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Full text of "Annali universali di medicina"

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ANNO  ss; 


ANNALI     UNIVERSALI 

DI' 

MEDICINA 

FONDATI     DAL     DOTTORE     ANNIBALE     OMODEI 
CONTINUATI    E .  DIRETTI    DAL     DOTTORE    . 

ROMOLO     GRIFFINI* 

GAY.  DEL  R.  ORD.  MAURIZIANO  E  DELLA  LEQ.  D'  ONORE  ;  MEMBRO 
DEL  CONSIGLIO  DEGLI  ORFANOTROFI  E  LL.  PP.  ANNESSI;  MEM- 
BRO DELLA  COMMISSIONE  ESECUTIVA  DELLA  ASSOCIAZIONE  MEDICA 
ITALIANA  ;  MEDICO  PRIMARIO  PRESSO  L'  OSPEDALE  MAGGIORE  DI 
MILANO;  DIRETTORE  F.  F.  DELLA  PIA  CASA  DEGLI  ESPOSTI  E  DELLE 
PARTORIENTI    A    S.    CATERINA   ALLA  RUOTA;    SOCIO   DI  VARIE   ACCA- 

DEBflE   NAZIONALI  ED   ESTERE. 

1867. 


Volume    COI. 


SERIE    QUARTA.    VOL.     LXV. 


Luglio,  Agosto  e  Settembre  1867. 


MILANO 

PRESSO   LA    SOCIETÀ  PER  LA  PUBBLICAZIONE    DEGLI   ANNALI  UNIVERSALI 

DELLE     SCIENZE     E     DELL*  INDUSTRIA 

Nella  Galleria  De- Cristo foris 
1867. 


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AMALI  UNIVERSALI  DI  lEDMINA 


VoL.  CCI.  —  Fa8c.  601.  —  LvQUO  1867. 


Seffiri  cliiilel  di  medleliia  operati  va  ijp^r  BOTTIMI 

dott.  BiiBico«  chirurgo  capo  operatore  e  profes-- 
sore  cT  ostetricia  presso  lo  Spedale  Maggiore  della 
Carità  in  Novara.  (  Continuazione  della  pag.  319 
del  voi.  200,  fase,  di  maggio  e  giugno  1867,  e  Fine  ). 

JLa  esportazione  di  un  tumore  ovarico  colle  proprie  ap- 
pendici è  senza  dubbio  una  delle  più  audaci  e  formidabili 
imprese  terapeutiche.  Uomini  eccelsi  per  sapere  ed  intra« 
prendimento  non  si  peritarono  nel  chiamare  la  ovariotO'- 
mia  un  folle  e  temerario  esperimento.  Morgagni,  Saba- 
tier,  Dupujtren  e  Cooper  si  pronunziarono  senza  reticenze 
di  simile  avviso,  né  fa  difetto  oggigiorno^  l'autorità  di 
nomi  per  biasimarla,  per  lo  che  sia  per  la  diflScoltà  del 
diagnostico,  ovvero  pei  pericoli  cui  espone,  fatto  è  che 
pochi  ebbero  l'ardire  di  assumersi  la  risponsabilità  dei- 
Tatto.  Solo  i  chirurghi  inglesi  poco  curanti  delFostraci- 
smo,  cui  sembrava  rilegata  la  ovariotomia,  colla  perti- 
nacia di  propositi  propria  della  loro  razza,  ripresero  il 
tema  abbandonato  dai  loro  avi,  lo  coltivarono  con  mira- 
ci bile  ardore,  fino  a  presentarlo  fornito  dell* aur^o^a  del 
l>  ;  successo.  Nò  tardarono  le  prove  a  convincere,  solennemente 

che  a  guisa  delle  altre  ardite  imprese,  cui  si  onora  1*  arte 
'   nostra,  la  ovariotomia  aveva  pien  diritto  di  sedere  fra  le 
legittime  operazioni. 


395885 


4 

Ed  invero  Nélaton ,  Koeberlé ,  Verneuil ,  Courty  in 
Francia,  Krassówsky  in  Russia,  Tracy  nell'Australia, 
Montet  in  Svizzera ,  Mootooswmy  Moodelly  nelle  Indie , 
riprodussero  al  naturale  i  fatti  incredibili ^  nari*ati  da  Ba- 
ker-Brown,  Clay  di  Manchester,  Tyler  Smith,  Keith, 
Spencer  Well  e  Bryant.  Ed  i  risultamenti  favorevoli,ìungi 
dallo  sgomentare  per  la  loro  eccessiva  parsimonia,  furono 
per  converso  quelli  che  meglio  convinsero  col  loro  facile 
eloquio.  Valga  a  comprovare  una  simile  aflFermazione  la 
seguente  statistica  tolta  dall'opera  di  Churchill  («  Disea- 
ses  of  Women  »). 

1.**  Clay  (di  Manchester)  fino  all'agosto  1863  aveva 
eseguite  105  ovariotomie  ottenendo  72  guarigioni  perfette. 

2.®  Courty  verso  la  medesima  epoca  annoverava  22 
successi  sovra  50  operate. 

3.*^  Tyler  Smith  fino  allo  scorcio  del  1864  sovra  21 
ovariotomie  riportava  16  guarigioni  complete: 

4.^  Bird  al  1860  sovra  12  estirpazioni  complete  di  tu- 
mori ò varici,  segnava  8  risultati  favorevoli. 

5.^  Keith  al  1863  sovra  9  operazioni  di  ovariotomia 
deplorava  soltanto  3  casi  di  morte. 

6.^  Spencer  Wells  al  30  novembre  1864  aveva  prati- 
cate 114  estrazioni  complete  di  tumori  ovarici,  ottenendo 
76  guarigioni  e  38  esiti  funesti. 

7.**  Koeberlé,  che  spinse  l'audacia  alla  temerità,  reci- 
dendo la  intera  porzione  sovra  vaginale  dell'  utero,  le  due 
ovaja  ;  non  che  un  tumore  fibroso  endo-addominale  del 
peso  di  7  chilogrammi  con  esito  felice  ,  al  1 864  avea 
praticate  12  ovariotomie ,  lamentando  tre  soli  rovesci. 
L'ardito  chirurgo  di  Strasburgo  nella  Memoria  pubbli- 
cata a  cotesto  riguardo  («  De  l'ovariotomie  ».  Paris 
1865)  riferisce  ad  una  ad  una  tutte  le  osservazioni,  cor- 
redandole de'  maggiori  particolari ,  e  per  fermo  scor- 
rendo le  medesime  si  rimane  meravigliati  della  moderata 
reazione  che  tenne  dietro  ai  casi  felici,  uso  come  è  Kfte- 


5 

berle  a  sparare  il  ventre  dalla  appendice  ensiforme  al 
pube,  in  modo  da  aprire  la  cavità  addominale  come  si 
dischiudono  le  persiane  di  una  finestra. 

8.^  A  quanto  aflFerma  Herrera  Vegas,  Nélaton  a  buona 
parte  del  1864  aveva  di  già  eseguito  8  operazioni  di  ova- 
riotomia,  con  4  risultati  favorevoli. 

9.**  Bryant  nel  «  Lancet  »,  19  gennajo  1867,  rapporta 
7  osservazioni  particolareggiate  di  ovariotomie  da  esso 
lui  eseguite,  ottenendo  6  guarigioni  compiute,  ed  1  solo 
rovescio. 

In  faccia  ad  una  statistica  cotanto  eloquente,  non  ab- 
biamo altro  dilemma  a  proporre:  od  accettare  per  vere  le 
cifre  sovra  esposte,  ed  in  tal  caso  la  ovariotomia  non  ri- 
chiede alcuna  altra  argomentazione  per  essere  accetta , 
ovvero  rifiutare  la  veridicità  dei  fatti  sovra  esposti,  ed 
allora  rovesciare  d' un  colpo  la  base  sovra  cui  la  mede- 
sima si  eleva. 

Convengo  io  pure  che  non  tutte  le  operazioni  fu- 
neste saranno  state  consegnate,  epperò  la  statistica  può 
essere  infedele  nelle  proporzioni,  d'onde  uno  squilibrio  fra 
i  risultati  favorevoli  e  gli  infausti;  ma  ciò  non  scema  di 
un  atomo  l'effettivo  dei  successi  ottenuti. 

Vorremo  noi  discendere  privi  di  prove  contradditorie 
ad  oppugnare  la  onestà  e  la  fede  di  chi  produsse  simili 
osservazioni?  È  conforme  al  vero  che  uomini  preclari  per 
dottrina  e  fama  si  sieno  vergognosamente  da  più  punti 
del  globo  stretti  a  patto  segreto  per  celebrare  un  as- 
surdo? Con  qual  diritto  potremo  poi  appoggiati  a  pochi 
esperimenti  infruttuosi  imporre  l' insuccesso  ad  altri  che 
già  annoverano  centinaja  di  casi  volti  a  bene?  Sarebbe 
boriosa  arroganza  ed  un  inconsulto  vandalismo  operato 
nel  patrimonio  della  osservazione,  che  è  quanto  di  me- 
glio esatto  ci  rimane  nella  tradizione  delle  nostre  di- 
scipline. 

Non  niego  che  ove  si  trattasse  di  un  argomento  te- 


6 

rapeutico  che  avesse  operati  miracoli,  puta  il  caso  con- 
tro il  cholera,  la  epilessia,  1* idrofobia,  potremmo  di- 
scutere se  i  tali  0  tal*  altri  casi  erano  davvero  pretto 
cholera ,  epilessia,  od  idrofobia  conclamata.  La  semiot- 
tica è  cosi  elastica,  che  solo  nell*  esagerare  anche  di  poco 
la  fenomenia  morbosa,  si  può  generare  e  travedere  un 
diverso  fatto  patologico. 

Nella  fattispecie  però  1*  abbaglio  non  può  avere  co- 
tale scaturigine,  perocché  trattasi  in  ogni  caso  di  fatti 
concreti  ed  uniformi  neir essenza,  vale  a  dire,  tutte 
le  donne  operate  di  ovariotomia  subirono  il  fendimento 
del  ventre,  e  l'esportazione  d*un  tumore  o varice  dal  me- 
desimo, loccbò  costituisce  il  momento  causale  della  mag-« 
giore  gravità,  ed  il  solo  che  possa  animare  delle  contro^ 
versie.  Sarebbe  uno  specioso  argomento  invocare  come  un 
privilegio  il  clima,  la  topografia,  la  costituzione  fisica,  ecc. , 
quantochè  vediamo  la  ovariotomia  riescire  colla  stessa  fa- 
cilità tanto  sulle  sponde  del  Tamigi,  che  sulle  rive  della 
Senna  e  del  Reno.  Solo  allorquando  noi  avremo  raccolto 
un  numero  rilevante  di  osservazioni  infruttuose,  saremo 
autorizzati  i^d  ammettere,  che  T  ovariotomia ,  mentre  ha 
pien  diritto  di  sedere  nei  fasti  della  medicina  operatoria , 
in  Italia  soltanto  non  è  eseguibile,  opponendosi  al  buon 
andamento  della  medesima,  cause  a  noi  sconosciute  nella 
loro  essenza  ma  di  certo  insite  in  cotesta  contrada. 

Ecco,  a  mio  avviso,  dove  ci  devono  condurre,  oltre- 
ché un  savio  apprezzamento  «  la  logica  ed  il  rispetto  ai 
nostri  confratelli  d' oltre  Alpe  e  d'  oltremare. 

Insistetti  ad  arte  isulla  attendibilità  dei  risultamenti 
pòrti  dair  ovariotomia ,  onde  invogliare  i  chirurghi  ita- 
liani ad  essere  più  proni  neir  esperire  una  risorsa  tera- 
peutica, che  mentre  torna  di  molto  lustro  all'arte  no- 
stra, riesce  di  inapprezzabile  vantaggio  all'umanità,  nel 
combattere  un'  affezione,  contro  cui  poco  prima  eravamo 
pienamente  disarmati. 


7 

La  letteratura  ginecologica  di  questi,  ultimi  anni  è 
feracissima  di  nozioni  particolareggiate  sovra  cotesto  ar- 
gomento, il  perchè  disquisire  sovra  il  medesimo  sarebbe 
ritrarre  con  pallide  tinte,  quanto  già  è  notato  a  tale  ri- 
guardo; soltanto  vorrei  muovere  un  quesito,  non  ben 
sciolto  dagli  ovariotomisti,  vale  a  dire,  se  noi  dobbiamo 
operare   tutti  i  tumori   ovarici  di  qualsiasi  mole  dessi 

sieno  1 

Scorrendo  le  osservazioni  di  Koeberlé ,  Baker-Brown , 
Spencer  Well ,  scorgesi  che  i  medesimi  hanno  operate  ci- 
sti ovariche  contenti  un  solo  o  due  litri  di  liquido.  Ba- 
ker-Brown  dappoi  ne  operò  una  semplice  con  entro  700 
grammi  di  siero,  senza  che  dalla  narrazione  d'ogni  sin- 
golo caso  emerga  quali  gravi  fenomeni  morbosi,  tali 
neo-produzioni  abbiano  suscitato. 

Il  volume  della  cisti  e  le  molestie  che  dessa  accagio- 
na non  sono,  a  mio  avviso,  epifenomeni  di  poco  momen- 
to, ma  per  converso  l'indice  fedele  sovra  cui  dobbiamo 
dirizzare  la  nostra  condotta,  poiché  sono  fortemente  com- 
preso che  l'amore  dell'arte  non  ci  debba  ottenebrare  al 
punto  da  sparare  il  ventre  ad  ogni  donna  affetta  da  in- 
significante tumore  óvarico.  La  bara  cadaverica  apprende 
ben  di  sovente  come  tali  cisti  si  possano  trovare,  non 
dirò  nelle  ovaja,  ma  nei  reni,  nel  fegato,  nei  polmoni, 
organi ,  la  cui  importanza  fisiologica  è  di  gran  lunga  mag- 
giore, senza  che  cotesto  neoproduzioni  abbiano  dato  in 
vita  il  menomo  sentore  di  loro  presenza.  Laonde  sarebbe 
più  che  riprovevole  quel  chirurgo ,  che  si  peritasse  ad 
esporre  tanto  da  vicino  i  giorni  d'una  donna,  per  libe- 
rarla da  un  neoplasma ,  dalla  economia  tollerato  o  con 
indifferenza,  ovvero  con  pochi  disagi.  Il  precetto  formu- 
lato dai  recenti  progressi  dell'anatomia  patologica,  che  si 
abbia  a  demolire  ogni  neoproduzione  anche  d' indole  la 
più  innocente  «  quanto  che  costituisce  una  minaccia  al- 
l'organismo, si  per  le  offese  che  può  muovere  agli  organi 


8 

limitrofi,  che  per  le  perniciose  metamorfosi  cui  può  an- 
dar soggetta,  non  regge  nelle  fattispecie,  dappoiché  non 
trattasi  di  escidere  un  bitprzoletto  cutaneo  od  un  cistoma^ 
inserto  sovra  V  apparato  tegumentale,  ma  di  aprire  V  ad- 
dome arrecando  con  questa  sola  lesione  uno  dei  più  gravi 
attentati  air  esistenza.  AfSnchè  1*  idrovario  abbia  a  richie- 
dere una  misura  cotanto  grave,  bisogna  che  risvegli  tali 
fenomeni  da  rendere  intollerabile  od  impossibile  il  pro- 
seguimento della  vita. 

Ordinariamente  i  tumori  che  promuovono  tali  noci- 
menti,  sono  quelli  di  maggior  mole,  sia  per  la  compres- 
sione che  esercitano  sovra  gli  organi  capiti  nel  cavo  ad- 
dominale, e  talvolta  anche  in  quelli  contenuti  nel  tora- 
cico, non  che  per  la  eccessiva  perdita  di  sostanze  albumi- 
noidi.  Comprendo  benissimo  che  invocata  a  questi  estremi 
la  ovariotomia,  si  otterranno  forse  risultamenti  nelle  pro- 
porzioni meno  lusinghieri ,  non  pertanto  essa  cesserà  di 
essere  una  grandiosa  risorsa,  foriera  di  bene,  nelle  inelut- 
tabili strette  della  morte.  Vogliamo  un  momento  osser- 
vare da  vicino  le  cose,  figuriamoci,  a  mò  d'esempio,  di 
aver  presente  una  giovane  donna,  di  costituzione  sana 
e  robusta ,  afietta  da  un  voluminoso  idrovario ,  che  da 
molti  mesi  la  confina  in  un  letto  di  miserie,  dopo  averla 
stenuata  al  punto  che  le  membra  colla  loro  eccessiva  esi- 
lità fanno  col  tronco  uno  de'  più  strani  contrasti. 

In  costei  la  tolleranza  dei  visceri  addominali ,  com- 
pressi oltre  misura  da  cotesto  parassita  enorme,  è  giunta 
al  culmine;  ancora  poche  settimane  e  la  corda  di  sover- 
chio tesa  si  dovrà  infrangere,  la  puntura,  se  solleva  gli 
organi  dalle  distrette  in  cui  sono  coarcevati,  estenua  la 
economia  per  V  eccessiva  perdita  di  sostanze  proteiche ,  op- 
però evitando  Scilla  si  cadde  in  Cariddi. 

Quale  ò  l'avvenire  di  questa  povera  tapina  ?  Un  esito 
irrevocabilmente  letale  1'  attende  tra  pochi  mesi  d'  una 
protratta  agonia. 


9 

Vediamo  ora  quali  pericoli  e  quali  vantaggi  a  lei  pos- 
sano pervenire  dalla  ovariotomia.La  donna  può  soccom- 
bere sotto  l'operazione  o  poco  dopo,  in  tal  caso  anticipò 
il  proprio  fine,  e  possiamo  con  molta  verosimiglianza  as- 
severare che  senza  l'operazione  la  donna  avrebbe  di  certo 
vissuto  ancora  per  due  o  tre  mesi.  Ma  quale  esistenza  ha 
perduto?  È  forse  il  caso  di  chiedere  se  per  essa  la  morte 
fu  un  bene  od  un  male.  Può  anche  avvenire  l'opposto,  vale 
a  dire  la  donna  può  sopravvivere  all'operazione,  ed  in  tal 
caso  dopo  pochi  giorni  ritorna  piena  di  salute  e  di  vita 
nel  grembo  della  società ,  senza  il  menomo  postumo  del 
sofferto  malore.  Un  cosi  fatto  avvenimento ,  che  invola 
una  vittima  alla  bara,  allorquando  ogni  speranza  sembrava 
svanita ,  è  tale  un  conforto  che  meglio  d'  osteggiare  la 
ovariotomia,  siamo  costretti  dall'indole  dei  fatti  a  tenerla 
in  onore  di  una  preziosa  risorsa.  Di  contro  a  simile  dua- 
lismo, cui  da  un  lata  avvi  nulla  o  ben  poco  a  pèrdere , 
dall'  altro  moltissimo  a  vincere ,  non  si  può  essere  peri- 
tosi nella  scelta.  Eseguita  la  ovariotomia  per  converso 
in  casi  di  cisti  piccole  e  poco  moleste,  vengono  invertiti 
i  pesi  sulla  bilancia,  imperocché  si  corre  pericolo  di  per- 
dere moltissimo  per  guadagnare  assai  poco.  Per  noi  fino 
a  tanto  che  la  osservazione  ci  avrà  appreso,  che  in  Italia 
soltanto  la  ovariotomia  non  è  praticabile,  seguiteremo* 
ognora  nelle  contingenze  sovra  esposte  ad  esercitarla,  per- 
suasi di  rispondere  con  rettitudine  al  nostro  ministerio. 
Nelle  due  operazioni  da  me  praticate,  ebbi  a  convincermi 
che  il  diagnostico  differenziale  dell' idro vario  voluminoso, 
è  argomento  arduo  e  molto  delicato,  appoggiando  un  tale 
problema  sulla  semplice  valutazione  dei  commemorativi 
e  sulla  semiotica,  difettando  l'affezione  in  discorso  di  ca- 
ratteri patognomonici. 

Per  quanto  sia  raccolta  e  bene  ponderata  la  sindrome 
fenomenologica,  per  quanto  la  verisimiglianza  del  concetto 
patologico  sia  delle  più  rassicuranti,  nuUameno  punge  un 


10 

dubbio,  il  difetto  cioè  della  certezza  assolata  del  fatto 
morboso  emerso  dalla  induzione  nelFapprezzamento  sinte- 
tico delle  manifestazioni  fisio-patologiche. 

Un'operazione  cotanto  ardita,  ove  resistenza  è  cosi 
compromessa,  esige  di  sua  natura  un  conoscimento  fedele 
delle  contingenze  che  la  consigliano,  onde  non  incappare 
in  un  errore  di  giudicio. 

La  ovariotomia  annovererebbe  maggiori  fautori  allor- 
quando si  giungesse  a  trovare  caratteri  se  non  patogno- 
menici  deiridrovario,  almeno  maggiormente  espressivi  di 
quelli  fino  ad  ora  conosciuti. 

Giova  sperare  che  la  osservazione  accurata  del  cistoma 
ovarico,  lo  studio  diligente  e  perseverante  della  fisio- 
patologia del  medesimo,  apporteranno  maggiori  lumi  sul 
diagnostico,  e  la  terapia,  sorretta  da  migliori  convinci- 
menti, potrà  incedere  verso  il  proprio  fine  con  passo  se- 
curo,  senza  trepidare  per  gli  abissi  che  può  incontrare 
per  via. 

Nel  secondo  tumore  ovarico  da  me  operato  premendo 
la  cisti  ricoperta  dalle  pareti  addominali ,  risvegliavasi 
un  crepitio  di  cuojo  nuovo  ^  assai  bene  contraddistinto 
sovra  ogni  punto  della  massa  morbosa.  Non  pertanto  io 
reputo  che  simile  fenomeno  possa  tenersi  in  pregio  di  si- 
gnificante valore,  desso,  a  mio  avviso,  ò  interamente  for- 
tuito, e  lo  si  deve  ripetere  nella  fattispecie  al  rilevante 
spessore  deirinvolucro  cistico^  che  raggiungeva  quello  d*un 
utero  in  istato  di  gestazione.  E  per  vero  ove  si  fatto,  fe- 
nomeno fosse  se  non  comune  ad  ogni  idre  vario,  almeno 
una  concomitanza  ovvia  ad  osservarsi,  non  si  giunge- 
rebbe a  spiegare  come  non  T abbiano  avvertito  coloro, 
che  in  particolar  modo  fecero  tema  dei  loro  studj  un  si- 
mile argomento. 

Ora  che  appalesai  in  modo  succinto  il  mio  modo  di 
vedere  sovra  cotesto  arduo  problema  di  medicina  opera- 
toria, mi  farò  ad  esporre  la  storia  nosologica  diciasche- 


11 

dun  caso,  attenendomi  scrupolosamente  alla  narrativa  pura 
e  semplice  dei  f^tti  occorsi  < 

Osservazione  L  —  CisH  ovarica  plurilocolare  sinistra.'^ 
Estirpazione  incompleta.  Morte  dopo  20  ore.  *— 
Autossia. 

La  signora  B.,  nativa  di  Torino ,  domiciliata  in  No- 
vara^ ha  33  anni,  sana  e  robusta,  e  nasconde  sotto  forme 
piuttosto  esili  una  vitalità  piena  di  brio. 

Ebbe  la  prima  mestruazione  a  12  anni,  si  maritò  a 
22,  figliò  4  volte  con  gravidanze  e  parti  regolari.  Nel 
1859  rimase  per  la  quinta  volta  incinta,  1*  esordire  della 
gestazione  venne  conturbato  da  sgomenti  e  patemi  d*animo^ 
accagionati  dalle  vicende  della  guerra ,  per  trovarsi  la 
medesima  in  località  ove  occorsero  &tti  d'armi,  nuUameno 
proseguendo  la  gravidanza,  la  signora  B.  notò  con  sor- 
presa il  ventre  assumere  forma  ed  atteggiamento  diverso 
da  quello  delle  gravidanze  trascorse,  cioè  le  sembrava  il 
globo  uterino  più  pronunciato  a  destra,  e  prominente  al- 
rinnanzi.  Non  per  questo  ebbe  a  patire  alcun  incomodo, 
e  sullo  scorcio  del  9.°  mese  con  parto  precipitoso  diede 
alla  luce  un  quinto  figlio  vivo  e  ben  conformato. 

Nel  lasciare  per  la  prima  voltali  letto, dopo  un  puer- 
perio normale,  eseguendo  un  movimento  rapido  si  lagnò 
d'una  sensazione  dolorosa,  come  di  una  vescica  che  si 
fosse  rotta  nel  basso  fondo  della  pelvi,  ed  il  liquido  con- 
tenuto a  lei  pareva  che  fluisse  qual  lava  infuocata  verso 
la  regione  lombale  sinistra. 

Decorsi  alcuni  giorni  da  simile  accidente  il  ventre 
si  fece  tumido  e  progressivamente  globoso,  si  accesero 
acutissimi  dolori  addominali,  accompagnati  da  fitte  lanci- 
nanti al  collo  uterino.  La  copropoesi  divenne  tarda  e  ma- 
lagevole, e  molto  stentata  la  emissione  volontaria  della 
orina,  comparve  dalla  vagina  uno  scolo  muco-sieroso, 


talvolta  commisto  a  strìscie  sanguigne  e  poco  a  poco 
Tutero  si  abbassò  formandosi  un  manifesto  prolasso,  at- 
talchè  l'ammalata  stessa  colle  dita  riesciva  ad  aflferrarne 
la  cervice  all'  orificio  vulvo -vaginale. 

Al  volgere  di  pochi  mesi  il  tumore  endo-addominale 
raggiunse  il  volume  di  un  utero  al  6.®  mese  di  gestazione; 
nel  decubito  laterale  V  ammalata  vedeva  il  tumore  loco- 
muovcrsi  per  raggiungere  il  punto  più  declive,  fenomeno 
ch'ella  molte  volte  ebbe  a  ripetere  volgendosi  rapidamente 
sul  lato  opposto  ;  a  quest*  epoca  comparvero  in  scena  le 
emorroidi,  non  che  Tedema  alle  estremità  inferiori. 

In  sulle  prime  non  fece  molto  caso  alle  proprie  sof- 
ferenze, credendo  d'essere  novellamente  gravida,  e  tale  si 
fu  la  3ua  illusione ,  che  una  ser^  essendo  attaccata  da 
forti  doglie  ventrali,,  si  fece  assistere  da  una  levatrice  e 
da  un  chirurgo  ostetrico ,  giudicando  quei  dolori  i  pro- 
dromi del  soprapparto. 

Amaramente  delusa,  ricorse  ai  benefici  dell'arte,  da 
cui  però  trasse  sterili  conforti  ;  solo  provò  un  fugace 
miglioramento  nell'  estate  1862,  epoca  in  cui  per  copiosi 
sudori  vide  scemare  alquanto  il  volume  del  tumore. 

Ma  r  immegliare  dell'  estate  cessò  cdle  prime  brezze 
autunnali  ;  soppressa  per  queste  l'azione  della  cute,  il  tu- 
more si  accrebbe  di  bel  nuovo  e  con  celerità,  quasi  vo- 
lesse ricuperare  il  tempo  perduto. 

In  breve  fece  significanti  progressi,  per  modo  da  su- 
perare il  volume  di  un  utero  nell'ultimo  mese  di  gravi- 
danza ;  si  ricorse  allora  alla  paracentesi ,  evacuando  22 
litri  di  un  liquido  brunastro  a  consistenza  sciropposa.  Il 
sollievo  della  paracentesi  fu  breve,  dappoiché  al  volgere 
di  2  mesi  vi  si  dovette  ricorrere  di  bel  nuovo,  togliendo 
24  litri  di  liquido  meno  denso.  Riprodottasi  la  raccolta 
dopo  alcune  settimane,  venne  attaccata  coi  drastici,  che 
fruttarono  un  deciso  beneficio,  attalchè  credendosi  la  B. 
guarita,  e  sperando  maggiore  conforto  dall'aria  fina,  passò 


13 

alcuni  mesi  sui  monti  di  Varallo,  Ma.  si  dolci  illusioni 
furono  invano  accarezzate,  poiché  ripullulato  il  male,  fu 
costretta  a  riparare  in  òittà,  ove  nel  mese  di  novembre 
1866  le  venne  praticata  una  terza  paracentesi  estraendo 
airincirca  40  litri  di  liquido. 

Tali  sono  i  commemorativi  raccolti  per,  bocca  della 
paziente  stessa;  li  esposi  ad  arte  in  modo  particolareg- 
giato, affine  di  segnare  a  larghi  tratti  il  cammino  di  una 
afiFezione  che  forma  oggigiorno  uno  dei  temi  più  interes- 
santi della  chirurgia  (1). 

Vidi  per  la  prima  volta  l'ammalata  al  2  dicembre  in 
consultazione  coi  signori  dottori  cavalieri  Belletti  e  Caire, 
medici  curanti;  al  solo  vederla  si  leggeva  nella  di  lei 
fisonoraia  uno  dei  migliori  tipi  della  facies  ovarica,  cosi 
bene  delineata  da  Spencer  Wells. 

Uemaciazione  non  era  troppo  significante,  ove  si  voglia 
por  mente  che  la  signora  B.  fu  sempre  di  forme  piutto- 
sto esigue,  occhio  vivo  e  lucente,  guancie  rosee,  condi- 
zioni fisiologiche  negli  apparati  del  circolo  è  del  respiro, 
intelligenza  aperta ,  parola  franca  e  spedita  con  accento 
vibrato  come  in  persona  sana.  La  mestruazione  che  in 
tutta  r  epoca  della  malattia  fu  quasi  sempre  regolare , 
era  trascorsa  dal  suo  periodo  appena  da  otto  giorni.  Il 
tubo  intestinale ,  ad  eccezione  dell*  ultima  porzione  del 
retto,  era  in  ottime  condizioni,  appetito  buono,  digestioni 
regolari,  sete  normale,  nelFultima  porzione  del  retto  eravi 
un  leggier  grado  di  coprostasi,  in  Lei  abituale,  che  ob- 
bligava l'ammalata  a  ricorrere  ogni  due  giorni  all'uso*  di 


(1)  Le  osservazioni  di  ovariotomia  consegnate  sui  giornali 
inglesi  peccano  a  vero  dire  di  una  brevità  troppo  succinta^  so- 
vra un  argomonto  troppo  vitale.  Perchè  i  pratici  possano  giu- 
dicare ed  apprezzare  la  condotta  di  un  loro  collega  ,  conviene 
che  l'osservazione  non  sia  un  riassunto  dei  fatti  precipui ,  ma 
Tesposizione  regolare  dei  medesimi. 


14 

clisteri  »  le  orine  a  crasi  normale  erano  un  pò  scarse  ed 
emesse  a  maggiori  riprese. 

La  parete  anteriore  della  vagina  emergeva  dalla  yulra, 
con  prolasso  uterino,  e  lieve  obliquità  della  matrice 
da  sinistra  a  destra ,  gli  arti  inferiori  leggermente  ede- 
matosi, conviene  però  osservare  che  Tammalata  si  alzava 
quotidianamente,  e  non  si  coricava  che  ad  ora  molto 
inoltrata  per  alzarsi  di  buon  mattino. 

Il  ventre  presentavasi  di  un  volume,  diciamolo  pure 
senza  esagerazipni ,  enorme,  loccliè  faceva  uno  strano 
contrasto  colle  esili  appendici  al  medesimo  inserte.  Le 
vene  epigastriche  e  circonflesse  iliache  superficiali  si  de^ 
signavano  a  guisa  di  lividi  cordoncini,  qua  e  là  segnati 
da  flebectasie  molteplici ,  sopra  un  fondo  bianco  lucente 
formato  dalla  cute  distesa  ad  oltranza. 

La  fluttuazione  era  manifestissima  sovra  ogni  punto 
deiraddome;  colla  percussione  rilevasi:  un  suono  timpa- 
nico alle  regioni  epigastrica  ed  ipocondriaca  destra ,  in 
particolar  modo  verso  il  lato  posteriore  di  quest'ultima  ; 
mutezza  completa  sovra  qualsiasi  altro  punto. 

Giudicata  Taffezione  per  un  idrovario^  si  ventilarono 
conseguentemente  le  risorse  della  cura  palliativa  ^  le 
speranze  ed  i  pericoli  della  radicale  ^  lasciando  libera  la 
ammalata  di  scegliere,  dopo  matura  riflessione,  a  quale 
partito  volesse  appigliarsi. 

Dopo  4  giorni  venni  di  bel  nuovo  chiamato  per  sen- 
tire la  signora  6.  ripetermi  reiteratamente  il  vivissimo 
desiderio  che  ella  aveva  di  essere  operata.  Temperato  Ten-f- 
tusiasmo  e  frenate  le  illusioni»  dipingendole  un  quadro 
a  tinte  molto  oscure  sui  pericoli,  cui  essa  si  esponeva, 
nullameno  fu  irremovibile,  aggiungendomi:  ch'ella  pre-^ 
feriva  mille  volte  la  morte,  anziché  proseguire  in  si^ 
mili  condizioni. 

Proposi  allora,  che  per  meglio  chiarire  ed  avvalorare 
il  diagnostico  e  le  indicazioni  terapeutiche,  venisse  inteso 


15 

altro  giudizio  di  persona  autorevole,  cosa  cui  si  annui  di 
buon  grado,  facendo  appello  all'ottimo  mio  maestro  il  chia- 
rissimo professore  cav.  Paravicini.  Ed  infatti  al  29  di- 
ò^bre  si  tenne  una  seconda  consultazione  coirintervento 
dei  medici  curanti  e  del  prof.  Paravicini.  Questi  dopo  un 
diligente  ed  accurato  esame  ^  convenne  sul  diagnostico  e 
sulle  indicazioni  terapeutiche  da  noi,  proposte,  aggiungendo 
di  sollecitare  T  operazione  appena  trascorso  il  periodo 
mensile. 

Comparsa  la^  mestruazione  al  10  gennajo ,  cessò  in 
modo  regolare  al  15;  preparato  il  locale  ad  una  tempe- 
ratura di  più  16^  ed  ^gni  altera  cosa  giusta  le  cautele 
consigliate  dagli  ovariotomisti  inglesi,  si  attese  la  prima 
giornata  di  ciel  sereno  per  eseguire  1*  operazione.  Il  17 
gennajo,  dopo  ifivere  a  più  riprese  ammonita  la  ammalata 
ed  i  congiunti  a  lei  più  prossimi  (madre  e  marito)  dei 
pericoli  cui  si  esponeva ,  e  nuUameno  avutane  da  ogni 
parte  il  più  ampio  consentimento  che  si  potesse  deside- 
rare, si  procedette  aireseguimento  della  ovariotomia  colla 
cooperazione  degli  egregi  colleghi  signori  dottori  cav.  Sei- 
letti,  medico  primario  nello  Spedale  di  San  Giuliano,  Crosa, 
Villani,  Parona,  chirurghi  astanti  presso  lo  Spedale  mag- 
giora della  Carità;  ne  avrei  chiesto  un  numero  maggiore, 
ma  a  ciò  ostavano  il  vivo  desiderio  dell'ammalata  di  esporsi 
il  meno  possibile^  e  l'angustia  del  locale. 

Cloroformizzata  per  bene  l'operanda,  si  esordi  con 
una  incisione  tegumentale,  a  valle  del  bellico  estesa  per 
otto  centimetri  lungo  la  linea  alba  verso  il  pube,  ed  ap- 
profondando sempre  più  il  taglio  sulla  guida  della  sonda 
scannellata  a  grado  a  grado  si  raggiunse  il  peritoneo, 
le  cui  superfici  erano  quasi  a  mutuo  contatto  per  l'enorme 
distendimento  della  cisti. 

Isolato  per  ogni  verso  il  peritoneo  parietale  dal  tu- 
more, per.  quanto  lo  permetteva  1'  angustia  dello  spazio, 
si  passò  alla  puntura;   ma  non  appena  trafitta   la  cisti 


16 

il  liquido  esci  con  impeto  dalla  cannula,  e  come  questa 
non  bastasse  scorreva  fra  la  cannula  e  roriflcio  di  pene- 
trazione. 

Evacuato  il  liquido,  ed  ampliata  la  incisione  in  alto 
ed  in  basso,  si  rinvenne  una  seconda  cisti  encistica  della 
capacità  dì  oltre  sei  litri ,  venne  alla  sua  volta  punta  e 
prosciugata ,  accanto  a  questa  se  ne  osservarono  altre 
due  grosse  quanto  un  ovo  di  gallina,  vennero  incise  ed 
il  liquido  assorbito  con  spugne  molto  fine.  Finito  il  se- 
condo periodo  dell'operazione  senza  il  menomo  accidente, 
si  passò  al  terzo,  cioè  quello  dell'  estrazione  delle  cisti  : 
la  metà  destra  del  tumore  e  tutta  la  porzione  inferiore 
era  quasi  libera,  per  modo  che  venne  estratta  con  somma 
facilità,  le  cose  andarono  ben  diversamente  dal  lato  sini- 
stro, plaga  ove  erano  state  praticate  le  paracentesi.  Dap- 
prima trovammo  semplici  aderenze  di  tessuto  connessivo 
lamellare,  indi  queste  si  mutarono  in  vincoli  di  tessuto  ino- 
dulare ,  finalmente  versò  la  regione  epicolica  divennero 
apertamente  vascolari,  per  cui  dopo  più  di  un'  ora  di  pa- 
zienti pruove ,  allacciando  man  mano  i  più  piccioli  va- 
sellini  offesi,  convenne  desistere  dall'estrazione  completa 
delle  cisti  e  limitarsi  alla  escisione  della  porzione  tratta 
/uori,  costituente  ad  un  di  presso  i  tre  quinti  del  sacco. 

Nessuna  ansa  intestinale  venne  a  molestarci ,  la  fe- 
rita estesa  per  ben  18  centimetri  venne  riunita  con  6 
punti  di  sutura  metallica,  l'operazione  durò  quasi  tre 
ore,  estenuando  operatore  ed  assisteùti.  Il  liquido  rac- 
colto venne  misurato ,  e  risultò  di  65  litri ,  tre  o  quat- 
tro litri  andarono  perduti ,  1'  analisi  chimica  lo  dimostrò 
formato  in  massima  parte  da  albumina,  coli'  indagine  mi- 
croscopica vedevansi  alcune  cellule  di  epitelio  pavimen- 
toso,  commiste  a  granellazioni  grassose,  e  detriti  orga- 
nici amorfi. 

L' operata  trasferita  in  un  altro  letto  riprese  ben 
tosto  i  sensi,  volle  essere  ragguagliata  d' ogni  particolare 


17 

dell*  operazione  subita^  prese  una  pillola  d' oppio.  Per  un 
sentimento  che  molto  li  onora,  i  medici  assistenti  si  of?- 
fersero  di  vegliare  per  turno  V  operata,  onde  essere  pronti 
nel  provvedere  al  menomo  bisogno. 

Verso  le  2  del  pomeriggio  l'operata  si  svegliò  come 
da  un  placido  sonno ,  accusando  un  vivo  bisogno  d' ori- 
nare ,  cui  si  soddisfece  col  cateterismo  ;  i  polsi  dapprima 
piccoli  e  sfuggevoli,  si  rianimarono  ;  la  temperatura  della 
cute  divenne  normale. 

Alle  4  pom.  volle  prendere  un  pò  di  brodo,  che  ag- 
gradi molto,  poscia  riprese  sonno. 

Alle  10  divenne  inquieta,  si  lagnò  di  un  fijrte  dolore 
alla  regione  dei  lombi,  polso  a  120,  termogenesi  elevata, 
suffusa^  nel  volto  ;  le  venne  prescritta  una  forte  soluzione 
di  codeina.  Verso  mezzanotte  parve  un  pò  più  calma, 
forse  eflFetto  del  narcotico ,  perchè  dopo  un'  ora  circa  ri- 
tornò il  dolore  ai  lombi,  l'agitazione,  affanno  di  respiro; 
alle  7  del  mattino  mori  dopo  essere  in  brevi  ore  passata 
dall'  agme  della  reazione  all'  abbattimento  dell'  agonia. 

Necroscopia  32  ore  dopo  la  morte.  Per  un  sentimento 
fàcile  a  concepirsi,  la  famiglia  ci  pregò  vivamente  di  li- 
mitare le  nostre  osservazioni  al  solo  ventre,  preghiera 
cui  annuimmo  di  buon  grado,  essendo  quello  il  teatro  più 
importante  delle  nostre  investigazióni.  Alla  autossia  as- 
sistettero tutti  i  medici  che  presenziarono  l'operazione. 
Tolti  i  fili  metallici,  si  dovette  usare  una  discreta  forza 
per  disgiungere  le  labbra  dell'incisione  addominale,  di 
già  riunite  in  gran  parte  per  coalito  adesivo.  Ampliata 
in  alto  ed  in  basso  la  divisione,  si  apri  l' intero  cavo  ad- 
dominale ,  nel  cui  fondo  raccoglièvasi  un  litro  circa  di 
siero  sanguigno,  senza  però  trovare  il  più  piccolo  coagulo 
in  grembo  al  medesimi).  Le  intestina  leggermente  distese 
da  gaz  stavano  stipate  nella  regione  epigastrica  ed  ipo- 
condriaca destra ,  celando  il  fegato  di  molto  atrofizzato. 
Tutto  il  peritoneo  era  fortemente  congesto  per  iperemia 
Annali.  Voi.  CCL  2 


18 

statica,  il  rimanente  della  cisti  ricopriva  V  ipocondrio  sh 
Bistro  e  parte  della  regione  epicolica  omonima. 

Le  adesioni  fra  cisti  e  peritoneo  erano  cosi  fitte  che 
si  lacerava  il  contesto  delle  cisti  anziché  dividersi. 

L^ovajo  dèstro  mostravasi  in  condizioni  normali;  sulla 
tuba  falloppiana  sinistra  riscontravansi  due  piccole  cisti 
del  volume  di  un'avellana,  eh* erano  sfuggite  durante 
V  operazione.  Sulla  superficie  posteriore  ed  inferiore  del 
corpo  della  matrice  ebbesi  a  rilevare  un  tumore  grosso 
quanto  un  piccolo  arancio,  che  al  taglio  mostravasi  pa- 
lesemente fibroso,  ed  al  microscopio ,  apparve  una  iperpla- 
sia  del  contesto  uterino. 

I  reni  e  la  milza  erano  leggermente  atrofici,  sulla 
superficie  corticale  del  rene  destro  osservavasi  una  pic- 
cola cisti  sierosa;  nulla  di  rimarchevole  negli  altri  organi 
contenuti  nel  cavo  ventrale. 

Per  tali  reperti  cadaverici  puossi  con  molta  verosi- 
miglianza ritenere  che  la  donna  mori  per  esaurimento 
vitale,  non  avendo  avute  forze  sufficienti  per  resistere  al- 
l'esordire  della  peritonite. 

Seconda  storia  (T  ovariotomia. 

V 

Monociste  ovarica  proUgera.  —  Estirpazione  com-- 
pietà.  —  Morte  in  4.*  giornata  per  peritonite 
violenta. 

Bertaria  Teresa ,  d' anni  28 ,  contadina  da  Sozzago , 
(  prov.  di  Novara)  entra  V  8  aprile  nella  1.*  sezione  chi- 
rurgica ,  affetta  da  idrope^ovarico^sinistro*  È  donna  di 
sana  e  robusta  costituzione,  di  statura  piuttosto  elevata, 
ha  genitori  tuttora  vivi,  ed  è  scevra  da  ogni  precedente 
gentilizio.  Fu  mestruata  in  modo  regolare  a  14  anni,  di- 
venne amenorroica  a  17  in  seguito  a  forte  sgomento , 
dopo  cinque  mesi  ricomparve  il  flusso  mensile,  dapprima 
scarso,  indi  affatto  normale.  À  18  anni  passò  a  marito. 


19 

da  cai  però  non  ebbe  prole,  quantunque  sieno  decorsi  ben 
10  anni;  in  questo  lasso  di  tempo  ebbe  a  soffrire  alcune 
lievi  indisposizioni  al  tubo  gastro-enterico,  oltre  una  ri- 
sipola  alla  faccia,  affezioni  che  scomparvero  prontamente 
senza  lasciarle  verun  ricordo.  ^ 

Nel  maggio  1866  essendo  la  Bertaria  occupata  nel- 
r  allevamento  dei  bachi,  senza  causa  per  lei  apprezzabile» 
venne  sorpresa  da  un  acutissimo  dolore  alla  regione  iliaca 
sinistra,  che  si  dissipò  in  capo  a  due  giorni  dietro  1*  ap- 
plicazione di  un  vescicante.  Trascorse  alcune  settimane 
di  perfetto  benessere ,  ricomparve  il  dolore  addominale , 
più  intenso  di  prima,  diffondendosi  alla  regione  iliaca 
destra.  À  si  misterioso  accidente  questa  volta  tenne  die- 
tro la  comparsa  di  un  corpo  endo-addominale  globoso , 
mobile,  indolente  alla  pressione,  oscillante  verso  il  punto 
più  declive. 

ÀI  volgere  di  quattro  mesi  il  tumore  raggiunse  il 
volume  d*un  utero  gestante  al  6.^  mese,  senza  però  ar- 
recarle serie  molestie.  Ricoverò  in  una  delle  sezioni  me- 
diche di  cotesto  stabilimento,  ove  venne  curata  colla  ap- 
plicazione di  vescicanti  al  ventre ,  drastici  e  diuretici , 
senza  fruttare  alla  malata  alcun  sollievo. 

Propostale  dal  medico  curante  la  paracentesi,  essa  vi 
si  rifiutò,  preferendo  di  ritornare  in  fstmiglia,  cosa  che 
mandò  ad  effettuazione;  ma  al  volgere  di  poche  setti- 
mane ,  accresciutosi  notevolmente  il  tumore  «  e  comparse 
in  scena  gravi  incomodità  nella  uro  e  copro-poesi,  riparò 
di  bel  nuovo  nello  spedale^ 

Accolta  nella  1.^  sezione  chirurgica,  vidi  per  la  prima 
volta  la  Bertaria,  che  trovai  nel  seguente  stato:  Bma*- 
ciamento  significante  nella  moti  superiore  del  tronco, 
meno  appariscente  nell*  inferiore ,  faccia  scarna,  tinta  da 
un  pallore  giallastro,  fisonomia  prostrata,  solcata  da  ru- 
ghe precoci,  occhio  profondamente  incavato,  sguardo  lan- 
guido ed  incerto.  Sete  moderata,  appetito  normale,  dige- 


20 

stióni  facili,  integri  gli  organi' del  circolo  e  del  respiro, 
coprostasi  ostinata,  attalchò  ogni  tre  o  quattro  giorni  per 
avere  secesso  d*  alvo  V  ammalata  è  costretta  ricórrere  a 
clisteri  di  cloruro  sodico. 

La  secrezione  dell'orina  è  sensibilmente  diminuita, 
800  gr.  nelle  24  ore;  la  crasi  ne  ò  leggermente  alterata  per 
difetto  d*  acqua  e  maggior  copia  di  sali  terrosi  (  fosfato 
sodico,  ed  ammonio-magnesiaco  ),  nessuna  traccia  d*  albu- 
mina, bisogno  di  mingere  ad  ogni  due  ore.  Dolori  addo- 
minali ricorrenti,  maggiormente  sensibili  alle  regioni 
lombali,  senso  molesto  di  peso  e  stiramento  agli  inguini, 
spossatezza  e  torpore  alle  estremità  inferiori. 

Il  ventre  ò  fortemente  disteso,  in -modo  da  superare 
il  volume  di  una  gravidanza  a  termine ,  d' aspetto  piri- 
forme colla  base  in    alto,'  T apice  in  basso ^  la  circonfe- 
renza del  medesimo  presa  sovra  T  equatore  dell*  ombelico 
misura  1  metro  e  9  centimetri ,  la  distanza   dall'  appen- 
dice xifoide  al  pube  è  di  5S  centimetri.  La   cute   offresi 
d' aspetto  normale ,  facilmente  locomobile ,   solo   le  Tene 
appariscono  un  pò  accentuate  per  V  effetto  della  pressione. 
Palpando  il  tumore,  lo  si  sente  manifestamente  fluttuante; 
colla  percussione  riviensi  mutezza   completa   sovra   ogni 
punto  dell'addome,  ad  eccezione  delle  regioni  epigastrica 
edjpocondriaca  destra,  ove  havvi  un  palese   suono  tim- 
panico. Col  decubito  laterale   tanto   destro   che   sinistro 
rimangono  invariabili  i  resultati  della    percussione,  solo 
si  nota   che  il   rumore   timpanico  si   estende   a  tutta  la 
superficie    posteriore   della   regione   ipocondriaca  destra. 
Premendo  sovra  punti  opposti  del  tumore,  risvegliasi  un 
mormorio  di  cuojo  nupvo,  molto  palese  in  ogni  direzione  ; 
tale  fenomeno  è  tanto  pid  signiflcante   quanto   maggiore 
è  la  forza  impiegata  nel  promuoverlo. 

I  pudendi  esterni  sono  leggermente  tumidi  per  edema, 
la  parete  anteriore  della  vagina  è  prolassata  in  modo  da 
celare  il  meato  orinario,  avvi  pure  notevole  abbassamento 
ed  obliquità  laterale  destra  della  matrice. 


21 

Giudicata  Taffezipae  un  idrovario,  vennero  esposti  al-< 
r  ammalata  i  conforti  ed  i  pericoli  della  cura  tanto  m- 
dicale^  che  palliativa;  essai  non  frappose  il  menomo  dub^ 
bio  e  scelse  tosto  la  cura  radicale,  aggiungendo  che  sol-r 
tanto  a  cotesto,  effetto  erasi  determinata  di  ricoverare 
nel  nostro  comparto. 

NuUameno  prima  di  prendere  in  seria  considerazione 
un  tale  divisamente ,  lo  abbiamo  lasciato  maturare  per 
tre  giorni ,  incitando  la  suora  addetta  air  infermeria  a 
volerle  significare  meglio  i  pericoli  cui  essa  si  esponeva, 
e  raccogliere  il  di  lei  verdetto  spoglio  da  ogni  pressione 
e  da  ogni  riflesso  di  impegni  precedenti. 

Scelta  e  decisa  la  ovariotomia ,  venne  apparecchiata 
V  operanda^  locale  e  mezzi,  giusta  i  precetti  formulati 
dai  chirurghi  inglesi,  avendo  noi  avuta  somma  cura  di 
attenerci  con  scrupolo  anche  ai  particolari  i  ^ iù  spe- 
ciosi. 

Il  mattino  infatti  del  17  aprile ,  coir  intervento  dei 
signori  dottori  Binaghi  medico-divisionale,  Brezzi  medico 
di  reggimento  nel  corpo  sanitario  militare  qui  di  stanza, 
Montalenti  medico  esercente  nella  città.  Villani,, Crosa, 
Bardeaux,  Parona,  Martelli,  medici  addetti  allo  stabili- 
mento, dopo  avere  per  bene  cloroformizzata  la  pa^Jente, 
si  procedette  air  ^seguimento  dell*  operazione,  che  mt  farò 
a  tratteggiare  in  ogni  suo  particolare. 

Postomi  al  lato  destro ,  praticai  lungo  la  linea  alba 
una  incisione,  che  iniziata  a  2  centimetri  a  valle  deU^om- 
belico,  si  estendeva  per  10  all'inoirca  verso  il  pube  ;  rag- 
giunto a  strati  il  peritoneo,  ne  sollevai  una  piega  colla 
pinzetta,  che  recisi  orizzontalmente  col  bistori,  sgorgarono 
tosto  dalla  incisione  oltre  due  bicchieri  di  siero  citrino 
molto  tenue.  Ampliata  sulla  guida  della  sonda  scannel- 
lata ,  in  alto  ed  in  basso  la  divisione  del  peritoneo  fino 
a  raggiungere  gli  estremi  della  ferita  tegumentale,  giunsi 
coir  indice  della  [mano  destra  a  circuire  liberamente  la 


22 

superficie  anteriore  della  cisti,  che  rassomigliava  pel  con- 
testo fibroso  delle  pareti  ad  un  globo  uterino.  Punto  il 
sacco  col  trequarti  di  Spencer  Wells,  e  ritirato  il  pun- 
teruolo, fluiva  a  stento  un  liquido  mielifòrme,  quasi  pol- 
tiglia minutamente  granellosa.  La  più  valida  compres- 
sione esercitata  sul  tumore  mediante  due  lenzuolo  incro- 
cicchiate ed  embriciate  sul  ventre,  non  valeva  ad  accre-» 
scere  lo  sgorgo,  per  cui  dopo  avere  due  o  tre  volte 
inutilmente  attraversata  la  cannula  con  un  catetere  di 
gomma  elastica ,  si  ricorse  a  due  injezioni  di  acqua  tie- 
pida, da  cui  si  ebbe  qualche  vantaggio.  Evacuata  la  ci- 
sti, locchò. richiese  oltre  un' ora  di  tempo,  venne  estratta 
colla  maggiore  facilità  senza  incontrare  il  più  lieve  osta- 
colo, ad  ecceaiione  di  una  duplicatura  del  mesoretto  adesa 
alla  superficie  posteriore  e  laterale  sinistra  del  tumore. 
Raccolta  la  pagina  peritoneale,  vei^ine  allacciata  con  ro*- 
busto  filo  e  divisa  dalla  cisti.  Fino  a  questo  punto  To- 
peràzione  era  andata  a  meraviglia,  non  essendosi  ofieso 
il  più  piccolo  vaso,  nò  avendo  avute  molestie  per  la  emi- 
grazione di  alcun*  ansa  intestinale,  ma  le  cose  cangiarono 
d* un  tratto  d'aspetto  allorché  si  venne  alla  legatura 
dello  stelo.  La  cisti  era   quasi   sessile ,  e  le  pareti   cosi 

• 

voluminose  che  non  era  possibile  formare  un  peduncolo 
artificiale;  provammo  ad  applicare  il  clamp,  ma  lo  stelo 
nemmeno  per  sogno  poteva  essere  capito  nel  vano  dello 
stromento  ;  si  ricorse  alla  legatura  manuale,  che  non  cor- 
rispose, quantochò  l'elasticità  dei  tessuti  elideva  la  stretta 
praticata,  il  perchè  non  trovando  altra  escita  si  dovette 
impiegare  la  catena  dello  schiacciatore  lineare  di  Chas- 
saignac,  col  qual  mezzo  in  trenta  minuti  si  divise  in- 
teramente lo  stelo,  senza  promuovere  il  più  lieve  ge- 
mizio di  sangue.  La  porzione  uterina  del  peduncolo  venne 
abbandonata  nel  ventre ,  ove  la  si  lasciò  in  osservazione 
per  cinque  minuti  all' incirca,  affine  di  vedere  se  il  ca- 
lore della  cavità  addominale  valesse  a  risvegliare  al- 
cuna emorragia,  cosa  però  che  non  avvenne. 


23 

Prosciugato  11  ventre,  la  ferita  fu  rammarginata. 
<*.on  cinque  punti  di  sutura  metallica,  indi  si  esegui 
una  moderata  compressione  suir  addome  mediante  ben-- 
daggio  fatto  con  una  fascia  di  lana  lunga  10  metri.  Ri^ 
portata  la  donna  sul  proprio  letto,  le  si  sospesero  sul  ven- 
tre due  pesche  di  gomma  elastica  ripiene  di  una  miscela 
frigorifera,  fatta  con  ghiaccio  e  sai  marino. 

L' operazione  terminò  a  mezzogiorno,  avendo  cosi  du- 
rato per  circa  3  ore.  < 

Esame  del  tumore. 

1  .  * 

Il  liquido  evacuato  pesa  18  chilogrammi,  il  peso,  spe- 
cifico è  1320,  desso  è  costituito  in  massima  parte  da  al- 
bumina; esaminato  al  microscopio,  osservansi  molteplici 
squame  epiteliche  atialoghe  a  quelle  della  vescica  orina- 
rla, molti  nuclei  liberi  commisti  a  globuli  crassosi  ed  a 
corpuscoli  granellosi  (granular  corpuscles  di  Beale);  nel 
liquido  rimasto  aderente  alla  superficie  interna  della  ci-' 
sti  si  trovarono  numerosi  cristalli  di  albuminato  sodico. 
Prosciugata  la  cisti  e  messala  sovra  il  piattello  d'una  bi- 
lancia ,  pesava  3055  grammi  ;  le  pareti  presentano  lo 
spessore  di  un  centimetro  e  mezzo  ;  aperta  la  cavità,  os- 
servasi verso  la  inserzione  del  peduncolo  una  cisti  secon- 
daria del  volume  di  ùu  grosso  arancio,  a  pareti  relativa- 
mente molto  sottili,  distese  da  un  liquido  analogo  a  quello 
contenuto  nella  cisti;  madre  ;  sulla  inserzione  dello  stelo 
ove  questo  si  espande  per  costituire  V  inviluppò  cistico 
trovasi  un  ammasso  dì  inumerevoli  cisti  secondarie  di 
vario  volume,  a  pareti  trasparenti  e  molto  delicate,  ri- 
piene di  un  umore  interamente  identico  e  quello  trovato 
nelle  maggiori.  La  superficie  posteriore  esterna  del  sacco  è 
solcata  da  vene  voluminose ,  convergenti  sotto  forma  di 
un  grosso  fascio  verso  lo  stelo.  La  integrità  delle  pareti 
era  cosi  perfetta,  che  chiusa  con  un  piccolo  compressore 


24 

r apertura  artificiale,  ed  enfiata  la  cisti  col  gazometro, 
non  perdeva  un  Alo  d'aria.  Essa  venne  esÈ^iccata  previa 
imbibizione  nelF  acqua  fenizzata^  ed  ora  viene  conservata 
nel  museo  di  patologia  chirurgica  dello  stabilimento. 

Per  calmare  U  dolore  prodotto  dalla  operazione  ed 
in  pari  tempo  narcotizzare  il  tubo  intestinale»  le  vennero 
prescritti  sette  centigrammi  d' oppio ,  formando  6  pillole 
da  somministrarsi  una  ogni  due  ore.  Verso  le  2  pom.  venne 
presa  da  conati  di  vomito,  che  cessarono  dopo  mezza  ora 
circa  sotto  V  uso  del  ghiaccio  per  bocca.  Alle  8  di  sera 
r  operata  era  in  piena  calma,  aveva  dormito  per  un  paja 
d*  ore ,  polso  largo,  ondoso,  a  84 ,  cute  leggermente  ma- 
dida,  temperatura  normale.     . 

18.**  Nella  notte  ebbe  due  emissioni  volontarie  hK 
urina ,  dormi  per  quasi  sei  ore  di  seguito ,  beneficiò 
di  cui  era  priva  da  alcuni  mesi.  Si  sente  un  pò  debole^  le 
si  concedono  tre  brodi  con  tuorlo  d'uova^  e  due  dita  di 
vino  generoso,  si  prosegue  neU'  applicazione  del  fomento 
ghiacciato  sul  ventre.  A  mezzogiorno  viene  molestata  da 
impeti  di  tosse,  che  le  suscitano  dolori  vivissimi  .air  ad- 
dome T—  leggier  reazione  febbrile. 

Nella  sera  si  ammorzano  alquanto  i  fenomeni  insorti 
nel  pomeriggio,  1*  amm;ilata  è  calma,  polso  a  90^. 

19.^  Passò  la  notte  insonne  a  motivo  della  tosse  che 
riprese  verso  le  10  pojQeridiane.  Si  lagna  di  dolori  ad* 
dominali;  polso  a  120,  febbre  ardente,  non  può  tollerare 
le  posche  sul  ventre.  Ghiaccio  per  bocca  ed  oppio  a  dose 
maggiore. 

Nella  sera  insorge  una  molesta  ortopnea ,  complicata 
da  impeti  di  tosse  convulsiva. 

Nella  notte  calma  con  tendenza  al  sopore,  disturbato 
solo  da  qualche  raro  accesso  di  tosse;  ventre  teso^  meteo- 
ritico,  vivamente  doloroso  alla  pressione. 

Alle  11  antimeridiane  viene  sorpresa  da  un  intenso 
brivido  di  freddo. 


25 

Alle  2  pomeridiane  prostrazione  generale,  delirio,  polsi 
piceolissimi  e  frequenti  a  120,  ambascia,  raffreddamento 
periferico;  questi  sintomi  vanno  aggravandosi  fino  alle  5 
pomeridiane,  ora  in  cui  l'operata  muore. 

Autossia.  -—  Dimagratone  notevole,  ventre  disteso, 
meteorico^  Al  dorso  e  sulle  natiche  osservansi  larghe 
chiazze  ardesiacbe  per  ipostasi  cadaverica.  Rigidità  mu- 
scolare persistente,  la  ferita  addominale  è  riunita  inte- 
ramente per  coalito  adesivo. 

Capo.  -—  Injezioue  minuta  alle  meningi,  iperemia  pun- 
teggiata della  massa  encefalica,  in  particolar  modo  della 
sostanza  midollare.  Deficienza  di  siero -nei  ventricoli. 

.  Collo.  —  Nulla  di  rimarchevole,  ove  si  voglia  eccet- 
tuare un  leggier  grado  di  iperemia  della  mucosa  laringo- 
tracheale. 

Torace.  -—  Aderenze  di  antica  origine  alla  superficie 
posteriore  delle  due  pleure,  polmoni  e  cuore  in  condizioni 
normali  —  vòlta  diaframmatica  molto  accentuata,  in  par- 
ticolar modo  dal  lato  destro,  ove  il  culmine  della  mede- 
sima raggiunge  quasi  il  livello  del  margine  inferiore  della 
quinta^  costa  vera. 

Ventre.  —  Aperto  largamente  l'addome,  vedesi  la  in^ 
cisione  praticata  per  la  ovariotomia  perfettamente  ram- 
marginata  con  forti  aderenze  al  grande  omento,  che  non 
sì  giunge  a  vincere,  lacerandosi  nell'atto  del  distendimento 
prima  il  contesto  omentale. 

Le  anse  intestinali  mostransi  iperemiche  e  distese  da 
gaz,  alcune  anse  sono  fra  loro  adese  per  essudato  cru- 
poso. 

Il  peritoneo  mostrasi  in  ogni  punto  Vivamente  infiam- 
mato, la  sua  superficie  è  per  ogni  dove  spalmata  da  tra- 
sudamento gelatinoso  a  tinta  biancastra  (osservato  al  mi- 
croscopio trovasi  pressoché  interamente  costituito  da  glo- 
buli marciosi). 

Rimosse  le  intestina,  vengono,  raccolte  nel  basso  fondo 


26 

della  pelvi  circa  200  grammi  di  siero  sanguinolento;  os- 
servasi la  base  dello  stelo  reciso  già  cosparsa  da  una  tela 
regolare  di  bottoncini  carnei,  veggonsi  àncora  alcuni  zaffi 
fibrinosi  che  otturano  T  orificio  dei  vasi  diVisi  dallo  schiac- 
ciatore  lineare,  ali* intorno  del  moncone  non  si  trova  il 
più  piccolo  coagulo  sanguigno.  L*utero  è  normale  ^fiatto 
e  trovasi  nella  sua  giacitura  naturale;  suU'ovajo  sinistro 
si  riscontra  una  piccola  cisti  del  volume  di  una  avellana 
ripiena  di  siero  molto  tenue. 

Tutti  gli  altri  organi  del  cavo  addominale  offrono 
nulla  di  abnorme,  ad  eccezione  del  rene  destro^  com- 
presso dal  fondo  del  tumore,  che  è  ridotto  alla  metà 
del  sinistro,  per  atrofia. 

La  prima  di  queste  osservazioni  nulla  prova  contro  la 
ovariotomia,  in  quantochè  essa  venne'  eseguita  nelle  con- 
dizioni le  più  sfavorevoli  al  buon  esito  della  operazione. 

Nel  deliberarne  T  eseguimento  fummo  mossi  oltrechÀ 
dalla  compiacenza  nell*  accedere  ad  un  vivissimo  deside- 
rio della  malata  di  voler  tentare  cotesta  ultima  prova, 
da  un  omaggio  ai  consigli  pòrti  dalle  migliori  autorità 
chirurgiche  sovra  si  fatto  argomento. 

Baker-Brown  confessa  d*essere  stato  trascinato  a  pra- 
ticare ovariotomie  in  condizioni  le  più  gravi,  e  non  ostante 
afferma  <  di  avere  ottenute  guarigioni  in  casi  che  sem- 
»  bravano  non  offrire  alcuna  speranza  ».  Spencer  Wells 
formola  un  precetto  che  armonizza  a  pennello  colla  no- 
stra condotta.  <  Se  una  donna ,  egli  dice,  la  quale  non 
»  abbia  alcune  settimane  od  alcuni  mesi  di  vivere  in 
»  mezzo  a  sofierenze  atroci  >  reòlami  il  soccorso  del  chi- 
»  rurgo,  ove  il  caso  non  fosse  assolutaìnente  disperato, 
»  e  non  vi  fosse  che  una  probabilità  di  successo  sovra 
»  dieci,  nullameno  non  dovrebbe  egli  esitare  a  compro- 
»  mettere  la  sua  riputazione  col  tentare  una  operazione 
»  che  può  offrire  alla  paziente  questa  sola  probabilità  di 


27 

»  saccesso.  (  Perozzi.  «  L' ovariatomia   in   Italia  »  ,   pa- 
>  gina  276). 

La  morte  nella  fattispecie  avvenne  indubitamente  per 
la  offesa  arrecata  dair indole  dell*  operazione  subita,  non 
avendo  Tammalata  avuta  la  resistenza  vitale  necessaria 
onde  reagire  al  traumatismo  sofferto,  come  si  osserva  di 
frequente  succedere  in  alcune  gravi  operazioni»  quali  la 
isterotomia  addominale,  la  disarticolazione  ed  amputazione 
della  coscia;  almeno  a  cotale  versione  ci  conducono  i  re- 
perti cadaverici. 

Nella  seconda  osservazione  le  condizioni  generali  e  lo- 
cali erano,  giova  ammetterlo,  le  migliori  che  si  potessero 
desidapare,  anzi  nella  donna  a  nostro  avviso  si  trovava 
quella  riunione  di  circostanze  che  noi  vorremmo  desi- 
gnare come  tipo  indicativo  deirovariotomia;  la  unica 
difficoltà  che  si.  ebbe  a  rinvenire  si  fa  il  volume  e  T ac- 
corciamento eccessivo  dello  stelo;  non  pertanto  si  ebbe  a 
deplorare  verun  accidente,  quantochò  Vécraseur,  meglio 
di  quanto  non  fece  col  Peruzzi  (1) ,  valse,  a  prevenir^  il 
più  insignificante  stillicidio  sanguigno. 

La  morte  avvenne  per  peritonite  diffusa  ^  accidepte 
verso  cui  erasi  rivolta  la  più  energica  profilassi,  mante« 
nendo  costantemente  sul  ventre  una  temperatura  molto 
abbassata,  onde  produrre  il  tetano  termico  nei  vasi  pe- 
ritoneali ,  nullameno  non  si  giunse  a  scongiurare  la  in- 
flammazioiie,  che  volse  in  breve  ad  un  esito  letale. 

Volendo  speculare  nella  interpretazione  eziologica  di 
cotesta  complicazione,  quantunque  si  ribocchi  di  cause  ef- 
ficienti, pure  non  si  può  negare,  che  se  lo  schiacciatore 
di  Ghassaignac  ebbe  valore  di  potente  emostatico,  espose 


(i)  Nella  ovariotomia  eseguita  da  Peruzzi,  avendo  questi  di- 
viso il  pedwieolo  coU'éoraseur,  ed  a  maggior  salvaguardia  messo 
un  laccio  sul  cordone  reciso,  non  ostante  insorse  la  etnorragia. 


28 

per  proprio  conto  la  cavità  addominale  oltre  mezz'ora 
air  azione  dell*  aria  atmosferica ,  ed  il  peritoneo  al  con- 
tatto di  corpi  stranieri ,  circostanze  che  non  si  possono' 
escludere  come  straniere  alla  violenta  reazione  che  ne 
ebbe  a  conseguitare.  Il  perchè  in  casi  analoghi  sarà  cosa 
consigliera  ricorrere  al  compressare  cauterizzante  di 
Chambers  (  Ghambers*  s  cautery  clamp  )  recentemente 
usato  da  Gurling  e  Knaggs  col  più  significante  van- 
taggio. («  The  Lancet.  »  June  1,  1867,  pag.  663)  (1). 

E  per  fermo  cotesto  stromento  offre  la  pregevole  ri- 
sorsa di  riunire  in  sé  la  rapidità  di  azione  del  bistorl , 
alla  virtù  emostatica  dello  scbiacciatore  lineare  jiella 
dieresi  chirurgica,  locchè  riesce  di  vantaggio  non  indif- 
ferente, in  una  operazione,  ove  T  ideale  della  terapeutica 
si  è  di  scemarne  il  4>iù  possibile  il  traumatismo. 

Per  quanto  la  chirurgia  italiana  non  abbia  finora 
sovra  questo  terreno  raccolto  che  i  fiori  dello  sconforto^ 
nuUameno ,  informandosi  a  più  elevati  concetti ,  dessa  è 
tenuta  a  coltivare  con  maggior  ardore  l'argomento,  onde 
ammassare  un  numero  tale  di  prove  da  poterne  dedurre 
calme  e  savie  illazioni,  dappoiché,  amo  ripeterlo,  contro 
i  risultati  favorevoli  che  ogni  giorno  sempre  più  ingros- 
sano nelle  mani  dei  nostri  confratelli  stranieri,  non  si 
potrebbe  opporre  una  seria  diga  nelle  peregrine  espe- 
rienze da  noi  istituite. 

Svuotamento  dello  stemo  per  estrazione 
,di  palla  da  moschetto.  —  Rigenerazione  ossea. 

Rapportò  la  seguente  osservazione  nelV  intendimenti 
di  aggiungere  una  novella  pruova  al  tema  della  ripro- 
duzione ossea,  argomento  vitale,  che  or  sono  pochi  mesi 


(i)  Noi  ora  possediamo  tali  stromenti   costrutti   sovra  mo- 
[dello  deirAutore,  dai  valenti  Lollini  di  Bolojgfna. 


29 

valse  ad  animaire  una  vivace  controversia  in  seno  alla 
Società  imperiale  di  chirurgia  in  Parigi ,  ove  la.  4isputa 
rimase  indisciolta  per  deficienza  di  un  corredo  signifi- 
cante di  fatti;  non  che  per  avvalorare  una  volta  più  la 
grande  tolleranza  deirorganfsmo  a  qualsiasi  traumatismo 
operatorio ,  inteso  a  liberarla  da  un  ospite  al  medesimo 
insofierente. 

Lo  studio  diligente  dei  fatti  ci  persuade  ad  avanzare 
cotesto  aforisma  di  terapia  chirurgica,  cioè  che  in  casi  «  di 
»  intolleranza  organica  si  può  ricorrere  alle  più  ardite 
»  risorse,  senza  accendere  quelle  formidabili  reazioni, 
»  che  ordinariamente  tengono  dietro  a  gravi  lesioni. 

È  un  prezioso  riflesso  valevole  ad  animare  i  chirurghi 
verso  imprese,  che  per  fermo  non  si  potrebbero  impune- 
mente effettuare  senza  11  concorso  di  una  simile  conco- 
mitanza, ove  r  arte  con  maggiore  sollecitudine  e  migliore 
efficacia  raggiunge  lo  stesso  fine,  cui  erano  intese  le  forze 
della  natura. 

Borlotto  Michele,  d*anni  30,  dà  Recetto  (provincia  di 
Novara),  soldato  in  congedo  temporario,  viene  accolto  il 
giorno  11  febbrajo  1867  nella  1.*  Sezione  chirurgia  per 
piaga  fistolosa  alla  regione  dello  sterno. 

Nel  fatto  d'arme  di  Custozà  (1866),  venne  colpito  da 
palla  nemica  alla  regione  superiore  dello  sterno;  al  mo- 
mento  ebbe  grave  ortopnea,  che  poco  dopo  scomparve 
senza  ulteriore  disturbo  all'organo  del  respiro. 

Trasportato  prigioniero  in  Verona,  da'sanitarj  atten- 
denti a  quello  spedai  militare  si  tentò  più  volte  V  estra- 
zione del  projettile,  ma  infruttuosamente;  eguale  resul- 
tato si  ebbero  congeneri  esperimenti  fatti  dai  chirurghi 
militari  dello  spedale  di  Innsbruck,  ove  venne  inviato 
dopo  un  mese  di  soggiorno  in  Verona. 

Ricoverato  dopo  l'armistizio  in  uno  degli  spedali  mi- 
litari di  Milano  colla  piaga  alla  regione  sternale  tuttora 


iipavta,  vaiiaero  ripatato  le  ricerche  sul  corpo  etraaiera, 
fioiua  lilouu  vanUggio,  per  cui  rammalato  fu  dimesso  co* 

Hil^t(*i<i^tu  I  le  cose  non  cangiarono  punto ,  la  piaga 
Oiiutiuuuvi^  A  fornire  copiose  marcie ,  e  al  dire  del  pa- 
iiii»ute  (  lu  quattro  mesi  immagri  in  modo  sorprendente  ; 
\\\  Ul^  f)«Attempo  venne  contaminato  da  ulceri  sifilitiche 
iA\^  \^  Ml^liuero  a  chiedere  asilo  in  cotesto  stabilimento  ^ 
ri^nentU^  U  plaga  allo  sterno  dopo  tanti  iterili  esperi- 
uimUÌi  n^iperlore  ad  ogni  risorsa  deirarte. 

AUoiM|uando  venne  a  noi,  trovavasi «nelle  seguenti  con- 
(iUttJtul:  nmlgrado  il  Borlotto  accusi  un  notevole  grado  di 
numohiMlone,  non  pertanto  mostrasi  ancora  di  forme  at- 
lutli^h^i  ^  non  tutti  i  caratteri  d*una  robustezza  poco  co- 
m\\\^\  In  corrispondenza  al  margine  inferiore  del  manu- 
brio eternale,  icorgesi  una  piaga  di  forma  circolare ,  del 
diametro  d*  una  moneta  da  5  franchi,  dal  cui  fondo  pul- 
lulano lussureggianti  ipersarcosi;  alla  periferia  della  so- 
lusione  di  continuità  veggonsi  molte  cicatrici  lineari  vòlte 
in  vario  senso,  vestigia  delle  indagini  fatte  nel  ricerca- 
manto  del  corpo  straniero.  Frugando  collo  specillo  nel 
fondo  della  plaga,  si  penetra  in  un  tramite  leggiermente 
sinuoso,  della  lunghezza  di  circa  tre  centimetri,  con  di- 
rezione dall'alto  al  basso»  da  destra  a  sinistra. 

Lungo  tutto  il  tragitto  fistoloso  si  avvertono  segni 
manifesti  di  carie,  il.  fondo  appare  dappoi  formato  da  un 
corpo  duro,  compatto,  a  resistenza  maggióre  del  contesto 
osseo. 

L*  indole  della  lesione  e  la  storia  del  caso  mi  con- 
vinsero meglio  della  sintomatologia  obbiettiva  della  pre- 
senza del  projettile,  impegnato  ancora  nelle  ossa  dello 
sterno ,  per  cui  a  mio  avviso  la  indicazione  non  poteva 
essere  dubbia,  doversene  senza  alcuna  dilazione  ten^ 
tare  il  rimovimento,  e  ciò  nel  riflesso  di  inaridire  d'un 
colpo  la  scaturigine  d'una  profusa  suppurazione,  che  mal- 


31 

I 

grado  la  eccezionale  robastezzadell*individuo,  aveva  nul- 
lameno  di  già  fatta  sentire  la  sua  perniciosa  influenza 
sulla  economia,  non  che  distorre  il  pericolo,  che  il  prò- 
jettile  profondamente  ubicato,  favorito  dalle  leggi  di 
gravità,  e  da  un  più  breve  itinerario,  avesse  ad  aprirsi 
un  varco  nel  cavo  toracico,  e  quivi  accendere  disastri 
irreparabili. 

Il  mattino  del  12  febbrajo,  trasportato  il  paziente  nel 
teatro  chirurgo  e  sottoposto  al  cloroformio,  si  esordi  Tope- 
razione  con  una  incisione  a  croce  estesa  a  tutto  il  peri- 
metro della  piaga;  disseccati  i  quattro  lembi  cosi  scolpiti,  si 
mise  a  nudo  lo  scheletro  della  regione!  L*  apertura  scolpita 
nella  teca  ossea  era  per  modo  angusta  da  lasciare  a  stento 
transitare  una  sonda  del  diametro  di  una  penna  di  corvo. 
Collo  svuotatore  angolare  impresi  a  scavare  una  breccia 
nello  spessore  dell* osso,  dirigendomi  lungo  T andamento 
del  tramite  fistoloso.  A  3  centimetri  circa  di  profondità 
rinvenni  il  proiettile,  di  cui  ebbi  avviso  poco  prima  da 
frammenti  metallici  esportati  collo  svuotatore. 

In  questo  punto  deiroperaziorìe  sorsero  delle  serie  diffi- 
coltà pel  rimovimento  del  corpo  straniero  ;  non  era  pru-« 
denziale  attaccare  direttamente  il  proiettile  con  tira  palle 
0  tira  fondo,  in  quanto  che  si  correva  un  grave  pericolo 
di  spingerlo  per  converso  nel  cavo  toracico;  non  lo  si  po- 
teva afferrare  con  mollette  o  qualsiasi  altro  arnese  con- 
genere ,  poiché  avendo  il  canale  pareti .  òssee  non  si  po- 
tevano aprire  le  ^  branche  dello  stromento;  né  meno  si  po- 
teva pensare  ad  un  maggiore  ampliamento  della  breccia, 
per  essere  già  quasi  a  ridosso  delle  articolazioni  sterno 
clayeari  per  una  parte  e  per  T  altra  alla  inserzione  ster- 
nale delle  coste.  A  dir  vero  era  un  duro  supplizio  veder 
la  palla,  toccarla  colle  dita,  aggirarla  come  sospesa  ad 
un  perno,  senza  riescire  a  fare  una  sufficiente  presa  so- 
vra la  medesima.  Esigendo  ed  il  bene  del  pa^^iente  ed  il 
decoro  dell*  arte  che  1* operazione  fosse  proseguita  fino  al 


32 

suo  compimento^  deliberai  di  scolpire  collo  svuotatore  nel 
corpo  dello  sterno  e  lungo  la  linea  mediana  del  medesimo 
una  specie  di  doccia  diretta  al  di  sotto  del  proiettile;  per 
tal  modo  giunsi  a  sollevarlo  dall' interno  ali*  esterno,  ed 
allora  presolo  con  una  pinzetta  semplice»  lo  estrassi  con 
tutta  facilità.  Ma  appena  levato  il  corpo .  straniero,  si  vide 
tosto  dalla  ferita  escire  con  impeto  un  flusso  di  sangue 
animato  da  ritmica  pulsazione  isocrona  ai  battiti  cardia- 
ci ;  tale  emorragia  si  arrestò  spontaneamente  e  quasi  al- 
l' istante ,  però  il  fondo  della  ferita  continuò  a  pulsare 
con  impeto. 

Si  medicò  la  ferita  a  piatto , .  dopo  avere  ricolma  la 
breccia  con  filacele  imbevute  nella  soluzione  emostatica 
del  Piazzi. 

Il  proiettile  era  juna  palla  da  carabina  del  peso  di  !$4 
grammi,  schiacciata  per  modo  da  presentarsi  con  forma 
circolare,  a  margini  circolari  e  frastagliati,  del  diametro 
di  una  moneta  da  un  soldo.  Non  erano  trascorse  quattro 
ore  che  V  ammalato  viene  sorpeso  da  grave  lipotimia,  sus- 
seguita da  languore,  ed  affievolimento  notevole  del  polso  ; 
verso  sera  però  le  forze  a  poco  a  poco  si  rianimano,  ri- 
torna la  flsonomia  ed  il  colorito  naturale  —  internamente 
vengono  prescritte  alcune  pìllole  d*  oppio,  5  centrgrammi. 

13.  Nella  sera  si  accese  una  moderata  reazione  feb- 
brile,  che  scomparve  nelle  prime  ore  del  mattino.  L'ope- 
rato è  calmo  ed.  apiretico  affatto. 

Si  procede  alla  prima  medicazione.  Tolte  le  filacele  e 
detersa  con  aqua  fenizzata  la  piaga,  scorgesi  il  fondo  della 
medesima  pulsare  con  impeto  vibrato,  per  modo  che 
messa  di  contro  la  punta  di  uno  specillo,  viene  con  vio- 
lenza respinta.  Le  considerazioni  di  anatomia,  topografica 
sovra  cotesto  fenomeno,  ci  conducono  all'idea  che  debba 
ripetersi  dalla  pulsazione  dello  stelo  anteriore  dell'arcata 
aortica.  Da  ciò  si  deve  ritenere  che  la  superficie  centrale 
del  proiettile  fungeva  le  veci  di  parete  toracica,  con  molta 


X 


sa 

probabilità  per  logoraaza  successiva  della  lamina  interna» 
locchò  apprende  con  molta  Yerosimiglian^a  come  il  lavo- 
rio di  eliminazione  lo  avrebbe  fatto  cadere  in  breve  tempo 
nella  cavità  del  petto,  in  cui  lo  si  sarebbe  spirito  alla 
più  leggiera  pressione  che  sovra  il  medesimo  si  fosse  eser- 
citata. 

16.  Il  fondo  della  piaga  è  di  molto  rialzato,  il  canale  si 
restringe,  T impulso  del  fondo  è  meno  accentuato;  fino  ad 
ora  r  operato  non  ebbe  a  lagnarsi  del  più  lieve  disturbo 
negli  organi  del  respiro. 

Appetito  vivo.  —  Dieta  terza. 

Medicazione  con  vino  aromatico. 

28.  La  piaga  è  pressoché  superficiale,  cessarono  le  pul«- 
' fazioni,  il  generale  è  immegliato  in  modo  sorprendente. 

Nessuna  variazione  nella  cura. 

6  Aprile.  Cicatrice  completa;  la  fossa  scavata  nello 
spessore  dello  sterno ,  è  ora  ricolma  da  un  tessuto  sti- 
pato; il  generale  assunse  il  miglior  aspetto  d*  una  ve- 
getazione rigogliosa ,  si  congeda  V  operato  dall*  infer- 
meria. 

14  Maggio.  Ebbi  una  visita  dal  Borlotto  intesa  ad  ot- 
tenere un  attestato  della  patita  lesione^  onde   valersene 
presso  il  Governo  per  una  ricompensa  ;    approfittai   del-  ^ 
l'occasione  favorevole  per  esaminare  la  parte. 

La  cicatrice  presentasi  soda  e  compatta;  premendo  e 
percuotendo  colle  dita  sulla  medesima,  si  avverte  un  tes- 
suto duro  e  resistente  analogo  al  contesto  osseo  degli  al- 
tri punti  dello  sterno. 


Annali.  Voi  CCL 


34 

nae  e««i  d^infeslone    paraleata  coarléì  col  «ol- 

Hti  I  Lettera  del  dottor  GiaVAivivi  ferrimi  at 

chiarissimo  dottore  commendatore  Giaeawno  Ca- 
Bieinuo^Oj  medico  di  S.  M.  il  Re  d*  Italia  ^  in  Fi-- 
renze. 

Oebbene  anch*  io  ammetta  che  le  idee  nuove  percorrono 
lentamente  il  loro  cammino,  pure  io  aveva  pensato  non 
essere  più  necessario  di  scrivere  sui  vantaggi  della  me^ 
dicina  solfitica,   avendo  questa   già   guadagnati   sufR-- 
cienti  proseliti,  e  le  esperienze  essendo  state  ripetute  su 
tal  àumero  di  malati,  che  i  suoi  favorevoli  successi  do- 
vrebbero avere  trionfato  pienamente  dei  contrarj  giudizi. 
Nondimeno,  essendomi  occorsi  due  fatti  d'  infezione  pu^ 
rulenta,  ^estremamente  eloquenti  in  favore'  di  questi  far- 
maci, ho  creduto  utile  di  non  lasciarli  andare  perduti  pel 
bene  dell*  umanità  e  della  scienza.  E  tanto  più  volentieri 
li  narro,  dedicandoli  a  te,  si  per  darti  novella  prova  della 
mia  stima ,  si  per  eccitarti  neir  istesso  tempo   a  rendere 
di  pubblica  ragione  quei   brillanti  risultati   che  tu  pure 
ottenesti   con   questi  medicamenti   in  alcuni   gravissimi 
^morbi ,  e  de'  quali  mi  tenesti  discorso  V  anno  passato ,  e 
si  finalmente  afl5nchè  anche  gli  altri  nostri  colleghi  sap- 
piano raccogliere  la  loro  attenzione  intorno  ad  un  ordine 
vasto  di  fatti ,  intenderne  la  complessiva  significanza ,  e 
fare  trionfare  la  splendida  scoperta  del  Polli,  della  quale, 
a  buon   diritto,   la  sapiente  Commissione  esaminatrice 
pel  primo  grande  premio  Riberi  (1864),  di  cui  era  rela- 
tore r  illustre  clinico  Timermans,  disse  :  «  sarà  una  glo- 
ria della  scienza  italica,  e  tanto  più  ammirabile   per  la 
conquista  terapeutica   che   al  Polli  è   interamente  do- 
vuta (1)  ».  Ed  eccomi,  senza  più,  ai  casi  clinici.  , 


(1)  Sul  premio  Riberi  :  t  Relazione  della  Commissione  esami- 


35 

Oasàrvazióne  Iv  -^  Giuseppe  Pac,  di  Malta  /  d' anni  40, 
carrozziere ,  di  costitazione  linfatico-nervosa ,  un .  mattino  del 
mese  d'agosto  1806,  volendo  entrare  nella  casa  di  un  sao  co- 
noscente, fu  assalito  da  un  grosso  can^  arabo^  che  lo  morse  in 
un  ginocchio. 

Quantunque  ne  riportasse  forte  dolore,  pure  zoppicando 
camminò  tutta  quella  giornata,  e  verso  sera  prese  un  bagno  di 
mare.  Attese  alle  sue  occupazioni  per  altri  cinque  o  sei  giorni, 
ma  le  sue  sofferenze  crescendo ,  il  giorno  10  agosto  iù\  fa  chia- 
mare  premurosamente  per  intraprendere^  la  cura.  Lo  trovo  feb- 
bricitante, con  sete  molesta,  con  dolore  vivo,  gonfiezza  edema- 
tosa a  tutto  r  arto  inferiore  destro ,  sul  quale  serpeggia  un 
rossore  non  uniforme  ,  ed  in  alcuni  punti  violacea,  massime 
verso  la  parte  inferiore  esterna  della  gamba ,  ed  i  gangli  lin- 
fatici sono  pure  gonfi  e  dolorosi.  Si  trattava  d'  un  flemmone 
diffuso.  Prescrivo  50. mignatte  lungo  T  arto  e  bevande  diluenti. 

11  Agosto.  Il  dolore  à  eccessivo,  tanto  all' inguine  e  a  tutta 
la  coscia,  quanto  alla  gamba;  continua  la  febbre  con  agita* 
zione  e  delirio.  Gli  prescrivo  cataplasmi  ammollienti  con  em- 
brocazioni di  laudano,  e  bevande  rinfrescative. 

12  detto.  Isella  notte  ebbe  brividi  di  freddo  ripetuti  e  pro- 
lungati ,  ai  quali  succede  forte  reazione  con  delirio  contiguo, 
smania ,  respiro  .affannoso ,  sintomi  che  diminuirono  verso  il 
mattino  con  abbondanti  e  fetidi  sudori.  Ha  la  lingua  rossa  ai 
lati,  ricoperta  d'  un  intonaco  fuliginoso ,  alito  disgustevole ,  e 
sete  insaziabile.  Scorgonsi  qua  e  là  lungo  V  arto  vescichette 
ripiene  d'  un  liquido  siero-sanguinolentò.  Prescrivo  mez^'  oncia 
di  solfito  di  magnesia  addolcito  con  zucchero  ,  diviso  in  quat- 
tro pacchetti  da  prendersi  nella  giornata,  e  pratico  lungo  Tarto 
varie  incisioni,  alquanto  estese,  ed  interessanti  la  grossezza  del 
derma,  onde  togliere  l' ostacolo  meccànico  alla  libera  circola- 
zione collaterale,  cagione  diretta  della  gangrena,  e  si  continuano 
i  cataplasmi  ammollienti. 

Alla  sera  sopravvengono  nuovi  e  ripetuti  brividi  con  vomito 


natrice,  approvata  dalla  Reale  Accademia  medico-chirurgica  di 
Torino  »,  pag.  36. 


36 

bilioso;  ha  il  respiro  alquanto  affannoso,  e  le  orine  sono  cari" 
ch6i  6  fetenti ,  il  polso  piccolo  e  celere^  L' infezione  purulenta, 
essendo  chiara,  propongo  un  consulto,  che  non  viene  accettato; 
si  continua  Tistessa  cura. 

13  detto.  La  notte  fu  'gravissima  ;  il  paziente ,  sempre  de* 
lirante,  ebbe  frequenti  brividi  di  freddo  con  vomiturìzione,  sete 
ardente,  affanno  di  respiro  ,  e  diarrea  fetente.  Trovo  1*  amma- 
lato assai  abbattuto  ,  con  polso  piccolo  a  110,  e  pelle  urente. 
Esamino  Tarto,  e  parmi  riscontrare  alla  parte  esterna  e  me- 
dia della  gamba  un*  oscura  fluttuazione.  Pratico  una  profonda 
ed  ampia  incisione,  dalla  quale  sgorga  pus  mai  elaborato ,  che 
somiglia  piuttosto  ad  una  sanie  rossastra.  Faccio  continuare 
V  applicazione  dei  cataplasmi  ammollienti ,  e  prescrivo  cinque 
dramme  di  solfito  magnesiaco  zuccherato,  con  10  grani  di  pol- 
vere di  Dower,  per  combattere  la  diarrea;  divido  il  tutto  in  5 
pacchetti,  da  prendersi  uno  ogni  du^  ore. 

Alla  sera  la  diarrea  è  alquanto  diminuita;  vi  ha  sudore,  non 
delirio  ;  il  polso  è  a  85  ;  qualche  brivido  nella  giornata ,  ma 
passaggiero.  Dalla  praticata  incisione  esce  pus  un  pò  meglio  ela- 
borato, con  pezzi  di  tessuto  cellulare  cancrenato. 

14  detto.  Verso  il  mattino  ebbe  forti  orripilazioni,  e  tre 
evacuazioni  alvine  nella  notte,  ma  meno  fetenti.  Alle  ore  8  ant^ 
lo  trovo  in  uno  stato  comatoso  ,  senza  affanno  né  tosse  ;  colla 
percussione  toracica  riscontro  ,  ottusità  alla  parte  posteriore 
Inferiore  d*  dmbo  i  lati  ,  ma  più  a  sinistra  ;  coU*  esplorazione 
acustica  rilevo,  deficienza  di  soffio  respiratorio  in  ambo  i  poi* 
moni,  e  più  nel  sinistro,  con  sibili  diffusi  nell'albero  bronchiale. 
Polso  piccolo,  e  a  112.  Osservo  alla  parte  media  della  gamba  > 
in  vicinanza  della  praticata  incisione,  un'  escara  gangrenosa  di 
forma  irregolare ,  alquanto  estesa  ;  al  terzo  superiore  esterno 
della  coscia  riscontro  un'oscura  fluttuazione,  per  cui  pratico 
un'incisione  profonda,  della  lunghezza  di  cinque  centimetri,  dalla 
quale  sgorga  pus  icoroso ,  misto  a  pezzi  di  tèssuto  cellulare 
cancrenato.  Dell'  istesso  tessuto  ne  esce  anche  dalla  prima  in- 
cisione,  ma  con  vero  pus  sciolto.  Faccio  continuare  i  cataplas- 
mi di  1  inseme,  e  medicare  l' escara  cangrenosà  con  filacele  in- 
trise in  una  soluzione  di  solfito  di  sodOy  cioè  un'  oncia  in  otto 
d'  acqua. 


37 

Prescrivo  6  dramme  di  solfito  magnesiaco  zuccherato,  colia 
solita  dose  di  polvere  Dower,  divìso  in  6  pacchetti  da  prendenti 
uno  ogni  due  ore.  Parto  dal  malato  facendo  quasi  un  sinistro  pro- 
nostico. Malverso  sera  si  sciolse  lo  stato  '  comatoso,  con  un  ^h- 
bondante  sudore  vischioso,  alquanto  oscuro  e  d*  odore  nauseante, 
che  continuò  più  ore.  Ebbe  nella  flciornata  una  soia  evacuazione 
alvina.  Lo  riconosco  assai  sollevato  e  col  polso  a  82.  Sgorga  da 
entrambe  le  praticate  incisioni  vero  pus  sciolto  e  sieroso  con 
brani  di  tessuto  cellulare  ^angrenato. 

15  detto.  Dopo  varie  notti  agitatissime  ed  insonni ,  il  m&« 
lato  ebbe  qualche  ora  di  vero  sonno  riparatore,  però  allo  sve- 
gliarsi appare  ancora  leggiero  vaniloquio.  Ebbe  una  sola  eva- 
cuazione alvina ,  non  fetente ,  verso  il  mattino  ,  dopo  di  che 
trovò  calma.  Ha  lingua  rossa  ed  umida  ,  febbre  con*  mediocre 
sudore,  e  quasi  inodoro;  non  lagnasi  di. dolore  lungo  l'arto,  e 
soltanto  dice  di  sentirselo  assai  pesante.  Dalle  incisioni  conti- 
nua ad  escire  un  pus  sieroso,  sempre  misto  a  brani  di  tessuto 
cellulare  mortificato.  L' escara  gangrenosa  comincia  ad  elimi- 
narsi. Solfito  magnesiaco  zuccherato  a  7  dramme ,-  diviso  in  7 
prese ,  colla  solita  dose  di  polvere  Dower ,  da  prendersi  nella 
giornata  ;  si  continua  la  medicazione  esterna  colla  soluzione  di 
solfito  sodico,  e  cataplasmi  di  lìnseme  ;  si  coUcedonq  frequenti 
brodi  per  nutrimento.  Verso  sera  ebbe  un  leggiero  brivido  con 
lieve  aumento  di  sete.  —  Eguale  medicazione. 

16  detto.  Il  malato  riposò  tranquillo  la  maggior  parte  della 
notte  ,  la  febbre  è  leggiera  ,  V  orina  abbondante  ,  sedimentosa  , 
senza  alcun  odore  ;  il  pus  che .  sgorga  dalle  aperture  è  meno 
sieroso  e  sempre  associato  a  brani  di  tessuto  cellulare  mortifi- 
cato. L'escara  cangrenosa  è  tutta  elirùinatà.  —  Solfito  magnesiaco, 
un'  oncia ,  divisa  in  otto  prese  ,  da  prendersi  nella  giornata , 
senza  le  polveri  di  Dower,  perchè  non  ha  evacuato  l'alvo  da 
34  ore.  Solita  cura  esterna,  ed  una  minestrina  di  pane  grattu- 
giato per  nutrimento. 

17  detto.  Dormi  la  notte,  ed  ebbe  due  evacuazioni  figurate 
verso  il  mattino.  Lo  trovo  assai  rianimato  ,  sebbene  si  man- 
tenga ancora  un  leggiero  movimento  febbrile.  Dalla  praticata 
incisione  alla  coscia  sgorga  soltanto  poco  pus,  e  da  quella  della 
gamba  alquanto  di  più,  con  piccoli  brani  di    tessuto    cellulare 


S8 

mortificato  {  BeirimpiAgamento  multato  dall'  escara  cancrenosa 
comincia  il  processo  di  cicatrìizazione.  Eguale  cura,  e  si  ripete 
la  minestrina. 

Dai  18  al  22  detto.  Miglioramento  progressivo ,  cosicché  il 
32  il  paziente  era  completamente  apiretico.  Si  riduce; il  solfito 
tnagneeiaeo  alla  dose  di  6  dramme  al  giorno;  si  continua  la 
medesima  cura  esterna ,  e  si  concedono  tre  minestrine  nella 
giornata. 

Dal  23  al  25  detto.  L' apertura  alla  coscia  è  cicatrizzata; 
da  quella  della  gamba  persiste  lieve  stillicidio  di  marcia,  e  Tim- 
piagamenta  prodotto  dalla  elimipata  escara  gan^renosa,  prose-' 
gue  verso  la  cicatrizzazione.  Vi  è  una  forte  emaciazione,  ma  il 
malato  comincia  a  gustare  qualche  alimento.  —  Si  riduce  la  dose 
di  solfito  'magnesiaco  a  tre  dramme,  ed  esternamente  sono  so- 
spesi i  cataplasmi,  continuando  soltanto  la  soluzione  del  solfito 
sodito. 

8  Settembre.  L'  ammalato  è  in  piena  convalescenza  :  anche 
l'apertura  alla  gamba  è  cicatrizzata  completamente,  ciònono^ 
stante  continuasi  il  solfito  magnesiaco  a  due  dramme  il  giorno, 
perchè  ane6ra  persiste  l' impiagamentó  lasciato  dall'  escara  gan- 
grenosa,  che  Éaedicasi  tre  volte  al:  giorno  colle  fìlàccie  inzuppate 
nella  soluzione^  di  solfito  di  soda, 

i6  detto.  Pac  comincia  a  fare  alcuni  passi  nella  camera,  e 
le  forze  muscolari  vanno  gradatamente  riprendendo  vigore.  So - 
spendesi''  il  solfito  magnesiaco  perchè,  a  suo  dire  ,  lo  fa  molto 
orinare,- massime  nella  notte,  e  si  continua  all' esterno  la  solu^ 
zionè  di  solfito  di  soda  fino  allfi  perfetta  cicatrizzazione  del*- 
r  impiagamentó,  che  avvenne  soltanto  al  13  ottobre,  epoca  nella 
quale  lo  congedo  guarito. 

Bue  mesi  dopo  il  Pac  fu  da  me,  e  lo  trovai  in  òttimo  stato 
di  salute.. 

La  quantità  dei  9o  {/Iti  impiegati  durante  questa  cura  fu  di 
dicciàssette  onde  e  fnezzo  di  solfito  magnesiaco  internamente,  e 
di  circa  dadici  onciè  dì  solfito  sodico  per  uso  esternò. 

Osservazione  2.'  — -  Un  mussulmano,  di  mèdia  età,  di  tem*' 
peramento  iinfatico-biliosp ,  lavorante  nella  fabbrica  del  pane 
che  viene  fornito  alle  truppe,  la  mattina,  del  26  settembre  1866 


39 

venne  per  negligenza  trascinato  fra  S  denti  e  Tincastratura  4i 
due  grandi  ruote  di  ferro,  messe  in  azione  dalla  macchina  a 
vapore  ,  riportandone  le  seguenti  lesioni:  Alla  parte  superiore 
esterna  del  braccio  un  taglio  trasversale  della  lunghezza  di  nove 
centimetri,  dividendo  la  pelle  ed  interessando  profondamente  il 
muscolo  deltoide  nella  parte  naedia.  Un  lungo  ,  largo  é  spesso 
lembo  cutaneo  della  p^rte  posteriore  del  ginocchio  ed  inferiore 
della  coscia  sinistra  per  T  estensione  d*un  palmo  in  lunghezza, 
e  sei  centimetri,  circa,. di  larghezza  è  esportato.  Tutta  la  re- 
gione toracica  è  coperta  d*  escoriazioni,  ma  la  lesione  di  mag- 
gior importanza  era  all'arto  inferiore  destro,  cioè  fracassamento 
della  rotula,  dei  capi  articolari  della  tibia,  del  perone  e  del  terzo 
inferiore  del  femore,  con  lacerazioni  delle  parti  molli,  per  cui 
porzione  dei  muscoli  sartorio,  retto-anteriore  esterno  ed  interno 
della  coscia  e  del  semi-tendinoso  stanno  giù  penzoloni*  Questi 
erano  i  guasti  ch^ioj  riscontrai  in  quel  disgraziato  alla  presenza 
del  medico  fiscale  signor  dottor  Clemente  che  per  il  primo  lo 
vide. 

L' indicazione  deiramputs^zìone  essendo  troppo  chiara,  ordi- 
nai che  subito  fosse  trasportato  '  ali*  ospedale  mussulmano ,  vi- 
cino, e  che  fosse  preparato  il  tutto  per  Toperazione.  Poco  tem- 
po dopo,  recatomi  all'ospedale,  medicai  le  prime  lesioni  sovrac- 
cennate\  ed  assistito  dagli  egregi  colleghi  Cotton ,  Bensason  e 
Olement,  feci  l'amputazione  dello  coscia,  alla  p^rte  media;  ope- 
razione che  il  paziente  sopportò  coraggiosamente ,  senza,  emet- 
tere un  grido.  Coricatolo  quindi  sopra  un  pancaccio ,  con  un 
semplice  cuscino  senza  materasso,,  perchè  gli  amministratori  di 
questo  ospedale,  calpestando  tutti  i  principj  di  umani tàj  se  ne 
mangiano  le  rendite,  lasciando  mancare  di  tutto  il  bisogne- 
vole i  pochi  infermi  che  vi  ricoverano,  questo  pòvero  pa<- 
ziente  versava  in  pessime  condizioni  igieniche  ;  egli  era  senza  ca- 
micia, e  con  un  lacero  bernus  di  lana,  intriso  di  sangue,  che  gli 
dovette  servire  di  coperta  per  più  giorni.  Per  conseguenza, 
tutto  preso  in  considerazione,  il  pronostico  che  dai  colleghi  fu 
pronunziato,  e  che  veramente  trovai  ragionevole,  fu  che  quer 
st'  uomo  perirebbe  per  tetano  o  per  infezione  purulenta.  Frat^ 
tanto  ad  ovviare,  alla  meglio,  il  primo  pericolo,  ordinammo  che 
si  mettessero  i  vetri  nelle  finestre,  che  n'erano  prive,. e  pre- 


40 

8crivemno  una  pozione  laudaniczata  per  rialzare  alquanto  i  polei 
agsai  abbattuti.  Per  prevenire  il  secondo  pericolo,  prescrissi  tre 
dramme  di  solfito  magnesiaco  zuccherato,  diviso  in  tre  parti, 
da  prendersi  nella  giornata  susseguente;  bevande  diluenti  e 
brodo  per  le  prime  24  ore,  durante  le  quali  sì  mantenne  api- 
retico. 

27  detto.  Continua  ad  essere  apiretico,  ed  ha  incominciata 
la  cura  solfitica. 

28  detto.  Yerso  mezzogiorno  comincia  una  leggiera  reazione 
febbrile,  che  continua  anche  alla  sera;  altre  tre  dramme  di 
solfito  magnes%aec(^  diviso  in  tre  parti,  che  fu  preso  nella  gior- 
nata. 

29  dettp.  È  apiretico  e  dice  d'aver  fame  ;  continuasi  l'istessa 
dose  di  solfito^  e  gli  si  permette  una  piccola  zuppa  di  pane. 
Alla  sera  insorge  altro  picpolo  movimento  febbrile. 

30  detto.  È  apiretico.  Mi  accingo  ad  aprire  Tapparecchio  di 
medicatura  del  moncone,  e  lo  trovo  coperto  di  verrai,  tanto  era 
vecchio  e  sudicio  il  cuscinetto  su  cui  riposava  ;  fortunatamente 
questi  non  erano  penetrati  nella  rferita.'  Levato  l*  apparecchio , 
con  sorpresa  mia  e  dei  colleghi  Còtton ,  Bensason  >  e  Clement , 
troviamo  adesione  per  prima  intenzione  d*  una  gran  parte  del 
manichette ,  con  poca  suppurazione  e  di  buona  qualità ,  che 
viene  medicato  con  semplice  filaccia.  Nella  leeone  della  regione 
posteriore  del  ginocchio  sinistro  trovasi  piccola  porzione  di 
lembo  di  pelle  mortificata  che  vien  tosto  esportato;  la  ferita 
del  muscolo  deltoide  suppura  pus  di  cattiva  qualità^/  e  si  medi- 
cano queste  lesioni  con  filaccia  bagnate  in  una  soluzione  di 
un'oncia  di  solfito  di  soda  in  otto  d'acqua.  Continuasi  l'istessa 
dose  di  solfito  magnesiaco  internamente  e  concedesi  piccola  i^uppa 
per  nutrimento.  Alla  sera  alcuni  brividi  di  freddo  e  sete,  poscia 
forte  reazione.  —  Solita  medicatura. 

.  1.®  ottobre.  Apiretico^  La  ferita  del  moncone  progredisco 
bene,  non  così  quella  della  piegatura  del  ginocchio,  nella  quale 
presentasi  escara  gangrenosa,  diffusa,  ed  un  punto  cancrenoso 
riscontrasi  anche  nella  lesione  del  deltoide.  Si  medicano  queste 
lesioni  colia  soluzione  di  solfito  sodico^  da  rinnovarsi  più  volte 
al  giorno,  e  si  prescrivono  quajbtro  dramme  di  solfito  magne- 
siaco ,   diviso  in  quattro  parti  ,  da  prendersi  in  quattro    volte 


41 

nella  fornata,  e  solo  brodo  per  nutrimento  (1).  Alla  sera  bri'- 
vidi  dì  freddo  e  febbre  ;  è  maggiormente  estesa  V  escara  gan- 
grenosa,  tanto  alla  piegatura  del  ginocchio,  che  alla  lesione  del 
deltoide.  —  Si  contìnua  la  stessa  medicatura. 

2  detto.  L'ammalato  non  ha  dormito  nella  notte:  contìnua 
la  febbre,  ha  sete  viva,  la  lingua  è  rossa,  e  coperta  d'un  leg- 
giero intonaco  giallastro;  le  escare  cancrenose  sopracòennate 
cominciano  ad  eliminarsi,  ma  se  ne  scopre  un'altra,  che  dalla 
"parte  esterna  del^ ginocchio  sinistro  estendesi  fino  alla  parte 
inedia  ed  esterna  (Iella  coscia.  La  ferita  dell'arto  amputato  pro- 
gredisce di  bene  in  meglio.  — -  L'istessa  cura  solflUca  esterna  e 
cinque  dramme  di  solfito  magnesiaco  zuccherato,  diviso  in  cin*^ 
que  parti,  da  prendersi  nella  giornata,  e  il  solito  brodo. 

Alla  séra  esacerbazione  febbrile,  ma  miglioramento  negli  im* 
piagamenti  gangrenosi;  si  continua  biella  stessa  cura. 

3  detto.  Ha  dormito  alcune  ore, nella  notte;  è  apiretico,  con 
mediocre  sudore;  le  escare  cancrenose,  tanto  al  deltoide  che  alla 
piegatura  del  ginocchio,  sono  tutte  eliminate,  e  quella  della  co- 
scia si  è  limitata.  La  ferita  dell'arto  amputato  progredisce  sem- 
pre verso  la  cicatrizzazione. —  Si  aumenta  la  dose  a  sei  dram- 
me del  solfito  magnesiaco^  diviso  in  sei  pacchetti,  da  prendersi 
nella  giornata;  solita  medicatura  esterna  e  solito  brodo  per 
nutrimento.  Verso  sera  brividi  di  freddo ''con  fèbbre;  lo  stato 
locale  è  lo  stesso.  —  Si  Continua  l'eguale  medicatura. 

4  detto.  Leggermente  febbricitante  con  madore  alla  pelle. 
L'escara  cancrenosa  alla  coscia  comincia  ad  eliminarsi ,  gli  al- 
tri impiagamenti  migliorano.  —  Istessa  cura  interna  ed  esterna. 
—  Verso  sera  il  paziente  è  apiretico,  ed  ha  un'abbondante  eva- 
cuazione alvina,  chn  fu  la  prima  dopo  i  nove  giorni  dell'ampu- 
tazione. 

5  detto.  Ha  dormito  tutta  la  notte,  è  perfettamente  apire- 
tico', e  finalmente  dopo  reiterate  domande,  viene  adagiato  su 
di  un  piccolo  materasso  che  era  stato  promesso  fin  dal  giorno 
delia  disgrazia.  Tutti  gl'impiagamenti  progrediscono  in  bene  e 


(i)  Finalmente  riceve  una  coperta  di  lana  da  sos  tituirsi  a^ 
fetente  bemus. 


42 

l'escara  cancrenosa  alla  coscia  è  tutta  separata.  —  Si  prosegue 
1'  eguale  cura  aolfitica  interna  ed  esterna ,  e  si  concedono  due 
minestrine  nella  giornata.  Alla  sera  continua  i'apiresaia  e  Tarn- 
malato  dichiara  di  sentirsi  assai  meglio. 

6  detto.  È  apiretico  e  4)a8sò  una  buona  notte  ;  tutti  gli  im- 
piagamenti  suppurano  alquanto  meno ,  ed  il  pus  è  di  buona 
qualità.  —  Comincio  a  passare  la  matita  di  nitrato  d'argento  aul- 
r  impiaga  mento  del  moncone^  continuando  colla  solita  medica- 
tura sugli  altri  ìmpiagamenti  (1).  Riduco  a  5  dramme  il  sol- 
fito magnesiaco  da,  prendersi  nella  giornata,  e  continuasi  cpl- 
l'istesso  nutrimento. 

7  detto.  Tutto  progredendo  in  meglio,  riduco  a  tre  dramme 
il  solfito  magnesiaco^  ma  viene  continuata  la  solita  medicatura 
esterna,  ed  alle  minestrine  viene  associata-  un  pò  di  carne. 

15  detto.  Cade  un  laccio  dai  vasi  crurali  nell'arto  amputato; 
e  sugli  ìmpiagamenti,  che  tutti  progrediscono  verso  la  cicatriz- 
zazione,  passo  la  matita  di  nitrato  d'argento,  proseguendo  nel- 
ristessa  cura  interna  ed  esterna. 

19  detto.  Nell'arto  amputato  cade  il  laccio  della  femorale 
profonda.  Progressivo  miglioramento  negli  Ìmpiagamenti.  —  So- 
lita  cura  e  nutrimento ,  riducendo  però  a  sole  due  dramme  al 
giorno  il  solfito  magnesiaco, 

2  novembre.  L' impiagamento  della  coscia  amputata  è  per- 
fettamente .cicatrizzato.  .Sospendesi  il  solfito  magfiesiaco;  con- 
tinuasi però  la  soluzione  del  solfito  sodica  sugli  altri  Ìmpiaga- 
menti, che  progrediscono  in  .meglio,  e  l' ammalato  viene  messo 
a  pieno  vitto. 

.  17  detto.  Cicatrizzazione  del. muscolo  deltoide.  L'ammalato 
comincia  a  mettersi  in  carne.     . 

23  detto.  Guarigione  dell' impiagamento  alla  piegatura  del 
ginocchio  sinistro. 

18  dicembre.  Non  avvenne  che  a  questo  giorno  la  perfetta 
cicatrizzazione  dell'impiagamento  de}la  coE^cia  sinistra,  quantun- 


(1)  Da  questo  giorno  in  poi,  tutte  le  sere,  fu  medi- 
cato dal  collega  sig.  dott.  Clement,  che  Io  trovò  sempre  api- 
retico. 


43 

que  si  fosse  sempra  continuata  la  medicatura  colla  soluzione  di 
solfito  di  soda, 

21  detto.  L'ammalato  fu  licenziato  in  ottimo  statò  di  salute, 
ed  un  mese  dopo  lo  rividi  »  ma  siffattamente  ingrassato ,  che 
dapprima  noi  riconobbi. 

La  quantità  dei  solfiti  impiegati  durante  questa  cura  fu  di 
i3  oncie  e^due  dramme  di  solfito  magnesiaco^  e  di  circa  nove 
oncie  di  solfito  di  soda  per  uso  esterno. 

I 

Considerazioni. 

II  principio  patologico  dal  quale  si  parte  nella  tera- 
pia sol/ltica^  sta  neir  ammettere  come  causa  principale 
dell'infezione  purulenta  un' alterazione  del  sangue  per 
l'introduzione  nel  medesimo  d'un  fermento  putrefatti vo  o 
corruttivo  della  materia  organica.  E  se  in ,  ciò  noi  ci  sco- 
stiamo dai  sentieri  già  battuti  neU'  interpretazione  teore- 
tica dataci:  da  uomini  sommi,  si  è  perchè,  quantunque  gli 
studii  di  Boerhaave,  Vanswieten,  De  Haen  e  Stoll,  sino  a 
quelli  di  Sédillot,  Dance^  Blandin,  Velpeau ,  Cruveilhier  , 
e  quelli  ancor  più  recenti  di  Virchow  e  suoi  seguaci,  sve- 
lino qualche  parte  di  verità,  pure^ci  lasciano  ancora  in 
molti  punti  dubbiosi ,  cosicché  a  buon  diritto  il  chiaris-^ 
Simo  professore  Cortese  scriveva:  «  Chiunque  guarda  con 
occhio  attento  e  spassionato  nel  lavorò  si  lungamente  mor- 
bifero di  una  pioemia,  dovrà  di  ragione  persuadersi,  che 
non  al  semplice  fatto  d'una  flebite,  nò  all'altro  molto 
comune  di  una  trombosi,  si  devono  attribuire  le  esclusive 
radici  di  questa  pericolosa  infermità.  Egli  è  mestieri  che 
si  generi  nella  crasi  del  sangue  un  elemento  diffluente, 
venefico,  la  cui  presenza  ne  guasti  la  composizione  e  ne 
corrompa  i  principj  costituenti  »  (1). 

Infatti,  ormài,  malgrado  la  diversità  dei  punti  di  par*^ 


(1)  Vedi  Cortese:  e  Guida  del  medico  militare  ». 


44 

tenza  del  processo  morboso,  medici  e  anatomo-patologici 
s'accordano  a  ritenere  l'essenza  àéiV infezione-puru^ 
lenta  consistere  in  un'alterazione  dei  principj  chimici  e 
istologici  del  sangue,  cioè  in  una  specie  di  sepficoemia^ 
che  equivale  a  dire ,  trattarsi  di  un  intosslcamento  nel 
sangue,  che  corrisponde  appunto  ad  una  malattia  zimo- 
fica  ;  e  per  cui ,  se  vi  ha  nella  clinica  interna  una  vera 
indicazione  pei  sol/iti,  la  è  precisamente  questa.  I  diversi 
fenomeni  morbosi,  cagionati  dall'avvelenamento  sanguigno 
nei  due  casi  narrati,  ci  permettono  di  trarne  alcuni  pra- 
tici corollarj  ai  quali  diamo  qualche  importanza^  perchò 
andiamo  persuasi  che  nulla  avvi  di  buono  in  medicina, 
come  arte,  che  non  discenda  e  si  risolva  in  precetti  utili 
nell'atto  pratico. 

Noi  constatiamo  che  nel  primo  caso,  oltre  i  fenomeni 
dinamici  o  vitali,  come  li  chiama  Burggraeve,  vi  furono 
anche  i  fenomeni  organici  ohe  misero  il  malato  in  grave 
pericolo  di  vita;  e  si  mio  credere  sarebbe  morto,  se  i  sol^ 
fiti  non  avessero  dato  alla  materia  organica  superstite  una 
maggiore  stabilità  e  resistenza  alla  decomposizione;  ciò  che 
limitando  il  turbamento  delle  funzioni  dipendenti  dairinqui- 
namento  prodotto  dall'infezione  purulenta,  permise  all'or- 
ganismo di  compiere  le  sue  sanative  eliminazioni;  mentre 
nel  secondo  caso  ,  essendo  stati  impiegati  i  solfiti  come 
mezzi  preventivi,  prima  che  sorgesse  l' infezione,  resero 
l'organismo  quapi  refrattario  airinfluenza  della  medesima, 
cioè  ne  arrestarono  gli  efifetti  in  maniera  inaspettata ,  e 
non  presumibile,  con  tanti  focolari  purulenti  e  detriti 
necrotici  che  stavano  in  grembo  ai  tessuti  feriti. 

Mancarono  perciò  i  fenomeni  organici  o  per  cosi  dire 
terziarii  della  pioemia,  che  tanto  erano  palesi  nel  primo 
caso;  ed  anche  i  fenomeni  dinamici  furono  di  assai  mi- 
nore intensità  di  quelli  del  caso  antecedente. 

Egli  è  dell'infezione  pioemica  come  degli  altri  avve- 
lenamenti; è  al  principio  dell'azione  del  veleno  che  i soc- 
corsi dell'arte  hanno  tutta  la  loro  potenza. 


45 

Per  ciò  stesso  i  solfiti  sono  più  sicuri  rimedj  pro^ 
filattici  che  curativi,  ed  il  chirurgo  che  nelle  gravi  ope- 
razioni  li  impiegherà  subito,  in  maniera  preventiva^  avrà 
infezioni  purulente  di  minore  gravità,  o  non  ne  avrà;  men- 
tre la  terapia  aspettante,  che  interviene  inerte,  o  che 
intervieni  tardi^  vedrà  il  maggior  numero  di  pioemie,  e 
quasi  tutte  mortali. 

Il  lieve  grado  di  sinton^i  morbosi  nella  seconda  osser- 
vazione potrebbe  forse  inclinare  alcuni  ad  escludere  in 
questo  caso  la  eststenza  à^W  infezione  purulenta.  Ma 
le  orripilazioni  o  accessi  di  freddo,  per  me ,  indicarono  i 
fenomeni  essenzialmente  dinamici ,  che  soglionsi  manife- 
starsi nella  pioemia  ;  tali  sintomi  sono  per  me  la  senti- 
nella che  ci  avverte  dell'assorbimento  purulento ,  e  per- 
ciò, a  buon  diritto,  in  casi  simili,  dice  T illustre  clinico 
professore!  Trousseau:  «  Ckaque  frisson  est  un  avertisi 
sement  de  la  pénétration  du  pus  dans  le  sàng  »   (1). 

Forse  qualcuno  mi  dirà  che  il  felice  risultato  di  que- 
sto caso  devesi  alla  virtà  del  clima.  Io  .  non  voglio  ne* 
gare  la  benefica  influenza  di  questo  clima  sulle  operazioni 
chirurgiche ,  e  prova  ne  sia  che  nel  1856  ne  scrissi  un 
articolo  in  proposito  (3)  ;  e  nel  1860  insistetti  maggior- 
mente (^),  come  tu ,  amicò  carissimo ,  facesti  altrettanto 
nelle  tue  belle  Osservazioni  medico-^fisiche  sul  clvna 
e  sugli  abitanti  di  Tunisi,  e  d'  altre  parti  d'  Africa» 
(«  Ann.'univ.  di  med.  >),  . 

Ed  infatti  noi  vedemmo  nel  secondo  caso  narrata  una 
rapida  guarigione  dell*  arto  amputato,  a  preferenza  delle 


(1)  Vedi.  «  Clinique  medicale    de    l'  Hòtel-Dieu  de  Paris  ». 
Tome  3.  pag.  635. 

(2)  <  Influenza  del  clima  sull'esito  delle  operazioni  chirur- 
giche ».  Vedi  tf  Gazzetta  medica  italiana  lombarda  »j  maggio  1856. 

(à)  €  Saggio  sul  clima  e  sulle  precipue  malattie  di  Tunisi  e 
del  Regno  ».  Milano,  pag.  132. 


46 

altre  lesioni;  ma  nelle  condizioni  esternamente  sfavore- 
voli  in  cui  trovasi  questo  individuo,  per  cui  il  presagio 
più  certo,  al  dire  dei  colleghi  tutti  che  lo  videro,  era  la 
morte  per  infezione  pioì^tnicay  è  oltremodo  logico  il  ere-* 
dere  che  i  fenomeni  morbosi  si  siano  mantenuti  entrò  i 
limiti  descritti  mercè  la  cura  preventiva  solfitica. 

E  se  il  clima  di  Tunisi  è  assai  favorevole  nelle  ordina- 
rie operazioni  chirurgiche  ,  nulla  può  contro  V  infezione 
purulenta,  quando  questa  è  insorta. 

Un  altro  fenomeno  diametralmente  opposto  nei  duA 
narrati  casi,  e  che  attirò  la  nostra  attenzione,  è  che  du- 
rante r  amministrazione  dei  solfiti  nel  primo  caso  ebbe 
luogo  la  diarrea^  che  dovetti  arrestare  colle  polveri  del 
Dower  ,  mentre  nel  secondo  vi  fu  stipsi  protratta.  Ciò 
prova,  a  mio  credere,  che  le  evacuazioni  di  ventre  possono 
essere  mosse  da  particolare  idiosincrasia ,  o  dalla  stessa 
condizione  morbosa,  massime  se  la  mucosa  intestinale  è 
in  un  lavoro  di  eliminazione,  come  accade  nei  gradi  avan- 
zati della  pioemia;  ma  che  Fazione  purgativa  dei  solfiti  non 
è  la  vera,  intrinseda-  e  principale  loro  azione.  Questi  farmaci 
sono  più  diuretici  che  catartici,  tutta  l'azione  terapeutica 
di  questi  medicamenti  dipende  dalle  loro  proprietà  antifer- 
mentative e  dulie  riducenti ,  proprietà  che  non  isplegano 
mai  così  completamente  che  allorquando  sono  assorbiti 
in  circolo.  —  Ma  qui  mi  si  potrebbe  fare  un'obbiezione, 
ed  è  forse  la  più  forte  che  gli  avversarj  possono  fare  alla 
dottrina  del-  Polli,  ed  è  :  per  provare  V  azione  antifermen- 
tativa de'  solfiti  bisognerebbe  che  la  natura  delle  fer- 
mentazioni ,  nelle  svariate  malattie  discrasiache ,  .  fosse 
sempre  identica,  o  fosse  prodotta  sempre  dallo  stesso 
fermento.  L'  obbiezione  sarebbe  giusta ,  se  il  Polli  avesse 
preteso  che  i  solfiti  agissero  dirèttamente  contro  i  feri- 
menti morbiferi,  uccidendoli  od  annullandoli;  ma  in- 
vece egli  fece  conoscere  più  e  più  volte  chiaramente  che 
detti  sali  agiscono ,  non  modificando  direttamente  il  fer- 


/ 


47 

mento,  ma  solo  togliendogli  il  mezzo  di  sviluppo,  cioè  mo- 
dificando la  materia  fermentativa  in  modo  che  essa  possa 
resistere  alla  sua  azióne.  Cosicché ,  col  linguaggio  co- 
mune ,  direbbesi  che  questi  farmaci  agiscono  sulle  parti 
sane  dell'organismo  proteggendole  o  garantendole  contro 
razione  morbosa  dei  fermenti,  i  quali  muojono  coir  an- 
dar del  tempo,  confinati ,  per  cosi  dire ,  ^élla  loro  sede 
primitiva  per  difetto  d'alimento. 

Tale  spiegazione  parmi  risponda  in  maniera  chiara, 
precisa  e  soddisfacente  circa  al  modo  di  comportarsi  .di 
questi  medicamenti.  B  prova  ne  siano  le  esperienze  del 
Polli  siigli  animali,  che  ciascuno  può  ripetere,  cioè:  pren- 
dere, come  egli  fece,  due  animali,  per  esempio,  due  cani, 
nutrirli  egualmente  per  pochi  giorni,  ma  ad  uno  dare  10 
grammi  di  solfito  di  soda  al  giorno,  all' altro  nulla.  Macel- 
lati nell'istesso  momento ,  esposti  quindi  alle  stesse  coa- 
dizióni,  vedrassi  che  i  tessuti  e  gli  umori  del  solfitato  re- 
sistono parecchi  giorni  a-  quegli  agenti  corruttori  d'  o- 
gni  fatta,  e  che  avranno  già  putrefatto  1'  altro. 

E  questa  resistenza  dei  tessuti  fa  appunto  assai  pa- 
lese ,  massime  nel  Secondo  nostro  caso  narrato ,  essendo 
stato  queir  individuo  solfitato  preventivamente. 

'Quale  conclusione  dovremo  dunque  noi  trarre  dalle  due 
osservazioni  che  formarono  l'argomento  di  questa  scrittu- 
ra? Io  non  ne  vedo-che  una  sola  ragionevole,  e  penso  che 
dev'  essere  quella  di  tutti  i  medici  assennati  :  il  tratta- 
mento che  offre  la  più  grande  probabilità  di  successo  nel- 
r  infezione  purulenta,  è  quello  basato  sui  solfiti,  non  sola- 
mente perchè  in  teoria  deve  essere  il  più  utile,  ma  perchè 
nella  pratica  fu  trovato  che  è  tale. 

Tutti!  libri  medici  classici,  parlando  dell'infezione  pioe- 
mica,  sono  unanimi  nel  ritenere  questa  malattia  quasi  sem^ 
pre  mortale;  e  parlando  della  cura,  debbo  dirlo,  sono  as- 
sai poco  espliciti  e  concordi.  Gli  uni  consigliano  una  te- 
rapia sintomatica,   specialmente  riguardo  alle  localizza- 


48 

zioni;  altri  le  bevande  leggermente  stomatiche  ed  ecci- 
tanti» per  sostenere  le  forze  dell*  organismo  ;  altri  le  be- 
vande acide  o  alcaline  ;  altri  finalmente  i  diaforetici  ed  i 
purgativi,  neirintento  di  incitare  gli  atti  critici  impiegati 
dalla  natura  medicatrice. 

Vedemmo  c\^e  nella  prima  osservazione,  malgrado  l'ar- 
resto della  diarrea  colle  polveri  di  Dower,  il  malato  mi- 
gliorò e  fu  condotto  a  salvamento;  e  che  ristesse  stato 
comatoso,  che  per  alcuni  sarebbe  stato  una  contro-indi- 
cazióne alle  polveri  del  Dower  /  si  sciolse  malgrado  la 
continuazione  delle  medesime,  producendo  appunto  l'ef- 
fetto desiderato,  cioè  quello  di  fare  restare  e  penetrare 
i  solfiti  in  tutte  le  parti  del  l'or  ganistno,  al  quale  riusci- 
rono a  compartire  una  valevole  resistenza. 

Che  diremo  del  solfato  di  chinina  consigliato  dalla 
maggior  parte  degli  autori  moderni  1  Questo  sale  non  può 
valere  che  contro  l'elemento  di  periodicità  e  d'intermittenza 
nei  brividi,  esso  protegge  dinamicamente  la, innervazione. 
Che  diremo  dell'alcoolaturo  d'aconito  consigliato  da  altri? 
Vi  vediamo  un'analoga  azione  nervina,  ma  non  crediamo 
che  valga  ad  arrestare  il  cammino  dell'infezione,  fintanto 
che  il  pus  continua  ad  essere  mescolato  col  sangue,  od  a 
dare  alla  compage  organica  norniale  maggiore  resistenza  di 
mistione  per  permettere  di  lottare  il  tempo  necessario  a 
trionfare  dell'infezione  ;  ciò  che  appunto  possono,  fare  i  sol- 
fiti, i  quali,  come  provò  il  Polli ,  non  subiscono  nel  ven- 
tricolo alcuna  decomposizione ,  ma  vengono  assorbiti  nel 
circolo .  si  mescolano  alla  massa  del  sangue ,  penetrano 
in  tutti  i  tessuti,  ed  escono  con  tutte  le  secrezioni.  Quindi, 
a  buon  diritto^  il  chiarissimo  professare  Cantani  scrisse: 
«  Bisogna  confessare  che  in  nessun'  altra .  afiezione  sarebbe 
più  che  non  qui  necessario  un  efficace  antifermentativo  »  (1). 

I 

(i)  c  Patologia  e  terapeutica  speciale  b  ;  4^1  prof.  Niemeyer. 
Traduzione  italians^  del  dott.  Cantani*  Ediz.  1.*,  voi.  2Jf  pag.  823. 


49 

Perciò  prima  della'  scoperta  del  Polli  la  terapìa  del- 
l' infezione  purulenta  era  un  vero  destderatum^  avvegnac- 
chè  anche  una  delle  più  grandi  celebrità  mediche  della  Fran- 
cia, il  Cruveilhier,  dopo  aver  passato  in  rivista  tutti  i  mezzi 
per  combattere  quejsta  micidiale  malattia,  concluse: 

<  Tutti  questi  mezzi  hanno  fallito  si  nelle  mie  mani, 
che  in  quelle  degli  altri.  Infatti  non  abbiamo  gtlcun  far- 
maco da  opporre  con  qualche  certezza  di  risultato  a  que-. 
sto  terribile  fattore  morboso,  tutte  le  pretensioni  dell'arte 
riduoendosi  per  lo  più  a  disinganni  ;  tutti  i  trionfi  delle 
droghe  essendo  effimeri ,  o  per  lo  meno  problematici.  E 
in  verità,  tutto  quanto  fu  promulgato  intorno  alla  virtù 
dei  farmaci,  contro  la  pioemia,  fu  l'effetto  di  una  buona 
fede  illusa,  basata  su  alcuni  fatti  mala  interpretati  ornale 
interrogati  col  metodo  curativo ,  poiché  quei  pochissimi 
fatti   fortunati   appartenevano  alla  sola  natura   medica- 
trice,  che  servi  a  provare  la  curabilità  dell'infezione  pu- 
rulenta che  in  passato  era  messa  in  dubbiò,  ed  il  profés- 
sore  Sédillot  fu  uno  dei  primi  a  provare  questa   curabi- 
lità (1)  >. 

Contuttociò  io  non  voglio  asserire  che  i  solfiti  siano 
rimedj  infallibili  nelVinfezione  purulenta,  perchè  di- 
cendo ciò  ognuno  sarebbe  in  diritto  di  mettere  in  dubbio 
la  mia  osservazione ,  non  essendovi  una  sola  fra  le^  nu- 
merose sostanze  di  cui  può  disporre  1'  arsenale  terapeu- 
tico che  possa  meritare  la  qualificazione  d'infallibile. 

Lo  stesso  chinino,  per  esempio,  guarisce  la  febbre  in- 
termittente, è  vero;  ma  ciononostante  la  febbre  intermit- 
tente miasmatica  non  può  sempre  essere  guarita  dal  chi- 
nino. Anche  la  medicina  solfitica  io  la  vidi  mancare  al- 
lorquando parevami  formalmente  indicata,  e  ne  attendevo 
i  benefici  effetti  colla  massima  confidenza. 


(1)  «  De  rinfection  purulente,  ou  pyohémie».  Paris,  18(l&. 
Annali.  Voi.  CCI.  4 


50 

Ecco  ii  perchè  delle  obbiezioni  si  faranno  a  questa  te- 
rapia^  anche,  neir infezione  purulenta.  Serie  obbiezioni, 
però,  io  non  credo  le  si  possane  muovere,  perchè  essendo 
pur  rigorosi  nella  scelta  dei  fatti  simili,  che  i  periodici 
medici  già  registrarono,  adoperando  pure  la  maggior  se- 
verità di  critica,  opponendo  il  maggiore  scetticismo,  pas- 
sandoli air  analisi  piti,  minuziosa ,  ve  ne  resterà  sempre 
un  numero  di  talmente  convincenti  e  persuasivi  da  non 
lasciare  superstite  il  dubbio.  E  tra  questi  credo  siano 
anche  i  due  fatti  da  me  narrati;  che  non  potranno  ri- 
manere  sterili,  muti,  insignificanti,  innanzi  ai  medici  ri- 
flessivi di  qualunque  scuola  e  di  qualunque  nazione  essi 
siano. 

Sapresti  ora  tu  dirmi ,  egregio  collega ,  quale  sia  la 
ragione  della  decisa  discrepanza  tra  T eloquenza  convin- 
cente dei  fatti,  e  r espressione  negativa  sconfortante  di 
certi  avversar]  alla  medicina  solfiticaì 

Io  credo  essere  una  sola,  e  mi  upiegi).  Tu  sai  meglio 
di  me  che  avvi  una  differenza  capitale  tra  il  fare  una 
cosa  e  il  farla  bene.  È  precisamente  biò  che  ha  luogo 
neir  amministrazione  à'&i  solfiti,  che  vengono  spesso  con- 
sigliati senza  le  giuste  regole,  cioè  amministrati  senza  o 
contro  indicazione,  a  dose  tin^ida  ed  insufficiente,  in  con- 
fusione con  altri  farmaci  di  contraria,  o  di  differente  ef- 
ficacia. 

Vi  sono  ancora  dei  medici,  ed  io  ne  conosco  varj,  che 
malgrado  i  savj  suggerimenti  dati  più  volte  dall'illustre 
professore  Polli/ amministrano  il  solfito  magnesiaco  senza 
farvi  soprabevere  una  sufficiente  quantità  d'acqua  per  la 
sua  completa  soluzione. 

Mentre  il  solfito  di  soda  è  molto  solubile,  cioè  in  sole 
quattro  parti  d'  acqua ,  quello  di  magnesia  esige  almeno 
venti  volte  il  proprio  peso  di  acqua  per  la  sua  perfetta 
soluzione;  cosi  accade,  che  questo  non  essendo  accompa- 
gnato da  bastevole   solvente^   produce  un  sen«)  di  peso 


51 

molesto  allo  stomaco,  al  quale  si  associa  facilmente  un 
dolore  frontale  gravati  vo,  per  cui  presto  se  ne  sospende 
l'uso,  adducendo  per  ragione  che  l'ammalato  non  lo  può 
tollerare  e  che  gli  riesce  più  dannoso  che  utile. 

Altri  poi  non  raccomandano  sempre  la  precauzione 
di  non  accompagnare  mai,  o  fere  seguire  i  solfiti  da  6e- 
vande  acide ,  le  quali  si  appropriano  la  base  e  mettono 
in  libertà  l'acido  solforoso,  per  cui  l'ammalato  non  tol- 
lera il  rimedio,  e  quel  poco  che  ritiene  non  è  più  sol/Ito^ 
ma  un  altro  sale,  dal  quale  non  si  possono  aspettare  gli 
effetti  proprj  dei  solfiti. 

I  soli  ammalati  che  veramente  non  tollerano  i  solfiti 
(ed  in  queste  contrade  se  ne  riscontrano  non  rare  volte) 
sono  quelli  che   hanno   abituali   agrezze  di  stomaco,  od 
una  particolare  condiziono  morbosa  per  la  quale  l'indi- 
viduo ha  prevalente  acidità  dei  succhi   gastrici.  In  que- 
sti stomachi  i  solfiti  sono  più  o  meno  completamente  de- 
composti con  svolgimento  di  acido  solforoso.  Ma  si  ovvia 
a  tale   inconveniente   coli' aggiungere  al  solfito   magne*- 
siaco  un  pò  di  magnesia  caustica ,  per  es. ,  come  sugge- 
risce  il  Polli ,    mezzo   gramn^o   sopra  2  o  3  grammi  di 
solfito  magnesiaco,  ed  al  solfito  di  soda  un  pò  di  car- 
bonato 0  bicarbonato  di  soda.  -^  Qualche  medico  poi  pre- 
scrive coi  solfiti,  per  qualche  medicazione  partibolare,  il 
calomelano.  Quanto  sia  grande  Tincompatibilità  fra  que- 
sti farmaci,  io  lo  sperimentai  tre  anni  or  sono  in  un  ma- 
lato di  febbre  gastrica,  in  cui  si  manifestarono   sintomi 
decisivi  di  un   avvelenamento   corrosivo,   e  subito   par- 
lai in  proposito  di  questa  incompatibilità  a  varj  colleghi, 
fra  gli  altri  al  nostro  egregio  amico  dott.  Schembri. 

Queste  considerazioni  del  più  alto  interesse,  per  ben 
dirigere  la  cura  solfitica,  pur  troppo  sovente  son  messe 
in  non  cale.  Ma  il  vero  segreto  delle  cure  brillanti  coi 
solfili ,  che  tu  ben  sai,  e  che  non  pochi  medici  ignora- 
no, sta  nella  generosa  propinazione  dei  medesimi  ;  ed  in- 


52 

fatti  io  credo  ohe  gli  effetti  veramente  curativi  oon  si 
sarebbero  manifestati,  massime  nel  malato  della  nostra 
prima  osservazione ,  se  non  avessi  spinta  la  dose  del  sol- 
fito di  magnesia  fino  ad  un'oncia  al  giorno. 

E  tanto  più  ciò  si  può  fare,  inquantochè,  oltre  ad 
essere  benissimo  tollerati  per  lungo  tempo  dall'  organismo 
senza  alcun  inconveniente:  <  essi  sono,  al  dire  dello  stesso 
Polli,  di  un'azione  antifermentativa  più  energica  dei  già 
noti  antisettici  metallici,  fenici  o  cianici,  senza  essere,  co- 
me quelli,  tossici  ».  Perciò  questi  sali  sono  in  varie  gravi 
malattie,  ed  in  ispecie  neirinfezione  pioemica^  divenute  le 
mie  armi  di  predilezione ,  e  crederei  di  mancare  al  più 
sacro  dovere  verso  l'umanità,  se  convinto  come  sono  della 
massima  utilità  dei  medesimi,  io  dessi  ad  altri  farmaci  la 
preferenza,  od  affidassi  la  cura  alle  sole  risorse  della  na- 
tura; giacché,  se  ciò  si  può  fare,  senza  mancare  al  pro- 
prio dovere  nelle  malattie  che  non  hanno  gravità,  quan- 
do si  ha  di  fronte  un  pericolo ,  e  noi  crediamo  d*  avere 
nelle  nostre  mani  un  rimedio  che  lo  possa  scongiurare, 
la  coscienza  ce  lo  deve  fare  impiegare  senza  esitazione. 
4c  Ogni  sanitario^  diceva  giustamente  Tegregio  dott.  Ri- 
dolfi,  che  trascura  V  esibizione  dei  solfiti  nei  casi  in  cui 
si  sospetta  T  assorbimento  purulento,  ne  è  responsabi-- 
le  »  (1).  In  verità  io  credo .  fermamente  che  nella  pioe- 
mia i  solfiti  non  abbiano  per  ora  altri  presidj  terapeu- 
tici rivali  che  possano  far  loro  una  concorrenza  vitto- 
riosa; ed  ognor  più  mi  convinco  d'aver  detto  con  ra- 
gione nella  mia  prima  Memoria  su  questi  farmaci:  <  I 
solfiti  neir  infezione  purulenta  devonsi  considerare  come 
un  vero  dono  della  Provvidenza  >  (2). 

(1)  Vedi  «  Gazzetta  medica    italiana    lombarda  s,  giorno  4 
aprile  1865. 

(2)  «e  Annali  universali 'di  medicina  »,  fascicolo  di  febbrajo 
1863, 


53 

Perdona,  o  amico,  se  ho  sorpassato  i  limiti  che  m*ero 
prefissi  in  questa .  lettera  ;  ma  sapendoti  per  tue  proprie 
esperienze  partigiano  tu  pure  di  questi  &rmaci,  provai 
una  dolce  compiacenza  neiresternarti  quanto  pensavo  sulr 
Tuso  dei  medesimi  nelle  gravi  malattie  pioemiche,  di  cui 
t'intrattenni^  ed  alle  riflessioni  di  cui  le  accompagnai 
venni  spìnto  dalla  sentenza  del  grande  filosofo  dei  tempi 
nostri,  Bernard:  «  Per  fare  buone  osservazioni,  non  basta 
constatare  dei  fatti,  ma  bisogna  ragionarvi  sopra  ». 

Gradisci,  ecc. 
Tunisi,  li  29  aprile  1867. 


Qsservaxloni  raeeoKe  sopra  ire  cosfitnzlonl  at- 
mosfferlt^lte  UBorbose  darante  il  corso  della 
carriera  pratica. C^e^  dott.  FlOBAVANTfi  BOSSI. 


L 


IO  studio  delle  morbose  costituzioni  atmosferiche,  che 
sogliono  accadere  ogni  qual  tratto  di  tempo  nelle  diverse 
stagioni  deiranno,  e  talvolta  anche  quasi  nell'intiero  suo 
corso,  e  che  ponno  durare, più  anni  di  seguito,  apprez- 
zato in  addietro  dai  migliori  cultori  dell'  arte  nostra , 
ora  sembra  quasi  dimenticato.  Si  decantano  nei  giornali 
nuovi  scoperti  rimedi  per  guarire  le  malattie,  che  messi 
alla  prova  dal  medico  ecclettico,  non  corrispondono  poi 
alla  vantata  virtù,  e  si  trascura  invece  la  ricerca  della 
cause  che  le  generano ,  dalle  quali  soltanto  si  può  de- 
durne la  natura,  e  sceglierne  la  vera  terapia. 

Sappiamo  dalla  storia,  che  il  primo  esempio  di  que- 
sto studio  l'abbiamo  avuto  da  Ippocrate,  e  forse  da  altri 
prima  di  lui,  benché  non  si  rinvengano  memorie  che 
lo  rivelino.  Come  poi  sia  stato  in  seguito  negletto ,  lo 
si  spiega  coi  rivolgimenti  politici  dell'antichità  e  colle 
continue  guerre  ed  invasioni  che  hanno  agitato  l'Europa, 


54 

e  {Principalmente  la  Grecia  e  T  Italia,  le  quali  sconvolsero 
e  interruppero  le  tradizioni  scientifiche  e  costrinsero  la 
scienza  a  ricoverarsi  in  chiostri  romiti.  A  farlo  dimenti- 
care maggiormente  concorsero  i  vari  sistemi  medici  sorti 
nei  secoli  posteriori,  che  sviarono  le  menti  dalle  traccio 
segnate  dai  padri  della  medicina,  dalle  quali  non  avreb- 
bero dovuto  allontanarsi  senza  pregiudizio  della  scienza 
e  della  pratica.  L'umorismo,  1* animismo,  la  chimica,  la 
meccanica^  il  brownianismo,  la  diatesica  riforma  italiana, 
non  che  il  mesmerismo  e  Tomeopatia,  traviarono  i  princi- 
pali ingegni,  invitandoli  a  pascersi  di  ipotesi  e  di  chimere, 
intanto  che  la  osservazione  pratica  si  trovava  in  mano  di 
uomini  ignoranti  ed  empirici ,  abili  più  a  farla  retrocedere, 
che  progredire. 

Ristorata  finalmente  la  scienza  dalla  civiltà  e  ddla 
pace ,  protetta  dai  Governi  e  dai  Principi ,  incominciò 
a  svolgersi  in  tutta  la  sua  libertà.  Gli  ingegni  mi- 
gliori si  diedero  con  maggior  lena  a  questi  studi,  inda- 
gando le  cause  delle  infermità  e  il  modo  migliòre  di 
guarirle.  Ippocrate  fu  la  loro  stella  polare  ;  tutti  lo  imi- 
tarono in  queste  ricerche,  e  messisi  airindagine  delle  di- 
verse costituzioni  atmosferiche,  degli  elementi  che  le  costi- 
tuivano, e  delle  cause  che  le  producevano,  adunarono  alla 
perfine  un  cumulo  di  cognizioni  pratiche^  che  quantunque 
raccolte  in  mezzo  alle  oscurità  patologiche,  risultarono  am- 
mirabili e  prodigiose. 

Un  tempo  la  pratica  medica  era  tutta  basata  sulla  os- 
servazione, sulla  ricognizione  delle  cause  che  producevano 
le  malattie ,  dei  sintomi  che  presentavano ,  e  degli  ef- 
fetti dei  rimedi  sui  corpi  malati.  Da  qui  emerse  quel- 
l'ampia suppellettile  pratica  che  i  nostri  maggiori  ci 
lasciarono  in  ,eredità.  Le  teorie  improvvisate  dall'ar- 
dente fantasia,  o  basate  sopra  qualche  fenomeno  veroi 
a  cui  sottoponevansl  tutti  gli  altri ,  che  molti  ed  infi- 
niti ponno  presentarsi  dall'organismo  infermo,   non  fé- 


55 

cero  che  ritardare  il  progresso  della  pratica  medica ,  per- 
chè basate  tutte  sopra  instabile  arena,  caddero  V  una  dopo 
l'altra,  lasciando  appena  la  sterile  ricordanza  della  loro 
effimera  esistenza. 

In  Germania  si  lavora  da  qualche  tempo  con  immenso 
zelo  da  uomini  grandi  ad  innalzare^  un  altro  edificio  me- 
dico^ il  quale  non  ha  di  comune  coi  sistemi  caduti,  che 
la  forma,  non  la  entità.  È  lo  studio  minuto  delle  par- 
venze e  delle  alterazioni  materiali,  spinto  alle  più  dili- 
genti investigazioni  atomistiche  ,  specialmente  coir  ajuto 
del  microscopio.  È  vero  che  collo  scoprire  i  più  intimi 
cangiamenti  della  materia  organica  nello  stato  morboso 
la  scienza  viene  a  dilatare  i  suoi  confini,  anzi,  direi  quasi 
a  completarsi  ed  a  scoprijre  dei  fatti  dapprima  ignorati 
Ma  qui  si  chiede:  quale  ò  il  compito  della  medica  scien- 
za? Non  è  forse  quello  di  sollevare  1*  umanità  dai  mali 
che  r  affligge.  Ecco  appunto  dove  le  attuali  pretese  si  ar- 
restano, dove  gli  ingegni  più  grandi  si  umiliano.  È  an- 
cora r  antica  sapienza  che  li  soccorre  nella  pratica. 

Tornando- all'argomento  delle  costituzioni  morbose,  era 
indispensabile  che  un  uomo  grande  sorgesse  a  scuoterla 
da  quel  letargo,  e  facesse  obliare  le  vane  fole  che  mante- 
nevano nelle  tenebre  dell'ignoranza  l'arte  nostra.  Que- 
st'  uomo  fu  r  inglese  Sydenham ,  la  cui  prudente  e  pro- 
fonda intelligenza  in  questo  scibile  pratico,  gli  ha  meri- 
tato il  nome  di  Ippocrate  inglese.  Osservando  egli,  che 
non  in  tutte  le  singole  stagioni, .  né  in  tutti  gli  anni  le 
malattie  erano  uguali,  indagò  con  accuratezza  singolare 
le  cause  di  tali  differenze,  e  le  riconobbe  non  solo  nella 
atmosfera ,  ma  anche  ne'  suoi  vari  sconcerti ,  e  nella 
stessa  sua  alterazione  o  nella  congiunzione  di  altri  ele- 
menti cosmo-tellurici,  atti  ad  offendere  l'umana  econo- 
mia, e  ad  infirmarla.  I  quali  introducendosi  nell'organi- 
smo, 0  colla  respirazione  polmonale,  o  peli' assorbimento 
cutaneo,  0  pel  tubo  alimentare,  ovvero  anche  per  disgu- 


56 

stosa  impressione  sulla  cute,  danno  origine,  a  norma  della 
loro  natura,  a  quelle  varie  specie  di  mali  che  sogliono  in- 
contrarsi nelle  diverse  costituzioni. 

Le  preziose  osservazioni  di  Sydenham  incominciarono 
Tanno  1661,  e  terminarono  il  1675.  Egli  descrisse  tutte 
le  specialità  morbose  osservate,  il  metodo  curativo  ado- 
perato, le  risultanze  ottenute.  Le  quali,  a  dir  vero,  fu- 
rono cosi  splendide,  da  meritare  T  ammirazione  di  tutti  i 
medici  sommi  di  quell'epoca,  e  insieme  la  loro  appro- 
vazione. 

E  di  vero  appena  comparve  alla  luce  quella  sua 
immortale  fatica,  tutte  le  nazioni  civili  la  vulgarono 
nel  loro  idioma,  e  i  primi  ingegni  di  Francia,  di  Ger- 
mania e  d'Italia  applaudirono  non  solo  alle  massime  ivi 
contenute,  ma  al  fatto  stesso  della  costituzione  mor- 
bosa, da  non  rimanersi  ultimi  ad  indagarlo,  tanto  ne  fu- 
rono persuasi.    < 

Chi  si  pone  ad  osservare  le  diverse  infermità  che  ac- 
cadono nelle  varie  stagioni  dell'anno,  non  può  a  mano 
di  prestar  fede  a  quella  inimica  influenza  che  ciascuna  di 
esse  possiede.  Imperocché,  alloraquando  decorrono  le  sta- 
gioni per  alcuni  anni  regolari ,  si  hanno  quasi  sempre  le 
stesse  malattie,  cioè  le  flogistiche  d'inverno,  le  flogisto- 
reumatiche  di  primavera ,  siano  pure  febbri  remittenti , 
d'estate  le  gastriche,  le  enteriche  e  i  loro  flussi  d'au- 
tunno, le  periodiche  legittime  o  miasmatiche  secondo  i  luo- 
ghi, le  tifoidee,  non  senza  escludere  alcune  eccezioni  spo- 
radiche ,  che  una  malattia  di  una  ^  stagipne  possa  insor- 
gere anche  in  altra. 

M91  quando  le  stagioni  decorrono  irregolari,  ed  ele- 
menti perversi  ingenerati  dalla  terra  e  dall'  aria  0  da  al- 
tre sostanze  si  immischiano  all'  atmosfera ,  niun  dub- 
bio che  anche  le  malattie  non  siano  più  quelle  delle  co- 
stituzioni normali,  ma  diverse  a  norma  della  acquisita 
nociva  influenza  dell'  ària  stessa,  e  degli  estranei  e  nocivi 


57 

elementi  che  vi  si  sono  introdotti.  I  quali  agendo  in  modo 
specifico  deleterio  sui  corpi  animali ,  producono  le  speciali 
malattie  di  cui  èssi  sono  capaci. 

É  cosa  indubitata,  e  ammessa  da  tutti  gli  agronomi, 
che  le  perverse  stagioni  agiscono  malamente  sopra  i  ve- 
getabili. Se  ciò  è  vero,  perchè  non  potranno  esse  morbo- 
samente influire  anche  sopra  di  noi?  Non  siamo  noi  forse 
esseri  organici  viventi  sottoposti  allo  speciale  influsso  del- 
r  atmosfera  t  E  se  i  vegetabili  vanno  soggetti  per  le  in- 
temperie a  molte  crisi  e  alterazioni,  perchè  non  vi  do- 
vremmo sottostare  anche  noi? 

Colpiti  da  si  saggie  e  naturali  considerazioni ,  non  fu- 
rono tardi  que*  sommi  uomini  a  seguire  ed  investigare 
le  diverse  costituzioni  atmosferiche  morbose,  a  notarne 
le  diflÌBrenze,  e  il  loro  maggiore  o  minore  influsso  e  no- 
cumento suir  economia  animale ,  non  che  a  trarne  de- 
duzioni vantaggiose  nella  cura  dei  malati. 

Ciò  che  fa  senso  di  {hù  nella  lettura  degli  scritti  di 
Sydenham,  ò  il  metodo  curativo,  che  il  suo  fino  crite- 
rio sapea  scegliere  ed  usare,  difierenziandolo  assai  da 
quello  degli  altri  medici  suoi  contemporanei ,  che  imbrat- 
tati dalla  pece  arabistica  e  greca ,,  non  scorgevano  nelle 
malattie  che  acrimonie  ed  abbattimento,  e  quindi  non  som- 
ministravano che  rimedi  acidi  o  alcalini,  oppure  alessi- 
farmaci  e  stimolanti,  i  quali  riuscivano  più  di  nocumento 
che  di  vantaggio  agli  infermi  ;  mentre  egli  attenendosi 
costante  al  metodo  antiflogistico,  adattato  al  grado  e  alla 
natura  del  male,  ne  ritraeva  i  migliori  vantaggi.  Il  che 
gli  meritò  il  titolo  di.  sommo  pratico  e  maesro  neirarte 
di  curare  le  umane  infermità. 

Che  siano  sempre  avvenute,  e  che  si  verifichino  ogni  qual 
tratto  di  tempo  delle  anormali  costituzioni  atmosferiche^ 
nocive  non  solo  agli  uomini,  ma  anche  agli  stessi  vege- 
tabili, è  tale  verità  che  ninno  può  mettere  in  dubbio. 
La  primavera  e  Testate  dell* anno  1815,  anno  memorando 


58 

per  politiche  avventure,  e  per  dispotici  assestamenti  di 
popoli,  di  Provincie  e  di  nazioni,  furono  due  stagioni  per- 
verse sotto  ogni  riguardo ,  per  freddo  protratto  ^  per 
venti  rigidi  e  pioggie  frequenti.  Le  messi  di  rado  ri- 
scaldate dal  sole,  la  terra  sempre  imbevuta  di  eccedente 
umidità,  mai  animata  dal  calore,  quasi  non  vegetarono, 
e  il  grano  turco  cosi  abbondante  nelle  nostre  terre  ^ 
fu  scarso  affatto,  e  in  certe  località  dove  la  terra  era 
asciutta  ed  argillosa,  o,  come  dicono  i  contadini,  fred- 
da, fu  quasi  nullo,  per  non  essere  arrivata  la  maggior 
parte  a  maturazione,  per  cui  nel  venturo  anno  1816  ac- 
cadde quella  terribile  carestia,  che  estesa  a  tutta  la  nor- 
dica e  media  Italia,  cagionò  frequenti  morti  per  fame, 
massime  nei  poveri  montanari  delle  Alpi  e  degli  Apen- 
nini,  dove  il  suolo  è  ingrato  ed  infecondo.  Nacque  poi 
dalla  carestia  quel  tifo  micidiale  contagioso,  che  lasciò 
immensi  lutti,  ed  amare  rimembranze  in  molte  famiglie. 
'Dalle  annuali  costituzioni  atmosferiche  di  già  tra- 
scorse, venendo  a  quella  che  tuttora  vige  da  noi  da  16 
anni,  da  poche  buone  annate  interrotta,  infesta  ali* uo- 
mo, agli  animali  ed  ai  vegetabili,  chi  può  calcolare  i 
danni  arrecati  dal  suo  deleterio  influsso?  La  petecchia 
nei  bachi  da  seta,  Toidium  nelle  uve,  la  ruggine  nel 
frumento  e  nella  segale,  Tinsolital  abbondanza  del  car- 
bone nel  grano  turco  o  frumentone,  le  nebbie  nei  frutti 
da  distruggerli  quasi  del  tutto,  sono  fatti  accaduti  sotto 
i  nostri  occhi.  Aggiungasi  ancora  la  mortalità  dei  gam- 
bari  o  granchi,  un  tempo  cosi  abbondanti  nelle  nostre 
acque  correnti,  quella  dei  pesci  in  certi  stagni,  e  si 
avrà  un  complesso  di  mali,  particolare  e  nefasto  all'epoca 
nostrs^.     . 

Riguardo  poi  alle  diverse  malattie  che  cotesta  lunga^ 
perversa,  e  non  ancora  estinta  costituzione  atmosferica 
ha  prodotte,  ne  verrà  discorso  a  suo  luogo. 

Chi  primo  fra  i  medici   italiani  si   accinse   a  seguire 


59 

r  importante  iniziativa  dell*  immortale  Sydenham  ,  fu  il 
prof.  Ramazzini  modenese.  E  questo  era  a)  certo  compito 
spettante  a  si  grand*uomo,  il  quale  dedicatosi  allo  studio 
delle  malattie  che  colpiscono  le  diverse  classi  della  società, 
dovea  con  altrettanta  cura  indags^re  le  cause  di  quelle 
provenienti  da  una  costituzione  atmosferica  morbosa. 
Innanzi  però  di  applicarsi  a  questo  difficile  esame ,  volle 
osservare  quali  infermità  sogliono  indurre  le  stagioni 
normali ,  e  quale  natura  e  andamento  sogliono  tenére  le 
malattie  sotto  un  contrario  influsso. 

Incominciò  egli  a  scandagliare  gli  anni  1686,  87  e 
88,  prosperi  sotto  ogni  aspetto,  per  la  regolarità  delle 
stagioni  di  primavera  e  di  estate,  turbate  mai  nò  da 
freddo,  né  da  pioggie  continue,  pei  venti  di  primavera, 
che  esportano  Tumidità  dalla  terra,  per  le  pioggie  risto- 
ratrici  alternanti  con  mite  balere,  onde  le  messi  ven- 
nero a  prosperare,  e  Tuman  genere  fu  risparmiato  da 
molte  peculiari  infermità. 

Osservando  poi  T  inverno  del  1689  decorrere  mite  ed 
asciutto,  e  la  primavera  seguente  invece  fredda  e  pio- 
vosa, ingombra  di  nebbie,  di  rado  puro  e  sereno  il  cielo, 
pregno  sempre  di  umidi  vapori,  incominciò  a  temere,  che 
ciò  dovesse  sinistramente  influire  tanto  sugli  uomini  che 
sui  vegetabili,  e  preparare  agli  uni  e  agli  altri  delle 
morbosità  inaspettate» 

Nemmeno  V  estate  di  queir  anno  conservò'  la  necessa- 
ria regolarità  per  la  sanità  e  maturanza  delle  messi, 
ma  fu  tratto  tratto  turbata  da  frequenti  squilibri  di 
temperatura,  da  giorni  temporaleschi  e  freddi,  da  pioggie 
e  tempeste,  per  cui  la  compagna  non  prosperò  punto,  nò 
i  corpi  umani  poterono  sottrarsi  alle  febbri  intermittenti 
di  luglio,  iniziate  da  fortissimi  parossismi,  da  estrema 
prostrazione  di  forze ,  da  debolezza  generale ,  protratta 
talora  a  più  giorni.  Nota  egli  che  il  metodo  antiflo- 
gistico  era   più   dannoso  in  quelle  febbri  che  utile,   e 


60 

serviva  piuttosto  a  cangiarle  da  quotidiane  e  terzane, 
in  quartane  e  viceversa ,  e  ad  accrescere  sempre  piti  la 
debolezza  de*  corpi  cbe  le  aveano  sofferte.  Frustranea,  a 
suo  dire,  fu  pure  esperimentata  la  china,  mentre  riusciva 
efficace  il  vino  generoso,  perchè,  oltre  al  ristorare  le  forze 
infralite,  molti  sottraeva  alle  fauci  di  morte. 

Effetti  ancora  più  nocivi  derivavano,  secondo  lui,  dal 
salasso,  il  quale  non  serviva  se  non  se  ad  accrescere  viep- 
più la  debolezza,  a  produrre  più  presto  il  pericolo  della 
vita,  in  causa  delle  frequenti  lipotimie  che  ne  seguivano, 
dei  vomiti  nervosi  e  di  altri  fenomeni  ancora  più  allar- 
manti, che  gettavano  gli  infermi  nell*  agonia. 

Né  molto  diverse  furono  le  epidemie  costituzionali 
del  1690 ,  91 ,  92 ,  93  e  94  ;  solo  che  in  esse  le  febbri 
intermittenti  obbedivano  di  più  alla  china,  dopo  pur- 
gati i  corpi  da  >quella  interna  acrimonia  (  era  il  lin- 
guaggio dei  tempi)  che  le  fomentava.  Congiunte  a  que- 
ste febbri  decorrevano  "le  gastriche  e  le  nervose  ,  le 
quali  riuscivano  la  maggior,  parte  a  buon  tel*mine  me- 
diante il  prudente  metodo  antiflogiético ,  col  salasso  cioè 
in  principio ,  colle  coppette  scarificate  alla  nuca  è  alla 
schiena,  coi  purganti,  còlle  bevande  antiflogistiche,  ò  coi 
rivellenti. 

Dietro  le  vestigia  di  questo  sommo ,  altri  chiari  in- 
gegni italiani  si  dedicarono  allo  studio  delle  costituzioni 
morbose,  e  ce  ne  lasciarono  particolareggiate  descrizioni. 
Ma  io  non  m* intratterrò  su  di  esse,  limitandomi  ad 
esporre  le  tré  epidemie  da  me  osservate  nel  corso  della 
mia  carriera  medica. 

La  prima  costituzione  epidemica  ebbe  principio  l'anno 
1827  e  terminò  V  anno  1832.  Essa,  per  quanto  a  me  con- 
sta, non  abbracciava  la  stretta  sfera  della  mia  condotta, 
ma  ben  oltre  si  estese  nel  Cremonese,  nel  Mantovano 
e  nel  Bresciano,  come  ebbero  ad  asserirmi  diversi  colle- 


RI 

ghi  di  quelle  provincie,  e  a  confermarlo  a  voce  ed  in  iscritto 
r  illustre  collega  ed  amico  prof.  Geromini. 

Nell'anno  1827  la  primavera  fu  tardiva,  fredda  e 
piovosa,  Testate  turbato  da  frequenti  piog'gie  e  tempo- 
rali ,  e  da  cielo  nuvoloso.  ÀI  mattino ,  massime  dopo  le 
pioggie  e  un  insolito  freddo,  una  fitta  nebbia  stende  vasi 
sopra  la  campagna , ,  per  cui  il  raccolto  del  frumento  fu 
minore  d'assai  del  consueto,  molte  erano  le  spiche  vuote, 
altre  affette  da  carbone ,  nò  fu  abbondante  come  al  so- 
lito il  grano  turco.  Anche  nei  tre  anni  successivi  quelle 
due  stagioni  furono  quasi  mai  regolari,  poiché  o  la  pri- 
mavera continuava  fredda ,  ritardando  la  germinazione 
vegetabile,  e  ancbe  nocendole;  ovvero  incominciava  calda 
in  marzo  ed  in  aprile,  per  terminare  fredda  in  maggio  ed 
in  giugno.  - 

La  malattia  principale  che  segnalò  quella  epidemia 
costituzionale  fu  una  febbre  intermittente  anomala,  os- 
sia larvata,  che  decorrendo  ora  sotto  forma  quotidiana, 
ora  terzana,  ed  ora  quartana,  còl  sostenersi  sempre  forte 
e  continua  fino  ad  internarsi  nel  successivo  parossismo, 
accompagnata  da  sintomi  eminenti  gastrici  ed  infiamma^ 
tori,  simulava  la  febbre  continua  gastrica.  E  per  verità 
richiedevasi  somma  attenzione  per  distinguerla  e  clas- 
sifiòarla^  giacché  si  nascondeva  intieramente  sotto  quelle 
ingannevoli  apparenze,  né  avea  seco  alcun  sintomo,  che 
la  qualificasse  diversamente.  Incominciato  il  parossismo 
febbrile,  non .  desisteva  mai  dalla  sua  intensità,  e  si  insi- 
nuava nel  seguente  e  nei  successivi  colle  identiche  ma- 
nifestazioni, onde  accadde  che  molti  medici  ne  rimanesserp 
illusi,  scambiandola  per  febbre  continua  gastrica  infiam- 
matoria. 

I  sintomi  proprj  dei  parossismi  erano  una  smania 
sempre  crescente  da  non  lasciare  riposo  al  malato  se  non 
dopo  molte  ore ,  né  comodità  in  qualunque  posizione  si 
mettesse  ;    una   sete  intensa  quasi  inesauribile  nel  prin- 


62 

cipio  deir  acowo ,  da  chiedere  bevanda  ad  ogni  istante  ; 
lingua  sucida  coperta  di  alta  patina  giallastra  ;  arsura 
continua  delle  fauci;  in  alcuni  tosse  secca  e  molesta; 
anoressia  completa,  rutti  fetidi  con  senso  di  vomiturazio- 
ne;  polsi  stretti  e  frequenti^  cute  calda,  urente  e  secca; 
nessun  sudore,  nò  madore  ;  stitichezza  ;  poca  sensibile  re- 
missione della  febbre  verso  la  fine  del  parossismo,  tranne 
la  diminuzione  della  sete» 

Quasi  tutti  i  medici  che  assistettero  a  quella  febbre, 
siano  vecchi,  siano  giovani,  la  giudicarono  a  primo  aspetto 
una  febbre  gastro-infiammatoria,  ed  io  pure  nei  primi  casi 
fui  di  quel  numero,  e  la  curava  con  metodo  antiflogistico 
e  purgativo,  colle  decozioni  tamarindate  e  colla  dieta.  Ma 
non  tardi  m*  accorsi  deirerrore,  pel  nessun  vantaggio  del 
metodo  debilitante ,  anzi  pel  suo  nocumento ,  e  pel  ces- 
sare della  sete  verso  la  fine  del  parossismo ,  e  V  insor- 
gere di  nuovo  col  rincrudire  della  febbre  nel  ^seguente. 

Insistendo  nei  salassi,  ne  susseguiva  prostrazione  di 
forze ,  vomito ,  lipotimie  frequenti ,  e  vaniloquio,  e  se  le 
sottrazioni  sanguigne  erano  continuate,  ne  insorgevano 
tremori  degli  arti,  da  incutere  timore  nel  malato  e 
nella  famiglia.  Con  una  maggiore  insistenza  in  quel  me- 
todo ,  la  febbre  .da  larvata  passava  in  nervosa. 

K  di  vero,  per  quanta  attenzione  si  prestasse  a  quella 
f(AÌ)bre ,  non  si  poteva  a  meno  di  non  ammetterla  tra  le 
intUmmatorle  gastriche,  e  di  sentirsi  spinti  a  ricorrere 
(^^HM\tamsnt6  ai  salassi ,  ai  purganti ,  e  ad  ogni  sorta  di 
^ntiAoglatioi.  Nò  pei  sintomi  gastrici  chiari  e  spiegati 
^N!^  tU  localizzarsi  altrove ,  che  air  apparato  gastro-en- 
^^HCv^.  trattandola  col  tartaro  stibiato,  coir  ipecacuana , 
v^  vVJi  »Un  rimedi  deprimenti  e  purgativi.  Quantunque 
(v\vva^K>  avvertiti  del  poco  frutto  di  questo  metodo,  pure 
!vk  \u^ùa»  \a  sete,  il  caler  generale,  i  polsi  celeri  e  stretti, 
('K^sviui^^  r intenso  apparato  flogistico,  tutto  ci  indicava 
U  (K>r8à:itere  in  esso,  spinti   anche  dall'esempio  di  quei 


ea 

casi  febbrili ,  che  ai  primi  giorni  di  cura  attiva  non  si 
ammansano ,  e  talvolta  sembrano  esacerbarsi ,  ma  che 
in  seguito  col  medesimo  metodo  finalmente  volgono  a 
miglioramento.  Ed  è  certo  che  se  quei  nocivi  efifetti  non 
si  fossero  di  nuovo  e  con  insistenza  ripetuti,  ed  anzi 
accresciuti,  non  cosi  facilmente  mi  sarei  ricreduto. 

Ma  il  sintomo  che  più  di  tutti  fermò  la  ihia  atten- 
zione ,  e  mi  fece  dubitare  della  bontà  del  trattamento 
ih  corso,  fu  la  sete.  Intensa  prima,  e  nel  maggior  corso 
del  parossismo ,  cedeva  mano  mano  che  si  accentava 
alla  fine,  per  riaccenderai  neir  accesso  seguente ,  ciò  che 
non  si  osserva  nelle  febbri  continue  infiammatorie^  le 
quali  non  hanno  quasi  mai  intermissione  chiara  e  co- 
stante. ^  Questo  criterio  mi  fu  poi  di  guida  in  tutte  le 
altre  costituzioni  epidemiche ,  siccome  quello  che  più  di 
ogni  altro  sintoma  è  indicatore  della  vera  ìndole  del 
male. 

Acciò  il  lettore  abbia  una  nozione  precisa  di  quella 
febbre ,  verrò  ora  riportando  alcune  istorie ,  che  meglio 
ne  rischiareranno  la  forma  e  il  trattamento  opportuno. 

Osservazione  1.*  —  Il  mio  genitore,  d'anni  54",  ro- 
busto, scevro  di;  ogni  discrasia,  di  temperamento  sangui- 
gno, che  godè  quasi  sempre  di  buona  salute ,  si  ammala 
di  forte  febbre  sulla  fine  del  settembre  1838,  ed  è  assi- 
stito da  due  medici  esperimentati  ed  abili,  uno  più  vec- 
chio, r altro  meno,  ma  di  più  svegliato  ingegno.  En- 
trambi la  dichiararono  una  febbre  gastro-infiammatoria,  e 
dato  mano  al  metodo  antiflogistico,  erano  arrivati  neiriL* 
giornata  a  6  salassi ,  non  minori  di  libbra ,  e  aveano 
somministrati  diversi  purganti  e  decozioni  di  tamarindo , 
il  tartaro  stibiato,  il  siroppo  di  ipecacuana,  ed  altrettanti 
argomenti  indicati  in  dette  febbri.  E  già  la  mattina  del 
giorno  della  mia  venuta  si  era  buccinato  di  una  settima 
cacciata  per  la  sera ,  sempre  che  la  febbre  aumentasse , 
o  anche  insistesse  nello  stesso  grado  del  mattino. 


64 

Laureato  da  un  anno  in  medicina  e  chirurgia,  mi 
trovava  a  coprire  la  Condotta  di  Pessina  -con  quattro 
altri  Comuni  uniti ,  ove  mi  era  installato  dall'  ottobre 
passato ,  e  già  avea  avuto  campo  di  curare  molte  febbri 
di  questo  genere  »  e  di  scoprirne  T  indole  insidiosa  ed  oc- 
culta. 

Sino  dai  primi  anni  di  pratica  nelF  Università  di  Pa- 
via, lo  studio  delle  febbri  intermittenti  legittime  ed  anor- 
mali mi  avea  di  molto  interessato ,  onde  prepararmi  al- 
l' esercizio  medico  futuro ,  ed  a  saper  discernere  più  -  fa- 
cilmente tutte  quelle  oscure  varietà  febbrili ,  notate  dai 
principali  classici ,  ed  insegnate  dalla  cattedra ,  sicchò 
trovandomi  in  sTflfatle  emergenze ,  potessi  rettamente  di- 
rigermi. E  su  ciò  mi  aveano  particolarmente  ammaestrato 
le  opere  dei  sommi  Torti ,  Borsieri  e  Frank ,  dei  quali 
anche  la  generazione  presente  non  ha  dimenticato  gli  au- 
rei precetti  e  la  buona  pratica. 

Chiamato  adunque  in  fretta  a  casa  mia  dalla  madre, 
trovai  il  genitore  in  grave  pericolo  di  vita,  e  i  parenti  e 
la  famiglia  nella  più  crudele  ambascia,  poiché  già  gli  erano 
stati  amministrati  i  confòrti  di  religione.  Innanzi  di  venire 
a  colloquio  coi  medici  curanti ,  volli  esaminare  miniita- 
mente  il  genitore,  ed  essere  informato  dalla  madre,  donna 
attentissima,  dell'andamento  genuino  delia  febbre.  Ed  essa 
mi  narrò  che  ad  ogni  quarto  giorno  al  punto  della  mezza- 
notte, la  febbre  incalzava  maggiormente  col  caldo,  dedu- 
cendolo dalla  smania  continua,  dal  rossore  del  viso,  dalla 
sete  insaziabile,  dal^a  insofferenza  delle  coltri,  dal  calore 
generale,  e  dall'aumentarsi  seoipre  più  al  mattino,  e  man- 
tenersi viva  sempre  e  sostenuta  sino  al  seguente  paros- 
sismo ,  febbre  che  non  l' aVea  abbandonato  mai  da  II 
giorni,  tempo  del  decubito  a  letto. 

Intervenuti  i  medici  della  cura,  descritta  esattamente 
la  febbre  con  tutti  i  sintomi  che  presentava  ,  1'  aveano 
giudicata  di  natura   gastro-infiammatoria,   e  come  tale 


65 

aveano  fatto  uso  del  metodo  antiflogistico  per  abbatterla. 
Il  quale,  benché  non  avesse  ancora  arrecato  quei  vantaggi 
che  aveano  sperato ,  pure  e  per  V  insistenza  de'  sintomi 
primitivi  e  per  il  gastricismo  permanente ,  lusingayansi 
ohe  alla  perfine^  con  qualche  modificazione  che  fosse  ri* 
chiesta  dal  caso,  l'avrebbe  indubbiamente  fugata. 

Io  allora  feci  rimarcare  ai  colleghi  il  periodo  febbrile 
ad  ogni  quarto  giorno  a  mezzanotte,  il  che  indicava  non 
essere  ^ià  continua  la  febbre ,  ma  intermittente  ;  il  nes- 
sun giovs^mento,.  anzi  il  peggioramento  del  male  col  mè- 
todo finora  praticato;  l'abbandono  delle  forze  del  malato 
che  non    permetteva  di  proseguire    nella   cura   incomin- 
ciata; la  sete  intensa  nel  principio  del  parossismo,  e  la  ces- 
sazione verso  la  fine.  Questi  dati  mi  somministrano,  dissi 
con  franchezza,  l'indizio  il  più  sicuro,  che  la  febbre  non  sia 
gastro-infiammatoria,  benché  ne  vesta  tutte  le  apparenze, 
ma  una  quartana    sotto  larva  di  gastrica,   da  trattarsi 
all'  incontro  coi  chinacei. 

Che  di  tali  febbri,  io  continuava,  ne  siano  accadute, 
e  ne  accadano  ogni  qual  tratto  di  tempo  ^  sotto  anormali 
condizioni  dell'  atmosfera ,  è  un  fatto  ammesso  da  tutti 
i  classici,  nelle  cui  opere  yeggonsi  chiaramente  delineate, 
e  quantunque  io  non  mi  abbia  ancora  acquistato  quella 
pratica  sicura,  che  solo  il  tempo  e  favorevoli  circostanze 
possono  dare,  pure  per  quella  esperienza  poca  che  ho  fatto 
air  Università  e  nella  Condotta  sotto  il  dominio  dell'at- 
tuale influenza  atmosferica ,  me  ne  potrei  quasi  assicurare, 
ed  in  questo  caso  poi  non  esiterei  un  momento  a  mettere 
in  Udo  lo  specifico  peruviano. 

Non  valsero  le  mie  ragioni,  per  quanto  a  me  sem- 
brassero fondate ,  a  rimovere  dal  loro  proposito  i  due 
colleghi,  massime  il  più  giovane,  intanto  che  il  vec- 
chio rimaneva  intento  al  nostro  colloquio  senza  proferir 
verbo ,  q  far  segno  di  approvazione.  «  E  giacché ,  con- 

ÀKNALI.   VoU   CCL  5 


co 

»  tinuò  il  più  giovane,  non  vedo  probabilità  di  un  ac- 
»  cordo,  io  mi  ritiro^  per  non  essere  nò  complice,  nò 
»  testimonio  di  una  cura ,  della  quale  non  sono  per- 
»  suaso,  e  che  ali*  incontro  ritengo  dannosa,  fors*an«* 
»  che  micidiale  >.  L*  altro  collega  pregato  a  rimanere  e 
ad  assistermi,  annui  per  favore,  e  insieme,  come  egli  si 
espresse,  allo  scopo  di  cerziorarsi  e  di  istruirsi  col  fatto. 

La  cura  adunque,  per  essere  già  antec/edentemente 
stato  purgato  il  malato ,  fu  incominciata  a  dirittura  col 
chinino  a  grani  12  in  cartin^e  quattro ,  e  per  sei  giorni  ^ 
continuata,  nel  qual  intervallo  la  febbre  diminuì,  e  infine 
cessò  del  tutto.  Il  mio  genitore  al  giorno  24  di  malattia 
toccava  la  convalescenza,  e  in  breve  la  salute,  con  som- 
ma meraviglia  del  collega  assistente. 

Non  ò  da  dimenticare,  che  dopo  un  mese  circa  questo 
medico  mi  annunciò  in  iscritto,  di  aver  osservato  in  con- 
sulto un  altro  caso  simile  nel  paese  di  Pralboino ,  prò-* 
vinola  di  Brescia,  in  una  giovane  sposa,  che  venne  gua- 
rita oollo  stesso  rimedio.  '  , 

Osserv*  2.^  —  Il  Commissario  distrettuale  di  Neparolo, 
»lg.  R. ,  rimase  preso  da  ugual  febbre  V  anno  1831  in 
(\utuuno ,  con  tipo  oscuro  terzane.  Il  medico  di  quella 
Qondatta  G,  « .  . .,  imprese  a  curarlo  per  una  febbre  ga- 
Htru-lnflmnmatoria ,  come  ne  offriva  tutti  i  caratteri,  e 
quindi  col  metodo  antiflogistico,  dietro  il  quale  V  infermo 
02^Ud<)  in  tale  prostrazione  di  animo  e  di  forze,  da  cre- 
derai d£^gU  astanti,  dalla  famiglia,  e  da  lui  stesso  in  grave 
pericola  di  vita,  La  febbre  serba  vasi  sostenuta  dal  prin- 
cipio alla  fine  del  parossismo  sino  al  successivo,  da  giudi- 
carla quasi  identica  a  quella  detta  dagli  antichi  continua 
ooatineute.  Si  riproduceva  ogni  secondo  giorno  a  tardo 
\o:il>ro  nel  modo  il  più  oscuro  ed  impercettibile,  senza  dar 
ouUuu  0  aotìpetto  di  intermittenza. 

l  vimodi  adoperati  furono  5  salassi ,  sanguisughe  al- 
l  o^Kiiviìitrio ,  purganti,  decozioni  di  tamarindo,  ed  altre 


67 

bibite  refrigeranti  acidule ,  con  dieta  austera.  Anche  iu 
questar  febbre  la  sete  era  intensa  in  principio  sino  a  metà  . 
corso  del  parossismo,  e  non  scompariva  affatto  mai  sino 
alla  fine ,  per  ridestarsi  più  viva  al  nuovo  parossismo. 
Questo  sintomo  lo  feci  rimarcare^ al  collega,  ma  egli  non  vi 
prestò  r  attenzione  che  meritava,  nò  gli  attribuì  impor- 
tanza di  sorta. 

Esposto  il  quadro  sintomatico  di  quella  febbre,  ed  in- 
dicata minatamente  la  cura  e  i  rimedi  adoperati,  la  di- 
chiarò apertamente  continua,  di  natura  infiammatoria, 
e  pei  sintomi  di  saburra  gastrica  che  l^accompagnavano, 
le  assegnava  il  posto  di  febbre  gastro-infiammatoria. 

Edotto  dell'influsso  generale  dominante  da  alcuni  an- 
ni ,  per  aver  osservato  molte  di  tali  febbri  larvate,  volli 
prima  minutamente  interrogare  il  malato  e  chi  Tiassi- 
steva  sopra  tutti  i  sintomi  e  i  cangiamenti  accaduti  nel 
corso  della  malattia,  ed  informato  che  verso  la  notte  di 
ogni  secondo  giorno^  T  accesso  aumentava  con  smania  e 
sete,  calor  generale,  insonnia  e  vaniloquio,  e  che  que- 
sti fenomeni  si  ammansavano  verso  il  mattino  delS.* 
giorno,  non  però  affatto,  per  ripetersi  nuovamente  colla 
stessa  intensità  al  nuovo  parossismo,  io  soggiunsi  che 
per  questi  particolari  caratteri,  la  febbre  non  mi  sem- 
brava continua,  nò  infiammatoria,  ma  piuttosto  una 
intermittente  terzana  larvata,  e  come  tale  da  doversi 
trattare,  non  già  col  metodo  debilitante,  ma  colla  china. 
Opponendosi  il  collega  con  ogni  sorta  di  argomenti  al 
mio  giudizio,  per  convincerlo  gli  addussi  t* influsso  epi- 
demico dominante ,  V  aumento  della  febbre  ogni  seconda 
sera,  e  ciò  che  avrei  bramato  tacere,  il  danno  notabile 
che  avea  ricevuto  l'infermo  dalla  sua  cura;  essere  per- 
ciò indispensabile  un  altro  metodo  per  arrestarla,  il  che 
non  si  potea  ottenere  che  col  chinino. 

In  onta  alle  addotte  ragióni,  il  collega  si  schermiva 
con  ogni  sorta  di  pretesti,   per  cui  riconosciuto  impose 


68 

sibila  ogni  accordo,  dissi  alla  famiglia,  che  spedisse  tosto 
a  Cremona  per  altra  medico,  acciò  esaminato  l'infermo^ 
vagliate  le  singole  opinioni ,  si  venisse  a  stabilire  una 
cura ,  che  fosse  a  tutti  di  soddisfazione ,  di  conforto  e 
salute  al  malato.  Ma  sia  che  1*  infermo  avesse  condultato 
sé  stesso  e  la  famiglia,  sia  che  temesse  la  tarda  venuta  del 
medico ,  impossibile  sino  al  mattino  seguente  e  ad  ora 
tarda,  p  fosse  stato  persuaso  più  dalle  mie  ragioni,  che  di 
quelle  del  collega,  mi  ingiunse  di  intraprendere  la  cura 
a  modo  mio,  persuadendo  il  collega  ad  unirsi  meco  nel  pra- 
ticarla. 

Ricorsi  allora  al  chinino  alla  dose  di  12  granii  con- 
sumati quella  stessa  notte,  e  ad  altrettante  dosi  per  5 
giorni  di  seguito,  scorsi  i  quali  la  febbre  era  cessata  del 
tutto ,  ed  al  25.®  giorno  dal  principio  della  malattia ,  il 
signor  commissario  riprese  il  suo  ufficio. 

Vengo  ora  con  una  terza  osservazione,  la  quale  dimo- 
strerà che  il  dominio  di  quella  febbre  non  era  ristretto 
nella  piccola  sfera  della  mia  condotta^  ma  si  estendeva 
al  di  là,  ed  in  luoghi  posti  a  qualche  distanza. 

Osserv.  3.*—  T.  B.,  figlia  dell'oste  di  S.  A.,  donna 
ancora  in  bella  età  (anni  31)  e  conjugata,  di  tempera- 
mento robusto  e  sanguigno,  si  ammalò  Tanno  1830  in 
Vescovato,   mentre  si  trovava  in  casa  de* suoi  parenti, 

e  fu  presa  in  cura  dal  dottor  condotto  C La  febbre 

sul  nono  giorno  divenne  grave  e  pericolosa  ;  perciò  al- 
larmati i  genitori  ed  i  parenti,  mi  pregarono  di  conferire 
col  medico  della  cura,  onde  combinare  un  metodo  tera- 
peutico j  che  assicurasse  la  salute  dell'inferma.  Portatomi 
quindi  in  Vescovato,  ed  entrato  prima  nella  casa  del  col- 
lega, gli  esposi  il  motivo  della  mia  comparsa. 

Accolto  graziosamente  dc^  lui,  mi  informò  egli  di  ogni 
sintomo  di  quella  febbre,  e  del  trattamento  usato.  Disse 
che  era  esordita  senza  pregressa  indisposizione,  e  quasi  ad 
un  tratto,  ma   con   molta  veemenza,   che   d'allora  in 


69 

poi  non  avea  punto  diminuito  di  intensità,  che  anzi 
le  si  erano  aggiunti  alcuni  sintomi  particplari ,  che  la 
facevano  temere  esiziale.  ^ 

L'  apparato  fenomenologico  era  sempre  quello  di  una 
febbre  gastro-injSamm^toria,  quindi  smania ,  veglia  quasi 
continua ,  cefalea  ricorrente ,  sete  intensa ,  anoressia 
completa,  lingua  intonacata  di  patina  giallastra,  tendenza 
al  vomito,  stitichezza,  polsi  molli  frequenti,  e  negli  ul- 
timi giorni  vaniloquio  nella  notte  del  parossismo.  'Ag- 
giunse di  averla  assalita  con  salassi,  con  sanguisughe 
all'epigastrio  e  al  capo,  purganti  òccoprotici  con  l'ag- 
giunta del  tartaro  stibiato^  bibita  antiflogistica  e  dieta. 
Recatici  ambidue  dalla  malata ,  essa  mostravasi  pallida 
assai,  segno  insolito  nella  sua  fisoiiomia  sempre  ròsea  e 
vivace  ;  anoressia  ^  lingua  sporca  ^  tosse  secca  e  rara  , 
polsi  frequenti ,  molli  e  vuoti ,  pelle  calda  j  arida ,  voce 
bassa,  ecc. 

Interrogata  l'assistente  che  la  vegliava  nella  stessa  ca- 
mera >  e  che  non  erasi  mai  staccata  da  lei,  come  avesse 
decorso  quella  febbre,  e  decorresse  tuttora,  quali  .cangia- 
menti presentasse  lungo  la  giornata,  rispose  che  ogni 
sera  a  tarda  ora  la  febbre  aumentava  con  molta  sete  ed  in- 
quietudine, ma  senza  freddo;  che  nel  mattino  continuava 
forte  sempre ,  il  che  compr6nde;vasi  dalla  sete ,  dalla 
accensione  de}  volto,  e  dalte  smanie,  senza  mai  diminuire 
sino  alle  ore,  4  pomeridiane,  nel  qual  moménto  calmavasi 
anche  la  sete ,  per  riaccendersi  più  tardi  come  le  altre 
sere  ;  che  da  qualche  natte  la  paziente  avea  /incomin- 
ciato a  vaneggiare  nei  suoi  brevi  sonni ,  e  alcun  tempo 
an,che  dopo  svegliata,  che  lagnavasi  sempre  •  di  oppres- 
sione di  respiro  e  che  sotto  le  escrezioni  alvine  era  presa 
dà  deliquio. 

Nessun  motto  feci  al  collega  in  quell'istante  del  mio 
giudizio  sulla  natura  della  febbre,  e  dopo  alcuni  discorsi 
intorno  alla   cura  istituita  a  convenienza,  ed  altre  prò- 


70 

poste  velate  sul  da  farsi,  escimmo  della  stanza  colla 
promessa  di  presto  ritornarvi. 

