implicitamente l'idea che essa consista in una trasfor*
mata materia : non può dunque costituire un prodotto. Tutto
ciò che consiste in una trasformata materia^ perciò solo fi-
nisce di poter essere immateriale. Ecco perchè Basliat, che
pare non fu felice nello svolgere questo tema, ebbe il pre-
sentimento dell'assurdità a cui la formola del Say condu-
ceva , allorché disse che i due vocaboli , prodotti immo(e-
rJo/i, UBUVAlfO A TEOVARSI lIlSIBaB (I).
« Non vi sono che due sole maniere di poter mante-
nere l'espressione, e vincere intanto la difficoltà dell'assurdo.
Bisogna o modificare l'idea. del prodotto, o trovare la ma-
teria alla quale sieno vincolate le utilità da noi impropria-
mente dette immateriali.
(I) Art. postumo sul Fàlore.
Amnau. SlatiMticaf voi. XXUU serie 3.*
50
« Modificare 1* idea del prodotto, cioè supporre che po^
sa darsi utilità senza corpo, è impossibile. Converrebbe creare
r uomo da capo. Egli è fatto in modo, che nulla possa agire
sulla sua intelligenza, se non passando per i suoi sensi ester*
ni od interni ; e nulla può passare per i suoi sensi» ae non
è materia, capace di colpirli, metterli in moto, modificarli
d'una maniera qualunque. Che cos'è infine l^utUitàì Se
prendiamo la parola nel senso d'una qualità di qualche
cosa, bisogna supporre già l'esistenza di questa cosa che
serva dì substratum all' utile qualità. Se la prendiamo nel
senso di un nostro giudizio, cioè d' un' utilità riconosciuta da
noi, allora sarà, per lo meno, un pensiero; e il pensiero
suppone almeno un movimento, un' inflessione qualunque, in
qualche organo del nostro corpo, in qualche nervo, in qual*
che punto del cerebro, il che vuol dire ancora che suppone
una base materiale. Questo ò il caso estremo, il più meta*
fisico; ma scendendo ai casi ordinarli, evidentemente è per-
messo affermare a priori^ e con piena sicurezza, che noi
non abbiamo la più lontana speranza di trovare utilità sen-
za forma corporea: finché non sia mutala la natura dell'uni-
verso e dell' uomo che ne fo parte ; finché non si proyi che
oltre a' sensi, noi disponiamo di qualche mezzo per comu-
nicare col mondo esterno; sarà impossibile concepire un
prodotto^ che generi utilità su di noi, che si ponga in rela-
zione colla nostra intelligenza, senza passare per il veicolo de'
nostri organi, e perciò senz'essere egli medesimo un corpo.
« Non ci rimane dunque che di volgerci da un altro lato, e
cercare qual sia la materia che serve di appoggio alle uti-
lità tmmtt(eria/i. Se non si trova, bisognerà ricusare , negar
loro il titolo di prodotti ; se si trova, bisognerà riconoscere
che essi son prodotti come ogni altro, bisognerà abbando-
nare l'erronea premessa, che noi diam loro un tal nome
malgrado la lor diversa natura^
« Dunoyer, benché senza reodersi conto della difllcoltà
5i
cb^ io dico, e dredeodo anzi pienamente airimmaterìalità di
aleani prodotii, pure semi il bisogno di trovar loro una
base materiale e credette averla scoperta neir essere urna*
DO» Nel suo sistema, l' industria che si esercita su cose di*
Terse dall'uomo forma la gran categoria delle ricchezze ma-
teriali; e vi ha poi un'industria la cui materia grezza è
r uomo. Essa ne svolge le membra , ne fortifica la salute ,
ne illiunioa la m^nte, ne educa il cuorci regola i suoi rap«
porti con altri esseri umani, fornisce loro la sicurezza, am«
ministra la giustizia, ecc.; essa» in altre parole, traiforma
V uomo, come l'agricoltore trasforma gli elementi vegetativi,
come il manifattore trasforma il cotone o la seta; essa è
r industria de' prodotti Immateriali. — Ora possiam noi ac-
cettare un tal sistema ? Kgli è certamente quello che pre-
vale già fra gli economisti ; ma io spero che il suo illustre
autore mi permetterà di proporgli le obbiezioni a cui mi
sembra che vada soggetto.
e Neil' immaginare che a taluni prodotti escluiivamenu
appartenga il modificare V essere umano, e che si possano
per un tal lato distinguere da lutti gli altri, io trovo due
fondamentali confusioni: si scambia l'effetto utile del pro-
dotto, col prodotto in sé stesso ; e si attribuisce ad una sola
classe di prodotti una funzione che a tutti appartiene.
« Il fenomeno economico considerato nella sua pienezza
Ta sempre a finire nell* uomo. 11 panattiere crea un pane ,
perchè egli stesso o un altro individuo se ne cibi ; il vasajo
imprime una data forma all'argilla^ perchè un altro indivi-
duo goda del vaso; io scrivo o formulo verbalmente una
lezione di economia politica, perchè i miei allievi acquisti-
no r idea della ricchezza, del consumo, ecc. In tutte le ope-
razioni dell'industria,, vi ha sempre, come scopo e come
fatto , un' utilitli riserbata all' essere umano. Essa si ricava
da un atto finale, che può immaginarsi come collegato alle
azioni che lo precedono, ma può ancora staccarsi. In que-
84' ultimo caso, il fenomeno si scinde in due parti : la prima
59
a cui si è dato il Qomo di produzione^ e che consiste neU
rapparecbiiiare il prodotto^ cioè una forniQ utile; la seconda
a cui si è dato il nome di consumo^ e che consiste nel porre
il prodotto a contatto degli organi umani, operare oosl la
distruzione delta sua forma^ e ricavarne un efjpstto utile. Il
pane, il vaso, la lezione, sono prodaUt; cibarsi, godere il
yaso, ascoltare la lezione sono atti di consumo ; la nutrizione
il piacepe derivante dall' uso del vaso , 1* avere imparato un
principio d'economia politica, sono gli effelti utili ài questi
tre prodotti e consumi.
e Pinchò si parli di prodotti materiali, né Dunoyer« dò
alcun altro economista confonde queste varie fasi del feno-
meno economico. Tutti san bene che la forma-pane è cosa
affatto diversa dall' effetto-nutrimento ; e la parola prodotto
tn tal caso è esclusivamente serbata ad esprimere la forma
senza Tsenomamente equivocarla coli' effètto.
« Ma parlando de' cosj detti beni immateriali, Dunoyer
perde interamente di vista una tale distinzione. Allora, non
dice, come dovrebbe e come fa per il pane, che il prodotto
consiste in una lezione del professore, in un consiglio del
medico, in una sentenza del giudice, in un decreto del pub-
blico amministratore; ma salta a pie' pari il primo stadio
del fenomeno, va alla modificazione che ne risulta nel con-
sumatore, va all' effetto ohe questi prodotti possano generare
nello studente che ascolta la lezione , néU' infermo che si
uniforma alla prescrizione del medico, nel litigante che e<$er
gue la sentenza, nel cittadino ohe si sottopone al decreta.
e Llnesattezaa di una tale analisi mi sorprende tanto più
quanto che si può dir veramente che Dunoyer , egli solo ,
ne ha la colpa. Pino a Say ed a Senior, il prodotto imma-
teriale, o il servigio^ eran cose diverse dal risultato del
loro consumo; si commettevano degli altri errori nel difi-
nirne l'indole e l'importanza, ma non s' era ancora pensato
a presentarli come atti d' una industria che si servisse del-
l' uomo come sua materia-grezza , che presentasse , come
63
|irmloUó del suo lavoroi V Uomo trasformato; L' idea è tutta
dì Dunoyer; ed è singolare che, fra le varie maniere di
criticarla, niono si sia attaccato ad un equivoco cosi fonda^*
meoiale. Oarnier, come già bo detto, è il solo che ora ab-
bia chiaramente veduto la distinzione ; ma egli ne ha trattò
una conseguenza che non mi sembra legittima;
e II prodotto 0 il servizio consiste, pritnierarnente nella
lesione del professore, iti secondo luogo nella modificazione
arrecata air intelligenza da coloro che V ascoltano. . . Il pro-
fessore mette in moto le sue facoltà intellettuali e fisiche
(polmoni, vóce, ecc.); combina T azione del suo lavoro e
de* suoi strumenti ( libri , #biti , mobili ) ; in una parola «
produce. Ma qual* è il suo prodotto ? la lezione, o la modi-
ficazione del suo allievo? Ecco il quesito* In fatto, la le-
zione è la cosa sua, la sola di cui egli possa disporre ; è il
resultato della sua industria, che egli trasmette ad un ac-
quirente ... è una ricchezza^ che si può concepire sepa-
ratamente dagli effetti dell'uso che ne faranno coloro che
l'ascoltino o la paghino » • • • La lezione dunque, secondo
lui, è un prodotto che^ neir ordine degli immateriali, corri-»
sponde a ciò che, in quello de* materiali, sarebbe il vaso
modellato dall' artigiano vasaio.
« Ecco delle idee perfettamente giuste, sulle quali io
sono in pieno accordo col prof. Garnier. Ma egli immedia-
tamente aggiunge : 1* effetto che la lezione produce nel suo
allievo, corrisponde alla modificazione che il vasajo genera
nell'argilla! e qui, mi pare, s' inganna. Quell'effetto corri-
spoiide al sentimento di piacere^ di vanità, di comodo, in
generale ali* utilità ^ che il compratore del vaso dall' usarlo
ricava.
« La distinzione è importante, perchè, ée sì*ammeue la
eooclusioue di Garnier, si viene a giustificare Y idea di Du<»
noyer: se è vero che il modificare l'argilla è operazione
analoga a quella del modificare la mente dello scolaro, e
quest'essere umano diviene, come Dunoyer ha preteso, sua
64
materia-gresxa t suo prodolto» Ciò io non accordo. Per me,
vaso e lesione , ecco le due forme utili , i due prodotti ;
piaceri o comodi ricavati dal vaso, insegnamento ricavato
dalla lesione , ecco due effetti utili , posteriori ed indipen-
denti dalla creazione de* due prodotti, risultanti da una
seconda ed ultima fase del fenomeno.
« Fin qui, il sistema di Dunoyer mi parrebbe già difet«
toso in quanto che, mentre si cerca una base sensibile sa
cui concretare il prodotto immateriale, egli ci offre V uomo
bensì, ma ci dà come base alla produzione ciò che è base
, al consumo. Ecco ora una seconda confusione. Dunoyer, nel
servirsi di questa base, si comporta In un modo per certi
casi, in un altro per altri; e da questa differenza, che è
tutta arbitraria, fa nascere la distinzione tra i prodotti ma*
teriali ed immateriali.
e Ho detto che tutte le produzioni hanno i due stadii,
di forma utile, e di effetto utile; e che noi siam liberi di
riunire queste due fasi in un solo fenomeno complessivo, o
separarli. Ma noi non possiamo, senza essere illogici, ac-
corciare in un caso, ed allargare in un altro, i limiti del
fenomeno, per inferire da questo modo arbitrario di deter«>
minarlo che alcuni prodotti sono materiali ed altri noi sono.
Se noi poniamo per termine del fenomeno lo stadio del
consumo, ne verrà che tutte indistintamente le produzioni
si dovranno considerare come operanti sull* uomo, ed appar-
terrantio perciò alla classe delle immaierialù Se invece ci
arrestiamo alla fase della gjenerazione d'una forma utile,
nesiuna industria si potrà dire operante sull* uomo , tutte
si troveranno limitate alla trasformazione della materia ; e
i prodotti tfiifiia(ma/i finiranno di esistere.
« Il panattiere crea un pane, il professore crea una le-
zione. Gol sistema di Dunoyer si dirà che il panattiere ha
dato un prodotto materiale, il professore ha dato un prò*
dotto immateriale. Può ciò eostenersi? No, se la parola
prodotto significa in ambi i casi la stessa cosa ; si, se le si
fa significare due cose diverse.
« Se si vuole che prodotto significhi tutto il fé
la creazione della forma utile e poi il consumo di
forma; noi troveremo che la lezione modifica il
di chi r ascolta , e' il pane modifica le visceri di
mangia: tanto dunque può dirsi che lavora sulPi
professore che lo istruisce, quanto ciò dee dirsi ài
tiere che lo nutre.
e Se si vuole che prodotto significhi la prinv,
soltanto del fenomeno, la creazione della forma ^ 84
nersi alcun conto dell' effetto che verrh dal con?^
dee volerlo per ambi i casi. Allora, il pane^ non p(
consumato, non accostato alla bocca d* un' uomo, è >
dotto che non opera la modificazione dì un essere \
io lo concedo benissimo a Dunoyer. Ma allora , con
si dirk che la lezione, finché non fosse comunicata'
euno, sia qualche cosa diversa ? Qual modificazione a*
arrecato in alcun essere umano? Evidentemente n
Esiste a sé, come il pane ; sark dunque, come il pav
produzione che non agisce ancora sull* uomo, sarh Vi
dotto materiale.
«•Per introdurre una differenza fra la natura de
dotto pane, e quella del prodotto lezione, bisogna fu
ad un sofisma: per l'uno si dark alla parola prod.
senso di mera produzione ; per l' altro le si dirà il
di produzione e consumo. In tal modo, mi sembra, '
cepito il sistema di Dunoyer. Trattandosi di lezione,
attribuisce il privilegio esclusivo di operare la trasform
dell'uomo; ma egli s'inganna: la lezione non ha :
privilegio, se non quando si spinga sino alla fase dj
sumo, e il pane ed ogni più materiale prodotto lo ni
pari, qualora egualmente si spingano fino alla medesin(
« Tale, se io non mMnganno, è intrinsecamente
fetto della teoria del nostro autore. Egli ci offre ì
come base alla produzione di certe utilità; ed in t
di questa base, e perdiè le altre produzionf si basa
56
vece che suiruomo, sulla materia bruta, chiama immateriali
le prime, materiali le seconde. Ma ciò che egli oCEre come
subitratum di produzione^ non è che il campo io cui av-
viene il consumo; ed egli s'inganna, mi pare, nel darlo
come speeialilk de' prodotti immateriali, giacché quel campo
appartiene a tutto ciò che può consumarsi , a tutti i pro-
dotti possibili. La quistione dunque non viene sciolta col
suo sistema ; rimane sempre la necessità di cercare dove
sia la materia che forma base a' prodotti immaterialù
e Ella è appunto là dove s! trova per ogni altro pro-
dotto. Nel momento medesimo in cui on prodotto immate-
riale si crea, in cui può dirsi creato, è necessità indeclina-
bile che sorga una forma alla quale esso si leghi. Non oc-
corre, Teramente, cercare ove sìa questa forma ; io vorrei
piuttosto che i sostenitori de' prodotti immateriali ci sappiano
indicare dove essa non sta, ce ne mostrino un solo l' ap-
parizione del quale sia affatto indipendente da una materia
qnalunque.
« Nella maggior parte de'casi, essa palpabilmente si vede.
La statua, il quadro, il libro, non son dunque oggetti cor-
porei, quanto il pane, il tessuto, il martello? Talvolta, 6
vero, la materia si eclissa ; ma basta allora un pò di rifles-
sione per rintracciarla. In tali casi, si riduce a de' suoni, a
delle parole; sarà dunque un'aria, corpo non men reale di
un altro, e che implica un apparecchio tutto corporeo, nelle
labbra che proferiscono la parola, ne' gesti che l' accompa-
gnano , . nelle orecchie che ascoltano , negli organi che la
trasmettono, nel cervello che la riceve e l' interpreta. G. B,
Say fu molto facile a dire che « il medico vende l'utilità
dell'arte sua $enza che l'abbia incorporala in alcuna mal-
teria » . Come mai concepire che il pensiero del medico si
riveli, divenga permutabile, si venda, si trasmetta, senza un
mezzo di trasmissione il quale, qualunque esso sia, piccolo
0 grande, semplice o complicato, sarà sempre materia? lo
67
mi spingo anzi più in là: s€ non ci si parli che del puro
pensiero concepito e rimaslo dentro di noi^ (ostochè esso si
consideri come un prodolto, sari pur forza di riconoscere,
come ho già detto di sopra, che non si potè ibrmolarlo
senza il concorso d' un apparecchio cerebrale e nervoso. Al
di qua poi di una tale ipotesi estrema, sarà pur forza di
rìconoaeere che, fra le numerosi produzioni a cui il titolo
é^immaieriate si è tanto profuso, non ve n'ha una sola la
eoi edisleoza non supponga un insieme di cose sensibili,
molto più vasto e complicato di quello che a prima giunta
si crederebbe. L* insegnamento, le arti, la commedia, il ser-
mone, la difesa dell'avvocato, la cura del medico, la giusti-
zia del magistrato, il pensiero del filosofo, al momento che
preodano la qualità di prodotto e divengano godevoli uff-
Kldt bisognerà inevitabilmente che paghino il loro tributo*
alla materia: e scuole, scene, pulpiti, panche, strumenti,
sale, prigioni, carta, inchiostro, torchi, voce, aria, gesto,
luce, colori... tutto ciò è indispensabile condizione senza cui
la cosa prodotta non esisterà; ma tutto ciò che cos'è? nien*
t' altro che pretta materia.
« La verità di cotesta riflessione mi sembra incontesta-
bile; ma vediamo quali illusioni han potuto offuscarla.
« In primo luogo, la dorata. Smith fu il primo ad in-
dicarla, Say rtia ripetuta su tutti i tuoni (i). Quando il
medico dà il suo consigliò ali* infermo, il suo prodotto di-
spare appena nato. Quando un attore teatrale diverte il
pubblico, le tititità che egli produce son rapide come quelle
del medico. Il giuoco, la danza, la lettura, l'opera d'un
barbiere , il servizio di un domestico, ecc., son cose tutte
del medesimo genere: utilità che consistono in una fugace
(I) Còrso, p. I, e. 5; Trattato, p. 1S8, ediz. itaU; MisctlL,
p. 335, 396> |64, edlc. OuillaamiOi ecc.
68
apparizione, qbe si consumano neiraito stesso in cui son
prodotte, che non lasciano tracce materiali della loro esi-
stenza. E sarebbe dunque per ciò che si ama chiamarle tm-
materiali.
« Ma la brevità della durata non prova che la base sen-
sìbile non esista; costituirebbe quindi un motivo per chia-
marle fugaci, poco durevoli, non per chiamarle immahrialL
Ninno certamente vieta di porre in una sola categoria tutti
•i prodotti la cui forma passi rapidamente, ed in uù* altra
quelli che presentino una maggior permanenza; ma se so-
pra questa distinzione si volesse fondare il loro carattere
materiale o immateriale, due strane conseguenze ne discen-
derebbero.
Da un lato, come mai fissare un limite di durata? La
materialità consisterebbe nei vivere un minuto, un giorno,
un anno, od un secolo? La piramide egiziana è certamente
un prodotto materiale; ma la casa che, sebbene non possa,
come la piramide, lottare coli' eternità, e nondimeno resiste
per molti anni all'azione del tempo, sarà essa pure mate-
riale? e se lo è, l'abito che regge appena un anno, il frutto
che appena raccolto si mangia, in qual classe si mettereb-
bero? — Sotto un tale sistema, la materialità o immateria-
lità dipenderebbe da un/ buon cronometro, e l'economista
dovrebbe star bene attento a contare i minuti, trascorsi i
quali il prodotto finirebbe di essere immateriale per dive-
nire corporeo.
« Da un altro Iato, l'intenzione degli scrittori che hanno
inaugurato l' immaterialità di alcuni prodotti, verrebbe tra-
dita. Si troverebbero messe insieme la cosa più spirituale
del mondo e la più {grossolana; ed un prodotto medesimo
sarebbe un momento materiale, un momemo immateriale,
secondo che rivestisse una forma od un'altra, lo espongo
una lezione di economia; un caffettiere mi porge un sor-
betto; la forma utile della mia lezione e quella del sorbetto,
hanno a un dispresso eguale durata. Sarao dunque due prò-
59
doui della slessa natura; e la diligenza che si era voluto
adoperare nel distinguere le produzioni spirituali dalle cor-
poree, andrebbe a finire col far confondere insieme una le*
zione e un sorbetto! -^ Di più: T Iliade si può cantare da
un rapsodo, e durerà allora per alcune ore; si può scri-
vere e slampare, e durerà tanti secoli quanto e più che
uda piramide egiziana: l'Iliade dunque sarebbe nel primo
caso un prodotto immateriale, diventerà materiale nel se*
eondo. Ma il buon senso ripugna a un siffatto linguaggio ;
e rioienzioue degli economisti non fu di ammettere un
caso in cui mai l'Iliade potesse entrare nella classe a cui
appartengano le piramidi, la casa, l'abito, il frutto.
e Seconda illusione, analoga a quella della durata, è stata
h non aceumulabilità de* prodotti immateriali. In questo
ponto, il linguaggio di Say ha mostrato molta incertezza.
Egli cominciò dal dire nel suo Trattato: « Dalla natura dei
prodotti immateriali risulta che non si potrebbero accumu-
lare, e perciò non servono ad accrescere il capitale nazio-
nale » (4). In una nota a Storch giudicò incoerenza il ri-
guardare come accumulabile un prodotto fugace (2). Ma
poi ai corresse nel CorsOj dichiarando erronea una tale opi-
nione (8). La teoria di Dunoyer, come quella di Storch,
coincide con quella che fu in ultimo luogo adottata dal Say;
ma Dunoyer l'ha spiegata in un modo che lo distingue. È
un errore, egli dice, il credere che le produzioni immate-
riali sieno fugaci e non si possano perciò accumulare, « Non
è il prodotto ciò che si consuma nell'atto medesimo in cui
nasca, ma è il lavoro del produttore. In ciò le produzioni
immateriali non differiscono da tutte le altre; imperocché
in lotte indistintamente si consuma sempre il lavoro, e si
(i) T. I, p. 148.
(3) Parte II, e. 8.
(5) T. 1, p. 90-1 (Guillaom.) e p. f64.
60
accumula rutUiià. Sicurnméntc , la lezione del professoio
vien consumata nell'atto stesso in cui si produce, ma ap-
punto come la manodopera del vasaio impiegata $ul vaso
che egli ha fra le mani; le idee intanto, inculcate dal pro-
fessore, rimangono nello spirito dell'uomo, precisamente
come la forma che il vas(Uo ha impressa all'argilla »• —
Garnier ha accettato, con troppa fiducia mi sembra, una
tale spiegazione. Dopo aver detto che essa sparge la luce
sulla discussione, soggiunge: « Non può dirsi di tutti i pro-
dotti immateriali che essi non sieno capaci di accumularsi,
giacché si accresce benissimo il gusto, sì accrescono le virtù,
le attitudini, i talenti d'ogni maniera; si aumenta il valore
d' una clientela, la fecondità dell' industria. ••— Il padre che
pone a tirocinio il suo figliuolo, non accoroula e per esso,
e per sé medesimo e per la società? Non è dunque esatta
r opinione di Malthus, che la ricchezza immateriale sia men
suscettibile di accumulazione. I lumi, la scienza acquisita,
moltiplicano ed ingrandiscono di eoniinuo il patrimonio del-
l'uman genere, precisamente come la ricchezza materiale,
con r unica differenza che la prima si moltiplica coli' uso,
mentre la seconda si deteriora col consumo » (4).
lo reputo perfettamente logica la maniera in cui Du-
noyer si è trovato condotto a spiegare l' accumulabilità dei
prodotti immateriali. Partendo dall'idea che la loro materia
grezza è l'uomo, come quella del vaso è l'argilla; nulla
di più coerente, che il paragone tra l^uomo modificalo e
l'argilla ridotta in vaso; nulla di più legittimo che il de-
durne esser tanto accumulabile il prodotto uomo, quanto lo
è il prodotto vaso. Ma io confesso di non comprendere co-
me il Garnier, che aveva cosi bene distinto il prodotto im-
materiale dal risultato che esso genera nell'uomo, abbia poi
potuto accettare la spiegazione di Dunoyer, alla quale, mi
duole il dirlo^ io non posso acquetarmi.
^ 1 — ■ ì " - —
(4) Jnalf della produzione, Ice. eit.^ p. 470.
61
e Ripigliando, ìnfaUi, la mia maniera dì analitsare il fé-»
nomeno, si vedrà agevolmente che la differenza tra Tuno
e l' altro prodotto rimane sempre ed è grave. Tanto nel
vaso che nella lezione vi son tre elementi : l'opera del pro«
duttore, V utilità ricavatane dal * consumaiore, e la cosa pro«»
dotta. L'opera del produttore, certamente, passa in ambi i
casi, come ben dice Dunoyer; passa il lavoro delWasajo
come quello del professore. L'utilità, in ambi i casi, vico
trasmessa nell'uomo, che rimane modificato, dal piacere
0 comodo che il vaso gli procura , dall' istruzione che
gii procura l'insegnamento. Fin qui, le due produzioni
sono affatto consimili. Ma quanto alla cosa prodotta, l'A. mi
sembra aver torto. H- vaso é permanente; la lezione spari-
sce. Il vaso dopo un anno dacché fu fatto, dopo aver gio«
vaio ad uno o più uomini , dopo aver generato in essi il
suo effetto utile, esiste sempre qual era allorché usci dalle
mani del vasaio; è dunque un valore conservato, un capitale
accamulato, indipendentemente da quel valore che esso avrà
potuto generare negli uomini che lo usarono. La lezione
000 è cosi. Qualche istante dopo che siasi pronunziata, l'aria,
ebe fu scossa un momento dall'organo vocale del professore,
si racqueia, e piò non conserva alcuna traccia sensibile del
suo discorso. Ciò che ne rimane è la ricordanza nella mente
di chi r ebbe ascoltato , è unicamente 1' effetto utile ; ma
questo effetto rimane soltanto nell' uomo consumatore, come
vi rimane quello delle produzioni materiali, le quali inoltre
conservano la loro esistenza propria. Vi é sempre, dunque,
ima differenza considerevole tra il vaso di argilla e il di-
scorso orale; T uno è accumulabile, l'altro non lo è; e ri-
correre all'effetto operato sull'uomo per oonvincerci che
entrambi lo sono, è una prova la quale^ sebbene data da
Storch , accettata da Say , dilucidata da Dunoyer , ed ora
sanziooata dall'adesione di Garnier, rimane sempre insuffì-
fiente.
f Mi^ è fqrsip d^ (Qpisirc per cip all'opinione di Malthus,
62
primiiivamentd abbracciata da.Say, che i prodotti imniate-
rìali sicDO di lor natura impossibili ad accumularsi ? No ;
è questa un'illusione molto analoga a quella ebe si fondava
sulla durala. Essi sono o non sono accumulabili, secondo i
casi, secondo una circostanza che è loro comune co'prodotti
materiali, senza che V esserlo o il non esserlo serva meno-
mamente a determinare la loro immaterialitk.
e La permanenza, infatti, della forma utile dipende dalla
specie di materia in cui T utilità siasi incorporata, non dalla
specie deir utilità che siasi voluto produrre. Di modo che
una medesima utilità può riuscire più o meno permanente
ed accumulabile, secondo che s* incorpori in una ' o in altra
materia. LMliade recitata, l'Iliade scritta, l'Iliade stampata,
è sempre un'utilità della medesima specie; pure, se l'indole
immateriale di questo poema dovesse dipendere dalla per-
manenza della sua forma esterna, essa sarebbe un prodotto
inaccumulabile nel primo caso, accumulabile più o meno
negli altri due. Ma tutti quanti i prodotti, i più corporei
come i più spirituali, si trovano nel medesimo caso: rie-
scono più 0 nóeno durevoli ed atti a capitalizzarsi, secondo
che la loro utilità venga fissata sul granito o sul vetro,
suir oro 0 sulla carta, sul bronzo o sulla tela di ragno. Anzi
un medesimo oggetto può, sotto un tale riguardo, mutar di
natura, secondo che cangi di forma esterna. Io potrei fab-
bricare un' infinita quantità d' idrogeno carbonato, e non ac*
crescerei per nulla il capitale del paese se lo lasciassi a
diffondersi liberamente per l'aria; ma il medesimo gas,
rinchiuso in un gasometro a misura che si sprigioni dalfap-
parecchio distillatorio, divien permanente, si distribuisce a
mio bel grado, si conserva per quanto tempo mi piaccia:
io non chiamerò certamente, per ciò, prodotto immateriale
il gas libero, e materiale il rinchiuso.
« Una terza illusione, che fa dimenticare l' esistenza di
una base corporea ne' prodotti immateriali, viene dal modo
in cui noi consideriamo il loro consumo.
, 63
« Nel periodo del eonsumo, come in quello della prò-
diniooe, vi ha un 6sico cangiamenio dell'uomo. Che fa il
cibo, ebe fa il mantello, che fa Y idea, quando noi usiamo,
consumiamo questi prodotti? Il cibo toglie la fame, eioà me*
diflca fisicamente le nostre viscere; il mantello ci libera dai
senso del freddo , cioè distende e ravviva le nostre carni
che erano contratte e rigide; l'idea genera, non so bene
che cosa, ma un movimento, un'inflessione qualunque nella
nostra massa cerebrale.
« A siffaui fenomeni noi sogliam dare un nome gene-
rale o astratto. Chiamiamo nutrizione, sazietà^ trigorej ecc.,
gli effetti del cibo; chiamiamo veitirsiy ripararsi dalle m-
temperie^ quelli degli abiti; chiamiamo istruzione quelli
delle idee. E. nella scelta di tali vocaboli, la generalizia-
ziooe e r astrazione può essere più o meno decisa. Alle
volle non facciamo che comprendere sotto un termine ge-
nerico i singoli effetti fisici, come quando diciamo digestione^
nutrizione. Alle volte ci spingiamo sino a dimenticare affatto
la parte fisica del fenomeno, sia perchè V osservarla ci rie-
sce diOicile, sia perchè c'interessa di più il tradurla in ri-
sultato non fisico; parliamo perciò d^istruzioney di gusto^ di
affetti^ dh passioni^ di abitudini intellettuali e morali, cose
tutte che non cadono sotto i sensi, cose nelle quali abbia-
mo interamente obbliato il fenomeno fisico su cui si sono
formate.
< Ora, da codesto obblio risorge un'altra maniera di
dare esistenza a dei prodotti immateriali. Ingannati dal no-
me, .noi supponiamo che se ne trovin di quelli il cui effetto
sia puramente incorporeo; e quindi, se anche dalla loro
natura non si potesser chiamare immateriali, lo si potrebbe
in grazia della immaterialità dell'effetto. Ma si vede ben
chiaro che anche ciò si riduce al medesimo giuoco di equi-
voci. Gli autori che ammettono la distinzione, presa dal lato
del consumo, si servono in un caso della parola astratta,
in un altro accennano la fisica modificazione; chiamano io?
64
corporeo, nel primo easo, il eonsumo e, per estensione, il
prodòuo; lo chjaoiakio corporeo neir altro. Ma la veritk è
che sempre vi ha un effetto fisico, e la libertà di qualifi-
carlo con un termine astratto; che la qualificazione è an
puro atto della nostra mente, è arbitraria, non è inerente
in un caso, nò vietata in un altro; che la materialità non
manca nell'uno per esistere unicamente nel secondo. NeU
rts/ruj8tpne, nella formazione del gu$lo^ degli affetti^ de'oo-
iiumi , ecc. Vi ha una serie di fenomeni fisici, come ve
n'ha nella digestione del cibo; e viceversa, tutti ì fenomeni
fisici del consumo si potrebbero astrarre e convertire in ef-
fetti puramente immateriali. Lo stesso Say si avvide di ciò.
Egli, nella prima delle sue lettere a Malthus, passò da un
estremo all'altro, trascinato appunto da qnest' idea. Non so«
lamento ammise 1' esistenza di alcuni prodotti immateriali,
ma giunse a dire che realmente tutti i prodotti non sono
che immateriali, quando si prendono dall'aspetto dell'utilità
che promettono, del servigio che danno. Ed egli avea ben
ragione. Invece di accogliere in distinzione de' prodotti in
due classi, si può certamente dire che tutti sono materiali
0 tutti immateriali, secondo che il loro resultato utile si
consideri dal lato fisico o dalla sua qualificazione astratta;
ma scambiare a capriccio questi due modi di considerarlo,
e presentare come una realità inesorabile delle cose il ca-
priccio della nostra mente; volere che una classe di pro-
dotti si prenda da un aspetto, e l'altra da un altro; que-
sto come argomentazione diviene un sofisma, come princi-
pio fondamentale è sempre un assurdo.
. ( Confinila ),
«OLLETTinO DI ROTIZH tTATMTICBg ITALURl E STBAHlUg
I DELLE FIU IMPOETARTI mVENZlOni E SCOPBETE
0
PROGRESSO DELL' TNDUSTRU
• ...
. . ».
DELLE UTILI COGRIZIOIfl.
Fasqcolo pi Luglio 1869.
NOTIZIE ITALIANE
(eiidle»iftt» delle benellceiftme elargito dalla eli-
tadlnaMsa mllaifteae dorante la erl«l
■Elea del primi pel nteal deiraUna t849.
L
a acorsa jovernata fu per Milano un' invernala di deso-
lazione. Nessun lavoro , neasupa festa , nessuna reciprocità
di scambj. I cittadini milanesi vollero venire in sussidio dei
sei mila e più operaj che rimasero senza lavoro, e nel
breve periodo di ^ei settimane raccolsero in tante sponta-
nee offerte Tingente somma di lire italiane 434,888. Que-
sta somma venne affidata ad una.Cqmmissione di cittadini
benemeriti , i .quagli sussidiati da oneste Commissioni par-
rocchiali distribuirono dal I aprile al 2A luglio le somme
ricevute, mediante elargizioni di un fiorino alla settimana
per ciascun operajo. Noi ora pubblichiamo il rendiconto
che ci venne comunicato da quella benemerita Commissione
Axauu. Statistica, voi. XXIII, gerii 3.* 5
66
onde ^i conoseà come le oflerte cittadine vennero utilmente
impiegate.
Parrocchie alle qaali furono distriboiti
A S. Alessandro • • » • ^ » •
2 S. Ambrogio .••••••
3 S. Babi(a , ,
4 S. Calimero • . •
5 S. Carlo ••*•••••*
6 Sant'Eufemia .••*••#
7 S. Eustorgio • . ^ , • • *
8 S. Fedele
9 S. Francesco da Paola . • • ^
40 S. Giorgio ia Palazzo . • • »
41 S, Lorenzo •
42 S. Marco
IS Santa Maria del Carmine • • •
44 Santa Maria Incoronata • • • •
45 Santa Maria della Passione • * •
46 Santa Maria alla Porta" • . • .
47 Santa Maria Segreta .... *
48 Metropolitana ,
49 8. Naizaro Maggiore . , . . .
50 S. Satiro
91 S. Sepolcro
S2 S. Simpliciano .......
SS S. Stefano ........
fl4 S. Tomaso
SS S. Vittore al Corpo .....
Sussidj straordinarj distribuiti dalla Gommis*
$ione Centrale ,
Assegni acconUU.
Fiorini 4,490 —
S,S08 —
964 ~
8,637 —
754 —
4,864 —
6,977 —
648 —
494 —
4,480 —
6,770 —
644 —
4,285 —
8,0«« —
4,486 —
4,050 —
898 —
4,187 —
4,808 —
4,686 —
889 —
S,6S0 —
8,438 —
896 —
1,846 —
. 8,027 —
Fiorini 63,415 —
67
Bendkonto delle somme ineastaU e delle relative erogazioni
in soeeorto degli operej biwgnoti e m«mcan({ él lavoro
m emuoguenta dell' arenamento dell' induttria e del
commercio durante le cireo»tanz« eccezionali del 1859.
IirritoiTi.
DtUe obblatiooi della carità citiadiM, introhi
eomplesrivi FiorìDÌ 68,415 — >
Pari ad iutiane Lire 434,888 88
NB. Io <|ues(« importo è compresa la aoni-
nn di fior. 4600 data dalla Caasa centrale di
beoefieenxa, amminisiratrice delle Gasse di ri-
sparmio della Lombardia , sul fondo dei redditi
della beneficenza, la quale offerta finora non fu
paU>lleata.
Eaoaiziom.
Alle Gomnaìssioni parrocchiali pei sossidj da distri-
buirsi agli aperaj e suasidj straordinarj per la
I.* settimana scaduta col 47 aprile (compreso un
sussidio speciale di fiorini 4000) Fiorini
S.* settimana scaduta col 34 detto
S.* 4 maggio
4* 8 .
6.* 45 .
6.* S3. .
7/ S9 •
8.* 6 giugno
9.* 48 .... »
40.* 49 • . . . »
44.* 86 >
4S.* 8 luglio
43.* 40 »
44.* 47
45.* 84
Distribnsione proponionale del fondo rimasto
fra le parrocchie .........
8^69 —
8,059 —
6,657 —
8,444 —
8,779 —
4,444 ~
4,776 —
6,480 —
6,480 —
6,867 —
6,440 —
8,068 —
4,438 50
4,4S4 ->
4,456 —
4,404 60
Totale a pareggio Fiorini 63,415 —
Pari ad italiane Lire 481,888 88
Milano, Il S7 luglio 1859.
6a
0UpfiBl#n^ economica ddln pr«v|B«l#
di Bresci»*
Alle conferenze di Zurigo, il ministro plenipolensiario
deirAustria vuol far credere ohe la Lombardia valga un te«
aoro, e pretende da chi vinse l'Austria- alla battaglia di Par
{estro, di Magenta e di Solferino, quattrocento e più mi-
lioni di fiorini, quasi che la Lombardia perduta in guerra
fosse ancora un podere od un feudo da vendere.
Per dare ai nostri lettori un' idea dello stato in oui TAa^r
stria ha lasciato queste provinpie un tempo prospere ed ora
denudate e de$ol£|ie, riferirenio i| quadro d^lle miserie bre-r
sciane che veniva dalla Congregazione Provincia!^ di Brcr
scia presentato alla cessata Congregazione Centrale, mentre
ancora sussìsteva la dominazione austriaca. Efico il prospetto
delle sue passività straordinarie come venne accuratamente
iredatto dal benetnerìtQ deputato provinciale cay* Poroellì,
Prosfiettq delle spese sostenute dalla Prop, Bresciand
rfi.ff'a straordinaria^
4.^ Ammontare del capitale di boni prò-
^inaiali estinti , , , • , ^ Austr. L. 4^298,544 73
3.^ Interessi sui n^edesimi boni • , ^ 66,000 -r-
S.® Ammontare delle azioni del prestito
sull'agiatezza estinte •••..•» &0i,000 -^
4.^ Interessi pagati sulle st^se . • ^ 400,000 — ?
5.^ Pagatp pel prestitp 4850 . . , » ' 4,287,400 -r
6.^ Contributo pel manteoimento del-
l'I. R. truppe negli anni 4848-49 • • ¥, 3,458,8|43 0?
7.^ Come sopra pei mesi di ottobre, no?
yenr^bre e dicembre del 1848 , , . » 263,862 77
aLir. 9,970,650 66
69
Somitoa retro al. 9,9^0,650 90
8.^ lÉulta di L. 530,000 pel proclama
4 gfenoajo 4849 pagate . i . ; • . » 4I6,S8S 89
9.^ Come sopra di L. 800«000 pel pro<^
elama S aprile 1849 » 800|000 —
10.^ Come sopra di L. 6,000,000 pel
proclama suddetto pagate •«...» 4,358^959 95
44.^ Sovraimposta straordinaria dell' I.
fi. Idten. Generale dell'armata ^ « « > 358,959 44
is.'^ Seconda rata * ^ • . . . j» 849,423 06
i3.^ Prima sovraimposta straordinaria per
le spese militari 5 ottobre 4848 ...» 350,260 — ^
44*^ Seconda rata 30 ottobre 4848 9 850,360 — ^
45.^ Sovraimposta di 4 cent, a favore
della città 36 luglio 4849 . a ... > 439,134 ---
16.^ Sovraimposta di millesimi 8 per
spese militari 39 settembre 4849 . . i^ 443,583 71
47.'' Simile di millesimi 3 « « . » 35,895 95
18.^ Simile di 4 cent, a favore della
citlk 47 novembre 4849 . . . é . ^ 468,437 61
49.^ Altra di millesimi 4 a faVore dei
comuni S. Alessandho e S. Eufèmfa 47 no-
vembre 1849 > 63,072 59
10*^ Prestito nazionale 1864 pagate * 4,883,871 60
.u.
ti. 18,478,827 43
I
Siccome questi Versamenti importarono
Ud consumo di sostanza ai censiti, coai de-
vesi dividere la suddetta somma in dieci
(Mirti e calcolare di perdita un decimo ogni 1
anno, dunque spettano al corrente 1859 aU 1,817,883 74
Di pifr il ribasso del prestito nazionale
d'oltre un terzo che in questi momenti in
70.
Somma retro aL 1,817,882 74
cui sarebbe neeemrio il venderlo presente-
rebbe una perdka assai maggiore di • » 487,957 —
Inoltre la perdita sostenuta dai provin-
ciati sul pareggio delle lire, auiitriache coi
fiorini nuovi (considerate circolanti nella pro-
vincia 400,000,000 ritenendone circa I00|
milioni nella Lombardia) perdila che va-
lutata 3 centesimi ogni lira dà la somma di » 800|000 — *
senza poi valutare che si perdettero 5 cent,
ogni lira estera che fu posta fuori di corso.
Non si può tacere che i provinciali fu*
rono obbligati a sborsare a vantaggio delle
truppe sarde nel 4848 L 1,000,000, som-
ma che ripartita come sopra in dieci anni
dà air anno • . • • » 100,000 —
Sostiene anche la provincia la passività
annua dipendente da frutto sui oapitali a ca-
rico della proprietà fondiaria » • • • » 4,000,000 —
Per riparazioni a 13009 case eoloniehe
in ragione di sette individui per casa a sole
lire settanta all'anno • » 1,040,720 —
Simili alle abitazioni civili, chiese, edifizj
pubblici, ecc., calcolato in tutto 16,000 a lire
50 comprese le assicurazioni degli incendj » 800,000 —
Si aggiunga V incasso della L R. Finanza
compreso le tasse di Commisurazione, negli
offici di Brescia, Salò e Chiari • • • » 1,980,000 —
Di più l'imposta annuale gravante il censo > 6,575,593 48
Rendita della Provincia aL. 18,042,453 2S
Questa rendita (pel mancato prodotto dei
bozzoli e del vino al disopra della reale ) si
ritiene quale dal censimento fu stabilii in » 12,240,687 A4
La rendita artistica e commerciale non
si può valutare più di ••.«.• > 8,000,000 —
al. 15,240,627,54
74
e dò per le ragiooi che seguono desunte ddi dati estratti
dai registri della Camera di Commercio i quali eooviocono
eisersi ridotto a quel grado di decremento che Cs temere
la soppressione Ticina dei più necessarj rapporti mercantili ;
e ne sia una prova anche la diminuzione dell' attività so-
ciale che è un peso verso la sua distruzione.
Nel irieonio 4864-63-5S non si notifiearoDO che sole 18
cessaziooi.di Ditta»
Nel triennio I856«b7«58 nella sola eittà ne furono noli-
ficaie 481.
Nel triennio 4854-6S-&8 si pubblicarono 18 fallimenti.
Nel triennio 1856-57-68 fallimenti 50.
11 numero delle ditte paganti la tassa di Commercio nella
citth e provincia qhe nell'anno 1854 ascendeva a 2776
Dell'anno 1858^ si sono ridotte a 3300 delle quali 205 fu-
rono esonerate dalla tassa per comprovata miserabilitiu
Nel 1854 iìirono in attività nella provincia 7000 fornelli
da seta: il loro nomerò negli anni successivi andò mano
mano diminuendo per la mancanza del prodotto bozzoli^ e
per le circostanze eccezionali che impediscono le specula-
zioni d'importazione, ora non ne avremo di attivi che 1000
circa.
Le maniiatture di carta oell' ultimo decennio deerebbe-
ro della metà.
■
La filatura del lino e del cotone di un buon terzo.
Le fabbriche d'armi e l'industria delle aoquevìte son^
annientate.
In causa dei mancati prodotti agricoli , i bozzoli ed i'
vino, non vi è consumo nei oegozj della città, e delle grosse
borgate.
Le minori industrie d*arti e mestieri sono in tale de
cadenza cbe molti artisti emigrano in cerca di lavoro.
Considerato quanto soprp, non si andrà lungi dal vere
ritenendo che i redditi del bresciano commercio, e dell'in
dostria dal 1850 all'anno in corso, sono diminuiti di tr
quinti.
( *
79
Riassamendò il calcolo csposlo'abbiamo
di sortita annua aL. 18,04S,I5S SI
di prodotto » 16,S40,6S7 64
■te
Rimane dunque la Provincia in per-
dila di aL. 3,801,695 68
volendo anche ammettere che la metk della prodnsione, de-
voluta alla parte colonica possa essere bastante (ciocché è
assolutamente impossibile) a provvedere di vitto, vestito e
combustibili 1* intiera popolazione di 861,461 abitanti, e
.coprire le spese occorrenti airiropotenia ed al pauperismo,
air importazione dei generi coloniali d'indispensabile neces*
aitili e più di tutto air andamento ordinario dell* agricol-
tura.
Ecco in quale conduione trovatasi la provincia bresciana
al 40 giugno di quest'anno allorché l'esercito austriaco l'ab-
bandonava. Ecco le gravi piaghe econòmiche da sanarsi per
cura del nostro Re, E le piaghe si saneranno.
X
Iie tra diSà di MllaM* ^ Tarlaa e GenoTa*
Ora che queste ire citte appartengono ad una sola fa-
miglia, crediamo di farne conoscere l' estensione e la popò-
lazione rispettiva.
MiuNo. — Eiìenmne della cittk e de' Corpi Santi che
la circondano e ne' quali sono compresi I sobborghi: per-
tiche censuarie 4 09,363. Il giro dei bastioni non chiude che
un'area di 12,579 pertiche q.
Popolazione nel 1857 335,850 -— de' quali 475,847
entro la cerchia delle mura; 40,003 nei Oirpi Santi.
Storia della popolazione. Nel 1887 la popolazione di
Milano entro le mura era di 146,000; nel 4844 di 158,587;
e dieci anni dopo (4853) di 168,566: un mediò aómenio^ cC
annuo di 1600 anime. Nel quadrioinio successilo (4854* ^
4857 ) il medio aumento annuo fu di 4813 anime. Nei Corpi ^
Santi, durante lo stesso periodo, la popolazione crebbe con
maggior rapidità» avendo toccato T annuo aumento medio di
664 anime. Ora la popolazione dentro le mura sta a quella
de* corpi Santi come 44t 4» e 1* Aumento annuo sta come
i80: 4.
Torino* — Estensione. Ettari 43,789 37 — o pertiche
q. 4S7,898, li territorio torinese dunque dentro e Taori la
cerchia delle mura, supera di quasi un sesto l'estensione
del territorio di Milano e de* suoi Còrpi Santi. *- Di questo
vasto spaaio solo poco più della irentesima quarta parte è
occupata da edìfizii urbani o suburbani.
Popolazione permanente ed occasionale nella sera del
34 dicembre 4857: 479,635 anime ,^ delle quali 455,889
entro il cerchio delle mura fin qui costruite e 33,746 fuori.
Se invece si bada alla linea daziaria, 463^046 abitanti vi
erano inclusi,' 47,586 ne rimanevano esclusi. La parte dei
colli compresa nel territorio d^Ua cittk noverava, nel mo-
mento in cui fu fatto il censo, 6863 abitanti.
Quanto alla popolazione chiusa nella linea daziaria essa
poteva distinguersi in
Quartieri ciiiadini (Po, Monviso, Monco*
nisio, Dora, Borgonuovo) . . • • 448,343 abitanti
Sobborghi (Po, Dora, Vanobiglia, S. Do-
nato, S. Salvarlo, Rubatto « Crocetta ) 36,760 »
Case abìute 7,967 >
468,040 abitanti
Torino nel 4848, città e territorio, numerava 486,849
abitanti di diritto^ ma di fatio^ compresa la popolazione oc-
casionale^ saliva a 443,457. Nel. 4 838 la popolazione dtdi-
ritu> era di 447,673.
L'aumento totale del decennio 4837-4847 fu di 49,777
74
ftbiUDli; l'aomeDlo del decennio 1847-1867 fu di S6,478:
cioè di circa un sesto pel primo decennio, e d' un quarto
pel secondo.
Gbnova. -— Estensione. Secondo il Cevasco {SiatisL de
Génes^ 1888) 897 ettari; secondo la grande Deserixùme di
Genova e del genovesatq (4846) 984 ettari: ad ogni modo
meno che 4/48 del territorio di Torino.
Popolazione permanente ed occasionale nella notte del
34 settembre 4897, 419,640. — Di questi 40,254 erano
soldati, studenti, detenuti, forestieri di passaggio. Ma per
fare il bilancio della popolazione genovese conviene aggina-
gere 40,888 genovesi assenti di Genova: ciò che porterebbe
la popolazione di Genova a 439,998. Escludendo la guarnì*
gione, gli studenti e i forestieri, che vi concorrono freqoen*
tissimi nella buona stagione, Genova avrebbe una popolazione
naturale di 449,744.
La popolazione propria della città di Genova, o come
sogliono dire» la popolazione di diritto nel censo del 4848
era di 401,496. 1/aumento annuo medio del decennio dunque
fu di 4 854 anime, cioè in proporzione, quasi il doppio del-
r aumento della popolazione milanese dal 4844 al 4853.—^
Dieci anni prima (4838) la popolazione stabile di Genova
era di 97,624 abitanti: e però l'aumento medio del decennio
precedente il 4848 fu meno di 400 teste all'anno.
S'aggiunga che economicamente voglionsì ascrivere alla
popolazione della città di Genova gli abitanti dei sobborghi
della Foce, di S. Martino, di S. Francesco d'AIbaro e di
Sanpierdarena che sommano insieme a S8,966, e cosi danno
a Genova la popolazione effettiva di 458,964 anime.
Sommando la popolazione di queste tre città principali
del nuovo regno abbiamo l'ingente numero di 564,449
abitanti. Questa cifra che passa il mezzo milione è abbasunza
importante per mostrare quanto potranno valere queste tre
città dal lato economico e dal lato anche del pensiero e
delle forze nazionali.
75
4
lA p«p«l«Blone del »«•▼# Bei^M» d^lMlia.
Napoleone III emise in piò proclami la solenne promessa
che aTrebbe permesso ai varj popoli italiani emancipati di
esprimere liberamente i loro voti legittimi per la costitusione
dei loro nuovi governi. L* emissione dei voti ebbe già laogo
nel modo più legittimo e solenne dai popoli di Lombardia ,
dai dacaii di Parma e Piacenza, di Modena, di Toscana, e
si attendono i voti dei popoli delle Legasioni già pontificie.
Ove la diplomaxia sempre astiosa e nemica alla naiionalità
iuliaoa abbia questa volta a deporre il suo mal celato di-
spetto nel cedere un popolo risorgere a tanta concordia
verrebbe a costituirsi in un forte regno italiano. Questo re«
gno preaemerebbe la seguente popolasione:
AbiUnU
Stati sardi, compresa ancbe risola di Sardegna 5,167,543
La Lombardia, compresa ancbe la città di Man-
tova : 8,000,505
Il Ducato di Parma e Piaceoca 496,840
Il Doeato di Modena 598,966
Il Gran Ducato di Toscana coli' isola d'Elba ; 4,788,379
I terriioij di Bologna, Ferrara; Ravenna e Forlì 4,014,588
Numero totale • . • 44,903,804
Se poi si aggiungano le provincie di Urbino e Pesaro
che hanno 857,754 abitanti, si avrebbe pel nuovo Regno
Italico una popolazione complessiva di dodici milioni cento
cinqaantanove mila e novecento cinquantacinque mila abi-
4
tanti.
In questo magnifico regno si conterebbero città popo-
losissime e fra queste:
76
MiUno *
Torino .
Genova •
Modena •
Reggio •
Parma .
Bologna •
Ferrara •
Ravenna
Firenze .
Pisa . .
Livorno .
Lucca
con abiunti 476,847
179,636
149,610
65,321
64,516
41,000
86,142
60,853
46,627
113,304
47,532
90,113
65,241
Queste sole città rappresentano una popolasione di oltre
iin milione e eenlosettanta mila cittadini, senza contare la
popolazione di altre sessanta e più città che vanno ad in>
gemmare il -nuovo regno. Piaccia a Dio che ì voti unanimi
dell'Italia non vengano dall'ira straniera affogati nel san-
gue! È pur tempo che l'Italia possa dire, sono anch'io
una nazione!
77
«j» ,. >■ »■ ■■ .1,. ir— -.. .ff ■ •..n - mi aaa—aaa'i-Ti'T- JBwa.^aM— — «a— — — i,iniii
NOTIZIE STRANIERB
M«ti9itea seaerate delle Casse di BisparMle
In Barepa ed In Amerlea»
inghilt&ra. — Ecco i 90IÌ dati che noi abbiamo ^potuto
raccogliere fino ad orp sulla staiistica delle Casse di Rispar«
mio di questo paese oel 1859, È quasi la medesima che
quella del 4856; vi ebbe, come quasi dapperiuUOi un leg-
giero aumento nel numero dei deponenti e nel saldo dei
depositi.
Il numero dei deponenti per l'Inghilterra, la Scozia e
rirlanda era alla fine del 1857 di 4,366«000. e il numero
totale dei depositi compresevi Ij? Società dì mutuo soccorso
saliva a 39,900,000 lire sterline , vale a dire circa franchi
«4^000,000.
Il numero dei conti aperti in Inghilterra, in Iscozia ed
in Irlanda fu pel 4857 di 314,919, e il nqmero dei conti
saldati di 210,305.
AuMtrìa. <-^ I risultati del 1857 furono di un aumento
di 3801 libretti e di 287,400 Qorini, cioò 689,000 franchi.
Al 31 dicembre. 1856 il numero dei libretti era di 156,132
e il loro saldo di 98,930,000 fiorini , cioè 68,930,000 fr.
Al 31 dicembre 1858 il numero dei libretti era di 153^933
e il loro saldo di 20,008,000, cioè di 69,619,000 fr.
La media per libretto è di 181 fiorini, 424 fr.
Prussia. — Le Casse di Risparmio della Prussia erano
alla (ine del 4856 in numero di 365. La loro statistica al
31 dicembre 1855 era di 425,542 deponenti e di 38,941 ,00Q
lallcri, p 106,083,000 fr,
78
Nel 1856 ?i ebbe uà aumeolo di 39^89 deponenti e
di 8,401,000 Ulleri, o 13,586,000 fr.
Al Si dicembre 1866 erano dovuti a 468,431 deponenti
32^43,700 ulleri, o 119,668,000 fr.
Queste eifre danno una inedia di 69 talleri o SS5 fr.
per libretto.
SMSiimia. ^^ Lipsia. Al eonineiare dell' anno 1866 do-
veva a 13,477 deponeotì, 938,800 riidaUeri, oioè 3,471,700
franchi.
Alla fine dell* anno eranvt 18,954 libretti ed un saldo
di 95t,S00 risdalleri, cioè 3,415,400 fr.
Aggiungi un aumento di 477 nel numero dei libretti ed
una diminuzione di 9000 risdalleri, aggiungi 25,900 fr. nel
saldo che loro era dovuto..
La media di ciascun libretto è di 66 risdalleri, o 247
franchi.
Chemniu. — Il saldo del 81 dicembre 4866 era di
885,000 talleri, ovvero 1,426,000 fr.
Al 81 dicembre 1866 erano dovuti 430,000 talleri, o
4,591,000 fr. che erano riposti in 6210 conti, cioè una me-
dia di 69 talleri o 255 fr. per libretto.
Bautsen. — Questa Gassa di Risparmio doveva al 31
gcnnajo 1857 a 14,329 deponenti, 1,025,400 ulleri, cioè
3,794,000 fr.
Vi ebbe un aumento nel 1856 di 403 libretti ed una
diminuzione di 600 talleri, cioè 2000 fr.
Il saldo dovuto il 31 gennajo 1858 a 24,762 deponenti
era di 1,024,860 ulleri, cioè 8,792,000 fr. Una media di
69 talleri o 265 fr. per libretto.
Wurtemb0rg. — Stuttgard. — La Cassa di Risparmio di
Wùrtemberg e Stuttgard riassume cosi le sue operazioni
durante Tanno 1856-57.
34,998 versamenti che monuno a 1,076,700 fiorini ,
cioè 2,261,000 fr.
15,444 rimborsi che montano a 470,100 fiorini , cioè
l,006,0r0 fr.
79
Eccedente dei veraameDli ebe montano a 597,000 fiorini,
cioè 1,S65,S00 fr.
Il «aldo in cassa al SO giugno 1859 era di S,60S,800
ferini, cioè 7i566,000 fr.
Amburgo, -f- Il 31 dicembre 1856 la Cassa di Rispar-
mio di questa cittk doveva a 86,087 deponenti un saldo di
7,409,500 moneta corrente, o 475 fr. per deponente.
Baviera. -^ Noi riassumiamo nel quadro che esponiamo
qui sotto i dati che noi abbiamo otteiftito sulle Casse di Ri«
.«psrmio di questo paese.
Gitlà Popolasiona pepcaentl
Qepotitl
Medi^
doriill
fiorisi
Monaco • . . 18S,I00
Sl,409
9,079,300
448
Angsbourg . . 40,700
9,956
4,S8S,800
184
Nuremberg . . 56,400
8,824
798,500
96
Spira .... 11,100
l,SOO
SOS^O
919
Bamberg . . . 32,400
8,84S
866,000
69
Wurzbourg • . 8S,600
8,408
738,000
84
Franconia inferiore 589,000
Sl,860
4,748,800
80
Passau . • • 11,140
95S
68,40d
47
Pranooforte sul Meno. — Vi ebbe nel 1 857 un alimen-
to di SSI deponenti e di 89,000 fiorini , cioè 187,000 fr.
II saldo dovuto il SI dicembre 1857 a 71 SS deponenti era
di 8,181»000 fiorini, cioè 4,490,000 fr.; nna media (jiiindi
di SOO* fiorini o 680 fr. per ogni libretto.
Danimùroa. -— Altona. — Non abbiamo potuto ottenere
che i documenti della Cassa di Risparmio d*Altotia. Ai SI
dicembre 1856 essa doveva a 12,555 deponenti 3,300,000'
risdalleri che corrispondono a 9,240,000 fr. Vi ebbe nel
1857 diminuzione di 530 deponenti 50,000 risdalleri, cioè
140,000 fr. Dovevasi al 81 dicembre 1857 a 12,025 depo«
nenti risdalleri 3,250,000, cioè 9,100,000 fr.
80
Secondo queste cifre noi avremmo una media di S71
risdalleri, cioè 759 (r. per ciascun libretto.
( Svezia. T— Siockokna« -^ Nel 1857 il numero dei de-
ponenti ha diminuito di 133 e il montante dei depositi di
184 rjsdalleri, cioè 268,000 fr.
AI 31 die. 1856 dovevasi a ai, 005 deponenti l,47S,0OO
risdalleri, ed al SI dicembre 1857 a S0,87S deponenti ,
3,338,000 risdalleri, cioè 4,676,000 fr. La media per li-
bretto era di 113 ri%daileri, cioè 234 Tr.
Belgio. — Brusselles. — Il saldo dovuto il 31 dicem-
bre 1857 a 35,806 deponenti ed a 1798 amministrazioni era
di 1,828,000 fr* Al 31 dicembre deiPanno precedente que-
alo saldo era di 1,418,000 fr. per 35,271 deponenti e 1865
amministrazioni. Vi ebbe adunque nel 1857 aumento di 535
nel numero dei deponenti e di 190,000 fr. nella oifra dei
deposili. Bisogna notare che, durante quest'anno, vi ebbe
pVi depositi dei particolari un accresoimenio di 469,000 fr.,
mentre che per le amministrazioni vi ebbe una diminuzio-
ne di 279,000 fr.
I libretti dei particolari presentavano una media di 603 fr.
e su una popolazione di 326,000 abitanti Vi avrebbe un li-
bretto per otto abitanti, 5 decimi.
Tournai. — Al 31 dicembre 1856 dovevasi a 2808 depo*
nenti la sómma di 1,882,500 fr. Al 31 dicembre 18.57 essa
doveva a 3914 la somma di 1,968,000 fr. Da cui risulta un
aumento di 107 deponenti e di 86,500 fr.
La somma media per ciascun deponente, deduzione fatta
dai pubblici stabilimenti, è di 591 fr.
Svizzera. ^-^ Ginevra. — Al 31 dicembre 4856 dove-
vasi a 11,687 deponenti 4,956,000 fr. ed al 31 dicembre
1857 a 12,688 deponenti 5,329,000 fr., aumento di 1031
deponenti e 493,000 fr.
Questo risultato è poco differente da quello dell* anno
precedente. La media della cifra dei depositi ha un pò au*
montato; essa è di 415 fr«
81
Neufchàtel. — La Cassa di Risparmio di questa città
doveva il 84 dicembre 1856 a 40,S24 deponenti 8,750,800
franchi e il 31 dicembre 1857 a 10,800 deponenti 8,695,000
franchi.
Il rìsaltato delle operazioni di questa Gassa nel 1857 dà
un aumento di 66 nel numero dei depositanti ed una di-
minuzione di 1 55,000 nel saldo ch'era loro dovuto. La me-
dia dei libretti è di 835 tr.
Basilea. — La Cassa di Risparmio di Basilea citià con-
lava 9660 deponenti, con un saldo loro dovuto di 2,766,000
franchi, cioè una media di S86 fr. per libretto.
Le quattro Cassa di Risparmio di Basilea campagna do-
vevano a 8991 deponenti un saldo di 910,500 fr. in media
Si8 fr. per libretto.
San Gallo. — Dovevasi a 8467 deponenti un saldo di
3,965,800 fr. Al 31 dicembre 1856 il numero dei depo-
nenti era di 8904 e il montante dei deposili di 3,702,000
franchi. Avvi dunque neiranno 1856 un aumento di 468
nel numero dei depofnenti e 263,808 fr. nel saldo che loro
era dovuto. Lia media per libretto era di 468 fr.
Berna. — Il capitale di questa Gassa che al 31 dicem-
bre 1855 era di 2,900,000 fr. per 6710 deponenti, si è au-
mentato durante Tanno 1856 di 65,000 fr. e di 953 depo-
nenti, circa una media di 406 fr. per deponente.
/falja. — Roma. -* La somma dovuta al 81 dicembre
1857, compresivi gli interessi, a 17,954 deponenti era di
2,148,000 scudi, cioè 11,560,000 fr. Al 81 dicembre 1856
dovevasi a 16,894 deponenti 2,083,000, scudi cioè 12,243,000
franchi. Da cui risulta, ncU'anno 1857, un aumento di 1060
deponenti e di 115,900 scudi, cioè 683,000 fr.
La media dei libretti è rimasta quella delTanno prece-
dente (643 fr. circa).
Firenze. — La Cassa di Risparmio di questa cìitk doveva
al 31 dicembre 1856 a 25,4 41 deponenti 6,685,300 fiorini,
Awuu StalUtiea, vuL XXIH, $.me 3.* 6
82
QÌoè 9,1119,000 fr. Al SI dicembre 1857 dovevansi a 20,748
depooenti 9,046,000 fiorini, cioè 9,864,000 fr. Auroenlo du-
rante l'anoo 4857, 1607 deponenti per 460,700 fiorini, ov«
vero 645,000 fr. /
Qaeste cifre danno una media di 868 franchi per li-
bretto.
Lombardia. — Il saldo di 15 Casse lombarde era il 34
dicembre 1856 di 61,036,000 fr.« e il 31 dicembre 1857
questo saldo salendo a 67,091,500 fr., presenta un aumento
di 5,995,500 fr.
La citià di Milano entra nelle cifre qui sopra esposte
per circa 50,000,000 di fr. Ma dobbiamo notare che la Cassa
di Risparmio della città di Milano assorbe i capitali di molle
Cause pie e di pupilli.
Russia. — Ecco i dati che noi abbiamo potuto otienere
sulle Casse di Risparmio delle due principali città della
Russia.
Pietroburgo. — Il montante dei depositi, che era il pri-
nia gennajo 1859 di 2,471,000 rubli^èra salito al 31 dicem-
bre a 2,222,000 rubli comprendendovi gli interessi ; è un
aumento di 51,000 rubli, cioè 204,000 franchi per Tan-
00 1857. L'aumento è formato tutto intiero dalla capitalis-
lazione degli interessi, avendo le restituzioni sorpassato i
depositi per 30,000 rubli, cioè 120,000 franchi.
Mosca. — La Cassa di Risparmio di questa città aveva
in cassa il 31 dicembre 1856, 2,206,200 rubli, e al 31 di-
cembre 1857 comprendendovi gli interessi aveva 2,234,200
rubli, COI} un aumento di 28,000 rubli a confronto dell'an*
no 1856*
I risultati delle operazioni accusano un rallentamento uel
progresso dell' istituzione.
Varsavia. — Al 34 dicembre 4857 l'incasso era per 10,830
deponenti della somma di 520,000 rubli, cioè 1,9^0,000 fr.,
)» media era di 48 rubli o 180 fr.
Spagna. — Madrid. — Al primo gennojo 1856 dove-
83
fansi a 6016 depooenti 4S,270,SOO reali; al orimo gennajo
4867, a 74S9 deponenti, 45,S60,S0O reali. U saldo dovuto
a 8860 deponenti era di 47,265,400 reali, cioè 4,661,600 fn
Arvi un aumento di 2844 deponenti e di 8995 reali, cioè
4,078,700 fr. per due anni, il che si applica quasi per metk
a eiascuoo di questi anni. Il saldo al 34 dicembre 4857
presenta una media di 526 fr. per libretto.
Siati UnilL — Noi non abbiamo potuto procurarci che
poche notizie sulle Gasse di questo paese.
Stato di Nuova York. — Al 34 dicembre 4856 il mon-
tante dei depositi nelle Gasse di Risparmio dello Stato di
Nuova York era per 204,375 IU)retti di 44,700,000 dollari,
cioè 340,000,000 fr. Vi ebbe nel 4857 una diminuaione di
574 libretti. Dovevansi al 31 dicembre 4857, a 206,804 de-
ponenti 44,400,000 dollari, o 208,500,000 fr.
Il che ci db una media di 203 dollari, cioè 4025 frénchi
per libretto.
Baltimora — Noi non abbiamo potuto ottenere che dei
dati di una sola delle Casse di Risparmio della città di Bal-
timora, quella chiamata Entaw Saving's Bank at Baltimore,
che al 34 djpembre 4857 doveva a 2407 depooenti 747,000
dollari, cioè 3,620,000 fr., o in media 298 dollari (4500 (ir.).
Filadelfia — Al contrario di quello eh* era accaduto
negli anni passali , la Philadelphia Saving fund Society, la
prima in data di queste istituzioni negli Stati Uniti, ha ve-
duto nel 4857 la somma dei rimborsi sorpassare quella dei
depositi di 448,000 dollari, cioè 2,215,000 fr. Questo risuU
lato non ha nulla che deve recar meraviglia stante la crisi
finanziaria che si è prodotta negli Stati Uniti nel 4857. Il
saldo dovuto ai deponenti da questa Gassa il primo gennajo
4858 era dì 3,245,000 dollari, cioè 4 7,200,000 fr. circa.
Al primo novembre 4857 il numero dei depooenti era
di 47,094.
Secondo la statistica dei nuovi deponenti, tra gli uomini
la classe degli opcraj nelle arti meccaniche presenta una
84
cifra di 944 su S059 Duovi deponenii; ini le donne In
classe più numerosa è quella delle serfcnti che è di 085
so S480 nuove deponenti*
Quadro cùtnparaHvo fra tt n^mero dei HbreUi e la popo-
lazione per le Casee di Risparmio qui ìqUq nominai
nel 1858.
proppraipne d'nil
Casse di Risparmiq libretto per
i, Berna, Aliena • , , . t • i 8 abitanti
Sassonia, Firenze, Stoeolnia, Angusta e
Wurtzbourg ... t ...... . 4 *
Amburgo e Ginevra •,.,..,, (i abitanti
Brosselles e Neufcbàtel .,.,.,, 6 »
Monaco, Norimberga, Bamberga .... 8 »
Francoibrte - sul - Meno, Spira . . , • • 9 • i
Roma, Tournay •.....•,., 40 » -
Basilea (campagna). Passali ^ , . • . 4S n
Stato di Nuova York ^44 ^
San Gallo , , , SO
9
Franconia inferiore ••,.•••. S7 «
Madrid ............ 39 «
Nel 4866, r Inghilterra sola e la provincia
di Galles. 45 t
» r Inghilterra con l'Irlanda e )a
Scozia 30 >
In Francia eravi, nel 4857, un libretto per ogni SS
abitanti. Questa media era, nel 4855j» di uno su 40.
Per Parigi abbiamo nel 4857 un libretto per 7 abir
tanti.
Nel 4856 la media dei libretti era di 994 nel 4859.
A Parigi abbiamo una media di 497 fr. per la Francia.
B5
Quadro delta meéia dei MteUi nette divetee Ca$ie
di Risparmw qui sotto wnninate nel 4 867.
Casse di Risparmio
Baltimora ( Bntaw Saving
Slato di Nuova York
Neuebàtel •
Altona • •
Roma • é
Francoforte-sul- Modo
Bruxelles •
Madrid • «
Amburgo •
San Gallo
Austria «
Ginevra •
Berna • *
Toumay •
Firenze •
Basilea (eittà)
Monaco
Prussia
Sassonia •
Stocolmft «
Basilea ( campagna )
Francodia Inferiore «
s Bauh )
Media In firancbl
« i . 4,500
i,oas
884
769
643
630
603
536
. 475
46d
434
415
906
. 891
. 368
\
386
. 807
. 355
. 347
. 385
^ ^
. 338
. 173
■ VMvmteUl IH WrÉknéULm
Loro numero. — Per poter appressare in modo esatto il
iliovimeoto degli esposti in rapporto alla popolazione pel
dipartimento della Senna, e per conseguenza gli effetti pro-
dotti dal|s misure amminiitrative che sono^ state adottate^
86
in diverge cpoebe, onde reslringere il numero delle am-
missioni, io ho compilalo il quadro che offro qui sotto, in
ordine sinottieo » Ta proporzione degli abbandoni relativa-
mente alla popolazione del dipartimento, per periodi quin-
quennali dopo il 1857 , epoca del primo annoveramento
ufiBeiale.
Periodi
Popolaziooe Nnetero Per 1000
media del dip. medio delle abitanti
dèlia Senna ammissioni
1.
Dal 1819 al 1821 .
. 807,022
5,073
6,28
II.
Dal 182S al 18S6 .
878,411
5,200
6,94
III.
Dal 1827 al 18S1 .
. 949,799
5,427
6,74
IV.
Dal 1832 al 1836 .
. 1,009,897
4,879
4,88
V.
Dal 1837 «1 1841 .
. 1,181,799
3,926'
8,29
VI.
Dal 1842 al 1846 .
. 1,299,968
4,211
3,29
VII.
Dal 1847 al 1851 .
. 1,398,499
4,235
S,OS
VIII. Dal 4853 al 1856 .
. 1,574,712
3,353
2,12
IX.
Dal 1857
. 1,727,419
3,993
2,31
Da questo quadro rilevasi che la differenza è poco sen-
sibile nei quattro primi periodi che abbracciano venti anni
dal 4847 al 1836; questa è l'epoca durante la quale i fan-
ciulli erano ammessi senza segni, senza formalità. Nel periodo
seguente, al contrario, la riduzione è rimarchevole. È nel
4836 in cui le restrizioni furono introdotte per le ammis-
sioni abusive di fanciulli nati nei dipartimenti vicini a quello
della Senna, e che furono concessi de' -soccorsi alle madri
bisognose* Lo stato di cose ha di poco differito nei due
periodi seguenti fino al 1851; ma le nuove misure messe
in eseouzione al principiare 4el 4853» hanno deternMnato
una nuova ed importante dioMnuzione durante l'ottavo pe-
riodo. Se ai confrontano i -risukati di qufesti periodi con
quelli del primo, ai trova ebe il ra^forto degli abbandoni
S7
colla popolazione totale si è nhbns<ia(o di due terzi circn
cioè di 6,28, 2,42 su 1000 abitanti; Benché ancora assai
rilevante, questa diminuzione fu un pò minore durame
Vanno 4857. Questi fatti dimostrano sufficientemente la fé*
lice influenza di ambe le misure restrittive e caritatevoli
che furono prese dair amministrazione, col consenso del
consiglio generale del dipartimento e dell'autorità superiore.
I 3993 fanciulli che furono ricevuti nell'ospizio, nel
1857, provenivano la maggior parte da donne partorienti
negli ospitali o a domicilio, e che avevano fatta la dichia-
razione di abbandono davanti un commissario di polizia. Un
piccolo numero venne raccolto sulla pubblica via, e 33 sono
stati ricondotti ai dipartimenti, dopoché venne regolarmente
constatato il loro domicilio di soccorso non essere nel dipar-
timento della Senna. Infine questi 8993 fanciulli dcrefìtti si
componevano come segue, tenendo dietro alla classificazione
prescritta dal ministero dell'interno:
Trovatelli 385
Fanciulli abbandonati . «^ • 3367
Orfanelli 241
Totale 3993
Mi si sia permesso di esprimere in questa occasione'
il mìo pensiero sul valore di tutta la classificazione de' fan-
ciulli assistiti. L' ultimo progetta di legge su questa mate-
ria, facendo sparire qualunque distinzione tra i miseri fan-
ciulli derelitti, consacrava il vero stato delle cose e soppri-
meva una classificazione che servirà sempre all'arbitrario.
Perehè stabilire nelle aeritturc e odia contabilità una dif«
ferenza qualunque tra i fanciulli eke sono aflbiaii per lo
stesso titolo alla pubblica assistenza, che devono essere l'og-
getto d'un' eguale sotìecitadfne , avere un modo identico
d'educazione, e devono dar luogo, in tutto, a spese simili?
lo ho detto che qualunque classificazione era arbitraria, ed
in effetto fino dal 1856 si classificavano a Parigi i fanciulli
assistici in due categorie, seguendo Tela, e si designavano
sotto il nome di trovatelli quelli che avevano meno di due
anni; tutti gli altri erano conosciuti sotto il nome di orfa*
nelli. Un ospizio speciale era incaricato del ricevimento di
ciascuna di queste categorie di fanciulli derelitti. Qual diffe-
renza vi può essere oggidì tra i trovatelli e i fanciulli abban-
donati ? Essendo il torno chiuso quasi dappertutto, e le ma-
dri essendo conosciute, tutti gli abbandoni provengono dalla
stessa causa, cioè dalla impossibilità in cui si trova la madre
di prenderne cura. Quanto agli orfanelli essi sono naturali
0 legittimi: naturali quando la morte della madre è pro-
vau ed il padre è sconosciuto; gli orfanelli legittimf sono in
si piccol numero ch'essi non potrebbero esser oggetto da
formare una categoria particolare.
Età dei fanciulli. — I fanciulli esistenti nel luogo pio
al 31 dicembre 1856 e quelli che furono ricevuti durante
Tanno 1857 avevano Tetk seguente,:
«
S,800 da 1 giorno a un mese
587 da 4 mese a 3 mesi
666 da 3 mesi a 6 mesi
1,080 da 6 mesi a 1 anno
2,549 da 4 anno a 8 anni
. 8,479 da 8 anni a 6 anni
6,970 da 6 anni a 43 anni
Totale 18,131 da 1 giorno a IS anni
Mwtaliìà. — La mortalità ha colpito I suddetti fanciulli
nelle seguenti proporzioni:
80,80 per 100 da 4 giorno a 4 mese
64,47 » da 4 mese a 8 mesi
14,39 » da 8 mesi a 6 mesi
89
19.07 per 400 da 6 mesi d 4 anno
20.08 > da 4 anno a 3 anni
4,59 • da 3 anni a 6 anrii
4,09 » da 6 anni a 4S anni
La media generale della mortalità per i fanciulli da 4
gìonao tt 46 anni è 43,47 per 400; mentre nel 4856 non
era stata che di 43,48.
Il leggiero aumento che s'è prodotto nel 4857 deve es*
sere attrihuito alla dissenteria che ha dominato. in molte lo-
calità con carattere epidemico, e che ha colpito particolar-
mente i più giovani. Quelli che furono ritirati dagli abitanti
/delle campagne non furono risparmiati anch' essi come i
B ostri pupilU*
Io ho avuto l'occasione di dimostrare, nel mio rapporto
del 4854 sullo stesso servizio, per opera di serie investiga-
xìoni e di calcoli positivi, che la metà o il 50 per 400 dei
fanciulli derelitti perivano nel primo anno di loro nascita,
mentre la mortalità non era che del 35 per 400 sui fan-
etulli delle donne povere, maritate o non maritate, ehe
erano soccorse al momento del parto, lo ho voluto spinge*
re le stesse ricerche, gli stessi ealcoli sicuri 6nò al dodice-
simo anno, e m'assicurai che su 3507 fanciulli nati e am-
messi nel 4844, 2659 erano decessi prima del loro dodice*
«imo anuo> il che ci dà una proporzione di 75,84 per 400.
Della stessa matniera su 3563 fanciulli nati ed ammessi nel
4845, si avverarono al termine di 42 anni a 700 decessi,
o 75,77 per 400. La mortalità media nella popolazione ge-
Derale della Francia non è, a dodici anni, che del 42 per
400 secondo le tavole di Duvillard; ma si avrebbe evidente-
mente una proporzione assai maggiore, se non si tenesse con-
to ehe dei fanciulli delle famiglie povere ^ nati nei grandi
eentri di popola»one.
La mortalità media dei fanciulli derelitti a qualunque
età è nella proporzione del 43,47 per 400 a 42 anni, meor
90
tre la cifra elei 75 per 400 non si applica esclusivamente
che ai fanciulli derelitti nella loro prima eti.
Da IS a S4 anni la mortalitk è fortunatamente assai
debole; esiste' altresì una differenza poco sensibile tra il
numero degli allievi che toccano V una o V altra di queste
epoche.
Restituzione dei fanciuUu — Il ritiro dei fanciulli fatto
dalle loro famiglie, legittime o naturali, si è elevato nel 1857
a 829, numero che è superiore di 98 a quello deiranno
4856, di 68 a quello del 4855 e dì 85 a quello del 4854.
Questo accrescimento procede, in gran parte, dal migliora-
mento che si è prodotto nei mezzi d'esistenza della popola-
zione operaja^ in seguito al ribasso sopravvenuto nel prezzo
delle derrate alimentari, e del ripreso corso dei lavori nei
diversi rami d* indostria.
Tenendo conto della popolazione che esisteva alla fine
del 1856 e degli entrali durante Tanno 1857, l'ammini-'
strazione ha dovuto portare le sue cure su 17,813 fanciulli
nel luogo pio, e fatta deduzione delle uscite per diverse
esose e dei morti, il numero di questi fanciulli si trovava
ridotto :
Al 81 dioembre 1857 a fanciulli 44,161
Aggiungendovi gli allievi fuori del luogo pio che
erano in numero di 6>3S5
E quelli che erano stati collocati in qualità d'ap-
prendisti a Parigi • « 447
La popolazione totale dei fanciulli assistiti si trova
alla siess'epoca di S0,63S
Nel numero dei ricoverati sono compresi tutti quelli che
furono collocali in colonie agricole o io altri stabilimenti ,
a diversi titoli, mediante un prezzo fisso al giorno. Benché
la maggior parte abbiano oltrepassata Tetl dei 19 anni pu-
re si dividono cosi:
Algeria. Colonia di BouSarie 94
Oisa. LeMesuil Saint*FirmÌQ 9
Dordogoa. Varingues • ... 40
Savona e Loira. Blaugy S8
Vienna. Lea Bruyéres ... 46
Senna. Gounflans • • • • —
Senna. LaToraiojo di Ougirard —
Parigi. Giovani ciechi ... 6
Parigi. Sordo-muti .... 3
9t
—
94
—
9
—
IO
48
46
—
46
49
49
18
48
a
9
8
6
Totale 496 86 S82
4
Spese del 4856.
Le spese fatte per il mantenimento dei fanciulli ricove-
rati ammontavano come segue:
Le spese dette esterne sono a carico del dipartimento
e dei comuni, e di cui ecco i particolari:
Spese di viaggio e di trasporto. • Pr. 433,089. 39
Mesi delle natrici » 4,406,735.59
istruzione » 65,465. SO
Indennità e ricompense di 50 franchi » 62,440. —
Spese di sorveglianza medica . . > 56,746. 80
Spese di sorveglianza per grispettori > 74,644. 60
Fr. 4,777,464. 58
Le spese a carico dell' amministrazione ai dividono in
dae paragrafi come segue:
§ L Spese per il servizio estemo.
Pannilini e vestimenta Fr. 350,988. 38
Spese di sorveglianza e cure mediche per
i ricoverati fuori d'ospizio * » 33,836. 43
Pensioni rappresenute dagl'infermi . • 33.443. 55
Altre spese diverse > 44,004. 40
Fr. 336,468. 09
§ 11. Spèse interne delf ospizio.
Spese interne dell^ ospizio franchi S86,S6I. -^ Totale
8,400,490. 81.
Soccorsi per prevenire gli abbandoni. — Durante Tan-
no 4857 ramministrazione ha soccorso 6500 fanciulli di ma-
dri povere ai momento della loro nascita. Di questo nume-
ro 3756 erano presunti nati in legittimo matrimonio e 3714
provenivano da donne non maritate. I due terzi circa di
questi fanciulli (4074) sono nati al domicilio della loro
nindre o presso le levatrici. Le madri degli altri (S4S6)
avevano partorito negli ospedali. È da notarsi che il mag-
gior numero di quest' ultimii cioè il 77 per cento, non erano
maritate, e si trovavano prive di qualunque risorsa. Si ha
la proporzione inversa- per le donne partorienti a domi-
cìlio.
^insieme delle somme spese per soccorrere i 4094 fan-
ciulli nati a domicilio della loro madre si è elevate a
65,075 fr. 12 cent., il che ci dk una somma media di 43
fr. 56 cent.
Venne impiegata una somma di 50,278 fr. 64 cent, per
l'assistenza di 3136 fanciulli le di cui madri avevano ricor-
so all'ospitale^ il che porta ciascun soccorso a 40 fr. 72 e.
Una parte di questi soccorsi sono dati dair ospitale al mo-
mento del parto; essi consistono principalmente nel rimet-
tere delle fascio, non avendo la madre pensato nemmeno
a coprire la sua creatura. Alcune piccole somme di danaro
sono date alle madri, al loro partire, o per le spese di viag-
gio, quando esse acconsentino a ritornare al loro paese por-
tando seco il neonato , ò che , prive di qualunque risorsa ,
esse non sappialo dove trovare un asilo per la uotte
seguente.
L'amministrazione ha inoltre collocato a balia 179 fan-
ciulli, per i quali essa ha pagato le spese di viaggio e il
(primo mese dì salario. Ma le madri di questi fanciulli noQ
» 93
•vendo pagato regolarmeDie ii prezzo dell'alimento per i
mesi seguenti si dovette provvedervi, e il sagrifizio che es-
sa si è imposto aseende a 68,593 fr. , cosi come appare dal
Rendiconto della Direzione delle nuirici per l'esercizio 1857.
Le spese che ho enamerate s'addicono esclusivamente
ai fanciulli neonati; ma la pubblica assistenza deve ancora
prestarsi ai fanciulli ehe, dapprima conservati dalle loro ma-
dri, divengono poscia un carico troppo pesante per esse; al-
cuni soccorsi accordati a proposito, a misura dei bisogni de-
bitamente provati, possono prevenire l'abbandono di questi
mgazzi. Una somma di 47,838 fr. 56 e. fu spesa per questo
scopo caritatevole, che beneficò a SI 20 fanciulli.
Infine l'amministrazione ajuta quei fanciulli che sono più
degni d' interesse, e sono quelli che, avendo avuto prima il
bene di conoscere i loro genitori, ne sono privati tutto ad un
tratto e restano orfanellL Quand' essi sono raccolti dai pa-
renti 0 dagli amici, per i quali questo carico è troppo one-
roso, 0 da benevole persone che li collocano in siabilimenii
particolari, mediante una pensione, l'amministrazione contri-
buisce a quest'opera di carità col mezzo di un annuo asse-
gnamento di 80 fr. Quando il fanciullo ha raggiunto l'età di
40 anni si riduce il soccorso a un terzo e lo si sopprime a
49 anni. Questo termine non ha nulla di arbitrario, essendo
appoggiato ai termini del decreto del 47 luglio 4793. Una
somma di 7074 fr. 34 cent, fu impiegata, nel 4857, a pro-
fitto di 430 orfanelli. Questa spesa è a carico dei fondi di-
partimentali accordati per le mesate delle nutrici e per le
pensioni dei fanciulli assistiti.
In riassunto, le spese di qualunque genere, fatte nel 4857
per prevenire l'abbandono dei fanciulli neonati, dei ragazzi
delle madri bisognose e degli orfanelli , ascesero come se-
gue :
9à ^
Per 6200 fanciulli Deonaii compresavi la perdila sul
preuo di pensione dei fanciulli collocati nella
campagna per l* intermediario della direzione
delle nutrici a • • • • Fr. 483,805. 73
Si SO fanciulli di famiglie povere a » 47,828. 36
4 SO orfanelli » 7,071. SI
ToUle 8440 Fr. S08,S05. 40
1 metelU presi^sl nesll Stati Uniti.
La quanlìlà d*oro coniata nelle cinque zecche degli Stati
Uniti dal 1793 al 30 giugno 1858 è enorme.
La somma dell' oro indigeno depositata nelle zecche per
la conversione in monetu ascese a 443,427,924 dollari, la
cui provenienza si riparte sui diversi Stati dell'Unione co-
me segue:
California Doli. 424,462,844
6,708,940
8,729,095
4,540,400
4,247,857
494,856
84.880
63,466
48,397
78,849
Giorgia • • • •
Carolina del Nord
Virginia • • •
Carolina del Sud
Alabama • • •
Tennessee . • •
Oregon . • • •
Nuovo Messico
Stati vari • • .
Doli. 443,427,921
Oltre questa quantità d*oro indigeno, fu convertita ia
moneta americana una somma di 208,544,468 dollari di
pezzi d'oro estere, per modo che la monetazione totale
dei pezzi d'oro è stata di dollari 654 ,639,089 ^ nel modo
seguente fra le zecche:
95
Filadelfia Doli. 441,896,933
San Francisco » 91,331,072
Nuova Orleans > 63,680,416
Carleston » 4,641^689
Dahlonega . . • , » 6,936,914
Nuova York . » 74,462,096
Doli. 664,638,089
Aggiunta a questa somma la monetazione in pezzi d*ar-
gente per 446,494,606 dollarì e di rame per 4,896,843 si
ottiene la somma tot. di 768,737,408 dollari in monete.
Le esportazioni di monete americane ascesero a dollari
373,863,336 di modo che restano in circolazioBe dollari
396,364,072. Aggiunta la quantità della moneta estera cir-
colante negli Stati e valutata 360 milioni di dollari, si tro-
vere che la circolazione metallica si deva, in tutta l'Unione,
a 646,396,073 dollari.
Dalle ultime notizie state raccolte per cura del Parla*
mento inglese si ha che dalla sola Irlanda emigrarono nel-
Tanno 4866 90,784 abitanti, e nell'anno 4867 ne emigra-
rono altri 96,084, per cui nel breve periodo di un biennio
r Irlanda si privò di 486,863 persone. Se poi si aggiunge
a questo numero quello delle emigrazioni dei quattro anni
precedenti , si ha per risultato che nel sejennio decorso dal
4863 al 4857 emigrarono dall'Irlanda 933,864 abitanti, e
fra questi 472,874 uomini e 460,990 donne, che costitui-
sce in relazione alla popolazione un rapporto del 44 per 400
in eirca, conundo l'Irlanda 6,633,357 abitanti.
Noi notiamo questo fatto disastrosissimo per provare co-
me ia libera Inghilterra non sappia usar giustizia cogli ir-
landesi, trattandoli presso a poco come gli austriaci hanno
sinora trattato gli italiani, dilapidandoli ed affamandoli.
96
NUOVE GONIINIGAZIORI
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
•0—1
Pv«4*(tl 4el Hie«e 41 (!«(•• tSftV delle strade
ferrate decU Stati ■ardi.
Linea da Torino a Gtnova,
I
proventi della linea dello Stato presentano un aumento
assai ragguardevole. Essi sono:
1859 1858
Viaggiatori e bagagli • , . L 403,132 15 365,511 SS
Merci a grande velocità . • > 114,996 65 54,340 90
Merci a piccola velocità . . > 409,387 05 364,537 89
Prodotti varii . . . , . > 13,659 68 38,304 46
L. 941^075 43 813,483 90
L* aumento del mese di luglio è dì L 138,591. 53.
Il prodotto chilometrico da lire* 3009. 30 è salito a lire
3485. 46. I trasporti di militari contribuirono all'aumento
dei prodotti dei viaggiatori.
Linea da Torino a PinerolOm
Continua, benché lieve, l'aumento dei prodotti sulla linea
di Pinerolo; le entrate si ripartono come segue:
1859 1858
Viaggiatori e bagagli , . . L. 31,316 15 30,156 05
Merci a grande velocità ...» 5,518 74 3,630 64
Merci a piccola velocità « . . » 4,998 90 6,554 30
Prodotti varii > 4 70 16 60
U. 41,732 46 40,847 36
»7
L' aumeoiQ è di lire Ì85. IO: il (irodbllA chilometrico
da fire 1,061. 77 è salilo a lire 4098. SI.
Linea, da Mortara a Vigevano.
Prosegue per contro su qoesto troaeo io una proporr
liooe straordinaria la riduzione- dei proventi:
Ì8S9 1858
ì^aggiatori e bagagli) . . . . L. 4,701 50 4,S9S 85
Merci a grande velocità. . . • » 914 60 619 65
Merci a piccola velocità • . . • 3,433 40 4,486 90
Prodotti varii > 58 40 17 10
L 5,107 90 9,416 —
La diminuzione è di lire 4308. 10. Il prodotto cbilo-
metrìeo è disceso da lire 724. 80 a lire S9S. 91. Nel 1857
era alalo di lire 970. 87.
L'ui^enza della congiunzione del tronco di Vigevano
colle linee lombarde è provata dalla stessa decadenza dei
proventi della linea.
Linea da Genova a Vol^
La linea di Vohri presenta essa pure una diminuzione
che è di lire 1861. 54.
. I proventi si dividono come segue:
* 1859 1858
Viaggiatori e bagagli . • . L. 34,444 55 33,595 55
Merci a grande velocità. . . > 891 96 493 90
Merci a piccola velocità ...» 490 35 795 06
Prodotti varii » 4 — 7 80
L. 33,080 76 33,893 SO
Il provento chilometrico da lire 4593. 83 è disceso a
lire 1468. 73.
Ajiiuu. Statistica t voi. XXII I^ serie 5.* 7
98
Unta da AU$$andrÌ9 ad
I prodotti SODO i legoeoti:
4889
4898
Viaggiatori e bagagli . .
. L 48,468 66
47,868 40
Merci a grande velocità . .
. > 4,484 64
969 99
Merci a piccola veleeità . .
. > 746 76
4,766 76
Prodotti varii
. > 40 40
sa 80
L S0,877 84 90,636 44
Risulta la diminuzione di lire 248. 80, per cui il prò*
vento chilometrico da lire 606. 65 ò disceso a lire 599. 83.
Prodotti del primo «enaestre tM9 dello «trode
ferrate desU Stati aordl.
Diamo il prospetto dei prodotti delle linee esercitate
dallo Stato nel primo semestre 4869 e 4868.
Ì8S8
Cbil. Prodotti
' 270 4,664,927. 89
88 244,953. 06
48 ' 63,488. 60
45 440,752. OS
33 402,2(8. 28
Linee
Genova .
Pinerolo ,
Vigevano
Vohri ,
Acqui . .
48S9
Chil. Prodotti
270 5,(69,724. 87
38 244,994. 24
43 39,407. 88
45 407,344. 00
34 . 403,390. 48
Touli 370 5,634,554. 67 369 5,453,339. 85
Prodotto chilometrico
4859
Genova 49,447. 44
Pinerolo ....... 5,657. 66
Vigevano 3,008. 30
Voltri ........ 7,466. 26
Acqui 3,040. 88
4858
47,277. 54
5,677. 74
4,883. 74
7,383. 47
3,097. 52
Totali 45,328. 53 43,965. 69
99
La differenti d'un chilometro neir estensione proviene
da ciò che la linea d' Acqui non fu aperta che il 6 gennajo
deiranno aeorso.
L'aumento complessivo dei detti prodotti è di lire
484, 344. 83.
L'aumento chilometrico è di lire 496S. 84,ossia dell* 8
per 400.
La linea dello Stato presenta un alimento chilometrico
di lire 4869. 60, ossia dell' 44 per 400.
La linea che sofferse maggiore diminuzione è quella di
Vigevano, di lire 4876. 44, ossia 40 per 400.
Il risultato finale complessivo è soddisfacente, riflettendo
come si sia attraversato un semestre ecceziopale, e come la
guerra combattuta sul nostro suolo abbia paralizzato intera-
mente i trasporti.
Ma le linee appartenenti a Società private danno pro«
venti troppo ristretti, perchè si possa far sopra le strade
secondarie del nostro Stato un solido assegnamento. Esse
non hanno prodotto per chilometro in media neppure il
quarto della grande linea dello Stato, il cui traffico ò ora
io via di un grande incremento per l' ampliazione dello
Staio e per rapporti che si stabiliscono sopralutto fra Gè*
nova e Milano.
0 —
K«BdSe9Hito delUi •••Ictà delle strade ffemte
roumiie « tutto ranno 1868*
Il rapporto della Società delle strade ferrate romane,
presentato nell'assemblea generale del 84 maggio scorso,
Bon è stato pubblicato che da alcuni giorni.
Da esso appare che tranne la linea da Civitavecchia a Ro-
ma, aperta il 46 aprile, i lavori sono assai indietro o meglio
sono appena cominciati per la grande linea da Roma al Po,
«•è da Roma all'Adriatico e da Ancona al Po.
600582 A
iOO
Da Roma all'Adriatico il rapporto anauoiia easersi ese<t
giliii i rDovimenti di terra e le opere d'arte au SS chilor
metri fra Roma e Monterotondo.
Eeco il cpnto delle speae a tutto il Si dicembre 1868:
Opzioni.
Liinea da Roma a Civitavecchia Fr. 487,600. 00
Lineo da Roma iil Po • , • • » 69O4I1488. A 6
Racqutsto del cuntrattQ Dequintq.
(ConvensioDe fatta cogli Àsioniati prima
della eostitusiooe della Società • . Pr. 4,600,000. 00
Costruzione ieUa linea dfi Roìfia a Gvitavecehia.
Acquisto dei terreni ed indennità Fr. 594,730. OS
Sterri ed opere d'arti . • • • > 8,860,834. 84
Materiale per la ferrovia ... ». 2,864,001. 26
Inghiaiamento e posa del binario » 41 «068. 50
Costruzioni diverse per formate e star
tionì ............ 845,463. 03
Materiale mobile .,....» 1,526,399. 92
Stiglii ed infissi per le officine di risar-
pimento ai depositi ..••.. 9 60,000. 00
Principio dell' attivamente , • • » 8,684. 07
Sterro delle fermate e stazioni • 9, 809,217. 0!
Costruzione della lineq da Romq al Po.
Studii ......... Fr. 462,92q. 45
Sezione da Roma ad Ancona.
Acquisto dei terreni ed indennizzi Fr. $6I»446. 13
Lavori diversi » 812,592. 612
Fr, 20,57^,452. 94
4Ò1
Sórtinla retro Pr. S0,57è.46S. 91
SéiióHe da Ancona a Bologna.
Acquisto dei terreni ed indeaniài Fr. 103,014. 70
Lavori diversi • « è 848^592. 63
Indennizzi relativi alla rescisiiione del
contratto Sarli (deliberazione del Consiglio
d'amministrazione del 4 dicembre 1858 » 6S6,000; 00
Indennizzi pagati pel racquisto del con*
trauo Roblìn e Jenty^ Materiale mobile e
Slabile (8, 16 e 80 dicembre) . . » it,000«000« 00
Mobilio é é » 81,9424 91
Sfetè generalL
Personale e spese dì viaggio 1858 Fr. 645,146. 57
Spese d'ufScio e spese diverse . » 48^,700. 71
Incisioni, stampe, diritto di bollo e tra^
smissione di titoli * • > 166,121. 74
Conti dovuti dagli agenti della Società 825,522. 23
Debiti e credili diversi . . * . w 85,091. 68
Conti di depositi di cauzioni diverse fra
banchieri della Sodietk ...«.> 700,000. 00
Contante in cassa > 14,547. 88
Saldo dovuto alla Banca romana Fr. 45,596. 68
Totale Fn 28,(30,895. 64
Le spese che figurano nello stato precedente sono indi-
pendenti da quelle relative alle spese di Banca, agr interessi
pagati per le azioni ed obbligazioni alle spese dì studili
viaggi relativi alla concessione, ecc., le quali sono a carico
della cassa generale delle strade ferrate in forza della {con-
venzione statuaria del 4 agosto 1858 stipulata coi signori
Giulio Mirès e compagnia
40S
I
Ciò che itQpisee nel protpeile delle spese è renornuitk
degli indennìzsi e delle spese di officio e diverse. Si hsnno
7,125,000 franchi d*indennizsi per rescissione di contratti o
racquisti di contratti ed oltre 4,300,000 fr. di spese varie.
La spesa per le strade ferrate propriamente dette, cioè
per la costruzione e T armamento, si riduceva a ben poco
per la grande linea da Roma al Po, ciò che prova come
fossero insignificanti i lavori fatti sino alla fine dello scorso
anno.
— ooo —
Beaidleofito iiiiHiia« dcllii «tradii ffermtii Iieop«M»
Su Voseimii dal i naai^iflo t8ft8 «1 •• aprile I8S«»
La Società della strada ferrala Leopolda ha pubblicato
il bilancio per l'anno scorso dal 1.^ maggio 1858 al SO
aprile 4859.
Le entrate si ripartono come segue:
Passaggieri L. 1,889,281. — . --
Bagaglie, vetture, ecc. . . • • • » 244,859. 18. —
Mercanzie > 848,229. 3. —
L. 9,981,870. 1. —
Avanzo al bilancio precedente • • L. 1,498. 11. 4
Per profitti e perdile » 22,186. 4. 4
L. 3,005,653. 13. 8
Le spese si ripartono come S9gue:'
Amministrazione L. 129,966.16.—
Servizio delle stazioni e treni . • > 819,988. 16. 8
Mantenimento e sorveglianza della linea. > 228,286. 16. 4
Mantenimento e sorveglianza delle fab*
briche > 34,2(6. 12. —
Mantenimento e servizio della locomoz. • 323,894. 2. — »
Mantenimento e servìzio dei veicoli . » 73,839. 19. —
L. 1,110,(92. 1. —
Utile netto w 1,896,361. 12. 8
Toule uguale L. 8,006,563. 18. 8
103
È da notare come questa linea sia amministrata ceono-
micaroente.
La «pesa non eorrisponde che al 87. 4;S per cento dei
prodotti ).
Egli è mercé dell' economia nell' esercizio, che la linea
ha potuto fruttare agli azionisti lire 54. I;8 per azione di
prima serie (sono 30 mila di mille lire ciascuna) e lire 57
per azione di seconda serie (sono ora 3868 pure di lire
mille).
StAtlstles delle strade ferrate evrepee.
Da un lavoro assai importante del signor Dumas, del*
TAecademia delle scienze di Parigi, togliamo alcuni confronti
curiosi intorno allo sviluppo delle strade ferrate in rapporto
colla popolazione dei diversi Stati coli' estensione del ter-
ritorio.
Considerando lo sviluppo delle strade ferrate relativa-
mente alla popolazione in Inghilterra, in Francia, nel Belgio,
neirAnstria, nella Prussia e nella Confederazione Germanica
si trova che il numero di chilometri in esercizio corrisponde,
per un milione d'abitanti, alle seguenti proporzioni, vale a
dire che sopra un milione d' abitanti :
La Scozia ha .661 chilometri
L'Inghilterra 670 »
Il Belgio 889
La Prussia 978 >
L'Irlanda 959
La Germania 951 •
La Francia • , 947 >
L'Austria 89 »
Fatto il confronto colla superficie territoriale, risulta che
per IO miriametri quadrati, il numero di chilometri di stradi
ferrate in esereiiio ascende:
a 67 in Inghilterra a 48 in Germania
64 nel Belgio 47 in Prussia
94 in Iscozia 45 in Francia
90 in Irlanda 5 in Austria.
404
• fc
PROGRAMMI B PREMJ
NiMOTe noMiie pel ••neoMl «1 prenci d^ a^rleol-
tarii ehe 0I eoneédono dall* btltato !iaBlo«
naie delle flelenae^ lettere ed arti di Iiem-
1»ai^la«
daranno ammessi al concorso per uno dei premj biennali
disposti a favore dell* industria presso T Istituto Nazionale
0 per particolare menzione onorifica:
'•^ Quelli che coi proprj mezzi, od a proprio rischio
e pericolo, avranno intrapresi e eondoitl a buon fine noia-
bili miglioramenti agricoli nelle provincie lombarde.
S.^ In ogni concorso non potrà darsi più d'una meda-
glia d' oro, salvo che, più d' uno essendone degno, Vlstituto
trovasse di assegnare àlctina, delle quattro pei premj d' in-
dustria manifatturiera e conunerciale ; e salvo pure che Tec-
aezionalità del merito di più concorrenti inducesse l'Istituto
a chiedere alla superiorità di potere distribuirne qualche
altra.
S.^ pion si potranno aggiudicare più di tre medaglie
d'arguto a tali concorrenti, salvo le riserve del precedente
articolo.
Nel caso che qualche concorrente, giudicato degno del-
l' uno 0 dell' altro premio , dovesse rimanerne privo perchè
già esaurito il numero disponibile delle medaglie, ne sarà
fatto cenno nel rapporto pubblico.
4.^ Si ammetterranno a concorrere soltanto l migliora-
405
menti agricoli eseguiti nel decennio precedente aH*anno del
concorso.
6.^ Per aspirare al maggior premio occorre che i mi-
glioramenti radicali ; siccome imboscamenti , dissodamenti ,
bonificazioni, irrigazioni siano dcH'estensioDe almeno di 4000
pertiche milanesi ; e per la medaglia d'argento, di almeno
500 pertiche.
6.^ Queste norme non dovranno tenersi di rigore per
ogni caso, potendosi aggiudicare ì premj aoeo per opera-
zioni di minor estensione, ma di natura e d* interesse ecce*
zionali.
Tali opere si limitano alle seguenti, salvo ad estei\dernc
il numero, sovra proposte e deliberazioni speciali del Corpo
accademico :
II) Il costruire serbatoj nelle valli, che dalle uhìme
pendìei dei colli si approssimano all' altopiano , e utilizzar
r acque di essi sulla pianura sottostante, ridotta a regolare
orizaoDte e coltura ; giacché siffatto genere d* operazioni ,
meaire potrebbe difficilmente trovare un vasto campo d'ap-
plicazione sui terreni d' unico proprietario, potrebbe averne
invetse uno assai grande nella loro moltiplicazione lungo l'e-
stesa linea delle unghie de' nostri colli, e perchè esse ope»
razioni producono il doppio utile di fertilizzare i terreni
eoli' irrigazione, e di diminuire i danni della piena dei tor-
remi e dei fiumi.
b) Notabili miglioramenti radicali in territorj di col-
tura povera e stazionaria, e che all' utile immediato con-
giungano l'altro importantissimo di servir di eccitamento
ai circumterranei.
e) L' irrigazione di terreni asciutti, o la bonificazione
di paludosi o innondati, a mezzo di macchine idrauliche e
idrofore di utile effetto economico.
d) L' introduzione, l' uso continuato per più anni, e la
definitiva adozione di nuove macchine agrarie.
e) L' applicazione del drenaggio o fognatura di terre-
406
ni a suolo o toiiosuolo impermeabile i eon risuliamenii di
coDTenieDxa.
7.^ Prima eireostansa efficace fui giuditi sono gii utili
che tali operationi esercitino sul pubblico ; e si^ito dopo
gli utili diretti ed immediati ricavati e rieavandi dai capi-
tali impiegativi.
8«® In relazione a quest'ultimo elemento dei gìudizj sari
obbligato ogni concorrente a giustificare tanto le apese so-
stenute nelle fatte operazioni,, quanto V aumento di ricavo
ottenuto e presumibile.
9.^ Ne' giudizj si avrà riguardo in via accessoria ai mi-
glioramenti dei fabbricati rurali, semprechè soddisfacciano
ai veri bisogni dell' agricoltura e dell'igiene, e nulla pre-
sentino di superfluo o di meno appropriato allo scopo.
10.^ Le Commissioni delegate a riferire sui varj concor-
renti dovranno in ispecial modo esaminare se i migliora-
menti siano fra quelli destinati ad aver vita e prosperare »
o lascino ragionevoli dubbj di consumare i capitali senza
durevole proBtto. In quest' ultimo caso V Istituto potrk
tener sospesa la decisione fino ad altro concorso sansa
pregiudizio del concorrente, qualora il voto venisse con ciò
a differirsi oltre il decennio dall' incomiociamento dei la-
vori.
11.^ Per norma di tali giudizi, la Presidenza ferii com*
pilare un registro di tutte le operazioni d' Industria rurale,
premiate dal 48S9 in poi, con informazioni sullo stato prc-
sente e successivo, e sugli ^etti buoni, mediocri o cattivi
ottenuti ne' tempi posteriori afii emanati giudizj.
407
Pr^grAiniiiA per te Baova esposlaloae di ortlcol-
tar» da tenoMil presso 1» Soeletà patrIotICA
d* laeerassiaiiiMito delle seleiise^ lettere ed
urti di miai
La Soeieth d' Incoraggiamento delle gcìenie e delle arti
di Milano aveva divisato di tenere in quest'anno due grandi
esposizioni di orticoltura, Tuna nel marzo e l'altra nel set-
tembre* Quando stava per aprire la prima esposizione le
aule del suo palazzo venivano occupate, come nell'anno
4849, dalle truppe austriache, e dovette sospendersi. I me*
moraodi avvenimenti che accaddero dopo distrassero siffat-
umente l'attenzione degli orticultori dalle cure del giardi-
naggio che si dovette sospendere anche l'esposizione del set*
lembre. Non si volle però rinunziare a questa eccellente
istituzione che coll'unione della Lombardia alla Liguria che
è il vero nido dei fiori andrà a prendere nei venturi mesi
un'estensione degna del regno italico. La Società d'Incorag-
giamento deliberò pertanto di tenere verso la fine del
marzo del prossimo anno una nuova esposizione con premj.
Noi siamo lieti di poter pubblicare pei primi il programma
per questa novèlla festa floreale, e preghiamo gli altri gior*
naii a riprodurlo. Ecco il programma:
La Società patriotica d'Incoraggiamento di scienze, lette-
re ed arti, invita gli orticultori ad una esposizione di fiori
e frotii per la primavera dell'anno 4860 nei giorni SS, S8,
24 e S5 marzo.
Si possono esporre tutti gli oggetti che appartengono
all'orticoltura ed al giardinaggio, purché si adempiano le
disciplioe che per norma d'ognuno qui sotto si espongono.
Si propongono inoltre i premj ai seguenti concorsi che
in quella medesima occasione verranno da una Commissione
aggiudicati :
1.^ Alla pianta più bella e meritevole fra tutte le pre-
seotaie all'esposizione. — Premio imico, medaglia d'aro of-
ferta dal dott. Frane. Giannella.
408
2.^ Alla migliore coHetiooe «li N.^ 34 piante di garòfa'
no lodevolmeiue coltivale ia vaso , nelle quali si conti al-
meno un esemplare per ciascheduna delle varietk che si
conoscono in Lombardia coi seguenti nomi volgari: 1.^ Bam-
pichino rosso, S.^ Pellegrino, 8.® Morellone, 4.^ Picoiée ,
5.^ Rosa comune, 6.® Rosa d'Olanda, 7.° Rosa secca, 8.^ Mao-
nese bianco. — Premio unicoy medaglia grande d'argento
e c<into lire itaUane assegnate dal sig. Luigi Bonomi.
A questo premio non possono concorrere che giardi-
nieri di professione i quali facciano il commercio dei fiori
per conto proprio, esclusi quelli che sono stipendiati presso
qualche giardino privato.
3.^ Alla pianta di Camellia in fiore più nuova e di me-
rito distinto, nata da seme in Lombardia. — Primo premio^
medaglia d^oro; secondo premio^ medaglia piccola dH, argento.
4.^ Al pia bel gruppo di N.^ 6 piante di Gamellie fio-
rite, di bella vegetazione, forca d'individui e scelta di buone
varietà. — Primo premio^ medaglia d* argento dorata; se-
condo prsmio, medaglia piccola d*argento.
6.° Alla più ricca e scelta raccolta di fiori di Camellia
staccati. — Primo premio, medaglia grande d'argento; se-
condo premio^ medaglia di bronzo.
6.^ A N.^ 6 piarne di stufa da fioritura o di fogliame
appariscente in sei specie ; si avrà riguardo alle belle dimen-
sioni degit individui in ragione della loro rarità. — Primo
premio, medaglia d^ argento dorato; secondo premio^ meda-
glia piccola d'argento.
7.^ Alla più bella raccolta di IS piante d'aranciera in
èS specia per fogliame o per fioritura distinte e più che
lutto per lodevole conservazione di begli individui. •— Pri-
mo premio, medaglia d'argento dorato ; seeonda premio^ me*
doglia piccola d'argento.
8." Al miglior gruppo di sei Rosai fioriti in sei varietà ;
a merito eguale di coltivazione avrà la preferenza quello
che contenga le più recenti novità. — Primo premio^ me-
109
dagUa grande d' argento ; secondo premio , medaglia di
bronzo.
9.° Alla raccòlta più lodevole di N.^ 6 Tropeoli^ come
Tropeolum tricolorum^ T. tuberosum^ T. azureum^ ecc.,
eoIiWatì in vaso per modo che un*elegante distribuzione dei
rami faccia risaltare la copia e la varietà dei fiori. — Pri-
mo premio, medaglia grande d'argento; secondo premio, me-
daglia cU bronzo.
40.® Al più bel gruppo di 43 piante di R. Azalea m-
dìca che si distinguano per novità del fiore e per buona
coltivazione. — Primo premio, medaglia grande dF argento ;
«econdo premio, medaglia di bronzo,
44.® Alla migliore raccolta di 6 Rododendri allevati in
vaso e fioriti fra le varietà che reggono all'aperto nel dima
di Lombardia. — Primo premio, medaglia grande d'argen*
(o; secondo premio, medaglia di bronzo.
42.® Alla collezione più bella di SO Giacinti coltivati in
vaso, un esemplare per vaso, che si distingua per rarità e
varietà di fiori , non meno che per buona ed inielligente
coltivazione, t- Primo premio, medaglia grande d'argento;
setondo premio,' medaglia di bronzo.
4 3.® Alla più lodevole collezione dì 20 Tulipani a fiore
scempio, coltivati in vaso, in un esemplare, scelti fra le mi-
gliori varietà. — Primo premio, medaglia grande d^ argento;
secondo premio, medaglia di bronzo.
In questo, come nell' antecedente concorso, le varietà
dovranno possibilmcnie portare il nome con cui si distin-
guono nel commercio.
44.® Alla più ricca e variata raccolta di piante primulacee,
come Ciclamini, Auricole, Primule, coltivate in vaso e fiori-
le. — Primo premio, medaglia grande 4* argento ; secondo
premio, medaglia di bronzo.
45.® Alla più varia e scelta collezione di piante annue
0 bienni in fiore, come Coreopsìs, Gaiflardia, Schizhantus,
6t/ìa, Mattiola ,' Reseda, eoe. — Primo premio, medaglia
grande d'argento; secondo premio, medaglia di bronzo. *
440
16.^ Al più lodevole gruppo di dodici erbuiii da piana
terra in IS specie o Tarietà coUivati in vaso e fiorili. —
Primo premio, medaglia grande d^ argento; secondo premio^
medaglia di bronzo.
17." Ai due più bei fratti d'Ananas, scelti fra le varietà
più commende voli. *— Primo premio , medaglia d' argenio
dorata ; secondo premio , ptcco&i medaglia d' argento.
*
48.^ Alla raccolta più numerosa e lodevole di ortaggi
primaticci o di protratta conservazione. — Primo premio ,
snedaglia grande d'argento ed effettive italiane lire quaranr
ta; secondo premio, medaglia di bronzo ed effettive italiana
lire venti*
19 J^ Al più bel mano di fiori. — Primo premio^ me-
daglia grande d'argento ed effettive italiane lire quaranta;
secondo premio, medaglia di bronzo ed effettive italiane lire
venti
Altri premii di due medaglie d'argento e due di bron-
zo sono lasciati al libero giudizio della Commissione aggiu-
dicatrice per quegli oggetti che potranno meriuirli fuori de»
gli accennati concorsi. Se la Commissione medesima tro-
vasse che qualche oggetto meritasse un premio più distinto
potrà sostituire ad una od ambedue le medaglie d'argento
una 0 due medaglie d'argento dorate, e ad una d ad am-
bedue le medaglie di bronzo altrettante medaglie d'ar-
gento.
AtVBSTBIIZB GUtiaALI.
I. Chi intende di mandar piante o vasi sia per semplice
esposizione sia per concorso, dovrà avvertire con lettera il
Segretario della Societi, non più tardi del giorno 49 marzo
4859, indicando il numero e la grandezza approssimativa
dei vasi che intende mandare usando del seguente indirizzo:
Alla Società d'Incoraggiamento di Scienze, Lettere ed Arti,
nel palazzo Durini in MilaìU).
IL Chiunque intende aspirare al premio per quaUshe
tu
concorso a oorma di questo prograimroa^ dovrà non più lardi
deltanxidétto giorno 4 9 marzo p. 9. far perveoire alla So-
eietà rindieaiione del eoneorso o dei eoneorsi ai quali ha
intcnzioDC di partecipare aggiungendo il cenno sopramento*
vaio intomo al numero ed alla dimensione dei vasi che pre-
seoierft per ogni concorso. Emessa la dichiarazione di voler
partecipare ad un determinato concorso non potranno gli
oggetti destinati al medesimo essere presentati per la sola
esposizione, come gli oggetti presentati per la semplice espo-
sizione non potranno essere dappoi destinati a concorso,
quando non ne fosse stata fatta preventiva dichiarazione.
E indùpensabile che non venga ritardato oltre il ter-
wtiie suaccennato del giorno 19 marzo p. v. ^mpto deUe
imdieazioni e dichiarazioni di cui nelle precedenti avvertenze,
ùmide sia possibile il prendere le opportune misure per la
€onveniente disposizione degli oggetti spediti alP esposizione*
III. Quando il numero degli esemplari da presentarsi al
concorso è flssato dal presente programma non potrà essere
dal concorrente variato né in più né in meno. È però le-
cito ad ogni aspirante il presentare per uno stesso concorso
due o piò lotti, quando siano nelle condizioni prescritte dal
programma. Pei concorsi pei quali non è flssato il numero
degli esemplari e per oggetti di semplice esposizione può
essere presentato qualunque numero di vasi e di esemplari,
purché la Commissione li giudichi meritevoli di esposizione.
IV. Nei concorsi N. 1, 8 e 4 non sarà concesso il pre-
mio alle piante che già siano state premiate nelle antece-
denti esposizióni d'orticoltura in Milano.
V. Chi presenterà oggetti pei concorsi N. 3, 8, 40 e 43
dovrà fiir prevenire contemporaneamente gli opportuni schia-
rimenti che possano servir di norma alla Commissione ag-
gìudicatrice. Saranno accolti con piacere simili schiarimenti
anche per oggetti presentati per altri concorsi o per sem*
plice esposizione.
VI. Perchè la Commissione possa cominciare in tempo
US
opportuno le proprie operasiooi, le pieoie e gU oggetti da
esporsi, e specialmeote quelli destinati ai concorsi, dovranno
essere spediti in istato lodevole ùnnumcabilmefiis non più
tardi del mezzodì del giorno S4 marzo p. v. e consegnati
da persona incaricata, nò potranno essere ritirati che nei
giorno S6 dello stesso mese.
VII. 1 soli fiori staccati, i mazzi, le piante delicate si ae^
cettano anche nella mattina del giorno dell' apertura sino alle
ore nove. Quando non siano consegnati per l'ora indicata
.possono essere ammessi all'esposizione, aia sono 'esclusi dai
concorsi.
Vili. Ogni pianta dovrà avere l'indicazione esatta ed in-
telligibile della specie e della varietà, non che il nome del
mittente ed il luogo di sua provenienza. Ogni fiore staccato
dovrà avere il naturai suo gambo ed annesso in modo chiaro
il nome commerciale. A ciascuna varietà di frutta ed or>
taggi che si manda all'esposizione dovrà essere aggiunto il
nome volgare che hanno nel paese in cui sono coltivati. È
in facoltà di chiunque espone qualche oggetto di aggiun-
gervi anche il prezzo.
IX. L'assegnamento dei premii si farà col mezzo d'una
Commissione aggiudicatrice che la Società sceglie fra le
persone più capaci anche fuori della Società stessa, ed esclusi
i concorrenti ai premii. Il giudizio sui concorsi e l'aggiu-
dìcazione dei premii hanno luogo al principio dell' esposi-
zione. Per maggior solennità i premii saranno distribuiti
contemporaneamente a quelli per la seconda esposizione che
avrà luogo in settembre.
X. Oltre gli oggetti designati nei concorsi, la Società am-
mette per esposizione altri che siano in relazione immediata
colla sola oriicoliura^ o che servono d'ornamento e deco-
razione ai giardini, come vasi, fontane, sedili, modelli di
serre, strumenti commendevoli per novità e perfezione di
lavoro, ecc.
Milano dalla Società patriotica d'Incoraggiamento delle
scienze, lettere ed ani il 31 agosto 1859.
U Conservatore G. S^ccM.
ANNALI UNIVERSALI
•1 MA91S91QÀ
ISA».
V*l. XXIII. — N.^ «8.
BIBLIOGRAFIA (0
— oO
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGIe
RASSEGNA DI OPERE ITALIANE.
iniL — Sul prezzo del grano; Memoria dt L. B. Torino
1859. Un opHBColo tn-12.^ dt pag. 63, pret$d la tipo»
grafia FalletlL
È
qwsU on'operelU scritta con forma Teramenle popolari a
ohe noi corremmo veder diffusa nella classe eampagnuola.
V aatore è fedele alla doUrioa italiana del libero scambio , a
ppopogoa faiorosameote questa dottrina anche a riguardo de!
aio dei grani. I possidenti agricoltori» egli dice, si la-
dei basso pretto del grano e vorrebbero ristabiliti i cosi
4elli dazj protetti?!» L'autore dimostra che T introdutione del
(f ) Saraouo indicate con asterisco (* ) di riscontro al titolo dell'opera
f stle prodaBÌoui sopta io quali al daranno , qaando occoironO| artj^O
OMiUlicS*
àJiKxu SlaUiHca, voU XX//A eerie 3.*
444
COSÌ delti dazj proteltifi va a riascire pregiudizievole alla stessa clas-
se caaipagnaola. E se il basso prezzo de' grani deve attribuirsi alla
libera importazione del grano estero, egli allora fa conoscere ciò che
deve fare il buon agricoltore per reggere senza pericolo all' estera
concorrenza. Svela quindi tutte le innovazioni agricole cbe do-
vrebbero essere introdotte onde accrescere la produzione ed otte-
nerla col minimo dispendio possibile. Quando ciò si Qttenga, e
non è difOcile il farlo, l'autore soggiunge cbe va ad essere sciolto
il grande problema del vivere a buon mercato, che pur deve es-
sere r ultimo fine di un buon reggimento eoonomico.
Noi siamo lieti di veder sorgere voei sapienti cbe del continuo
raccomandino la causa del libero scambio, che è V unica che possa
assicurare la prosperità economica delle nazioni. E per citare un
solo esempio, diremo che se nell'alta Italia in quest'anno non fosse
stala praticata la dottrina del libero commercio dei cereali, il paese
che si trovò costretto a mantenere in quattro mesi quasi un mi-
lione di armati, avrebbe dovuto soggiacere ad una terribile carestia.
IX. — ArchÌQÌo storico italiano. NuOQa sene. Tomo IX.
Dispènsa seconda ; e Giornale storico degli Archirj to-
scani. Anno HI. Dispensa seconda. Firenze 4859. Un
voi. iii-8.'' di pog. 204 e 96, presso l'editore G. P.
Yieusseux.
Ad onta dei gravi avvenimenti che ora preoccupano T animo
dei toscani pure continua coti un'esemplare costanza la pubblica-
zione dell'Archivio storioo italiano, ove i' illustrazione delle cose
nostre è magistralmente trattata.
Nel volume ora uscito alla luce legfonsi importanti Memorie.
Francesco Casotti dà corso alia pubblicazione delle lettere inedite
di Lodovico Muratori, nelle quali vi hanno notizie preziose sugli
atttdj letterari del secolo XVIIf. Leopoldo Galeotti cominciò a pub-
blicare una sua erudita monografia spila vita e gli scritti di Mar-
silio Pigino. Carlo De Cesare illustrò gli scrittori di storia del
regno di Napoli durante l'ora scorso secolo. Il professore Milanesi
pubblicò r ultima serie delle lettere inedite del celebre Gio«
vanni de' Medici soprannominato il capitano delle Bande nere, fra
le quali irotausl innestale alcune lettere del famoso Pietro Archino.
115
Sa|«e ani rassegna crilkt di dodici oaofo optrre storiche , e si
ckittie il Toiiiiiie coll'annansio di cinqiuota Ubri di storia pab-
bliaU ne' varj SUti d' lUlia.
n giornale storico degli arcbifj toscani cbe fa parte del vola-
ne olire dieci docnaienti sloriei importanti, fra i quali nna lettera
inedita di Fra Girolamo Saronarola. Mlcbele Aaaart si assome la
Cora di illnstrare fra breve i dooninenti arabici cbe possiede f Ar-
chivio e cbe si riferiscono. alla storia commerciale di Pisa e di Pi«
reme. Noi siamo certi cbe da tale pobblieasiooe si avranno ìa^Mr*
taflli rìvelaisioai sulla storia del comaef ciò italiano nel medio evo.
RASSEGNA DI OPKRE 8TRANIBR«.
X.^ Étude sur la navigatian, le commerce et f industrie
de MareeiUe ; far MM. C Bousqcbt et Sapbt. Maniglia
1859. Ui^ po/. tfi-8.^ grande.
Il barone Pelice di Beanjour per incoraggiare gli studi eco-
nomici isUtoiva non ba guari un premio quinquennale di cinque
mìU francbi da concedersi di mano in mano agH seritlori cbe
meglio illustreranno la storia progressiva del conunercio di Mar-
ùglla,
n premio toccò quest'anno ai signori Bousqnet e Sapet cbe
pubblicarono no loro presioao saggio sol commercio marsigliese,
n loro libro offre la storia del traffico di Marsiglia nel quin-
quennio decorso dall'anno 1850 al 1855. L'opera è assai ricca
i\ cifre e di notisie slatisticbe. Da essa apprendiamo cbe la po-
poluione di Marsiglia va crescendo prodigiosamente. Nell'anno
iB46 essa non contava cbe 146^000 abitanti, nel i856 ne con-
UTa 253,000 , per coi ebbe un aumento di 87,000 abitanti io nn
solo decennio. Quest' aumento è massimamente dovnto a continue
immigrazioni di francesi e di forestieri che vengono a Marsiglia
allraUi dai buoni salarj che vi trovano gli operaj, e dal vivo traf-
fico cbe vi si può fare.
Noi brameremmo cbe un premio simile a quello del barone
di Beaajour fosse istituito anche per Genova.
1
446
XI. — Jerotne SaQonarola precursewr de la rep&rme; par'
Thbodorb Paol. Ginevra 1859* Prima parte. Un wL
in -8.°, presso Cherbuliez»
Ecco ana nao?a illastracione del grande riformatore italiano.
Fra Gerolamo SaTonarola. Il signor Teodoro Paul ha fatto accorati
stadj sopra le opere di questo singolare ingegno, nel buon pen-
siero di farlo Tiemmeglio conoscere alla propria nazione. Noi dob-
biamo essergli grati giacché in questo momento tutto ciò che possa
porgere un ooorerole ricordo della gran patria italiana è un be-
neficio che le si fa innanzi a tutta Europa che pur troppo ci ha
sinora disconosciuto e spesso anche dileggiato.
XII, — JUemoire sur la philosophie de Veducation; par
M. le baron Roger db Goimps. Parigi 1859. Edizione
fn-8.°, presso Durand.
Il barone Roger come antico allievo di Pestalozzi melle in tutta
evidenza la necessiti di ricostituire la educazione pubblica con
più armonico sviluppo. Egli osserva che ora si pensa ad erudire
la mente ed a far sano e agile il corpo e poco si bada alto svi-
luppo cordiale dei sentimenti dell'anima. Non basta, egli dice,
aver uomini esperti d'ingegno e di mano, è necessario aver no-
mini di gran cuore. La rettitudine del carattere dovrebbe essere
uno de' scopi massimi a cui tendere T educazione, e a questo in-
tento egli ci offre ottimi precetti. Noi raccomandiamo caldamente
quest'operetta a tutti i pubblici educatori.
XIII. — Viaggi e scoperte del dott. Barth al nord ed al
centro delC Africa dall'anno 4849 a/ 1855. Lipsia 4859.
Edizione m-8.*^
L'edizione dispendiosa dei viaggi del dott. Barth in Africa ha
reso difficile il suo acquisto agli studiosi. Colla permissione del-
l'autore si pensò di compilarne un sunto e di pubblicarlo in forma
meno elegante. Questo compendio scritto in lingua alemanna è
però corredato da belle stampe colorate e da una buona carta
geografica delincala dell'illustre dott. Pelcrmann.
117
MEMORIE ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI' DI OPERE.
MMtoCcMi éeìP eemm—ntUm» — Nii*tI ■(■41 ■■U*
tempia del pr«4*MI Innuitertall | de/ profettore
FBARCESO* VBBBABA.
( ContiDoasione e fine. Vedi il fascìcolo di loglio ISSO, pag. 44).
.Fi
inalmente, ciò che dicesi del consufoo serve a sco-
prire che una quarta illusiooe consimile sta Del modo di
considerare il lavoro dal quale nasca il prodotto, pioi, tal-
volta, chiamiamo immateriali certe produzioni, perchè ci
sembra che sieno creale da un lavoro puramente immate-
riale: è da questo aspetto, che quello dell* agricoltore o del-
l'artigiano ci sembra tanto diverso da quello del medico,
del professore, del pittore, dello studente. Pure, è eviden-
temente impossibile immaginare un lavoro affatto immate-
riale; sarà più o meno grave, ma sempre il concorso del
nostro corpo vi si troverà indispensabile. È tutta materiale
la pena che il medico ò costretto di darsi per salire la scala
dell'infermo» per eseguire una fasciatura od un taglio; l'av-
vocato parla e scrive con uno sforzo de' suoi polmoni o
della sua mano; il professore monta sopra una cattedra, e
grida e gestisce. Il corpo è tanto interessato neir.opera delle
prodqziooi immateriali, che ci riesce impossibile il prolun-
garla al di là del punto in cui la stanchezza Csica ci toglie
la vivacità ed il libero uso della nostra intelligenza. Se nulla
118
di materiale ?i fosse neir applicazione de' dotti, non ai pò*
irebbe spiegare perchè si agghiaceino loro le gambe, monti
il sangue al cervello, e sieno essi soggetti a delle infermila
speciali, come ciascano de' più volgari mestieri lo è.
« In somma, da qualunque lato ci volgiamo, è sempre
inevitabile di riconoscere che il doppio elemento di cui
l'uomo è composto, la materia e l'intelligenza, concorre
simultaneamente nelle opere sue, in tutte indistintamente.
Nell'ordine metafisico, noi possiamo comprendere che il
mondo degli spiriti esista separatamente da quello de'corpi;
ma neir ordine umano, noi non possiamo parlare di produ-
zioni e prodotti, cioè di cose in cui la oostra esistenza, la
nostra natura, le nostre azioni, son complicate, senza sup-
porvi una miscela continua di materia e di spirilo. Come
ho già notato sin da principio, è contraddizione nc'termini
il dire prodotto immateriale. La breve durata della forma
esterna, la natura del consumo e del suo effetto utile, l'in-
dole del lavoro, sono fallaci indilli da cui si è argomentata
l'immaterialità di alcuni. Eliminandola con una accurata ana^
lisi, rimane sempre palpabile la necessità di concedere che
qualsivoglia prodotto suppone sempre una base materiale.
Se anche si potesse accettare il sistema di Dunoyef, non sì
sfuggirebbe a siffatta necessità: in tal caso, base de'prodotti
immateriali sarebbe l'uomo, ma l'uomo slesso si scinde-
rebbe in due parti, Tuna delle quali sarebbe sempre mate-
riale. Rigorosamente, dunque, è impossibile ammettere la
distinzione. In tutti i prodotti vi hanno gli stessi clementi:
una forma materiale, più o meno sensibile; un lavoro che
la crea, più o meno corporeo; un consumo ed un effetto
utile, più o meno astratto da noi : o tutti dunque si devon
chiamare materiali, considerandoli dalla inesorabile fatalità
che li lega alla materia; o lutti immateriali, considerandoli
dal carattere astratto che la nostra mente v'imprime.
« Tale è, nel rigore de' termini, la teoria. Bisogna pur
nondimeno confessare che la distinzione nou fu interamente
' U9
sognata ed evocata dal nulla, ma ebbe ed ha il suo mo-
tÌYO, il quale, se non permette di adottarla in tutta la sua
filosofica precisione, non vieta di conserTarla nel linguaggio
ordinario, purché non le si desse quel peso e quella Torta
che realmente non ha.
« Vi hanno, in verità, tali produzioni, nelle quali Tele-
menio materiale predomina suir incorporeo, altre invece nelle
quali il pensiero è quasi tutto e la materia non oostKuisce
che il veicolo, più o meno sensibile, ad una utilitk spro*
porzionatamente maggiore. L'importanza capitale di un libro
o di una rappresentazione teatrale si trova nel pensiero del
filosofo o del poeta; è ben vero che la earia e Vìnehio-
stro, la scena ed i lumi , sono elementi necessarii oli* est-
sienza e trasmessibilitft di tali prodotti, ma non è men vero
che non son essi la parte per la quale il talento del pro-
duttore risplende. AH* incontro, nel martello, nel pane, nella
tela, la forma sensibile è ciò che predomina; colui che ha
dato loro esistenza, non può esser vano del pensiero che
essi esprimonp e son capaci di comunicare al consumatore,
ma potrà gloriarsi dello sforzo o della diligenza con cui ha
egli eseguile le chimiche e fisiche operazioni^ per le quali
le molecole del ferro, de) grano, o del lino, presero forma
di martello, di pane, di tela. Nulla dunque di meraviglia
se gli scrittori han sentito il bisogno di tirare una Imea fra
qoe' prodotti in cui T opera dell' intelletto primeggia, e quelli
in cui primeggia l'opera della mano.
e 11 conte Arri vabene, coir ordinaria lucidezza della sua
mente, ha veduto ed espresso questo punto della quisiione
in termini che io sento il bisogno di riportare.
< « Ne' lavori a' quali si danno gii uomini per produrre
cose dì loro uso, talvolta è il corpo, talvolta è lo spirito,
che predomina; ma egli è raro, {io direi, è impossibile) che
nel travaglio corporale sia assoluta mancanza dell'azione
dello spirito, o mceversa. Cosi, ti lavoro dell' artigiano, del
contadino, dell' operaio, è principalmente corporale, ma l'im-
4S0
piego delle iiicoUà mentali vi è nondimeno necessario del
pari. Il che è tanto vero, che gli individui appartenenti ad
una tal classe di lavoranti ottengono una porzione maggiore
o minore del prodotto a cui han concorso, secondo che
adoperarono più o meno zelo, intelligenza, moralità, nel-
l'adempire al proprio uiìBcio. All'incontro, il lavoro, per
esempio 9 del magistrato, dell'istitutore, del prete, dello
scrittore, del sapiente, dell'artista, di quelli insomma che
esercitano liberali professioni, è sopratutto immateriale ; ma
ciò non implica punto mancanza assoluta dell'azione del
corpo > (0- — ^ conclusioni a cui l'autore discende,
non sono, come appresso vedremo, conformi alle mie , ma
io son lieto di poter invocare in appoggio del mio concetto
fondamentale un'autorità cosi rispettabile a tutti, e cosi cara
per me.
< Io voglio per ora arrestarmi al principio. Una diffe-
renza, dal pi^i al meno, vi ha. Che, per indicarla, si ado-
prino le parole maieriale e immateriale, non sarebbe cer-
tamente un delitto. Ciò, soltanto, che importa si è, di non
dar loro una estensione maggiore di quella che abbiano
realmente; importa che una maniera di dire, approssima-
tiva e confusa, non si prenda come una definizione precisa,
e non serva di appoggio a ragionamenti i quali vacillereb-
bero ov'ella mancasse. In altri termini, si può conservare
la distinzione de' prodotti materiali e immateriali, fino a che
non si trovino de' vocaboli che esprimano più esattamente
l'idea; ma^ ripeliamolo, per farlo senza pericolo, bisogna
che mai non si perda di vista il loro occulto difetto.
e Bisogna, in primo luogo, non mai dimenticare che la
parola immateriale non significa punto assoluta mancanza di
forma sensibile^ ma serve unicamente ad esprimere che, sé-
{i) Jnalgne du phénomene de la production, Jourm* d'Éeon,,
juin 1855, p. 375;
condo il nostro giudia^io (il quale, come a^lpresso dirò, po-
trà bene esser falso, e nella quistione della proprietà lette-
raria lo è), il prodotto al quale si applichi è uno di quelli
in cui Io spirito ha una parte maggiore che il corpo: sia
perchè 1' utilità impalpabile è da noi più stimata che la for-
ma fisica; sia perchè, nel lavoro adopratovi per crearlo, la
mente od il cuore del produttore ha contribuito in un modo
ben più spirituah di quel che fosse sensibile.
« In secondo luogo, è molto importante il riflettere che,
anche in questo senso di preponderanza, non vi ha alcuna
linea di demarcazione a poter segnare, ma tutto si riduce
«empre ad un concetto formato in digrosso, empirico e tem-
poraneo, mutabile secondo i punti di vista e le tendenze
di chi adoperi que* vocaboli. Noi non abbiamo né bilance
De metri per paragonare l'importanza dell' elemento mate-
riale a confronto dello spirituale. In certi casi non avvi dif-
ficoltà a giudicare fra loro; ma in moltissimi altri sarebbe,
io verità, imbarazzante il decidere se l'importanza dell'opera
preponderi più dalla parte dello spirito che da quella della
materia. Chi saprebbe mai dire se la Venere di Canova e
il vaso di Benvenuto Cellioi, appartengano all'una od al-
l'altra categoria? Grande e bello ne è il concetto, è mira-
bile r esecuzione. Tutto ciò che l' economista può dirne
sarà: Io so che sono entrambi un prodotto, non m'importa
il decidere, e ninno più di me saprebbe decidere, se sia
materiale o immateriale, nel senso esatto di questi vocaboli,
cioè se la forma sovrasti l' idea, o l'idea eclissi la forma. I
casi consimili abbondano. La regola manca per accordare
il primato all' uno o all' altro de' due elementi ; sempre
dunque sì tratterà d'una distinzione indecisa e arbitraria,
non mai d'una classificazione scientifica, esatta.
> La conseguenza, da porsi fra le teorie fondamentali del-
l'economia politica, sarebbe quella che io ho credulo da
molto tempo adottare e*cbe, a proposito di Storch, ho enun-
ciato nel 4853. Ripetiamola in termini netti.
422
e L'Economia politica non riconosce che una sola specie
di prodotti, i quali consistono sempre in una trasrorma*
cione della materia concepita dalla mente umana, eseguita
colle forze umftne, diretta a presentare utilità umana. Le prò*
porzioni in cui la forma materiale pud abbracciare le uiiiiii;
le proporzioni in cui, tra le forze adoperate dall'uomo per
produrre, stanno le flsiche eolle intellettoiili le proporzioni
finalmente in cui V utilità si può scindere in effetto fisico ed
in effetto immateriale; possono variare e alP infinito. Ma ciò
non vuol dire che mai siavi da sperare di rinvenire un caso nel
quale l'elemento materiale, o l'elemento immateriale, possa
sparire del tutto, di modo che il prodotto consista unicamente
in uno de' due. A rigore, dunque, né l'uno né l'altro dei
due vocaboli , presi isolutamente , può essere una espres-
sione che con sufiiciente esattezza indichi la vera natura
del prodotto; ma se si vuole adottare ad ogni costo una
parola che lo qualifichi, si potrà indifferentemente dire: o
che tutti i prodotti sono materiali, in quanto che tutti sup-
pongono una forma materiale; o che tutti sono (come in
un momento disse lo stesso Say) immateriali, in quanto
che rutilila che promettono, o l'intelligenza che li crea,
o l'effetto che lasciano, ecc., si possono sempre risolvere
in elemento incorporeo. Che se, finalmente, «si vuol pure ad
ogni costo conservare la distinzione di materiali e immate-
riali, essa non può avere altro senso legittimo che quello
di una semplice preponderanza, non esclusione assoluta del-
l'uno fra i due elementi.
« Sostanzialmente, la teoria di Dunoyer non è molto
lonuina da questi termini. Ma il suo linguaggio non mi'sem-
bra abbastanza preciso; e l'inesattezza che io credo di rile-
varvi è una nuova dimostrazione dell'importanza, che in
economia politica come in ogni ramo dell' umano sapere,
bisogna affiggere all'analisi de* fatti primordiali ed alla enun-
ciazione de* principii elementari. Vedremo infatti or ora che
il modo equivoco in cui i prodotti immateriali sì son con-
423
cepiti è la caiwa precipua delle accuse che recentemente si
son potute dirìgere contrro T estensione che egli ha data alla
seienia economica ».
Dopo queste splendide dimostrazioni Fautore passa ad
indicare quali limili impone T economia politica ai prodotti
immateriali , e quindi si accinge a trattare il tema più vi*
tale de' giorni nostri, quello dell* esistenza giuridica o meno
della rosi detta proprietà ieiteraria. Noi riproduciamo que-
sta parte importantissima del suo lavoro per contrapporvi
io Soe alcune nostre considerazioni*
« lo vengo finalmente ad un'altra importante applica-
zione di questa maniera di concepire i prodotti immateriali:
la proprietà letteraria.
» Ho già accennato che Dunoyer scrisse, nel numero
7 gennajo 1838 del Journal dea Débats^ un articolo su
tale argomento. Trattavasi allora di estendere a 60 anni il
privilegio degli autori. Dunoyer sostenne che bisognava farlo
perpetuo ed ereditario, com'è la proprietà di qualunque
bene materiale.
» lo non ho mai taciuto che la proprietà letteraria mi
sembra qualche cosa di assurdo. Malgrado l'audacia di un
tal assunto , ho veduto che In Italia parecchi scrittori re-
centi dividono con me la medesima opinione ; ma al di là
delle Alpi, un accordo quasi unanime si è spiegato non so-
lamente a respìngeria, ma a perfezionare ed estendere i
privilegi de' produttori di ricchezze immateriali. La credenza
in questo nuovo diritto ha progredito fino a prendere le
proporzioni di un dogma, ed in pratica ha trionfato fino
ad innondare le legislazioni di tutti i popoli culti. Era altra
volta una semplice grazia sovrana, un privilegio individuale;
ora è la sacra proprietà del produttore. Era un privilegio
esteso a pochi anni, poi fu protratto a S8, a 50, a tutta la
vita, e molti fra i suoi difensori non sembrano volersi ar-
restare , se non quando il voto di Dunoyer sarà soddisfatto.
Era una semplice prerogativa universitaria, ora è entrata
A2i
ne* codici non solo, ma è divenuta un diritto^ più che fé-
^ierativo, internazionale ed universale.
> Io ho lungamente cercato i primi cardini di questo
diritto. Negli scrittori ho rinvenuto soventi contraddizioni
palpabili, nelle leggi un caos di motivi mal digeriti, e coo-
futati a vicenda. Ma ciò solo non mi sarebbe sufficiente per
abbracciare una teoria che economisti de' più venerati da
me son ben lontani dal professare. Ciò che mi rende ben
fermo nel mio parere è T analisi che ho teotato di fare
della natura de' prodotti immateriali. Mi spiegherò colla
maggior brevità possibile, non potendo aver qui certameote
r intenzione di svolgere, in tutta l'ampiezza di cui sarebbe
capace, un tema che è stato tanto agitato, e che ha in que«
sii ultimi tempi avuto fino l'onore d'un apposito Congresso
di dotti.
> Comincio dal tentare uno sforzo per porre la quistione
sopra un terreno diverso da quello in cui ce 1' ban pre-
sentata.
» Il libro (scelgo questo sol genere di prodotti imnaa-
terialì) è un prodotto come tanti altri. Vi volle per farlo
un lavoro, vi ha una materia dalla quale è definitivamente
cosiiiuiio e reso irasmessibile e permutabile. Nella sua ap-
parenza, si compone di carta ed inchiostro; fu fatto col-
J'ajuio di alcuni strumenti; e il lavoro che lo produsse si
può decomporre in una parte tutta spirituale, ed una parte
sensibile. Fin qui, la formazione del libro nop si distingue
.da quella di qualunque fra i più materiali prodotti. A giù-
, dicarne dalla esecuzione meccanica, tutto ciò che il tipo-
grafo deve air autore si è, ohe questi gli ha dato, col suo
manoscritto, una guida precisa; gli ha detto : scegliete suc-
ce^ivamcme lo tali lettere dell'alfabeto, formatene le tali
parole, intercalate le tali virgole e i tali punti, disponete
ogni cosa a linee e pagine, ecc.; ne riuscirà un corpo ca-
pace di trasmettere il pensiero da me concepito in migliaja
di persone, le quali, desiderose dì ricevere quel pensiero,
425
compreranno quel libro. Ma tale è appunto, né più né me-
no, l'ufficio che, tVi tutti i prodotti, esercita rinielligenza
umana: essa db li concetto e guida T esecuzione. Soltanto,
come già ho detto di sopra , vi son de' prodotti ne* quali
il concetto è già noto e volgare , e il grande sforzo della
produzione a noi pare consistere nel rimaneggiare la ma-
teria e crearne la forma utile; ve ne 5ono degli altri in
cui il gran lavoro sì fa consistere nel concepire, e T esecu-
zione riducesi a poca cosa: prodotti, noi abbiam detto, in
cui primeggia la materia, o in cui primeggia l' intelligenza,
n libro appartiene a questa seconda categoria.
> Ciò posto, vi son tre modi, mi sembra, di concepire
la proprietà letteraria: o come proprietà del puro pensiero;
0 come proprietà della cosa in cui il pensiero venne im-
mediatamente incarnato ; o come proprietà delle cose in cui
sarebbe poscia possibile d' incarnarlo. I primi due ammet-
tono pochi dubbi ; è sul terzo che va a confinarsi il pro-
blema.
» t.^ La proprietà del puro pensiero, se si prende co-
me titolo di priorità, di merito, chi mai può constatarla ?
Colai che ha concepito un' idea, ha sempre il dritto di ai-
tribuìrsene T invenzione, e chiamar plagiario chiunque tenti
di farsene un proprio vanto. Ma all' infuori di un giusto
sentimento di vanità in casi non mólto frequenti, nulla or-
dinariamente l'autore potrebbe sperare dall'esercizio d'un
tal diritto; e d'altronde, esso forma una prerogativa molto
pericolosa , poiché colui che rivendica la proprietà delle
idee contenute in qualche suo libro , è tenuto a render
conto egli stesso di quelle che, prima che fossero da lui
annunciate , appartennero ad altri : liquidazione terribile ,
cbe farebbe probabilmente venir meno la voglia d'insistere
sulla proprietà dei pensiero.
» Ma questa parola ha ancora un altro senso nel quale
non è più possibile applicarla ul nudo pensiero. Prc|)rieta-
rio di un' idea fin qui tuoi dire chi ne fu lu caus;i, ehi ha
JS6
il ineriio d' averla concepita i ma il vocabolo proprietà fu
crealo e si adopera inoltre nel senso di occupazione esciti*
aiva o di diritto ad occupare esclusivamente. Allora è de-
stinato soltanto agli oggetti capaci di essere posseduti , ed
impossibili a possedersi da un uomo senza toglierne il go-
dimento ad un altro; il che importa che naturalmente tutto
ciò che non sia corpo palpabile ne resta escluso. Le stesse
cose materiali escono fuori dalla sua sfera, quante volte
sieno inesauribili, come le cosi dette ricchezze naturali^ i
fieni cofitani, come Tarla e la luce in un' aperta campagna.
Il diritto di proprieià non ha ragione di essere, se non in
quanto V occupazione della natura possa generare collisione
fra uomo ed uomo. Tutto ciò che è puramente inmiateriale
non ha dimensioni né parti, non è esauribile, può essere
infinitamente occupato senza che mai faccia sentire il bi-
sogno di regolarne il possedimento : lo stesso dirsi che per
occupare e tenere in proprio l'idea, bisogna impadronirsi
del libro in cui si contiene, è un confessare che V idea per
sé stessa non sarebbe soggetto di proprietà. E non lo è di-
fatti. Dio, creandola impalpabile, ha con ciò solo dichiaralo
che tutti possiamo goderne ed assimilarcela, senza mai esau-
rirla, senza che l'assimilazione operata nella mente d'un
uomo scemi la sua integrità nella mente di un altro. 11
pensiero puro è affatto diverso dal pensiero concretato in
un corpo ; ninno può attribuirsene il monopolio ; il pensiero
promana da Dio ed appartiene a tutta l'umanità.
» 3.° Come proprietà della cosa in cui il pensiero già
venne immediatamente incarnato, non v'è da far quistione.
Nei prodotti d'ogni specie, ciascuno, per la natura mede-
sima delle cose, diviene proprietario della forma materiale
con cui il suo concetto si manifesti, nuovo od antico che
questo si fosse, proprio del produttore o di altri. L'autore
ha la proprietà del suo libro, lo scultore Ita quella della
sua statua; e il più grande avversario della proprietà let-
teraria non ha mai pensato di sostenere, né che tutte le co-
427
pie d' ud' opera oon apparlengano a chi V abbia fatta , né
ehe un tipografo possa penetrare nel gabinetto d'un au-
tore e alrappargli di roano il suo maDOscritto. — Su questo
ponto non solamente non v' è da far differenza tra prodotti
e prodotti, ma si^ degraderebbe, in modo illogico affatto, la
rieehetza immateriale, se non le si volesse concedere ciò
ehe alla materiale è compiutamente concesso. In questa, di-
falli, il diritto di proprietà si esercita sulla materia; tutta
la parte spirituale ò trascurata dalle leggi, salvo nei brevetti
d'invenzione, che sono, in sosuinza, una variante della prò*
prieta letteraria, e che formano perciò un* eccezione al prin-
eipiou In tutto il resto, dovunque non si godano diritti
eselusivi sull'idea, si godono senza dubbio sulle cose create
col suo soccorso ; la legge non ci accorda alcun monopolio
solle nostre cognizioni agrarie, mineralogiche o mercantili ,
ma dichiara nostro il grano che abbiamo raccolto, il ferro
che abbiamo scavato, la droga che abbiam poruto dalle
Indie. — Si affetta sempre di dire che domandando la pro-
prietà letteraria nulla si chiede fuorché la pura | semplice
applicazione del diritto di proprietà tal quale esso é gene-
ralmente inteso ed applicato. Ciò non é vero. Se non si
volesse che ciò, la proprietà letteraria non sarebbe che
quella del libro prodotto, e delle copie tiratene per pro-
prio eotito. Evidentemente si vuole qualche cosa di più, un
r^me eccezionale che per tutte le altre produzioni non
ai ama di ammeitere.
» 8.^ Ed ecco in che lermini. — Il pensiero, materia-
lizzato sul libro , sulla tela , sul marmo , ecc. , si muta in
merce, preetaameute come le cognizioni agricole quando si
sieoo giA incorporate nel grano raccoltosi. — Qualcuno
compra il libro, e ne di vico padrone; come qualcuno lo
diviene del grano vendutosi da chi lo produsse. — - Il com-
pratore del grano, può convertirlo in semente, e cosi mol-
tiplicarlo per fsrne uua più ampia raccolta , da porsi in
vendita. Il compratore del libro riflette anch' egli che que-
sag
sia mercè, utile e desiderata da tanti altri, polrebbesi ri-
produrre come del grano si fa; ma mentre niuno eontrasCt
che sia lecito riseminare il grano legittimamente acquistato,
ogni ulteriore edizione del libro si domanda che sia vietata
a tutti, fuorché all'autore ed ai suoi aventi causa. . Alèuni
chiedono ciò per un tempo determinato : altri in eterno. — •
Di che dunque si tratta ? Vuoisi un sistema nel quale, per
rispettare la proprietà del pensiero, si violi un'altra prO'*
prietà che certamente non è men sacra, cioè si neghi ai
nostri simili il diritto di lavorare sopra elementi che loro
legittimamente appartengono.
» Credo non aver torto a chiamarlo regime eccezionale.
Perchè io qualsivoglia altro caso, il proprietario <di un og*
getto pud farne tutti gli usi di cui sia esso capace, e cer-
tamente fra le utilità ricavabili vi è quella di adoperarlo
come mezzo ad un nuovo lavoro ; ma in fatto di produ*
zioni immateriali, si pretende quest' ioiportanie restrizione:
il consumatore è libero di porle a profitto in quabìasi mo-
do e corv qualsiasi scopo, ma egli deve astenersi dal rifare
quella data forma materiale a cui il prodotto sia stato una
prima volta legato. Abbiam noi un motivo suflBciente per
invocare una cosi importante deviazione dal diritto comune?
Ecco ciò che è da discutere.
» Il motivo, in verità, non può rinvenirsi che in qual-
che specialità de' prodotti medesimi a favore de' quali l'ec-
cezione sì vuole ; e poiché essi, l' abbiamo già detto , noo
ne offrono che una sola, egli è a questa che fa d' uopo ri-
correre. I prodotti immateriali si distinguono da ciò, che
in essi il lavoro o l'utilità che offrono, o l'effetto che ne
nasce nell'uomo, sono sproporzionati colle forme materiali ;
da ciò che V elemento spirituale primeggia, ed eclissa l'eie*
mento corporeo. A questo titolo, si comprende perchè si
vogliano eccettuati dall' ordinaria regola della proprietà :
relcnicnio spirituale costa uno sforzo molto superiore a
quello che fa di bisogno per incorporarlo in qualche cosa
J29
libile; eolui che ne ba sostenulo il travaglio, può tro-
varsi assai faeilmeote spogliato della ricompensa dovutagli;
bisogna dunque che sia eccezionalmente protetto ; vuoisi un
regime in cui non sia lecito usurpare, colla materiale fatica
di pochi giorni, tutto ciò che la società è disposta a pagare
come prezzo della spirituale fatica di molti anni.
» L' argomento non è spregevole. Un istinto geoerale di
equità lo appoggia e lo suscita; è doloroso il vedere so-
venti qiial meschinissimo frutto coroni i più grandi e he-
neOci lavori della mente umana ; cosi si spiega pecche tanto
concordemente la proprietà letteraria sia sostenuta e richie-
sta, e perchè la riproduzione delle opere intellettuali si ri-
provi coi termini acerbi di cantra/fazione e pirateria. '
» Pure, ammettendo la rettitudine e fin la generosità
di questo confuso sentimento di benevolenza che ci spinge
a patrocinare cosi la causa de' produttori di ricchézze im-
materiali, è forza di riconoscere che esso non regge all'ana-
lisi, e che la particolare natura di siffatte ricchezze non dà
aieon mezzo di consacrare il diritto esclusivo che si pre-
tende — né prendendolo qual atto di pura giusHsm ( come
suol dir»), né prendendolo dall'atto deWuiiHlà.
m Iq linea di giustizia, il diritto eslusivo degli autori
ooD avrebbe che il solo fondamento or ora accennato* La
loro produziont^ è supposta di gran lunga supcriore a quella
del corpo in cui si trasfonde ; dev' esser pagata sul prezzo
del prodotto misto che ne risulta; quante volte dunque
questo prodotto na^ca e rinasca, tante volte il produttore
immateriale potrà spiegare il. suo legittimo titolo a prele-
varsi au tributo che io compensi della sua primitiva fatica. —
Tale è l'argomento su cui implieiumente si appoggiano
coloro i quali propugnano la proprietà letteraria a nome
delb giustizia. Ed ognun vede che esso suppone provati
due punti: -« J.^ ohe nel prodotto misto, nel libro, nel
quadro, nella statua, ecc. , siavi realmente tm gran disqui-
AnuLU SMiiHca, voi. XIIII^ urU 5/ 9
430
librio tra relomenio iacorporeo, e Telemeaio maionale;
che r opera dell* ingegno sia economicamente iboUo supe*
riore all'opera della roano; — 3.^ che questa preponde-
raosa sia inestinguibile; che per compensare l'opera doi«
l'ingegno non basti una prima vendita dell' oggetto creato»
non basci l' avere ricevuta un primo preup del maooscritia
della statua, del quadro ; ma sia neqessario che ogni nuova
riproduzione, fatta da altri, senza nuovo travaglio dell' au«
tore, paghi a lui una tassa di monopolio. -<^ Or questi dw
punti mi sembrano iiiipossibili a soateneraì,
» Premettiamo un' ampia riserTa ehe, per qualche sobia-»
ziooso lettore, potrk non esser superflua. Qui si paria d'ia*
teresse materiale, di rioompense pecuniarie» Lt'imporiaua
preponderante che cerchiamo è da prendersi nel senso eeo<^
nemico ; e tutt' altro concetto che potrebbesi porre innansi
per mostrarmisi la nobiltà e sublimità dell'opera iotcllet-
tuale, la inoommensurabile distanza ohe passa tra il sapiente
e r artigiano, tra la mente divina di Vico e la mano inoal*
liu del falegname sarebbe qui fuor di luogo. Ninno forao
potrà vantare più fede di quella che io so porre Dall'adch»
razione dell' iotelligeuza e delie opere che la rivelano ; ma
quando esse scendono dalle loro sfere e si lanciano nel
mondo della sussisieozai della vendita» dei denaro, io noa
devo trattarle che colle leggi e col linguaggio economico : il
pensiero allora non ò che un lavoro, anzi una prima parte
di ciò che propriamente costituisce 1' umano lavoro ; e se
si cerca ciò che esso vaglia, la soluzione non può dipendere
che da priaeipii stessi su cui unicamente si regola tutto dò
che aspiri ad avere un valore net mondo.
» Ciò posto ^ è egli poi vero che, ne' prodotti di eui
parliamo^ l'elemento spirituale economioamente preponderi
tanto quanto si dice? lo ho ammesso questo oaratiere come
un aspetto dal quale aia unicamente possibile di diaiinguerii ,
se. cosi si vuole, dalla massa generale delle ricchezze; ma
Ito pur folto le mie riserve ^ ed è tempo oramai di dire
481
ebe anehe un lai earattere vaailk e sparisce , toslocbè si
paini di aasiunerlo in un sigDifiealo assoluto. SI, è ben vero,
TI soQ de' oasi in cui, secondo la nostra maniera abituale
di estimare V importanxa d' una produsione, la parte dovuta
•li' ioteiligenza ei sembra di gran lunga mi^iore cbe quella
dei trafaglio meccanico ; ma la nostra abituale maniera di
oleolarle è inesatta*
> Noi commettiamo ordinariamente due sbagli, in due
seosi opposti. Per attenuare V importanza dell' elemento cor-
psrale, lo prendiamo isolatamente e ne recidiamo iuito il
IMMsato. Quando poi vogliam valutare T opera dell' ingegno
lism troppo proclivi a gonfiarla! attribuendole o quella
eiteosione ebe negammo all'altra, o quella originalità cbe
ooo ebbe.
> Cbe cos' è^ per esempio, ciò cbe noi vediamo in un
libro ? Vediamo un tipografo ebe, lavorando con pochi pes-
xeiti di piombo, con qualobe oncia d' incbiostro, con alcune
risme di carta , ha prodotto in due mesi lo Spirito delie
ieggt, l'opera con cui un Montesquieu rivela al mondo
veot* anni di ostinate e penose riflessionu Se la quistione si
dovesse porre tra individuo e individuo, sul terreno del
lavoro cbe tminedìalameiile abbia dato origine alle mille
copie prodottesi dello Spirito delle leggio sarebbe difficile il
sostenere che gli sforzi sostenuti dall'editore, da tipografi,
da' cartai, dal fonditore, dal fabbricante di torchi, sommati
iosieme, sieno qualche cosa di meno importante che la fa-
tica necessaria per rendere in buoni periodi i pensieri di
Montesquieu e farne il manoscritto che è servito di guida
alla stampa. Che facciamo noi dunque ? A costui diamo il
merito di tutto il lavoro passato, della sua educazione, della
costanza che ha messo nel meditare sul soggetto delle sue
ricerche, delle abnegazioni a cui si è coodauoalo, della sco-
veru ed originalità . de' concetti ; «e così il suo manoscritto
diviene miracolo d' un genio e frutto di 20 anni di studii.
133
Quanto all' editore, il auo passato non entra in eonìo.
Anch'agli ha fatto il suo tiroeinio, ha concentrato la stia
attenzione siiirarte tipografica, ha passato la metà della
vita stando dieci ore al giorno diritto avanti alla oaasa de*
suoi tipi ; egli forse ha lottato colla povertà, colle orisii col
dispotismo ; egli aveva una fortuna godibile, e V ha conver»
titu in piombi e legnami, in carta ed inchiostro, il cui con-
sumo non gli rende soventi nò anco il più meschino degli
ordinari! interessi del capitale; ma non importa! egli, sa^
condo noi, non ha nella produzione del libro, ohe il me-
schinissimo titolo di avervi meccanicamente lavorato dae
mesi. — Ecco una prima eontraddisione economica nel mo-
do di valutare* la relativa importanza de' due elementi*
Essa è presa dal punto di vista del merito tra uomo ed
uomo: vediamone ancora un'altra più enorme, da quello
del calcolo tra cosa e cosa.
» In ambi ì lavori v'è una grandissima parte gratuita,
di cui godono i produttori, e senza la quale sarebbe im-
possibile conservare nello stato in coi ora ci si presenta, il
rapporto della loro importanza. Noi usiamo un altro artifi-
cio. Non teniamo alcun conto 'di tutta la parte che l' ele-
mento materiale offre gratuitamente al produttore dell'eie-
mento incorporeo ; ed all' inverso, accordiamo a quest' ulti-
^mo il merito di tutto ciò che la società gli ha gratuitamente
apprestato per rendergli possibile la produzione in cui sta
la' sua gloria.
» Dal lato dei lavori materiali, ordinariamente non ai
riflette che il segreto, in virtà del quale possiam riputarli
comparativamente di poca importanza, sta nell' avere dimen-
ticato che esso, tal quale trovasi oggi costituito, è l' effetto
d' una sterminala massa di utilità, che divennero successi-
vamente gratuite. E quel oh' è più» codeste utilità erano
una volta non altro che ricchezze immateriali, né sono oggi
gratuite so non in quanto l'umanità ha traversato de' se-
eoli (noiii, in CUI la proprietà letteraria non è stata punto
4IS
rieonosciota. Tulio, infaitì, l'appareechio, eoli* aiuto del quale
avriene la creazione della forma utile, alrumenli , malerie^
laToro, tulio viene da aolecedenii produzioni immateriali. Il
più meschino fra gli oggeiii che oggi ci passa per le mani
racchiude in compendio, direi quasi, tulio lo scibile* L' im-
maginazione si perde ad analizzare le idee, generatesi nel
eorso dei secoli», e che ora si vengono a compendiare, per
esempio, nella sola manifattura d' un chiodo. Io origine, eia*
seana di loro non fu che un' invenzione , un prodotto in-^
tellettoale. L'uman genere l'acquistò, l'applicò, la svolse.
Oggi ne fa uso senza saperlo, non la paga, e quando parla
di un chiodo non allude che ad un po' di ferro meccani-
camente modificato, perchè non tiene alcun conto di tutta
h massa delle idee che già si possiedono e nulla costano*
Cosi è propriamente che, nella produzione immateriale, l'eie-
mento corporeo a noi par minimo, e ci sembra immensa*
mente maggiore l' immediato lavoro dell' intelletto. Se la
proprietà letteraria fosse stala introdotta ad antico, non so*
lamenie le proporzioni non resterebbero più quali sono,
ma diverrebbero affatto inverse : «l'elemento materiale coste-
rebbe tanto , acquisterebbe un' importanza cosi colossale ,
riunirebbe in sé tanta massa di ricchezza incorporea, che
qualunque attuale lavoro della mente per produrre una
nuova ricchezza dell'ugual genere, diventerebbe insignifi-
cante. Immaginiamo, difaiti, che sin dai tempi di Tubalcain
si fosse pensato a stabilire la proprietà delle idee. Spingen-
dola sino ai brevetti di invenzione, che cosa importerebbe
oggi la manifattura d'un chiodo? Sarebbero tanti diritti
esclusivi quelli del preparare V incudine, il martello, il car-
bone, il mantice ; ognuno dì questi mezzi sarebbero tribu-
tarii di altre famiglie di produttori; e ciascuna di queste,
lo sarebbero di altre ; e da una serie indietreggiando verso
dì un' altra più antica, andrebbesi sino alla proprietà delle
più semplici percezioni, dei primi uomini. La formazione
odierna d' un chiodo non pQtrebbe aver luogo senza il per-
434
messo di (uui coloro che avrebbero ereditato le eogniiioni
direttrici che occorrono per battere on pò di ferro, senza
comprare da speciali famiglie tutte le menomo parti di
questa meschina manifattura, sino alla pietra focaia da coi
sprigionare una scintilla di fuoco. -^ Tubalcain poteva, è
vero, non accordare i brevetti d'invenzione, limitandosi ad
impedire la riprodoiione delle identiche forme con cui un
prodotto immateriale si trasferisce ; ma !' effetto sarebbe
stato indirettamente lo stesso. Le varie cognizioni sarebbero'
divenute altrettanti monopolii ; si sarebber dovute comprare
in vece di essere, come fortunatamente lo furono, diffuse,
portate dai venti, dalla parola, dal traffico ; si sarebbe per-
duto tutto quel fermento che esse reciprocamente si fanno
e da cui son nate tutte le arti, tutti i progressi , tutte le fa-
cilitazioni che oggi le industrie umane ci offrono. Ciò vuol
dire che, se in passato la proprielh delle idee fosse esistita
oggi gli elementi corporei della produzione immateriale, o
costerebbero immensamente più caro, o non esisterebbero
affatto , il che è il massimo dell' incarimènto. Ma egli è
chiaro che ogni cosa la quale avesse renduto più difficile
p più costoso Pelemenio corporeo, equivarrebbe a diminuire
l'importanza comparativa dell' elemento spirituale. Se a noi
dunque, è oggi possibile il giudicare che l'opera deirad^*
toro primeggia su quelh del tipografo, una prima ragione
evidentemente si è, perchè noi siamo abituati a non con-
siderare in quest'ultima tutta la parte che più non siamo
costretti di comperare a danaro, tutta la ricchezza immate-
riale che tacitamente e gratuitamente nell'arte tipografica
si è trasfusa : fate che il tipografo debba pagarla e l' azione
meccanica della stampa d'un libro avrà allora un'impor-
tanza sterminatamente maggiore che i SO anni di studio
consumati dalP autore nell' apparecchiare il suo mano-
scritto.
» Ma dal lato poi dell'elemento spirituale, noi falsiamo
ancora il calcolo, aumentandolo appunto di tutto ciò che
435
neir elemento materiale amiamo di trascurare. Nessuno cer-
tamente dirk, ed io meno di ogni altro, die le opere della
mente nod eosttno sacrifieii, enormi talvolta; ma immagi-
nare òhe eme alano tante ereazioni dal nulla , e dare ai
loro autori il meritò di aver |)i*odotto tutto elù dbe ci of-
frano, è un farsi errònei concetti, e suiruòmo che studia,
e sulla legge protvidenziate a cui lo svolgimento dell' uma-
na ragione è soggetto. Ogni libro ordinariamente tion é che
Qoa nuova espressióne dMdee già vecchie e divenute pro-
prietà comune degli uomini. Ogni scrittore usa liberamente
d* un immenso patrìmokrio di cognizioni per le quali niano
gli domanda il menomo prezzo, e che piire formano il
gran fondo di ciò che egli pensa o scrive. Viaggiatori a
migliaia, storici, filosofi, pubblicisti, romanzieri, poeti, ma-
tematiei, gli hanno apparecchiato un' immensa massa di fatti,
gli ban rivelato la cognizione del mondo e la successione
degli avvenimenti, lo hanno abituato a buoni melodi di os-
servare^ ordinare, ragionare, calcolare, alla esalta maniera
di esprimersi. Egli non si ^ mosso dal suo gabinetto, egli
non vìve ohe da pochi anni, egli non ha dedicato che po-
che, ore a riflettere sulle sue facoltà, egli non ha comincialo
dair inventare un sistema di numerazione o dal tirare la
prima fra le linee rette ; eppure nel suo libro parla di lutti
i paesi, cita avvenimenti di più secoli indietro, ragiona mi»
rabilmenie e Convince i lettori , calcola le quantità ; còme
mai qnest^udmo potè tanto fàcehiudere nella sua intelli-
genza ? I SUOI antecessori, V umanità anonima, gli ha pro-
fuso tanti tesori, egli non dovette che stènder la mano, per
prenderne e profittarne. È in generale applicabile ad ogni
produttore, d'ogni specie di rlcdhezza immateriale, il pa-
ragone con cui M.*" Carey ha spiegato in che consista l'uf-
ficio de^ grandi scrittori nelle opere di bella letteratura:
essi, diceva l' economista americano, fan come un uomo che
entri in un vasto giardino non suo , vi scelga i più bei
fiori, e ne componga un vago mazzetto. < Il proprietario
136
del giardind ha ben diritto di dirgli: i fiori soo miei, vo-
stra Don è che la fatica di averli raccolti « disposti in mas-
ietto ; odoratelo pure^ godetelo od' ora o due , ma restitui-
telo a me. Tale, soggiungea Mr Caréy, è il liogoaggio ehe
la società ba ben il diritto d'iodiriuare a MrDickeDs, uo*
roo si abile a combinare i più vaghi mazzetti intellettuali » •
In veritài nella massima parte de' casi, noi siamo tanto più
dotti, e tanto più il mondo ci ammira, quanto più abbiamo
mietuto in questo immenso campo della scienza apparec-
chiata, gratuita, esposta al nostro comando. Prendete in
roano l'opera più imginale che esista sul flobo; toglietene
tutto ciò che evidentemente è attinto dal fondo delle co-
gnizioni comuni, separatene la parte geografica, storica, fi-
losofica, grammaticale ; limitatevi pure alla specialità di cui
tratti, ed ivi fatevi ad esaminare di uno in uno i pensieri
con cui questo bello edificio si è architettato: voi sarete
meravigliati a trovare che tutta la parte su cui il plagio
non riesca evidente e T originalità resti dubbia, si potrà
riassumere in qualche pagina, appena in qualche periodo
talvolta. È un' osservazione che balza, io credo , agli oocbi
di chiunque studi! una facoltà speciale in ordine cronolo-
gico. Mai un concetto non è uscito intero dalla mente d'un
uomo ; sempne la formula che oggi assume è in grandissima
parte una sintesi di tanti concetti frazionari!, che altri ave-
vano emessi, a cui il nuovo scrittore aggiunse appena una
piccola inflessione, un rapporto di più che basta a confe-
rirgli un' aria di novità. Son venti e più anni, che io vado
in cerca d'un' idea originale in economia politica: inutile
sforzo! Non conosco finora un sol principio, di cui, se se
.n'avesse la pazienza e ne valesse la pena, non si potesse
palpabilmente mostrare con qual successivo lavoro di ag-
gregazioni e disgregamenti sia venuto alla forma in cui \o
presentiamo oggidì , come passando per ogni bocca si sia
depurato o impinguato, come non era SO anni addietro
che una meià di quel che è non era un secolo addietro
<37
*
che ìin cenno lontano e sfumalo, , annunzialo alle volte in
tuu* altro libro che in un'opera economica gettato a caso
nel mondo come osservazione di uno storico, di un pubbli*
enta, o fin d'un geometra. Ho provato io pure — e chi mai
non la provò? — l'aspirazione alla originalità delle idee;
ed ho sempre finito col confessare che l'opera dell' intelli-
genxa si va sempre a restringere in troppo minime dimen-
sioni per potere in noi suscitare -il piò piccolo sentimento
di orgoglio* Immaginando per esempio che la mia maniera
di presentare V Indole de' Iprodotti immateriali meritasse
r approvazione degli economisti, io domanderei come mai
sarebbe ella nata, se la teoria di Dunoyer non l' avesse pre-
ceduta di molti anni? e Dunoyer avrebbe mai formulato
la sua, senz'essere antivenuto da Say» da Storcb, da Mal-
thus? e Say avrebbe egli ideato i prodotti immaUriaU^ se
Smith non avesse parlato di lavori non-produttivi ì E i la-
vori non-produttivi di Smith, che altro furono fuorché una
semplice inflessione delle industrie «(srt7t di Quesnay? E
rimontando più in là non sarebbe grandemente agevole ri-
salire fino a Platone ? Io non dico — intendiamolo bene —
che i grandi scrittori non sieno che impostori e plagiari;
ma son convinto che il merito loro reale sta, come quello
d'ogni altro produttore, nella quantità di travaglio che ado*-
prano, eoo successo più o meno felice. Quand'anche la
nuova forma che essi danno a materiali gratuiti di cui di-
spongono abbia una suprema importanza, nell' interesse del-
l' unum genere, o per la difficoltà del pensiero, sempre riu-
scirà impercettibile la parte che a ciascheduno possa dirsi
esclusivamente competere: il caso lo aiuta talvolta, il caso
di un pomo che cada, di un lampadare che oscilli, di una
favilla che si sprigioni , di una ranocchia che si muova ;
tal' altra, il suo gran concetto è dovuto ad una semplice re-
minisconza fortuiu ; talvolta infine la sola presenza de' ma-
teriali eceleuica mente raccolti sul campo della scienza, il
solo aver composto il mazzetto di Mr Garey , ci basta per
138
iscoprire un duoto rapporto ed ottenere che ti mondo et
chiami inventori e genti. Ila il mondo s'inganna. L'edificio
dell'umano sapere è tutto costituito a minuto mosaico. A
nessun uomo fu dato il poterne d*uTi sol pezzo formare
una parte di qualche rilievo. Facendo immateriale l'ideai
la Provvidenza ha voluto che 1* idea mai non fosse ooettpa-
bile, che ninno potesse mai apparire colla pretesa dMm-
porla come un titolo preponderante nell'opera della prò*
dttzione : si direbbe che la Provvidenza abbia protestato ab
mtemo contro la proprietà letteraria!
» Insomma, non mi pare esser lecito adoperare due nor<
me diverse nel mettere a raflfronto il merito relativo de'
due generi di lavoro che concorrono insieme alla produ-
zìone delle ricchezze immaterialu Se del passato dobbiam
tener conto, esso fu oneroso del pari ad entrambi ; e non
si può assegnare un colossale valore in vantaggifO del aa-
piente, senza porre in bilancio con esso tutto dò che è
costato, all'individuo o alla società presa in massa, l'aver
condotto l'artefice manuale al punto iit cui possa, a basso
prezzo, offerire il soccorso delia sua indostria per servizio
del produttore d'idee. Se dobbiamo resecare dal calcolo
tutto ciò che non entri nel ciclo dello sforzo immediato e
personale de' due produttori, la difierenza, che pareva
enorme, si attenua, e sarà forse diiBcile il sostenere che
l'opera della mano non sia tante volte più penosa e più
meritoria che quella dell'intelletto. In ahri terminii il dis-
quilibrio supposto ò in grandissima parte illusorio; le pro^
dozioni immateriali presentano (itoli affatto consimtb a quelli
che si ravvisano nelle materiali ; ognuno che vi concorra
ha bensì il diritto di partecipare al loro valore in ragione
dell' effettivo -servigio prestatovi ; il prodono che ne risulta
sarà appropriabile, come materia venuta da un atio d' in-
dustria ; ma nessuna ragione aufficieate vi ha pertbè l'uno
de' concorrenti al |>rodotto acquisti un monrpolvo eoeezi««>
naie, spinto sino al diritto di vietare la riprodutidne , cioè
139
di Qsorpare a* suoi siiDili h foeolth di lavorare lopra un*
opera aotecedenCei eompìuia , alienata , messa alla disposi*
xiooe del pubblico , entrata nel grail patrimonio eomuno
del mondo.
e Dirò aneora di più. Non solamente la supposta pre-
ponderanta deir elemento immateriale non y* è, ma se si
potesse per un momento accordare che esbta, essa non sa**
rebbe che troppo effimera per fondarvi ito titolo di mo^
nopolio* I due elementi del prodotto sono di lor natura eo*
stitoiti in condixioni affitto diverse. L* uno, la parte dell' in^
tdletto, una volta creato non ha più bisogno di rinnovarsi»
è un fendo eostante e come una forma pronta a modellare
una sembiansa medesima eoo quante poraioni di metallo
fuso che vi si gettino. Ma l'altro esige un nuovo sfono»
impiega nuovi valori, ad ogni riproduzione. Montesquieu
fece il suo Spìrito delle leggi una volta, e bastò perchè
poi si potesse ristampare l^n mille volte io cento parti del
mondo incivilito; ma ogni nuova ediiione è costata ime
sforzo nuovo di arte tipografica, sema che di alcun altro
lavoro intellettuale siasi avuto bisogno. •— Inoltre, F ele-
mento materiale, ogni volta che ai rinnovi, costituisce la
creaxione di una nuova utilità sociale, è un nuovo prodotte
che la socieià non possedeva , e perciò un nuovo servigio
che le si rende, ed ha in ciò un titolo per esser pagate.
Ma r elemento intellettuale è gà esistente, è sparso fra gli
uomini , la società lo ha acquistato , oiascuno ha la fisica
possibilità di rinnovarlo ; e se si rinnova , vi ha bene un
sociale servigio reso dal riproduttore che crea nuovi mezai
di propagare l'utilità, ma non havvene alcuno dalh parte di
colui che forni in origine l' elemento intellettuale* — Or
ciò importa una conseguenza di grandissimo peso nella qui-
stione. Se anche al primo apparire del prodotte immateriale
esistesse la preponderanza supposta^ essa non potrebbe ri-
manere eostante in eterno, ma si verrà dimiiiafido a misura
140
che lo spaccio dell' opera procuri ud profitto alf autore ;
giacché in ogni riproduxione, nessun nuovo sforzo interve*
nendo da parte sua , tutto ciò che egli guadagni , nou è
prezzo di un nuovo servigio, ma rimborsa il primitivo la*
VOTO. Ammettasi, per esempio, qualunque economica esube-
ranza che si voglia supporre in origine, tra i mauoscritti
dell* Omero di Pope, dei Cario V di Robertson, delle storie
di Gibbon o fin di Gantù, e l'industria de' loro rispettivi
editori ; egli è evidente che, quando ciascuno di questi prò*
dultori intellettuali ha ricevuto le sue 400 o SOQ mila lire
la lacuna in alcuni casi è gii colmata, in altri è grande*
meute diminuita ; e se il dritto fondato sulla primitiva pre*
ponderanza sembrava reale, non è più lo stesso al momeoto
'in cui si proponga la seconda ristampa, finirà probabilmente
di esistere prische si venga alla terza. Guardiamoci dal
confondere ciò che riceve un autore per prezzo del suo
monopolio da ciò che rendono. le ricchezze aftiteriali capi*
talizzate. B sempre per la slessa ragione: qui, nella sfora
degli oggetti materialmente occupabili, la proprietà è tito}o
inerente alla natura delle còse, la convenzione umana non
serve che a riconoscerla e regolarla; qui, il proprietario
della terra, della ea^, della macchina, del denaro, è pos-
sessore di qualche cosa ehe manca alia società e può es*
«erle utile; quante volle dunque la presta, rende un ser*
■vigio, e legittimametite riceve un prezzo che, sotto nome
di rendita , di pigioni , o d' interesse , rappresenta ad un
tempo una parte dell' originaNo valore non ancora pagata,
e la ricompensa del servigio attuale. Ma infatto di cose im-
materrnli, ripeliamolo, il proprietario possiede qualche cosa
che non era occupabile in modo esclusivo, se non ritenen-
dola occulta : egli volle manifostarla incorporandola in qual-
che forma sensibile; la trasmise, la cedette alla società, fu
pagalo per ciò; la società ha diritto a servirsene, ed ha la
fisica potenza di riprodurla; la proprietà, lungi dall'essere,
come nel primo caso, un effetto forzoso della limitazione
144
della maleria, è ana caprieeiosa eccesione imposta alla
mancanza di liinitiy all' impossiliiliti di occupare esclusiv»-
mente; il proprietario dunque del idea; non è come quello
della terra o della casa, nulla offre alla 'società che la so-
cietà già |non possieda ne' più legittimi termini, nessun
senrigio può economicamente vantare, e tutto ciò che egK
riceva per consentire la riprodusione dell'opera, non può
avere altro carattere che quello di un acconto sul preno.
Quindi ogni giorno che passi ed ogni nuovo profitto che si
ricavi dall'opera, è un'attenuazione della supposta prepon-
deranza, e tende dapprima a livellare V importanza de' due
elementi, poscia a distruggere affatto quella dell' elemento
incorporeo lasciando libera da ogni ragionevole servitù la
rinnovazione dell'elemento materiale.
» lo ne deduco che in linea di giustizia, è impossibile
sostenere la proprietà letteraria. La preponderanza dell' ele-
mento spirituale non v'è; se vi fosse, sarebbe tutt' altro
che eostante e perpetua ; e senza ricorrere ad essa, io non
laprei dove prendere un principio che ci conduca a costi-
tuire il pensiero in tale stato di eccezione che, per sua
guarentigia, si soffochi il più legittimo e il più indispensa-
bile fra i diritti dell'uomo quella di lavorare toU'ajuto de^
gli elementi acquistati in modo legittimo. Quand'anche io
non fossi convinto a priori di questo principio, un fatto
mi torrebbe ogni dubbio : la contraddizione palpabile in cui
è dovuto cadere uno scrittore illustre, Carlo Comte, nel di*
fendere la proprietà letteraria, dopo aver condannato i bre-
vetti d' invenzione. Ognuno potrà riconoscere come tutto
ciò che egli dice si bene contro quest' ultimi sia letteral-
mente applicabile all'altra; ognuno come ne dovrà eséere
sorpreso del contrayto inesplicabile e della reciproca confu-
tazione che si faimo i suoi due capitoli contro i brevetti, e
i cinque a favore della proprietà letteraria ; ed ognuno, co-
me me, dovrà torturarsi indarno a scoprire in che coosi*
143
•la la differema ebe abbia poCulo indurre una mente si ralla
a si opposte dedutioni. Egli rìeonobbe assai reitameDle ebe
la qnistione de* breveili, non si aggiraTa sul rieonoscimenlo
di un diritto isolato» ma sopra il giudisio da portare intor-
no ad un easo di eollisione di diritti. « Tra il diritto di
esercitare un* industria ebe siasi scoYerta, e quello d*tm-
pfdtre €he allri F esercìli, la differenaa è beo grande »,
egli dieeta. Ma se lo è quando trattbi d*una maecbina o
d*un metodo industriale, come mai noi sarà quando si traiU
d'un libro? Se l'idea trasfusa nel libro appartiene air au-
tore eome mai il pensiero trasfuso nella maeebioa non ap-
parterrà al suo inventore ? lo comprendo coloro che vo-
gliono, non solo i bretelti d' invenaione , ma la perpeiuiià
de' brevetti, e poi la perpetuità delle opere d'arte o scienza,
ma negare per la prima il principio che si dee far preva-
lere per r altra, eeeo un sistema di logica che mi riesce
inesplicabile, ed a cui non trovo meuo di dare la mia
adesione*
» Quanto a Dunoyer, ho già implicitamente dello qual
sia il punto su cui io vorrei separarmi dalla sua opinione;
egli è partigiano della perpetuità in fatto di privilegio de-
gli autori; per me, come or ora dirò, sarebbe già molto
se si potesse trovare ima plausibile ragione di tollerarlo
per un ristrettissimo corso di tempo. Indicherò qui ap*
presso il punto dal quale mi sembra che il suo ragiona-
mento difetti ; ma per ora, m* imporla di sottoporgli una
riflessione, la quale dimostra come il suo parere sulla pro-
prieià letteraria divenga una confutaiione del suo concetto
intorno all'essenza de' prodotti immateriali.
» Questo diritto che si doroaniia, tendente a vietare la
riproduzione di un prodotto, su qual cosa potrebbe mai ri-
cadere? Evidentemente sul soggetto medesimo che costitui-
sca il prodotto. Un fabbricante di cappelli, se fosse investilo
della facoltà d' impedire che alcun altro individuo eserciti
I4S
il sao meitiere, non godrebbe cerianiente la fiicoltà di vìe-
lire ehe si faeeian berreut; e il medesime bbbricaote di
appelli di paglia non potrebbe, in virtù del suo privilegia
sa questa merce, metter V embargo sui eappelli di feltro.
Ma rieordiamooì io che oosa Donoyer avea collocato 1' es*
senta de' prodotti immateriali; ciò io cui essi consistereb*
bero, secondo lui, ciò ebe in tal ramo d'industria flgura da
materia grezza e poi forma il $ub$tratum della produzione
compiala, altro non ò ohe l' uomo ; l' uomo modificato dal
prodouore, istruito, moralizzato, sviluppato, nelle sue forze
0 nolle sue faeolik ; di modo ohe, in siffatto sistema, il li-
bro, il quadro, la alalua, la viva voce, ecc., non sarebbero
latt'al più che semplici mezzi e strumenti d'industria.
Game mai si può domandarne il monopolio esclusivo? Du-
Doyer dovrebbe pretendere che una speciale modificazione
oeir uomo, operata da un produttore, non possa essere rin-
novata in altri uomini, se non da questo esclusivamente.
Allorché un professore è giunto a spiegare la luce o il ca-
lorico, o allorché un medico ha curato la tisi, io compren-
derei die si possa logicamente attribuire a costoro il diritto
d'impedire che altri sopravvengano a creare intelligenz^i
persuase dalla luce e corpi guariti dalla tisi ; ma non com-
prendo il legame con cui questa proprietà dell' uomo-modi-
ficato si converta in monopolio degli strumenti che son ser-?
vili a modiScario, impedisca che si rifaccia il libro del prò-
fesaore o la ricetta del medico. Ciò evidentemente sarebbe
come se il privilegiato fabbricante di cappelli volesse pre-
tendere che ninno abbia diritto di riprodurre il ferro, la
felpa, il fornello, di cui egli ha fatto uso per generare
quella forma utile che si ehiacna cappello. Ounoyer non
avrebbe potuto col suo buon criterio non sentire l' impos-
sibilità ed i danni di una proprietà innabata sul prodotto^
uomo; ed é per ciò che si è rivolto a cercarla nella cosa
da cui quel suo supposto prodotto veniva. 0 egli dunque
dovea provare che la proprietà del prodotto possa ideati*
144
Scarsi con quella dello strumento — il che era impoiBi-
bile ; 6 egli ha tacitamente riconoaeiuto che il vero prodot-
to giace altrove nella forma capace di subire la stretta del
monopolio, non punto nella modificazione deli* uomo» In al*
tri termini, la sua teoria sulla proprietà letteraria distrugge
la sua teoria sui prodotti immateriali della quale non do-
veva che essere un'immediata deduzione.
» Del rimanente^ tali e simili ineoereniei che mano nn*
no si scoprono esaminando con aceurateaza la questione,
non devono punto far meraviglia, giacché esse non sono
che varianti di una ambiguità fondamentale sulV indole de'
prodotti immateriali. Tutta la discussione sulla proprietà let-
teraria riposa sopra una doppia maniera di considerarli. Uo
momento essi sarebbero l'idea incarnata nella materia, uà
momento appresso divengono la pura idea indipendente,
mente dal corpo. Allorché si parla della proprietà del libro,
si allude a quel diritto innegabile che ad ogni produttore
compete, sulla cosa prodotta, suir utilità materialmente messa
alla lue»: é questa la proprietà dell' autore al primo istante
in cui appaia il suo libro. Se più tardi un uomo si preseoU
recando in mano la medesima utilità riprodotta sotto una
consimile forma, gli si contrasta il diritto di riprodurla , e
si dimanda la proprietà del libro, ma in un senso affatto
diverso: non é più l'oggetto corporeo, non é la caria e
l'inchiostro che si reclama, ma la parte puramente imma-
teriale, il pensiero. Tutto il segreto della quistione adun-
que consiste nel far giuncare alternativamente i due sensi
in cui le parole proprietà del pensiero si possano prendere
quanto si tratta di farla nfseere, si accetta in un senso
tutto materiale: quando si tratta di reclamarne l'esercitio
esclusivo, si prende nel senso immateriale.
» Ma una quistione economica non può mai dirsi esau-
rita, quando siasi soltanto esaminata dall'aspetto della giù-
145
sliiia pura: o per dir meglio reconomisu non può mai
dimenticare che, se il Diritto ba delle solide basi nella no-
stra mente, V Utilità' si dee ritenere come ima di esse, ove
si abbia ribrexzo a concedere che sia la sola, io non son di
eoloro che vedono mostruose conseguenze discendere dalla
morale del ben inteso interesse; perchè ho la ferma con*
viozione che il Creatore non potea scompagnare V utile dal '
giusto, e che, quando noi ci accorgiamo dell'esistenza d*un
male utHe, non facciamo che scoprire il falso ragionamento
su cai ci eravamo fondati chiamando bene ciò che essen-
sialmente era un danno. Operate, si è detto, secondo giu-
stizia, e rassegnatevi alle conseguenze dell'atto vostro; io
direi, all^ inverso, e gli economisti per lo meno saran con*
vinti ehe direi bene: accertatevi di operare siecondo ruti-
liti ben intesa, e potete esser certi di seguire con ciò i vo-
leri di Dio. Se dunque i partigiani della proprietà lettera-
ria han voluto tanto affettare che qui l'utile abbia da ce-
dere il passo al giusto, io non profitterò dell'equivoco loro;
avendo provato che la quistione non ha alcuna base di di-
ritto, noi) dirò con essi che, se la proprietà letteraria fosse
utile, la respingerei perchè ingiusta; dirò invece, che, se
potessi vedervi il menomo vantaggio reale, comincierei a
dubitare di averla male apprezzata dal lato del diritto. Ma
il caso è tuti' altro,
> Che qui non si tratti di utilità sociale, difScilmente,
credo, si troverebbe chi non voglia concederlo. Non vi è cosa
che minacci alla società pericoli tanti e si gravi, quanti v'è
a temerne dal monopolio delle produzioni immateriali. Una
sola parola basta a provarlo: esso, in termini netti, non è
ehe la (y)nsecrazione dell'ignoranza.
> Vi son varie maniere di esercitarlo, ma tutte, in un mo-
do più 0 meno deciso, riescono sempre al medesimo risul-
tato, attraversare la propagazione de' lumi. — In un caso, la
proprietà degli autori si risolve in una assoluta privazione di
AiWAu. StatUtica^ voi, XXIII, uerU 3.* iO
/
446
quel prodotto che pur sul mercato sarebbeéi accollo eoo
ispeciale favore; come quando le loro pretese son talìi da
rendere affatto impossibile la riproduzione, cioè da conver-
cirsi in un formale divieto. Parecchi esempi ne abbiamo
avuto in fatto di libri, lo Italia, le ristampe o le traduzioni
delle opere francesi darebbero occasioni frequenti di lavo-
rare, e la societk italiana potrebbe a poco costo godere que-
sti empii mezzi d'istruzione; ma le pretese degli autori pri-
vilegiati son cosi esagerate, che si è dovuto rinunciare al
benefico pensiero delle edizioni popolari , alle quali più di
una casa libraria avrebbe ben volontierì applicato i suoi ca-
pitali.- Gli autori hao fauo male il lor conto, aUorcbè do-
biurooo che i lettori delle ristampe a basso prezzo sieno
altretumii consumatori sottratti ali* edizione primitiva; co-
storo non sono che una schiera di consumatori tordivi» i
quali sorgono dal buon mercato, e spariscono quando i libri
son cari. Nella crisi politica in cui attualmente versiamo, è
venuta da* torchi francesi una profluvio di opuscoletti. che
migliaia e migliaia d'Italiani avrebbero volentieri acquistati
se fossero stati meglio accessibili alle ristrette fortune. Si
poteva ben renderli tali per via di ristampa, ma ne fu ab*
bandonata l'idea tostochè si ebbe ad udir^ che qualcuno
de' loro autori ebbe il coraggio di chiedere non so quante
migliaia di lire per un libretto di due o tre fogU, il cui
prezzo non doveva ragionevolmente salire al di sopra di 30
o S5 centesimi. L'edizione primitiva costava 8 franchi; e
possiamo esser certi che l' autore non ne avrà venduto una
copia ad un solo di que' compratori che si sarebbero affol-
lati all'acquisto della ristampa: cosi ninno ha guadagnato, la.
società sola ha perduto un godimento di cui poteva avere
bisogno , che forse avidamente bramava di soddisfare. —
Quando poi le pretese degli autori non si spingono sino a
rendere affatto impossibile la ristampa, la difficultano eerta-
mente e la rincsrano, senza di che il privilegio tornerebbe
illusorio. L'ineou veniente ritpane, sebbene in proporzioni
147
alquanto minori. Per gli uomini di ristretta fortuna, ciò si
riduce egualmente a privarK di tante letture alle quali avreb-
bero volentieri speso I* obolo loro; e quando si tratta di uo-
mini 8 cui 0 la forsa delle loro inclinaxiooi o i bisogni
delia loro professione non permettano di rinunciare all'uso
de* libri, il rincarimenlo si converte in una delle più stupide
imposte che mai il genio fiscale abbia saputo inventare. Io
conosco individui pe' quali si può precisamente valutare in
danaro la somma che eglino sono stati assoggettati a pagare
dacché fu impedito in Piemonte Io spaccio delle edizioni
economiche di Brusselles: vi son famiglie la cui perdita
non equivale a più che il triplo di ciò che esse pagano per
imposte dirette. In Americat quando sei anni A^agitavasi la
quistiooe del Trattato coir Inghilterra, ai die' fuori una lista
comparativa de' prezzi di alcune fra le opere più divulgate (4).
Io la trascrivo qui sotto (2). Essa dimostra che, in soli SO
(1) Daily Timts di N, York; e Garey Oh inUmational co-
pyright.
(2) Prezzi di
Loadra ' America
Brande, Enciclopedia .... DolU 15 00 Doli. 4 00
Ure, Dizionario delU Manifatture » 15 00 5 00
Alisoo, Europa i» 35 00 5 00
D'Aobigaé, Riforma <» Il 75 2 '25
Bolwer, La mia novella • ...» IO 50 75
HaboB, Inghtlltrra » 13 00 4 00
Macaalay. InghilUrra » 4 50 40
Campbell, Frimi giùdici .... » 7 50 3 50
Lord CanceUieri ... i» 25 50 12 00
Le Regine d'Inghilterra. ...» 24 00 IO 00
Le Regine di Scozia » 15 00 6 00
HallaiD, Medio Evo >» 7 50 3 bO
Arnold, Roma » 12 00 3 00
448
capi del commercio librario, il prezzo di Londra slava a
quello di America come 233 a 69 ; ed estendendolo ad at*
tri, e calcolando il numero delle copie che allora smercia^
vansi nella Confederazione, si arriva a conchiudere la ri-
stampa delle principali opere inglesi procurava al paese uq
risparmio, per lo meno , di 60 milioni di franchi in ogni
anno. Non è gii che un Trattato di proprietà letteraria
avrebbe avuto la virtù di porre a disposizione degli scrit-
tori inglesi un reddito cosi importante; esso sarebbe in
parte sparilo per la diminuzione de' consumatori; io parte
si sarebbe sperperato in ispese, in perdite di tempo, in con-
trabbandi, in tutto il tristo corredo che accompagna sem-
pre T esercizio de* mooopòlii. Individualmente, nessuno o ben
ben pochi ne avrebbero profittato, ma la società americana
avrebbe dovuto rinunciare a quella sterminata massa d'utili
effetti, che possono bene rappresentarsi da un reddito di 60
milioni, annualmente dedicati alla coltura intellettuale d*un
popolo.
9 Ho io bisogno di dire ciò ohe, in generale, significhi
istruzione strozzala, ostacolo alla libera e sovrabbondante cir-
colazione d*idee? L'economia politica, la morale, la sana
politica, conoscono forse , in tutta la congerie de' mali da
cui r uman genere è logorato, qualcuno che debba più spa-
ventarle di quel che può l'ignoranza, o qualcuno che nel^
Prezzi di
Londra America
Poster, Fita . • , *• 6 i 25
Layard, Ninive .,..,.•» 9 I 75
Semooville, Scienze fisiche . , . » 2 50 50
Whewell» Elementi di morale . . » 7 50 1 00
Napicr, Guerra peninsulare. • . « 42 00 5 25
Thirlwall, Grecia » 7 3 00
Dick, Mahotiomo pratico .... » 2 50 50
149
r ignoranza non abbia le sue radici ?. Ebbene t questo supre-
mo pericolo è il grande effetto che la società può sperare
dalla proprietà letteraria. Considerato dal solo aspetto eco-
nomico, esso si va a risolvere in un potentissimo ostacolo
che si crea, contro quel continuo processo di assimilazione,
per mezzo del quale Y idea, rapidamente spargendosi, va ad
infiltrarsi gratuitamente in tutto il sistema industriale, mi-
gliora il lavoro, ne sopprime la difficoltà, attenua 1* impor-
tanza della ricchezza passata, e rende sempre più accessi-
bile la ricchezza futura. Ma ciò forse non basta a coloro
che, invece di considerare neMoro calcoli tutto il meccani-
smo della vita sociale in complesso, restringono le loro ve-
dute suir oggetto che più li preoccupi in un dato momento.
Forse meglio si arriverà a convincerli e scuoterli, mostran-
do loro come il sistema del monopolio che vorrebbero inau-
gurare, accide a preferenza quei genere stesso di ricchezza
che 8Ì desidera tanto proteggere.
» Ciò che in primo luogo i partigiani della proprietà let-
teraria vorrebbero assicurarci, è il farne un mezzo per cui
la professione degli uomini studiosi sia rilevata dallo stato
di economica depressione nella quale cade soventi. Si vor-
rebbe che la probabilità di sicuri guadagni allarghi le loro
speranze, e li conforti a durare i sagrificii a cui li condanna
la loro nobile missione. Ma sventuratamente un'osservazio-
ne, che si è presentata a chiunque abbia un pò riflettuto
su tale argomento, si è, che il privilegio accordato alle opere
intellettuali ad altro non tende, fuorché ad alimentare smo-
datamente la lettura leggiera, e lasciare agitarsi fra le an-
tiche angustie gli studi gravi. « 1 JUìsteri di Parigi^ dice Ca-
rey, fecero la fortuna di Eugenio Sue, come la Capanna
dello zio Tommaso fece quella di Mrs. Stowe. Byron ebbe
2000 ghinee per un sol volume del ChUd Harold; Moo-
re, 3000 per la sua Lalla Rookh* La proprietà • letteraria
servirà a far largamente pagare Dumas, ma non gioverà
450
menomainenie n Thierry, che ha immolalo i suoi occhi alla
sua scienza; non gioverà ad Humboldt, ohe ha arriechito
il moodo di falli, anziché subissarlo a vane parole. » Que-
sto effelio innegabile, ripetendosi cosi spesso come per molti
anni lo abbiamo veduto, tende a falsare sempre più il gu-
sto de* consumatori , e divenire più permanente. Ma se le
buone e solide idee non possono penetrare che nelle fami-
glie più agiate, non dovremo meravigliarci a vedere che
poi i popoli sieno sempre immatura Quando viene il giorno
in cui le opere del filosofo, dell* economista, dello storico
grave e coscienzioso, si preseniino a un editore, costui sarà
costretto di ricusarle, perchè la strettezza del mercato noa
basterebbe a salvargli le spese. Vi son paesi e tempi in cai
il manoscritto d'un* opera grave non si può né anco gra--
tuitamente accettare da un editore. Qual meraviglia ? Sarà
la Scienza nuova di Vico, ma che può mai l'editore se essa
abbisogna di due secoli ancora per essere intesa e comprata?
9 Migliorando la sorte de*dotti^ i partigiani della proprie-
tà letteraria vorrebbero ancora ottenerne la molliplicazioQe
dei dotti. Ma non riflettono che, se vi ha mezzo di farli sor-
gere, il migliore di tutti, e forse il solo, è il buon mercato
de' libri. Esso rivela, da un lato, ingegni che la mancanza
di estesa pubblicità avrebbe lasciati nell'ombra; esso agevola
da un ahro lato 1* ascensione de' grandi talenti. Si sa che la
contraffazione de' libri inglesi in America è l'origine della
fama e fortuna di molti fra i più reputati scrittori della Graa
Bretagna. Macaulay e Garlisle non furono, può dirsi, noti
in Europa se non dopo che furono coniraffattì^ letti, e cri-
ticati in America ; Lamb. De Quiucey, e Wilson, non ebbero
che da contraffatori del nuovo mondo la prima edizione
completa delle opere loro. Ma noi, d'altronde, per troppo
occuparci de' sapienti già fatti, trascuriamo quelli da farsi.
È negli ultimi strati dellu società che più spesso si rifugia
il talento; è là che muore, si divora, si perde nella niise«
ria o nel vizio, per difetto di mezzi d'istruzione; e fra tutti
45t
i meni, il buon itier«ato e la grande ditTusione de' libri è
il più potente ad adesearlì verso la scienza ed aiutarli nella
loro carriera. G si è detto in Italia che, se la proprìeth
letteraria giungesse a degnamente premiare un ^olo Manioni,
avrebbe già fatto molto. Si , io Io concedo , perchè voglio
io pure un Manzoni rimunerato ; ma ad un gran patto, che
non si proponga un sistema nel quale, per uno rimuneralo,
si strozzino in germe cent* altri Manzoni possibili I
> Probabilmente un terzo intento a cui I partigiani deità
proprietà letteraria, nell* interesse della società, mirerebbero,
è quello di accelerare il progresso industriale dell' arte ti-
pografica; eppure, un buon mezzo d'impoltronirla, è quello
di assicurarle il monopolio delle sue edizioni. Ogni indu-
stria è cosi: sotto lo scudo del privilegio > Si riposa trami-
quilla, aspettando come beneficio della legge ciò che T or-
dine soctafe unicamente concede all'attività del produttore.
Dov'è necessariamente più costosa la stampa? In Inghilterra,
in Francia, in Piemonte. Qual è quella che mostrò di saper
meglio lottare con tutti gli ostacoli, opponendo ad ogni do-
gana un ribasso, ad ogni atto dMnternazionalità un'associa-
zione di capitali, ad ogni sorgente di perdita un'economia
di lavoro e di spesa? Fu la stampa del Belgio, quando si
vide alle strette, e senti vivissima la necessità di competere,
respinta da tutti i governi, proscritta, infamata, assimilata
alla pirateria ed al furto. Or bene, quel che fece per un
momento la stampa del Belgio, in faccia alla coalizione di
tutti i governi , lo farebbero tutte e sempre se la libera
concorrenza ve le spingesse. A ciò gli autori partigiani della
proprietà non accordano il peso che si dovrebbe. Eppure se
eglino hanno bisogno di conservare la superiorità dell' ele-
mento che vogliono offrire alK Industria, conviene che l'im-
portanza economica dell' elen^ento tipografico sì vada, per
una serie di tecnici e continui progressi, assottigliando di
più. È forse nel loro interesse l'aver che fare con una stampa
infingarda, che consuma [preziosi valori, in carta rasata, in
453
margini bianchi; in iscandalose interlinee? O pimioato con
quella che tronchi con diligenza ogni spesa sterile, che pesi
la risma, che conti i fogli, che conservi il filo di spago, che
non perda una copia su cento? La risposta non può esser
dubbia: il sistema che, per proteggere la sorte degli autori,
toglie la concorrenza e lo stimolo al risparmio, tende ne-
cessariamente a diminuire quelle adequate retribuiioni agli
autori, in cui la società può credere trovarsi impegnata la
sorte futura delle sue ricchezze immateriali.
> In qualunque senso che questo esame si volga» sempre
alla medesima conclusione si andrà. Se la preponderanza,
che si vuol mettere come base e motivo ad un diritto di
proprietà letteraria, si vuol consolidare colla forza delle
leggi, sempre il medesimo disinganno dobbiamo aspettarci.
Vi saranno de* casi in cui essa, abdicando, si distrugga da
sé. Degli altri, in cui reggendosi ferma a profitto d'un in-
dividuo e sopra un singolo capò di produzione, tenderà non-
dimeno a disseccare e snervare tutto il sistema dell' indu-
stria, e cosi rovinare ogni altro capo di produzione consi-
mile. Ve ne saranno infine degli altri in cui, non poten-
dosi conservare, e cadendo in mano di proprietarii ostinali,
si convertirà in un pretto divieto, e torrà compiutamente
al genere umano un* ampia sorgente d*immensurabili bene-
ficii. Sotto qualunque ipotesi, la proprietà letteraria divora
sé stessa, direttamente o indirettamente; o nullificando i
profitti, o apparecchiando la rovina della speciale produ-
zione su cui si eserciti V o attossicando l'elemento genera-
tore di tutta la civiltà. Né è questo un destino suo speciale;
ma è la legge comune di ogni monopolio artificialmente
creato, d'ogni diritto basato sopra falsi principii; è il se-
greto da cui dipendono tutte le delusioni che la moderna
scienza economica ha potuto scoprire, in tanti sistemi che
pur parevano ispirati da' più puri motivi' di sapienza e giu-
stizia. È lo scoglio a cui ruppero le antiche caste e le mo-
153
deme eorpcrazioni <\ì ani; è il frutto che si raecolse col*
l'esagerazione delie imposte; è quello che si va oggi assa^
poraodo ne' vincoli imposfti alla libera espansione del. cre-
dilo. La arti intristirono quanto più si volle conservarle sotto
la stttfa della corporazione ; le finanze resero tanto meno
quanto più si credette impinguarle con alte cifre di dazio;
le crisi bancarie si fecero più frequenti, quanto più si sfog«
giarono precauzioni acconcie a limitare la circolazione o lo
sconto: la produzione immateriale è tanto più vicina a pe-
rire, qeanto più noi ci sforzeremo a sorreggerla coli' aiuto
di un monopolio, che la giostizia respinge, che nessuna ne-
cessità sociale giustifica.
> E diffaiti, non è tanto nell'interesse comume, quanto in
quello dell' individuo, che le quistione può prendere un'ap-
parenza di equità che permetta discuterla. Si sono esauriti
tutti i tuoni dell' eloquenza per convincerci che il modo in
coi la società ricompensa i lavori intellettuali, è tutto ecce-
zionale ed ingiusto verso tanti illustri benefattori dell'uma-
nità. La storia del passato non si stanca di ricordarci i do^
lori e le angustie de' Tasso^ de' Milton, de' Rousseau, de' Cor-
neille; la storia contemporanea accenna Lady Morgan ali-
meotata dalla pubblica carità , Laman Blancbard ridotto al
saicidio, quando^ per la sua estrema miseria, si vide costretto
a perire di lame o scrivere un articolo da giornale nella
medesima stanza in cui giaceva il fresco cadavere della mo-
glie; Hunt, Hood, Campbell, Bayley, tutti più o meno ca-
duti io una vita di stenti, o per lo meno condannali a su-
bire r umiliazione d' un'amica elemosina.
» Questi fatti urtano al certo co' più comuni e ragionevoli
sensi del cuore umano, e, come ho detto sin da principio,
una specie d'istinto ci spinge a ribellarci contro una con-
disione di cose che ha potuto crearli e potrà riprodurli. Ma
pure, poiché si tratta di violare un principio, è necessario
che il sentimento non si affretti a precorrere la ragione.
454
Perchè, in primo luogo, se è possibile citare de^ fotti che
provino la mostraosa miseria da coi V uomo di lettere è mi-
naeciaio , ve n' ha ahretlanti e piò, coli* aiuto de' quali si
potrà dimostrare che forse non v' ha occupatione nel mon-
do, alla quale sieno serbate ricompense più larghe e fre-
quenti. La «toria, allato addolori del Tasso e del Milton, è
pronta a collocare la vita agiata di Petrarca o di Shake-
8)>eare; allato alla sofBua di Giangiacomo ed alle calze sdru-
cite di Gorneille , pone la signorìa di Voltaire ed i palagi
del Bembo; e qnanto al sapere contemporaneo, la storia
non può che trovare scandalose le sibaritiche dissipazioni
che il dirìuo di proprietà letteraria ha permesse a' roman-
zieri e poeti francesi. Del resto, il lavoro letterario è ben
lontano dati* essere il solo che lasci dubbii i guadagni di
chi l'intraprenda; volgiamoci intorno, e ci si dica qual è
dunque V uomo su questa terra che non debba lottare con
tutte le avversila per procurarsi opportunità di lavoro e lar-
ghezza di ricompense? Qual è mai Tindustrioso, i cui prò*
dotti non soffrano ingorghi, su cui non operi la pressione
della concorrenza, in cui il piò duro travaglio non aia, tante
volle, ricompensato dalle piò acerbe prìvazioni? Invece, se
r uomo di lettere in certi casi soffre, egli è Tnomo per altro
al quale nella maggior parte de' casi una onesta aussistenia
non manca. Egli noiì venderà il suo manoscritto cosi facil-
mente come il calzolaio ed il panattiere trovano compra*
torì di scarpe e di pane; per lo piò non riesce a venderlo
affatto, e l' intento di rivelare al mondò un pensiero gli co-
sterà anzi il sacrificio della sua fortuna. Ma intanto bisogna
ben riconoscere che il prezzo della sua manodopera non è
poi tutto ciò che la società è pronta a dargli in compenso.
\aì riputazione, il rispetto, l'amore degli uomini, parranno
probabilmente ben poco; ma le cariche, le magistrature^ i
gradi universitarii, il profitto del giornalismo, le pensionu
i portafogli, quante volte non sono che il frutto spontaneo
d'un libro, il cui manoscritto non trovò chi il comprassel
155
L*aomo di lettere non vende il sue libro, è vero ; ma se
viene il momento difBeHe per la sua patria, è sul frontispi*
oo del libro che gli oeehi de* suoi concittadini si volgono.
A lui talora non toceano che persecuzioni e miserie , ma
spesso altresì, cacciato dalla sua patria, è il frontispisio d*ua
libro che gli fa di guida e Io salva: va dove tant'altri, più
produttori di lui, steutao la vita, ed egli, in grazia d'un li*
bro, trova asilo, soccorso e rispetto, trova una nuova società
pronta a pagare in danaro le sue parole.
> Io voglio da ciò dedurre che, nel campo dell* utilità,
nen solamente è impossibile presentare la proprietà lettera-
ria dair aspetto di un vantaggio in cui la sorte generale del-
l'aman genere si trovi implicata, ma che, dal punto di vi**
sta medesimo dell' interesse individuale, è troppo esagerato
il motivo da cui si vorrebbe far nascere una cosi flagrante
violazione del comune diritto. Lo è, perchè In questo come
in ogni ramo de' lavori umani, le triste sorti si contrappe»
sano colle buone ; lo è sopratutto, perchè da quanto ho già
detto di sopra evidentemente si può argomentare che il mo-
nopolio non sarebbe in tutti i casi che un mezzo di ren-
dere più misero sempre e precario il destino economico
de' sapienti, e che se potranno mai lusingarsi d'un felice
avvenire, eglino, più che il pubblico, sono interessati a far
trionfare un regime di libertà, di pubblicità, di basso prezzo,
dì dìBusione, di attivo commercio librario, quel regime ap-
punto con cui la proprietà letteraria è incompatibile.
> Se ora riuniamo insieme le conseguenze a cui «am
pervenuti partendo da un principio di giustizia e partendo
da quello dell'utile, dedurremo con più sicurezza qualche
pratica conseguenza, affatto opposta a quelle che con pì^
calore oggidì si propugnano.
• Mi sembra ormai fuor di dubbio che non si jiratterelibe
di rivendicare l' ordinario diritto di proprietà, ma apzi crear-
456
^li un'apposita eccezione. Quindi, io pongo ioteramenle da
lato la quistione della perpetuità; ed è questo il punto in
cui mi è affatto impossibile conciliarmi coU'opinione di Ou-
noyer. Il suo articolo, degno sotto ogni altro rispetto di
tutta l'attenzione, mancherebbe affatto di base. L' A. assu-
me, non dimostra, il diritto di proprietà letteraria ; suppone
già inteso e inconcusso che l'aver pubblicato un libro im*
plichi possedere il diritto di trarne^ a proprio vantaggio
esclusivo, quante, nuove copie sì voglia; che « a forza di
moltiplicarne le edizioni e spargerle », non si può mai me-
nomare un tal diritto, e mai non venga « il momento in cui
qualcuno lo possa stampare di nuovo senza T adesione del-
Fautore ». Secondo lui, « è chiaro come la luce che, avanti
e- dopo la morte dello scrittore , il pubblico non ha altro
diritto che quello di godere, pagandole, le edizioni pubbli-
eatesì, e mai non possa aver quello d'intraprendere libe-
ramente alcuna ristampa » . — Sicuramente se questa pre-
messa sì accorda, il ragionamento di Duooyer esclude ogni
replica. Il diritto non può rimanere infirniato né per vol-
ger dì tempo, né per morte dell' autore ; e la proprietà del
libro si dovrebbe logicamente trasmettere come ogni altra
specie di patriropnio privato. Ma Dunoyer non ha impiegato
una sola parola per dimostrarci che la proprietà del libro
è ammessibile in condizioni cotanto diverse dalle regole gè-
.nerali del diritto. Niuno gli contrasterà che l'opera mate-
■ rialmente creata da un autore sia sua, eternamente trasmea-
sibile a' suoi discendenti; ma per poterci spingerei! punto
di affermare che sia anche suo il diritto di ristamparla, bi-
sogna aver provato che il pensiero è soggetto di appropria*
• zione, e che non potendosi, per la sua natura immateriale,
meccanicamente sottrarlo dalle menti in cui sìa penetrato,
si debba creare a furia di leggi proibitive un sistema, in
cui si riesca ad impedirne l'uso legìttimo, la facoltà di ser*
virsene come base ad un nuovo lavoro di mano, o in altri
termini si crei la più fiitìzia dì tutte le proprietà, l'assurda
proprietà del pensiero.
J67
» Io credo aver addotto qualche riflessione, non hitera-
mente sfornita di peso, per poter partire da un principio
affatto contrario. Per me il produttore di una qualunque
ricchezza inìmateriale , altro diritto non ha che quello di
possedere e trasmettere il corpo in cui l'abbia fissata; e
tosto cedutala, colui che la compri, ne acquista un diritto
di proprietà cosi pieno com'era quello del produttore me-
desimo; quindi può giovarsene, disfarla, conservarla, goderla,
e fra le tante sue facoltà ha anche quella di riprodurla.
• Egli è partendo da principi! cosi diversi, che noi arri-
viamo in pratica a due conseguenze opposte non solo, ma
che a prima giunta parrebbero inconciliabili co'nostri rispet-
tivi sistemi.
» Dunoyer, cosi partigiano della proprietà letteraria, con
sana logica ha detto che, se si esclude la perpetuità dal «di-
ritto di proprietà letteraria, egli troverebbe più giusto abo-
lirla del tutto, non ammetterla né anco per un momento.
« Se il godimento delle edizioni vendute potesse conferire
al pubblico alcun diritto sulle edizioni future, ed investirlo
del diritto di far nuove edizioni, questo diritto non dovrebbe
già cominciare 50, SO, 20, 40 anni dopo la morte dell'au-
tore, né cominciare alla sua morte, né tanti anni prima che
muoia; ma al momento della pubblicazione medesima. Ma
se il pubblico non acquista il diritto di fare imprimere un
libro alla prima pubblicazione che gli dà diritto a goderne,
perchè mai si dirà che l'acquisti alla seconda o terza o
qtiorta edizione? Se il godimento delle edizioni già pub-
blicate noi costituisce proprietario d'un libro durante la vita
dell'autore, perchè mai ne diverrà proprietario alla sua
morte, o dieci, o veni' anni, o cinquanta dopo la morte?
Non avvi in realtà un momento in cui la facoltà di godere
le edizioni vendutesi al pubblico faccia cadere sotto il suo
dominio la proprietà medesima dell' epera, e gli dia il di-
riuo di farne nuove edizioni. A dir vero, questa proprietà
dciropera, questo diritto di pubblicarne nuove copie, finché
I5B
r autore non i*abbia alienato , gli rimane cosi intiero dopo
la centesima ediiione com'era dopo la prima, nel giorno
della sua morte come nel giorno in cui il libro fu per la
prima volta pubbneato; e non v'è maggiore diflScoltà nel-
l' attribuirlo a* suoi eredi , di i|ttanta ve ne può easere per
tutti gli altri beni cb'ei lasci >•
> Ma io, air ineootro, che non ho la menoma fede ad un
tal diriuo, e eredo che non eskta giammai, sarei di parere
che l'ultima eonseguensa pratica del mio sistema non po-
trebb' easere cosi rigorosa come sarebbe Tannullamento as-
soluto d' ogni soccorso della legge in favore dell'autore. Uoa
proprietà, egli Tha certamente: la cosa che ha prodotta è
sua, la statua, il quadro, le copie d' un libro, appartengono
a lui. La società in molli casi s'incarica di custodire a'pri-
vaii ciò che loro appartiene, e direndere le loro proprietà
dalle usurpazioni cui possano andar soggette. Non come ri-
goroso principio di giustizia, ma come misura amministra-
tiva, io non troverei gran fatto riprovevole che, per taluni
prodotti immateriali, per esempio i libri, il diritto di ripro-
duzione possa esser sospeso nel pubblico per quel tempo
discreto che sia necessario onde porre il produttore in grado
di vendere la totalità del suo prodotto. In ciò una ragione
di pubblico interesse si potrebbe anche scorgere. Se l'au-
tore dovesse trovarsi esposto a vedere ripubblicato il suo
libro appena lo ponga in vendita, la pubblicazione delie
opere di qualche importanza sarebbe cosi economicamente
rischiosa, da divenire impossibile. Io dunque non troverei
eoa! illogico che, mentre si rigetii. il principio d' una prò
prietà rigorosa e perpetua, si accordi un limitatissimo ter-
mine, di 6 0 10 anni per esempio, durante il quale la ri-
stampa fosse ad altri vietata. Ma la riflessione medesima che
a ciò m'induce, mi costringerebbe a volere che, se avanti
di spirare quel termine la prima edizione sia già esaurita,
se l'autore abbia già ricevuto il prezzo intero del suo pro-
dotto, se si accinge a rinnovarlo, il diritto di riproduzione
J59
aoa pia appartenga a lui soia, ma in eoaeorrenza eoo lui
a dmnqnc altro amasse di esereitarlo. ^
» DuDoyer non dimostra qual sia ii fondamento della pro-
prietà letteraria, e eie nonostanie la vuole o perpetua o
nella ; io sostengo ehe la proprietà letteraria non ha alcun
fondamento , e ciò nonostante accorderei agli autori quel
tanto di privilegio che basti per difenderli da quelle offese
che, esercitandosi il diritto di ripi'odutione, attaccherebbero
troppo direttamente la proprietà della cosa prodotta.
» Dei rimanente , se io mi son dilungalo, più di quanto
forse occorreva, su questo argomento , egli è perchè con esso
finiscono lotti i punti intorno ai quali le dottrine di Du-
Doyer mi parrebbero potersi modificare. Dopo di essi, non
viene che una larga, ferma e sapiente maniera di applicace
al regime economico il gran principio della libertà. Qui
sta il merito o, direi meglio^ la gloria di Dunoyer. Certa-
mente, non dirò che egli sia solo a rappresentare la scuola^
che da tanti anni lavora, non sempre indarno, ad emanci-
pare i popoli dalla soffocante azione de' loro governi; ma
noi vedremo, nella seconda parte di questo lavoro, quanto
la scienza deve al Nestore delia scuola francese, per V in-
gegnosa e dotta maniera in cui ha saputo collegare, ordi-
nare, e consolidare sotto pochi e eostanti principii, le teorie
nelle quali, slegate com'erano, il principio della libertà
correva soventi il pericolo di smarrirsi. >
Torino 31 maggio J859.
AllNOTAZIORB.
Le conclusioni della dotta Memoria del professore Fer-
rara sulla negazione della proprietà del pensiero attenuano
in parte la rigida crudezza delle dottrine. Vi ha qualche
cosa di intuitivo che dice alla eoscienza umana che il pen-
siero é la proprietà per eccellenza, e diremo è la proprietà
160
primigenia. Noi non possiamo neppure imaginarci che il
pensiero sia an dono gratuito del cielo, e mollo meno che
sia un fatto non nostro. A quesUi miscredenza alla proprietà
pensante ripugna quasi l'istinto umano. La negazione della
proprietà del pensiero è una dottrina stata accolta uo
tempo dai Gesuiti. Noi ci ricordiamo di aver letto nelle
opere del padre gesuita Daniele Bartoli, che quando era
novizio nell'Ordine ebbe un'acre riprensione dal suo Supe-
riore per aver scritto in una lettera alla propria famiglia che
attendeva con qualche amore ai propri $tudj. Gli studj noa
sono cosa vostra, gli rispose il Superiore, gli studj sono
un'emanazione dell* Ordine a cui appartenete; è l'Ordine
che studia e che pensa per voi e con voi, non è il novi-
zio che pensi e che studj. In questa dottrina gesuitica però
si riconosceva ancora in qualche modo la proprietà del pen-
siero che passava dall'individuo a tutto il corpo morale;
ma nella dottrina del professore Ferrara il pensiero nou è
neppure una proprietà sociale, égli è un nonnulla. Sotto
questo rapporto noi non possiamo ammettere la sua tesi;
giacché non possiamo acconsentire che il pensiero , che è
forse Tunica cosa nostra, cessi di essere tale quando sia pro-
pagato col mezzo esteriore della parola, o con qualsiasi altro
mezzo che sia d'indole evidente e permanente. Se il pen-
siero é alto nostro, é cosa nostra, non può trarsi l'illazione
che la manifestazione del pensiero stesso con mezzi perma-
nenti abbia a far cessare lo stato irrevocabile* di diritto che
dapprima esisteva, e che col fatto stesso della manifestazio-
ne riceve per cosi dire un'impronta indelebile. Non possia-
mo poi ammettere i prinoipj manifestati dal professor Fer-
rara sul nessun valore che ha V umano pensiero, quasiché
esso viva della dottrina tradizionale e scritta trasfusaci dal-
Tintìera umanità. Non possiamo dire che la sapienza sia un
dono gratuito. Lo stesso professor Ferrara che é uno dei
più illustri pensatori che vanti l'Italia non può negare a sé
stesso che gli studj da lui professati , siangli venuti come
HI
im palrifflonio gratuito, me sono il fruito di veglie e di in-
faticabili stenti. La stessa dottrina che egli manifesta sulla
non esistenza giuridica della proprietà del pensiero, è un
fauo tutto suQ, è una ereazione tutta sua; e gli argomenti
da Ini traseelti per dimostrarla sono divinazioni ìntime del
suo beli' ingegno, né possono dirsi doni gratuiti da lui ac-
canati altrove, a meno che non siangli stati inspirati dal
cielo. Del resto ci piace di vedere che lo stesso Ferrara
in parte riconosca l'esistenza della proprietà del pensiero,
se non come un diritto^ almeno come un fatto sociale che
meriti tutte le civili guarentigie. Egli intanto non vuole
l'annullamento assoluto d'ogni soccorso della legge in fa-
vore degli autori. Egli confessa che una proprietà esiste
cerumente; e jche il libro, il quadro, la statua ai rispettivi
amori appartengano. Ciò premesso egli trovai che per una
ragione di pubblico interesse deve in qualche modo assi-
corarsi a chi produce pensieri permanenti una certa inco-
lumità, od almanco un'assicurazione temporanea dell'eserci-
xio del proprio diritto. Questo ci basta, se non Bai lato giu-
ridico, per Io meno dal lato economico. E difatti se fosse
ad un trailo annullata la proprietà letteraria ed artistica, la
società ritornerebbe ad un vero stato di selvatichezza e di
barbarie. Se l'ingegno che crea la civiltà, se l'artista che
ìngeptilisce la società, non trovassero chi dia valore alle
loro creazioni, non avrebbero più alcun incentivo per istu-
diare e per produrre. Nessun editore e nessun venditore si
presterebbe a pubblicare od a vendere i prodotti dell' in-
gegno, perchè troverebbe nessuno disposto a sagrificare
la vita gratuitamente per isludiare, e nella concorrenza
disastrosa degli altri editori che attingerebbero alla prima
edizione come ad un pubblico patrimonio, troverebbero
una morte immediata le loro temerarie speculazioni.
Noi pure non ammettiamo un tale stato di perpetuità
nella proprietà letteraria ed artistica da dare ai discendenti
i
<68
del leiteralo e dell* artista una esuberanza incompetenle di
diritto, ma non ammettiamo 1* assoluta negazione di questo
diritto. Uno protezione temperata può essere la via più si-
cura per guarentire i diritii degli autori e non pregiudieare
la civiltà che non può vivere col monopolio della sapien-
za, ma solo coi beneficj della libertà. Sotto questo rapporto
noi crediamo di far cosa grata ai nostri lettori nel far suc-
cedere alla Memoria del professor Ferrara, quella che una
Commissione dell* Istituto di scienze ed arti di Lombardia,
faceva testé compilare dall' egregio sig. Restelli , su questo
interessantissimo argomento. .
G. Sqcchi.
Mnd|| snlle proprietà letterari» ed artlstles*
A.
Ila Memoria del prof. Ferrara sulla importante questione
giuridica se, esiste o meno il cosi detto diritto della pro-
prietà letteraria ed artistica facciamo ora succedere uno
studio tutto pratico sul medesimo argomento, ed è il Rap-
porto che stendeva una Commissione del Reale Istituto
delle scienze lettere ed arti di Lombardia allorché nello
scorso anno tenevasi a Brusselles il Congresso internazionale
per introdurre in tutti gli Stali d'Europa una legislazione
uniforme sulla proprietà del pensiero. Il Rapporto venne
compilato dal membro dell' Istituto Francesco Restelli il cui
nome suona caro nell'Italia per la sua classica opera sulle
associazioni (4).
L
La prima questione da trattarsi é quella di decidere se
(i) La CoaunissiODe era composta dei signori F. Restdli rela-
tore, F. Rossi, B. Bioodelli e Pesare Gantù.
168
debba trovar posto nella legìslasione di toni i popoli Inci-
viliii il rìconoscirnenco internazionale della proprietà delle
opere di letteratara e. d'arte e se qaeato prineipio deve es-
tere ammesso da paese a paese, anche indipendentemente
dalia reciprocità.
Come questione di massima, è questa la pia importan-
te : e la vostra Commissione non esita a proporne lo scio«-
glimento nel senso il più largo e liberale.
Avvertiamo una volu per tutte ^ che quando diciamo
opere di leiieraiura comprendiamo sempre anche le scien-
tifiche.
Il programma del Congresso non ha nemmeno messo
in discussione se vi abbia e deva riconoscersi una proprie-
tà delle opere di letteratura e d' arte. Il programma la pre-
suppone e ben a ragione. Oramai il principio è accettato ; è
resa (ino ad un certo punto di mera curiosità accademica
la lesi, se questo diritto abbia i caratteri legali del comune
diritto di proprietà, quando si ammetta il principio, oramai
antversalroente riconosciuto, che vi ha. un sacro diritto na-
turale e civile nell'autore di fare esso solo conoscere al
pubblico i prodotti del proprio ingegno, e di trarre egli
solo profitto da' suoi lavorié
Il programma dimanda soltanto, se deva prender posto
nella legislazione di tutti i popoli inciviliti il principio del
rieonoscimento iniemaziofuUe della proprietà delle opere
di letteratura e d' arte. Or questa tesi si presenta sotto du-
plice aspetto : se colla condizione della reciprocità — o se,
anche indipendentemente da essa, deva ogni Stato ri-
conoscere e proteggere il diritto lincile degli autori stra-
nieri.
Qual motivo potrebbe avere uno Stato per rifiutarsi al
riconoscimento internazionale della proprietà letteraria ed
artistica sotto la condizione della reciprocità del trattamento?
Noi non potremmo immaginare ahro caso fuor di quello ,
in cui uno Stato non avendo a temere la rappresaglia de-
464
gli altri Statif attesa la povertà di opere nasionali di lette*
raiura o d'arte, credesse promuoverle ed incoraggiarle col
lasciare che, a mezso della contraffazione, si vendano a buon
mercato, e quindi colla diSusione massima per isiruire i
nazionali delle opere straniere. Ma quando pure non viot
lasse la giustizia, sarebbe egli cotesto un provvedimento atto
a promuovere in quello St&to le scienze, le lettere e le
arti? No certamente.
È legge provvidenziale dell' umanità che uno scopo vera-
mente utile e duraturo non possa raggiungersi violando la
giustizia. Ora appunto la violerebbe quello Stato che, non
rispettando il diritto di proprietà degli autori stranieri sulle
loro opere, autorizzasse a violarla colla contraffazione. Il
provvedimento sarebbe simile a quello di uno Stato povero,
che , per arricchirne gli abitanti , autorizzasse il furto . dei
beni appartenenti a cittadini di Stati ricchi.
E qui la vostra Giunta considera V aspetto del quesito
nel senso più favorevole allo Stato che riButasse TadozioDe
del principio della reciprocità internazionale, essendoché si
suppone che il rifiuto muova daiP intendimento della diffu-
sione massima fra gli indigeni dell' istruzione, giovata dalle
opere di autori stranieri. Mancherebbe troppo evideniemente
a so stesso quello Stalo che, solo per proteggere un'indù*
stria parassita, esercitata da editori di opere estere, avesse a
dare lo scandalo di non riconoscere il principio internazio-
nale della proprietà letteraria. Il Belgio, donde ora parte la
nobile iniziativa per promuovere l' adozione di un unico
codice mondiale sulla proprietà delle opere di letteratura e
d' arte, fondato sopra i veri principii di giustizia, non esitò
a stipulure colla Francia il trattato del 22 agostp 4852 coq
cui fu posto termine allo scandalo delle contraffazioni che
•
impunemente vi fii facevano, e che, eserciate su ampia
scala industriale, inondavano il mercato europeo. Se v' ern
caso in cui le vaste proporzioni prese dall' industria editrice
e libraria ponessero far esitare un legislatore nell' adottare
, 165
il principio internailonale della proprietà letteraria era ^uel^
lo certamente del Belgio ; e il Belgio ha saputo respingere i
reclami di quell'industria parassita, e non solo ha stipulato
plaudente tutta Europa « quel trattato di reciprocità colla
Francia, le cui opere di letteratura venivano nel Belgio
principalmente usufruita te a danno dei loro autori , ma «
quasi ad onorevole ammenda di un periodo lamentato di
pirateria libraria, ora con generoso intendimento si fa ini-*
liatore di un' èra novella di legislazione universale su que^
sto prineipalissimo ramo dell' umana industriSé
Se non che abbiamo detto che anche indipendentemente
dalla violazione del principio di giustizia , a nessuno Stato
tornerebbe conto di non riconoscere il diritto internazio^
naie della proprietà letteraria* È un errore che il buon
mercato dei libri sia principale fomento alla diflfusione delle
C(^izioni veramente utili. In tutta Italia si verifica, ed a
noi pure sta sott' occhio il fatto, che le opere straniere, spe*»
cialmente francesi, che vengono riprodotte con traduzioni
bene spesso infelici da editori che si valgono della libertà
di pubblicarle senza dipendere dagli autori delle op«re ori-
ginali sono per la massima parte cattivi romanzi , che , in
luogo di moralizzare, fuorviano e corrompono i sentimenti*
del popolo ed il cui buon mercato, anziché giovare^ non fa
che danno alla morale, moltiplicando il numero dei lettori,
mentre poi nessuno o ben pochi pensano a riprodurre od
a tradurre le opere scientifiche e letterarie straniere di ve-'
ro merito distinto, perocché pochi essendone i lettori non
è speculazione il contraffarle o tradurle^
Si adotti il riconoscimento internazionale della proprietà
letteraria^ e mentre gli autori, trovandosi assicurali conlini
più estesi allo spaccio delle loro opere ^ potranno offrirle
in vendita, a prezzi relativamente più moderati^ nella lin-^
gua originale o tradotte, li eviterà lo scandalo delPJnoppor*
tona diffusione delle cattive traduzioni di cattivi libri, a cui
sarà freno per avventura lo stesso compenso dovuto agli
466 ^
aatori per ouenere il permesso di riprodurle o tradurle.
Che se pare qaaloosli avesse a vantaggiarne quello Stato
che non garantisse la proprietà delle opere degli autori
stranieri dovrebbe esso attèndersi alle rappresaglie, alPiso-
laonenio e a tutte le conscguense che da queste condizioni
necessariamente ferivano; conscguense che, se sono danno-
sissime pur considerando il commercio librario soltanto nel
r ordine economico, lo sarebbero ancor più nell'ordine mo-
rale ed intellettuale.
Sotto quest' ultimo aspetto T isolamento opererebbe a
controsenso ed a ritroso nella via del progresso delle scienze,
lettere ed arti, ad esempio dell' oramai universalmente ri-
provato sistema della censura preventiva ; perocché solo
collo svolgimento più libero delle idee è ottenibile il pro-
gresso massimo nello scibile umano: e sotto l'aspeuo mo-
rale darebbe miserando spellacelo quello Stato, che mentre
nell'interesse della legge propria e degli autori indigeni do-
vrebbe circondare di veneruzione è di rispetto la proprieià
delle produzioni dell'ingegno, avesse poi a scalzarne il prin-
cipio coir autorizzarne la violazione riguardo agli autori sira*
aieri ; contraddizione tanto meno giustiGcabile, in quanto si
autorizzerebbe la violazione del diritto di proprietà degli
autori stranieri coli' intendimento di far meglio progredire
in paese, insieme colle lettere e colle arti, anche le scienze
morali e giuridiche, che altamente protestano contro la vio*
lazione della proprietà del pensiero.
I molli trattati che i varj Stati d'Europa hanno in que-
sti ultimi anni stipulato per garantire agli autori dei rispet-
tivi paesi la proprieià delle produzioni dell' ingegno^ dimo-
strano la tendenza generale dell'opinion pubblica illuminata
di tutta Europa su questo importante argomento.
li Parlamento inglese con legge del <0 maggio 1844,
ha in massima autorizzato il re, per mero ordine del Con-
siglio, a pariGcare gh stranieri ai nazionali quanto alla pro-
prietà delle loro opere di letteratura e d' arte, a condizione
167
che Qoa corrispondente e conveniente protezione m ac^
cordata nel paese straniero alla proprietà delle opere pub-
blicate per la primo volta in Ingliiherra : e con legge del
SS maggio 4863 il Parlamento accordò gii stessi poteri a
Sua Maestk di decretare per ordine del Consiglio , sotto il
vigore delle medesime condisioni^ la garanzia del diritto di
proprietà sulle traduzioni delle opere originali pubblicate
in paese estero.
Pio qui abbiamo considerato il riconoscimento interna*
zìonale della proprietà letteraria soltanto colla condizione
della reciprocità ossia della parità del trattamento. La Fran-
cia è andata più oltre, e senza riguardo se gli Stati esteri
tecordino un' egual protezione agli autori francesi, ha pro-
damato, eoi decreto del SS marzo 1852, esser delitto la
contraffazione sul territoro francese di opere pubblicate aU
r estero, contemplate dall* articolo 4S5 del codice penale, e
pel pari delitto lo spaccio, l'asportazione e spedizione di
tali opere contraffatte; come pure l'introdurre stil territo-
rio francese opere pubblicate in Francia e contraffatte al-
r estero.
Cosi la Francia ha già legislativamente risposto al que^
sito proposto dal Congresso di Bruxelles sul punto, se abbia
ad essere riconosciuto il diritto internazionale della proprie^
tà delle opere di letteratura e d'arte anche indipendente-
mente dalla reciprocità. La vostra Giunta fa voti che lo
stesso principio sia adottato anche dagli altri Stati.
Quando Y Inghilterra ricchissima di prodotti manìfaiti ,
sancì il libero cambio delle merci anche cogli Stati che
non provvidero lo slesso per le merci provenienti da essa
si disse da alcuni pseudoeconomisti, che all' Inghilterra sol-
tanto giovava quell'illimitato libero cambio, perchè produt^
trice di maoifalture più perfette e più copiose di qualun-
que altro Stato. I principj più sani della scienza economica
e l' esperienza hanno dimostrato invece, che non sa ricono-
scere che imperfettamente i benefizj della libertà comnier-
168
ciale quel qualunque Stato chi: permette o soltanto la libera
asportazione dei prodotti nalionali o soltanto la libera impor*
tazione dei prodotti stranieri. Pure un' apparenza almeno di
ragioni poteva far ritenere meramente egoistico, e non ab-
bastanza vero il principio illimitato del libero scambio prò*
clamato dall* Inghilterra. Ma non egualmente sospètta ci può
essere la Francia nel proclamare il rispetto alla proprietà
delle opere d' autori stranieri, s^nza che il diritto degli au-
tori francesi sia egualmente rispettato nei paesi esteri. La
Franciaf che ha pur sempre si gran parte nel movimento
intellettuale d' Europa, avrebbe ben più a sperare dallo spac-
ciò delle proprie opere letterarie e scientifiche nei paesi
esteri, che non dall* introduzione in Francia di quelle d'au-
tori stranieri, cosi che sarebbe la più interessala a metter
al riconoscimento internazionale della proprietk letteraria la
condizione della parità di trattamento da Stato a Stato : ep-
pure, qual tributo al sacro principio della proprietà lette-
raria vuol rispettato in paese il diritto degli autori stranieri
tuttoché appartenenti a Stati che non rispettino il diritto
degli autori francesi.
Gli altri Stati devono seguire il generoso esempio della
Francia. Allora soltanto si eleverà come conviensi nelP esti-
mazione universale il concetto giuridico della proprietà delle
opere dell'ingegno, e verrà acquistando autorità e forza
morale la legge, che in ciascuno Slato protegge la proprietà
del pensiero. Quando è portata offesa alla proprietà comune
ogni Stato crederebbe mancare ad un dovere sacro se non
la reprimesse, senza pur indagare se l'oggetto sul quale è
caduta 1' offesa sia proprietà di cittadino o di straniero. Per-
chè mai non varrà io slesso principio quando 1' offesa sia
libretta al'a proprietà di un'opera di letteratura o d'arte?
Se è vero che le opere dell' intelletto sono lavoro ; se é
vero che sono lavoro utile, avente diritto a congrua rimu-
nerazione^ tanto più legittimamente e degnamente dovuta in
«quanto che trattasi del frutto bene spesso di lunghi studj e
l
159
delle jiuiludini più nobili che onorioo la natura umana ; se
è vero quindi che il diritto di proprietà delle opere d'in*
gegoo è per lo meno altrettanto sacro quanto quello della
proprieii comune, si dimanda come possa senza ingiustizia
rifiutarsi a tale diritto il carattere dell' universalità, la pre-
rogativa cioè della sua escrcibilità in qualunque Stato, senza
riguardo alla nazionalità dell' autore ?
Come indeterminato è il campo del pensiero, cosi inde*
terminato dev' essere lo spazio in cui l'autore che gli diede
forma in un'opera di letteratura o d'arte, possa farlo co*
noscere all' universa società, e trarre vantaggio dal suo la-
voro nel portarlo a cognizione degli altri uomini. La scien-
za e 1' arte non riconoscono conOni né politici né geogra*
fici ; lor («tria è V universo. E quanto più le distanze scom-
paiono mediante 1' azione stupenda delle strade ferrate e
dei telegrafo, tanto più sì fa legittima l'aspettativa, che alle
opere dell' ingegno si accorda la cittadinanza universale!
Nessuna nazione, del resto, può credersi elevata all'at-
tuale incivilimento senza il concorso delle forze intellettuali
delle altre nazioni; auindi, anche sotto questo aspetto, è
debito di giustizia di garantire agli autori stranieri la pro-
prietà delle loro opere, perocché .tutte le nazioni sono fra
loro solidali nella carriera dell' incivilimento, e giova pure
a sé stessa quella nazione che protegge la proprietà del
pensiero anche negli autori degli altri paesi. Né l' ingiusti-
zia e la sconvenienza che usasse uno Stato di non riconoscere
questo principio, autorizzerebbero gli altri Stati a commet-
tere la stessa ingiustizia e sconvenienza. Quando la maggior
parte dei paesi inciviliti avranno proclamato una tale ve-
rità, quelli che volessero tenersi nel loro isolamento, sareb-
bero posti al bando delle nazioni incivilite , e 1' opinione
pubblica, che ha pur tanto dominio negli avvenimenti umani,
finirebbe a trionfare per pressione interna ed esterna su
quegli Stati.
Ma dovrà essere, dimanda il programma di Bruxelles,
ITO
assolala e eompleia V assimilasione degli amori stranieri ai
nazionali ?
Il principio del riconoseimenio internazionale della pro-
prietà delle opera di letteratura e d* arte porta necessaria-
mente a questa oonseguenia.
Notiamo per altro di passaggio, che questo pareggiamento
non sarebbe violato ove si facesse diflferenca fra la durata
del diritto di proprietà dell'opera originale ed il diritto di
traduzione negli Stati esteri. Adottala la stessa durata per
ciascuno di questi due diritti in tutti gli Stati, sempre sus-
sisterebbe la parità assoluta del trattamento.
È del pari conseguenza legittima delle premesse, che non
devansi assoggettare gli autori stranieri a formalità speciali
per essere ammessi ad esercitare il loro diritto di proprietà
bastando all' uopo che abbiano adempiuto a quelle prescriue
dallo Stato a cui appartengono, il che per altro, come è
evtdente, presuppone che in ciascuno Stato sia attuato lo
atesso genere di formalità per far constare in modo facile
del diritto di proprietà delle opere d' ingegno : e che la
prova di avere adempiuto a tali formalità possa farsi valere
in qualunque Stato, per 1' effetto dell'esercizio del diritto
di proprietà contro i eontraflfattori. Della natura di tali for-
malità tratteremo quando ci chiamerà l'ordine del pro-
gramma.
Del resto, stabilito il pareggiamento degli autori nazio-
nali agii strnnieri, ne sorge tanto più spontaneo e logico il
desiderio, di cui è cenno neir.ultima parte del primo que-
sito del programma, che, cioè, tutti i paesi abbiano ad adot-
tare, intorno alla proprietà delle opere di letteratura e
d'arte, una legislazione fondata sopra basi uniformi : che
anzi il desiderio della vostra Giunta sarebbe, che non solo
le basi della legislazione, ma le positive disposizioni della
legge fossero uniformi in tutti i paesi. Questa uniformità di
disposizioni legislative recherebbe maggior forza morale al
diritto di proprietà che si tratta di tutelare; e d' altro Uto
171
te si tuole elle questo dirUto sia una realti, è duopo ren-
deroe facile reserciiio in qualunque Slato: né questo si
ottiene senta una legislatione uniforme in tutti gli Siati.
Quante volte un autore tralascia di rivendieare la proprietk
conculcata delle sue opere, a causa delle difficoltà materiali
che incontra, o che solo prevede, neir eserciuire il suo di-
ritto! Siano uniformi e semplici in tutti gli Stati le dispo-
sizioni legislative, tanto di massima che di procedura, per
r esercizio del diritto di proprietk delle opere di letteratura
e d' arte, e si sarè gii reso un segnalfito servigio agli autori.
II.
La seconda parte dei quesiti proposti dal programma
coneerue fa duraui da assegnarsi alla proprietà delle opere
di letteratura e d'arie.
Carattere del diritto comune di proprietà è la perpetuità;
ma qui versiaoso in un diritto di proprietà tut generis , nel
senso che, collo spaccio degli esemplari pubblicati dell'opera,
mentre Fautore va ricevendo il giusto compenso del suo
lavoro, le idee pitbblicate si propagano, e vanno a confon-
dersi nel patrimonio intellettuale dell* umanità.
La legislazione inglese stabilisce perpetuo il diritto di
proprietà delle opere che si pubblicano dalla Corona o
dalle Università. Quantunque questi siano corpi morali , di
loro natura perpetui, come lo sarebbero del pari i Comuni ,
la vostra Giunta non trova alcun nesso nò logico né legale
fra la perpetuità della persona morale dell* autore o del-
r editore, e la perpetuità del diritto di proprietà sulle opere
pobbliioite. Quali pur sieno le pubblicazioni che vengono
fatte da simili corpi morali dopo un mezzo secolo, per
esempio, qualunque opera o raccolta pubblicata è divenuta
OD documento di storia, ed è entrata nel patrimonio comune.
Le legislazioni degli altri Stati, o non hanno contemplato
il caso, 0 hanno attribuito allo Stato, alle Accademie, alle
/
i72
Università e a(I «^Iiri corpi morali una durata del diritto di
proprietà sulle loro opere, che varia dai S5 ai 50 aoni,
a cominciare dall' epoca della loro pubblicazione. La foslra
Commissione crederebbe giusto che tutti gli Stati adotta^
sero i 50 anni*
Maggior discrepanza troviamo nelle legislazioni d* Europa
e d* America quanto alla durata del diritto di proprietà delie
opere di letteratura e d* arte quando il loro autore sia una
persona fisica.
Le legislazioni più avare sono quella del granducato di
Baden, che lo limila alla vita dell* autore; del Chili, che lo
estende a soli cinque; del Messico, a dieci ; dello Stato pon-
tificio, a dodici; della repubblica di Venezuela, a quattor-
dici anni dopo la morte dell' autore. La legislazione più
generosa è quella di Spagna, che lo estende a cinquant'anni
^dopo la morte dell'autore, e a venticinque per la proprietà
e rappresentazione delle opere drammatiche e musicali^
Di mezzo a tali estremi collocansi gii altri Stati iocivi*
< liti d' Europa e d' America, e la pluralità di essi ( Francia,
Prussia, Austria, Confederazione germanica, Sassonia, Wir^
temberg, Annover, Baviera, Portogallo, Due Sicilie) hanno
adottato i trent'auni dalla morte dell'autore colla sola dif*
ferenza che la Francia accorda il diritto dì proprietà anche
a favore della vedova, vita durante, se questo diritto le è
attribuito dai patti nuziali, e fa decorrere i irent' anni dalla
morie o dell* autore o della vedova di lui , ed a profitto
soltanto dei figli o loro cessionarj, limitando questo periodo
a dieci anni per gli eredi estranei ; mentre le legislazioni
degli altri Stati accordano il diritto di proprietà indislinta-
menie a liivore degli eredi, quantunque estranei, per tren-
ta anni a datare dalla morte dell' autore.
Quesia seconda disposizione sembra più giusta alla so*
atra Commissione. Non c'è ragione sulGciente per limitare
alla vita deli'auioro, o luti' al più alla vita della moglie, e
a dieci anni dòpo, il diritto di proprietà, quando esso non
47i
ibbia tigli. Certo elle i Ggli hanno un diriuo privilegiato
sulle proprietà dei genitori. .*¥' ha nei tigli una quasi eoni»
proprietà coi genitori anclie durante la vita di questi, giu-
ria la felice espressione tramandataci dalla sapienza romana ;
ma il diritto di proprietà, e cosi della proprietà letteraria
ala da sé, anche indipendentemente dalla esistenza dei fi-
gli ; e mentre nel caso di loro mancanza, ingiustamente si
limiterebbe all'autore il diritto di usufruttare vivendo, a
proprio vantaggio anche il periodo posteriore alla sua morte
col cedere ad altri l'esercizio del diritto di proprietà delle
tue opere ; si limiterebbe anco troppo all'autore il diritto
di beneficare altre persone che non siano i figli, e verso le
quali può esso, o per sangue o per altre ragioni, avere dei
doveri da adempiere morendo.
Del resto, alla vostra Commissione sembra congruo il
periodo dei trent' anni dalla morte dell'autore, a favore dei
suoi eredi, essendoché tal periodo, unito alla durala della
vita probabile di esso, lascia al medesimo ed a' suoi eredi
un tempo adatto a far conoscere al pubblico la sua opera,
e a trarne il giusto compenso.
Se non che esprimerà di nuovo la vostra Giunta il de-
siderio, recentemente espresso in occasione che questo corpo
accademico fu chiamato dal ministero dell' Istruzione puh*
blica a proporre le modificazioni che fossero stimate oppor-»
lune alla legge <9 oUobre i846 che é in vigore in que-
ste Provincie; il desiderio, cioè, che sia portato a 40 anni
il periodo pel quale sia assicurata agli autori e loro credi
la proprietà delle loro opere, in questo senso che ove, dal-
r epoca delia pubblicazione compiuta di un' opera alla mone
dell'autore intercedano meno di dieci anni, il numero dt^
gli anni mancanti si aggiunga ai trenta riservati agli eredi.
Questo corpo accademico ha già fallo eco alia considera-
zione, che sarebbe ingiustizia il non migliorare la condii
zione degli eredi di quell'autore il quale dopo aver logo-
rata la vita con lunghi studj , giunto appena al termine
174
delle sue fatiehe e pubblieaU appena la sua opera, dovesse
sooeombere. A lui la legge deVe laseìare il eonforto, che,
gè non gli è dato di godere esso stesso il fruito delle sue
fatiche, quesio giusto eompenso è riservato al suoi figli,
alla sua jfamiglia, agii eredi in aggiunta al periodo normale,
pel quale negli eredi è rieooosciuto il diritto di proprietà
delle opere dei loro datori.
A conferma e controprova dell' opinione per noi qui
espressa, giovi il richiamare V autorità della legialaziooe io*
glese e degli Stati Uniti d'America.
La prima, che pur concede agli eredi dell' autore sol*
tanto per sette anni dopo la morte tale proprielk, stabilisce
per altro che la durata di esso diritto aia non minore di
4S anni dalla prima pubblieasione dell'opera. E gli Stali
Uniti, che statuirono a S8 anni questo periodo, lo dichiara-
rono aumentabile di altri 44, e quindi duraturo per 4S
anni a favore però soltanto dell' autore, della vedova e dei
figli. Tolto questa limitatione di persone, che non fu adot-
tata dall'Inghilterra, troviamo, con irrilevante differenza,
sanzionato il periodo da noi proposto dei 40 anni dalla
prima pubblicazione compiuta dell' opera.
Dimanda il programma del Congresso, se siavi luogo a
distinguere fra le divease categorie delle opere di lettera-
tura e di arte ( opere letterarie, composizioni musicali, pro-
duzioni delle arti del disegno).
La Francia non fa distinzioni di sorta , trattando eguaU
mente le opere letterarie, le drammatiche e musicali, e quelle
con nome generico designate per prodtizioni delle arti del
disegno: eguale durata al diritto di rappresentazione delie
opere drammatiche e musicali^ Questo periodo è sempre,
come si è veduto, misurato dalla vita dell'autore e delia
vedova, in quanto ai patti nuziali le acoordino questo di-
ritto; e dopo la morte dell'autore, o rispettivamente della
vedova, di trent' anni pei figli, e di dieci anni per i cessio-
nari ed eredi estranei.
175
L' Inghikerrti fa distioiionc soliamo quanto falle produzio-
ni delle ani del disegoo ( inciaioni, litografie, stampe, ecc. )
per le quali il diritto di proprietà è assicurato ai loro au-
tori ed eredi per anni SB| in luogo di 4S, dalla loro prima
pobblieazione.
L' Austria stabilisce dieci anni, in luogo di trenta, dopo
la morte dell' autore pel diritto a far rappresenuire ed ese-
guire le opere drammalicbe e musicali.
Parrebbe a primo aspetto^ che un periodo minore del
treni' anni dalla morte dell'autore potesse essere assegnata
al diritto di permettere la rappresentazione ed esecutione
delle opere drammatiche e musicali, essendoché il loro au-
tore trova già un compenso nello spaccio delle opere stesse
mediante la stampa pel periodo normale, in cui è garantita
la proprietà delle opere letterarie a favor suo e de' suoi
eessionarj ed eredi ; ma ò anco a riflettersi, che le rappre*
seotazioni diminuiscono il numero dei lettori, e che talora
la lettura e la esecuzione delle opere drammatiche e mu-
sicali diminuiscono il desiderio dello spettacolo. Di più, sic-
come è della natura di queste opere dell' ingegno , che si
possano far conoscere coi due modi della stampa e della
rappresentazione, cosi è giusto che agli autori e loro eredi
si attribuisca lo stesso periodo per usufruttare la loro pro-
prietà.
Il programma propone il quesito sulla durata da darsi
al diritto di proprietà delle opere postume, anonime o pseu-
donime.
La risposta diviene facile, perchè colle restrizioni ine?
remi alla natura speciale di dette opere, deve essere con-
sentanea alla disposizione che concerne la durata minima
del diritto d' autore astrazion fatta dalla vita del medesimo
che, nel caso qui contemplato, od ha già cessato di vivere o
non si conosce. Sarà dunque di quaranl' anni il periodo da
darsi al diritto di proprietà di dette opere, dal giorno ie\U
completa loro prima pubblicazione, a vantaggio degli eredi
178
deir autore quando trattni di opere postumi, ed a fafore
dull' editore quando trattisi di anonime o pseudonime.
È poi giusto che« se durante tal periodo, T autore di
un' opera anonima o pseudonima si facesse conoscere, abbia
a rientrare nel diritto comune, e cosi i suoi vCredi come
se fin dair orìgine i' opera fosse stata pubblicala col suo
nome.
Si è molto discusso, e il programma di Bruxelles non
manca di proporrei e siano suscettibili del diritto di pro-
prietà le lezioni orali, le conferenze, i discorsi raccolti colla
stenografia o con altri mezzi.
La vostra Commissione non sa trovare diCTerenr^ nei
modi qualunque siano, con cui possano essere raccolti di-
scorsi, lezioni, prediche^ conferenze. Lai memoria dell' odi*
tore , lo scritto , od altri mezzi qualsiansi , non cambiano
punto r aspetto giuridico del dubbio, il quale deve trovare
piuttosto la sua soluzione nella natura delle orazioni stesse
e nello scopo a cui sono destinate.
( Conlinua ),
BOLLETTINO DI NOTIZIE STATISTICHE ITALIANE E STRANIERI
E DELLE PIÙ IMPORTANTI INVENZIONI E SCOPERTE
PROGRESSO DELL' Il^DUSTRlA
DELLE UTILI COGNIZIONI.
Fascicolo di Agosto 4859.
NOTIZIE ITALIANE
Statlstlc» «ommerolato delle Doe Slellie*
Il commercio della parte coniineotale del regno delle Due
Sicilie coi paesi stranieri ha preso nel 1856 un accresci-
mento assai notevole (circa 40 milioni di franchi). E ce io
provano i seguenti risultati.
È assai difficile procurarsi dei dati precisi sul commer-
cio napoletano. Non pubblicando il governo alcuna statistica,
non è che coll'ajuto delle comunicazioni dei negozianti che
si riesce a dare delle notizie che non devono essere consi-
derale che puramente approssimative.
Importazione fr. 70,079,000
Esportazione » 99,728,000
Totale ..... fr. 460,807,000
Tra ì paesi di provenienza, T Inghilterra occupa il pri-
mo posto con 34,300,000 franchi, la Francia il secondo
con 19,095,000, l'America il terzo con ì 1 ,350,000. A que-
ste le tengono dietro le seguenti:
AiuiAu. Statistica, voL XXIH, serie S.^ 13
178
UOIanda fr. 6,860,000
Gli Siati Sardi 3,9i 9,000
Gli Stati Romani « 1,600,000
La Spagna « 1,360,000
La Toscana « 4,100,000
La Svezia e Norvegia. ..... < 895,000
L'Austria « 600,000
Il Belgio « 260,000
La Turchia « 460,000
All^ esportazione dei prodotti napoletani la Francia tiene
il primo posto; essa ha ricevuto per 86,030,000 franchi; F In-
ghilterra discende seconda con S!4»650,000 franchi; e TAa-
stria s'eleva al terzo con 4 1 ,830,000 fr.; gl'invii alla desti*
nazione di altri paesi hanno raggiunto 5 milioni per la Rus-
sia, 2,290,000 fr. per l'Olanda, 2,265,000 fr. per gli Stati
Sardi, I milione per la Romagna, 856,000 per il Belgio,
545,000 per T America, 500,000 per la Turchia, 390,000
per la Toscana, ecc.
Quadro dille mercanzie prineipalù
1.° Importazione.
Valore in fraothi.
Zaccaro . 8,000,000
Caffo 3,254,000
Altre derrate 6,400,000
Pesce salato « . . . . 4,360,000
Tabacco . 3,600,000
Carbone di terra 3,200,000
Cotoni e strazze 7,680,000
Cotoni Ciati 9,000,000
Tessuti di lana. ••.....• 6,000,000
di cotone 4,340,000
di §eia • . 48,000
di filo 760,000
179
11.* Isportitioiie.
Valore io franchi.
Olivi 33,825,000
Grani 91,678,000
SeiA 44,036,000
Robbia 4,160,000
Lane 3,500,000
MaDdorle. 2,000,000
Regolizia , • 4,550,000
Palli di tutte le qualità 4,430,000
Frulla Tresche 4,400,000
Canape e lino • 4,400,006
Frutta secche 700,000
Cremor di tartare 620,000
Seme di lino • . 360,000
Animali viventi e prodotti diversi . • 5,500,000
La zecca reale ha fabbricato 4,427,429 ducati nel 4856,
43,638,620 nel 4857, e S8;497,309 in dieci anni.
Fra le concessioni di ferrovie, la linea da Napoli a Brin-
disi non ha avuto alcun principio d'esecuzione nel 4856,
per rifiuto del governo alla garanzia degli interessi. QuelU
da Salerno a Taranto è allo studio. L'inlraprendiiore di que-
si'uliima è allo stesso tempo concessionario di Napoli alla
fronliera romana pel litorale, pel suolo di Gaeta e Terracina.
Il re si è riservato il compimento della linea che parte da
Capra e deve riunire per una ferrovia di cinta Gaeta e Pe-
scara suir Adriatico. Tuttavia i lavori non progrediscono che
lentamente.
NaoigazUm^ — Il movimento del porto di Napoli cera-
presovi il oabotaggìo ha doto i seguenti risultati :
Nel 4855 Nel 4856
Bastimenti Toanellate Bastimeuti Tonnellaita
Bolrati . . . 3,843 445,000 3,902 667,299
Sortiti . . . 8,870 4,039,667 8,553 446,225
480
Ecco per rulUmo di quegli aimi le cifre deirintercorso
fra i rinque paesi principali (insieme riunite l'entrata e
r uscita ).
Bastimeati
Tonnellate
Inghilterra
a vela
351
della portata
di S43,SS9
9
a vapore.
473
69,150
Francia
a vela
198
33,645
9
a vapore
613
163,408
Slati Sardi
a vela
140
14,275
»
a vapore.
877
105,930
Turchia
a vela
92
93,946
»
a vapore.
4
3,473
Due Sicilie
a vela
4,533
336,691
»
a vapore,
37S
73,505
La parte della navigazione napoletana sulFinsiefne del mo-
vimento si è ridotta da 6609 navi della portala di 1,198,387
tonnellate nel 1855,a 6l94basiimenii della portata di 579,737
tonnellate, nel 1856, cioè a meno della metà.
I progressi della nadigazione con la Francia sono dovuti
sopratuito al servizio diretto delle Messaggerie imperiali
stabilite dopo il principio del 1856 tra Marsiglia e Napoli,
coq stanza a Civitavecchia.
Sicilia.
Mownento cofnmerciale nel 1857.
Ecco comesi è composto, durante questo esercizio, il com-
mercio dei porti della Sicilia collo straniero.
Importazione , oncie (4). 1,943,736 fi*. 36.337,000
|S>portazione 4,385,979 » 69,341,000
Totale .
6,328,705
85,438,000
(I) I^^'oncia ohe c»iTÌ!»ponde a 3 ducati ò valutata a 13 fr. SO, e*
i8l
Queste eifre si ripàrliscono di que^ manièra per ógni
paese;
Profenienxe e destinazioni Air Impor-
tazione
Gran Bretagaa e Colonie
inglesi (oncie) 798,^70
Baltico, Alemagna e Belgio • • 499^234
Francia 392,159
Siati dMlalia 168,012
Stati Uniti 60,504
Altri paesi . é 18,047
Airfispor-'
tazione
1,749,132
557,578
831,236
831,236
963,311
69,487
Principali mercanzie importate ed esportate.
1. Importazione.
^
2accaro « é * ChiK
3,749,000 Pr
'. 2,899,000
Lane • • • * Colli
882 I
> 2,668,000
Tessuti di cotone »
à,26a >
• 2,540,000
Tessuti misti • »
9
1,175 •
• 2,021,62»
Caffè .... Cbil.
886,000 I
> 1,516,000
Seterie . . . Colli
476 I
• 1,285,000
Cuoi .... Chil.
2,888,000 •
• 1,598,000
Ferro. . . . Tonn.
6,024 <
* 1,415,000
Colone filalo . Chil.
484,000 ■
• 906,000
Carbone di lerra Tomi.
238,000 >
> 874,000
Opere in ferro . Colli
1,418 >
> 871,000
Tele
478 •
. 773,000
Vasi e vetri . . >
4,206. .
> 683,000
Tabacco . . . Chil.
314,000 I
> 483,000
Merluzzo ... »
1,403,000 >
> 513,000
Pelli conciate . >
90,000 >
. 428,000
Cera .... »
d3,000 >
. 429,000
Come articoli d' importazione secondaria
bisogna men-
tiooare il pepe e le altre spezicrie, il rhuin,
r indaco, la la*
i8S
sa, il rame, il veirìuolo, il pionba, l'ottone, Taeciajo, {l'arin-
ga, la pece, il eatrame, le pelli brate, i geoerì di caria ed
i libri.
II. Esportuione.
Zolfo, . . . Toon.
Sammaco . . •
Seta .... Chil.
Vini e spiriti . Boni
Aranci e limoni Casse
Frutta secche Chil.
Olio d'olÌTa . »
Seme di lino . EttoU
Stracci . . . Chil.
Pasta di rigolizia •
Manna ... •
Sale . . . , Etiol.
Sementi . . Chil.
Essenze ... >
Soda .... ' »
Cremor di tartaro >
Succo di limone Botti
Pelli ... >
Cantaridi . . Chil.
137,439
86.107
49,920
44,118
1,S53,000
4,388,000
S,038,000
56,847
3,418,000
1,017,000
144,000
439,000
1,187,000
44,000
1,854,000
455,000
1,490
74,000
6,000
Fr. 16,701,000
10,611,000
4,346,000
4,029,000
8,678,000
8,334,000
3,109,000
M58,000
1,311,000
1,225,000
963,000
963,000
877,000
675,000
497,000
404,000
367,000
69,000
10,000
dieMt* p«bbll«« d«l meaaMito
e dell* Malta ceatrale.
Da alcuni dotti studii della Nazione di Firenze intorno
all'unione della Toscana al Piemonte, considerala economi-
camente, togliamo la parte riguardante il debito pubblico:
Il debito pubblico degli Stati sardi è sema dubbio assai
grave. Era di 677 milioBi di capital nominale con 81 milioni
183
di rendita nel di 4.^ geonajo 1868. Coi debili posteriori t
speeialmente colle spes^ deli^ guerra esso potrà avvicinarsi
a 800 milioni dì frandii con 40 milioni di rendita. E unen-
dovi il debito lombardo e una qualche parte del debito au-
striaco, che nei rispetti della Lombardia venisse comunque
senz* obbligo assunto, il debito degli Stati sardi potri arrivare
a un miliardo di franchi almeno, con cinquanta milioni di
annuo interesse.
Il debito pubblico della Toscana stando al conto reso del
1857, e tenendo conto della rendila del 3 per cento e delle
passività non ancor convertite nella rendita medesima, dei
frutti sopra debiti irrepetibili, dei frutti sull' imprestito di 13
milioni, dei frutti sopra debiti accesi nelle scrittore di varii
regi! dicasteri, e delle assegnaaioni in correspettività dei
frutti di antichi luoghi di monte, importa un annuo passivo
di lire 6,786,474, alle quali converrà aggiungere il frutto
del S per cento posteriormente emesso. E cosi l'annuo pas-
sivo risulterà in lire toscane 7,000,000, pari franchi '6,000,000
circa.
Il debito di Parma senta gli aumenti che possono essersi
fatti in questi ultimi tempi ascendeva nel 4868 a 42 milioni;
quello di Modena sul quale non abbiamo dati recenti , ma
ehe nel 1854 ascendeva a quasi dieci milioni di franchi,
non sarà neppur esso minore attualmente dei dodici milioni:
io altre parole, i due ducati non avranno meno di franchi
600,000 di annuo passivo per ciascuno.
Il debito delle quattro Legasioni non ai può precisare.
Tutti sanno che T erario pontificio è caricato di quattro
milioni e mezao di scodi annui. Quale sarà la parte che di
questa passività toccherà alle quattro Legazioni ? È noto Che
queate rappresentano in popolazione qualche cosa meno della
terza parte dello Stato, e in superficie qualche cosa meno
del quarto. Ma non è egualmente noto quale possa essere la
loro forta economica, rispetto a quella delle altre provincia.
Supponendo che le legazioni dovessero caricarsi della tersa
484
parte del debito', sarebbe questo un annuo passivo' di un
milione e mezzo di scudi, o di otto milioni di franchi*
Il debito (x>mplessivo del nuovo Stato italiano importe-
rebbe quindi un'annua cifra d'interesse di circa 66 milioni
di franchi, divisi come segue:
Piemonte e Lombardia Fr. 50,000,000
Toscana > 6,000,000
Modena e Parma » 4,000,000
Legazioni > 8,000,000
Fr. 65,000,000
Ma innanzi tutto converrà detrarre da questo debito tutto
il patrimonio che vi fa fronte, sia in istrade ferrate, sia io
fondi fruttiferi alienabili.
In Piemonte, buona parte delle strade ferrate appartiene
allo Stato, che ne ricava una rendita cospicua. Invece in
Toscana, nei due ducali e nelle Legazioni, le strade ferrate
appartengono quasi intieramente a compagnie private. Se
queste provincie, se specialmente la Toscana avesse costruito
essa pure le strade ferrate a carico dello Stato, il suo debito
ne sarebbe di tanto cresciuto. Non si può dunque tener conto
dei debiti senza tener conto di queste attività, che vi stanno
di fronte.
. Quanto ai fondi fruttiferi e alienabili, la Toscana ne è
meglio provveduta che non le altre provincie. Essa ne ha
per circa 4,500,000 franchi di rendiu, pur dopo detratte
tutte le spese e tutti gli oneri relalivi.
Ciò premesso, chi dagl'interessi del debito pubblico
sardo-lombardo detraesse le rendile delle strade ferrate e
dei beni fruttiferi, riduìrebbe quegl' interessi dai 50 ai 86
milioni.
Chi dagV inieressi del debito toscano detraesse le rendite
patrimoniali li ridurrebbe da 6 milioni a 4 milioni e mesto
di franchi.
483
Poccj 0 nulla bawi a dedurre dagl* intereasi del debito
pubblico di Parma. Quanto al modenese vi ha qualche ren-
dila patrimoniale; ma vi avrà pure, senza alcun dubbio,
qualche debito ulteriore. In fine, quanto alle Legazioni, poi-
ché mancano i dati di ogni ragionevole calcolo , poiché è
Doto che il governo pontificio distrasse molte proprietà,
poiché è un fatto che le rendite patrimoniali non figurano
oel 500 bilancio, adotteremo il partito più sicuro, e non fa-
remo detrazione alcuna.
E cosi il debito pubblico che riuscirebbe a carico dei
contribuenti, per dover essere pagato colle imposte sarebbe :
per il Piemonte e la Lombardia di • Fr. 36,000,000
per la Toscana di » 4,500,000
per i due ducati e Legazioni di. . • » 9,200,000
Totale Fr. 49,700,000
La Toscana metterebbe dunque iiel cumulo una unde-
cima parte all' incirca.
Quale sarebbe dall'altro lato la rappresentanza della To-
scana nel contributo ?
Secondo le attuali misure, il contributo è rappresentato:
dal Piemonte per •«.... Fr. 120,000,000
dalla Lombardia per. > 72,000,000
dalla Toscana per ' » 30,000,000
dai due Ducati per » 46,000,000
dalle Legazioni per > 25,000,000
Fr. 263,000,000
auribuendo alle Legazioni la terza parte circa delle rendite
dello Stato pontificio.
Prendiamo questo dato di confronto. La Toscana in pro-
porzione della sua forza finanziaria, espressa dal cumulo
delle sue imposte, pagherebbe dunque non più l'undecima
186
parte, ma circa la nona parte del debito pubblico, che tanto
hnportaoo i saoi 80 milioni di franchi sui S6S. Per conse<
goenxa se ora passa 4 milioni e mezzo sopra 49. 4/9, in
avreikire ne pagherebbe 6 e mezzo.
Ma d'altra parte vi sono economie che superano, e di
molto, questa maggiore spesa.
Senza la unione vi è una maggiore spesa di lista civile,
di amministrazione centrale, di relazioni estere politiche e
commerciali, di dogana.
La lista civile costò nel 4857 alla Toscana Lire 8,764,000
I ministeri di Stato * > 554,505
Le reiszioni estere » 463,969
Le dogane » 4,769,834
Totale Lire 6,352,308
Certo tutti questi cinque milioni ed un quarto non si
possono né si debbono risparmiare. Certo una parte del
fondo destinato alla lista civile dovrft esser conservato, es-
sendo conveniente che la lista civile di re Vittorio Emsnuele
venga accresciuta. Certo una parte del fondo destinato alte
dogana dovrà ugualmente essere conservata, consistendo la
economia nella soppressione della linea doganale lungo il
confine delle provincie aggregate, e referendosi le spese
suaccennate a tutu T ammiuistrazione anche interna. Ma nes-
sun dubbio che una economia molto sensibile debba occor-
rere in tutte queste categorie.
E questa economia come avrà luogo nella Toscana, cosi
egualmente avrk luogo nelle altre provincie che si aggre-
gheranno; anche Ih saranno notevoli i risparmii nelle liste
civili e nei dicasteri centrali. Sopratutio poi nella soppres-
sione delle linee doganali si avrk il duplice vantaggio e
della men costosa custodia e dei diminuiti contrabbandi. Se
non si arriverà in tutto ad un risparmio o guadagno di
197
aofe milioni di lirei • quindi pel nono della Toscana ad
un risparmio o guadagno di un milione, di lirei con che
r apparente danno che ha la Toscana dalla fusione dei de«
bili pobbliei sparirebbe totalmente, assai poco vi mancherà^
Ib questa se è la parte più materiale e visibile non ò certo
k parte più efficace della dimostraxione.
Sit H Piemonte viene a noi con una cifra abbastànxa
ragguardevole di debile pubblico. Ma conviene considerare
questo debito nei riguardi dei passato e in quelli dell' av-
Teaire.
Nei riguardi del passalo, questo debito vuol dire aumenl0
delle fortificazioni di Alessandria e Casale, moltiplioatione
degli armamenti e dell' istruzione militare , partecipazione
A\m guerra di Crimea, entrata nei Consigli dell'Europa, po-
siiioDC davanti a questi Consigli della quisiione italiana,
guerra del 1859, liberazione dell'Italia centrale da' governi
air Austria devoti, preparazione di quanto è mestieri perchè
possano venir impedite le future invasioni, con tutti i danni
morali e pecuniari che le accompagnano.
Nei riguardi dell' avvenire, questo debito che ci rendiamo
comuoe vuol dire partecipazione a tutte le forze nazionali
Un qoi preparate; vuol dire che le fòrjiezze piemontesi, le
ami piemontesi, Tarmato piemontese, divengono fortezze
armi ed armate anche nostre; vuol dire ohe diventa effel-
tÌTs anche per noi quella forza nazionale che fin qui non
è se non contingente; vuol dire che d'ore in poi noi pò*
Iremo esser sicuri che i nostri diritti troveranno dovunque
il dovuto rispetto, e che la nostra marina solcherk inviolata
toni i mari. Tutto ciò vai molto più che qualche centinajo *
di mille lire per anno.
Che più? Se la difesa del paese ci venisse meno, se gli
Aostriaci un'altra volta c'invadessero, basterebbe una breve
oecopazione per divorarci parecchi milioni, per divorarci un
espilale ben maggiore di quello rappresentato dal milione
di annuo debito che apparirebbe trasferito dalla finanza
188
piemoniese alla Qnaaza tòscand^ ne siano testimonio i molli
milioni costali dalla invasione del 4849.
Laonde è facile conchiudere che la fusione dei debiti pub-
blici e r apparente discapito che ne consegue at contribaenti
toscani trova un pareggio nelle economie che dall' unione
conseguono; che se pure questo pareggio non fosse fatto
dalle economie» lo sarebbe dai molti e grandi vantaggi di
difesa nazionale; che questi vantaggi non si limitano solo
alla parte morale, ma si estendono pur sempre anche alla
parte materiale; e che a rendere indubitata la verità di
quest'ultimo asserto, basta ricordare quanto costò alle finanze
nostre V ultima invasione austriaca» e quanto ne costerebbe
la rinnovazione.
E pertanto è dover nostro di attentamente considerare
che il debito pubblico piemontese non viene a noi come
danaro sciupato, ma stbbene come danaro che rappresenta
un vero e vivo valor nazionale. Esso viene a noi come
un'anticipazione fatta anche a prò nostro, comunque a tutto
suo rischio dall'animoso popolo subalpino. Esso sarebbe
sciupato per esso e per noi nel solo caso che la disunione
rendesse vane o menomate le forze che quel debito preparò,
e che saranno vivificate e accresciute, fé noi cogli altri popoli
d'Iulia continueremo ad intendere, come abbiamo inteso
finora, la solidarietà dei comuni destini.
I$9
NOTIZIE STRANIERE
m
\
9o«letA di matao «occorro In Francia*
D
arante l'anno 4857 le Socielk di maino soccorso non
baoQo rallentalo il loro progresso. Al SI dicembre ultimo
esse erano nel numero di 3609 composte di 470,444 mem-
bri, di cui 53,533 onorar] e 446,884 partecipanti.
Fra questi ultimi si contavano 359,084 uomini e 57,800
donne. Il fondo totale era di 48,897,920 fr. 90 e. In que-
sie cifre figurano 4672 Società approvale; esse avevano al
31 dicembre 245j999 membri, di cui 44,460 onorar] e
SOI ,839 partecipanti, tra i quali 479,773 uomini e 3S,066
donne. Il loro fondo era di 8,038,060 fr. 25 e. compresivi
i fondi posteriori.
L'anno 4857 presenta sull'anno «4856, per le Società ap-
provate, UD aumento di
266 Società,
34,274 panecipantl^
6709 onorar],
e di 1,779,479 franchi, 45 centesimi.
Il numero degli ammalati fu nel 4857 in tutte le So-
cietà riunite di 408,949, di cui 93,463 uomini e 45,780
donne.
Il numero dei jiftorm di malatlia s'elevò a 2,426,840, di
eui 4,873,485 per gli uomini e 253,345 per le donne.
Quello dei decessi fu di 4977.
Il numero degli ammalati paragonato a quello dei socj
è di 27,64 per 400 per gli uomini, di 34.65 per 400 per
le danne.
190
48.08 giornate furono pagate per eiaseana malattia di
uomo.
48.96 giornate per eiascona malattia pei^ Te donne.
- La media delle giornate pagate fu per ciascun socio uo-
mo dì 4. 90 ; per ciascun socia donna 4. 40.
II paragone di queste cifre tra di loro apporta la giu-
slifleazione matematica delle asserzioni dei nostri ultimi rap-
porti relativamente airannessioue delie donne. Se esse sono
più spesso ammalate che gli uomini le loro malattie sono
più corte (SI e S7 i primi, 43.96 a 18.08 le seconde).
L'equilibrio si trova cosi ristabilito, e la bilancia pende
pittUosto in favore delle donne, perchè esse non hanno die
4 giornate (40 per 400 per socio), mentre che gli uomini
ne hanno 4. 90. Un tal risultato non laseia alcun argomento
pel pregiudizio, alcun pretesto alja diffidenza; Tammissione
delle donne aggiunge noove risorse piuttosto che dimi-
nuirle; Teconomia è d'accordo eoirumanttè, e la previdenza
alla giustizia.
Noi ricorderemo una delle fórme che seno meglio riu-
scite nelle campagne le Società di lavoro della Cdte*d*Or,
della Sàvonne-Loira. A primo aspetto V insignificanza della
cotizzazione, la ninna dMndennitk pecuniaria durante la ma-
httia sembrano ben lontane dallo scopo che seguono le So-
cietà di mutuo soccorso; ma il servizio rese le spesse volle
più valore, che l'indennità in denaro. L'ammalato è surro-
gato nel suo lavoro; la sua vigna, il suo campo minacciato
'di restare tfensa eoltivazione e senza ricolto sono coltivati
dai suoi consociati. È cosi che nel 4857, SS33 giornate for-
nite nel dipartimento della Cdte-d'Or dalla Società dei vi-
gnajuoli, 43 fr. per giorno, prezzo medio, hanno rappre-
senuto 7000 fr. ed hanno risparmiato agli ammalati la per-
dita della loro vendemmia e della loro mretftura.
Già d'alcuni anni le compagnie dei zappatori pompieri,
hanno una gran tendenza a eesiituirsi in Società di mutuo
soccorso. Quasi sessanta ne sono approvale. Composte degK
491
Qomioi i più attivi e più hborioii, avvicinali nacuralmeote
per i senrrzii che essi sodo chiamali a rendere ai comuni p
i bvorì del Consiglio municipale e l' adeaione dei membri
ononrj, riuniscono nel loro seno gli elementi più naturali
di un'amministrazione regolarOi le compagnie dei lappatort
pompieri trovano nelle campagne gran facilità per organii-
zarsi in Società di mutuo soccorso. Le municipalità e l'am-
ministrazione superiore non hanno sin qui trascurato nulla
per incoraggiare queste istituzioni. Tuttavia contro la loro
rapida propagazione elevossi una secia obbiezione. La So-
òeià dei zappatori pompieri chiude le sue file a tutti ^quelli
ebe sono estranei alla loro compagnia , e per conseguenza
nei comuni, dove non vi è posto per resistenza di due So-
eieik, ehiunque non appartiene al corpo dei zappatori pom-
pieri è escluso per sempre dai benefizj del decreto del
4851 Per Tu v venire tutte le Società di mutuo socoorao dei
lappatori pompieri saranno accessibili a tutti i cittadini nei
comuni ove la loro fondazione avrebbe per risultato d'im*
pedire la creazione d'una Società generale.
È altresì necessario ebe a meno d*una speciale sovven*
zione del comune, la Società non considera come avente
dìriuo a indenniià ed a pensione le ferite o le malattie
contralte nel servizio; la legge del 6 aprile 1851, ba messo
questi soccorsi a carico dei comuni edesai non possono eso«
oerarsi, degli obblighi che sono loro imposti.
Continuando il lavoro fatto nel 4856 sulle Società fon-
date in virtù del decreto del 4852, «la Commissione ba eer-
calo quale riforma doveva loro domandare in virtù dell'ar-
ticolo dei loro slMuti che li sottomette alla revisione dopo
cinque anni d'esistenza. Essa è felice dt proclamarlo; la mag-
gior parie delle Soffetà approvate sono oggi nelle oondaioni
normali, regolari che non esigono alcuna revisione, ohe non
chiedono alcuna riforma; esse sono riuscite non aolamente
a provvedere al serviaio degli aniMalati , ma a crearsi dei
192
fondi che garantiscono (d'ora in avanti l'adempimento di tu ai
i loro obblighi.
In effetto la media delle cotizzazioni pagate nelle So-
cietà regolarmente costituite fu di 1 franco al mese, l'in*
denniiè di un 4 fr. per giorno, e decomponendo tutte le
spese si arriva a questo risultato:
Indennità di i fr. per 4 giorni 90/100 . . • Fr. 4. 90
Onorar] dei medici » I. 80
Spese pei medicamenti » 2. 05
Spese pei funerali ••••.» — 50
Soccorsi alla vedova od agli orfani • . . • » — 25
Totale Fr. 9. 50
La cotizzazione essendo di una lira al mese produce per
uri anno 4S fr.
Ne risulta quindi un eccedente di fr. S. e. 50 ciò che
sorpassa d'assai le spese volute, valutate al più di 1 fr. a
testa, e permette di conservare qual fondo 4 fr. 50 e. senza
contare il prodotto del diritto d'entrata, quello delle coiis-
zazioni dei membri onorar] e le sovvenzioni dello Staio.
Di maniera che la maggior parte delle società approvale
hanno raggiunto lo scopo principale della loro fondazione;
il servizio completo dei loro ammalati per il presente e per
r avvenire.
Al 31 dicembre 1857, 1037 Società avevano in fondi
di riserva una somma di 1,481,089 fr., ed a ciascuna delle
loro sedute la Commissione è autorizzata a fare nuovi ver-
samenti. Il ministro dell' Interno volle incoraggiare questo
felice movimento; una circolare del 4.^ maggio invila a vo-
tare nel loro sopravanzo una sottrazione ^eì loro fondi di ri-
serva, e promette una sovvenzione dello Stato a quelli che
spenderanno a questo appello.
L'amministrazione superiore sarà tanto più favorevole a
questa forma di sovvenzione che avrà più timore d'abiuiare
193
coD dei soecont troppo ripelati le tocietà a coniare sulla
caata dello Stalo , d' associare in una proporzione troppo
estesa la protezione alla muiuaiitii, e di dare dei preroj alla
cstliYa amministrazione ed all' imprevidenza. Destinata ad
ìagrossare i fondi di risparmio la sovvenzione non giunge
ehe quando la Società ha pagato il suo debito e compita la
sua opera: questa sovvenzione non interviene per dispen-
sare i socj da un obbligo, ma per secondarli in una buona
opera, per venire in àjuto degli infortunj i più interessanti
ehe la prudenza 'non permetteva di subito soccorrere. Lo
Stalo s' associa alla carili della Società e ricompensa i suoi
buoni uffizi e la sua previdenza nella persona dei suoi in-
fermi e de' suoi vecchL
Nello stesso tempo sono poehe tutte le precauzioni per-
chè le Società non sieno mai trascinate al di là delle loro
risorse : la Commissione non autorizza i versamenti quando
ha la certezza che il soccorso agli ammalali è assicurato ,
e r amministrazione non distribuendo ciascun anno che la
rendita della dotazione, ha sempre davanti ad essa il capi-
tale intiero e le rendite degli anni seguenti per riparare a
degli accidenti impreveduii che esigerebbero dei sacrifizj
siraordinarj.
L' avvenire ricompenserà la sapienza e lo zelo delle So-
cietà, che senza lascìarvisi prendere alla seduzione di van-
taggi immediati ed esagerali, hanno cominciato colla mode-
razione e l'economia, ed hanno acquistato in pochi anni il
diritto di lavorare energteamente allo sviluppo dei loro fondi
di risparmio. Il tempo, invecchiando i loro membri, aggiun-
gerà a loro le infermità, ma aggiungerà anche i mezzi di
soecorrerle.
Una istituzione che possiede già un sopravanzo di più
di 8 milioni, che ha economizzalo l'anno scorso 1,779,000
fr. non avrà da fare grandi sforzi per applicarne ciascun anno
uno a suoi fondi di risparmio, quand' ella sarà potentemente
ajulata dai soccorsi dello Stato,
Armau. Statiitieat voi. XXI li* serie 3/ 13
494
Alla fine di veoli anni tenendo conio di UilU gì' intereaii
ehe^ durante i primi aonìi verranno ad accrescere il capi«
tale, bisogna trovare dei pensionati che riuniscano le con^
ditioni suflBcienti d'elk e di cotiziaiione; le Società appro*
vate avranno a loro disposizione più di venti mila pensioni
di 60 a 100 fr. che successivamente e in perpetuo varran*
no a sollevare gli ultimi anni dei veterani della mutualili.
Riasiunto generale delle operazioni dei fondi di rieparmio
durante P anno 4859.
Somma totale dei fondi di risparmio al SI
dicembre 4856 Fr. 799,886. 28
Sovvenzione dello Suto • fr. 800,000. —
Versamento delle Società com-
presivi i doni e legali fatti allo
scopo d' accrescere i fondi di
risparmio » 890,068. 66
Fondi reintegrati per la morte
di pensionati • • . • » 1,098. —
Somma totale degli iniereasi * 51,09S. 86
748,864. 04
Assieme . . Fr. I,48i,089. 89
da cui bisogna dedurre per il servizio delle
pensioni una somma di • , • • Pr. 48,468. (4)
Residuo al 81 dicembre 1857 > 1,188,636. 89
45 pensioni inscritte alla data del 81 dicembre 1867
elevandosi ad una somma totale in rendita di 8147 fr. com-
(1) La somma di 47,48S fr., dedotta pel servizio delle pen-
stoni, essendo coltoeata nella cassa generale dei risparmi a capi-
tale riservato, ritornerà alle Soeielé per la morte del pensionato.
195
prendendo delle pensioni o dei complementi di pensione di
IO, SO, 60, 96 e ISS fr. per ciascun anno, ona media di
49 fr. 60 e«
Quadro rapprtienlanté la lista det dipartimenti ilabMta
in ragUme del numero delle Società approvate (1) «l(-
itenii ol 84 dicembre 186^.
Dipariimeoti
Jura . • •
Rodano • .
Gironda • •
Senna • • •
Nord • • •
bera • • •
Senna ed Oise
SaTona e Loira
Varo . . •
Senna e Rhma
Charente inferiore
Costa d' Oro
Senna inferiore
Ariège • . •
Alto Reno. •
And . . .
Gaod . . .
Alti Pirenei •
Mosella • •
Tarn • • •
Pirenei orientali
Mani. Mie
SoeietA
Sia
44»
90
98
86
46
446
41
89
89
84
88
88
Dipartimenti
98
SI
90
90
49
19
Basso Reno • •
Marna • • • •
Alta Garonna
Gers . • • .
Indre e Loira •
Somma • • •
Lot e Garonna .
Bassi Pirenei •
Meno e Loira .
Ain
Bocche del Rodano
Héraolt . . •
Loira e Cher •
Mesa • • • •
Dordogna . •
Due Sevre • •
Tarn e Garonna
Oisa . • . .
Vienna • • .
Meurthe • • •
Nnoi. delle
Società
19
48
ti
17
47
47
46
46
46
i6
46
46
46
43
48
49
49
49
44
44
Aveyron 40
(1) La lista completa delle Società si trora nel rapporto ufli-
mie di qoesranno.
496
Dipartimeoti
Landes • •
Oroa . • .
Loira . . •
Droma . •
Finisterra
lile e Vilaine
Vosges • .
Coste del Nord
Ardenoe .. •
Loira inferiore
Indre • . •
FoDn • . •
Passo di Calais
Nièvre • .
Calvados • .
Alta Vienna .
Eure .. . •
Loirei . . .
Aobe . • •
Basse Alpi ^
Ardecbe ^ •
Lot. . • ,
Nam. delle
Società
10
40
9
9
9
8
8
8
8
7
7
7
7
7
7
«
6
6
6
6
6
«
Dipartimenti
Aisne •
Vaudéa
Alte Alpi
Majenna
Maniea
Creuso
Allier •
Doubs.
Sarthe •
Alta Loira
Lozère ..•
Alta Savona
Euro e Loira
Morbiban •
Cher • .
Corrége .,
Careoto ^
Puy de Dónoe
Vaucluse •
Cantal • .
Alta Marna
Colset
Nttm. dotte
Società
5
6
5
5
4
8
S
3
3
3
8
8
8
3
8
S
S
S
9
I
. Storia e. «tAtlttUe* delle ilnanac aastelaebe*
•
Dal 4850 io poi noi pubblicammo i rendiconti delle
fioanze austriache e ci astenemmo di muoverne giudizio,
giacché il despoiisroo militare dell'Austria non ce lo avreb-
be permesso. Ora crediamo di riprodurre un lavoro slati*
^tico stato pubblicalo a Piirigi dal dotto economista signor
Horn , nel quale viene riassunta rapidamente anche la sto*
ria finantiaria deirAitftria. Eéso fìirà eònòMere lutia la gra*
Tili delle piaghe di un governo che «tériliaee tutto quanta
can coeea,
e Già eariea di un debito enorme nel 479Sf T Austria
aveva largamente usato ed abusato del credito pubblico
nella guerra contro la francese repubblica e contro il primo
Napoleone, eosicchè gii nel 1840 ^i trovava aggravata di
un debito consolidato di 658 milioni di norihi e di un de<^
bito fluttuante quasi doppio, rappresentato dalla carta-mo*
Beta dello Stato {banko Meìiel) della quale si trovava in
eireolazione più di un miliardo di fiorini. -^ Un decreto
imperiale del SO febb. 1811 ridusse d' un colpo a un quinto
il debito fluttuante, prescrivendo lo scambio delle cedole di
banco per un quinto del loro valore nominale. Cosi > con
uu tratto di penna, quattro quinti del debito fluttuante au<*
suiaco erano cancellati. -^ In pari tempo furono ridotti
alla metà gli interessi del debito consolidato e pagati in
carta-moneta che scapitava del 60 per cento sul suo valor
nominale. Cosi i possessori di questi titoli di rèndita si tro-
varon ridotti a realizzare infln dei comi 25 fiorini su ogni
400 fiorini a cui avevano diritto origìnariamenie.
» Ben sette anni tirarono avanti le cose di questo modo
fino a che la patente imperiale SI marzo 4 84 8, per recare
un qualche palliativo a cosi enormi trufferie, riparti il vec^
chio debito, eh' era allóra di 488 milioni di fiorini, in 488
serie, d'un milione di fiorini ciascheduna, delle quali cin-
que estratte a sorte ogni anno, venissero ammesse a fìce*
ver la totalità dell' interesse originario e pagato in denaro.
Io pari. tempo si statuiva che la cassa d'ammortizzazione
fondata nel 4817 avrebbe ricuperati ogni anno altri cinque
milioni di fiorini di quel debito. Ma gli incagli e le nuòve
crisi finanziane che successero dappoi^ o ritardarono od im-
pedirono questa ammortizzazione del vecchio debito in moda
che al 1858 si trova ancora figurare per una somma di 878
milioni di fiorini.
498
9 fm\mt»i p^r metttni in grado di \eat$tt le op«ni->
stoni incaqiViioaio dalla |iatente S4 mano 1648, l'Aasirta
aveva aperto gik dal S9 ottobre 4816 un prestilo k cui
aoHoacriiionet cbluaa nel 4818, aieeae a 438 milioni di fio-
rini al 6 p. <)fO, Quealp preatico divenne il punto di partenia
delle metalliche austrìache al 5 per cento, titolo ohe ftin-
^iona come il regolatore del debito pubblico austriaco,
» A quel preAito un altro ne aucecMe oell* isieiao anno
4848, per 90 milioni , poi uè terfo e un quarto nel aolo
imno 4833, a brevissimo intervallo Tuno dell* altro, e per
06 milioni di fiorini complessivamente; poi un quinto nel
4836. Uè crisi rivoluzionarie del 4830 neoessitarono ntiovi
e gravosi ricorsi all' emissione delle metalliche, poi le com-
plicazioni orientali del 4840 produssero nuovi prestiti per
più di 300 milioni di fiorini nel 4844 e nel 4843.
» Oltre le indicate emissioni di metalliche al cinque per
cento, parecchi altri titoli diversi Turono. creati a diverae
epoche.
> Nel 4845 furono create metalliche fruttanti il 3» 4/3
per cento di rendita, poi nel 4846 altre dell'uno e meiao;
le emissioni del 4839 e del 4830, per 38 milioni di fio*
rini runa e per 30 l'ahra, furono fatte al 4 per cento,
quella del 4886, per 40 milioni di fiorini, fu segnata al 3
per cento ed emessa al eorso di 76» Inoltre erano stati po-
sti in uso i prestiti a lotteria, ai quali ai ebbe ricorao in
aprile 4830 per 30 milioni di fiorini, poi nel 4834 per '88
milioni, indi nel 4834 per 36 milioni, infine nel 4839 per
80 milioni da ammortissarsi in 40 anni. — - Infine s' aggiun-
geva a tutto questo cumulo di debiti le gittate fatte a di*
verse riprese dei Viglietti del Tesoro portanti tm interesse
del 4 e del 5 per cento.
» Efletto di cosi eccessivo ricorso alle fonti del credilo
si fu che il debito pubblico austriaco, malgrado le opera-
aioni d'esiintioue e le estrazioni a sorte, si accrebbe spro*
porzionatamenle nei trent'anni di pace che precorsero al
id9
IM8. Dil rapporto presenttlo il 80 giagoo 4848 alla Dicia
dì Vienna dal barone di Kraoss risulta che, a queir epocai
il debito pubblico austrìaco toccava come capitale nominale
a A miliardo e 207 milioni di fiorini ; la qual somma , ri-
dotta a un interesse uniformo del cinque per cento , rap-
presentava un capitale, di un miliardo e 76 milioni di fio-
rini.
> Gli avvenimenti del 4848 e del 4849 aumentavano sen-
za proporzioni le spese dello Stato e né diminuivano o ne pa-
nlixzavano affatto le risorse. D'allora in poi non vi fu più
ritegno neir abuso dei prestiti e delle estreme arbitrarie
misure. Alle emissioni della carta monetata del 4848 e del
4849, alla sospensione dei pagamenti degl' intereast, succe-
demno poi i pagamenti in Boni del Tesoro, il prestito di 72
milioni di fiorini del 4849, indi la conversione dei eoupom
insoddisfetti nel 4848 e 4849, fai obbligasioni fruttanti il
einque per cento.
» In marzo 4860 un prestito di 460 milioni di lire era
addossato al Lombardo-Veneto per il ritiro dei Boni del Te-
soro , il Monte Lombardo» Veneto veniva aggravato nel modo
più ingiusto ed arbitrario di debiti spettanti al governo
austrìaco, in seUembre 4864 una nuova emissione di titoli
per 80 milioni di fiorini era decretata per colmare il défi-
eit che si dichiarava nei bilanci dello Stato sempre più
grave.
• Abbiamo toccato di passaggio ai carichi enormi e ingiu-
sti con cui l'Austria aggravava il Lombardo* Veneto, per
fargli portare un peso sproporzionato dei debiti dell' impero.
Qui cade in acconcio, come interessante episodio della sto-
ria finanziaria dell' Au4tria« un cenno sulle esorbitanze delle
estorsioni austriache nelle provincie italiane specialmente
dal 4848 in poi.
« Si accennava poc'anzi che le guerre del 4848 geUa-
vano VAustrìa in gravi imbarazzi. Quest'è verissimo, ma
r Austria peri si fece pagare dagli Italiani la guerra d' Ita-
soo
lìa non diremo ftd oltranza, ma due voke almono. <— En
questo un sistema dì prestiti di nuova inventione, e assai
comodo perchè non si trattava di dover rimborsare o pagar
interessi.
» Per le spese di guerra coi violenti arbitrii del dispo-
tismo militare furono fatte estorsioni a Munìcipj e privali
cosi enormi che quando se ne volle fare una perequazione
per ripartire uniformemente fra le diverse provincie del
Lombardo- Veneto il solo compenso delle somministrazioni
(a parte le multe di guerra) fatte in quell'epoca, si asse-
gnò la somma di 93,896^706 lire austriache (4), notandosi
lene che rimanevano ancora parecchie partite nel Veneto
specialmente, di somministrazioni forzose, non liquidate.
» Questi conti riguardano puramente le somministrazioni
ma il proclama di Radetzky 41 ottobre 4848 colpiva Mi-
lano io un sol colpo di una contribuzione di SO milioni di
lire, e un autore tedesco, lo Czoernig, non sospetto certa-
mente di parzialith agli Italiani , valutava la somma delle
contribuzioni di guerra in un minimo di 50 milioni di
lire.
> Pel 4849 e pel 4850 fu aggiunta ai carichi prediali
un' appendice dei 50 per cento, a titolo sempre d'inden-
nizzo pelle spese di guerra, appendice che in seguito si
mantenne nel 83«4/8 per cento; sebbene l' imposta fondià-
ria del Lombardo-Veneto superasse già di un 35 per cento
la quota adottata per le provincie tedesche dell' impero.
» A carico del Lombardo-Veneto e precisamente del
Monte Napoleone e sempre pel pretesto delle spese di guerra
furono emessi nel 4848 70 milioni di viglietti del Tesoro,
(Czoernig, pag. 464 ). Notisi bene che a termini dell'art.
97 del trattalo di Vienna il Monte Lombardo-Veneto, isti-
tuito da Napoleone, era stato mantenuto e dotate nell' unico
(!) Gazzetta Ufficiale di renezia del 42 febbraio 4899.
aoi
imemo che provvedesse a pagare il debile particolare dèi
rrgno, proveniente dalle operationi finanziarie dell' antico
regno d' Iialia. Era un ialitoto di eredito poato aollo la ooI«
leitiva guarentigia delle Poterne aegoaiarie di quel trattato
e affitto estranee ai debili di origine austriaca.
» lo forza di un proclama del 3S aprile i M9 del Pie*
nipotenziario Montecuccoli quei 70 milioni di viglieui del
Tesoro poc'anzi accennati dovevano essere rimborsati in dieci
•noi mediante un' imposta speciale; ma un nuovo proclama
del 46 aprile 4850 apriva invece a tal uopo il prestito
surricordato di 450 milioni di lire.
» Questo prestito doveva essere volontario ^ ma non
trovò sottoscrizioni che per 43 milioni di lire; cangiato
quindi in forzoso fu sottoscritto per 85 e 4;S milioni di
lire, che si riducevano in realtà (H eorso di 95 ) a 84 mi*
iiooi di cui 60 dovevano esser pagati in contante, 24 in
csrta*
» Cosi oltre i 70 milioni di viglietti furono imposti al
Monte Lombardo* Veneto, seeondo gli stessi dati forniti dallo
Gzoernigy altri 70 milioni risultanti dalle somme pagate in
denaro pai prestito, cosi per la parte volontaria, come per
Is parte forzata (4 ). Si era portato a sistema l' abuso di far
pagare ed addossare a debito del Lombardo-Veneto ciò che
il Tesoro centrale dell' impero riscuoteva da un' altra parte.
> Le gravi estorsioni fatte al Lombardo-Veneto col pretesto
delle guerre del 4848 e del 4849 provano due verità. La
prima si è che l' Austria non pure si ripagò ad usura delle
spese di quelle due campagne* che e per la loro brevità, -*
(4) Molti di più furono i carichi ingiastamente imposti al Monte
Lombardo-Veneto 9 come nel 4851 (ordinanza 25 gingno ) dì
7,590,000 lire pel riac^qoisto della ferrovia di Monza; net 4854
(ordiaanza 23 febbraio) di 42 mllioiii per rimborsar le espropri»-
lioni occasionate dalle opere di fortificasione, e altri di cui spe-
riamo vedere quanto prima una storia precisa.
202
runa di 4 mesit T altra di 5 f^rni» -* e per ti sistema
delle requisiiioni e ooolribusioni, furono di pooo dispendio^
ma ohe ami il Tesoro eentrale dell'impero non solo non n'eb*
be a risentire aggravio, ma ami ne ritrasse lucri non insigni-
ficanti, facendo valere per fa$ et per nefas il comodo pre-
testo. — La seconda verità si è cbe non tanto la guerra,
quanto il sistema governativo, è la eausa dell' irreparabile
dissesto dell'Austria e dell'assorbimento di tutte le risorse,
sicché quanto più danaro si getta nella voragine, tanto più
si riconosce l' impossibiliih a colmarla.
» Oltre tutte le accennate vessazioni sd ingiustisie era
pure stata imposta al Piemonte la contribuzione di guerra
di 76 milioni; mentre frattanto, come lo Gzoeraig ha con-
statato, i soli abitanti del Lombardo-Veneto pagarono al-
r Austria pella guerra 1848-49 più di 260 milioni di lire, —
Stefano Jacini, nel suo aureo libro La proprietà fondiaria^ eec,
calcolando sui dati più positivi con quell'imparzialità che
tanto lo onora, ha trovato che la 9ola proprietà fondiaria
della sob 'Lombardia ha sostenuto un sovraccarico di oltre
80 milioni di lire a titolo ddle spese di guerra del 4848
e 4849.
» Un economista valente e coscienzioso ha pubblicato nel
Siécfr, in aprile u. s. pochi giorni prima che si accendesse
la guerra, il seguente quadro delle contribuzioni pagate dalla
proprietà fondiaria del Lombardo-Veneto, fra carichi ordinarli
e straordinari!, nei dieci anni uhimi della dominazione au-
striaca. Le cifre sono rigorosamente comprovate.
Per imposta ordinaria ( ridotte le lire
* austriache in franchi) Fr. 888,600,000
> > straordinaria (ultimi 8
anni 33. 4/3 per 400) » 90,280,000
» » ( primi due anni 60 per
400 annuo) » 33,860,000
Fr. 463,740,000
•OS
Somma reiro Pr. 463,740,000
Per imposta sui trapassi di proprietà
aegli aitimi IO anni • 483,000,000
Pei biglielli del Tesoro non convertiti » 9,000,000
Pel prestito lombardo*veneto ...» 48,970,000
Pel prestito nasìonale. • . • • « » 88,760,000
Pellt lasse di gnerra > 30,000,000
Per requisizioni di derrate e denaro . » 405,000,000
Per la duotb imposta delle spese di
dofflinio • . . . * » 80,000,000
Totale Fr. 800,770,000
9 Questa eifra riguarda soltanto le somme ingoiate dallo
Stato Lombardo-Veneto, mentre gravitavano altresì solla
proprietà fondiaria le imposte comunali e i carichi provine
ciali, che Tistesso autore, sui rapporti comunali e dello
Gimere di Commercio, valutò a 386 milioni. Quando si os»
serva ohe la sola proprtetii fondiaria, e per cinque milioni
soltanto dei 87 che componevano in questo decennio la
popolaaione dell* Austria, contribuì tanto allo Stato, e si trova
questo Stato medesimo, dopo 40 anni di pace, indebitato in
quasi duo miliardi di fiorini , è facile giudicare il sistema
fioaoaiario e governativo di una tal monarchia»
> Ma è lempo di ritornar da quesm non inopportuna dt«
gressione, e dì seguire il signor Boro, ritrsendo in iscoreio
il quadro eh' egli ci presenu della storia finanaiaria del*-
r Austria.
» L'ostinazione a voler mantenere una armata superiore
di gran lunga ai suoi mezzi finanziari! e T atteggiamento di
Deoiralitfc armata in cui si collocò 1* Austria durante la guerra
d'Oriente, creavano nuovi e gravissimi bisogni.
> Nel 4854, a Francoforte e ad Amsterdam, si negoziavano
doe piccoli prestiti, l'uno di 50, l'altro di 86 milioni di
fiorini, i qoali erano come i segni forieri dell' enorme pre-
stito, cosi detto nazionale, del 1.854 • che iìi assegnato da
S04
350 ( ininiilfio limite ) a 600 milioni di fiorini ( massimo
limile )•
» Tutti i mezzi i più iniqui di coazione morale e di co*
mando furono messi allora in opera per far concorrere
tutte le forze produttive dello Stato a sostenere un carico
eosi smisurato^ e il risultato fu che le aotloscrjzioni arriva-
rono a 50S milioni (un miliardo e 366 milioni di fran-
chi )•
» È chiaro che una misura di questa fatta chiudeva per
qualche tempo l'adita a ricorrere al credito. Allora, per far
fronte agli impegni incontrati colla Banca, da cui si erano
ottenute in più incontri onerose sovvenzioni, si vendevano
le strade ferrate e si incominciò ralienatione dei poderi
dello Staio. Si voleva portare la Banca a mettersi io grado
di ripigliare i pagamenti in conUinte, sospesi dal 4848, e si
trattava che al cadere del 4858 lo Stato austrìaco trovavasi
ancora debitore verso la Banca di 500 milioni di franchi.