Appena  fummo  soli ,  esposi  francamente  la  mia  opi- 
nione suir indole  della  febbre,  e  sul  trattamento  che 
essa  a  parer  mio  richiedeva.  Non  ricordo  bene  le  strane 
meraviglie  eccitate  dall'  esposto  giudizio ,  e  tutte  le  op- 
posizioni poste  in  campo  per  convincermi  del  contra- 
rio. Questa  febbre ,  pronunciò  francamente  il  collega , 
è  continua,  non  intermittente;  la  sua  natura  è  gastro- 
saburrale flogistica^  e  non  altrimenti,  giacché  ninno  ar- 
riverà mai  a  persuadermi  diversamente,  nò  a  trat^rla  con 
metodo  opposto  a  quello  da  me  già  intrapreso.  E  chi 
osasse  in  questo  caso  adoperare. la  china,  non  farebbe 
che  aggravare  ed  accendere  la  febbre  (opinione  allora. di 
molti  che  la  china  fosse  stimolante),  e  quindi  sagrificare 
una  yita  che  si  può  salvare. 

Dopo  molti  ragionamenti  prò  e  contro  cotesto  argo- 
mento, non  fu  possibile  di  addivenire  ad  un  accordo,  on- 
dalo gli  proposi,  forse  con  troppa  imprudenza,  di  accettare 
sopra  di  jne  tutta  la  responsabilità  della  cura,  tanto  mi 
credeya  sicuro  del  fatto  mio. 

Una  proposta  cosi  franca  e.,  ricisa  fece  molto  senso 
suiranimo  del  collega,  il  quale,  stupito  del  mio  ardi- 
mento «  convinto  del  mio  carattere  e  della  mia  since- 
rità, d'altro  canto  considerato  che  una  più  ostinata  op- 
posizione potea  mettere  a  repentaglio  il  suo  onore,  e  in 
pericolo  1^  vita  della  malata:  «  Ebbene,  rispose,  giacchò 
»  vedo  in  te  tanta  persuasione,  prescrivi  secondo  i  tuoi 
»  pensamenti^  ed  io  saìrò  fedele  esecutore  delle  tue  or- 
>  dinaziohi  ».  Amministrato  quindi  il  chinino  a  12  grani 
al  giorno  in  polvere^  per  soli  quattro  giorni  di  seguito, 
perchò  la  signora  B.  pel  rapido  miglioramento  sospese  da 
sé  le  ultime  due  dosi,  essa  acquistò  in  breve  la  salute, 
e  fece  ritorno  alla  sua  famiglia  che  l'accolse  giuliva  in 
seno. 


71 

Ho  esposto  le  tre  annunciate  istorie,  non  per  disdoro 
de'  medici  che,  fuorviarono  nella  cura,  ma  per  dimostrare 
ai  colleghi  la  necessità  di  non  porre  in  non  cale  lo  studio 
delle  costituzioni  morbose  atmosferiche,  sì  frequenti  e 
prolungate  talora  da  percorrere  una  serie  d'anni,  come 
verrà  dimostrato  parlando  diffusamente  dell'  ultima  at- 
tualmente dominante,  in  cui  ci  troviamo  da  16  anni. 

Tale  studio  non  solo  apre  alla  mente  nostra  e  della 
gioventù  medica  la  giusta  via  per  conoscere  molte  oc- 
culte cause  morbose,  che  generano  speciali  malattie,  ma 
r  abituano  altresì  ad  indagini  più  recondite  e  severe 
sopra  le  infermità  che  sogliono  dall'  atmosfera  provenire. 
Come  delle  umane  cose,  mutabili  sempre  all'  infinito ,  cosi 
suole  accadere  della  atmosfera  e  delle  meteore ,  e  delle 
condizioni  climatologiche  della  zona  terrestre  da  noi  abi- 
tata; le  cui  variazioni  ed  influenze  importa  assai  di  co- 
noscere ,  onde  saper  apprestare  con  maggior  sicurezza 
quei  soccorsi  dall'  indole  spaiale  della  costituzione  ri- 
chiesti. 

Così  accadde  di  quella  febbre  larvata,  la  quale  del 
resto  non  isfuggì  a  tutti  i  medici  che  ebbero  occasione 
di  osservarla  ed  assisterla,  ed  anzi  fu  da  taluni  ricono- 
sciuta agevolmente.  Queglino  stessi  che  si  mantennero 
più  a  lungo  dubbiosi  sulla  sua  natura,  poterono  convin- 
cersene dappoi,  curandola  felicemente  colla  china-china. 

Le  tre  osservazioni  presentate  mi  sembrano  più  che 
sufficienti  a  dimostrare  la  subdola  natura  della  febbre 
in  discorso,  e  insieme  i  fenomeni  sotto  i  quali  si  nascon- 
deva all'occhio  dei  curanti.  Promiscuamente  a  tali  feb- 
bri, altre  pure  dominavano  della  stessa  forma  e  natura, 
e  diversamente  complicate,  ed  anche  legittime  intermit- 
tenti, le  quali  non  sembravano  intieramente  sottratte  alla 
costituzionale  influenza,  che  maltrattava  gli  abitanti  del- 
l'inferiore provincia  Cremonese,  ed  esse  pure  obbedivano, 
tolte  le  complicazioni,  alla  china. 


72 

Oltre  le  accennate  febbri  di  primavera,  altre  se  ne 
aggiunsero  in  estate  di  diversa  forma  ed  indole,  che 
imponenti  nella  loro  invasione,  cedevano  air  emetico»  al- 
lorché vi  era  manifesta  saburra  gastrica,  e  al  salasso. 
Ma  quando  non  cedevano  a  questi  due  sussidii  entro  le 
40  ore,  come  sogliono  decorrere  le  effimere,  che  in  tutto 
le  simulavano,  assumevano  un  corso  continuo  o  infiam- 
matorio, 0  gastrico,  o  nervoso.  Nel  dubbio. che  la  mag- 
gior parte  fossero  veramente  effimere,  e  potessero  ces* 
sare  da  sé  dopo  le  24  o  40  ore^  volli  curarne  alcune 
coi  soli  purganti,  e  coi  decotti  antiflogistici,  e  in  caso 
di  imbarazzo  gastrico,  col  solo  emetico,  o.come  vomi- 
tivo ,  0  come  alterante  purgativo  ;  ma  dovetti  convin- 
cermi dopo  replicate  prove,  che  questo  non  .era  il  più 
sicuro  trattamento,  giacché  poche  e  rare  erano  le  effi- 
mere, molte  le  continue  gastriche  infiammatorie,  e  an- 
che nervose,  onde  mi  trovai  pentito  di  non  averle  trat- 
tate col  salasso  e  coir  emetico,  unica  medela  richiesta 
per  arrestarle. 

Nella  stagione  invernale  prevalevano  sempre  le  ma- 
lattie flogistiche,  e  principalmente  le  polmonie,  le  pleuro- 
polmonie ,  le  pleuriti ,  le  bronchiti ,  le  catarrale ,  le  an- 
gine, le  febbri  reumatiche  e  le  artritiche,  e  non  era  raro 
il  caso  di  scorgere  una  remittenza  nei  dolori  pleuri- 
tici ,  0  artritici ,  e  di  cogliere  quindi  V  indicazione  della 
china ,  la  quale  troncava  la  malattia  come  per  incanto , 
mentre  laddove  là  remittenza  mancava ,  e  i  sintomi 
erano  continui ,  occarrevaao  i  salassi ,  ed  ogni  sorta  di 
debilitanti. 

L*  inverno  ^el .  quale  abbondarono  ~  maggiormente  le 
polmonie,  fu  quello  del  1829  al  30,. stagione  freddissima, 
nella  quale  il  termometro  si  abbassò  al  10.^  grado  sotto  il 
zero,  e  after  nò  quasi  sempre  tra  il  7.®  e  il  9.°  senza  mai 
innalzarsi,  al  contrario  del  verno  precedente  che  fu  mite, 
secco,  spesso  sereno,  quasi  senza  ghiaccio  e  brine.  Sotto 


73 

quella  rigida  temperatura  accaddero  .moltissime  pleuro- 
polmonie,  da  produrre  in  alcuni  malati  la  morte  al  3.^  o 
4."  giorno  di  malattia.  I  vecchi  e  le  persone  .  affette  di 
asma  e  di  catarro  cronico  bronchiale ,  di  rado  poterono 
sfuggire  alla  morte.  Nell'inverno  antecedente  le  malattie 
flogistiche  furono  tutte  miti,  cedevoli  alla  cura,  e  in  gen- 
najo  e  febbrajo  eransi  osservate  delle  intermittenti  legit- 
time proprie  della  stagione  autunnale. 

L'ultima  febbre  larvata  fu  da  me  notata  nel  dicembre 
1832  in  una  giovane  contadina  di  17  anni  non  ancora 
menstruata.  Essa  decorse  sotto  forma  di  saburrale,  con 
tosse  secca  e  frequente  ;  sulla  fine  dell'accesso,  cessando  la 
sete  e  la  tosse,  il  parossismo  riprendeva  la  stessa  inten- 
sità. Questi  soli  sintomi  bastarono  a  rivelarmene  Tindole, 
e  venne  fugata  col  chinino. 

Trascorsa  la  enunciata  costituzione ,  le  infermità  as- 
sunsero a  poco  a  poco  la  forma  e  la  natura  ordinaria, 
nò  più  in  seguito  si  osservarono  di  simili  febbri,  a  talchò 
allorquando  mi  occorse  qualche  caso  dubbio,  e  volli 
sperimentare  il  chinino,  rimasi  deluso. 

Nell'autunno  poi  di  quello  stesso  anno  ebbi  ad  assi- 
stere in  Villa  Rócca  due  casi  di  perniciosa  cholerica,  i  quali 
sembravano  prenunciare  quella  terribile  epidemia,  che  ci 
sorprese  quattro  anni  dopo,  e  misero  in  molta  appreur 
sione  la  nobile  famiglia  Gastelbarco,  che  là  appunto  tro- 
vavasi  a  villeggiare  e  si  disponea  a  partire  o  per  Cremona 
o  per  Milano,  se  non  fosse  stata  assicurata  a  rimanersi, 
che  il  cholera  distava  ancor  molto  da  noi^  mentre  quelle 
febbri  erano,  sporadiche,  o  miasmatiche,  solite  a  compa- 
rire sulla  fine  dell'estate  e  in  autunno,  perchè  in  paese 
prossimo  a  risaje  e  a  terreni  bassi  e  paludosi  situati  sulla 
destra  sponda  dell' Oglio. 

La  maggior  parte  di  noi  può  ancora  rammentare  le 
stragi  che  il  cholera  menò  sulle  popolazioni  lombarde 
l'anno  1836.  Questa  malattia,  trovando  rilasciate  le  di- 


74 

scipline  sanitarie ,  e  aperto  1*  adito ,  e  quasi  impreparati 
i  medici,  passò  sopra  queste  belle  contrade,  lasciandovi 
traccio  rovinose  e  mortali ,  senza  che  verun  ostacolo  vi 
opponesse  il  Governo. 

E  giacché  son  giunto  a  parlare  di  questo  flagello, 
il  quale  quantunque  studiato  con  tanta  alacrità  da  uo- 
mini chiarissimi  nostri  e  stranieri,  sembra  tuttora  co- 
perto di  densissimo  velo,  chiedo  venia,  se  ardisco  di 
proferire  la  mia  debole  opinione  riguardo  alla  sua  na- 
tura contagiosa  o  meno ,  ed  esporre  francamente  quel 
poco  che  ho  raccolto  nelle  tre  epidemie  da  me  osser- 
vate, del  1836,  1849  e  1855,  di  utile  per  la  sua  cura. 

Dietro  le  più  attente  osservazioni,  ini  sembra  fuor  di 
dubbio  che  il  cholera  sia  un  morbo  eminentemente  cour 
tagioso ,  benché  ciò  abbia  dato  luogo  a  contrasti  infiniti. 
Tenendo  dietro  a*  suoi  passi,  si  può  tracciarne  l'itinera- 
rio,,  da  uno  ad  altro  luogo,  da  una  ad  altra  città,  scor- 
gendone le  orme  impresse  nei  paesi  e  nelle  ville  inter- 
medie, e  quasi  di  casa  in  casa,  di  tugurio  in  tugurio. 

Tutti  fummo  testimoni  di  un  fatto,  che  quando  il  cho- 
lera arriva  ad  introdursi  in  una  casa,  o  in  una  contrada, 
è  raro  che  non  si-  appigli  ad  altro  individuo  della  stessa 
famiglia,  oppure  non  si  apprenda  ai  vicini,  e  cosi  esten- 
dendosi per  qualche  tratto,  non  ne  colga  diversi.  Il  che 
prova  il  diflFondersi  la  malattia  secondo  gli  umani  con- 
tatti e  commerci,  e  quindi  la  sua  trasmissibilità. 

Nel  piccolo  comune  di  Canova-Olzano ,  di  circa  300 
anime,  accadde  il  prim^o  caso  di  cholera  sulla  fine  di  giu- 
gno 1836,  quando  già  infieriva  crudelmente^  in  Sor  esina,  e 
fu  in  un  contadino,  che  andando  e  ritornando  ogni  giorno 
a  provvedere  ih  questo  borgo  per  sé  e  per  altrui,  venne 
cólto  un  dopo  pranzo  dal  cholera.  Chiamato  in  fretta  in 
quel  paese,  dove  nulla  si  era  di^osto  per  tale  cala- 
mità, sciegliemmo  col  primo  deputato  a  locale  provvi- 
sorio l'abitazione  del  custode  della  chiesa,  che  consisteva 


75 

a  piano  terreno  in  una  cucina  abbastanza  vasta  e  aereata 
con  a  lato  un  angusto  e  basso  stanzino  che  serviva 
di  cantina,  e  al  piano  superiore  in  una  sola  stanza 
grande  tutta  ingombra  di  legna,  di  paglia,  e  di  suppellet^ 
tili,  con  un  letticciuolo  logoro  e  sudicio ,  illuminata  da 
due  buchi  quadrati  e  ristretti,  da  non  mandare  nò  luce 
né  aria  a  sufficienza.  Allestiti  in  fretta  due  letti,  uno 
pel  malato ,  V  altro  per  i  due  infermieri ,  li  posammo 
nella  cucina,  e  provveduto  l'occorrente  per  le  medicine 
e  pel  vitto,  adagiammo  il  malato  nel  suo  letto,  prescri-*> 
vendo  agli  infermieri  di  non  alterare  in  verun  modo  il 
disposto,  di  assistere  l'infermo  come  loro  veniva  ordi- 
nato, di  eseguire  le  frizioni,  e  di  apprestare  a  cucchiai 
una  mistura  anodina. 

Tornato  il  mattino  ad  Olzano ,  viddi  con  meraviglia 
alterate  le  disposizioni  del  giorno  addietro.  Il  malato,  per 
maggior  comodo  degli  assistenti,  era  stato  collocato  nella 
cantina  col  suo  letto,  intorno  al  quale  non  era  possibile 
girare  liberamente  per  la  medicazione.  Rimproverati  gli 
infermieri  dell'atto  arbitrario,  ed  avvertiti  che  quello 
era  il  vero  modo  di  pregiudicare  al  malato  e  a  sé  stessi, 
venne  subito  levato  l'infermo  da  quel  luogo  e  riposto  nella 
cucina,  ove  per  due  ore  lo  feci  assistere  alla  Inia  presenza 
con  un  bagno,  frizioni  irritanti  sopra  varie  parti  del  corpo 
e  mattoni  caldi  avvolti  in  panno  lana  a  lato  delle  cesoie 
e  delle  gambe,  e  colla  somministrazione  della  mistura  a 
cucchiai ,  dopo  di  che  me  ne  partii.  Alla  visita  del  dopo 
pranzo  lo  rinvenni  nel  massimo  stato  di  gravezza,  cioò 
nella  cianosi  e  nel  coma,  e  verso  sera  spirò.  Non  pas- 
sati tre  giorni,  i  due  infermieri  vennero  presi  quasi  si- 
multaneamente dal  cholera,  sotto  il  quale  uno  soccombet- 
te ,  superandolo  l' altro  più  per  prodigio  di  natura  che 
dell'arte.  E  chi  dietro  questo  fatto  potrebbe  negare  il 
contagio  al  cholera?  Lo  giudichi  il  lettore. 

Introdottosi  per  tal  modo  il  cholera  in  quel  Comune, 


76 

colpi  in  8  0  10  giorni  più  di  60  persone.  In  una  delle 
cascine  che  fu  maggiormente  visitata  dal  morbo,  per  es- 
sere entrato  lo  spavento  negli  abitatori,  si  videro  suc- 
cessivamente attaccate  le  varie  famiglie,  in  altra  delle 
quali  composta  di  8  individui,  un  solo  fanciullo  di  8  anni 
fu  salvo.  Singolare  poi  fu  Tosservare  che  durante  il  do- 
minio della  epidemia,  non  apparisse  altra  morbosità  spora- 
dica 0  stazionale  ali*  infuori  del  cholera. 

Che  poi  la  materia  infezionante  o  contagiosa  sia 
costituita  di  sporule,  di  alghe,  di  funghi,  di  vibrioni, 
come  vorrebbero  il  prof.  Thomson  di  Londra ,  Pacini  di 
Firenze  ed  Emiliani  di  Roma,  oppure  provenga  dalla 
evaporazione  del  liquido  diarroico,  o  dalle  sostanze  emesse 
per  vomito,  o  dall'alvo,  non  che  dal  sangue  o  dalla  tra- 
spirazione cutanea,  ciò  deve  formare  oggetto  di  ulteriori 
indagini,  quantunque  al  presente  tali  concetti  si  diano  da 
molti  per  positivi. 

Da  quanto  raccolsi  nelle  tre  epidemie  cholerose  alle 
quali  ho  assistito  nel  1836,  1849  e  1855,  mi  sono  con- 
vinto ,  che  il  miglior  momento  di  curare  il  cliolera ,  e 
fors*anche,  se  non  in  tutti  i  casi,  in  molti  però  di  arre- 
starlo, è  nella  diarrea  premonitoria,  la  quale  avverte  il 
paziente  che  il  morbo  sta  per  investirlo.  Il  non  rimediare 
prontamente  a  questo  flusso  e,  quel  che  è  peggio,  aumen- 
tarlo improvvidamente  con  cibi  o  bevande ,  a  cui  il 
popolo  facilmente  si  abbandona,  è  il  lasciarlo  in  balia  di 
sé  stesso ,  è  favorirlo  ed  accrescerlo ,  e  quindi  lasciarlo 
progredire  al  vomito,  e  ai  crampi ,  agli  stadj  più  infre- 
nabili e  fatali  della  malattia. 

L*  arrestare  la^  diarrea  cholerosa  non  è  opera  diffi- 
cile, purché  il  malato  si  privi  di  ogni  cibo  e  bevanda  pel 
tempo  necessario,  il  quale  non  è  più  lungo  di  cinque  o 
sei  giorni ,  o  anche  minore ,  se  viene  sussidiato  con 
una  mistura  anodina  presa  ò  cucchiaj  in  principio  ad 
un'ora  di  distanza >  e  a  norma  che  il  flusso  diminuisce, 


77 

ad  ogni  due  o  tre  ore,  il  che  accade'  dopo  il  secondo  o 
terzo  giorno.  Arrestata  la  diarrea,  si  somministrano  pri- 
ma con  mano  sospesa  dei  brodi  di  vitello  o  di  pollò  per 
un  giorno,  indi  dei  pantriti,  dei  vermicelli,  salendo  alle 
zuppe,  alle  minestre,  alle  carni,  fino  a  che  la  funzione 
digerente  non  siasi  affatto  ristabilita. 

Devesi  avvertire  che  se  i  termini  ventrali,  le  scari-r 
che  alvine ,  avessero  a  ricomparire ,  si  dovrà  tosto  ri- 
prendere la  cura  e  la  dieta ,  attendendo  maggior  tempo 
per  concedere  di  nuovo  cibo  e  bevanda.  In  questa  malat- 
tia tollerano  i  malati  la  dieta,  più  che  in  qualunque  altra, 
e  non  ho  veduto  mai  alcun  sinistro  accadere,  per  quanto 
sia  stata  rigorosa  e  lunga. 

Restituito  alla  salute,  T  individuo  dovrà  per  alcuni 
giorni  ancora  usare  una  regola  severa,  astenendosi  dai 
cibi  indigesti,  dalle  verdure,  dalla  frutta,  dalle  carni  sa- 
late, ecc. ,  che  potrebbero  promuovere  facilmente  una  ir- 
ritazione enterica  diarroica  o  dissenterica.  Questa  mi- 
sura  serve  intanto  a  sopire  la  morbosa  sensibilità  della 
membrana  villosa  intestinale  e  del  plesso  solare,  il  quale 
sembra  il  più  compromesso  nel  cholera. 

Ma  nel  basso  volgo,  che  è  anche  il  più  soggetto  alla 
malattia  pel  vitto  pravo  e  pei  disordini  che  suole,  com- 
mettere, r  ottenere  siffatta  privazione  non  è  facile  com- 
pito. Quel  senso  di  languore,  di  sfinimento,  i  tremori 
negli  arti  inferiori  e  la  debolezza  generale  che  tien  die- 
tro alla  grave  perdita  intestinale,  suscitano  un  forte  bi- 
sogno di  riparazione,  che  soddisfatto  innanzi  tempo  o  so- 
verchiamente, è  causa  di.  gravi  successioni  morbose. 

Alcuni  asseriscono ,  che  il  cholera  insorga  talvolta 
senza  diarrea  premonitoria,  il  che  limiterebbe  alquanto 
il  valore  del  metodo  da  me  raccomandato.  Si  parlava  sin 
dal  1836  di  cholera  secco,  ossia  senza  diarrea,  e  ne 
hanno  discorso  i  nostri  antichi  ^  diligentissimi  in  ogni 
ricerca   diagnostica.    Io  stesso  ho  ricevuto  allo   Spedale 


78 

provvisorio  di  queir  epoca  dei  cholerosi  spediti  dai  me« 
dici  di  faori  sotto  questo  nome.  Essi  mi  giungevano  nel 
cholera  compiuto  con  stitichezza.  Interrogati  i  parenti 
se  realmente  sapessero  che  quei  malati  erano  caduti  nel 
cholera  ad  un  tratto  e  senza ,  diarrea  \  da  ^alcuni  udiva 
confermarlo,  da  altri  porlo  in  dubbio,  e  furonvi  anche 
di  quelli  nei  quali  la  diarrea  èra  stata  breve  e  taciuta. 

L'anno  1855,  non  trovandomi  impegnato  nello  Spedale 
provvisorio,  e  raccogliendo  i  malati  per  ispedirveli,  potei 
osservare  alcuni  casi  di  cholera  pronto  e  grave,  che  sem- 
bravano confermare  l'esistenza  del  cholera  secco,  ma  in- 
dagati scrupolosamente  i  casi  tanto  sui  malati  stessi 
che  sui  parenti,  memori  dell'accaduto,  venni  in  taluni  a 
sapere  di  certo  che  la  diarrea  più  o  men  breve  non  era 
mancata  dòpo  qualche  cibo  o  bevanda,  che  però  il  male 
èra  cresciuto  ad  un  tratto  con  vomiti,  crampi  e  stiti- 
chezza. 

Io  non  impugnerò  giammai,  che  il  cholera  non  possa 
nascere  senza  diarrea ,  giacché  anche  il  dott.  Molden  a 
Parigi  (  «  Annali  universali  »  )  ne  ha  osservati  diversi 
esempii  nello  Spedale  di  S.  Antonio ,  e  sarebbe  un  con- 
trastare dei  fatti  da  uomini  rispettabili  osservati.  Dirò 
soltanto  che  trovandosi  il  medico  assente  alla  comparsa 
della  diarrea  o  del  cholera,  deve  riportarsi  a  relazioni 
spesso  incomplete ,  che  non  ponno  assicurarlo  sui  prece- 
denti. Ammesso  pur  reale  il  fatto  del  cholera  secco,  deve 
essere  certamente  assai  raro,  e  il  metodo  suggerito  ad 
arrestare  la  diarrea  a  prima  giunta  e  speditamente,  deve 
tornar  utile  alla  maggior  parte  dei  pazienti. 

Per  non  dilungarmi  di  troppo  sopra  un  argomento 
estraneo  a  questo  scritto,  riporterò  soltanto  alcuni  fatti 
fra  i  molti  che  ho  raccolti  nell'assistenza  dei  cholerosi. 

In  una  famiglia  alla  quale  era  morto  dappresso  un 
choleroso  da  4  giorni ,  una  donna  vien  presa  insieme 
ad  una  sua  figlia  malaticcia  di  12  anni,  da  diarrea  cho- 


79 

lerica  ,  indicata  dalla  frequenza  delle  scariche ,  dalla 
fluidità  torl^ida  e  chiara  di  queir  escremento,  quasi  ino- 
doro ,  e  da  altri  caratteri  speciali.  Impongo  ad  ambe* 
due  la  dieta  assoluta,  ossia  .la  privazione  del  cibo  e 
delle  bevande,  e  prescrivo  una  mistura  di  oncie  4  di 
acqua  di  camomilla  e  goccie  50  di  laudano  da  prendere 
ad  un  cucchiajo  ogni  ora,  e  diminuendo  la  diarrea,  ad 
un'ora  e  mezza ,  a  due  e  tre  ore ,  non  senza  avvertirle 
del  pericolo  se  declinavano  dalle  mie  ordinazioni,  ed  am- 
bedue al  7.°  giorno  erano  salvate. 

Un  individuo  di  una  clerta  educazione,  ma  imprudente 
nei  suoi  atti,  posto  nel  mio  spedale  provvisorio  a  sorve- 
gliare gli  infermieri  ed  assistere  i  malati  nella  flebotomia 
e  all'esatta  distribuzione  dei  medicamenti,  vien  preso  un 
giorno  di  luglio  1836  verso  sera  dalla  diarrea  cholerica. 
Chiamato  ad  osservare  il  fluido  emesso ,  e  dichiaratolo 
molto  sospetto,  gli  ordinai  la  cura  prescritta  alle  due 
donne  sopra  notate,,  avvertendolo  del  pericolo  in  cui 
poteva  incorrere,  se  trascurava  le  mie  prescrizioni.  Alla 
sera ,  varcati  i  cancelli  dello  steccato ,  dal  quale  era 
circondato  e  [chiuso  il  mio  spedale,  in  compagnia  di 
un  chirurgo  suo  amico  sig.  Giovanni  Clementi ,  si  reca 
ad  una  locanda,  dove  mangia  pochi  vermicelli  e  qual- 
che biscotta  nel  vino  da  bottiglia.  Alle  12  di  notte 
sono  svegliato  dal  capo  infermiere  per  un  choleùoso  che 
sta  male  e  desidera  la  mia  presenza.  Era  lui,  e  quando 
lo  vidi  e  m'  accostai ,  trovavasi  già  nel  secondo  stadio 
del  vomito  e  dei  crampi.  Sollecito  allora  tutti  i  mezzi 
esterni  ed  interni  valevoli  a  soccorrerlo:  bagno  gene- 
rale ,  frizioni  di  linimenti  irritanti ,  frizioni  secche  dopo 
due  ore  con  spazzola  sopra  tutte  le  parti  del  corpo,  se- 
napismo alla  regione  ipogastrica,  pillole  di  bismuto  e 
oppio ,  dieta  assoluta.  Tutto  venne  eseguito  con  preci- 
sione ,  ma  alle  9  ore  del  mattino  non  era  più. 

Un  uomo  presso  ai  60  anni  mi  fece  chiamare  con  sol- 


80 

lecitudine  presso  al  mezzogiorno;  era  affetto  da  diar^ 
rea  cholerosa,  che  potei  osservare,  e  saa  moglie  mi  disse 
che  avea  evacuato  l'alvo  più  di  60  volte  in  due  ore ,  e 
che  non  faceva  altro  che  bere.  Era  alzato  e  stava  per 
mangiare  una  panata  preparata  al  momento  dalla  moglie, 
le  quale  lo  consigliava  a  cibarsene.  Gli  impongo  di  astener- 
sene; ma  la  moglie  sperando  di  ristorarlo  della  debolezza 
che  lamentava,  persiste  a  persuaderlo  di  pascersene.  Io 
allora  dissi  al  malato:  «  se  cedete  alla  moglie  in  breve 
sarete  choleroso  del  tutto  ».  Prescrivo  la  dieta  asso- 
luta e  una  mistura  anodina,  indico  il  modo  di  servirsene, 
rinnovo  T  avvertimento  e  me  ne  partp.  Dopo  due  ore 
piombava  nel  ^holera  spiegato  ed  alle  ore  11  di  notte  era 
cadavere. 

Premendomi  di  sapere  come  i  miei  ordini  fossero 
eseguiti ,  interrogai  dopo  qualche  giorno  un  figlio  pre- 
sente alla  mia  visita,  e  mi  rispose  che  quella  panata  era 
stata  mangiata  soltanto  in  parte  per  .mancanza  di  fa- 
me, e  che  la  mistura  non  era  stata  provveduta.  È  inu- 
tile che  insista  a  riportare  altri  casi  per  convalidare  i 
sopra  allegati.  Chi  avrà  fatte  le  stesse  osservazioni ,  ne 
sarà  convinto. 

Oltre  essere  indispensabile  la  dieta  assoluta  nella  diar- 
rea premonitoria,  è  parimenti  necessaria  nel  cholera  con- 
fermato ;  altrimenti  il  vomito  insiste  di  npoyo,  la  diarrea 
aumenta,  i  crampi  investono  le  estremità,  la  cute  si  an- 
nerisce, le  unghie  si  fanno  cerulee,  Tinfermo  si  assopisce, 
un  gelo  marmoreo  si  impossessa  di  tutto  il  corpo,  i  sin*- 
gulti  frequentano  e  la  vita  deirinfermo  a  poco  a  poco  si 
estingue. 

Ho  osservato  alcuni  cholerosi ,  riavutisi  da  quel  le- 
targo di  morte ,  e  porgenti  indizio  favorevole  di  g-uari- 
gione,  i  quali  per  essersi  posti  tostamente  a  mangiare, 
sperando  di  ricuperare  più  presto  le  forze,  ricaddero  nel 
male,  e  vi  perderono  per  ignoranza  la  vita. 


81 

Ho  letto  essere  stati  suggeriti  da  alcuni  i  purganti  nel 
cholera.  Quanto  a  me  non  trovo  una  ordinazione  più  in- 
consulta di  questa,  perchè  l'organismo  trovandosi  abbattuto 
ed  alterato  dalle  precedenti  scariche,  non  ponno  esse  che 
favorire  e  sollecitare  quella  pericolosa  irritazione  intesti- 
nale, che  soltanto  la  dieta  e  i  sedativi  valgono  a  calmare. 
Tutt'al  più  potrebbero  essere  indicati  nel  cholera  secco, 
ma  anche  in  questo  caso  preferirei  sempre  i  clisteri. 

La  cura  del  2.®  e  del  3.**  stadio,  se  presenta  qualche 
diversità  con  quella  della  diarrea  premonitoria,  deve  con- 
sistere nella  maggiore  attività  dei  rimedi  interni  ed 
esterni,  principalmente  degli  ultimi.  Però  bisogna  conve- 
nire, che  poco  o  nulla  abbiamo  di  che  lusingarci  tanto 
degli  uni  che  degli  altri.  L'azione  letifera  del  cholera 
pare  schernirsi  di  ogni  metodo  e  di  ogni  rimedio  e  non 
avvi  impedimento  che  la  arresti,  se  non  vi  concorre  lo 
stesso  organismo  con  una  reazione  salutare,  cioè  quella 
forza  medicatrice  della  natura  si  scarsamente  Valutata 
al  di  d'oggi  dai  ministri  d'Igea. 

A  giustificazione  della  nostra  impotenza  troviamo , 
che  nemmeno  i  medici  inglesi  ed  indiani,  testimoni  della 
sua  origine,  ci  sanno  indicare  un  metodo  o  un  rimedio 
che  valga  ad  abbattere  il  cholera.  Nato  nel  Delta  del 
Gange,  scorrazzò  nel  principio  di  questo  secolo  non  solo 
l'Asia  e  l'Europa,  ma  l'Africa  e  l'America,  e  tutto  il 
mondo  conosciuto,  seguendo  le  grandi  vie  commerciali  e 
le  carovane  nel  deserto,  e  dovunque  si  è  esteso,  non  ha 
trovati  ostacoli ,  né  discipline ,  né  medele  che  Y  abbiano 
arrestato ,  se  non  dopo  essersi  estinto  da  sé. 

Per  quanto  consta  dalle  relazioni  avute  sulle  cura  del 
cholera,  risulta  che  tanto  l'acido  fenico  proposto  dal  prof. 
Pacini  di  Firenze,  quanto  il  cloruro  di  carbonio  del  prof. 
Tommasi,  e  i  solfiti  del  prof.  Polli  di  Milano,  e  tanti  altri 
rimedii  vantati  sin  qui  da  diversi  autori,  benché  non  man- 
chino  ciascuno  dei  loro  successi,  nulla   finora  han  dato 

Amnall  Voi.  CCI.  6 


82 

di  positivo ,  da  poterli  adoperare  con  fiducia  nel  cholera 
asiatico. 

Nondimeno  tutti  questi  tentativi  sono  da  incoraggiare^ 
pf)tendo  un  giorno  o  Taltro  venir  scoperto  uao  specifico 
o  un  rimedio  atto  a  guarirlo ,  giacchò ,  come  ben  diss9 
tempo  fa  un  celebre  medico  francese,  essendo  il  cholera 
una  malattia  specifica,  deve,  anche  avere  il  suo  rimedio 
specifico.  Cosi  le  moderne  ricei^che  microscopiche  sul  con- 
tagio cholerico  non  sono  da  spregiarsi,  perchò  giunti  ad 
assicurarci  della  sua  natura^  ossia  dei  materiali  elementi 
che  lo  compongono,  potremo  con  maggior  fondamento 
scoprire  i  mezzi  per  dissiparli  e  distruggerli. 

Ma  basti  di  si  triste  ed  umiliante  argomento.  Lascia- 
molo più  diffusamente  trattare  da  altri  esperti  più  di  noi, 
e  a  maggior  portata  di  sviscerarlo,  come  i  medici  inglesi 
è  indiani ,  per  trovarsi  sul  campo  delle  osservazioni ,  e 
sorvoliamo  sopra  un'altra  epidemia  costituzionale ,  nella 
sua,  generale  apparenza  non  contagiosa,  detta  grippe  da- 
gli inglesi  e  francesi,  da  noi  costipazione  o  raffr^dore  o 
bronchite  epidemica,  che  si  apprende  tenacemente  alla  te- 
sta, alla  gola,  o  al  petto,  con  tosse  aspra,  ovvero  a  tutte 
tre  quelle  parti  insieme,  congiunta  a  somma  spossatezza 
di  corpo.  '  / 

La  grippe  da  me  osservata  era  di  un  grado  comune- 
mente leggiero  e  di  corso  breve,  benché  non  si  limitasse 
sempre  a  quelle  tre  località.  In, alcuni  casi  furono  attac- 
cate le  tonsille,  le  fauci,  la  trachea,  i  polmoni  e  le  me- 
ningi. Però  rare  vittime  fece  quel  male,  né  arrecò  molta 
apprensione  nel  popolo.  Il  suo  miglior  metodo  curatilo 
era  l' antiflogistico  moderato  e  il  sudorifero ,  qualche 
volta  il  sanguisugio  alla  gola  o  alle  tempia,  pochi  salassi 
a  togliere  le  diverse  congestioni,  bibite  mucilaginose  al- 
l' interno ,  blandi  purgativi  e  qualche  rivellente. 

Grande  fu  il  numero  degli  individui  a  cui  si  apprese 
cotesto  male,  ed  in  alcune  regioni  ne  furono  cólti  la  mag- 


83 

gior  parte  simultàneamente  e  in  breve  tempo.  I  giovani 
erano  a  prefeìrenza  assaliti ,  benchò  non  vi  fosse  età  né 
sesso  da  lui  risparmiato.  La  sua  durata  non  fu  più  lunga 
di  quattro  mesi. 

Dalle  notizie  fornite  dai  giornali  medici ,  sembra  che 
fosse  pervenuto  dall'Inghilterra,  dove  si  sarebbe  mo- 
strato grave,  ed  in  alcuni  casi  anche  funesto.  Entrato  in 
segì;iito  in  Francia,  l'avrebbe  attraversata  lasciando  molte 
orme  di  sé,  non  però  lagrime  voli,  come  nella  sua  culla. 
Finalmente  discesa  in  Italia ,  parve  quasi  destituita  di 
ogni  gravezza,  da  non  meritare  una  paurosa  ricordanza. 

{La  fine  nel  prossimo  fascicolo). 


0««eF¥a«ioiiÌ    chtrar^itehe  del  dott  BEBIVARDIfVO 

li  Alienili,  Chirurgo  Capo  presso  F  Ospedale  Mag- 
giore di  Vercelli.  (  Continuazione  della  pag.  368 
del  voi.  200,  fase,  di  maggio  e  giugfko  ÌSQ7  ). 

VI. 

^  V 

Antica  ernia  crurale  sinistra  intestinale ,  libera ,  incarcera^ 
tasi;  falliti  tentativi  di  riduzione  coli' antica  taxis  ;  non 
potuto  eseguire  sfiancamento  sovracutaneo  del  ligamento 
del  Gimhernat ;  incisione  dei  varii  strati  velamentari  del 
tumore;  incisione  limitata  del  sacco  'peritoneale;  sfianca- 
mento sottoperitoneale  dell*  anello  costrittore  ,  riduzione 
dell*  intestino  ernioso;  sutura  dei  margini  cutaneo-cellU' 
losi  deW  incisiolie  ;  pronta  cicatrizzazione  delle  parti  in" 
cise ;  celere  guarigione;  considerazioni. 


I 


^iomazza  Maria,  contadina^  d'auni  42,  da  Palestro,  ^provenìfii^ts 
dallo  stesso  luogo  ,  è  accolta  neìV  Ospedale  maggiore  degli  in- 
fermi di  Vercelli  ai  numeri  d'ordine  generale  1254  e  del  letto 
92  nella  sera  del  4  settembre  1864  ;  è  operata  il  5  settembre 
aìie  ore  8  antimeridiane  ;  ed  esce  compiutamente'  cicatrizzata 
rincisione  il  17  settembre  1864. 


48 

Settembre  5 ,  ore  7  antimeridiane.  —  É  questa  la'  prima 
volta  che  viaito  rinferma,  la  quale  narra  essere  da  lungo  tempo 
affetta  da  tumore  uscente  ed  entrante  Uberamente  alla  regione 
superiore  anteriore  delia  coscia  i  che  nel  mattino  antecedente 
fuorescito  quello,  non  potendo  più  farlo  rientrare,  mandò  tosto 
pek  chirurgo ,  il  quale ,  tentata  invano  la  riduzione  riescìtagli 
altre  volte,  si  fece  premura  di  farla  trasportare  airospedale. 

Riconosco  il  tumore  essere  più  grosso  quasi  d' un  ovo  di 
gallina  e  sentendolo  dotata  di  massima  elasticità^  faccio  diagnosi 
di  ernia  crurale  intestinale  non  accompugnata  da  omento.  Sin- 
ghiozzo e  vomito  di  materie  fecali  martoriano  Tinferma,  i  polsi 
non  sono  minimi,  chiuso  è  V  alvo.  Tentai  ridurre  Ternia  colla 
antica  tazis,  ma  dessa  eminentemente  elastica  respinse  i  maneggi 
di  compressione  fatti  intorno  e  contro  di  lei  e  non  cedette  ne 
punto  né  poco.  Tentai  di  sfiancare  Panello  del  Gimbernat,  ma 
non  mi  fu  possibile  sentirlo,  quantunque  colla  più  grande  di- 
ligenza girassi  colla  punta  del  pollice  intorno  alla  parte  supe- 
riore ed  Interna  del  tumore;  perciò  tornati  inutili  i  tentativi 
coir  antico  e  col  nuovo  metodo  di  riduzione ,  determinai  di  ri- 
correre all'istante  al  taglio. 

Fu  mio  divisamente  che  Tincisione  si  estendesse  egualmente 
a  destra  ed  a  sinistra  del  tunciore ,  posto  a  traverso  ed  un  pò 
obliquamente  all'  asse  della  coscia ,  e  quasi  parallelo  air  arcata 
crurale;,  esso  venne  cosi  a  trovarsi  nel  bel  mezzo  deirincisione 
della  cute,  sollevata  prima  in  forma  di  piega  perpendicolare  al 
tumore,  fu  poi  quella  prolungata  a  mano  sospesa  air  indentro 
ed  air  infuori.  Colle  forbici  condotte  sul  solco  della  sonda  fu- 
rono incisi  i  vatii  strati  del  tumore ,  ed  il  sacco  peritoneale , 
lasciandone  intatta  Ja  porzione  interna  e  superiore..  Inciso  il 
sacco,  comparve  Tintestino  ernioso  nero  ma.  senza  abrasione  vi- 
sibile ad  occhio  nudo.  Cercai,  col  pollice  destro  di  penetrare  fra 
V  anello  costrittore  ed  il  budello,  e  mi  fu  dato  di  penetrarvi 
un  pò  air  indentro  verso  il  cielo  dell'  anello  costrittore ,  ed  in 
questa  direzione  spinto  il  pollice  oltre  1'  anello ,  lo  sfiancai ,  e 
potei  quindi  fare  la  riduzione  dell'  intestino.  Apposi  quattro 
punti  di  sutura  intercisa  con  filo  di  lino  ai  margini  cutaneo- 
cellulosi  dell'  incisione ,  e  conveniente  apparecchio  comprimente 
sostenuto  da  fasciatura  a  spiga.  Prescrissi    vino    nero   grammi 


85 

400  con  à\tcì  gp^ccie  di  laudano,  .ed  un  grammo  p  mezzo  di 
gialappa  per  clistere.  Nella  sera  l'inferma  non  è  "ancora  andata 
di  corpo  I  ma  i  suoi  polsi  sono  rialzati,  ed  è  ridente  la  di  lei 
fisionomia. 

Settembre  6.  —  L'inferma  non  è  ancora  andata  di  corpo,  si 
ripetè  il  clistere,  non  ripeto  più  il  vino  col  laudano.  Dò  il  quarto 
del  vitto  in  continuazione. 

Settembre  7,  —  Nella  notte  antecedente  l'inferma  andò  di 
corpp,  i  margini  dell'incisione  sono  approssimati,  ed  un  pò  ri- 
sipelatosi,  estraggò  il  filo  esterno  ed  il  filo  interno. 

Settembre  S.  —  Escono  alcune  goccie  di  pus  dai  seni  dei 
fili  e  fra  mezzo  all'  incisione,  minore  è  la  risipola. 

Settembre  9.  —  Tolgo  i  fili  centrali,  esce^  un  pò  di  suppu- 
razione dal  centro  dell'  incisione. 

Settembre  10.  —  La  suppurazione  è  un  pò  maggiore,  è  di 
color  grigio ,  ed  ha  odore  di  materie  fecali  ;  l' inferma  di  poi 
che  si  sciolse  il  ventre  andò  sempre  regolarmente  di  corpo  ogni 
di,  la  suppurazione  diminuì  sempre  più ,  si  presentavano  solo 
alcune  goccie  di  suppurazione  inodora  nel  giorno  13  settembre  ; 
completata  la  cicatrizzazione  nel  giorno  16  settembre,  l'inferma 
abbandonò  l'ospedale  nel  giorno  successivo. 

Considerazioni  ed  analisi  de IF  atto  operativo. 

Riusciti  inefficaci  i  tentativi  di  riduzione  coU'  antica 
taxis,  non  potuto  eseguire  lo  sfiancamento  sovracutaneo 
deir  anello  costrittore  praticati  nel  primo  istante  che  vi- 
sitai r  inferma,  subito  subito'  ricorsi  al  taglio.  L*  àncora' 
di  salvezza  sta  nel  bene ,  ma  paranco  nel  prontissimo 
operare. 

È  la^  prima  volta  dopo  il  1856 ,  dalla  quale  0poca 
pratico  lo  sfiancamento  sovracutaneo  dei  cingoli  costrit- 
tori, che  mi  sia  occorso  di  non  avere  potuto  sentire  Fa'*- 
nello  del  Gimbernat,  ed  è  pure  la  prima  volta  d*  allora 
in  poi  che  io  sia  stato  obbligato  ad  operare  un*  ernia 
crurale  incarcerata  col  taglio.  L'estremità  del  mio  poi-' 
lice  destro  era   ancora   convalescente   di .  recente  paté- 


86 

reccio»  e  rinnovamento  dell*  unghia ,  per  ciò  forse  non  si 
prestava  convenientemente  al  delicato  ufGicio:  forse  an- 
che r intestino  ingrossato  nelle  sue  pareti,  e  gonfio  pei 
gaz  contenuti  nella  sua  cavità,  copriva  di  troppo  ed  ol- 
trepassava r  anello  crurale ,  ed  impediva  V  approccio  al 
cercine  costrittore. 

Praticai  una  larga  incisione  dall'  esterno  air  interno 
deir  arcata  crurale ,  campo  lungo  e  largo  è  campo  spic- 
cio e  sicuro.  Scoperto  T  intestino,  e  visto  che  per  la  sua 
condizione  dovea  essere  introdotto,  tentai  di  ridurlo  pri- 
ma colla  compressione  ;  non  avendo  potuto  ridurlo  con 
questa,  doveva  ricorrere  allo  sflancamento  sottoperito- 
neale del  legamento  del  Gimbernat,  o  porzione  prossima 
deir  arcata  crurale,  il  che  fu  fatto  col  pollice  mosso  dal- 
l'avanti  all' indietro,  e  dall'esterno  all'interno:  rispar- 
miai cosi  di  ricorrere  allo  sfiancamento  mediato  colla  leva, 
ed  allo  sfiancamento  coli' indice  vólto  ad  uncino  verso 
r  arcata  crurale ,  mezzi  più  complicati  ;  risparmiai  pur 
anco  il  taglio  del  legamento  del  Gimbernat ,  che  è  sem- 
pre sicura  cosa  evitare  nell'ernia  crurale  strozzata^  Sono 
circa  dieiotto  anni  che  cominciai  ad  operare  lo  sfiaiica- 
mento  sottopèritoneale  nell'ernia  crurale,  mentre  ado- 
pero solo  dal  1856  il  metodo  dello  sflancamento  sovra- 
cutaneo  nelle  ernie  inguinali  e  crurali.  Non  il  più  piccolo 
inconveniente  sorse  a  disturbare  il  buon  esito  della  cura, 
due  giorni  dopo  l' atto  operativo  l' inferma  aveva  il 
quarto  del  vitto,  non  vi  fu  febbre,  ai  primi-  di  novembre 
la  rividi;  facendola  tossire  senti  vasi  contro  la  cicatrice 
fortissimo  l'urtò  del  retroposto  budello. 

La  suppurazione  sempre  poca,  putì  per  alcuni  giorni 
di  materie  feeaU ,  alla  vista  ed  all'  odorato  porzione  di 
esse  era  frammista  al  pus.  Visitai  l'inferma  un  anno,  e 
due  anni  dopo  l'atto  operativo,  facendola  tossire  sentivo 
distintamente  l'intei^tino  gonfio  e  ripieno  di  gas,  aderente 
alle  pareti  del  ventre;  intestino  e  pareti  addominali  for- 


87 

manti  un  corpo  solo  sentivo  aderenti  alla  cute ,  onde  la 
gangrena  parziale  dell*  intestino  e  V  aderimento  di  questo 
divennero  due  fatti  accertati. 

Nella  peritonite,  il  peritoneo  che  vèste  le  pareti  ad- 
dominali, e  quello.che  copre  i  visceri  si  trova  nella  con- 
dizione più  opportuna  che  sia  possibile  per  contrarre 
adesioni  ;  nei  morti  per  questa  malattia  noi  vediamo  so- 
venti tutti  gli  intestini  tenui  o  parte  di  essi  adesi  fra  di 
loro,  talvolta  sono  agglutinati  all' omento,  tal' altra  inte- 
stini tenui  e  grassi  aderiscono  al  peritoneo  parietale , 
linfa  plastica  copre  tutti  i  visceri,  ecc.  In  questi  casi  il 
peritoneo  delle  parejti  addominali,  ed  il  peritoneo  viscerale 
è  diventato,  mi  si  permetta  il  motto,  glutinoso,  appiccatic- 
cio, è  caduto  il  velo  super ficialissimo  di,  esso  (  probabil- 
mente la  porzione  superficiale  dell'  epitelium  pavimentoso 
^dei  microscppisti). 

Nel  caso  di  ernia  strozzata  abbiamo  peritonite  visce- 
rale, sovente  anche  peritonite  parietale,  sono  adunque 
presenti  tutte  le  condizioni  favorevoli  per  l' adesione  de- 
gli intestini  erniosi  fra  di  loro,  ed  alle  pareti  addominali. 
Quando  V  intestino  è  diventato  nero  come  il  carbone  e 
prossimo  a  gangrenarsi^  è  ancora  glutinoso  ed  appiccatic- 
cio, e  voi  lo  sentite  appiccicarsi  alla  vostra  dita  che  ten- 
tano riporlo  nella  cavità  del  ventre.  Talmente  forte  è 
questa  facoltà  adesiva,  che  non  cessa  neppure  per  la  gan- 
grena dell'intestino.  Già  dessa  ha  invasò  la  tonaca  mu- 
cosa, e  la  tonaca  muscolare,  ma  salvo  è  ancora  da  morte 
ir  peritoneo  per  il  suo  tessuto  congiuntivale ,  onde  an- 
cora potente  la  di  lui  facoltà  adesiva.  Cessata  completa- 
mente la  vita,^  l'escara  ancora  è  glutinosa  ed  appiccatic- 
cia ,  e  siccome  strato  di  gomma  e  di  colla  può  appici- 
carsi  ed  agglutinarsi  alle  pareti  addominali  ;  quandp  poi 
r  escara  si  stacca  per  intiero  e  cade  nell'  intestino ,  le 
parti  prossime  all'  escara  rigogliose  già  si  sono  compiuta- 
mente aderite  al  peritoneo  delle  pareti  dell'  addome.  Tal- 


88 

Yolta^  quantunque  ciò  accada  ben  più  di  rado,  la  porzione 
gangrenata  del  budello  si  appiciccò  ad  altra  prossima  dello 
stesso  budello  e  con  essa  contrasse  salvatrice  adesione. 
Per  questo  merayiglioso  ma^stero  la  natura  ripara  la 
breccia  da  gangrena,  .impedisce  il  versamento  fatale  delle 
materie  fecali  nella  cavità  del  ventre,  e  salva  agli  infer- 
mi la  vita.  Nel  nostro  caso  una  porzione  piccola  di  bu- 
dello si  gangrenò  ;  quando  cadde  I*  escara ,  fluirono  per 
alcuni  giorni  le  materie  fecali  per  la  ferita  :  ma  le  parti 
prossime  all'  escara  si  aderirono  prontamente  al  perito- 
neo delle  pareti  addominali,  e  chiusa  la  piccola  breccia, 
la  Liomazza  non  solo  fu  salva ,  ma  guari  prontissima- 
mente. 

VII. 

Ernia  crurale  sinistra  antica  intestinale  libera  ma  sempre 
fuor  eseita ,  incarceratasi  da  ore  76 ,  rientrante  alla  mi- 
nima compressione,  ma  uscente  di  nuovo  appena  tolta  la 
medesima,  anello  crurale  ristretto  ed  ingrossato,  più  che 
probabile  gangrena  dell' intestino  protruso ,  paralisi  inte- 
stinale, Sfiancamento  e  parziale  rottura  della  porzione 
superiore  dell'anello  crurale.  Incisione  della  cute  e  della 
lamina  adiposa  contuse  nell'operare  lo  sfiancamento.  Ces- 
sazione della  paralisi  intestinale.  Permanenza  perenne  del 
tumore  protruso  fra  le  parti  incise.  Probabile  aderenza  fra 
sacco  ed  intestino,  Verminazione.  Guarigione.  Considera- 
zioni. 

t 

Bracchi  Petronilla ,  d*  anni  21,  da  Lodi  nuovo^  proveniente 
da  San  Germano,  merciaja  girovaga,  è  ricoverata  nell'Ospedale 
di  Vercelli  ai  numeri  d'ordine  generale  475,  e  dei  letto  94,  il 
15  aprile  1867  mezz'ora  dopo  mezzodì,  è  operata  tre  ore  dopo, 
ed  esce  guarita  il  19  maggio  1867. 

Aprile  15.  -^  Alle  ore  3.  l/^  pomeridiane  io  visito  per  la 
prima  volta  l'inferma  ;  è  dessa  affetta  da.  quattro  anni  da  ernia 
crurale  sinistra  libera:  siamo  in  lunedì,  e  l'ernia  si  inparcerò 


89 

nel  mattino  del  venerdì  antecedente,  portando  la  donna  attorno 
la  cesta  delle  chincaglierie  ;  sabbato,  domenica,  lunedi  fu  tor- 
mentata da  vomito  continuo,  non  vomitò  però  mai  materie  fe- 
cali ,  non  consultò  alcuna  persona  dell*  arte ,  noa  furono  fatti 
tentativi  di  riduzione  prima  che  entrasse  nell'ospedale,  non  prese 
alcun  rimedio  eccettuato  leggiero  rinfrescante.^  Appena  fui 
presso  alla  meschina,  sentii  il  di  lei  alito. avere  odore ^di  gan- 
grena.  L'addome  è  tumido,  dolente,  rimbombante  al  più  leggiero 
tocco ,  è  meteorizzato  e  teso  in  tutta  la  sua  estensione ,  e  spe- 
cialmente alla  regione  inferiore  sinistra.  Appena  percettibili 
sono  i  polsi,  fredda  marmorea  la  cute;  ha  inoltre  piccola  ernia 
ombelicale  libera,  e  tumore  venoso  inferiormente  al^ernia  cru* 
rale  fatto  da  varice  della  safena  interna. 

Il  tumore  ernioso  incarcerato  è  piccolo ,  non  più  grosso  di 
una  castagna,  mia  desso  appena  si  scorge  attraverso  alla  pelle 
per  la  grassezza  della  persona  e  della  regione:  il  tumore  appena 
tocco  rientrò  (  da  ciò  deducesi  che  l'ernia  è  formata  da  intestino 
solo  )  ,  r  indice  destro  seguì  il  movimento  regressivo  di  lui ,  e 
penetrò  dietro  a  quello  nell'  anello  crurale.  Colà  penetrata  la 
punta  dell'indice,  sentì  l'anello  non  già  tagliente  al  suo  lato 
interno  (legamento  del  Gimbernat),  ma  arrotondato  ed  ingros- 
sato tutt'all'ingiro,  il  che  prova  l'antica  data  dell'ernia. 

Trasportata  l' inferma  presso  al  margine  sinistro  del  letto , 
io  mi  postai  colla  parte  anteriore  della  persona  rivolta  verso 
il  di  lei  fianco  sinistro,  e  vis  a  vis  del  tumore  ernioso.  Pene- 
trata la  punta  dell'indice  nell'apertura  inferiore  del  canale  cru- 
rale, la  spinsi  più  in  dentro,  sentivo  col  polpastrello  dell'indice 
la  superficie  supcriore  e  triangolare  del  pube  e  dell' ilion  ;  tentai 
sfiancare  l'anello  all' infuori,  all' insù,  all'indentro,  ma  non  vi 
riuscii  ;  all'indice  feci  succedere  la  punta  del  pollice^  ma  il  ten- 
tativo riesci  pure  inutile  :  feci  divaricare  la  coscia  sinistra  del- 
l' ammalata  fuori  della  sponda  del  letto ,  mi  posi'  fra  la  coscia 
sinistra  e  la  coscia  destra,  e  tentai  di  sfiancare  l'anello  coll'in- 
dice,  e  colla  punta  del  pollice;  ma  se  dilatai  alquanto  l'anello, 
non  potei  sfiancare  ne  rompere  pure  in  questo  modo  il  me- 
desimo. 

Visto  che  non  potevo  sfiancare  l'anello  stando  al  lato  sini- 
stro del  letto,  feci  tramutare  l'inferma  sulla  sponda,  destra  del 


90 

letto ,  mi  vi  portai  io  pure ,  mi  vi  fissai  in  corrispondenza  del 
capo  di  essa*,  colla  pftrte  anteriore  della  persona  rivòlta  verso 
i  piedi  della  lettiera:  introdussi  la  punta  dell'indice  nell'aper- 
tura del  canale  erurale ,  la  rivolsi  ad  uncino ,  e  tirai  all'  insù 
la  parte  superiore  dell'anello,  i  tentativi  non  riuscirono  ancora; 
la  feci  tirare  più  in  basso  verso  i  piedi  della  lettiera ,  onde 
essere  più  in  sulla  vita,  e  tirai  nuovamente  ad  indice  uncinato 
'all'insu,  ed  all'infuori  l'anello  crurale,  sentii  il  crac  del  fran- 
gersi parziale  dello  stesso;  l'anello  non  si  ruppe  per  intiero, 
ma  in  buona  pai*te  si  lacerò  al  lato  suo  superiore  ed  interno: 
l'indice  penetrò  nella  cavità  addominale ,  accanto  all'indice  de- 
stro feci  pure  scorrere  l'indice  sinistro;  ed  ambo  appajatl ,  io 
credo,  arrivarono  nella  cavità  addominale. 

La  cute  della  regione  erurale  restò  livida,  ne  feci  una  pie- 
gatura perpendicolare  all'  arco  Crurale ,  ed  incisi  la  cute  e  lo 
strato  adiposo. 

Per  l'atto  dello  sfìancamento  rimase  squarciato  lieve  tratto 
dell'aponuerosi  cbe  copriva  il  tumore. 

Fra  mezzo  i  margini  dell'incisione  e  fra  lo  squarcio  dell'apo- 
neurosi si  innalza  tumoretto  orbicolare ,  grosso  come  una  noc- 
ciola, è  desso  la  porzione  centrale  ed  inferiore  del  tumore  er- 
nioso coperto  dal  sacco  ;  il  dito  indice  scorre  liberamente  in- 
torno intorno  a  lui  essendo  d'ogni  parte  isolato  ;  non  feci  com- 
pressione alcuna  sul  medesimo;  applicai  due  pezze  piegate  a 
triangolo  unte  d'olio,  e  le  ritenni  con  apparecchio  triangolare. 

L'inferma  non  ha  che  anni  '21,  pare  ne  abbia  molti  più:  è 
il  dolore  che  la  ha  ad  un  tratto  invecchiata;  il  di  lei  sguardo 
è  fisso  e  direi  esterefatto ,  Immobilizzata  la  di  lei  fisionomia , 
bionda  la  capigliatura,  aita  la  fronte,  non  femminili  furono  i 
di  lei  lamenti  durante  la  dolorosa  manovra  dello  sfiancamento, 
pronte ,  recise  le  risposte  date  dalla  medesima ,  virili  i  di  lei 
propositi.  Altra  volta  farà  lo  stesso  ?  Domenica  potrò  escire 
dall'ospedale? 

Sono  circa  76  ore  che  l'ernia  è  incarcerata^  quale  sarà  l'esito 
della  malattia  ?  Vi  è  odore  di  grangrena  intorno  alla  misera , 
questa  fu  la  prima  desolante  sensazione  che  io  ricevetti  alio 
approssimarmi  alla  meschina.  Prescrissi  vino  nero  grammi  300, 
alcool  grammi  30,  laudano  goccio  10,  a  cucehiaj,  ghiaccio  ad 


91 

libitum  e  gialappa  grammi  uno  con  fosso  d' avo  stemprato,  in 
decotto  emolliente  per  due  clisteri,  uno  subito,  Paltro  alle  ore 
sei  pomeridiane.  Fu  subito  inviato  per  avere  il  rimedio  uno 
degli  infermieri  alta  farmacia,  e  questi  arrivato  diedi  io  stesso 
alcune  cucchiaiate  del  vino  medicato  ali-inferma,  le  quali  non 
furono  vomitate,  ma  prima  che  l'infermiere  giungesse,  grave 
incessante  singhiozzo  la  tormentò.  Fu  sottoposto  cuscino  tra- 
sversino ai  popliti.  Quarto  del  vitto. 

Aprile  46.  Mane,  —  I  polsi  sono  ancora  piccoli,  il  ventre 
è  ancora  teso  e  dolente  al  minimo  tatto,  Tinferma  respinge  dal 
ventre  il  lenzuolo  che  sopra  lo  stesse  si  era  posto  onde  coprirla 
nel  tempo  della  medicazione.  Avvi  ancora  singhiozzò,  ii  volto  è 
ancora  un  pò  livido,  lo  sguardo  meno  spaventato^  l'inferma  non 
è 'ancora  ahdata  di  corpo,  beve  tutto  il  vjno  prescritto.  Misu- 
rata r  incisione  risultò  essere  di  millimetri'  47.  Il  tumorétto 
sporgente  fra  i  margini  dell*  incisione  è  un  pò  livido,  appena 
il  toccai  colla  punta  dell'indice  ;  se  lo  avessi  compresso  anche 
in  questa  mane,  sarebbe  probabilmente  rientrato,  per  uscire  di 
nuovo  tolta  la  pressione.  Dietro  al  sacco  sta  l'intestino  siccome 
si  deve  dedurre  dall'elasticità  del  tumorétto.  Domina  in  ora  il 
periodo  della ' paralisi  intestinale,  probabilmente  succederà  ano 
contro  natura ,  ossia  il  versamento  delle  materie  fecali  air  in- 
fuori dell'inciso  parti  :  si  eviterà  di  sicuro  il  versamento  delle 
materie  fecali  entro  la  cavità  peritoneale  ,  e  la  paralisi  potrà 
essere'  vìnta  dalla  natura  e  dall'arte  ;  ma  ì  polsi  in  questa  mane 
ancora  bassissimi ,  la  dolorificazione  e  tensione  del  ventre  an- 
cora continuanti,  provano  che  la  risoluzione  della  paralisi  non 
è  ancora  vicina.  Feci  trasportare  l' inferma  al  num.  93  perchè 
più  difeso  dalle  correnti  d'aria» 

Aprile  46.  Ore  3.  ^j^  pomeridiane.  —  I  polsi  non  sono  più 
eotantò  piccoli,  fisionomia  meno"^ abbattuta.  L'inferma  no|i  è 
ancora  andata  di  corpo,  ha  ancora  singhiozzo  e  vomita  materie 
biliose  amare ,  prese  poco  vino  medicato ,  prescrissi  e  diedi  io 
stesso  per  bocca  gialappa  grammo  uno  con  miele.  Il  ventre  è 
ancora  teso  e  dolente,  in  una  parola  istessi  sintomi  del  mattino, 
se  non  forse  in  minor  grado. 

Aprile  17.  Mane,  —  L'inferma-  cominciò  jeri  sera  ad  andare 
di  corpo,  ed  emise  in  abbondanza  materie  liquide,  addome  non 


92 

più  cotanto  teso,  non  più  dolente,  tumoretto  siccome  jerl  spor- 
gente, polsi  rialzati  9  non  più  fredda  la  ente  ,  fisionomia  natu- 
rale ;  cessata  è  adunque  la  paralisi  intestinale.  — »  Vino  bianco 
grammi  200 ,  rbum  grammi  20  in  continuazione  ;  sostituii  il 
vino  bianco  al  nero  perchè  questo  non  piaceva  all'inferma. 

I  (fue  margini  cutanei  distano  fra  di  Loro  nel  centro  del- 
l'incisione  circa  millimetri  15,  il  tessuto  laminare  adiposo  ri- 
masto scoperto  fra  ì  margini  dell'  incisione  presentasi  a  vista, 
direi,  inerte,  il  tumoretto  presenta  la  sua  porzione  superfi- 
ciale, ed  esposta  all'  aria,  essiccata  ;  lo  toccai  appena  coli'  in- 
dice, lo  sentii  però  ancora  elastico.  I  due  margini  della  in- 
cisione ,  le  di  lei  commissure  e  le  parti  a  loro  prossime  sono 
rilevanti  e  sporgenti,  hambéesy  per  l'intestino  ernioso  gonfio  che 
sta  dietro  loro:  esso  intestino  sporgeva  fuori  dell'anello  quando 
l' inferma  venne  all'  ospedale ,  e  restò  perennemente  fuori  del- 
l' anello  anche  dopo  operato  lo  sfiancamento  :  io  noto  questi 
particolari  perchè  da  es^i  deduco  che  vi  era  aderenza^  fra  l'in- 
testino e  porzione  del  sacco. 

In.  questa  mane  al  primo  sogguardare  l'inferma,  al  sentire 
dischiuso  il  di  lei  alvo,  al  vedere  appianato  il  ventre,  l'animo 
mio  non  solo  si  aprì  alla  speranza,  ma  inclinò  a  credere  certa 
la  guarigione  della  meschina ,  ma  non  credei  ancora  potersi 
evitare  1'  ulcerazione  dell'  intestino  attraverso  l' anello  crurale. 

Aprile  18.  Mane,  -<-  L' inferma  andò  ancora  profusa^iente 
dì  corpo  materie  molli,  addome  non  solo  non  più  tumido,  ma 
regolare,  non  più  dolente  alla  compressione,  polsi  picciolini  ma 
buoni,  fisionomia  tranquilla,  non  più  singhiozzo. 

Aprile  18.  Ore  S.  ^/^  pomeridiane,  —  L'escara  fra  le  inci- 
sioni comincia  a  staccarsi,  era  dessa  la  parte  che  di^si  supe- 
riormente essiccata. 

Aprile  19.  Mane.  — 'L'inferma  andò  profusamente  di  corpo 
nella  giornata  di  jeri  dopo  la  visita  pomeridiana,  e  nella  notte; 
jeri  sera  mangiò  poco  pane  pesto,  e  poco  pollo.  È  caduta  in 
gran  parte  l'escara,  l'intestino  ernioso  è  meno  sporgente  al  di- 
sopra e  al  disotto  dei  margini  dell'incisione,  sono  leggiermente 
suppuranti  la  faccia  posteriore  dei  margini  e  lembi ,  il  tumo- 
retto, sporgente,  tuttora,  è  coperto  di  ristrettissima  escara,  e 
conserva  ancora  la  sua  elasticità,  e  lascia  perciò  in  me  la  spe- 


93 

l*anza  che  Tin teatino  che  è  dietro  si  possa  cicatrizzare  col  sacco 
e  guarire  senza  che  si  faccia  l'ano  artificiale. 

Aprile  20.  —  L'escara  presso  alla  commissura  interna  sta 
per  staccarsi,  l'escara  sopra  il  tumoretto  è  ancora  appiccicata, 
ma  non  più  sì  aderente.  Volli  comprimere  leggermente  il  tu- 
moretto a  fine  di  esaminarlo,  ma  quantunque  il  toccassi  molto 
leggiermente,  l'inférma  qmise  alto  grido,  e  così  non  potei  com- 
pierne l'esame.  L'inferma  andò  regolarmente  di  corpo;  il  tumore 
ernióso  è  molto  più  appianato;  al  disopra  del  lembo  superiore 
dell'  incisione  sentesi  attraversò  alla  cute ,  direi  quasi ,  il  di 
lui  collo. 

Aprile  21.' —  Il  campo  fra  i  due  margini  dell'incisione  è 
tutt'  affatto  sgombro  dalle  escare  ,  al  lato  estern.o ,  al  lato  in- 
terno di  esso  l'aponeurosi  o  fascia  superficiale  è  coperta  di  rossi 
bottoni,  fra  mezzo  allo  squarcio  del  l'aponeurosi,  il  tumoretto  è 
pure  coperto  degli  stessi  bottoni ,  l' inferma  da  jeri  andò  due 
volte  di  corpo,  volto^  polsi,  addome  di  persona  sana. 

Aprile  23.  —  Le  granulazioni  sono  ancoja  piùr  rigogliose , 
ponendo  le  dita  contro  i  margini  deirincisione  sentesi  volumi- 
noso e  potente  l' intestino  sotto  la  tosse ,  1'  inferma  appetisce 
ghiaccio,  andò  sei  volte  di  corpo  nella  giornata  di  jeri,  e  nella 
notte  sovrastante  al  mattino  di  questo  dì. 

Aprile  25.  Mane.  —  Jeri  sera  V  inferma  vomitò  materie 
amare,  l'addome  è  un  pò  dolente ,  il  tumore  ernioso  è  sempre 
ni  solito  fuorescito.  Cataplasma  addominale.  Clistere  con  già- 
lappa. 

Aprile  26.  Mane.  —  La  cicatrizzazione  progredisce  sempre 
più.  Non  avvi  dolore  al  ventre ,  l' inferma  andò  tre  volte  di 
corpo  materie  molli. 

Aprile  28.  Mane.  —  Il  campo  fra  i  due  margini  è  .molto 
più  ristretto,  Tinferma  vomitò  lombrici  dopo  la  visita  pomeri- 
diana d'jeri.  Corallina  grammi  6  per  infusione  in  acqua  bol- 
lente ripetuta  fino  al  2  maggio. 

Maggio  1.  Mane,  —  L' inferma  stamane  vomitò  altro  lom- 
brico ;  prima  di  rigettarlo  ebbe  vomito  ed  inquietudine  ^omma. 
La  faccia  posteriore  dei  lembi  non  è  ancora  aderente. 

Maggio  3.  -^  Il  vomito  è  quasi  sempre  continuo.  Laudano 
goecie  10.  Acqua  di  melissa  grammi  100. 


ÌÌ«IDIÌ«  8*  ^  Tumore  ernioso  appianato,  i  margiai  dmì  ta* 
<>^4HMAe  iono  appianati,  è  già  aderente  il  superiore ,  non  è  an- 
9sM^  eioatrliisto  l'inferiore  :  dicendo  tossire  l'inferma  il  tu^iore 
«IH^rge  fuori  molto  grosso. 

Maggio  14.  —  Pare  cicatrizzato  anche  il  margine  inferiore, 
tlnferma  non  va  di  corpo  G|a  due  giorni.  Infusione  di  rabarbaro. 

Maggio  17.  —  Cpmpiuta  l'aderenza  della  superficie  poste- 
riore del  due  lembi  e  margini. 

Maggio  19^—  La  distanza  fra  i  due  margini,  ossia  il  campo 
a  cicatrizzarsi  non  è  alto  più  di  5  millimetri,  non  è  lungo  più 
di  80  millimetri.  —  L'inferma  esce  in  questo  dì. 

Considerazioni. 

Io  sfiancai  e  rappi  l' anello  crurale.  Era  ciò  necessa- 
rio ì  Se  non  avessi  sfiancato  e  rotto  T  anello,  essendo  pre- 
sente intestino  che  sempre  stette  fuori  dello  stesso  anello, 
ove  l'inferma  fosse  venuta  a  morie,  se  ne  sarebbe  incol- 
pato il  curante  per  non  avere  tolto  lo  strozzamento,'  e 
cagionato  per  questa  grave  mancanza  la  morte  dell'am- 
malata. 

Sfiancai  e  ruppi  T anello,  e  l'inferma  guari;  se 
fosse  morta ,  grave,  responsabilità  avrebbe  potuto  cadere 
sul  chirurgo  il  quale  operato  avendo  lo  strozzamento 
avrebbe  potuto  togliere ,  lacerare  le  aderenze  già  presso 
a  compiersi  fra  sacco  ed  intestino,  avrebbe  potuto  contun- 
dere maggiormente  V  intestino  già  troppo  contuso. 

In  verità,  il  confesso,  è  questo  il  punto  più  culminante, 
più  delicato  della  cura  praticata ,  pure  se  non  lo  avessi 
fatto,  il  farei  ancora,  ed  in  simile  caso  farò  Io  stesso.  Io 
era  convinto  e  sicuro  che  sotto  le  mie  dita  non  si  tro- 
vava budello  neir  atto  che  operai  lo  sfiancamènto  :  era 
pure  convinto  che  ulteriore  compressione  su  intestino  in 
per  mancanza  fuorescito  sarebbe  stata  fatale  all'  intestino 
ed  alla  paziente.  L' alito  di  gangrena  emanante  4alla  me- 
schina era  certo  segno  che  l'intestino  ernioso  si  era  in 


95 

qualche  pùnto  gangrenato,  il  grave  stato  dell*  ammalata» 
la  timpanite ,  la  decomposizione  del  volto  tutto  indicava 
che  gravissimo  era  stato  lo  incarceramento;  non  vi  era 
adunque  luogo  ad  esitare,  la  minima  ulteriore  compres-» 
sione  poteva  essere  fatale,  e  feci  opera  prudente  a  sfian- 
care il  ristretto  ed  indurato  anello. 

L' aderenza  dell'  intestino  al  sacco  salvò  e  preservò 
r  inferma  dal  danno  di  ano  artificiale.  Il  metodo  di  cura,, 
eccitante  continuato  sino  al  fine  fu  quello  che  richiedeva 
il  basso  stato  delle  forze ,  e  la  poca  vita  che  rimaneva 
air  inferma.   / 

vm. 

Ernia  crurale  destra  intestino-omentale  non  voluminosa,  sorta 
all'istante  dopo  urto  della- parete,  inferiore  del  joentre 
contro  lo  spigolo  di  un  tavolo,  incarcerata  da^  ore  96  ;  f e/t- 
tativi  infruttuosi  di  riduzione  coli'  antica  taxis  ;  sfianca^ 
mento  della  colonna  inferiore  dell'  arcata  crurale  ;  dimi'- 
nuzione  del  tumore  ernioso;  probabile  riduzione  delVinte» 
stino  ;  cessazione  del  singhiozzo  e  del  vomito  di  i/naterie 
fecali;  novella  uscita  dell* intestino  che  si  ferma  nel  sacco, 
rottura  della  colonna  in  prima  sfiancata-,  paralisi  inte- 
stinale; apertura  dell'alta;  stabile  rientrata  dell'ansa  in^ 
testinale  nella  cavità  del  ventre;  dispiegatura  dell'ansa 
intestinale,  cessazione  della  paralisi  degli  intestini,  aper- 
tura  dell'  alvo,  adesione  delV  intestino  ernióso  alla  parete 
interna  del  ventre,  gangrena  parziale  di  esso,  caduta  del- 
l'escara,  ascesso  stercoraceo  e  di  lui  apertura  per  mezzo 
di  incisione  infracrurale  ,  conservazione  di  tutta  la  cute 
minacciata  da  gangrena  per  mezzo  di  altre  incisioni  pa- 
rallele ed  inferiori  alla  prima,  uscita  di  tutte  le  materie 
fecali  dell'ano  contro -natura,  ricostituzione  del  corso  delle 
materie  fecali  per  l' ano. naturale  ,  cicatrizzazione  quasi 
completa  della  breccia  intestinale  e  dell'ano  contro-natura 
ridotto  a  piccol  seno.  Considerazioni, 

Resteilì  Giiiseppe,  d'anni  65,  da  Ronsecco,  proveniente  idem, 


96 

contadino,  ammogliato,  è  accolto  neiP  Ospedale  Maggiore  degH 
infermi  di  Vercelli  ai  numeri  d'ordine  generale  3659,  e  del 
letto  191  ,  alle  ore  7  antimeridiane  del  29  ottobre  1866 ,  per 
ernia  crurale  destra  istfin  tanca,  ridotta  subito  collo  sfianca  mento 
della  colonna  inferiore  deirai:cata  crurale  ed. esce  guarito  TU 
dicembre  1866. 

È  desso  antico  pellagroso ,  completamente  sordo ,  di  bassa 
statura,  più  istecchito  che  magro,  a  sistema  muscolare  spiccato; 
non  il  più  leggiero  indizio  di  adipe  sottocutaneo  o  fra  i  suoi 
muscoli,  tutto  annuncia  in  lui  forte  originaria  costituzione  cui 
non  valsero  a  debellare  miseria  e  pellagra;  il  suo  voltò  è  im- 
pallidito pel  dolore,  piccoli  e  bassi  i  polsi  ;  il  di  lui  figlio  narra, 
ed  il  padre  confermò  di  poi ,  che  nel  mattino  del  25  ottobre 
attendendo  frettoloso  alle  faccende  domestiche^  urtò  forteroeute 
della  parte  anteriore  superiore  della  coscia,  e  parte  destra  infe- 
riore del  ventre  contro  lo  spigolo  d'un  tavolo;  all'urto  tenne  die- 
tro tumore;  sorsero  tosto  singhiozzo  e  vomito  di  ^lateri6  fecali; 
chiamata  persona  dell'arte,  prescrisse  alcune  bevande,  fece  leg- 
gieri tentativi  di  riduzione  durante  quattro  giorni ,  inviò  al 
quinto  dì  l'infermo  all'Ospedale.  Vi  è  ernia  crurale  destra,  in- 
carcerata da  ore  96,  il  tumore  ernioso  è  meno  grosso  d'un  ovo 
di  gallina,  lo  esploro,  non  lo  sento  elastico  è  desso  direi  un  pò 
pastoso^  non  è  bernoccoluto ,  non  respinge  l'urto  delle  dita  che 
lo  comprimono,  perciò  faccio  diagnoei  di  ernia  omento-intesti- 
nale. 

Quale  sarà  r  effetto,  la  sequela  della  pressione  sofferta  dai 
visceri  erniosi?  Colonna  inferiore  dell'arcata  crurale,  legamento 
falcato  del  Gimbernat,  lamina  cribrosa,  collo  del  sacco,  compres- 
sero inteatino  e  omento  per  ore  961  Grande  aevi  spatium  per  mi- 
sero affetto  da  ernia  strozzata.  L'ernia  è  recentissima,  si  fece  in 
un  istante,  tutte  le  parti  costringenti  conservano  perciò  vivissimo 
il  tagliente  loro  filo,  maggiore  adunque  anche  perciò^  il  danno 
della  pressura;  prostrate  le  forze,  grave  l'età  deH'infermp  mar- 
toriato per  soprappiù  dalla  pellagra.  Che  mai  sarà?  Franca- 
mente il  devo  dke ,  non  dubitai  un  istante  di  esito  felice.  È 
inevitabile  la  gangrena  dell'intestino,  vi  sarà  ascesso  stercoraceo, 
ano  contro  natura,  gangrena  e  caduta  dell'omento,  l'esperienza 
dei  casi  antecedenti  tutto  questo  mi  suggeriva  ed  insegnava, 
ma  sarà  salva  la  vita  dell'  ammalato. 


67 

•  Sono  circostanze  favorevoli  i  lievi  tentativi  fatti  ft  domici- 
lio ,  il  non  essere  stati  praticati  né  salassi  ne  sanguisugi  ^  il 
non  trovarsi  echimosi  di  sorta  intorno  e  contro  il  tumore ,  se 
grave  Tetà,  forte  l'originaria  costituzione^  assalita  non  infranta 
dalla  pellagra  ;  non  vi  è  timpanite,  e  perciò  non  è  ancora  ac- 
caduto travasamento  di  materie  fecali  nella  cavità  peritoneale. 
Tutto  adunque  lice  sperare. 

Ecco  il  piano  operativo  che  adottai.    L' intestino   essendo  o 
gangrenato  o  prossimo  a  gangrenarsi,  non  devo  fare  sul  tumore 
che  la  minore  possibile  compressione;  perciò  farò  appena  legge- 
rissima taxis  al  metodo  antico,  questa  non  riescendo,  cercherò 
di  togliere  la  strozzatura,   sfiancando  a  rompendo  le  parti  co- 
stringenti   che    incontrerò:    meditai- un  istante  sui  vantaggi  e 
pericoli  dell'atto  operativo  col  taglio,  lo  paragonai  con   quello 
della   riduzione  per  sfìancàmento  e  rottura  dei  cing:oli    costrit- 
tori, mi  appigliai  a  quest'ultimo,  convinto  essere  desso  meno 
grave  e  seco  avere  maggiore  arra  di  guarigione. 

Presa  questa  determinazione,  dissi  meco,  dovrò  io  sfiancare 
il  legamento  del  Gimbernat-o  la  colonna   inferiore    dell'arcata 
crurale  od  ambedue?  Risposi  a  me  stesso  ,  sfiancherò  la  parte 
costringente  che  prima  incontrerò.  Fo  tirare   l' infermo  più  in 
basso  verso  i  piedi  della  lettiera  per  essere  piò  in  sulla  vita  , 
e  rivolto  col  lato  destro  della  mia  persona  verso  il  fianco- del- 
l'ammalato, procedo  all'incontro  ed  all'approccio  della  parte  co- 
stringente.  Faccio  per  alcuni    istanti   moderatissima    pressione 
contro  ed  intorno  al  tumore  secondo  le  regole  per  l'antica  ta- 
xis ;    i  leggeri  tentativi  non  essendo  riesciti,  giro  colla    punta 
del  pollice  destro  intorno  alla  .parte    superiore  ed  interna  del 
tumore,  arrivo  a  sentire  la  colonna  inferiore  dell'arcata  crurale, 
la  spingo  direttamente  in  addietro  ,  la  sfianco  ;  ciò  fatto ,  rin- 
novo la  compressione  come    sovra ,    non  sentii  né  gorgoglio  di 
liquidi,  né  umori  di  gas  scorrenti  dal  sacco  nelle  cavità  inte- 
stinali,  non  avvertii  variazione  sensìbile  nel  tumore;    rinnovo 
lo  sfiancamento  della  colonna,  rinnovo  la  compressione  intorno 
e  contro  il  tumore;  neppure  questa  volta  sentii  rumore  o  gor- 
goglìo   alcuno  ,    roa  il  tumore  ernioso  resta  impicciolito  di  un 
terzo,  é  inoltre    meno  teso  e  più  molle  di  quello  il  fosse   pri- 
ma dell'  atto    operativo  ;   viva    fu  la  resistenza    che    oppose  la 

Annali.  Voi.  CCI.  7 


98 

Goioana  inferiore,  tua  essa  dovette  eedere  all'urto  preponderante 
del  pollice. 

Prescrissi  vino  grammi  200  —  gialappa  gramma  1,  in  de- 
cotto emolliente  grammi  200  per  due  clisteri. 

Ottobre  29.  Ore  tre  pomeridiane,  —  Il  tumore  ernioso  ha 
di  nuovo  ripreso  il  volume  che  avea  prima  dell'atto  operativo; 
introduco  la  punta  delTindice  sotto  la  colonna  inferiore  dell'ar- 
cata crurale,  sfiancata  nel  mattino,  e  coir  indice  rivolto  ad  un- 
cino la  stiro  e  lacero.  I  polsi  sono  tardi ,  ma  abbastanza  svi- 
luppati ,  V  alvo  non  è  ancora  aperto ,  dò  io  stesso  all'  infermo 
gialappa  centigrammi  50  con  miele. 

Ottobre  30.  Mane,  —  Quasi  naturale  è  la  fisionomia  deU 
l'infermo,  non  andò  ancora  di  corpo,  l'addome  non  è  dolente,  i 
polsi  nori^alì,  anche  in  questa  mattina  l'intestino  è  fuorescito; 
poso  la  mano  destra  piatta  sul  tumore  e  l' intestino  rientra , 
cessò  il  vomito  dopo  l'atto  operativo,  l'infermo  dormi  tutta  la 
notte  come  assicura  l'ammalato  a  lui  vicino. 

Ottobre -30.  Ore  tre  pomeridiane,  —  L'intestino  è  di  nuo- 
vo fuorescito ,  e  come  nel  mattino  11  faccio  di  nuovo  rientrare 
nella  cavità  addominale  posando  leggermente  le  dita  contro  il 
medesimo. 

Ottobre  31.  Mane,  -^  Nella  notte  antecedente  l'infermo  co- 
minciò ad  andare  di  corpo  materie  liquide.  L'intestino  è  fuore- 
scito al  solito,  non  lo  rientrai  più.  La  cute  presenta  sul  centro 
del  tumore  lividura  non  più  estesa  di  un  centimetro  quadrato 
(sito  compresso  e  contuso  dall'ugna  nell'operare  lo  sfìancamen- 
to)  in  ogni  altra  di  lui  parte  è  roàea,  i  polsi  sono  alzati,  na^ 
turale  la  fisionomia,  acqua  zuccherata  in  continuazione. 

Novembre  1.  Mane.  —  L'infermo  andò  profusamente  di 
corpo  materie  liquide;  alti  i  polsi,  la  parte  inferiore  dell'addome 
è  tesa  e  presenta  globo  addominale  simile  a  quello  prodotto  dalle 
orine  nell'iscuria.  Il  tumore  ernioso  crurale  è  un  pò  accresciuto, 
comprimendolo  leggermente  a  manp  piatta ,  una  parte  dello 
stesso  si  senti  scivolare  e  rientrare  dentro  1'  addome;  percossa 
leggermente  la  residua  parte  dello  stesso,  si  sente  liquido  flut- 
tuante dall'una  all'altra  parte  del  sacco.  Risipola  sul  tumore. 

Novembre  1.  Ore  tre  pomerediane,  —  L'infermo  dorme,  lo 
sveglio  dolcemente,  dalla  visita  del  mattino  a  quest'  ora    andò 


99 

una  volta  di  corpo  materie,  liquide.  Il  tumore  è  di  molto  au- 
mentato ,  si  è  pure  sempre  più  estesa  la  risipola  ;  siccome  nel 
mattino  si  sente  distintamente  il  liquido  fluttuante.  Cataplasma 
di  linseme  irrorato  d'acqua  vegeto-minerale  suiraddome. 

Novembre  2.  Mane.  — >  L'ascesso  aumenta  sempre  più,  que- 
sta mane  il  tumore  occupa  non  solo  la  regione  crurale,  ma  par 
anco  la  parte  interna  della  inguinale,  risipelatosa  è  la  cute  di 
tutto  il  tumore  che  stamane  non  percossi ,  V  infermo  andò  di 
corpo  emettendo  copiosissimamente  materie  liquide ,  sete  vivis- 
sima, ,1' addome  non  è  teso,  è  un  pò  dolente  alia  compressione 
fatta  contro  al  colon  trasverso^  polsi  e  fisionomia  normali,  acqua 
zuccherata  a  richiesta.  La  sete  è  prodotta  dalla  diarrea. 

Novembre  3.  Mane.  —  Tumore  stercoraceo.  —  Polsi  e  fl- 
sionomia  sempre  normali ,  V  ascesso,  del  quale  non  avvi  alcun 
dubbio  che  non  sia  stercoraceo ,  è  ancora  più  prominente  di 
jeri,  .si  dilatò  pure  di  più  verso  il  lato  esterno  delle  regioni 
crurale  ed  inguinale,  lo  percuoto  leggero  leggero  colla  punta 
deirindice  destro,  il  sento  pieno  di  liquido.  I  pensieri  della  notte 
e  dei  giorni  antecedenti  mi  avevano  reso  certo  che  vi  era  rac- 
colta di  materie  fecali  entro  il  sacco  dilatato.  Incido  la  cute  e 
la  membrana  dell'  ascesso  a  mano  sospesa  e  fatto  appena  bre- 
vissimo taglio,  sgorgarlo  gas  e  materie  fecali  liquide  in  gran- 
dissima quantità;' dilatai  colle  forbici  l'apertura  e  rimane  così 
incisione  di  contro  alla  parte  inferiore  della  regione  crurale 
interna ,  lunga  circa  centimetri  cinque  ;  esploro  coli'  indice  la 
parte  più  prominente  del  cavo,  non  incontro  né  omento,  nò  in- 
testino. 

Novembre  3.  Ore  tre  pomeridiane,  —  Il  tumore  ò  appia- 
nato, le  materie  fecali  escono  in' parte  per  l'ano  naturale.  Mi- 
nore è  la  sete. 

Novembre  4.  —  Le  materie  fecali  molli  e  miste  a  gas  sgor- 
gano per  intiero  dairincisione,  nessuna  porzione  delle  medesime 
esce  dall'ano,  naturale,  quieta  è  la  fisionomia,  rialzati  i  polsi ^ 
non  vi  è  meteorismo,  poca  la  sete. 

Novembre  5.  —  L' incisione  che  fu  fatta  il  3  novembre  è 
situata  due  dita  trasverse  al  di  sotto  dell'arcata  femorale.  Sento 
tumidezza  flemmonosa  al  di  sopra  della  porzione  orizzontale 
dell'osso  iliaco  destro,  sorgente  dalla  parte  inferiore  e  profonda 


100 

deììtL  cavità  addominale  destra.  Dairincisione  infracrurale  gemo-. 
ITO  feci  meno  liquide .  L'infermo  ha  un  pò  di  tosse,  effetto  delia 
rigida  stagione.  Vino  nero  grammi  200. 

Novembre  6.  —  Non  vi  è  febbre,  ma  avvi  raccolta  di  mar- 
cia alla  parte  più  alta  ed  interna  della  coscia;  feci  altro  taglio 
trasversale  più  b&sso  di  quello  fatto  il  3  novembre,  esci  mar- 
cia in  grande  copia. 

Novembre  6  e  7.  -^  Vino  nero  grammi  200. 

Novembre  10,  li  e  12.  -^  Citrato  di  chinina  centigr.  20. 

Novembre  7.  — *  Non  vi  è  meteorismo ,  ma  vasto  ascesso 
flemmonoso  circum  e  sovra  crurale,- le  materie  fecali  escono  non 
più  liquide  ma  molli  dalle  due  incisioni  infracrurali ,  i  polsi 
sono  $ostenuti ,  V  infermo  già  magro  alla  sua  venuta  si  istec- 
chisce  sempre  più. 

Novembre  8.  —  L'  ascesso  è  superfìcialissimo  nel  sito  che 
corrispondeva  al  centro  del  tumore  ernioso  nel  primo  dì ,  là 
dove  si  scorge  lo  stigma  dell'ugnata  per  cui  operai  la  ridu- 
zione ,  faccio  sullo  stesso  stigma  incisione  ■  trasversale  di  circa 
millimetri  quindici  dirimpetto  all'arcata  crurale;  si  sente  sem- 
pre la  tumidezza  sovrap ubica  suddetta  prodotta  dal  flemmone 
che  circonda  l'intestino  ernioso  ridotto. 

Novembre  9.  Mane.  -^  I  polsi  sono  sempre  un  pò  deboli , 
r  infermo  decombe  da  più  giorni  sul  lato  destro ,  positura  de- 
clive che  facilita  l'escita  delle  feci  dalle  incisioni,  la  tumidezza 
flemmonosa  sovrapnbica  circumìntestinale  è  di  molto  diminuita, 
continua  la  lieve  tosse. 

Novembre  10.  —  È  dessa  un  pò  afflitta  la  fisionomia,  op- 
pure avvi  illusione  ottica  prodotta  dall'incerta  luce  der  matti- 
no? La  cute  fra  le  due  incisioni  trasversali,  infuori  all'arcata 
crurale,  è  sottile  e  distaccata  ;  sottile  pure  e  distaccata  è  quella 
della  parte  interna  e  superiore  della  coscia;  ad  impedire  di  que- 
sta la  imminente  gangrena  faccio  incisione  longitudinale  discen- 
dente alla  parte  interna  e  superiore  della  coscia. 

.  Novembre  11.  —  Già  da  jeri  sporge  fuori  dall'incisione  in- 
fracrurale superiore  fatta  il  3  novembre,  tessuto  a  frangia  bian- 
co-gialliccio che  pare  omento  gangrenato 

Novembre  12»  Mane.  —  Il  corpo    fuorescito   non  è  più  at- 
taccato che  per  piccolo  peduncolo. 


101 

Novembre  12.  Ore  tre  pomeridiane.  —  Tirato  il  tessuto 
sporgente^  ne  venne  fuori  un  tratto  lungo  centimetri  6,  ne  ri- 
mase altra  porzione  fuori  pendente ,  pongo  suli'  acqaa  la  por- 
zione estratta,  la  si  spiega  ,  è  dessa  di  sicufo  parte  d'omento. 

Novembre  13.  —  Caduta  della  porzione  d'omento  rimasta 
jeri  fuori  pendente.  ' 

Novembre  15.  —  11  tumore  inguino-ct^urale  è  appianatissi- 
mo,  comprimendo  sovra  l'inguine  escono  materie  fecali  dall&  in- 
cisioni trasversali.  La  fisionomia  dell'infermo  è  in  ora  bella  e 
naturale,  è  desso  uomo  di  ferro,  l'incisione  infracrurale  supe- 
riore è  affatto  sgombra  da  omento. 

Novembre  17.- —  A  detta  dell'infermo  le  materie  fecali  da 
jeri  sejra  a  questa  mattina  più  non  uscirono  dall'  ano  contro 
natura,  anzi  comincia  a  riordinarsi  a  periodi  fissi  l'uscita  delle 
feci  per  l'ano  naturale. 

Novefnbre  19.  —  Da  alcuni  giorni  la  cicatrizzazione  della 
parete  dell'ascesso  è  bene  avviata. 

Novembre  25.  —  Le  incisioni  e  l'ascesso  sono  quasi  per  in- 
tiero cicatrizzati ,  l' infermo  già  da  alcuni  giorni  va  di  corpo 
per  l'ano  naturale  ètandó  però  in  letto.  Questa  mane  cominciò 
ad  andare  alla  seggetta,  comprimendo  la  regione  inguinale  più 
non  escono  materie  fecali;  del  vasto  ano  contro  natura  più  non 
rimangono  che  breve  seno  e  piccoletta  apertura  sul  sito  del- 
l'ugnata,  e  solo  quello  geme  feccia  nell'  atto  della  defecazione. 

Novembre  27.  —  Jeri  non  vi  furono  evacuazioni,  nella  notte 
neppure,  quindi  escita  intermittente  di  materie  fecali  dal  seno. 

Dicembre  4.  — ^  Faccio  tossire  l'infermo,  sotto  i  colpi  della  tosse 
sento  l'urto  deirintestint)  contro  la  regione  inguinale  e  contro 
il  seno,  lo  stesso  urto  però  sentesi  anche  al  sito  corrispondente 
dell'altro  lato  del  ventre  quantunque  non  vi  sia  ernia.  L'aper- 
tura esterna  del  seno  è  di  circa  tre  millimetri,  il  resto  della 
piaga  è  per  intiero  cicatrizzato,  se  ne  togli  leggera  ulcera  sul 
confine  della  coscia  col  lato  destro  dello  scroto.  Non  esplorai  il" 
seno  che  si  protende  dalla  cute  all' intestino ,  comprimendo  al 
di  sopra  di  quello  escono  alcune  goccio  di  umor  trasparente 
tinte  in  giallo.  -  '  , 

Dal  7  novembre  a  questo  dì  prescrissi  quasi  quotidianamente 
60  .grammi  di  conserva  di  cornioli.  Conicèdeira^e. volta  all'in- 


102 

fermo  di  alssni  dal  letto  perchè  la  posixione  verticale  favorito 
avrebbe  l'uscita  delle  materie  fecali  dall'ano  contro  natura;  esso 
desidera  ripatriare,  il  che  io  pure  consiglio,  ad  evitare  i  danni 
di  lungo  soggiornò  nell'Ospedale. 

Il  Restelli  ritorna  il  20  gennajo  1867,  ed  è  ritirato  ai  nu- 
meri d'ordine  generale  218  e  del  letto  198.  Egli  è  relativamente 
ben  pasciuto ,  presenta  alla  regione  crurale  una  cicatrice  che 
dal  di  lei  mezzo  discende  ad  arcata  convessa  verso  lo  scroto; 
al  di  sopra  del  centro  della  cicatrice  sta  1'  apertura  dell'  ano 
contro  natura  in  guisa  di  forelUno,  dal  quale  gemono  a  pic- 
colo zampillo  sotto  la  tosse  materie  fecali  liquide.  Al  di  so- 
pra della  porzione  orizzontale  dell'osso  iliaco,  più  non  sentesi 
la  colonna  iaferiore  dell'arcata  crurale,  si  sente  colà  tumore 
aderente  alla  cute  che  si  ingrossa  nel  tossire,  e  che  respinge 
la  mano  posta  contro  di  esso;  è  l'intestino  che  fu  ernioso,  e 
che  col  palpare  diligentemente  si  riconosce  essersi  sfiancato , 
ipertrofizzato  e  dilatato.  Introdussi  la  punta  di  cilindro  acu- 
minata d'azotato  d'argento  per  tre  millimetri  dentro  il  seno,  la 
lasciai  colà  un  solo  istante  e  la  ritirai;  l'escara  della  cauteriz- 
zazione cadde  poco  a  poco ,  e  ridotta  a  ben  poca  cosa  1'  uscita 
delle  materie  fecali ,  l' infermo  lascia  1'  Ospedale  il  giorno  11 
febbrajo  1867. 

Constderazicmi.  Esame  dell'  atto  operativo. 

L'infermo  era  stato  posto  in  letto  alla  mia  pre- 
senza alle  ore  sette  antimeridiane,  pochi  minuti  dopo  era 
di  già  operato,  non  si  perdette,  non  si  dovea  perdere  un 
sol  momento ,  ve  ne  era  estrema  necessità.  Sfiancata  la 
colonna  inferiore,  compresso  il  tumore,  esso  diminuì  di 
un  terzo,  rimase  nel  sacco  Tomento.  Calcolai  che  la  di- 
minuzione del  tumore  fosse  dovuta  all'  introduzione  del- 
l' intestino  fuorescito,  non  mi  ingannai;  pensai  che  sfian- 
cata la  colonna  sarebbe  cessata  la  strozzatura,  mi  apposi 
al  vero ,  difatti  cessò  subito  il  vomito  di  materie  fecali , 
e  poco  dopo  il  singhiozzo  ;  si  rialzarono  i  polsi  e  le  forze 
dell*  infermo,  quantunque  l' alvo  rimanesse  ancora  chiuso: 


103 

ma  l'intestino  ridotto  nel  mattinò,  era  di  nuovo  fuori 
escito  nel  pomeriggio  dello  stesso  di;  temendo  novella 
strozzatura,  e  ne  aveva  ben  d'onde,  ruppi  la  colonna  in- 
feriore dell'arcata  crurale  che  avevo^di  già  sfiancata 
nel  mattino ,  ciò  esigeva  prudenza ,  come  dimostrerò  fra 
poco. 

Lasciai  nel  sacco  l'  omento.  Non  praticai  alcuna  ma- 
novra a  farlo  rientrare,  avrei  potuto  colla  punta  del  pol- 
lice retro  spingerlo  nella  cavità  addominale ,  ma  a  dire 
il  vero  non  me  ne  venne  pure  la  tentazione,  volli  a  po- 
sta lasciarlo  colà ,  mi  èra  giustamente  imposto  il  pre- 
cetto di  non  fare  che  la  minima  compressione  sul  tu- 
more, questa  era  l'ancora  della  possibile  guarigione,  le 
manovre  per  introdurre  l'omento  avrebbero  potuto  viep- 
più comprimere  l' intestino  già  cotanto  compresso ,  per 
esse  avrei  potuto  lacerare  o  togliere  tutt'aflFatto  le  ade- 
renze già  compiute  o  presso  a  compiersi ,  e  cagionare  il 
crepaccio  dell'  intestino,  ed  il  travasamento  delle  materie 
fecali  nella  cavità  addominale;  era  fisso  nella  mia  mente 
ed  a  ragione,  che  erano  inevitabili  gangrena  dell'intestino 
ed  ascesso  stercoraceo,  lasciai  perciò  fuori  l' omento,  non 
feci  alcun  tentativo  di  riduzione.  Cosi  facendo  operai  sa- 
viamente. 

Forse  per  l' imminenza  della  gangrena,  per  l'inevita- 
bilità dell'ascesso  stercoraceo,  non  avrei  neppure  dovuto 
fare  la  compressione  o  la  taxis  per  ridurre  l' intestino 
nel  mattino  del  29  ottobre,  e  certa  cosa  è  che  si  può 
porre  il  quesito,  se  in  casi  simili  non  sia  giusto  consiglio 
operare  solamente  \o  «fiancamento  o  la  rottura  della  co- 
lonna inferiore  dell'arcata  crurale,  o  del  legamento  del 
Gimbernat ,  o  della  lamina  cribrosa ,  di  tutte  le  parti 
costringenti  in  una  sola  parola,  e  non  fare  assolutamente 
alcuna  compressione  nell'intestino,  il  quale  si  può  rom- 
pere, 0  se  anehe  si  riduca,  è,  là  per  uscire  di  nuovo  come 
lo  prova  il  caso  nostro. 


104 

Si  dovevano  incidere  la  cute  e  la  lamina  superficiale 

contuse  per  F  ugnata. 

Ogni  qnal  yojta  che  la  cute  e  le  parti  sottocutanea 
restarono  per  la  sfiancazione  o  rottura  dei  cingoli  costrit- 
tori compresse  e  contuse,  sempre  usai,  dalla  prima  epoca 
che  adoperai  tale  metodo ,  incidere  largamente  la  cute  e 
,la  lamina  superficiale.  Nel  mattino  del  29  ottobre,  sic- 
come dopo  lo  sfiancamento  della  colonna  inferiore  la  cute 
non  riteneva  traccie  visibili  d' ammaccamento,  io  non  la 
incìsi  ;  nel  pomeriggio  avendo  rotta  la  colonna  coirindic^ 
rivolto  ad  uncino,  e  perciò  la  cute  e  le  parti  sottoposte 
non  avendo  riportato  grave  offesa  sensibile  ad  occhio  nudo, 
anche  questa  volta  tralasciai  di  inciderle.  Fu  questo  Ter- 
rore ed  ommissione  più  grave  che  io  abbia  commesso 
nella  cura  del  Restelli,  e  ciò  per  le  seguenti  ragioni:  è 
ben  vero  che  V  ugnata  non  era  stata  molto  forte ,  ma 
siccome  io  sapevo  ed  ero  presso  che  certo,  che  erano  ine- 
vitabili la  gangrena  dell*  intestino  e  V  ascesso  stercorario^ 
cosi  doveva  subito  dopo  lo  sfiancamento  fare  T  incisione 
suddetta  per  prevenire  la  gangrena  della  cute  e  parti 
sottocutanee,  e  contenere  entro  limiti  circoscritti  il  pros- 
simo ascesso  stercoraceo.  Né  solo  doveansi  incidere  le  dette 
parti,  ma  praticata  1*  incisione  delle  medesime,  io  dovea 
cauterizzare  col  cilindro  d*  azotato  d*  argento  le  parti 
incise ,  e  specialmente  i  loro  margini ,  e  cosi  si  sarebbe 
contenuto  fra  più  stretti  limiti  T  ascesso*  Si  lieve  cosa 
è  incidere  la  cute  e  le  partì  sottoposte  ammaccate  ed 
ammortite,  si  grandi  gli  avantaggi  che  ne  derivano,  che 
il  chirurgo  deve  assolutamente  inciderle  dopo  lo  sfian- 
camento. .V 

Tarda  apertura  delV  ascesso  stercoraceo. 

Nel  mattino  1  novembre   esplorando  e  maneggiando 
il  tumore,  sentii  scivolare   T intestino   ernioso   entro  la 


105 

cavità  addominale,  percossa  quindi  la  residua  parte  del 
tumore  sentii  liquido  fluttuante  entro  di  esso.  Che  djvea 
fare  ?  Incidere  all'istante  l'ascesso;  ne  diflFerii  l'apertura 
sino  al  mattino  del  3  novembre ,  e  1'  ascesso  stercorario 
si  diffuse,  le  materie  fecali  ulcerarono  probabilmente  il  sacco 
peritoneale,  e  si  infiltrarono  sotto  la  lamina  superficiale. 
Le  incisioni  che  io  feci  di  poi  sotto-crurali  superiore  ed 
inferiore,  la  contro-crurale,  ia  crurale  longitudinale,  più 
non  furono  sufficienti  che  a  salvare  la  cute  dall'immi- 
nente gangrena,  e  la  cute  a  vero  dire  fu  salva  per  in- 
tiero, ma  fatte  nel  novembre,  avrebbero  impedita  la  dif- 
fusione dell'  ascesso. 

Ascesso  nel  sacco  peritoneale  consecutivo  alla  stroz'- 
zatiira,  lento  se  prodotto  da  gangrena  dell' omento, 
velocemente  diffusivo  se  stercorario. 

Nei  casi  di  ernia  crurale  in  cui  la  strozzatura  era 
durata  molti  giorni ,  alcuni  giorni  dopo  1'  atto  operativo 
vidi  sorgere  ascesso  dentro  il  sacco  peritoneale.  Que- 
st'  ascesso  talvolta  è  prodotto  dalla  sola  gangrena  del- 
l' omento .  talvolta  non  solo  è  prodotto  da  questa ,  ma 
specialmente  dalla  gangrena  dell'  intestino  e  consecutivo 
travasamento  dentro  il  sacco  delle  materie  fecali.  So  non 
vi  è  che  gangrena  dell'omento,  l'ascesso  procede  lenta- 
mente, neir  altro  caso  1'  ascesso  èssendo  stercorario  cre- 
sce rapidamente ,  ed  ulcerato  il  sacco  si  diffonde  còlla 
massima  rapidità. 

U  omento  fuor  escito  non  si  deve  toccare. 

Non  toccai  nò  punto  né  poco  1'  omento  quando  fé  ca- 
polino dall'  incisione,  il  reciderlo  o  tirarlo  fuori  forzata- 
mente sono  gravi  errori ,  io  il  lascio  sempre  cadere  da 
sé,  e  quando  é  compiutamente  isolato^  e  là  sta  corpo 
mofto,  lo  tiro  fuori  perchè  cadavere. 


106 

Non  si  deve  arrestare   la  diarrea  consecutiva 
air  incarceramento  ed  alla  paralisi  intestinale. 

Non  feci  nulla  per  arrestare  la  diarrea,  che  sorse  e 
durò  alcuni  giorni  dopo  V  atto  operativo.  Io  avea  pre- 
scritto gialappa  per  clistere,  ed  un  pò  di  gialappà  per 
bocca  dopo  l'operazione.  Le  materie  fecali  si  accumularono 
negli  intestini  durante  le  94  ore  di  incarceramento ,  e 
dopo  r  atto  operativo  finché  ne  durò  la  paralisi  ;  inoltre 
parte  delle  materie  fecali  si  è  assorbita  durante  i  periodi 
dello  strozzamento  e  della  paralisi. 

Per  la  strozzatura  si  produsse  gravissima  congestione 
nell'intestino  strozzato,  e  nella  porzione  d'intestino  su- 
periore ed  inferiore,  prossima  alla  strozzatura,  aggiungi  i 
principii  deleterii  sviluppati  ed  assorbiti  pei*  la  gangrena 
e  vedrai  la  diarrea  essere  il  mezzo  impiegato  da  natura 
per  eliminare  e  togliere  tutti  questi  malori. 

Finché  i  polsi  furono  bassi,  lievi  le  forze  e  non  com- 
parve viva  febbre ,  diedi  vino  a  rincorare  l' infermo.  Il 
pòco  vitto  subito  dòpo  1'  atto  operativo  lasciai  a  di  lai 
scelta. 

Prima  della  ridwzione  V  intestino  ernioso  non  conte- 
neva  gas  ;  questi  discendendo  nelV  intestino  ridotto, 
lo  spinsero  di  nuovo  nel  sacco  peritoneale. 

L*  ansa  intestinale  erniosa  non  conteneva  nel  suo  cavo 
né  gas ,  né  materie  fecali ,  io  non  sentii  né  gorgoglio  di 
aria  e  di  liquidi  quando  operai  la  riduzione  ;  quando  gas 
e  materie  fecali  stanno  nell'  intestino  fuorescito ,  l' ernia 
è  eminentemente  elastica  e  respinge  vigorosa  i  tentativi 
di  riduzione  ;  in  questi  casi  se  si  ottiene  la  riduzione,  il 
fenomeno  che  la  precede  o  la  accompagna  è  il  gorgoglio 
dei  gaz  e  materie  liquide  che  dall'  intestino  ernioso  pas- 
sano nel  resto  degli  intestini,  situati  nella  caviti  del  ven- 
tre: nel  caso  nostro  questo  gorgoglio  e  suono,  che  aem- 


107 

pre  è  distintissimo  quando  ha  luogo,  non  si  senti  nò 
punto ,  né  poco ,  onde  è  d*  uopo  arguire  che  Y  intestino 
facente  ernia  non  conteneva  né  gaz,  né  materie  fecali. 

Appéna  ridotto  Tintestino,  probabilmente  subito  esci  di 
nuovo;  alle  ore  tre  pomeridiane  del  giorno  in  cui  si  compi 
Fatto  operativo,  l'intestino  era  di  nuovo  nel  sacco,  e  quivi 
stette  di  continuo  finché  sovravvenne  la  diarrea.  I  gas 
che  si  accumularono  nella  porzione  intestinale  situata  al 
di  sopra  della  strozzatura ,  tolta  questa ,  .discendono  nel 
tratto  di  intestino  ernioso,  e  fuori  lo  spingono  di  nuovo, 
e  quivi  restano  finché  dura  la  paralisi  ;  quando  questa 
cessa,  ed  ha  luogo  la  diarrea,  in  allora  Tintestino  rientra 
stabilmente  nella  cavità  addominale. 

La  porzione  intestinale  erniosa  era  prossima  al  cieco. 

L'esperienza  ci  insegna  che  la  porzione  dell' intestino 
tenue  prossima  al  cieco  é  quella  che  si  fa  comunemente 
erniosa  ;  nel  nostro  caso  ciò  pure  é  comprovato  dalla 
consistenza  delle  materie  fecali  uscenti  dall'ano  contro 
natura  prossimo  a  cicatrizzarsi,  poiché  è  solamente  nel- 
r  ultimo  tratto  di  intestino  tenue  che  le  materie  fecali 
si  fanno  consistenti  e  sode. 

Restringimento  delP  intestino  in  corrispondenza  della 
cicatrice  ;  dilatazione  dello  stesso  al  disopra  della 
cicatrice,  e  restringimento  delV  intestino  inferiore' 
mente  alla  cicatrice.  Sforzi  della  natura  a  ri" 
durre  le  diverse  porzioni  delVintestino  al  naturale 
loro  diametro  e  stato. 

Rientrato  l' intestino  ernioso,  essendo  desso  glutinoso, 
si  appiccicò  alle  pareti  addominali  e  con  queste  si  cica- 
trizzò, e  potè  in  questo  modo  conservare  la  continuità 
del  suo  cavo,  ma  la  cicatrizzazione  [non  può  compiersi 
che  con  ristringimento  della  parte  in   cui  si  effettua,  e 


108 

cosi. alla  diminuzione  dd  diametro  dell* intestino  dovuto 
air  escara  ed  alla  gangrena ,  si  deve  aggiungere  pure 
quella  occasionata  dalla  cicatrice  :  che  tale  restringimento 
abbia  avuto  luogo  nel  caso  di  cui  trattiamo ,  resta  pro- 
vato dalla  dilatazione  che  sub!  V  intestino  tenue  al  di 
sopra  della  strozzatura  o  cicatrice.  La  seconda  volta  che 
r  infermo  venne  air  ospedale^  ponendo  la  mano  al  di  so- 
pra della  porzione  orizzontale  dell'  osso  iliaco  e  facendo 
quello  tossire ,  sentimmo  V  intestino  tenue  enormemente 
dilatato,^  aderente  per  grande  area  alle  pareti  addominali, 
lo  sentimmo  pure  bene  superficiale^  diremmo  quasi,  sot- 
tocutaneo. 

È  probabile  che  V  intestino  non  solo  si  sia  dilatato , 
ma  che  pur  anco  inspessate  si  sieno  le  di  lui  pareti.  La 
porziorle  ali*  opposto  dell'  intestino  situata  al  disotto  della 
strozzatura  e  della  cicatrice  dovette  restringersi  ed  in 
parte  atrofizzarsi  perchè  cessò  per  alcun  tempo  di  essere 
percorsa  dalle  materie  fecali  ;  dovettero  pure  alquanto 
restringersi  perciò  anche  il  cieco  e  gli  intestini  crassi. 
Ma  queste  mutazioni  non  j)ossono  essere  perenni ,  resti- 
tuito e  normalizzato  il  corso  delle  materie  fecali,  il  tratto 
intestinale  che  si  cicatrizzò  colle  pareti  addominali  tende 
poco  a  poco  ad  acquistare  J'  antico  naturale  suo  diame- 
tro ,  e  ciò  succedendo ,  la  porzione  di  intestino  che  si 
sfiancò  e  dilatò  torna  poco  a  poco  a  restringersi ,  e  le 
porzioni  di  intestino  situate  al  di  sotto  della  cióatrice 
che  si  restrinsero,  vengono  nuovamente  a  dilatarsi  alla 
giusta  misura;  è  natura  che  aspira  alla  restaurazione,  e 
la  compie. 

Posando  la  mano  sulla  porzione  orizzontale  dell'  osso 
iliaco,  più  non  sentii  traccia  della  colonna  inferiore  del- 
l'arcata crurale.  '    . 

Breccia  intestinale  piuttosto  larga. 
V      Non  si  può  precisare  quanta  sia.  stato  estesa  la  por^ 


109 

zione  di  intestino  che  si  gangrenò,  e  cadde  ridotta  in 
escara,  né  quanto  larga  fòsse,  la  breccia  prodotta  dalla 
caduta  dell'escara;  introducendo  l'indice  dentro  l'ascesso 
stercoraceo  ,  si  sarebbe  potuto  esplorare  la  breccia  del- 
l'intestino,  ma  ciò  facendo  avrei  soddisfatto  a  curiosità 
scientifica  forse  con  danno  dell'  inffermo,  e  perciò  non  volli 
fare  l'esplorazione;  le  materie  fecali  sortirono  per  in- 
tiero per  molti  giorni  dalla  breccia  ed  ano  contro  natura, 
ninna  porzione  di  esse  più  passando  per  V  ano  naturale , 
e  perciò  non  ristretta  essere  dovette  la  breccia  dell'  in- 
testino 

Probabilmente  il  lato  che  si  gangrenò ,  e  le  porzioni 
di  intestino  che  si  aderirono  alla  parete  del  ventre,  for- 
mavano il  lato  nell'intestino  opposto  al  mesenterio.  Pro- 
babilmente la  gangrena  non  attaccò  V  intestino  in^  tra- 
verso, se  ciò  avesse  avuto  luogo  era  inevitabile  là  cica- 
trice ad  angolo  sagliente  dei  due  tronchi  intestinali,  e 
perenne  od  almeno  inguaribile  da  sé  l'ano  contro  na- 
tura. 

Per  la  dispiegatura  dell'  ansa  intestinale 
si  cicatrizzò  V  intestino  e  l'ano  contro  natura. 

Quando  l'ansa  intestinale  é  stabilmente  rientrata 
nella  sua  sede  naturale,  la  cavità  dell'addome,  essa,  direi 
tK)si,  non  ha  più  ragione  di  conservare  la  sua  ripiegatura, 
la  si  allunga ,  la  si  distende ,  la  si  dispiega ,  e  distesa  e 
dispiegata  si  appiccica  alle  pareti  addominali  e  quivi  ade- 
risce. Nel  caso  nostro  noi  abbiamo  una  prova  dell'avve- 
nuta e  completa  dispiegatura  dell'  intestino  nella  relati- 
vamente celere  cicatrizzazione  della  breccia  intestinale  e 
guarigione  dell'  ano  contro  natura  ;  se  l' intestino  piegato 
ad  ansa  nel  sacco  erniario  avesse  Conservato  la  sua  ri- 
piegatura  nella  cavità  addominale ,  1'  ano  contro  natura 
sarebbe  stato  perenne,  in  allora  i  due  tubi  dell'  ansa  in- 


110 

testinale  aceollatti  od  appiccicati^  le  materie  fecali  ascenti 
dal  tronco  superiore  noa  avrebbero  potuto  essere  rice- 
vute dal  tronco  inferiore,  i  due  estremi  dei  troacU 
intestinali  si  sarebbero  cicatrizzati  ad  angolo  saliente 
{sperone)  e  perenne  sarebbe  stato  il  flusso  delle  mate- 
rie fecali  dal  tronco  superiore  mentre  rin£driore  non  ne 
avrebbe  né  punto  né  poco  ricevuto.  Certo  che  Tintestino 
ernioso  doveva  gaiigrenarsi ,  io  rivolsi  tutti  i  miei  pen- 
sieri ad  ottenere  la  completa  dispiegatura  dell*  intesti- 
no, perciò  quando  nel  pomeriggio  del  29  ottobre  io  ri- 
trovai di  nuovo  r  intestino  nel  sacco  erniario,  non  esitai 
a  rompere  coli*  indice  la  colonna  inferiore  dell'  arcata 
crurale:  era  duopo  togliere  ogni  ostacolo  alla  rientratura 
deir  intestino ,  esso  non  solo  dovea  rientrare,  ma  dovea 
pur  anco  dispiegarsi ,  tutto  si  dovea  operare  a  'che  ces- 
sasse la  ripiegatura  deir intestino;  se  questa  si  fosse  con* 
servata,  se  V  ansa  soggiornando  più  oltre  nel  sacco  avesse 
fra  le  due  parti  che  la  compongono  contratta  perma- 
nente adesione,  era  inevitabile  lo  sperone^  ed  il  perenne 
versarsi  delle  materie  fecali  dalla  regione  crurale,  im- 
menso danno  che  si  scongiurò. 

IX.. 
Tibia  morta.  Tibia  riprodotta. 

Ascesso  sottoperiosteo  ossia  necrosi  della  tibia  sinistra*  P«- 
riostio  non  ancora  ingrossato,  in  alcune  parti  staccato,  in 
altre  aderente  all'osso  morente.  Incisioni  ciftaneo-periostee 
a  salvare  il  periostio  dalla  gangrena*  Non  voluta  ad  arte 
eseguire  estrazione  sottoperiostea  della  tibia  morta*  Rispet" 
tate  ad  arte  le  aderenze  del  periostio  all'osso  morente  con^ 
siderato  quale  modello  dell'osso  a  sorgere. 

Regolare  e  pronta  riproduzione  della  tibia  nuova  invaginante 
l'antica.  Differita  estrazione  del  sequestro. 

Poggi  Andrea,  d'anni  13,  servo  di  campagna,  da  Rebbio, 


Ili 

proveniente  idem,  entrato  il  27  luglio  ed  escito  il.  5  novembre 

1866. 

È  ragazzino  ^  pelle  bruna,  a  capelli  neri^  ad  occhi  nerìs- 
simi,  vivo,  magro,  che  al  suo  dire  ha  la  gamba  sinistra  ii\fer- 
ma  solo  da  alcuni  giorni»  Sulla  superficie  dorsale  della  tibia 
sinistra  alla  metà  della  di  lei  altezza  e  presso  al  di  lei  mar- 
gine posteriore  od  interno  sta  ulcere  o  foro  rotondo  del  dia- 
metro circa  di  nove  a  dieci  millimetri.  Compressi  coirindice  le 
vicinanze  del  foro  in  alto  ed  in  basso,  e  sentii  il  periostio  di- 
staccato dall'  osso.  Nel  giorno  6  agosto  introdotta  la  punta  di 
catetere  di  gomma  elastica  dentro  al  foro  penetrò  ben  adden- 
tro sotto  il  periostio  in  su  ed  in  giù.  Avvi  adunque  ascesso 
aottoperiosteo-  ossia  necrosi  della  tibia;  la  cute  ed  il  periostio 
s\h  tutta  la  superficie  anteriore  della  tibia  morta  nulla  presen- 
tano di  anormale ,  il  periostio  non  è  punto  ancora  inspessito , 
solo  tasteggiando  periostio  e  superficie  dorsale  della  tibia  quello 
sentesi  distaccato  da  questa.  L'esplorazione  eseguita  in  questo  di 
confermò  la  diagnosi  che  avevo  fatto  mentalmente  dal  primo 
momento  che  avevo  visitato  l'infermo.  È  necrosi  della  tibia  che 
si  estende  dall'una  all'altra  estremità  di  lei,  eccettuate  l'una  e 
l'altra  vòlta  articolari. 

Che  deve  fare  l'arte?  ciò  che  fa  natura.  Abbiamo  una  tibia 
morta,  ecco  il  primo  primissimo  stadio  dèlia  malattia;  morta 
la  tibia  primitiva,  che  nacque  contemporanea  nell'utero  alle  al- 
tre ossa,  deve  sorgere  una  tibia  di  novella  o  di  seconda  forma- 
zione. La  morte  della  tibia  di  prima  formazione  è  I' enuncia- 
zione del  problema,  il  sorgere  della  tibia  di  seconda  formazione 
è  la  risoluzione  disilo  stesso  ,  sono  due  fattori  di  un  fenomeno 
che  data  l'esistenza  del  primo  deve  avere  ed  ha  luogo  l'esi- 
stenza del  secondo.  La  natura  tutto  ha  preparato  in  questi  casi 
meravigliosi,  pochissimo  rimane  a  fare  agl'arte,  e  questo  poco 
lo  si  esprime  coi  dettati  più  antichi  djella  scienza.  È  un  ascesso 
profondo,  e  per  parlare  un  linguaggio  meno  incompleto,  è  un 
ascesso  sottoperiosteo  della  tibia  che  abbiamo  a  curare,  e  l'arte 
conduce  e  governa  gli  ascessi  collo  opportune  incisioni  (1).  Non 


(i)  Vedi  Operazioni  sottoperiostee  e  $ottoeaisulari,  del  dott.  *   : 


112 

soffrii  neppure  la  tentazione  di  fare  l'estrazione  sottoperiostea. 
Negli  anni  addietro  1847  e  1854  io  feci  l'estrazione  sottope- 
riostea della  tìbia  e  del  perone,  ma  quelle  ossa  ehe  io  estrassi 
non  erano  ossa  primitive,  ma  bensì  ossa  di  seconda  formazione 
cresciute  ad  enorme  volume  e  peso ,  perchè  lasciato  senza  go- 
verno l'adcesso  sottoperiosteo  contemporaneo  alla  loro  riprodu- 
zione. L'  arte  deve  procurare  il  colo  facile  alle  marcie ,  impe- 
dirne l'assorbimento,  ecc.,  deve  puranco  procurare  che  si  con- 
servi tutto  il  periòstio,  che  non  se  ne  perda,  non  se  ne  gan- 
greni  la  roinimat  parte,  perchè  desso  è  l'organo  produttore  del- 
l'osso che  deve  sorgere;  ciò  si  ottiene  per  mezzo  delle  incisioni 
fatte  secondo  le  regole  per  la  cura  degli  ascessi. 

In  quest'  istesso  giorno  6  agosto  palpai  il  margine  interno 
della  tibia,  al  di  sopra  ed  al  di  sotto  del  seno  e  foro  mediano 
cutaneo-periosteo  ;  là  dove  sentii  i  tessuti  incavarsi  aliic  com- 
pressione,  qui  dove  puranco  la  cute  era  un  pò  cerulea,  feci  in- 
cisioni, una  superiore  al  di  sotto  della  tuberosità  interna  della 
tibia,  r  altra  inferiore  al  di  sopra  del  malleolo  interno ,  ambo 
cutaneo-périostee  e  penetranti  cosi  sino  alla  cavità  rinchiudente 
l'osso  morto.  Consigliai  all'infermo  di  sorgere  dal  letto  e  passeg- 
giare ogni  dì ,  feci  dare  (ilio  stesso  le  stampelle  e  prescrissi  in 
continuazione  l'olio  di  merluzzo. 

Verso  la  metà  di  agosto  ponendo  la  punta  dell'indice  den- 
tro al  seno  mediano,  sentivo  già  le  parti  periferiche  dello  stesso 
indurarsi,  ed  essere  al  tatto  cartilaginee. 

Eravamo  al  10  di  settembre,  e  già  la  tibia  di  seconda  for- 
mazione era  "bellamente  disegnata  e  conformata ,  la  punta  del- 
l'indire che  io  ponevo  dentro  al  seno  medio  toccava  campo  di 
consistenza  più  che  cartilaginea ,  la  serie  delie  dita  che  ten- 
gono dietro  al  pollice ,  fatta  scorrere  sul  margine  anteriore  o 
cresta  del  novello  osso  sentiva  indurarsi  il  medesimo,  la  tibia 
nuova  tutt'  all'  ingiro  cresceva  ingrossata  direi  a  vista,  quando 
nel  15  settembre  trovo  l'infermo  con  febbre  leggera,  la  di  lui 
gamba  è  un  pò  calda,  le  mani  ardenti,  eravi  ascesso  retro  ed 


Larghi.   «  Giornale   della    Reale    Accademia  di  medicina  e  chi- 

:   :    rurgia  di  Torino  *,  1856. 
•  *   " 


113 

infra-malieolare  interno,  feci  subito  lunga  incisione.  Osservai 
bene  la  gamba  inferiormente,  e  presi  fra  le  dita  la  novella  ti- 
bia sinistra  in  corrispondenza  e  sopra  dei  malleoli,  era  dessa  il 
doppio  della  tibia  destra. 

Nel  corso  del  resto  di  settembre  si  formò  superiormente  y 
ma  ancora  in  contiguità  del  seno  mediano,  altro  seno. 
'  Siamo  al  fine  di  settembre,  la  tibia  di  novella  formazione  è 
tutt'affatto  completata.  Appena  al  di  sotto  del  seno  mediano  avvi 
punto  livido  in  cui  i  tessuti  sono  distaccati,  faccio  quivi  inci- 
sione jcutaneo-periostea  lunga  circa  millimetri  quindici ,  a  con- 
servare il  periostio,  e  così  abbiamo  tre  seni  presso  al  mezzo  del 
margine  interno  della  tibia,  gli  uni  agli  altri  contigui,  formanti 
una  sola  ulcera  od  apertura. 

La  tibia  di  novella  formazione ,  già  completata  ai  primi  di 
ottobre,  più  non  crebbe,  più  non  si  ingrossò. 

Ogni  giorno  lavai  la  tibia  morta  e  la  tibia  novella  facendo 
cadere  per  i  seni  delle  estremità,  e  pel  seno  del  centro,  acqua 
semplice  in  prima,  e  poi  poca  soluzione  di  1  a  100  d'azotato 
d'argento;  ogni  giorno  tappai  i  fori  o  Reni  oon  filacciche,  tal- 
volta esploravo  e  percuotevo  colla  punta  di  pinza  ad  anelli  la 
superficie  anteriore  o  dorsale  dell'antica  tibia  morta  e  cosi  con- 
tinuai finché  l'infermo  rimase  all'Ospedale. 

Arrivammo  al  16  di  ottobre,  e  la  novella  tibia  guardavo  e 
palpavo  con  compiacenza,  pur  pensando  che  dessa  cominciava  già 
a  restringersi  su  sé  stessa,  scorrevo  colle  dita  sui  di  lei  margini 
ben  conformati  anteriore  e  posteriore,  quando  uno  degli  infer- 
mieri,  il  Roncarolo,  esclamò^  la  gamba  e  T  osso  sono  impiccio- 
liti di  già  ;  esso  avea  completami^nte  ragione,  era  già  bene  av- 
viato il  periodo  di  coartazione  o  di  consolidazione  della  tibia 
novèlla. 

Nel  giorno  5  novembre  l' infermo  volle  uscire,  ed  ecco  le 
misure  della  tibia  sinistra  novella  e  quelle  dell'antica  tibia 
destra  : 


Annali.  Voi.   CCI.  8  •  i' 


IH 

Tibia 
sinistra  o  di  seconda  destra  o  primitiva, 

formazione. 

Diametri  trasversali. 
Medii. 

Centimetri        Millimetri  Centimetri  Millimetri 

7  00  3  00 

Infracondiloidei. 
6  00  3  00 

Sovràmalleolari. 
6  00  4  00 

Considerazioni. 

Fu  questa  la  prima  volta  che  io  assistetti  ai  primi 
istanti  del  nascere  di  una  novella  tibia;  molte  volte 
avea  governato  infermi  in  cui  la  novella  tibia  era  di  già 
cresciuta  rigogliosa  intorno  all'antica  morta ,  solo  in 
questo  caso  mi  fu  dato  di  osservare  V  infermo  nei  primi 
giorni  nei  quali  la  tibia  antica  stava  direi  morendo ,  il 
periostio  era  in  parte  già  -staccato,  e  si  andava  successi- 
vamente distaccando  nelle  altre  regioni  dell'  osso.  Il  piano 
semplicissimo  di  cura  concepii  dal^  primo  istante,  ne  com- 
binai, nella  mia  mente  i  diversi  particolari  nelle  notti 
successive.  Non  si  poteva  eseguire  metodo  di  cura  più 
semplice.  Se  fossero  stati  a  mia  disposizione  bagni  di 
acqu  1  corrente,  quelli  ayreì  dato  all'  infermo,  che  al  certo 
migliore  refrigerio  ed  adjutorlo  di  essi  non  è  possibile 
né  dare,  né  immaginare  in  questi  casi. 

Io  non  feci  a  bella  posta  che  pochissime  esplorazioni; 
nei  primi  giorni  d' entrata  dell'  infermo,  toccavo  la  gamba 
sovra  e  sotto  il  seno  medio,  sentivo  il  periostio  distaccato 
e  teso,  ecco ,  io  diceva  fra  di  me,  necrosi  della  tibia ,  il 
periostio  che  è  distaccato  sulla  superficie  anteriore  della 
^  tibia,  sarà  egli  distaccato,  sarà  egli  aderente  nelle  altre 


•  e  •     • 


115 

regioni  dell'  osso  ?  Il  distacco  del  periostio  avrà  egli  luogo 
solo  intorno  al  seno  medio ,  o  si  estenderà  all'  insù  sino 
alla  calotta  articolare  verso  il  femore,  ed  all'  ingiù  sino 
alla  calotta  articolare  verso  l' astragalo  ? 

Tali  erano  i  pensieri  che  volgevo  nella  mente  nelle 
prime  notti  dopo  l' entrata  dell'  infermo  all'  Ospedale. 
Pensavo  fra  di  me ,  il  corpo  della  tibia  ha  punto  pecu- 
liare e  proprio  di  ossificazione,  quando  si  forma  nella 
vita  uterina:  nella  morte  ha  luogo  ta  stessa  legge  e  suc- 
cessione, dunque  probabilmente  la  necrosi  si  estenderà  sino 
presso  le  ultime  estremità  arliicolari  della  tibia  antica: 
ma  a  questi  pensieri  succedevano  le  riflessioni  seguenti* 
Devo  io  distaccare  il  periostio  da  quelle  parti  dell'  osso 
antico  in  ,cui  non  ò  ancora  distaccato  1  Stétti  dubbioso 
un  istante ,  e  mi  decisi  fermamente  di  non  distaccare 
punto  il  periostio,  e  di  lasciare  cosi  ^intieramente  il  ma- 
gistero deir  osso  novello  alle  leggi  della  natura.  La  ti- 
bia morta  (  e  nel  caso  nostro  la  tibia  è  morta,  o  sta  per 
morire  tutt'  all'  ingiro,  in  su  ed  in  giù  ),  deve  servire  di 
madre  forma,  su  cui  si  deve  modellare  la  tibia  novella. 
Io  adunque  non  devo,  distaccare  punto  tibia  morta  da 
tibia  sorgente ,  ossia  dal  periostio.  Se  lascio  intatte  le 
aderenze  della  tibia  morta  col  periostio,  la  tibia  novella 
crescerà  regolare  e  perfetta  sul  modello  dell'  antica  ;  le 
aderenze  adunque  che  vi  sono  ancora  io  devo  rispettare, 
e  le  aderenze  rispettai. 

L'arte  deve  procurare  che  la  tibia  novella  nqn  solo 
cresca,  ma  che  cresca  bella,  rigogliosa  e  regolare,  il  che 
avrà  luogo,  se  non  si  distaccherà  il  periostio.  È  un  ascesso 
sotto  periosteo,  giova  il  ripeterlo,  che  l' arte  deve  curare 
e  governare,  e  quelle  regole  che  1'  arte  conosce  ab  anti- 
quo per  la  cura  degli  ascessi  profondi ,  per  là  cura  dei 
paterecci ,  sono  le  necessarie  all'  uopo.  Appena  appena 
una  parte  di  cute  minacci  gangrena ,  io  prontamente 
cute  e   periostio   inciderò,,  onde  .non   si   gangreni   nes- 


V^i 


V       N 


i..^vr#  d^Ua  novella  riproda- 

^  .^.     M  K>  praticai   prontissima*- 

..  w    i  ;)i;^no,  al   centro  ed  alle 

.  v«.>.u  tutto  il  periostio  del  cen«- 

^    .».  ocicjow  L* ascesso  sotto  periosteo 

.vaa   t);»tremità   di  lui  fu   dùnque 

^.lOK^.Oi  *ilvo  fu  tutto  il  periostio,  e 

.v.v<^r^  deir  osso  novello.  Io  ottenni 

. ,  ,1^  >>  5^  v^iC^anì  regolarissima  ;  se  io  avessi 

vv.vNjsH^v^  ^<*Uo  air  ingiro   dell'osso  morto, 

, v>s  v.%s>  SfcWvV<.H)ia   intorno  air  osso   morto  ,  e 

V   *N\i  Àxsfi^tv  succeduti  guaj,  sarebbe  cresciuta 

*x\i  wiK^  tibia  regolare  modulata  suir  antica, 

^va%^  vNv^Wk  orribile  a  vedersi:  se  pronto  non 

V  Nvw^ky  lucìsHÙoni,  si  sarebbe  formata  una  enor- 

^  ,v\  ;aWviHK^  alla  vecchia  tibia,  come  accade  nelle 

j^^^,^^  ^jj^  i»At^feccio ,  e   r  ossificazione   non  solo 

*  "!  ^vl  vMWxotuv  i  *  wole  enorme ,  ma  molte  porzioni  di 

""^  Iv^vAsMv^^ÌHKV  V^^r#  cadute  gangrenate:   ogni  guajo 

r  A\»vsit\^v  g\*^^*Wvammo  le  aderenze   del   periostio 

'^r    '      4  v<^i^^  i^^'U  »  facemmo  le  necessarie   incisioni , 

V  J^  \'^^****^v^  <^^^  ^  *^^**''  ^  naturali  rapporti  di  contatto 

r    vW  ui.vixtvw  ^  \'  cwo  sorgente,  e  la  novella  ossifica- 

avv;4x^  »uwt  xvv*^|v«»^Hto^*^"^^°*®  regolare;  noi  secondam- 

ùùv  U  uA^ur<i  ^'^^^^^  *f^"^  '  ®*  ®^^^  bellamente  ci  cor- 

*  Hi^'ivlv^  V  l^fc^^^^^  chiese  di  uscire,  stetti  un  istante 
^v'iv^xv^  ^^  v^^^^^^^  *^  ^'  ^^  accondiscendere  alla  di  lui  do- 
u.  vkUv  yì  vku^»^  ^^Wtt  rturò  che  un  istante ,  erano  tre 
ui"'  \Ì  ^Kh^^V  ^<v^H\i  ohe  dimorava  all'ospedale,  dissi 
vuiC^s'uv  V^J^^  ^V^^V^  *  i>TmviU.  venne  su  bella  e  rego- 
',,  V  V  *  b^^  ^^v**^<^  ^'  ^*  ^®^  P®^^^^^  consolida- 
M  s  l  V  >Av^mv^  U^^W\to  arte  e  natura  possono  fare  e 
^u..u.wv.  ^^^N'^M^  ^au«ivi«  r  infermo  fra  i  suoi. 


117 
Che  dovifiasi  fare  relativamente  alla  tibia  morta? 

La  tibia  morta,  considerata  siccome  modello  $u  oui  si 
doveva  conformare  la  tibia  novella,  stette  là  a  suo  posto 
a  conformare  la  tibia  di  seconda  formazione.  Ma  que-» 
st*  ultima  intieramente  formata  e  completata,  giunta  dessa 
al  periodo  di  consolidazione  in  cui  comincia  a  restringersi 
su  di  sé  stessa ,  la  tibia  morta  è  completamente  inutile , 
ed  essa  assume  diversa  condizione  o  stato.  Non  ò  più  so-* 
lamente  la  tibia  morta  che  Tarte  ha  sott*occhio,  ma  dessa 
è  isolata  in  c^ni  sua  parte  tutt*  air  ingiro ,  si  ò  distac* 
cata  intieramente  dalla  novella,  essa  è  di  già  enorme- 
mente impicciolita^  è  divenuta  più  breve,  ò  diventata 
meno  grossa  in  ogni  verso,  essa  presentasi  in  quello  stato 
che  tutto  descrive  un  motto  antico  della  scienza,  è  un 
sequestro.  Dal  di  che  sovravvenne  la  morte  alla  tibia,  la 
parte  morta  subì  e  subisce  progressivo  deperimento.  L'arte 
perciò  saggiamente  operò  nel  non  distaccare  la  tibia 
morta  dal  periostio,  natura  ha  compiuto  in  modo  mera- 
viglioso non  solo  il  distacco,  ma  la  consumazione,  la  con- 
sunzione deir  osso  antico  morto,  mentre  provvedeva  alla 
risurrezione  dell'  osso  novello. 

Ecco  cosi  il  perchè  non  volli  nei, primi  giorni  di  lu- 
glio fare  V  estrazione  sotto  periostea  quando  sentivasi 
r  osso  morto  :  ecco  il  perchè  non  volli  fare  V  estrazione 
deir  osso  morto  quando  la  tibia  novella  era  cresciuta  ri- 
gogliosa intorno  air  antica.  La  natura  è  dessa  che  prov- 
vede alla  consunzione  dell'  osso  necrosato ,  è  dessa  che 
procura  nel  modo  il  più  regolare  la  sua  sequestrazione , 
ossia  ne  forma  il  sequestro.  L' arte  dovea  tenere  aperti 
i  seni  che  apri  natura  (seno  medio)  e  quelli  che  fece 
colle  incisioni  cutaneo -periostee ,  poiché  per  essi  la  na- 
tura elimina  la  massima  parte  delle  ossa  morte,  col  pro- 
cesso che  chiamasi  esfogliazione.  La  natura,  pensai  fra 
di  me,  questo  sequestro  (che  è  ora  ben    poca  cosa  se  si 


118 

paragoni  al  volume  della  tibia  nei  primi  giorni  della  sua 
morte)  fr^a  pochi  mési  avrà  ridotto  a  minimi  termini, 
forse  fra  poco  sarà  eliminato  per  intiero,  quando  una 
minima  parte  di  esso,  od  una  parte  anche  grossa  rima- 
nesse ancora  invaginata  neir  osso  di  nuova  formazione  ; 
vi  sono  tre  seni  medii ,  due  seni  alle  estremità ,  ed  un 
seno  presso  al  malleolo  interno  che  penetrano  nel  cavo 
in  cai  sta  rinchiuso  il  sequestro.  Che  devesi  fare  ì  Forse 
un'  incisione  sul  mezzo  della  faccia  dorsale  della  tibia 
novella  che  corra  di  seno  in  seno,  di  ponte  in  ponte,  e 
che  si  estenda  lunga,  o  quasi  lunga,  quanto  il  sequestro  1 
Mai  no.  La  natura  secondata  dalF  arte  crebbe  un  osso 
novello  intorno  airantico,  Tarte  il  deve  rispettare.  Mai  dal 
1842,  epoca  dalla  quale  esercito  la  chirurgia,  io  non  pra- 
ticai incisione  sulle  ossa  lunghe  per  estrarre  i  sequestri. 
Considerai  sempre  grave  errore  il  fare  la  minima  in- 
cisione ,  r  antica  operazione  pel  sequestro  eseguita  per 
mezzo  di  incisioni  o  spaccatura  dell*  osso  nuovo  ridussi 
alla  fragmcntazione  del  sequestro,  sia  nelle  ossa  lunghe, 
sia  nei  casi  di  malattie  delle  ossa  ed  articolazioni  ;  la 
fragmcntazione  dei  sequestri  osseo-articolari  facilitai ,  e 
resi  più  sicura  e  più  pronta  coli'  introduzione  dei  cilin- 
dri d'azotato  d'argento,  e  colla  introduzione  di  soluzione 
dello  stesso  sale  a  diverse  dosi  :  l' incidere  un  osso  nuovo 
per  estrarre  il  sequestro  fu  sempre  errore  che  evitai,  vi 
era  forse  necessità  di  estrarlo  '  intero  ?  I  diver§i  sefni 
osseo-articolari  considerai  sempre  come  le  vie  fcoperte 
operate  da  natura  per  procedere  dentro  le  ossa  ed  arti- 
colazioni per  fragmentarne  i  sequestri,  per  fare  di  essi  la 
litotrizia,  i  quali  fragmentati  e  litotriziati,  l' arte  espelle 
colle  injezioni,  ecc.,  e  la  natura  prontamente  da  sé.  Ora  (1) 
io  non  dubito  che  il  sequestro  dell'  antica  tibia  entro  la 
nuova,  non  sia  cosa  ben  da  poco,  sarà  sequestro  che 
— — — ^■'^—  —1^— — — — »i— M^»- 1     III I  I ■  Il    ■  ■' ' ■  » ■ 

(1)  Maggio  1867. 


119 

romperò  o  con  pinza  o  con  spugne  introdotte  nel  cavo 
dell'osso  nuovo,  e  cosi  sicuramente  ed  in  bel  modo  ottenni 
la  riproduzione  della  tibia  novella,  ed  otterrò  se  non  si  è  di 
già  fatta  per  opera  della  natura,,  l'eliminazione  dell'antico 
sequestro.  Io  feci  molto  bene  a  differire  V  estrazione  del- 
l'osso morto.  Difatti  mentre  l'osso  morto  è  ancora  aderente 
all'osso  sorgente,  ossia  al  periostio,  primo  periodo  della 
sua  morte,  esso  è  ancora  voluminoso  quasi  come  quando 
era  vivo  ;  poco  a  poco  mentre  1'  osso  novello  cresce  ri- 
goglioso, r  antico  osso  morto  si  distacca  del  tutto,  e  poco 
a  poco  si  impicciolisce  e  si  consuma.  Se  si  operasse  V  e- 
strazione  dell'  osso  morto  nella  prima  epoca ,  esso  è  an- 
cora troppo  voluminoso,  e  sarebbe  d'uopo  ricorrere  a 
lunga  incisione  scorrente  su  tutta  quasi  la  superficie  dor- 
sale della  tibia  nuova  ;  quand'  anche  si  potesse  fare  senza 
dell'  incisione  o  spaccatura  dell'  osso  novello,  ed  estrarre 
r  osso  recentemente  morto  dai  seni  naturali  od  artificial- 
mente fatti ,  la  bisogna  sarebbe  sempre  grave ,  perchè 
l'osso  morto  è  ancora  voluminosissimo':  all'opposto  ri- 
tardando l'atto  operativo,  la  tibia  morta  passò  allo  stato 
di  sequestro ,  ed  in  qiiesto  stato  è  diminuita  immensa- 
mente di  volume,  la  tibia  morta  si  è  di  già,  direi  cosi, 
vuotata^  évidée,  di  per  sé  stessa.  È  in  questo  stato  o  con- 
dizione che  si  deve  operare  il  sequestro  delle  ossa  lunghe, 
in  allora  il  sequestro  si  è  impicciolito,  è »di venuto  fra- 
gilè  fragile,  ed  una  pAza  retta  o  meglio  un  pò  curva 
come  (fuella  dei  polipi  delle  cavità  nasali,  introdotta  pei 
seni  sovraindicati,  riduce  l'attenuato  sequestro  in  minime 
parti;  lo  fragmenta,  ne  fa  direi  la  litotrizia.  Giova  puranco 
introdurre  dentro  il  cavo  delle  spugne,  le  quali  non  solo 
servono  a  dilatare  i  seni,-  ma  pur  anco  servono  mirabil- 
mente a  rompere  il  già  fragile  sequestro  ;  si  può  anco 
adoperare  una  fascia  comune,  la  si  ripiega  per  lo  lungo , 
la  si  fa  entrare  per  uno  dei  seni,  la  si  fa  sortire  per  un 
altro  seno,  la  si  lascia  in  sito  per  alcuni  giorni  ;  essa  col 


120 

soggiornare  nel  cavo  si  ingrossa,  ed  estraendola  estraete 
0  rompete  con  essa  il  sequestro  ridotto  a  fragmenti.  Ciò 
ohe  conviene  per  la^  tibia  conviene  pur  anco  nel  sequestro 
da)  femore  e  delle  altre  ossa  larghe.  Cosi  la  estrazione 
dei  sequestri  resta  di  molto  semplicizzata,  riducendola  al- 
l' operazione  tardiva  della  fragmentazione  di  essi  nel 
proprio  cavo. 

Ma  anche  quest'atto  operativo  deve  essere  soventi 
yolte  tralasciato ,  ^nche  della  fragmentazione  dei  seque- 
stri possiamo  fare  senza.  L'arte  deve  procurare  di  te- 
nere sempre  aperti  e  dilatati  i  seni  osseo-articolari,  essi 
sono  le  vìe  per  cui  la  natura  elimina  Tosso  morto:  te- 
nendo sempre  aperti  i  seni,  poco  a  poco  il  sequestro  si 
consuma  9  si  annulla  per  opera  della  natura  ed  esce  o  a 
fragmenti  o.per  isfogliazione.  Ciò  sanno  bene  i  chirur- 
ghi dalla  più  alta  antichità,  ed  in  questo  stadio  i  bagni 
di  acqua  corrente,  le  leggiere  soluzioni  di  azotato  d'ar- 
gento, che  impediscono  la  suppurazione,  sono  ajuti  pre- 
ziosi alla  natura. 

In  questo  modo  per  il  passato  io  estrassi  i  sequestri 
fragmentati  della  tibia>  e  la  storia  è  ancora  a  pubblicarsi; 
nello  stesso  modo  operai  su  mandibola  necrosata ,  non 
praticai  più  incisioni ,  mi  servii  dei  seni  osseo-articolari 
in  vicinanza  dell*  articolazione  temporo-mascellare  per 
estrarre  il  sequestro  del  condilo,  mi  servii  dei  seni  arti- 
colari situati  inferiormente  all'  ai^lo  inferiore  della  man- 
dibola per  introdurre  spugne,  pinze,  setone  entro  ii  cavo 
mandibolare,  e  cosi  ruppi  e  fragméntizzai  la  porzione 
ascendente  della  mandibola  necrosata,  non  praticai  alcuna 
incisione ,  rispettai ,  non  disturbai  l'ossificazione  novella 
già  bepe  avviata  e  l' istoria  già  pubblicai. 

Ciò  che  ottenni  per  la  mascella  inferiore,  usai  pur 
anco  in  caso  di  necrosi  per  la  mascella  superiore  e  V  i- 
storia  non  ancora  pubblicai. 

Già  dagli  anni  1848  io  avea   operato   ed  agito  nello 


121 

stesso  modo  nei  casi  di  tumori  bianchì  del  piede  e  della 
mano  e  dell'art icolazione  omero-^cubitale,  siccome  già  pab- 
blicai  nel  «  Giornale  delle  scienze  mediche  della  Reale 
Accademia  medieo-ohirurgica  di  Torino  »  nell'anno  1856, 
e  ne  pubblicai  le  istorie  particolarizzate  nella  «  Gazzetta 
medica  Italiana  di  Torino  >,  1^61,  .1862. 


JPuccinoiii  JFÉranceMco  W^§*binaie.  —  attoria  della 
Medieina.  Volume  I:  Medicina  antica.  Livorno  ^ 
presso  Massimiliano  Wagner,  editore,  1850,  /n-8*^ 
pag.  748  oltre  l'Indice.  —  Volume  IL  Medicina  del 
medio  evo.  Parte  prima.  Livorno,  ecc.,  1855,  pagi- 
ne 394  e  ccLxra.  —  Parte  seconda.  Livorno,  ecc., 
1859,  pag.  848  (1).  —  Esame  critico  del  prof.  AL- 
FONSO CORRADI. 


F 


ra  le  molte  pecche  di  cui  è  accusata  la  moderna  let- 
teratura, v'  ha  pur  quella  della  soverchia  fretta  ntìl  pro- 
durre ;  di  guisa  che  le  opere  sue  per  difetto  di  sufficiente 
meditazione  appajono  poco  profonde,  né  abbastanza  pur- 
gate, la  lima  non  avendo  avuto  tempo  di  compiere  il  suo 
lavoro.  Di  questo  mal  vezzo  non  può  certo  accusarsi 
r  illustre  prof.  Puccinotti  ;  avvegnacchè  que'  tre  volumi 
della  Storia  della  Medicina  sono  il  frutto  di  17  anni  di 
studio.  Né  di  tale  lentezza  siamo  noi  qui  per  dolercene, 
se  dessa  non  fosse  per  avventura  (  come  v'  ha  ragione  di 
temere,  V  editore  ed  il  luogo  di  stampa  non  essendo  sem- 
pre stati  i  medesimi  ),  più  che  della  volontà  dell'Autore, 
effetto  di  altre  cagioni,  e  della  difficoltà  cioè  che  v'  ha  fra 


(1)  La  stampa  di  questa  2/  parte   non   fu   finita  che  nello 
scorso  anno  in  Firenze,  essendone  editore  Angelo  UsiglL 


122 

noi  di  condurre  innanzi  opere  alcun  poco  gravi  e  volu- 
minose; del  disamore  agli  studj  che  richieggono  vaste 
cognizioni ,  pazienti  indagini ,  severa  critica  ;  del  torto 
giudizio  che  alla  medicina  moderna  nulla  giovi  T  erudi- 
zione e  la  storia  delle  sue  vicende,  che  il  sapere  com*  ella 
cadde  negli  errori,  come  se  ne  ritrasse,  non  le  possa  es^ 
sere  di  ammaestramento  per  il  presente,  di  guida  nel 
progresso. 

De*  predetti  tre  volumi  non  prenderò  qui  in  esame 
che  le  due  parti  le  quali  comprendono  la  medicina  del 
Medio  Evo  ;  perciocché  troppo  spazio  bisognerebbe  s*  io 
volessi  su  tutti  ugualmente  intrattenermi.  D'altronde  il 
1.^  volume  rispetto  agli  altri  ha  minore  importanza  ;  ed 
oltre  a  ciò  fu  già  di  lui  ih  qualche  modo  discorso  in 
questi  medesimi  Annali  dal  prof.  Pozzolini.  Pertanto  ba- 
sterà accennarne  semplicemente,  o  poco  più,  le  partizioni 
principali,  ossia  i  Libri  ne'  quali  è  distribuito,  onde  ne  ap- 
paja  r  orditura,  ed  insieme  i  documenti  che  lo  corredano 
per.  dimostrarne  la  ricchezza. 

Ma  innanzi  converrà  dire  delle  idee,  o  dei  concetti 
generali  che  V  Autore  tenne  per  g'uida  dell'  opera  sua  ;  e 
ciò  farò  brevemente,,  esaminando  il  Pi^oemio  in  cui  quelle 
sono  esposte  (1). 

Secondo  che  pensa  V  illustre  scrittore ,  il  capo  della 
Storia  della  Medicina  deve  trovarsi  nel  principio  igienico 
di  ogni  sua  età,  l'origine  della  scienza  derivando  egli  da 


(1)  Tale  Proemio  è  diviso  nei  seguenti  7  paragrafi.  —  De- 
finizione e  scopo  della  storia.  —  Delle  origini  della  .medicina. 
—  Delle  forme  primitive  assunte  dalla  medicina.  —  Dei  tipi 
storici  principali.  —  La  teoria  dei  tipi  storici  contiene  la  filo- 
sofia della  storia  della  medicina.  —  La  filosofia  della  storia  ri- 
conosce sé  stessa  per  la  vera  filosofia  della  scienza.  —  La  filo- 
sofia della  storia  della  medicina  giastifica  la  scienza  dinanzi 
alla  società  (  pag.  3-29  )• 


123 

una  tradizione  igienica ,  che  V  uomo  sano  compose  col 
dovere  di  soccorrere  il  proprio  simile,  e  pose  come  guida 
della  sua  intelligenza,  e  come  impulso  alla  sua  opero- 
sità (I):  e  però  igienica  è  la  medicina  primitiva  (pag.  7). 
Considerando  quindi  che  appo  i  Greci  ed  i  Romani  l'i- 
giene tanto  perdette  di  valore,  quanto  perderono  éguaU 
mente  di  forza  e  di  grandezza  le  virtù  civili;  ei  veniva 
in  pensiero,  che  se  dovessero  procedere  del  pari  nell' av- 
venire ,  il  perfezionamento  dell'  umanità  e  quello  della 
scienza  della  salute ,  quest'  ultimo  sarebbe  rappresentato 
da  una  perfetta  igiene ,  che  dovrèbbe  saper  ridurre  al 
minor  numero  possibile  i  bisogni  delia  medicina  terapeu- 
tica (  pag.  227  ).  Bellissime  parole ,  auspicatissimi  vpti  ; 
ma  che  ognor  più  ci  fanno  dubitare  che  igienica  sia  la 
medicina  primitiva.:  ed  oggi  pure  vediamo  intere  tribù 
nelle  quali  la  medicina  è  tuttora  in  quelle  forme  (mitica^ 
jeratica;  demotica)  che  il  Puccinotti  chiama  prescienti- 
fiche, ossia  anteriori  al  suo  stato  di  scienza  completa 
(  pag.  8  ) ,  senza  che  vi  sia  vestigia  d' igiene  ;  quando 
questa  pur  non  si  voglia  confondere  con  que'  precetti  che 
sono  piuttosto  tutele  di  politico  reggimento,  che  provvi- 
denze per  la  pubblica  incolumità.  Anche  tuttodì  vediamo, 
che  quando  si  gode  buona  salute,  e  la  si  vede  ferma  il  più 
delle  volte,  malgrado  gli  strapazzi  e  le  maggiori  fatiche, 
poco  preme  di  sapere  come  conservarla. 


(1)  L'  elemento  sanitario,  insieme  air  elemento  morale  ed  al 
civile,  è  una  manifestazione  dell'idea  del  bene  assolute;  la 
quale ,  come  emanazione  della  volontà  divina ,  presuppone  al- 
trettante missioni  obbligatorie  trasmesse  all'  umanità.  «  Ora  se 
a  conservare  l' ordine  morale  e  civile  ,  vi  volle  una  missione 
suprema  imperativa,  d'onde  ebbero  origine  i  doveri,  e  i  diritti 
sociali,  e  l'ordinamento  primario  dei  popoli;  altrettanto  im- 
portò per  la  preservazione ,  e  ordinamento  della  salute  loro 
(pag.  6)  ». 


124 

D*  altronde  che  sappiamo  noi  per  tradizione  intorno 
la  salubrità  e  V  insalubrità  delle  cose  naturali ,  innanzi 
che  r  esperienza  ci  abbia  delle  medesime  ammaestrato  %  Il 
Puccinotti  insiste  dicendo ,  che  innanzi  che  V  esperienza 
avesse  trovato  le  medicine,  la  ragione  aveva  ricavato 
dair  igiene  il  regime  dietetico  da  apprestarsi  ne]le  malat- 
tie (  pag.  8  )  :  ma  pur  vediamo,  che  più  presto  s'apprende 
a  svuotare  lo  stomaco  soverchiamente  ripieno,  che  a  con- 
tenere r  appetito  vorace.  La  medicina ,  quegli  continua , 
non  nacque  nel  malato ,  né  dal  suo  istinto  ;  ma  nacque 
neir  uomo  sano,  nella  coscienza  di  lui  di  una  missione 
superiore  a  soccorrere  il  proprio  simile,  e  fu  an  impera- 
tivo affidato  al  sentimento  di  carità  in  ordine  al  princi- 
,  pio  di  socialità  nelle  umane  creature  (  pag.  6  ).  ÀI  che 
pare  si  debba  replicare,  che  quella  coscienza,  queir  impe- 
rativo, se  spinge  l'uomo  sano  a  soccorrere  chi  soffre,  non 
gli  addita  già  il  soccorso  ;  questo  gli  è  chiesto  istintiva^ 
mente  dal  malato,  oppure  ei  deve  apprènderlo  per  T  os- 
servazione delle  soluzioni  spontanee  dei  morbi ,  per  V  e- 
sperienza  delle  cose  che  nuocono.e  che  giovano;  lo  deve 
indurre  per  un  lavora  di  ragione  e  di  confronto.  Non  è 
vero  che  V  istinto  non  possa  dir  altro  nelF  uomo  malato 
che  soccorretemi^  talché  ei  non  divenga  ch-e  un'  occasione 
all'ajuto  dell'arte  esistente  fuori  di  lui,  e  non  l'origine 
dell'  arte  stessa  :  ed  in  veto  anche  l' ignaro  fanciullo 
estuante  per  febbre  anela  la  fresca  bevanda ,  ed  ha  a 
schifo  gli  alimenti  ;  e  la  mano  ratta  corre  alla  fronte 
per  calmarne,  premendola ,  il  dolore.  Certo  che  V  istinto 
non  basta ,  egli  stesso  dovendo  pur  essere  guidato  ;  ma 
non  può  negarsi  che  in  noi  medesimi  non  sia  in  certo 
modo  l'arte,  dacché  v'  hanno  ne'  viventi  de'  poteri  mode'' 
ratori^  una  tendenza  conservativa,  la  vecchia  natura 
medicatrice.  Forse  che  nel  nosce  te  ipsum  non  si  ri- 
solve gran  parte  dell'  igiene  individuale,  la  quale  ò  altresì 
fondamento  della  pubblica?  E  quest'origine,  diremo  in^ 


125 

teriore  fdeWs,  medicina,  più  che  da  altri  dovrebbe  essere 
ammessa  dal  Puccinotti,  il  quale  partisce  la  Storia  della 
Medicina  considerata  come  scienza  in  tre  principali  epo- 
che 0  tipi  :  1.^  Epoca  del  predominio  illimitato  della  na* 
tura  suir  arte  ;  2.°  Epoca  del  predominio  illimitato  del- 
l'arte  sulla  natura;  3.°  Epoca  della  riconciliazione  fra 
le  leggi  di  natura  e  i  poteri  dell'  arte.  Intorno  la  quale 

divisione  l'Autore  avverte,  che  dessa  non  scinde  la  storia 

'  j 

immobilmente  ili  tre  epoche,  né  si. lega  immobilmente  ad 
un  periodo  di  tempo.  «  Essa  è  tolta  da  noi  come  una 
tricotomia  mobile,  e  progressiva,  che  va  via  rinnovando 
sé  stessa  nel  procedimento  della  scienza,  presentandosi 
sempre  in  più  larga  sfera,  e  racchiudendo  per  conseguenza 
nel  suo  avanzamento  la  promessa  dell'avvenire  (pag.  16)  ». 
Imperocché  questi  corsi  e  ricorsi  non  sottopongono,  come 
parrebbe,  la  medicina  ad  un  fatalismo  al  di  là  del  quale 
le  fosse  da  inevitabile  necessità  interdetto  di  progredire: 
invece  a  chi  ben  considera  le  riconciliazioni  che  mano  a 
mano  si  vanno  facendo  tra  la  natura  e  l'arto^,  segnano 
un  ingrandimento  si  negli  studj  della  natura  che  nei  poteri 
dell'  arte.  D'  altronde  cotesti  grandi  e  solenni  periodi  di 
riconciliazione  non  sono  molto*  frequenti  ;  in  ventitré  se- 
coli se  ne  contano,  a  mente  del  Puccinotti,  appena  quat- 
tro, 0  poco  più,  senza  il  periodo  che  oggi  corre,  il  quale 
tende  evidentemente  anch'  esso  alla  medesima  riconcilia- 
zione. Sarà  questa  l'ultima,  egli  dimanda?  0  quante  al- 
tre ancork  ne  dovranno  seguire ,  precedute  e  provocate 
da  sistemi  nuovi  e  sempre  più  poderosi,  che  si  tireranno 
dietro  la  gran  mole  della  scienza  ?  <  Certo  é  che  questa 
non  si  arresterà,  finché  non  abbia  raggiunto  il  suo  fine 
ultimo,  che  ò  di  elevare  1'  arte  alla  maggior  potenza  pos- 
sibile, e  la  cognizione  delle  leggi  di  natura  alla  maggior 
perfezione  possibile,  onde  fra  loro  l' equipollenza  e  1'  ar- 
monia sieno  stabili,  e  non  periture  (pag.  15)  ». 

L'andeggiamentp  complessivo  e  continuo  de'  sumento- 


126 

vati  tipi  storici  forma  il  campo  della  filosofia  della  sto- 
ria della  medicina,  la  quale,  su  tale  fondamento  misto 
di  fatti  e  di  pensieri,  s' innalza  a  quelle  tre  primalitd , 
che,  come  formano  astrattamente  la  scienza,  cosi  servono 
di  guida  agli  esami  ed  ai  ravvicinamenti  storici;  e  cioò 
ella  si  volge:  1.^  airidea  della  natura,  ossia  al  carattere 
delle  causalità;  2.^  air  idea  dell* arte,  ossia  al  carattere 
dato  alle  potenze  che  s'impiegano  per  mantenere  e  resti- 
tuire lo  stato  sano;  3.®  al  metodo,  ossia  alla  cognizione 
e  air  ordinamento  di  attinenza  tra  le  cause  e  gli  efietti 
(p.  19).  E  poiché  nello  studio  della  natura  organica  la 
causalità  ultima  cui  saler  la  ragione  per  determinare 
una  teoria  della  vita,  e  quindi  discendendo  informare  la 
scienza,  è  la  vita  stessa  (ossia  la  forza,  il  principio 
donde  i  fenomeni  traggono  V origine  e  la  qualità  loro); 
avviene  che  la  teoria  di  questa  appaja  nella  storia  il 
contrasségno  filosofico  della  teoria  data  alla  medicina. 
Parimente  dal  modo  di  concepire  la  vita  dipende  per  lo 
più  il  concetto  delle  proprietà  caratteristiche  delle  poten- 
ze medicamentose;  e  quindi  pure  è  modificata  l'idea  del- 
l'arte, la  quale  è  soverchiamente  operosa  od  inerte  secon- 
do che  ammetta  illimitata  l'attività  interna  curatrice,  o 
la  neghi  affatto.  Ma  ad  imprimere  carattere  diverso  alla 
scienza  concorre,  con  l'idea  determinata  della  vita,  ezian- 
dio il  metodo;  il  quale  perchè  dia  un  completo  ed  uni- 
versale sistema  di  connessioni  tra  cause  ed  efietti,  deve 
appunto  comporre  le  connessioni  reali  de'  fenomeni  co'mo- 
delli  e  tipi  di  attinenza  esistenti  nell'intelletto:  imperoc- 
ché; sono  parole  del  nostro  Autore,  il  vincolo  necessario 
dei  fatti  della  natura  e  la  determinazione  di  una  legge, 
altro  non  esprimono,  che  il  rischiaramento  dato  a  quei 
modelli  intellettuali  la  mercè  di  sufficienti,  osservazioni 
ed  esperienze,  e  il  perfetto  combaciare  di  essi  col  lavoro 
e  col  resultamento  esperimentale  (p.  21).  Ma  se  la  teoria 
dei  tipi  storici  contiene  la  filosofia  della  Storia  della  Me- 


127 

dicina,  poco  poi  diffatti  di  essi  e  della  loro  triplice  par- 
tizione si  giova  il  Puccinotti  nel!' ordinamento  del  suo 
grave  ed  importante  lavoro  :  giacché  le  prime  divisioni 
di  esso  sono  cronologiche  (  Medicina  antica,  del  Medio  £! vo, 
e  moderna),  e  le  suddivisioni,  od  i  libri,  non  sono  rego- 
late da  un  principio  costante  ;  ina  quando  diremo  geogra^ 
fiche  od  etnologiche,  come  nel  1.°  volume,  quando  per 
iscuole  e  dottrine^  o  meramente  di  tempo  negli  altri  due. 
Egli  osserva  poi  che  le  scienze  metafisiche  e  le  scienze 
naturali  hanno  un  punto  di  partenza  fra  loro  diviso,  e 
che  male  avviene  se  Y  una  all'  altra  si  voglia  imporre 
come  arbitra  e  dominatrice:  elleno  debbono  continuare 
distinte  anche  nel  loro  Cammino,  confortandosi  per  altro 
a  vicenda,  la  metafisica  della  realtà  sperimentale,  e  la 
fisica  delle  leggi  razionali  ;  ed  egualmente  preservandosi 
a  vicenda  ,  la  prima  dal  materialismo ,  dall'  idealismo  la 
seconda  (  pag.  24  ),  Ma  non  più  di  tanto  ;  più  stretti  ab- 
bracciamenti  produrrebbero  un  fatale  miscuglio.  E  la 
filosofia  sperimentale  sbarrazzatasi  di  quello  della  metafl<« 
sica,  ha  ripreso  come  punto  di  partenza  l' idea  archeti^ 
pa  d'  una  forza  attiva  :  «  considerando  che  1'  atomo  è 
nulla  se  non  è  concepito  come  un  centro  di  forza,  e  che 
i  processi  e  le  metamorfosi  non  sono  che  gruppi  di  forze 
cooperanti  ad  un  fine  (pag.  23)  ».  La  materia,  è  detto  un 
pò  più  innanzi,  non  può  dare- che  materia:  raffinatela 
quanto  vi  piace ,  riducetela  alla  più  impercettibile  mole- 
cola o  cellula  elementare ,  ella  non  sarà  mai  altro  che 
materia  :  le  forze  che  la  compongono,  che  la  conformano 
e  la  trasformano  soli  fuori  di  essa  ;  ad  es^a  unite ,  ma 
non  con  essa  confuse.  E  come  non  può  confondersi  forza 
e  materia,  neppure  possono  identificarsi  le  forze  tutte  fra 
loro  :  e'  è  armonia  ma  non  identità  (  pag.  28  ).  NuUadi- 
meno  intorno  la  natura  di  questa  forza  della  vita  il  Puc- 
cinotti non  fa  maggiori   dichiarazioni  ;    ma   per   le  cose 


128 

dette,  può  ben  argomentarsi  eh*  egli  non  ò  di  quella  Scuola 
la  quale  considera  la  vita  morale  come  un*  opera  singo^ 
lare  di  quel  medesimo  principio  vitale  donde  procedono 
anche  le  altre  funzioni  fisiche.  E  quantunque  egli  porti 
per  intero  quel  lungo  brano  della  Chimica  applicata  alla 
fisiologia  ed  alla  patologia,  dove  il  Liebig  conchiude  che 
la  forza  vitale  è  una  forza  di  specie  particolare,  non  per 
tanto  non  abbraccia  la  costui  sentenza  ;  essendo  che  sul 
chiudersi  del  proemio  aflFerma  la  materia  non  essere 
che  lo  strumento  passivo  della  manifestazione  della 
immensa  attività  delle  forze  ^  ossia  della  vita  d^gli 
esseri  y  della  vita  fisica  del  mondo.  Parrebbe  adunque 
che ,  oltre  la  forza  prima  creatrice ,  due.  forze  soltanto 
si  dovessero  tenere  ben  distinte  :  la  forza  morale ,  e  la 
virtù  attiva  della  vita.  Àmendue  sono  limitate  ;  e  cotesta 
è  limitazione  di  natura  e  di  ragione,  la  quale  diviene  al- 
tresì norma  dell'arte. 

L'arte  pertanto  sorretta  dalla  scienza,  non  licenziosa 
ma  ragionevolmente  libera,  dev'esser  messa  in  accordo  con 
le  leggi  naturali:  con  ciò  le  verrà  fatto  di  operare  in  una 
sfera  sempre  più  estesa  di  gradi  di  miglioramento.  Ecco 
quanto  la  Società  può  esigere  da  noi  ;  quanto  la  scien^ 
za  può  giustificare   e  promettere   innanzi  ad  essa 

(  pag.  29  ). 

Le  quali  cose  premesse,  diciamo  senz'altro  che  siano 
le  materie  trattate  nel  1.^  volume,  e  come  vi  stiano  per 
sommi  capi  ripartite. 

La  medicina  antica  forma  argomento  di  questo  volu- 
me, che  l'Autore,  in  quel  tempo  professore  di  Storia  della 
Medicina  nell'Università  di  Pisa ,  volle  dedicato  al  Gran 
Duca  Leopoldo  IL  Esso  comprende  4  Libri  —  della  Me- 
dicina Orientale  —  della  Greca  —  dell'Alessandrina  — 
della  Romana:  ciascuno  di  questi  racchiude  parecchi  capi- 
tali consacrati  all'  igiene  considerata  nelle  leggi,  nei  mo- 


129 

numenti  e  nelle  istituzioni  presso  i  diversi  popoli  (1).  Il 
quale  diligente  studio  delle  cose  alla  salute  pubblica  per- 
tinenti non  fu  già  dall*  Autore  intrapreso  con  lo  scopo 
di  formare  una  completa  storia  dell*  igiene,  bensì  per  cor- 
roborare quel  suo  pensiero  che  la  scienza  medica  derivi  da 
una  tradizione  igienica,  e  che  la  storia  di  essa  abbia  capo 
nel  principio  igienico  di  ogni  sua  età. 

Fra  i  documenti  (pag.  711-736)  trovasi:  1.^  V Index 
sanskrito^latinus  plantarum  arborumque  in  Susru^ 
tae  Ayurveda  obviarum  tratto  dal  T.  Ili  della  traduzione 
del  Susruta  deirHessler.  2.^  e  3.^  Due  lettere,  una  del 
dott.  Calder  ini,  Taltra  del  cardinale  Maj  intorno  al  Com- 
mento ai  Pronostici  d'Ippocrate  attribuito  ad  Erofilo;  Co- 
dice che  conservasi  nell'Ambrosiana  di  Milano,  e  che  già 
fu  di  Girolamo  Mercuriale,  il  quale  anche  lo  arricchì  di 
postille.  4.®  Altra  lettera  del  celebre  Bartolomeo  Borghesi 
sulla  voce  x^vftov  del  libro  de  Corde  nel  Codice  ippocra- 
tico ,  nella  quale  approvasi  la  traduzione  di  Foesio  del 
tov  «/»x«iov  x6fffiay  per  institutum  vetus,  dentro  il  quale  gli 
Asclepiadi,  anteriormente  ad  Ippocrate,  facevano,  secondo 


(1)  L.  I,  C.  III.  Della  medicina  degli  Indiani.  Leggi  di 
Manu.  —  C.  XII.  Dell'igiene  pubblica  presso  gli  Egiziani.  -^ 
C.  XXII.  Della  imbalsamazione.  —  L.  II,  C.  V.  De'Ginnasj.  — 
G.  VII.  L' igiene  pubblica  de'  Greci  considerata  nelle  leggi  di 
Licurgo  e  di  Solone.  —  L.  IV  ,  C.  II.  Dell*  igiene  etrusca.  — 
C.  IV,  Precetti  igienici  delle  leggi  papiriane,  delle  XII  tavole, 
e  di  altre  leggi  consolari^  —  C.  V.  Istituzioni  e  monumenti 
igienici  de'  Romani.  —  C.  VI.  Precetti  d' igiene  ricavati  da 
Catone  il  Maggiore,  e  M.  Terenzio  Varrone.  —  C.  VII.  di  Cice- 
rone, di  Vitruvio,  —  C.  XXII.  Galeno,  scrittore  di  materie  igie- 
niche, dietetiche  e  medico-legali. 

Della  medicina  e  dell'  igiene  ebraica  il  Puccinotti  non  fa 
un  capitolo  a  parte ,  ma  ne  porge  un  cenno  discorrendo  d«i 
destini  della  medicina  egizia.  (  Cap.  XXIV  del  lib.  I  ). 

Annali.  Voi.  CCI  9 


130 

che  dice  il  Puccinotti,  stuo^,  osservazioni ,  sezioni,  e 
sperienze  anatomiche  (pag.  414).  5.^  Discorso  secondo 
inedito  di  Antonio  Cocchi  sopra  Asclepiade:  il  qaale  di- 
scorso fu  quindi  stampato  in  testa  del  successivo  volume; 
dichiarando  per  altro  d'averlo  trovato  già  pubblicato, 
conforme  V  autografo  posseduto  dal  marchese  Gino  Cap- 
poni, dal  dott.  Margheri  nell'Antologia  di  Firenze  (1). 
Il  Puccinotti  nulladimeno  ristampollo,  perciocché  gli  parve 
(fra  il  Codice  Palatino  di  cui  egli  giovavasi  e  lo  stam- 
pato nell'Antologia  correndo  molte  varianti)  necessario 
ed  utile  alla  storia  che  il  detto  Discorso  fosse  ripurgato 
e  ridotto  alla  sua  migliore  lezione.  Questo  2.^  Discorso 
tratta  della  Fisiologia  del  medico  di  Bitinia,  ma  non  è 
completo,  perchè  non  contiene  realmente  tutta  la  mate- 
ria ;  ned  ha ,  come  il  primo ,  le  citazioni  dei  luoghi  di 
tutti  quegli  scrittori  alla  cui  autorità  il  Cocchi  si  riporta 
nel  sostenere  le  sue  sentenze.  Segue  una  tavola  delle 
classificazioni  antiche  e  moderne  delle  opere  del  Codice 
della  scuola  di  Coo  ;  presa  tra  le  antiche  quella  del  Mer- 
curiale ,  tra  le  moderne  quella  del  Littró  e  dell'Autore. 
Il  quale  scostandosi  dalle  sentenze  generalmente  ricevute, 
ed  ammettendo  che  i  libri  del  Codice  ippocratico  ritenuti 
fin  qui  per  posteriori  siano  tutti  anteriori  a  quelli  ge- 
nuini d'Ippocrate,  ne  propone  una  nuova  classificazione , 
non  ritenendo  per  opere  legittime  d'Ippocrate  e  de'disce- 
poli  suoi  contemporanei  che  le  seguenti  :  Aphorismi  — 
Le  Fracturis  —  Le  Articulis  —  Le  Vulneribus  cor- 
pitis  —  Moklikon  —  Epidemiorum  libri  septem  — 
Le  Aere  locis  et  aquiSj  le  quali  formano  nel  nuovo  or- 
dinamento la  IV  classe  (2).  Ma  per  conoscere  le  ragioni 

(1)  A.  1824,  settembre,  N.  XLV. 

(2)  Dei  libri  Epidemiorum^  due  soli  (I  e  III  )  appartengono 
ad  Ippocrate  ;  gli  altri  sono  lavori  de*  discepoli  che  fecero  parte 
delle  Missioni  epidemiche  y  presiedute  dallo  stesso  Ippocrate. 


131 

speciali  di  ciascuna  di  queste  quattro  divisioni,  ò  indi- 
spensabile la  lettura  del  libro  II  dal  (Saip.  XIV  sino  al 
XVIII.  Qui  solo  diremo  che  il  carattere  distintivo  delle 
opere  poste  nell'anzidetta  IV  classe  è:  1.^  la  massima 
semplicità  terapeutica  :  2.^  la  eliminazione  di  ogni  filoso- 
fia speculativa,  e  la  sostituzione  del  metodo  sperimenta- 
te (1).  Viene  per  ultimo  il  quadro  cronologico  della  me- 
dicina antica  (2). 


(1)  Secondo  F.  Z.  Ermerins,  Ippocrate  non  sarebbe  autore 
che  del  I  e  del  III  libro  delle  Epidemie  all' infuori  di  alcuni 
passi  interpolati  —  del  libro  dell'Aria^  dell'Acqua  e  dei  Luoghi 
—  deli'  altro  della  Regola  di  vitto  nelle  malattie  acute  (  meno 
alcune  spurie  addizioni  )  —  delle  Ferite  della  testa.  Nelle  Coo' 
cae  Praenotiones  e  nel  Prognostieorum  liber,  troverebbersi  pure 
inscritti  non  pochi  brani  di  uno  o  più  scritti  d'Ippocrate,  senza 
che  per  altro  dessi  si  possano  ben  determinare  <  Idem  fere  sta- 
tuendum  videtur  de  Iure  iurando:  scilicet  certo  id  Divino  Seni 
tribuere  non  audeo,  sed  probabile  est  apud  veteres  Coos  id  exsti- 
tisse  et  in  usu  fuisse  (  Iinrox/Bdhfovc  luU  SkXwt  Ut/mt  ftaXcifiv  Xtl^at. 
Hippo'cratis  et  aliorum  medicorum  veterum  reliquiae.  Mandata 
Academiae  regiae  disciplinarum  quae  Amstelodami  est  edidit 
F.  Z,  Ermerins.  Trajecti  ad  Rh.  1864.  Voi.  Ili,  §  43)  >. 

(2)  Vi  sono  eziandio  alcune  note  addizionali  (p,  703*709). 
In  una  di  queste  si  parla  de'  Lettisternj  considerati  come  prov- 
vedimento  sanitario,  il  segnale  iniziativo  della  popolare  di" 
spensa  delle  vettovaglie.  Ma  se  i  Lettisternj  aveano  un  signifi* 
cato  igienico ,  non  è  quello  che  il  Puccinotti  loro  attribuisce  ; 
imperocché  non  è  vero  che  quelli  s' apprestassero  solamente 
nelle  epidemie  precedute  o  accompagnate  dal  caro  dell'annona; 
anzi  avvenne  che  il  primo  Lettisternio,  dei  successivi  esempio, 
si  celebrasse  in  Roma,  quando  dopo  gelidissimo  inverno,  per  la 
rapida  mutazione  nella  contraria  stagione,  seguì  una  pestilente 
state  per  ogni  sorta  d'animali.  Le  vettovaglie  perciò  non  mu- 
tarono pregio,  dice  Tito  Livio  (  Histor.  V,  13  A.,  397-96  av. 
C.  ),  per  il  buon  apparecchio  fatto  innanzi. 


132 

Apresi  il  II  volume  con  un  Proemio ,  dove ,  dato  un 
prospetto  analitidb  della  medicina  del  medio  evo,  vuoisi 
provare:  Che  il  crede  ut  intellegas  della  metafisica  cri- 
stiana è  legge  imposta  alla  ragione,  simile  a  quella  della 
esperienza  e  del  calcolo  nella  filosofia  delle  scienze  natu- 
rali. •—  Che  la  storia  della  medicina,  attraversando  il  medio 
evo,  continua  il  suo  procedimento  senza  recedere  nò  ar- 
restarsi (pag.  45-51  ).  Seguono  tre  libri  :  il  1.®  riguarda 
la  medicina  de*  Santi  Padri  e  de*  Filosofi  Alessandrini  avcmti 
gli  Arabi;  il  2.°  la  medicina  dei  Greci  posteriori  e  dei  Bi- 
zantini; il  3.^  la  medicina  salernitana. 

Il  prof.  Puccinotti  è  d'avviso  che  i  Santi  Padri  e  gli 
scrittori  ecclesiastici  del  medio  evo  avanti  gli  Arabi,  ben- 
ché non  trattassero  esplicitamente  di  scienza  medica,  ab- 
biano giovato  nondimeno  come  conservatori  e  depuratóri 
dei  buoni  e  sani  elementi  di  essa;  sia  mantenendo  il  con- 
cetto della  forza  attiva  della  natura  e  dell'  impero  di  essa 
sulla  materia,  connettendolo  colla  cosmogonia  e  colla  crea- 
zione; sia  conservando  meglio  de' Greci  posteriori  il  te- 
soroi  benché  sc^i:sO|  delle  cognizioni  fisiologiche  che  l' e- 
sperienza  e  X  induzione  aveano  saputo  raccogliere  nelle 
scuole  greche  e  romane.  Eglino  poi  celebrando  la  magni- 
ficenza del  creato  ampliarono  vieppiù  lo  studio  della  na- 
tura; ed  oltre  alle  false  filosofie  de*  pagani  e  degli  ere- 
siarchi,  respinsero  sempre  dalla  scienza  del  vero  le  bu- 
giarde e  perniciose  dottrine  degli  astrologhi ,  le  magie  e 
le  alchimie.  La  medicina  de*  Santi  Padri  è  argomento 
quasi  nuovo  nella  storia  della  scienza  nostra  ;  ed  il  no- 
stro Autore  si  compiace  d'averne  dato  il  primo  un  sag- 
gio, bastante  per  altro  a  far  conoscere,  ei  dice,  che  senza 
questa  parte  di  storia,  manca  la  scienza  della  continua- 
zione del  suo  procedimento,  e  dello  spirito  nuovo  che  as- 
sunse nel  suo  periodo  di  restaurazione ,  e  manca  princi- 
palmente il  fondamento  sul  quale  si  eresse  la  nobiltà  e 
la  santità  dell'  arte.  Imperocché  questa ,  come  scienza  di 


133 
umana  gloria  o  come  mestiere  fruttifero,  non  avea  sen- 
tito  la  purità  del  dovere  ;  il  quale ,  purificato  dalla  ca- 
rità, valse  d'impulso  morale  al  progresso  e  collocò  la 
scienza  nel  suD  vero  posto  civile  (pap.  62).  Ma  dèi  ca- 
rattere morale  della. medicina  nel  medio  evo  verrà  oc- 
casione di  dire  qualche  cos' altra  in  appresso:  intai^to  ri- 
cordiamo (senza  nùUadimeno  sospettare  della  buona  fede 
del  Puccinotti  )  òhe  fin  dal  1643  un  medico  di  S.  Agata 
di  Puglia,  Giacinto  Giordano ,  poscia  frate  Domenicano , 
pubblicava  in  Napoli  il  1.®  volume-  d'un'  opera  intitolata: 
Theorica  medicinae  sancii  Thomae  doctoris  Angelici 
aliorum  SS.  Pàtrum  et  sacrae  scripturae  locis  illu^ 
sfrata.  In  quatuor  partes  phisiologicam  aethiologicam 
therapeuticam  et  pathologicam  distincta  {1). 

Sarebbe  stato  altresì  molto  giovevole  indicare  donde 
que'  Padri  trassero  le  loro  notizie  di  fisiologia,  di  medi- 
cina e  di  scienze  naturali;  ma  l'esposizione  de' passi  pa-- 
ralleli ,  come  per  Isidoro  Ispalense  procurava  di  fare  il 
dott.  Spengler  (2) ,  avrebbe  portato  troppo  in  lungo ,  e 
l'Autore  non  volle  dare  che  un  saggio  (3). 

■«O— — ^— ^i»— »— ^— — — ^M»— ^— »-»^— ^^—    I"  III  1—»^-^     I  I         I     ■  .      <.  Il    ■  .     ■  .Hill 

(1)  Opus  sane,  è  pur  detto  nel  frontispizio,  aegris^  philoso» 
phis  et  theologis  praesertim  thomistis  apprime  jucundum,  me- 
dicis  vero  ,  ut  simul  medica  facultate  et  Christiana  pietate 
imbuantur,  satis  perutile. 

Il  Toppi  dica  che  il  Giordano  fu  dottor  eminente  in  medi- 
cina, dopo  profondo  filosofo  e  teologo,  maestro  e  reggente  nello 
studio  di  S    Domenico  di  Napoli.  (Bibliot.  napolet,  pag.  106). 

(2)  Isidorus  Hispalensis  in  seiner  Bedeutung  fur  die  Natur- 
wissenschaften  und  Medicin.  (In;Janus.  Breslau,  1848,  III,  54-90). 