» AI primo gennajo 4 858 il debito consolidato ammontava
a 2 miliardi e 88 milioni: il debito fluttuante a 343 mi-
lioni di fiorini : in complesso sei miliardi di franchi. Ai pria*
cipio del 4859 si operava il prestito di 450 milioni di fio*
rini che in parte fu contratto a Londra e pel rimanente
venne addossalo ai contribuenti ; poi, in forza del decreto
44 aprile, furono anticipati dalia Banca 34 milioni di fiorini,
infine venne emesso il prestito Lombardo-Veneto di 75 mi*
4{oni di fiorini^ ridotti ora a 80.
» È facile dedurre da questi dati positivi che il debito
eonsolidato dell* Austria sorpassa oggidi d'un bel tratto i
sei nìiliardi di franchi, cifra che supera di otto volte la
rendita annuale e rappresenta più di un quarto della so*
stanza mobiliare dell* impero; ed è qumdi ancor più facile
a dedursi che le riforme promesse dal ministro austriaco si
risolveranno, infin dei conti, in quei risultati a cui condus-
sero i talenti del sig. De Bruck di cui, al momento della
sua assunzione, si era vantata In prodigiosa feconditb. «
SOS
k
NOTIZIE 5Ul SISTEMA PENITENZIARIO
—OZIO —
Cave di eorrestone pel Rovani
In iMffUUerra*
Li iodipendenza da straniera dominazione, e la auspicata
uoiooe sotto lo scettro costituzionale, di Vittorio Emanuele
importano necessariamente nella nostra vita civile dei prin*
cipii di libertà individuale che non potevano trovare né al*
loazione» né vita, né difesa sotto l' assolutismo austriaco. Fra
questi non è certamente ultimo quello che riflette i diritti
del reo dopo scontata la pena : il quale, per ciò stesso che
ha subito il castigo, non può più oltre, finché non cade in
Duovi traviamenti, essere molestato né dai privali né a mag«
gior ragione dallo Stato. La legge austriaca , limitandosi a
unzionare il divieto di rinfacciare la pena scontata, calpe-
stando equità e giustizia, si permetteva di commettere al-
l'arbìtrio dei suoi agenti di polizia il continuare la deten-
sione dei rei, dopo finita la pena, per riguardi di preven-
lione. Sotto un regime costituzionale, tale misura é incom-
patibile , ma d' altra parte questi individui sventuratamente
corrotti 0 dal bisogno o dal vizio, svincolati dalle arbitrarie
procedure, troppo facilmente di loro libertà abusano a danno
del consorzio civile, e fanno quindi sentire il bisogno che
sieno guidati e indirizzati, che si tenti rigenerarli al giusto
ed air onesto, e far di loro altrettanti cittadini utili a sé
alessi ed alla patria comune.
Y*ha un paese dove il governo costituzionale é antico
quanto la nazione che lo abita, e dove la sapienza legisla*
S06
Uva ha trovato reeentemenie un rimedio the corrisponde
assai bene al bisogno. Questo paese è V Inghilterra , dove
tìssì otto anni e che lasciai solo per poco onde in patria
consolarmi dell' iodipendenta conquistata dopo undici anni
di lotta e di patimenti. Là si sentiva ogni di più urgente
il bisogno di provvedere al miglioramento morale dei pri-
gionieri : e poichò i più giovani sono i più interesssnti co-
roecchA più facili a correggersi e più pericolosi se abban-
donati a sé stessi, cosi sopra di essi specialmenie si rivolse
r attendono del Parlamento.
Sono ora appena quattro anni dacché la legge fu san-
cita, e gih cinquantadue case di correzione, dette Riformaiorii
pei figli d*ambo i sessi, sono in pieno esercizio. La legge
è delle più liberali che mi conosca in tal genere. Ha tre
parti : colla prima si dk iacoltà a chiunque individuo o per-
sona morale il voglia, di fondare, a spesa propria, un Ri-
formatorio, pel quale occorrono una casa capace, un lati-
fondo da coltivare, e superiori idonei. Quando V Ispettore
governativo avesse trovate adempiute queste condizioni , il
governo si obbligherebbe a pagare uno scellino al giorno ,
pari ad ital. L. I. 25, per ciascun fanciullo o fanciulla ricevuti
nello stabilimento. Colla seconda si dà facoltà ai magistrati
di mandare al Riformatorio quei Agli e quelle figlie tra i
dieci ed i sedici anni, che vengono condannati alla pena
del carcere dalle due settimane ai tre mesi e di precisare
Il tempo di reclusione nell' istituto di correzione fra i limiti
dai due ai cinque anni. La terza parte della legge final-
mente obbliga i genitori o tutori dei ragazzi da mandarsi
al Riformatorio a corrispondere un tanto alla settimana in
diminuzione dell'assegno governativo, in pena quasi della
trascurata educazione.
Siccome si riconobbe che l'elemento religioso merita
tutto il rispetto ed è della massima importanza nell' educa-
zione, cosi la legge, parificando i cattolici a tutte le sette
eterodosse, saviamente permise, che essi avessero propri!
S07
BiforoMitorii eselttsivaneote di feneiiilli 0 fimeiulle di lora
religione.
Il celebre cardinale Wiseman fa ti primo a foniiame
UDO io Hammeramith nella propria diocesi di Londra ; il
seeopdo fu fondalo dall'abate dei Giaieroenai nella contea
di Leieesier ; il terzo si deve alla generosità dei signori cat«
toliei nella eontea York che, a questo scopo, si costituirono
io comitato. Ottennero essi dal loro vescovo h cessione di
Qoo stabilimento, vi aggiunsero nuove fabbriche e cosi pre«
pararono a Market Weighton \ina casa di corrosione capace
dì contenere duecento giovani delinquenti , circondata da
duecento dieci pertiche di terreno che vennero in seguito
ridotte a ooltura.
Questi tre stabilimenti provvedono a seicento figli oatto»
liei : per le figlie di tal religione dne altri ne sorsero presso
Londra, a Bristol, che ne contengono doceento, mentre i
qosrantasetie Riformatorii protestanti non hanno che la me*
dia proporzionale di treniasei figli per ciascuno. La ragione
di questa notabile dificrenaa sia in ciò che la religione della
Bibbia non fornisce lutti quei meni educativi che abbonr
daao nella fede cattolica e devesi perciò . aver ricorso ad
sieoni measi punitivi che non si ponno attuare se non fra
uo numero limitato.
Essendo stato chiainato l'istituto della Carilk, detto dei
Rdsminiani, alla diresione del Riformatorio di York, io co-
me membro di quella congregazione fui designato ad assu*
ineme la direzione con alcuni cooperatori. Limitandomi, per
amor di brevità, a parlare di questo, che dirigo da due
soni e mezao, spero tuttavia di dare una sufficiente idea di
ule isUtuzione.
Il principio fondamentale sol quale ho basato il sistema
edocaiìvo fu quello di persuadere i figli , che il Riformatorio
è per essi il più grande beneficio che potessero ricevere
da)h societk fornendo ad essi i mezzi per una miglior viia
tvvenire temporale ed eterna. Lungi quindi qui^nto mai pò*
308
tesse destare idea di coeretaBione, quanto mai potesse sem-
brare un eastigo ed un rimprovero della loro vita passata,
lungi le mura che dieno V idea di carcere : ma 1* edificio
quadrato offre un ampio spaaiq alla ricreasione senza peri-
eolo che possano sottrarsi all' occhio paterno dei prefetti che
vegliano su di loro giorno e notte, e dai quali sono assistiti
e diretti in tutte le loro occupazioni. A frenare e correggere
eolla mansuetudine, queste nature ardite, svegliate ed intol-
leranti bene spesso d'ogni disciplina fu opportuno aceoglierae
in sulle prime un piceol. numero^ una trentina, e solo quando
parve essersi raggiunto con questi lo scopo dell' istituzione
se ne ammisero altri, che, a quei primi commisti dopo
qualche giorno di separazione, trovarono tutto da imparare,
mentre, inferiori in numero, non giunsero a sovvertirli.
L'ignoranza la più crassa, eausa principale della loro corru-
zione, 6 diradata da tre ore al giorno di istruzione elemea-
tare: la rozzezza dei modi mitigala dall'uso degli esercizii
militari, dalla musica, dal contatto coi superiori e dallo svi-
luppo della mente. L'abitaarli al lavoro è la cosa che sulle
prime offre maggior difficoltà perchè si tratta di vincere
l'abitudine all'ozio in cui crebbero, abitudine che ha pure
qualche appoggio nella natura dell' uomo ; e solo il succe-
dersi di svariale occupazioni può abituarli alia continuità.
Il lavoro comprende i mestieri e l' agricoltura ed è di selle
ad otto ore al giorno. I giovani provenienti dalle citià si
volgono preferibiitnenie ai primi. E sono mestieri di facile
apprendimenio, come di sarto, di calzolaio , di falegname ,
di fabbro, di tornitore, di panattiere per la casa, ecc. I pro-
venienti dalie campagne per solito si occupano dell' agricol-
tura e delle occupazioni ad essa accessorie di scuderia, stal-
la, ecc. Tutti poi indistintamente sanno far stuoie ed è questa
la principale occupazione nei giorni di pioggia. Cosi cre-
scono questi giovani accostumandosi gradatamente alla so-
brietà, alla regdariià, al lavoro, ed accogliendo nel cuore i
principii di una. ben intesa istruzione religiosa. A promuo*
i
ao9
Tere poi fra essi l' emotazione nel bene vale l' istUntione
di uoa piccola classe favorita da mioime concessioni, ed alla
quale non si passa che dopo prove di perfetto cambiamento.
G valga il vero : al presente che sommano a 1 38 non ho
che a lodarmi di loro, e ne sia prova che ad essi sì può af-
fidare la condotta del bisognevole per Tutituto. Spirato il
tempo della correzione, l'istituto fa più ancora del provve-
derli di un peculio troppe volte insufficiente, ma a secon-
da di loro attitudine, li colloca quando in una fattoria, quando
io qq' officina o in un negozio, ed assicura quindi loro con
un onorato guadagno il come continuare ad essere onesti.
Merita d' essere specialmente notata la nessuna ingerenza
del governo nella scelta ed applicazione dei mezzi eduea-
IÌTÌ impiegati nei Riformatorii, limitandosi egli a conoscerne
1 risultati per mezzo della visita annuale e del rendiconto
pubblicato da un regio Ispettore,
Ho visitato il Patronato pei liberati dal carcere a Mi-
lano per rilevarne le^ differenze; e con mio sommo pia-
cere vi ho trovato queir avviamento alla libertà di azione
direttrice, che la saviezza del nuovo governo, tengo per
fermo, vorrà favorire a tutto potere, essendo provato che
quanto maggiore é la libertà lasciata in stabilimenti di tal
genere, più copiosi sono i frutti, essendovi interessata la
responsabilità del corpo dirigente,
Milano, 6 settembre 1859.
Sacerdote Carh Caccia
AjuiÀU. Statiiticat vai. XXIIIt uri$ 3.* 44
aio
NUOVE GONDNIGAZIORI
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
B PONTI DI FERRO.
— OZIO—
Prospetto eomparatlTO del prodotti obilonietrlel
delle strade ferrate franeesl nel primo seme-
stre t9M e I8ft9«
JLral mìoistero dei lavori pubblici di Francia è stato pub-
bicato il prospetto comparativo dei prodotti delle strade fe^
rate nel primo semestre 4858 e 4859.
L'estensione esercitata al SO giugno 1859 era di C!hil. 8837
Al 80 giugno 1858 era di soli • • • . » 7969
Aumento nell'anno Chil. 868
Esso si riparte come segue:
Nord Chil. 40S
Est
Ardenne • • •
Ovest . . • •
Orleans • • •
Parigi Mediterraneo
Lione-Ginevra •
Delfinato . . .
Mezzodì • . •
Graissessac-Beziers
5S
67
494
S65
84
6
44
7
54
Chil. 868
S41
L'dteoiiooe media esercitala nel primo aemesire 1859
di Gbil. 8749
E nel 4858 • 7746
I rìsuluii deir esercixio dello soono lemesire eonfroo*
Mi con quelli del 4858 appsjono dal «egoeoie prospeuo:
Compagnie
Estensione nedia
dorante il leoiestre
4859 48S8
«hit. CiilL
Prodotto chilometrico
48S9 48S8
Pr. Pr.
Nord .
Est . .
Ardenne
Ovest .
Orleans
Parigi-Mediterraneo
Lione-Ginevra .
Delfinato . . .
Mettodl . . .
Gnia ....
Graisseaoac-Beziers
Bessèges-Alais .
Attiin-Somain .
Carmaux-AIby .
985
4648
454
4480
474S
4883
339
439
794
47
64
33
49
45
860
4548
56
985
4478
4683
305
88
774
47
»
84
49
5
87^97
47,358
9,659
48,907
48,444
30,634
44,847
8,853
43,000
43,463
3,959
47,548
7,356
5,359
39,344
46,250
9,253
49,175
48,390
35,492
8,879
6,424
8,400
43,000
»
43,585
8,884
4,608
8749 7746
30,699 49,305
I prodotti sono aumenuii di fr. 33,439,486.
L'aumento chilometrico é di franchi 4394 ossia '7. 33
per 400.
la ragione dell'aumento le linee si classifieano come
segue:
BIS
Mezzodì . 4S. 86 per 400
Besseges-Alais 89. 44
Delfinalo 87. 8l
Garfoaux-AIby 85. 83
Lione-Ginevra. ...... SS. 09
Parigi-Mediterraneo . • . , 34. 59
Est 6. àO
Ardenne 4. 40
Cima 2. 77
Orleans 0. 41
Diminuirono:
Auzin a Somain ». • • • 48. SI
Nord 4. 60
Ovest 4. 40
1 risultati dell'esercizio del primo semestre 4859 non
potrebbero essere più soddisfacenti, confrontati ool 4858;
ma in paragone del 4857 sono inferiori , come pure agli
altri tre anni antecedenti; eocooe il prospetto compara-*
tivo;
4859 L. 20,699
4858 » 49,805
4867 22,804
4856 > 24,842
4855 > SS,447
4854 » 20,783
Per alcune linee i trasporti militari furono inoltre causa
di prodotti straordinari, come Parigi-Mediterraneo, Lione-
Ginevra, Delfinato,
Nei prodotti non è compredo il diritto del decimo che
produsse airerario;
.Nel primo semestre 4859 , « . Fr. 9,496,449
4858 ., . • 7,653,948
tis
Btotlsttea delle strade ferrate InglMl
dal f 84e al ftM8.
I cenni che abbiamo pubblicati intorno ai risultati del-
l'esercizio delle strade ferrate inglesi nell'anno 4858, danno
Qo'idea abbastanza chiara delKimportanta che Tindustria delle
vie ferrate vi ha acquistato.
Malgrado i lodevoli sforzi fatti in Prarieia ed in Germania,
DOD v'ha ancora nazione in Europa che uguagli ringhilterra,
né per Testensione delle reti delle strade ferrate, né per la
somma dei capitali impiegativi»
L'Inghilterra ha veramente cominciata la costruzione
delle sue vie ferrate senza punto badare alla gravità della
quistione economica, ed ha speso enornliemente, tanto che
si può dire che parecchie decine di milioni di lire stelline
sarebbersi potute risparmiare. Una nazione meno ricca del-
rbghilterra avrebbe sentite per molto tempo le funeste con^
segueoze delle spese straordinarie che ha fatte.
Gittiamo ora uno sguardo sullo sviluppo successsivo delle
vie ferrate nel Regno UniiOé
II seguente prospetto degli atti del Parlamento relativi
a strade ferrate dal 4846 in poi, dell'estensione delle linee
concesse e della somma autorizzata additano il progressivo
estendersi dell'industria dei trasporti:
Jnni
4846
1847
4848
4847
4850
4851
4852
Atti
EsUntioni
Cttpftate
N.»
Miglia
Lire sterline
S70
4538
133,716,869
190
1354
89,460,138
8&
371
15,374,337
34
16
3,911,331
381
8
4,(15,633
61 ^
135
8,553,275
51
S44
4,333,834
SI 4
Jma
ÀIH
Etttnnmi
Cofilale
N.»
Miglia
Lire sterline
1868
. 406
940
16^87,601
1854
. 74
482
9,314,603
1855
. 73
863
9,493,038
4856
. 59
333
5,784,426
4857
. 8S
663
40,336,443
1868
. 73
338
6,834,705
Gli atti (
ehe si
presentano
1 al Parlamento non barn
lo per iscopo la concessione di nuore linee. Il Parlamento
britannico si ingerisce in molte cose che negli altri Stati
costituzionali dipendono esclusivamente dal potere esecuti-
vo. La congiunzione di due linee, l'uso d'una stazione spet-
tante ed altra compagnia, il permesso di una compagnia di
percorrere qualche breve tratto di via ferrata spellante ad
un'altra; rassociazione passaggiera di due o più compagnie
quanto al servizio ed all' esercizio ; la provvista di capitali
od il modo di far fronte alla deficienza nel capitale d'una
compagnia» la fusione di compagnie, la concessione di una
dilazione nel compimento dei lavori, tuuociò richiede l'ap-
provazione del Parlamento. Ciò spiega il numero degli atti
che sono adottati dal Parlamento, eseitipligrazia i S8I atti
del 4854, mentre non furono concessi che otto miglia (circa
13 chilometri) di nuove strade ferrate.
Il 84 dicembre 4858 il Parlamento aveva autorizzala la
costruzione di 46,659 miglia, ossia chilometri S6>I95 e me-
tri ASI di strade ferrate.
Di essi furono abbandonati S690 chilometri e 490 me-
tri, aperti 45,395 chilometri e 454 metri, per cui rimaneva-
no a costrurre ed aprire al pubblico servizio 7309 chìiom.
e 687 metri.
L'estensione delle linee aperte d*anno in anno a tutto
il 1858 è:
315
Prim del 4844 miglM S086 nel 1864 miglia 969
nel 4844
S04
4853
446
4845
S96
4858
•
850
4846
606
4854
*
368
4847
803
4855
336
4848
4I6S
4856
355
4849
869
4857
384
4850
6S5
4868
436
Uoa sorgente di lavoro è slata T industria delle strade
ferrate, ma difficilmente si potrebbe credere che tanti ope-
rai si siano impiegati e s'impieghino nella Gran Bretagna e
tanti ufficiali di servizio, da costituire quasi un esercito di
450 mila uomini , tra impiegali nelle linee in esercizio ed
impiegali nelle linee in costruzione.
Il saguente prospetto dà il numero preciso degV impie-
gati il 30 giugno di ciascun anno.
llf GOSTRUAORB In BSIBCIZIO
Jnni Estenfitme Operaiimpiegati Estensione OperaiimpUgati
Miglia Totale fer miglio Miglia Totale Per miglio
1849
4504
103,816
69.00
5U7
55,968
40.20
4830
864
58,884
68.45
6308
60,225
9.56
4851
734
42.938
58.49
6698
63,563
9.49
1852
738
55.935
48.69
7076
67,601
9.55
1853
683
37,764
55.36
7512
80,409
10.70
1854
889
45,401
51.07
7803
90,409
11.59
1855
880
38,546
43.79
8116
97,952
12.70
18S6
964
85,473
57.87
8506
102,117
42.00
1837
1004
4»,037
43.86
8942
109,660
42. 26
1838
880
38,546
43.79
9323
409,329
42. 72
La
proporzione fra gli
operai
e l'estensione delle linee
SI 6
in costrusiboe varia secondo la maggiore o minore auiviià
dei lavori e secondo le opere d'arte da eseguire; ma per
le linee in esercizio la proporzione fra gli operai e la lun*
ghezza è un indizio di più o di meno economico ser-
vizio.
Dal 1849 al 48ftS le strade ferrate inglesi hanno cer-
cato di ridurre per quanto potevano il numero degli im-
piegati ma dopo d'allora il numero proporzionale è dì nuo*
vo aumentato; non possiamo fare un confronto colle strade
ferrate del Continente perchè ci mancano gli elementi; cre-
diamo però che sia erronea la supposizione che negli Stati
continentali si abbia un numero più considerevole di impie-
gati che non netringhilierra.
Veniamo ora al capitale speso nelle vie ferrate e con-
sideriamone l'annuale incremento, non meno che il ri-
parto:
Jzioni Jzioni di
Jnni ordinarie preferenza Ol>bligaziùni Tolale
4849
. 158,560,118
19,853,506
51,335,154
229,747,778
1850
. 150,022,877
34,740.800
85,507,068
240.270,745
«4851
. 155,060,034
34,494,155
58,686,717
348.240,896
4952
. 161,100,256
38,700,765
64,064,668
364,165,672
1853
. 1ti5,054,677
43.527,379
64,742^58
275,324,514
1854
. 166,030.806
49,377,952
70,660,036
286,068,794
1855
. 169,604.017
52,818,026
75,161.241
297.583,284
1856
. 174,559,304
57,057,171
77,359,419
308.775,894
1857
. 178,567,935
58,061,655
78,360,236
314,989,826
1858
. 181,837,781
61,854,547
81,683,179
325,375,507
I nove anni dal 4849 al 4858, la Gran Bretagna ha
speso nelle strade ferrate la somma di lire steri. 95,637,7^9
(2,390,693,226 fr.)i vale a dirr 265 milioni di franchi al-
Tanno.
È notevoli! rincremenio proporzionale delle azioni di pre-
217
ferenza e delle obbligazioni. Nel 4849 le azioni di prefe-
za non rappresentavano che il 9 per 100 del capitale sbor-
salo, e le obbligazioni il 33 per iOO.
Nel 4858 le azioni di preferenza rappresentano il 48
per 400 e le obbligazioni il 35 per 400, per cut le azioni
ordinarie che corrispondono a| 69 per 400, non corrispon-
dono più che al 57 per 400.
Ciò deriva dal tenne beneficio che le azioni ordinarie
prodneevano; il capitale esitando ad impiegarsi in titoli che
fniuavano poco, si è dovuto ricorrere alle azioni di prefe-
renza, vale a dire ad azioni che hanno diritto al riparto
dei benefici! sino ad uno somma assicurata; cosi pure quanto
alle obbligazioni, si è ricorso all' imprestito, per combinare
i due sistemi e lasciar una porta aperta ai capitali che pre-
ferisoono un impiego sicuro ai benefici! aleatori.
Si osservi però come anche in Inghilterra siasi conser*
vaia una proporzione ragionevole e prudente nell'emissione
delle obbligazioni. Queste non superano il quarto del capi-
tale, a differenza della Francia, ove vi hanno società, come
rOrleans, i cui imprestiti uguagliano ed anche superano il
capitale sociale.
È pure da osservare che per le azioni di preferenza ed
obbligazioni il beneficio per cento venne diminuendo, men-
tre è aumentato il beneficio delle azioni ordinarie, avendo
d'anno in anno le compagnie potuto far l' emissione delle
azioni privilegiate e delle obbligazioni a condizioni più fa-
vorevoli. Per le azioni ordinarie l'interesse è salito da 4. 88
per cento nel 4849, a 3. 06 nel 1858 che é staio un anno
sfavorevole.
Quest'interesse ò medio e vi hanno linee che hanno di-
stribuito nel 4858 1*8 ed il 9 per 400, ma sono in piccol
numero; alcune linee fruttano appena quanto occorre per
coprire le spese d' esercizio, per cui gli azionisti non rice-
vono alcun interesse, tuttavia si osserva un progressivo mi-
giioramento, il quale deriva cosi da maggior parsimonia
218
nelle spese di costruzione e di esercizio come da aumento
dei prodotti.
Ritornando alla situazione delle strade ferrate dell' In-
ghilterra nel 1868 abbiamo il seguente risultato in fr. e
chilometri.
Capitale sborsato. • • •
. Fr.
8,134,387,675
Chilometri in esercizio .
. N.^
45,38$
Costo chilometrico . . .
. Fr.
538,054
Prodotto chilometrico • . ,
»
39,9$3
Spesa chilometrica • • • .
»
i 9,581
Rendita netta
»
S0,S81
Il beneficio netto in ragione del costo chilometrico è
stato di 3. 80 per 100.
Giova riflettere che in Inghilterra le spese preliminari
per la costruzione delle strade ferrate sono ragguardevoli.
Le spese legali e parlamentarie per ottenere le concessioni
hanno assorbito a quest'ora 500 milioni di franchi.
Anclic l'esercizio è gravato da molti carichi ; le spese di
esercizio si ripartono in media come segue:
Manutenzione della strada . . . . 46 per 400
Locomozione ••••«••. S8 »
Movimento, stazioni, ecc 26 »
Spese varie (compresa la polizia, i guar-
diani» ecc.) 41 »
Imposte e tasse locali • . , . • 7 »
Le contribuzioni e le tasse locali assorbiscono circa il
40 per eento della rendita netta, valeva dire a 65 a 60
milioni di fr. Anche questa 6 una gravezza contro cui le
Compagnie hanno riclamato, ma finora inutilmente; tuuavia
se si tien conto della condizione eccezionale del commercio
nel 4858 il miglioramento economico delle strade ferrate in-
glesi è incontestabile, e questa bella industria nella quale
sono impiegati oltre 8 migliaia di milioni , vale a dire un
capitale colossale, è ben lontana dairessere in decadenza e
dall'aver esauriti tutti i suoi mèzzi di sviluppo si potrebbe
S49
mi affermare che Io sviluppo è al suo principio, e che
DOQ è pre?edìbile il progresso delle tìc ferrate fra una cin-
fnmioa d'anni.
NAVIGAZIONE.
Slallstlea ffeneruto della umwi^mmimmp im B«rep»
ed la AnaeHea dmaate Tamie i9*9«
Il Governo britannico ha voluto raccogliere tutte le no-
liiie che riguardano il movimento marittimo delle principali
nazioDi del mondo durante Tanno 1867. Eccone il risultato:
Nomerò Portata
dei io
bastimeoti tonnellate
Stati Uniti d'America 38,000 6,072,S85
Gran Bretagna 34,088 6,570,000
Francia • . . . 49,475 4,052,585
Svezia e Norvegia 6,844 588,364
Danimarca 6,179 340,345
Spagna 6,173 849,762
Grecia 3,960 363,884
Austria 3,393 483,349
balia e Sardegna 3,983 498,934
Tarehia 3,300 483,000
Olanda 3,330 554,884
America del Sud 4,550 173,60$
Rwsia , 4,416 473,600
Prussia .•..,.,... 839 367,000
Città Anseatiche 779 313,755
Hio 460 $4,000
£20
Dn questo prospetto rilevasi che le due nazioni più ma«
rittirae del mondo sono gli Siali Uoiii d'America e rio-
ghlTterra, i qnali paesi appartenendo tulli alla razza anglo-
sassone rappresentano essi soli i due terzi dell'operosità
marittima di tutto l'universo. Ed ecco il motivo per cui
sono entrambi gelosi deU' lograndimento marittimo delle al-
tre nazioni.
Dorante l'anno IH57 si verificarono cinquantuno incen*
dj di bastimenti e fra questi 42 inglesi, 4S americani, 6
francesi e 21 d'altre nazioni.
Si perdettero nello stesso anno 404 battelli a vapore.
L'Inghilterra ne perdette 45, la Francia 45, l'America 17
e gli altri Stati S7.
Nel periodo degli otto anni decorsi del 4852 al 1857
sul utimero di 480,000 bastimenti, avvennero 44,948 nau<
fragi, il qual numero corrisponde in circa al 6 per 400.
La sola Inghilterra perdette in naufragi dal 4850 al 4853
due bastimenti al giorno, e dal 4854 al 4857 ne perdette
quattro al giorno.
Anche T Olanda nelle sue navigazioni alle Indie perdet*
te nel 4857 treniacinque bastimenti a.lungo corso, il di cui
valore ammontava a sette milioni di franchi non calcolai)-
do il valore del carico.
I francesi perdettero nel sejennio decorso dal 4852 al
4857 2529 bastimenti e fra quegli 533 bastimenti a lungo
corso e 4 996 navi di cobotaggioi La Francia venne per ciò
a perdere un bastimento al giorno.. .
S2I
^^H]
VARIETÀ
»
C^Ulvaslone del rl«o In Amerlea.
Il corrispondeDte stato in¥Ìalo dalla redazione deW Illustra"
kd London News in America onde arricehire quel gior*
naie n^irargoinenio di problemi industriali e sociali studiati
lopra diversi oggetti, approffittò dell'occasione che gli si
presentò di visitare a Charleston un sito coltivato a riso
per studiare il modo con cui il riso vien raccolto, e come
•ODO trattali i negri dai grandi coloni loro padroni.
La risaja di Pimlico negli Suti Uniti è lontana dalla*
suzione della strada di ferro, stazione che pur dista venti
miglia da Charleston. Dopo avere attraversato un bosco, di-
ce il viaggiatore, scorgemmo dalla vettura, in cui ci irova-
vamo, la casa del colono circondata da grande verdura. Tal
casa, come la maggior parte di quelle del sud , era di le-
gao, abbondando ivi bensì gli alberi r ma rare essendo le
pietre. DalPaspetto esterno queir abitato non ci faceva spe-
rare ciò che noi vi abbiamo trovato. Quanto ci venne of-
ferto era di prima qualità, po(er di Londra, ale di Alsopp
e vini d'ogni specie. Le vivande che ci si posero innanzi
erano numerose ed eccellenti; eranvi pesci ignoti in Europa,
ma in qualità superiori ai conosciuti. 1 selvatici ed i vola- »
ùli migliori a quelli del Nuovo Mondo. Una pietanza che
più ci sorprese chiamasi copter* È una specie di tartaruga
somigliante assai^ in piccolo però, ad un terrapia proglaiis-
Simo a Bakimora, Filadelfia e Washìngtoa. La raccolta del
cooter è una speculazione degli schiavi > questi oe alleva-
no mentre riposano dal lavoro « lo vendono ai loro pa-
droni.
Il giorno appresso di buon maitino partimmo per ini-
ziarsi ai mistèri della produzione del riso.
L'acqua del fiume viene innalzata mediante delle chiu-
se, sino a cinque piedi d'altezza dal livello del terreno, e
questo con speciali argini si innonda o tutto o in parte e
tale sommersione ripetesi per tre volte prima che raccol-
gasi il riso. Fra l'ona e l'altra di queste innondaziont la ri-
aaja vien ripulliia da estranee erbe, da una truppa di schia-
vi d'ambo i sessi sotto la direzione di un incaricato che
chiamano boa. Noi vedemmo circa centocioquanca scbiau
cosi occupati. Essi erano rozzamente ma abbastanza ben ve-
stiti, e la loro allegria, la loro salute, dimostravano che Is
perdita della loro libertà trovavasi compensata. Per il va-
lore che lo schiavo dà ai fisici piaceri, per il non dovere
pensare al dimani, per la certezza in cui è di nulla avere
a mancare, per la mediocrità della propria intelligenza, sic-
ché i desiderj son ben pochi, egli è felice ed anzi più fe-
lice dello stesso suo padrone. 1 suoi bisogni sono pochi e
possono facilmente esser soddisfatti.
Costeggiando le risaje, i forestieri rimangono meravi-
gliati al vedere le folte torme di uccelli che airimprovviso
s' innalzano e fermansi sugli alberi, coprendoli in modo ài
sfarne scomparire i rami che scricchiolano e curvansi sono
quel peso. Sono tali uccelli simili ai merli d'Europa.
Il vicin fiume in certi mesi dell'anno è visitato da coc-
codrilli che ivi fanno gran danno, consumando un'enorme
SS3
quaniiià di pesce, di anitre, d'oche, e di selvaggiume da
palude. Questi coccodrìili, come quelli della China, sono
avidi dei cani e dei gatti, ma si gli uni che gli altri non
aceosiaosi al fiume quando si accorgano di quei nemici.
L* abbajare ^i un cane STCglia nello stomaco di un cocco-*
drillo non minor appetito o ingordigia quanto ad un citta*
dioo di Londra la vista di una tartaruga viva, e quando il
coccodrillo trovasi al fiume, basta far abbajare un cane per
Tcder quello levare dall'acqua la testa e le formidabili man*
dibole pronte ad esercitarsi suU'agognato cibo.
Dai eampi di riso e' incaminammo verso i casolari ove
alloggiaosi i negri Erano quasi tutti al lavoro, ciò che ci
agerolò nel visitare le loro capanne. Ognuna ha il suo giar-
dino, per ver dire nessun de' giardini era coltivato né fa*
ceva sperare poter dare de' fiori. 1 negri non hanno tempo
di attendervi, né ne sarebbero mal corrisposti se giudicar
» de?e dalla belleisa che aveva un persico allora in piena
fioritara.
11 villaggio aveva un' infermeria ed una cappella , nella
<|Qar ultima si celebra la messa due volte la settimana *da
no missionario che istruisce pur anco i negri. Visitammo
altresì una nursery ^ specie di sala d'asilo o scuola ove
tratiengonsi i fanciulli dall'età più tenera sino ai quindici
anni per tutto il tempo che i loro genitori lavorano alle
risaje; i maggiori sorvegliano i piccoli, e ve ne trovammo
circa settanta che cantavano alcuni versetti più o meno con
armonia. Finiscono coli' inno: And that un7(, bejoy suljoy •
^'••.. che cantano piuttosto in modo comico che commo-
Ci venne presentalo un zio Tommaso, vecchio che porta-
aa4
va un lai nome assai prima che si pubblicasse il libro di Mrs.
Beecfaer Slow. Egli era già da 50 anni in mezzo alla risaja.
La sua età non era veramenie oonoseiula, si sapeva però che
nel 4898 (era già adulto), qoafido lo si ebbe dall' Africa,
Tom era stato venduto da un re o capo africano per il oso-
dico prezzo di un*oneia di labaeco, e con un cenlinaja di
altri infelici fu acquistato da un negriero americano. Ci
parve ancor robusto e ci venne detto che poco tempo prima
aveva sposata una giovane figlia di un colono vicino. Un
piantatore di Pimlico disse al vecchio che noi eravamo in-
caricati di ricondurlo in Africa^ nel suo proprio paese. A
tal notizia il povcr'uomo sembrò atterrito, cadde inginoc^
chio, e ci supplicò di lasciarlo nella piantagione. Disse che
tutti coloro eh' egli aveva conosciuto nel suo paese dovevano
essere morti, tutto gli si offrirebbe nuovo nella sua patria,
e forse i suoi compatriotti o lo farebbero morire o lo ven-
derebbero di nuovo. Noi fe acquietammo, e per togliergli
la paura, ognuno gli offri qualche cosa, egli bevette un
bicchiere di vrhiski alla salute di ciascuno di noi ed accettò
un'ctgarp. Facendo un brindisi ad una signora disse che
gli augurava potesse diventare sempre più bella, e fumando il
cigaro, augurava al donatore potesse da Dio venir collocato
dopo morte in sito ignoto al demonio.
Ciò che con piacere abbiamo verificato in mezzo a que-
ste risaje si è che i negri erano ben trattali e che certi
legami, che direbboosi di famiglia, univano gli schiavi ai
loro padroni. La cosa per altro non è ovunque tale, bisogna
confessarlo.
D. G. C.
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STICAi
Gitiscrpr. NACcai
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tU «ntlnsMIif* •«
ANNALI DNIVERSALI
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BIBLIOGRAFIA (0
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
RASSEGNA DI OPERE ITAMARE.
Xlfi. — * Cote antiche di Bergamo pubblicate in appendice
at Codice Diplomatico del con. Mibio Lin>o, con prefa- ,
xumi e note del ran. GiovaoDi FìmiiU Bergamo 1859.
Edizi9M tii*8.?| preuo F editore PagnonceUL
£l benemerito canonico Fioaisi pubblicafa nei nostri Annali aK*
coni articoli per far conoscere i tesori di ern^sione cbe tuttora
rt Sforano inediti a Bergamo e clie in parte erano stati raccolti
da alcnni dotti di qoel paese. Ora egli si accinge a pubblicamo
egli stesso^ l'intiera raccolta. Percbè quest'opera ottenga quel pub-
blico farore cbe pur si merita , noi ci facciamo solleciti a ripro-
durne pei primi T intiero programma.
(1) 6«rsono iodicate eoo «Neriseo (*) di riscontro al titolo deiropeia
qa«ll« prodasioni «oprs te qaall si daranno | qasado occof P0II0| articoli
kmkix VìaUeUm, PoU XXIIi, oerie 3.* 15
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Pochi sono i Cronisti ed altri antichi Documenti della storia di
Bergamo, che sieno stati fatti di pabblica ragione. E, se ne to-
gliamo la breve Cronaca di Jndrea prete, che come raro cimetìo
così della nostra che della generale storia di que' tempi il Muratori
si recò a ventura di poter pubblicare liella sna grande Collezione
delle AnUchià Italiane (i), non potè egli del resto inserire nel-
l'altra sua anche più ricca Collezione degli Scrittori delle cose
ilatiane^.se non il Carme pergamena di Afose del Brolo (2) e la
Cronaca del nostro Castello Castelli (3), e questa pure non senza
mende e lacune, che ora forse si potrebbero togliere col confronto
di più completi ed accurati Codici, che al Muratori non fu dato
di poter riscontrare. Né verun'altra delle antiche meuiorie, che ben
' sapeva essersi lodevolmente scritte a documento della nostra storia,
potè pubblicare: dichiarandosi, di non saper bene, se i Codici,
che contenevano quei nostri vecchi documenti, fossero al tutto pe-
riti, 0 se sottratti air occhio degli studiosi giacessero dimenticati
nella polvere di qualche Archivio (4).
E veramente della più parte delle nostre vecchie e più famose
Cronache, come sarebbero le ricordate dal Muratori, di Gio, Mi-
chel /liberto Carrara e di Bartolomeo de Ossa, è da tenere che
sieno. piuttosto che smarrite, irreparabilmente perdute, se già da
tempo non se ne ebbe più traccia, e se i nostri Scrittori de' se*
coli XVI e XVII non le citano che quasi documenti da altri vedati.
Che se nulla si scoperse dei Codici di quelle Cronache e antiche
storie nemmeno dopo le ultime accufate ricerche, che fecero del
più riposti archivi quegli studiosi investigatori delle nostre memorie,
.che ci furono l'Angelini, il Rota, il Lupo e l'Agliardi, non è più
sperabile che possano tornare in luce, se per avventura andarono
fatalmente dispersi e distrutti.
Ciò non pertanto, se grandi cose non possiamo aggiungere, in
proposito de' nostri antichi documenti, a quelle che già furono
pubblicate dal Muratori; alcune almeno crediamo poterne recare
(1) Antiq. Italie, med. Aev. T. 1.
(2) Rerum Italie, script. T. V.
(3) Ibid. T. XVI.
(4) Rcr. italic. script. T. XVI, Praef. in Chron. Castelli.
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immisi*, che gli anatori di questi slodi aon (roveranno affilto in-
degne della loro conaideratione. Perclìè (come veniamo accennando
io on Commentario tugli antichi scrittori delle cose di Bergamo^
pi da noi dato in luce, e che ora stimiamo di dover qui ripro*
durre, con qualche correxione ed aggiunta come generale Proemio
della presente pubbltcatione ) non pochi sono i docaraentl più o
meno importanti della nostra storia tuttavia inediti, che si poireb-
i»ero qua e colà racimolare» per trarli in luce a far corredo ai
più solenni documenti» che già sono entrati nel pubblico patrimonio
della storia della nostra Patria.
E noi medesimi» per lo studio che da alcuni anni abbiamo po-
sto di non lasciarci sfuggire cosa che appartenesse a patrie me-
norle, per r opportunità che ci fu data di vedere nei manoscritti
e nelle vecchie carte della pubblica Biblioteca e dell' Archivio ca-
pilolare» e per la gentilexsa di alcuni culti amici» che ci faron
cortesi di qualche lor codicetlo, abbiam potuto riunire un manipolo
di cosi fatti nostri documenti» da farne il discreto volume » che
presentiamo col titolo di Cose antiche di Bergamo.
l quali inediti documenti della nostra storia diciamo di pub-
blicare quasi in appendice al Codfce diplomatico del nostro ittario
Upo, e perchè quasi tutti si riferiscono al periodo di tempo che
il detto Codice doveva abbracciare» e perchè della più parte di essi
'cceonò il Lapo» che a suo luogo avrebbe iuteso di pubblicarli se
tanto avesse vissuto da poter compiere quel suo classico lavoro di
patria storia (I).
Per dar sin d'ora una sommaria idea dei documenti della no-
stra storia» che intendiamo di pubblicare» senaa preamboli o chiose.
De accenneremo gli argomenti» secondo la serie in che li abbiamo
ordinati.
I. Primo, e, nonché più antico» forse più importante dei docu-
menti di questa Raccolta» è uno Specimen chartarum pergam^ aac.
I. XI. XIK JICHI. et XIV.» qua jam editis in Codice diplomatico
a C. M. Lapo opportune adduntur.
IL Un breve ma importante Chronicou Bergomense anonitnum
(i) Fèdi la Hoetra Mèìnoria Del Codice diplomatico dd Can.
M' Lupo e dei materiali che si avrebbero per compirlo.
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ah an. MCLVI ad MCCCLXV; eoa altro rilefaote Fragmentum
Chronkae anofifmoe» ab anno MCXVII. ad MCCCYII.
, ni. Calendaria quatuor saee. XI. XIL XIII. et XIV. Eceluiai
Berg.; adjeclls veteribus LetaniiB,
IV. Passio s. AUxandri Martyr. et Protopatr, Bergom. , àn<h
bas Jaim editis a Bolland. non immerito addenda ; una cuin Le'
genda de s. Grata B. Pinamontis, et Leetionibus ss, ProjecHtU,
Sesteriae^ Joannis^ Jacobi et Jfarnt. a Pr. Branca eonscriptis.
V. GH Atti Passionis ss. Firmi et Rustiei Martyr. et civ.
. Bergomit pubblicati già dietro i Codici della Chiesa di Verona, e
posti a riscontro dei Codici della Chiesa di Bergamo ; con an'^n-
notazione rigaardante la recente pobblicatione di alcune Lexioni
dei ss. mm. Domneone^ Dotnno et Eusebia^ cittadini essi pare
di Bergamo,
VI. Una Chroniea Bergomensis Manfredi ZenunóniSf ab an,
CCCV. ad MCCLXVIII. , col seguito di altra breve Chroniea Jdami
de Cremff ab an. MCCC. ad MCCCLXX.
VII. Una Cronologia di Lovere, dall'anno 808 al U40, di
Decio Celere: coli' aggiunta di un PrtHlegio di Carlo M. del
PCCCIV. , riferibile a Bergamo.
Vili. Una (hronaea Jbbatiae S. Sepuleri de astino Berg,
Dioee. , ab an. MCVII ad an, MDLXXXXV.
IX. Synodus fiergomensis^ habita die XVI aprilis anni MCCCIV.
sub. vener. Patr, Dom. Joanne Ep.
X. Brano della Fila di Cola da Bienxo, pubblicata dal Man-
tori: che narra 9 come nel 1334 Frate Fenturino da Bergamo
' venne a Roma colla società delle Palumbelle; e la Regula della
Compagnia del santissimo Corpo de M, J. Cristo, stabilita in
Bergamo nel 1334.
XI. Importante raccolta di alcnne Bullae summorum Ponlifi''
eum saec. XII. et XIII. , ad Eeelesiam Berg. pertinentes, ^^^^
Can. Lupi ex autogr. Vaticani Tabularli excriptae.
XII. Statuti velerie Bergomensis an. 1S19. et 1237 Fragmenta
duo; et Excerpta ex antiq. Collationibus Statuti Cathed. ^^*
Berg. an. 1309. et 1357.
XIII. Fragmenta Chron. annorum BfCCCXXVII, MCCCLV, an.
MCCCCIV ad MCCCCVII et Fertae Partini de Brembilla, oh.
MCCCIXXXVII ad MCCCCIX.
m
XtV' UnMoipoHiink e curiosa CrtmacQ^.anotUina di Bergamo
dà< 1402 oM484.
XV. Frammeoti di doe Croniche anonime penete^ coocernent,!
me di Bergamo, dal 1412 al 1433, e dal 1427 al 1483.
XVL Memorie per eervirt alla tila del magn, meseer Diote*
eaWi Lupit scritte dal Can. Mario tapi.
XVII. Deeerizione della destruzione di Falle Brembilla, del
1443, di M. A. Calo; coli* aggiunta di un Alto della ComunilA
di Milano, del 1448, ai Comuni di Jverara e dell' Olmo.
XVIIL Un Fragmentum Chronacae Querenghi^ ab an. MDIX.
ed MDX.
XIX. Altro preziofio Fragmentum Chronacae Petri Jeeoniat,
ab an. cir. HDIX. ad MDXII.
XX« Un carioso Diario delle cose accadute in Bergamo at
tempo della Lega di Chambraip dall' an^ 1509 al 1513.
XXI. Serie dei Podestà e Capitani di Bergamo, già pnbblj-*
cala dair Angelini, e continaata dal 1745 al 1788, per cara M
Can. Agliardi.
XXII. Commissioni e Betazioni di Marco Giustiniani^ di JU
vige Friuli e di Bartolomeo Mora, Capitani e Podestà di Berga-
fM per la Fèneta Mepubblica^ negli anni 1428, 1593 e 1786.
XXIIL Begistro del corso di tutte le monete della piazza di
Bergamo^ dal 1530 al 1641, compilato per cara di Giambattista
Mota.
XXIV. Miqua descriptio antiquae civitatis Bergomi, et plu^
riunì aedi/iciorum ejus demoUtiOf dum notfum fortilitium anno
MDXn extruetum est, opus Can. Garnerii.
XXV. Processus translationis ss* Corporufn a Caihedrali
Tempio Z>. Alexandria tempore illius ruinae ad Templum Ca-
thedra D. Fincentii translatorum. Dat. et act. Bergomi sub Fé-
deric Cornelio Ep.
XXVI. Belazione della carestia e d* altre sciagure di Bergamo
nel 1629, e della peste del i630, di Marc' Antonio Benaglio.
XXVII. L'insigne Basilica di S. Maria Maggiore, dalla sua
origine 1137 fino al 1780, memorie compilate dal C B* Don
Cristoforo Bonetti.
XXVIII. Iscrizioni onorarie e sepolcrali del medio epo, con
alcune delle più notevoli finche dei tempi moderni, esistenti già
aso
nelle piane, Tìe» pnbhHei ediflzi e rhiese di Bergamo, e raccolte
dalle loro lapidi^ se ci rimangono, o dalle schede di priratì antorly
che fiderò e copiarono le stesse lapidi, prima che andasser di-
strutte.
XXIX. ìicrizfoni di imigni Berganuuchi sepolti in Rtmìa ed in
Venezia^ estratte dall'Opera Inscriptiones P^enetae Bomae extantes
P. A, Galetlit coir aggiunta di alcune rettfficacioni fatteri dal C.
S0ZZÌ9 e dalla Baeeolta delle Iscrizioni veneziane del Cav, Em.
Cicogna.
XXX. Finalmente il famoso Carmen saphicum Jacobi Tirabu-
schi de laudibus Bergomensium contra externos. È una delle tre
opere di Storia Bergamasca, che, come di sopra si è accennato,
il Muratori avrebbe desiderato di potor pubblicare, ma cbe ere*
dette perduta: Bergomalis populi res gestas olim litteris eonsi-
gnasse dicuntur Io. Mich, Carrarius^ lacobus T^irabuschius , et
Bartholomaeus de Ossa.,, rerum aut dudum perierunt enrum
Commentari! aut erudttorum oculis subdueti apud quemguam
ignofi adhue delitescunt (1).
Or lutti questi nostri Documenti Tengono qui pubblicati sul
riscontro di dodici autografi 0 sincroni, sempre che ci avvenne di
poterlo fare, 0 dietro autografi d'uomini di tutta fede, che ci la-
sciarono scritta di propria mano copia dei diversi documenti, di cui
invano cereherebfoonsi ora i Codici originali. Di che tutto daremo
accurata notizia nel breve Proemio, che faremo precedere ad ognano
degli aKicoli» tanto per accennare la natura e l'importanza di cia-
scun documento.
Del resto, se questa nostra qnal siasi fatica può meritarci al-
cuna consideracione presso I nostri Concittadini, vorremmo per-
metterci di rinnovare a tutti loro la preghiera, che già fece nella
Prefasione al suo celebre iàodiee diplomatico il nostro Lupo: «Cbe
se alcuno cioè si trovasse di avere qualche manoscritta memoria,
che potesse servire di documento alla nostra storia, non voglia più
a lungo defraudarne il pubblico, se vuole ben meritare della co-
mune Patria ». In quanto a noi, che questo poco facciamo nel de-
siderio di poter fare di più, sia concesso ripetere le parole piene
(1) Praef. suprac in Cbroo. Castelli.
ài bene? oljenKa , clie gii pubblicava a riguardo delli nostra cidà
ìT beneoierita 4iuratoK < UHnam praeelariofa ti anUqmiora
(doenmenU) licuUset mihi exerere^ quibus et nobili urbiiUQus
augere, meumque saltifm in eam sladium testati luculentius
potuis etn (i).
XV. — * D* tifi fiuopo diritto europeo ; libro di Terenzio
Maviani. Torino 1869.- Un voi. tfi-8.^ di pag. 446, pres-
so la tipografia Marzorato.
Noi dobbiamo mamente congratularci «oir ottimo Mamiani per
afcr sapot* in mezzo aUMtaliana concitazione degli animi trovar
tempo e quiete per condarre a termine un' opera di alta sapienza
civile. In una dotta prefazione fa conoscere le intenzioni che egli
ebbe nello scrivere il suo libro e dice; — « Un empirismo presun-
tuoso e ostinato governa le relazioni internazionali e compiange
coloro che logorano l'Intelletto dietro le vuot« e infruttifere spe-
CQJazioni. Tutto ciò è egli giusto e sensato? A noi sembra che no,
e la ragione pratica stessa ci vieta di tenere in si alto dispregio
la scienza »,
L'opera é divisa in diecinove capitoli , nei quali si svelano le
nuove teorie del diritto internazionale, e cosi conchiudesi; — « La
santa alleanza vede al presente sforzute e atterrate molte trinclere
rimaste inaino a qui illese , ed io stimo del sicuro che le ultime sue
disfatte sieoo per succedere nel bel mezzo d'Italia dove più d'una
volta le sorli .del moido furono combattute e mutate. Né senza un
alto consiglio del provvedere divino avviene, per mio sentire, che
oggi anima- e duce di questi gran casi sia il nipote di colui dal
quale fu propalato il codice più perfetto che i osino ad ora il senno
umano valesse a produrre; e che ambedue i gran personaggi de-
rifino r origine loro da quella genie togata a cui appartiene di
scrivere le leggi migliori del vecchio mondo, accomunarle a tutti
i popoli noD barbari, temperare l'impeto delle guerre e delle vit-
torie pacisq^e imponete morem e nella cui mente brillò con luce
sfolgorantissima la ragione eterna del diritto *».
(1) Ber. ital. script. T. V., Praef. in Garm. Moys. Hotti.
L'operi è toMegoito da eii' tppMdfce di m eentittjo dL p«<-
gine ia cui si tratta dell' otiiina congregaiioiie ttmaoa e del prin-
cipio di naiiooaliti.
Noi ofiriremo sei Tenturo faadeolo ana aoearata analisi di qae*
ito sapiente scritto del Kamìani,
RASSEGNA DI OPERE STRANIERE.
XVI. -— De Padminiiiration de la hi crimmelle en vue
d'une jutike plue prompte, plut efficace^ plus gèni-
reuee et plus moralUante; par k. RoRHifiULi , eonseiller
d la eaur imperiai de Pmie. Parigi 4859* Un volume
•n-S.^
Qoest' opera giaridica fa trovata cosi sapiente e cosi opportana
che Tenne tosto accolta per base del progetto di rerisione del Co*
dico penale portoghese. Noi raccomandiamo lo stndio di quest' opera
a totti quegli uomini di Slato che sono ora occupai anche in
Italia a preparare le nuore riforme dei nostri codici penali.
XVII. «^ Eludei sur la propriete litteraire en Frante et en
Angleterre; par Edoìro Laboduye. Parigi 1859. Un vo-
lume m-8.^
Noi raccomandiamo anche qnest' opera a chi sta ora studiando
il filale argomento della proprietà letteraria per disporre una le-
gislasione uniforme non solo italianat ma europea.
XVIII. — De la population et de la production; par J« Dc«
BouL. Parigi 4859. Un opuscolo tu* 8.^ di pag. 86.
L'autore si accinse a confutare per la centesima Tolta l'erro-
nea teoria di Malthus, il quale buonamente credeva che la popò*
Jazione crescesse in proporzione geometrica ed i niezsì alimentari
non crescessero che in ragione aritmetica. Il signor Duboul dopo
aver dimostrala le falsità di queste tesi, fa conoscere che non Ti
ha nel mondo esuberaosa di popolasione, ma ti ha Tisiosa distri-
buzione. E riguardo ai prodotti alimentari fa noto che T agricol-
tura è in uno stato ancora esordiente su nuove divisioni del glo-
bose coi progressi della stessa vi è modo di dar vitto al decuplo
dell'attuale popolazione.
fSS
MEMORIE ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE.
Mwvi 0t«4| tetoTM» albi rIfMran» dielbi pwlMiM.
totr«Bl9ipe la Itella*
Ìj argomento della pubblica coltura dopo quello dell' in-
dipeodenia è il più vitale di lutti. Un popolo emancipalo
per essere assunto ai beoeficj della civiltà deve dar prove
cospiciie non solo di sciensa, ma di sapienza, e questa non
può promuoversi che colla pubblica educazione. Fedeli al
nostro mandato di diffondere per quanto sta in noi i buoni
studj riprenderemo di nuovo il corso delle Memorie che
|iè cominciammo a pubblicare negli scorsi anni per render
conto dei progetti che di mano in mano si fanno per ri-
Tonnare la pubblica istruzione in Italia*
La nuova famiglia italiaqa sta per occuparsi del riordi-
oamenlo delle sue scuole, ed ha yivo bisogno del concorso
di tulli i buoni per dare ad esse un nuovo assetto che sia
dogoo della malurità dei tempi. Tra questi benemeriti sorse
pei primo V ottimo professore Luigi Magrini che lesse nel-
r adunanza dell' 41 agosto di quest'anno all'Istituto delle
scienze di Milano alcune sue generali vedute sulla istruzione
graduata e distribuita in ragione dei bisogni della nuova ci-
Wliè. Appena fu communicata questa doua Memoria l' Istituto
elesse una Commissione composta di nove membri per di-
sporre un nuovo piano di studj. Noi intanto riproduciamo
Is Memoria del Magrini, e vi faremo succedere alcuni no-
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siri siuJj sulle rirorme da ìntrodur<(i ne* nostri pdcsi oell' i-
struzione elementare e tecnica riservandoci di pubblicare in
seguito gli ulteriori lavori che la Commissione nvrìi compiuto
suir argomento. Ecco intanto la Memoria di Magrini.
« A questo Istituto, come al primo corpo scientiBco di
Lombardia y veniva fino dalla sua istituzione Commesso di
promuovere gli studi che hanno immediata influenza sulla
prosperità e sulla coltura delle nostre provincie.
> Gi& da più di due lustri i rappresentanti di esse, con-
•ffè^ll a Milono, fMevQOo fàrtìcdare nienzioiie, n^i loro
indirizzi al cessato governo^ di questo argomento, che ci era
particolarmente raccomandalo; nel mentre noi, per non es-
sere soprappresi da improvvise dimande, e metterci anci in
grado di antivenirle, avevamo già raccolto le nostre idee in
proposito, e cominciato a farle oggetto di comuni medita-
zioni.
» E poictìè non si poteva con nuovi princìpj innovare il
pubblico insegnamento che gih possedevamo , si mirò a com-
pierne le lacune e dare maggiore sviluppo ai germi che vi
erano racchiusi.
» Se non che quel lavoro, eseguito col desiderio di otte-
nere, mercè la minima aoimna di nfiutazionit il massimo be-
nefizio, fu per le vicende politiche del 4B, lasciato incom-
piuto; e il nuovo piano. de*gfnna^j, da cui il ministero au-
striaco ripromdlevasi più splendidi risultati, fini per renderlo
interamente vano. ' • '
» Ma dacché pinéqoe allb Provvidenza concederci un go-
verno nazionale, cui sta veramente a cuore T avvenire del
. popolo; un governo che vuoi rendere efficace T istruzione,
per indirizzare le tendenze alle varie professioni, e agevo*
lare ad ogni classe di persone I' esercizio dei proprj dove-
ri, é debito deir Istituto cooperarvi con tutte le sue forze,
riprendendo quegli studj e proseguendo quelle investigazioni
che gli eostarono gih molte cure e fatiche.
» Laonde se il governo, coli* eleggere un'apposita Com-
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missiane per la riformii del pubblico insegnamento , addi-
mostra quanto gli importi prov\redere a questo supremo bi-
sogno; «hi eanlo suo l'Istituto, col dar compimento al suo
kYoro sopra un soggetto che forma una delle sue precipue
sttrìbusioni , uno de' suoi primi doveri, porgeri al goTcrno
stesso, cui vorrà offrirlo, novella prova del suo devoto at-
tsGcamento, e nello stesso tempo mostrerà di non soggia*
eere ali' arcusa d' inerte occupatore degli ufBcj confidati.
1 Per le quali cose, mi fo leeito di assoggettare alle
vostre sagge consideraiionr alcune mie vedute sulla istru*
xiooe graduata e distribuita in ragione dei bisogni, lieto se
vi troverete alcun che meritévole di essere aggiunto all' in-
trapreso lavoro.
> Ognuno 'sa che la legge ormai distrusse in faccia a lei
la ineguaglianza delle condizioni sociali; ma la ineguaglianza
delle condizioni è indestrutiibrle nella società. Gli uomini
non essendo eguali in faccia alla natura, né stampati sullo
nesso tipo , la legge non può distruggere hi ineguaglianza
delle razze, e quella che passa fra |;li Achilli e i Tersiti.
L' unico mezzo di ravvicinare le distanze nelle più disparate
eondizioni sociali é la istruzione.
> Ma dacché delle cose pubbliche e private, se non il mag*
gior numero, moltissime sono quelle che oggi domandano
un' istruzione tecnica, e forse meno quelle che abbisognano
della classica e speculativa; dacché innumerevoli intraprese
industriali si vanno sviluppando , nelle, quali parecchi hanno
fede e speranza di occupare con frutto ed onore la viui, e
latti vi veggono prinoipj di universale prosperità; incombe
al governo provvedérvi coli' appianare il cammino che tutti
da principio devono percorrere in comune, e poi tracciare
netmmenie le vie conducenti alle diverse posizioni sociali.
Di qua i rimedj, le ampliazionii i perfezionamenti sia al
eorso deNe sciènze naturali ed esatte, e alle rispettive ap-
plicazioni industriali; sia al corso della letteratura chimica ,
delle scienze morali ed eoonomìche ; aispliattoni e peifetio-
namenii direui ad imiealare ia qualche modo fra loro qae-
ate varie discipline, dovendoai la prosperità di un popolo
air alleanza fra le scienze, le lettere e le arti ; alla scaoibie*
volezza de' loro ufficj, alla concordia di tulli gli ordini civili.
» Da questi principj naturalmente emerge la necessirà di
un' istruzione distribuita in ragione dei bisogni. Di più, F in-
telligenza svolgendosi a poco a poco, giova che , secoodo
r attitudine e la gradazione di sviluppo, le ai offra materia
di alimento, dovendo essere il peso proporzionato alle forze.
» Ne viene, a parer mio, che sarebbe provvido losii-
bilirc quattro stadj nell' insegnamento: la scuola primaris od
elementare, di due corsi annuali ; — la scuola secondaria o
preparatoria, di quattro corsi; — la scuola media speciale,
di cinque corsi ; -^ e per ultimo, da una parte l' Universiià,
, dall' altra il politecnico, dì quattro corsi, coaiccbè il periodo
scolastico coropirebbesi in quindici anni*
» Il primo stadio dev'essere obbligatorio per tutti: che
presso un popolo incivilito la facoltà di leggere, scrivere e
conteggiare é divenuta poco meno necessaria di quella del
. vedere e del parlare*
> Il secondo stadio viene percorso in comune da toui
. quei giovanetti che intendono progredire nella carriera sco-
, lastica : e vi apprendono i rudimenti delle lingue italiana e
latina, della geografia e atoria« dell'aritmetica; vi acquista*
< no, cioè, quel primo grado di coltura generale, che nelle
moderne società si esige da chiunque eaercita una professione
non servile.
»
» Nel terzo stadio gli studenti si separano. GK aspiraoii
air Università ,' quelli che mirano all' una o ali* altra delle
(«colta — filosofica — giuridica — medica — teologica, vanoo
. a frequentare le scuole speciali della letteratura, della filo-
logia italiana e latina^ di geografia e aioria, non che delle
discipline filosofiche, vale a dire, percorrono il ginnasio di
. due corsi, ed il Kceo di tre.
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• Gli sludeoti ebe vogliono addotlrintraf nelle parti pia.
eleraie delle seieiue naturali ed eaalte^ ed apprendere le
più importami applicasioni ebe uè traggono gii ingegneri ,
gli architetti, le industrie e le arti , a' indirizzano al poliiecni-
co, paasando prima nelle scuole tecniche inferiori di tre
coni annuali , poi nelle superiori di altri tre corsi a colti-
nre gli studj speciali del commercio^ dell' agricoltura, della
mereimonia e tecnologia , dell' algebra, della storia naturale,
della fisica e della meccanica.
» Il ginnasio, il liceo e lo studio tecnico superiore s' in*
tendono stabiliti in ogni capitale di provincia: la scuola pre-
paratoria e lo studio tecnico inferiore, anche in ogni capo
luogo di distretto; e la scuola primaria elementare in tutti
i comuni.
> L'opportunità di tale gradazione e ripartimento di scuole
emergcrk forse dal complesso delle seguenti considera-
tiooi.
> Nel passato i governi volgevano le principali solleci-
todiai air istruzione superiore, meno curandosi della secon«
daria e negligentandu la elementare. Da questa sproporzio-
nila distribuzione avveniva che, mentre sorgevano pochi
doni, universale tenevasi nel popolo V ignoranza delle no-
zioni più indispensabili agli usi della vita. La istituzione
delle scuole elementari devesi perciò riguardare come un
grande benefizio: ma non fu sinora provveduto abbastanza
eQicaeomeiue ai mezzi di esecuzione, nò per riguardo al«
l'intervento di tulli i fauciulli d'ambo i sessi che hanno
'"Kgìtioto l'età di 6 anni, né per riguardo agli stipendj che
pongano i maestri in condizione di esercitare degnamente
il loro nobile magistero, e alle pensioni che assicurino la
loro sussistenza, essendo sconveniente che il maestro, dopo
avere consaerato i migliori anni della sua vita ad educare
i figli del popolo, abbia a trovarsi costretto nella vecchiaja
a mendicare innanzi alla porta della sua scuola. Conviene
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perciò che i comuni e lo Stato, o strandiscaiio le scuole, o
le salvino dalla inanizione e dal bisogoo d' indecorosi ed
ìneflScaai espedienti, mediante un congruo assegnamento.
» Non tacio che V aggiungere nuovi pesi ai tonti che
oggi sopportano i comuni potrebbe far aorgere opposizioni
e malcontenti. Ma se ai considera che la acuoia elementare
e preparatoria come fonte di moralilh , imprime ai faocioUi
la direaione meglio conducevole ali* utile generale, rompendo
r ignoranza e i pregiudizj, cagioni della credulità , dell' in-
co^tanaa, e non di rado anche dei delitti del popolo; se si
considera esistere uno stretto vincolo d' iuteressi fra le varie
classi della popolazione, sicché dal miglioramento nella con-
dizione dell'una, devono anche le altre averne beneflzìo,
è provvido che i comuni se no addossino il carico, ed è
giusto che, ove occorra i vi contribuiscano le provincie, ed
anche lo Stato, finché speciali fondazioni o pii luoghi, cosi
come lo scemare delle imposte non vi arrechino sollievo.
» Accresciuti i fondi per tale bisogna, si riuscirà ad ac-
crescere anche il novero dei fanciulli che devono fre-
quentare le scuole, moki dei quali tuttora non interveogono,
distribuendo premj fra le popolazioni che mostraasero d* ora
in poi maggiore incremento di scolari. Tale partito, analogo
a quello che si pratica per la vaccinazione, potrebbe essere
elBcace a paralizzare presso una parte del popolo delle cam-
pagne e nei monti il calcolo del tenue guadagno che possono
trarre dall' opera dei figli ; frequente essendo che siano in*
viati alla scuola durante V inverno , e trattenuti appena si
riprendono i lavori rurali.
• L'unione di comuni limitrofi in una sola scuola é forse
da raccomandarsi, come mezzo eflBcace ad agevolare T at-
tuazione e il decoroso mantenimento delta scuola medesima.
» E nei luoghi più miseri e poco abitati, ove i comuni
siano troppo lontani per poterli unire in una sola scuola,
potrebbesi richiedere l'opera dei aacerdoti in cura d'anime.
Ma deve riuscire malagevole 1* incarico del pubblico insegna-
Sd9
ineDio a persone cui ìacombe soddMare ad obblighi più
gravi ed imperiosi, e pei quali la acuoia non potrebbe ri*-
promettersi un regolare andamento» Quando il maestro non
può essere assiduo ed esalto, la scuoia non solo rimane
Manie di buoni frutti, ma ti s'insinua il disordine, promo-
veodosi nei fiinciulli la svogliatessa e la dissipazione.
1 Ad un sacerdote in cura d'anime sarebbe forse da
preferirsi, per le scuole elementari, una maestra. € Gli asili
d'infanzia, dice l'onorevole collega Sacchi, hanno dato prove
cospicue dell' attitudine delle donne ad istruire nei primi
dementi i fanciulli d'ambo i sessi, poiché seguono esse le
vie più semplici e quasi materne, e i loro insegnamenti sono
per lo più orali, dati colla pasienza e coli' affetto delle buone
madri di famìglia ».
> Gli studj della III. classe elementare di presente in
tigore, diventavano, a parer mio, un controsenso per quei
ragazzi che si avviano al ginnasio, e che, nel proposto or*
dioamento, dovrebbero avviarsi alla scuola preparatoria.
> È debito di questa di supplire, per una parte, alla acuoia
elementare maggiore, e per l'altra, alle due prime elassi
ginnasiali del sistema in corso.
> Per il che la scuola preparatoria deve offrire un com*
plesso tale di cognizioni, che basti ad abilitare lo scolaro
sia a progredire nelle scuole speciali, sia ad essere più ntil«
mente impiegalo nelle varie condizioni della vita comune.
> La scuola preparatoria deve eziandio agevolare il rìpar*
limento e la semplificazione delle materie nelle scuole auc*
cessive; dovendovisi evitare la contemporanea moltiplicità di
materie accessorie, che^ assorbendo troppa parte del tempo
e della memoria, non concede libero sviluppo alle più ge«
nerose facoltà dell' intelletto.
» La acuoia preparatoria insegna:
> 1.^ A parlare la lingua italiana con giustezza: scriverla
speditamente acnza peccare contro la grammatica e l'orto*
grafia: conoscere ioolire i modi più usiicU nelle ordiooric
occorrcDze della pratica;
» S.® Procaoeia agii acohri negli ultimi due eorsi oltre la
cognizione grammaticale della lingua latinai qualche esera-
xio nel tradurre un latino di facile intelligeoxa. In vero, oggi
sarebbe disdicevole, non cbe agli ingegneri e agli archtieici,
eziandio ai capi^fabbrica e ai direttori di stabilimenti indu-
striali, l'ignorare affitto una lingua che ha tante attinense
colla nativa, e occorre si spesso negli usi della vita civile
e religiosa;
> 8.^ Dk una nozione della superficie del nostro globo in
generale, secondo le sue divisioni naturali e politiche; e
una idea complessiva degli uomini e degli avvenimenti più
importanti nella storia universale, e più particolarmente in
quella dell' Italia;
» 4.^ Prosegue il calcolo con numeri, giè iniziato nelle
scuole elementari ; apprende il calcolo decimale, ed addestra
nei conti di maggiore pratica utilità, affine di- predisporre
gli alunni allo studio scientifico dell' aritmetica , cbe verrk
sviluppato nelle scuole speciali,
» Le scuole veramente .abbracciano due scopi, la istruitone
propriamcnie detta, e la educazione, cioè la coltura dello
spirito e il modellamento del cuore; donde consegue, cbe
i libri d'istruzione e di lettura devono formarsi in guisa
di agevolare il duplice intento. Gioveranno pertanto le let-
ture graduali, che offrano di mano in mano la cognizione
del mondo, dell'uomo, de' suoi doveri religiosi e politici,
e delle sue più utili produzioni; e quindi la storia, Tagri-
coltura, la statistica del paese, e la conoscenza non sistema-
tica delle piante e degli animali che hanno maggiori rap*
porti cogli usi della vita. E in questi insegnamenti sari bene
evitare la soverchia astrattezza, procurando di volgerli a prò*
ficue applicazioni. È certo che tali esigenze non possono
essere soddisfatte con opere scritte da autori stranieri, ove
diffusamente si discorre, per esempio, della cokivazione del
241
luppolo e deirono, e si parla a foggia d' appendice del rìso
e del gelso!
» A vero dire il compito è arduo: libri pei suindicati due
seopi non possono essere fatti se non da chi è assai versato
Delie materie. Ma, siccome il farli è fatica arìda e poco glo-
riosa ( r autore dovendo sacriBcarsi tutto alla chiarezza , e
vincere, per amore di essa, le difficoltà create dal bisogno
di brevità e di esattezza); cosi buoni libri per la istruzione
saranno sempre un desiderio, flocbè non si provveda^ inca*
earicandoae espressamente coloro che ne meritano la con-
fidenza. Si deve tenere per fermo, che uomini valenti non
vi si consacreranno giammai , o ben di raro , per proprio
conto, in faccia air eventualità , che lavori di simil genere
compariscano frattanto approvati o raccomandati, tuttoché
meno soddisfacenti.
. » La scuola preparatoria, oltre abbreviare il corso gin*
assiale, e lasciare alle scuole tecniche agio per più ampio
sviluppo delle materie speciali, presenta l'altro beneflcio di
ridardare l'epoca iu cui lo scolaro deve decidersi per V una
0 l'altra carriera; giacché il giovanetto si conduce al bivio,
oon al termine delle scuole elementari, ma tre anni dopo.
Ragguardevole beneflcio se si considera ohe, per riuscire
io una carriera, occorre cioè discernere la propria attitudine,
che non si sviluppa abbastanza durante l'istruzione ele-
mentare.
» In siffatta guisa parmi che, dalla colluvie di studenti
sioora affbllantisi nelle scuole latine, togliendosi quelli che
hanno minor disposizione, e perciò tutti più i mediocri, l'inse-
gnamento delle lettere, riservato a minor numero di giovani,
ai valenti, diverrà più facile, più decoroso, più alto e più
fecondo.
» Il ginnasio pertanto, nel nuovo ordinamento, ha per
iscopo:
» 4.® Apprendere un modo facile, corretto ed el^nte di
AniAu. StaiUtkap vok XXII J, f erte 5.* 1 6
S4S
far uso della lingua italìaoa coti a voce come in iscritto ,
per esporre le proprie idee mano a mano ai vanno svol-
gendo; e la cognizione storica ed estetica dcHe opere più
imporianli della leueratura nazionale , e più caratteristiche
delle varie forme prosastiche e poetiche.
» 3.° Imparare la letteratura latina nelle sue più impor-
tanti produzioni « e per essa conoscere la vita politica dei
romani; acquistando un sentimento per lo stile della lingua
latina, e quindi per i pregj di una bella ditione.
» Sono due i principali motivi che danno allo studio
di questa lingua un valore essenziale per una educmione
elevata. In primo luogo, essa è necessaria a tutte le profes-
sioni basate sopra una coltura scientifica , facilitandone lo
studio (come nella medicina), o rendendone possibile il
fondato esercizio (come nella teologia e nella giurisprudenia).
> In secondo luogo, colla lettura dei migliori classici
latini, l'alunno si trasporta col pensiero in mezzo ad un
popolo e ad uno Stato, che impara a conoscere facilmente
per la semplicità delle sue istituzioni , e che ammira per
la sua grandezza. Il nesso di queste idee colla perfezione
delle forme artistiche che ravvisa in quei classici, produce
in lui una impressione profonda od un effetto morale, che
Io colpisce vivamente, e accelera- il suo invirire.
» 3.^ Rendere eiBcace e Termo lo studio della geografia,
mediante l'esercizio di copiare e ridurre le carte: si noti
anzi che, limitandosi a descrivere succosamente le circostanze
dominanti e distintive dei paesi e delle nazioni, potrebbesi
stringere questo studio in libri di mole minore e maggior
significato.
» 4.^ Apprendere dalla storia antica quanto è necessario
alla intelligenza dei classici, riservando l'evo medio e il
moderno ai licei : i ginnasj potranno del resto occuparsi
dell' istoria municipale, che non s'impara mai troppo presto.
> 5.° Impratichire delle quattro principali operazioni
sui numeri complesj»! ; richiamare alla memoria la regola
S4S
dd tre* il calcolo decimalCi eoo applicaxiooi al sistema me-
irieoy alle cose domestiche e a quesiti di geografia.
9 Le aueennate materie, opportanamente distribaite in
doe corsi anouali, daranno agli alunni occasione di esercì*
tare le facoltà dell* ingegno sui grandi esemplari non solo
ma soi latti eaiandio deli' istoria e nella geografia ; e perciò
entreranno essi meno immaturi e meno gretti nello studio
delle seiensei riservato ai licei. Il quale studio esige un
madore sviluppo delle facoltà intellettuali, ed un' attenzio-
ne lungamente sostenuta, cui in generale contrasta la sover-
chia mobilità dell* organismo de* giovanetti, che non hanno
ancora raggiunto il terzo lustro.
«
9 Alle volte può accadere che alcuni studenti ginnasiali
si accorgano di avere sbagliato la carriera scolastica , o si
trovino per qtialche accidentalità costretti a mutarla, od an-
che a interromperla per darsi subito al commercio, all' in-
dostria, ecc. Volendo offrire a quelli che abbandonano le
scuole un complemento alla loro educazione, e agli altri il
mezzo di sostenere r esame di promozione al corso tecnico
superiore, sarà opportuno introdurre nel ginnasio le scuole
libere della lingua francese ^ dei primi rudimenti di storia
natarale, fisica e meccanica, del disegno a mano, del disc*
gno lineare e ornamentale.
» Molte, vaste e disparate sono le scienze da compren*
dersi nel liceo ; ma dovendo questo aprire 1* adito a profes*
sioQi molto diverse, l' insegnamento deve limitarsi a porgere
quelle cognizioni, le quali preparano bensi alla carriera spe-
dale, ma che non devono essere ignorate da ogni colto
giovane anche in altra carriera. Tutto ciò che oltrepassa quo*
sto limite deve riservarsi all' Università o al Politecnico.
» Tuttavia essendo pur molte le cognizioni scientifiche
a tutti necessarie, il liceo non si può correre, senza stor«
pitture, in meno di tre anni.
S44
» La filosofia propriamente detta, la storia universale;
Teserclzio dello scrivere e V istruzione religiosa , sono ma-
terie da ripartirsi in tre anni, eom' è già indicato nel pro-
gramma deir ktituto. E dacché nel 8.^ anno si vorrebbero
dal professore di filosoOa spiegate le istituzioni civili, presso
ogni singolo liceo dovrebbesi in ispecie trattare degli sta-
tuti propri a ciascuna provincia , pieni di sapienza civile,
che ne* passati tempi ed in gran parte (per le acque e
strade, per V annona, ecc.) erano in vigore, e ai quali non
di raro fa duopo oggi ricorrere per definire parecchie que*
itioni di diritto. La nessuna cognizione delle leggi statutarie
ogni giorno si appalesa pur troppo nella pubblica ammini-
strazione, non lùeno che nelle transazioni della vita pri-
vata.
» La matematica elementare dev' essere studio quotidiano
nel primo anno, abbondando negli esercizi di geometria più
che in quelli dell' algebra. Coli' algebra si abbia speciale ri-
guardo a fortificare l' aritmetica, s' impari a risolvere i pro-
blemi determinati di 4.^ grado a una o più incognite, la
teoria delle proporzioni, la risoluzione delle equazioni di
S.^ grado, l'estrazione delle radici, le proprietà dei logarit-
mi e delle progressioni. Colla geometria si cerchi di formare
e aggiustare il criterio negli u^ della vita, e porgere lume
a meglio comprendere le leggi della natura.
> È verità comunemente sentita, che la fisica, cogli ul-
teriori perfezionamenti generalizzando i fatti e rendendo
più semplici le teorie, va di gran passi a ridursi ad un va-
sto problema di meccanica razionale. Comunque sieno va-
riati i mutamenti che sorvengono nello stato dei corpi per
l'azione delle diverse forze, dobbiamo alla fine considerarli
come fenomeni di movimento, e quindi del genere delle
quantità matematiche.
> Le leggi deir equilibrio e del moto entrano nell' ab-
becedario della fisica, del pari che in quello della mecca-
nica. Gli utensili , le macchine , gli apparati che il - fisico.
StiÒ
deve predisporre per le sae esperienze, si riferiscono lutti
air uno 0 air altro elemento meccanico. E non si potrebbe
fame oggi buon uso, né interpretare giustamente i fenomeni
né riconoscere ed eliminare le cause perturbatrici, né im<>
piegare utilmente nemmeno la' macchina pneumatica, ncm*
meno il barometro, senza possedere i princìpj della mecca<>
nica razionale, cui dobbiamo quanto v'ha di positivo nella
fisica.
» Per questa anastomosi della fisica colla meccanica
sark utilissimo che in tutti i licei, i due insegnamenti ven-
gono affidati al medesimo professore, sembrandomi cosiffatto
congiungimento più conforme alla loro natura, e quindi
più efficace a produrre buoni frutti.
» La meccanica pertanto, o fisica generale, e i primi ru*
dimenti di chimica dovranno insegnarsi nel secondo anno;
e nel terzo anno i trattati speciali della fisica esperimentale
colle più ovvie nozioni di geografia fisica^ astronomia e me-*
teorologia.
» Nel terzo anno il professore di storia naturale dovrà
porgere un' idea complessiva e sistematica dei tre regni della
natura, farne conoscere i prodotti principali, e distinguere
gli uni dagli aUri col determinarne le qualità caratteri*
siiche.
» È manifesto non doversi le menti dissipare in più di
due diverse materie in un medesimo giorno, riuscendo più
facile imparare più materie 1' una dopo V altra, che simul-
taneamente intrecciate e confuse.
» Mi sembra inoltre un' eccellente pratica quella di ob-
bligare gli allievi, almeno una volta per settimana , a scri-
vere in modo libero e proprio le cose esposte dal profes-
sore di storia e letteratura.
» Sostituire l'esercizio continuo della penna al passivo
esercizio della memoria, è una riforma capitale da introdursi
in tutto l'insegnamento scientifico.
» La teoria delle forme del dialetto attico e delle re-
i4ft
gole esseniiali dtlla uaUMi, t quindi k leuara delle più
importanii produsioni della letteratura greea, cosi alBoe alla-
latina, ti racebiuderanoo nel S.^ e nel 3.*^ eoreo del liceo,
con orario speciale, riservato soltanto a que' giorani ave*
glìati e studiosi, che ti sentono proclivi alle discipline clas*
aico-umaniste*
> Le scuole tecniche inferiori sono destinate a que*
moltissimi che, per le circostanze domestiche e per la tem*
pra del loro ingegno, si avviano ai mestieri, agi' io^pieghi
d'ordine, airescrcizio delle arti, alle aziende agricole e com-
merciali. — E le materie da trattarvisi sarebbero le ae*
guenti :
> Continuazione dello studio della lingua iialiana, ap-
prendendo le forme più ovvie dello stile curiale ;
> Studio della lingua francese;
> Continuazione della geografia e della storia secondo i
rapporti di maggiore importanza per T industria e il com-
mercio, e con particolari riguardi all' Italia;
> Continuazione dell'aritmetica applicata al calcolo d'in-
teressi, ai conti di socieiò;
» Modo di tenere i libri di commercio; operazioni di
eambio; regolamenti delle dogane;
» Conoscenza degli oggetti della geometria ; esercizio
neir applicare le sue regole al calcolo delle superficie e
dei volumi ;
* Cognizione delle proprietà generali dei corpi, e delle
leggi naturali di più facile intelligenza;
» Conoscenza dei corpi semplici più comuni, e delle
più usuali loro combinazioni;
» Descrizione degli oggetti appartenenti ai tre regni
della natura di maggiore rilievo per l'industria e il eom*
roercio ;
• Indicazione dei dati per riconoscere la genuinità delle
materie prime e dei luoghi da cui provengono, e criteri
per la determinazione dei loro prezzi ;
S47
» Cognizione delle roftcehine semplici, e di quelle più
eoronnemenie adoperale nelle arti e ne' mestieri , avendo
eura di spiegare sommarinmente il modo di operare;
> Disegno a mano di oggetti propri! delle arti e dei
mestieri: disegno lineare ed omameniale,
9 Ma per gl'ingegneri e architetti, pei meccanici diret-
tori d* officine, per quelli che vogliono dottamente eserci-
tare r agricoltura, la selvicoltura, e saper trarre il massimo
profitto dai loro prodotti , elaborandoli negli opifici ; per
quelli che aspirano a condurre coi lumi della geologia, della
meccanica, dell'idraulica le esplorazioni, gli scavi, gli scoli
delle miniere, e a trattare i minerali coi migliori processi
ebtmicì e fisici onde iscoprirne la qualità e quantità degli
elementi, e dar consiglio sulla convenienza della impresa,
e sai modo di condurla; per quelli che hanno a dirigere
negli alti forni i lavori metallurgici; per tutti costoro sono
destinate le scuole tecniche superiori, ove apprendono una
conveniente isinizione sistematica di geometria ed algebra,
di fisica, chimica, storia naturale, agraria e disegno, con ri-
guardo alle loro più interessanti applicazioni, predisponendo
in siffatta guisa gli allievi a ricevere nel politecnico il com-
pletamento della loro istruzione scientifico-industriale.
» Oltre essere sommamente arduo riuscirebbe eziandio
troppo lungo e nojoso dsicorrere adesso de' metodi da se-
guirsi neir insegnamento delle singole materie. Giova per
altro sapere, che gì' istituti tecnici più accreditati d' Europa
adottarono metodi differenti , ed anche opposti* Ve n' ha
alcuni ove l'insegnamento della scuola è susseguito da un
hvoro materiale in officina, ridotta quasi a laboratorio mec-
canico. Ma tranne pochissime eccezioni, l'esperienza non
rispose favorevolmente : gli allievi in generale vi si applicano
con poco profitto : il lavoro fatto per mera esercitazione ,
degenera ben presto in trastullo con danno e degli scolari
e della scuola»
348
9 Air iDCootro DOQ avvi cosa pia seria, e perciò salutare
deir opera che crea o riporta qualche frullo : 1* opera che
si escguisee per altri fini ha il grande inconveniente di to-
gliere alla fatica il suo vero carattere, la necessità. Inoltre,
il lavoro meccanico da eseguirsi in siffatti laboratorj impor-
terebbe una spesa cosi ingente, da metterli, nel caso pra-
tico nostro, fuori di ogni discussione.
» Altri istituti adpttarono un metodo affatto opposto, ri-
fiutando ogni istruzione che non sia orale, espositiva dei
principj tecnici, e rimandando gli allievi al reale attrito
delle officine per ogni ulteriore pratica applicazione delle
cose apprese nella scuola sotto forma generale. È però sot-
tinteso che cotesta educazione scientifica dev'essere spo-
gliata di quel carattere vago e ideale, che indirizza lo spi-
rito verso le mere speculazioni e lo allontana dalle realtà.
I principj teorici devono presentarsi in maniera di spingere
gli allievi verso la pratica^ agevolandola e facendola amare.
> Questo metodo è suggerito dalla considerazione, che
riesce impossibile adattare 1* insegnamento alle molte spe-
cialità cui bisognerebbe avere riguardo af&nchò le regole
insegnate convengano a tutti i contingibili casi che s' incon-
trano nella pratica.
» La necessità di possedere nozioni scientifiche generali
fu sempre, e oggi più che mai, sentita dagli Inglesi. È scopo
delle scuole tecniche superiori di ricercare questi principj,
facendone poi scaturire le applicazioni nella pratica.
» Tocca air officina d* insegnare ali* operajo la maniera
di disporre le dita, di esercitare il corpo e i muscoli a de-
terminale manovre, da imprimere nello spirito e più anco-
ra nella carne, si permetta 1* espressione, certe operazioni.
Spetta alla scuola preparare 1* intelletto : precipua sua ten-
denza è dar ragione delle cose: è debito suo condurre Tuo-
mo che lavora, in qualsiasi industria, a ragionare su quello
clic fa, e per conseguenza a farlo meglio; ma il noviziato
deirarie resta onninamente escluso dalla scuola inglese. .
949
» Fra questi due metodi opposti, un terzo ve n* ha, ohe
in parte concilia l'esigenze dell'esercizio manuale coi det-
tami delle regole scieniifiebe. Questo metodo, praticabile
anche con mezzi non dispendiosissimi, consiste nell'ampliare
rio«egnamento della scuola, o, per dir meglio, nell'eslen-
derae l' azione ad un esercizio di positiva applicazione, che
non si allontana troppo dall'influsso della scuola. Potrà, per
esempio, il chimico condurre gli allievi ad operare nel suo
laboratorio ; il fisico esercitarli a sperimentare nel suo gabi-*
oeilo; il meccanico nell'aula del disegno, per addestrarli a
delineare le niacchioe, e sviluppare la loro intelligenza al
punto dì condurli gradatamente alla riproduzione non di un
disegno soltanto, ma di una macchina qualsiasi, e formarne
da sé slessi i disegni circostanziati si per minuto, da met*
lere i costruttori in condizione di fabbricarla.
» Certo che imparare a disegnar macchine, non è farsi
meccanico. Se non che, imparando il disegno in rapporto
coi bisogni della scuola di meccanica, gli allievi si rendono
famigliari colle macchine e colie loro funzioni , e per conse«
guenza colle industrie e coi processi della fabbricazione, cui
esse si prestano.
> Nel politecnico, oltre le materie presentemente com-
prese nella facoltà matematica, dovranno insegnarsi la fisica,
la chimica, la storia naturale, in tutta la loro estensione
scientifica e industriale, per modo da rendere gli alunni ca-
paci di applicare le scienze all' architettura, ai lavori pub-
blici, alle operazioni delle miniere, alla costruzione delle
macchine, alla metallurgia, alle ferrovie, ecc., e non tutto a
tuui; ma saranno le materie opportunamente distribuite e as-
segnate secondo le carriere che gli studenti dichiareranno
di voler correre.
» Nella scuola politecnica, le lezioni consacrate alla espo-
sizione teorica dei fatti dovranno essere accompagnate da
conferenze , sperimenti , manipolazioni, e da lavori grafici ,
t50
eseguili dagli allievi medestmi tolti) la direzione dei pro-
fessori.
• Lungi r idea di volere ehe s* insegnino per minuto i
diversi generi di fabbrijsatione, col far eseguire agli alunni
i proeessi particolari che vi sono impiegati. Questa, l'abbiamo
detto, sarebbe una impresa colossale, che trascinerebbe il
governo in ispese eccessive.
> La scuola politècnica deve a parer mio^ svincolarsi dalle
specialità industriali , per risalire ai princìpj che ad esse
sono comuni; deve stabilire un nesso rasionale fra la pra-
tica e la teoria, senza cadere neirariditii delle scienze
astratte. Le arti in opparenz;i disparalissime , eseguiscono
operazioni analoghe, impiegando spesso metodi assai diffe*
renti.
» L' indirizzo generale di questa istituzione dcv' essere
adunque d* insegnare la maniera di trasportare in ciascuna
industria i melodi perfezionati ehe posseggono le altre. E
perciò essa mira a introdurre nelle ofiicine un miglioramento
di processi e di meccanismi che assicuri il buon andamento
complessivo e la riuscita delle operazioni.
» Il politecnico deve essere riccamente provveduto dei
mezzi d' istruzione. Una biblioleca industriale; collezioni ri-
feribili alla chimica, alla geologia o mineralogia; un gabinetto
di fisica e meccanica industriale, un laboratorio, una officina
per costruire apparati, un assortimento di disegni d^ogni
genere, la maggior parte dovuti ai professori della scuola ,
contribuiranno in maniera efficace a rendere gii allievi alti
a vincere le difficoltà dell' applicazione. Le ricercìie del la*
boratorio, i lavori dell* officina, formeranno quella pratica,
che ajuterk a superare gli ostacoli dal giovane ingegnere
per la prima volta a ciascun passo incontrati nell' eseguire
una operazione industriale.
» Riservandomi in altra occasione V onore di esporvi al-
cuni miei pensieri sulle scuole universitarie e sul privalo
S51
imegntmeiuo , chiudo 1* odierna lettoni con qualche- consi-
derazione sugli esami annuali di promosione da una classe
air altra, e su quelli d'idoneiih, agli studj universitari e
politecnici.
» L' indulgenza negli esami annuali fu il vero tarlo del-
l'istruzione; per essa i giovani si presentavano alle scuole
si mal preparali» si poco fomiti di cognizioni fondamentali,
da trovare inciampo nelle prime mosse; inciampo che li
scoraggiava, li sviava, e li rendeva elementi di disordine. Né
paja strano V udire che di ciò la precipua cagione procedesse,
in generale, dai pregìudiij delle slesse famiglie.
> Invero quanti non erano i genitori, i quali intenti so-
praiQlto agli interessi materiali immediati, consideravano la
icuola più come traino inevitabile, destinato a condurre i
giovani in posizioni lucrose, che come mezzo di educare il
cuore, e fornire ta mente di preziose cognizioni? E per
conseguenza esercitavano essi le loro influenze onde -spin-
gere innanzi i Ogii a compiere la carriera scolastica al più
presto possibile. Non tutti i docenti (bisogna pur dirlo) sa-*
pevano resistere alle forti pressioni, da ogni pane esercitate
iul loro animo per renderli indulgenti ; e i|na falsa pietà li
tratteneva spesso dall' obbligare gli scolari a ripetere qualche
anno de' loro studj. Ne veniva ch'essi comparivano nelle
sole fliosofiche colla leggerezza del fanciullo, dipendente
sopratutto dalla eccessiva mobilità delle fibre che non per-
metteva loro di sostenere a lungo l' attenzione sopra oggetti
specolativi, e li rendeva perciò inetti allo studio delle scienze*
Fauno veramente campassione quei genitori che si gloriano
dei loro figli , divenuti in età non ancora quadrilustre^ dot-
lori nelle scien^ che non poterono imparare! SI, è [una
falsa pietà quella che trattiene i professori dal far ripetere
ti giovani qualche anno^ specialmente dei primi studj. La
ripetizione è un farmaco che molesta per un istante il pa-
lato, ma che sana la malattia; e 1* infermo benedice poi al
medico che l'ha saputo tormenuire per guarirlo.
953
» Avvi uf> aUro non meno grave pregiuditio, da cui ai la«
sciano dominare parecchie famiglie. I genitori, d'ordinario t
si occupano moltissimo della educazione infantile (il che
forse contribuisce meglio che altro a rendere gli scolari più
disciplinati e studiosi nei primi stadj deli* insegnamento):
ma quando i fanciulli sono divenuti adulti, credono che
tutto sia fatto, e li abbandonano alla societi, permettendo
loro di spiegare le vele. Non si considera che le fibre di un
giovanetto trilustre sono ancora troppo tenere per una piega
durevole: non si considera che le buone abitudini si fissano
stabilmente soltanto allora che il suo organismo , bene svi-
luppato, prende vigore e consistenza.
» Questo punto saliente della vita giovanile s* incontra
d* ordinario nel liceo che , come si è detto, costituisce lo
stadio più consentaneo ali* apprendimento delle scienze. Ed
è in questo suidio che richiedesi una vigilanza, bensì più
disinvolta ed amichevole, ma non meno oculata ed assidua.
Al contrario, questa è T epoca in cui parecchi genitori, af-
fannati per le prime cure, respirano, parendo che ne deva
venire ad essi alleggerito il peso; e finiscono per credere
che nuir altro resti loro a fare.
» Gli esami d' idoneità , tenuti con giusto rigore , por-
ranno argine a questa fatale noncuranza. Il loro carattere
solenne, il contegno deliberalo e giusto delle Commissioni
esaminatrici, 1* interdizione del passaggio ai meno provveduti
delle necessarie cognizioni, faranno nascere negli scolari e
nelle loro famiglie l' idea di un ordine fermo e imponente,
talché quelli si adopreranno con maggiore raccoglimento e
con più assiduo studio; e queste stringeranno relazioni colla
scuola , per cooperare con essa al buon andamento dell* i-
siruzionc.
• Il rigore negli esami di promozione è poi una giustizia
esercitata verso i bravi e studiosi, per non metterli insieme
cogr inetti e trascurati; il rigore negli esami d'idoneità è
voluto dalla nazione, la quale ha bisogno che i giovani af-
258
fidati agli stabiUrocntl d* islrazione diventino uomini valenti^
sotto il riguardo scientifico, non meno che sotto al morale
e politico: lo esige Io Stato, perchè da questi istituti escano
giovani capaci di coprire un giorno uIBcj pubblici più o me-
no importanti. Se nelle classificazioni saranno adempiute le
condizioDi di un attestato veritiero, la scuola renderassi ve-
ramente fonte di coltura. Il mezzo pedagogico degli attesta*
ti, utilissimo quando presentano una caratieristica fedele de-
gli allievi, <liventa dannoso qualora si trovino in contraddi-
zione eolla stessa coscienza degli scolari.
» Questo miglioramento nella parte pedagogica dovrà
infine recare i suoi buoni frutti anche nell' istruzione, e ren-
dere meno tardo V invirire dei giovani. Se cogli esami di
maturità, comandati dal cessato governo, non si consegui
quei grado di coltura, quella forza e giustezza di ragiona-
mento V quella facilità e chiarezza di esposizione che si era
sperato, è da incolparne la simultanea moltiplicità, la inop-
portuna distribuzione, la soverchia estensione delle materie,
e la scolaresca troppo numerosa nelle classi , per potervi
tenere in continuo esercizio i singoli scolari, e correggerne
i compiti ; la mancanza di lena dei doeenti, per causa di un
orario gravosissimo, per l' obbligo d* insegnare diverse disci-
pline, e per l'insufficienza degli stipendj. Si, quest'ultima
circostanza è molto influente sul buon andamento della scuo*
la. L'angustia procedente dal bisogno di occuparsi in oggetti
estranei, onde supplire alle lacune che lascia neir economia
domestica la pochezza dello stipendio, toglie assolutamente
ai docenti il tempo e le forze per approfondire i proprj
siudj. L' alto grado cui oggi sono portate le scienze e le let-
tere, deve assorbire nell'insegnamento tutto un uomo e il
SQo tempo: ò quindi giusto e necessario che il professore
trovi neir appuntamento della sua cattedra i mezzi sufficienti
di una decorosa sussistenza.
> Onorevoli colleghi! Ho procurato, anziché limitarmi a^
proporre semplici modificazioni air odierno sistema imperfet-
164
ibsimo, di far piriire V impianto dell' insegnamento da mi
principio sommo razionale, oolla mira di sviluppare, per
quanto il comportavano le mie forse, i seguenti aforismi:
» 1.^ Combinare fra loro le diverse sezioni in maniera
ehe riesca continuata la progressiva serie dello sviluppo fi*
sico, psioologieo e positivo degli educandi, e ee ne evitioo
le lacune.
9 S.^ Distribuire Tinsegnamento sulle diverse etk in guitt,
ehe corrispondentemente at naturale sviluppo degli allievi ,
quindi all' ìndole delle individuali loro tendenze e degli spe*
eiali loro bisogni, possano essi rivolgersi direttamente da un
grado inferiore, comune^ d'istruzione, ad altra serie d'inie-
gnamento particolare, conforme ai loro bisogni e alle loro
tendenze, con notabile risparmio di forze.
» 8.® Raggiungere I* Intento senza stabilire tante separate
istituzioni, quante sono le diverse categorie di precipue {classi
sociali, che non potrebbero non avere basi pressoché fonda*
mentalmente discordi sino dai primi gradini, quasi mancas*
sero pel corpo, pel cuore, per l' intelletto punti di eoniauo
e identità di bisogni fra le varie caste: togliendo cosi l'in*
coerenza nei principj, si evita lo sciupamenio net meni >.
•t«dj ««Ile proprietà letterari» e4 mwiUiUm*
(Continuazione e fine. Vedi il fascicolo precedente, ptg.l6S).
Ci evidente, per esempio , che un discorso tenuto da od
oratore in un corpo politico non può essere, come tale»
soggetto di proprietà in chi lo pronunziò essendo per aa>
natura destinato alla massima pubblicià. L* oratore parlando
al corpo politico di cui fa parte, parla alla nazione, tA i
giornali che ne riproducono i discorsi sono i banditori della
t55
parola, che quantunque pronunziata, per neeesaità di con-
tiogeoie, in aule limitale e a numera limitalo di uditori ,
pure è virtualmente destinata alla cognizione di tutti. L'ora-
tore non avrebbe la facoltà di impedire che ai suoi di-
ioorsi venga data pubblicità ; ed anche sotto questo aspetto
viene confermato il principio, che non sono suscettibili di
proprietà, come tali, i discorsi fatti alla tribuna politica. Che
le poi nel riprodurli entrasse Ut speculazione , e I discorsi
venissero pubblicati, non più per occasione ed al tempo
io cui furono pronunciati alla tribuna, come sarebbe del-
V editore che pubbllcasae la raccolta dei discorsi politici di
un dato oratore, allora questo potrebbe rivendicarne la prò*'
prìetà, perocché, se i discorsi detti alla tribuna, indipenden-
temente dalla massima e libera pubblicità avuta quando fu-
rono pronunciati, hanno un valore o letterario o scientifico
e si possa dalla loro pubblicazione averne un vantaggio, non
è giusto che questo vantaggio appartenga ad altri che al
loro autore. Oltredichè la pubblicazione di discorsi detti in
epoche ed in circostanze politiche diverse, potrebbe nuo-
cere al loro autore, ove non sia fatta ragione della diver-
sità di tempi e di circostanze : giudizio che naturalmente a
nessun altro meglio che air autore stesso si addice.
La Yostra Commissione ha scelto ad esempio i discorsi
detti alla tribuna politica, non già coir intendimento che
essi devano formare soggetto di una speciale disposizione
legislativa, ma solo per mostrare in massima, per le pro-
duzioni qui contemplate dal programma, dove cessi V azione
del diritto di proprietà, e dove riprenda dominio. Del re-
tto, anziché abbandonarsi ad una casuistiea , che sarebbe
sempre imperfetta, pare alla vostra Giunta, che la legge do*
trebbe sancire la disposizione di massima , abbandonando
poi alle decisioni dei giudici i singoli casi, nei quali na-
scesse conflitto fra V autore e i' editore delle produzioni dì
eoi si tratta. E questa disposizione legislativa di massima
sarebbe : xbe abbiano a ritenersi suscettibili de! diritto di
356
pi^oprietà anche le Iolìoqì, conferenze, discorsi , articoli di
giornali o pubblicazioni qualsiaosi, salvo che, per la loro
indole, o neir intendimento tacito od espresso dei loro aa*
tori, siano destinati ad avere la massima pubblicità, indi-
pepdentemente dagli autori stessi, ai quali per altro sarebbe
in ogni caso garantita l' illimitata proprietà delle loro prò*
duzioni, ove siano pubblicate a modo di raccolte , o altri-
menti, per oggetto di speculazione.
È qui il luogo di ripetere un desiderio, che la vostra
Giunta vi. ha già espresso, cioè, che il diritto di proprietà
letteraria si dichiari dalla legge «espressamente esteso anche
alle lettere scrìite da autori viventi o defunti.
In questi ultimi tempi si è fatto un vero abuso della
pubblicazione di lettere scritte specialmente da defunti, pub*
blicazione fatta per mero spirito di speculazione dai deten-
tori di queste lettere, senza riguardo né all' onore né alle
convenienze sociali di chi le scrisse, e che nello ftcriverle
non immaginò forse mai che potessero essere pubblicate.
Se uqa lettera ha tutta l'importanza di un lavoro scien-
tifico o letterario, non può elevarsi dubbio che cada sotto
le disposizioni concernenti la proprietà letteraria. Se ne po-
trebbe dubitare allorquando trattisi di lettere confidenziali,
di famiglia e di uso al tutto privato, alla cui pubblicazione
il diritto esclusivo nell'autore o suoi eredi potrebbe muo-
vere da considerazioni di un ordine diverso da quelle che
vogliono tutelata la proprietà delle opere dell' ingegno. Or
questo dubbio vuol essere tolto colla disposizione legislativa
che, senza l' assenso dell' autore o de' suoi aventi causa, non
possano essere stampate nemmeno le lettere famigliari e
private, fatta soltanto eccezione del caso in cui . la pubbli-
cazione seguisse all'oggetto di discolparsi da un'accusa. Se
chi le scrisse è vivente, deve lui dare V assenso della pub-
blicazione: e dopo la sua morte devono essere chiamali a
prestarlo i suoi eredi, che dobbiamo supporre sotto ogni
riguardo i giudici più competenti sulla convenienza di tale
257
pubblicazione intervenendo in ogni caso opportunamente ^
dare quelle illustrazioni e schiarimenti che valgono a far
comprendere le situazioni a cui alludono le lettere pubbli-
cate, per evitare i pericoli di false o maligne interpreta-
zioni.
Altro importante argomento legislativo sulla proprietà
letteraria sono le traduzioni. Il diritto di proprietà sul te-
sto originale, dimanda il programma, contiene in sé, colla
stessa estenisone e durante Io stesso periodo, il privilegio
della traduzione?
Se un autore pubblica la sua opera in varie lingue, o,
ciò che è lo stesso, pubblica contemporaneamente traduzioni
di essa in varie lingue, non e' è ragione alcuna che la pro-
prietà d' autore non abbia ad essere , egualmente e sotto
le stesse condizioni di estensione e durata, garantita atrope-
ra originale ed alle traduzioni ,' ciascuna delle quali anzi ,
riguardo air autore, è opera originale in diversa lingua.
Se I* opera non viene pubblicata che nella lingua del-
l'autore, sono assai divergenti le opinioni intorno alla du-
rata da assegnarsi al diritto di traduzione.
Il Comitato d* organizzazione del Congresso di Bruxelles
con una circolare del 5 agosto, propone un proprio modo
di scioglimento dei quesiti da esso proposti col programma
del 4 nnaggio ; e su di questo argomento propugna il prin-
cipio che il diritto di traduzione abbia a ritenersi conse-
guenza necessaria del diritto cK proprietà sul testo originale,
e che, senza ingiustamente ledere il diritto stesso, non possa
limitarsi la durata per l'esercizio del diritto di traduzione
più di quanto è stabilito pel diritto di pubblicazione del*
l'opera originale* La vostra Commissione crede che nella
soluzione di questo come di altri quesiti che esamineremo
più avanti, il comitato di Bruxelles abbia considerato il di-
ritto di proprietà delle opere di letteratura e d' arte in un
modo troppo assoluto, né tenuto contò abbastanza del limite
Ak.^au. statistica, voi. XXIII, serie 3.* 17
358
cbe necessariamente ineontra nel dirittOi parimenti impre»
scrittibile, dell' universa societii di eonoscere facilmente le
opere d'ingegno ehe vengono pubblicate: postochè, per
una parte, dà loro il diritto di incolato universale, a van*
taggio dell'autore e suoi eredi; e d'altra parte, le nuove
opere sono sempre il risultato degli studj e delle idee di
coloro che ci precedettero, e dei pensatori di lotte le db*
zioni.
Fu esitante la vostra Commissione se dovesse, sulle trac-
eie di varj trattati internazionali, proporre che allo stesso
autore dovesse assegnarsi un congruo termine, nel quale
avesse ad esercitare il diritto di tradiuione della sua opera
nei paesi dove si parla una lingua diversa: ma è prevalsa
la considerazione, che la traduzione di un' opera è una vera
riproduzione di essa, e cbe quest'atto della riproduziooe
deve essere mantenuto personale all'autore, il quale può
essere condotto da ragioni rispettabili, intrinsecamente atti*
nenti alla sua opera originale, a non volere od a protrarre
la riproduzione di essa sia colla ristampa, sia per mezzo di
traduzioni; e può avere anco interesse, per mantenere in-
tegro il merito della sua opera, di riscontrare le traduzioni
cbe ne vengano pubblicate.
Ma se queste ragioni condussero la vostra Giunta a pro-
porre che debbasi concedere all' autore, durante tutta la sua
vita « il diritto esclusivo di tradurre per sé o per altri di
lui concessionarj la sua opera, crederebbe esorbitante l' ac-
cordare un tale diritto agli eredi, durante il troppo lungo
periodo dei treni' anni pel quale spetta a loro il diritto di
ristampa delle opere dei loro datori. Si spingerebbe troppo
oltre il diritto della proprieib letteraria accordandosi anche
agli eredi di un autore la facoltà di impedire la pubblica-
zione di traduzioni negli altri paesi, perocché verrebbero
questi ingiustamente e per troppo tempo delusi nella legit-
tima toro aspettativa di conoscere le nuove opere pubbli-
cate, che, come già osservammo, sono sempre il prodotto
S59
anche degli studii e delle idee di tutti i cultori del vero
ucir universo. Suppongasi un* opera pubblicata nella lingua
più conosciuta in Europa, la francese. La lettura ne sarà
privilegio della classe educata delle altre nazioni. Queste
sproporzioni si fanno più evidenti quando si tratti di im*
opera tedesca od inglese^ e voi conterete a dito le persoqe
che sapranno leggerne ed intenderne una pubblicata nelle
lingue che si parlano in Russia, in Turchia, in Grècia.
Si lasci adunque all' autore, durante 1* intera sua vita «
il diritto esclusivo di pubblicare o far pubblicare col pro-
prio assenso la traduzione delle sue opere in altri paesi,
ma tale diritto non passi agli eredi dell* autore. Se non che
siccome potrebbe darsi che questi soccombesse poco dopo
la pubblicazione dell' opera originale, ed anco prioaa di trar
vantaggio dal diritto di traduzione, cosi potrebbe stabilirsi ,
che anche i suoi eredi possano esercitarlo pel periodo che
rimanesse a compiere, per esempio, di cinque anni dalla
pubblicazione dell' opera originale. Coli* inaugurarsi di prin-
cipii più larghi in punto al riconoscimento internazionale
del diritto di proprieth sulle opere originali di letteratura e
d*arte (larghezza che è a tutto vantaggio degli autori e
loro eredi), si può essere meno scrupolosi intorno al pe-
riodo da assegnarsi , nel caso qui contemplato , agli eredi
per r esercizio del diritto di traduzione.
Del resto^ trascorso il periodo nel quale il diritto di tra*
duzione fipetti all' autore dell' opera originale o de* suoi
eredi nel caso sopra contemplato , la traduzione dovrebbe
considerarsi come un'opera originale per gli effetti della con-
traffazione , salvo , a chi pubblicasse altra traduzione , di pro-
vare che questa differisca dalia già pubblicata, e possa con-
siderarsi un'opera d'ingegno a sé, indipendentemente dal
merito di essa.
È proposto alla discussione del congresso anche, se si
devano obbligare gli itutori delle opere di letteratura o
d*arte a certe formalità per 1' esercizio del loro diritto; e
260
86 la mancanza di quesie formalità deva togliere il diriuo
stesso.
È neir interesse degli autori, per il facile esercizio del
loro diritto di proprietà , e ^d un tempo per togliere di
mézzo le incertezze nell'industria e nel commercio dei li-
bri e delle produzioni dell'arte del disegno, che si iairo-
duca in ogni Stato un uffizio, al quale devano gli autori in-
sinuare il diritto di proprietà delle opere e delle traduzioni
producendone un esemplare a identificazione. Allo stesso
uffizio sarebbero da insinuarsi le cessioni, e cosi la morte
dell'autore, per l'incominciamento del periodo dalla legge
accordato. Dalla data dell'insinuazione prenderebbe norma
l'anteriorità a favore dell'insinuante. L'ufficio sarebbe au-
torizzato a chiedere agli insinuanti schiarimenti e prove dei
diritti insinuati ; e le risultanze de' registri tenuti da questi
uffizj stabilirebbero una presunzione legale di vcrilii intor-
no al diritto di proprietà , posto in evidenza dai registri
stessi. 1 quali del resto sarebbero ispezionabili da chiunque
ed anzi le insinuazioni, via via che si facessero, dovrebbero
pubblicarsi, per esempio, ogni tre mesi, come già si usa in
qualche Stato pei privilegi industriali ; ed i governi dovreb-
bero altresì comunicarsele a intervalli, per farle meglio co-
noscere a norma comune. All'appoggio dei eertiOcati che i
detti uffizi sarebbero autorizzati a rilasciare, gli autori, o i
loro aventi causa, che si credessero lesi nel loro diritto di
proprietà , sarebbero autorizzati ad ottenere dalle autorità
politiche e giudiziarie, tanto nazionali che estere, il seque-
stro provvisorio delle opere contraffatte, ovunque si trovino
ed i provvedimenti interinali, atti a sospendere iinmediuta-
meuie V azione della contrafi'azionc, salvi gii effetti di una
diversa decisione che, in sede regolare di giudizio, fosse
emanata sopra istanza della pane a x^ui carico fu invocato il
sequestro. Se il sequestro provvisorio non venisse da que-
sta, nel termine per es. di tre» mesi, rei^lomato, si riterreb-
be definitivo, e convertilo in confisca di Uilli gli esempl^n
S61
conlratfatti e di tutti i mezzi meeeanici usati nella contraf-
fazione salvo sempre maggior diritto di eventuale indennizzo
a favore di chi fu leso nel suo diritto di proprietà, e salvi
pure gli effetti dell'azione penale, che sarebbe da incam-
minarsi dalle competenti autorità anche d'uffizio, cioè in-
dipendentemente dalla apposita querela che ne movesse la
parte lesa, a similitudine dei casi ordinarj di offesa alla
proprietà privata.
Per garantire efficacemente il diritto d* autore ancor
pili di una buona legislazione intorno al diritto di proprietà
giovano discipline semplici per poterlo esercitare con faci-
lità e speditezza dovunque la contraffazione s* annidi ; or
sembra alla vostra Commissione, che, a questo intento, gio?
verebbe appunto assai l'istituire in tutti gli Stati tali uflizj
per r insinuazione dei diritti di autore, come già trovansi in
qualche Stato, e colle attribuzioni ed effetti legali che ab-
biamo qui proposti.
La vostra Commissione crede dover tanto più insistere
su di questo argomento, in quanto che pensa, che la faci-
lità dell'esercizio del diritto d'autore sia il mezzo più cdi-
cace per prevenire le contraffazioni , che al certo saranno
tanto minori quanto più sarà reso facile e spedito il con-
statarle, e quindi il reprimerle e punirle. Al quale scopo di
prevenire le contraffazioni, alla vostra Commissione sembre-
rebbe altrettanto semplice quanto efficace questo provvedi-
mento, che ogni Stati) avesse a proibire, sotto adatte com-
minatorie, la stampa, la ristampa, e la traduzione di qua-
lunque opera di autore determinato , senza che V editore
sia munito della prova di averne ottenuta licenza dall* au-
tore e da suoi aventi causa, salvo all' editore stesso il pro-
vare, che sia in essi perento, a norma dei casi, il diritto di
proprietà dell' opera originale o della traduzione.
Abbiamo veduto che il programma di Bruxelles propone
anche, sé la mancanza delle formalità prescritte per porre
in evidenza il diritto di proprietà delle opere, di letteratura
0 d'arte annienti il diritto stesso^
963
QueéM eonsegdCR7.a sarebbe eviJentemenle esorbitante.
Per la ragione medesima che la vostra Giunta ha proposto,
che le risalianxe dei registri degli ufBzj di insinuazione sta-
bilisca meramente una presunzione juris a favore dell' insi-
nuante, relativamente al diritto di proprietà dell' opera in-
sinuata; cosi la mancanza della insinuazione non deve pe-
rimere il diritto che avrebbe dovuto essere insinuato. Sic-
come l'insinuazione è stabilita specialmente nel!' interesse
degli autori, cosi questi, pel non averla eseguila, si trovano
tolto il mezzo facile e spedito di agire contro i contraffa-
tori^ ma non il far valere il loro diritto di proprietà con
altre prove, quale pur sia il motivo per cui non venne fatto
registrare. E siccome l' insinuazione ha altresì lo scopo di
togliere le incertezze nell' industria e nel commercio dei li-
bri e delle produzioni dell'arte del disegno, cosi è anco
giusto che la legge, nei conflitto fra il preteso autore non
insinuato e l' editore, stabilisca la presunzione di buona fede
a favore di quest' ultimo ; disposizione che non è di poco
momento per gli effetti della rifusione del danno e dell' a-
xione penale, dovendosi però sempre lasciar adito all'autore,
quantunque non insinuato, a dimostrare e la proprietà della
sua opera, e la mala fede che possa essersi verificata nel-
r editore e nei venditori dell' opera contraffatta.
ni.
Il programma, facendo ritorno specialmente alle opere
drammatiche e musicali, chiede, se il diritto di rappresen-
tarle sia indipendente dal diritto esclusivo di ristamparle ; —
e se vi sia luogo a distinguere fra i due diritti, quanto alla
durata del relativo godimento.
Su quest' ullimn argomento ha dianzi versato la vostra
Commissione ; ed ora venendo al primo, osserva, che il di-
ritto di rapprescDiare opere drammatiche e musicali è in-
dipendente da quello della stampa e ristampa , nel aenso
S63
che il loro tutore può alienare V uno e conservare l' altro
od alienarli a due persone distinte ; come pure può a suo
arbitrio esercitare un diritto indipendentemenie dall' altro.
Qualche legislazione ( come V austriaca al § 8 della legge
19 ottobre 1846) avendo stabilito, che il diritto esclusivo
della rappresentazione non è più esercibile quando Y opera
drammatica o musicale venga pubblicata, pare che il prò-
graroma di Bruxelles alluda a questo aspetto della questione.
Ha fu questa una delle disposizioni legislative, di cui, per
iDterpellazione avutane dal ministero dell' istruzione pub-
blica, noi stessi proponemmo la modificazione, pensando al-'
lora come adesso, che, essendo le opere drammatiche e mu-
sicali di loro natura destinate non solo alla rappresentazione
ma anche alla pubblicazione mediante le stampe, ambidue
questi modi di uso devano ritenersi di diritto del loro au-
tore ; né v' è ragione per cui seguita la pubblicazione del-
r opera drammatica o musicale, cessi nel suo autore il di-
riuo di permetterne la rappresentazione. 0 si condannereb-
be la socieib ad essere defraudata della lettura dell' opera
che il suo autore non pubblicherebbe per conservarsi il di-
riuo esclusivo della rappresentazione; o si defrauderebbe
l'autore dei vantaggi della rappresentazione della sua ope-
ra quando esso pensasse a pubblicarla.
Si domanda, se il diritto di proprietà delle composizioni
musicali osti alla esecuzione pubblica di qualsiasi parte,
senza il consenso dell* autore qualunque sia T importanza
dell' opera e qualunque sia il modo di esecuzione ? E si di-
manda pure, se il diritto di cui trattasi, comprenda il di-
ritto esclusivo di fare delle variazioni sui motivi dell' opera
originale ?
lo generale, la vostra Commissione crede non si porti
lesione al diritto di proprietà spettante all' autore di una
composizione od opera musicale finché non si approfitti che
ocoasional mente di motivi in essa contenuti, per farne sog-
getto della composizione od esecuzione di pezzi di musica
264
per suono e per canto che per sé possano considerarsi pro-
duzioni dell'ingegno e che contengano un merito speciale
come nuova composizione, o come modo di esecuzione del
pezzo musicale, indipendentemente dal tema. Anziché ver*
sare in una casuistica, anche qui la vostra Commissione
penserebbe essere miglior partilo il porre nella legge il
principio generale che informa il concetto giuridico, abban*
donando ai giudici, nel caso di conQitti , il decidere se ▼!
abbia o no violazione del diritto di proprietà dell* opera
musicale.
Se non che, potrebbersi per avventura contemplare
espressamente le riduzioni di pezzi musicali ad uso dei di-
versi ist1*omenti. In quanto si tratti di mere riduzioni, in
cui chi le opera non esercita che il solo meccanismo del-
l' applicare all' uso dell' uno o dell' altro istromento^ sembra
che il relativo diritto deva riservarsi all'autore del pezzo
di musica od .a' suoi aventi causa, obbligandoli però dì espri-
mere questa riserva all'alto della pubblicazione del pezzo
di musica, e di attuarla entro, per esempio , il termine di
un anno, trascorso il quale la riduzione diventi di diriuo
comune.
Anche qui la vostra Commissione è in disaccordo col
Comitale di Bruxelles, il quale, sempre coli' intendimento
di non toccare al carattere assoluto del diritto di proprieti,
non vorrebbe che alcuno possa, senza l'assenso dell'autore,
usare dei motivi musicali per variazioni od altri lavori di
simil fatta. Se si riflette che molti, ascoltando pure una soia
volta una armonia musicale, la sanno ripetere a memoria
su isirumenii musicali ; che un motivo musicale è bene
spesso per un maestro piuttosto occasione che materia per
alcune produzioni^ come sarebbero variazioni, ballate, poi-
pourris, ecc., si troverà troppo spinto il principio, che la
proprietà del maestro si estenda anche a concedere l'uso
di motivi che pur siano di sua creazione, per altre produ-
zioni musicali. Chi può pensare seriamente, che una varia*
265
siooe di Thalberg o di Fumagalli sopra temi del Mosè o
del Profeto, violi la proprietà delle opere di Rossini o di
Mayerbeer? Sono lavori che, pur avendo preso a prestito
armonie musicali di quei sommi maestri, possono per sé es-
sere considerati produzioni dellVingegno, e come (ali sono
essi stessi soggetti di proprietà , senza aver violalo Ir al-
troì.
IV.
È proposto, se T autore di un disdegno, di un quadro, di
ud' opera di scultura, d' architettura, o di qualsiasi altra ar-
lÌ8lica, deva egli solo avere il diritto di riprodurla, o di
autorizzarne la riproduzione con un'arte simile o distinta
sopra una scala analoga o differente.
Pare che il quesito accenni anche al dubbio, se l'au-
tore solo, ad esclusione quindi anche del compratore del
quadro, della scultura^ ed in genere dell'opera d'arte, ab-
bia il diritto della riproduzione. Alla vostra Commissione
sembra evidente, che se 1' artista ha venduto la sua opera
originale non più lui, ma il compratore abbia acquistato il
diritto della riproduzione salvo che l'artista siasi espressa-
meote riservato questo diritto nel contratto ; né v'ha ragio-
ne per torlo all'acquirente, essendoché il pregio di un'ope-
ra non sta soltanto nel suo merito intrinseco, ma anche
Della sua rariiè ; e che , divenuta l' opera di proprietà di
un committente o di un compratore, questo, e non più l'au-
tore, può trarne quel partito che meglio gli convenga, come
di un oggetto qualunque acquistato.
I^^reggiati cosi nel diritto l'autore e 1' acquirente di un*
opera artistica , ai domanda se ad essi soli apparterrà il di-
rìUo di riprodurla, o farla riprodurre con un'arte simile o
distinta.
Dobbiamo premettere, essere della più grande evidenza,
che finché l' opera consiste in un unico originale, come una
scultura, un quadro, nessuno potrebbe , senza l' assenso del
S66
suo autore o del suo proprietario, riprodurla con Yerui^a
arie né simile né diversa. Quand'anche non vi. ostasse 11
diritto d* inviolabilità del domicilio privato in cui fosse pò*
sia r opera , solla medesima potrebbe il possessore Tar va-
lere il diritto di uso individuale, con esclusione di ogni
altro.
Ma se si fa astrazione dall'individualità dell'opera d'arte
posta in domicilio privato, e, o la supponiamo esposta in
luogo pubblico, 0 già pubblicata con molti esemplari (^stampe
incisioni, litografie ), è di pari evidenza che vi sarà contraf-
fazione dell' opera artistica quando la riproduzione ne sia
fatta colla stessa arte. Chi coli' uso della slessa arce copia
«n quadro, una statua originale, ne ritrae il concetto arti*
stico, che è opera dell' ingegno del pittore o dello scultore
e viola di conseguenza la proprietà dei medésimi ; come del
pari 6 conlralTattore ehi mette in commercio esemplari di
incisioni, litografie, ecc.; già da altri pubblicate. Deve la so-
luzione essere la stessa quando si trattasse della riproduzione
per mezzo di un' arte differente, come sarebbe dell' tnetsione,
della litografia, della fotografia, con cui si ritraesse sulla
carta, col bulino, coli' acqua forte o colla camera ottica, il
soggetto di un quadro o di una scultura ? Anche qui il Co-
mitato di Bruxelles decide in un moda assoluto, escludeodo
senza distinzione la riproduzione delle opere con qual-
siasi arte.
La vbstra Commissione, coerente ai principj già esposiif
crederebbe che all'autore di un'opera d'arte abbia a la-
sciarsi la facoltà di riprodurla per sé o per mezzo d'altri,
coir uso anche di arti diverse, in quanto creda di riservarsi
questa facoltà all' atto della insinuazione , ma che , ove sis
traseorso un dato tempo ( per esempio cinque anni ) sema
avere attuato questo diritto, essa divenga d'uso comune:
sempre ritenuto che in nessun caso abbiasi a considerare
contraffazione di opera urtistica quella riproduzione di essa
che possa per sé ritenersi un prodotto dell' ingegno » che
S67
ha Oli mòrito indipendeote dal soggétio riprodotto dell' opera
originale, e ritenuto pare ehe resti sempre salvo il diritto
nel possessore di un' opera che rimanga nel suo domicilio
privato» di ioipedire, senza il suo consenso, qualsiasi ri prò-
duùone dell' opera stessa , sia coli' uguale sia con arti di-
verse^ quantunque non abbia né insinualo il suo diritto di
proprietà, né Tatto riserva di volerla esso riprodurre.
La disposizione legislativa qui proposta risponde impli-
eiiamente anche al quesito, se il diritto di proprietà sulle
ereazioni delle arti del disegno comprenda anche le appli-
cazioni che ne fossero fatte dall'industria. In generale un'
opera d' arte non si dirige, nel concetto del suo autore, ad
applicazioni industriali. Una manifattura , del resto , sulla
qoale pur aia ritratto un disegno d' arte, è una produzione
ebe ha un valore indipendente dal disegno stesso. Ma se
an disegno sarà fatto appunto affinchè serva allo scopo in«
dustrialc, allora si può concepire che il concetto della pro-
prietà comprenda l'applicazione del disegno stesso ad un
uso industriate: laonde, a togliere ogni dubbio, parrebbe op-
portuno che la legge disponesse, che il diritto di proprietà
«alle produzioni delle ffli del disegno comprenda anche le
applicazioni ad usi industriali, ove nell' insinuazione del di-
ritto sia fatta dall' autore questa espressa riserva.
Per le ragioni medesime proporrebbe la vostra Gommìs-
>iooe, che, anche quanto ai disegni d' architettura, non pos*»
sano essere applicati ed eseguiti con costruzioni senza l' as-
senso del loro autore, ove questa riserva sia stata fatta al-
l' atto della loro pubblicazione : senza la quale riserva sarà
ritenuto di ragione comune il diritto di eseguire costruzioni
sai detti disegni di architettura.
Ma con quali vie, dimanda il programma, si potranno
garantire gli artisti contro le copie fraudolente., e la con-
traflhzione delle loro opere artistiche di pittura, scultu-
«1 ecc. f
Secondo la proposta della vostra Commissione, gli ar-
968
tìsii sono ammeddi^ come gli autori di opere letterarie, ad
iasinuare il loro diritto di proprietà ; e la prova di questa
ijisinuazione e della sua data potrà concludentemente es-
aere allegala contro i contraffattori. Cosi pure sarà oppor-
tuno imporre agli artisti di incidere, scolpire, stampare, o
scrivere il loro nome su di ogni esemplare delle loro opere
d'arte: il che terrà in maggior riserva i contraffattori ed
escluderà ogni pretesto di buona fede. Siccome per altro
anche il nome dell'artista può essere contraffatto, al pari
ed anzi più facilmente del rimanente dell'opera, salvo il
caso di Orma originale, cosi rimane ancora lo scoglio delb^
identificazione dell'opera artistica, di cui viene insinuato il
diritto di proprietà. Talora potrà essere facile identificarla.
0 con un'esatta descrizione, o meglio colla produzione di
un esemplare quando si tratti di stampe, litograCe, ecc.;
ma talora nessuua descrizione varrà a rendere il concetto
artistico in cui stesse tutto il merito dell'opera, come una
statua od un quadro che rappresentasse qualità estetiche
ideali di bellezza^ di forza , di passioni , ecc. Io questi casi
parrebbe potersi domandare a contributo V arte fotografica,
elevandola all'onore dì servire alle* altre arti, di lei mag-
giori sorelle. Ogni artista sarebbe autorizzato ad unire al-
l' atto d' insinuazione del diritto di proprietà delle sue opere
d' arte una fotograBa dell' opera stessa, per la di lei iden-
tificazione nei casi di conflitto fra l'autore ed i contraffat-
tori : e se r autore , per gli effetti del più facile esercizio
del suo diritto di proprietà ,- vuole aver sempre presso di
sé la prova dell' insinuazione fatta di una tale opera, potrà
farsi rilasciare dall' uffizio di insinuazione un certificalo a
cui sia unito un altro esemplare fotografico, identico a quello
che rimarrà deposto presso l'uffizio. Cosi è rosa facile b
via all'artista di esercitare il diritto del sequestro provviso-
rio degli esemplari contraffatti, e di provare poi anco il
suo diritto di proprietà, ove si contendesse anche intorno a
questo argomento.
269
Chiede il programma specialmente, se si possano pren-
dere provvedimenti contro I* apporre etichette false ( faus*
$e$ signature» ) sulle opere d' arte ?
In generale, la legge ha adempiuto al suo compito quan*
do attuò mezzi efficaci per far constare in modo facile il
diritto di proprietà di un' opera d* arte, e la anteriorità del
diritto stesso; e quando stabili una sanzione penale a ca-
rico dei contraffattori, oltre le altre conseguenze della con-
fisca degli esemplari contraffatti e dei mezzi di contraffa-
lione, e della rifusione del pieno soddisfacimento a fafore
deir autore leso nel suo diritto. Colla proposta insinuazione
del diritto di proprietà anche delle opere d*arte^ sembra
alla vostra Commissione possano facilmente venire smasche-
rate anche le falsiOcazioni, per esempio, di dediche, motti,
segnature, firme che esistessero sulle opere originali: e di
più crede devasi nella legge proclamare come circostanza
aggravante per un aumento di pena la particolare malizia,
che il contraffattore abbia adoprata per far credere genuini
gli esemplari contraffatti. Se poi , come immagina II pro-
gramma^ si irerifiohi una vera falsiGcnzione della firma del-
r autore, sarebbe questo un delitto comune di falso, e co*
me tale punibile.
Se non che, su dì questo argomento della penalità , la
vostra Commissione , postochò il discorso ve la conduce ,
esprime il voto che abbia ad essere alquanto aggravata
la pena stabilita per contraffattori delle opere di letteratura
e d'arte, e pei loro complici. Nella maggior parte degli
Stati d'Europa e d'America la pena si risolve in una multa,
che cresce pel recidivo, e che si traduce in arresto nel solo
caso di impotenza a pagarla. Solo nel Messico , le Cortes ,
colla legge IO giugno 1813, sancirono che l'usurpazione
dei difitti di proprietà letteraria venga /epressa e punita
come le offese portate alla proprìeia ordinaria. Questa di*
sposizione nell'opinione della vostra Comtnissione trascende.
Verrà forse giorno che tutti gli Stati la adoueraiKio, ma i
S70
lempi ancora non sono Oìaluri. V ha ancora Slati, che han
nome di incìviiUi dove impunemenie si contraffanno le ope-
re di autori pur appartenenti a Stati vicini , e della stessa
lingua; e datano, diremmo quasi, da jeri le convenzioni in-
ternazionali che garantiscono la proprietà letteraria nei ri-
spettivi Stati; ed anche queste convensioni hanno rim-
pronta dell* incertezza dei prineipj che tendono a procla-
mare tutte essendo temporanee, non ancora alcun governo
avendo avuto il coraggio di darvi il carattere della perpe-
tuila. In questo slato della opinione in Europa san^bbe in-
giustizia equiparare, per 1* azione penale alle offese della
proprietà ordinaria, le contraffazioni delle opere di leuera-
tura 0 d'arte. Ma dacché tutta Europa, allo spettacolo delle
offese portate a questo genere di proprietii, si eleva contro
la pirateria libraria, è venuto anche il momento di elevare
alquanto la scala delle pene. Finché il contraffattore ve-
drassi avanti soltanto il pericolo di una multa , si cimen-
terà facilmente al turpe rischia, e la multa sarà soltanto
un elemento di più da calcolarsi nelle eventualità contrarie
della speculazione. Il contraffattore dee vedersi avanti a sé
in ogni caso la pena dell'arresto, e non soltanto come sur-
rogato alla multa che fosse impossibilitalo a pagare ma co*
me pena diretta. La vostra Commissione proporrebbe, che
ogni Slato stabilisse per gli autori e complici delle contraf-
fazioni oltre la confisca degli oggetti contraffatti e dei meui
adoperati per eseguirle, ed oltre ad una multa, anche Tar-
resto da uno a tre mesi ; e che« nel caso di recidiva , sia
duplicata h multa, ed esleso l'arresto a sei mesi, oltre la
perdita dell'esercizio del mestiere; ritenuto poi sempre che
la procedura penale possa e deva incamminarsi tanto ex af'
ficio, quanto sopra istanza della parte danneggiata.
È da attendersi che la Jegge venga cosi ad acquistare
maggior forza morale, e più Acilmente spieghi la sua axio-
ne preventiva col distogliere i futuri male intenzionati dal-
S7I
TolTesa a questa specie di proprietb, ehei neirordine mora-
le, ha il priniato sopra le altre.
Ufl desiderio vorrebbe esprimere la vostra GommisaioDe
prima di passare all'ultima parte del programma, che eon-
ceme soltanlo discipliue di finanza; ed òche nella legisla-
zione fosse posta la riserva, ehe jl potere legislativo dello
Sisto possa, in casi eceezionali di particolare riguardo, pro-
lungare a favore deirautore o suoi eredi la durata del -di-
ritto di proprietk. Nessuno porrà in dubbio il diritto so-
Trano di prolungare una tale durata, come di fare una
nuora legge. Sotio questo aspetto sarebbe in verità inutile
che fosse posta nella legislazione special^ della proprietà
letteraria la proposta riserva; ma per lo spirtto e per Te-
coDomia della legge, che, nel fare un aito di giustizia, ten-
de anche a promuovere il progresso delle scienze, delle lei*
lere e delle arti, giova ehe raspettativa ne sia svegliata in
chi intendeste consacrare una intiera vita ad opera d' im-
portanza umanitaria, che, per la sua mole e pel dispendio
a raccoglierne e pubblicare i materiali anche col sussidio
di altre ani, richiedesse un tempo eccezionale pel rimborso
delle spese anticipate, e per conseguire un degno compen-
so di tanti studj e tanto lavoro. Avviene che lo scienziato,
per mero amore della verità e trascinato da prepotenti per-
suasioni, si sommetla a lavori di lunga lena, senza calcoli
di lornaconto ; ma all' imprevidenza doli* uomo di lettere ,
figlia della più nobile passione umana, è debito di giustizia
che provveda il legislatore cqn opportune disposizioni ec-
cezionali, perocché, per quanto sta in potere dell'uomo, non
deve avvenire mai che l'umanità si avvanlaggi con danno
dell'individuo che per essa s'immola sull'altare della scienza,
spioto irresisiibilmeoie dair amore del vera. Quasi tutte le
legislazioni di Europa e d'Amef ioa contengono questa riser-
va della eventuale protrazione del diritto di proprietà delle
opere di letteratura e d'arte, e la vostra Commissione vor«
rebbe fosse mantenuta in ogni legislazione.
•4
;
S7a
Non puè nemmeno essere posto in contingenza, come
conseguenza delie premesse e dei principj fin qui analiz-
zali, che abbia a raccomandarsi a tutti i governi, giusta la
proposta del programma: — 4.° 1* abolizione dei diritti di
dogana sui libri e sulle opere d* arte , o almeno dì ridarli
alla misura più moderala, e la loro semplificazione se la ta-
riffa stabilisce diritti differenti a norma delle diverse cate-
gorìe di produzioni letterarie; — S.^ la facoltà di far rien-
trare in paese liberamente le opere non vendute, state spe*
dita air estero in commissione di vendila; — 3.^ la ridu-
zione delle tasse postali sugli stampati; — 4.^ e Tassirailar
agli stampali le prove di slampa con correzioni , in quegli
Stati dove ne è fatta una differenza. Queste facilitazioni non
abbisognano di essere dimostrate. Se fu trovato giusto e ra-
zionale di togliere gli arbitrar] confini degli Stali, che era-
no di ostacolo air esercizio libero del diritto di proprietà
delle opere di letteratura e d'arte, è conseguenza logica ed
irresistibile dello slesso principio, che questi confini non
abbiano a ristabilirsi, sotto il nome di regolamemi di finan-
za, all'atto del libero cambio delle opere slesse; di questa
merce per eccellenza, prodotta dall'industria che riassume
le qualità più eminenii della natura umana.
A tali voti la vostra Commissione aggiunge voloniieri
anche questo^ che, o nessuna, od una moderaiissima lassa
si esiga per V insinuazione dei diritto di proprietà agli ap-
pesili proposti ufflzj , e pel rilascio del certificato della se-
guita insinuazione.
E cosi proclamato nel senso il più largo e liberale il
riconoscimento internazionale della proprietà delle opere di
letteratura e d'arte, — resa uniforme la legislazione di tutti
gli Stati, — fallo facile ed a buon mercato l'esercizio del
diritto di proprietà, — e rimossi gli impacci del commer-
cio librario, si avrà fondamento a sperare che , col nuovo
S7S
sistema^ mencre si sarà compiuto un grande atto di giusti-
zia, abbia ad essere inaugurala una nuova era , feconda di
vero progresso nel campo delle scienze, delle lettere e delle
arti. Onore al Comitato di BruxeIleS| che, con generoso in-
tendimento , prese la nobile inixiativa di invitare a convitto
mondiale i cultori del vero, per procacciare airumanità un
iaate beoefizio.
Annotazioiib.
Questo cosciensioso Rapporto della Commissione dell' Isti*
tato parve tanto importante che il Comitato del Congresso
internazionale sulla proprietà letteraria lo fece integralmente
iflserire nei proprj atti» Noi però avremmo desiderato che
alcune fra le sapienti conclusioni del Rapporto avessero pò*
iato essere accolte dal Congresso medesimo che si limitò a
trattare alcuni punti più sostanziali e nel resto sfiorò anzi-
che approffoodire questo vitale argomento. Noi avremmo, a
camion d* esempio, voluto che il Congresso avesse posto uno
speciale studio al modo di guarentire T esercizio del diritto
di proprietà letteraria accogliendo il principio saviamente
tracciato nel Rapporto dell' Istituto^ che la pirateria libraria
si dovesse considerare non come un danno civile da risar-
cirsi, ma come un vero crimine di furto da trattarsi nelle
vie puniti ve. Solo con una sanzione penale si può prevenire
la coniraflfazione, giacché la semplice azione di risarcimento
0 giange troppo tardi a riparare il danno dato, o lo ripara
iocompiuiamente. Questa parte di legislazione internazionale
come la relativa procedura dovrebbe essere accolla in via
uniforme dai rispettivi governi. Ma speriamo che ne' trattati
internazionali che si faranno in avvenire fra Stato e Stato,
questo principio giuridico verrà accolto, intanto ci è caro
di poter annunziare che la Francia, il Belgio, l'Olanda ed
il nuovo regno italico, stanno occupandosi della revisione
delle leggi sulle proprietà letteraria per riordinarle su basi
uniformi e comuni.
A^Au Siatislka. vid. XXI tU •''rie 3»'' ^18
S74
Bel cotfiiii^rel» iHMmm%
Lettere del profenore liOCIANO 8CABABBLU*
JLi Isiitoto Veneto premiava in quesi'anoo ana Memoria
del vicentino Lampertico sol tema atalo poito a eoneorao in-
torno airiofluenia che il taglio dell* Istmo di Suet potik
esercitare sul commercio italiano. Il prof. Calindri che di-
rige r ottimo giornale l7s^mo di Suez, pregava l'illustre
professore Scarabelli a volergli far oonoseere su qoeato stesso
argomento le sae vedute statistiche ed toonomiche. QiicaI
con quella rara modestia che lo distingue eereò di eatmersi
da tale incarico per maneania di alcune nolfacie, ed avr^be
voluto che l'ottimo eootomista Boeeardo avesse per lai rì*
sposto. M'j al fattogli invito non potè a lungo resistere e
diresse al Calindri due sapienti lettere ehe con esplicilo as*
senso dello stesso autore noi qui riprodueiaiDO.
I.
< A* IO di maggio iS56 io vi scriveva una lettera pri*
vata nella quale era questo passo. — « Debbesi in ciascuno
Slato d* Italia raccorrò dalle loro amminislrasioni le note di
quanto s' importa, o per mezsi proprii, o per gli altrui dal«
r Oriente meridiano e dairAfrica meridionale e dall' orien*
tale ; quanto ivi si porti con mezzi altrui di nostro, o quanto
6 consumato d'altrui che anche noi produciamo. ; la somma
dare delle nostre navi e delle capacità de' porti e dell'abi-
lità de' luoghi possibili a farsi éndiehe, emporii del gene-
rale commercio delle nazioni^ L' Italia a Suez è scalo unico
per r Europa, per V occidentale Asia e la settentrionale Arac-
rica, non tutti i transiti sarebbero in lulia neutri » infinite
arti indusiriuli si porranno o si perfezioneranno, scdriti i gè-
neri primi, meno incaribili le produzioni che potranno es-
sere al concorso colle straniere. Se mai la scienza della sta-
ti^tiea ^ dell' economia pubblica dev' esser popolare, ora è.
S75
poiché fenz» grande apertura di cognizioDi , dov* è a far
pretto, non si potrà apingere Italia al punto a eui è aspet-
tala » • Dopo due mesi parve buono a V. S. ohe la lettera
nseisae pubblica e la poneste in capo al primo bacicolo dol
foslro BfèUeitìno, Ora dopo tre anni e quasi quattro mesi
meoionindo nello stesso Bulltttim tutto quel poco che io
he fiitto in esso e fuor di esso anche con lode degli stra-
nieri, onde far capire agli Italiani e ad altrui i vantaggi
del taglio dell' istmo di Suez, il vostro fascicolo del 26 ago-
sto 1859 annunziando la stampa dell' operetta del vicentino
Lampertico premiata dall'Istituto Veneto sulle conseguenze
che si possono presagire pel commercio in generale e pel
Veneto in particolare da queir apertura^ dichiarate che « vi
t sareste lusingato che avrei fatto anche il lavoro speciale
t e peculiare che è nei vostri voti se le mie molte occu-
« pszioni e sopratutto la mia dimora lungi da Genova non
« me lo impedissero ». Avevate invocato consimil lavoro al
Boecardo e bene era ; non mi par che poteste con ragione
far succedere quella dichiarazione per me. Quegli è a Ge-
nova ed ha in vero molte occupazioni: professore di due
scuole, ispettore d' altre, facitore del Dizionario d'economia,
membro in varie Commissioni, e desio sempre, facile ad ogni
porta che per lui si apre, se il tempo gli manca, non gli
mancano certo i mezzi materiali e morali che mancano a
me, il quale so posporre, e gratuitamente, come ho sem-
pre latto, alle occupazioni, per cosa pubblica ogni occupa-
zione per utilità privata. Voi siete molto male istrutto sul
conto mio, e vi accerto che nò volontà, né 1' abitare in que-
sta lauda da cui si può colle ferrovie essere all' uopo dap-
pertutto mi tennero dal mettere insieme cosa alla quale co-
me vedete dai brano che vi ho ricordato aveva pensato io
molto innanzi al tempo al quale pensarono Venezia, Amster-
dam e altri insigni poni di commercio. Nulla gioverebbe
essere a Genova donde meno che altrove si può cavar di
sutistica r uopo, impossibile od averne i laboriosissimi odi-
L
S76
cìali della Direzione generale delle gabelle benemeriti pel
loro annuo volume delle nostre importazioni e delle espor-
tazioni, il quale se colà alla statistica siccome penso io si
pensasse, riuscirebbe sicuramente perfetto, lo conosco lotti
1 lavori statistici presentali dall' Austria al Congresso viensesc
per tale scienza e ho veduto tutto ciò che riguarda il Lom-
bardo, il Veneto, il Tirolo, P Istria, la Dalmazia; che ab-
biamo noi di quelle provvidenze ? Nulla ! È egli facile a
uomo faticante e amoroso di queste pazienze essere adope-
rato per costituirne? Voi vedete che io non posso adem-
pjere a quello che vi aspettate.
> E se mai fu bisogno di questi lavori fra noi, ora che
il regno ingrossa, e se non avrk il nuovo regno i due mari
sui piedi, avrà pur tanto di spazio e di posture da elevare
il commercio proprio e tirare il resto dell' Italiano a un
grado significantissimo di forza e di sapere.
» Faccia pure l' Inghilterra tutti i suoi sforzi per impe-
dire che il Bosforo si apra; che otterrà? Otterrà che s' in-
dugi la riuscita, mn è interesse di tutta Europa che il Bo-
sforo si apra, ; maggiore interesse è dalla parte mediterra-
nea, e anzi più che mai dell' halia, la quale raccolte le ci-
fre non è si lontana dagli altri paesi industriali, come uni-
versalmente si crede, avvegnaché di statistica nulla diedero
i ducati, poco Toscana e il Papa, e niente affatto le Due
Sicilie, se togliesi qualche bruscolo che la privata industria
di qualche studioso potè raggranellare e dare alla stampa
privata. Riuscirà, perchè finalmente, come più volte con ci-
fre officiali ho provato, è dell' interesse inglese che quella
via si apra, e se ora all' interesse commerciale un altro in-
teresse prevale alle menti de' governanti l'Albione, non
può essere lontano il tempo ohe questo a quello si riassog-
getti ! perchè dove la rendita generale non potesse rappre-
sentare una supremazia, giuocoforza sarebbe che si sianeias* i
sero sulla via alla quale si mettono tutti e li capitanassero; .
al che io i»on avrei invidia perchè è bene avere per qua*'
«77
die lerapo iliftestri sperimentati al bisogno. Li ebbero gli
Ainen<aDÌ ì quali ora edotti sanno far molto bene gli affari
loro da sé laggiù alle Indie e oltre Indie. Noi poi abbiamo
troppo corta idea di quei popoli asiatici perchè non escono
dal loro nido, e il commercio esterno dal mare d^Ue terre
loro è fatto dagli Europei e dagli Americani, ma se si muo?
Tono al loro interno, e alle loro parli settentrionali e orien-
tali, e appariscono Cinesi ai porti. oussif perchè non li ve-
dremo ai porti e ai mercati nostrj ? Il finissimo cervello di
▼arii industriali usciti di là ed emigrali in Africa ed Ame-
rica ha fatto maravigliare della facilità d' imparar le lingue
e di apprendere i magisteri nuovi delle arti vecchie e delle
nuovissime, chi ha buona lingua e buona mano diventa pre-
sto cittadino dì tutto il mondo.
M Pian piano apronsi i porti tutti d' Asia agli occiden*
tali; lasciamo che si mescolino alquanti liberi interessi e
vedrete V Asia visitare )* Europa. Inghilterra è ornai costrcita
far delle sue Indie un regno separato. Lo stringa pure fra
privilegi, agi' Inglesi bisognerà a ogni modo lasciar facoltà
agl'Indiani; la storia dell'America, deve aver insegnalo
qualche cosa ai Britannici. Quelle loro colonie, che al 4793
non contavano più di 45 Slati e quattro milioni di abitanti,
mostrano oggi una potenza rispettabile. Nel 4840 gli Stati
erano 34, ma la popolazione appena di 47 milioni; il comr
mercio di esportazione dava quanto lire italiane 88,80 per
individuo, e l' Inghilterra a' suoi dava quanio 48, e Francia
34,33. Nel 4857 la popolazione americana crebbe fino a 28
milioni, in 39 Slati, e segnò a ciascuno individuo quanto
lire 64,80, mentre la Francia cresciuta appena di due mi-
liooi giunse a segnarne 65,40, l'Inghilterra aumentatasi d'un
milione e mezzo assegnavano 409. Pare grande cifra questa
deir Inghilterra e valoroso progresso quello di Francia , e
certo sono assai considerevoli amendue, ma colla media po-
polazione degli Stali Uniti si avrebbe un aumento di gran
lunga maggiore.
t78
9 Nel 1 840 V logbiherra* mefeanttle pMsedeva navi per
S,S1I,5S8 tonnellate; gli Siati Uniti 8,685,464; la Franda
(nel 1841 ) 6^8,600; nel 1857 T Inghilterra non ne eon-
lava ohe 5,183>606, mentre la Francia aveva ahato il nu-
mero a 1,052,535 e gli Stati Uniti a 7,971,581. In altri
termini nei diciassette anni aomeniarono per cenio:
ì valori esportali le tonnellate
Inghilterra .... 186 56,88
Stati Uniti .... 175 1S5,19
Francia 118 69,08
» Gli Stati Uniti, considerata la differenza di popolatio-
tie nei 17 anni dimostrata, possono lasciar conoscere ira alto
aoverchiamento d' industria agli inglesi, il quale se caromióa
d'eguale misura minaccia di spostare gli utili e le opere
dair isola europea al continente americano. Queir anmeato
enorme di tonnellaggio avverte poi essersi ereato nn capitale
commerciale corrispondente, e poniam pure che i carichi
siano più notevoli di volume che di valore a petto dell' la-
ghilterra^ non sarà tanto flicile a provarsi ohe una popola-
zione che di decennio in decennio va crescendo del 89 e
86 per cento, debba rimanersi con quelle industrie sole
che ha tra mano. Oltreché per la estensione del territorio
e per V agevolezza delle ferrovie potendo mettere ogni sos
merce a qualunque più utile luogo, secondo le ricerehe,
saranno sempre gli Stati Uniti poderosi emuli o ctmcorrenti
ai mercati australi e agi* indiani , e se l' Inghiherra vorrà
guadagnar qualche cosa dovrà venire pel Mediterraneo a)
Bosforo di Suez, come ho già dimostrato in quello Bullei'
tino altra volta.
» Quivi ben vede Inghilterra, che Francia aumentando
il suo tonnellaggio in si lata misura e continuandovi in fu-
turo come ha dato segno di voler fare, ampliando le sue
relazioni in Oriente assumerà un moto commerciale che non
ebbe innanzi ; ma per ciò vorrà essa impedire a sé per ini-
pedire a Francia che il commercio orientale s' accresca ? D»
S79
tanto tomeoterl la poienca commerciale americana ; e qoando
caso atrk anperafa V inglcae che farb i' Inghilterra ? E vero
che il commercio inglese nei 4840 era nella esportazione
di I9SOO milioni di nostre lire, e F americano solo di 660
che Tuoi dire della metk, e che 17 milioni d* abitanti erano
per IS centesimi più della metà della popolazione, ma è
altresì vero che intanto che dal 1863 in poi crebbe straor-
dinariamente airinghilterra il commercio australe, crebbe
agli Stati Uniti il commercio indiano fino a superar quello
dell* Inghilterra , e come V Inghilterra ha II suo maggior
guadagno alle Indie colle derrate di produzione americane
saranno sempre gli Stati Uniti in caso di soverchiare Inghil*
terra correndo quei mari, e Inghilterra dovrà accorciare la
via , guadagnare ne* viaggi ciò che dovrk necessariamente
perdere ne' mercati ; e tanto più dovrà passar per costà da
che s'è fitto in capo di lavorar cotoni indiani, come se l'è
fitto con buon esito la Francia, non bastando l'americano
alle ricerche oggi che l'America ne lavora essa stessa gran
parte. Ora le popolazioni sono in numero pari ; Inghilterra
ha 1300 milioni di nostre lire più di commercio che gli
Stati Uniti, ma ha contro sé l'energia di un popolo nuovo,
che dalle cifre qui date (senza tener conto delle differenze
di popolazione antecedente, le quali aumenterebbero d'assai
il computo) mostra valere un terzo di più. L'Inghilterra ha
immensi capitali in officine, in macchine, in istituzioni, e gli
Stali Uniti devono ancora molto de' loro guadagni impiegare
in essi fondamenti e quindi tener riciso il capitale commer-
ciabile e perciò gli utili, ma la necessità in cui è l' Inghil-
terra d'accedere ai mercati americani per venti oggetti e
per un capitale annuo di 375 milioni di nostre lire, oltre
alle merci portale ad essi e date, se l'Inghilterra non volta
via, gli Stati Uniti non dureranno mollo ad eguagliare e
superare la potenza commerciale inglese, tanto più che il
commercio americano di quelle regioni non ha tanto biso-
gno quanto l' inglese d' ingentissimi capitali, e la produzione
280
territoriale che d* anno in anno aumenta metterà gli ame-
ricani in minor bisogno di ciò che a questi anni va loro
somministrando Inghilterra. Deve voltar via, e se anche
leme la concorrenza Trancile nel Bosforo i la quale gii di
tanto si è palesata attiva questi quattro anni colle spedi-
zioni alle Indie, converrà sempre all' Inghilterra andar di
conserva coli* Italia e colla Francia , più tosto che rivaleg-
giare cogK Siali Uniti. Una delle ragioni parmi sia questa
che^ sebbene la civiltà ingrossi in ogni Iato e raddoppi qua
e coli i commerci per T abilità che si va diffondendo alle
diverse elassi de' popoli in consumare ciò ohe una volta da
pregiudizi arroganti di casta, da privilegi di lavoro, dal di-
fetto di molte agevolezze che ora sono fatte in tutte cose,
era serbato a non molti , e dell' industria soUeticatrice de'
produttori, all' Inghilterra saranno sempre serbati certi cambi
che non converranno a Francia e molto meno a Italia, i
quali hanno altri luoghi a cui mirare, oltrecchè siccome It
civiltà Europea s'ingrosserà dell'asiatica in queste faccende del
bisso, e la civiltà asiatica s'ingrosserà della nostra nelle fac-
eende del l'utile industriale; certo sarà grande utile per noi, roa
non sarà meno per la specialità di cose alle quali l'Inghilterra
pare che sia in supremo grado diventata maestra, e favorita
da provvidenza di natura pel combustibile e pel ferro, pò-
tra sempre in assai cose dettare la legge ad altrui, o al-
menoavere il soprammodo e soprautile rispetto a'suoi emu-
latori.
» Se i tempi fossero tuttora amici alle paratoie si sa-
rebbe potuto dire che l'occupazione dell'Egitto poteva chiu-
dere per qualche secolo a Italia e Francia la speranza della
redenzione commerciale, ma ormai l' Europa intera consuma
un terzo de* suoi valori in cose che da Oriente procedono,
e non può chinarsi a volerli per grazia dell' Inghilterra. Dun-
que r Inghilterra contrastando il taglio dell* Istmo va facendo
mole a sé stessa e prepara dalla Europa a sé una qualche
lezione di quelle che i tempi stanchi sanno poi dare a chi
281
ne procara con ogni òtte le stancheÉze. Non è a^ ripuiarsi
fatati, perchè anche i fatati fioirono, e che è peggio 6ni-
rono di mala morte, come con molta acute zia osservò testé
un toscano* Sopratutti la Franoia non potrebbe permettere
chioso quel passo se non deve essere di lei che il manter^
rebbe libero a tutti , e la Francia unita ali* Italia , sessanta
miHom! saprebbero far valere la loro ragione. Quindi che
nascerebbe? che vinta nelle acque in cui fu già vinta la
Francia dovrebbe sottostare per di più ad una umiliaaione
che certo in Oriente non le darebbe forza di eredito. La
Francia non è stata invitata a fare questione politica, questa
questione politica si fa da sé.
» Promuove per altro ira e sdegno , chi pur vedendo
quanto gran beneBzio caverebbe V Italia da una via, per la
quale rifarebbe se non tutte le industrie, tutto l'antico suo
commercio, si tiepe dì per di a dilaniare sulle possibilità
del taglio le più oneste e più onorate riputazioni , e trat-
tando da venali e ciarlatani sino i membri dell* Accademia
di Francia, e quindi la stessa Accademia, insulla vilmente
alla luce e alla ragione. Che cos' è quest*abbaiare e questo
ringhiare d'ingiurie contro chi parlò colle cifre e code
ragióni? Tanto amate la patria voi, e passate i lidi per
bestemmiarne le sue aspirazioni, e mandar se poteste in
rovina i benefizii? Di chi il danno finalmente se tutti si
fossero ingannati? Di chi diede il denaro. E quant*è il de?
naro e da chi dato? L'Italia (di cui voi si tenerissimo) 1680
azioni, ossiano 840,000 franchi. Quale naufragio per 24 mi-
lioni di abitanti! e certamente non è denaro di chi non
ha. Meno teme d* imprese il Piemonte che fora il Cenisio,
e non gli mancarono gli spauritori eziandio italiani. — Se
ne prende per chi più prese? Francia diede firme per
103,555,500. E erede egli il Sir d'Anglante che 1* impera-
tore Napoleone che ha tanta cura della prosperità della na-
zione franeese, e quanto prosperi vedetene le sue statistiche,
sia cosi dormiglioso o ignorante da lasciare i suoi ammini-
S8S
strali in bocca ai ciarlatani eziandio francesi t Queste abbi-
jare è an dar della 4>escia al primo principe d* Europa eiic
Ila Distrato <H afiere più senno che nesson altro suo pari;
questi è tin dar deHb bestia al tioerè d'Egitto dia ba
preso per sé stesso un bel nomerò d'aaioni, e ha avuto fede
nella redenzione del suo paese. 0 Sir d'Anglante voi aieri*
tate che vi si rida in faccia, e vi si domandi per eantodi
ehi bestemmiate voi T intelligenza universale e in ispeeie
di chi è tanto auperiore a voi per dignità di sludii e di
provvidenza a' popoli se proclamate che pagali parlino gli
scrittori del BuUeiUno torinese, i quali sostengono che voi
felicissima rivoluzione commerciale e civile si farà per quel
taglio, al quale di lontano prepararono la fortuna i missio-
narli cristiani, e per cui la cristiana religione onderò a ra^
cogliere i frulli di tre secoli di patimenti , e TAsia e il
mondo vecchio e il nuovo rimprospereranno di reciproci
vantaggi civili, materiali e morali. Voi siete torco in corpo
ed anima, sieie peggiore perchè i turdii trucidavano, m
non insultavano all' onoratezza altrui. Abbiate un poco il co-
raggio di dire a me quanto ebbi da chiunque sia per ciò
tulio che stampai nel Bulleitmo, e quanto oggi riceva per
quest* apostrofe a voi. — Il quale non nomino perchè il
nome vostro è comune troppo a molli ed é ornai tempo
che si seppellisca! — E invilo il Galindri a non darvi più
orecchio per non offendere più oltre i costumi italiani,
i quali non consentono risposte alle ingiurie, né polemiche
air ingiuriatori. Per ora a lui e di lui; che rimarrebbe a
provvedere per quelli che ^i fanno tromba a suo fiat* ^^
«più gentile paese dell* Italia , e forse tuttavia il più ^^^'
mente sapiente in questa materia economica ; i qu^'' °^'
vrehbero cominciare a pensare se non sia presunzione àe-
litluosa reputare che sieno in fallo coloro che dopo aver
dimostrato colla verità malemaiica le veritk geologiche e le
(ifiiche, non scendono a litigare di contumelie col loro «cri -
torc. Se vogliono fama di gemili e di saggi dobbiamo qw^^ii
tteroMiMi fneni àtW istraiione, 1* tlfabeto, e la stampa, usare
ìd isdenta e tu Mitesia. Chi aottiK pretesto delia libertà del
dire foneede le cavele del sao giornale a eotal fatta di
leritiori, lo per me penso òhe sia come eolore che damo
le eolielh a ehi ha pur diritto della difesa, e per la legge
interdice il difendersi colle cokelia finché eolle colteHa non
lia Mssaliie*
> Caro direttore, yoi von {stampereste queste gravi pa«
Fole per conto vostro, ma i vostri scrittori hanno diritto di
mpandere uua volta a coteste infieimie, secondo che civihh
offesa se fie risente. Chi scende a vituperii non può avere
ikODs ragione, chi prende di terra i vituperii che noi la-
seiaemio eadere, e li fa suoi, si rende vituperoso egli stesso.
Noi ni a vituperii, nò a vituperosi rispondiamo; per me
protesto ehe itisoszaste il vostro periodieo delle memorie di
quelle scritture. Se Inghilterra al Parlamento vuol contra-
stare eolle menzogne, e fuor di esso colle ealannie e le
brighe T avanzamento idi questa impresa, noi denuncieremo
alla storia queste arti procacciate da fini coperti, ma che
noi abbiamo benissimo intesi; ma se un Italiano va a po«
sare au straniero lido per aiutare quelle arti che sono in
danno d'Italia noi ci dobbiamo eontenuire di dispregiarlo.
Che vai egli fra tante autorith, tanta sapienza, tante teslimò-
niaote, tante sollecitudini di corpi scientifici) di commer-
ciali, di governi e di popoli? Questo é un voler far cre-
dere al rospo cir egli eguagli al bue. Via, via , caro diret-
tore, non parliamo più né di esso, né delle sue trombe
cbè corriamo pericolo di perdere il giudizio.
> Qualcuno a questi giorni ha dato una nota, fra di
certo e di presumibile , del commercio esterno dell' Italia.
A me non è parso né che abbia attinta a cirre sicure, né
che abbia fatti i conti che doveva fare, perché se voleva
pur mostrare di quanto sarebbe stata, capace l' Italia biso-
gnava dedurre le cifre di cambil fra Suilo e Stato de' pre-
verni popoli italiani^ Finché non si compongono e non si
S84
danno statistiche in pfopo^ilo da' chi hA i registri, e non
fi lascia estimare non sapremo nulla mai. Co' volumi pie-
monlesi clie i pazientissimi e diligentissimi dud o tre ini«
piegati alla direzione delle gabelle ci dknno, sappiamo quello
che passò fra questo Stato é gli altri d*ItaUa, e quello che per
esso da loro andò ali* estero ; ma Roma noa il cura di
queste distinzioni, e pare ne arrossisca; Firenie diede per
cinque anni il commercio, e fece peggio di Roma. Né Parma,
he Modena, anche volendo, erano al caso di darci nulla;
Napoli non ci volle dar nulla affatto. L'Austria non ci Ai
cortese di specialità, ma diede ciò tutto che riguarda rim-
perio , e i porti maggiori dell' irtìperio stesso. Il male fu
che stampò tutto in tedesco, e gì' Italiani pochi ne s^poo,
e quelle statistiche molte furono date a pochi« Lo Stato
Sardo ha un commercio generale di 848 milioni) ma di
251 coir Italia; rimangono dunque per parte italiana aire-
stero 593. Venezia per sé ebbe nel 1858 un commercio
di 554 milioni di nostre lire, ma qtianti ne eambiò co' porti
d'Italia? Gol territorio doganale nel 4857 (che compren-
deva Modena e Parma) cambiò per 4383 milioni, ma non
sappiamo di quanto segnare il transito che può voltarsi al*
irove , tanto più che pare molta parte eambiasse co' porti
adriaci dell'Austria: non possiamo che supporre, e guardando
all'entrate di Trieste e di Fiume, e delle relazioni delle
Romagne e delle Marche, si dedurrebbe almeno la meiii
e rimarrebbe al conto d' Italia 680 milioni ; Parma e Mo-
dena cambiano tutto all' interno, meno pochi elementi, come
le sete, ecc., quindi dei 44 milioni sarà abbastansa se per
l'estero sia a darsene 10. Roma fa oon Francia un com-
mercio di 8 milioni, poco più 10 eoli* Inghilterra, 1^0^
mila colla Spagna, 27 con Trieste; poco più è d'aggiun-
gere per l'estero, quindi 47 milioni. La Toscana ha com-
mercio di 34 milioni con Francia, 6 coli' Olanda, 5 colla
Spagna, 4 colla Turchia, 22 con Inghilterra, 2 con Trieste,
2 dispersi i a brigola, fra tutto 73 milioni. Le Due Sicilie
285
• •
«NI notate in media nelle tavole inglesi per. 60 milioni,
per 68 nelle francesi, per 29 a Trieste, 2600 mila al Bel.-
gio, 11,500 air Olanda, 600 mila colla Spagna, aggiungendp
minuzie per le eoste mediterranee segniamo almeno 18^
milioni. Eceo un (ulto di 1570 milioni a cui si devono agr
giungere almeno ceit^o milioni di commercio del Lombardo-
Veneto e del Tirolo, colla Svizzera e colla Germania, 280
coirAustria, e formar cosi un capitale in giro di 1700 mio
lioni fra T Italia e i paesi fuori d'Ilalia; press'a poco tanio
quanto V unione tutta doganale austriaca dond' è fuori la
Dalmazia^ e tuttavia forma un 39 milioni di abitanti. Il ca-
pitale commerciato coli' estero nel 4857 dall'impero austriaco
fu di 1 463 milioni di nostre lire.
9 Chi potrh prevedere T incremento che prenderà il
eommercio in Italia se le forze sparse si riuniscono? Chi,
se si apre una via a cui facilmente e brevemente acceder^
per ottenere in linea diretta quel moltissimo che prendiamo
da mani terze e quarte ma nato col&, concio o lavorato?
lo vorrei che si popolarizzasse la cognizione di tutto que-
sto possibile bene , e deH' impresa che lo va a procurare ,
e volentieri farei compiuto il desiderio vostro e d' altrui ,
senz'altro occupazione che io abbia, ma non è da me l'im*
pedimento alla mia volontà. »
Gradite la mia amicizia, e state sano.
20 settembre 1859.
Affez. Vostro L Scarabelli.
IL
« Il Journal des Dibats del 29 agosto 4859 accarezzando
l'idea di una Confederazione di Stati in Italia va perlustrando
i cigli della penisola e le vene onde si muove il suo com-
mercio e pensando che se anche Genova e Venezia non son
più quelle dei di in cui Havre, Londra e Liverpool eran
trulla, possono diventare con una potente marina di una im-
portanza nuova e considerevole. V in^iiude le isole di Sicilia
S86
e Sardegna^ te quoli nelU etvilià cai tagioete e poi oeHa ro-
mana vuotavano ricebetae tmmaiaf ai potataaori; • nov^
rando i naturali prodotti di eaae del eontineiue» e te prime
industrie elie naseono dalle rieeheste del auoio arabile e dd
suolo minerale, manifesta a ehi V intende quante fonte siaoo
a disposizione della nazione che si va a compoire. E poiché
vide r esposizione industf itile piemontese del 1868 neo s'ia-
dugia dì affermare che venti industrie gareggiano in fiori-
desta colle eguali di Francia. Il Dibats dovret>be vedere
qualcuna delle esposizioni milanesi, qualcuna delle toscane,
qualcuna delle romane (di Napoli ignoro io) e poi conelu-
derebbe che le venti diventerebbero trenta o piò ancora, e
che non in un punto solo l* una o 1* altra fiorisce ma in
punti parecchi della penisola. A forze riunite ingagliardendo
i mezzi si potranno ottenere come in Francia e come al-
trove con economie maggiori cose migliori. In altro scrino
pel BuUeitino ho già abbozzato a qual grado sia il commercio
esteriore dell' Italia divisa, ma non è che quanto ho potuto
indagare, cerio il trovare debb' essere maggiore. Se l'Italia
avesse tante strade comparativamento quanto l' Inghilterra, o
almeno quanto a quest'oro ne ha il Piemonte, e le sue
acque allacciasse, e alle fabbriche le conducesse, e alle terre
in gran parte asseiaie, l'industria aumenterebbe ai dì U
d'ogni idea presente; ma senza unire le forze intelletiuali
e le commerciali non si riesce. L' unione in qaalche modo
pare che si farà^, e si fa ha ragione il Dèbats di promet-
tere all'Italia, e per l'Ilalia alla Francia legata ad essa per
trattati di commercio beni nuovi e abbondanti. Grani , vini,
sete, olii, bestiame, lane, metalli, solfo, canape, sali, frutti}
legnami, marmi escono a quantità considerevolissime; bu*
mentano ogni giorno i prodotti delle filature , de' telai di
cotone, di sete, di lane; le cartiere, le eoncierie, d'ogni
avariata e bella produzione ognora più ingraziosendo; dioo
le cose maggiori che delle minori arti è un sobbissci, troppo
presto sorpassate, degnissime d' essere visitate, conciossiacbò
S87
per quanto •pleBdide le esposizioaif aoa tono ancor tatto
od gcDìo del paese ehe è più dell' operare ebe del mostra*
re. Senza i noonopoltt ehe nello Stato romano abbattono
ogni tigoria, senza le vessatrici dogane che arrestano Tin-
g^o ad ogni poco di miglia , senza le leggi fiscali che b-
Toriicono il brigandaggio e il contrabbando, e tolgono alla
proprietà del lavoro quello stilappo che altrove fa la ric«
chetza e la moralità dello Stato , non potrà a meno V Italia
che triplicare il suo compito come in cinque anni ho av-
vertito io fece il Piemonte* I trattati internazionali che si
eomporrando da una prudente e sapiente amministrazione
dovranno assicurare il progresso di tale sviluppo e T Italia
io si bella posizione marina avanzerà il suo destino assai
oDorcvolmente. L' incremento d' Italia è ricchezza anche di
Stati altrui. Osserva giustamente il DibaU che tre o quattro
milioni di chilogrammi di sete lombarde si vanno lavorando
aliene, Zurigo, Saint-Etienne, a ElWfeld, a Birmingham
convertendo i 480 milioni che costano a 4500 o a SOOO
milioni. Quel valore acquisito in paese straniero ò una bella
polenta che non so quanto s' invidierà dall' Italia , ma certo
la Slimola continuo a continua e crescente produzione.
* Lo Stato Sardo, dice il Débals^ fa quasi cinque volte
lanio commercio come tutto il regno delle Due Sicilie che
è vasto e popoloso il doppio ; e lo Stato Sardo che ha fatto
in si brevi anni tale progresso è arra sieura che 1* Italia vi*
vendo di vita propria e senza pressioni estere, abbandonata
0 rilasciata alle sue abitudini nazionali illuminate dalla scienza
diventerà , come deve, potente e rispettata fra le nazioni.
Calcola che 4886 milioni sia il commercio estero d'Italia
(io nello scritto citato ho dato altro) se dovesse camminar
la via piemontese si alzerebbe in brevissimi anni a 3600
mìlieni. Cotale somma per 24 milioni d* abitanti supererebbe
il ragguaglio del commercio francese il quale nel 4857 fu
di 4592, cosicché oggi quei S600 milioni renderebbero IbO
lire per milione d'abitanti mentre i 4592 equivarrebbero
A 127. Ma fra otto o dieci anni anche il commercio fran-
cese aumenterà. Sta bene, ma guardando al passato conse-
guilo con forze non isiraordinarie il progresso d* aumento ^
288
è assai minore rispetto air elevamento clie per esempio ri
è ottenuto io Piemonte, eoi mezzi che oon aveva e si fece.
Pi quei 4886 milioni conta quei periodico avere la Francia
522, quasi ventotlo delle cenlo parti. È naturale che per la
vicinanza delle due nazioni, per Taccessione facile dei porli
italici e la specialità agricola del paese nostro, e la specia-
liik manifatturiera a cui attende la Francia gli scambii siano
per essere inalterati, e come ali* un paese cresca un bisogno
^e r altro aumenti d'opere per soddisfa'^lo., e questo per in-
dustria aumenti per corrisponderlo. E i bisogni^ chi noi sa?
aumentano colla prosperità dei popoli e la prosperila colle
libertà poliiiche e le commerciali e industriali. Ha ben ra^
gìone adunque il periodico francese d* augurare che una coo-
federazione o lega o altro si faccia onde trasformare in prò
di sua nazione tanti trattati parziali in un trattato generale,
cosi come con Francia, colle altre nazioni farà Italia e come
Francia aneli* esse gioiranno io meglio de' loro eambi e per
le materie migliori e per i valori più economici e per le
più assidue transazioni. Delle quali insieme alla Francia più
si godrebbero quella Germania e queir Austria che or tanlo
si travagliano per dominarla o tenerla alla loro disposizio-
ne. La Germania specialmente, la quale sebbene reputi e^
sere servita dal porto istriano sarebbe assai meglio fornita
air interno e più alle occidentali sue regioni dalle comunica-
zioni che più desiderosamente aprirebbe attraverso la Sviz-
zera e che finora fece il broncio o la sorda. E beo si ac-
corgerà di quel che diciamo quando aperto il Bosforo egiziano
vedrà camminare pel Mediterraneo ciò che domanda all' 0-
landa e alle Anseatiche^ o a Francia, o a Svizzera che do-
manda essa stessa ali* Italia. Italia cerio non potrà avere com-
pilo diverso dal compito dì Francia per quella faccenda del
Bosforo, e se voglia di sua ragione agricola presente, e se
voglia di sua futura industriale aumantare i capitali e le
opere. Vicina e innanzi geograGcamenle a Francia par cbe
abbia gli stessi interessi, i medesimi bisogni. I suoi lidi poi
per numero e per bontà più felici de* lidi francesi sono
grande sicurtà alle prove che la nazione libera illuniinào*
dosi vorrà tentare. E la Francia favorendo la fortuna d'Italia
non fa che favorire la propria fortuna. Invitiamo gli italiani
a destarsi e fissare gli occhi in questo argomento. »
22 settembre <859.
L, Scarabellu
BOLLETTINO DI NOTIZIE STATISTICHE ITALIANE E STRAniERB
E DELLE PIÙ IMPORTANTI INVENZIONI E SCOPERTE
PROGRESSO DELL' INDUSTRIA
DELLE UTILI COGNIZIONI,
Fascicolo di Sbttbidm 1859.
NOTIZIE ITALIANE
II» ValtelllMu
F
inalmente è giunca Torà pel restauramento economico
della povera Valtellina, che a buon dritto fu appellala dal-
l' ottimo Jacini V Irlanda della Lombardia. Noi abbiamo più
volle svelato in questi Annali le piaghe miserande di questa
iorelicissima valle, e dimostrato come potevasi recarle qual-
che sollievo. Alla Valtellina fu attribuito un nuovo estimo
prediale affatto contrario al vero. La si credette un' Oasi, un
nuovo Paradiso terrestre e si scambiò il frutto secolare del-
r umano lavoro che ruppe quella sterile gleba per costrin-
gerla ad artiGiiali prodotti, nella naturale feracità del suolo,
e gli ingegneri censuarj assegnarono a quel territorio un
valore che non aveva e non potrà mai avere. Gli inforiunj
campestri che per otto intieri anni spensero ogni predotto
agricola resero ben tosto evidente il gravissimo errore che
avevano preso gii ingegneri censuarj. Il rimedio era pur
facile. Bisognava sospendere T applicazione delle imposte
▲muLk Statistica t voi. XXI il, serie 3** 19
prediali sulh baie del nuovo eslimo e farle continuare sulla
base deir eslimo precedente, sino a che il nuovo estimo non
fosse sialo relliQcato. Quest'era anche il volo dei vahellioesi
che replicalamente reclamarono al governo austriaco. Che
fece invece quel governo?
Tutti lo sanqOf Pece mostra di dare un compenso, che
riuscì senza eOTeito, ai proprietarj vignaiuoli che per il fla-
gello della^^criltogaraa avevano perduto ogni raccollOf Pece
dai cittadini milanesi aprire una colletta a modo di lotterìa
per raccogliere denari da dare in limosina ai poveri della
Valtellina, e le sessanta mila lire che si raccolsero si ten-
nero per più di un anno inuiilmeaie depositale presso la
Gassa di risparmio* Inviò eommissàrj governativi nella Val-
tellina per prendere notizia su quella povera popolazione e
invece di rimediare ai suoi bisogni si fecero dai valiellinesi
pagare le laute diarie concesse a questi missionarj inalili
del governo. Bisognò espellere gli austriaci dfA suolo lom-
bardoj per trovar modo di sovvenire a quel povero paese.
U nuovo governo nazionale invitò alcuni uomini di pubblica
fiducia a fargli noto il vero stato della povera Yakellina. Questi
ai sdebitarono lealmente del loro mandato , ed il ministro
delle Gnanze potè presentare al Re la relazione qbe siamo
lieti di pubblicare, col Decreto Sovrano che esonera i vaHel-
linesi dagli arretrati delle imposte non pagate e li solleva
per r avvenire. Questa è una nuova er^ di beneficio che
si prepara all^ infelicissima Yaliellina,
Sire ,
Tra le ntiove provincie del regno, quella di Sondrio,
ohe per l' indole &U3^ alpestre ritrae dalla Sviz7.era e dal
Tirolo con cut confina, è una delle piti estese io superSci^
ma la meoo popolau fra tutte (I).
i^ifti
(i) Sopra 2,H1,700 ettari, e 2,835,000 circa abitanti che co-
S91
I suoi abitanti sono dediti quasi eselusi vamente all'agri-
eoUara; di altre industrie vi è pressoché assoluta mancanza.
Ciò non ostante, la parte ooltivata della provincia non
giunge ai sette per cento dell* intera sua superficie; quando
che nelle rimanenti provincie la superficie coltivata è più
del 40 per 100 al minimum e di più del 90 al maacimum
dcir intero territorio.
Nella provincia dì Sondrio la proprietà territoriale è di'*
visa e suddivisa in piccole porzioni, ed una specie d'enfi-
teusi o aflSttamento perpetuo mediante il pagamento di
livelli rn natura costituisce il principale sistema di colti*
vazione.
Questi fatti attestano che gravi jostacoli naturali o a^
tificiali attraversano in quella provincia il progresso eco-
nomico.
A siffatta speciale condizione di cose è venuto intanto
dal t848 in poi ad aggiungersi un'accidentale sciagura, la
quale ha aggravato lo stato di quella provincia* Le uve, che
sono uno de* principali suoi prodotti, ed il filugello da cui
trae una mezzana entrata, sono per più anni venuti meno,
con grave perdila de* suoi agricoltori.
Vero è che simile calamiti ha pur colpito altre provincie
dello Stato; ma essa ha cagionato effetti anche più gravi
li dove era maggior difello di risparmi precedenti, e dove
è mancato il sussidio di altre industrie, per riparare in parte
alla terribile distretta.
Oltre chC) mentre questi effetti si facevano più avvertire
cioè, tra il 1855 ed il 1864 metievasi in alto il nuovo censo
lombardo nella provincia di Sondrio del pari che in quelle
stitolKono la saperficle territoriale e la popolazione della Lombar*
dia» a Sondrio spellano 405,80i) etlari di soperflcie, e soli 100
alla e poco più dì abilanti, cioè quasi il quialo della superficie,
e meno del 28.^ della popolazione.
S9S
di Bergamo e di Brescia ed in alcune pani delle provincie
di Mantova, di Crema e Lodi.
' Fino allora in cotesto provincie era stato in vigore un
estimo provvisorio del valore capitale del fondi; vi .si so-
stituì in quell'anno r estimo' d^Qoitivo in ragione di rendiui
eensuaria.
La proporzione tra l'estimo provvisorio precederne e
l'estimo dcflnitivo variò in diverso modo nelle provincie
nuovamente censite, ed il risultamento del nuovo censo per
la provìncia di Sondrio fu questo; che mentre» cioè, sopra
83,334,952 scudi di complessivo estimo capitale del terri?
torio censito, essa ne rappresentava 4,681,916, cioè quasi
irveniesimo, dopo il nuovo censo, sopra 29,569,218 lire
di rendita ne rappresentò 1,571,575, cioè quasi il quindi^
cesimo.
Essendosi perciò il contingente di 7,867,065 lire d'im-
posta prediale che già pagavasi da quelle provincie ripartito
in ragione dèi nuovo estimo, la parte spellante alla Valtellina)
sali da 396,952 L. a L. 524,569, cioè nella proporzione
medesima in cui erasi aumentata la ragione dell' estiinq
novello coir estimo provvisorio, a cui veniva sostituito.
Bergamo e Brescia vennero quindi d'aloun poco alle-
yiate. La parte censita del mantovano provò anch* essa un
simile alleviamento. Quella della provincia di Lodi e Crema
invece pagò un contingente alquanto più alto. Tutte però
vennero assoggettate al pagamento medesimo dì centesimi
S3,378;i000 per ogni lira eensuaria di rendila,
A capo a poco più di un anno il contigente d'imposta
delle Provincie di fresco censite fu associato alla somma
dell' imposta che gravitava sulle provincie venete; ed il loro
montare fu ripartito in ragione della rendita eensuaria delle
une e delie altre provincie.
Questo nuovo ragguaglio occasionò un aumento del con-
tingente d'impesta non già nella sola Valtellina, ma pro-
porzionatamente anche nelle qUrc provincie lombarde re-
993
6ei)téiDenté cefisitd; sicché ì' aliquota dét Iribcfto prediale
rooDtó da 33 378/1000 a 88 377/1000 per ogni lira ceo-
suaria di rendita.
Il eoniingénte della ValtèUlna sommò in conseguenza a
L 603,138.
Per una fatale combinazione adunque le nuove operazioni
eensuarie, le quali accrescevano di circa 34 mila lire T im-
posta prediale della Valtellina, giungevano al loro termine
nel corso di quegli anni in cui una considerevole parte del
800 raccolto veniva a mancaréi
In ogni modo però se il censo delle provincie lombarde
è esatto, se 1* estimo della Valtellina non è erroneo , quali
che siano gli effetti che la sua applicazione, fatta forse in
circostanze sfavorevoli^ abbia potuto arrecare, essi non sono
da censurare né come parziali né come ingiusti.
L'aumento dell'imposta prediale in quella provincia ^
nelV ipotesi dell'esattezza del censo derivando da una mi-
gliore ripartizione del tributo, sarebbe invece un alio di so-
ciale giustizia.
Ma opinione di alcuni é che l' estimo della Valtellina
sia erroneo, e che gli estimatori, omettendo di tener conto
di certe speciali condizioni de' luoghi , abbiano Ossala la
rendila ccnsoaria dei terreni di quella provincia ad una mi-
sura coroparalivamente troppo alla.
Reclami vennero faui sotto il cessalo governo» ma furono
respìnti. ^
Vostra Maestà, al cui nobile cuore non giunge mai in-
vano il lamento delle altrui sofferenze, appena che le nuove
Provincie entrarono soNi^ il suo dominio, volle che le cure
del suo governo si rivolgessero aHo studio delle condizioni
eccezionali della Valtellina, ed alla ricerca de' rimed} più
scconci a sollevare quella provincia.
Sire , i mezzi più efficaci che possa adoperare un go-
verno per migliorare le condizioni economiche di una po-
polazione, consistono nel rimuovere gli ostacoli che si op-
894
pongono airattiTidi individnale ed ai liberi adoperameoli
dei privali.
Le leggi e T amministrazione del voairo regoo, eaiendo
informale ai priaeipii di libertk, la loro applieaxione aHa
nuove Provincie non maneherè quindi di produrre i laoi
frutti anche nella Yaltellioa, dove le ultime gloriose vieeode
provarono come le strettezze economiche non ban fatto veoir
meno l'energia dell* animo.
Molte forze naturali, come quella dell'acqua corrente, le
quali non ancora assoggettate all'impero dell' uomo, gli
riescono dannose, possono • coli' aiuto di pubblici lavori, e
col concorso dell' arte e dell' industria privata essere rivolle
a suo vantaggio.
I capitali occorrenti non tarderanno, sotto la guarentigia
della libertà ed all'ombra della sicurezza che inspirano i
nuovi ordini, ad affluire di mano in mano là dove la so-
lerzia degli abitanti offra loro un utile impiego.
Da questa legge generale economica che ò una delle
forme pratiche della libertà, deriveranno indubitabiimeate i
sussidi più sicuri e più efficaci al miglioramento delle eoo*
dizioni della Valtellina.
Ma oltre di questi mezzi generali, il riferente ba ricer-
cato se mai vi fossero provvedimenti speciali o momeotaoei
da prendere a prò di quella provincia.
Le straordinarie recenti strettezze da cui essa è angu-
stiata, si addebitano da una parte alla perdita delle veo-
demmie ed al mancato raccolto della seta^ dall' altro airio-
stantaneo aumento dell' imposta prediale.
Quelle calamità naturali non potrebbero che dare occa-
sione ad un atto di soccorrevole beneficenza. Questo aumento
di tributo, ove derivasse per avventura da estimo inesaUOi
potrebbe invece dar luogo ad una giusta riparazione. D'altra
parte la criUogama e V atrofia de' bachi hanno afflitto molte
altre provincia II censo inesatto sarebbe invece un danno
peculiare e locale della Valtellina. Quella perdita sarebbe
295
{ria o meno passeggiéra, ed iit ogni caso il mancato raccolto
potrebbe per considerazioni eccezionali motivare, e motivò
già dappertatto ove fu sperimeiitato, un passeggiero allevia-
mento dMmposta. Questa inesattezza di censo darebbe invece
luogo ad una permanente disuguaglianza di pesi tra quella
provincia e le altre « e però dovrebb* essere radicalmente
emendata e corretta.
Il riferente quindi ha creduto suo debito il cominciare
dallo indagare se i richiami della Valtellina contro il nuovo
estimo de* suoi terreni abbiano fondamento di sorta*
La riputazione della Ciunta del censo lombardo, della
sapienza de' snoi regolamenti, e dell'accuratezza delle sue
operazioni» non che la facilità colla quale suole comunemente
imputarsi ad errori del censo ogni aumento d' imposta pre-
diale^ confondendosi tra loro due cose affatto distinte, hanno
determinato il riferente a non accogliere se non con molta
circospezione le imputazioni di errori commessi nello stabi-
limento delle tariffe censuarie della Valtellina.
Egli Ila voluto innanzi tutto verificare se i procedimenti
prescritti dalle leggi e d^lle istruzioni della Giunta del censo,
farono puntualmente osservati nello effettuare 1- estimo della
provincia di Sondrio, e se le formalità richieste vennero
tutte praticate nel discutere e nel fissare le tariffe.
Avendo a tale uopo disaminati i documenti originali che
si conservano negli archivi della Giunta ha acquistato il
pieno convincimento che alcuno dei minuti procedimenti
non fu ommesso, alcuna delle formalità non fu trascurata.
Dopo essersi fatte le indagini prescritte dai regolamenti,
e compilati i quinterni di stima, dopo di essersi compilate
le tariffe, queste furono debitamente pubblicate. Conte-
nevano 6093 capi. Le delegazioni censuarie della pro-
vincia reclamarono contro 833. Questi reclami furono quindi
discusai ed esaminati ampiamente. I convocati distrettuali e
le Congregazioni provinciale e centrale furono sentite, e
dopo le solite procedure, la Giunta pronunciò. Un procedere
396
somigliante renderebbe poeo verisimile che sieno passali
inosservati errori generali e di grave momento.
Ma il riferente non ha ristretta la sua disamina a questa
parte, per cosi dire, formale ed estrinseca della procedura
censuaria. Egli ha fatto estrarre dalle tariffe catastali, e met-
tere in confronto tra loro la media delle readite censuarie
di ogni classe e qualità di terreni nelle tre provincie di
Sondrio, di Bergamo e di Brescia.
Dal confronto di questa media risulta che per la più
parte dì terreni, massime coltivati, le rendite censuarie siano
nella Valtellina più alte che non in Bergamo ed in Brescia.
Questo confronto, comunque fatto per via di medie, è
tale però da essere preso in seria considerazione, massime
allorché viene ravvicinato a quest' altro fatto, cioè che V e-
slimo definitivo sta all' estimo provvisorio precedente in uaa
ragione più alta nella Valtellina che nelle altre due Pro-
vincie.
Per effetto di queste considerazioni generali, acquistarono
un certo valore due specie di richiami che i ValteJlioesi
sollevarono per lo passato contro le tariffe e che piÙToIie
rinnovarono anche dopo P applicazione finale del censo: cioè
che gli eslimatori, mentre han tenuto conto del prezzo dei
prodotii che è piuttosto elevato in Valtellina « non abbiano
tenuto abbastanza cagione né di alcuni periodici infortuni
che in quelle regioni alpigiane sono occasionati da cause
naturali , come sarebbero a cagione d' esempio molli ed im-
petuosi torrenti i quali ingrossano in certe stagioni e deva-
stano i fondi, né dello straordinario lavoro che la condizione
dei luoghi esige, massime nei sili ove, per cosi dire, il fondo
medesimo deve essere non solo coltivato e mantenuto, ma
con modi artefatti perennemente ricostituito.
Oltre che queste eause di errori o di ommissiooi, ap-
punto perché speciali quanto alla Valtellina, ma generali
rispello a certe classi, ed anche a certe qualità di colture,
e talvolta rispetto ad intere regioni, hanno potuto essere più
297
Gndlmeaie inavvertite dagli interessati, prima ehe ne. abbiano
sperimentati gli ultimi risuiiamenti, eioè V accreaeimento con-
siderevole detr imposta.
D'altra parte queste cause, per cosi dire, generiche e
permanenti, ove esistono, non è gran fatto difficile il rico-
noscerle sui luoghi medesimi, se coloro, cui si commette
il verificarle, sono uomini o già per la qualità loro bene
informati delle condizioni del paese, o versati nelF arte di
estimare i terreni , ed esperti aell' applicazione dei criterii
ceosuari.
Il riferente aveva già quindi determinato di proporre a
V. Maestà ehe l' estimo della Valiellina fosse sommariamente
riveduto entro i limiti e sotto il rispetto qui sopra espressi
quando per meglio rischiarare il suo giudizio credè conve-
niente il creare una Commissione composta d' individui
delie nuove provìncie e tutti per conoscenze locali e per
^nno stimebilissirai , col mandato di studiare le condizioni
della provincia di Sbndrioi ed indicargli i rimedii più ac-
conci per sollevarla.
Questa Commissione anch' essa inaiate grandemente sul-
Tallo censo dei terreni, ed avvisò che avesse ad abbas-
sarsi.
Infine l' intendente della prbviocia dichiarò ciie per sue
iofbrmazioni e per conoscenza diretta dei luoghi, egli opi-
nava che il censo fosse troppo alto.
Ciò posto il riferente si è sempre più confermato che
la verifieazione da lui designata focose opportuna né più lun-
gamente da indugiare.
Intanto è giusto che il pagamento delle rate dell* impoata
prediale non ancora scadute sia sospeso durante il tempo
in cui questa verificazione locale avrà luogo , essendo essa
neeessaria per prendere un proi^vediménto definitivo.
Oltre della prediale, un'altra imposizione' è riiscita
grave ai Valtellinesi in questi ultimi anni per la combina-
xione delle condizioni sue speciali colle straordinarie .cala*
S»8
mila che le lian fatio maneara ana parie del raoeoho. Qu^
sta ifnpoaiaiooe è la taaaa soHe sucecMoni.
La picciollssiaia proprietà eoDgìiuila alla diffiìnzione dd
dominio atile e del doiDinìo diretto, e la mancania di seorte
e di risparmi che ha costretto il pieeolu agricoltore pro-
prietario o atiliata di contrarre debiti appena venne meno
il raccolto hanno dato luogo in questi ultimi tempi a cosi
magre eredità a prò di cosi poTcri successori, che la Com-
missione creata dal rìferente assicura esservi parecchie eco-
tinaja di eredità giacenti a causa delP ioopotenza di pagare
le tasse del trapasso.
La Commissione medesima suggerisee il condono di que-
ste uisse, e perchè trattasi non d* un eCfetto immediato delle
condizioni straordinarie de* tempi le quali sarebbero comooi
cosi alla Valtellina come ad altre provincie, ma in modo
più speciale del risohameoto che queste condizioni hanno
avuto in quel paese a causa dell' ordinamento locale della
proprietà , e della aua divisione, il riferente opina che si
possa eccesionalmente concedere cosiffatto condono a coloro
che, essendo realmente impossibilitati a pagare la tassa,
preferirebbero probabilmente di abbandonare la socecssione
se fossero costretti a pagarla.
Sire, questi due provvedimenti contengonsi nello schema
del Decreto, che il riferente sottomette alla sua resi sao-
zione.
Vostra Maestà accordandogliela coir apporvi la sua firma
darà una prova Dorella della sollecitudine tua per tatto eli
che può interessare non solo la sorte di tutti i suoi popoli*
ma si quella di qualunque parte di essii che trovasi in
condizioni meritevoli di speciali riguardi.
Vmoaio Eharuiui II, ecc., ecc.
In virtù dei poteri straordinari a noi conferiti colia legg^
del S6 aprile 4869:
Sentito il. Consiglio dei ministri:
199
Sulla proposi^na del minitlro 4elte finanze
Abbiamo deereiato e deeretiamo quanto aegn-^:
Art I. Nella provineia di Smidrìo rimane sospeso il 'pa-
gimento dell* imposta prediale regia, per le rate che non
1000 seadute prima d'oggi.
Compiuta la Terificasione di evi atl'artioolo seguente
saranno preai gli opportuni e definitivi provvedimenti.
Art. S. Il ministro delle finanze farà verificare mediante
sommaria ispezione dei luoghi, i rieliiami sollevati contro
le tariffe d* estimo della provincia di Sondrio, per quanto i
detti richiami concernano fatti ed ommtssioni che abbiano
potuto inflaire sullo stabiUmanto della rendita eensuaria delle
varie qualità e classi di terreni.
Questa verificazloDe verrà fatta per messo di una Com-
missione i cui membri saranno scelti del ministro delle fi-
Danze, metà fra funzionari del censo cosi delle vecchie come
delle nuove provincie dello Stato, e metà fra individui pe-
riti non appartenenti air Amministrazione, e fra persone no-
tabili della provincia.
La Congregazione provinciale delegherii due periti locali
per fornire le inrormazioni e fare le osservazioni che crede-
raono convenienti.
Art. 8. Le tasse di successione ohe per mancanza di mezzi
non furono soddisfatte alla loro scadenza legale, né vennero
fio oggi riscosse nella provincia di Sondrio, restano condo-
nate, insieme cogli interessi, eolle penali e spese a cui ab-
bia potuto dar luogo il non effettuato pagamento.
L' intendente generale della provincia d' accordo coir in-
tendente di finanza., e sentito il parere della Congregazione
provinciale, compilerà T elenco di quelle partite di tassa di
snecessione non soddisfatte, le quali abbiano le condizioni
poste nel presente articolo.
Il ministro delle finanze, previa verificazione dall' elenco
di cui sopra, è autorizzato a dichiarare che le partite in
esso comprese godono del condono conceduto col presente
4eereto.
800
Ordiniamo che il presente decreta, monito del sigiUo
dello Stato, sia inserto nella raeeolta d^fi atti del governo
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di brio os-
servare.
Dato a Torino, addi 7 ottobre 1859.
ViTToaio EiiANimLi.
Il ministro Ouiam.
Immrrn IsiltaBlMie di uwkm Cmmmm M reisdlte
▼ItAUsie pel R«ira« ItaU
Le assòeiaitoni di mutuo soccorso tanno ognor più dif-
fondendosi in Italia, ma non bastano. Vi hanno classi sociali
che non possono farne parte e che. hanno pur esse il diritto
di provvedere ai bisogni della vecchiaja. A questo scopo il
governo sardo ha providamente pensato di istituire per tatto
il regno una Gassa di rendite viuiliiie per la vecchiaja, af*
fidandone l' amministrazione alla Cassa dei depositi e dei
prestili residente a Torino* Noi pubblichiamo gli statuti di
quesu nuova ed importante istituzione e faciamo voti per-
chè tosto si aprano isUtuti figliali in tutte le proviacie del
regno.
Art. i. È creaui una Gassa di rendite vitalizie per la vec-
chiaia. .
Essa costituisce un ente morale ed è posta sotto la gu^
rentigia dello Stato.
Art. S. La cassa delle rendile vitalizie per la vecchiaia
è affidata all' amministrazione della Gassa dei depositi e dei
prestith e la Gommissione di sopravveglianza di questa Cassa
avrà anche T alu ispezione delle operazioni di quelle delle
rendile vitalizie; ^
Art. 8. Le somme destinate a costituire rendite vitalizie
804
possono essere sborsate sia dai tìiolari di queste, sia da
terzi.
Art. 4. Tanto quelli ebe eostituiseono le readite , quanto
i titolari delle medesime, possono indistintamente essere o
regnicoli o stranieri.
Art. 5. I minori, compiuto Tanno diciottesimo di loro
età, possono costituire rendite vitalisie senza l' autorizzazione
prescritta dalla legge.
Art. 6. La donna maritata può, senza T autorizzazione
del marito, epstituire a so medesima una rendita vita*
lizia.
Art. 7. Le somme collocate nella Gassa prima del ma^
(rimonio e le rendite corrispóndenti continuano, anche dopo
del matrimonio, ad appartener esclusivamente a quel solo
dei coniugi in favore dei quali^ furono inteslate.
Art. 8. Chi sborsa il capitale può fissare a sua volontà
r anno dell' età del titolare della rendita, a contare dal quale
egli intende che questa gli sia pagala* purché tale anno cads^
fra il 50 ed il 65 di età compiuto.
Le somme collocate nella Gassa dopo il 65.^ anno d'età
del titolare non danno diritto a liquidazione di rendita mag-
giore di quella che ò stabilita dalle tariffe per detto e^k.
Art. 9. Nessuno dei pagamenti fatti alla (Jassa , per co*
stituire una rendita vitalizia, può essere minore di lire cin-
que, né contenere frazioni di lira.
Nell'interesse dei terzi, le somme collocate nella Gassa
non si considerano deQnitivamente pagate se non dopo ui|
annOk
Quando i complessivi versamenti per costituire una ren-
dila a favore d' una determinata persona eccedano in uu
trimestre la somma dì lire 100, la Gassa dovrà affiggere, in
una sala di residenza centrale^ e lasciare affisso per un in-
tiero trimestre, a vista del pubblico, un elenco contenente;
L^ il nonne e eognonie di chi effettuò il versamento; 2.^ il
nome e coguome e paternità del titolare della rendita ; 3,^
301
la somma o le èomme sborsate; 4.^ la d«ta dello sborso o
sborsi eseguiti.
Dalle disposizioni dei due preoedenti alinea sono eccet-
tuate le somme provenienti dalle Casse di riaparaito « dalle
Società di mutuo soccorso o da qualunque atabilimemo pub-
blicot e quelle che da società o subilimenU privati si ioh
pieghino per costituire rendite vitalizie a fiivore dei loro
agenti ed operai
Art. 10. Il pagamento ddle somoae ebe t'impiegano nella
Cassa per costituire una rendita vitalisia deve preeedere d'un
anno almeno il giorno dal quale vuobi che ne incomioei
il godimento.
Sono eecettoate da questa disposisione le somme accen-
nate neir ultimo alìnea deU* articolo precedente.
Art. 11. Può pattuirsi che dopo la morte del titolare
della rendita, il capitale venga restituito sia air erede del
titolare medesimo, sia a chi sborsa il capitale della rendiu
od a* suoi aventi causa.
In difetto di patto espresso, il eapiule si intende ceduto
alla Cassa.
Art. li. Le tariffe delle rendite terranno eonto:
I. Degli interessi composti sul capitale impiegato, calcolati
al 6 per 100«
S. Della probabilità di morte del titolare della rendita,
eosi rispetto all'età in cui si impiega il capitale, come ri-
spetto a quella da cui s' intende che la rendita cominci ad
essere goduta,
8. Della restituzione o della cessione del eapiuile.
Gli interessi sono computati dal primo giorno del trì^
mostre che segue quello in eui lo sborso del capitale i
fauo.
L' età si ealcola dal primo giorno del trimestre che segue
quello in cui il titolare è nato.
I trimestri cominciano il 1.^ geana^o, il 1.® aprilCi il '«^
luglio ed il 1.^ ottobre.
809
Le lavole di mortalità, prete per inse del ealeoloi lono
quelle delie di Deparcieuii eompiaie, quanto ai tre primi
addì della vita, sulle tavole più accreditate.
La Casaa liquidando eiascuoa rendita sulle tariffe suddet-
te 9 ne sottrarrà il decimo per impiegarlo esclosivaoiente
Degli osi determinati dalla presente legge.
4rt. 43. Il massimo della reqdila vitaliaia per eiaseoa ti-
tolare è di aqoue lire 4900*
La rendita sarà pagata a trimestri maturati.
La resUtqxione dei eapitali avrà luogo ire . mesi dopo la
domanda» sansa deeorreoze d' interessi per questo spazio di
teiDpo.
art 44. I^ rendila vitaliiia non può espropriarsi, se-
qoestrsrsi o cedersi se non per I9 parie che stiperà le lire
S65 annue.
Kn. 45. Con decreto reale, previo il parere della Com-^
mtaiiooe di aorvegliansa, potrà essere acqordaui ai titolari resi
inabili al lavoro per ferite 0 per infermità legalmente prò*
vale, prima che sia compiuto l' anno stabilito, una pensione
Tiulizia proporsionaui alle somme da essi sborsate.
Questa pensione è sostituita alla rendita vitali^e eosU^
laiia a favore del titolare.
Art. 46. L'avente dritto ad una rendita vitalizia prima
del $5^ anno di sua età può, nel trimestre che precede il
giorno io cui avrebbe facoltà di coininctare a riscuotere la
readiia, chiedere che se ne protragga il godimento a4 i)i|
iltr'anno di 8U9 età, purché non ecceda il 65.'' eono.
La rendita, il cui godimento ò così protratto, sarà au<
meoiata proporzionat^m^Qte al tempo ma non potrà mai su*
perare le 4200 lire, nò potrà pretendersi la restitusfone di
ilcuoa parie di capitale, se mai il calcolo della rendita,
iccreseiuui in ragione 4^4 iffopa protr^tlo, desse un prodotto
più allo.
Art. 47. Colui cbe pattu) (a restitu»one del capitale può,
il tempo della liquidazione deQnitiya , cederln in lutlo od
SÒ4
in parte aHa Cassa, e la rendita sarà proporzionaiaroenie a^
cresciuta, in modo però che non ecceda le lire iSOO.
Ar. 48. Le annualità delle rendite vitalizie non riscosse
si prescrivono col decorso di cinque anni. Se esse non sono
riscosse durante il trentennio, resta prescritto il godimento
della rendila.
Art. 19. Saranno restituite senza interessi :
I. Le somme versate irregolarmente per eausa di er-
ronea indicazione del nome, prenome, figKazione, età del
titolare della rendita;
• 9. Le somme di cui T autorità giudiziaria avrà ordinata
la restituzione;
8. Le somme che al tempo della liquidazione definitiva
delle rendite vitalizie non bastino a costituirne una almeno
di L. 10, od eccedano il capitale necessario a formare il
massimo della rendita.
4. Tutte le altre somme che per disposizione di questa
o di altre leggi debbono essere restituite.
Art. SO. Quando per effettuare le indicazioni di cui al
num. 4 deir articolo precedente, si faccia scientemente uso
di documenti filisi o falsificati , e quando si facciano false
dichiarazioni a pregiudizio della Cassa, non si farà luogo
alla restituzione delle somme versate.
Art. SI. La restituzione di qualunque somma, compreso
anche il capitale riservato, è soggetta alla prescrizione treo-
tennaria.
Art. 33. Nel caso preveduto dall'art. 963 del Codice ci-
vile, il capitale riservato è devoluto alla Gassa.
Art. 33. Le somme collocate nella Cassa, e le rendite
vitalizie corrispondenti , saranno notate volta per volta m
apposito libretto che sarà dato a chi sborsa quelle somme.
Art. £4. Le somme disponibili provenienti sia da paga-
menti per costituzione di rendite, sia da interessi riscossi
dalla Cassa, saranno fra giorni otto investite in effetti àeì
debito pubblico o in altro sicuro impiego.
306
In questo caso però V impiego dovrà essere frultirero di
un interesse non minore del 6 p. 100 e sarà proposto dalla
Commissione di sopra vveglianza , ed autorizzato dal ministro
delle finanze.
Gli effetti del debito pubblico saranno inscritti a nome
della Gassa delle rendite vitalizie per la vecchiaja e non po-
tranno allenarsi che coir autorizzazione del ministro delle 6-
naoze, previo it parere della Commissione di sopravveglianza.
Aru 35. Ogni tre mesi la Cassa inscriverà in apposito
registro le rendile vitalizie definitivamente liquidate, e spe-
dirà a favore del titolare della rendita il corrispondente cer-
tificato d' iscrizione.
. La Cassa darà nel tempo stesso, a chi vi ha diritto, una
dichiarazione del capitale da restituirsi , nei casi in cui la
restituzione deve affettuarsi.
Art. 36. Gli utili della Cassa sono destinati:
1. A coprire le spese e le perdite;
2. A premiare le società di mutuo soccorso e le altre
società di previdenza, in ragione della somma delle rendile
Titalizic per la vecchiaja da loro costituite, e di cui non è
issiinto il diritto o cessato il godimento.
La ripartizione di questo premio sarà fatta dairAmmini-
sirazione della Cassa, approvata dalla Commissione di soprav-
veglianza, e sancita dal ministro delle finanze.
Se la somma destinata a siffatto premio superasse il
10 p. 400 del capitale della Cassa, impiegalo a costituire le
rendile sopraddette, il sopravanzo sarà destinato a formare
un fondo di riserva da intestarsi alla Cassa medesima quale
ente morale.
Arrivando il fondo di riserva a tal somma, che coi red-
diti di esso si possa far fronte al pagamento del decimo che
si dovrebbe sottrarre in forza dell'art. 13, si sopprimerà la
ritenuta domanda.
Art. 27. Gli utili sono presomi od accertati.
AmiAu. StatUUea, voi. XXìil, $9ri9 S/ 20
80«
Degli uiili preaunli non potrà essere riparlilo se non 9
quarto al massimo.
Ogni ripartizione sugli utili presunti sarà fatta sulla pro-
posizione dell'Amministrazione della Cassa, approvata dalla
Commissione di sopravveglianza, e sancita con decreto reale.
Art. SS. I certiBcati, alti di notorietà ed altri documenti
che concernono V eseguimento di questa legge, sono eseati
dal diritto di bollo e da ogni altro diritto di finanza.
Gli atti di nascita e di morte, ed i certificati di vita,
non che gli atti di notorietà, saranno anche spediti gratui*
tamente.
Art. 29. In caso di perdita del libretto, si provvedére
alla sua surrogazione a diligenza e spesa del depositante.
Art. 30. A favore di coloro che nel corso di tre anoi
dal di della promulgazione della presente legge divente-
ranno titolari d' una qualsiasi parte di rendita , la Cassa è
tenuta anche in seguito a ricevere tu|te le somme che da
loro medesimi o da altri a loro profitto venissero in essa
collocate sino alla misura del capitale occorrente a costituire
il massimo della rendita vitalizia.
Trascorsi gli anni sopraddetti il governo ha facoltà di
dichiarare con decreto reale che non saranno ulteriormeate
dalla Gassa accettati capitaU per costituire rendite vitalizie
a favore di altri titolari.
Art. 31. Nessuno ha diritto alla liquidazione definitiva
ed all'assegno che ne deriva prima che aia compiuto il
terzo anno dalla promulgazione della presente Legge.
Art. 33. Le spese di primo stabiliniento e quelle di arn-
minisirazione della Ctissa della vecchiaia saranno anticipale
dalle finanze dello Stato e rimborsate coi primi utili della
Cassa stessa.
Art. 33. La Commissione di sopravvegliimza farà ogni
anno una relazione sulla direzione morale e sulla situazione
materiale della Cassa della vecchiaia al ministero delle fi-
nanze il quale la rassegiierà al Re e al Parlamento.
307
Tale relazione sarà pubblicata Del giornale ufficiale del
regso.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato ,
sia inserta nella Raccolta degli Atti del Governo, mandando
a cbionqoe spetti di osservarla e di farla osservare come
legge dello Siato.
Data a Torino addi 15 luglio 1869.
EcGBmo DI SavoiA.
La IlAnea IVaaloiiato del naoTo Re^no Italleo.
Finalmente Milano potrà avere anch' essa una Bancs Na-
lionate. Il governo di Sua Maestà sarda ha con decreto in
data I ottobre 1859 , che qui riproduciamo , approvato il
DQovo Statuto della Banca Nazionale sarda, con tre residenze,
r una a Torino, la seconda a Genova e la terza a Milano.
Noi speriamo che la Lombardia godrà fra breve del be-
neficio di questa nuova istituzione di credito, che era da
unto tempo reclamata dai suoi commercianti.
Art. 1. Sono approvati gli Statuti per la Società Ano*
Dima della Banca Nazionale annessi al presente Decreto e
muniti d* ordine Nostro del visto del ministro delle finanze.
Art. a. il Governo veglia all'osservanza delle Leggi e
degli Statuii della Banca cosi nelle sedi che nelle succur-
ali per mezzo di Begi Commissarii investiti delle facoltà
ed attribuzioni stabilite negli articoU 9 e 10 della legge 9
luglio 1850.
Nessuna deliberazione sia delle Adunanze generali sia
dei Coiisfgli di reggenza delle sedi ed Amministrativi delle
succursali sarà valida senza V intervento del (]ommis8ario
regio.
U regio Commissario presso la sedo di Torino esercì-
••
808
terà le facoltà ed attribusiooi sopràdelte anche pfes»o il
Consiglio superiore della Banca , per la validità delle cui
deliberazióni si richiederà pure T intervento di esso regio
Commissario.
Art. 8. In conseguenza del disposto dai citati articoli
della legge 9 luglio 4869, i regii Commissari hanno fa*
colta di visitar gli uffizi, i registri e le carte tutte del Con-
siglio superiore delle sedi e delle succursali, e di prendervi
le note che loro possano occorrere, come pure di farsi ri*
mettere note, specchi, del pari che copie autentiche di do«
cumenti onde abbisognino per T adempimento del loro
ufBzio,
Gr impiegati di detti uffizi debbono dare ai regi Com-
misari ì chiarimenti e le spiegazioni che loro siano do-
mandate.
Art. 4. Ai regii Gommissarii sarà dato un esemplare del
conto semestrale e delle relazioni del Direttore generale e
dei Censori.
Sarà pure rimessa a ciascun regio Commissario copia
autentica dei verbali delle sedute del Consiglio presso cui
esercita le proprie funzioni.
Art. 5. Le osservtizioni e le istanze che dai regii Com-
missari siano fatte nei Consigli, dovranno essere inserte nei
verbali delle sedute secondo le note che ne daranno per
la formazione di essi verbali da sottpporsi all'approvazione
del Consiglio.
Art. 6. I regii Commissari hanno fecoltà di far conyor
care straordinariamente il Consiglio presso cui sono de-
stinati.
Art. 7. Pel servizio della vigilanza governativa, la Banca
d* ora innanzi verserà nelle casse dello Stato la complessiva
annua somma di L. 35,000.
Occorrendo, questa somma potrà essere aumentata dal
Governo di eoncerio col Consiglio superiore della Banca.
Art. 8. L' amministrazione di ciascuna sede e succursale
é09]
della Badca dovrà rimetlei'e al regio Gommissario atla fine
di ogni settimana ;uno specchio di situazione indicante il
montare , nella sera di cadaun sabbato ^ delle somme esi*
stenti in cassa in numerario e in biglietti, dei biglietti in
circolazione, e delle partite dovute iti conti correnti tanto
disponibili, col bilancio del dare e dell' avere.
L' ufScio della contabilità centrale presso il Consiglio su*
periore formerà una situazione ebdomadaria complessiva
della Banca Nazionale secondo i conti chiusi simultaneamente
al sabbato d'ogni settimana tanto dalle sedi quanto dalle
succursali.
Tale situazione sottoscritta dal direttore generale sarà
consegnata al regio Gommissario, che Ma trasmetterà al mi*
nislero delle finanze per essere pubblicata nel giornale' uf-
fidale del ragno.
Art. 9* La Banca dovrà fare alle finanze dello Stato ,
quante volte possa occorrere, anticipazioni sino alla somma
di dieiotto milioni di lire contro deposito di titoli di fondi
pubblici o di buoni del tesoro, mediante l'interesse in ra*
gione del 3 per cento all'anno.
In caso che la Banca abbassasse V interesse sulle antici-
pazioni al disotto del 3 per cento, lo Stato godrà pur esso
di tale benefizio.
La Banca dovrà essere sempre in condizione di poter
fare, quante volte possa occorrere, l' anticipazione del terzo
di detta somma, cioè di sei milioni; per gli altri dodici
milioni dovrà esserle dato un avviso preventivo di un mese
almenoé
Art. 10. I membri componenti il primo Consiglio di
reggenza della sede di Milano saranno nominati dal governo
per decreto reale fra i principali soscrittori lombardi alle
nuove azioni emesse dalla Banea^
Art« ile Le prescrizioni ora in vigore relativamente alla
Banca Nazionale sono mantenute in tutto ciò che non è
contrario agli Statuti approvati con questo decreto ed al
disposto dal Decreto medesimo^
Ordiniamo che il presente fkecreto, monito del sigttló
dello Stato, sia inserto nell Raccolta degli Alti del GoTemo,
mandato a chiunque spetti di osserrarlo e di brio
Dato a Torino, addi I ottobre 4859.
Roiidl««iita deirbtitato di malo» svceors* diel
maefitri di IiomlMirdto dal i lavilo tS^l al
SO ffinsiào tSém.
La Rappresentanza dell'Istituto di mutuo soccorso ha
testé pubblicato il pròprio rendieonto che si riferisce al pe^
riodo deir ultimo biennio decorso dal loglio 1857 al due
giugno 4859. Noi Io riproduciamo, perchè si conosca come
proceda questa recente istituzione , alla quale auguriamo
ogni migliore prosperità, qualora si assoej coiraltra già esi-
stente a Torino per i maestri del regno sardo.
La Rappre$entanza dell' istituto di mutuo soccorso fra t
maestri di Lombardia è lieta di pubblicare il bilancio della
propria amministrazione dal 1.^ luglio 1857 a tutto giugno
1859. come fu riveduto ed approvato dalla Deputazione dei
conti, pregando i socii a far pervenire alla Presidema, entro
tutto dicembre prossimo , le dilucidazioni od osservazioni
che credessero chiedere o farvi.
Si rileva da esso, che la nostra Società al 80 p. p. giu-
gno constava di
N. 13 Protettori perpetui,
» 50 Protettori annualisti,
» 35 Socii perpetui,
» 871 Socii annualisti.
Dedotta ogni spesa di impianto, di mobili, di diplomi, di
stampe e d'amministrazione; dedotta la distrazione Viglezzi,
possedeva sotto quel giorno un capitale netto di L. 61,564. 47
impiegato parto in mutui sopra larga ipoteca, parte in Oh-
SIt
bligazìoni della eìtlà dì Milarto, parte sulla Cassa di risparmio^
e inoltre un fondo in diplomi, in cirea 800 copie dello
Statuto Organico , che , vendendosi , potrebbero dare 800
lire, in oggetti d' ufQeio ed in un valore non ancora rea-
lizzalo di quadri, libri, ecc., favoriti a titolo d'oblazione,
g;è notificati roano roano neW Educatore Lombardo^ e de'
qaali a primo tempo opportuno si farà vendita o lotteria.
In queste L. 61,564.17 operò compreso il credito di
lire 10,523. 75, che la Socicih aveva ancora al 30 giugno
4859 verso socj più o meno in rilardo di pagamento , a
motivo in parte delle cause eccezionali di questo anno,
delle interruzioni postali e delle non ancora determinate
condizioni di una parte delle provincie Bresciana e Manto-
vana. Ma rammentare di tal debito de'socii va di giorno in
giorno scemando, tanto che a questo punto già di esso furono
incassate L. 3650 e vogliam credere che anche gli altri prov-
vederanno sollecitamente al proprio impegno.
Pensi ciascuno che se piccola perdita cagiona il suo ri-
tardo individuale, molte piccole perdite costituiscono insieme
OD notevole scapito agli interessi sociali, e quanto sia di
maggior vantaggio alla Società l'anticipazione che la posti-
cipazione de' pagamenti.
Le parole dell' articolo 4.^ dello Statuto Organico: La mora
di tre mesi al pagamento porta pel fatto stesso la cancel-
lazione del moroso dal registro sociale^ colla perdita di ogni
diritto sui precedenti versamentij avvertono che ai socj in-
cumbe 1' obbligo di tenersi sempre in misura, se non vo-
gliouo restare pregiudicati nei loro diritti.
Essendo ora entrata la Società in via assolutamente re-
golare, non si potranno più tollerare tali ritardi, epperciò
col prossimo anno verranno neìVEducatore Lombardo pub-
blicati di trimestre in trimestre i socj che saranno in ritardo
di pagamento e, per solo riguardo personale, invece del loro
nome verrà riportato il numero segnato nel loro diploma. E al-
trettanto si farà con quelli che, per ulteriore ritardo, vcnis-
913
sero in fona del r^olamento a cadere da' questa fraleroa
assocìasione.
Cosi facendo la Presidenza adempie al dovere che ha
di promuovere V incremento, a coronare i isomuni sforzi di
chi l'onorò di tale mandato.
La Società di mutuo soccorso fra gli insegnanti in Pie-
monte con onorevole indirizzo al nostro Istituto, pubblicalo
nel numero 31 agosto deir£(iuca(ore , attestava 1* interesse
che abbiamo saputo inspirare a quei nostri colleghi d'oltre
Ticino, ora divenuti nostri fratelli, e ci invitava a stringerci
in un sol corpo con eguali pesi e vantaggi. Oggetto di tanto
momento non può essere trattato che in piena adunanza;
perchè possa pertanto ponderarsi seriamente la questione
diamo qui sotto le basi su ^ui poggia la parte economica
della Società sarda onde ciascuno sappia confrontarle colle
nostre e veder se e come possano avvicinarsi idue Statuii (4).
. (i) La Società di mutuo soccorso fra gli ìoaegnanti del Pie-
uionle fu aperta il i6 dicembre 1853.
Ogni socio paga franchi 5 all'anno.
Il socio ha diritto alle pensione quando abbia almeno cinquanta
anni di pita^ e almeno dodici di appartenenza alla Società.
Verificali questi due estremi, il socio che appartiene alIMsli-
tuto da 12 anni riceve annui franchi 94.20; chi appartiene da
diciollo ne riceve 167.40; chi da ventiquaitro, franchi 2fì6.40;
chi da Irenta, franchi 396; chi da trenlasei, franchi C76;cliida
quaranta ne riceve 720.
Il socio può assicurare pei genitori, per la vedoya, pei H\\
superstiti la pensione pagando anche essi le quote come ì socii
ordinarii.
Il capitale di questa Società a tutto agosto i859 era di fran-
chi 140,651, cioè 50,000 impiegati nella tipografia Franco di To-
rino, il resto in cedole dello Slato.
Le spese stabilite per la sua amministrazione sono all'anno:
per sii pendio al Direttore Franchi 1200
idem pel Segretario » 1200
idem pel Commesso d'Ufficio « ^(^
idem pei Consiglieri e Delegati ......»» 600
per pigione •....» 400
per lumi, legna, posta, stampa, ecc » 1650
per l' adunanza generale » ^
per spese impreviste «••••vi 50
343
Una Socieib che, dopo due anni di esidlenca, conta in
questo giorno un fondo netto di circa 65,000 lire è un fatto
sommamente consolante per la condizione dei maestri. Vo-
gitano pertanto continuare a farsene un oggetto di coscienza
e di cuore i RR. Ispettori scolastici , nostri rappresentanti
legali nelle provincie, illuminando i loro dipendenti, rassi-
curando i già fiduciosi, animando gli incerti, e informando
gli ignari, procurando che lutti o almeno la più parte de-
gli insegnanti possano, entrarvi^ affinchè per mancanza o di
assicurazione o di notizie non debbano restar privi del benefizio
di questa Istituzione, che raccogliendo il soldo risparmiato dal
maestro e dalla maestra e fecondandolo per quando saranno so-
praggiunti dall' infermità o dalla vecchiaja produrrà loro la
pensione di una^ due e fin tre lire per giorno e cosi pos-
sano rendere meno angustiata la faticosa carriera , e guar-
dare con noaggior fiducia ali* avvenire.
Milano, il 18 settembre 1859.
Presidente Ignazio Cantù.
Maatlfltlea delV Industria delta paglia
«
Ili Toscana.
Da un prezioso opuscolo testé pubblicato a Firenze ri-
cavammo le seguenti * notizie intorno ai progressi che ha
fatto dairanno 1818 l'industria della paglia in Toscana.
L.*arte di tessere colla paglia i capelli da donna ed an-
che da uomo ebbe V origine prima nel paesello di Signa ,
e di là si estese a Brozzi, n Campi, a Petriolo ed a Prgto.
^eiranno 1818 si contavano già 40,000 persone occupate
in questa manifattura. Nell'anno 1828 questo numero creb-
^ a 60,000; ed ora occupa più di 80,000 persone. La
mano d'opera era nei primi tempi pagata in ragione di tre
^quattro paoli e l'industria del trecciar paglie era tutta
affidata alle donne. Nell'anno 1822 la mano d'opera fruttava
314
delle due i4le oitn lire al iticrno , ed ogni donna poten
guadagnarsi dalle seicento alle novecento lire all'anno.
Nel 4883 si stabilirono vistosi depositi di cappelli dipa«
glia a Londra , a Parigi ed anche agli Stati Uniti di Ame-
rica. Si cominciò ad esportare la paglia greggia e si para-
lizzò alquanto Tiadustriu nazionale. Verso il 4827 cessò lo
stato di atonia in cui era caduta e riprese nuovo vigore
per i nuovi metodi stali introdotti nel trecciar la paglia
sino ad undici giri. Luigi Giunti di Prato fu il primo ad
inventare le traccio operate. A Fiesole si fecero treccie di
paglia mista a seta ed a crini all'uso svizzero che fruttaro-
no dal 4840 al 4847 una rendita annua di cenlocinqnanla
mila lire a quel paese. La casa Vyse di Prato introdusse
la treccia di pedali, che ora fornisce lavoro a piò di quin-
dici mila operai. Carlotta Ganelli si fece ad imitare perfei-
tamente i capelli di giunco del Panama e rese nazionale
quest* industria affatto straniera. Agnese Nannucci fabbricò
un capello di srgale di giri cento venticinque, che fu ripu-
tato un miracolo dell'arte e fu venduto alla Corte di Vien-
na al prezzo favoloso di lire 1400. Nel 1857 fu fatta una
cappotta di paglia di segale operata da Erminia Luperi e
cucita da Gesnelda Puccini, che fu venduta alla Corte lo*
scana al prezzo di lire mille.
Le sorelle Cristina ed Ermellina Faldi trecciano cappelli a
202 giri. Marianna Coppini , Laura Ciardi , Sara ed Argen-
tina Bellieri sono le artefici più stimate di Toscana per i
loro lavori in paglia.
L' esportazione dei lavori in paglia andò crescendo dal
4851 al 1855. Ecco il valore delle esportazioni che avven-
nero nel solo anno 4855:
Treccie di paglia L. 7,158,060
Cappelli di paglia ..... » 15,683,559
. Uvori di paglia » 163,700
Totale L. 23,004.319
L'esportazione complessiva per tutto il quiuqueooio de-
corso dal 4851 al 1865 fu di L. 74,885,389. Questa cifra
equivale quasi al valore della seta greggia che si produce
in Lombardia. E poi si dica che i fuscelli di paglia valgono
zero 1
81 S
I -, m\; ^■l'W
NOTIZIB STRANIERE
1V«ttele stAtlstlche Intorao albi Spasila.
s
aperficie, 488,715 chil. quadrati. -* Popolazione nel
1859, 15,518,546 abitami. — Capitale Madrid con 804,660
ibilaati. — Popolaaione delle cittk pr ineipali : Barcellona
S5i,0i5 abiu, Siviglia 453,000, Malaga 448,050, Marcia
109,446, Valenza 445,543, Granata 400,678, Saragozza
89,189, Cadice 74,944 abitanti.
Finmnze. — BUanào per V anno 4858.
Spese ordiaarie.
Obbligazioni governative dello Suto • Reali 535,981,647
Presidenza del Consiglio ...... 6,828,480
Miaistero dello Stalo » 4 4,370,926
• di grazia e gitistizia . • » • > 308,262,552
> della guerra • 3 43,399,8 1 5
» della marina 408,673,344
> deir intemo » 88,383,647
• del fomento > 75,613,485
» delle Bnanze • 415,693,850
Totale . Reali 4,775,155,393
Rendite ordinarie.
Contribuzioni dirette Reali 541,860,000
Imposte indirette » 449,445,000
Bollo ed annunci ...» 631,373,393
Proprietà e diritti dello Stato . . . . • 98,377,000
Eccedente delle casse coloniali ...» 445,000,000
Totale . Reali 1,776,165,399
316
Bilancio generale dei beni nazionali e dei lavori siraordinarj.
Spese presamìbill.
Spese di vendita ed indennizzo . • . Reali 22,643,000
Ritiro dei viglielli » 30,000,000
Servizio straordinario e lavori pubblici. . » 156,387,100
Totale • Reali 209,000,100
Rendite presamibilì.
Prodotti della vendita • Reali 106,200,400
Diritti di dogana per materiali • . « . » 12,400,000
Azioni dei lavori pubblici » 90,400,000
Totale . Reali 209,000,000
Totale generale delle rendite e spese
ael 1858 . . Reali 1,984,156.493
Debito pubblico al 1.^ gennajo 4858 44,644 milioni di
reali ( 4 reale è eguale a 27 centesimi di franco ). — In-
teressi più 241 milioni di reali. — r Debito indetermioaio
al l."" aprile 1858 597 milioni di reali.
Commercio estemo nel 1 856. — Secondo il' quadro uf-
ficiale pubblicato dalla Direzione delle dogane spagnoole,
per Tanno 1866, il commercio esterno della Spagna si
riassume nei valori seguenti:
Reali Franchi
Importazioni 4 |S04,1 68,000 862,126,000
Esportazioni 1,068,617^00 287,177,000
Totale 2,367,785,000 639,SO3,0<)0
■ ■ Il
317
SvUuppo del paese.
0
I. — Commercio coli* Europa^
Importazioni
Paesi —
in reali
Francia 485,055,000
Inghilterra I9i,590,000
Gibilterra 56,818,000
Portogallo 5,069,000
Svezia 28,475,000
Sirdetna i 0,965,000
Altri paesi di
Europa 56,612,000
Esportazioni
in reali
271,178,000
279,707,000
11,520,000
50,127,090
6,455,000
16,471,000
Totale
in reali
756,851,000
471,297,000
68,558,000
55,196,000
54,910,080
27,454,000
in franchi
204,5U,000
127,250,000
20,450,000
9,503,000
9,426,000
7,407,000
69,855,000 106,445,000 26,721,000
ToUli 815,180,000 685,271,000 1,500,451,000 405,421,000
II. — Commercio coli* Africa.
L'Algeria è la sola parte . d' Africa i di cui cambj colla
Spagna abbiano qualche importanza. Essi si sono elevati nel
1855 a 20,159,000 reali, di cui 19,568,000 per l'esporta-
zione. Comparativamente al 1856 queste cifre presentano
una diminuzione di 132,000 reali ncH' importazione , e di
1»874,000 reali nell'esportazione.
I principati prodotti esportati nel 1856 furono i vini
(11,848,000 reali); le frutta verdi e secche (1,601,000
reali); i legumi (1,388,000 reali); le granaglie (1,332,000
feali); l'acquavite (849,000 reali).
118
' IH. — Commercio coli* America.
laiportationi Bsportationfi Totali
Paesi — —
in reali In reali in reali in fraocbi
Poss; spag naoli.
Caba 459,442,009 489,169,000 34S,584«000 94,447,000
Portorico 9,652,000 44,373,000 24,624^000 5,676,000
Stali Uniti 463,454.000 60,995,000 224,449,000 60,520,000
U PlaU 40.477,000 28,398,000 38.575,000 40,415,000
Veneaoela 28,280,000 3,932,000 32,242,000 8,697,000
U Brasile 44,336,000 43,640,000 24^976,000 6,7U.000
Altri paesi 66,478,000 84,339,000 400,547,000 27,447,<X)0
ToUH 448,209.000 344,845,000 790,054,000 243,316,000
IV. — Commercio coll'Aeieu
Importasioni Esportazioni Totali
Paesi — — —' ^ ■ ' ^
in reali in reali lo reali in fraochi
Isole Filippine 28,430,000 9,979,000 38,409,000 4O,37O,0C0
Possessioni inglesi 4,097,000 5,348,000 6,445,000 4,740,000
Zanguebar 4,654,000 i. 4,654,000 448,000
Totali 34,484,000 45,5^7,000 46,508,000 49;5SS|000
Movimento per mercanzie.
1. «- Importazioni da tutti i paesi. ,
Cotone (4) ...... Reali 149,760,000
Zuecaro (2) » 444,295,000
Tessuti di lana • 65^295,000
— ^ — ■ • — ■ - -
(f ) In quanUU 27,5S4,000 ehilogrammi.
(9) • 31,881.000
819
Merlano .....••
Cacao ...,•..•
Tcasalì di seta
TessuU di coloQe • t • f
Cuoi •
Nacchioa * • ^ • . , ,
Seta , .
Pilo bianco e timo • . • •
Gaauo »•••,«••
Olio, ,.....,•
Tessuti di canape e lino • .
Pilo crudo .,••••
Reali 6S,0S8,000
45,707,000
86,889,000
80,938,000
85,478,000
34,684,000
84,706,000
33,769,000
38,684,000
47,571,000
47,375,000
44,974,000
\U — Esportaziom a tuUi i pae$i.
Vini (4) ordinar]
» di Xères
> di Malaga .
Parina • • • •
Piombo (3) . ,
Reali 493,098,000
> 419,949,000
> 15,653,000
> 139,643,000
> 87,543,000
(I) Cioè in qaanUtà : Xères .
Ordinar) .
Malaga •
EUol. 308,970
*> 834,580
m 31,530
EltoL 1.174,870
(2) È il più importaote articolo, dopo il yino ed il grano, del-
l'esportaiione spagnnoU* Si s| qaanto, d'altronde sia essa ricca in
prodotti minerali. Si crede dovere, in questa occasione, mentfonare
un articolo cbe sotto il titolo: ì^cehezze minerali della Spagna^
|Q pubblicato dal Moniteur del 38 febbrajo 1858. Vi si troreranno
iateresaanti notìxie, estratte da una Memoria indir issata dal sig.
Kanès, Ingegnere in capo delle chine, alla Società fllomatica di
^rJeaoi.
8S0
Uve secche Reali 58,607,000
Frumento .
Olio d'oliva
Lana . .
Turaccioli .
Portogalli •
Acquavite .
Sapone • .
57,S3I,0OO
49,319,000
34,019,000
32,858,000
18,864,000
47,549,000
15,307,000
Navigaziofie. — Il movimento generale dei trasporti ef-
fettuati nel 1856 pel commercio esterno della penisola,
sotto tutte le bandiere ha dato i seguenti risultati:
Entrati . • 10,409 bastimenti 743,536 tonnellate
Sortiti . • 8,608 » 615,446 >
Totali 19,017 l,357,7a2
Comparativamente al 1855, vi ha un aumento di 525
bastimenti e di 75,259 tonnellate.
La navigazione si decomponeva cosi:
All'entrata AH* uscita
navigli tonnellate navigli tonnellate
Navigazione caricata 7,673 705,488 7,490 605,253
» su zavorra 2,836 41,152 1,118 12,193
Totoli 40,409 744,640 8,608 615,
la bandiera spagnuola ha coperto 9651 navigli della
portala di 435,852 tonnellate. La parte della bandiera stra-
niera era di 921,950 tonnellate.
RendUte delle dogane. -« Il prodotto delle dogane si è
elevato nel 1856 a 186,712,000 reali (50,412,000 frO-
Comparativamente al 1855 vi ha un aumento di reali
SS4
20,077,900 (fi,49l,000 fr«). Sei arlicoli hanno portato essi
soli piò ddla metà della percezione e sono qaesii:
Zueearo Reali S4,40S,000
Merluzzo > 32,136,000
Tessuti di lana • 16,715,000
Caeao » 45,77^,000
Tessuti di cotone • 41,574,000
Colone , • • » 9,5(6,000
Còfilrìftiisumi induiiriaU e 9ommerciati della ^gna.
«
Le notizie aeguenli iono tolte a un documento uflScialo
pabblicato a Madrid nel 4857 sotto il titolo di EiUiHstka
9dmimiiratwa de la contribudon industriai y de com-
mreio*
Secondo il registro matricolo decretato al 4.° luglio
1856 la contribuzione industriale e commerciale della Spa-
gna s'elevava alla somma di 68^779,765 reali o 49,334,000
franchi e ai ripartiva tra 469,068 contribuenti divisi in
cinque classi o sezioni come si vede nel quadro seguente:
Numero Semma totale delle parU
^ntribaenli in reali in franchi
I. Sez. Industrie diverse 4 48,043 48,64 3,993 5,00j ,000
II. • Commercio . . 449,384 34,565,478 6,683,000
III. > Professioni . . 85,756 3,344,043 4,416,000
lY. > Arti e mestieri 88,738 5,740,805 1,650,000
V. > Fabbricazione^ . 67,387 9,714,349 3,633,000
mi^i^^im^tim^m^^,^ ^Hmm^tam^mm-^^-^^^ ^mmmmimmmm^m^^tmt^a^,m
Totali 459,06» 68,779,765 17,331,00)
Awuu. statistica, mi. XXI II' writ S.* 31
SS3
Questo quadro dà luogo alle segueuli otserT^zioni. Se si
stabilisce la inedia delle contribuzioui sulla somma totale da
ricuperarsi, senza distinzione delle sezioni si trova per cia-
scun contribuente, ma quota media di 439 reali o 37 fr.,
63 ceni. Tenendo conto, al contrario, delle sezioni e della
di^erenza dei diritti nel pagare ciascuna d'esse si ?ede che
la media è cosi stabilita':
L Industrie diverse
il. Commercio . .
IIL Professioni • •
IV, Arti e mestieri •
V. Fabbricazione •
Reali IS5 0 Fn 83. 75
» S06 > 65. 69
> 145 > 39. 16
» 6» > 17. 6&
> 445 » 39. 16
D'altra parte essendo la popolaaione della Spagna, ss*
eondo Tullimo censo, di circa 46 milioni d'abitanti e il na-
mero dei contribuenti elevandosi , eome già si disse , a
459,068, ne risulta che vi ha un individuo su trentaire
XHMìcorrenti alla contribuzione.
Beco come la oootribuzione si divideva ira le principali
Provincie (numeri rotondi).
Madrid , . Reati 9,170,000
Barcellona ...,.., » 8,001,000
Siviglia , . » 4,005,000
Cadice , . > 3,719,000
Valenza « 8,805,000
Malaga • » 3,438,000
Saragozza » 4,985,000
Toledo » 1,654,000
Vailadolid » 4,618,000
Badajoz » 4,375,000
Reali 36,663,000
S8S
Samim retro Retli
Tarragona
AKcnto
Cordova
Corogoa
Granata
Girona*
Jaen .........
Marcia ; .
Burgos
VflDtiset akre prpvioeie «d isole
86,56S,000
4,861,000
1,888,000
4,814,000
4,838,000
4,887,000
4,486/)00
4,084,000
4,086,000
4,004,000
46,488,000
Reali 68,789,000
Cioè ia fraaebi 47,334,000
Le cifre attinenti alla proTineia di. Madrid, che ooeupaoo
il primo posto, e a quella di Bareellona che vengono m
tefaito, si decompongono cosi per sezioni.
Madrid
Barceìlona
Indastrie divene . Reali 3,885,000
1,451,000
Commereio • . • » 4,880,000
1,485,000
Professioni ... > 805,000
479,000
Ani e roeslieri • • » 789,000
767,000
Fabbricazione • • ^ 412,000
8,001,000
Totali Reali 9,470,000
8,001,000
824
Matlsttea detto iMto J§oMm.
Superficie 2886 cbiL ceot. — popoUzioiie , 986^881 abit
Unii. Capitale GQrfùi 45,921 abitanti.
Finanze. •— PUanefQ dello Stato (4856>
Rendite (le dogane vi figu-
rano per 154,885). , • , tire steri, 881,489 >cell. 10
Spese ,,.,.., 9 857,686 > 3
Nelle spese si conu; 95,000 lire steri.; lord Commissario
48,000; amministrazione e Parlamento 57,806; istroziopo
pubblica 40^488; straordinarie 44,886t
Bilancio dei comuni (4856>
Rendite: 43,846 lire steri. — Spese: 88,745 lire steri.-*
Debito nel 4868: 890,000 lire steri, di cui in caru laonef
tata non avente interesse, 94,644 lire sterjine.
Navigazione nel 4856. — ^ Essa può riassumersi cosi;
Entrata ,.«.,.., 848 basU 408,984 lonnelt
Sortita .... f ... 848 » 404,484 «
Toule , , , , . 4,0Si 904, 40
In questo totale, che comparativamente al 4855 indica
un accrescimento di 454 navigli e di 38,998 tonnellate, la
marina greca ha figurato per 49,963 tonnell.: quella turca
per 45,050; delVAustria per 36,494; dell' Inghilterra 20,393;
del regno delle Due Sicilie per 47,549; di Malta per 43,946,
e della Francia, per 43 bastimenti e 5863 tonnellate. Il re-
sto del movimento si è ripartito, quanto alle proveniente
e destinazioni tra gli Stati romani, Amburgo, il Belgio, h
Sardegna, la Russia, ree.
#
La partecipazione della marineria joniea air insieme deU
rintercorso di quest'anno, fu soltanto di 262 bastimenti e
33,858 tonnellate, cioè 5 bastimenti e 5957 tonnellate di
meno che nel I8ò5. Sui 14 navigli del comnlercio francése
nei porti jonici, 2 hanno caricato dell* olio d^iiliva e dell'uva
di Grinte ; gli altri non vi hanno fatto che breve dimora*
Commercio. — Ha dato in valore una cifra totale di
67,647,000 franchi che sorpassa considerevolmente quello
del 1855.
Importazioni. "— fisse si sono elevate da 26,750,000 fr«
nel 4855, 29,678«000 fr. ; nel J856« cifra nella quale la
Turchia ai trova composta per 40^126»000 fr., 1* Inghilterra
per 6,635,000, TAustria per 3,421,000, la Francia per
3.070,000, le Due Sicilie per 926,000, TOIanda per 900,000,
la Toscana per 410,000, e la Grecia per 352,000 soltanto.
Principali mercanzie importate.
* • t
• • 4 •
Cereali . « • * é •
Tessuti di cotone • • •
Zaccaro
Baci, bestiame minuto e
cavalli • . . • .
Tessuti di lana
Vini e spiriti
Caffè
Cotone 6Iato « « . «
Pelli brute e conciate .
Pesce salato . « • •
Legname d'opera e le-
gna da fuoco . •
Tessuti di lino e canape
Tessuti di seta . * *
eltoK 691,000 10,494,000 fr.
metri 9,380,000 3,666,000 >
chil. 2,538,000 2,414,000 *
eapi
66,^54
1, 342,000
metri
873,000
4,310,000
eiiol.
40.455
4,481,000
chil.
772,000
957,000
chil.
i»0,000
800,000
chil.
1 ,000,000
700,000
chili
1 «4 03,000
608^000
chiL
38,000
4^8,000
metri
257,000
332,000
metri
33,1 40
265,000
Prà gli oggetti leeòndarj d* importazioDe, biiogoi men*
zionare il buffò ed il formaggio, le stoviglie e vetri, il
legname d' opera, il ferro i pomi di terra e legumi, il rì-
so , le farine e paste, il tabaeeo e le tinture, gomme e dro-
gherie.
Comparativamente at 1855, vi ebbe un aumento su quasi
tutti gli articoli, senza eccezione rimarchevole, ma princi-
palmente sui tessuti, e quasi subito sulle stoflfe di cotone.
Esportazioni. — Esse hanno preso un accrescimento
assai più notevole ancora che le importazioni: si sono ele-
vate da 16,573,000 fr. nel 4865, a 29,969,000 nel 1856.
In questa cifra la Turchia figura per 7,045,000, la Grecia
per 3,300,000, l'Olanda per 4,630,000, Amburgo perla
stessa somma, il Belgio per 750,000, la Francia per 675,000.
Il rimanente si ripartisce tra Malta, gli Stati sardi, gli Stati
romani, le Due Sicilie, ecc.
Prodotti principali esportati.
Olio d'oliva ettol. 95,000 6,701,000 k
Tessuti d'ogni qualitb. . metri 3,350,000 6,700,000 >
Uva di Corinto .... chiL 8,300,000 6,343,000 >
Grano e frumento • . . ettol. 300,000 3,134,000 >
Zuccaro chil. 4,365,000 4,134,000 >
Sapone chil. 900,000 646,000 »
Gli altri invìi consistono in cotone filato, eaOè, ferro,
pelli brut^ e vini riesportati, in sale e in legnami da botte.
Gli aumenti provati risalgono a 4,896,000 chiL per 1*»^
di Corinto, 49,040 ettolitri per l'olio d'oliva, a 430,000
per gì' invii da grano e frumento , a 3,300,000 fr. P^^ '
tessuti e a 615,000 chil. per il zuccaro. Cosi nell'importa-
zione l'aumento fu quasi generale.
I ricolti dell'anno 1866 sono valutati in totale a SfiOOfWO
327
ehiL per le uve dì Corinto ed a 500,000 per il tabacco^
a 150,000 etto! • per Polio d* oliva, e nella stessa quantità
per i vini; si stima infine a 200^000 etloK la produzione
del sale ed a 1,300,000 chilogrammi quella del sapone.
— ooo—
Pregressi eeonoìulel della Oreela*
W ministro delle finanze del governo ellenico ha reeen-
temente diretto al re della Grecia un rapporto nel quale
riassumeva Io stato materiale del paese e faceva specialmente
rimarcare i miglioramenti che furono successivamente appor*
tati dopo r ascensione al trono del re Ottone. Ecco alcuni
estratti di questo rapporto per ciò che concerne il commer^
rio e le in'dustrie del paese:
« Se r aumento della popolazione d'un popolo è una
prova evidente^ del suo progresso sociale, la Grecia presenta
sotto questo rapporto delle cifre molto soddisfacenti. Nel 4854
la sua popolazione non era che di 612,608 anime; oggi essa
raggiunge la cifra di l,045,23!i abitanti che s'occupano di
agricoltura e di navigazione. Lo sviluppo e T ingrandimento
delle sue citta devesi alla navigazione.
> La Grecia non è un paese fertile ingrano; è perchè
la coltura dei cereali era trascurata anche ai tempi dei no*
stri antichi ; la Grecia attuale, privata dei capitali necessarj ,
non poteva entrare in concorrenza coi paesi stranieri e colle
Provincie limitrofe, coperte di fertili piani; essa si limita a
produrre il grano necessario per il consumo interno , che
l)a sempre trovato sui mercati del paese eiò che gli abbi-
sognava; nel 1853, anno di carestia, T importazione dei ce*
i'caIì è salita, secondo i conti delle dogane, a 700,000 qui-*
li (1). Patta deduzione di ciò che fu trasportato in grano del
(1) Il quilo — 35 litri 17.
SS8
paese (1); 1* anno eorreote , anno d' abbondanxa ^ il ricoho
sorpassa di 8 milioni di quili la quantità dei cereali neces-
sari pel consumo del paese. Il governo è in grado di prò*
vare approssimativamente il prodotto del ricoho, perchè U
sua rendila dell'imposta fondiaria, la decima, è ritratta ìd
natura, mediante delle ricevute a madre e figlia rilasciate
ai produttori.
» Il prodotto delle uve di Corinto non s'elevafa prima
della rivolta che a 40 milioni di litri: dopo quest'epoca e
sino al' 4884 i pubblici registri non provano con maniera
precisa la cifra della produzione. I diritti di dogana per Te*
sportazione di questo prodotto; dei reali di Vostiglia e di
Pbtra, erano giunti nel 4834 a 74,446 dr./ mentre che net
1866 essi sono giunti a 843,433 dr. Dorante la rivoluzione il
raccolto di questo prodotto era quasi uullo, perchè uos parie
delle vigne era stata distrutta, e il resto rimase incoito. Le
piantagioni delle altre proviocie del regno non contano che
alcuni anni d* esistenza , e nullameno il ricolto s' è elevato
nel 4854 a 64 milioni di litri.
» La malattia delle viti, che ha distrutto le sperarne dei
produttori, mette anche il governo nel!' impossibiliti d*aver
dei dati positivi sull* accrescimento della produzione. Secon-
(4) Superficie delle terre roltipale in Grecia.
mi 1B34
Peloponeso Strenue 4,474.400 2,580009
Grecia continenUte • 756,300 dH»^
Isole ,••.-• 407,400 i^^^
ToUle 2,338,000 3,650,100
Si vede che è principalmente nel Peloponeso che V «grieoUon
ha fatto i progressi più notevoli. La produzione in cereafi che per
tutu la Grecia s'elevava nel 4821 a 5 J 00,000 qoili, s'elevari
4»ggidk a 9,450,000, cioè quasi il cento p^r cento d'auoento.
839
io r calcoli approssimativi fondali sull* esperiensa degli anni
precedenti e sulle osservazioni falle sui luoghi, il ricoUo del*
TaoDo corrente avrebbe potuto raggiungere la cifra di 80
milioni pel prodotto di 1 60 mila strenue di vigne d' uva di
Corinto che esistono attualmente in luogo dei SO mila che
esistevano prima , si calcola ordinariamente in media 600
litri per strenua.
> Le vigne ordinarie prima della rivoluzione coprivano la
superficie di 35 mila strenue ; oggidì esse ne occupano più
di 700,000, di cui 450,000 produttive avendo esse pagato
la decinna ; il resto delle piantagioni è di un' etb al disotto
dei 5 anni; T ispezione generale, che si è per effettuarsi,*
proverà resistenza di 4 milioni di strenue in tutto.
» La rendila del ricolto dei bozzoli che nel 1840 non
sorpassò le 640,000 dr., di cui la decima era di 65,000, è
giunta Tanno corrente a 5,533,000 dr. La decima essendo
stata stabilita alla pubblica asta, ha dato una rendita di
540,040 dr. Questo ricoUo è il prodotto di 1,500,000 gelsi,
secondo 1* enumerazione data dai prefetti e secondo le di-
chiarazioni date dai proprìetarj dei gelsi piantati sui ter*
reni appartenenti allo Stato (e paganti un canone di 30
per 400). Il numero dei gelsi prima del 1834 s'elevava a
quasi 580,000.
» Il ricolro dei fichi di Messenia fu, per Tanno corren-
te, di 93,000 quintali esportati dalle dogane, oltre quanto è
rimasto in paese per il consumo interno; nel 1840 esso non
era arrivato che a 41,564 quintali. Il numero delle piante
di fico di proprieià privala s'eleva a 100,000, poste in
360,000 piedi di terra, che prima del 4834 non giunge-
vano che alla cifra di 50,000.
> Il numero degli ulivi che nel 1834 s'elevava a 3 mi-
lioni e 300,000, avendo dato nel 4840 al tesoro pubblico
t>na rendita di 540,000 dr. è giunto attualmente secondo
)* enumerazione ufficiale a 7,400,000 che hanno dato in de-
cima al pubblico tesoro 4,609,000 dr.
9dO
» Le rendile delle dogane si sono elevute neV^tSS4 a
1,652,136 dr. per 1* importazione, a 867,9&9 per T espor-
tazione^ in tutto a 2,439,95& dr. (ed io ho preferito per
il paragone Tanno 1834, ove il nuovo stato di cose esigeva
una importazione considerevole per sopperire ai bisogni del
paese): gli anni passati esse hanno raggiunta la cifra di
4,454,041, ed è a credersi che Tanno corrente sorpasse-
ranno i 4,450,000. D'altronde questo paragone già cosi sod-
disfacente per il presehtef non indica bastantemente il pro-
gresso fatto: e peroechè i diritti di sortita di più prodotti
d'esportazione assai importanti, come Tuve di Corinto, i
'fichi, ecc. furono ridotti dopo d'allora dal 6 per iOO al 2
per 100: se i diritti di dogana erano ritratti secondo la ta-
riffa del 4834, la rendita avrebbe raggiunto nel 4856 la
cifra di 6 milioni.
» La marina mercantile greca, prima della rivoluzione
non contava più di 449 bastimenti della portata di 52,000 ton-
nellate, fu trasformata in marina di guerra durante la lotta,
e vi prese una parte assai attiva e gloriosa ; ma alla fìtte
della guerra essa era giunta ad uno stato di deperimento
che non permeueva più ai proprietarj di servirsene, si do-
vette quindi ricominciare a ricostruire una marina mercan-
tile^ ed essa conia oggidì 4^39 bastimenti della portata di
325,000 tonnellate, ed equipaggiali da 29,000 marina].
» Quanto all'educazione degli armenti essa non ha se-
guUo lo stesso progresso generale ; è che in Grecia questa
educazione non costituisce una parte dell'agricoltura; più
quest'ultima si sviluppa e più la primo resta in addietro;
perchè il nutrimento del gregge in Grecia si trova là dove
T aratro ha tracciato i suoi solchi.
» Anche jT industria è ancora indietro ; la cifra della
popolazione è ancora ben al disotto di ciò che bisogna, p^^
che l'industria possa prendere il suo campo; d'altronde i
cnpitali mancano, l'interesse è ancora esorbitante; giunge
qualche volta al 20 per 400; la mancanza di braccia ia >^'
S81
Rre Ift mano d'opera a SO per 400. Si scorge faeilmeote
ehe sotto P imperò di tali incooTenieoti T industria non paò
prosperare, nuHaitieiio, dopo alconi anni, noi abbiamo yo-
doto stabilirsi quattro filato] di seta, in tutto di 400 cal-
daje, di cui due nel Pireo, uno ad Atene e un altro a Gh
tamata; il prodotto di questi stabilimenti è giunto a soste-
nere la coneorfensa eoi stabilimenti d'Europa. Due grandi
coDciatoj esistono a Syra, essi inviano i loro prodotti per
la più parte cogli scali d'Europa; un filatojo di cotone si
trova a Patrasso; ed anche uno stabilimento per T estrazione
del socco di rigolizia ; una fabbrica di stoviglie ad Atene ;
una fabbrica di pettini a Syra ed un mulino per sgranare
a Levadia. Vi ha di più, in tutto il regno, Y indusiria pro-
pria ai mestieri ed agli artigiani, i di cui prodotti differenti
Don sono indegni dell'attenzione di chi vuole apprezzare
il progresso del paese nella civilizzazione; questa piccola
industria è la risorsa di mohissimi produttori.
> Tutti questi stabilimenti che formano un capitale di
aleune dozzine di milioni; sono dovuti alle economie che
la frugalità del popolo ha saputo fare sulle sue spese, al
tuo umore pel lavoro, aumentando cosi la sua rendita; esso
ba iodato contro^ le difficoltà le più ardue , contro le pri-
vazioni più sensìbili, e ne è uscito trionfante ••
Commercio delle uve di Corinto nel 4857.
Il ricollo si presentava quest' anno sotto i più lieti au-
^picj, si aveva quasi la certezza ch'esso sorpasserebbe di
UB terzo i prodotti dell'ultimo anno. Nel 4856 la vendita
s*era elevata a 43 milioni di libbre (49 milioni e |mezzo
di ehil.), ed in presenza delle promesse di quest'anno il
governo basando i suoi calcoli sulla vendita di un AO mi«
lioni, contava ritrarre dall' imposta, come aveva fissato, 2 nu-
liooi e centosessanta mila dramme.
l^e Igole ionie producono anch' esse delle uve della qua-
333
Uik di quelle di Corinto, e questa produzione poò essere*
stimata due quinti di quella della Grecia ; ora il ricoho di
quest' ultimo Stato essendo Yalutato pel 1 857, per lo meno
60 milioni di libbre, quello delle Isole Jpnie sarà appros*
«matìvamenie di 34 milioni, ciò che porterà il ricoUo to*
tale a 84 milioni in minimo (88 milioni di chiL). Comesi
scorgerà, inolire, provato che resti ancora in deposito sulle
compero del 4866 un rimanente di circa SO milioni di lib-
bre, ne risulterebbe che sarebbe gettata sui mercati la quan-
tità oonsiderevole di 104 milioni di libbre (47,413,000 chil.)
la quale sorpasserà di molto i bisogni del consumo. Anche
negli anni i più prosperi, questa non si è elevata a più di
60 milioni. Questo sopravanzo produrrà senza dubbio un
ribasso sensibile sul prezzo di vendita.
Nwigazione. — Il movimento dei trasporti per navigli
caricati ha offerto quest'anno i seguenti risultati.
Sotto tutte le bandiere Sotto la bandiera fraoceie
Narigli
ToaoelUta
Narigli
ToDoellale
Entrata
. . 85
6,948
14
8246
Sortita
. . 135
S8,139
14
8355
470 84,507 88 4501
33S
NUOVE COHUNICAZIOIVI
PER BI£ZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
0— 0 —
Stattatlc» delle mtrm4^ ferrate In bpaynii.
JL/&echè le linee dì Guardalajara e di Siviglia sono aperte
al pubblico, la Spagna, che dieci anni sono non aveva che
eattive strade e talvolta impraticabili, conta 4040 chilome-
tri di strade ferrate, distribuiti come segue:
Madrid-Alicante . • »
Madrid-Gaadalajara . .
Castillejo-Toledo , , .
Grao di Valenza>Almaasa
Barcellona-Areyus de Mar
Barcellena-GraooUen
Bareellona-Martorell
Barcellona-Saragozza
Alar-Santander . ,
CordoTa-Siviglia .
Laogreo-Gijon , ,
Jeres-Trocadero .
Tarragona-Beai t
Ghil.
456.
67.
S6. 8
87.
86.
39. 6
27,
ai.
91.
130.
89.
37. 6
44.
Chil. 4040. 8
8M
VARI ETÀ
lProp«0tA pcff rtatM«wl«Bé éi «na Dlreal^ne
scncrale éì «tatlstlea pel nmmwo Bcftno Itallee.
il el volume 68 del Repertorio d'agricoltura e di statistica
che si pubbHca a Torino, e che ora usci alla luce, trovam-
mo una seria proposta fatta dal dotu Pietro Gastiglioni e
dal sìg. Cesare Mazzoni per istituire oel nuovo regoo ita-
lico una Direzione generale di statistica* Essa dovrebbe ri-
partirsi nelle sei seguenti sezioni:
I. Topografia e circoscrizione territoriale « eeosimento e
leva, movimento della popolazione, statistica sanicaria e to-
pografia medica e beneficenza.
Questa sezione dovrebbe dipendere dal ministero del-
rinterno.
II. Finanze, governo e Parlamento.
Esse dipenderebbero pei suoi lavori dai ministeri dells
finanze e deH'estero.
HI. Agricoltura, caccia, pesca, miniere, manifatture, arti,
commercio, industria, marina mercantile ed opere pub-
bliche.
La sezione dovrebbe attingere le sue notizie dai miai-
steri delle finanze, dei lavori pubblici.
IV. Istruzione , educazione pubblica e fMrlvata , civile e
militare.
1 dtie ministeri dell' istruzione e della guerra e marioa
dovrebbero dirigere questa sezione^
V. Giustizia e tribunali civili e militari, grazia, affari ce-
895
tiesiasUei e culli» colla dovuta dipendenza dal Biioiatro
della giustizia e dal ministro della guerra.
VI. Esercito» milizia» guerra e marina militare.
Le notìzie sarebbero attinte al ministero della guerra
e marina.
Ogni sezione avrebbe il proprio relatore. Essi dipende-
rebbero da una Commissione superiore di statistica a cui
spetterebbe l'alta direzione e sorveglianza dei lavori stati-
siici. Vi sarebbero poi anche Commissioni provinciali per
fornire le nosizio esatte d'ogni provincia.
Noi ci limitiamo per ora a dare la ben dovuta pubblicitk
a questo progetto» e ci riserviamo di parlarne più distesa*
meme appena potremo conoscere se siavi possibilità di ri-
durlo M qualche efiétto.
€?eniit •tAtiitlci miU^asv*
L'episcopato cattolico muove gravi lagni perchè i popoli
della Roma|;na non possono più reggere sotto la disastrosa
ed infesta dominazione del mal governo ponliBcio. Esso do-
vrebbe volgere innanzi tutto lo sguardo a quelle desolate
Provincie e vedere in quale terribile situazione si trovino.
La massima parte del suolo circostante a Roma è usu-
fruito dal elencato romano» che non potendo trasmettere
per erediti il patrimonio benefiziario lo lascia cadere in
UDO stato di vera desolazione. Eoco su tale proposilo alcune
sommarie notizie.
L'ampiezza complessiva dell'agro romano^ della sabina»
della campagna marittima e del patrimonio di San Pietro
è di 8884 miglia quadrate» ossiano ettari 861»258 e 55 are.
E da osservarsi che le Marche su un territorio di 2111 mi-
glia quadrate » dedotte le roccie alpestri e le parti sterili »
danno a- vivere a più di trecento abitanti per miglia qua-
drato.
336
Le campagne sodo divise iu grandi poderi, i più piccoli
hanno Testensione delle duecento alle treèenlo rabbia ; molti
superano il migliajo, e ve ne hanno molti dalle tre alle
quattro mila rubbia. La tenuta di Gampomorto, di proprietii
del Capitolo dei Canonici di San Pietro , rende di fitto an-
nualmente 36,000 scudi. Molti terreni di queste campagne
sono ingombri di cespugli, non appartenenti né alla ciane
delle macchie né a quella dei campi seminati; molti ve
ne sono in istato palustre, e molti rimangono assolutamente
incolti.
L'agro romano propriamente detto é quello che si esten-
de intorno alla cittk di Roma per un tratto ohe varia dal-
le dieci alle venti miglia, e va a confinare col territo-
rio delle altre città dello Stato. Esso é di 111,606 rubbia
di superficie che corrispondono ad ettari 306,957. Di tutta
questa estensione soltanto 6386 rubbia, il che vuol dire la
ventiduesima parte del suolo, era coltivata a grano. Poche
corporazioni religiose ed una sessantina di famiglie patriiie
posseggono questa sterminata estensione di terreno, ohe me-
glio ripartito sarebbe fonte perenne di privata e di pubblica
ricchezza.
Allorché Pio VII fece istituire il catasto delle terre rac-
colte, sì trovò che queste nel circuito di un miglio intorno
a Roma sommavano a 4799 rabbia, delle quali 1860 rub-
bia appartenevano a corporazioni religiose, 1885 apparte-
nevano ai privati ed il resto era proprietà del fisco. Se
queste terre fossero state ripartite in tanti poderi deiresten-
sione di IS rubbia per ciascuno, avrebbero potuto dare ali-
mento a 399 famiglie dì agricoltori.
337
INDICE
DILLB MATERIB CONTENUTE NEL PRESENTE VOLUME.
RiSSEjGifA DI Operi Italu»!.
L liendiconto deili beDeficeosa dell'Ospitale Maggiore di Mi-
lano e degli annessi pii Inslitati per gli anni iS56 e
4857; del dolL Jndrea Ferga pag. S
Il ReodicoDli delle adananae della R. Accademia dei Georgo-
fili di Fireoae. Triennio III •# 4
ni BnUelliao dell' istmo di Saea diretto dal professore Ugo
CalindH m h
IV. Il Museo delle scienae e delle arti ; del dottor Dionigi
Lardnsr r • • • » ivi
YIII. Sai prezio del grano; Memoria dì L» B. . • . . pag. Ili
n. ÀrehiTio siorieo italiano. NooTa serie. Tom. IX. Dispensa •
seconda; e Giornale storico degli ArcbivJ toscani. Anno IIL
Dispensa seconda »' Ii4
XIV. Cose anliche di Bergamo pubblicale in appendice al Co*
dice Diplomatico del can. Mario Lupo^ con prefationl a
note del ean. Giovanni Fifiaxzi pag. 92$
XV. D'un nuore diritto europeo; libro di Terenzio Ma*
miani • . • • ^ « 9St
RiSiiONA DI Opem Stiukieri.
V. Remarques sur les rapporta Aeooomique entree l'Autricbe
et la Lombardie ; par A. C. •...*..* • S
VL Hlstoire dea origines, dea progrès et dea Tariations da
droit International maritime; par M. HaulefeuilU*
Vn. Des droits et dea deroirs dea natioaa neutres ea tempa
de guerre maritime ; par Jf. HauitfeuilU . . • • » iri
X. Elude sur la navigatioo , le commerce et rindusirie de
Marseille; par MM. C. Bo^$quet et Saptl . . • • » il5
A!iR4u. Slaiislica, voi. XXIIi^ eerit 3.* 23
SSft
dorf Paul pag. 116
XII. Nemoire sur la pbilosopbiet de TédocaUon; parM. leba*
roD Roger de Guimpe « » 110
XIII. Viaggi é scoperte del dolt Batik al eord ed al oentro
dell'Africa dall' anno 4849 al 185K «ivi
XVI. De radministralion de la lol crtoilnelfe en foe d'one
jttstlce plus prompte, plas efficace, plas génèreose et pios
moralisante; par jì, fìonnevHle ......•» ^^
XVII. Eludes sar la proprielé lilteraire eo France et en An-
gleCcrre; par Edaard Laboulaye » i^i
XVIII. De la populatfon et de la prodacliòn; p^r J.Duboul» Wi
HaioniR Obigiràli, Estratti ed Ahalisi di Opere.
Dizioeario della Eeonomia politica e del Commercio; opera
origipale italiana del professore GeroUnno Boecardo (Cen*
tlBaatione e fine) *..*• ^
Della proprietà iotellellaale considerata, dal lato dei di-
ritto ; . • . ( FBdeHco Paety ) » 33
Biblioieem dell' economica. — Muovi stodii snila teoria dai
prodotti Imaiateriali : del prof. Flraifceaeo Ftrrara » 44, fl7
StudJ sulle proprietà letteraria ed artistica .< • • • IfiS, 25^
NttOTì stadj intorno alla riforma della pobMica istnitioDe ia
Italia . ..»-...• 833
Del commercio italico ; Lettere del profesiore ^ Liteiaino Sc^
rabelli • 27i
Notizie Italiaab.
Rendiconto delle beneficense elargite dalla eittadinanu mila-
Dose dorante la crisi ecoaomlea dei primi sei mesi del-
ranno 185» • ^
Sitoaaione economica della prerinqia di Breada . . * *
Le tre città di Milano, Torino e Genova "
i^a popplaaiotte dei naoro Itegne d'Italia . b . • • "
Statistica commerciale delle Due Sicilie «•••••*
7i
75
477
Il debito pnbblico del Piemonte e deU'IUlia centrale < ^ ^^^
La Valtellina *^^
^3^
Mon iìUtiuiiNie di mn Ctsiar «I riMllé vltoliiia pei Rè-
gio Italico . . i • pìf . SOO
La Banca Nixionale del naoro Regno italico .... » 507
Rendiconto dell' latitato di nrottao aoecérso de^ maestri di Lom-
bardia dal 4 loglio 1857 al 30 giugno 1859 . . . i» SiO
SUllsUca dell' Industria delia paglia io Tosòate • « • a» 34$
Nonz» SnuifiBis.
Statistica generale delle Casse di Risparmio in Europa ed io
America # • «p 77
I froTaielli in Francia ..*,•«..; ^ * • » 8S
i netaiii presiosi negli SUti finiti ..,...;» 94
L'smigràzione inglese * «95
Società di mot no soccorso In Francia » 189
Storia e statistica delle finanze austriache » 196
Nolixie statistiche intorno alia Spagna » 315
SUlistica delle Isole Joule » 324
Progressi economici della Grecia • 337
NòtiÓe sol SisnòiA pERrrBNzumo.
Case di correzione pei giòrani in Inghilterra (Sac. C. Coccto) » .!i05
« •
Nuoti coviuicazioiii peb hezeo di CiiiaU) StnàDt F£baiti
I Ponti di pbreo.
Prodotti del mese di giugno i6Ì9 delle strade ferrate degli
SUI! sardi >» 96
Prodotti del primo semestre I8$9 delle strade ferrate degli
Stati sardi » 98
Aendiconto della Bocietà delle strade ferrate romane a tutto
l'anno 1858 *....•..» 99
Reodiconto annuo della strada ferrata Leopolda in Toscana
dal \ rogggio 1858 al 30 aprile 4859 • 402
Statistica delle strade ferrate europee » 403
Prospetto coraparatlro dei prodotti chilometrici delle strade
ferrate francesi nel primo semestre 4858 e 4859 . • » 210
\
S40
SUUsUea (Mie strade ferrate in|le6i dal 4846 al i8M pig. 9tf
Statiatiea delle atcade ferrate in .{spagna «*••*•» 33S
Nàvieiiioini.
«
Statistica geiiende della aaTigasiene in Earepa ad in Anerisi
dorante Tanno 18S7 ; . . • • Si9
Coltiraalone del riso* in America • . • ; {D. G. C.) » ìU
Proposta per Tistitaaione di una Diresione generale di sta-
flstica pel nooTO Regno Italico .••.....» SS4
Cenni statistici snll'agro romaoo ,,•,«•••• SB
PaOORAnU B PlESI.
Muore norme pei concorsi ai premj d'agricoltura che si con-
cedono dall' IsUtdto NaiioOale delle sciense» lettere ed arti
di Lombardia ,*•,»•••« i^^
Programma per la nuova esposiiione di orticoltnra da tenersi
presso la Società patriotica d'Incoraggiamento delle Scicn-
se» lettere ed arti in Milano . • • « , ^, • • " <<''
FINE DEL VOLUME XXIU;
SVUB S.«
n.s.* MM^artà
m •in-^U A<.<i\(i
*»E|.t.B |||«TKHl>
'"'■"lui),,,, ,1» u^-njiifl
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r:!!?'"<-rtuo,
ANNALI UNIVERSALI
DI
STATISTICA
ECONOMIA PUBBLICA. LEGISLAZIONE, STORIA, VIAGGI
E COMMERCIO
f
COMFXI.ATI
DA
GIUSEPPE SACCHI
E DA VARJ ECONOMISTI ITALIANL
VOLUXB GXL DELLA SeBII PrIHA.
VOLUBIE VENTESIMOQUARTO.
DELLA Serie Terza.
Ottobre , Novembre e Dicembre i 869.
MILANO
MIBSSO U società' PER LA POBRLlCAZIOlfB DEGLI ANNALI UNIVBR8AU
DELLE SCIENZE E DELL* INDUSTRIA
Nelli Gtltoria De - Grittoforis
4869.
ANNALI UNIVERSALI
•1 M4lMtl«A
ottobre iM9. Voi. XJLMW. — IV.^ 9«.
SUBLIOGRAFIV (0
— oOo—
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
RASSEGNA DI OPERE ITALIANE.
I. — * Nuova edizione delle opere complete tanto edite che
inedite di Nicolo Machiavelli. Firenze 4869, tu -8*.
IjTli egregi bibliofili ed eradiU Latgi Pisserini, Giuseppe Canestrini
€ Filippo Laigi Polidori si iccinsero ad un'opera Teramente ita«
liana ed è quella di raccogliere tatti gli scritti editi ed inediti di
Nicolò Hacbiavelli per farne un' edizione correttissima. Noi ripro-
dncianio V annnniio che essi stessi ne fecero nella certesza che
rimpresa loro sarà prosperamente assecondata dagli italiani.
« Un'edizione compiuta o veramente fedele delle opere di Ni-
colò Machiavelli era desiderio sentilo da mollo tempo in Italia e
di recente accresciuto per le prove parziali e non sempre felici
(1) Saranoo iadicale eoo «sterisco (* ) di riscontro al titolo deiroper*
quella prodoaioui sopra le qoali sé daranno , qeando occotronO| arlicoli
aoaliticU
fatte da talani per tale intento. Il governo nazionale della Tosca-
na ha lodevolmente risolato di prestare la sua autorità e il rao
ajato ad una siffatta impresa; ed ha per ciò scelto noi, non come
i più abili y ma come i più conoscenti per avventura delle diffi-
coltà che fino ad ora l'avevano impedita ».
Noi ci accingiamo con pari impegno e fiducia a sostenere il
carico impostoci» perchè speriamo che i dotti d'Italia e d'Europa
vorranno concorrere coi loro consigli e con le fatiche altresì a
codest'opera importantissima per la scienza politica, non che per
la letteratura nazionale. Per la qual cosa volgiamo ad essi le no-
stre preghiere affinchè vogliano somministrarci quelle notizie che
più al proposito stimeranno opportune» ed in ispecie rispetto ai
quesiti 0 articoli di ricerca seguenti:
Opere o scritture di qualsiasi genere, inedite o che tali si re-
putassero del segretario fiorentino.
Autografi del medesima , ancoraché di pochissime righe» por-
che non appariscano ricopiate dalle già note impressioni.
Esemplari a alampa di esse opere postillati» o corretti, o me-
ritevoli per altre singolarità di essere considerati come cimeli bi-
bliografici.
Discorsi accademici» od altri opuscoli» non pubblicati o rari,
che concernessero emendazioni da farsi ad alcun Itiogo delle opere
medesime.
Cognizioni od appunti conducenti a rischiarare le circostante
della vita del sommo scrittore.
Le comunicazioni d' ogni genere dovranno dirigersi al oav.
Luigi Passerini » direttore dell' Archivio centrale di Stato a Fi-
renze.
11. — * Biblioteca delF economista ; diretta dal professore
Francbsco Ferrari. Torino 4859, presso F Unione tipogra-
fico-editrice. Dispensa 252, 253, 254, 255, 256 e 257.
Le nuove dispense che ora annunziamo contengono varie Me-
morie sull'industria inanifaltrice. Precede l'articolo di Goquelin che
su quest'argomento scriveva nel suo Dizionario dell'economia pub-
blica. Quindi succedono alcuni capitoli estratti dall'opera inglese
5
di Andrea tJre ìdUIoUUi Filosofia dielle «tiani/hllure, intorno adla
-quale opera noi offriremo fra.breTe in questi Annali un sunto
analiticob Si estrasse dall' opera di Proudbon sulle contraddizioni
economiche il capitolo relativo alle macchine. Si riprodussero al-
cuni articoli del Jottrnal des economistes sull'influenza d^llc mac-
chine. Si estrasse dalla storia dell'economia politica in Europa del
Blaoqui il capitolo che tratta delle corporaaioni d'arti e mestieri,
e dalla Storia delVamministrazione in Francia di Dareste De la
Cha?ane si estrasse il capitolo che riguarda lo stesso argomento
delle corporation!, e si riproducessero gli scritti di Sans, di €o-
quelin, di Levasseur che fecero speciali studi! sulle corporazioni
privilegiate della Francia.
La dispensa 257 si chiude colla classica Memoria di Mac Gul-
loc sugli elementi che determinano la'roeta delle mercedi.
Noi ci congratuliamo vivamente col professore Ferrara per
a vere saputo raccogliere in questo volume le più dotte monogra-
fie che si conoscano sull'industria manìfattrice. Esso merita di es-
sere consultalo da tutti quelli che si applicano , agli stodii tec-
nici.
HI. — * Bulletmo dell* istmo di Suez; diretto del profes*
sore Ugo Galindri. Torino 1859, voL lY. Dispense 48
19 e 20, presso la tipografia Pomba.
Il Bnllettino dell'istmo di Suez va di giorno in giorno assumendo
anova importanza. Noi abbiamo nello scorso fascicolo . riprodotto
due interessanti lettere dell' ottimo Scarabelli. sull'influenza che
sarà per recare al commercio italico il taglio dell' istmo di Suez.
Ora ci è c^u'o di far noto che nei nuovi fascicoli ora uscii! alla
luce si è cominciata la pubblicazione della Memoria! del sig. Lam-
pertico stata in quest'anno premiata dairistilulo veneto delle scien-
ze, lettere ed arti, e che tratta delle consegnenze che si avranno
dal divisato taglio dell'istmo di Suez sul miglior essere del com-
mercio in generale e del commercio veneto in particolare. Dio
Toglia ehe i vaticini del Lampertico si avverino, specialmente per
i) povera Venezia ridotta ormai dal mal governo austriaco non ad
un paese abitato, ma ad un deserto!
IV. «*• * Grande Uluiiraziùne M LùwUkor do -Veneto; H
Cbsabb Cartù. JUUano 1869. Dalla DUpensa 77 alla di-
ipenea 89. Edizione fn-8.^ con tavole intercalate nel
testo.
Qaeite dispense cooteogooo It continoasione dell' illustrasione
delli città e del territorio di Como. Qaesl' è IsToro accantissIiDo
di Cesare Gaalù, Il qaale ebbe la forlana di dimorare per pia
anni in questa pittoresca provincia » di modo che ne conosce a
palmo a palmo ogni memoria. La descrizione storica ed arti-
stica del territorio lariense è reramente assennata e coacienslosa.
Anche le tavole illastrative sono condotte con rara perfezione. Noi
ci congratuliamo di tutto cuore cogli editori di quest'opera gran-
diesa per aver saputo in mezzo agli attuali rivolgimenti politici
trovar la quiete che basta per condurre innanii con vero amore
un lavoro che servirà a far amare e fors'anche a far rispettare
questa terra prediletta dal cielo e per si lungo tempo malmenaU
dai tristL
RASSEGNA DI OPERE STRANIERE.
V. — Histoire politique de la revolution de Hongrie dans
les annéee 1847-69; par Daniel TaARci e( Charles Locis
Ghossin. Parigi 1659. Voi. I in-S/^ di pag. 408.
VI. — La Croatie et la Confsderation italienne apec ttne
introduction ; par Lborci Lbdct. Parigi 4869. Un voi.
tn-8.'' dt pag. S70.
Queste doe opere fanno conoscere le ultime pagine della storia
dolorosa di due popoli che il governo austriaco da più anni va
armando perchè si distraggano l'un l'altro. Non è a credere il
senso di compassione che desta la lettura di cosiffatti libri, vedendo
con quale arte perfidissima la casa di Lorena sa conculcare le na-
zionalità ad essa fatalmente soggette» Possa giangere presto il tem-
pd in cui le dieci nazioni che stanno accampate» non conviventi,
nel suolo austriaco sentano la loro autonomia e scuotano il giogo
che funestamente le opprime !
lEHORlB ORIdNAll
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE.
Nell^ €»eea0tone del rlapriiiiente dell^ Ateneo di
BersAin^ e della Inav^apamlene di un wkmmwm
liaeto del Tabm« Discorso del Can. CUO. niVASEI.
N
el giorno 16 settembre 1859 eelebravasi in Bergamo
una festa veramente cittadina. La magnifica sala dell' Ateneo
si riapriva riabbellita e nobilmente tramutata in un museo
di aolichith patrie. Interveniva a quel dotto convegno un
eletto uditorio per festeggiare la novella raceolta delle me-
morie archeologiehe del paese. Era il popolo redento al
bene che rivedeva con patrio orgoglio i monumentali ricordi
del suo glorioso passato. In quella fausta circostanza vari
Soci dell'Ateneo leggevano alcune dotte scritture, e fra
queste era per ricchezza di dottrina massimamente applaudita
una sapiente Memoria dell' eruditissimo sig. Canonico Finazzi.
Noi ottenemmo dalla sua ben nota compiacenza il permesso
di pubblicare alcuni squarci di quel suo pensato lavoro; e
mentre andiamo lieti di farne parte ai nostri lettori, non
possiamo a meno di far voli perchè questo sapiente scritto
venga fra breve reso di pubblica ragione nella raccolta
delle Memorie e degli Atti dell'Ateneo bergomense ora ri-
tornato a bella vita.
« Mantenere in onore le antiche memorie, e trarne ecci-
tamento a nuove opere^ che possano meritare di essere esse
purè ai posteri ricordate, crediamo nobilissimo debito di
ogni cittadino , a cui calga il nome e la gloria della sua
8
patria. Ora a questo v' invita, se poeo la nostra parola, IV
spetto assai meglio dall* aula di questo Ateneo, per le vo-
stre premure, onorevoli accademici, e pel generoso concorso
del municipale Consiglio, ringiovinito e rifatto, in guisa da
presentarci quasi vivo e parlante il ritratto ad un tempo delle
passate memorie e delle future speranze delle nostre glorie.
Perchè dalK un lato queste nostre antiche lapidi e iscrizioni
ci ricordano che noi non siamo da jerl, che la potenza e ci-
viltà de* nostri avi risale ne' secoli, fino a legarsi ai fasti
dei primi popoli d' Italia e alla invidiata grandezza della
romana Repubblica, e dall'altro i busti e le medaglie, che
ci richiamano i volti di alcuni de' nostri, che in tempi a
noi più vicini fecero opera per dottrina, per arte e per
bontà d'animo commendevoli , ci insegnano che anche in
epoche d'infiacchiti costumi, chi ebbe cuore ed ingegno,
trovò modi di onorare l' umanità e di ben meritare della
patria, e che se ora, quando s'aprono tempi di maggior li-
bertà e di sperate» progresso, le virtù cittadine avessero a
venir meno, non si dovrebbe dire che i tempi sieno man-
reati agli uomini, ma si più presto che gli uomini sieno man-
cati ai tempi. Or eotto questo doppio aspetto presentandosi
ora questa nostra aula, e di Museo che reca in mostra le
antiche lapidi, e di Ateneo che si decora delle onorate ef-
figi di molti che ci percorsero in opera di lodate virtù ,
permettetemi che , dacché piacque al vostro voto , egregi
accademici, e al volere non meno dello spettabile Munici-
pio , di affiilarci gran parte della direzione delle opere del
ben ideato rislauro, noi ne poniamo brevemente sott' occhio ciò
che si è fatto, cosi in ordine alla ricollocazione delle lapidi ,
come alla nuova decorazione dell'accademica aula, per co-
glier quindi occasione di accennare ai nuovi avvisamenti, con
coi dovrebbe riaprirsi il rinnovato Ateneo, per rispondere ai
tempi ed alla aspettazione, che mette giustamente di sé un'e-
ktia di cittadini sortiti a rappresentare il senno della patria
ed a sostenerne più di proposito il decoro.
9
E primieramente, quanto alla più accurata collocazione
delle antiche lapidi, già altre, volte in questo slesso luogo
ci fu dato di tenervi discorso e sull' impoìrtanza di questi
monumenti, e su quanto si era fatto dai nostri e rimaneva
a noi di fare per conservarli a fondamento solenne di ve*
riià per le più vetuste patrie memorie. E, toccando ai vari
pumi del proposto argomento, ci avvenne di accennare, come
parecchie fossero nei vari luoghi della nostra città e pro-
vincia le antiche lapidi, ma come insieme non poche fos-
sero pur quelle lasciate disperdere e perire ne' tempi, in
cui questi pretiosi avanzi d' antichità poco erano conosciuti
e men curati. Appresso rammentavamo con allo di patria
riconoscenza, come già fino dal secolo XVI, il nostro Muni-
cipio pensasse di fondare e adornare un Museo, per racco-
gliervi le disperse iscrizioni^ e più tardi ne raccomandasse
il progetto al nobile cavaliere conte Francesco Brembaii,
cultore egregio di questi studi, e come al declinare del
prossimo passato secolo del compimento di si lodevole opera
8* incaricasse quell* ottimo conte Carrara si benemerito delle
arti nostre, e il valente nostro storico Giambattista Rota, il
cui zelo e dottrina, se non avessero sgraziaiamenie sturbato
i tempi poco propizi a quesli studi, avremmo per avventura
avuto pur dianzi sì ben ordinato ed illuslraio il nostro Mu-
seo, da non invidiare ad alcuna delle vicine Provincie. E
già il nostro archeologo, ottenuto che il comune destinasse
ad Uso di Museo questa stessa aula, foce opera di radunarvi
dai vari luoghi ove giaeean disperse quaiue più seppe delle
antiche lapidi. E volendole pur collocare con quella non vol^
gare esattezza, che la sua molta perizia gli suggeriva, e doven-
do pur vincere qualche difficoltà che nella esecuzione delFope-
ra lo attraversava, vi lasciò correr di mezzo qualche spazio di
tempo, tanto che il \aleni' uomo venne al termine del viver
suo, e le lapidi da lui quivi raccolte rimasero per degli
anni una sull'altra ammontichiate e confuse, senza che al-
cuno li facctise innanzi e desse opera per recare a termine
40
ciò che il Rota alleva $1 bene incominetalo. Intanto poco
olire il principio di questo secolo, volendosi fra noi riomre
le due Accademie, che già erano degli Eccitati e degli Arvaii,
in un solo Ateneo di seienxe, lettere ed arti, fu trovato ap-
punto di destinare a tal' uopo questa stessa aula, eonBoas*
done le lapidi al solo atrio o vestibolo, ove, come doveva
portare la ristrcttezia del luogo, non poterono essere ehe
troppo eonfusamente e grettamente collocate. E poco era
che quelle lapidi fossero mal collocate, il peggio fu, ebeo
prima per la nessuna cura che se n*ebbe, o nella 'stesa
poco diligente collocazione, alcuna delle più importanti di
queste lapidi andò smarrita e distrutta, come, per dime al-
cuna, la famosa ara a Vulcano e Taltra a Giunone, e il pre*
zioso marmo, che ci serbava notizia di un cotal Servio insi-
gnito fra noi deirillusire e rarissima dignità di Flamine diale
Romano, e la rinomata colonna che i popoli deirantica Ve-
nezia dctiicavano agli imperatori Valente e Valentiniano: la-
pidi tutte che certo il Rota aveva raccolte nel Museo, come
egli stesso lasciò scritto e stampato, ed altri asserirono anII»
sua fede ; quando in fatti, per ogni piò accurata ricerca ohe
siesi fatta, non potè aversene veruna traccia, salvo della co-
lonna, dì cui ultimamente si trovò muralo un rudere, che
abbiam conservato fra le lapidi storiche, e che ci de chiara
contezza che 1* intera lapide sia stata efTcuivamcnie distrai-
la. Se però alcuna anche della lapidi raccolte dal Rota andò
smarrita, alcun* altra ne fu pure trovala di nuovo, ed ag*
giuDia alle lapidi ultimamente riunite nt»! nostro Museo.
Come fra le altre la grande lapide di Marco Sertorio, che
nel chiostro di San Paolo in Argon giaceva presso che di-
menticata , e r altra a Pardo crescénziuno , che si credeva
smarrita , e fu trovata sotto il calcitrtizzo drlla detnoliti
chiesa di sant'Andrea ;^ e che ora ben vennero a f«r sene
colle altre nel i atrio Mus(!0. Come ci venne assali oppo^^^*
namente la singolare lapide opistografa, che fu scoperta s<^'
vaiidosi gli ftpalii delle veéehic mura vicino al «il* *'*-*****
(I
di san Giovanni io Arena, e che conferma mirabilmenie la
coDgettura del Rota, che ivi fosse già un vero anfiteatro.
Colla qoale per ragione di merito ricorderemo anche Taltrai
che più recentemente fu sterrala sulla falde del poggio di
»Dt' Agostino, e con lodevole cura raccolta e conservata nel
privato Museo del conte Sozzi , siccome lapide di impor*
tanza isterica, se conferma ad evidenza la congettura dello
stesso Rota, che nel nostro Municipio, non altrimenti che in
alire città italiane soggette all' Impero romano, avesse luogo
r insigne magistratura esercitata dai quatuorviri con edilizia
potestà. Alle quali lapidi affatto nuove e dallo stesso Rota
ignorate voglionsi ora aggiungere le dodici o più lapidi»
che già si trovavano in vari luoghi della Valle Camonica ,
e che per gentile condiscendenza dei nobili figli del signor
Giacomo Simoni, che con amorosa cura le avea raccolte
nella sua casa di Bienno, dietro lodevolissime premure del-
l'egregio amatore delle nostre memorie il nobile signor Pie-
tro Mangili, secondate dal voto di questo Corpo accademico,
e dell' onorevole Municipio, passarono ultimamente ad ar-
ricchire il patrio nostro Museo. L'Ateneo di Brescia avrebbe
per avventura potuto pretendere di essere preferito al no-
stro iieir acquisto di queste lapidi, e perchè altre parecchie
ne possiede di quella stessa Valle, e perchè la Valle Camo-
nica più a Brescia che a Bergamo appartiene, se da Carlo
Magno fino al principio di questo secolo qtiesia Valle fu
provincia con Brescia. Non di meno il nostro Municipio
de?e essere lieto dell' impensato acquisto di queste lapid i,
peri' affinità e quasi intimità che ebbe la Valle Camonica
colle nostre più riroote Valli Soriana e di Scalve; e quindi
innanzi, ritenuta sempre la particolar provenienza, queste
iniportami lapidi della Valle Camonica faranno parte delia
collezione delle lapidi romane della provincia di Bergamo.
^ era da trovare un conveniente modo di collocare que-
ste nuove lopidi. E non parendo possibile di allogarle co-»
niecchè fosse colle altre che già erano nel Museo, se il
49
luogo ad esse destinato era già troppo angusto e affatto
improprio, giaceansi esse per alcun tempo, parte aromuc-
«ehiaie sul suolo del vestibolo di questa medesima aula,
parte nel cortile della vicina casa, e più tardi, per toglierle
airintemperie, venivano ricoverate in un sotterraneo del pa-
trio Liceo. Né però era dimenticato il pensiero di trovar
fnodo che fosse data una conveniente collocazione cosi alle
vecchie come alle nuove lapidi. E il Corpo accademico già
da alcuni anni, aspettandosi che il patrio Municipio potesse
sostenerne le spese, deputava intanto due de 'suoi membri,
il conte Pietro Moroni e il conte Guglielmo Lochis, perchè
ideassero e proponessero progetti da poterci riuscire. Se
non che un altro ostacolo si frapponeva alla più conveniente
collocazione di tutte queste lapidi lungo le pareti di questa
stessa nula, quando con lodevole gara si era accollo il pen-
siero di far che quivi sorgessero effigiati in marmo i volti
dei più onorevoli nostri concittadini. Onde crescendo l'erme
e i busti che di mano in mano si eressero ad Ambrogio Cale-
pino, ad Alberico da Rosciate, a Bartolomeo Colleone, ed An-
drea Pasta, al Zuccaia, alla Grismondi, al Mayer^ al Donizzet-
ti, e da ultimo al Picinelli, al Salvioni, parca non fosse più
da pensare ad ampliare il Musco, dove venivan crescendo gli
oggetti che gli davan più presto sembianza di moderno Aie-
neoé Cosi stando le cose, avendo noi da alcuri anno rivolto
r animo alla illustrazione delle nostre lapidi , e venuti a
capo di poterci accingere alla pubblicazione dell' idealo la-
voro, non fosse altro per mostrare il buon volere all' ono-
revole Municipio , che si compiacque animarci all' impresa
coir accettarne la dedica, essendoci più volte occorso di ri-
vedere qiiesie lapidi per poterci accertare della vera lezione ,
.e anche per procurarci i disegni, che ci trasse accuralissimi
delle più importanti di esse I' egregio architetto signor Dal-
pìno, avvenne che si dovesse accennare alle difficoltà che
si opponevano alla desiderata ricollocazione di tutte le no-
stre lapidi, combinata se fosse possibile con un'opportuna
43
decorazione dello slesso Ateneo. Il valente artista si proposo
darci un pensiero, e presto l'ebbe incarnato in un ben corn-
parlilo ed elegante disegno, che per atto di particolar gen-
tilezza ci volle presentare con facoltà di farne quel meglio
che avessimo credulo. Proferimmo il lodato disegno al Corpo
accademico^ che, trovatolo acconcio e commendevole, a
mezzo della Presidenza Io accompagnava ali* onorevole Mu-
nicipio, che col voto del civico Consiglio di buon grado lo
approvava, prendendo parte alla spesa occorrente per Tese-
euzione , come a cosa di pubblico decoro. Nel medesimo
tempo dallo stesso Municipio ci veniva onorevole invito,
perchè volessimo recarci a cura che tutta l'opera massime
concernente la collocazione delle lapidi venisse accuratamente
eseguita e condotta a lodevole termine. Il che tutto come
sia riuscito non è mestieri che lo esponiamo a voi , che
presemi potete vedere coi vostri medesimi occhi ciò che
non senza sospetto di parzialiiò noi vi potremmo accennare.
Intanto ci rechiamo a debito di rendere pubblicche grazie
oir onorevole Municipio, che volendo compire cosi bell'opera
di patrio decoro, abbia potuto valersi del nostro debole con«
corso in cosa che ci tornava di tanta soddisfazione. Come
ci è grave di dover soggiungere una parola di mesto ri-
cordo dei due egregi soci il conte Moroni e il conte Lochis,
che dovcanci essere colleghi nel dilicato uffizio, ma che, ve*
nuli assai presto in mala salute che li trasse al termine
della vita, non ebbero quasi campo che di vedere il lavoro
incominciato. Né ci terremo da un sincero e meritato .en«
comio all' egregio artista signor Dalpino, che non contento
di averci fornito il ben ideato disegno, come ad oggetto di
pMrio onore per puro amore dell'arte e del pubblico decoro
prestò r opera sua assidua e generosa. Lode però all'onore-
vole Municipio e al civico Consiglio, che queste belle opere
di patrio ornamento incoraggia e protegge, speranza di qual-
che bene e di qualche virtù pei più colti e più gentili, e
^on senza onore voi lutti, o Signori, che apparite degni di
14
questo ailD dì patria 86lenniiii| onorandola dì vostra pre-
senza.
Or volendoci levare dalla parte materiale di questo no-
atro aecademteo Conscaso agli scientiRci e morali iniendi-
menti, che esso si dovrebbe proporre massime per rispon-
dere ai desideri e ai bisogni deir epoca in cui gli ioconlre
di potersi riaprire, non è mestierii o signori, che noi vi fac-
ciamo avvertire ai felici auspici sotto cui si. aprono te adu-
nanze di questo nostro quasi vorremmo dire rinnovato Ate-
neo. Perchè, mutali gli ordinamenti politici della nostra pa-
tria, come ogni cosa della vita civile, nello svolgersi del
pensiero, anche le scienze, le lettere e le arti belle e le
meccaniche devono rinvigorirsi e risentire della forza Da«
zionale. E ogni parte di civile coltura, sciolta da quella ìd-
vidiosn tutela, che sotto sembianza di favorirla; la soggiogava,
deve mostrare quanto sia forte e feconda V alleanza della li-
bertà collo studio della aapienza. E non è punto a dubitare
che, se V amore dell* utile vero ci unisce ed affratella nelle
dotte esercitazioni dei più nobili e variati studi, i pii^oon
abbiano con libere menti e benevole disposto T animo a
recar spesso in comune, e non colla burbanza e diffidenza
degli emuli , ma colla fidanza e sincerità degli amici , gli
egregi frutti del loro ingegno, della loro esperienza, dcHa
loro dottrina ; e -le scienze, e le arti, e le lettere, e i com-
merzi non meno e le industrie, e ogni genere di sociale mi-
glioramento sarà promosso e confortato. A che più caldi gli
intendimenti, più forti e gagliardi devono essere i nostn
studi, se vogliono adoperarsi a rispondere ai nuovi tempi'
Quanto potea bastare per avventura agli studiosi della pas*
siila età, non basta all'età delle strade ferrate e del tele-
grafo, quando il mondo si è slanciato nella carriera dei se-
eoli, e sorge gigante, arditamente mostrando, che se aoche
dovesse cader sull' erta, sarebbe fiero che si dicesse di lui-
suir orma propria ei giace ! Però se ora pei gloriosi avve-
nimenti, che hanno mutato le condizioni della nostra patria
45
noi abbitmo acquistato dei nuovi diriui, noi abbiamo ahresi
aeqoisCati dei nuovi doveri. E non parlo di quel maggior
debito che ineumbe ad ogni buon oiiiadino dì vieppiù gio-
vare a quella patria che ci è ora resa più cara e più ve-
neranda, perchè non più serva ma libera e indipendente;
porlo di quello speciale e maggior debito che ineumbe, il-
lustri eolleghi, a coloro che danno opera agli studi di ac-
comodar questi studi alle nuove condisioni della patria, sic*
che questa riesca anche per ragione di essi vieppiù grande
ed ammirata. Al quale scopo voi troverete necessario di al-
largare la sfera delle vostre investigazioni, per {scegliere e
reeare innanit a preferenza quelle che meglio e più piena*
niente rispondano ai bisogni della nuova società. Né però
vorrete escludere dalle vostre letture e discussfnni, ove vi
avvenga di doverle toccare, le materie di argomento poli*
tico, come portavano le paurose norme del vecchio scaiuto,
che voi però vorrete, o colleghi, in questo e in ahro rifor-
mare ai più vitali intendimenti della vera sapienza civile.
Onorevoli accademici, sentite altamente della vostra condizio*
QCj e non verrete meno alla giusta aspettazione dei vostri
concittadini. € Promuovono (fu già detto con molto senno in
questo atesso luogo da un nostro egregio collega (4)) pro-
muovono il benessere materiale e morale della Provincia,
oltre TAteneo, la Caroen di Commercio, la Società indu-
striale, la Direzione de' Luoghi>Pii, l'Istituto scolastico, T Ac-
cademia delle belle arti. Perchè a tale opera comune que*
sti corpi concorrano colla massima economia di forza e col
massimo fervore, è mestieri che si soccorrano reciprocamente,
che ai intreccino; e l'Ateneo che dovrebbe siedere in cima,
è chiamato ad operare questa fratellanza , invitando quesU
Corpi a proporgli studi e quesiti intomo ai loro bisogni » .
Né però i nostri sludi ed esercizi saranno solo in teofiche
li, circoscritti agK angusti confini di questa Accade-
(I) 6. Rosi.
^6
mia. Perocché iriste alla scienza, ehe vanitosa si confina ad
essere il patrimonio di pochi; la vera sapienza ami diSfon-
dersi ed esser volta ad utili applicazioni. E allora i dotti
tengono posto importante nella società, quando e' sodo i
maestri del popolo, quando F agricoltore, l'artista, il mec-
canico d'ogni maniera si v«de arricchito delle speculaiìooi
del sapiente, che vede lui essere come la mente al piede,
come l'occhio al braccio. In tal modo vivificando i materiali
miglioramenti coll'aniroatrice potenza della parola, e facendo
scorrere a cosi dire per ogni dove una vena d' affetto, e im-
pedendo col nerbo della eloquenza e cogli allettamenti della'
poesia che gli animi s' inaridiscano , noi adempiremo aoo
dei più gravi e nobili oflizi, chiuderemo la bocca a coloro
che tacciano questi nostri studi di inutilità e di molleiza,
noi faremo vedere che lo studioso non è altrimenti un so-
fistico o un ciarliere, ma, più che altri non pensa, cìttadioo
utile ed operoso. E ciò saremo, o Signori, se nemici d' ogni
vana ostentazione e non curanti di qualsivoglia insipiente fa-
tuità, in ogni nostra speculazione non perderemo mai di
vista il popolo , che ha diritto di aspettarsi da noi il pane
delia scienza, che egli ci compensa assai bene coi frutti dei
suoi sudori;. se a guisa di buoni canali faremo capo da un
canto alle vere sorgenti della scienza, per versarle dall'altro
sui vari rami della società. Né solo alle arti meccaniche e
più usuali alla vita devono prestar giovamento le specula-
zioni de' sapienti, ma, e in modo più nobile, alle più elette
creazioni dell'umano ingegno, alle arti belle. Le arti belle,
giova notarlo, si trovano oggi giorno troppo generalmente
divise dalla contemplazione della bellezza intellettuale nel-
l'arte della parola, che è quanto dire nell'esercizio del
pensiero ; cosi come le belle lettere si trovano troppo spesso
divise dal culto delle scienze; e però arti, lettere e scienze,
che, come sono, dovrebbero riputarsi e tenersi sorelle f^'
mclle , disprezzandosi , e inimicandosi a vicenda , insterìli-
scono ciascuna sé stessa, e avviliseono. E codesto rìcBtobio
17
di spregi non è solamente danno all'arte e alla scienza,
ma alla civiltà veramente ; perché là dove i diversi ordini ^
sociali non si sanno comporre insieme, ivi può essere in
qualche modo comunanza di uomini , non può essere so-
cietà veramente civile. Or da chi meglio si può aspettare
che si avvicinino e si uniscan fra loro i vari rami dell' u*
mano sapere , che da questi accademici consessi , dove il
fiore degli studiosi si aduna a recare innanzi, a discutere, a
Uffondere con potenza di affetto e di parola il meglio a
cosi dire e il più opportuno della accomunata sapienza?
Perchè, fu detto con ben pensata parola, e più si viene am-
pliando il campo del sapere e dell'opera umana, e più sen-
tasi necessario nella varietà crescente via via infondere po-
tente unità , la quale cólta che sia nello spirito e non nelle
forine esteriori, viene ajutando a sempre più fiorente e frut-
tifera varietà (I) >. Quando poi affermiamo tutte le nostre di-
scussioni voler esser rivolte al piglior bene della società ,
non vorremmo che fosse presa la sola parte materiale di es-
sa; poiché noi non possiamo patire che dell'uomo si prenda
ODa sola metà, e che si curi dell' uomo la sola parte men
nobile, la parte che ha comune cogli esseri irragionevoli.
Noi ben lodiamo, che gli studi, le esperienze, i trovati delle
scienze naturali conducano al miglioramento delle indu-
strie, dei commerci, delle arti usuali; ma il principio per
altro più eminente cui vorremmo ordinare tutte le istitu-
zioni, il principio cui vorremmo più o meno servire tutte
le scienze, tutte le arti, tutte le lettere, si è il morale mi-
glioramento degli uomini* Noi rispettiamo il principio eco-
nomico: ma per la stima che facciamo della parte più ìn-
tima dell'uomo, noi lo vorremmo sempre subordinato al
principio morale. E questo principio vogliamo altamente pro-
clamato da questo luogo, perchè ci sta a cuore la dignità
della scienza; perchè ci sta a QMore il vero fine delle arti *
{\) Tommaseo.
Aii!i4Li. Statistica, voi. XXI T, serie 3« 2
18
e delle leiler^ ; perchè non decadesse che i progressi del-
l'arte e deir industria, mettendo in onore la prosperità male-
* fiale minaceiassero di cacciar il pensiero; e resterna appa-
renza, r amore esclusivo di tutto ciò che si vede e si tocca
e l'ansiosa sollecitudine del presente tentasse di rendere
gli uomini smemorati dei secoli che furono e che saranno.
E tanto più di buon grado noi daremo agli studi questo
nobile indirizzo, che vi siamo spronati dal potente esempio
di quegli illustri nostri concilladini che qui ci vediamo
d'innanzi onorati d'effige. Conciossiachè sia proprio del-
l'anime sublimi, che il bene operato e l'onore acquistato
da loro , e copiosamente diffuso ne' prossimi , passi e dari
nei più lontani. Però volete» egregi coneitladioi , inspirarci
agli esempi di quelli fra i nostri, che posero gagliardamente
l'ingegno ad emulare i più illustri surli nella nostra halia
da Dante fino a Galileo, dal Tasso fino al Manzoni ? Volge-
tevi attorno, e le loro effigi vi tornino in mente le opere
onorate. Volete prima di tutto fare le meritate ragioni ad
alcuni dei nostri, che se non ehbero altissimo l'ingegno eb-
bero ricco il cuore di buona volontà, per farsi studiosi rac-
coglitori delle patrie memorie ? Eccovi, con dottrina e cri-
tica proporzionata ai tempi , un Calvi e un Celestino , un
Scrassi e un Lupo. Vi scalda nobile affetto di giovare la
patria con opere di alla dottrina e di civile sapienza? Ec-
covi il celebre cardinal Longhi, e il famoso tra i dotti del-
l' età sua il grande riformaiore degli statuti italiani , Albe-
rico da Rosciate: eccovi in tempi a noi più vicini, per ta-
cere d'ogni altro, quelTAngelo Mai, di cui (sentenziava il
Giordani) qualunque altra nazione anche abbondante d* in-
gegni si vanterebbe. Volete accendervi allo splendore di
eletti ingegni, a cui fu dato seggio fra i più insigni scrittori
d'Italia ? Eccovi il benemerito Padre Ambrogio Calepino, che
primo si accinse ad ordinare in ragionala serie i vocaboli
che fecero classica la lingua del Lazio: eccovi il Tirabo-
schi che con ricca e yaria erqdizione detta la storia del-
19
Punifersa nostra letteratura: eeeo Gaspariiio e Guinirorie
BarEiaft, eeeo Basilio e Girolamo &ncbv che nella perizia
degli antichi classici e nella maestria e venustà del dettato
non la eedooo ai più lodali della loro età ; ecco il raro ed
eletto scrittore di storie latine e di prose volgari, che l'Ita-
lia salata nel nostro Pier Antonio Maffei: ecco colle sue
eleganti e aflfettuose rime quel Bernardo Tasso, che non
potea essere primo dei nostri poeti, solo perchè questo ono-
re dovea serbarsi a suo figlio Torquato, Vi cala invece
de' più forti e severi studi delle scienze esalte e naturali?
Vi Bla innanzi per molti quell'Andrea Pasta, il cui raro sa-
pere nelle dourìne mediche fece più illustre la squisita pe-
rizia delle lettere. Al quale porremo volentieri accanto
quel raro ed eletto ingegno che fu Lorenzo Mascheroni,
geometra altissimo e poeta innanzi a lutti leggiadro, il cui
butto tanto opportunamente viene ora al nostro Ateneo, se
8on compiuti per avventura i tempi , che egli affrettava e
che credette di aver salutati, quando dal modesto ritiro
de' suoi studi e dal suo domestico e quasi timido tener di
vita usci fra i pochi ad incitare l' Italia, perchè alzasse or-
mai gli occhi al suo onore antico, e libera dal comando de-
gli stranieri si mostrasse padrona di sé, quando una breve
sua lettera al Gran Bonaparte chiudea con questi versi :
» Segui r impresa, e con invitta mano
» Guida all' Italia tua liberi giorni.
Che se la gentilezza dell'animo e lo squisito sentire vi
trae ai dolci e invidiati studi delle arti belle, oh quali
esempi il puro cielo e il sereno aere de' nostri colli vi ha
preparati? Eccovi il Moroni, ohe in opera di ritrarre al
rivo le persone non avrà alcuno che gli entri innanzi, po-
chissimi che lo eguaglino: ecco il veneto Otto, che le civili
fazioni fecero lungamente de* nostri, tanto che egli confon-
dasi coi primi maestri della nostra scuola pittorica: ecco gli
insigni, che fecero si rinomata fra noi l'arte del mae-
stro Palino, gli immaginosi e valenti in ogni opera d*iii-
20
taglio e di scalpello, i Panloni da Rovella; eccovi in allrò
genere quel noslro Fra DamiaDo, che fondò (al scuola di
tarsia j che nessuno dopo arrivò a mantenere, non che
poiesse presumere di perfezionare: ecco quel nostro Ja-
copo Quarenghi , che quasi trovasse pel suo robusto inge-
gno infiacchiti gli usi della nostra società, animoso recavasi
alle nordiche sedi dell'Aulocrata , a stampare più vasta e
più profonda orma del creator suo spirito. E voi figli del-
l' armonia , delizia degli orobici colli , qui venite fidenti e
innanzi al simulacro del gran maeslro Simone Mayr e del-
l'illustre discepolo, che gli era lielodidir più grande di sé,
il Donizeiti, date opera di rilrarre gli estri e gli studi di
quei mirandi esemplari, se vi cale che al nome della vostra
patria duri l' invidiata gloria delle musicali dottrine. E in-
nanzi al simulacro del gran Colleone non verrete, o citta-
dini dai nobili magnanimi spiriti, ad ispirarvi? Il busto che
anche qui gli hanno eretto, crederà alcuno che non sia che per
ricordare le sue esìmie virtù militari; ma se anche si ag-
giunga la lode, che gli danno gli stessi stranieri {i% per la
prolezione intelligente che accordò alle arti belle, non si
avrà ancora interamente compresa una natura cosi grande,
cosi giusta ad un tempo e appassionata, si impetuosa in
tutte le ricerche, non esclusa quella del vero, si capace di
devozione e di disinteressamento co^suoi amici, di perdono
e di giustìzia generosa co' suoi nemici , in una parola si lar-
gamente dotato dei nobili istinti dell' anima , sicché indi-
pendentemente dal militare eroismo, Bartolomeo Colleone
può collocarsi fra coloro, che meritano maggiormente d'im-
primere la loro memoria nel cuore degli uomini.