(3)  Questo  saggio  comprende  V  igiene  di  Clemente  Alessan^ 
dro  ;  la  fisiologia  quale  trovasi  in  Dionisio  Areopagita ,  in  Ne- 
mesio,  in  Lattanzio  Firmiano  ed  Aurelio  ÀgoaUno  ;  la  patologia 
d'Isidoro  Ispalense;  le  selenite  naturali  secondo  che  sono  nelle 
opere  di  san  Basilio,  di  sant'Ambrogio  e  di  sant'Isidoro  (Cap.  II, 
al  X,  pag.  63-1 33  )> 


J34 

Come  punto  di  transizione  tra  i  Padri  e  Tultimo  drap* 
pello  de*fllosofi  del  gentilesimo  (Plotino,  Porfirio,  Proclo, 
Jamblico,  Filone  d'Alessandria,  Numenio  d*Apamea)  vien 
posto,  benché  d'alquanti  anni  anteriore,  Plutarco  da  Che- 
ronea;  il  quale  se  cominciò  dall'essere  socratico  e  cato- 
niano ,  nel  mezzo  del  suo  cammino  filosofico  spuntò  al- 
quanto la  stoica  austerità,  lasciandosi  in  fine  vincere  an- 
ch' egli  dalle  tendenze  orientali ,  e  cosi  nell'  ultime  sue 
opere  manifestavasi  la  decadenza  del  pensiero  ellenico  e 
del  romano,  mentre  vi  sbocciava  quelFinnovazione  filoso- 
fica, la  quale  poco  dopo  era  assunta  e  composta  in  un 
completo  edifizio  di  astrattezze  dal  mistico  Plotino  (I). 
Ma  la  filosofia  e  la  medicina  nella  Scuola  d' Alessandria 
degenerarono  in  demonologia^  astrologia  giudiziaria,  ca- 
balistica, magia  ed  alchimia  (cap.  XIV)  ;  impuri  fonti  da 
cui  trassero  la  proteiforme  loro  filosofia  i  medici  arabi.  E 
se  malgrado  che  in  quella  Scuola  fossero  coltivate  le  mate- 
matiche, la  ragione  scientifica  non  fu  trattenuta  nei  giusti 
limiti,  nò  diretta  al  vero  ;  ciò  derivò  principalmente  dall'es- 
sere state  quelle  assoggettate  alle  fetlse  e  vuote  filosofie 
dominanti.  La  matematica  è  di  per  sé,  soggiunge  il  Puc- 
cinotti,  la  vera  e  l'unica  filosofia  direttrice  nelle  scienze 
naturali;  ned  egli  vede  perchè  quella,  come  oggi  taluno 
di  bel  nuovo  vorrebbe,  si  debba  rimettere  sotto  la  dire- 
zione e  l'impero  delle  filosofie  speculative.  <  Nò  in  Ales- 
sandria la  teologia  cristiana  contemporanea,  quaqtunque 
luminosa  di  nuove  verità  fondate  sulla  fede,  poteva  sup- 
plire al  difetto  delle  matematiche  nello  studio  della  na- 
tura; e  sia  pure  che  le  verità  di  sopra  e  di  sotto  si  fac- 

(1)  Il  prof.  Centofanti,  nel  Discorso  premesso  airnltima  edi- 
zione delle  opere  di  Plutarco  pubblicate  da  Le  Mounier,  ha  mo- 
strato con  molta  dottrina  esservi  un  ordine  cronologico  in  tali 
opere,  donde  le  varie  età  e  le  modificazioni  della  filosofia  del 
Cherpnese. 

i 


135 

ciano  specchio  le  une  alle  altre  ;  ma  la  differenza  sta  in  que- 
sto che  airinfuori  delle  prime  che  ci  ha  rivelato  Dio  stesso, 
le  altre  è  mestieri  che  se  le  trovi  da  sé  la  ragione  umana 
tra  gli  angoli,  le  misure  e  i  numeri  (1)  ».  E  a  questo  fine, 
ei  domanda,  cosa  serve  che  la  ragione  si  chiuda  in  sé  me- 
desima, e  si  fabbrichi  da  sé  una  scienza  dì  sè^  che  poi 
chiami  scienza  universale  dell'essere  ?  E  qual  benefizio 
dovrebbe  arrecare  cotesta  scienza  universale  dell'  essere 
alla  matematica ,  quando  questa  ha  in  sé  medesima  il 
vero ,  quando  il  metodo  per  trovarlo  ella  1'  apprese  alla 
stessa  filosofia  ,  e  le  sue  dimostrazioni  sono  maniere  più 
efficaci  di  provarlo  che  le  logiche  e  le  dialettiche  (2)1 

Alle  perniciose  influenze  della  filosofia  Alessandrina 
sulla  medica  scienza,  altro  argine  opposero  i  Greci  po- 
steriori e  Bizantini ,  piCi  assai  diligenti  che  ingegnosi , 
meno  per  non  volerle  che  per  non  comprenderle.  Oltre 
questo  merito ,  eglino  ebbero  anche  V  altro  di  aver  con- 
servato la  storia  dei  lavori  fatti  da  Galeno  sino  ai  tempi 
loro.  Ma  dalle  opere  galeniche  eglino  non  trassero  che  il 
necessario,  lasciandone  da  parte  le  sottigliezze  e  le  con- 
troversie, profittando  eziandio  di  altri  scrittori ,  che  per 
essere  meno  prolissi  più  erano  al  caso.  Eglino  facevano 
ciò  che  oggi  vediamo  farsi  dai  fabbricanti  di  manuali  e 
di  enciclopedie:  non  guardando  molto  sottilmente  alle 
differenze  di  dottrine,  insieme  abborracciavano  libri  di 
autori  diversi  secondo  che  meglio  loro  conveniva.  Que- 
sta schiera  di  medici  dal  IV  secolo  giunge  sino  al  XIII, 
cioè  fino  ad  Attuario;  e  quantunque  cosi  distanti  di  tem- 
po ,  possono  benissimo  essere  insieme  considerati  ;  impe- 
rocché in  tutti  é  un  carattere  storico  uniforme:  del  non 
essere  altro  che  compilatori,  e  del  ricopiarsi  l%n  T  altro 


(1)  pag.  164.  —  La  tradizione  igienica   di    cui    sopra    di- 
cemmo, sarebbe  dunque  fra  le  prime  verità  rivelate? 

(2)  Cap.  XV.  Digressione  sulle  matematiche. 


136 

a  vicenda,  senza  uscire  dal  sentiero  tracciato  dal  primo 
di  essi,  che  fu  Oribasio. 

Per  tali  ragioni  il  Puccinotti  de' medici  compilatori 
fsL  un  libro  intermediario  tra  la  medicina  del  pagon 
nesimo  che  cessa  e  quella  del  cristianesimi  che  inco- 
mincia (1),  cioè  tra  la  medicina  alessandrina  e  la  saler- 
nitana. 

Tra  i  Greci  posteriori  annovera  Oribasio,  Àezio  d\\- 
mida,  Alessandro  di  Tralles,  Paolo  d'Egina.  De*  medici 
Bizantini ,  ossia  dell'  imperò  cristiano  in  Costantinopoli , 
forma  tre  categorie.  La  1.^,  senza  teorie,  è  solamente  e 
bassamente  empirica  :  ed  il  carattere  della  sua  terapeutica 
dimostra,  nella  sola  parte  superstiziosa,  un'  aderenza  tut- 
tavia resistente  colle  teurgie  pagane  sia  cabalistiche  o 
astrologiche,  e  un  passaggio  alle  medesime  sacrileghe  me- 
scolanze coi  riti  del  cristianesimo.  La  ^.^  poste  da  parte 
queste  ultime  profanazioni  delle  cose  sacre  cristiane,  tenta 
di  riprodurre  con  compilazioni  e  commenti  un'ombra  dlp- 
pocratismo.  La  3.^  nella  ripetizione  delle  nosografie  e  dot- 
trine de'Greci  posteriori,  comincia  a  manifestare  Tinfluenza 
delle  arabiche  scuole.  Marcello  di  Sida ,  ì  due  Samonichi , 
padre  e  figlio,  Teodoro  Prisciano,  Sesto  Placido  Papiriense, 
Marcello  di  Bordeaux  appartengono  alla  prima:  Teofilo  e 
Stefano  d'Atene,  Palladio,  Nono  e  PseUo,  Niceta,  Simeone 
Seth  appartengono  alla  seconda:  Sinesio,  Attuario,  Ni- 
colao  di  Alessandria,  Demetrio  Pepagomeno  alla  terza. 

Ma  su  questa  classazione  occorre  di  fare  alcune  av- 
vertenze. Rispetto  a  Marcello  di  Sida  notiamo  ch'egli  fu 
anteriore  ad  Oribasio  e  ad  Aezio,  giacché  questi  due  au- 
tori ci  hanno  conservato  quel  curioso  suo  frammento  w^ 
Xìnm^pimw  ^  de  homine  se   lupum  putante ,  nelle  loro 


(1)  L.  II,   C.  I-V.  Medicina    de' Greci    posteriori    e    de*  Bi- 
zantini. 


137 

opere  (1);  diffatti  egli  visse,  non  fra  il  III  ed  il  IV  se- 
colo, come  afferma  il  Puccinotti,  ma  nelll,  e  probabil- 
mente sotto  gl'imperatori  Adriano  ed  Antonino  il  Pio,  e 
però  non  potrebbe  far  parte  de' medici. compilatori,  se  di 
questi  se  ne  voglia  far  capo  l'archiatro  ed  amico  di  Giu- 
liano l'Apostata.  Latini  sono  i  due  Sammonici  (2)  ,  come 
pure  Teodoro  Prisciano  (3) ,  Sesto  Placido  e  Marcello 
di  Bordeaux,  detto  V empirico:  e  quindi  meglio  sarebbe 
stato  che  questo  libro ,  anzi  che  de'  Greci  posteriori  e 
de'Bizantini,  fosse  stato  chiamato  ie' medici  compilatori 
in  grazia  appunto  dell'uniforme  carattere  storico  che  il 
Puccinotti  loro  concede.  Anteriori  a  Paolo  Egineta  sono 
Teofilo  Protospa tarlo  e  Stefano  Ateniese,  giacché  eglino  vis- 
sero nel  principio  del  VII  secolo,  e  quello  sul  declinare 
imperando  Costantino  Pogonato.  Piti  antico  ancora  sa- 
rebbe Palladio,  detto  il  Jatrosofista,  giacché  egli  visse,  se 
non  sicuramente   nel   IV,    certo   prima  del  VII   secolo. 


(1)  Orihas,,  Synops.  1.  Vili,  e.  10,  —  AeU,  Tetra  bibl.  II, 
Serm.  II,  C.  11.  —  li  Puccinotti  inclinerebbe  a  credere,  poiché 
qualche  fenomeno  simile  fu  veduto  anche  nel  delirio  di  alcuni 
dei  nostri  pellagrosi ,  che  i  licantropi  di  cui  dice  Marcello  non 
fossero  che  lebbrosi,  messi  in  quel  particolare  delirio  dalla  leb- 
bra (  pag.  190). 

(2)  Il  nostro  Autore  non  pare  abbia  conosciuto  le  due  pre- 
gevoli Epistole  del  Morgagni  intorno  Sereno  Samonico;  la  prima 
delle  quali  comparve  neir  edizione  cominiana  della  medicina  di 
Celso  (Patavii,  1722),  e  poscia  tutte  due  riunite  nelle  succes- 
sive edizioni  di  Celso  del  1750  (Padova)  e  del  1763  (Venezia); 
non  che  neW  Opuscoh  miscellan,  dello  stesso  Morgagni  parte  1.* 
(Neapol.  1763,  pag.  191). 

(3)  Teodoro  Prisciano,  detto  anche  Ottavio  Oraziano,  scrisse 
in  latino  ,  e  fu  discepolo  di  Vindiciano  archiatro  di  Valenti- 
niano  I  imperatore  d'  Occidente:  che  vivesse  nella  Corte  di  Co- 
stantinopoli Io  sospetta  Sprengel,  e  solamente  perchè  fra  le  let- 
tere di  Sinesio  una  ve  n'ha  (ep.  115)    diretta  ad  un  Teodoro. 


138 

Palladio,  dice  Puccinotti,  ò  breve  e  robusto  ne*suoi  scolj 
sopra  Ippocrate,  e  spesso  coglie  il  vero  senso  si  filolo^ 
gico  che  clinico  negli  Epidemj,  di  cui  non  illustra  che 
il  VI  libro:  ma  non  avverte  che  questo  valente  maestro 
insegnava  in  Alessandria,  in  quella  scuola  cioè  che  egli 
chiamò  d*ogni  buona  filosofia  e  medicina  infausta  corrom- 
pitrice  (i).  Teofane  Nonno  per  lo  contrario  sarebbe  po- 
steriore; giacché,  avendo  egli  scritto  il  suo  epitome  De 
curatione  morborum  per  ordine  di  Costantino  Porfiro- 
geneta,  che  imperò  dall'anno  945  al  959;  non  può  ap- 
partenere alla  fine  del  secolo  Vili.  Simeone  Seth,  prò- 
tovestiario  o  gran-mastro  della  guardaroba  imperiale, 
piuttosto  che  nella  2.^  categoria  andrebbe  collocato  nella 
3.*,  dalla  quale  invece  v'ha  tolto  Demetrio  Pepagomeno, 
che  nel  libro  della  podagra  parve  superiore  al  suo 
tempo  (2). 

Questa  specie  di  autori^  questa  serie  di  mediche  com^ 
pilazioni,  potrebbero  agevolmente  essere  aumentate;  ma 
il  Puccinotti  noi  fa;  perchè  tali  aggiunte  valgono  lo  stesso 
e  forse  meno  delle  opere  rammentate.  Ei  dice  benissimo: 
soltanto  non  andava  dimenticato  Michele  Psello  Rumore, 
il  quale  quantunque  non  medico ,  era  uomo  coltissimo , 
tanto  che  potò  scrivere  un'  Enciclopedia  (  Mmnmkim  «or»- 
To^airi  la  quale  incomincia  con  la  teologia  e  lenisce  con  la 
culinaria  (3)  :  v'hanno  pure  di  lui  altre  opere,  una  delle 
quali  nfni  9uUmt  di  cui  può  vedersi  l'elenco  presso  il  di- 
ligentissimo  Ghoulant  (4).  Di  Michele  Psello  lungamente 

(1)  Del  Palladio  v'  ha  nella  Laurenziana  un  codice  di  cui 
gli  storici  non  fanno  menzione,  ed  è:  In  Galeni  librum  de  Sec- 
tis  enarrationes. 

*(2)  Visse  in  Costantinopoli  aUa   corte  di  Michele  Paleologo 
(1261-1283). 

(3)  Fa&Wc,  Bibl.  gr.  ed.  vet.,  tom.  V.,  pag.  51  e  seg. 

(4)  e  Handbuch  der  Bùcherkande  fùr  die  altere  Medicìn  » 
Leipzig,  1841,  pag.  147. 


139 

e  con  la  solita  dottrina  ha  discorso  V  Hecker  nel  tom.  II 
della  sua  Oeschichte  der  Heilkunde  (1). 

Fra  1  medici  compilatori  meritava  pure  di  essere  ri- 
cordato il  celebre  Fozio,  il  quale  con  il  suo  Myriohiblon, 
avuto  riguardo  alle  caligini  del  IX  secolo ,  cosi  della  me- 
dicina che  degli  altri  studj  si  rese  benemerito:  il  Geissler 
scrisse  una  dissertazione  De  Photii  patriarchae  Constan- 
tinopoU  scientia  medica  (2).  Finalmente  quel  libraccio 
farmacologico,  che  va  sotto  il  nome  di  Herharium  seu 
de  medicaminibus  herbàrum,  non  è  come  crede  il  no- 
stro storico  opera  di  Lucio  Apulejo  di  Madaura,  lo  scrit- 
tore elegante  e  piacevole  dell'  Asino  doro  ;  ma  di  uri 
Lucio  Apulejo  Barbaro,  detto  anche  Platonico,  che  pro- 
babilmente visse  nel  IV  secolo  (3). 

Discorrendo  di  Aezio,  tocca  il  Puccinotti  della  famosa 
peste  di  Procopio  o  di  Giustiniano  (4),  e  ne  tocca  perchò 
a  lui  pare  che  quella  sia  la  medesima  di  cui  ò  parola  nel 


(1)  Berlin  1829,  pag.  290  e  seg.  —  li  Puccinotti  avvisato 
che  ridir/Mx6y  attribuito  a  Psello  è  Io  stesso  epitome  di  Teeo- 
fane  Nonno  poche  righe  più  sopra  citato  ;  nuli'  altro  dice  di 
quest'Autore,  né  delle  opere  sue.  Certo  è  ch'egli  non  visse  ai 
tempi  di  Nonno,  essendo  morto  più  che  ottuagenario  nel  il 05. 

(2)  Lipsiae,  1746,  4.* 

(3)  Intorno  quest'Autore  veggasi  la  Dissertazione  dell'Hen* 
schei  a  Der  àlteste  medicinische  Cedex  der  Breslauer  Universi* 
tàtsbibliothek  >,  nel  1.^  volume  del  Janus,  pag.  639. 

(4)  Questa  peste,  non  fu  già  tra  il  IV  ed  il  V  secolo,  bensì 
nel  VI;  e  nel  543  e  558  menò  indicibile  strage  in  Costantino- 
poli, d'altronde  Aezio  fu  appunto  del  sesto  secolo. 

Il  Puccinotti  poi  avverte  che  la  descrizione  dì  questa  peste 
può  vedersi  in  Procopio,  in  Sprengel,  in  Ozanam  e  De  Renzi: 
ma  perchè  non  ricordare  l'erudito  lavoro  delP  Hecker  cr  Die  Pest 
des  sechsten  Jahrhundert  »;  che  anche  tradotto  in  nostra  lingua 
dal  Passetta  apparve  in  Venezia  nel  1834,  e  quindi  nell*  Anto- 
logia di  Brera  ? 


140 

1  .•  del  Tetrabibilion  al  cap.  XII.  Indi  soggiunge  che  in 
Francia  il  morbo  pestilenziale  si  mostrò  con  molte  e  sva- 
riate eruzioni  esantematiche ,  che  furono  dette  milinae , 
variolae,  corales  pustolae  (pag.  180).  Ma  queste  efflo- 
rescenze, piuttosto  che  sintomi  della  peste  bubbonica,  deb- 
bonsi  riguardare  come  malattie  distinte,  come  vcyuolo, 
secondo  c\e  il  Kra'use  fra  gli  altri  ha  sagacemente  pen- 
sato (1). 

Una  nota  particolare  è  consacrata  alla  collezione  Bi- 
zantina intitolata  gli  Efodi  (2).  «  Gli  efodi  sono  una  com- 
pilazione di  medici  dettami  e  di  pratiche  prescrizioni  ad 
uso  de'  medici  viaggiatori  o  periedeuti,  i  quali  hanno  bi- 
sogno d'un  breviario  o  d'un  manuale  per  ajuto  della  me- 
moria neir  esercizio  girovago  della  professione.  Gli  Efodi 
tradotti  in  arabo  presero  il  nome  di  Zad  el  Moucafir  (3), 
in  latino  ebbero  quello  di  Viaticum  peregrinantium  >. 
Gli  Efodi  adunque  non  sarebbero  opera  dell'  arabo  Abu 
Dschafer  Ahmed,  bensì  opera  greco-bizantina  che  esi- 
steva prima  del  X  secolo  :  i  medici  arabi ,  e  fra  questi 
il  predetto  Abu  Dschafer ,  per  la  difficoltà  di  avere  l'  o- 
riginale  completo ,  raccolsero  e  riunirono  di  nuovo  in- 
sieme gli  sparsi  trattati  del  greco  testo ,  e  li  tradussero 
in  arabo.  Per  altro  egli  consente  che  i  trattati  arabi 
fossero  dì  bel  nuovo  vólti  in  greco:  ma  se  il  Daremberg, 
continua  il  Puccinottì,  ha  dimostrato  incontrastabilmente 
che  alcuni  codici  greci  a  noi  pervenuti  e  rimasti  degli 
Efodi  sono  traduzioni  quasi  tutte  in  origine  dall'arabo; 
esso  non  ha  potuto  in  maniera  altrettanto  convincente  , 


(1)  <  Ueber  das  Alter  der  Menschenpocken  ».  Hanno verM 825, 
pag.  134  e  seguenti.  —  Veggansi  anche  i  miei  Annali  delle  epi- 
demie in  Italia  sotto  gli  anni  569,  571,  580. 

{2)  Forma  il  cap.  VII:  nel  VI  è  detto  degli  Ippiatri  greci 
minori. 

(3)  Leggasi  piuttosto  Zàd  el  Mosafer. 


141 

per  mancanza  delToriginale  arabo  di  Abu  Dschafer,  dimo^ 
strare  che  questo  fu  il  primo  originale  autore  degli  Efodi 
(pag.  221). 

1  greci  posteriori  ed  i  Bizantini,  quantunque  di  Ales- 
sandria ritraessero  gli  avanzi,  non  della  filosofia,  ma  delle 
credenze  e  delle  superstizioni  greco-egizie  ne*primi  anni  e 
ne'primi  scrittori;  erano  pur  sempre,  com'abbiamo  veduto, 
i  più  prossimi  conservatori  della  scienza  clinica  greco-la- 
tina, e  però  le  scuole  d'Occidente   abbracciarono  questi 
modelli  e  ristabilirono  sopra  essi  la  loro  istruzione.  An- 
che l'Oriente  volle  continuare  la  sua  medicina.   «  I  Ne- 
storiani,  gruppo  di  dotti  profughi  ribellatisi  dalla  chiesa, 
aprirono  scuole  in  Persia  con  forme  jeratiche  anch'  essi, 
e  quivi  s'instruirono  gli  Arabi  che  riattaccaronsi,  per  la 
filosofia  e  tutti  i  suoi  parti  mostruosi,  alla  alessandrina 
ermetica  e  talmuddica,    e   per   la  clinica  cavarono  essi 
pure   dai   materiali   bizantini   le  loro  regole.    Sicché  la 
legge  della  continuazione  fu  questa:   che  dalla  medicina 
dell'Oriente  cristiano  in  Bisanzio  due  tronchi  si  divisero, 
r  uno  orientale  che  si  trasformò  in  medicina  arabistica  , 
r  altro  occidentale  di  scuole  monastiche  e  di  clinica  Xe- 
nodochiale  negli  Ospedali  annessi  ai    pii   instituti  mede- 
simi ,  alle  diaconie ,    ai   tempii ,   alle   magioni ,  e  diretti 
dalle  prime  monastiche  società ,  per  assumere  in  seguito 
la  forma  laicale  in  Ginnasii,  Università  e  Nosocomii,  fab- 
bricati, protetti  e  mantenuti  dallo  Stato  (I)  ».  La  grande 
difierenza  fra  i  due  rami  consistette  nei  primi  educatori: 
che  gli  occidentali  ebbero  le  vestigia  de'Padri  nella  scienza 
e  nella  filosofia,  e  gli  orientali  le   ebbero   dalle   filosofie 
alessandrine,  greco-egizie  e  greco-giudaiche.  Ma  se  pres- 
so i  monaci,  ne'monasterj  o  ne' loro  ospedali  ottener  do- 


(1)  Pag.  226,  L.  III.  Medicina  Salernitana.  Gap.  Il,  Monaci 
e  Ospedali. 


142 

vea  la  medicina  la  sua  nuova  depurazione,  spogliarsi  di 
tutto  il  simbolico  e  superstizioso  delle  false  scuole  pa- 
gane, ritemprarsi  nello  spirito  di  carità  (pag.  225)  ;  per- 
chè tutto  questo,  può  chiedersi  al  Puccinotti,  precisa- 
mente nel  tronco  occidentale  della  medicina  bizantina 
dev*  esser  avvenuto.  Perchè  non  piuttosto  nelV  orientale^ 
quando  appunto  TOriente  fu  culla  ed  il  pid  vasto  teatro 
del  monachismo.  Vero  è  che  poco  appresso  l'assoluta  sen- 
tenza è  alquanto  modificata  (pag.  229)  :  anzi  il  nostro  Au- 
tore è  d'avviso,  che  dagli  ospedali  monastici  deirOriente 
venisse  passo  a  passo  a  quelli  d'Occidente  la  mu>va  medi-* 
dna,  alla  cui  povertà  scientifica  suppliva  la  filosofia  pra- 
tica e  l'impulso  della  carità. 

Invece  negli  ospedali  laicali,  che  pur  esistevano  in 
buon  numero,  era  ancora  delF asiatico;  imperocché  è  da 
credere  che  i  medici  che  li  governavano,  quantunque  igno- 
riamo chi  fossero^  non  altra  medicina  esercitassero  in  fuori 
di  quella  che  ci  è  nota  dei  bizantini;  medicina  la  quelle 
ritiene  sempre  un  cotal  poco  delV  asiatico  e  indietreg^ 
già  verso  le  alessandrine  scuole. 

Ma  che  sappiamo  noi  della  medicina  degli  ospedali  mo- 
nastici d'Oriente,  se  dessa  non  ebbe  letteratura,  né  col" 
lezioni  cliniche  proprie,  né  forma  ginnasiale  f  II  nostro 
storico  dice  che  in  questi  ospizj  la  medicina  era  meno 
fastosa  che  altrove,  più  semplice ,  né  si  atteneva  ad  al- 
tre regole  pratiche,  che  a  quelle  di  qualche  compendiata 
medicina  latina,  e  ciò  perché  erano  diretti  da  monaci 
(pag.  230).  La  quale  ragione,  oltre  che  non  appaga,  fa- 
rebbe pur  credere  che  tutt' altra  fosse  quella  medicina, 
quando  leggiamo  ne'  Cronisti  di  che  sorta  fossero  le  cure 
che  facevansi  nelle  chiese,  e  nei  chiostri  della  stessa  Europa; 
dove  la  superstizione,  per  quanto  fosse  grande,  anche  nei 
secoli  più  tenebrosi,  non  giunse  al  grado  che  toccò  nel- 
l'Oriente, padre  di  ogni  superstizioso  vaneggiamento.  D' al- 
tronde frati  e  preti  fanno  parte  delle  suddetta  schiera  dei 


143 

medici  compilatori  o  bizantini,  i  cui  amoreggiamenti  con 
le  dottrine  asiatiche  più  e  più  volte  il  Paccinotti  ha  cen- 
surato (1).  Che  se  coU  la  cosa  fosse  stata  come  a  questo 
piace  supporre,  allora  la  medicina  cristiana  non  sarebbe 
venuta  in  Occidente  soltanto  iu  getme  (  pag.  230),  ma 
del  tutto  formata,  perchè  in  niun  altro  luogo  come  in 
Oriente  trovava  la  medicina  antica  miglior  modo  e  più 
larghi  mezzi  per  rinnovarsi,  purificandosi  nel  monachismo^ 
se  questo  ne  dovea  essere  il  salutare  lavacro.  E  valga  il 
vero:  i  discepoli  di  S.  Antonio,  di  S.  Ilarione,  di  S.  Ba- 
silio, dopo  aver  popolato  le  arene  della  Libia,  le  solitudini 
della  Tebaide,  della  Palestina,  del  Ponto,  riversarono  le 
prolifiche  loro  colonie  in  tutte  le  città  del  Nilo,  del  Bo- 
sforo ed  in  quelle  persino  dell'Etiopia.  La  filosofia  dei  Pa- 
dri, quella  che  dovea  reggere  la  scienza  cristiana,  s'inse- 
gnava nella  celebre  scuola  catechetica  d'Alessandria,  in 
Antiochia,  in  Cesarea,  in  Nisibi,  in  Edessa,  in  Seleucia  ed 
in  tanti  altri  seminarj.  Gli  ospedali  monastici  fin  dalla  metà 
del  IV  secolo  numerosi  s  aprivano  all'  arte  benefica  dalla 
carità  santificata;  e  dei  cento  e  più  monasterj  esistenti  in 
Costantinopoli  dai  primi  anni  dell'impero  sino  alla  fine, 
rammentati  dagli  storici  bizantini,  parecchi  di  essi  conte- 
nevano nosocomj.  I  monaci  poi,  oltre  che  per  l' immenso 
numero,  erano  per  ricchezze  e  per  credito  potentissimi, 
può  dirsi  eh'  eglino  regolassero  si  la  vita  domestica,  che 
le  faccende  dello  Stato.  Simeone  Stilita,  il  povero  pastore 
della  Siria,  dall'alto  della  sua  colonna  vedeva  Teodosio 
il  Giovine  venirgli  innanzi  per  chiedergli  consiglio;  tor- 
me di  pellegrini  giungere  da  lontane  regioni  per  venerarlo, 
ed  intere  tribù  disputarsi  coU'armi  l'onore  della  sua  be- 


(1)  P.  es.  Melezio  monaco  di  Tiberiopoli  nella  Frigia,  Mer- 
curio monaco  greco,  Niceforo  patriarca^  Giovanni  vescovo  pri- 
sdrianense ,  Massimo  Pianude  monaco ,  ecc. 


144 

nedizione.  Grandissima  pure  era  la  potestà  del  clero;  ed 
i  patriarchi  della  tempera  d*  un  Cirillo  disputavano  agli 
ufficiali  il  governo  delle  provincie,  o  la  facevano  da  pa- 
droni in  corte.  —  Tutto  adunque  concorreva  perchè  la 
medicina  ecclesiastica  soprastasse  alla  laicale:  nò,  se  que- 
sta fosse  stata  sostanzialmente  diversa  dalFaltra,  lo  spi- 
rito d'intolleranza  Tavrebbe  sofferta,  bensì  come  eretica 
condannata. 

Non  per  tanto,  malgrado  le  tante  chiese  ed  i  tanti 
conventi,  di  cui  uno  anche  per  gli  eunuchi  (1),  la  medi- 
cina non  ebbe  in  Bisanzio,  sono  parole  del  Puccinotti, 
filosofia  che  la  reggesse^  e  di  cristiano  altro  non  tenne 
che  l'ostentazione  del  prodigioso  nei  medicamenti!  Ed 
anche  soggiunge  che  quella  nel  fasto  delle  corti  di  Co- 
stantino, di  Giustiniano,  de' Micheli,  de*Comneni,  de'Pa- 
leologhi  non  potè  assumere  tutto  il  suo  vero  carattere 
cristiano  (  pag.  224).  Ma  più  che  il  fasto,  che  dappertutto 
non  poteva  essere,  erano  le  condizioni  civili  e  morali  del- 
l' impero  bizantino ,  le  tendenze  degl'  intelletti ,  lo  stato 
degli  animi  che  tenevano  care  le  superstizioni,  dilettevoli 
le  sofisticherie;  che  alla  semplice  ricerca  del  vero,  alla 
vita  operosa  anteponevano  garrule  dispute,  gonfie  fanta- 
sie, sterili  speculazioni.  Erano  principi  teologi  e  contro- 
versisti ,  ora  iconoclasti ,  or  iconolatri  ;  ma  presso  che 
sempre  tiranni  soggetti  alla  loro  volta  a  femmine  ambi- 
ziose ,  a  cupidi  eunuchi ,  a  monaci  fanatici  e  litigiosi  : 
erano  sudditi  ognora  schiavi,  ma  che  pur  prendevano 
le  armi  per  regolare  il  computo  pasquale  e  la  durata 
del  digiuno  quaresimale;  che  con  indifferenza  vedevano 
avanzarsi  i  barbari  ed  ogni  giorno  qualche  provincia 
andare    perduta,    mentre    che   s'  infervoravano    per   le 


(1)  Fabbricollo  Leone  VI,  detto  il  Filosofo.  (Incerti  contin. 
Thcophanis  Chronogr.  Hist.  Byzant.  Ed.  Venet. ,  XIV,  467). 


145 

querele  dogmatiche ,  e  volevano  pregustare  le  celestiali 
beatitudini  contemplando  la  divina  luce  del  monte  Tabor, 
e  cercando  Tanima  neir  ombellico.  Orsù,  qual  novello  im- 
pulso, qual  soffio  di  vita  potè  vane  ricevere  la  scienza?  I 
Greci  eransi  fermati,  anzi  arretrati,  intanto  che  i  Latini 
facevano  rapidi  progressi;  progressi  animati  dallo  spirito 
di  emulazione  e  d*  indipendenza  «  onde  il  piccolo  mondo 
racchiuso  entro  i  limiti  dell*  Italia  contenea  più  popola- 
zione e  parti  d*industria  che  non  V  impero  spirante  di  Co- 
stantinopoli (1)  ».  Il  Puccinotti  dovea  tener  conto  di  que* 
ste  condizioni  sociali  e  deirindole  stesàa  intellettuale  dei 
popoli  latini;  egli  che  pur  ammise  che  la  medicina,  pu- 
rificatasi una  prima  volta  passando  dair  antico  Oriente 
nella  Grecia^  una  seconda  depurazione  religiosa,  ed  in- 
sieme rigenerazione  civile  e  scientifica,  incontrasse  nella 
Roma  pagana. 

Laonde  non  parrebbe  che  gì*  insegnamenti  dei  Padri 
fossero  stati  cosi  efficaci,  come  si  vuole,  nel  promuovere 
r  auspicato  depuramento  della  scienza  della  salute  (2).  E 
d*  altra  parte  se  la  medicina  monastica  orientale  non  si 
atteneva  ad  altre  regole  pratiche,  che  a  quelle  di  qual^ 
che  compendiata  medicina  latina ,  siccome  fu  detto  di 
sopra,  che  bisogno  e* era  di  cercare  il  germe  della  me- 
dicina occidentale  de*  tempi  di  mezzo  nei  cenobj  della  Te- 
baldo, 0  negli  eremi  della  Mesopotamia?  Quando  mai  la 
medicina  abbandonò  1*  Occidente  perchè  più  tardi  vi  fa* 
cesse  ritorno  (3)?  E  poiché  la  scuola  d*Oribasio  non  in-" 

(i)  Gibbon,  Stor.  della  Decad.  dell'impero  Romano  ».  C.  LXVL 

(2)  Ricordiamo  pure  le  precitate  parole  dei  Puccinotti,  che 
in  Alessandria  la  teologia  cristiana  non  poteva  supplire  ai  di- 
fetto delle  matematiche  nello  studio   delia  natura. 

(3)  li  1.^  capitolo  di  questo  III  libro  è  intitolato:  «Ritorno 
della  medicina  in  Occidente  ».  —  Un  pò  sopra  fu  anche  detto 
che  medici  latini  erano  tra  i  Compilatori. 

AiWALi.  Voi.  COL  io 


!46 

tendeva  filoso/la,  era  rimosso  il  pericolo  ch'ella,  quan* 
tunque  laicale,  fosse  bandita  dagl' instituti  religiosi;  che 
se  nella  terapeutica  serbavasi  alessandrina  e  supersti^ 
ziosa,  ciò  non  &cea  difetto:  <  posti  da  parte  gli  Dei,  i 
semidei,  gli  eonj  e  i  demiurghi,  si  convertirono  i  simboli 
e  prodigj  del  nuovo  culto,  e  i  nomi  dei  Santi  e  dei  Re 
sottentrarono  nella  credulità  farmaceutica  ad  assumere 
r ideale  e  portentosa  forza  di  medicare  (1)  ».  Di  .fatti 
tale  medicina  dovea  parere  si  poco  eretica  o  pagana,  che 
i  vescovi,  mentre  agli  ospedali  (nosocomj),  ed  agli  ospizj 
per  i  poveri  e  pellegrini  (  xenodochj  )  preponevano  preti 
0  monaci,  chiamavano  laici  a  curare  gì*  infermi.  Su  tale 
proposito  non  so  trattenermi  dal  ricordare  come  S.  Gio- 
vanni Grisostomo ,  data  la  direzione  degli  ospedali  ch^ 
aperse  in  Costantinopoli  a  due  pii.  sacerdoti,  chiamò  me^ 
dicos  et  coquos  atque  bonos  opifices  e  coelibum  or^ 
dine  ad  eorum  ministerium,  ut  advenientes  hospiles 
et  morbo  correpti  ourarentur  (2).  Parimente  non  erano 
chierici  que' servi  e  que' medici  che  nel  xenodochio  di  Me- 
rida  prestavano  l'opera  e  le  cure  loro  ai  pellegrini  ed  agli 
infermi  ;  ed  ai  quali  il  vescovo  Masona  ordinò  che,  andando 
ognora  attorno  per  la  città,  quemoumque  servurri,  seu  li^ 
berum,  Christianum  seu  Judaeum  reperissent  aegrum, 
ulnis  suis  gestantes  ad  Xenodochium  deferrent:  stra- 
minibus  quoque  lectulis  itidem  praeparati  eumdem  in-* 
firmum  ibidem  superponentes  cibos  delicatos,  et  nitidos 
eousque  praeparantes ,  quosque  cum  deo  aegroto  ipsi 
salutem  pristinam  reformarent  (3).   La   qual  cosa  fa- 

(1)  Pag.  224.  —  Ivi  è  pur  detto  che  a'  Greci  posteriori  il 
nuovo  culto ,  invece  di  correggere ,  servì  loro  di  mezzo  per 
mantenere  le  esagerazioni  terapeutiche. 

(2)  Palladii,  Episcopi  Helenopoiìtani,  De  vita  S.  ChrTsostomi. 
Dialogus.  Luteciae  Parisior.  1680,  pag.  46. 

(3)  Paulli  Diaconi.  <  De  vita  Patram  Emeritensium  Opuse. 


147 

rèbbe  pur  credere  che  entro  i  monastèrj  non  s*  educas- 
sero medici  in  tanto  numero,  che  ai  bisogni  degli  ospe- 
dali YescoYÌli  bastassero.  Stando  invece  al  Puccinotti  nel 
grande  ospitale  di  Cesarea  sarebbe  stata  una  scuola  o 
clinica  medica  9  dove  S.  Basilio  istruito  nella  medicina 
era  il  primo  medicatore  ed  agli  altri  maestro  (  pa- 
gina 227). 

Ma  le  parole  di  S.  Gregorio  Nazianzeno,  se  attestano 
che  quel  pio  e  dotto  uomo  conobbe  la  medicina,  come 
filosofia  e  come  scienza,  nello  stesso  modo  che  aveva  ap- 
preso l'astronomia,  la  geometria  e  Taritmetica,  non  con- 
fermano ch'esercitasse  la  medicina;  imperocché  veramente 
non  può  dirsi  medico  colui  che  ,  ammaestrato  dai  proprj 
mali,  sa  ai  medesimi  procacciare  alcun  sollievo  (1):  nò 
parmi  che  espressione  dell'amor  fervido  dell'arte  fos- 
sero i  baci  che  il  nobilissimo  vescovo  dava  ai  malati 
siccome  a' fratelli;  bensì  dello  spirito  di  carità  ch'esso 
voleva  trasfondere  in  colóro  che  gl'infermi  stessi  doveano 
curare.  «  Verum  per  philosophiam  suam  hoc  aliis  prae- 
scribens,  ut  ad  aegrorum  corporum  curationem  accedere 
non  vererentur  (2)  >.  ' 


Gap.  IX.».  In  Aguirre,  Gollect.  Concilior.  Hisp.,  II,  647  (Ro- 
mae,  1694),  e  qaindi  riferito  dall' Heusinger  nell' e  Ein  Beitrag 
zur  àltesten  Geschichte  der  Krankenbàuser  im  Occidente  (Janus  I, 
771)  ».  —  Masona  fu  vescovo  dal  573  circa  fino  al  606. 

(1)  S.  Gregor.  Nazian.  ,  Op.  omn.  Coloniae  1620,  T.  I, 
Orat.  XX,  pag.  333.  —  Lo  stesso  S.  Basilio  scriveva ,  essendo 
già  vecchio,  ch'egli  sin  dalla  prima  infanzia  era  stato  ognora 
malaticcio.  (Epist.  CCIII.  In   Op.  omn.  Paris,  1730,  III,  299). 

(2)  S.  Gregor.  Nazianz.,  Op.  e,  pag.  360.  —  Crede  il  PUc- 
cinotti  di  essere., stato  il  primo  de' medici  a  ricordare  che  S. 
Basilio  fu  medico  e  filosofo ,  ed  a  lui  si  deve  la  fondazione 
d'un  grande  ospitale  nei  sobborghi  di  Cesarea:  ma  ,  oltre  che 
r  Eloy  registrava   nel    suo    Dizionario    il    vescovo    di   Cesarea , 


148 

Con  ciò  per  altro  non  vuoisi  negare  che  nei  monasterj 
orientali  non  si  coltivasse  la  medicina;  solamente  dob* 
biamo  guardarci  dall' esagerarne  l'importanza.  Del  che 
accortosi  eziandio  il  nostro  Autore  nel  IV  capitolo  in  cui 
parla  <  Del  genere  sempre  misto  della  medicina  jeratica  e 
laicale  tanto  presso  i  monaci  che  presso  i  cavalieri  geroso- 
lomitani  »,  conchiudeva:  che  come  la  medicina  jeratica,  non 
potò  sempre  star  chiusa  nei  Serapei  e  negli  Àsclepj ,  ma 
da  questi  i  medici  escivano  a  curare  al  di  fuori ,  dal  di 
fuori  i  medici  entravano  a  curare  e  ad  ammaestrarsi  ivi 
entro;  lo  stesso  e  più  prestamente  avvenne  negli  ospe* 
dali  monastici  del  medio  evo.  E  però  ai  troppo  favoreg- 
giatori del  monachiamo  non  tace,  che  i  sodalizj  mona- 
stici nosocomiali  ebbero  perpetua  ed  assoluta  necessità  di 
ajuti  dai  medici  laici.  <  Allorché  adunque  si  parla  di  me^' 
dicina  monastica,  si  parla  di  una  medicina  non  esclusi- 
va,  ma  confederata  alla  laicale,  ed  assunta  dai  monaci 
per  renderla  caritatevolmente  più  diffusa  e  più  benefica 
nella  classe  povera,  e  per  immedesimare  colla  scienza  il 
carattere  del  nuovo  spirito  .religioso  (p.  243)  ». 

Negli  Ordini  equestri  del  medio  evo  ei  trova  la  ra- 
gione e  la  forma  del  transito  della  medicina  monastica 
alla  laicale  (pag.  242),  colla  quale  infine  quella  si  con- 
fonde. Il  sacerdote  medico,  il  sacerdote  che  assume  ogni 
ordine  di  sapienza  civile,  appare  tanto  ne'  secoli  di  civiltà 


r  Hecker  fin  dai  1834  nella  Medicin.  Zeitung  dea  Vereins  far 
Preu89en  (N.  21)  pubblicava:  <  Nachrichten  aber  den  Ursprung 
der  christlichen  Krankenpflege  insbesonder  ùber  die  vom  beili- 
gen  BasiliuB  in  IV  Jabrhundert  gegrundeten  Krankenanstalten 
in  Kappodocien  >.  -^  Di  tale  ospizio,  o  ptocotrofìo,  e  del  mona- 
stero che  v'era  unito  fu  fatto  rettore  vir  eaxù/tiae  virtutiSy  Sa* 
eerdos  nomine;  e  S.  Basilio  v'andava  spessissimo  tanto  ut paifr 
perum  curam  gereretj  quanto  ancora  ut  monasterium  inviseret» 
(Vita  S.  BasiliL  Io  S.  Basilii  Op.  orna. ,  III,  p,  CXV). 


149 

incipiente ,  che  negli  altri ,  come  il  medio  evo,  di  civiltà 
trasformantesi  per  rinnovamento  di  religione.  Ma  viene 
il  tempo  in  cui  la  civiltà  fatta  adulta,  o  trasformata, 
non  più  consente  che  il  reggimento  politico,  il  religioso 
ed  il  sanitario  stiano  nella  stessa  mano.  À  sentire  il  Puc- 
cinotti  i  chierici  senza  dolersene  deposero  le  molteplici 
potestà  «  fissi  senza  posa  mirando  al  fine  eh*  era  quello 
di  stampare  indelebilmente  e  sopra  ogni  cosa  r  impronta 
cristiana,  nel  resto  invocavano  e  prendevano,  confederan- 
dosi, ajuto  in  tutto  e  da  tutti  (pag.  243)  ».  Rara  inge- 
nuità, 0  singolare  oblio  della  storia!  E  quando  questa 
noi  dicesse,  come  può  credersi  che  la  chierisia,  la  quale 
avea  detto  ogni  umana  creatura  dover  esserle  soggetta 
per  ottenere  salute  (1) ,  a  malincuore  non  vedesse  sorgere 
la  potenza  laicale ,  e  non  s*  adoprasse  di  contrastarle  il 
dominio  ì 

Ma  i  Cavalieri  di  S.  Giovanni,  di  S.  Lazzaro  e  di 
S.  Benedetto  se ,  dedicandosi  co*  monaci  alla  cura  de*  pel- 
legrini infermi  e  de'  militi  crociati  feriti ,  ripresero  Varte 
medica  e  chirurgica  e  rinascer  fecero  i  fatti  nella  pu^ 
rezza  loro  (p.  47),  ben  presto  ebbero  d'uopo  di  medici 
che  all'ordine  non  appartenevano.  Lo  statuto  dei  Gioan- 
niti,  compilato  nel  1181,  ammetteva  che  per  l'ospitale  di 
Gerusalemme  fossero  stipendiati  quattro  esperti  medici 
che  sapessero  conoscere  le  qualità  dell'orina,  le  diverse 
malattie,  ed  anche  preparare  i  medicamenti  (2). 

(1)  «...  Porro  sabesse  Romano  Pontifici  (diceva  Bonifa-* 
zio  Vili  nella  famosa  Bolla  Unam  sanctam,  ecc.)  omnem  ha- 
manam  creaturam  declaramus,  dicimus,  et  defìnimus  omnino 
esse  de  necessitate  salutis  (In  Dupuy,  «  Hist.  du  différend 
d'entre  le  pape  Boniface  Vili  et  Philippe  le  Bel ,  roy  de  Fran- 
ce,  etc.  >.  Paris,  1665.  Preuves,  pag.  54.  —  Tosti,  a  Storia  di 
Bonifazio  Vili  ».  Monte  Cassino,  1846,  tom.  II,  pag.  153)  ». 

(2)  Haeser,  e  Geschichte  cristlicher  Krankenpflege  und  Pfle- 
gerschaften  >.  Berlin,  1857,  pag.  116-119. 


1«0 

Rispetto  air  origine  degli  ospedali^  il  Paceinotti  scrive 
che  gli  eterici  e*  ingannano  quando  dicono  che  quelli  co- 
minciarono dai  cristiani.  «  I  cristiani  li  aprirono  a  tutte  ' 
le  classi  sociali  e  massimamente  ai  poveri:  vi  fecero  en- 
trare la  croce  e  la  carità;  ma  come  stabilimenti  per  gli 
infermi,  Xenodochia,  Nosocomia,  essi  esistevano  già  in 
tutti  i  Serapei,  gli  Àsclepii  e  i  Ginnasii  dell' antichità* 
E  quando  Basilio  ne  eresse  e  converti  il  primo  alle  opere 
di  carità  cristiana  in  Cesarea,  sussistevano  ancora  in  Ales- 
sandria, in  Pergamo^  in  Atene,  Smirne,  benché  disastrati 
e  in  rovina,  i  Xenodochii  dei  gentili  (p.  Ili)  ».  Avrebbe 
potuto  altresì  aggiungere,  che  molto  prima  dell'era  nostra 
presso  gl'Indiani  trovansi  instituti  che  ai  nostri  rico- 
veri ed  ospitali  benissimo  corrispondono  ;  non  già  che  i 
cristiani,  come  vorrebbe  l'Heusinger,  da  quelli  derivas- 
sero i  loro  zenodochj  e  nosocomj  (1):  egli  dimenticava  i 
Valetudinarj  de'  Romani,  e  che  la  misericordia  e  la  ca- 
rità non  sono  unicamente  inspirate  dal  Buddismo,  ma 
sorgono  pure  spontanee  dal  cuore  umano.  Anche  nell'an- 
tico Messico  erano  ospitali  e  ricoveri  per  i  soldati  inva- 
Udi  (2). 

Come  la  pensi  l'illustre  nostro  storico  intorno  l'ori- 
gine della  Scuola  Salernitana  (argomento  sul  quale  gli 


(1)  In.  Janus  I,  855;  II,  393. 

(2)  a  I  must  not  omit,  dice  Prescott,  to  notice  here  on  insti- 
tution,  the  introduction  of  wich,  in  the  Old  World  is  ranged 
among  the  beneficient  fruits  of  Christianity.  Hospitais  were  està- 
blished  in  the  princìpal  cities  for  cure  of  the  sick,  and  the  per- 
manent  refuge  of  the  disables  soldier;  and  surgeon  were  pla- 
ced  over  them  <  vho  were  so  far  beter  than  those  in  Europe  », 
says  an  old  chronìcler,  that  they  did  not  protract  the  cure,  in 
order  to  increase  the  pay  (a  History  of  the  Gonquest  of  Mexico  ». 
New-Yorck,  1843,  I,  48.  —  »  Aztec  Civilization  »,  pag.  309. 
Account  of  Montezuma)  ». 


151 

storici  della  medicina  hanna  lungameute,  ed  in  questi  ul- 
timi  giorni  ancora  con  molto  calore  disputato)  per  le  cose 
dette  agevolmente  può  arguirsi;  ma  i  lettori  degli  An^ 
nuli  debbono  altresì  saperlo,  perchè  io  ne  toccai  discor- 
rendo del  libro  del  Dareraberg  La  Médecine,  Histoire 
et  doctrines  (1).  Il  bibliotecario  della  Mazzarina,  dividendo 
r  opinione  del  nostro  De  Renzi  (2)  e  di  Enrico  Haeaer,  pro- 
fessore a  Breslavia  (3),  crede  che  laicale  fosse  T  origine  e 
laicale  la  costituzione  della  celebre  scuola ,  benché  mo- 
naci e  preti  secolari  abbiano  praticato  ed  insegnato  la 
medicina  a  Salerno,  e  v*  abbiano  composto  opere.  Il  Puc- 
cinotti  invece  sostiene  che  la  medicina  salernitana  è  il  pro- 
dotto delle  scuole  Benedettine  di  Monte  Cassino  e  di  Sa- 
lerno,  e  più  precisamente  <  la  Scuola  detta  Salernitana  è 
Benedettina  e  Cassinense  di  origine,  è  Benedettina  dal  se- 
sto al  duodecimo  secolo,  e  da  questa  monastica  scuola  di 
genere  misto ,  dai  medesimi  institutori  aperta  prima  in 
Monte  Cassino,  poscia  in  Salerno,  venne  fuori  la  forma 
completa  laicale  che  assunse  la  Scuola  Salernitana  nel 
secolo  decimoterzo  ».  Né  soltanto  su  questo  punto  il  pro- 
fessore di  Storia  della  medicina  nell*  Istituto  di  Firenze  è 
discorde  dal  professore  del  Collegio  di  Francia:  cosi  men- 
tre quegli  dà  merito  al  monaco  Costantino  d'avere  scritto 
del  proprio  parecchie  opere,  fra  le  quali  il  Viaticum^  e 
fors'  anche  i  libri  De  Choitu  e  De  Anatomia  (4)  ;  questi 


(1)  «  Ann.  univ.  di  Med.  »,  voi.  CXCIII. 

(2)  e  Stor.  docum.  della  scuola  medica  di  Salerno  »  ;  ateoinda 
edizione,  pag.  147. 

(3)  e  Ueber  die  mediciniscbe  Lehranstalt  zu  Salerno  and 
ifar  Verfa&ltntss  za  den  Mdnóhsdchulen  des  Mittelalters  ».  (In 
Jan  US  N.  F.  Gotha,  1851,  I,  88). 

(4)  C.  XIX.  Se  il  Viaiieum  di  Oostantino  sia  opera  origi- 
nale :  •—  Viatici  peregìHnantium  (gli  Efodi)  fragmentum  ex 
Cod.  4)  piut.  75.  Bihliothecae  Mediceo^ Laurentianae  (in  gre*^ 


152 

invece  assevera  che  Costantino  nulla  o  qaasi  nulla  ha 
composto  di  «uo,  che  tutte  le  sue  opere  sono  traduzioni 
0  plagj  destramente  mascherati,  e  finalmente  ch'egli  ha 
tradotto  dall'arabo  e  non  dal  greco.  E  poichò  il  Pucci- 
notti  dichiara  essere  cosi  convinto,  massimamente  per 
Tesarne  ed  il  confronto  fatto  del  Viatico  latino  del  Co- 
dice Riccardiano  col  Viatico  greco  del  Codice  della  Bi- 
blioteca Laurenziana;  vedremo  se  lo  stesso  Daremberg, 
pubblicando  le  sue  Lezioni  di  Storia  della  medicina,  tenga 
sempre  ferma,  malgrado  le  nuove  ragioni,  la  prima  sua 
opinione,  cioè  che  il  Viaticum  Costantiniano  sia  la  tra- 
duzione latina  dell'arabo  Viaticum  peregrinantium ,  che 
veramente  sarebbe  l'originale,  secondo  che  anche  più  so- 
pra fu  enunciato:  nò  in  altro  modo  che  per  l'attento 
confronto  dei  varj  codici  può  questo  decidersi.  Inoltre 
per  il  Puccinotti ,  Costantino  non  solo  è  autore  originale 
ma  anche  capo  scuola  ;  il  quale  allargò  le  teoriche  gale- 
niche sicché  fossero  affatto  escluse  le  antiche  traccio  di 
metodismo  sino  allora  conservate  dagli  scrittori  salerni- 
tani (1).  E  notisi  che  la  questione  dei  meriti  del  monaco 
Cassinense  dal  nostro  storico   con  ingegnoso  artifizio  ò 


co).  Viatieum  Costantini  4x  Codice  Riccardiano^  922,  a.  5  (lo 
stesso  frammento  in  latino). 

C.  XX.  Di  altri  due  libri  forse  originali  di  Costantino:  il 
libro  De  Chòitu  e  1* altro  De  Anatomia.  Frammento  intitolato: 
Costantini  Anathomia. 

(1)  "^a  scuola  di  Costantino  forma,  secondo  il  Puccinotti, 
il  3.^  periodo  delia  Scuola  Salernitana  che  da  Garioponto  va 
iìao  a  tutto  il  secolo  XII,  la  sua  Scuola  non  si  eccUssa  che 
quando  Varabismo  soperchia,  e  la  filosofia  scolastica  sommerge 
la  scienza  nel  frastuono  di  vani  argomenti  e  parole  (p.  317). 
—  Il  1.®  periodo  è  V  empirico  e  nosocomiale  della  Medicina  de* 
Monaci;  il  2.^  da  lui  detto  periodo  de'  Codici  Cassinensi  ,  va 
dal  IX  al  principio  dell' XI  secolo  ed  è  chiuso  da  Garioponto* 


(4)  Pag.  318,  331. 

(2)  P.  e.  Simone  da  Genova  che  fa  cappellano  di  Nicolò  IV. 

(3)  «  De  vìribas  illustris  Gassinensibus  ».  In  Graeviì,  <  The- 
saa^,  antiq.  et  histor.  ».  Tom.  IX,  P.  I,.  368. 


153 

collegata  con  T altra  dell* origine  della  Scuola  di  Salerno: 
questa,  ei  dice,  si  ò  voluta  laicale,  e  quello  affatto  an» 
nientare  per  la  stessa  tendenza  morale  del  secolo  no- 
stro, r  avversione  ai  monaci  ed  al  monachismo  (1).  Ma 
quei  biasimi  non  sono  nuovi;  e  nel  secolo  XIII  e  XIV 
glieli  mossero  anche  uomini  di  chiesa  (2):  crede  poi  dav- 
vero il  Puccinotti  che  sia  giudizio  di  storia  imparziale 
chiamare  Costantino,  siccome  fece  il  suo  confratello  Pie- 
tro, diacono  da  Monte  Gassino,  orientis  et  occidentis  ma" 
gister,  novusque  effulgens  Hippocratesf  (3).  Per  altro 
non  può  negarsi  che  la  critica,  si  antica  che  nuova,  non 
siasi,  quasi  con  certa  compiacenza,  sbracciata  intorno  al  'j 
povero  monaco  Cassinense,  mentre  con  altri  fu  meno  cu-  '- 
riosa,  0  più  indulgente.  j 

Ma  è  pur  bene  sentire  con  le  parole  stesse  del  ohia-  | 
rissimo  storico  come  la  Scuola  Salernitana  finisse,  e  quali 
ne  fossero  i  meriti.  <  Egidio  di  Corbeil ,  Matteo  Salomone 
e  Ruggero  da  Parma  abbandonano  la  cadente  scuola  mo- 
nastica per  recarsi  a  diffonderne  altrove  i  ricevuti  am- 
maestramenti, e  rappresentano  il  trasportarsi  della  stessa 
scienza  dal  Didascaleon  cassinense  e  salernitano  nelle 
Università  e  negli  ospedali  laicamente  condotti.  La  sto- 
ria non  considera  più  la  medicina  salernitana  che  come 
uno  studio  municipale.  Essa  ha  perduto  per  sempre  la 
sua  generale  influenza  sull'andamento  della  scienza  in 
Europa.  Ma  essa  fu  la  conservatrice  della  igiene  cristiana 
già  fondata  da  Clemente  Alessandrino,  ed  ha  il  merito  di 
aver  retto  questo  supremo  principio  della  scienza  sanitaria 
che  si  lega  colla  legge  e  con  Dio.  EBsa  ha  il  merito  di 
aver  conservato  il  principio  della  forza  attiva   della  vi- 


154 

ta ,  rilevato  dalle  dipinture  ippocratiche  dello  stato  mor- 
boso, e  valutato  nelle  cure  e  nei  concetti  delle  digestioni 
ed  espulsioni  della  morbosa  materia,  fondamento  anche 
esso  di  cristiana  filosofia,  poiché  il  principio  attivo  della 
vita  porta  con  sé  la  prova  della  creazione.  Ricca  di  mezzi 
e  potente  di  relazioni  la  monastica  scuola  organizzò  e 
sostenne  ne*  secoli  i  più  oscuri  il  medico  sodalizio  con 
isplendidezza  di  opere  e  d*  insegnamento.  Raccolse  dal 
prossimo  greco  impero  tutti  i  migliori  avanzi  della  me- 
dicina greco-latina  e  li  adunò  ne*  suoi  Godici.  Apri  e  so- 
stenne farmacie  ed  ospedali  e  balnearj  stabilimenti,  dove 
empiricamente  prima  e  colla  scienza  Galenica  dopo,  ven- 
nero praticate  la  medicina  e  la  chirurgia  con  limitato  sa- 
pere; ma  con  illimitato  zelo  e  carità.  A  differenza  de*  Bi- 
zantini e  de'  minori  Greci,  ì  monaci  e  laici  maestri  si 
Cassinensi  che  Salernitani ,  come  accesi  di  vero  spirito  cri- 
stiano, respinsero  cabale,  magie,  astrologie  ed  altre  scienze 
false  dalla  loro  arte  medica.  Furono  insomma  conserva** 
tori  e  depuratori  della  medicina  bizantina,  ed  i  primi  che 
offerirono  air  Europa  il  modello  d*  un  monastico  institu- 
to,  che  era  insieme  Ginnasio  di  medicina  nosocomiale  cat- 
tedratica (pag.  383)  ». 

I  meriti  della  Scuola  Salernitana  sono  grandi  senza 
dubbio,  e  noi  italiani  dobbiamo  considerarli  come  patria 
gloria:  nulladimeno  non  dobbiamo  innamorarcene  da  pa- 
rere, nell'esporli,  più  che  storici ,  panegiristi.  Ducimi 
che  i  limiti  imposti  mi  vietino  di  fermarmi  anche  per 
poco  intorno  le  principali  opere  dei  maestri  salernitani, 
onde  mostrarne  i  reali  pregj.  Neppure  prenderemo  lo 
spasso  di  rammentare  come  nella  Civitas  hippocratica 
s'insegnasse  il  modo  d'accattare  riputazione,  di  cogliere 
tutto  l'onore  della  cura  se  felice,  e  di  schivare  ogni  bia- 
simo se  sfortunata.  Per  la  stessa  ragione,  e  fors' anche 
per  fare  omaggio  al  pudore,  taceremo  i  precetti  che  da 
quei  bravi  professori  e  da    quelle  venerande  matrone 


155 

(giacché  queste  pure  vi  tenevano  cattedra,  siccome  un 
pò  più  innanzi  vedremo)  erano  dati  onde  tentare  di  te- 
ner fermo  il  volubile  Cupido,  di  rendere  Venere  feconda, 
e  di  accrescere  gli  amorosi  diletti.  Altrove  ebbi  occa- 
sione di  mostrare,  che  se  la  Scuola  Salernitana  ha  il  me- 
rito grandissimo  di  avere  consertato  la  buona  medici'* 
na,  i  suoi  discepoli  non  sempre  praticarono  Varte  eoa 
illimitato  zelo  e  carità  (1).  E  per  vero  nel  Flos  medi'^ 
cinae  della  Scuola  di  Salerno  è  al  medico  raccomandato 
di  chiedere  il  prezzo  delle  sue  cure  allora  che  maggiore 
è  lo  spasimo,  anzi  di  voler  pegno  che  assicuri  le  promesse 
strappate  di  mezzo  allo  strazio  de*  visceri  (2)  :  e  perchè 
queste  raccomandazioni  son  fatte  anche  da  Egidio  Cor- 
beil,  Tarcb latro  di  Filippo  Augusto  di  Francia,  che  fa 
il  cantore  dell*  ultimo  periodo  della  medicina  salernitana, 
dee  credersi  che  quella  fosse  usanza  non  di  un  individuo 
ma  dell'  intera  scuola.  La  quale  specie  d' estorsione  vo- 
levano que*  barbassori  anche  onestare  siccome  mezzo  ad 
praecavendam  aegrotorum  ingratitudinem! 

Ma  eziandio  il  Puccinotti  avrebbe  voluto  qualche  cosa 
di  più  dai  Benedettini  medici  e  dalla  Scuòla  di  Costan- 
tino: egli  avrebbe  voluto  che,  invece  di  dare  al  mondo 
tanta  copia  di  trattati  o  di  antidotarj,  tutti  somiglianti 
fra  loro,  si  che  lettone  uno  si  sono  letti  tutti,  avessero 
raccolto  altrettanta  copia  di  cliniche  osservazioni  ne*  loro 
ospedali,  e  ci  avessero  dato^  o  libri  foggiati  sul  modello 
degli  Epidemj  d' Ippocrate^  o  raccolte  di  storie  di  malat- 
tie, che  pur  tante  dovettero  vederne  e  trattarne.  Con 
ciò,  egli  dice,  i  Salernitani  avrebbero  reso  maggior  van- 
taggio alla  scienze,  ed  insieme  si  sarebbero  salvati  dal- 


(1)  Corradi,  e  Della  Medicina  nell'ordine  morale  9.  In  Os- 
servai, med.  di  Palermo.  A.  1864. 
.    (2)  Coliect.  Salem.  Y,  103. 


156 

Tobblio  in  che  caddero  appresso  (p.  384).  Ma  osservare 
e  dar  conto  dell*  osservato  è  già  creare;  ed  il  tempo  di 
creare  in  medicina  non  era  per  anco  ritornato!  Chieder 
tanto  in  allora  è  troppo:  nutladimeno  per  esser  giusti  ò 
pur  d'  uopo  di  dire,  che  anche  su  questa  via  tentarono  di 
mettersi  i  Salernitani,  e  siane  esempio  la  Pratica  di  mae- 
stro Bartolomeo. 

Quantunque  gli  avanzi  di  biblioteche  antiche  e  di 
farmacie  presso  altri  monasterj  ed  ospedali,  e  Tingente 
numero  di  antichi  codici  di  medicina  passati  da  cote- 
sti pii  luoghi  alle  biblioteche  regie  e  degli  Stati  persua- 
dano che  molte  altre  simili  mediche  scuole  vi  fossero  in 
Europa  e  in  Italia;  tuttavia  è  consentaneo  alle  cele'- 
brità  del  luogo,  dei  maestri  e  della  scuola  il  rappre^ 
sentare  questo  periodo  storico  di  medicina  occidentale 
col  titolo  di  Medicina  Salernitana  ^  giacché  la  storia 
non  conosce  instituto  più  celebre  del  Cassinense  e  del  Sa- 
lernitano (pag.  227).  Ma  perchè  a  Salerno  e  non  altronde 
dove  pure  erano  abbazie  cassinensi,  e  quindi  scuole  me^ 
diche  e  ospedali  ed  altro  che  occorre  alV  ammaestra^ 
mento  della  medicina,  tanta  fama  e  tanto  splendore!  Per- 
chè di  Francia ,  d*  Inghilterra  e  di  Germania  vanno  ad 
istruirsi  nella  Civitas  hippocraticaì  Cos*è  che  li  attrae  : 
forse  Varia  salubre,  e  la  bella  vista  del  golfo ^  No  di 
certo ,  risponde  il  Daremberg ,  ce  sont  les  legons  des 
mattres ,  et  aertainement  aussi  les  visites  at^  Ut  du 
malade.  Del  pari  nel  cinquecento  i  grandi  maestri  aveano 
fatto  di  Padova  una  novella  Salerno,  e  le  lezioni  di  Ve- 
salio,  di  Fallopia,  di  Colombo  erano  ascoltate  da  gio- 
vani accorsi  da  ogni  parte  d'Europa. 

Il  Daremberg  scostandosi  dal  primo  suo  avviso,  pare 
abbia  deposto  il  pensiero  di  sciogliere  il  problema  delle 
origini  della  Scuola  di  Salerno  ;  intorno  le  quali,  siccome 
rispetto  al  nascere  d*ogni  altra  scuola,  nulla  sappiamo  di 
sicuro.  €  Aucune  de  ces.  écoles  ne  surgit  à  jour  flxe  ou 


157 

dans  une  circonstance  déterminée  ;  c'est  un^  oeuvre  da 
temps ,  et  le  résultat  du  concours  successif  d*UQ  grand 
nombre  de  personnes  et  d'évènements;  au  moment  où  le 
nom  et  la  renommée  d*une  école  entrent  dans  le  domaine 
de  rhistoire,  les  traces  authentiques  des  premières  ori- 
gines   sont  déjà  effacées.    Ges  créations  sont  le  produìt 
naturel  et  presque  spontané  du  milieu  medicai  que  nous 
trouYons  partout  si  fécond ,  en  dépit  de  Vignorance  et 
de  la  superstition  (l)  ».  Egli  ricorda  che  fra  il  I  e  il  III 
secolo  libri  latini  di  medicina  sono  stati  scritti  »  compi- 
lati 0  tradotti  sopra  libri  greci  ;  che  in  Italia ,  in  Ispa- 
gna,  nella  Gallia,  in  Germania,  in  Inghilterra  le  scuole 
imperiali,  modelli  delle  scuole  palatine  dei  re  Merovingi 
e  Carlovingi,  sussistevano  con  parte  della  loro  dote  fino 
alla  metà  del  VII  secolo.  A  lato  di  queste  due  specie  di 
scuole,  altre  ne  sorgevano  esclusivamente  clericali;    ma 
queste  poscia  soprastarono,  e  mentre  che  a  principio  ebbero 
un  carattere  quasi  privato,  divennero  istituzioni  pubbli- 
che stando  pur  sempre  né'  chiostri  e  nelle  chiese ,  pro- 
teggendo ad  un  tempo  le  lettere  ed  i  letterati.  Nel  Co^ 
dice  longobardo  troviamo  parecchi  nomi  di  medicine  di- 
*  verse   prove   che  la  medicina  fu  consultata  nel  dettare 
quelle  leggi.  I  re  Merovingi  e  Carlovingi  avevano  i  loro 
archiatri;  nei  Capitolari   dell'anno  805  e  827  Carloma- 
gno  rammenta,  come  nel  giuramento  d'Ippocrate,  che  bi- 
sogna esser  iniziato  alla  medicina  fin  dall'infanzia;  un  ma- 
noscritto di  Milano  dimostra  che  fin  dall'  Vili  secolo  da- 
vansi  a  Ravenna  lezioni  pubbliche  di  medicina;  nello  stesso 
tempo  il  Trattato  di  Botanica  d'Apulejo  era  tradotto  in 
anglo-sassone;  parimente  neirVIII  secolo  a  S.  Gallo  tra- 

^^^— ^■— ^  III  .  I  ■^■—M — — — — — .— «W> 

(1)  «  Résumé  de  l'Histoire  de  la  Médecine  dépuis  le  VIII 
siede  après  J.  C.  ju8qu*au  XV  ».  Le^on  d'ouverture,  le  14  dèe* 
1866  («  Union  medicale  »,  1866). 


158 

scrireransi  lotnoseritti  medici  ;  le  Badie  di  Monte  Cassino 
e  di  Einsiedeln  ne  serbano  tuttora  alcuni  che  risalgono 
al  IX,  X  e  XI  secolo;  il  cronista  Richero,  nel  X  seco- 
lo, viaggiava  in  cerca  di  Codici  medici ,  e  loda  special- 
mente quelli  trovati  a  Chartres;  Ozanam,  De  Renzi  e  lo 
stesso  Daremberg  hanno  raccolto  moltissimi  nomi  di  mon- 
dici ,  quasi  tutti  laici ,  dair  Vili  al  XIII  secolo  negli  ar- 
chivj  di  Lucca,  di  Cremona,  di  Pistoja,  di  Napoli,  della 
Cava,  di  Monte  Cassino  o  nelle  cronache.  Pertanto  in 
tutte  le  vaste  regioni  che  già  formarono  V  impero  ro* 
mano,  e  poscia  divennero  regni  de*  barbari,  i  medici  fu- 
ron  sempre,  e  con  loro  continuò  la  medicina  e  T insegna- 
mento medico^  i  manoscritti  medici  e  le  storie  ne  fanno  fe- 
de. <  C^est  pour  avoir  méc'onnu  l'existence  de  Tenseigne- 
ment  medicai  et  des  livres  médicaux  durant  la  première 
periodo  du  mojen  àge  qu*on  s*est  mépris  sur  le  caractòre 
de  Técole  de  Salerno,  qa*on  a  cherché  à  cotte  èco  le  des 
origines  précises,  et  qu*on  Ta  considerée  comme  une  ex- 
ception  >.  Le  quali  considerazioni  deir  illustre  storico  ri- 
confermano le  cose  da  noi  sopra  dette. 

Il  Puccinotti  tutto  intento  ad  assicurare  Torigine  mo- 
nastica della  scuola  di  Salerno ,  non  si  ò  punto  curato  * 
di  spargere  maggiore  luce  sulla  medicina  laicale,  quan- 
tunque ammetta,  che  resistenza  di  questa  sia  incontra- 
stabile come  neirOriente  cosi  neirOccidente  cristiano  ne- 
gli stessi  secoli  (1).  E    veramente  nel  suo  sistema  che  i 

(1)  Malgrado  ciò,  malgrado  che  ammdtta  una  continuazione 
non  mai  interrotta  della  medicina  demotica,  non  parla  il  Puc- 
cinotti  delle  scuole  imperiali,  delle  leggi  in  proposito  dell'impera- 
tore Valentiniano,  degli  Archiatri,  dei  Collegium  Archiatrorum 
e  delle  cose  che  nel  Codice  Teodosiano  e  nelle  Pandette  di  Giusti- 
niano riguardano  Tesercizio  della  medicina,  la  polizia  medica  e  la 
medicina  legale.  Il  Codice  Longobardo,  il  Furo  Juzgo  dei  Visigoti 
di  Spagna,  e   le  altre  Legea    Barharorum  sotto  tale  rispetto 


159 

monaci  soltanto  (portando  in  Monte  Cassino  la  medicina 
de' Padri  della  Chiesa  che  sino  da  Alessandria  si  ado^ 
perarono  a  trasceglierla  e  spogliarla  delle  pagane  filo* 
sofie,  e  quella  dei  greci  minori  che  la  parte  pratica  an- 
tica conservarono,  e  V ultima  de' bizantini  già  penetrata 
dallo  spirito  del  nuovo  culto)  abbiano  conservata  e 
mantenuta  interrotta  la  connessione  della  scienza  tra  il 
passato  e  V  avvenire  ;  in  tale^  sistema ,  dico ,  Y  opera  dei 
medici  laici  si  annulla,  o  rimane  affatto  nell'ombra.  I  me- 
dici laici,  incalza  il  medesimo,  non  poterono  in  Europa  nò 
dare,  né  restituir  vita  alla  scienza:  e  se  il  potevano,  certo 
è  che  noi  fecero;  fu  solamente  quando  incorporati  entro  ai 
sodalizj  cenobitici,  ivi  trovarono  ospedali,  ivi  biblioteche,  ivi 
insomma  tutti  i  mezzi  atti  ad  escire  dal  ruolo  de*mestieranti, 
ed  entrare  in  quello  de*  scienziati  (pag.  249). 

Ma  qui  è  da  chiedere:  i  monaci  portarono  davvero  la  me- 
dicina in  Occidente?  Il  Puccinotti  lo  dà  per  sicuro,  ammet- 
tendo che  S.  Benedetto  trasse  la  sua  Regola  da  quella  dei 
Basiliani,  già  stabilitisi,  secondo  il  Mabillon,  nel  monastero 
di  Classe  in  Ravenna,  il  cui  istitutore,  istruito  nella  medi- 
cina, era  nell'ospedale  di  Cesarea  il  primo  medicatore  ed 
agli  altri  maestro  (p.  227).  Se  non  che  noi  più  sopra  ve- 
demmo come  S.  Basilio  non  avea  fatto  della  medicina  che 
uno  studio  speculativo;  e  qui  aggiungiamo  che  nella  sua 
Regola  non  appare  punto  il  precetto  di  medicare  (1).  In 


doveano  par  essere  consultate.  Egli  dice  soltanto  che  appo  i 
Franchi,  i  Goti,  i  Longobardi  trovansi  leggi  riguardanti  me* 
dici,  chirurghi,  ostetricanti  e  farmacisti  (p.  238). 

(1)  Al  286®  capitolo  della  Regola  breve  è  quistione  se  am- 
malando un  prete  in  convento  in  hoapitalem  domum  abducendua 
8it;  e  si  risponde  Habenda  est  ratio  loci  cujusque,  et  finis^  qui 
accomodetur  ad  communem  utilitatem,  ad  gloriam  Dei  fS.  Ba» 
$iliiy  Op.  omn.^  IL,  516).  Nelle  Regulce  fusius  tractatas  è  discorso 
pure  della  medicina,  ed  anche  è  detto,  che,  quando  sia  ragie- 


160 

appoggio  della  sua  tesi  il  Paecinotti  cita  il  capitolo  XXXVI 
della  Regola  Benedettina:  ma  in  questo  (De  Infirfnis 
Fratibus)  non  è  punto  detto,  che  i  religiosi  infermi  dai 
confratelli  medici  fossero  medicati  ;  e  che  il  Santo  pre- 
scrivendo Infirmorum  cura  ante  omnia  et  super  omnia 
adhibenda  est,  intendesse,  e  non  altro,  che  1  malati  amo- 
rosamente doveano  essere  ajutati  e  serviti  dagli  altri 
monaci ,  apertamente  lo  dice  con  le  parole  che  seguono: 
ut  sicut  revera  Christo,  ita  eis  serviatur  (1):  cosi  pure 
intesero  i  commentatori  della  Regola  cominciando  dai  più 
antichi.  Nò  in  altra  parte  della  Regola  stessa  troviamo 
che  la  medicina  sia  imposta  come  speculazione,  o  come 
pratica. 

Negheremo  perciò  che  i  Benedettini  medicina  studias- 
sero ed  esercitassero  ?  No  di  certo  :  eglino  poterono,  poi- 
ché il  loro  fondatore  aveva  fervorosamente  raccomandati 
gli  studj,  comprendere  fra  questi  eziandio  la  medicina,  e 
quindi  esercitarla,  avendo  per  precetto  di  servire  agi*  in- 

nevole ,  medicum  advocemus  purché  non  abbandonisi  quella 
speranza  che  dee  aversi  in  Dio.  La  medicina  è  eziandio  lodata 
perchè  contribuisce  a  mantenere  la  continenza  e  la  sobrietà; 
perchè  essa  pure  con  li  suoi  precetti  mezzo  diviene  di  mortifi- 
cazione (ivi,  p.  400)  :  e  ciò  forse  era  detto  per  mitigare  quegli 
austeri,  o  piuttosto  inumani  eenobiti,  i  quali  volevano  che  alle 
infermità  del  corpo  non  si  prestasse  rimedio  che  non  fosse  spi- 
rituale. 

(i)  «  Quibus  fratribus  infirmis  /é  pur  detto  nello  stesso  Ca- 
f  itolo)  sit  cella  super  se  deputata ,  et  servitor  timens  Deum  , 
et  diliflfen^  ac  sollicitus....  Curam  autem  maximam  habeat  abbas 
ne  finfirmi/  a  cellerariis  aut  servitoribus  negligentur  9.  —  Nelle 
Regole  di  Sant*  Antonio  ,  di  S.  Macario,  di  S.  Pacomio  questa 
amorosa  sollecitudine  de*  malati  è  pure  raccomandata.  <  Celle- 
rarius  fsi  legge  nel  Cap,  25  della  Regola  Orientale  /  nihil  aegro- 
tantium  desiderìis  neget,  ex  bis  quae  habuerit,  quantum  necesse 
fuerit  ». 


161 

fermi.  Soltanto  non  può  concedersi  che  nella  Regola  di 
Monte  Cassino  sia  riprodotta  ed  effettuata  la  legge  di 
continuazione  della  scienza  medica  nel  trasferirsi  dal^ 
V  Oriente  cristiano  all'  Occidente ,  come  se  in  quella 
Tesercizio  e  lo  studio  della  medicina  fosse  essenzialmente 
congiunto*  La  medicina  vi  entrava  chiamata  dalie  umane 
necessità,  in  servizio  della  carità  che  sola  è  impotente 
a  vincere  le  malattie,  pur  giovandosi  delle  paterne  sol- 
lecitudini del  cellerario  (1).  E  poiché  lo  Statuto  Bene- 
dettino ne*  primi  anni  volle ,  che  non  piìi  di  12  monaci 
fossero  ne' chiostri  dell'ordina  (2);  il  bisogno  di  medici 
sussidiarj  ben  tosto,  per  confessione  dello  stesso  Pucci- 
notti  ,  si  dovè  far  sentire  :  e  que'  laici  erano  chiamati 
dalle  città  vicine  secondo  il  merito  e  la  riputazione 
loro  (p.  249).  Ora  dunque  cotesti  medici  entrando  negli 
ospedali  del  cenobio  quali  dottrine  e  quali  pratiche  cu- 
rative vi  potevano  arrecare  se  non  le  apprese  in  iscuole 
che  non  erano  quelle  dell'ordine?  Ed  ecco  che  fin  dal 
suo  esordio  la  medicina  monastica  (quando  una  tal  me- 
dicina come  specie  si  voglia  tenere  distinta)  è  già  mista 
e  vincolata  con  la  laicale.  D'altra  parte  i  medici  laici  vi- 
dero fra  breve  il  campo  de'loro  studj  e  delle  loroosser- 
yazioni,  gli  ospedali,  in  mano  della  chieresia  ;  imperocché 
fin  dal  principio  del  IV  secolo  il  Concilio  di  Nicea  avea 
decretato,  che  in  ogni  città  fosse  un  luogo  separate^  per 
i  pellegrini,  per  i  malati  ed  i  poveri  ;  il  quale  xenodochio 
era  sotto  la  dipendenza  del  vescovo  per  modo,  che  a  lui 
spettava  di  nominarne  il  Rettore  purché  fosse  qualche 
eremita,  ex  fratribus,  cioè,  qui  habitant  in  deserto  (3). 

(1)  Al  Cellerario  era  ingianto  di  essere  siccome  padre  di  tutta 
la  Congregazione  «  Infirmorum ,  infantium ,  hospitumque  cum 
omni  sollecitudine  curam  gerat  v. 

(2)  Mabillon,  «  Annal.  Benedict.  »,  L.  II.,  C.  II. 

(3)  «  Qui  sit  etiam  vìr  probus ,  et  hunc  praeficiat  xenodo* 

Annali    Voi.  CCI.  41 


162 

I  monasteri  farono  solleciti  di  aprire  alla  loro  porta  il 
pellegrinario  e  Tospizio  de'poveri,  imperocchò  la  benefica 
opera  era  eziandio  remissio  peccatorum,  solutio  iniqui-' 
tatis,  et  approptnqtiatù)  ad  Dewn.  Ma  il  xenodochio  na- 
turalmente diveniva  nosocomio;  e  tanto  più  lo  diveniva 
che  i  valetudinarj  erano  chiusi,  né  le  caritatevoli  istitu - 
zioni  de*gentili  da  altre  erano  sostituite.  Dove  gli  eccle- 
siastici si  persuadevano^  come  avvenne  dei  Benedettini» 
che  Talleanza  della  scienza  accresce  i  frutti  della  carità; 
i  medici  laici  trovavano  nel  monastero,  nell'episcopio,  non 
solamente  de'malati,  ma  uomini  che  ben  volentieri  si  face* 
vano  loro  compagni  nello  studio  e  nella  pratica,  e  che  per 
giovare  all'uno  ed  all'altra  a  canto  il  Rituale  e  la  Bibbia 
ponevano  negli  scaffali  gli  Aforismi  d'Ippocrate,  i  Com- 
mentarj  di  Galeno,  i  Trattati  ginecologici  dei  compilatori 
di  Sorano  (1).  A  Salerno  Ja  cosa  sarebbe  andata  appunto 
cosi  :  <  i  pochi  medici  laici  esistenti  in  Salerno  si  uniscono 
ai  monaci^  e  cooperano  insieme  e  danno  origine  alla  Scuola 
Salernitana  (p.  272)  ».  E  allora  perchè  alquante  pagine 
prima  il  Puccinotti  dice   cosi  assolutamente ,  che  questa 
scuola  fu  benedettina  e  cassinense  d'origine,  sempre 
benedettina  dal  sesto  al  duodecimo   secolo  (p.  247)  % 
Ma  neppure  questa  conciliazione  di  scuola  mona^^fco-^atca/^ 
potrebbe  accogliersi,  giusta  il  De  Renzi;  il  quale  al  no- 
stro* storico  fa  riflettere ,    che  mentre  non  vi  è  alcuna 


chio,  qui  in  eo  faciat  lectos,  et  quaecumque  infirmis  et  paupe- 
ribus  opus  sunt  (  Concil.  Nicaeum  generale ,  A.  325  C.  LXX. 
In.  Concilior.  omn.  ampliss.  Collect    Florent.  1759,  II.  976). 

(1)  Il  Puccinotti  ignora  che  tutta  1'  opera  di  Sorano  frtfl 
y^M»xf/oiv  irc5iiv  è  stata  finalmente  trovata  e  pubblicata  so- 
pra un  mss.  greco  di  Parigi  e  della  Barberina  di  Roma  dal 
Dietz  e  dal  Lobeck  a  Kdnigsberg  nel  1838  e  Sorani  Ephesii  de 
Arte  obstetricia  raorbisque  malìerum  quae  supersunt.  Ex  apo- 
grapha  F.  Rainholdi  Dietz  nuper  fato  perfuncti  primum  edita  >. 


163 

prova  positiva  che  i  Èeneclettini  abbiano  fondato  la  scuola 
di  Salerno;  vi  sono  per  l'opposto  molte  prove  negative: 
d'altronde  la  scuola  non  si  ò  mai  raccolta  nei  cenobjdei 
Benedettini  in  Salerno,  ma  nella  chiesa  di  S.  Pietro  ad 
Curtim  che  ò  stata  la  cappella  dei  principi  da  Arechi 
avversario  di  Carlomagno  in  poi  (1). 

In  ogni  modo  la  medicina  secolaresca  diveniva ,  se 
vuoisi,  monastica  od  ecclesiastica  perchè  ne'monasteri  e 
appo  le  chiese  era  obbligato  d'esercitare,  non  già  che  en- 
trata in  que'  luoghi  e  nelle  novelle  funzioni  si  mutasse 
per  effetto  di  una  dottrina  o  di  un  sistema  da  lei  preso 
per  guida.  «  Dès  les  temps  les  plus  anciens,  je  ne  trouve, 
dice  il  Daremberg,  que  des  livres  et  des  autorités  lalques  : 
la  Somme  medicale  (Pratica  di  Petroncello)  est  un  ou- 
vrage  tire  des  sources  classiques  (2)  ».  E  Gassiodoro,  sog- 
giungo io,  ai  monaci  che  dovevano  curare  i  malati  con- 
sigliava di  leggere  Dioscoride^  Ippocrate  e  Galeno,  voltati 
in  latino,  se  di  greco  non  sapevano.  Celio  Aurelio  (Au- 
reliano), ed  una  compilazione  di  diversi  autori  (3). 

Che  l'amore  e  la  carità  del  nuovo  culto  si  trasfon- 
desse parimente  in  coloro  che  la  medicina  esercitavano  , 
niun  dubbio;  imperocché  anche  i  medici  hanno  cuore  e 
sono  uomini.  Che  i  beneflcj  dell'arte  per  ciò  stesso  dive- 
nissero ognor  più  universali,  concediamo  ancora:  ma  che 
Yelemento  religioso,  che  tramezza  ed  equilibra  il  po^ 
sitivo  romano  e  lo  speculativo  greco,  e  quindi  è  nuo- 
va  equipollenza  di  antichi  elementi,  rappresenti  nien- 
temeno che  il  metodo  e  sia  teorica  e  pratica  insieme,  per 
modo  che  la  medicina  col  solo  venire  tra  i  cristiani  ab- 
bia  ripreso ,   come   scienza ,   novella   vita   (  pag.  278  )  ; 

(ì)  3tor.  Docum.,  ecc.,  p.  CLXXL 

(2)  Daremberg  <  La  médecine  »,  ecc.,  p.  132. 

(3)  De  Instit.  divin.  litterar.  C.  31  (  Op.  omn.  Venet.  1729 
II.  526). 


164 

questue,  dico,  che  al  Puccinotti  non  può  concedersi.  Nò 
per  contrastare  a  siffatto  suo  pensiero  ricercheremo  fino 
a  qual  punto  nella  nuova  religione  sia  una  guarentigia 
di  quel  metodo  di  scuoprire  la  verità  nello  'studio 
della  natura,  da  lui  chiamata  filosofia  matematica;  bensì 
opporremo  il  fatto,  più  sopra  accennato,  che  gli  effetti  di 
tale  influsso  non  si  mostrarono  nò  dove,  nò  in  que*tempi 
in  cui  desso  era  maggiore.  Assai  tardi  le  menti  si  per*- 
suasero  che  nello  studio  dei  fenomeni  naturali  bisogna 
prendere  per  punto  di  appoggio  l'esperienza  ed  il  calcolo, 
e  quest'è  si  vero,  che  il  nostro  medesimo  Autore  protrae 
il  medio-evo.  della  medicina,  contro  la  consuetudine,  fino 
al  sorgere  di  Galileo ,  che  apri  la  storia  moderna  delle 
scienze  naturali  dimostrando^  la  filosofia  della  squadra^ 
del  compasso  e  del  numero  essere  la  sola  che  con-* 
venisse  agli  stué^  della  fisica  del  mondo  (pag.  56). 
D'altra  parte  in  que' primi  secoli  dell'era  nostra  non 
trattavasi  di  rilegare  le  libertà  licenziose  del  pensiero 
de'medici. 

Oribasio  ed  i  suoi  seguaci  non  sapevano  di  filosofia, 
compilavano  somme  e  rioettarj,  e  con  questi  e  quelle,  invo- 
cando Galeno  oppure  da  semplici  empirici,  si  conducevano 
nella  pratica.  Quelli  stessi  che  imbottavano  nebbia,  specu- 
lando intorno  gli  occulti  influssi  degli  astri  e  degli  spiriti, 
non  vagavano  liberamente  ;  si  tenevano  stretti  a  Plotino, 
a  Porfirio  ed  alla  sua  scuola  ;  imperocché  V  autorità  sog- 
giogava le  menti  anche  nei  trascorsi  della  fantasia  e 
nelle  superstizioni.  Finalmente,  e  noi  avremo  occasione 
di  vederlo  in  appresso,  si  giunse  a  credere  che  buon  cri- 
stiano si  era  tuttavia  tirando  l'oroscopo,  o  consultando 
l'aspetto  degli  astri  per  sapere  quando  fosse  il  momento 
propizio  per  prender  i  medicamenti ,  o  per  celebrare  le 
nozze.  Marsilio  Ficino ,  il  buon  canonico ,  tentò  pur  di 
mostrare  che  le  visioni  Plotiniane  fossero  non  al  tutto 
discordi  dalla  cristiana  filosofia. 


165 

Fa  meraviglia  poi  come  il  nostro  Autore  delle  cose 
ecclesiastiche  tanto  studioso,  e  tanto  tenero  deirorto* 
dossia ,  non  siasi  accorto,  o  non  faccia  menzione  delle 
leggi  canoniche,  le  quali  sin  dai  primi  tempi  proibivano, 
che  i  chierici  la  medicina,  e  più  ancora  la  chirurgia, 
esercitassero.  Giova  in  proposito  rammentare  quello  che 
Paolo ,  vescovo  di  Emerita  o  Merida  in  Ispagna  nella 
metà  del  IV  secolo ,  rispondeva  al  gentiluomo  che  sup- 
plicavalo^  siccome  nella  medicina  espertissimo,  di  soccor- 
rergli la  moglie  gravida,  ed  in  pericolo  di  morte  non 
potendo  partorire.  <  Mihi  quod  hortatis  facere  non  licet , 
qui  etsi  indignus ,  sacerdos  Domini  sum  et  sacrificium 
manibus  meis  offero  Domino,  et  ideo  qiiod  dicis  non  pos- 
sum  ìmplere:  postmodum  poUutas  sacris  altaribus  ma- 
nus  inferam  et  divinae  potestatis  mox  furorem  incur- 
ram.  Et  adjecit:  Ibimus  in  nomine  Domini.  Visitabimus 
eam  et  dabimus  medicos  ecclesiae  (1) ,  qui  illi  adhibeant 
medicinam ,  et  in  quantum  scimus ,  ostendemus  qualiter 
cura  fiat.  Nos  tamen  facere  manu  propria  minime  possu^ 
mus  (2)  ».  Ma  il  marito  insistendo  vieppiù,  poiché  in  niun 
altro  medico  era  da  mettere  speranza,  il  vescovo  si  de- 
cise d*intraprendere  V  operazione ,  i  predetti  medici  della 
chiesa  avendogli  promesso  che  ninno  di  loro  avrebbe  par- 
lato (3).  Il  divieto  ai  chierici  di  esercitare  medicina  fu  nei 


(1)  Ecco  nuova  prova  che    i    medici  eccleaicutiei,  o  addetti 
alla  chiesa,  non  erano  sacerdoti. 

(2)  PauUus  Diaconus,  Op.  cit,  cap.  IV.  Paolo  Diacono  scri- 
veva alla  metà  del  VII  secolo. 

(3)  Questa  fu  l'operazione,  «r  Manus  in  nomine  Domini  su- 
per infirmam  imposuit ,  in  spe  Dei  mira  subtllitate  incisionem 
subtilissimam  subtiii  cum  ferramento  fecit  atque  ipsum  infan- 
tulum,  jam  putridum  membratim  compendiatim  (in  pezzi)  ab- 
straxit,  mulierem  vero  jam  pene  mortuam,  ac  semivivam,  adni- 
tente  Deo  ,  viro  suo  confestim  incolumem  reddidit».  L'  Heusin- 


166 

secoli  succdssivi  mantenuto,  e  particolarmente  nel  XII 
riconfermato.  Nel  Concilio  di  Clermont,  celebrato  nel 
1130,  papa  Innocenzo  II  lamentava,  che  canonici  e  mo- 
naci spreta  beatorum  Benedicti  et  Angustino  regula  (1), 
ne g  leda  animarum  cura^  ordUnis  sui  propositum  nut^ 
latenus  attendentes  prò  detestanda  pecunia  sanitatem 
pollicentes,  humanorum  curatores  se  faciunt  eorporum. 
Cumque  impudicus  oculus  impudici  cordis  sit  nuncius^ 
illa  etiam,  de  quibus  loqui  erubesci  honestas,  non  de-^ 
bet  re  ligio  pertractare  ».  Pertanto  volendo  che  gli  or- 
dini religiosi  nel  santo  loro  institùto  si  conservassero,  ne 
hoculterius  praesumatur^  per  apostolica  autorità  veniva 
interdetto  (2).  NuUadiméno  Tabuso  continuò,  non  solo  nel 
basso  clero  ma  anche  ne*  prelati;  per  esempio  nel  secolo 
seguente  noi  troviamo  il  vescovo  Teodorico  di  Cervia  fra 
i  più  adoperati  chirurghi.  Per  altro  deve  pur  credersi  che 
quella  proibizione,  rinnovata  Tanno  dopo  nel  Concilio  di 
Rheims,  e  nel  Lateranense  del  1139,  limitasse  T  eser- 
cizio dell'arte  medica  fra  gli  ecclesiastici,  essendo  che  mi- 
nacciavansi  insieme  i  vescovi,  gli  abbati  ed  i  priori  di 
spogliarli  decloro  onori  se  a  tantgi  enormità  consentisi* 
sero. 

Ecco  adunque  che  anche  nel  sistema  del  Puccinotti 
non  sarebbe  stata  del  tutto  spontanea  la  cessione  della 
scuola  da  parte  de'  Benedettini  di  Salerno  a'  medici  laici. 


ger,  che  pel  primo  ha  fatto  conoscere  ai  medici  qaest'  interes- 
sante documento,  ritiene  che  quella  fosse  una  laparotomia  per 
gravidanza  extt^a-uterina.  (Ueber  Paulus  Àrzt  und  Bisc.hof  von 
Emerita  der  zuerst  den  Kaiserschnitt  an  einer  Lebenden  verrichtet 
haben  soli  (In  Janus,  I,  764). 

(1)  Questo  convalida  ciò  che  più  sopra  dicemmo,  e  cioè  che 
nella  regola  benedettina  non  v'ha  il  precetto  di  medicare. 

(2)  Mansi,  Coli.  Concil.,  XXI,  437. 


167 

quando  V educa^tione  monastica  ebbe  completato  il  suo 
ufficio.  Se  non  che  Egidio  di  Corbeil  adduce  bea  altre  ca^ 
gioni  della  decadenza  della  celebre  scuola;  essa  non  era 
più  la  Civitas  Hippocratica,  né  più  v'insegnavano  mae- 
stri che  valessero  a  mantenerle  Tantico  splendore: 
«  Ouimis  a  ritu  veterum,  si  dicere  fas  est. 
A  recto  quoque  judicio  censura  Salerni 
Devia,  cum  tolerat,  animo  cum  sustinet  aequp 
Nondum  maturas  medicorum  surgere  plantas, 
Impubes  pueros  Hippocratica  tradere  jura 
Atqne  Machaonicas  sancire  et  fundere  leges, 
Doctrina  quibus  esset  opus  ferulaeque  flagello 
Et  pendere  magis  vetuli  doctoris  ab  ore, 
Quam  sibi  non  dignas  cathedrae  praesumere  laudes  ». 
Ma  anche  prima  che  tanto  lume  di  scienza  si  oscu- 
rasse, brutte  voci  correvano  sulFonestà  de'nostri  medici. 
Un  poeta  tedesco  nella  corte  di  Rinaldo,  Arcivescovo  di 
Colonia  (1),  cosi  cantava  ritornando  da  Salerno  dov*  era 
andato  per  imparare  medicina: 

€  Laudibus  eternum,  nuUus  negat  esse  Salernum, 
lUuc  prò  morbis  totus  circumfluit  orbis. 
Nec  debet  sperni,  fateor ,  doctrina  Salerni, 
Quam  vis  exosa  mihi  sit  gens  il  la  dolosa  (2)  ». 
E  gli  era  esosay  a  quel  che  pare,  perchè  gravemente 
malato,  poco  caritatevolmente  n*era  stato  soccorso.  Quei 
medici  avendolo  anche  dato  per  morto;  ma  egli  non  si  fa 
beffe,  malgrado  lo  sbagliato  pronostico,  della  scienza  sa- 
lernitana; bensì  lamenta  di  essere  stato  ridotto  alla  mi- 
seria: 

<  Nec  me  nudavit  ludus  neque  fur  spoliavit,  prò  solo 


(1)  Negli  anni  1162-1164. 

(2)  Jaffé  Philip. ,  De  arte  medica  saeculi  XII.   Dis^.  inaug, 
Berolini,  1853,  pag.  16. 


168 

victu  sic  sum  spoliatas  amictu  prò  victu  vestes  cou- 
sampsi^  dii  mihi  testes  ». 

Perchè  poi  tacere  delle  medichesse  di  Salerno,  di 
Abella,  di  Mercuriade,  di  Rebecca,  di  Trotula,  della  fa- 
mosa Trotula  di  Ruggiero,  moglie,  secondo  il  De  Renzi, 
di  Giovanni  Plateario  il  vecchio,  il  primo  stipite  d*una 
&miglia  di  medici  1  E  benché  col  sistema  adottato  dal- 
l' Autore  Je  donne  e  le  professoresse  punto  si  accordino , 
nulladimeno  credo  che  tale  silènzio  non  sia  di  proposito, 
ma  semplice  effetto  di  dimenticanza. 

La  qual  cosa  credo  tanto  più  volentieri^  che  veggo 
dimenticati  altri  scrittori,  che  ben  doveano  essere  ricordati 
da  chi  con  tanto  amore  e  dottrina  ha  procurato  di  met- 
ter in  bella  luce  i  meriti  de*  monaci  e  de' sacerdoti  nelle 
scienze  e  nella  medicina.  Tali  sono  il  venerabile  Beda, 
Rabano  abate  di  Fulda  e  arcivescovo  di  Magonza  (1) , 
Walafrido  Strabo  abate  di  Reichenau,  Ottone  di  Meudon 
0  di  Morimont  (noto  sotto  il  nome  di  Macer  Floridus) 
abate  di  Beauprai,  Marboldo  vescovo  di  Rennes  in  Bre- 
tagna. Poteva  eziandio  ricordare  la  famosa  Ildegarda  ba- 
dessa nel  monastero  di  Rupertsberg  presso  Bingen ,  dal 
Carpzovio  posta  fra  i  santi  medici ,  ed  i  cui  libri  subii- 
litatum  diversarum  naturarum  creaturarum  furono  an- 
che ristampati  nella  Patrologia  Christiana  del  Migne  (2). 


(1)  Il  .chiarissimo  P.  Bart.  Sorio  ha  pubblicato  testé  una 
dissertazione  e  Rabano  Mauro  abate  di  Fulda  e  Dante  Alighieri 
nell'uso  dell'arte  cabalistica  »,  nella  quale  mostra  come  il  sommo 
nostro  poeta  imitasse  in  alcuni  luoghi  del  Paradiso  una  scrit- 
tura in  versi  del  Fuldense  (  De  laudibus  sanctae  Crucis).  L' i- 
stiitazione  fu  da  suo  pari  ,  cioè  recando  la  cosa  imparata  alla 
maggior  eccellenza  poetica.  (In  Opusc.  relig.  letter.  e  mor.  di 
Modena,  1867,  IX,  pag.218-248). 

(5>)  Tom.  CXCVII. 


169    • 

Se  a  questa  Physica  il  Puccinotti  avesse  fatto  attenzione, 
si  sarebbe  persuaso  che  anche  nei  monasterj  la  medicina 
non  si  era  sufficientemente  depurata;  il  lapidarius  od 
il  libro  de  lapidibus  pretiosis  del  vescovo  Marboldo  fu 
tradotto  per  .molta  parte  da  ser  Zucchero  Bencivenni,  e 
su  di  lui  furono  composti  i  varj  trattatelli  della  natura 
e  virtù  delle  pietre  preziose  che  correvano  fra  il  popolo  ; 
onde  poscia  fu  possibile  al  Boccaccio  di  dire  che  Calandrino 
credeva,  avendo  addosso  TElitropia,  non  essere  da  chi 
che  si  fosse  veduto.  E  tanto  basti. 

Venti  Documenti,,  che  occupano  non  meno  di  263  pa- 
gine, corredano  questo  volume  di  cui  accrescono  il  pre- 
gio, mentre  che  ne  rendono  vieppiù  benemerito  l'Autore. 
Ma  per  la  maggior  parte  appartengono  essi  ai  secoli  di 
cui  è  discorso  nel  volume  seguente.  Il  Puccinotti  ne  an- 
ticipò la  stampa  per  accorciare  gì'  intervalli  troppo  lun- 
ghi, che  correvano  tra  la  pubblicazione  d' un  fascicolo  e 
r  altro  del  testo  ;  e  perchè  leggendo  questo  il  lettore  po- 
tesse avere  sott'  occhio  i  documenti  che  mano  a  mano  vi 
si  riferiscono.  Oltre  di  che  essendovi  oggi ,  egli  dice , 
molta  gara  fra  gli  storici  nello  scoprire  e  mettere  in  luce  r' 
le  pergamene  ed  i  codici  del  medio  evo,  facendoli  troppo 
a  lungo  riposare,  è  facile  di  vederli  pubblicati  prima  da 
altri,  e  perdere  cosi  il  conforto  di  essere  stati  i  primi  a 
notificarli  ;  che  è  il  solo  compenso  morale  delle  fatiche  e 
delle  spese  incontrate  in  simili  indagini.  Finalmente  pre- 
mevagli  di  dare  un  pubblico  testimonio  di  gratitudine 
agli  amici  e  corrispondenti  che  furongli  di  ajuto  nelle 
ricerche,  nelle  trascrizioni  e  nei  consigli. 

Per  altro  qui  non  sarà  menzione  che  di  due  do- 
cumenti, perchè  eglino  soli  appartengono  ai  tempi  che 
abbraccia  il  presente  volume  ;  de'  rimanenti  a  suo  luogo. 

Il  primo  (VI  della  serie)  è  un  ampio  ragguaglio 
d*  un  Codice  di  medicina  salernitana  esistente  nell'  Ospe- 
dale di  Santa  Fina  in  Sangimignano  scritta  fra  il  XII  e 


i 


170 

il  XIII  secolo;  assai  pregevole  perchò,  oltre  alquante 
varianti  del  Regimen  Sanitatis  (1) ,  comprende  tre  in- 
teri trattati.  Il  1.®  ò  il  Compendium  Salenti  più  com- 
pleto, meno  scorretto,  e  più  ordinato  che  non  ò  quello 
che  si  conserva  in  un  manoscritto  della  Laurenziana,  e  che  il 
De  Renzi,  per  non  averne  altri  migliori,  fu  costretto  suo 
malgrado  di  pubblicare  nella  Collectio  Salernitana  (2). 


(1)  Questi  versi  sono  riportati  a  pag.  LXXIX  benché  pochi 
siano  quelli  ehe^  confrontati  con  la  più  copiosa  ediaione  del 
Regimen  data  dal  De  Renzi,  in  essa  non  si  trovino. 

(2)  Anche  il  De  Renzi  è  d' accordo  col  Puccinotti  intorno  il 
maggior  pregio  del  Codice  Sangimignanese.  (  Stor.  docum. , 
pag.  313);  ma  non  sa  consentirgli  che  l'epoca  in  cui  il  Sa- 
lerno fioriva  sia  alquanto  più  bassa  che  quella  da  lui  stabilita 
(dal  1150  al  1167).  E  ben  volentieri  il  Puccinotti  avrebbe 
veduto  d' altri  tempi  cotesto  maestro ,  giacché  un  medico  Sa* 
lerno  fu  incolpato  di  avere  con  insidia  avvelenato  in  Palermo 
nel  1167  un  illustre  infermo.  Anzi  per  torre  questo  grande  ob* 
brorio  dalla  Scuola  salernitana ,  egli  conchiude  che  il  Salerno 
delinquente  fu  per  certo  un  altro  Salerno,  di  que'  molti  che  in 
que'  luoghi  e  tempi  e  medici  e  non  medici  aveano  un  tal  nome, 
e  va  cancellato  dal  ruolo  de'  medici  salernitani  (  pag.  LXVI  ). 
Il  De  Renzi  a  sua  volta  soggiunge,  che  come  è  vero  il  Salerno 
predetto  essere  il  dotto  maestro  salernitano,  altrettanto  è  dub- 
bioso il  delitto  che  gli  oppone  lo  storico  Falcando  :  ma  quan- 
d'  anche  questo  vero  fosse,  neppure  troverebbe  ragione  di  creare 
un  nuovo  Salerno  autore  diverso  dal  Salerno  apprestator  di 
veleni.  (  Op.  e. ,  pag.  31 5  ).  Oltre  che  noi  vedemmo  più  sopra 
come  appunto  in  questo  secolo  della  probità  della  Scuola  gran- 
demente sospettavasi,  e ,  se  prestar  fede  si  volesse  ad  Ottone, 
Vescovo  di  Frisinga,  anche  al  di  lui  fratello  Corrado  III  re  di 
Germania  sarebbe  stata  afllrettata  la  morte  da  alcuni  medici 
italiani ,  assai  probabilmente  di  Salerno ,  che  venuti  in  corto 
furono  corrotti  da  Ruggiero  re  di  Sicilia  che  con  il  principe 
tedesco  avea  nimicizia.  (  Vita  Friderici  I.  Lib.  I.  C.  6:t  ).  Tutta- 


171 

Il  2.®  trattato  è  la  Practica  Magistri  Bartholomei,  trat- 
tato intero  che  contiene  di  inediti  molti  capitoli,  cioè 
tutti  quelli  deir  introduzione  e  delle  neurosi,  in  aggiunta» 
agli  altri  che  si  trovano  nel  codice  di  Breslavia,  trovato 
e  illustrato  dall'  Henschel  (1).  Il  3-^  trattato  è  il  Viali- 
cum  Constantini,  il  quale  pure,  benché  assai  conosciuto 
per  manoscritti  o  edizioni ,  offre  una  serie  di  note  e  di 
varianti,  che  potrebbero  essere,  secondo  che  pensa  il  Puc- 
cinotti,  materia  non  inutile  a  sciogliere  le  calde  questioni 
suir  originalità  o  sul  plagio  di  quest'  opera  del  monaco 
Cassinense.  Dei  primi  2  trattati  sono  dati  T indice,  il 
prologo  e  varj  capitoli. 

L*  altro  documento  (XX)  che  si  riferisce  è  il  raggua- 
glio d'un  Codice  manoscritto  in  pergamena  del  Passiona- 
no di  Garioponto,  esistente  nella  Biblioteca  Agostiniana 
detta  r  Angelica  di  Roma.  Questo  codice,  scritto  dal  ca- 
dere del  XIII  secolo  al  principio  del  XIV ,  è  il  migliore 
che  si  abbia  di  cotesto  medico  salernitano  ;  il  quale  men- 
tre nel  codice  di  Basilea  figura  come  semplice  emenda- 
tore di  una  medica  sinopsi  antica  che  riuniva  il  Passio- 
narlo di  Galeno ,  e  i  libri  di  Alessandro  Tralliano ,  di 
Teodoro  Prisciano  e  di  altri  ;  nel  romano  invece  appare 
autore  del  Passionarlo  istesso  con  l'ajuto  di  Teodoro  e 
di  Alessandro.  Il  titolo  stesso  del  codice  dell'Angelica, 
osserva  il  De  Renzi ,  ha  un'  altra  autenticità ,  quella  di 
essere  perfettamente   uniforme   al  titolo   che  gli  dà  Si- 


i 


\ 


via  in  simili  casi,  come  disse  il  Muratori,  i  sospetti  e  le  dice-         |. 
rie  del  popolo  sono  a  buon  mercato.  \^ 

(1)  Questa  copia  di  Sangimignano  è  molto  più  esatta  e  più 
compiuta  di  quella  stessa  di  Venezia,  pubblicata  nel  T.  IV  della 
Cùlleetio  Salernitana  y  e  dal  Puccinotti  allora  non  conosciuta. 
Spiace  che  al  De  Renzi  non  sia  stato  concesso  di  farne  cono- 
scere ,  siccome  aveva  in  animo ,  le  importantissima  varianti 
(pag.  249). 


172 

mone  da  Genova  (op.  cit  pag.  173).  Lo  stesso  De 
Renzi  mercè  due  documenti  trovati  nell* Archivio  Covense, 
che  riguardano  il  figlio  ed  il  nipote  di  questo  medico  il- 
lustre, ha  levato  ogni  dubbio  sul  nome,  suir  origine,  sulla 
patria  e  sul  tempo  in  cui  esso  visse  e  fiori.  Guarimpoto^ 
siccome  lo  chiamava  S.  Pier  Damiano,  ne  è  il  vero  nome; 
fu  di  Salerno  o  di  que*  dintorni,  probabilmente  di  stirpe 
longobardica;  fioriva  dal  1010  al  1050  (1).  Di  un  altro 
codice  del  Passionarlo,  che  trovasi  nella  Laurenziana,  & 
menzione  il  Puccinotti  (2)  notandone  la  singolarità  del 
titolo.  Guarimpoto  non  vi  è  chiamato  per  il  suo  nome  o 
con  altro  afSne,  ma  per  quello  invece  di  Nausomate 
<  Nausomatis  libri  VII  Practicae  medicinalis,  etc.  »,  donde 
gli  pareva,  non  conoscendo  allora  i  nuovi  documenti  del 
De  Renzi,  che  qualche  appoggio  ne  venisse  alla  conget- 
tura dell'Henschel  che  Garioponto  fosse  Greco,  od  origi- 
nario di  Grecia  (3). 

In  altro  articolo  dirò  del  III  volume,  ovverossia  della 
II  parte  del  II  volume  con  la  quale  si  chiude  la  storia 
della  medicina  del  medio  evo. 

Palermo,  15  aprile  1867. 


(1)  Stor.  Docum.,  pag.  i69,  471. 

(2)  Pag.  287  del  Testo. 

(3)  Tale  Codice  Laurenziano  è  del  sec.  XIII,  ed  ha  lo  stesso 
prologo  dell| Agostiniano,  prologo  che  non  trovasi  nelle  edizionii 
^a  ha  8  capitoli  meno  di  questo ,  terminando  al  cap.  de  mal'* 
factionibu9. 


173 

Al  vista  idroloffleai  del  dotU  PLlIilO  fiCHIVARDff. 

Hardt.  Bagni  con  l'idrofero;  Esperienze  fisiologiche  ed  osser- 
vazioni cliniche.  1.^  trad.  italiana  del  dott.  Paoni.  Napoli, 

1865;  di  pag.  54. 
Garelli.  Delle  acque  minerali  d'Italia.  Torino,  1864.  Un  toI. 

in  4.^  di  pag.  516.  Con  Carta  geografica. 
Manetti.  Le  acque  minerali  ferruginose  di  Levico  nel  Tren- 
tino» Un  opuscolo  di  pag.  107  con  due  tavole. 
Faes.    Guida   medica    alla  fonte  semitermale  di  Cornano  nel 

Trentino,  Un  opuscolo  di  pag.  155  con  tavola. 
Castoldi.  Refazione  del  trattamento  fatto  nel  1806  eoi  bagni 

marini  degli  scrofolosi,  Milano,  1867. 
Pescetto.  Guida  igienica  pei  bagni  di  mare,    Genova,    1862. 

Un  voi.  di  pag.  271. 
Chiminelll    Recoaro  e  le  sue  fonti   minerali.    Un    volume  dì 

pag.  131.  Bassano,  1864. 
Franchini,  La  febbre  termale,  2.*  ed.  Torino,  1864. 
ÀBBENE.    Relazione    suW  acqua  di  S,   Vincent  in  Aosta,    (Dal 

a  Giornale    della    R.    Accad.    di  Torino  »,  N.  15  e  16  del 

1864). 
Notice  sur  les  bains  de  Pfeffers,  S.  Gali ,  1866.   Un  libriccino 

di  40  pag.  in-32.^ 
Casella  cav.  Giuseppe.  La  fonte  acidulo-marziale'alcalina  di 

S,  Caterina,  Un  volumetto  di  pag.  158.  Milano,  1867. 
Robert  Aimé.  Notice  sur  les  eaux,  etc.  —  Notizia  sulle  acque 

termali  solforose  di  Schinznach,  Strasburgo,  1865. 
Rotureau.  Des  principales  eaux  minérales  de  l'Europe.  —  Delle 

principali  acque  minerali  d'  Europa,  Voi.  3  in-8L,'.  Paris  , 

1858-64. 
James.   Guide  pratique  aux  eaux  minérales  frangaises  et  étran- 

gères,  7.*  ediz.  Paris,  1867. 
Dott.  Candido.  Delle  acque  termo-minerali  del  Balneolo,    Na-* 

poli,  1867. 
Prof.  Cotta  e  Padre  Bertazzl  Analisi  dell*  acqua  salino'ter- 

male  del  Masino  in  Valtellina,  Milano,  1864.  • 


L 


a  stagione  è  propizia.  Tutti  si  affrettano  ai  bagni,  alle 


174 

noqutt  ai  fanghi.  Tatti  cercano  le  fonti  cristalline,  i  la- 
vacri salatari,  le  bibite  corroboranti.  L*  affranto  organi*- 
•mo  umano  vuol  riprendere  nnove  forze  tufiandosi  nel 
seno  a  Teti,  e  abbandonando  per  poco  il  divino  liquore 
attenersi  alle  chiare,  fresche  e  dolci  acque  che  sgor- 
gano dai  crepacci  dei  monti.  Ed  è  giusto  !  Fra  i  molti 
rimedj  che  la  medicina  adopera  per  la  cura  delle  malat- 
tie, r  acqua  in  tutti  i  tempi  ed  in  tutte  le  scuole  fu  ri- 
tenuta come  uno  dei  più  vantaggiosi.  La  natura  ha  sparso 
con  magnificente  profusione  T  acqua  semplice,  onde  abbia 
a  non  mancare  questo  primo  alimento,  ma  volle  anche 
che  Vacqua  minerale  qua  e  là  sgorgasse,  d*un*efficacia  e 
di  un  vantaggio  ancora  maggiore,  e  volle  talora  dotarla 
di  alta  temperatura  onde  il  calore  contribuisse  a  ren- 
derla efGcace.  Anche  passando  sotto  silenzio  1*  influenza 
potente  che  producono  in  qualunque  cura  il  cambia- 
mento di  clima,  di  vitto,  i  viaggi  e  altre  condizioni  ma- 
teriali e  morali,  è  un  fatto  che  forse  per  nessuna  medica- 
zione la  scienza  nostra  può  gloriarsi  di  tanti  successi  come 
per  quella  delle  acque  minerali.  Ed  è  quindi  naturale  che 
ogni  anno  vediamo  accorrere  in  folla  i  malati  agli  stabili- 
menti e  conquistarvi  guarigioni,  che  colFordinaria  terapia 
ben  difficilmente  si  avrebbero  potuto  ottenere. 

È  ammesso  non  potersi  razionalmente  determinare 
razione  terapeutica  di  un*  acqua  minerale  dalla  sola  sua 
chimica  composizione.  Il  pratico  che  unicamente  su  questo 
criterio  si  basasse,  correrebbe  rischio  di  cadere  in  gravi 
errori.  Conviene  valutare  gli  eflFetti  che  si  ottengono  in 
quelle  malattie  nelle  quali  si  esperimentano.  La  chimica 
può  servire  a  far  conoscere  la  natura  in  genere  delle 
acque ,  a  farcele  classificare ,  a  interpretare  convenien- 
temente gli  effetti  salutari  che  se  ne  ottengono,  a  imi- 
tarle fabbricandone  di  artificiali.  Ma  in  molti  casi  la  chi- 
mica non  giunge  a  spiegarci  i  loro  effetti  curativi ,  me- 
ravigliosi, e  ci  lascia  nell'imbarazzo  sul  da  chi  farli  di- 
pendere. 


175 

Di  più  in  molti  casi  somministrando,  anche  ad  alta 
dose,  le  singole  sostanze  che  entrano  in  una  data  acqua, 
non  si  hanno  gli  effetti  da  quest*  ultima  operati ,  benché 
essa  li  contenga  in  dose  infinitamente  maggiore.  Un'acqua 
che  possegga  4  a  6  centigrammi  di  carbonato  di  ferro  o  di 
solfuro  di  sodio  in  un  litro  d'acqua  bevuta  alla  sorgente 
per  più  giorni  di  seguito  produce  effetti  assai  più  sensi- 
bili di  quelli  cagionati  da  dosi  grandemente  superiori  di 
quei  medesimi  medicamenti.  È  questo  uno  dei  misteri 
della  natura  che  la  scienza  non  ha  saputo  ancora  spiegare. 

Vi  furono  quindi  alcuni  che  non  potendo  comprendere 
come  dalle  tenuissime  dosi  di  sostanze  medicinali,  che  si 
trovano  nelle  acque  minerali,  possano  derivare  risultati, 
senz'altro  negarono  loro  qualsivoglia  facoltà  terapeutica, 
e  la  attribuirono  al  cambiamento  di  clima,  alFabbandono 
degli  affari,  alla  quiete  dell'  animo  ^  al  respirare  un*  aria 
salubre,  all'esatta  regola  del  vivere  che  vi  si  tiene.  Per 
quanto  poi  riguarda  le  acque  termo-minerali,  attribuirono 
costoro  i  buoni  risultati  ottenuti  con  loro,  non  agli  ele- 
menti mineralizzatori  che  contengono,  ma  al  calore  che 
hanno,  che  eccitando  la  secrezione  cutanea  sbara^ano  il 
corpo  dai  principj  morbo9Ì,  e  risolve  le  croniche  alte- 
razioni. 

In  questi  ultimi  anni  alcuni  sostennero  che  oltre  il 
calorico  vi  potesse  esistere  anche  un  altro  imponderabile, 
l'elettricità.  Già  nel  1861  il  barnabita  fisico  P.  Timoteo 
Bertelli,  bolognese,  insieme  col  Paolini,  direttore  delle 
Terme  Porrettane,  eseguirono  con  quest'ultima  acqua  delle 
esperienze,  che  furono  rese  pubbliche  soltanto  nel  1866  (1), 
dopoché  lo  Scoutetteii  in  Francia  avea  già  presentato 
alla  Accademia  di  Medicina  di  Parigi  un  proprio  lavoro 


(1)  Sulla   elettricità    delle    acque    minerali.    Memoria   del 
prof.  Paolini.  Bologna,  1866. 


176 

in  proposito  (1).  Assai  intensa  risolto  al  fisico  Barnabita 
la  corrente  elettrica 'propria  delle  sorgenti  termo-minerali 
di  Porretta.  Ed  il  Scoutetten  sostenne  essere  Telettricità 
la  recondita  cagione  della  attività  delle  acque  minerali  ; 
che  le  acque  di  fiume  e  le  potabili  manifestano  -  una  rea- 
zione elettrica  positiva,  mentre  le  acque  minerali  fredde 
e  calde  sono  più  cariche  di  elettricità  e  sempre  negativa, 
e  che  quindi  la  loro  attività  dipende  da  una  modificazione 
molecolare  del  liquido  determinata  dall'azione  prolungata 
della  elettricità. 

Noi  però,  per  quanto  siamo  disposti  ad  accordare  alla 
elettricità  una  gran  parte  dei  fenomeni  fisici  che  avven- 
gono nel  creato,  non  ci  sentiamo  tuttavia  molto  disposti 
a  spogliare  d'ogni  attività  i  principj  mineralizzatori  d' un* 
acqua  minerale^  per  accordarla  invece  alla  elettricità  che 
contiene.  Forse  si  potrebbe  attribuire  ad  essa  V  azione 
benefica  che  esercitano  alcune  acque  minerali  sopra  varie 
affezioni  nervose,  azione  che  non  è  possibile  spiegarsi  col- 
Tesame  dei  componenti  chimici  delle  stesse;  anzi  farebbe 
d^uopo  esaminar  queste  in  particolar  modo,  per  vedere 
se  forse  la  quantità  d'elettrico  che  contengono  è  supe- 
riore a  quella  esistente  nelle  altre.  Ma  attribuire  alla 
elettricità  la  guarigione  della  diatesi  scrofolosa ,  urica , 
reumatica,  erpetica ,  lo  sgorgo  delle  varie  congestioni  vi- 
scerali, delle  effusioni  sierose,  delle  lente  affezioni  arti- 
colari, ecc. ,  ne  sembra  un'ipotesi  impossibile. 

Eppure  qualche  cosa  deve  esservi.  Perchè  Plombières, 
Gastein,  Wildbad,  Pfeffers,  ecc.,  che  presentano  la  mine- 
ralizzazione delle  nostre  acque  semplicemente  potabili , 
anzi  una  minore ,  hanno  a  possedere  tante  virtù  tera- 
peutiche? E  alle  notate  fonti  aggiungiamo  pure  Loéche, 


(1)  Della   Memoria  dello    Scoutetten    abbiamo  già  dato 
lunffo  estratto  in  auesti  Annali. 


un 


Ingo  estratto  in  questi  Annali. 


177 
Lucca,  Schlangenbad,  Tòplitz  e  molte  altre  che  non  ces- 
sano di  giustificare  con  guarigioni  indubitate,  la  confidenza 
e  la  voga  di  cui  godono  da  secoli. 

Nelle  fonti  poi  nelle  quali  l'elemento  mineralizzatore 
non  lascia  incertezza  j  altra  meraviglia  eccita  la  tenuità 
delle  dosi.  Nelle  acque  ferruginose,  dove  il  ferro  è  sciolto 
naturalmente,  esso  acquista  in  minima  dose  una  potenza 
d'azione  ben  superiore  a  quella  delle  nostre  migliori  pre-< 
parazioni  officinali.  A  Spa,  Pyrmont,  Pejo,  S.  Caterina,  ecc. 
non  si  constatò  più  di  5  a  6  centigrammi  dì  carbonato 
di  ferro  per  litro ,  eppure  alcuni  -  bicchieri  bevuti  ogni 
giorno  producono  efietti.  Cosi  dicasi  delle  sorgènti  solfo- 
rose. Il  principio  è  netto,  sicuro.  Eppure  qual  diflferenza 
per  gli  efietti  fra  un  bagno  solforoso  naturale  ed  uno  ar- 
tificiale! E  il  primo  contiene  7  ad  8  grammi  di  solfo,  il 
secondo  120  a  150!  Con  tutta  la  perfezione  dei  nostri 
apparecchi,  colle  nostre  analisi  spettrali,  con  tutti  i  no- 
stri studj ,  noi  siamo  ben  lungi  dall'  aver  trovato  quel 
quid  divinum,  che  anima  un'acqua  minerale^  e  sarà  me- 
glio che  anche  noi  come  gli  antichi  vediamo  in  ogni  fonte 
una  dea  pietosa,  cho  somministra  la  salute. 

Per  ora  dunque  limitiamoci  a  confessare  la  nostra 
ignoranza ,  e  ad  ammirare  anche  nelle  acque  minerali 
quella  medesima  potenza  arcana,  che  comunica  il  profumo 
al  fiore,  l'aroma  al  vino,  il  fascino  alla  bellezza!.... 

Bagni  con  V  idrofero  ;  Esperienze  fisiologiche  ed  osservazioni 
cliniche  del  prof.  Hardt.  1.*  versione  italiana  del  doti.  Paoni. 
Napoli,  1865,  di  pag.  54. 

Anche  Tidrofero  è  uno  dei  più  bei  acquisti  della  terapeutica 
in  quest'ultimo  seiennio.  Esso  fu  già  accolto  e  provato  in  Italia 
in  varj  stabilimenti  ed  ospedali  e  funziona  con  plauso  generale. 
Ve  ne  ha  a  Napoli,  a  Firenze,  a  Venezia,  ecc.  Il  nuovo  sistema 
balneare  infatti  che  si  eseguisce  con  esso  offre  già  subito  due 
grandi  vanta ggi,  l'uno  di  permettere  i  bagni  in  ogni  stagione, 
l'altro  di  fare  una  grande  economia  di  liquido.   Non  è  più  ne- 

Annali.  Voi,  CCI.  42 


178 

cessano  quindi'  di  recarsi  in  una  data  stagione  ed  a  una 
data  fonte  per  eseguire  bagni  minerali.  Nella  vostra  stanza  voi 
potete  prendere  i  bagni,  come  a  Ischia,  Venezia,  Genova,  Yi< 
chy,  ecc.  Vi  mancherà,  è  vero,  il  cielo  di  Mergellina,  lo  splen- 
dido panorama  della  città  dei  dogi ,  il  soggiorno  in  una  opu- 
lenta città ....  ma  l'effetto  terapeutico  lo  raggiungerete  egual- 
mente. 

Ben  fece  il  dott.  Paoni ,  direttore  d'  uno  stabilimento  idro- 
terapico a  Napoli,  a  far  conoscere  ancor  più  in  Italia  il  nuovo 
istrumento,  traducendo  e  divulgando  il  libro  del  prof.  Hardy, 
nel  quale  è  esposto  tutto  ciò  che  lo  riguarda. 

La  prima  idea  dell'  ìdrofero  la  dobbiamo  a  Mathieo  (  de  la 
Dròme  ),  a  quel  meteorologista  che  si  rese  famoso  per  le  sue 
profezie  non  sempre  riuscite. 

Nel  culto  della  sua  scienza,  studiando  la  pioggia,  egli  si  era 
domandato  se  il  metodo  dell'immersione  per  i  bagni  era  proprio 
il  migliore  e  se  l'affusione  sotto  forma  di  precipitazioni  di  una 
estrema  tenuità  non  poteva  rimpiazzare  con  vantaggio  l'acqua 
stagnante  della  vasca.  Nessuno  porrà    in  dubbio  che   un  uomo 
esposto  nudo  per  un'ora  ad  una  forte  pioggia  non  rimanga  ba- 
gnato perfettamente  fino  all'osso,  come  si  suol  dire.  Ora  questo 
risultato  può  essere  ottenuto  con  3  a  4  litri  di  liquido,  mentre' 
la  vasca  esige  2  a  3    ettolitri.    L' acqua  che  tocca  immediata- 
mente il  corpo  è  la  sola  che  agisce,  tutto  il  resto  è  superfluo. 
Quest'ordine  di  idee  lo  condusse  ad  ideare  un  apparecchio  de- 
stinato a  riprodurre  artificialmente    in  una  camera  di  legno  i 
fenomeni    delia    pioggia.    Non    si    poteva  pensare    a    mandarvi 
Tacqua  minerale  in  vapore,  perchè  evaporizzandosi  avrebbe  per- 
duto i  corpi  fissi,  che  ne  costituiscono  il  valore  terapeutico.  Ri- 
corse dunque  alla  polverizzazione.  Stritolando,  dice  egli,  l'acqua 
di  mare,  l'acqua   di  Vichy,  di  Barèges,  ecc.,  e  riducendola  in 
polvere,  questa  porterà  seco  e  distribuirà   sopra  il  corpo  della 
persona  bagnata  non  solamente  le  sostanze  solubili,   ma  anche 
l,e  materie  che  il  medico  può  prescrivere  di  mescolare  nell'acqua 
del  bagno. 

Conveniva  però  vedere  se  il  nuovo  istrumento  riusciva  nella 
pratica,  conveniva  sperimentarlo  sopra  i  malati.  Delle  esperienze 
furono  intraprese  all'ospedale  Saint-Louis  dal  distinto  dcrmato- 


179 

logo  Hardy  ^  e  le  speranze  che  T  idrofero  avea  fatto  concepire 
si  realizzarono.  Pochi  mesi  dopo  Parigi  possedeva  uno  stabili- 
mento di  bagni,  nel  quale  erano  riunite  tutte  le  ricchezze  idro- 
logiche di  Francia  ! 

<  Mathieu  (de  la  Dróme)  però  presentando  al  corpo  medico  il 
suo  istrumento,  lo  accompagnava  colle  seguenti  parole  che  me- 
ritano encomio.  Lo  si  sappia  però  bene,  Vidrofero  è  destinato 
a  servire  la  scienza  e  non  V industria..,,  ogni  bagno  con  Vidro- 
fero  non  surà  amministrato  senza  l'ordine  del  medico  e  fin- 
ché dureranno  i  miei  diritti  d'intentore,  i  diritti  del  pratico 
tecnico  saranno  rispettati. 

Ecco  ora  il  processo.  La  persona  sta  seduta  in  una  camera 
di  legno  ;  per  un'  apertura  praticata  nel  coperchio  può  tener 
fuori  la  testa  se  lo  desidera.  Un  getto  d'acqua  polverizzata  pe- 
netra nella  detta  camera  all'altezza  dei  ginocchi,  indi  si  eleva 
sviluppandosi  verso  la  sommità  dell'  apparecchio  per  ricadere 
sul  corpo  allo  stato  molecolare.  L'acqua  è  infranta  da  una  cor- 
rente d'  aria  compressa  per  mezzo  di  mantici  che  un  uomo  fa 
muovere. 

Un  solo  uomo  può  alimentare  ad  un  tempo  dieci  camere  di 
polvere  acquosa  e  dare  così  da  70  ad  80  bagni  al  giorno. 

Le  esperienze  a  Saint-Louis  furono  molteplici  e  di  gran  ri- 
sultato. Si  studiarono  gli  effetti  fisiologici  del  nuovo  bagno , 
cioè  lo  stato  del  polso  prima  e  dopo,  lo  stato  delle  orine  prima 
e  -dopo ,  il  suo  modo  d'  agire  e  l' influenza  che  esercitava  sullo 
stato  generale.  Poi  si  studiarono  gli  effetti  terapeutici  col  ba- 
gno amìdato,  col  bagno  di  solfuro  di  potassio,  acqua  di  Oon- 
dìllac,  acqua  di  mare  e  bagno  mercuriale  col  sublimato. 

Si  portano  in  seguito  nell'opuscolo  9  osservazioni  cliniche, 
cioè  1  di  eczema,  3  di  psoriasi,  1  di  pitiriasis  versieolor,  1  di  ec- 
zema allo  scroto,  1  di  prurigine  e  2  di  scrofola,  guarite  tutte 
0  migliorate  assai  coiridrofero. 

Allora  si  trasse  la  conclusione  che  i  bagni  coll'idrofero  hanno 
effetti  fisiologici  simili  a  quelli  dei  bagni  ordinarj ,  ma  che 
quanto  ai  terapeutici  essi  nei  nuovi  bagni  sono  maggiori , 
perchè  V  acqua  rinnovellandosi  continuamente  distacca  e  seco 
trascina  con  più  facilità  le  squame  e  le  materie  estranee  ade- 
renti   alla  superfìcie  cutanea  ;    il  malato  può   esporre    la  testa 


180 

come  il  resto  del  corpo  airasione  del  bagno,  e  da  alttmo  questo 
ha  V  alto  pregio  di  non  essere  debilitante.  Si  comprovò  infln» 
che  con  3.  Vi  ^^^^'i  ^^  P"^  ^^^^  ^^  bagno  della  durata  di  un' 
ora.  L' Accademia  di  medicina  alla  quale  fu  presentato  pel 
suo  giudizio  il  nuovo  sistema  lo  dichiarò  una  vera  eanquiita 
terapeutica. 

Delle  acque  minerali  d' Italia  e  delle  laro  applicazioni  fera* 
peutiche;  per  Giovanni  Garilli.  Torino  1864.  Un  volume  in  4.^ 
piccolo  di  pag.  516  con  carta  idrologica  d'Italia. 
L*  egregio  Garelli  volle  far  conoscere  agli  italiani  una    ric« 
chezza  nazionale  ancora  poco  nota,  quella  delle  acque  minerali. 
Il  nostro  paese  per  la  costituzione  geologica  presenta  in  quasi 
tutti  i  punti  della  sua  superficie  delle  sorgenti  minerali,  di  cui 
alcune  antichissime.  Noi  possedevamo  un  bel  numero  di  mono- 
grafie delle  singole  nostre  sorgenti,  ognuna  delle  quali  con  no« 
menclatura  idrologica  propria ,  con  analisi  chimiche  in   tutti  i 
pesi  e  misure.  Alcuni  aveano  già  cercato  di  fondere   assieme 
questa  vasta  copia  di  materiali,  ma  il  compito  era  grave. 

Il  Garelli  volle  addossarselo ,  volle  ritrarre  come  in  un  sol 
quadro  e  con  disegno  identico  le  principali  sorgenti  minerali  di 
tutta  Italia.  Tentò  una  storia  naturale  completa  di  esse,  trat-^^ 
tando  della  loro  costituzione,  dei  loro  modi  d* applicazione,  e 
delle  loro  condizioni  topografiche,  non  che  delle  indicazioni  tera- 
peutiche. Ed  a  completare  il  lavoro  studiò  una  carta  topografica 
d'Italia  tutta,  nella  quale  le  acque  minerali  sono  ripartite  se- 
condo la  addottata  classificazione,  ed  ogni  acqua  segnata  con 
una  differente  tinta  di  colore  mostra  a  prima  vista  la  propria 
natura. 

Molte  lodi  merita  il  Garelli  per  questo  suo  faticoso  lavoro  , 
che  per  il  primo  intraprendeva  in  Italia,  per  la  copiosa  rac- 
colta di  dati,  analisi  chimiche,  descrizioni,  applicazioni  che  egli 
seppe  procacciarsi  e  distribuire  equabilmente  nelle  quattro  pcirti 
in  cui  suddivise  l'opera  sua. 

Noi  non  vogliamo  dire  per  questo  che  essa  sia  riuscita  per- 
fetta, che  l'Italia  non  abbia  più  bisogno  d'altro  per  rilevare  le 
sue  ricchezze  anche  in  questo  ramo.  Vi  furono  confusioni  ed  om- 
missioni.  E  fra  queste  non  possiamo  tacere  di  una  gravissima, 


181 

quella  cioò  che  riguarda  la  nostra  celebre  fonte  di  S,  Caterina, 
Chi  non  conosce  quest'  acqua,  che  scaturisce  a  8  chilometri  da 
Bormio  nella  Val  Furva,  in  provincia  di  Sondrio,  scoperta  fin 
dai  primordj  del  secolo  scorso?  Chi  non  sa  che  racchiude  gas 
acido  carbonico  libero  e  carbonato  di  ferro,  chi  non  conosce  la 
sua  limpidezza  e  freschezza,  il  suo  sapore  acidetto  di  un  grato 
piccante,  ed  alquanto  stitico  come  la  sorella  di  Pejo,  che  dalle  vi- 
scere dello  stesso  monte  deriva. 

Chi  non  apprezzò  l'azione  sua  benefica  sui  sistema  orinario, 
i  successi  mirabili  nella  renella,  nei  disordini  mestruali,  nei  car« 
diopalmi  nervosi,  nelle  aflezioni  di  fegato  1  Quante  fanciulle  clo- 
rotich^  ritornate  per  essa  al  vivo  incarnato  delle  gote  non  ar- 
derebbero votivi  incensi  alla  marziale  vergine  Caterina!  (1) 

Delle  nostre  nel  Lombardo-Veneto  ommise  Sacile,  in  pro- 
vincia d'Udine,  scoperta  nel  1834,  salino-ferruginosa.  S,  Barta- 
lomeo  che  fin  dal  secolo  XV  era  ritenuta  fra  le  più  famose 
del  padovano,  e  che  sebbene  sia  ora  frequentata  solo  da  con- 
tadini ha  ancora  la  sua  importanza  ;  S.  Colombano  per  errore 
di  stampa  dicesi  appartenere  a  Colico  e  non  a  Collio ,  terra 
bresciana;  S.  Daniele,  acqua  solforosa  molto  usata  sul  veneto. 

Il  bel  sesso  deve  esser  poi  adirato  col  Garelli  per  aver  om- 
messo,  parlando  delle  acque  del  Masino,  la  loro  benefica  influenza 
nelle  malattie  uterine,  quando  difficile,  scarsa  o  dolorosa  è  la 
mestruazione,  nelle  leucorree,  ecc.,  per  cui  meritaronsì  il  titolo 
di  bagni  delle  signore^  o  molto  più  poi  per  aver  dimenticato 
la  loro  fama  antica ,  di  render  prolifici  i  maritali  amplessi  !.... 
Anche  la  fonte  salso-jodica  di  Miradolo ,  nel  circondario  di 
Lodi,  proprietà  dell*  Ospedale  Maggiore  di  Milano,  illustrata  con- 
venientemente dal  P.  0.  Ferrarlo  e  dal  Verga,  meritava  un  po- 
sto nelle  acque  minerali  d'Italia. 

Il  dott.  Garelli  ha  poi  voluto  fare  della  politica.  Il  povero 
Trentino  non  fu  da  lui  considerato  parte  d' Italia,  e  le  fonti  di 
Pejo  in  Val  di  Sole,  e  di  Rabbi  in  Val  di  Non ,  furono  escluse 


(i)  Vedi  la  esatta  ed  estesa  descrizione  datane  dal  chiaris- 
simo Balardini,  nella  sua  e  Topografìa  statistico-medica  della 
Valtellina  ».  Milano,  1834. 


182 

dalle  ftcqoe  minerali  d'Italia.  Così  quelle  non  meno  importanti 
di  C^nutno  nelle  Giudicane  ,  e  di  Levieo  in  Valsngana.  Con- 
soliamoci però,  che  non  ha  mancato  di  metterci  quelle  della 
campagna  romana!... 

La*  vasta  opera  del  Garelli  è  divisa  in  4  parti.  Nella  prima 
stanno  accolte  le  noiumi  generali  sulle  aeque  ^  nella  seconda 
si  tratta  delle  aeque  minerali  d'Italia  in  particolare.  Egli  le 
divide  in  cinque  classi ,  che  formano  altrettanti  capitoli ,  cioè 
solforate,  clorurate,  bicarbonato,  solfate  e  ferruginose.  Ognuna 
di  queste  ha  poi  delle  sotto- dì  vision  i^  essendo  difficile  distri* 
buirle  tutte  equabilmente.  L' Italia  viene  per  maggior  facilità 
di  distribuzione  da  lui  suddivisa  in  3  regioni,  nella  Italia  set- 
tentrionale, nella  centrale  e  nella  meridionale.  Nella  parte  terza 
trovansi  accolte  in  capitoli  le  applicazioni  delle  aeque  minerali 
ed  una  patogenia  delle  malattie  croniche  in  rapporto  a  que- 
sta medicazione,  con  degli  aforismi  teorico-pratiei. 

Nella  parte  quarta  in  un  unico  capitolo  riunì  la  legislazione 
sulle  aeque  minerali^  coi  documenti  relativi.  Noi  in  Italia  ab- 
biamo per  ogni  paese  ancora  una  legislazione  diversa  per  que- 
ste, e  quel  che  più  è,  assai  imperfetta.  Il  segretario  Borromeo 
nel  1861  avea  chiesto  informazioni  a  tutti  gli  stabilimenti,  ma 
r  appello  fu  infruttuoso.  Il  Garelli  pubblica  quindi  un  progetto 
di  legge  sulle  acque  minerali  d'Italia,  lavoro  del  Trompeo,  al 
quale  fa  seguire  tutto  il  più  importante  della  legislazione  fran- 
cese. Nulla  però  fu  fatto,  e  per  il  bene  dell'umanità  ci  augu- 
riamo che  fra  noi  si  voglia  finalmente  pensare  anche  alla  legi- 
slazione delle  acque  minerali  del  regno. 

» 

Le  acque  minerali  ferruginose  di  Levieo  nel  trentino.  Cenni 
storici,  geografici,  terapeutici  del  dott.  Luigi  Manetti.  Trento 
1861.  Un  opuscolo  di  pag.  107  con  2  tavole   litografiche. 
Queste  acque,  notevoli  per  la  dose  dei  principj  mineralìzza- 
torì  ohe  contengono ,  per  la  efficacia  medicamentosa  che  spie- 
gano, meritano  di  essere  maggiormente  conosciute  fra  noi,  poi- 
ché dapprima  potevansì  usufruire  soltanto  sul  luogo  ove  scatu- 
riscono. Ora  però  che  senza  perder  punto  valore  si  condussero  a 
Levieo,  grossa  borgata  sulla  postale  da  Trento  a  Bassano^  e  che 
vi  si  eresse  uno  spazioso  stabilimento,  è  necessario  che  esse  oc- 


183 

cupino  11  posto  che  loro  compete.  Ben  fece  dunque  il  dott.  Ma- 
netti,  che  è  un  chimico  e  medico  distintissimo,  a  darci  un'analisi 
dettagliata  ed  i  medici  di  Levico  a  pubblicare  questi  cenni. 

Ciò  che  v*ha  d'importante  si  è  che  un  medico  lombardo,  il 
dott.  Finali,  fin  dal  1816  avea  dichiarato  contener  esse  l'arse- 
nico. I  malati  non  badarono  alla  in  allora  spaventevole  dichia- 
razione e  continuarono  ad  affluirvi  e  guarire.  Ora  le  analisi 
chimiche  non  solo  di  questa  fonte  ma  di  tutte  le  ferruginose 
dimostrarono  contener  sempre  arsenico ,  e  nessuna  cattiva  in- 
fluenza esso  esercitare.  Il  dott.  Manetti  lo  determinò  e  dosò 
colla  massima  facilità;  trovò  che  se  ve  ne  trova  0,00102  gram- 
mi in  un  chilo  d'acqua,  allo  stato  però  d'acido  arsenioso.  Quanto 
al  ferro,  essa  ne  è  a  dovizia  fornita,  poiché  su  100  grammi  d'ac- 
qua ve  ne  trovò  grammi  1,819  di  ferro  puro,  cioè  libero  dal- 
l'ossigeno trovandosi  allo  stato  d'ossido.  È  dunque  la  più  forte 
marziale  dell'alta  Italia.  Questo  per  Vacqua  da  bagno  della  Ca- 
verna del  vetriolo  che  contiene  in  abbondanza  il  solfato  ferroso, 
e  non  meno  ne  contiene  l'acqua  per  bibita  della  Caverna  del- 
VOcra,  Questa  distinzione  delle  fonti  è  necessaria,  perchè  l'acqua 
che  è  tanto  profittevole  per  bagno,  non  potrebbe  che  riuscire  pe- 
ricolosa per  bibita.  Quella  da  bìbita  scarseggia  però  assai  di  acido 
carbonico  e  contiene  carbonato  ferroso ,  per  cui  è  impossibile 
trasportarla  e  convien  usarla  alla  fonte. 

Quest'acqua  dunque  contiene  solfato  ferrico  e  ferroso,  acido 
arsenioso  e  solfato  di  rame,  forse  combinato  al  solfato  rameico 
in  istato  di  speciale  costituzione.  La  circostanza  di  un  sale  a 
doppia  base  è  un  ottimo  carattere  per  le  acque  minerali ,  che 
allora  si  mostrano  di  maggiore  efficacia.  Ed  a  questo  fatto  at- 
tribuisce il  dott.  Avancini  la  guarigione  di  certe  malattie,  cioè 
delle  spiniti  incipienti,  perchè  egli  inclina  a  credere  che  il  sol- 
fato rameico  abbia  una  elettività  di  azione  sui  nervi  spinali  e 
sul  paidollo,  che  combinata  all'azione  del  solfato  ferroso  porta 
un  risultato  decisivo. 

La  cura  a  Levico  consiste  dunque  nei  bagni  e  nelle  bibite. 
Per  bagni  se  ne  fanno  da  20  a  30;  quanto  alle  bibite  si  co- 
mincia con  due  a  tre  bicchieri  e  si  aumenta  progressivamente 
fino  a  2  litri  al  giorno. 


184 

Guida  medica  alla  fonte  nemi-termale  di  Cninano  nel  trentino; 

del  doti.  Antonio  FàKs,  coiranalisi  del  doti.  Manbtti.  Trento 

1862.  Un  opuscolo  con  tavola. 

Lungo  il  magnìfico  stradale  che  dal  confine  bresciano  al  Caf- 
faro  mette  a  Trento  attraverso  le  Giudicane,  vicino  ad  un  punto 
detto  le  Sarche  in  cui  sbocca  lo  stradale  che  proviene  da  Riva, 
giace  in  una  magnifica  posizione  Cornano.  La  sua  fonte,  che  sem- 
bra fosse  conosciuta  fino  dai  tempi  romani,  era  andata  perduta, 
quando  nel  1807  per  caso  tornossi  a  trovare,  e  V  esperienza  fu 
la  prima  maestra  che  ne  additò  le  virtù  terapeutiche. 

L'acqua  appena  attinta  è  limpida,  trasparente,  senza  colore 
ed  odore.  Immergendo  una  mano  in  essa  risentési  un  dolce  te- 
pore, e  si  svolgono  numerose  bollicine.  La  pelle  resta  più  mor- 
bida e  liscia.  Non  ha  essa  sapore  ben  distinto,  ma  non  è  però 
molto  piacevole.  Alla  temperatura  esterna  fra  -)-  10  e  +  15 
G.  l'acqua  offre  da  26^  a  28^  I  risultoti  forniti  al  dott.  Ma- 
netti  dall'analisi  quantitativa  non  lo  autorizzano,  dice,  ad  as- 
segnare un  posto  ben  determinato  a  quest'  acqua  fra  le  altre. 
Troppo  scarsa,  dice,  è  la  quantità  dei  principj  che  la  mineraliz- 
zano, e  nessuno  di  questi  vi  predomina  in  modo  da  bastare  per 
sé  solo  a  caratterizzarla.  Essa  offre  rassomiglianza  con  Plom- 
bières,  che  è  pure  efficace  e  che  pure  contiene  dosi  forse  minori 
di  principj  salini. 

Nei  primi  anni  della  scoperta  V  uso  era  limitato  alla  cura 
degli  scabbiosi  (o  forse  per  meglio  dire  degli  affetti  da  pruri- 
gine,  cosi  facilmente  con  essa  confusa).  Poi  per  analogìa  vi  tras- 
sero gli  erpetici.  Non  vi  ha  erpete,  dice  il  dott.  Faes,  dalla 
forma  più  semplice  a  quella  più  grave  ed  ostinata,  che  rimanga 
indifferente  all'azione  di  quest'acqua. 

Lavando  gli  occhi  con  essa ,  guariscono  le  ottalmie  scrofo- 
lose; nelle  affezioni  artritiche  e  reumatiche  mostrò  una  singo- 
lare efficacia.  Riuscì  pure  nelle  gastro-enteriti  lente  e  negli  in- 
dividui emaciati. 

Relazione  del  trattamento  fatto  nel  1866  eoi  bagni  marini  in 
Voltri  degli  scrofolosi  di  Milano ,  per  cura  del    dott.  cav. 
Castoldi.  Milano  1867.  Un  opuscolo  di  pag.  31. 
La  gentile  Toscana  fu  la  prima  in  Italia,  per  opera  princi- 


185 

palnaente  del  cav.  Barellaj,  ad  istituire  fino  dal  1853  un  Ospi- 
zio marino  sulle  ridenti  rive  del  Tirreno,  a  Viareggio,  dove  si 
mandano  ogni  anno  più  di  100  bambini  scrofolosi.  I  buoni  ef» 
fetti  colà  ottenuti  spinsero  il  dott.  Barellaj  a  farsi  i'  apostolo 
di 'questa  istituzione,  ed  a  percorrere  1*  Italia  animando  dap- 
pertutto i  medici  a  farsene  iniziatori. 

Ecco  la  storia  della  istituzione  milanese,  che  noi  compilam- 
mo sulle  cinque  relazioni  del  diligentitsimo  segretario  del  Co- 
mitato dott.  Castoldi. 

La  Giunta,  la  Congregazione  di  Carità,  la  Cassa  di  Rispar- 
mio, la  Banca  ed  altri  Istituti  beneficarono  la  nascente  istitu- 
zione. L' amministrazione  dell'  Ospedale  Maggiore  concorse  in 
qualche  modo  a  prò  deiristituzione,  pagando  al  Comitato  la  pen- 
sione degli  scrofolosi  cronici  che  dal  nosocomio  passavano  diretta- 
mente ai  bagni.  La  Direzione  delle  ferrovie  accordò  il  gratuito 
0  quasi  passaggio  sulle  ferrovie.  La  sottoscrizione  aperta  in 
tutti  i  giornali  cittadini  fruttò  subito  una  egregia  somma.  E 
così  Milano ,  che  ha  già  una  splendida  pagina  negli  annali 
della  beneficenza,  inaugurava  degnamente  l'Ospizio  marino. 

Nel  primo  anno,  1862,  gli  infermi  furono  spediti  all'  Ospe- 
dale di  Veltri,  ma  riconosciutivi  alcuni  inconvenienti,  fra  i  quali 
l' insufficienza  dei  locali ,  si  accolsero  in  un  ospizio  apposita- 
mente a  quest'uopo  allestito  dal  dott.  De  Rossi,  a  Orevari,  un 
chilometro  a  ponente  da  Voltri,  ed  in  riva  al  mare. 

Nel  primo  anno  1862  gli  scrofolosi  che  furono  spediti  ad 
esperire  i  buoni  effetti  dell'acqua  marina  furono  14.  Di  questi 
6  guarirono,  8  migliorarono.  Nel  secondo  1863  furono  51  ,  dei 
quali  24  guarirono ,  24  migliorarono  ,  3  rimasero  stazionarj. 
Nel  terzo  1864  furono  53 ,  di  cui  20  ricuperarono  una  inspe- 
rata salute ,  29  si  trovarono  migliorati ,  e  3  rimasero  ancora 
refrattari.  Qui  il  risultato  fu  un  pò  meno  lusinghiere ,  e  ciò 
perchè  nell'  immenso  numero  dei  petenti  si  scelsero  i  più  gravi. 
Nel  1865  se  ne  spedirono  61  ,  e  di  questi  25  guarirono ,  36 
migliorarono,  ninno  fu  refrattario.  Nel  1866,  a  dispetto  della 
guerra,  se  ne  spedirono  54 ,  dei  quali  47  ebbero  una  cura  di 
42  giorni,  e  7  di  giorni  84,  22  tornarono  guariti,  30  quasi,  2 
refrattarj.  Queste  cifre  provano  ad  esuberanza  l' importanza 
scientifica  di  quella  cura.  Le  cure  cominciarono  al  1.®  giugno 
e  proseguirono  a  tutto  agosto. 


186 

Il  doti.  Castoldi  traeva  fin  dai  1864  il  corollario,  che  Taria 
ed  il  bagno  di  mare  sono  di  una  incontestabile  utilità  nella 
cura  della  scrofola  ,  specialmente  in  quanto  regolarizzano  le 
funzioni  vegetative  ed  animali,  e  modificano  il  misto  organico 
sempre  alterato  nei  scrofolosi.  Questa  doppia  efficacia  è,  secondo 
lui,  costante  in  tutti  gli  scrofolosi  indistintamente,  ma  più  mar- 
cata nei  casi  di  scrofola  non  ereditaria.  Egli  crede  che  i  mari 
dei  climi  caldi  riescano  più  vantaggiosi  di  quelli  dei  climi  freddi, 
per  la  maggior  copia  di  sali  che  tengono  in  dissoluzione,  e  per 
la  più  alta  temperatura  che  permette  un  bagno  più  prolun- 
gato. 

In  tutte  le  forme  locali  della  scrofola  trovaronsi  vantaggiosi 
i  bagni  di  mare ,  ma  non  in  tutte  nell'  identica  proporzione. 
Eccone  la  scala  :  affezioni  gangliari  del  sistema  linfatico ,  affe- 
zioni delle  mucose,  affezioni  della  pelle ,  affezioni  dei  capi  arti- 
colari, affezioni  delle  ossa. 

L'  uso  interno  dell'acqua  di  mare,  per  la  sua  proprietà  ir- 
ritante sulla  mucosa  intestinale,  non  pare  opportuno  nella  cura 
della  scrofola.  |1  bagno  caldo  di  mare  possiede  una  potente 
azione  disciogliente  ,  ma  non  che  tonico,  è  controstimolante,  e 
come  tale  meno  indicato  di  quanto  sia  il  bagno  freddo.  L'aria 
di  mare  e  i  beneficj  che  apportano  i  bagni,  aumentano  in  tutti 
gli  ammalati  in  modo  straordinario  1'  appetito,  e  perciò  nascono 
spesso  disordini  gastrici.  Il  curante  deve  quindi  andar  molto 
guardingo.  In  genere  però  il  vitto  degli  scrofolosi  durante  la 
cura  balnearia  deve  essere  lauto  ed  azotato. 

La  vantaggiosa  modificazione  che  i  bagni  di  mare  arrecano 
al  misto  organico,  continua  ad  appalesarsi  anche  dopo  finita  la 
cura,  con  una  maggiore  obbedienza  delle  affezioni  locali  all'or- 
dinario  trattamento,  ed  una  conseguente  facilità  alla  cicatriz- 
zazione delle  piaghe. 

La  benefica  istituzione  degli  ospizj  marini ,  dopo  i  buoni 
saggi  di  Toscana  e  Milano ,  fu  imitata  nel  resto  d' Italia.  Nel 
1863  Modena,  nel  1864  Pavia  e  Bergamo;  Modena,  Bologna, 
Ferrara  mandano  sulle  sponde  deirAdriatico  i  loro  infermi  in 
un  vasto  e  comodo  ospizio  a  Fano. 

L'  opera  italiana  ebbe  un  felice  contraccolpo  all'  estero.  Al 
Congresso  di  Gand  del  1864  il  dott.  Janssens,  reduce  dall'  Ita- 


187 

Ha,  ne  parlò  molto  favorevolmente  e  fu  incaricato  dell'istitu- 
zione d'  un  ospizio  per  il  Belgio.  La  Francia  stessa  ci  imitò  e 
TAmministrazione  della  assistenza  pubblica  parigina  fondò  nel 
1864  uno  stabilimento  ospitaliero  sulle  coste  della  Manica,  a 
Berck.  Dapprima  fu  costrutto  un  locale  in  legno ,  ma  poi  ve- 
dendo i  risultati  sorpassare  le  previsioni ,  gli  fu  dato  un  più 
stabile  assetto  ed  ora  prospera. 

Il  dott.  Barellaj  volle  anche  in  Roma  promuovere  questa 
santissima  istituzione,  alla  quale  da  molti  anni  ha  consacrato 
tutte  le  sue  forze  e  che  non  gli  è  contestata  neppure  dagli 
stranieri,  perchè  nella  Gazette  hebdomadaire,  N.^  13,  1867,  si 
legge  :  C'est  au  prof,  Barellaj  qui  revient  l'honneur  d*avoir 
concue  Videe  dea  Hoapioes  maritimea  et  d'avoir  par  son  éner- 
gique  initiative  réalisé  une  dea  inatitution  philantropiques 
doni  l'Italie  peut  a^enorgueillir. 

Rilevo  ora  dal  Giornale  di  Roma  (  Aprile  1867  )  che  egli 
vi  ebbe  prospere  accoglienze,  e  che  tutto  lasciava  sperare  per 
la  riuscita. 

Così  ritalia  possiede  ora  6  ospizi  marini,  quattro  sul  Medi- 
terraneo, Viareggio,  Livorno,  Voltri  e  Sestri  levante  ;  due  sul- 
l'Adriatico, Fano  e  S.  Benedetto  del  Tronto.  Venti  città  italiane 
hanno  già  adottato  la  benefica  istituzione;  eccole  in  regola  d'an- 
zianità. Firenze,  Prato,  Pistoja,  Siena,  Montalcino,  Montepulcia- 
no, Arezzo,  Poscia,  Lucca,  Pisa,  Milano,  Bologna,  Modena,  Reg- 
gio, Ferrara,  Bergamo,  Pavia,  Cremona,  Ascoli-Piceno,  Fermo, 
Roma. 

L'  aria  e  1'  acqua  del  mare  sono  utili  nelle  malattie  scrofo- 
lari.  Ma  le  forme  più  gravi  della  scrofola  si  manifestano  nelle 
casupole,  sur  pagliaricci  dell' infima  plebe,  e  vi  languiscono  o 
si  spegnono  all'  ospedale.  Questi  poveri  figli  della  miseria  non 
aveano  ancora  esperimentato  il  benefizio  del  mare  !  E  questa  è 
la  vera  democrazia  !  Non  quella  che  assorda  con  tribunesche 
frasi  nelle  colonne  dei  giornali,  ma  quella  che  erige  le  case  per 
gli  operaj,  che  apre  le  scuole  serali  e  festive  per  il  popolo,  che 
soccorre  a  domicilio  la  povere  madri  allattanti  i  proprj  bimbi, 
che  raccoglie  ed  educa  i  figli  abbandonati,  e  li  cura  coi  mezzi 
dei  ricchi. 

Se  però  a  Milano  nel  1863  introitaronsi  per  questa   santis- 


188 

•ima  istituzione  8200  lire,  nel  1864  11,300,  nel  1865  9400,  nel 
1866  furono  appibna  5500.  È  una  prospettiva  tutt' altro  ehe 
lusinghiera,  dice  il  relatore  Castoldi,  che  dopo  aver  lavorato 
per  cinque  anni  onde  fondare  stabilmente  questa  nuova  bene* 
flcenza ,  per  intento  e  per  felici  risultamenti  non  inferiore  ad 
alcun' altra,  si  debba  cessare  per  mancanza  di  fondi.  No,  an- 
che noi,  vogliamo  sperare,  che  un'  opera  pia,  riconosciuta  van- 
taggiosissima, abbia  a  perire,  e  facciamo  voti  affinchè  rifulga 
più  viva  la  carità  cittadina  a  favore  degli  Ospizi  marini. 

Guida  igienica  pei  bagni  di  mare;  del  dott.  cav.  G.  B.  Pb- 
SCETTO.  Genova,  1862.  Un  voi.  di  pag.  271  in  8.® 
La  costumanza  di  prendere  il  bagno  nel  mare  era  usitatis- 
sima  anche  presso  gli  antichi  ;  ne  parlano  Omero  e  Svetonio. 
Ma  colle  famose  Terme ,  che  costituivano  la  delizia  e  il  lusso 
dei  nostri  padri,  i  romani,  durante  la  barbarie  medioevale  cad- 
dero anche  i  bagni  di  mare  in  disuso,  ed  anche  dopo  convenne 
aspettare  che  1*  Inghilterra  soltanto  verso  la  metà  del  secolo 
scorso  li  chiamasse  dall'  obblio.  La  Germania  vide  sorgere  il 
suo  primo  stabilimento  solo  sulla  fine  del  secolo;  successero 
Ostenda  nel  Belgio^  Dieppe  a  Bouiogne  in  Francia,  e  da  ultimo 
ritalia.  Sull'Adriatico  ebbe:  Venezia,  Rimini,  Ancona,  Pesaro, 
Fano,  Sinigaglia  ;  sul  Mediterraneo  :  Napoli ,  Ischia  ,  Castelia- 
mare,  Civitavecchia,  Livorno,  Viareggio,  Spezia,  Genova,  Sa- 
vona, Mentono,  Nizza.  Poco  però  fruttavano.  In  Genova  fino  ai 
1830  fu  sufficiente  un  solo  stabilimento  ;  il  bagno  era  ricercato 
più  a  scopo  di  refrigerio  e  di  solazzo  che  per  cura.  Come  mezzo 
igienico  e  terapeutico  era  raramente  prescritto.  In  oggi  invece 
sono  saliti  in  tanta  estimazione  da  eguagliare,  se  non  superare, 
quella  dei  più  rinomati  bagni  minerali  e  idropatici. 

Il  dottor  Pescetto  ebbe  quindi  la  bella  idea  di  dotare  anche 
il  nostro  paese  di  un  Manuale  teorico-pratico  atto  a  servire  di 
norma  ai  bagnanti  per  una  retta  applicazione  dei  bagni  ma- 
rini, come  ne  aveano  fatto  il  Barzilai  (Venezia,  1853);  il  Mala- 
godi  (Fano,  1860)  e  lo  Squarci  (Livorno,  1865). 

Questo  suo  lavoro  riesce  utile  ai  bagnanti  non  solo ,  ma 
fornisce  ai  medici ,  che  vivono  lontani  dal  mare ,  una  istru- 
zione capace  a  guidarli  nella  scelta  dei  casi  che  richieggono 
l'uso  di  questi  bagni. 


189 

In  un  primo  capitolo  parla  dell'  atmosfera  marina  e  delle 
qualità  tìsico-chimiche  dell'acqua  ;  in  un  secondo  di  alcuni  spe- 
ciali fenomeni  del  mare,  come  la  marea,  la  fosforescenza  ;  nel 
terzo  discorre  del  modo  di  prendere  il  bagno ,  nel  quarto  del 
bagno  caldo ,  nel  quinto  dell'uso  interno  dell'  acqua  ,  nel  sesto 
del  bagno  sotto  forma  solida.  Seguono  capitoli  sugli  effetti  fisio- 
logici dell'acqua  di  mare,  sulle  norme  igieniche  da  seguirsi  per 
esso,  poi  viene  alle  malattie  nelle  quali  l'acqua  di  mare  spiega 
in  modo  prevalente  la  sua  efficacia.  In  primo  luogo  pone  la  scro- 
fola, per  la  quale  dice  avere  un'azione  specifica  e  ne  propone 
l'uso  interno  ed  esterno  ;  la  rachUide,  la  clorosi,  la  leucorrea, 
le  malattie  uterine,  E  qui  distingue  giustamente.  Se,  dice  egli, 
l'irregolarità  della  funzione  mestruale  è  mantenuta  da  qualche 
malattia  cronica  dei  visceri,  i  bagni  sono  nonché  inutili ,  dan- 
nosi; ma  se  dipende  da  cagioni  generali  ed  accidentali^  come  co- 
stituzione debole,  isterica,  nervosa,  o  da  causa  improvvisa,  allora 
il  bagno  marino ,  principalmente  con  semicupi  caldi,  è  un  sus- 
sidio efficace  e  pronto.  Fra  le  malattie  uterine  curabili  pone 
le  lente  deviazioni,  gli  abbassamenti  dell'utero,  gli  ingorghi  con 
0  senza  escoriazioni,  e  le  granulazioni. 

Fra  le  malattie  in  cui  1'  acqua  di  mare  spiega  una  minor 
efficacia,  enumera  la  sterilità,  l'ischialgia  e  la  nevralgia  in  genere, 
i  morbi  chirurgici  locali. 

Fra  le  malattie  cutanee  dice  ottenere  qualche  buon  risultato 
quelle  a  forma  secca.  U Appendice  della  Guida  è  destinata  ai 
touristes.  Vi  sono  indicati  i  principali  stabilimenti  della  Ligu- 
ria ;  descritte  le  ville  famose  di  Pallavicini,  Rostan ,  Doria  ;  il- 
lustrate le  gite  a  Pra,  Voltri,  Sestri,  ecc. 

Recoaro  e  le  sue  fonti  minerali;  piccola  Guida  del  dott.  Luigi 
Chiminelli.  Un  volumetto  di  pag.  131.  Bassano,  1865. 
Fu  un  conte  Lelio  Piovene,  patrizio  vicentino,  che  nel  1694 
rese  nota  al  pubblico  questa  celebre  fonte,  la  quale  poi  dal  suo 
nome  fu  detta  Lelia.  L'esperienza  ha  dimostrato  in  seguito  la  sua 
alta  efficacia  e  1'  ha  posta  fra  le  più  celebrate  analoghe  fonti. 
È  de.ssa  acidulo-salino-ferruginosa,  e  si  approssima  assai  per  la 
qualità  e  proporzione  dei  suoi  elementi,  alle  estere  di  Spa,  Pyr- 
mont ,  Marienbad ,  Schwalbaoh  ,  alle  nostrane  di  Rabbi,  Pejo, 


190 

S.  Caterina,  S.  Colombano.  Quelle  di   Reeoaro  sono  un  pò  più 
lassative  e  più  tollerate  dallo  stomaco  di  parecchie  fra  le  citate. 

Reeoaro  è  un  ricco  comune  di  5600  abitanti ,  costituisce 
r  ultimo  confine  all'  ovest  della  provincia  di  Vicansa,  in  fondo 
ad  una  amenissima  valle  ,  al  piede  delle  montagne  dolomiche 
che  separano  quella  provincia  dal  trentino,  che  lo  recingono 
difendendolo  dai  venti  di  N.  e  N-0.,  a  guisa  di  magnifico  anfi- 
teatro. 

Si  trovarono  queste  acque  molto  proficue  nelle  lente  irrita- 
zioni gastro-intestinali,  con  inappetenze,  dispepsie,  rutti  acidi, 
stitichezze  ostinate ,  diarree  croniche  ;  nelle  affezioni  emorroi- 
darie,  sia  dell'ano  che  della  vescica  orinarla  ;  nelle  affezioni  epa- 
tiche. Secondo  il  dottor  Chiminelli,  1'  opinione  troppo  general' 
mente  ammessa  che  per  le  malattie  cutanee  non  giovino  che 
le  acque  minerali  solforose,  le  alcaline  e  le  solfo-iodate  e  nulla 
le  ferruginose,  è  smentita  dalla  giornaliera  esperienza,  perchè 
si  trovarono  utili  quelle  di  Reeoaro  nelle  lente  affezioni  cuta- 
nee, come  nella  orticaria  cronica,  nella  prurigine,  gotta  rosacea, 
erpete. 

Le  marziali  più  importanti  dell'Alta  Italia  sono  Reeoaro,  Pe- 
jo,  e  S.  Caterina.  Ma  queste  ultime  hanno  una  maggior  quan- 
tità di  ferro  e  d' acido  carbonico  libero ,  sono  scevre  dal  gesso 
che  contiene  Reeoaro,  contengono  per  di  più  carbonato  di  soda 
e  cloruro  sodico,  ottimi  ingredienti.  Reeoaro  favorita  da  felice 
posizione  e  facile  accesso  ha  più  grande  concorso  di  ammalati 
sul  luogo.  Pejo  troppo  alpestre  e  remota  supera  per  bontà  di 
prineipj  mineralizzatori  e  si  spaccia  in  bottiglie  in  gran  quantità. 

La  febbre  termale  ;  brevi  cenni  del  dott.  Franchwi  Eugenio, 
seconda  edizione.  Torino,  4864.  Un  opuscolo  di  pag.  46. 
L'Autore  ha  voluto  studiare  quello  stato  febbrile,  caratte- 
rizzato da  anoressia,  peso  all'epigastrio,  agitazione,  insonnia, 
acceleramento  di  polso  ,  che  di  spesso  si  manifesta  in  coloro 
che  si  assoggettano  ad  una  cura  termale ,  o  alcalina ,  o  solfo- 
rosa. Essendo  stato  addetto  al  servizio  sanitario  nello  stabili- 
mento termale  militare  d'Acqui,  ebbe  campo  di  studiare  l'affe- 
zione là  appunto  ove  è  più  frequente  per  la  natura  di  quelle 
acque. 


191 

Egli  è  quiadi  pervenuto  a  stabilire  che  la  febbre  termale 
è  un'affezione  speciale:  sui  generis  ;  che  è  distinta  dalla  febbre 
gastrica  e  gastro-reumatica ,  con  cui  Ja  si  volle  confondere , 
perchè  ha  un  decorso  regolare  suo  proprio,  fisionomia  sua  pro- 
pria ,  un'  eruzione  sintomatica  ;  perchè  non  colpisce  che  quelli 
che  fanno  uso  delle  acque ,  o  che  da  poco  le  hanno  sospese,  e 
non  incoglie  che  una  sol  volta  i  bagnanti. 

L'  Autore  però  invano  ne  ricercò  la  causa  prossima.  Essa 
ci  sfugge.  È  certo  che  l'elevata  temperatura  la  favorisce  ;  che 
il  vitto  eccitante  quasi  totalmente  carneo,  i  cibi  mal  cucinati, 
i  vini  alterati,  le  frutta  immature  sono  pure  motivi  di  sviluppo. 
L'uso  delle  bevande  solforose  lo  è  pure.  Molti  ammalati  invece 
di  cominciare  a  berle  a  poco  a  poco,  le  bevono  subito  in  quan- 
tità, nella  falsa  speranza  di  far  più  presto  a  guarire. 

Talora  questa  febbre  scompare  con  meraviglierà  celerità  , 
talora  invece  persiste  a  lungo.  Astensione  dalle  acque ,  dieta , 
riposo  a  letto,  bevande  acidule,  bastano  di  solito  a  guarirla. 

Relazione  fatta  al  Municipio  di  S,  Vincent  f Aosta J  intorno 
air  acqua  minerale  acidulo- ferruginosa  e  salina,  che  sca^ 
turisce  da  una  rinomata  sorgente  in  vicinanza  di  detto 
comune ,  e  nuova  chimica  analisi  della  medesima  ;  del 
comm.  Angelo  Abbene  (  e  Gìorn.  della  R.  Accad.  med.  di 
Torino  »,  N.  15  e  16  del  1864). 

Leggermente  purgante  senza  arrecare  incomodi  intestinali, 
diuretica  ,  litontritica  e  disostruente  ,  sorse  il  dubbio  che 
r  acqua  medesima  non  fosse  più  nelle  condizioni  del  passato  e 
che,  0  per  infiltrazione  di  altr'acqud  semplice,  o  per  altre  cir- 
costanze ne  fosse  variata  la  composizione^  epperciò  la  efficacia. 
Il  Consiglio  municipale  di  S.  Vincenzo  deliberò  di  far  procedere 
ad  una  nuova  chimica  analisi,  a  mezzo  del  comm.  Abbene.  Esa- 
minò questi  le  due  sorgenti ,  superiore  ed  inferiore  ,  e  trovò 
che  esse  hanno  fra  di  loro  molta  analogia,  e  che  la  sola  diffe- 
renza fra  la  prima  e  la  seconda  consiste  nel  contenere  la  se- 
conda traccie  di  acido  solfidrico  o  di  un  solfuro  solubile  ,  un 
pò  meno  di  gas  carbonico  libero  e  di  carbonato  di  ferro  ed 
un  pò  più  di  solfato  di  soda.  —  Non  vi  riscontrò  composti 
arsenicali.  —  Trovò  in    entrambe    la    presenza    dell'  iodio    allo 


192 

stato  di  joduro  ,  ciò  che  rende  anche  ragione  della  efficacia  di 
quest'acqua.  —  Trovò  infondate  le  voci  sparse  circa  la  sua  virtù, 
e  la  confermò  maggiore,  colla  nuova  analisi. 


I 


Sorgente  superiore. 

Gas  addo  carbonico 
»     ossigeno  libero  traccio  \       0^900 

»     azoto  traccie 
Solfato  di  soda  \ 

»         B    potassa  traccio  |  ' 

Bicarbonato  di  soda  1,347 

»  »  calce 

»  »  magnesia 

^  9  ferro  0,100 

Cloruro  di  sodio  o  sai  marino 
Joduro     »       »     traccie  molto  sensibili 

Bromuro  traccie  appena  sensibili,  silice  e  allumina   é 

Tur  *         .I-       ♦  •  1        0,100 

Materia  di  natura  organica  I  ' 

Acqua  990,850 


I        1,600 


0,876 


Sorgente  inferiore. 


4000,000 


I       4,483 


Gas  acido  carbonico 
»     ossigeno  libero  traccie  molto  dubbiose  f        q  ^qa 

»     azoto  '  ' 

»     solfidrico  traccie  appena  sensibili 

Solfato  di  soda 

»         »  potassa  traccie 
Bicarbonato  di  soda  1,477 

»  9  calce 

»  »  magnesia 

»  f  ferro  0,050 

Cloruro  di  sodio  o  sai  comune  ] 

Joduro  di  sodio  traccie  assai  sensibili  I       0,880 

Bromuro  traccie  appena  sensibili  j 

Silice  e  allumina  \       n^nn 

Materia  di  natura  organica  )         ' 

Acqua  999,920 


1,500 


1000,000 


1^93 

Confrontando  V  analisi  Àbbene  con  quelle  già  antiche  d\ 
Gìoannetti  e^Cantù ,  si  trova  ehe  la  quantità  dei:  materiali  d^ 
neralizzatori  della  sorgente  superiore  fu  da  Abbono  trovata  cor» 
rispondente  al  9,15  per  mille  -—  delia  inferiore,  del  0,08  — ^  e 
che  in  quella  Gioannetti  e  Cantù  corrisponde  al  9,11  per  mille 
grammi  di  acqua. 

Notice  sur  les  bains  de  Pfeffers ,  etc.  —  Notizia  sui  bagni  di 

Pfeffers,  ad  U90  dei  bagnanti  e  dei  v̀tggiatori.  St^Gall^  1866. 

PfelTers  è  un  villaggio  nel  cantone  svizzero  di  S.  Gallo,  ce- 
lebre per  i  suoi  bagni  termali  e  per  la  magnifica  posizione.  La 
sorgente  è  situata  in  mezzo  ad  un  orrido  spettacoloso;  vi  si  di- 
scende per  un  sentiero  molto  erto  e  lungo  1  chilometro  e^  Tacqua 
scaturisce  da  rupi ,  che  costituiscono  una  delle  vedute  più  no^ 
tabili  della  Svizzera.  Nessun  altro  luogo  in  questa  e  forse  in  Eu- 
ropa, può  secondo  il  dott.  Ebel,  essere  paragonata  colla  natura 
selvaggia  della  Gorge  de  Pfeffers.  Lo  stabilimento  dei  bagni  è 
posto  in  una  valle  molto  stretta  formata  da  un  torrente  impe- 
tuoso, la  Tamina,  e  non  può  comprendere  più  di  300  persone. 
Si  trova  all'altezza  di  2130  sul  livello  del  mare.  L'aria  vi  è 
pura,  imbalsamata  dalle  benefiche  esalazioni  dei  boschi  di  coni- 
feri. 

Non  vi  ha  mai  polvere,  e  la  posizione  dello  stabilimento  in 
mezzo  alle  roccia  lo  mette  al  coperto  dai  venti,  e  dai  rapidi 
cambiamenti  dì  temperatura.  Il  clima  quindi  d'estate  è  dei  più 
dolci  ed  aggradevoli.  L' acqua  non  scola  che  l'estate,  ha  la  tem- 
peratura di  30.^  R.,  è  senza  odore,  senza  sapore,  senza  colore, 
non  dà  alcun  sedimento  e  si  conserva  bene  entro  le  bottiglie. 

Pfeffers  ha  una  fama  europea  da  qualche  secolo ,  e  le  sue 
acque  si  prendono  per  bagno  e  per  bevanda  dalla  metà  di  giu- 
gno al  principio  di  settembre  a  qael  stabilimento  fornito  di  tutti 
i  comodi  e  assai  frequentato.  L'  acqua  presa  per  bevanda  ca- 
giona vertigini.  La  durata  della  cura  si  calcola  di  3  settimane. 

I  composti  che  1'  acqua  di  Pfeffers  contiene  sarebbero  spe- 
cialmente solfato  di  soda  e  di  calce,  carbonato  di  magnesia  e 
di  calce.  È  strano,  perchè  il  primo  e  il  terzo  sono  due  leggieri 
purganti ,  il  secondo  e  il  quarto  rappresentano  uno  il  gesso , 
r  altro  il  marmo.  E  per  di   più  vi  sono  anche  dei  silicati.  Ep* 

Annall  Val.  CCr  13 


194 

pure  quanto   famose  quest'acque  nelle  malattie  nervose  e  cu- 
•^anefl,  nedle  afiBzioni  deU*a|^pareccbÌQ  digerente  e  urinario! 

Pfeffers  è  dunque  cotte  €hi8teia«  Plombiòrei ,  eoe. ,  ed  ba  il 
vantaggio  che  la  sua  acqua  bevendola  non  desta  quella  sen* 
sazione  disgustante,  cbe  provoca  V  aoqua  ordinaria  calda ,  ma 
invece  una  sensazione  di  calore  dolce  e  aggradevole  nello  sto- 
maco. Si  digerisce  presto  e  facilmente.  In  Italia  Bormio  po- 
trebbe competere  con  Pfeffers,  e  mentre  questi  contiene  più 
cloruri ,  quello  contiene  più  sai  amaro  e  di  già  ubero.  In  Bor- 
mio però  manca  il  -carbonato  di  magnesia  di  PfefTers ,  cbe  è 
Boetituito  dai  carbonato  di  calce.  La  temperatura  di  Bormio  è 
la  medesima  di  Pfeffers. 

Rflgaz  è  un  villaggio  presso  la  fonte,  colla  stessa  orrida  ma- 
gnificenza e  non  è  composto  che  di  alberghi.  L'acqua  però  ar- 
rivandovi perde  del  suo  calore  e  della  sua  fòrza.  I  veri  amma* 
lati   vanno  quindi  a  Pfeffers,  gli  altri  restano  a  Ragaz. 

La  fonte  actdulo-marzìAle-aicalma    di   S,  Caterina;  stndj  del 
dott.  cav.  G.  Casella.  Milano,  Brigola,  1867.  Un  volumetto 
di  pag.  158  con  due  carte  geogràGche  e  una  veduta. 
Da  molti  anni  frequentando  il   dott..  Casella   questa  nostra 
celebre    fonte,  ha  potuto    raccogliere    varie    osservazioni    fatte 
aia  su  sé  stesso  j  sia  sugli  altri ,  onde  stabilire^  un  logico    cri- 
tfcrio  sugli  effetti  suoi.   Comincia  quindi  col  descrivere  il  viag- 
gio per  recarvisi.  Essa,  come  già  dissi,  giace  in  una  vallt»  detta 
Furva,  ohe  si  trova  in  Valtellina,  dopo  passato  Bormio.  Il  va- 
sto altipiano  su  cui  giace  S.  Caterina  trovasi  a  metri  1768  sul 
livello  del  mare. 

L'acqua,  è  limpidissima,  senza  odore,  di  sapore  acido  piccante; 
zampilla  appena  attinta  ,> <nel  beveria  produce  il  pizzicore  in 
bocca  che  proviamo  colle  ordinarie  acque  gazose.  La  tempera- 
tura è  di  6.^4  C.  per  cui  è  la. più  fredda  di  tutte  le  marziali. 
La  quantità  d'acqua  fluente  perenne  dal  foro  di  un  larice  tra- 
panato in  un'  ora  è  di  litri  200,  quindi  nella  giornata  di  4800. 
Oltre  la  molta  quantità  di  gas  acido  carbonico,  contiene  mag- 
gior copia  di  ferro  di  tutte  le  acidule  conosciute;  esso  into- 
naca subito  le  pareti  dei  vaso  in  cui  si  raccoglie  l'acqua.  Il 
ferro  è  alio  stato 'di  perossido  ^  combinato  coli' acido  carbonico. 


'. .  I 


195 

Btilla  recehtissigaa  analisi  fatta  dal  ehiarìsslmo  Pave9Ì|  profas-. 
sore  di  chimica  alla  Università  di  Pam,;  quest'acqua  va  aniio^ 
varata  fra  le  piji  ricche  ferruginose*  Conterrebbe  una  quantità 
di  ferro  doppia  delle  ^cque  di  Pejo,  tripla  dì  quelle  di  Recoaro 
e  S.  Maurizio.  01tr<e  a  ciò  vi  si  trova  in  proporJiiQne  relativa- 
mente gran4e  anche  la  soda^  in  gran  parte  allo  stato  di  sol- 
fato, ed  in  parte  allo  stato  di  cloruro  e  bicarbonato,  ond'è  che 
S.  Caterina  va  pure  annoverata  fra  le  acque  debotoente  alca* 
line. 

Per  cui  volendo  il  dott.  Casella  manifestare  un  giudisio  pro- 
porzionale sulla  virtù  delle  varie  fonti  marziali  in  base  ai  com- 
ponenti ed  agli  studj  pratici,  stabilisce  la  seguente  graduazione  : 
S«  Caterina,  Pejo,  Eabbi,  S.  Maurizio,  $,.  Bernardino,  ReCoaro, 
Tartavalle. 

Il  dott*  Casella  passa  in  seguito  a  dimostrare  qual  sia  ra- 
zione meccanica  e  dinamica  delle  acque  marziali,  per  venire  poi 
ad  esporre  la  natura  delle  malattie  nelle  quali  è.  indicata  quella 
di  S.  Caterina,  il  tempo  e  il  modo  con  cui  beveria  e  altre  in- 
dicazioni importanti. 

Quanto  alle  afiEezioni,  quest'acqua  è  molto  indicata  nelle  ma- 
lattie del  tubo  gastro-intestinale,  come  dispepsie,  gastralgie,  pi- 
rosi, catarro  cronico,  vizi  emorroidarj,  ecc.,  nelle  malattie  ttte* 
rine,  principalmente  poi  nella  clorosi  e  nell'isterismo  ;  nelle  ma*. 
lattie  dell'apparato  uro-pojetico,  come  cistiti  croniche,  catarri 
vescicali,  concrezioni  calcolose,  renella.  Chiude  da  ultimo  il  suo 
bel  lavoro  il  dott.  Casella  col  ricercare  se  queste  acque  possano 
essere  utili  nelle  malattie  degli  organi  del  respiro.  Accennato 
alla  discrepanza  esistente  negli  autori  riguardo  all'  efficacia 
delle  acque  marziali  in  esse ,  aggiunge  crederle  bensì  inutili 
nelle  bronchiti  e  tubercolosi  a  stadio  avanzato,  ma  giovevoli  in 
coloro  che  manifestano  debolezza  di  costituzione,  temperamento 
linfatico ,  abituale  tendenza  alle  infreoklature  ed  alla  iperemia 
polmonare. 

Notice  sur  les  eaux,  etc.  —  Notizia  sulle    acque  termali  tal- 
f or  ose  di  Schinznach;    per  A..  Robert.    Strasburgo,  1865. 
Con  4  tavole. 
Nel  Cantone  d'  Àrgovia ,  in  una  delle   più   ridenti  contrade 


196 

della  Sviuera,  tulle  rive  dell'  Aar,  in  fertilissima  pianura ,  tì- 
eina  al  luogo  dove  gU  Habsbourg  ebbero  culla ,  giaee  Schinz- 
nach.  Ivi  scaturisce  un'acqua  solforosa  la  più  riccamente  prov- 
vista di  gas  acido  solfidrico  fra  tutte  quelle  che  si  conoscono, 
e  delle  più  famose,  poiché  la  sua  proporsione  è  superiore  a 
quelle  di  Aiz  in  Savoja,  di  Aiz-la-Ghapelle,  di  Eaux-Bonnes  nei 
Pirenei. 

Il  dott.  Robert,  ricordando  questa  speciale  ricchesza,  si  do- 
manda il  perchè  Schinsnach  non  goda  finora  .della  fama  delle 
fonti  su  ricordate  per  la  cura  delle  affezioni  polmonari  e  perchò 
si  seguiti  ancora  a  mandare  gli  infermi  soltanto  a  quelle.  Ed 
è  appunto  a  colmare  simile  lacuna  che  è  diretto  il  suo  libric- 
cino.  La  fama  di  Schinsnach  nelle  dermatosi  le  più  inveterate, 
nelle  malattie  scrofolose  le  più  varie,  è  stabilita  su  numerosis- 
sime guarigioni  ;  restava  a  determinare  le  indicazioni  e  ad 
usarla  nelle  affezioni  polmonari.  A  questo  scopo  occorreva  una 
nuova  installazione.  Occorrevano  sale  d' inalazione ,  apparecchi 
perfezionati ,  insomma  tutto  l' arsenale  speciale  destinato  alli 
differenti  modi  d'amministrazione  delle  acque  solforose.  Lo  sta- 
bilimento subì  ora  questa  trasformazione,  fu  munito  di  tutti 
gli  strumenti  i  più  perfezionati. 

Le  acque  solforose  vengono  di  solito  distinte  in  solforose 
sodiche  e  solforose  calciche.  Le  prime  sono  poco  mineralizzate, 
le  seconde  molto.  Le  prime  di  solito  calde ,  le  seconde  spesso 
fìredde.  Schinznach  appartiene  alle  prime ,  è  termale  da  32®  a 
35".  Svolge  una  gran  quantità  di  gas  solfidrico ,  è  riccamente 
mineralizzata. 

Esso  come  Pfeffers ,  Loéche ,  Baden  in  Svizzera ,  che  sono 
acque  solfate  deboli,  come  i  bagni  di  mare,  producono  subito  Ve» 
santema  termale^  efflorescenza  di  cui  non  si  conosce  ancora  la 
causa. 

Secondo  il  dottor  Hermann ,  Schinznach  sarebbe  poi  un 
reattivo  della  sifilide,  perchò  richiama  alla  cute  le  manifesta- 
zioni cutanee  sifilitiche  nei  casi  in  cui  la  malattia  sembrava 
guarita  ed  era  latente. 


Ì97 

Bes  principales  eaux  minerales,  eie.  —  Delle  principali  (i^que 

minerali  d'Europa;  del  dott.  Armano  Rotureau.  Voi.  3,  in  8.^ 

Paris,  Ì858-64. 

Il  primo  volume  di  quest'  opera  è  conBàcrato  all'  acque  di 
Germania  e  Ungheria.  L'Autore  dopo  aver  raccolto  documenti 
e  note  in  abbondanza  mediante  yarj  viaggi  e  studj,  ha  creduto 
cominciare  la  sua  pubblicazione  colle  sorgenti  tedesche ,  poco 
conosciute,  dice,  in  Francia,  dove  il  professore  di  terapeutica 
non  può  accordar  loro  nell'  insegnamento  che  un  ben  piccolo 
posto  per  mancanza  di  tempo. 

Egli  comincia  quindi  con  una  osservazione  generale  riguar- 
dante r  esattezza  delle  analisi  chimiche ,  facendo  notare  che  i 
chimici  tedeschi  non  segnalano  di  solito  la  presenza  dei  bicar- 
bonati nelle  loro  acque  minerali,  e  dice  che  si  è  qualche  volta 
tentati  di  rimproverar  loro  questa  grave  ommissione.  Un  tale 
rimprovero,  aggiunge ,  non  è  però  fondato ,  poiché  questa  ap- 
parente ommissione  tiene  al  modo  con  cui  essi  indicano  la  quan- 
tità del  gas  acido  carbonico  contenuto  nelle  sorgentL  Essi  di- 
stinguono infatti:  i.*  il  gas  allo  stato  libero,  2.*  il  gas  allo 
stato  di  soluzione ,  3.®  il  gas  allo  stato  di  semi-combinazione , 
4.®  il  gas  allo  stato  di  completa  combinazione.  Ora  siccome  le 
proporzioni  di  gas  acido  carbonico  allo  stato  di  semi-combina- 
zione  fanno  precisamente  dei  bicarbonati ,  essi  in  seguito  a 
quelle  indicazioni  debbono  farli  figurare  come  carbonati  neutri. 

Abbandonando  ogni  classificazione  delle  acque  basata  sui 
composti  chimici ,  il  signor  Rotureau  si  attenne  alla  posizione 
geografica  degli  stabilimenti.  Preso  per  punto  di  partenza  Test 
della  Francia,  continuò  le  sue  esplorazioni  rimontando  verso  il 
nord,  per  ridiscendere  al  sud  della  Germania  e  poi  neirUngheria, 
e  ne  creò  XII  Capitoli ,  che  divise  poi  in  sezioni.  Fece  prece- 
dere a  questa  parte  una  prima ,  nella  quale  trattò  le  genera- 
lità sulle  acque  minerali  in  Y  Capitoli. 

Non  tutte  le  fonti  minerali  però  vengono  descritte,  perchè 
sono  troppe.  L'Austria  sola  ne  possiede  più  di  3  mila  I  Egli  si 
limitò  a  quelle  dove  esistono  stabilimenti,  e  che  hanno  una 
vera  fama  terapeutica.  Di  più  rinchiuse  in  un  capitolo  appo- 
sito le  acque  minerali  trasportate^  quali  Sedlitz,  Saidschùtz, 
PùUna,  ecc. 