Ma le nostre più calde aspirazioni saranno a te o Tor-
quato, tu nell'erma, che un insigne ed amoroso tuo con-
cittadino (2) con opera di squisito scalpello qui ti compose,
(1) Rio.
(!2) Il cav. Gio. Maria Renzoni.
21
li levi alto e magnanimo, serbando incancellabili i lineamenti
del genio che non si è spento, colle treccie di inneffabii me-
stizia che si dilegua e fa luogo a sorriso immortale. Tu qui
sarai come il genio del luogo, maestro e donno dell' acca-
demico Consesso, ispiratore de* nostri più sapienti, più vir-
tuosi , più benevoli pensieri. Cosi piene di vera filosoGa
sono le carte che ci hai lasciato, cosi sublimi e melodiosi
sono i tuoi carmi , cosi cara e istruttiva è la memoria di
quella tua anima cosi candida e cosi tribolata! Ah noi qui
terremo quasi ad espiare le ingratitudini che ti furono usate.
E ben ci è richiesto questo culto speciale della tua memo-
ria , se sempre ti sei tenuto non pur per origine ma per
elezione figlio di questa nostra patria, se in noi meglio che
io altri riponesti la tua fiducia, se a noi ricorresti come a
cordiali amici nei momenti supremi delle tue sventure. Oh
chi mai potrà cancellare dell'animo quelle tanto affettuose
parole , che il nostro grande infelice dati* indegno carcere
in cui era tenuto , mandava dire ai nostri , e che i nostri
accoglievano in lagrime? « Torquato Tasso, bergamasco per
affezione, non solo per origine, avendo prima perduto Te-
redità di suo padre e la dote di sua madre e Tantìfato, e
da poi la servitù di molti anni e le fatiche di molto tempo
e la speranza de' premi, e ultimamente la sanità e la libertà:
fra tante miserie non ha perduta la fede, la quale ha in
codesta città , né V ardire di supplicarla che si muova con
pubblica deliberazione a dargli ajuto e ricettò, supplicando
il signor duca di Ferrara già suo padrone e benefattore che
il cortceda alla sua patria, ai parenti, agli amici, a sé me-
desimo; Supplica dunque V infelice perché le signorie vostre
si degnino di supplicare a sua AUez/.n e di mandare mon-
signor Licioo, ovvero qualche altro a posta, acciocché trat-
tino il negòzio di sua liberazione , per la quale sarò loro
obbligato perpetuamente, né finirà la memoria degli obbli*
ghi con la vita.
Torquato Tasso prigione e infermo neirospitalc di Sani'
Anna in Ferrara ».
S3
Oh però, M tanto splendore d' ingegno, se tanto merito
di Yìrtà , ae tanto affetto di gratitudine ci lega a ijuetto
grande e al eletto ingegno , pur sia (come ai auguraya no
nostro chiaro collega quivi esso pure decoralo d'efl5ge(l))y
pur sia che l'onorato suo spirito possa essere l'angelo ispi-
ratore a* nostri di generosi giovani pensieri; a giovani die
denno imparare da luì, quanto sia bello un ingegno, che non
fu mai profanato e seppe agli uomini rivelare con la parola
quell'amore, quella speranza dell'ottimo e del perfetto che
nel più secreto dell'anima vivrà sempre immortale; a' gio-
vani che onorando di lagrime e dt desideri la sua dolce
memoria, apprenderanno da lui come le persone di leaere
si debbono separare dal volgo con l' altezza dell' animo e
degli scrini , nei quali ha poca forza la fortuna e nessuna
la potenza dei grandi.
— oOo —
B* un iaoo¥» dlrlti» earope» i {i6ro dt TftBE!iXM
MAIIIAWI, con un'appendke sulC ottima congrega-
zione umana e sul principio di nazionuliid. — Torino
4869. Un voi. tn-iS.^' dt pag. 443.
Li illustre autore del rinnovamento della filosofia italiana
ha in questo anno recata la face della sua straordinaria sa-
pienza su un campo affatto nuovo del diritto delle genti.
Sinora questo diritto fu trattato dai giureconsulti con ao-
liquate dottrine, e fu dalla diplomazia disconosciuto trat-
tando unicamente gli interessi dinastici, e non gli interessi
morali delle popolazioni. Maroianì ha voluto levare la scienxa
del jus pubblico alla sua vera altezza, rendendola legislatrice.
Sinora ogni Stato posto a confronto con altri Stati fu coo-
aiderato come una individualità giuridica che non ha seoti-
(i) Gio. Zuccaia.
mento e non ha cuore. Lo StMo rappresenta per cosi dire
una. cifra die deve essere comparata ad altre cifre cou valori
non di sapienza ma dt potenfea; L'autonomia dr un pa«se solo
si rispetta quando la forta la eommeri e la mantenga inco-
lume. Se manca la forza, manca il diritto e guai ai deboli
che cedono o che concedono!
Il nostro illustre pensatore ha voluto riporre la scienza
sulle vere sue basi e (are del diritto internazionale una ve-
rità scientiGca e non più una mera astrazione, od una con-
sacrazione del puro fatto. Egli ci offerse ifirnanzi lutto una
nuova definizione dello Stato. Ecco le sue parole:
« Noi diciamo, lo Stato essere certa Congfegasione di fa-
miglie la quale provvede con leggi e con tribunali al bene
proprio e alla propria tutela; tanto che sieno competente-
mente adempiuti i fini generali della socialità e i partico-
lari di essa congregrazione.
» Cosi definiamo ogni compagnia d'uomini a cui in gene-
rale possa attribuirsi la denominazione di Stato; sebbene
parlandosi di nazioni civili dovrebbe il concetto .della so-
cialità venire specificato meglio ed espresso con queste od
altrettali parole: tanto che sieno competentemente adempiuti
i fini della socialità e serbata possibile la progressiva per-
fezione dei privati e del pubblico. Imperocché uno Stato, do?e
sia impedito all' universale il progressivo perfezionarsi, è al
tutto incivile, né mancano forse di ciò esempi deplorevoli
nella stessa Europa. Tal concetto poi del fare sinonimi in-
fra di loro il fine sociale e il progredire continuo nella
perfezione individuale e comune manca a tutte le antiche
definizioni dello Slato, generali o' speciali che fossero; e
cosi portava V ordine delle idee e delle credenze de' padri
nostri. A noi giova d* avere per incidente fatto notare co-
lesta gran differenza dei tempi e delle dottrine; perchè di-
mostra pure ai cicchi essere nelle stsienzo come nelle oose
e nella vita esteriore dei popoli non meno che nella inte-
riore una potenza incessante ed irresistibile d'emendazione
e d'innovazione.
S4
» Lo Slato adunque compone ana persona morale o ai-
iramente un individuo perfello della gran città universale; e
si distingue e differenzia dagli altri suoi pari per ciò che
le famiglie, onde viene costituito, intendendo sotto quel tale
cielo e dentro a quei tali confini di suolo di toccare insieme
e con assidua cooperasione 1* ultimo grado della congiun-
zione e reciprocazione sociale, secondo che portano le di-
sposizioni speciali del territorio, della stirpe e d* altre con-
tingenze si fatte.
> Però lo Stato non esiste per la contiguità sola delie
terre e delle abitazioni, ma per certo congiungimento e unità
delle menti e degli animi. L* esercito inimico che invade
senza diritto veruno un paese e accampasi in mezzo ai col-
tivatori e possessori di quello, del sicuro non compone eoo
essoloro uno Stalo; due popoli quivi sono mescolati ma non
congiunti. Per simile, la legge e lo tutela sono efficienze
morali, sebbene talora piglino ad aiuto e compimento delia
propria virtù e sanzione la forza materiale; impressionano
perciò e costringono principalmente la coscienza o vogliaoi
dire r inieiletto ed il cuore. Lo Stato adunque fondandosi
per le leggi fondasi per ceno concorso di pensamenti e di vo-
leri; ed è atto spontaneo di sua essenza e non già violento.
E ancora che nello Stato vi sieno pensieri scorretti e vo-
lontà ricalcitranti, elle sono parziali; e. quando moltiplicano
fuor misura minacciano con l'anarchia di squarciare lo Stato
e annullarlo.
* Similmente ancora. Lo Stato è un sistema di roeui
coordinati al fine sopra descritto; e tali mezzi essendo animati
e consci dell* opera loro e partecipando medesimamente
ciascuno al fine, dove spiegassero volontà e proponimenti
sempre contrari, il fine non sarebbe mai conseguibile.
* Aggiungiamo qui che per gli Stati civili vedemmo il
fine essere una competente e progressiva effettuazione del-
r umano perfezionamento. Ma qnesto senza operosità con-
corde e volonterosa torna al tutto impossibile; dacché l*io-
ss
t
dole nostra è si fatta che nel reprimeato e eostringimento
nega di spiegare con alacrità ed energia le facoltà proprie.
• Si conclude da ciò che Io Stato s'informa sempre di
certa intrinseca autonomia , cioè d' una volontà costante e
comune a tutti i congregati di esìstere in certo consortio
da tutti gli altri distinto e con le proprie forze compire a
sufficienza i fini della socialità universale e particolare; il che
vale come dire che allo Stato non é bastevole la unità ma*
teriale del territorio, delle abitazioni e delle persone, ma
gli bisogna eziandio una qualche unità morale. Vero é che
nella più parte delle monarchie d'Oriente, la volontà dello
Stato sembra esistere unicamente nell' arbitrio d'un uomo.
Ma egli si dee considerare se non ostante cotesto arbitrio, la
volontà dei soggetti concórra almeno a volere serbarsi cit-
tadini di quel tal reame e costituire quella tal compagnia
sociale separata e distinta da tutte le altre e quindi con-
corra a desiderare l'ordinamento dei mezzi che sono me«
stieri ad attingere il fine di essa compagnia. Certo, laddove
manchi al tutto questa coscienza comune dello Stato e ogni
rispettiva unità di pensieri e di sentimenti, crediamo la pa-
rola Stato potersi difficilmente applicare; imperocché le leggi,
i tribunali, le armi, la religione e simili istituti, sebbene
compongano la comunanza sociale, non bastano per sé stesse
a distinguere profondamente tale comunanza da tale altra ^
ma lo Stato oltre ad essere in generale un consorzio socie-
vole, è di vantaggio uno speciale e distinto consorzio, è una
compiuta e singolare persona morale, e infine è un indi-
viduo perfetto della città universale' che non si può con gli
altri confondere; la quale individualità, qualora sia tutta
composta dal violento arbitrio d' un solo uomo, avrà earat*
tcre accidentale e non permanente; come appunto accadeva
per le guerre feudali nel medio evo; che gli Stati appari-
vano e disparivano ; le genti erano burattate dall'uno all'ai'
tro signore e niuno sapeva del sicuro a che congregazione
politica s'appartenesse. Laonde, come non è possibile al-
28
struggersi di pieno diritto. La questione viene viuoriosamenie
sciolta dal Maraiani, mostrando come un popolo non poasa
alienare in perpetuo la propria personalità giuridica.
Uno dei tipi caratteristici che la Provvidenza ha im-
presso su i popoli perchè nerbino in perpetuo la loro auto-
nomia è quello della loro nazionalità. È questo un tema che
i doni hanno sinora trascurato nei trattati di diritto interna-
zionale e che il nostro autore ha voluto porre in una mi-
rabile evidenza. E giacché trattasi di un argomento che tanto
ora interessa la nazione a cui noi ci gloriamo di appartene-
re, cosi ci piace di • riferire le parole sapienti dell' autore
con cui egli discorre del princìpio giuridico della nazionalità.
e Prediletta opera delle mani di Dio sono le nazioni.
» In processo di tempo e col maturarsi della civiltà le
sole nazioni sembrano costituire gl'individui veri e potenti
della grande famiglia umana. Tutte esse girano il guardo
al sole della verità e della giustizia, ma ciascuna ne vede
un particolare aspetto , e 1' anima di ciascuna si scalda e
colora di un raggio distinto di quello. Per tal guisa, nella
repubblica universale comincia fra i popoli quella più alta
reciprocazione di facoltà e privilegi, di avventure e di glo-
ria che usano i privati uomini in ogni città scambiandosi
mutuamente le utilità e gli uffici.
» Ad ogni nazione furono cominciamento poche famiglie
originate d'una sola prosapia.
• Tale minuta e occulta sorgente di popoli crescendo e
•spartendosi in molte tribù e queste in più altre e mesco-
landosi di genti diverse, parve tramutarsi al tutto dall'essere
primitivo e perfino la memoria andarne smarrita. Ma poi
col tempo certa medeaimezza di natura e di casi vennesi
dimostrando e ne nacque una stessa lingua, uno stesso ge«
nio di ani e di lettere, molte usanze e tradizioni comuoi
e qualche sostanziale omogeneità eziandio nelle maggiori dif-
ferenze ed opposizioni.
• Il sentimento chiaro e vivo di quella medesimezza sve-
29
gliasi aleuDH volta assai tardi fra i popoli , ina rado è che
non si svegli. In Francia non meno ciré in Ispagna, ne' re-
gni della Gran Bretagna, ne'numerosi Stati di Germania, vis«
sero in prima le città e le provincie poco assai congiurile
di animo e di pensamento e come straniere V ima inverso
dell'altra; poi riconobbero di appartenere ad una snia grande
eijtadioanza, privilegiala di certe doti preclare e chiamata
da Dio ad adempiere certi peculiari e gloriosi destini nel
corso vario e travaglioso del perfezionamento umano. Simile
coscienza è nata negli Slavi e sì è fortemente rinvigorita nei
Greci: è già robusta negli Ungheresi, negli Scandinavi, nei
Rumeni ed ella è profonda e incancellabile negli Italiani.
> Perchè poi cotesto bisogno del costituirsi innazione fac-
ciasi a nostri giorni sentire universalmente e forse con as-
sai più efficacia che in qualunque altra età, non è difficile
ritrovar le ragioni; e le principali ci sembrano queste. Le
lìngue volgari messe in pregio e adoperate nelle scritture
hanno eccitato nei popoli che le parlano e scrivono il senso
e il concetto della loro dignità e fraternità naturale. Oltrec-
cbè, la comunanza e ripulitura dell'organo traeva seco certa
maggiore comunanza di pensamenti e di affetti , la quale è
venuta poi manifesta e gradita a tutti per la espressione
sua generale e corretta nelle conversazioni e nei libri. In
secondo luogo, lo amore di libertà grandemente diffuso per-
suadeue ognuno che il fondamento di lei sta nella indipen-
denza e in quella interiore unità di interessi e di intendi-
menti apparecchiata dalla natura stessa col fabbricar le na-
zioni. Più che tutto ha valuto in ciò e potuto l'agevolezza
sempre maggiore alle città e provincie, di conoscersi e rav-
visarsi e indovinare insieme i propri! destini e la propria
forza. Perocché l'una disse all'altra : che non torniamo noi
quello che fummo in principio?
Sic genus amborum scindU se sanguine ab uno.
La fortuna ci separò in guisa da scordare le nostre origini ;
ora si ridestano in mente nostra piene di grazie e di luce
(ome le dolci memorie delPet^ giovanile.
30
> V'ha per altro chi sludiasi di annullare il principio di
nazionaliih, provando come sia inìpossibile di esattamenu
definirlo e sempre riesca fallace a fronte dei fatti. Avere il
caso non meno che le conquiste « le rivoluzioni non meoo
che i patti e gli accordi mescolato talmente le stirpi, e di-
stribuito e sparlilo in si bizzarra guisa i popoli che noo è
cosa fattibile di congiungerli ed incorporarli a ragione di
schiatta^ di lingua, di religione, di territorio o d' altro co-
mune rapporto e legame. Qual nazióne è pura, donutodaoo
essi, e tutta omogenea, e quale Stato in Europa noo è «tra-
merò a qualche porzione de* sudditi proprii? L'Inghilterre
pesa sul popolo Jonio , la Francia sull'Algerino , la Spagna
sul Basco. Non nacquero forse Italiani i Corsi, e tedeschi i
popoli dell'Alsazia ? I Polacchi di Posen sono forse Prussiani,
e non è mezzo slava la Silesia ? Gliiameremo Russi i Li-
tuani o i Finlandesi o gli abitanti di Riga e della Curlaodia?
E se tinti vediamo della medesima pece tutti i governi, se
niuno, a rispetto del puro principio di nazionalità, è incol-
pevole, qual profitto si può dedurre d'una teorica non mai
applicabile, ed anzi come più occorre teorica e vera, sei
fatti in ogni luogo e tempo la contraddiscono?
9 Gravi istanze sono queste; e forse ninno per mio avviso
le ha rintuzzate Infiuo al di d*oggi, perchè non fu colta la
schietta e germana essenza del principio. E quando mai
r intrico dei fatti potè allacciare e confondere un gran
pronunzialo di scienza, quando egli s'appone alla verità?
La indocilità dei fatti a lasciarsi ordinare e spiegare accusi
troppo altamente la scarsa sufficienza e giustezza della ragio-
ne che se ne pensa. Imperocché, appena è trovata la giu'
sta e sufficiente ragione, che ella sembra come qtjd ^^^
neir Eneide alzare il capo dal mar burrascoso e eoo uo po-
tente quo8 ego mettere ogni cosa in bonaccia.
> La prima virtù costitutrice degli Siati, dicemmo, è eerta
permanente unità morale; è il concorso spontaneo ed a^^''
duo delle menti é delle volontà nello intendimento comune
SI
di comporre e mantenere a sé stesso la forma di società
che Aristotele domandò più perfetta, perchè vi si desidera
e cerca V uaione più intima e meglio ordinata che una
coDgregazione di famiglie possa contrarre per la sicurena|
la utilità e il perfezionamento scambievole. Aggiungemmo
cbe tale forma perfetta di società e tale ultimo grado di
uaimento sociale si compia e risolve nel sentimento di pa-
irla, secondo la piena significazione che a tal voce asse-
goammo; e si ebbe cura di notare che quel sentimento e
l'opera che ne consegue ricercano anzi tutto una fede in-
tera comune « e sottintendono un patto sacro, reciproco e
indissolubile.
> Di quindi si concludeva cbe in ogni luogo dove più
genti sono concorse a vivere insieme e a fabbricarsi una
patria, là sorge uno Stato, il quale è Tautonomo pienamente
e inviolabilmente, sia qgal che si voglia l'origine, la schiatta,
la lingua, le tradizioni, il culto di ciascuno dei cittadmi e
di tutti insieme* Cosi la Svizzera, per via d' esempio, è pa«
tris verace, e però è Stato autonomo ed inviolabile, anco-
raché per la differenza di schiatte e di lingue non sia pro-
priamente nazione nel senso ordinario della parola. Inglesi,
Francesi e Spagnuoli compongono la varia cittadinanza degli
Stali Uniti d'America; Francesi della Nuova Orléans, Spa-
gnuoli nelle Floride , Inglesi nel rimanente. Ma tutti essi
cosiruironsi una patria sola comune, la patria di Washington
e di Franklin], e l'amano e servono cordialmente ed invil-
tamenle.
> Ora, se in tali e si faue congregazioni d'uomini appare
evidente l'essenza e la forma dello Stato e la sua intangi-
bile libertà e indipendenza esteriore, quanto più esso Stato
non apparirà vero e reale e però autonomo per ogni parte
e rispeuabile a lutti i popoli formandosi di genti d'un solo
sangue, parlanti una $ola e medesima lingua, fornite di arti
e lettere proprie ed originali, e in fine, deliberate ad ogni
costo a comporre insieme una bella e indivisa persona mo-
ss
rale e t ivere tutte della vita d' un solo consorzio eivile!
Certo è che se ci atteniamo ali* esperienza, vedremo le na-
zioni fondare per ordinario gli Stati; e che unioni strette
politiche di genti diverse per ischiatta, favella e genio, ra-
damente assai se ne rinvengono. Del pari , non fa maravi-
glia nessuna che le parti disgiunte delle nazioni aspirino
alla socievole unità; e quelle che sopportano il giogo stra-
niero e, cioè a dire, non compongono una patria sola coi
popolo dominatore, procaccino di affrancarsi e vivere da sé
e per sé. Considerato principalmente che senza il fonda-
mento di quella unità morale onde s' informa lo Slato , i
più alti fini sociali non sono mai conseguibili. E per Io con-
trario, congiungendosi strettamente e liberamente le parti
di quel tutto che ha nome nazione trovano, esse o ricape-
rano una virtù singolare e maravigliosa di umana prospe*
rità e grandezza. ^
9 Da tutto ciò è provenuto che la moltitudine intendendo
discorrere delle autonomie certe e legittime, discorre dells
nazioni, perocché in esse la natura medesima costituiva certe
autonomie proprie e, a rosi dire, nate fatte. Il perchè, deb-
bono i pubblicisti al di d'oggi con viva sollecitudine incul
care e persuadere che si osservi e rispetti al possibile co
testo gran fatto naturale ed originale delle nazionalità, e sì
noti dove è di già suscitata e compiuta lu sua coscienza e
4|ove si va compiendo con lo schiarirsene il eonceiio e in
vigorirsene il desiderio nel petto dei popoli. Fu lecito te-
nerne pochissimo conto per addietro , quando gran parte
delle genti europee non ne pareva curante e curiosa, e il
senso stesso della libertà pareva ottuso negli animi loro.
> Non si scorgono, pertanto, in cotesto subbietio quelle
incertezze e ambagi e quelle frequenti discrepanze e con-
traddizioni che piace a taluno di ravvisarvi,
» Quale che sia la diversità dei casi e la implicazione de-
gli accidenti, a noi più non manca dopo ciò il criterio certo
per giungere con sicurezza alla loro sostanza. Vuoi tu sap^^®
33
il Detto (poniamo esempio) Intorno ni diritti della Gasa d'Au-
sburgo sul Milanese e sul Veneto? Per prima cosa, ricer-
cherai se l'Austria potette comporre in niun tempo con
quelle popolazioni certa unità spirituale e certa conforma-
zione di pensieri, di voleri e di affetti, tanto che esse giù-
dichino di formare con lei una sola e medesima patria. Che
se troverai per lo contrario avere gli Austriaci e gli Italiani
non mai cessato di riguardarsi come stranieri gli unì agli
altri, ed esserne provenuto non uno Stato solo ma più , e
non eguali e liberi, ma Tuno dominatore e dipendenti gli
altri, ciò ti tornerà sufflciente, giusta i nostri principii, a
scorgere da quale delle due parli si stia il diritto. E con-
verso, qualora tu senta il popolo tedesco dolersi dell' Alsa-
xia perduta^ ed alcuno fra loro non tacere la sua speranza
ci ricuperarla un giorno e ricongiungerla alla gran famiglia
teutonica; lu innanzi a tutto ricercherai se le genti dell'Al-
sazia abbiano volentieri o no risoluta 1' autonomia propria
nella maggiore e migliore de' lor potenti vicini, e troverai
per prove copiose e splendide che nell' animo di quel po-
polo vive e regna e trionfa la patria francese, per salvar la
quale fu prodigo del suo sangue e parvegli leggero ogni
sacriflcio ; e in tal caso pure i nostri principii non ti lasce-
ranno incerto un momento solo a proferir la sentenza.
> Tengasi dunque per assioma di giure internazionale che
dove non è alcuna competente uniGcazione morale né al-
cuna spontaneità di socievole comunanza e dove insomma
non una è la patria ma più e diverse, là è violenza ma
non giustizia , è conquista e non dedizione ; e la forza an-
cora che si vesta di forme legali non perde né cambia la
sua natura. E del resto, sebbene la unità morale degli Stati
venga il più del tempo costituita dalla nazionale omogeneità,
ei non si vuol giudicare che dove non è nazione là non
può esistere autonomia ; imperocché superiore anche all'o-
pera della natura é la ferma e permanente volontà degli
uomini; e questa può far difetio eziandio quando per la na-
Av^iAu SlaUsiica, ooU XKIf^, sprie 3.* 5
84
tura ogni cosa sembrò •pparecebtata all' uniti sociale e pò*
litica , in quel modo ebe avvenne ira Portoghesi e Spi*
gnuoli. Laonde il prineipio della naxioiiaUià, di cui tanto
ai ragiona al di d* oggi e in cui tentano alcuni scritiori di
riconoscere il fondamento primo del nuovo diritto europeo,
debbe, se vuole apporsi in tutto alla veritk, definir sé m^
desimo in guisa più larga e più raiiooale, pronunziaodo
cbe le congregazioni d'uomini le quali pervengono a costi*
tuirsi una patria e però attingere V ultimo grado della so-
cialità perfetta, sono libere e incoercibili interamente e ai-
solutamente; e sempre è desiderabile e talvolu giusto e
doveroso sciogliere eziandio con le armi le fatUsie e violente
unitk politiche dove sono più Stati e più patrie.
» Ora, riconducendo il discorso più strettamente alle na«
zionif ei si conviene notare che, rispetto all' autonoroia,
sono tutte da ordinare in tre specie. V ha primamente di
quelle che secondo il presuibilito dalla natura eonseguirooo
la loro indipendenza e unttii in modo com|MiitO| comCf per
€8.1 la Francia, la Spagna, T idghilterrai la Russia e poche
altre. In secondo luogo, v'ha di quelle nazioni composte di
molle genti, le quali, sebbene si riconoseano tutte congiunte
e consorelle per comunanza di stirpe, di lingua, di genio
e d'altre comuni qualità ed attribiuioni , ciò non pertanto
vivono separate, ovvero don istringooo in fra di loro altro
maggior legame che di. un qualche patto confederativo,
come in Europa accade della Germania e in America delle
colonie spagnuole. La tona categoria comprende quelle Da<
Zini che non solo fra le loro genti rimangon divise e eom-
pongono diversi Stati , ma l' una o più di esse sopportano ^
il giogo straniero con evidente umiliazione ed infiacchimento
di tutte; e di popoli cosi fatti v'ha esempi molti e più ou*
roerosi che non converrebbe alla presunzione ed ai vauja*
menti della moderna civiltà.
» Ciò veduto, egli è manifesto che ai popoli ddl' ultima
divisione occorre adempiere diie difficili imprese: cacciar
ss
le Blraniero e risolvere le autonomìe parzitili ro una totale
ed anica. Ai popoli della aeconda basta una sola delle due
opere travagliose. Ed è imprendimentOi come si disse, volon-
teroso e libero al tutto e può pigliare varie forme: perebé
la risoluzione delle autonomie parziali nella totale può essere
imperfetta e condizionata; come veramente è imperfetta
qoella degli Stati Uniti americani e delle repubbliche sviz-
zere; eoDciossiachè sebbene costituiscano e gli uni e le al-
tre uno Stato solo, questo pel suo carattere confederativo
serba ai popoli componenti assai porzione di sovranità. Ma
poiché nella Svizzera e ncH'Aroerica avvi unità effettiva di
ptria e ciascuna provincia confessa dovere l' interesse suo
ÌA(li?iduo e peculiare venir posposto al generale della Con*
federazione, perciò si dee giudicare, per nostro avviso, che
la risoluzione delle autonomie parziali nella intera dello
Stato è moralmente piena e compita, ancora cbe imperfetta
nelle istituzioni politiche. Di quindi emerge queir alto cri-
terio per fare concetto dell'unità morale e sociale dei po-
poli e delle nazioni, cioè a dire cbe quando le genti varie
e distinte di cui si compone un popolo ed una nazione
particolare sieno nella disposizione di sottoporre al bene
eomune di tutte il bene proprio e peculiare di ciascheduna,
elle sono già pervenute ad istituire una grande persona mo«
rale di cui si sentono nobili membra, ed una sola ed unica
patria di cui sono cittadine tutte egtialmente e perpetua-
meote; sebbene egli possa accadere che ciò non giunga a
manifestarsi in modo proporzionalo e conforme nelle pub-
bliche istituzioni; come p. e. accade io Germania dove la
ioperba patria alemanna non ha organo alcuno popolare e
immediato per esprimere i suoi pensamenti e proponimenti
comuni.
> Concludiamo , pertanto , dall' inaino a qui ragionato
queste poche proposizioni:
• Prima, gli Stati sono vera unità morale ed autonomia
perfetta ed imprescTittibile.
36
> Secondamente, non possono, giusta il diritto esemplare
ed astratto, esistere Stati dipendenti da altro Stato e com-
ponenti morale e politica duplicità. Ciascun popolo vive di
vita propria ed indipendente; ovvero, per libero atto risolvè
l'autonomia che gii compete in altra maggiore *e migliore
con uguale partecipazione' dei dfritli e di uffici. Il Jus belli
mai non conduce legittimamente alla permanenza delle con-
quiste ed air annullazione di qual sia Stato. Sul che ci rimel-
tiamo alle dottrine liberali e generalmente accettate dai mo-
derni pubblicisti.
> Terzo, le leghe e confederazioni, per ristrette ed inlime
che si vogliano^ mantengono nullameno la moliiplicità degli
Stati e delle autonomie se non pervengono a Tabbricare per
atto permanente e spontaneo un solo Stato confederativo,
in cui la patria è una eziandio politicamente; e la persona
morale di lui non è divisibile , tuttoché le provincic ser-
bino a sé medesime certa porzione di sovranilb.
> Quarto, non é ripugnante immaginare le parli di una
nazione congiuntissime moralmente, ancora che le istituzioni
loro politiche mantengano a ciascuna T autonomia propria,
come forse si avverò per più tempo* in Isvizzera. Se non
che ciò può solo accadere per accidente ed ad tempufi
dacché Tuniià di patria costruita nel cuore d'unMniera na-
zione é impossibile che non esprima sé stessa nelle forme
esteriori e nelle condizioni del suo vivere sociale e politico.
E ciò avverrà per appunto in Germania e in Italia, se vero
é che l'una e l'altra nazione posponga sempre all'interesse
comune quello delle singole genti, e non ravvisi in tutto il
gran territorio della nazione che una sola e indivisìbile pa-
tria.
» Quinto ed ultimo. Ciò tutto che fanno i popoli per ac-
costarsi e congiùngersi ha molte gradazioni e trasmutazionii
e r essenza comune e continua di esse, a riscontro del di?
ritto, é la compiuta e particolare spontaneità. Sebbene k
forme che tramezzano fra la confederazione degli Stati o
»7
Io Statò confederativo sieno Incerto e imperfette e abbiano
(fafotiere transitorio.»
Dopò avere con queste nobili conclusioni dimostrato come
l'autonomia nazionale debba entrare a far p^rte del jus
pubblico, si fa a discutere la vecchia eppure aticor vigente *
dottrina del còsi detto equilibrio politico tra i varj Slati.
Ecco in qual modo l'autore tratta questo importante ar-
gomento:
« È tollerabile fra i cittadini lina molto disuguaglianza
di ricchezze e d'influenza; attesoché si può credere che ia
educazione della moltitudine crescendo e dilatandosi, la ric-
chezza ed il potere si venga altresi ripartendo con minore
disproporzione. Ad ogni modo , gli ordinamenti e le leggi
debbono tutelare ciascuno delia eccessiva prepotenza dei
grandi e dei Tacoltosì. Ma fra gli Stati, allorché la spropor-
zione delle forze sia somma, è necessità di confessare che
permane una quasi continua minaccia alla indipendenza e
alla dignità dei piccoh e deboli ; essendo che non v*ha tri-
bunali , né altra specie d' istituzione capace di prevenire o
reprimere la sòverchianza e la cupidità dei gran potentati.
Trista cosa é pure a considerare che la olirepossanzn di
alcuni Stati, e la debolezza ed angustia di altri non sem-
pre vennero cagionate dalla virtù e dal suo contrario; ma
fu lavoro talvolta delle mani della fortuna; e la postura
geografica tornò più profittevole assai del mollo ingegno e
del valore indomabile. Giovò alla Russia per dilatarsi fuor
di misura ia stessa barbarie delle tribù su cui rci^nu; noc-
qae all'Italia la troppa vitalità e vigoria di ciascuna sua pro-
vincia, anzi di ciascuna città.
* Pure, come ciò sia, diciamo che lo studio della bi-
lancia politica sarebbe da aver molto caro, se egli tendesse
in fatto alia valida protezione e difensione dei meno forti.
Ma pur troppo la storia insegna che eziandìo questa bihirì-
cia politica ò maneggiata ed equilibrata dai più foni e scal-
triti arsolo vantaggio proprio; e trottasi non di proteggere
88
efficacemente i deboli, ma di preoccupare i diaegni ambi*
ziosi 0 addorrocDtare le gelosie e i sospetti dell'ano o del-
r altro competitore. Non si nega che per fortuna i sospetu
e le competente loro non giovino assai volte agli Stati mi-
nori; e vedesì, p. es., che i principati inferiori della Gc^
mania trovano una sorta d'indipendenza nella opposinone
perpetua della Prussia e deirAustria. Ma se i forti oolgoao
bene il loro tempo» quello che fanno nissuno ardisce di-
sfare, e la la causa degli Stati inferiori soccombe; e tutto-
ché i regni di Europa escano dalla correlativa misura, egli
si dirà che ogni cosa va per lo meglio. D' altro lato , ets-
seuna delle grandi poterne intende cotesto equilibrio a suo
modo e lo danna o loda a rispetto di sé; per T Austria,
senza il servaggio d' Italia, la bilancia non ha contrappesi ;
e al giudicìo dell' Inghilterra, questa bilancia trabocca se i
Turchi sono cacciati d'Europa. Del rimaneate, il sospetto e
la gelosia politica fu sempre una e medeaima; e i Greci e
i Romani antichi costantemente guardarono a questo, che
dove tu non possa ampliare le tue conquiste, debba almeoo
studiarli d'impedire quelle degli altri, e mantenere fra gli
Stati più poderosi lungo e pareggiato contrastamenlo di for-
ze. I moderni hanno voluto farne come un principio d*8lta
saviezza e giustizia, e quasi un fondamento e una guaren-
tigia essenziale del diritto.
> Ma, fra l'altre cose, fu esso mai definito cotesto equi-
librio, e, per l'Europa almeno, mostrato in che debba ean-
sistere e come ottenersi ? Intanto, quello procurato dal Con-
gresso di Vienna può dirsi interrotto e annullalo In troppa
gran parte; e il nuovo come si regge, e ehi ne fu l'arebi-
tetto? Nondimeno, per ogni mutazione politica che appare
in Europa, tu odi da ogni Governo mettersi innanzi questa
lustra dell'equilibrio minacniato. Tempo è, mi sembra, che
i pubblicisti i quali usano sguardar le materie al lutne
delia giustizia internazionale, ne dicano k loro senteniSf
cavandola dalle sincere ed eterne fonti della ragione e della
moralità.
99
» Air arte onesta del bilanciare le forze degli Siati do-
vrebbe come presedere questo pronunciato sovrano del gius
deHe gemi che dice t ogni popolo autonomo per inreriore
ehe ria di territorio e di rieebeise, e per tenui e inferme
che abbia le sue difese , dee poter vivere sicuro di sé e
libero degli aiti suoi , accanto alle nasioni pia guerresche
e più formidabili. E un' arte cotale mova e governala dal
dettame summentovato di generale giustizia recherebbe^ utili
frutti al mondo in ogni tempo e in ogni mutare di cose.
Avvegnaché non é sperabile ehe le forse politiche degli
Stati troviae nai oralmente fra loro certa parità ed equipol-
lenza, e che niuAo sia sufficiente a soverchiare da solo e
sconGggere il suo vicino. Rimovansi pure gli ostacoli alla
formazione eonifivta delle nazionalità vere ed originali; si
conceda a qtsakmque popolo autonomo di aggregarsi con
altri o di segregarsi, eonrorme portano le necessità o le in-
clinazioni , e salva mei sempre ia unità e interezza della
sua patria : ciò non pertanto, molta sproporzione si rimarrà
dall'uno all'altro Sialo e dall'una all'altra schiatta di gente.
Quel proporzione, in fuiio, può correre ami tra il popolo
Rumeno e lo Slavo? quale tra l'Olanda e la Francia, o tra
la Francia e la Svizzera? Verrà forse un tempo che gli
enormi incorporamenti odierni di popoli si sciogliaranno in
parecchi minori e bene in fra loro commisurali. Forse, d'al-
tra parte, si comporranno leghe tenaci e gagliarde tra le
varie famiglie delle medesime stirpe, come tutte le germa-
niche da una banda e tutte le latine o tutte le slave del-
l'altra; ed allora ne risulterà forse un nuovo e impensato
kilaneianiento di Slati e di forze. Ma ciò per al presente
è piottnsto subbielto da poetare ricreando die da prosare
insegnando. Oltreché, a noi sia in mente che non avvenga
senza un alto provvedere divino, che la diCssa e la tutela
dei popoli caduchi i; piccioli trovar si debba non con mezzi
artificiali, mi si uiiicainenie col progredire il genere umano
nella osservanza scrupolosa dei dettami della giustizia e sotto
40
la guardia ogni giorno migliore della coscienza universale
cresciuta di giudicio^ di severiU e di efficacia.
> Ad ogni modo, non biasimiamo in sé lo studio e U
cura della bilancia politica» posto che non sia lavoro infrut-
tiferò, e non si dilunghi mai dalle massime della rettitudine
e adoperi mezzi leali ed aperti.
» Bello è dunque cominciare da queste àuree parole di
Ugone Grozio (4) < Non devesi per guisa veruna concedere
ciò che insegnano alcuni autori, esser lecito, giusta il di-
riuo delle genti, di prender l'armi per iufiacchare e ab-
bassare uno Slato la cui possanza cresca di giorno in giorno,
e la quale lasciata salire troppo alto, possa alle occasioni of-
Tenderci e sopraffarci ».
» Solo conviene aggiungere al presupposto generale e
indeterminalo, che fa Ugone Grozio, alcuni casi specificali
che porla T indole singolare de' nostri tempi , e ciò sono:
che una grande nazione si rivendichi in libertà cacciando
i forestieri, i quali avea sul collo, ovvero accosti ed unifi-
chi le sparse sue membra in guisa , da moltiplicare senza
fine in vigorezza e prosperità. Del che si ponga ad esem-
pio la Germania, se abolendo una volla le sue diete di prin-
cipi e sosliluendovi quello dei popoli , si ordinasse in un
corpo confederalivo simile all' elveiico e all'americano. E
parimenti si ponga ad esempio l' affrancaménto d' Italia e la
risoluzione delle sue parli in un tutto bene temperalo ed
unificalo. Noi neghiamo nell' uno e nell' aliro caso- che al-
cuno Stato possa arrogarsi lilolo giusto d' inlerveiiio e pos*
sieda dirillo nessuno a impedire con la forza alla Germa-
nia 0 all'Italia l'opera loro, sotto colore che essa sbilancia
l'Europa, e molle nazioni ci scapitano d'influenza e di po-
tenza.
» Del resto, la civiltà odierna, che ha più pudore del
(\) De iure belli el pacis, I. H, e. i, S XVII.
. 41
certo, se non più virtù dell* antica, interdice ai potentati di
proclamare che uno Stato altera indebitaofiente Tequilibrio
politico, crescendo di popolo, di ricchezze , di armamenti ,
di naviglio in modo rapido e straordinario, ma traendo da
sé ogni cosa e nulla dell' altrui occupando. L'America , è
scriuo, raddoppiò la sua popolazione cinque volte nel giro
di sessanl' anni ; la Russia, sebbene vada più tardi assai in
tale bisogna, è, nullameno, velocissima, a paragone d' ahre
confrade del continente.
a Eppure simili conquiste interiori ( a cosi chiamarle )
che alcuni Stati sanno compire in poco di tempo, alterano
la proporzione delle forze politiche più che non farebbe
un notabile aumento di territorio avvenuto in alcuno di
qaegli Slati medesimi o per successo di guerra, o per re-
taggio, o per patto. Se dunque gli effetti sono simiglianti ,
come può il diritto differenziarsi dall'uno all'altro? E se
neir uno V iniervento non è conceduto , perchè - nell' altro
diventa lecito?
» Ciò mi sembra riconfermare chiarissimamente che ce-
lesta ragione dell' equilibrio politico mai non contiene per
sé solo un motivo legittimo né di guerra nò d' intervento.
> Quali, pertanto, sono da dirsi mezzi buoni e leali da
conservare non propriamente esso equilibrio degli Stati che
mai forse non diviene effettivo e durevole^, ma la sicurezza
e la difcnsione dei polenlati minori a rispetto dei maggiori
e la pace e il riposo di tutti contro V ambizione e la pre-
potenza di alcuni? Diremo che se ne annoverano mollo po-
chi, e il buon senso e la reniludine li fanno noti a cia-
scuno. Primo mezzo sono le amicizie e le leghe. S' insegna
nella economia politica che i piccioli possidenti , legandosi
insieme e ponendo in monte i lor capitali, salvano a tutti
la liberth del concorrere e impediscono agli estremamente
ncclii di operare e prolungare qualunque maniera di mo-
nopolio. Ma per disdoro di nostra stirpe l'interesse dei traf-
fichi a meglio disciplinali e meglio persuasi gli uomini, alla
4S
concordia e è\V onione di quello che Vaniore detta iodipen*
denia e digniiè naxionale. Le amieieie politiclie poi rìeer-
cano, eome le pri?ate, scfiielietza , fedelib e perdunoia.
Che queste dtspoaiiioni aembrano nuocere al cuna volli,
ma nella lungtieiia del tempo e nella Tarietà degli ae<
cadimenti si trova clie solo esse recano bene; e oltre-
eiò la forza tragrande e il lustro delle vittorie fanno velo
a motte perfidie le quali ai meno forti e gloriosi non
sarebbero perdonate. Allato a questi provvedimeott , se lu
ti aiuti per te medesimo , quanto più puoi e sai , e porgi
ferma prova di spiriti generosi e altamente virili, qoaleaoo
ai trarrà sempre dalla tua parte , ed anche le amieizie dei
potentissimi ti si faranno meno pericolose e gravose. Del
fcsio, nella vecchia .Italia in ciò appunto consisteva l'arte
del bilanciare gli Stati, che le cinque potente maggiori in
cui dividevasi la Venisola, Venezia, Mitano, Roma, Firenie
€ Napoli , ai aquadravano e invigilavano di maniera che
quando Y una di loro aumentasse visibilmente di forse e
iBCoprisse^ intendimenli ambiziosi contro i vicini , le «lire
di presente si eollagavano, costringendo quella a porsi giù
dall* impresa mediala o a tentarla con quasi certezza di mal
successo*
« Secondo meuo di mnnimenio e di difesa è dare io-
eremcnto alle forze sociali proprie e crescere in popoiaiiooe,
ricchezza, scienze, commercio e influenza meglio e io più
eopia , se è possibile, e in minor tempo che akre nasiaot.
€lii non sa esaere poco esatta misura delia gagliardia di eao
Stato, l'ampiezza o l'angustia del suo territorio? lo Atene,
avverti già un grande scrittore , erano non più che venti-
mila cittadini, quando dia difese i Greci contro i Persiani,
contese a Sparta la primazia, ed assali la Sicilia; e vcaU*
mila cittadini vi erano similmente quando Demetrio Pale?
reo gli enumerava alla guisa che ne' mercati si fa dcgl*
schiavi.
• Un terzo mezzo di guarentigia pensato dai moderni
4S
si è il dichiarare neutrali aicuDe proYincie ed alcuni Stati;
e un quarto « è il porre altre provincie e altri Stati sotto
lo speciale e eollett?o patrocinio dei più poderosi Governi
d'Europa. Amendue cotesti spedieoti ingegnosi e che tanto
valgono^ quanto dura la fede ai trattati e il rispetto scam-
bievole fra le Potente , manifestano , sembra a noi , che il
sentimento del diritto e la religione dei patti fanoosi di età
io ei& più tenaci e profondi. La qual cosa ci mena naturai-
mente 3 considerare l'ottimo di tutti i mezzi per fare ar-
{ioe air ambizione di, alcuni popoli e alla strabocchevole
loro potenza; sebbene queste nostre parole suoneratino a
molti come più acconce ad un catechismo che ad opera di
pubblico diritto. Ma noi. dicemmo più sopra , forzati dalla
veriih, ed or ripetiamo qui volentieri « che il diffondersi
nella parte, educata dei popoli la luce dei sani e eerti prin-
cipìi della giustizia intemazionale, avanza l'opera dell'emen*
dare e assestare l'Europa pofìtica più assai che i trovamenti
della deplomazia. E il simile è da pensare intorno al sub-
biette della bilancia degli Stati: perchè questi tcrrannost
quoti e r uno all'altro rispettosi , solo quando nella mente
di tutti risplciideranno queste due massima principalmente,
cioè che le conquiste utili davvero e invidiabili a' nostri
tempi sono 1' acorescere dappertutto la propria civile influ-
enza e il prevalere di senno e di autorità. L'altra massima
insegna che i popoli non sono materia di eredità né di
dote né Ji contralto. Con tali due documenti è tolta di
mezzo la possibilità dei larghi e subitanei acquisti di tèrri-
torio che per lo passato furono cagione la più frequente di
guerra e fecero tanto discorrere della bilancia politica. E
per fermo, il diritto pubblico antico non disdiceva per ef-
fette di giusta guerra il tenere soggeui per sempre i po-
poli vinti ; e del pari, non disdiceva ai prìncipi che per te-
stamento o a ragione di dote o in virtù di oonvcQzione si
^rieehissero a un tratto di vasti regni e li aggiungessero
'i proprii ed aviti. Cosi Carlo Quinto alla paterna Fiandra
44
aggiungeva per éri^dhà la Spa|[na ; e per eOeltò ddirele*
zione univa tbii due regni all' impero gernàaoieo e con li*
ioli veri 0 falsi di parentela è di eredità chiedendo il Mi«
lanese, il regno di Nàpoli ed altre provincie e supplendo
air insuilicìenza di quelli con la ragione della spada , mi*
hacciava TEiiropa dell' universale monarchia. Cosa poco di-
'versa accadeva più tardi per la successione di Spagna , e
quindi per quella di Carlo VI, ambedue le quali ponevano
a un tratto più corone sul capo d' un solo monarca. Ed è
str<ino a dire che i pubblicisti contemporanei più saggi e
morali , piuttosto che dubitare del diritto dei princìpi , di
trasmettere a ehi più piacesse le loro corone, o dubitare
del diritto di ereditarle, come farebbesi d' un grosso podere
secondo le ragioni e i gradi della parentela e le disposi-
zioni e parole del testamento, quei pubblicisti, diciamo, pon-
gono innanzi per rimedio sovrano un diritto d' intervento
aasai disputabile e dichiarano giusta la guerra volta al fine
d'impedire l'ingrandimento eccessivo di alcun potentato.
Ponete , invece, che nel secolo scorso fosse stata ravvisala
questa verità , non dovere mai un principe tener sul capo
due 0 più corone distinte e separate; essendo principalmente
che ciò torna funesto alla libertà, e all'autonomia delTuno
dei regni e forse anche dell'altro o degli altri; ponete ezian-
dio che si fosse giudicato equo non che opportuno il con-
sultare direttamente e in modo efficace e leale la volontà
dei popoli; e ciò bastava ampiamente, perchè le appren-
sioni gravissime suscitate per la eredità spagnuola ed au-
striaca o rimanessero dissipate o trovassero altra risoluzione
che una lunga e general guerra. E dicasi pure che le due ve-
rità e i due principii nella pratica diventano uno. Perocché
nello stato presente d' istruzione e di civiltà , ogni popolo
che h.) sentimento di so ed ha facoltà e modo di delibe-
rare della sua sorte, negherà, senza meno, di essere dato
• per retaggio o per dote o a ragione di baratto o come che
sia ad un principe forestiere, il quale fornito delle forze di
45
altro vasto renme, può forzare la volontà dei sudditi nuovi
e spogliarli d' ogni franchigia e d'ogni diritto. E veramente
noi veggiamo nei giorni nostri che le earte costituzionali
provvedono alla trasmissione delle corone sempre con que-
sto riguardo che V autonomia esteriore dello Stato e le li«
berla sue interiori non ne possano ricevere nocumento ve-
runo.
9 Se , pertanto , il giure internazionale moderno verrà
confermando di più in più che la guerra , sebbene fatta le«
gittimamente , non porge diritto di annullare l'autonomia
naturale dei popoli vinti; se, d'altra parte, le genti si per-
suadono oggimai di questo vero solenne , le conquiste sui
popoli molto civili diventare ne' di nostri meno utili assai
che gravose a chi le fa e difficilissime a mantenere , e da
ultinao recare maggior debolezza e travaglio che vigore e
sicurezza; essendo tramontate persempre le età, nelle quali
poteasi con violenza feroce e spietata disertare le terre oc*
capate o con le colonie ripopolarle , ovvero costringere i
debellali a confondere l'essere proprio con quello dei vin-
citori. In fine, se le doti, i retaggi, le donazioni, i baratti
non sono più titoli sufficienti alle subite aggregazioni di
vaste e popolose provincie ; ognun vede che sono levate di
mezzo le cagioni principali dei repentini aggrandimenii degli
Stati; e da questa banda, ciò che suolsi domandare molto
impropriamente equilibrio europeo, non dà materia di giu-
ste apprensioni e paure. Le cagioni d'ingradimento che ri-
mangono ancora vive e operose hanno un carattere assai
differente.
» I popoli che più non comportano di essere patrimo-
nio e retaggio di alcuno, aspirano per ciò stesso alla piena
ricuperazione del proprio essere, laddove ancora non è com-
piuta ; ovvero aspirano a formare di più patrie una sola
grandissima collo special nome di nazione. Perocché la
favola di Androgeneo si avvera esnitarncnte nelle schiatte
umane; e come quello era indiviso in principio e for-
46
mava ona sola persona animala, poi sparlilo a fona tn
doloroso e infelice in ognuna delle sue parti ; e queste con
desiderio influito procacciavano di ricongiungersi, avviene
cosi delle parti d' una grande nazione appena si ricordaoo
di essere slate uno, e della intrinseca medesimena deires-
aere loro pigliano scienza e coscienza.
» Ora, entrambe queste due ispirazioni, posto che rie*
seano nel loro intento, debbono di necessità reeare altera-
zione notabile alla cosi detta bilancia politica , diventando
da un Iato alcune potenise troppo scarne ed esauste, perchè
sceme delle provincie aifrancate; e dall'altro, sorgendo co-
tal nazione o cotale altra al colmo della propria potenza,
mediante V unione e il consentimento di tutti i -suoi popoli.
E per fermo, non mancava testé la vecchia ed astiosa Ea-
ropa di dolersi della cominciata liberazione d* Italia per la
minaccia e il pericolo che sembrava recare air equilibrio
politico.
» Noi, secondo i principii che professiamo ed anzi se-
condo la serie di tutti i pensieri e ragionamenti significati
insino a qui nel presente libro, siamo menati a eonehiudere
che troppo alte, giuste e magnanime sono quelle due ispi*
razioni; e ci rechiamo a credere che ottenuto che sia il
proposito loro , V assetto d* Europa riuscirà senza paragone
più convenienle e più saldo. Non per ciò, come ai asserifs
più sopra, la bilancia politica degli Stati rimarrà in bilico
perfettamente; ma la proporzione tra essi diverrà certo mi*
gliore e saranno rimosse (quello che più importa) le cagiooi
principali di litigio , di usurpazione e di guerra. Oltre di
che, mancando ai popoli la religione più ordinaria e legit*
lima di querelarsi e rammaricarsi contro i patti e le con-
venzioni, dee crescere immensamente l'osservanza e la fede
inverso di esse ; nel che abbiamo conosciuto doversi da ul-
timo ravvisare lo scudo e V usbergo più saldo e di miglior
tempra che poasa difendere e preservare i piccioli Stati
contro i grandissimi. E perchè non si reputi esagerato e
47
paniate il Doslro giudisio, si badi un momento all'ordine
che avrebbe potuto tenere V Europa quando i diplomatici
di Vienna fossero proceduti con le massime del buon di*
ritto pubblico.
» Diciamo ) dunque, che emancipata la nazione italiant
e con forte confederazione congiunta, aveansi nella penisola
da due a irecentomila soldati pronti a difenderla contro la
Francia; e ?iceversa, pronti ad unirsi a lei e ad altri po-
tentati contro i disegni ambiziosi della Moscofia. Oltre di
eiò, la penisola emancipata, potendo mettere in mare nu*
maroso naviglio di ottimi marinai fornito , non concedeva
sd alcuno Stato di poter dire : lY Mediterraneo è un mio
lago. Sul Reno, la Germania costituita in confederazione
schietta e leale di popoli, faceva irrito e vano da quella
parte ogni proposito di conquista negli inquieti flgliuoli di
Brenno, E la Germania concorde, dando mano ai Polacchi
tornati uniti, formavano coi petti loro il miglior baluardo
all'Europa occidentale a rincontro della Russia. Mentre più
giù verso T oriente ed il mezzogiorno, l'Austria, non im-
pacciata della servitù d'Italia e divenuta quella che i suoi
destini volevano grande potenza Danubiana, preoccupava na-
turalmente e con buon successo le arti e le intenzioni pe-
rieolose degli autocrati di Pietroburgo. Ma la Santa Alleanza
leonobbe al tutto l'indole del proprio aeeolo e il destinato
delle nazioni. •
( Continua ).
48
NOTIZrE ARCHEOLOGICHE.
lllufttraied Hand-Book off Arehitoctare | by JA<
MES FBIBGCSSON. London, 4859.
Vorlesau^en «ber AreMieetar | von professor GAT-
TFAIGD SBMPBIB. Dresden^ 1859.
Juo siudio dell'architettura non data d'ieri; aia dopo Te-
poca del rinascimento non si è parlato né scritto clie sullo
stille classico, senza ben conoscerne Torigine, lo sviluppo o
il significato. Grazie alle rioerche le più sapienti noi sap-
piamo però che è airEgiiio ed alPAssiria che l'antica Gre-
cia ha impresso i suoi ordini d'architettura e noi vediamo
nella storia dell'arte un seguito non interrotto dei fatti in-
vece di quel guazzabuglio che riempiva l' imaginazione dei
moderni dilettanti. LMgnoranza d'altre volte colla pedanie-
ria per compagna inevitabile hanno prodotto effetti parti-
colari e perniiciosi. Il male cagionalo dalle nostre idee er-
ronee sull'architettura classica non sarà mai ben apprezzato
che allorquando 1* arte di fabbricare avrà ripresa la vitalità
che ha perduta dopo alcuni secoli. Cosi venrfero sempre rap-
presentati gli ordini della Grecia come appartenenti esclu-
sivamente a quella nazione; gli si attribuisce tutto l'onore
senza concepire, riguardo a ciò, il minimo dubbio e si se-
gue decamenie le regole tracciate dai Greci. Noi non ci ar-
resteremo a criticare queste viste; ma noi faremo rapida-
mente una questione che concerne l'architettura moderna.
Si desidererebbe sapere se le idee alle quali noi facciamo
allusione non sarebbero del tutto assurde ai nostri occhi)
sostituendo alla parola greco quella di 90(100. Noi non sa-
premo cavare alcun profitto degli antichi stili assoggetlan-
dovisi. Se invece essi possono servirci realmente noi dob-
biamo ricercarne i principj e studiarne la storia.
È veramente a questo sUidio cosi utile e interessante che
49
si danno due sapienli distinti*, il sig. Pergusson in Inghil-
terra e il sig. Gotrried Semper, antico direttore dell'Acca-
demia reale d'architettura a Dresda. Il sapiente scozzese ha
trattato di tutta l'architettura e ne ha composto un Ma-
nuale estesissimo ed accessibile a tutto il mondo. Noi non
l'analizzeremo ma ci contenteremo di passare in rivista un
gran capitolo della storia di quest'arte, quello relativo al-
l'Egitto ed all'Assiria ed alla loro influenza sull'architettura
greca. Un piccolo numero di filosofi, in questi ultimi quin-
dici anni, si sono elevati al di sopra dei pregiudizj ed han-
no comunicato il risultato delle loro investigazioni, sia con
scritti , sia con corsi pubblici sul!' architettura antica. Fra
questi ultimi noi ci faremo un piacere di citare il profes-
sore tedesco Semper, le di cui scoperte e deduzioni pre-
ziose poco conosciute finora non vivono che nella memoria
degli allievi.
È in Egitto che si vedono le costruzioni più antiche,
più durevoli e le migliori del mondo. Esse. portano l'im-
pronta d'un marchio particolare ed è l'espressione d' un pò-
polo potente. La lingua egiziaca lungi dall'esser perfetta nel
suo sviluppo^ poco s' adatta ai gran lavori letterarj, e però
noi sappiamo che l'Egitto ebbe una letteratura che perì.
Non ha più figliuoli che parlino questa lingua, pietrificata
per cosi dire nella vallata del Nilo e seppellita nella poi*
vere dei secoli. Per parlare convenevolmente dell'Egitto bi-
sognerebbe non solamente averne studiata, ma averne veduta
e sentita l'architettura ; ed anche allora non sarebbe troppo
facile il descriverla.
L'architettura egiziaca ha un carattere locale. Sebbene
abbia servito di modello a tutto il mondo pure non ha
mai lasciato il suo paese^ Indigena sulle rive del Nilo, cin-
que secoli di dominazione in Assiria non poterono trapian*
tarla alle rive dell'Eufrate. Il Nilo nella sua incessante lotta
col deserto ha inspirato all' Egitto la sua teologia , la sua
Aiuuu. SialisticOf voL XXI r^ serie 3.* 4
50
forma animata e soprtUutto la sua architeitura. Que«io ttile
> roaairesta una vitalità delle più persistenti ; do|ìO novecento
anni di tirannia stranienii sotto i re pastori, quest'arte an-
tica riprese il suo primo vigore; duecento anni di barbarie
sotto la dinastia persiana non hanno impedito all'architet-
tura di prendere novello slancio per la terza volta: ed in-
fine nella sua estrema vecchiezza mori di morte nauirale
e si spense lentamente eolla civilizzazione romana.
I tempj d'Egitto esprimevano a meraviglia la vita reli-
giosa della nazione. Se rinchiudevano nella loro profondità
il santuario d*un culto elevato e misterioso, «essi compren-
devano pure i palazzi dei re e della classe dei preti. I
grandi edificj e le grandi corti erano il teatro delle solen*
nità e delle cerimonie religiose. Giò che caratterizza questi
palazzi è il recinto massiccio e piramidale che indica la eal-
ma, la stabilità e che forma vasti profili nella facciata. Biso-
gna ancora rimarcare nel gran palazzo di Karnac, che bavvi
gran quantità di colonne gigantesche brillantemente colo-
rate slanciantisi d'ogni parte, pure esse non si vedono mai
al di fuori dell' immenso recinto che li copre. È come la
scorza della palma, nasconde il tronco che s'innalza inter-
namente, le due file di colonne centrali sorpassano in al-
tezza e lasciano vedere il cielo; il sole d'Africa inonda
cosi di luce la parte superiore dell' edificio e rischiara in
modo diverso tutte le colonne; questa luce non penetra però
fino agli angoli i più nascosti; l'interno senz'essere oscuro,
sembra interminabile.
Si entrava nei tempj per porte abbellite di solenni scoi-
ture. I graziosi obelischi non mancavano; colossi carichi di
secoli, avevano un' aria calma e maestosa. Noi abbiamo in-
fine le tombe tagliate nel sasso; vi si rinchiudeva non so-
lamente r uomo ma i suoi lavori ; vi si scolpiva la storia
della sua vita, storia senza fine, interrotta per mancanza di
posto.
Distinte dagli altri monumenti^ le tombe dei primi re,
61
qoesCe piramidi die sonò pagine di storia , sono innalzate
ancora in tutto il loro splendore. Sono ben piA antiche
che i Ceropj. Ben .pochi elementi d* architettura le distin-
guono^ ma esse servirono di preludio solenne a tutta quella
grandiosa armonia che le segui. / primi Egizj non costruì-
pano né per la bellezza^ né per gH nei ordinarj della vita
ma per l^eterniid.
Ln muraglie dipinte e scolpite nelle antiche piramidi
lasciano travedere l'arte giunta al suo punto culminante,
quando invece le ruine degli edifici spp&rtenenti al mede-
simo secolo indicano une stile inrorme e limitalo nelle in-
tarsiature; le piramidi dovrebbero dunque essere state Tab-
brieate verso il principio deirarchiieUara in pietra d'Egit-
to. Si deve conchiudere che questi fatti che gli Egiziani ave-
vano appreso la pittura e la scuttura praticandole su altri mn-
teriali. Cosi un'arte primitiva in Egitto fu il vasellame; e le
forme intagliate nella pietra erano state senza dubbio incomin-
ciale ad essere trasportate sui vasi. Ciò che diverrà ben più
chiaro se rimontano alla loro origine le forme d'architettura
seguenti. Vi ha due tipi di colonne combinate in diverse ma-
niere. L'uno è una pila quadrangolare che ha prodotto suc-
cessivamente perfino otto, sedici e trentadue parti, e che in-
fine fu scannellata. L' altro stile richiama l'arte ceramica per
le forme e per gli ornamenti ; i capitelli sembrano larghi co-
me una campana; la colonna stessa si contrae nascendo, e poi
s' allarga e rassomiglia affitto, alla ruota del vaso le di cui
rivoluzioni avevano dato ferme all'argilla ben prima dell'e-
sistenza dei tempj. Quest'ultimo tipo delle colonne che si
rimarca nel primo e nel più grandioso tempio, quello di
Karoac, noi lo chiameremo specialmente il tipo egiziano.
L'architettura assira presentò un contrasto completo col-
l'architettura egiziana e sembra esserne il complemento. Se
si eccettua la valle del Nilo, è forse in Assiria dove si tro-
vano le più antiche costruzioni. In Egitto noi vediamo sem-
pre un recinto dominante; questo carattere dispare afiatio
68
nell'architellura. assira e prima ci colpisce. Sarà per eaem*
pio un immenso terrazzo di fabbrica eichpicaf io alio del
quale si giuQge ascendendo per gradini interminabili e im«
ponenti.
Sopra questa meiavigliosa piattafornia s' innaltavano ?aa|i
palazzi rappresentando bene questo sistema politico-religioso
dell'Assiria, un reame deiGcato dal monarca che offriva
agii Dei il culto ch'egli stesso riceveva dai popoli. Le mu-
raglie di 47 piedi circa d'altezza e d'uno spessore enorme
erano costrutte in modo da perdere considerevolmente il
loro effetto roassiocìo, di dentro e di fuori avevano orna-
mento d'una certa leggerezza; la struttura del mattone era
ricoperta alla base fino all'altezza di nove piedi di lastre
d'alabastro con varie scanalature; Il resto dell'altezza era ric-
camente decorata in colori. Al disotto si trovava il secondo
piano ovvero piano dell'intarsiatura. Sulla cima delie grandi
muraglie, sopra una superficie quasi eguale a quella degli
appartamenti inferipri, s'innalzavano lunghe colonnate d'un
lavoro ammirabile ; i medaglioni dei capitelli portavano Par-
matura della tettojn traverso ai ranghi delle colonne; la
luce del brillante sole d' Oriente penetrava indirettamente
nelle camere basse, oppure ne erano escluse a piacere per
mezzo di tende. Queste gallerie chiuse cosi nel palazzo
erano la parte più aggradevole quando il tempo era fresco
e magnifico. Questo secondo piano e il terrazzo formano i
ponti dominanti di quest'architettOFa. In tutta la sua esten<s
sione il palazzo era ornato d'ammirabili sculture, di pitture
e d' iscrizioni. Alle porte si vedevano dei tori alati e mae-
stosi , o sui muri interni , dei bassi rilievi ben conosciuti.
Ciò che è rimarchevole è la preponderanza delle figure
alate perfettamente in armonia collo sii e d'architettura il più
leggero ed il più brillante che abbia • mai esistito. Queste
antiche lastre sono talmente piene di significato che oggidì
ci dicono i veri anni d*un impero che ha nerito all'aurora
della storia scritiu.
58
la Assiria, come in Egitto, le sculture diagli antichi mo-
numenti sono le migliori. Vi ebbero cronologicamente due
imperi assiri! separati Tuno dall'altro da 500 anni di domi-
nasione egiziaca^ e tutte le rovine che sì sono scoperte ap«
partengono alla prima epoca. Noi non possiamo supporre
che gli Egiziani abbiano fatto le belle ani agli Assirj, poi-
ché in Assiria non se trova il carattere. Questo carattere
fornisce la proTa la più evidente che le forme artistiche
furono improntate in un periodo anteriore. Non solamente
tutto l'ornato ma anche tutti gli accessorj seno animati di
ricordi di lavori di tessitura. Se noi consideriamo le la-
stre d' alabastro del muro inferiore ove si trovano rappre-
sentate le tappezzerie, la seconda metà della spessa mura*
glia rivestita di colori morbidi ed oscuri, ove le potute ar-
ricciale e sospese intorno alle colonne, o se noi portiamo
la nostra attenzione sulle forme stesse d' ornamento , non
ritroveremo dappertutto i disogni degli abili reali, stoffe pre-
ziose, e tende a vivi colori; le sculture stesse riproducono
ricami e tessuti; tutto parla del mestiere di tessere degli
Assìrj, il più antico e il più famoso del mondo. Questo stile
dell'arte d'ornato occupa un vasto spazio. Dominava nell'A*
sia minore, e lungo tempo prima delta civilizzazione Elle-
nica in Grecia come pure in Mesopotamin. Porla un nome
sul quale non si potrebbe (aliarsi, é l'ordine jonico.
È impossibile il credere che questo stile sia giunto a
un tal grado di perfezione e che abbia invaso .nelle tribù
lontane, e straniere, se si pretende trovarne nelle ca))itaU
del secondo impero degli Assirj e dei Babilonesi. Invece
noi abbiamo da sapporre che questo stile è cosi amico co-
me quello d' Egitto, qnesie due nazioni avendo , da tempo
immemorabile, rivaleggiato di potenza e di civilizzazione. Noi
dobbiamo dunque riportare l' arte jonica al primo impero
d'Aiisiria. Ciò che è più interessante sarebbe di sapore se
questi antichi artisti furono in rapporto eoi capi del secon-
do impero. Le rovine trovale fra tribù pela^gichc dell' o-
54
vesi sono sempre sepolcri, quando invece i monttmcmì del-
le capitali deir Oriente sono esclusiTamente palasti; nulla
prora che i padroni ed i sovrani di queste città si sieno
molto occupati dei loro morti. Noi possiamo perciò conela-
dere con certezza che queste due razze non aTevano al-
cun rapporto T.una coir altra. Ma noi sappiamo che gli As-
sirj erano alleati cogl'Israelitì, loro più prossimi vicini. Ciò
che si può vedere dalle loro relazioni intime e dalla somi-
glianza che esiste fra i palazzi assirj e gli edificj di Salo-
mone.
In un'altra parte fra i Pelasgici lo stile jonico é si pro-
fondamente radicato che sembra il prodotto del loro suolo.
Se cosi era questa colonia della Grecia non avrebbe avuto
alcuna comunicazione col popolo dominante in Assiria du-
rante il periodo al quale appartengono le rovine dei palaz-
zi. Noi sappiamo che questo impero si componeva di tre
nazioni distinte, con tre lingue, tutte scritte in caratteri cu-
neiformi. Fra questi popoli V uno innalzava tombe , V altro
palazzi; il terzo erano i Persiani. Noi non ammeuereoio
che queste tribù rappresentassero allora tutto il genere
umano. Il signor Fergusson ha ricorso ai sermoni : Tartaro^
Siamitico e iirtano. Si potrebbero opporre a questi termini
molte obbiezioni ; poiché rinchiudono teorie ohe quantun-
que generalmente amesse furono rivocate in dubbiò da alce
autorità etimologiche; un colpo d'occhio sul sistema del
dottor Bodichon lo mostrerà. Questo distinto sapiente ai*
tribuisce tutta l'architettura degli antichi alla rasza ònina,
tipo nettamente definito dell'umanità, aOàtto distinto del-
l'uomo biondo dell* Europa setteotriemrie, dell'uomo giallo
dell'Asia orientale e dell'uomo nero dell'Africa àfi\ sud ; bi-
sognerebbe eccettuare gli Egiziani, che l'autore considera
come una razza mista, bruna e nera.
La parte toccata ai Persiani nella storia dell'architettura
è abbastanza rimarchevole per sé stessa. Messi in contatto
coi suoi vicini più civilizzati, possedevano ancora una forz»
5S
inerente che gli altri avevano perduta. Dopo V epoca del
gran Giro, esai hanno fatto questa gloriosa eredità, T archi-
tettura assira, che hanno modificata e perfezionata. Grazie
al loro vigoroso tocco, le dilicate colonne di legno si con-
vertirono in pietra a Persepoli, e l'antico stile fu trattato
con tanta freschezza e talento che giunsero alla perfe-
zione.
Ma un più gran trionfo artistico si compiva nell' ovest.
L' antica trama dell' arte jonica s' estese , come 1' abbiamo
visto, nella Grecia i di cui legami intimi coli' Asia furono
ioGne spezzati dalla guerra di Troja. In seguito vennero se-
coli di cambiamento e di progresso; verso l'anno 660 pri-
ma di G. CL, inserito nell'antico stipite pelasgico apparve
l'architettura ellenica. È vero senza dubbio che un nuovo
popolo dominava allora in Grecia , ma crederemo difficil-
mente eh' esso sia stato un tipo separato dell' umaniià.
Durante il periodo di transizione che si chiama ti se-
colo delle tenebre dtUa Grecia , il popolo dominatore non
era abbandonato a lui slesso. Seppe attingere alla sorgente
d'istruzione ch'era in Egitto, e lutti convengono che la Gre-
cia vi attinse largamente. È adunque impossibile di negare
Tinfluenza delle idee egiziane sui tempj della Grecia. Esi-
ste una rassomiglianza abbastanza grande fra l'ordine cosi
detto protodorico dell' Egitto e l' ordine del Pantheon. Ciò
che hanno di comune è la diminuzione caratteristica delle
colonne egiziane, e di un progresso al quale le due na-
zioni hanno potuto giungere allo stesso grado. Il tratto di-
stintivo dell'ordine dorico, è l'ammirabile curva del capi-
tello in echinue. È eminentemente greeo — tutto prova
che prima non ha mai esistito. Sarebbe dunque più vero
il dire che gli Egizj hanno favorito alla Grecia il loro or-
dine dorico ma che hanno appreso agli uomini a fabbri-
care la civilizzazione dorica. Si sa troppo bene come que-
sti allievi hanno « miglion^to quest'istruzione ».
L'ordine dorico era il grande ordine della Grecia, e lo
66
apparteneva propriameote ; nacque e mori con edsa. L* or*
dine jonicQ occupava naturalmente il secondo posto, quel*
lo di un' altra civiiizsazione , — fioriva solamente laddove
r influenza dei Pebsgici si faceva ancora sentire ; in se-
guito dopo le colonie jonie , ritornò in Asia dove era sor-
tito, e si perdette nell'impero romano. Però l'antico ornato
jonico invase ed abbellì luUa l'architettura della Grecia.
Visitiamo ancora il tempio grandioso di Karnac e quel-
le gloriose colonne che noi abbiamo descrilte come spe-
cialmente egiziache. È un tipo che i Greci nel loro uliimo
periodi» di civilizzazione ornarono di foglie d'acanto e di
voluta jonica; è cosi che crearono l'ordine corintio. L'ori-
gine rimonta alle forme ceramiche dell'Egitto; porta il si-
gillo dell'arte collettiva della Grecia; è passato per Roma
non destinato a morire nella sua civilizzazione, ma a so-
pravvivere alla sua potenza.
Ciò che caratterizza il tempio greco è il suo sistema
delle colonne, che comprende l'intavolamento, la facciata e
la tettoja. Lu Maddalena a Parigi, e la Borsa ne offrono
dei modelli. Le muraglie non erano che secondarie, le sole
colonne che la circondavano ne formavano la bellezza e la
perfezione. I tempj erano costrutti in bel marmo bianco;
non solamente, erano abbellite dalle più belle sculture del
mondo, ma lo splendore era aumentato da brillanti colori.
Il professore Semper ha emesso idee libéralissime sulla
poliocromatica degli antichi. Non crediamo con questo sa-
piente che ha studiato a fondo le mine della Grecia , che
i tempj erano colorati dappertutto; la superficie del mar-
mo era probabilmente rivestita d'una erosta o d'un indotto
aderente. 1 muri erano probabilmente ricoperti di pitture
in affresco; le colonne e la tettoja erano disposte in modo
da rilevare 1' effetto delle proporzioni cosi squisite e dei
contorni si nettamente definiti.
57
GEOGRAFIA E VIAGGI.
>**i
Vlassl d^ e«plor«Blotte Imiti In tatto le parti
del mondo no^II anni t8M o t8A9»
In grazia deir inslancabile aiiività dei governi, delle società
dotte e degli sforzi continui di un pugno d'uomini ener*
gici, le terre incognite diminuiscono ogni di più neirAfrica,
neirAustralia , neir Indocina , neH'Areipelago indiano, nelle
regioni polari e in altre parti del mondo. Noi recheremo
qui una succinta enumerazione di questi viaggi d* esplora*
zione compiuti in parte e in parte incominciati durante
gli anni 1858 e 4859.
La celebre Ida Pfeiffer, dopo aver visitato nel I84S la
Palestina ed il nord d'Europa, ed aver fatto due volte il
giro del mondo> intraprese un quarto viaggio a Madagascar,
ma la regina Pomarè, dopo averla accolta da principio be-
nevolmente, le intimò di lasciar l'isola immediatamente. So-
praffatta dalla febbre maremmana e dai disagi del viaggio,
Ida Pfeiffer mori il 7 ottobre 1858, in età di 64 anni, in
un sobborgo di Vienna.
Il 25 febbraio del 4859 mori a Cliartum in Africa, sui
conGni della Nubia e dell' Abissinia, il celebre esploratore
piemontese Brun Roilet> il quale aveva percorso le contrade
rtpuarie della parte superiore del fiume Bianco, il lago Nu
e il Bahr Keilak o Misselai appartenente al dominio flu-
viale occidentale del Nilo. Nel 1835 egli aveva pubblicato
a Parigi un'operetta intitolata: Xè ffU Bianche t le Sudan.
Non essendosi da mollo* tempo ricevute più notizie di
Adolfo Scbiaginmeit e del dottore G. Vogel credevasi che
58
il primo fosse stalo asiassiDato da una masnada di Kokaod,
in un villaggio del Tibet, presso Yarkand, e il secondo a
Wadai ; ma notizie posteriori annonziarono ch'eglino erano
fortunatamente sani e salvi, e cootinuayano le loro iodaginu
Oltre la spedizione inviata da lady Francklin in cerea
del marito nelle regioni artiche, si sta apprestando un'ahra
spedizione dagli Stati Uniti verso quelle regioni, per cer-
care un passaggio nord-ovest.
La Società Geografica di Pietroburgo ha inviato un no*
eleo di naturalisti in Siberia, e un dotto, fisico, dottor No^
denskiold d' Helsingfors, ha condotto a fine la sua esplora-
zinne dello Spitiberg.
Nel continente americano un uffiziale della marina in-
glese, capitano Pallisser, ha trovato un passaggio importan-
tissimo per la comunicazione del Canada con 1* isola Vancou-
ver e, più lungi, con la California.
Neir America del sud un francese, dottor Plassard, resi-
dente a Ciudad Bolivar, in una escursione nell* interno della
Guiana appartenente a Venezuela, ha scoperto miniere d'oro
al sud del basso Orinoco in direzione di Yurnaru
A Rio Janeiro i signori Capanema, Lagos e Gonsalvo
Diaz apparecchiansi ad una grande spedizione nell' interno
del Brasile^ pressoché ignoto ancora, ed avranno una scoria
militare.
Il dottor Schmarda, naturalista austriaco, è reduce in
patria dal suo viaggio al Capo Sydney ed alla Nuova Ze-
landa, e somigliantemente i dottori Tsebudi e Friesach sono
tornati dalle loro varie escursioni nell* interno dell* America
meridionale.
69
Della corvetta austriaca Carolina^ che doveva visitare i
poni dell' America del sad, cosi come della fregata Novara^
che fece il viaggio del mondo, non s' ebbero più nnove da
qualche tempo.
Il capitano inglese Gubins crede aver trovato un nuovo
grappo d' isole nel metzogiomo dell' Atlantico.
Ma il gran centro magnetico , verso il quale diriazansi
la più parte dei viaggiatori, è sempre l' interno dell' Africa.
Il celebre D. Davide Livingslon esplora le contrade sco-
perte negli anni addietro nel suo lungo viaggio da S. Paolo
di Loanda a Quilimare, e fornito di strumenti alti alle os-
servazioni scientifiche ei naviga sempre sopra un piecol le-
gno il fiume Zambese.
Il vapore inglese The Rainbaw è partito il 6 gennajo
da Bonny nel golfo di Beniuj ed esplora le conirade lungo
il Niger.
Ladislao Maggor, di Teresipoh in Ungheria ha trovato
un eccellente ripiego per addentrarsi con la maggior sicu-
rezza possibile nel misteri dell* interno dell'Africa. Egli ha
sposato la figlia del re negro di Bihe nell'alta Guinea, di
che fu nominalo comandante in capo delle truppe di suo
suocero, ed adopera la sua autorit& e i suoi soldati per
esplorare le contrade adiacenti.
Giulio Braonerec, comandante della corvetta Orte, per-
corre al presente le contrade ripuarie al tutto ignote fi-
nora del fiume Gabon.
Lo svedese Anderson esplora il dominio d' Grampo sulla
costa occidentale dell' Africai al sud di Bengala nella dire-
zione del fiume Cuneno.
60
Due iiffiùalt inglesi, ir capitano A. Borioo e il loogote-
nente Speke, hanno scoperto un gran lago mediierraneo ,
denominato Uyji fra 3^ 80' e 80^ 40' lat. sud.
Fedro de Gamitlo, governatore dei forti portoghesi Tete
e Sena sul Zambese, si apparecchia a nuove escursioni nel-
l'Africa orientale, sulla quale ha già scritto un libro iole-
ressante intitolato : Muaia Cazembe.
Massaza, missionario sardo, percorre T interno degli Stati
dell' Abissinia.
Il Nilo superiore é la meta d' istancabili indagini, le
quali non ebbero però finora alcun risultato. Nella metà di
maggio 1859 partirono pel Nilo Bianco, sopra un lungo bat-
tello in ferro, gli inglesi Frith e Windham, ai quali asso-
ciaroosi Miani, Thomassy ed altri.
Il geografo inclese Mae-Carthy disegna muovere da Al-
geri, ove dimora da otto anni, per vie intentate finora alla
Tolta di Timbutcu.
Somigliantemente altri viaggiatori, fra i quali il capitano
Magnan, il barone Kraft ed Yussuf-ben-Gallabi , stanno per
partire dall' Algeria e da altri punti dell' Africa settentrio-
nale per r interno. Lo stesso avviene in Asia, il sig. Kreil
-fu inviato dall'Accademia di Vienna nella Turchia Asiatìi^a
per esplorare alcume contrade tuttavia ignote della Siria e
Palestina. Molti archeologi inglesi perlustrarono V Arabia. I
-celebri fratelli Schlaginiweit continuano le loro escursioni
Dell' alta Asia ; il Choraasan è esplorato da una doila spedi-
zione russa, ed una grossa scorta delle truppe francesi nella
Coneincina accompagna un' altra dotta Società che percorre
quelle ignote regióni*
.!.>
Il signor Alessandro de Lacothe ha scoperto testé a In-
61
irid varìi iaiport&missimi manoscritti inediti e importantis-
simi per la storia di Francia, Tra le altre carte curiose no-
tanbi: lina lettera dell'ambasciatore di Spagna a Parigi,
scritta e datata dal Louvre il giorno stesso de la Saint-Bar^
thilemy e preziosa pei particolari che contiene; un^ altra
lettera indirizzala da Filippo II a Carlo IX per congratularsi
con questo povero principe di quel gran colpo ; la relazio^
ne della battaglia di Pavia, del Pescara; la notizia della
morte di Enrico IV, annunziata da un gesuita di Parigi ad
un gesuita di Spagna; inGne parecchie lettere importanti
di Carlo V, di Francesco 1^ del contestabile di Borbone •
di altri grandi persoclaggi.
I Baaovl vl*g0l»<pri ncU* Afrle»»
A
Ile due Società geografiche di Londra e di Parigi giun^
sero notizie di due viaggiatori, V uno in$i;Iese e l'altro fran-
cese, che staano esplorando l' ingrato suolo deirAfrica e delle
isole annessevi.
L' inglese Wallace ha reso conto del suo viaggio alla
Nuova Guinea. Egli riconobbe che il popolo indigeno che
^biia quel paese non appartiene alla ra^za malese , mq alla
razza denominala papoue. Durante i tre mesi che egli fer-
mo^si in Guinea non vide che ben di rado il sole. Gli ahi-
tdoti vivono in capanne erette su altissime travi per star
lontano dalle acque che del continuo sommergono il suolo.
Il popolo coltiva nella stagione propizia la terra « ma spe-
cialmente si occupa neir estrarre le gomme dagli alberi e
nel levare da una pianta delta mussocy la scorza arpmalif»!
ed odorosa da cui si cava un olio essenziale per usi farma?
cernici. Abbondano nella Guinea le tartarughe, le di cui sc^-
S'ie si vendono a caro prezzo agli olapdesif
6S
Jll yeneraDdo Presidente della socieib geografica di Parigi,
il fignor Joinard» memore della pane che egli già prese in
Africa allorché avvenne la celebre spedisione in Egitto, ses-
santa anni sono, inisìò una soscrisione speciale per incorag-
giare sommariamente chi vorrà intraprendere un' ardila
escursione nell' Africa* L* itinerario sarebbe quello di anda-
re dal Senegal nelF Algeria, o viceversa, passando per Tom-
bouctou e pel gran deserto di Sahara.
La Società geografica di Parigi ha già raccolto una som-
ma di sei mila franchi e spera che i ricchi iouristi vorranno
assecondarla con nuovi ajuii pecuniarj.
Il» hm^m di HMiaab^ldt ìm CAlifM-aya.
Il nome di Humboldt è rimasto ad una vasta baja situala
a 350 miglia al nord di San Francisco in America che que-
sto illustre scienziato scoperse pel primo.
L' accesso di questa baja è un pò diflScile e vi sta sem-
pre di sentinella un baiiello a vapore che addita alle navi
gli accessi meno pericolosi. In questa baja sono stabilite due
grandi pescherie, l'una tenuta dai Chinesi e l'altra dagli
Americani. Dalla peschiera chinese si esporta pesce secco e
salato, e dairamericana invece si esporla l'olio che io gran
quantità si estrae dal fegato del pesce cane che viene di
preferenza pescato, e che poi si vende per tutta Europa
come olio di merluzzo e di castoro, che serve a tanti usi
farmaceutici.
Dalle ricche foreste che circondano la baja di Humboldt
si cava una grande quantità di legname d' opera che viene
63
taglialo coir opera di 300 laYoranti , ed è segalo da otto se-
ghe mosse dal vapore. La quantità del legname ebe si esporta
è calcolato in ragione di quindici a venti milioni di piedi
cubici ali* anno.
ilc^l eoMi«iMl«ti dell» Ctorauiaito»
D,
^ue anni or sono si tenne a Francofone un Congresso
iotemazionale di benefleeoza, e noi nel render conto delle
conferenze che ebbero luogo, non mancammo di notare
come le tendenze ultra-metaflsiche dei dotti della Germania
avessero in gran parte nociuto all'andamento pratico di
quella istituzione che dovette dopo quel Congresso raecogliere
le vele e riparare a Brusselles la sua nave resa sdruscita
dall' uragano nltra*filosofico dei sapienti tedeschi. In que-
st'anno vollero i eultori delle scienze economiche tentare
anch'essi la loro prova, aprendo in Francoforte uno spe-
ciale Congresso di pubblica economia. E questa volta per
evitare lo scoglio della soverchia metafisica si cadde in un
opposto pericolo. Il programma stato pubblicato dai pro-
motori di questa nuova istituzione era diretto allo scopo di
trattare soltanto dei temi pratici che avessero specialmente
da interessare il miglior essere della nazione germanica. Il
programma parve troppo gretto ai profossori delle cento
Università tedesche e questi titaoi della scienza che sogliono
coi loro algoritmi tentare la scalata del cielo si chiusero
come Achille nella tenda e non vollero neppur comparire
64
al Congresso. Che fecero allora i promotori di qaesta eoo-
ferenza tutta di studj pratici? Si raccolsero fra loro come
ad una unione casalinga e si accinsero a trattare da uooiini
dabbene e di buon cuore la questione tutta vitale per la
Germania che è quella di render libero T esercizio delle
patrie industrie. La Geripania è forse ancora 1* unico paese
d' Europa che con una tenacità degna di una miglior causa
ha conservato ancora le maestranze e le corporazioni d*arti
e mestieri, reliquie misere del medio evo che l'Italia ha
già da un secolo respinte dal proprio seno. La discussione
di questo tema fu da quei buoni tedeschi trattata con tuita
quella scrupolosa coscienza che è una delle preziose doti
della loro nazione. Appena si sciolse la conferenza tulli i
giornali tedeschi si fecero a diffondere la dottrina dell*emanci*
pazione deirinduslria promuovendo una propaganda che sarà
utilissima pel bene del popolo artiere della Germania. Forse
i gran dottori delle Università tedesche protesteranno, ma
il senso comune otterrà anche questa volta la vittoria sulle
sofistiche aspirazioni di una scienza narcotica,
iOLLETTINO DI NOTIZIS STÀTISTICHB iTAtlARE E 8TRAR1ERB
E DELLE PIÙ IMPORT ARTI IRVERZIORI E SCOPERTE
PROGRESSO DELL' INDUSTRIA
DELLE UTILI GOGNIZIONL
Fascicolo di Ottobu 1869.
NOTIZIE ITALIANE
-^OCO —
§(«tl«<lcA delle «eaole elementovi desìi MtmH mmmól
e della Iiembardl» davante l^»ime t9A9«
l
Cenni preliminari.
ilei fascicolo di gennajo dell'anno 4868 noi pubbUòhmmo
negli Annati di Statistica le ultime notizie che potemmo
raccogliere intorno allo stalo in cui trovavansì a tutto Tanno
4855 le scuole elementari tanto della Lombardia come delle
Provincie venete.
Ora ci accingiamo a pubblicare eguali notizie, ma in
luogo delle provincie. venete troveranno i nostri lettori as-
sociate invece le scuole degli Stati sardi. È questa una con-
seguenza naturale della nuova famiglia che si è creata iti
quest'anno coirunione delle provincie lombarde con quelle
AwAu. Slatièiica, voL XUr, serie 3.* ^
66
a
degli Stati di S. M> Sarda. Sioora le notiaìe che potemmo
raccogliere si riferiscooo alI'aoDo 1857, ma speriamo di pò*
ter continuare quindi innanzi questo nostro lavoro con mag-
giore uniformità ed esattezza, giacché ci troviamo nella fe-
lice situazione di poter presiedere ali* andamento della po-
polare coltura del nuoyo regno.
Noi faremo precedere le cifre statistiche relative alla Lom-
bardia, giusta i prospetti statistici che possediamo» e vi fa-
remo succedere sempre quelle degli Stati sardi, procurando
di non iscegliere che quelle cifre che possono ufirire argo*
mento per qualche utile mSronio.
Le nostre notizie non comprenderanno che il numero
delle scuole, degli alunni e dei maestri, mancando di dati
per la parte economica in quanto si riferisce alla Lombar-
dia, e riservandoci di parlare della parte didattica, allorché
proseguiremo i nostri studj sulle riforme desiderate neWarj
rami della pubblica istruzione.
H.
StatUUea delU scuole.
Ecco il prospetto numerico delle scuole esistenti nelle
varie provincie della Lombardia durante Tanno 1857.
Promnda di Milano.
Nomerò
SenxÀé dementari maggiori maschili (
Scuole elemeniari maggiori femminili . . . . . S
Scuole elementari minori maschili ••••.. SU
Scuote elementari minori femminili S7i
Scuote festive . w , . • • ^ S3
OoHegi pubblici knaschili 4
Gollegi pubblici femminili • • ^ • • • • . • 4
Sèvr^ private maschili ...... ^ ]. . ^^
Scuole privale femmimli 'B4
67
ProoMieJii di Btrgc^mo.
m
Namero
Scuole elemeDlari mèggtori maschili 15
Seuole elementari maggiori femminili • • . • • S
Scuole elementari minori maschili 515
Scuole elementari minori femminili 581
Scuole festive . • • S4
Collegi priwiti maschili • • • ^
Collegi privati femminili • .- 23
inda di Brescia.
Scuole elementari maggiori maschili S9
Scuole elementari maggiori femminili • . » • . I
Seuole elementari minori maschili 848
Scuole elementari minori femminili ..,.,. 8S4
Scuole fesliire ,•••,... 4
Collegi pubblici femminili 9
Collegi privati maschili 7
Collegi privati femminili 16
Scuole private maschili 14
Scuole private femminili 41
Provincia di CotnOp
Scuole elementari maggiori maschMi ...,.• I
Scuole elementari maggiori femminili 1
Scuole elementari minori maschili 517
Scuole elementari minori femminili ••..,• SS6
Scuole festive 9
Collegi privati maschili 10
Collegi privati femminili 5
Scuole private maschili SS
Scuole private femminili • • • 60
68
Provincia di Cremona.
Marnerò
Scuole elemenlari maggiori maschili ...... 6
Scuole elementari maggiori femminili . , . • . 2
Scuole elementari minori maschili 148
Scuole elemenlari minori femminili 141
Scuole festive 59
Collegi privati maschili • » •.....• • 4
Collegi privati femminili . • • . 8
Scuole private rnaschili • . i 40
Scuole private femminili ..•.••...• 47
Provincia di Lodi.
Scuole elementari maggiori maschili ..•••. 6
Squole elementari maggiori femminili 3
Scuole elementari minori maschili •••••• 432
Scuole elemenlarr minori femminili •'•••.. 409
Scuole festive 78
Collegi privati maschili • • • • , 8
Collegi privati femminili . 14
Scuole private maschili •••*.,,... 30
Scuole private femminili • • • 93
Provincia di Mantova.
» •
^cuole elementari maggiori maschili •....• 15
Scuole elementari maggiori femminili 2
Scuole elementari minori maschili ^ ..... 151
Scuole elementari minori femminili 160
Scuole festive y ..... . 4
^Collegi privati maschili 5
Collegi privali femminili • • • . . 5
Scuole private maschili 44
Scuole private femminili • • • 34
69
PrQ^inda di Papia.
Nomerò
Scuole elementari maggiori maschili 3
Scuole elementari maggiori femminili .... ; l
Scuole elementari minori maschili . • • • . . 137
Scuole elementari minori femminili •.,... 422
Scuole festiye 4
Collegi priyati maschili • * 2
Collegi privati femminili . é 6
Scuole private maschili • • # • H
Scuole private femminili • .... «^ ... . 56
Provincia di Sondrio*
Scuole elementari maggiori maschili ...... 5
Souole elementari maggiori femminili ..... 1
Scuole elementari minori maschili •».... 465
Scuole elementari minori femminili 102
Scuole festive «
Collegi pubblici maschili . ........ .
Collegi privati femminili •
Scuole privale maschili
Scuole private femminili 4
Queste scuole irovansi istituite in 4656 comuni di Lom**
bas4ia, sopra il complessivo numero di 2409 comuni.
Porgiamo ora il prospetto delle scuole esistenti nell'anno
4857 negli Stati sardi.
4
Divisione di Chambery (Savoia)
Numero
•
Scuole elementari maggiori maschili 45
Scuele elementari minori maschili 619
Scuole elementari maggiori femminili ..... 3
Scuole elementari minori femminili , 515
70
Scuole prìfate masahili • ; I ••.••'• • SO
Scuole privale femminili • • 95
Dipintone di Anmey (Savoja)
Scuole elementari maggiori maschili .••••• 7
Scuole elemenlari minori maschili •••••• 849
Scuole elementari maggiori femminili 5
Scuole elementari minori femminili •••;•• 848
Scuole private maschili • • SS
Scuole private femminili • * • 80
Divisione di Alessandria (Piemonte)
Scuole elementari maggiori maschili SI
Scuole elementari minori maschili .•••••'. 447
Scuole elementari maggiori femminili • • • • • 41
Scuole elementari minori femminili 488
Scuole private maschili • • . • • 48
Scuole private femminili 48
Divisione di Cuneo (Piemonte)
Scuole elementari maggiori maschili 45
Scuole elementari minori maschili • • . . • • M6
Scuole elementari maggiori femminili 7
Scuole elementari minori femminili • 807
Scuole private maschili • • 86
Scuole private femminili • 75
Divisione d'hrea (Piemonte)
Scuole elementari maggiori maschili • 6
Scuole elementari minori maschili 484
71
Nomerò
Scuote elementari minora femminili 300
Scuole private maschili 5
Scuole private femminili 42
Divisione di Nqvqra (Piemonte)
Scuole alementari maggiori maschili SS
Scuole elementari minori maschili • • • . ^ • $34
Scuole elementari maggiori femminili • • • • • 44
Scuole elementari minori femminili • 4S8
Scuole elementari private maschili ••••.« 99
Scuole privale femminili ^ h 54
Divi$ione di Torino (Piemonte)
Scuole elementari maggiori maschili ••.••• 47
Scuole elementari minori maschili •••••• 915
Scuole elementari maggiori femminili ^34
Scuole elementari minori femminili ••,••• 474
Scuole private maschili 45
Scuole private femminili 142
Divisione di Vereelli (Piemonte)
Scuole elementari maggiori maschili 49
Scuole elementari minori maschili ••••••• 449
Scuole elementari maggiori femminili 7
Scuole elementasi minori femminili • • • • • • 854
Scuole private maschili •.••••.••• 25
Scuole private femminili 74
Divisione di Nizza ( Liguria )
Scuole elementari maggiori maschili ••••.. 46
Scuole eleinentiiri minori maschili . . . • • é 484
72
Nomerò
Scuole elementari maggiori femminili 7
Scuole elementari minori femminili 85
Scuole private maschili • • • • « à6
Scuole private femminili 73
Difpisione di Genova (Liguria)
Scuole elementari maggiori maschili 48
Scuole elementari minori maschili 4SS
Scuole elementari maggiori femminili . • . • . 13
Scuole elementari minori femminili 103
Scuole private maschili 116
Scuole private femminili • •• i60
DlviHone di Saoona (Liguria)
Scuole elementari maggiori maschili 8
Scuole elementari minori maschili 249 |
Scuole elementari maggiori femminili 4
Scuole elementari minori femminili 100
Scuole private maschili . • • 27
Scuole private femminili 60
Divisione di Cagliari (Sardegna)
Spuole elementari maggiori maschili 6 I
Scuole elementari minori maschili ...... 178
Scuole elementari minori femminili ..•••. 30
Scuole private femminili Il
Divisione di Nuoro (Sardegna)
Scuole elementari maggiori maschili 5
Scuole elementari minori maschili •••••• 91
Scuole elementari minori femminili .••••• 13 !
j
73
Divisione di Sassari (Sardegna)
Nùmen
Scuole elementari maggiori maschili 5
Scuole elementari minori maschili 67
Scuole elementari minori femminili 48
Scuole private femminili 5
Riatsunto delle scuole di Lombardia e degli Stati sardi.
in negli
Lombardia Stati sardi
Scuole elementari maggiori maschili 96 280
Scuole elementari minori maschili • 4470 5792
Scuole elementari maggiori femminili
Scuole elementari minori femminili
Scuole private maschili • • • •
Scuole private femminili • . •
Collegi pubblici e privati maschili
Collegi pubblici e privati femminili
44 88
1979 3458
246 429
647 859
72 —
460 — (4)
Numero totale 7543 4^0,606
Da questo primo riassunto statistico raccogliesi che nel*
Tanno 4857 si contavano. in Lombardia 7543 istituti scola-
stici destinati per T istruzione elementare, e negli Stati sardi
se ne contavano 40,608; per cui sommando insieme gli isti-
tuti dei due paesi si ha il rilevante numero di 48,454 sta-
bilimenti scolastici. . .
Se si confronta la popolazione comparativa dei due paesi
che è per la Lombardia minore di due quinti della popola-
zione degli Stati sardi, e si confrontano le cifre complessive
(1) I collegi tanto pubblici che privati sono nelle tabelle stati-
sllelie degli Stati sardi già compresi nelle cifre relative alle scuole
pubbliche e private, secondo l' indole pubblica o privata dei col-
H^ stessi.
74
degli istituti scolastici dei due paesi , la Lombardia in pa-
ragone degli Stati sardi avrebbe 1303 scuole dippìu.
Ad onta di questo buon numero di scuole si conlivaao
però ancora nel 1857 in Lombardia 13 comuni sprovveduti
di scuole maschili e 438 comuni sprovveduti di scuole fem-
minili.
Negli Stati sardi invece si contavano nello stesso anno
145 comuni e 6138 casalii o piccole borgate, sprovviste di
scuole maschili, e I0i9 comuni e 7549 casalii o piccole
borgate, sprovvedute ancora di scuole femminili.
III.
Suthitica degli $eolari dei due eeeei.
Nelle proirincie di Lombardia.
Provincie Alunni Alaooe
di Milano 83,714 33,745
di Bergamo 34,467 25,583
di Brescia 46,770 16,748
di Como 35,446 13,844
di Cremona 40,449 9,5S5
di Lodi e Crema 10,664 10,704
di Mantova 10,449 9,535
di Pavia 9,383 9|6l0
di Sondrio 7,488 6,814
Numero totale 147,869 135,413
Sommate le cifre degli alunni dell* uno e dell' altro sesso
si ha per la Lombardia un numero complessivo di 383.982
iudividui dei due sessi che atteodouo agli studj elemeatan.
Se poi si confronta questo numero eon quello degli indivi-
dui che trovansi nel periodo di ctk che corre dagli anni 6
75
(gli aoDì IS e che dovrebbero fre(|oentare le waole, si ha
il Damerò vistoso di 977,188 figliaoletti dell' uno e dell'al-
tro sesso atti per ragione di età all' istnnione elementare ;
e fra questi si eoniava ancora neir anno 1857 il nomerò
di 40,928 fanciulli e di 58,SS8 fenciolle che non potevano
0 non volevano per incuria dei perenti approflBltarsi del
i>enefieio delle scuole. Da questo numero però vanno di<
sueeati SII fanciulli e 19,383 fenciulle che appartenevano
a comuni ancora sprovveduti di scuole elementari.
Negli Stati sardi.
Oirisloni AloBDi Alonae
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
Chambery 31,487 17,637
Aaneey '. I5,«49 44,397
Alessandria 46,376 8,093
Cuneo 36,663 14,373
Ivrea 46,389 9,695
Novara 49,466 47,044
Torino 39,879 33,440
Vercelli 17,004 43,907
Nizza . 7,898 4,589
Genova '. . 16,834 6,331
Savon 7,404 4,634
Cagliari 8,895 4,383
Nuovo 3,073 558
Sassari 3,000 987
Numero toule 301,853 435,447
Da questo prospetto raccogliamo che negli Stati sardi
contavasì nell'anno 1857 il numero abbastanza ingente di
301,853 alunni e di 435,447 alunne che frequentavano le
scuole elementari si private che pobMiehe, costituendo cosi
76
una complessiva legione di' 337,970 fanciulli del due sessi^
E qui giovi notare che le cifre da noi qui riferite rappre-
sentano il numero medio degli alunni delFuno e del-
l' altro sesso , giacché negli Slati sardi si usa tenere una
nota distinta degli scolari dell' upo e dell' altro sesso che
frequentano le scuole nella stagione d' invernp e di quelli
che le frequentano nella stagione d' estate. Nella prima su*
gione si conta il numero massimo e nella seconda il numero
minimo di alunni e da queste due cifre si deduce il numero
medio che può dirsi quello della abituale frequenza.
S' ignora però il numero preciso dei fanciulli che in
ogni comune trovansi nell'eia d'obbligo per l' istruzione, e
non si può istituire un confronto fra i fanciulli atti alle
scuole e quelli che le frequentano, come si fa per la Lom-
bar^ia. Si ricorre da qualche statistico al vecchio metodo di
confronto fra gli scolari effettivi ed il numero complessivo
della popolazione: ma questo metodo non porge alcun dato
profìcuo, perchè va a riferirsi a cifre cosi generiche e per
età cosi diverse che non hanno verun utile riscontro col-
i' età propria dell' istruzione. Seguendo siffatto metodo le
statistiche sarde danno su una popolazione complessiva di
4,947,084 abitanti il rapporto di uno scolaro su 463 abi-
tanti, la qual cifra non dice nulla.
Si tentò in qualche modo di conoscere almeno il numero
approssimativo dei fanciulli d'ambo i sessi atti alle scuole
dai 6 ai 42 anni, e si ebbe per l'anno 4857 la cifra com-
plessiva di 702,433 fanciulli dell'uno e dell' altro sesso. Se
si confronta questa cifra con quella degli scolari evenivi
dell'uno e dell'altro sesso che è di 337,270 fanciulli, si
può ritenere ebe negli Slati sardi si contano ancora 365,163
fanciulli dell' uno e dell' altro sesso che mancano affatto d^i*
struzione; il qual numero corrisponde ad oltre la metà della
popolazione che trovasi per ragion di età obbligata alle
scuole.
Nella Lombardia invece il numero dei fanciulli dell'uno
77
e deir aliro sesso che non frequenta le scuole elementari
corrisponde ad un terzo»
Se però si somn>a il nomerò eoDopIcssiTO degli alunni
e delle alunne che tanto negli Sleti sardi ^ come nella Lom-
bardia, effettivamente frequentano le scuole elementari si ha
r imponente cifra di 620,252 mdividui che non possono più
dirsi analfabeti; il qual numero è già qualche cosa ove si
pensi allo stato di secolare- selvatichezza in cui si tiene pur
groppo il popolo nelle altre regioni italiane,
IV.
Statistica dei maestri
Il corpo insegnante e dirigente delle scuole era nella Lom-
bardia cosi ripartito:
Direttori di scuole elementari maggiori . • • . 25
Parrochi direttori delle scuole minori 2308
Catechisti addjetti alle scuole maggiori 404
Maestri addetti 9 scuole elementari maggiori • . . à72
Maestri assistenti presso le scuole maggiori ... 83
Maestri addetti a scuole elementari minori • . . 2394
Maestri assistenti presso le scuole minori . , • . H2
Maestre addette a scuole elementari maggiori • . 65
Maestre assistenti presso le scuole maggiori . • ^ 23
Maestre addette a scuole elementari minori • • . 4923
Maestre assistenti presso le scuole minori . • • . 434
Maestri addetti a collegi e scuole private . . . 528
Maestre addette a collegi e scuole private . . . 4334
Numero totale ...•••.• 9145
Negli Stati sardi non si tien conto nelle statistiche si-
nora pubblicate degli uffici diversi a cui sono chiamati i
t&aesiri, e solo si rende conto del numero de' maestri ad-
detti alle scuole pubbliche e di quelli addetti alle scuole
private neir ordine seguente:
7S
Maestri pubblici del celo ecelesiatiko . • . . S,05S
Maestri pubblici secolari • , • • 8,017
Maestri priyati del celo ecclesiastico 181
Maestri privati secolari • ' • • • S48
Maestre pubbliche addette ad ordiai monastici • • 639
Maestre pubbliche secolari S,707
Maestre private addette ad ordioi monastici • • 67
Maestre private secolari 659
Numero totale 10,873
•
Per gli aspiranti alla carriera di maestro non banDovi
in Lombardia che duo corsi semestrali di metodo a MilaDO
ed a Mantova, e sette altri corsi di metodica Iriroestrale io
altre sette città, e si contavano a questi corsi nelPaono
1857 soltanto IS6 studenti oltre 815 chierici che studiavano
la metodica nei rispettivi Seminar]. Per le allieve maestre
non esisteva e non esiste in Lombardia alcun corso pubblico
di metodo.
Negli Slati sardi invece esistevano nel 1857 trentaaelie
corsi pubblici di metodo tanto per gli allievi maestri che
iser le allieve maestre e da questi corsi uscivano approvati
^.cr r insegnamento 90 maestri per le scuole superiori, S55
per le scuole inferiori, 400 maestre per le scuole superiori
e al87 maestre per le scuole inferiori.
La condizione economica dei maestri è assai pjà prospera
negli Stali sardi che in Lombardia. Tranne i pochi maestri
delle scuole regie che hanno uno stipendio di lir. 1800 an-
nuo, e le maestre che ne hanno 600, tutto il personale ad-
detto al servizio comunale ha per maximum lire 600 e per
minimum lire 60 all' anno.
Nelle citth degli Stati sardi i maestri hanno daHe lire
800 alle lire 1600« e le maestre dalle lire 600 alle lire liOO.
Nei comuni rurali la somma media degli stipencQ è di lire
486 pei maestri e di lire 396 per le maestre.
1 maestri privati dei due paesi stanno per essere sussi-
diali da due speciali htituii di mutuo soccorso.
79
SinUstlea «egli AmìU tafontlli negli Stati sardi
dorante Tanno 18*9.
Noi abbiamo da più anni sospesa la pubblicazione della
staiisiica degli asili infanlill esistenti in Lombardia e ci siamo
limitali ad offrire il rendiconto annuo degli asili per 'V ia-
lanzia di Milano. Ben volontieri avremmo procurato di rac*
cogliere notizie anche per gli altri asili di Lombardia, ma
ne giangevano quasi sempre sconfortanti novelle intorno
alla loro diminuzione cagionala dal difetto di privale elargi-
zioni, non avendo mai permesso il governo austriaco che
questa pia istituzione ricevesse alcun pubblico sussidio. E
giacché la Provvidenza ha voluto che anche la Lombardia
associ! i suoi destini con quelli del nuovo Regno Italico »
cosi noi speriamo ohe sarà fra breve in grado di emulare gli
Stati sardi nella diffusione de* suoi infantili istituti. Riguardo
ai metodi la Lombardia fu la prima a creare quesf opera pia,
per merito singolarissimo dell* ottimo suo fondatore l'abate
Aporti, ed ha sempre saputo serbare un ben degno primato.
Ecco intanto la statistica degli asili mfantili istituiti in
Sardegna.
Numero degli asili
Divisioni territoriali pubblici privati
di Cbambery (Savoja) • 4 I
di Annecy (Savoia') . I 6
di Alessandria (Piemonte) ^ .13 14
di Cuneo (Piemonte) • . 34 7
di Ivrea (Piemonte) •••••••• 9 «—
di Novara (Piemonte) 35 —
di Torino (Piemonte) SI 33
di Vercelli (Piemonte) 19 44
dt Nizza (Liguria) ••••«•••• 5 —
di Genova (Liguria) •••••••• IO S
di Savona (Liguria) 5 ^—
dì Cagliari ^Sardegna) I I
Numero totale • . . • 1^6 68
80
Il numero eofifi plessi vo degli asili si pubblici che privati
raggiunse la cifra di 824 istituti. 54 asili pubblici si man-
tennero cogli annui sussidj forniti dai comuni e dai food!
provinciali per la somma di lire 48,047, e gli asili priyaii
si sostennero colle rendile di pii legati per la somma di
lire 34,522 e con private elargizioni per la somma di lire
48,64 9.
Ora offriremo la statistica del numero massimo dei bam-
bini dell'uno e dell'altro sesso che frequentarono nel 4857
le scuole infantili e vi porremo di riscontro anche il du-
mero delle maestre.
Numero
Divisioni territoriali Uegli alonnt delle maestre
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
d
Cambery 686 iO
Annecy S04 5
Alassandria , • 2,081 SI
Cuneo 2,806 43
Ivrea 1,043 SS
Novara 4,400 ^9
Torino 4,829 47
Vercelli 2,789 53
Nizza 574 iO
Genova ......... 1,643 26
Savona ......... 723 ^*
Cagliari 153
i
Numero totale .... 24,428 334
Da questo prospetto raccogliesi quanto si è operato ne-
gli Slati sardi degli amici del bene per iniziare nelle prime
età i germi della verità e della virtù. Cosi piacesse a Dio
che le scuole infantili potessero coir andar del tempo costi-
tuire un* istituzione pubblica e obbligatoria come le ^^^^'^
elementari. Quando ciò avvenisse dovrebbe il beneficio esten-
dersi su 612,500 fanciuUetti dell'uno e delPaltro sesso.
81
Il Bvovo prestito miMo.
Gli eventi della guerra di quest'anno indussero varie
nazioni a contrarre* nuovi prestiti. La Francia aperse un
prestito per cinquecento milioni e per la guerra italiana
non né consumò che trecento milioni e ritenne gli altri
duecento milioni per impiegarli in varie opere di utilitk
pubblica. Il governo austriaco non sapendo dove e come
trovar denaro, dopo avere esaurite le provincie italiane con
requisizioni in generi, commise una pubblica truffa ponendo
in circolazione cento undici milioni di obbligazioni nuove
del prestilo del 1854 che vendette col ribasso de! 65
per 100, e mentre scriviamo queste pagine va accat-
tando pel mondo nuovo denaro che non può in veruna
parte trovare. Il governo sardo invece dopo di aver im-*
piegato per le spese della guerra i cinquanta milioni di
franchi del prestito autorizzato dal Parlamento , annunziò
alni ottobre un nuovo prestito di cento milioni, e rese
pubblica la relazione ministeriale che pubblichiamo.
« La politica liberale e nazionale, che dal 1848 in poi
fu costantemente seguita dal governò di V. M., tra' gravi
ostacoli che ebbe a superare incontrò quello ben arduo
deir insuflScienza delle Gnanze.
• Le importanti riforme economiche, le strade ferrate e
gli altri pubblici lavori e soprattutto la spinta benefica che
le libere instiiuzioni davano all'avanzamento della pubblica
prosperità, rendettero possibile un aumento d' entrata ; ma
le calamità naturali, per cui mancarono parecchi de' nostri
principali prodotti, e le crisi economico-flnanzarie succedu-
tesi in E iropa , impedirono che colle entrate ordinarie si
potesse provvedere a'crescenti bisogni interni dello Slato ed
alla politica necessità di essere forti in armi. Fu quindi in-
dispensabile il ricorrere. di tempo in tempo all'espediente
straordinario del pubblico credito.
< Intanto il buon senso ed il patriotisme dei vostri pò-
sa
poli, non ostante il dubbio corso delle viceadc e l' occasione
che ne traevano gli avversari della politica del governo per
metterla in caliivo aspetto, non fece mai mapcarle l'appog-
gio della maggioranza de' cittadini e del Parlamento.
« Nobili aspirazioni e magnanime speranze furono per
il corso di dicci anni efficace conforto a gravi e ripetuti
sacrifici. I quali, a vero dire, non rimasero infruttuosi.
« L'attenzione dell' Europa fu richiamata sull' Italia, ed
il generoso e polente concorso di un grande alleato, in una
guerra gloriosa, confermò quanto quelle speranze e quelle
aspirazioni fossero ben fondate.
« Per noi ne segui uo aumento di Stato e per l'Italia
il bene che arreca a' popoli il profittare d'una solenne oc-
casione per rendere migliore la propria sorte.
« Sire, le armi sono da tre mesi quetate, ma non fu-
rono ancora dismesse, sicché le spese straordinarie di guerra
non sono cessate , e d' altra parte le cose d' Italia non fu-
rono oè sono finora assettate; il che contribuisce a ritar-
dare la diminuzione di quelle e di altre spese, anche quando
non ne occasionasse impreveduti a^mentL
« In tale condizione di cose e fra unte inopinate emer*
gonze non arrecherà ad alcuno meraviglia che lo Stato,
per sopperire agli esiti straordinari già avverati ed a quelli
ohe sono per avverarei, sia costretto a ricorrere ancora una
volta allo straordinario sussidio del prestito.
« Le entrate ordinarie tra le accertate sin oggi e le
presuqte pel compimento dell' esercizio del 1859, cosi nelle
vecchie come nelle nuove provincie dello Stato , sommano
a circa 215 milioni di lire.
« Le spese presunte e straordinarie consuete, compre-
sevi quelle della guerra e della marina, ed escluse sola-
mente le spese eccezionali per l'ultima guerra, montano a
lire 168 milioui (1).
■« m
(i) Le entrale uon sono quelle presunte in bilancio» ma i\
83
« Il confronto di queste cifre, comunque, quello delle
entrate possa evontualmenie scemare d'alcuna cosa, e quella
delle epese sia per aumentare, specialmente per ciò che
concerne K accrescimento dell* esercito , lascia tuttavia spe-
rare che , quando il paese entrerà nelle sue normali con*
dizioni, possa raggiungersi il pareggio, tanto desiderato,
deiruscita e dell' entrata nel bilancio generale dello Stato.
« Presentemente però, e verosimilmente anche per Te-
sercizio del 1860, vi è duopo di somme assai considerevoli
per far fronte ad esiti egualmente considerevoli, ma ecce-
zionali.
« Diilatti, sebbene non si possano fin oggi tenere per liqui-
date le spese straordinarie della guerra, pure può con qual-
che fondamento ritenersi che per resercizio 1859 non sa-
ranno minori di 80 milioni di lire.
€ Questo non è grave peso in confronto degli sforzi
falli e de* risullamenti ottenuti , e se anche sarà d' alcuna
parte accresciuto, egli è certo che sarebbe stato di gran
lunga maggiore, senza il concorso del potente alleato, a
cui fu principale compenso la gloria delle armi vittoriose
e Tonore che torna ad un gran popolo ed al suo sovrano
dalla giustizia e dalla importanza della causa da loro pro-
letta e difesa.
le presunte in seguito delle riscossioni già accertate, e perciò ri-
dotte. La sovrimposta di guerra, come entrata straordinaria, non
è compresa nella somma.
Le spese anch'esse sono quelle ehe possono oggi presumersi e
non te sole spese prevedute ne' bUanci. Vi ha per<!lò nella loro
somma tutte le spese accertate e quelle che già furono ne' mesi
scorsi 0 che si presume di poter essere fatte nel corrente eser-
cizio in più 0 in meno delle prevedute.
La cifra delle euirate sarebbe alquanto maggiore, e minore quella
delle spese, se si fosse tenuto conta delle somme indicate ne' bi*
Uaci.
I
I
84
% Simile somrna di 80 miliooi ci lascerebbe per sé 80I9
un disavanzo presunto di circa SS milioni e mezzo di lire
sull'esercizio qorrenie; perciocché da una parte occorre ag-
giungere alle entrate sopra indicate il prodotto della sovra
imposta di guerra, e dall'altre aggiungere alle spese il di-
savanzo del 1858. Ma quella somma sarà nel presente anno
ingrossata probabilmente da altre spese che gli eventi straor-
dinarii e le insolite circostanze impedirono che fossero d^
finitivamente liquidate, e la cui misura putrii essere mag-
giore della cifra oggi presunta,
« Né può prevedersi ohe sieno poco gravi le spese
straordinarie del prossimo esercizio 4860 per le cose atti-
nenti airammlnistraziope della guerra, se si considera V^
sito a cui daranno occasione |a formazione dei nuovi reg-
gimenti, non chq i necessari provvedimenti e lavori di di-
fesa e i nuovi niateriali di guerra che raccrescimenio dello
Stato rendono prsentemepte 0 poiraqno rendere in seguito
indispensabili.
<i Or se a queste spese si aggiungono quelle di varia
patura che secondo i dettami della prudenza si convieq
prevedere come possibili e che, nelle attuali contingenze, so*
no tanto più probabili, quanto meno focili a designare per aq-
licipazione , ninno dubiterà che per mettere lo Stato nella
condizione di provvedervi alla meglio, e di evitare che ri*
corra di nuovo ad espedienti straordinarii , il prestito atr
^uale non possq essere minore di 100 milioni,
« Per consuetudine e per dovere d^ll'amn^iniatrazione 6^
panzana si é da alcuni anni a questa parte compilalo nel
Qorso del ipese di ottobre uqo specchio indicante la situai
^ìone del tesoro,
* Le ragioni sopra dette avendo fin oggi lasciate illi'>
quide alcune spese, massimamente per ciò che concerne
la guerra, questo specchio non può essere condotto a cotx\^
pimento prima del venturo mese di novembre, fisso però
^ in gran parte formato, ^ la iqdica9;iope delle somoBe dui
66
tiferenie aédennate risulta dai lavori preparaiorii fatti per
compilarlo. Alla quale indicazione non è soperchio aggiun-
gere questa altra che eoncerne le somme entrale nelle
casse del tesoro « le quali sono di 87,700,000 lire, sino a
tutto settembre 4859, per le antiche provincie, q^andechè
furono di 82,000,000 pei primi nove mesi del 4858. Ciò
non ostante, questo comparativo aumi^nto di 5,700^000 lire«
sebbene sia indizio che le entrate di questo esercizio sa-
ranno maggiori di quelle riscosse nel precedente, pure non
é sufficiente ad accertare che sia per intero raggiunta in fin
dell' anno la somma delle entrate previste. Sicché avendo
anche per questo motivo a temere che il disavanzo in un
deir anno sia maggiore del presunto , occorre che la cifra
del prestito non sia minore della proposta.
« Sire, un prestito di òO milioni fu autorizzato il 24
febbraio^ alla vigilia, per cosi dire, della guerra , e fu de-
stinato a provvedere pei primi tempi alle spese da essa
occasionate. L'altro di 400 milioni sarebbe fatto a guerra
finita per saldarne le spese, e siccome è assai probabile, per
sovvenire definitivamente ai bisogni che sono e che pos-
sono essere occasionati dallo eccezionale stato delle cose.
e Fra Tuno e l'altro prestito il governo di Vostra Mae-
stà ha studiosamente procurato di evitare qnalunque par-»
tìto straordinario per fornire di denaro le pubbliche casse.
t Allorché nell'interesse delle istituzioni di credito, che
nei momenti critici mentre hanno maggior bisogno di sus-
sidiare il commercio sogliono scarseggiare di valori contanti,
più che nell'interesse peculiare dell' erario , il governo so-
spese tempoariamente il rimborso de' biglietti di banca >
esso riservò a sé medesimo la facoltà dì togliere a prestito
dalle due banche di circolazione che sono nello Stato la
somma di 33 milioni di lire. Ma di questa facoltà non fece
alcun uso^ tenendola in serbo per qualche estrema ed ur-
gente emergenza.
« L'unico espediente adoperato fu quello di elevare da
M
99 a 83 milioni la somms dei buoni del tesoro. Ma piò
che mezzo insolito di fare danaro» quest'aumento fti la con-
seguenza naturale deiraecresciuto bilancio e deiraumenuto
territorio. Né quest'aggiunta alla emissione dei buoni pre-
eorse la domanda di acquisto che ne facevano i privati;
anzi essa fu insufficiente alla richiesta; siechè per isceroarla
e per vantaggiare ad un tempo le condizioni del tesoro il
riferente credè conveniente il ridurre gì* interessi di quei
buoni. Questa riduzione diminuì, ma non fé'eessare la do-
manda. 11 che mostra che i valori contanti sono oggi dispo-
sti a cercare un impiego in titoli di credito sullo Stato.
« k tal modo le condizioni piuttosto propizie per con-
trarre un prestito furono, per co^i dire, accelerate ad cid
tempo ed avvalorate dal non avere il governo usali 80^
sidii insoliti e dallo aver lasciato intatto quello che prudeo*
temente erasi preparato, quando sospendevasi il rimborso
delle cedole bancharie, le quali, appunto perchè il governo
fu cosi riguardoso verso le due banche, godranno di ud cre-
dito di poco inferiore a quello che avevano prima della
ordinata sospensione.
e Questa condizione economica dello Stato e la presente
situazione generale delle cose fanno credere che ÌI prestito
proposto ' possa conchiudersi a patti convenienti. E questa
sparanza è convalidata, quando si rifletta dalPun canto che
l'aggiunzione di nuove provincie rendendo migliori le con-
dizioni erariali e più ampia la sorgente delle pubbliche
entrate, rende anche più esteso e più robusto il' credito
dello Stato; e dall'altro che la rimozione delle dogane in-
terne tra Provincie che formano una considerevole parte
d' Italia , è tal fatto che abbia da derivarne al commercio
ed air industria non lieve avanzamento, e però ampliazione
al credito privato e favore a quello de) governo.
« Oltre a che il riferente reputu ehe ad agevolare la
conchiusione dei prestito debba anche influire il provvedi-
mento ch'egli propone a V. M. di prendere, autorizzandolo
87
a determinare il giorno in cui prossimamente la banca na-
Eionale e quella di Savòja^ andranno n ripigliare il paga-
mento dei loro biglietti a vista ed al latore.
« A tal modo il credito commerciale e la circolazione,
uscendo dal loro stato eccezionale, riuscirà più facile ai ca-
piialisti di disporre somme che vorranno per avventura dc-
stioate all'acquisto delle nuove rendite.
« Per le cose qui sopra esposte il riferente avvisa che
un prestito sia indispensabile che per rendere poco verisi-
mile la necessiti avvenise dell'uso di altri straordinarii espe-
dienti, questo prestito debba essere di 100 milioni di lire,
e che sia opportuno il tempo di contrarlo. >
Il ministro delle finanze dopo avere pubblicato questo
rapporto lasciò passare' alcuni giorni e per mostrare come
il tesoro fosse in grado di dar seguito ad ogni suo impegno
fece cessare il èorso forzato dei viglietti del tesoro, annun-
ziando che sarel^berò stati concambiatt dalla banca in de-
naro contente. Quindi al 98- ottobre fèea ùóto al pubblico
che il prestito era aperto in via volontaria, al saggio dell' 80
per 100, promettendo l'agio dell'I. 1/2 per 100 per ogni
richiesta di cartelle della rendita di lire mille, a lire cin-
quecento mille; dell' 1 per 100 per le cartelle da 500,000
ad un milione, e di 1;S soltanto per cento per richieste su-
periori al milione.
Il prestito si apriva il 3 novembre ed in due igiorni (e
richieste sorpassavano già i duecento milioni di franchi. Que«
sto straordinario successo ha posto in tutta evidenza il cre-
dito che meritamente gode il nuovo governo italico. È
questo sia suggel che ogni uomo isganni^ avrebbe detto
Djnie se avesse potuto rivivere ai giorni nostri, e rivedere
la sua cara patria che sta compiendo fra ihille spasimi il
suo novello riscatto.
88
MavlMcnt* «mnaMNlAl* 4ecU Siati Mr«l
nel priM* MMiMlre «SA».
Dal 1 gennaio al 80 giugno di questo anno il commer-
cio degli Slati sardi dovette risentirsi della guerra combat*
tuta sul suo stesso territorio. Non fari quindi mera?iglia se
cosi nell' importaiione come nell* esportaiione si osserva aot
diminusioae sensibile per molti articoli.
I. — ImportazbmL
V introduxione di vini ed acquavite continua ad aumen-
tare considerevolmente:
Vini
4869 Litri 91,306,297
1858 • 7,834,816
1867 • 6.578,364
Quest' incremento straordinario nella quantità dei vini
attesta la gravità della malattia che travaglia le viti, e che
neppure in questo anno è scemata.
Gli altri articoli che presentano aumento sono:
Aqnavite
Litri 4,460,684
> 1,818,041
• 948,343
Olii d' oliva Cbil.
Olii diversi
Cattò
Colori
Generi per tinta . . .
Sapone
Pesci varii
Cavalli e muli . . . . N"
Pelli va^ie Chih
Pelli lavorate .... »
Filati di canapa e lino . »
Colone in lana .... •
Filati di cotone ...»
4858
684,900
773,693
1,773,991
159,769
6,488,671
806,718
648,386
3,994
67,458
35,333
683,140
10,909,148
48,374
1857
383,433
480,89S
1,664,036
135,814
4,058,864
396,117
483,630
1,911
61,399
17,272
613,071
7,847,618
40,162
Granaglie Lilri
Farine Chil.
Minerale di ferro ... »
Rame non lavoralo . . >
Ottone non latoralo . . •
Odone lavoralo ... »
Zolfo •
Carbon fossile .... >
1858
9,695,730
3,860,980
935,804
139,434
33,386
83,105
1,185,389
83,344,337
89
1857
7,807,934
3,110,516
400,340
63,566
14,184
13,597
737,088
65,137,478
Sono invece diminuite le seguenti importationi :
Zucchero . .
Prodotti chimici
Pepe ....
Semease oleose
Formaggi . .
Merlano . .
Bestiame bovino
« ovino
Pelli crude. .
Pelliccerie '. .
Pelli in basana
Canape e lino
Tele id. . .
Altre manifatture id
Tessati di cotone
Lana ....
Filati di lana
Tessati di lana
Sete grezxe
Sete lavorate
Tessati di seta
Frumento . .
Psst^ . . .
1859
Chil. 9,040,765
3,618,690
67,137
396,503
869,416
693,359
3,843
11,360
Chil. 951,373
1,703
115,098
983,547
135,009
34,770
909,848
1,005,373
8,955
310,990
138,170
45,549
89,099
Litri 61,440,448
Chil. 44,49i
1858
9,706,453
3,001,654
65,768
430,836
1,004,314
617/)80
4,341
33,310
1,147,793
3,865
123,440
1,375,554
1 45,336
42,309
667,569
1,046,361
16,096
354,678
349,006
336,010
50,1 49
77,633,985
147,864
yo
Carbone .... ChiL
Legna da fuoco • • •
Legni d'ebanisteria • •
Mobili di legno . . .
Utensili e lavori di legno
Carta
Carta per tappezzeria •
Libri
Mercerie e chineagl. •
Lavori di moda • • •
Stracci
Ghisa non lavorala . •
lavorata • .
in cuscinetti per
le strade ferrate
Ferro di t.^ fabbricazione
» in ruota ie per
ferrovie • .
> lavorato • •
Rame lavorato • . .
Piombo non lavorato •
» lavorato • •
Vasellame di terra • .
» di porcellana
Vetri e cristalli . .
Macchine e meccan. .
I8!S9
7,467,569
13,093,747
414,170
49,94S
S4,678
467,684
38,010
64,640
S07,945
4,480
688,177
4,001,690
90,S93
316,870
4,604,069
768.388
1,439,343
40,090
316,600
46,178
699,069
37,676
1,116,463
688,177
I8SS
7,97l,6!&
14,7^3,390
163,331
34,446
30,911
19S.56S
60,995
95,861
393,833
1,881
981,534
6,950,866
413,366
714,403
6,107,903
948,951
1,885,398
31,054
698,517
50,364
688,596
43,504
1,381,914
981,534
Questo prospetto delle importazioni attesui lo stato di
languore di molte delle principali industrie, perchè l'en-
trata delle materie primCi quando non è diminuita è rima-
sta stazionaria, e fa meraviglia che I* importazione anche
delta lana sia scemata , mentre la imprese di panni per
r esercito sono state tanto rilevanti.
Il compimento delle strade ferrate che erano io eosrru-
»1
Itone hn reagito sull* importazione del ferro è del ferraeeio
nel mentre ha provocato un anniento nell'entrata del ear-
bon fossile, il cui consumo cresce d*anno in anno, indiiio
consolante di attivila.
Lo scarso ricollo dei bozzoli ha fatto discendere straor-
dinariamente r importazione delle sete grezze e lavorate.
È però notevole che gli esteri tessuti sono in diminu-
zione , ciò che e* induce a credere ad un incremento del-
l' industria patria , benché la diminuita importazione delle
materie prime tenda a provare invece un minor consumo.
II. — Esportazionu
Il prospetto delle esportazioni non è più favorevole.
Si nota aumento pei seguenti articoli:
Vini
Confetti e conserve
Soda . . • . •
Formaggio . •
Tonno . • . •
Bestiame ovino •
Pelli crude. • .
Pelli in basana
Filati di cotone •
Stoffe di cotone .
Tessuti di seta
Carbone di legna •
Sughero non lavorato
Carta • , • . .
Siraocl d* ogni sòrta
Ossa di bestiame •
Minerale di piombo
48S9
18S8
Litri 43,933,347
11,974,137
Chil. 178,001
136,485
• 63,506
46,675
639,597
434,336
> 34,879
842
N.» 88,860
33,948
Chil. 475,163
413,933
41,137
80,535
• 96,374
40,456
16,687
14,778
19,905
11,871
. 7,401,578
7,343,114
676,180
369,696
805,819
784,551
• 4,031,809
603,589
174,808
i 43,867
• 5,938,114
4,946,611
93
Sono per contro diminuito le segoenti esportaiioni t
Olii d'oliva . . . . . Chil.
Prodotti chimici
Sale marino .
Frutti verdi •
Semenze oleose
Pesci varii
Cavalli e muli . • . . N.
Bestiame bovino
Cordami di canape • • • Chi
Tele di canape
Seta grezza •
Seta lavorata •
Moresche • •
Frumento .••••. Litri
Granaglie • •
Riso Chil
Paste • • •
Legna da fuoco
Libri stampati
Ferro in masse
Vasellame di terra
Riassumendo i risultati del commercio estero nel primo
semestre dell'anno corrente, appare evidente che la guerra
vi ha esercitato un'influenza sfavorevole, ma risulta però
che nel nostro paese continuano le industrie ad essere poco
sviluppate, per cui le principali nostre esportazioni essendo
di prodotti del suolo, più che di manufatti , quando i ri-
colti sono scarsi e deGcienti, anche le esportazioni scemano^
Egli è cosi che le esportazioni degli olii, del riso, delle
frutta verde, ecc., sono diminuite^ che i vini esportati su-
perano di poco il 1858, mentre sono di molto inferiori
al 1857.
1859
1898
8,034,938
6,975,350
644,791
548,870
16,030,980
33,836,403
4,149,309
5,989,943
199,610
364,617
16,058
19,919
665
1,174
37,929
80,906
143,161
185,834
13.896
60,609
6i,703
149,331
345,930
384,108
99,861
14S.734
3,839,471
7,198,538
3,651,384
6,339,611
10,676,978
44,694,064
1,806,771
1,611,189
6,887,904
6,444.764
46,638
53,349
666,049
993,531
306,410
S46.933
93
Quanto ai prodoili' doganali le importazioni che diedero
più rilevanti entrate sono:
4859 4858-57
Zucchero L. 3,045,245 2,136,350
Tessuti di cotone • • .
Vini
Caffè
Tessuti di lana • • • •
Tessuti di seta ,. • • •
Ferro • ,
Acquavite •,,.,•
Formaggio
Mercerie,
1,096,623 1,240,762
669,870 893,518
484,089 480,350
424,108 541,646
244,766 324,230
275,530 324,269
476,980 122,024
427,827 448,466
105,618 422,374
li complesso dei prodotti doganali è stato il seguente:
1859 4858-57
Importazioni L. 7,000,448 7,098,349
Gsporuzioni ..... » 427,139 126,009
Commercio fra Pisola di Sardegna e la terraferma.
Gli scambi! fra la Sardegna e la terraferma continuano
a svilupparsi con progressivo incremento.
Dalla Sardegna s' introdussero nel primo semestre nella
terraferma i
Merci nazionali per ....... L. 3,940,152
Merci nazionalizzate .,..,*. » 277
L 3,940,429
Le principali merci nazionali sono:
Granagle ,,. t •••••• L. 825,828
Bevande fermenlate ••..... > 746,670
Tonno . , » 644,639
Prodotti chimici ........ > 428,766
Minerali diversi » 334,043
Olii fissi » 242,340
Pelli crude .,.,..,.,. » 467,448
Frutti, * « , ' 160,401
Carbone di legna . > 111,696
Sughero , , , , , . • 100,324
94
Dalla terraferma t* ioirodoaiero in Sardegna :
A naiionali per L 6,709,539
Mere! nasionalizzaie . « » 630,107
L 7;)S9,046
Le merci priacipali naxionali fono:
Granaglie L. 3,71 4,568
ManifsiUure di cotone . .
• di lana , . •
* di seta » . •
Mobili
Chincaglierie e mercerie .
Vasellami, vetri e cristalli •
Manifatture di canape e lino
Guanti dì pelle • . • •
Pelli diversi
Farina a paste
« •
1,170,351
434,(80
408,810
S34,7I0
380,840
196,246
168,666
147,806
110,835
100,888
La somma degli tcaabiì fra 1* isola « la terrafenna è
suu di lira 11,280,07$. '
Nel 4868 essa non era slata che di lire 9,184,000, e
nel 1857 di lire 4,336,000.
E qui giovi notare che pel mantenimento dell' esercito
francese venne introdotta senza pagamento di dazio uaa
quantità ingente di farine, di biada , di fieno , di vino , di
caffè, di zucohepo , di liquori diversi , di paste , di tele di
lino, di pannilani e simili.
Noi speriamo fra breve di poter pubblicare il movimento
commerciale degli Stati sardi fongiuntamenie a quello del-
ritalia eentrale eon cui si è gik stabiliia una lega doga-
nale adottando le medesime tariffe.
06
NOTIZIE STRANIERE
CìiMMk et Ktoparaal* di Parici CD*
N
elio scorso mese di luglio si pubblicò dal Monittur (S).
il rendiconto della Gassa di risparmio di Parigi per Tanno
1858. Questa specie di lavoro è troppo interessante per
essere da noi trascurato con danno di chi ama o abbisogna
di avere alla mano e sotto gli occhi dei fatti matematici
proprj a confronti che riuscire possono utilissimi negl' im-
portanti argomenti della beneficenza^ dell' economia e sin an-
che della moralità sociale. Noi perciò ci affrettiamo di arre*
care almeno un sunto di queir ufficiale rapporto. Premet-
teremo però le considerazioni che suir ufficio delle Gasse
di risparmio e sulle modificazioni che in Francia hanno su-
bito in questi ultimi tempi quali abbiamo trovate su di un ri-
punto giornale (3). Oggetto delle Casse di risparmio si è di
raccogliere, e far fruttificare i piccoli risparmj sino a die for-
mino un capitale da potersi impiegare. Tempo fu che le
somme registrate sotto il nome dello stesso depositario am*
roonuiva sino a 9000 franchi. Iodi questo maximum andò ab-
(1) Con questo piccolo lavoro abbiamo volato, a riguardo della
Francia» togliere una lacana lasciata neir articolo: Stqiistica gene-
rale delU (kuse di rispannio in Europa ed in Jmerica» inserito
nel fascicolo di loglio i8S9 di questi Annali.
(2) Rapport présente Ics 23 Juin 1859 par M. Francois Deles-
sert. — Moniteur univ., 26 juio 1859. Ivi si trova pure il rendi*
conio di tutte le Gasse di Francia relalivamente al 1857.
(3) CosUtotionncI, 19 aoùt 1859.
96
bassaiidosì ed ora noD è più che di SOOO fr. Nienlt di più
logico. L' impiego del denaro sul credito mobiliare Don of-
Tri va la slessa facilità 48 o 45 anni sono come ^baalpr^
sente. Non si era per l' addietro molto usi a speculare »ulb
rendita. Le azioni e specialmente le obbligazioni delle strade
ferrate non erano conosciute. I risparmi non avevano dnaque
molti modi d'impiego e di cumulo. Ma lo stesso non può
accadere adesso. Quando, cioè, le iscrizioni di rendita sodo
spezzate sino a 40 franchi; quando si può avere uo'obbli*
gazione di ferrovie per meno di 800 fr. Ed in queste cir-
costanze diventava utile, anzi indispensabile io abbassare il
maximum dei depositi onde rimediare agli abusi e impedire
che air istituzione di cui parliamo non fosse impedito di
giungere al suo vero fine. Ciò è quanto doveva farsi e ciò
che veramente si è fatto. Avvenne adunque che le Cane
di risparmio continuano come per lo addietro a ricevere le
piccole economie, ma non le conservano pressp di loro il
a lungo come un tempo, poiché tali piccole economie non
hanno più bisogno di aspettare una oifra tanto forte oode
costituire un capitale da impiegarsi in altro modo e con
maggior vantaggio.
Ci è sembrato necessario di premettere le fatte collsiJ^
razioni all'esame del movimento delle Casse di risparmio
avvenuto in questi ultimi anni. Se non venivano poste in-
nanzi si sarebbero avute idee assai inesatte dei progressi
che fece il risparmio ultimamente tra le classi operosa e
degli enormi capitali che esso ha prodotti;
Egli è nelle piccole frazioni dei valore mobiliare, oelie
sottoscrizioni dei 40 franchi di rendila le quali oltrepassarono
i 400 milioni neiremettersi deirultimo prestito, negli acquisii
successivi che fanno ricercare al presente le obbligazioni
delle strade ferrate vendute alla Borsa, che deve scorgersi
la massa delle economie fatta dalle dette classi operose ad
onta delle sfavorevoli circostanze che si successero, i^a Cassa
di risparmio, per rispetto al gran numero di queste econo-
97
mie, ha fatto I* ufficio di uq fiume, ehe riceve nel suo corso
le acque di piccoli niseelli , e ehe poscia le versa nel more.
Ciò posto, Roi potremo dare un giusto valore ai risulta-
menti che testé vennero pubblicali. Si conoscono tutti gì* in-
ciampi che toccarono ali* industria nei quattro anni del 1854
al 1858; la guerra di Crimea, H cholera, Ile cattive raccolte,
alle quali vennero dietro tante catastrofi in altri paesi. Eb-
bene! ad onta di ciò, ad onta della concorrenza che fecero
nelle Casse di risparmio i tre prestiti fatti durante la guerra
russa, un tale iMitùto non ne risenti sensibilmente. La Cassa
di risparmio di Parigi si mantenne nella sua situazione: vi
fu certamente un momento di tregua , ma non retrocesse
nel senso, che se essa vide la somma de* suoi depositi ab-
bassarsi dalli 54 milioni del 1854 alli 49 del 1858, una
tale diminuzione provenne dall* impiego che si fece in ren-
dile dietro dimanda dei depositar]^ e non accusa una dimi-
nuzione, ma un traslocamento de' capitali. Partendo dal se-
condo semestre del 1858 i versamenti ripresero un moto sa-
liente che senza interruzione si mantenne sino ai primi mesi
del 1859, e se quest'epoca si fermarono, anzi se le dimando
di rimborso si moltiplicarono, fu perchè il nuovo prestito
de' 500 milioni offri altro collocamento alle economie, che
furono accolte dalla Cassa di risparmio, indi ne sortirono
per esser più vantaggiosamente impiegate.
In tal modo si ottenne lo scopo ohe ha 1* istituto in di-
scorso. Quando quarant'anni or sono, dice il signor Fran-
cesco Delessert, uomini rispettabili si univano a Parigi per
fondare la prima Cassa di risparmio che in sé la Francia
ha vediMo nascere, allora essi ebbero pur in vista di mi-
gliorare con ciò il pubblico credito. Eglino in fatti erano
convinti che onde questo divenisse per sempre solido, biso-
}(nav^ che avesse basi più ampie. Agli occhi loro, la Cassa
iii risparmio é al tempo stesso la scuola primaria per inse-
gnare la economia ed il mezzo più sicuro per rendere pò-
kwxu StatUtita. voU XXI f^, è'vie n.* 7
98
polare la rendila. Se questo gran lavoro della dcmocratìi*
zione del credilo pubblico fece, da quel tempo » immensi
progressi sono la viva impulsione che gli fu data dal go-
verno imperiale , la Cassa di risparmio può a sé stessa ri-
vendicare giustamente V onore di averne presa 1* iniziativa.
Essa ha per propria parte grandemente contribuito a man-
tenere questa pepinière di piccoli capitalisti, che si mostra-
rono in numero si prodigioso nelle sottoscrixioni degli ul-
timi prestili.
Il debito della Gassa di Parigi alla 6ne del 1858 giungeva
a 49 milioni su 231,643 libretti. Quelle de' dipartimenti, in
numero di 410, possedevano all'epoca stessa S63 milioni,
il che dà un totale di 31S- milioni, rappresentante incerta
guisa gli embrioni de' capitali in via di formarsi, o, allru*
mente parlando, i semi del futuro. Per alcuni è la garanzia
contro la mancanza di lavoro o di guadagno: per la mag-
gior parte è il mezzo di stabilirsi e di diventare proprietarj
o capitalisti. Felice quel paese in cui l'operosità e l'eco-
nomia possono condurre ali* agiatezza!
Un bel lavoro sarebbe quello che ci facesse conoscere
la massa de' capitali che cosi formavansi in tutte le Casse
di risparmio da che queste nacquero in Francia. La Cassa
di Parigi però fece il calcolo per ciò che le concerne, e
risultò ch'essa dalla sua origine, cioè dal 4818, ricevette un
totale di 85S milioni di franchi per parte di depositar]. A
qual cifra grandissima non si giungerebbe aggiungendo
quanto introitarono le Casse dei dipartimenti ? Sarebbero
bilioni assai preziosi, come quelli che sono il frutto di la-
vori continui e per lo più penosi, di abitudini perseveranti
d'ordine e di economia in molte migliaja di famiglie.
Né si dica che li clienti delle Casse di risparmio sono
persone agiate che vi depongono capitali interi. La statistica
fece giù da molto tempo giustizia di una tale obiezione, ed
i prospetti . pubblicali per la Cassa di Parigi permettono di
comboiierlu ancora. Cosi, su 32,000 persone che eseguivano
09
un primo versamento in quella Cassa nelFanno 1858, vt
ne 80O0 quasi S0,000> ossia il 60 per cento che apparten-
gono alla classe operaja ossia ad artigiani patentati. Vengono
dopo ì domestici in numero di SOOO, rappresentando men4
del 20 per eento della cifra totale. Il Hinanente risulta
d' impiegatii di militari, di esercenti arti liberale, eco. E
notisi che questi dati del 1858 concordano con quelli del-
l'anno precedente; le stesse proporzioni si ripetono con
una costante regolarità. Quale maggior prova che i dienti
delle Casse di risparmio appartengono veramente a quella
classe di operai per la quale fu ideata ed eseguita una tal
mirabile istituzione ? Istituzione, che dobbiamo desiderare e
far in modo che si propaghi e penetri sempre più nelle
abitudini delle nostre popolazioni. Gik si (eoe molto « ma
resta ancora a fare.
I creditori presso tutte le Casse di risparmio della Francia
erano, alla fine del 1857, N. 978,000, il che relativamente
alla totale popolazione di Francia dava un creditore su 66
abitanti: nel 1856 questa media non era che di I su 40^
seorgesi adunque che vi è un progresso; ad onta di ciò
siamo ancora, sotto questo rapporto, lontani dalF Inghilterra
che conta un depositante ogni 20 abitanti. Dobbiamo perfr
notare che avressimo torto di dare un valore troppo assoluto
a queste cifre di confronto, giacché iu Francia il risparmio
veste forme assai piò variale che in Inghilterra, nelle città
francesi la divisione dei valori mobiliari, i piccoli eommerci
e le piccole industrie^ le Iscrizioni della rendita a 10 franchi
e le obbligazioni delle strade ferrate; nella campagna poi la
divisione delle terre in piccole proprietà assorbiscono di
mano in mano molti de* risparmii che vengono falli, ed il
denaro è per vera necessità lutto versato nelle Casse di pre-
videnza, come avviene tra gl'inglesi, e non vi resta per
mollo tempo. Di queste diSerenze devesi tener conto quando
si vuole paragonare il bilancio delle Casse di risparuHO nei
due paesi. È però vero che i clienti delle istituzioni di prc«
ipo
videnza in Francia potranno aumentarai ancora in notevole
proporzione e che devonsi lodare gli sforzi che fa il g(H
verno per estendere e sviluppare sempre più una tale be*
neficenza. ^
Ora veniamo alle cifre del movimento ottenutosi alla
Cassa di risparmio della metropoli nel 1868.
Essa dunque riceveue in totale . Fr. 26,537,764. 42
e pagò 9 22,361,658. 46
onde eccedettero gì' introiti sui pa-
gamenti in Fr. 4,176,105. 96
somma che aggiùnta al soldo che
era dovuto in principio dell'anno a
926,334 depositanti , cioè a . . • » 44,607,254. 66
fa salire a . . Fr. 48,783,860. 53
il complesso delie somme dovute alla
fine del 4858 ai 231,643 creditori
yerso la Gassa.
Paragonando i versamenti ed i rimborsi dell'ora de-
corso anno con il precedente 4857 troviamo che li versa-
menti che nel 4857 erano saliti a 23,538,053 fr. giunsero
nel 4868 a 24,449,340 fr. e che in tal modo gì' introiti
furono, su quelli dell'anno prima, maggiori di 944,257 fr.
D'altra parte, i rimborsi che nel 4857 erano stali di
21,669,257 fr. non giunsero nel 4858 che a 4 9,4 07,053 fr.,
onde inferiori di 2,562,402 fr. a quelli del 4857.
Finalmente il confronto del totale avere dei creditori
sul!' istituto di risparmio di' Parigi allo chiudersi dei due
esercizj 4857 e 4858, ci offre di risultamento che il denaro
dovuto ai depositanti era alla fine del 4858 superiore di
franchi 4,476,405 a quello del 4857. Infatti quel debito
verso i depositanti che allo chiudersi del 4857 non era stato
che di 44,607,254 franchi , risultò esser allo spirare del
4858 di 48,783,360 fr.
401
Ouàiito al numero dei ctìenii» si i1s«on(ra Veramente
una prova del progresso delle operazioni e della utilità
della Cassa medesima nel vedere che essi aumentarono di
6423 nel corèo dell'anno. Giacché alla fine del 1857
non erano stati che 336,224 i libretti, ed alla fine del 1858
331,643. D. G. C.
Mmmot^ rendleonto delle finaase «iMtrlAehe
per «li Anni t9M è 181^.
il prospetto delle entrate e delle spese della monarchia
austriaca nell'anno 4858, confrontato al 4857, ha fatto sulle
piazze tedesche una dolorosa impressione, attestando come
le nuove tasse, gli aumenti delle altre e le operazioni di
Gnanza lascino sempre una deGeienza, stante il crescere
continuo delle spese.
Le entrate e le spese diedero H seguente risultato:
4858 1857
Entrate ordinarie . . « Fior. 274,503,477 275,900,860
Spese ordinarie ... » 345,037,401 324,686,875
DeGeienza Fior. 40,634,924 48,786,045
Entrate straordinarie . • Fior. 8,038,646 23,394,087
Spese straordinarie . . » 3,985,483 46,443,840
Avanzo Fior. 4,053,063 6,353,447
-^..11 1
Totale delle entrate . . Fior. 383,540,733 398,395,847
Totale delle spese . « » 349,033,584 340,839,745
DeGeienza Fior. 36,484,864 43,583,868
lOS
La spesa di 319 milioni di fiorini; die lascia un disa-
vanzo di 86 milioni e mezzo di fiorini è molto gravosa per
r Austria: la differenza in meno in confronto del 1857 pro-
viene da economie nel bilancio della guerra intanto che
nel servino degl' interessi del debito pubblico si ha un aa-
mento progressivo e costante.
Per conoscere quale e quanto sia tale aumento bisogna
osservare che il bilancio austriaco, oltre i capitali delle en-
trate e spese ordinarie e delle entrate e spese straordinarie,
contiene un terzo capitolo, denominato modestamente introiti
speciali {besoudere zuflùae) che ascendono a molti mi-
lioni ed uguagliano talvolta il terzo e talvolta la metà del
bilancio.
Questa introiti furono -pel 1858 e 4857 i seguenti:
«858 1857
Fiorini Fiorini
Aumento del debito consolidato 67,898,488 80,083^748
Aumento del debito oscillalo . 4»759,004 >
Versamenti per ferrovie vendute 44,864,498 95,685,657
Avanzo dei fondi per Y esonero
del suolo S,S35,S6S 6,604,428
Anticipazione su indennizzi . • 1,775,484 3,637,680
AChri di cambii » 8^974,746
88,437,080 448,978,333
Queste somme furono impiegate a coprire la deficienza
del bilancio al ritiro della carta-moneta, al rimborso alla
banca, alle vie ferrate e telegrafi, ecc., per cui il bilancio
complessivo austriaco del 4858 è stato in realth di 870
milioni e mezzo di fiorini alle entrale, e di 407 milioni
alle spese.
Come r Austria aumenti il suo debito pubblico d' anno
in anno ed in qual modo, è una quistione finora non ri-
solta. La dichiarazione relativa all' imprestito ns^onale dd
j
403
1854 ha sollevato un lembo de] velo che copre siffiìtie
operazioni; poìchò mentre l'imprestilo era stabilito di 500
milioni di Gorini, l'emissione delle obbligazioni pel medesimo
nel periodo de' cinque anni é ascesa a fior. 611,571,300,
di cui fior. 36,492,100 sono nella Cassa d'ammortimento
del debito pubblico.
La somma guarentita dell' imprestito è stata dunque ol-
trepassata di HI milioni e mezzo di fiorini. Questa con-
fessione fatta con molta disinvoltura dal ministro di finanza
ha cagionato scontento e timore a Vienna, perchè ha pro-
vato ad evidenza l'anarchia della finanza e la mancanza di
guarentigia pei creditori. L'assegnamento di 26 milioni e
meizo alla Cassa d'ammortizzazione non ha neppur alcun
favorevole significato, giacché attesta che le somme stabilite
per l'ammortizzazione s'impiegano ad altri usi, e solo si
surrogano i titoli dell'amica rendita con titoli nuovi.
Il bilancio del 1859 dovrà presentare risultati ancora
più sfavorevoli, che T indennità della Sardegna diminuisce
ben poco il debito austriaco ; anzi non corrisponde nep-
pare al quarto all'aumento che avrà subito nell'anno cor-
rente.
La separazióne della Venezia dall' Austria e la sua ces-
sione, mercè di un'indennità, potrebbe essere ancora ri-
paro alla riduzione del debito da un lato e ad una notevole
diminuzione permanente di spese dall' altra. Infatti è incon-
testabile che le finanze austriache sono le più disordinate di
tutta f Europa.
StAtlstlea deU* Impcpo del Mi
La guerra che sta per iscoppiare fra la Spagna ed il
Marocco, rendè importanti le seguenti notizie statistiche.
La superficie dell'impero è di 752,430 chilometri qua-
404 ì
drati. — I)faDcasi ancora di dati perfettamente esatti saàm,
cifra della popolazione de! Marocco. Jachson ne porta Ime
totale a 44,886,600; e Didier ne Gssa il numera soltan
ad oito milioni e mezzo, cosi divisi: ! ^
lH e
Amzirgues o barberi. ••....• 2,
Mauri 3,
Schellohs • 4,45O,00(
Arabi 740,000
Israeliti 340,000
Negri 420,000
Cristiani e rinnegati 500 ,
Mogador.. — Movimento commerciale ne/ 4856. — Uin^firii
sieme dei cambj ha rappresentato (importazioni ed espor-
tazioni riunite') la somma di 47,003,700 franchi, di cuif^-
8,047,600 franchi d' importazione e 8,986,400 franchi d'e-
sporiazione. U
Queste cifre, paragonate a quelle deiranno 4855, che ^'^
erano state di 43,650,900 fr., danno a profitto del 4856 ^'^
un aumento di 3,342,800 fr., cioè 4^460,600 franchi dalle
importazioni ed 4,882.200 fr. nelle esportazioni.
Cinque paesi hanno preso parte alle operazioni. Il qua*
dro qui sotto esposto indica la parte di ciascuno di essi
nelle importazioni e nello esportazioni.
Importazioai Esportaziooi
Belgio Fr. 74,300 494,500
Spagna » 462,000 209,525
Francia » 4,390,350 4,582,875
Gran Bretagna .... » 6,293,276 6,786,575
Portogallo > 464,676 212,625
Totali 8,047,600 8,986,400
40&
^ ^^ ora* seetndo l' ordiae della loro importanza , le
o^ffali mercanzie che hanno composto i cambj.
lem a
Esportazioni
Olio d* oli va. fr. 3,271,576
Importazioni
2M
jli di eoe. fr. 3,878,500
di lana »
3,5^'l
irò
m
0 . .
icaglieria
^lierario
186,725
235,450
34,475
69,900
30,2;25
448,900
427,925
2,580,600
Mandorle • •
Cera • • .
Grano turco •
Lana lavata .
Lana in . •
Pelli di capra
Peline di struzzo
2,094,080
584 ,050
342,525
764,625
420,225
752^000
437,000
[Navigazione. — Il quadro della navigazione dà all'en-
. A 44 4 bastimenti della portata di 44,488 tonnellate. —
mo arrivati nel 4855 95 navigli della portata di 40,633
meliate, — Adunque avvi un aumento di 47 navigli e di
. SO tonnellate a profitto del 4856.
Alla sortita eontansi 99 navigli della portata di 42,697
Aneliate. Nel 4855 ve ne erano stati 87 della portata di
S42 tonnellate. Avvi adunque un aumento di due navigli
•di 5085 tonnellate per l'anno 4856.
Por<i di Rabat e Sale. — Movimento commerciale nel
1856. — Il commercio marittimo di questi porti o piuttosto
'i questo porto si è elevato nel 4856 (entrata e sortita
riunite) alla somma di 3)464,865 franchi. II totale deiranno
precedute essendo stato di 2^044,543 franchi , vedesi che
avvi una differenza in più pel 4856 di 4J20,322 franchi;,
cioè di quasi il 66 per 409, cioè:
Importazioni 772,474 fr.
Esportazioni 397,848 »
Le condizioni del commercio marittimo da Rubat e Sale
106
non hanno punto cangiato e ai limitano quari esclusi varoente
a due passi o a due mercanzie; la Francia e V Ingliilterra
da una parte: dail* altra le lane ed i tessuti di cotone. In
effetto, se dal totale dei valori di più mercanzie (importa-
zioni ed esportazioni riunite, 3,94 4,680 fr.) si toglie la
somma dei tessuti di cotone all'importazione, cioè 993,920
fr., e quello delle lane all'esportazione, cioè 8SI»948 fr., si
giunge a un totale di l,845,H3S franchi; e se si aggiunge a
questo totale il vale del numerario 600,000 fr non resta
più per rappresentaro gli altri articoli di conDmércio che la
somnsa di 695,847 franchi, vale a dire meno del quinto del
commercio marittimo del Rubat e Sale. Gli altri articoli
principali sono:
CbUogramml FnDcbi
All'importazione. Spezieria e drogheria 134,684 373,763
> Zuccaro 65,960 400,474
All'esportazione. Cera 35,080 60,l92
> Gorteccie di ... . 405,000 61,439
Totale 595,847
Il commercio delle lane rappresentato, nel 4856, dalie
cifre di 890,566 cbil. e 824,933 franchi, dà sui totali del-
l'anno precedente, una differenza in più da 688,835 chi-
logrammi e 378,433 franchi. Questo aumento, relalivameoie
considerabile, appartiene quasi totalmente alla Francia.
107
NDOTE COHUNIGAZlOm
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
Readleonto delle strade ferrate de^li Stati «ardi
nel iprlmi nove mesi deg^ll anni 1968 e t969«
d'or.
Nome delle linee
Estens.
il 30
seUem.
4858
Estensione
media
dei 9 mesi
Prodotto
CliiK
i X ori no-Genova-Arona
3 Alessa ndria-Acqai
3 Torino-Pinerolo •
4 Hortara Vigevano
5 Genova-Voltri . •
6 Alessa ndrìa-Piacensa
7 Torino-Cuneo • •
8 CaTallermaggiore-Bra
9 TorìnivTicino . •
iO Torino-Snsa • •
a Vereelli-Valensa .
a Santhlà-Biella . •
13 Chivasso-Ivrea . •
Totali e medie
270
34
38
43
4S
94
403
43
409
S3
43
30
33
847
CbiI*
270
34
38
43
45
84
4(0
43
409
53
42
SO
33
L. G.
•
8268933. W
<75S31. 28
3S4994. 23
81311. 34
188196. 04
619295. 70
1293266. 98
63293. 78
2344687. 21
901829. 84
549383. 25
163675. 70
17»359. 78
187 14976588. 08
108
i8S7
d'or
Nome delle linee
•
Estens.
il 50
settem.
Estensione
media
dei 9 mesi
Prodotto
>
1
CblL
Chil.
L. C.
1
Torino-Genora-Arona.
270
270
7369585. 20
2
Alessandria-Acqoi . .
34
33.
1,3
173841. i3
3
Torino-Pinerolo . .
38
38
349572. 66
4
Mortara-Vigevano . . .
13
13
93180. 36
S
Genova-Voltri . . .
IS
IS
204695.26
6
Alessandria-Piaeensa . .
83
73.
1;2
819558. 95
7
Torino-Cuneo . . .
103
103
1337331. 13
8
CaTallermaggiore-Bra. .
13
13
59628. 17
9
Torino-Ticino . . . ,
109
104
\
1694549. 58
10
Torino-Susa . . . ,
53
53
544004. 96
11
Vercelli-Valenu . . ,
42
42
297851. 97
12
Santbià-Biella . . .
30
30
182722. 25
13
Cbìrasso-Irrea . . . .
Totali e medie
14
10.
1,3
31870. 69
. 817
803
t
12858392. 30
Questo prospetto non addita ehe l'aumento di 30 chi-
lometri nell'estensione della rete delle antiche provincie
dal 1.^ ottobre 1858 al SO settembre 4859, non essendosi
aperti nell'anno che i seguenti tronchi :
42 novembre 4858 Caluso-Ivrea chil. 49
3 settembre i859 Stradella-Castel S. Giovanni > H
Un confronto fra i proventi dei tre primi trimestri del
1858 a quelli dell'anno corrente non presenta risultali che
si possano riguardare come normali ed ordinari!^ per le vi*
cende eccezionali di quest'anno.
Il servizio delie strade ferrate è stato interrotto su pres-
soché tutte le linee nei mese di maggio: per alcune l'in-
409
terruzioae ha duralo di più, essendosi dovuto metterle a
disposizione degli eserciti alleati pel trasporto delle truppe
e del materiale da guerra.
il secondo trimestre è stato quindi in parte perduto pei
prodotti delle linee, in parte danneggialo non essendosi
potuto soddisfare ai bisogni del servizio ordinario.
Ha per le strade ferrate che sono in rapporto e con-
giunzione colla Lombardia non è ritardato un largo comr
penso, ed i prodotti dei tre ultimi mesi hanno superato tutto
quanto si poteva sperare nello sviluppo dei trasporti e nel-
l'incremento dei prodotti.
Egli è per ciò che malgrado la guerra e l' interruzione
del servizio il prodotto chilometrico medio di tutte le linee
di qua del Cenisio è aumentato di II per cento.
fi provento medio dei nove mesi è stato il seguente:
iSb9 Ghìl. 837 L. 17,893. 15
1858 > 803 > 16,042. 95
1857 > 857 > 48,624. 70
1658 » 596 • 19,353. 40
Sino al 1858 l'apertura di nuove linee era cagione di
progressiva diminuzione nel provento medio chilometrico,
perchè i nuovi tronchi messi in esercizio essendo dei meno
produttivi in confronto delle linee principali dì Genova e di
Torino-Ticino, facevano discendere il reddito medio dell'in-
lera rete.
In quest'anno è cessala questa riduzione e si ha un au-
metìto , che attesta la maggiore frequenza dei traspcrli ed
attività del commercio. Il movimento dei militari ha avuto
suirincremeoto dei prodotti minore influenza che non quello
dei viaggiatori ordinarli e delle mercanzie.
La linea dello Stato si è vantaggiata di più dellUl per
cento. Nell'anno scorso era diminuita di I. 90 per cento.
1 proventi conseguiti sono indizio infallibile deiravvenire di
quella strada, se il passaggio dei Giovi potrà soddisfare al-
nocremento normale dei trasporti.
410
La linea di Alessmuiria od Acqui ha subila UD*ÌDSÌgnifl-
caate dimiDUsione, che si risoWe in aumenlo, rifleaendo ai
danni sofferti nei mese di maggio.
Pinerolo è aumentato di I. 54 per cento, benché an-
ch' esso abbia nel citato mese sofferto una ragguarderole di-
minuzione quantunque più distante dalla guerra.
Vigetano^ il cui servizio è sfato del tutto interrotto, ha
perduto 43 per 100: il miglioramento dei tre ultimi mesi
dk ragione di credere ad uno sviluppo che permetta a
quella linea di ottenere di nuovo i prodotti dei tre anoi
antecedenti.
Voltri continua a discendere: ha perduto Y% percento.
La linea di Stradella a Piacenza é aperta ora sino a
S* Nicolò ed ha un' estensione di 407 chilometri compreso
il tronco di Novi. Nel mese dì maggio non ebbe servizio
ordinario. Il primo di luglio fu aggregata airamministranone
delle strade ferrate dello Stato.
I proventi che nel primo semestre furono dì sole lire
849^034 salirono nel terzo trimestre a lire 437,069. L'au-
mento ragguardevole dei tre uhiroi mesi si deve alle rela-
zioni colla Lombardia e coi Ducati divenute più frequenti.
La Società si reputa inoltre creditrice verso lo Stato di
lire 55,477 per trasporti militari e di lire 60^476 per uso
di materiale mobile ; ma quest'ultima perdita non entra nei
proventi dell'esercizio.
II prodotto è tuttavia ancor basso, senonchè esso deve
crescere, giudicando solo da quelli dei tre mesi antecedenti.
Anche la linea di Cuneo è passata ali* amministrazione
dello Stato. I proventi di essa, che ha meno sofferto della
guerra, presentane la diminuzione di 3. 85 per cento^
L' esercizio del tronco di Brà è pur esso passato allo
Stato: i suoi praventi sono aumentati di circa il 40 per 100.
Dove Taumento è stato più sensibile e rilevante si è nelle
linee Tortno- 7tcino e Torino-Sasa. Non si è mai dubiuto
dello sviluppo che avrebbe avuto il movimento di quelle
Ili
linee I tolti che fos^sero tutti gli ostacoli e rimosse le bar*
riere che inceppavano le comunicazioni fra la Lombardia
ed il Piemonte ; ma si era lungi dal supporre che l'aumento
fosse si rapido. I trasporti militari hanno influito fill'incre*
mento dei prodotti più su Susa che su Novara; ma Faumento
durevole, che si osserva ogni settimana, proviene daitras*
porli ordinarii.
La linea del Ticino è la seconda dello Stato quanto ai
prodotti; questi sono aumentati del 38 per 100.
I prodotti della /i?iea di Susa presentano l'aumento del
66 per 100 e sono terzi per importanza.
Anche Valenza^ che ha pure sofferto interruzione del
servizio ordinario per molte settimane, presenta l'aumento
di 17 per 100.
Biella ha perduto 10 per 100 stante l'interruzione dei
trasporti.
Ivrea è aumentata di 73 per 100, ma nell'anno antece-
dente non si ebbe che il servizio parziale d'un sol tronco,
ed anche in questo anno i prodotti sono troppo lievi, per-
chè abbiasi ad essere soddisfatti dell'aumento conseguito.
Dopo che le strade ferrate di Stradella , di Cuneo e di
Bra furono , col primo luglio scorso , assunte dall'Ammini-
strazione dello Slato, le linee delle antiche provincie si di-
vidono in due gruppi, la cui estensione è al presente, pel
gruppo dello Stato chilom. 593 , e pel gruppo Vittorio-
Emanuele, di qua dal Genisio , di chilom. 267.
Delle linee esercitate dallo Stato non vi hanno più che
quelle d'Acqui, di Pinerolo, di Vigevano, di Veltri e di Bia
che non gli appartengono: in tutto 113 chilometri: il resto
è proprietà dello Stato completa o quasi , poiché i privati
iotleressaii nelle linee di Stradella e di Cuneo non rap-
presentano che piccola parte del capitale.
Lasciando da parte il tronco di Voltri che deve appar-
lencre alla Società della grande linea del Litorale, gli altri
98 chilometri potrebbero -essere riuniti alla rete appariu-
I4S
nenie allo Slato, acquistando il governo le azioni ad un
prezzo equo , e non dubitiamo che gli azionisti accettereb-
bero.
L'acquisto di Stradella e di Cuneo non si ha da riguar-
dare come una speculazione: il governo non deve farne;
esso è sempre sembralo a noi come conseguenza d* un si-
stema adottato, sistema discutibile, ma che abbracciato bi-
sogna mandarlo interamente ad effetto.
Il governo era pure in trattative per la linea da Vercelli
a Valenza, importante strategicamente e commercialmente,
siccome -quella che tramezza le linee principali e le oon-
giunge; ma non si è andato d'accordo quanto al prezzo.
Forse si è anche riflettuto che quella linea poteva essere
fusa colla lìnea Torino-Ticino e riunirsi alla rete Vitiorio-
Emanuele. Se la Socicth Vittorio-Emanuele fosse in condi-
zioni floride, se Io stato del mercato preeunario e la fidu-
cia nei valori industriali le consentissero V emissione della •
seconda serie di azioni, il meglio che far potrebbe, sarebbe
di acquistare le linee che esercita: ne ritrarrebbe non pochi
vantaggi: quello sopratutto di semplificare l'amministrazione.
Non vogliamo ora suscitare la quistionc, se non conver-
rebbe alla Società delle strade ferrale austriache meridio-
nali e lombardo-venete di staccare le linee lombarde ven-
dendole alla compagnia ViUorio*Emenuele\ questa quistione
interessa non meno lo Slato nostro che la compa$;nia delle
strade ferrate lombardo-venete ed i negoziali in proposito
hanno da suscitare alcuni rilevanti problemi. Ove si ri-
fletta però che alla Società Vittorio-Emanuele è guarentito
il 4. 4;2 per 400, ed alle linee lombarde-venete il 5. 4/5
per 400, la differenza nella guarentigia non è tale che non
sia possibile l' intendersi , e noi crediamo che questa solu-
zione sia la più agevole e vagheggiata anche da un illustre
uomo di Stato di incontestata autorità.
GrasvPB Si^cBiy Gerente responsabile.
^nM\ iN^v -
TATI &r^^i
ECONOMIA l'VbhlACA.
D k V 4 II I p r^ O T^ ^^
vomir vi;r«T»^^'
OEUUe AIATEUIE.
-*;oniai^
Ha
iris d'ItaUi
^rnillcAuhi per l- a«iio i . -
W"o '• »Utt, le „pt,.
7 p^j.,,....
BioVAucUi dft 64Uk«l
ANNALI UNIVERSALI
•1 Q1A118111A
[«•vembre ISft». V*l. XXIV. — N.** 91.
EST
lUBLIOGRAFIA (0
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGL
RASSEGNA DI OPERE ITALIANE.
VII. — La storia d'Italia raccontata ai giovanetti da Gin«
SEPPE La Pabina. Torino 1859. Un voi in-id.^ di pag.
866 , presso M. Guigoni.
Vili. — Compendio della storia d* Italia; di Luigi Zini. To-
rino 1859. Tre volumi ti»-12.^, presso M. Guigoni.]
JucGo due libri d'indole popolare e che vorrefflmo fossero* vi ?ainente
raccomandali a tolte le scuole italiane. Era ormai tempo che alcuni
beoemeriti scrlltoriy imitando l'esempio già dato da Cesare Balbo,
(I) Saraono indicate con asterisco (*) di riscontro al titolo delPopert
quelle pradaiioui sopra le qaali al daranno, quando occorrono, articoli
analitici.
Ambiali. SìaUstka^ voi. XII F* 9érie 5.* 8
Hi
raccogliessero in breve Tolome il sanie dei gtorlosi e diremo anche
dei dolorosi fatti di qnesta infelicissima fra le nazioni. Quando un po-
polo, come è il nostro, saprà eradirsi alla sua storia, si renderà forte
nei principi ^^^ ^^Q® ^ ^^^ ricadrà più nei falli passali. E che que-
sto buon fratto ora ritragga il nostro popolo italiano, noi lo Te-
diamo nella mirabile concordia che ora collega tolti gli italiani, i
quali vogliono fra mille sagrifici diventar finalmente una nazione.
Affinchè questa buona opera si cimenti ognor più neira?venire è
necessario che la crescente generazione faccia tesoro della storia
dei nostri padri, e sotto questo rapporto noi dobbiamo dar lode
al La Farina ed allo Zini, i quali dopo avere scritto opere diffuse
sulla storia italiana, hanno ora pensato a stenderne essi stessi
buoni compendj. Noi trovammo nei loro lavori tutto quell'ordine
e quella succosa brevità che costituir devono il pregio precipuo
delle opere scritte pei giovinetti.
IX. — Rendiconto per T anno 4 853 della Commissione prò-
movitrice della educazione dei sordo-muti nella provin-
eia di Milano, Milano 4859^ Un 90L in-8.* di pagf.186,
presso la Ditta Boniardi Pogliani.
Questo Rendiconto è divenuto da qualche anno una specie di
Annuario italiano dei sordo-muti. Esso è lavoro accuratissimo del
conte Paolo Taverna promotore e benefattore segnalatissimo della
pia istituzione che pensa ad educare i poveri sordo-moti della
campagna. Nella prima parte del Rendiconto si offre una preziosa
rassegna di tutte le nuove opere pubblicate in Italia per Teduca-
zione dei sordo-muti. Si rende conto dell' ajuto fraterno che già
si prestano varj istituti fra loro, ove insegnansl scambievolmente
i nuovi metodi. Si confuta l'errore gravissimo commesso dal mi-
nistro dell'interno di Francia allorché volle che si accomunassero
i sordo muti coi parlanti nelle pubbliche scuole elementari. Si
espone il benefico progetto. di assegnare a ciaseon sordo«ai«to che
esce ad edocaaione compiuta dall'Istitnlo» nn benefattore patrono
che lo assista nei rarj casi della sua vita. Si rende conto io fine
deiristiluto dei sordo-moti di campagna, tanto dal lato economico
che dal lato morale. Riguardo allo sfato economico si raccoglie
dal prospetti di rendiconto che nell'anno i858 si ebbero per que-
sto solo Istiloto tanti introiti per la somma complessiva di lire
austriache 54,376. La spesa pel mantenimento e per redocaaiooe
di S6 sordo*muti e di 40 sordo-mote, ammontò a lire 39,803 e
cent. 22.
La prosperiti morale di qoesto Istituto renne pubblicamente
riconosciuta all'atto dei pubblici esperimenti che nell'agosto di
quest'anno vennero dati tanto dagli alunni come dalle alunne del-
l'Istituto. Chi scrive questo cenno bibliografico si trovò presente a
quei pubblici saggi, e fu vivamente commosso nel vedere In tutti
quei poveretti una coltura d'ingegno e d'animo così appropriata e
cosi sicura da non potersi desiderare di più. Alcuni di quelli ol-
lievi, sia dell'uno, che dell'altro sesso, avevano compiuto in que-
st'anno il loro corso di stodj e nei componimenti da essi scritti
all'improvviso all'atto stesso dell'esame, erpressero tutta la grati-
tudine del loro animo. Uno di essi scriveva: «Io non ho più pa-
dre, ed amo l'ottimo signor eonte Paolo Taverna, come mio pa-
dre. Io ho tre fratelli sordo- muti ed una sorella sordo- mnta; io li
raccomando a Ini ed ai miei pietosi bonefattori ». Un altro scri-
veva alla madre di un suo confratello morto in quest'anno nell'i-
stituto, perchè nel cimitero del suo paesello avesse a porre « una
povera croce di legno a sua memoria w. Un altro scriveva queste
mistiche parole « Quando io tornerò al mio monte nativo incide-
rò in una pianta queste parole: vivano i benefattori dei sordo-
muti) La parola crescerà colla pianta ed il mio amore accrescerà
sempre più. Allorquando io abbraccierò i miei genitori, mi sov-
verrò di essi, che furono miei padri. Anche quando io anderò al
H6
cimitero per pregare per le anime dei miei genitori mi rioorder6
dei benefattori defunti, ed io atesso recberò con me il mio amore
nel mio sepolcro. Anzi ad onta che il mio sepolcro sarà freddo,
tuttavia vi resterà il mio amore, che sentirò tuttora ». Se questo
povero giovine non fosse sordo-muto, poteva ben dirsi essere nato
poeta. Anche le sordo-mute scrissero temi di eguale affetto.
Il Rendiconto si chiude con un semplice ma eloquente discorso
del benemerito sacerdote Tarra che dirige questo Istituto, e da coi
traspirano le più elette inspirazioni delta candida sua anima.
Il prospero stato di questa istituzione darà coraggio a tatti i
buoni per estendere da per tutto un si insigne beneficio a quei
paesi che tuttora ne mancano. G. S.
X. — Intorno la pita^ le opere e le dottrine del celebre
Luigi Molinari Valeriani , professore di economia pub-
blica in Bologna; Memoria di Amdrbì Gayazzoni Pbi>erzu(i.
Modena 1859. Un opuscolo m-8.^ cff pag. 64, presso
gli eredi Soliani.
Noi dobbiamo essere grati al signor Pederzini per aver riabi-
litata la memoria dell'illustre economista Valeriani che professò la
pubblica economia nell'Università di Bologna per varj anni. Egli
rese conto della vita di quest'ottimo professore; analizzò le molte
opere economiche da esso pubblicate e ne stese un nuovo giudi*
zio. 11 Valeriani si attenne al metodo della scuola italiana che sa
rattenere le dottrine economiche entro i duplici confini della scien-
za giuridica e della morale filosofia. Soltanto egli amò far oso di
formule algebriche ed abusò delle similitudini per rendere piò evi-
denti le sue idee. Le opere però del Valeriani meritano dì essere
consultate, sia per la copia dell'erudizione che per la bontà in-
trinseca delie dottrine. Lo stesso Pederzini si assunse già la cura
di riordinare gli scritti di questo illustre economista per esporle
in
io un corpo ilnieo di scienza. Sollanto egli desidera d' essere in«-
coraggialo dai buoni a qaeslo lavoro per poterlo rendere di pub-
blica ragione. Noi facciamo voti percbè l'editore della Bibliotèca
del V economista abbia ad accogliere questo accurato lavoro del Pe«
dersini per arricchirne la sua raccolta, ove è deposto il fiore
della sapienza economica si italiana che straniera.
Xl. -^ Inaugurandosi le scuole serali per gli adulti in Fi-
gelano il 30 ottobre 1859; prolusione del ca^* Eacolb
LciGi ScoLABi. Vigevano 1^59. Un opuscolo in-SJ^
Xil. — Sullo stato dell* asilo infantile e scuola superiore
delle fanciulle in Aglièj negli anni 1857 e 1858. Deci-
ma relazione di Lorenzo Valerio. Torino 1859, presso
gli eredi Botta.
V isttluxiode delle Scuote serali va mirabilmente progredendo
negli Stati Sardi, e in quel paese si ha l'ottimo intendimento di
supplire con essa alle lacune che presentano le scuole elementari,
le qnali non otfrono che la prima scienza, o per dir meglio i
primi strumenti della scienza del leggere, dello scrivere e del far
conti. Nelle scuole serali degli Stali Sardi si accolgono nelle eittà
gli operai più adulti , e nei villaggi i campagnnoli , ed oltre alla
ripetizione degli stadK elementari s'insegna nelle città il disegno
tecnico, la meccanica, il eanto corate e la ginnastica militare, e
nei villaggi s^insegna l'agricoltura in totte le sue più pratiche ap-
plicazion i, e sia nella città che nel contado s' insegnano anche i
doveri ed i diritti del cittadino. In Lombardia pure si contano
molte scuole serali, ma essendo niate per opera di privati e sotto
la tutela inquisitoria del diffidente regime austriaco non fecero al-
tro che ripetere gli studi elementari ed insegiiare pratiche pie. È
ormai tempo che anche i comuni lombardi facciano un' opera
buonaf adottando le scuole serali come istituzioni pubbliche , ren-
U6
dendole ptù appropriale, af naoYi bisogni nella popolare eoUiira.
n recente esempio di Vigevano e rotUnio programma degli sta-
dil ora svolto dal benemerito professore Scolari nel discorso di
prolusione cbe noi annonsiamo potrà servire di otile modello.
La carità privata continua a mantenere nel yillaggio di Agliè
un ottimo asilo infantile ed nna scnola elementare per le fanciol-
le. L'illustre Lorenzo Valerio che promosse queste opere buone,
ha per la decima volta raccolto in adunanza i promotori di qoe-
sle due benefiche istitnsioni e nel rendere conto di entrambe, non
potè a meno di congratularsi col suo paese per avere anche do-
rante la guerra mantenute floride le istituzioni educative, e con-
cbiuse dicendo: « Proseguite l'opera cosi bene incominciata; non
vi rifiutate ai piccoli sagrificj che ponno ancora esKervi doman-
dati, e giunti a vecchiaia, in quel momenti in cui le pompe del
mondo scompajono e la realtà s'alza nella coscienza nuda come
scheletro, voi potrete guardarla in viso e dire: « anch'io ho fat-
to alla mia patria, ai miei fratelli la mia parte di bene » »,
E giacché l'ottimo Valerio venne ora assunto a reggere la
cosa pubblica qual Governatore della vasta e popolosa provincia di
Como» noi facciamo voti perchè coli' esemplare sua solerzia e col
>Tivo suo affetto pel bene promuova anche nella patria del Volta
ogni genere di istituzioni educative, specialmente nel contado ove
hannovi ancora più di 300 comuni che mancano affatto di pubbli-
che scuole femminili. G. s.
iì9
MEMORIE ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE,
li^ Italia Cd 11 Plemontcf*
StudJ ecvfiomicL
Parte Prima.
Il Journal des économistes^ di Parigli ha da qualchetempo
inalberala la bandiera italiana, per far apprezzare ed amare
la scienza economica de' nostri padri, e quella dei nostri
illustri contemporanei. Noi riproduciamo un ultimo articolo
stato pubblicato dal detto giornale parigino e ci riserviamo
di soggiungervi in Gne una nostra annotazione.
I grandi avvenimenti militari di cui 1* Italia è il teatro,
non mi sembrano di natura da modificare sensibilmente le
impressioni che ogni osservatore imparziale avrà provato
percorrendo l' Italia or son tre mesi. Io confesso che mal-
grado la mia profonda ammirazione per i successi dell' ar-
mata francese pure non posso riconoscere di aver tagliato
colla nostra spada il nodo gordiano della questione. La pace
di Villafranca ndn è una soluzione. Dappertutto le barriere
politiche e commerciali sussistono fra i diversi Stati della pe-
nisola. L' unità italiana è sempre un sogno e il dispotismo au-
striaco è ancora una minaccia. Oggidì adunque i voti eh' io
avrei espresso dopo aver visitato V Italia anteriormente al-
l'entrata delle armate francesi sono ancora opportuni: hawi
solamente di più una bella speranza.
120
Nei primi mesi di qaesranno un' inquietudine minac-
ciante sì manifestava quasi dappertutto dalle Alpi alle Calabrie.
Dopo aver assistito al piede del Moncenisio e del Monviso^
negli Stati di sua maestb sarda ad uno spettacolo d' un popolo
industrioso e onesto che s* appassionava per la libertà po-
litica, io vidi Milano allora 'austriaco, che col cuore op-
presso e pieno di ricordi del passato, pareva ascoltasse i
rumori di Torino, k Venezia la compressione è violenta:
appena appena io distinsi per un sordo mormorio qualche
cosa che richiamasse si vicino a noi ove Manin esercitava
la sua patriottica dittatura ; a Firenze si stava in aspetta-
zione, ed a Roma si battezzava il piccolo Mortara. Più lungi
le prigioni di Napoli si riempivano*
Questa violenta situazione non poteva che preparare una
guerra fra l' Italia e il governo austriaco che la teneva
schiava. Allora io mi domandava sovente se la crisi che si
preparava, e di cui non intravedevo ii carattere, sarebbe
stata la morte o la rissurrezione della nazione italiana. Io
pensavo: la vita penetrerà essa dalla base delle Alpi fino
nel cuore delle Due Sicilie, oppure è un'assiderazione che
dal piede giungerà fino al capo? È lo spirito che domina
a Napoli 0 quello che trionfa a Torino, che avrà la vittoria?
lo una parola chi regnerà in Italia , una libertà onesta , o
moderata o il dispotismo? Si troverà forse strana questa
questione in pieno secolo decimonono, quando tutto intorno
a noi si proclama la tendenza del genere umano a emancipar-
si , conforme fu maturato per la libertà ; la si troverà for^e
più strana oggidì che il suolo italiano trema sotto i passi
delle popolazioni che si levano per deporre nell' urna il
loro voto contro il genio della retrogradazione e costituirsi
una patria.
Se la fede nella giustizia d'una causa veramente santa
potesse bastare per assicurarne il successo, io potrei ripetere
col poeta dell' antica Roma ; Fata viam invenunt; è ancora
oggidì il grido di tuti* Italia. Malgrado la mia confidenza
421
nell'avvenire, malgrado il magnifico speilacolo della devo«
zione del popolo piemoniese , non ha guari cosi abìU
mente diretto da uno degli uomini di Stato i più ri-
marchevoli dei tempi moderni, malgrado l'eroismo d*uii
re cavalleresco e le garanzie che può offrire la potenza del-
r alleato che il destino ha mandato all' Italia, io credo che
lo studio degl' interessi economici del popolo italiano e
r esame dei fatti che si riavvicinano o si riportano possono
aggiungere preziosi elementi di convinzione a quelli che
uno studio politico-filosofico può fornire al soggetto della
rigenerazione o della decadenza definitiva di questa nazione.
La grandezza d' un popolo è Y effetto necessario dei pro-
gressi intellettuali e dello sviluppo del lavoro. Ella ne è si
bene l'effetto come Io suppone. Il cammino degli spiriti e
delle leggi in questo caso è la causa determinante della
prosperità delle società e dell' emancipazione. Essa ha cer-
tamente maggiore eflicacia che non queste lotte sovente ste-
rili che fanno sollevare innanzi tempo le nazioni soggiogate
e le precipitano contro i loro oppressori.
Da alcuni anni questo progresso della civilizzazione aveva
cominciato a farsi sentire sensibilmente in alcune parti
d'Italia. Noi ne abbiamo una prova, in una serie di pub-
blicazioni recenti rimarchevoli per piò d' un titolo e ten-
denti a rischiararci sulla questione della vera situazione della
penisola. Nella pubblicazioni che toccano la scienza econo-
mica, come nelle applicazioni dei principj di questa scienza
è il Piemonte che ha oggidì il primo posto; merita sopra
ciò uno studio particolare. Ma prima d'inoltrarci troppo
nell'esame dalla situazione presente d'alcuni Stati italiani,
e d' apprezzare la loro economia attuale, conviene gettare un
rapido sguardo indietro sulla storia industriale, commer-
ciale e finanziaria di questa contrada.
Quante orazioni funebri, quanti lamenti sull'Italia dopo
r agonìa dell' impero romano ! Quante voci , quante braccia
non si sono innalzate per rendere a questa grande e bella
contrada la sua gloria e la sua potenza!
4S2
Barbari e cristiani/ re , tribuni , filosofi , poeti e artisti
lottano alla ior volta per restituire air Italia lo scettro del
mondo. Nel quinto secolo ancora i costumi e le istituzioni
romane avevano resistito all' invasione delle orde straniere,
la razza indigena si dedicava ai lavori produttivi e coltivava
nel medesimo tempo le lettere e le arti ; si credette per
qualche tempo ad un' era novella ; ma bentosto il sangue
di Simmaco, di Boezio e del papa Giovanni estinse questa
falsa luce, ed allora l'Italia si trovò in balia a tutte le pas-
sioni brutali dei barbari, che fecero sparire le ultime ve-
stigie dell'antica civilizzatione. Un denso velo copre la pe-
nisola e di 16 s' estende per tutto il mondo.
Nel medio evo, nell'ora ove l'occidente sembra voler
sortire da questo caos, ove il papato per un istante comprese
la sua parte nella lotta contro l' imperatore tedesco, V Italia
fu la prima a squarciare questo velo di dense tenebre. Gli
avanzi della romana civilizzazione sparsi qua e là nelle
città d' Italia formano gli elementi d* una novella società.
Alcune società sembrano crearsi per ricostituire il commercio
e r industria, e si vedono le vicine nazioni accorrere in
Italia per comperare i suoi prodotti , e per raccoglierne
l^r indizj i più preziosi. Nel quattordicesimo secolo il
fiorentino Buonacorso Pitti ambasciatore, ed anche abile
commerciante, andò in Francia, in Ungheria, in Germania,
occupandosi sempre di negozj diplomatici e d'affari di de-
naro. Fra tutte le città libere Firenze si distingueva per le
sue tendenze e assicurava cosi la sua influenza^ I Medici
che erano alla testa del commercio fiorentino, erano pure
capi dei sovrani^ ciò che non impedì che si rimproverasse
più lardi in Francia Caterina d'essere sortita d'una famiglia
di commercianti: ma a Firenze si capiva ben diversamente
r influenza dell' industria. Dopo tutte le orgie delle feste ,
guelfi e ghibellini, trovarono la serietà pel lavoro, e il loro
genio per le arti. L' organizzazione del lavoro non riposava
già certamente sulle basi, che ai nostri giorni raccomanda
423
Y ecotìomia polìtica, ma precisamente come all'epoca attuale
le questioni di salario erano occasione di turbolenze. Ed
allorquando la piazza pubblica era libera, e quando ferve-
vano le fazioni la ricchezza nazionale si sviluppava in modo
inaudito. Per un felice privilegio Firenze aveva saputo met-
tere in onore il principio del lavoro (I). Uno storico ha detto
che il governo non era che la rappresentanza dei mestieri
e delle arti. Infatti ogni mestiere aveva il suo tribuno, il
suo giudice, la sua bandiera e la sua voce in governo. La
rivoluzione dei Ciompi nel 1378, e quella del I38S mostra-
rono la potenza di queste società. Si contavano in quell* epoca
a Firenze SOO lavorato] di lana; si fabbricava ogni anno
80,000 pezze di panno e T importazione vi conduceva per
300,000 fiorini d' oro di panni comuni di Spagna, di Fran-
cia, del Belgio e di Germania, che erano spediti nel Le-
varne dopo aver ricevuto un supplemento di lavoro che li
perfezionava. Venezia, Genova, Pisa, eh' erano i depositi d!
lotti gli oggetti d'Oriente, trovavano in questi scambj gli
elementi d'un gran movimento marittimo. Queste tre città
avevano per sé sole maggior numero di vascelli sul Medi-
terraneo che tutte le altre potenze cristiane. Trattenevano
relazioni attivissime coi banchieri di Firenze, assai conosciuti
sotto il nome d' usurai lombardi.
Fu in questa città nel 1345 che l'organizzazione del
credito pubblico sarebbe nata per la creazione d'un gran
libro di rendita dello Stato: questo gran libro fu il libro
della borghesia. Fu là pure ai nostri giorni la storia del
gran libro d' Inghilterra. Firenze dava alla luce preziosi in-
segnamenti sul regime delle finanze, seguitando con tino zelo
infaticabile il compimento delle grandi riforme amministrative.
Intanto che il sistema monetario d'Europa era divenuto impos-
(i) 1 nobili erano obbligati ad inscriversi nel libro dei Comuni
come appartenenti ad una qualche sezione di mestieri.
424
sibilc per Tavidità dei sovrani e perchè tutte le relazioni erano
rotte ; nel momento che i re di Francia si facevano falsi
moneiarj, la repubblica fiorentina , comprendendo le grandi
leggi della ricchezza delle nazioni, che deve esser fondau
sull'equità dei governi, faceva battere il suo fiorino d'oro
col valore di S4 carantani, e col peso di 3 danari. Poneva
il suo valore sulla garanzia del pubblico e sulla buona fede
commerciale, e dessa mantenne inalterabile lungo tempo,
finché durò ella stessa, come un modello di tutti gli altri
valori. Un secolo più tardi rifermò pure la posizione delle
imposte e istituì il sistema del catastro. Durante l'epoca del
medio evo l'Italia malgrado le sue divisioni offriva l'aspetto
d'una gran prosperità. L'agricoltura faceva mostra delle sue
ricchezze, grazie ai numerosi ed abili lavori d' irrigazione, e
d' ingrassamento intrapresi dai proprietarj , uomini studiosi
sempre pronti a mettere il loro sapere e la loro borsa a
disposizione dei paesani. Si cercava di fortificare ed esten-
dere la potenza della comunità, a crearsi una patria. Le arti
innalzavano i loro capi d' opera, Santa Maria del Fiore, il
Palazzo vecchio, la Loggia e le sue ammirabili porte di
bronzo. Gimabue e Giotto rendevano al mondo l'arte d'A-
pelle; la gran voce di Dante cantava quel poema divino che
tutte le nazioni invidiano all'Italia; Petrarca, Boccacio, fa-
cevano risplendere i trasporti d' entusiasmo lirico dalle Alpi
alle Calabrie; s'immischiavano nella lotta del feudalismo e
della borghesia e ftvorivano col loro ingegno la rìforma
politica economica.
Dal suo canto l' industria italiana faceva mostra di tutte
quelle varietà di tessuti di cui ella sola ne aveva il secreto
e che i mercanti toscani e lombardi portarono all'estero. Gii
scambj colla Francia si facevano generalmente alle fiere di
Champagne o di Lyon, ove alcune franchigie attiravano i
mercanti italiani. Un ordine del re net 1294 stabiliva i di-
ritti che avevano gli oltremontani alle suddette fiere; in
una lira tornese ed un denaro per la vendita, un denaro
per la compera, fuori di fiera il doppio.
125
Malgrado le vessazioni di eiii erano loriuraii, i mereanii
italiani, godendo d'un monopolio assicurato, si diKondevano
in Francia; esiste un buon numero d'ordini dei re di Fran-
cia riguardo a loro. Ma le restrizioni o le libertà coromer^
ciali non servivano allora che la politica del principe o i bi-
sogni del suo tesoro. Nessuno si occupava per nulla affatto in
Francia di creare un'industria nazionale; e fu questo spirito
puramente flscale che occasionò ordini assai singolari (I).
Tutte le città d'Italia che erano allora tante sovranità
indipendenti trattano separatamente dei loro affari parti*
cola ri (2).
Venezia nel 4351 ottenne varie lettere del re che di-
cevano che i mercanti potranno venire nel regno, passarvi,
soggiornarvi e ritornarsene colle loro mercanzie senza esser
(i) Anno i345. — I negozianti italiani pagheranno iOO lire
per ogni 100 libbre di mercansie, facendo conoscere, che saranno
esenti d'oro, di cavalcatura e d'altre sovvenzioni^
J315. — Ogni mercante italiano, quanto il venditore che il
compratore, pagheranno al re per ogni libbra di mercanzie vendute
alle fiere di Champagne e di Brie, e nella provincia di Narbonne,
due danari della moneta ove sarà stalo fatto il mercato, e fnori
delle fiere di Champagne, di, Nismes e di Narbonne 4 denari.
Gl'italiani non potranno avere il loro dtmicilio che in 4 città:
Parigi, Saint Omer, Nismes e la Rocbelle.
1316. — Contro gl'iUliani.
Ì3i7. — L'imposta di denari e mezzi denari, assegnata a tre
borghesi di Parigi e ad nno di Firenze, é di 1 1,000 lire tornesi per
ogni anno. DI soprappiù il re avrà il quarto.
Essi non pagheranno che per l' importazione o esportazione.
1320. — Molli italiani avevano ottenuto per sottrarsi a que-
st' imposta il diritto di borghesia o sposavano borghesi.
L'imposta più non rendeva. Filippo V revoca tutti i privilegi
di borghesia.
{2) Il re di Francia nel 1312 aveva commissari per 11 com-
mercio di lane, e pei contratti dei nazionali a Milano.
obbligai! di portarle alle fiere di Champagne e di Brie. Nel
4369 il re di Francia accorda dei privilegi ai mercanti della
città di Piacenza in Lombardia, che verranno a commer-
ciare ad Haraleur.
I mercanti italiani rivaleggiavano coi portoghesi ehe
tralBcavano principalmente nel quattordicesimo secolo a
Harsleur e sulle coste dell' Oceano.
Un secolo dopo, l'esempio d'Italia e la sua prosperità
aveva risvegliato qualche spirito ; il re si occupa un istante di
questioni di libertà commerciali e pare se ne voglia recla-
mare i benefizi. Nel 1475 si vedono gli ambasciatori d'am-
basciatori d'Inghilterra fare ricerche per il commercio e la
libertà d' un regno all'altro. La Francia pure pare occuparsi
d' aver parte nelP industria, e Luigi XI geloso del monopolio
che aveva V Italia delle stoffe d' oro e di seta fa venire da
Genova e da Venezia i tintori ed i filatori di seta ed oro,
che stabili a gran prezzo a Tours, li esentuò d'ogni im-
posta di persona, d'ajuto e di sussidio.
Cosi il genio delle arti, del commercio e deH' industria
rendeva l'Italia grande, potente e gloriosa; ma già s'avvi-
cinavano i segnali della decadenza. Nel 44.^ e 45.^ secolo
Io scopo coslante della borghesia era il rovescio delia no-
biltà feudale. Ma questa lotta e T allontanamento d'un gran
numero d'operai fa incominciare l'impoverimento di al-
cune repubbliche a profitto di alcune altre. Le rivalità delle
repubbliche si traducono in tutte le cUssi ; cosi si vedono
gli operaj di Siena combattere lungo tempo gli opera] di
Massa, perchè questi avevano la pretensione di nt)n ricono-
scere i loro vassalli. Del resto che v' ha di più tirannico
che la storia delle corporazioni , dei tribunali e dei giu-
rando L'anarchia regna tosto dappertutto: né le profezie
del Savonaroltì, né gli sforzi di Macchiavelli non possono ren-
dere la vita alla nazione. A datare da quest'epoca, alla
quale gli storici diedero il nome di risorgimento, l' Italia
abbandona il sentimento dalla vita pratica , ed intanto clic
127
il libro d'oro della nobilib s'apriva per tulli quelli che si
facevano rimarcare ncirindusiria, nel commercio, nelle ani,
nelle amministrazioni, si considerò come vergognoso il darsi
al commercio, e T industria nazionale disparve. Gli avveni-
menti è vero ajutarono in questa funesta rivoluzione il ge«
dìo del popolo. La scoperta del Nuovo Mondo, il passaggio
del Capo di Buona Speranza e le invasioni straniere rovescia*
fono da einia a fondo la condizione della prosperitb ecce-
zionale d' Italia. La gloria postuma di Cristoforo Colombo e
d* Americo Vespucci non ha potuto rendere la vita alle ro«
vine che il loro genio aveva seminato sul suolo della patria.
Però, per un raro privilegio, l'Italia povera e mutilata trova
nei tesori del suo pensiero nuove grandezza. S'aprono ce-
lebri scuole, la scienza della medicina s' insegna a Salerno,,
il diritto a Bologna, la teologia a Roma e le arti rappresen-
tate da Raffaclo, Michelangelo e Leonardo da Vinci danno
alla luce meraviglie. Se si perde la traccia del lavoro in-
dustriale in Italia a quest' epoca, la si trova però all' estero.
Fu dal suo seno che si avevano ingegnosi artisti, architetti,
sapienti, ed è alla loro influenza ed alla loro ispirazione
che la Francia dovette la costruzione dei castelli di Gaillon,
di Blois, d'Ànot, l'abbellimento delle sue città e l'organiz-
zazione delle sue fabbriche. Grazie agl'italiani la Francia
al sedicesimo secolo comincia a sortire dalla barbarie. Tutto
il commercio si faceva colle loro mani; poiché come ai no-
stri giorni i francesi non amavano le avventure lontane. Que-
ste compere mettevano fra le mani degl'italiani mollo de-
naro, e la Francia non aveva che poche cose d* offrirle in
cambio.
Questa esportazione di denaro spaventò il governo di
Francia, che la proibì. ^L' effetto fu lontano di risponderò
all'aspettazione, poiché un ambasciatore veneziano constatò
in una sua lettera che a Vouezia ove V esportazione era
permessa V oro e 1' argento erano a più buon mercato che
128
in Francia. Si avrebbe poiuto credere che oggidì gli spiriti
fossero dotali di maggior lumi che in allora, e però il let*
lore si sovverrà che una misura analoga fu proposta in
Francia or son due anni. Bisogna dire, per esser giusti,
che se oggidì la Francia ha il monopolio della proibizione
Cóntro r esportazione dei metalli preziosi, essa li divideva
a quest* epoca co' suoi vicini. La Spagna essa pure avrebbe
voluto ritenere in casa la materia d*oro e d'argento, poi-
eh' essa aveva la medesima parte in faccia alla Francia che
questa in faccia all' Italia , ma gli editti furono vani e il
contrabbando più facile, rendeva ai popoli ciò che i governi
insensati pretendevano togliere.
Lo stesso spirito regnava in Inghilterra quando William
Lee nel 1689 volle introdurre la prima meccanica per fare
le calze e mettere cosi alla portata di tutti gli oggetti ri-
servati ai soli ricchi: il re s'oppose all'applicazione dei te-
la], temendo di ridurre alla niiseria qualche sarto che fa-
ceva pagare caramente ai poveri de' miseri brandelli.
Cosi mentre all'estero si compiva il risorgimento indu-
striale e commerciale, intanto che la Francia, il Portogallo,
r Inghilterra, l' Olanda creavano in seno a loro dei stabili-
menti industriali, s'aprivano nuove vie nell'Oceano, anda-
vano nelle Indie ed in America in cerca di novelle ricchezze,
r Italfa restava sepolta ne' suoi sogni, in mezzo a immagini
confuse di vaghe ricordanze, condotta dal papato verso le
fantastiche speranze di dominazione universale. Usurpando
il potere temporale la chiesa tiene tutte le provincie divìse
ne' secoli seguenti, nel momento ove l'unità politica regna
sovrana in tutti i paesi civilizzati. I benefizj di quest* unità
erano sempre davanti agl'occhi degl'italiani, e siccome si
ricordavano delle lezioni di Macchiavello, l'ambasciatore ve-
neziano Francesco Giustiniano scriveva al suo governo nel
1637: « Il regno di Francia come lo è presentemente go-
vernato da un solo capo, può essere di terrore alle altre
potenze, e mollo più non teme i loro attacchi (1) ». Un altro
ambasciatore veneziano colpito dalla medesima idea scriveva
pure: « Hannovi dei paesi più fertili e più ricchi come TUn-
gheria e V Italia, ma nulla è più facile di maneggiare quanto
la Francia. Ecco la sua forza : unità ed obbedienza (S) » .
Lo stesso Marino Cavalli geloso di conservare al suo paese
gli elementi d' un commercio che ogni giorno s' indeboliva
vieppiù, faceva al suo governo riflessioni curiosissime, che
non è inutile conoscere.
« La Francia non ha da Venezia che alcune casse di
cristalli, panni, cremisi, varj giojelli, sete di Vienna, il tutto
per sessanta mila scudi Tanno. Ma se si pensasse a seguir
l'esempio dei nostri vicini si farebbero affari per un milione
di scudi d'oro e forse anche di più; poiché in Francia si
consuma maggior quantità di sloOé d'oro e di seta che a
Costantinopoli e in quasi tutto il Levante. Le seterie ed i
panni fini vengono in Francia dall'Italia e dalla Spagna. In
questo genere i genovesi ed i toscani cavano un profitto
incredibile; il loro lavoro accontenta in tutto il gusto dei
francesi, cioè eh' essi fanno del panno che ha poco prezzo
e pochissima durata. È precisamente ciò che vi vuole pei
francesi, che s'annojerebbero a portare molto tempo il me-
desimo abito, lo non sono al fatto di queste cose , ma mi
sembra che sarebbe bene il lasciar fabbricare da noi i rasi
ed i damaschi di questa qualità. Se per una ragione qua-
lunque non si volesse permetterlo a Venezia , si potrebbe
sempre lasciar ciò fare ai fabbricatori delle provincie: que-
sti lavorando in casa loro le loro sete, non penserebbero a
spatriare, e s' arricchirebbero assai più, poiché spenderebbero
molto meno e darebbero le loro stoffe a condizioni migliori
dei bolognesi, dei toscani, dei genovesi, poiché questi vanno
i«B*
(1) Relazione degli ambasciatori veneziani, toni. I. pag. 181.
(2) Mem., pag. 271.
An?iali. Statistica t voL XXI V^ serie 3/ 9
a comperare la seta a Verona, a Vicenza» a Padova; pagano
i diritli, i trasporti fino al loro paese da dove portano in
Francia ì panni fatti.
Gli ultimi bagliori dell' industria italiana che brillavano
ancora a Venezia disparvero poco a poco quando questa
città abbandonò i principj economici che avevana sviluppalo
la sua ricchezza. La libertà commerciale fugge dalle sue
mura, ì suoi canali sono chiusi alle libere importazioni stra«
niere , colpisce di dirilti onerosi V esportazione delle sue
mercanzie dimenticando il passato e perdendo 1* avvenire.
Non aveva conservato che quella politica di monopolio colla
quale trattava i suoi immensi possessi in Albania, in llliria
rifiutando ad alcuni greci industriosi l'esercizio del com-
mercio per assorbirlo a auo profitto. Firenze non si era
rialzata dopo la ristaurazìone dei Medici , Genova eh' era
divenuta uno dei più grandi depositi del commercio d'Oc«
cidenie, fu saccheggiata da Carlo Quinto, e Napoli era in
preda alla tirannia spugnucla. Non v' ha più anima in un
corpo inerte.
Alcuni anni dopo un movimento intellettuale agita l' estre-
mità d'Italia e il popolo si risveglia alla voce fremente di
G. Bruno e di Campanella, in mezzo a queste rovine del
passato un uomo, Antonio Serra, cerca i germi d' una nuova
ricchezza pubblicando un lavoro intitolato Sui tnezzi di far
affluire l'oro e f argento nei regni. Questo lavoro, criticalo
da Say e Mac-Culloch e lodato da Litz, resta nondimeno
come un curioso monumento delle idee economiche d' Italia
in queir epoca. Cosi V Italia tanto alla sua caduta come al
suo risvegliarsi, conservava il felice privilegio d' iniziare i
popoli alle grandi leggi della natura, e alle leggi del lavoro.
Questa terra era sempre quella di Virgilio; i/agna porens/
Antonio Serra ebbe abili ed illustri successori: Beccaria, Fi-
langeri. Verri e molti altri.
La nuova scienza trovò buon'accoglienza presso alcuni
governi italiani, ma quelli ch'erano più dìretti^mente sotto-
131
p08ti al giogo papale rimasero stranieri ad ogni progresso
e non si rallentò la loro decadenza.
Cosa potevano infatti il commercio e V industria negli
Slati romani ove seguendo il dogma allora in pieno vigore
il denaro non poteva esser prestato in modo produttivo? I
papi si guardano bene dairabolire questa vecchia legislazione,
poiché se lo Stato aveva bisogno di chiedere a prestito si
trovava una quantità di capitali oziosi di cui i proprietari
consentivano a non ritrarne che un debole interesse per di-
minuire la contravvenzione alle leggi della chiesa. Cosi
Sisto Quinto alla sua morte lasciò nei tesori dello Stalo
ooa somma di cinque milioni di scudi d* oro* La situazione
del tesoro pontificio non è oggidì cosi prospera. L'economia
politica ha rovesciato il santo dogma e comincia a far com-
prendere che la libertà della tassa d'interesse è una conse-
guenza naturale del progresso della civilizzazione. Ma nel di-
ciassettesimo secolo r Italia schiacciata dagli spagnuoli e dalla
società di Lojola, non lascia travedere che deboli applica-
zioni alla novella scienza ; nel secolo decimo ottavo sempre
tormentata dalle invasioni straniere, non presta che una
distratta attenzione alle lezioni di Beccaria ed agli scritti
di Filangieri. 1 governi ultra liberali altrevolte mettono allora
io pratica teorie economiche le più insensate. Si vedeva
per esempio a Genova un prestino ed un'osteria pubblica
amministrati e retti sotto l'autorità del senato. La repubblica
sola aveva il diritto di tener bottega per vendere il pane,
il vino, la legna e l'olio. Si può immaginare la bontà delle
derrate, noi sappiamo cosa valgono ai nostri giorni i prodotti
regi. Il monopolio di queste vendile era stabilito natural-
mente a profitto dèlia nobiltà e del senato; e già questi due
corpi non lasciavano mancar occasione d' aumentare i loro
benefizj. Ogni anno era d'uso che il senato domandasse per
lo Stato al poter ecclesiastico il permesso di mangiar di
grasso in quaresima. Nell'anno 1785 siccome i nobili avevano
molto merluzzo da vendere il scuata non chiese il permesso
432
e Io Sialo fece di magro. Ma ì nobili vendellero il loro
merluzzo. Con una simile amministrazione il paese era in
piena decadenza, però si irovava allora in Geno?a in molle
mani, scrive uno scriltore di quell'epoca, il libro soiram-
minisirazione delle finanze dì Necker. Se ne servivano collo
stesso successo die i selvaggi d' uno specchio di Venezia.
Non tulle le parli d' Italia presentavano uno spettacolo
cosi aflliggente ; a Firenze il granduca ricordandosi delle
lezioni di Beccaria e di Filangieri, cercava d' aprire vie di
comunicazioni e s' occapava d* un' intiera riforma della legi-
slazione per introdurre i principj della legalità civile. Con
grande sicurezza di viste stabili la libertà assoluta del com-
mercio e dell'industria e se ne fecero bentosto sentire i
benefizj. È inutile il disconoscere che i primi anni di queslo
regime furono penosi, ma è la legge generale di tutiociò
che comincia, e seguendo la parola d' un distinlo pubblicista:
Quando Ut libertà comincia a camminar sola essa fa sem-
pre qualche caduta^ ma ogni caduta lUstruisce e qgnipass(i
la fortifica.
Però quesi' età d'oro creata dalle leggi leopoldine non si
estese lontano, l'Italia era muta, gli sforzi d' uomo dabbene
non possono nulla contro l' idiotismo d' un popolo schiavo.
Se la libertà esisteva per la Toscana non era cosi a Roma.
Una bolla del papa scomunicava lutti quelli che esportavano
dagli Stati romani in Toscana certe mercanzie. Queste ri-
dicole difese non servivano che a favorire il contrabbando,
e non intimidivano per nulla quelli che si davano a questo
traffico. Cosi uno di questi diceva che sififatta scomunica non
gli faceva nessun danno e che non poteva ricadere che sol
suo asino, che solo portava la derrata e che fortunatamente
aveva buon dorso. Del resto le popolazioni italiane coltiva-
vano con successo l'industria del brigandaggio. I banditi
esercitavano sugli spirili un cerio fascino ed era nel loro
rango che la fanciulla sceglieva di preferenza il suo fi-
danzato.
4S3
li sistema d'economia politica che reggeva allora gli Siati
delta chiesa era presso a poco tracciato su quello dei romani.
Si vedeva ancora la magistratura chiamala annona frumen-
taria incaricata di regolare la vendita e la compera dei
grani e la seminagione delle terre; un'altra 1* annoila olearia^
che esercitava le stesse funzioni per Tolio, e infine V an-
nona delle grasce j che sorvegliava la vendita dei bestiami,
del latte e dei formaggi. Tutte queste entrate comuni agli
altri stati non avevano altro risultato che di sviluppare fra
i romani le loro disposizioni alla furberia , alla frode e al
briga ndaggio.
Non bisogna del resto stupirsi di questo ridicolo regola-
mento; noi eravamo a questo punto» non è molto tempo,
anche in Francia e ancora al giorno d'oggi il nostro sistema
di colonizzare T Algeria ne è una prova irrefragabile. L'Al-
geria aspetta sempre qualche editto come quelli di Pio VII che
abolirono interamente l'antico regolamento. Roma pure fu
male approvvigionata ed i prezzi restarono egualmente rimu-
neratorj.
Questi risultati dimostrano che l'abolizione delle leggi
nocive per la coltura e l'alimento sono senza profitto per
lo Stato e nocivi ai consumatori, esempi recenti dicono ab-
bastanza chiaro che l'industria, l'agricoltura ed il commercio
non possono prosperare fintanto che l'uomo è padrone del
suo lavoro e che può a suo grado disporre delle sue ric-
chezze.
Al rumóre della rivoluzione francese si credette che
r Italia si risvegliasse, ma il popolo era morto e le idee
invece di progredire indietreggiarono. Alfieri, questo ultimo
gran poeta d'Italia, tuonava contro la rivoluzione e il popolo
abbrutito combatteva i francesi suoi liberatori. La lotta era
ardente e quando il genio di Bonaparte apparve alla sommità
delle Alpi va illuminando co' suoi ragiji i vecchi partiti e i
loro sistemi , si potè crovlere che sotto nuove leggi V linlia
rivivrebbe. Un momento infatti lavori industriali, agricoltura.
iS4
commercio, belle arti, rifiorirono e produssero opere rimar-
chevoli. Fu una luce effimera. La caduta del colosso fece
ripiombare V Italia nel caos, i politici ripresero il loro im-
pero e i tiranni il loro scettro. La schiavitù opprimeva i
popoli dalle Alpi alle Calabrie e le rivoluzioni del 48SO in
Piemonte ed a Napoli non poterono romperla^ AH* ombra di
questi governi dispotici le idee economiche seguivano la
più strana direzione. A Roma nel IS29 si riconobbe che la
fabbricazione dei panni assai importante alio sviluppo del se-
colo deperiva di giorno in giorno; non si cercò se io sviluppo
industriale degli altri paesi portava un buon mercato che ca-
gionava la rovina dell' industria romana, si fecero dei castelli
in aria e si^ vide la Commissione incaricata dell* inchiesta ,
concludere come mezzo di salute il rifiuto delle macchine
a vapore per la filatura e tessitura, fondandosi sul pericolo
delle esplosioni.
Non eravi più nulla a sperare quando un fremito sordo
universale percorse le vene di tutto un popolo e dall'alto
della cattedrale di San Pietro Pio IX proclama la libertà.
Ma l'Italia ha ripreso le sue catene: un governo 4oIo ha
resistito. Noi abbiamo ora a raccontare la storia dei progressi
economici che seguono con successo nel nord dell'Italia e
le conseguenze d'una rivoluzione commerciale che assicura
al Piemonte la libertà e la prosperità e un posto a parte
nella storia della penisola.
( Continua ). Em. Foumier.
«35
WaoTi stadi Interno iillii rifornii dell* Istraslone
In Itollii imi.
Sulla riforma degli itudi, scriiiure quattro di Gaspare
Gozzi. Memoria del Can. Pinazzi.
.Ri
iforma intitolavasi il Magislrato supremo degli studi in
Piemonte ; e Riformatori degli studi avea la repubblica di
Venezia: titolo sapiente. Que' vecchi intendevano che nelle
istituzioni principalmente, alle quali è affidato il destino
delle generazioni crescenti, cioè 1* incremento ^graduato dei
beni e il rimedio de* mali efficace, richiedevansi di tanto
in tanto riforme: ma riformare non intendevano già che
fosse un moltiplicare le formalità né un mutare le formole;
alla parola davano V alto senso filosofico, ora smarrito nel-
l'uso, non di figura esteriore ma d'intima vita(l) ».
Ora il momento di pensare a riforme è opportuno,
giacehè i mutati ordinamenti politici richiedono di neces-
sità, che in un cogli altri anche gli ordinamenti degli studi
sieno mutati. Ma se queste riforme s* hanno pure a far in
Italia, non sembrerebbe doversi affatto entrare nella per-
suasione di molti, che per V ordinamento delle scuole tutto
debba farsi dì nuovo e tutto crearsi di pianta» come se mai
presso noi non si fosse studiato o mai uon si avessero
avute scuole. Poiché, che questa potesse essere la condizione
(a) Alla sapiente Memoria del professore Magrini stala inserita
nel fascicolo di seltembre degli Annali di statistica facciamo suc-
cedere un niioTO lavoro del canonico Finazzi, nel quale si rias-
sumono studi, che Uno de* più benemeriti Italiani dettava in epo-
che ancora gloriole per questa infelicissima terra madre de' forti
ingegni e vittima perpetua de' potentati del mondo,
(i) Tommaseo.
436
di alcuni Stali, quando poteano dirsi di formazione al tulio
nuova, la cosa s'intende da sé. Ma per T Italia, la quale
conta sei secoli di letteratura e di scienze, nei primi dei
quali fu maestra alle altre nazioni; per rhalia^ che in opere
d' ogni coltura intellettnale dovrebbe tenersi d'assai, quando
riandando le sue tradizioni sapesse rifarsi sulle vie, per le
quali i più eletti suoi figli arrivarono al colmo dell'eccel-
lenza; per l'Italia codesta supposizione, che tutto nel fatto
degli studi si debba fabbricare di nuovo, parrebbe si strana
e avventata, da non dover cadere in mente, se non a chi,
non avendo abbastanza considerata la cosa, per ìsmania di
novitb si lasciasse travolgere e fare di una riforma un' opera
di distruzione.
Con questa fiducia che noi possiamo riporre nelle ira-
dizioni della nostra patria letteratura, ove i tempi pur chie-
dano di porre più alti intendimenti a' nostri studi e di gover-
narli con più ragionevoli metodi, che pur dianzi generalmente
non siesi fatto, prima di volgersi, con vergognosa confessione
della nostra povertà, a spigolare qua e colà da' codici stra-
nieri 0 di Francia o di Prussia o del Belgio nuove norme e
nuove leggi per poi ideare od architettare nuovi piani e
ordinamenti di sludi, i quali ovviando ad alcuni difetti altri
non meno gravi ne cagionerebbero, sarebbe da vedere se
fra noi alcuno dei nostri non avesse tentata alcuna via
di utili riforme, le quali per questo appunto che furono
'fatte fra noi e per noi, dovrebbero non fosse altro avere il
pregio dell'unità ed armonia di principi! e la voluta confor-
mità coir ìndole delia nostra letteratura e col carattere na-
zionale. Ora, se pochi ebbero campo di proporre opportune
riforme, pochissimi di farle comecché fosse valere e molto
meno adottare , quando dispotici e stranieri Governi e' im-
ponevano recisamente i loro metodi e piani d* insegnamento;
non però al tutto si rimase di manifestarsi il pensiero e
r avviso di alcuni de' nostri meglio veggenti e più corag-
giosi : agli scritti de* (|uali, passati se accade per la con-
137
trarietà dei tempi inosservati, sarebbe ora da por mente,
per farne esatti ed imparziali confronti coi nuovi avvisamenti;
giovando pur sempre l'approfittarsi dell'esperienza e dello
zelo di lutti, 9 dal fatto altrui prendere sapientemente le.
mosse a compiere ciò che rimane. Ora fra i pochi , che
meglio abbiano conosciuto ed avvisato i difetti dei metodi
invalsi nella nostra educazione, quando pochissimo vi si era
posto mente e non erasi ancora ben manifestato il pensiero
di rimediarvi^ fu il nostro Gaspare Gozzi. Queir uomo ricco
di varia e forte dottrina, era tenero delle patrie tradizioni , ma
non tanto che non credesse doverle sapientemente informare
ai veri progredimenti della civiltà^ peritissimo di ogni ramo
della classica letteratura, e non meno abile e avveduto a sa-
perne volgere ed applicare i documenti e gli esempi alle
rinnovate condizioni della società e ai più nobili e veri in-
tendimenti della vita. Che, quando fiacco era il senso della
filosofia, indecoroso V oiBzio delle lettere, puerile il trastullo
della poesia, perduto 1* uso della schietta eloquenza, lo stile
generalmente viziato, e per poco non bene italiano il suono
delle farsi e delle parole, sorgea fra i pochi a mantenere
l'onore degli antichi classici, e a volerne saldo e indispen-
sabile, sebben non cieco e superstizioso lo studio: e nella
modesta condizione di scrittore, e di scrittore che è più
obbligato a trarre di qui di che vivere egli e la sua fami-
glia, si porgeva schietto ed onestissimo cittadino, nemico
(li adulazioni, e per quanto i tempi il portavano , franco e
leale ed insieme riguardoso e civile correttore dei difetti e de'
vizi che egli avesse nolato nei privati e nel pubblico; e ciò
tutto, non pure con quella generale efficacia, che gli veniva da
un dettato sempre nudrito di verace sapere, epuro ed ele-
gante nei modi e schietto tanto ed urbano e pieno di gajezza
e di festività, ma anche per quella rara abilità di scrittore,
(ii sapersi adattare ad ogni genere di stile, e passare dalla
concione al dialogo, dalla dissertazione alla novella, dal rs^c-
conio all'apilo^o, dal sermone alla lettera famigliare, pa-
438
reodoglt egualmeaie nobile il socratico eloquio e il riso eso-
piano, purehè gli avvenisse di potere per questo come per
quello inspirare a* suoi lettori il sentimeoto dell* utile vero,
e farsi comecché fosse banditore di verace sapienza e di
verace virtù. Ora a nessuno meglio, che a cosi fatto scrit-
tnre quar era il Gozzi, potea convenire di recare in mezzo
i suoi pensamenti, ogni qual volta si fosse pensato di rior-
dinaro metodi di studi o proporre riforme di educazione.
E fu giustizia, che resero al senno ed al gusto di quel raro
cittadino, se i Magistrati riformatori dello studio di Padova,
nonché i Deputati alle pie cause dì Venezia , gli porsero
solenne occasione di presentare in proposilo con tutta libertà
le sue considerazioni, che reccellentissimo Senato si avreb-
be fatto gran fondamento per le riforme e pei riordinamen-
ti, ehe era risoluto di dare all'istruzione. Il momento era
grave e di grande responsabilità, trattandosi « di dovere
colla maggiore sollecitudine riferire qual più agevole e van-
taggioso sistema potesse, ordinarsi e mettersi in pratica senza
ritardo, per dare una pronta sostituzione alle scuole della
Dominante , prima amministrate dalla Compagnia di Gesù ,
cosi per le discipline degli studi , come per il numero de'
maestri e loro incumbenze ». E il Gozzi non era nomo da
prendersi altro che con grande coscienza e religiosità l'af-
fidatogli incarico; in cui (come egli stesso peritoso espo-
neva) « trattavasi di determinare una serie d'arti e di
scienze, le quali avessero a formare ingegni per la Repubblica
e fare uomini pieni di sensp^ di vera e soda pietà, di giu-
stizia, d'onestà, d'amicizia, e di tutte le buone qualità ci-
vili 6 domestiche $ argomento ehe in sé comprende la Re-
ligione, la scienza delle cose e la virtù del costume ». A
che si volea « determinare pubblici metodi , sotto a' quali
fossero ammaestramenti tali eseguiti, e persone atte ad in-
segnare: ridurre per quanto si potesse Tistitozuine cosi bene
dìsiribuiia fra tutti i cittadini, e cosi tutta indirizzata al fine
delhi Repubblica^ che avessero a riuscirne patrizi egregiamente
189
avviati alle conaiderazioDi ed a' consigli di governo, alla
custodia di magistrati, di leggi , di popoli , e persone che
gli assecondassero coli* ingegno e eon Topera e specialmente
eoD la probitk ne' pubblici offici ; ed in breve far si che eia-
scano fosse atto e pronto air osservanza delle leggi e ca*
pace di servire alla patria in quegli impieghi che gli fossero
dalla sua condizione destinati ».
Cosi vero e non superficiale concetto della pubblica istru-
zione si aveva formato il Gozzi ; e su queste basi e su que-
ste norme ne svolgeva i principi! e determinava i metodi
in parecchie memorie^ che una all'altra fece succedere sullo
stesso argomento, secondo le varie ricerche che gliene ven-
nero fatte. La prima, e per avventura la più dotta e più eia*
borala, è quella che s'intitola Sulla riforma degli sludt, acni-
Iure due : viene l' altra Sulla eoiHiuziom alle icuole di Fa*
nezia prima amminiètraie dalla Canìpagnia di Gesùi poi
quella Sti//e scuole che dolevano in Padova essere sostituite a
quella dei Gesuiti: e da uhimo l'altra Sopra i7 eorso di
studi che pia convenir tM^ Accademia della Zueeca in Fe-
nezia» È vano dire a chi sa le vicende e gli ultimi casi della
veneta Repubblica, come tutti questi suggerimenti e progetti
del Gozzi cadessero vani, e fosse tolto di farne lo sperimen*
to. Quello che parrà strano e quasi incredibile è che se ne
aia tenuto si poco conio da correr pericolo di essere di-
menticati e fino esclusi di avere, come ben meritavano, la
loro parte nella storia della patria letteratura. Tanto alcuna
volta è poco esatta e poco fedele la storia, massime se le
passioni o i pregiudizi si intrudono a manomettere od a fal-
sorne le pagine! Ma o fossero ignorate o tenute a bello stu*
dio nascoste queste scritture del Gozzi non si videro pub*
blicate né dai Veneti editori, né dai posteriori di Padova, ebe
pur si proposero di darci complete le opere di quel raro
scrittore. E noi ne saremmo per avventura rimasti affatto
allo seuro, se queste scritture non fossero venute alle roani
di chi, trovandole degne del suo Autore, stimò prezza dell' o-
440
pera il farle di pubblica ragione. Come fece delle due prime
Tanno 4835, coi tipi Yendrame di Udine, il possessore degli
autografi Pietro Nicolò Oliva del Turco, che le volle intito-
late si suo amico Luigi Bianchi; di che gli fu dato merito
dal riputalo giornale che ci era allora la Biblioteca italiana^
che annunziò coti lode questa pubblicazione. L' anno appresso
dalla tipografia di Alvisopoli in Venezia usciva V altra delle
dette scritture, da Andrea Galvatii dedicata ad Elisabetta sua
cugina. E nello stesso anno anche Bonaventura Bergamo de-
dicava ai novelli sposi Giovanna. Segati e Pietro del Negro
la terza delle indicate scrittore, pubblicandola nella tipografia
Pascatti in San-Vito. E per ultimo il già lodato Pietro Ni^
colò Oliva del Turco, l'anno 4839, coi tipi del già detto Pa-
scati! in San-Vito, facea dono al pubblico della quarta delle
summentovate scritture, indirizzandola ad un egregio amico
suo il dottor Anselmo Zava.
Di che si vuol saper grado accolto e benemerito edi-
tore, poiché « quand' anche (come egli stesso avvisava in un
suo proemio) le dottrine d'oggidì, dopo che tanti illustri
pensatori sparsero molta luce sull' insegnamento, possono es-
sere in qualche parte diverse da quelle del nostro autore;
non pertanto dovevasi negligere quant' esso ne avea detto, e
perchè le opinioni di un uomo insigne debbono essere sem-
pre ponderale e messe a calcolo se vi sia luogo, e perchè
in ogni evento servono sempre alla storia dell' andamento e
del progresso delle umane cognizioni ».
Ora volendo porgere un sunto di tutte queste Memorie,
che accenni ai sommi capi delle materie che vi sono trat-
traitc, sieno prime, come loro si addice anche in ragione di
merito, le Due scritture sulla riforma degli studi. La prima
delle quali è una storia cronologica degli studi in Venezia,
dove brevemente trovasi esposto quanto fece il Senato di
quella Repubblica nel volgere di alcuni secoli, per ridurre
alla maggior perfezione possibile il sistema della pubblica
istruzione. E primieramente l'Autore martda innanzi alcune
144
eonsiilerazioni sui difetti della istruxione phe generalmente
saol darsi nelle famiglie o in privati Collegi, perchè quindi
ne dovesse venire la debita lode allo Stalo, che a togliere
quei difetti si era dato si grave e continuo pensiero a ben
ordinare le pubbliche scuole. « Le educazioni, che si appren-
dono io privato, varie nel metodo o spensierate, non possono
formare né quel giudizioso ordinamento di idee che illu-
minano la gioventù con una ben ponderata ed eletta catena
di scientifiche cognizioni, né introducono in quei teneri animi
la conoscenza dei loro doveri, e con essa raffetto alle con-
suetudini patrie ed alle leggi ». Per giunta a tali difetti, il
savio Istitutore e non può senza rammarico ritoccare ia que-
sto luogo quei disordini , che intorbidano il costume nelle
scuole private, per la non curanza dei padri 0 delle madri
sviati dal vegliare sui proprii figliuoli fra le usanze correnti.
Consegnansi questi, nota egli, di dieci o dodici anni, con
quelle pieghe di volontà, che hanno già prese dai più inculti
e forse viziosi domestici, ad un maestro il quale per prima
condizione dell' entrare in casa patteggia di non fur compa-
gnia ai giovanetti, come se la vera educazione stesse nel
sedersi di mala voglia in faccia a' loro, facendo un' incon-
siderata scuola di poche ore al giorno, senza più esaminare
gli andamenti loro spontanei, e, non costretti dalla soggezione
dello studio, dare buoni ricordi e salutevoli ammaestramenti
a tempo, notare mancanze, lodare detti 0 azioni buone, ed
usare tutte quelle sottili avvertenze, che richiede una solle-
cita educazione di costumi, che in una repubblica sono in
iìoe la più v'era scuola, la migliore e la più necessaria ». Né
più trovava di poter lodare il partito di mandare i giovani
alle scuole di qualche Istituto regolare 0 ad altre pensioni
che fossero di privati Collegi o di Seminari ; poiché quando
bene non si'verificasse, come della più parte sospettava il Gozzi,
che quanto alle dottrine ritenessero esse ancora ad un di
presso quei metodi d'insegnare che vennero nel tempo del-
l'ignoranza stabiliti », ci sarebbe sempre da temere che i gio-
I4S
vani in quelle scuole educati ne uscissero meno atti alle
consuetudini della viia civile, meno assuefalli ali* osservann
delle leggi e a considei^re con mente illutninata gli aflhri
del proprio paese >• Lasciate però da un Iato le private scuole
e quelle non meno dei Collegi o dei Seminari, si fa TAuto-
re a rintracciare e seguire le deliberazioni, che furono mano
mano prese dalla Repubblica pel progressivo ordinamento dei
melodi delle pubbliche scuole. E e quanto egli trae da que*
Me ordinazioni, dal 1448, epoca in cui a' aperse il lume
delle scienze in lulia, fino al 1685, ci fa un fedéle ed in-
genuo ritratto di quella carità, con cui il serenissimo Do«
minio invigilò alla cultura degli animi e degli ingegni, de'
suoi cittadini; e dimostra che i provvedimenti, fatti io que-
sti ultimi tempi da alcuni Governi rispetto hU* educazione,
ebbero in gran parte luogo nello Stato veneto quasi tre se-
coli prima : e che se la fatalità dei tempi qui gli interruppe,
tanto resta ancora di regola e di lume negli antichi decreti,
che una risoluta prudenza con la scorta di quelli può rior-
dinare una perfetta educazione e averne gloriosa riuscita » .
Premesse queste considerazioni, discorrendo brevemente
la storia cronologica degli studi in Venezia, nota come prima
del secolo XV e quasi tutta la disciplina voluta dal Principe
massime per la nobiltà stesse nelFacquistar pratica di viaggi
marittimi, conoscenza di costumi e di leggi delle altre na-
zioni »• E avuto riguardo ai tempi, in cui la Repubblica
mirava più che altro a fondare la sua potenza e la floridezza
de* suoi commerci, si troverà che questi era per quell'e-
poca « la più provvida istituzione >. Questo più pratico che
letterario sistema di educazione non fu mutato che verso la
metà del secolo XV: nel qual tempo fu stabilito un metodo
di pubblico insegnamento, ed approvato un precettore di
grammatica e di lettere umane. E sono degne di riflesso le
parole di quel decreto^ nelle quali si vede come queiroecu-
lato Governo mirasse sempre nell'educare « principalmenie
air assuefazione negli usi della patria » • • Questa scuola di
I4S
grammalica e di reiiorica fu appunto il principiOi col quale
il Senato si aperse la via ad una delle più proflcue e no-
bili scuole, che venissero mai in citt& veruna introdoue,
nelle quali secondo che andavasi aumentando il lume delle
dottrine, or V una or V altra ne veniva avidamente abbrac-
ciata, riguardandosi al benefixio non più solo della cancel-
leria, ma a quello dei nobili, dei eittadini e delle persone
di chiesa » • e Logica , filosofia e teologia , dopo la gram-
matica e la reitorica, ottennero pubblico insegnamento >•
E nel 4449 il palrixio Lauro Quirino insegnava la mo-
rale di Aristotile; e nell'anno seguente a Mario Fidelfb era
dato incarico di ammaestrare I9 gioventù nella poeUca, nel-
Teloquensa e neiristoria; e a Giorgio Trapesunsio conferito
di aprir utia lettura di greca erudiziope. E riscaldatosi tut-
tavia sempre più il genio verso le buone lettere, dappoiché
Tiinveuzione della stampa aveva accomunati i libri greci e
latini, sul principio del secolo XVI, Nicolò Leoniceno e Mar-
co Musuro vi erano solenni maestri delle greche lettere;
come Gregorio Amasco e il Sabellico e Rafaello Regio con
gran rinomanza vi professavano l'erudizione e la letteratura
latina.
Dove non è da sorpassare l'esempio di quei maggiori,
che furono si avveduti di indirizzare per tempo la gioven-
tù verso quegli studi, l'uso de' quali era più famigliare e
quasi richiesto dalle patrie costituzioni. Perchè (eome ben
nota il Gozzi) in un governo aristocratico (e noi diremmo
a maggior diritto in un governo rappresentativo), nelle eoi
occorrenze si dee procedere . per via di consigli e di con-
siderazioni, difendere ed oppugnare pareri per isviluppare
la verità, adducendo ragione dei proprii pensamenti o pub-
blicamente parlando o rendendo conto in iscritto d' impor-
tanti affari di governo o d'interna polizia, difficili ed impli-
cati*; 0 dovendosi nei Magistrati trattare di molte difficoltà
legali e di spedienti; o nelle Arabascierie maneggiare ne*
goti nelle Corti : non v* ha certamente cosa più utile e ne-
444
cessarla dell' eloquenza , per proferir con chiarezza e fona
persuasiva quanto hanno insegnato la pratica e le dottrine.
E non meno abbisogna quest' arte per le azioni giudiziarie
alla classe degli avvocati e degli ecclesiastici che vogliano
eseguire il loro debito ».
« Meoti'e tuttavia che in tal guisa si coltivavano le buo-
ne lettere, non si avea minore accuratezza al progresfto
delle scienze, secondo che l'ingegno degli uomini, ajutato
allora dalla sua sola robustezza e fatica, le andava toglien-
do fuori dairoscurità >. Fra esse Girono preferite e pro-
mosse fra le prime le matematiche; poiché quei sagaci isti-
tutori ebbero conosciuto « quanto giovamento e vigore avreb-
bero potuto arrecare alle arti meccaniche >•
Né meno delle dottrine era a cuore di quei nostri mag-
giori • che la gioventù fosse rettamente disciplinata nelle
londamentali verità della Religione; e riconoscendo essiche
queste non poteano aversi da miglior fonte e più sincera
che dalle Sacre carte, determinarono una pubblica lezione
di sacra Scrittura » . Si vedrà più avanti dalle stesse osser-
vazioni del Gozzi , qual sapiente consiglio fosse questo e
quanto conforme alla tradizione de' padri, e come non vi
fosse ragione che si dovesse dismettere un cosi vero ed ap-
provato metodo di radicare nell'animo della gioventù i più
sodi e sinceri principi i della Religione. Dove è pur da no-
tare che se non fossero troppo spesso ignorate o dimenti-
cate le memorie dei nostri maggiori , non si sarebbe tra-
scorso cosi facilmente a tacciare di novità quanto avvisava
pur dianzi -il Rosmini a far più sodo l'insegnamento religioso
delle nostre scuole. « Vorrei, dettava egli, che in tutte le
scuole fosse letta la Scrittura con apposita distribuzione di
Libri, e apposite noticciuole a' Libri. E nelle scuole elemen-
tari porrei gli storici, nelle prime quattro scuole del Ginna-
sio spiegherei i morali dell' antico Testamento ; alla reno-
rica dischiuderei le poetiche amenità dei profeti e dei sal-
mi; apporrei alla filosofia il Vangelo, e nelle Uuiversiià
443
siudìo le aposloUehe Lettere e gli Alti; vorrei intra-
lasdtta la cantica, T apocalissi e tutti i luoghi, che i pastori
della Chiesa giudicassero di intralasciare (4)^. E veramente
se fu mai tempo di corroborare gli animi della gioventù di
forti studi religiosi e della stessa lettura dei sacri Libri fatta
in modo conveniente alla loro capaciti, e dietro alle norme
del cattolico magistero, ci par questo nostro, in cui l'affan-
Barai di una insidiosa Propaganda per mettere in mano dei
fedeli non approvati volumi di falsate Bibbie, dovrebbe cre-
scer rìaipegno nei cattolici di prevenire il pericolo di quel
proeelitiamo, mettendo almeno gli studiosi, che ne sieno atti,
a portata di poter trarre quanto è da loro dal divino Volu-
me siucere e cattoliche lezioni.
Perché , come avvisava non son. molt' anni un illustre
Prelato (S), raccomandando appunto al suo clero e popolo
una nuova popolare edizione del nuovo Testamento , « de-
vesi dai cattolici porre ogni studio nello spargere a larga
mano copie del divino Libro, affinchè non tanto sieno colla
verità delle celesti dottrine come^di antidoto ai libri diffusi
dagli eretici, quanto anche perchè ne prendano il luogo,
e distornino i fedeir dalla lettura di quelli • . Conciossiachè
non giovi abbastanza (è avviso del gran Fenelon) il &r di
togliere, se d'altra parte non si dà in ragione di quanto si
toglie ».
Volendo poi la Repubblica vieppiù forte consolidare gli
adottati ordinamenti delle venete scuole, V anno 4&S8 ne
aiBdò la custodia al Magistrato dei Riformatori, che già da
alcuni aoiii facea fiorire l'Università di Padova. E non pure
vi mantenne le decretate dottrine, procacciandosi a profes-
(i) Saggio sair unità dell' edoctiiooe.
(2) M. MIduccì arciv. di Firense. Annali di Statistica, Voi. XXIV,
serie 3/
AwAu SUilklka» voU XXIF^ urie 3/ 10
4 46
sarte i più fifHiuU maesiri; ma furono messe Dello stesso
anno e tenute poi in gran lustro le utilissime lezioni di fi«
sica, di etica, di economia e di politica, « delle quali, dice
bene il Gozzi, nessun'altra facoltà può cotanto influire odia
religione, nel prirato costume, nel governo delle famiglie e
dello Stato ».
Dove è da notare il provvido intendimento di quella
sapiente Repubblica, di non trascurare alcuna elasae di cit-
tadini ma di fornire a tutti opportunità di una conveniente
istruzione. Perchè non solo la cura del Senato si arrestava
■ *
a far che fioriscano pei nobili e per gli agiati le dotte e
classiche scuole dei Ginnasi e delle Università; ma volgeva
l'auimo caritatevole anche alla gioventù povera e popolare,
provvedendola di quanto bastasse ad una. educaiione sua
propria. Erano però suti assegnati e si mantenevano nei
sestieri maestri convenevoli a questa classe, che è par nu-
merosissima, dei figli del popolo. « Leggere, scrivere, prio*
oipii d'aritmetica, di cosi grande tuo in tutti gli affari,
grammatica e umanità era la loro disciplina, oltre la reli-
gione e il costume ••
Nel qual semplice e popolare ordinamento di scuole ve-
diamo 1* idea di quelle scuole elementari superiori o reali
0 tecniche che si credettero un nuovo trovato dei nostri
tempi, e che fu bene vergogna introdurlo si tardi e generaU
mente con si parziali ed imperfetti metodi, da obbligare i
più di questi giovani destinali al commercio, alle industrie,
alle arti e ai manuali ofliai della società , a passare d^li
anni in un corso di studi classici, dove a discapito di più
opportune e necessarie istruzioni, avrebbero addourtnature
di antiche lingue e non so che altre storie, che non sareb-
boro loro per tutta la vita di alcun giovamento o pratica
utilità.
• Tali furono, conchiude il Gozzi, le incessanti solleci-
tudini della Repubblica per una educazione universale della
veneta gioventù »; educazione « fondata, come si è detto,
147
nel 1443, costodiu e protetta Jalla ecimune autorità fino al
1580 ia eirea, difesa poi fino al 4640; dal qual tempo o
fu affidata contro le antiche massime e disposizioni alle
mani dei Regolari , o lasciata in arbitrio dei privati , con
quei discapiti > , che sono notati nel principio di questa
scrittura.
Come è chiaro pure dal titolo di alcuna di queste Scrit-
tore del Gozzi , che furono appunto dettate per sugge-
rir nuovi metodi per le scuole che doveano essere surro-
gate a quelle dei Gesuiti, quelle loro scuole» come quelle
di tutti indisliutamente i privati collegi e dei regolari isti-
tuti, non decevano essere ai tempi del Gozzi troppo gene-
ralmente approvate. E dal contesto di questa stessa prima
Scrittura ben si raccoglie com' egli per molti rispetti le tro-
vasse inopportune e le considerasse nonché altro come un
ostacolo ni perfezionamento dei migliori metodi già adottati
dalla Repubblica. Però Usdiando stare le ragioni politiche,
die sembrano più che un poco aver influito in cosi fatto giu-
dizio, tanta severità e cosi assoluta e generale potrà parer
troppa, chi pensi che, fatta ragione ai tempi, alcune almeno
di quelle scuole fomite daf Regolari, con tutti gli indicati di-
fetti erano generalmente ripuute delle migtiori che si aves.
sero. Parrà poi strano, che s'involgano nella generale cen-
sura anche le scuole dei Gesuiti , a quei molti che sanno
quante volte siesi ripetuto a lode di quelle scuole il giu-
dizio , che si ha ragione di tenere tanto più autorevole
quanto più imparziale, del cancellier Bacone. Ma forse, la-
sciata ogni altra considerazione , stando pure il giudizio
del gran Verulamio pei tempi in cui lo ha pronunziato,
non potè essere alla generalità di quegli istitutori conti-
nuata la stessa lode, se ipancò loro il volere o il saper
progredire, « per assecondare, direbbe il Gozzi, le pubbli-
che congiunture con la sovrana disposizione neir educare i
cittadini ».
• {Contìnua).
448
r no !!»•¥• diritta europe* | Ubro di 'TBMEXKM
WiAWVUkMM^ con un* appendice sulF ottima congrega'
zione umana e sul principio di nazionalità. — TariM
4859. Un voL m-43.'' dt pùg. 443.
( Art. II. Vedi il fscicolo di ottobre 1859, pag. 22 )•
N.
ài abbiamo nel primo articolo pubblicato sùir opera del-
l'illustre Mamiani indicato quali siano i nuòvi principj sa i
quali fondare dovrebbesi il nuovo diritto del!« genti, avuto
riguardo alle rispettive nazionalitii.
Coerente a cosiffatti principj l'autore accenna alle nuove
vedute a cui dovrebbero quindi innanzi attenersi i Congre&i
internazionali. Noi crediamo che le sue idee meritino di es-
sere divulgate in Italia, nel momento appunto in cui i suoi
destini stanno per essere decisi dal Congresso europeo che
sta per raccogliersi a Parigi. L' autore svolge su questo pro-
posito alcuni principj giuridici che possono forse dirsi an-
cora nuovi. Eccoli riassunti in dodici articoli;
» Primo, che i Congressi per venire all'atto, e massime
ì generali, non aspettassero là scompiglio di lunghe e ter-
ribili guerre, ma conferissero dei comuni negozi! nel bel
mezzo della pace con. animo assai riposato e senza ira né
parte.
» Secondo, che giustizia vuole vi assistano di presenza
e con voce deliberativa tutti coloro il cui diritto e i cui in-
teressi sono implicati pel subbietto delle conferenze. E quan-
do alcuna mutazione sostanziale viene recata al vigente di-
ritto europeo, chiaro è che dovrebbero poter controvertere
e deliberare tutti gli Stati che quel diritto riconoscono e
praticano.
» L' uso invalso di convenire pochi maggiori potentati
449
a ri^olvefe essi soli questioni gravissime o di applicazione
o di massima, e poi chiedere od aspettare V adesione e l'as-
sentimento degli altri non è senza pregiadizio né- senza pe*
ricolo si per la spontaneità compiuta delle adesioni e si per
Tesarne e T estimazione libera ed imparziale o del fatto o
della massima.
» Terzo, che non yi sieno comitali dirigenti ed altre
maniere di esercitare indebite preminenze a scapito e a di-
sdoro dei potentati minori e comtro il principio della parità
perfetta fra gli Stati.
» Quarto, che le rappresentanze nel Congresso sieno
tutte vere, cioè non personali ma nazionali^ non dei re soli
ma degli Stati ; e altresì, la vera e finale ratificazione prò*
venga o direttamente ò per indiretto dal popolo.
> Quinto, che debbano essere uditi i richiami d'ogni
gente di cui si delibera , e il Congresso ne abbia notizia
non che sufficiente, ma la più adeguata possibile;
» Sesto, che nulla si risolva contro il generale, sincero
e manifesto voto delle popolazioni e si studino i modi più
Confacenti a conoscerlo.
• Settimo, che sarebbe utile pratica nelle convenzioni e
trattati, mediante dichiarazioni, preamboli od altra scrittura,
annunziare i principi! di giure involti nelle applicazioni e
nei fatti speciali, e non tacerli e soltointenderli, come sem-
pre si USB.
» Ottavo, che sarebbe da imitare a eerte occasioni Te-
seropio dato dalla Santa Alleanza (sebbene con altri pensieri
e parole) di produrre certa manifestazione di solenni ve-
rità, e significare ai mondo le massime più generali e più
sostanziose dei tre punti, nei quali s'incardina cosi la giu-
stizia come l'amicizia dei popoli, e sono V autonomia, la
parili e la carità delle genti.
» Nono, che non si tacessero quelle ammende e miglio-
ranze, le quali ò desiderabile sieno presto e volentieri tra-
460
dotte in atto da ciasouiia Potenza, come p. e. che Tuso
delle miluie merceoarie straniere a guardia e difesa iote*
riore dello Stato sta messa in voce di vituperoso e tirao-
nico ; ovvero che cessino le protezioni privative ed interes-
sate e ogni maniera di dipendenza di uno Stato da un aU
tro; o che cessino le disparità sconvenevoli e troppo dan-
nose nella forma essenziale e fondamentale del reggimento
politico delle nazioni. Questi e simiK desideri niuno vieta
che sieoo sigoiBcati, almeno, dalle Potenze a cui -non fanno
rimprovero, pigliata occasione da alcun putto e convenzione
infra esse.
9 Decimo, che non potendosi accordare le Potenze nella
pratica immediata di alcuni emendamenti e perfezionamenti
se ne faccia, nullameno, promessa formale da mantenersi
in certo tempo e con eerta latitudine nei modi dell* esecu-
zione ; come fu praticato a Vienna con la Dichiarazione sulla
Tratta dei Negri e come nel Patto confederativo germanico
hì legge la promessa fatta in comune d* istituire in certo
tempo governi rappresentativi.
» Undecime, che gli atti e, come dicono, i protocolli del
Congresso indugino poco ad essere pubblicati e nessuno ne
sia sottratto al giudizio pubblico ; e nelle convenzioni e trat-
tati non sieno clausole secrete.
• Duodecimo, che ogni cosa vi proceda e vi sÌ4Sompi-
sca ed effettui senza alterazione veruna della libertà, parità
e indipendenza reciproca dei popoli contraenti.
» Ciò tutto appartiene ali* intrinseco dei Congressi. Qual-
cosa è da dire del di fuori ; perchè ,quivi si preordinano
realmente e s'iniziano; ed essi da ultimo riescono fatti cosi
o cosi e recano tali conseguenze o cotali secondo la dispo-
sizione peculiare dei tempi, dei luoghi e delle opinioni. Sul
che accennammo in parecchi passi del libro essere neces-
sario più che altra cosa una gran diffusione delie idee di
giustizia internazionale; poi la uniformità sostanziale della
4SI
eoslìtazione interiore di ciascuno Stato. In Gne, la congre-
gizione o disgiunzione dei popoli eausata e moderala non
dd forte Guizie, non da intromissioni iiitlebite di forestieri
ma dalle leggi profonde e perpetue della spontaneità e della
nazionalità.
> Se gran parte di queste condizioni si avvereranno nei
futuri abboccamenti della diplomazia^ certo non si inganna-
no i popoli a fondarvi le loro speranze ed invocare. con' ac-
ceso desiderio un Congresso generale, cui spetti di rifare in
roej^ la male abborracciata opera delle Conferenze vien*
nesi. Ma per isguardare la cosa eziandio dal lato dell'idea
arcbetipa del diritto, circa la quale siamo di già venuti
spendendo molte parole, accade di domandare se io svolgi-
mento e il progresso effettivo del giure internazionale fra
gli uomiui abbia per organo suo migliore e più conveniente
questo conferire e deliberare insieme gli oratori e pleoipo-
tenziari degli Stati d'Europa.
> Se noi avvisiamo il diritto civile di ciascun popolo,
i metodi seguiti da essi per isvolgerlo ed emendarlo appa-
iono nou pia di due. Alcun popolo ha reputato partito mi-
gliore adunarsi a certe epoche straordinarie in assemblea
generale e costitutiva col proposito ardito di rifare di pianta
e con disegno preordinato il proprio ediGcio politico e la
massima parte dei codici. Ad altri invece questo demolire
a un sol tratto quasi tutto il passato e comporre in un sol
tempo l'ordine intero civile e politico, mediante l' inesora-
bile norma di certi principii astratti e assoluti, è parso im-
prendimento perieoloso e temerario. Quindi sonosi attenuti
si metodo di riformare e innovare il tutto assai lentamente
e a pezzo per pezzo, e ogni di transigendo non poco con
gì' interessi, le opinioni e gli usi contrari.
* Delle due maniere di svolgere e riformare il diritto
sono stale discusse le incomodità e i vantaggi con rara sa-
gaeità e dottrina; e i più savi conclusero che la maggiore
452
o minore opportaDiia di essi due melodi viene dichiarala
dalla natora dei tempi e ddle circostanxe e più ancora
dalla diversa indole delle popolazioni. Fu altresì dispolato
se non tomi meglio al diritto» per lo spiegamento suo lar-
go spedito ed armonico, la volontà dittatoria d*iin uomo
grande, di quello che il pensiero collettivo, la sciensa divisa
e la volontà meno risoluta ed unificata dei parlamenti or-
dinàri.
» Di tutto ciò quale applicasione è conceduto di bre
allo spiegamento e progresso del giure intemasionale ? Certo
non crediamo che possa l'Europa sottostare oggi alla ditta*
tura di nessun Cesare e di nessun Carlo Magno per amplia-
re o riformare a senno di lui il codice delle nazioni. Meno
discosto dalla possibilità è la dittatura intellettuale d* un ge-
nio mirabile, il quale imponesse a tutte le genti civili la
sapienza de' suoi dettati.
Posto dunque che il giure internazionale non possa ac-
quistare incremento assai ragguardevole se non per V opera
collettiva degli Stati, rimano di chiedere se i Congressi, i
quali sono come i parlamenti della città universale , diven-
tano lo strumento migliore delle correzioni ed ampliazioni
di esso diritto delle genti ; e infine se è fattibile ed è pro-
fittevole di convertire le assemblee generali e straordinarie
de' diplomatici in qoal cosa di simile ad una Camera costi-
tuente.
» Può dirsi che il giure internazionale ha per organi
peculiari del suo doppio incremento l' ideale cioè e il reale
primamente, la speculazione e la scienza nell'intelletto e
ne' libri de' pubblicisti ; poi, la trasmissione della parte più
sostanziosa ed evidente di quelle nell'opinione pubblica e
nella università degl'ingegni educati e istruiti. Da un altro
lato, ha gli abboecaménti cotidiani, il carteggio assiduo, i
negoziati frequenti fra i Governi d'Europ, mediante le
Legazioni che ciascuno d'essi mantiene e rinnova appo
tutti gli nitri; ed ha i patti, le convenzioni e ì trattati par-
163
ticolari e generali in coi 8i raeeoglte e « ordina il diritto
positivo intero delle nazioni, derivalo di continuo dalle prò*
prie sue fonti, la ragione e V usanza conrane.
> Tali diversi organi si connettono e legano in assai
stretto modo ; e per ordinario i tre primi preparano e con-
dizionano r ultimo. La scienza dei giuristi influisce a poco
per volta sul giudizio delle educate moltitudini ; e quella e
questo sulle relazioni e le pratiche cotidiane fra Governo e
Governo. In fine tutto ciò insieme reca T autorità sua nei
convegni e nei trattati e rado avviene che questi entrino
innanzi all' opinione pubblica e molto meno alla scienza ;
sebbene talvolta i fatti rendono testimonianza che ciò può
accadere; e il trattato primo della neutralità armata fra la
Russia e la Danimarca n'è forse una prova.
» Tuttociò, come vedesi, pone non poca differenza nel
procedere dei due diritti civile e intemazionale. Vero è,
peraltro, che nella guisa che in tempi straordinari un po-
polo invoca straordinari parlamenti e pone ogni ultima fé-
de in un' a^emblea costitutiva, cosi V Europa , non ostante
le delusioni sofferte, si ostina a sperare in un grande e ge-
nerale Concilio di diplomatici ; ed oggi vi spera più che
mai, divisando che nuovi principii o per Io manco nuove
e ineluttabili necessità sonosi fatte sentire per ogni dove e
gli uni e le altre picchiano forte air uscio de' più retrivi
cortigiani e vogliono essere messi dentro e governare la
cosa pubblica. Ma con tutto questo conviensi tenere a mente
che la potestà d' un Congresso di diplomatici disgrada som-
mamente da quella onde è investita una Camera costitutiva.
Certo, nell'apparenza non va cosi: perocché convenendo
insieme i popoli, o a dir più esatto, i rappresentanti loro
che sono autori liberissimi di certe leggi e ordinamenti co-
inuni, nessuno vieta che non s'accordino a rimutarle so-
stanzialmente, salvo a non traviare dalle norme eterne e
non declinabili della ragione e della giustizia. Nulla meno,
noi replichiamo che quella virtuale onnipotenza dei popoli
154
rappreseutaU ai Congressi spiegasi nel fatto entro conCut as-
sai brevi, del ebe dobbiamo pigliare comptacimeoto piuUo-
sto ebe noia, E ebi vorrebbe oggi si rinnovasse T arbitrio
enorme e spaventevole onde a Vienna si giudicò la sorte
dei popoli e si divisero e ripartirono i territori! ? Oltreché,
quella potenza infelice, ed asata con si volgare saggezza,
diventò possibile meramente per ciò che l' Europa, travisa-
ta e sconvolta da un capo all'altro e ^er più di trenta
anni da guerre, rivoluzioni e conquiste, perduto aveva il
sentimento del proprio essere e ottenebrato il lume dei
grandi veri della giustizia sociale, e cadde nelle mani dei
vincitori fatta simile ad una matèria scomposta e informe,
che piglia per ciò medesimo ogni maniera d* impronta e di
stampo.
s Le facoltà effettive che può usare un generale con-
sesso di rappresentanti di popoli si ristringono, per mio av-
viso^ nelle infrascrìite,
9 Può aggiustare molte vertenze d' intorno ai fatti par-
ticolari, mantenute vive ed aspre dalle passioni e dalFor-
goglio Immoderato d* alcuni Stati competitori ed invidi.
» Fermare accordi e patti di utilità universale, ma in-
torno ai subbietti che poco o nulla si leghino eoi prìncipii
e gì* interessi supremi della politica ; come affrancare i com-
merci, dar leggi alia navigazione sui fiumi o per gli strettì
di mare, sciogliere dubbi! salle giurisdizioni dei consoli, ri-
solvere mobi problemi circa al diritto internazionale pri-
vato e simigliauti questioni.
• Può un Congresso esprimere massime di più rigorosa
giustizia internazionale je solleeitame T aeceitazione e T ap-
plicazione da tutte le Potenze civili.
• Prestabilire miglioramenti e perfezionamenti comuni
da condurre in atto fra certo tempo e con certi modi, se-
eondo la varia possibilità e convenienza dei popoli e dei
Governi.
> Compete pure a un Congresso generale , riordinare ,
466
se occorra, ciò che noi domandammo la parte materiale ed
accidentale del giare positivo delle nazioni europee , e la
quale, nondimeno, diventa là più difficile a maneggiare e
rìmuiare; mentre da un altro lato, dove non soddisfaccia i
popoli e la opinione universale, occasiona tumulti, male
contentezze, guerre e sollevazioni ; e per lo manco, tarda e
impedisce la buona e leale amicizia fra tutte le genti. Ma
per isvenlura, noi non crediamo che valga una assemblea
diplomatica e sia pure di integri e abilissimi plenipotenziari
a indurre mutazioni importanti e durevoli nella forma ter-
ritoriale e politica di un solo Stato; quando non fosse tanto
debole e cosi povero di amicizie e di pairocinii da non
potersi in guisa veruna difendere contro le altrui delibera-
zioni. Manifesto è che in un Congresso diplomatico, quando
i maggiorenti, eome spesso è accaduto, non piglino arbitrio
di sentenziare essi soli e fuori d'ogni appello, intomo alla
sorte dei potentati minori, le ragioni della giustizia, deire**
quità e della convenienza non sono sufficienti. e persuaderli
a cedere alcun loro rilevato privilegio a vantaggio; perchè
si ricercherebbe a ciò negli Stati una sincerità e una an«
negazione inverso al bene comune che^ quantunque deside-
rabile, non è per al presente né da sperare, né da preteo*
dere. Tale discorso ha moke più verità se trattasi di quei
maggiorenti medesimi di cui si /a cenno. Cotesto ufficio ,
impertanto*, di levare gli sconci maggiori dair assettamento
d'Europa e accostarlo ai princìpi! della vera giustizia sociale
non può in un Congresso di liberi popoli riuscire ad altro
che a suggellare eon 1* autorità sua le mutazioni occorse o
prossime ad avvenire, meglio regolando la loro forma e ri-
riconoscendo solennemente la ragione del diritto che le as^
solve e legittima.
» Ciò, dunque, elle importa in supremo grado alla pace
del mondo e al progresso del buon diritto si è che fac-
ciasi nelle menti e nel senso morale degli uomini un'ottima
preparazione alle adunanze diplomatiche e ai trattati che
466
ne derivano, e possa (come nolammo più sopra ) irionbre
a grado a grado e per ogni luogo la legge della spontaneità
e della nazionalità e le altre preord inazioni e tendenze mi-
rabili della natura. Forse la fede che sembra crescere nelle
geriti a un Congresso generale e costitutivo proviene da
ciò appunto che nuovi prinoipii ragionano ormai nella in-
telligenza comune e la libertà se li cova sotto le proprie
ali; né bastano i battaglioni oggimai né le viete teoriche
ad impedire ed invertere V ascendiroento animoso e più
sempre accelerato delle varie schiattte umane, e il propo-
sito fermo di comporre a talento loro le civili congrega-
zioni ».
Dopo queste splendide aspirazioni del bene T autore
cosi conchiude il suo sapiente lavoro ;
• Pervenuti al termine delle nostre considerazioni, sem-
bra che il modo più conveniente e spedito per farne co-
gliere al lettore la sostanza maggiormente notabile sia di
porre in confronto le massime direttive del nuovo diritto
pensato e iniziato in Europa con quelle che i traiuti del
Congresso di Vienna o esprimono o sotloìntendono od ap-
plicano. E facendoci da queste, diciamo ch'esse furono prio-
olpalmente le infrascritte:
« I. La podestà dei monarchi è assoluta: il popolo noa
ha diritti nò superiori ad essi, né eguali; mai non puòesao*
torarli e trasferire la corona da un capo ad un altro.
» II. Nei monarchi s* identifica tutto lo Stato. Gli amba-
sciatori inviati alle Corti e ai Congressi sono anzi tutto rap-
presentanti loro. E ciò che i monarchi trattano e coocludoDO
personalmente o per mezzo di ministri è dallo Stato con-
cluso , il vogliano i soggetti o no, 1' assenuino o lo dissen-
tano.
• III. Ogni principe ha facoltà di chiedere e conseguire
legittimamente soccorso di armi straniere contro i sudditi
proprii.
» IV. Ogni libertà popolare è largizione e munificenu
457
del principe; e la rivolta, comunque accaduta, può farla re-
vocare e annullare.
» V. Si scambiano e si ripartiscono le provincie fra i pò-
tenuiti o per diritto di guerra e conquista o per accordi e
patti infra essi. La consultazione e adesione degli abitanti
non è necessaria.
» VL Non ha alcuna sussistenza il diritto e principio della
spontaneità e della nazionalità nella formazione e mutazione
degli, Stati.
» VII. Più corone possono stare sopra un medesimo
capo, e nazioni diverse dipendere l'una dall'altra con va-
rie forme di subordinazione e di sudditanza.
» Vili. La legalità dei trattati dee prevalere alla ragione
evidente di qualunque contrario princìpio giuridico.
» IX. Le faccende d' Europa e V intero diritto europeo
viene mantenuto e modificato dalla Pentarchia. I potentati mi-
nori aderiscono ad uno ad uno alle mutazioni; e dove noi
facessero, la cosa avrebbe poco momento.
» X. I popoli non rappresentati uIBcialmente nelle Corti
non hanno diritto di far richiamo alla diplomazia contro i
loro oppressori; e la diplomazia li dee tenere in conto di
turbolenti e ribelli.
» XI. I principi protestanti governano a senno loro le
chiese riformate. I principi cattolici fanno concordati con
Roma in maniera da sottomettere quanto più possono la
Chiesa allo Stato; ovvero torcendo le larghezze usate con
Roma a danno e reprimente della libertà dei popoli.
» In opposizione a cotesti placiti del diritto viennese,
noi deliueammo le fondamenta d'un nuovo giure europeo,
ricavato si dalle viscere della scienza e si dai pensamenti
comuni oggidì alle moltitudini educate e istruite. Al che si
aggiunsero alcuni fatti di gran momento e iniziatori certi
d' un ordinamento migliore del mondo delle nazioni. E i
principi! di cotal giure sono i seguenti:
» L L'assoluta sovranità è della ragione e della giusti-
158
zia. Né i principi né il popolo non la posaiedono. Solo t
migliori in iscienza e virtù hanno diritto di eserciiaria en-
tro a certi confini.
» Ih Legittimo 6 quel GoTcmo che ha il conaeuao dei
governati e aoddiafa competentemente al fine progressivo
sociale.
» Ogni Governo che difetta di queste due condizioni di-
venta illegittimo e si fa debito ai cittadini il mutarlo. Si
può disputare a dilungo sulla legalità e la scelta del modo,
non sulla necessità del fatto e la bontà del fine.
» III. Lo Stato non s'identifica col monarca o altro capo;
e i rappresentanti alle Corti e ai Congressi debbono con ve-
rità e schiettezza rappresentare la nazione , i suoi interessi
ed i suoi pensieri.
• IV. È iniqua la richiesta di armi straniere contro i
sudditi proprii, ed è ingiusto ed oppressivo il concederle.
Usare poi contro essi milizie ragonaticcie di mercenari fo-
restieri ( cosa turpissima.
» V. La libertà o autonomia interiore dei popoli non
ha modo né limite , salvo che dalla ragione morale e dal
senno politico ; e il principio del non intervento non soffre
eccezione.
» VI. Le comunanze civili si compongono e allargano
0 per contrario si sciolgono giusta il diritto e il principi^
della spontaneità e della nazionalità.
» VII. Le conquiste perpetue non istanno in giure;
molte però delle antiche pigliarono legittimità col fondare
i vinti ed i vincitori una sola patria.
» Ad ogni permutazione o cessione di territorio fa gran-
demente mestieri la consultazione e l'assenso aperto e ve-
ritiero degli abitanti.
» VIIL Non debbono stare più corone sopra un capo
medesimo; e nessun popolo dee dipendere internamente
ed esternamente da altro popolo. O^ni forma a grado di
tal dipendenza è per sé illegittima.
459
> IX. lid fede ai trattali è piena ed irrevocabile, ognora
che non contrastano manifestamente ai dogmi eterni del
retto e del giusto. ,
» X. Ài trattati generali e riformatori del generale di-
ritto concorrono tutti gii Stati che Taccetiano e osservano.
Ai particolari e speciali concorrono dejure tutti gl'interessati.
Quivi il suffragio di ciasclieduno è Ubero, eguale, asso-
luto.
» XL I popoli non riconosciuti e senza uflSciale rap-
presentanza possiedono, nondimeno, a ragione di umanità
e per effetto del senso morale un diritto incontrovertibile
di fare adire i giusti loro richiami e che vi si provveda
nei termini della comune liberti e giustizia.
9 XII. Lo Stato e la Chiesa sono separatissimi negli uf«
fici e neirautoriti, congiuntissimi sono di animo, d*intendi«
menti e di zelo.
» I concordati debbono divenire non più necessari, ti
diritto ecclesiastico non può travalicare i confini del diritto
privato.
» Crediamo bastare il confronto fra tali due serie di pro<»
nunziati , perchè a nessuno rimanga nascosta la verità che
TEuropa dimora in effetto oggidì tra due diversi ed oppo-
sti generi di diritto: V uno scaduto dall'opinione e persua*
sione pressocchè generale; l'altro non ben definito ancora
e piuttosto desiderato che messo in via di pronta e com-
piuta esecuzione; tuttocbò se ne vegga qualche principio e
cresca la speranza del rimanente. Vero è che dal 4845 in
poi accaddero molle mutazioni e non poche catastrofi, le
quali scolpate e quasi a dire amnistiate dalle maggiori po-
tenze pigliarono sembianze di buon diritto ed entrarono
come clausole nuove nei vecchi trattati, sebbene fossero in
manifesto conflitto coi principii e le massime che quei trat-
tati informarono
> Ciò partoriva la teorica strana dei fatti compiuti, meno
confacente alla civiltà odierna che ai tempi omtTieamcnte
460
chiamati eroici; imperocché ella viene a significare ebe
quando la fona abbondi dalla tua parte, ovvero ebe per
disfare V opera tua sia bisogno affrontare gravi periooli é
sostenere parecchie incomodità, le Corti e i Gabineui d'Eu-
ropa farannosi teco maneggevoli assai e di buona composi-
zione ed ogni tuo atto diverrà legale ed irreprensibile. Guai
per lo contrario se ti scoprono debole e sprovveduto e se
con leggier fatica possono rompere a messo ed annullare
la tua impresa; eonciossiachè allora ti rinfaccieranno acre-
mente i principi! da te manomessi e non troverai graxia
appo loro, per quanta modestia e moderazione tu ponga
ne' tuoi richiami, nelle tue pretese. Di uil guisa è avvenuto
che quante sollevazioni ha fatte Parigi e la Francia in que-
sti ultimi anni e quante forme di governo ha sperimentate,
furono tutte e prestamente approvate e sancite dalla diplo-
mazia. Approvarono la cacciata di Carlo X e rinnalzameoto
di Luigi Filippo. Indi la cacciata di questo e l'acclamazioDe
della repubblica. Indi pure T arrivo al trono del III Napo-
leone contro l'espresso divieto dei congregati di Vienna.| E
nullameno, si presume di tenere in suslante il dogma della
sovranità assoluta dei principi e che mai non è lecito ai
sudditi loro di spodestarli. Sicché laddove si ebbe a fare
contro a picciolo forze o disordinate, come in Italia, nel-
TAssia Casscl, nell'Annover e in qualche altra provincia^ si
volle che ogni cosa tornasse forzatamente all'obbidienza dei
principìi (cosi li domandano e cosi li mantengono), e fu
sperato che il mondo dimenticasse le molte sconfitte da
quelli toccate. Ma chiaro é che i popoli non vi hanno più
fede né riverenza nessuna; dacché li veggono contraddetti
presto ed allegramente, sempre che la forza trapassi dall'al-
tro lato.
€ Certo, in questa cosi generale e continua disdetta delle
massime professate e delle norme di diritto accettale, credo
non sieno mai vissute le genti europee. Avvegnacchè, qua-
lora badiamo alle storie del secolo andato e deiranteriore,
461
noi c'imbattiamoi del skuro, in guerre ingiasle e feroci e
in parecchie aperte e invereconde usurpazioni; ma non
iscorgiamo l'Europa eziandio ne' tempi regolari e pacifici
smentire sé stessa nelle massime fondamentali del suo di-
riuo e comportare in silenzio che la coscienza universale se
ne alieni e le censuri e riprovi ogni giorno pia. Per fermo,
nessuno di que' principii da noi registrati poco avanti e di
cui il Congresso di Vienna , posto che non facesse profes-
sione esplioita^ fece, peraltro, continua applicazione e prò-
fitto ; nessuno, replico, di que' principii , uno o due secoli
addietro, era cancellato ancora dall' opinione {più generale
e volgare dei popoli. Oggi può afiermarsi giustamente il
contrario ; e da ciò proviene che il giure interzionale, nella
maniera che alcune regie cancellerie persistono a interpre-
tare e spiegare, comparisca come una grande e diuturna
menzogna dirimpetto al sano giudicio di tutti i buoni ed
illuminati.
< Noi non neghiamo che essendosi i monarchi maggiori
nel 4845 largamente giovati della vittoria e della conquista
contro le leggi non declinabili della libertà e uguaglianza
delle nazioni ; quando anche i novelli principii sieno con-
fessati pubblicamente tutti e ogni diplomatico faccia loro di
cappello e propongasi per ogni negozio avvenire di averli
in profonda osservanza; nullameno, non intervenendo ri-
voluzioni e tramutazioni estrème ed inopinate, non poca
parte dell'ordinamento d'Europa proseguirà a differire da
essi principii e si manterrà in condizioni sregolate ed ir-
razionali.
< A noi non è mancata la cura e la diligenza di sug-
gerire tutti ì modi onorati e pacifici si per iscemare gra-
datamente quelle discrepanze funeste e si per causare il
danno molto maggiore, che il codice nuovo internazionale
le sanzioni e consacri. »
AxNAu. Stalistiea, voi, XXI f^» iurie 3/ il
463
Bel pr^sredsl del 4l#itte nella eeeietà^ neUa
le^Uilaalene e nella eelenma durante TiiUlnie
•eeele^ In rapporto eoi prlnelpj e eon ali or*
dlnl lllierl % Discorso dell' avvocato PASQUALE
STAMlSliAO MANCIIVI. — Torino 1859, edizione
tn-8.^ di pag. 85, presso la stamperia Reale.
JLi illustre pubblicista Stanislao Mancini inaugurava non ha
guari il suo Corso di diritto internazionale all'Università di To-
rino, proferendo uno di que' sapienti discorsi che rimangono
£ome un ricordo glorioso nella storia delia scienza. Gli eventi
della guerra ritardarono la pubblicazione di questo dotto la-
voro che noi siamo lieti di poter annunziare a vivo conforto
degli studiosi. Il tema preso a trattare dal Mancini è quello
di far conoscere quali siano stati ì progressi che ha fatto
il diritto nel mondo civile, nella legislazione e nella scienza
dair ultima metà deljo scorso secolo sino al presente.
È un errore comune, dice l'autore, quello di credere
che nel nostro secolo le sole scienze fisiche e naturali siansi
arricchite di maravigliosi trovati , e le morali discipline
siano rimaste stazionarie ed inerta. Questa fallace credenza,
egli soggiunge, proviene da questo che le grandi e supreme
verità morali sono sempre immutabili nella loro essenza,
benché le forme e le applicazioni si allarghino a misura che
le condizioni sociali ricevono ampliazione e mutamento.
Ciò premesso si fa Fautore a dimostrare che gli ultimi
cento anni rappresentano una delle epoche più gloriose per
la storia del diritto per 1* insolita e prodigiosa potenza di
idee e di forze state poste in azione, che esercitarono una
miracolosa influenza sulla condizione degli uomini e delle
nazioni. Per provare un tale assunto l'autore si fa a trat-
teggiare la condizione del mondo civile nell* ultima metà
del secolo scorso, e dimostra come la volontà imperiosa di
pochi potentati dettasse la legge agli Stati. Descrive il caos
463
delle legUlasioni morenti che avevano ormai smarrite le
splendide traceie dell' equità civile state improntate nel
mondo dal diritto romano, per eorrer dietro alle sottigliezze
scolastiche del diritto canonico ed alle prepotenze barbariche
del diritto feudale. Rivela V opera coraggiosa dei giureconsulti
italiani del secolo scorso che col Gravina, eoi Beccaria, col
Filangieri e con cento altri redensero la scienza giuridica dallo
stato di sfacelo in cui trovavasi, e la resero di bel nuovo la
scienza legislatrice e diremo anche benefattrice dell'umana fa-
miglia-. Dopo questa dimostrazione si fa l'autore ad indicare i
mezzi dei quali si giovò la Provvidenza per far progredire nel
nostro secolo il regno del diriiiu fra gli uomini. Ed ecce» le
sue parole:
« Potrebbe dividersi il secolo in tre distinti periodi ;
quello delle pacifiche riforme civili, quello della rwoluzhne
sociale, quello in flne del Tento e graduale progresso legi-
slativo, politico ed economico.
» Nel primo periodo che precede il 1789, malgrado la
prevalente, resistenza de' raantenitori del vecchio regime, il
movimento degli spiriti si fa sentire nelle ardite rimostranzo
de' filosofi nel lamento universale degli abusi, nella sorda
agitazione delle classi medie contro i privilegi del clero e
del feudalismo, nella impazienza stessa con cui onesti prin-
cipi si gloriano di migliorare le pubbliche istituzioni e di
appagare i legittimi voti de' governati. È in quest'epoca
che regnano Leopoldo di Lorena e Carlo IH in Italia, Giu-
seppe il e Federico in Germania, nella Francia il migliore
ed il più sfortunato de' Borboni Luigi XVI, nel Nord Pietro
e Caterina sul trono degli autocrati. Non vi ha parte del
diritto, in cui non si chiedano e non s' intraprendano im-
portanti riforme. Beccaria domanda l'abolizione della tortura,
e l'emendazione della legislazione criminale, scandnlezzando
lo spirilo ostinatamente conservatore della magistratura con-
temporanea. Genovesi, asceso in Napoli sulla prima cattedra
di economia politica che si fosse eretta in Europa, protesili
464
contro i ceppi che viDcolano l'industria e lo stesso com-
mercio interno degli Stati. Verri e la scuola lombarda,
Quesney, Turgot ed i fisiocrati di là delle Alpi, rivelano la
miseria economica de' popoli e ne additano i rimedi. Mario
Pagano vagheggia la riforma del processo criminale; Filan-
gieri quella di tutto il sistema della legislazioue. In varie
provinole italiane una numerosa scuola di -giuristi imprende
a rivendicare i diritti della civile sovranità dalle usurpazioni
degli ecclesiastici. In Napoli ed in Piemonte i principi com-
mettono la compilaiione di Codici generali del Commercio
a due dotti magistrati, al De Iorio ed all'Azuni. Da per
tutto non si ode che il grido concorde: Guerra a' privilegi
ed alla esorbitanza delle caste: Distruzione del feudalismo:
rigenerazione del diritto.
> Vi ebbero fra i pensatori alcune anime semplici e
virtuose, nemiche degli eccessi, de' delitti e del sangue^ le
quali contemplando questo movimento di scientifica agita-
zione, hanno a' di nostri avvisato che l'umanità anche senza
le commozioni e le sciagure di una terribile rivoluzione
avrebbe conseguito dalle riforme de' governanti il sospirato
miglioramento, e toccata eguaimcute la nrela del civile pro-
gresso. Infelice illusione! In una società decrepita di corruzioni
e di abusi le inveterate istituzioni infeste al pubblico bene,
intorno alle quali i secoli , la fortuna e le abitudini della
dominazione avevano concentrato tesori di potenza e di
forze, non avrebbero potuto giammai essere divelto dalle
radici per opera di spontanee e pacifiche riforme. L' ora
era venuta, in cui dovessero scomparire dal mondo; e la
Provvidenza che non conosce ostacoli, volle che cadessero,
anche trascinando una parte della vecchia società nella loro
rovina, e sollevando neil' età vegnenti un lungo compianto
sul tristo destino delle numerose vittime delia loro caduta.
Chi di noi, o signori, non ha versato lagrime di pietà sulle
miriadi di umane creature immolate dalla immensa rivolu-
zione franotse; chi non ha inorridito degli eccessi che la
465
deturparono, de* torrenti di sangue ch'essa fece scorrere?
Ma contemplate le trasformazioni per essa operate nel si*
stema giuridico e sociale; ed a que' sentimenti succederanno
r ammirazione ed il più legittimo orgoglio dello spirito mo-
derno. L' eguaglianza , la libertà , la fraternità divengono i
dommi fondamentali della società rigenerata. La dichiarazione
de' diritti dell'uomo innalza il più oscuro mendicante alla
dignità naturale della specie, e ricorda a' potenti e reggitori
della terra che Dio lo ha creato a sua immagine. La libertà
di coscienza è proclamata, la intolleranza religiosa ha ces«
sato di dividere con discordie intestine in più nazioni una
sola. Il monarca non è più un padrone abborrito, ma un
magistrato coronato inviolabile ed irresponsabile. I poteri
pubblici sono distinti, ed il popolo ha larga parte nell' am-
ministrazione dello Stato. Tutti i privilegi sono distrutti,
fino al più alto e da secoli intatto, consacrato dal rispetto di
una grande nazione. Il caos delle mille costumanze e sta-
tuti è scomparso. Le vecchie legislazioni ed ordinanze non
divengono che un ricordo storico. La feudalità non ha so-
lamente veduto espiare le ingiustizie e le oppressioni com-
messe impunemente dagli avi nel sangue d' innocenti ed
imbelli nipoti, ma è incompatibile col nuovo sistema sociale,
e fin la parola n'è cancellata dalle leggi. I chierici tornano
semplici cittadini come gli altri, per procacciarsi in mezzo
a' credenti la venerazione e la fiducia non più col loro fa-
sto e le ricchezze, ma con la pratica delle virtù evangeli-
che, con la coopcrazione alla prosperità della nazione, con
le consolazioni che da loro attendono tutte le sofferenze ed
i dolori della vita. In tutto il corso di questa grande rivo-
luzione i legislatori non domandano al passato le ragioni di
ciò che esiste, sollevano lo sguardo al cielo, e ne evocano
il tipo di una legge naturale ed eterna , ed a questa sola
divina autorità vogliono che nell' avvenire V umanità obbe-
disca. Chi passa a rassegna il complesso degli atti decretali
in soli due anni dall' assemblea costituente di Francia , ri-
46«
roano mulo di stupore per la prodigiosa iinmeosità de* ri-
sultaroenti. Giammai altreiUDlo noD operò e non vide una
generaiione di mortali; onde uno storico, che deplorò sin-
ceramente le colpe della rivoluzione, non si trattenne dal
chiamare quel consesso dì legislatori il concilio ecumenico
della ragione e della filo^oOa moderna, il rigeneratore non
della Francia, ma del genere umano (4). Perciò la rivolu-
zione giuridica, che essa consumò, non è più soltanto un
avvenimento della storia dì un popolo, ma è divenuta
una data della storia dell* umanità! Con l'ajuto di una
doppia propaganda, delle idee e delle armi, questa rivolu-
zione in brevi anni fece il giro deirEuropa. Non vi fu paese
in cui le vecchie istituzioni non perissero per cedere alle
novelle la direzione della società; da per tutto le antiche
legislazioni rovinando scomparvero. E quando in Francia
la rivoluzione, oltrepassato ogni limite, parve in pericolo
di soccombere sotto il peso de' suoi propri eccessi, allora
ne afferrò con vigorosa mano il freno un soldato avventuroso,
un uomo di genio, ed un italiano, o signori, diciamolo con
orgoglio; e queatì ricondusse la religione, la disciplina e
r ordine nella società rinnovata; e consacrò le conquiste
della ragione e del diritto in codici, destinati anch'essi a
fare il giro dell'Europa, ed a rendere immortale il suo
nome meglio delle sue cento vittorie, ne' quali la parte
ancor vitale della sapienza giuridica dell'antica codificazione
romana fu associata a' benefizi della moderna civiltà, ed
accomodata a' bisogni del nuovo sociale ordinamento.
> Chiusa quest'epoca gigantesca col 1815, s'iniziò una
terza epoca, la quale dimostrò qual profondo vero annun-
ciasse un pubblicista moderno, benché freddo amico di li-
bertà, affermando che le rivoluzioni hanno tanta forza, che
debbono risentirne e subirne l' influenza i loro stessi av-
versari.
(1) Lamartine, Hist. des girondins, lib. VII.
i67
» Allora in faui cominciò un lento lavoro di assimila*
zione e irasformnzione giuridica in quasi tutti gli Stati del
continente europeo. In molti di essi con lievi cangiamenti
si conservò la codificazione francese , penetrata già ne' co-
stumi , ed in possesso delie simpatie delle popolazioni be-
neficate. In altri, benché impròvvidamente si pensasse poter
disfare un passato irrevocabile e rimettere la società sotto
la tutela de' vecchi ordini risuscitati dall' obblio, non si
potè mai raggiungere compiutamente questo scopo; e prima
fu necessità consacrare con nuove leggi alcuni de' mutamenti
irreparabilmente consumati o divenuti necessari a' bisogni
dell'umana convivenza; poscia entrar largamente ne' propo-
siti di apparecchiare e promulgare codici nazionali , la so* .
stanza e la forifla de' quali era Inevitabilmente quella del
Codice Napoleonico. Cosi avvenne che in questo periodo,
malgrado r pericolosi insegnamenti ed i consigli d' inerzia
della scuola storica, sorta in Alemagna a combattere T opera
della codificazione, ed a rappresentare il diritto e le sue
riforme come effetto spontaneo e successivo delle usanze e
del genio di ciascuna nazione, non altrimenti che le lingue,
senza bisogno del concorso di riformatori filosofi o giure-
consulti, l'Europa ha veduto in ogni sua regione promulgarsi
nuovi Codici^ più o meno felice transazione ed alleanza fra
r elemento storico ed il filosofico, fra le tradizioni del pas-
salo, e le verità razionali ed eterne rivelate nelle necessità
dell'umana natura. L'Italia, la Spagna, il Portogallo, la
Grecia, l'Olanda, quasi tutti gli Stati della stessa Germania,
e fin la Russia, ebbero una codificazione nazionale accomo-
data alle nuove idee ed a' bisogni dell'epoca; e qui tra noi,
son già quattro lustri, il paese doveva cosi grande benefizio
al magnanimo Re Carlo Alberto, il cui regno fu una con-
tinua riforma legislativa dello Slato nel senso di un tem-
perato ma costante progresso , coronata in fine dal nobile
ed eroico tentativo di conquistare ad una patria gloriosa e
sventurata la nazionale indipendenza. La codificazione non
468
incontra ptù ostacoli che nella sola vecchia Inghilterra, ormai
divisa dairorbe Bon più per le distanze come a' tempi del
romano poeta, ma per la tenace originalità de' suoi eostumi;
e nondimeno importanti riforme parziali votate dal Parla-
mento scuotono anche colà la polvere de' secoli dalle parti
più difettose dell'antico edifizio.
» Che più? Il problema economico , la cui soluzione
travaglia lo spirito dell' età moderna, yenne solennemente
proposto alle meditazioni degli scienziati e de' legislatori per
mettere que' nuovi codici in armonia con lo stato econo-
roico delle società.
» Da ultimo in questo stesso periodo con lento, ma
incessante avanzamento, in alcuni paesi s' introducono, in altri
si svolgono le garantie della politica libertà, e con esse le
istituzioni di diritto pubblico, le forme rappresentative, e
l'autorità del suffragio nazionale; ed il 48S4, il 1830 ed il
4848 sono, date di avvenimenti che mostrarono se i popoli
s'infiammassero al desiderio ed alla conquisia di ordini li-
beri e di civili franchigie. Che se talvolta l'ardore dei
libertà sembra assopito o stanco; folle chi crede che esso
possa estinguersi, e che ciò importi un ritorno alle idee
del passato, un definitivo abbandono della via del progresso,
anziché un temporaneo raeeoglimento degli spiriti per ri-
pigliare con nuova lena l' interotto cammino, un apparecchio
di precauzioni e di forze per reprimere gli eccessi ed evi-
tare nell'avvenire le discordie ed t pericoli suscitati dagli
errori de' falsi amici della libertà medesima.
• Additati ora i mezzi, ed il processo storico per cui
si operarono nell'ultimo secolo cosi nuovi e grandi pro-
gressi neir ordine giuridico , ci appressiamo impazienti a
contemplare in una rapida e consolante rassegna gli ottenuti
risultamenti.
> Cominciamo del Diritto Privato, i cui elementi orga-
nici sono r /ndit)i(<uo, la Famiglia^ la Proprietà^ la Stic-
cessione, le ObbligazionL
i69
• Per gì' Individui le amiche legislazioni, preoccupate deU
riateresse sociale, paco tennero in conto i diritti personali.
< lo vi dichiaro, Platone fa dire al suo legislatore^ che non
< riguardo voi né i vostri beni come appartenenti a voi
e stessi, ma a tutta la vostra famiglia, a' vostri maggiori ed
e alla vostra posterità, ed ancor più tutta la vostra famiglia
< ed i suoi beni come appartenenti allo Stato » (I). Il
cristianesimo aveva restituito in onore i diritti individuali,
e conciliato lo sviluppamento delle personalitb con L'ordine
sociale; ma la feudalità aveva cancellata l'opera cristiana, e
legittimata una nuova specie di servitù, men dura dell' an«
lica, ma più ignominiosa perchè di uomini liberi. Soltanto
in quest'ultimo secolo la condizione personale della sogge*
zione umiliante, delle ineguaglianze, delle distinzioni di
casta, de' privilegi eccezionali, si è cangiata nella eguaglianza
avanti alla legge , come avanti alla natura. Le assemblee
francesi scrivevano nelle loro costituzioni: Sono diritti na^
turali ed imprescrittibili delFuomo l' Eguaglianza^ la Libertà
la Sicurezza y la Proprietà. E nel programma del Codice
civile il Gambacérés dichiarava, doversi esso fondare sulle
basi immutabili della lAbertàj deW Eguaglianza de' diritti^
del rispetto della Proprietà. Eguaglianza ne' diritti , egua-
glianza nelle pene, eguaglianza civile in tutto, malgrado la
diversità delle credenze religiose; tale è il nuovo principio
democratico che ormai regola senza contrasto Io stato delle
persone ne' paesi che non hanno rigettato ì progressi otte-
nuti dal diritto nell'età nostra. Quale inmienso cammino, o
signori, non ha fatto dunque nel mondo giuridico la dignità
della personalità umana?
> Chi potesse ancor dubitare della virtù propagatrice del
progresso in tal senso, porti pure con gioja ed ammirazione
il suo sguardo sull' ultima estremità dell' Europa, e vi scorga
(t) Plat., De Legib,, lib. XI.
170
un giovane principe di fresco asceso sul trono de suoi mag-
giorii il quale superando difficoltà e resistenze per noi in-
concepibili, proclama in messo al plauso del mondo civile
r abolizione del servaggio personale neir immensa estensione
de' suoi Stati, e solleva milioni di esseri umani alla digniik
ed a' diritti di uomini liberi.
» La Fauglu è la scuola de* costumi, T educatrice del cit-
tadino alla patria, il santuario de' più dolci e legittimi affetti
del cuore umano.
> La famiglia pagana, in cui il padre era un despota,
la moglie poco al di sopra di una schiava , il figlio di fa-
miglia una cosa senza personalità distinta, sarebbesi diseiolta
nell'anarchia, nella prodigalità, nella dissolutezza, ne* quoti-
diani divorzi, se il cristianesimo non fosse venuto a rigene-
rarla. Ma nel moderno sistema giuridico grandi mutamenti
arrecò l' ultimo secolo nelle leggi che regolano la costituzione
della famiglia. Il criterio che loro fu guida è la doppia
conciliazione della religione con la libertà civile, e dell'au-
torità con r affetto.
» Cosi il matrimonio , l' atto più importante delta vita
privata del cittadino, la convenzione creatrice della famiglia
stessa, non è più, né può essere di esclusiva competenza
del potere religioso: ma determinarne le condizioni e gì' im-
pedimenti, le forme ed i civili effetti diviene la prima delle
sollecitudini del legislatore sociale, il quale non può aste-
nersene senza venir meno ad un suo rigoroso dovere. La
consacrazione religiosa di un legame durevole quanto la vita
non lascia tuttavia di essere una grande e salutare necessità
di coscenza, senza bisogno in questa, più che in altra spi-
rituale obbligazione, dell' ingerenza coercitiva del comando
civile.
» La proscrizione del divorzio dalle leggi, ed anche dove
nelle leggi sussiste, il suo crescente disfavore ne' costumi e
neir opinione, restringono e fanno eterni legami dell' affetto,
creano le virtù della società domestica, fanno trovar la forza
471
per sopportarne le avversila e i dolori, e salvano i figliuoli
innocenti dal pericolo degK odii noverealì e dalla ironnora*
lilà dell' abbandono. Cosi soltanto diviene una verità la men-
zognera definizione del matrimonio delHantico giureconsulto,
il quale chiamava consorzio di iutia la vita un' unione , di
cui il legislatore non aveva osato proclamare V indissolu-
bilii&.
> La potestà maritale e la paterna^ non più esercizio di
una domestica tirannide, sono divenute benevola protezione
della consorte e della prole, a benefizio e non a detrimento
de' protetti, temperate in caso di abuso dall' imparziale in-
tervento del magistrato.
> Il medesimo principio è fondamento alle istituzioni
della (tt(efa dell'età e delP infermità; la quale si volle sot-
toposta alla vigile censura di un tribunale di famiglia ^ in
cui la legge odierna si compiace di sollevare a valore giu«
ridico una morale solidarietà creata dalle affezioni del san-
«
gue, e talvolta ancora dal solo sentimento deiraroicizia. Ma
qaesta tutela, presidio della debolezza e della incapacità»
non durerà più cosi a lungo come ne' secoli andati, pel solo
difetto degli anni: la legge accorda all' uomo un più pre-
coce dominio di sé stesso, pruova sensibile che l'educa-
zione del suo spirito si è migliorata, che la civiltà cre-
scente lo fa uscir più presto da fanciullo e da adolescente.
> La danna nella famiglia di oggidì, sottratta alla con-
dizione di una perpetua minorità e ad una degradante pre-
sunzione d' inferiorità di natura, se non vive sotto la benefica
protezione di un padre o di un marito, è libera e capace
quasi al par dell' uomo : figlia e consone è garantita contro
gli eccessi della domestica autorità: madre è ammessa a
partecipare entro ragionevoli limiti a questa stessa autorità,
perchè la legge chiama anche lei ad acconsentire al matri-
monio de' suoi figli, e non le rifiuta in certi casi il godi-
mento de' loro beni , e l' esercizio di una potestà correg-
gìirice.
173
» Fin nel risolvere il difficile problema della sorle delle
proli illegmime risplende nella legge una saggia conciliazione
ira i diritti della famiglia e quelli dell' umanità; perchè se
a risparmiare domestici scandali ed* a sopprimere altresì un
funesto eccitamento a cedere alle seduzioni si vietò la tanto
abusata ricerca della paternità ; e se in ogni modo i favori
e l'onoranza si riserbano all'unione legittima del maritaggio,
la giustizia pietosa del legislatore non abbandona quegli es-
seri innocenti delle colpe de' loro parenti, e provvede al-
meno alla loro educazione e sussistenza.
» Se dalia Pahigua passumo al regime della PacpRisn',
modificazioni ancor più profonde cadranno sotto i nostri
sguardi. L'aristocrazia della terra, opera delle leggi abolite,
più non esiste. La proprietà, una volta concessione della
società che discendeva dall'alto, è riconosciuta come uo
diritto naturale ed inviolabile, fondato sull'economìa del
lavoro e del cambio^ e sulla libera esplicazione delF indiai'
duale attività^ come il più saldo piedestallo dell'ordine
e del riposo sociale. La spiritualità dell' essenza di questo
diritto SI rivela mirabilmente nella consacrazione, che in
questo secolo ottiene dalle legislazioni positive una nuova
sua forma ed . applicazione nella proprielà delle opere del-
l'ingegno^ ed in quella industriale ed artistica^ per cui
[»otrà venir risparmiata alla società moderna la vergogna di
asciare i più grandi sapienti tra i dolori della povertà privi
di pane, o peggio ancora privi d' indipendenza. Cento anni
addietro il principio dell' organamento della proprietà era
la concentrazione, l' immobiliti, la conservazione nelle fami-
glie, r ostacolo alla sua trasmessione per una ingegnosa rete
di ceppi, che il legislatore non aveva sdegnalo di tessere
colle proprie mani. Oggi tutto è detto, quando si ricoDosi»
che il nuovo sistema della proprietà consiste nella loro di-
struzione, neir abolizione delle sostituzioni e de' vincoli i
nella restituzione de' beni al commercio, in fine nella libertà,
sola madre feconda del progresso economico , perchè sola
fautrice di tuttM possibili progressi. Le Bannalità, odiosa re-
lìquia feudale , sopprimonsi ; e l' enfiteusi , tanto propisia
a' tempi di nascente incivilimento e di incompleta occupa-
zione territoriale, fa luogo mediante indennità alla consoli-
Ì7S
dazione di pieni e liberi dominj. l*e applicazioni in (ine del
nuovo ordine d' idee alla trasmeasione delle proprietà di-
vengono innumerevoli.
» Combinati i principj regolatori della famiglia e della
proprietà^ si avranno le leggi sulla Sugcbssioab. Qui ancora il
diritto di disporre del proprietario fu meglio che per lo ad-
dietro eoneiiiato-co' doveri da lui contratti verso la famiglia
cui diede esistenza. Qui davanti all'eguaglianza dell'affetto
scomparve la ineguaglianza del sesso, pregiudizio nato ia
altri tempi, indegno de' nostri, Invasione dello spirito antico
in pochi de' moderni codici, ormai impazienti di rigettarla.
- Qui infine contro le rinascenti tendenze ad immobilizzare
nuovamente le proprietà, o ad accumulare inerti ricchezze
nelle manimorte, la legge, proleggendo gl'interessi sociali,
accorre ad innalzare impedimenti insuperabili.
» Da t>ltimo nel regolare le [Conveuzioni, il nuovo diritto,
fedele al suo spiritualismo, vuol sempre sacra la fede delle
promesse ; ripone il fondamento dell' obbligazione nella li-
berla del consenso, non già nella materialità della tradizióne;
non comprende le viete differenze fra ì contratti di buona
fede e quelli di stretto diritto, quasi che in questi ultimi
fosse meno obbligatoria la ricerca della verità e la fedeltà
degli adempimenti; considera la essenza e la validità del
vincolo indipendenti da' mezzi esteriori ammessi a provarlo;
e dove una forma speciale della contrattazione non sia ri-
chiesm per garantire la sincerità e maturità dei consenso ,
deplora come una fiscalilà mal applicata quella che in ceni
codici annulla le convenzioni, per quanto consentite e pro-
vate, sol per difetto di una forma comandata per sopperire
alle necessità dell'erario.
» E quanto alle garantie della esecuzione delle conven-
zioni non manca altresì lo spirito novatore di subordinare la
proprietà reale alla dignità ed inviolabilità della persona;
di che bastino a far testimonianza ed il divieto scritto ne'
più recenti codici e leggi di alienare la libertà sottoponen-
dosi per convenzione all'arresto della persona, eh' è pure
una delle pitìi commendevoli specialità del nostro patrio co-
dice, ed i temperamenti co' quali a questa suprema ga-
rantia ricorre il comando stesso del legislatore, dove egli
scorga più che il semplice inadempimento, la mala fede e
e la colpa.
» Grandi sono questi progressi del dìritio privato: ma
174
oh quanto niaggrori son quetti che rulUroo secolo vide io-
irodarsi nel Diritto pobbuco «TBano!
» Qoi fu Teramente ereaio uo nuovo mondo suciale, le-
gislaiifo e acientifico.
» Nella scienza politica cento anni fa gli uomini di Stalo
quasi da per tutto non vedevano ehe il diriito dtm'no, la
sovranità pairimoniale ed erediUtria, la legittimità del co-
mando assoluto dì un solo, la negazione de* diritti del po-
polo a 'scegliere il proprio governoi a partecipare alla dire*
zione della cosa pnoblica. Lo spettacolo della rivoluziooe
francese, i successivi impulsi de' parziali commovimenti po-
steriori, la nuova rivoluzione del 4848 hanno modificato io
molti paesi d'Europa le istituzioni, propagando la forma
della monarchia rappresentativa; ma hanno cangiato da per
tutto le antiche opmioni. Generale è il convincimento, che
il cittadino in un paese ben governato debb'essere ammesso
air esercizio de* diritti politici, e concorrere alle funzioni
della sovranità neir interesse della nazione, in quello ben
inteso de' governanti medesimi. La libertà di coscienza, la li-
bertà della stampa, la libertà delle pacifiche associazioni, sono
considerate diritti naturali dell'uomo, di cui l'abuso della forza
brutale può impedire temporaneamente l'attuazione, ma ehe
presto 0 tardi in ogni contrada incivilita gli è riserbato di con-
quistare e degnamente uscire. La responsabilità dell'ammini-
strazione, il consenso del paese alle imposte, la pubblica di-
scussione e la libera accettazione delle leggi nel seno delle
assemblee che rappresentano la nazione, l'iniziativa per la ri-
forma di ogni legge viziosa od ingiusta e per la repressione di
qualsivoglia abuso, costituiscono ormai la salvaguardia della
libertà di tutti i cittadini, un patrimonio assai più prezioso e
nobile del loro tetto e del loro campo. Non è più , come
una volta, la sola Inghilterra orgogliosa di possedere garantie
ed istituzioni di tal sona: in questo secolo esse penetrarono
nel più gran numero degli Stati d'Europa: è cieco chi non
vede che tutti gli altri, oggi o domani, finiranno loro mal-
grado* per obbedire alla fatale necessità di entrare nelle vie
medesime.
» Un altro ramo del diritto pubblico, il Diritto ecclesiasfi*
co, consacrò nuovi e più profondi sludi intorno alla quistionc
capitale de' rapporti tra la chiesa e lo Stato, e proclamò la
necessità razionale della loro reciproca indipendenza; Inimico
corollario della libertà individuale delle coscicnie. Df5tiii:ic
173
poi aecuratnmente la porle accideDUle dell' ordinamento ec-
clesiastico, cioè i privilegi e le concessioni, che già in altri
tempi aveva largito a* chierici la stessa potestà civile, e che
oggi, mutate le condizioni della sociale convivenza, non po-
trebbero senza pubblico danno ritenere, dalla immutabile
santiià de' dommi, e dagli stessi celesti principi della reli»
gione, sublime necessità e consolazione dell'umana natura,
U cui regno spirituale sulle anime debb* essere la più cara
sollecitudine di ogni saggio legislatore.
» L' esercizio del potere amministrativo in tutte le sfere
della civile associazione dal comune Sno allo Stato non po-
teva rimanere arbitrario; ed un sistema di cognizioni e di
studi venne creandosi col nome di Diriito amministrativo^
per determinare i principj che debbono regolare l' ammini-
strazione pubblica, gli oggetti di pubblico interesse a cui
provvede, i mezzi e gli organi de' quali debbc servirsi, la
parte d'influenza che spetta al voto popolare ed al governo,
il giusto limite tra la concentrazione e la diramazione del
potere, e l'abile combinazione della collegialità del consiglio
cou l'unità deir azione. I nostri padri non sospettavano che
ciò potesse ridursi a regole razionali e ad uno studio siste-
matico.
•9 Fiaccola amica e guida sicura nell' amministrasione e
nel reggimento degli Stati nacque in quest'ultimo secolo e
pervenne a mirabile altezza ed incremento la scienza del-
l' £coAomia po/t(ica, la quale dissipa inveterati errori intorno
a' fenomeni della formazione, della distribuzione e della con-
sumazione della ricchezza ; sottopone a regole certe e co-
stanti il gran fatto del cambio e le sue infinite applicazioni
a conseguenze, il sistema de' tributi e delle pubbliche fi-
nanze, r ufficio della moneta e delle banche, il movimento
della popolazione, la rendita della terra, la circolazione dei
capitali, e luti* i fattori della vita economica delle nazioni;
persuade la libertà del lavoro, del commercio e delle indù*
strie; determina i limiti dell'ingerenza governativa; ed ap-
presta copiosi ed indispensabili materiali e statistiche per
mettere in armonia co' tempi e con lo stato sociale le ri-
forme del privato e del pubblico diritto,
» Vogliamo una misura de' progressi del Diritto cri*
minale^ termometro sicuro degli avanzamenti intellettuali e
morali di un popolo? Ebbene: dalla condizione io cui lo
lasciammo cento anni addietro, dalla tortura, dalla immanità
476
de' supplizii dall'applicazione arbitraria delle pene, dalla im-
moralità delia loro esecuzione, dalla confusione di lutt'i gradi
neir imputabilità del delitto, V età nostra è pervenuta a fon-
dare il più tremendo de' diritti della società su' morali con-
cetti della giustizia e della emendazione, a riserbare la de-
terminazione de' reali e delle pene al solo legislatore, a
mitigare gradualmente tutte le penalità, a proporzionarle
scrupolosamente col dolo del delinquente e col danno so-
ciale che produsse, ad introdurre quasi conseguenza le stu-
pende teoriche del tentativo e della complicità , titolo di
gloria per la scuola de' criminalisti italiani, a discernere i
gradi dell'imputazione, le cause legittime di giustificazione,
di scusa e di attenuazione de' reati, in fine a moralizzare
col sistema penitenziario 1' espiazione delle pene, e fino ad
abolire in tutto o in massima parte in alcuni avventurati
paesi senza il temuto scompiglio e scioglimento dell' ordine
sociale quella pena suprema, che insieme con la vita del
colpevele distrugge ogni speranza del suo pentimento e
della sua morale rigenerazione, a raccomandarne da per tutto
la somma rarità , ed a costringere le anime pensanti ed
oneste a sottoporre il problema spaventevole della legittimità
di essa ad una severa inchiesta, che i legislatori e filosofi
proseguono ancora con un eloquente seniìmenlo di penosa
ìncenezza.
> La dottrina de' giudiziali procedimenti^ parte anch'essa
del pubblico diritto, s'illuminò di nuova luce per risolvere
r arduo problema de' mezzi più efiicaci a discoprire la ve-
rità controversa, a reintegrare i diritti violali, a proteggere
l'innocenza sospettata o calunniata» AH* antica menzogna defle
pruove legali si sostituì l' autorità del morale criterio^ sen-
z' altre norme che quelle suggerite dalla umana coscienza
e dalla logica naturale. Le giurisdizioni eccezionali furono
proscritte. E salde garantie contro la somma deplorabile fa-
cilità dell'errore ne' criminali giudizi si riconobbero l' ora-
lità e pubblicità de* dibattimenti in luogo dell* antico se-
greto inquisitoriale, purché cieco zelo non li renda una il-
lusione ed una dispendiosa inutilità; non che la istituzione
de' giurati^ per la quale la nazione partecipa ben anche al-
l'esercizio della potestà giudicatrice^ e senza di cui manca
ad un popolo il complemento razionale, ed in tempi dilBcili
il pegno più sicuro della conservazione delle sue libertà ».
( Continua ).
BOLLETTinO DI NOTIZIE STATISTICHE ITALIAHE E STRANIERE
E DELLE PIÙ IMPORTANTI INVENZIONI E SCOPERTE
PROGRESSO DELL' INDUSTRIA
B
DELLE UTILI G06NIZI0NL
Fascicolo di Novembre 1859.
NOTIZIE ITALIAKE
— OOO —
StatlMlM
dell* tatraslone seeondavla ed anlversltavla
nèffll Stati «ardi dorante Taiino tSftV*
il egli Stati sardi succedono alle scuole elementari tre al-
tri ordini di scuole ; quelle che impartiscono l' insegnamento
tecnico ed hanno il titolo di scuole speciali primarie di tre
corsi, e quello dì scuole speciali secondarie di cinque corsi;
quelle che impartiscono gli studj di carattere classico sono
anch' esse di due ordini col titolo di scuole secondarie pei
primi cinque corsi e di scuole filosoBche per gli ultimi due
corsi; e gli sludi universitarj che s'impartiscono nelle Uni*
versila propriamente dette ed in alcune scuole universitarie.
Seguendo quest' ordine offriremo le notizie statistiche le
quali si riferiscono all'anno 1857.
AiuiALi. Siaihiiea, vok JLXiFf writ 3« 13
178
Seuoh 9pe€ÌaH primarie e secondarie.