198 

Quanto  al-t'Azione  terapeuticft  tn  getier^,  l'Àutoro  giusta- 
mente riguarda  eomc  refrattftrj  all'azione  delle  aeque  minerali  : 
il  cancro,  il  tubercolo,  la  sifilide,  1'  epilessia,  le  affezioni  orga- 
niche del  euore ,  e  la  gotta  arrivata  all'  ultimo  grado  con  toft 
che  deformano  le  piccole  articolazioni. 

Se  le  acque  sono  in  Germania  numerose  e  benefiche,  non 
risulta  che  siano  tenute  bene.  Esse  sono  quasi  sempre  raccolte 
in  tinozze  di  legno  di  quercia,  per  cui  i  principj  mineralizza- 
'tori  hanno  un'azione  sul  tannino  e  sulla  resina  del  legno.  Non 
sono  quasi  mai  protette  da  un  coperchio^  non  chiuse  al  pubblico, 
per  cui  nelle  ore  in  cui  non  le  si  beve  servono  talora  ad  in- 
dostrie disgustanti.  Crediamo  però  che  dal  i858  in  poi,  epoca 
del  primo  libro,  questi  inconvenienti  saranno  scomparsi.  I  bagni 
invece ,  dice  l' Autore* ,  sono  in  generale  piantati  con  maggior 
lusso  in  Germania^  che  in  Francia. 

Il  secondo  volume  dell'estesissima  opera  del  Rotureau  pub- 
blicato nel  18^9  fu  dedicato  all'ac^u^  minerali  dèlta  Francia, 
Il  terzo  invece  comparso  soltanto  nel  4864  fu  riservato  ialle 
aeque  minerali  dell'  Inghilterra ,  Belgio,  Spagna,  Portogallo, 
Svizzera ,  Italia  ^  ed  a  questo  modo  il  vasto  argomento  era 
completato. 

Dell'Inghilterra  trovansi  descritte  8  fonti,  cioè  la  quasi  ab- 
bandonata Cheltenhàm  dove  il  Municipio  fa  pagare  un  sceU 
lino  per  ogni  bicchier  d'acqua  che  si  beve;  l'antichissima  Bath, 
le  cui  sorgenti  termali  hanno  fama  mondiale ,  amministrando 
50  mila  bagni  all'anno^  e  che  rivaleggia  con  qualunque  mi- 
gliore stabilimento  di  Germania  e  Francia  ;  la  solforosa  Lea- 
mingtoH;  l'acidulo-ferru^inosa  Buxton;  la  cloruro-sodica  Har- 
rowgate  ;  1' acidulo-ferruginosa  Tunòridge-Wells  ;  la  abbando* 
nata  e  amarissima  Epsom,  che  non  serve  ora  che  all'estrazione 
del  solfato  di  magnesia  nella  vicina  Birmingham  ;  la  acidula 
Clitfon,  presso  Bristol,  della  temperatura  di  20*  R. 

Del  Belgio  non  vi  è  accennato  che  l'unita  suo  stabilimento 
minerale,  Ift  notissima  Spà ,  acidulo-ferruginosa,  con  fanghi 
composti  d'  un  deposito  ocraceo  delle  fonti ,  e  d'  una  terra  ne- 
rastra che  si  trova  ne'suoi  contorni. 

Delle  italiane  vi  si  trovano  descritte  20  delle  più  impor- 
tanti ed  abbastanza  esattamente.  Della  Svizzera  13. 


199 

Chiude  l'opera  un'  appendice  contenente  le  |ieggi  e  Decreti 
concernenti  le  fonti  e  le  acque  termali  in  Franefa.  Facciami 
di  nuovo  voti  perchè  anche  fra  noi  vengano  regolate  con  isti* 
tuzioni  uniformi. 

Guide    pratique ,  etc.  -^  Guida  pratica    alle    acque  minerali 

francesi  ed  estere;  del  dott.  Gostàntin  James.  7.'  edizione. 

Parigi ,  Masson  ,  1867. 

È  questa  un'opera  non  meno  utile  al  medico,  che  al  bagnante 
ed  al  tou rista.  Eseguita  in  una  splendida  edizione»,  con  una 
carta  itineraria  ,  con  numerose  vignette  in  acciajo  rappresen- 
tanti i  più  rinomt^ti  stabilimenti,  essa  è  nelle  mani  di  tutti  ed 
è  veramente  una  guida  pratica  necessaria.  Però  nella  carta 
itineraria ,  per  quanto  detta  delle  acque  dell'  Europa ,  manca 
l'Inghilterra  e  metà  Italia,  e  non  si  seguì  l'esempio  del  nostro 
Garelli  di  colorire  diversamente  le  località  a  seconda  della  na- 
tura dell'acqua,  onde  a  prima  vista  conoscerne  la  composizione. 

Il  dottor  James  adottò  una  divisione  delle  acque  basata  sulla 
loro  composizione  chimica,  che  è  la  più  accetta,  cioè  in  solfo- 
rose, ferruginose  ,  alcaline  ,  gazcse  ,  bromo-iodurate  ,  saline. 
Divide  poi  quelle  della  Fraoeia  in ^5^  regioni  geografiche:  cen- 
tro^ mezzodì,  est,  ovest,  nord;  trattando  in  capitoli  speciali 
quelle  di  Savoja  e  della  Corsica^  e  dedicando  due  aj^pendici, 
una  alla  visita  della  famosa  Grande- Chartreuse ,  l'altra  ai 
bagni  a  vapore  di  trementina.  La  prima  ha  un'  impoi*tanza 
touristica  per  la  selvaggia  bellezza  del  così  detto  Deserto  in 
cui  si  trova,  ed  una  importanza  finanziaria  per  il  prezioso  li- 
quore che  fornisce.  Semplici  locata rj  oggi  della  casa  che  fu  la 
culla  del  loro  ordine  ,  ridotti  ad  essere  i  fittabili  d'  un  suolo  , 
che  non  era  loro  patrimonio  legittimo  e  di  cui  non  furono^ 
indegnamente  spogliati,  come  piace  dire  al  dottor  Jam^s  ,  <na 
dall'influenza  della  grande  rivoluzione  francese  e  della  civiltà 
aumentante  privati  delle  enormi  loro  ricchezze  con  ogni  mezzo 
accumulate,  i  Certosini  vi  si  dedicano  all'umile,  ma  proficuo  me- 
stiere del  liquorista!  Quanto  ai  bagni  di  vapore  terebentinati, 
è  nel  dipartimento  della  Dròme  che  sembra  siansi  questi  co- 
mineiati  ad  usare.  Da  più  di  un  secolo  gli  operai  occupati 
ad  estrarre  la  resina  (X&ì  forni,  che  servono  alla  vifi  fabbrica* 


eoo 

zioae,  aveaiio  osservato  che  colora  che  erano  affetti  da  catarri, 
guarivano.  Ma  tali  guarigioni  non  aveano  oltrepassato  quei 
confini ,  finché  il  dott.  Chevandier  ne  fece  argomento  di  una 
interessante  pubblicazione.  Allora  il  metodo  si  volgarizzò.  Il 
forno  per  la  pece  è  una  cavità  ovoide ,  profonda  due  metri , 
larga  un  metro  e  mezzo ,  sotterranea ,  dove  i  ritagli  di  pino 
vengono  nella  notte  trattati  con  un  fuoco  ardente.  Il  vapore 
balsamico  che  svolgesi  dal  forno  viene  condotto  in  casse ,  dove 
si  mettono  i  malati  e  dove  si  può  graduare  la  temperatura  » 
ma  dalle  quali  si  sorte  in  sudore  profuso.  Si  giunge  in  queste 
stufe  a  sopportare  da  60  a  80*  C. 

Parlando  delle  acque  minerali  della  Svizzera,  il  dott.  James 
non  manca  di  dare  dettagli  anche  sulla  cura  col  siero  di  latte, 
e  sulla  cura  dei  latte  d'asina  fermentato  che  da  tanto  tempo 
vi  si  pratica. 

Fra  le  acque  minerali  del  Belgio  annovera^  oltre  Spa,  an- 
che le  dimenticate  Caufontaine  e  Tongres,  l'ultima  delle  quali 
ebbe  Talto  onore  d'  essere  citata  con  elogi  da  Plinio  col  nome 
di  Tungri  civitas  Gallice. 

Seggono  le  acque  minerali  di  Germania  e  d*  Austria  ^  non 
che  un  cenno  sulla  cura,  deir uva,  che  praticasi  in  Germania, 
a  completare  razione  delle  acque  minerali,  ed  anche  da  sola. 
La  chiamano  un  trattamento  rinfrescante  e  la  credono  utile  ai 
tisici. 

Dopo  le  acque  minerali  d'Italia  descritte  abbastanza  bene, 
e  un'ascensione  al  Vesuvio,  e  una  visita  alle  stufe  di  Nerone, 
alla  Grotta  del  Cane  ed  alla  Grotta  d'ammoniaca  (1),  viene 
uno  studio  sui  Bagni  marini,  e  poi  sull'  Idroterapia, 

Segue  un  piccolo  trattato  terapeutico  dello  malattie  per  le 
quali  si  va  ai  Bagni ,  diviso  in  cinque  capitoli  :  malattie  ner-. 
vose,  di  petto,  di  ventre,  chirurgiche  e  generali^  come  scrofola, 
cachessie,  ecc.  Un  capitolo  apposito  è  dedicato  alla  gotta,  e  uno 
alla  sifilide^ 


(1)  Il  dott.  G.  James  è  cavaliere  dei  SS.  Maurizio  e  Lazzaro, 
è  membro  corrispondente  delle  Società  mediche  di  Torino,  Mi- 
lano, Firenze,  Napoli,  ma  ciò  non  toglie  che  parli  con  compia- 
cenza del  giovane  re  di  Napoli,  che  si  è  immortalato  colla 
sua  eroica  campagna  difendendo  i  suoi  diritti  a  Gaeta! 


261 

Ghiade  il  libro  un  capitolo  sulle  acque  minerali  artificiali^ 
tanto  per  quelle  destinate  come  bevande,  quanto  per  quelle  de- 
stinate all'uso  esterno. 

Una  dimenticanza  strana  abbiamo  trovato  in  questo  libro  y 
d'altronde  così  perfetto.  —  Non  vi  ha  cenno  delle  acque  mine- 
rali d'Inghilterra. 

Delle  aeque  iermo'fninerali  del  Balneolo;  del  dott.  Antonio  Can- 
dido. Napoli,  1867.  Op.  di  pag.  112. 

Sotto  il  pseudonimo  di  Candido  si  nasconde  un  distinto  si- 
filografo  napoletano,  il  quale  oltre  avere  edificato  un  grandioso 
stabilimento  a  Baja,  in  quel  golfo  magnifico  di  cui  Orazio  ebbe 
a  dire  che  :  nullus  in  orbe  locus  Baiis  praelucet  amoenia.,,.  e 
non  aver  ommesso  cura  onde  accoppiasse  il  vantaggio  sanitario 
all'  agiatezza  ed  eleganza ,  ha  voluto  anche  illustrare  la  fonte 
con  questo  libriccino. 

In  quei  luoghi  famosi  della  Campania,  che  tanti  avvenimenti 
memorabili,  la  storia,  la  poesia,  la  favola  resero  immortali,  dove 
la  dolcezza  dell'aere,  lo  splendido  panorama  del  mare,  i  colli  ri- 
denti e  coronati  di  pampini ,  d' uliveti  e  di  balsamici  fiori .... 
litora  quae  fuerunt  castie  inimica  puellis  (Properzio)....  nu- 
merosissime erano  le  terme^  e  se  ne  trovano  descritte  31  negli 
autori  romani. 

Un  fortunato  evento  fece  rinascere  a  vita  una  terma  già 
decantata  e  perduta.  Il  sifilografo  Patamia  nel  dissodare  il  ter* 
reno,  onde  trapiantarvi  le  viti ,  trovò  i  ruderi  dell'  antico  pa- 
lazzo romano^  del  prisco  Balneolum,  una  fonte  d'acqua  e  lì  vi- 
cino  eresse  il  suo  nuovo  stabilimento.  A  mezz'ora  da  Napoli 
sulla  strada  che  mena  all'incantevole  spiaggia  dei  bagnoli,  esso 
ha  dirimpetto  Nisida,  a  destra  Pozzuoli,  Baja,  e  l'isola  di  Capri 
—  prigione  e  paradiso  a  Tiberio  —  di  dietro,  ed  a  sinistra  colli 
vaghi  ed  ameni,  ed  è  posto  lunghesso  il  lido.  Lo  stabilimento 
contiene  30  vasche  di  marmo  ad  acqua  corrente ,  in  eleganti 
stanzini  dipinti  alla  pompejana,  e  forniti  di  ogni  comodità  pel 
bagnante.  Vi  sono  due  piscine  per  il  nuoto^  una  per  sesso,  ali- 
mentate d'acqua  minerale  vergine. 

Sebbene  basti  in  quei  luoghi  praticare  dei  fori  artesiani  non 
più  che  alla  profondità  di  5  metri  per  avere  in  abbondanza  ac- 


202 

qua  minerale,  tattayia  tre  fonti  sole  osansi  allo  stabilimento. 
L' una  elorurata-sodica  a  42.^  C.  e  alimenta  la  piscina  ;  le  al- 
tre due  alcaline;  la  più  calda  a  50.®  C,  provvede  bagni  e  docce, 
la  meno  calda  25®  C.  si  beve.  Per  cui  le  due  ultime  si  usarono 
con  successo  nelle  affezioni  addominali,  vescicali,  uterine;  la  ciò-* 
rurata-sodica  nella  clorosi,  anemia,  scrofola,  rachitismo. 

Analisi  dell*  aequa  salino 'termale  del  Masiz^o  in  Valtellina. 
Un  opuscolo  in  8.®  grande  di  pag.  32.  Milano  1864. 
Il  padre  Gallicano  Bertazzi  fu  incaricato  dell'analisi  di  questa 
fonte  molto  pregiata  fra  noi,  in  occasione  che  una  nuova  polla 
vi  veniva  scoperta.  Risultò  dalle  sue  indagini,  che  quest'ultima 
è  nei  caratteri  e  negli  elementi  identica  all'antica,  cioè  salino- 
termale.  All'uscita  infatti  ha  una  temperatura  di  38®  C.  es- 
sendo r  aria  esterna  a  25*  C,  è  perfettamente  limpida,  non  dà 
bolle,  è  senza  odore  e  sapore.  Contiene  in  abbondanza  solfato 
di  soda,  poi  solfato  di  magnesia  e  di  calce ,  cloruro  di  sodio , 
carbonato  di  calce  e  di  magnesia.  La  nuova  polla  fornisce  1200 
litri  d'acqua  all'ora,  la  vecchia  2400. 

All'analisi  del  P.  Bertazzi  seguono  alcune  pratiche  annota-* 
zioni,  sotto  forma  di  lettere  ad  un  amico,  del  compianto  prof. 
Gotta,  che  per  tanti  anni  diresse  lo  stabilimento.  Sono  quattro. 
Nella  prima  fa  un  cenno  della  posizione  dello  stabilimento  ;  nella 
seconda  espone  i  primi  effetti  ohe  l'acqua  in  bibita  o  per  bagno 
produce;  nella  terza  ^numera  le  malattie  nelle  quali  le  acque 
del  Masino  furono  riconosciute  vantaggiose,  l  primi  organi  che 
risentono  l'efficacia  dell'acqua  bevuta  sono  gli  intestini,  ed 
essa  giova  nelle  enteriti  lenti,  nei  disordini  digestivi,  nelle  en- 
teralgie ,  nelle  diarree.  Qaest'  acqua  esercita  poi  una  benefica 
particolare  influenza  nel  riordinare  le  funzioni  del  fegato.  Ma 
dove  ha  ottenuto  una  grande  celebrità,  da  meritarsi,  come  dissi, 
il  tìtolo  di  Bagno  delle  signore^  titolo  che  non  merita  nò  la  località 
ne  la  vita  che  vi  si  conduce,  è  nelle  malattie  uterine.  I  disor- 
dini funzionali  di  quest'organo  vengono  o  tolti  o  diminuiti  dal- 
l'uso di  queste  acque  per  bibita  o  per  bagno.  Altre  indicazioni 
trovano  poi  nelle  malattie  della  pelle,  e  del  sistema  glandolare,  e 
nelle  affezioni  nervose.  Nella  quarta  lettera  tratta  delle  cautelo 


203 

che  si  debbono  usare  tanto  nel  bavere  l'acqua,  come  nel  prendere 

il  bagno. 

Masino  ha  molta  rassomiglianza  con  Karlsbad,  Pfeffers,  ecc. 


y 


Manuale  di  ocailstlca  pratleai  e2e  A.  STELIi^rAG 

▼on  CARRlOFV.  Prima  versione  italiana  dalla  se^ 
conda  edizione  tedesca  per  cura  del  prof.  Anionio 
Quagiino.  Milano ^  1864-66;  1  voi.  m-8.®  massimo 
di  pagp  976  con  fìg.  —  Analisi  hibliografica  del 
doti*  €iiofDanni  HanpninU  (  Continuazione  della 
pag.  659  del  voi.  198,  fase,  di  dicembre  1866). 

i3e  non  ho  trovato  fin  qui  che  parole  d'  encomio  pel  modo 
spedito,  conciso,  sintetico,  con  cui  lo  Stelwag  ha  trattato  nel  suo 
aureo  libro  le  infiammazioni  della  cornea,  della  iride,  della  co- 
roidea, della  retina  e  del  nervo  ottico,  dopo  la  lettura  dell'  ar- 
ticolo sul  Glaucoma  dovrei  raddoppiare  gli  encomii ,  trovando 
in  queir  articolo  svolte  colla  più  efficace  evidenza  tutte  le  que- 
stioni che  risguardano  la  condizione  patologica,  la  sintomatolo- 
gia obbiettiva  e  subiettiva,  il  vario  modo  di  decorrere  e  di  ter- 
mihare  e  le  risorse  terapeutiche  di  quella  terribile  affezione , 
della  quale  pochi  anni  or  sono  ci  era  nota  appena  imperfetta- 
mente la  fisonomia  esterna,  e  solo  sapevamo  dì  certo,  che  essa 
traeva  costantemente  ad  una  completa  ed  irreparabile  cecità. 
Tuttavia  hannovi  dei  punti  in  cui  l'Autore  o  combattendo  opi- 
nioni d'  altrui  od  esponendo  le  proprie  intorno  alla  patogenesi 
di  questa  malattia  non  finisce  di  persuadermi,  ed  a  quei  punti 
mi  permetterò  di  aggiungere  alcune  riflessioni ,  che  abbandono 
al  giudizio  dei  lettori. 

Lo  Stelwag  distingue  tre  forme  principali  di  glaucoma  — 
il  glaucoma  infiammatorio  —  il  glaucoma  semplice  —  e  V  af- 
fezione glaucomatosa  del  nervo  ottico.  —  L' infossamento  della 
papilla  ottica  che  è  più  o  meno  appariscente,  più  o  meno  pronta 
a  manifestarsi,  ma  pur  sempre  costante  in  ciascheduna  di  que- 
ste forme,  costituisce  un  primo  carattere  che  le  identifica  tra  di 
loro.  Il  fatto  che  tanto  V  affezione  glaucomatosa  quanto  il  sem- 


204 

plice  glaucoma,  oltre  al  presentare  dorante  il  loro  decorso  aU 
meno  temporanei  aumenti  della  pressione  endoculare,  transiscono 
spesso  nel  glaucoma  infiammatorio  ovvero  s' incontrano  assiema 
a  quest'ultimo  sviluppandosi  in  un  occhio  questa,  e  nell'altro 
quella  forma,  ed  il  fatto  altresì  che  il  glaucoma  infiammatorio 
col  cedere  dei  sintomi  flogistici  ed  anche  quelli  della  pressione 
può  assumere  temporariamente  il  carattere  del  glaucoma  sem- 
plice e  persino  dell'  affezione  glaucomatosa  del  nervo  ottico , 
sono  tutte  prove  4^11' analogia  di  processo  che  le  qualifica.  — 
Finalmente  V  identico  valore  che  spiega  in  ciascheduna  di  esse 
una  sola  e  medesima  terapia  (  V  iridectomia  ),  purché  adoperata 
in  tempo  utile ,  conferma  1*  identità  di  natura  dello  tre  forme 
morbose.  Gli  è  perciò  che  l'Autore  prima  di  segnare  le  parti- 
colarità che  s' incontrano  nel  primo  sviluppo  e  nel  successivo 
andamento  delle  speciali  forme  accennate  e  delle  loro  molte- 
plici varietà,  definisce  e  spiega  i  principali  sintomi  o  caratteri 
che  ponno  essere  comuni  a  ciascuna  di  esse  in  qualche  periodo 
almeno  delia  malattia  e  che  costituiscono ,  per  così  dire  la  fisio- 
logia patologica  del  glaucoma. 

Il  processo  glaucomatoso  non  è,  secondo  lui,  che  una  specie 
particolare  d' infiammazione  i  cui  prodotti  sono  di  natura  sie- 
rosa 0  secretoria ,  e  la  cui  più  decisa  tendenza  è  1'  atrofia  de- 
generativa delle  parti  che  primitivamente  o  secondariamente 
vengono  influenzate  dal  processo.  —  Non  si  verifica  'vero  au- 
mento di  sostanza,  se  non  che  nell'  umor  vitreo  od  all'  aumen- 
tata copia  di  questo  ultimo  è  specialmente  dovuto  queir  eccesso 
di  pressione  endoculare  che  determina  la  paralisi  funzionale 
della  retina  e  dell'  apparecchio  accomodatore ,  che  suscita  le 
esterne  congestioni  e  le  nevralgie  ciliari  che  si  verificano  in 
certi  stadii  0  varietà  della  malattia,  cagionando  finalmente  l'a- 
trofia di  tessuto  in  tutte  le  membrane  ohe  quasi  passivamente 
ne  subiscono  l' influenza  (  retina  e  papilla  ottica  —  iride  e  co- 
roidea —  cornea  e  congiuntiva  ). 

Ma  quali  sono  le  condizioni  che  rendono  così  funestamente 
potente  l' eccesso  di  pressione  endoculare*  —  In  primo  luogo 
l'anormale  rigidità  della  sclerotica  talora  congenita  od  eredi- 
taria, talora  dovuta  all'involuzione  senile  o  ad  un  processo  flo- 
gistico molto  analogo  al  processo  necrobiotico  di  degenerazione 


205 

àteromatosa  delle  tonache  ar^riose,  dà  alla  sclerotica  aiìa  pa re- 
ticolare resistenza  all'urto  dell' umor  vitreo  aumentato,  che  devd 
quindi  esercitare  tutta  la  sua  influenza  sulla  papilla  ottica ,  e 
sulle  interne  membrane  vascolari,  impedendone  la  libera  circo- 
lazione e  l'esercizio  delle  rispettive  funzioni  fisiologiche.  In  se- 
condo luogo  la  coincidenza  frequentissima  della  ateromasia  par- 
ziale od  estesa  delle  arterie  endoculari  rendendo  irregolare  l'ir-* 
rigazione  arteriosa,  occasiona  stasi  venose  permanenti  o  progres- 
sive, le  quali  mentre  facilitano  le  essudazioni  sierose  intraocu- 
lari, pongono  ostacolo  al  riassorbimento  delle  medesime.  Dalla 
costante  e  progressiva  influenza  di  tutte  queste  condizioni  che 
mantengono  1'  eccessiva  pressione  endocnlare,  deve  necessaria- 
mente venirne  l' atrofia  dei  tessuti  che  la  subirono. 

L'  atrofia  parziale  o  totale  dei  tessuti  oculari  è  infatti  1'  e- 
sito  finale  del  glaucoma  abbandonato  a  sé  stesso,  sìa  quando 
alla  degenerazione  atrofica  degli  interni  tessuti  oculari  susse-' 
gue  il  corrugamento  degli  involucri  esterni  del  bulbo^  cornea  e 
sclorotica,  che  non  parteciparono  nello  stesso  grado  alla  flogosi 
endoculare,  sia  quando  l'interna  pressione  endoculare  ha  tron 
vato  un  elaterio  nella  infiammazione  suppurativa  della  cornea^  o 
nei  parziali  processi  di  sclerotico-coroideite,  che  determinano  le 
ectasie  sclero-coroideali. 

L'Autore  non  è  persuaso  dell'  idea  recentemente  emessa  dal^ 
Donders,  sostenuta  dal  Yeker  e  da  molti  altri,  alla  quale  prò-' 
pende  anche  il  nostro  Quaglino ,  che  cioè  1'  aumento  del  corpo 
vitreo,  anziché  essere  di  natura  flogistica,  rappresenti  un'ano- 
malia di  secrezione  prodotta  da  un  morboso  stato  irritativo  dei 
nervi  che  presiedono  alle  secrezioni  intraoculari.  Ma  a  dir  il 
vero,  mentre  mi  seduce  assai  quest'  ultimo  concetto,  anche  come 
viene  espresso  dallo  Stelwag,  non  mi  sembrano  invece  abbastanza 
convincenti  le  ragioni  che  egli  oppone  contro  codesta  ipotesi 
teorica  per  sostenere  l'indole  flogistica  del  processo  in  questione. 

L' infiammazione  secondo  il  concetto  del  Donders  sarebbe  nel 
glaucoma  qualche  cosa  dì  secondario,  di  sopraggiunto,  una  com- 
plicazione ,  che  trova  un  .attivissimo  momento  predisponente 
negli  anormali  rapporti  della  pressione.  Si  comprende  quindi 
benissimo  come  le  proliferazioni  flogistiche  si  possano  verificare 
nelle  più  diverse  parti  costitutive  del  bulbo,  secondo  lo  Stelwag 


206 

ci  assicura,  esaminando  massime  col  microscopio  occhi  glauco'» 
matosi  che  nell'  individuo  vivente  non  presentarono  sintomi  sen- 
sibili d' infiammazione  ,  senza  che  ciò  valga  a  provare  falsa  la 
teoria  che  attribuisce  l'  aumento  di  volume  del  vitreo  ad  un'al- 
terazione 0  diremmo  meglio  ad  un'  irritazione  speciale  dei  nervi 
secreto!  ii.  Né  mi  par  giusto  pretendere  dai  reperti  anatomici 
o  microscopici  la  prova  positiva  di  codesta  alterazione  funzio- 
nale dei  UHrvi  secretorii ,  giacché  i  mutamenti  molecolari  che 
devon  certo  avvenire  in  un  punto  o  nell'  altro  del  sistema  ner- 
voso ogni  qualvolta  si  determinano  particolari  stati  nevrosici  , 
sfuggono  il  più  delle  volte  ai  nostri  mezzi  d'  investigazione. 
D'altronde  nel  caso  concreto ,  se  si  trovassero  nei  cosi  detti 
nervi  secretorii  delle  alterazioni  considerevoli ,  anziché  gli  ef- 
fetti di  anormale  eccesso  di  loro  attività,  avrebber  dovuto  pre- 
cedere i  segni  del  loro  paralizzamento  e  quindi  una  diminuzione 
od  un  arresto  delle  secrezioni  anziché  1'  aumento  delle  medesi- 
me, quale  si  osserva  nel  processo  glaucomatoso. 

Quando  infatti  in  conseguenza  della  prolungata  pressione 
endoculare  cagionata  dall'  ipersecrezione  del  vit.reo  si  determina 
r  atrofia  delle  interne  membrane  vascolari ,  la  degenerazione 
degli  elementi  del  cristallino ,  V  ulcera  paralitica  o  lo  sfacelo 
corneale,  ovvero  una  lenta  riduzione  atrofica  dello  intero  biilbo^ 
si  può  essere  certi  di  riscontrare  1'  atrofia  più  o  meno  notevole 
dei  tronchi  o  dei  rami  nervosi  ciliari,  come  avvenne  di  osser- 
vare al  Graefe,  al  Donders  e  fra  noi  al  prof.  Magni  di  Bologna. 
Del  resto,  se  allo  Stelwag  non  piace  l'ipotesi  annunciata,  per- 
chè non  è  dimostrabile  mercè  alcun  sintoma  positivo,  non  sem- 
bra nemmeno  che  le  neoplasie  flogistiche  riscontrate  nella  cor- 
nea 0  in  altri  tessuti  di  occhi  glaucomatosi,  che  nell'  individuo 
vivente  non  presentarono  alcun  sintoma  sensibile  di  infiam- 
mazione ,  siano  prova  sufficiente  che  V  infiammazione  rappre- 
senti l'elemento  genetico  principale  od  essenziale  dell'  ipersecre- 
zione ^del  vitreo  come  degli  altri  mutamenti  che  caratterizzano 
il  processo  glaucomatoso.  Nessuno  può  contestare , .  gli  è  vero  , 
che  ogni  marcato  attacco  fiogistico ,  sia  che  inizii  il  processo 
glaucomatoso,  oppure  si  sviluppi  nell'ulteriore  decorso  del  glau- 
coma semplice  o  della  affezi<me  glaucomatosa  del.  nervo  ottico  , 
proceda  con  un  notabilissimo  aumento  della  pressione,  giacché 


207 

è  naturale  che  sia  V  aumento  congestivo  come  le  essudazioni 
sierose  e  le  proliferazioni  cellulari^  che  segnano  1'  attacco  flogi- 
stico debbano  aggiungere  altri  elementi  a  quelli  che  già  costi- 
tuivano r  esagerata  pressione  endoculare.  — *  Tuttavia  non  è 
meno  vero  che  V  aumento  della  pressione  endoculare  apre 
spesse  volte  la  scena  del  processo  giaucomatoso  costituendo 
il  primo  sintoma  dimostrabile  dell'  affezione ,  e  eh'  esso  non 
di  rado  si  mantiene  per  anni  e  può  a  poco  a  poco  rag- 
giungere i  gradi  più  elevati,  senza  che  in  qualsivoglia  epoca 
siansi  mostrate  traccio  manifeste  d' infiammazione.  Tale  obbie- 
zione positiva  hon  è  certo  risolta  dal  fatto  addotto  dallo  Stelwag, 
che  cioè,  bene  osservando ,  in  ogni  caso  si  possono  riconoscere 
con  certezza  infiammazioni  almeno  intercorrenti ,  le  quali  si 
danno  a  conoscere  mercè  leggieri  intorbidamenti  dei  mezzi  diot- 
trici, ed  ancor  più  mercè  consecutive  alttM'azioni  degli  organi 
infiammati ,  giacché  questo  non  prova  che  negli  intervalli  in 
cui  queste  infiammazioni  intercorrenti  non  sono  manifeste,  de- 
vonsi  attribuire  1  progressi  del  glaucoma  ad  una  specie  di  in* 
fiammazione  latente ,  non  meno  ipotetica  e  non  meno  difficil- 
mente dimostrabile  della  presunta  affezione  dei  nervi  secretorii, 
o  diremmo  forse  meglio  dei  nervi  che  presiedono  alle  azioni 
trofiche  delle  membrane  e  degli  umori  endocularì. 

Speciosa  poi  più  che  persuasiva  mi  sembra  la  risposta  del- 
l'Autore all'altra  obbiezione;  che  cioè  l'anormale  rapporto  della 
pressione  persiste  a  lungo  dopo  gli  attacchi  flogistici  ed  in  op- 
posizione a  queste  spesse  volte  diventa  permanente^  mentre  in 
altre  condizioni  morbose  gli  aumenti  della  pressione  dipendenti 
dalla  infiammazione  cedono  sotto  l'assorbimento.  Tale  obbiezione, 
egli  dice  ,  si  può  affievolire  colla  osservazione ,  che  durante  il 
processo  giaucomatoso  un  aumento  della  pressione  provocata 
dalla  fiogosi  può  mantenerH  mercè  la  associatavi  stasi  venosa. 
In  primo  luogo  si  può  contro  rispondere  che  la  stasi  venosa  si 
può  altresì  constatare  in  altri  processi  di  coroidoite  o  sclerotico- 
coroideite,  senza  eh'  essa  presenti  un  ostacolo  serio  al  possibile- 
riassorbimento  dei  materiali  morbosi  che  aumentaront)  tempo- 
raneamente la  pressione  endoculare.  In  secondo  luogo  si  può 
osservare ,  che  se  nel  processo  giaucomatoso  la  stasi  venosa  è 
uno  dei  momenti    che    rendono    inerte    l'assorbimento   ilei  mi- 


208 

teriali  che  contribuiscono  a  costituire  V  eccesso  di  pressione 
endoculare,  gli  è  forse  appunto  perchè  nel  glaucoma,  più  che 
in  altri  processi  a  lui  affini,  i  vasi  venosi  trovansi  passivamente 
dilatati  per  una  vera  paresi  o  paralisi  dei  nervi  che  presiedono 
nlla  tonicità  delle  loro  pareti ,  e  perciò  trovansi  in  condizioni 
opportune  agli  stravenamenti,  ed  affatto  insufficienti  alla  fisio- 
logica loro  facoltà  d*  assorbimento. 

A  tale  ipotesi  non  si  oppone  certo  V  opinione  dell'  Autore , 
che  r  arresto  di  attività  dell'  assorbimento  caratteristico  della 
afTózione  glaucomatosa  tenga  ai  disturbi  circolatorii  endoculari 
anche  per  rapporto  alla  degenerazione  ateromatosa  delle  arterie 
peri  od  intraoculari,  che  si  osserva  comunemente  nei  soggetti 
glaucomatosi.  Imperocché  egli  stesso  ritiene  codesta  alterazione 
delle  tonache  arteriose  costituita  da  un  vero  processo  necrO' 
biotico  di  degenerazione  adiposa,  attribuibile  il  più  delle  volte 
airinvoluzione  senile,  quantunque  riscontrando  alterazione  ana- 
loga anche  nella  sclerotica  degli  stessi  soggetti,  si  senta  trasci- 
nato dalla  preconcezione  teorica  a  considerarla  qui  come  il  ri- 
sultato di  un  processo  flogistico.  .    , 

Ma  a  me  pare  anzi  che  codesto  processo  necrobiotico  che 
rende  rigide  le  arterie  come  la  sclerotica  dei  soggetti  glauco-, 
matosi ,  lo  si  possa  ritenere  legato  con  quel  profondo  dissesto 
delia  innervazione  trofica  che  si  rivela  non  soltanto  nei  tessuti 
oculari,  ma  ben  anco  neir  intero  organismo  dell' immensa  mag- 
gioranza almeno  dei  soggetti  glaucomatosi. 

A  tutto  ciò  puossi  aggiungere  che  le  principali  cause  che 
sogliono  determinare  o  preparare  la  affezione  glaucomatosa , 
quali  sono  la  diatesi  artritica,  i  gravi  depauperamenti  dell'orga- 
nismo, e  i  profondi  o  molteplici  patimenti  dell'animo,  pare  sieno 
le  più  adatte  a  recare  una  speciale  influenza  perturbatrice  sulla 
generale  innervazione,  la  quale  spiega,  secondo  me,  e  l'aspetto 
di  precoce  senilità  che  presentano  quasi  sempre  i  soggetti  glau- 
comatosi, e  r  annichilamento  talora  quasi  fulmineo  della  fun- 
zione visiva,  sproporzionato  alle  apparenti  alterazioni  organiche 
che  si  verifica  in  certe  forme  di  questa  malattia  ,  ed  il  celere 
0  progressivo  dissestò  nutritivo  che  avviene  nei  tessuti  più  im- 
portanti alla  visione  senza  un  imponente  apparato  di  sintomi 
esterni,  anche  in  quei  casi  in  cui  la  malattia  tiene  lento  od 
apparentemente  mite  decorso. 


209 

Da  tutto  ciò  parmi  poter  concludere ,  in  onta  a  quanto 
sostiene  lo  Stelwag,  che  come  sembra  alquanto  plausibile  l'idea 
che  r  aumento  del  vitreo  nel  glaucoma  tenga  ad  una  partico- 
lare irritazione  dei  nervi  secretorii ,  così  le  stasi  venose  ,  e  la 
tendenza  alta  atrofia  di  tessuto  che  si  osservano  più  che  mai 
caratteristiche  di  tale  affesione,  trovano  un  importante  momento 
eziologico  in  uno  stato  di  paresi  e  di  vera  paralisi  dei  nervi 
trofici  che  regolano  gli  atti  nutritivi  delle  parti  a  cui  si  distri- 
buiscono. 

Dietro  tale  concetto,  io  apparentemente  mi  avvicino  alle  idee 
espresse  in  proposito  dal  prof.  Magni  di  Bologna,  il  quale  con- 
sidera il  glaucoma  come  un  particolare  processo  atrofico  delle 
interne  membrane  oculari  subordinato  ali'  atrofia  dei  nervi  ci- 
liari. Ma  in  realtà  vi  ha  una  notevole  differenza  tra  il  mio 
modo  di  vedere  e  quello  dell'illustre  clinico  di  Bologna.  Egli  in- 
fatti nega  assolutamente  che  v'abbia  nel  glaucoma  aumento  di 
volume  del  vitreo  e  crede  anzi  che  questo  pure  subisca  un  certo 
grado  di  riduzione,  anche  per  addattarni  al  corrugamento  atro- 
fico che  avviene  secondo  lui  durante  il  processo  negli  involucri 
membranosi  del  bulbo.  Ma  egli  poi  non  spiega  né  prova  come 
si  determini  primitivamente  l'atrofia  dei  nervi  ciliari,  alla  quale 
pare  attribuisca  quasi  esclusivamente  i  disordini  idraulici  nu- 
tritivi e  funzionali  che  rappresentano  le  evoluzioni  progressive 
del  glaucoma.  Oltre  a  ciò  non  si  può  spiegare  secondo  il  suo 
concetto  né  lo  sviluppo  primitivo  dell'affezione  glaucomatosa  del 
nervo  ottico  ,  né  la  genesi  del  glaucoma  acuto  infiammatorio , 
durante  il  quale  oltre  i  sintomi  evidenti  deir  infiammazione , 
che  non  ponno  certo  essere  effetto  dell'atrofia  dei  nervi  ciliari, 
si  verificano  atroci  nevralgie,  che  certo  non  si  manifesterebbero, 
ove  i  nervi  ciliari  fossero  atrofici. 

Secondo  il  mio  modo  di  vedere  invece,  ammettendo  che  la 
causa  primordiale  dell'affezione  glaucomatosa  stia  in  un  dissesto 
dell'efficienza  funzionale  di  quella  sfera  nervosa  che  serve  nel- 
l'occhio a  regolare  le  secrezioni  e  gli  atti  nutritivi  dei  diversi 
tessuti  che  lo  compongono,  non  trovo  difficile  di  concepire  come 
nella  maggior  parte  dei  casi  gli  effetti  principali  di  tale  dis- 
sesto consistano  in  una  i  per  secrezione  dell'  umor  vitreo  ed  in 
una  specie  di  ingorgo  passivo  del  sistema  venoso  coroideale  che 

Annali.  Voi.  CCL  14 


210 

dispone  a  continue. o  ricorrenti  essudazioni  sierose  endoculail, 
di  cui  specialmente  per  l'anzidetta  anomalia  del  circolo  viene 
reso  diffìcile  od  impossibile  il  riassorbimento.  E  mi  spiego  coma 
per  la  costante  coincidenza  della  rigidità  sclerotidea ,  che  non 
si  può  negare,  come  il  professor  Magni  nega  la  frequente  coe- 
sistenza deir  arteriasi  peri  od  intraoculare  ammessa  da  altri , 
presentando  la  sclerotica  una  resistenza  invincibile  all'  eccesso 
morboso  della  pressione  interna,  questa  debba  esercitarsi  sulla 
retina  per  paralizzarne  la  funzione  ,  sulla  papilla  ottica  per 
contribuire  al  di  lei  caratteristico  infossamento,  e  contempcra* 
neameiite  o  successivamente  sul  corpo  ciliare  e  su  11'  iride ,  per 
ivi  indurre  fenomeni  congestivi  o  flogistici  accompagnati  da  do- 
lori più  0  meno,  forti  e  da  offuscamento  degli  umori  endocularl, 
ovvero  semplici  stasi  del  circolo  accompagnate  da  fenomeni  pa*- 
ralitici,  quali  sono  Tastenopia  e  Tiperpresbiopia,  il  restringersi 
della  camera  anteriore  per  arresto  di  secrezione  dell'  aqueo,  la 
midriasi  immediata  o  progressiva  e  l'anestesia  completa  od  in- 
completa della  cornea. 

Ammettendo  del  resto  che  dato  il   primordiale  dissesto  del- 
l'innervazione trofica,  l'elemento  attivo  del  processo  glaucoma- 
toso  stia  nell'eccesso  di  pressione  endoculare,  si  spiega  come  a 
seconda    del  grado  di  codesta    pressione  e  delle    resistenze  che 
dessa  incontra,  ed  a  seconda  che  la  si  determina  repentinamente 
od  in  modo  lento  od  intermittente,  diverso  debba  essere  il  modo 
di  reazione  che  presentano  i  vasi ,  i  nervi  e  gli  elementi  isto- 
logici dei  tessuti  che  ne  subiscono  l'influenza.  E  di  qui  la  va- 
rietà dei  quadri  sintomatici  che  presentano,  o  nelle  prime  ma- 
nifestazioni, 0  lungo  il  decorso  della  malattia,  le  diverse  grada- 
zioni del  glaucoma  infiammatorio,  e  le  così  dette  forme  di  glau- 
coma semplice.  Che  se  codesta  pressione  dura  a  lungo  od  è  in- 
tensa per  la  straordinaria  rigidità  della  sclerotica,  per  l'irrego- 
larità del  circolo  coroideale  mantenuta  dalle  stasi  venose  od  an- 
che dalla  sclerosi  delle  arterie,  e  per  Tinerzia  dell'assorbimento 
cagionata  dalle  anomalie  del  circolo  e  dallo    squilibrio  dell'  in- 
nervazione trofica,  è  naturale  che  la  conseguenza  ultima  della 
eccessiva  pressione  endoculare  debba  essere  l'atrofia  più  o  meno 
completa  dei  tessuti  che  maggiormente  la  subiscono. 

Se  quindi  anche  i  nervi  ciliari  negli  occhi  glaucomatosi  fu- 


211 

roa  trovati  più  o  meno  dstesamente  atrofici  dal  Magai  e  da  altri, 
ciò  vuoi  dire  ìseooado  me  che  anche  i  nervi  ciliari  hanno  su- 
bito in  qaei  casi  la  conseguenza  naturale  della  straordinaria  o 
prolungata  pressione  endoculare,  ma  non  è  lecito  inferirne  che 
un  primitivo  processo  atrofico  di  quei  nervi  meriti  d'essere  con- 
siderato come  causa  primordiale  delle  paralisi  funzionali  e  delle 
consecutive  atrofie  di  tessuto  che  rappresentano  Tafifezione  glau- 
comatosa. 

Probabilmente  invece  è  da  attribuirsi  specialmente  all'atro- 
fia già  consumata  di  detti  nervi  ciliari  il  completamento  della 
anestesia  corneale,  la  malacia  o  l'ulcera  paralitica  della  cornea, 
che  sono  sequele  del  glaucoma  conclamato  tutt'  altro  che  co- 
stanti, forse  appunto  perchè  tutt' altro  che  costante  è  la  vera 
atrofia  dei  nervi  ciliari.  Oltre  a  tutto  ciò  se  pensiamo  ai  van- 
taggi, almeno  temporanei,  che  arrecano  durante  il  processo  glau- 
eomatoso  le  ripetute  evacuazioni  dell'  umor  acqueo,  ed  alla  in- 
contestabile utilità  che  presenta  il  più  delle  volte  V  iridectomia 
eseguita  a  tempo  opportuno,  gli  è  ben  difficile  concepire  come 
questi  mezzi  valgano  ad  arrestare  il  presunto  processo  atrofico 
dei  nervi  ciliari.  Mentre  non  è  possibile  negare  che  colle  para- 
centesi  corneali  si  diminuisca  temporaneamente  l'eccesso  di  pres- 
sione da  cui  è  oppressa  la  retina  fra  la  coroìdea  anormalmente 
ingorgata  e  l'umor  vitreo  relativamente  aumentato,  è  ragionevole 
ammettere,  che  mediante  l'iridectomia  rompendosi  la  continuità 
di  quel  cingolo  vascolp-membranoso  che  serra  da  tutte  parti  la 
retina  contro  l'umor  vitreo  aumentato ,  si  toglie  l'eccessiva  ten- 
sione delle  interne  membrane  vascolari  e  forse  perciò  si  rendono 
in  esse  più  liberi  e  più  attivi  i  rapporti  circolatorii ,  che  sono 
necessari!  a  ristabilire  l'equilibrio  tra  le  secrezioni  e  l'assorbi- 
mento. Il  processo  morboso  può  per  tal  modo  arrestarsi  o  re- 
gredire ,  e  regredisce  di  fatto  o  si  arresta  quando  però  il  dis- 
sesto della  innervazione  trofica ,  che  lo  ha  primitivamente  in- 
coato,  non  si  annidi  per  avventura  nei  centri  nervosi.  In  questo 
caso  se  quel  dissesto  rimane  immutato  o  progredisce  spontanea- 
mente, o  subisce  una  recrudescenza  per  qualche  causa  occasio*^ 
naie,  può  accadere  che  l'  atrofia  glaucomatosa  del  nervo  ottico 
progredisca  anche  dopo  le  modificazioni  ottenutesi  colla  iridec- 
tomia nelle  membrane  e  negli  umori  endoculari,  ovvero  che  si 


212 

determinino  quelle  recidive,  o  quegli  ostinati  progressi  deiraf* 
fezione  glaucomatosa  che  si  mostran  ribelli  anche  alle  ripetute 
iridectomie,  e  che  talvolta  per  le  straordinarie  molestie  che  ar- 
recano  e  per  1*  irritazione  simpatica  che    soglion  destare    neU 
l'altro  occhio  rendono  necessaria  perfino  la  enucleazione  del  bulbo. 
Ma  tornando  allo  Stelwag,  dobbiamo  notare  come  anche  nel- 
r  altro  sintomo  patognomonico  del  glaueoma  —  V  infossamento 
della    papilla  ottica  —  egli  trovò  gli    indizii  del   processo   flo- 
gistico. La  causa  precipua  dell'escavazione  sta  nella  retrazione 
della  membrana  cribrosa  e  questa  devesi  probabilmente  non  solo 
allo  aumento  della  pressione  intraoculare ,   ma    viene    prodotta 
eziandio  da  una  diminuita  resistenza  della  lamina  cribrosa,  che 
dal  canto  suo  dovrebbe  piuttosto  provenire  da  un  processo  flo- 
gistico. Tale  sua  opinione  è  appoggiata  airosservazione  di  casi 
in  cui  r  escavazione  sviluppasi  completamente  sotto  una  dure- 
vole   mancanza  di    notabile    aumento    delia    pressione ,    ed  al- 
l'altro fatto  che  non  assai  di  raro  la  pressione  intraoculare  ri- 
mane  in  considerevole  aumento  senza  che  abbia  luogo  un'esca- 
vazione.    Quantunque  sopra    buon  numero  di  glaucomi  da    me 
osservati  non  abbia  mai  avuto  occasione  di  confermare  codesti 
due  fatti ,  pure  non  oserei  certo  mettere  in    dubbio  quanto  lo 
Stelwag  asserisce.  Osservo  però  come    puossi  benissimo    conce- 
pire che  la  anormale  cedevolezza  della   membrana    cribrosa  di- 
pendente 0  da  vizio  congenito ,  o  da  involuzione    senile ,  o  da 
morbosa  alterazione  nutritiva,  debba  risentire  facilmente  V  in- 
fluenza della  pressione  endoculare    aumentata  ,    quantunque  in 
grado  non  molto  considerevole,  e  che  detta  membrana  cribrosa 
in  condizioni  affatto  opposte  possa  resistere  anche  a  lungo    ad 
un  grado  di  pressione  assai  forte ,  senza  che  si  debba  ammet- 
tere che  nel  primo  caso  il  processo  flogistico  s'incaricò  di  pre- 
viamente stabilire  in  essa  un  processo  di  rammollimento,  men- 
tre nel    secondo    limitò    la  sua    produttività    dissolvitrice    alle 
membrane  ed  agli  umori  endocularì.  Quanto  poi  all'altro  fatta 
annunciato  dallo  Stelwag,  che  nei  glaucomi  infiammatori!  pri» 
marii  l'escavazione  dopo  i  primi  attacchi  flogistici  spesse  volte 
manca  malgrado  una  assai  forte  pressione ,  mentre  invece  svi- 
luppasi più  tardi  e  talora  lentamente  solo  allorché  la  pressione 
è  notabilmente  scemata  di  nuovo,  se  è  una  prova  che  1'  esca- 


213 

va2ione  papillare  non  è  sempre  né  esclusivamente  dovuta  alla 
pressione  endoculare,  non  è  però  argomento  sufficiente  a  pro- 
vo re  che  11  rammollimento  della  lamina  cribrosa  e  la  consecu- 
tiva retrazione  del  fondo  papillare  sia  una  conseguenza  secon- 
daria dei  ripetuti  attacchi  flogistici  dal  momento  che  la  si  vede 
determinarsi  lentamente  e  in  epoca  lontana  dagli  episodii  in- 
fi.immatorii.  Farmi  del  resto  molto  naturale  che  quando  durante 
il  turgore  flogistico  la  pressione  endoculare  estende  la  sua  in- 
fluenza contro  le  pareti  anteriori  e  laterali  del  bulbo ,  il  polo 
posteriore  di  esso  debba  relativamente  risentirne  assai  meno 
gli  effetti ,  e  che  quando  invece  cessa  il  diffuso  turgore  infiam- 
matorio e  diminuisce  senza  cessare  la  pressione  endoculare  , 
questa  appunto  perchè  insufficiente  a  vincere  la  morbosa  resi- 
stenza della  sclerotica,  valga  a  concentrare  tutta  la  sua  azione 
sul  punto  che  presenta  una  cedevolezza  r elati vanien te  maggiore, 
ed  a  provocare  quindi  il  lento  ma  progressivo  infossamento  della 
papilla.  Sembrami  al  contrario  piuttosto  difficile  a  comprendere 
come  le  stesse  alterazioni  nutritive  di  natura  flogistica,  secondo 
l'Autore,  che  inducono  nella  sclerotica  una  rigidità  particolare 
che  la  rende  straordinariamente  resistente  all'urto  degli. umori 
endoculari ,  possano  invece  nella  lamina  cribiosa ,  altra  delle 
provinole  della  sclerotica ,  determinare  uno  speciale  rammolli- 
mento, che  la  rende  più  facilmente  cedevole  alla  pressione  en- 
doculare e  quindi  meglio  disposta  al  progressivo  infossamento. 

Infine,  se  è  vero  quanto  aggiunge  lo  Stelwag,  che  le  iridec- 
tomie  eseguite  nei  prim9rdii  del  glaucoma  prima  dello  sviluppo 
deir escavazione,  scemano  bensì  la  pressione  intraoculare,  ma 
non  impediscono  sempre  V  ulteriore  sviluppo  della  escavazione , 
è  altresì  vero ,  com'  ebbi  receAtemente  a  constatare  in  un  mio 
operato,  che  quando  T escavazione  è  recente  e  quasi  esclusiva- 
mente cagionata  dalla  pressione  endoculare  subita  specialmente 
dalla  papilla  ottica ,  dopo  V  iridectomia  scompaiono  quasi  com- 
pletamente tutti  i  segni  ottalmoscopici  dell*  infossamento  pa- 
pillare. 

Laddove  quindi  dopo  Tiridectomia  si  manifesta  l'infossamento 
papillare  che  prima  non  esisteva,  o  in  altri  termini  si  determina 
Taffezione  glaucomatosa  del  nervo  ottico,  mentre  non  esiste  più  né 
il  turgore  coroideale,  né  ripersecrezione  del  vitreo,  ciò  jion  vuol 


214 

dir  altro  se  non  che  la  malattia  ha  mutato  di  fase  o  <li  forma,  ha 
mutato  il  substratum.  E  ciò  lascia  più  ragionevolmente  supporre 
che  l'incognita  causa  primordiale  del  processo  glancomatoso  stia 
in  un'affezione  più  o  meno  estesa  o  profonda  dei  nervi  che  re* 
golano  nel  bulbo  oculare  la  tonicità  dei  vasi  e  le  secrezioni,  e 
che  presiedono  agli  atti  nutritivi  dei  diversi  tessuti  dell'occhio. 
Noi  conosciamo  finora  solamente  il  mezzo  di  togliere  uno  degli 
effetti  di  quell'incognito  alteramento  d' innervazione,  che  è  ap- 
punto l'eccesso  di  pressione  endoculare  per  turgore  coroideale 
<^d  ipersecrezione  dell'umor  vitreo.  Ma  quando  il  dissesto  nutri- 
tivo 0  primitivamente  o  successivamente  si  va  fissando  per  pro- 
gredire nella  lamina  cribrosa  o  nel  tessuto  connettivo  e  negli  ele- 
menti nervei  della  retina  e  del  nervo  ottico,  allora  né  l'iridec- 
tomia,  né  altri  mezzi  fra  i  conosciuti  valgono  a  frenare  il  fa- 
tale progresso  della  malattia.  Ed  é  soltanto  nei  c§i8i  in  cui  la 
affezione  glaucomatosa  incominciata  nel  nervo  ottico  si  arresta 
qui  per  transire  invece  alle  membrane  ed  agli  umori  endocu* 
lari,  determinando  tutta  quella  serie  di  mutamenti  che  rappre- 
sentano la  più  0  meno  eccessiva  pressione  endoculare ,  allora 
soltanto  può  ancora  trovare  indicazioni  opportunissime  l'iridec- 
tomia ,  quantunque  però  in  tali  circostanze  essa  non  valga  ad 
arrecare  quel  radicale  e  durevole  ristabilimento  della  funzione 
visiva  che  suole  indurre  quando  le  alterazioni  glaucomatose 
piuttosto  recenti  rimasero  limitate  alle  membrane  ed  agli  umori 
endoculari. 

Dopo  gli  appunti  che  mi  son  permesso  di  fare  in  opposi- 
zione alle  idee  emesse  dallo  Stelwag  intorno  alla  fisiologia  pa- 
tologica del  glaucoma,  mi  affretto  a  dire  come  egli  descriva 
assai  bene  il  quadro  dei  sintomi  che  caratterizzano  le  diverse 
varietà  di  questa  malattia.  Incomincia  da  quelli  che  qualificano 
le  molteplici  gradazioni  di  escavazione  della  papilla,  per  passare 
a  quelli  che  rappresentano  l'aumento  della  pressione  endoculare 
e  le  sue  progressive  conseguenze  (durezza  dei  bulbo  —  pulsazioni 
dei  vasi  centrali  della  retina  —  restrizione  della  camera  ante- 
riore —  dilatazione,  inerzia,  od  immobilità  della  pupilla  —  dimi- 
nuzione dell'ampiezza  della  accomodazione,  e  del  valore  refrat- 
ti vo  dell'apparato  diottrico  —  anestesia  della  cornea  —  stasi  ve- 
nose negli  organi  centrali  «  nell'episclera).  Indi  descrive  a  parte 


215 

J  fenomeni  obbiettivi  della  così  detta  infiammazione  glaucoma- 
tosa,  ì  quali  hanno  molta  analogia  con  quelli  di  una  coroideite 
sierosa  associata  all'ialite  ed  anche  airiritide.  E  chiude  il  qua- 
dro sintomatico  colla  descrizione  ragionata  dei  disturbi  visivi 
caratteristici,  attribuendo  la  visione  della  nebbia  e  la  percezione 
dell'alone  iridescente  intorno  alle  fiamme,  allo  intorbidamento 
dei  mezzi  diottrici.  Siccome  poi  quest'ultimo  fenomeno  svanisce 
ove  si  restrìnga  la  pupilla,  ciò  prova  secondo  lui  ch'esso  è  ba- 
sato suir  interferenza  dei  raggi ,  e  che  in  questa  sono  special- 
mente interessati  i  raggi  più  fortemente  deviati  che  passano 
attraverso  le  parti  periferiche  degli  umori.  La  percezione  degli 
offuscamenti  caliginosi  del  campo  visivo  e  in  ispecie  i  veri  oscu- 
ramenti di  quest'ultimo  non  sarebbero,  come  già  si  credeva,  puri 
effetti  dell'aumento  della  pressione  intraoculare,  ma  conseguenza 
immediata  dei  disturbi  circolatori!  sull'  apparato  senziente  la 
luce^  e  la  pressione  intraoculare  vi  entrerebbe  solo  come  causa 
che  contribuisce  a  disturbare  il  circolo.  Le  circoscrizioni  del 
campo  visivo  e  il  finale  acciecamento  amaurotico  li  considera 
come  conseguenze  dello  stiramento  e  della  degenerazione  delle 
fibre  nervee  nel  distretto  della  escavazione,  come  anche  del  lento 
progresso  della  atrofia  nell'  interno  del  bulbo  e  nei  due  nervi 
ottici. 

Il  rischiaramento  subiettivo,  del  campo  visivo  che  illude 
non  rare  volte  i  glaucomatosi  già  irreparabilmente  amaurotici, 
è,  secondo  l'Autore,  espressione  della  eccitazione  infiammatoria, 
nella  quale  vengono  mantenuti  gli  elementi  del  nervo  ottico 
dal  processo  glaucomatoso ,  che  progredisce  gradatamente  in 
essi  in  direzione  centripeta. 

Chiama  sintomi  concomitanti,  vale  a  dire  non  costanti,  del 
glaucoma,  la  cromopsia,  la  fotopsia,  i  dolori.  —  I  primi  due  li 
ritiene  in  nesso  coi  disturbi  cìrcolatorii  —  quanto  ai  dolori  che 
sono  quasi  esclusivamente  proprìi  delle  forme  infiammatorie, 
non  dice  se  rappresentino  una  affezione  idiopatica  dei  nervi 
ciliari ,  od  un  patimento  secondario  alla  pressione  endoculare 
aumentata  od  ai  disturbi  circolatorii. 

Rapporto  all'eziologia  del  glaucoma,  l'Autore  è  piuttosto  bre* 
viloquente;  accenna  le  cause  principali  notate  da  tutti  gli  au- 
tori come  disponenti  a  codesta  malattia,  ma  è  assai  parco  nello 


216 

spiegare  il  nesso  che  si  paò  vedere  fra  quelle  cause  e  i  loro 
eifetti,  e  il  lettore  rimane  poco  soddisfatto  di  questa  severa  cir- 
cospezione dell'Autore. 

La  rigidità  della  sclerotica  e  delle  pareti  vascolari^  spesso 
ereditaria,  talvolta  solo  congenita,  il  più  delle  volte  acqusita  o 
per  involuzione  senile ,  o  pel  precoce  marasmo  fig)io  della  mi- 
seria 0  delle  ripetute  malattie,  o  per  conseguenza  della  diatesi 
artritica,  rappresenterebbe,  secondo  TAutore,  quella  determinata 
disposizione,  la  quale  fa  sì  che  avvengano  con  maggiore  facilità 
anomalie  nei  rappòrti  di  circolazione  e  nutrizione  del  bulbo,  e 
che  una  volta  date,  queste  si  dissipino  più  difficilmente  che  non 
in  circostanze  diverse.  Le  nominate  disposizioni  sarebbero  ca- 
paci di  influenzare  e  modificare  in  modo  speciale  i  processi 
morbosi  già  esistenti,  oppure  di  svilupparne  idiopaticamente  dei 
Buovi  con  una  impronta  affatto  speciale.  Nel  primo  caso  si  spie- 
gherebbe lo  sviluppo  del  glaucoma  secondario  o  consecutiyo  , 
che  può  aver  luogo  nel  decorso  di  una  cheratite,  di  una  irite, 
e  massime  di  una  irido-coroideite  spontanea  o  successiva  a 
traumi  accidentali  ed  operatorii,  nel  secondo  si  avrebbe  lo  svi- 
luppo del  glaucoma  primario,  vale  a  dire  indipendente  da  cause 
esteriori  sufficienti.  Se  però  si  osserva  che  codeste  anomale  di- 
sposizioni del  circolo ,  come  la  diminuzione  di  distensìbilità  di 
tutti  i  tessuti  elastici ,  e  tutte  le  altre  condizioni  che  rappre- 
sentano l'involuzione  senile  e  nei  tessuti  dell'occhio  e  nella  ge- 
nerale economia  sono  spesso  considerate  dall'Autore  stesso  qual 
momento  eziologico  d'  altre  malattie  dell'  occhio ,  anche  affatto 
diverse  dal  glaucoma,  e  ponno  d'altronde  esistere  senza  prepa- 
rarne né  determinarne  alcuna ,  vi  ha  luogo  di  dubitare  della 
particolare  o  quasi  esclusiva  importanza  eziologica  che  si  vuol 
loro  attribuire  nella  genesi  del  glaucoma.  Rimane  quindi  sempre 
ragionevole  l' ipotesi  che  il  momento  causale  più  immediato  e 
più  imponente  di  quusta  affezione  stia  in  un  alteramento  più  o 
meno  profondo  dell'innervazione  trofica  generale  o  locale,  di  cui 
ponno  essere  altrettanti  effetti  anche  le  accennate  disposizioni 
anormali  dei  vasi  e  dei  tessuti,  alteramento  dell'innervazione, 
che  alla  sua  volta  può  essere  stata  determinata ,  e  dal  fomite 
artritico,  e  dai  gravi  patemi  d'animo,  e  dalle  lunghe  cure  de- 
bilitanti, come  dalla  miseria,  o  da  precedute  malattie  dell'asse 
spinale. 


217 

Parlando  del  decorso  del  glaucoma,  l'Autore  descrive  come 
in  altrettanti  quadri  le  diverse  varietà  delle  tre  forme  princi- 
pali di  questa  malattia,  quali  vennero  da  lui  distinte.  In  uno 
di  essi  viene  delineato  il  modo  talora  subdolo  e  lento,  talora  ad 
esacerbazieni  e  remissioni  od  intermissioni ,  con  cui  si  manife- 
stano  i  sintomi  funzionali  della  semplice  affezione  glaucomatosa 
del  nervo  ottico  caratterizzata  dalla  progressiva  escavazione  pa- 
pillare. Nel  suo  progredire  però  anche  quest'  affezione  semplice 
si  associa  o  durevolmente  o  temporariamente  ai  diversi  feno- 
meni che  rappresentano  l'esagerata  pressione  endoculare. 

Ma  non  di  rado  si  aggiungono  veri  attacchi  infiammato rii,  i 
quali  ponno  retrogradare  completamente  e  ricomparire  più  tardi 
ed  a  più  riprese,  circoscrivendo  e  paralizzando  progressivamente  la 
sensibilità  retinica,  o  ponno  anche  d'un  tratto  chiudere  coiramau- 
rosi  completa  la  serie  dei  fenomeni  glaucoma  tosi. 

In  altro  quadro  è  descritto  il  cosi  detto  glaucoma  fulmi- 
nante, la  cui  natura  sempre  flogistica,  egli  deduce  dall'intor- 
bidamento immediato  dei  mezzi  trasparenti,  determinato  secondo 
lui  da  vere  proliferazioni  degli  elementi  istologici  degli  umori, 
mentre  ponno  forse  essere  spiegati  anche  da  trapelamenti  sie- 
rosi misti  a  sostanza  pigmentosa  od  a  cruore  sanguigno  prove- 
niente dalla  coroidea.  In  questo  modo  anzi  si  spiega  il  perchè 
i  veri  fenomeni  di  esagerata  pressione  endoculare  e  special- 
mente la  nevralgia  e  i  sintomi  congestivi  dell'  episclera ,  non 
si  rendano  manifesti  che  dopo  la  già  avvenuta  amaurosi. 
Mentre  se  quegli  intorbidamenti  fossero  devoluti  a  produzioni 
morbose  dei  mezzi  trasparenti,  per  necessità  dovendo  queste  au- 
mentare il  contenuto  del  bulbo ,  i  fenomeni  di  pressione  endo- 
culare aumentata  dovrebbero  avere  una  precedenza.  Se  invece 
si  ammette  che  quegli  intorbidamenti  pervennero  dalla  coroidea 
e  dal  corpo  ciliare,  si  spiega  e  la  precoce  cecità  e  la  tarda  ma- 
nifestazione della  esagerata  pressione  endoculare.  Imperocché 
quei  trapelamenti,  mentre  ledono  più  o  meno  vivamente  il  tes- 
suto retinico,  devono  altresì  sgorgare  almeno  temporaneamente 
la  coroidea,  e  perciò  l'eccesso  di  pressione  endoculare  non  può 
manifestarsi  se  non  quando  anche  per  la  presenza  di  quegli 
clementi  eterogenei  nella  compage  del  vitreo  si  renda  morbo- 
samente più  attiva  la  secrezione  o  la  formazione  della  vi- 
treina. 


218 

uesta  forma  è  propria,  secondo  V  Autore,  dei  soggetti  che 
hanno  varcato  il  55  anno  di  vita,  o  di  quelli  che  sono  predi- 
sposti al  glaucoma  per  eredità. 

In  altri  quadri  descrive  i  sintomi  precursori  che  con  sva- 
riata vicenda  precedono,  talvolta  per  mesi,  talvolta  per  anni,  lo 
sviluppo  delie  diverse  gradazioni  del  glaucoma  primitivamente 
infiammatorio  lento  ed  acuto ,  notando  le  differenze  e  le  ana- 
logie  sintomatiche  che  esse  hanno  tra  loro  nel  modo  di  decor- 
rere, e  terminando  colla  pittura  caratteristica  del  glaucoma 
conclamato. 

Anche  queste  fedeli  descrizioni  però,  che  rivelano  le  bizzarre 
anomalie  che  presenta  codesto  processo  nelle  sue  varietà  di  tipo 
e  di  decorso ,  in  confronto  alle  altre  forme  morbose  infiamma- 
torie delle  membrane  esterne  ed  interne  dell'occhio,  convincono 
sempre  più. come  nell'affezione  giaucomatosa  si  abbiano  talvolta 
le  parvenze  o  le  complicazioni  del  processo  infiammatorio ,  ma 
non  permettono  rigorosamente  di  ammettere  ch'esso  altro  non 
sia  che  una  specie  particolare  d'infiammazione. 

Quanto  alla  cura,  secondo  1'  Autore,  la  prima  e  più  impor- 
tante indicazione  si  è  l'abbassamento  della  pressione  intraocu- 
lare anormalmente  aumentata  mediante  V  iridectomia ,  a  rim* 
petto  della  quale,  secondo  lui,  tutti  gli  altri  agenti  finora  usati 
sono  per  la  grandezza  e  probabilità  del  risultato  inferiori  di 
tanto  che  ponno  considerarsi  quali  deboli  ausiliari.  Con  tale 
enunciato  per  altro,  che  noi  riteniamo  del  resto  giustissimo, 
r  Autore  sembra  contraddire  a  sé  medesimo.  E  infatti  ha 
dichiarato  fin  dal  principio  dell'articolo,  che  uno  degli  argo- 
menti ,  che  provano  esservi  identità  di  natura  o  di  processo 
nelle  più  svariate  forme  della  affezione  giaucomatosa  ,  sta  ap- 
punto nell'identico  valore  che  manifesta  una  sola  e  medesima 
terapia.  Mentre  ha  poi  fatto  seguire  dei  ragionamenti  in  prova 
che  nella  cosidetta  affezione  giaucomatosa  del  nervo  ottico  non 
esiste  aumento  di  pressione  endoculare  e  che  anche  nelle  forme 
di  glaucoma  semplice  codesta  circostanza  si  verifica  talvolta 
molto  tardi  o  soltanto  a  ricorrenze ,  e  dopo  che  1'  escavazione 
caratteristica  della  papilla  e  la  circoscrizione  o  diminuzione  di 
acuità  visiva  si  son  già  rese  manifeste,  mentre  l'eccesso  di  pres- 
sione endoculare  non  è  mai  tunto  grave  e  manifesto  e  funesto 


219 

come  nelle  forme  che  chiama  infiammatorie  a  decorso  acuto  o 
lento. 

Come  mai  dunque  nell'affezione  glaucomatosa  del  nervo  ot- 
tico, in  cui  non  vi  ha  eccesso  di  pressione  endoculnre  che  me- 
riti di  essere  abbassata,  potrà  essere  indicata  1*  iridectomia  ,  e 
come  mai  i  vantaggi  che  quest'  ultima  per  avventura  appor- 
tasse potranno  far  prova  che  un  tal  mezzo  ottiene  in  tutte  le 
forme  glaucomatose  allo  stesso  modo  il  medesimo  intento,  sic- 
ché da  ciò  si  possa  indurre  alla  identità  di  natura  ch'esse  hanno 
tra  loro? 

E  se  è  vero  che  anche  nelle  forme  di  glaucoma  semplice , 
r  aumento  di  pressione  endoculare  può  tardare  a  manifestarsi 
ed  essere  anche  posteriore  a  turbamenti  funzionali  ed  organici 
già  gravissimi ,  come  mai  si  spiegherebbero  i  vantaggi  che 
per  avventura  si  ottenessero  dalla  iridectomia  eseguita  per 
prudenza  clinica  ancor  prima  che  fossero  manifesti  tutti  i  se- 
gni della  esagerata  pressione  endoculare?  Dirassi  forse  che  si 
è  tolto  con  quel  mezzo  un  fatto  morboso  che  ancora  non  esi- 
steva ? 

Io  credo  che  l'unica  vera  prova  che  l'affezione  glaucomatosa 
del  nervo  ottico,  se  non  è  materialmente  identica,  ha  però  una 
affinità  intima  colle  altre  forme  di  glaucoma,  si  è  questa  che 
in  un  gran  numero  di  volte  si  osserva  la  transizione  di  una 
forma  nell'altra,  e  la  coincidenza  di  due  forme  diverse  della 
stessa  malattia  in  un  medesimo  individuo.  —  Se  quindi  può 
essere  indicata  l' iridectomia  nei  casi  di  affezione  glaucomatosa 
del  nervo  ottico,  essa  non  può  avere  che  un  effetto  profilattico, 
di  prevenire  cioè  il  passaggio  del  processo  dal  nervo  agli  in- 
terni tessuti  del  bulbo  o  di  rendere  per  meglio  dire  men  gravi 
e  meno  funesti  gli  effetti  dello  eventuale  aumento  della  pres- 
sione endoculare. 

Se  poi  è  utile  l'iridectomia  nel  glaucoma  semplice,  che  si  pa- 
lesa (parole  dell'Autore)  mercè  il  temporario  o  durevole  aumento 

m 

delia  pressione  intraoculare  e  medianto  il  lento  sviluppo  del* 
V escavazione  caratteristica,  o  si  ha  la  più  o  meno  evidente  e 
più  0  meno  grave  pressione  endoculare,  e  in  tal  caso  l' iridec- 
tomia ha  la  sua  diretta  indicazione ,  o  Aon  si  ha  aumento  di 
pressione  di  sorta  né  accidenti  infiammatorii,  e  in  tal  caso  non 


220 

81  tratta  più  di  glaucoma  semplicei  ma  dell'affezione  glaticoma- 
tosa  del  nervo  ottico,  e  allora  i'  iridectomia  non  ha ,  come  dis- 
simo più  sopra,  che  una  indicazione  profilattica. 

Che  se  infine  è  più  che  mai  utile  Tiridectomia,  purché  ese- 
guita per  tempo  nelle  forme  glancomatose  dette  infiammatorie 
a  decorso  lento  od  acuto,  perchè  invece  di  stasi  venose  e  di 
essudazione  sierose  coroideali  con  iperformazione  di  vitreina  vi 
hanno  vere  congestioni  più  o  meno  attive  con  tendenza  a  pro- 
liferazione di  elementi  nuovi  nelle  membrane  endoculari  e  nel 
corpo  vitreo,. ciò  vuol  dire  che  la  iridectomia  vale  a  diminuire 
la  tensione  della  trama  uveale  ingorgata,  a  rilasciare  quella  spe- 
cie d4  strozzamento  che  quest'  ultima  esercita  sulla  retina ,  a 
frenare  1*  attività  proli feratoria  negli  organi  interni  del  bulbo 
ed  a  rendervi  per  tal  modo  più  libero  il  circolo  sanguigno  e 
più  facile  il  risolvimento  di  quegli  elementi  morbosi  che  rap- 
presentavano Teccesso  di  pressione  endoculare. 

Dopo  tutto  ciò  ^ra  ovvio  di  aggiungere  che  se  si  eseguisca 
la  iridectomia  nei  casi  di  escavazione  papillare  puramente  sin- 
tomatica dì  atrofìa  progressiva  dei  nervo  ottico  per  neurite  o 
meningite  basilare,  o  se  la  si  eseguisca  troppo  tardi  nelle  al- 
tre forme  di  glaucoma  semplice  od  infiammatorio,  tonando  è  già 
avanzata  o  completa  la  degenerazione  atrofica  del  nervo  ottico 
della  retina  o  della  trama  irido-coroideale ,  dessa  non  può  va- 
lere a  reintegrare  la  facoltà  visiva,  ma  solo  talvolta  a  far  ces- 
sare le  moleste  nevralgie  che  per  il  costante  eccesso  di  pres- 
sione endoculare  possono  anche  conseguitare  alla  amaurosi  con- 
sumata. 

Il  nostro  Autore  invece  perchè  ha  voluto,  nello  spiegare  la 
fisiologia  patologica  del  glaucoma ,  menomare  V  importanza  at- 
tribuita dal  Graefe  allo  eccesso  di  pressione  endoculare  ,  e  ne- 
gare all'elemento  nervoso  forse  primitivamente  alterato  quella 
influenza  sulla  genesi  dei  principali  momenti  patologici  del  glau- 
coma ,  che  Donders  ed  altri  gli  attribuiscono ,  sforzandosi  di 
tutto  assegnare  ad  esplicazioni  latenti  o  manifeste  del  processo 
infiammatorio,  il  nostro  Autore  si  è  per  tal  modo  preclusa  la  via 
di  giustificare  il  suo  primo  asserto,  che  cioè  V  iridectomia  è  il 
mezzo  curativo  più  opportuno  e  più  utile  in  tutte  tre  le  prin- 
cipali forme  di  glaucoma  da  lui  distinte. 


221 

Che  anzi  nei  dettagli  dell'  iridectoraia  non  parla  nemmeno 
della  sua  applicazione  nella  cosi  detta  affezione  glaucomatosa 
del  nervo  ottico.  Dice  soltanto  eh'  essa  è  specialmente  utile  nella 
forme  infiammatorie  acute  o  subacute,  che  essa  presta  i  mag- 
giori servigi  quanto  più  presto  viene  eseguita  e  quanto  minori 
sono  le  alterazioni  materiali  sofferte  dagli  organi  interni  del 
bulbo,  e  che  nelle  forme  di  glaucoma  semplice  non  flogistico 
preceduto  da  prodromi,  la  si  può  differire  fino  a  quando  diven- 
gono più  frequenti  gli  attacchi  di  oscurazione  del  campo  vi- 
sivo. 

Del  resto  non  si  attenta  nemmeno  di  spiegare  né  con  ra- 
gionamenti né  con  ipotesi  quale  sia  presuntivamente  il  modo 
di  agire  dell'iridectomia.  Ma  è  invece  altrettanto  più  scrupo- 
loso e  abbondante  nel  riferire  i  molti  casi  e  le  molte  circo- 
stanze in  cui  essa  é  precariamente  utile  od  affatto  impotente , 
anche  se  ripetuta.  E  vi  ha  anzi  un  punto  in  cui  senza  appog- 
giare l'asserto  a  ragioni  convincenti,  accusa  Viridectomia  pra* 
ticata  nei  primi  periodi  di  un  glaucoma  infiammatorio  acuto 
come  capace  di  accelerare  V  esplosione  della  malattia  neir  altro 
occhio. 

e  Mentre  d'ordinario  nel  glaucoma  flogistico  acuto,  i  pri- 
mi  attacchi  infiammatorii  manifesti  nell'uno  e  nelV  altro  oc- 
chiù  sogliono  essere  separati  da  intervalli  di  alcuni  mesi  ed 
anche  di  anni ,  dopo  V  iridectomia  il  secondo  occhio  ammala 
frequentemente  già  entro  le  prime  4  settimane,  anzi  persino 
dopo  trascorsi  4  od  8  giorni.  Prescindendo  dal  fatto  negativo 
che  osservai  sopra  buon  numero  di  glaucomatosi  che  vidi  ope^ 
rare  e  che  operai  io  stesso ,  davvero  non  so  capacitarmi  come 
mai  quello  stesso  mezzo,  che  a  detta  dello  stesso  Autore  ha  la 
potenza  di  ovviare  o  di  rimediare  agli  effetti  simpatici  che  eser- 
citano sull'altro  occhio  certe  affezioni  iridee  od  irido-coroideali 
monoculari  che  hanno  molta  affinità  col  glaucoma ,  adoperato 
invece  nella  cura  di  un  occhio  glaucomatoso,  abbia  ad  ottenere 
precisamente  l'effetto  opposto. 

Fortunatamente  però  1'  Autore  stesso  attenua  la  triste  im- 
pressione, che  arreca  al  lettore  codesto  suo  asserto,  osservando 
come  r  accennato  svantaggio  viene  abbondantementts  compen- 
sato dalla  circostanza,  che  cioè  l* iridectomia  promette  appunto 


222 

« 

durante  i  primi  periodi  ddl  glaucoma  acuto  i  più  splendidi  ri- 
sultati, e  questi  ponno  essere  usufruttati  tanto  nell'  occhio  at- 
taccato pel  primo  quanto  nell'altro. 

Duolmi  del  resto  di  non  leggere  nell'  Autore  nemmeno  un 
cenno  sul  reale  e  costante  e  talora  persino  immediato  8van*> 
taggio  che  arrecano  nella  cura  di  questa  malattia  le  sottra- 
zioni  sanguigne  e  in  genere  tutti  i  rimedii  debilitanti,  cosa  oho 
non  si  osserva  mai  in  tutte  altre  le  affezioni  prettamente  in- 
fiammatorie dell'iride  e  della  coroidea,  e  che  aggiunge  molta 
ragione  a  dubitare  sull'  indole  infiammatoria ,  eh'  egli  ama  di 
attribuire  al  processo  glaucomatoso.  Nò  mi  piace  la  assoluta 
mancanza  di  considerazioni  sulle  condizioni  generali  che  quasi 
sempre  specializzano  i  soggetti  glaucomatosi  ,  nelle  quali  sta 
forse  il  segreto  della  particolare  ostinatezza  che  ha  pur  molte 
volte  codesta  malattia,  anche  se  venne  temporaneamente  arre- 
stata da  quell'atto  operativo  che,  come  vedemmo  più  sopra, 
vale  soltanto  a  modificare  più  o  meno  durevolmente  uno  dei 
fattori  principali  che  la  costituiscono.  Gli  è  nello  studio  clinico 
serio  di  quelle  condizioni  generali,  e  delle  molteplici  o  svariata 
circostanze  eziologiche  che  le  sogliono  preparare  e  non  sola-* 
mente  nei  responsi  di  ulteriori  indagini  di  istologia  microsco- 
pica e  di  anatomia  patologica ,  che  noi  forse  troveremo  altri 
lumi  suir  intima  natura  di  quella  malattia  ed  altre  ispirazioni 
sui  mezzi  profilattici  e  curativi  più  opportuni  ad  allontanare 
almeno  nel  maggior  numero  dei  casi  le  fatali  di  lei  conse- 
guenze. (  Continua  ). 


Clorato  di  fepro  e  41  ammoniaca.  —  Giornali  me- 
dici e  non  medici  parlano  a  gara  di  questa  panacea.  Sono  ap- 
punto le  panacee  che  trovano  più  difficile  accesso  nel  nostro 
giornale.  Senonchè ,  noi  non  vorremmo  neppure  farle  il  sover- 
chio onore  dell'ostracismo,  e  nel  mostrarci  spregiudicati  incap- 
pare nel  pregiudizio  opposto.  Ben  venga  dunque  anche  il  ci- 
trato di  ferro-ammonico ,  augurandogli  che  faccia  nien  triste 
figura  de'  suoi  predecessori ,  o  risponda  almeno  come  in  alcuni 
fiussi  diarroici  rispondono  egregiamente  il  percloruro  e  il  sol- 
fato e  le  stesse  pillole  di  sottocarbonato  del  Vallet,  senza  avere 


223 

perciò  mai  accampato  diritti  a  brevetti  d*  invenzione  o  a  me- 
daglie più  o  meno  grandi  di  Esposizione  mondiale. 

Il  distinto  chimico  Raspini ,  senza  farsi  sostenitore  di  que- 
sto farmaco  quale  specifico  di  cholera ,  annunciando  i  fatti  ri- 
portati dal  Guglielmi  e  da  vari!  medici  napoletani ,  narra  che 
anche  in  Bergamo  e  Provincia  venne  esperito  con  qualche 
successo.  Crede  perciò  opportuno,  a  maggiore  guarentigia  di 
chi  volesse  esperirlo ,  che  debba  essere  preparato  con  identico 
processo  e  quindi  abbia  ad  avere  gli  identici  caratteri ,  essen- 
dosi pur  troppo  verificato  che  non  tutti  i  citrati  usati  erano 
irreprensibili,  Epperò  noi  riassumiamo  quanto  egli  scrive  in 
proposito. 

e  I.  Il  citrato  di  ferro  ammoniacale  deva  essere  perfetta- 
mente solubile  neiracqua. 

II.  La  sua  soluzione  non  deve  aver  sapore  stìtico,  ma  grato; 
non  deve  far  deposito  anche  conservata  per  più  giorni. 

III.  Mescolando  il  citrato  doppio  colla  calce  viva,  in  mortajo 
di  porcellana,  deve  svolgersi  dell'ammoniaca  libera,  riconoscibile 
all'odore,  o  accostando  al  miscuglio  una  carta  tìnta  di  torna- 
sole arrossata  dagli  acidi,  riprender  deve  tosto  la  sua  tinta  bleu. 

Questo  citrato  è  privo  del  sapore  stitico  che  generalmente 
accompagna  tutti  i  preparativi  marziali. 

La  sua  soluzione  si  conserva  per  più  giorni  senza  alterarsi. 
L'aggiunta  dell'ammoniaca  gli  fa  perdere  il  suo  sapore  sapido 
astrìngente,  senza  nuocere  alle  sue  proprietà  medicinali. 

Citrati  di  ammoniaca  e  di  ferro  che  non  presentano  questi 
caratteri  cardinali  si  devono  rigettare  come  mal  preparati  (1). 

Ora  veniamo  ai  particolari  intorno  al  modo  di  farne  uso , 
quali  indica  il  dottor  Guglielmi  di  Napoli,  cui  di  tale  applica- 
zione spetterebbe,  a  quanto  sembra,  il  primato. 


(1)  Qui  notiamo  per  incidenza  che  nel  nuovo  Codice  far- 
maceutico francese ,  di  cui  abbiamo  dato  negli  e  Annali  di 
Chimica  w  un'analisi,  è  riportato  il  processo  per  ottenere  il  ci- 
trato di  ferro  e  di  ammoniaca  ,  quàl  rimedio  obbligatorio ,  ma 
che  i  redattori  si  sono  dimenticati  niente  meno  che  di  ripor- 
tare i  caratteri  fisico-chimici  che  questo  sale  deve  avere! 

Ruspini. 


224 

Primo  stadio  del  cholara ,  ossia  manifestazione  dei  primi 
sintomi  assai  sospetti,  quale  la  diarrea  sierosa  ed  abbondante, 
vomiturazione  o  nausea,  oppressione  o  stringimento  al  petto, 
senso  di  stanchezza  alle  membra,  ecc. 

L'ammalato  si  ponga  a  letto,  bene  coperto.  Gli  sia  ammini- 
strato per  tre  volte  ogni  ora  una  dose  di  cinquanta  centi" 
grammi  (10  grani  )  di  citrato  di  ferro  sciolto  in  poca  acqua 
fredda  zuccherata. 

D'ordinario  dopo  pochi  minuti  i  sintomi  cessano,  e  nasce  un 
abbondante  sudore  su  tutta  la  superficie  della  pelle.  Se  non 
Cessano ,  si  insiste  a  somministrare  il  rimedio.  Anche  ottenuto 
l'effetto,  sarà  bene  continuare  per  tre  giorni  l'uso  del  citrato, 
in  dose  di  venticinque  centigrammi  una  sol  volta  al  mattino. 

Secondo  stadio.  —  Cresciuto  il  vomito  e  la  diarrea  e  Top- 
pressione,  la  comparsa  dei  crampi,  del  freddo  all'estremità,  la 
soppressione  dei  polsi,  ecc.,  si  darà  un  grammo  (uno  scrupolo) 
di  citrato  di  ferro,  sciolto  nell'acqua  fredda  zuccherata  ogni  ora, 
o  più  spesso  ,  secondo  la  pertinacia  del  vomito ,  e  degli  altri 
sintomi,  ed  insistendo  con  questa  jiorma  fino  a  guarigione  ot- 
tenuta. Conseguita  questa,  si  continuerà  il  rimedio  in  dose  mi- 
nore, ed  a  più  lunghi  intervalli,  per  qualche  giorno. 

Terzo  stadio,  —  Diarrea  sfrenata  di  materie  liquidissime , 
biancastre ,  vomito  incessante ,  angoscia  estrema ,  freddo  mar- 
moreo, pelle  livida,  occhiaje  infossate,  cianosi,  ecc.  Si  propinerà 
allora  un  grammo  e  mezzo  di  citrato  di  ferro  ammoniacale  a 
brevi  intervalli,  e  si  ripeterà  la  dose  se  subito  dopo  sopravviene 
il  vomito.  Insistere  fino  a  scomparsa  di  sintomi  per  diminuire 
gradatamente  la  dose,  ed  allargare  gli  intervalli  fra  una  dose 
e  l'altra  fino  a  guarigione  completa. 

Ultimo  stadio,  —  Asfissia  ed  imminenza  della  morte.  Se 
l'infermo  può  sopravvivere  il  tempo  che  basti  per  sentire  T  ef- 
fetto del  rimedio,  può  ancora  salvarsi  (!).  In  questo  caso,  quasi 
disperato ,  si  fa  ingojare  una  dose  di  grammi  due  di  citrato 
di  ferro  e  ammoniaca  ogni  mezz'ora,  ed  altrettanto  se  ne  am- 
ministra per  clistere.  Se  l' ammalato  rinviene  alquanto,  si  di- 
scende alle  dosi  del  primo  stadio. 

È  necessario  avvertire  poi  : 

i.®  Che  i  clisteri  di  citrato  di  ferro  ajutano  molto,  tanto 
nel  secondo  quanto  nel  terzo  stadio. 


225 

2.^  Cile  noa  bisogna  mai  dare  bìbite  acquose  all'infermo 
subito  dopo  la  somministrazione  del  rimedio.  |Tatt'al  più  per 
moderargli  la  sete  ardente  concedergli  qualche  pezzetto  di 
ghiaccio. 

3.^  Ohe  in  tutti  i  casi,  e  principalmente  nei  più  gravi,  bi- 
sogna insistere  a  dare  il  rimedio  senza  esitazione  fino  a. che 
sia  vinto  il  morbo  e  non  disanimarsi  se  reffetto  non  è  pronto. 
4.®  Dirò  io  finalmente,  il  citrato  da  impiegarsi  sia  dotato 
dei  caratteri  che  abbiamo  più  sopra  descritti  ;  in  questo  caso 
di  applicazione  speciale  come  antidoto  del  cholera,  è  giusta  la 
esigenza  dei  caratteri  indicati  da  Béral  pel  suo  citrato ,  che  è 
pur  quello  usato  da  Guglielmi  d.  (c  Annali  di  Chimica  ».  Giù* 
gno  4867). 

—  Aggiungiamo  per  ultimo  la  formola  con  cui  il  citrato  viene 
prescritto  dal  Guglielmi  e  fautori,  e  cosi  si  potrà  dire  che  la 
nostra  fiducia ,  molto  scrollata  dalle  epidemie  antecedenti ,  non 
ci  rese  però  ingiusti  verso  il  citrato ,  come  non  ci  aveva  reso^ 
per  avventura,  parziali  né  verso  l'acido  fenico,  né  verso  il  tri- 
cloruro  di  carbonio  et  reliqua. 

Per  U80  interno. 

Acqua  stillata  grammi  180; 

Citrato  di  ferro  ammoniacale  di  Béral,  grammi  6; 

Zucchero  bianco  grammi  6. 

Da  dividersi  in  sei  prese,  una  ogni  ora. 

Per  clistere. 

Acqua  di  fonte  grammi  300. 
Citrato  di  ferro  solubile  grammi  6. 

Per  due  clisteri.  (  Gazz.  MeéL  It  Prov.  ven,,  N.*  27  del 
4867  ). 


Dlslnfealoiil  proposte  nel  eholera  dal  Direte 
t«ivio  deirAssisteosa  palililieA  di  Parisi,,  di  eon- 
eerto  eolla  Dlrealone  delle  farmaeie  degli  «pe- 
dali. -—4.®   Purificazione    della   biancheria    proveniente    dal 

Annali.  Voi  Cd.  45 


226 

letto  di  inalati,  delle  tele  dei  materassi,  della  lingeria  di  corpo 
dei  cholerosiy  ecc.  Lavacro  con 

Ipoclorito  (cloruro)  di  soda 1  litro 

Acqua,  circa 9     f 

2.^  Disinfezione  dei  bacini,  dei  vasi  da  notte,  ed  altri  uten- 
sili. Vuotarli,  poi  immergerli  immediatamente  in  una  tinozza , 
contenente 

Ipoclorito  (cloruro)  di  calce  secco    .     .     500  grammi 
Acqua,  circa      . 9  litri 

Stemperarvi  il  sale  con  cura,  e  agitarvi  il  deposito  col  mezzo 
deir  immersione.  I  vasi  devono  essere  passati  in  un  secchio  di 
acqua  comune,  poi  asciugati  prima  di  essere  rimessi  in  servizio. 

Alla  fine  della  giornata  versare  il  contenuto  del  recipiente 
nel  lavatojo  o  nel  cesso,  e  rinnovare  la  soluzione. 

3.^  Disinfezione  dei  pozzi  neri,  delle  latrine  e  dei  pisciatoi. 
Dove  esistono  latrine  perfezionate  basterà  di  lavare  la  seggetta 
0  i  pitali  col  seguente  miscuglio  di  cloruro  di  calce,  e  mattina 
e  sera  gettare  nell'  orifizio  del  canale  della  latrina  un  secchio, 
ossia  10  litri,  circa,  della  seguente  soluzione: 

Solfato  di  ferro 500  grammi 

Acqua  .* 10  litri 

Acido  fenico  a  ^/i^^ 100  grammi 

La  lavatura  della  superficie  si  farà  col  miscuglio  già  in- 
dicato di  ipoclorito  di  calce  secco  50  grammi,  e  acqua  9  litri. 

4.®  Disinfezione  della  sala  anatomica,  della  stanza  mortua- 
ria ,  della  stanza  di  deposito  della  biancheria  sporca ,  dei  con- 
dotti di  estrazione  dell'aria  dalle  sale  dei  cholerosi  (dove  è  in 
attività  un  sistema  di  ventilas;ione) ,  delle  tramoggie  per  la 
'  biancheria  sporca.  Miscuglio  in  un  vaso  di  grès: 

1  litro  di  acido  pirolegnoso  con  5  litri  di  acqua. 

Durante  la  giornata  aggiungervi  250  grammi  di  cloruro  di 
calce.  Si  otterrà  cosi  uno  sviluppo  abbondante  e  permanente  di 
cloro. 

5.®  Rinsanamento  delle  sale  dei  chirurghi.  Mettere  in  que- 
ste sale  numerosi  piatti  con  cloruro  di  calce  leggermente  inu- 
midito di  acqua.  Si  possono  anoqra  operare  fumigazioni  di  acido 
fenico  col  seguente  miscuglio: 


227 

Acqua •     ...     10  litri 

Aloool i  litro 

Acido  fenico    ...    ;    .    .    .    .   '.    .    5Q  gramipi 

Questo  liquido  sarà  distribuito  entro  terrine ,  poste  neUe 
sale,  in  ra|a;iooe  di  5  terrine  di  due  litri  per  og^i  sala  di  30  a 
40  malati,  ossia  una  terrina  per  ogni  6  a  8  letti. 

6.*  Nel  momento  di  chiudere  la  bara  si  spargono  2  chilo- 
grammi di  cloruro  di  calce  solido,  sotto  sopra  e  ai  lati  del  ca- 
davere. Si  getta  sul  corpo  1  litro  di  segatura  di  legno  impre- 
gnata di  10  grammi  di  acido  fenico. 

7.*  Per  ogni  fossa  si  impiega,  secondo  Veiè^  dei  decessi,  dà 
2  a  6  chil.  di  ipoclorito  di  calce,  divisi  in  due  frazioni^  come  è 
detto  di  sopra.  {Joum.  de  pharm,  ^  da  chitnie  e  Ann,  4i 
chim,  (1),  maggio  1867). 


(1)  Ricordiamo  ai  nostri  lettori  le  interessanti  esperienze  di 
Barker,  che  vennero  fatte  conoscere  negli  e  Annali  di  Chimi* 
ca  »  (voi.  XLIII,  pag.  81  e  142),  e  dalle  quali  è  dimostrata 
l'efficacia  disinfettante  anche  di  altri  agenti,  che  qui  enume- 
riamo : 

L'ozono^  ottenuto  eolla  lenta  combustione  del  fosforo  in  vi- 
cinanza dell'acqua  e  svolgendo  del  permanganato  potassico. 

Viodio  e  il  bromo  allo  stato  di  vapore,  nei  luoghi  rinchiudi, 
per  ottenere  un'azione  disinfettante  continua. 

Il  cloruro  e  il  tolfato  di  zinco  in  soluzione  e  inzuppandone 
la  segatura  di  legno^  per  disinfettare  i  corpi  solidi. 

La  temperatura  di  100"  C.  per  purificare  e  disinfattare  i 
vestimenti. 

Ricordiamo  del  pari  come ,  sia  in  queste  sperienze ,  sia  in 
quelle  di  Fasoli ,  il  solfato  di  ferro  si  trovò  pochissimo  effi- 
cace disinfettante,  e  come  siasi  pure  constatata  la  polvere  di 
carbone^  checché  ne  sia  della  generale  opinione  contraria. 

Il  K 


228 

Maoaale  di  Osloloffla  i  del  cav.  prof.  EUSEBIO 
Ofiflii.  Milano ,  1867.  (  In  corso  di  puhbticazio- 
ne  ).  —  Cenno  bibliografico. 

1  progressi  fatti  in  questi  uYtimi  tempi  dalla  fisiologia,  special- 
mente in  Germania,  ed  i  lumi  che  dessa  offre  al  moderno  indi- 
rizzo della  medicina  pratica,  la  resero  maggiormente  splendida 
e  sommamente  importante. 

Essa  oggi  traendo  vitale  nutrimento  dalle  scienze  naturali, 
e^  dalle  vive  sezioni  degli  animali,  e  profondamente  occupandosi 
delle  leggi  e  dei  mutamenti  della  composizione  organica ,  per- 
venne già  a  stabilire  il  posto  che  occupa  1'  uomo  nelPuniverso 
vivente  e  a  conoscere  i  rapporti  che  tra  il  medesimo  e  l'universo 
stesso  intercedono. 

E  non  solo  in  Germania  esimii  cultori  di  questa  disciplina 
adoperano  incessantemente  al  di  lei  progresso,  ma  pure  sotto  il 
.bel  cielo  di  questa  terra  si  cerca  a  tutta  possa  di  estenderla , 
illustrarla  e  condurla  al  punto  suo  più  culminante. 

E  già  valentissimi  uomini  italiani  e  stranieri  furono  chia- 
mati ad  insegnarla,  e  questi,  giovati  da  novelli  gabinetti  e  da 
distintissimi  allievi  ed  assistenti ,  soddisfano  pienamente  all'ar- 
duo compito.  Che  se  sgraziatamente  quasi  non  mancassero  al- 
l'Italia trattati  di  fisiologia  portati  all'altezza  della  scienza,  e 
la  scienza  fosse  più  vigorosamente  sostenuta  dal  governo,  anche 
più  agevolmente  ed  estesamente  feconderebbero  negli  alunni  tale 
nobilissima  istruzione.  E  dissi  quasi  mancano  all'Italia  trattati 
di  fisiologia  già  fondati  sui  recenti  progressi  dell' esperienza , 
{>oichè  nulla  invero  possediamo,  se  si  eccettui  il  Trattato  pub- 
blicato dal  Tommasi  e  la  Guida  allo  studio  della  fisiologia  del- 
l'Albini, di  cui  fu  interrotta  la  pubblicazione. 

A  riempiere  questa  manifesta  lacuna  si  accinse  con  vivo 
proposito  r  infaticabile  professore  cav.  Eusebio  Oehl.  Questo 
chiaro  ed  erudito  maestro ,  lodato  in  Italia  e  fuori  per  distinti 
lavori  scientifici,  ora  pubblica  in  Milano  coi  tipi  del  tipografo 
signor  Francesco  Zannetti  (Via  del  Senato,  N.  26)  il  libro  man- 
cante, e  per  modestia  lo  intitola  e  Manuale  dì  Fisiologia  ft.  Di 
esso  furono  già  date  in  luce  varie  dispense. 


229 

Pel  solo  motivo  di  favorirà  gli  alunni  della  sua  numerosa 
scuola,  fece  precedere  la  pubblicazione  della  seconda  parte  del- 
l' opera  a  quella  della  prima.  Queste  due  parti  formeranno  un 
volume  a  sé  di  fisiologia  generale  e  di  fisiologia  sperimentale 
delle  azioni  vegetative.  In  appresso  pubblicherà  la  fisiologia  spe- 
ciale delle  azioni  animali. 

La  seconda  parte,  la  quale  presto  verrà  per  intero  pubbli- 
oata,  comprende  i  trattati  del  sangue ,  della  circolazione,  della 
respirazione  e  ossidazione,  delle  secrezioni  e  della  termogenesi. 
A  questa  terrà  dietro  la  prima  parte,  la  quale  comprenderà  la 
generalità  della  fisiologìa  e  i  trattati  degli  alimenti ,  della  di- 
gestione e  dell'assorbimento. 

Il  nostro  Autore  coi  trattati  del  sangue ,  della  circolazione 
e  della  respirazione  esposti  nelle  prime  quattro  dispense ,  pre- 
senta con  ordine ,  chiarezza  e  somma  erudizione  le  quistioni 
principali  e  proprie  di  quelli  argomenti  ;  combatte  magistral- 
mente alcuni  errori,  disvela  importanti  verità,  e  al  lume  della 
chimica ,  della  fisica  e  dei  progressi  più  splendidi  della  mo- 
derna fisiologia ,  eleva  quelle  dottrine  a  somma  luce* 

L' opera  viene  corredata  di  buone  tavole  sparse  opportuna- 
mente qua  e  là  nel  testo  ;  sono  disegni  istologici ,  disegni 
schematici,  i  quali  aiutano  a  comprendere  taluni  atti  fisiologici^ 
oppure  ritraggono  alcuni  stromenti ,  che  si  debbono  ben  cono- 
scere, essendoché  produssero  molti  progressi  della  moderna  fisio- 
logia, e  chiarirono  l'importanza  della  loro  applicazione  alla  me- 
dicina pratica.  Tali  sono  il  kimographion  ,  l' emadrometro  di 
Yalkmann,  il  pneumatometro,  lo  spirometro,  ecc.,  ecc. 

Onninamente  superfluo  sarebbe  il  raccomandare  al  pubblico 
quest'opera,  poiché  lo  splendido  insegnamento  dell'Autore,  la  sua 
operosità  e  la  fama  di  cui  gode  ne  assicurano  il  felice  successo. 
E  noi  crediamo  per  tutto  ciò ,  che  dessa  segnerà  un  novello 
progresso  nella  scienza  e  apporterà  nuova  gloria  al  nostro 
paese ,  già  ricco  di  scoperte  e  di  potenti  ingegni. 

G.  G. 


\ 


GttONACA 


Im  epidemia  ehMcvIea  del  1969  te  Italia.  —  Er- 
rori e  presladlall  popolari*  -^  Mlaare  preven- 
CITO  proflorltfO  dal  CUiTOrno*  applicate  dalia 
II.  Prefettura  di  Mllatto*  «»  Intervento  del 
Clero  e  della  pnbMIea  benefleensa.  —  €)on-* 
eoroo  del  Parlamento  eon  mesal  eeonomiel  e 
morali.  -  Prosetto  di  leiri;e  per  le  pensioni 
da  aeeordarsi  alio  vedove  ed  al  O^U  dei  me- 
diel  e  ehlrnri;hl  morti  in  oervlalo  dolio  Stato 
per  1*  aflfllstensa  al  eholerool*  —  Onorifleensa 
•peolale* 


I 


ì  cholefa,  dopo  àyere  indugiato  qualche  tempo  alle  nostre  por» 
te,  è  proprio  entrato  in  città.  Il  primo  caso  si  è  avverato  il  14 
giugno,  e  all'ora  in  cai  scriviamo  (9  agosto)  la  nostra  statistica 
ci  presenta  casi  148^  guariti  17^  morti  108,  in  cura  23.  Come  si 
vede  da  queste  cifre,  si  è  avanzato  pian  piano,  con  molta  cir- 
cospestone,  e  fu  sempre  tenuto  in  rispetto ,  e  quasi  a  dire ,  in 
sòggesione,  da  coloro  che  presiedono  alla  tutela  della  pubblica 
salute ,  e  si  mostrano  così  degni  del  grave  ufficio  che  tengo- 
no (1).  A  Milano,  come  è  noto  ài  nostri  lettori,  prevale  la  opi- 
nione dei  contagionisti,  e  su  questa  opinione,  corraggiosamente 
pfFOpugnata  dalla  classe  medica ,  s' informano  le  misure  tutte 
mniiarie  e  pi^eventive  contro  il  temuto  flagello.  La  popolatione 
le  asseconda  con  bastante  fiducia  e  docilità,  ancor  che  non  man- 
chino fra  noi  di  quando  in  quando  certe  mostre  d' ignoranza , 
eerti  tratti  incivili,  certe  stolide  ottuse  verso  i  medici,  le  quali 


(1)  La  Commissione  straordinaria  di  sanità,  presieduta  dal 
Sindaco,  si  compone,  in  Milano,  dei  signori  dottori:  Angelo 
Tizzoni,  presidente  delegato;  Cesare  Todesdiini,  Antonio  Tar- 
chini  Bonfanti,  Pietro  Chiapponi,  Giacomo  Ambrosoli  e  Luigi 
Bono. 


231 

ei  provano  come  siavi  ancor  molto  da  fare  in  materia  di  istru- 
zione ,  e  come  certi  pregiudizi!  ed  errori  che  parevano  d*  altri 
tempi,  abbiano  tuttora  profonde  radici.  Che  se  appena  varchia- 
mo i  confini  della  città ,  se  ci  avanziamo  non  molto  lungi  nel 
nostro  territorio,  senza  spingerci  sino  alla  lontana  Sicilia,  trovia- 
mo con  profondo  rammarico,  che  l'ignoranza  e  il  pregiudizio 
trasmodano  in  esplosioni  brutali  e  feroci,  delle  quali  poco  mancò 
non  fosse  per  rimaner  vittima  qualche  egregio  collega.  Comun- 
que sia,  il  corpo  sanitario  sta  saldo ,  qui  come  altrove ,  e  tien 
fermo  al  suo  posto^  al  suo  dovere  ;  parato  non  solo  ai  pericoli 
del  morbo,  ma  alle  amarezze  che  provengono  dalle  altrui  im- 
prontitudini. Contumacie  ,  isolamenti ,  sequestri ,  espurghi  su 
larga  scala,  sono  fra  noi  all'  ordine  del  giorno.  Il  trasporto  de- 
gli infermi  agli  ospedali  soccorsuali  dei  cholerosi  incontra  per 
avventura  minori  difficoltà  fra  le  mura  del  capoluogo  che  nella 
campagna,  ove  la  popolazione  ha  maggiore  avversione  per  gli 
ospedali  in  sé  stessi ,  ove  sono  più  tenaci  i  vincoli  famigliari , 
maggiori  le  diffidenze  e  i  sospetti  verso  le  classi  superiori,  e  il 
timore  del  contagio  ad  arte  generato ,  del  propinato  veleno  e 
delle  insidie  mortali  più  tenacemente  radicato  (1). 

Come  superare  queste  difficoltà  ?  Come  rischiarare  le  menti 
ottenebrate?  Prevenendo  ir  male,  educando  le  moltitudini,  per- 
suadendole coir  esempio  efficace,  colla  abnegazione ,  col  sagrifi- 
cio  di  se  medesimi.  Quest'  ultimo  è  il  compito  speciale  di  noi 
medici,  e  non  vi  manchiamo. 

Il  Governo ,  che  nella  passata  epidemia  stette  spettatore 
l>oco  operoso  della  sua  importazione,  della  sua  rapida  e  quasi 
fulminea  diffusione,  si  è  ora  scosso  dalla  passata  letargia,  e 
«ente  un  pò  più  la  propria  responsabilità,  i  propri  doveri. 

Le  quarantene  per  le  provenienze  marittime  vennero  solle- 
eitamente  ordinate  mano  mano  lo  richiedeva  il  bisogno,  e  non 
si  trascurarono  afbtto  le  vie    di  terra ,  per  le    quali  il   mòrbo 


(1)  La   Casa    soccorsuale  a  S.  Michela  ai  Nuovi  Sepolcri  è 
affidata  ai  signori  dottori  Giorgio  Rotondi,  qual  medico  prima- 
rio ,  e  Giuseppe  RestelUni ,  qual  medico-chirurgo  assistente.  —  ^ 
L'Ispettorato  speciale  pel  cholera  presso  T  Ospedale  Maggiore , 
ai  signori  dottori  Antonio  Pedretti  e  Antonio  Rezzonico. 


0*^0 


può  ora  propagarsi  quasi  con  altretUnta  prestazza,  attesi  i  ra- 
pidi messi  di  comunicazione  ,  di  cui  ci  ha  dotati  la  presente 
civiltà.  Due  grandi  centri  di  attrazione  erano  aperti  quest'anno 
al  concorso  dei  popoli  :  Parigi  e  Roma.  Da  una  parte  la  scienza 
e  r  industria ,  i  miracoli  del  lavoro  e  della  operosità  umana. 
Dall'altra  la  fede,  la  tradizione,  la  seduzione  della  idea  reli- 
giosa, delle  pompe  ecclesiastiche  ,  la  città  eterna  che  il  mondo 
cattolico  vuol  contrastare  alla  nazione,  per  farne  centro  di  rea- 
zione e  di  opposizione  al  progresso,  alla  indipendenza,  alla  li- 
bertà. Siccome  i  germi  del  cbolera  rimasti  latenti  e  indistrutti 
in  Italia  ed  in  Francia,  qua  e  là  miravano  a  ripullulare,  era 
ben  naturale  che  oltre  agli  inconvenienti  soliti  a  seguire  alle 
grandi  agglomerazioni  d'  uomini,  si  avesse  a  temere  lo  scoppio 
disastroso  d'  una  epidemia  cholerica. 

È  di  Roma  che  il  Governo  mostrò  di  temere  maggiormente 
-*-  almeno  in  linea  sanitaria.  Lo  scontrarsi  dei  centomila  pel- 
legrini venuti  da  ogni  banda  alle  feste 'pel  Centenario  di  S.  Pie- 
tro, e  il  loro  disperdersi  dappoi  attraverso  il  nostro  paese,  era- 
no  tali  circostanze  da  metterci  in  pensiero,  sotto  T  aspetto  della 
salute  pubblica.  —  e  II  Governò  del  Re  (  così  la  circolare  1.^ 
luglio  del  Ministero  dell' Interno  alle  Prefetture  del  Regno) 
ha  assunte  le  più  accurate  notizie  per  accertarsi  se  il  cholera 
serpeggi  e  si  sviluppi  in  Roma,  e  avutane  la  certezza,  ha  cre- 
duto suo  preciso  dovere  di  adottare  per  quel  fatto  straordina- 
rio e  contro  quel  pericolo  straordinarii  provvedimenti.  Sotto- 
porre a  contumacia  in  Lazzaretti  improvvisati  migliaja  e  mi- 
glia] a  di  persone  per  una  o  più  settimane  sarebbe  stato  impos- 
sibile ,  e  quindi  si  pensò  come  potere. con  accurate  ispezioni 
mediche  e  disinfezioni,  e  coli'  immediato  isolamento  e  sequestro 
dei  sospetti  o  malati  di  cholera  ragfl:iungere  lo  scopo  di  impe- 
dire che  persone  infette  potessero  circolare  nel  Regno  e  diffon- 
dervi la  malattia.  Il  Consiglio  Superiore  di  Sanità  ,  richiesto 
del  suo  parere,  suggeriva  i  seguenti  provvedimenti,  che  il  Mi- 
nistero affrettavasi  ad  adottare,  dandone  immediato  avviso  alle 
tre  Prefetture  nella  cui  giurisdizione  stanno  le  frontiere  del 
Regno  in  comunicazione  cello  Stato  Romano  : 

«  1.^  Sottoporre    ai    confini    tutti    i    proveni>^nti    da  quello 
Stato ,  a  rigorosa   visita  medica ,  e  ritirare    in    appositi    locali 


j 


23a 

d' osservazione  e  di    cura    i    sospetti    o    riconosciuti    malati  di 
eh  olerà. 

<  2.^  Sottoporre  alle  stesse  visite  e  ad  una  accurata  disin- 
fezione  uomini  e  bagagli  in  ciascuna  stazione  del  Regno ,  ove 
avessero  ad  interrompere  il  loro  viaggio  e  fermarvisi. 

L'effettuazione  di  questo  secondo  provvedimento  fu  racco- 
mandata a  tutti  i  Prefetti,  perchè  lo  facessero  eseguire  dalle 
singole  stazioni  della  loro  giurisdizione  ,  dandone  V  incarico  e 
la  responsabilità  ai  Municipii  rispettivi.  E  però  in  ciascuna  di 
queste  Stazioni  si  tenne  pronto  ad  ogni  arrivo  di  convoglio 
proveniente  dallo  Stato  romano  un  medico  visitatore,  e  un  lo- 
cale di  ricovero  o  lazzaretto  provvisorio  per  ritirarvi  i  sospetti 
o  malati  di  cholera.  Devesi  in  parte  a  tali  disposizioni ,  appli- 
cate dai  Municipii  di  Milano  e  dei  Corpi  Santi  colla  usata  fer- 
mezza, se  la  città  e  il  vasto  comune  che  la  circonda ,  si  pre- 
munirono contro  la  diffusione  del  cholera  ,  principalmente  per 
opera  di  più  centinaja  di  braccianti  dell* alto  milanese,  reduci 
a  frotte  dalla  linea  in  costruzione  Foggia-Benevento,  devastata 
dal  coptagio.  Certamente  in  ciò  fare  s' incontrarono  delle  dif- 
iìcoltà  ed  anche  della  resistenze  ,  in  ispecie  per  la  disugua- 
glianza di  trattamento,  e  per  la  irregolarità  della  applicazione 
a  fronte  delle  provenienze  diverse.  Ma  è  incontestabile  che  un 
nuovo  ostacolo  venne  frapposto  alla  diffusione  del  morbo. 

Nella  sua  campagna  anti-cholerica  il  Governo  avrebbe  vo- 
luto far  la  guerra  ai  pregiudizii  ed  alla  barbarie  che  questo 
fatai  morbo  ha  il  privilegio  di  sommuovere  e  *  di  portare  a 
galla,  scuotendo  le  immaginazioni  ed  empiendo  le  menti  del 
volgo  di  paure  e  di  diffidenze.  Epperciò  diede  incarico  alle 
Prefetture  d'  intervenire  autorevolmente  col  consiglio  e  coli'  o- 
pera  presso  le  popolazioni  più  ricalcitranti  alle  misure  sanita- 
rie ;  e  più  inferocite  contro  medici  e  farmacisti ,  allo  scopo  di 
ammansarle  e  di  far  loro  intender  ragione.  Né  limitandosi  ai 
gradi  inferiori  della  scala  sociale,  portò  i  suoi  colpi  un  pò  più 
in  alto,  destituendo  con  efficacissimo  esempio,  e  rimovendo  dai 
loro  scanni  quei  magistrati,  sindaci,  notaj  e  pubblici  ufficiali  , 
indegni  della  loro  posizione,  disertori  e  fuggiaschi  in  faccia  al 
pericolo. 

La  Prefettura  di  Milano,  interpretando    a    dovere  le  iatru- 


234 

sioni  ministeriali  ,  ha  spedito  una  Circolare  ai  Sindaci  della 
Provincia,  affinchè  attivino  la  più  attenta  sorveglianza  su  co- 
loro che  hanno  il  mal  vezzo  di  diffondere  voci  allarmanti  ri- 
guardo al  cholera  e  dispongano  perchè  si  proceda  contro  i  me- 
desimi. E  aggiungendo  il  fatto  alle  parole ,  non  lasciò  mai  di- 
fettare il  concorso  della  forza  pubblica,  ovunque  ne  fu  sentito 
il  bisogno  ,  onde  prestar  mano  efficace  alla  applicazione  delie 
misure  sanitarie.  Molti ,  arrestati  alle  porte  stesse  della  città, 
stanno  già  meditando  al  sicuro  sopra  gli  effetti  del  veleno  cho- 
lerico  e  delle  busse  date  o  minacciate  agli  agenti  della  sanità, 
e  come  il  pescare  nel  torbido  non  sia  sempre  il  miglior  modo 
di  accattare  fortuna  e  impunità.  —  Anche  il  commercio  degli 
stracci ,  uno  dei  più  infesti  in  tempo  di  cholera ,  chiamò  1*  at- 
tenzione della  R.  Prefettura ,  la  quale  ritornò  in  vigore  le  mi- 
sure ristrettive  così  bene  consigliate  nelle  epidemie  degli  anni 
scorsi. 

Alle  accennate  disposizioni,  la  Prefettura  di  Milano  altre  ne 
aggiunse  allo  scopo  di  impedire  1*  importazione  del  cholera,  e  la 
sua  maggiore  diffusione  nei  paesi  infetti.  Prescrisse  col  Decreto 
14  luglio  che  agli  operai  addetti  alle  filande  ed  opifici,  fino  a  che 
perdurano  le  presenti  condizioni  sanitarie ,  non  possa  essere 
prolungato  il  giornaliero  lavoro  oltre  le  óre  12,  e  sia  concesso 
un  riposo  a  metà  giornata  non  minore  di  ore  due;  —  che  i 
proprietarj  e  conduttori  di  detti  stabilimenti  si  assicurino  che 
gli  operaj  si  nutrano  di  cibi  salubri  e  in  sufficiente  quantità, 
e  provveggano  a  che  venga  loro  somministrata  una  minestra 
calda;  —  che  sia  esercitata  la  necessaria  soryeglianza  perchè 
vengano  trasportate  ogni  giorno  ed  al  più  presto  dalle  filande 
le  acque  putride ,  le  crisalidi  e  le  struse  o  cascami ,  e  in  ge- 
nere le  materie  putride,  che  dovranno  essere  riposte  in  luoghi 
aereati  e  lontani  dagli  abitati  e  dagli  opifici.  Finalmente  tornò 
a  raccomandare  le  più  ampie  disinfezioni  ai  locali,  alle  latrine, 
alle  persone,  inculcando  ripetutamente  il  seguente  articolo  : 

«  Quando  il  cholera  si  avvicinasse,  e  crescessero  per  conse-* 
guenza  i  pericoli  dell'  invasione,  si  dovranno  sopprimere  le  fiera 
ed  i  mercati,  chiudere  le  scuole,  impedire  le  solennità  o  sagre 
festive,  minorare  possibilmente  la  soverchia  afQuenza  della  po« 
polazione  alle  chiese,  mediante  opportuno  riparto  delle  funzioni 


235 

religiose ,  e  in  generale  togliere  di  ineszo  ogni  causa  che   pro- 
duce concorso  od  affollamento  di  persone  ». 

Ma  non  è  solo  col  rigore  e  colla  limitazione  delle  libertà 
pubbliche  e  private,  che  si  rattiene  la  diffusione  del  morbo  e 
si  risana  il  paese.  Questi  mezzi  sono  insufficienti  senza  il  con-* 
eorso  della  carità  e  della  influenza  educativa  eh'  essa  esercita 
dulie  masse.  Alle  Circolari  della  Prefettura,  fa  riscontro  una 
Pastorale  di  Monsignore  di  Calabiana ,  Arcivescovo  di  Milano  » 
Senatore  del  Regno ,  il  quale  incita  il  Clero  ad  unire  la  sua 
Voce  a  quella  delle  Autorità  civili,  onde  diradare  le  tenebre  che 
Offuscano  la  intelligenza  del  popolo  e  spazzarne  gli  errori.  Era 
tempo  che  dal  pergamo  scendesse  una  parola  di  conforto  e  di 
ajuto;  che  la  religione  servisse  alla  sua  missione  civilizzatrice. 
In  generale,  nelle  presenti  circostanze,  il  concorso  dei  Ministri 
dell'altare  y  facevasi  piuttosto  desiderare.  Non  vogliamo  sup* 
porre  che  lo  spirito  di  parte,  che  una  tendenza  alla  reazione 
verso  gli  ordini  attuali,  accecasse  al  punto  il  nostro  Clero,  da 
renderlo  sobillatore  e  provocatore  di  eccessi  funesti.  Confi- 
diamo che  le  raccomandazioni  dell'  illustre  suo  Capo ,  lo  trar- 
ranno dalle  oblique  vie  della  inerzia  e  della  resistenza  ad  ap- 
poggiare Toperosità  del  Corpo  sanitario. 

La  Congregazione  di  Carità  di  Milano,  allo  scopo  di  venire 
colla  necessaria  sollecitudine  in  soccorso  alle  famiglie  colpite 
dal  cholera  ed  agli  orfani  e  derelitti,  ha  istituito  un'apposita 
Commissione  fra  i  proprj  Delegati  di  beneficenza.  A  Firenze 
si  è  pure  costituito  un  Comitato  di  soccorso  in  prò  dei  chole- 
fosi.  Il  suo  programma ,  imitato  dappoi  in  una  Circolare  del 
Ministero  dell'interno,  è  di  prestarsi  in  ajuto  delle  classi  di- 
seredate dalla  fortuna,  le  quali  soggiacciono  ai  colpi  più  vio- 
lenti del  morbo;  di  apprestare  tutti  i  mezzi  che  valgano  a  le- 
nire le  angoscio  dell'agonia  ai  morenti,  ed  a  strappare  le  ve- 
dove e  gli  orfani  infelici  agli  stra^  delia  miseria.  —  Il  Co^ 
mitato,  in  un  suo  manifesto  pubblicato  nella  Riforma,  ha  fatto 
appello  alla  carità  degli  Italiani ,  la  quale  non  mancò  mai , 
quando  fu  debitamente  invocata  a  sollievo  di  pubbliche  e  pri- 
vate sventure.  -^  Esso  è  costituito  dai  signori:  Vincenzo  Sy-^ 
los  Labini,  Senatore  del  Regno;  Mauro  Macchi,  Oreste  Regnoli, 


236 

Agostino  Bertani,  Giacomo  Giuseppa  Alvini,  Francesco  Salaris, 
commendatore  Giacomo  Rattazzi,  Deputati  al  Parlamento. 

E  il  Parlamento,  per  quanto  assorto  nelle   gravi    questioni 
di  Stato  e  di  Finanze,  smessa  ogni  grettezza  ed  ogni  malinteso 
spirito  di  economia,  si  è  lasciato  scuotere  dalla  imperante  crisi 
cholericB,  e  con  una  serie  di  voti  e  di  provvidenze,  ha  mostrato 
di  prendersi  a  cuore  la  tutela  delle  vite  e   degli    interessi    dei 
cittadini.  L'  ammirabile  contegno  dell'  esercito,  nelle  plaghe  d'I»- 
talia    pili  travagliate  dal  morbo,  ha  destato  dovunque  la  rico- 
noscenza della  Nazione.  È  noto  che  in  Sicilia  specialmente ,  in 
mezzo  alla  dissoluzione  d'  ogni  ordine  e  d*  ogni  vincolo  sociale, 
i  bravi  nostri  ufficiali  e  soldati,    sono  intervenuti,    come    una 
vera  provvidenza,  ad  assistere  gli  infermi,  a  seppellire  i  morti, 
a  distribuire  i  viveri,  a  preparare  persino  il  pane  pei  cittadini, 
a  reggere  e  a  disimpegnare  gli  ufficii  tutti,  deserti  o  privi  di 
funzionarli  per  i'  imperversare  dell'  asiatico  flagello.  Il  Ministro 
della  Guerra,  generale  di  Revel,  encomiò  meritamente  V  esercito 
in  un  ordine  del  giorno  ,    per  la    generosa    condotta    per  ogni 
dove  serbata  in  occasione  del  cholera.  —  e  È  noto  al  Governo, 
disse  il  generale  di  Revel,  che  specialmente  nei  Comuni  di  Si- 
cilia, ove  il  morbo  si  manifestava  con  maggiore  fierezza,  e  dove 
pi£i  scarsi  erano  i  mezzi  di  ajuto,  non  vi  è  sagrifìcio,  abnega- 
zione e  carità,  cbe  non  abbiano  posto  in  opera  i  distaccamenti 
di  truppa,  a  cominciare  dagli  ufficiali  accorsi  in  presidio  della 
Autorità  Municipale,  e  venendo  ai  soldati  sobbarcantisi  al  pie- 
toso ufficio  di  trasportare  i  malati  e  dar  sepoltura  ai  morti  ». 
—  Nella  seduta  del  29  luglio  la^  Camera  dei  Deputati  si  asso- 
ciava agli  encomii  del  Ministro,  e  votava  un  ordine  del  giorno 
in  onore  dell'  esercito  per  la  sua  abnegazione  durante  la  inva- 
sione del  cholera  in  Sicilia.  Oltre  a  ciò  furono    messe  a  dispo- 
sizione del  Ministro  dell'  interno  lire  centomila ,  portate  in  ap- 
presso a  maggior  somma  ,  per  concorrere  alle    spese    richiesto 
dalla  epidemia  nei  Comuni  più    poveri    del  Regno.  Finalmente 
si  diede  soddisfazione  ad  una  antica  aspirazione  della   Associa^ 
zione  Medica  Italiana  :  si    presentò  ,  si    studiò  ,  si    discusse  un 
progetto  di  Legge  per  concedere  pensioni  alle   vedove  ed  ,ai  fi- 
gli dei  medici  che  perdono  la   vita  nella    cura    degli  ammalati 
nei  casi  di  epidemia.  Fu  un  nostro  concittadino,  1'  egregio  De- 


237 

putato  Curti,  appoggiato  da  un  altro  non  meno  benemerito  De- 
putato Lombardo,  il  sìg.  Mauro  Macchi,  che  interpellò  l'onore- 
vole Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  in  pieno  Parlamento, 
sulle  provvidenze  da  prendersi  contro  il  contagio  ;  sulle  repres- 
sioni e  sulle  distinzioni  da  pronunciarsi  ad  aggravio  od  a  pre- 
mio degli  immeritevoli  o  di  coloro  che  meglio  si  distinguono 
nella  assistenza  ai  cholerosi  ed  alla  cosa  pubblica^  laddove  mag- 
giormente il  morbo  infierisce  ;  sulla  convenienza  di  estendere  ai 
medici,  i  quali  sarebbero  vittime  del  morbo  che  combattono  ed 
alle  loro  famiglie ,  le  disposizioni  portate  dagli  articoli  2  e  24 
della  Legge  14  aprile  1864,  le  quali  riguardano  le  pensioni  da 
accordarsi  alle  famiglie  degli  impiegati  morti  neir  esercizio  delle 
loro  funzioni. 

Già  fin  dal  23  gennajo  di  quest'anno,  la  Camera  aveva  fa- 
vorevolmente accolto  un  sifatto  pensiero,  e  Tex-ministro  Ricaso  li 
aveva  preso  V  impegno  di  presentare  in  proposito  una  legge  , 
eh'  egli  intendeva  di  subordinare  al  voto  della  Commissione 
incaricata  del  Codice  sanitario.  Alla  animata  eloquenza  del  de- 
putato Curti  non  riesci  disagevole  il  dimostrare  come  alle  at- 
tuali circostanze  si  richieggano  provvidenze  immediate,  ad  in- 
coraggiare singolarmente  i  medici  che  sono  disposti  a  morire 
sulla  breccia  nella  cura  dei  cbolerosi.  Il  Presidente  del  Consi- 
glio prese  nella  giusta  considerazione  tutti  i  punti  svolti  dal- 
l'onorevole Curti.  Mostrò  di  saper  castigare  i  colpevoli  e  di  vo^ 
lere  degnamente  rimeritare  i  benemeriti.  Promise  di  presentare 
indipendentemente  del  progetto  del  Codice  sanitario,  uno  schema 
di  legge  per  la  concessione  di  una  pensione  a  favore  di  quei 
medici  che  avessero  perduta  la  vita  per  causa  della  assistenza 
prestata  ai  cholerosi. 

Mentre  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  stava  elabo- 
rando lo  schema  in  discorso,  i  signori  deputati  Macchi,  Pala- 
sciano,  Salvagnoli,  Prus,  Morelli  Carlo,  Greco  Antonio  e  Curti, 
presentavano  dal  canto  loro  il  seguente  progetto  di  legge: 

«  Art.  1  Le  vedove  e  i  figli  dei  medici  e  chirurghi  morti 
di  cholera  in  servizio  dello  Stato ,  sì  fisso  che  temporaneo , 
avranno  diritto  ad  una  pensione  annua. 

€  Art.  2.  Se  la  vedova  non  ha  figli,  la  pensione-  vitalizia 
sarà  di  lire  400^  e  cesserà  quando  passi  a  seconde  nozze. 


238 

e  Art.  3.  Se  la  Tedova  ha  figli  propri  o  lasciati  dal  maritft 
di  moglie  precedente,  la  pensione  sarà  di  lire  1000,  che  s'intende 
debba  dividersi  fra  la  vedova  e  tutti  gli  orfani. 

e  La  pensione  si  devolverà  ai  soli  figli  sia  del  primo  che 
del  secondo  letto,  quando  la  vedova  passi  a  seconde  nozze, 

t  La  pensione  sarà  ridotta  per  la  vedova  a  lire  400  quando 
i  figli  avranno  raggiunta  V  età  maggiore. 

t  Art.  4.  Nel  caso  che  i  figli  restassero  orfani  anco  di  madre 
avranno  diritto  alla  pensione  di  lire  1000,  divisibile  fra  loro. 

€  La  pensione  cesserà  quando  raggiungano  Tetà  maggiore» 

e  Art.  5.  I  comuni  e  provincie  avranno  facoltà  dì  segoire 
queste  norme  a  favore  delle  famiglie  dei  medici  e  chirurghi 
morti  di  cholera  in  loro  servìzio  ». 

Questo  progetto,  d'iniziativa  parlamentare,  ma  consentito 
dal  Ministero  e  dalle  varie  parti  della  Camera,  venne  in  qual* 
che  modo  rimaneggiato  dalla  Commissione,  composta  dai  De-> 
putati  Righi,  Macchi,  Morpurgo,  Bruno,  Zanini,  Ruggiero, 
Bertani ,  Paini ,  Folti.  «^  €  La  Nazione ,  disse  il  relatore 
Mauro  Macchi,  seute  il  bisogno  e  il  dovere  di  manifestare 
la  propria  riconoscenza  a  quei  generosi  cultori  dell'  arte  sa- 
lutare ,  che ,  air  infuriare  del  morbo ,  messa  in  non  cale  ogni 
domestica  cura,  e  postergando  perfino  ogni  più  soave  affetto  di 
famiglia,  accorrono  a  sollievo  dell'umanità  ove  più  ferve  il  pe* 
ricolo  e  perdono  la  vita  nel  magnanimo  esercizio  dello  scientii- 
fico  ed  umanitario  loro  apostolato.  A  compiere  questo  dovere 
che  ha  la  Nazione  verso  le  vedove  e  gli  orfani  di  cotesti  gene- 
rosi, mira  il  progetto  di  Legge  formulato  da  alcuni  nostri  col» 
leghi.  La  Commissione  l'approvò  con  cordiale  ed  unanime  con- 
senso. Parecchi  Commissarj  avrebbero  anzi  voluto  renderne  un 
pò  meno  esigui  i  beneficii,  e  soprattutto  farne  più  estesa  l'ap- 
plicazione ....  Introdotta  qualche  modificazione  piuttosto  nella 
forma  che  nella  sostanza  di  alcuni  articoli,  la  Commissione  vi 
esorta  ad  approvare  col  vostro  suffragio  una  legge  che  tende  a 
togliere  la  cura  più  aspra  dall'  animo  di  quei  medici ,  i  quali 
cadono  in  una  grande  battaglia,  cui  essi  si  cimentano  a  van- 
taggio deirumanità.  A  questa  battaglia,  bisogna  dirlo  ad  onor 
loro,  già  accorrono  con  mirabile  zelo  i  nostri  medici.  Ma  è 
troppo  giusto  il  dare  loro  l'affidamento,  che  se,  per  disavven- 


239 

tura,  avessero  a  soccombere,  le  loro  vedove  e  gli  orfani  non 
languirebbero  nella  miseria.  È  troppo  giusto  che  ,  se  la  legga 
accorda  una  pensione  alle  famiglie  degli  ufficiali  che  cadono  sul 
campo  di  battaglia ,  non  la  neghi  ai  superstiti  di  coloro  che , 
martiri  del  proprio  ufficio,  sacrificano  la  vita  propria,  non  per 
togliere  ma  per  salvare  V  altrui.  Per  il  che  V  approvazione  di 
questa  legge  ci  sembra,  o  Signori,  il  compimento  di  un  grande 
dovere  sociale  ». 

Nella  sedata  del  31  luglio  questo  Progetto  era  appro- 
vato dalla  Camera  con  alcuni  miglioramenti ,  concordati  dalla 
Commissione  ed  accettati  dal  Ministero.  Se  non  che,  per  di- 
savventura, scioltosi  il  Parlamento,  veniva  a  mancare  la  de-: 
finitiva  sanzione  al  complesso  della  legge.  È  forza  perciò  subire 
una  dilazione,  la  quale  non  potrà  in  ogni  caso  essere  a  detri- 
mento  di  coloro  che  militano  nella  presente  campagna  cholerio 
ca.  È  dichiarato  nella  Legge  eh'  essa  avrà  effetto  a  contare  dal 
i.®  gennajo  1867.  — -  Coraggio  adunque^  ottimi  eoUeghì^  degni 
sacerdoti  d*  Igea.  Neil*  affrontare  i  pericoli  d' ogni  sorta  che  vi 
circondano,  nell'esporvi  eroicamente  alle  offese  e  alla  morte,  vi 
conforti  il  pensiero ,  non  solo  di  adempiere  al  sacro  dovere  di 
cittadino,  ma  ancor  quello  di  non  abbandonare  nella  miseria  la 
moglie  e  i  figli  vostri! 

Più  fortunati  i  superstiti,  oltre  alla  pubblica  stima  ed  alla 
gratitudine  di  coloro  cui  avranno  salva  la  vita,  potranno  aspi- 
rare ad  uno  speciale  segno  di  onore  ,  alla  cosi  detta  medaglia 
delle  epidemie.  Noi  non  sappiamo  davvero  comprendere  la  ne* 
cessità  di  un  nuovo  distintivo  onorifico ,  in  un  paese  che  pos- 
siede fra  tanti  ordini  cavallereschi ,  il  Real  Ordine  Civile  di 
Savoja ,  la  Medaglia  al  merito  civile.  Si  è  detto  che  i  vigenti 
Statuti  non  permettono  di  conferire  la  medaglia  al  merito  ci- 
vile a  coloro  che  si  acquistano  una  speciale  benemerenza  per 
servigi  prestati  in  occasione  di  epidemie.  In  questa  lacuna  , 
veramente  singolare,  avremmo  trovato  piuttosto  la  ragione  di 
riformare  e  completare  tali  Statuti,  che  non  il  bisogno  di  creare 
una  medaglia ,  alla  quale  aggiungerà  poco  pregio  V  essere ,  o 
meno ,  portatile.  Specializzando  di  troppo  le  ricompense  accor- 
date alle  varie  maniere  di  prestazioni,  si  viene,  a  nostro  avviso, 
quasi  a  favorire  la  divisione  fra  i  varii  ordini    di   cittadini  ,  i 


240 

quali  tatti  dovrebbero  confondersi  neiramore  al  paese,  e  nella 
generosa  emulazione  di  servirlo  in  tutti  i  modi.  La  classe  men- 
dica, per  avventura,  non  abbisogna  di  stimoli  per  fare  il  do*> 
ver  suo.  Essa  accetterà  nondimeno  con  riconoKcenza  quanto 
sarà  fatto  a  suo  favore,  senza  falsa  modestia  0  malinteso  or- 
goglio. 

Non  chiuderemo  questa  Cronaca  senza  una  parola  di  rin- 
graziamento a  coloro  che  hanno  cosi  bene  propugnata  la  no- 
stra causa  in  Parlamento;  al  Presidente  del  Consiglio  dei  mi- 
nistri, agli  onorevoli  nostri  concittadini,  Deputati  Curti  e  Mac- 
chi^ e  a  quegli  illustri  colleghi  Bruno,  Zanini,  Palasciano,  Sai- 
vagnoli,  Bertani,  torelli,  i  quali  nel  rappresentare  la  Nazione 
non  si  sono. dimenticati  di  essere  rappresentanti  eziandio  della 
scienza  e  dell'arte  medica. 


■■biBEam 


Volume  200. 
Errata  Corrige 


Pag. 

282, 

lìn. 

19  —  sabacee 

sebacee 

284 

9 

47  —  vaginale 

vescicale 

298 

:» 

30  —  pieghe 

piaghe 

390 

» 

22  —  conformità 

uniformità 

403 

» 

3  —  Dufaw 

Dufour 

422 

» 

43  —  esterna 

estrema 

426 

» 

4  —  gravi 

grandi 

435 

» 

25  —  806 

306 

493 

9 

47  —  intraperiodici 

sottoperiostei 

494 

» 

il  —  ostematoma    . 

otematoma 

Il  Direttore  e  Gerente  reiponsabile 
Dott.  Romolo  Griftini. 


241 


ANNALI  UNIVERSALI  DI  MEDICINA. 


VoL.  CCI.  —  Faso.  602.  —  Agosto  1867. 


liul  fforelpe  aslmnietrlco  o.retro-forelpe^  di  Jfa- 

Mtatf  ^  Relazione  del  doti.  AWTOivio  TEOOldi  al 

Comitato  medico  di  Casalmag giove. 


0 


norevoli  colleghi.  —  Nella  tornata  del  23  marzo  p.  p. 
il  nostro  egregio  Presidente  mi  onorava  dell' incarico  di 
esprimere  un  giudizio  sopra  un  nuovo  strumento  da  qual- 
che anno  adoperato  da  alcuni  ostetrici  francesi  in  sosti- 
tuzione al  forcipe  comune,  che  dal  suo  autore  dott.  Ha- 
mon  venne  chiamato  forcipe  asimmetrico  o  retro-forcipe. 

Il  compito  che  mi  è  stato  affidato  è  per  me  dei  più 
gravi,  ed  io  che  so  quid  valeant  humeri ,  quid  ferro  re- 
cusint,  avrei  volentieri  declinato  lo  spinoso  mandato^  se 
il  nostro  onorevole  Presidente,  di  cui  tutti  dobbiamo  lo- 
dare r  alacrità  e  la  solerzia,  compreso  dalla  nobile  e  sa- 
piente ambizione  di  rendere  utili  i  nostri  convegni,  non 
avesse  frattanto  rivolta  la  sua  attenzione  ad  occuparci 
d'argomenti  scientifici.  E  n'era  ben  d'onde.  Poiché  se  è 
vero  che  la  medica  nostra  Associazione  dall'  epoca  della 
sua  instituzione  sino  al  presente,  ha  fatto  notevoli  passi 
ne'  suoi  morali  e  materiali  interessi,  è  altrettanto  vero 
che  molti  dei  medici  Comitati,  e  non  ultimo  il  no- 
stro ,  traggono  una  vita  fiacca ,  inerte ,  indifierente.  E 
questo  per  certo  non  è   il    miglior   modo   di   interessare 

Annali.  VoU  CCI  16 


242 

favorevolmente  la  società  verso  di  noi  ;  la  quale  se  pure 
deve  prendere  in  giusta  considerazione  la  nostra  Associa- 
zione, fa  d'uopo  vi  sia  spinta*  non  solo  dalla  incontestata 
sua  propria  utilità,  ma  ben  anco  dalla  conveniente  leg- 
gittima  estimazione  che  noi  avremo  saputo  meritarci, 
e  dalla  profonda  convinzione  che  nel  porre  al  loro  vero 
livello  le  mediche  instituzioni  ed  i  loro  membri ,  essa  è 
per  compire  un  atto  doveroso,  indeclinabile,  che  la  civiltà 
non  deve  mai  obbliare  a  danno  di  coloro  che  con  tutte 
le  proprie  forze  si  resero  yerso  di  essa  benemerenti. 

Ecco  il  perchè  io,  sebbene  non  troppo  adatto,  ho  as- 
sunto volontieri  di  adempire  all'  incarico  ricevuto.  Preoc- 
cuparci dei  nostri  interessi  è  cosa  ragionevole  e  legit- 
tima, ma  non  dobbiamo  posporre  1*  arte  e  la  scienza ,  le 
quali  alla  fine  de*  conti  costituiscono  la  più  valida ,  la 
più  potente  tutela  di  quelli. 

Ecco  il  perchè  inchinevole  e  fidente  mi  sono  sobbar- 
cato a  trattare  un  argomento  alquanto  per  me  arduo  e 
difficile  ;  né  V  ho  fatto  certo  per  bramosia  di  lodi  ;  che 
questo  limite  so  già  di  non  lo  potere  raggiunger  mai  : 
solo  è  mio  desiderio  che  accettata  da  me  la  prova  ed 
iniziato  l'esempio,  voi  colleghi  volonterosi,  saggi  e  capaci, 
vogliate  seguire  la  via  che  V  onorevole  Presidenza  intende 
prefiggersi  onde  illustrare  ed  avvantaggiare  nell'opinion 
pubblica  il  Comizio.  Quando  voi  abbiate  fatto  astrazione 
di  questo  per  me  impellente  motivo,  non  mi  resta  che 
invocare  la  vostra  temperanza  e  mitezza. 

In  una  seduta  dell'Accademia  medica  di  Parigi  del- 
l'agosto  1864,  il  dott.  Hamon,  di  Fresnay  sur  Sarthe, 
comunicava  una  nota  nella  quale  col  proposito  di  conver- 
tire il  forcipe  comune  in  una  leva  di  terzo  genere,  e  di 
prevenire  gli  inconvenienti  che  sono  inevitabili  coli'  in- 
crocicchiamento  delle  branche  del  forcipe  comune ,  deli- 
neava uno  strumento  ohe  non  è  che  una  semplice  modi- 
ficazione del  forcipe  di  Coutouly,  di  Thenance  e  del  Mat- 


243 

tei,  à  branche  paralella  artioolate  su  di  un  manico  oriz- 
zontale alla  loro  estremità  manuale.  L* Autore  confessa 
sino  dalle  prime  che  tale  idea  non  è  del  tutto  nuova , 
e  che  hen  lontano  dal  rivendicare  una  scoperta  ad  altri 
dovuta,  si  limita  ad  aggiudicarsi  il  merito  di  aver  saputo 
toccare  nel  suo  strumento  il  supremo  grado  di  sempli- 
cità, e  di  aver  contribuito  alla  conoscenza  e  diffusione  di 
uno  strumento  che  deve  avere  indubbiamente  in  non  lon- 
tana epoca  uno  fra  i  primi  posti  negli  armamentarj  oste- 
trici. 

La  descrizione  che  il  dott.  Hamon  porge  del  suo  nuovo 
strumento  non  è  a  mio  dire  fra  le  più.  precise  :  io  però 
mi  farò  a  riassumerla  colla  maggiore  diligenza  e  brevità, 
onde  possiate  far  vene  il  più  chiaro  e  più  possibilmente 
esatto  concetto. 

Esso  consiste  in  due  cucchiaj  a  finestra  con  curva 
alquanto  marcata  sulla  loro  parte  piana  della  lunghezza 
di  metri  0,16,  terminati  da  un'asta  retta,  lunga  metri 
0,14:  sull'estremità  manuale  dell* asta  uno  de*  cucchiaj 
ha  un  unico  foro,  l' altro  ne  ha  due  paralelli,  tutti  per- 
pendicolari air  asse  delle  branche,  e  sono  destinati  a  dar 
p$tssaggio  ad  una  caviglia  di  ferro  per  assicurarle. 

Le  branche  sono  articolate  sopra  un  manico  metal- 
lico assai  semplice,  che  consiste  in  una  specie  di  placca 
di  ferro  lunga  0,12,  larga  0,02  e  dello  spessore  di  0,006. 
Essa  è  munita  di  sei  aperture  o  fori,  quattro  a  distanze 
paralelle  perfettamente  eguali  con  uno  spazio  intermedio 
di  0,085  nella  parte  mediana  del  manico,  due  delle  quali 
corrispondenti  alla  branca  destra  sono  circolari ,  e  per- 
mettono air  asta  che  vi  è  unita  di  muoversi  liberamente 
sul  suo  asse,  due  sono  riferibili  alla  branca  sinistra»  sono 
di  forma  quadrata  e  danno  passaggio  ali*  asta  che  vi  cor- 
risponde, tenuta  quivi  al  sicuro  da  una  bietta  o  copiglia 
di  ferro.  Per  impedire  ogni  scostamento  della  branca  de- 
stra, basta  passare  una  seconda  bietta  di  ferro  nell*  asta 


244 

paralellamente  alla  bietta  inferiore  e  al  disopra  del  ma^ 
nico.  Le  due  altre  aperture  molto  pib  piccole  sono  situate 
air  estremità  del  manico ,  ed  hanno  per  unico  scopo  di 
fornire  un  punto  d'attacco  ad  un  cordoncino  cui  sono 
assicurate  le  due  biette  o  copiglie.  Queste  poi  non  sono 
che  due  pezzi  di  ferro  cilindrico  che  servono  a  fissare  al 
(li  sopra  del  manico  le  branche  dell'  istroraento  una  volta 
introdotto  traverso  le  aperture  sopra  menzionate. 

In  seguito  ad  ulteriore  pratica  ostetrica  il  sig.  Hamon 
apportava  al  suo  strumento  alcune  modificazioni,  la  più 
importante  delle  quali,  e  che  merita  di  essere  accennata, 
è  quella  di  permettere  un  più  libero  movimento  alle 
branche. 

La  branca  destra  per  mezzo  di  una  rotella  a  quattro 
fori  che  servono  ad  articolarla  per  mezzo  di  una  piccola 
leva  al  disotto  del  manico^  avrebbe  un  più  sensibile  mo- 
vimento intorno  al  proprio  asse,  e  perciò  V  ostetrico  fran- 
cese la  chiama  pivotante  :  la  sinistra  oltre  a  questo  mo- 
vimento ne  avrebbe  un  altro  quasi  ondulatorio  da  destra 
a  sinistra,  dall' indietro  all' avanti  e  viceversa,  e  la  de- 
nominò perciò  branca  basculante.  Tale  movimento  è  do- 
vuto ad  un  bottone  a  bajonetta  che  la  articola  sopra  il 
manico,  e  ad  una  vite  che  limitando  a  volontà  dell'  ope- 
ratore il  moto  della  branca,  la  assicurerebbe,  e  la  ren- 
derebbe nello  stesso  tempo  solidissima. 

La  descrizione  che  ofire  il  dott.  Hamon  del  suo  for- 
cipe, e  che  credo  avere  fedelmente  riassunto,  non  lascia 
nella  mente  dell*  ostetrico  una  abbastanza  esatta  nozione, 
e  di  ciò  probabilmente  accortosi  l'Autore,  ha  tentato  nelle 
successive  sue  pubblicazioni  di  porgere  più  soddisfacenti 
dettagli  e  spiegazioni,  mediante  confronto  d' analogia  sulla 
sua  azione  meccanica. 

Per  fare  uno  stromento ,  egli  dice ,  concepito  rarfo- 
nalmente ,  bisogna  imitare  la  natura ,  che ,  come  organo 
di  presa ,  ci  forni  delle  mani  ;  le  quali  mobili  ed  artico-^- 


245 

late  come  3ono,  potrebbero  rendere  inutili  il  forcipe,  se 
non  vi  si  opponesse  una  duplice  condizione,  vale  a  dire, 
il  loro  eccessivo  volume,  e  la  deficienza  di  forze  neces- 
sarie air  estrazione  del  feto.  A  questi  due  difetti  delle 
mani  l'Autore  crede  di  avere  ovviato  col  suo  forcipe  a 
branche  paralelle,  mobili  ed  articolate. 

Continuando  in  seguito  il  dott.  Hamon  in  questo  con- 
fronto delle  mani  col  forcipe,  svela  le  più  importanti  od 
attendibili  qualità  attribuite  da  lui  al  suo  forcipe. 

Col  forcipe  a  branche  paralelle,  mobili  ed  articolate, 
ottiensi,  a  suo  dire,  il  rilevante  vantaggio  di  poterle  ap- 
plicare ciascuna  sopra  qualunque  parte  della  testa  del 
feto  ;  e  da  ciò  il  nome  di  asimmetrico  che  dà  al  suo  for- 
cipe: questo  aggiunto  chiarisce  il  concetto  ostetrico  del- 
l'Autore, che  cioè  non  fe  d' uopo  che  le  branche  del  for- 
cipe per  estrarre  la  testa  siano  applicate  come  col  for- 
cipe comune  alle  i^rti  della  testa  diametralmente  oppo- 
ste fra  loro.  Egli  ne  dà  le  ragioni  appoggiandosi  sempre 
sull'argomento  di  confronto  colle  mani,  ed  anzi  a  spie- 
gare meglio  il  suo  concetto  si  fa  da  sé  stesso  una  do- 
manda, che  per  altro  chiama  tosto,  non  solo  oziosa,  ma 
assurda. 

Si  crede  forse  di  assoluta  necessità,  domanda  l'Autore, 
per  attrarre  a  sé  un  corpo  sferoidale,  di  prenderlo  colle 
mani  ai  due  lati  simmetrici  opposti?  Se  si  trae  a  sé 
una  palla  supposta  della  grossezza  di  una  testa  di  feto, 
la  cosa  è  perfettamente  possibile  anche  con  una  sola  mano, 
ed  in  questo  caso  il  corpo  o  la  palla  è  presa  evidente- 
mente in  maniera  tutt'  altro  che  simmetrica.  Se  invece  di 
una  mano  si  adoperassero  entrambe  tenendole  anche  vicine 
runa  all'altra,  si  arriverà  allo  stesso  risultato,  quand'an- 
che si  operasse,  se  lo  si  giudichi  conveniente  in  causa 
d*  una  posizione  sfavorevole  della  palla,  in  modo  asimme- 
trico. Or  bene,  seguita  1'  Autore,  al  contrario  delle  idee 
passate  in  giudicato  attualmente  in  ostetricia,  succede  cosi 


24« 

d6l  forcipe  e  della  testa,  come  delle  mani  e  della  palla. 
Non  si  possono  poggiar  simmetricamente  i  cacchiaj  sopra 
la  volta  del  cranio ÌÌÈ  circostanza  sfavorevole,  d* accor- 
do ;  ma  diasi  una  posizione  qualunque  che  assicuri  ai  cuc« 
chiaj  una  presa  più  o  meno  valida ,  V  istromento  agirà 
con  precisione  forse  meno  matematica ,  ma  per  poco  che 
sia  convenientemente  intesa  la  sua  azione,  si  potrà  con- 
tare sulla  medesima  se  si  avrà  cura  di  regolarla  con  un 
pò  di  discernimento  e  di  ben  calcolato  indirizzo. 

Ecco  a  brevi  tratti  delineata  con  ogni  possibile  esat- 
tezza la  teoria  del  forcipe  del  dott.  Hamon,  il  quale,  come 
si  scorge,  non  è  altro  che  una  copia  alquanto  imperfetta 
dei  nostri  organi  di  presa. 

Per  avvalorare  questa  sua  teoria  il  dott.  Hamon  chia- 
ma in  sussidio  Tatto  pratico,  ed  ammette  un  esempio  di 
presentazione  del  feto  occipito-iliaca-sinistra-anteriore. 

In  questa  posizione  la  branca  sinistra,  cioè  la  branca 
basculante,  introdotta  nelle  parti  muliebri,  per  necessità 
andrà  a  corrispondere  alla  regione  temporale  corrispon- 
dente del  feto,  mentre  la  destra ,  cioè  la  pivotante ,  la- 
sciandola seguire  la  direzione  verso  cui  tende,  andrà  alla 
parte  posteriore  laterale  destra  del  bacino  a  poggiar  sulla 
fronte  del  feto,  limitandosi  còsi  i  due  cucchiaj  ad  una  di- 
stanza fra  loro  di  un  quarto  di  cerchio. 

Ora,  dice  il  dott.  Hamon,  in  questo  caso  sembrerebbe 
impossibile  r  estrazione  del  feto ,  ma  al  contrario  la  di- 
chiara effettuabilissima^  ed  afferma  di  aver  in  tal  posizione 
compiuta  felicemente  Toperazione^lO  volte  su  20.  È  quindi 
vantaggiosissima  la  posizione  asimmetrica,  egli  esclama,  ^e 
tanto  è  ciò  vero,  che  se  si  osserva  la  testa  appena  sor- 
tita, è  di  regola  il  constatare  <5he  uno  de'  cliochiaj,  quelk) 
che  avrà  avuto  la  maggior  parte  nell'  estrazione,  ha  fatto 
presa  su  idi  una  delle  regioni  temporali^  il  secondo  o  sulla 
fronte,  0  sulla  nuca,  a  seconda  che  ia- posizione  àarà  stata 
occipito-ilìaca-sinistra  o  déstfa. 


247 

L'Autore  chiedendo  a  sé  stesso  in  che  consistono  i 
vantaggi  della  posizione  asimmetrica  de'cucchiaj,  li  dichiara 
issofatto  immensi^  e  ciò  al  punto  di  vista  della  facilità 
delle  manovre  tanto  per  i .  vecchi  quanto  per  i  giovani 
operatori.  Egli  non  esita  ad  assicurare  che  coli'  applica- 
zione del  forcipe  asimmetrico  ha  quasi  sempre  estratto  il 
feto  con  facilità  ed  in  qualunque  posizione  si  trovasse  ; 
in  ogni  caso  poi  ha  sempre  evitato  di  dover  ricorrere 
alla  craniotomia,  della  quale  operazione  non  rade  volte  si 
presenta  la  necessità  neir  uso  del  forcipe  comune.  E  qui  ri* 
calcando  il  suo  argomento  ripete  che  i  cucchiaj  del  suo  for- 
cipe agiscono  qualunque  sia  la  loro  posizione  rispettiva, 
giacché  le  due  leve  per  mezzo  della  vite  d'  assicurazione 
che  limita  il  movimento  di  rotazione  sul  suo  asse  della 
branca  destra  sono  di  una  solidità  perfetta  in  tutte  le 
situazioni  che  possono  essere  loro  assegnate  dalla  forza 
delle  cose. 

In  altra  delle  sue  pubblicazioni  il  sig.  Hamon,  volendo 
dare  una  idea  più  precisa  del  meccanismo  del  suo  forcipe 
asimmetrico,  svolge  un  altro  argomento  dedotto  dalle  pra- 
tiche risultanze,  cioè  che  contrariamente  a  ciò  che  ha 
luogo  per  tutti  gli  altri  forcipi,  la  sfera  d' azione  elettiva 
de'  suoi  due  cucchiaj  asimmetrici  si  esercita  nella  parte 
posteriore  del  bacino:  da  ciò  anche  il  nome  di  re- 
troforcipe  che  dà  al  suo  strumento.  Questa  condizione,  e 
r  Autore  lo  rimarca  con  insistenza,  facilita  singolarmente 
le  manovre  dell'  istromento ,  poiché  è  verso  appunto  la 
regione  posteriore  che  le  branche  del  forcipe  hanno  tutta 
la  tendenza  naturale  di  collocarsi.  A  sostegno  di  ciò  in- 
voca la  pratica  eseguita  sul  modello  ostetrico,  colla  quale 
tosto  si  convince,  come  poste  le  branche  in  queste  posi- 
zioni posteriori,  sia  molto  agevole  lo  imprimere  alla  testa 
del  feto  artificiale  ogni  genere  di  riduzione  possibile,  an- 
che allorquando  i  cucchiaj  fossero  avvicinati  in  modo  da 
quasi  toccarsi. 


248 

Ma  onde  passare  in  completa  rassegna  tutte  le  argo- 
mentazioni colle  quali  TÀutore  fiancheggia  la  preminenza 
del  suo  forcipe,  non  ommetterò  quelle  che  egli  fa  risul-- 
tare  da  un  minuzioso  confronto  fra  il  nuovo  ed  il  vecchio 
forcipe. 

In  primo  luogo  ammette  come  dato  favorevole  al  suo 
forcipe  il  poter  condurre  nella  gran  parte  de*  casi  il  parto 
a  termine  senza  ricorrere  ad  ajuto  straniero,  ad  onta  di 
difficili  posizioni  e  di  ostacoli  gravi.  E  qui  si  fa  a  deplo- 
rare il  bisogno  di  una  grande  forza  di  trazione  che  oc- 
corre nell'uso  del  forcipe  simmetrico,  pel  quale,  fatta  la 
presa  sulla  testa,  la  quìstione  è  precisamente  e  solamente 
di  forza,  vale  a  dire  di  uno  o  più  assistenti  robusti  che 
soccorrano  l'operatore  nell'estrazione  del  feto.  Epperò 
chiama  spregevoli  e  degne  di  una  arte  meccanica  vol- 
gare le  esperienze  di  Putégnat  e  di  Delore,  i  quali  asse- 
riscono aver  avuto  talfiata  ricorso  alla  forza  di  210  chi- 

* 

logrammi  e  tal' altra  anche  di  300,  dopo  avere  premesso 
che  la  forza  di  un  uomo  senz'  appoggio  è  di  40  chilo- 
grammi e  di  80  quella  con  appoggio. 

Col  forcipe  asimmetrico  al  contrario  si  opera  con  o 
senz'appoggio,  ma  sempre  soli;  talvolta  basta  un  solo 
braccio  :  del  resto  suggerisce  di  saper  attendere ,  poiché 
la  testa  in  causa  della  sensibile  curva  delle  branche , 
avendo  qualche  libertà  di  moto,  può  prendere  la  sua  po- 
sizione regolare. 

Ferma  in  seguito  l'Autore  la  propria  attenzione  sulle 
facili  e  deplorabili  conseguenze  del  parto  esaurito  con 
tanto  consumo  di  forze:  fra  le  quali  annovera  la  lace- 
razione del  perineo,  le  metroperitoniti  acute  e  fatali,  gli 
ascessi  iliaci,  le  flegmasie  albedolenti,  la  frattura  delle 
ossa  del  cranio  del  feto ,  e  la  morte  frequentissima  del 
medesimo ,  conseguenze  che  vengono  quasi  sempre  evi- 
tate col  forcipe  asimmetrico. 

Riassume  quindi  il  dott.  Hamon  i  difetti   del  forcipe 


249 

crociato,  che  egli  chiama  strumento  brutale  e  detestabile, 
ed  asserendo  in  prima  luogo  che  ha  le  branche  troppo 
vicine  tra  loro ,  per  cui  resta  facilmente  compressa  e 
schiacciata  la  testa  del  feto ,  rileva  pur  anco  che  ha  i 
cucchiaj  troppo  lunghi ,  facilmente  flessibili ,  ed  insuffi- 
cientemente arcuati ,  per  il  che  si  adatta  male  alla  testa 
del  feto,  la  quale  perchè  è  corpo  sferoidale  deve  risen- 
tirne rilevantissimi  danni. 

Il  forcipe  a  branche  paralelle  invece  coi  suoi  cuc- 
chiaj molto  arcuati  si  adatta  meglio  alla  figura  del  capo, 
non  lo  comprime ,  ma  lo  attira  spingendolo  dair  indietro 
air  avanti  e  proteggendolo  anche  contro  le  parti  dure 
del  bacino  »  e  siccome  le  posizioni  dei  due  cucchiaj  del 
forcipe  è  raramente  simmetrica ,  se  non  quando  la  testa 
è  discesa  in  piena  escavazione,  cosi  ne  risulta  che  la 
testa  conservando  fra  i  cucchiaj  und  certa  libertà  d' a- 
zione,  può  d' ordinario  accomodar  meglio  i  suoi  diametri 
con  quelli  del  bacino;  ed  è  questa,  assicura  l'Autore, 
una  condizione  preziosa  che  non  può  verificarsi  a  mezzo 
del  forcipe  crociato,  ir  quale  estrae  brutalmente  la  testa 
nella  stessa  posizione  che  Tha  afferrata. 

Fra  gli  argomenti  di  confronto  addotti ,  non  dubita 
l'Autore  di  ricorrere  anche  alla  statistica,  onde  vie  me- 
glio comprovare  la  superiorità  del  forcipe  asimmetrico.  Fra 
le  tante  operazioni  eseguite,  e  devono  essere  effettivamente 
molte,  giacché  il  dott.  Hamon  si  dichiara  partigiano  della 
dottrina  del  parto  per  l'arte,  un  solo  triste  accidente  ebbe 
a  lamentare  in  quanto  alla  madre,  e  fu  la  rottura  tra-- 
sversale  dell'uretra.  Del  resto  non  ebbe  che  qualche  rot- 
tura del  perineo,  la  quale  poi  si  produce  quasi  sempre 
nei  parti  condotti  a  termini  col  forcipe  crociato ,  e  tal- 
volta anche  nei  parti  fisiologici.  Queste  rotture  perineali 
non  interessarono  mai  le  fibre  muscolari  dello  sfintere  e 
guarirono  assai  presto.  Da  ciò  l'opinione  dell'Autore  che 
il  forcipe   asimmetrico   sia   molto    più  atto  a  prevenirle 


250 

tanto  col  moderare  gli  sforzi  espulsivi ,  chQ  dirigendo 
convenientemente  la  testa  nel  momento  che  passa  per  la 
filiera  della  pelvi. 

In  quanto  al  feto,  la  statistica  del  dott.  Hamon  pre« 
senta  pare  attendibilissimi  risultati.  In  molte  applica* 
zioni  di  forceps,  di  cui  egli  per  altro  non  dà  il  numero, 
asserisce  di  non  aver  avuto  a  deplorare  che  due  casi  di 
morte.  Il  primo  avvenutogli  allorachè  adoperava  per  le 
prime  volte  il  suo  forcipe ,  e  perciò  quando  non  ancora 
era  ridotto  alla  sua  perfezione  attuale ,  per  il  che  crede 
sinceramente  che  1*  operazione  avrebbe  avuto  esito  mi- 
gliore collo  strumento  più  perfezionato.  Il  secondo  nel 
quale.il  feto  trovavasi  allo  stretto  superiore;  in  questo 
caso  egli  non  potè  avere  la  spiegazione  della  inutilità 
delle  più  difficili  manovre  se  non  allora  che  la  testa  era 
scesa  neir  escavazione.  Conobbe  solo  in  quel  momento  la 
presenza  attorno  al  collo  del  cordone  ombellicale  che  era 
cortissimo:  il  feto  venne  alla  luce  asfissiato  e  dopo  11 
ore  moriva,  lasciando  dubbio  all'operatore  se  quella  vita 
perduta  doveva  esser  messa  a  conto  del  forcipe,  oppure 
di  qualche  vizio  interno  di  conformazione  incompatibile 
colla  vita. 

L'Autore  è  persuaso  che  questa  cifra  di  esiti  infelici 
sarebbe  stata  molto  superiore  se  avesse  fatto  uso  del  for- 
cipe comune,  poiché  con  questo  strumento  più  frequente 
si  incontra  la  necessità  di  ricorrere  alla  craniotomia ,  il 
che  non  gli  avvenne  mai  col  suo  forcipe  asimmetrico.  Del 
resto  nessun  altro  infortunio  ebbe  a  deplorare  il  dott. 
Hamon,  dopo  che  una  pratica  estesa  gli  suggerì  di  per- 
fezionare lo  strumento,  ed  egli  si  fece  più  destro  nel- 
r  operare. 

Dopo  tutto  questo,  il  nostro  instancabile  Autore,  com- 
preso da  forte,  invitto,  quasi  religioso  convincimento,  pre- 
dica la  crociata  contro  il  forcipe  classico,  e  vivamente  rac- 
comanda il  suo  per  le  ragioni  già  adotte,  e  perchè  le  qua- 


251 

lità  di  cui  va  fornito  nessun  altro  strumento  possiede;  per 
le  quali  è  reso  di  facilissima  applicazione  anche  per  le  mani 
le  meno  esercitate.  Esorta  gli  amici  a  farsi  apostoli  del  pro- 
gresso, e  battere  -in  breccia  la  vecchia  e  volgare  pratica 
delle  classiche  tradizioni  che  riguardano  il  forcipe. 

Sembrami,  onorevoli  Colleghi,  aver  esaurito  tutto  ciò 
che  spetta  a  questo  nunvo  forcipe  del  dott.  Hamon,  cosi 
per  quello  che  riguarda  la  descrizione  ed  il  suo  mecca- 
nismo, come  -per  quello  che  si  riferisce  ai  vantaggi  che 
gli  sono  attribuiti  dall'Autore.  In  ciò  mi  sono  attenuto 
strettamente  a  quanto  egli  ha  pubblicato  nelV Abeille,  es- 
sendomi affatto  ignote  le  altre  pubblicazioni  che  TÀutore 
afiSdava  ad  altri  giornali  medici  francesi. 

È  quindi  sulle  nozioni  che  io  ho  potuto  fermi  per  la 
lettura  di  quelle  pubblicazioni ,  che  io  procurerò  ,  per 
quanto  il  permettono  le  mie  forze,  di  avanzare  un'  opi- 
nione suir  utilità  0  meno  dello  strumento  e  sulla  sua 
preferibilità. 

Ma  prima  di  venire  a  ciò,  fa  d'uopo  dirigersi  alcune 
domande  ed  emettere  alcune  considerazioni,  dalla  solu- 
zione ed  apprezzamento  delle  quali  può  dipendere  in  gran 
parte  il  giudizio  che  sono  in  debito  di  formulare.  E  pri- 
ma di  tutto  la  descrizione  che  il  dott.  Hamon  dà  del  suo 
strumento  è  dessa  abbastanza  chiara  da  potersene  formare 
un  preciso  concetto?  Il  dott.  Hamon  ha  svolto  a  suffi- 
cienza ne' suoi  :  articoli  il  modo  di  azione  di  questo  for- 
cipe, ed 'ha  solidamente  concretato  potersi  col  medesimo 
imprimere  con  facilità  alla  testa  del  feto  i  movimenti  ne- 
cessarj  onde  seguire  le  leggi  del  parto  naturale  che  pur 
fa  d'uopo  imitare  anche  nei  parti  artificiali?  In  breve  e 
con  altre  parole  ha  egli  messo  in  chiara  luce,  che  la  sua 
pratica  ha  sempre  avuto  di  guida  i  principj  indiscutibili 
dell'arte? 

^  Io  no^n  dubito  rispondere  negativamente  tanto  al  primo 
ohe  ài  secondo  quesito. 


252 

La  descrizione  che  il  dott.  Hamon  porge  del  suo  istror 
menta  è  alquanto  oscura,  e  se  non  ajutasse  il  confronto 
del  forcipe  coi  nostri  organi  di  presa,  difficilmente  ci  pp- 
tressimo  capacitare  dei  congegni  del  suo  strumento  e  del 
fine  cui  possono  tendere.  I  nomi  da  lui  dati  alle  due  bran* 
che  pivotante  e  basculante  lasciano  desiderare  qualche 
cosa  di  più  esatto  e  distinto.  Forse  egli  avrà  accennato 
meglio  al  motO'  diverso  di  cui  van  fornite  le  branche  ed 
all'utilità  di  questo  difierente  modo  di  muoversi  in  altri 
giornali;  neìVAbeille  si  dura  certamente  fatica  a  com^ 
prenderlo.  E  di  ciò  ho  fatto  cenno,  non  per  esagerata  ten-« 
denza  a  minuziosi  dettagli,  ma  perchè  trattandosi  di  uno 
strumento  nuovo  e  di  un  nuovo  meccanismo,  il  quale  an^ 
che  a  parere  di  molti  medici  francesi  deve  apportare  delle 
utili  modificazioni  alla  pratica  ostetrica,  stimo  che  una  de- 
scrizione scrupolosa  e  facilmente  intelligibile  ne  agevoli  di 
molto  la  perfetta  cognizione,  il  suo  modo  di  azione  e  quindi 
la  pronta  propagazione.  Ed  io  sono  d'avviso  che  fra  lei  cause 
che  hanno  ritardato  in  Francia  la  di£fusione  del  forcipe  asim- 
metrico, oltre  quelle  accennate  dall'Autore,  cioè  la  difficoltà 
che  hanno  tutti  gli  ostetrici  provetti  di  emanciparsi  dalla 
loro  famigliare  ed  inveterata  pratica»  e  la  posizione  mo- 
desta di  medico  condotto  impotente  a  diffondere  innova- 
zioni anche  utilissime  a  fronte  di  quella  di  un  professore 
posto  in  ampio  e  conosciuto  teatro  scientifico,  siavi  senza 
dubbio  quella  dell'  imperfetta  maniera  colla  quale  il  dott. 
Hamon  presentava  ai  proprii  coUegbi  il  suo  forcipe  asim- 
metrico. 

Anche  per  ciò  che  concerne  il  secondo  quesito  siamo 
alquanto  hell'  oscuro.  Le  operazioni  d*  ostetricia  noi  sap- 
piamo che  fa  d'uopo  condurle  quasi  matematicamente.  In 
fatti  cos'  è  mai  la  ostetricia  istromentale  e  quale  scopo 
ha  dessal  La  natura  ha  dato  due  corpi,  uno  concavo, 
l'altro  convesso,  ha  assegnato  a  ciascuno  diametri  di 
pressoché  eguali  misure,  coincidentisi  i  minori  coi  mag- 


253 

giori  mediante  certo  inyarìabìli  evoluzioni  in  modo  da 
succeder  il  parto  naturale;  il  parto  istromentale  deve 
seguire  le  leggi  della  natura ,  le  quali  non  si  possono 
dispregiare  che  sotto  il  rimorso  di  gravi  sagriftcii  ap- 
portati 0  alla  madre ,  od  al  feto ,  o  ad  entrambi.  Ora 
esaminando  gli  articoli  del  dott.  Hamon  sono  rimasto 
sorpreso  di  aver  trovato  quasi  mai  cenno  del  debito  che 
ha  un  ostetrico  operatore  di  seguire  scrupolosamente  le 
leggi  dettate  invariabilmente  dalla  natura.  Applicate  il 
mio  forcipe,  egli  ripete,  di  spesso ,  applicatelo  in  tutt^ 
quelle  circostanze  in  cui  usereste  del  forcipe  crociato,  e 
prontamente ,  e  vi  convincerete  della  facilità  d' applica** 
zione  nella  maggior  parte  dei  casi,  della  robustezza  e  va- 
lidità della  presa,  della  riduzione  facilissima,  e  della  bre- 
vissima durata  deiroperazione!!  Ma  mi  dà  egli  una  chiara 
ed  esatta  descrizione  dei  movimenti  che  imprime  alla  te- 
sta del  feto  col  suo  strumento,  delle  manovre  necessarie 
nelle  singole  operazioni  ?  Mi  assicura  egli  coiruso  del  suo 
forcipe  della  indispensabile  coincidenza  dei  diametri  mi- 
nori della  testa  coi  maggiori  della  pelvi,  osservata  con- 
ciantemente dalla  natura  ne* suoi  parti?  Mi  parla  egli 
con  precisione  in  qual  modo  Tapplicazione  asimmetrica  dei 
cucchiaj  vale  più  della  simmetrica  del  vecchio  forcipe , 
del  come  egli  riduce  nelle  posizioni  cardinali  naturali 
mediante  i  moti  impressi  alle  branche  le  posizioni  anor- 
mali del  feto  ?  Mi  chiarisce  egli  in  qual  modo  le  sue 
branche  poste  quasi  sempre  posteriormente  nella  pelvi 
agiscono  meglio  che  collocate  lateralmente? 

Su  questi  punti  che  pure  meritano  un'  ampia  diluci- 
dazione ,  il  dott.  Hamon  sorvola  facilmente  ;  talfiata  di- 
chiara che  le  classiche  tradizioni  sul  forcipe  comune  fa 
d'  uopo  abbandonarle  per  accingersi  all'  uso  del  suo  for- 
cipe e  convincersi  deir  utilità  della  sua  proposta;  tal' al- 
tra assicura  gratuitamente  che  il  forcipe  asimmetrico  agirà 
forse  con  minore  precisione  matematica^  ma  che  ciò  non 


254 

ostante  si  ottiene  con  molta  maggiore  &cilità  la  fiduzioae 
della  testa  e  quindi  la  sua  estrazione. 

A  fianco  però  di  queste  gravi  lacune^  che  il  dott.  Ha^ 
mon  non  ebbe  cura  di  convenientemente  appianare,  ei  pos* 
sono  apporre  delle  pregevoli  ed  attendibilissime  verità. 

Il  forcipe  del  nostro  Autore,  costituito  come  è ,  deve 
essere  per  certo  di  pronta  e  &cile  applicazione  ;  la  leg*- 
gerezza,  la  piccola  dimensione  dello  strumento,  T  artico^ 
lazione  delle  branche,  la  circostanza  del  collocamento  asim- 
metrico di  esse  alla  parte  posteriore  del  bacino,  e  quindi 
la  introduzione  loro  dove  minori  si  presentano  gli  osta* 
coli,  sono  condizioni  tali  che  Tostetrico  il  più  accalorato 
neir antico  forcipe,  non  può  né  deve  disconoscere,  ma 
solo  potrà  rigettare  quando  una  meno  fortunata  stati- 
stica potrà  prevalervi  contro. 

Né  bisogna  facilmente  passare  sopra  alle  profonde 
convinzioni  del  dott.  Hamon  che  transpajono  a  chiare 
note  da  tutti  i  suoi  scritti ,  da  tutte  le  sue  frasi ,  le 
quali  non  lasciano  concepire  il  menomo  dubbio  sulla  ve- 
rità di  quanto  va  esponendo,  nò  sulla  rettitudine  del 
suo  carattere ,  che  ovunque  spira  la  più  irrefragabile 
(  inébranlable  )  delle  persuasioni.  Questi  sono  i  lati  più 
apprezzabili  delle  pubblicazioni  sul  forcipe  asimmetrico  del 
dott.  Hamon,  che  affievoliscono  certamente  e  perdonano 
alla  deficienza  di  uno  studio  minuzioso  profondo  ma  nec- 
cessario di  comparazione  delle  leggi  naturali  del  parto 
colle  indispensabili  manovre  che  vi  devono  essere  con->- 
sentanee ,  acciò  possano  anche  i  giovani  allievi  convin- 
cersi vie  maggiormente  della  preferibilità  del  suo  for- 
cipe. 

Premesse  queste  considerazioni,  che  io  ho  creduto  ne- 
cessario accennare  perchè  possono  essere  di  qualche  guida 
ad  un  retto  giudicare ,  verrò  ora  a  toccare  V  argomento 
nel  suo  lato  più  intimo,  più  per  noi  interessante,  vale  a 
dire  nella  sua  parte  pratica,  mettendolo  cosi  a  paralello 


255 

coi  veri  principii  deH'arte.  Volontieri  a  ciò  io  mi  accingo, 
ma  prima,  onorevoli  colleghi,  domando  a  voi  un  non  co- 
mune grado  di  benevolenza»  poiché  a  quest*ora  vi  sarete 
già  capacitati  quanto  gravi  difficoltà  mi  siensi  afiacciate 
e  mi  abbiano  reso  difficile  il  cammino. 

Prima  di  tutte,  e  divisa  forse  su  molti  di  noi,  si  è  la 
limitata  pratica  ostetrica:  voi  ben  sapete  a  qual  piccolo 
numero  di  casi  essa  si  riduce  in  un  circondario  di  con- 
dotta :  una  seconda  e  non  del  minore  momento  è  Taver 
avuto  cognizione  del  forcipe  asimmetrico  solamente  dagli 
scritti  dell'Autore,  senza  averne  mai  avuto  in  possesso 
un  esemplare ,  ed  in  ultimo  e  di  necessaria  conseguenza 
la  deficienza  assoluta  di  pratica  col  nuovo  istromento. 
Ho  fiducia  che  voi  apprezzerete  colla  debita  convenienza 
questi  ostacoli,  che  a  me  sembrano  di  grave  importanza, 
e  ehe  quindi  sarete  indulgenti  sulF  elaborato  che  vi  pre- 
sento, il  quale  per  certo  non  potrà  riescir  che  iropet*- 
fetto  e  manchevole. 

Rassicurato  della  vostra  condiscendenza,  trovo  utile  il 
richiamare  che  l'applicazione  del  forcipe  asimmetrico,  chia- 
mato anche  dall'Autore  retroforcipe ,  perchè  nella  gran 
parte  dei  casi  le  sue  branche  vanno  a  situarsi  alla  parte 
posteriore  del  bacino,  ha  come  fu  detto  sin  da  principio 
per  sua  precipua  condizione  .quella  di  appoggiare  le  sue 
branche  sulla  testa  in  modo  non  simmetrico,  ma  sibbene 
in  qualunque  punto  della  medesima.  Ora  passando  alla 
sua  pratica  applicazione  ed  ammesse  le  posizioni  cardi- 
Mali  del  feto  a  due  come  vogliono  gli  ostetrici,  cioè  la 
cervico-iliaca  sinistra,  e  la  cervico-iliaca  destra  colle 
loro  modificazioni  per  ciascuna,  di  anteriore,  laterale,  po- 
steriore, noi  per  formarci  un  concetto  preciso  del  mec- 
canismo del  forcipe  del  dott.  Hamon  dobbiamo  consta- 
tare su  quali  parti  della  testa  del  feto  debbano  appog- 
giare le  branche,  e  se,  fattane  una  valida  presa,  si  possa 
con  ben  condotti  movimenti  compire  il  parto  felicemente. 


250 

Risulta  chiaro  che  nella  prima  posizione  »  cioè  nella 
cervico-iliaca  sinistra  anteriore  o  laterale  la  branca  si- 
nistra si  porterebbe  a  far  presa  suU*  occipite ,  mentre  la 
destra  andrebbe  ad  appoggiare  sulla  parte  temporale  si- 
nistra della  testa  per  i  minori  ostacoli   che   essa  incon- 
trerebbe nella  sua  introduzione.  Posti  cosi  asimmetrica- 
mente i  cucchiaj,  trovo  già  a  priori  facile,  come  anche 
asserisce  T  Autore,  la  riduzione  deiroccipite  air  arco  del 
pube.  Su  di  un  modello  che  io  feci  allestire  onde  insti- 
tuire  delle  esperienze  in  proposito,  ho  potuto  convincermi, 
usando  delle  branche  del   forcipe   comune  staccate,  che 
tale  riduzione  non  doveva  presentare  grandi  difficoltà  ne 
anche  nella  donna  in  attualità  di  parto.  Con  alcune  lievi 
trazioni  e   con  qualche   movimento  laterale   da  sinistra 
a  destra  eseguito  colla   branca  destra ,  e  con  moto  dal- 
r  indietro  air  avanti  della  branca  sinistra;  ho  potuto  ot- 
tenere la  rotazione  della  testa  del  feto  e  ridurre  in  tal 
modo  Toccipite  all'arco  del  pube.  Rinnovata  la  stessa  ope- 
razione colle  branche  incrociate  incontrai  maggior  difficol- 
tà, non  senza  notare  che  fu  anche  più  lunga.  Ciocché  ho 
detto  della  posizione  cervico-iliaca  sinistra,  si  può  applicare 
all'altra  cervico-iliaca  destra  anteriore  e  laterale,  nelle 
quali  invece  la  branca  sinistra  andrebbe  a  poggiare  sulla 
fronte,  e  la  destra  sulla  regione  temporale  sinistra  della 
testa  del  feto.  Anche  in  questo  caso,  modificati  i  movi- 
menti è  le  trazioni  a  seconda   della   posizione ,  la  ridu- 
zione deiroccipite  al  pube  riesci  di  somma  prontezza.  Ed 
io  sono  d'avviso  che  minori  ancora  avrei  avuti  gli  osta- 
coli alla  riduzione  della  testa  nella  posizione  voluta  dalla 
natura,  se  invece  delle  branche  del  forcipe  comune  stac- 
cate, avessi  potuto  usare  del  forcipe  asimmetrico,  conve- 
nendo pienamente  col  dott.  Hamon  che  la  maggior  curva 
data  alle  branche  lasciando  qualche  libertà  di  moto  alla 
testa ,  la  riduzione  sia  maggiormente  ajutata  dalla  con- 
formazione naturale  delle  parti. 


257 

Ho  detto  che  se  la  riduzione  mi  fu  agevole  adoperando 
le  branche  staccate  del  forcipe  comune ,  mi  sarebbe  an- 
cora stata  più  facile  se  avessi  praticata  V  esperienza  col 
forcipe  asimmetrico  :  e  ciò  appoggio  colle  seguenti  osser- 
vazioni. Primieramente  perchè  il  nuovo  forcipe  avendo  le 
branche  articolate  e  potendosi  imprimere  speciali  movi- 
menti a  ciascuna ,  stimo  che  V  operatore  possa  trarne 
grande  vantaggio.  Nel  forcipe  crociato  il  moto  che  si  comu- 
nica allo  strumento  è  conforme  ed  eguale  in  tutte  le  sue 
parti,  poiché  non  posso  muovere  una  branca  se  non  confon- 
dendone il  moto  con  quello  dell'altra;  e  questo  certamente 
non  è  la  più  favorevole  delle  condizioai  per  cambiare  le 
posizioni  del  feto;  mentre  invece  col  forcipe  a  branche 
articolate  parallele,  con  quelle  lievi  gradazioni  di  moto 
che  si  possono  imprimere  a  ciascuna  si  potrà  più  possi^ 
bilmente  cito,  tuto,  et  jucunde  ottenere  la  riduzione  della 
testa  al  pube  ed  eseguirne  l'estrazione.  Anzi  sono  d'opi- 
nione che  l'articolazione  delle  branche  costituisca  nelle 
mani  di  un  esperto  ostetrico  il  segreto  della  facilità  di 
eseguire  quest^atto  operativo.  Con  qualche  caso  pratico 
mi  proverò  a  soccorrere  questo  mio  asserto* 

Partendo  ancora  dalla  posizione  del  feto  anteriormente 
accennata,  cioè  la  cervico-iliaca  sinistra  anteriore  o  late- 
rale, colla  branca  sinistra  afferro  la  testa  alla  regione 
occipitale,  colla  branca  destra  alla  regione  temporale  si- 
nistra. Ora  non  è  egli  vero  che  col  mezzo  dell'articola- 
zione delle  branche  potrò  dirigere  meglio  il  movimento 
proprio  a  ciascuna,  facendole  entrambe  servire  come  leve 
di  terzo  genere ,  e  combinando  il  movimento  da  sinistra 
a  destra  della  branca  sinistra  con  altro  da  sinistra  a  de- 
stra e  dall'indietro  all'avanti  della  branca  destra  ottenere 
con  soddisfacente  prestezza  1'  occipite  all'  arco  del  pube  ì 
Con  queste  semplici  e  brevi  manovre  non  è  egli  certo  che 
otterrò  il  mio  scopo  senza  gravi  danni  alla  madre  ed  al 
feto,  mentre  col  forcipe  crociato ,  dovendo  appena  presa 

An.nali.  Voi.    CCI.  17 


258 

la  testa  (ciò  che  è  abba^itanza  arduo  )  rotarla  verso  il 
pube,  incontro  certamente  maggiori  difficoltà,  rendo  pid 
lunghe  e  dolorose  le  manovre  e  posso  produrre  più  fa- 
cilmente delle  tristi  conseguenze?  A  ciò  aggiungi  che  se 
trovassi  qualche  ostacolo  al  movimento  combinato  delle 
branche,  potrei  anche  agire  con  una  sola  ed  ottenere  con 
tutta  probabilità  il  medesimo  felice  risultato. 

Altra  volta  ho  accennato  che  in  ogùi  operazione  istro- 
mentale  di  ostetricia  da  eseguirsi  col  forcipe  T  operatore 
deve  aver  di  mira  di  seguire  le  leggi  del  parto  fisiolo- 
gico: ammettiamo  ora  una  posizione  non  naturale  della 
testa,  nella  quale  il  diametro  occipito-frontale  che  conta  4 
pollici  ed  un  quarto,  fosse  in  corrispondenza  col  sacro- 
pubico dello  stretto  superiore  che  conta  qualche  cosa  meno 
di  4  pollici,  diminuiti  soprappiù  dallo  spessore  delle  partì 
molli  :  in  questa  posizione  del  feto  potrebbe  essere  impos- 
sibile il  parto  senza  ricorrere  all'applicazione  del  forcipe. 

L'applicazione  del  forcipe  crociato  in  questo  caso  in 
cui  le  branche  devono  essere  portate  ai  lati  della  pelvi  ed 
appoggiate  alle  regioni  temporali  del  feto,  potrà  essere  di 
somma  facilità  ;  non  cosi  l'estrazione  del  feto,  per  la  quale 
occorrerebbero  delle  forti  trazioni  mediante  le  quali  venga 
diminuito  il  diametro  occipitn-frontale .  in  Confronto  al 
sotto-pubico.  Coir  uso  invece  del  forcipe  asimmetrico  che 
pure  riescirebbe  spedito ,  e  colle  sue  branche  appoggiate 
una  alla  fronte^  l'altra  alla  regione  temporale,  con  un  lieve 
moto  di  trazione  della  branca  destra  sul  fronte  combi- 
nato con  un  moto  laterale  della  branca  sinistra  sulla 
tempia,  si  può ,  e  ne  sono  convinto ,  senz'  alcun  ostacolo 
ridurre  quella  posizione  irregolare  in  una  affatto  natu- 
rale e  compiere  cosi  il  parto  o  colle  sole  forze  della  na- 
tura, ovvero  con  lievi  ed  insignificanti  ajuti. 

Ho  fiducia,  onorevoli  colleghi,  di  avere  sufiicientemente 
dimostrato  colla  scorta  di  alcune  pratiche,  contingenze  la 
utilità  e  la  preminenza  che  in  molti  casi  può   offrire  il 


259 
forcipe  asimmetrico  sul  fòrcipe  oomuae.  Ma  per*  ciò  faremo 
noi,  come  T  Autore,  tabula  rasa  di  quest* ultimo  strumento, 
che.  tutti  i  trattatisti  da  Cbamberlein  a  Levati  e  Pasto- 
rello stimarono  sonunamente  efOicace  e  di  grande  vantag- 
gio in  molteplici  casi  si  per  la  donna  che  per  il  feto , 
sino  a  ritenerlo  Tistrumento  ostetrico  piti  benemerito  verso 
Tumanità,  e  la  gemma  più  preziosa  di  tutto  Tarmamen- 
tario  chirurgico t  Seguiremo  noi  T Autore  nell'idolatria 
del  suo  forcipe^  e  ci  assooieremo  a  lui  nel  condannare  al- 
l'ostracismo  il  forcipe  crociato  e  nelle  invettive  lanciate 
contro  la  pratica  dei  sommi  luminari  dell'arte,  solo  perchè 
non  hanno  saputo  o  non  sanno  emanciparsi  dalle  vecchie 
tTadiziooi  .classiche  sul  medesimo  %  In  fine  lo  confineremo 
noi  fra  le  rugginose  ferravecchie  solo  a  vergognosa  te- 
stimonianza dei  danni  che  ebbe  per  esso  a  sofirire  la  po- 
vera umanità  t 

Negli  scritti  del  dott.  Hamon,  o  per  meglio  dire  nelle 
pubblicazioni  eonseg^ate  nelV Abeille  che  voi  mi  daste  ad 
esame,  non  trovo  svolto  l'argomento  sotto  tutti  i  punti 
di  vista ,  sotto  tutte  le  possibili  emergenze ,  e  perciò  mi 
spuntava  nell'animo  il  dubbio  sull'efficacia  della  sua  uni- 
versale applicazione.  Nel  mentre  apertamente  professo  che 
il  forcipe  asimmetrico  può  essere  adoperato  preferibilmente 
nell'inchiodamento  della  testa,  nell'inerzia  dell'utero,  nella 
soverchia  resistenza  offerta  al  passaggio  delle  parti  molli 
della  donna,  ed  in  qualsiasi  altro  pericoloso  accidente  che 
domandi  la  pronta  estrazione  del  feto,  dubito  molto  che 
la  sua  applicazione  debba  essere  preposta  in  quei  .oasi  in 
cui  la  indicazione  del  forcipe  ò  designata  da  sensibile  spro- 
porzione fra  la  testa  del  feto  e  la  pelvi ,  cosi  allora,  che 
la  testa  fosse  troppo  voluminosa  o  per  eccessivo  sviluppo 
e  per  altra  causa  morbosa  qualunque,  come  se  al  contra- 
rio la  pelvi  presentasse  i  diametri  suoi  troppo  ristretti 
iti  confronto  ai  normali  della  testa. 