Le scuole speciali primarie di tre corsi in cai s' insegna
la lingua italiana, la geografia e la storia, la calligrafia, l'a-
ritmetica superiore e il disegno lineare, la lingua francese
i principi delle scienze naturali*, gli elementi di algebra e
geometria e la contabilità commerciale, erano cosi distri-
buite:
Numero Numero
e dei degIF
Località maestri scolari
4 Aiassio 4 15
5 Alessandria 4 81
5 Asti 6 64
4 Chiavari 6 13
6 Cuneo 4 8S
6 Bonneville 4 46
7 Anney 6 83
8 i Collegio nazionale ... 9 100
9 Genova [ Collegio civico • . • • 6 168
10 I San Pier d'Arena • • . 4 S3
11 Ivrea 4 S6
IS Spezia 6 SI
18 Mortara 8 76
14 M- ( Collegio nazionale . • • 7 48
46 "'"■ { Mentono 6 S5
46 Novara 8 41
47 Intra 6 SS
48 Pinerolo 4 86
49 Saluizo 6 89
50 Ciamberi 6 46
54 I Collegio nazionale • . • 9 444
55 Torino ) Collegio di Monviso ... 46 4 SS
SS \ Collegio di S. Barbara . • 8 69
54 Tortona 8 84
55 Vercelli 6 S6
Numero totale 441 1318
479
Le scuole speciali secondarie sono di cinque corsi, e do-
po l'insegnamento dei primi tre eorai che è comune con
quello delle scuole speciali primarie succedono ulteriori svi-
luppi sulle lettere italiane, la geografia, la storia eJ il dise-
gno e poscia si suddividono in due sezioni Tuna commer-
ciale e r altra industriale. Nella sesione commerciale s' inse-
gna la statistica, l'economia pubblica, il diritto amministra-
tivo e commerciale e le lingue francese, inglese e tedesca.
Nella sezione industriale s'insegna la matematica pura ed
applicata, la storia naturale, la meccanica, il disegno delle
macchine, la fisica e la chimica tecnica.
Cinque scuole tecniche di quest'ordine esistono negli Stati
sardi e sono cosi ripartite:
Nomerò
e
I^ocaliti
I
Genova
I Collegio nazionale
I Collegio civico .
S
S Gamberi •.'•.••.. 6
^ T m'w^^ ( Collegio nazionale
5 ^^^^^ \ Collegio di Monviso . 15
m
Numero totale ..... 45
Numero d^li alanoi
N.* dei
dei
degli
Maestri
primi tre
aitimi
corsi
due corsi
9
400
47
6
468 >
48
6
46
6
9
444
S9
16
iSi
43
^^
^_^
580
88
Da questo prospetto raccogliesi che sinora V istruzione
tecnica non ha preso negli Stati sardi un bastevole sviluppo
da che non si contarono che ottanta tre alunni i quali sep-
pero compiere l' intiero eorso degli studj tecnici. Questa ci-
fra è troppo esigua quando si pensi all' urgente bisogno che
ha lo Stato di trovar presto giovani che sieno in grado di
dedicarsi al commercio ed all' industria con vigorosi studj.
Per il mantenimento delle à6 scuole speciali primarie e
delle '5 scuole speciali secondarie è occofsa nell' anno 1 857
la spesa complessiva di franchi 186,180. Questa somma ri-
180
partita per eadaun alunno dà lire 84 per ciaseuno avendo
gli alunni stessi eontribaito eon tante tasse seolasliche la
parzial somma di lire 18,498.
II.
Scuole teeniehe.
Humero Nomerò
dei degli
Istituti maestri alonai
Istituto tecnico di Torino •••••• Il 444
Istituto tecnico di Genova ..•••. 9 156
Scuole tecniche di Ciambery . . • • 4 90
Scuole di disegno di Varallo 4 64
Scuole I a Cluses 4 68
di < a Booneville S 44
prologeria / a Sallaoches ' S 14
Ia Genova • • S 40
a Cagliari S SS
a Chiavari I 18
a Nizza ........ 4 15
ad Oneglia 4 S9
a Savona ••••.... 4 49
Numero totale .... 44 675
Pel mantenimento dei suddetti istituti tecnici alcuni dei
quali hanno un' applicazione affetto professionale occorre una
spesa annua di lire 1 1 6,00S, nel quale dispendio sono com-
presi gli stìpendj pei 44 professori per T annua somma di
lire 6S,S50.
IIL
Seuok secondarie classiche.
Le scuole pecondarie classiche sono di due gradi , quelle
di primo grado comprendono cinque corsi e vi si insegna
la religione, la lingua italiana e latina, l'aritmetica supe-
riore, Itt geogra6a e la storia, le befle lettere e le oosiooi
481
intro(hiUi?e allo studio delle scienze Bsiche e naturali. Quelle
di secondo grado comprendono due corsi ed hanno gli in-
segnamenti della religioDCf della filosofia, dell* algebra e della
geometria, della fisica e della chimica, della letteratura ita-
liana, latina e greca, della storia moderna e della storia
naturale.
Nomerò degli
ProTincie
Istitali Professori Scolari
Acqui «... 4
Alba 6
Albenga 4 • B
Alessandria ;..••••• 6
Alghero I
Alla Savoja ••••••. I
Aosta 4
Asti 3
Biella . 6
Bobbio . 4
Cagliari S
Casale •••••.••• 4
Cbiablese • • 9
Chiavari • • S
Cuglierì .•..•••«• 4
Cuneo 7
Possigni 4
Genovese 8
Genova 4
Iglesias •....•••. 4
Isili . 4
Ivrea 6
Lanttsei 4
34
217
28
286
S6
165
SO
494
10
55
»
58
9
94
12
288
16
269
9
62
20
849
24
410
16
103
7
80
7
44
29
254
26
198
25
189
82
666
7
81
4
24
21
269
8
20
72 881
4146
ìM
Proviocie
«
Somma retro
Levante
lomeUina
Mondovi
MoriaDa •
Nizza
Novara
Novi
Nuoro .••.••.•
Oneglia • • •
Oristano
Ossola
Ozieri
Pallanza
Pioerolo
Salozzo
San Remo
Sassari
Savoja propria
Savona •••••••.
Sosa
Taranlasia
Tempio
Torino
Tortona
Vabesia
Vereelli
Voghera
Numero totale . . . . ISS 977 I0,7S0
Se confrontiamo il numero degli istituti in cui s'impartisce
Nuiiiero
degli
IstiioU
Professori Scolai
> 78
884
4446
4
49
463
8
S7
837
43
64
697
4
40
79
6
S9
973
5
S4
963
8
40
433
4
7
88
4
48
384
S
44
888
4
40
70
4
7
74
8
8
66
9
86
883
8
84
876
4
•
S4
479
9
48
• 806
8
88
474
7
80
467
8
36
836
4
9
76
4
4
68
45
93
4,384
S
48
807
S
44
444
6
84
365
4
44
465
183
ristrazione Iclterarìa o classica col numero degli istiluti d*istru-
sione tecnica, si ha pei primi il numero compressivo di IS3
stabilimenti, e pei secondi di 4 80. Questo ci prova che chi
regge la cosa pubblica ebbe il savio avvedimento di largheg-
giare più cogli istituti tecnici che coi classici; e ciò torna a
sua lode, giacchò TUtruzione tecnica occorre pei nove de-
cimi della popolazione e non cosi avviene per l'istruzione
classica. Ma sinora il paese è rimasto un pò troppo tenace
alle sue vecchie tradizioni preferendo V istruzione letteraria
alla tecnica. E difatti gli alunni delle scuole classiche am-
montano al numero di 10,730, e quelli invece che frequen-
tano le scuole tecniche non sono che 3856 ; per cui la pro-
porzione dei primi coi secondi è quadrupla.
Da un anno ali* altro però il popolo subalpino va sem-
pre più aceorgendosi che è meglio aver molti* uomini di sa-
pienza pratica e direm quasi oflBcinale che non uomini a
studj in gran {parte speculativi. Dopo l'anno 4867 molte
scuole di latinità hanno dato luogo a scuole di carattere tec-
nico che sono frequentatissime.
La spesa pel mantenimento dei 433 istituti d' istruzione
classica importò a carico dello Stato per Tanno 4857 la
somma di lire '888,798. I comuni, le provincie e le ammi-
nistrazioni di pie fondazioni concorrono per altre lire 463,037;
per cui la spesa complessiva ascende alla somma di L. 864,839.
Vi concorrono <però anche le famiglie col pagamento di an-
nue pensioni per la somma di lire 400,964.
Fra i 433 istituti di istruzione secondaria si contavano
76 collegi convitti cosi ripartiti:
Alunni
8 Collegi nazionali e regj •' 544
38 Collegi provinciali e comunali I86i*
48 Collegi vescovili 4077
48 Collegi aiBdati a corpi religiosi 4484
4 Collegi privati 345
76 4369
484
Si concavano anche in alcuni Seminar) vescovili islitaili
in varie Diocesi 10S4 alunni che facevano i corsi di gram-
matica, dì rettorica e di filosofia.
IV.
Università e scuole universitarie.
Gli Stati sardi contavano quattro Università e cinquanta-
sei scuole di carattere universitario.
Unhersità di Torino.
Nomerò
dei professori degli
Stadj e sostituiti studenti
Teologia 7 S
Leggi ed elementi di diritto patrio . . 17 590
Medicina l Medicina e chirurgi. . . 878
I Ostetricia J 46
Chirurgia ) ^^'^''''''^' ......" 17
Studj \ Matematica i 438
fisici e I Architettura | 49 8
matematici ' Fisica superiore • • • . ] 48
Ì Filosofia razionale ... 1 44
Metodo I 6
Belle lettere ..... l SS
Grammatica ...-••.[ 8
Storia naturale .... 1 6
Chimica 1 8
Numero totale 76 1814
185
//niVer^tfii di Genopa»
HumOTù
del degli
StodJ professori stadentl
e sostituiti
Teologia 6 —
Leggi ed elementi di diritto patrio • • 18 156
Medicina e chirurgia J 87
Flebotomia | 16 —
Farmacia • • • I SS
Matematica - IS 100
Architettura . 1 6
Totale ....... 46 437
Università di Cagliari.
Teologìa 8 18
Leggi ed elementi di diritto patrio . • 9 58
Medicina e chirurgia } 106
Farmacia . . I *® 13
Architettura e geodesia ....... 5 39
Totale 37 339
Università di Sassari»
Teologia S SS
Leggi e diritto patrio 9 47
Medicina e chirurgia il ^^
Farmacia I 6
Totale 19 I4S
Il numero complesaivo dei professori e dei sostituiti ed
486
assistenti nelle quattro Dnìversitii del regno era di 169» ed
il numero eomplessivo degli studenti era di SII 6.
Gli stipendj dei 1 69 professori ascesero alla somma di lire
879,456. Essi ricevettero altresì in tante propine Gsse la
somma complessiva di lire I88,SS4, ed altre lire 46,0^8
per propine eventuali. Anche i dottori collegiati ricevettero
per propine lire S6«66S. I segretarj, i bidelli e gli uscieri
ricevettero in salarj lire 10,197 ed in propine altre lire
40,683. Il costo complessivo delle quattro Università per sa-
larj e propine fu di lire 474,858.
Gli studj teològici costarono lire 44,558. Lo studio delle
leggi costò lire 447,959. Gli studj medico-chirurgici costa-
rono la somma di lire 448,418. Quelli di filosoàa e belle
lettere importarono la somma di lire 47,941 e quelli delle
scienze fisiche e matematiche costarono lire 94,684.
Riguardo agli studj teologici giovi notare che per l' U-
nWersità di Torino si spendono lire 45,000 in salarj e lire
4 4,400 in propine fisse per sette professori i quali non hanno
che tre scolari; cosicché l'istruzione di ognuno dei tre stu-
denti importa nllo Sialo 1* annuo sacrificio di lire 8800. A
Genova si pagano otto proiessori coli* assegno complessivo di
lire 8800, senza che si presenti alcun studente in teologia.
Sarebbe quindi un parlilo da saggio amministratore quello
di sopprimere le due Facoltà teologiche di Genova e di To-
rino.
Oltre le quattro Università di Torino, Genova, Cagliari e
Sassari si contano in 87 altre città del regno varie scuole
speciali di carattere universitario le quali sono cosi ri-
partite.
18 di studj teològici con 49 professori.
85 di leggi ed elementi di diritto civile e patrio con
38 professori.
SO di medicina^ chirurgia, farmacia ed ostetricia con 89
profe ssori.
3 di matanatica, geometria pratica con 5 professori.
487
Gli stipendj assegnati a questi 9 professori con liltri emo-
lamenti ad essi concessi importarono allo Stato una spesa
di lire 84,7649 avendo pel resto contribuito altri fondi lo-
cali.
Queste scuole vennero frequeniate da 468 studenti.
Per r istruzione universitaria dei veterinari esiste megli
Stati sardi un unico Stabilimento, che conta 9 professori ed
ebbe udranno 1857 78 studenti. Fra questi 84 ottennero
neir istituto un posto gratuito. La spesa di questo Stabili-
mento fu di lire 67^978 e cent. 4S. Concorsero però alfa
spesa le Provincie per le pensioni degli allievi ed i privati
per le cure che vennero prestate nello Stabilimento al be-
stiame ammalato, per la complessiva somma di lire 28,898
e cent. 47, per cui lo Stato non ebbe a sostenere che la
tenue speaa di lire 89,080 e eenu 75.
A corredo degli studj universitarj si mantennero le se*
gaenti raccolte scientifiche:
Spesa
Impiegati in lire
Biblioteche 88 58;8S0
Musei di storia naturale e di antichità . 81 85,S05
Gabinetti geodetici e modelli di costruxione 8 8,980
Orti bouinici 48 85,760
Gabinetti di fisica ed osservatorio meteo-
rologico 7 9,750
Laboratori di chimica generale e farma-
ceutica 48 48,675
Musei anatomici e fisiologici 46 80,580
Cliniche mediche, chirurgiche ed ostetriche — 7,84 8
Totale ....... 98 474,867
/ >
188
NOTIZIE STRiNIERB
d«r«Bte Vmimm» MWtm,
I.
Le Corti delle AttUe.
C
orti delle Assise. — Duranle Taiuio 1850 le Goni delle
Assise degli 86 dipartimeDli fraaeesi Don hanno avuto da
giudicare contraddiloriamente che 4535 .aeeuse. Ne erano
state giudicate 4798 nel 1855 e 5525 nel 1854. La dimi-
nozione del 4856 sul 1854 è di 990 cioè 48 per 100, quasi
un quinto. E se si confronta il 4855 al 4856 trovanai S6S
affari di meno in quesi* ultimo anno: tra pò più del 5 per
400. La riduzione posa esdusivamepte sulle accuse dei eri-
mini contro h proprietà il di coi tramerò è disceso da 4463
a 4016. Il numero delle accuse dei delitti contro le persone
aumentò di 89. Da 4648 nel 4855, si è elevato nel 4856
a 4403; ma T accrescimento, come lo mostra il quadro se-
guente, non fu portato sui crìimni più gravi. Il numero
delle accuse d* assassinio, d'omicidio» di parricidio non ha
variato, e quello delle accuse d'avvelenamento ha diminuito.
Gli infanticidi , gli stupri ed attentati al pudore sugli adulti
0 sui fanciulli sono i soli che hanno aumentato. Ecco pel
4856 il numero delle accuse:
189
D'assassinio. • 302
D'omicidio 96
D' avvelenamenlo 30
Di parricidio ••••••« 18
D'Infanticidio 190
Di lesioni e ferite seguite da morte senza l'intenzione
di darla . • • • 76
D'altre lesioni e ferite gravi 69
Di lesioni e ferite verso un ascendente . • • • 54
Di ribellione o di violenze gravi verso dei funzionar] 28
Stupro o attentato al pudore sugli adulti .... 181
» sui fimciulli . • . 650
Di falso testimonio 45
Di moneta falsa • . • • . 58
Di falsificazioni diverse • . . . 499
Di furti qualificati 1866
D'incendia • . • . . 206
Di fallimento doloso 117
Di tutti gli altri 148
Totale 4535
Il numero degli accusati nel 1856 ha diminuito come
quello delle accuse. Non si contavano 6124 implicati su 4535
affari giudicati per dibattimento pubblico nell'anno 1856,
mentre il loro numero si elevava nel 1855 a 6480, cioè
866 di più. IL quadro che segue fa conoscere quale fu: 1.^
il numero medio annuale degli accusati giudicati dal 1826
al 1855; 2.® il loro numero reale durante ciascuno degli
anni dal 1861 al 1856. Le due ultime colonne hanno la di-
visione proporzionale degli accusati avuto. riguardo alla na-
tura dei delitti.
488
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NOTIZIE
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744
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7480
825
673
/
4751
7404
884
669
9
fi . . 8778
liorti delle ' . 8437
4898
7074
898
607
4609
7096
864
649
AsMse dei^ ,. . . 8408
giudicar/ . . . . • «OM
.tate /;. . . . . «>48
/' 8408
4944
7847
888
678
4478
4468
4046
7556
6480
6484
876
844
844
784
689
656
if jiiDiDUtione che vi è prodolla nel 1868 nel numero
jegli aeettsali giudicali dalle Coni delle assise si è
^tlla maggior parte dei dipartimenti. In effetto, in cin-
^^(fl dipartimenti furono giudicali meno accusati nel 1866
f^0el 1866; in due vi ebbe lo stesso numero. In trenta
^ito, al contrario, vi ebbe aumento ; ma quest* aumento
7 f oasi nulla in quattordici, e non raggiunge il SO per 100
^•^ venti dipariimenti: dove il numero degli accusati si è
^osibilmente accresciuto nel 4866, sono i seguenti.
Tarn e Garonna 88
per
400
Lzère •
. . 88 per 400
Alte Alp} . .79
Ariége • .
. . 87 •
Passo di Galais 63
Nord . ,
. . 36 •
Loiret • •' . 48
Rodano • •
. 34 >
Alti Pirenei . 4S
isère • <
. . 33 >
Dròme ... 48
^
<9^
*%f
191
n della Senna, il numero degli accasati
n luogo di 690 nel 4856. Erano stati
S58, e 986 nel 4863.
^gion media, per tutta la Francia
n rapporto era quasi lo stesso
^;S3 abitanti; ma eontavasi
ui nel 1854, e per 4890 nel
a limiti assai larghi da un diparti-
j per Tanno 1856 i dipartimenti che
. il minor numero d' abitanti per un accu-
paralello quelli che ne hanno offerto il mag-
•uero :
Corsica . . • • • un accusato sopra
Senna ....••••••••
Tarn e Garonna ••..••.••
Marna
Dròmo . • I • • .
Lozère • • • •
Bocche del Rodano • •
Vauduse
Alta Garonna
Gers ....•••
Aube • • • • • •
Creuse
Ain •
Meurthe
Alta Savona
Hérault . • •
Chcr
Isère ...•••••••••
Costa d'Oro
Dordogna
Vosges
Coste del Nord
4,891 abitanti
a,464
a,974
8,385
3,340
8;»30
8,588
8,756
8,945
4,115
4,861
14,861
18,546
44,684
18,016
13,134
11,344
11,089
11,004
10,787
10,676
10,025
190
Periodi
Namero medio
annuale
N.<* reale degli accusati
giudicati per delitti
contro
persone proprietà totale
4826 al 1880. . . 48S4 5306 7180
1831 > 1835. . . S371 6095 7466
4886» 1840. .. S158 573S 7885
1841 > 1845. . . S186 4918 7104
4846 • 4860. . . S488 499S 7480
4854 > 4855 . . . 3858 4751 7404
Numeri reali degli
anni
4851 ....... 9778 4S98 7074
485S 8487 4609 7096
4858 8403 4914 7817
4854 S088 4478 7666
4855 3018 4463 6480
1856 3108 4016 6134
Numero proporaioMle
sulOOOdegliaccnsatt
giudicati per ddilti
contro
persone propiieli
356 744
818
378
508
835
884
683
737
693
672
669
393
851
838
376
811
844
607
649
673
734
689
656
La diminutione che vi è prodotta nel 1858 oel numero
totale degli accusati giudicati dalle Corti delle assise ti è
estesa alla magginr parte dei dipartimenti. In eflelto, in cin-
quanta dipartimenti furono giudicati meno accusati nel 1856
che nel 1855 ; in due vi ebbe lo stesso numero. In trenta
quattro, al contrario, vi ebbe aumento ; ma quest' aumento
è quasi nulla in quattordici, e non raggiunge il 30 per 400
in venti dipartimenti: dove il numrro degli accusali si è
sensibilmente accresciuto nel 4866, sono i seguenti..
Tarn e Garonna 88 per 400 Lcère . . . 88 per 400
Alte Alpi . . 79 a Ariége ... 37 *
Passo di Galais 68 > Nord ... 86 •
Loiret ... 48 > Rodane ... 84 >
Alti Pirenei . 48 • Isère ... 33 >
Drdme ... 48 »
191
Nel dipariimcnlo della Senna, il numero degli accasati
fu di 708 nel 1856, in luogo di 690 nel I855. Erano stali
866 nel 1854 970 nel 1858, e 986 nel 486S.
Nel 1856 si contano per ragion media, per tutta la Francia
6815 abitanti per un accusalo. 11 rapporto era quasi lo stesso
che nel 4855» un accusato per 65S3 abitanti; ma eontavasi
un accasato per 4786 abitanti nel 4854, e per 4890 nel
1858. Il rapporto varia in limiti assai larghi da un diparti*
mento all'altro. Ecco per Tanno 4856 i dipartimenti che
hanno presentato il minor numero d' abitanti per un accu-
sato, e<^ in paralello quelli che ne hanno offerto il mag-
gior numero:
Corsica . • • • • un accusato sopra
Senna • • •
Tarn e Garonna
Marna .•.••.••••••
Drdme ••••••••,•••
Lozère • • • 1
Bocche del Rodano
Vaucluse
Alta Garonna
Gers •••••••
Aube •••••
Creuse .
Aìn ^
Meurthe ...........
Alla Savona
Hérauh.. .
Cher.
bére
Costa d'Oro
Dordogna
Vosges
Coste del Nord
1,891 abitanti
a«454
S,974
8,a85
8,340
s;»so
8,688
3,756
8,945
4,115
4,861
44,861
18,546
1 4,684
18,016
13,184
11,844
11,089
11,004
10,787
10,676
10,025
49i
L' aumento del numero degli aceusati della Corsica, avuto
rigurdo alla cifra del 1855, non distrugge per nulla la fé-
lice influenza esercitata dalla misura presa per assicurare
agli abitanti di questo dipartimento la sicurezza di cui go-
dono quelli del continente. La legge del 45 giugno 4858
sulla proibizione del porto d'armi, di cui il Corpo Iegisla«
Iìto votata la proroga , e la repressione dei banditi non
hanno per nulla perduto della loro efficacia. Se la Corte
delle Assise della Corsica ha giudicato nel 4856 più aecuse
che nel 4856, essa non ne ha giudicato che un numero
quasi eguale a quello del 4854, e ben inferiore alle cifre
dal 4854 al 485S. Inoltre il numero dei crimini d'assassi-
nio e d' omicidio, che le misure richiamate avevano sopra-
tutto lo scopo di prevenire» non ha cessato di decrescere.
La distribuzione degli accusati secondo il sesso, V età, Io
stato civile, l'orìgine, il domicilio, la professione e il grado
d' istruzione si compie tutti gli anni in una maniera unifor-
me. Il quadro che segue indica il riparto, sotto questi di-
versi aspetti, degli accusati nel 4856:
Nameri
Nomeri proponio-
reali nall
(su 1000)
Numero totale degli accusati giudicati • 6^431 —
Natura M crimini.
Accusati giudicati per crimini contro le
persone .......... S,408 344
Accusati giudicati per crimini contro la
proprietà ••••.•••.. 4^046 656
Sesso degli accusati.
Uomini 6,007 818
Donne i,ll7 lèi
193
Età degli occusatL
Minori dei 3i anni S68 146
Dai 21 ai 40 anni 3,329 544
Dai 40 ai 60 anni 1,624 265
Maggiori dei 60 278 45
Stato civile.
Celibi 3,067 501
Maritati | 6,670 486
Vedovi 887 68
Origine,
Nati nel dipartimento in cui furono giu-
dicati 4,015 656
Domiciliati in questo dipartimento, ma
nati in un altro 1,807 218
Nati e domiciliali fuori del dipartimento
in cui furono giudicati, oppure senza
domicilio 802 131
Domicilio.
Abitanti dei comuni rurali . • . • 3,807 540
Abitanti dei comuni urbani • . • • 2,519 49
Professione*
Occupati ai lavori dei campi, giorna-
lieri manuali, ecc. * 2,210 361
Opera] di diverse specie d' indùstrie • 2,043 334
Domestici presso persone 438 71
Negozianti , mercanti , locatarj, alberga-
tori 620 101
Appartenenti alle professioni liberali . 485 71
Vagabondi, gente senza occupazione • 378 62
A^iNAu. statistica t voi. XXI F, serie 3,* 13
494
Grado d* Utruzfime.
Completamente ignorami 3,698 441
Sapendo solamente leggere o scrivere e
leggere imperfettamente 748 4S2
Avendo ricevuto un grado d'istruzione
superiore 346 56
Davanti i giuratij questi giudici variabili che cangiano
ogni trimestre gli accusali hanno trovato dal 4854 al 1856
una repressione quasi identica ciascun anno; è ciò che di-
mostrano gli stati qui sotto esposti al doppio punto di vista
delle accuse e degli accusati.
Nomerò medio su iOOO accuse.
Ammessa Ammessa con respinta
Anni interamente modificasioni dal
dal dal giurì
glori giuri
4854 671 140 489
4856 670 443 488
1856 669 444 490
Nomerò medio so 4000 accasati.
Condan. a pene
Anni aisoUi afflittive ed correxlonall
Infamanti
4854 349 373 379
4855 850 386 364
4856 354 878 868
In fatto sono a migliaja le variazioni che si contano dal-
l' uno air altro. Questi risultati sono la migliore prova della
saviezza e del buon senso che dimostra dopo la legge del
4 giugno 4853 l'istituzione del giuri applicato agli affari
criminali.
Le Corti delle Assise hanno assolto 4566 individui su 6134
495
accasati tradoui davanti ad esse nel 4856. N« hanno con-
daooalo 4568 di diverso sesso di cui il quadro qui sotto
esposto indica la nalura, confrontando questi risultati con
quelli che sono fornii! dagli anni precedenti. La minoranza
relativa ai numeri appartiene all'anno 1856; che si spiega
per la diminuzione del numero degli accusati, che fu infe-
riore di 456 di quello del 1856; T assenza delle condanne
alla deportazione ed alla detenzione è dovuta a questo mo*
tìvo che queste due pene V applicano esclusivamente ai cri-
mini politici, del qual ordine non ne furono giudicali nel
1856.
i851 i853 Ì8S3 i854 i855 i856
Condanne a morte. • 45 58 39 79 64 46
Alla deportazione • . — — 7 1 20 —
Ai lavori forzati a per^
petuità 240 243 252 227 228 248
Ai lavori forzati a tempo
determinalo • . . 1031 ii42 1274 1377 1130 1051
Alla reclusione ... 889 974 10M) 1126 1040 97!
Alla detenzione • • — 2 9 3 2t —
Al bando — 1 3 — — t
Alla degradazione ci- — 1 2 — — — .
vile ••.••• — 1 2 — — —
All'imprigionamento . 2480 2426 2602 2795 2307 2221
AU'amenda soUanlo .858856
Ragazzi minori dal 16
anni assolti come a-
venti agito senza di-
scernimento, ma in-
viali alle case di corre-
zione 22 36 56 57 45 24
Totale .... 4745 4888 5292 5673 4857 4568
Sui 46 accusati condannali a mone nel 4856, ve ne
ebbero 17 esecuzioni, 28 condannati hanno ottenuto la coin-
496
mutazione della pena capitale cioè: 27 in quella di lavori
forzali in vita; i in quella della reclusione perpetua. 11
quarantascìesimo condannato per parricidio si tolse da sé
stesso la vita.
Le Corti d'Assisi hanno continuato a fare nel 4856 un'
assai larga applicazione dell' articolo 463 del Codice penale.
Il giurì ha dichiarato l'esistenza di circostanze attenuanti in
favore di 2945 accusati su 438S che ha riconosciuti colpe*
voli dei crimini passibili di pene afflittive ed infamanti: è
una proporzione di un pò più di due terzi, 606 su 4000.
Era di 682 su 4000 nel 4855 e di 674 nel 4854.
La repressione è sempre più forte riguardo ai crìmini
contro la proprietà che non riguardo ai crimini contro le
persone. Questa differenza si riproduce tutti gli anni ; la sì
ritrova anche davanti la giurisdizione correzionale. Essa può
spiegarli, sia pel mistero che copre troppo sovente le cause
dei delitti contro le persone, sia per le provocazioni che at-
tenuano davanti la legislazione stessa la gravità di alcuni di
questi delitti.
Fra tutti i crimini, quelli di parricidio e d' avvelenamento
non hanno irovato alcuna indulgenza davanti al giuri. Non
si contò per ragion media che un assolto su 40 accusati di
questi crimini; otto sono stati condannati a pene afllitiive
ed infamanti, e 4 a pene correzionali. Gli accusali di assas-
sinio, di lesioni e ferite verso ascendenti, di stupro o di at-
tentato al pudore su giovani, sono stali essi pure oggetti di
giusta severità da parte del giuri. Gli accusati di delitti con-
tro le persone che hanno ottenuto più frequentemente sen-
tenze assolutorie, nel 4856 sono:
4.'^ Di faUo testimonio e di falsificazione ìq
materie civili e criminali 60 per 400
2.^ Di lesioni e fedite gravi senza premedita-
zione 57 >
3.^ Allentati al pudore con violenza ... 48 >
4.^ Di procurato aborto 40 >
497
Fra gli accusali di crimini contro la proprietà, le accusa
di furio sono siate assolte più di rado che le altre. Non se
n'ebbero che i7 su 400, mentre si contano:
42 assolti su 400 accusati di falsa scrittura autentica e
pubblica;
40 assolti su 100 accusati d'incendio;
47 assolti su 400 accusati di fallimento doloso;
54 assblti su 400 accusati di falsità in materia di co-
scrizione.
75 assolti su 4000 accusali di connessione e corruzione.
La repressione varia (ulti gli anni per ogni dipartimento.
Tuttavia vi ha una tendenza marcata, se non verso 1' unifor-
mità della repressione, che non è possibile perchè cambia
colla natura dei crimini, almeno verso una riduzione {sen-
sibile per le assoluzioni d' un dipartimento all' altro. Il nu-
mero dei dipartimenti in cui la cifra proporzionale delle
assoluzioni sorpassava ohre misura la media di tutta la Fran-
cia, è diminuita d*anno in anno. Non vi ebbero nel 4856
che 36 dipartimenti in cui il numero medio degli assolti
su 400 accusati fu sorpassato, mentre se ne contavano
74 nel 4854 e 68 nel 4852. Il quadro qui sotto esposto
mette in linea paralella, per Tanno 4856, i dipartimenti in
cui la repressione fa più ferma e quelli in cui fu men
salda.
Dipartimenti in cui il numero proporzionale
delle assoluzioni fu
Minore
Creuse ..;'*. ^ » — per 400
Loi 8 »
Oise, Doubs, Loisa ....44 »
Alta Savona 42 >
Aveyron ... ; 43 »
Ardennes, Garde, Landes, Loira inferiore .45 »
Loira e Gher, Senna inferiore 46 >
198
Maggiore
Lozòre 55 per 400
Corsica 80
Basse Alpi 48
Cher 46
Drdine • 43
Àdeche 40
Tarn 89
Isère M
Eure e Loira S7
Yonne • . • • • • • . 36
McurthCi Sarthe • 84
Nel dipartimento della Senna non vi ebbero che 46 as-
solti su 100 accusati in luogo di 80 nel 4855 e di 81 nel
4854.
Il risaltato delle repressioni varia secondo il sesso, Tetè,
il grado d' istruzione degli accusati, come Ìo dimostra il qua-
dro seguente:
Ifomeri proporsionali
Repressione - ■■■■n ibi -
secondo r età il sesso» la natura G>ndaooatl a pene
dei delitti e il grado Assolti afflittive correiio-
d' istrosione infamanti naii
Repressione per tutti gli accusati
9enza distinzione 854 378 868
Jlepres$ioni secondo la natura dei deliiU.
Accusati di delitti contro le persone S93 404 306
• le proprietà 833 867 400
Repressioni secondo il sesso.
Uomini accusati 833 895 768
Donne accusate ..,..., 349 303 848
499
ttepreuiùni ueondo l'età.
Accusati minori dei SI anni
. S69
S07
684
» dai S4 ai 40 anni . .
. 353
399 '
848
» dai 41 ai 60 anni . .
. S50
434
846
> maggiori dei 60 anni .
. S77
853
870
Jlepressione secondo il grado d'istruzione.
Accusali intieramente ignoranti • . SSO 411 5S4
9 che sapevano iipperfetta-
mente leggere e scrivere àS9 881 848
» che sapevano leggere e
scrivere benissimo • • • 836 894 816
> che avevano ricevuto un
grado d'istruzione superiore 864 386 370
Le Corti delle Assise hanno giudicato, senza Y assistenza
del giuri, 480 accuse per contumacia, che comprendevano
487 accusati. Esse hanno assolto due di quest' ultimi e con-
dannato gli altri cioè;
83 alla pena di morte;
S7 ai lavori forzati in vita;
387 ai lavori forzati a tempo determinato;
444 alla reclusione;
1 alla degradazione cittadina.
La Corte delle Assise della Senna ha giudicato essa sola
il terzo degli accusati per contumacia, 160 (ira gli accusati
giudicati per contumacia nel 1856, se né contano 300 im-
putali di furto qualificato e 94 di fallimento doloso, 98 per
falsificazioni, 88 per stupro o attentato al pudore con vio-
lenza, 14 per assassinio od omicidio^ ecc.
Gii accusati giudicati per contumacia riescono spessissimo
n fuggire alle indagini della giustizia ed alle prescrizioni
delle pene. Nel 1856, 133 individui condannati precedente-
mente per delitto seno comparsi davanti le Assise per pur-
gare la loro contumacia. Essi sono stati:
£00
42 assolti;
44 condannati a pene correzionali;
749 a pene afflittive ed infamanti.
lì.
Tribunali correzionali.
I 261 tribunali correzionali che nel 4855 avevano giu-
dicato 189,545 affari relativi a 234,363 prevenuti non hanno
giudicalo che 484,610 affari e 225,561 prevenuti nel 4856.
Cosi quest' ultimo anno presenta una diminuzione di 7905
affari ed 8804 prevenuti, circa il 4 per 400. Nel 4855
erasi già ottenuto comparativamente al 1854 una diminui-
zione ohe sorpassava 1*8 per 400.
I 461,640 affari correzionali giudicati nel 4856 si 'divi-
dono in 426,694 delitti comuni, ed in 54,946 contravven-
zioni forestali e rurali. La diminuzione fu portata su ambe
le categorie, ma come nel 4855 fu più più forte su quest*
ultima. Il quadro seguente presenta classificati, secondo la
natura dei delitti e delle contravvenzioni , gli affari e i pre-
venuti che furono giudicati dai tribunali correzionali durante
l'anno 4856.
Affari Prevenuti
Rottura del precetto politico . . . 8,896 3,947
Vagabondaggio 0,483 6,588
Mendicità 4,724 , 5,233
Ribellione 2,484 3,288
Oltraggio e violenze verso i pubblici
funzionari' 6,666 7,604
Religione f delitti ed oltraggi verso i
ministri del culto) 422 238
Lesioni e ferite volontarie . . . 40,565 3,342
Delitti diversi contro i costumi . . 2,358 3,176
Diffamazione e ingiurie, denuncie ca-
lunniose 3,277 4,286
201.
Affari PreTenb'
Furti semplici 36,848 47,402
Fallimenti semplici 594 600
Truffe 2,519 3,089
Abuso di confidenza 3^609 3,171
Frodi sulla natura, la qualìth e la
quantità delle cose vendute, deten-
zione di peso e bilancie false . • 10,789 IS,3S9
Devastazioni e distruzione di raccolti
d* alberi , d' animali
Delitti politici di qualunque specie ,
contravvenzioni elettorali .... 618 990
Diffusione e distribuzione di stampati
senza autorizzazione 176 215
Aquavitaj e caffè (apertura illecita) 1,521 1,598
Armi e polvere da fuoco (fabbrica-
zione e detenzione di), armi proi-
bite (porto 0 detenzione di) . • 39S 464
Caccia e porto d* armi 20,843 24,685
Delitti rurali e furti di cam)>agna . 951 1,329
Dogane, contribuzioni indirette . . 2,309 2,187
Pesca ( Contravvenzioni alle leggi
sulla 2,212 4,599
Poste. (Uso dei franco-bolli di già af-
francati) . . • 3,970 4,054
Poste. (Altre contravvenzioni alle leggi
sulle) • • • ^52 161
Frutte. (Contravvenzioni alle leggi
sulle) 42,688 6,782
Contravvenzioni alle leggi annonarie 1,836 1,952
Altri delitti e contravvenzioni di qua-
lunque specie 8,112 10,985
Totale 481,640 233,661
I 225,561 prevenuti giudicati nel 1856 erano processali;
209
A ril*hie^ta del pubblico ministero, 4S6,S80 (696 su
4000);
A richiesta delle parti civili, 8,8^9 (39 su 1000);
A richiesta delle amministraziooi pubbliche 69,863 (S65
8u 1000.
Di queste tre classi di prevenuti, solo la seconda si è
leggermente aumentata nel 1856. Le due altre hanno di-
minuito, ma in proporzioni differenti, la prima d'un pò
meno del 8 per 400, la terza di quasi 1*8 per 400.*
La diminuzione che si è prodotta, nel 4856, sul numero
dei delflti è dovuta evidentemente a cause generali, poiché
ossa si è fatta sentire nella maggior porte dei dipartimenti
in proporzioni analoghe a ciò che ha avuto luogo pei eri-
mini stati giudicati dalle Corti d'Assise. Notasi tuttavia un
aumento in un piccolo numero di dipartimenti. Cosi nel di-
partimento della Senna, il numero dei prevenuti giudicati a
richiesta del ministero pubblico si è elevato da 43,049 a
4 4,029; quasi Totio per 400 d'aumento. Di già nel 4856 enivi
un accrescimento di 868 prevenuti, e di S74 nel 4854.
Questo accrescimento si spiega , *d' altronde , assai natural-
mente coli' aumento della popolazione, che si accrebbe nel
4866 più di un quinto (244 su 4000) a confronto del cen*
simento del 4854.
Gli altri dipartimenti in cui vi ebbe aumento dei prc-
vcnuii, giudicati dietro richiesta del pubblico ministero nel
4856, comparativamente al 4855, sono i seguenti:
Alti Pirenei 4469 aumento 88 per 100
Ariege 978 > S4
Bassi Pirenei 4598 » 22
Pirenei orientali 4006 » 20
Alte Alpi 584 > 49
Creuse 747 » 49
Allier 4 475 » 47
Corsica 4554 » 46
Ardèche 46o3 » 45
Senna ed Oise 3426 » 42
SOS
Di questi dieci dipartimenti, quello di Corsica è il solo
che fosse stato già notato nel 4856 per l'aumento del numero
dei prevenuti tradotti davanti i tribunali corrcuoDali^ T ac-
crescimento era di gih del 15 per 400*
Su gli altri 9 dipartimenti, 8 appartengono, come la Cor-
sica, alle contrade più povere. L'accrescimento proporiionale
è, d'altronde, assai meno considerevole che quello che fu
notato fra gli accusati giudicati dalle Coni d' Assise di alcuni
diparlimenii.
Le donne contano per un pò più di un quinto ( 906 su
4000) fra i prevenuti giudicati nel 1856. Nel 1855 la prò-
porxione era quasi identica , 908 su 1000. Questa propor-
zione varia, d'altronde, secondo la natura dei delitti. Ecco
fra i delitti i più frequenti, quelli a cui le donne prendono
la maggiore o minor parte.
La maggiore
Uso dei franco-bolli già affrancati • . . . 40 per 400
Frodi nel commercio ........ 84
Diffamasione e ingiurie SI
Furti semplici 99
Mendicità • . , «96
Vagabondaggio 94
Delitti forestali 91
La minore
Ribellione 6 per 100
Oltraggi e violente contro pubblici funzio-
nar] IS
Lesioni e ferite semplici 14
Violazione di precetti politici •••.•• 1 4
Oltraggi pubblici al pudore ' 15
Abuso di confidenza 18
Truffe 19
Rapporto all' età i prevenuti giudicati nel 1856 per de-
liui comuni, k a^li di cui l'età possa essere esattamente prò-
S04
vata, perchè i prevenuti di contravvenzioni forestali o Oscali
sono frequentemente giudicati per contumacia, si suddivi"
dono cosi:
Prevenuti minori dei 16 anni 6,905
dai i6 ai 21 anni • . • . 18,214
maggiori dei 21 anni 427,934
Prevenuti di età non conosciuta 2,872
Totale 155,925
La distribuzione dei prevenuti, avuto riguardo all' età ,
si compie d*un modo assai uniforme in ciascun anno, cosi
come l'indica il quadro che se^ue. Notasi solamente una
tendenza decrescente, dopo il 1 855, nel numero proporzio-
nale dei giovani delinquenti, che invece aveva progressiva-
mente aumentato dal 1851 al 1854.
I risultati dei condannali dai tribunali correzionali , per
tutti i prevenuti senza distinzione, furono gli stessi nel 1856
come nel 1855. Il quadro qui sotto esposto lo prova.
Durante gli anni
Prevenuti dell'età 1854 1855 1856
Minori dei 16 anni «
Dai 16 ai 21 anni .
Maggiori dei 21 anni
53
48
45
131
(19
449
826
833
836
Totale . . . 4000 4000 4000
Il numero proporzionale dei condannati all' ammenda ha
subito una ^debole riduzione, compensata da un leggiero ac-
crescimento di cifra dei condannati ali' imprigionamento mi-
nore di un anno e degli assolti. Queste variazioni sono do«
vute a due^cause, da una parte la diminuzione notata del
numero^dei^dclinquenù forestali, quasi tutti condannati al-
Vammenda, ha dovuto rendere meno freqùeni^ Tapplicazione
205
di questa pena: dall'altra venne classificalo fra gli assolti
ao certo numero di. prevenuti che dopo essere stati citati
a comparire davanti i tribunalii sono assolti in vista dei de-
creti d'amnistia del 46 e 47 marzo 1856.
Numeri
Numeri reali prop. su 4000
4855 4856 4855 4856
Condannati ad un
■
anno e più d'im-
•
prigionamento . .
41,664
44,063
50
49
Condannati a meno
•
d' un anno d' im-
prigionamento . .
76,765
76,324 .
328
338
Condannati soltanto
all' ammenda . •
422,438
414,284
522
,507
Fanciulli minori dei
46 anni riconosciuti
aver agito senza di-
•
scernimento
Inviati in correzione
2,398
2,456
40
40
Restit. ai loro parenti
4,898
4,694
7
7
Assolti
20,446
20,446
83
89
Totale .... 334,365 225,664 4,000 4,000
Risulta da questo quadro che i tribunali di correzione
assolsero |meno d'un decimo dei prevenuti stali tradotti
davanti ad essi; soltanto 89 su 4000 sono stati assolti nel
1856.
Se si considerano i risultati delle procedure avuto ri-
guardo alle parli accusate si trovano differenze grandissime.
Cosi il numero proporzionale degli assolti è appena del 3
per 400 (28 su 4000) sulle accuse dirette dalle pubbliche
amministrazioni, che si appoggiano quasi sempre a processi
verbali che fauno fede fino a che non sia provato il con-
S06
trario, nienire é di 404 su 1000 prevenuti a richiesta del
ministero pubblico, e di 4S5 su 1000 prevenuti tradotti die-
tro richiesta delle parti civili. Nei calcoli che precedono, i
fanciulli rimandali eome aventi agito senza discernimento e
restituiti ai loro parenti sono annoverati tra gli assolti.
Numero dei prevenoU
Nom. totale assolti e CoadaonaU
Prevenuti giudicati del restituiti aUMinprl- alKa-
dietro richiesta prevenuti ai loro pa- gions- menda
renti mento
4." Diil ministero pub-
blico 156,880 16,881 88,018 SS,536
S."" Dalle parti civili 8,818 8,746 654 4,449
8.^ Dalle amministra-
Eioni pubbliche . 59,863 1,660 876 57,SSd
Totale . . . 325,561 SI, 787 89,548 414,S8f
Il piccolo numero delle assoluzioni pronunciate dietro
richiesta del ministero pubblieo mostra abbastanza con quale
prudenza il diritto di inquisizione è esercitato; ma devesi
rimproverare, come lo mostra il numero sempre crescente
dei recidivi, che i tribunali usino abitualmente troppa indul-
genza verso i prevenuti che riconoscevano colpevoli. Se
l'articolo 468 del Codice penale riceve per fatto del giuri
un' applicazione troppo frequente, l' estrema facilitai con cui
i tribunali correzionuli accordano il beneOcio delle circostanze
attenuanti è forse alquanto riprovevole. Su mille individui
riconosciuti colpevoli dei delitti a cui era applicabile l'ar-
ticolo 463 del Codice penale, fu esso applicato a 610. Que-
sta proporzione si è anche elevata fino a 79i su 1000 con-
dannati per furto; a 867 su 1000 condautiati per frodi com-
merciali; a 874 su 1000 condannati per vagabondaggio; a
888 su 1000 condannali per mendicità; infine a 978 su
i
207
1000 condannali per uso di franco bolli che avevano già
adoperati anche indipendentemente dalle condanne ad una
semplice ammenda, pronunciate contro individui riconosciuti
colpevoli di delitti puniti d' imprigionamento^ contasi tutti gli
anni un gran numero di prevenuti condannati a brevissime
pene d* imprigionamento su 73,834 condannati nel 1866, n
meno di un anno di prigione, 8005 sono stati meno di 6 giorni
e 27,058 da sei giorni ad un mese.
Neil* anno a cui si riferisce il presente rendiconto ebbe
luogo la prima applicazione della legge 43 giugno 4856, che
attribuisce alle Corti imperiali la conoscenza di tutti gli ap-
pelli dei tribunali di polisia correzionale.
Questa innovazione è ancora troppo recente perchè sia
possibile di provarne le conseguenze, sopratulto in un ren-
diconto che ha dovuto confondere gli appelli giudicati dai
tribunali dei capi-luoghi dei dipartimenti durante i sei primi
mesi dell'anno con quelli che furono giudicati dalle Corti
imperiali. Il numero degli appelli giudicati nel 4856 fu di
8051 soltanto, in luogo di 8774 nel 4855, di 9973 nel 4854
e di I0,l4f nel 4853. Havvi dunque una diminuzione cor-
risponilcnte in parte a quella che fu già notala durante lo
slesso periodo, nel numero dei giudizj pronunziati dai tri-
bunali di prima istanza. Tuttavia la riduzione del numero
degli appelli fu più forte ; il loro numero proporzionale che
era di 53 per 4000 giudicati in prima istanza nel 4854 ò
disceso successivamente a 49 per 4000 nel 1852, e nel 4858
a 48 per 4000 nel 4854, a 46 per 4000 nel 4855, infine
a 44 per 4000 nel 4856. I due terzi (668 su 4000) dei
giudicuti stati appellati nel 4856, sono stati confermati, e
832 su 4000 0 modificati o assolti.
Negli anni precedenti il numero proporzionale dei giu-
dizj confermati era meno elevato; non sorpassa i 64 |su
4000 negli anni 4855 e 4853, e 624 su 4000 nel 4854.
Dei 9878 prevenuti compresi nel 4856 nei 8051 appelli
giudicali, 6468 (53d su 4000) erano appellanti 2462 (249
208
su 4000) intimali, e 948 (96 su 1000) appellanti ed inti-
mati assieme. Nel 1855 il numero proporzionale degli ap-
pellanti non era slato che di 651 su 4000; ma nel 4854
s'elevava a 780 su 1000.
Dei recidivi. — Malgrado la diminuizione del numero
degli accusati e dei prevenuti giudicati nel 1856 dalle Corti
d'Assisi e dai tribunali correzionali, quello dei recidivi si
è accresciuto: ne furono giudicati 40,345 durante quest* ul-
timo anno, in luogo di 38,771, nel 1855. Essi sono classi-
ficati nel quadro seguente avuto riguardo alla natura delle
pene che essi avevano prudentemente subito.
1851 1852 185Sr 1854 1855 1856
Liberati dai lavori
forzali 1,186 1,251 1,230 1,179 1,159 1,U6
Liberali dalla re-
clusione 861 894 860 856 819 855
Liberali da 1 an-
no e più di pri-
gione 6,421 7,190 7,720 8,446 8,507 8,472
Liberati da un an-
no e mezzo di
prigione .... 18,779 21,696 25,053 24,457 24,227 24^723
Che non erano stati
precedentemente
condannati che al-
l'amenda .... 1,301 1,994 2,837 4,279 4,279 5,169
Totale 28,548 1(3,005 38,479 38,479 38,771 40,345
L'accrescimento ha pesato quasi esclusivamente sui libe-
rali dalle pene di imprigionamento di breve durata e su
quelli che non erano stati condannati precedentemente che
air amenda. È difficile di non vedere in questo stato di
cose il riprovevole e£fetto deireccessiva indulgenza dei Tri-
bunali. I condannati abusano di questa indulgenza per ab-
bandonarsi a nuovi misfatti. È cosi che in materia di frode
nelle transazioni commerciali, i recidivi aumentano ciascun
anno in proporzioni deplorabili. Ve ne ebbero 1470 nel
1856| mentre n*on se ne contano che 877 nel 1855 e 6i3
ao9
nel 4864. Questo genere d'infrazione alla legge richiama,
sotto più rapporti, la severità dei magistrati. I 40,345 reci- i
divi che sono stati giudicati nel 4856 sono comparsi noi
numero di 32,074 davanti le Corti d'Assise, e 38,274 da-
vanti la Giurisdizione correzionale. Questi ultimi formano
quasi un quarto (244, su 4,000) del nutnero totale dei pre«
venuti giudicati per delitti comuni, i soli di cui gli antece-
denti sieno provati. La proporzione non era che di 229 su
1000 nel 4855 e di 219 nel 4854. I 2074 accusati reci- I
divi formarono più d'un terzo (339, su 4,000) del numero to-
tale degli accusati tradotti davanti le Corti d'Assisi.
I quadri dei rendiconti generali, consacrati a studiare
TinGuenza del nostro sistema penitenziario francese presen-
tano nel 1856, come negli anni precedenti, dei- riaultati
poco favorevoli. Quasi due quinti dei condannati liberati
dalle Case centrali sono ripresi e giudicati di nuovo prima
che sia spirato il terzo anno della loro liberazione. Per al-
cune Case la proporzione sorpassa i 40 su 400; fu di 42
per 400 fra i condannati sortiti da Loos nel 4854, di 43
per 400 di quelli di Poissy, di 44 per 400 per quelli di
Beaulieu.
Le ricadute sono meno frequenti tra i giovani che tra
gli adulti. Cosi il numero proporzionale dei recidivi fra i
giovani liberali dal 4 854 sino al 34 dicembre 4856 fu del
48 per 100, mentre invece fu del 37 per 100 fra gli adulti.
I recidivi sono più rari tra i giovani delinquenti che sor-
tono dalle colonie penitenziarie che fra quelli che sortono
dai quartieri specialmente destinati alla loro categoria in al-
cune Case centrali di pena; ma non. si saprebbe in ciò tro-
vare' una prova d'inferiorità di regime in questi ultimi sta-
bilimenti. La differenza è che nelle Case centrali si tengono
i giovani più pervertiti, perchè la disciplina è più severa ,
ed anche perchè ivi si riconducono quelli che si evadono o
che tentarono d'evadersi dalle colonie penitenziarie e quelli
che vi si mostrano più ricalcitranti e ribelli. Comunque sia,
i migliorameniì che richiama il sistema penitenziario fran-
cese , non indicano perciò che sia meno efficace da quello
delle altre nazioni. Gli elementi di confronto mancano su
questo punto perchè le statistiche criminali, completate da-
gli uificj giudiziarj sono fin qui le sole che tengono esatta
nota dei recidivi. {Continua),
Annali. Statistita^ voL XXI F* 9er1e B.* 14
210
Cenao ««Ita pabMIca beueOceama éi Part^
Due documenti importami furono testò pubblicati dal-
l'Amministrazione degli spedali ed ospizj di Parigi. Il conio
consuntivo dell'anno 1858 ed il prevemivo del 1860. Il
primo dà 1* istoria della gestione di tutta 1* assistenza pub-
blica della capitale per quell'anno; nel secondo si trova
esposta la nuova organizzazione che deve entrare in vigore
dal primo giorno del futuro anno nei venti circondar] della
città. Tutto il lavoro è compreso in non meno di 200 pa«
gine, onde pei limiti che hanno questi AnmUi basterà che
ne caviamo alcuni dati che offrono veramente deiriotoresse
per gli amatori dji tal materia.
L'anno 4868 vide compiersi tre fatti importanti nella
storia degli stabilimenti spedalinghi della francese metro-
poli. Parlar vogliamo del trasporto degli uflSci dell'ammini-
strazione centrale nei nuovi fabbricati della piazza dell'Hò-
telde-Ville; della ricostruzione della casa municipale di sa-
lute, e finalmente della creazione a Forges-les-Bains (Seine-
el-Oise) d'uno spedale di cento letti pei fanciulli scrofolosi.
Dal bilancio dello scorso anno gli introiti salirono alla
somma di 28 milioni e 4606 franchi, e le spese giunsero
a 24 milioni e 968,24 fr.
Mercè tali grandiosi mezzi si poterono ricevere 91,007
infermi negli spedali e mantenere negli ospizj 42,324 vec-
chi e incurabili. Questi numeri attestano un miglioramento
sensibile avutosi sui risuhamenti dell'almo precedente (4),
e l'amminirtrazìone attribuisce tal vantaggio all'essersi estesa
l'assistenza a domicilio, la quale, nel 1858, fu data a 29,207
ammalati. La classe povera sempre più benedice questo
(!) Nel 1857 il numero degli ammalati carati negli spedali fu
di 93.8:26, ossia 2^819 di più che nel 1858.
S4I
naóTO sistema di soccorso (1). Il padre e la madre di fa-
miglia che da una malattia erano forzali a passare ad uno
spedale » al presente possono ricevere cura medica e me-
dicinali mentre proseguono a sorvegliare la propria casa.
E non è che quando o la malattia lo esige, o che la fa«
miglia non basta che gli infermi ricorrono agli spedali.
Una lieve diminuzione si notò allresi nella cifra della po-
polazione indigente che si fece inscrivere sui nostri registri
degli uffici di beneficenza ; però essa giungeva a 80,500
persone al SI dicembre 4858.
Una cifra non meno affliggente è quella di 8960 bambini
che dai loro genitori furono nello scorso anno (1858) ab-
bandonati. E se un tal numero è inferiore di SS a quello
del 1857, una slmile ben debole diminuzióne non indica
un progresso assai sensibile, perchè l'amministrazione possa
felicitarsene come di un vero miglioramento.
Se passiamo poi a considerare il costo giornaliero di cia-
scun ammalato troviamo che ogni giornata « in via media ,
importò S fr. i9 cent, negli spedali e 4 fr. 86 cent, negli
ospizj. La diversità del trattamento dietetico proprio dei
detti stabilimenti è causa di quella del eosto. Per fare un
confronto osserveremo che nel 4853 la giornata dei spedali
non importava che 4 fr. 49 eent. onde in più pel 4868
50 cent. E cosi pure la giornata di ospizio, sei anni fa, era
di 4 fr. 44 cent., ed ora la supera di 35 cent. Ciò per la
carezza del vitto, qual si verifica da alcuni anni a Parigi.
Fra le cose a notarsi nel documento che analizziamo ,
sceglieremo il valore delle vendite falle dagli ospizj di Pa-
rigi in obbedienza ad una circolare del Ministro dell' Inter-
no. Il complesso di tali vendite nel 4858 sali a 3 milioni
e 678,757 fr., e risulta in gran parte del prodotto dell'an-
(i) Questo sistema di soccorso a doaiicilio che a Parigi si cbìa-
ma nuovo fa da noi in altro luogo di questi annali dimostralo
antico in Italia e specialmenle nel nostro paese.
212
tica casa di salute della strada del sobborgo Saint-Denis «
espropriata dalla città per il taglio del boule{>ard du nord^
ed anche del prezzo di 24,619 metri di terreno che Pam-
oiinistrazione vendette nelle vie di Cherche-Midi^ di Regard
e del Vaugirard coirobblìgo nei compratori di aprinri dae
nuove pubbliche vie.
Accenneremo altresì circa il diritto che tiene la benefl-
cenza sugli spettacoli , che la somma percepita giunse ad
un milione e. 320 mila e 290 fr. I legati ed i doni conse-
guiii nello stesso anno 4858 diedero 793^000 fr. in capi-
tali e 3294 fr. in rendite dello Stalo. Grazie alle disposi-
zioni generose della vedova del gen. Brueys e di lord Sey-
mour si può sperare che Tanno 4859 vedrà accresciuta la
cifra di tali pie liberalità (I).
Tali sono i principali risullamenti che emergono dal re-
soconto deir esercizio del 1858, e ben fanno testimonio del-
Tordine e della probità che presiedono alla amministrazione
del patrimonio del povero.
Ora passiamo al budget dell'anno venturo sul quale avrà
molla influenza la nuova cerchia della capitale. Tale in-
fluenza , dice la Memoria che analizziamo , sarà considere-
vole giacché r ingrandimento non procurerà che debuli in-
troiti mentre che il peso agli ospizj diventava maggiore.
Difatlì le somme che li comuni aggregati verseranno nella
cassa degli ospizj non dovrà arrivare a 102,348 fr. ed in-
vece la spesa che sopporterà il servizio spedalicro in quei
medesimi comuni oltrepasseranno li 934,586 fr. Alcune spie-
gazioni giudichiamo qui necessarie onde iniendere il siste-
ma che sarà adottalo pel riparlo dei soccorsi nei nuovi cir-
condar].
11 servizio degli apedali non sarà sensibilmente cambiato,
mentre al presente alcuno asilo di tal genere non esistendo
nei Corpi Santi , tutti gli ammalati del dipartimento della
Senna vengono indistintamente ricevuti negli spedali della
capitalei e vengono già ad accrescere le spese di quei sia-
(1^ L'amnìiraglio Bruèys lasciò 800,000 fr. per creare un Ao-
spice de menages. Quanto a lord Scymour» morto ultimaoiente
a Parigi, si sa ch'egli lasciò ogni suo avere ai poveri di Parigi e
di Londra.
S43
bilimcnti. A questo riguardo ringrandimento non modificherà
per niente l'alluale irailamento negli spedali^ Ma non av-
verrà io stesso per gli ospizj e per le case di ritiro, dalle
quali sono oggidì esclusi si i vecchi che i cronici dei Co-
muni rurali , e che rimangono a carico dei loro uflicj di
bencGcenza. Ora la pubblica assistenza possiede sette ospizj
gratuiti contenenti 8705 letti, e tre ospizj per i paganti
che ne hanno 4345. Un tal numero è affatto insufficiente
per li bisogni attuali, e tutti sanno che li petenti sono so-
vente obbligati di aspettare più anni prima di potere essere
ammessi. L' amministrazione pia spera dunque che la città
le porgerà soccorso, venendo il bisogno, tanto coiraumen-
tare il nùmero dei letti negli ospizj che già esistono, quanto
col creare nuovi stabilimenti.
Gli assegni dunque inscritti sul budget del 4860 non
andranno né agli spedali né agli ospizj, ma verranno appli-
cati del tutto al servizio delt'lstituto di soccorso a domici-
lio. Dìfatti la popolazione che gode beneficio d^a pub-
blica assistenza in Parigi è di 426,363 individui, e sarà di
463,567 nel 4860, allorquando cioè s'introdurrà nel recinto
della capitale una nuova popolazione che il ministro del-
l'interno valuta a 354,000 abitanti. Per arrivare a questa
popolazione indigente di 463,567 abitanti l'amministrazione
non tenne conto del numero dei poveri assistiti oggidì dagli
uflicj di beneficenza nei Comuni annessi. Facendo essa la nu-
merazione di tali indigenti) che non vanno al di là di 40,000,
rilevò che al presente molti di quegli infelici erano lasciati
senza soccorsi, e che la nuova organizzazione parigina deve
all'incontro soccorrere tutti quelli cbe, privi di risorse, ver-
ranno a reclamare assistenza. Questa influenza del sistema
attuale è cosi evidente che nei Corpi Santi gli uflicj di bencfi*
cenza non soccorrono oggidì che un povero su 70 abitanti,
mentre che a Parigi ove la miseria è assai minore, la pub-
blica carità si estende su di un povero ogni 46 abitanti.
Nel budget del 4860 i soccorsi furono calcolati su di
un aumento di 35,000 indigenti. Uflicj di beneficenza e
Case di soccorso saranno create nelle pnKi aggregate ; un
personale d'ispettori e di visitatori funzionerà nella zona
suburbana, nel modo stesso che si usa al presente mM do-
dici circondarj : in una parola, la più perfena uguaglianza
regnerà pel riparto dei soccorsi tra i vecchi e i nuovi abi-
tanti delia metropoli. D. G. Capsoni.
SI 4
NUOVE COHCNlGAZlOm
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
— ozzo—
StadJ ••mparattYl «olle strade ferrate.
Ju curioso i( seguente prospetto comparatiTo dell' esten-
sione', del costo e dei prodotti delle strade ferrate in In-
ghilterra e negli Stati Uniti nell'anno 1858.
Inghilterra
SUU Uniti
Ciiil in esercizio. . N**
45,308
44,571
Spesa totale . . . Fr.
7,898 750,000
5,045,498,660
Spesa chilom. . . . >
616,456
443,301
Prodotto totale . . . •
594,094,425
556,674,400
Prod. per giorno-chil. »
406
34
Spesa per giorno-chil. »
59
48
Prodotto netto chilom. »
64
16
Prod. per 100 del costo •
4.47
6.43
Tariffa dH viaggiatori
Prima classe per chil. 4S
<M
06 103
Seconda » 09
8/8
08 408
Terza > 06
4i4
' 03 104
Estensione in esercizio
per ogni milione di
abitanti . • GhiL 574 <,537
Da questo confronto risultano alcune conseguenze non
meno importanti che curiose.
Gli Stati Uniti che hanno quasi il triplo di strade fer-
rate in esercizio I hanno speso più di un terzo di meno
215
della Gran Bretagna, e benché il prodotto medio chilome-
trico sia assai tenue, non oltrepassando 43,000 franchi, men-
tre nella Gran Bretagna giugne a 36,600 ; pure l'utile netto
del capitale è negli Stati Uniti di 6. I;3, per 100 contro
4. 47 per 100 neiringhihcrra.
L'economica costruzione delle strade ferrate americane
è cagione che malgrado la tenuith delle tariffe si possa ot-
tenere un prodotto rimuneratore.
Ma è certo che la eostruzione delle strade ferrate in
America lascia molto a desiderare riguardo alla solidità ed
a tutti gli accessori!, che ormai sono considerati come parte
essenziale di una buona strada ferrata.
Tuttavia si ha molto da apprendere dall'esempio degli
Stati Uniti. Se in Europa si fosse lasciato da parte iMusso
e pensato a costrurre soltanto strade solide , né i governi
avrebbero avuto a sostenere sacriflcii, né le compagnie sa-
rebbero state esposte a rovina.
Negli Stati Uniti non sono poche le compagnie che fai*
lirono , né quelle che appena ritraggono di che pagare le
spese; ma riflettasi che l'America settentrionale é il paese
dell'estrema concorrenza , che non sono poche le linee ri-
vali, che altre debbono subire la concorrenza dei fiumi e
canali, ed altre infine attraversano estese regioni poco po-
polose, per tacere dei danni provenienti dalla male ammini-
strazione, che furono negli Stali Uniti non meno considere-
voli che in Europa.
Delle preaentl eendlmlenl delle strade ferrate
franeesl*
I.
I prospetti dei prodotti delle strade ferrate francesi , i
rapporti delle Compagnie ed i beneficii che si ripartono agli
azionisti attestano la massima prosperità ed uno sviluppo
216
rnpidissimo di attività e di trasporti nel corso di pochi anni.
Pure molte lagnanze sorsero dalle Compagnie stesse e
moke apprensioni intorno ali* avvenire della grande indù-
stria delle vie ferrate, allora appunto che questa sembrava
fondata sulle basi più solide.
Le lagnanze e le apprensioni si udirono e manifestarono
allo scoppiare della crisi commerciale e pecuniaria che tra-
vagliò l'America e l'Europa alla floe del 1857 e nel prin-
cipio del 1868.
Quella crisi ha recati funesti effetti, ma la sua stessa
violenza ne ha accelerata la fine, ed il commercio, un anno
dopo, riprese la sua abituale energia.
La Francia resistette d' altronde alla crisi con un' ener-
gia che attesta la potenza dei suoi mezzi, la sua floridezza
e la prudenza del suo commercio in generale.
Se la crisi ha cagionata una depressione nei valori in-
dustriali come nella rendita, si doveva riflectere non poter
che essere transitoria a cessare col cessar delle cause che
la produssero. Quando l' interesse dello sconto è elevato
dalla Banca all' 8 ed al 40 per cento, i valori sono con-
dannati a ribassare ed il credilo delle più solide e più pos-
senti Compagnie deve soffrirne.
Diffatti le Società di strade ferrate furono ben lontane
dal soffrire irremissibilmente dalla crisi. Il danno che ne
ebbero, si fu la difficoltà di collocare le nuove obbligazioni.
Ma non è egli probabile che le stesse difficoltà sarebbero
sorte, benché meno gagliarde, anche senza la crisi? Poiché
v' ha ragione di credere che la principale difficoltà consi-
ster doveva nella somma stragrande delle {obbligazioni già
emesse^ e che caricava le Compagnie d'un peso annuale
considerevole, e che perciò avrebbe reagito sul credito delle
imprese e sui corsi delie azioni.
Pure nel principio del 4859, quando i timori di guerra
imminente in Italia si erano già radicali ed avevano com-
mosso il commercio e la Borsa, le azioni delle strade fer-
2<7
rate presentavano un bcoeficro grandissimo sul prezzo d'e-
missione. Eccone il confronto per le sei Compagnie prin*
cipali.
Compagnie Prexzo d' emiss. Valore in corso
Nord L 23^,865,000 485,875,000
Est 250,000,000 365,000.000
Ovest 450,000,000 190,500,000
Orleans > 155,290,000 4H, 000,000
Mediterranea ...» 262,392,500 579,932,000
Mezzodì > 148,200,000 140,000,000
Totale . . . L. 1,197,762,600 2,169,307,000
Ad eccezione della Compagnia del Mezzodì , Compagnia
più recente e costituita in tempi difficili, tutte le altre prò*
sperarono tanto che il loro capitale è quasi raddoppiato per
le tre più possenti, cioè Nord, Mediterraneo ed Orleans è
più che raddoppiato. Un valore che in dieci anni aumenta
del 100 per 100, intanto che ì possessori ricevettero tutti
gli anni un ragguardevole beneficio, non è tale da meritare
speciali favori e gli azionisti delle strade ferrate francesi non
sembrano meritevoli di compassióne.
Quanto ai corsi delle obbligazioni, essi erano prima della
crisi del 1857, per le obbligazioni, di 500 franchi valore
nominale, di 295 franchi per Nord e Mediterraneo, 286.
25 per Orleans e Meiezodi, 285 per Est, ed Ovest nel 1858,
dopo la crisi erano di 342: 50 per Nord e Mediterraneo, SiO
franchi per Est, 807. 50 per Orleans, Mezzodì ed Ovest. Esse
erano dunque aumentate, benché la loro quantità sia stata
accresciuta nel 4858 dall' emissione di 230 milioni di
franchi.
Non v' ha dubbio che il sistema d' impfesiito adottato
coir emissione delle obbligazioni di 500 franchi , mercè la
soscrìzione di 280 a 300 franchi tende ad aggravare le So-
SI 8
cictii. Queste avrebbero facilmente ottenute condizioni mi-
gliori se avessero considerato gli imprestiti come un sussidio,
come un mezzo eccezionale, e giammai come base fioan-
ziaria della costituzione delle Compagnie.
Il pensiero degli aggravii che le nuove concessioni im-
ponevano e dei sacrificii che bisognava sostenere neir emis-
sione delle obbligazioni ha suscitate le lagnanze accennate
assai più della crisi del 1857 e fu causa delle nuove eoo-
vcnzioni stipulate fra il governo e le società.
Colle nuove convenzioni il governo francese è ritornato
per via indiretta al sistema inaugurato colla legge del 1843
e che nel 1851 era stato abbandonato, per affrancare il te-
soro da carichi troppo forti e che la prospera situazione
delle strade ferrate non giustificava.
Il governo imperiale, appena stabilito, ha provveduto a
ridestare lo spirito d' associazione ed a promuovere le grandi
imprese industriali , a cui la rivoluzione del 1848 e le po-
litiche agitazioni susseguenti avevano dato un grave tracol-
lo. La sua sollecitudine si rivolse specialmente alle strade
ferrate. Dal 1851 al 1858, l'estensione delle linee concesse
crebbe da 4970 » 46,300 chilometri, l'estensione in eser-
cizio da 3560 chilometri a 8679; il capitale investito da
1632 milioni a 4 mila milioni, e la spesa fatta da I46S a
3350 milioni.
Questa straordinaria attività fu iniziata dalla fusione di
parecchie Compagnie. Negli anni 4852 e 1853 non si eoo-
tavano meno di quindici Compagnie fuse insieme: le fusioni
continuarono in seguito. Anche vi furono piccole imprese da
essere assorbite dalle grandi, alle quali alla fine ai accor-
darono piire le nuove concessioni.
Mentre alla fine del 1861 vi erano S7 Compagnie con-
cessionarie di 891 8 chilometri, ossia d' un' estensione me-
dia di 145 chilometri ciascuna, alla fine del 4858 non v'e-
rano più che sei Compagnie concessionarie di 46,800 chi-
lometri , che già avevano in esercizio 8779 chilometri , os-
SI9
sia una estensione media concessa di S717 chilometri e me-
dia esercitata di 1447 chilomeiri ciascuna.
11.
li sistema di centralizzaxioue prevalso nel Governo dello
Stato si volle introdurre nelle Compagnie di strade ferrate,
con che si dette certamente una grande forza ed un ere*
dito più esteso alle Societh, ma si creò una grande potenza
finanziaria, a regolare la quale e tenerla in limiti equi si
richiede una maggiore sollecitudine ed una più severa in*
gerenza dello Stato.
Senoncliè gli aumenti di estensioni e nuove concessioni
accordate alle Compagnie non furono sempre un puro be-
neficio. Tutte le nuove concessioni e parecchie delle linee
assorbite mediante la fusione, sono secondarie , sono dira-
mazioni che non promettono alcun profitto netlo di qual-
che importanza. Le Compagnie le accettavano volentieri od
anche ne accettavano la concessione, preferendo di soste-
nere un esercizio oneroso, anziché veder sorgere Società
rivali e linee parallele. Il monopolio é invasivo e sospet-
toso: esso cerca sempre di estendersi e di rovesciare gli
ostacoli che attraversano i suoi progressi.
Ma la forte centralizzazione di tutta T estesa rete delle
strade ferrate francesi nelle mani di sei Compagnie costi-
tuiva tale un monopolio che lo stesso Governo non ha giu-
stificalo senonchè colla ragione che soltanto possenti Com-
pagnie potevano incaricarsi delle linee secondarie senza pre-
tender sussidii dallo Stato.
Ma erano appena fatte le concessioni e firmati i capi-
tolati che le Compagnie chiesero i sussidii, per evitare i
quali si era tanto estesa la loro potenza.
Che si fece? Si proposero nuovi trattati e si accettaro-
no. La prima deliberazione adottata fu quella di separare
la rete di ciascuna Compagnia in due parti, la prima con-
tenente le antiche lineci la seconda le nuove.
fiso
Risultò che Tanlica rete cosiiluiva un* eslensione Ji 7774
chilometri e la nuova 8578, e cosi in complesso 16,352
chilometri.
Nel principio del 1859 si trova che erano già costrutti
chi!. 8701 e da costriirre 7,651 , d'onde appare che nella
nuova rete non furono comprese soltanto le linee che at*
tendono di venir costrutte, ma allresi ahre che erano già
in esercizio.
È solo per la nuova rete che Io Stato ha accordato la
guarentigia dMnteresse di 4. 65 per cento, di cui 75 per
l'estinzione.
La guarentigia riguarda un capilale calcolato di franchi
8,085,000,000 , epperò imporrebbe al Governo un carico
annuale di franchi 443,452,500. Ma siccome il Governo non
paga che la differenza fra il reddito netto e Tinteresse gua-
rentito, bisognerebbe calcolare con qualche precisione quale
sarebbe quel reddito. Supposto che la nuova rete dia un
prodotto di 25 mila franchi per chilometro o Ì2 mila fran-
chi di reddito netto, lo Stato sopporterebbe una gravezza
di 50 milioni ali* anno. Ma nelle mani delle antiche Com-
pagnie è probabile che la nuova rete non dia più di 7 mila
franchi netti per chilometro, cosicché Io Stato avrebbe un
carico annuale di 83 milioni.
È vero che la nuova rete non ha da sopportare sola
tutlti quei carichi , e che furono stabiliti casi nei quali la
^ete antica deve contribuire coli' eccedenza dei suoi prò-
prii prodotti. Però furono riconosciuti i diritti acquisiti, vale
a dire fu determinato un limite di beneficii ohe deve es-
sere mantenuto agli azionisti suiranlica rete, prima che la
eccedenza dei prodotti di essa abbia a contribuire alle gra-
vezze della nuova rete.
Il limite fu fissato per ciascuna Compagnia, tenendo conto
sopra tutto dei befieii degli ultimi anni oltre i carichi delle
obbligazioni, valutati 5. 79 per cento, ossia 4. IO di più della
guarentigia accordala dallo Stalo alla nuova rete.
Moltiplicando In rendita chilometrica stabilita pel nu-
mero dei chilometri , si ottiene la somma dei prodotti ri-
servati a ciascuna Compagnia prima che abbiano a concor-
rere coireccedenza delie entrate ai carichi delle linee nuo-
ve, e sono i seguenti:
221
Compagnie Prodotto ChiL Totale
Nord . . Fr. 88,400 X 967 = Fr. 37,4 32,800
Orleans . » 27,400 X ^764 = » 48,333,600
Lione , . » 37,400 X 4,834 = • 68,591,600
Est . , . . 27,800 X 9S6 = . 27,383,00Q
Ovest • . » 27,000 X ^^92 = > 32,484,000
Mezzodì , » 49,500 X 798 = > 14,564,000
Fr. 229,486,000
Non si può prevedere quale sar& la condizione della rete
delle strade ferrale francesi di qui ad una decina di anni;
ma è certo che le antiche linee dovranno dare un prodotto
ben considerevole prima che conirihuiscano alle spese delle
nuove concessioni.
Il concorso dell' antica rete alle spese della nuova di-
viene per ciò problematico, ma il rimborso piUiuito delle
spese e la partecipazione del Governo ai benefìci non è
quasi chimerico ? Il Governo non può pretendere alla par-
tecipazione dei beneficj ed al rimborso che quan<lo l'antica
rete dia in media un utile superiore alKS p. 4 00 o la nuova
un utile superiore al 6 p. 400. Ma neir applicazione della
regola furono ammesse eccezioni non favorevoli ni Gover-
no: così, a cagion d'esempio, la linea d'Orleans avrebbe,
secondo il principio stabilito, riservato un prodotto com«
plessivo di 84,500,000 fr. oltre il quale il Governo decide-
rebbe gli utili ; ma il Governo ha consentito a non far uso
del suo diritto che dopo che l'antica rete abbia ottenuto
un prodotto chilom. di 32 mila fr. , ossia fr. 56,458,000,
che coi 48,900,000 fr. riservati alla nuova rete, non fa par-
tecipare il Governo ai beneficii che quando ì proventi su-
perino 405,348,000 franchi.
La guarentigia dello Stato non pare quindi abbia ad es-
ser solo nominale, ma sarà reale, senza conlare 245 milioni
di franchi di sovvenzione diretta che accorda alle nuove
linee. L'aver data tutta la rete a poche Compagnie, a che
ha giovato ? Lo stato avrà a sopportare i carichi che cre-
deva di evitare.
E ciò proviene dàlia falsa base adottata di accrescere
(li troppo r emissione delle obbligazioni , invece di far ap-
pello ai capitali di speculazione coli' emissione di azioni.
222
Al S4 liioembre 1860, il capitale in azioni rappresene
lava rsO pi*r cento, il 31 dicembre 4858 non rappresen-
tava più che fr. 1,933,000,000 e le obbligazioni franchi
1,566,000,000. Se si aggiungono i 2600 milioni per la
nuova rete da fornire dalle obbligazioni fra dieci anni j il
capitole delle strato ferrate francesi sarà rappresentato da
4330 milioni in azioni ed ohre 4 mila milioni in obbliga-
zioni! La sproporzione è tanto evidente che le obbligazioni
perdono della solida guarentigia delle Compagnie, ma hanno
quella dello Slato, epperò faranno una concorrenza formi-
dabile alla rendita pubblica e distoglieranno molti capitali
dall'agricoltura e dagli impieghi ipotecarii.
Né le Compagnie sono vantaggiate, perchè costrette ad
eseguire linee rivali alle antiche, non veggono senz'appren-
sione i progressi dei lavori, dovendo persuadersi che la con-
correnza non sarà poco importante e che perciò i prodotti
delle amiche reti forse ne soffriranno. Ma questi pronostici
non hanno solida base : chi può dire lo sviluppo del com-
mercio interno e degli scambii intemazionali, quando tulli
gli Stali siano solcati da ogni parte da vie farrate ? Sta però
il fatto che l'industria delle strade ferrate, se ha mollo pro-
gredito in Francia, non fu senza il possente concorso del
Governo, e senza costituire un monopolio, che ha suscitate
molle obbiezioni e che, per giustificarsi, avrebbe dovuto
abbisognare di minori sacrificii per parte dello Stato.
Il traforo dol Cenlslo.
Riceviamo alcune notizie sicure intorno allo stato dei
lavori del perforamcnlo del Cenisio.
Le costruzioni pel cantiere di Bardonnéche sono presso-
ché terminate. E<se sono assai vaste e di grande importanza;
sono le seguenti :
4.° Una strada di servizio di circa due chilometri per
mettere la bocca della galleria in comunicazione colla strada
carreggiabile da Oulx a Bardonnéche, riparando questa per
l'esiensione di circa i'2 chilometri.
2.*' Un rettifilo del torrente RoehemoUes per ottenere
l'area necessaria all'erezione di alcuni edifizi del cantiere.
3.° Un canale di derivazione della portata di olire u»
223
metro cubo e mezzo d'aoqua e della lungliczza di tre elii-
lometri, proveiiienie dal torrente Melezet, le cui acque pe-
renni e di sorgente non sono esposte al gelo neppure nel
cuore del più rigido inverno. Questo canale è destinato a
portare nel cantiere le forza motrice necessaria alla produ-
zione delTaria compressa.
4.^ Una casa presso la gallerìa pei guardiani e gli as*
sistenti.
5.^ Un osservatorio pel tracciamento dell' asse del tra-
foro e per le verificazioni che occorrono.
6.^ Un edificio ad uso di magazzino pei legnami, ferri,
utensili ed attrezzi, per lavori della galleria e delle officine
di riparazione,
7.^ Un magazzino per la ealce necessaria ai muri di ri-
vestimento, i;eso indispensabile dairindemenza e dalla lunga
durata della stagione invernale.
8.^ Una tettoia chiusa pel lavoro delle armature e dei
legnami di puntellamento.
9.^ Un'altra tettoia chiuda per mettere al coperto dalle
intemperie le macchine perforatrici ed i veicoli pel servizio
della galleria.
40.^ Le officine di riparazione con tutte le macehine
ed officine occorrenti.
44.^ Un grande edificio delle macchine fisse destinate
alla compressione dell' ai^ia , a cui sono collegati due altri
vasti edificii , il serbatoio di distribuzione ed il serbatoio
manometrico.
42.® La casa per gli operai.
43.^ La casa per gli uffici e Tabitazione del personale
di direzione e sorveglianza dei lavori.
45.^ Piccolo edificio ad uso di polveriera, capace di con-
tenere la provvista necessaria per 45 giorni almeno di la-
voro, cioè oltre 60 barili.
Tutte queste costruzioni sono ora compiute o poco me-
no. Gli stessi lavori si sono fatti dalla parte. di Modane, colla
diversiià di forme e di disposizione richieste dalla differenza
delle località. Dalla parte di Bardonnéche si è provveduto
altresì alla fabbricazione de' mattoni pel rivestimento della
galleria, e nei due scorsi mesi se ne fabbricarono due mi-
lioni , quantità sufficiente per andare sino alla nuova sta-
224
gione propizia a questo lavoro, non essendovi che Ire mesi
nell'anno atlatli aHa fabbricazione dei maltoni.
Fatto e ricorretto il lavoro del tracciamento, colla mas-
sima precisione , si diede tosto mano all' escavazione della
galleria, cominciandola ai due imbocchi coi mezzi ordinarii
per guisa che ora, dopo un lavoro di 32 mesi, si baoDo
820 metri scavali in grande sezione e rivestiti oltre i dae
terzi. Il lavoro ha presentato minori difficoltà dalla parte di
Bardonnéche per la natura scistosa della roccia , che noa
dalla parte di Modane, ove la roccia contiene abbondarne
quarzito ed il lavoro fu lungamente incagliato dalle moke
filtrazioni.
Si calcola che il lavoro fatto co' mezzi ordinari io S9
mesi, si sarebbe compiuto colle niacchine neirintcrvallo di
mesi cinque.
L'avanzamento de'lavori ha dimostrato come non abbiasi
a temere d'imbattersi né in caverne , nò in loglu sotterra-
nei, nò in una temperatura pell'uomo insopportabile.
La temperatura si è mantenuta pressoché costante al li-
mite di diciotto gradi, cosi quando erano scavati cento me-
tri, come quando ne furono scavati 350, ove l'altezza ver-
ticale, soprastante della montagna, supera 400 metri.
La met& circa de' meccanismi ordinati è già arrivala:
buona parte è sui cantieri e sta per essere collocata ; do-
dici perforatori sono già pronti ed una delle macchine di
compressione è già a suo posto nel cantiere dì Bardonné-
che, e due altre stanno per esservi.
Quanto alla richiesta se le macchine saranno applicale
ol lavoro presto o tardi|, la direzione tecnica ha assicurato
il Governo che nel mese di gennaio prossimo si potranno
mettere in azione quelle del cantiere di Bardonnéche e due
mesi dopo quelle del cantiere di Modane.
Stando alle esperienze fatte ed alle previsioni intorno
airesecuzione de' lavori, questa gigantesca opera della gal*
leria del Cenisio dovrebbe essere compiuta fra sei anni.
Durante i lavori si possono fare studi importanti cosi
per la scienza come per l' arte , e già vi si è provve<luio
ordinando una serie regolare di osservazioni la cui utilità
per le scienze Osiclie non può essere conlesiata.
Giuseppe Sacchi, Gerente responsabile.
ANNALI UNIVERSALI
m«eaikre tSft». V*l. XXIV. — K," 9».
BIBLIOGRAFIA (0
ECONOMIA PUBBLICA, STORIA E VIAGGI.
RASSEGNA DI OPERE ITALIANE.
VII. •— Archivio storico iialianù e Giornale storieo degli Ar»
ehioi toscani. Tomo JT, dispensa 4.* Firenze 1859. Un
voi. tn-S.^ di pag. 238, presso G. P. Vieusseux.
Li operosissima Toscana prosegue anche in tempi di vi?a com-
moiione politica i suoi pacifici slad). L'Archivio storico italiano,
mercé l' infaticabile xelo del benemerito Vieasseiix continua le
sue periodiche pubblicazioni svelando l'inesausto tesoro dei docu-
menti che illustrano la patria storia. Il volume che ora annun-
ziamo comprende varie memorie di grandissima importanza. Il De
Cesare fa conoscere il progressivo svolgimento degli studi! storici
nel regno di Napoli. L'Ascoli illustra i documenti orientali che ri-
guardano l'Italia. Il Wustenfeld svela le recenti falsificazioni di
(1) Saranno Indicate con asterisco (*) di riscontro al titolo dell'opfra
(|aelle prodationl sopra le quali si daranno i qaando occoiionoi articoli
analitici*
An:uli. SiatistieUt voL XXIF^ serU 5/ It
226
docamenli coDcernenti la storia d' Italia nel medio evo. n Gì-
IcotU conlìnaa la saa dotta illastnsìone sulla vita e gli scrini
di Marsilio Figioo, ed il Contestabile offre il bulleltino degli scafi
dì antichità stati intrapresi dalla Società Colombaria.
Alle memorie saccede una copiosa rassegna bibliografica di
opere storiche ed archeologiche italiane a cui lien dietro t'anoun-
zio di 37 nuove opere pubblicale in quest'anno nei varii paesi d'I-
talia che si riferiscono a sloriche illaslrazioni.
Il direttore degli Archivj toscani pubblica nel Bolleltino spe-
ciale che serve di appendice all'Archivio storico, alcuni documeali
Inedili sulla congiura tentata nel 1522 contro il cardinale Giallo
De Medici ; tre lettere pure inedite del cardinale Conchense sol
palazzo eretto in Recanati per opera dell' architetto Giuliano Da
Majano; alcune lettere del Domenichi e del Pasqul sulla storia
della guerra di Siena ed uno scritto del prof. Bottaini sul partito
dei guelfi in Firenze,
Noi facciam voti perchè presto succedano tempi tranquilli on-
de da ogni colta provincia d'Italia si possano pubblicare documenti
inediti che facciano viemmeglio conoscere le nostre glorie e le
nostre grandi sventure.
Vili. — Studj topografici e sirategici $ult Italia; di Luigi e
Carlo Mszziapo. Milano^ 4859. Un voi, in^éH.^ di pag.
6ì2j presso il dotL Francesco YallardL
Quest'opera stata con lunghi studi! compilata dagli illustri fra-
telli Mezzacapo esce ora alla luce e assume tutto il carattere di
un'opera di circostanza.
È un fatto doloroso, ma pur vero, che nell'occasione delle va-
rie guerre che insanguinarono il suolo italiano l'esatta cognizione
topografica del paese è sempre mancata nei duci degli eserciti, e
tanto nelle mosse strategiche, come neir assegnamento dei confini
territoriali stati delineati negli armistisii e nei trattati di ptce, si
dovette sempre deplorare questa riprovevole ignoranza dell'italica
topografia. Gli studj illustrativi che ora annunziamo vanno a far ces-
sare questo stato di funesta ignoranza e noi li raccomandiamo di
lutto cuore a tutti gli uomini di Slato che devono occuparsi dei
nostri futuri destini.
M7
IX. — * Imposte ed estorsioni austriache nella Venezia ;
per Andrea Mbnegbini. Torino , 4 859. Presso la ftpo-
grafia deW Unione. Un opuscolo in-8.® di pag. 42.
L'illustre economista Andrea Meneghini ha riprodotto dalla Ri-
vista contemporanea ona sua preziosa Memoria sulla mìsera con-
dizione economica delle Provincie venete cagionata dal governo
saccheggiatore per eccellenia che pur troppo la regge ancora. I
documenti statistici che l'autore mette alla luce sono cos) impor-
tanti che noi ne riprodurremo i risnitamenti sommarj nel venturo
fascicolo, affinchè si conosca dair Europa che sta per l'Italia a rac-
cogliersi in ispeciale Congresso, quale e quanta sia la desolazione
delle povere contrade venete conculcate e dilapidate dallo stra-
niero.
RASSEGNA DI OPERE STRANIERE.
X. — Du salaire; par Charles Lbbardt db Bbavlibu. Brussel-
lese 1859. Un 9ol. fn•IS.^
Carlo Lehardy di Beauliea era professore di pubblica econo-
mia nel Belgio, quando colpito da cecità a quarant'ann! dovette
ritirarsi dalla cattedra per vivere solitario. In questo stato di so-
litudine meditativa pensò alle più vitali questioni della scienza che
professava e pubblicò iu quest'anno un opuscolo prezioso su i sa-
lar]. La questione del salarj è quella che più vivamente si agita
li giorni nostri, e che costituisce spesse volte il pretesto a poli-
tici sconvolgimenti. Il nostro autore tratta questo tema con (ulta
la sapiensa del filosofo cristiano e mostra come si possa trovar
modo di dare al popolo salarj più congrui. Egli fa conoscere co-
me il sussidio di macchine e degli agenti di forte vive, ma non
umane, possa mettere la classe operaja nella situazione di con-
correre al lavoro utile come un agente illuminato e dirigente. Egli
insiste per una maggiore diffusione della coltura tecnica e mo-
stra come l'operajo intelligente presenta un valore che ha diritto
ad una maggiore retribuzione. Noi citiamo le eloquenti conclusioni
delia sua opera.
M L' egoismo sordido e cieco consiglia i padroni degli opificir
I mantenere gli operai nell'ignoranza e nella miseria; • queste
sono cagione di mille vizii e di gravi sventure.
SS8
» Il socialismo risveglia le tristi passioni dell' operajo e lo lo-
doce ad odiare i saoi padroni, a rompere le maccbioe, a dar fncco
agli opificii.
» L'uomo della scienza invece, dice ai padroni cbe svolgano
Teduca^ìone dei loro operaj, che rimuovano le cagioni della loro
miseria, e fi rilevino a dignità. E volgendosi agli operaj dice lo-
ro, amate i vostri padroni, ajutateli a far prosperare le loro indu-
strie, rallegratevi del sussidio che vi prestano le macchine ed ama-
tevi a vicenda, giacché padroni ed (q[»eraj siete tul^i membri di
una medesima famiglia ».
Queste conclusioni sono degne dì un uomo di cuore, ma noi
avremmo voluto cbe l'autore avesse meglio indicate le vie che la
scienja addita per un più felice ordinamento dell'industria ravvi-
vata dalla libera concorrenza e protetta da una comune tutela.
XI. — De la proprietà Htteraire et du droit de copie; par
IH. WoLOwsKi, membre de Plnstitut. Parigi, 4860. Un
voi. tn-8.^, presso Guillaumin.
XII. — Du droit industriel; par JU. A. G. Renouard, con^
seiller à la Cour de Cassation. Parigi j 4860. Un 90L
tn-8.^ presso Guillaumin.
XIII. — Le pauperisme et les assooiations de prevoyance ,
nouvelles études sur les sociétes de secours mutuels ,
par Ut. Emilb Laubbit. Parigi^ 4860. Un voi tn-8.^
Noi annunziamo anticipatamente queste tre opere che stanno
per essere pubblicate a Parigi. Gli argomenti che trattano e la
celebrità degli autori che le scrissero, meritano di essere notate
perchè danno una sicura guarentigia della loro intrinseca bontà.
Noi terremo parola di esse appena giungeranno in Italia.
XIV. — Negotiations diplomatiques de la Frante avec la
Toscane, documens recueillìs, par Giuseppe Ganestrimi et
publiés par Abel Desjardins. Parigi^ 4 859, presso la Stam^
peria imperiale.
La raccolta di questi documenti è dovuta air operosità di nu
benemerilo nostro italiano il Canestrini. Il Desjardins si accinse a
pubblicarli facendoli precedere da un discorso illustrativo. Questa
collezione comprende una bella sèrie di documenti che fanno co-
noscere i rapporti diplomatici che ebbe la Toscana colla Francia
durante i secoli XIV e XV. Altri volumi terranno dietro a questa
prima raccolta e daranno nuova luce alla storia dei due paesi ora
congiunti in ischietta amicizia.
SS9
HEHORIE ORIGINALI
ESTRATTI ED ANALISI DI OPERE.
Intorno all^ attnolo oondlslono dell* Istrnxlone
popolare nel nostro ref^noi Memoria di GIIJ-
SEPPE SACCHI 4 stata letta alChtitute delle scien-
ze y lettere ed arti di Milano j nelC aibinanza del 29 di-
cembre 4869.
\Jr sono due anni lo comrounicava a questo onorevole
Consesso alcuni miei sludj statistici suU* istruzione popolare
in Lombardia. Rendeva allora conto dell' andamento progres-
sivo delie scuole elementari e pareva imponente il numero
di 5504 istituti educativi sparsi su i 2109 comuni lombardi,
ove notavasi alle scuole l'abituale frequenza di 278,383
alunni deli' uno e dell' altro sesso. Ma sotto quell' imponenza
di cifre io non mancava di svelare la povertà assoluta del
patrimonio educativo, accennando come molte di quelle isti-
tuzioni erano scheletri senza vita. Voi accoglieste con affet-
tuosa benevolenza quelle franche rivelazioni , memori del
nobile mandato impostoci di concorrere colla libera mani-
festazione delle verità anche dolorose al miglior essere mo-
rale del paese. Eppure quell'espressione perspicua del vero
apiacque a chi allora reggeva con giogo ferreo queste ora
redente contrade e si tentò di peggiorare la (Condizione delle
scuole germanizzandole. Ma il mal genio fu vinto sui campi
di Magenta e Solferino e le scuole del popolo, sbandite ora
le nebbie teutoniche , risalutano con gìoju la luce limpida
sso
del cielo ìialiano. Fu allora che uno de* nostri onorevoli
colleghi in una delle adunanze dello scorso agosto ci com-
municava alcune sue sapienti \ edule suU* istruzione graduata
e distribuita in ragione dei bisogni della nuova civiltà (I).
Quel suo lavoro attinto alle piò sane dottrine della pedagogia
rivelava alcune gravi lacune che tuttora si veriGcano negli
attuali istituti dedicati all' istruzione delle varie classi del
nostro popolo, e promuoveva il pensiero di alcuni studj
collcttivi che avrebbero potuto avere effetto se una troppo
accelerata compilazione di una legge riordinatrice di tutta
la pubblica istruzione nel nostro regno , non avesse con-
cesso quel tempo che pure occorreva per la trattazione
scientifica di un tema che è di tutta competenza di questo
corpo scientifico, e che tornerà ad esserlo appena la sa-
pienza del nuovo Parlamento richiamerà da tutte le rap-
presentanze scientifiche del paese e voti e consulte pre-
ventive.
Intanto un altro de' nostri onorevoli colleghi nell* inaugu-
rare or fa un mese i nostri studi trattava il vasto tema giuri-
dico se Tistruzione primaria dei popolo doveva imporsi come
un'obbligazione irrevocabile per ciascun padre di famiglia, e
preludeva cosi a modo di anticipato commento al principio
dell* istruzione obbligatoria che ora fa parte della legge orga-
nica del riordinamento educativo del regno unito (2).
Ora corre a me il debito di esporre sommariamente la
condizione in cui trovasi T istruzione del nostro popolo,
affinchè i nuovi sludj che potranno da noi intraprendersi
pel miglior essere della pubblica educazione abbiano almanco
la scorta di un buon corredo di fatti.
(i) Veggasi la Memoria stata inserita nel fascicolo di settem-
bre i839 degli Annali Universali di Statistica.
(2) Veggasi la Memoria del doti. Rossi, intitolata Jlcune idee
8ulV istruzione del popolo, slata Iella all' Istituto nella seduta del
24 novembre 1059. ^
SBI
Da circa uu decennio si pubblica negli Stali sardi una
accurata slatislica delle scuole popolari, T ultima delle quali
sì riferisce all'anno 1857. Io volli consultarla in confronto
con quella che compila vasi per le provincie lombarde e ne
ebbi i risultati numerici che già feci sommariamente co-
noscere (4). Dal loro finale riassunto raccogliesi che nei
2409 comuni di Lombardia contavansi nell'anno 1857, 7543
istituti dedicati all'elementare istruzione, e nei 3083 comuni
dello Stato sardo ne esistevano 10,608, per cui si contavano
nei due paesi 48>I5I stabilimenti scolastici elementari. A
questi istituti si aggiungano per la Lombardia 4S scuole in-
fantili e 324 scuole simili per le provincie sarde. I maestri
deiruno e dell'altro sesso addetti alle scuole lombarde ascen-
devano a 9270 individui, e quelli addetti alle scuole sarde
ascendevano al maggior numero di 10,697.
Nella Lombardia le scuole elementari d'ogni maniera erano
frequentate da 147,869 alunni e da 136,413 alunne. Nelle
Provincie sarde contavansi invece 204,853 alunni e 135,447
alunne. E notisi che queste cifre riferibili al regno sardo
sono soltanto l'espressione della frequenza media degli alunni
dei due sessi per lutto 1' anno, giacché in quelle statistiche
si usa notare la frequenza massima che è nella stagione in-
vernale e la minima che si verifica nella stagione estiva.
Sommando queste cifre complessive si ha per ultimo ri-
sultato che 620,252 fanciulli dell'uno e dell'altro sesso
attendono nel regno unito agli studj elementari; la qual cifra
benché imponente non corrisponde per anco al bisogno uni-
versale della pubblica coltura , giacché raffrontando questa
cifra con quella de' fanciulli che trovansi nei periodo dai
6 ai t2 anni atti all'istruzione e che non se ne giovano
si ha questo sconfortante risultato che in Lombardia un
(1) Vcggansi i quadri statistici stali già pubblicati negli An-
nali dì Stalistiea nei fascìcoli di ottobre e novembre i8S9.
238
buon terzo dei faneiulli è ancora analfabeta ed una buona
metà trovasi pure in questo stato di mancata coltura nelle
Provincie sarde. Il compito della pubblica educazione del
nostro popolo è tuttavia grave ed un grande cammino ci
tocca ancora a percorrere per raggiungere il fine ultimo
d' ogni civile convivenza che è quello di avere una popola-
lione illuminata e ragionevole.
Vediamo ora con quale magistero si va cercando di ac-
crescere la popolare coltura e quali forti sussidj deve lui-
tora apprestare la sapienza educatrice del paese.
In Lombardia il generale riordinamento dell' istruzione
elementare conta ormai quarant' anni , - ma negli Stati di
Sardegna non hanno le scuole primarie una vita normale
che da circa sedici anni. Prima dell'anno 4844 poche erano
le scuole maschili istituite in quesl' ultimo paese ed erano
quasi tutte affidate a corporazioni religiose e fra queste alla
pia congregazione dei cosi detti Padri ignoranielli. Le scuole
pubbliche femminili non esistevano, e solo si contavano
poche scuole di carità ed alcuni educandati affidati esclu-
sivamente ad ordir\j monastici. La prima scuola di metodo
per istruire i nuovi maestri elementari fu aperta nell'anno
1844 a Torino per opera del benemerito abate Aporti, già
socio onorario del nostro istituto, il quale ivi tornò più volte
a diffondere i primi semi della buona educazione popolare.
Quei semi trovarono un ottimo terreno per fruttificare, e
mentre in Lombardia si continuarono a tenere aperti nove
corsi di metodo, frequentati per tre e per sei mesi al più
all' anno da un centinajo in circa di aspiranti maestri, negli
Stati sardi invece si apersero in un breve periodo di anni
più di 30 corsi pubblici di metodo, che si chiamarono an-
che scuole magistrali, ove V istruzione non limitossi a ^ochi
precetti didattici sommariamente esposti, ma a corsi peda-
gogici affidati a professori di filosofia, ed a corsi speciali
di didattica applicata ai vari rami proprj dell'insegnamento
elemcniarci I maestri e le maestre che uscirono da questi
338
corsi trovaronsi vigorosamente preparali alla loro carriera
educativa con ottimi studj si dotirioali che pratici. Nel solo
anno 4857 non conta vansi ne' corsi di metodo aperti in
Lombardia che 126 aspiranti maestri, mentre negli Stati
sardi contavansi 97 scuole magistrali da cui usqivano bene
istruiti 345 maestri e 387 maestre.
Col sussidio di queste scuole preparatorie si potè in un
breve periodo di anni educare i dieci mila maestri dell'uno
e dell'altro sesso che ora ivi prestano la loro opera negli
istituti elementari, e per dare in avvenire docenti più esperti
si istituirono non ha guari, come già fecesi in Francia, vere
scuole normali pei maestri e le maestre, ove in un corso
biennale per chi aspira ad essere maestro di campagna, e
triennale per chi vuole dedicarsi alle scuole maggiori di città
si insegnano teoricamente e praticamente i metodi più prò-
prj per ben istruire e ben educare i fanciulli dell'uno e
dell'altro sesso in ogni ramo di elementare coltura. Questi
istituti magistrali sono già 42 negli Stati sardi, 6 pei maestri
e 6 per le maestre, e sei istituti simili dovranno fra breve
essere introdotti anche in Lombardia. E qui mi sia lecito
di far notare che alcuni osservarono che questi corsi didat-
tici si danno in alcuni istituti con un apparato soverchia-
mente scientiGco, e specialmente alle donne si impartiscono
corsi di matematica ap;jlicata, di nomenclature geometriche,
di elementi di disegno e di studj naturali che superano la
loro attitudine d'ingegno e rompono per cosi dire l'economia
de! magistero educativo.
Due altri elementi concorsero a far presto fiorire la po-
popolare istruzione: l'ingerenza saviamente data alle comu*
nali rappresentanze provvidamente sussidiate dallo Stato ed
un più felice ordinamento della scolastica gerarchia. I comuni
degli Stati sardi emancipati un pò alla volta dai feudali
privilegj si rilevarono a dignità ed a nuova vita mercè il
sistema elettivo. La scuola elementare fu sollevala al grado
di istilutione pubblica e civile e la si innestò nel sistema
S34
comunale come una delle sue supreme necessità. Le Pro-
vincie e lo Stalo vennero opportunamente io soccorso dei
comuni poveri con annui sussidj , e tutte le scuole si pò-
tcrono cosi dotare di assegni abbastanza congrui. E per citare
due cifre di confronto accennerò che in Lombardia la spesa
di mantenimento delle pubbliche scuole comunali raggiunge
a stento la cifra di un milione e mezzo di lire ogni anno,
mentre negli Siati sardi questa spesa è salita nell'anno 1857
a 3,889,701 franchi. Da questa spesa si prelevarono franchi
372,470 per il mantenimento dei locali scolastici, e gli altri
3,517,234 franchi vennero erogati negli stipendi e nelle
rimunerazioni accordate ai maestri ed alle maestre. L'im-
porto medio! degli slipendj è nei comuni di campagna di
franchi 486 pei maestri e di franchi 396 per le maestre,
mentre nelle città l'importo degli stipendj pei maestri è
pel minimum di 800 franchi, e giunge sino ai 4600 franchi,
ed alle maestre si danno pel minimum stipendj di 600
franchi e si giunge sino ai 1200 franchi all'anno. E per
citare un solo fatto ci basti dire che il municipio di Torino
spende ogni anno per le sue scuole elementari e tecniche
più di 300,000 franchi.
Anche il concorso di chi dirige e sorveglia le scuole ha
eminentemente giovato a farle prospere. Negli Stati sardi
non si conta , come da noi , una legione di direttori e dì
ispettori gratuiti a cui la gravità delle cure parrocchiali im-
pedisce quasi sempre di esercitare sulle scuole un'attiva ed
illuminata sorveglianza, ma si preposero ni più importanti
istittiti scolastici, direttori stipendiati, e si elessero altri cin-
quanta ispettori stipendiati dapprima dalle provincie ed ora
dallo Stato, i quali furono scelti dal novero de' più bene-
meriti professori di metodo ed ebbero essi l'incarico di
peregrinare per sette mesi dell' anno alla visita assidua delle
pubbliche scuole, insegnando ai maestri i veri metodi del-
l'educare e dell'istruire e vigilando all'esatto mantenimento
delle scolastiche discipline.
S35
Presso il centro d*ognì provincia si istituirono speciali
giunte scolasticlie, a cui Tu affidata la cura di assistere gli
ispettori e i direttori pel miglior essere delle pubbliche
scuole promuovendo per esse ogni opportuno sussidio.
Il concorso di tante persone illuminate unicamente ri-
volte al provvido pensiero di far progredire Tistruzìone po-
polare ha immensamente giovato al miglioramento dei me-
todi e dei libri d'insegnamento. L'assoluta mancanza d'ogni
buona tradizione nel paese in fatto di metodi e di opere
didattiche ha prodotto sulle prime alcun pò di disordine.
Le corporazioni religiose che da tanto tempo avevano eser-
citato il privilegio di ammaestrare il popolo a loro modo
cercarono di far prevalere i loro metodi e i loro libri, e
si ebbe per qualche tempo una cosiffatta farragine di lessici
e di miserie grammaticali da^ isterilire ne' primi esordj ogni
buon metodo educativo. Ma un pò alla volta la vera sapienza
pedagogica emerse sulle grette pedanterie e si trovò il mezzo
di rendere popolari i buoni metodi di ammaestrare. 1 libri
che ora si usano nelle scuole degli Slati sardi non possono
per anco dirsi perfetti, ma raggiungono già una meta a cui
fu impedito di giungere in Lombardia per cause malefiche
non imputabili al nostro paese. Tre modi d' insegnamento
possono intanto dirsi più che prosperi nelle scuole sarde e
sono i metodi nuovi del leggere, quelli ' dell' aritmetica ap-
plicata, e r insegnamento della storia e della geografia ita-
liana. Pel leggere s' introdusse il cosi detto sistema sillabico
che abbrevia lunghi e nojosi csercizj dell'antico abbici; ed
al corretto proferimento de' vocaboli si associò sempre la
cognizione delle idee. L'aritmetica applicata fu tutta ridotta
al sistema metrico con una perfetta nozione delle basi scien-
tifiche di questo stesso sistema. E la geografia e la storia
furono insegnate a tutti i figli del popolo non come un eru-
dito ornamento, me come un pratico documento della vita
d'ogni italiano.
Non vogliamo però che si creda che tutte le scuole
286
procedano prosperamente. Vi hanno ancora le scuole di
contado in cui i buoni lamentano gravi difetti, I maestri
rurali sono ancora al dissotto della loro posizione ed il
pane della scienza non è spezzato come si deve« Su questo
proposito noi siamo sempre d'avviso cbe per le scuole ru-
rali si è fatto ancora da per tutto o troppo o troppo poco.
Noi dicemmo altre volte che le scuole pei contadini do-
vrebbero essere ordinate su basi più semplici. L'ammaestra-
mento del leggere, del conteggiare e dello scrivere non
dovrebbe essere lo scopo finale dell'istruzione, ma l'occa-
sione soltanto per porgere uno dei mezzi educativi. La
scuola rurale dovrebbe continuare coi metodi ora felicemente
adottati nelle scuole infantili. Il maestro e la maestra do-
vrebbero tramutare la scuola in una specie di crocchio di
famiglia. Insegnare poche cose e tutte utili e tutte pra-
tiche. Avvezzare il fanciullo ad osservare piuttosto che a
ripetere: addestrarlo alle funzioni della sua vita contadi-
nesca anziché porgergli dottrine astratte : rendere per
cosi dire la scuola, un'appendice del campo e della casa.
Ma per far ciò converrebbe istituire dapprima scuole ma-
gistrali, sulle basi di quelle già adottate in Isvizzera» e
creare un nuovo seminario di maestri e di maestre per le
sole scuole della campagna.
Per le classi cittadine invece giovano le scuole elemen-
tari maggiori, a cui si è aggiunta una quarta classe come
venne già saviamente reclamata da uno de' nostri onorevoli
colleghi e che serve per le scuole femminili qual comple-
mento dell' educazione donnesca , e per le maschili come
anello di transizione fra le scuole primarie e le cosi dette
secondarie tanto di genere classico che tecnico*
Ed a proposito delie scuole tecniche dirò come queste
siano state istituite negli Stali sardi per porgere un'adeguata
istruzione alla elasse numerosissima di ehi si dedica alla
mercatura ed alle arti industriali. Le scuole tecniche fu-
rono distinte in due classi: una inferiore e l'altra superiore.
287
a cui si aggiunsero anche alcune scuole professionali ed
istituti di carattere politecnico.
In ventisette città del regno esistono già treniuna scuole
tecniche inferiori. L' insegnamento ivi si dà in tre corsi e
versa sulle lettere italiane, la geografia, la storia patria, la
lingua francese, il disegno, la calligrafia, T aritmetica appli-
cata, r algebra, la geomelrin, i principj delle scienie naturali
e gli elementi delle scienze fisiche e chimiche.
Nelle tre primarie città del regno, Torino , Genova , e
Ciamberl , esistono altre <ìinque scuole tecniche superiori ,
ove in due ed ora in tre corsi successivi al primo corso
triennale proprio delle scuole tecniche inferiori s' insegna
oltre le materie già accennata anche la letteratura italiana,
le lingue inglese e tedesca, oltre la francese , le istituzioni
di diritto amministrativo e commerciale, l'economia pubblica,
la mercinomia, la contabilità, la fisica, la chimica e la storia
naturale, 1* algebra, la geometria piana e solida, la trigono-
metria, il disegno e gli elementi di geometria descrittiva,
la meccanica, e l' agronomia.
E perchè cosiffatti insegnamenti riescano appropriati alla
classe de' commercianti ed alla classe degli artieri, non si
rendono a tutti comuni che i soli insegnamenti della col-
tura letteraria e storica, e poscia si ripartiscono diversamente
in due distinte sezioni, 1' una detta commerciale e l' altra
industriale, attribuendo alla prima gli insegnamenti ^elle
lingue straniere, della mercinomia e delle istituzioni econo-
miche, e riservaudo alla seconda tutto l'ammaestramento
delle scienze naturali ed applicate.
Le scuole tecniche tanto inferiori che superiori sono ora
frequentate dà 1898 giovinetti; il qual numero è troppo
scarso quando si pensi che le scuole di genere classico sono
invece frequentate da 40,720 alunni.
Oltre le scuole tecniche vi hanno anche nove altre
scuole d' indole professionale, e sono sei istituti nautici sta-
biliti lungo la Liguria marittima e le tre scuole di orolo-
S38
gcria istiiuitc a Cluscs, a Bonneville ed a Sallanches che
danno alla poverissima Savoja i mezzi di apprendere un'arte
lucrosissima.
A Torino havvi anche un istiluto di carattere poHtecnico,
il quale va ora ad essere trasformalo in un istituto di scienze
applicate per la educazione completa degli ingegneri tecnici.
Ed un istituto simile sta pure per erigersi fra breve anche
a Milano.
Il bisogno deir istruzione tecnica è ora talmente sentito
dal popolo, che cerca esso medesimo di procurarsi quella
coltura di cui prova pur troppo la mancanza. Le scuole se-
rali che si vanno da per lutto diffondendo nelle provincie
sarde hanno per lo più assunto un carattere tecnico. Gli
operaj di Torino sagrificarono parte dei loro quotidiani sa-
lar] per istituire essi stessi scuole serali, ove vanno ad appren-
dere il disegno d'ornato, la geometria, la meccanica, e per
ricreamento dell* animo anche il canto corale. In varie lo-
calità campestri si apersero scuole della sera per gli inse-
gnamenti agrarj e ne' giorni di festa si tengono per sino
sulle pubbliche piazze dimostrazioni di metodi e di mac-
chine agrarie e si pagano professori che spieghino i nuovi
sistemi di fognatura e facciano conoscere i migliori metodi
di allevamento del bestiame.
Questa nobile gara di diffondere la scienza che può far
ricco e rendere più morale il paese merita che si accenda
anche da noi ove il più lieve alito pur basta a destar vampa
e qual vampa! tutti lo sanno.
Ma è qui dove 1' opera de' sapienti è più urgente da
reclamarsi. Noi dobbiamo dire colla nostra usata franchezza
che r istruzione tecnica tal quale è ordinala nel nostro
regno non corrisponde per anco ai veri bisogni del tempo
^ del paese.
Era di luna necessità che questa parte dell' istruzione
avesse preso un carattere che meglio avviasse alla vera vita
delle arti e dei mestieri. L'istruzione che si dà nelle scuole
239
tecniche inferiori è «oncora troppo povero nella parte pratica.
Jl disegno è insegnalo troppo leggermente e con antiquati
esepcizj. L' insegnamento aritmetico è in parte mancante ed
in parte soverchio e le prenozioni delle scienze naturali
sono date con tali sfumature da non trovare alcun utile
applicazione.
L' istruzione che s* impartisce nell' ultimo triennio dalle
scuole tecniche superiori è ancora troppo addensata sia per
la sezione commerciale che per 1* industriale. Non vi è
tempo che basti per isvolgere praticamente alcune dottrine
e por queste deve il maestro stringersi entro angustissimi
confini. I corsi di queste scuole superiori sono assai poco
frequentati contandosi nei cinque istituti di tal genere sol-
tanto 83 alunni in tutto il regno che frequentino i tre ul-
timi corsi.
Un altro difetto proprio di queste scuole tecniche è
quello che non avviano a studi superiori, e non danno adito
ad alcuna speciale professione.
Air istituto politecnico di Torino non 'potranno ammet-
tersi che gli ingegneri, e non giovani che percorsero gli
studj tecnici superiori, i quali se li compirono nella parte
industriale stentano a trovar qualche posto nelle oflScine
ove non sanno quanto basti per dirigerne i lavori.
Anche i giovani licenziati dal corso commerciale non han^
no altra via d'uscita, fuorché quella di essere ammessi come
apprendisti nei negozj e nelle banche, e nessuno può av-
viarsi alla professione della ragioneria.
Le scuole tecniche non giovano per anco alla classe
campagnuola e per essa dovrebbero assumere un carattere
affatto agrario.
In una parola l'istruzione tecnica si presenta al paese
come una esotica novità che ha ancora bisogno di rendersi
nostrale.
Ed a quest'opera veramente nazionale è necessario che
ora concorrano tutti i buoni* Le prove fatte non bastano: i
240
migliori metodi d'istruzione ood sodo per aaco resi popo-
lari e mancano per-sino i buoni libri. Noi vorremmo per-
tanto che i cultori degli utili sludj concorressero tutti a dare
la riabilitazione tecnica a questo nostro paese che fu un
tempo nelle arti l'educatore di tutta Europa, e che nel-
l'atto che Ta ora riacquistando i suoi diritti deve sentire più
altamente l'importanza dei suoi doveri.
Bel Comnierclo Italico | Lettera terza del professore
lilJClAlVQ SCARABEIiliI*
N,
ci fascicolo di settembre degli Annali di Siatìstìca
abbiamo pubblicato due sapienti lettere dell'illustre econo-
mista e statistico Luciano Scarabelli, intorno all'avvenire del
commercio italico, allorché sarà ultimato il divisato taglio
dell'Istmo di Suez. Il coraggioso compilatore del Bollettino
dell'Istmo di Suez, invitò lo stesso Scarabelli a dirgli il suo
avviso intorno ad alcune opinioni manifestate su questo ar-
gomento dal Torelli in una sua recente opera sull'avvenire
del commercio europeo in relazione anche all'Italia. Lo Sca-
rabelli gli diresse su tale proposito una interessantissima
lettera che col consenso dello stesso autore noi siamo lieti
di poter riprodurre nei nostri Annali.
« Per fare il piacer vostro e 1' utile mio leggeva i tre
volumi di Toreììi: Dell'a-venire del commercio europeo ed
in modo speciale di quello degli Stati italiani^ quando mi
giunse il vostro fascicolo del 10 ottobre (Voi. IV, pag. 581-
612) nel quale noi, poveri mediutori del bene che repu-
tiamo venturo all'Italia, siamo senza complimenti trattati da
poeti^j che vuol dire visionarli per lo meno. Non so che
cosa ne avranno detto i nostri colleghi di Lombardia, di
Roma e Parma e Toscana e delle Due Sicilie, studiosi di que-
I
241
sto còmpUo;, che cosa il Lamperlieo del quale a butfn conto
date gli estratti del bel lavoro, e che cosa Tlslituto veneto
che il Lampertico premiò. È vero ch'ei diri che se la prende
con chi deduce ròiracoli ds^l solo accorciarsi il viaggio per
l'Asia meridionale, per la Malesia, l'Australia, ecc., ma come
furono areipoehissimi, o non uditi, cotai parlatori e più die-
dero mano airesame dejlc condizioni in che versa l'Italia e
in che versa il commercio, qual generale e quale speciale
dei varii Stati d'Europa, e per cifre e per calcoli dimostra-
rono quali fatti fossero per essere nelle varie circostanze,
specialmente all'Europa contingibili, a costoro non a quelli
parve mirare, senza che sarebbe stato inutile parlare, come
fu parlare ozioso quando disse che il vantaggio del taglio
dell'Istmo piccolo per Italia è poco meno che nullo stando
le condizioni attuali. Chi fu mai si leggiero da calcolare
sulle condizioni attuali ? Per qoanti scritti ho letto tutti pro-
pongono d' apprestarsi a meglio onde ricevere il bene. Io
non credo nemmeno in queste circostanze a tale nullità e a
tale esiguità, e ne dissi già nel Bulleltino, Voi. S, pag. 783.
Intanto mi viene a mente una fortuna toccata a Raffaele
Garilli, che giovane di 24 anni osò mettere a stampa 426
pagine di Problemi sulF Europa^ coi tipi del Favaio, il 20
marzo 4855, e per quell'ardimento un gran baccano fecero
al visionario quasi tutti i giornali della nostra capitale, t
quali accopparono e seppellirono libro e autore, si che il
buon piacentino più non ebbe animo d'uscire. Da quel!' an-
no a questo non ò ancor passato un lustro , e questo breve
tempo già ha dato un pò di ragione al giovinetto e biasi-
mo ai suoi detrattori.
» Il libro fu encomiato da Guizoi e da Thiers privata-
mente; i risultati della economia politica lo encomiano ora
pubblicamente ; gran parte di ciò che fu detta poesia pazza
è fatto positivo, prosa sennata. Insinuava alla Russia dovesse
stendersi ferrovie da Pietroburgo a Mosca, a Kronstad, a
iUMALi. StaUstka, voi. XXI F, serie 5.^ ift
242
Varsavia , a Odena^ a Sebastopoli e ad Axof , alla foce del
Volga , e ionaDxi alle foce dell' UraK La Compagnia per le
ferrovie russe ebbe decreto per minori tratti il 7 febbrajo
4867; il Cesare pensò al resto più lardi. Propose il Garilli
una corda sottomarina per telegrafo ai Dardanelli, alla Ma-
nica, allo stretto di Gibilterra, e un'altra fra per terra e per
mare che unisse Pietroburgo al Cairo, e una ferrovia per
cui si corresse dal Cairo o Suex. Voi e noi tutti vediamo
se fu 0 no soddisfatto. < A viemmeglio svolgere ed affrei*
tare veracemente la corrente di civili^ fra quei popoli (rus*
si) farebbe d'uopo dapprima l'abolizione assoluta della sclita-
vilù della gleba ». E la schiavitù, anni di poi fu abolita.
Invocava dalla Spagna guerra al Marocco, e voi vedete che
nel 1859 la Regina è disposta dì vendere persino le sae
gioje per farla; persuadeva alla Spagna di vendere Cuba e
Portoricco agli Stati Uniti d'America: 0' Donnei dice: Toner
di Spagna non si vende; — ma è meglio acquistare un eqtii*
valente che perdere tutto. Oggi vediamo in quale perìcolo
siano quei due miseri avanti d'immenso imperio. Consigliava
ponti tubttlari da Costantinopoli a Scutari, dalla sponda asia-
tica a Gallipoli, un altro alla Manica^, un altro fra Corsica e
Sardegna. Che erano questi voti quando apparve il progetto
francese di un tunnel soctc«narino attuabile con 600 milioni
in aelte anni ? Fu irriso del proporre il taglio dei Pirenei
per unir le ferrovie di Spagna a quelle di Francia, e anni
dopo si decreta forarsi e si foran le Alpi assai più astruse
dei Pirenei. Voleva cantieri, naviglio e ferrovia alla Spexia,
e noi sappiamo che lutto codesto si è ordinato e per giunta
la ferrovia non da Genova alla Spezia, ma dalla Parmignola
al Varo. Profetava una ferrovia che dalla sponda occiden-
tale asiatica giungesse ad Eufrate navigabile; non sapemmo
noi anche gli sforai inglesi che vi successero? Temeva io
fin dei conti una alleanza russo-americana ohe opprimesse
l^uropa ; che ha d'impossibile e nemmen d*improbabile un
tale disegno? Perciò desiderava alla Russia ingrossarsi in
Ì43
hsiàf liberasse TBuropa; perciò minacoiava la vita alP otto-
mana luna e luminava a Costantinopoli un Impero greco;
Carsechè sia ancor solo il Garillt in quest'aspettazione? Colle
tendenze di Rus»ia verso la Cina, e dopo il traforo delle
Alpi può parer degno di scherno il progetto di unire il Don
al Volga e cosi perciò avvicinare il Caspio ali'Eusino, o me-
glio ancora traforando il Caucaso e ferrando nel taglio il
sentiero? Egli era amico del taglio degl'Istmi come dei ponti
tabulari , e noi non possiamo dissimularci i grandiosi prò*
getti per gl'Istmi di Panama, di Malacca, di Corinto suscita-
tiai testé. E testò vedemmo fortificati Casale e Alessandria,
e ora presi certi indirizzi di provvidenza strat«gica nel nostro
paese che il Garilli demandava in quel tempii e n'era cucu-
liato. Ora il tempo cuculia i cuculiatori. Non è dunque da
prudente mettere in ischerno i meditativi; sarebbe giusti-
zia onesta commendarli e riverirli, e all'uopo soccorrerli di
luce e di consigli.
» Per altro è curioso che il Torelli italiano, aaionisia
6 agente della Compagnia in Italia, e membro del Consiglio
amministrativo abbia con qu«l tratto posto pericolo di ago-
mento al futuro del nostro paese. Vero é che il denaro
per le spese é assicurato, e poco importa che l'Italia con-
corra air utile dell' impresa materiale ; la maggior parte è
borsa di francesi, il resto di ben altri che di noi. Ma ap-
punto perchè il più è di Francia sì può domandare se i
francesi siano corsi per guadagnar nell'opera dei cavi e nei
frutti delle terre e delle tasse, o se piuttosto per l'aspetta^-
liva d'un utile smisurato alla nazione per l'agevolezza del
commerciare aoll'Asia. Se non Cosse per questo il governo
di Napoleone non si sarebbe impacciato. E se le conseguenze
del laglfo sono la sperabile e spedata fortuna della Francia,
perchè ne sarii disperabile o disperata l'Italia? Non è anzi
)' Italia più sulla porta di quella via? Che cosa ba Francia
dello innanzi che debba star si»pra Italia, a quali mezzi niag^
glori per impedire all'Italia di partecipare al benefizio? Se
244
fosse vero che i benefici! del taglio siano per essere di
quelle nasioni che avranno più merci da recare In Oriente
in cambio di quelle che porteranno in Eufopa ; che avranno
più capitali per dominare sui mercati ; che avranno più pra-
tica dei mari indiani ; che avranno più relazioni stabilite
con quei gran centri , V IngliiUcrra non sarebbe in quelle
febbrili agitazioni ed apprensioni in cui è , né ricorrerebbe
alle basse arti a cui ricorre per impedire che 1* Istmo si
tagli ; ella 6 in tutte le condizioni sopranotale dal Torelli,
e non vuole udir ragioni; ha necessità estrema di andar
essa stessa per quella via , ma la vuol chiusa perchè altri
non passi. È poi solo di Francia che sia gelosa f 0 d'Italia
altresì, e di Grecia e di Russia e di Germania ì II pericolo
non è forse che il Mediterraneo da lago inglese o francese
diventi italiano, e Italia faccia conto di sé quanto finora ha
fatto Francia, e fenno Svizzera e Germania f
9 Ora è chiaro : Francia ha proposto il taglio e Inghil-
terra ha disposto d'impedirlo. Quali sono i ragguagli italici da
pcirre al confronto dei ragguagli di Francia? Questa nazione
concede al lustro del suo principe l'assegno di 26,500,000
lire; riialia ai suoi re lire 28,657,000; quindi ogni italiano
dh ai suoi re 24 centesimi più che ogni francese, avvegna-
ché ha 36 milioni di abitanti la Francia , 24 l' Italia. Tra
quel carico e il resto dell' amministrazione dello Stato la
Francia da qualche anno ha una media di spese di 4200
*
milioni; l'Italia di 555, qnindi un italiano porta lire 23. 12
allo Stato, un francese 83. 33. L'Italia vedendo ^agricoltura
e rindusfriQ di Francia può invidiarle anche il maggior pa-
gare, ma in questa sua povertà di condizioni, da cui nasce-
rebbero i maggiori mezzi del pagare, V. S. rammenterà
che nella mia prima lettera assegnavo 4700 milioni di com-
mercio coll'estero all'Italia , a cui il Dibats credevano 4886;
io mi guardo dalP esagerare , e sto anche al di qua di ciò
che può essere vero per evitare le polemiche. Quei 4700
fnilioni sarebbero uri 71 lire per capO| e i 4886 lire 78.
La Pi-ancia nel 1857 (anno buono pei confrónti) fece com-
mercio generale per 4592 milioni, quindi ogni cittadino fu
notaio per 428 lire. La diOerenza è grande, lire 50; ma
nella mia seconda lettera che parla dei conti del Débats
indicando gli sviluppi che lo Stato sardo ebbe dalla sua
buòna amministrazione^ e coi soli elementi suoi propri! in
questi anni fra il 1852 e il 4 857, e presumendo che il re*
sto d' Italia mettendosi sulla medesima traccia ottenesse i
risultati medesimi, avanzando intanto la Sardegna ancor più
se anche avanzi V impero di Francia , prestissimo la cifra
ingigantirebbe e supererebbe la francese per ogni individuo
perchè salirebbe a lire 450. Né l'Austria, né la Confedera-
zione germanica, son del parere che il taglio dell'Istmo sia
per giovar loro paco o nuUa^ e se non sono concorse che
per 54,246 sopra 400,000 azioni altro non è a dire che
si come in Italia colà questa faccenda non è stata , come
in Francia, insinuata quanto o come si diceva nel popolo ,
sebbene vói per la vostra parte faceste tutto il da fare.
Quel popdo numeroso che fece ogni sforzo per canali e
per ferrovie a giungere all' Adriatico sa ben esso quanto
gli sia per giovare la porta nuova al commercio d'Oriente.
E noi che siaiho di tanto ad essa vicini non ci conteremo
di meno?
» Sono falsi profeti^ dice Torelli, i promettitori di beni
all'Italia dal solo aprirsi quel Bosforo^ e quivi ha ragione;
io stesso più e più volte ho gridato quel che far debba lo
Stato in che viviamo e quello che il resto d' Italia di ne-
cessità perchè il commercio entri di qua senza che, trova-
tici stremi^ volgerà altrove > e vòlto una volta, a grande
stento vi si fa deviare. Ma se egli dice pure codesto, e al-
meno assegna all'Italia un posto secondario, non terzo^ non
ultimo, non è dunque poesia quello che facemmo pur noi.
I porti e le spiaggie devono avere quello che manca , non
mancano i denari per provvederne! i, piuttosto mancan nelle
masse quelle luci che lascino loro distinguere il fruttuoso;
>46
dai porti t dalle apiaggie hanno ha filare numerosi mezzi
di lolleetiare e non dispendiosa eomunieazione air interno
dei paesi e ai confini delle nazioni vicine; l'interno alto e
baaso rigato di yie e dì eanali per aiuto dell' agricoltura e
delle industrie e per tratlameoto di tutte le ricchezze dei
suoli die sena' essi son morte. Se nei futuri dieci anni Ita-
lia potesse ragguagliatamente fare quello che lo Stato sardo
nei passali dieci anni fece, vedreste òhe rivoluzione d' in-
teressi y ehe sviluppo di forze e che abiliti di commerci.
Quando poi a provvedere ai bisogni del proprio consumo
non abbia a ricorrere alle terze o quarte mani e pagar loro
le spese e gli utili delle lunghe navigazioni, e possa col
proprio naviglio andarsi a caricare eiò che richiede , non
solo potrà spendere alle occorrenze di agi , ma a costituir
capitali onde farsi largo aui mercati originarli e a fabbricar
merci si belle e di tal eosto da potere guadagnare sui
cambi.
• L'avvocalo Morelli che scrisse un libro di cifre» di
cui tenni parola a page 783 del voi. 8 del BiUUUino, cal-
colò che l'apertura del Boaforo aensa mutamento delle con-
dizioni nostre I fruttar doveva e Trieste, Genova e Venezia
presso 9 840 milioni: senza quell'altro che Livorno, Anco-
na, Brindisi, Napoli, Messina , Palermo , ecc. , porti minori.
Egli parlava più dei transiti che delle cose consumabili in
paese. Io mostrai die del aolo Stato sardo e dei soli con-
sumi il guadagno era di dieci milioni. Non è dunque né
nullo, né poco l'utile che appena dall'apertura del Bosforo
può avere l' Italia. Non si rompono , il so , gli avviamenti
dei cambi lutti in un attimo, e a sviarsi da vecchie dire-
zioni voglionsi anni, ma prendiamo per dieci anni «na me-
dia di 850 milioni, non potrà far nulla per mettersi innanzi
l'Italia con due miliardi e mezzo, e forse tre ? — Quando
i posti sono occupati, chi si fa avanti- dei deboli ? — . Si fa
innanzi chi ha ingegno e vita ¥iva , e il Torelli nella aua
opera afferma che gli spiriti delle nazioni noo muoioM ed
247
ha sino speranza per rifare degli Arabia gli Arabi del pes-
tato. Che vigoria aveva il Belgio quando si separò dall'Olan-
da? Non doveva loltare eon quella poteniissima vicina, la
quale per le ire del distacco naturaknente lo dovea ad ogni
passo tribolare? Eppure ecco mirabile aumento del suo
commercio :
Anno 1836 tonnel. di merci 467^741 per fr. 874,541,000
> 4846 » » 830,652 » 634,479,000
» 4856 > » 1,956,201 » 4,580,084,000
» 4857 > >^ 4,480,835 » 4,684,560,000
Al Belgio è paragonabile il nostro Stato. Nel 4840 il
Belgio, dieci anni dopo la sua redeaciooe, aveva un com-
mercio generale di 429,903,000 in valor ufficiale , la Sar-
degna in nove anni avea portafto il suo ad 843^202,409 a
valor commerciale, o a 690,405,377 a valore officiale; era
dunque molto più innauxi, e oe rimaneva indietro il restd
d'Italia; V. pag. 138) voi. 4 del BuUeiHno. Perchè dunque
non si considereranno acquistabili di beni anche notevoli
le condiiiooi presenti d'Italia dall'apertura di quel Bosforo ?
» Tutti trombano ohe Francia, che Olanda^ che Belgio,
che IngbilUBrra hanno tal capitale di macchine, di opiBsii,
e tali ricchetze naturali da lasciar loro sempre sopra tutti
gli altri popoli una maggior facoltk di produrre a buon mer-
cato; ma a chi ben guarda non è nò tutto vero, nò tutto
esclusiva nente vero, e di molte industrie l'Italia ha l'onore
di provvedere quelle iiazionL
» Nel commercio generale del 4857, Francia dice di dare
al Piemonte per 133 milioni e mezzo, e di riceverne per
4 94, la differenza in favore di questa parte dMtalia è niente-
meno che di 68 milioni. Nel conimercio speciale diciamo
noi di darle per 90 milioni, e di riceverne per 77; diffe-
renza 43 milioni. Allo Zoilwerein diamo per 3 milioni e
500 mila lire, e non riceviamo che per 4 40 mila lire. Ri-
beviamo dalla Svizzera per 49 milioni e 620 mila lire, e
248
rendiamo per S9 milioni, ecc. Yero è che di molte merci
6i fa loro iribuiario, per la morte che le caricano addosso
le amministrazioni presenti. Poi non è ancor detto quali
categoricamente siano i bisogni dell* amplissimo Oriente, e
in che l'IiaKa vi possa valere o non valere secondo le sue
necessità , e se abbiamo ad osservare quello che vi fanno
America od Australia dobt)iamo rallegrarci che ci sia spa-
zio aperto anche per noi al dare e al prendere senza di-
scapito. Che faremo noi dei milioni che risparroieremo sui
cotoni, sul caffè, sugli olii, sulle lane, sulle droghe, sulle
tinture, sugli zuccheri, su altre cose minori? Li impieghe-
remo a provvederci gli argomenti pei quali si hanno belle,
facili, non care le industrie, li porremo a soccorso deH'a-
gricohura che ha tutto il diritto di rendere quanto in Prati-
cip, quanto in Inghilterra, che vuol dire tre o quattro ro/to
quello che rende; svilupperemo l'educazione del popolo, fa-
remo con essi tuuo il da fare. Non moltissimi anni ci hi*
sognano se oggi subito gettiamo V avarizia e 1* inerzia , e
meniamo intanto alle terre dell* interno , alle spiaggie e ai
porli quello che terre e spiaggie e porti domandano. Noi ab-
biamo 38S6 chilometri di coste continentali e colle isolane
5894; nel fascicolo 48 luglio 4857 {Voi. 2 pag. 497) del
BullettinOj vi diedi, raccolta da documenti officiali , la sta-
tistica delle navi che in esse stavano al 34 dicembre 4855
ed erano 37^90 per tonnellate 889,037 le quali non cu-
rate dM* Annuario del Correnti , che mescolò cifre di anni
varii, e antichi e nuovi, erano al pari di 454 tonnellate per
chilometro di spiaggia. Non posso darvi oggi numeri di tutti
di un anno neppur io, ma air ultimo eh* è del 4867 non
mescolerò che quello del precedente.
sb
Stalo Sardo (4857)
navi 8,908 lonnellate 808,818
Toscana »
959
1^ •
69,083
Modena »
27
980
Monaco »
> 64
4,508
Stato romano (1856)
> 1,848
44,360
Due Sicilie »
> 4 1,088
872,305
Veneto e Illirico »
. 9,704
849,428
Malta »
857
80,409
Corsica »
?
In
tutto
5,584
•
988,694
le quali renderebbero 460 tonnellate per chilometro di
spiaggia. Ma Corsica e Malta sa Dìo se torneranno più no-
stre; togliendo colle loro spiaggie le navi abbiamo 471 ton-
nellate per chilometro, troppo poco per tanta estensione;
abbastanza per equiparare la Francia nella differenza di
due anni appena, avvegnaché il suo lido non è che di 2460
chilometri. Se a coiai lunghciza fosse la eosta italica non
mancherebbe di ridurre le sue 37 mila e più navi alle 15
mila di Francia, ed acquistarsi in tal modo quel numero
di lungo cono che dovrebbe avere. Mi si obbietta che l'Il-
lirico ò ben lontano da essere ora cosa d'Italia; io oppongo
che ivi si raccolgono i capitali dove si offrono i favori, e
di \k fuggono dove sono martellati, e per ora non dico al'
tro. Dunque la somma della principali forze dello Stato in
Italia non è molto diversa da quella di Francia con questo
in riguardo che là molto è già fatto, e in Italia molto re-
sta, anzi moltissimo, a fare: ciò che vnol dire che allor-
ché si faccia, noi avremo altri assai mezzi produttori d'ag-
giungere che aumenteranno al paragone con altrui in nostro
favore i poteri.
» Quanto alla pratica de' mari non è faccenda che si
dilunghi per que' paesi che erudiscano alle teoriche e alte
pratiche si delle aeqae ehe delle lingue e dei commerei.
La Francia ha troppo pochi possedimenti laggiù lo Asia per
dirla pratica di que' laari e di quelli the correre bisogna
per giungere ad essi « eppure facendo mia quella impresa ,
mostra netio a che miri e a che sperì , sebbene abbia in-
nanzi Olanda, Inghilterra e le Americhe. Forse che gritaliant
marini saranno da meno dei marini francesi i e i commer-
cianti italiani saranno meno agevoli, meno aperti di cervello
de'Graooesi f Per volgere di fortuna, ritalra 8*è impoverita di
danaro e di fatiche, ma non d'intelletto. Tutta la prima parte
del libro di Torelli è una rivista di ciò che fece Italia col suo
senno per reggere i commerci , e di ciò che fece per di*
struggerseli , e reca la giusta ragione della lor morte neU
Toppressione dell'impero d'Oriente onde le si chiuse la via
al maggiore suo campo; e chi si trovò più prossimo all'altra
via, e meno cieco della fortuna, andòUo ad occupare da
altro lato. Or che h via antica si riA, o tal quale , o mi-
gliore , non s'avrà a rifare un pò del perduto bene? Oh
perchè mai 1' Inghilterra si prese , o più non lasciò, quei
sassi di Malta se non perchè in bocca ad un crocicchio di
vie ti' importantissimi commerci? Quel tale Garilfi ne' suoi
problemi per V Europa avrebbe voluto che il re di Sarde-
gna non s'intitolasse inutilmente re anche di Cipro; chi
Io irrise non guardò la distanza da Londra a Malta assai
maggiore ehe da Torino o Genova a Cipro, Cipro ehe fu
altra volta, e con fruito assai buono, dei Genovesi, d'onde
si assisterebbe al commercio sul Nilo, sull'Eufrate, sul Bo-
sforo bisantino e sul pelusiaco, sul Danubio, sul Po, sul Me-
diterraneo e sol mar Nero. Quando Inghilterra prese Malu
intese di porsi a cavallo d'Asia e d' Europa , nessuno pen-
sava al Pehisio, ora che vi si pensa non si contenta di Malta,
ma va ad occupare Perim e Aden.
9 Certo che chi avrà avuto relazioni già stabilite nei
grandr centri di colaggiù farà assai meglio i suoi affari ; ma
se può l'Italia guadagnare pei suoi consumi non lardo an*
S5I
drà che guadagni per le industrie ae già tì guadagna ad
esempio per leasnti di lana la Russia la quale cede airin-
ghilterrn, alia Francia e anche all'lulia in esse opere ai di
beUez£a che di bonik* Venetia è lontana 1080 miglia da
Londra; venga pure Inghilterra pel Bosforo pelusiaco, noi
le saremo innanzi e spenderemo meno. Per molli generi
siamoi si può dire, sul campo ed ella ci ha cotal tratto a
venire* Nessuno può ignorare che, quando Timpero bisan-
lino fu spento e gik le Anseatiche e Olanda e Inghilterra
alzavano il capo, Venezia vide netta la via di salute nel
mar Rosso» e nel Bosforo che progettava; quanto ai deca-
dimenti, rodati i mezzi, e si ristora la vita : egli stesso , il
Torelli, cita dì Amburgo che messo in terra da potentissimi
sorse più forte. Nella economia morale delle cose non sono
d«i fabbricarsi , ma da rimoversi gli ostacoli. Se Venezia
avesse potuto tagliar V Istmo , non avrebbe per allora gio^^
vaio ad altrui la scoperta del Capo di Buona Speranza uè
deirAn»ericn ; ora gioverà airitalia senza nuocere agli altri,
come gli altri andando a cercare per la via retta ciò che
dovevano prendere da Venezia e da Genova, ruppero il
monopolio che quella due repubbliche si tenevano delle
cose d'Orieme, cosi ora T Italia andando a cercare per la
via retta ciò che deve prendere da Inghilterra, da Olanda,
da Francia non guasterà i tatù altrui e provvederà meglio
ai proprii.
m Dicono: innanzi che trovi maniera di cambii sarà ne-
cessità fornirsi di danaro e pagar coli* argento , e le verrà
tanto più grave che non prendendo dai soliti ciò che ora
prende, non potrà esitare le solite produzioni; dove troverà
tanto metallo? Se cotali separassero delle importazioni ita*
liane ciò che è di oltremare da ciò che è. prodotto dai paesi
coi quali commercia, vedrebbero che ciò che l'Italia dà in
cambio dei prodolli stessi non sarebbe sufficiente alle ri-
chieste straniere. Per ora l' Italia è in queste condizioni che
dà agli europei ed agli americani ciò che di che non possono
S5S
Ut senza, e riceve mohissimo di ciò che que* popoli trag-'
goDo d'altronde; e per di più se ragrìcohura fiorisse come
dovrebbe e potrebbe fiorire, cesserebbe il bisogno di non
poca parte di qtielle naturali lor produzioni. — « Ma di ciò
che dà r Italia ad altfui potrebbe far commercio in Oriente f
Qui non posso distendermi, e mi appello ai competenti giu-
dici: le conversioni mai non si fanno per diretto, ma rie-
scono al fine che^ si è ben meditato. Ho gi& detto che co'
guadagni dell'immediata compra e del più breve cammino
Italia si fornirebbe di ciò che le manca per mettersi nelle
industrie a concorrenza d'altrui. Il Torelli non ha posto
mente ad un fatto preclaro in Italia: le idee che hanno
mandato a male nei due ultimi secoli la ricchezza capitale
d' Italia, che con giusto criterio dimostrò ancor grande nel
mezzo del secolo XVIi, sono svanite, e la professione del
commerciante e dell' industriale torna ad essere stimata fra
tutte le classi delle persone. La stessa Spagna rea di averle
professate ad esuberanza e di avercene appestati, fa ra^uar^
devote ammenda. La teoria del libero scambio e delle pari-
flcazioni delle tariffe pone le genti in condizioni di speculare
il lor meglio in cento guise. Poco è da cavar pel presente
dalla prima parte dal lavoro del Torelli perchè si direbbe ar-
cheologica: memorie di grandezze che circuirono il Medi«
terraneo, sforzi degli oceanici per . emanciparsi da Italia ,
successi^splendidi degli occidentali , compiuta metamorfosi
delle opere e dei eambii. Vero che in quell'archeologia sono
le cause di molti principii salutari che guidarono il genio
delle nazioni come la carta monetata di Cartagine, il faro
di Alessandria, i porli fenizii, il ceto de' commercianti, dei
marsigliesi, ma poco ardimento al mare guidanti le stelle;
poi audacia giù nell'Oceano direttrice la bussola; la lettera
di cambio, le banche di sconto, le accomandite, le as^cu-
razioiii, le quarantene, le fiere, Y importanza della profes-*
sione di negoziante, che dava i primi onori e le prime po^
destk nei governi^
S53
• La parie seconda comincia dalla scoperta d' America ,
e per ire epoche fa la storia sino ai di nostri, e come innanzi,
cosi quivi pennelleggia luminosamente di ciascun popolo e di
ciascun Staio i fatti deliberati e i causali che procacciarono le
amiche e le nuove fortune; i reati degli avari e degl'in vidiosi,
e le punizioni che seguitarono; le invenzioni e gli eflTeiii in ehi
le seppe applicare con buona prudenza, le interferenze delle
politiche e delle religioni; le dottrine degl'ingegni speculativi,
e le libertà conseguite quali colla forza e quali colla ragione,
gli spropositi e i danni delle mancìpazioni: d'onde certa-
mente è da imparare assai anche di presente per noi se noi
vogliamo riavere, se non l'antico, almeno un posto degno
nel commercio delle nazioni. La disposizione di tutte le
alieni di eìascun popolo sono cosi bene nel libro disiribuiie
che ad ognuno un poco istrutto delle circostanze nostre può
essere facile intendere quanto sia costato loro l'aver rag*
giunto il punto a cui sono, e quanto meno dovremmo far
noi per metterci al paro di essi, o anche sopra più d'uno
di essi. La slessa configurazione della nostra penisola è con-,
dizione felice pel nostro intento: da molteplici punti le co-
municazioni s' inorocieranno senza grandi spese, e i due
mari accresceranno i mezzi de' eambii e de' trasporti. Dalla
costura dell' Apennino ad essi i tratti sono brevi, e le valli
tante, che ogni punto di lido è porla al salirvi, e la parte
più estesa che è la settentrionale, forate le Alpi al Cenisio,
al Menouve, al Lucmagno, se voglia allacciare le acque delle
sue fiumane, avrà nella gran rete delle ferrovie a- cui s' è
dedicata col grosso movimento del commercio colla mediana
Europa il piò noievoi prodotto che l'agricoltura sperasse
d»' buoni economisti. E come la guarentigia de' beni pro-
ducibili e moltiplicabili sta nelle leggi, il Torelli ebbe cura
di notare per quali si fece bene e per quali si fece male,
e raggruppando poi insieme le invenzioni applicate , le in-
stituzioni, le leggi, condusse ogni cosa a prospetti ^ i cui
oggetti rappresenianM sono gli effetti di tanti studii e di
954
tante fatiche, e specialmente dello spirito d* associaiione ,
eh' è il vero Ercole delle gigantesche imprese di questo sc«
colo. Avvenne per ogni Stato, ma più per i* Inghilterra ohe
tiene il primato nel commercio del mondo, ed ha tanta paors
di perderlo di questa parte che è del Mediterraneo, e non
punto si cura di quello dell' Oceano dove l' America mi»
naccia di dimeazarglielo. Perchè mai lutia quella paura?
lo non muto parere da quello ohe avevo ed espressi tempo
fa nel Balleiiino che l'Ingbikerra sark sempre la prima fm
tutte le nazioni commercianti, e non devo replicar qui le
ragioni, ma non è da ridere di quella paura , come non è
da irridere chi di quella paura fa un akro opportuno soggetto
di considerazione in prò dell'Italia.
» Trieste, Livorno, Marsiglia e Genova sono al Torelli
ragione di S50 pagine di esposizione delle cause de* loro
sviluppi; è la storia dell' ultima età loro e dello stato pre-
sente della loro vita viva, e forma la parte terza dell'opera
eh' è la prima del terzo voltime, il quale si compie eon una
parte quarta delle opere principali progettate o credute ne-
cessarie per lo sviluppo del commercio europe^, e in modo
spedale di quello d'Italia. In questo novissimo tratto si parla
del taglio dell'istmo di Suez, e leggesi quello che voi deste
nel BulUitino. Quivi vuol essere mitmorato d'avere nel
1849 alla sfuggita toccalo della faccenda noporuntissima
del taglio, la qual memoria stante, in due linee non ha
a far nulla a petto per esempio di chi come voi nel 4855
a Genova, e nel 66 a Torino in fogli industriali predicò, e
predicò perchè la notizia si divulgasse, si prendesse in con-
siderazione e favore, e finalmente creò un periodico per
quesl* esso, al quale il Torelli giunse assai urdi. Nel qua!
periodico a pag. 176, voi. 4, ogmino lesse dato da voi, e
ignorato prima da tulli, ciò che il Torelli dà come di scienza
propria; che l'italiano Ghedini nel IMO per propria Uvei*
lazioue assicurò non essere • il Mediterraneo e quello del
mar Rosso che minima differenza. È il caso del voto del
S55
Coosemo agrario in Voghera ch«, promosso da me, il To-
relli che il presiedeva, dirigendolo al Lesseps, non caro di
memorarne il promotore.
Una cosa sarebbe stata bene dire in questo irairo del li-
bro per onore di V. S. che tanto celo per qussi' impresa
d* universa! beneficio, o per onore d'Italia; quando il si-
gnor De Lesseps nel Débati annunziava che la Commissione
scientifica internazionale doveva essere composta d* ingegneri
francesi , inglesi ed alemanni , V. S. gli scriveva che non
avesse a ripetere gli errori della Commismone del 4847,
dalla quale si esclusero gli ingegneri italiani, valendo questi
quanto quelli delie altre nazioni , e avendo Y Italia sommo
interesse e più dell' Inghilterra, se non si considerano a con-
testa i possessori delle Indie. Il sig. De Lesseps domandò,
mi pare, ai vieerè d' Egitto feeolià di nominare un ingegnere
italiano, e poiefaè il vicerò aveva risposto che nella Gommis*-
siooe era Negrelli , e quindi V Italia eravi rappresentata, voi
replicaste ehe Negrelli mandato dall' Austria rappresentava
r Austria e non l' Italia, la quale se non aveva una sola anoh
ministrazione, aveva a capo il Piemonte, nel quale ospitavano
molte distinte intelligenze d'ogni altro Stato della penisola;
esisteva una forma di governo conveniente agli italiani, ed
era im porto distinto ehe avrebbe dovuto acquistare dall'im-
presa grandi vantaggi. Allora eltrettale scrittosi dal sig. De
Lesseps al viceré si ottenne la nomima dell' illustre Paleo-
capa, il quale poi dovette essere aiutatore e difensore ener-
gico di tanta impresa ad onore della patria nostra. Cosi gu^
suito il vostro suggerimento di ammettere nella Commissione
distìnti capitani nMirittimi, avesse, cogli inglesi e coi francesi
che poi nominò, eletto alcan genovese. Ma queste omissioni
non bruttano nò il disegno, né la composizione dell* opera
e sono da ringraziare gU editori fiorentini della Biblioteca
cmle dell* italiano dell' averia stampata. Se voi date al pub-
blico questa mia lettera, chiudete giustamente un vano che
doveva essere riempiuto.