Ognuno  che  per  poco  sia  istrutto  dei  principj  elemen- 


260 

tari  d*  ostetricia  conosce  che  il  forcipe  connine  nella  sua 
maggiore  distanza  fra  le  branche  conta  poco  più  di  circa 
due  pollici  e  mezzo.  Scopo  di  questa  breve  distanza  è 
quello^  nel  caso  di  sproporzione  fra  la  testa  ed  il  catino, 
di  diminuire  convenientemente  sotto  la  presa  i  diametri 
della  testa  del  feto  in  modo  da  poter  effettuare  il  parto 
anche  con  una  pelvi  relativamente  ristretta. 

Abbiamo  noi  questa  felice  condizione  nel  forcipe  asim- 
metrico? Nulla  affatto.  Il  forcipe  asimmetrico  del  dottor 
Hamon  per  avere  la  vecchia  curva  alquanto  più  marcata 
che  nel  forcipe  comune  e  quindi  le  branche  troppo  di- 
stanti tra  loro  in  modo  da  lasciare,  come  dice  T  Autore, 
qualche  sensibile  libertà  di  movimento  alla  testa,  non  può 
ridurre  assolutamente  i  diametri  del  capo  del  feto  anche 
allorquando  la  posizione  anormale  del  medesimo  esigesse 
un*applicazione  simmetrica  delle  branche;  molto  meno  poi 
nelle  circostanze  di  una  posizione  obliqua  nelle  quali  il 
forcipe  nuovo  deve  essere  applicato  asimmetricamente. 

Se  una  delle  principali  condizioni  per  T  effettuamento 
del  parto  nei  casi  dì  sproporzione  di  volume  fra  la  testa 
e  la  pelvi  ^  è  la  riduzione  col  forcipe  dei  diametri  della 
testa  affine  di  metterli  in  giusta  correlazione  con  quelli 
della  pelvi,  coll'uso  del  forcipe  asimmetrico  tale  condizione 
manca  affatto,  e  manca  per  due  ragioni:  per  la  confor- 
mazione stessa  dello  strumento  per  la  quale  non  si  può 
ottenere  una  diminuzione  nei  diametri  della  testa,  e  per 
la  sua  applicazione  asimmetrica,  per  cui  non  è  possibile, 
fatta  la  presa,  comprimerla  in  modo  da  ottenere  la  ridu- 
zione necessaria  al  passaggio. 

Questa  osservazione  che  mi  sovveniva  alla  mente  lor- 
chò  leggeva  le  prime  pubblicazioni  del  dott.  Hamon,  ven- 
nemi  poi  in  seguito  luminosamente  confermata  dalle  suc- 
cessive pubblicazioni  dello  stesso  Autore ,  che  il  nostro 
diligentissirao  e  benemerito  Presidente  ebbe  cura  di  farmi 
tenere  durante  questo  mio  studio  sul  fòrcipe  asimmetrico. 


261 

In  esse  vengono  narrati  due  casi  avvenuti  a  due  oste- 
trici francesi,  il  primo  di  presentazione  del  vertice  allo 
stretto  superiore  con  diametri  della  pelvi  alquanto  ri- 
stretti y  il  secondo  colla  testa  allo  stretto  superiore,  con 
diametri  della  pelvi  pure  minori  e  con  apertura  della 
bocca  deir  utero  di  5  a  6  centimetri  soltanto.  In  amen- 
due  le  contingenze  Y  uso  del  forcipe  asimmetrico  ebbe  a 
fallire^  le  branche  sotto  forti  trazioni  abbandonarono 
la  presa ,  e  il  parto  fu  condotto .  a  terinine  felicemente , 
nel  primo  col  forcipe  comune ,  nel  secondo  col  rivolgi- 
mento. 

Egli  è  bensì  vero  che  il  dott.  Hàmon  volle  affibbiare 
quest*  esito  infelice  a  cause  àfiatto  straniere  al  suo  for- 
cipe, ma  ragion  vuole  che  si  debbano  attribuire  al  mede- 
simo: onde  evihcesi  che  il  foroipe  asimmètrico  non  è  per 
nulla  adatto  ^lla  estrazione  del  feto  nei  casi  di  spìroporzio^ 
'  ne  fra  i  diametri  della  testa  e  quelli  d^l  bacino,  nei  quali 
invece  fa  d' uopo  senz*  altro  ricorrere  al  forcipe  comune 
quale  unica  àncora  di  salvezza  in  queste  difficilissime  con- 
tingenze. 

E  qui ,  egregi  colleghi ,  £accio  pùnto  :  poiché  per  me 
ora  ò  veramente  il  caso  di  ingenuamente  confessare  — 
nemo  dat  quod  non  habet.  -^  Ma  non  prenderò  com- 
miato da  voi  che  mi  foste  tanto  cprtesi  senza  prima  for- 
mulare in  brevi  conclusioni  ciocché  ho  detto  sin  qui , 
e  perciò: 

I.**  Il  forcipe  del  dott.  Hamon  non  é  che  una  modi- 
ficazione di  altri,  forcipi  a  branche  paralelle: 

2.®  La  descrizione  che  ne  dà  1'  Autóre  nelle  sue  me- 
morie è  alquanto  imperfetta  ed  insufficiente  a  darne  una 
esatta  nozione. 

3.®  Le  pubblicazioni  sul  forcipe  asimmetrico  del  dottor 
Hamon  lasciano  un  forte  convincimento  sulF  utilità  del 
medesimo,  sebbene  TÀutore  non  T  abbia  confortata  colla 


262 

rainnta  descrizione  delle  manovre  necessarie  a  compiersi 
onde  seguire  ie  leggi  del  parto  naturale. 

4.^  Ad  onta  di  ciò  si  può  ritenere  quasi  a  priori  che 
il  forcipe  asimmetrico  può  in  alcuni  casi  essere  preferito 
al  forcipe  comune. 

5.^  Che  i  casi  ne'  quali  può  prestare  maggiore  utilità 
deir  altro  sono  quelli  in  cui  T  estrazione  del  feto  è .  indi- 
cata da  condizioni  estranee  air  eccessivo  sviluppo  della 
testa  del  feto,  od  a  deficiente  misura  dei  diametri  della 
pelvi. 

6.®  In  questi  casi  di  sproporzione  fra  la  testa  e  la 
pelvi  è  indispensabile  ricorrere  al  forcipe  comune,  come 
il  solo  strumento  atto  ad  ottenere  la  riduzione  e  la 
estrazione  del  feto. 

Questo  é  il  concetto  che  io  mi  sono  £sitto  del  forcipe 
del  dott.  Hamon  ;  so  che  1*  argomento  doveva  essere 
svolto  più  largàn^ente ,  ma  come  farlo  privo  dello  stru- 
mento sul  quale  doveva  studiare,  e  della  relativa  pratica 
dalla  quale  deve  scaturire  la  sicurèzja  del  giudizio!  Ho 
lusinghiera  speranza  che  in  non  lontana  epoca  potrò  con 
più'  estese  cognizibni  ritoccare  V  argomento.  Allora  più 
sicuro  che  non  lo  fui  in  questo  giorno  mi  ripresenterò  a 
voi  ^ducioso  che  T  opinione  che  potrò  emettere  otterrà  il 
tòstro  benevole  e  sapiente  suffragio. 


r 

Deir  Innesto  e  della  |i;alTanl«xaxl0ne  del  centri- 

eoioi  Note  sperimentali  del  prof.  paoi«o  maiv- 

TBGAZZil  (1). 

JCj  noto  essere  uno  degli  acquisti  più  preziosi  della  scienza 
medica  moderna  la  cognizione  piti  esatta  dell'idea  della 

"  '  '  '  ,  '  I  I  I  .       M  ■  ■     , 

(i)  Queste  note  furono  redatte  dal  mio  ftmico  ed  assistente 
r  egregio  dott.  Giulio  Bizzozero. 


263 

vita  e  delle  condizioni  in  cui  la  vita  stessa  sì  compie. 
Ora  è  ben  dimostrato  che  i.  fenomeni  che  presentano  i 
corpi  vivi  hanno  la  loro  prima  origine  nei  singoli  ele- 
menti che  li  compongono ,  e  che  ogni  elemento  pos- 
siede una  vita  propria  ed  indipendente  dal  corpo  di  cui 
fa  parte.  Quindi,  come  un  organo  anche  molto  complesso 
e  voluminoso  consta  della  riunione  di  molti  elementi  va- 
riamente aggruppati,  così  una  qualsiasi  funzione  trova 
direttamente  la  sua  origine  nella  somma  delle  singole 
funzioni  degli  elementi  di  cui  consta  l'organo  funzio- 
nante. 

Ciò  non  ci  autorizza  però  a  conchiudere  che  un  ele- 
mento anche  isolato  può  continuare  a  vivere  ed  a  fun- 
zionare. Anche  la  esperienza  più  semplice  ce  lo  dimostra: 
se  noi  isoliamo  una  fibra  muscolare  od  un  gruppo  di  cel- 
lule, le  vediamo  soggiacere  a  quelle  alterazioni  che  si  com- 
prendono sotto  il  nome  di  putrefazione;  gli  elementi  ana* 
tornici  si  scindono  in  elementi  chimici.  -^  Perchè  un  or- 
gano od  un  elemento  continui  a  funzionare ,  è  necessa- 
rio ch'essi  siano  posti  in  certe  determinate'  condizioni, 
le  quali  permettono  quello  scambio  molecolare  che  è  ne- 
cessario al  mantenimento  della  vita  :  modificando  queste 
condizioni,  le  manifestazioni  della  vita  potranno  alterarsi, 
sospendersi  o  cessare  completamente.  Ciò  possiamo  os- 
servare tanto  nel  corpo  vivo  che  fuori  di  esso  :  nel 
primo  caso  abbiamo  tutte  le  alterazioni  patologiche  e 
quindi  le  malattie;  nel  secondo  abbiamo  tutti  quei  feno- 
meni che  ci  presentano  le  parti  tolte  ad  animali  viventi 
prima  di  perdere  i  pochi  avanzi  della  lóro  vitalità. 

Per  diretta  conseguenza  un  organo  conserverà  meglio 
le  sue  proprietà  fisiologiche  quanto  più  le  condizioni  in 
cui  lo  si  mette  saranno  uguali  a  quelle  in  cui  è  solito 
trovarsi  nell'animale  vivente. 

Un  muscolo  cui  siano  stati  tagliati  i  nervi  conser- 
verà più  perfette  e  più  a  lungo  le  facoltà  di  nutrirsi  e 


264 

contrarsi  di  un  muscolo  a  cui  ad  un  tempo  siano  stati 
recisi  i  nervi  e  legati  i  vasi;  ovvero  che  sia  stato  tratto 
dal  corpo  e  conservato  in  una  atmosfera  umida  e  ad  un 
grado  conveniente  di  temperatura.  Se  si  potessero  ri- 
produrre artiflcialmeute  tutte  le  condizioni  in  cui  si  tro- 
vavano gli  organi  nell'animale  vivo,  si  potrebbero  otte- 
nere delle  vite,  per  cosi  dire  di  una  durata  indefinita,  e 
gli  organi  continuerebbero  nelle  loro  manifestazioni  fun- 
zionali e  nutritive  cosi  bene  come  quando  non  erano  che 
parte  di  un  corpo  intero, 

Da  ciò  si  può  ben  comprendere  l'importanza  che  deve 
avere  lo  studio  delle  alterazioni  che  hanno  luogo  nelle 
parti  vive  in  seguito  alle  modificazioni  dei  mezzi  in  cui 
vivono,  poiché  se  ne  potrebbero  trarre  alcune  conclusioni 
che  ci  avvierebbero  alla  conoscenza  delle  cause  essenziali 
delle  malattie  e  che  ci  servirebbero  di  più  in  questa  terra 
incognita  della  medicina. 

Da  poco  tempo  in  qua  molti  sperimentatori  diressero 
le  loro  indagini  su  questo  argomento ,  e  benché  non  se 
ne  sappia  ancora  che  pochissimo,  pure  dobbiamo  ralle- 
grarcene, perchè  il  poco  ottenuto  ha  dimostrato  la  ric- 
chezza dei  risultati  che  se  ne  potranno  ottenere. 

Nel  mio  lavoro  sugli  innesti  animali  (1)  ho  studiato 
i  mutamenti  che  avvengono  in  un  tessuto,  quando  sia  tra^ 
piantato,  mentre  non  ha  ancora  perduta  le  proprietà  vi- 
tali, in  grembo  ad  un  organismo  che  è  nell'esercizio  della 
vita.  Jo  metteva  gli  organi  tolti  ad  un  animale  vi- 
vente nelle  condizioni  più  favorevoli  alla  conservazione 
delle  loro  proprietà  fisiologiche;  non  interrompeva  ohe  la 
corrente  dei.  nervi  e  la  comunicazione  diretta  dei  vasi  ; 
del  resto  dava  adito  allo  scambievole   contatto  per  mezzo 


(1)  «  Degli  innesti  animali  e  della  produzione  artifiniale  delle 
eellule  »*  Milano,  1865. 


265 

del  plasma,  e  cosi  si  conservavano  al  naturale  la  tempera- 
tura, r  umidità,  ecc.  Usando  di  questo  metodo,  in  alcuni 
tessuti  osservai  la  degenerazione  grassa  rapidissima;  in 
altri  potei  constatare  conservata  la  nutrizione  flsiologic>a, 
anzi  alcuni  continuarono  a  crescere  anche  al  di  là  del  loro 
limite  normale;  in  altri  pochissimi  infine  verificai  conser- 
vata non  solo  la  facoltà  nutritiva,  ma  altresì  la  funzio- 
nale. A  questo  riguardo  l'esempio  più  brillante  mi  venne 
dato  dallo  stomaco.  Il  ventricolo  isolato  da  ogni  comuni- 
cazione vascolare  e  nervosa  potò  conservare  per  quasi  un 
mese  la  facoltà  di  secernere  muco  e  di  digerire;  tutti  i 
ventricoli  trapiantati  furono  distesi  dal  muco,  ed  in  al- 
cuni pareva  che  esso  volesse  farne  scoppiar  le  pareti;  ho 
potuto  ottenere  digestioni  artificiali  tanto  coi  ventri- 
coli  trapiantati  nello  stesso  animale  come  in  quelli 
portati  da  un  animale  alt  altro;  ma  nei  primi  il  po- 
tere digerente  era  piti  robusto;  anzi  cosa  singolaris- 
sima^  fu  assai  più  forte  che  in  due  ventricoli  tolti  ap- 
pena allora  da  rane  viventi  e  sane.. 

Questo  fatto  eccitò  vivamente  la  mia  attenzione ,  ed 
avrei  certamente  moltiplicato  le  esperienze  onde  compro* 
vario,  se  non  fossi  stato  costretto  a  rivolgermi  ad  altri 
studj.  Onde  togliere  però  a  me  ed  agli  altri  ogni  dub- 
bio sul  suo  costante  ripetersi,  incaricai  il  signor  Marchioli 
studente  di  medicina,  che  frequentò  assiduamente  que- 
st'anno il  mio  laboratorio ,  di  rinnovare  gli  sperimenti. 
Ebbi  il  contento  di  vedere  confermate  dalle  sue  le  mie 
osservazioni  ;  e  valgano  ad  esempio  queste  tre  esperienze 
che  traggo  dalle  sue  note: 

Esperienza  1.  —  8  Gennajo  1867.  Si  tuglie  ad  nna  rana 
vivente  lo  stomaco,  lo  si  lega  al  cardias  ed  al  piloro  e  lo  si  in- 
troduce nel  cavo  addominale  di  un'  altra  rana  ben  robusta. 

La  ferita  cicatrizza  assai  presto,  e  la  rana  vive  assai  bene 
fino  al  febbrajo.  —  La  si  trova  morta  il  22  verso  le  due  po- 
meridiane. 


266 

Le  si  apre  la  cavità  addominale,  e  si  trova  lo  stomaco  in- 
nestato tenacemente  aderente  al  peritoneo  vicino  alla  grande 
curvatura  dello  stoioaco  proprio  della  rana.  —  Entrambi  sono 
vuoti  e  non  contengono  che  poco  muco.  —  Ad  entrambi  si  ra- 
schia la  mucosa^  e  la  poltiglia  che  se  ne  ottiene  si  pone  in  due 
discinti  bicchierini,  aggiungendo  5  centigr.  di  acqua  distillata 
ed  una  goccia  di  acido  cloridrico.  In  questo  liquido  finalmente 
si  immerge  un  cubettino  d'  albume  d'  uovo  cotto  del  peso  di 
Ogr.206. 

23.  Febbrajo.  Nel  bicchierino  contenente  la  raschiatura  dello 
stomaco  incestato  si  osserva  l'albume  già  in  incipiente  digestione. 
Nell'altro  il  processo  è  appena  cominciato. 

25  Febbrajo.  L'  albume  del  primo  bicchierino  è  quasi  com- 
pletamente disciolto;  l'altro  non  è  digerito  che  per  poco  più 
della  metà. 

Il  26  febbrajo  nel  bicchierino  dello  stomaco  innestato  non 
si  osservano  più  traccio  d'albume  ;  mentre  neli'  altro  1'  albume 
non  si  trova  dìsciolto  in  totalità  che  il  28. 

Temperatura  media  durante  l'esperienza:  14®  C. 

Differenza  di  durata  della  digestione  :  48  ore. 

Esperienza  2^  e  3^.  —  Il  28  gennajo  si  innestano  due  sto- 
maci nel  cavo  addominale  di  due  grosse  e'  robuste  rane. 

Muojono  il  10  marzo.  Le  raschiature  dei  due  stomaci  inne- 
stati e  dei  due  proprii  vengono  poste  in  4  bicchierini,  segnando 
con  A  i  bicchierini  contenenti  la  raschiatura,  degli  stomaci  in- 
nestati e  con  B  gli  altri.  A  tutti  s'aggiungono  l'acqua,  l'acido 
cloridrico  e  1'  albume  come  nell'  esperienza  antecedente. 

Nei  giorni  11  e  12  si  osserva  che  nei  bicchierini  A  la  di- 
digestione è  più  avanzata,  ed  è  completa  il  13  marzo;  mentre 
il  14  nei  bicchierini  B  si  avevano  ancora  traccio  d'albume. 

Temperatura  media:  15®  C. 

Differenza  di  durata  della  digestione:  40  ore. 

Accertato  cosi  che  il  ventricolo  innestato,  benché  viva 
per  sola  osmosi,  e  sia  sottratto  airinfluenza  dei  nervi,  pure 
gode  di  una  facilità  digerente  maggiore  di  quella  degli  sto- 
maci normali,  consigliai  al  signor  Marchioli  di  continuare 


267 

le  sue  ricerche  studiando  gli  effetti  dell' elettricità  appli- 
cata direttamente  allo  stomaco.  Ecco  alcune  delle  sue  espe- 
rienze : 

Esperienza  1*.  —  9.  Geanajo.  Metto  allo  scoperto  lo  sto- 
maco di  due  rane;  sottometto  Io  stomaco  di  una  di  esse  all'a- 
zione di  una  corrente  indotta  prodotta  da  una  pila  di  Grove  di 
media  grandezza  agente  suir  apparato  a  slitta  di  Dubois-^Rey- 
mond. 

Uno  degli  elettrodi  è  applicato  al  cardias,  V  altro  al  piloro; 
la  durata  deirapplioazìone  è>  di  mezz'ora.  Frattanto  l'altra  rana 
rimane  semplicemente  collo  stomaco  allo  scoperto. 

Il  10  e  ril  gennajo  ripeto  la  galvanizzazione. 

Il  12  uccido  le  rane  ,  e  proTO  la  forza  digerente  dei  due 
stomaci  col  metodo  delle  esperienze  precedenti. 

13  Gennajo.  Il  bicchierino  contenente  la  raschiatura  della 
mucosa  galvanizzata  presenta  già  il  cubo  di  albhme  ìik  dige» 
stione  incipiente  ;  nell'  altro  V  albume  è  ancora  lAtatto. 

15.  È  quasi  interamente  avvenuta  la  digestione  dello  sto- 
maco galvanizzato  ;  nell'  altro  ci  ha  ancora  molto  albume  so- 
lido. 

16  La  digestione  del  primo  bicchiere  è  completa;  l'albume 
del  secondo  bicchierino  non  è  perfettamente  disciolto  che  il  19. 

Differenza  di  durata  della  digestione:  72  ore. 

Esperienze  2  e  3.  —  22  Gennajo.  In  queste  due  esperienze 
le  mucose  galvanizzate  sciolsero  l'  albume  in  4  giorni  ;  quelle 
non  galvanizzate  in  6.  —  Il  metodo  tenuto  per  la  galvanizza- 
zione e  per  la  digestione  è  eguale  a  quello  adoperato  per  le 
esperienze  antecedenti. 

Differenza  di  durata  della  digestione:  48  ore. 

Esperienze  4,  5,  6  1,  8,  9.  —  1,16,  24  febbrajo.  Per  queste 
esperienze  vennero  impiegate  rane  di  diversa  grossezza.  In 
tutte  però  il  risultato  fu  costante;  la  differenza  media  di  du- 
rata della  digestione  fu  di  36  a  48   ore. 

Da  queste  esperienze  si  può  quindi  conchiudere: 
La  raschiatura  della  mucosa  di  uno  stomaco  di  rana, 


266 

che  venne  galvanizzato  per  tre  giorni  consecutivi  per  Isl 
durata  di  mezz*ora^  allungata  con  5  centimetri  cubici  di 
acqua  distillata  acidulata  con  una  goccia  di  acido  elori* 
dricoy  scioglie  completamente  un  cubetto  di  albume  d* uo- 
vo del  peso  di  Ogr.200  in  un  tempo  che  varia  dai  4  ai 
6  giorni. 

La  raschiatura  della  mucosa  di  uno  stomaco  di  rana 
che  venne  posto  nelle  identiche  condizioni  del  precedente, 
ma  che  non  venne  galvanizzato ,  allungata  colla  stessa 
quantità  d*  acqua  egualmente  acidulata  scioglie  la  stessa 
quantità  d'albume  da  36  a  48  ore  più  tardi. 


Ricerche  sperlnientall  intorno  ali*  asione  della 
temperatura  del  narcotici  e  dei  cenaplsnii 
sulla  cenclbilltà  tattile;  di  VITTORIO  €AVA- 

cmil«i-  {Dal  Laboratorio  di  patologia  sperimen-^ 
tale  dell'  Università  di  Pavia  ). 

Xj  azione  dei  diversi  gradi  di  temperatura  sopportabili, 
dei  narcotici  e  dei  senapismi  sulla  sensibilità  tattile  non 
fu  finora  argomento  che  di  pochi  studj  sperimentali. 
Tuttavia,  per  quel  che  riguarda  i  narcotici  e  i  gradi  di- 
versi di  temperatura^  essa  è  universalmente  conosciuta , 
poiché  nessuno  ignora  che  la  sensibilità  tattile  nella  sta- 
gione invernale  è  meno  vivace,  è  meno  pronta  che  nella 
estiva.  I  narcotici,  oltre  all'essere  adoperati  come  tor- 
penti  del  sensorio  comune,  trovano  pure  una  applica- 
zione nelle  atroci  nevralgie  che  si  curano  anche  topi- 
camente e  colle  spalmature  di  sostanze  narcotizzanti  è 
colle  injezionl  sottocutanee  delle  sostanze  stesse;  e  la 
nevralgia  ed  il  dolore  sono  appunto  fatti  di  sensibilità 
tattile.  Non  ignoro:  che  il  Brown--Séquard  ed  altri  di- 
stinguono e  differenziano  la  sensibilità  tattile,  la  sensibi- 


269 
lità  dolorifica,  ecc.,  e  le  considerano  a  sé,  come  aventi  e  sede 
e  substratutn  differenti  ;  ma  la  maggior  parte  dei  fisiologi 
non  accettarono  questa  opinione.  I  senapismi  poi  vengono 
usati  localmente  per  risvegliare  la  circolazione,  cutanea  e 
per  altri  scopi;  ma  la  loro  azione  sulla  sensibilità  tat- 
tile non  venne  mai,  credUo,  usufruttata.  Egli  è  ben  vero 
che  rinfluenza  di  questi  agenti  è  in  questi  casi  molto  com- 
plessa, e  che  sono  molte  le  condizioni  di  cui  conviene  tener 
conto  per  avere  una  esatta  e  completa  spiegazione  degli 
stessi  casi;  ma  non  è  men  vero  che  il  fatto  capitale  sia 
appunto  costituito  dall'  azione  della  temperatura  e  dei 
narcotici  sulla  sensibilità.  Quest'azione  è  però  solo  gros- 
solanamente ed  incompletamente  conosciuta  nelle  sue  ma- 
nifestazioni culminanti  (1),  resta  invece  oscura  nelle  sue 
più  intime  e  minute  particolarità. 

Il  Weber  non  ha  esaurito  e  neppur  toccato  l'argo- 
mento, poiché,  come  il  titolo  stesso  dei  due  capitoli:  «De 
subtilitate  tactus  »  e.«  Summa  doctrinae  tactus  »,  che  pom- 
pongouo  appuQto  1'  opera  di  Ernesto  Enrico  Weber  «  De. 
Tactu  »,  lo  dice,  il  Weber  non  ebbe  altro  di  mira  nei  suoi 
pazientissimi  studii  che  di  stabilire  lo  stato  della  sensi- 
bilità tattile  nei  diversi  punti  del  corpo  e  il  diverso 
grado*  di  apprezzamento  dei  pesi  e  dei  gradi  di  tempe- 
ratura. Cosi  queilopera  completissima  riguardo  a  questo, 
lascia  un  vuoto  circa  Y  azione  sulla  sensibilità  tattile 
nonché  dei  narcotici  è  degli  eccitanti ,  ma  eziandio  dei 
diversi  gradi  di  temperatura,  vuoto  ch'io  credo  non  sia 
stato  mai  colmato  dai  fisiologi  che  imperfettamente  dalle 
ricerche  di  Czermak,  di  Wroblewsky,  di  Fick,  di  Valen- 
tin e  di  Eulenburg. 

Io  ho  dunque  avvertito   un   bisogno ,  ho   sentito  un 


(1)  Per  i  diversi  gradi  di  temperatura  e  per  i  narcotici  :  per 
i  senapismi  non  si  può  neppur  dir  questo. 


270 

desiderio,  e  per  quella  irrequietudine  ohe  guida  airinve-» 
atigazione,  ho  cercato  di  soddisfare  al  primo,  di  appagare 
il  secondo;  ed  ho  perciò  istituito  alcune  ricerche  spe- 
rimentali allo  scopo  di  ridurre  a  leggi  l'anione  sulla 
sensibilità  tattile  dei  dirersi  gradi  di  temperatura  sop- 
portabili, dei  narcotici  e  dei  senapismi. 

È  solo  la  costanza  dei  risultati  che  ottenni,  quella  che 
mi  spinge  a  pubblicare  queste  ricerche. 

Queste  esperienze  si  dividono  in  due  serie  a  seconda 
dell'argomento  su  cui  versarono:  quelle  della  prima  ri* 
guardano  Tazione  sulla  sensibilità  tattile  dei  diversi  gradi 
di  temperatura  sopportabili,  quelle  della  seconda  sono  di- 
rette allo  studio  deir  azione  sulla  sensibilità  tattile  dei  nar- 
cotici e  dei  senapismi. 

Il  metodo  tenuto  nel  condurre  le  esperienze  della  prima 
serie  fu  il  seguente. 

L'istrumento  di  cui  mi  servii  fu  Testesiometro  del  Sie- 
wekìng  modificato  dal  Brown-Séquard,  che  è  una  forma  del 
compasso  ài  Weber  e  la  sua  forma  giustifica  quasi  questo 
nome.  —  È  generalmente  noto,  giova  però  richiamarne  la 
struttura.  Ecco  con  quali  parole  lo  fa  conoscere  ai  suoi 
lettori  il  Weber.  «  Constat  hoc  —  l'estesiòmetro  —  e  ferro 
prismatico  longo  et  recto ,  cui  duo  apices  sub  recto  an* 
gulo  impositi  et  adjuncti  sunt.  Hi  apices  recta  lìnea  re- 
moveri  et  admoveri  possunt  ».  Soggiunge  poi  che  ci  è 
una  vite  «  ut  crura  plus  minusve  distantia  quolibet  loco 
firmare  et  immobilia  reddere  liceret  ».  Questa  asta  di 
ferro  prismatica,  lunga  e  retta  che  entra  neirestesiome- 
tro,  è  divisa  in  tanti  centimetri  colla  suddivisione  in  mil- 
limetri, per  cui  le  misure  che  segnano  le  distanze,  di  cui 
in  seguito  terrò  parola,  rappresentano  appunto  altrettanti 
millimetri  quanti  indica  il  numero.  Essendo  poi  chiaro  che 
queste  esperienze,  avendo  soltanto  un  valore  generale  e 
non  un  valore  localizzato  e  relativo  ai  diversi  punti  del 
corpo,  cioè  avendo  esse  di  mira  lo  studio  degli  effetti  che 


271 

i  diversi  gradi  di  temperatura  producono  sulla  sensibilità 
in  genere  e  non  già  sulla  sensibilità  di  questo  e  di  quel 
punto,  non  dovevano  ripetersi  su  tutti  i  punti  del  corpo  ; 
ma  restava  lìbera  la  scelta  di  quella  località  che  sarebbe 
sembrata  più  conveniente  air  uopo.  Ed  io  ho  scelto  due 
località,  le  quali  per  avere  caratteri  comuni  permettono 
che  si  traggano  dalle  esperienze  eseguite  identiche  con- 
seguenze e  presentando  anche  punti  di  divergenza  pon- 
gono opportunità  di  dedurre  conseguenze  non  sprege- 
voli relative  appunto  a  questi  caratteri  che  le  distin- 
guono. Queste  due  località  sono  il  punto  di  mezzo  del 
palmo  della  mano  e  T  avambraccio  al  latq  anteriore  a 
cinque  centimetri  di  distanza  dall*  articolazione  radio- 
carpica.  Il  palmo  della  mano,  nel  suo  mezzo  è,  secondo 
la  credenza  comune,  confermata  dalle  inappellabili  espe- 
rienze di  Weber,  una  fra  le  località  più  provviste  di  pa- 
pille tattili  e  che  più  facilmente  ed  esattamente  distin- 
gue le  impressioni  esterne;  per  usare  una  sola  parola 
è  una  parte  molto  sei>sibile.  Io  stesso  lo  riseppi  da  espe- 
rienze che  istituii  su  questo  oggetto,  non  perchè  dubitassi 
del  risultato  di  Weber ,  ma  per  semplice  curiosità.  Non 
le  riferisco  neppure,  perchè  dopo  il  pazientissimo  lavoro 
di  Weber  una  mia  parola  su  quest'  argomento  sarebbe 
affatto  oziosa.  Le  differenze  quindi  di  sensibilità  anche 
minime  sopravvenute  in  questa  regione  per  qualunque 
causa  ci  saranno  più  facilmente  verificabili,  e  razione 
anche  debole  di  qualunque  agente  vi  si  potrà  più  esat- 
tamente studiare.  L*  avambraccio  poi,  nel  punto  sopra  da 
me  indicato ,  presenta  un  grado  notevole  di  sensibilità  e 
d' altronde  offre  differenze  rimarchevoli  riguardo  a  pa- 
recchi punti  in  confronto  coi  dati  forniti  dalle  espe- 
rienze eseguite  sulla  mano,  differenze  che  sarebbe  qui 
fuori  di  luogo  accennare ,  ma  che  indicherò  nel  seguito 
di  questo  lavoro.  Non  sorse  neppure  il  dubbio  che  V  e- 
sperienza  su  due  soli  punti    non    autorizzasse   a    trarne 


\ 


«>7*> 

conseguenze,  poiché  essendo  identiche  in  tutti  i  punti  le 
condizioni  per  cui  la  sensibilità  ha  luogo,  devono  pur  es- 
aero eguali  le  condizioni  per  cui  la  sensibilità  stessa  si 
modifica. 

L' esposizione  poi  di  queste  due  località  rende  molto 
,  comodo  e  facile  1*  interrogarle  nelle  manifestazioni  delle 
loro  proprietà.  —  Ho  preferito  V  avambrac<5Ìo  e  la  ma- 
no sinistra,  perchè  stando  ancora  ai  risultati  di  Weber 
r  arto  sinistro ,  e  la  mano  dello  stesso  specialmente ,  è 
più  sensibile  del  destro,  perchè  più  risparmiato  in  gene- 
rale dagli  agenti  esterni  ottundenti  la  sensibilità;  quan- 
tunque esso  pure  al  pari  del  destro  sia  educato  alla 
coltura  della  sensibilità  stessa.  Non  voglio  con  queste 
espressioni  pregiudicare  adesso  la  questione  se  V  uso 
d*una  parte  valga  ad  accrescerne  od  a  scemarne  la  sen- 
sibilità: ne  parlerò  in  seguito.  Sta  intanto  il  fatto  in- 
dicatoci da  Weber ,  e  la  osservazione  dello  stesso  è  pur 
facile.  Anche  su  quest'argomento  tralascio  alcune  espe- 
rienze da  me  istituite;  ma  accenno  solo  di  passaggio  che 
questo  fatto  non  è  costante,  e  la  ragione  di  questo  è 
r  uso  deir  arto  superiore  sinistro  prevalente  sul  destro 
in  taluni  individui,  cioè  nei  mancini.  Dunque  anche  que- 
st*  eccezione  alla  regola  esposta  da  Weber .  non  fa  che 
avvalorare  vieppiù  la  spiegazione  data  dal  Weber  stesso 
deiraumentata  o  scemata  sensibilità  per  il  minore  o  mag- 
gior uso  d'  una  parte. 

Versando  questa  prima  serie  di  esperienze  intorno 
air  azione  dei  diversi  gradi  di  temperatura  sopportabili 
sulla  sensibilità,  era  necessario  portare  a  contatto  delle 
località  scelte  corpi  che  avessero  quei  dati  gradi  di 
temperatura  di  cui  si  voleva  appunto  studiare  V  azione 
sulla  sensibilità  tattile,  poiché  non  si  poteva  modificare 
cosi  di  seguito  e  repentinamente  la  temperatura  dell'am- 
biente, come  il  corso  delle  esperienze  richiedeva.  A.  que- 
sto scopo  si  usò  una  bottiglia  in  cui  si  metteva  dell'ac- 


273 

qua  portata  a  quel  grado  di  temperatura  di  cui  si  voleva 
studiare  V  azione ,  e  quindi  si  chiudeva  la  bottiglia  con 
un  pezzo  di  vescica  di  majale  sottilissima  che  si  assicu- 
rava alla  bottiglia  stessa.  Si  applicava  quindi  la  bot- 
tiglia sulla  parte  per  mezzo  della  vescica,  per  cui  l'ac- 
qua era  mediatamente  applicata^  ma  il  mezzo,  cioè  la 
vescica,  per  la  sua  sottigliezza  e  per  la  sua  massima 
tensione,  non  impediva  nò  moderava  Fazione  dell'ac- 
qua. Si  lasciava  cosi  applicata  la  bottiglia,  la  quale 
alla  apertura  mediante  la  quale  si  praticava  1*  applica- 
zione presentava  il  diametro  di  cinque  centimetri,  on- 
d'era  una  larga  superficie  quella  per  cui  si  esercitava  l'a- 
zione dei  diversi  gradi  di  temperatura  pel  tempo  che  in 
seguito  verrà  determinato,  cioè  1',  2',  5'  a  seconda  delle 
esperienze.  Quindi  si  toglieva  la  bottiglia  e  si  esplorava 
coU'estesiometro  lo  stato  della  sensibilità  indotto  dall'ap- 
plicazione dell'acqua.  Le  modalità  poi  praticate  nell'esplo- 
rare  coU'estesiometro,  seguendo  in  gran  parte  ì  precetti 
di  Weber,  furono  le  seguenti.  L'individuo  su  cui  si  espe- 
rimenta deve  allontanare  gli  occhi  dalla  parte  su  cui  si  ap- 
plica r  cstesiòmetro  per  non  essere  influenzato  in  alcun 
modo  nelle  risposte  che  deve  dare. 

Quest'individuo  si  fa  sedere  lateralmente  allo  speri- 
mentatore; egli  abbandona  il  suo  braccio  su  d'una  tavola; 
il  palmo  della  mano  sinistra  non  è  coperto  dalle  dita  che 
sono  distese,  ma  senza  sforzo,  come  nel  sonno.  Quindi  dopo 
aver  fatta  previamente  V  applicazione  della  bottiglia ,  si 
applicano  leggermente,  senza  esercitare  molta  pressione, 
contemporaneamente  e  trasversalmente  all'asse  trasver- 
sale dell'arto  le  punte  dell' cstesiometro,  e  si  avvicinano 
e  si  allontanano  finché  l'individuo,  sentendo  chiaramente 
r  applicazione  delle  due  punte,  le  avverta.  E  si  deve  più 
volte  ripetere  il  contatto  per  assicurarsi  che  quello  ac- 
cennato è  veramente  il  limite  di  distanza   minima  a  cui 

Annali     Voi.  Cd.  18 


274 

l' individuo  sente  due  punte:  al  di  là  di  questo  limite 
egli  non  sente  T  impressione  che  di  una  sola  punta.  Si 
capisce  bene  che  tutto  questo  deve  esser  fatto  presta^ 
mente  e  in  modo  che  Fazione  dei  diversi  gradi  di  tem- 
peratura non  abbia  a  sperdersi  e  ad  essere  neutralizzata 
dalla  temperatura  dell'ambiente.  Tutte  queste  avvertenze, 
tutte  queste  condizioni  sono  essen^pali  e  devono  in  ogni 
esperienza  essere  conservate  assolutamente,  perchè  le  espe- 
rienze stesse  sieno  comparabili  fra  di  loro,  e  perchè  razione 
spiegata  dai  gradi  diversi  di  temperatura  sia  reale  e  non 
soltanto  apparente.  Quando  non  se  ne  tenga  conto  o  quan- 
do solo  incompletamente  si  avverino  queste  condizioni,  Te- 
sperienza  non  ha  valore,  poiché,  trattandosi  d*un  elemento 
cosi  difficile  a  ben  calcolare,  come  è  la  sensibilità,  con- 
viene evitare  almeno  per  quanto  si  possono  tutte  le  fonti 
di  errori. 

La  temperatura  dell*  ambiente  ha  in  tutte  queste  ri- 
cerche segnato  dai  13^  ai  15^. 

Perchè  la  durata  dell*  applicazione  dell*  acqua  portata 
ai  diversi  gradi  di  temperatura  fosse  la  stessa,  conveniva 
stabilire  una  unità  di  tempo  e  quest'unità  fu  di  un  mi- 
nuto primo. 

Era  necessario  prima  di  addentrarsi  nelle  esperienze 
conoscere  il  limite  massimo  e  minimo  della  temperatura 
sopportabile  senza  molestia  dagli  individui  su  cui  si  ese- 
guivano le  esperienze.  Il  limite  massimo  lo  trovai  al  60^ 
del  termometro  centesimale.  Erano  pochissimi  gli  indivi- 
dui che  potessero  sopportare  la  temperatura  di  65^,  pa- 
recchi anzi  non  tolleravano  neppure  il  60^,  per  cui  sta- 
bilii che  il  massimo  limite  sopportabile  era  a  60**.  Anzi 
in  generale  già  a  60^  l'impressione  che  si  riceveva  de- 
stava una  sensazione  non  indifferente,  ma  un  pochino 
molesta.  È  poi  abbastanza  chiaro  che  non  ci  era  nessun 
interesse  d' occuparsi  di  temperature  che  producono  do- 
lore,  perchè  sono  sprovviste  di  pratico  interesse  e  d'ai- 


«75 

tronde  avrei  trovato  pochi  individui  che  avessero  voluto 
soggiacere  a  simili  esperimenti  —  ed  anche  per  questo  le 
esperienze  avrebbero  perduto  di  valore.  Il  limite  minimo 
poi  lo  trovai  a  0^  e  T  applicazione  del  ghiaccio  stesso 
che  si  fondeva  nella  bottiglia  produceva  già  qualche  mo* 
lestia. 

Primo  risultato  adunque  delle  mie  esperienze  fu  :  il 
limite  massimo  della  temperatura  sopportabile  senza  do- 
lore è  il  60?,  il  limite  minimo  è  a  0^. 

La  serie  delle  mie  esperienze  restava  cosi  limitata 
fra  0«  e  60^ 

Ora  volli  conoscere  appunto  lo  stato  di  sensibilità 
indotto  dair  azione  di  questi  gradi  che  segnano  i  limiti 
estremi:  intrapresi  perciò  le  relative  esperienze.  Queste 
ascesero  a  50:  ebbene  ho  la  compiacenza  di  poter  dire 
che  diedero  tutte  gli  stessi  risultati.  Sono  esse  registrate 
nella  tavola  A. 

Dalle  stesse  risulta  adunque  che  V  individuo  che  nor- 
malmente avvertiva  le  due  punte  dell*  cstesiometro  chia- 
ramente, quando  queste  erano  alla  distanza  di  10  milli- 
metri, dopo  r  applicazione   tanto  del  ghiaccio  come  del- 
l'acqua a  60^  avvertiva  le  due  punte   non  più   alla  di- 
stanza di  10  min.  ma  solo  alla  distanza  di  11,  di  12,  ecc., 
mill.  ;  per  cui  resta  provato  che  1*  azione  della  tempera- 
tura di  0^  e  di  quella  di  60^   sulla   sensibilità  tattile  ò 
identica  e  si  risolve  nello  scemare,  neirottundere  la  sen- 
sibilità stessa.  Anche  V  azione  quantitativa  di  questi  due 
gradi   di  temperatura  si   può   affermare  essere   eguale, 
poiché  ora  è  maggiore  neiruno  ed  ora  nell'altro.    E  si 
può  anche  dire  senza   tema   d' errare   che   la  sensibilità 
tattile  al  di  là  del  60^,  e  già  in  taluni  individui  quasi  a 
60^,  è  sempre  ottusa,  e  l'individuo  non  risente  che  una  im- 
pressione confusa,  confusissima  ;  qualunque  sia  la  distanza 
delle  due  punte  dell'  cstesiometro  :  procedendo  poi  anche 
di  poco ,  cioè  quando    la   temperatura  è  a  tal  grado  da 


276 

provocare  dolore,  la  sensibilità  tattile  resta  completamente 
distrutta. 

Volli  in  seguito  ricercare  lo  stato  di  sensibilità  tat- 
tile indotto  dair  azione  dei  gradi  di  temperatura  inferiori 
a  quella  del  nostro  corpo.  Le  esperienze  f&tte  su  quest'ar- 
gomento non  ammontarono  che  a  30.  Veggansi  nella  ta- 
vola Bi.  Come  ben  si  scorge,  il  tatto  restava,  il  ch(9  già 
era  provato  dalle  esperienze  comprese  nella  tavola  A. , 
ottuso  di  molto  per   1* applicazione   del  ghiaccio,  poi  si 
rialzava  coir  applicazione  di  acqua  portata  a  gradi  supe- 
riori di  temperatura,  finché  si  restituiva  allo  stato  nor- 
male verso  il  36*  0  37*  —  ma  più  spesso  il  37**  —  e  si 
rendeva  già  più  squisito  verso  il  38**  in  molti  casi,  sem- 
pre poi  verso  i  40®.  A  40*  adunque  la  sensibilità  tattile 
era  superiore,  era  già  più  acuta  che  normalmente  ;  ed  a 
60*  — -  ce  lo  dice  la  tavola  A  —  era  più  ottusa.  Nasceva 
adunque  il  bisogno  di  sapere,  come  restasse  modificata  la 
sensibilità  tattile  per  Y  azione  dei  diversi   gradi  di  tem« 
peratura  compresi  fra  40^  e  60*.  Le  relative   esperienze 
(veggasi   la  tavola  C)   in   numero   di   30  mi   condus- 
sero alla  conclusione   che   la   sensibilità   tattile   divenne 
sempre  più  acuta  sotto  razione  di  temperature   che  dal 
40*  si  avvicinavano   al   45*   e   generalmente   trovava  il 
suo  maximum  a   quest'  ultimo   grado  —  45*  —  per  de- 
crescere hi  seguito   e   trovare   il   suo   minimum   a  60*. 
Questi  due  ultimi  corollarii  trassi  solo  da  30  esperienze: 
ma  queste  trenta  mi  davano  diritto  a  conchiudere,  per- 
chè la  unanimità   dei   risultati   elideva   qualunque  dub- 
bio.  Pervenuto  alla  fine  di  tali   ricerche,   sorse  in  me 
il  dubbio   che  fosse   insufficiente  lo   spazio  di  tempo   di 
r  perchè  le   diverse   temperature  potessero   spiegare  la 
loro  azione   completamente  e   quindi  i  risultati   ottenuti 
fossero  cosi  incompleti  od  anche  erronei  :  conveniva  per- 
ciò risolvere  questo  dubbio.   Dopo  aver   fatto   buon  nu- 


277 

mero  di  esperienze,  durando  V  applicazione  della  bottiglia 
contenente  V  acqua  prima  2\  poi  3*  e  4\  quindi  ò\  sono 
stato  portato  a  conchiudere  che  V  azione  della  tempera- 
tura era  stata  la  stessa  e  che  i  risultati  ottenuti  erano 
identici  a  quelli  di  prima,  salyo  quelli  che  riguardano  gli 
estremi  limiti  delle  temperature  sopportabili:  cioè  T ap- 
plicazione del  ghiaccio  e  dell*  acqua  a  60®  che  duri  più  di 
r  è  dolorosa  e  toglie,  quando  questa  durata  giunga  ai 
3* ,  ai  4\  ecc. ,  quasi  affatto  le  sensibilità  tattile ,  cioò 
r  individuo  ha  coscienza  d*  un  corpo  che  sta  sulla  parte 
su  cui  si  appoggiano  le  due  punte  dell*  estesiometro , 
ma  non  può  precisarne  la  forma  nò  mai  arriva  a  distin- 
guere le  due  punte.  Del  resto  la  sensibilità  tattile  èra 
sempre  illesa  a  55®  od  a  50,  durando  T  applicazione  del- 
r  acqua  anche  5*. 

Esaurita  cosi  la  prima,  passo  alla  seconda  serie  delle 
mie  ricerche  sperimentali. 

Comincio  dai  narcotici.  Sul  principio  di  questo  lavoro 
ho  già  accennato  che  gli  effetti  dell'uso  topico  dei  nar- 
cotici in  terapia  ci  fanno  prevedere  V  azione  degli  stessi 
sulla  sensibilità  tattile.  Ad  ogni  modo  le  relative  espe- 
rienze, siccome  quelle  che  sono  proprio  dirette  allo  stu- 
dio di  quésta  loro  azione,  possono  tornar  utili  a  preci- 
sarla. Ho  scelto  due  sostanze  delle  più  narcotizzanti  fra 
i  narcotici  —  se  mi  è  permesso  il  bisticcio  ;  cioò  il  lau- 
dano di  Sydenham  e  la  belladonna  (  estratto  acquoso  ). 
— ^U  metodo  tenuto  in  queste  esperienze  fu  come  quello 
con  cui  furono  condotte  le  esperienze  della  prima  serie  : 
ne  differenzia  solo  per  questo,  che  invece  di  fare  Tappli- 
cazione  della  bottiglia  contenente  acqua,  con  un  pennello 
intriso  nel  laudano  o  nella  belladonna  si  stende  un  sot- 
til  velo  sulla  parte  di  cui  si  vuole  esplorare  la  sensi- 
bilità tattile ,  che  è  ancora  il  palmo  della  mano  sini- 
stra e  r avambraccio  sinistro.  Nelle  prime  esperienze  ho 


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\M$fn$to  «Drwfs  16*  prima  di  tentar  lo  stato  di  sen- 
cibUità  indotto ,  nelle  ultime  solo  5*  :  trovai  gli  efifetti 
Mia  stessa  inteositi.  Invece  lasciando  scorrere  dalFap-i 
plìoatkiM  pia  di  40\  V  effetto  era  scomparso  e  non  si  po« 
t»Tm  più  oogUero  differenza  fra  lo  stato  normale  della 
•SKibiìiti  e  lo  stato  di  sensibilità  dopo  V  applicazione  dei 
iiMr<Kilki  La  tavola  D,  in  cai  sono  appunto  registrate 
)•  «sfierìente  relative  ai  narcotici ,  mi  jfe  concludere  che 
<|iiii$li  hanno  una  azione  identica  a  quella  che  hanno  le 
f«^pi^r«iture  di  0^  e  di  60®.  È  poi  anche  chiaro  che  la 
MWk^na  ed  il  laudano  tengono  press'  a  poco  la  stessa 
inh^u^U  di  azione  ottundente  della  sensibilità  tattile.  Per 
(s^lH^r^  ì)  dubbio  che  questi  risultati  si  dovessero  al  velo 
MUl^  v>K<^  i\  narcotico  costituiva  per  la  spalmatura  che 
)i»^  Hi^  ^^m  fiotta,  con  un  panno  si  levava  leggermente  il 
iiifciw^iw  e  ai  procedeva  poscia  all'  esplorazione  coli'  este- 

Quaiito  a)  senapismi ,  io  non  trovai  differenza  alcuna 
H^  l'ìjiulUtì  ottenuti  dall'applicazione  degli  stessi  semi 
dì  5àoa^p0  pWktati  con  acqua  in  forma  di  cataplasma , 
Okù  vi*uU<fcM  avuti  dall'applicazione  dei  narcotici.  (Veg- 
g^^ì  U  tavola  K  ).  Conviene  notare  che  quanto  più  il 
.vM»c4piv>iiUsv  W^  forte ,  tanto  più  la  sensibilità  tattile  si 
ivml\^\u  v^ttusa*  L*  azione  poi  del  senapismo  sulla  sensi- 
bihtiV  mutilo  dura  pochi  minuti  —  non  più  di  5'  — 
vK^H^h^  Hi  Wyò  dalla  parte  il  senapismo  stesso.  Ecco 
.\vUuujw<^  uiK^  diflferenza  riguardo  alla   durata  dell'  azione 

\\4  \xu\ii>  di  queste  esperienze  ho  pure  osservato  i 
Wii.u^^u  ftvUi.  l  luwtieri  degli  individui  su  cui  si  esplora 

V  VMv^iv^  vk>llH  ^v^billtà  tattile  non  implicano  nò  traggon 
v>\v/  CvuUsV  Uit{^>^u«a  riguardo  ai  limiti  massimi  e  mi- 
'i.u;.   U  ìkv<i^\^uA^  dei  gradi  di   temperatura   e  circa  le 

V  Hx^xv  'AVK4  dWrMiwe  della  temperatura  stessa  nei  suoi 


279 

varii  gradi.  Giunsi  a  questa  conseguenza,  esaminando  lo 
stato  della  sensibilità  tattile  di  parecchi  facchini  nelle 
sue  varie  modificazioni  per  la  temperatura  e  confrontando 
i  risultati  ottenuti  sopra  giovani  studenti.  —  Le  espe- 
rienze riportate  nelle  singole  tavole  furono  tutte  fatte  su 
studenti. 

Il  limite  massimo  e  minimo  di  temperatura  sopportabile 
è  più  circoscritto  nei  luoghi  ove  la  pelle  è  più  fina,  quan- 
tunque la  sensibilità  tattile  possa  negli  stessi  essere  in- 
feriore, meno  acuta  che  non  in  siti  a  pelle  grossa.  Cosi 
se  al  palmo  della  mano  il  limite  massimo  sopportabile  di 
temperatura  è  a  62®,  questo  limite  massimo  è  a  60**  al- 
l' avambraccio ,  dove  la  pelle  è  più  fina  e  dove  la  sensi- 
bilità tattile  è  meno  acuta  :  si  dica  lo  stesso  del  limite 
minimo  di  temperatura  sopportabile.  Ho  voluto  aggiun- 
gere anche  questi  due  fatti  per  mantenere  le  promesse 
espresse  riguardo  agli  stessi  nelle  prime  pagine  di  questo 
lavoro ,  a  cui  io  dò  termine ,  ringraziando  di  cuore  il 
professore  Mantegazza  al  quale  io  devo  la  possibilità  di 
aver  incominciate  e  proseguite  queste  ricerche. 


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Al  palmo  iella  mano  tinislra. 

All'ava 

itbraccio  iinittro. 

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All'avambraccio 

sinistro. 

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Tavola  E. 


Al  palmo  della  mano  sinistra.     I  AW avambraccio  sinistro. 


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17 

16 

10 

11 

29 

33 

17 

7 

9 

28 

35 

18 

9 

11 

25 

29 

19 

6 

8 

22 

25 

20 

5 

8 

20 

28 

21 

7 

8 

23 

28 

22 

8 

10 

29 

38 

23 

10 

12 

29 

33 

24 

12 

14 

26 

29 

25 

5 

8 

19 

28 

288 

Prospetto   «llnleo    della  B«  Heaola    di   ostetrieliè 
in    Milano    diretta»    dui    prof,    l^ieitr^  JLttttaii 

per  Tanno  tsiie<  compilato  dal  doti,  csabtawo 

CAHATi,  2.®  assistente  alla  medesima.  —  Anno 
quarto. 

Ci  questo  il  quarto  anno,  nel  quale  pubblico  il  Prospetto 
Clinico  della  R.  Scuola  di  Ostetricia  in  Milano,  e  la  buona 
accoglienza  che  finora  «ricevettero  questi  lavori  fanno  si 
che  fiducioso  mi  riponga  air  opera,  sperando  di  far  cosa 
gradita  ai  cultori  della  scienza  ostetrica,  che  vi  trovano 
larga  messe  di  fatti  pratici  e  di  osservazioni  cliniche  rac- 
colte al  gran  libro  della  natura  sotto  la  direzione  del- 
l'egregio Professore  Lazzati,  cui  mi  legano  stima  gran- 
dissima e  gratitudine  perenne  per  le  vaste  cognizioni, 
onde  sempre  mi  fu  largo  in  ogni  e  qualunque  circostan- 
za. Ma  prima  di  dare  cominciamento  alla  esposizione  cli- 
nica, mi  credo  in  dovere  verso  tutti  coloro,  che  mi  leg- 
geranno ,  di  dire  due  parole  del  perchè  nella  redazione 
di  questo  Prospetto  io  mi  sia  alcun  poco  allontanato  dalla 
via  seguita  negli  antecedenti  rendiconti,  adottando  cioè 
una  strada  più  breve,  più  concisa,  meno  abbondante  di 
osservazioni  cliniche  e  di  dettagliate  storie,  sicché  men- 
tre negli  altri  trovansi  una  ricca  raccolta  ed  esposizione 
di  fatti  pratici,  in  questo  invece  ve  ne  sarà  solo  un  pic- 
colo numero,  e  questo  pure  compreso  entro  brevi  confini. 
A  ciò  fare  spinsero  il  desiderio  di  non  dilungarsi  trop- 
pò,  e  ridea,  che  mentre  prima,  trattandosi  di  una  scuola 
retta  da  metodi  e  principii  nuovi,  abbisognava  far  cono- 
scere colla  pratica  alla  mano  la  giustezza  e  le  buone  rie- 
scite  dei  principii  insegnati  del  Professore  Lazzati ,  ora 
invece  basta  la  esposizione  sommaria  di  quanto  avvenne, 
perchè  non  è  che  una  riprova  di  quanto  fu  detto  e  fu 
scritto  negli  anni   precedenti  e  di  quanto  giornalmente 


289 

Tiene  insegnato  e  dimostrato.  Per  conseguenza  ne  risulterà 
anche  assai  minore  la  mole  del  lavoro»  ma  sarà  desso  non 
meno  interessante  e  proficuo,  perchè  vi  staranno  compen- 
diate le  cose  principali  e  più  utili  a  conoscersi,  come  non 
vi  mancherà,  lo  spero,  nulla  perchè  non  abbia  a  riescire  in- 
sufficiente in  alcune  sue  parti ,  o  indegno  di  quelli  che  )p 
precedettero.  L*  ordine  generale  seguito  sarà  lo  stesso , 
identiche  le  tre  divisioni  principali  in  gravidanza,  par- 
to, puerperio;  forse  qua  e  là  si  troveranno  delle  brevi 
digressioni,  dei  riepiloghi,  dei  confronti  con  quanto  suc- 
cedette negli  anni  precedenti ,.  il  che  riescirà  piìi  dilette- 
vole che  il  voler  fare  come  negli  scorsi  anni  narrazioni 
semplici,  che  se,  come  ho  detto,  precedentemente,  pote- 
vano farsi ,  anzi  si  richiedevano  necessarie  pei  primi  an- 
ni, ora  penso  non  più  doversi  praticare,  perchè  ne  manca 
la  ragione  principale. 

Gravidanza, 

Le  gravide  esistenti  nell*  Ospizio  al  1.^  gennajo  1866 
erano  33,  e  516  ne  entrarono  durante  Tannata,  formando 
cosi  un  complessivo  numero  di  549  donne  gestanti,  che 
richiesero  la  nostra  assistenza  ;  fra  queste  478  partori- 
rono, 21  tuttora  gravide  o  ritornarono  alla  propria  ca- 
sa, o  per  speciali  circostanze  vennero  trasferite  allo  Spe- 
dale Maggiore,  e  50  rimanevano  gravide  nell'Ospìzio  alla 
mezzanotte  del  31  dicembre  1866. 

Le  accettazioni  suddivise  a  seconda  dei  mesi  si  effet- 
tuarono nel  modo  seguente: 


Annali.  Voi.  CCL  19 


S90 


Gennajo    . 

.    .      N.*    49    Luglio      .    . 

.      N.^ 

40 

Febbrajo  . 

.    .    .    »    40    Agosto      .    . 

» 

48 

Marzo  .    . 

...»    50    Settembre 

.    .    » 

48 

Aprile 

...»    45    Ottobre    .    . 

4                         » 

35 

Maggio     . 

.    .    .    »    37    Novembre 

» 

38 

Giugno     . 

.    .    .    »    42    Dicembre  ^    . 

» 

44 

' 

Totale    N.«  516. 

Da  cui  risulta  che  la  massima  accettazione  si  elSettaò 
nel  mese  di  marzo ,  la  minima  nell*  ottobre ,  e  in  ordine 
decrescente  starebbero  i  mesi  di  gennajo,  T agosto  e  set- 
tembre^ l'aprile,  il  dicembre;^  il  giugno,  il  febbrajo  e  luglia, 
il  novembre  ed  il  maggio ,  e  questo  risultato  che  punto 
non  si  accorda  coi  risultamenti  aruti  negli  anni  decorsi 
1863,  1864,  1865,  tranne  pel  meige  di  marzo  negli  anni 
1865  e  1866,  ci  prova  come  non  sia  possibile  fissare  un 
dato  certo,  per  poter  dire  in  quali  mesi,  e  per  quali  cir- 
costanze avviene  presso  di  noi  la  massima  affluenza  di 
gestanti. 

Come  fu  minore  il  numero  delle  accettazioni  avvenute 
nel  1866  in  confrontò  all'anno  precedente,  in  cui  si  eb- 
bero 555  accettazioni ,  cosi  minore  fu  il  numero  delle 
donne  gravide  che  si  ammalarono,  e  questa  cifra  delle 
donne  malate  fu  proporzionalmente  inferiore  anche  cal- 
colate le  minori  accettazioni  ;  infatti  nel  1865  sopra  un 
totale  di  601  gestanti  ^  comprese  le  esistenti  al  primo 
gennajo,  si  ebbero  181  malate,  mentre  nel  1868  sopra 
un  complessivo  di  549  se  ne  ebbero  sole  139.  Ma  sic- 
come la  proporzione  loro  diversificò  a  seconda  dei  mesi, 
cosi  credo  bene  l'istituire  il  seguente  prospetto,  come  già 
venne  fatto  nell'anno  precedente,  nel  quale  sinotticamente 
si  trovano  esposti  i  dati  principali,  cioè  quante  esiste- 
vano già  malate  nell'Ospizio,  quante  pervennero  malate 
dalla  propria  casa ,  quante  se  ne  ammalarono  nell'  Ospi- 
zio cogli  esiti  relativi. 


291 


Movimento  generale  delle  gravicie  ammalate. 


Mese 

s 

Entrate 

dalla  propria 

casa 

Entrate 

dalle  gravide 

sane 

9 

Passate        | 

ra  le  puerpere  H 

malate         || 

'  Uscite         H 
dall'Ospizio 

• 

o 
o 

1 

co 
«4 

a 

i             * 

'     1 

<M 

' 

' 

• 

Gennajo.  .  .. 

5 

3 

9 

8 

2 

Febbraio  .  . 

6 

9 

2 

Marzo .  •  .  : 

3 

5 

4 

6 

2  , 

• 

Aprile.  .  .  . 

6 

4 

4 

a 

' 

Maggio  ... 

\ 

5 

5 

4 

4 

■ 

Giugno  .  .  . 

5 

12 

13 

7 

Luglio    .  .  . 

6 

10 

8 

6 

1 

Agosto  .  .  . 

4 

.    7 

5 

6 

• 

Settei^bre.  . 

6 

<    11 

,  8 

7 

- 

Ottobre .  .  . 

S 

6 

6 

4 

Novembre.  . 

3 

6 

6 

3 

■ 

Dicembre .  . 

5 

1 

9 

4 

78 

V 

4 

1 

3 

44 

90 

54 

* 

4 

3 

139 

139 

1 

- 

Il  decorsae  la  natura  delle  malattie  anche  quest' anno 
si  può  dire  abbiano  corrisposto  presso  a  poco  a  quanto 
io  già  esponevo  nel  precedente  mio  Prospetto  clinico 
nel  1865,  cioè  le  affezioni  da  cause  reumatizzanti  nel- 
l' inverno , .  nel  principio  di  primavera  e  alla  fine  del- 
l'autunno,  mentre  di  prevalenza  si  notarono  le  forme  con- 
gestive  al  capo,  e  gli  edemi,  segnatamente  parziali  alle 
gambe,  nei  mesi  caldi.  Del  resto,  come  si  vedrà  dalla  ta- 
vola nosologijca  che  or  ora  andrò  esponendo,  si  notarono 
molte  malattie  delle  gravide  che  certamente  non  prove- 
nivano da  influenze  cosmo-telluriche,  perchè  talune  erano 
causate  dallo  stato  di  gravidanza,  altre  acquisite  o  abi- 
tuali all'individuo  che  le  portava  e  affatto  indipendenti 
dalla  gestazione. 


292 

Le  precauzioni  e  le  misure  profilattiche  di  cui  già 
ho  parlato  nel  Prospetto  Clinico  pel  1865,  quando  fummo 
minacciati  dal  cholera-morbus,  vennero  pure  subito  messe 
in  opera  quest*  anno  alle  prime  avvisaglie  del  terribile 
male ,  e  sebbene  la  nostra  città  non  sia  stata  colpita  che 
in  due  sole  vittime,  pure  le  misure  adottate  vennero 
continuate  fino  a  che  fu  tolto  ogni  timore  di  manifesta- 
zione di  questa  malattia,  in  quanto  nel  nostro  Ospizio 
potevano  in  allora  accedere  gestanti  provenienti  da  un 
sito  qualunque  d*  Italia ,  il  che  più  non  avverrà  per  le 
nuove  regole  di  accettazione  iniziate  al  principio  dell*  an- 
no 1867. 

Anche  le  misure  addottate  nello  scorso  anno  1865  ven- 
nero pure  seguite  nel  1866  allo  svilupparsi  di  qualche 
caso  di  vajuolo,  cioè  il  pronto  trasporto  della  ammalata 
nell'apposito  comparto  presso  lo  Spedale  Maggiore,  e  la 
rivaccinazione  delle  altre  ricoverate,  per  cui  non  si  ebbe 
alcun  caso  di  trasmissione  di  tale  malattia  «  ad  altre  don- 
ne, come  una  pronta  separazione  delle  scabbiose  valse  a 
far  si  che  in  altre  non  si  propagasse  quésta  schifosa  ma- 
lattia. 

Come  ho  detto ,  di  diversa  natura  furono  le  malat- 
tie che  colpirono  le  nostre  gravide  durante  il  decorso 
anno  1866,  e  tranne  alcuni  pochi  casi,  i  quali  special- 
mente erano  legati  allo  stato  di  gravidanza,  quali  Tana- 
sarca,  l'eclamsia,  l'emorragia  cervico-placentale,  il  vomito 
infrenabile,  Ù edema  polmonale,  T osteomalacia ,  gli  altri 
non  presentarono  gravezza  di  sintomi,  e  cedettero  sotto 
i  sussidii  di  una  terapia  razionale  e  giusta.  Ecco  frattanto 
il  quadro  sommario  delle  malattie  presentate  da  queste 
132  gestanti. 


Denominazione         Numero 
delle  delle  gravide 

malattie  \        ^    malate 


Denominazione 

delle 

malattie 


293 

Numero 
delle  gravide 
malate 


Febbre  reumatica    . 
Febbre  intermittente 
Febbre  gastrica  . 
Febbre  miliare   .     . 
Ca^ngestioae  cerebrale 
Pletora  uterina  .     . 
Bronchite  .     ... 
Bronco-polmonite     . 
Angina  to.n&illare    . 
Gastrite  .  .     .     .     . 
Enterite     ^    .     .     • 

Mastite 

Diarrea  .  ,  .  . 
Dissenteria  .  ..  . 
Tubercolósi  .  .  . 
Podartrocace  destro 
Patereccio.  •  .  . 
Cardiopatia-  •  .  • 
Cloro-anemia .  .  . 
Isterismo  .  .  •  . 
Epilessia    .... 


2  Eclampsia .     .    ^     .     .     .  4 

2  Edema  senza  albuminuria  10 

2  Edema  con  albuminuria  .  -7 

1  Anasarcà  senzsi  albuminu- 

14  ria     ......     .  3 

2  Edema  polmonale    ...  1 
19      Osteomalacia 3 

1      Asma 1 

1  Forme  veneree  e  sifilitiche  16 

2  Vomito  incoercibile      .     .  1 

3  Eczema  alle  mammelle  2 
2  Eczema  sparso  ....  1 
6      Yajuolo i 

1  Scabie  ........  2 

4  Varici    .......  4 

2  Piaghe.    '. 1 

2  Congiuntivite  reumatica  .  2 

1  Emorragia  eervico-placen- 

2  tale    . 4 

3  Melanconia  .....  2 
3  Metrorragia   ......  1 

^      Pellagra 1 

72  — 

67 


Totale  N.»  139. 


Tra  queste  diverse  affezioni  morbose,  di  cui  talune 
tennero  decorso  assai  breve  per  V  indole  stessa  della  ma- 
lattia, 0  perchè,  sviluppatesi  pqco  prima  del  parto,  ces- 
sarono nei  primi  giorni  del  puerperio,  non  trovo  molto  a 
dire.  Epperò  mi  limiterò  ad  accennare  solamente  di  al- 
cune che  giudico  le  più  importanti,  seguendo  nella  espo- 
sizione loro  r  ordine  con  cui  vennero  registrate  nella  ta- 
vola nosologie  a. 


294 

I  due  casi  di  mastite,  che  interessavano  la  iHam- 
mèlla  sinistra,  passarono  entrambi  all'esito  della  sup- 
purazione, che  richiese  l'incisione  col  Ustori,  e  l'uso 
di  continuati  cataplasmi,  mantenendosi  tuttora  la  malat- 
tia all'  epoca  del  parto,  come  giornalmente  e  quasi  sem- 
pre si  osserva  nelle  mastiti,  che  si  sviluppano  in  gravi- 
danàsa^  segnatamente  poi  negli  ultimi  mesi. 

II  podartrocace  destro,  susseguito  a  caduta  o  piutto- 
sto ad  improprii  maneggi  fatti  da  una  donna  aggiustar^ 
ossa  allo  scopo  di  ridurre  una  lussazione,  che  forse  in 
origine  non  esìsteva ,  affliggeva  una  giovane  (  N.^  202  ) 
di  33  anni,  di  aspetto  delicato,  gracile,  di  temperamento 
linfatico,  già  altre 'volte  madre,  la  quale  ci  provenne  in 
corso  di  tabe  dallo  Spedale  Maggiore,  dove  era  stata  ri- 
coverata qualche  mese  prima  per  la  malattia  al  piede. 
Durante  la  sua  dimora  in  questo  comparto  ostetrico 
(giorni  ventotto)  si  manifestarono  a  varie  riprese  esa- 
cerbazioni  di  processi  flogistici  locali,  risipole  alla  coscia 
e  gamba  corripondente,  accompagnate  a  flemmoni  parzi^^li, 
a  febbri  remittenti,  a  smagrimento  progressivo  e  rapido 
della  gestante,  per  cui:  vedendosi  lo  stato  di  questa  mi- 
sera dcHina  sempre  t>itc  aggravarsi,  sia  nelle  condizioni 
generali,  come  nelle  locali,  e  temendo  che  anche  lo  stato 
di  gravidanza  contribuisse  a  peggiorare  la  malattia  col- 
r edema  che  si  era  andato  formando  nell'arto  inferiore 
destro,  e  per  la  remora  di  sangue  causato  dalla  pressione 
dell'utero  gravido,  si  decise  il  Professore  di  passare  alla 
provocazione  artificiale  del  parto  alla  fine  dell*  ottavo 
mese  mediante  la  siringa  elastica  introdotta  fra  l'utero 
e  le  membrane  :  il  parto  si  effettuò  naturalmente  ^  fa- 
cilmente, e  nacque  un  bambino  di  sesso  masoolino^  vivo 
e  sano,  che  passò  al  Luogo  Pio  degli  Esposti.  In  seguito 
la  donna  si  mostrò  un  pò  piii  calma ,  in  quanto  prima , 
essendo  di  squisita  sensibilità  fisica  e  morale,  era  conti- 
nuamente cruciata  dal  pensiero  del  parto  e  del  bambino 


2§5 

che  portava  in  grembo:  in  6.'  giornata' 4al  puerperio 
persistendo  il  podartrocace ,  è  progredendo  il  marasmo, 
venne  trasferita  in  una  sala  chirurgica  dello  Spedale  Mag- 
giore, dove  ci  consta  mori  qualche  mese  dopo. 

La  eclamsia  in  donne  gravide  si  manifestò  quattro 
volte,  e  né  formarono  soggetto  le  iscritte  ai  N.*'  491  del 
1865,  J17,  200  e  472  del  1866;  diremo  brevemente  due 
parole  di  queste  quattra  donne.^ 

*  •  •  ' 

La  iscritta  al  N^V  49i  ,  d'anni. 22,  presentavnsi  con  gravi- 
danza gemellare,  anasaroatica,  ma  senza  alikiminia  nelle  odne; 
dimorava  neir  Ospizio  dal  13  novei^ìbre  1865,  quiando  il  giorno 
1 7  febbrajo  1866  verso  le  ore  7  pomeridiane  si  destò  travaglio 
di  parto,  avvenendo  subito  la  rottura  della  borsa.  Ma  il  trava- 
glio progrediva  lento  per    contrazioni    irregolari  e  poco  espul- 
sive,   per  cui  alle  10  antim.  del  18  venne  salassata,    avendosi 
dilatazione  di  un  pollice  della    bocca   uterina  b  la    testa  fetale 
impegnata  all'  apertura  superiore  in  2.^  posizione  dell'occipite  ì 
ciò  nonostante  il  parto  non  progrediva  ed  anzi  ver^o  le  2.  ^/^  pom. 
sussistendo  le  stesse  condizioni  si  ripetè  il  salasso,  ma  con  poco 
giovamento.  Verso  le  5  pomeridiane  com^pare  un  primo  accesso 
eclamsico  ,  ed^  essendo  allora    dilatata  quasi    completamente  la 
bocca  uterina,  si  estrae  col  forceps  il  aprirne  bambino,  sperando 
si  sospendessero  gli  accessi.  Così  fu,  ma  il  parto    non  progre-- 
diva  ed  il  2.^  bambino  che  pur  si  presentava  per  1'  occipite  ma 
in  1.*  posizione  non  avanzava    nel    canale  pelvico,    laonde  te- 
mendo   si    rinnovasse    l' eclamsia    per  la  durata    del    travaglio 
(  ore  8.  ^/j  pom.  )  si  estrae  anche  questo  col  forceps.  Il  primo 
era  un  maschio,  il  secondo  una  femmina,  ambedue  vivi  e  bene 
sviluppati.  Il  secondamento    fu  pronto.    Ma  un'  ora  circa  dopo 
l'operazione  comparve  un  2.®  accesso  eclamsico,  però  breve,  ac- 
compagnato ad  emorragia  consecutiva  da  inerzia,  che  cedette  ai 
soliti  mezzi.  Erano  svanite  le  conseguenze  della  eclamsia,  quando 
una  febbre  puerperale  ribelle  ad  ogni  cura  la  tolse  di  vita  alle 
ore  5  ^/i  antim.  del  23  febbrajo.  L' àutossia>  rilevò  isoliti  esiti 
della  peritonite ,  nessuna  altei^azione  ai  reni.  Si  notò  iche  que- 
sta donna,  la  qualé^  non  avea  mai  avuto   albumina  nelle  urine 


296 

dafftnta  la  gravidanza^  sebbene  anasareatica,  la  preientò  In  so- 
praparto e  fino  al  3.^  giorno  di  puerperio. 

r 

! 

La  seconda  psservazione  si  riferisce  ad  una  epilettica  ,  che 
trasferitaci  dall'  Ospedale  Maggiore  in  travaglio  di  parto ,  pre- 
sentò dopo  essere  qui  giunta  due  accèssi  di  eclamsia  bene  de- 
cisi: presentandosi  il  bambino  colla  estremità  cefalica  !e  proci- 
denza  del  cordone  ombelicale  \  occipite  11*  posizione  )  si  estrasse 
col  rivolgimento,  tuttora  vivo.  Dopo  il  parto  si  rinnovò  nn  3.^ 
accesso ,  e  quin^  .  sopraggiunto  delirio  clamoroso  e  pericoloso 
venne  trasferita  alla  sala  deliranti  dello  Spedale  Maggiore  il 
giorno  stesso  (13  marzo  )  verso  le  4  pomeridiano ,  cinque  ore 
dopo  la  operazione  ;  questa  donna  era  gravida  per  la  7.^  volta, 

non  aveva  edema  e  mancava  l'albumina  nelle  orine. 

u' 

V 

t  '  • 

Più  grave  ci  si  offerse  la  eclamsia  nella  iscrìtta  al  K.^  200, 
che  primipara  edematosa  agli  arti  inferiori ,  albuminnrica  in 
alto  grado ,  fu  còlta  tuttora  gravida  nel  corso  del  1?  mese  da 
un  primo  accesso  eclamsico,  susseguito  in  breve  corso  di  tempo 
da  altri  due,  sebbene  salassata  e  applicato  il  ghiaccio  al  capo. 
In  seguito  si  destò^  travaglio  di  parto,  e  sia  per  facilitarlo,  sia 
per  tentare  di  sospendere  gli  accessi,  si  passò  alla  rottura  ar- 
tificiale della  borsa,  ma  inutilmente,  perchè  nello  spazio  di  dieci 
ore  erano  sopravvenuti  17  accessi.  Appena  la  bocca  uterina  il 
permise,  si  passòr  alla  estrazione  del  bambino  settimestre  col 
forcipe.  Ma  il  male  non  cessò  ;  altri  dieci  accessi  si  mostrarono 
dopo  il  parto,  persistendo  un  continuo  coma,  ed  alle  ore  10.  ^/| 
antim.  del  22  maggio,  cioè- sei  ore  dopo  lo  sgravio,  sebbene  si 
ricorresse  a  cacciate  di  sangue,  vescicanti,  senapismi,  ecc.,  ces- 
sava di  vivere.  La  autossia  non  valse  a  spiegare  la  morte 
avvenuta  per  eclamsia  :  i  reni  presentaronsi  congesti. 

L'ultimo  caso  ci  venne  offerto  dalla  iscritta  al  N.^  472, 
primipara,  anasarcatica  ed  albuminurica.  Sopraggiunse  il  primo 
accesso  primachè  si  manifestasse'  travaglio  di  parto,  che  si  di- 
chiarò poco  dopo  :  ebbe  subito  un  salasso  ed  il  ghiaccio  al  capo, 
poi  sanguisughe,  ed  ammoniaca  internamente:  si  notarono  17 
accessi  eclam^ici  dalle    ore  10    antim.  alle  11.  ^/|  pom.  in  cui 


297 

fu  possibile  estrarre  ir  bambino  coi  forcipe  :  altri  due  accessi  si 
mostrarono  subito  dopo  l'operazione.  In  seguito  il  puerperio  fu 
disturbato  da  ingorgo  con  edema  polmónale  e  da  tiroidite  che 
minacciava  passare  a  suppurazione,  per  cui  tredici  giorni  dopo 
il  parto  fu  trasferita  allo  Spedale  Maggióre.  Le  orine  cessarono 
dallo  essere  albuminose  in  4.*' giornata. 

Riepilogando  queste  quattro  osservazioni  troviamo  che  : 

1.^  tre  erano  primipare,  edematose,  albuminuriche ; 
una  gravida  per  la  7.^  volta  ma  epilettica  dall*  infanzia, 
e  quanto  sia  facile  il  tramutarsi  della  epilessia  in  eclamp- 
sia nelle  gravide  e  partorienti  non  è  necessario  il  dimo- 
stri; . 

2.®  in  due  Teclarnsia  si  manifesrfò  prima  che  si  di- 
chiarasse travaglio  di  parto,  che  vi  sussegui  subito  dopo, 
in  due  in  sopraparto;  ^ 

3.®  in  tutte  e  quattro  si  ricorse  alla  terapia  antiflo- 
gistica^ ai  rivellenti,  alla  liberazione  artificiale  col  forceps 
in  tre,  col  rivolgimento  in  un  caso; 

4.®  in  un  caso  si  tentò  con  vantaggio  anche  la  am- 
moniaca, che  non  valse  in  altro  caso  ; 

5.®  si  notò  un  caso  di  gravidanza  gemellare,  e  tre  di 
gravidanza  semplice; 

6.®  gli  esiti  avuti  in  queste  donne  furono  la  cessa- 
zione completa  della  eclamsia  in  tre,  mentre  in  una  sola 
fa  causa  di  morte ,  in  quanto  nelle  altre  sopraggiunse  o 
la  febbre  puerperale ,  che  le  tolse  di  vita ,  o  la  tiroidite 
suppurata,  o  il  delirio  che  necessitarono  il  trasporto  allo 
Spedale  Maggiore. 

7.®  Dei  bambini,  tre  vennero  estratti  vivi,  due  morti. 

G]ià  abbastanza  mi  dilungai  nei  miei  precedenti|Pro- 
spetti  clinici  e  in  altro  mio  lavoro .  intorno  a  questo  ar- 
gomento^ perchè  ora  mi  voglia  ancora  arrestare  in  pro- 
posito ;  piuttosto  parlerò  di  altre  malattie  che,  proprie  della 
gràvidahza,  presentaroro  interesse  dal  lato  ostetrico  e  ri- 
chiesero la  nostra  assistenza. 


'I 


298 

Emorragia  cermco^placentale.  Quattro  volte  fa  dato 
di  osservare  questa  anormale  inserzione  della  placenta^sal 
segmento  inferiore  delVutero,  sempre  centrale,  e  ci  venne 
offerta  dalle  ricoverate  97, 188;  205  e  260  ;  pluripare,  entra- 
te tre  in  sopraparto  ed  una  cinque  giorni  prima,  perchè  già 
visitata  ripetutamente  da  emorragie  ricorrenti  od  abbon- 
danti ;  in  tre  si  premise  il  tamponamento  praticato  o  al 
loro  domicilio  o  nell'Ospizio,  e  si  ultimò  il  parto  sempre 
artificialmente  col  rivolgimento  appena  la  bocca  uterina 
il  permetteva;  due  volte  accadde  nel  corso  del  settimo  mese» 
una  volta  nell'ottavo  mese,  ed  una  volta  nel  nono  mese;  si 
estrassero  tre  bambini  vivi  ed  uno  morto ,  ma  quest'  ul- 
timo erar  mostruoso  per  idrocefalia,  spina  bifida  ed  incom- 
pleto sviluppo  di  alcune  parti  del  corpo.  In  tutte  susse- 
gui air  estrazione  emorragia  arrestata  colla  segale  cor-*» 
nuta ,  ghiaccio ,  ed  injezioni  acidulaté,  ed  il  puerperio  in 
una  fu  regolare,  in  altra  morboso  per  febbre  miliare,  ed 
in  altra  per  cistite,  che  già  Tavea  travagliata  anteceden- 
temente, é  di  cui  guari,  liella  quarta  per  febbre  puerperale 
che  fu  letale.  In  nessuna  fu  causa  diretta  di  morte  la  cat- 
tiva inserzione  della ,  placenta^  e  questo  buon  risultato  de- 
vesi  ascrivere  alla  regola  sanzionata  dalla  lunga  e  feliise 
esperienza  del  Professore  Lazzati  di  passare  subito  al  tam- 
ponamento appena  la  perdita  sanguigna  dimostra  trattarsi 
di  questo  pericoloso  accidente ,  facendovi  tener  dietro  la 
estrazione  del  bambino  e  lo  svuotamento  deirutero,  quando 
destatesi  le  contrazioni  uterine,  la  bocca  della  matrice  per*» 
mette  la  introduzione  della  mano  per  la  versione  e  suc- 
cessiva estrazione  del  bambino.  Seguendo  questa  via  si  po- 
terono ottenere  tali  risultamenti  abbastanza  soddis&centi 
per  le  madri  e  pei  bambini. 

La  osteomalacia,  che  pure  avvenne  di  riscontrare  iti 
tre  donne,  merita  che  io  vi  spenda  alcun  tempo,  perchè  dua 
volte  presentò  indicazioni  ad  atti  operativi;  ne  formarono 
substrato  le  inscritte  ai  numeri  237^  2S&  e  396.  Prove- 


299' 

Bienti  queste  tre  donne  da  paesi  affetti  da  miseria,  sof- 
ferenti fin  nella  alimentazione,  due  erano  pluripare  ed  una 
primipara,  il  che  è  ben  raro  ad  avvenire:  in  tutte  e  tre' 
si  notavano,  deformazioni  nello  scheletro  e  segnatamente 
nella  pelvi,  ma  quella  che  ci  offeriva  le  Maggiori  defor- 
mità era  la  iscritta  al  N.  396. 

La  ricoverata  n.®  237  viziata  nel  diametro  rotto  dell'  aper- 
tura superióre,  ridotto  a  pollici  3.2  =i  0"",086,  svegliatosi  il  parto 
spontaneamente  nel  corso  dell*  8.^  mese  di  gestazione,  essendosi 
fatto  procidente  il  cordone  ombellicale  colla  presentazione  del- 
l'occipite 1/  posizione,  fu  liberata  mediante  il  rivolgimento  ed 
il  puerperio  decorse  morboso  per  miliare ,  cui  si  associava  la 
preesistente  osteomalacia^  per  il  che  fu  in  seguito  trasferita  allo 
Spedale  Maggiore. 

j  r 

I 

Nella  ricoverata*  N.  282,  gravida  per  la  5.'  volta,  si  provocò 
il  parto  al  principio  del  9.®  mese  di  gestazione,  in  quanto  la 
preesistente  viziatura  pelvica  andava  rendendosi  sempre  mag- 
giore col  progredire  della  gravidanza  e  già  all'epoca  della  pro- 
vocazione del  parto  aveasi  il  diametro  retto  dell'  apertura  su* 
periore  ridotto  a  pollici  2.  11  =«  0™,079,  diminuiti  considere- 
volmeiite  gli  spazii  sacro-cotiloidei ,  e  la  distanza  fra  le  tu- 
berosità ischiatiche.  Il  parto  si  compi  naturalmente  e  facil- 
mente 15  ore  e  mezzo  dopo  la  introduzione  della  siringa  ela- 
stica eiitro  la  cavità  uterina  è  la  contemporanea  rottura  della 
borsa,  contro  cui  avea  urtata  la  siringa  appéna  introdotta.  Il 
puerperio  fu  regolare ,  e  la  donna  che  prima  '  del  parto  quasi 
non  poteva  règgersi  in  piedi ,  otto  giorni  dopo  camminava  da 
sé  per  le  sale  delle  puerpere. 

Più  importante  fu  il  caso  presentatoci  dalla  ricoverata 
n.*  396.  Questa  donna,  d'anni  34,  aVea  avuti  tre  parti  na- 
turali facili  a  termine  di  gestazione,  sebbene  qualche  dolore 
alle  ossa  del  bacino  avesse  cominciato  a  soffrire  nella  1.*  gra- 
vidanza ,  nella  quarta  risenti  maggiorì  i  dolori  alle  ossa ,  se- 
gnatamente dèlia  pelvi,  che  andò  deformandosi  iti  modo  che', 
entrata  nel  settembre  1862  in  questo  Ospizio ,    destatosi  spon* 


300 

taneo  il  travaglio,  fu  operata  di  rivolgimento:  ìnr  allora  già 
8i  notavano  deformazioni  nella  pelvi ,  essendo  il  diametro  retto 
della  apertura  superiora  ridotto  a  tre  pollici  »»  Q",081 ,  con  inci- ; 
piente  depressione  nelle  pareti  cotiloidee.  Si  sospese  in  puer/ 
perio  l'osteomalacia,  finché  di  nuovo  gravida  nel  1865,  questa 
ricomparve,  ma  fortunatamente  svegliatosi  il  parto  nel  corso 
del  7.®  mese,  si  compì  naturalmente  e  facilmente  ;  ben  diversa 
però  doveva  decorrere  la  bisogna  nella  sua  7/  gravidanza,  cioò 
l'attuale. 

I  dolori  e  la  malattia  delle  ossa,  che  aveano  fatto  tregua 
durante  il  tempo  in  cui  non  era  stata  gravida,  sebbene  ad  in- 
tervalli si  mostrassero  metrorragie  più  o  meno  abbondanti ,  si 
rinnovarono  maggiori  in  qtiesta  gravidanza!  e  la  deformazione 
della  pelvi  non  solo,  ma  di  tutto  lo  scheletro,  andò  rapidamente 
progredendo,  in  modo  che  di  conseguenza  vennero  disturbi  al- 
l' apparato  circolatorio  e  respiratorio,  per  cui  cercò  ricovero  in 
questo  Ospizio,  dovo  giunse  in  tale  stato  da  far  quasi  dubitare 
ad  ogni  istante  di  sua  esistenza.  Ischeletrita,  ^  con  dispnea  ricor- 
rente,  tos^e,  difficoltà  al  parlare,  voce  rauca,  impossibilità  a  qua- 
lunque movimento,  che  le  riesciva  eziandio  causa  di  atroci  do- 
lori, i  quali  si  esacerbavano  al  più  piccolo  palpamento,  vedovasi 
talora  farsi  cianotica  o  livida  in  volto,  con  minaccia  di  soffoca- 
zione. 

In  questo  stato  allarmante  e  perióoloso  decorse  il  breve  tem-. 
pò  che  rimase  fra  noi,  ed  anzi  ogni  giorno  più  andava  aggra- 
vandosi nelle  condizioni  generali  per  l'impedito  circolo  sangui- 
gno, e  per  le  deformazioni  della  pelvi  e  dell'ossatura  in  gene- 
raloj  che  crescevano  in  questa  misera  donna,  per  cui  il  Profes- 
sore si  decise  di  provocarle  il  parto,  sebbene  appena  nel  corso 
del  sesto  mese.  Qui  l' indicazione  proveniva  non  già  dalla  vi- 
ziatura pelvica  ,  ma  sibbene  dallo  stato  generale  gravissimo 
della  donna,  che  faceva  ad  ogni  istanto  temere  de' suoi  giorni, 
e  che  era  inerente  allo  stato,  di  gestazione  (  osteomalacia  che 
progrediva  rapidamente,  impedito  circolo  da^  pressione  del^utero 
gravido,  dalla  deformazione  generale  dello  scheletro,  è  partieo- 
laf mente  delle  pareti  ossee  del  torace,  conseguenza  del  rammol- 
limento delle  ossa):  permettendolo  gli  orificii,  si  praticola  pun- 
tura delle  membrane:  ma  appena  destatesi  le  contrazioni  ute- 


301 

rine  sembrò  ancor»  più  aggravarsi  lo  stato  generale,  la  dispnea 
era  continua,  talora  face  vasi  vera  ortopnea,  cianosi  ricorrenti  e 
gravi,  ambasi^ia  eontinua,  perfrigerazioni  generali,  segnatamente 
agli  arti,  ecc.,  finalmente  38  ore  ^/^  dopo  la  puntura,  della  mem- 
brane compivasi  naturalmente  il  parto  colla  nascita  di  bambino 
morto  semestr^B,  che  si  era  presentato  per  le  natiche  2.*  posi- 
zione. 

Al  parto  sussegui  una  breve  ed  illusoria  calma,  perchè  ri- 
presi poco  dopo  gli  stessi  fenomeni  di  impedita  circolazione, 
cessava  di  vivere  27  ore  dopo  lo  sgravio.  La  autossia  non  ri- 
levò  nulla  di  notevole  al  capo  ;  la  cavità  toracica  era  assai  an- 
gusta, schiacciata  ai  Iati,  lo  sterno  prominente  in  avanti  assu* 
mova  la  forma^  della  carena  di  una  nave ,  edemazia  e  conge- 
stione passiva  polmonale,  mucosità  nei  bronchi,  ipertrofia  con- 
centrica del  cuore ,  ingorgato  di  sangne  nella  sua  parte  de- 
stra. 

Ài  vèntre  nessuna  anomalia.  Tutto  lo  scheletro  era  defor- 
mato in  modo  considerevole:  nella  colonna  vertebrale  notavansi 
cifosi  alla  parte  superiore  della  porzione  dorsale ,  scoliosi  alia 
parte  mediana  ed  inferiore  dorsale ,  lordosi  alla  regione  lom- 
bare :  la  pelvi  presentavasi  triangolare  alla  apertura  superiore  :  il 
diametro  retto  superiore  utilizzabile  era  di  pollici  1.  7  t=3^0",043  , 
sporgentissimo  il  promontorio  sacrale:  lo  spazio  fra  questo  e  la 
parete  cotiloidea  destra,  era'  di  poliici  1,6  «i  0™,041  e  di  pol- 
lici 1,  4  =»  0"',037  dalla  parte  sinistra,  deforme  pure  la  aper- 
tura inferiore.^  £  come  prova  della  fragilità  somma  delle  ossa 
stava  una  frattura  a  sghembo  del  femore  destro,  causata  nel 
muoverla  pel  letto,  mentre  si  passava  alla  rottura  spontanea 
della  borsa. 

Questa  donna  ci  ofifrl  uno  degli  esemplari  più  mira-* 
bili  delle  conseguenze  tristi  che  può  portare  la  osteoma- 
lacia  per  sé  stessa  colla  deformazione  pelvi^ca  e  per  le  al» 
tre  conseguenze  che,  proveniènti  dalla  medesima  malattia 
delle  ossa,  quando  si  estende  a  tutto  lo  scheletro,  apporta 
agli  apparati  circolatorio  e  respiratorio.  Qui  infatti  ab- 
biamo avuto  le  frequenti  dispnee^  che  aumentavano  col 
progredire  della  gestazione,  Tutero  che  tutto  fuori  della 


302 

pelvi  comprimeva  i  va9i  addominali  è  pelvici,  onde  le 
edemazie  agli  arti,  la  conseguente  ipertrofia  di  cuore,  che 
in  questo  caso  va  considerata  quale  una  necessaria  conse- 
guenza deirimpedito  circolo,  perchè  il  cuore  dovendo  fare 
maggiori  sforzi  per  cacciare  il  sangue  ai  polmoni  ed  a 
tutto  il  corpo,  necessariamente  doveva  aumentare  di  azione, 
donde  un  maggiore  suo  sviluppo.  Xa  edemazia  e  la  conge- 
stione passiva  dei  polmoni  ci  si  mostrano  ^  pure  quali  de- 
rivazioni di  questo  generale  stato  di  irregolare  ed  insuf- 
ficiente circolazione,  cui  non  valse  a  ristabilire  lo  svuo- 
tamento  artificiale  dell'utero.  Questo  caso  per  noi  è  una 
delle  prove  più  potenti  e  chiare  dei  disturbi  che  la  grà^ 
vidanza  può  arrecare  colla  osteomalada  giunta  ai  \suoi 
gradi  estremi ,  disturbi  che  non  solo  si  devono  riferire 
alla  alterazione  delle  ossa  pelviche,  ma  sibbene  alle  con- 
seguenze che  ne  ponno  derivare  ali*  intero  organismo ,  e 
per  questo  abbiamo  creduto  bene  il  soffermarci  più  di 
quanto  forse  avevamo  prestabilito  sul  principio.  General- 
mente la  osteomalacia  viene  studiata  solo  dal  lato  essen- 
zialmente ostetrico  :  la  pelvi  colle  deformità  che  ne  conse- 
guitano, ecco  quanto  troviamo  nei  libri  di  ostetricia,  ma 
poco  0  nulla  vi  si  dice  delle  conseguenze  che  ne  derivano 
all'intero  organismo,  e  se  noi  studiamo  un  certo  numero 
di  donne  osteomalaciche,  vediamo  che  quanto  più  la  ma- 
lattia progredisce,  altrettanto  vanno  di  pari  passo  cre- 
scendo i  disturbi  generali,  e  dà  questi  e  non  dalle  sole 
alterazioni  del  bacino  deve  l' bstetricante  trarre  indica- 
zioni ad  atti  operativi.  Quanto  forse  non  può  essere 
giustificato  dalla  viziatura  pelvica , .  molte  volte  lo  di- 
venta dalle  condizioni  generali  dipendenti  dalla  stessa 
gravidanza,  e  se  noi  trascorriamo  i  Prospetti  clinici  de- 
gli anni  precedenti,  vediamo  come  alla  osteomalacia  altre 
volte  $i  combinarono  disturbi  agli  apparati  circolatorii  e 
respiratorii  apportati  dalla  gravidanza  stessa,  per  cui  si 
passò  a  provocazioni  di  parto,  ad  atti  operativi  diversi.. 


303 

E  poiché  il  diie(Hrso  gì  condusse  a  parlare  delle  alte- 
razioni di  circcrfo  e  di  respiro ,  che  la  gravidanza  in- 
duce nelle  donne,  oredo  conveniente  il  far  notare ,  come 
raramente  si  presentino  presso  di  noi  quelle  gravi  alte- 
razioni, che  sono  un  vero  portato  di  questo  stato,  e  tali 
da  mettere  a  pericolo  la  '  vita  delle  nostre  ricoverate. 
Fra  noi  generalmente  ricorrono  donne  sane ,  robuste , 
nel  fior  degli  anni  e  della  salute,  e  per  conseguenza  tro- 
viamo annotate  poche  affezioni  che  sieno  realmente  ri- 
petibili dalla  gravidanza  (edemi,  anassarca,  ecc»).  Questi 
disturbi  nei  pochi  casi  avuti  cessarono  tutti  col  cessare 
della  gravidanza  e  nei  primi  giorni  del  puerperio,  ed  anche 
la  albuminuria  prontamente  svaniva  collo  svuotarsi  del- 
r  utero,  come  già  ebbi  occasione  di  far  notare  più  detta- 
gliatamente, negli  scorsi  anni. 

Un  vofnito  infrenàbile  si  mostrò  nella  ricoverata 
N.  485: 

Secondipara,  d'anni  27,  entrava  nell*  Ospizio  il  giorno  10  di- 
cembre 1866;  di  aspetto  delicato  e  gracile^  raccontava  come 
Fattuale  gravidanza,  incominciata  nell'aprile,  avesse  sempre  pas- 
sato con  disturbi  di  stomaco  e  segnatamente  con  vomito  quasi 
infrenabile ,  per  cui  già  a  cask  sua  avea  subito  diversi  tratta- 
menti (  sanguisughe  ,  revellenti ,  rimedii  interni ,  ecc.  )  senza 
averne  giammai  ritratto  deciso  vantaggio;  per  qualche  giorno  il 
vomito  sembrava  cessato^  quindi  riprendeva  coii  maggiore  forza, 
e  nel  frattempo  si  notavano  in  lei  un  progressivo  smagrimento  ed^ 
un  indebolirsi  di  tutta  quanta  la  persona,  per  cui  ài  era  decisa 
di  riparare  in  questa  cllnica.  Prima  dello  stato  di  gravidanza 
non  avea  mai  sofferto  di  vomito,  e  la  salute,  sebbene  non  flo- 
ridissima ,  pure  le  avea  permesso  di  attendere  alle  occupazioni 
sue  di  servente.  *  f 

Come  ho  già  detto,  al  suo  ingresso  mostra  vasi  deperita  sen- 
sibilmente ,  occbio  languido  ed  incavato ,  volto  pallido  '  e  soÉFe- 
rente,  polsi  sempre  bassi,  talora  frequenti  e  febbricitanti,  dolori 
quasi  continui  all'  epigastrio,  linguA  sudicia,  malinconia  conti- 
nua,  vomito  ricorrente.  'Si  tentiirono  nell'Ospìzio  il  magistero  di 


304 

bismuto,    il  bicarbonato  dì  soda,  gli  oppiati,  i  nervini,  i  re- 
vellenti,  la  dieta  svariata,  tutto  inutilmente:  il  vomito  facea 
qualche  breve  tregua,  poi  rìcomparìva  forse  maggiore,  certo  di 
maggiore  aiione  sulla  gestante,  .anzi  verso  la  fine  di  dicembre 
si  fece  esso  tanto  grave,  da  mettere  in  gran  pericolo  la  vita  della 
ricoverata,  che  per  soprappiù  era  anche  affetta  da  forme  sifiliti- 
che al  pudendo,  per  cui  si  usò  qualche  rimedio  locale;  la  tabe- 
scenza    aumentava.   Per    tutto  ciò  il  Professore,  pensando  che 
forse  cosi  abbandonata  a  sé  la  gravidanza,  la  donna  non  avreb- 
be assai  probabilmente  potuto  sopravvivere,  e  con  essa  avrebbe 
corso  un  pericolo  sicuro  anche  il  bambino,  decise  di  provocare 
artificialmente  le  doglie  del   parto.   Infatti    dopo  due  giorni  di 
un  vomito  ostinatissimo,  che  si  ripeteva  a  brevissimi  intervalli 
e  con  sempre  crescente  forza,  sicché  non  una  goccia  di  acqua 
veniva  tollerata  da  questa  povera  donna  ^  il   Professore  si  de- 
cise di  passare  alla  provocazione  del  parto,  qualora  continuasse 
ancora  per  qualche  giorno  ,  come    diffatti  avvenne ,  e  sebbene 
passasse  alla  puntura  delle  membrane  il  1.®  gannajo  1867,  pure 
lo  accenno  qui  in  quanto  i  fatti  principali  riferibili   a   questa 
gestante*  si  svolsero  nel  1866.  Otto  ore  dopo  praticata  la  pun- 
tura, si  effettuava  naturalmente  e  facilmente  il  parto,  essendosi 
il  bambino  presentato  per  1*  occipite  1/  posizione:   il   neonato 
era  sano,  non  molto  sviluppato,  di  circa  mesi  otto  e  mezzo,  di 
sesso  mascolino,  e  pesava  grammi  2600.   In  puerperio  cessò  £1 
vomito,  ma  vi  fu  febbre  miliare  con  delirio,  per  cui  in  15.*  gior- 
nata venne  trasferita  allo  Spedale  Maggiore* 

Dei  PartL 

il  numero  totale  dei  parti  avvenuti  nel  1866  fu  tii  478, 
di  cui  424  si  osservarono  in  donne,  che  da  un  certo  tempo 
più  0  meno  lungo  dimoravano  nelV  Ospizio,  e  54  in  donne 
entrate  in  travaglio  di  parto.  Quindi  ne  risulta  che  nel  com- 
plesso si  ebbe  un  numero  di  parti  molto  inferiore  che  ne- 
gli scorsi  anni  1863  (n.«  507),  1864  (n.«  554)  e  1865 
{n.^  535). 

Divisi  i  parti  a  seconda  dei  mesi  in  cui  avvennero 
avremmo: 


Totale.    N.  478. 


305 


Gennajo  .    .    . 

N. 

37. 

Laglio   .    . 

.    N. 

32. 

Pèbbrajo  .     .    ^. 

» 

35.    . 

Agosto  .    . 

» 

37. 

Marzo.    .    .    « 

• 

55. 

Settembre  -. 

»- 

47. 

Aprile.     ... 

» 

42. 

Ottobre  .    . 

.» 

45. 

Maggio    .    .    • 

45.  ^ 

Novembre   . 

» 

26. 

Giugno    .    .    . 

» 

42. 

Dicembre    . 

» 

35. 

Dove  troviamo  il  /nassimo  dei  parti  avvenuto  nel  marzo 
come  nel  1863  e  colla,  stessa  cifra  di  55,  a  differenza  di 
quanto  occorse  nel  1864  e  1865,  ma  crediamo  ciò  eÌBfetto 
piuttosto  del  caso,  che  di  circostanze  speciali,  né  ci  ap- 
poggiamo à  ciò  per  potérne  trarrò  conseguenze  statistiche, 
né  rintracciamo  la  vera  causa,  per  dire  quali  sieno  i  mesi 
più  fecondi  delVanno.  Coinè  fatto  costante  troviamo  però 
che  i  primi  sei  mesi  delVanno  ci  diedero  sempre  un  nu- 
mero maggiore  di  parti  che  gli  ultimi  sei:  infatti  nel  1.® 
semestre  del  1863  si  ebbero  parti  265,  nel  3.®  semestre 
parti  242;  nel  1.®  semestre  1864  parti  294  ,  nel  2.*  se- 
mestre 260;  nel  1.®  semestre  1865  parti  276,  nel  2.®  se- 
mestre 259;  nel  1.®  semestre  1866  parti  256,  nel  2.®  se- 
mestre  parti  222.  Per  il  che  si  potrebbe  moverci  la  do- 
manda ,  àe  tale  fatto  provenga  dall*  epoca  della  feconda- 
zione delle  donne ,  se ,  cioò ,  corrisponda  ad  un  maggior 
numero  di  concepimenti  ^nei  mesi  di  aprile,  maggio,  giu- 
gno, luglio,  agosto  e  settembre,  o  debbasi  piuttosto  at- 
tribuire al  maggior  numero  di  donne ,  che  entrano  nel- 
l'Ospizio  per  isgravarsi,  semplicemente  per  la  ragione  che 
vi  ha  più  miseria,  o  mancanza  di  lavoro  al  difuorì. 

Infatti  queste  cifre,  non  conoordei'ebbero  perfettamente 
con  quanto  si  osserva  comunemente  nel  nostro  paese.  Se 
noi  consultiamo  V  ultimo  lavoro  :  «  Statistica  del  Regno 
d' Italia.  Movimento  dello  stato  civile  nell'  anno  1864  », 
pubblicato  per  cura  del  Ministero  di  agricoltura  e  com*- 

Annali.  Voi.  CCL  20 


306 

mercio,  troviamo  che  le  nascite  ridscirono  più  numerose 
in  genaajo,  cui  tennero  dietro  il  febbrajo  ed  il  marzo, 
mentre  il  giugno  fu  il  mese  più  sterile,  il  che  trove- 
rebbe la  sua  spiegazione  rimontando  air  epoca  dei  con- 
cepimenti, che  sarebbero  avvenuti  nell* aprile,  maggio 
e  giugno,  i  quali  sono  i  corrispondenti  al  gennajo,  feb« 
brajo  e  marzo.  In  quei  me$i,  come  giustamente  osserva 
il  citato  libro,  le  forze  produttive  della  natura  sono  nel 
massimo^  rigoglio,  mentre  al  giugno  corrisponderebbe  per 
la  minima  dei  concepimenti  il  settembre,  il  quale  come  è 
il  mese  d^l  massimo  esaurimento  di  ogni  attività  vegetale, 
cosi  tale  si  mostra  in  riguardo  al  mondo  animale.  E  que- 
sto avvenne  anche  in  Francia,  e  si  osservò  pure  negli  anni 
addietro  in .  Firenze,  consultando  i  registri  battesimali  dal 
decimoquinto  secolo  ii^fino  a  noi,  dove  si  trov^  che  i  mesi 
più  fecondi  f aprono  l'aprile,  il  maggio,  il  giugno,  più  ste- 
rili il  settembre  e  l'ottobre.  Abbisogna  quindi  che  circo- 
stanze speciali ,  tra  le  quali  ripongo  la  fredda  stagione , 
la  mancanza  di  alimentazione  ed  altre  che  non  occorre 
accennare;  faccìalno  sgravare  più  donne  nel  nostro  Ospizio 
nel  primo  semestre  dell'anno  anziché  nel  secondo. 

Riguardo  al  numero  di  gravidanze  offerte  dalle  no- 
stre ricoverate,  la  cifra  maggiore  venne  rappresentata 
dalle  primipare ,  cui  susseguirono  le  gravide  per  la  se- 
conda  volta;  una  sola  donna  si  mostrò  gravida  per  la 
13.^  vòlta.  L' età  delle  nostre  ricoverate  oscillò  fra  i 
16  e  di  43  anni.  Bastino  questi  brevi  cenni  in  luogo  delle 
lunghe  e  dettagliate  tavole  presentate  negli  scorsi  anni, 
in  quanto  ess,eudo  le  risultanze  complessive  pressoché 
eguali,  mi  credo  autorizato  ad^ ometterle ,  ed  a  porgere 
all'incontro  ai  lettori  una  idea  sommaria  di  quanto  av- 
venne, di  più  interessante. 

Considerando  i  parti  secondo  l'opera  di  gestazione,  il 
modo  di  effettuazione^  il  numero  dei  feti,  avremmo  : 


307 

abortivi    ...      n.'      ^1 
Epoca  in  eui  avvennero     prematuri     ...»     591478 

<  maturi     ....    »  4111 

00  I 

G  /Modo  di  effettua- 


"•'-"«is»  :  :  • .  "•:  *!:}  «' 


9mt 

u 


478 


^        zione.  \     ^^^     /manuali  •    •    »     ^8l     ,. 

^  I  i  naturali  (istromentali.    »     231 

Numero  dei  feti     .\    .  ^^"'P'^^J.  •    •    :    U*^^ol478 

I  composti  (bigemmah)  »     12  ( 

Da  cui  risulta,  confrontando  questi  risiiltamenti  con 
quelli  notati  neil  1865,  un  maggior  numero  di  parti  abor- 
tivi e  gemelli  ^  un  minoì*  numero  di  prematuri  e  di  na- 
turali difficili,  un'  eguale  cifra  di  parti  non!  naturali. 

Riguardo  poi  alle  presentazioni  e  posizióni,  si  ottiene 
il  s^uente  prospetto,  che  poco  diversifica  dai  precedenti 
riguardo  alle  proporzioni. 


Od 


o 


Q    ...  (1.*  posizione  (cervioo-iliacajBinistra)  n. 

p       ....  J2  •  posizione  (ceryico-iliacai^ destra)     i 

N  t*  hft  M  *  P^""®**®  (sacro-iliaca  $inÌ8tra) 

*  *  *  '  ) 2.*  posizione  (sacro-iliaca  destra)  . 


o 

N 

O 

M 

O 

b 

04 


Spalla 


.  .  .       11.*  posizione  (òefaio-ili 

smittra  i^  *  *^    •  •        )    ri    m- 

(2.    posizione  (cefalo-ili 


al  l  i  '  i      11.    posizione  (cefalo-iliaca  sinistra) 


iliaca  idestra  ) . 


.     .  Ai'.*  posizione  (cefalo-iliaca  isinistra) 

^  '2.*  posizione  (cefalo-iliaca  destra)  . 

P      .  |1.*  posizione  (frouto-iliaca  isinistra) 

^^^^ ri.*  posizione  (frohto-iliaca  destra) . 


325 

126 

i8 

li 


1 
3 
3 


Giusta  la  pratica  seguita  negli  scorsi  anni,  faremo  ora 
susseguire  la  tavola  dimostrante  le  ore  di  travaglio  im- 
piegate dalle  donne  che  si  sgravarono  naturalmente  du- 
rante il  1866;  distinte  le  primipare  dalle  pluHpare,  vi  sono 
comprese,  come  per  l-addietro,  solo  quelle  che  ebbero  parti 
naturali,  sieno  dessi  stati  facili  o  difficili,  escludendosi  tutti 
i  parti  non  naturali  manuali  od  istromentali,  in  quanto 
r  andaiàento  di  essi  non  sembra  tale  t  pei^  cui  potessero 
essere  compresi  in  questa  tavola. 


308 


Primipare 


.1 

I 
I 


Pluripare 


Ore 

Numero 

Ora 

\                                                   * 

Numero 

delle  donne 

delle  donne 

di  travaglio 

che  partorirono 

di  travaglio 

che  partorirono 

1 

4 

'  -  -r 

1 

1 

2 

1 

2 

14 

3 

5 

3 

16 

4 

17 

4 

24 

5 

24 

5 

25 

6 

18 

6 

19 

7 

28 

1 

7 

23 

8 

34 

8 

9 

,           9 

24 

9 

8 

10 

20 

10 

15 

li 

16 

11 

6 

12 

15 

12 

6 

.  13 

12 

13 

8 

14 

16 

14 

5 

15 

6 

15 

2 

16 

3 

16 

3 

17 

6 

17 

18 

3 

18 

id 

2 

19 

20 

— 

24 

21 

3 

26 

22 

1 

28 

1' 

23 

1 

29 

24 

1 

36 

25 

i 

37 

1  ■ 

26 

2 

44 

27 

•i- 

28 

1 

>■ 

20 

1 

• 

30 

1       . 

1 

32 

2 

'     58 

1 

• 

\ 

309 

Dei  patii  abortivi  e  prematuri.  —  Come  si  vide^  8 
furono  i  parti  abortivi  e  59  i  prematuri ,  e  si  effettuai^ 
roDo  una  volta  nel  4.o  mese ,  un'altra  volta  nel  5.^  sei 
nel  6.®,  quindici  nel  7.®,  e  quarantaquattro  nelFottavo.  Pre- 
messo che  diciotto  parti  (uno  abortivo  e  diciassette  nel- 
l'ottavo mese)  vennero  provocati  ad  arte  (vedi  l'apposito 
paragrafo),  ne  risultano  49  pei  quali  è  importante  ricer-- 
care  la  causa  dello  spontaneo  destarsi  innanzi  tempo  delle 
doglie  del  parto.  Per  dieci  fu  impossibile  rintracciare  la 
causa  ocsitocica,  sebbene  da  un  certo  lasso  di  tempo  di- 
moranti neir  Ospizio  ;  altre  sette  entrarono  nella  Clinica 
già  in  .travaglio  di  parto  é  per  esse  pure  la  anamnesi  fu 
imperfetta  o  affatto  nulla.  Fra  le  altre  troviamo  che  otto 
erano  sifilitiche,  due  èrano  state  affette  in  gravidanza  da 
congestione  cerebrale,  che  richièse  Baiassi  ed  altri  rime- 
dii  interni ,  in  cinque  vi  era  gravidanza  gemellare,  una 
era  ammalata  di  bronchite,  una  di  cloro-anemia,  una  di 
anassarca  accompagnante  la  gravidanza  composta,  tre  con 
emorragia  cervico-placentale,  due  di  eclan^sia,  una  di  tu- 
bercolósi in  terzo  stadio,  una  di  dìarrea,^  una  di  osteoma- 
lacia,  una  di  sifilide  con  gravidanza  gemelU^  un'altra  di 
sifilide  con  diarrea,  una  di  diarrea  con  anassarca,  una  di 
pellagra ,  e  due  ammalarono  in  gravidanza  di  vajuolo.  La 
placenta,  traniie  nei  casi  di  anormale  inserzione  già  in- 
^dicati,  non  si  mostrò  causa  di  parto  abortivo  o  prema- 
turo con  sue  speciali  alterazioni  patologiche^ 

In  questi  67  parti  si  ebbero  74  presentazioni,  in  quanto, 
come  si  è  visto,  vi  furono  7  gravidanze  gemelle,  e  si 
trovò  presentato  l' occipite  in  una  prima  o  seconda  posi- 
zione 54  volte,  le  natiche  1 7  volte,  e  la  spalla  tre  volte, 
per  cui  confrontando  queste  cifre  coiì  quelle  dei  parti 
a  termine,  nelle  quali  si  ottenne  397  volte  l'occipite, 
12  volte  le  natiche,  una  volta  la  spalla,  e  6  volte  la 
faccia,  avressimo  nei  parti  abortivi  o  prematuri,  che 
giammai   si   presentò   la  faccia,   e  che  le  presentazioni 


810 

delle  Daticher  e  della  spalla  si  incontrarono  in  una  pro- 
porzione maggiore  che  nei  parti  va  termine.  Infatti  pei 
parti  innanzi  tempo  la  proporzione  della  presentazione 
delle  natiche  sarebbe^  17  sa, 7.4,  o  del  22,9. per  100, 
ossia  di  1  sU  2,3,  e  della  spalla  di  3  su  75  o  di  4,0& 
per  100,  0  di  1  su  .24^4,  mentre  pei  parti  a  termine  si 
avrebbe  per  le  natiche  la  proporzione  di  12  su  416,  o  2,8 
per  100,  osi^a  l  su  39,5^  e  per  la  spalla  di  1  su  416, 
ossia  0,2  per  100.  Le  quali  proporzioni  quasi  identiche 
coi  risultamenti  ottenuti^  negli  anni  precedenti,  ci  dimo-* 
strano  indubbiamente  una  maggiore  frequenza  della  pre- 
sentazione delle  natiche  e  della  spalla  nei  parti  abortivi 
o  prematuri,  in  oonfironto  a  quella  dell' occipite,  mentre 
8ucc(»de  il  contrario  nei  parti  a  termine. 

Parti  gemelli.  — ^  Dodici  furono  i  parti  gemelli ,  ci- 
fra che  dimostra  la  frequenza  di  questa  gravidanza  comp(K 
sta,  avendoci  fornito  più  del  due  per  cento,  il  che  supera 
le  proporzioni  ammesse  dagli  autori. 

Seguendo  poi  la  regola  adottata  negli  anni  precedenti, 
ho  racchiiKKi  entro  un  quadro  mottico  quanto  può  iute-* 
ressare  in  questi  dodici  parti  gemelli. 


311 


a> 

M 

s 

Età 

Cd 

U  '-* 

«  > 

— 

a  g 

^   W) 

Anni 

*">4 

« 

•o 

Epoca 

di 

gravidanza 


Genere  e  specie 
di  parto 


Modo 

di 

elTettuazione 

del 

parto 


Tempo 
trascorso 

tra  la 
nascita 

del 
l.«e2.® 
bambinp 


Neonato 


Sesso 


o   ;-i 

>  o 

^  a 


22 

1.» 

35 

9.* 

26 

2.» 

37 

10.» 

22 

1/ 

16 

\* 

36 

3.» 

23 

2." 

35 

\? 

34 

1.* 

28 

1.» 

30 

4.* 

a  termine 


! 


OccÌ4pite  2/  posiz. 
Occipite  i."  posiz. 


.    .       •       f  Natiche  2.*  .posiz. 
a  termine  J  q^^.^j^^  ^  .  ^^^j^ 

-,       .       I  Occipite  2.*  pòsiz.  r 
a  termine  ,j  ^^^^4^  ^  ,  J^^^ 

<  Occipite  1.*  posiz. 
ottimestre  J  j^^^.^^^  g^,  J^^.^ 

.        .       c  Occipite  2.*  posiz. 
a  termine  }  Natiche  i.«  J0SÌ2. 

»  • 

...        .      f  Natiche  i.^  posiz. 

settimestre  f  xr„..  ,      *  a        •.. 

I  Natiche  1.    posiz. 

...       .      (  Occipite  2.*  posiz. 
ottimestre  <  ^    .*^..    ^  a       • 
i  Occipite  1.*^  posiz. 

xi.'       *      N  Natiche  2.*  posiz. 
ottiinestre  <  t^^..  ^^  >•  a       • 
/  Natiche  1.*  posiz. 

...        .      1  Natiche  1.*  posiz. 
settimestre  l  ^    ...    ^  a 

I  Occipite  1.   posiz. 

ottimestre  I  S^^Pif"  ?•; '°«!^- 
f  Natiche  1."  posiz. 


.       .       I  Occipite  2.* 
a  termine  |  ^J^^^^  ^  . 

ii-       ^     f  Natiche  i.*  pi 
settimestre  \  g^^,,^  ^j„  2.* 


poéiz. 
posiz. 


posiz. 
*  pos. 


Forcipe 
Forcipe 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

,  ^  < 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

Forcipe 
Naturai  facile 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

Estrazione 
Naturai  facile 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

Naturai  facile 
Naturai  facile 

Naturai  facile 
Rivolgimento 


Ore  2  % 


Mezz'ora 


Un  quar- 
to, d'ora 

Un  quar- 
to d*ora 

Un  quar- 
to d'ora 

Mezz'ora 


Mezz'ora 


.j 


Un  quar- 
to d'ora 

Mezz'ora 


Un  quat- 
to d'ora 

Ore  tre 


Un  quar- 
to d'ora 


Masch. 
Femm. 

Femm. 
Femm. 

Masch. 
Femm. 

Femm. 
Femm. 

Masch 
Femm. 

Femm. 
Femm. 

Femm. 
Femm. 

Masch. 
Masch. 

Femm. 
Masch. 

Femm. 
Femm. 

Femm. 
Masch. 

Masch. 
Femm. 


Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 

Vivo 
Vivo 


312 

Le  due  applicazioni  di  forcipe  nella  ricoverata  N.^  491 
del  1865  vennero  praticate  per  eclamsia ,  essendo  la  te- 
sta nella  prima  applicazione  appena  impegnata  alla  aper- 
tura superiore  e  nella  seconda  applicazione  discesa  alla 
inferiore^  Nella  ricoverata  157  si  ricorse  al  forcipe  per 
languidezza  di  contrazioni,  essendo  la  testa  del  primo  bam- 
bino tuttora  libera  alla  apertura  superiore.  L'estrazione 
nella  ricoverata  N.®  255  venne  fatta  per  minacciata  vita 
del  feto.  II. rivolgimento  nella  ricoverata  N.*  391  trovò 
la  sua  indicazione  nella  presentazione  del  bambino^ 

In  un  caso  di  presentazione  delle  natiche  1.^  posizione 
(  391  )  si  ebbe  procidenza  del  cordone  ombelicale ,  ina 
compitosi  il  parto  prontamente,  il  bambino  nacque  fortu- 
natamente vivo. 

Delle  viziature  pelviche.  --^  Nei  Prospetti  clinici  per 
gli  anni  1864  e .  1865  a  questo  paragrafo  io  presentai 
una  tavola,  nella  quale  erano  indicate  singolarmente  le 
misure  di  tutte  le  pelvi ,  che  p^  rachitide  o  per  osteo- 
malacia  mostiravansi  deficienti  nei  diametri  più  impor- 
tanti a  conoscersi  alla  apertura  superiore,  indicava  il  modo 
con  cui  si  era  efiettuato  il  parto,  r epoca  di  gravidanza 
in  cui  questo  si  era  colpito.  Tali  tabelle,  se  da  una  parte 
riescivano  interessanti  per  le  numerose  risultanze  prati- 
che che  se  ne  aveano ,  d' altra  parte  però  peccavano  di 
un  difetto,  quello  cioè  di  non  riéscire  abbastanza  chiare, 
segnatamepte  se  noi  le  volevamo  studiare  dal  lato  del 
parto,  0  deir epoca  in  cui  questo  era  avvenuto.  Per 
conseguenza  ho  pensato  quest'  anno  di  battere  una  nuova 
strada  più  spedita  e  più  breve  :  vale  a  dire  dividere  le 
viziature  pelviche  per  deficienza  di  diametri  in  t^e  se- 
zioni principali,  cioè  di  primo,  secondo  e  terzo  grado,  te- 
nendo la  regola  comunemente  seguita^  facendovi  susse- 
guire alcune  osservazioni  sulle  altre  viziature  o  deforma- 
zioni, del  bacino. 

Fra  le  478  donne  sgravatesi    durante  V  anno  1866  si 


313 
osservarotio  47. volte  vissiatard  pelviche  di  primo  grado ^ 
in  cui  cioò  il  diametro  retto  della  apertura  superiore  ,mi- 
surava  tra  i  pollici  3,3  —  O"*,088  e  i  pollici  2*9  =  0"»,074. 
Tra  queste  ebbimo: 

pollici  3.3    =  0»,088  —  n.<>    4  volte, 

pollici  3.2    =  0»,086  —    »  12  volte, 

pollici  3.1     =:  0»,083  —    »    2  volte, 

pollici  3.      =  0",08l  —    »     7  volte,  . 

pollici  2.11  =  0»,079  —    »    8  volte, 

pollici  2.10  =  0«  076  —    »     4  volte, 

pollici  2.9  ===  0»  074  —  »  10  volte.  , 
Questa  misura  si  era  sempre  ottenuta  col  dito,  mediante 
il  riscontro  vaginale,  non  lasciando  per  altro  di  usa^e  in 
ogni  caso  anche  la  pelvimetria  esterna  col  compasso  del 
Baudeloque,  che  ci  serviva  per  darci  il  diametro  retto 
superiore  esterno  ed  i  due  obliqui.  Riguardo  al  diametro 
retto  esterno ,  corrispondevano  quasi  sempre  le  itìisure 
esterne  con  quelle  ottenute .  internamente  col  dito^  men- 
tre per  gli  obliqui  esterni  si  >  ebbe  una  oscillazione  fra  i 
pollici  9  =  0»,243  ed  i  pollici  7  =  0^,312  e  la  diffe- 
renza fra  r  uno  e  V  altro  obliquo  esterno  appartenente 
allo  stesso  bacino  non  superò  mai  le  linee  6  =  0™,0I3. 
Però  in  qualche  caso  di.  bacino ,  che  pei  diametri  della 
apertura  superiore  apparterrebbe  ^lle  viziature  di  1.^  grado^ 
si  osservò  una  viziatura  di  2.^  grado  alla  apertura  infe- 
riore ,  segnatamente  nel  diametro  biischiatico ,  come  av- 
venne nella  iscritta  al  N.^  312,  nella  quale  il  diametro 
retto  superiore  era  di  pollici  2.9  =  0",074 ,  mentre  il 
biischiatico  misurava  pollici  2.3  =:  0°^^061.  Nelle  donne 
appartenenti  a  queste  serie,  diversamente  si  effettuò  il 
parto,  essendo  stato  in  alcune  naturai  facile,  in  altre  stro- 
mentale,  in  altre  provocato  ad  arte  nel  corso  dell' 8.®  o 
al  principio  del  nono  mese. 

Le  viziature  di  2.®  grado,    cioò  ì  casi  in  cui  il  dia- 
metro retto  superiore  si  estendeva  fra  i  pollici  2.8  =  0'',072 


S14 

e  i  pollici  2.3  =  0",061  si  osservarono  sei  Tolte ,  ossia 
il  diametro  retto  superiore  presentava  pollici  2.8  =  0",072 
in  cinque  casi,  pollici  2.3  =:  0^061  in  un  caso,  mentre 
il  diametro  biischiatico  in  un  caso  misurava  pollici  2.10 
=  0",076,  in  altro  pollici  2.8  =:  0^072,  in  uno  pòllici 
2.7  =  0»070,  in  uno  pollici  2.6  =  0«,068,  es* 
sondo  superiore  ai  tre  pollici  =  0«,081  negli  altri  -  due 
casi.  In  questi  sei  casi  il  parto  fu  o  istromentale^  o  pro- 
vocato. ' 

Le  viziature  pelviche  di  3.**  grado  ci  si  presentarono 
due  sole  volte  e  fornirono  indicazioni  e  gastro^ìsteroto- 
mia  essendo  U  feto  vivo ,  e  quindi  ne  discorreremo  aU 
trove.    .  .  ' 

Le  cause  principali,  anzi  uniche,  ohe  deformarono  la 
pelvi  nelle  nostre  ricoverate ,  furono  la  osteomalacia  in 
tre  donne ,  la  raòhitide  nelle  altre.  Delle  ire  donne  de^ 
formate  per  osteomalacia  già  ebbimo  occasiqne  di  parlare 
a  proposito  di  questa  malattia.  Dicemmo  allora,  come  si 
sia  effettuato  il  parto,  descrivemmo  le  deformazioni  più 
importanti  avvenute ,  ricordando  anche  qualche  cosa  di 
anamnestico,  sicché  per  ora  mi  limito  a  parlare  delle  ah 
tre  deformate  dalla  rachitide.  Taluno  ci  potrà  doman- 
dare  se  tutte  realmente  (Queste  donne  viziate  lo  erano  per 
rachitide,  se  non  vi  erano  state  altre  cause  di  deforma-^, 
zione.  Ma  la  anamnesi,  l!  esame  delle  donne ,  la  diagnosi 
differenziale,  il  genere  di  deformazione  pelvica  ci  porta- 
rono alla  conclusione  che  erano  state  cosi  maltrattate 
per  rachitide.  Tutte  o  quasi  tutte  ricordavano  di  avere 
ritardato  a  camminare  sin  dopo  il  3.®,  4.®,  5.^  o  6.*^  anno 
di  vita;  di  avere  superato  nella  in&nzia  una  grave  ma-- 
lattia,  che ,  le  rese  inferme  per  mesi  ed  anni  ;  che  già  ìn-f 
cominciavano  a  camminare  da  sole,  quando  sopraggiunse 
loro  quella  malattia,  che  comunemente  chiamano  col  nome 
di  fèbbre  acuta ^  la  quale  malattia  le  rese  inferme;  che 
dovettero  per  lunga  pezza  girare   carponi ,  o  appoggiate 


315 

alle  natiche  e  perfino  osare  di  gruccie  ;  ebe  già  diritte , 
videro  incurvarsi  i  lóro  arti  inferiori ,  inf olpandone  per 
la  massima  parte  le  nutrici,  e  non  risovvenendo^i^  come 
accadde  in  varii  casi,  che  anche  il  fratello,  o  le  sorelle,  o  il 
padre  erano  rachitici,  o  chte  vivevano  in  siti  umidì,  male 
aereati,  mancando  ben  di  sovente  anche  della  necessaria 
alimentazione,  o  quanto ,  meno  essendo  questa  insufficiente 
e  poco  nutriente.  Oltre  il  bacino  presentavano  queste  donne 
deformazioni  negli  arti  inferiori  contorti  in  vario  senso , 
oppure  ingrossamento  dei  capi  articolari  delle  ossa  lunghe 
(cubiti,  ginocchia,  articolazioni  delle  mani  e  dei  piedi )i 
ovvero  il  viso  specifico  di  rachitico  colla  mascella  infe* 
riore  prominente,  denti  cariati ,  apofisi  zigomatiche  prò- 
annoiate,  torsioni  e  gi^bbosità  alla  colonna  vertebrale, 
sterno  carenato ,  ecc.  Il  genere  di  deformazione  della 
pelvi ,  specialmente  nel  senso  antere-posteriore ,  con  de- 
pressioni in  taluni  casi  delle  pareti  cotiloidee  o  diminu- 
zione nel  diametro  trasverso  della  apertura  inferiore , 
ricordava  talune  volte  le  deformità  indotte  dalla  osteo^ 
malacia,  mentre  ci  mancavano  tutti  quei  dati  che  avreb- 
bero valso  a  farci  ritenere  tali  deformazioni  provenienti 
da  un'altra  causa  congenita,  o  accidentale  (fratture» 
lussazioni  ).  •  In  niun  caso  ci  fu.  possibile  riscontrare  o 
sospettare  almeno  la  pelvi  obliquo-ovalare  di  Naegele; 
non  mai  produzioni  delle  ossa  ci  apportarono  impedimenti 
alla  efiettuazione  del  parto  (esostosi,  tumori  osteo-car- 
tilagineì,  balli  deformi,'  ecc.  ). 

Ho  detto  che  specialmente  ci  fu  dato  rilevare  le  al- 
terazioni del  bacino  delle  rachitiche  nel  senso  antero- 
posteriore  della  apertura  superiore.  Questo  è  quanto  co- 
munemente si  osserva  e  ci  dicono  gli  ostetrici,  ma  se 
tale  deformazione  o  deficienzia  di  misura  nel  senso  an- 
tero^posteriore  ò  la  prima  ad  essere  rilevata^,  pure  ben 
di  sovente  ci  imbattemmo  in  pelvi,  nelle  quali  la  deforr 
mazione  generale  o  parziale  ad  una  delle  due  aperture 


SI6 

di  ingresso  o  di  sortito  rendeva  la  pelvi  più.  ristretta 
di  quanto  a  pVima  vista  si  poteva  ritenere.  Le  depres- 
sioni delle  pareti  cotiloidee  generalmente  d*  ambo  i  lati , 
talora  più  da  una  parte  che  dall'altra^  apportano  ne- 
cessariamente una  diminuzione  nello  spazio  sacro-*coti- 
loideo;  se  la  depressiojie  è  grande,  questo  spazio  va  sem- 
pre più  scemando ,  finché  ridotto  a  poco ,  cioè  scemato 
sino  ad  un  certo  punto ,  fa  si  che  tutto  lo  spazio  com- 
preso lateralmente  al  di  là.  delia  linea  sacro-cotiloidèa 
è  perduto  e  quindi  ne  consegue  una  diminuzione  no- 
tevole nella  capaòità  del  bacino ,  che  resta  maggior- 
mente viziato.  '  In  allora  la*  circonferenza  del  bacino  al- 
l'apertura  superiore  non  deve  più  essere  misurata  se- 
guendo la  linea  di  incoronamento ,  spia  bensì  calcolando 
solamente  lo  spazio  che  resta  compreso  da  una  linea  che 
partendo  dalla  parete  posteriore  della  sinfisi  pubica  si 
porta  alla  parete  cotiloidea  di  un  lato,  donde  va  diretta- 
mente al  punto  più  vicino  del  promontorio  sacrale ,  per 
quindi  ritornare  nello  stesso  modo  alla  sinfisi  pubica  pas- 
sando dietro  la  paréte  cotiloidea  opposta ,  e  non  girando 
tutto  intorno  alla  linea  di  incoronapaento.  Arrogi  che  nei 
cas^i  di  depressione  delle  pareti  cotiloidee,  il  pube  viene  spin- 
to all'avanti,  ravvicinandosi  tra  loro  le  branche  orizzontali 
dei  pubi ,  i  punti  di  congiunzione  delle  branche  ischio- 
pubiche,  le  pareti  cotiloidee,  donde  provengono  una  ri- 
strettezza della  arcata  pubica^  una  perdita  dL  spazio  nel 
diametro  antero-posteriore ,  in  quanto  se  le  pareti  coti- 
loidee si  avvicinano  ed  il  pube  viene  spinto  air  avanti , 
ne  deriva  che  anche  lo  spazio  tra  la  parete  posteriore 
della  sinfisi  pubica  e  le  pareti  cotiloidee  ò  quasi  tutto 
perduto  o  nullo  per  V  atto  del  parto,  e^  da  difalcarsi  dalle 
misure  già  prese  col  dito  ó  collo  stromento  del  Baude- 
loque;  Mentre  vi  hanno  altri  casi ,  nei  quali  la  misura 
che  noi  prendiamo  internamente  col  dito,  segna  la  reale 
distanza  che  intercede  tra  il  promontorio  del  sacro  e  la 


\ 


317 

pai^ete  posteriore  della  sinfisi  pubica,  cioè  il  vero  diàme- 
tro antero*posteriore  della  apertura  superiore,  e  per  cui 
non  bisogna  fare  la  deduzione  delle  sei   linee  comune-* 
mente  ammesse  per  avere  la  conjugata  vera  intema  dalla 
misura  ottenuta  col  dito.  In  questi   casi ,  in   cui  il  dito 
va  a  toccare  il  promontorio  iii  direzione  orizzontale  non 
ascendente ,  perchè  il  promontorio  trovasi  allo  stefiso  li- 
vello della  parte  inferiore   della  -  sinfisi   pubica ,   se  pur 
qualche  volta  non  le  è  più  basso,  il  difetto  è  causato  da 
quella  speciale  alterazione  conosciuta  sotto  il  nome  dì  spon- 
dilolistesi,  che  venne  illustrata  da  Eilian,  Eiwisch,  Bar- 
nes  ed  altri,  e  che  è  indotta  da  una  lussazione   sponta- 
nea delle  ossa  del  bacino,  specialmente  di  quelle  che  for- 
mano r  articolazione  sacro- vertebrale  ,  ma  che  può  però 
in  taluni  casi  andare  congiunta  alle  viziature  per  rachi- 
tide, come  ce  ne  fornirono  parecchi   esemplari   le  donne 
ricoverate   nell* Ospizio,   e   come   lo  dimostrano   talune 
delle  pèlvi  conservate  <  in  questo   gabinetto   anatomo-pa- 
tologico.  A  far  rilevare  questa   viziatura  pelvica  al'  pri- 
mo presentarsi  della  donna ,  gioverà  un   esame  esterno , 
r  uso  del  pelvimetro  di  Baudeloque,'  il  quale  come  serve 
a  darci  i  diametri  esterni,  cosi  ne  segna  la  inclinazione 
pelvica,  mancante  in  questi  casi,  poi  la  direzione  che  do- 
vremo dare  al  dito  internamente  per  toccare  il  promon- 
torio. Da  tutto   resposto   conseguita  che   nelle   indica- 
zioni alle  operazioni   da  intraprendersi,  si  ebbe  di  mira 
non  solamente  quanto  ci  poteva  essere  fornito  dalla  pel- 
vimetria esterna  ed  interna  del  diametro  retto  e  dei  due 
obliqui,  poi  del  biiscbiàtico   e  del  pube-cocci  geo ,    ma  si 
osservò  pure  la  forma  generale  del  bacino,  la  depressione 
ò  meno  delle  pareti  cotiloidee ,  la  simmetria  delle   aper- 
ture e  della  escavazione,  la  sporgenza  del  promontorio  e 
in  quale  direzione,  la  direzione  delle  branche  ischio-pu- 
biche, orizzontali  e  discendenti   del    pube,  la   risultante 
ampiezza  dell' arcata,  che  ristretta   laddove  si  trovano  i 


318 

pùnti  di  congiunzione  dell*  isehio  col  pube/,  può  impedire 
al  dito,  che  deve  seririre  di  perimetro  interno,  di  spin^ 
gersi  col  suo  bordo  radiale  sino  al  dissotto  della  sinfisi 
pubica,  ma  lo  arresta  al  punto  ristretto  della  arcata  pu- 
bica, per  cui  la.  risultante  misura  non  segna  realtnente 
ia  distanza  tra  il  promontorio  e  la  parte  inferiore  della 
sinfisi  pubica,  ma  sibbene  tra  il  promontorio  e  il  sito  di 
restringimento  dell'  arcata  pubica.  E  questo  deve  èssere 
<3alcoIato  tanto  net  fissare  la  misura  del  diametro  antere^ 
posteriore,  cotne  nello  stabilire  Tatto  operativo,  o  nel  far 
diagnosi  di  parto,  avendosi  altrimenti  una  misura ,  che 
non  è  la  vera,  e  potendo  questa  deformazione  apportare 
ostacolo  alla  efiettuazione  del  parto.  Le  viziature  del- 
Tarcata,  della  apertura  inferiore,  le  assìmmetrie  pelviche, 
forse  non  vennero  per  anco  studiate ,  come  •  si  conviene. 
Molti  atti  operatorii  non  riesciti,  molti  giudizìi  su'  stro- 
menti  che  fallirono  alla  prova  pratici;,  molte  ingegnose 
proposte  caddero,  perchè  non  sì  studiò  quanto  era  ne- 
cessario questo  argomento  saliente  nell'arte  di  assistere 
i  parti;  Quante  volte  un  minuto  esame  del  bacino  sa 
spiegare  un  manpato  moto  S\  rotazione  (depressione  di 
una  branca  ischio-pubica,  ristrettezze  dell'arcata  pubica), 
una  sortita  tli  parte  presentata  in  direzione  obliqua  an- 
ziché diretta,  un  arresto  nel  progresso  della  parte  (Pre- 
sentata alla  apertura  superiore,  nella  escavazione,  od  alla 
apertura  inferiore,  e  sa  proporre  1' una  anziché  l'altra 
risorsa  operatoria,  o  ci  invita  ad  operare,  sebbene  a  pri- 
mo aspetto  tutto  sembrerebbe  fatto  per  il  parto  naturale 
più  facile  e  pronto  !  Anche  la  diversa  direzione  e  forma 
del  sacro  o  del  coccige ,  la  sporgenza  di  una  delle  false 
vertebre  sacrali,  o  dei  loro  punti  di  congiunzione,  o  una 
sporgenza  della  punta  del  sacro,  laddave  questo  si  unisce 
al  coccige,  bastarono  più  di  una  volta  ad  arrestare  iTn 
parto  e  a  farci  ricorrere  ad  atti  operatorii,  sebbene  la 
pelvi  sembrasse  bene  conformata  e  fosse  di  giuste  misure^ 


319 

talvolta  anche  ampia.  Nei  miei  Prospetti  clinici  prece- 
denti e  in  questo  se  ne  trovano  esempii,  cui  accenne rò , 
se  occorre,  più  avanti. 

.  Tra  le  difficoltà  alla  effettuazione  del  parto  o  per  Io 
meno  fra  le  cause  posisibili  di  travaglio  irregolare,  o  ritar- 
dato, o  di  conseguenza  dannosa  nel  puerperio^  sono  pure 
annotate  dagli  autori  le  ampiezze  della  pelvi.  Pochissimi 
furono  i  casi  di  ampiezza  pelvica  occorsi  quest*  anno  ,  e 
io  questi  non  si  ebbe  mai  una  misura  che  superasse  il 
pollice,  vuoi  nel  diametro  retto  superiore,  vuoi  negli  obli- 
qui, o  ci   si  presentarono  causa  di  distocia. 

Discordo  cosi  succintamente  delle  viziature  pelviche, 
delle  cause  che  le  hanno  '  prodotte  nelle  .  nostre  donne 
(rachitide  ed  osteomalaci.a),  nonché  dei  riguardi  e  delle 
regole  a  seguirsi  in  questi  casi ,  avrei  a  dire  delle  ope- 
razioni che  si  intrapresero  nell*  annata  per  queste  cause 
e  dei  loro  risultati.  Ma  di  alcune  .già  parlammo ,  delle 
altre  ci  verrà  occasione  di  dire  a  proposito  dei  varii  atti 
operativi  messi  in  attività,  e  che  corrisposero  sempre  alle 
idee^  che  si  erano  prestabilite.  Quindi  tronco  questo  ar- 
gomento per  passare  a  quello  che  riguarda  il  cordone 
ombellicale,  nei  casi  in  cui  si  fa  precidente. 

Della  procidenza  del  cordone  ombellicale.  —  Già 
negli  anni  1864  e  1865  io  faceva  rimarcare  la  frequenza 
della  procidenza  del  cordone  ombellicale,  avendosene  avuti 
12  casi  su  554  parti  nel  1864,  e  9  casi  su  535  parti  nel 
1865,  e  tale  proporzione  superava  già  di  molto  le  tavole 
proporzionali  che  ci  danno  gli  autori.  Quest'  anno  la 
proporzione  fu  ancora  maggiore ,  essendo  stata  di  18  su 
478,  ossìa  di  1  su  26,5:  tra  queste  18  donne  tre  sole 
entrarono  in  travaglio  di  parto,  le  altre  dimoravano  da 
un  maggior  o  minor  tempo  nell'  Ospizio.  Di  conseguenza 
calcolato  da  una  parte  il  numero  di  tutte  le  donne  che 
si  sgravarono  nell'  Ospizio ,  comprese  le  entrate  in  tra- 
vaglio  di   parto ,    e   dall'  altra   il    numero   delle  proci- 


WìpmfMì^^  paossi  ammettere  la 
A  )$M  478,  0  di  1  su  26,5 
imU^^p^f^  come  si  era  praticato  in 
|M»fintiWt  fra  le  dimoranti   nello 
in  aofraparto. 
^fcolifalit  procidente  si  presentò  undici 
dall'occipite  in  !.•   posizione, 
0cospitB  in  2.*  posizione,  tre  volte  colle 
.  Si  tentarono  sei  riduzioni  colla 
ootta  «rìnga,  giusta  il  metodo  di  Du- 
T  <!aBì  JBtno  due  non  riuscirono,  per 
r-  TìMiTere  poco  dopò  al  rivolgi- 
OL  taibino  vivo.   Nel  caso  in  cui 
.^n'tm  .  i  bambino  nacque  morto ,  co- 
li "«dia  ì  due   in  cui   si  us^  la  si-- 
jtt.  «a  riéscita  la  riduzione  colla 
^    1^  #  «tenne  entrate  in  sopraparto  il 
'^  «^M&Mle  all'atto  del  loro  ingresso, 
,:v*  'lyiiàafeo  in   cui  alla  procidenza  del 
cessazione  der  battiti  delle  sue 


.  ♦    »  -j 


•-»    * 


.  s 


^.*xì<tói*  ^  Abero  sette  parti  naturali  facili 

. .  X,  •  r^  librazioni  òon  altrettanti  bambini 

. ,  4^:ittÉM<ì  con  tre  bambini  vìvi,  due  cra- 

^  ,  x^;*4v>W4»  (1) ,  donde  viene  la  conferma 

.    N,s.^\^  /4IMI0  scorso,  che,  cioè,  la  pronta 

i    ovi^  .i  il  ittexzo   migliore  di  salvargli  la 

^    .^  N,j.w^/  sMti^  pulsazioni  del  cordone  ne  in- 

•vvuj^  ^>,:^Ml>ri  nelle  donne  circostanze  per  le 

^ .  ..v;s^  V  ^5ii>  operatorio,  e  sperabile  un  buon 

\v%wwv;'M  o^mpleta  o  dilatabilità  della  bocca 


.    .  %v«4^  ^  tt  (duftilotrisie  furono  necessarie  per  vi- 


*  >» 


321 

uterina,  cedevolezza  del  canal  vaginale,  pelvi  non  vizia- 
ta, ecc.  ;  in  quanto  i  tre  bambini  nati  vivi  nei  parti  naturali 
facili  lo  furono  essendo  il  travaglio  progredito  assai  ra- 
pidamente ,  tentata  con  buona  riescita  la  riduzione  colla 
mano  in  due  casi. 

La  lunghezza  del  cordone  ombelicale  precidente  non 
superò  in  nessun  caso  i  32  pollici  =  0",864.  Altre  alte- 
razioni del  cordone  ombelicale  degne  di  rimarco  non  si 
presentarono,  in  quanto  di  poco  momento  furono  i  casi, 
in  cui  il  cordone  si  presentò  con  uno,  due  e  perfino  tre 
giri  intórno  al  collo  del  feto,  sul  quale  non  esercitò  in- 
fluenza dannosa. 

Scolo  anticipato  delle  acque.  —  Di  questo  accidente 
nel  parto  intendo  solo  alludere  a  casl^  in  cui  lo  scolo  delle 
acque  precedette  il  destarsi  delle  contrazioui  uterine,  non 
quando  destatesi  queste  da  maggiore  o  minor  tempo , 
si  ruppero  le  membrane  primachè  avvenisse  la  completa 
dilatazione  della  bocca  uterina,  ossia  alla  fine  del  primo 
stadio  :  58  volte  si  presentò  questo  accidente  ed  i  parti 
del  resto  decorsero  naturali  e'  facili  in  51  casi.  In  due 
furono  naturali  difficili  per  irregolarità  di  contrazioni  e 
resistenza  del  collo  uterino,  al  che  avrà  contribuito  l'an- 
ticipato scolo  delle  acque  ;  dei^  bambini  nati  da  questi  due 
ultimi  parti  V  uno  nacque  vivo,  l' altro  morto.  In  tre  si 
praticò  la  estrazione,  presentandosi  le  natiche,  per  minac- 
ciata vita  del  feto ,  che  venne  sempre  estratto  vivo,  ed 
in  due  si  ricorse  al  forcipe,  una  volta  per  eclamsia  e  il 
bambino  fu  vivo,  V  altra  per  irregolarità  di  contrazioni 
da  improprio  uso  di  segale  cornuta  data  alla  donna,  men- 
tre ancora  si  trovava  alla  propria  casa  prima  di  venire 
nel  nòstro  Ospizio,  dove  entrò  in  travaglio  di  parte  da 
XQolte  ore  e  col  •  feto  già  morto. 

Dei  parti  naturali. 

Come  lo  significa  la  espressione  stessa  di  parti  non 
Annali.  VoU  CCl  21 


322 

turali  facilij  non  trovamino  nulla  di  notevole  in  questa 
classe  di  partii  solo  osserveremo  come  in  due  casi  di  pre- 
sentazione della  spalla^  essendo  V  un  feto  di  mesi  sei  sol- 
tanto ,  r  altro  di  mesi  quattro ,  il  parto  si  compi  natu- 
ralmente, effettuandosi  la  evoluzione  spontanea.  Pure  scarsi 
e  di  poco  momento  furono  i  parti  naturali  diffìcili^  che 
raggiunsero  la  tenue  cifra  di.  14,  e  le  cause  che  resero 
il  parto  naturai  difiScile  furono  : 

La  resistenza  del  collo  uterino^  cinque  volte. 

La  resistenza  del  collo  uterino  combinata  ad  irrego- 
larità di  contrazioni  ed  anticipato  scolo  delle  acque,  una 
volta. 

La  resistenza  del  collo  uterino  congiunta  a  ristret- 
tezza pelvica  di  \P  grs^do,  essendo  il  diametro  retto 
superiore  di  pollici  3  =  0",081,  una  volta. 

La  resistenza  del  coUo  uterino  con  irregolarità  di 
contrazioni  e  leggiera  viziatura  pelvica,  essendo  il  dia- 
metro retto  dell'apertura  superiora  di  pollici  3.5  =  0",093, 
due  volte. 

La  resistenza  del  collo  uterino ,  con  irregolarità  di 
contrazioni,  anticipato  scolo  delle  acquee  viziatura  pel- 
vica di  1.®  grado,  essendo  il  diametro  retto  superiore  di 
pollici  3,2  =  0^086,  una  volta. 

La  languidezza,  irregolarità  e  nessuna  espulsività  delle 
contrazioni,  tre  volte. 

Fra  le  14  donne  che  ebbero  parto  naturai  difficile,  si 
notarono  undici  primipare,  di  cui  una  d'anni  21,  quattro 
{\\  83.  una  di  28,  una  di  29,  una  di  31^  una  di  32,  una 
^\  a8  ed  una  di  40,;  una  secondipara  di  30  anni;  una 
^ir^vida  per  la  quarta  volta  di  j39  anni ,  ed  una  per  la 
iiwta  volta  di  36  anni  :  tre  erano  entrate  iji  travaglio,  due 
^\u\o  edematose  ma  non  albuminuriche.  Dei  bambini  nac- 
^WWO  vivi  dodici  e  due  soli  morti  :  ebbervi  cinque  puer- 
y<vxnv  morbosi,  cioè  tre  per  metrite,  uno  per  febbre  mi^ 
W^Vi  ^  uno  per  febbre  puerperale  nel  dicembre.  Nessuna 
J^^i»>-^  venne  a  morte. 


3^ 

Sui  soccorsi  prestati  allo  scopo  di  vincere  la  resistenza 
del  collo  uterino,  o  la  irregolarità,  o  la  nessuna  espulsività 
delle  contrazioni,  che  riconosoeYano  per  eausa  uno  stato 
congestivo  dell*  utero,  valsero  il  bagno  generale  tiepido, 
il  semicupio  od  il  salassò,  come  già  ebbi  occasione  di  dire 
negli  altrr  Prospetti  clinici.  In  nessun  caso  si  ricorse 
alla  segale  cornuta,  ad  incisioni  della  bocca  uterina,  ad 
unzioni  con  estratto  di  belladonna ,  a  bagni  torpenti  ^  in 
quanto'  i  mezzi  sovraindicati  bastarono  ili  ogni  occasione. 

Dei  pctrti  non,  naturali. 

Eguale  per  numero  fu  la  cifra  dei  parti  non  natu- 
rali avuti  nel  1865  e  nel  1866,  ma  siccome  in  questo 
ultimo  anno  minore  fu  il  complesso  dei  parti ,  cosi  ne 
venne  una  proporzione  maggiore,  cioè  di  41  sopra  478,  il 
che  rappresenta  circa  la  proporzione  deir8,5  per  100,  pro- 
porzione rimarchevole  se  non  vi  fosse  il  fatto,  che  da  noi 
entrano  mólte  donne,  sia  in  travaglio  di  parto,  sia  durante 
la  gravidanza,  perchè  sanno  essere  loro  necessaria  una 
operazione  manuale  od  istromentale. 

Divisi  questi  41  parti  non  naturali  a  seconda  delle 
operazioni  richieste^  si  avrebbero  : 

Manuali     )   Estrazioni  .........       n.®     7 

n.*  18.     )   Rivolgimenti  •     . »il 


fi 


OS 

0 


air  apertura  superiore  ...»     9 
Forcipe  { all'apertura  inferiore  o  nella  esca-  * 

vaslone    ...«•«.»     3 


52    \  ,  ^  ì  Con  istromenti   i  craniotomie     ...»     5 

«     ]  /«,*T<>"J«»:    '        applicati 

§     j  tali  n.    Zó.  \        g^j  ^^^^         I  cefalotrizie     ...»     4 


Con  istromenti 


&    \.  l       applicati        \  gastro-isterotomie 

l  \     sulla  madre     l 


n.«  41 


324 

Parti  mantialù 

Le  estrazioni  Tennero  praticate  due  volte  per  proci* 
denza  del  cordone  ombelicale ,  due  volte  per  sospensione 
di  travaglio ,  e  minacciata  vita  del  feto ,  una  volta  per 
gravidanza  gemellare,  una  volta  per  irregolarità  di  con- 
trazioni uterine  e  sviluppo  estranormale  del  feto  ,^  una 
volta  per  arresto  del  capo  fetale  all'apertura  superiore  » 
essendovi  ristrettezza  nel  diametro  retto  superiore  di 
pollici  2^9  =s  0^,074,  e  questo  avveniva  nella  iscritta  al 
N.®  294  f  in  cui  si  era  pirovocato  il  parto  per  viziatura 
del  bacino. 

I  rivolgimenti  vennero  eseguiti  quattro  volte  per 
emorragia  cervico-placentale ,  tre  volte  per  procidenza 
del  cordone  ombelicale,  una  volta  per  eclamsia,  due  volte 
per  presentazione  della  spalla  sinistra  in  2.*  posizione  ed 
una  volta  per  travaglio  languido^  colla  presentazione 
deir  occipite  1,^  posizione  e  procidenza  del  piede  destro, 
per  cui  il  rivolgimento  riesci  cosa  di  poco  rilievo,  essen- 
dosi respinta  la  parte  presentata  e  &tte  delle  trazioni 
blande  sul  piede  procidente.  Tra  questi  rivolgimenti  i  più 
importanti  furono  quelli  eseguiti  per  condizioni  patologi- 
che inerenti  alla  madre,  vale  a  dire  in  causa  della  abnor- 
me .  inserzione  della  placenta  o  della  sopraggiunta  eclam- 
sia,  e  di  questi  già  dissi  qualche  parola  neir  articolo  sulla 

gravidana^,  per  cui  ora  mi  taccio  e  parlo  invece  del 

/ 

Parti  istromentali. 

Comincio  dal  forcipe  ^  mediante  il  quale  stromento, 
convenientemente  applicato,  non  si  ledono  nò  le  parti 
della  madre ,  nò  q\}elle  del  feto.  Qu^ta  tenaglia  venne 
applicata  nove  volte ,  essendo  la  testa  fetale  tuttora  li- 
bera 0  impegnata  alla  apertura  superiore.  Tra  le  indica- 
zioni di  essa  vi  furono  : 


325 

La  ristrettezza  pelvica  fra  i  pollici  =s  3. 2  0^,08^  ed 
i  pollici  2.  9  =  0"*,074  combinata  ad  irregolarità  di  con- 
trazioni uterine     .    .    .    -    .     .    .    •    .    .    .    4  volte 

La  eclamsia. 2    » 

Lo  sviluppo  preternaturale  della  tes^  del  feto  1  volta 

La  irregolarità  di  contrazioni  da  stato  con- 
gestivo  ,    •    1    » 

La  gravidanza  gemellare  con  languidezza  di 
contrazioni  ......••...,.    1    > 

Tre  volte  venne  il  forcipe  applicato  essendo  la. testa 
fetale  già  scesa  nella  escavazione  o  arrivata  alla  aper- 
tura inferiore.  Tali  applicazioni  furono  richieste:  1.®  dalla 
^lamsia;  2.^  da  poca  espulsi  vita  delle  contrazioni  uterine 
e  depressione  tlella  branca  ischio-pubica  destra  che  impe- 
diva il  moto  di  rotazione  della  testa  ;  3.*  da  irregolarità 
delle  contrazioni  uterine  per  improprio  uso  di  segale  cor- 
nuta amministrata  alla  partoriènte,  mentre  ancora  stava 
al  proprio  domicilio  prima  di  entrare  nel  nostro  Ospizio, 
dove  giunse  già  in  travaglio  di  parto  avanzato. 

Le  regole  seguite  neiruso  di  questo  str omento,  tanto 
nei  casi  di  applicazione  all' apertura  superiore,  come  nella 
escavazione  od^lla  apertura  inferiore,  furono  sempre  quelle 
da  noi  già  indicate  negli  anni  precedenti^  cioè  di  applicare  le 
cucchiaja  del  forcipe  sulle  regioni  temporo-parietali  della 
test^  fetale ,  in  modo  da  afferrare  il  capo  nella  dire- 
zione del  diametro  più  riducibile,  il  biparietale,  tenendo 
sempre  la  nuova  curvatura  ^diretta  verso  quella  parte  del 
capo  fetale  che  doveva  essere  ricondotta  al  dissotto  della 
sinfisi  pubica ,  cioè  alla  nuca  del  feto ,  che  erasi  sempre 
presentato  in  questi  casi  coiroccipite  collocato  in  una  1.^ 
o  2.^  posizione  anteriore.  È  quest*  anno  ebbimo  una  nuova 
conferma  della  bontà  del  forcipe  costrutto  dietro  le  idee 
del  Professore  Lo  vati  di  Pavia,  cioè  più  lungo  di  quello 
comunemente  adoperato,  per  cui  riescono  e  bene  e  spedite 
le  applicazioni  di  questo  stromento  anche  quando  la  te- 


326 

sta  fetale  trovasi  tuttora  libera  all'apertura  superiore,  al 
conseguimento  del  quale  scopo  non  valgono  i  forcipi  che 
misurano  una  lunghezza  di  uno  o  due  pollici  di  meno  nel 
tratto  dal  perno  alle  estremità  delle  cucchiaja.  E  preci- 
samente per  la  cortezza  del  forcipe  troviamo  spiegata  la 
ragione,  perchè  molti  ostetrici  stranieri  preferiscano  il 
rivolgimento  al  forcipe  e  sacrifichino  molti  bambini  colla 
craniotomia,  adducendò  a  causa  di  ciò  la  difficoltà  od 
impossibilità  di  afferrare  col  forcipe  la  testa  tuttora  li- 
bera alla  apertura  superiore. 

Di  queste  dodici  donne,  tre  erano  entrate  in  travaglio 
di  parto ,  le  altre  dimoravano  nello  Ospizio.  Vi  furono 
nove  primipare,  una  gravida  per  la  terza  volta,  una 
per  r ottava  volta:  l'età  oscillò  fra  i  32  ed  i  42  anni. 
Una  sola  fu  travagliata  da  metrorragia  consecutiva  al 
parto,  del  resto  percorse  con  un'altra  il  puerperio  af- 
fatto regolare  ;  una  ebbe  piaga  gangrenosa  al  pudendo  y 
di  cui  guari,  e  in  due,  entrate  in  sopraparto  dopò  un 
travaglio  lunghissimo  ed  inutili  tentativi  di  rivolgimento 
e  di  forcipe  a  domicilio ,  rimase  per  postumo  una  fistola 
vescico- vaginale  ;  tre  ammalarono  di  febbre  puérperale; 
in  una  continuò  la  óclam^a,  in  altra^  la  bronco-pòl- 
monia  ed  in  altra  ancora  V  anassarca  con  diarr^ ,  che 
le  molestava  anche  in  gravidanza  ;  una  sofirl  di  rammol- 
limento alle,  sinfisi  pelviche.  Guarirono  sei ,  due  vennero 
trasferite  allo  Spedale  Maggiore^  e  quattro  morirono,  cioè 
3  per  febbre  puérperale  ed  una  per  eclamsia. 

Bei  bambini  estratti  tre  soli  nacquero  morti,  gli  altri 

VIVI. 

Craniotomie. 

Cinque  furono  le  craniotomie  eseguite  nelUanno  1863 

e  cioò  per  idrocefalia     .    . una  volta 

per  ristrettezza  pelvica quattro  volte. 

Nel  caso  di  idrocefalia  occorso  nella  rivoverata  n.°37l. 


327 

pluripara,  arrivata  nello  Ospizio  a  travaglio  di  parto  di- 
chiaratò,  e  dopo  aver  subito  a  domicilio  inutili  tentativi 
di  rivolgimento  e  di  forcipe ,  essendoci  accorti  della  esi- 
stente lesione  del  feto,  ih  cui  mancavano  i  segni  della 
vita,  si  praticò  colla  forbice  dello  Smelile  la  apertura  del 
cranio,  colla  quale  si  diede  esito  alla  molta  acqua  òapita 
nel  capo;  Bastarono  in  seguito  pòche  trazioni  colla  sola 
mano ,  ajutata-  dalle  forze  espulsive  dell'  utero  materno , 
ad  estrarre  un  bambino  molto  sviluppato,  il  cui  capo  di- 
mostrava di  esàere  stato  idrocefàlico  in  alto  grado.  La 
donna  percorse  puerperio  regolare  e  venne  dimessa  in  8.* 
giornata. 

Nelle  donne  aflFette  da  ristrettezza  pelvica,  in  cui  si 
richiese  la  craniotomia,  il  diametro  retto  dell'apertura 
superiore  misurava  pollici  2.  11  =;  0",079  in  un  caso, 
poli.  2.9±=0™,074  in  due  casi,  e  pollici  2.6  =  0^068  in 
un  terzo.  In  tutte,  segnatamente  nella  maggiormente  ri- 
stretta e  in  cui  si  era  provocato  il  parto  ad  arte,  si  no- 
tava eziandio  una  maggiore  o  minore  depressione  di  am- 
bedue 0  di  una  sola  delle  pareti  cotiloidee. 

L'istromento  usato  per  eseguire  la  craniotomia  fu  sem- 
pre la  forbice  dello  Smellie.  La  craniotomia  veniva  pra- 
ticata dopoché  la  testa  era  stata  afferrata  dal  forcipe, 
che  serviva  a  mantenerla  fissa  contro  l'apertura  superiore 
ed  a  praticare  in  seguito  le  necessarie  trazioni  per  l'estra- 
zione del  capo  tagliato  traverso  la  ristretta  trafila  pel- 
vica. In  Un  sol  caso,  avendo  il  forcipe  lasciato  la  presa, 
si  ricorse  con  giovamento  al  cranioclaste  di  Simpson,  ado- 
perato qual  mezzo  di  presa  e  di  trazione.  Delle  quattro 
donne  operate  di  craniotomia  per  ristrettezza  pelvica,  tre 
erano  arrivate  nello  Ospizio  a  travaglio  di  parto  dichia- 
rato, due  erano  primipare,  una  gravida  per  la  seconda 
volta,  ed  una  per  la  terza  volta.  La  più  giovane  contava 
27  anni,  la  più  vecchia  31;  due  ebbero  puerperio  affatto 
regolare,  una  fu  disturbata  da  leggiera  febbre  miliare, 
ed  una  da  metrite  con  miliare  :  tutte  risanarono. 


328 

Cefalotrixie. 

Limitato,  come  succedette  anche  negli  anni  prece* 
denti,  fu  U  numero  delle  celalotrizie  praticate,  cioè  quat-* 
tro,  e  tutte  riconobbero  per  indicazione  la  ristrettezza 
del  bacino,  compresa  in  quella  di  2.*  grado.  Due  volte 
il  diametro  retto  della  apertura  superiore  misurava  pol- 
lici 2. 8  =  (r,072 ,  una  volta  pollici  2. 5  =  0",065 ,  ed 
una  volta  poli.  2.3=  0"^,061.  In  tutte  poi  si  associava 
i^na  deformazione  del  bacino  per  depressione  più  o  meno 
notevole  delle  pareti  cotiloidee ,  e  conseguente  diminu* 
zione  negli  spazii  sacro-cotiloidei,  sporgenza  o  deviazione 
del  promontorio  del  sacro  verso  Y  uno  dei .  due  Iati  de- 
stro e  sinistro ,  diminuzione  nel  diametro  biiscfaiatico  a 
pube-coccigeo. 

Due  di   queste   donne   erano  entrate  nelF  Ospizio   a 
travaglio  dì  parto   durante  già   da   molte  ore;  in  una 
che  stava  da  qualche   tempo   neir  Ospi^zio  si  era  provo- 
cato ad  arte  il  parto,  e  la  quarta  era  giunta  nello  sta- 
bilimento pochi  giorni  soltanto  prima  del  parto  già  alla 
fine  del  nono  mese  di  gestazione  e   quindi  ^d   epoca  di 
gravidanza  troppo  inoltrata,  perchè  si  potesse  sperare  di 
evitare  una  grave  operazione  al  momento  del  parto  spon-- 
taneo,  ricorrendo  invece  alla  provocazione   artificiale  di 
esso.  Tre  erano  primipare,  una  gravida  per  la  terza  valta. 
L'età  loro  era  di  23  anni  in  uba,  di  30  in  due,  e  di  3& 
nella  quarta.    L*  unica  che  si  ^ammalò  e  che  poi  mori  di 
febbre  puerperale  fu  la  più  avanzata  in  età,  che  era  pri- 
mipara ed  entrata , nello  stabilimento  in  sopraparto:  le  al- 
tre tre  percorsero  puerperio  affatto  regolare  sen^^a  alcuna 
conseguènza  dairattcf  operatorio. 

La  cefalotrizia  venne  sempre  eseguita  di  conserva 
colla  craniotomia ,  e  quando  dopo  praticato  lo  schiac- 
ciamento del  capo  il  cefalotritore  di  Depàul ,  prefe- 
rito e  giustamen^  dalla  Scuola .,  lasciava  la  presa  nel 


329 

mentre  si  facevano  le  necessarie  trazioni  per  l'estrazione 
del. capo  fetale,  si  ricorse  con  vantaggio  al  cranioclaste 
ài  Simpson,,  che  giova  tanto  ad  estrarre  41  capo  quale  $tro* 
mento  di  trazione,  come  anche  a  compire  lo  sfrantuma- 
mento ,  quando  una  sola  ,  cefalotrizia  non  abbia  suffi- 
cientemente >  ridotta  la>  testa  del  feto* 

Non  si  ebbe  in  nessuna  circostanza  a  rilevare  alcuna 
triste  conseguenza  dalFuso  dello  stromento  compressore 
di  Depaul,  il  quale  è  comodo  a  maneggiarsi  ed  applicarsi, 
ha  sufficiente  forza  per  schiacciare  qualunque  siasi  capo, 
difficilmente  lascia  la  presa.  La  craniotomia  deve  neces- 
sariamente ed  in  ogni  caso  precedere  la  cefalotrizia.  Que- 
sta regola  adottata  dal  Professore  Lazzati  nelle  molte 
cefalotrìzie  praticate  nello  Stabilimento  durante  .questi 
ultimi  quattro  anni ,  credo  sia  stata  una  delle  ragioni 
per  cui  le  nostre  cefalotrìzie  vennero  generalmente  co- 
ronate di  buon  esito.  Il  caso  di  morte  verificatosi  que- 
st'anno per  febbre  puerperale,  non  devesi  ascrivere  alle 
conseguenze  della  operazione  eseguita,  ma  sibbene  a  ra- 
gioni insite  nella  donna  stessa.  Essa  giungeva  nello  sta- 
bilimento già  in  gravissime  condizioni  generali ,  avvi- 
lita e  prostrata  di  forze,  con  polsi  piccoli,  bassi,  frequen- 
tissimi ,  meteorismo  esagerato.  In  travaglio  di  parto  da 
43  ore  circa,  al  momento  dell' ingresso .  nell' Ospizio  le 
colava  dal  pudendo  un  liquame  bruno-sporco,  fetentissimo. 
Il  feto  era  morto  da  tempo ,  e  subito  operata  cominciò 
a  star  male  e  moriva  coi  sintomi  di  febbre  puerperale 
violentissima  23  ore  dopo  la  operazione ,  per  cui  è  a 
credere  che  in  questa  donna  già  si  era  ordito  un  processo 
deleterio  e  morboso  precedentemente  allo  svuotamento 
dell'  utero ,  il  quale  non  fece  che  accelerare  lo  svolgersi 
della  febbre  puerperale.  La  autossia  rilevò  i  soliti  esiti 
della  peritonite  suppurata.  Dalla  morte  ài  questa  ricove- 
rata ebbe  principio  la  febbre  puerperale,  che  si  rese  epi- 
demica nel  mese  successivo,  essendoché  questa  donna  era 


330 

morta  il  25  novembre  e  prime  ad  esserne  prese  furono 
le  donne  che  vi  giacevano  dappresso,  e  ne  risentirono  to- 
stamente la  influenza,  sebbene  al  primo  indizio  della  af- 
fezione la  si  facesse  trasferire  in  apposito  e  separato 
stanzino,  dove  si  accolgono  le  puerpere  gravemente  am- 
malate. Si  può  dire  che  questa  dònna  ci  portò  il  male 
puerperale  nello  Ospizio ,  dopoché  da  quasi  undici  mesi 
ne  era  andato  affatto  immune. 

Gastro-isterotomie. 

Due  sole  e  nella  stessa  cifra  quindi  che  nel  1865  e 
1864  furono  le  gastro-isterotomie,  che  sfortunatamente 
si  dovettero  praticare  neir  annata.  Ambedue  riconosce- 
vano per  causa  della  grave  operazione  una  notevolissima 
ristrettezza  pelvica  di  3.*  grado ,  causata  da  rachitide , 
che  avea  considerevolmente  deformata  la  pelvi ,  dopo 
averla  ristretta  in  tutti  i  suoi  diametri. 

Le  donne  che  formarono  soggetto  di  queste  due  ope- 
razioni furono  le  iscritte  ai  N.  497  del  1865  e  484  del 
1866  ;  ambedue  primipare. 

La  prima  avea  28  anni^  era  di  piccola  statura,  misurando 
pollici  47,5  =s  i^fié  nella  sua  altezza  totale.  Il  bacino  pre- 
sentava le  seguenti  misure ,  che  vennero  confermate  sul  cada- 
vere. 

Distanza  su  le  due  spi^e  iliache  ante- 
riori superiori.     .........     poli.  7,  4.«=  01",Ì98. 

Distanza  fra  la  sommità  delle  due  cre- 
ste iliache  ..........     ^    poli.  8.  4  =  0",  225. 

Diametro  antere- posteriore  superiore,  poli.  5. 6  »»  0™,  149. 
misurato  col  compasso  di  spessore. 

Diametro  obliquo  destro  .....     poli'.  7.  3  =  0",196. 

Diametro  obliquo  sinistro poli.  7.6=»  0",203. 

Diametro  retto  interno  superiore  (fat- 
ta la  debita  deduzione  ) poU.  2.  2  =»  O^jOSO. 


331 

Diametro  biischiaiìco polL  1 .  6  «=  0",040. 

Diametro  pube-coccigeo     .     .     .     .     .     poli.  2. 4  «  0™,063* 

Inoltre  la  cresta  iliaca  destra  era  più  alta  e  più  sviluppata 
della  sinistra,  accartocciate  ambedue  «opra  sé  stesse  ,:e  tutte 
piegate  dall'indietro  àiravantL:Ml  trocantere  destro  meno  spor* 
gente  del  sinistro  ,  e  quest'  ultimo  '  di  poca  più  elevato  del- 
l'altro:  pube  piegato  ali' indietro  ad  angolo  acuto  con  grande 
depressione  delle  branche  ischio-pubiche:  arcata  pubica  ristret- 
tissima in  modo  che  dall'alto  della  arcata  pubica  sino  alla  con- 
giunzione delle  branche  ischio-pubiche  sta  appena  l'apice  del  dito 
indice,  quindi  dopo  il  punto  di  congiunzione  le  due  branche  ischio- 
pubiche  divaricavano  fra  loro  e  formavano  quasi  un  x.  Colonna' 
vertebrale  con  due  curvature,  l'una  colla  convessità  in  avanti  e 
l'altra  colla  convessità  divergente  versoi  destra;  gravissima  in- 
sellatura lombare,  congiunzione  sacro»  lombare  fortemente  de- 
pressa, promontorio  spinto  leggiermente  a  destra;  sacro  forte- 
ménte  ricurvo,  inclinazione  pelvica  notevolissima. 

L' esame  interno  rilevava  che  la  sinfisi  del  pube  era  acu- 
minata e  piegata  verso  destra,  depressione  notevole  delle  pa- 
reti cotiloidee,  sacro  coi  promontorio  baséo ,  occupante  grande 
parte  della  apertura  superiore,  spingendosi  assai  all' avanti, 
quasi  come  una  gibbosità  che  si  prolungava  per  un  certo  tratto 
in  basso. 

Destatesi  in  questa  donna  leggiere  le  doglie  del  parto  alle  ore 
mattutine  del  21  marzo,  essendo  giunta  a  termine  di  gravidanza, 
fu  sottoposta  alla  operazione  verso  le  8.  ^/^  pomeridiane  del  giorno 
stesso,  avendo  il  travaglio  progredito  nella  giornata,  integre  le 
membrane  ,  vivo  il  feto  ,  scomparso  il  collo ,  1'  orificio  uterino 
aperto  circa  un  pollice.  Si  estràsse  una  bambina  viva,  sana  e 
Sviluppata.  Nessuno  accidente  disturbò  la  operazione.  La  pa- 
ziente mori  per  emorragia  consecutiva  alla  ferita  23  dopo 
l'operazione.  I^a  autossia  rilevò  nel  bacino  le  alterazioni  sovra- 
notate. 

L'altra  ricoverata  n.®  484  del  1866  era  d'anni  34,  di  statura 
piccolissima,  misurando  soli  pollici  34.5  =»  0™,932  nella  totalità 
del  capo.  Le  principali  misure  ottenute  tanto  colla  pelvimetria 
esterna  che  interna  furono  le  seguenti: 


332 

Dìstansa  fra  le  due  ipine  Uiaehe*aote- 
riori-superiori  .     • ,    polt    7.  —  0*,188. 

Distanza  fra  le  eommità  delle  dae  creste,    poli.    7.  «•  0^,188. 

Diametro  retto  superiore  esterno,   .     .     polL     5.  «•  0^435. 

Diametro  obliquo  destro    .....     poli.  6. 1  *-»  (JF^ÌÒÒ* 

Diametro  obliquo-sinistro  ......     poli.  5. 6  *-».0"',l^^* 

Diametro  biischiatico    ..<•.•     poli.      2  ìp*  0'',054« 

Diametro  pube-coccigeo poli.  2.7  >«■  0'^,070. 

Diametro  retto  interno    (fatta  la  de- 
bita  deduzione)    ........     r    .     poli.    2n>0'',0454. 

Aggiunn^si  che  l'arcata  pubica  era  foggiata  a  omega  ri- 
stretto in  modo  che  poco  più  di  un  dito  stava  collocato  nella 
sommità  dell'arco  pubico  ;  pareti  cotiloidee  depresse  Verso  il  pro- 
montorio, particolarmente  la  destra,  che  da  quest'ultimo  punto  di- 
stava un  dito  trasverso  circa,  un  pb  più  la  sinistra;  curvo  assai 
il  sacro  in  modo  che  la  puata  era  avvicinata  alla  base  e  spinta, 
in  avanti;  pelvi  inclinatissima;  deviazione  considerevole  laterale 
sinistra,  quindi  destra  della  colonna  vertebrale,  che  rappresen- 
tava come  una  S. 

Sopraggiunti  i  dolori  del  parto  verso  il  .mezsogiorno  del  13 
dicembre  ,  ed  avendo  il  travaglio  progredito  nella  giornata,  fu 
sottoposta  verso  le  9  pomeridiane  del  giorno  stesso  alla  gastro- 
isterotomia,  con  cui  si  estrasse  un  bambino  vivo,  bene  svilup- 
pato, di  sesso  mascolino.  Il  puerjperio  venne  turbato  da  emor- 
ragie ricorrenti  e  da  peritonite,  per  cui  la  operata  mori  verso  le 
10  antimeridiane  del  15  dicembre. 

All'autossia  si  riscontrò  che  il  diametro  retto  superiore  ,  il 
bischiaticò,  il  pube-coccigeo j  corrispondevano  colle  misure  prese 
sulla  donna  viva.  Inoltre  si  ebbero  le  seguenti  n^isure^ 

Diametro  obliquo  destro.     ....     poli.  2.ÌÌ  ^  0^,079. 

Diametro  obliquo  sinistro    .     .     .    v     poli.  2. 10  «  0",O77. 

Distanza  dal  promontorio  alla  parete 
cotiloidea  destra .    •     poli.     1.1  =  0"',028. 

Distanza  dal  promontorio  alla  parete 
cotiloidea  sinistra    .....:..     poli.       1  ■—  0"',026. 

Parti  provocati  artificialmente. 
Ventidue  furono  i  parti-  che  nella  annata  si  provoca- 


tm 


333 

rono,  B  cioè  venti  volte  per  viziatura  pelvica,  due  volte 
per  malattia  della  gestante. 

Fra  le  venti  cause  di  viziatura  pelvica,  19  volte  que- 
ste erano  prodotte  da  rachitide ,  una  volta,  da  osteoma- 
lacia.  Delle  nìalattie  che  indicarono .  la  provocazione  del 
parto  abbiamo  già  discorso  trattando  della  gravidanza, 
come  allora  trattammo  anche  del  caso  di  osteomalacia  » 
che  richiese  la  provocazione  del  parto.  Quindi  ora  non 
faremo  che  passare  in  rassegna  le  indicazioni  al  parto 
provocato  proveniente  da  rachitide,  e  siccome  la  enumera- 
zione e  descrizione  particolareggiata  di  ciascuna  deformità 
pelvica  sarebbe  cosa  troppo  minuta,  ci  limiteremo  a  stu- 
diare le  misure  del  bacino,  che  indicarono  tali  maneggi 
operativi. 

Il  diametro  retto  della  apertura  superiore  era  di  pol- 
lici 1.3  =  0",061  in  un  caso,  di  pollici  2. 6  =  0», 068  in 
un  caso,  di  poli.  2. 8  =  0",072  in  tre,  di  poli.  2, 9  =  (y»,074 
in  tre,  di  poli.  2. 10  =  0'»,076  in  uno,  di  poli.  2. 11  =  0«,079 
in  cinque,  di  polL  3  =r0",081  in  tre,  di  poli.  3. 1  =  0",083 
in  uno,  ed  in  un  altro  di  poli.  3. 3  =  0"^,  088. 

Fra  queste  23  donne,  tredici  erano  primipare,  una  gra- 
Vida  per  la  seconda  volta,  due  per  la  terza  volta,  tre  per 
la  quarta,  due  per  la  quinta,  ed  una  per  la  decima  volta. 
L'età  loro  oscillò  fra  i  18  ed  i  41  anni.  Quattordici  per- 
corsero puerperio  regolare,  una  ebbe  in  puerperio  gastrite, 
un'altra  {ebbre  miliare  con  piaga  gangrenosa  al  pudendo 
che  si  notò  anche  .  in  un'  altra  ,  una  sofferse  di  grave 
ortopnea,  una  di  rammollimento  alle  sinfisi  pelviche,  una 
dì  febbre  puerperale,  un'altra  di  podartrocace  destro  con 
tabe,  una  di  osteomalacia.  Tutte  guarirono,  meno  quella 
affetta  da  podartrocace,  che  venne  trasferita  allo  Spedale 
Maggiore,  quella  malata  di  ortopnea  con  osteomalacia 
che  venne  a  morte,  e  quella  che  colpita  da  febbre  puer- 
perale mori  per  questa  micidiale  affezione  morbosa. 

Riguardo  ai  metodi  usati  per  provocare  le  contrazioni 
uterine  furono: 


334 

La  smnplice  puntura     .    ...    .    .    .    una  volta 

La  sola  spugna due  volte 

La  spugna  combinata  colla  siringa  elastica  quattro  volte 
La  laminaria  digitata  colla  spugna  .  .  una  volta 
hsL, laminaria  digitata  colla  siringa  elastica  una  volta 
La  spugna,  e  siringa  elastica  che  causò  accidentalmente 

la  rottura  della  borsa quattro  vplte 

La  spugna,  la  siringa  elastica  e  la  rottura  artificiale 

della  borsa ^    •    .    .    •    cinque  volte 

La  siringa  elastiòa  che  causò  rottura  di  borsa  una  vplta 
La  sola  siringa  elastica  .  .    .    .    .    .    .    una  volta 

Fra  tutti  questi  metodi,  tranne  i  casi  in  cui  si  vo- 
leva ottenere  subito  una  pronta  diminuzione  del  volume 
dell'  utero,  al  cui  scopo  si  arrivava  colla  puntura,  corri- 
sposero meglio  la  spugna  combinata  colla  siringa  elastica, 
cioè  ottenere  prima  mediante  Tueo  di  pezzetti  di  spugna 
una  certa  dilatatone  della  bocca  uterina  e  possibilmente 
la  scomparsa  del  collo,  quindi  introdurre  tra  Tutero  e  le 
membrane  la  siringa  elastica  destinata  a  destare  le  contra* 
zioni  uterine  non  ancora  risvegliate  col  primo  mezzo  im- 
piegato; che  se  già  si  notava  una  certa  preparazione  del 
collo  e  degli  oriflcli  uterini ,  allora  a  dirittura  si  intro- 
duceva la  siringa  elastica. 

Gli  esperimenti  scarsi  in  numero  istituiti  finora  colla 
laminaria  digitata  non  ci  autorizzano  ancora  a  por- 
tare un  valido  giudizio  intorno  la  maggiore  o  minore 
utilità  di  questa  sostanza,  destinata  a  surrogare  la  spu- 
gna preparata  nella  dilatazione  della  bocca  uterina.  ÀI  dire 
di  chi  la  consigliò,  essa  avrebbe  \  vantaggi  note  voli  •  sulla 
spugna ,  quali  sarebbero  il  poter  servire  in  più  casi ,  il 
non  assorbire  e  quindi  emanare  i  fetidi  odori  che  talora 
si  notano  coir  uso  delia  spugna,  il  ridursi  di  volume  ap- 
pena tolta  dalla  bocca  uterina  o  dalle  parti  pudende  in- 
terne della  donna,  ecc. 

Giova  notare  che  da  noi  là  laminaria  digitata  si  è  do- 


335 

I 

vuta  usare  quale  è  venuta  naturalmente ,  mancando  fi- 
nora chi  la  sappia  preparare  convenientemente  per  l'u- 
so ostetrico  ;  d' altronde  la  spugna  compressa ,  quale  la 
si  può  avere  dalle  nostre  officine  farmaceutiche ,  corri- 
sponde tantp  bene  all'uso  in  discorso»  che  davvero  non 
lamentiamo  di  troppo  la  mancanza  della  laminam  pre- 
parata. 

Riguardo  al  modo  di  effettuazione  dei  parti,  diciassette 
furono  naturali^  facili.  Si  fecero  una  estrazione  per  pre- 
sentazione delle  natiche ,  e  due  applicazioni  di  forcipe 
alla  apertura  superiore ,  provocandosi  il  parto  a  gesta- 
zione inoltrata,  per  risparmiare  operazioni  più  gravi  a 
termine.  E  cosi  dicasi  della  craniotomia  col  forcipe,  e  della 
cefalotrizia  resesi  necessarie  all'  atto  dello  sgravio. 

Dei  bambini  14  nacquero  vivi,  2  nacquero  agoniz- 
zanti e  morirono  dopo  ia  nascita ,  6  nacquero  morti  ; 
dei  nati  vivi  uno  mori  per  asfissia  sette  ore  dopo  il  par- 
to ,  ed  uno  nove  ore  dopo  pei*  sussistente  apertura  del 
foro  del  Botallp,  10  passarono  agli  esposti,  e  2  abban- 
donarono l'Ospizio  colle  loro  madri. 

Riguardo  all'epoca  di  gravidanza ,  in  cui  venne  pro- 
vocato il  parto,  una  volta  lo  fu  nel  corso  del  sesto  mese 
per  grave  dispneia  defila  gestante,  che  era  la  ricoverata 
N.  396  affetta  da  osteomalacia ,  diciotto  volte  verso  la 
fine  dell'  ottavo  mese ,  tre  volte  al  principio  del  nono 
mese.  La  indicazione  intorno  all'epoca  di  gravidanza  in 
cui  provocare  il  parto  si  deduceva  dalla  maggiore  o  mi- 
nore ristrettezza  pelvica,  nonché  dalle  condizioni  generali 
fisiche ,  in  cui  si  trovava  la  gestante ,  e ,  come  fu .  detto , 
talora  a  gravidanza  alquanto  inoltrata,  per  evitare  a  ter- 
mine danni  maggiori  per  la  madre  è  per  il  feto,  essendo 
l'epoca  della  provocazione  del  parto  obbligata  dal  momento 
dell'ingresso  delle  gestanti  nell'Ospizio. 


336 


Bambini. 


Éntro  uno  specchio  sinottico  raccoglieremo  i  dati  prin- 
cipali che  rigaardano  le  Ticende  còrse  dai  bambini  nati 
dalle  478  ricoverate,  che  si  sgravarono  nell*  Ospizio  da-* 
rante  Tannata,  nonché  dei  bambini  che  esistevano  al  primo 
gennajo  1866. 


Esistenti 

il  31 
gennajo 

Nati  vivi. 

• 

Nati 
morti 

Sortiti 

• 

dallo 
Ospizio 

Passati 

al  L.  P. 

degli 

Esposti 

Morti 

Nati 
morti 

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193 

15 

1416 

23 



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1 

451 

3 

9 

37 

392 

29 

39 

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498 


498 


Fra  i  490  bambini  nati  nel  1866  ve  ne  erano  423 
nonimestri ,  44  ottimestri ,  15  settimestri ,  6  semestri , 
uno  quinquemestre  ed  uno  quadrimestre.  Dei  29  venuti 
a  morte  si  notarono  9  nati  agonizzanti  o  che  morirono 
subito  dopo  la  nàscita  per  apoplessia  o  asfissia  susse- 
gua .  al  parto  ;  altri  4  morirono  per  asfissia  alcune  ore 
dopo  la  nascita,  come  ne  perirono  2  per  apoplessia, 
uno  per  scleriasi,  uno  per  idrocefalia  con  ascite,.uiio  per 
mostruosità  per  idrocefalia  e  deficienza  di  parti,  uno  per 
sussistente   apertura  del   foro   del  Botalto ,  8  per  pre- 


337 

maturanza,,  uno  per  anencefalia ,  ed  uno  per  pemfigo  si- 
filitico. 

Tra  le  alterazioni  di  primitiva  conformazione  si  ri- 
scontrarono due  anencefalie ,  due  idrocefalie ,  una  delle 
quali  voluminosissima ,  una  mancanza  dell'  orecchio  sini- 
stro, ed  un  interessante  caso  di  spina  bifida  con  idroce- 
falia, mancanza  della  lingua,  labbro  leporino  composto  e 
complicato,  spostamento  delle  orecchie,  ecc. 

Alle  autossie  praticate  in  tutti  i  bambini  venuti  a 
morte  si  presentarono  le  solite  alterazioni  della  apoples- 
sia ,  del  morbo  ceruleo ,  ecc  ;  in  quelle  dei  bambini  pe- 
riti per  prematuranza  o  asfissia,  nessuna  alterazione  ne- 
gli organi  interni  come  nei  bambini  mostruosi,  mentre  nel 
bambino  affetto  da  pemfigo  sifilitico  si  notarono  suppura- 
zione del  timo,  iperplasie  del  connettivo  polmonale,  mac- 
chie al  fegato. 

Le  malattie  principali  osservate  nel  breve  tempo  di 
dimora  fatto  da  questi  bambini  nel  nostro  comparto,  fu- 
rono la  scleriasi,  V  ottalmo-blennorrea,  le  enteritidi,  qual- 
che raro  caso  di  risipola  ombellicàle  o  di  mastite  o  di 
scolo  vaginale  :  non  fu  dato  di  osservare  neppure  una 
anghectasia ,  e  nessun  bambino  nacque  ricoperto  di  mi- 
liare ,  come  neir  anno  1865 ,  il  che  attribuisco  al  non 
avere  avuto  durante  V  annata ,  e  solo  nel  dicembre,  epi- 
demia di  febbre  puerperale  e  miliari,  come  avvenne  nel- 
r  anno  precedente. 

Riguardo  al  secondamento ,  non  abbiamo  a  dire  che 
poche  parole  intorno  ad  un  caso  di  straordinaria  ade- 
renza della  placenta  colla  parete  interna  dell'utero,  os- 
servatosi nella  ricoverata  N.*  156 ,  la  quale,  d'  anni  46 , 
gravida  per  la  quinta  volta,  partorì  felicemente  e  natu- 
ralmente un  bambino  vivo  ,  maschio  ,  nonimestre ,  bene 
sviluppato,  che  si  era  presentato  per  l'occipite  1.^  posi- 
zione :  il    travaglio   avea   durato  7   ore  e  mezzo  prima 

Annali.  Voi,  COL  22 


338 

dello  scolo  delle  acque,  un*opa  dopo  di  esso.  Ma  escito  il 
bambino,  rimaneva  la  placenta,  ed  anzi  si  era  incominciata 
una  abbondante  emorragia,  per  cui  invano  tentate  le  tra- 
zioni sul  funicolo  ombellicale,  si  andò  colla  mano  alla  ri- 
cerca della  placenta.  Si  trovò  che  questa  si  era  quasi  im- 
medesimata colla  superficie  interna  dell'utero,  dove  avea 
fatto  la  sua  inserzione,  e  non  fu  possibile  staccarla  in 
totalità,  ma  solo  raschiando  colle  dita  quel  punto  che 
sembrava  il  sito  di  inserzione  della  placenta,  si  riesci  a 
staccarne  dei  piccoli  frammenti,  e  ripetendo  più  volte  que- 
sta operazione,  si  giunse  ad  arrestare  la  perdita,  al  cui 
raggiungimento  giovarono  eziandio  delle  injezioni  intra- 
uterine gelide  ed  acidulate,  la  applicazione  della  vescica 
con  ghiaccio  sul  fondo  dell'utero,  dove  contemporanea- 
mente sì  praticarono  fregagioni,  e  V  amministrazione  per 
bocca  di  un  grammo  di  segale  cornuta.  Arrestatasi  cosi 
la  perdita ,  senza  che  la  donna  dimostrasse  fenomeni  di 
abbattimento,  non  si  rilevarono  in  puerperio  sintomi  in- 
fiammatorii  air  utero ,  ma  solo  una  mite  febbre  miliare , 
con  lochi  fetenti,  che  le  permise  di  restituirsi  alla  propria 
dimora  perfettamente  guarita.  Riuniti  i  frammenti  coti- 
ledonari della  placenta,  non  formavano  nel  loro  complesso 
che  un  quarto  o  tutto  al  più  il  terzo  del  volume  nor- 
male di  una  placenta. 

Nel  resto  le  emorragie  osservatesi  nelle  nostre  don  ne» 
tranne  quelle  dipendenti  da  inserzione  morbosa  della  pla- 
centa alla  bocca  uterina,  non  avvennero  che  quando  già 
il  secondamento  era  compito  ;  di  vere  ,  estrazioni  di  pla- 
centa non  se  ne  praticarono  mai ,  solo  in  ,  molti  casi  fu 
duopo  favorire  la  uscita  delle  secondine. 

Alterazioni  speciali  di  queste  furono  le  solite  osser- 
vate negli  scorsi  anni,  cioè  le  deposizioni  scirrotiche,  la  de- 
generazione adiposa,  e  gli  induramenti  da  probabile  iper- 
plasia  del  tessuto  connettivo  nelle  placente  appartenenti 
a  donne  sifilitiche. 


339 

Riguardo  alla  placenta  in  gravidanze  gónellari,  se  ne 
osservarono  di  varia  specie,  cioò  con  due  sacchi  e  due 
placente  aderenti  tra  loro  ma  non  comunicanti;  con  due 
sacchi  e  due  placente  distinte  ;  giammai  si  notò  la  co- 
municazione tra  loro  delle  due  placente ,  o  una  sola  pla- 
centa pei  due  bambini  con  un  sacco  unico. 

Puerpèrio. 

4 

Le  puerpere  esistenti  nello  stabilimento  al  primo  gen- 
najo  1866  erano  in  numero  di  dodici,  di  cui  dieci  sane  e 
due  ammalate,  e  nel  corso  dell'anno  ne  entrarono  478, 
come  risulta  dal  prospetto  dei  parti  effettuatisi:  per  cui 
a  490  sali  il  numero  delle  puerpere  assistite  nell'annata. 
Di  queste  ve  ne  furono  336  che  abbandonarono  T  Ospizio 
0  perfettamente  guarite^  o  migliorate,  chiamate  alla  pro- 
pria casa  da  circostanze  speciali  di  famiglia,  o  trasferite 
allo  Spedale  Maggiore  per  malattie  che  per  la  loro  na^ 
tijra  erano  di  incomodo  o  pericolo  alle  altre  ricoverate, 
e  che  non  presentarono  alcun  interesse  dal  lato  ostetrico; 
127  passarono  quali  nutrici  al  Luogo  Pio  degli  Esposti, 
19  sole  vennero  a  morte,  ed  otto  rimanevano  nello  sta- 
bilimento  alla  mezzanotte  del  31  dicembre  1866. 

Nel  redigere  il  Prospetto  clinico  per  l'anno  1865,  io 
presentava  una  tavola  sinottica  nella  quale  dimostrava 
il  movimento  generale  delle  puerpere  sane  ed  ammalate. 
E  questo  faceva  perchè  avendosi  avuto  nell'annata  una 
quasi  continua  epidemia  di  febbre  puerperale  con  di- 
verse recrudescenze  ed  esacerbazioni,  desiderava  far  cono- 
scere i  rapporti  relativi  fra  le  puerpere  sane  od  amma- 
late, e  dimostrare  come  si  fosse  presentata  questa  malat- 
tia,  in  quali  mési  avesse  maggiormente  infierito.  Ma  que- 
st'  anno  fortunatamente  la  febbre  puerperale ,  troncata 
con  le  savie  misure  igienico-profilattiche  adottate  dal 
profossore  Lazzati  nel    dicembre  1865 ,  e  di  cui  a  lungo 


340 

mi  intrattenni,  risparmiò  per  undici  Duoni  me^ì  u  nostro 
Ospizio,  e  non  fu  che  nel  dicembre  1866  che  incominciò 
a  &rsi  dominatrice,  e  a  colpire  un  certo  numero  delle 
donne  che  aveano  cercato  ajuto  da  noi.  Durante  Tanno 
ben  è  vero  che  si  ebbero  alcuni  pochi  casi  sporadici  di 
febbre  puerperale,  taluni  mortali,  ma  le  pronte  separa- 
zioni praticate  valsero  sempre  a  limitare,  anzi  ad  arre- 
stare il  malefico  fomite  puerperale,  e,  come  dissi,  non  ci 
si  presentò  che  nel  dicembre  con  qualche  violenza.  In<- 
fatti  durante  tutti  gli  undici  mesi  dal  gennajo  al  novem- 
bre non  si  contarono  che  undici  soli  casi  di  vera  febbre 
puerperale  con  otto  morti;  mentre  nel  dicembre  se  ne 
ebbero  12  con  5  morti,  e  si  noti  che  delle  dodici  amma- 
latesi nel  dicembre  alcune  vennero  a  morte  nel  successivo 
gennajo  1867. 

Per  tali  ragioni  credo  inutile  quest'anno  il  dare 
la  tavola  generale  denotante  il  movimento  delle  puer- 
pere sane  ed  ammalate  :  essa  sarebbe  priva  affatto  di  in- 
teresse scientifico.  La  massima  parte  delle  malattie  che 
presentarono  le  nostre  puerpere  furono  di  indole  mite, 
come  risulterà  dalla  tavola  nosologica  che  andrò  espo- 
nendo, e  delle  poche  interessanti  mi  riservo  a  dire  qualche 
parola  in  particolare.  Del  resto  ecco  la  tavola  nosologica 
generale  delle  malattie  delle  puerpere  avute  nel  1866. 


Denominazione 

delle 

malattie 


Numero 
delle 
ammalate 


Denominazione 

delle 

malattie 


341 

Numero 
delle 
ammalate 


Febbre  puerperale  .     .     •  23 

Febbre  miliare  ....  20 

Febbre  intermittente  .     •  2 

Metrite .  6 

Metrite  con  miliare     .     .  5 

Metro-peritonite      ...  1 

Metrite  con  risipola    .     .  1 

Flebite  destra     ....  2 

Bronchite 6 

Bronco-polmonite    ...  1 

Gkistrite     ......  4 

Mastite 3 

Infiammazione  alla  sinfisi 

sacro-iliaca  destra   .     •  i 

Peritonite  con  bronchite  •  1 

Congestione  cerebrale.     .  1 

Tubercolósi 2 

Convulsioni 1 

Epilessia 1 

Melanconia     .....  1 

Delirio  .......  1 

Pellagra    ,.,...  4 

Ascite i 


Diarrea     ...    .     .    . 

Diarrea  con  anasarca  .     . 

Dissenteria  con  miliare    . 

Piaghe  al  pudendo.     .     . 

Podartrocace  con  tabe     . 

Patereccio 

Edema  ....... 

Anassarca ...... 

Anassarca  con  tubercolósi 

Osteomalacia .    •    .    .    . 

Osteomalacia    con  miliare 

Metrorragia    .     .     .     .     . 

Metrorragia  in  7.*  giornata 
—  in  4.*  giornata 

Fistola  vescico-vagihale  . 

Forme  veneree  e  sifilitiche   ,10 

Eclampsia 6 

Emorragia  da  gastro-iste- 
rotomia 2 

Emorragia  da  placenta  pre- 
via      2 

Edema  polmonale    .     .     . 

Escoriazioni  gravi   ai  ca-  . 
pezzoli 1 


85 
Totale  N.*>  131. 


46 


A  chiunque  mi  abbia  seguito  nella  lettura  dei  Pro- 
spetti clinici  della  R.  Scuola  d' ostetricia ,  questa  ta- 
vola nosologica  dimostra  subito  il  piccol  numero  di  puer- 
pere ammalate  avute  nello  scorso  anno  1866.  Infatti 
se  noi  la  confrontiamo  con  quanto  ebbimo  ad  osser- 
vare nel  triennio  1863-64^65,   troviamo  di  molto  infe- 


342 

riore  il  numero  e  con  esso  anche  la  gravità  delle  for- 
me morbose.  Inoltre  molte  delle  malattie  presentate  da 
queste  donne  erano  affatto  indipendenti  dallo  stato  puer- 
perale,  altre  non  rappresentavano  che  una  conseguenza  o 
un  seguito  di  affezioni  proprie  alla  preceduta  gravidanza, 
a  poche  si  riduce  il  numero  delle  vere  forme  puerperali» 
delle  malattie  inerenti  allo  stato  puerperale  proprio  alla 
donna,  che  si  è  liberata  dal  prodotto  del  concepimento. 
E  questo  scarsissimo  ammalare  di  affezioni  realmente  di 
indole  ed  eziologia  puerperale,  devesi  per  la  massima 
parte  ascrivere  alle  saggie  misure  profilattiche  ed  igie^ 
niche  adottate  dairegregio  professore  Lazzati  sullo  scor- 
cio del  1^65 ,  di  cui  mi  intrattenni  a  lungo  nel  mio 
precedente  Prospetto  clinico.  Come  già  dissi,  nei  primi 
undici  mesi  del  1866  la  febbre  puerperale  quasi  vi  fu 
sconosciuta ,  o  se  pur  vi  dominò ,  lo  fu  in  qualche 
raro  e  scarso  caso  sporadico ,  e  con  essa  furono  scar- 
seggianti le  metriti  con  o  senza  miliare ,  le  febbri  mi- 
liari essenziali,  le  flebiti,  che  tutte  assieme  costituiscono, 
secondo  me ,  quel  complesso  di  malattie  conosciute  col 
nome  di  morbi  puerperali.  Per  me  la  febbre  puerperale 
rappresenta  il  prototipo  di  queste  malattie  zimotiche  pro- 
prie alla  puerpera,  destata. da  cause  speciali  miasmatiche 
finora  sconosciute,  mentre  invece  le  metriti  a  decorso 
subdolo  ,  non  permanente ,  infiammatorie ,  accompagnate 
nella  pluralità  dei  casi  da  miliare,  le  febbri  miliari  es- 
senziali, le  flebiti  agli  arti  inferiori,  non  rappresente- 
rebbero che  una  minore  acutezza  del  male ,  ma  sa- 
rebbero dipendenti  dalla  stessa  causa  zimotica.  In&tti 
sé  vogliamo  una  prova  luminosa  di  ciò,  non  abbiamo 
che  a  consultare  i  miei  Prospetti  clinici,  franca  e  ve- 
ritiera narrazione  di  quanto  succede  nell'  Ospizio.  In 
ragione  dei  casi  di  febbre  puerperale  stanno'  pure  quelli 
delle  malattie  sovraindicate.  Esse  si  vedevano  prece- 
dere,  accompagnare,   susseguirne  le  epidemie.    Quando 


S43 

la  febbre  puerperale  fu  troncata  bruscamente  nel  1865 
colle  disinfettazioni ,  colle  segregazioni ,  si  videro  ces- 
sare anche  tali  malattie;  nascevano  queste,  e  la  feb- 
bre puerperale  faceva  capolino,  ma  sempre  però  prece- 
duta dalle  medesime,  ben  inteso  nello  insorgere  delle 
epidemie  puerperali ,  non  nello  svilupparsi  di  casi  spo- 
radici. Si  videro  molte  ammalare  primamente  di  sem- 
plice febbre  miliare  essenziale ,  presentare  nei  primi 
giorni  gli  identici  sìntomi,  sudori  ricorrenti  e  profusi, 
febbri  a  freddo  remittenti ,  sensazioni  vaghe  pel  corpo , 
nessun  fenomeno  addominale ,  utero  indolente ,  nessuna 
sensibilità  agli  inguini,  lochi  regolari  per  qualità  e  quan- 
tità ;  poi  in  alcune  sintomi  di  febbre  puerperale ,  dolori 
al  ventre ,  meteorismo ,  vomito,  alterazione  di  qualità  e 
quantità  nei  lochi ,  polsi  celerissimi  e  piccoli ,  ambascia 
e  finalmente  la  morte ,  ed  all'  autossia  si  riscontravano 
i  soliti  esiti  della  febbre  puerperale  (peritonite  sup- 
purata, ecc.  ).  In  altre,  che  pur  si  erano  ammalate  co- 
gli stessi  fenomeni  di  febbre  miliare,  progrediva  questa 
malattia  senza  che  si  manifestasse  un  dolore  ali*  utero 
od  al  ventre  ;  ed  altre  pure  se  ne  ebbero  che  al  con- 
trario presentarono  al  principio  della  malattia  fenomeni 
di  febbre  puerperale:  si  vinceva  questa,  e  le  malate  of- 
ferivano un  decorso  di  febbre  miliare.  La  stessa  te.- 
rapia  (vescicanti,  calomelano,  ecc.),  giovava  tanto  per 
r  una  come  per  V  altra  forma ,  naturalmente  di  effi- 
cacia minore  per  la  febbre  puerperale  che  per  le  altre 
malattie ,  in  quanto  in  quella ,  come  ho  detto ,  vediamo 
rappresentato  il  prototipo  della  infezione,  I  bambini  nati 
da  queste  donne  vedevansi  egualmente  ammalare  e  mo- 
rire ,  molti  essere  espulsi  già  cadaveri.,  Di  conseguenza , 
esaminando  il  quasi  contemporaneo  svilupparsi  della  feb- 
bre puerperale  e  delle  altre  malattie,  il  modo  di  decor- 
rere di  queste ,  il  loro  avvicendarsi ,  il  susseguirsi  se  la 
febbre    puerperale   epidemica  non  veniva   troncata    bru- 


344 

scamente,  ma  cessava  lentamente  e  spontaneamente,  men* 
tre  accadeva  il  contrario  se  tronca  vasi  ad  un  tratto, 
r  utile  della  stessa  terapeutica ,  gli  stessi  fenomeni  nei 
bambini ,  tutto  ciò  mi.  conferma  nella  idea  non  essere  le 
medesime  che  manifestazioni  diverse  per  grado  e  per  in- 
tensità di  una  identica,  malattia  zimotica  prodotta  dalle 
stesse  cause.  Quanto  succede  nello  Ospizio  avviene  pui^e 
in  città ,  dove  riscontriamo  le  febbri  miliari ,  le  metriti 
spurie  spesseggiare  nelle  operate,  in  cui  più  frequenti  si 
contano  i  casi  di  febbre  puerperale. 

Con  ciò  non  vogliamo  dire  che  le  febbri  miliari ,  le 
metriti,  manchino  assolutamente  nelle  epoche,  in  cui  ,^ion 
si  mostra  la  febbre  puerperale;  vogliamo  solo  inten- 
dere che  in  allora  scarseggiano ,  non  si  mostrano  collo 
aspetto  quasi  epidemico  con  cui  si  hanno  in  quegli  altri 
tempi.  Fu  parimenti  osservato  che  anche  un  semplice  spes- 
seggiare di  febbri  miliari  essenziali  veniva  accompagnato 
della  comparsa  di  qualche  caso  di  febbre  puerperale,  co- 
me ne  ebbimo  ripetute  prove,  mentre  allo  irrompere  della 
epidemia  puerperale  tacciono  quasi  affatto  le  febbri  mi- 
liari 0  le  metriti.  Di  ciò  occorse  la  prova  nello  scorso 
anno,  nel  quale  nei  primi  undici  mesi  si.  ebbero  19 
casi  di  febbre  miliare  essenziale ,  uno  di  metrite  ac- 
compagnata a  risipola ,  cinque  di  metrite  con  miliare , 
sei  di  metrite  semplice ,  uno  di  metro-peritonite ,  con 
undici  casi  di  febbre  puerperale ,  mentre  nel  solo  dicem- 
bre si  contarono  12  casi  di  febbre  puerperale  con  una 
sola  febbre  miliare ,  e  neppure  uno  di  metrite.  Sembra 
che  r  azione  influenzante  e  terribile  del  quid  epide- 
mico puerperale  agisse  cosi  sinisliramente  e  profonda- 
mente sulle  nostre  puerpere  ,  che  ,  ammalandosi ,  assu- 
mevano tosto  r  impronta  fatale  della  febbre  puerperale. 
Rilevasi  dalle  tavole  mortuarie ,  che  la  maggiore  mor- 
talità avvenne  nelle  epoche  in  cui  imperversò  la  feb- 
bre puerperale.  E  poiché  V  argomento  ci  trae  ai  decessi. 


345 

dirò  come  fra  le  19  venute  a  morte ,  tredici  lo  furono 
per  febbre  puerperale ,  di  cui  5  nel  solo  dicembre,  due 
per  emorragia  in  conseguenza  di  taglio  cesareo,  una  per 
sincope  in  donna  affetta  da  òsteomalacia,  una  per  eclam- 
sia ,  una  per  edema  polmonale  con  anassarca ,  una  per 
metro-peritonite. 

La  poca  mortalità,  Tessersi  presentata  la  febbre  puer- 
perale <5on  intensità  solo  al  finire  dell'  anno,  non  mi  per- 
mettono di  estendermi,,  come  feci  lo  scorso  anno,  in- 
torno alla  febbre  puerperale  e  di  dare  come  nel  1865 
dei  quadri  statistico-clinici  delle  donne  ammalatesi  di 
questa  forma  morbosa,  indubbiamente  contagiosa.  Di  essa 
ammalavansi  di  preferenza  le  donne  che  giacevano  pres- 
so ad  altre  puerpere  già  colpite  da  questa  malattia , 
non  risparmiando  né  l'età,  né  la  costituzione,  né  il  ge- 
nere di  parto.  La  fenomenologia  era  identica,  come  si 
segui  la  stessa  terapia.  Bandito  il  salasso  generale,  si 
ricorse  in  quasi,  tutti  i  casi ,  al  calomelano ,  ai  vesci- 
canti, raramente  a  qualche  sanguigna  generale,  e  si  può 
dire  con  franchezza  che  questo  trattamento  giovò  in  sva- 
riati casi  anche  gravi,  e  che  facevano  pronunciare  una 
prognosi  infausta. 

Le  autossie  praticate  in  tutte  le  donne  morte  di  feb- 
bre puerperale  fecero  sempre  riconoscere  gli  esiti  della 
peritonite  suppurata.  Non  mai  ci  si  presentò  la  forma 
setticoemica,  che  ritengo  debba  essere,  almeno  presso  di 
noi ,  assai  rara ,  perchè  sopra  tante  donne  che  si  am- 
malarono di  febbre  puerperale  durante  questo  quadrien- 
nio, non  mi  si  presentò  che  una  sola  volta  la  vera  forma 
setticoemica ,  una  volta  la  risipola  con  gangrena ,  in 
tutti  gli  altri  la  peritonite  suppurata,  mentre  se  noi  in- 
terroghiamo i  resoconti  delle  Cliniche,,  segnatamente  di 
Germania  e  Russia,  vediapio  marcati  frequentemente 
i  casi    di    febbre   puerperale  setticoemica,    la  quale   poi 


346 

deve  essere   ancora   più   grave ,   che  la   forma   perito^ 
neale  (I). 


OsserTaKlonl  raeeoKe  sopra  tre  «•■tltaslonl  «t- 
mosferlehe  morbose  damate  II  eorso  delln 
earrlerift  pratica  del  dott  FIORA  V ANTE  BOMBII. 

(  Continuazione  della  pag.  83  del  precedente  fa-- 
scicolo ,  e  Fine  ).  ^ 

Lia  seconda  maggiore  costituzione  epidemica  si  è  pre- 
sentata Tannò  1842  ed  ebbe  termine  Tanno  1844,  quan- 
tunque alcune  stagioni  si  fossero  variate  in  peggio  sin 
dalTautunno  1839,  nel  qual  anno  per  copiosissime  pioggie 
autunnali  e  freddi  precoci  accadde  nella  nostra  Lombardia 
una  strabocchevole  innondazione  de'  principali  fiumi ,  e 
del  Po  in  ispecie,  che  apportò  vasti  stravasamenti  e  danni 
gravissimi  alla  campagna,  ai  paesi  e  alle  cascine  prossime 
alla  riviera,  da  esportar  seco  in  alcuni  luoerhi  terreni, 
case,  ambenti,  masserizie,  uomini,  animali  e  quanto  Tonda 
furiosa  incontrava  sul  suo  passaggio. 

Ma  nell'anno  1842  fu  la  primavera  che  si  spiegò  si- 
nistramente, con  un  freddo  fuor  delT  usato,  aere  di  fre- 
quente nuvoloso  è  pioggie  quasi  continue,  da  far  temere 
gravi  mali  alT  umanità  e  disastri  alle  messi ,  sinché  alla 
metà  di  giugno  si  spiegò  un  moderato  calore ,  che  per- 
mise la  seminagione  del  grano  turco,  e  si  accrebbe  in  luglio 


(1)  Veggansi  in  proposito  i  nostri  tre  precedenti  Prospetti 
clinici  e  le  mie  Riviste  ostetriche  4.*  e  7/  in  cui  si  passò  in 
rassegna  quanto  fu  scritto  sulla  febbre  puerperale  lUegli  anni 
1863,  64 ,  65  e  66.  (V.  <  Ann.  univ.  di  medicina  ji  ,  fase,  di 
giugno  1864  e  fase,  di  agosto  1866). 


347 

ed  in  agosto.  Sia  per  tali  sconcerti  atmosferici,  sia  per  altri 
nocivi  elementi  cosmo-tellurici,  atti  ad  indurre  nei  corpi 
una  predisposizione,  verso  la  metà  di  giugno  comparvero 
alcune  febbri  intermittenti  larvate,  ora  sotto  fenomeni 
gastrici,  ora  reumatici  ed  ora  nervosi,  che  misero  in  qual- 
che* imbarrazzo  il  medico  curante.  E  siccome  i  sintomi  va- 
riavano a  norma  della  complicazione  che  aveano  seco,  cosi 
il  malato,  ora  mostrava  lingua  sucida,  inappetenza,  vo- 
miturizione,  stitichezza,  inquietudine,  cefalea,  talvolta  va- 
niloquio notturno,  sete  ;  ora  dolori  articolari  e  muscolari, 
lombaggine,  emicrania.  Il  sintomo  che  scoperse  Uindole  della 
febbre  non  fu  questa  volta  la  sete^  ma  un  leggier  madore 
cutaneo  alla  notte  e  una  certa  calma  mattutina^  benché 
sussistesse  ancora  il  processo  febbrile,  e  nelle  ore  pome- 
ridiane aumentasse  col  caldo ,  in  modo  però  cosi  oscuro 
da  fuorviare  facilmente  Tattenzione  di  chi  presiedeva  alla 
sua  assistenza. 

Tali  febbri,  trattate  con  un  metodo  antiflogistico,  che 
sembrava  reclamato  dai  loro  fenomeni,  passavano  facil- 
mente in  nervose,  come  è  accaduto  a  me  in  qualche 
caso ,  e  mi  venne  confermato  da  alcuni  sinceri  colleghi. 
Acciò  fossero  prontamente  arrestate,  previo  sempre  un 
purgativo ,  si  dovea  ricorrere  al  chinino ,  nella  stessa 
dose  e  col  metodo  adoperato  nella  febbre  larvata  gastrica 
sopra  descritta. 

Quelle  febbri  continuarono  in  buon  numero  sin  quasi 
alla  fine  di  agosto,  tranne  qualche  caso  isolato  comparso 
in  settembre,  dopo  di  che  cessarono  intieramente,  per  la- 
sciare il  posto  ad  altre  febbri  d'indole  peggiore,  cioè 
alle  nervose  o  tifoidee.  Le  quali  comparvero  in  numero 
straordinario,  giacché  da  tre  a  quattro  solite  ad  avve- 
nire ogni  anno  nel  mio  quartiere,  nel  corso  di  circa  quat- 
tro mesi  salirono  a  23;  dopo  il  qual  tempo  cessarono 
quasi  affatto. 

Benché  queste  febbri  nervose  si  distinguessero  per  una 


348 

serie  di  sintomi  propri ,  alcuni  però  dei  principali  in  oasi 
diversi,  o  mancavano,  o  erano  sostituiti  da  sintomi  inso- 
liti. Talora^  iti  luogo  della  soccorrenza ,  era  vi  una  tale 
stitichezza,  da  dover  ricorrere  ai  blandi  purgativi  e  ai 
clisteri  per  mantenere  libere  le  prime  vie.  La  cefalea, 
facile  ad  osservarsi  sin  dal  principio  di  queste  febbri , 
lasciava  molti  degli  infermi  interamente  liberi,  in  onta 
anche  alla  presenza  di  alcuni  sintomi  capitali.  Il  va- 
niloquio 0  il  delirio  consueti  dejl  pari  anche  nei  casi 
meno  gravi,  massime  il  primo,  in  alcune  non  esistevano, 
o  erano  si  miti  da  non  meritare  seria  attenzione.  Le  orine 
in  genere  scarse  o  rosse,  o  quasi  sanguigne,  talvolta  erano 
abbondanti  e  chiare  come  quelle  delle  isteriche. 

Tutte  quelle  febbri,  rispetto  al  grado,  si  poteano  dividere 
in  due  serie,  miti  e  gravi.  Le  prime,  benché  per  propria 
natura  sempre  gravi,  pur  non  aveano  seco  l'intiero  appa- 
rato fenomenologico  delle  seconde.  Della  prima  serie,  che 
furono  13,  se  ne  salvarono  12.  La  vittima  fu  una  giovane 
contadina  di  16  anni,  non  menstruata,  quantunque  ben 
disposta  nel  fisico  ;  nel  decorso  del  male  vennero  in  scena 
dei  sintomi  polmonali,  tosse  secca,  respirazione  affannosa, 
più  tardi  espettorazione  copiosa,  escreati  verdastri,  in  se- 
guito purulenti,  febbre  etica,  e  infine  la  morte.  Alla  se- 
zione fu  scoperta  una  tubercolosi  alla. sommità  del  polmone 
sinistro.  Delle  seconde,  che  furono  10,  ne  soccombettero 
tre,  e  nelle  due  autopsie  instituite  si  rinvennero  le  lesioni 
della  dotinenterite  di  Brétonneau. 

Né  in  tutte  queste  febbri  si  associò  l'esantema  milia- 
re, riconosciuto  da  quel  peculiare  odore,  che  tramandano 
i  corpi  malati,  e  da  esili  vescicoline  bianche,  diafane,  tal- 
volta sole,  0  miste  a  papule  rosse,  opache  e  consistenti. 
Allorché  la  miliare  era  rara ,  e  svolgevasi  con  qualche 
diflScoltà  ,  la  febbre  era  sempre  viva ,  la  cute  del  ma- 
lato arida  ed  urente,  i  sintomi  nervosi  più  manifesti  con 
vaniloquio  o  delirio.   Invece  nella   miliare  confluente  la 


'      349 

traspira;5Ìone  era  più  fetida  e  copiosa,  il  malato  più  quie- 
to, benché  qualche  voKa  si  lamentasse  di  oppressione,  la 
sua  mente  di  raro  turbata,  con  sete  molesta  di  ripara- 
zione. Dal  che  sembrava  che  l'esantema,  allorché  era  im- 
pedito a  svòlgersi  nella  sua  interezza,  reagisse  maggior- 
mente sulla  febbre ,  mentre  Y  eruzione  facile  ed  abbon- 
dante era  generalmente  di  sollievo  all'infermo. 

Dei  23  casi  avuti  in  quell'anno,  in  14  scoppiò  la  mi- 
liare, copiosa  e  confluente  in  9,  più  rara  in  5;  in  due 
di  questi ,  benché  emanassero  l' odore  specifico ,  non  si 
vide  che  qualche  papula  isolata  o  vescicolina.  la  questi 
ultimi  la  malattia  fu  anche  più  grave ,  il  capo  sempre 
ingombro,  l'oppressione  di  respiro  continua,  qualche  sor- 
dità, vaniloquio  o  delirio  che  aumentavano  nella  notte. 

Tutti  questi  casi  furono  gravissimi,  ^essendosi  ag- 
giunta  la  dotinenterite,  Unita  alla  meningite.  La  diarrea 
era  facile  ed  anche  copiosa,  fluida,  di  odore  fetidissimo,  mi- 
sta a  flocchi  di  muco.  L' apertura  di  alcuni  cadaveri  ap- 
palesò nella  villosa  dell'  ileo-intestino,  e  in  qualche  parte 
anche  del  crasso,  delle  placche  qua  e  là  più  meno  gran- 
di ,  da  un  piccolo  centesimo  a  mezzo  scudo,  di  color  rosso, 
o  rosso  scurò,  le  cui  papille  sembravano,  sottoposte  alla 
lente ,  prive  di  epitelio ,  ed  in  alcuni  punti  anche  scom- 
parse. 

La  cura  prestata  non  fu  uguale  in  tutti  gli  infermi, 
ma  modiflcata  secondo  i  sintomi,  le  complicazioni  e  gli 
individui,  in  sostanza  però  la  solita  ad  usarsi  in  que- 
ste febbri.  Nei  12  malati  di  febbre  più  mite,  il  chinino 
trionfò  presso  che  in  tutti ,  premesso  nella  prima  ot- 
tava un  prudente  metodo  antiflogistico,  alcuni  salassi 
nei  più  robusti  anche  nel  secondo  settenario,  il  sanguisu- 
gio al  capo  0  all'epigastrio,  talvolta  anche  intorno  al 
bellico ,  blandi  purganti  oleosi ,  clisteri  emollienti  o  so- 
lutivi nella  stitichezza,  bibite  refrigeranti  ghiaccis^te  e 
subaeide,  il  ghiaccio  sul  capo  come  ripercussivo  se  eravi 


350 

delirio,  i  rivellenti  vescicatori,  i  sinapismi  fissi  e  volan- 
ti, i  bagni  sinapizzati  sino  alle  coscio. 

Allorché  era  vi  associata  la  miliare,  ricorreva  ai  sa- 
doriferi,  e  quando  esisteva  gastricismo  e  stitichezza,  a 
qualche  grano  di  tartaro  stibiato  sciolto  in  un  veicolo 
tepido,  anche  per  favorire  la  diaforesi;  al  chinino  o  s^l 
decotto  di  china  quando  doveva  sostenere  le  forze  ab- 
battute, e  per  tal  modo  mi  apportò  molti  utili  servigi. 

Il  solfato  di  chinino  era  poi  reclamato  maggiormente 
allorquando  la  febbre  appalesava  della  remittenza,  o  il 
vaniloquio,  qualche  leggier  delirio,  indicavano  una  in- 
termittenza marcata,  con  mente  tranquilla  e  serena  nel 
tempo  della  calma,  non  diarrea,  ed  orine  chiare  o  acquee. 
La  dose  era  di  14  a  16  grani  al  giorno,  secondo  Tetà» 
o  in  pillole,  o  in  polvere,  o  in  soluzione  a  norma  della  tol- 
leranza del  malato,  proseguendolo  senza  interruzione  sino 
alla  fine  della  febbre,  il  che  accadeva  di  solito  verso  il 
termine  della  quarta  settima,  o  anche  più  in  là,  non  mai 
prima. 

Devesi  notare  che  due  febbri  nel  loro  principio  ani- 
messe  nel  novero  delle  leggiere,  assunsero  più  tardi  l'a- 
spetto delle  letifere,  e  ciò  io  credo,  o  per  diposizione  pro- 
pria, ovvero,  come  pare  più  probabile,  per  disordini  na- 
scostamente commessi;  e  devo  aggiungere  che  in  questi 
casi  riusciti  a  buon  fine,  trionfò  più  la  i^atura  che  l'ar- 
te, perocché  alcuni  giorni  prima  io  avea  perduto  ogni 
speranza. 

Nei  9  casi  più  gravi  il  mètodo  antiflogistico  in  prin- 
cipio venne  richiesto  maggiormente  attivo ,  in  causa 
della  febbre  ardente)  del  vaniloquio  e  del  delirio^  della 
inquietudine  generale  con  intensa  sete.  Ma  in  qualche 
caso  ho  dovuto  restringerlo  e  limitarlo ,  atteso  il  poco 
frutto  che  produceva,  imperocché  tanto  la  febbre  che 
i  sintomi  capitali  continuavano  non  ostante  sempre  al- 
larmanti ,  anche  dopo  le  sottrazioni  sanguigne  generali  e 


351 

locali.  Sicché  dopo  averne  instituite  alcune,  dovetti  arre- 
starmi, incerto  se  fossero  più  dannose  che  utili,  limi- 
tandomi alle  coppette  alla  nu^a,  ai  vescicanti  alle  brac- 
cia e  alle  sure,  al  ghiaccio  al  carpo  e  internamente, 
alle  decozioni  di  tamarindo ,  e  infine  ai  senapismi  fissi  e 
volanti ,  ai  bagni  senapizzati  alle  estremità  inferiori. 

In  onta  alla  presenza  di  tanto  apparato  nervoso^  ten- 
tai nondimeno  il  chinino  in  molte  di  quelle  febbri ,  poi- 
ché, riflettea  tra  me,  se  questo  rimedio  giova  nelle  più 
miti,  perchè  non  potrà  giovare  nelle  maggiori?  A.vver- 
tirò  che  in  tre  di  questi  malati ,  apparendo  maggior- 
mente spiccati  i  sintomi  nervosi  ed  enterici ,  la  migliare, 
il  delirio  quasi  continuo,  i  tremori  degli  arti,  la  car- 
fologia,  credetti  di  sospenderlo,  non  come  dannoso,  bensì 
come  impotente  rimedio,  e  gli  infermi  subirono  T  astremo 
fato. 

Il  pronostico  si  offriva  in  queste  febbri  quasi  sempre 
incerto  nel  suo  principio ,  non  cosi  nel  secondo  e  terzo 
settenario.  Imperocché  non  fu  raro  il  caso  di  alcune 
febbri,  che  leggiere  nella  invasione,  divennero  gravissime 
liei  loro  corso.  Né  altrimenti  accadeva  di  alcune  altre, 
che,  gravi  nel  loro  principio,  facevansi  a  poco  a  poco  mo- 
derate, e  pervenivano  senza  impedimento  ad  una  risolu- 
zione favorevole.  I  segni  che  lo  rendevano  dubbio  o  fune- 
sto erano  il  delirio  quasi  continuo,  la  diarrea  insistente 
profusa  e  fetida,  T  esantema  miliare  che  vi  si  era  compli- 
cato, i  tremori  delle  estremità,  la  carfologia;  ed  allora 
i  malati  non  isfnggivano  che  di  rado  alla  morte.  La  man- 
canza di  questi  sintomi  lo  dettavano  assai  più  favorevole. 

Nella  primavera  del  1843,  le  febbri  intermittenti  com- 
parvero in  febbrajo^  la  maggior  parte  complicate,  o  al- 
r elemento  flogistico^  o  al  gastrico,  o  al  reumatico,  que- 
sta però  più  frequente  ;  con  fortissimi  parossismi  invaso- 
ri, accompagnati  non  dr  rado  da  vaniloquio,  e  in  alcuni 
anche  da  frenesia  passaggiera,  che  si  ammansala  facil- 


352 

mente  col  salasso,  col  sanguisugio  al  capo,  coi  purgan- 
ti, ecc.  Allorché  poi  il  rematismo  si  applicava  ai  mu- 
scoli intercostali  o  lungo  il  dorso ,  tanto  più  il  malato 
si  rendeva  inquieto,  chiedeva  il  salasso  per  respirare,  le 
coppette  incise  per  muoversi  più  liberamente  nel  letto^ 
e  neirostinazione  del  dolore,  anche  le  sanguisughe  in  qual- 
che copia,  le  unzioni  oleose  con  sopra  flanelle  calde,  e  di 
frequente  cambiate.. 

Se  tali  mezzi  venivano  adoperati  con  prontezza ,  an- 
che i  malati  raggiungevano  più  presto  la  convalescenza , 
e  fu  raro  il  caso  che  apparisse  la  indicazione  del  chinino, 
perchè  le  si  vedevano  ammansarsi  da  sé. 

Alcune  però  di  queste  febbri  negli  individui  robusti  e 
pletorici  sul  quarto  o  quinto  giorno  assumevano  un  corso 
continuo  reumatico-infiammatorio,  da  dover  aumentare  il 
metodo  antiflogistico,  e  con  questo  i  malati  al  12  o  al  14 
giorno  di  cura  raggiungevano  la  convalescenza.  Se  poi 
con  questo  metodo,  eleminate  le  complicazioni  flogistico- 
reumaticfae,  la  febbre  si  rendeva  semplice  periodica,  al- 
lora era  agevole  fugarla  col  chinino.  Soltanto  verso  la 
metà  di  maggio  quelle  febbri  intermittenti  deposero  le 
complicazioni,  e  un  metodo  più  semplice  le  arrestava. 

Ma  ecco  nello  stesso  anno,  e  verso  la  metà  di  lu- 
glio, presentarsi  di  nuovo  delle  febbri  nervose,  e  in  mag- 
gior numero  dell*  antecedente ,  che  dapprima  leggiere,  o 
sotto  forma  gastrica,  assumevano  in  seguito  tutti  i  ca- 
ratteri delle  tifoidee  o  nervose  dei  nostri  antichi.  Dall'e- 
steriore forma  fenomenologica  e  dal  grado  si  potevano 
dividere  come  le  altre  in  miti  e  gravi.  Delle  prime  com- 
parvero 15,  delle  seconde  12,  in  tutto  27.  Notisi  che 
due  ammesse  tra  le  leggiere,  divennero  gravi  in  causa 
dell'esantema  miliare,  e  mantennero  un  lungo  corso 
prima  di  toccare  la  convalescenza ,  una  ai  45  giorni , 
r  altra  ai  52;  e  che  la  china-china  apprestò  il  migliore 
soccorso. 


353 

L'esantema  miliare  comparve  in  queir  anno  in  17  ca- 
si; cioè  in  6  delle  leggiere  e  IO  delle  gravi,  non  com- 
prendendo un  caso  di  queste  ultime,  nel  quale  sì  aveva  ro- 
dere specifico  ma  non  la  presenza  dell'esantema.  In  tutti 
i  casi  leggieri,  presente  la  miliare,  il  chinino* fu  il  ri- 
medio più,  efficace,  e  laddove  eravi  bisogno  d'innalzate  le 
forze  del  malato ,  era  utile  il  decotto  delia  corteccia  pe- 
ruviana. 

La  terapia  delle  forme  più  gravi  dovette  essere  più  at- 
tiva, a  norma  dei  sintomi  che  presentavano.  Il  salasso  ed 
il  sanguisugio  ripetuti  erano  indicati  tanto  nel  primo  che 
nel  secondo  settenàrio,  non  che  i  blandi  purganti  e  i  clisteri 
se  i  malati  erano  stitici ,  le  bibite  refrigeranti ,  la  dieta 
austera,  o  tutt'al  più,  e  tardi,  dei  brodi  di  vitello  o  di 
pollo,  di  solo  burto  nei  poveri,  o  anche  di  vacca. 

Se  nel  frattempo  compariva  il  delirio,  dopo  le  sot- 
trazioni sanguigne  generali  e  locali,  ricorreva  alle  ri- 
percussioni col  ghiaccio  sul  capo,  ai  vescicanti  alla  nuca 
o  dietro  alle  orécchie,  e  alle  sure,  ai  sinapismi  alle  pian- 
te. Né  altrimenti  venivano  combattute  cotesté  febbri  a 
stadio  un  pò  più  inoltrato;  solo  che  il  metodo  era  più 
prudente  e  circospetto,  e  in  relazione  alle  forze  dell'  in- 
dividuo. Il  chinino  non  venne  quasi  mai  dimenticato  an- 
che in  quest'anno,  pressoché  in  tutte  le  febbri. 

La  cura  delle  leggiere,  si  intende  da  sé,  era  sostenuta 
blanda  e  prudente  a  norma  dei  sintomi.  D'ordinario  in 
principio  qualche  salasso,  se  l'accesso  febbrile  era  risentito  ; 
degli  eccoprotici ,  delle  bevande  di  tamarindo ,  limonate 
semplici  se  il  secesso  era  facile;  sanguisugio  alle  tempia 
se  eravi  cefalea.  In  appresso  il  chinino  era  il  rimedio 
più  reclamato,  e  la  guarigione,  anche  quando  non  avve- 
niva prima  del  quarto  settenario,  era  quasi  immancabile. 
Quando  si  aveva  complicazione  di  miliare,  la  malattia  si 
protraeva  sino  al  40.®  o  ^0.®  giorno  e  con  lunga  con- 
valescenza. 

Ankali.  Voi.  CCJ.  23 


354 

Nei  12  casi  gravi  la  perdita  fa  di  5  individui,  e  la  morte 
avvenne  tra  il  14.®  e  24.®  giorno, .  eccetto  una  paziente  che 
soccombette  neirS.*^  giorno,  tanta  fa  la  ferocia  spiegata 
nei  primordi  della  febbre.  Trattavasi  di  una  giovane  ro- 
busta, di  23  anni«  regolarmente  mestruata,  presa  da 
delirio  furioso,  che  a  stento  poteva  essere  trattenuta 
da  diverse  persone ,  sinchò  dopo  69  ore  si  ebbe  il  coma 
e  la  morte. 

L'autopsia  discopri  ingorgati  assai  i  vasi  della  dura 
madre,  pieni  i  seni  laterali,  rossa  Taracnoide  e  la  me- 
ninge, consistente  la  sostanza  corticale,  injettata  la  mi- 
dollare, poche  goccie  di  siero  nei  ventricoli  laterali  e  nella 
base  del  cranio. 

Nei  casi  leggieri  non  avvenne  che  di  rado  qualche  po- 
stumo sfavorevole  che  ritardasse  la  cura,  e  in  seguito  la 
guarigione,  tranne  in  un  giovane,  nel  quale  dopo  aver 
disordinato  nel  cibo ,  spintovi  da  fame  straordinaria ,  ed 
essersi  troppo  presto  esposto  al^aria,  la  febbre  comparve 
con  tipo  quotidiano  fortissimo,  da  simulare  una  perniciosa 
cefalica,  che  bastarono  due  dosi  di  chinino  ad  arrestare. 

Negli  altri  più  gravi  la  guarigione  venne  ritardata 
da  una  diarrea  ostinata*  consecutiva  a  disordini  dietetici, 
per  cui  la  vita  del  paziente  fu  posta  a  pericolo  e  la 
guarigione  si  fece  aspettare,  in  un  caso  sino  al  52.^  gior- 
no, in  un  altro  al  63.^ 

In  tre  degli  infermi  gravi  si  manifestò  la  parotite,  che 
retrocesse  in  uno  da  so,  seguendone  somma  recrudescenza 
dei  sintomi  capitali,  e  dopo  pochi  giorni  la  morte.  Negli 
altri  due  la  parotide  suppurò,  e  finita  questa  crisi  salu- 
tare, i  malati  poterono  sottrarsi  ad  ogni  pericolo. 

In  nessuno  dei  malati  sbucciarono  bubboni  agli  in- 
guini, o  alle  ascelle,  e  nemmeno  furoncoli  od  altro,  uà 
tempo  credati  estremo  sfogo  dal  corpo  del  principio  mor- 
boso; soltanto  in  una  donna  occorse  lo  stomacace^,  che 
si  estese  alle  gengive  e  airinterna  superficie  della  guan- 


355 

eia  sinistra,  con  pericolo  di  perdere  alcuni  denti.  L"* ul- 
cerazione óicatrizzò^  coi  collutori  di  miele  rosato  e  acido 
solforico,  allungati  in  una  decozione  d'orzo,  colle  bibite 
acidule  internamente,  colle  carni  bianche,  col  vino  gene- 
reso,  ecc. 

Sotto  il  dominio  delle  febbri  nervose  si  osserva- 
rono anche  molte  febbri  intermittenti  autunnali  di  ogni 
tipo ,  e  qualche  perniciosa.  La  maggior  parte  guari- 
rono con  addatta  cura  purgativa,  ed  antiperiodica.  Una 
perniciosa  algida  divenne  mortale  per  essere  stato  chia- 
mato il  medico  intervento  solo  al  terzo  parossismo.  Dalle 
informazioni  raccolte  seppi ,  che  il  malato  provò  il  pri- 
mo giórno  un  leggier  freddo,  che  passò  quasi  inosser- 
Tato,  ponendosi  al  fuoco  circa  mezz'ora  ;  nel  secondo  gior- 
no, ritornato  il  freddo  alla  stessa  ora,  dovette  porsi  a  letto, 
non  potendo  reggersi  in  piedi,  e  per  quanto  la  moglie  si 
ingegnasse  a  riscaldarlo,  con  panni  caldi  e  scaldaletto,  noa 
riusci  quasi  a  ristorarlo;  nondimeno  egli  proibì  alla  moglie 
di  chiamarmi,  sperando  che  quel  freddo  non  avesse  sinistre 
conseguenze.  Il  terzo  parossismo  poi  fu  cosi  intenso,  che 
diceva  di  trovarsi  in  un  mare  di  ghiaccio,  sua  espressione, 
e  allora  raccomandò  agli  astanti  di  procurargli  il  pronto 
soccorso  medico.  Durava  l'accesso  circa  mezz'ora,  quando 
mi  accostai  al  letto  del  malato  ;  non  eravi  calore  bastante 
che  lo  scaldasse,  il  suo  corpo  era  di  ghiaccio,  la  pelle  umida 
del  sudòr  freddo  vischioso  del  moribondo,  i  polsi  scomparsi, 
la  cute  rugosa,  inelastica  come  nel  cholera  asiatico,  la  re- 
spirazione lenta ,  interrotta  da  profondi  sospiri ,  la  voce 
fioca  e  bassa,  il  gemito  appena  sentito,  l' occhio  semichiuso 
bagnato  di  gelida  lagrima,  pupilla  coperta  dalla  palpebra 
superiore.  Vani  furono  i  tentativi  adoperati  per  richia- 
mare il  calore  :  bagno  caldo ,  mattoni  riscaldati  posti  ai 
lati  e  tramezzo  alle  gambe,  frizioni  secche  con  spazzola 
6  con  flanella  di  lana,  linimento  volatile:  tutto  fu  vano, 
dòpo  tré  ore  spirò. 


356 

L*  inverno  che  segui  produsse  per  sua  natura  molte 
infermità  flogistiche  polmonali,  bronchiali»  pleuritiche 
ed  artritiche  ,  angine  legittime  e  reumatiche ,  vinte  la 
maggior  parte  con  metodo  attivo  antiflogistico.  Tre  pleu- 
ro-polmoniti ,  ed  una  bronchite  catarrale  divennero  le- 
tali ,  probabilmente  per  essere  stati  soggetti  gli  infer- 
mi più  volte  alla  stessa  malattia;  la  morte  dei  primi 
avvenne  tra  il  6.*  e  il  1(X®  giorno.  La  bronchite  catar- 
rale si  apprese  ad  un  vecchio  settuagenario,  afietto  da 
catarro  cronico,  dopo  espostosi  a  freddo  intenso  e  a  folta 
neve  con  vento,  sotto  la  quale  si  bagnò  lungo  un  viaggio 
di  tre^  miglia  a  piedi.  Mori  nel  15.®  giorno  di  malattia 
per  sopraggiunta  paralisi  polmonale. 

Anche  Tanno  1844  riesci  fecondo  in  estate  ed  autunno 
di  febbri  tifoidee,  dopo  il  predominio  delle  febbri  inter- 
mittenti vernali,  che  furono  molte  e  complicate  ai  soliti 
elementi  flogisto-reumatici.  La  primavera  non  fu  rego-* 
lare,  alternando  i  freddi  notturni  e  mattutini,  col  calore 
pomeridiano  in  aprile.  In  maggio  temporali  quasi  gior- 
nalieri ;  estate  caldo  e  secco.  Sulla  fine  di  agosto  1*  at« 
mosfera  sì  fece  fresca,  poi  fredda,  il  cielo  di  frequente 
nuvoloso ,  e  anche  piovoso  da  non  permettere  la  sta- 
gionatura del  grano  turco  quarantino ,  che  per  garan- 
tirlo da  inevitabile  alterazione  fu  stagionato  colle  stufe 
aeree. 

I  casi  di  febbre  nervosa  o  tifoidea  furono  queir  anno 
25,  dei  quali  9  gravissimi  e  16  leggieri.  Dei  primi  ne 
morirono  tre,  ed  uno  dei  secondi. 

É  inutile  ricordare  i  singoli  casi,  e  i  cangiamenti  av- 
venuti in  quelle  febbri,  giacché  ognuno  nel  rispettivo 
grado  offerse  qual  più  qual  meno  i  fenomeni  morbosi 
degli  anni  passati^  cioè  la  migliare  in  17,  la  frenesia  in 
5  colla  dotinenterite  di  Brétonneau. 

Ma  la  costituzione  morbosa  atmosferica  più  nociva  ai 
corpi  umani  e  alla   vegetazione  fu  quella,  che  incomin- 


357 

eiata  Tanno  1850  prosegue,  eoa  poche  interruzioni  tut- 
tora ,  né  da  Indizii  di  voler  cessare.  Da  queir  epoca  le 
stagioni  si  sono  invertite  dair  ordine  naturale.  Il  ^erno, 
destinato  al  freddo  e  al  riposo  della  terra,  un  tempo 
somministrava  brine,  g^li  e  nevi,  acciò  si  maturasse,  e  a 
nuova  e  prolifica  veget^ione  si  coavertisse.  In  questi 
inverni  ali*  incontro  il  termometro  R.  si  è  abbassato  di 
raro  alcuni  gradi  dallo  zero,  rimase  più.  di  frequente  a 
zero ,  e  anche  sopra ,  per  il  che  alla  terra  sono  mancate 
le  brine  e  i  geli,  elementi  necessari  per  prepararla,  come 
si  disse,  a  maturare,  onde  acquistasse  quella  natura  che 
le  è  necessaria.  Anzi  imbevuta  di  umidità  apportata  dalle 
nebbie  e  dalle  pioggie  d* autunno,  e  invernali,  nò  più 
rasciugata  dai  venti  primaverili  fattisi  da  molti  anni  e 
rari,  e  brevi,  conservò  tale  umidità  e  divenne,  direi  qu;asi, 
ammalata. 

Sorto  finalmente  il  calore,  i  raggi  del  sole  attraendo 
dalla  terra  gli  umori  corrotti  per  lunga  dimora  nel 
suo  seno,  si  innalzano  al  mattino  nei  bassi  strati  del- 
r  aria^  arrecano  fortissimi  danni  alle  messi  e  alle  frutta. 
Questa  opinione,  che  non  è  mia,  ma  degli  stessi  contadini, 
mi  è  parsa  abbastanza  attendibile  ed  ingegnosa.  Sicché 
appena  osservano  sul  mattino  quelle  nebbie  distendersi 
sui  seminati  e  sui  frutteti,  si  sgomentano,  e  accorrono 
in.  fretta  ad  accendere  dei  falò  qua  là  a  non  lunga  di- 
stanza ,  acciò  quella  fiumana  venga  assorbita  e  dispersa 
dalle  fiamme.  Anche  Ippocrate  soleva  ordinare  nelle  epi- 
den^e  e  nei  contagi  questi  fuochi  per  distruggere  il 
principio  deleterio,  e  pare  che  se  ne  conservi  la  tradi- 
zione. 

L'aria  degli  strati  superiori  all'incontro,  è  più  pura 
e  sana  di  quella  degli  inferiori ,  raccogliendo  questa  in 
maggior  numero  dei  materiali  organici  e  inorganici, 
emanati  dalla  terra,  o  sviluppati  dalle  umane  industrie, 
Jnollecole   nocive   ai   corpi   umani  e  principalmente  alla 


358 

respirazione  e  alla  inaliaione  cotanea.  Ad  iiqpedire  o  a 
minorare  cotesti  nocivi  effetti ,  V  igiene  pubblica  ha  sta* 
bilito  delle  provvidenze,  assegnando  distanze  e  luoghi  ap-* 
positi  lungi  dair  abitato  per  le  risaje ,  per  le  maceratoje 
del  lino  e  del  canape,  per  la  conciatura  delle  pelli,  ac.<- 
ciò'  non  resti  offesa  la  popolazione. 

Non  altrimenti  deve  accogliere  V  aria  quei  nocivi  va*- 
pori  che  emanano  dai  luoghi  bassi  e  paludosi,  che  imbrat^ 
tano  r  atmosfera ,  formando  le  cosi  dette  mefiti ,  tanto 
feconde  di  febbri  periodiche  miasmatiche  e  perniciose. 

A  proposito  delle  mefiti  son  note  le  esperienze  insti-^ 
tuite  sopra  V  atmosfera  circolante  nelle  paludi  dai  dotr 
tori  Gratiolet  e  Lemaire  in  Francia.  Raccogliendo  essi 
i  vapori  condensati  sopra  le  pareti  di  un  vaso  pieno  di 
ghiaccio,  vi  scoprirono,  col  mezzo  del  microscopio,  delle 
sporule ,  degli  infusorii ,  e  i  detriti  d*  una  sostanza  ani- 
male e  vegetale  in  putrefazione. 

D'altra  parte  il  dott.  Salisburi  di  Nuova  York  («  Jour- 
nal of  medicai  science  di  Nuova  York  ») ,  che  ha  poco 
dopo  ripetuti  i  medesimi  esperimenti ,  scopri  anch'  egli 
col  microscopio  nell'aria  delle  paludi  in  vicinanza  di 
Lancaster  nell'Ohio,  dei  corpuscoli  composti  di  una  pic-- 
cola  cellula  longitudinale,  somiglianti  ad  alghe  estrema-^ 
mente  piccole,  che  constavano  di  un  nucleo  attorniato 
da  una  parete  cellulare.  Di  questi  corpuscoli  l'Autore  ne 
scoprì  nella  saliva  di  quelli  abitanti,  che  sono  pallidi, 
scoloriti,  infievoliti,  e  travagliati  dalle  febbri  intermit- 
tenti. (Vedi  «  Bollettino  delle  scienze  mediche  di  Bolo^ 
gna  »,  fascicolo  di  settembre  1866,  p.  198). 

Ora  adunque  se  corpuscoli  organizzati  furono  col  mi^-^ 
croscopio  scoperti  in  un'atmosfera  maremmana,  o  palu- 
dosa, e  di  simili  o  quasi  simili  si  sono  rinvenuti  nell'a- 
ria dei  cholerosi  (Vedi  Thomson,  Pacini,  Emiliani) 
questo  prova  che  i  corpi  organici  in  uno  stato  morboso 
sono  suscettibili  di  fermento.  Quindi  non  a  torto  il  prof. 


S59 

Polli  di  Milano  considera  le  febbri  intermittenti  miasma- 
tiche ed  il  cholera  malattie  da  fermento  morbiflco.  Ma  re- 
sta a  vedersi  poi  se  i  solfiti  guariscano  tali  malattie.  Sulle 
febbri  nostre  intermittenti  autunnali  non  miasmatiche  si 
hanno  prove  non  scarse  della  *  loro  efficacia.  Io  stesso  né 
istituiva  replicati  esperiinenti  sino'^dagli  anni  1863,*  64  e 
65,  e  potei  convìncermi  della  loro  utilità,  mentre  debbo 
confessare  al  tempo  stesso  di  aver  guarite  talune  di 
queste  febbri  col  solo  metodo  antiflogistico  e  purgativo 
continuato  più  giorni,  o  in  casi  in  cui  erano  stati  inu- 
tilmente adoperati  ì  solfiti ,  di  aver  dovuto  ricorrere  al 
chinino.  Ciò  però  non  infievolisce  punto  la  dottrina  del 
chimico  milanese,  esistendo  in  suo  favore  fatti  non  pochi 
e  luminosi. 

Spiace  d' ignorare  come  abbiano  corrisposto  nel  cho- 
lera i  solfiti.  Fra  coloro  cui  vennero  raccomandati  dal 
prof.  Polli  nell'epidemia  di  Ancona,  non  fu  che  il  dott. 
Velia  che  se  ne  è  dichiarato  soddisfatto,  senza  discendere 
a  particolari.  (  «  Ann.  universali  di  medicina  »  ). 

Questi  corpuscoli  organici  sparsi  nell'aria,  venuti  in 
contatto  dei  corpi  umani,  hanno  dessi  una  azione  spe- 
ciale secondo  i  luoghi  e  le  circostanze ,  in  modo  da  su- 
scitare negli  abitanti  delle  paludi  le  febbri  miasmatiche , 
altrove  il  cholera ,  e  da  riprodursi  e  moltiplicarsi ,  tra-- 
sportate  a  distanza  1  Benché  nulla  al  presente  si  possa 
proferire  di  certo  in  tale  questione,  ben  esaminato  però 
il  fatto,  a  me  non  sembra  improbabile.  Ma  ritorniamo 
air  argomento  della  costituzione  atmosferica  accennata. 

Ad  ognuno  ò  noto  lo  stato  degli  animi  dopo  il  1848. 
Sotto  r  incubo  di  una  forza  brutale,  del  terrore  dello  stato 
d'assedio,  di  barbare  e  talora  ingiuste  esecuzioni  capi- 
tali, sotto  le  previsioni  di  enormi  gravezze,  si  passava 
una  vita  tutta  piena  di  pericoli  e  di  incerto  avvenire. 
Aggiungansi  gli  sconcerti  atmosferici  comparsi  V  anno 
1850,  infesti  ai  corpi  umani  e  alla  vegetazione,  onde  sem- 


360 

brava  che  cielo  e  terra  congiurassero  uniti  contro  di 
noi.  D'allora  in  poi  non  più  stagioni  r^olari,  non  pri* 
ma  vere  seguite  da  graduati  tepori,  non  ordine  nella 
separazione  delle  stagioni,  ma  imprpvvisi  cangiamenti 
atmosferici,  passaggi  repentini  dal  caldo  al  freddo,  e  vi- 
ceversa, f 

Quasi  ogni  anno  il  cielo  in  primavera  veniva  ingom- 
bro da  nebbie,  che  oscuravano  la  luce  del  sole,  e  i  ca- 
lici, le  corolle  dei  fiori,  abbassando  il  capo  appassite, 
si  staccavano  dallo  stelo,  lasciando  isterilite  le  piante. 
Le  nebbie  mattutine  non  apparivano  soltanto  in  prima- 
vera, ma  anche  in  estate,  il  che  era  ritenuto  sempre  di 
triste  augurio,  non  solo  per  le  messi,  ma  anche  per  la 
pubblica  salute. 

Né  stette  molto  ad  alterarsi  l'ordine  col  quale  le 
malattie,  a  norma  delle  stagioni  e  del  loro  influsso,  so- 
gliono presentarsi  ;  ad  aggiugnersene  altre  diverse ,  ov- 
vero a  peggiorare  ed  a  preponderare  le  più.  comuni.  Il 
reumatismo  infatti  inqominciò  a  prevalere  sotto  tutte  le 
forme ,  né  ha  cessato  ancora  d' imperversare.  In  princi- 
pio furono  le  febbri  reumatiche,  le  angine  reumatiche, 
ora  semplici,  ora  complicate  al  gastricismo  o  all'ele- 
mento flogistico.  Più  tardi  il  reuma  vesti  articolazioni 
e  muscoli,  non  che  le  interne  membrane  sierose ,  e  siero- 
fibrose;  infine  si  apprese  agli  involucri  nervosi,  presen- 
tando tutte  le  forme  nevropatìche  di  cui  sono  capaci 
quei  tessuti.  Inoltre  nen  vi  fu  quasi  febbre,  o  flogosi 
viscerale ,  che  non  avesse  seco  il  reumatismo  ;  infine 
poi  ha  tanto  prevalso  da  far  scomparire  alcuni  tipi  feb- 
brili legittimi,  come  le  gastriche,  le  infiammatorie  sem- 
plici ,-  ovvero  da  oscurarle  affatto ,  complicarle,  o  sosti- 
tuirle. . 

Le  pia  frequenti  invero  furono  le  febbri  reumatiche, 
da  superare  di  molto  tutte  le  altre  febbri  prese  insieme; 
le  angine  reumatiche  ora  senza,  ora  con  gastricismo.  Le 


361 

prime  irrompevano  sempre  nel  primo  accesso  con  qualche 
brivido  di  freddo,  di  rado  col  solo  caldo  ^  coq  calore  ge- 
nerale, qualche  volta  con  sudore  in  principio,  e  questo 
piuttosto  scarso,  e  non  mai  critico,  da  doverlo  più 
tardi  promuovere  coi  sudoriferi.  Gli  altri  accessi  esordi- 
vano sempre  col  calore,  il  che  dinotava  la  continuità 
della  febbre,  la  quale  accompagna  vasi  alla .  sete,  a  dolori 
al  capo ,  zi  lombi ,  al  dorso ,  alle  coscio.  I  malati  dice- 
vano di  sentirsi  il  corpo  ammacato;  la  lingua  era  im- 
paniata ed  umida;  inappetenza,  calore  cutaneo,  polsi  ampi 
e  duri. 

Dietro  queste  febbri  venivano  le  angine  reumatiche, 
invadenti  con  forte  febbre  non  remittente ,  cefalea  gra- 
ve, mai  con  brividi,  piuttosto  con  sete,  che  i  malati 
si  astenevano  di  appagare  per  la  difficoltà  di  deglutire  ; 
il  dolore  di  capo  si  estendeva  alle  orecchie,  alle  tempia; 
voce  rauca  ^  confusa ,  ingrossamento  della  gola ,  tonsille 
tumide,  coi^  cupo  rossore  che  dal  palato  si  estendeva  alle 
fauci  ;  dolori  reumatici  in  diverse  parti  del  corpo ,  polsi 
duri  e  frequenti,  anoressia  completa. 

La  cura  di  tali  malattie  fu  V  antiflogistica ,  che  riu- 
sci sempre  utile  di  modo  che  non  si  ebbe  a  deplorare 
che  qualche  rara  vittima  in  vecchi  ed  ammalorati,  or- 
ganismi. Il  salasso  generale,  i  purganti,  i  sudoriferi 
erano  i  rimedi  somministrati  nelle  prime;  né  molto  di- 
versiScava  il  metodo  nelle  seconde ,  tranne  il  sanguisu- 
gio al  collo ,  allorquando  la  infiammazione  alla  gola  era 
molto  grave,  ricorrendo  in  questo  caso  ai  cataplasmi  mol- 
litivi,  alle  emulsioni  oleose,  alla  cassia,  al  latte  allun- 
gato coir  acqua. 

Quanto  alle  sottrazioni  sanguigne,  due  o  al  più  tre 
bastavano  per  le  più  forti,  e  poco  più  nelle  angine  gra- 
vi. Se  poi  nella  prima  settimana  quelle  febbri  non  cede- 
vano ,  entro  la  seconda  compivano  quasi  sempre  il  loro 
corso,  tranne  rare  eccezioni,  cioè  quando  si  associava  la 


361^ 

miliare.  Le  angine  si  riaolverano  di  solito  tra  la  decima 
e  la  dodicesima  giornata,  oppnre  passavano  alla  suppu- 
razione. 

Coteste  affezioni  reumatiche  febbrili  sono  sempre  com- 
parse in  tutto  r  andamento  della  costituzione  attuale,  né 
hanno  fin  qui  cessato,  forse  per  esservi  i  corpi  grave- 
mente predisposti. 

Nò  r  elemento  reumatico  si  limitò  a  queste  due  fer*^ 
me  febbrili,  ma  estendevasi  al> petto,  ora  investendo  a 
preferenza  i  muscoli  intercostali,  ora  la  pleura  costale,  ora 
la  polmonale.  E  anche  in  questi  casi  la  cura  non  dovea 
essere  pronta  ed  attiva,  come  nelle  pleuriti,  e  nelle  pleu- 
ro-polmoniti  veramente  flojfistiche ,  poiché  cedevano  non 
difficilmente  ad  un  moderato  metodo  sottraente  e  debili- 
tante. Rare  volte  sono  arrivato  ai  quattro  o  cinque  -sa- 
lassi nelle  polmonie  e  pleurisie  reumatiche,  e  quasi  sem- 
pre con  esito  fortunato. 

I  reumi  intercostali  sono  stati  infiniti  nel  basso  po- 
polo, per  essere  male  coperto  d' inverno,  o  pel  facile  spo- 
gliarsi sotta  le  fatiche.  Allorché  erano  veementi,  bastava 
il  sanguisugio ,  i  rivellenti  quando  erano  ostinati ,  molti 
essendo  svaniti  anche  coi  soli  linimenti  irritanti ,  e  colle 
unzioni  oleose  con  sovrapposta  flanella  di  lana. 

Dopo  avere  il  reumatismo  decorso  sotto  forma  febbrile, 
e  investite  diverse  località  in  modo  acuto,  a  poco  a  poco 
prese  un  andamento  lento  ed  affebrile ,  ora  innestandosi 
sopra  articolazioni  piccole  e  grandi,  ora  abbraccianda  mù*- 
scoli,  0  membrane.  Frequentissimi  furono  i  reumi  al  dorso 
(  lombaggini  ),  quelli  dei  muscoli  della  coscia  e  del  braccio, 
e  frequenti  pure  furono  quelli  delle  articolazioni  (artri- 
tidi)  da  tormentare  i  malati  con  lunga  ed  ostinata  pre- 
senza. 

Persino  i  plessi  ischiatico  e  crurale  subirono  la  stessa 
lenta  irritazione  reumatica,  e  non  fu  risparmiato  sempre 
mai  il  plesso  bracchiale.  Cosicché  le   cotiliti,  le  ischiadi 


363 

antica  e  postica,  furono  numerosissime;  nò  altrimenti  un 
vivo  dolore  nel  braccio ,  che  rimetteva  a  certe  ore ,  fu 
incontrato  più   volte  nella  mia  pratica. 

Convien  notare  ^he  se  i  malati  ;  toccata  la  convale-* 
scenza,  e  anche  poco  più  tardi  ^  non  usavano  sommi  ri«- 
guardi  a  non  esporsi  air  aria  o  alla  campagna ,  la  recir- 
diva  era  presso  che  inevitabile ,  e  se  il  reuma  non  avea 
di  ritorno  sollevata  la  febbre ,  si  diffondeva  in  seguito 
lento  ih  varie  parti  del  corpo,  nei  muscoli,  o  nelle  arti* 
òolazioni,  tormentando  in  vari  modi  gli  infermi. 

Un  uomo  sui  30  anni,  robusto,  rimasto  sempre  sano 
in  sua  vita,  cadde  malato  verso  la  metà  di  gennajo  1867^ 
di  febbre  reumatica  coh  dolori  in  molte  parti  del  corpo, 
più  forti  alle  ultime  vertebre  lombari  in  modo  da  non  po- 
ter scendere  dal  letto,  nò  cambiare  di  posizione,  costretto 
a  giacervi  come  un  tronco.  Il  trattamento  fu  antiflogi- 
stico generale  unito  ài  purganti  Ovai  sudoriferi;  sull'S.® 
giorno,  per  la  marcata  remittenza  della  febbre  e  dei  do- 
lori reumatici,  ogni  sintomo  cessò  quasi  del  tutto  col 
chinino^  tranne  una  soffribile  dolenza  lombare,  sedata 
coi  linimenti  irritanti  nel  corso  stesso  della  cura.  Dopo 
due  giorni  di  benessere,  credendosi  guarito,  recavasi  ad 
una  cascina  lont^Eina  un  miglio  in  cattiva  giornata,  per* 
contrattarvi  del  lino  come  mediatore;  ma  accortosi  della 
sua  imprudenza ,  si  pose  di  nuovo  a  letto. 

Non  era  trascorso  il  giorno  appresso,  che  alle  4  pome- 
ridiane senti  insorgere  la  lombaggine  e  i  dolori  estendersi 
lungo  la  coscia  e  la  gamba  sinistra.  Non  avea  febbre  e 
nondimeno  i  dolori  sussistevano  forti  anche  il  di  seguente. 
Riconoscendo  ch'egli  non  osservava  la  regola  prescritta, 
che  voleva  alzarsi ,  mangiare  a  capriccio ,  e  serviva  in 
bottega  da  fruttivendolo,  a  danno  della,  salute,  lo  ritirai 
nello  spedale. 

Forti  erano  ancora  i  dolori  ai  lombi  e  all'anca  sini- 
stra, che  estendevansi  sino  al  ginocchio,  con  gonfiezza  e 


364 

rossore  di  questa  parte.  La  prima  ordinazione  fa  un 
salasso,  il  sangue  era  molto  cotennoso;  prescrìssi  un- 
zioni oleose  sulle  parti  malate,  e  sul  ginocchio;  il  di  se- 
guente le  sanguisughe.  Sedati  in  parte  i  dolori,  il  malato 
nondimeno  dovea  guardare  ancora  il  letto  senza  poter  di- 
scendere pe'suoi  bisogni 

Alla  mattina  i  dolori  erano  accresciuti,  e  dovetti  ri- 
correre ad  un  altro  salasso,  ugualmente  cotennoso,  che 
sedò  alquanto  i  dolori.  Ma  non  erano  per  anco  cessati,  che 
il  reumatismo  insorse  nell'anca  e  coscia  destra  sino  al 
ginocchio,  rosso  e  gonfio  ali* interno.  Trattate  queste 
parti  con  unzioni  oleose ,  sanguisugio  al  ginocchio ,  e 
colle  pappe,  dopo  tre  giorni  di  cura  tutto  scomparve. 

Il  malato  si  lusingava  di  aver  toccata  la  guarigione, 
e  di  sortire  dallo  spedale  pe* fatti  suoi,  quando  dopo 
due  giorni  nel  passeggiare  per  la  sala  calda  ad  8  gradi 
R.  senti  dei  dolori  vivi  nel  ginocchio  e  polpaccio  sini- 
stro, pei  qaali  dovette  porsi  a  letto,  e  chiedere  qualche 
rimedio  ali*  infermiere.  Questi  si  restrinse  alle  unzioni 
oleose,  coprendo  di  flanella  calda  le  parti,  acciò  passasse 
meo  triste  la  notte.  Alla  visita  del  mattino  trovai  rosso 
e  gonfio  neir interno  il  ginocchio  sinistro,  e  dolente  il 
polpaccio  dello  stesso  lato.  Ordino  ir  sanguisugio  ^  e  le 
pappe  in  ambe  queste  partii  e  al  dopo  pranzo  tutto  era 
diminuito.  Le  frizioni  di  limento  Opodeldok  all'anca  e 
alla  coscia  non  erano  mai.  state  dimenticate. 

Il  malato  due  giorni  appresso  torna  ad  alzarsi,  cam- 
mina a  stento  colle  gruccie.  Dopo  quattro  giorni  il  gi- 
nocchio e  il  polpaccio  sinistri  erano  Uberi,  tranne  una 
lieve  gonfiezza  edematosa  ai  malleoli  in  tutte  e  due  le 
gambe.  Trascorsi  iZ  giorni  di  cura,  sorte  dallo  stabili- 
mento, senza  più  recidiyare. 

Ho  posto  innanzi  al  lettore  questo  caso  per  mostrare 
quanto  siano  stati  protervi  i  reumatismi  in  questa  costi- 
tuzione morbosa,  da  non  averne  avuti  esempi  uguali  fi- 


365 
nora.  Il  numero  delle  lombaggini,  delle  ischiadi,  dei  reumi 
intercostali  ed  articolari  è  stato  straordinario  ;  anche  die-, 
tro  regolare  e  pronta  cura^  resistevano  a  lungo  e  di  fre- 
quente recidivavano.  Mi  conforta  però  il  ricordare  che 
in  onta  a  tanta  difficoltà  e  ostinazione,  la  cura  antiflo- 
gistica e  rivellente  ha  sempre  trionfato. 

Alle  aflfezioni  reumatiche  altre  se  ne  aggiunsero  non 
meno  singolari ,  e  furono  le-  gastriti.  Quantunque  non 
sembrassero  partecipare  dell'indole  reumatica,  e  avessero 
tutta  r  apparenza  di  una  malattia  sui  generis  ^  attesa  la 
la  loro  caparbietà  e  la  recrudescenza  maggiore  in  certe 
stagioni ,  convien  credere  ne  subissero  la  influenza.In  prin- 
cipio gli  incomodi  digestivi  erano  tollerati  dagli  individui , 
0  quasi  trascurati  come  leggieri ,  ma  in  seguito  a  poco 
à  poco  crescevano  a  tanto  da  riuscire  insopportabili.  I 
malati  non  tolleravano  il  minimo  cibo,  e  nemmeno  po- 
chi sorsi  di  acqua*  Era  un  senso  di  péso  all'epigastrio, 
appena  ingojati  i  cibi  o  le  bevande ,  come  se.  una  mano 
0  una  pietra  comprimesse  quella  regione  , .  sicché  i  ma- 
lati li  abborrivano  ;  non  fame ,  non  sete  ,  arsura  alle 
fauci,  vomiturizione  ed  anche  vomito;  lingua  rossa  ai 
niargini ,  impaniata  nel  centro ,  talvolta  intieramente 
rossa  con  papille  rialzate  ,  o  cosi  liscia  da  simulare 
una  fetta  di  carne  appena  tagliata.  Il  passaggio  delle 
poche  sostanze  ingollate  era  assai  tardo,  accompagnato 
da  rutti ,  da  acidità ,  da  ruminazione. 

La  causa  di  questa  malattia  non  la  saprei  rinvenire 
se  non  nella  cattiva  qualità  dei  cibi  e  delle  bevande  al- 
terate dalla  mala  influenza  atmosferica ,  di  cui  si  tratta 
in  questa  Memoria,  senza  pretendere  di  determinarla.  In 
questo  caso  non  doveano  concorrere  soltanto  a  ledere  lo 
stomaco,  il  vino  e  i  cereali,  ma  le  stesse  carni  degli  ani- 
mali e  dei  volatili ,  i  quali  vivendo  di  erbe  ,  di  grani  e 
di  insetti  a  norma  della  specie,  pascevansì  di  sostanze 
che  dovevano  essei;e  parimenti  alterate. 


386 

Avendo  curato  nella  lunga  mia  pratica  molte  ga- 
striti acute  e  lente,  prodotte  da  altre  cause  generali, 
assicuro  di  non  averne  per  lo  innanzi  assistita  pur  una 
che  a  queste  somigliasse,  e  pei  si  ritorni,  e  per  la  cura,  e 
per  Tesito  talvolta  letale.  Pòco  o  nulla  giovarono  in  esse 
i  rimedj,  eccetto  il  sanguisugio  all'epigastrio,  al  princi- 
pio del  male.  Una  indicazione  franca  e  sicura ,  non  mi 
fu  dato  di  cogliere.  Asserire  che  dipendessero  da  legitn 
tima  irritazione  o  da  flogosi,  mm  erami  concesso;  soste- 
nere che  fossero  di  debolezza^  nemmeno;  perchè  il  più 
lieve  stimolo  le  esacerbava  e  perfino  gli  stessi  amari 
ed  il  bismuto.  Il  vino  anche  in  minima  quantità  ho  do- 
vuto abbandonarlo.  Il  cibo  il  più  semplice  e  fluido  in 
certi  momenti  non  era  tollerato,  tanto  meno  il  solido  ed 
il  carneo,  mentre  queste  sostanze  mi  avevano  giovato 
nelle  croniche  gastriti  in  ultimo  stadio.  Di  che  natura 
erano  dunque  tali  gastriti?  Io  certamente  confesso  di 
ignorarlo,  e  mi  limito  a  crederle  specifiche,  se  è  lecito 
servirmi  di  questa  parola,  perchè  mosse  da  cause  indub- 
biamente specifiche. 

Queste  gastriti  hanno  incominbiato  Tanno  1855;  svi- 
luppavansi  di  preferenza  in  coloro  che  si  nutrivano  di 
cibi  grossolani,  come  i  contadini  é  i  poveri  artieri.  Le 
donne  ne  erano  prese  più  di  frequenti ,  perchè  di  fibra 
più  delicata.  Però  non  mancavano  d'infastidire  anche  gli 
uomini ,  e  fra  quelli  che  usavano  cibi  migliori.  I  ma- 
lati nel  raccontare  le  loro  pene  portavano  sempre  la 
mano  all'epigastrio,  asserendo  di  sentirvi  come,  una  fascia 
che  lo  comprimesse,  ed  una  certa  oppressione  di  respiro. 
Le  donne  doveano  tener  larghe  le  vesti  alla  cintola,  per- 
chè erano  loro  di  fastidio  ;  dicevano  che  appena  mangiato, 
il  senso  di  oppressione  si  accresceva  a  doppi,  e  protesta- 
vano che  avrebbero  mangiato  mai ,  se  ciò  fosse  stato 
possibile. 

Il  male ,  dapprima  leggiero ,  aumentava  di  giorno  in 


307 

giorno,  di  mese  in  mese,  di  anno  io  anno,  e  qaan^ 
tuoque  fosse  il  dolore  talvolta  isolato,  non  era  infre- 
quente di  scorgerlo  complicato  al  reumatismo,  o  ad  air 
cune  febbri,  le  quali,  anche  tolta  la  gastrite,  continua- 
vano. Ne  andarono  maggiormente  travagliate  le  donne 
soggette  alle  indigestioni  e  alFisterismo,  e  gli  uomini  ma- 
laticci 0  di  tempra  delicata. 

Se  una  generosa  applicazione  di  sanguisughe  air  e- 
pigastrio  non  era  sufficiente  a  porre  in  calma  la  ga- 
strite, e  dopo  tre,  quattro  o  sei  giorni  comparivano  di 
nuovo  i  primi  incomodi-,  conveniva  ricorrere  ad  una  se- 
conda, ed  anche  ad  una  terza^  e  sempre  collo  stesso  nu- 
mero, fin  tanto  che  fos8^  tutto  cessato.  Nelle  forme  piìi 
gravi  conveniva  insistere  più  a  lungo,  tu  una  donna  nella 
quale  si  era  giunti  airoitava  applicazione,  ha  giovato  un 
largo  vescicante  tenuto  aperto  diverse  settimane  con  un- 
guento epispastico  indolente.  Favorita  ed  ottenuta  la  ri- 
soluzione, cambiai  la  dieta  tenue  in  asciutta  e  carnea,^ch6 
era  digerita  molto  bene,  ed  a  corroborare  il  ventricolo 
concorsero  le  decozioni  amare,  il  bismuto,  i  marziali. 

In  alcune  gastriti  gravi  complicate  a  febbre  reumatica 
a  irritativa ,  ovvero  a  saburra  gastrica  od  alla  miliare , 
la  cura  era  più  lunga.  La  miliare  fu  sempre  d'incerto 
pronostico.  Una  donna  di  36  anni ,  madre  di  6  figli  an- 
cora in  tenera  età,  molto  povera,  venne  ricoverata 
presso  un  suo  fratello  che  le  usava  molte  premure;  ma 
r  angustia  della  casa ,  la  difficoltà  di  trovare  assistenti 
durante  T allevamento  dei  bachi,  la  lunghezza  della  ma- 
lattia, la  costrinsero  a  ricoverarsi  allo  spedale.  Essa  avea 
febbre  viva  reumatica  da  20  giorni,  cefalea  grave,  lingua 
rossa  ed  arida,  con  papille  rialzate  nel  centro,  tosse  leg- 
giera 0  appena  qualche  conato  di  tosse  inconcludente , 
anoressia,  dolore  acuto  all' epigastrio  sotto  lieve  pres- 
sione, senso  continuo  di  languore,  inquietudine  generale, 
stitichezza,  polsi  stretti  frequenti^  pelle  calda  urente,  sete 


368 

moderata.  Meno  (](Qalche  blando  eccoprotico  o  qualche 
clistere  per  la  stitichezza,  nò  brodi  né  bevande  prenderà 
la  malata^  perchè  tatto  le  pesava^  tutto  la  in&stidiva,  e 
talvolta  anche  vomitava,  occorrendo  delle  ore  a  che  le 
sostanze  passassero  nelle  intestina. 

Ostinata  insisteva  sempre  la  gastrite ,  e  questa  osti<- 
nazione  mi  facea  temere  della  miliare,  che  per  buona 
ventura  non  comparve.  Ordinai  per  tre  volte  il  sangui-r 
sugio  airepigastrio,  e  insistetti  nel  tamarindo,  nel  ghiac- 
cio per  bocca.  Appena  la  febbre'  .cessò ,  ricorsi  al  bagno 
tepido,  che  per  debolezza  la  paziènte  non  potò  tollerare 
più  di  iin  quarto  d*  ora.  Si  incominciò  allora  coi  brodi , 
coi  pantriti,  coi  vermicelli,  e  mano  mano  che  là  dige- 
stione, confortata  sempre  cogli  amari,  si  ristabiliva,  ài 
sali  alle  uova,  alle  carni  bianche^  al  riso  ristretto,  ecc. 
La  convalescenza  fu  lunga ,  forse  non  meno  della  cura , 
ma  la  salute  fu  tanto  stabile,  da  lìon  venire  più  mole- 
stata da  incomodi. 

Una  signora,  verso  i  35  anni,  con  figli,  era  già  da  di- 
versi mesi  incomodata  da  disturbi  di  digestione,  e  suo  marito 
che  era  farmacista  tentò  sopra  lei  varie  medicine,  ed  al- 
tre ancora  stategli  suggerite  non  so  da  chi.  Stanca  in- 
fine della  loro  inefficacia,  mi  invitò  ad  assisterla.  Prima  di 
incominciare  la  cura  volli  essere  informato  di  tutto,  cioè 
dello  stato  anteriore,  e  delle  prescrizioni  esaurite,  le 
quali  consistettero  in  purganti  blandi ,  nel  rabarbaro , 
nella  china,  e  nelle  bibite  di  siroppo  di  tamarindo  allun- 
gato coir  acqua,  non  senza  aver  tentato  qualche  amaro 
inutilmente.  Dal  racconto  conobbi  che  la  cura  venne  fatta 
senz'ordine  e  precisione. 

Era  apiretica,'  benché  sostenesse  di  avere  la  febbre,  per 
un  certo  calóre  interno  che  provava,  e  alcune  vampe  iste- 
riche che  le  salivano  al  capo  ;  mi  narrò  che  i  suoi  in- 
comodi datavano  da  diversi  mesi ,  tollerati  senza  la^ 
mento,  e  quasi  all'insaputa  del   marito,   ma  quando  lo 


369 

stomaco  incomincid  a  tatto  rifiutare ,  allora  glieli  feca 
palesi.  La  regione  epigastrica  era  doleiitissima  ;  costretta 
a  tenere  aperte  le  vesti  sai  petto ,  non  v*  era  cibo  fluido 
o  solido  che  potesse  tollerare,  e  quando  per  timore  della 
debolezza  e  dell'  inedia  ne  assumeva*  alcuno,  sentivasi  su- 
bito male. 

La  prima  ordinazione  furono  le  sanguisughe  m  numero 
di  16,  che  la  paziente  aumentava  a  20,  le  quali  le  ap- 
portarono, un  subitaneo  sollievo.;  ÀlFindomani  gustava  già 
una  pronta  salute,  quando  dopo  5  o  6  giorni  il  senso  mo- 
lesto ritornò,  ma  scomparve  ugualmente  con  una  seconda 
applicazione  di  s^nghisughe;  e  questa  volta  il  sollievo 
durò  maggior  tempo.  In  questo  intervallo  volle  far  uso 
di  alcuni  pantriti  e  panatelle  da  me  proibite ,  sperando 
di  ristorarsi  da  uno  sfinimento  che  la  teneva  in  angu- 
stia, ma  presto  si  persuase  che  la  dieta  assoluta  era  ne- 
cessaria, e  che  non  dovea  romperla,  poiché  il  peso  allo 
stomaco  ricomparve,  onde  promise  di  non  più  interrom- 
perla senza  mio  ordine. 

Ricorsi  allora  ad  un  terzo  sanguisugio  con  16  mi- 
gnatte, e  ne  ebbe  un  sollievo  tale^  da  credersi  libera  in- 
tieramente. Però  le  sue  parole  non  mi  assicuravano  in- 
tieramente, e  non  ristetti  d^llo  esprimere  i  miei  dubbi,  e 
di  avvertirla  di  porre  attenzione  allo  stomaco.  Infatti  sul 
decimo  giorno  si  destò  ali*  epigastrio,  non  più  un  dolore, 
ma  una  semplice  molestia,  pari  ad  una  pienezza,  ben- 
che  lo  stomaco  non  contenesse  né  cibo  né  bevanda,  e  se 
alcuno  le  parlava  di  nutrirsi ,  essa  medesima  rispondeva 
non  esserne  tempo  ancora,  e  non  desiderarlo  nemmeno. 
Onde  liberarla  anche  da  queir  incomodo ,  le  applicai  un 
largo  vescicante  alla  ragione  epigastrica,  che  mantenni 
aperto  più  di  tre  mesi,  colla  pomata  di  Sainbois,  e  le  som* 
ministrai  una  decozione  amara  di  legno  quassia,  coi  quali 
rimec^  si  riebbe  alquanto.  In  luglio  prese  le  acque  di  Re- 

Annali.  VoU  CCL  24 


370 

coaro,  dalle  quali  provò  giovamento.  In  seguito  le  con- 
cessi il  cibo  asciutto,  che  non  potò  continuare  a  lungo  per 
esserle  pesante,  e  infine  risoluta  di  stare  ai  cibi  buoni  di 
famiglia,  ora  si  sente  libera  del  tutto. 

Un  caso  che  ebbe'  esito  funesto,  e  che  dimostrò  all'e- 
videnza la  caparbietà  di  quelle  gastriti,  accadde  in  una 
donna  verso  i  50  anni,  ancora  robusta.  Erano  già  diversi 
mesi  che  soffriva  di  indigestione  e  di  inappetenza  con  di- 
sturbi isterici,  e  tollerava  a  stento  i  cibi  della  sua  cucina. 
Sorpresa  un  giorno  da  febbre  reumatica,  sembrava  che 
tutto  r  elemento  morboso  si  fosse  scaricato  sul  ventri- 
colo, imperocché  e  rutti  e  acidità,  vomit unzioni  e  vomito 
la  molestavano  appena  prendeva  qualche  sorso  di  acqua» 
e  peggio  ancora  se  le  bevande  erano  o  di  tamarindo,  od 
acidule,  per  quanto  grate.  Nemmeno  la  più  leggiera  pres- 
sione era  tollerata  all'  epigastrio ,  e  sina  le  coltri  del 
letto  le  davano  fastidio. 

Instìtuita  una  sanguigna  generale ,  èssa  fu  sollevata 
alquanto  dalla  febbre,  non  cosi  al  ventricolo,  insofferente 
ancora  di  ogni  Qosa  ingesta,  onde  il  di  appresso  feci  ap- 
plicare buon  numero  di  sanguisughe  a  quella  regione.  Il 
vantaggio  alla  parte  fu  pronto ,  e  la  malata  si  trovò 
ristorata  per  alcuni  giorni ,  sicché  potè  prendere  brodi 
e  medicine  senza  essere  disturbata.  Ma  al  7.^  giorno  si 
vide  necessaria  una  seconda  applicazione,  dalla  quale  ri- 
mase sollevata  intieramente.  Proseguita  poi  la  oìitb,  della 
febbre  sino  al  21.^  giorno,  essa  cessò,  incominciando  al- 
lora la  convalescenza.  Dopo  alcuni  giorni  la  paziente  si 
alzò  dal  letto,  e  postasi  ad  una  finestra  chiusa  da  cri- 
stalli, ad  un  tratto  senti  un  fracasso  tale  ed  un  tremito 
a  tutta  la  casa ,  come  se  crollasse.-^  Spaventata  discese 
dalla  sala  nella  corte  per  osservare  cosa  fosse  avvenuto, 
e  vide  una  parte  del  tetto  caduto  sopra  la  stanza  vicina, 
da  essa  abitata.  Fu  tale  il  suo  spavento,  che  le  si  desta- 
rono delle  convulsioni,  le  sopravvenne  la  febbre,  il  peso 


371 

e  il  dolore  air  epigastrio ,  1* inappetenza,,  e  si  rimise  in 
corso  tutto  l'apparato  «della  antecedente  malattia,  e 
per  di  più  una  impressionabilità  morbosa  mai  sofferta 
prima. 

La  nuova  cura  intrapresa  £ece  cessare  dopo  diversi 
giorni  la  febbre  e  le  convulsioni,  ma  rimase  T inappe- 
tenza ,  quella  prima  impressionabilità ,  ed  una  sinistra 
prevenzione,  che  dicea  di  non  poter  bandire  dalla  mente. 
Nondimeno  si  pose  ad  alzarsi ,  ad  appetire  qualche  co- 
sa, quando  ad  un  tratto  giuntale  ali*  orecchio  la  no- 
tizia della  risoluisione  improvvisa  deir  unico  suo  figlio 
di  volersi  arruolare  volontàrio  sotto  le  bandiere  del 
generale  Garibaldi  pel  riscatto  della  Venezia,  fu  tale 
la  scossa  del  suo  animo,  che  le  ritornò  la  febbre,  si  rin- 
novarono le  convulsioni ,.  1*  inappetenza ,  i  disturbi  allo 
stomaco ,  da  non  poter  ricevere  nò  cibo  né  bevande , 
che  tutto  rigettava  col  vomito.  A  nulla  valsero  le  san- 
guisughe air  epigastrio,  a  nulla  le  medicine  apprestate,  i 
rivellenti,  che  al  16.®  giorno  di  quest'ultimo  stato  dovette 
soccombere. 

La  sezione  del  cadavere  non  mi  fu  accordata,  né  potei 
ottenerla  in  altro  caso  simile,  onde  rimase  insoddìs/atto  il 
mio  desiderio  di  conoscere  la  condizione  morbosa  dell'  in- 
terna membrana  dello  stomaco. 

In  alcune  gastriti,  allorché  furono  lunghe  e  con  feb- 
bre ,  comparve  anche  la  miliare ,  il  che  riusciva  sempre 
di  grave  imbarazzo ,  e  spesso  aiiche  di  pericolo  all'  in- 
fermo. Questo  esantema ,  rarissimo  da  noi  verso  la  fine 
dello  scorso  secolo,  poco  frequente  anche  in  principio  del 
presente,  mentre  dominava  nel  mantovano  e  nel  veneto, 
ora  si  é  reso  famigliare  anche  nel  territorio  cremonese, 
proveniente  dal  comasco  e  dal  ìnilanese,  non  essendosi 
osservato  cosi  frequente  mai  prima  che  fossero  infestate 
quelle  due  provinole  superiori.  Osservato  per  lo  addietro 
soltanto  in  qualche  febbre  puerperale  o  nervosa,  ora  lo 


372 

si  incontra  in  quasi  tutte  le  malattie  febbrili,  persino 
nelle  polmonie  e  nelle  intermittenti^  purchò  il  loro  corso 
si  protragga  oltre  il  consueto,  prolungamento  che  sem- 
bra procedere  più  dall'  esantema^  miliare ,  che  dalla  feb- 
bre stessa. 

Nel  1861  la  miliare  mi. offri  maggior  numero  di  casi 
e  prevalse  nei  mesi  di  luglio,  agosto,  settembre  e  ot- 
tobre. La  genuina  febbre  miliare  si  presentò  io  due  soli 
casi;  negli  altri,  o  fa  una  complicazione,  o  un  sintomo, 
e  si  associò  alle  febbri  nervose,  alle  puerperali,  alle  ga- 
striche ,  alle  reumatiche ,  alle  artritiche ,  alle  intermit- 
tenti prolungate, ' e  perfino  ad  alcune  polmonie  reuma- 
tiche. 

La  prima  miliare  legittima  si  presentò  con  remittenza 
terzana,  sempre  senza  freddo,,  tranne  nel  primo  accesso, 
che  fu  di  pochi  brividi  ;  negli  altri  non  vi  fu  che  calore 
e  sudore  discreto.  Il  giorno  della  remittenza  il  malato 
assicurava  di  sentirsi  bene,  benché  vi  fossero  alcuni  se- 
gni della  febbre,  il  calore,  cioè,  della  cute,  e  qualche  fre- 
quenza dei  polsi,  e  in  quel  giorno  una  parte  delFesantema 
si  avvizziva,  per>  ricomparire  più  diffuso  neir  accesso  se- 
guente Cosicché  la  febbre  indicava  la  parziale  eruzione 
della  miliare;  la  remittenza,  la  parziale  disseccazione. 

Le  miliari  che  si  associavano  alle  febbri  gastriche  e 
alle  nervose  non  soltanto  complicavano  le  febbri,  ma  le 
rendevano  pertinaci  e  diuturne,  costretto  il  paziente, 
dopo  superata  la  malattia,  a  percorrere  una  lunga  e  sten- 
tata convalescenza  piena  di  riguardi.  Un*artritide  reu- 
matica con  miliare,  giunse  sino  al  45°  giorno  in  una 
giovane  robusta,  e  la  sua  convalescenza  non  fu  al  certo 
meno  breve  della  stessa  malattia ,  tanto  fu  il  dimagra- 
mento e  la  debolezza  cui  venne  ridotta. 

Non  occorre  avvertire,  che  la  cura  di  quelle  febbri 
fu  varia  a  norma  della  natura  delle  affezioni  alle  quali  la 
miliare  si  associava.  Nelle  gastriche  erano  indicati  i  blandi 


373 

purgativi»  qualche  salasso  pritnà  dell'esantema,  il  sangui- 
sugio air  epigastrio  nel  dolore  di  questa  regione,  Tipeca* 
cuana  a  piccole  dosi,  il  tartaro  stibiato  quando  la  lingua 
era'  coperta  di  sitrato  saburrale,  le  decozioni  di  tamarindo; 
e  non  fu  infrequente  il  bisogno  del  chinino  quando  la  feb-^ 
fore  segnava  un  corso  remittente  con  qualche  sudore,  ciò 
che  fu  osservato  in  alcuni  casi. 

La  indicazione  del  chinino  fu  maggiore  nelle  febbri 
reumatichìs,  nelle  artritiche  e  nelle  nervose  con  miliare , 
tanto  più  se  mostravano  della  r^missione.  Allorché  in 
queste  ultime  compariva  il  vaniloquio,  o  qualche  pesan- 
tezza al  capo,  ricorreva  alle  lozioni  fredde  sulla  parte 
ed  anche  al  ghiaccio  chiuso  in  vescica,  senza  smettere 
mai  il  chinino. 

Un'altra  forma  morbo3a  che  si  rese  molto  frequente 
dopo  le  miliari,  furono  le  nevropatie  del  5.*^  pajo  cere- 
brale, e  del  3.®  Tra  le  principali  si  distinsero  le  frontali, 
le  quali  incominciando  al  mattino  terminavano  verso  le  ore 
3  0  4  pomeridiane,  oppure  quietavano  di  giorno  e  compa- 
rivano suir  incominciare  della  notte  per  cessare  al  mat- 
tino, lasciando  nella  parte  una  leggiera  sensazione  dolorosa 
indifferente.  Erano  fitte  lancinanti,  tormentose,  momenta- 
nee, dapprima  leggiere  e  staccate,  in  seguito  più  frequenti 
e  ^ravi,  da  costringere  il  malato  a  chieder  istantaneo  soc- 
corso. Premesso  un  purgante,  talvolta  il  sanguisugio 
dietro  V  orecchio ,  il  chinino  coli*  oppio  a  dose  generosa , 
usato  due,  tre,  quattro  e  più  giorni  di  seguito  nella  osti- 
nazione del  male,  giungeva  ad  arrestarle.  Apprestato  a 
dose  minore,  e  non  ripetutamente,  il  male  mitigavasi  in 
sul  principio,  'ma  presto  ricompariva  co*  suoi  tormenti. 

Una  nevropatia  frontale  assai  cruciante  avea  colpito 
un  robusto  contadino  affittuale,  che  assistito  da  mio  figlio 
con  purgante,  sanguisughe  ed  un  rivellente  dietro  Torejc- 
•chio  dallo  stesso  lato ,  poscia  con  due  dosi  di  chinino  ed 
-oppio,  ne  era  stato  presto  liberato.  Il  malato  non  avendo 


374 

in  seguito  usato  i  dovuti  riguardi  Impostigli,  ed  essen- 
dosi esposto  in  giorni  freddi  ed  umidi  alla  campagna , 
ricadde  subito  nello  stesso  male ,  e  con  tale  forza ,  che 
le  sue  grida  si  udivano  da  lungi  e  movevano  a  pietà. 
Cresciuta  la  dose  dA  chinino  e  dell*  oppio,  il  primo  ad  un 
grammo,  il  secondo  a  16  centigrammi  al  giorno,  ottenne* 
dopo  sei  dosi  la  guarigione,  senza  più  incontrare  la  reci- 
diva, quantunque  fosse  ritornato  ai  lavori  dei  campi. 

Un  caso  di  nevralgia  facciale  (  tich  douloureux  de* 
francesi)  accadde  in  una  donna  di  circa  30  anni,  madre 
di  più  figli ,  robusta.  Esso  non  serbava  in  principio  né 
ordine,  nò'  intermittenza,  ma  dopo  tre  giorni  assunse  il 
tipo  notturno  con  incredibile  fierezza.  Le  grida  della  pa- 
ziente svegliavano  ì  vicini  di  casa,  che  mossi  a  pietà,  si 
alzavano  per  soccorrerla.  Occorsero  più  di  14  giorni  di 
cura  sedativa  con  chinino  ed  oppio  a  larga  mano  dispen- 
sati, per  sollevarla  del  tutto. 

Dopo  le  retro  notate  nevropatie  reumatiche,  molte  al- 
tre della  stéssa  natura,  e  non  meno  gravi,  ne  insorsero 
alla  regione  temporale ,  dette  dal  volgo  flussioni ,  alle 
quali  si  univano  di  frequente  le  odontalgie,  derivanti 
dair  inferior  ramo  del  5.®  pajo  cerebrale,  di  straordinaria 
forza ,  da  indurre  i  malati  a  chiedere  con  molta  istanza 
un  pronto  soccorso.  In  principio  sembravano  mantenere 
un  corso  quasi  continuo ,  perchè  gli  accessi  si  accosta-» 
vano  e  si  fondevano  tra  loro,  e  in  allora  riusciva  a  mera- 
viglia il  metodo  antiflogistico ,  dopo  di  che  il  chinino  e 
l'oppio,  proseguiti  più  giorni,  le  troncavano  nettamente. 

Oltre  le  flussioni  reumatico-nervose ,  a  compire  V  i- 
liade  de' mali  di  quella  costituzione  morbosa,  altre  ne 
insorgevano  in  diverse  parti  del  corpo  con  insolita  fie- 
rezza e  caparbia.  Erano  artralgie  reumatiche  che  intac- 
cavano la  sommità  delle  spalle,  o  il  plesso  ischiatico, 
distendendosi  lungo  la  muscolatura  della  coscia  sino  al 
ginocchio,  0  dal  deltoide  a  tutto  il  braccio  sino  al  cu- 


375 

bito,  intaccaado  anche  le  articolazìoiH.  Tutte  queste  afife- 
zioni  serbavano  generalmente  un  corso  re^iittente,  e  più 
tardi,  dopo  una  cura  preventiva  antijflpgistica  e.  riyellente, 
l'intermittente. 

Per  esse  occorrevano  il  salasso ,  o  il  sanguisugio  se 
vi  era  febbre,  le  frizioni  oleose,  qualche  linimento  irri- 
tante mattina  e, sera,  ovvero,  neirostinaaione  dei  dolori, 
r  unguento  di  china  in  frizione,  non  che  il  chinino  col- 
r  oppio  alF  interno ,  quando  i  parossismi  erano  chiari  e 
staccati. 

Considerando  cotesto  malattie  tanto  nella  loro  forma 
e  raoltiplicìtà,  quanto  nella  loro  natura,  chi  noa  rileva  in 
esse  la  medesima  causa,  e  quindi  non  le  fa  derivare  tutte 
dal  principio  reumatico,  originato  dalla  generale  influenza 
atmosferica  che  ha  dominato  fin  qui ,  e  che  continua  ad 
assalire  i  nostri  corpi  ? 

Oltre  le  nevropatie  reumatiche,  altre  ne  comparvero  di 
non  diversa  indole,  ancor  più  gravi  per.  la  fornaa,  l'ostina- 
zione, la  gravità,  e  il  morale  abbattimento  che  inducevano. 
Quattro  ne  avvennero  per  sventura  nel  mio  quartiere , 
che  meritano  di  essere  riportate.  La  prima  comparve 
r  anno  1864  in  estate ,  in  una  signora  d'  anni  28  circa  , 
madre  di  tre  figli,  di  robusta  costituzione. fisica,  sempre 
stata  sana,  senza  dispiaceri  famigliari.   « 

La  malattia  nel  complesso  presentava  quattro  paros-* 
sismi  nelle  ^4  ore.  Il  primo  compariva  alle  2  antimeri- 
diane, il  secondo  tra  le  9  e  le  10  del  mattino,, il  terzo 
tra  le  3  e  le  4  pomeridiane,  ed  il  quarto  tra  le  9  e  le 
10  di  sera.  Duravano  ciascuno  da  un'  ora  ad  un'  ora  e 
mezza.  11  primo  e  1'  ultimo  erano  .  uguali  nella  forma  e 
nel  grado,  minori  in  confronto  del  2.®  e  del  3.^,  per  es- 
ser questi  violentissimi. 

Ai  due  parossismi  leggieri  primo  ed  ultimo  precorreva 
isempre  un  senso  di  malessere,  di  prostrazione  generale , 
di  moti  convulsivi  fntemi,  accompagnati  da  sinistra  pre- 


376 

venzione  di  morire,  a  cui  suss^uiva  un  affanno  grave  di 
respiro,  una  forte  oppressione  di  stomaco  con  senso  di 
Tornito,  che  non  si  effettuava,  un  sussurro  delle  orecchie 
e  nell'interno  del  capo,  come  di  vento  che  dentro  vi 
scorresse  con  fracasso,  ed  anche  di  fiamma.,  che  dallo 
stomaco  salisse  al  capo ,  che  facevale  momentaneamente 
smarrire  V  udito  e  la  vista.  Questi  fenomeni  erano  tal- 
volta accompagnati  da  tosse  secca,  e  da  balordaggine. 

Gli  altri  due  parossismi  più  forti ,  il  secondo  ed  il 
terzo,  oltre  l'aumento  esorbitante  de*  sintomi  sopra  anoun* 
ciati,  aveano  seco  delle  contrazioni  crampiehe  nelle  mani 
e  nei  piedi ,  e  sino  nelle  gambe ,  da  doverle  stringere  ed 
allentare  per  &rle  cessare;  un  certo  smarrimento  de*  sensi 
e  dejla  mente,  da  scuotere  di  frequente  il  capo  e  la  per- 
sona* per  riaversi  ;  delle  vertigini  tali  da  far  credere  al* 
Tinferma  si  rovesciasse  il  letto  seco  lei  insieme  alla  stanza. 
Le  espressioni  di  morire  erano  incessanti  :  «  sig.  dott.  io 
muojo  » ,  diceva  essa ,  «  mi  ajuti  che  io  muojo  »,  e  al 
comparire  di  qualche  persona  amica  o  parente ,  chiedea 
perdono  se  per  avventura  le  avesse  offese.  L'apparato 
morboso  durava  un*  ora  circa  senza  interruzioni,  dopo  di 
che  diminuiva  a  rilento,  senza  che  il  parossismo  si  fosse 
estinto  affatto ,  poichò  gli  abbagliamenti  della  vista ,  le 
contrazioni  muscolari  alle  gambe ,  alle  dita  delle  mani  e 
dei  piedi  ed  il  formicolio ,  il  timore  di  morire  sussiste- 
vano sempre ,  e  la  inferma  versava  in  continuo  timore , 
e  in  paurosa  aspettativa  del  nuovo  parossismo. 

Nove  giorni  erano  passati  senza  che  il  male  dasse  se« 
gni  di  diminuzione,  in  onta  alla  cura  insistente  ed  attiva. 
In  principio,  considerata  la  robustezza  della  paziente,  fu 
instituito  un  salasso ,  il  sanguisugio  ali*  epigastrio  e  alle 
tempia,  furono  dati  purganti  ed  antelmintici,  si  applicarono 
i  vescicanti  dietro  le  orecchie.  Ma  scorgendo  l'inefficacia 
loro,  e  d'altra  parte  rilevando  in  quella  malattia  una  na- 
tura eminentemente  nervosa,  ricorsi  allora  alla  china  unita 


377 

ai  calmanti.  La  prima  prescrizione  fu  di  an  grammo  di 
chinino  con  20  gòccie  di  laudano  liquido  in  un  veicolo  di 
75  grammi  di  acqua  con  grammi  40  di  siroppo  semplice. 
Dopo  due  giorni,  non  osservando  una  diminuzione  de'sin- 
tomi,  aumentai  il  chinino  a  125  grammi  con  25  goccia 
di  laudano  liquido  in  un  veicolo  di  80  grammi  di  acqua 
comune,  e  con  50  di  siroppo  semplice.  In  questo  inter- 
vallo vennero  chiesti  varii  consulti,  ma  i  pareri  furono 
discordi  ;  chi  sosteneva  esservi  bisogno  ancora  di  metoda 
antiflogistico  e  purgativo  antelmintico;  chi  facea  riflettere 
alla  troppa  dose  del  chinino  e  del  laudano;  chi  infliie,  e 
questi  fu  il  più  sincero,  non  si  volle  dichiarare  né  per 
r  una ,  né  per  l' altra  opinione  ,  per  non  aver  osservato 
mai  un  caso  di  tanta  gravità»  e  di  forma  cosi  singolare, 
rimettendosi  a  me  come  il  più  provetto.  Tutti  i  medici 
invitati  convennero  di  non  aver  osservato,  mai  un  caso 
di  tanta  imponenza. 

Avendo  sin  da  principio  preopinato  per  la  natura  ner*- 
vosa  di  tale  aSezione,  indotto  anche  dalla  influenza  domi- 
nante, e  considerato  che  i  fenomeni  morbosi  non  ayeano 
mai  variato  che  nella  intensità,  non  mi  volli  rimovere  dalle 
prime  prescrizioni;  anzi,  riflettendo  al  crescente  aumento 
del  male  e  alla  sua  ostinazione,  portai  il  chinino  a  1,50 
centigrammi,  ed  a  30  goccie  il  laudano. 

Applicato  un  largo  vescicante  ali*  epigastrio,  e  ammi- 
nistrata la  mistura  colla  solita  norma,  senza  osservarne 
un  effetto  favorevole,  raccomandai  air  assistente  di  ab« 
breviare  il  tempo  della  presa  del  rimedio.  A  ciò  aggiun- 
gendosi la  premura  della  malata,  la  seconda  dose  pre- 
scritta alla  sera  era  esaurita  alle  ore  9  e  Vs  del  mattino. 
Il  marito  scorgendo  il  vaso  vuoto,  si  recò  in  fretta  alla 
fE^rmdcia  a  procurarne  un*  altra  dose ,  la  quale  alle  6 
ore  pomeridiane  era  parimenti  esaurita.  Cosicché  la  ma- 
lata in  poco  più  di  26  ore  prendeva  tre  grammi  di  chini- 
no,  e  60  goccie  di  laudano  liquido. 


378 

Nella  notte  incominciò  a  gustare  qualche  sonno  ^  in- 
terrotto da  sogni  inquieti,  che  comparvero  ancora  per 
altre  due  notti.  In  seguito,  diminuito  il  rimedio  giornal- 
mente, ricuperò  la  salute  senza  interruzione. 

Occorre  di  notare  che  non  tutti  i  fenomeni  morbosi 
svanirono  intieramente  colla  guarigione,  perocché  al- 
cuni si  mantennero  anche  in  appresso,  ma  in  grado 
assai  minore;  ed  erano  la  rigidezza  delle  dita  e  delle 
mani,  quell'aura  che  saliva  dallo  stomaco  al  capo  ed 
oscurava  i  sensi,  dei  leggieri  stordimenti,  onde  temevasi 
che  il  male  potesse  4i  nuovo  ricomparire.  Ora  è  affatto 
risanata. 

Un  altro  caso  Tha  offerto  una  donna  di  44  anni,  con 
7  figli  viventi ,  di  costituzione-  fisica  robusta  e  sana ,  in 
concordia  colla  famiglia,  maritata  con  un  oste  del  pae- 
se. Il  parossismo  di  quella  nevropatia  era  unico  e  ter- 
zano  di  tipo,  compariva  alle  ore  due  dopo  mezzanotte 
immancabiUnente,  e  durava  continuo  più  di  un'  ora.  Erano 
interni  movimenti  di  tutto  il  corpo,  sotto  forma  convul- 
siva, che  dalle  estremità  inferiori  salivano  all'  epigastrio, 
poscia  al  capo  con  sensi  dì  vertigine,  di  soffocazione,  di 
formicolio  e  tremori  alle  estremità,  cardiopalmo,  frequenti 
sospiri,  accompagnati  da  un  timore  grave  di  morire.  Sotto 
queste  morbose  impressioni  essa  era  molto  inquieta  pel 
suo  stato,  e  chiedeva  ajuto  al  marito  e  a  quanti  le  si 
avvicinavano,  pregandoli  che  andassero  in  traccia  del 
medico  e  del  sacerdote. 

Alla  mattina,  chiamato  per  tempo  a  visitarla,  la  rin- 
venni molto  abbattuta  ed  avvilita.  Appena  alla  sua' pre- 
senza pronunciò  delle  parole  in  questo  senso:  «  Sig.  dot- 
»  tore,  sono  perduta  !  Che  se  oggi  o  domani  questo  male 
»  ritorna,  non  potrò  al  certo  sopravvivere,  perchè  non 
»  mi  sento  forte  abbastanza  per  sostenerlo.  Se  Ella  fosse 
>  stato  presente  questa  notte,  se  ne  sarebbe  persuaso,  e 
»  fors'anche  l'avrebbe  alleggerito.  Mio  marito  non  ha  vo- 


379 

»  luto  alzarsi  per  non  sregliare  la  famiglia ,  e  per  non 
«  disturbarla,  avuto  riguardo  alla  di  Lei  «età*  e  alle  fa-? 
»  tiche  che  sostiene  tutto  il  giorno.  Quando  a  Dio  piac- 
»  que,  il  male  se  n'  è  dipartito,  non  però  affatto,  giac^ 
»  cfaè  sento- ancora  alcuni  di  quelli  incomodi,  sebbène  in 
>  minor  grado  ». 

Considerata  la  robustezza  dell'inferma,  la  sospensione 
da  diversi  mesi  dei  corsi  lunari,  benché  non  fosse  gravida, 
e  r  abitudine  che  aveva  ai  salassi  per  qualche  difficoltà 
di  respiro  nelle  stagioni  di  inverno  e  di  primavera,  e  per 
cefalee  ricorrenti,  le  prescrissi  un  salasso,  l'infuso  las- 
sativo, due  piediluvi  sinapizzati  mattina  e  sera,  e  stetti 
ad  osservare  cosa  accadesse.  L'avvertii  di  chiamarmi  to- 
sto che  fosse  aggredita  dar  male,  ed  a  qualunque  ora, 
per  osservarlo  in  tutta  la  sua  forma  sintomatica.  Nella 
notte  successiva  nessun  accesso ,  tranne  qualche  veglia 
prodotta  più  dal  timore  di  essere  aggredita  di  nuovo , 
che  da  altro. 

Alla  mattina  successiva  avea  mangiato  una  pana^ella 
due  ore  dopo  il  purgativo,  e  visto  trascorrere  un  giorno 
senza  male,  gustava  già  la  speranza  che  più  non  ritor- 
nasse. Il  polso  era  normale,  la  cute  fresca,  la  lingua 
impaniata,  minori  le  impressioni  nervose  lasciate  dal  pa- 
rossismo della  notte  scorsa.  Il  medesimo  stato  al  dopo 
pranzo. 

Collocatasi  a  letto  alla  sera ,  si  addormentò .  subito 
senza  sogni  inquieti,  ma  alla  stessa  ora,  ossia  alle  due 
dopo  mezza  notte ,  si  sveglia  con  inquietudine ,  si  sente 
soffocare,  manda  un  grido,  insorgono  i  tremori  negli  arti. 
Il  marito  destatosi,  corre  tosto  a  chiamarmi. 

Accostatomi  a  lei,  la  trovo  mesta,  lagrimosa,  in  mezzo 
alle  ponvulsioni;  le  sue  parole  erano  quelle  della  rasse- 
gnazione ;  diceva  di  non  guarire  più ,  perchè  un  male  si 
grave,  non  è  sopportato  nemmeno  dalle  bestie;  che  se  ri- 
tornasse un'altra  volta,  ritiensi  irreparabilmente  perduta. 


380 

Mi  chiede  un  rimedio  pronto  ed  energico,  e  le  prescrivo 
una  soluzione  satura  di  morfina*  da  prendere  a  cucchiaj 
ad  ogni  ora,  allo  scopo  di  calmare  intanto  il  male,  ed 
il  suo  animo.  Esamino  il  polso,  e  lo  trovo  stretto  e  fre- 
quente ;  alquanto  convulse  le  braccia ,  nessuna  sete,  lin- 
gua umida  e  normale^  non  appetito,  stitichézza,  orine 
chiare. 

Propongo  il  chinino,  ma  lo  rifiuta,  addùcendo  che  le 
ingombrerebbe  maggiormente  il  capo  e  le  aumenterebbe 
r  interno  calore.  Insisto  sulla  necessità  di  questo  rimedio, 
e  di  riuovo  lo  respinge,  perchè  il  suo  stomaco  mal  tolle- 
rerebbe queir  ingrato  sapore ,  e  lo  rigetterebbe  al  certo 
per  vomito.  Per  giunta  il  marito  non  le  fa  animo  a 
prenderlo.  Persisto  ed  aggiungo  essère  il  chinino  l'unico 
rimedio  che  le  può  apportare  la  guarigione.  Ad  ogni  buon 
conto  lascio  la  ricetta  sul  tavolo ,  ed  indico  come  debba 
•  esser  preso,  e  Consumato  nella  giornata. 

Alle  due  ore  pomeridiane  avea  già  preso  un  terzo 
della  soluzione,  composta  di  un  grammo  di  chinino  con 
16  goòcie  di  laudano,  dose  che  ripetuta  il  giorno  ap- 
presso, al  dopo  pranzo  era  già  terminata. 

II  terzo  parossismo  ritornò  con  tutti  i  sintomi  degli 
altri  due  accessi,  non  però  cosi  intensi;  la  malata  era 
alquanto  tranquilla.  Prosegui  gli  altri  due  giorni  a  pren- 
dere la  stessa  soluzione ,  ed  il  quarto  parossismo  fu  an- 
cora più  mite.  Raccomandai  di  non  desistere  dal  rime- 
dio per  altri  due  giorni ,  ed  il  5.®  parossismo  riapparve 
appenat  percettibile. 

La  non  totale  scomparsa  degli  accessi  mi  persuade 
che  il  male  non  è  intieramente  vinto,  e  perciò  scorgo  la 
necessità  di  dover  insistere  nel  rimedio,  e  lo  impongo. 
Ma  la  paziente  non  mi  ubbidisce  intieramente,  e  ne  avan- 
za buona  parte.  Sopraggiunte  il  sesto  parossismo,  espon- 
go i  miei  dubbi  sulla  presa  del  medicamento ,  dubbj  che 
non  tardano  a  verificarsi.    Con  quella  pertinacia  di  prò- 


38 

posito,  ctie  in  questi  casi  è  il  pi'imo  dovere  del  medico  , 
la  riprendo  della  sua  trascuratezza,  e  le  dichiaro  ch^essa 
pone  a  repentaglio,  non. solo  la  salute,  ma  resistenza. 
Onde  scusarsi  soggiunse,  che  quella  mistura  le  era  di- 
venuta intollerabile ,  e  che  il  suo  stomaco  la  rifiutava. 
Promisi  di  cambiare  la  formola,  e  prescrivere  il  rimedio 
in  pillole,  aggiunti  al  bisogno  i  clisteri  sedativi  per  av- 
valorarne l'azione,  assicurandola  non  esservi  altro  mezzo 
per  raggiungere  la  guarigione. 

Persuasa  finalmente  a  sottomettersi,  assume  le  pillole 
indicate  per  8  giorni  di.  seguito,  e  gli  accessi  morbosi  in 
quel  frattempo  cessarono  del  tutto.  Devesi  notare,  che 
anch*  essa  continuò  a  soffrire  per  un  certo  tempo  delle 
turbe  nervose ,  e  ne  soffre  tuttora  dopo  due  anni ,  ben- 
ché più  non  le  destino  le  impressioni  sospette  di  prima. 

Per  questi  ultimi  incomodi  essa  non  ha  dimenticato 
di  chiedere  consigli  dai  medici  di  città  e  della  stessa  Mi- 
lano, senza  averne ,^  come  mi  ha  assicurato  più  volte, 
ottenuto  alcun  vantaggio,  ed  ora  è  persuasa  che  solo  il 
tempo  possa  apportarle  la  calma  assoluta. 

Il  terzo  caso  mi  è  stato  offerto  da  una  donna  di  34 
anni  »  maritata ,  con  7  figli ,  senza  discrasia ,  di  ottimo 
temperamento  e  carattere,  ma  di  squisita  sensibilità. 
Nell'agosto  1865,  un  giornp  verso  le  ore  tt  pomeridiane 
si  trovò  investita  da  malinconia  profonda,  con  sinistra 
prevenzione  di  morire;  da  oppressione  di  respiro,  da  tre- 
mori degli  arti,  da  palpitazione  di  cuore,  e  da  un  movi- 
mento convulsivo  interno,  che  non  sapea  spiegare,  ma  che 
le  offuscava  i  sensi  e  Fintelletto.  Il  parossismo  le  durava 
circa  un*  ora.  e  mezza.  Nel  rimanente  del  giorno  quelle 
morbose  sensazioni  facevansi  assai  minori ,  ma  1*  agitava 
forte  il  timore  d'incontrare  di  nuovo  lo  stesso  male,  e  di 
morirne.  La  sua  intelligenza  non  era  alterata,  e  se  il  suo 
buon  umore  primitivo  era  scemato  d'assai,  non  era  però 
perduto,  perchè  appena  godesse  di  qualche  calma,  ritornavi^ 


382 

tosto  allegra.  Àirincontro  quando  era  sorpresa  dagli  inco- 
modi nervosi,  q*era  preoccupata,  e  passava  facilmente 
in  malinconia. 

Premesso  un  blando  purgativo,  passai  alle  pillole  di 
chinino  e  di  oppio ,  che  prese  otto  giorni  di  seguito,  non 
sen2a  qualche  ripugnanza.  L*  accesso  convulsivo  spari. 
Ma  come  nei  narrati  due  casi,  rimasero  vive  anche  in  lei 
alcune  sensazioni  morbose,  che  la  mantenevano  in  sinistra 
apprensione 

Desiderando  liberarsi  anche  da  quelle  molestie,  volle 
recarsi  a  casa  sua;,  lontana  circa  9  miglia,  a  consultare 
il  suo  vecchio  medico,  ed  altri  ancora  dèi  vicinato,  e 
dopo  15  giorni  di  assenza,  ritornò,  non  so  con  quali  con- 
sigli e  medicine,  insoddisfatta. 

Quei  leggieri  incomodi  convulsivi  non  erano  ancora 
cessati  da  sei  mesi^  ma  solo  diminuiti,  e  per  quanto  mi 
a£fannassi  a  persuaderla  della  loro  innocuità ,  e  che  non 
si  sarebbero  fatti  maggiori,  non  giungeva  a  convincerla. 
Prescrissi  pillole  di  assafètida,  fiori  di  zinco,  ed  altri  an- 
tispasmodici, ma  senza  pronto  ed  evidente  sollievo.  Onde 
la  paziente  fini  a  disgustarsene  e  ad  abbandonarle. 

Ora  osservando  che  dopo  20  mesi  i  s^uoi  disturbi  sono 
più  tollerabili ,  ne  attende  con  calma  la  totale  scompar- 
sa. Incontratala  un  giorno  per  via,  la  rinvenni  tran- 
quilla e  convinta  che  solo  dal  tempo  poteva  sperare  il 
suo  ricomponimento. 

Il  quarto  caso  poco  dissimile  dai  precedenti  fu  pre- 
sentato da  una  giovane  di  23  anni ,  sana ,  ma  di  fibra 
delicata,  e  di  esaltata  fantasia ,  la  quale  soffre  da  14 
mesi  di  un  dolore  quasi  continuo  al  costato  sinistro  in- 
feriore, e  air  esterno  della  mammella,  sul  qi;iale  vennero 
applicate  sanguisughe,  rivellenti,  e  unguento  di  china  con 
morfina.  Esagerando  i  suoi  patimenti,  essa  si  dice  amma- 
liata e  consunta;  ma  è  pur  vero  che  il  suo  male,  come 


383 

nel  caso  antecedente,  mostrò  una  grande  ostinazione,  « 
non  cedette  che  imperfettamente  alla  stessa .  terapia. 

Durante  cotesta  costituzione  atmosferica  morbosa  si 
ebbero  negli  ultimi  anni  altre  più  formidabili  malattie. 
Sino  dal  1864  si  sono  osservate  delle  morti  improvvise 
più  del  solito  numerose,  delle  apoplessie  con  emiplegie  di 
frequente  mortali,  delle  congestioni  cerebrali,  molte  verti- 
gini da  stramazzare  a  terra,  alcune  delle  quali  finik*ono 
con  esito  letale. 

Le  morti  improvvise  furono  sequela  di  antiche  e  re- 
centi alterazioni  del  cuore,  e  dei  grossi  vasi  arteriosi, 
indiziati  molto  tempa  prima  dai  disordini  funzionali  del 
centro  ilella  circolazione,  e  gli  accessi  asmatici  ne  erano 
sempre  di  funesto  preludio. 

Gli  assalti  apopletici  erano,  come  ho  accennato ,  se- 
guiti da  paralisi  di  uno  dei  lati  del  corpo,  e  spesso  delu- 
devano la  cura  più  pronta  ed  attiva,  seguendone  al  2.® 
o  3.**  giorno  il  coma,  e  dopo  qualche  giorno  la  morte. 

I  soggetti  che  caddero  nella  pazzia,  in  parte  non 
erano  pellagrosi.  Quantunque  alcuni  fossero  agricoli,  non 
si  rinvenne  in  essi  traccia  di  pellagra,  e  nemmeno  l'eredi- 
taria predisposizione  alla  medesima.  Sembrava  che  bastasse 
una  causa  morale  per  sviluppare  il  dissesto  mentale,  come 
la  paura,  1*  amore  deluso,  una  superstiziosa  impressione, 
un  forte  patema  di  animo. 

Una  giovane  contadina,  di  19  anni,  ben  nutrita  e 
menstruata ,  con  genitori  scevri  da  pellagra ,  venne  ac- 
colta nello  Spedale  lo  scaduto  mese  di  marzo  1867  per 
alterazione  mentale.  Questa  giovane,  essendo  indisposta , 
narrava  alquanti  giorni  prima  i  suoi  incomodi  ad  un 
empirico ,  il  quale  le  avea  prescritte  le  sue  ordinazioni. 
Interrogatane  in  appresso,  se  le  aveva  adempite,  alla  di  lei 
negativa  risposta,  quell'impostore  esclamava:  Vattene,  tu 
non  guarirai  più  finché  vivrai  ;  il  che  la  avea  straordina- 
riamente turbata.  Al  suo  ingresso  all'ospedale,  la  malata 


3S4 

non  accusava  nessuna  molestia  al  capo,  ma  dal  turgore 
del  viso,  dagli  occhi  rossi  ed  injettaii»  dal  calore  in 
tutto  il  capo  sensibile  alla  mano  esploratrice ,  si  dino- 
tava lo  stato  di  pongestione  cerebrale.  Essa  avea  tratto 
tratto  dei  subitanei  movimenti  e  sussulti  di  tutto  il  cor- 
po, da  sollevarlo  a  scosse  dal  letto;  lo  sguardo  bieco, 
sempre  rivolto  ad  un  dei  lati  della  sala;  appena  acco- 
stavasi  alcuno,  indicandolo  col  dito  :  spaccia,  scaccia,  gri* 
dava,  è  là  quell'uomo  che  mi  guarda,  scaccialo,  scac^ 
cialo,  che  mi  fa  paura.  Sembrava  diffi^tti.che  nelle  sue 
allucinazioni  rivedesse  T  individuo,  le  cui  parole,  credute 
vere ,  aveano  fatto  tanta  impressione  suU* animo  sup. 

Constatata  la  congestione  cerebrale,  incominciai  a 
trattarla  con  metodo  antiflogistico,  cioè  due  salassi,  san- 
guisugio in  copia  alle  tempia  e  dietro  le  orecchie,  ghiac- 
cio sul  capo,  vescicante  alla  nuca,  purgativi  col  tartaro 
stibia to:  Con  tali  mezzi  dopo  10  giorni  le  allucinazioni 
scomparvero;  non  più  parole  incongrue,  non  più  il  tur- 
gòre  del  viso  e  degli  occhi,  il  calore  al  capo,  e  la  ma- 
lata si  avviava  già  alla  convalescenza.  Quando  dopo  una 
settimana,  verso  il  pomeriggio  insorsero^  fitte  dolorose 
alla  sommità  del  capo,  dirigeutisi  ora  alla  fronte,  ora 
verso  le  tempia,  che  rare  e  leggiere  il  primo  giorno,  al- 
r  indomani  alla  stessa  ora  divennero  frequenti  e  crudeli, 
obbligando  la  paziente  ad  empire  colle  sua  grida  la  sala, 
e  cessando  la  sera. 

Il  sanguisugio  al  capo,  e  due  mosche  dietro  le  orec- 
chie  non  fecero  che  esacerbare  la  malattia,  perocché  il 
seguente  accesso  fu  ancora  più  intenso  del  primo.  Al- 
lora ricorsi  tosto  al  chinino  coir  oppio  per  cinque  giorni 
continui,  amministrato  in  polvere^  dopo  il  qual  tempo  la 
nevropatia  cessò  del  tutto. 

Due  giovani  contadine,  una  di  25  anni^  Taltra  di  22, 
vennero  accolte  nello  scorso  dicembre  1866  nello  spedale 
a  24  giorni  di  distanza  V  una  dall'  altra ,  affette  da  ma- 


385 
nìa.  Nella  prima  la  pazzia  era  furiosa.  Gredesi  che  la 
causa  sia  stato  spavento  riportato  da  due  cani  mastini 
a  guardia  di  un  mulino,  accorsi  impetuosamente,  a  suo 
credere,  per  afferrarla,  dai  quali  si  salvò  in  una  folta 
macchia  di  spine.  Curata  con  metodo  antiflogistico,  fu 
spedita  il  terzo  giorno  al  manicomio  di  Cremona^  donde 
ritornò  guarita  dopo  due  mesi  di  cura. 

La  seconda  presentava  una  forma  malinconica  ;  con 
caparbietà  insuperabile  rifiutava  i  rimedi  ed  i  cibi,  chiu- 
dendo fortemente  la  bocca»  Stava  sempre  coperta  leg- 
germente, seduta  sul.  letto,  benché  la  sala  non  supe- 
rasse il  7.®  grado  R.,  senza  mai  lagnarsi  di  fi^eddo;  mor- 
morava tra  so  parole  inintelligibili ,  faceva  strani  gesti , 
e  non  obbediva  ad  alcun  comando.  Però  la  infermiera 
incaricata  di  assisterla,  pervenne. a  rilevare,  che  la  causa 
della  sua  pazzia  era  T  amore  ^deluso.  Nessuno  della  sua 
famiglia  era  stato  pazzo.  Allontanatasi  per  cangiamento  di 
d  omicilio  dall'uomo  che  amava,  né  più  vedendolo  compa  • 
rire,  cadde  in  profonda  malinconia.  Parlava  poco,  tal- 
volta non  rispondeva ,  o  rispondeva  astrattamente  alle 
domande  che  le  erano  dirette ,  tant*  era  immersa  nella 
sua  idea  fìssa.  Si  portava  di  frequente  sulla  porta  della 
casa,  altra  volta  girava  solitaria  per  la  campagna,  evi*- 
tando  di  essere  veduta.  Infine  ad  un  tratto  si  spiegò  in 
lei  la  vera  pazzia. 

Accolta  nello  spedale,  ed  osservato  che  la  malattia 
era  piuttosto  profonda  e  grave,  dopo  due  giorni  di  assi- 
stenza fu  condotta  al  manicomio  di  Cremona.  Ella  vi 
mori  dopo  qualche  mese  di  dimora. 

Tra  le  congestioni  sanguigne  cerebrali  si  distinse 
quella  toccata  ad  una  certa  Bonfantì^  nubile,  d*anni  24, 
contadina,  robusta  ed  attiva  al  lavoro,  sempre  stata  sana 
in  sua  vita.  Soffriva  da  qualche  tempo  un  dolore  di  capo, 
che  aumentava  di  di  in  di,  senza  manifestarlo  ai  parenti , 

Annvli.  Yoh  CCJ  25 


386 

i  quali  accortisi  di  malessere,  e  di  insolito  sbalordimealo» 
le  ordinarono  di  farsi  visitare  dal  medico  del  quartiere, 
senza  che  ella  obbedisse.  Condotta  dalla  madre  quasi  a 
forza  a  casa  mia ,  la  riconobbi  affetta  da  grave  conge- 
stione cerebrale.  Àvea  testa  calda  e  grave,  accusava  sulla 
sommiti  del  capo  la  sensazione  come  di  un  corpo  che  vi 
pesasse  sopra  fortemente  ;  pupilla  dilatata,  stupidità  tanto 
nella  fisonomia,  che  nelle  risposte;  confessò  inoltre  di 
soffrire  tali  vertigini,  che  le  sembrava  di  cadérsene  a 
terra  ^  se  presto  non  si  appoggiava  ad  un  corpo  fermo 
e  sodo.  I  suoi  polsi  erano  stretti  e  lenti,  fredde  le  estre- 
mità ;  non  avea  fame ,  uè  sete.  Riconosciuta  la  gravità 
del  caso ,  raccomandai  di  inviarla  subito  allo  spedale , 
e  vi  giunse  contro  sua  voglia  il  di  seguente. 

Ivi  accolta ,  fu  prescritto  tosto  un  salasso  generoso , 
un  purgante  attivo  dopo  mezz*  ora  dalla  sottrazione  san- 
guigna, ed  un  leggier  infuso  d'orzo  con  tartaro  stibiato.  Al 
dopo  pranzo  18  sanguisughe  al  capo.  Al  mattino  seguente 
era  rischiarata  di  molto  nelle  facoltà  mentali,  sussisteva 
l'inappetenza,  e  la  lingua  sporca.  Non  essendo  ancora  ces- 
sato il  calore  e  il  peso  al  capo,  ripeto  il  sanguisugio,  e 
proseguo  la  sola  soluzione  stibiata,  che  avea  apportato 
delle  scariche. 

Al  dopo  pranzo  era  marcato  il  miglioramento  ;  le  sue 
facoltà  presentavansi,  si  può  asseverarlo,  normali;  si  di- 
ceva guarita,  pregando  di  lasciarla  partire  dallo  spedale. 
A  stento  e  con  plausibili  ragioni  la  si  trattiene  ancora 
due.  giorni.  Al  sesto  di  della  cura  viene  consegnata  alla 
madre ,  che  la  conduce  ai  patetni  focolari. 

Appena  a  casa ,  senza  frapporre  indugio ,  ritorna  al 
lavoro  della  campagna ,  mentre  spirava  un  forte  vento 
d'  oriente,  e  continua  ad  esporsi  quattro  altri  giorni  sen- 
za alcuna  precauzione.  Al  7.**  giorno  il  dolore  di  capo 
ritorna,  le  si  confonde  la  mente,  succedono  le  vertigini, 
•3  all'indomani   la   malata   v-aneggia.    Accorre  mio  figlio 


387 

ad  assisterla )  fa  oso  dei  salassi,  prescrive  il  sanguisu- 
gio, che  riesci  in  numero  insufficiente  per  la  povertà  della 
famiglia,  pone  alla  nuca  un  largo  vescicante ,  ricorre  al 
tartaro  stibiato,  e  nondimeno  la  malata  continua  a  peg- 
giorare ,  e  in  questo  statò  è  di  nuovo  ricevuta  nello 
spedale. 

La  sua  iBsonomia  era  stupida,  in  grado  assai  mag^ 
giore  di  prima;  poco  sapeva  di  so  e  de' suoi  atti;  scossa 
ed  interrogata  ad  un  tempo,  si  svegliava,  riconosceva,  ma 
rispondeva  con  tronchi  detti,  e  qualche  volta  con  cenni 
del  capo  ;  mandava  frequenti  e  pil^ofondi  sospiri  dal  petto  ; 
i  isuoi  occhi  erano  sempre  chiusi;  portava  spesso  la  mano 
al  capo ,  la  fronte  e  la  testa  erano  caldissimi  ;  alzata  la 
palpebra  superiore,  lai'ga  era  la  pupilla,,  e  poco  sensibile 
alla  luce;  i  polsi  erano  piccoli  e  stretti,  pallido  il  viso,  il 
ventre  stittico  da  tre  giorni.  Ordino  nondimeno  un  salasso, 
che  viene  instituito  air  istante,  e  sedici  sanguisughe  8 
ore  dopo  il  salasso,  due  larghi  senapismi  alla  nuca  e  alle 
piante,  un  infuso  lassativo  pel  mattino,  tartaro  stibiato 
in  decotto  d'orzo. 

Alla  visita  del  30  marzo  scorgo  del  sollievo  nell'in- 
ferma ;  più  chiara  la  fisionomia ,  qualche  intelligenza , 
rispondei  alle  domande  con  lentezza,  gli  occhi  sono  apet^ 
ti,  e  larga  ancora  la  pupilla,  accusa  gravezza  al  capo, 
polsi  alquanto  più  liberi.  Due  scariche  alvine  dì  qualche 
consistenza.  ÀI  dopo  pranzo  un'  altra  scarica ,  maggiore 
intelligenza  ;  ha  grave  però  ancora  il  capo ,  e  continua 
a  portarvi  sopra  la  mano  destra,  i  polsi  tardi  e  stretti. 
Altro  sanguisugio.  Si  continuano  1  senapismi  alla  nuca 
e  alle  piante;  bibita  di  siroppo  di  tamarindo  rafireddata 
col  ghiaccio ,  tartaro  stibiato ,  ghiaccio  al  capo  con  ve- 
scica. 

Al  mattini)  del  giorno  31  si  presenta  maggior  sopore, 
che  incominciato  alle  quattro  pomeridiane ,  termina  alla 
mezza  notte.  Scossa,  non  risponde;  altre  ÌZ  sanguisughe 


388 

alla  testa,  si  rinnovano  i  senapismi  alle  piante,  si  man- 
tengono aperti  i  vescicanti  dietro  le  orecchie.  Al  I.^ 
aprile  subentra  il  collega  dott.  Fortis,  e  la  trova  alquanto 
svegliata. 

'  Il  trattamento  non  ò  cambiato  di  un  punto ,  il  col- 
lega riconoscendo  la  necessità  di  insistere  in  esso.  Al  7 
di  aprile  la  paziente  muore. 

Meritano  pure  di  essere  ricordati  due  casi  di  conge- 
stione grave  cerebrale,  causa  di  pronta  morte,  accaduti 
nello  stesso  mese  di  marzo  1867,  a  15  giorni  di  di- 
stanza tra  loro.  Erano  due  spose  contadine,  di  circa  20 
anni  di  età,  da  pochi  mesi  conjugate.  Da  diversi  giorni 
soffrivano  di  dolore  intenso  al  capo,  che  non  palesava- 
no ai  mariti,  né  alla  famiglia  in  cui  erano  entrate,  ma 
soltanto  ad  alcune  amiche  in  secreto.  L*  ultima  sera  fu 
crudelissimo,  e  noi  potendo  più  sopportare»  dal  convegno 
della  stalla  furono  condotte  a  letto.  Ambedue  chiamavano 
il  medico,  che  per  essere  a  qualche  distanza  arrivò  quan- 
d'erano già  estinte. 

Nel  tempo  stesso,  e  anche  prima  e  dopo,  furono  cosi 
nunferose  le  cefalee ,  la  pienezza  sanguigna  di  capo  e  le 
vertigini ,  da  non  averne  osservate  altrettante  mai  nel 
corso  della  costituzione  attuale;  noii  v*era  febbre  che 
non  avesse  seco  questi  sintomi  in  grado  eminente.  Tali 
congestioni,  o  si  dissipavano  colla  cura  della  malattia 
principale,  o  se  rimanevano^  come  accadeva  di  frequente, 
assumevano  d'ordinario  un  corso  remittente,  o  intermit- 
tente, ed  allora  il  chinino  le  disperdeva  intieramente. 

Non  tacerò  di  altre  malattie  di  diverso  genere,  ma  di 
non  minore  importanza,  apparse  in  quasi  tutto  il  corso 
della  corrente  costituzione  morbosa.  E  queste  furono  le 
efflorescenze  cutanee,  ora  sotto  forma  di  eritemi ,  di  pic- 
cole e  grandi  vescicole  somiglianti  al  pemfigo,  di  pu- 
stole ,  di  furoncoli  suppuranti ,  come  pure  di  fuoco  sa- 
cro ,  e  di  resipole  che  hanno  imbrattato  la  cute  di  vec- 


380 

chi  e  di  giovani  senza  distinzione  di  età  e  di  sesso,  eru- 
zioni che  dopo  avere  secreto  umori  sierosi  e  purulenti , 
lasciavano  sulle  parti  delle  croste  ed  escare  dure ,  e 
delle  ulceri,  o  macchie  oscure  alla  loro  caduta. 

Se  poi  la  eruzione  si  apprendeva  alle  gambe ,  ne 
conseguivano  talvolta  delle  ulceri,  allo  stato  cronico.  Un 
giovane  di  18  anni  entrato  in  questo  spedale  con  varii 
furoncoli  alla  gamba  sinistra,  ne  ebbe  al  lor  luogo  ul^ 
ceri  cosi  ostinate,  che  la  cura  costò  quasi  due  mesi  per 
ottenere,  una  solida  cicatrizzazione. 

Singolare  poi  era  V  incontrare  ad  ogni  qual  tratto  per 
istrada  delle  donne  con  bambini  lattanti  coperti  la  faccia 
ed  il  corpo  di  piccole  pustole ,  o  furoncoli ,  che  li  ren-^ 
deano  quasi  mostruosi  e  ributtanti. 

Di  frequente  uomini  e  donne  mi  arrestavano,  mostran* 
domi  e  braccia,  e  piedi,  e  spalle,  e  petto  coperti  di  que- 
sti sfregi,  alcuni  dei  quali  larghi  e  approfonditi  nei  tes- 
suti. 

La  cura  che  ho  trovato  migliore  per  queste  eruzioni 
cutanee,  era  V  uso  di  topici  emollienti ,  di  bagni  locali  e 
generali  di  acqua  di  malva  tepida,  e  nelle  abrasioni  e 
nelle  ulcerazioni  di  unguento  di  olio  e  cera  finché  du- 
rava la  fiogosi ,  di  empiastri  molli tivi  quando  erano  con- 
fluenti ,  come  nel  fuoco  sacro.  Allorché  poi  si  forma- 
vano delle  vere  ulcere,  aperte  da  qualche  tempo,  e  cal- 
mato era  il  processo  flogistico ,  ricorreva  all'  unguento 
essiccante  di  cerussa ,  o  alla  soluzióne  di  estratto  di  sa- 
turno sulle  parti.  Nel  tempo  stesso  ordinava  ai  poveri 
di  prendere  internamente  il  decotto  di  gramigna  col 
cremore  di  tartaro  e  lo  succo  di  limone  con  zucca  po , 
bevanda  che  era  pure  somministrata  facilmente  anche  ai 
piccoli  fanciulli. 

Nelle  risipole  usava  internamente  le  polveri  risol- 
venti di  tartaro  stibiato  e  cremore  di  tartaro  a  dosi  re- 
fratte, ricorrendo  insieme  all'  unguento  di  Velpeau  ,  che 


300 

le  dissipata  in  pochi  giorni  insieme  alla  lebbre  ohe  le 
aocompagiiava. 

Come  avvengano  sifibtte  eruzioni  »  agli  antichi  era 
agevole  spiegarlo  colla  dottrina  umorale.  Supponevano 
che  un  principio  eterogeneo  venisse  introdotto  bA  sangae 
mediante  le  sostanze  alibili,  ovvwo  spontaneamente  si  gè*- 
nerasse  neir  economia  animale,  e  venisse  deposto  dal  sau'p 
gue  nella  cute,  a  mezzo  delle  suddette  eruzionL  Per  gua* 
rirle,  secondo  essi,  era  d*uopo  espellere  dal  corpo  quel 
principio  morboso,  quella  acrimonia,  con  sostanze  a  ciò 
adatte,  ovvero  neutralizzarlo,  onde  renderlo  indifferente 
alla  fibra  animale.  I  moderni,  combattendo  la  dottrina 
dell'erpetismo,  e  considerando  le  malattie  della  pelle  co- 
me semplici  manifestazioui  ed  alterazioni  locali,  hanno 
resa  più  difficile  la  spiegazione  di  certe  forme ,  die  evi- 
dentemente si  collegano  ad  uno  stato  generale,  diatesico* 

Come  adunque,  o  òsi  qual  causa  insorsero  le  molte- 
plici eruzioni  cutanee,  che  quasi  dal  principio  alla  fine 
di  questa  influenza  atmosferica  hanno  continuato  a  com- 
parire? Sono  esse  derivate  da  un  principio  inaffine  alla  as- 
similazione e  alla  nutrizione,  che  la  natura  tenta  di  espel- 
lerè  per  la  cute? 

Benché  la  risposta  a  tali  domande  non  sia  facile 
e  sicura,  mi  si  presenta  una  spiegazione.  Si  è  accen- 
nato che  la  costituzione  epidemica  in  corso  ha  agito 
morbosamente  tanto  sui  corpi  animali ,  che  sui  vegeta- 
bili ,  e  massime  sopra  questi,  in  modo  da  conseguirne  al-* 
terazione  e  distruzione  dei  frutti  e  dei  grani  che  nutrono 
le  popolazioni.  Ora  quando  i  prodotti  vegetabili  hanno 
sofferto  nella  loro  compage,  è  raccomandato  dairigiene  di 
non  farne  uso ,  o  scarso  e  corretto ,  per  essere  nocivi» 
Ma  il  popolo  fa  poco  caso  di  questo  divieto,  astretto 
dalla  miseria,  talvolta  dair ingordigia,  o  dall'avarizia. 
Inoltre  non  va  pel  sottile  nella  scelta  delle  sostanze  ali- 
mentari, purché  siano  a  buon  mercato,  nò  riflette  air  in- 


fluenza  patita,  nò  ha  cognizioni  bastanti  per  distinguerne 
le  qualità,  massime  quando  poca  ò  la  differenza  noi  ce^-* 
ratteri  esterni  fra  le  qualità  sane  e  le  avariate*  : 

Che  i  grani  e  le  frutta  alterate  facciano  male  ai  corpi 
e  producano  anche  delle  malattje>  egli  è  un  fatto  certo  e 
comprovato.  La  segale  nelle  regioni  settentrionali  si  altera 
per  gli  sconcerti  atmosferici,  per  la  umidità  e  pél  freddo 
prolungato,  cambia  la  sua  forma,  presenta  uno  sperone 
allungato,  e  si  converte  in  veleno.  I  popoli  dell'estremo 
Nord  che  vivono  quasi  di  pesci,  talvolta  alterati  e  gua- 
sti  per  lunga  conservazione,  vanno  soggetti  a  certe  cu- 
tanee eruzioni.  Nella  Colombia  e  neiralto  Messico,  dove 
il  grano  turco  alterato  è  somministrato,,  nella,  prima  re- 
gione ali*" uomo,  nella  seconda  ai  cavalli:  nei  primi  pro- 
duce la  caduta  dei  capelli,  detta  da  quel  popolo  pèllet 
efeno;. nella  seconda  V  emmaisadura.  (V.  «  Annali  Uni- 
versali di  medicina  >,  fascicolo  di  febbrajo  1866,  Memo- 
ria del  dott.  Pellizzari). 

Se  questi  sono  incontestabili  esempi  dell*  azione  fune- 
sta delle  cattive  sostanze  alimentari  sui  corpi  viventi , 
ci  sarà  permesso  di  considerare  come  tali  anche  gli  esempi 
che  si  offersero  alla  nostra  osservazione,  di  malattie  con- 
secutive air  uso  costante  di  alimenti  incongrui  od-  alte^^ 
rati.  I  quali  per  opera  della  digestione  e  dell'  assorbi- 
mento inquinando  T  organismo  di  principj  disaffini  e  de^ 
leterj ,  lo  disposero  a  speciali  forme  morbose,  e  suscita- 
rono le  salutari  reazioni  ed  eliminazioni  della  natura  me- 
dicatrice.  Con  ciò  si  spiegherebbero  molte  delle  derma- 
tosi da  noi  accennate,  senza  ricorrere  alla  antica  ipotesi 
delle  acrimonie,  e  dissotterrare  principj  scientifici  sepolti 
da  qualche  secolo. 

Tutti  gU  osservatori  convengono  che  il  reumatismo 
è  malattia,  che  può  attaccarsi  a  quasi  tutte  le  parti 
dell'  organismo ,  e  le  può  una  dopo  V  altra  investire. 
E  benché   prediliga  la  tela  fibrosa,    o  fibro-ligaraentosa , 


39È 

che  riveste  muscoli ,  visceri ,  articdazioni ,  non  rispar- 
mia gli  involucri  del  cervello^  del  midollo  spinale,  e  per- 
fino le  stesse  guaine  dei  rami  nervosi  sino  alle  loro 
estremità. 

Quanto  sia  soggetto  il  cuore ,  viscere  muscolare  per 
eccellenza,  al  reumatismo,  tutti  i  patologi  lo  sanno  e  il 
provano  abbastanza  la  endocardite  e  la  pericardite,  affe- 
zioni tanto  comuni. 

Nò  altrimenti  devesi  ritenere  dei  reumatismi  ohe  as- 
salgono i  muscoli  intercostali^  si  diffondono  per  conti- 
guità 0  continuità  di  tessuto  alla  pleura  ed  ai  polmoni,, 
e  sono  poi  causa  di  gravi  malattie  e  successive  aftera- 
zioni  organiche  e  funzionali. 

Quanto  alle  malattie  cerebrali,  le  meningi,  membrane 
siero-fibrose,  sono  tessuti  che  il  reumatismo  sembra  pre- 
diligere. Lo  attestano  le  emicranie,  gli  stordimenti,  le 
vertigini ,  le  cefalee ,  malattie  che  seguono  facilmente  le 
mutazioni  deir  atmosfera ,  non,  che  la  remittenza  e  la 
intermittenza  loro^  segni  che  non  mancano  mai,  o  quasi 
mai,  nel  reumatismo  si  acuto  che  cronico. 

Quasi  tutte  le  malattie  febbrili,  hanno  serbato  in 
questa  costituzione  nel  loro  decorso  una  remittenza  che 
non  è  mancata  nelle  variate  forme  del  reumatismo.  Quanto 
alla  cura  di  queste  infermità  osservate  nel  loro  complesso, 
si  è  veduto  che  il  chinino  è  stato  il  rimedio  a,  cui  ebbe 
ricorso  la  maggior  parte  dei  pratici,  e  che  ha  superato 
in  virtù  gli  altri  rimedi. 

Oggi  giorno  però  devesi  lamentare,  che  troppo  facil- 
mente si  ricorra  al  chinino  da  taluni ,  anche  quando  ne  è 
incerta  la  indicazione ,  o  quando  con  altri  mezzi  di  mi- 
nor costo  per  il  povero,  è  dato  arrivare  agli  stessi  utili 
risultati.  Questa  troppa  confidenza  nel  chinino  sembra 
derivata  dall'incontrare  in  esso  quasi  mai,  o  ben  di  rado, 
una  azione  nocevole,  anche  quando  non  giova,  od  è  som- 
ministrato ad  abundantiam. 


895 

Io  pure  credo  alla  innocenza  del  chinino  in  dlcune 
malattie  flogistiche,  innocuità  che  sembra  derivare  dalla 
sua  azione  sedativa  specifica  sui  movimenti  vitali  mor- 
bosi, che  non  ha  dello  stimolo,  come  si  ammetteva  in 
passato.  Ad  ogni  modo  sé  non  giova,  non  nuoce  però,  a 
meno  che  non  si  voglia  lamentare  il  tempo  perduto  nel- 
r  amministrarlo  e  nell'  attenderne  gli  efifetti.  Un  tale  in- 
dugio potrebbe  permettere  alla  tìogosi  vera  di  erigersi  a 
maggior  grado,  senza  che  il  rimedio  vi  abbia  influito  per 
sé  stesso. 

Aggiungerò  un  altro  riflesso ,  che  non  merita  meno 
r  attenzione  del  patologo ,  ed  è  che  il  chinino  si  è  tro- 
vato utile  e  fors'  anche  indispensabile  in  quasi  tutte  le 
malattie  generate  dalle  tre  costituzioni  atmosferiche  so- 
pra descritte.  Il  che  porta,  a  considerare  cotesto  stato  del- 
r^tmosfera  poco  dissimile  da  quello  delle  maremme,  delle 
paludi,  delle  risaje,  e  di  tutti  i  luoghi  dove  hanno  origine 
le  febbri  intermittenti  e  miasmatiche.  Donde  nascerebbe 
la  illazione  che  le  narrate  peculiari  forme  morbose  sono 
il  prodotto  dei  frequenti  squilibri  di  temperatura,  conso- 
ciati allo  sviluppo  di  principj  deleterii  emanati  dalla  terra 
soverchiamente  impregnata  di  umidità. 

Rimane  per  ultimo  di  accennare  ad  una  febbre  reuma- 
tica insorta  nei  bambini  e  nei  fanciulli ,  ed  in  alcuni 
anche  con  straordinaria  imponenza  nella  scorsa  prima- 
vera 1867.  Decorrendo  a  parossismi  come  negli  adulti , 
in  alcuni  associavasi  all'angina,  alla  parotite.  I  piccoli 
pazienti  mostravano  una  deglutizione  assai  difficile,  por- 
tavano le  mani  alla  bocca ,  dirigendo  le  dita  verso  le 
fauci,  come  se  vi  trovassero  un  qualche  impedimento.  Al- 
tri dinotavano  congestione  cerebrale,  dalla  cefalea  fron- 
tale, dai  moti  del  cape ,  dal  calore  esagerato  alla  fronte 
ed  al  vertice,  dagli  occhi  suffusi,  o  dalla  sonnolenza;  vivi 
eran  pure  i  dolori  al  tronco  ed  alle  estremità. 

I  più  adulti  indicavano  con  maggior  chiarezza  la  sede 


394 

e  le  maniféstaùoni  del  male.  ^Aletmi  avetuio  una  tosse 
umida  e  catarrosa,  altri  secca  ed  irritativa,  più  iosisteate 
di  notte;  con  affanno  di  respiro,  sete,  anoressia,  lingua 
sordida,  cefalea,  polsi  duri  e  frequenti,  agitazione  gene-* 
rale.  La  febbre  investiva  sempre  con  calore  verso  il  po- 
meriggio, qualche  volta  nella  notte.  Ài  mattino,  o  più 
tardi ,  gli  infermi  erano  sollevati  alquanto ,  secondo  che 
la  febbre  invadeva  sul  vespro  o  di  notte.  Di  rado  man- 
cava la  verminazione^  facile  a  rimuoversi  cogli  antelmin- 
tici, e  specialmente  colla  santonina  data  alla  sera,  fattovi 
susseguire  un  purgante  al  mattino  successivo.  La  febbre 
sembrava  attenere  con  insistenza  alla  verminazione ,  e 
non  cedeva,  se  prima  non  si  era  rimossa  tale  complica- 
zione. Quando  mpstravasi  ribelle  anche  a  questo  genere 
di  cura,  era  d*uopo  dar  mano  al  salasso  od  al  sanguisu- 
gio ,  secondo  V  età  ;  al  chinino ,  se  più  manifeste  rende- 
vansi  la  remittenza  o  la  intermittenza. 

Nel  dar  compimento  a  questo  lavoro ,  prego  il  beni- 
gno Lettore  ad  iscasarmi  se  non  gli  sono  venuto  innanzi 
con  novità  peregrine  e  con  arditi  concetti.  Esponendo 
con  tutta  la  sincerità  delle  mie  convinzioni  il  poco  che 
ho  raccolto  nel  mio  lungo  esercizio  sul  tema  antichissimo, 
e  non  mai  esaurito ,  delle  costituzioni  morbose ,  ho  cre- 
duto di  giovare  alla  buona  pratica,  e  di  richiamare  l'at- 
tenzione dei  medici  sopra  un  argomento  che  non  merita 
di  esser  posto  in  non  c^le. 


895 

Opinioni  di  Illustri  Autori  «imnlerl    Intorno   al 
cholera  (t>« 

il- 

!.•  Eighth  Report  of  the  Medicai  Officer  of  the  Privy  Council, 
i865.  Blue  Book,  i866. 
Ottavo  Rapporto  ^dell'Autorità  medica  del  Consiglio  di  Gabi- 
netto, 1865. 
2.*  Report  of  the  Committee  on    Cholera ,    Royal    College  of 
Physicians  of  London.  Containing  Instructions  for  Captàins 
of  Merchant  Vessels.  London.  1866. 
Rapporto  del  Comitato  sul  cholera  del  Collegio  reale  di  Lon- 
dra; con  istruzioni  pei  capitani  di  navi  mercantili. 
3."  The  Antidotal    Treatment  of  the   Epidemie    Cholera;   by 
John  Parkin  ,  M.D. ,  late  Medicai  Inspector  for  Cholera  in 
the  West  Indies.  3rd  Edition.  London. 
La  cura  antidotale  del  cholera  epidemico  ;  per  J.  Parkin,  già 
medico  ispettore  del  cholera  nelle  Indie  orientali. 
4.®  The  Epidemie  JDiarrhcea  and  Cholera;  their  Nature,  and 
Treatment.    By  George   Johnson  ,  M.D.  Lond. ,  F.R.C.P. , 
London. 
Diarrea  epidemica  e  cholera;  loro  natura  e  cura.  Per  Giorgio 
Johnson. 
5."  On  the  Treatment  of  Asiatic   Cholera.  By  Archibald  Bil- 
LiNG,  M.D.,  A.M.,  F.R.S.,  New  Edition.  London,  1866. 
Sulla  cura  del  cholera  asiatico.  Per  Archibald  Billing. 
6.*  Remarks  on  the  Pathology  of  Cholera.  By  G.  H.  Barlow, 
M.D.,  Med.  Times  and  Gaz.  1866. 
Osservazioni  sulla  patologia  del  cholera.  Per  G.  H.  Barlow^ 
dalla  Med,  Times  and  Gazette. 
7.®  A  Visit  to  Amiena  to  see  the  Cholera.  By  R.  D.  Med.  Ti- 
mes and  Gazette.  1866. 


(1)  ff  Dalla  Briti3h  and  Foreign  Medico- Chirurgical  Re- 
view  »,  july  4867.  —  Il  !.•  articolo  sopra  lo  stesso  argomento, 
trovasi  inserito  nel  fase,  di  ott.  1866  degli  <  Ann.  Univ.  di 
Med.  ». 


396 

Una    visita  ad  Aroiens  per  osservarvi  il  cholera.  Per  R.  D. , 
dalla  Med.   Time$  and  Gazette. 
-8."  A  simple   Esplanation  of  Cholera ,   and  a  rational  Mode 
of  Treating  it.  By  Yod,  M.D.  London.  i866. 
Semplice  spiegasione  del  cholera  e  modo  rasi<male  di  curarlo. 
Per  YoD. 
9.^  Malaria,  the  Common  Canee  of  Cholera,  Intermittent  Fé- 
ver    and    ite    Alliee.    By    A.    T.    McGowan  ,     L.R.C.P.  , 
London. 
Malaria,  causa  comune  del  cholera,  della  febbre  intermittente 
ed  affini.  Per  A.  T.  McGowan. 
iO."  Clinical  Lecturea  and  Reports  hy  the  Medicai  and  Sur- 
gical  Staff  of  the  London  Hospital,  Voi.  IH.  i866.  London. 
Lezioni   cliniche  e  rapporti  del    personale    medico-chirurgico 
del  London  Hospital. 
11."  Scritti  varjdel:  Medicai  Times  and  Gaiette,  Lance t,  Me- 
dicai Press  cmd  Circulary  British  Medicai  Journal,  Glascow 
Medicai  Journal ,    Half-Yearly    Abstract  of  the    Medicai 
Sciences,  L* Union  Medicale,  Medicai  Record,  etc. 
12.^  Debate  in  the  Harveian    Medicai    Society  of  London  on 
Cholera,  etc.  1866. 
Discussione  che    ebbe  luogo  nell'Harveian  Società  medica   di 
Londra  sul  cholera. 
13.^  Microscopical  Researches  on  Cholera.  By  L.  S.  Beale,  M. 
B.,  F.R.S.,,  Med.  Times  and  Gaz.  1866. 
Ricerche  microscopiche  sul  cholera.  Per  L.  S.  Beale. 
14.*^  Reports  of  the  Registrar- General,  and  Letter  ofprofes» 
sor  Frankland. 
Rapporto  deirUfficio  statistico  e  Lettera  del  prof.  Frankland. 
15.*  Officiai  Memorandum  of  the  Medicai  Officer  of  the  Pri- 
vy   Council,  July,  1866. 
Mepaorandpm    officiale  dell'  Autorità  medica  del  Consiglio  di 
Gabinetto,  luglio,  1866. 
16.*  On  the  International  Sanitary  Conference,  and  the  Pre- 
servation  of  Europe    from  the  Cholera.    By  E.  Goqdeve  , 
M.  B.,  Surgeon-Major  Bengal   Army ,  etc.    A   Paper    read 
before  the  Epidemiologica!  Society.  1866. 
Sulla  conferenza  sanitaria  internazionale,  e  sul  preservamento 


397 

dell'Europa  dal  cbalera.  Per  E.  Goodeve,  obìrurgo  maggiore 
neir  Armata  del  Bengala.  Memoria  letta  alla  Società  epi- 
demiologica. 

17.^  Il  cholera   epidemico.    Per  M.    Bordier.    Arcb.   Génér.  de 
Medie.  1867. 
Idom.  Per  M.  J.  Besnibr.  ivi.  1866. 

18."  Memorie  di  Glaìsher  a  del  prof.    Rollestom    nel    Time$  , 
Spectatory  etc.  1866. 

19.*  Sanitary  Meoaures  and  their  Resulti.  By  Thos.  Shapter, 
M.D.,  F.R.C.P.,  etc.  1866.  3rd  Edit  Exeter. 
Misure  sanitarie  e  loro  risultati.  Per  T.  Shapter. 

20.®  Treatise  on  Asiaiic  Cholera.  By   John    C.  PetbR8,    M.D, 
New  York.  1866. 
Trattato  sul  cholera  asiatico.  P^r  J.  C.  Psters. 

21.®  Cholera    and  iis^  Treatment.    By   Wabben    Stone  ,    M.D. 
New  Orleans  Med.  and  Surgical  Journal.  1866. 
Il  chQlera  e  cura  di  esso.  Per  Warren  Stone  ^  dal  New  Or* 
leane  Med.  and  Surg.  Journ.  . 

^2.®  Statistical,  Sanitary,  and  Medicai  Reports,  Army  Medi- 
cai Department,  1866.  Blue  Book. 
Rapporti  statistici,  '  sanitarj  e  medici  del  Dipartimento  medico 
militare,  1866.  Dal  Blue  Book. 

23.®  Epidemie    Cholera  and  Epidemie   Biarrhcea:    can    theae 
Liseases  he  prevented?  By  W.  Camps^  M.  D.  London.  1866. 
Cholera   epidemico  e  diarrea    epidemica;    queste    malattie  si 
possono  prevenire?  Per  W.  Camps. 

24.®  A  Scientific  Inquiry  into  some  of  the  Causes  alleged  to 
produce  Asiatic  Cholera.  By  the  Rey.  Samuel  Hauqhton  , 
M.D. ,  F.R.S. ,  etc.  Med.  Timès  and  Gaz.  1867. 
Ricerca  scientifica  su  alcune  cause  che  si  ritengono  produt- 
trici del  cholera  asiatico.  Pel  Rey.  Samuel  Hauqhton.  Dal 
Med.   Times  and  Gazette. 

25."  Do  Smallpox  and  Cowpox    afford  qny    Protection    from 
Asiatic  Cholera?  By  A.  Blagklock,  Surg.-Major,  etc.  Lon- 
don. Lewis. 
Il  vajaolo  ed  11  vaccino  proteggono  dal  cholera  asiatico?  Per 
A.Blacklock,  Cfair.  Magg. 

26.®  Essay  on  the  Nature  and   Treatment  of  Cholera,  Fever, 


Md  G^l«  PUigué,  and  on  Public  Health.  Bf  D.r  Tucker. 
Dublia.  1865. 
Saggio  tttlU  natura  e  tulla  cura  del  cholera,  della  febbre  e 
(hib  peele  bovina,  e  sulla  salute  pubblica.  Del  dott.  Tuckbr. 
a?.*  Th0  ChoUra  Map  of  Ir  eland:  wiih  Obiervations.  By  Sir 
Dominio  Corrigan,  Bart.,  ete.  Dublin.  i866. 
OaHa  del  cholera  di  Irlanda ,  con  osservazioni.  Di  Sir  Dcw. 

CORRIQAM.  * 

M,*  On  Malignant  (Colera,  ete.  By  Edward  Crisp,  M.  D.  Lon- 
don. 1863. 
Su)  oholera  maligno,  eco.  Di  E;  Orisp. 
»,♦  Cheterà  :  ite  Seat ,  Nature ,  ete,  By  C.  Srrdipton  ,  M.  D. 
London,  i866.  ^ 

ChoUra;  sua  sede,  iiatnra,  ecc.  Di  C.  Srrimpton. 
SO,*  The   Arrest   and   Prevention  of  Cholera,  ete.   By  A.  E. 
Sansom,  M.  B.  Lond.  London.  1866. 
n  oholera  fermato  e  prevenuto,  ecc.  Di  A.  E.  Sansoh. 
ai,*  Diarrhcea  and  Cholera,  ete.  By  John  Chapman,  M.  D.,  ete. 
9nd  Bdit.  London.  1866, 
Diarrea  e  cholera,  ecc.  Di  J.  Chapiìan. 
89,*  Cholera;  a  New  Theory.  By  C.  Dudley  Kinssford,  M.  D. 
London.  1866. 
Nuova  teorìa  sol  cholera.  Di  C.  Dudlky  Kinosford.  r^ 

33,'  Heehanical  Treatment  of  Cholera.  By  a  Physician.   Lon- 
don, 1866. 
Cura  meccanica  del  cholera.  Di  un  modico. 
84.*  Notee  on  Cholera.  By  C.  Morehabd,  M,D.,  F.R.C.P.  ,  ete. 

Note  sul  cholera.  Di  C.  Morehaeb. 
85.*   Thoughi9  on  the  Preaent  Theories  of  the  Algide   Stage 
of  Cholera.  By  John  Cocklb,  M.D.,  ete.  London.  1866. 
Pensieri  sulle  attuali   teorie  del  periodo   algido  del  cholera. 

Di  J.   OOOKLE. 
Th9  Infiuenoe  of  the  Diaeharges  and  Nervou$  Shock  on  the 

àollap9e  of  Cholera.  By  the    same    Autbor.  «  Med.  Press 

and  Oircular  ».  1867. 
L*  influenia  delle  scariche  e  della  scossa  nervosa  sul  collasso 

del  oholera.    Dello   stesso    Autore.    Dalla    Med.  Press  and 

Ciré. 


39» 

36.®  Cholera:  its  Cati^se   and   Tnfallible    Cure,   etc,    By  /.  M. 
HoNiQBERàER.  Calcutta,  1861. 
Il  cholera;  causa  e  cura  infallibile  di  esso,  ecc.  Di  J.  M.  Oó- 

NIOtfEROCIU 


G, 


là  nello  scorso  anno  abbiamo  presentato  ai  nostri  .lettori 
alcuni  cenni  sulle  recenti  pubblicazioni  intorno  al  cholera;  qui 
ci  accingiamo  à  completare ,  1*  argomento ,  che  ora  acquistò 
maggior  importanza,  anche  pel  fatto  che  in  oggi  lo  si  considera 
non  solo  come  di  interesse  medico,  ma  anche  internazionale,  per 
non  dire  politico:- 

Dal  rapporto  or  ora  pubblicato  dalPuffìciale  medico  del  Pri- 
vy  Council,  citiamo  il  seguente  brano: 

e  L'infezione  cholerica  d'Egitto  nello  scorso  maggio,  al  ri- 
torno dei  pellegrini  musulmani  dalla  Mecca  doye  la  malattia 
era  epidemica,  il  conseguente  svilupparsi  della  stessa  infezione 
lungo  ciascuna  delle  linee  di  comunicazione  segnate  dai  battelli 
a  vapore  divergenti  da  Alessandria  qual-^centro,  ai  porti  mag- 
giori del  Levante  e  dell' Europa*  meridionale ,  e  dà  questi  nel- 
r  ihtemo  allo  stesso  modo ,  tutto  ciò  costituì  una  sequela  di 
eventi  di  sinistro  augurio  per  la  salute  pubblica  dell'  Inghil- 
terra. Al  presente  una  prima  onda  di  infezione  toccò  le  nostre 
spiagge ,  quantunque  per  fortuna  non  in  modo  da  metterci  in 
allarme.  Per  la  prima  volta  il  cholera  approdò  alla  costa  me- 
ridionale, non  come  le  altre  volte  nei  nostri  porti  verso  il  Bal- 
tico; bensì  a  Southampton,  il  porto  che  ha  traffico  più  diretto 
col  Mediterraneo  e  fors'anche  (per  quanto  possa  essere  per  via 
secondaria)  Weymouth,  Portland,  Dorchester. 

Non  tenterò  "di  dare  qui  gli  innumerevoli  e  spesso  intricati 
particolari  del  progresso  epidemico  ora  accennato  sommaria- 
mente ,  né  di  paragonare  l'andamento  presente  della  malattia 
coi  passi  che  segnò  nelle  visite  antecedenti.  Per  ordine  delle 
loro  Signorie  (  Lordshif  )  richiesi  al  sig.  Radcliffe ,  segretario 
onorario  della  Società  Epidemiologica,  un  rapporto  speciale  su 
questo  argomento,  ponendo  nelle  sue  mani  l'abbondante  mate- 
riale fornito  alle  loro  Signorie  dal  Ministero  degli  Esteri.  L'ela- 
borato rapporto  consegnatomi  da  poco  e  eh'  io  metto  per  esteso 


400 

nell'Appendice,  espone  tutte  le  informazioni  che  si  ottennero  fi- 
nora sul  progresso  epidemico ,  paragona  la  presente  invasione 
colle  antecedenti,  e  ci  dà  qualche  interessante  nozione  supple- 
mentaria  sni  pellegrinaggi  maomettani ,  relativamente  al  nostro 
argomento.  Vedi  l'Appendice  N.®  13. 

Questi  sono  i  punti  salienti  della  poca  parte  eh'  ebbe  finora 
l'Inghilterra  nell'epidemia.  Si  osservò  a  Southampton  il  10  lu- 
glio, poi  ad  intervalli  in  soggetti  sospetti  provenienti  da  Ales- 
sandria, da  Malta,  da  Gibilterra.  Alla  metà  di  agosto,  una  gio- 
vane in  città  ebbe  un  accesso  cbolerico  di  dubbia  natura;  il 
22  settembre  si  osservò  in  un  opera jo  il  vero  cholera  asiatico, 
pel  quale  mori  ;  da  allora  per  circa  sei  settimane ,  si  osserva- 
rono casi  di  cholera  in  piccol  numero  dentro  e  intorno  a 
Southampton,  in  modo  che  al  4  novembre,  epoca  in  cui  si  ri- 
tenne cessata  l'epidemia',  si  avevano  avuti  in.  tutto  60  casi,  con 
35  morti.  È  dubbio  se  il  morbo  abbia  raggiunto  Weymouth  o 
Portland,  o  Dorchester,  in  agosto  o  settembre ,  procedendo  da 
Southampton  o  da  altra  via  più  diretta.  Non  mi  consta  che 
siasi  determinata  tale  infezione;  so  però  che  un  signore,  dimo- 
ratosi una  settimana  sni  principio  di  agosto  a  Weymouth  e  di 
là  visitando  Portland  e  Dorchester ,  contrasse  in  questa  setti- 
mana una  diarrea,  la  quale,  ritornato  a  casa,  sviluppossi  in  cho- 
lera grave.  Nel  settembre  si  osservarono  nei  dintorni  di  Lon- 
dra questi  fatti  di  speciale  interesse  in  questione.  Mr  G.  e  sua 
moglie  abitanti  a  Theydon-Bois  presso  Epping ,  dimorarono  a 
Weymouth  1 7  giorni  dall'  8  settembre ,    visitarono  Portland  il 

22  e  Dorchest^er  il  23,  e  ritornarono  a  casa  il  25.  Alla  sera  del 

23  il  sig,  G.  ebbe  diarrea,  nausea  e  crampi,  che  continuarono 
più  0  meno  il  giorno  appresso ,  perdurando  il  malessere  fino 
alia  mattina  del  25.  Egli  però  ritornò  ad  Epping  egualmente 
colla  moglie.  Durante  il  viaggio  anche  essa  ebbe  qualche  di- 
sordine addominale,  che  al  ritorno  in  casa  si  sviluppò  a  poco  a 
poco  in  diarrea  fino  al  cholera ,  pel  quale  (durante  la  febbre 
secondaria)  mori  Vìi  ottobre.  Il  30  settembre,  mentre  la  ma- 
lata era  ancora  in  collasso,  una  figlia  di  essa,  di  8  anni,  ebbe 
cholera  e  mori  in  poche  ore.  Nella  stessa  notte  un  servo  di 
casa  ebbe  cholera  e  potè  appena  salvarsi.  Il  2  ottobre  mori  di 
cholera  il  medico  che  li  aveva  curati,  dopo  10  ore  di  malattia. 


401 

Il  3  ottobre  s'ammalò  di  choiera  an'aitra  figlia  di  16  anni,  ohe 
guari,  dopo  una  febbre  consecutiva.  Il  5  una  servente  si  am^ 
malo  di  diarrea,  stette  un  pò  meglio,  poi  ammalò  e  divenne  eho- 
lerosa  l'  8  ;  dopo  qualche  speranza  di  guarigione  ,  cadde    nella 
febbre    secondaria  e  morì.    Il  5  un  operajo    che    lavorava    sui 
fondi,  ma  che  viveva  a  parte,  ebbe  diarrea  seguita  da  choiera 
e  collasso,  e  morì  il  giorno  dopo.  Il  6,  il  capo  di  casa,  Mr.  G. 
che  si  era  ammalato  a  Weymouth,  e  che  d'allora  aveva,  sem- 
pre avuto    movimento  di  corpo ,    ricadde  in  un  nuovo    accesso 
acuto  e  mori  dopo    quindiòi  ore.  Lo  stesso  giorno  suo  figliò  si 
ammalò  di  diarrea,  il  giorno  dopo  era  in  collasso,  ma  si  riebbe 
e  alla  fine  guari.  Il  6  la  nonna  della  casa  ammalò  nello  stesso 
modo,  e,  quantunque  riavutasi  dal  collasso,  morì  il  14.  Il  18, 
un  a  donna  che  abitava  vicino,^  il  cui  solo  rapporto  coi  casi  an« 
tecedenti  era  stato    quello  di  assistere  al  seppellimento  del  la- 
vorante, s'  ebbe  diarrea  cholerìca,  poi  collasso  e  il  giorno  dopo 
mori.  Così  in  una  quindicina,  in  si  breve  circolo,  undici  per- 
sone ebbero  choiera  — ^^ madre,'  padre,'  nonna,  due  figlie;  il  figlio, 
il  medico,  un  servo,  una  servente,  un  lavorante,  una  contadi- 
na; e  non  ne  sopravvissero  che  tre,  il  figlio,  una  figlia  e  il  ser- 
vo. Più  tardi  si  verificò  un    altro    caso    fatale    nella    famiglia 
della    contadina.  È  certo  che  la  causa  '  determinante  di  questa 
serie  di  fatti  fu,  in  un  modo  o  neir  altro,  il  ritorno  dei  geni- 
tori da  Weymouth,  il  padre  con  qualche  diarrea  cholerica  an- 
cora in  corso,  la  madre  cui  principio  della  stessa  malattia.  Ciò 
non  è  che  una  parte  di  codesta    storia ,  il  resto  ci  è  di  grave 
lezione.  Tutta  l'acqua  potabile  della  casa  proveniva  da  un  poz- 
zo praticato  sotto  al  pavimento  del  lavatojo  ;   in  questo  pozzo 
era  abituale  Tinfiltramento  dal  cesso. 

Non  si  sa  ancora  ,  in  patologia  intima  ,  se  vi  siano  diffe- 
renze essenziali  tra  il  choiera  che  uccide  su  lar^^  scala  e  il 
choiera  che  uccide  singoli  individui,  cosicché  diventa  inutile  il 
discutere,  in  questione  separata,  se  la  malattìa  di  G.  contratta 
a  Weymouth  e  trasportata  ad  Epping  fosse,  choiera  epidemico, 
sporadico ,  asiàtico  od  inglese ,  e  come  dissi  sopra  ,  non  posso 
provare  che  questo  sia  pervenuto  dall'epidemia  di  Southampton 
0  sia  di  origine  mediterranea.  Certo  è  che  da  quando  i  signori 
G.  ritornarono  a  casa  in  malessere ,   le  secrezioni  corporali  di 

Annali.  VoL  CCJ.  26 


402 

ossi  inquinarona  parileolarntenU  Tae^ua  di  casa  già  altriraeQtì 
Garrotta  »  in  modo  che  ogni  individuo  cho  beveva  queir  aequa , 
beveva  acqua  che  conteneva  in  so  il  fermento  di  materie  diar- 
roiche in  decompoBizione» 

Oltre  a  queste  manifestazioni,  d'altronde  poco  considerevoli, 
di  cholera  epidemico  rn  Inghilterra,  colla  direzione  dei  Signori 
del  Consiglio  (  Lords  of  the  Council  ),'  si  rilevarono  le  seguenti 
notizie  : 

Coir  assistenza  del  Dr.  Parkes ,  Professore  di  igiene  mili- 
tare al  Netley  Hospital ,  potei  esservare  il  progredire  dell*  epi- 
demia a  Southampton  ,  indirizzando  alle  autorità  locdli  le  do* 
mande  -necessarie.  -Tosto  che  arrivò  la  notizia  dello  spiacevole 
caso  di  Theydon-Bois ,  incaricai  il  sig.  Radcliffe  di  investigare 
i  fatti,  e  dare  quei  provvedimenti  eh'  egli  credesse  del  caso.  Il 
Prof.  Parkes  ricercò  diligentemente  tutte  le  circostanze  colle- 
gate col  cominciare  dell*  epidemia  in  Southampton,  non  che 
''  le  relazioni  tra  1*  una  causa  e  1'  altra  ;  unisco  nell*  Appendice 
N.®  14  il  suo  rapporto  per  esteso,  non  solo  per. le  informa- 
zipni  positive  che  vi  si  contengono,  ma  anche  per  utile  illustra- 
sione  deli*  estrema  difficoltà  che  e*  è  sempre  in  tali  cose^  a  pro- 
vare o  non  provare  relazioni  contagionali.  Del  rapporto  del 
sig.  Radcliffd,  metto  nell'Appendice  (N.^  15)  la  sezione  che  de- 
scrive dettagliatamente  le  circostanze  dell'acqua  infetta.  E  qui 
termina,  pel  1865^  la  storia  del  cholera  in  Inghilterra.,  Quali 
possano  essere  i  fatti  del  1866,  o  quale  sarà  la  parte  dell'  In- 
gjiilterra  nella  presente  diffusione  pandemica  del  morbo ,  sono 
questioni  sulle  quali  non  si  hanno  ancora  materiali  per  un 
criterio  esatto;  ad  ogni  modo  le  speranze  prevalgano  sulle  pre- 
dizioni ». 

Questo  interessante  estratto  non  è  che  una  piccola  parte 
dell'  importantissimo  materiale  raccolto  nel  rapporto.  Nel  rapr 
porto  del  sig.  Simon,  si  parla  a  lungo  del  cambiamento  di  strada 
del  progredire  del  morbo  nello  scorso  anno ,  cui  noi  facemmo 
allusione  nel  precedente  numero  della  <  British  and  Foreign  Me- 
dico-chirurgical  RevitìW  B  ,  e  dell'  aumentata  rapidità  per  la 
quale  le  moderne  linee  dei  battelli  a  vapore  facilitano  il  mi- 
grare del  cholera.  A  pag»  369  di  quel  rapporto  troviamo  il  se- 
guente brano  :      .  - 


4(» 

.  «  Kdl  chi«d#re  qoMto  whffoHó^  ibi  si'  {^eflBefta  di  aggian^ 
gere,  che  la  malattia  nel  decorso  e  nei  sintomi  non  dilferisoè 
ojra  in  iMaftUn  |»artiooUrtt  esstnziaie  éàUe  i»[lidemie  precèdenti  : 
forse  non  si  sviluppò  si  largamente  fra  le  popodasioni  ehe  ne 
erano  già  state  visitate  ;  ma  gli  esiti,  a  morbo  pienatnente  svi- 
luppato^, furono  altrettanto  fatali^  il.  decorso  altrettanto  rapido, 
quanto  nelle  precedenti  epidemie  >. 

La  malattia  non  erasi  sviluppata  nel  Regno    Unito  quando 
si  pubblicò  il  rapporto  del  sig.  Simon.  -       • 

t    <  La  proporaioné  delle  morti  ai  casi  di  ehòlera  durante  la 
presente  epidemiin  fu  la  seguente  :  ' 

Brahilov    .    .    .    ...    •    •    .     .    47.0  per  cento 

Odessa  .    ^ ,     .     •     50.4        » 

.     Malta 60.3        » 

Gibilterra       .........     54.0        i 

Parigi .( ospedali )   •    v    •    •    .    .    •    51.6        ». 
Ancona  (  città  e  dinj^omi  )   .     •    .     .     57.1         » 
Inghilterra,  1853-54. 
Massima  e  minima  .    .    •    41.0  «-^  5i.O        > 

Media 45.2  > 

India  settentrionale,  1861. 
Truppe  europee  '.     •    .     .     63.8  > 

Simoti  osset*vò  che  la  diarrea  caratterizza  ancora  il  principio 
della  malattia  nella  maggior  parte  dei  casi,  e  mostra  la  grande 
importanza  di  riconoscere  e  curare  subito  questo  èomuiiisìBimò 
sintomo  prodrono^^co. 

e  La  grande  verità  che  insegnarono  le  epidemie  del  i 847-48 j 
e  1858*54,  ci  viene  ripetuta  ancora  dall'epidemia,  presente, 
cioè:  che  U  trattamento. del  ùholera  riesce  tanto  più,  quanto 
mctggiormente  vien  diretto  ai  èintomi  'prodromici  e  partiùO'^ 
larmente  alla  diarrea  prodromica  (  o  premonitoria  come  si 
dice  comunemente),  .' 

Le  misure  tanto  pubbliche  che  private ,  ohe  si  richieggono 
per  scongiurare  la  minacoia  o  mitigare  la  presenza  di  una  epi- 
demia  di  cholera,  sono  tra  i  più  certi,  e  definiti  'mez^i  che  ci 
insegna  Iq  medicina.  Possiamo  confidare  in  essi,  come  ci  dimo* 
strarono  completamepte  le  iepidemie.  1846-40,'  1853-1855  ». 
Codesti  mezzi  igienici  od  altro,  si  trovano  lafgslmente  eftpo- 


404      . 

sii  nei  rapporti  «fUeiali  mi  cboUra  ora  aitati ,  e  nei  libri  me- 
diei  di  testo. 

Nell'appendice  del  rapporto  troyati  nna  itoria  importante , 
aatentiea,  del  trasporto  maomettano  del  morbo  per  mesao  dei 
pellegrini  Javanesi  alla  Mecca  per  la  via  di  Yemen ,  Gonfandi 
e  Sait;  il  lettore  vi  troverà  molti  fatti  importanti  ed  interes* 
santi,  e  cenni  particolareggiati  del  morbo  in  Sontbampton, 
Epping^  eoe. ,  nello  scorso  autunno. 

In  Liverpool  e  in  molti  altri  siti  dove  n  manifestò  il  morbo, 
si  organissarono  lodevoli  sistemi  di  soccorsi  medici  ;  invece  in 
una  0  due  località  si  verificò  molta  lentezza  nei  provvedimenti, 
e  una  malintesa  economia  ft  danno  della  salute  pubblica. 

Prima  di  chiudere. l'argomento  della  profilassi,  vogliamo 
accennare  ancora  il  gran  vantaggio  che  deriva  dall' evitare 
qualunque  delle  note  cause  predisponenti  alla  malattia  :  disor- 
dini 4ì  regiine,  di  vita,  dì  dieta,  ecc.  ;  condizioni  errato  di  nu- 
trimenti, di  aria,  d*  acqua,  di  lavoro ,  di  abiti  ;  di  pulizia  ;  più 
r  influenza  delle  località  paludose  ,  mal  ventilate ,  ristrette ,  le 
esalazioni  delle  fangose  rive  di  fiumi  i  eanali ,  ecc. ,  nell'  ali- 
mentare il  morbo  in  Europa  come  nei  climi  più  caldi. 

Il  Dr.  Billing  considera  il  cholera*  còme  una- specie  dì  feb- 
bre ;  è  favorevole  all'  uso  del  tartaro  enietico  e  del  solfato  di 
magnesia  a  dosi  convenienti  ;  evita  il  calore  esterno  e  i  fo- 
menti caldi,  eco.  ;  invece  il  calomelano  alla  dose  di  cinque  granì, 
il  chinino,  dieta  sci^rsa  nutriente,  frizioni  secche ,  eco.  Questo 
autore  discorda,  a  quanto  pare  con  ragione,  d^  alcuni  precetti 
emanati  dal  Board  of  Health  del  1848;  egli  dice  che  la  proi- 
bizione di  frutti  e  vegetali  anche  maturi  e  cotti  fatta  dtfl  Board 
ò  sbagliata ,  poiché  questi  utili  articoli  di  dieta  «  buoni  vege- 
tali e  frutti  maturi,  mantenendo  in  condizioni  sane  e  sangue  e 
secrezioni,^  ajutano  a  resistere  contro  una  influenza  epidemica  i(. 