S66
Il vo8tro BulhtHno registrando tutto quello che prò e
contro questo taglio si è scritto e si va scriyendo, ha indi-
cato altresì quali e quanti layori siansi fatti su calcoli presi
da cifre dei commerci d* ogni popolo della terra. Di queste
cifre e di questi calcoli e dei lavori sovra essi nulla dice il
Torelli, sebbene affermi che è da essi che bisogna partire
per speculare del futuro; o quasi per dimostrare che quivi
era da battere, seminò di cifre i due ultimi volumi, ma non
curò di mettere al confronto dei numeri delle estere terre
quelli che poteva mettere assieme della nazione d' Italia. Io
ho creduto bene di chiamare innanzi il fatto della Francia
nel principio di questa lettera per mostrare ohe noi legati
a lei per tanti interessi ( il solo commercio nostro con essa
è di lire 230,175,664 sopra 843,302,409 a valor dichiaralo
dai negozianti, e nel commercio speciale 467,769,375 so-
pra 507,639,912) e non molto diversi in importanti facoK
tà , con assai parte di vergine a nostro vantaggio, possiamo
avere fede che se a lei giovi quel taglio che oggi è fsitta
questione politica, gioverh a noi egualmente ; cosi come ho
cominciato, parmi ch'io debba Bnire per calcar sempre
più r argomento. Dice il Torelli che fuor del cotone , il
caffo, il legno da tinta e le droghe si hanno migliori dalle
Indie orientali che dalle occidentali; e pel cotone è vero,
ma è anche vero ohe le spedizioni che dalle orientali ri*
ceve la Francia aumentano ogni anno grandemente, e che
il raflSnamento del filare fa scomparire ogni imperfezione;
anche vero è che non bastando il cotone americano ai bi-
sogni dei naturali e alle ricerche dei forestieri, ì' Inghilterra
ne importa moltissimi quintali dall* Oriente, e parte lo fila
e tesse, e parte lo vende all' Europa ; e cosi fa l' Olanda ,
e cosi fanno le città Anseatiche. Nel 1856 l'importazione
del cotone nel Regno-Unito fu di 546 milioni di chilogrammi,
fra cui 93 delle Indie sue; ne lavorò 400, ne esportò 116;
non par probabile ohe desse ad altrui quel che era miglio-
re. Trieste importonne 49 milioni di cbilagrammi, ma 18
857
erano delle Indie orientali. Lo Zollwerein di 40 milioni che
prese, 4 4 erano dell' Asia, e l' anno innanzi era stato più
scarso di S604 mila. L'impero ottomano importa dall'Asia
38 milioni di chilogrammi, 8 ne lavora, 30 ne esporta. E
questa importazione dall'Oriente cresce. Nel 4843 l'Inghil-
terra traevane per 30 milioni di chilogrammi ; ne trasse 42
nel 4848; 90 nel 1853; 4S5 nel 4857; e più ne trarrà al-
l' avvenire. Ma oltre al cotone e alle droghe sono altre cose
che gioverà avere di Oriente meglio che d'Occidente, le lane
per esempio, l'olio di sesamo, le pelli ed eziandio lo zuc-
caro, del quale specialmente l' Olanda fa grande spaccio dopo
averlo portato in casa propria, e la Francia diminuisce coir
r Europa e coli' America le sue partite, e le accresce colle
proprie Colonie hensi , ma coli' Africa e coli* Asia. In milioni
abbiamo (valor reale).
Pel 18S6 Pel 4857
/
Commercio coir Europa 8574 8513
» coir America 4207 1448
» coir Africa 433 486
coir Asia 420 448
> colle Colonie 868 374
L'aumento (vedesi meglio da quest'altro specchietto delle
importazioni e delle esportazioni degli anni stessi messi a
confronto della media del quinquennio che li precedette.
Importazioni Esportasiont
med.quioq. 4866 1857 med.qainq.i856 1857
Indie inglesi 43. » 64. > 75. 2 4. 4 7. 2 6. 9
» olandesi 5.9 9.» 44.2 4.» 4.5 2.4
m francesi 7.» 5.4 45.2 0.4 4.» 0.8
Egilio . . 12. > 44.» 26.9 6.3 43.1 42.7
Africa sud . I. 9 8. 4 44. 2 6. 6 8, 2 46. >
> sud-est 4.4 2. 6 4. 6 0. 4 0. 4 0, 4
Cina, ocean. 4.8 3.3 5.2 4.5 4. > 4. 8
•^—
In tutto . 73. 4 433. 4 453. 6 49. 6 85. 4 44. >
AiwiLi. Sluttiliea, voi. XXI F, ieri» 3* i7
ibS
Insieme la media qttioqaenoale era di quasi 93 miliooi ;
Tanno 1856 fu di quasi 169, e Tanno suoeessivo di 496. —
Non ha finora la Francia che gli uiili del prendere di prìma
roano, avrà poi quello della diminuita distansa; Tlulia per
seguitare o aecompagnare la Francia deve accrescere il na-
viglio di lungo corso, non lasciando lo studio della geogra-
fia fisica, politica e commerciale solo nei pomposi program-
mi, dar opera a quello delle lingue dei paesi che si vogliono
praticare; in ciò son d'accordo col Torelli, perchè si possa
mettere innansi dove ha a stare. Ma egli parla di preoccu-
pamentil Eppure dacché il Giappone è aperto a tutte le na-
lioni, e bisognerà pure che ler si apra la Gina, sarà neces-
sità che anche alle Indie sia passo libero a chicchessia. In
al vasto spazio quant'è lunga T Arabia e lungo T Egitto ^ e
per la Persia e per Tlran, e per le Indie e la Gina e il
Mogol, saranno tutti occupati i mercati, saranno tutti presi
i posti ? Ghe conto facciamo delT Australia e di tutta T O-
ceania? Non sembrano altrimenti latti gli italiani per Toe-
eupaaione e la conquista, ma non sono nemmeno si alieni
dalT appostarsi come una volta a bancheggiar di commerci ,
da lasciarsi vincere da ostacoli che ad altrui piacesse lor
mettere. Lasciate che abbiano nervo in casa, e vedrete. In-
tanto è da ciò che esposi più volte e in diverse guise, e
sempre con buon capitale di cifre, e da questo che ora dico
non è da dubitare che il taglio delT Istmo non sia per ar-
recare di grandi benefizii alT Italia nelle presemi sue con-
diaioni, grandissimi se voglia procurarseli eolle cure che
tante volte le memorammo, e per bene piace al Torelli di
rimemorare. Ora che la Lombardia è unita al Piemente,
sarà tanto più facile preparare aperto il S. Gottardo o il
Lucmagno, onde i transiti si agevolino per T lialia alla Ger-
mania di quelle cose che riceve da lunghi eorsi di Danubio
e Reno, e riceverà come or da Trieste e dalle Anseatiche,
da Livorno, da Genova e dn Suvona, da cui aprendosi ora
finalmente una via diretta alT alio Piemonte ed alla Svizzera
S59
ooeideniale, eoncorrerassa a far guadagnare tempo e pecunia
a molti 8l dei nostri che degU esteri, che prima non si fa*
ceva. Di che è da ringrasiare altamente la scienza matema-
tica e la logica economia dell' illustre Paleoeapa, sena cui
pon si vinceva. Lasciate compiere tutte le sue ferrovie al-
l' Italia, e nel resto oprarsi almeno quanto oggi si opera in
Piemonte, al che non è necessità d' altro che di ciò di che
si giova il Piemonte, e non manca, ma non è lasciato usare
nel resto della penisola, e Torelli vedrà che Venetia , Ge-
nova, Livorno e Napoli non rimarranno da meno di Alessan-
dria, Berico, Smirne, Sinope e Trcbisooda, eh' ei dice, sen^a
disegnare estremi di tempo, hanno duplicato ed eaiandio più
alzato il loro commercio. Io non so veramente dove abbia
pescalo quelle notisie , perchè anche riducendomi a SO anni
addietro non rinvengo questi miracoli. Quel che ho trovato
io è questo:
Pel 1S37 ' Pel Ì8S6
Importazione. . . fr. 65,687,000 68,698,197
Edporlazione . • , » 71,837,000 114,806,843
137,614,000 188,400,840
ed io hp preso gli anni di miglior conto, perchè i successivi
1857 e 1868 decrebbero mollo, specialmente neir esporla-
sione, la quale fu di franchi 89,888,706 nel primo, e di
76,461,180 nel secondo anno.
Smirne deve anch'essa retroguardarsi d'assai per trovare
triplicato 0 anche duplicato il suo commercio. La esporta-
zione sua del 1889 fu di fr. 87,808,838; nel 1866 fu di
83,070,103, ma ebbe lo straordinario delle provvigioni man-
date alla guerra nel mar Nero; nel 1867 discese a 74,916,946,
e notate che ho innanzi i capitoli, e che essendo in piastre
io traduco per 36 centesimi ognuna di queste, perchè stando
••0 .
air i4iiiitiatVe di Guilbamia diseenderebbe sino a fraDehi
62|9S5,000 sosima non vera. L'anno 4858 deeadde ancor
più: r^portaiioDe fa solo di 66,400,000 , somma ben più
bassa di quella degli anni 1856, 1854 e 4851! Akretuleé
a dire di Trebìsonda, il cui eommercio aumentato nel 485$
per le cagioni toccate a Smime, ò poi diminuito nel 4857
di 49 milioni di franchi. Poco meno è a dire di Sinope;
quanto a Borito per trovare che abbia duplicato il suo
commercio, bisogna comparare fra loro Tanno 4856 e il
4844 ; ed ecco le cifre;
Pel 1841 Pel 1856
Importazione • • . . 34,825,700 84,344,944
Esportazione 45,967,680 40,490,246
40,393,380 74,434,460
e ancor non v'arriva; la cifra dell'anno innanzi fu di
74,877,600, le posteriori sono da meno.
» Ben altro si potrà dire di Genova, la quale dal 4845
al 4 856 vide crescere la pratica del suo porto da tonnellate
372,653 a tonnellate 684^734; nel 4856 costrusse navi per
32,500 tonnellate, se nel 4854 non ne costruiva che per
42,346 ingrossando del dpppio la capacità delle navi, cosi
che aveva
Al 34 dicembre 4854 navi 4042 per tonn. 429,504
» 4856 9 4403 > 463,863
» 4857 > 4403 • 473,676
» L^ importante era che si moltiplicassero le navi grosse,
e si vanno moltiplicando. Eccp un segno:
MI
Si dicembre
Anno 1»53
Jttm Ì8B7
K
tonn.
tonn.
Dalle tonn. 600 a 600
Navi
i 557
Navi d 1 606
» 600 a 700
» »
> 3 1961
> 700 a 800
1 735
» 1 747
> 800 a 900
» »
« 4 814
> 900 a 1000
» >
> S 482f
> Oltre le 4000
» >
> 2 2098
•
S 1293
42 9037
Capacitt media tonn.
64
768
Siamo lontani dal bisogno, ma vorremmo sapere quant' ab-
biano di proprio i porti memorati dal Torelli, ne* quali il
commercio è tutto degli esteri. E il domandare che cosa
facciano gl'italiani quando ivi ingrossano francesi ed inglesi,
e il dire che perchè ivi ingrossano essi e gì' italiani non
appariscono, son volere che si risponda ehe gì' italiani noa
guardano alle minuzie. Il porto di Genova non ha unasla*
tisiica, dappoiché le tariffe dal 1852 al 1855 hanno sciolto
móltissimi generi dalle dichiarazioni; tuttavia chi spogli i
registri degli arrrvi marini vedrà se io dico falso che a Ge^
nova appunto è triplicalo il commercio, che non è triplicato
ne' luoghi sopradeui. il solo cotone entrato allo Stato, entrò
si può dir tutto a Genova, e nel 1847 fu di 33,556 balle,
fu. di 63,970 nel 1857 con tanto maggior valore, e notate
ehe per 1,400,000 chilogrammi diretto giunse dalle Indie
orientali, altrettanto dal r Inghilterra ehe non avrà dato del
suo migliore.
^ Cosi dicasi della Toscana, che ha si poò quasif dire tutta
la sua marineria a Livorno. Nel 1846 ^veva 778 navi per
tonnellate 34,147. 86; nel 1855, navi 939 p^r 56,631. 93,
e il porto che ()uel primo anno ebbe aGhri per 140 mi-
96S
liqQi di fraichi, ebbene Taltro per i4S. Hi dispiace di noD
avere le eifre del 4857 che devono essere ussai più alle ,
ma mi eompiaeeio che il Torelli queste ha vedute. Di Trie*
ste non dico; già ne ebbe il Bulleiiino quando riferi che
il suo commercio toccava esso solo quanto quasi tutto il
commercio del Regno Sardo ; da cui dedotto quanto valeva
per Tinierno dell'impero austriaco, ancor rimaneva ricco di
negosii per proprio conto, e di questo il Torelli portò al
1852 per franchi 644 milioni, ed al 1867 per 636.
» Di Veneiia il Torelli non diede cifre, io darò quest'esse
che, sebbene iiùbordinate a Trieste, hanno una qualche si-
gnificaiione. Importazioni ed esportazioni unite:
Anno 4863 Franchi 410,661,400
» 4854 » 443,151,050
4866 » 442,834,796
» 4856 » 466,000,210
» 4867 • 214,805,705
navi entrate nel porto nel 4855 per tonnellate 401,423; nel
4857 per 465,638; nel 4858 per 474,410 di cui 475,219
di lungo corso.
» Se questa lettera non fosse già abbastanza lunga, por-
rei qui i movimenti d' anni diversi degli altri porti consi-
derevoli d'Italia e apparirebbe sempre più vero quello che
dico che l'Italia ha forti elementi per prepararsi a ricevere
degnamente la fortuna dal taglio deirisimo di Suez, e che
assai più che i porti asiani o africani i nostri porti in dieci
nnni hanno doppiato i loro commerci, e quindi sono assai
abili anche nella condizione loro attuale .(di che certo io
non mi accontento) di goder subito i benefizi! , o buona
parte dei benefizii che possono naturalmente da esso taglio
venire. Quello che può render difficile il computo è la di-
visione fra tanti posti , tanto sono estese le coste e molte-
plici i porti; ma raccogliendo d'ogni parte il più considc*^
rcvole, credo che si acquisterebbero somme assai espressi*
S63
ve. E ripeto per la millesima volta, non h% Tltalia quella
libertà e queir associazione «ohe aver debba; dal che forse
il Torelli intendeva a dire che in altra condisione avrebbe
dal taglio validissimo frutto.
> V. S. dal tuti'assieme può scorgere se era da senten-
siare cosi alla brusca dopo aver scritto appunto quei tre
volumi; dai quali ogni uomo che a mente fredda passi a
meditazione caverà appunto che dunque non ispegnendosi
gringegni, né le inclinazioni rompendosi, dandosi libertà al
fare, cogli elementi che aspettano calore per isviluppo, non
in anni lunghissimi^ ma costo Tltalia prenderà beneficii, dai
quali moltiplicatisi ì mezzi avrà maggiori forze e maggiori
elementi a invigorire per tirare a sé quello che le è pre-
parato dalla ragione della cosa. Se un poco più si leggesse,
io riugrazierei V autore di avere dato fuori quest* opera ,
dalla quale 1* Italia avrà ragione di imparare quel che del
passato le resti per ridivenir grande neiravveuire. >
Gradisca, ouimo Direttore, i sensi della mia stima di-
siinu.
SO novembre 4859.
Servitore ed amico prof. L. ScarabML
Bel ppoffreflsl del diritte nelle eeeletà^ nelle
leslslaelene e aielle eeleisse dnvente rnltlme
eeeelet Ia repperte eel prlnelpj e een ffll er«
ditti lliierl s Discarso deU* avvocato ìPJkUQVAMX
JiTAMSliAO MJIIVCIIVI. — Torino i869, edizione
ùi-8.® di pag. 85, presso la stamperia Reale.
( Conlinaazione e fine. Vedi pag. i 62 del precedente faicìcolo )•
• Ura non ci rimane che di portare il nostro esame buH'u!-
timo e più ampio ordine di rapporti giurìdici , quelli del
964
DmiTTO Ihtbuiaxioiiau, che eongiuDge i popoli e grindividui
ira i quali manchi TuDÌtà del poliiieo consorzio.
» Par troppo, io diciaino con dolore^ è quesia la parte
de! Diritto in cui meno sensibUi apparvero finora i prò-
greasi del secolo.
» Il Diritto InternaMbmaU Poasuco nella sua espressione
positiva riposa aneora soslansialmente sull'antica base feu-
dale, considerando gii Stati siccome patrimonio di alcune
famiglie; e potrebbe dirsi che esso continua ad essere il
Diritto de' Gopimi , più tosto che quello delle ffaxiani.
» Si pone, egli è vero, in tutti i libri di questa scienza
qual diritto assoluto V Indipendenza delle Nazioni; ma per
una inesplicabile contraddisiooe non si osa tradurla nel
Principio di NazionaUtà^ né celebrarlo come verità fonda-
mentale della disciplina , o almeno come V ideale di una
perfetta costitusione della societh delle genti.
» Nondimeno, o Signori, grandi fatti avvennero ai di no-
stri, che ci fanno presentire maturi ben altri grandi e forse
.non lontani cangiamenti anche in questa parte della vita
giuridica delPumanità.
> Nel sistema del Diritto Intemazionale Psivato quasi
più non rimangono le vestigia deiralbinaggio e dell'antica
inospitalità; la condizione degli stranieri da per tutto è mi-
gliorata ,• né più si crede di esercitare a loro riguardo un
atto di generosa cortesìa, quando si rispetta in essi Vumana
personalità, il diritto perfetto deirumanìiè.
» La politica della Gran Bretagna, dòpo che ebbe adot-
tata la dottrina del Ubero scambio ed abolito il suo Atto
«
Navigazione^ non è più interessata ad escludere la con«
correnza commerciale degli altri popoli, e ad informarsi di
gelosie ed ambizioni egoiste.
» Mirate i porti della Cina già finora inaccessibile agli
stranieri, di una nuova Europa inesplorata, aperti in questi
giorni per la prima volle alia civiltà. La Francia e Tlnghil-
terra non vollero che la vittteia assieuraaae a loro sole il
i:i
265
'o'nu moDO|>olio di un ricco commercio: es9c stipularono pel ge-
nere umano.
ììx » La guerra non è piò la vita delle nazioni, quando
a I p* skI esse non manchi la indipendensa e la signoria di loro
stesse. Il tempo delle ambizioni e delle conquiste sembra
resù passato. Il diritto delle genti è divenuto il diritto de\com-
le k merci e della pace.
> Jeri una guerra immensa pareva minacciare, come in
altri secoli t per lunga serie di anni il riposo del mondo.
Fu cominciata colla protesta , da nessuno creduta , che le
potenze belligerapti non proponev^osi vantaggi di territo-
riali conquiste, che tratlavasi di proteggere il debole coniro
1^ . il forte , d* impedire una nuova ingiustizia , lo siabilimento
di un'altra dominazione straniera più pericolosa di quante
ne esistessero. Per questa nobile causa combattono in Oriente
le armate della civiltà occidentale» tra le quali i nostri prodi
soldati, |;uidati dalla bandiera in cui la crocè di Savoia ri«
splende fra i colori nazionali come nel campo della sua glo*
ria e del suo avvenire, hanno fatto onorare il nome ed il
coraggio italiano, e presagire i sacrifizi de' quali mostraronsi
capìici allorché la Provvidenza li chiamò alla difesa dì una
causa ancor più santa. Ma nel fervore della lotta, anzi nel-
Tebbrczza di un trionfo, basta una parola sola a ricondurre
la pace. Ricercate , nella storia de' trattati uua sola guerra,
in cui il vincitore non. abbia spogliato il vinto dì una pro-
vincia , non lo abbia assoggettato almeno a foni contribu-
zioni ed indennità. Oggi per la prima volta il mondo ha ve-
duto conehiudersi questa pace senza che sia stata comprata
a tal prezzo, senza che i vincitori nulla abbiano domandato
per loro stessi. Simili a quel guerriero che l'antichità cele-
brò come un eroe, il quale, dominati i Cartaginesi, nell'ao-
cordar loro la p^e non impope altre condizioni se non che
si astenessero dal barbaro costume di sacrificar vittime uma-
ne, le nazioni vittoriose del secolo XIX si accordarono con
quella cber fu vinta per decretare nel Congresso di Parigi un
i;
866
l>rogre860 immenso e benefico oelb condanna e aopprea-
8ione delle pratiche dominanti nella guerra marittima. Abih
liscono la corsa , le cui crudeltà insanguinarono da secoli
i mari. Consacrano il diritio de^ popoli neutrali^ che già oo*
sto tante lotte e tante stragi. Riconoscono H principio pur
tanto contrastato che la bandUra neutrale copre U carico dì
provenienza o destinazione nemica, eccetto il caso del tra-
sporto di mezzi o contrabbandi di guerra. Proscrivono il
blocco fittizio ossia sulla carta ; non più vi sark blocco ob-
bligatorio per le altre nazioni, se non sia effettivo, cioè ri*
stretto ad una spiaggia realmente circondata da'vascelli dello
Stato belligerante: cosi l'Europa non potrà più essere affa-
mata, come dai memorabili decreti di Berlino e di Milano,
per un atto di volontà che sottoponga a blocco interi eoo*
Unenti. In tal guisa ecco cangiate le antiche basi del Di-
ZITTO Interrazioiiale Marittiio; e dev'essere argomento di or-
goglio per ogni Italiano , che il Piemonte , deliberante in
quel consesso nella persona del più illunre uomo di Staio
che oggi possegga la patria comune, abbia potuto degna-
niente rappresentarvi l'Italia, e concorrere a si grande alto,
preparato specialmente da' lunghi studi della scuola marittima
italiana. Ed ecco soddisfatto un voto, che la scienza modesta
formolava, non lusingandosi di cederlo cosi presto esaudito;
un voto che essa per mia bocca da molli anni in questo
stesso recinto non mancava di deporre nello spirito fecondo
della nostra gioventù.
» Che più? In quel Congresso medesimo, a rendere
più lontani i pericoli e men frequenti i disastri della guerra,
appareccbiavansi gli animi alla istituzione non men sospi-
rata di un sistema di Arbitrio Internazionale^ promettendo
le potenze contraenti dì non ricorrere alle armi nelle ?oro
conlese , senza prima aver impiegato i mezzi pacifici , ed
averne tentato il componimento mercè la niediazione o l'ar-
bitraggio di una potenza amica.
t Tutto ciò permette di credere, che se la Francia del
.S67
primo Console e poi Imperatore può mostrar con orgoglio
le tracce della possente ed espansiva influenza da lei eser-
citata in Europa ne* tanti cangiamenti operati sopratotto nel
DiriU0 Primato e nel Diritto PìAblieo Interno; la mente
elevata di colui, ehe per rivendicare quella gloriosa corona
non si ri?olse al principio di eredità, ma al libero suffragio
della grande Nazione, sia posseduta dairambiiione assai più
alta e più nobile di lasciar dopo di so nel mondo interna-
sionale profondamente modificati, ed alfine armonizzati con
la civiltà generale, i principj pratici del Dmmro dbllb GbntI|
mercè la generosa iniziativa delia Francia; titolo d'ogni al-
tro maggiore all' immortalità ed alla gratitudine delle età
avvenire.
» Or qui riposiamo un istante lo spirito consolato, e
domandiamo a noi stessi, se un secolo, nel quale tutte que*
Bte riforme ed istituzioni penetrarono nel mondo giuridico,
nelle viscere della società, nel testo de'codici, delle costitu-
zioni e detrattati, e negli insegnamenti della scienza, non
ineriti di essere celebrato anche sotto questo aspetto come
imo de* più benefici per Tuman genere, e salutato al pari
di qùe' possenti conquistatori, che T^intichità dipingeva as«
8Ì8Ì sopra carri di luce sotto la forma del sole o di una
divinità protettrice, davanti a cui prosternavaiisi attonite le
generazioni contemporanee e più tardi n'esaltavano la gloria
le lontane posterità.
« Qual è pertanto l'indole de' progressi del Diritto fin
qui passati a rassegna; quale la formola ideale secondo la
quale si rivela in quest'ultimo secolo il loro svolgimento?
Essa, 0 Signori, scaturisce spontanea da tutte le precedenti
considerazioni: que' progressi non furono dalTumanità labo-
rio^mente ottenuti, che quando essa fu penetrata dal soffio
divino della Libiita'.
> E sarebbe ignavia supporre che tali progressi rappre-
sentino l'ultimo limite della perfezione del sistema giuridi-
co, il quale sarà sempre progressivo» ed a traverso de' secoli
B«8
fi della civiltà ventara condurrà sempre meglio il regno di
Dio e quello della giusiizta fra gli uomioi, sotto rinflttean
benefica, e (giova sperarlo) temperata e paeifica dello stesso
provvideiuìale istrumento della libertk, a misura che diverri
più viva e più diffusa la luce de* veri pr/ndpj e degli or-
dini liberi*
• Sopprimete la LiBiaTi* nella vita sodale e nella co*
stituzione dello Stato: e non potranno concepirai come ooa-
erete realità il Diritto , la Giustizia, l* Ordine Civile sema
servitù e senza licenza.
» Sopprimete la Liberta* nella discussione e nel voto
delle Leggi ; ed esse saranno ciechi arbitrj della forzai noD
r espressione de' bisogni e della coscienza delle nazioni.
» Sopprimete in fine la Libsbta* nella Scienza ; e seoza
la fida sua face ogni progresso intellettuale, ogni civile ri«
forma diverranno impossibili.
» Dal- che sì fa manifesto, quui pratica conclusione del
nostro rogionamento, quale» uffizio importante ed emineoie^
mente sociale costituisca la piena e sana cognizione delle
verità giuridiche nei paesi dotati di ordini liberi e di po-
litiche garantle, e qual bisogno e dovere incumba alla gio-
ventù di consacrare studi coscienziosi e profondi a procao-
ciarla. » ,
liuiOTl gtadll «alle forse preéaUIvre éella iMm-
Isardla % di EMIUO LA YAliEYE.
Articolo primo.
Il popolo francese fallosi amico degli italiani, per la di coi
redenzione ha anche sagriOcato il proprio sangue, si è ae-
cinto a studiare la nostra condizione eeonomica e morale e
ci rende ora quella giustizia che per lo passato forse ci ne-
gava. Il sig. Bmilio Laveleye ^ dopo avere visitata la Loin-
S69
bardifl, ha voluto cohMiltare le opere di Jacini e di Arriva-
bcDe, e quelle dei due alemanni Giovanni Burger e Adolfo
Lette e pobblicò nella Rivista dei due mondi una sapiente
Memoria sulle forze produttive della. Lombardia ohe noi siamo
lieti di riprodurre nelle nostre pagine eon aleune annota*
zioni.
I.
In eonseguenia dei recenti e memorabili avvenimenti la
Lombardia si trova definitivamente incorporata al Piemonte.
In mancanza d'aumento di forza strategica, questa bella con-
trada porta al nuovo regno dell'Alta Italia un prezioso con*
tingente di risorse materiali. La popolazione, la ricchezza ,
i prodotti della Lombardia, rappresenteranno nella vita eco-
nomica una parte che importa assai d'apprezzare. Da parte
sua il Piemonte può Cbcreitare sulla Lombardia un' utile in-
fluenza garantita nello stesso modo che ha saputo fondare
e praticare la libertà. Si può dunque, senza sortire dalle
forme d'uno studio economico, ricercare fino a qual punto
la condizione sociale dei popoli lombardi lì ha preparati a
godere del regime rappresentativo che ora è a loro con-
cesso.
Fra le forze produttive della Lombardia è V agricoltura
che appare in primo ordine, e che chiamerà sopratutio la
nostra attenzione. La ragione è semplice, dessa 6 quasi l' u-
nica sorgente della ricchezza di questo paese. La grande in-
dustria manifatturiera e le grandi imprese commerciali le
sono, a dir vero, sconosciate. Una tale attuazione si spiega
dall' btessa storia della Lombardia.
Nel tempo glorioso che i suoi comuni erano liberi, essi
fabbricavano armi e stoffe di seta e di lana, rinomate in tutta
Europa. Malgrado le guerre esteme, e le discordie civili,
r industria arricchiva tutti i cittadini, ma disparve insieme
alla libertà. La sorte della Lombardia fu simile a quella
delle Provincie fiamminghe: il gic^o della Spagna vi arrestò
270
ogni attività commerciale ed tndustmle. I Beri e indolenti
hidalgos insegnarono nlln nobiUk lombarda il dispreno delle
utili occupazioni e delle fruttuose imprese che nel medio
evo avevano assicurato T opulenza delle grandi famiglie e
la prosperità dello Stato. Regolamenti assurdi ed un fiaeo
vessatorio scoraggiarono i mestieri. I fide-comisii e la man
morta s' eslesero rapidamente , e gli operai scacciati dalle
officine per la miseria, andarono mendicando alle porte dei
conventi , quel pane che più non gli procurava il lavoro.
I popoli della campagna si lasciarono vincere dalla pigrizia
e dair inerzia. L* agricoltura sola non fu abbandonata , ma
essa pure dovette necessariamente soffrirne per la rovina
deir industria. Le conseguenze funeste della dominazione
spagnuola si fanno sentire ancora al giorno d* oggi. Come
lo rimarca un economista che conosce perfettamente il suo
paese, la Lombardia non è ancora del tutto dispagnolizzaia.
Qui come in Americai in Olanda, nel Belgio, nella Franca-
Contea T alterigia e T intolleranza castigliana lasciarono (ri*
ste ricordanze. La Lombardia meno fortunata delle altre di-
pendenze della Spagna, non è sfuggita al suo giogo che per
ricadere sotto quello d^ell' Austria, e finora non ha veduto
rianimarsi i suoi antichi focolari di produzione.
Ora pare che un più brillante avvenire s'aprirà ali* in*
stria lombarda. Però bisogna rimarcare uno dei principali
elementi pel successo del lavoro moderno, il combustibile:
carbone ne ha poco, e la legna è troppo cara perchè essa
se ne possa servire vantaggiosamente per far andare le mac-
chine a vapore. Vi sono è vero grandi zolle atte a far com*
bustibili che non sono che poco o nulla esplorate. La torba
può in molti casi supplire alla legna ed al carbone, ma mal-
grado le molte prove fatte in Olanda ed in Svizzera, non
si è ancora completamente riuscito a utilizzare per riscal-
dare le caldajc delle macchine. In mancanza di combustibi-
li, le fabbriche potrebbero impiegare come motore la forza
delle cadute d^ acqua che abbondano nella parte alta del
paese.
271
La Sviitera offre sotto questo rapporto buoni esompj da
seguire^ e erediaoie che alcuni anni di pace e di libertk per-
nielleranno alle popolazioni lombarde d' approfittarne.
I«a Lombardia non 4>roduce più al giorno d* oggi quelle
belle stoffe di seta una volta cosi ricercate. Esporta gran
parte della seUi che raccoglie, senxa farne tessuti, e non si
cura punto di lottare con Lione. Tuttavia è da questo lato
ch'ella deve fare degli sforzi. La fobbrieazione dei tessuti
di aeta è certamente per ^sa una industria naturale, poiché
produce la materia prima in abbondanza ed una eccellente
qualità. Essa non può sperare è vero d' eguagliare cosi pre-
sto relegante esecuzione delle belle seterie lìonesi ; ma senza
giungere a questo grado di perfezione può fare grandi pro-
gressi, e grazie air attività del commercio genovese, acqui-
starsi un posto importarne sui mercati transatlantici.
Da alcuni anni la fabbricazione del ferro si è sviluppata
nelle montagne della Vahellina e nelle provincie di Bergamo
e di Brescia. Quesi' industria, già esistente nel medio evo
in queste parti elevate, utilizza le forze idrauliche , ma non
sì serre per lavorare il minerale che di carbone da legna.
Essa produce air anno quasi 41 milioni di chilogrammi di
ferro che dopo le diverse manipolazioni che subisce nel
paese, acquista un valore portalo a 44 milioni di lire. Nella
Valcaroonìca solamente si contavano nel 4857 selle ahi for-
nelli e cento tre fucine. Lo sviluppo .di questa produzione
che forniva una volta il ferro per le buone armi di Mila*
no è principalmente impedito dalla scarsità del combustibile,
alla quale non si può rimediare che togliendo i boschi delle
allure.
Qui sarebbe superfluo il menzionare alcune alte industrie
d'un' importanza tutta locale ed affatto secondaria. Giungiamo
alla vera sorgente della prosperità del paese, la sua agricol-
tura cosi rinomata e che merita infatti uno studio dettaglia-
to. Non è che in questi ultimi anni che si accorcia ai la«
vori agricoli in Europa l'alienzione che reclnmano. Da qual-
27S
che lempo V economia polilica si occupava forse troppo escili-
sìvamenie della produzione industriale e eommereiale; og-
gidì senza cadere neil' esagerazione dei fisiocrati si toma a
riconoscere colla seuola eeonooilca francese del XVIIl secolo
r importanza predominante della produzione agricola, e si
cerca di determinare le cause dei suoi progressi e della sua
decadenza. Questi studj moltiplicati sullo stato dell'agricol-
tura nei dirersi paesi offrono un* utilità incontestabile. Finora
non conoscendo né le proprie forze produttive , né qaelle
dei loro vicini, i popoli si spaventavano spessp di pericoli
chimerici, o s' addormenlavano in una conGdenia ingannar
trice. La conoscenza più esatta dei fotti dissiperà queste
tenebre é queste incertezze. Quando i risultati dei lavori re-
centi saranno bastantemente controllati e generalmente eono-
sciuti, si potranno formolar leggi più conformi alle prescri-
zioni della giustizia e più favorevoli alla produzione della
ricchezza. Queste ricerche fatte con cura tanto nelF intemo
che al di fuori, permetteranno ad ogni nazione d' avere un
conto preciso di quello che può sperare e di quello che
deve temere, riveleranno le «cause dei progressi compiti^
mostreranno T effetto dei regolamenti in vigore, diranno co-
noscere qual' è la ripartizione della terra ed i suoi prodotti
che sia meglio in armonia coi diritti di tutti e la più utile
al benessere generale.
L'agricoltura lombarda fu in Italia l'oggetto di molti
lavori stimabili, ma se es^si gettavano . utili lumi su certi
rami della produzione rurale, erano in generale troppo in-
completi per permettere d'abbracciare il soggetto nel suo
tutto. Alcuni recenti libri sono venuti a riempire questa
lacuna e fra questi si deve citare in primo luogo quello
dcir agronomo tedesco Burger, ed il volume pubblicato del
sig. Stefano Jacini nel 4857. Questa Memoria premiala dalia
Società d'Incoraggiamento e accolta con favore dal pubblico,
fa conoscere in tutti i suoi dettagli le condizioni economiche
d'un piìcse interessante a studiarsi in tulli i tempi, macho
273
lo è più aaeora nel momento in cui va a far parte d' un
QUOTO Stato. Nel suo bel lavoro il sig. Jacini non ba dimen*
tieata aleuna delle questioni ohe abbracciavano il suo sog*
getto ; ne trattò pure alcune assai delicate con tutti i riguardi
che gli imponeva il governo al quale il suo paese era som-
messo or sono pochi mesi, ma anche con un patrioiismo
ehiaro e sincero, tanto più toccante quand'ò contenuto. É
alle informasioni certissime che fornisce che V economista
deve fermarsi con maggior eonfidenaa.
Per ben comprendere ciò che vale T agricoltura lombarda
bisogna prima gettare un colpo d'occhio sul paese. 1 34,417,000
eiiari che comprende la Lombardia propriamente detta s' e-
stendono come si sa fra le Alpi retiche al nord, il Po al
sud, il Ticino aU' ovest ed il Mincio all' est. Questi S 1,44 9
chilometri quadrati formano una parte della costa settentrio*
naie del bacino del Po. Il terreno discende in un continuo
declivio , prima in balze impetuose poi in pendenze addol-
cite, d'un' altezza di 43 a 44 mila piedi, fino ad un livello
poco superiore a quello del mar£. La meik del territorio
s'estende nella pianura , composta di terre d'alluvione fer-
tilissime, ma esposte alle inondazioni. L'altra metà di cui
quattro quinti sono occupali dalle montagne e un quinto
<ialle eolline, comprende terre di mediocre qualità, o che
esigono opere continue perchè non sieno guaste dalle acque
al declivio delle rupi. La grande elevazione di queste terre
permette all'agricoltura di riunire i prodotti i più variati in
uno spazio relativamente limitato. Il viaggiatore venendo
dalla Svizzera può traversare il mattino le eterne nevi e
riposarsi la sera in vista d' una vegetazione che richiama i
tropici.
Vi ha nulla che si possa comparare al bel sereno di
questo paese. Laveno, Majolica, Bellagio, Iseo, Sarnico,To-
scolano, lasciano per sempre i loro nomi sonori , e i loro
appetii incantevoli nella memoria di chiunque li Jia visitati.
Annali. Jtol^/ica, voi. XXI Ff serie B.* lA
S74
*tn purezza dell' ariSi l'onda fresca dei la^Iu che riflciiono
le cime delle Alpi, la dolcezza del clima, hanno inspiralo,
e non senza ragione, i canti dcHa Musa amica e della poesìa
moderna. Tutto in questi bei paed sembra disposto per ac-
contentare i sensi, e si può dire senza esagerazione ehe
Talta Lombardia è il paradiso dell* Europa.
Però questa bella contrada è beo lontana dal dover tutto
ai favori della natura » è dalle mani deir uomo ebe deve
gran purie della sua fertilitk. Occorso il lavoro di cento ge«
nerazioni per (innalzare questi terrazzi che sosi^gono la
terra a fianco della montagna, per diMceeare queste paludi,
per scavare questi canali, per disporre oon arte ammirabile
i condotti d' acqua che discendendo dalle alte vallate , co»*
tornando le colline, incrociandosi e passando gli uni al di*
sotto degli altri in diversi livelli portano nello campagne
lontane una (econdith meravigliosa. Senza gK argini ehe ri*
tengono i flumi^ una parte della pianura sarebbe una vasta
palude; senza le irrigazioni un'altra parte sarebbe bruciata
dal sole cocente dell'estate.
Non è nemmen pur permesso al lombardo di godere in
pace dei lavori dei suoi antenati; egli dt:ve senza riposo di-
fendersi contro le inondazioni del Po e dei suoi affluenti
Colla stessa sollecitudine ehe adoperano gli olatidesi per pre>
servarsi dagli attacchi dell'Oceano.
Il clima della Lombardia è dolcissimo; la temperatura
media è di 13 gradi centigradi; ma i raccolti sofl'rono so-
vente dei geli tardivi della primavera , prodoni dalla vici*
nanza delle Alpi e da grandini terribili , di cui si attribuisce
la frequenza alla disuguaglianza delle alture. La grande ine*
guaglianza della altezza delle diverse terre coltivate, fa che
le sommità hanno elimi variatisaimi. È cosi che nella Val-
tellina si rdcooglie ancóra del grano all' enorme altezza di
4460 metri, la messe nella stessa epoca che nei contorni
di Siockholm e di IH-ontheim. Se si eccettua la penisola
scandinava 1* Europa non conia nessuna regione ove piova
S76
lanCo come in Lomi>ardia, ma hi pioggia vt cade tutt* in una
Tolta. In autunno piove a torrenti per intiere settimane ed
anche per intieri mesi. In estate si ha siccità prolungate che
nuocerebbero gravemente alla coltura , se le acque delle
ghiacciaJQ delle Alpi, ritenute nei serbatoi profondi dei la-
ghi Maggiore, di Como, d' Iseo e di Garda non supplissero
per le irrigazioni necessarie alle acque che rifiuta un cielo
troppo costantemente sereno. Diversamente di quello che
succede in Francia e nell' Europa centrale , il vento d' est
porta le pioggie, poiché viene dall'Adriatico, e il venro
d' ovest la siccità, perché le colonne d'uria valicando le Alpi,
si raffreddano, e vi lasciano cadere sotto forma di neve tutta
r umidità eh' esse conteni^ono.
Indipendentemente dalla doloesza del clima e dei be-
nefizj che procura un sistema d'irrigazione abbondante,
l'agricoltura in Lombardia é sopratutto favorita dal gran
numero delle vie di comunicazione. Il territorio è solcato
da 96,947,635 metri di strade eccellenti di cui la maggior
pane 9ono fatte e mantenute dai comuni. Negli ultimi venti
anni, i comaschi spesero per le strade più di 32 milioni di
franchi ; ma in compenso dei vantaggi di cui gode, la pro-
prietà fondiarra sopporta enormi imposte; nel 4854 erano
perfino 29,305,764 lire, ciò che corrispondeva al 34 per 400
della rendita, nel 4855 ascesero fino al 36 per 100, e d'al-
lora in poi, senza contare le imposte recenti, furono aumen-
tate ogni anno come pure le altre tasse per cui compresa
l' imposta fondiaria, non eran meno di ottanta milioni di li-
re. Qìiesto pesante carico se colpisce una proprietà un pò
divìsa, arresta la formazione del capitale, impedisce i miglio-
r.imcnii, ed estingue anche in modo sensibile il benessere
del pnese.
L' effetto ne era tale die i fabbricatori austriaci si la*
gnavano un pò ingenuamente perchè la Lombardia rifinita
comperava da loro meno stoffe. É però naturale che se i
lombardi dovevano pagare molte tasse per sovvenire alle
276
spese dell' occupazione del loro paese, non potevano compe-
rare molti abili per coprirsi.
I principali prodotti dell* agricoltura lombarda sono i
cereali, la seta, il vino, il lino ed il formaggio. Il frumento
ò di qualità eccellente, ma i raccolti non sono cosi abbon-
dami come dovrebbero esserlo se i coliivatori tenessero
maggior numero di bestiame, e se concimassero meglio
le loro terre. La coltura della segale è poco conosciuta, e
perde ognora il terreno. Occupa le parti meno fertili del
paese particolarmente la Gera d* Adda che è compresa
fra i fiumi Serio ed Adda, e la pianura di Gallarate che
formava una volta al nord di Milano una vasta brughie-
ra dal Ticino fino a Monza. Il Parco della . residenza
reale in Monza dà un* idea della sterilità di questo suolo
leggero e magro, ove vi vuole tutta la costanza e la fru-
galità dei piccoli coltivatori lombardi per ottenere un pò di
segale. L'orzo e T avena sono relativamente poco v.coliivati
in Lombardia. Siccome si lavora generalmente coi buoi, il
numero dei cavalli non è considerevole^ e ad eccezione dei
cavalli di lusso, sono quasi esclusivameme mitriti col fieno
e coir erba. La coltura il di cui successo ha maggior in-
fluenza sul benessere del popolo è il mais o grano turco.
Il mais cosiiiiiisce il principale nutrimento del paese, e i
paesani italiani hanno più d' una ragione per attaccarvi
grande importanza. In fatti su una stessa superficie, esso dà
|in prodotto due volte maggiore del frumento di trenta o
quaranta eUolitri per ettaro, invece di quindici o venti. Il
grano turco si riduce in farina più facilmente che il fru-
mento, non è necessario di farlo cuocere al forno e di tra-
sformarlo ip pane. La massaja può senza gran raffinamento cu-
linario preparare quando vuole una vivanda nutritiva, chia-
mata poleiìta, di cui l'abbondanza agli occhi del popolo li
colma d) felicità (I). Questo utile cereale nello stesso tempo
(1) Nel momento in ciiì lasciava Venezia il gondoliere che
277
che mitrisdè V uoma cai suo grano , nuiriòce il bestiame
colle sue foglie; quando ha fiorilo « si taglia la parie su-
periore del gambo e la si distribuisce alle giovenche che la
mangiano volentieri e che fa far loro buon latte.
La coltura che più colpisce il viaggiatore è quella del
riso, perchè fa volare il pensiero alle latitudini tropicali.
La Lombardia ò la sola contrada d'Europa che questa pian-
tagione dei paesi caldi, occupa una grande estensione di
terreno ed ove dà prodotti considerevoli. Il riso originario
dell* India non era coltivato in Italia nel medio cto. Si ac-
certa che fu un nobile milanese al servizio di Venezia ,
Teodoro Trivulzi, che verso il 1522 provò il primo a pian*
tare il riso, io una proprietà mezzo inondata che possedeva
presso Verona. La sua prova riuscì, trovò degl' imitatori, e
acquistarono gran valore paludi, che prima di quest'innova-
zione non ne avevano alcuno. Questo nuovo genere di col-
tura si sparse per tutto il lungo del Po, ed oggidì la sola
Lombardia produce in un'annata ordinaria mezzo milione
d' ettolitri di questo grano prezioso il di cui valore ascende
a 48 milioni di franchi. Ciò che permette la coltura del
riso per cosi dire al piede delle Alpi, e hi vista d' eterne
nevi, è il gran ealdo dell'estate di Lombardia, e l'ammira-
bile sistema d'irrigazione che possedè questo paese. Questa
pianta della palude del Gange non cresce che in un'acqua
poco profonda e riscaldata dai raggi del sole in una tem-
peratura di 29 a 25 gradi di Reaumur. Dunque bisogna
disporre con molta cura il terreno, in modo che la super-
ficie sia perfettamente livellata , che le acque la ricoprano
egualmente dappertutto e che abbiano uno scolo lento e re-
golare. Le riiaje si distinguono ih risnjc a vicenda ed in risaje
stabili. Le prime entrano nel suolo e si alternano col mais, col
i^.
m'aveva coìidotlo volendo ringraziarmf della mancia che gli aveva
data, m'augurava lunga vita e sempre polenta^
278
trifoglio, eoi loglietlo (lolium perenne) e sono quelle che dan-
no maggior prodotto. Le seconde occupano il suolo permanen-
temente, rendono meno, ma non gli si consacra in generate
che i terreni improprj ad altro genere di coltura. Il riso
seminato nell'acqua in principio d* oprile, e costantemente
coperto d' uno strato d' aequa alto due o tre pollici , sar-
chiato con cura, mes^o airaseiutto verso san GioYonni, pre-
servandolo cosi ddi danni dcgrinsetti aquatici, cresce vigo-
rosamente; si raccoglie in principio di settembre. I fasci sono
portali su vaste ajo preparate appositamente , e souomessi
al calpestio dei cavalli che ne staccano il grano. Questo me-
todo cosi primitivo dà un aspetto assai animato alle cam*
pagne e trasporta l'imaginazione ai primi giorni deiragri-
coltura; un buon maneggio e una macchina per battere
farebbero forse lo stesso effetto, ma chi ama il pittoresco
non applaudirebbe eertamente al cambiamento.
In fatto di cereali, malgrado l'estrema quantità della
popolazione, le provincie lombarde ne hanno a sufficienza,
anzi ne esportano negli anni ordinar] gran quantità prinói-
palmente in Tirolo. Dai studj statistici fatti eolla più gran
cura fu provalo che la produzione annua basterebbe al con-
sumo di 13 mesi e mezzo. Si raccoglie anche molto vino,
annata media 1,500,000 ettolitri; ma è dappertutto di qua-
lità mediocre,, aspro in inverno, acido nella state. Questa
eattiva qualità del vino proviene dalla poca cura che si mette
nel coltivare la vite. I pampini arrampicamisi agli olmi e
sospesi d'albero in albero in ricche ghirlande fanno un
bellissimo effetto nelle descrizioni dei poeti:
Ubi jam dalidis amplexae stirpibus ulnios.
Offrono una vista assai graziosa , benché uniforme , nel
paese; ma il risultato è detestabile nello spremerlo. In ge-
nerale il contadino italiano sceglie le specie che producono
più fruiti , senza dar^i molta pena del gusto del vino che
questi daranno. Pianta nei suoi campi linee d* alberi man-
tenuti da un allagamento frequente ad una mediocre al-
279
tezzn , dei pioppi « <1oi gelsi , sopraiutto degli aceri a
pìccole foglie, dai cento ai duecento per ettaro; al piede
di questi alberi vi colloca da cinque a sei piedi di vite
ch'egli innalza sino alla cima dei pali che senrono a loro
di sostegno, da cui conduce i flessibili sarmenti ad incon*
trare quelli che si slanciano dagli alberi più vicini. Benché
assai ombreggiala, l'uva matura perfellameote^ ed è anche de-
liziosa al guno; ma non ha quel principio spiritoso, che aqui-
stano i grappoli maturali da viti a 'terra, sopra ceppi tenuti
bassi, tagliati con cura e sorvegliati con inleiligeiiza, e la
vite ò mal coltivala, il vino non è ben fatto. Ed è quindi
dilBcile il conservarlo buono da una vendemmia all'al-
tra (I).
Uno dei principali prodotti dell.a Lombardia proviene
dalle sue vacche e quindi dal suo latte, nutrite nei pascoli
irrigati dall* acque degli affluenti del Po. È là che si fab-
brica in grande- V eccellente formaggio conosciuto per tutta
Europa sotto il nome di parmigiano, e che porta questo
nome perchè è nei dintorni di Parma cho si ha incomin-
ciato a farlo. Il prodotto delle cascine lombarde raggiunge
un valore quasi doppio di quello dei frumento; risale a piti
di 80 milioni. Il parmigiano diverrà cosi, come la seta,
un articolo assai importante del commercio genovese.
I prodotti ohe abbiamo indicati basterebbero per spie-
gare la prosperità del paese, ma quello di cui la Lombardia
va superba a giusto titolo, quello a cui s' interessa, tanto il
patriziato delle città che l'umile operajo dei eampi, è la
(i) In Lombardia tro?asi di rado del ?in ?ecchio; è ordina-
riamente bevuto Dell' anao stesso in cai fu raccolto, e già verso
la liae dell'estate comincia ad inacidirsi. Il fino si divide per
metà tra il proprietario e il fittajuolo, ma siccome tutta la feccia
è per quest'ultimo, agli vi versa dell'acqua, fa fermentare questa
ntistura ed ottiene del vino piccolo che gH serve di bibita abi-
tuale.
S80
seta. Lq produzione della seta ha più che raddoppialo dopo
il priDcipio di questo secolo, ed aumenta ancora ciascun gior-
no. Il numero dei gelsi è veramente incalcolabile « e cogli
altri alberi che servono di sostegno alle viti danno a tutta
la contrada, vista da una certa altezza , Taspctlo d'un* im-
mensa foresta. Il semenzajo e la coltura delle giovani piante
di gelso formano essi soli un'industria di cui si può apprez-
zarne l'importanza visitando i magnifici viva] che si trovano
nei giardini dei dintorni di Milano. La vendita della foglia
del gelso è anch'essa T oggetto d'un commercio assai attivo
ed animato. Quando il baco da seta è giovine, mangia poco
e le foglie allora si vendono a buon mercato; ma a misura
che il vorace e prezioso bruco ingrandisce, gli abbisogna
un nutrimento sempre più abbondante, e il valore delle
foglie allora aumenta incessantemente. La grandine ha ro-
vinato alcuna parte del territorio , il prezzo s' eleva subito
in tutti i contorni, e gli abili speculatori possono realizzare
grandi beneficj. Vi hanno dei sensali di foglie di gelso che
mettono il compratore io relazione col venditore; vengono
poscia i periti che stimano il peso della fòglia sull'albero,
si ribassa il prezzo, poi conchiusa la compera, l'acquirente
la coglie lui stesso, e cosi la produzione diffonde dap-
pertutto l'anima e la vita. Quando giunge il momento di
formare il filo coi brani minuti del bozzolo, ricontransi da
tutte le parti presso le case dei fittajuoli all'ombra dèi vi-
gneti delle giovani contadine vestite con gusto , che can-
tando e pariando fra loro, traendo fuori dei bacini riempili
d' acqua calda il filo d'oro che arreca l'agiatezza nelle cam-
pagne e il lusso nelle città. Rappresentatevi da una parte
questo bellissimo quadro, sulle belle alture della Brianza
0 del Varesotto, il cielo azzurro e rallegro sole che ri-
schiara co' raggi a traverso la trecciate e garrule contadine,
che filano la seta brillante come la luce del mezzogiorno
e destinata ai ricchi. Figuratevi dall'altra una filatura di
Manchester in cui, in mezzo a un' aria oscurata dal fumo
S81
I
del carbone e al mùggiio del vapore^ l'operajo silenzioso,
ribattuto dalla macchina, fila lo scoloralo cotone prò*
dolio dagli schiavi e destinato ai poveri. Qual contrasto!
L'industria che per l'inglese è un rozzo abbattimento e
quasi un martirio, per f li italiani è un delizioso sollievo
e quasi una festa. È per mezzo della seta, una gran parte
della quale è esportala, che la Lombardia paga le sue com-
pere allo straniero, e che fa cadere la bilancia dei cambj
in suo favore. La seta prodotta annualmente ba un valore
maggiore di 400 milioni di lire.
Quando vuoisi calcolare il valore totale della produzione
agricola d* un paese , non si può pretendere che dei ri-
sultati approssimativi. La statistica non è ancora abbastanza
avanzata per darci delle cifre esatte, e in Austria bisogna
sperare meno che in altrove. Secondo le valutazioni pub-
blieate a Vienna dal ministero del commercio (4), il valore
dei prodotti dell'agricoltura lombarda si sarebbe elevato nel
4850 a 360,630,000 lire; ma il Jacini, cavando dati tro-
vati colla più gran cura, e severamente controllali, stima
che quésta cifre è d'assai inferiore, e che bisogna portarla
per lo meno a 450 milioni, somma considerevole, tanto
più quando si pensa ohe è il prodotto d'un milione d'ettari
sottoposti a coltura (3).
Le sorgenti di prosperità della Lombardia, di cui noi
abbiamo indicalo le principali, non potranno mancare di svi*
(1) Nel Mitlheilongen aos dem Gebichle der slalislich.
(à) Secondo il Jacini, il valore totale degli immobili in Lom-
bardia s'eleverebbe a 2,424,000,000 di lire, il debito ipotecario
a 610,000,000, la rendita degli Immobili a 413,000,000 di lire,
falla deduzione dell* imposta e dell' interesse del debito ipote-
cario riesce di 58,000,(K)0 di lire, di cui 18,000,000 di lire per
le case e 40,000,000 per le terre. Si contano 30i,841 case, cidi
che dà una media di due famiglie per casa e S persone e */« P^'
famiglia.
283
lupparsi in seguito alla riunione con la Sardegna. Questa
unione è un fatto preparato e condotto dalla natura stessa
«ielle cose, perchè le provincie lombarde sono in realtà la
continuazione della parte orientale del Piemonte. Tutto è
consimile, costumi, bisogni, abitudini , credenze , sistemi di
coltura, contratti agrarj , organizzazione sociale , natura di
terreno, produzione del suolo, ecc. La liberti apportata ai
lombardi risveglierk in essi lo spirito d'iniziativa individuale
e d'associazione, che già producono dei felici risultati in
Sardegna, e che sembrano incompatibili col dispotismo. Le
disposizioni liberali della nuova tariffa sarda e le comuni-
cazioni ciascun anno più frequenti, più susseguite, che Ge-
nova intrattiene coi paesi d'oltre mare e coi porti d'Europa*
permetteranno alla Lombardia d'esportar lungi i suoi ricchi
prodotti e di procurarsi vantaggiosamente le maechine, le
drapperie, il cotone, le derrate coloniali, ecc., che ricava
dall' estero. Il movimento dei capitali, Fattività generale che
si manifestano sempre presso i popoli emancipati e sicuri
d' un avvenire di cui oramai essi sono padroni punto non
rnrderanno ad estendere le industrie naturali di cui la Lom-
bardia produce le materie prime, od anche a farne nascere
delle altre. Che cosa mancava a questa bella contrada per
essere una delle più favorite della terra e la più prospera
d'Europa? Una cosa sola, la libertà. Tutto fa sperare, ora
che la gode, che essa saprà usarne in maniera da sviluppare
le sue risorse materiali come pure le sue forze morali e
intellettuali.
II.
Per farsi un'idea esatta dielle risorse di un paese, non
basta enumerarne i prodotti ed indicarne il valore, bisogna
inoltre dimostrare in quali condizioni la produzione si operi.
È il solo modo di sapore Ih sorgenti della prosperità che
può Cfimpiere ancora. Non è che vedendo come si fa pre-
;$cntemenie il lavoro, perché si apprezzi come nell'avvenire
S83
possiede e del progresso che può crear ricchezze , cavando
partito dei vantaggi dati dalla natura. È dunque necessario
dopo il rapido colpo d'occhio che si diede sui prodotti del
suolo lombardo^ l'esaminare più da vicino le gradazioni se-
guite dall'agricoltura. Ci si permetterà d'enirar qui in alcuiii
dettagli^ che si potranno trovare un pò minuziosi , ma che
SODO indispensabili se si vuol conoscere Tesatta situazione del
paese, e la condizione dei suoi abitanti.
Rapporto air agr coltura la Lombardia sì divide in tre
regioni distinte che bisogna studiare a parte; la regione
delle montagne, la regione delle colline e delle alte pianui^e,
e la regione delle basse pianure. Nella prima dominano la
proprietà e la coltura parziale , ' nella seconda la piccola
proprietà e la piccola coltura, nella terza la grande prò*
prielà e la gran coltura.
La regione della montagna occupa (uiasi la metà della
superficie della Lombardia. Comprende tutta la provincia di
Sondrio, la maggior parte di quella di Como e di Bergamo, e
i due quinti di quella di Brescia. Tutta la contrada è co-
perta di' catene di montagne che partendo dalla gran catena
delle Alpi Reiiche, s'abbassano poco a poco verso il sud, e
aprono fra le loro altezze delle vallate più o meno proprie
alla coltura. Le principali vallate sono quella di Chiavenna
che sbocca nel lago di Como a Riva, e che a Colico rag-
giunge quella di Valtellina, la valle Brembana in fondo della
quale scorre il Brembo, la valle Seriana bagnata dal Se-
rio, la valle Camonica che sbocca al lago d'Iseo. Nelle
parti superiori di queste vallate non s'incontrano che pa-
scoli ed alcuni cereali; ma nelle parti inferiori protette
contro il vento del nord si ammira già la vegetazione me-
ridionale in tutta la sua ricchezza.
In questa regione, la divisione della proprietà è estrema,
e continua ancora. Anche nella Valtellina , in questi ultimi
dodici anni, la divisione aumentò del SI. 4/4 per 400, men«
tre la popolazione non s^ accrebbe che del 7. 8/9 per 100.
S84.
Neil» Val Cnmonica e nella proTincia di Sondrio» si conia
una proprieik per S abitanti. Come vi etmano nel 1850
62,446 dine eeniitiarie e solamente 28,892 ettari coltiva-
li, ciuscuna ditta, in media, non aveva che 54 are. Nelle
mon(n*;ne, ognuno presso a poco è proprieiario , e qui si
verlBca alla lettera il detto d'Arturo Young: « Date ad
urìo la possessione assicurala d'un arido greppo ed ei lo
cambìerà in un giardino ». In vero Tuomo la il suolo, ài
finncrlii della montagna egli costruisce de* terrazzi con
massi di pietra, poi la getta sul dorso, vi trasporta terra
per piantarvi un gelso o una vite, per raccogliervi un pò
di grano o di roaiz. Cbi dopo aver pagato la mano d'opera
volesse appigionare la terra cosi formata non ritrarrebbe il
4/2 per 400 del suo danaro. Lo sbocconcellamcnto della
proprietà, per grande che sia, non mette d'altronde alcun
ostacolo alla cultura, primamente perchè i eampi sono na-
turalmente divisi in tante piccole parti per gli accidenti del
terreno, in secondo luogo perchè il suolo è coltivato intie-
ramente colla vanga o colla zappa, e diviso in piccoli com-
partimenti destinati a qualche speciale prodotto, per esempio
alla roltur» degli erbaggi.
La superficie del suolo aratorio essendo limitatissima
ed as^ai grande il numero di quelli che vogliono prendervi
parte, la terra si vende ad un terzo superiore di molto al
suo valore reale. Nod è raro il caso di vedere pagate
piccole porzioni in ragione di 40,000 o 12,000 Tranchi
r ettaro. Nella Valtellina, secondo le tavole ufficiali, il valore
medio dell'ettaro sarebbe di 4875 lire, ma questa somma
sembrerà troppo tenue di molto. La proprietà fondiaria
non arreca guasti, nelle montagne, al di sopra dcir4 all'I.
4/2 per 400 al più del prezzo d' acquisto. L'uomo clic è
sicuro di unire al godimento della rendita i profitti del
lavoro e l'interesse de' suoi risparmii , che pone continua-
mente in successivi miglioramenti, può dare un prezzo cui
rifugge il compratore che dovrebbe accontentarsi della soU
S85
rendita. Alcum fondi acquistali , o da lungo tempo , o per
eredità , e quelli die non possono essere vantaggiosamente
coltivati dal proprietario, sono aiBtiali a condizioni diversis-
sime. Le praterie e le parti coltivate si affittano per una
somma fissa in denaro. Quando i' occupazione comprende
alcuni ettari, essa vicn data a mezzo frutto; ma ì proprìeiarii
dopo un certo tempo reclamano dai fittajuoli più della metà
del raccolto delia seta, oppure esigono per un certo peso di
foglia di gelso, un peso determinato di bozzoli, ciò che mette
tutto il risdhio a carico del coltivatore. I contratti agrarj di-
vengono cosi sempre più pesanti per i coloni. I contratti di
livello sono frequenti in questa regione, principalmente in
Valtellina: obbligano il livellarlo ad un canone naturale, fis-
sato originalmente sia in vino, sia in cereali, sia in fieno, sie-
come produceva la terra airepoca in cui si fece il contratto,
e in certe eventualità s'incassano i'Iaudemii. Questi livelli
hanno V inconveniente d' obbligare il locatario a coltivar
sempre gli stessi prodotti e d' impedire perciò fino a un
certo punto il progresso dell' agricoltura ; in ricambio essi
danno al colono una sicurezza ch'egli sa apprezzare.
Quasi tutti i comuni possedono sulle allure vasti pascoli
coperti di neve Y inverno, ma cho all'estate possono nutrire
una quantità di montoni, e^ dì bestie cornute; parte di
questi pascoli è riservata per uso degli abitanti del comune;
vi fanno pascolare il loro bestiame che tengono in stalla
nel tempo delle nevi col fieno raccolto previdentemente dai
loro piccoli poderi. La parte riservata è affittata ai pastori
che possedono pecore, ed ai mandriani chiamati anche mal-
gbesi e bergamini che possedono vacche e buoi. Questi
inandriiini e pastori formano una classe a parte. In estale
vivono isolati colle loro mandre su alti pascoli, neir inverno
scendono nella pianura ove fanno l'accordo eoi fiitubili per
nutrire il loro bestiame. I pastori sono -mal veduti e quasi
trattati come ladri, poiché le loro pecore fanno molli danni
ai raccolti dei paesi che percorrono; perciò il loro numero
288
previdenza generale, imperocché nella Svinerà è ben altri»
menti; ma almeno il patrimonio comune che permetteva al
più povero di nutrire una giovenca e di procurarsi un pò
di legna aveva avuto quest'utilità assai reale d'allontanare
il pauperismo.
I comuni, che, sotto la pressione dell' autorità centrale,
hanno finito per cedere una pane dei loro beni, Ranno ri-
corso a diverse specie' di alienazioni; gli uni gli hanno
venduti all'incanto, gli altri gli hanno distribuiti in parti
eguali tra tutti gli abitanti, altri hanno applicato il contratto
di livello, altri hanno ripartito i beni tra 4;iascuna famiglia
procurandosi un leggerissimo canone livellarlo , e sotto
condizione che a certe epoche ne facciano ritorno al co-
mune, che allora gli distribuisce di nuovo. Quest'ultimo
mezzo, applicato con intelligenza e giustizia, ci sembrerebbe
il migliore; da una parte, favorirebbe tanto la produzione
che la proprietà privata; dall'altra come patrimonio comune
impedirebbe alla miseria di divenire uq fauo abituale ed
ereditario.
L'abitante delle montagne lombarde ò laborioso, bravo
e probo. Ha il sentimento della dignità umana, perchò è
proprietario; si sente indipendente, perchè dorme sotto il
suo proprio tetto; è economo e sobrio; poche castagne, al-
cuni legumi, del pane assai grossolano, della polenta di
segale o di grano turco, qualche volta un pò di lardo, tal' è
il suo nutrimento. Le case, costrutte di mattoni e di pietra
sono molto meno pittoresche e meno comode che le ca-
pannette liguri; i villaggi sono più sporchi, le donne mal
acconciate, l'istruzione meno diffusa, il lavoro meno indu-
strioso e meno previdente^ l'agiatezza meno grande che nei
cantoni svizzeri. Fmo ad oggi, mancava ai lombardi una po-
tente risorsa , la libertà , che i loro vicini godono già da
secoli.
(^ Contìnua ).
BOLLETTINO . DI NOTIZIE STATISTICHE ITALIANE E STEANIEIIB
E DELLE PIÒ IMPORTANTI INVENZIONI E SCOPERTE
0
PROGRÈSSO DELL' INDUSTRIA
DELLE UTILI COGNIZIONI.
FAsacoLo DI Dicembre 4859.
NOTIZIE ITALIANE
Blendieonto flniinxlfirlo del Governo
delle Romiisnc dui slvsno al dleembre f 8&9«
Xi ministro delle finanze delle provinole romane che si re-
sero indipendenti dal governo pontificio ha pubblicato il
primo rendiconto della propria gestione dal giugno al SO
settembre di questo anno e vi aggiunse il conto preventi-
vo per l'ultimo trimestre deiranno stesso. Il rendiconto è
preceduto dal coscienzioso rapporto che pubblichiamo, af-
finchè si vegga con quanto senno e con quanto zelo pel
benessere pubblico ora si reggano le finanze delle Romagne
dopo la disastrosa amministrazione del caduto . governo cle-
ricale.
Un governo antico e normale non ha debito di esibire
il proprio bilancio passivo che chiuso V esercizio della an-
nuale gestione : ma V impiego del pubblito denaro è da lui
ÀtwAu, statistica, voi. XXI r, uerié 3.* i9
290
regolalo sulle basi di ud preveniivo sottoposto. alla sanzione
del controllo. L' amministrazione di un nuovo Stato che non
ha regolari tabelle di previsione, e che non può quindi as-
soggettarle air esame contemporaneo del controllo, ha dovere
di chiedere con una pubblicità pronta e completa che il
paese sanzioni il suo operalo. •
Farmi quindi opportuno consiglio di pubblicare il conto
consuntivo del primo quadrimestre per gl'introiti e spese
del Governo delle Romagne, sottoponendolo Qn d'ora al gin-
riizio imparziale del paese, e all' accurato esame della Corte
dei Comi istituita con decreto di S. E* il Commissario Regio
il S5 di luglio pross. pass. E perchè il paese abbia fonda-
mento a conoHcere il vero stalo delle pubbliche finanze ho
pure compilalo il preveniivo dell' ultimo trimestre dell'anno
4859. Il bilancio consuntivo si divide naturalmente in due
parti', passivo ed attivo. Le rendite complessive dell' intero
quadrimestre, compresii la porzione realizzata prima che la
rivoluzione irionfuiuc instaurasse il nuovo ordine di cose,
furono per regolariià di conto contemplate per intero nel
bilancio attivo ; ma nella parte passiva vennero poste a ere-
dito deir attuale Governo le quote dei proventi ed introiti
versati dai conlabili nelle casse pontificie fino al 12 giugno,
ponendo invece a suo debito le somme ch'egli trovò gia-
centi nelle pubbliche casse. In egual modo le rendite che
furono realizzate sotto le differenti Giunte, figurano tutte
complessivamente fra quelle notate all'attivo del Ministero
di Finanze, e naturalmente vi si contrappongono le spese
fatte dalle Giunte medesime, come al titolo settimo della
parte passiva.
Le rendite complessive dello Stato durante il quadrime-
stre ascesero a Se. ), 350,845, pari a lire italiane 7,486,496.
Le spese sommano a Se. 4,046,509, pari a lire 5,567,428.
Rimaneva dunque al SO settembre un avanzo attivo di
Se. S04,8S6, pari a lire 4,649,068 da aversene ragione nel
bilancio dell' ultimo trimestre.
S9I
Prima df addentrarci nell' esanie parziale dei diversi ti-
toli del Bilancio, giova notare il modo tenuto dal Governa
per riordinare le aumiiiiisirazioni dello Stato.
Nessuno ignora che il movimento incomincialo il 42
giugno a Bologna, non ebbe compimento nelle Romagne che
il giorno 24 dello stesso mese in Rimini, ultima città eva-
cuata dalle truppe pontificie. Quindi le nuove amministra-
zioni dello Stato non esordirono tutte^ lo stesso giorno. Na-
turale conseguenza di un moto^ che essendo spontaneo po-
teva solo per gradi divenire concentrico, fu la mohipliciià
delle Giunte, le quali indipendenti nel principio, da ogni
centro amministrativo, regolarono pur esse 1* impiego dei
pubblici denari. Chiamato il sottoscritto fin dai primordi
della rivoluzione a dirigere il dicastero delle finanze, trovò
sciolti i vincoli amministrativi fra le differenti provincie che
prima avevano in Roma il loro centro. Fu necessità fondare
un nuovo ordinamento centrale : radunare le sparse fila, rac-
coglierle tutte nella stessa mano, sottoporre nuovamente lu
amministrazioni ad una unica regola di governo.
In mezzo a queste cure ed alle preoccupazioni politiche,
trascorse il mese di giugno; ma dal cominciare di luglio
la nuova amministrazione era già riordinata; sopra stabili
norme istituita la cassa centrale del Tesoro col nome di
Deposiieria presso la Banca delle Romagne, regolati i ser-
vizi passivi dei vari dicasteri, e varie altre misure di ordi-
ne prese^ mercè altresì la cooperazione della Consulta per
le Finanze.
Il Ministro delle Finanze doveva però accuratamente av-
visare la normsi cui attenersi nelP aprire ai ministri i cre-
diti necessari a soddisfare i pubblici impegni. Mancando la
prima base d*ogni amministrazione, il preventivo, egli pro-
pose e consentirono i suoi Culleghi^ che il solo Dicastero
delle finanze autorizzasse i pagamenti sulle pubbliche casse,
e quindi da. quel giorno in poi nessun mandato fu emesso
senza la mia firma e quella del contabile generale^ dietro
292
però formale e sottoserilta domanda fatta dai sìngoli mini-
stri ed approvala dal Consiglio. In questo modo l'ammini-
strazione procede regolare, rimanendo ai miei onorevoli Col-
leghi la responsabilità dei mandati* posti a loro debito.
Nella parte passiva del Consuntivo è stato nocessario di-
stinguere le due fasi , quella cioè in cui il Ministero ha
assunta la direzione , e quella in cui amministrarono le
Giunte.
Le spese sostenute in questo periodo ascendono a Se.
405f4db, pari a lire 56l|024 : molte fra esse risguardano
il servigio provinciale, i lavori ai fabbricati , gli impegni or-
dinari, spese che non furono ordinate, ma puramente sal-
date dalle Giunte. Gli armamenti militari e le spese di di-
fesa ascendono a Se. 89,125 pari a lire 208,145, perchè
furono le Giunte, che procurarono il vestiario ai primi sol-
dati accorsi a combattere sotto la nostra bandiera , e che
ordinarono la demolizione della cittadella di Ferrara. Le
somministrazioni e le spese relative al Comune di Comac-
chio importano Se. 7145 pari a lire 38,011 , ma queste
spese reintegrabili in porte, mercè le rendite delle Valli ,
non si debbono imputare alle Giunte, come non è equo at-
tribuire ad esse il prestito al Comune di Ferrara, le spese
per acque e strade, le passività pontificie arretrate, i fruiti
delle cauzioni degli amministratori|, e la parte di Consoli-
dato pagata anticipatamente dalla Giunta di Ferrara. Volen-
do sceverare le spese ordinarie dalle spese straordinarie, e
indagare quali fossero originate dal nuovo ordine di cose,
è facile il convincersi che queste ultime non giungono a
250,000 lire, fra la quale somma sono da Calcolarsi lire
208,145 spese in armamenti e difesa militare. A questa ci-
fra ufficiale, che risulta da pagamenti fatti dalle diverse
case pabbliche sopra mandati firmati dalle Giunte, non è
mestieri aggiungere ulteriori commenti. La probità di chi
amministrò il pubblico denaro in tempi gravi e difficili ri-
sulta da essi manifestamente. Le somme versate al Governo
i9d
pontificio ascendono a Se 35,486, pari a lire 188,786 che
sono distesamente notate al titolo 6.° della parte passiva.
I titoli di rendita del bilancio attivo non hanno bisogno
di lungo commento. Sono quasi gli stessi che figurano nel
bilancio pontificio, poiché non è opera di governo provviso-
rio mutare il sistema d'imposte, e non abbiamo aggravato
Io Stato di nessuna imposta nuova e straordinaria. Non ho
però calcolata fra le rendite la tassa arti e mestieri prov-
visoriamente sospesa per riordinarla sopra basi più eque e
meno gravose^ e la tassa del clero, che non fu versata nelle
casse governative. Tra gli effetti di cassa sono da notarsi
Se. 31,666 pari a lire 168,464 richiami di parte dei fondi
idraulici di mista interessenza in conto di quanto può com-
petere air erario sugli avanzi stessi.
Questi fondi che vengono versati a parte nelle casse de«
gli Amministratori Camerali non sono spesi per intero , e
formano un ricchissimo cumulo, che talvolta raggiunse, spe«
cialmente nella provincia di Ferrara, fino la somma di scu-
di 140 mila, pari a lire 744,800.
Per tacita convenzione col Governo pontificio gli Ammi-
nistratori avean facoltà di- valersene e di usufruirne libera*
mente gli interessi^ In simil modo la cauzione data a Roma
diveniva illusoria. L'Amministratore di una delle provincie,
quel medesimo che aveva in deposito lire 744^00 di fon-
di idraulici, non aveva sborsato per garantire gli obblighi
assunti che lire 400/)00! Questo sistema, come ognun ve-
de, era pessimo, poiché mantenendo per i lavori idraulici
una amministrazione a parte, serviva a dissimulare le spese
dello Stato e a coprire degli abusi; il nostro Governo che
non potea sanzionarlo ha studiato porvi efficace rimedio col
tutelare in pari tempo I* interesse delld provincie ed il pro-
priOé Nelle casse di Bologna e di Ferrara furono trovati
Se. 42,053, pari a lire 223,632 ; V Amministratore di Raven-
na non avendo pareggiati i suoi conti che nel mese di ot-
lobrey il suo avanzo trova luogo naturalmente nel prevenr
294
livo. La cassa di Polli non solo era esausta^ ma era in de*
bilo di Se. 36,420, pari a lire 451,494 che non ci fu dato
riscuolere perchè il cassiere che non aveva adempitilo gli
obblighi assunti, ha la propria cauzione in Roma, e non ha
altri mezzi per saldare il proprio debito. E poiché il di-
scorso è caduto sulle cauzioni, debbo far notare a Y. E. che
le cauzioni in denaro di tutti gli impiegati , il fondo di
massa di tutte le truppe, gli anticipi dei sali e tabacchi,
vennero tutti fatti versare dal cessato regime nella cassa
centrale di Roma.
Il prestito nazionale che fui autorizzato ad alienare dal
regio Commissario conte Falicon alI'SS per cento , ha prodot-
to sulla metfa finora vendibile dei sei milioni circa 4,600,000.
Esso nella parte attiva del consuntivo fu calcolato per lire
47^,566» poiché i versamenti sulle due quote concentrati
nella Depositeria a tutto settembre non sommavano che a
questa cifra.
La diminuzione del prezzo del sale non recò alterazio*
ne nelle rendite della Amministrazione dei sali e tabacchi,
poiché I* aumento del consumo nella regia dei tabacchi
compensa largamente la diminuzione d'introiti per quella
dei sali. Posti a confronto i due mesi di settembre 4858,
4859, r aumento dell'una regia supera lo smanco dell'al-
tra di lire 42,693. Il Bilancio passivo ammonta come ab-
biamo notato a L. 4,847,678. I due ministeri della guerra
e delle finanze assorbono la somma di lire 4,009,628.
Le spese del Ministero di guerra ascendono a L. S,S4I ,460:
a questa somma aggiungendo L. 208,445 spese dalle Giunte
in armamenti, la cirra totale del bilancio della guerra nel
finito quadrimestre giunge a L. S,4 49,305, mercè 1' eroga-
zione della quel somma, i cui documenti giustificativi ver-
ranno a suo tempo prodotti alla Corte dei Conti , si è nel
volger brevissimo di quattro mesi raccolto un esercito di
oltre 43,000 uomini, quali il Governo pontificio in tutte le
sue provinole non ottenne di organizzare giammai. Il Bi~
S96
lancio del Ministero delle finanze contiene oltre le spese
del QUOTO centro amministrativo quelle relative alla pcrce-
sione delle imposte e a] debito pubblico.
Alcune economie vennero introdotte nei rami lotto, bol-
lo, registri , ipoteche.
Fu abolito per decreto govemaliro il sistema di appalto
e di privilegio finora in vigore. La differenza in più delle
piante antiche degli impiegati del lotto con quelle adottate
dal nuovo governo è di Se 648 mensili, pari a lire 39t5.
Non possa però richiamare l'aitenzìunc di V. E. su questa
Tonte di rendita pubblica senza forniutare la speranza che
il Parlamento italiano troverà la nazione abbastanza ricca
per abolire questa tassa indiretta ed immorale, provvedendo
in pari tempo all' esistenza degli impiegati che essa alimcnia.
Nel Bollo, Registro, Ipoteche, Diritti uniti, 1' abolizione de-
gli appalli ha recato all' erario un utile circa di L. 400,000
approssimali ve per emolumenti e provvigioni die non figu-
ravano in addietro nel bilancio dello Staio, e che servivano
ai Preposti ed ai Conservatori dello Ipoteche, e con- parie
dei quali mantenevano a loro carico gli impiegati. Dopo il
nuovo sistema questi vennero dichiarati impiegati governa-
tivi ; co« apparentemente crebbero le spese , ma non per
fermo in relazione al conseguito vantaggio sulle rendite.
L* amministrazione delle valli di Comacchio porta prr
sé medesima nel corso dell'anno il peso di sovventioni go-
vernative che vestono doppia e separata indole: le une de-
stinate ti Comune non rimborsabili e queste nel perioda
del quadrimestre ascesero a Se. 8703, pari a L. 46,994, le
altre che sono, a parlare propriamente, anticipi per V:\in-
ministrazione delle valli medeaim* le quali nel suindicato
quadrimestre reclamarono un aiuto di fondi pari a Se. 31 ,000
ossia L. 63,840. Gli elementi di reddito di questa ammì-
nislrazione sono ancora poco connseiuii ed incerti , e non
havvi errore nell' alfermare che essa ha bisogno di
profondamente modificata e regolarizuiia.
/
396
Le valli di Gomacchio costituiscono uno dei principali
beni demaniali rimasti nelle Legazioni al nostro Stato, poi-
ché quelli lasciati dal Governo Napoleonico e che ascende-
vano a circa 46,000,000 di lire furono quasi per totalità
assegnati ad Istituti Religiosi. Gli ultimi residui ne vennero
distribuiti per questo titolo durante l' ultimo decennio. Fanno
parte del debito pubblico le pensioni civili e militari. Esse
vennero integralmente pagate e sommano per un trimestre
a Se. 80,400, pari a L. 437,728.
Le Casse governative a norma del decreto 25 luglio de-
corso depositarono per mio ordine a disposizione della Com-
missione di aonnortamento del nuovo prestito nazionale la
quota bimestrale della settima rata assegnata a questo scopo.
Le spese degli altri ministeri assai modiche per sé slesse
non offrono materia a lunghe e speciali considerazioni.
La somma necessaria al nuovo personale indispensabile
al centro governativo asceode ragguagUatamente a L. 12,476
mensili compreso l'assegno al capo del Governo, al suo
segretario, ai ministri e agi' impiegali tutti. Vi é ooniemplaui
pure la spesa derivante dalla istituzione provvisoria di un
Commissariato per le strade ferrate, spesa che dovrà es*
sere rimborsata dalla Società intraprenditrice, in quella me-
desima guisa che essa rimborsa a Roma la spesa del Com-
missario pontiGcio. Nella cifra di Se. 575, pari a L. 3,059
notata sotto il titolo spese di stampe e varie, trovasi inclu-
so l'assegno del segretario generale di Governo-
li dispendio incontrato per allestire la sala dell' Assem-
blea nazionale e le altre spese di rappresentanza e di fe«
steggiamenti in quella occasione , ascendono a Se 1^754
pari a L. 9,831.
Un nuovo titolo di spesa, ma indispensabile, si verifica
per le missioni effettuate all' estero: esse servirono effica-
cemente r indirizzo politico del Governo ed abbenché risul-
tino di replicati ed importanti viaggi in breve tempo ese-
guili, non vi si sono erogati che soli Se. 2871, pari a lire
45,274.
S97
Oltre le spese ordinarie QguraDO fra le categorie passive;
nel Ministero dell* Interno i fondi attribuiti ai sussidi per
gli emigrati e per i reduci dal 'campo, non che quelli im-
piegati neir acquisto delle carabine per le nuove guardie di
sicurezza, e per aumentare il personale della polizia^ resa
eGBcace e morale ausiliaria dell' ordine pubblico. Forma Te-
logio non meno della tranquillità del paese che dell' econo-
mia del ministro, l'osservare come il titolo delle spese se-
crete straordinarie giungesse appena a Se. 745, pari a lire
S96S , ma tra i fondi ordinanzati a favore delle Intendenze
provinciali si lasciarono fra le spese ordinarie di polizia
quelle non piccole somme che erano per lo passato distratte
dal loro scopo dai Cardinali Legati.
In un'appendice a parte ho notato T impiego di lire
italiane 400,000 assegnate dal Governo sardo per pagare i
soldi delle truppe piemontesi che stanziarono col regio
Commissario in questa provincia. Su questa somma il Go-
verno del Re è nostro creditore di L. 40,000 rappresentate
da attività speciali tenute distinte, e di cui fa menzione l'ec-
cedenza finale del preventivo. Le cifre approvate e liquida-
te del bilancio consuntivo di questo quadrimestre potranno
forse variare in qualche piccola partita, perchè alcune lievi
spese non riescono fin ad ora accertate, naa il risultamento
definitivo non può andarne sensibilmente modificato, e il
nostro avanzo verificatosi prova ad evidenza la prosperità
naturale, e la ricchezza pur tuttavia crescente di questi paesi
abbenohè trattenuti per lo passato nei loro sviluppo da un
Governo, tenace fautore dell' isolamento politico e commer-
ciale.
Onde completare la situazione finanziaria del nostro Stato
mi sono accinto in seeondo luogo a coordinare il preventi-
vo totale dell' ultimo trimestre, compilato sopra i parziali
bilanci dei diverbi ministeri. Benché io nutra fiducia che
l'attuale centro venga a cessare, e che le nostre provincije
accostandosi alla definitiva annessione col Regno Sardo si
298
unifichino intanto eolla Toseana e coi Ducati, i dati ruccoki
da me e qui esposti, potranno forse non essere inutili alla
nuova Amministrazione.
Le rendite, compreso V avanzo del quadrimestre, si pre-
sumono in Se. I,667,78S, pari a L 8,871,605 ; le spese in
So. 1 ,440,850, pari a L. 7,665,896 donde a fin d' anno ri-
sulterebbe un avanzo definitivo di attivila di Se. S96,93S,
pari a L. I,S07,S78.
Potrà forse muoversi la domanda perchè non siasi cal-
colato il preventivo in lire italiane, oioè neir attuale mone-
ta legale , ma è facile persuadersi che non riesciva né pra-
ticabile, né ammissibile il completAre un esercizio adottan-
do moneta dissimile per T ultimo suo bimestre, e ehe ciò
avrebbe creato difiicolth gravissime a tutte le Conlabilità.
Esaminando la partila attiva del preventivo debbo fiire
osservare a V. E. , che nel prevedere le cifre dei differenti
capi di rendita io non le ho diminuite od aumentale senza
la base di deduzioni fondate, il che basta a spiegare la dif-
ferenza che si ravvisa fra alcune di esse e quelle verificate
nel Consuntivo.
Gr introiti del Bollo, Registro, Ipoteche, e tasse riunite
furono avvantaggiati dall' aumento presunto che procura al-
l'erario l'abolizione dei diritti ed emolumenti dapprima
spettanti, come abbiamo osservato nell' esame del Consunti-
vo, ai Conservatori e Preposii.
Calcolai r introito delle Dogane sulla norma degli introiti
del 4858, e non su quelli verificatesi nel quadrimestre pas-
sato. Nei primi due mesi, mentre si combatteva la guerra
d'indipendenza, le entrate erano dovunque sensibilmente
diminuite : oggi volgono pochi giorni, che è stato applicato
al paese il nuovo sistema della tariffa sarda, che i prodotti
del nostro commercio si possono cogli scambi liberamente
diffondere fra tutte le antiche e le nuove proviocie del
regno; il che non tà dubitare che il rapido impulso comu-
nicalo alla nostra industria e alle transazioni commerciali
S99
trndiina^i in un aumento prossimo sul reddito delle Dogane.
D'altra parte la Commissione interprovinciale radunata a Fi-
renze, debbe prendere per base appunto, nella divistone dei
prodotti futuri, le entrate dell* esercizio 1858.
Ho portato nel preventivo la rendita della Regia Sali e
Tnbacchi alla cifra di L. 4,870,519, pari a quella ottenuta
neir ultimo trimestre 1859.
Io nutro però ferma fiducia che essa risulterh anche più
cospicua, dacché nel mese di settembre contemplato nel con «
sunti vo i prodotti del corrente 4859 vinsero quelli del 1858,
malgrado la diminuzione sul prezzo del sale. E se la diffe-
renza rispetto al quadrimestre passato, riesce invero consi*
derevole, vuoisi notare, per ispregarla , che gli ultimi tre
mesi dell'anno sono quelli che ordinariamente producono
migliori e più copiosi proventi.
Nei lotti, mercè il nuovo metodo, le rendite non an-
dando più oltre disperse, poterono essere calcolate in più
larga misura, tolto in questo computo a norma il testé fi-
nito mese di ottobre.
I risultati della riforma postale e della riforma telegra-
fica introdolte da breve tempo noti procurarono ancora dati
sufficienti per variare le cifre delle rendite passate. Ma
V esempio degli altri paesi , dove vennero applicate tasse
egualmente modiche, conduce a credere fermamente che la
diminuzione delle tariffe porterà in breve tempo piuttosto
un aumento che una diminuzione nelle pubbliche entrate.
In questo mezzo la riforma fu accolta con plauso dal paese
perchè essa rende più facile lo scambio delle idee e la sod-
disfazione dei bisogni fra le diverse provincie.
Accrebbi le rendite della zecca di milfe scudi perchè
avrk luogo nel trimestre una coniazione straordinaria dipen-
dente dalla emissione di moneta secondo il nuovo sistema
adottalo, e quindi aumenteranno in egual proporzione fra
loro i diritti di coniazione e le relative spese.
Invariabile è la tassa fondiaria; figura soltanto a titolo
300
straordinario e stilla uUima rata del corrente esercixio (a
meifa dei decimo annuale imposto sul censo, per supplire
ad una porzione dei carichi di casermaggio*
Ma questo decimo non è un aumento reale. Le apese
di casermaggio erano sostenute dalle Provincie e dai Co-
muni, che imponevano dei centesimi addizionali sol censo
per coprirle. Oggi invece con provvida misura le spese di
casermaggio stanno a carico delio Stato.
Il decimo annuale produrrà all'erario Se. 98,000, pari
a L. 524,360: coli' antico sistema le Provincie ed ì Comuni
imposero ragguagliatamenie all'anno niell' ultimo decennio
Se. S00,000, pari a L. 1,064,000.
La tassa dell' Università è nuova nei bilanci delle Ao-
magne ; essa veniva riscossa direttamente dai dottori di Col-
legio e serviva ad essi di emolumento. Col nuovo Regola-
mento la tassa di cui parliamo rimane allo Suto, e qoesi*
ultimo si è assunto tutte le spese.
Le rendite delle valli di Comacebio non si potevano si»-
bilire nel loro complesso, e cogli elementi che si possiedo-
no, neppure in modo approssimativo. Mi sono quindi limi*
tato u calcolare nella parte attiva il rimborso delle somme
aniecipate alla loro Amministrazione.
Scomparvero dai titoli di attività le quote della lassa
vino dovute dai Comuni. Esse debbono essere riscosse di-
rettamente dalla Commissione d' ammortamento, e vanno a
completare i fondi assegnati al riscatto del nuovo debito
nazionale.
Fra i proventi straordinari figurano le ultime rate sca-
dute del nuovo prestilo, il residuo di cassa dell' amministra-
tore di Ravenna che era liquido al IS giugno e che egli
non aveva soddisfatto, il richiamo ulteriore di fondi idrau-
lici in conta di quanto può spettare all' erario, la restituzio-
ne della Jsomma anticipata al Comune di Ferrara e che
questi assunse di rimborsare nel corrente anno, ed infine
il^reliquato^aiiivo risultante dalla gestione del precedente
quadrimestre.
301
La parie passiva delle tabelle di previsione è sensibil-
mente aumenlata.
Lo sviluppo degli affari, il riordinamento delle Ammini-
strazioni, hanno portato la somma necessaria al personale di
tutto il Governo eentrale a L. 22,402 mensili. Questa som-
ma è tenue> se si considera il numero e Y importanza dei
dicasteri centrali, e se sì paragona V impianto provvisorio
del nostro Governo colla regolare amministrazione di ogni
altro centro governativo.
I temporanei stipendi dei principali impiegati non si
trovano in relazione colle incombenze che disimpegnano, e
mi basta citare i capi-sezione del Ministero delle Finanze di
cui alcuni toccano appena dugento lire mensili. Il numero
complessivo dei nuovi impiegati nel Governo centrale è di
circa ottanta. Scarso numero compensate dallo zelo che
spiccano.
Le spese del Ministero di Grazia e Giustizia sono au*
mentale per la formazióne del Tribunale di Cassazione, e
per la separazione del potere esecutivo e giudiziario nelle
Provincie. Sotto il Governo pontificio i paesi erano retti da
un Governatore che riassumeva in sé V ufBcio di Giudice
ed Intendente; ora la nuova legge dividendo le attribuzio-
ni ha reso necessario -la nomina di alcuni nuovi Giusdi-
centi.
Assegnai al Ministero dei lavori pubblici i fondi neces-
sari alle spese per il proseguimento della demolizione della
cittadella di Ferrara, che scomparir debbe come ^vestigio di
occupazione forestiera. Le nuove stazioni telegrafiche im-
portano naturalmente maggior spesa, ma esse rimediano al-
la falsa economia del Governo pontificio che privava città
principali, come Imola, Faenza, e Cesena, dei beueficii del
telegrafo.
L' Università di Bologna ebbe più cospicua dotazione.
Vennero aggiunte alcune Cattedre, fu accresciuto il soldo
annuale ai professori. Un Govenio liberale non poteva in-
802
filili ricusare gli aumenii ricbiesii dal Ministero dell' Istru-
xione per rialzare il decoro offuscato di un Islìiuto che gli
ordinamenti clericali volgevano a lenia rovina, il nuovo re*
golamenlo per la sistemaxione dell* Ufficio centrale degli
studi e della pubblica beneficenza, rese indispensabile la no-
mina di alcuni impiegati. Quanto al Ministero dell'Interno,
produsse un aumento nel ramo carcerario il soldo cresciuto
ai custodi delle carceri; questi erano cosi poveramente re-
tribuiti die trascinati spesso dal bisogno scendevano a patti
cogl* inquisiti che essi hanno in custodia. Nei fondi ordinan-
iati dal Ministero delle Finanze a favore delle Provincie fu-
rono calcolate le spese necessarie ali* impianto di alcune
nuove Sotto-Intendenze, riconosciute indispensabili all'equa*
bile sorveglianza dell' Autorilà governativa. L'acquistata li-
bertà di circolazione è largo compenso ad un aumento nelle
spese di polizia-
li bilancio passivo della guerra ascende a Se. 818,043,82. 4,
pari a L. 4,354,993. 44. Ma di questa somma Se. 388,6S4,
pari a L 2,067^464 servono al personale, 439,432, pari a
L. 3,383.939 al materiale.
Vestiario, munizioni, cavalli, fucili, carabine, cannoni,
sono ordinati con regolari contratti! una parte fu già com-
perata e saldata nel mese di ottobre. Questa spesa debbe
confortare il paese ! esso può convincersi che il Governo
non ha trascurati i mezzi necessari ad una energica difesa,
contro chiunque si allentasse violare i nostri diritti.
Non entrerò in più minuti particolari ; accennerò soltan-
to che il soldo dei nostri C!arabinieri fu parificato a quello
dei Carabinieri regi, di cui vestono ora la divisa, e di cui
dividono la probità ed il valore. Il passalo regime con ver-
gognosa economia aveva tolto a quel corpo la propria indi*
pendenza e la propria dignità.
Succede per ultimo nelle Tiibelle del Preventivo passivo
il Ministero dellc> Finanze. Fra le partite del debito pubblico
furono registrati i fondi necessari per soddisfare Se. 70,000,
803
pari a L S7S,400 friuu maturati di un semestre dei Con-
solidato romano nominativo per la porzione die spetta alle
nostre provinole e che deriva in parte dal Monte Napoleone,
i eut frutti la cessata Direzione del debito pubblico usava
far soddisfare dalle easse provinciali delle Legazioni. Misura,
mi sia lecito il dirlo, giusta e riparatrice, e della quale
principalmente fruiscono nelle Romagne Istituti e Corpora-
zioni religiose, il che valse a mostrare come il nostro Go-
verno usi provvidamente del suo potere in favore di tutte
le classi.
La dotazione della cassa di ammortamento è portata a
Se. 40^00. La parte del prestito nazionale sottoscritto non
ascende come abbiamo notato che a lire 1,600,000, ma il
Governo prosegue a depositare le soinme assegnate al ser-
vizio dei frutti e dell'ammortamento di tutti i sei milioni.
Neir amministrazione delle Dogane fu accordalo alle guardie
di finanza il soldo dei preposti piemontesi : era obbligo del
Governo provvedere meglio ai loro bisogni se voleva chie-
dere ad esse maggiore disciplina e fedeltà di servigio. I ri-
sultati ottenuti sono ottimi e mi gode 1* animo di rendere
ad esse pubblica testimonianza di lode! Le invenzioni so-
prattutto del Dazio Consumo aumentarono sensibilmente. Il
nuovo uniforme simite a quelle dei preposti piemontesi co-
sterà Se. 45,000.
Le spese della regia Sali e Tabacchi uguagliano quelle
del consuntivo 4868. L' ultima sistemazione portò però una
economia di Se. 700 mensili come risulta dal nuovo ruolo
degli impiegati. I pochi impiegati dimessi appartengono alle
Amministrazioni romane, ma s' ingannerebbe ehi credesse
vedere in quella misura un atto di municipalismo, perchè
molti impiegati delle altre vicine ed infelici provinole rima-
sero al posto, e nuovi alunni marchigiani furono ammessi.
Necessità di economia addebiti personali, e regolarità di ser-
vizio legittimarono quella misura. Per ciò poi che riguarda
i lavoranti si verifica un incremento nelle spese essendosi
306
menti. Si ripete agli adatti il corso elemeoure del legggere»
dello scrìvere e del cool«ggiare: a ehi si atfia ai oegasii
ed alla mereaiura s'insegna aHa aera la calligrafia, la eom^
bilitfa commerciale e la lingua fraoeese; ed a chi si ap>
plica ai lavori meccanici ed artistici a' insegna il disegno
geometrico , ornamentale ed architettoDÌco , e quello delle
macchine. Queste scuole vennero frequentale da 3039 al-
lievi appnrtcnenli a più di ottanta diverse profassioni e me-
stieri , accogliendo anche adulti di oltre venti anni di etL
Per incoraggiare il popolo bracciante a questa intellettuale
e morale coltura usa il Uunicipio Od giorno dell* fesla ao*
niversaria dello Statuto distribuire pubblicameate premiiai
giovani più studiosi, e questa scolastica solennità suole bcfi
a cielo aperto al cospetto di tutta la popolavAne cbo* iirl
accorre spontanea e plaudente. In quest'anno tanto memo^
rande cadeva la festa in una di quelle settimane tremende
in cui Tesercito italo-franco combatteva f^oriosamenie lungo
il Po e la Sesia contro il comune nemico^ La festa ai do-
vette sospen<Jere, e fu prorogata a questo mese».
Neil* ampio oratorio di San Francesco di. Paola eongre*^
gavansi gli alunni delle scuole serali per ricevere i premii.
L*aula era gremita di popolo che attendeva con ansia la
solenne distribuzione delle ricompense di onore dovute ai
suoi eletti. Presiedeva alla funzione il bencrito Commenda-
tore Notte, sindaco di Torino, e vi assistevano riniendente
generale della divisione, vari! consiglieri municipali e le
precipue autorità scolastiche. Leggeva il cav. Baricco, qual
provveditore agli studi! , un eloquente discorso nel quale
ricordava come la popolare coltura contribuisca a rendere
r uomo del popolo intelligente ed operoso nelle arti della
pace, e superiore ad ogni altro nelle arti della guerra.
Quelle maschie ed italiane parole erano accolte da unanime
applauso e sul volto abbronzalo dell* operaio leggevasi il
gaudio di chi sa di appartenere alla terra dei forti. Gli al-
lievi della scuola popolare di canto diretta dal maestro De
807
lì, ioluoDavaoo coiraccompagnameiilo della banda della
Guardia Nazionale, l'inno deiroporaio, e l'inno della guerra,
che noi vorremmo in quesi'anno dirlo piuttosto l'inno della
Vittòria, e que' canti èrano dal popolo salubti con triplice
evviva.
Seguiva dopo la solenne distribuzione di S04 premii di-
versi, tra i quali 84 medaglie d'onore, oltre 50 menzioni
onorevoli. Nel citare i nomi dei premiati si annunziava an-
ehe l'arte che professavanoi ed a canto allo studente ed al-
l'artista assotiiavasi lo strnccivendolo, il focchino ed il guar«
diano del bestiame. Lo studio aveva uguagliate tutte le pro-
fessioni e l'ultimo del popolo era applaudito con giubilo
come il figlio della classe patrizia. Fra que' premiati oom-
parvero alcuni vestiti colla nobile assisa del soldato, avendo
ia quest'anno preferito il moschetto per difendere la patria,
all'usato arnese dell'arte propria. Il sindaco di Torino nel
dare i prémii a que'militi gloriosi, si fece a baciarlf in fronte
ed a mostrarli al popolo come i campioni dell'onor patrio.
Il popolo pianse di gioia a quell'atto tanto gentile ed ac-
corse a far festa a que' prodi.
1 trecento premiati furono ricevuti dal popolo per le
pubbliche vie con segni solenni di pubblico onore, e le me-
daglie state loro concesse furono con affetto baciate e ri-
baciate dalle madri e dalle sorelle di que' valenti operai.
Chi scrive questa relazione serberà una cara memoria
di questa scolastica solennità, e come concittadino della pa-
tria di Verri e di Beccaria, osa far voti perchè una simile
festa sia' celebrata anche in Milano. Noi pure abbiamo scuole
serali con un migliaio di giovani che le frequentano. Veng9
iiv loro aiuto' il Municipio, per thr\e prosperare come a To-
rino, ove l'erario civico spende per esse ventisette mila fran-
chi' all'anno , e per la prossima festa dello Stdtuto trovi
modo di premiare pubblicamence i suoi figli più eletti. Que-
sta festa non può mancare alla città madre del bene.
808
Bendlcent* dell*at4«Ta adaBansa te nata dall'I»
•Ut alo de* maestri di Iiombardla 1* S diecm*
bre t960a Parole lette (M presidente cavaliere #irff«*
sto Cmn9fkf
SigQorì e Gollegbi (
Mentre i fatti delia guerra chiamavano il nostro paese
a1l*aliezza dei suoi nuovi destini, e noi palpitavamo. per git
amici» i fratelli ed i figli dì subito convertiti in esercito di
eroi, il nostro' Istituto procedeva nette sue pacifiche con-
quiste.
L'ultima volta noi qui sedemmo sotto la mannaja della
legge marziale che d&ì sanguinarli proclami vibrava gli sfo-
ghi della barbarie fuggente. Ora ci rivediamo recanti in
viso la serenità del sospiro compiuto, italiani di nome e di
fatto, liberi, ed abbracciati a liberi fratelli.
Venga dunque aperta V attuale adunanza nel nome di
Viitorro Emanuele^ al quale l'Istituto fu tra i primi ad inviar
la riverenza e T omaggio e a di^e con rispettoso indirizzo
al Magnanimo Sire:
€ L'attuale esultanza della terra che evocaste dal lungo
dolore, è la copoorde espressione d'ogni cittadino, e d'ogni
consorzio morale!
« L'Istituto di Mutuo Soccorso fra i maestri, che eser-
cita larga afera d'azione sugli insegnanti di tutta Lombardia^
alla gioja di conoscere in Voi il proprio Signore , ag-
giunge la fiducia di concorrere a crescere intorno al Vostro
Trono una gioventù degna di libera nazione.
« Degnatevi, Principe Liberatore^ di accogliere l'omag-
gio di devota sudditanza , e il grido lungamente represso
di Viva r Indipendenza (F Italia! Viva Vittorio Emanuele! 9
La nostra parola fu accolta, e il Governatore Vigliani a
chi ha or l'onore di parlarvi, si compiacque rispondere detti
di stima e interesse alla nostra classe ^ a questa associ^''
^ 809
]KÌòne ; parole che ia san felice di ripetere a toI radu-
nati :
« Avevo già notizia della provvida assoeidtiòne a cui
Ella presiede, e le sono grato d'avermene trasmesso lo Sta*
luto Organico e il Regolamento Interno. Mi eompiaccio di
significarle che l' indirizao dell* Istituto dei maestri ai Re
venne inviato al Quartier Generale, perchè fosse rassegnato
a S. M. Sarò lieto che mi si presenti occasione di mostrare
la mia sollecitudine per un'associazione instiluila ad alle-
viare le condizioni economiche d' una classe di cittadini
cosi benemerita pei servigi che rende allo Stato ed alla
pubblica coltura.
« Ho l'onore d'esprimerle la mia distinta stima. »
Né appena a dirigere l'istruzione fu chiamato un nostro
patrizio, uomo di intelligenza e di cuore, comprendendo
noi quanto ei possa migliorar le condizioni degli studii e di
chi li professa, volgemmo a noi psre il tributo d' un altro
sollecito omaggio.
È superba la vostra Presidenza che questi atti cosi gravi,
queste conferenze tra il maestro e il ministro e il Monarca
si siano eseguili sotto la sua rappresentanza, e se io non
avrò altro merito agli oecbi vostri avrò sempre quello d'una
data gloriosa; sarà la data d'un grande avvenimento pel
paese e per rassociazioner
Più che dalle parole avete acquistato un equo conceito
del rapido incremento sociale dalle cifre segnate nel 6t7an^
eh che già conoscete. Se vi (ti doloroso notare ilr forte de-
bito che molti socit avevan al dO giugno p. p. verso la
Cassa comune, già ne avete ancbe calcolate le cause: P in-
terrotte corrispondenze postali , l' occupazione militare , r
molti colleghi accorsi sotto ler bandiere, gli urgenti sacrificii
per la difesa, per le armi, pei feriti^ le attenzioni rapite dalle
magiche vittorie ^ le minorate lezioni, le scuole diradate, i-
mtnuiti guadagni , lo stacco delle regioni d'olire il Mincio
ebbero 1» maggior influenza sug^i kieonsueti ritardi. U pen-
3(0
<«iero di questi disgiunti fniteili ci empirebbe di troppo do-
lore ove non ci aivistesse viva, indeelinabile la sieurena di
riabbracciarli di nuovo nei sacri diritti dell' indipeodema.
Abbiano intanto un saluto, e quelli fra loro che stanno ia-
scritti nei nostri elenchi sappiano d'avere a loro tutela Tar-
tieolo I! del nostro Statuto che dice : 7 soei che fossero già
inscritti non detsadcno datiti loro partecipazione alt* Istituto
pel solo fatto di successiva loro nomina a pubblico impiego
o di trasloeazione fuori di Lombardia ^ purché continuino
nelle loro annue contribuzioni.
Ne consola però veder che già di quel rimanente cre-
dito una metà a quesl' oggi fu incassata , né gli altri vor>
ranno con ulteriore ritardo nuocere all'Istituto e a sé stessi.
Del resto gli introiti procedettero in rispettabili propor-
tioni. Dall'anteeedente adunanza ad oggi per mezzo del ze-
lantissimo Patrono Cassiere ponemmo alla Cassa Ji rispar-
mio tal somma ) che fummo in grado di ricorrere a più
proficuo impiego. De'varii mutui studiati quello esibito dal
sig. Carlo Rimoldi apparve il più conveniente all'esame dei
nostri consultori avv. Barai e ing. Crespi che in perdona
visitò gli stabili» e li calcolò del valor complessivo di lire
S9464. Su essi appunto abbiamo con prima ipoteca guaren-
tito il 4 novembre, con scrittura del dott. Chiodi, un capi-
tale di fior. 5800 all'interesse del 4.';4 per cento.
Or bene l'attivile al 4.^ luglio compreso il credilo verso
i soci, era di L. 61564, 47.
Quella che abbiam oggi è di 65959,46; depurate d'o-
gni spesa. Tanto fu raccolto in due anni e mezzo.
Di questi splendidi risultati avvertita un'altra consimile
Società da sette anni funzionante in Piemonte, proponeva
far causa comune col nostro Istiluto.
Se a tale proposta non avesse dovuto rispondere che il
cuore, sarebbe la fusione già compiota, ma dove entrano
interessi sociali e individuali, bisognava iDisurar la accetta-
zione cogli articoli del nostro Statuto, speciale studio del
SII
Contabile e dei Deputati , e ad essi appunto abbiamo de-
mandato l'analisi deirimportanre questlotie.
Tre ostaeoli s* affaeeiarono subito: la soverchia distanza
economica delle duo Società ^ V ìmpossibilhà cfi sentire ad
uno ad uno il voto dei 920 che s^in^cfissero con noi sotto
le condizioni precise del nostro Statuto, e infine T obbligo
che abbiamo di non far modificazioni di sòrta al nostro Sta-
tuto, se non dopo varcato il terz*anno di pròva. Yotiahio
però intanto un atto di dovere alh cortese Soctetè e Con essa
anticipiamo una fusione d'affetti, di còrrispondetize e di re-
ciproco lume.
(V Adunanza approwa la proposta tf tin atto di ringra-
ziamento e di cordiale relazione alla consorella Società de-
gli Insegnanti di Piemonte.)
Ma un altr'atto di dovere ci parla al cuore. Manca oggi
fra noi il cav. Sacchi, solito sovvenire i nostrr comiziì col
senno della sua facile parola. Chiamato or vicino al potere,
non ci dimenticherà, che la causa nostra è causa sua. Alle
dolenti congratulazioni che la Presidenza già gli espresse,
vorrà oggi l'assemblea dare col proprio applauso una forma
più vasta e solenne.
{L* Adunanza conviene nella mozione e incarica la Pre-
sidenza di darle effetto.)
Anche il mandato di cui onoraste il segretario Restel-
lini finisce quest'oggi, come fra un anno terminerà quello
dei vicepresidenti e di me. Or siete invitati, sia ò confer-
marlo, sia a dargli un successore.
(Il signor Restellini 6 confermato a segretario, e a de-
putati ì signori Marcerà a Banfi^ che uscivano da càrica u
norma dello Statuto.)
De'nostri colleghi quattro faron chiamati dall'ultima adu-
nanza ad oggi nei domini! della morte. Senza la nostra So-
cietà chi li conoscerebbe? Sono essi i sacerdoti Mar^'Aiito-
nio Venosta e Giuseppe Volpicina, valtcllinesi, G. B. Crenna
di Mìlanoi Giovanni Meles d'Aquate, a ciascun dei quali r£-
SIS
cliicatore Lombardo pagò un tribulo d'affetto. E cosi al sa-
cerdote Giuseppe Pellegrini, che prima maestro, poi signo-
re, non dimenticò nella prospera la modesta fortunai e sta
scritto fra i nostri perpetui protettori.
(// Presidente con dispiacere partecipa che Don Pietro
Rossi Arciprete di San Michele in Bosco^ assai benemerito
deir/stitutOf si ritirò il 5 dicembre dalle sue funzioni cTi-
spettore scolastico del distretto di Bozzolo.)
A reintegrar le perdite chiesero entrare nella nostra
famiglia i signori Carlo Mambrooi, Luigia Bernasconi, Pe-
rini Giovanni, Boldoni Antonietta, Bogni Paqualina, il sac.
Gaspare Anselmi, Luigia Astolfi, Luigia Pirovano, Maria Pre-
moli, Alberto Bozoli, Ambrogio Biraghi, Giovanni Navarioi,
accolti dalla Presidenza sotto riserva della vostra sociale ac-
cettazione.
{Sono accettati come sodi i nomati perchè fomiti de're»
quisiti dello Statuto ^ e sono rimandati tre altri che man-
cano di tati requisiti,)
Ogni circostanza intanto ci servi a rialzare il concetto
anche morale della nostra professione: al Municipio doman-
dammo l'onore di mandare d'ora innanzi una nostra rap-
presentanza alle solennità civiche, e il Municipio nobilmente
accondiscese: facemmo allo stesso Municipio sentire il di-
ritto che alcuni dubitavano nel maestri patentati d' essere
elettori. Al che pure V urbana Magistratura rispose con fa-
vorevole rescritto.
Eccovi, 0 Signori, il frutto in trenta mesi raccolto:
Chi venne rialzando il maestro dall' ignorata posizione
in cui giacque finora? Fu la nostra associazione.
Chi sostituisce all' importante azione isolata di tanti in-
dividui ignoti l'uno all'altro un'azione complessiva, un'egual
partizione di diritti e doveri? È la nostra associazione.
Chi permetterà al nostro obolo rispiarmiato di conden-
sarsi a formare tra poco un intangibile fondo di 100,000
lire, e una somma di 20 in S4 mila da versar ogni auQO
313
sulle miserie della nostra professione ? Sarà la nostra asso-
eiazione.
Tale è il senno pratico e antiveggente d'un paese ehe
anche nel tenebroso medio evo fu difensore della civiltà ,
della scienza e delFarte; d*un* paeic ove Tindusiria suscitò
Flavio Gioja, Colombo e Vespucci; le scienze, Galileo e
Volta; le arti, Michelangelo e Raffaello; le lettere^ Dante, ^
Ariosto e Manzoni; del paese il cui nome si può oggi ri-
petere in piena luce, l'Italia. Anche attrita dall'oppressione
sapeva ella crearsi grandi e nobili istituzioni, prova la no-
stra che ormai abbraccia mille fratelli di tutte le zolle lom-
barde. Queste istituzioni dovranno sorgere assai più splen-
dide e vigorose nell'avvenire, or che la Provvidenza a tu-
telarne i santi diritti suscitava a' di nostri un redentore, nel
nome del quale, come aprimmo, cosi chiudiamo quest'adu-
nanza gridando viva a Vittorio Emanuele, viva lo Statuto,
jeri fra noi proclamato, viva l'Italia!
Prolungati applausi e appropazione dell'operato dalla
Presidenza.
Rendiconto per 1* anno tSA9 della Società di
mntno soccorso fra ^11 Insegnanti delle Pro-
vincie sarde*
Offriamo il sunto del Rapporto che la Direzione della
Soeietà presentava ai soci dopo l'anno ora decorso.
L'anno 4859 si chiude per questa associazione in con-
dizioni più prospere di quelle che la Direzione della So-
cietà avesse pronunziato. Il colpitale sociale effettivo e frat-
tirerò calcolato pel principio del 1860 a L. 450,000 ascende
invece a L. 454. 634,09; e le nuove iscrizioni nella Società
durante l'anno 4859 non furono sole 450, ma 4 62; cioè
452 di soci primari e 40 di soci onorari.
}
SI4
In quesli risoluiU a?ete una prova novella che, nemica
d'ogni esagerazione, la vostra Diresione poggia ne* suoi cai-
eoli su dati positivi, e rifugge dalla tattica pur troppo co-
mune di suscitare sperante nei soci che abbiano poi a cod-
venirsi in amare delusioni. E fruito dì questo suo riservalo
procedere, possiamo dirlo senza vanto, è quella compiuta
flducia di cui riceve ogni giorno, e dai novelli e dagli an-
tichi soci, non dubbie testimonianze-
Nell'ora caduto anno tre fatti di grande importanza per %
la nostra associazione sono avvenuti : la tanto desiderata
unione della Lombardia al Piemonte , la creazione d* una
cassa governativa per la vecchiaia, T istituzione infine del
Mimte delle pensioni per grinsegnanti elementari.
La vostra Direzione non ha ommesso di prendere in
seria considerazione i fatti anzidetti e di ponderare TinflueD-
za che i medesimi avrebbero potuto esercitare suir avve-
nire dell*associazione ; e risultato delle sue mediuzioni fu,
che non detrimento ma vantaggio ne sarebbe alla Società
venuto.
L'ampliazione dello Stato dovrk avere per naturale eoo-
seguenza T accresciroonto del numero de* soci per parte di
tutti que'pubblifli in3egnanti delie nuove provincieche vor-
ranno partecipare ai benefizi dell'associazione in quella mi-
sura che è assicurata ai soci dallo Statuto e dai regola-
memi.
La Lombardia è essa pure già dotata di una benefica e
fiorente istituzione di previdenza per grinsegnanti privati col
titolo Pio Istituto pei maestri privati della Lombardia. Non
appena seguita l'avventurosa unione delle nuove alle antiche
Provincie abbiamo inviata alla Socìetii lombarda un fraterno
saluto, il quate porgeva poi occasione al Pio Istituto di esa-
minare se fosse possibile far causa comune eolla nostra as-
sociazione. Ma lo Statuto, che restringe la Società milanese
ai soli maestri privati dimoranti in Lombardia, che non con-
cede diritto di sussidio ai maestri pubblici, se non quando
845
cciisi Bei medesimi ti earattere di pakbliei {mpiegMi, e ebe
infine non può per ora subire modificazioni , si presentò
come un osiaeeio insuperabile alla riunione delie due So-
«ieiii. Quindi nella generale adunaosa lenuta dal Pio Istituto
il di 8 dicembre 4869 i'essiwblea si limitaf» « proporre
un aUe dì ringradammio e M cmriiaU retasione atta con*
sorella ^Sociefd degTifuegnanii di Memoiile.
Dal sovra esposto apparisce che lutti i pubMici insegnanti
elementari della Lombardia fiossono portare alla nostra So-
cietà un numeroso contingente di soci e contribuire non
poco a renderla sempre più fiorente.
La cassa generale per la Yccchiaia, la quale, per la na-
tura stessa della cosa, non avrebbe dovuto essere ^ nostro
parere una istituzione governativa, non fa ai cittadini in ge-
nerale alcun benefizio che maggiore non possono ^l' inse-
gnanti ritrarlo dalla nostra associazione. I| governo per non
correre pericoli non potè assicurare ai contribuenti nella
cassa della vecchiaia un interesse composto maggiore de!
4. I;S 0 4. 8/4 per cento. Ora tale interesse non ci pare
che possa , almeno per ora , attrarre i cittadini a versare
nella cassa i loro risparmi in quell'abbondanza che è asso-
lutamente necessaria aflBoehè simili istituzioni possano fio-
rire.
La Società nostra dp tutti i supi capitali non ritrasse
finora, in media, meno del sette per cento.
Infine la legge oi)e aumentò gli stipendi ai maestri ele-
mentari ed istituì per essi un Monte delle peneiom^ da un
Iato migliorando la loro oondizione pre9eote li pone in grado
di fare qualche annuale risparmio ohe la nostra Società po-
trà rendere produttivo a loro benefizio; dall'altro lato
non provvedendo che dopo dieci anni a quelli fra i pub-
blici insegnanti, i quali non solamente avranno eompiuti
66 anni di età e 80 di servizio eJBTettivo , ma ebe a tale
epoca non saranno più in istaio di continuare utilmente
nelle loro funiioni, lascia sempre un vasto campo alla no-
846
«tra associazione io cui rendere segnatati bcoCfisi airinCiero
corpo insegnante.
Pertanto la vostra Direzione, lieta di potere anche in
fine di quest'anno sollevare a migliori speranze gli animi
vostri ) mentre v*invlta a leggere nello Specchio economico
seguente i Pelici risuhamenti ottenuti nell'anno 4S59, yi
prega di coniinaare coli' anticipazione della quota e collo
telo per la diffusione della Società a promuovere V iocre-'
mento di cosi provvido Istituto.
Specchio economico dell'esercizio 4859.
Caricafnento,
4. Entrata per iscrizione e quote di
soci dal 4 gennaio al 34 dicembre • • L. 39,573. -^
2. Per frutti di quote • » 9,806. 36
3. Per contribuito di provincie o co*
muni e ogni altro provento. .... » 4,438. 50
Entrata totale deiranno 4859. . . . L 43,547.86
Pondo di cassa del 94 dicembre 4858 » 4^093. 06
Caricamento totale. ...... L. 44,640. 9S
Scaricamento.
4. Acquisto di cedole del debito pub.
per la rendita di U 3430 L. 84,640.80
3. Sussidi a soci, premi, indennità. • » 1,370. 8&
8. Bollettino mensuale degli atti ufficiaK
della Società » 800. ^
4. Personale . *.....•. » S/)00. —
6. Materiale » 4,344. OS
6. Fondo in cassa il 81 dicembre 4850 • 8,755. 74
Totale pari al caricamento. . « L 44,640. 93
817
CapikUe tociole.
4. Capitali già impiegati a tutto no«
vembre 4869 L* 444,384. 32
5. Capitali impiegati nel mese di di-
cembre . • . 9. 8,693. 98
3. Fondo in cassa a tolto dicembre -
1859 . 8,766. 74
Capitak Mate \ . . . . U 45J,684. 09
ProspeUo statistico delle impe^te esatto
nella liombardla damante iranno ISAS. '
I. Imposte dirette.
Aastr. Lire e. lUl. Lire e.
i. Imposta prediale (4)
. ordinaria .. 4 22,443,604 49 49,395,760 44
> addizionale 3 7,481,200 86 6,465,253 35
S. Contribato tulle .
arti e sul commercio 3 . 663,t99 44 478,247 54
3. Tassa sulle rendile 4 2,449,440 08 4,857,546 44
4. Tassa di arginatura 6 93,944 47 84,486 81
» ■ ■ ■ ^ .
83,724,686 24 38,377,993 92
(1) ValotaDdo le spese di riscossione» ossìa l'agio convenuto
cogli esallori delle imposte dirette; la sovrimposta per supplire
alle spese censuarie, oltre la dotazione erariale ; e il prodotto del-
rimposla transitoria pei fabbricati nelle provinCle di vecchio censo,
si ba come ammontare della prediale erariale ta cifra, di italiane
lir. Ì57^i8,078, .
318
II. liàpMU htdiretle.
1. Dazio ^icoRsuflH»
marno 6
6,685^08 88
6,«»f,440 Si
t. » forese 7
8,460,?8S- 54
8,783^)08 86
8. Dogane • • • 8
M39^89 46
8^195,076 89
4. Sati ... . 9
40,688v89l S8
9,386,907 74
6. Tabàeelii ... 40
43,699,909 67
40,976,361 9S
Oir OOHO • . . .44
8,671,838 60
3,333,460 73
7. Tasse (4) . . . 4S
9,180,6»4 80
7,890,744 87
8. Louo .... 48
8,476,086 89
8,004,854 4S
9. Posta (solo in
parte) • • • . 44
469,804 77
896,843 46
40. fiaranaia tM^K
ori ed argenti • 4 fi
65,640 78
66,700 78
44. Verifieaz. e bol-
lo ai pesi e misure 46
67,888 60
58,494 09
4S. Diritti uniti . 47
*
498,467 66
• • • . . .
436,767 IO
.
59,888,773 Sa
54484,483 88
III. IntrodotU dette proprietà detto Suto MóMeH^etìea
e Zeiea.
è. Bebi demaniali . 48i^
9-. Bosehi .... 49^
8. Stamperìa ,.^99
4. Zeeea e partizione 34
S13,47<4 35
70,844 50
506,085 63
44,347,395 44
370,904 44
64,333 81
437,345 99
9,780,406 43
4f9l,3d7,649 49^ 4:0;549,850 67
(4) D) qneMk, iMi IIK> 5,80^00 «f rilMicoao' ad ondili ,
trasferióeiili di posiesM e «ontratti sopra enti imonbilial-ù
l
819
IV. Avanzi del fondo di Ammoriizxazioi%e.
I. Rendita di obbliga*
xioDe dello Stalo « S3 988,882 00 848,974 63
S. Cassa d'Amminislra-
zioDe Sr 83,606 68 71,803 14
«,094,88» 6» 090,376 66
V. ProdaM divenu
I. Prodotti diversi dei-
fa Cassa principale . 34 77,673 81 67,087 99
3. Interessi di Cassa sui
vrglietti del Tesoro • 36 68 38 60 81
8. Tasse per esonero
dal servisio miniare 36 8,030,600 00 1,746,116 30
Somma 3,098,180 68 1,843,304 60
Totalità 107,816,036 96 93,743,609 68
Omettendo l'introito dei
ramo Zecca e le tasse
per esonero dal servizio
militare austriaco, riman*
gono 93,978,330 86 81,316,987 00
Aggiungendo il resto del ramo posta che
nel 1868 s'introitava a Verona, il pro-
dotto dei telegraB, le apese di riscossio-
ne delle dirette, ecc. si giungerebbe per
lo meno a 88|000,000 00
320
notìzie straniere
-rozzo —
• • •
eoiii«iev«to del metalli prealosi
nella €k*att- Bretafiia.
u,
n articolo delV Economiit di Londra reca importanti
ragguagli sul commercio dei metalli preziosi nella Gran
Bretagna. Siccome l'InghiUerra ha il mercato più vasto in
fatto di metalli preziosi, le informazióni che si contengono
in quell'articolo e le considerazioni che vi si svolgono me-
ritano di essere conosciute, per potersi fare un sano crite-
rio in una delle quistioni economiche più ardue dei nostri
tempi.
I metalli preziosi, scrive VEconomist, tono divenuti un
ramo di commercio tanto regolare quanto quello di qual-
siasi altro prodotto estero; e nulla dimostra meglio la po-
sizione elevata che occupa la Gran Bretagna fra le nazioni
commercianti, come la concentrazione di quasi tutti i me-
talli preziosi prodotti nel mondo che giungono prima in
Inghilterra e ne escono per distribuirsi fra i popoli che
ne abbisognano.
Non v'ha stromento di scambii tanto universale quanto
i metalli preziosi, perchè niun altro articolo ha un valore
si costante, invariabile ed universale. Nei paesi che produ-
cono metalli preziosi, tutta l'attività è pressoché rivolta esclu-
sivamente ad estrarli, e quando esistono in grande quantità,
come nella California e nell'Australia, la domanda delle
merci introdotte collo scopo di sopperire aF bisogni delle
popolazioni delle miniere deve necessariamente essere gran-
de. Per queste popolazioni , il metallo preziosQ non è che
321
un meno di procurarei ciò che desiderano. Io regola ge-
nerale è ringbilterra il gran mercato per gli approvvigiona-
menti siano diritti od indiritii. È in loghiUerrè per conse-
guenza che debbono compiersi vasti pagamenti per gli ar-
ticoli consumati dai minatori, e questi pagamenti si Tanno
cogli articoli cb' essi producono , vale a dire con metalli
preziosi, Tutti i caricbi diretti dalla Gran Bretagna per la
California sono quindi pagati in metalli preziosi, come pure
una quantità di quelli destinati all'Australia ed al Messico.
I metalli preziosi sono inoltre esportati in molti casi come
mezzo di pagamento. Gli Stati nord-americani bagnali dal-
l'Atlantico forniscono alla California grande quantità di fa-
rine e di provvigioni che si pagano con oro spedito a Nuova
York od a FiladelGa, e quest'oro diviene un mezzo comodo
di saldare i crediti dell' Inghilterra per le merci che ha
esportate in quegli Stati. Con quelle grandi regioni produt-
trici d'oro ed argento, i metalli non possono più servire
lungamente come pel passato, unicamente a regolare gli
scambii nella loro trasmissione da uno in altro paese. Que-
sti paesi , di recente scoperti , hanno cambiato interamente
il carattere del commercio dei metalli preziosi. Per lo pas-
sato si considerava l'uscita dei metalli preziosi qual sintomo
pericoloso^ da qualunque parte venisse, perchè attestnva
una situazione svantaggiosa degli scambii , mentre che per
ragione inversa, un'importazione di metalli preziosi era ri-
guardata qual favorevole indizio. Presentemente V importa-
zione e r esportazione dei metalli preziosi non ha più im-
portanza di ciò che aver ne possa l'importazione e l'espor-
tazione di qualunque altro articolo di traffico. Egli è tutta-
via vero che quando il deposito dei metalli preziosi è re-
lativamente ai bisogni della Banca, superiore od inferiore
della quantità normale e regolare, si può attribuire un'im-
portanza più 0 meno grande al movimento dei metalli pre-
ziosi , m^i non altrimenti di quella che accordiamo all' im-
portazione ed all'esportazione del cotone e della seta o di
Am^i^u. Slatialicat voi. XXI Fp serie 3.* 31
32i
qualsiasi altro prodoUOt quando i depositi sono in oq modo
anormale deboli o forti. E se l'Inghilterra riceve dai grandi
paesi produttori d*oro e d'argento oonsidereyoli quantità
del loro articolo in cambio delle sue esportazioni, egli è
naturale che questi metalli non possono essere utili che in
quanio la mettono io grado di procurarsi nelle altre parli
del mondo le materie grezze od altre derrate che le eoo-
sentano di produrre alla sua volta gli articoli d'esportazione.
L*oro e Targento, per importante che sia rufficio loro come
base del valore presso tutte le nazioni civili e come mer
talli di cui si Tanno quasi tutte le monete, sono ora in
roaUà , più che pel passato , semplici merci a cui si attri-
buisce un vantaggio particolare, e per la ragione che hanno
ovunque un valore pressoché stabilito e sono merce costao*
temente richiesta.
Il prospello del movimento dei metalli preziosi nel primo
semestre 4859 aliesla che le importazioni e le esportazioni
si sono pressoché equilibrate. Le importazioni d'oro e di
argenio riunite sono siale di 49,958,044 lire sterline e la
esportazioni di 13,37i,649 lire sterline. Nello slesso periodo
del 4858 le importazioni superavano considerevolmente le
esportazioni, avendone la Banca d' Inghilterra ritenuta una
notevole quantità per colmare la deficienza della sua ri-
serva , prodotta dalla straordinaria richiesta dèli' autunno
4857.
Nei sei primi mesi del 4858, le importazioni d'oro e
d'argento riunite erano di lire sterline 45,470,920, e le
esportazioni di sole lire sterline 40,740,820, donde segue
che in quel periodo fu consumato od aggiunta al deposito
la somma di 5,430,400 lire sterline. Si vede dunque che
il commercio dei metalli preziosi si è elevato alla straordi-
naria somma di 40 milioni di lire sterline in importazione
e di eguale somma per le importazioni, cioè in complesso
80 milioni di lira sterline. Volendosi apprezzare Y incre-
mento del commercio generale estero della Gran Bretagna,
ne giunsero direitamenle dai paesi di prodoiione 40,47S,6S8
lire sterline, mentre ehe non ne arrfyarono clie 4,368,000
lire sterline dai paesi eiie avevano fatto aso dell'oro come
del mezzo più comodo di rimessa. La differenza nei due
casi consiste m ciò che nel primo, Foro debb* essere stato
esportato come qualunque altro prodotto eccedente , senza
che si abbia avuto molto riguardo allo stato dei prezzi;
mentre che nel secondo, è impiegato miicamente come il
miglior modo di rimessa pel momento. Nel primo caso ,
noi abbiamo un'addizione novella al deposito dell'oro die
già esiste , neir altro non abbiamo che una nuova distribu-
sione del deposito esistente.
Quanto all'argento importato, sulla somma complessiva
di 8,2S7,483 lire sterline, ne giunsero direttamente dalle
contrade di produzione 1,806,902 lire sterline, come il pro-
dotto immediato del lavoro di quei paesi, mentre che uod
ve n'era meno di 6,420,618 lire sterline rappresentanti una
nuova distribuzione del deposito d'argento già esistente e
di cui più di emette milioni provenivano dalla Francia e
dal Belgio, che avevano diminuito in questa proporzione
la loro moneta d'argento in circolazione.
il prospetto delle esportazioni di metalli preziosi du-
rante lo stesso periodo , ci fa vedere come era colmato il
vuoto cosi prodotto: sulle 9,643,413 lire sterline d'oro espor-
tate, non ve n'erano meno di 8,301,266 spedite in Francia
per surrogare l'argento esportalo direttamente da una parte
in Inghilterra e dall'altra in Oriente, dai porti del Mediter-
raneo per conto della Gran Bretagna, e sull'argento espor*
tato, la cui somma ascendeva a lire sterline 9,859,206, ve
n'erano 8,832,308 inviate in transito in Egitto per l'India,
la Gina ed altre piazze dell' Oriente, di cui 6,935,460 per
la sola India.
Il risultato principale di questi rapporti è che la por-
zione più importante di tutti i metalli preziosi ora prodotti
in varie parti del mondo e assorbito dairOriente , e quindi ^
334
non gi deve perdere di vista questa nuovn grande partieo-
lariià. Quei valori dovrebbero essere aggiunti alle somme
delle importazioni ed esportazioni quali sono dati general-
mcnte, ridotte alle altre mercanzie e senza comprendervi i
metalli preziosi. Siffatta esclusione non ba più ragione d'es-
sere, poiché le importazioni d' oro e d' argento rappresen-
lano cuntratiazioni oommerciali cosi reali come quelle che
consistevano in altri propotti.
L*oro enira nelle importazioni per la somma di 4I,730,5S9
lire sterline : se se ne esamina la provenienza si vede che
ciralmente dairindia Inglese. È vero che il metallo prodotto
in più gran parte nelle nuove regioni è Foro, mentre che
il metallo esclusivamente assorbito dairOrienie è l'argento.
Ma questa apparente contraddizione non indebolisce la no-
stra spiegazione. Le cose avvengono nel seguente modo:
Toro è prodotto nella California e nell'Australia: è espor-
tato principalmente in Inghilterra in pagamento dei pn»do(ii
manufatti: di là è spedito nel continente e cambialo con*
tro argento principalmente in Francia, ove la moneta d*oro
si sostituisce r;/pidamente alla moneta d'argento, che prima
era in uso quasi cslusivo. L'argento è preso in cambio del-
l' oro e spedito in Oriente ^ in saldo della bilancia dovuta
per le grandi importazioni che fa l' Inghilterra di seta , di
lana, d' indico, di semenze, di lino, di *ihe, di zucche-
ro, ecc. ; ed una volta in Oriente vi rimane. I prodotti delle
miniere d'oro della California e dell'Australia , dopo essere
slati scambiali eoi depositi accumulati dell'argento d*Europa,
è per tal modo deposto nell'India e nella Cina, e sottratto
alle monete delle nazioni incivilite, cosi completamente
come fosse di nuovo sepolto nelle viscere della terra. Ne!
periodo che abbiamo esaminato, abbiamo fatto vedere che
un valore di 40,462,523 lire sterline- in oro era stato im-
portato in Inghilterra dai paesi produttori, che ne era stato
eoportaio per un valore di 9,543,448 lire sterline soprat-
tutto pel continente europeo, ed una grande parte per la
82S
Praficin, o«e fu espuriata una somma di lire sierliné 9,859,906
in argeDio , di cui non furono spedile in Oriente meno di
f(,833,80S lire sterline. L'oireratione è semplice ed è seni'
pre siala falla nella stessa guisa delle grandi scoperte delia
California e dell' Australia. 1 meialli preziosi prodotti nei
nuovi paesi sodo stati direiiamenie od indireilsmeote assor-
-bili nei paesi più anticamente conosciuti del commercio, ed
è probabile che nei grandi paesi commercianti d'Europa e
di America, il deposilo dei metalli preziosi non si è naiu*
ralmenie accresciuto di molto dopo quelle scoperte. Che'
siifjiio trasporto dell'oro fatto indirettamente, come abbiamo
spiegalo, dai paesi nuovi negli amichi paesi, ove veramente
rimane sopratuiio accumulato, abbia dato un grande im-
pulso al commercio, non si può mettere in dubbio. Egli
ha -aperto in primo luogo una sorgente nuova di lavoro
profìlievole nei nuovi paesi ad un gran numero di persone,
i cui bisogni hanno fatto sorgere nuovi mercati per le bri-
tanniche mantfatiure , ed hanno in secondo luogn Tornilo
all'Inghilterra i mezzi di pagamento per la produzione ra-
pidamente crescente dell'Oriente tanto imporianie per (jnelle
manifatiure. In questa misura ed in quesiti caso, le scaperle
dell'oro hanno stimolato il commercio; ma- i loro e(Tet(i
Sul commercio inglese non vanno al di. \h- di quei lioiiii.
-M)Oo—
Statlntlc* 4l Landra.
Togliamo'al catendario degl'indìrìizi di Londra per l'anno
4860 i seguenti dati slatisliei. Londra conia quasi, due mi-
lioui e mezzo di abitanti, che vivono in 300,000 case. Seimila
avvocali sono di continuo occupali ad imbrogliare o a com-
porne le contese, ed 830 pastori tengono il governo delle
anime in 429 chiese e 433 oratorii. Delle chiese, AH ap-
partengono agl'indipendenli/ 100 «'battisti, 77 ai weìUitini,
4
8S6
S» ai eailoliet , 10 ai caWioisii e IO a' presbiteriani , 7 ai
qttaceberi e 10 agi' istraelìti. Moke altre sette hanno pel
loro oso4in numero stragrande di oratori!. Vi sono SdOO
fornai, 1700 botteghe di roacellaiOf 8600 negozi di droghe,
ISSO eaSè e 1600 tenditoi di latte airiocirea. A S400 som-
mano i. medie! regolarmente pa tenta ti» oltre un numero in-
finito di medici non patentati; i becchini sono quasi 500.
Air abbigliamento ed alla eleganza servono 3000 calzolai,
8tf50 sartii 1080 negozianti di mode. 1 luoghi ove si presta
sopra pegno sono 290. Mille cinquecento scuole danno al
popolo la necessaria istruzione.
— oOo—
munim dleUe pobiiUelie rendite «ella Gw
BvetofB» ael IMKA»
Lire sterline. Fraocbi.
Dogane S4,8i4,679 690,614,475
Assise 19,041,060 476,025,000
Bollo 7,976,981 199,484,525
ImposU diretta 84181,000 80,775,000
Tassa sulla proprietà • . . 6,077,106 161,987,650
PosU ........ 8,226,000 80,626,000
Terre della Corona . • . 882,079 7,051,975
Diverse 1,412,724 85,818,100
66,070,468 1,651,761,725
D. G. C.
SS7
NUOVE COMUNICAZIONI
PER BIEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
Stattotlca del prodiatil delle «tradie ferrate Mirde
pel mese dil ettobre 186fl«
Linea da Torino a Genova,
li proventi delF importante linea di Genova ed Arona
aumentano di mese in meae« Quelli di ottobre si ripartono
nel modo seguente:
iBbd i8U8
Viaggiatori e bagaglio • . L 476,656. 36 443,698. 20
Merci a gaan velocità. • > 74,648. 35 62,285. 61
Merci a piccola velocità . » .634,000. 47 444,688. 60
Prodotti varii » 46,834. 49 47,068. 87
L. 4,496,927. 46 924,744. 28
L* aumento è di lire 361,485. 88, a cui contribuirono i
trasporti della piccola velocità per 200 mila lire circa.
Il prodotto chilometrico è di lire 4429. 86, contro lire
3424. 96 nel 4858. È il provento più elevato che siasi
finora conseguito.
Linea da Alessandria ad Aequi.
Anche questa linea presenta un aumento discreto come
dal seguente prospetto:
3S8
1859 1858
Viaggiatori e bagaglie • . L. 20,076. 65 18,494. 55
Merci a gran veloeilk . . . » 4,385. 80 4,061. 09
Merci a piccola velocità . . » 8,902. 70 2,828. 80
Prodotti varii > SO. 60 SS. IO
L. 25,S95. 75 22,407. 64
L* aumento è di lire 2988. 2i, ciò che porta il pro-
vento cbilometrico^a lire 659. 04 a lire 746. 93.
Linea da Torino a Pinerolo.
L'incremento della linea di Pinerolo è ancora più sen-
sibile. I prodotti sono i seguenti:
1859 1858
Viaggiatori e bagaglie . . L. 84,765. 80 88,210. 10
Merci a gran velocità. . . > 2,042. 55 1,792. 20
Merci a piccola velocità . . » 10,147. 86 7^09. 20
Prodotti varii > 7. 70 16. 10
L. 46,963. 90 42,526. 60
Appare da questo prospetto T aumento di L. 4437. SO,
per cui il provento chilomelrieo é salito a lire 1,235. 90 da
tire 1119. 12 nel 1858.
Linea da Moriara a Vigeììano.
Continuano ad aumentare i proventi del tronco di Vi*
gevano, essi sono:
Viaggiatori e bagaglie • .
Merci a gran velocità . • •
Merci a piccola vejocità • .
Prodotti varii • . . . •
48?9
4858
L.
4,6S7. 00
5,638. 10
»
504. 70
656. 65
»
S^OS. 16
4,837. 75
» »
2!i. 80
L. 14,038. 85 10,466. SO
8S9
L'aumento ò di lire 3577. 56 e proviene esclusivamente
dai trasporti delle merci.
Il prodòtto chilometrico è salito da lire 804. S3 a tire
4079. 63.
Linea da Genova a YoUri.
Pel tronco di Voltri invece se non vi ha diminuzione
non vi ha neppure aumento.
1 prodotti si dividono come segue:
i859 i858
Viaggiatori e bagaglio. . , L. 33,740. 60 24,(76. 36
Merci a gran velocità. . . » ' 423. 25 459. 41
Merci a piccola velocità . . » 1,314. 60 893. SO
Prodotti varii » 13. 96 13. »
L. 25,492. 40 25,541. 76
La differenza in meno non è che di lire 49. 36: il pro-
vento chilometrico non è quindi variato che da lire 1 702. 78
a lire 1699. 60
Linea da Alessandria a Piacenza.
II giorno 20 del mese di ottobre essendo stato aperto
il tronco da Castel S. Giovanni a S. Nicolò di 13 chilome-
tri, l'estensione della linea fu portata a 107 chilometri e
r estensione media del mese a 99 chilometri»
I prodotti sono stati i seguenti :
.
1859
I8S8
Viaggiatori e bagagUe. . 'L.
63,076. 80
5S,S75. >
Merci a gran velocità . . ».
8,346. se
8,984. 16
Merci a piccola velocità . •
S<,98». 65
d8,784. 96
Prodotti varii . . . . >
938. 64
79. 66
L. 404,350. 74 100,133. 76
S80
L'aumento non è che di lire 41 S6. 99, meotre Taa-
mento dell' estensione esercitata è di 16 chilometri, il pro-
dotto chilometrico è perciò disceso da lire 1S06* 81 a
h. 1058. 08.
Linea da Torino a Cuneo.
Continua la diminuzione dei prodotti sulla linea da To-
rino a Cuneo. Essi si dividono come segue:
1859 1858
Viaggiatori e bagaglio • . L. 407,866. 50 119,943b 09
Merci a gran velocità . • > 7,869. 10 8,076. S5
Merci a piccola velocità . » 87,6S8. 17 55,680. 20
Prodotti varii > 366. SO 136. 05
L 159,6S8. 97 183,886. 59
La diminuzione sofferta è di L» 81,306. 63, a cui con-
tribuirono cosi la grande come la piccola velocità.
Il prodotto chilometrico è disceso da lire 1784. 80 a
lire 1481. 83.
Linea da Bra a CavaUermaggiore.
Anche questo piccolo tronco presenta una diminusione
per lire 965. 35, per cui il provento chilometrico è disceso
da lire 611. 83 a lire 688. 85. I prodotti si dividono nel
modo seguente:
4859 1858
Viaggiatori e bagaglio . . . L. 6,816. 4b 6,655. 91
Meroi a gran velocità ... * , 811. 9 475. 85
Merci a piccola velocità ... » 871. 91 833. 86
Prodotti varii > 9. » ». »
L 6,998. 61 7^9»3. 86
091
Questo trooeo è quello ebe rappresenla un prodotto più
risiretto fra tutte le linee dello Stato.
I prodotti complessivi delle strade ferrate e della na«^
vigazione del Lago Maggiore ascesero nei dieci primi mesi
del 4869 a L. 11,619,481. 4S
1858 » 9,495,001. 18
Donde T aumento nel 1859 di • • L 3,134,419. 99
Se però si confrontano soltanto fra loro i risultati delle
linee esercitate dallo Stato nell'anno scorso e nel corrente
anno si hanno i seguenti risoltati:
Aumento:
Genova . . . L. 1,170,588. 61 per chil. 4885. 81
Pinerolo. . . » 9,788. 86 » 357. 60
Acqui. ...» 4,678. 87 » 135. 88
Diminuzione :
Veltri . . . L. 16,548. 68 per chil. 1108. 34
Vigevano . . » 8,891. 47 > 645. 50
Stattotlca dei prodotti delle «trade ferrate dell»
Franelà per prinai nave mesi deirAon» 18A9»
Il ministero de' lavori pubblici di Francia ha pubblicato il
prospetto de' prodotti delle strade ferrate ne' primi nove mesi.
1 prodotti sono i seguenti per ciascun trimestre;
1859 1858
i.^ Trim. L 83,553,868 70,374,970
3.'' > > 98,837,136 78,686,609
SJ" > > 103,665,676 98,313,470
L. 388,555,665 343,174,049
L'aumento del 1869 é di L. 41,881,616.
L'estensione delle linee esercitate è aumentala dal 1,^
oUobre 1858 al 80 settembre 1859 di 849 chilometri, cioè:
Nord 48, Est 40, Ardenne 86, Ovest 45, Parìgl-Mediler-
raneo 84, Lione-Ginevra 8, Mesiodl 99, Graissessae a Be-
tiers 9.
L'esionsiofie delltf rete che il SO setlembre 1859 en
di chiL 8'J76, nel 4858 era di 8627.
L'estensione media de' nove oiesi è nel 1859 di cbiL
8801, e pel 1858 di 791 9«
Il prodotto chilonìetrico è salito da L. 30,581 a lire
82.249 con aumento di lire 1638, ossia 5,36 per 100.
Lione a Ginevra è aumentata di 36,93 p. 400. Delfinato di
82.20, Parigi Mediterraneo di 47,88, Ardeone di 5.71, Est
di 5.59, Cinta di 2,46 Orleans di 0.49.
Sono diminuite le linee dì Anzin a Somain di 42.74 ,
Nord di 6.77, Carmauz ad Albi di 4.95, Ovest di 0.54.
Da*prodotli sono stati tolti diritti d' imposta del decimo
cbe nel 4859 banno fruttato uirerario fr. 45,947,338 coih
tra fr. 43,374,903 nel 4858.
Ecco il prospetto de'proventi:
4859
48S8
Nome
delle linee.
Nord •
Est. .
Ardenne
Ovest .
Orleans
s s
SO)
Si *5
u
Chi!.
960
4622
455
1182
1743
Parigi Med. 4844
Lione-Ginev. 230
DelGnaio . 429
Mezzodì • 802
Cinta • . 47
Graissessani^-
Beziers . 5)
Bességes-Ahiis 32
AazIfi'Soniain 19 ^^
Carmadi-Àlby 45hJ
FrodotCo
dei
9 mesi
Pr.
40,))45,5f9
43,367,694
2,358,914
^6,687,673
49,591,524
86,554,303
3,761,344
4,871,050
15,033,149
1,068,892
233,198
832,664
222,665
427,072
e— ^
^ 3
o
ba
ChiL
879
1*J32
74
4029
4525
4744
213
103
777
47
52
19
8
Prodotto Prodotto chilOfD^
9 mesi 4859 1858
Fr.
4O,413y406
39,926,737
4,022.467
32,103,288
43,308,354
68,250,685
5,220,239
4,430,001
41,087,791
4,043,280
2,272
659,464
255,075
74,293
Fr.
42547
26737
45219
31039
28452
46938
20704
44504
48745
62876
Fr.
4563IS
260G2
44397
31199
28399
39820
45448
40974
44270
64369
4573
26024 49983
44719 43425
8474 8912
Tot.cnied. 8801 283,555,665 7919 242,474,049 32219 «)58'
S3S
■SBE^^mAB
INDICE
DELLE MATERIE G0I4TENUTE NEL PRESENTE VOLUME.
iwa«i*
lUss^NÀ Qi Opeeb Italurb»
I. i^uova edizione delle opere eompleie tanto edite ohe ine-
dite di JYicolò MachiaveUi pag. 3
II. Biblioteca dell' economista ; diretta dai professore Fran*
eesco Ferrara • » 4
III. 9alIetlino dell' istmo di Suez; diretto dal professore Ugo
Calindri » 5
IV. Grande illustrazione del Lombardo* Veneto ; di Celare
Cantù » 6
VIL La storia d'Ilaliu raccontata ai giovanetli da Giuseppe
La Farina,
Vili. Compendio della storia d'Italia; di luigi Zini . png. ii3
IX. Rendiconto per l'anno 1853 della Commissione promovi-
trice della educazione dei sordo-muli nella provincia di
Milano » il4
X. Intorno la vita, le opere e le dottrine del celebre Luigi
Molinari Faleriani; Memoria dì Andrea Camzzoni
Pederzini » ii6
XI. Inaugurandosi le scuole serali per gli adulti in Vigevano
li 30 ottobre i859; prolusione del qav. Ercole Luigi
Scolari,
XII. Sullo stalo deir asilo Infantile e scuola superiore delle
fanciulle in Agliè, negli anni 1857 e 1858. Decima rela-
zione di Lorenzo Falerio >» Ìi7
XIII. Archivio storico italiano e giornale storico degli Archivi
toscani. Tomo X, dispensa i.' » 225
XIV. Sludj topografici e strategici snir Italia; di Luigi t Carlo
Mezzacapo .••.•....» 226
834
XT» Imposte od olili aIojjì Mttlfficte iiÉDft To&nis} per Ah*
irta Meneghini pag.
RaSSICMA di OpOUI STKAmEBB.
V. Hittoire politique de l« rerolation de Hoogrie dans let
nées I847-B9; par Daniel Tlrangi et Charles Louis
Chassin.
VI. La Groatie et la Confederation italieone aree ane intra-
dnclioD; par Lsanes Lsdui • 6
XVI. Da salaire; par Charles Lehardy de Beaulieu. . • 3i7
XVII. De la proprietè litterairo et da droit de eopie ; par M.
yfolowski
XVUl. Da droit iiidaatriel ; par if. ^« C. Msnqaard
XIX* Le paoperbme et les associations de preróyaneo, non-
f elles elodea sor les sociétea de aecoora niatoels« par M.
Emile Laurent
XX. NegoUations diplomaUqoea de la Pranee aree la Toscane,
documena recueillis, par Giuseppe Canestrini et pobliés
par Jtbel Desjardins » 3S8
MuoBiB Originali, Estbatti bd Analisi di Opbeb.
Meir occasione del riaprimento dell'Ateneo di Bergamo e della
ioaogarazione di on nuovo basto del Tasso; discorso del
Gan. Giovanni Finazzi • . • • , . • 7
D'nn nuovo diriUo europeo; libro di Terenzio Mamiani^
con un'appendice suir ottima congregasione umana e sul
principio di nazionalità • . • , j» S2
lllustrated Hand-Book of Arcbitectore : by James Fergusson,
Vorlesuogen nber Archileclur; von profes. Gatlfried Semper • 48
L'Italia ed il Piemonte. Sludj economici •149
Muovi studj intorno alla riforma dell' istruzione in Italia . « 135
D'un nuovo diritto europeo; libro di Terenzio Mamianif eoa
un' appendice sull' ottima congregazione umana e sul prin-
cipio di nazionalità (Art. H.) » 148
Dei progressi del diritto nella società , nella legislaaionc e
8S5
nelli scienxa durante V ultimo secolo , in rapporto coi
prìoclpii e con gli ordini liberi; discorso dell' arrocato
Pasquale Stanislao Mancini pag. i62, 3G5
lotoroo air attuale condisione dell' islrozipne popolare nel no-
stro regno: Memoria di Giuseppe Sacchi^ stata Iella al-
IMsUtuto delle sciense» lettere ed arti di Milano, nell'adu-
nanza del 29 dicembre i8S9 • . . , 229
Del commercio italico; Lettera terza del prof. Luciano *Sca-
rabelli « 240
NuotI studj sulle forze produttive della Lombardia; di Emi»
Ho Laveleye • 268
Geografia b Viagoi.
Viaggi d'esplorazione fatti in tutte le parti del mondo negli
anni i8»8 e i859 57
I nuori riaggiatori nell'Africa. • • » 61
Incoraggiamenti promessi ai nuovi viaggiatori nell' Africa cen-
trale . . . . , . . . . . . • . . . • » 62
La baia di Humboldt in California «ivi
II Congresso degli economisti della Germania • • • • • 63
Notizie Italunb.
Statistica delle scuole elementari degli Stati sardi e della
Lombardia durante l'anno i857 « 65
Statistica degli Asili infantili negli Stati sardi durante Tanno
1857 » 79
Il nuovo prestito sardo «SI
Movimento commerciale degli Stati sardi nel primo seme-
stre 1859 . , » 88
Statistica dell' istruzione secondaria ed universitaria negli Stati
sardi durante Panno 1857 •177
Rendiconto finanziario dei Governo delle Romagne dal giugno
al dicembre 1859 » 289
Le scuole serali di Torino *» 505
Rendiconto dell' ottava adunanza tenuta dall' Istituto de' mae-
stri di Lombardia VS dicembre 1859. Parole lette dal
presideute cavaliere Ignazio Oàniù * 508
I
336
Rendiconto per l'anno i859 della Società di motao soccorso
fra gli insegnanti delle prorìncle sarde «... pag. 5iS
Prospetto statistico delle imposte esatte nella Lombardia do-
rante l'anno i858 . » 317
NoTiziB Straribrb.
♦ • ■ •
Cassa di Risparmio di Parigi . • * • ( D. G. C. ) » tK
'MaoTO rendiconto delle finanze austriache per fli anni 1857
e 1858 , . . . . m ÌM
Statistica dell'impero del Marocco* .'. .. . . . * m ÌQS
Statistica della giustisia criminale in Francia durante l'anno
i856 m iSè
Cenno sulla pubblica beneficenza di Parigi nel i858 (D.G.C.)» 218
Il commercio dei metalli preziosi nella Gran Bretagna . » 320
Statistica di Londra ,..•« 5%
Sunto delle pubbliche rendite della Gran Bretagna nel 1859.
(D. G. C.) . . . , ; » 526
Ndovb GOHmicizioNi pEB MEZZO DI Ganau , Staadb noKÀik
B Ponti di ferro.
Rendiconto delle strade ferrale degli Stali sardi nei primi
nove mesi degli anni 1958 e 4859 ••**••» 107
Studj comparativi sqllé strade ferrale •» 214
Delle presenti condizioni delle strade ferrale francesi • » 215
11 traforo del Cenislo ...•.'.. » 222
Slatislica dei prodotti disile strade ferrate sarde pel mese di
ottobre 1859 «327
Statistica dei prodotli delle strade ferrale della Francia pei
primi nove mesi dell'anno 1859 » 351
FINE DEL VOLUME XXIV .•
Serie 3«*
• Giuseppe Saochi, Gerente responsabile.
Pi'tHIInl