Il  Dr.  J.  Parkin  propone  1'  uso  interno  del  carbonio ,  o  in 
forma  semplice  o  come  addo  carbonico  ;  egli  lo  ritiene  quale 
specifico,  caratterizzando  il  suo  sistema  di  cura  di  :  cura  anti- 
dotalé  del  eholera  epidemico.  Un  anonimo  invece  propone  l'  uso 
interno  dell'  acqua  come  sola  cura ,  e  ritiene  che  il  carbonio 
neir  organismo  sia  la  causa  della  malattia. 

Il    Dr.    Galvey   di    toulon    (L'Union    medicale    28    luglio 


40§ 

Ì866)y  risene  €;ontagio$o  il  cholera,  soatienè  lo  quarautene  ma- 
rittime, essendo  meglio  jchiudere  una  porta  ali*  avvicinarsi,  .d^l 
nemico,  poiché  s*  «sao  ci  viene  da  terra  non  possiamo  far  nulla^ 

Le  fatte  ricerche  oonvalidano  l'opinione  che  T  acqua  (i)  for- 
nita alla  parte  orientale  di  Londra  ^ia  stata  un  agente  mate- 
riale del  cholera  colà  sviluppatosi  (  Medicai  Times,  aifcd  ga- 
llette >  aett.  8  ,  1866  ). 

MacGowan  e  Fergus  condannano  i  purgativi.  Il  primo  so- 
stiene gli  emetici  stimolanti,  il  chinino  endermicamente,  il  sale 
internamente,  ecc. 

La  risposta  del  Cholera  Committee  del  London  College  of 
Physicians  ai  Lprds  deLPrivy  Couneil,  per  guida  dei  capitani 
di  vascelli  mercantili  (  quando  manchi  il  personale  medico^)  nel 
caso  di  cholera  sviluppatosi  a  bordo ,  raccomanda  1'  uso  dei 
e  blandi  aperienti,  come  1'  olio  di  ricino  o  il  rabarbaro  ;  il  sai 
di  Glauber  e  il  sai  d*£psom  sono  pericolosi;  %  erronea  la  cre- 
denza comune  che  non  si  debba  alterare  la  prolungata  costipa- 
zione quando  domina  il  cholera  >.  Sia  cura  del  capitano  di  ye- 
ri^care  il  primo  periodo  (diarrea)  del  morbo,  e  nel  caso  si 
ponga  a^  letto  il  malato ,  lo  si  tenga  caldo,  e  gli  si  somministri 
una  mistura  di  acqua  con  poca  menta  piperita  o  acquavite  ed 
acqua  con  xlieci  grani  ,di  polvere  aromatica  di  carbonato  di 
calce  ed  oppio,  o,  in  mancanza  di  questa,  cinque  gocce  di  lau- 
dano. ,  '  ^ 

Si  eviteranno  le  larghe  dosi  di  oppio  e  gli  spiriti  forti.  Se 
la  diarrea  proviene  da  cibi. grami  od  indigesti,  si  dia  una  dose 
di  uno  dei  blandi  lassativi  indicati.  La  dieta  limitata  al  brodo, 
polenta  o  riso.  Se  le  materie  diarroiche  rassomigliano  alla  de- 
cozione di  riso,  accompagnate  da  vomito  e  da  freddo ,  si  so- 
spendano gli  oppiati  ed  i  liquori  spiritosi  ;  acqua  ed  aria  fresca, 
ealdo  ai  piedi  ed  alle  gambe,  senapismi  allo  stomaco,  ecc^ 


(1)  Erasi  già  stampato,  questo  parafì^rafo  allorché  la  dili- 
gente considerazione  dei  fatti  osservati  nel!'  epidemia  di  Lon- 
dra orientale,  riesci  alla  conclusione  che  e'  era  un  qualche  cosa 
di  contradditorio  riguardo  all'  influenza  dell*  acqua  potabile  sul- 
r  eziologia  del  cholera  ,  come  si  dimostra  nei  Rapporti  del 
London  Hospital,  1866. 


406 

>  Nm  è  necessario  di  rip«rtàrt  qui  pi«  »  luago  le  altre  gki- 
disiose  istraeioai  coateoote  nelle. repliche  del  Genìtato  del  Col- 
lei^  of  PhyBiotans.  Ripetiamo  solo  di  cercare  r-assitstensa  me- 
dica appepa  si  può,  palisia,  ventiiaaione,  disinfezione,  dietrug- 
^re  ogni  materia  emessa,  aver  cara  delPacqua  potabile,  ecc. 

Nell'Ac<!e4emia  di  medicina  Belga,  il  Dr.  Segherà  disse 
(maggio  4866),  che  siccome,  non  poche  erano  state  le  vittime 
del  eholera  nell'Olanda  e  nella  Prnssia,  TAccademia  doveva, 
sena»  ritardo ,  emanare  le  necessarie  e  convenienti  misure  pél 
caso  che  il  morbo  si  manifestasse  nel  Belgio.  Ripetè  quanto 
impegna  da  lungo  tempo  T  esperienza  circa  il  vantaggio  di  se- 
parare gli  ammalati,  circa  le  misure  igieniche  memo  in  vigore 
prima  e  dopo  il  principiare  del  morbo,  Citò  l'esempio  di  Saint^ 
Nicdlas,  dove  per  olt^e  trentanni,  in  nna  epidemia  di  febbre 

r 

'tifòide ,  e  poi  in  due  di  cholera  ,  se'  he  erano  ottenuti  grandi 
vantàggi  ;  perchè  in  oltre  25,000  abitanti,  dei  ^i^ali  da  10  a 
12,000  erano  poveri  ed  operaj, -si  erano  appéna -verificati  trenta 
casi  dr  cholera  j  quantunque  vi  fossero  nella  città  molte  strade 
e  ftiolte  abitazioni  malsane;  Dimostra  validamente  la  grande 
importanza  del  sistema  di  ricoverare  la  persone  provenienti  da 
località  infette  in  appesiti  locali  isolati,  per  alcuni  giorni. 

Molti  dèi  nostri  contemporanei  eòstennero  già  la  necessità 
grande  di  misure  come  quelle  esposte  dal'  Dr.  ^eghers.  Que- 
8t'  ultimo,  dice  che  devesi  appunto  a  consimili  misure  adottate 
dal-  Ministero  dell*  interno  Belga,  se 'la  pèste  bovina  siasi  ar- 
restata  sui  principio  e  poi  ad  ogni  ricomparsa ,' mentre  in  In- 
ghilterra e  in  Olanda  la  tardanza  di  tali  misure  fu  causa  di 
danni  deplorabili.  Dobbiamo  amméttere  con  questo  autore,  che 
nòli  poco  danno  deHvè  dalla  mancanza  di  accordo  tra  i  medici 
Delle  questioni  di  contagio  ,  ecc.  Egli  insistè  sulla  contagiosità 
della  malattia ,  trovando  il  peso  dell'  evidenza  in  favore  di  co- 
desta opinione.  Le  sue  idee  collimano  con  quelle  già  emesse 
anni  sono  da  Graves ,  da  Alison ,  ed  altri  nostri  connazionali, 
cioè,  che  vi  sia*  dapprima  un  centro  di  malattia  stabilito  in  un 
sito  qualunque,  e  dt  là  la  malattia,  od  epidemica  od  epizootica, 
si  distende;  non  si  può  operare  una  diminuzione  di  malati  o 
di  vittime; che  dai  meszi  igie^ioi.  Raccomanda  1'  uso  dei  tonici 
e  degli  aromatici ,  in    piccola  quantità  di  gin  ,  e  prese  presto , 


407 

osservando  che  ciò  è  utilissimo  anche  nelle  febbri  intermittenti 
sì  frecfuehtl  presso  Anversa^,  ecc.  ;  in  breve ,  questo  autore  rit 
pete  le  abitudini  e  la  pratica  dei  medici  inglesi  nelle  Indie  oc- 
cidentali ed  orientali,  in  Africa,  ecc.  • 

EgJi  combatte  T opinione  emessa  da  Meyne  nella  Topogra- 
phie  Medicale  de  la  Belgique ,  che  vi  sia  un  antagonismo  tra 
eholera  e  febbri  intermittenti  ;  afferma  che  1*  esperienza  Inngo 
i  banchi  dello  Scheldt  e  in  altre  località  paludose,  dimostra  la 
coesistenza  di  eholera  e  di  febbri  intermittenti  ;  crede  che.  vi 
sia  una  specie  di  identità  tra  il  eholera ,  la  febbre  gialla  e  la 
febbre  intermittente  perniciosa;  visto  la  loro  natuia,  la  lord 
origine-  e  la  sede  loro  ;  sono  prodotte  4alle  stesse  cause  ,  cioè 
da  miasmi  ^contagiosi  provenienti  da  materie  vegetali  ed  ani- 
mali in  putrefazione  ;  neir  interno  dei  paesi  ove  il  suolo  neh  è 
paludoso  la  malattia  non. esiste,  e  dappertutto  dove  si  è  tras- 
formato il  terreno  la  malattia  non  ricoinparve.  È  dunque  il 
clima  e  la  costituzione  atmosferica  ch<»  imprimono  a  qneste 
malattie  il  loro  carattere  specifico,  poiché  1  prodromi  presentano 
a  un  dipresso  gli  stessi  fenomeni  morbosi  ;  dunque  il  cholet'a 
è  una  specie  ^i  febbre  perniciosa  e  contagiosa.  ^ 

Whitly  Stok^es  opina*  che  parecchie  malattie  dei  olimi  tro- 
picali hanno  molti  tratti  caratteristici  in'  comune  con  quelle 
delle  nostre  latitudini.  Macartney  ritiene  che  il  eholera  sia  una 
forma  di  febbre  col  periodo  di  freddo  prolungato  ;flartley  Ken- 
nedy ha  idee  consimili;  Baly ,  Smith,  G.  F.  Moore  e  Byrne 
tutti  notano  qualità  e^  tendenze  comuni  alle,  febbri  ed  al.  eho- 
lera. Munro  descrive  gì}  accantonamenti  di  Peshawur  come  lo- 
calità appropriate  per  ingenerare  la  febbre  in,termittente  :  la 
febbre  da  malaria  e  il  eholera  incominciarono  dapprima  nei 
quartieri  degli  uomini. 

Ma  il  terreno  paludoso  ,  le  spiagge  dei  porti  assai  popolati, 
e  le  rive  dei  fiumi ,  non  sono  i  soli  luoghi  dove  si  generino 
facilmente  febbre  e  eholera  ;  le  sostanze  animali  e  vegetiili  in 
decomposizioni,  il  contenuto  delle  fogne,  ecc.,  sono  per  sé  stessi 
più  che  sufficienti  a  favorire  ed  anche  a  produrre  febbre  e  eho- 
lera. Troviamo  una  conferma  di.  questo  in  un  rapporto  pub- 
blicato alcuni  anni  sono,,  su  una  irruzione  di  eholera  nel  1853 
sviluppatosi  in  prossimità  di  un  deposito  di  spazzature  in  Du- 


408 

t 

blino  ;  sappiamo  di  un  altro  fatto  di  febbre  fatale  a  due  su 
quattro  casi  in  una  famiglia,  in  prossimità  di  nq  simile  depo- 
sito in  un'  altra  parte  di  Dublino,  come  pure  di  un  gran,  numero 
di  altri  casi  di  febbre,  ed  alcuni  or  non  è  molto  di  diarrea,  cram- 
pi, ecc.  A  maggior  conferma  di  queste  osservazioni  del  Dr.  Segber, 
citiamo  l'autorità  di  Pettenkofer,  Budd  ed  altri,  come  pure  il 
punto .  stabilito  or  non  è  molto  (  British  Medicai  Journal  lu- 
glio 7,  18C6  )  nella  Camera  dei  Comuni ,  che  il  typhus  fever 
prevalse  sempre  in  prossimità  di  un  deposito  di  spazzature  in 
Liverpool ,  contemporaneamente  all'  esistenza  ài  cbolera  in  un' 
altra  parte  del  porto. 

Nella  Medicai  Times  and  Gazette  si  pubblicò  un  rapporto  su 
Amiens,cbe  presenta  certo  una  grave  lezione  di  causa  éd^effetto  per 
le  trascurate  condizioni  sanitarie  della  città,  dove  il  cbolera  fu  as- 
sai fatale.  Circa  otto  noni  della  mortalità  colpi  le  classi  infime  che 
vivono  in  condizioni  così  espresse  nel  rapporto:  —  Amiens  è  pres- 
soché a£follata  da  una  popolazione  povera  di  operaj,  fabbricata 
in  una  vaile  piatta  ò  paludosa  dove  la  Somme  si  suddivide  in 
numerosi  rami  o  rivièr'ea  che  circondano  delle  isole  calcaree.  Case 
vecchie,  umide,  cadenti,  sovrastanti  alle  acque,  paludi,  nessun  in- 
canalamento di  acque;  numerosi  stagni  guastano  il  suolo  da  ge- 
nerazioni, ogni  immondizie  va  nel  fiume,  latrine  sporche,  avanzi 
vegetiill  che  marciscono  al  sole.  Le  classi  inferiori,  miserabili, 
mal  nutrite ,  sporche  all'  estremo.  Anche  la  miseria  nel  riscal- 
damento è  capsa  di  grave  danno,  poiché  si  usano  stufe  invece 
di  foeplaj  aperti;  quindi  il  povero  vive  in  un'atmosfera  rilas- 
sante, soffocante,  e  vi  vive  affocato.  Quantunque  l'acqua  fornita 
agli  abitanti  sia  buonissima,  molti  usano  indiiferentemente  l'ac- 
qua della  Somme,  che  contiene  le  colature  per  io  meno  dalla 
cucina  e  dalla  pulizia.  Questa  popolazione  vive  inoltre  in  mez- 
zo alle  esalazioni  del  fiume,  onde  è  chiaro  che  il  cbolera  trovò 
ad  Amiens  le  antiche  abitudini ,  le  antiche  vittime,  abitazioni 
basse.,  sporche  ,  sulle  rive  di  acque  contaminate  dalle  cloache, 
abitate  da  una  popolazione  mal  nutrita,  sucida  ,  mal  aereata  , 
impoverita  d'organismo.  Senza  dubbio  il  cholera  fu  portato  ad 
Amiens  in  autunno  ,  e  da  allora  il  veleno  andò  serpeggiando 
nel  limaccioso   sedimento  delle  rioières, 

<  Fin  là  (osserva  il  corrispondente  della  Medicai  Tin^es  ano 


409 

Gazette  )  possiamo  dipingerci  il  cholera  algido,  che  esiste  as- 
solutamente come  malattia  inizialo,  non  dipendeteti  da  verano 
tangibile  disordine  antecedente  di  intestini  e  d'altro,  e  che  passa 
ili  uno  stato  rassomigliante  a  febbre  tifosa  (o  paludosa),  carat- 
teristici della  quale  sono:  freddo,  debolézza,  secrezioni  soppresse, 
disturbi  cerebrali.  Evidentemente  però  c'era  un'altra  condizione, 
la. presenza  della  quale  conduceva  al  cholera  algido,  raggiun- 
gendolo per  gradi  insensibili  senza  interruzioni,  e  qùeata  con- 
dÌEÌone  era  la  diarrea  >. 

I  casi  segnati  da  diarrea  prodomlca  senza  dolori,  lingua  netta, 
debolezza ,  nessuna  cefalea,  si  consideravano  ad  Amiens  conve- 
nienti per  una  cura  oppiata  astringente.  D'altra  parte  i  casi  pre- 
eedtrti  da 

e  Embarras  gaatrique,  che  intenderemo  per  disordine  di  sto- 
maco e  di  fegato,  lingua  sporca,  grossa,  edematosa,  coU'impronta 
dei  denti,  mancanza  di  appetito,  nausea,  eruttazioni,  cefalea 
frontale^  possono  trapassare  in  cholera  sènza  diarrea ,  ma  con 
costipazione.  Sono  questi  i  casi  nei  quali  gli  inglesi  incomib- 
eierebbero  probabilmente  con  una  dose  di  calomelano  ». 

Ciò  conferma  l'opinione  di  coloro  che  credono  che  il  cholera, 
come  la  febbre  colla  quale  certamente  ha  molti  tratti  di  rasso- 
miglianza, richieda  una  cura  a  seconda  di  ciascun  caso  ^  delle 
circostanze ,  della  località ,  ecc. ,  nelle  quali  nacque. 

La  suette,  un  prodromo,  o  coincidente,  o  complicazione  di 
cholera  osservato  lo  scorso  anno  ad  Amiens ,  è  cosi  descritto  : 
e  Debolezza ,  emharras  gaatrique ,  lingua  spòrca ,  e  traspira- 
zioni fredde,  copiose,  periodiche  ». 

<  La  suette  è  il  vero  quantunque  degenerato  discendente 
dell'  antico  sweating  sickness  (  sudor  anglicanus  ) ,  e  come  il 
cholera,  segue  le  stesse  abitudini ,  e  distrugge  le .  stesse  vittime. 
Tre  quarti  de'suoi  sintomi  seno  di  emhari^as^gastriqiiey  con  osti- 
nata costipazione  —  cioè  imbarazzo  del  canale  alimentare,  la 
cui  membrana  epiteliarer,  sotto  l'influenza  palustre'  e  limacciosa 
e  quella  della  miseria,  cresce  fuor  del  naturale,  e'(coiripotesi  di 
un  veleno  cholerico)  può  essere  il  nidua  e  il  punto  di  partenza 
di  un  vero  cholera.  Certo  che  uno  sguardo  alia  suette  fornisce 
viste  più  larghe  e  più  vere  sulla  natura  e  sulle  relazioni  del 
eholei:*a  ». 


410 

Evitando  la  dibattuta  questione  della  cara  della  diarrea  du-» 
rante  un'  invaaione  di  cholera ,  il  Dr.  Barlow  indica  V  asione 
dell*  acqua  quale  veicolo  per  rimuovere  le  corrotte  sostanze  del 
sangue  dair  organismo ,  abilmente  dimostrando  gli  effetti  in 
diversi  organi  dei  cambiamenti ,  che  più  o  meno  arrestano  il 
processo  depurativo  che  si  effettua  nello  stato  normale  dell'or- 
ganismo. Prima,  dimostra  il  grado  di  somiglìansa  tra  cholera 
e  quelle  malattie  che  arrestano  o  diminuiscono  r  accesso  d'ac* 
qua  all'organismo,  in  generale;  poi  il  grado  di  somigliansa  %ta 
la  malattìa  di  cui  trattiamo,  e  quelle  che  affrettano  la  sottrasione 
d'acqua  dall'organismo,  citando  ad  esempio  specialmente  la  ma- 
lattia di  Brighi  e  il  cholera  inglese.  Il  Dr.  Barlow  procede  a 
dimostrare  come  sia  dannosa  airorganismo  la  sottrazione  d'acqua, 
e  come  Finjezione  dall^  vene  vi  supplisca  fino  ad  un  certo  punto, 
ma  anche  in  qual  modo,  col  ripetersi  del  vomito  e  della  diarrea 
e  quindi  con  nuova  perdita  di  fluido,  il  paziente  soccomba. 

«  Possiamo  -cosV  riassamere  i  fatti.  L' impedito  accesso  di 
fluido  alla  circolazione  è  causa  di  coilassa,  con  tendenza  all'  a- 
sfissia,  «oppressione  di  orina ,  e  quindi  alcuni  sintomi  di  avve- 
lenamento uremico.  Se  1' impedim«nto  si  spinge  innanzi  nel 
corso  della  circolazióne ,  per  esempio  nel  'fegato,  cagiona  scar- 
sezza di  orina ,  e  nei  oasi  estremi  si  possono  verifipare.  alcuni 
sintomi  di  avvelenamento  uremico.  Ancor  più  innanzi  si  avreb- 
be lividore,  orine  scarse  ,  nei  casi  gravi  il  polso  di  minaociata 
asfissia,  e  la  circolaziono  trova  un  sollievo  coU'effusione  di  siero 
nel  peritoneo,  e  in  qualche  raro  caso  parzialmente  colla  diarrea. 
Ma  se  il  fluido  passa  Iibera|nente. dall'organismo  ai  reni,  e  trova 
una  libera  uscita,  se  questi  sono  malati,  passa  fuori  nondimeno 
lasciandosi  dietro  la.  materia  escretoria  che  i  reni  debbono  eli- 
minare, e  ne  resultano  i  sintomi  di  avvelenamento  uremico.  Se 
però  vi  è  una  rapida  corrente  di  fluido  che  si  precipita  fuori 
dall'organismo  come  nei  casi  di  diarrea,  abbiamo  non  solo  av- 
velenamento uremico,  ma  collasso  ed  altre .  conseguenze  di  defi- 
cienza di  fluido  nella  circolazione gli  effetti  sono  gli  stessi, 

sia  che  la  deficienza  derivi  da  impedito  accesso  di  fluido,  come 
nelle  malattie  del  duodeno,   o   da    eccessiva  e  grave  diarrea  t. 

Kon  ci  è  concesso  di  esporre   più    in    lungo  le  osservazioni 
del  Dr.  Barlow;  egli  cita  diversi  casi  per  provare    i   fatali  ef- 


411 

fetti  éell*olk>  di  ricino  in  qawU  malattia  e  gli  effetti,  della 
purga  incidoi) te  .nella,  malattia.  Testtmonii  del  morbo  in  patria 
e  nei  paesi  caldi,  non,  possiamo  a  meno  di:  sentirci  più  pho  ìrir 
quieti  al  nome  di  olio  di  ricino  legato  con  questo  morbo,  e  non 
ne  avremmo  parlato' qui  ancora,  se.  non  ci  fossimo  di  nuovo 
convinti,  se  ci  si  passa  l'espressione,  della. grave, responsabilità 
che  incombe  a  chiunque  permette  che  si  promulghino  ^siffatte 
dottrine;  og^i  giorno  T  esperienza  pratica  negli  ospedali  e  su 
individui  inclinatissimi  al  morbo  per  vita  im  provvidente  e  sre- 
golata ,  artigiani  e  classi  infime ,  ci  convince  del  gran  dann9 
che  deriva  dalla  ostinata  difesa  di  tale  trattamento  \  quantun- 
que ciò  possa  avere  assai  poca  influenza  su.  coloro  che  già  si 
provarono  nella  cura  di  questo  morbo,  non  dimentichiamo  chp 
gran-  numero  di  giovani  confratelli  non  ne  ^ sono  abbastanza 
preammoniti  dall'  esperienza;  non  dimentiohiamo.  quanti  han- 
no seguito,  senza  riflessione ,  tutto  quello  che  si  disse  di  in- 
gegnoso su  cib.  Alla  lieta, (li  casi  citati  dal  Dr.  Barlow,  ne 
.potremmo  aggiungere  altri  e  4i  altri  autori,  per  provare  i  danni 
della  cura  con  olio  di  rìcino;  ci  accontentiamo  di  raccomandar^ 
ai  nostri  lettori  le  utilissime  relazioni .  del  I>r.  Barlow ,  lette 
all'Hunt^eriau  Society. 

In  un  caso  di  morte  per  cholera ,  il  Dr,.Stokes  (1)  dice  di  aver 
notato,  dopo  poche  ore  di  collasso,  un  soffio  intenso  alla  parte  su- 
periore e  media  della  regione  stemale,  in  uji  giovane  che  godeva 
prima  ottima  salute.  Questo  soffio  continue  fino  alla  morte;  alia 
sezione  si  trovò  un  grosso  coagulo  nel  ventricolo  sinistro ,  che 
si  estendeva  attraverso  l'orifizio  aòrtico,  nell'arco  dell'aorta,  l^e 
val-vole  del  cuore  e  le  pareti  erano  perfettamente  sane  ;  non 
e*  era  quindi  alcun  dubbio  che  il. soffio  fosse,  di  data  recente  e 
risultante'  dalla  presenza  del  coagulo  <:he  inceppava  l' azione 
delle  valvole  aortiche- 

Il  Medicai  Times  and  Oazatte  cosi  parla  della  opinioni  di 
M^  Worms  :  —  <  Con  LIebig ,  Worms  crede  ohe  perdendo  co^i 
i  suoi  cloruri,  il  sangue  perde  eon  essi  la  fàooltà  di  produrre 
urea,  e  facendosi  sempre  più  denso,  diventa  aempre  meno  atto 


(i)  On  Diseases  of  the  Heart  and  Aorta,  pag.  124. 


412 

mila  eìreakaioii9.  A  tei  perioda  dolla  maUtlia  U  viU  organica , 
p#r  coMÌ  dir« ,  eetsa;  la  deeomposisioiia  orgiinioa  procede  eeoia 
reelUttBÌone»  il  sangue  AMome  quasi  interamente  i(  carattere 
arenoso  »  »  e  lo  sviluppo  del  calorico  è  troppo  scarso  per  sup- 
plire a  quello  che  yiene  disperso  per  irradiazione. 

Worms  considera  il  veleno  cholerioOy  come  -un  fermento  al- 
calino ,  la  cui  astone  è  resa  facile  da  tutte  quelle  circostante 
che  ritardano  una  completa  osMdasione  del  sangue,  e  che  con- 
tribuiscono a  sovraearicarlodi  prodotti  idro-carbonici,  impar- 
tendogli un  carattere  venoso.  I  due  grandi  sistemi  che  sono 
Ibnte  dello  sviluppo  del  velelio  cholerìco,  sono  il  sanguigno  e  il  di* 
gerente,  e  Worms  ritiene  che  il  sangue  sia  il  primo  ad  alterarsi, 
e  che  i  disordini  del  sistema  digerente  siano  consecutivi  alle  al- 
teraitonl  subite  da  questo  fluido.  Una  ragione,  secondo  lui,  e 
che  il  feto  in  utero  può  ammalarsi  di  cholera,  è  che  allora 
vediamo  costantemente  V  essudato  specifico  aegli  intestini ,  co- 
me in  altri  soggetti.  Opina  che  ci  vjene  suggerita  la  stessa  con- 
clusione dairordinario  graduato  svilupparsi  di  un  decorso  di  cho; 
lera,  che  di  solito  e  preceduto  da  prodromi,  durante  il  qual  periodo 
precursore  ha  luogo  una  lenta  e  progressiva  inflltrasione  dei 
tessuti  e  dei  follicoli  intestinali,  preparando  la  via  per  lo 
eoarico  dei  costituenti  acquei  del  sangue.  Più  è  debole  la  causa 
deir  avvelenamento ,  più  ò  lenta  neir  agire ,  altrettanto  più 
lunga  sarà  la  durata  dei  fenomeni  precursori;  quanto. più  vio- 
lento è  ravvelenaraentO)  altrettanto  più  breve  sarà  il  prpcesso 
preparatorio.  Egli  chiama  stadio  .di  restituzione  il  periodo  di 
reazione.  Asserisce  quanto  fu  già  messo  innansi  nel  1854  (1), 
che  molti  effetti  della  malattia,  dipendevano  dall'  urea  nel  ean-^ 
gue,  e,  dice  Wprms ,  è  precisamente  .così  del  fluido  cerebro*spi- 
nale,  della  milza,,  del  cervello^  dei  'muscoli  delle  estremità  infe- 
riori ,  del  cuore.  Il  tessuto  cerebrale  è  quello  che  ne  contiene 
di  più.  Avviene  l'opposto  per  così  dire,  del  flusso  acqueo  ri- 
spetto agli  intestini  ;  il  fluido  vien  tratto  nel  sangue  e  quello 
che  entra  nel  sistema  della  porta  è  immediatamente   applicato 


(1)  Vedi:  The  Cholera  at  Finglaa,  per  C.  F.  Moore,  e  :  Du- 
blìn  Quarterly  Journal  of  Medicai  Science, .  nov.  1854* 


413 

alls  secrezione  dèlia  bil«.  Fa  notare  la  gravezza  del  ca9o  quando 
avviene  la  sonnolenza  dopo  ineomineiata  la  reazione,-  quando  gli 
sforzi  dei  muscoli  del  petto  diventano  visibili ,  quando  ritorna 
il  collasso,  ecc.  Àceenna  anche  all'eruzione  cutanea^  ed  alla  de- 
squamazione notata  da  altri  autori,  come  accennammo'  nella  nò- 
stra Rivista  di  luglio.  Chiama  l'attenzione  sulla  distinzione  tra 
staio  tifoide  ^  tifoide  choleriea  ^  e  periodo  di  coma  uremico* 
Devono  essere  diligentemente  distinti  secondo  la  loro  natura  e 
secondo  le  loro  indicazioni  terapeutiche ,  e  questa  ò  lo  scopo 
principale  del  "lavoro  deirAutore. 

La  sonnolenza  nt>n  è  «marcata  dalla  sete  febbrile  molto  pro- 
nunciata, né  da  alcuna  alterazione  notabile  della  lingua;  egli  la 
ritiene  appena  analoga  allo  stato  tifoide.  Non  è  come  il  coma  delle 
febbri  perniciose,  né  come  quello  deUe  idropi  fatali  ;  in  questi  due 
il  corna  invade  d'un  tratto,  mentre  nel  nostro  morbo  il  paziente 
perde  le  facoltà  mentali  a  poco  a  poco.  La  mancanza  d'ogni  fe- 
nomeno di  disturbo  nervoso  o  circolatorio  e  l'andamento  lento 
dell'affezione,  ' esclude  ogni  idea. di  uremia.  Il  rossore  sanguigno 
di  tutta  la  congiuntiva,  la  durezza  e  protuberanza  del  globo  del- 
l'occhio^ accompagnano  lo  stato  di  sonnolenza,  e  predicono  una 
grave  reazione.  Tosto  dopo  succede  lo  sguardo  incerto,  come  di 
ebbro,  e  l'abbassamento  dellia  palpebra  superiore:  l'ottarmoscopio 
ci  indica  uno  sviluppo  Venoso  enorme  del  fondo  dell'occhio.  Worms 
ritiene  questi  fatti  dipendènti  dall'  eccesso  del  processo  di  ripara- 
zione; le  vene  si  inturgidiscono,  mentre  il  sangue  arterioso  vien 
spinto  nel  cervello  in  larga  quantità.  In  questi  casi,  dopo  morte 
trovoBsi  turgescenza  del  cervello,  con-effusione  sierosa  tra  le  cir- 
convoluzioni etra  il  cervello  e  la  scattola  ossea  ;>gli  umori  del- 
l'occhio^ specialmente  il  vitreo,  più  abbondanti  del  solito,  Worms 
trovò  assai  vantaggioso  l'epitema  tiepido  alla  regione,  frontale, 
tagliandone  via  i  capegli  se  fet  bisogno.  La  sua  formola  era  la 
seguente:  Spirito  canforato  150  grammi,  soluzione  di  ammoniaca 
da  20  a  35  grammi,  infusione  d'arnica  iOO  grammi,  idroclorato 
di  ammoniaca  45  grammi.  Di  solito  bastavano  da  48  a  72  ore 
di  questa  applicazione,  ma  certe  volte  si  richiedettero  otto  a  dieci 
giorni.  Su  65  casi  gravi  di  reazione,  riuscì  bene  questo  rimedio 
in  51.  Passata  questa  fase  di  reazione,  subentra  la  fase  tifoide 
o  il  periodo  uremico,  intendendo  con  questo  termine  un  processo 


414 

Mbril6  che  ha  per  eausa  e  fine  Péliminazioné  dal  sangue,  e  pét 
mezzo  di  esso,  del  detrìtus  organico  del  quale  V  urea  ò  il  rap- 
presentante più  apprezzabile.  Worms  diee  che  prpbabilmente  il 
salasso  dalla  vena  o  qualcb'altro  mezzo  consimile  possano  forse 
combattere  la  sonnolenza;  però  egli  non  rollo  adottare  il  salasi 
80  ;  egli  combinò  col  fomento  alla  testa,  i  vescicanti  alle  estre- 
mità inferiori,  le  bevande  calde  moderatamente  aromatlcbe^  il 
solfato  di  chinino,  e  qualche  volta  anohe  il  nitrato  di  potaesa; 
propone  la  limonea  acido-solforica  nella  diarrea  prodromica  e 
nei  primi  momenti  di  malattia  confermata.  Preferisce  l'isola* 
mento  dei  casi  di  eh  olerà,  immediate  disiafezioni  delle  materie 
emesse  con  una  soluzione  forte  di  solfato  di  ferro,  tratta  le 
biancherie  con  acqua  bollente.  Oosì  gli  assistenti  del  malato  si 
salvanoi,  egli  crede,  dagli  attacchi .  del  morbo. 

Il  London  Hospital  sussidiò  un  gran  numero  di  choierosi  nel 
1866.'  Prima  del  finire  dell'agosto  si  erano  necettati  509  casi  di 
cholera  confermato,  54.9  per  cento  dei  quali  morirono.  Si  erano 
disposti  138  letti,  ma  non  vi  furono  mai  neir  ospedale  più  di  114 
casi  in  una  sol  volta.  Tutti  i  cessi  addetti  alle  infermerie  di  chele* 
rosi  furono  chiusi,  e  gii  eù^ereta  si  ricevevano  in  vasi  contenenti 
acido  carbolico,  e  si  trasportavano  dall'ospedale  aggiungendovi 
ancora  dell'  acido  carbolieo  (  ^/^  oncia  di  addo  concentrato  per 
ogni  litro  d'acqua  circa),  poi  venivano  sotterrate  a  cinque  piedi. 
Si  spargeva  per  le  sale  dell'acido  carbolieo  in  polvere  ;  le  infer- 
miere  se  ne  lamentavano  come  che  cagionasse  dolot  di  testa  e 
mal  di  gola.  Tutte  le  biancherie  provenienti  dalle  sale  di  cho- 
ierosi venivano- posti  in  tubi  con  cloruro  di  calce,  e  dopo  che 
ne  erano  imbevute i,  si  lavavano  con  sapone  d'acido  carbolieo - 
per  questo  processo  le  biancherie  non  furono  danneggiate. 
Sotto  i  10  anni  di  età  66  guarirono,  e  56  morirono 


>          20 

^ 

44 

40 

»          30 

50 

56 

»          40 

41 

52 

»          50 

17 

39 

•  ]| 

>          60 

8 

20 

in  là    .     . 

•         • 

.      2 

18 

228  281 


415 

DI  20  casi  drogai  6tà,  curati  prima  del  Ì9  luglio,  17  mo- 
rirono; di  30  curati  nell* ultima  settimana  di  agosto,  morirono 
soli  12.  Dei  509  ca«i,  H  47  per  cento  erano  d(Mine.  La  mortalità 
decrebbe  di  settimana  in  settimana  dall' 85  per  cento  nella  prima 
s&ttimana,  al  35  per  cento  nell'  ultima^.  Il  22  per  cento  degli 
ammessi,  presi  in  massa,  erano  al  di  sotto  dei  10  anni.  Sul  prin- 
cipio della  epidemia,  i  malati  per  la  maggior  parte  venivano 
portati  air  ospedale  già  nel  massimo  collasso  ,  e  morivano  quindi 
poco  dopo,  o  sul  principio. della  reazione.  La  febbre  oonsecu* 
ti  va  ,  che  rassomigliava  al  tifo  peri  molti  rapporti,  riesci  fatale 
in  un  gran  numero  di  casi  ;  ed  anche  in  quelli  che  ne  guari- 
vano,  la  convalescenza  orlar  assai  lun:ga.  In  questa  epidemia, 
più  che  nelle  precedenti,  la  gravezza  dei  crampi  fu  maggiore; 
forse  vi  influì  il  non  uso  dell'oppio  in  questa  epidemia^  para- 
gonata a  quella  del  49.  Si  ebbero  casi  nei  quali  mancò  alcuno 
dei  sintomi  soliti  di  cholera ,  e  allora  il  carattere  principale 
era  il  collasso,  mancando  il  vomito  e  la  diarrea  od  uno  di'  que- 
sti ;  in  altri  il  Vomito  fu  gravissimo  ed  incessante,  spesso  fa- 
tale, specialm^te  durante  la  febbre  consecutiva.  Nella  diagnosi 
si  ebbe  la  massima  cura  di  distinguere  i  casi  di  diarrèa  e  quelli 
di  cholera.  Nel  Londoi^  Hospital  non  si  ebbero  casi  -fatali  di 
diarrea  propriamente  detta.  La  diarrea 'non  precedette  sempre 
il  cholera. 

Fino  alla  fine  di  agosto  si  sussidiarono  dal  London  Hospital 
circa  10,000  casi  esterni  di  diarrea.  Se  questa  durava  da  qualche 
tempo  con  scariche  acquose,  isi  davano  gli  astringenti,  e  con 
buoni  risultati ,  se  vogliamo  giudicare  dal  numero  compara- 
tivamente piccolo  che  furono  poi  accettati  come  ^pazienti  nel- 
l'ospedale. Quando  c'erano  dolori  forti  di  ventre,  con  poca 
diarrea  ed  evacuazioni  dolorose,  olio  di  ricino  con  poche  goc- 
ce di  tintura  di  oppio,  cui  seguivano  gli  astringenti  se  era  ne- 
cessario. •  ' 

In  un  personale  numeroso  di  servizio,  solo  cinque  infermiere 
ebbero  cholera,  e  quattro  di  queste  morirono.  Di  undici  lavan- 
daje  una,  e  morì.  Tre  dei  casi  fatali  tra  le  prime  non  erano 
residenti  nell'ospedale,  e  così  la  lavandaja.  In  tutto  il  resto  del- 
l'ospedale dove  stavano  gli  ammalati  generali,  un  sol  caso  di 
cholera,  e  fu  un  ragazzo  che  era  stato    trasportato   in  un  at- 


416 

lieo  do^e  si  ora  rieoyarato  il  primo  caso   di  eholera    ricevuto; 
morì. 

Il  Br.  Fraser .  opina  che  le  injeEiom  saliae  con  una  piccola 
quantità  di  alcool ,  come  usava  Little  >  siano  una  risorsa  nel 
collasso  estremo,  quando  il  canale  alimentare  ha  perduta  0|^i 
facoltà  di  assimilaziona. 

Little  (London  Hospital)  accenna  alia  necessità  di  far  uso 
di  injezioni  nelle  vene  prima  che  il  collasso  duri  da  un  pezso, 
net  qual  caso  si  formano  subito  dei  coaguli  nel  cuòre,  che  si 
estendono  lontano  nelle  vene. 

e  Non  si  injettarono  che  i  malati  che  non  lasciavano  più 
alcuna -speranza  —  casi  di  estremo  collasso  —  tutti  senza  polso 
radiale,  lividi ,  colla  temperatura  esterna  abbassata,  e  che  ave- 
vano perduta  una  quantità  di  fluido ,  o  per  diarrea  o  per  ve- 
mito,  per  lo  più  per  ambe  le  vie.  I  fluidi  adoperati  erano  san- 
gue  defibrinato,  siero,  salini  e  salini  con  alcool.  Si  fece  uso  del 
sangue  di  pecora,  mantenuto  coir  immergere  il  vaso  che  lo  con- 
teneva nell'  acqua  calda ,  defibrinato  col  batterlo ,  poi  filtrato. 
Adoperai  il  sangue  defibrinato  ad  istanza  del  Pr.  H.  Jacl^son , 
ma  solo  in  due  casi  assai  gravi.  Non  sUebbe  infl'uenza  favore- 
vole nemmeno  temperarla,  e  sembrò  imbarazzare  ed  affrettare 
la  respirazione«>  Da  questi  casi  non  si  può  trarre  alcuna  con- 
clusione quanto  all'impiego  del  sangue  ». 

Anche  lo  siero  adoperato  era  di  pecora.  In  un  sol  caso,  usato 
puro,  riesci  giovevole;  ma  l'età  del  paziente,  64  anni,  gli  fu 
probabilmente  fatale.  Little  usò  un  fluido  salino  per  injezione; 
cloruro  di  sodio  60  grani,  cloruro  di  potassio  6  grani,  fosfato 
di  soda  3  grani,  carbonato  di  soda  20  grani,  acqua  distillata 
20  once.  Queste  proporzioni  con  2  dramme  dì  alcool  puro  in 
qualche  coita  meno  di  ^/^  litro  (1  pint)  di  acqua,  furono  usate 
poche  volte  e  in  tutti  i  casi  riesciti  bene,  e  ciò  fin  dal  1849* 
Il  liquido  era  a  110^  F.  o  li  presso,  tenendo  calcolo  di  un  pò 
di  raffreddamento  passando  lungo  T apparecchio  di  injezione. 
Dapprima  si  usò  una  siringa ,  poi  un  tubo  di  gomma  ^  la- 
sciando che  il  fluido  penetrasse  per  gravità.  Little  dà  i  ri- 
sultati di  1 5  casi ,  4  dei  quali  felici  ;.  cita  altri  casi  favorevoli 
verificatisi  dopo  la  stampa  del  suo  rapporto.  Il  Dr.  Woodman 
incaricato  del  servìzio   del  Limehouse   District  Hospital  y-  Wap- 


417 

pihg,  riferisce  in  sènso  favorevole  snirinjezione  salina,  e  se  ne 
valse  tre  volte  con  molto  vantaggio  temporaneo  ogni  volta,  e 
con  una  guarigione.  I  soggetti  di  questi  casi  erano  senza  pol- 
si, ed  uno  anzi  insensibile.  Little  sceglieva  una  vena  al  go- 
mito : 

a  In  genere  non  era  difficile  il  trovare  una  v«na,  ma  qual- 
che volta  però  non  se  ne  poteva  scoprire  attraverso  la  cute. 
Allora  io  metteva  la  Vena  alle  scoperto  passandovi  sotto  uno  spe- 
cillo prima  di  aprirla.'  Il  fluido  proveniente  dall'apparecchio 
lava  via  il  sangue  dalla  ferita  e  l'operatore  non  può  sbagliarsi 
neir introdurvi  il  becco  del  tubo,  ed  evita  di  farlo  penetrare  o 
nel  tessuto  cellulare,  o  nella  guaina  della  vena  ». 

Il  Dr.  Fraser  del  London  Hospital,  ritiene  che  un  vero 
caso  di  collasso  cholerico  presenta  naso,  lingua,  respiro  freddi, 
orina  soppressa,  e  la  voce  mancante,  a  In  tali  condizioni  il  ma- 
lato assai  di  rado  può  guarire Quando  mancano,  si  può 

avere  a  un  di  presso  lo  stato  seguente,  e  allora  si  può  sperare  la 
guarigione:  non  si  ode  l'azione  del  cuore,  manca  il  polso,  pelle 
raggrinzata ,  mano  da  bugandaja ,   cute   coperta  da  un  sudore 
freddo   di  agonizzante^  vomito,  diarrea^  crampi,   ecc.  —  Que- 
sta epidemia  incominciò  d'un  tratto^  si  fece  tosto  assai  inten- 
sa, arrivò  rapidamente  al  massimo,  e  declinò  rapidamente,  co- 
me già  altre  volte  fece  il  cholera,  ecc.  —  Non  si  osservarono 
nuovi  sintomi,  ma  una  gran  varietà  nei  diversi  casi;  per  esem- 
pio, in  alcuni  i  crampi  costituirono  il  sintomo  principale  ».  Ri- 
peto il  fatto  che  in    quest'occasione   come   prima,   furono   vit- 
time del  morbo  principalmente  i  sucidi  e  mal  nutriti,  e  in  par- 
ticolare quelli  che  vivevano  in   abitazioni  luride,  malsane.  Gli 
astringenti  e  gli  stimolanti  non  godettero    gran   simpatia.  An- 
cor meno  l'olio  di  ricino,  il  tartaro  emetico  e  il  solfato  di  ma- 
gnesia ,  in  piccole  dosi.    Si    preferì    la    linionea    salina.    Giovò 
il  mercurio  con    creta    con   piccole    dosi  di  ipecacuana    e    pol- 
vere del  Dower.  e  I  bagni   alla    temperatura  di  98®  a   104®F. 
furono  utilissimi  in  circa    130  dei    casi    peggiori  ».    In  alcuni 
casi  di  estremo  collasso  i  bagni  caldi    non    giovarono  nulla;  e 
qui  osserviamo  che    tale   fu    l' esperienza  del    marzo    scorso  in 
Parigi.  Per  il  vomito  incessante  si  tentò  ogni  sorta  di  rimedio; 

Annali.   Voi.  CCI.  27 


•uitri#aii  giovarono  poeo;  le  pillole  di  creosoto  rie- 
.  '  .(UÌKi^uuMa  bone  in  tre  casi,  il  bismuto  e  l'acido  idre* 
o  lu  uu  caao,  in  molti  il  ghiàccio.  Un  ragacso  di  12  anni 
1^  Nv>muò  \>gai  liquido  appena  ingerito  ,  cercò  del  pane  con 
>K4>u»t  \\>  &ì  concedette  e  reetò  nel  ventricolo.  Parve  giovasse 
,^.io^U4  tWukola:  solfato  di  chinino  i  grano,  tinct.  ferr.  mar.  1& 
^v^co^  «k^^)^A  i  oncia.  Il  trattamento  solito  del  periodo  di  rea* 
4ÌVV110  Ifu  U  polvere  grigia,  ipecacuana  e  polvere  del  Dower,  be- 
va lU^  «on  clorato  di  potassa  e  liraonee  saline,  e  attenzione  allo 
^iJkW  ileUe  vie  intestinali  e  alla  dieta.  Manifestandosi  l' assopi- 
i^aul^i  fE^ooia  accesa,  congestione  delle  congiuntive,  eec.^  giovano 
amaì  i  senapismi  o  i  vescicanti  alla  nuca.  Nella  cefalea  grave 
\\\\  dal  principio,  giova  V  irrigazione  fredda.  Il  collasso  declinò 
«pesso  insensibilmente  in  reazione.  Di  52  morti,  uomini,  25  pe- 
rirono in  collasso,  27  nel  periodo  di  reazione  ;  di  55  casi  fatali 
di  donne,  33  lo  furono  al  collasso,  i2  nella  reazione. 

t  La  viva  reazione  era  caratterizzata  da  distinte^  placche 
roiso-souro  alle  guance,  molta  congestione  della  congiutativa, 
aspetto  sonnolento,  abbandonato,  collo  sguardo,  vagante  della 
febbre,  occhi  socchiusi ,  pupille  rivolte  all'  insù  od  all'  interno , 
lingua  dura,  secca,  denudata  di  epitelio,  labbra  e  denti  fulig- 
fvinosi,  respirazione  faticosa ,  nei  bambini  e  nei  giovinetti  la 
posizione  prona  di  preferènza.  Ebetudine  della  mente,  dalla  quale 
il  paziente  non  si  poteva  sollevare,  in  qualche  caso  delirio  vio- 
lento, condizione  che  di  solito  finiva  coli' essere  fatale  )». 

Le  variazioni  di  temperatura  in  questo  stadio  furono  degne 
di  osservazione.  Il  termometro  provò  che  la  temperatura  non 
poteva  «ssere  debitamente  valutata  dal  tatto.  Gli  estremi  di 
temperatura  furono  91.2  e  105.6.  Nella  reazione  la  tempera- 
tura era  al  di  sotto  del  solito ,  qualche  volta  ancor  più  bassa 
di  quel  che  fosse  ai  primi  momenti  dei  morbo.  Nella  reazione 
favorevole  fuvvi  di  frequente  un  distinto  abbassamento  di  polso, 
per  lo  più  54.  Un  ragazzo  di  nove  anni,  che.  pareva  avviarsi 
benei,  aveva  il  polso  a  45.  Spesso  diventava  intermittente  nel 
periodo  di  reazione  maligna  ;  in  un  caso  fatale  mancò  sempre 
la  settima  battuta  ;  nulla  spiegò  questo  fatto  nel  reperto  ca- 
daverico. 

Gii  estremi  di  respirazione  furono  12  e  44.    In   alcuni  casi 


419 

favorevoli  comparve  Qua  «ruzioné  r08éol»ré  nel-partodo  di  yea^ 
tion&,  osservando  >ch*e  ta' alcuni  casi  era  pi*èc6dnto  da  un  au- 
mento di  temperatura,  che  tosto  declinava  col  dissiparsi  dei- 
r.erusione;  Un  ragasso  che  aveva  erusione  roseotare  -con  rea- 
BÌòne  violenta  e  che  morì  poi,  presentò  edema  dei  piedi,  e  spa-- 
smi  alle  mani  ed  ai  piedi.  Una  ragazzi  essa  pure  con  roseota, 
non  ebbe  edema,  ma  spasmi  nelle  mani  e  nei  piedi,  e  guari. 

Gome-  notammo  nel  nostro  estratto  del  rapporto  sul  cholera 
ali'Hòpital  S.  Antoin&^i  dove  si  osservò  V  ingrossamento  e  ìx 
suppurazione  della  ghiandola  parotide  e  della  sotto-masoellare 
in  alcuni  casi  consecutivi  di  cholera,  anche  nel  London  Hospital 
si  osservarono  simili  affezioni  in  condizioni  eguali.  Tra  i  pò* 
stami  di  cholera ,  il  Dn  Ogle  al  St.  George  ed  altri  osserva- 
tori, notarono  V  urticaria  ed  altre  eruzioni.  ^ 

Al  London  Hospital  parecchi  casi  di  cholera  indussero  aborto, 
riuscendo  tutti  fatali;. una  donna  partorì  a  termine  naturalménte 
e  guarì  ;  tre  altre  quasi  a  termine  di  gravidanza  morirono  prima, 
del  parto  ;  un  bambino  nacque  morto  a  tarmine,  come  altri  tre 
venuti  in  luce  per  operazione  cesarea  immediatamente  dopo  (a 
morte  della  madre.  La  secre'zione  d^l  latte  continuò  in  quattro 
«asi  di  nutrici,  e  furono  assai  gravi  La  storta  sùsseguento  dei 
bambini  non  la  si  conosce  ;  madri  e  bambini  venivano  tosto  se* 
parati  col  manifestarsi  dèi  cholera.  Si  notò  spesso  la  sensai^ione 
di  rumori  nella  testa^  e  in  uh  caso  fii  questo  il  primo  sintomo. 
GomUni  le  affezioni  della  cornea ,  esposte  a  lungo  per  la  par- 
ziale  apertura  continuata  delie  palpebre;  una  bambina  fu  cieca 
completamente  per  rapida  ulcerazione -di  ambe  le  cornee.  Nella 
reazione  si  ebbe  di  frequente  la  corizza ,  specialmente  nei  ra- 
gazzi. La  mestruazione  continuò  in  quelle  donne  che  1'  avevano 
In  corso  all'  irrompere  dell'  accesso  cholerico.  Tutte  le  donne 
ebbero  una  secrezione  vaginale  muco-purulenta  ;  macòhiata  di 
sangue  nelle  adulte  ,  quantunque  non  al  periodo  di  mestrua- 
zione ;  inr  un  caso  si  ebbe  una  considerevole  quantità  di  sangue. 

Nel  periodo  di  reazione  e  di  guarigione,  la  gravità  specifica 
deir  orina  oscillò  da  1005  a  1017  colla  media  generale  di  1006. 
La  gravità  specifica  deiPorina  fu  assai  bassa,  anche  al  ritornare 
di  codesta  secrezione  dopo  eh'  era  soppressa  da ,  parecchi  dì.  È 
Bène  ricordare  clie  la  secrezione    dell'  orina  si  ristabili  sovente 


^i9 

prìna  dolla  faoottà  di  evacuarla.  Qaagi  tempre ,  orine  acide  > 
cella  mateima  acidità  sol  paesaggio  verso  la  reasione.  Quasi 
naelà  del  casi  presentarono  albume  in  quantità  diverse  ;  questo 
acompariva  presto,  tranne  dove  ci  fu  ragione  a  sospettare  un' 
antica  malattia  renale.  In,  molti  casi  te  orine  trattate  coU'acido 
nitrico  diedero  un  brillante  color  rubino.  In  un  terzo  circa  dei 
casi  si  trovarono  urati  e  cristalli  di  acido  urico  in  quantità. 
Non  si  osservarono  ossalati.  Nella  maggior  parte  dei  casi,  epi- 
telio dai  reniji  dagli  ureteri,  dalla  vescica  ;  e  nelle  donne,  epi- 
telio vaginale,  come  se  colla  reasione  si  stabilisca  una  generale 
desquamazione.  In  tutte  lo  orine  esaminate  si  trovarono  cellule 
in  decomposizione,  frammenti  di  epitelio  granulare ,  jalino  ,  di 
rado  integro  ;  molta  inclinazione  alla  decomposizione  deirorina, 
e  tendenza  a  riempirsi  delle  più  minute  forme  della  vita  ani- 
male e  vegetale.  ' 

Le  secrezioni  intestinali  rassomigliavano  assai  all'acqua  di 
riso,  separabili  o  collegate  in  un  fluido  lattiginoso  supernatante, 
e  sedimento  fioccoso  ;  il  fluido  era  grigiastro,  semi-trasparente, 
in  alcuni  casi  conteneva  dell' albume  ;  il  sedimento  era  costi- 
tuito da  fiocchi  di  muco  coagulato ,  contenenti  numerose  mole- 
cole e  granuli  —  molte  con  moti  attivi'  —  e  cellule  di  diverse 
dimensioni  ed  a  periodi  diversi  di  sviluppo  o  di  decomposizione; 
Alcune  rassomiglianti  ai  corpuscoli  scoloriti  del  sangue  :  altre 
grandi  il  doppio  o  il  triplo  con  nuclei  manifesti  senza  1*  azione 
di  reagenti;  alcune  ripie>ne  di  granuli  rifrangenti,  non  distin- 
guibili dalle  note  cellule-granuli.  Si  trovarono  anche  delle  masse 
cilindriche  ben  (iistinte  di  materia  grsnulare,  probabilmente 
frammenti  di  follicoli,  ma  senza  alcun  che  di  rassomigliante  alla 
membrana  mucosa.  L*  epitelio  normale  dell'  intestino  mancò 
f uasi  sempre  nelle  evacuazioni  in  vita.  La  secrezione  di  sangue 
dalle  vie  intestinali  fu  sempre  indizio  di  risultato  fatale.  Il  vo- 
mito conteneva  epitelio  della  bocca  e  della  faringe , .  materia 
granulare,  e  diverse  cellule  vegetali  provenienti  dai  cibi. 

Mr.  Mackenzie ,  medico  residente  assistente  al  London  Ho- 
spital, osservò  che  i  crampi  gravi  raggiungevano  la  tempera- 
tura dell'  ascella  di  2^  F.  Quanto  più  frequente  la  respirazione, 
tanto  maggiore  la  temperatura,  esaminata  nel  retto,  nella  va- 
gina. Un  bambino  ohe  mori  in  reazione  imperfetta ,  ebbe  la  in- 


421 

solita  temperatura  di  101.8  esternamente  e  106.2  internamen- 
te. Mr.  Mackentie  ritiene  che  l'  aumentò  della  temperatura  post- 
tnorterHy  corrisponda  alla  durata  della  malattia  ed  al  periodo  nel 
quale  diventò  fatale.  Gita  casi  di  spasmi  negli  arti  dopo  la 
morte,  ed  osserva  che  si  verificano  nelle  parti  affette  da  crampi 
in  vita.  (Questi  spasmi  post-mortem  possono  involgere  questioni 
medico-legali,  in  qualche  caso  estremo  ).  Sono  comuni  le  piaghe 
aftose  e  le  vesciche  della  bocca ,  delle  labbra ,  della  lingua ,  e 
r  angina,  specialmente  nei  casi  accompagnati  da  roseola  chò- 
lorica.  Nei  periodo  di  reazione  è  pur  comune  un  dolor  grave 
air  epigastrio.  Si  osservò  non  di  rado  la  bronchite  capillare  ^ 
con  pus  denso  nei  tubi  minuti  ;  essa  costituiva  una  gravissima 
complicazione  del  •  periodo  di  reazione.  In  alcuni  casi  si  ebbe 
ulcerazione  della  cornea.  L'  atropina  e  la  fava  del  Calabar  agi- 
scono sulla  pupilla  nel  cholera.  Lo  stato  della  pupilla  varia 
molto  nei  cholera;  nel  collasso  non  è  largamente  dilatata,  come 
nel  periodo  algido. 

IL  Dr.  Woodman ,  all'interessante  rapporto  del  quale  sul 
Limehouse  Cholera  Hospital  alludemmo  già,  dice  : 

e  I  risultati  dei  nostri  reperti  cadaverici  sono  in  gran  parte 
contraddi torj.  Contro  la  generale  opinione,  i  polmoni  dei  malati 
morti  nel  collasso  erano  spesso  congesti  ;  in  un  caso  morto  nella 
reazione ,  erano  contratti,  e  senza  sangue.  Il  cuore  conteneva 
sangue  in  ambedue  le  cavità  (  specialmente  il  destro  )  ;  si  ebbe 
un  caso  di  ventricoli  contratti  e  vuoti.  La  cistifelea  sempre 
piena.  I  follicoli  mucosi  degli  intestini  in  genere  assai  promi- 
nenti. Le  malattie  renali  croniche  ebbero  molta  iufluenza  sulla 
mortalità^  specialmente  su  quelli  che  morirono  nel  periodo  di 
reazione  >. 

Il  Dr.  Letheby  nel  suo  rapporto  suU'  epidemia  di  Londra 
del  1866 ,  dimostra  le  difficoltà  che  si  incontrano  quando  si 
tenti,  di  localizzare  la  malattia.  La  gran  mortalità  che  si  rife- 
risce alla  sregolatezza  della  domenica,  si  verifica  al  martedì, 
come  si  desume  dalle  tavole  costrutte  sui  rapporti  del  Regi- 
«trar-General  pel  1866.  Ciò  si  osservò  pure  a  Dublino  e  in  al- 
tre  località  nella  presente  epidemia,  come  nelle  epidemie  prece- 
denti. 

Il  Dr.  Lionel  S.  Beale  crede  probabile  che    le   vittime   dei 


422 

ctiolera    fossero    ìndividnì  '  soffrentr    di  altèraiioni   croniclie  di 
stmtturft  nei  tessuti  degli  intestini,  da  mesi  e  in  alcniìi  casi  da 

anni. 

Il  choTera  è  tempre  legata  alla  perdita  di  e|>itelio  dlindrio(y 
'  dai  villi.  <  Quantunque  non-  ci  sia  diarrea  pel  momento ,  que* 
■to  epitelio  trovasi  poi  in  àbbondansa  negli  intestini  del  cada* 
vere  s.  In  alcuni  casi  di  morte  sopraggiunta  rapida  e  per  sa* 
titaneo  arresto  di  sangue  nei  capillari  degli  organi  importanti^ 
non  e*  è  nemmeno  tempo  perchò  T  epitelio- possa  distaccarsi  dai 
villi,  precisamfente  come  possiamo  avere  la  morte  per  vajaolo  e 
scarlattina  senza  eruzione  alcuna  ». 

€  Il  processo  affetta  la  mucosa  della  cistifelea  e  dei  condotti 
epatici  maggiori,  della  vescica,  degli  ureteri,  della  pelvi  renale, 
delle  tube  fallopiane ,  dell*  utero ,  della  vagina.  Pare  insomma 
ehe  r  epitelio  delle  superfici  molli  ed  umide  tenda  a  cadere  f 
non  già  T  epitelio  specialmente  compreso  neìV  eliminazione  y 
bensì  quello  che  riveste  i  condotti  d^Ue  ghiandole  e  delle 
cavità  che  si  possono  comprendere  nella  categoria  della  porzione 
di  condotto  delle  diverse  ghiandole  secretorie  ». 

Il  Dr.  Beale  aggiunse: 

«  I  follicoli  delia  mucosa  dello  stomaco  e  dell'  intestino,  delle 
ghiandole  salivari,  del  pancreas  ;  i  tubi  del  fegato  ,  dei*  reni  e 
«ti  altre  ghiandole,  serbano  Tepitelio;  nò  io  potei  dimostrare 
alcuna  forma  speciale  al  ckolera  in  queste  varietà  di  epitelio 
ghiandolare.  E,  per  quanto  io  potei  osservare,  sarebbe  assai 
difficile  il  distinguere  molte  cellule  secerneBti  tolte  dal  cada* 
vere  di  un  oboleroso ,  da  cellule  perfettamente  sane  ». 

D*  altra  parte  il  Dr.  Parkes  e  il  Dr.  Gairdner  asseriscono 
che  la  separazione  delle  cellule  epiteliari  risulta  da  macerazione 
meccanica  post-mortem.  .' 

Il  Dr.  Austin  Flint  del  Bellevue  Hospital ,  Nuova  York  , 
''  pubblicò  una  bellissima  confutazione  della  cosi  detta  teoria  d'e- 
«Hminazione  del  cholera.  E  conclude  così  : 

a  L' importanza  degli  argomenti  che  sostengono  la  teoria  di 
eliminazione  nella  dura  del  cholera,  non  ha  gran  valore.  Accet* 
tando  questa  teoria,  non  bisogna  opporsi  al  vomito,  alla  diar- 
rea, anzi  si  devono  favorire.  Il  solo  pensiero  del  risultato  pra- 
tico di  questa  teorie ,  deve  colpire  non  poco  chi  è  d'  opinione , 


y 


423 

che  la  maggior  fonte  di  pòricojio  nel  cholera,  sta  nella  perdita 
dei  costituenti  dd)  sangue  contenuti  nell*  effusione  cholerica. 
C  è  da  temere  che  V  influenza  degli  ingegnosi  scritti  dei  pro- 
fessor Johnson,  abbia  a  condurre  alla  perdita  di  non  poche  vit- 
time. 

Un  altro  fatto  pratico  segue  legittimamente  1'  accettazione 
della  teoria  di  eliminazione  ,  che  cioè  non  si  deve  frenare  la 
diarrea  prodromica.  Non  è  necessari^  una  lunga  considerazione 
di  questo  precetto  per  rifiutare  la  teoria.  Certo  è  che  non  y'è 
fatto  meglio,  stabilito  nella  pratica  di  questo,  che  arrestando  la 
diarrea  che  sì  spésso  precede  lo  sviluppo  del  morbo,  sì  previene 
il  cholera.  Possa  questo  fatto  pratico  pesare  quanto  basti  nelle 
riflessioni  dei  medici  sulla  teoria  d' eliminazione.  La  impossibi- 
lità di  conciliare  questo  fatto  coli*  altra  teoria,  fa  si  che  questo 
non  possa  reggere  ». 

La  Conferenza  Sanitaria  Internazionale  pubblicò  i  suoi  rap- 
porti e  consigli  per  preservare  TÈuropa  dal  cholera  ;  dobbiamo 
al  Dr.  Goodeve.un  interessante  sommario  degli  atti  della  con- 
ferenza. Vi  si  comprendono  misure  onde  prevenire  lo  sviluppo 
e  il  divamparsi  del  chplera  mediante  la  purificazione,  le  misura 
sanitarie,  e  T  isolamento.,. La  Commissione,  onde  migliorare  le 
condizioni  delle  località  infette  dai  morbo  più  o  meno  endemico^ 
desidera  V  esercizio  di.  un  controllo  sanitario  attivo  sui  pelle- 
grini e^  sulle  piazze  di  affluenza  centrale ,  sui  battelli  ed  altri 
mezzi  di  trasporto,  ed  una  sorta  -di  quarantena  di  sorveglianza 
sui  viaggiatori  di  mare  e  di  terra  —  quest'  ultima  da  esten- 
dersi anche .  ai  casi  di  diarrea  come  a  quelli  di  cholera,  ed  alle 
persone  provenienti  da  siti  infetti;  —  queste  idee  partono  dal 
principio^  generalmente  ammesso,  della  trasmissibilità  del  morbo 
da  individuo  ad  individuo. 

Il  tratto  più  importante  che  fu  considerato  dalla  Commis- 
sione, è  Taumentata  frequenza  dèi  cholera  in  Persia,  dove  negli 
undici  anni  dal  1851  al  1862  si  ebbero  dieci  epidemie.  Aggiun- 
giamo che  anche  in  Egitto  si  osserva  la  stessa  tendenza,  quan- 
tunque  non  a  tal  punto. 

Non  nascondiamo  che  T  effettuazione  di  queste  misure  in- 
contra molte  difficoltà  e  molte  spese;  ma  i  benefizj  che  deri- 
vano  dal  prevenire  o  dal  fermare  il  morbo,  compensano  alta- 


424 

niente  dei  sacrifizj  fatti,  né  s'ha  a  dimenticare  il  vantaggio  che 
deriva,  anche  dal  lato  dell'educazione,  per  la  grande  importanza 
data  alle  migliorate  misure  sanitarie.  Gli  ultimi  rapporti  del- 
l' Egitto  supcriore  suli'  irrompere  del  morbo ,  sulla  immensa 
mortalità  e  sullo  stato  di  degradazione  degli  schiavi  ,  V  orren- 
do  fatto  che  i  cadaveri  dei  cholerosi  si  gettano  tutti  nel 
Nilo,  la  sorgente  generale  d' acqua  per  tutti  i  bisogni  di  tutto 
l'Egitto,  invocano  un  pronto  ed  energico  intervenire  deli' Eu* 
ropa  in  questo  paese  di  schiavitù  e  di  abbominazioni,  come  lo 
chiama  un  nostro  collega  (1).  Questo  intervento  lo  si  desidera 
anche  per  l' India ,  ancor  più  vicina  a  noi  per  cosi  dire  ; 
speriamo  che  la  Commissione  sanitaria  in  quel  paese  abbia 
ad  ottenere  grandi  miglioramenti.  La  Persia  diede  già  un  bel- 
r  esempio  col  proibire  due  volte  i  pMiegrinaggi  in  tempo  dì . 
cholera. 

Il  Dr.  Warren  25tone  ritiene  che  il  cholera  non  sia  per- 
sonalmente contagioso  ,  e  che  non  lo  sì  possa  troncare  colla 
quarantena.  Credo ,  egli  dice ,  che  le  lordure  e  gli  escrementi 
dei  cholerosi,  in  uno  spazio  limitato,  possano  generare  la  ma- 
lattia. Cita  parecchi  esempj  importanti  di  propagazione  di  cho- 
lera, per  essersi  esposti  all'atmosfera  di  un  battello  dove  erano 
stati  dei  casi  di  cholera.  Ritiene  che  la  causa  della  febbre  scar- 
lattina, del  morbillo,  del  vajuolo  ed  anche  della  semplice  feb- 
bre intermittènte,  non  sia  meno  oscura  di  quella  del  cholera. 
Crede  che  il  riferire  il  cholera  ad  un  avvelenemento  del  san- 
gue ajuti  a  rischiarare  l'argomento,  e  che  lo  spiegare  la  malat- 
tia facendola  derivare  dal  gr^an  simpatico,  sia  uno  spiegare  un 
fenomeno  Jnesplicabile  con  una  teoria  inesplicabile,  in  altre  pa- 
role, per  puro  assunto.  Ammette  caldamente  l'importanza  di 
una  attività  regolata,  della  dieta  vegetale  con  buoni  cibi  e 
una  quantità  sufficiente  di  stimolanti .,  in  tempo  di  cholera  ; 
r  eccesso  di  cibi  malsani  e  di  bere ,  predispongono  al  morbo. 
Nei  primi  disturbi  intestinali  somministra  chinino ,  calome- 
lano  ed  oppio,  e  mette  a  letto  il  paziente;  brodo  di  carne 
ed    acqua    con    poca  acquavite.    Se  le  emissioni    si    fanno    co- 


N 


(1)  Lancet  23  feb.  i867. 


425 

pìose  ed  esaurenti^  gli  astrìngenti,  chinino  e  dosi  moderate  di 
oppio.  Le  sostanze  stimolanti  e  riscaldanti  disturbano  ed  esau- 
riscono il  inalato;  giovano  molto  le  piccole  dosi  di  calome- 
lano ,  mezzo  grano,  un  grano  ,  ogni  mezz'  ora  ed  anche  più  di 
frequente ,  fino  a  prenderne  dieci  o  dodici  grani.  Pà  molta 
importanza  alla  spugnatura  fredda,  ed  all'uso  interno  d'ac- 
qua fredda  o  ghiaccio.  Ricordiamo  però  che  il  nostro  Autore 
scriveva  a  New  Orleans,  e  che  si  deve  quindi  tener  conto  del 
clima  di  quel>^sito. 

Non  possiamo  convenire  coli' «sserto  che  la  patologia  del 
cholera  non  abbia  carattere  anatomico.  In -complesso  lo  scritto 
del  Dr.  Stono  merita  di  esser  letto. 

Simon,  nel  suo  Memorandum  officiale  (1),  si  ferma  sulla  im- 
portanza massima  di  tosto  disinfettare  tutte  le  materie  emesse 
dal  paziente,  e  prevenire  che  vadano  a  mescolarsi  con  altre  so- 
stanze e  con  fluidi,  poiché  ne  risulterebbe  molto  maggior  danno 
da  queste  materie  quali  mezzi  di  propagazione  del  cholera,  an- 
che diffusi  in  larghi  volumi  di  acqua.  Il  paziente,  le  bianche- 
rie di  esso,  gli  abiti,  ecc. ,  possono  tutti  nello  stesso  modo  pro- 
pagare la  malattia.  Il  Memorandum  dimostra ,  come  le  circo- 
stanze locali  agiscano  potentemente  nel  favorire  lo  sviluppo 
della  malattia,  dato  che  anche  un  sol  caso,  fosse  leggiero,  siasi 
sviluppato  nelle  vicinanze.  Il  solo  salvaguardia  durevole  st^ 
nell'assoluta  pulizia,  e  nei  lavori  ben  diretti  delle  cloache,  delle 
colature  e  d^ll'  acqua.  Nel  Memorandum  trovansi  utili  istru- 
zioni per  disinfettare  l'acqua  potabile,  ecc.  I  migliori  sono  l'e- 
bollizione e  l'uso  del  fluido  disinfettante  rosso  Condy  ;  il  pro- 
cesso devesi  applicare  ogni  giorno  alla  quantità  d'  acqua  da 
consumarsi  in  quel  giorno.  Non  si  può  fidarsi  della  filtrazione, 
quantunque  sia  un'utile  aggiunta  ai  mezzi  suesposti. 

Glaisher  fece  delle  ricerche  sulla  profondità  da  cui  deriva 
i'  acqua  nei  tempi  di  epidemia ,  onde  verificare  quanto  disse  il 
Professore  Pettenkofer  riguardo  al  nesso  di  dipendenza  tra  l'epi- 
demia e  la  profondità  ^ello  strato.  È  un  fatto  che  certe  forme 


(1)  Officiai  Memorandum  of  the  Medicai- Officer  of  the  Privy 
Council,  luglio  1866, 


426 

di  febbri  osservate  nei  distretti  paludosi  dell'  Inghilterra ,  di- 
pendono dalla  siccità;  è  nota  1»  fatalità  della  febbre  nelle  no- 
stre troppe  durante  la  guerra  peninsulare,  quando  marciavano 
nel  letto  asciutto  di  un  fiume.  Non  vogliamo  però  diminuire 
per  nulla  il  merito  dell' erudito  professore  per  le  sue  impor- 
tantissime ricerche. 

Il  Prof.  Rolleston  di  Oxford ,  pubblicò  non  è  molto  una 
bellissima  lettera  sullo  Spectator,  esponendo  con  molta  chia- 
rezza molti  punti  importanti  di  igiene.  Passa  in  rivista,  le 
cinque  condizioni  di  Pettenkofer  per  lo  sviluppo  dui  cholera , 
due  delle  quali  dipendono  da  cause  personali  e  tre  dalle  locali* 

e  La  prima  condizione  personale  è  la  presenza  nel  sito 
dove  deve  svilupparsi  il  cholera,  del  particolare  e  specifico  ve- 
leno cholerico,  cellula  o  fermento,  che  origina  dai  rejectamenta 
dei  cholerosi ,  ed  anche  degli  escreti  di  persone  sane  che  pro- 
vengono da  siti  infetti.  La  seconda  condizione  personale  è  la 
recettività  e  suscettibilità,  spesso  procuratasi  da  sé  stessi,  della 
persona  all'  infezione,  lia  prima  condizione  locale  è  la  porosità 
e  la  permeabilità  del  primo  strato  di  terreno  all'aria  ed  all'ac^ 
qua.  La  seconda ,  è  la  presenza  ad  una  maggior  o  minor  pro- 
fondità dalla  superficie  dello  strato  poroso ,  di  quello  che  Pet- 
tenkofer chiama  Grundwasser  -^  quantunque  egli  ci  dica  che 
i  suoi  oppositori  non  adotteranno  la  sua  nomenclatura  —  e 
che  noi  chiamiamo  sorgente  od  acqua  sotterranea.  La  seconda 
condizione  locale  è  specialmente  fatale  quando  il  livello  delle 
sorgenti  cade  insolitamente  al  basso ,  dopo  essere  ^tato  insoli- 
tamente alto.  La  terza,  senza  della  quale  è  impossibile  la  dif- 
fusione del  cholera,  è  la  presenza,  più  o  meno  diffusa  nello 
stato  poroso ,  di  quelle  sostanze  organiche  che  le  cloache  mo- 
derne portano  fuori  dai  nostri  recinti,  ma  che  l'antica  incuria 
lasciava  putrefare  intorno  alle  case,  nelle  fogne  e  nei  letamai. 
Qui,  come  in  tanti  altri  casi,  le  colpe  dei  padri  sono  scontate 
dia  figli,  e  il  suolo  può  ritenere'  per  un  tempo  quasi  indefinito 
r  impurità  organica  che  vi  si  lasciò  colare  da  molte  genera- 
zioni ». 

Non  bisogna  aspettarsi  che  appena  adottate  le  misure  sa- 
nitarie si  abbia  l'immunità  contro  il  cholera;   in    tutti  i  casi 


427 

però  si  può  sperare  di  andarne  esenti ,  purché  queste  misure 
siansi  già  messe  in  pratica  da  tempo. 

I  Dr.  Peitenkofer ,  Griesinger  e  Wunderlieh  pubblicarono 
in  un  pìccolo  volume  alcune  importanti  osservazioni ,  e  il  Pro- 
fessore Rolleston  ne  diede  un  breve  sunto.  Essi  raccomandano 
specialmente  il  solfato  di  ferro,  per  ragioni  chimiche  ed  econo- 
miche, a  disinfettare  le  cloache^  «  insieme  ad  un  acido,  a  pre- 
ferenza del  cloruro  di  ealce ,  che  possiede  e  produce  una  rea- 
zione alcalina.  L'esperienza  ha  dimostrato  che  il  germe  chole- 
-rico  ha  bisogno  di  una  particolare  atmosfera  per  vivere,  e  que- 
sta atmosfera  particolare  è  fornita  dall' esalazione  alcalina  dei 
secessi  umani  in  decompozione.  In  questa  operetta  come  negli 
scritti  pubblicati  nel  Zeitschrift  si  raccomanda  di  stabilire  06- 
'servirungs-spitah  per  le  persone  afiette  da  diarrea  prodromica. 
'Solo  il  quattro  per  cento  di  codeste  persone  confinate  in  case 
di  osservazione ,    passarono  in  cholera    dichiarato-  -^   risultato 

'sufficiente  per  confermare  la  raccomandazione  fatta.  Al  giorno 
^'^Sg^  9  mentre  i  pratici  e  le  dottrine >  inglesi  hanno  opinioni 
così  diverse,  riguardo  al  trattamento,  è  importante  il  dire  che 
i  tedeschi,  come  la  maggior  parte  dei^  medici  in  India,  racco- 
mandano le-  piccole  dosi  di  oppio  quale  rimedio  migliore  pei  sin- 
tomi-precursori ». 

Mentre  i  tedeschi  ritengono  che  gli  escreti  cholerici  siano 
4a  fonte  del  cholera,  credono  altresì  che  l'impurità  dell'acqua 
favorisca  la  diffusione  dèi  morbo ,  più  che  non  sia  veicolo  del 
germe  eh  clerico  specifico.  E  nello  stesso  tempo  non  si  dichia* 
rano  positivamente  in  questo  opuscolo  ,  quali  oppositori  delia 
spiegazione  del  Dr.  Snow,  dei  fatti  ricordati  ultimamente  dal 
Registrar-Gen  eral. 

II  Prof.  Rolleston  parla  altresì  con  giusto  elogio  degli  im- 
portanti' lavori  del  Dr.  Budd  di  Bristol  e  di  adtri  medici  inglesi, 
su  argomenti  sanitarj. 

M.  Bordier  (1),  allievo  del  Dr.  Gublei^^  ritiene  che  la  diarrea 


(1)  «  Archives  Générales  de  Médecine  »  feb.  1867;  Epidemie 
Cholériqué  de  1866  à  THòpital  Beaujon,  par  A.  Bordiei*,  Interne 
des  Hòpitaux. 


428 

prodromiea  sia  una  prova  della  resistenia  dell'organisma  al  yeleno 
cholerico.  Egli  chiama  cholera  quei  casi  di  profonda  e  ^subitanea 
invasione  deK  veleno.  La  malattia  presenta  tre  fasi;  1*,  spoliation 
par  des  voies  variables,  che  probabilmente  si  può  interpretare 
per  privazione  di  fluido  vitale  per  vie  diverse;  2^,  galvanizza- 
zione dei  filamenti  vaso^motori  del  simpatico;  3*,  consecutivo 
rilassamento  dei  vaso-motore.  Cholerina  quando  è  mite ,  cho- 
lera se  grave,  è  detta  anche  choléroide,  cioè,  quando  è  modifi- 
cata da  malattia  precedente.  Il  cholera  può  presentare  tali  ca- 
ratteri da  poterlo  classificare  in  sudorale ,  meningeo ,  sincopale 
foudroyante ,  tetanico,  tifoideo.  I  crampi  variano  di  frequenza 
e  intensità  in  ragione  inversa  dell'età  e  in  ragione  diretta  dalla 
muscolosità  del  malato.  Cedono  spesso  ai  senapismi  ed  all'  elet- 

4 

tricità  (o,  aggiungiamo,  al  cloroformio  applicato  su  delle  filacce 
o  air  opio  internamente ,  od  alle  inalazioni  di  cloroformio.  -— 
Reviewer), 

La  diarrea  e  il  vomito  .spesso  alternano ,  la  prima  abbatte 
più  presto  dell'  altro.  Sempre  acido  in  principio ,  il  fluido  del 
vomito  diventa  poi  alcalino,  affatto  bilioso,  e  costituisce  allora 
un  vero  flusso  di  bile  —  cholirrhée.  Cessato  questo,  spesso  so- 
lfara v  viene  l'itterizia.  ' 

I  secessi  sono  alcalini,  contengono  elementi  albuminosi,  ras- 
somiglianti a  siero,  quantunque  ne  siano  diversi.  Vi  si  trovano 
molte  specie  di  animali  infuso rj  che  muojono  col  freddarsi  della 
materia.  Le  evacuazioni  sono  susseguite  da  secchezza  delle  mu"* 
cose  e  delle  sierose.  A  tal  punto  la  pelle  facilmente  si  esulcera 
e  si  sfacela,  per  l'anestesia  e  la  mancanza  di  elasticità. 

N^l  periodo  algido,  se  si  ottiene  un  pò  di  orina ,  questa  si 
cangia  in  azzurro  coU'aoido  nitrico  ;  (1)  vi  si  trova  anche  molto 
albume.  Nella  reazione  scompariscono  e  1' azzurro  e  l'albume. 
Sono  allora  in  eccesso  l'acido  urico  e  1'  urea,  risultati  di  com- 
piata  ossidazione,  qualche  volta  lo  zuccaro.  La  glicosuria  dipende, 
senza  dubbio,  dall'iperemia  passiva  del  fegato,  spesso  ingrossato 


(1)  Violetto,  porpora,  in  qualche  caso  quasi  nera,  o  colori 
diversi  ;  Dr.  H.  Weber ,  Medicai  Times  and  Gazette ,  agosto 
1866. 


429 

a  questo  periodo.  La  eìstlfelea  distessi  dà  liquido  mucoso.  In- 
grossata amiche  la  milza.  Complicazione  frequente  e  quasi  sem- 
pre fatale  è  la  paralisi  progressiva  della  bocca  e  delle  pinne 
nasali,  poi  sopraggiunge  l'asfissia  meccanica.  «-  Terminazione 
osservata  da  M.  Bordìer  e  non  mai  prima  descritta. 

Una  considerevole  iperemia  delle  sinovie  accompagna  qual- 
che volta  la  reazione  ;  le  mucose ,  nella  reazione ,  secernono 
spesso  del  pus  in  copia. 

La  convalescenza  viene  qualche  volta  ritardata  dalla  con- 
trazione delle  estremità,  e  dalla  paralisi  del  sistema  muscolare 
(paralyaie  amyhotrophique). 

I  rimedj  che  sembravano  più  utili  nelle  formidabili  conge* 
stioni  del  periodo  di  reazione,  furono  11  solfato  di  chinino,  il 
caffè,  la  sottrazione  di  sangue,  e  la  belladonna. 

Dal  primo  manifestarsi  dal  cholera  a  Southampton  nel  1865, 
dall'interessante  rapporto  del  progredire  di  esso  in  Gozo  (i), 
dalla  relazione  dall' irrompere  del  morbo  a  Dublino  (2),  e  dalle 
relazioni  d'  altri  siti ,  rileviamo  fatti  che  confermano  la  conta- 
giosità di  esso,  ossia  la  portabilità  da  persona  a  '  persona,  e  la 
tendenza  ad  attaccarsi  alle  località  o  agli  individui  disposti,  per 
così  dire,  a  riceverlo.  L'epidemia  recente  òhe  aticora  (3)  ser- 
peggia in  alcune  località  dell'Inghilterra,  dell'Irlanda,  ecc.,  pre- 
sentò' delle  particolarità  diverse  da  quelle  dell'epidemia,  del  1849 
e  1854;  Pare  che  in  complesso  la  malignità  (4)  del  morbo  sia 
piuttosto  aumentata,  che  la  mortalità  sia  stata  maggiore  in  un 
tempo  relativamente  breve,  che  si  siano  ottenuti  i  migliori  risul- 
tati in  Londra  generalmente,  per  le  attive  misurò  igieniche  addot- 
tatevi  da  qualche  anno;  mentre,  come  si  osserva  dal  Registrar- 
General,  la  n'egligenza  e  1'  ignoranza ,  dovunque  esistano,  sono 
causa  di  immenso  numero  di  morti  in  casa  e  fuori. 

II  Dr.  Gamps  sostiene  l'uso  del  chinino,  della  salicina ,  o 
dell'arsenico,  quali  profilassi  contro  il  cholera  e  la  diarrea  epi- 


(1)  Statistica!   Sanitary,  and  Medicai  Reports  of  the  Àrmy 
^M^dical  Department,  voi.  VI,  1866. 

(2)  Medicai  Times  and  Gazette,  die.  15,  1866. 

(3)  Dicembre,  1866. 

(4)  Ciò  si  riferisce  appena  al  1849. 


430 

demica.  Il  Chirurgo  Maggiore  Blacklock  emesse  l' idea  che  la 
vaccina  e  il  vajuolo  possano  proteggere  dal  cholera.  Tucker 
opina  pAl  trattamento  del  cholera  mediante  i  salini,  come  pro- 
pose già  da  molto  tempo ,  il  Dr.  Stevens.  11  Dr.  Dudiey 
Kingsford  ahbatte  il  cholera  mediante  il  fosforo  <  in  una 
qualche  forma  !  »  Il  Dr.  Konigberger  sostiene  V  innesto  della 
quassia  come^  cura  del  cholera. 

Un  medico  dice  di  tenere  il  sangue  in  circolazione  nel  cho« 
lera  mediante  il  moto  meccanico  (per  rimescolamento  o  ondu- 
lazione;  e  visto  che  «il  resto  della  cura  di  codesto  autore  ano- 
nimo, sta  n^l  porre  il  malato  in  un  hagno  alla  temperatura  di 
120^,150*  T.  fregando  il  corpo  con  salamojai  ci  si  scuserà  se 
noo  raccomandiamo  il  resto  di  tal  pratica). 

Il  Dr.  Howe  riferisce  all'influenza  lunare  le  epidemie  .del 
1831-32,  1848-49,  e  1866,  lasciando  fuori  quella  del  1854.  Pare 
che  quest'ultima  non  s* accomodi  coi  periodi  necessarj  alla  per- 
fezione della  sua  teoria. 

Ancorché  cessata  V  epidemia,  i  pochi  casi  isolati  richiedono 
ancora  la  vigilante  attenzione  delie  autorità.  Questa  è  una  le-^ 
zione  di  quest'anno;  mentre  il  cholera  infieriva  presso  la  Tower^ 
r  Isie  of  Dogs ,  e  Victoria  Park  ,  suH'  area  attraversata  dalla' 
Blackwall  Railway,  e  dalla  Great  East^rn  Railway,  fino  a  Stratford 
e  West  Ham,  frammezzo  a  una  popolazione  in  continuo  attrito 
di  comunicazione ,  entro  contrade  strette  e  lungo  il  Regent'  s 
Canal  e  il  Tamigi,  e  nel  rimanente  di  Londra  e  dei  vicini  di- 
stretti cui  si  erano  rifugiati  molti  e  molti  che  abitavano  V  est 
di  Londra  ,  il  ihorbo  si  limitò  strettamente  entro  definiti  con- 
fini ,  e  non  si  estese  più^  in  là ,  quantunque  gli  spostamenti 
della  popolazione  fossero  liberi  come  V  aria.  La  futilità  delle 
quarantene  è  ormai  cosi  nota,  che  non  si  pensò  nemmeno  di 
proporle  in  Londra.  Si  tolse  l'acqua  impura;  aumentò  la  dili- 
genza degli  ingegneri  delle  acque;  si  attivarono  le  fogne  più 
di  quanto  si  facesse  prima  e  le  si  praticarono  anche  nel  Sud 
di  Londra;  gli  ufficiali  sanitarj  aumentarono  di  vigilanza;  si 
curò  la  diarrea  prodromica;  ogni  caso  veniva  tosto  portato  a 
pubblica  notizia^  gli  escreti  ^holerosi  distrùtti  coli' acido  car- 
bolico  e  con  altri  disinfettanti.  In  pochi  casi  la  malattia  si  co- 
municò mediante  contatto  col  veleno;  la  diffusione  generale  fu 


431 

però  arrestata.  Questo  è  il  s<^gr«to  che  frenò  iti- Londra  un  epi*. 
demla  sì  fatale,  nello  stesso  anno,  nelle  città  del  continente. 

L*01d  Ford  reservòir  fornisce  l'acqua  a  sei  quartieri  (districts) 
dell'est  di  Londra  ed  ai  sobborghi  West  Ha m  e  Stratford ,  con 
una  popolazione  di  531,921  persone,  4104  delle  quali,  morirono 
di  cholera  nelle  23  settimane  dal  30  giugno  al  1.^  dicembre, 
colla  proporzione  di  77  morti  su  10,000  aniine.  Il  resto  di  Lon- 
dra ,  tranne  i  quartieri  ora  indicati ,  non  alimentato  dall'  Old 
Ford,  contiene  2,566,882  persYvne,  1819  solo  dei  quali  morirono, 
di  cholera  nello  stesso  periodo  di  tempo ,  con  una  media  di  7 
su  10,000.  Poiché  il  risultato  generale  dslla  dispendiosa  opera 
delle  fogne  e  dell' incanalatura,  e  della  migliorata  somministra- 
zione d'acqua  in  Londra  riesci  tanto  soddisfacente,  è  bene  che 
sia  stata  instituita  una  Commissione  per  esaminare  lo  stato  dei 
nostri  fiumi,  delle  fogne^  ecc. 

Il  Dr..  Ghevers  (1)  pubblicò  una  descrizione  spaventosa  ma 
pur  vera  delle  cause  locali  del  morbo  nel  Delta  del'  Gange.  E^  fatto 
importante,  da  quel  gorgo  di  morte,  il  cholera  non  solo  esce  fuori 
di  tempo  in  tempo  a  seminar  strage  nelle  più  remote  regioni, 
ma  non  vi  cessa  mai.  Nello  scritto  di  Chevers  si  trova  indicato 
un  lavoro  importante  del  Dr.  J.  Moore  sulla  grande  impurità 
delle  acque  del  Bengala  iil  generale. 

Un  largo  numero  di  distinti  medici,  compresi  i  presidenti 
del  Royal  College  of  Physicians  e  del  General  Medicai  Council| 
i  direttori  generali  dell'Army  and  Navy  Medicai  Departments,  ecc. 
formularono  cosi  una  risposta  al  Consiglio  dell'Epidemiologica! 
Society:  1.®  Che  in  fine,  non  è  prudente  l'ammettere  cholerosi 
nelle  sale  ordinarie  degli  ospedali  generali.  2.®  Che  i  cholerosi 
si  possono  benissimo  collocare  in  sale  speciali  negli  ospedali  ge- 
nerali,  colle  dovute  precauzioni;  e  che  è  quindi  desiderabile 
che  le  autorità  di  codeste  istituzioni  ne  concedano  al  pubblico 
il  benefizio ,  disponendo  così  di  un  provvido  mezzo  di  ricovero 
per  i  miserabili    che   vengano   colpiti   dal  morbo.  3.^  Che  sarà 


(1)  Indian  Ànnals  of  Medicai  Science  ,  1866.  —  Half- 
Yearly  Abstract  of  the  Medicai  Sciences,  1866 ,  voi.  XLIV , 
pag.  5. 


432 

Spasso   necessario  che  si  isiitaiscano    ospedali  speciali    in    ag- 
giunta 0  invece  degli  ospedali  generali. 

It  Consiglio  raccomanderebbe  altresì  che  all'apparire  del  cho- 
lera  ,  i  poveri  abitanti  in  luoghi  ed  in  case  malsane  potessero 
rifugiarsi  in  luoghi  speciali,  ancorché  non  presi  da  choUra. 

Il  Dr,  Crisp ,  alludendo  alla  teoria  spasmodica  del  Dr. 
George  Johnson,  dice  che  e  è  un  puro  assunto,  non  sostenuto 
da  prove  ».  Ma  ammesso  anche  che  la  teoria  del  Dr.  Johnson 
dello  spasmo  delle  piccole  arterie  sia  giusta,  in  qual  labirinto  di 
difficoltà  non  ci  troveremo,  esaminando  la  questione  da  questo 
punto?  Se  queste  arterie  polmonari  hanno  fibre  muscolari,  e  sono 
in  spasmo,  che  di  meglio  dell'oppio  per  mettervi  riparo?  I  difen- 
sori della  cura  coU'oppio,  se  appartengono  alla  teoria  spasmo- 
dica di  Johuson,  non  potrebbero  trovare  miglior  prova  dell'e- 
sattezza di  codesta  tooria.  Ma,  sfortunatamente  per  loro,  il  Dr. 
Johnson  ignora  e  l'oppio  e  il  bagno  caldo,  ecc.  Il  Dr.  Crisp  ag- 
giunge poi,  che  l'iperemia  ciie  si  osserva  in  alcuni  organi  de- 
vesi  piuttosto  alla  mancanza  di  vis  a  tergo^  all'indebolita  a^zione 
del  cuore,  ed  allo  stato  inspessito  del  sangue,*  ecc.  Si  ferma  an- 
che sugli  effetti  importanti  del  non'  passaggio  della  bile  (in  ge- 
nerale nel  cholera)  negli  intestini. 

Il  Dr.  Shrimpton  asserisce  che  il  cholera  rion  è  contagioso; 
i  poveri  si  possono  curare  in  casa,  tranne  i  casi  più  gravi,  da 
trasportare  all'ospedale.  Non  ha  fiducia  nei  disinfettanti^  ap- 
prova altamente  la  pulizia. 

Il  Dr.  Peters  insiste  per  la  quarantena  prolungata  e  rigo- 
rosissima,  per  la  pulizìa,  la  disinfczione,  quali  mezzi  atti  a  pre- 
venire il  diffondersi  del  morbo.  Quantunque  vi  si  trovino  le  opi- 
nioni di  molti  celebri  autori  e  di  altri  meno  noti ,  l'  opera  di 
Peters  non  è  esatta  in  alcuni  punti.  A  pag.  156,  per  esempio, 
dice:  —  Uno  dei  caratteri  più  distinti  del  cholera  è  che  tutte 
le  scariche  sono  acide,  non  se  ne  trovarono  mai  di  alcaline,  le 
scariche  alvine,  come  quelle  del  vomito,  ecc*  -^  Queste  asser- 
zioni non  si  trovano  d'accordo  colle  ricerche  di  Bordier,  di  Pet- 
terikofer  e  di  altri.  Aggiungiamo  che  le  idee  del  Dr.  Peters 
sulla  quarantena,  non  sono  praticabili  coi  mezzi  moderni  di  lo- 
comozione. 

Il  Dr.   Haugton  accenna    l' idea   di  alcuni  ,   che   il   cholera 


433 

n«l  1832,  i849  e  1866  fosse  in  relazione  eon  fenomeni  meteo- 
rici, ricorrenti  ad  intervalli  di  diciassette  ^nni  (1). 

e  Quantunque  j»^ice  il  Dr.  Haughton  te  non  si  possa  negare 
l'influenza  di  queste  periodiche  cause  astronomiche  nel  volgere 
una  malattia  endemica  in  malattia  epidemica ,  semplicemente 
perchè  ciò  né  si  può  provare  né  si  può  negare,  è  pure  incon- 
sistente colle  leggi  della  scienza  induttiva,  l'ammettere  per  un  fe- 
nomeno una  causa  che  è  solo  una  causa  possibile,  fin  quando  esi- 
ste una  causa  probabile  di  reale  influenza.  Possiamo  quindi  ri- 
gettare  tali  cause  fino  a  che  possiamo  assegnare  cause  più  prò 
babili  al  fenomeno,  che  in  caso  di  cholera  é  sempre  possibile;  e 
d'altronde  le  cause  astronomiche  del  cholera  si  ridurrebbero  a 
cause  meteorologiche  di  influenza  diffosrva  ;  poiché  le  fasi  me- 
teoriche e  le  altre  influenze  astronomiche,  non  si  possono  far 
sentire  che  influenzando  la  costituzione  di  larghe  regioni  d*at< 
inosfera  ». 

Su  queste  idee  si  spiegano  i  fatti  dal  primo  apparire  del 
cholera  a  Dublino  nel  1866;  in  quell'anno  si  ebbero  1193  vit- 
time.  Il  Dr.  Haughton  traccia  lo  sviluppo  del  morbo  fin  dal 
caso  di  Magee,  una  donna  «  che  importò  il  cholera  da  Liver- 
pool ,  nel  luglio ,  26  »  ;  siamo  certi  che  gli  scritti  susseguenti 
di  questo  osservatore  chiaro  e  scientifico,-  aggiunti  a  quanto  già 
pubblicò,  costituiranno  un  assieme  importante  di  cognizioni  sul 
terribile .  morbo. 

A  Parigi  nel  1865  i  bagni  caldi  pei  cholerosi  non  riuscirò  no. 
Il  Dr.  A.  Clarke ,  medico  al  London  Hospital,  li  ritenne  bene^ 
ficL  L' infezione  nelle  vene  fu  approvata  da  alcuni  per  gli  estremi 
casi  di  collasso,  altri  non  la  ammisero.  M.  lules  Besnier  (2)  at- 
tribuisce l'asfissia  del  cholera,  alla  congestione  polmonare  e  al 
deposito  di  una  sostanza  rossiccia,  viscosa,  una  specie  di  geU* 
tina,  sulla  superficie  della  mucosa  bronchiale.  In  questa  sostanza 
tenace,  il  microscopio  rivelò  un  numero  considerevole  di  cellule, 


(1)  Il  Dr,  Howe,    Fautore  di  codesta  idea,  ignora  l'epide- 
mia del  1854  ;  essa  avrebbe  imbrogliata  la  teoria.  —  Reviewer. 

<2)  Archives  Générales  de  Médecine^  sett.  1866. 
Annali.  Voi  CCI.  28 


434 

• 

alcane  strette  ed  allungate,  altre  larghe  ed  irregolari,  ambe  le 
sorta  provvedute  di  ciglia  vibratili  ad  una  estremità. 

La  braiae  de  houlanger  (1),  che  è  il  carbone  che  risulta  dalle 
fascine  colle  quali  si  riscaldano  i  forni,  fu  impiegata  in  Francia 
per  filtrare  1'  acqua.  Per  disinfettare  le  fossea  d'ai$ance$  ,  le 
fogne,  ecc.,  si  usò  il  solfato  di  ferro.  In  onta  alle  idee  di  Pet- 
tenkofer ,  si  raccomandò  l' ammoniaca  come  gas  disinfettante. 
Ad  ogni  apertura  di  locale  dove  stanno  cholerosi  si  dovrebbe 
porre  dall'acido  carbolico. 

Sir  Henry  Cooper  crede  di  prima  importanza  l'arrestare  il 
periodo  della  diarrea  cholerica  cogli  astringenti: 

<r  È  dovere  dell'autorità ,  nei  tempi  di  epidemia  cholerica  , 
di  cercare  e  troncare  tutti  i  casi  di  diarrea,  instituendo  all'uopo 
una  polizia  sanita^ria  per  rintracciare  la  malattiti,  e  curarla  sui 
primi  stadj  ». 

Si  propose  qual  rimedio  la  fava  del  Calabar ,  ma  tosto  fa 
abbandonata ,  perchè  causa  di  emorragia  enterica ,  aggravando 
quindi  il  caso. 

Il  Dr.  Morehead  si  oppone  al  dogma  che  «  in  India  si  do- 
vrebbe seguire  la  regola  di  curare  ogni  choieroso  in  una  ten- 
da »  ;  il  caldo ,  secondo  lui  ,  il  freddo  ,  la  siccità  e  1'  umidità , 
come  pure  il  buon  nutrimento  e  la  ventilazione,  devono  essere 
molto  considerati,  specialmente  in  un  paese  com'è  l'India,  così 
esteso,  così  variato  e  variabile  di  cliuia,  di  superficie,  ecc. 

Nell'opuscolo  del  Dr.  Morehead  sonvi  altri  punti  che  me- 
ritano attenzione. 

Alcuni   pratici  attribuirono  .un   certo   vantaggio   al   clistere 

caldo  nel  cholera ,  mezzo  d' altronde  non  nuovo.  Il-  Dr.  Men- 
zies  adoperò  in  India  con  qualche  beneficio  il  ghiaccio  in  pie- 
cole  proporzioni.  (  In  qualche  caso  giovò  anche  qui  in  Inghil- 
terra ).  Il  Dr.  M'Cloy  di  Liverpool  raccomanda  la  cura  con 
olio  di  ricino  del  Dr.  Johnson  ,  e  condanna  il  ghiaccio  lungo 
la  spina  quale  «  miserabilmente  senza  riuscita  ]>.  I  risultati 
della  cura  con  olio  di  ricino  istituita  per   un    certo   tempo   da 


(1)  Gazette    des  Hòpitaux ,  sett.  22 ,  1866.  —  Med.   Times 
and  Gazette,  ,sett.  29,  1866. 


435 

ailcani  giovani  medici  di  Dublino  furono  si  fatali ,  che  alcuni 
altri  medici  di  ospedal;  pei  eholerosi  dichiararono  che  non  ri- 
ceverebbero più  casi  trattati  in  tal  modo. 

'  L'  operetta  di  Sanson  contiene  alcune  regole  pratiche  sulla 
disinfezione  e  sui  materiali  da  adoperare.  Egli  riferisce  il  treno 
dei  sintomi  di  choiera  ali'  influenza  di  un  e  veleno  reale ,  at- 
tuale »  irritante  il  gran  simpatico*  Cerca  di  combatterne  gli 
effetti  col  solfito  di  soda  e  coll'acido  carbolico,  dati  internamente 
a  dosi  debitamente  diluite.  Questo  autore* dà  troppa  importanza 
alle  condizioni  anatomiche  del  sistema  vascplare ,  del  che  non 
abbiamo  prova  alcuna;  gli  agenti  indicati  sono  di  un'  azione 
troppo  debole  per  la  malattia  della  quale  ci  occupiamo  ora.  Me- 
ritano di  essere  ricordati  molti  consigli  riguardo  alla  dieta,  al 
nutrimento,  ecc. 

Il  Professore  Franklànd  in  una  sua  relazione  al  Registrar- 
General ,  riferisce  il  risultato  delle  ^  sue  ricerche  sulla  natura 
delle  evacuazioni  choleriche.  L' acqua  può  essere  seriamente 
contaminata  da  materia  oholericay  senza  che  l'analisi  chimics^ 
la  possa  scoprire;  l'acqua  così  contaminata  non  viene  comple- 
tamente privata  della  sua  impurità  né  per  filtrazione  né  attra- 
versando uno  strato  di  carbone  animale.  Resta  ancora  a  deter- 
minare a  quale  speciale  costituente  delle  deiezioni  cl^oleriche 
devesi  la  propagazione  del  morbo;  è  naturale  che  se  la  materia 
propagante  è  un  germe  o  un  organismo,  dev'  essere  in  sospen- 
sione e  non  in  soluzione. 

Sir  Dominio  Corrigan,  senza  negare  il  contagio  nel  choiera, 
ma  notando  Ih  relativa  non  frequenza  della  diffusione  del  morbo 
nel  1848  e  49  nell'Ulster  e  Leinster,  e  il  fatto  che  ogni  città  nel 
Connaught  e  quarantadue  su  quarantasette  città  nel  Munster 
furono  visitate  dal  morbo,  argomenta  che  questi  fatti  stiano  con- 
tro la  teoria  del  contagio ,  poiché  questi  ultimi  distretti  sono 
remoti  dalle  vie  principali  del  traffico.  Però  considerando  che 
la  maggior  parte  di  quelli  che  van^o  e  vengono  dalle  città  e 
dai  distretti  dell' Inghilterra  per  la  mietitura,  ecc.,  e  con  abitu- 
dini di  vita  che  li  dispongono  non  poco  al  morbo,  abitano  nel 
Connaught  e  nel  Munster,  ci  pare  che  ciò  favorisca  più  che  al* 
tro  la  teoria  del  contagio. 

Non  sarà  mai  abbastanza  impressa  nella  mente  del  pubblico, 


436 

la  raccomandafeione  cha  fa  questo  autora,  buìF  importanza  mas- 
sima di  migliorare  per  qaflnto  è  possibile  la  salace  generale 
d'  ogni  individuo  in  tempo  di  cholera. 

Da  lango  tempo  è  noto  alla  medeeina  il  Dr.  Shapter  di 
Exeter ,  come  scrittore  in  argomento  di  cholera  ,  specialmente 
per  quanto  riguarda  Exeter.  Egli  spera  molto  nella  pronta  cura 
della  diarrea  che  di  solito  precede  la  malattia  ,  ed  accenna  al 
gran  valore  delle  misure  sanitarie.  Ritiene  la  febbre  consecu- 
tiva '  piuttosto  un  accidente  che  una  parte  necessaria  della  ma- 
lattia ,  poiché  spesso  t  i  casi  peggiori  di  collasso  guariscono 
rapidamente  e  senza  codesta  febbre  ».  e  II  collasso  da  altre 
cause,  per  esempio  per  azione  prolungata  del  freddo,  è  spesso 
seguito  da  una  forma  di  febbre  precisamente  simile  nella  mag- 
gior parte  dei  caratteri  ».  Secondo  la  sua  esperienza  prescrisse 
r  oppio  sul  pruìcipiò  della  malattia,  e  più  innanzi  il  mercurio 
con  0  senza  oppio.  Nel  collasso  inoltrato  o  nella  febbre  conse- 
cutiva, r  oppio  è  immediatamente  dannoso.  Giovano  però  una' 
dose  o  due  di  oppio  se  persistono  la  nausea  o  il  vomito. 

L'operetta    del    Dr.    Cockle   è  un    sunto    importante    delle 

r 

principali  teorie  del  chòlera,  e  vi  si  scorge  un'accurata  erudi- 
zione in  materia. 

e  Vediamo  alcuni  casi  procedere  bene  con  o  senza  soccorsi, 
perchè  il  cholera  ha  le  sue  forme  plus  e  minus.  Ma ,  faccia  a 
faccia  col  morbo  nella  forma  sua  più  grave  ,  V  occhio  testimo- 
nio della  nota  influenza  delle  scariche,  spesso  spaventose,  ci  la- 
scia forse  l'impressione  che  queste  siano  uno  sforzo  della  na- 
tura verso  la  guarigione,  o  che  abbiano  in  esse  un  carattere  di 
salvezza?  Ci  dicono  i  pazienti,  ad  ogni  emissione  di  fluido, 
eh'  essi  sentonsi  meglio  o  che  acquistano  forze  ?  Poiché  la  sca- 
rica eliminati  va  o  critica  ci  deve  dare  questi  risultati.  Se  cosi 
credono  alcuni,  V  occhio  li  inganna  stranamente.  In  tale  stato, 
comunque  noi  consideriamo  il  morbo ,  febbre  o  flusso  ,  irrita- 
zione 0  veleno,  comunque  sia  il  modo  di  curarlo ,  calomelano 
per  restaurare  la  bile ,  salini  a  moderare  la  congestione,  oppio 
ed  astringenti  a  reprimere,  ci  appìgliamo  pur  sempre  ali*  indi- 
cazione sintomatica,  è  crediamo,  ciascuno  sulla  sua  strada,  di 
fare  il  meglio,  frenando  vomito  e  diarrea,  come  sintomi  e  pe- 


437 

« 

Ficolp  del  cholera  epidemico  (1),  È  questa  pura  rotiiia,  p  stabi- 
lita convinzione  di  ragionata  esperienza  ?  Se  abbiamo  torto  , 
abbiamo  almeno  per  consolarci  T  esempio  dei  migliori;  vedete 
il  Dr.  Graves  medico  di  fama  più  che  comune ,  oppure  guar-^. 
tlate  più  in  là  e  cercate  altre  opiniimi  (2)  ;  dinnanzi  a  tali  am- 
maestramenti ci  vuole  una.  completa  evidenza  per  giustificare 
un  opposto  procedere  ;  quando  le  teorie  si  urtano  ,  sola  guida 
deve  essere  l'esperienza  dei  migliori.  Un  ultimo  argomento  in 
favore  del  metodo  astringente  sta  nelle  condizioni  della  mem- 
brana epiteliare  del  condotto  gastro-enterico;  più  larghe  la 
scariche  ,  e  maggiore  è  1^  distruzione  >  e  più  lungo  e  difficile 
il  ripararvi  ». 

La  discussione  sul  cholera  tenutasi.  all'Harveian  Society  of 
London ,  fu  pubblicata.  Contiene  le  opinioni  in  proposito  dei 
diversi  autori,  ciò  che  per  altro  sarebbe  difficilissimo  di  esporre 
in  una  rivista.  Parecchi  dei  membri  sostennero  V  importanza  di 
buone  misure  sanitarie.    L' introduzione    tenuta    dal  segretario 


(1)  A  meno  che  non  prevalga  qualche  singolare  errore,  il 
trattamento  astringente  (arrestive)  dà  i  migliori  risultati.  Se- 
condo Boudin  ,  Traité  de  Géograph.  etStatist.  Medie  ,  p.  366 
(1857),  la  mortalità  media  sarebbe  questa: 

Trattamento  evacuante  , 71.7  per  100 

»  stimolante 54  » 

»  alterante 36  »  ' 

»  astringente  .  ' 20  » 

(Per  una  maggiore  cognizione  di  codeste  tavole  vedasi 
r  opera  originale  ). 

(2)  Ainsi ,  en  general ,  plus  les  évacuations  sont  copieuses 
et  prolongées ,  et ,  plus .  le  choléra  est  fatai.  —  Magendie , 
pag.  133. 

C'est  aurtout  à  diminuer  ies  évacuations  qui  doivent  tendre 
les  indications  symptomatiques.  Rien  ne  méne  plus  rapidement 
à  la  ruine  des  forces ,  rien  ne  bète  davantage  le  progrès  des 
plus  redoutables  symptòmes,  que  la  fréquence  des  vomissements 
et  des  selles.  Non^seulement  alors  toute  médicatioii ,  tonte  ré- 
paratìon,  sont  impossibles,  mais  il  en  resulto  encore  un  épuise- 
ment  general  et  une  porte  absolue  de  toute  résistanee  vitale , 
par  les  déperditions  et  par  la  lassitude  que  causent  les  beàòins 
sans  cesse  renaissants  de  ces  déjéctions  continuelles.  Rapport 
de  TÀcademie  Roy<  de  Paris,  pag.  77. 


438 

della  Società ,  il  9r.  Drysdale ,  contiene  ano  sehino  dei  traUt 
principali  della  malattia. 

I  professori  Petteokofer ,  Griesinger  e  Wunderlich  ,  e  il 
Dr.  Macpherson  eonvongono  perfettamente  che  il  eholera  si 
propaghi  per  via  delle  acqae  sotterranee. 

II  Dr.  Klob,  secondo  informazioni  da  Vienna,  e  con  un  mi- 
croscopio deir ingrandimento  di  800  a  1000,  trovò  nelle  evacau- 
kioni  di  riso  milioni  di  funghi  microscopici,  di  aspetto  poco  di- 
verso delle  forme  comuni  europee  ;  ormai  non^  e'  è  quasi  più 
dubbio,  eh'  essi  formino  la  base  della  terribile  malattia ,  e  che 
il  eholera  facilmente  si  propaghi  per  mezzo  loro  ». 

Quasi  a  stampare  una  profonda  impressione  negli  uomini 
dell'arte,  della  grande  importanza  di  insistere  sulle  forze 
più  attive  a  promuovere  una  medicina  preventiva  o  di  stato, 
si  raccolgono  relazioni  ogni  di ,  le  quali  mostrano  la  gran 
necessità  di  misure  tali  che  diminuiscano  la  crescente  ten- 
denza di  morbi  fatali.  Così  sappiamo  che  in  alcune  parti 
delle  Indie  orientali  dominano  ad  un  tempo ,,  eholera ,  febbre 
gialla,  vajuolo  ;  a  Napoli  infierisce  il  vajuolo  (1);  a  Jersey  (2) 
e  in  altri  siti  più  vicini  a  noi  irruppe  il  eholera.  Come  avvenne 
r  alano  scorso  in  altri  luoghi ,  parecchi  casi  di  Jersey  ebbero 
origine  neir  infermiere  che  assistette  d  due  primi  cholerosi  ;  ne 
morirono  non  meno  di  dieci  tra  quelli  che  assistettero  l' infer- 
miere. 

Quantunque  la  malattia  sia  stata  prevalente  presso  St.  Brieux 
in  Bretagna,  non  si  notò  importazione  alcuna  in  Jersey. 

Il  Dr.  Chapman  asserisce  che  il  rimedio  della  diarrea  e 
del  eholera  À  il  ghiaccio  alla  spina  ;  egli  ragiona  sulla  teoria 
che  queste  malattie  dipendono  da  condizione  vascolare  del  mi- 
dollo spinale,  quindi  la  facoltà  del  ghiaccio  a  moderare  questa 
condizione.  Ora  noi  domandiamo  le  prove  di  questa  condizione 
del  midollo  spinale.  L'Auiore  non  tien  calcolo  dei  cambiamenti 
del  sangue  ,  che  avvengono  in  quei  casi  eh'  egli  asserisce  in*- 
fluenzati  dal  ghiaccio  alla  spina.  Non  è  nuovo  del  resto  che  i^ 


(i)  Lancet,  23  feb.,  1867. 
(2)  Ivi. 


J 


439 

freddo  alla  spina  abbia  un'  influenza  neir  iperemia  del  cordone 
spinale.  Il  Dr.  Chapman  avrà  veduto,  assai  prima  d'ora,  che 
i  risultati  relativamente  buoni  dei  casi  classificati  per  chòlera 
in  Russia^  non  dipendono  dal  clima  più  freddo,  come  dice  lui , 
ma  dal,  principio  che  si  segue  là  di  classificare  per  cholera  , 
casi,  di  diarrea  cholerica.  Dopo  aver  vantata  l'efficacia  del  suo 
metodo  in  quasi  tutte  le  <  malattie  di  cui  va  «rode  la  carne  » 
aggiunge:  <  io  mi. aspetto  che  i  molti  argomenti  esposti  in 
questa  sezione  riguardo  ar metodo  curativo  in  questione,  sa- 
ranno generalmente  accolti  con  scetticismo ,  e  forse  anche  col 
ridicolo ,  ecc.  ».  Noi  non  possiamo  ritenerlo  come  autore  di 
quB^nto  egli  chiama  <  una  legge  generale  nuovamente  seo* 
porta  ». 

Il  Dr.  Oockle  non  nega  la  contagiosità  del  cholera  in  certe 
condizioni ,  dubitando  solo  che  ciò  sia  pel  medium  dei  recenti 
excreta.  Crede  che  il  cholera  sia  il  risultato  di  qualche  speciale 
agente  che  modifica  profondamente  la  funzione  dei  tubo  gastro- 
enterico, irradiando  rapidamente  una  inlluenza  paralizzante  sui 
maggiori  ganglj  nervosi  connessi  coi  centri  spino-simpatici,  e 
sottraendo  rapidamente  dal  circolo  ,  in  tanta  depressione ,  una 
gran  quantità  dei  costituenti  del  sangue,  ecc. 

Sommario.  —  L' importanza  delle  molte  questioni  nate  per 
la  ricorrenza  del  cholera,  fu  causa  di  molti  pensieri,  di  molti 
scnitti ,  di  una  Conferenza  europea ,  e  trasse  in  azione  corpi 
scientìfici  e  politici. 

Come  nelle  precedenti  epidemie,  anche  ora  emerge  V  impor- 
tanza di  togliere  quelle  condizioni  che  favoriscono  la  produzione 
e  la  diffusione  del  morbo,  quanto  1*  arrestare  le  prime  fasi  della 
malattia,  nelle  quali  1'  esperienza  d*  oggi ,  come  quella  di  altri 
tempi,  ci  insegna 'essere  riposta  tutta  la  speranza  di  guari- 
gione. 

L' intrepido  coraggio  della  professione^  lo  zelo  e  la  perseve- 
ranza di  essa  in  faccia  ai  pericoli  ed  alle  difficoltà  ,  ci  frutta- 
rono moltissime  cognizioni  intorno  alia  malattia  ed  alle  conse- 
guenze di  essa,  r  ^  ' 

Tra  queste  ultime  troviamo  spesso  manifestamente  interes- 
sati i  centri  nervosi  ;  non  si  sa  però  bene  se  questo  disordine 
sia  da  attribuirsi  alla  malattia  per  se  stessa,  od  ai  serii  cam- 


440 

^n«iiti  ohe  avvengono  nei  costituenti  del  sangue,  e  loro  per^ 

dita  ooQsiderevole. 

Nel  sintomi  concomitanti  e  consecutivi  (eruzioni  cutanee,  ecc.), 
o*è  molto  per  supporre  che  il  cholera  sia  legato  nella  natura  sua 
ai  risultati  di  irritazione  dello  stomaco,  del  sistema  nervoso  per 
Ingésta  velenosi;  e  al  tempo  stesso  pare  possegga  molta  rela- 
lione  con  alcune  malattie  d'origine  di  malaria,  come  con  quelle 
classificate  negli  esantemi. 

Secondo  r  opinione  -dèlia  International  Sanitary  Conference 
e  di  molti  altri  osservatori ,  i  cessi  non  dovrebbero  mai  -essere 
nell'interno  delle  case,  nò  queste  in  comunicazione  colle  fogne* 

La  Conferenza  raccomanda  il  e  sistema  a  secco  »  invece  delle 
latrine  ad  acqna  (water-closets). 

Quasi  tutti  ammettono  che  le  comunicazioni  tra  gli  uomini 
siano  i  mezzi  di  diffusione  del  morbo. 

Le  cause  predisponenti  al  morbo  sono  di  due  sorta:  indivi- 
duali e  locali. 

Al  giorno  d'oggi  nessun  popolo  che  viva  in  istato  di  alta 
civilizzazione ,  si  può  tenere  immune  dal  cholera. 

È  dovere  d'ogni  paese  di  fare  ogni  sforzo  per  diminuire,  e 
se  è  possibile ,  e  più  presto  che  può,  togliere  le  fonti  donde  na- 
sce o  si  diffonde  la  malattia. 

Non  è  di  poca  importanza  Tessersi  manifestata,  in  alcune 
parti  degli  Stati  Uniti  una  forma  di  malattia,  assai  general- 
mente fatale  in  poche  ore,  accompagnata  da  disordine  profondo 
deir organismo,  da  collasso,  e  spesso  con  manifesti  indizj  sin- 
tomatici e  postumi,  di  una  malattia  del  cervello  e  del  midollo 
spinale,  con  sintomi  certe  volte  più  o  meno  tetanici,  senso 
di  estremo  freddo  e  vomito,  in  alcuni  casi  diarrea,  numerose 
placche  rosso-scuro  di  sangue  effuso  o  appena  sotto  la  cuticola, 
o  nello  spessore  degli  integumenti.  Alcuni  di  questi  casi  pre- 
sentano anche  uno  sfacelo  di  porzioni  di  integumenti  o  di  al- 
tre parti.  Questa  forma  di  malattia  si  manifestò  principalmente 
nei  soggetti  di  giovane  età  ed  anche  più  indietro,  con  molti 
punti  di  rassomiglianza  col  cholera.  I  sintomi  cominciano  spesso 
di  notte  o  sulle  prime  ore  del  mattinò  e  invadono  d'un  tratto. 
Apparentemente  legata  a  certe  località,  alcune  delle  quali  in 
grame  condizioni  igieniche,  pare  che  questa  malattia  non  abbia 


441 

fornite  molte  prove  di  contagiosità.  Parecchi  casi  di  tal  natura 
si  verificarono  sul  principio  dello  scorso  anno.  In  alcuni  si  os- 
servò una  forma  distinta  di  urticaria  mista  a  vesciche  (1)  di 
discreto  volume,  con  prurito  intenso  fino  a  far  piangere  il,  pa-* 
ziente. 

Di  natura  a  quanto  pare  ce rebro- spinale  ^  questa  malattia 
ha  una  sufficiente  *  analogia  col  cholera  per  averla  dovuta  ac* 
cennare  qui;  lo  studio  di  essa  legato  a  quello  4ei  diversi  pe- 
riodi del^cholera  e  della  febbre  consecutiva  di  questo,  promette 
di  rischiarare  ambedue  le  forme  di  malattia. 

Oggi  siamo  inclinati  a  considerare  le  malattie  da  più  vasti 
punti  di  vista,  tenendo  calcolo  delle  modificazioni  indottevi  dal 
clima,  dalla  razza,  ecc.  Anche  il  cholera  merita  di  esere  atten- 
tamente studiato  a  questo  modo  da  osservatori  diligenti,  con* 
vinti  dell'importanza  del  morbo,  non  solo  come  una  delle  pia- 
ghe più  fornddabili  dell'umanità,  ma  j^nche  perchè  pare  che  lo 
studio  di  esso  abbia  a  portar  luce  sull'azione  morbosa  di  altre 
malattie. 

M^e  tu  M^ériOBiUen  etc.  —  Delln  periostite  e  del- 
ia   necrosi    fosCorien<    del  dott.   HAIìTE^HOFP 

GIORGIO.   Zurigo,    1866.  —  Estratto  del  dott 
Cegufe  JFuwnagutti. 


Q 


'uesta  malattia  tutta  particolare  delle  ossa  della  faccia  venne 
ad  accrescere  il  lugubre  e  già  abbastanza  vasto  quadro  noso- 
logico  soltanto  dopo  che  si  introdusse  la  fabbricazione  dei  zol- 
fanelli fosforici,  dei  quali  l'invenzione  rimonta  all'anno  1834. 
Non  fu  peraltro  che  nel  1845,  che  Lorinser  e  Heyfelder  in  Ger- 
mania, e  Strohl  in  Francia  segnalarono  i  primi  casi  di  siffatta 
malattia,  la  quale  sviluppavasi  negli  operaj  di  queste  fabbriche, 
accusandone  fin  d'allora  siccome  unica  cagione  T  influenza  dei 
vapori  fosforici.  Nuove  osservazioni   sopravvenute ,   suscitarono 


(1)  Vedi  Hebra,  Diseases   of  the  Skin,  New  Sydenham  So* 
ciety,  1866,  voi.  I,  pag.  395.       . 


442 

questioni  assni  importanti ,  che  la  scienza  trattò  con  vivissimo 
interesse. 

A  Bibra  e  Geist  si  attribaisce  1'  accertamento  definitivo  del 
rapporto  causale  tra  questa  malattia  e  le  emanazioni  fosforiche. 

Per  buona  ventura  la  frequenza  di  questa  malattia  è  an- 
data scemando  in  grazia  delle  fnisUre  sanitarie,  e  dei  perfezio- 
namenti tecnici  adottati  all'uopo,  non  che  delle  cautele  adope- 
rate dagli  stessi  opera j,  edotti  dei  pericolo  cui  vanno  incontro. 

L'  opinione  in  oggi  più  favoreggiata  ammette  una  influenza 
locale  e  diretta  dei  gas^del  fosforo  sugli  organi  del  cavo  orale 
e  segnatamente  sul  periostio  delle  mascelle.-  Le  molecole  gasose 
formate  essenzialmente  dagli  ossidi  del  fosforo  si  sciolgono  nella 
saliva ,  e  provocando  una  irritazione ,  di  solito  insensibile  ma 
prolungata,  suscitano  alla  lunga  un'  infiammazione  ed  un  ram- 
mollimento delle  gengive,  soprattutto  intorno  al  colto  dei  denti. 
Il  tessuto  fibroso  gengivale  cosi  rammollito  s' imbeve  dì  saliva; 
la  flogosi  propagasi  allotta  al  periostio  degli  alveoli  e  del  mar- 
srine  alveolare.  Gli  è  a  questo  periodo  della  malattia  ,  che  si 
manifestano  i  fenomeni  morbosi  più  gravi,  ed  è  d'  allora  che  i 
pazienti  sogliono  datare  il  principio  del  loro  male.  Son  le  gen- 
give, come  sostiene  Trélat  nella  sua  dotta  tesi  di  concorso  pub- 
blicata a  Parigi  nel  1857  (  <  De  U  nécrose  causée  par  le  pho- 
sphore  »  ),  che  hanno  una  disposizione  a  subire  la  speciale  in- 
fluenza dei  vapori  fosforici ,  e  non  già  questi  che  esercitino 
un'  azione  elettiva  sulle  medesime. 

Il  tempo,  durato  dagli  operaj  in  quelle  fabbriche  senza  che 
contraggano  siffatta  malattia  chimica,  varia  assaissimo.  Secondo 
le  nostre  osservazioni,  il  periodo  minimo  fu  di  8  mesi ,  il  mas- 
simo di  17  anni.  Queste  cifre  per  altro,  siccome  osserva  sag- 
giamente il  prof.  Billroth,  non  ^anno  alcuna  importanza  per 
r  eziologia  della  periostite ,  attesa  là  incostanza  e  la  diversità 
delle  condizioni  igieniche  in  cui  vivono  gli  operaj. 

Il  sesso^  e  P  età  non  ispiegano  del  pari  alcuna  speciale  in- 
fluenza, né  ci  permettono  di  trarne  illazione  di  sorta,  tanto  più 
che  in  certi  paesi,  com'  è  noto,  vengono  nella  fabbricazione  dei 
fiammiferi  di  preferenza  occupate  le  donne ,  'ed  in  altri  invece 
gli  uomini. 

Più  che  il  sesso  e  l'età,  meritano  tutta  la  gravità  della  no- 


443 

Btra^  attenzione  le  malattie  precedenti  e  le  disposizioni  indivi- 
duali, cioè  r  abito  scrofoloso,  la  tubercolósi  e  soprattutto  le  af^ 
fezioni  del  sistema  osseo,  cosi  pur  troppo  frequenti  fra  il  basso 
popolo,  e  nella  prima  età  della  vita. 

Dalle  tavole  statìstiche  risulta  ad  evidenza,  che  questa  ma- 
lattia suole  att(£ccare  la  mascella  inferiore  più  spésso  che  la 
superiore  ;  rarissimo  è  il  caso,  che  ne  vadano  simultaneamente 
affette  ambedue^  La  saliva  si  raccoglie  e  soggiorna  pel  proprio 
peso  maggiormente  sulla'  mandibola  inferiore ,  la  quale  rimane 
perciò  più  esposta  ali'  azione  delle  sostanze  chimiche  senza  dub- 
bio diffuse  nella  saliva  stessa. 

Il  fenomeno,  che  più  colpisce  V  anatomo-patologo  in  codesta 
malattia,  si  è  la  produzione  di  strati  osteofitici  sulla  superficie 
dell*  osso ,  la  quale  suole  principalmente  preferire  la  mascella 
inferiore.  Dopo  i  lavori  moderni  suU'  anatomia  patologica  del 
sistema  os$eo,  che  posero  in  evidenza  la  virtù  osteoplastica  dei 
tessuti  fibrosi,  gli  ostebfìti  della  necrosi  fosforica  perdettero  il 
prestigio  della  sorpresa.  Gli  è  quindi  inutile  il  ricorrere  a  teo- 
rie più  o  meno  speciose  e  sottili  per  ispiegare  questo  fatto.  Ma 
ciò  che  davvero  ci  sorprende,  si  è  il  manifestarsi  tardivo  della 
necrosi,  e  nei  casi  di  necrosi  parziale,  1'  apparire  assai  tardi  del 
limite  di  demarcazione  tra  la  porzione  d'  osso  mortificato  e  quella 
rimasta  sana.  La  necrosi  non  è,  a  parer  nostro,  che  una  conse- 
guenza remota  dell'azione,  dei  vapori  fosforici;  il  carattere  pa- 
tologico della  m'alattia  in  discorso  si  h  veramente  la  periostite. 

Gli  osteofiti  subiscono,  nel  corso  ulteriore  del  male ,  ad  un 
dipresso  le  stesse  influenze  patologiche  come  1'  osso. 

Quando  il  periostio,  per  affievolimento  di  tutte  le  forze  del 
paziente  ha  perduto  la  sua  facoltà  plastica ,  non  si  incontra 
air  atto  deìV  operazione  o  in  caso  di  morte,  all'  autossia  del  ca- 
davere, che  appena  qualche  traccia  di  riparazione  dell'  osso. 

Là  periostite  fosforica  può  diffondersi  ad  altre  ossa  del  cra- 
nio che  non  limitano  le  cavità  della  bocca  ;  alle  ossa  zigomati- 
che ;  alle  palatine  ;  al  vomere  ;  al  temporale  ;  all'  etmoide  ed 
anche  all'occipitale.  Ma  questo  divampare  della  malattia  non 
avviene  che  per  ragione  di  continuità  o  di  vicinanza,  né  dipende 
che  indirettamente  dalla  causa  prima.  La  periostite  incomincia 
soltanto  dalle  ossa  mascellari. 


444 

I  primi  sintomi  cbe  V  individuo  avverte  sono  d'  ordinario 
r odontalgia  periodica^  la  flussione.  Per  consueto  egli  si  fa  estrar* 
re  dei  denti  guasti,  che  crede  causa  de'  suoi  dolori,  e  continua 
ad  attendere  al  suo  pernicioso  mestiere.  In  capo  a  qualche 
tempo  sviluppasi  un  ascesso  alle  gengive ,  o  nel  tessuto  cellu- 
lare sotto-cutaneo  della  guancia,  oppure  in  grembo  agli  alveoli 
dei  denti  perduti  ;  formansi  delle  fistole  ;  la  salivazione  au- 
menta ;  r  alito  e  le  marcie  assumono  un  odore  putrido  ;  il  pus 
appare  ora  giallo  e  denso,  ora  commisto  a  sangue,  sieroso,  gru- 
moso. I  denti  talvolta  ancor  sani ,  si  dissodano  e  rendonsi  va- 
cillanti (periostite  alveolare^  alterazione  del  cemento);  poco  a 
poco  il  margine  alveolare  si  denuda  per  la  distruzione  e  il  re- 
trarsi  delle  gengive,  il  che  scorgesi  più  pronunciato  alla  ma- 
scella superiore.  Fin  dal  2.®  o  3.^  mese ,  neir  esplorare  i  seni 
fistolosi^  mercè  la  tenta,  sentesi  denudato  V  osso,  la  cui  superfi- 
ficie  liscia  dapprima ,  divien  poscia  di  sovente  rugosa  per  la 
carie  consecutiva.  L'  esame  della  mascella  dalla  parte  della  bocca, 
spesse  fiate  malagevole  per  la  tumefazione  dei  tessuti,  ci  rivela 
un  ingrossamento  più  o  meno  considerevole  della  medesima. 

La  successione  cronologica  di  questi  differenti  fenomeni  mor- 
bosi non  è  regolare.  Nei  primi  mesi  ponno  avverarsi  delle  re- 
missioni. Una  volta  entrato  che  sia  il  male  nella  fase  dell*  o<- 
steite  e  della  necrosi ,  la  denudazione  dell'  osso  si  accresce  ;  le 
gengive  divengono  fungose,  talvolta  ulcerate  ;  ricorrenti  ascessi 
danno  luogo  a  nuove  fistole  ;  i  denti  sani  o  guasti  ponno  ca- 
dere spontaneamente.  Se  formasi  il  sequestro ,  l'  osso  denudato 
sembra  sollevarsi  verso  la  cavità  della  bocca  ;  alla  fine  rendesi 
mobile,  se  la  necrosi  si  è  perfettamente  circoscritta. 

Nei  casi  ordinarj  ,  non  suole  insorgere  la  febbre  ;  ma  nei 
pazienti  di  fibra  delicata,  una  febbricciattola  vespertina  segue  il 
progredir  del  male  ,  e  qualche  volta  veste  eziandio  il  carat- 
tere etico.  Provansi  dolori  quando  continui,  e  quando  intermit- 
tenti ;  talvolta  lievi,  tal' altra  sì  fieri  da  togliere  il  sonno  al 
povero  infermo,  che  non  ottiene  calma  o  tregua  nemmeno  dal* 
r  oppio  e  dagli  altri  rimedj  narcotici. 

Se  la  digestione  non  fu  turbata,  prima  dello  sviluppo  della 
malattia  delle  ossa,  dall'  azione  sola  dei  vapori  fosforici ,  dessa 
si  altera  ben  di  spesso  per  effetto  delle  marcie  che  si  mescolano 


i 
I 

i 
i 
I 
I 
I 


445 

in  un  cogli  alimenti  o  che  son  deglutite  insieme  alla  saliva  du- 
rante  il  sonno.  Inappetenza,  nausea,  diarrea,  o,  per  contro,  sti- 
tichezza, ne  sono  le  tristi  conseguenze.  Essendo  resa  impossibile 
la  masticazione,  l'ammalato  vedesi  pur  ridotto  a  non  potersi 
alimentare  che  di  cibi  liquidi  e  vivande  tritate.  La  tempra  più 
gagliarda  non  può  a  meno  di  assottigliarsi  coli'  andar  del  tempo 
sino  al  màrasmo.  Gli  è  allora ,  che  V  aspetto  di  questi  infelici 
risponde  fedelmente  al  lugubre  quadro  che  ne  tracciano  gli 
Autori.  Ma  ella  è  una  buona  ventura  che  al  chirurgo  sia  dato 
quasi  sempre  di  demolire  il  corpo  nocivo  e  sottrarre  le  povere 
vittime  di  cosi  esiziale  mestiere  al  triste  ultimo  fine. 

In  quelli  che  soccombono  al  progredir  del  male ,  si  scopre 
talvolta ,  sparandone  il  cadavere  ,  una  degenerazióne  lardacea 
(  chiamata  aniiloide  da  Yirchow  )  dei  visceri  addominali,  o  vi  si 
trovano  i  segni  d'  una  nefrite ,  còme  in  altre  affezioni  croniche 
e  suppurative. 

Oltre  che  dalla  tisi  e  da  queste  profonde  alterazioni  visce- 
rali, la  morte  può  essere  prodotta  dalla  necrosi  della  base  del 
cranio,  dal  semplice  marasmo,  da  risipola  od  altra  malattia  in- 
tercorrente, di  rado  da  emorragia. 

Si  danno  però  dei  casi ,  nei  quali  la  salute  generale  si 
mantiene  piuttosto  .buona,  o  ne  soffre  in  grado  assai  lieve, 
in  onta  ad  un' estensiotie  rilevante  del  guasto  locale;  ma  que- 
sti casi  voglionsi  considerare  siccome  vere  e  rarissime  ecce- 
zioni. 

Dagli  esperimenti  di  avvelenamento  fosforico  ^intrapresi  da 
Bibra  sui  conigli,  pareva  risultare  che  V  azione  prolungata  dei 
vapori  fosforici  potesse  favorire  lo  sviluppo  di  tubet*coli  nei 
polmoni  o  almeno  provocare  titia  specie  di  polmonia  cronica  con 
degenerazione  caseiforme  del  prodotto  flogistico.  Ravvicinando  a 
questo  risultamento  le  osservazioni  di  gravi  bronchiti ,  acute  e 
croniche,  fatte  da  Gendrin  sugli  operai  di  fabbriche  di  zolfa- 
nelli, e  la  frequenza  relativa  delle  complicazioni  tubercolari  nelle 
malattie  del  sistema  osseo,  saremmo  tentati  di  presumere,  per 
la  necrosi  fosforica  una  disposizione  particolare  alla  tuberco* 
lòsi.  Ma  la  cosa  non  è  così ,  come  dimostrò  benissimo  il  già 
citato  dott.  Trélat.  Non  v'ha  dunque  un  nesso  speciale  fra  le 
due  malattie,  come  affermasi  da  taluni. 


440 

La  periofiite  fwforìea  tieoe  un  dacorio  cronico  e  non  Ur- 
mina  ebo  lentisdmaniettte  colla  neeroai  e  coli'  eflninazione  dei 
•equestri* 

La  diagnofi  non  riesce  ponto  difficile ,  ed  è  assolntamente 
impossibile  cadere  in  abbaglio;  essa  si  appoggia  alla  cognizione 
dei  sintomi  e  della  canea  occasionale. 

Secondo  il  già  citato  dott.  Trélat,  pressoché  la  metà  degli 
ammalati  soccombe  al  male  chimico.  Tale  si  era  inlatti  il  rìsol- 
tamento  statistico  fornito  dalle  prime  osservazioni*  Laonde  la 
necrosi  fosforica  Yeniya  collocata  nello  stesso  rango  di  gravezza 
delle  malattie  epidemiche  più  micidiali.  Se  non  che  noi  andiam 
ben  lieti  di  poterei  chiamare  più  fortunati  dei  nostri  predeces- 
sori. E  per  fermo  di  24  ammalati,  accolti  nell'Ospedale  Canto- 
nale di  ZarigOy  non  se  ne  .contarono  che  4  mortL  Due  di  essi 
soccombettero  per  tisi  tubercolare;  an  terzo  cessò  per  grave  ri- 
sipoia,  essendo  già  affetto  da  malattia  di  Bright ,  la  quale  da 
sola  avrebbe  bastato  a  portarlo  al  sepolcro;  e  solamente  nel- 
r  ultimo  caso  i  progressi  della  necrosi  verso  le  ossa  del  cranio 
furono  cagione  di  una  meningo-encefaiite  i  naturalmente  mor- 
tale. Escludendone  altri  due,  1'  uno  non  peranco  guarito  e  l'al- 
tro in  cui  il  male  non  si  è  ancora  arrestato,  si  ha,  la  ragguar- 
devole cifra  di  18  guariti. 

Siffatto  avventuroso  risultamento  non  ad  altro  di  certo  è 
dovuto  che  all'adottamento  di  provvide  misure  igieniche.  Que- 
ste saggio  misure,  se  non  riescono  bastevoli  ad  impedire  lo  svi- 
luppo e  la  recidiva  di  sì  fiero  malore,  valsero  però,  senza  dub- 
bio, a  diminuirne  la  frequenza  dei  casi  e  a  renderli  meno  pe- 
ricolosi. Ma  non  si  può  a  meno  di  attribuire  questi  risulta- 
menti  felici  in  gran  parte  eziandio  ad  una  cura  razionale,  so- 
lerte ed  energica  a  un  tempo. 

La  profilassi  contro  la  necrosi  fosforica  comprende  un  assieme 
di  questioni  tecniche  ed  igieniche,  sulle  quali  a  noi  non  è  dato 
soffermarci,  rimandando  il  lettore  ai  lavori  affatto  proprj  di  que- 
sto rilevante  tema,  ed  in  ispecie  agli  studj  di  Tardieu  inserti 
negli  <  Annali  di  Igiene  e  di  medicina  legale  »,  tom.  VI ,  lu- 
glio 1856. 

Egli  sembra  che  nell*  ioduro  potassico  adoperato  per  uso 
esterno  ed  interno  siasi  scoperto  un  rimedio  abortivo  della  ne- 


447. 

erosi  fosforica.  La  sua  proprietà  solvente  e  rlis^^orbente  spiega 
un  salutare  effetto  ;  ma  è  d'uopo  amministrarlo  ad  alte  dosi  e  con 
molta  perseveranza.  Del  resto  un'alimentazione  tonica  e  di  facile 
digestione,  sotto  una  forma  che  non  rìchiegga  né  masticazione- 
né  molta  saliva  (uova,  latte,  zuppe,  carne  triturata,  caffé,  vino, 
generoso)  ajuterà  l'organismo  a  meglio  sopportare  le  influenzo 
debilitanti  del  male,  I  bagni ,  le-  passeggiate  all'  aria  libera ,  o 
almeno  il  respirare  un  aere  vivido  e  fresco  ,  eserciteranno  un' 
efficacia  tanto  più  salutare  quanto  gli  infermi  ne  andavano  più 
0  meno  completamente  privi  durante  il  lavoro  nelle  fabbriche.  Se 
lo  stato  del  male  o  le  circostanze  individuali  lo  assentono  ^  si 
mandino  questi  pazienti  per  qualche  tempo  a  bearsi  del  soffio 
animatore  de'liberi  campi  ;  imperocché  l'ospedale,  ancorché  versi 
nelle  migliori  condizioni  igieniche ,  é  pur  sempre  un  ospedale , 
e  r  atmosfera  vi  sarà  sempre  impregnata  di  nocive  esalazioni. 

I  diversi  preparati  di  ferro,  di  china;  le  sostanze  amare  e 
stomatiche  valgono  a  combattere  1' anemia ,  la  febbre  etica,  e 
le  saburre  così  frequenti  in  siffatta  malattia:  giova  però  l'av- 
vertire, che  l'olio  di  fegato  di  merluzzo  non  viene  che  assai 
difficilmente  tollerato  dagli  stomachi  illanguiditi  di  siffatti  in- 
fermi. 

I  dolori  continuati  ed  atroci  vogliono  esser  calmati  dalla 
morfina ,  amministrata  internamente ,  od  anche  per  infezione 
ipodermica  nel  luogo ,  dov'  essi  si  svegliano.  Gli  unguenti  col- 
r  oppio  o  col  cloroformio ,  i  cataplasmi  emollienti  valgono  ad 
assopire  .i  dolori  meno  acerbi.  I  frequenti  gargarismi  di  acqua 
clorurata  o  di  una  soluzione  di  clorato  di  potassa  sono  indi- 
spensabili a  pulire  e  rinfrescare  la  bocca  e  a  togliere  la  puzza 
delle  marcie:  al  qual  uopo  gioverà  ancor  meglio  una  soluzione 
leggera  d'ipermanganato  di  soda.  Anche  l'acido  fenico,  non  ha 
guari  introdotto  nella  pratica  chirurgica ,  debitamente  diluito 
nell'acqua,  riesce  un  eccellente  rimedio  disinfettante  e  vale  al- 
tresì a  moderare  alquanto  la  suppurazione. 

Intorno  alla  cura  operativa  di  siffatta  malattia,  due  opposto 
opinioni  disgiungono  tuttora  i  chirurghi.  Gli  uni  raccomandano 
il  metodo  aspettative,  quello  cioè  di  attendere  tranquillamente 
la  demarcazione  della  necrosi.  Una  volta  poi  fattosi  mobile  il 
sequestro  ,  si  accontentano  di  agevolarne    l'estrazione  col  rom- 


448 

perlo  In  pezzi  d  collo  tbrjgliarlo  dalle  aderenze  che  per.  avven- 
tura tenesse  colle  parti  vicine.  Questi  erano  i  principj  curativi 
di  Lorinser,  sostenuti  poi  anche  da  Trélat.  Altri  per  contro,  co- 
me Langenbeck,  Bfaisonneuve ,  Blandin ,  Pitha  e  Billroth  avvi- 
sano dovere  il  chirurgo  spesse  volte,  operare  durante  il  decorso 
naturale  della  necrosi.  Gli  è  certo  che  talvolta  il  metodo  aspet- 
tative è  permesso  ed  anzi  reclamato  dalla  condizione  della  ma- 
lattia, massime  poi  quand'essa  è  lieve.  Ma  questi  casi  non  for- 
mano la  regola,  bensì  Teccezione.  Nel  eorso  della  necrosi  fosfo- 
rica ,  il  chirurgo  può  ricorrere  ad  un'operazione,  sia  per  sal- 
vare i  giorni  del  paziente,  sia  anche  per  agevolargli  una  rige- 
nerazione dell'  osso ,  possibilmente  atta  a  compiere  le  funzioni 
fisiologiche  che  gli  incombono.  . 

Quando  il  chirurgo,  in  onta  alle  sue  cure,  vede  progredire 
senza  posa  il  male  e  con  esso  assottigliarsi  sempre  più  le  forze 
dell'infermo,  non  gli  è  lecito  starsene  più  oltre  colle  mani  alla 
cintola.  Questo  suo  procedere,  questo  suo  indugiare,  sarebbe  uno 
spìngere  oltre  i  limiti  la  logica  dei  principj. 

L'estrazione  della  porzione  d'osso  necrosato ,  intrapresa  ad 
un'epoca  ben  presceUa,  non  è  susseguita  da  gravi  inconvenien- 
ti (1).  Egli  è  ammissibile  a  priori^  che  la  resezione  della  por- 


(1)  (l  cav.  Gherini  comunicò  all'  Accademia  Fisio-medico- 
statistica  nella  seduta  del  4  gennajo  1855,  un  cenno  storico  di 
un  caso  di  necrosi  delle  ossa  mascellari  cagionata  da  vapori 
fosforici,  che  gli  occorse  nell' ospedale  ;  e  presentò  all'assemblea 
il  pezzo  necrosato  che  con  lievissimi  sforzi  e  poco  dolore  del  pa- 
ziente riuscì  ad  estrarre.  Questo  pezzo  risulta  di  pressoché  tutta 
l'arcata  alveolare,  cioè  dal  3.®  dente  molare- sinistro  al  quarto 
destro,  di  quaui  tutto  il  palato  e  di  porzione  dell'apofisi  ascen- 
dente dell'osso  mascellare  superiore  destro. 

Ecco  in  succinto  la  storia  narrata  dal  dott.  Gherini,  che  tro- 
vasi inserta  nel  Diario  e  negli  Atti   della  prefata   Accademia. 

Un  tal  Barbetta  Giovanni,  d^ anni  31,  lavorante  in  una  fab- 
brica di  zolfanelli  fosforici  di  questa  città,  presentossi  la  mat- 
tina del  26  febbrajo  1854  alla  visita  chirurgica  del  dott.  Ghe- 
rini neir  Ospedale  Maggiore ,  onde  chiedere  un  sollievi)  al  suo 
male.  Narrava,  che  già  da  5  anni  attendeva  appunto  alla  con- 
fezione della  pasta  fosforica.  Soggiungeva  egli  inoltre ,  che  in 
primavera  dell'  anno  antecedente  fu  travagliato  da  fiero  dolore 


449 

zione  dell'osso  primitivamente  affetto  ,  praticata  abbastanza  in 
tempo  utile  e  che  giunga  sino  alla  porzione  sana,  può  impedire 
i  progressi  della  necrosi. 

L'istfomento  più  adatto  per  segar  l'osso,  si  è  fuor  di  dub- 
bio, la  sega  a  catena. 

Ogni  volta  che  sia  possibile,  si  prescelga  estrarre  i  seque- 
stri per  la  via  della  bocca,  senza  taglio  esterno.  Nei  casi ,  nei 
quali  la  necrosi  dapprima  parziale ,  assuma  un  carattere  pro- 
gressivo, si  può  ripetere  una  o  più  volte  codesta  operazione, 
conforme  lo  stato  delle  parti  e  ie  speciali  indicazioni;  ad  essa 
non  suole  tener  dietro  una  gagliarda  reazione. 


al  primo  dente  molare  destro-superiore,  che  si  fece  estrarra 
anche  perchè  cariato  ;  che  in  seguito  là  dove  esisteva  il  dente, 
formossi  una  fistola  ;  che  da  queir  epoca  in  poi  andò  sempre 
molestato  da  dolori  alle  ossa  mascellari  superiori  in  onta  al- 
l'uso di  svariati  rimedj  ;  e  infine  che  i  denti  incisivi ,  i  canini 
ed  alcuni  molari  fattisi  vacillanti,  caddero  spontaneamente  o  gli 
vennero  levati. 

Le  ossa  mascellari  apparivano  necrosate,  mobilissime;  tumide, 
lividastre,  le  gengive  gemevano  fetentissima  marcia.  Allora  ten- 
tata qualche  lieve  trazione,  riusci  facile  al  dott.  Gherini  l'estrar- 
re  una  gran  porzione  di  dette  ossa  necrosate. 

Insignificante  fu  la  perdita  di  sangue,  susseguita  a^  questa 
operazione;  imperocché  bentosto  s' arrestò  con  un  gargarismo 
d' acqua  fredda  acidulata.  Ed  infatti  il  paziente  dopo  brevi 
istanti  ritornò  a  casa  sua.  Solo  per  appagare  il  desiderio 
espressogli  dal  dott.  Gherini,  pertossi  di  nuovo  all'  Ospedale  il 
giorno  28  ,  e  prese  stanza  nella  sala  da  lui  in  allora  diretta. 
In  queir  operato  non  apparivano  che  i  disturbi  inerenti  alla 
perdita  del  palato  osseo,  cioè  voce  nasale,  rigurgito  di  cibi  e 
specialmente  di  bevande  per  la  via  dei  naso  ;  se  non  che  ben 
lieto  di  essersi  liberato  dai  fetore  delle  marcie,  d^Ha  gonfiezza 
e  dalla  penosissima  sensazione  di  mobilità  delle  ossa  necrosate, 
lasciava  la  sala  il  giorno  5  del  successivo  marzo,  confortato  al- 
tresì dall'idea  dei  vantaggi  che  avrebbe  evenuto  mediante  l'ap- 
plicazione di  un  palato  artificiale. 

Il  dott.  Gherini,  riveduto  sul  principio  d'aprile  e  più  tardi 

ancora  il  suo  operato,  ne  avverò  appieno  la  perfetta  guarigione. 

Costui ,  giova  soggiungere  ,  aveva  abbandonato  quel  pericoloso 

mestiere ,  eh'  egli  un  giorno    non    prevedeva  dovesse  riescirgU 

indomita  cagione  di  si  grave  malore.  F. 

Amnjlli.  Voi.   CCJ.  29 


450 

Ba|ip«rt«  detto  CeaimlMilette  toesHeato  di  mtut^ 
.  dlare  11  piane  •rcaniée  del  HattieeNj  prevlai- 
eiali^  per  deliberemleiie  del  Censiclie  Previai- 
etole  di  lliieiiè^  presentate  alla  enerevele 
Depatamiene  ed  ai  CTenslsHe  Previnelale  nelln 
seMlene  erdinarla  dei  t86V. 


r 


ja  Commissione  incaricata  di  esaminare  la  e  Proposta  di 
Piano  organico  generale  della  gestipne  pel  mantenimento  dei 
mentecatti  a  carico  della  Provincia  di  Milano  »  ,  elaborata  dai 
Direttore  cav.  Cesare  Castiglioni,  e  di  riferire  sulla  medesima , 
8Ì  fa  ora  un  dovére  di  esporre  airOnor.  Deputazione  ed  al  Con- 
sigilo  Provinciale  il  risultato  de'  suoi  lavori  e  de'  suoi  studii , 
e  i  motivi  che  la  guidarono  ad  esso. 

Nel  compiere  il  suo  mandato,  per  quanto  delicato  e  difficile, 
la  Commissione,  procedendo  sulle  orme  predisposte  dal  Direttore 
Castiglionii  interpretando  le  leggi  che  reggono  il  nostro  paese, 
gli  antecedentf  già  stabiliti  dal  Consiglio  e  dalla  Deputazione, 
i  bisogni  della  presente  civiltà,  e  gli  esempi  dati  da  altre  illu- 
stre nazioni ,  non  ebbe  ad  incontrare  ostacoli  insuperabili ,  o 
problemi  troppo  ardui  a  risolvere.  Essa  aveva  sotto  gl'occhi 
Telaborato  del  Direttore  Castiglionì,  opera  per  sé  assai  pregevole, 
il  cui  merito  intrinseco  era  già  stato  riconosciuto  dal  Consiglio 
Sanitario  Provinciale ,  e  da  una  Commissione  eletta  d'  urgenza 
al  principio  della  Sessione  autunnale  1866  e  composta  dei  me- 
dici appartenenti  al  Consiglio  Provinciale  d' allora ,  i  signori 
dottori  Pogliaghi,  Todeschini,  Strambio  e  Romolo  Griffìni.  Tale 
Commissione  ebbe  anzi  il  vantaggiò  di  proporre  e  di  far  accet- 
tare al  cav.  Direttore  Cesare  Castiglioni  alcune  modificazioni  al 
suo  progetto  ,  le  quali  riguardando  in  massima  parte  le  que- 
stioni sanitarie  e  spientifìche,  ben  poco  lasciarono  ad  innovare 
sotto  questo  rapportò.  A  tal  che  il  compito  della  Commissione 
riferente  venne  ad  essere  di  molto  ristretto  ed  agevolato. 

La  proposta  del  Direttore  Castiglioni,  informata  alle  idee  svolte 
dairÀutore  in  una  sua  Memoria  presentata  air  Istituto  Lom- 
bardo sui  Manicomii  Provinciali  del  Regno  d'Italia,  e  nel  pro- 
getto di  Regolamento  del    Manicomio    succursale  di  Mombello, 


451 

è  appoggiata  ad  una  larga  motivazione,  la  quale  dimostra  l'in- 
gegno distinto ,  le  vaste  cognizioni  in  argomento  e  lo  spirito 
d*  ordine  e  di  disciplina,  che  sono  le  doti  principali  di  quell'in- 
signe alienista.  À  giusta  ragione  potè  egli  dichiarare  di  <r  aver 
mirato  al  bene  di  tanti  infelici,  segnando  senza  prevenzioni  la 
via  del  progresso,  e  curando  che  ne  venisse  onore  al  paese  ». 

Neir applicare  i  proprii  concetti,  concretandoli  in  altrettanti 
articoli  di  Regolamento,  il  Direttore  Castiglioni  suddivise  la  sua 
proposta  in  varii  Capitoli,  che  ebbero  da  lui  ad  ora  ad  ora  la 
denominazione  di  Statuto  Organico  pei  Manicomii  Provinciali; 
di  Regolamenti  parziali  ;  di  Organizzazione  del  Personale  Sa- 
nitario e  di  servizio  superiore,  colle  Norme  per  il  detto  Perso- 
nale; di  Norme  per  il  Personale  di  servizio  inferiore. 

La  Commissione  si  propose  di  fondere  tutta  la  parte  Sta- 
tuaria e  Regolamentare  in  un  solo  complesso,  riassumendo  an- 
che i  principii  generali  t;he  guidarono  alla  formazione  della 
Pianta  morale  dei  due  l^tabilimenti ,  e  i  cardini  più  eminenti 
delle  norme  dìscipliìiari,  per  costituirne  ciò  che  essa  venne  a 
chiamare  il  Regolamento  Organico  dei  Manicomi  Provineiali. 
Di  tal  modo  fu  tolto  il  campo  a  molte  ripetizioni  ;  si  designa- 
rono le  linee  generali  che  abbracciar  debbono  la  sfera  d'  azione 
dei  Manicomi!  ;  gli  obblighi  della  Provincia  ;  le  facoltà  del  Con- 
siglio e  della  Deputazione  Provinciale  ;  gli  attributi  della  Dire- 
zione e  degli  Ufficii  dipendenti  ;  i  diritti  e  doveri  degli  impie- 
gati. Cosi  venne  pure  lasciato  sgombro  il  terreno  a  tutta  quella 
serie  di  istruzioni  interne,  che  verranno  emanate  in  appresso, 
sia  dalla  Deputazione  Provinciale,  sia  dalla  Direzione  colla  ap- 
provazione della  Deputazione,  per  sistemare  i  diettagU  della 
Amministrazione,  la  Contabilità,  la  tenuta  dei  Registri  ,  i  do« 
veri  del  Personale  di  basso  servizio,  e  va  dicendo. 

Del  resto  la  Commissione,  anche  procedendo  in  via  di  con- 
centrazione ,  e  tenendosi  maggiormente  sulle  generali ,  ha  se- 
guito a  un  dipresso  la  distribuzione  adottata  dal  Direttore  Casti- 
glioni ed  ha  ripartito  il  suo  Regolamento  nei  seguenti  capi  : 

Manicomii  Provinciali ,  loro  scopo  ,  posizione ,  amniinistra- 
zione  ;  ' 

Mentecatti,  loro  eategorie,  accettazione,  dimissione^  decessi; 

Proventi  e  ^peae  ; 


462 

Personale  dei  Manicomiì,  Concorsi  e  nomine  ; 

Vacanze  ; 

Pensioni  ; 

Direttore  ; 

Segretario  ; 

Mudici-cbinirghi  ; 

Economi  ; 

Aggiunto  Economo; 

Protocollista -Archivista-Scrittore  ; 

Scrittori-Contabili  ; 

Scrittori  ; 

Cappellani  ; 

Personale  di  servizio  inferiore; 

Disposizioni  generali  e  transitorie. 

Nel  sostituire  un  nuovo  progetto  di  Regolamento  al  piano 
già  formulato  dal  Direttore  Castiglioni,  la  Commissione  è  ben 
lontana  dal  metterlo  in  disparte  e  dal  presumere  di  fare  opera 
totalmente  nuova.  Il  Direttore  Castiglioni  si  accinse  alia  impresa 
senza  istruzioni  speciali  da  parte  della  Deputazione  Provinciale; 
mossane  richiesta,  fu  invitato  a  dar  compimento  al  lavoro,  uni- 
camente colla  scòrta  de'  suoi  talenti,  della  sua  esperienza  e  dei 
desiderio  del  pubblico  bene.  Non  è  meraviglia  adunque  che  la 
Commissione,  maggiormente  istrutta  delle  intenzioni  della  De^ 
putazione  Provinciale  ^  della  necessità  di  una  amministrazione 
di  questa  natura ,  d^lia  interpretazione  che  è  forza  dare  alla 
Legge ,  trovasse  di  apportare  in  alcuni  punti  delle  mutazioni 
radicali,  in  altri  delle  modificazioni  o  delle  soppressioni  di  qual- 
che entità.  La  proposta  del  Direttore  Castiglioni  rimane  qual'ò, 
coi  suoi  pregi  e  colle  sue  qualità  intrinseche,  come  termine  di 
confronto  e  come  documento  di  molto  valore. 

Venendo  ora  ai  particolari,  la  Commissione,  seguendo  l'or- 
dine stabilito,  additerà  le  ragioni  che  la  indussero  alle  accen- 
nate mutazioni,  almeno  alle  più  importanti  fra  esse ,  lasciando 
che  dalla  comparazione  dei  due  progetti  scaturisca  per  se  stessa 
la  convenienza  e  la  opportunità  delle  nuove  formule  adottate. 

Per  quanto  la  Commissione  ,  a  proposito  del  Manicomio  la 
Senavra,  divida  il  giudizio  del  Direttore  Castiglioni  sulle  pessime 


453 

j^ue  qualità  e  le  sue  speranze  circa  la  edificazione  di  u&  nuovo 
Manicomio  principale,  non  credette  tuttavia  di  potersi  dipartire 
dal  fatto  presente  e  di  stigmatizzare  in  un  Regolamento  Orga- 
nico uno  Stabilimento,  che  è  pur  forza  di  usufruttuare  per  una 
serie  d*  anni  indeterminata.  Non  è  qui  il  luogo  di  addentrarsi 
nelle  cause  che  impedirono  di  dar  corso  alla  deliberazione  Con- 
sigliare del  1862  sulla  costruzione  del  Manicomio  di  Desio.  La 
incertezza  della  legislazione  circa  la  competenza  dello  Stato,  del 
Dominio  o  della  Provincia  nelle  spese  dei  Mentecatti  prima  del 
1866  ;  le  nuove  gravezze  toccate  alla  Provincia  ;  1'  orrore  ddi 
prestiti  che  la  Commissione  le  augura  di  coltivare  per  un  pezzo  ; 
erogazioni  d' altra  natura  e  non  meno  utili  al  paese  ,  porsero 
ostacolo  alla  stanziata  edificazione  del  Manicomio  di  Desio.  Tut- 
tavia in  questo  lungo  intervallo  la  Provincia  di  Milano  ha  pur 
pensato  a  qualche  cosa  a  favore  dei  Mentecatti,  e  il  Manicomio 
succursale  di  Mombello  è  là  por  attestarlo.  Ognuno  può  am- 
mirare in  esso  uno  Stabilimento  modello,  che  fa  onore  non  solo 
alla  Provincia^  ma  al  distinto  funzionario  che  ne  propose  l'ac- 
quisto ,  che'  ne  ideò  e  ne  compi  V  orgfinizzazione  in  un  tempo 
assai  circoscritto ,  e  che  ora  pone  V  ultima  mano  alla  sua  de- 
stinazione per  300  ricoverati. 

Mombello  però  non  deve  far  dimenticare  il  Manicomio  prin- 
cipale, ove  appunto  stanziano  i  più  infelici  fra  gli  infelici  per 
eccellenza  ,  coloro  che  maggiormente  abbisognano  di  perfetta 
assistenza ,  di  ottima  località ,  di  aere  salubre.  Senza  pregiudi- 
care la  questione,  se  debba,  o  meno ,  effettuarsi  integralmente 
la  deliberazione  Consigliare  del  1862,  la  Commissione  ama  qui 
di  ripetere  che  la  Senavra  vuol  essere  abbandonata,  e  che  sol- 
tanto per  oira  essa  funziona  da  Manicomio  provinciale.  —  Re- 
lativamente al  Manicomio  di  Mombello,  ed  al  suo  modo  speciale 
di  funzionare,  la  Commissione  ha  ammesso  1*  ordine  stabilito 
dal  Direttore  Castiglioni.  La  Casa  di  Mombello  non  è  destinata 
ad  accogliere  che  i  Mentecatti  che  vi  si  fanno  tradurre  dal  Ma 
nicomio  principale,  per  essere  specialmente  dedicati  al  lavoro 
dei  campi. 

La  superiore  amministrazione  e  vigilanza  dei  Manicomii  Pro- 
vinciali spettando  per  legge  alla  Deputazione  Provinciale ,  la 
Commissione  ha  creduto  di  sopprimere  il  Consiglio  di  vigilanza 


454 

e  d'  a$Mnini$traziofie  §up$r\9re  ima^aginato  dal  Direttore  Casti- 
gUoni  eome  intermediario  fra  la  Direzione  Medica  e  la  Depu- 
taiione  Provinciale.  Con  ciò  essa  intese;  di  semplificare  la  gè* 
stione  dei  Manicomii  ;  di  togliere  di  mezzo  una  saperfetazlone, 
nna  ruota  che  avrebbe  potuto  renderla  intralciata  e  sconnessa; 
di  antivenire  conflitti  d'influenza  e  di  poteri.  La  Deputazione, 
quale  Autorità  amministratrice  della  Provincia,  considerata 
come  corpo  morale,  possiede  per  l'organizzazione  propria  e  de- 
gli ufficii  da  essa  dipendenti,  tutte  le  qualità  richieste  per  at- 
tendere alla  amministrazione  dei  Manicomii  Provinciali.  Al  che 
si  lusinga  di  avere  bastantemente  .provvisto  la  Commissione , 
rimovendo  ogni  oistacolo,  ogni  restrizione,  che  per  avventura 
potesse  offendere  le  ampie  facoltà  spettanti  alla  Deputazione.  La 
Direzione  è  V  organo  principale  della  Deputasiene  Provinciale 
per  la  gestione  interna  dei  Manicomii,  e  ne  ha  la  rappresen- 
tani^a  relativa,  la  relativa  responsabilità.  Resta  sempre  che  la 
Deputazione  non  può  spogliarsi  delle  sue  attribuzioni,  ch'essa 
è  direttamente  responsabile  verso  il  Consiglio  Provinciale ,  il 
Governo  ed  il  Paese,  della  buona  gestione  e  tenuta  degli  Isti- 
tuti Provinciali. 

Menzionando  partitamente  i  Manicomii  Provinciali ,  il  loro 
scopo  e  la  loro  posizione,  la  Commissione  lasciò  di  accennare 
ad  un  altro  modo  di  collocamento  jlei  Mentecatti,  indicato  nella 
proposta  Castiglioni,  ossia  al  loro  mantenimento  anche  fuori  del 
recinto  dei  Manicomii.  La  Commissione  non  osa  pronunziarsi  in- 
torno  al  sistema  del  collocamento  dei  pazzi  presso  privati  alle-* 
valori,  e  non  vuol  consacrare  né  riprovare  così  di  passaggio  un 
principio  fecondo  di  tante  conseguenze  morali  ed  economiche  é 
^he  richiederebbe  nei  Regolamento  un  apposito  sviluppo.  Essa 
lascia  intatta  la  questione,  che  potrà  riprodursi  in  altra  occa^ 
sione ,  quando  il  tempo  e  più  maturi  studii  V  avranno  risolta 
rispettivamente  alle  condizioni  della  Provincia,  e  si  limita  a 
redigerò  il  Regolamento  dei  Manicomii  e  pei  Manicomii. 

Il  capo  che  riguarda  Taccettazione  e  la  dimissione  dei  Menr 
técatti  fu  completamente  rimaneggiato  dalla  Commissione.  — *- 
Essa  determinò  che  a  carico  della  Provincia  abbiano  ad  accet- 
tarsi i  soli  Mentecatti  poiieri  ansoettibili  cU  cura,  o  bisognosi 
di  custodia  jperchè  pericolosi  ja  so  ed  agli   altri;   intendendo 


455 

di  eseludere  con  ciò  la  schiera  molteplice  dei  Mentecatti  incu- 
rabili ed  inolTensivi,  che  indebitamente  verrebbero  a  cadere  ad 
aggràvio  dell'Erario  Provinciale,  quali,  à  mò  d' esempio,  i  ere- 
tinosi  e  gli  idioti  tranquilli ,  i  cronici  dementi  in  conseguenza 
d'altre  malattie  o  di  senilità,  i  paralitici,  gli  apoplettici,  e  via 
discorrendo.  Servendosi  dalla  antica  formula  «  pericolosi  a  sé 
ed  agli  altri  »  la  Oommission^  intese  comprendervi  anche  quei 
Mentecatti  che  sono  di  pericolo  alia  moralità,  alla  sicurezza  ed 
air  ordine  pubblico.  ^ 

Riconosciuta  la  opportunità  di  amm'ettere  nei  Manicomii  Pro- 
vinciali Mentecatti  a  spese  dell'  Erario  Militare ,  delle  Autorità 
Giudiziarie  e  dei  Corpi  morali,  la  Commissione  ridusìse  ad  una 
sola  le  tre  classi  di  paganti  a  carico  proprio  a  delle  famiglie , 
proposte  dal  dottor  Castiglioni.  La  pensione  dei  Mentecatti  sol- 
venti deve  corrispondere  alla  retta  o  risultante  generale    delle 
spese  sostenute  dallo  stabilimento  per  ogni  ricoveralo,  e  il  loro 
trattamento  essere  per  conseguenza  eguale  a  quello  di  tutti  gli 
altri  confratelli  di  sventura..  Si  riservò    alla  Deputazione   Pro- 
vinciale, sopra  proposta  della  Direzione ,  <y  dietro  istanza  delle 
parti  interessate ,  la  facoltà'  di  accordare    in    casi  speciali  una 
diminuzione  della  pensione  giornaliera  pei  solventi.  Di  tal  modo 
anche  le  più  mediocri  fortune  potranno  trovare  un  comodo  asilo, 
senza  frodare  la  Provincia  di  un  equo  compenso,  e  senza  sotto- 
stare a  gravi  sacrifici  per  sé  e  per  le  loro  famiglie.  —  Quanto 
agli  agiati  ed  ai  ricchi,'  è  sempre  aperto  ad  essi  il  ricorso  ai  Ma- 
nicomii privati,  di  cui  abbonda  la  città  nostra.  La  Commissione 
avvisò  che  la  disparità  di  trattamento,  oltre  all'essere  molesta 
in  uii  vasto  istituto,  non  lascierebbe  un  margine  sufficiente  di 
gaadagno  per  giustificare  la  concorrenza  ai  Manicomii  privati, 
e  volte  riservato  ai  poveri  io  spazio  già  per  essi  dis%idatto  e  in- 
sufficiente. Che  se  alcuno  volesse  osservare  essersi  còsi  ristretto 
il  campo  allo  studio  deglL  alienisti,  la  Commissione  risponderà 
coir  esperienza ,  che  di  persone  educate    o   prestanti  un   tempo 
per  altezza  di  posizione  e  per  fortuna,  non  difettano  pur  trop- 
po i  pubblici'  Manicomii,  ove  hanno  ricetto  buon  numero  di  in« 
felici  non  nati  né  cresciuti  nella  miseria,  ma  piombati  improv- 
visamente nella  privazione  di  ogni  bene  materiale,  antecedente- 
mente o  per  conseguenza  stessa  della  perdita  della  ragione. 


s 


456 

Lontana  da  ogni  idea  di  grettezza  e  di  egoismo  provinciale, 
la  vostra  Commissione  pese  il  principio  che  i  Mentecatti  d'  al- 
tre Provincie  non  sieno  da  accogliere  nei  Manicpmi  milanesi; 
che  ricevuti  d'  urgenza  o  per  necessità  di  dimora  temporanea , 
abbiano  ad  essere  sollecitamente  restituiti  alla  Provincia  cui  ap- 
partengono ;  che  finalmente,  nei  casi  di  non  trasportabilità,  ab- 
biasi a  conteggiare  la  pensione  a  carico  di  detta  Provincia ,  a 
meno  che,  dietro  particolari  convenzioni ,  non  siasi  pattuita  la 
reciprocità.  A  cui  sembrassero  troppo  ristretti  tali  concetti,  la 
Commissione  si  permette  d'osservare  che  da  lungo  tempo  suolsi 
abusare  per  ogni  verso  della  beneficenza  milanese,  e  soprattutto 
del  Brefotrofio,  della  Maternità  e  dei  Manicomii,  e  che  conviene 
oramai  porre  uà  termine  ad  una  larghezza  troppo  onerosa  alla 
nostra  Provincia.  La  Commissione  avrebbe  desiderato  inoltre  de- 
terminare colla  precisione  e  colla  chiarezza  opportune  in  simili 
argomenti  V  appartenenza  alla  Provincia  di  Milano  dei  Mente- 
catti che  debbono  accogliersi  nei  Manicomii  provinciali;  ma  sa-^ 
pendo  come  la  nostra  Deputazione  Provinciale ,  seguendo  l' in- 
vito di  quella  di  Bologna,  abbia  aperto  trattative  in  proposito 
col  maggior  numero  delle  Provincie  sulla-  base  della  stabile  di- 
mora, credè  che  nulla  di  meglio  le  restasse  a  fare,  dello  inscri- 
vere tale  principio  nel  Regolamento,  affidando  alla  saggezza 
della  stessa  Deputazione  il  fissare  i  criteri  della  stabilità  di  di- 
mora. Quanto  alle  Provincie  che  ricusassero  le  trattative,  par^e 
conveniente  attenersi  al  principio  della  parità  di  trattamento. 
Per  gli  stranieri,  la  Commissione  dispose  ohe  non  vengano  per 
massima  generale  accettati ,  se  non  se  presentati  ai  Manicomii 
provinciali  d'ordine  delle  Autorità  di  Pubblica  Sicurezza,  e  salvo 
il  diritto  di  rifusione  a  carico  di  chi  di  ragione.  Ognuno  vede 
quanto  queste  precauzioni  siano  necessarie  in  una  materia  oltre- 
modo scabrosa,  che  può  dar  luogo  a  trattazioni,  a  reclami  ed  a 
vertenze  internazionali. 

La  Commissione  ha  definito  con  diligenza  e  semplicità  a  chi 
compe^  il  diritto  di  istanza  pel  ricovero  di  un  Mentecatto  ;  da 
quali  documenti  debba  essere  corredata  la  istanza;  come  debba 
contenersi  in  proposito  la  Direzione.  Salvo  i  casi  d'urgenza,  la 
Commissione  prescrisse  che  per  l' ammissione  al  Manicomio 
debba  sempre  richiedersi  una  esplicita  dichiarazione  della  Au- 


457 

torità  di  Pubblica  Sicarezza ,  e  dove  questa  non  esista  in  Co- 
mune, del  Sindaco  )  nella  sua  vèste  d'ufficiale  del  Governo.  In 
tutti  g^li  atti  di  accettazione  e  di  dimissione  dei  Mentecatti,  la 
Commissione  tenne  sempre  fisso  Io  sguardo  al  rispetto  ed  alla 
protezione  della  libertà  individuale  3  e  sancì  nel  Regolamento 
quelle  massime'  che  non  potranno  a  meno  di  venir  consacrate 
dalla  Legge  generale  dello  Stato  sugli  alienati ,  legge  che  an- 
cor si  aspetta,  e  che  sull'esempio  di  altre  nazioni  civili  vorrà 
essere  sancita  dal  nostro  Parlamento.  —  Il  diritto  di  libertà  in- 
dividuale rivive  nel  Mentecatto  subito  che  ven^  dichiarato  gua< 
rito  e  dimissibile  ;  opperò  la  Commissione  tolse  ogni  ostacolo  al 
suo  pronto  licenziamento,  sorvolando  agli  indugi  frapposti  alla 
riconsegna  da  parte  dei  terzi ,  con  quelle  cautele  che  la  Dire- 
zione crederà  di  adottare,  datone  avviso  in  ogni  caso  alla  Au- 
torità locale  di  Pubblica  Sicurezza. 

La  Commissione  non  ha  creduto  di  poter  accollare  ai  Co- 
muni la  spesa  di  traspòrto  a  domicilio  dei  Mentecatti  dimessi 
guariti  e  non  ritirati  dalle  loro  famiglie ,  appoggiandosi  alla 
legge  che  attribuisce  alle  Provincie  l'obbligo  del  mantenimento 
dei  Mentecatti  con  tutte  le  sue  conseguenze.  Per  la  stessa  ra- 
gione ritenne  che  la  Direzione  dei  Manicomii  Provinciali  non 
possa  rifiutarsi  di  accettarvi  i  Mentecatti,  debitamente  qualifi- 
cati pel  ricovero.  Se  per  avventura  nei  Manicomii  Provinciali 
mancassero  delle  piazze  disponibili,  i  Mentecatti  potranno  sem- 
pre  trovare  temporaneamente  un  asilo  presso  V  Ospedale  Mag- 
giore di  Milano.  À  tal  uòpo  sono  già  intervenuti  degli  accordi 
fra  la  Deputazione  Provinciale,  la  R.  Prefettura  e  il  Consiglio 
degli  Istituti  Ospitalieri.  Conviene  ritenere  che  ,  disponendo  la 
Provincia  di  più  di  800  piazze  ripartite  fra  i  due  Manicomii,  possa 
coi  soli  suoi  mezzi  sopperire  a  tutti  i  bisogni.  In  ogni  modo  la 
Commissione  ha  trovato  di  prescrivere  che  nella  ammissione  dei 
Mentecatti  al  Manicomio  centrale,  sia  data  generalmente  la  pre- 
ferenza  agli  individui  provvisoriamente  degenti  presso  I'  Ospe- 
dale Maggiore  di  Milano.  È  indubitato  che  nel  grandioso  no- 
stro Nosocomio  si  troverà  sempre  una  carta  stazione  di  alie- 
nati; sia  perchè  vi  si  raccolgono  i  deliranti  in  esperimento  di 
cura;  sia  perchè  molti  ricoverati  per  altre  malattie  vi  9i  chia- 
riscono 0  divengono  poi  Mentecatti  ;    e    sia    finalmente    perchè 


458 

r  Ospedale  Maggiore ,  essendo  più  alla  portata  del  pubblico  e 
delle  Autorità,  è  preferito  nei  casi  d' urgenza. 

Il  capitolo  sui  proventi  e  sulle  spese  abbisogna  pur  esso  di 
qualche  illustrazione.  La  Commissione  volle  ridurlo  a  miglior 
lezione,  disponendolo  in  relazione  ai  prineipii  superiormente  ac- 
cennati e. ad  un  più  chiaro  assegnamento  delle  attribuzioni  della 
Deputazione  Provinciale  e  della  Direzione.  ^  Prescrisse  il  tempo 
utile  per  la  presentazione  dei  preventivi  e  dei  consuntivi  dei  due 
Manicomii;  demandò  alla  Deputazione  in  via  generale  i  contratti 
per  le  somministrazioni  e  provviste  ordinarie  occorrenti  ai  Ma- 
nicomii; assegnò  un  congruo  fondo  all'Economo,  a  disposizione 
della  Direzione,  per  le  spese  giornaliere  imprevedute  e  non  vin- 
colate a  contratto.  Non  riprodusse  il  Regolamento  per  i  provénti 
e  per  le  spese^  trovandosi  nel  capitolo^ dedicato  all'Economo  già 
ricordati  i  precetti  cardinali  d' una  buona  amministrazione  in- 
terna, é  sotto  ogùi  altro  rapporto  prescegliendo  lasciar  libera 
la  mano  alla  Deputazione  Provinciale  di  organizzare  questo  ra- 
mo di  servizio  secondo  i  sistemi  addottati  e  seguiti  dagli  Ufficii 
e  dalla  Ragioneria  Provinciale. 

Trattandosi  dei  concorsi  e  delle  nomine,  la  Commissione  ha 
invertito  in  alcuni  punti  il  progetto  Castiglioni ,  trasportando 
alla-  Deputazione  Provinciale  facoltà  largite  alla  Direzione.  Così 
i  concorsi  per  il  Personale  Superiore  sono  ;  sempre  aperti  dalla 
Deputazione  Provinciale ,  e  spetta  a  quest'  ultima  la  nomina 
delle  Commissioni  esaminatrici,  la  cui  presidenza,  per  un  giusto 
e  doveroso  riguardo,  si  è  attribuita  al  Direttore  dei  Manicomii. 
Si  affidarono  alla  Direzione  le  nomine  e  destinazioni  ai  posti  del 
Personale  di  servizio  inferiore  nella  categoria  degli  amovibili,  per 
delegazione  della  Deputazione  Provinciale.  Si  stabilì  il  massimo 
di  età  per  l'ammissione  del  personale  inferiore  e  superiore,  fatte 
In  esso  le  differenze  ed  eccezioni. 

Statuito  che  gl'impiegati  dei  Manicomii  Provinciali  acqui- 
Nt^no  il  grado  di  impiegati  provinciali  e  sottostanno  ai  Rego- 
Umonli  che  reggono  la  Provincia,  si  applicarono  le  norme  re* 
Itittve  ai  capitoli  Vacanze  e  Pensioni. 

La  Commissione  riconoscendo  una  particolai'e  benemerenza 
nel  servizio  dei  medici  addetti  ai  Manicomii ,  accettò  per  essi 
il  principio  di  un  trattamento  di  pensione ,   migliore  di  quello 


469 

accordato  dalla  Legge  dello  Stato ,  estesa  agli  impiegati  pro- 
vinciali. Tuttavia  per  ragioni  che  nulla  tolgono  ai  meriti  spe- 
ciali del  Personale  sanitario  ,  condannato  ai  Manicomii  ad  una 
vita  di  abnegazione  e  di  sagrificio  continuo ,  non  scevra  da  pe- 
ricoli, la  Commissione  don  potò  applicare  questo  principio  nella 
misura  avanzata  dal  dott.  Castiglioni.  Accordando  ai  medici  dei 
Manicomii  provinciali  l' aumento  di  un  quarto  sulla  cifra  ,  che 
loro  dovrebbe  competere  a  tenore  della  menzionata  Legge,  sì  as- 
sicurò ai  medesimi  un  vantaggio  non  irrilevante,  il  quale  viene 
a  procurare  a  un  dipresso  il  godimento  di-  una  pensione  corri- 
spondente ai  soldo  intiero  ;  ciò  che  non  è  mai  concesso  .dalla 
Legge  dello  Stato,  le  cui  pensioni  non  possono  eccedere  i  '/$ 
della  media  degli  stipendii,  anche  con'  40  anni  di  servizio.  — 
La  Commissione  ommise  di  tener  calcolo  dei  casi  d'infermità  o 
di  lesioni  contratte  in  servizio,  in  quanto  che  la  Legge  14  aprile 
i864,  agli  articoli  2  e  21,  li  contempla  per  un  trattamento  spe- 
ciale, alle  quali  disposizioni  giova  sperare  che  potremo  fra  non 
molto  aggiungere  le  provvidenze  speciali  discusse  in  Parlamento 
sulle  morti  procurate  da  malattie  contagiose  e  dal  cholera. 

In  un  paragrafo  delle  sue  Disposizioni  Transitorie^  il  dott. 
Castiglioni  propose  una  clausola  a  favore  del  Personale  superiore 
ed  inferiore,  che  dalla  Senavra  venisse  trasferito  ad  altra  sede. 
La  Commissione  la  trovò  pel  momento  superflua,  e  troppo  im- 
pegnativa per  l'avvenire.  Il  Consiglio  Provinciale  vorrà  a  suo 
tempo  discutere  la  pianta  morale  del  nuovo  Manicomio,  che  si 
avesse  ad  erigere,  sia  a  Desio,  sia  altrove.  Essendo  libero  ad 
ognuno  di  accettarla,  o  di  cessare  dal  posto  occupato  coi  diritti 
portati  dagli  anni  di  servizio  prestati  alla  Senavra^  la  Commis- 
sione non  poteva  guarentire  che  il  diritto  di  trasferta  a  coloro 
i  quali  -avessero  a  trasmutare. 

Esposte  così  ler  idee  che  guidarono  la  Commissione  nel  ri- 
fondere e  nel  ricostrurre  l'opera  del  dott.  Castiglioni  per  co- 
stituire ciò  che  essa  chiama  il  Regolamento  dei  Manicomii  Pro- 
vineÌ€Uiy  non  prenderà  a  giai^tiiicare  paratamente  le  minori  va^ 
rianti  introdotte  nella  seconda  parte  del  suo  lavoro,  volendo  con- 
siderare la  prima  come  la  più  impor^nte,  e  per  così  dire,  sta- 
tutaria. I  capitoli  riguardanti  i  diritti  e  doveri  dei  singoli 
funzionarii,  riproducono  quasi  tutti  i  concetti  colle  parole  stesse 


400 

adoperate  nella  propoeta  Castiglioni,  coù  quelle  poche  modi- 
ficasioni  richieste  dal  caso.  Si  conservarono  al  Direttore  quasi 
tutti  gli  attributi  essenziali  ad  esso  conferiti  nel  menzionato 
Progetto  y  essendo  unanime  la  Commissione  nel  ritenere  che 
una  sola  mente  ^  una  sola  volontà  ahbia  a  governare  i  Mani- 
comii,  ad  imprimere  un  solo  indirizzo  all'azienda  sanitaria  ed 
economica  interna  ed  alle  applioasioni  della  scienza  psichiatrica. 
Soltanto  la  Commissione  ha  riservato  alla  Deputazione  Provin- 
ciale  il  diritto  di  pubblicare  i  consuntivi  dei  Manicomii,  diritto 
che  è  per  essa  un  dovere  imprescindibile  verso  il  pubblico  ed 
il  Consiglio  Provinciale. 

Si  è  ammesso,  secondo  le  vedute  del  Direttore  Castiglioni , 
che  il  Manicomio  Principale  non  solo  debba,  restare  la  sede 
della  Direzione,  ma  sia  considerato  come  il  centro  di  tutto  le 
evoluzioni  e  le  operazioni  concernenti  eziandio  il  Manicomio 
succursale  a  Mombello ,  dal  che  derivano  reciproci  vantaggi  e 
mutuo  appoggio  al  vero  prosperamento  di  ambedue.  —  Non  si 
è  vincolata  ad  alcuna  norma  prefissa  la  presenza  del  Direttore 
nel  Manicomio  succursale,  ov'  egli  è  libero  di  recarsi  ogni  qual- 
volta lo  creda  opportuno ,  onde  esercitarvi  la  necessari^  sorve- 
glianza e  la  sua  autorità. 

La  Commissione  ha  accettato  le  idee  del  sig.  Direttore  Ca- 
stiglioni  sul  riparto  dei  Medici  nella  proporzione  di  uno  per 
ogni  100  ricoverati  ali*  incirca  nel  Manicomio  Principale  e  per 
150  nel  Succursale,  attesa  V  indole  e  la  natura  dei  Mentecatti 
accolti  neir  uùo  e  nell'  altro.  Convinta  della  importanza  in  oggi 
acquistata  dalla  anatomia-patologica,  dalla  microscopia  e  dalla 
istologia ,  essa  confida  che  nel  personale  sanitario  addetto  ai 
Manicomii  Provinciali  non  mancheranno  i  cultori  di  questi  im- 
portantissimi rami  della  medicina.  In  ogni  modo  essa  impegna 
sin  d'  ora  la  Deputazione  e  il  Consiglio  Provinciale  a  voler  pre- 
miare, sia  nei  concorsi,  sia  nelle  promozioni,  coloro  che  si  distin- 
guono nello  studio  e  danno  guarentigia  di  far  concorrere  al 
lustro  ed  al  progresso  della  scienza  gli  abbondanti  materiali 
offerti  dai  Manicomii  Provinciali. 

Prescindendo  dalle  regole  particolareggiate  sino  ai  minimi 
dettagli,  colle  quali  il  Direttoi*e  Castiglioni  volle  disegnare  gli 
incumbenti  del  Personale  di  servizio  inferiore,  la  Commissione  ne 


4ei 

raccolse  in  un  solo  capitolo  lo  schema  e  la  distribuzione,  coi  do* 
veri  emergenti  per  gli  uni  e  per  gli  altri,  commettendo  alla  De- 
putazione Provinciale  di  approvare  le  singole  Istruzioni  discipli- 
nari. Al  quale  proposito  essa  raccomanda  sin  d'  ora  alla  Depu- 
tazione le  Norme  presentate  dal  Direttore  Castiglioni ,  siccome 
quelle  che  nulla  lasciano  a  desiderare^  se  pur  non  peccano  per 
soverchia  minutezza  nella  affermazione  di  ciò  che  è  nella  na- 
tura stessa  delie  cose. 

Un  laVoro  di  questo  genere  è  per  sé  stesso  mutabile  e  su- 
scettivo di  molti  miglioramenti.  La  Commissione ,  nel  trasmet- 
terlo alla  Deputazione  Provinciale  ,  giustamente  si  aspetta  di 
vederlo  emendato  e  corretto.  Il  Consiglio  Provinciale  accordan- 
dogli r  onore  di  una  profonda  discussione ,  saprà  portarlo  più 
dappresso  a  quella  perfezione,  che  idealmente  tutti  vagheggia- 
mo. Ad  ogni  modo ,  la  Commissione  si  limita  ad  esprimere  il 
voto  che  il  Regolamento  dei  Manicomii  Provinciali  venga  sot- 
toposto anche  alla  sanzione  del  tempo  e  della  esperienza,  e  ri- 
formato, ove  occorra,  ad  epoca  determinata  (1). 

La  Commissione, 

Avv.  Giuseppe  Piolti  De  Bianchi^  Presidente.  —  Avv.  Grtu- 
seppe  Borgomanero.  —  Rag.  Francesco  della  Porta.  — 
Dott.  Carlo  Ferrario.  —  Dott.  Romolo  Griffini,  rela- 
tore. 


BIBLIOGRAFIA  MEDICO  -  CHIRURGICA  ITALIANA. 


nL GENO  e  ToMATi.  Aggiunte  alle  Considerazioni  sullo  stato  attuale 
della  interna  amministrazione  e  del  servizio  sanitario  degli 
ospedali  civili  di  Genova.  —  Due  parole  alla  Commissione 
amministrativa  degli  ospedali  civili  di  Genova.  —  Genova  , 
1867;  4  voi.  di  pag.  435. 

Agosti  Giuseppe,  La  commozione  e  lo  stupore  generale  in  rap- 


(4)  Segue  a  questa  Relazione  il  Progetto    di  Regolamento , 
che  pubblicheremo  quale    verrà   sanzionato  dal    Consiglio   Pro- 


vinciale. 


4dS 

porto  air  amputazione  istantanea.  —  Oonsiderazioni  teorico- 
pratiche  sopra  un  caso  d'amputazione  immediata  alla  g&nihn^ 
con  brevi  cenni  sulle  varie  teorie  e  pensieri  dell'Autore  sulla 
patogenesi  della  pioemia.  Napoli,  1866;  op.  di  pag.  50. 

Annuario  della  Società  dei  Naturalisti  in  Modena.  Anno  II.  Mo- 
dena, 1867;  1  voi.  in-8.*  di  pag.  194. 

AuiUTi  Giuseppe.  Sopra  una  epidemia  di  morbillo.  Studio  teo- 
rico-clinico. Napoli,  1867;  1  voi.  in-8.®  di  pag.  i37.  (Dal 
Giornale  e  La  Medicina  »). 

BALESTREtu  F.  M.  La  costituzione  medica  di  Genova  nel  1866 
e  il  cholera.  Osservazioni.  Genova,  1867;  op.  di  pag.  31. 
(Dalla  e  Liguria  medica  »). 

Barbieri  Agostino,  Della  ferita  delia  arteria  vertebrale;  del 
dott.  Ambrogio  Gherini.  Analisi  critica  ed  osservazioni.  Mi- 
lano, 1867  ;  op.  di  pag.  13.  (  Dalla  e  Gazz.  med.  It.  Lomb.  »). 

Belluzzi  Cesare.  Nuovi  fatti  in  appoggio  dell'estrazione  del 
feto  col  parto  forzato  durante  l'agonia  delle  donne  incinte, 
onde  salvare  più  facilmente  il  feto  stesso  in  sostituzione  a 
tale  operazione  o  al  taglio  cesareo  post  mortem.  Bologna , 
1867;  Memoria  di  pag.  19.  (Dalle  e  Memorie  dell' Accad. 
delle  scienze  dell'  Ist.  di  Bologna  »  ). 

Betti  prof.  Leopoldo.  La  teoria  fisiologica  e  la  teoria-empirico- 
razionale  della  malattia  rispetto  all'ontologismo  della  scienza 
medica.  Firenze,  1865;  op.  di  pag.  85  (  e  Dallo  Sperimen- 
tale »  ). 

B^TTi  prof.  Leopardo.  I^atologia  e  fisiologia.  -*-  Oonsiderazioni 
pratiche  sul  fondamento  della  scienza  medica,  Firenze,  1866; 
op.  di  pag.  49.  (  Dalla  «  Sperimentale  9). 

BoNUGGi  Francesco,  Delle  malattie  mentali  curate  nel  Manico- 
mio di  S.  Margherita  di  Perugia  gli  anni  -1864-65-66.  Re- 
lazione triennale.  Perugia,  1867;  1  voK  di  pag.  59. 

Botta  prof.  Gian  Lorenzo.  Sulla  doppia  irido-enclesL  Oomuni- 
cazioné  agli  onorevoli  Membri  del  Congresso  sanitario  degli 
spedali  di  Genova.  Genova,  1867;  op.  di  pag.  12.  (Dalla 
e  Liguria  medica  »  ). 

Brep^tàno  Paolo.  L'omiopatia  in  Italia.  Rivista  annuale.  Anno  II. 
Milano,  1867;  1  ,vol.  di  pag.  490. 

Casanova  cav.  Achille.  La  critica  della  patologia  cellulare  di 
Virchow  e  del  nichilismo  antiflogistico  di  Niemeyer^  Trous- 
seau.  Orsi,  Tommasi,  Schivardi ,  ecc.,  in  base  ad  un  rias- 
sunto della  nostra  riforma  delle  dottrine  le  più  ricercate 
sulla  genesi  della  flogosi  e  della  cotenna  (riforma  che  emerge 
dalle  opere  segnate  con  asterisco  nella  coperta)  con  estesi 
appunti  alle  belle  opere  di  Graves,  Uh  le  e  Wagner  ed  un'Ap- 


46S 

pendice  intorno  i  preservativi  e  curativi  del  cbolera-roorbus 

in  relazione  alla  teoria  microzoocistica  sui  contagi,  ecc.  ecc. 

Milano,  1867;  1  voi.  di  pag.  175. 
OifiRASi  Filippo.  Essenza  e  patogenia  del  diabete  mellito.  Roma, 

1867;  op.  di  pag.  24.  (Dal  «  Giornale  medico  di  Roma). 
Chiara.  Osservazione    di    Cefalotrissia    per    difetto    grave    alla 

coniugata  sacro-pubica.  Torino,  4867;  op.  di  pag.  14. 

CoMissETTi  comm.  Antonio.  Annotazioni  sull'  attitudine  degli 
Italiani  al  servizio  militare  e  sulle  principali  imperfezioni 
fisiche  od  infermità  che  motivarono  le  riforme  negli  inscritti 
delle  leve  degli  anni  1862,  1863  e  1864.  Firenze,  1867  ;  op. 
di  pag.  37  con  tav. 

Contini  Antonio.  Istruzione  al  popolo  per  conoscere  e  curare 
il  cholera-mbrbus  asiatico.  Chiari,  1867;  op.  di  pag.  13. 

Contini  Antonio.  Trattato  e  Istruzione  popolare  sul  cholera* 
morbus  asiatico.  Chiari,  1867;  op.  di  pag.  45.  (Vendibile  al 
prezzo  di  cent.  50,  presso  il  tipografo-librajo  Francesco  Buf- 
foli  in  Chiari  ). 

Cortese  comm.  Francesco.  Relazione  della  campagna  combat- 
tuta dalle  armi  italiane  nel  1866,  risguardante  lo  stato  sa- 
nitario deir  esercito.  Venezia,  1867  ;  op.  di  pag.  75. 

De  Marchi  Antonio.  Di  un  nuovo  fenomeno  morboso  dell'ence- 
falo appellato  cerebro-cerebelloso  e  spiegazione  del  suo  mec- 
canismo. Promemoria.  Sarzana,  1867;  op.  di  pag.  101. 

De  Vita  cav.  Achille.  A  proposito  del  cholera.  Precetti  igienici 
e  profilattici.  —  Presidii  curativi.  —  Provvidenze  dei  Co- 
muni. Catanzaro,  1867;  op.  di  pag.  10. 

Fasoli  e  Gcerri.  Il  cholera  e  i  disinfettanti.  Nuovi  studj  speri- 
mentali eseguiti  nel  R.  Laboratorio  di  chimica  farmaceutica 
in  S.  M.  Nuova  di  Firenze.  Firenze,  1867;  op.  di  pag.  13. 

Gherini  Ambrogio.  Della  ferita  dell'arteria  vertebrale.  Milano, 
1867  ;  op.  di  pag.  43. 

Giordano  prof.  Scipione.  Zolfo  e  cholera.  Considerazioni  pre- 
sentate nella  seduta  del  28  luglio  della  R.  Accad.  med.  di 
Torino,  1867;  op.  di  pag.  20.  (Dal  e  Giorn.  della  R.  Accad. 
med.  di  Torino). 

Granara  jRomoZo.  Cenno  retrospettivo  riguardante  la  gestione 
direttiva  sanitaria  per  l'Ospedale  di  Pammatone  durante  il 
triennio  1864-67.  Genova,  1867  ;  op.  di  pag.  20. 

Landi  prof.  Pasquale.  I  malati  della  clinica  chirurgica  di  Bolo- 
gna nell'anno  accademico  1865-66  ricordati  ai  suoi  scolari. 
Fano,  1867;  op.  di  pag.  59.  (Dall'  «  Ippocratico  »  ). 

Landi  prof.  Pasquale.  Una  lezione  sulla  trasfusione  del  sangue. 
Fano,  1867;  op.  di  pag.  27.  (  Dall' «  Ippocratico  »). 


464 

La  Scienza  del  Popolo.  Raeeolta  di  Letture  scientifiche  popò* 
lari  fatte  in  Italia,  in  piccoli  Tolami  di  circa  50  pag.  l'uno, 
al  prezzp  invariabile  di  25  centesimi  in  Firenze  e  30  in 
provincia  franco  di  posta.  —  All'estero  le  spese  postali  in 
più.  —  Si  aprono  abbonamenti  per  serie  di  6  voi.  ciascuna, 
al  prezzo  totale  di  L.  i.  50  franco  di  posta  per  tutto  il  Re* 
gno.  —  Dirigere  la  domanda  col  relativo  prezzo  in  vaglia, 
biglietti  0  francobolli,  alla  Direzione  della  Scienza  del  Po' 
polo  presso  gli  Stabilimenti  Civelli  a  Firenze,  Milano,  To* 
rino.  Verona.  —  I  volumi  sinora  pubblicati  sono  i  seguenti  : 
1.®  La  pila  di  Volta  ;  pel  sen.  prof.  Carlo  Matteucci.  — 
2.®  I  vermi  parassiti;  pel  dott.  Pietro  Marchi.  —  3.^  Vita  di 
Giorgio  Stephenson;  pel  prof.  G.  Saredo.  —  4.®  Il  tipo-tele- 
grafo ;  pel  cav.  G.  Bonelli.  —  5.®  La  misura  del  tempo  in 
geologia  ;  pel  prof.  Igino  Cocchi.  •—  6.®  Igiene  del  sistema 
nervoso  ;  pel  prof.  G.  Generali.  —  ?.•  La  voce  ed  altri  feno- 
meni attinenti  alla  respirazione;  pel  prof.  Giacinto  Namias. 

—  8.^  I  miaKmi  e  le  epidemie  contagiose;  pel  dott.  P.  Lioy. 

—  9.^  Storia  naturale  del  colera  ;  pel  prof.  Giacinto  Namias. 

Le  condizioni  dell*  Auministrazìone  degli  Spedali  civili  di  Ge- 
nova esposte  dalla  Commissione  amministrativa  al  Prefetto 
della  Provincia  ed  al  Sindaco.  Genova,  1867;  1  volume  di 
pag.  71. 

Magari  Francesco.  Cholera  in  Aosta  nel  1867.  Torino,  1867. 

Mantegazza  prof.  Paolo.  Delle  alterazioni  istologiche  prodotte 
dal  taglio  dei  nervi.  Nuove,  esperienze.  Milano,  1867;  op.  di 
pag.  15.  (Dalla  e  Gazz.  med.  1%.  Lomb.  »). 

Marcacgi  prof.  Giosuè,  Séttantatrè  nuovi  esperimenti  fatti  con 
alcuni  coagulanti  il  sangue  e  più  particolarmente  col  per- 
cloruro  ferro-manganico.  —  Considerazioni  intorno  alla  più 
comune  maniera  di  guarigione  degli  aneurismi,  corredate  di 
140  osservazioni,  pratiche.  Siena,  1867;  1  voi.  in  8.®  di 
pag.  345. 

Mattioli  G.  jB.  La  fava  del  Calabar.  Padova,  1867;  op.  di  pag.  31. 

MmAQLiA  cav.  B.  G.  Relazione  fatta  alla  Commissione  ammini- 
strativa del  R.  Manicomio  di  Aversa ,  nella  tornata  del  27 
febbrajo.  Aversa,  1867  ;  op.  di  pag.  58.  (  Dagli  e  Annali 
Frenopatici  Italiani  9  ).    - 

MoNTEFORTÈ  Gaetano,  Risultati  clinici  raccolti  nel  Sifilicomio  di 
Palermo  negli  anni  1865  e  1866.  Palermo,  1867;  op.  di 
pag.  59  con  fig. 


Il  Direttore  e  Gerente  responsabile 
Dott.  Romolo  Griffini. 


465 


ANMLI  RIVERSALI  DI  HEDIGIIVA. 


VoL.  COL  —  Fasc.  603.  —  Settembre  1867. 


OmerTiksloiil    chlrarfflehe  del  doti.  BBBWAIlDlMO 

iiAReHi^  Chirurgo  Capo  presso  F  Ospedale  Mag- 
giare  di  Vercelli. 

X. 

Panereccio  aottoperioateo,  necrosi  delVultima  falange  dell'in- 
dice deatro  ,  recisione  sottoperiostea  e  riproduzione  della 
medesima. 


R 


.  N.,  appr«nditrice  sarta,  d'anni  13,  di  costituzione  eminente- 
mente scrofolosa,  a  labbro  superiore  tumidissimo,  viene  accom« 
pagnata  dalla  sorella  il  4  maggio  1862  nel  mio  studio;  è  affetta 
da  giorni  i5  da  profondo  panereccio  sottoperiosteo  dell'ultima 
falange  dell'indice  destro  la  di  cui  estremità  è  orrendamente  in- 
grossata quar  otre;  sento  raccolta  tutt'  intorno,  giudico  necro- 
sata  e  nuotante  nella  marcia  l'ultima  falange.  Una  puntura  d'ago 
cagionò  probabilmente  là  malattia.  Non  sentii,  movendo  le  parti, 
scrichiolare  l'ultima  falange  sulla  seconda,  perciò  giudicai  sana 
la  loro  giuntura. 

Perchè  tanto  tardaste  o  giovinetta  a  farvi  visitare?  Per  paura. 
Divisi  le  carni  dell'ultima  falange  in  lembo  dorsale  ed  in  lembo 
palmare,  il  coltello  passò  fra  il  periostio  e  la  superficie  palmare 
della  falange,  la  quale  rimase  fra  mezzo  alle  parti  divise;  diva- 
ricati  i  due  lembi,  con  tenaglie  ^incisive  recisi  la  base  della  fa- 
langC)  speriostata  dalla  malattia,  ben  presso  all'articolazione. 

La  pagina  dorsale  del  periostio  era  aderente  al  lembo 
dorsale,  la  palmare  al  lembo  corrispondente,  vi  fu  poca  emor- 
ragia,  non  feci  allacciatura  alcuna.  Il  periostio  distaccato  tutto 

Annali,  Voi.  CCl  30 


466 

airintorno  della  falange ,  meno  nella  oorona  ariic^re ,  8i  era 
dilatato  in  enorme  saccoccia  piena  di  marcia,  entro  la  quale  nuo* 
tava  r  osso  necrosato  ;  probabilissiiAamente  non  vi  fu  rottura 
in  alcun  punto  della  saccoccia  periostea ,  ma  io  non  feci  mi- 
nuto esame  delle  palpitanti  parti  per  pietà  dell'  inferma.  Posi 
in  contatto  i  due  lembi  con  due  cuscinetti  di  compresse»  Tuno 
dorsale  l'altro  palmare.  Prescrissi  all'inferma  di  tenere  immersa 
nell'acqua  tiepida  la  mano  destra  durante  un'ora,  prima  di  farsi 
visitare  nei  giorni  avvenire. 

Maggio  5,  mane.  —  Il  dito  infermo  è  di  già  di  molto  disen- 
fiato, un  pò  di  sangue  aggrumato  sta  fìra  l'uno  e  l'altro  lembo,  i 
.quali  tenni  di  nuovo  combaciati  coi  due  cuscinetti  e  con  fascia- 
tura circolare. 

Maggio  6.  —  L'incisione  si  estende  sino  oltre  al  livello  della 
base  dell'unghia,  i  due  margini  e  le  due  commissure  sono  tu- 
midi, l'unghia  non  è  più  sollevata. 

Maggio  7  a  16.  -—  L'unione  dei  due  lembi  ebbe  luogo  re- 
golarmente. 

Maggio  22.  —  L'estremità  dell'indice  è  più  larga  e  più 
spessa  dell'  estremità  del  pollice  della  stessa  mano,  1'  unghia  ò 
compiutamente  fissa:  la  novella  falange  è  di  già  consistente, 
fra  i  due  margini  dell'incìse  parti  vi  è  tratto  alto  circa  due 
millimetri  o  poco  meno,  rienpiuto  di  carni  sode.  Corre  in  oggi 
il  decimo,  ottavo  giorno  da  che  l'inferma  fu  operata,  e  la  falange 
novella  è  già  in  via  di  avanzata  riproduzione,  e  la  medesima 
(parte  vecchia  e  parte  nuova  )  si  muove  molto  bene  sulla  se- 
conda. 

•  *  f 

Maggio  28.  -^  È  compiuta  la  riproduzione. 

La  parte  dell'indice  destro  che  contiene  1'  ultima  falange  ò 
molto  più  grossa  della  corrispondente  parte  dell'indice  sinistro. 
L' incisione  è  compiutamente  cicatrizzata ,  sono  conservati  per 
intiero  i  movimenti  della  terza  falange  sulla  seconda; 

Giugno  2.  -—  Incomincia  il  periodo  di  decrescimento  del- 
l'osso novello. 

L'estremità  dell'indice  destro  operato  è  più  grossa  e  più  tozza 
e  più  corta  di  circa  due  millimetri  dell'estreufità  dell'indice  si- 
nistro, cosi  un  pò  più  breve  restò  la  falange  che  si  rinnovellò  e 
si  riprodusse. 


467 

Da  qtiQsto  giorao  ine»]itiaci&  il  dedreseiteeiito  dell'  osso ,  il 
q^uale  fattosi  gradatameate  più  pieoolo,  ritenne  presso  a  poco 
il  volame  dell'osso  sinistro  corrispondente,  rimanendo  però  sem- 
pre un  pò  più  breve  ed  un  pò  più  grosso.  L'  unghia  antica  si 
rinnovò  essa  pure  caccjiata  dalla  novella. 

Aprile  8y  1867.  —  Stato  attuale  deW  eetremità  operata. 

Indice 
Sinistro  sano.  Dentro  operato. 

centimetri        millimetri  centimetri        millimetri' 

Lunghezza  della  falange. 
2  03  \  2       .  00 

Lunghezza  dell'  unghia. 
1  05  i  01 

Larghezza  dell'  unghia. 
1  00  1  04 

Lunghezza  del  dito  alla  radice  dell'  unghia. 
1  06  2  02 

La  punta  dell'indice  destro  ò  tozza  e  quadra,  presenta  •solco 
di  cicatrice  che  circonda  il  suo  apice  e  si  estende  ai  lati  sino 
in  corrispondenza  della  radice  dell'unghia,  e  ritiene  cosi  la  trac- 
cia dei  due  lembi  fatti  nell'atto  operativo.  La  punta  del  dito  si 
ingrossa  un  pò  più^  oltrepassata  la  giuntura  della  seconda  colla 
terza  falange^  ed  in  luogo  della  forma  conica  all'apice,  presenta 
un  cono  a  rovescio  colla  punta  del  cono  verso  la  giuntura  e  colla 
base  verso  l'  apice  dell'  indice.  Cosi  l' ossificazione  ciò  che  per- 
dette in  lunghezza  acquistò  in  larghezza.  La  giuntura  delia  terza 
e  seconda  falange  eseguisce  i  suoi  movimenti  in  modo  naturale. 

Considerazioni.  —  Avendo  diagnosticato  dal  primo 
istante  che  la  falange  necrosata  nuotava  in  un  campo 
di  marcia,  fendei  di  botto  1* estremità  operanda  o. punta 
deir indice  in  due  lembi,  Tuno  dorsale,  e  l'alta  palma- 
re: operando  in  questo  modo  lasciai  intatta  la  super  fi- 


408 

oÌ6  donale  dell' estremiti  dell*  indice;  non  toccai  nh  pùn- 
to, nò  poco  r  unghia.  Nei  casi  di  estrazione  deirnltima 
falange,  dessa  non  deve  essere  estratta,  perchè  serve  di 
sostegno  alla  falange  novella,  è  una  assicella  naturale 
che  impedisce  la  maggiore  retrazione  delle  parti.  L*  estre- 
mità di  un  dito  ai  quale  sia  stata  estratta  la  falange  tende 
sempre  a  raccorciarsi,  e  Tarte  deve  studiare  ogni  mezzo 
dì  renderne  minore  il  raccorciamento ,  e  perciò  si  deve 
conservare  T  unghia ,  quantunque  dessa  fosse  un  pò  sol- 
levata. Restò  pure  intatta  la  superficie  palmare  dell'estre- 
mità dell* indice,  la  volli  rispettare,  e  conservare  intatta 
perchè  sede  precipua  del  tatto,  e  parte  primaria  per  la 
presa  dei  corpi. 

Una  sol  volta,  1862,  per  estrarre  la  falange  trovando 
sollevata  l'unghia,  la  distaccai,  vidi  alcuni  seni  sul  dorso 
deir estremità  del  pollice,  feci  incisione  dorsale,  ma  la  no- 
vella falange  e  Y  unghia  novella  crebbero  con  margine  sa- 
liente dorsale  e  due  superficie  laterali^  abbandonai  per- 
ciò questo  metodo  che  vidi  difettoso  (I). 

Il  panereccio  sottoporiosteo  deirultima  falange  del  pol- 
lice e  delle  altre  dita  nasce  soventi  volte  alla  regione  pal- 
mare/ quindi  la  necessità  di  fare  T  incisione  cutaneo-pe- 
riostea  nella  regione  palmare.  In  ogni  panereccio  V  àncora 
della  cura  è  la  prontissima  incisione;  come  è  riconosciuto 
dai  primi  tempi  quasi  della  chirurgia. 

Io  sempre  pratico  T  incisione  cutaneo-periostea  nel  pri- 
mo istante  che  visito  T  infermo.  Non  procedo  alla  dissec- 
cazione della  falange;  se  essa  è  distaccata  esce  da  sé,  aq 
non  è  per  intiero  distaccata,  si  distacca  intieramente  col 
tempo,  fatta  V  incisione  sino  air  osso,  Tarte  ha  fatto  tutto 
quanto  si  dovea  fare;  verso  alcune  goccio  di  soluzióne 


(1)  Vedi  «  Operazicioi  sottoperiostee  ».  <  Giornale  dell' Ac- 
cademia  medico-chirurgica  di  Torino  »,  1856* 


460 

d'azotato  d'argento  1  a  100,  o  cauterizzo  leggerijKsìma-- 
tnente  le  parti  incise  per  abortire  il  processo  infiamma-- 
tprio»  per  abortire  la  suppura2;ione  »  ecc. ,  non  faccio  al- 
cuna manualità  per  estrarre  la  falange  necrosata. 

Quantunque  la  falange  antica  non  sia  ancora  total- 
mente distact'yata  dal  periostio,  tuttavia  la  falange  novella 
è  già  in  via  di  formazione  (1),  e  perciò  la  falange  antica 
considero  come  madre  forma  della  falange  che  sta  per 
crescere,  e  quindi  spaccato  il  panereccio  sottoperiosteo» 
lascio  alla  natura  liberarsi  dair  antica  falange  necro- 
sata. 

Nel  caso  nostro,  diciotto  giorni  dopò  T estrazione  del- 
r  antica,  la  novella  falange  era  già  in  via  di  innoltrata  os- 
sificazione. Questo  fatto  prova  quanto  sia  celere  la  ripro- 
duzione delle  ossa.  È  ben  vero  però  che  la.  riproduzione 
dell*  ultima  falange  dell*  indice  non  cominciò  dal  momento 
che  fu  fatta  l' estrazione,  ma  bensì  dall*  istante  che  il  pe- 
riostio della  stessa  si  ingrossò ,  ossia  dai  primi  istanti  del 
panereccio  :  è  duopo  considerare  che  la  malattia  non  du- 
rava che  da  quindici  di,  e  cosi  in  giorni  trenta  di  lavo- 
rio la  natura  ajutata  dall'arte  aveva  già  portato  la  9^0- 
vella  ossificazione  ad  un  grado  ben  avanzato. 

Quando  fatta  T incisione  cutaneo-periostea,  l'ultima  fa- 
lange esce  in  grande  parte  neprosata,  appena  Compiuto  il 
taglio,  io  non  dubito  di  introdurre  (siccome  indicai  nel- 
l'opera sovracitata  e  qui  giova  ripetere)  entro  il  cavo 
periosteo  alcuni  stuelli  di  filaciche,  e  ciò  faccio  onde  con- 
servare e  far  ritenere  al  cavo  periosteo  la  sua  lunghezza , 
ossia  per  impedire  il  raccorciamento  di  detto  cavo,  senza 
di  che  la  falange  nuova ,  accorciatosi  e  raggrinzatosi  il 
cavo  periosteo,  cresce  e  si  forma  molto  più  corta  della  fa- 
lange antica.  Nel  caso  nostro  nel  termine  di  un  mese  si 


(1)  Vedi  opere  sovracitate. 


470 

compi  pure  I*  unione,  ossia  adesione  della,  porzione  antica 
della  falange  alla  porzione  novella  della  medesima,  unione 
ed  anchilòsi  che  prora  la  meraTÌgliosa  e  prontissima  ri- 
produzione delle  ossa.  Feci  bene  a  non  esportare  T  unghia 
antica,  essa  cadde  col  tempo,  e  la  sua  presenza  servi 
ad  ottenere  la  falange  novella,  lunga  quasi  <^me  la  an- 
tica. 

Per  l'avvenire,  ogniqualvolta  troverò  gangrenata  la 
prima  e  la  seconda  falange  del  pollice ,  la  prima  e  la  se* 
conda  falange  del  dito  grosso,  non  farò  Y  estrazione  com- 
piuta delle  medesime ,  mi  limiterò  a  fare  un*  incisione 
cutaneo-periostea  sulla  regione  dorsale  o  sulla  parte  la- 
terale più  conveniente  e  voluta  dal  caso,  distaccherò  al- 
quanto il  periostio  dai  margini  dell' incisione,  ma  mi  guar- 
derò  ben  bene  di  compiere  ad  un  tratto  l'estrazione;  è 
desisa  opera  troppo  manesca,  da  cui  deve  rifuggire  la 
chirurgia.  Lascierò  in  sito  la  prima  e  la  seconda  falange, 
perchè  desse  sono  il  naturale  sostegno  delle  falangi  novelle 
che  la  natura  sta  facendo  risorgere.  Ciò  è  detto  pei  casi  in 
cui  vi  sia  necrosi  delle  ossa,  senza  seni  che  si  aprano  al- 
l'esterno; se  vi  sono  seni,  non  &ccio  neppure  l'incisione, 
introduco  da  lustri  i  cilindri  d'azotato  d'argento  dentro  le 
ossa  piccole,  dentro  le  ossa  grandi,  distruggo  Tosso  an- 
tico, ajuto  l'atrofia  delTosso  antico,  e  servendomi  dei  seni, 
faccio  la  litotrizia  dei  sequestri ,  siccome  pratico  da  anni , 
e  già  pubblicai  nei  giornali  di  Torino  «  Gazzetta  dell'As- 
sociazione Medica  degli  ex  Stati  Sardi,  1862  »  e  «  Gior- 
nale della  Reale  Accademia  medico-chirurgica  di  Tori- 
no, 1856  ».  . 


471 
XI.  ' 

Tumore  eisticiyorbitO'palpebrO'àoptaciliare  sinistro,  tumoretto 
non  cistico ,  grosso  come  un  grano  di  riso  posato  suW  a- 
pioe  della  porzione  anteriore  del  primo ,  ambo  situati 
dietro  il  muscolo  orbicolare.  Incisione  breve  cutaneo-mu- 
scolare ,  estirpatione  del  tumoretto ,  puntura  della  cisti , 
leggera  e auteriit azione  della  parete  interna  della  cisti 
colla  punta  di  cilindro  d^ azotato  d*  argento.  Leggerissime 
successive  cauterizzazioni,  progressivo  iràpicciolimento  del 
tumore,  avvizzimento  progressivo  delle  pareti  della  ci- 
sti ,  adesione  e  cicatrizzazione  completa  della  medesima , 
nessuno  o  leggerissimo  segno  di  cicatrice  superficiale. 

Numero  d'ordine  generale  332.  Numero  del  letto  86. 

Micheletti  Francesca,  d'anni  19,  contadina,  nubile,  da  Tron* 
zano,  proveniente  idem.  Entrata  11  marzo,  operata  12  marzo, 
uscita  guarita  27  marzo  1867. 

A  dire  dell'inferma  essa  porta  da  dieci  a  undici  ^  anni  tu- 
more cistico  alla  palpebra  superiore  sinistra;  ^  desso  grosso 
come  nocciola ,  sta,  direi',  fra  sopraciglio  e  palpebra  ,  posa  in 
parte  sul  margine  sopracigliare;  il  tumore  ha  spostato  un  pò 
in  basso  la  parte  esterna  del  sopraciglio  e  la  parte  esterna  « 
margine  inferiore  della  palpeJ)ra  superiore,  è  cistico,  e  il  direi 
trasparente  ;  è  situato  dietro  il  muscolo'  orbicolare  della  pal- 
pebra. 

Porta  suir  apice  della  porzione  anteriore  altro  tumoretto  , 
grosso  come  un  '  grano  di  riso,  sottocutaneo ,  superficiale  e  mo- 
bile. Il  tumore  cistico  non  è  mobile ,  non  si  sposta ,  porzione 
di  esso  si  riconosce  fare  corpo  col  periostio  del  sopracciglio  e 
della  vòlta  orbitale.  Rinchiude  nel  suo  seno  umore  così  detto 
sebaceo, 

I  pratici  ben  sanno  di  qual  genere  siano  questa  sorte  di 
tumori. 

Io  il  credo  originato  dalla" ipertrofìa  d'  una  delle  ghiandole 
mucipare  che  si  trovano  presso  le  aperture  delle  cavità  del  corpo 
umano,  ma  l'istologia  del  medesimo  non  tocco  che  di  volo ,  il 
processo  operativo  è  quello  che  attira  la  mia  attenzione. 


472 

Base  del  progetto  operativo.  —  L'atto  operativo  deve  es- 
sere circoscritto  al  tumore,  ed  essere  rinchiuso  entro  il  mede- 
simo; tutti  i  tessuti  della  palpebra,  del  sopracciglio,  delForbita 
non  devono  essere  non  solamente  tocchi ,  ma  neppure  esposti 
all'atto,  ed  ai  danni  dell'operazione  formolata  colle  seguenti  pa- 
role. 

Breve  incisione  cutaneo-muscolare  sul  centro  del  tumore. 

Estirpazione  del  tumore  grosso  come  un  grano  di  riso. 

Puntura  a  picco  col  cilindro  appuntato  d'azotato  d'argento 
e  penetrazione  della  punta  dello  stesso  dentro  la  cavità  della 
cisti.  Cauterizzazione  della  superficie  interna  del  tumore  mentre 
è  ancora  distesa  da  porzione  della,  materia  che  contiene  entro 
di  so. 

Sale  comune  so.vra  l'incisione. 

Questo  fu  il  piano  che  ideai  nella  notte,  o  per  meglio  dire, 
che  pratico  da  lunghi  anni  e  lustri,  siccome  già. indicai  nelle 
mie  opere. 

Marzo  12,  esecuzione,  —  Fatta  breve  incisione  cutaneo-mu- 
scolare  di  contro  il  tumoretto ,  lo  estrassi  colla  pinza  Bonino , 
ossia  lunga  pinza  a  branche  arcuate  (1).  Forai  con  bistorì  la 
cisti ,  e  mentre  ancora  esciva  dalla  piccola  apertura  1'  umore 
sebaceo  di  quella ,  escito  dalla  cisti  circa  un  quarto  del  suo 
contenuto,  introdussi  la  punta  del  cilindro  d'azotato  dentro  la 
cavità  del  tumore ,  lasciai  colà  la  medesima  un  istante ,  e  la 
estrassi;  sparsi  di  sale  comune  l'incisione  (prima  leggera  caute- 
rizzazione). 

Marzo  13,  ma^e,  '—  Non  vi  è  febbre,  non  risipola,  la  palpe- 
bra è  distesa  e  leggermente  edematosa,  il  tumere  ha  il  volume 
di  prima. 

Marzo  12,  13.  —  Citrato  di  chinino  centigrammi  50  a  fine 
preventivo. 

Marzo  15.  —  La  parte  esterna  del  margine  palpebrale  dhe 
era  un  pò  declive  all'inbasso  ed  all'infuori  è  r^lzata.  L'apice  del 
tumore  è  roseo,  ancora  chiusi  ed  adesi  sono  i  margini  dell'in- 


cisione. 


(1)  <r  Gazzetta  medica  italiana  di  Torino  1860-61  »,  diret- 
ta dal  cav.  Borelli. 


473 

Marzp  46.  —  Divaricai  ì  margini  dell'  incisione,  ruppi  l'a- 
desione, fuor  esci  taraceiolo  conico  di  materie  sebacee,  e  detritas 
della  cauterizzazione;  introdussi  la  punta  del  cilindro  e  la  tenni 
accollata  alla  parete  anteriore  del  tumore. 

(Seconda  leggera  cauterizzazione) 

Mano  i  7.  —  Non  risipola  sul  tnmore,^  escara  aderente. 

Marzo  i8.  —  Tutto  tace  intorno  al  tumore,  l'escara  è  ancora 
aderente,  comprimo  il  tumore  che  ha  il  volume  che  avea  prima 
dell'atto  operativo,  e  ne  esce  il  turàcciolo  conico  ;  come  sovra  in- 
troduco dentro  il  tumore  il  cilindro  e  lo  levo  subito  (  Terza  leg- 
gerissima  cauterizzazione). 

,  Marzo  20.  —  Escara  sporgente  ;  comprimendo  ai  disopra  del 
tumore  si  fa  escire  e  cadere  l'escara,  ed  anche  la  porzione  più 
profonda  dello  stessa  ;  restano  beanti  i  margini  ed  il  contorno 
del  cavo^  si  scorge  il  fondo  conico  di  lui,  ne  tocco  col  cilindro 
la  parete  superiore  (Quarta  leggerissima  cauterizzazione).  L'in- 
ferma non  va  di  corpo.  Infusione  di  rabarbaro. 

Marzo  2i.  —  Tumore  impicciolito.  —  Pressione,  escita  al  so- 
lito del  detritus  delU  cauterizzazione  misto  all'  umore  sebaceo 
(Quinta  leggerissima  cauterizzazione). 

Marzo  22.  —  IL  tumore  non  è  più  sporgente,  compresso  alla 
parte  superiore,  esce  pus  sciolto,-  faccio  compressione  più  forte 
e  faccio  escire  l'  escara,  la  quale  distacco  per  intiero  colla  punta 
della  pinza,  empio  il  cavo  di  soluzione  1  a  100  di  azotato  d'ar- 
gento, e  per  aumentare  la  facoltà  cauterizzante  del  liquido,  im- 
mergo per  un  istante  la  punta  del  cilindro  nel  liquido  colato  e 
ritenuto  nella  cavità  del  tumore. 

Marzo  23.  —  Il  margine  palpebrale  si  trova  ancora  un  pò 
obliquato  in  basso,  il  tumore  è  appianato,  sono  adesi  i  margini 
dell'incisione,  li  divarico  e  faccio  escire  la  piccola  escara,  ed  in- 
troduco un  istante  la  punta  del  cilindro,  e  vedo  al  solito  la  ca- 
vità rimpicciolita  (Sesta  leggerissima  cauterizzazione). 

Marzo  24.  —  Si  sente  per  intiero  il  tumore,  ridotto  a  pic- 
colo sacco,  di  cui  direi,  si .  toccano  le  due  pareti  approssimate  e 
combaciate.  Escita  dell'  escara  per  la  compressione.  Velatura 
col  cilindro. 

Marzo  25*  •—  Le  pareti  del  tumore  sono  appianate  ,  faccio 
escire  l'escara,  ed  introduco  il  cilindro  per  un  istante.- 


474 

Marzo  27.  La  eicatrìztazione  anche  airinterno  è  presso  che 
compiuta,  al  posto  del  tumore  si  sente  corpo  o  meglio  cicatrice 
piatta,  dura,  sottocutanea,  segno  della  cicatrizzazione  e  comba- 
ciamento fra  di  loro  delle  pareti  del  tumore.  Il  margine  della 
palpebra  superiore  non  si  obliqua  più  in  basso,,  ma  ha  ripreso 
la  sua  naturale  positura.  Eseita  dairinferma. 

Considerazioni.  «^  L*  atto  operativo  non  esce.,  anzi 
è  rinchiuso  dentro  la  cavità  del  tuniore.  Restano  illesi  i 
tessuti  entro-orbitali ,  breve ,  se  non  nulla  la  cicatrice , 
non  può  avere  luogo  diffusione,  assorbimento,  tutto  ò 
circoscritto.  Collo  stesso  metodo  si  operano  gozzi  cistici, 
e  tumori  cistici,  e  non  cistici  di  variò  genere,  con  esso, 
invece  di  estirpare,  si  atrofizza  il  bulbo  dell'occhio,  ecc., 
siccome  pratico  da  lustri  e  da  lustri  pubblicai  nei  gior- 
nali italiani  e  stranieri.  Valete. 

XIL 

Cisti  del  cordone  spermatico  destro ,  e  tumore  càrneo  spor- 
genie  dai  cordone  nella  parte  superiore  della  cisti,  infra- 
inguinali,  diagnosticati  per  ernia  in  un  villaggio  ;  rùvidi' 
ed  incongrui  maneggi  di  riduzione,  flemmone  consecutivo 
delle  porzioni  scrotale ,  inguinale  e  pelvica  del  cordone. 
Incisione  della  cisti,  snocciolamento  del  tumore,  sopra-ve- 
nieriza  di  idrope  nella  vaginale  del  testicolo  destro,  inci^ 
sione  della  vaginale ,  ascesso  scroto-ingùino-pelvico  del 
cordone,  evacuaziane  delle  marcie  dal  profondo  della  pelvi 
per  mezzo  di  catetere  introdotto  dall'  incisione  fatta  per 
la  cisti;  tarda  incisione  dell'ascesso  circoscritto  all'in- 
gu  ine.  Guarigione, 

Pollini  Angelo,  segatore,  d'anni  37,  è  accolto  nell'Ospedale 
ai  numeri  d'ordine  generale  2955,  e  del  letto  iS9 ,  il  16  no- 
vembre 1862  ,  è  operato  il  2Ò  novembre^  ed  esce  guarito  il  4 
gennajo  1863.  ^ 

L' infermo  presenta  tumore  orbicolare  nella  parte  destra  e 
superiore  dello  scroto.  Il  tumore  non  risiede  nella    cavità  della 


475 

vaginale,  sta  al  di  sopra  di  lei  in  quel  tratto  del  cordone  sper- 
matico che  vi  è  fra  V  anello  inguinale  inferiore  e  la.  vaginale 
del  testicolo,  se  si  comprime y: si  sente  fluttuazione  profonda:  il 
'cordone  spermatico  al  disopra  di  esso  è  duro  ed  ingrossato , 
r  ingrossamento  si  sente  pur  anco  nella  regione  inguinale ,  e 
comprimendo  la  regione  inferiore  dell'  abdome  si  sente  che  l'in- 
grossamento continua  nella  cavità  della  pelvi.  Il  diametro  bila  • 
•  terale  interno-esterno  del  tumore  è  di  centimetri  quattro  e 
millimetri  cinque,  egual  misura  ha  il  diametro  anteriore  poste- 
riore del  tumore  >  essendo  desso  orbicolare  ;  è  sano  il  cordone 
spermatico  sinistro.  Facendo  tossire  l' infermo  non  si  sente 
urto  di  visceri  all'  anello  inguinale  destro.  La  malattia  dóru  da 
anni  ed  anni,  V  infermo  non  ha  mai  sofferto  malattie  sifilitiche, 
e  non  ha  mai  avuto  gonorrea.  Compiutamente  sani  sono  i  te- 
sticoli destro  e  sinistro,  Consultò,  alcuni  giorni  prima  di  por^ 
tarsi  all'Ospedale,  un  chirurgo  in  un  villaggio,  il  quale  giudicò 
il  tumore  un'ernia  inguinale,  fece  incongrui' e  ruvidi  tentativi 
di  riduzione,  e  consigliò  l' applicazione  d'  un  cinto  erniario.  Ai 
maneggi  ruvidi  tennero  dietro  dolori  alla  regione  lombare  de- 
stra, e  r  ingròssamonto  della  porzione  scrotale  inguinale  e  pelr- 
vica  del  cordone  destro.  i 

L' inferma  ha  buona  costituzione  ,  non  presenta'  sintomi  dì , 
malattia  di  cuore  e  di  polmoni,  ha  neri  i  peli  di  tutto  il  corpo,- 
nera  e  folta  la  barba  ed  i  capelli,  olivastra  la  tinta  del  volto  e 
del  corpo ,  quale  s'addice  agli  individui  di  temperamento  cosi 
detto  epatico ,  ha  sommo  timore  pel  suo  male ,  massima  incer-» 
tozza  suli'  esito  dello  stesso,  e  manca  assolutamente  di  coraggio. 
Qual'  è  la  malattia  dell'  infermo  ?  Il  tumore  dello  scroto  è  iso^ 
lato,  è  circoscritto  in  verità,  ma  l' ingrossamento  del  cordone  si 
continua  oltre  il  tumore  orbicolare ,  si  innalza  all'  inguine ,  e 
dentro  all'  inguine ,  e  giù  si  sprofonda  nella  pelvi.  Il  tumore 
orbicolare  è  fatto  da  quella  malattia  che  fu  detta  idrope  sac- 
cato  del  cordone  :  il  cordone  in  altri  termini  presenta  nella  re- 
gione dello  scroto  una  cisti  a  pareti  non  spesse,  e  contenente 
probabilmente  liquido  sieroso.  L'  ingrossamento  del  cordone  può 
essere  dipendente  da  flemmone  del  tessuto  cellulare  dello  stesso, 
che  può  essere  stato  originato  dai  maneggi  che  si  fecero  per 
ridurre  il  tumore,  tanto  più,  che  l'infermo  non  desistette  dai 
suoi  faticosi  lavori  di  segatore» 


47  ({ 

NovemÌMré  20.  —  Fatta  la  diagnosi  di  tumore  od  idrope 
aistieò  del  cordone,  e  di  ingorgo  flemmonoso  esteso  alle  regioni 
scrotale,  inguinale  e  pelvica  di  esso,  decisi  di  operare  il  tumore 
per  incisione.  Fermato  T  infermo,  compresso  il  tumore  colla  mano» 
sinistra  dell'  operatore,  dall'  indietro  in  avanti  feci  incisione  lon- 
gitudinale sulla  parte  anteriore  del  tumore,  paralella  all'asse 
di  lui  e  del  cordone,  lunga  millimetri  ventiquattro;  scoprii  la 
membrana  più  profonda  del  tumore  ,  e  visto  il  colore  cilestro 
delle  acque  trasparenti  attraverso  alla  membrana,  forai  questa 
oon  scalpello  a  punta  rotonda;  uscì  Umor  acquoso ,<  introdussi 
l'indice  pel  forame,  dilatai  coli' indice  l'incisione;  e  penetrai 
ooir indice  in  sacco  rivestito  di  liscia  membrana;  percorrendo 
la  parte  superiore  dello  stesso  sentii  far  capolino  dalla  parte 
superiore  dello  stesso,  un  tumore  (quasi  come  fa  il  collo  deiru* 
toro  che  si  sente  per.  la  vagina  )  ;  girai  coll'indice  intorno  intorno 
al  tumore;  constatato  e  riconosciuto  così  il  tumore,  coll'indice 
portato  intorno  intorno  allo  stesBo  lo  i|iolai ,  penetrai  al  di  là 
del  sacco  ben  più  di  quindici  millimetri,  staccai  il  tumore  per 
intiero,  eccettuato  un  piccolo  peduncolo  il  quale  non  potè  esr 
sere  distaccato  perchè  privo  di  resistensa  ;  es traisi  coli'  indice 
il  tumore,  legai  il  peduncolo,  e  lo  recisi  al  di  qua  di  un  cen- 
timetro del  laccio.  Il  pj^duncolo  non  presentava  pulsazione  al- 
cuna ,  ma  mi  parve  prudente  cosa  l' allacciarlo ,  onde  essere 
sicuro  da  ogni  pericolo  di  emorragia.  Non  vi  fu  emorragia, 
riempiì  il  sacco  ed.il  cavo  con  filacciche.  Appena  avea  inciso  il 
sacco,  feci  tossire  di  nuovo  l'infermo,  non  vi  era  comunica- 
zione alcuna  colla  cavità  addominale  :  feci  tossire  nuovamente 
r  infermo  dopo  1'  estrazione  del  tumore ,  posi  l' indice  entro  la 
cavità  d'onde  fu  estratto  il  tumore  e  si  senti  non  esservi  al- 
cuna comunicazione  colla  cavità  addominale,  non  si  senti  urto 
di^viscere  contro  la  parete  d' onde  avea  estratto  il  tumore. 

Novembre  21.  —  Leggero  edema  allo  scroto ,  scarificazioni 
superficiali,  poca  febbre^  maggiore  intumescenza  al  cordone  sper- 
matico, leggerp  dolore  al  ventre. 

Novembre  19,  20,  21.  —  Corallina  grammi  tre,  persolfato 
di  chinina  centigrammi  cinquanta.  Boccone  con  miele,  preven- 
tivo. 

Novembre  22.  r—  Vi  è  edema  dello  scroto,  vi  è  edema  del 


477 

pi^epuzio,  febbre  moderata;  t'infermo  assume  tinta  itterica  ge- 
nerale, più  forte  di  quella  a  lui  abituale.  Non  vi  ò  dolore  al 
ventre ,  incisioni  cuti^nee  allo  scroto  ed  al  prepuzio.  L' ineir 
sione  e  la  cavità  della  cisti  non  suppurano  ancora.  Infusione 
di  rabarbaro. 

Novembre  23.  -^  È  incominciato  il  periodo  di  decremento, 
del  flemmone  traumatico  operativo  alla  scroto'.  Tolsi  le  filacciche 
dal  cavo ,  noii  compressi  il  cordone  all'  addome.  Decotto  di  ta- 
marindi. 

Novembre  24.  —  Lo  scroto  quantunque  diminuito  di  vo- 
lume è  ancora  ben  pesante^  poco  pus  misto  ad  aria  esce  dal- 
l'intorno del  laccio  e  dal  fondo  del  cavo  della  cisti,  l'infermo 
è  senza  febbre.  , 

Novembre  25.  — -  Lo  scroto  ò  molto. grosso,  sentesi  raccolta 
di  liquido  nella  parte  destra  dello  stésso,^  pratico  incisione  sulla 
regione  anteriore  dello  scrota,  scopro  idrocele  della  vaginale 
destra,  pongo  la  vaginale. 

Novembre  27.  —  I  margini  dell'incisione  della  vaginale  e 
della  cavità  della  cisti  del  cordone  sono  coperti  di  carni  fun- 
gose e  velate  di  pàtina  biancastra;  leggera  cauterizzazione  dei 
medesimi  ;  tumore  scrotale  decrescente  ;  non  diminuisce  ancora 
l'intumescenza  soprastante  al  laccio,  non  vi  è  febbre. 

Novembre  26,  27.  —  Soluzione  di  gomma  arabica. 

Novembre  28.  —  Diminuito  il  volume  dello  scroto,  leggera 
cauterizzazione  col  cilindro  dei  margini  delle  due  incisiopi. 

Novembre  29,  mattina»  —  Velatura  delle  due  incisioni  col 
cilindro  d' azotato  d'  argento.  ' 

Novembre  29  ,  ore  tre  pomeridiane.  —  La  regione  inferiore 
destra  dell'  addome  è  gonfia  ;  si  sente  molto  ingrossato  tutto 
il  tragitto  del  cordone ,  dall'  incisione  della  cisti  alla  porzione 
contenuta  nel  canale  inguinale  ;  la  pressione  fatta  colla  mano 
sinistra  sul  tragittò  addominale  del  cordone  fa  uscire  un  pò  di 
marcia  dall'incisione  della  cavità  della  vaginale.  La  marcia  è 
bianca,  spessa ,  cremosa  e  come  dicono  i  chirurghi  di  buona 
qualità. 

Vi  fu  adunque  flemmone  ed  ascesso  lungo  il  cordone ,  il 
flemmone  era  già  in  corso  quando  l'infermo  venne  all'Ospedale, 
come  si  poteva  argomentare  dall'ingrossamento  di  quella  por- 
zione del  cordone  che  si  sprofonda  nella  cavità  della  pelvi. 


478 

Novembre  30.  — >  Dolènte,  gonfio  è  il  cordono  nell*  addome , 
la  prertsione  sulla  parte  addominale  dello  stesso  fa  escire  un 
mezzo  cucchiajo  di  marcia  della  stessa  indole  di  quella  di  jeri. 

Cataplasma  risolvente  in  continuazione.  Jeri  od  avanti  jeri 
cadde  nel  tempo  della  medicazione  il  laccio  che  avea  posto  in- 
torno al  peduncolo  del  tumore  del  cordone  spermatico.   , 

Decembre  1.  — -  La  suppurazione  aumenta  alquanto,  alcuni 
cucchiai  di  suppurazione  si  trovaho  sulla  faccia  del  cataplasma, 
essa  però  conserva  sempre  gli  stessi  caratteri.  L'infermo  ò  senza 
febbre. 

Decembre  %  mattifia.  ^—  Feci  alzare  in  piedi  l'infermo  nel 
momento  della  medicazione,  comprimendo  l'addome,  gocciolò  dal* 
l'incisione  del  cordone  molto  maggior  quantità  di  marcia, 

Decembre  2 ,  ore  3  pomeridiane,  —  Accesso  di  freddo  dopo 
la  visita  del  mattino,  citrato  di  chinina  gramma  uno. 

Decembre  3,  mattina.  -—  Suppurazioi^e  abbondante,  citrato 
dì  chinina  centigrammi  50;  è  diminuito  il  volume  del  cordone 
nel  canale  inguinale,  in  questo  mattino  non  vi  è  febbre. 

Decembre  4,  mattina.  —  È  cresciuta  di  molto  la  suppura- 
zione che  viene  dalla  pelvi,  se  ne  raccolse  nel  mattino  circa  un 
bicchiere. 

Decembre  4.  5.  — »  Citrato  di  chinina  centigrammi  50. 

Decembre  7.  — >  Molta,  puzzolente,  spessa  è  la  marcia  che 
esce  dalla  pelvi. 

Decembre  6  ad  8.  —  Corallina  grammi  2 ,  citrato  di  -  chi- 
nina centigrammi  50. 

Decembre  6.  — •  L'incisione  della  vaginale  è  cicatrizzata^ 
suppurazione  pelvica  molta  e  puzzolente.  Cordone  all'addome 
tumido,  quasi  ascesso  alla  regione  addominale  del  cordone,  non 
vi  è  febbre.  . 

Decembre  7.  — >  Egualmente  enfiato  è  il  cordone ,  ma  la 
suppurazione  non  ò  più  spessa. 

Decembre  8  a  25.  -—  Corallina  grammi  2 ,  citrato  di  chi- 
nina centigrammi  20.  Boccone  con  miele.  - 

Decembre  8,  mattina,  —  È  elevata  la  regione  addominale 
del  cordone,  non  escono  che  alcune  goccio  di  pus  dall'incisione 
della  cisti.  Esplorai  con  sonda  conica  di  gomma  elastica  introdotta 
peli' incisione  della  cavità  della  cisti,  e  su  inoltrata  adagio  ada- 


479 

gio  penetrò  dentro  il  seno  tutta  quanta,  era  lunga  (centime- 
tri 34),  feci  alzare  l'infermo  in  ginocchio,  tolsi  la  aonda,  colò 
poca  marcia  dall'incisione. 

Decemhre  S,  ore  tre  pomeridiane^  —  L'addome  è  rialzato 
in  forma  d'ascesso  lungo  ì{  cordone.  La  pressione  fa  escire 
poca  marcia,  la  quale  puzza  di  merda.  L'incisione  allo  scroto  è 
molto  ristretta,  introduco  nel  seno  «Iella  stessa  spugna  cerata, 

Decemhre  9,  mattincu  —  All'inguine,  e  sopra  all'inguine 
nella  regione  addominale  del  cordone  si  sente,  comprimendo, 
gorgoglio  di  liquido.  Introdussi  la  sonda  conica  di  gomma  ela- 
stica per  aprire  la  via,  ed  a  questa  faccio  succedere  grosso  ca- 
tetere di  gomma  elastica ,  ed  esci  gran  quantità  di  marcia  che 
puzzava  di  merda. 

Dec/embre  9 ,r  ore  ire  pomeridiane,  —  Rialzo  all'inguine  ed 
alla  inferior  parte  dell'addome.  Introduco  come  sovra  sonda  e 
catetere   evacuatore,  l'ascesso  è  compiutamente   v&otato  della > 
marcia  che  sorte  in  parte  all'intorno  del  catetere,  ed  in  parte 
per  la  cavità  dello  stesso.  Non  vi  è  febbre. 

Decemhre  10,  mattina,  —  Vuotai  l'ascesso  nell'istesso  mo- 
do, le  marcie  hanno  sempre  colore  ed  odore  di  merda. 

Deceynhre  40,  ore  ire  pomeridiane,  —  Vuoto  al  solito  l'a- 
scesso. Superficialmente  l'ascesso  si  estende  dal  pube  alla  tu- 
berosità superiore  ed  anteriore  dell'osso  illiaco,  si  sente  in  basso 
verso  il  pube  il  gorgoglio  del  liquido,  più  in  alto  si  sente  l' in- 
duramento del  tessuto  cellulare. 

Decemhre  11.  —  La  maggiore  intumescenza  è  al  di  sopra 
della  branca  orizzontale  del  pube,  si  vuota  al  solito  l'ascesso, 
l'infermo  non  ha  febbre,  ha  un  pò  di  diarrea. 

L' essere  penetrata  la  sonda  pel  tratto  di  centimetri  34  prova 
che  l'ascesso  si  continua  nella  piccpla  pelvi,  il  gorgoglio  presso 
il  pube  prova  che  l'ascesso  è  pur  anco  superficiale,  e  l'odore 
di  merda  prova  che  la  cavità  dell'ascesso  k,  in  vicinanza  degli 
intestini.  Del  resto  non  vi  è  febbre.. 

Decemhre  12.  —  La  marcia  estratta  al  modo  solito  non  ha 
più  l'odore  della  merda,  è  meno  puzzolente,  e  spessa,  non  vi 
è  febbre. 

Decemhre  13.  —  L'incisione  cutanea  sovrastante  alla  va- 
ginale è  cicatrizzata ,  l' incisione  della  cisti   non  presenta  più 


480 

ehe  un  adito  •  seno  a  pareti  rosee  jper  cui  si  fanno  scorrere  la 
tonda  ed  11  catetere  evacuatore,  la  punta  del  quale  penetra  nel- 
l'ascesso e  lo  evacua  a  centimetri  12  più  in  su  dell'apertura. 
La  marcia  in  questa  mattina  era  bianca  e  spessa. 

Decemhre  14.  —  Si  sente  una  durezza  sottocutanea  che  a 
guisa  di  fascia  si  stende  dalla  spina  iliaca  anteriore  superiore  al 
pube  (è  il  tessuto  sottocutaifeo  indurato).  Vi  era  raccolta  moderata 
di  marcia,  la  quale  fu  evacuata  col  solito  mezzo.  Non  vi  è  febbre. 

Deeembre  15.  —  L'incisione  della  cisti  si  restringe  sempre 
più,  poca  elevazione  al  pube,  escita  di  poca  marcia,  evacuata 
al  solito  modo,  si  consiglia  all'infermo  di  alzarsi  dal  letto. 

Deeembre  18.  —  Sino  al  giorno  15  la  marcia  fu  evacuata 
mattina  e  sera,  da  questo  dì  jion  si  evacua  che  nel  mattino. 

Deeembre  19.  —  Marcia  abbondante,  spessa  e  grigia.- 

Deeembre  20.  —  La  suppurazione  era  molto  spessa,  chiù* 
deva  gli  ochielli  del  catetere  evacuatore,  feci  incisione  cutaneo- 
laminare,  lunga  circa  millimetri  18  al  di  sopra  dell'arco  del  Po- 
parzio,  parallela  allo  stesso,  situata  nel  mezzo  della  distanza 
fra  la  spina  anteriore  superiore  dell'osso  iliaco  e  la  spina  del 
pube,  esci  molta  marcia  spessa,  dall'incisione,  e  gocciolai  nel- 
l'ascesso aperto  soluzione  1  a  100  d'  azotato  d*  argento  per 
mezzo  del  catetere  ad  imbuto  superiore. 

Deeembre  21.  —  Il  cavoMlell' ascesso  parmi  non  molto  este- 
so, divaricai  i  margini  dell'incisione,  e  lasciai  cadere  entro  di 
quello  alcune  goccio  di  soluzione  d'azotato  d'argento. 

Deeembre  22.  —  Elscirono  dall'incisione  sovra  l'arco  del  Po- 
parzio  poche  goccie  di  suppurazione,  divaricando  i  margini  del- 
l' incisione  foci  gocciolare  dentro  al  cavo,  che  parve  piccolo,  po- 
che goccie  di  soluzione  d'azotato  d'  argento. 

Deeembre  23.  —  Non  esce  più  goccia  di  pus;  rimane  solo 
leggera  durezza  del  tèssuto  cellulare  al  di  sopra  dell' incisione. 

Deeembre  24.  —  Non  escono  dall'  incisione  che  poche  goc- 
cio di  umore  limpido  come  linfa. 

Considerazionù  —  Non  si  errò  nella  diagnosi ,  ma 
parte  della  malattia  sfaggi  alla  diagnosi,  vi  era  idrope,  os- 
sia cisti  del  cordone,  vi  era  ingorgo  flemmonoso  già  forse 
vólto  ad  accesso  della  porzione  sotto-inguinale,  inguinale 


481 

e  pelvica  del  '  cordone  ;  e  queste  parti  della  malattia  fu- 
rono precisamente  diagnosticate;  ma  si  trovò  dentro  al 
cavo  della  cisti  e  superiormente  ad  esso,  piccolo  tumore. 
Poteva  desso  indovinarsi  \  A  dire  il  vero  il  cordone  sper- 
matico al  di  sopra  della  cisti  présentayasi  ingrossato  : 
esaminato  e  leggermente  compresso  non  dava  segno  di 
raccolta  entro  di  esso ,  ma  \  intumescenza  nor^  essendo 
circoscritta,  sentendosi  penetrare  nel  canale  inguinale  e 
giù  sprofondarsi  nella  piccola  pelvi ,  la  credetti  prodotta 
da  ingorgo  flemmonoso  esteso  lungo  tutto  il  cordone. 

Fu  primo  ^  a  comparire  il  tumore ,  o  comparve  prima 
la  cisti  saccata  del  cordone  ?  Par  mi  che  primo  a  compa- 
rire fosse  il  tumore,  e  che  dalla  pressione  del  medesimo 
sugli  elementi  del  cordone  possa  essere  nato  l' idrope  sac- 
cato,  seppure  non  furono  contemporanei ,  oppure  se  non 
fu  al  contrario  della  credenza  SQvra  esposta. 

Natura  del  tumore.  —  Io  non  esaminai  il  tumore 
al  microscopio.  Il  tumore  estratto  non  era  cistico ,  non 
era  tumore  sanguigno,  non  era  un  tubercolo,  non  era 
formato  da  tessuto  gangrenato ,  pareva ,  esaminato  come 
dice  Virchow,  all' ingrosso,  della  natura  delle  ghiandole 
che  si  trovano  sul  corso  dei  vasi  linfatici. 

Atto  operativo,  —  Trattandosi  di  cisti  del  cordone 
spermatico ,  si  poteva  operare  come  V  idrope  della  vagi- 
nale del  testicolo,  per  incisione,  o  per  injezione.  Io  pre- 
ferii di  operare  per  incisione  perchè  non  mi  pareva  pru- 
dente cosa  r  operare  per  injezione  di  qualunque  liquido. 
Il  liquido  poteva  espandersi  per  screpolatura  della  cisti , 
poteva  spandersi  dietro  al  peritoneo,  ecc.,  quindi  parve- 
mi  aver  fatto  bene  ad  operare  per  incisione. 

Estrazione  del  tumore.  —  Il  tumore  fu  riconosciuto 
nel  momento  che  esplorai  la  cavità  della  cisti,  e  fu  snoc- 
ciolato coir  indice  portato  intorno  intorno  allo  stesso.  Io 
credo  che  non  si  potesse  operare  T  estrazione  del  tumore 
con  metodo  più  adatto  ;  operarlo  per  incisione  era  esparsi 

Annali.  Yol.  CCl  31 


482 

a  ledere  le  vene,  I*  arteria  spermatica  ed  il  condotto  de- 
ferente ;  quand*  anche  si  fossero  evitati  qaesti  pericoli,  era 
un  atto  dilicato  e  non  facile  ad  essere  compiuto^  al  con- 
trario, il  tamore  facendo  capolino  nella  parte  superiore 
del  cavo,  non  vi  era  assolutamente  metodo  più  semplice 
che  quello  di  snociolarlo  coir  indice,  con  questo  mezzo  si 
era  sicuri  di  non  offendere  1* arteria,  la  vena  ed  il  con* 
dotto  deferente.  Lo  snocciolamento  colle  dita  è  il  mezzo 
più  congruo  per  esportare  tumori  circondati  da  vasi  esi- 
mii,  esposti  in  vicinanza  d* organi,  che  devono  rimanere 
illesi. 

Fui  indeciso  per  alcuni  giorni  di  operare,  da  un  lato 
parevami  pòco  prudente  V  operare  la  cisti  del  cordone , 
mentre  la  parte  del  cordone,  superiore  appena  al  tumore 
operando,  la  parte  inguinale  e  pelvica  dello  stesso  erano 
affette  da  ingorgo  flemmonoso  ;  dalF  altro  lato  pensavo  ,. 
che  difiScilmente  mi  sarei  indotto  ad  operare  dopo  il  corso 
di  ascesso  inguinale  e  pelvico  del  cordone  spermatico. 

Sarebbe  potuto  risolversi  T  ingorgo  flemmonoso  del 
cordone,  ma  essendo  desso  stato  determinato  da  ripetuti 
maneggi  sul  medesimo,  parevami  poco  probabile  la  riso- 
luzione, onde,  d*ogni  consiglio  e  cosa  pesato  il  contro  ed 
il  prò,  mi  decisi  ad  operare. 

Perchè  fu  ritardata  V  apertura  de  ir  ascesso,  —  Io 
feci  ben  tardi  V  apertura  di  questo  ascesso,  e  solo  quando 
la  praticai,  gocciolai  soluzione  di  nitrato  d'argento  entro 
il  cavo  deir  ascesso. 

L'  ascesso  scroto-inguino-pelvico  era  ascesso  direi 
traumatico.  Nel  suo  principio  era  più  vasto,  era  profon- 
do, non  volli  esporre  al  contatto  dell'  aria  atmosferica  si 
vasta  cavità,  fattasi  di  recente.  La  cavità  essendo  da 
ascesso  traumatico,  dovea  col  tempo  restringersi,  quando 
credei  cicatrizzata ,  o  fatta  meno  estesa  la  parte  dell*  a- 
scesso  che  si  estendeva  nella  piccola  pelvi  dietro  al  pe- 
ritoneo, allora  l'aprii,  e  mi  parve,  cosi  avendo  fatto,  d| 
avere  operato  secondo  le  regole  dell'arte. 


483 
XIII. 

Tumore  circum- femorale  sinistro  da  ascesso  freddo  ,  lussa- 
zione contemporanea  inferiore  della  testa  del  femore  si- 
nistro  ;  puntura  sulla  linea  centrale  e  media  della  re- 
gione femorale  posteriore ,  infezioni  ripetute  di  soluzione 
d* azotato  d* argento  dentro  il  cavo  dell'ascesso;  guarigione 
dell'ascesso,  e  ritomo  del  capo  fuoresoito  del  femore  nella 
sua  nicchia. 

Morello  Pietro ,  servo  di  campagna ,  d' anni  12 ,  da  Castel- 
letto  Monastero,  proveniento  idem,  entra  nelTOspedale  Maggiore 
di  Vercelli,  ai  numeri  d'ordine  generale  126  e  del  letto  204,  il 
16  gennajo  1862,  ed  esce  guarito  il  18  marzo  1862.  L'infermo 
è  giovinetto  a  capelli  biondi ,  a  cute  bianchissima ,  di  costitu- 
zione linfatica,  a  sistema  muscolare  tenue,  a  cuore  ed  arterie 
poco  sviluppate,  a  viva  Intelligenza;  è  affetto  da  enorme  in- 
grossamento della  coscia  sinistra ,  la  quale  ha  perduto  la  re- 
golare di  lei  conformazione  ed  ha  assunto  la  figura  di  una 
zucca.  La  parte  posteriore  del  tumore ,  che  è  pur  quella  della 
coscia,  presenta  la  cute  marmoreggiata  da  vene  sviluppatissime; 
hanno  pure  l'aspetto  venoso  le  regioni  anteriore  e  laterali  della 
coscia  e  del  tumore,  quantunque  in  minor  grado.  La  malattia 
non  è  recente,  dura  da  mesi,  evidente  e  certa  è  la  fluttuazione 
entro  il  tumore  ;  non  si  sente  in  tutto  1'  ambito  dello  stesso 
pulsazione  alcuna.  Feci  tosto  diagnosi  di  tumore  da  a&cesso,  cosi 
detto,  freddo.  La  gamba  sinistra  è  più  bassa  della  gamba  de- 
stra ,  il  malleolo  intèrno  sinistro ,  approssimando  una  gamba 
contro  r  altra,  viene  a  trovarsi  sotto  il  malleolo  destro.  Il  tu- 
more occupa  quasi  tutta  la  coscia  sinistra,  non  fanno  parte  del 
tumore  la  parte  infima  e  la  estrema  superiore  della  medesima. 

Circonferenza  misurata  alla  metà  della  loro  altezza  delle  cesoie 

Sinistra  inferma  e  Destra  sana 

centimetri 
40  30 

Diametro  bilaterale  interno-esterno  misurato  alla  stessa  altezza 

10  .  7 

Diametro  antero-posteriore  misurato  alla  stessa  altezza 

12  5 


484 

Altezza  del  tumore 

Al  lato  esterno  della  coseia centimetri    S^ 

Al  lato^  anteriore      ...;..'- »     22 

Al  lato  interno »     16 

Al  lato  posteriore »     24 

La  costitazioné  dell'infermo,  il  lento  svilupparsi  del  tumore, 
la  fluttuazione  chiara  ed  evidente,  la  mancanza  di  pulsazione , 
Tessere  sovravvenuto  il  tumore  senza  precedente  causa  trauma* 
tica,  ecc.,  fanno  credere  che  desso  sia  del  genere  dei  tumori 
detti  ascessi  freddi,  l^le  era  la  diagnosi  che  facevo  di  botto. 
Ma  perchè  il  malleolo  sinistro  interno  è  più  basso  del  malleolo 
interno  destro  ?  Che  è  ciò  ? 

La  spina  ilìaca-anteriore  superiore,  e  la  spina-iliaca  poste- 
riore sinistra  sono  allo  stesso  livello  delle  destre,  non  vi  è  per- 
ciò spostamentp  dell'iliaco  sinistro  dal  sacro. 

Vi  ha  egli  lussazione  antica,  spontanea  del  capo  de\  femore? 
Quale  correlazione  ha  la  lussazione  coU'ascesso  che  circonda  il 
femore?  Vi  ha  talvolta,  e  mi  ricordo  d'aver  letto  negli  anni 
addietro  negli  e  Annali  Universali  di  medicina  di  Milano  »,  una 
Memoria  di  illustre  autore  di  cui  obbliai  il  nome ,  nella  quale 
erano  riferite  istorie  di  lussazioni  ed  abbassamento  recente  della 
testa  del  femore,  e  quindi  abbassamento  del  malleolo  corrispon- 
dente senza  grave  lesione  dell'articolazione,  e  pronta  loro  gua- 
rigione. 

L'Autore  di  quella  Memoria  ragionatissima  ripeteva  la  lus- 
sazione dall'eccessiva  quantità  di  liquido  rinchiuso  nella  cavità 
articolare  ileo-femprale,  e  spiegava  il  pronto  ritorno  della  testa 
del  femore  nella  sua  nicchia  pel  pronto  assorbimento  del  li- 
quido eccedente. 

Non  volsi  e  rivolsi  al  miserello  la  coscia  in  varii  sensi, 
mi  parve  ciò  poco  pietoso,  sperai ,  credei  che  tale  fosse  la  ca- 
gione dell'abbassamento  del  malleolo  sinistro,  credei  esservi  idrar- 
to  ileo-femorale,  e  non  grave  lesione  osseo-articolare  di  quella 
giuntura.  Era  quella  la  mia  credenza  e  speranza.  Ma  se  ciò  non 
fosse  stato,  se  invece  la  giuntura  ileo-femorale  fosse  stata  gra- 
vemente offesa  ?  Ciò  parevami  poco  probabile ,  è  vero ,  ma 
pure  era  una  cosa  possibile  e  possibilissima;  pensai,  in  tale 
caso  ,  p  vi  è  comunicazione,  o  non  vi  è  punto  comunicazione 
dell'ascesso  colla  cavità  articolare  femoro-iliaca. 


486 

Era  egli  probabile  che  questo  ascesso  comunicasse  colla  ar^^ 
ticolazione  ileo-femorale?  Non  lo  credei;  rarticolasione  è  molto 
profonda  )  è  vero  ,. ma  se  vi  fosse  comunicazione  dell' ascesso 
colla  cavità  della  giuntura ,  la  malattia  della  giuntura  do- 
vrebbe  essere  antichissima  »  avanzatissima  ^  e  ciò  non  è.  Ar^ 
trocace  antico  ileo-femorale  ha  seni  al  margine  esterno  e  su- 
periore della  coscia  e  dell*  iliaco  ,  ha  seni  alla  parte  posteriore 
della  coscia  e, dell'anca,  porta  con  sé  lussazione  completa  e  più 
avanzata  del  femore  >  cioè  il  capo  del  femore  non  solo  è  fuor 
escito  dalla  sua  nicchia  ed  abbassato^  ma  sortito  dalla  sua  nic- 
chia ,  e  venuta  per  alcun  tempo  più  lunga  la  gamba  ,  là  lus- 
sazione  da  inferiore  si  converte  in  superiore  e  posteriore,  e  per  • 
ciò  la  gamba  rimane  più  corta^  L'assenza  adunque  dèi  seni, 
l'esservi  stata  discesa,  ma  non  retro-ascesa  del  capo  del  femore, 
facevano  credere  che  non  vi  fosse  comunicazione  fra  l'ascesso  e 
la  giuntura  ileo-femorale. 

Furono  queste  le  riflessioni  che  feci  appena  esaminai  la  prima 
volta  l'infermo.  Ciò  osservato,  pensai  al  metodo  di  cura,  esso  deve 
essere  quale  si  conviene  per  gli  ascessi  frejddi,  ma  nello  stesso 
tempo  deve  essere  tale  òhe  convenga  in  qualunque  dei  casi  che 
ho  superiormente  accennato. 

Quale  sarà  la  condizione  del  femore  che  sta  entro  a  quest' 
ascesso  enorme  della  coscia  sinistra?  Anche  su  questo  partico- 
lare sperai  non  fosse  leso  il  femore.  Femore  affetto  da  antica 
necrosi  non  può  non  essere  sen^a  seni  al  lato  interno,  e  lungo 
la  linea  aspra  esterna  dello  stesso.  Poteva  essere  la  malattia  un 
ascesso  caldo  sottoperiosteo  ? 

Questo  caso  non  potrebbe  esistere  senza  essere  recente,  vi 
sarebbe  febbre  ardita ,  vi  sarebbe  condizione  semi-flemmenosa 
del  tessuto  celluioso  della  coscia ,  vi  sarebbe  strozzatura  dei 
tessuti,  ecc.  ;  era  dunque  probabile,  so  non  certo,  (  che  la  chi- 
rurgia come  la  medicina  è  sovente  solo  arte  induttiva)  che  il 
femore  non  fosse  affetto  da  necrosi.  Poteva  egli  esistervi  in- 
grossamento enorme  e  rammollimento  del  femore?  Questo  caso 
restava  escluso  dalla  non  profonda  fluttuazione,  ecc. 

Giudicata  per  tanto  la  malattia,  probabile  e  probabilissimo 
ascesso  freddo,  pensai*  di  fare  piccola  puntura  ad  evacuare  l'a- 
scesso, e  quindi  per  il  seno  della  puntura  fare  injezioni  di  so- 


486 

lozione  d'aioiaio  d'argento.  Una  puntura  piccola,  e  sinuosa,  iàtta 
press'  a  poco  al  metodo  sottocutaneo  non  dà  facile  accesso  net 
primi  giorni  all'aria  atmosferica,  la  cauterizzazione  operata  dal 
liquido^  incettato  subito  dopo  la  puntura,  impedisce  l'assorbimen- 
to, e  favorisce  l'adesione  delle  pareti. 

Gennaio  21.  -—  Decisi  di  fare  la  piccola  puntura  alla  re- 
gione posteriore  centrale  e  media  della  coscia,  ove  sentivasi  de- 
cisa fluttuazione  :  cercai  di  fare  una  piega  trasversale  della  cute 
della  coscia  sul  tumore,  ma  la  cute  essendo  troppo  tesa,  ciò  non 
mi  fu  possibile;  perciò  la  feci  nel  sito  indicato  col  trequarti  della 
parancentesi  addominale;  feci  camminare  sottocutaneo  l'istru- 
mento  in  alto  per  il  tratto  di  circa  millimetri  quindici,  e  quindi 
ne  rivolsi  la  punta  contro  la  parete  posteriore  dell'ascesso  ;  esci 
la  marcia  solita,  verdognola,  diffluente  degli  ascessi  freddi,  e  vuo- 
tato in  massima  parte  l'ascesso^  injettai  soluzione  i  a  20  d'a- 
zotato d'argento  colla  sciringa.  Tolta  la  cannula  del  trequarti, 
esci  un  pò  di  liquido  dell' in jezione  ;  il  tumore  riteneva  press'a 
poco  il  suo  primiero  volume. 

Gennajo  18  a  21.  —  Assafetida  grammi  uno,  citrato  di  ferro 
centigrammi  venti; 

Gennajo  22  a  28.  —  Corallina  grammi  tre,  citrato  di  chi- 
nina centigrammi  venjbicinquo ,  boccone  con  miele  a  fine  pre- 
ventivo. 

Qetmc^io  23.  —  La  febbre  è  molto  leggera. 

Gennqjo  24.  —  Non  vi  è  febbre,  faccio  escire  il  liquame 
dell' injezione  dei  giorno  21  gennajo,  e  spinga  nuova  infezione 
d'azotato  d'argento  colla  siringa,  e  chiudo  il  seno  con  tappo  di 
filaccie: 

.  Gennc^o  25.  —  L' apertura  e  la  parte  esterna  del  seno  sono 
ostruite  da  escara,  la  quale  si  staccò  nelle  ore  pomeridiane  dello 
stesso  dì,  esci  il  liquame,  feci  nuova  injezione  al  solito,  e  chiusi 
come  sovra  il  seno. 

Gennaio  26.  -—  Questa  mane  vuotai  l'ascesso  del  liquame , 
quindi  esaminati  e  palpai  il  femore,  esso  non  è  di  molto  ingros- 
sato. Posi,  dentro  a  grammi  cento  d'acqua  stillata,  grammi  sei 
d'azotato  d^argento,  ed  injettai  dentro  all'ascesso  le  tre  quinte 
parti  del  liquido,  l'ascesso  non  pareva  poterne  contenere  di  più. 
La  capacità  dell'ascesso  è  di  già  di  ben  molto  diminuita.  [Le  pa- 


J 


487 
reti  dì  esso  non  sono  calde,  non  flemmonose,  non  edematose,  fatta 

1 

l'injezione  tappai  l'apertura  deirascesso. 

Gennaro  27.  —  Vuotai  Tascesso,  lo  riempii  con  acqua  stillata 
grammi  cerato  ed  azotato  d'argento  grammi  quattro,  ma  l'in- 
jezione fuggi  metà  dal  cavo. 

Non  vi  è  febbre  ,  non  locale  infiammazione ,  tutto  procede 
bene. 

Gennajo  28.  —  Vuotai  Tascesco  del  liquame,  ed  injettai  ac- 
qua stillata  grammi  cinquanta,  azotato  d'argento  grammi  due, 
tappai  l'apertura  del  cavo. 

Gennc^o  29.  — '  Non  vi  è  reazione  né  locale  ne  generale, 
Injezione  come  jeri. 

Gennajo  30.  — -  Il  cavo  si  stringe  sempre  più ,  injezione 
al  solito. 

Gennt^o  31.  -—  Esaminando  come  al  solito  ogni  dì  il  tumore, 
alle  ore  tre  pomeridiane  sentii  crepitare  sotto  la  cute  il  tes- 
suto celluioso  del  tumore  ;  stetti  un  istante  sopra  pensiero,  se 
fosse  avvenuto  una  crepa  nella  parete  posteriore  di  esso;  le  in- 
iezioni erano  state  sempre  fatte  colla  scirlnga  ;  fui  dubbio  un 
istante  se  il  crepitio  fosse  dovuto  a  versamento  di  liquido ,  o 
ad  aria  penetrata  nel  tessuto  laminare.  Non  vi  essendo  rea- 
zione locale,  non  vi  essendo  minaccia  di  gangrena ,  credetti  la 
crepitazione  da  aria  atmosferica,  e  nulla  feci. 

Febhrajo  1.  —  In  questa  mattina  più  non  si  sente  il  cre- 
pitìo sovraccenato,  lascio  la  scirlnga  e  faccio  gocciolare  la  stessa 
soluzione  entro  l'ascesso  per  mezzo  di  catetere  gocciòlatore. 

Febhrajo  2.  —  Gocciolai  al  modo  istesso  la  soluzione  entro 
il  cavo,  il  quale  si  restringe  sempre  più. 

Febhrajo  3.  —  E  moltissimo  diminuito  il  tumore,  non  avvi 
più  che  una  leggera  intumescenza  all'altezza  del  grande  trocan- 
tere, e  presso  di  esso. 

Febbrafo  6.  —  Gocciolai  soluzione  al  modo  istes60.  Il  cavo 
è  ridotto  a  ben  poca  cosa. 

febhrajo  7.  —  Non  vi  è  più  quasi  cavo,  palpando  con  di- 
ligenza la  coscia,  si  sente  leggero  ingrossamento  del  femore  alla 
regione  posteriore  dello  stesso,  inferiormente  al  grande  trocan- 
tere. Feci  injezione  di  poca  soluzione  colla  sciringa,  il  becco  del 
catetere  stentando  a  passare  pel  seno  ristretto  del.  tumord.  Del 


488 

resto  in  questa  mattina  non  vi  era  qaasi  umore  di  sorta  nel 
piccolo  cavo. 

Febbraio  8*  — Il  cavo  molto  ristretto  non  dà  che  poche 
goccie  di  suppurazione.  Injezione  come  jeri. 

Febbraio  9,  40,  il,  12,  13,  14,  15.  —  Infezione  di  poca 
soluzione  colla  sciringa. 

Febbrajo  13.  -^  L'ascesso  è  ridotto  a  piccol  seno^  e  purezza 
circoscritta  nella  vidnanza  del  grande  troncatere. 

Da  questo  giorno  faccio  alzare  dal  letto  quotidianamente  l'in- 
fermo. 

Febbrajo  19.  —  Si  sente  un  tantino  grossa  la  regione  po- 
steriore e  superiore  del  femore.  Cataplasma  di  semi  di  lino  ir- 
rorato d'acqua  vegeto-minerale  in  continuazione. 

Febbrajo  20  a  marzo  18.  —  Olio  di  merluzzo  in  continua- 
zione. 

Marzo  2.  —  È  chiuso  il  seno. 

La  gamha  sinistra  che  era  più  hassa  ,  poco  a  poco  ritorna 
all'altezza  della  destra;  quando  feci  alzare  l'infermo^  il  malleolo 
interno  sinistro  era  a  livello  del  malleolo  interno  destro. 

Marzo  17.  —  Rimaneva  leggiero  inzuppamento  dei  tessuti 
profondi  alla  regione  posteriore  del  femore ,  il  quale  aveva 
sede  probahilmente  nel  tessuto  laminare  circumperiosteo  del 
femore* 

Mano  18.  -—  Escita  dell'infermo  dall'ospedale j  non  lo  ri- 
vidi, r  ., 

Considerazioni.  ^-^  L'esito  della  cura  fu  felice,  vol- 
gasi il  pensiero  sul  modo  con  cui  fu  condotta.  È  sempre 
grave  malattìa  un  ascesso  lento,  profondo  che  circondi  il 
femore.  La  diagnosi  fu  precisa,  il  pronto  e  facile  ritorno 
del  capo  del  femore  nell'acetabolo  da  cui  era  disceso,  pro- 
va che  non  era  profonda  l'alterazione  della  giuntura 
ileo-femorale. 

L'esito  non  poteva  essere  più  felice,  senza  guai,  senza 
febbre,  né  suppurazione,  né  flemmoni,  nò  risipole,  l'ar- 
te potè  in  breve  condurre  a  guarigione  si  grave  malat- 
tia. Sta  presente  ancorai  alla    mia   mente   quella   coscia 


489 

pavonazza  tutta  screziata  di  v^ne,  avente  la  configura- 
zione di  un  otre,  la  cui  cute  era  tesa  oltremodo,  il  mem- 
bro più  lungo,  Temaciazione  del  delicato  infermo,  l'im- 
possibilità al  miserello  di  servirsi  del  membro  ammalato  ; 
ed  il  quadro  quanto  vero,  diventa  altrettanto  pietoso.  Il 
metodo  riusci  a  puntino ,  non  ebbe  luogo  alcun  sintomo 
di  assorbimento. 

Io  non  feci  la  puntura  con  pìccolo  trequarti  per  li 
seguenti  motivi  : 

Una  piccola  puntura,  quale  lo  richiede  il  metodo  sot- 
tocutaneo,  non  si  presenta  bene  alla  pronta  evacuazione 
delle  materie  dell'ascesso,  la  cannula  del  piccolo  trequarti 
si. ostruisce  ad  ogni  istante,  quindi  lungo  tempo  a  vuo- 
tare l'ascesso.  Se  il  chirurgo  è  disposto  ad  impiegare  il 
tempo  che  si  richiede,  il ,  servizio  generale  in  un  ospedale 
ha  le  gravi  sue  esigenze.  Nei  primi  giorni  l'escara  tap- 
pava compiutamente  il  cavo,  e  l'aria  non  penetrò  dentro 
allo  stesso.  Con  apertura  più  larga  della  sottocutanea 
tutte  le  materie  del  cavo  escono  facilménte.  Il  contatto 
della  soluzione  d'azotato  d'argento  procura  il  restringi- 
mento del  cavo  e  l'adesione  delle  pareti  dello  stesso.  Col 
metodo  usato  evitammo  un'  incisione  estesa ,  la  quale  è 
sempre,  oltre  gli  altri  iuconvenienti,  un  grave  indelebile 
ricordo  che  porta  l'infermo  dell'arte  chirurgica,  un  ascesso 
inciso  non  si  cauterizza  colla- facilità  di  un  ascesso  chiu- 
so, ecc.  Cosi  diagnosi  precisa,  e  ragionato  metodo  di  cura 
furono  coronate  da  felicissimo  esito,  ossia  dalla  guarigione 
di  gravissimo  e  profondo  ascesso  freddo  circumfemorale 
in  delicatissimo  ragazzino. 


490 

XIV. 

ReBetione  sottocaBiulo-perioitea  del  ginocchio  per  mezzo  di 
incisione  sul  margine  articolare  superiore  anteriore  e  la' 
terali  della  tibia,  —  Osservazione  letta  nella  seduta  21 
giugno  1867  della  R.  Accad,  medico-chirurgica  di  To- 
rino (1). 

La  gamba  è  flessa  sulla  coscia.  Si  riconoscono  il  tubercolo 
della  tibia,  ed  il  margine  articolare  del  condilo  interno,  e  del 
condilo  esterno  della  tibia. 

Esecuzione,  —  L' operatore  colla  punta  della  lama  trian- 
golàfe  scorteccia,  procedendo  dal  basso  all'  alto ,  il  tubercolo 
della  tibia  (inserzione  del  legamento  inferiore  della  rotula): 
distaccata  la  corteccia  del  tubercolo ,  pratica  due  incisioni  cu- 
taneo-periostee  che  su  ascendono  pai^alelle ,  e  quasi  tangenti  i 
margini  laterali  del  legamento  della  rptula  sino  al  centro  del 
ciglio  articolare  della  tibia  ;  quivi  giunto  apre  la  cassula  arti- 
colare ;  scorre  di  poi  con  incisione  al  lato  interno  sul  margine 
articolare  del  condilo  interno,  ed  incide  d'un  tratto  cute,  apo- 
neurosi, estremità  inferiore  del  tendine  del  tricipite  interno,  e 
porzione  corrispondente  della  cassula  ;  scorre  con  incisione  al 
lato  esterno  sul  margine  articolare  del  condilo  esterno ,  ed  in- 
cide d'  un  tratto  cute,  aponeurosi  ed  estremità  inferiore  del  tri- 
cipite esterno,  e  porzione  corrispondente  della  cassula. 

Occorre  appena  di  osservare  che  1'  operatore  deve  scortec- 
ciare il  ciglio  articolare  della  tibia,  e  così,  distacca  re  per  in- 
tiero r  estremità  dei  tendini ,  della  cassula ,  e  dei  legamenti. 
Mentre  V  operatore  fa  quanto  sovra  si  è  indicato ,  V  assistente 
deve  flettere  sempre  più  la  ^amba,  e  le  parti  restando  tese  per 
la  flessione  ,  facilissimo  riesce  il  distacco  di  tutti  i  tessuti  dal 
margine  articolare.  Aprendosi  frattanto  sempre  più  la  giuntura 
per  opera  della  flessione ,  1'  operatore  colla  punta  della  lama 
triangolare  distacca  la  corteccia  della  spina  della  tibia  (inser- 


(1)  ff  Giornale  della  Reale  Accademia  di  medicina  di  Tori- 
no »,  15  agosto  1867;  pag.  129. 


491 

ziond  delle  cartilagini  8emi*lunari ,  e  dei  legamenti  incro- 
cichiati  ).  L'  articolazione  por  il  distacco  delle  parti  or  ora  dette 
sì  apre  maggiormente  ancora,  e  frattanto  V  operatore  prosegue 
al  lato  interno ,  e  distacca  1'  estremità  inferiore  del  legamento 
laterale  interno,  e  porzione  corrispondente  della  cassala  ;  pro- 
segue al  lato  esterno^  e  distacca  l'estremità  inferiore  del  lega- 
mento laterale  esterno  dalla  testa  del  perone,  e  porzione  corri- 
spondente della  cassula  ;  l'assistente  flettendo  sempre  più  la 
gamba  ,  V  operatore  compie  il  distacco  della  parte  posteriore 
dell'  inserzione  dei  ligamenti  incrocichiati ,  se  pure  non  furono 
di  già  per  intiero  distaccati. 

L'articolazione  è  in  ora  ampiamente  aperta,  si  distacchi  il 
periostio  dai  condili  del  femore,  e  si  agisca  sul  femiore  secondo 
i.  precetti  dell'  arte. 

Se  è  d'  uopo  si  distacchi  il  periostio  dai  condili  della  tibia, 
oppure  si  eseavino  i  condili  della  tibia,  o  si  lascino  intatti 
ftecondo  il  caso  ed  i  precetti  dell'  arte. 

Esame  dell*  atto  operativo. 

Nessun  muscolo,  nessun  tendine  fu  offeso ,  l' incisione  passò 
lontana  dai  vasi  e  dai  nervi  poplitei  ,*M1  legamento  posteriore 
della  giuntura  non  fu  tocco.  L'  articolazione  fu  aperta  nel  suo 
sito  più  naturale. 

Neil  anno  1856 ,  <  Giornale  della  Reale  Accademia 
medico-chirurgica  di  Torino  .»,  fascicolo  N.®  18,  30  set- 
tembre, descrissi  metodo  col  quale  attaccai  la  giuntura 
per  incisione  laterale  esterna,  scorrendo  sulla  linea 
aspra  esterna  del  femore,  e  giù  scendendo  per  la.  lìnea 
aspra  del  condilo  femorale  esterno  alla  parte  esterna 
del  ciglio  articolare  del  condilo  esterno  della  tibia,  ed 
alla  parte  esterna  del  tubercolo  della  stessa.  È  metodo 
per  sua  natura  ed  essenza  difettoso  quello  di  attaccare 
la  giuntura  pel  suo  lato  esterno.  Difatti  V  agire  late- 
ralmente è  sempre  diffidi  cosa  ;  V  incisione  è  lunghis- 
sima, dovendosi  estendere  per  lungo  tratto  di  femore,  e 
per   lungo  tratto  della  tibia.  È  d'uopo  distaccare  Te- 


492 

stremità  superiore  del  miucolo  gemello  esterno,  che  deve 
rimanere  intatta;  non  è  errore,  è  sproposito,  lussare  la 
gamba  al  Iato  interno. 

La  gamba,  nelf  operare  la  lussazione  del  ginocchio  non 
deve  essere  lussata  internamente,  ma  deve' essere  flessa 
dair  avanti  ali*  indietro.  Attaccando  la  giuntura  per  la 
faccia  anteriore,  facciamo  Tincisione  la  meno  estesa  che  sia 
possibile,  flettiamo  la  gamba  nel  suo  verso  più  naturale, 
apriamo  la  giuntura,  nel  sito  in  cui  è  più  facile  ad  es- 
sere aperta,  nel  sito  in  cui  sono  più  lontani  i  vasi  ed  i 
nervi  poplitei,  e  perciò  più  consono  a  natura  è  il  metodo 
per  incisione  anteriore. 

XV. 

Estrazione  sottoperiostea'  dei  polipi  nfUO' faringei  e  tumori 
profondi  delia-cavità  delle  nari  per  l'apertura  aixteriore 
delle  ossa  mascellari  superiori ,  eseguita  dietro  il  labbro 
superiore,  rovesciato. 

L'apertura  anteriore  delle  ossa  mascellari  superiori 
è  la  via  più  naturale  per  Testrazione  dei  polipi  naso-fa- 
ringei, e  dei  tumóri  profondi  delle  cavità  delle  nari;  vi 
si  arriva  rovesciando  in  alto  ed  in  addietro  il  labbro  su- 
periore, e  facendo  incisione  gengivale-periostèa  al  di  so- 
pra del  margine  alveolare  sulla  faccia  anteriore  e  late-^ 
rale  dei  due  mascellari  superiori,  distaccandone  il  perio^ 
stit),  e  sollevando  colla  leva  la  spina  nasale  anteriore  ed 
inferiore. 

Se  il  caso  V  esige,  si  innalza  e  si  distacca  colla  leva 
Tinserzione  inferiore  del  setto  osseo  cartilagineo,  e  si  spo* 
sta  all'uno  od  all'altro  lato  siccome  meglio  conviene. 

Quando  per  la  grossezza  del  tumore  l'apertura  sdvra- 
detta  non  fosse  ahipia  a  sufiScienza,  il  margine  dei  ma- 
scellari essendo  sottile  e  già  svestitp  del  periostio,  facile 
cosa  è  l'esportarne  quel  tanto  che  fla  d'uopo. 

Operando  in  questo  modo  non  si  tocca  1'  esterno  del 


403 

volto ,  non  si  guasta  il  palato ,  i  quali   erano   offesi  coi 
metodi  anteriori. 

(V.  Seduta  della  Reale  Accademia  medico-chirurgica 
di  Torino,  23  maggio  1866.  «  Giornale  della  Reale  Ac- 
cademia di  Torino  »,  N.'*  6,  pag.  326,  an.  1866). 

XVI. 

Gozzo    cistico ,    mediano ,    comunicante  col  mediastino  poste- 
riore, .  •  ^  ■ 

Marina  Giovanni,  da  Palazzo,  circondario  d'Ivrea,  contadino, 
d'anni  43,  entra  nell*  Ospedale  di  VerceUi  il  9  giugno  1867/  e 
ne  esce  il  23  dello  stesso  mese. 

L'infermo  ha  enorme  gozzo  cistico,  di  colore  violaceo,  fatto 
probabilmente  dal  lobo  medio  della  tiroidea;  esso  è  asmatico, 
completamente  sordo,  ed  è  obbligato  pel  volume  del  tumore  a 
portare  in  addietro  il  capo,  ed  a  tenere  sollevato  il  mento. 

Al  Iato  destro  e  sinistro  del  collo  e  del  tumore  stanno  tu- 
midissime,  e  grosse  come  il  dito  indice  di  un  adulto,  le  due  vene 
giugolari  ;  all'uno  ed  all'  altro  lato  del  collo  avvi  pure  grossa 
vena  tiroidea  trasversale ,  la  quale  mette  capo  nelte  giugolari 
verso  la  metà  della  clavicola,  esse  purè  sont>  molto  turgide  e 
grosse  quasi  come  le  giugolari. 

Il  gozzo  presenta  nella  sua  parte  inferiore ,  e  sulla  linea 
centrale,  appena  sopra  allo  sterno,  un'ulcera  rotondeggiante  del 
diametro  di  circa  25  a  30  millimetri. 

Diametri  del  gozzo,  —  Antero-posteriore,  misurato  dal  cen- 
tro della  superficie  posteriore  del  collo  al  centro  anteriore  del  tu- 
more          Cent.    20.    Millim.  00. 

Bilaterale  misurato  alla  metà 
del  tumore  ........  »       i4.         »        00. 

Sterno-mentoniero     ....  »       12.         d        00. 

La  piaga  era  spoglia  di  cute  ed  occupata  da  tessuto,  detto 
alla  buona,  e  tecnicamento  Jardaceo. 

Posi  la  punta  dell'indice  sinistro  sul  centro  della  piaga,  feci 
legiJTera  compressione,  l' indice  penetrò  a  poco  a  poco  dentro  il 
tumore,  ne  uscirono  fiotti  di  marcia.  U  dito,  attraversati!  tes- 


494 

suti  sitaati  ^Ua  regione  anteriore  del  tumore  penetrò  in  caviti 
superficiale,  indi  passò,  direi,  per  uno  stretto,  e  penetrò  in  se- 
guito in  cavità  pia  profonda;  toccavo  coli' indice  dentro  ai  tu- 
more la  parte  posteriore  dell'articolazione  clavicolo-»ternale  si- 
nistra, e  sentivo  collo  stesso  le  enormi  pulsazioni  delle  carotidi 
e  delle  succlavie.  Comprimendo  la  parte  laterale  sinistra  del  tu- 
more colla  mia  mano  destra,  mentre  un  assistente  faceva  leg- 
gera compressione  sulla  parete  destra  dello  stesso,  un  fiotto  di 
marcia  esci  va  di  nuova,  dall'ulcera. 

L' indice  mio  era  tutto  penetrato  dentro  al  tumore  sino 
al  metacarpo  :  nel  penetrare  coli'  indice  entro  il  cavo  non  feci 
la  minima  lacerazione,  estratto  il  dito,  vidi  empiersi  il  cavo  di 
sangue  venoso.  Non  ripetei  più  mai  l'esplorazione  coU'indice. 

Con  catetere  di  gomma  elastica,  munito  di  imbuto,  fatto  con 
tela  spalmata  di  diaquilon ,  versai  acqua  del  Pagliari  entro  la 
cavità  del  tumore,  escita  dal  tumore  1'  acquai  del  Pagliari  ver- 
sai per  due  volte  entro  lo  stesso  soluzione  1  a  1 00. d' azotato 
d'argento.  Il  catetere  dell'istrumento  gocciòlatore  entrò  dentro 
per  il  tratto  di  centimetri  10,  millimetri  5.  L'infermo  ha  sem- 
pre avuto  gozzo. 

Il  comune  di  Palazzo  è  paese  a  popolazione  gozzuta,  siccome 
situato  non  lungi  dalla  Dora  Balcea,  ed  a  piedi  delle  Alpi. 

Pare  che  il  gozzo  si  sia  cominciato  ad  infiammare  verso  il 
5  aprile  scorso,  cioè  circa  duo  mesi  prima  del  presente  dì.  Fu- 
rono fatti  a  domicilio  salarsi  due.  Presi,  per  quanto  potei,  mi- 
nute informazioni  dal  fratello  che  accompagnava  il  nostro  in- 
fermo, e  quello  asserì  che  il  tumore  non  avea  mai  per  l'addie- 
tro  versato  marcie  dalla  piaga,  né  in  poca  né  in  molta  quan- 
tità. Pei  fiotti  di  marcia  che  uscirono,  il  tumore  si  fece  mc>lto 
più  piccolo,  ma  riprese*  quasi  il  primiero  volume,  appena  fatta 
colare  entro  il  medesimo  la  soluzione  d'azotato  d'argento.. 

Pare  che  il  tumore  sia  gozzo  cistico  centrale ,  di  cui  si  sia 
gangrenata  la  parte  inferiore  sulla  linea  mediana. 

Giugno  9,  vespere.  —  Il  tumore  è  meno  sporgente,  e  meno 
livido.  L'asma  é  meno  forte ,  minoico  la  febbre ,  uscita  non  in* 
ter  rotta  delle  marcie,  verso  di  nuovo  soluzione  d'azotato  d'  ar- 
gento entro  il  tumore. 

Gingno  10,  mone.  •—  L'asma  è  continuo  sempre,  ma  in  mi- 


495 

nor  grado,  non  vi, è  febbre,  gemizio  continuo  delle,  marcie  mi- 
ste a  coaguli  delia  cauterizzazione,  faccio  leggera^ compressione 
sui  lati  del  tumore  per  fare  escire  le  marcie,  e  verso  di  nuovo 
soluzione  d'azotato  d'  argento  ,  la  qualo  lascio  in  parte  escire 
naturalmente,  e  facilito  1'  uscita  della  «poca  rimanente  parte  di 
quella  con  leggerissima  pressione  laterale. 

Cosi  feci  per  due^  volte ,  la  terza  volta  lasciai  la  soluzione 
entro  il  cavo,  e  non  bompressi  il  tumore. 

Il  tumore  in  questi  dì  era  meno  sporgente  e  meno  livido  di 
jeri.  ' 

Giugno  10,  41.  —  Corallina grammi  3. 

Persolfato  di  chinina »         1. 

Boccone  preventivo. 

Giugno  10,  vespere.  —  Versai  due  volte-  entro  il  tumore 
soluzione  d'azotato  d'argento. 

Giugno  11.  —  Versai  due  volte  la  stessa  soluzione.  L' in- 
fermo ha  fisionomia  tranquilla,  il  colore  dei  tumore  non  è  più 
pavonazzo. 

Giugno  12.  —  Sotto  leggera  compressione  ai  lati  del  tu- 
more,  ed  anche  senza  di  essa,  esce  dall'ulcera  umore  oleoso  air 
l'aspetto,  simile  alla  sinovia.  Due  volte  riempii  la  cavità  del 
tumore  colla  soluzione  azotata,  e  ne  procurai  l'uscita  come  in 
addietro.  ' 

Giugno  14-.  —  Il  gozzo  ha  colore  naturale,  è  molto  4tnpic- 
ciolito ,  una  larga  falda  di  tessuto    gangrenato  sta  fuori  spor- 
gente dal  mezzo  dell'ulcera. 
^  Diametri  del  gozzo.  ^  Cent.     Millim. 

Antero-posteriore k*     •  ^^'  ^^' 

Bilaterale  medio  .......  10.  00. 

Sterno-mentoniero 9.  00. 

Introdussi  la  punta  del  catetere  entro  il  tumore ,  esso  pe- 
netrò giù  giù  sino  all'imbuto^  ritirai,  e  misurai  quindi  la  por- 
zione di  catetere  penetrata  entro  il  cavo,  era  lunga  centimetri  26. 
Io  avea  introdotto  il  catetere  per  .versare  al  solito  la  soluzione 
azotata,  ma  visto  che  era  penetrato  cotanto,  da  quel  momento 
più  non  versai  liquido  entro  la  cavità  del  tumore.  Ove  penetrò 
il  catetere?  Senza  alcun  du|)bio  nel  mediastino  posteriore. 

Giugno  15.  —  Introduco  catetere  grosso  quanto  il  mignolo 


496 

di  un  adulto,  entro  la  cavità  dèi  tumore,  esso  pure  penetra  den« 
tro  centini.  26. 

La  distanza  del  margine  superiore  dello  sterno  dell' amma- 
lato all'appendice  zifoide  dello  stesso  è  di  soli  centimetri  17. 
Ài  lati  dell'appendice  zifoide  non  si  sente  menomamente  la 
punta  del  catetere;  questo  adunque  penetrato  per  breve  tratto 
dall'Avanti  air  addietro ,  si  diresse  quindi  in  basso  ,  e  percorse 
il  suo  cammino  lungo  l'esofago,  e  si  protese  all'ingiù.  Le  varie 
sezioni  del  tumore  cominciano  ad  essere  distinte. 

Il  tumore  è  fatto  precipuamente  dal  lobo  medio  della  ti- 
roidea. 

Adoperai  in  questo  dì^  enei  giorni  successivi,  il  grossissimo 
catetere  di  cui  parlai,  per  potere  estrarre  con  maggiore  facilità 
le  marcie,  le  quali  sotto  respirazione  ascendevano  per  il  cavo 
del  medesimo  sino  entro  l'imbuto. 

Giugno  15,  vespe  fé,  —  Capovolsi  Tiiifermo;  esso  fu  posto, 
e  tenuto  a  capo  basso ,  a  tronco  eretto,  a  mani  poggianti  per 
terra  per  alcuni  secondi^  vennero  fuori  alcune  goccio  di  ^more 
dall'ulcere,  ma  non  di  più.  L'infermo  si  alza  e  passeggia  per 
il  cortile  dell'ospedale  dal  giorno  di  jeri. 

Giugno  21.  —  Ogni  giorno  mane  ^  e  vespere,  estrassi  alcune 
cucchiajate  di  marcie  per  mezzo  del  catetere. 

Il  lobo  destro  della  tiroidea  concorre  in  ben  poca  parte  alla 
formazione  del  gozzo.  In  esso  distinguonsi  due  tumoretti  di  cui 
uno  superiore  minore,  l'altro  inferiore  meno  piccolo  arriva  ap- 
pena al  volume  di  una  castagna  spogliata  dal  suo  riccio.  Bea 
poco  sensibile  anzi  atrofico  è  il  lobo  sinistrò. 

Giugno  21,  22.  —  Spugna  usta  grammi  1  in  quattro  parti 
con  miele. 

Giugno  23.  —  Diametri  del  tumore.  Cent.     Millim.  " 

Bilaterale  medio ,5.  00. 

Sterno-mentoniero 6.  00. 

Considerazioni.  — *  A  parlare  propriamente  non  vi  fu 
né  gozzo  destro ,  né  gozzo  sinistròv^  fu  il  lobo  medio 
della  tiroidea  che  si  ipertroflzzò,  si  converti  in  enorme 
tumore,  divennero  spesse  le  di  lui  pareti,  e  vasta  la  di 
lui  cavità. 


497 

> 

La  parte  destra,  ed  inferiore  del  tumore  si  gangre- 
Dò,  e  fu  divaricata  dal  chirurgo  nel  primo  istante  che 
visitò  l'infermo.  L'infermo  volle  uscire  nel  giorno  sud- 
detto, quantunque  vivamente  io  lo  consigliassi  a  fer- 
marsi alcuni  giorni  ancora  all'Ospedale,  ma  egli  assolu- 
taménte vi  si  rifiutò.  Quando  parti ,  il  tumore  era  di 
molto  impicciolito»  ed  al  dissotto  della  cute  e  del  tessuto 
laminare  ancora  inturgiditi,  séntivasi  il  tumore  tiroideo 
centrale  che  impicciolivasi  ogni  giorno  più. 

Quando  esplorai  il  gozzo  del  Marina  coli' indice  sini- 
stro, sentii  di  essere  penetrato  in  una  prima  cavità,  era 
questa  la  cavità  della  cisti  del  gozzo;  quindi  l'indice  passò 
per  uno  stretto,  era  questo  formato  dalla  parete  poste- 
riore del  gozzo;  entrò  successivamente  in  cavità  più  pro- 
fonda, situata  dietro  il  gozzo,  e  davanti  la  colonna  ver- 
tebrale,  comunicante  col  mediastino  posteriore. 

La  punta  del  catetere,  con  cui  versavo  la  soluzione 
azotata,  era  stata  smussata,  onde  l'uscita  del  liquido 
fosse  diretta;  il  catetere  di  gomma  elastica  era  flessibi- 
lissimo^ onde  resta  escluso  ogni  sospetto  che  esso  abbia 
potuto  lacerare  menomamente  le  parti.  L'esplorazione  col- 
r indice  fu  fatta  in  modo  delicatissimo,  onde  è  d'uopo  de- 
durre, che  si  gangrenò  parzialmente  la  parete  posteriore 
del  gozzo,  siccome  si  era  gangrenata  la  parete  anteriore 
dello  stesso. 

Il  liquido^  raccolto  e  cresciuto  oltre  misura  nella  ^ca- 
vità della  cisti,  fu  la  causa  probabile  della  gangrena  di 
porzione  delle  pareti  dèlia  medesima ,  e^  ciò  a  ragione  della 
compressione  e  distensione  esercitata  su  di  lóro. 

La  malattia  lebbe  origine  in  prima  nel  tessuto  della 
tiroidea,  o  nel  tessuto  laminare  circondante  la  medesima? 
oppure  si  destò  contemporaneamente  neiruno  e  nell'al- 
tro tessuto?  È  questione  che  io  non  posso  e  non  voglio 
neppure   toccare ,    non   avendo   dati   sufficienti   per  poJ- 

Annali.  Voi.  CCl  32 


498 

sarta ,   perchè  non  fui   presente  ai  primi   istanti   della 
malattia. 

La  grosaez^  del  catetere  mi  venne  molto  a  taglia 
per  r evacuazione  delle  marcie;  prudenza  esigeva  che  io 
piii  non  avessi  adoperato  il  dito  indice;  T avere  sentito 
una  volta  con  esso  i  terribili  battiti  dei  tronchi  brachio- 
cefalico ,  delle  carotidi  e  delle  succlavie  fa  passare  la  vo* 
lenta  di  sentirli  per  la  seconda  volta;  il  tenere  dietro  al* 
r  estrazione  dell' indice  una  sorgiva  di  sangue  venoso,  era 
altra  ragione  più  che  sufficiente  di  non  più  ripetere  simile 
esplorazione.  ,  . 

Quando  le  marcie  eranp  ascese  per  il  cavo  del  cate- 
tere sino  dentro,  e  su  per  T imbuto,  io  schiacciavo  la 
parte  inferiore  dell*  istrumento ,  ed  impedivo  cosi  il  ri- 
flusso delle  medesime  sotto  T  inspirazione ,  e  reclinando 
r  imbuto ,  versavo  le  marcie. 

Nel  primo  istante  che  vidi  T  infermo,  feci  diagnosi  di 
gozzo  cistico  costituito  dal  lobo  medio  della  tiroidea.  Feci 
la  diagnosi  appoggiato  a  casi  simili  anteriori.  L'infermo  ve- 
niva coricato  all'ora  della  visita  del  mattino,  egli  si  avan- 
zava per  r  infermeria  cogli  occhi  spalan^ti,  esterefatti,  i 
movimenti  di  inspirazione,  d'espirazione,  erano  accompa- 
gnati da  un  rantolo  mandante  un  tristissimo  suono,  il  tu- 
more era  enorme ,  terribile  1-  ansia  dalla  quale  era  tormen- 
tato, tumido  il  volto  e  di  colore  pavonazzo:  non. era  quello 
istante  di  palpare  e  comprimere  il  tumore  ;  si  aggiunga 
la  tumefazione  del  tessuto  laminare  sottocutaneo,  la.  quale 
si  estendeva  a  tutto  quanto  il  gozzo ,  e  ciascheduno  ve- 
drà quanto  fosse  imponente  e  grave  lo  spettacolo.  Misu- 
rai Il  tumore,  e  visto  l'ulcere  situata  alla  parte  inferiore 
di  quello .  pensai  di  botto  che  vi  era  tumore  cistico  me- 
diano, e  ,che  grave  ed  abbondante  dovea  essere  la  rac- 
colta dell'  umore  entro  la  cisti ,  che  fra  mezzo  ai  tessuti 
dell'  ulcera  io  avrei  potuto  introdurre  l' indice  entro  il 
cavo,  e  cosi  dare  escita  pronta  ai  liquidi  della  cisti,  e 


499 

sollevare  V  infermo.  Il  pensiero  tradussi  all'  istante  in  at- 
to, ed  il  liquido  fu  prontamente  evacuato. 

La  pratica  che  ho  di  questi  tumori ,  la  sua  posizione 
centrale,  l'asma  grave  che  non  cessava  un  istante,  mi 
fecero  credere  senza  dubbio  che  si  trattasse  di  tumore 
del  lobo  medio.  Successivamente  vuotato  il  tumore  dalle 
marcie,  diminuito  il  suo  volume,  gessato  T edama  sotto- 
cutaneo, la  ferma  mia  credenza  divenne  assoluta  certez- 
za, le  dita  avendo  potuto  separatamente  distinguere  e  ri- 
conoscere i  due  piccoli  tumoretti  del  lobo  destro,  e  Tatro- 
fia  del  lobo  sinistro  della  tiroidea. 

XVIL  .       ' 

Ernia  inguinale  destra,  omentO'intestinale ^  antica^  in  parte 
irreducibile^  incarceratasi  da  ore  quarantotto  ;  leggeri  tea- 
tativi  di  riduzione ,  infruttuosi  ;  sfiancamento  dell*  anello 
superiore  del  canale  inguinale^  tentativi  di  riduzione,  leg- 
gera diminuzione  del  volume  del  tumore  ernioso ,  cessa- 
zione del  vomito ,  ingrossamento  del  tumore ,  restituzione 
del  corso  naturale  delle  materie  fecali,  rientramento  del- 
l' intestino  ernioso  nella  cavità  del  ventre ,  permanenza 
dell'omento  nella  cavità  del  sa>cco.  Guarigione. 

Olivetti  Andrea^  contadino,  d'anni  24,  da  Fabbrica,  prove- 
niente da  Villarboit. 

Entrato  alle  ore  11  antimeridiane  del  30  maggio  1867.  Ope- 
rato alle  ore  3.  ^/^  pomeridiane  dello  stesso  di.  Escito  2  gingno 
1867. 

Maggio  30,  ore  3.  ^/^  pomeridiane.  —  Visito  per  la  prima 
volta  r  infermo,  il  quale  è  robusto  contadino  di  colore  olivastro, 
a  capelli  nerissimi ,  con  poca  barba  nera  al  volto ,  a  sistema 
muscolare  bene  sviluppatole  affetto  da  ernia  inguinale  destra 
appena  un  p5  più  grossa  d'un  ovo  di  piccione.  Il  testicolo 
giace  inferiormente  al  tumore.  Narra  che  è  ernioso  da  circa 
otto  anni,  che  V  ernia  si  incarcerò  due  giorni  addietro  alle  ore 
quattro  pomeridiane  in  seguito  a  forte  starnuto.  Da  quell'ora 
non  andò  più  di  corpo,  nelle  poche  ore  che  è  all'Ospedale  vò- 


500 

mito  materia  vordastre,  an  lombrico,  non  vi)mitò  materia  fecali. 
Il  di  lai  ventre  è  leggermente  meteoriccato ,  ma  non  dolente. 
Appena  fn  coricato,  si  sottoposero  cuscini  traversini  ai  popUti, 
a  cataplasma  ali*  addome. 

Feci  tirare  l*  infermo  sulla  sponda  destra  del  letto,  compressi 
leggermente  il  tumore,  sentii  un  pò  di  gas  penetrare  nel  resto 
degli  intestini  situati  nella  cavità  dell*  addome  ;  il  tumore  leg- 
gerissimamente diminuì  ;  ne  tentai  la  riduzione  colla  tazis  an- 
tica ,  agendo  in  particolare  sul  di  lui  collo  ;  non  cedette  più 
oltre  in  minima  parte  :  posi  il  pollice  al  lato  interno  di  esso , 
sfiancai  il  primo  cingolo  che  incontrai ,  tentai  la  tazis ,  il  tu- 
more non  rientrò  ;  girai  coi  pollice,  coir  indice  all'  insù,  aU'in- 
fuori  del  tumore,  tentai  la  tazis  ancora,  ma  inutilmente. 

Girai  di  nuovo  all'  interno,  all'  insu^  all'  infuori  del  tumore 
coir  indice,  arrivai  ben  in  alto ,  pervenni  dentro  all'  anello  su- 
periora del  canale  inguinale ,  lo  sfiancai  coli'  indice ,  lo'  sfiancai 
col  pollice ,  giunsi  di  sicuro  coli'  indice  dentro  la  cavità  addo- 
minale, rinnovai  la  tazis  sul  tumore;  mi  parve  al  fine  un  pò 
più  rimpicciolito  ;  era  di  sicuro  meno  elastico  e  più  molle  di 
quello  che  il  fosse  prima  dell'  atto  operativo.  Dimandai  all'  in- 
fermo se  fuori  restava  per  lo  passato  permanentemente  una 
porzione  del  tumore,  mi  rispose,  che  maneggiato  e  compresso 
colle  dita  rientrava"^  per  uscire  di  nuovo,  tolta  la  compressione  ; 
replicai  la  dimanda,  feci  toccare  il  rimanente  'tumore  all'infer- 
mo ,  e  rispose  ohe  il  tumore  rimaneva  sempre  per  l' addietro 
grosso,  come  lo  è  in-  ora. 

Più  non  feci  ulteriori  tentativi. 

Prescrissi  un  grammo  di  già  lappa  stemperata  in  rosso  d'ovo, 
e  diluito  in  decotto  emolliente  per  due  clisteri.  Ghiaccio  in  con- 
tinuazione a  volontà  dell'  infermo,  quarto  del  vitto. 

Maggio  3i,  mane,  -«-  Stavo  medicando  altro  inferma  su- 
periore all' Olivetti ,  ed  a  questo,  lontano  ancora  alcuni  passi, 
volgevo  il  mio  jsguardo.  Egli  giaceva  tranquillo  nel  suo  letto 
in  queir  abbandono,  che  indipa  essere  cessato  ogni  dolore ,  ed 
ogni  pericolo.  La  sua  fisionomia  è  ilare  ed  aperta.  Da  quest'i- 
stante fui  sicuro  della  pronta  di  lui  guarigione  ;  venutogli  presso, 
ricoposco  che  non  è  ancora  andato  di  corpo ,  la  regione  sovra- 
Inguinale  e  pubica  sono  ancora  un  pò  dolenti,  i  polsi  sono  forti. 


sai 

n  vomito  era-  cessato  subito  dopo  1*  atto  operativo.  Il  tumore 
ernioso  è  alquanto  più  grosso  di  quello  che  il  fesse  prima  dei* 
Tatto  operativo.  Si  continua  il  cataplasma  addominale^  si  ri* 
pete  il  clistere.  Non  tocco  né  punto  né  poco  il  tumore. 

Maggio  31 ,  ore  3.  */g  pomeridiane,  —  L' infermo  non  è 
ancora  andato  di  corpo.  Faccio  per  un  istante  compressione  sul 
tumore,  ma  esso  non  cede  né  punto  né  poco  ;  polsi  forti,  pelle 
calda,  febbre  un  pò  viva,  si  ripete  il  solito  clistere.  Farmi  che 
il  tumore  comprenda  un  pò  di  omento. 

Giugno  1,  mane.  —  L' infermo  andò  jeri  sera  abbondante? 
mente  di  corpo,  ventre  appianato,  fisionomia  tranquilla,  polsi 
di  persona  sana.  Compresso  il  tumore ,  pare  sia  desso  formato 
in  totalità  da  omento,  perché  facendo  tossire  V  inférmo  non  si 
comunica  alcun  movimento  al  tumore.  Nel  30  maggio  dopo  Tatto 
operativo  cessò  subito  il  vomito;  nel  31  maggio,  sera,  cessò  la 
paralii^i  intestinale ,  si  sciolse  il  ventre,  la  guarigione  é  perciò 
assicurata.  Acqua  zuccherata.  Mez^o  vitto. 

Giugno  2,  mane.  —  L' infermo  andò  ancora  jeri  abbondan- 
temente di  corpo.  Scntesi  distinto  ed  isolato  il  fondo  del  sacco 
erniario.  Sentesi  Tintestino  battere  contro  la  regione  inguinale 
destra  sotto  T  impeto  del  tossire ,  ma  il  movimento  non  é  tra- 
smesso al  corpo  che  sta  permanente  entro  il  sacco,  onde  si  deve 
dedurre  che  il  corpo  che  sta  tuttora  attualmente  entro  il  sacco 
è  fermato  dal  solo  omento.  Uscita  dell*  infermo.. 

Considerazioni.  -^  La  base  dell*  ernia  di  cui  trat- 
tiamo, mi  si  permetta  il  motto,  è  Tomento.  Per  ^uscita 
di  esso  dalla  sua  sede  naturale  ebbe  principio  la  malat- 
tìa. Al  fomento  si  aggiunse  Tintestino,  e  di  questo  forse 
la  porzione  più  prossima  al  cieco;  colla  compressione 
colle  dita  Tintestino  rientrava,  ed  usciva  fuori  di  nuovo, 
tolta  la  medesima;  ma  T ultima  volta  che  usci,  non  potò 
colla  solita  manovra  essere  introdotto,  e  si  incarcerò. 

Ernia  antica  ha  anello  costrittore  ingrossato  ed  in- 
durato ,  e  tale  e  non  diverso  poteva  essere  T  anello  su- 
periore del  canale  inguinale,  onde  non  tenue  forza  fu  ne- 
cessaria per  sfiancarlo  e  dilatarlo. 


502 

Sfiancato  Fanello  saperiore,  in  cai  risiedeva  la  causa 
precipua  se  non  unica  dello  strozzamento;  il  chirurgo 
reiterò  leggeri  tentativi  di  riduzione;  il  tumore  ernioso 
pei  diversi  atti  operativi  si  era  ben  alquanto  impicciolito, 
era  diventato  meno  elastico»  più  molle,  ma  non  si  ridus- 
se, n  chirurgo  fece  opera  prudente  a  non  insistere  e,  di- 
rei cosi,  ostinarsi  per  ottenerne  la  riduzione;  ulteriori 
manovre  avrebbero  potuto  essere  pericolose;  d'altronde 
si  dovea  riflettere  che  mediante  lo  sflancamento  del  cin- 
golo costrittore  inferiore,  e  dell*  anello  superiore  del  ca- 
nale inguinale,  era  stata  tolta  ogni  ragione  costringente, 
e  non  vi  poteva  più  esistere  strozzamento  in  modo  al- 
cuno. L'intestino  è  ben  vero  non  era  ancora  rientrato 
nella  cavità  addominale,  esso  ancora  stava  nel  sacco^  ma 
ciò  era  dipendente  dalla  paralisi  intestinale;  i  gas  e  le 
materie  fecali,  che  riempivano  la  porzione  di  budello^  su- 
periore al  tratto  di  budello  ernioso,  erano  quelli  che  mec- 
canicamente lo  spingevano  fuori,  e  ne  impedivano  il  rien- 
tramento.  L'avere  adunque  sospeso  ogni  manovra  ulte- 
riore di  riduzione,  mi  si  permetta  il  ripeterlo ,  fu  opera 
savia;  difatti  cessò  all'istante  il  vomito,  uno  dei  più 
gravi  segni  e  sintomi  di  incarceramento.  Nel  mattino  del 
31  maggio,  ossia  diciassette  ore  dopo  l'atto  operativo, 
r  infermo  àvea  di  già  riassunto  la  quiete  e  filare  fisio- 
nomia dell'uomo  non  più  sofierente;  nella  sera  del  31 
maggio  essendo  l'infermo  andato  copiosamente  di  corpo, 
era  già  passata  la  paralisi,  ^  sciolta  direi  la  malattia. 

Nel  mattino  del  31  maggio  trovammo  il  tumore  più 
grosso  di  quello  che  il  fosse  prima  dell'atto  operativo; 
era  naturale  l' ingrossarsi  del  tumore ,  essendo  stata  al- 
largata la  filiera  per  cui  passava  il  viscere.  L'intestino 
in  seguito  si  ridusse  completamente,  restò  permanente- 
mente nel  sacco  l' omento  ;  fu  sciolto  1'  unico  dubbio  che 
ancora  rimaneva,  quello  della  composizione  del  tumore,  e 
cosi  la  di  lui  composizione  omento-intestinale  fu  per  ogni 
parte  dimostrata. 


503 

L'omento  avrebbe  potuto  rientrare?  Per  sciogliere 
questa  questione,  per  ottenere ,  se  possibile  cosa ,  questo 
intento,  io  avrei  desiderato  che  Tinfermo  si  fosse  fermato 
ancora  alcuni  giorni  airospedale,  ma  spinto  della  neces- 
sità del  vivere,  egli  volle  assolutamente  lasciarci. 


Breve  Istoria  di  aita  /t*alftftHi  della  nòia  di  5 
mesi  data^  ilial  eomiuessa  e  non  bene  eonso- 
lidata  n  ifaarita  eon  la  riduzione  ipradnata  e 
eon  la  pressione  diretta  sol  frammento  supe- 
riore sporto  In  fuori;  p^t*  A.  DB  VITA  <!>• 

1.®  —  Un  'caso  occorsomi  in  privato  di  clinica  chirurgica 
mi  porge  occasione  di  mostrare  anche  una  volta  Teffica*- 
cia  degli  apparecchi  amovo-inamovibili ,  non  che  (deiU 
diretta  pressione  su  certe  fratture  *  ancor  non  saldate  o 
mal  commesse,  sieno  pur  congiunte  alla  paralisi  smista 
od  atrofica  del  membro  ;  e  quando  le  qualità  della  lesione 
ed  i  suoi  accidenti  sembrino  a  prima  vista  contrastare  le 
più  note  risorse  dell'  arte.  Servirà  questo  esempio  ad  in- 
coraggiare il  giovane  chirurgo  calde  ^on  ismarrisca  a  fronte 
delle  difficoltà  che  gli  presenta  il  caso  in  ispecie ,  ed  a 
rammentargli  in  pari  tempo  che  nelle  malagevolezze  della 
pratica  egli  deggia  non  di  rado  improntare  dal  proprio 
intuito  ed  ingegno  quei  semplici  e  pur  efficaci  soccorsi 
che  invano  si  ricercherebbero  nei  trattati  classici  della 
scienza.  Proverò  dunque  con  una  breve  istoria  di  lesione 
traumatica  quanto  sia  vero  ciò  che  io  dissi  altrove  in 
una  aforisma   del   mio   trattatello  di  chirurgia   militare 


«%MWOTM 


(i). Letta  nella  conferenza  scientifica  tenutasi   il  ì,^  agosto 
1867  presso  V  Ospedale  Divisionario  in  Catanzaro. 


y 


504 

sulle  ferite  per  arma  da  fuoco  ;  ed  il  qiiale  è  cori  conc^ 
pito.  «  L*  immobilitazione  condotta  secondo  arte,  la  po- 
»  stura  intelligente  del  membro  o  della  parte  ferita  im* 
»  pediscono  i  movimenti  e  contengono  nei  giusti  confini 
>  le  carni  o£fese  e  le  ossa  tagliate  o  frante  ;  fiaccano  il 
»  vigore  infiammatorio,  i  dolori  attutano  e  gli  spasmi 
»  con  r  uguale  e  piacevole  pressione ,  muovono  e  ridu* 
»  cono  gli  umori  guasti  alla  bocca  della  piaga,  avviano 
»  per  di  fuori  i  proietti  e  le  scbQggie  ossee,  tolgono 
»  ragione  alle  saccaie  ed  ai  seni  fistolosi;  francano  le 
»  membra  dalle  deformità  e  gli  usi  ne  conservano  sem-- 
»  pre  che  si  accompagnino  a  tempo  con  T  esercizio  gra- 
»  duato  dei  movimenti;  restringono  in  fine  di  molto  il 
»  numero  delle  amputazioni  ». 

2.^  — ^  Saverio  Principe,.)  da  Catanzaro,  giovane  diciot- 
tenne, da  caldo  amor  di  patria  mosso  s*  involò  il  caduto 
anno  ai  parenti  ed  agli  amici  ^  e  corse  volontario  alle 
armi  che  si  combattevano  nel  Tirolo.  Addi  16  luglio  nella 
fazione  di  Gondino  egli  toccò  una  ferita  per  arma  da 
fuoco  alla  regione  media  della  gamba  destra,  per  cui  ne 
rimase  di  netto  la  tibia  franta  sul  luogo  e  stritolata. 
Raccolto  nello  spedale  di  Brescia,  fu  da  principio  curato 
con  r  irrigazione  continua  nell*  apparecchio  di  Scultetò , 
appresso  coi  moUitivi  e ,  caduta  la  infiammazione  con 
fuori^uscita  di  qualche  scheggia,  si  cercò  per  mezzo  dei 
caustici  di  rammarginare  la  piaga,  ciò  cbe  non  avvenne 
per  le  ragioni  che  si  diranno  più  sotto.  Il  27  sèttetnbre 
successivo  il  ferito  lasciò  lo  spedale  a  fine  di  proseguire 
la  cura  in  casa  particolare ,  dove  furono  continuate*  le 
cauterizzazioni  alternate  coi  moUitivi ,  e  benché  altre 
scheggie  fossero  venute  fuori  in  virtù  del  lavorio  suppu- 
rativo ,  nondimeno  quando  la  piaga  mostrava  di  cliiu- 
dersi,  il  più  piccolo  movimento  dell'arto  era  sufficiente  a 
riaprirla.  Maninconioso  finalmente  il  Principe  di  rimanere 
più  oltre  fuori  di  casa,  e  sotto  una   cura   che  face  vaio 


505 

disperare  della  guarigione,  il  1.®  dicembre  volle  re^atituirsi 
in  famiglia  e  nella  patria  *  nativa.  Poiché  passarono  pochi 
di  da  che  egli  fu  giunto  in  Catanzaro ,  non  essendo  che 
un  povero  operaio  e  solo  vivente  col  lavoro  dell'  ago , 
supplicò  questo  Comando  Generale  perchè  io  ne  impren- 
dessi la  cura^  augurandosi  che  la  mia  assistenza  ed  i  miei 
consigli  avrebbero  per  lo  meno  migliorato  le  sue  deplo- 
revoli condizioni. 

3.®  —  L' invito  del  signor  generale  Amulfo  e  la  pietà 
che  mi  scaldava  per  il  generoso  combattente  del  Tirblo 
mi  resero  gradito  e  prezioso  T offertomi  assunto,  ed  ap- 
pena vistolo  mi  feci  da  principio  ragionevolmente  ad  in- 
vestigare la  natura  e  la  qualità  della  lesione  per  isco- 
prire  il  vero  e  reale  impedimento  di  salute.  Ecco  in  breve 
lo  stato  della  lesione:  Parto  inferiore  destro  talmente 
rissecchito  da  non  raggiungere  ,  in  volume  la  metà  del 
sinistro  od  omonimo  ;  completa  anestesia  cutanea  del  me- 
desimo,^ si  che  i  più  gagliardi  pizzichi  non  erano  sentiti  ; 
la  gamba  piegata  permanentemente  sulla  coscia  ad  angolo 
ottuso  per  la  forzata  contrazione  dei  muscoli  fles$ori  ;  il 
frammento  superiore  della  frattura  sporto  in  avanti  avan- 
zava il  sottano  od  inferiore  per  cinque  o  sei  millimetri 
circa,  in  forma  di  scaglione  o  di  orlo  tagliente,  e  sovra- 
stavale  una  cicatrice  mendace  ed  ingannevole  covante  di 
sotto  la  piaga,  come  argomentare  lo  facevano  i  suoi  ca- 
ratteri, essendo  sottile,  tenera,  fluttuante  e  di  colore  tur- 
chiniccio, non  maggiore  in  dimensione  al  diametro  di  un 
soldo  comune  ;  il  piede  corrispondente  a  volta  a  volta  si 
gonfiava.  Essa  cicatrice,  a  detto  del  paziente,  ordì  vasi  a 
stento  col  lungo  riposo  ddl'arto,  ma  non  tardava  a  ria- 
prirsi tostochè  nel  muoversi  egli  fosse  costretto  a  trasci- 
narsi appresso  sospesa  la  gamba. 

4.®  —  Dai  caratteri  anatomo-patologici  testé  passati  in 
rassegna,  di  leggieri  s'intende  come  fosse  impossibile  la 
cicatrizzazione  di  una  piaga,  di  continuo  tormentata  dalla  { 


606 

sporgenza  acata  del  frammento  tibiale  saperiore,  e  forse 
ancora  da  altre  scheggiuzze  che  si  trovaTano  per  avTen* 
tura  incassate  neirosso  disotto^  ed  i  fatti  susseguenti  il 
dimostrarono,  e  che  il  lento  lavorio  della  suppurazione 
non  era  abbastanza  per  distaccarle.  Ignoro  se  per  negli^ 
genza  o  per  la  fatale  necessità  dell*  affollarsi  di  molti 
feriti  negli  ospedali  e  nelle  ambulanze  dopo  le  mischie 
non  fosse  applicato  ali* arto  del  Principe,  ricomposta 
previamente  la  frattura,'  uno  apparecchio  più  accomodato 
d*  immobilitazione  che  non  fu  certamente  quello  di  Seul- 
teto.  Se  non  era  ciò  omesso,  la  guarigione  della  ferita  sa- 
rebbe riuscita  intera  ed  in  breve  tempo  ottenuta.  Per 
contro  abbandonati  i  frammenti  della  tibia  agli  istintivi 
0  volontarii  movimenti  in  ragion  composta  della  loro  de- 
viazione e  delle  trazioni  dei  muscoli  propellenti,  non  cessa 
lo  spostamento,  le  scheggie  rimasero  sporgenti  frammezzo 
alla  stroncatura ,  si  perpetuò  la  suppurazione ,  e  non 
venne  mai  a  termine  una  soda  e  durevole  cicatrice^  La 
flessione  della  gamba  sulla  coscia  per  il  continuo  tirare 
dei  muscoli  flessori  si  accentuava  da  vantaggio,  non  im- 
pedita dai  muscoli  antagonisti;  mentre  che  la  ferita,  la 
contusione  o  la  commozione  sofferta  dai  nervi  misti  del- 
l'* arto  aprivano  la  via  alla  paralisi  difesso,  manifesta  per 
la  quasi  completa  anestesia  e  dal  vistoso  dimagramento. 
5.0  .^  Due  erano  le  medicazioni  che  a  bella  prima  si 
pararono  alla  mia  mente  e  le  sole  permesse;  ed  intende- 
vano a  raddrizzare  Tarto  anchilosato,  ed  a  livellare  i  fram- 
menti scomposti:  la  resigazione  della  sporgenza  ossea,  o 
la  postuma  riduzione  della  frattura.  Serbai  la  prima  ad 
estremo  espediente,  siccome  atto  operativo  lungo  e  dolo- 
roso, nò  scevro  da  accidenti;  e  mi  affidai  del  tutto  alla 
seconda,  augurandomene  la  felice  riuscita  dalla  considera- 
zione che  il  callo  in  cammino  era  ancor  tenero  ed  io  aveva 
fra  mano  piuttosto  una  spostatura  che  un  reale  accaval- 
lamento delia  tibia  dirotta.  Però  contrastavano  la  cfairur- 


507 

gica  tnedicazioùe  il  già  ben  avviato  coalito  e  la  salda  re- 
trazione della  gamba,  e  perciò  dovendo  rinunciare  alla  vio- 
lenta ed  istantanea  ricomposizione  dei  frammenti,  contro 
la  quale  sarebbe  riuscito  vano  ogni  sforzo,  io  mi  risolsi 
invece  di  procacciarla  gradatamente,  con  l'opera  del  tempo, 
in  apparecchio  accomodato  e  congiunta  alla  pressione  di- 
retta sulla  sporgenza  dell*  osso.  Innanzi  tratto  mi  feci  ad 
immobilitare  la  gamba  ferita  con  gambale  imbottito  ed  ami- 
dato,  disteso  dal  garretto  sino  alla  noce  del  piede,  avvi- 
sando che  sino  a  quando  il  paziente  per  casa  e  per  fuora 
appresso  a  lui  Tarto  sospeso  trascinasse,  il  solo  peso  di 
esso  ed  il  soffregar  della  stroncatura  avrebbero  sempre 
tenuto  deviati  i  frammenti  ed  impeditane  la  regolare 
coesione.  In  pari  tempo  immaginai  un  mezzo  sospensivo 
della  gamba  misto  a  pressione  diretta  sulla  parte  offesa, 
foggiandolo  sul  legame  omero-tibiale  di  Mayor,  il  quale 
mentre  alFarto  intero  vietasse  ogni  scossa  o  movimento, 
per  il  peso  e  resistenza  di  questo  premesse  sulla  spor- 
genza morbosa,  al  ferito  concedendo  di  vacare  ^uUe 
grucce  alle  proprie  faconde ,  raccomandandoglisi  giorna- 
liere passeggiate.  L'apparecchio  componevasi  di  una  staffa 
di  cuojo  venti  centimetri  larga  che  abbracciando  il  mezzo 
della;  gamba  di  contro  alla  stroncatura  vi  si  allacciava  con 
le  fimbrie  di  essa,  venendo  quindi  sospesa  per  mezzo  di 
lunga  correggia  a  tracolla. sostenuta  dall' omero .  opposto. 
Per  l'uso  di  detto  apparecchio  accadeva  che  la  gamba  an- 
chilosata  appoggiasse  ad  agio  sulla  staffa,  e  questa  di  con- 
verso prèmesse  sulla  sporgenza  per  il  peso  della  gamba  e 
la  contro  «stensione  esercitata  sulla  spalla. 

6*^  —  Le  previsioni  non  rimasero  deluse.  Dopo  circa 
15  di  fu  uopo  rimuovere  il  gambale  amidato  a  fine  di 
mutarne  l'ovatta,  fattasi  fradicia  per  la  marcia  gemuta 
dalla  riaperta  piaguzza,  il  cui  grave  lezzo  ne  fece  la  spia 
e  presso  la  quale  si  rinvenne  una  scheggetta  lineare^ 
acuta  e  lunga  5  centimetri;  la  sporgenza  era  già  rien- 


508 

trata  per  due  millimetri.  L'apparecchio  disseccato  di  die- 
tro il  polpaccio,  ripulito  e  direnato  bivalve,  si  riapplicò 
sulla  gamba,  medicata  a  seisco  previamente  la  pifiga  con 
faldella  di  filaccia.  Di  là  ad  8  giorni  si  riapri  Tapparec- 
chio  ed  ebbesi  a  riscontrare  un'altra  scheggetta  meno 
lunga,  più  larga  e  voluminosa  della  prima;  poca  marcia; 
la  piaga  ristretta  ed  inchinata  a  sicura  cicatrizzazione; 
di  altri  3  millimetri  ridotto  il  frammento  superiore  ti- 
biale: era  raggiunto  quasi  lo  scopo.  Si  rimise  la  gamba 
neirapparecchio,  affidandosi  il  complemento  della  cura  al 
ligume  a  staffa  ed  al  tempo.  Finalmente  dopo  12  giorni 
fu  rimosso  il  legame ,  poi  che  la  piaga  fosse  già  solida- 
mente saldata,  quasi  per  intiero  livellata  la  frattura, 
vinta  la  flessione  forzata  ed  il  ferito  potesse  il  piede  a 
terra  poggiare  senza  nessuna  pena  o  pericolo.  Ora  inte- 
ressava esercitare  i  movimenti  dell*  arto.  Eccomi  da  ul- 
timo al  bilancio,  o  resoconto,  della  cura  praticata  nella 
lesione  del  Principe  e  dei  risultati  che  se  ne  ottenne- 
ro^ potendosi  essi  sulla  di  lui  persona  verificare  met- 
tendo a  fronte  le  condizioni  presenti  con  le  passate. 
La  piaga  è  chiusa  per  sempre ,  il  callo  è  sodo  ed  ag- 
giustato, la  sofierta  frattura  non  si  presume  se  non  da 
un  leggiero  avvallamento,  sparita  la  flessione  forzata 
sulla  coscia,  Fazione  dei  museali  estensori  equilibratasi 
con  quella  degli  antagonisti -flessori;  restituitasi  all'arto 
in  parte  la  sensibilità,  altro  non  resta  se  non  a  combat^ 
tere  l'atrofia  ancora  appariscente  delFarto  e  la  debolezza 
seguitane  per  la  diminuita  contrattilità  muscolare,  la  sola 
e  vera  ragione  perchè  il  giovanetto  non  possa  ancora  da 
sé  lungi  gittare  le  grucce ,  comunque  non  gli  sia  tolto , 
quando  il  voglia  sforzatamente ,  da  un  luogo  ad  un  al- 
tro pprtarsi  sorreggendosi  ad  un  bastone. 

7.®  —  Contro  la  paralisia  atrofica  e  T  infievolimento 
dell'  arto  molti  e  varii  sono  i  presidi!  curativi  dall'  arte 
suggeriti,  e  qui  non  giova  per  punto  annoverarli,  e  nem» 


609 

meno  ad  uno  ad  uno  imprenderne  le  prove,  come  gli  em- 
pirici fanno,  poiché  la  medicina  razionale  confortata  re- 
centemente da  incontestabili  sperimenti  ci  apprendano  es- 
sere il  più  efficace  è  poderoso  fra  quelli  la  faradizzazione 
locale  dei  nervi  misti,  sieno  essi  stati  per  avventura  con- 
tusi, scommossi  o  recisi.  La  felice  influenza  dell*  agente 
elettrico  per  induzione  nello  paralisi  traumatiche  nes- 
suno oggi  pone  in  dubbio  dopp  gli  studii  e  le  luminose 
sperienze  del  Duchenne  e  di  altri  jatroelettrici  di  fama. 
Il  ritorno  della  sensibilità  lungo  i  nervi  periferici,  la 
migliorata  condizione  nei  movimenti  e  nella  nutrizione 
deir  arto ,  la  natura  della  paralisia  nel  caso  speciale  in- 
ducono fondatamente  la  fiducia  della  completa^  guari- 
gione. Ma  poiché  non  si  trova  nel  paese  e  nello  stabi- 
limento nessuno  apparecchio  elettrico  di  induzione  od 
altra  macchina  accomodata  al  bisogno;  e  dovendosi  per- 
ciò rinunciare  airefScace  e  virtuosa  influenza  di  un 
tale  mezzo,  fu  in  quello  scambio  pensato  di  proporre 
il  Principe  alle  acque  termo-minerali  d*  Ischia ,  le  quali 
pur  varranno,  giova  almeno  sperarlo,  con  la  loro  azio- 
ne eccitante ,  a  restituire  per  intiero  la  sopita  vitalità 
dei  nervi,  a  rimpolpare  i  muscoli  dell* arto  ed  a  rido- 
nare loro  la  scemata  contrattilità  delle  fibre.  E  poiché 
saranno  distrutte  e  dileguate  le  ultime  reliquie  dell*  ono- 
rata ferita,  e  con  essa  le  afGlittite  rimembranze,  la 
medaglia  dei  prodi  che  gli  splende  sul  petto  ricorderà  ai 
suoi  compatriotti  che  anche  ferito  e  sanguinante  sulle 
aspre  vette  del  Tiròlo,  l'ardito  volontario  non  desisteva 
dal  combattere  e  dal  ferire  gli  antichi  nemici  d*  Italia  (l). 
Catanzaro  y  15  agosto  1867. 


(1)  P.  £>.  Dopo  due  mesi  da  che  era  scritta  la  presente  Re- 
lazione, venne  solamente  jeri  a  sera,  e  di  nuovo  osservato  l'arto 
offeso  del  Principe.    Fu  piacevole  la  sorpresa  notando  essersi 


510 

UladJ    Miedlel   «alle   felibri  «  del  dott.    OOMBNIOO 

AWIMIBA  BBNIBR^  di  Chioggia.  Sezione  IV,  da 
Brown  sino  a  noi.  (  ContintMzione  della  pag.  171 
del  voi  104). 


B 


ronpsalM*  -^  Volendo  trasportare  il  nostro  sguardo 
oltre  alpi,  noi  ci  sentiamo  attratti  da  un  genio  grande , 
figlio  di  popolo  di  stirpe  latina,  nostro  fratello,  e  risplen- 
dente cosi  d*  intelletto  come  d*  impero.  Seguitando  V  epoca 
che  abbiamo  lasciato  quando  tenemmo  parola  del  Pinel , 
troyiamo  un  grande  medico  pratico  e  teorico  molto  be- 
nemerito alla  sua  patria  ed  alla  repubblica  misdica. 

Questi,  gigante,  atterrò,  distrusse,  fece  risorgere  dog- 
mi.  conosciuti ,  e  presentò, fatti  sotto  un  aspettp  artistico 
e  scientifico  di  utilità.  —  E  se  noi  non  lo  potremo  ap- 
pellare inventore,  lo  diremo  certo  illustre  coordinatore  : 
che  che  ne  dicano  menti  sofistiche,  beffarde,  ghignose  e 
sprézzatrici  di  tutto  : 

«  A  Dio  spiacenti  ed  a*  nemici  sui  ». 

Questo  illustre  è  Broussais  Francesco,  Giuseppe,  Sa- 
verio, onore  della  Francia.  Nato  nel  1772,  di  grande  in- 
telligenza e  focoso,  abbracciava  la  vita  militare;  poscia 
quella  dello  studio  della  medicina.  —  Ritornato  nel  1799 
a  Parigi  per  completare  i  suoi  studii,  ebbe  per  precettori 
gli  illustri  Chaussier,  Pinel,  Cabanis,  Bichat.  —  Medico 

^ 

restitnitp  alla  natura  la  complessione  è  volume ,  avere  quasi 
per  intero  la  libertà  dei  movimenti,  e  tutta  quanta  la  sensi- 
bilità. Nel  luogo  corrispondente  alla  frattura  la  cicatrice  tro- 
va vasi,  come  pur  oggi  si  vede,  in  minima  parte  riaperta  ed 
appena  bagnata  da  un  certo  siero  sottile  ^  rossigno;  accidente 
che  sarà  per  essere  tolto  dalla  ripresa  del  noto  legamo  a  stalfa, 
0  dalla  virtù  ipedicatrice  delle  Terme. 


511 

nel  1S03,  partiva  coli' armata  e  percorrea  i  Paesi  Bassi, 
roianda,  TAlemagna ,  V  Italia ,  la  Spagna ,  studiando  ed 
esercitando  sempre  negli  ospitali.  . 

Primo  risultato. fu  l'opera  sua  sulle  Infiammazioni 
croniche,  la  quale,  quantunque  non  senza  mende  dal  lato 
patologico  e  terapeutico,  pubblicata  nel  1808,  sarà  sem- 
pre un  grande  saggio  del  suo  spirito  osservatore. 

Secondo  frutto  fu  il  suo  celebre  Esame  delle  dot--' 
trine  mediche,  pubblicato  nel  1816,  dove  si  vede  l'uomo 
conoscitore  della  verità  ; 

«  Che  *1  perder  tempo,  a  chi  più  sa,  più  spiace  ». 

Rimarchevole  è  anche  la.  sua  Fisiologia,  non  che  la 
sua  Patologia  e  terapia  generale.  Acuta  è  la  sua  opera 
svlW  Irritazione  e  la  follia  pubblicata  nel  1828,  e  che 
dopo  la  sua  morte  (  1839  )  venne  ristampata ,  rifusa  in 
gran  parte  sopra  le  basi  del  sistema  di  Gali,  da  esso  lui 
tanto  stimato,  e  cosi  dalla  sua  possente  parola  splendida- 
mente insegnato,  da  fargli  decretare  da*  suoi  studenti  en- 
tusiastici una  medaglia  d' oro  coli'  inscrizione  :  AlV  illu" 
stre  autore  della  medicina  fisiologica  e  dei  corsi  di 
frenologia,  i  suoi  discepoli  riconoscenti,  1836. 

Tanto  egli  era  filosofico,  elegante,  brioso  nelle  sue  le- 
zioni ,  e  nutrito  ai  severi  studj  ,  che  molte  volte  fece 
credere  e  tenere  per  nuove  cose  vecchie ,  e  proprie  le 
altrui.  Cosi  bene  seppe  egli  apprenderle  e  digerirle;  e 
tanto  seppe  convertirle  in  so  stesso,  o  sé  stesso  in  quelle! 

Siccome  nel  suo  trattato  dell'  Irritazione  e  della  Fol-' 
Ha  troviamo  le  basi  della  sua  teorica  e  le  fondamenta 
quasi  rifuse ,  cosi  da  essa  né  trarremo  i  principj.  —  Se- 
condo essolui  la  voce  irritazione  presenta  al  medico  l'a- 
zione degli  irritanti  e  lo  stato  delle  parti  viventi  irri- 
tate. Si  chiamano  irritanti  tutti  i  modificateri  della  no- 
stra economia  che  esaltano  V  irritabilità  e  la  sensibi- 
lità dei.  tessuti  vivi ,  e  che  portano  tali  fenomeni  al  di 
sopra  del  grado  normale. 


512 

La  voce  irritazione  quindi  è  applicabile  a  tutti  i 
corpi  vivi,  poiché  sono  tutti  dotati  di  irritabilità;  ma 
in  medicina  non  la  si  adopra  che  per  indicare  1^  esalta^ 
zione  anormale  di  tale  proprietà  vitale  o  di  quella 
della  sensibilità. 

La  sensibilità  appartiene  ali*  io  neìV  uomo  arrivato 
ad  un  certo  grftdo  di  sviluppo  ;  ma  V  irritabilità  ò  pro- 
pria di  tutte  le  fibre  del  corpo.  —  Una  parte  offesa  da 
un  corpo  straniero  puote  pruovare  movimenti  senza  che 
r  io  ne  abbia  la  coscienza  ;  ma  se  F  to  prova  modifica- 
zione, in  tal  caso  Tuomo  tlice  io  sento.  Havvi  quindi 
sensibilità  poiché  havvi  irritabilità;  quella  quindi  non 
sarà  che  conseguenza  di  questa.  In  altri  termini,  per  es- 
sere sensibile  converrà  essere  irritabile. 

h*  irritabilità  appartiene  a  tutti  i  viventi,  dal  vege- 
tabile air  uomo ,  mentre  la  sensibilità  è  propria  degli 
animali  ;  non  è  continua  e  non  si  manifesta  che  a  condi- 
zione di  un  apparecchio  nervoso  unito  in  un  centro  (  cer- 
vello ),  e  di  uno  istato  particolare  di  tale  apparecchio. 

La  facoltà,  di  un  tessuto  vivente,  di  sentire  V  impres- 
sione di  uno  stimolo,  senza  la  coscienza  animale,  la  si 
era  elevata  a  proprietà;  la  si  era  nominata  sensibilità 
organica.  Ma  come  che  il  movimento  del  tessuto  stimo- 
lato è  il  solo  fenomeno  apparente:  e  siccome  non  si 
dice  mai  che  il  tale  tessuto  ha  sentito  se  non  perchè  si 
è  mosso:  siccome  infine  la  voce  sentire  non  può  ormai 
rappresentare  altra  cosa  che  una  funzione  cerebrale; 
cosi  la  sensibilità  organica  non  resta  che  un'  astrazio'' 
ne  superflua ,  non  ammissibile  nella  lingua  severa  di  un 
fisiologo  filosofo,  ed  entra  nella  vocq  irritabilità. 

Le  voci  eccitazione,  stimolo,  eccitanti ,  stimolanti , 
indicano  le  condizioni  normali ,  le  quali  se  sortano  dai 
limiti  naturali,  vengono  cangiate  in  quelle  4i  irritazione 
e  di  irritanti. 

E  qui  prima  di  passar  oltre  non  possiamo  a  meno  di 


513 

considerare,  che  se  il  Broussais  avesse  chiamato  irri- 
tanti le  sole  sostanze  che  portano  al  di  sopra  del  grado 
naturale  i  movimenti  della  fibra  ;  ed  appoggiato  in  certa 
guisa  alla  irritabilità  Halleriana ,  avesse  nominato  ir- 
ritazione lo  stato  esaltato  e  morbóso  dei  movimenti  di 
essa;  ancor  ancora  egli  sarebbe  stato  in  qualche  modo 
attaccato  al  valore  di  una  voce  in  allora  messa  ed  ac- 
cettata dair  uso  per  la  fibra  muscolare.  Ma  siccome  molti 
altri  tessuti  sono  anch*  essi  dotati  di  movimenti ,  abben- 
chò  non  constino  di  fibra  muscolare ,  cosi  noi  la  diciamo 
inesatta  nel  senso  del  Broussais,  vale  a  dire  come  com* 
prendente  anche  là  sensibilità  organica. 

Secondariamente  se  il  Broussais  ebbe  a  scrivere  che 
havvi  sensibilità  perchè  havvi  irritabilità ,  noi  potremo 
rovesciare  l' asserto  e  dire  :  che  se  nelle  parti  vi  è  mo- 
vimento, egli  vi  esiste  perchè  le  parti  sentendo  l'azione 
degli  agenti  interni  ed  esterni  si  muovono;  donde  se  le 
parti  si  muovono  lo  fanno  perchè  sensibili.  Ed  in  fatto 
egli  stesso  disse,  che  nói  diciamo  che  un  tessuto  ha  sen- 
tito solo  perchè  si  è  mosso. 

Le  voci  irritazione  ed  irritanti  dell'  illustre  fran- 
cese corrispondono  a  quelle  di  stimolo  e  stimolanti  de- 
gli italiani,  i  quali,  ritenendo  Yecitam^nto  e  gli  eccitanti 
come  voci  spettanti  ai  sani,  affibbiarono  quelle  di  stimolo 
e  stimolanti  ad  uno  stato  -preternaturale;  e  quelle  di 
irritazione  ed  irritanti  a  quanto  spetta  a  potenze  per 
natura  loro  straniere  e  nemiche.  Avendo  cosi  trasportato 
nel  linguaggio  medico  voci  già  usate  moralmente  e  nello 
stesso  senso. 

Non  si  creda  però  che  la  voce  irritazione  sia  stata 
trasportata  dall'  uso  comune  in  quello  di  medicina  solo 
nei  tempi  recenti  ;  poiché  dai  medici  dei  passati  secoli  la 
troviamo  abbondantemente  usata,  e  specialmente  presso  i 
medici  che  tennero  in  molto  conto  gli  umori.  —  Essi  di- 
cevano che  gli  acidi  \  gli  alcalini ,  ecc. ,  preternaturali. 

Annali.  YoU  CCI.  33 


514 

potenze  straniere  e  nemiche  al  nostro  organismo»  lo  pun- 
gevano,  lo  urtavano ,  lo  irritavano  in  quella  o  quell'al- 
tra parte  ;  in  quello  o  in  queir  altro  viscere,  ecc.  — *  Cosi, 
p.  e.,  il  Beccari,  prof,  in  Bologna,  cha  fioriva  sulla  metà 
del  secolo  scorso,  nel  suo  consulto  201  per  un* asma, 
scrivea,  che  la  causa  non  era  umorale  poiché  non  esi- 
steva nessun  umore  straniero:  non  convulsiva  perchè 
non  V*  era  motivo  onde  sospettar  d'  alcun  principio  ir^ 
ritante,  il  quale  o  portato  al  medesimo  pobnone  od  a 
qualcheduna  delle  parti,  e  principalmente  nervose , 
che  in  qualche  modo  con  esso  concorrono  alla  respi-- 
razione,  potesse  cagionarvi  spasmodiche  angustie  e 
stirature.  Né  diversamente  usava  tal  voce  il  celebre 
Cocchi  ;  nò  rHoffmann  ;  né  il  Baglivi  e  tanti  altri.  Ed  in 
vero  cosa  è  lo  sdegno,  cosa  il  furore  deirArcbeo  del* 
r  Helmont ,  che  succedevano  allorché  una  potenza  stra- 
niera avea  penetrato  e  violato  il  terreno  vitale  ? 

L* illustre  nostro  francese,  per  dir  vero,  facendo  la 
storia  ieìY  irritazione  9  ebbe  già  dichiarato  ohe  prima  a 
metterla  in  campo  era  stato  il  Van  Helmont,  quando  dava 
ridea  deirinfiammazione;  perciocché  ivi  secondo  lui  u^  fer- 
mento, che  stava  sempre  a  disposizione  deirArcheo,  irri- 
tava i  tessuti,  chiamava  il  sangue,  ecc.  -»  Ma  noi  già  eb- 
bimo  veduto  Terroneità  di  questa  idea^  poiché  il  Ballonio 
che  lo  avea  preceduto  di  ben  mezzo  secolo,  avea  opinato 
egualmente;  e  non  per  propria  invenzione,  ma  dietro  la 
massima  antica  ubi  dolor  ibi  flìixuSy  cosi  egregiamente 
spiegata  nel  suo  meccanismo  dal  celebre  Mercuriale. 

E  parlando  della  scuola  italiana  abbiamo  accennato 
che  la  voce  irritazione  non  dovea  significare  diversa- 
mente da  quanto  i^  Greci  espressero  colla  voce  eretismo. 

Né  spiaccia  che  a  corroborare  ed  a  mostrar  chiara- 
mente la  nostra  premessa,  portiamo  quanto  il  Fuchsio, 
ben  anteriore  al  Ballonio  di  quasi  otto  lustri  ed  a  Mer- 
curiale di  sei,  scrivea  sopra  questo  argomento. 


515 

Là  dove  il  Galeno  (  «  De  sympt.  Cons.  >  )  scrive  : 
«  Siccitas  vero  rursus  immoderatior,  ^c  calor,  velut  in 
»  phrenitide,  propter  humorenr  quempiam  mordacem  et 

>  calidum,  vel  irritationes,  vel  vigilias,  quae  neque  per 

>  tristitiam ,  neque  curas  consistunt ,  inferre  solent  ». 
(Trad.  del  Fuchsio);  il  celebre  bavarese  così  osserva: 

<  Avendo  il  Galeno  esposto^  le  cause  del  sonno  e  dello 

>  stupore,  si  mette  poscia  a  spiegare  le  cause  dei  sintomi 
»  contrarli  ;  delle  veglie  e  delle  irritazioni.  Come  la  fred- 

>  dezza  e  Tumidità  sogliono  ambedue  apportare  sonno  e 
»  stupore;  cosi  la  siccità  e  lo  calore^  smodati,  eccitano 

>  le  veglie  e  le  irritazioni.....  Che  possano  le  veglie  e 
»  le  irritazioni  essere  eccitate  dal  calore  e  dalla  sec- 
»  chezza ,  lo  insegna  coir  esempio   della   f renitide ,  nella 

>  quale  U  sangue  caldo,  bilioso  e  molto  mordace^  pro- 
♦  duce  senza  dubbio  i  sintomi  suddetti. 

«  Per  la  qual  cosa  la  causa  di  tali  sintomi  non  sarà 
»  da  attribuirsi  al  travaglio  ed  alla  tristezza.  Del  resto 
»  per  irritazioni,  da  Galeno  chiamate  {^f5i9fi6tK>  dobbia- 
»  mo  incendere  i  movimenti  frequenti  e  diversi 

>  che  Galeno  stesso  altrove  nomino  «olvxiyiilv/a?.  Insom- 

>  ma  Y irritazione  è  ciò  che  sta  diametralmente  airigna- 

>  via  detta  dal  celebre  patologo  «<i5/Mr«raB. 

Ora  chi  è  che  non  vede  che  1*  idea  dell'  eretismo  e 
dell'  irritazione  trasportata  all'  organismo  non  può  altro 
esprimere  che  xm^  esaltazione  od  un  disordine  di  mo- 
vimenti sollecitata  da  qualche  causa  nemica  straniera 
che  aizza  le  parti?  Ma  siccome  una  tal  voce  esprime  i 
movimenti  impetuosi  e  disordinati  dell'  organismo  in  ge- 
nerale, e  non  quelli  soli  di  relazione;  cosi  essa  sarà  ap- 
plicabile tanto  alla  facoltà  animale  quanto  alla  natu- 
rale, la  quale  comprende  le  funzioni  attrattrice^  riten-* 
trice,  alterante,  espellente;  e  quelle  ancora  della  fa- 
coltà vi  tofe  appartenente  al  sistema  cardiaco-vascolare; 
conciossiacchè  se  lo  stromento   animale,   secondo  i  libri 


516 

antichi,  vien  fatto  dagli  organi  del  senso  e  del  moto  ih)- 
lontario ,  pei  quali  l'animale  differisce  dal  non  animale , 
gli  stromenti  naturale  e  vitale  vengono  costrutti  dal- 
Y arteria y  dalla  vena,  dai  visceri  e  da  tattociò  che  or- 
dina ed  apparecchia  pella  nutrizione. 

Per  la  qual  cosa  nella  dottrina  del  Broussais  noi  non 
troviamo  novità  alcuna,  se  non  quella  di  aver  dato  ad 
una  voce  un  senso  diverso  da  quello  inteso  già  ed  am-> 
messo,  cominciando  dagli  antichissimi  ed  arrivando  fino 
alla  scuola  italiana. 

Ciò  per  altro  non  sia  creduto  che  lo  diciamo  per  to- 
gliere  il  merito  all'illustre  professore,  ma  solo  per  no- 
stro pieno  convincimento  ;  essendo  d' altra  parte  sicuri 
che  ben  pochi  francesi  abbiano  concepito  tanto  rispetto 
e  tanta  stima  pel  celebre  uomo,  quanto  noi  stessi.  Ma 
una  è  la  verità  ed  immutabile. 

L'azione  degli  oggetti,  secondo  il  celebre  professore,  si 
eseguisce  non  solo  sulle  superfici  esterne,  ma  eziandio  sulle 
interne;  e  più  precisamente  sul  sistema  nervoso  in  esse 
distribuito.  Esse  vengono  dette  dall'Autore  super fid 
di  rappòrto^  Le  'azioni  ivi  portate  vengono  trasmesse 
all'  apparecchio  nervoso ,  il  quale  o  per'  mezzo  dei  nervi 
soltanto,  0  del  cervello,  o  der midollo  spinale  le  riflette 
nella  trama  di  tutti  i  tessuti^  senza  eccettuare  le  super- 
fid  di  rapporto.  Per  la  qual  cosa  queste  due  superfici 
sono  fra  due  agenti  eccitanti,  gli  oggetti  esterni .,  ed  il 
cervello  od  il  midollo. 

Donde  si  hanno  potenze  eccitanti  o  stimolanti  che  pro- 
ducono eccitamento  convergente  sui  péntri  e  divergente 
da  questi:  eccitamento  portato  dal  moto  di  tutti  i  fluidi 
assimilati  o  no  :  influenza  degli  organi  gli  uni  sugli  al- 
tri a  mezzo  del  cervello  o  dei  nervi. 

Potenze  stimolanti  sono  pure  i  cangiamenti  moleco^ 
lari  degli  umori  ;  lo  sviluppo  del  calorico  che  si  effettua 
in  ragion  diretta  della  ricchezza  dell' innervazione  ^  della 


517 

circolazione^  delV  azione  e  dello  sviluppo  delV elettri- 
cità titalei 

Idee  certo  non  nuove»  che  il  celebre  Gallini  prò* 
fessava  fra  noi  molti  anni  prima,  ma  non  il  primo ,  e  che 
trovavano  un  forte  propugnatore  nel  celebre  Cabanis. 

Ma  che  dico  mai  di  questi  celebri  luminari  recenti^ 
Il  Willis  forse  non  avea  chiaramente  professato  che  molte 
affezioni  derivarono  da  stimoli  e  da  irritazioni  portate 
sulle  estremità  ne^^vose  esterne  ed  internet  E  cos'era 
mai  la  malinconia  ipocondriaca  degli  antichi ,  se  non 
se  un*  affezione  encefalica  mossa  da  pretematuralità  dei 
visceri  ipocondriaci  %  B  cosa  era  mai  la  epilessia  sim'^ 
patica  conosciuta  fino  dalla  più  alta  antichità  1  E  Ta- 
nima  concupiscibile  e  Yirascibile  di  Platone  non  espri-^ 
mevano  forse  il  senso  interno  derivante  dai  visceri  ipo- 
condriaci e  cardiaci^  Ecco  quindi  fino  a  dove  rimontano 
i  semi  di  tali  idee  che  certo  furono  più  cospicuamente 
determinate  e  sviluppate  di  mano  in  mano  che  T  anato- 
mia e  la  fisiologia  ebbero  rischiarato  la  nostra  organiz- 
zazione colla  loro  risplendente  face. 

Il  nostro  celebre  francese  ammette  la  contrattilità 
nelle  fibre  tutte  indipendentemente  dal  sistema  nervoso , 
e  legata  alla  loro  organizzazione.  Che  la  sostanza  ani- 
male sia  sotto  forma  fibrinosa^  gelatinosa  y  od  albumi- 
nosa, non  monta;  la  contrattilità  non  vi  manca. 

Ma  lasciando  il  suo  Trattato  sulla  irritazione  e  la 
follia  e  portandoci  al  suo  Examen,  troviamo  che  «  Vas- 
»  similazione  è  un  fenomeno  di  primo  ordine  che  non 

>  saprebbe  spiegarsi  per  l'azion  della  sensibilità  e  con^ 

>  trattilitd..*.  eh' egli  dipende  in  primo  luogo  dalla  affl- 
»  nità  della  chimica  viva;  in  secondo  luogo  dall'esercizio 
»  della  sensibilità  e  della  contrattilità  ».  Prop.  20, 2L 

Ove  si  vede  che  1'  Autore  quantunque  creda  che  le 
funzioni  naturali  e  vitali  dipendano  intieramente  dalla 
sensibilità  (proprietà  dell'  encefalo)  e  dalla  contrattilità 


518 

(proprietà  di  tutti  i  tessati)^  vengano  però  mosse  da  quella 
prima  facoltà  per  cui  la  pietra  calamita  attrae  il  ferro; 
e  poscia  restino  mantenute  da  una  sensibilità  latente  e 
connaturale  ad  ogni  fibra  come  lo  è  la  contrattilità.  E 
tali  facoltà  ambedue  unite,  comprese  nella  voce  irritati'» 
litày  messe  in  atto  più  o  meno  dall'esercizio  delle  mutue 
affinità  dei  fiuidi  circolanti  e  dalF  esercizio  di  altre  fun«* 
zioni  di  simpatia  e  di  antagonismo,  costituiscono  le  pre- 
dette antiche  funzioni  naturali  e  vitali. 

Ivi  troviamo  che  la  malattia  risulta  dalla  irregola^ 
rità  di  funzioni  Prop.  67,  per  cui  la  si  confonde  facil- 
mente coi  sintomi.  —  Là  troviamo  che  V  irritazione  si 
manifesta  sotto  quattro  forme  principali:  quella  di  ne^ 
vrosi;  quella  di  infiammazione  ;  quella  dì  emorragia; 
quella  di  subinfiammazione  (Exam.,  ediz.  3.*,  p.  523).  ^— 
Notisi  bene  però  che  Y  irritazione  non  ha  durata  né  corso 
fiìssi,  §  97. 

Quando  Virritazione  accumula  sangue  in  un  tessuto, 
con  tumore,  rossore  e  calore  straordinario,  capaci  di  di- 
sorganizzare la  parte ,  tale  stato  porta  il  nome  di  iw- 
fiammazione.  Prop.  11. 

Le  irritazioni  intense  di  organi  trasmesse  al  cuore, 
precipitando  la  sua  azione  ed  aumentando  la  circolazione, 
ed  aumentando  il  calore,  producono  ciò  che  dicesi  febbre. 
Prop.  111. 

Donde  la  febbre  non  è  che  un  risultato  di  un'tVW- 
tazione  cardiaca  primitiva  e  simpatica  (Prop.  112).  — 
Ogni  irritazione  intensa  così  che  produca  la  febbre ,  è 
una  lieve  differenza  de\Vinfiammazione{i^.  113).  — 
Tutte  le  febbri  essenziali  degli  autori  si  riferiscono  alla 
gastro-enterite  semplice  o  complicata  (p.  139).  —  L'eV- 
ritazione  morbosa  può  essere  continua  in  un  apparec- 
chio ed  esacerbarsi  periodicamente.  Quand'è  iuoderata 
non  eccita  che  poche  simpatie:  quand'è  esacerbata  ne 
sviluppa  un  gran  numero:  ciò   che   costituisce  le  febbri 


519 

remittenti,  le  subintranti,  ^<5c.,  degli  autori  (pag.  219). 
—  Le  irritazioni  intermittenti  e  remittenti  sono  sem- 
pre  accompagnate  da  esaltazione  di  sensibilità  e  di  con- 
trattilità, e  perciò  da  congestione  sia  nel  luogo  protopa- 
tico,  sia  nei  luoghi  di  simpatia  (p.  220).  Le  irritazioni 
intermittenti  e  remittenti  sono  sempre  flemmassie,  emor- 
ragie,, nevrosi,  o  subinfiammazioni  che  si  spostano  e  ter- 
minano spontaneamente  per  metastasi  critiche;  se  ces- 
sano di  spostarsi,  si  trasformano  in  flemmasie,  emorra- 
gie ,  nevrosi ,  o  subin'fiammazioni  continue  acute  o  cro- 
niche (pag.  221).  —  Le  febbri  intermittenti  e  remittenti 
sono  gastro-enteriti  periodiche  (p.  222).  —  Ogni  accesso 
regolare  di  febbre  intermittente  è  il  segnale  dì  una  gastro- 
enterite^,  la  cui  irritazione  va  poscia  trasportata  sugli 
esalanti  cutanei,  ciò  che  dà  la  crisi.  Se  Virritazione  non  si 
sposta  completamente,  si  ha  una  febbre  remittente.  Se 
non  si  sposta  affatto,  la  febbre  si  fa  continua  (223  ).  — 
Le  febbri  larvate  sono  irritazioni  periodiche  di  diflTe- 
renti  apparecchi  e  sistemi,  interni  od  esterni,  nelle  quali 
il  cuore  è  meno  influenzato ,  ed  il  calore  generale  poco 
o  punto  (224).  —  Le  perniciose  non  difieriscono  che  per 
la  violenza  e  pel  danno  delle  congestioni  (  225  ).  — ;-  La 
causa  della  periodicità  di  c^rti  dolori  e  di  certe  convul- 
sioni che  si  ripetono  per  lungo  tempo  non  è  conosciuta 
(  228  ). 

Prendendo  in  esame  il  suo  Corso  di  patologia  e  te- 
rapia generale,  non  spiaccia  letteralmente  considerare  di 
nuovo  quanto  Tillustre  prof,  ci  dice  sulla  sua  prima  idea 
dell'  irritazione. 

«  Il  corpo,  stimolato,  in  una  certa  misura  da  agenti 
>  conformi,  agisce  in  modo  normale,  si  compone  e  si  de- 
»  compone,  e  vive  in  armonia.  Ecco  l'idea  la  più  gene- 
»  rale  dello  stimolo  che  non  è  minimamente  irritazione, 
»  Se  il  corpo  è  stimolato  oltre  la  suddetta  misura ,  o  da 
»  agenti  non  conformi,  le  sue  funzioni   restano  disordi- 


520 

»  nate  e  diventano  anormali  :  i  fenomeni  di  composizione 
»  e  di  decomposizione  deviano  e  formasi  lo  stato  morbo- 
i»  so.  Se  alcuno  voglia  negare  eh*  egli  sia  per  essere  stato 

>  troppo  stimolato,  o  troppo  poco,  od  in  modo  non  coh'^ 
»  forane,  che  il  corpo  divenga  ammalato,  io  non  muo^ 
»  vero  contese.  Io  mi  accontenterò  di  dire:  se  il  corpo  è 
»  ammalato,  io  non  posso  intenderlo  che  per  una  irritazio- 
»  ne,  che  per  uno  stimolo  differente  da  quello  che  ha  luo- 
»  go  nello  stato  normale  ;  e  che  per  me  assume  il  nome 
»  di  irritazione,  ovvero  per  una  diminuzione  dello  stimolo 

>  normale  al  disotto  del  suo  grado  abituale.  —  Perchè 
»  mò,  forse  mi  si  domanderà,  pretendete  voi  di  non  pò- 
»  ter  conoscere  altrimenti  tale  stato?  Ciò  dipende  dal 

>  fatto  che  egli  è  il  solo  movimento  che  colpisce  i  miei 
»  sensi.  Poco  importa  per  dove  la  causa  morbosa  sia  ar- 
»  rivata;  la  malattia  non  diventa  un  frutto  indubbio  pel 
»  mio  intelletto  che  per  Vaumento,  o  per  la  diminuzio-' 
p  ne,  0  V anomalia  dello  stato  di  stimolo.  —  L* aumento 
»  è  una  irritazione;  la  diminuzione,  una  sotto-ecoita^ 

»  zione;  Yanoptalia vedremo  ciò  eh'  è.  Per  la  qual 

»  cosa  V  irritazione  in  pm  od  in  nienOy  e  V  irritazione 
»  anormale,  ci  forniranno  la  diagnosi  delle  malattie  e 
»  ci  guideranno  nel  loro  trattamento.  Questa  irritazione 
»  ci  dirà,, nelle  malattie  irritative,  quale  sia  l'organa 
»  primitivamente  affetto  ;  quale  lo  sia  secondariamente  ; 
»  e  quale  sia  l'azione  delle  nostre  medicine.  . —  Quelli 
»  che  hanno  veduto  trattare  ed  hanno  trattato  tali  ma- 
)»  lattie,  possono  richiamarsi  che  se  il  medicamento  abbia 
»  prodotto  vantaggio,  l'ammalato  è  meno  irritato;  e  che 
»  egli  lo  è,  al  contrario,  di  più  se  la  medicina  sia  stata 
»  svantaggiosa. 

»  Dove  vi  si  presenta  V  irritazione?  quali  sono  i  tes- 
»  suti  che  ce  la  mostrano?  Noi  la  vediamo  prima  nelle 
»  parti  mobili,  non  incrostate  di  sostanze  saline.  Più  vi 

>  sarà  di  nervi  e  di  vasi  sanguigni  capillari  in  una  par- 


521 

»  te,  e  meglio  ye  la  distingueremo  ;  soprattutto  se  la  parte 
»  stessa  fosse  esterna.  Ma  se  poi  fosse  nascosta,  se  il  pri- 

>  mo  movente  del  fenomeno  che  osserviamo  non  fosse 
»  sotto  i  nostri  occhi,  come  che  arriva  nelle  malattie 
»  interne,  per  qual  modo  conosceremo  noi  Virritazio^ 

>  nei  Noi  la  riconosceremo  per  quei  fenomeni  ch'essa 
»  ha  costume  di  produrre  quand'  è  visibile,  e  che  sono 
»  per  noi  come  la  sua  ombra.  Egli  è  perciò  che  comin- 
»  cieremo  dallo  studiare  il  corpo  esternamente,  per  fa- 

>  migliarizzarsi  coi  suoi  fenomeni. 

»  Ma,  prima  di  procedere,  voi  ci  domanderete ,  forse, 

»  che  vi  parli  dei  fluidi.  —  Io  vi  acconsento  tanto  più. 

»  volentieri  che  in  questi  tempi  è  meno  permesso  di  tra- 

»  scurarli;  pel  motivo  che  non  può  nascere  modifica-- 

>  zione  nei  solidi  senza  che  i  fluidi  vi  partecipino; 
»  perciocché  questi  sono  essi  che,  cangiando  di  stato, 
»  si  trasformano  in  solidi;   e  pella   ragione  eh'  égli  è 

>  pel  rapjporto  dei  fluidi  coi  solidi  che  si  operano  tutte 
»  le  secrezioni  normali  e  anormali,  e  tutte  le  trasfor- 
»  mazioni  della  materia  animale;  e  C/onciossiacchò  tutte 

>  le  volte  che  il  corpo  sia  in  istato  morboso ,  i  fluidi  sieno 
»  alterati,  ecc.  —  Osserviamo  se  tali  alterazioni,  che 

>  sono  indubbie,  possano  fornirci  mezzi  di  riconoscere  la 
»  malattie. 

»  I  fluidi  possono  servire  di  veicolo  alle  cause  mor- 

»  bose.  I  virus,  quelli  almeno  la  cui  esistenza  non  può 

»  esser  negata,  come  il  vajuolo  ^d  il  vaccino,  che  cono- 

»  sciamo  per  deduzione,  penetrano  il  corpo  per  mezzo  dei 

»  fluidi;  ciò  è  senza  dubbio.  Ma  fino  a  tanto  che  non  sono 

»  che  nei  fluidi,  non  si  avrà  segno  di  malattia;  e  la  sola 

»  loro  presenza  nei  fluidi  non  costituirà   certo  una  ma- 

»  lattia.  Essi  entrano  tanto  in  una  persona  il  cui  corpo 

»  non  soffre  minimamente,  cl^e  in  quella  che  ne  prova 

»  un  disordine.  Oserete  voi  dire  che  i  fluidi  d'  una  per- 

>  sona  sieno  alterati   prima  che  il  senso  ed  il  moto  ve 


522 

»  ne  dieno  l'avviso?  Non  è  forse  certo  che  degli  indivi- 
»  dui  non  s'infettano  punto  pel  vajuolo  e  pel  vac- 
»  cinot 

»  Esaminiamo  altri  virus,  quelli  per  es.,  delle  affezioni 

>  tifoidee  prodotte  da  miasmi  putridi.  Dite  forse  che  il 
»  tangue  delle  persone  che  non  ne  sono  punto  inco- 
»  modate,  e  che  nullaostante  li  assorbono  per  tutte  le 

>  vdej  sia  alterato  quando  non  differisce  minimamente  dal 

>  sangue  reputato  il  più  sano?  Voi  vedete  tuttodì  degli 
»  individui  che  assorbono  i  gaz  più  fetidi,  e  che  li  ren- 
»  dono  per  respirazione,  per  eruttazioni,  per  mezzo  del- 
»  r  aria  che  va  per  la  parte  inferiore ,  per  la  pelle ,  in 
»  modo  da  infettare  quelli  che  li  avvicinano,  e  che  nulla 

>  ostante  non  sono  ammalati.  —  Onde  essi  lo  divengano, 
»  conviene  che  nasca  un  disordine  nell'azione  dei  solidi, 
»,ed  è  Y irritazione  che  ve  ne  dà  il  segnale,  ed  è  solo 
»  allora  che  esiste  la  malattia 

»  Riassumo:  senza  disconocere  l'alterazione  dei  fluidi 
»  nelle  malattie,  e  convenendo  che  il  corpo  abbia  comin- 
»  ciato  per  esser  fluido:  senza  pretendere  che  l'zrrtYa- 
»  zione  sia  la  causa  unica  delle  malattie ,  cosa  che  non 
»  ho  mai  detta  e  che  nessun  fisiologo  vero  ebbe  avan- 

>  zata:  senza  negare  che  una  causa  morbifica  possa  ri- 
»  siedere  nei  fluidi,  quantunque  nulla  ancora  la  manife- 
»  sti,  noi  diciamo  che  Y  irritazione  deve  essere  in  pa-- 
»  tologia  la  nostra  guida,  e  che  noi  ne  abbiamo  bisogno 
»  di  essa  come  mezzo  diagnostico,  e  come  regola  tera- 
»  peutica,  e  come  segno  dei  cangiamenti  che  avvengono 
»  nelle  malattie.  Essa  è  la  fiaccola  alla  luce  della  quale 
»  il  medico  deve  marciare.  Ecco  la  mia  professione  di 
»  fede  sull'irritazione  ». 

I  tessuti  nei  quali  si  manifesta  l'irritazione,  e  che  ci 
danno  l' idea  di  essa  sono  due  :  I.  Il  sistema  nervoso ,  di- 
viso in  tessuti  nervosi  centrali,  in  nervi  sensitivi  e  mo- 
tòri,  ed  in  nervi  gangliari.  II.  Il  tessuto  vascolare  che 


523 

si  divide  in  vascolare  sanguigno,  in  vascolare  linfatico, 
suddivisi  in  tessuti  assorbenti,  ganglionari,  secretori  ed 
escretori,  areolari  e  sierosi.  —  Hannovi  ancora  ì  tessuti 
erettili  che  risultano  del  vascolare ,  del  nervoso,  del  lin- 
fatico e  qualche  volta  del  secretorio. 

Prima  però  di  procedere,  crediamo  di  rimarcare  l'uni- 
formità  delle  idee  e  delle  espressioni  del  celebre  francese 
con  quelle  del  Tommasini ,  tanto  i'ispetto  alla  difesa  della 
considerazione  ^che  deve  aversi  dei  solidi ,  quanto  sulla 
professione  di  fede.  Idee  messe  in  voga  tante  volte ,  e 
tante  volte  combattute  e  difese.  Noi  quindi  non  le  dire- 
mo del  Broussais,  come  non  le  diremo  del  Tommasini, 
poiché  diremmo  errore.  Ed  in  fatto  uno  dei  luminari  della 
medicina  pratica  e  molto  stimato  dal  Broussais  stesso,  fu 
grande  propugnatore  di  tali  dottrine.  Vogliam  dire  il 
grande  Baglivi,  a  pochi  certo  secondo. 

Ed  allorché  il  mèdico  francese  diceva  che  la  via  da 
seguirsi,  pel  ritrovamento  del  morbo,  era  il  linguaggio 
dei  sintomi ,  ombra  del  morbo  ;  e  stava  nel  valutare  le 
affezioni  interne  ed  invisibili  confrontandole  colle  esterne 
e  visibili;  quanto  non  mostravasi  egli  discepolo  vero  delle 
antiche  dottrine? 

E  tale  riflessione  sia  solamente  fatta  onde  mostrare 
la  verità  di  quanto  dissi ,  parlando  degli  antichi  ;  vale  a 
dire  che  la  medicina  fisiologica  ha  le  sue  radici  ed  i  suoi 
cardini  nella  medicina  antica;  è  per  mostrare  come  l'il- 
lustre Gallo  abbia  convertito  le  vecchie  dottrine  in  sé 
stesso,  0  sé  stesso  in  quelle.  Seguitiamo. 

«  L'irritazione  può  accantonarsi  in  ciaschedun  tes- 
»  suto  in  una  maniera  veramente  meravigliosa,  estender- 

>  si,  svilupparsi,  trasportarsi  di  luogo ,  causare  una  folla 
»  di  fenomeni  di  cui  cercherò  di  presentarvi  una  detta- 
si gliata  idea. 

»  Nei  nervi  l'irritazione  produce  dolori,  convulsio- 
»  ni,  esaltazione  delle  facoltà  intellettive  e,  progredendo, 

>  la  loro  abolizione  o  la  loro  anomalia. 


524 

»  Neil*  apparecchio  sanguigno  produce  la  congestione 
»  sanguigna,  il  calore  aumentato,  alterazioni  dei  liquidi 
»  e  dei  solidi.  Nei  tessuti  non  sanguigni  genera  la  con- 
»^  gestione  non  colorata  di  sangue  con  la  temperatura 
»  elevata;  e  la  condizione  morbosa  è  meno  attiva  di  quella 
»  dei  capillari  sanguigni. 

»  Io  però  non  penso  che  ogni  congestione  sia  pro^ 
»  dotta  necessariamente  da  una  irritazione ^  o  che  sia 
»  necessaria  sempre  una  irritazione  per  produrla. 
»  Essa  può  essere  causata  da  un  ostacolo  al  movimento 
»  dei  fluidi;  e  qualunque  sia  la  causa  che  li  trattengano 

>  nella  parte,  essi  irritano  quasi  sempre  piii  o  meno. 
»  —  La  congestione  può  aver  luogo  per  difetto  di  con-^ 
»  trattilità:  allora  ò  minore.  —  Essa  può  arrivare   dal 

>  predominio  delle  leggi  fisiche  sulle  vitali,  come  si 
»  vede  sulla  fine  delle  malattie ^ 

»  Ora  voi  che  avete  un'idea  sommaria  àeW irrita- 

>  zione  considerata  localmente,  conviene  che  sappiate  che 
»  essa  si  trasmette;  e  che,  nata  in  un^unto,  si  tra^ 
»  sporta  ad  altri.  Ma  se  voi  trovaste  che  tale  maniera 

>  di  4ire  non  sia  conveniente ,  diremo  che  all'occasione 
»  che  nasce  un'  irritazione  in  un  punto,  ne  accade  un'al- 
»  tra  altrove.  Questo  è  un  fatto  primo  che  nessuno  può 
»  contestare.  Veggiamone  altri. 

»  Il  sangue  in  moto  per  un'irritazione^  sopratutto 
»  per  quella  del  cuore,  .può  accumularsi  in  altri  organi; 
»  e  se  essi  sono  disposti  a  tenerlo,   vi  si  formano  con- 

>  gestioni  secondarie. 

»  I  fluidi  alterati  da\V  altera  zione  di  un  organo  o  di 
»  un  apparecchio,  possono,  penetrando  gli  organi,  svilup- 

>  parvi  un'  irritazione.  Ciò  arriva  quando  le  radichette 
»  venose  o  linfatiche  bevono  in  qualche  focolare  di  de- 
»  composizione  di  pus  o  di  altra  materia  irritante  e  la 

>  trasportano  nell'economia 

^  Quando  havvi  irritazione,  certi  fluidi  si  arrestano 


525 

>  nei  vasi  ;  altri  si  versano  e  stagnano  nelle  areole  ;  vi  si 

>  organizzano  tessuti,  e  ve  se  ne  decompongono,  e  nasce 
»  alcuna  volta  la  decomposizione  dei  solidi;  poiché  Tin- 

>  fluenza  della  vita  vi  si  trova  snaturata.  In  tal- caso  vi 
»  è  alterazione  dei  fluidi  e  dei  solidi  simultanea 

»  L'irritazione  può  predominare  nei  sistemi  areola- 
»  ri,  non  sanguigni  nello  stato  normale^  ma  che  lo  di- 

>  vengono  dopo  di  ciò,,  da  cui  ne  risulta  il  flemmone. 

»  Essa  può  predominare  in  tessuti  ch'hanno  altra  de- 

»  stillazione,  oltre  a  quella  del  cìrcolo,  vale  a  dire  nei 

»  varii  secretori.  Allora,  con  vien  determinare  se  Virrita" 

>  zione  sia  più  potente  nei  vasi  Sanguigni  o  nei  secre- 
»  tori.  Hannovi  altre  varietà  di  irritazione  cui  converrà 
»  dare  un  nome  particolare.  È  molto  tempo  che  noi  ah- 

>  biarriù  proposto  quello  di  subinfiammazione.  Alcuni  lo 
»  hanno  addottato,  gli  altri  lo  hanno  rigettato;  la  più 

>  parte  ii§tessamente  del  medici  fisiologi  hanno  creduto 
»  di  dover  applicare  il  nome  di  infiammazione  alle  ir- 
»  ritazioni  ohe  sono  con  predominio  cfe'  capillari  san-- 
»  gnigni.  Quello  che  hanno  detto  sopra  tale  riguardo  non 
»  mi  convinse.  Egli  è  necessario,  per  classificare  le  ma- 
»  lattie,  e  sópratufto  per  trattarle,  di  sapere  che  esi^ 

>  stono  irritazione  al  disotto  della  vera  infiamm^zio^ 
»  ne;  poiché  la  storia  dell' m/?amma;2;fon^,  propriameìi te 
»  detta,  non  ci  dà  quella  della  subinfiammazione;  ed 
»  allorché  in  tali  malattie  non  si  ha  in  vista  altro  che 

>  Vinfiammazione,  si  commettono  errori.  —  Con  vien 
»  quindi  ammettere  una  irritazione  vascolare  ch'é  poco 
»'o  nulla  àfiatto  sanguigna,  la  quale  ordinariamente  è 

>  più  fissa,  più  tenace  che  l'infiammazione,  e  che  disor- 
»  ganizza  in  una  manierar  sua  propria.  Essa  può  essere 
»  anche  mobile.  — 

»  Egli  è  evidente  che  Virritazione  può  predominare 
»  nell'apparecchio  nervoso  tanto  quale  fenomeno  ftogi- 
»  stico,  quanto  per  altro  modo;  poiché  voi  avete  delle 


526     . 

»  follie  in  seguito  alle  quali  non  trovate  infiammazioni, 
»  ma  uno  stato  di  densità  con  bianchezza  della  sostanza 
»  cerebrale. 

»  Nelle  estremità  nervose,  o  nei  filetti  nervosi  ri- 
»  dotti  alla  capillari tà,  vi  hanno  irritazioni  puramente 
»  nervose  e  che  non  possono  collocarsi  neir  infiamma- 
»  zione,  che  non  hanno  lo  stesso   corso,  e  che  non  do- 

>  mandano  lo  stesso  trattamento.   Egli  è  per  aver  in-^ 

>  teso  male  tali  fatti  ^  che  sovente  furono  male  a  prò- 
»  posito   applicati   gli  antiflogistici;   ciò  che  causò  rim- 

>  prò  veri  non  meritevoli  al  metodo  fisiologico  ». 

Considerate  tali  cose  passa  a  dividere  le  malattie  in 
sette  ordini, 

L  Infiammazioni  acute  e  croniche. 
IL  Subinfiammazioni. 

III.  Nevrosi. 

IV.  Alterazioni  organiche. 

V.  Alterazioni  dei  fluidi. 

VI.  Debolezza. 

VII.  Anomalie.  ^ 
Nella   quale  divisione  si  vede  che  la  sola   irritazione 

non  forma  la  base  morbosa,  e  si  scorge  confessata,  pur 
troppo,  la  imperfezione  della  nostra  scienza. 

Portandoci  al  nostro  argomento,  troviamo  che  l'Au- 
tore cosi  scrive  : 

«  Passiamo  ad  un'altra  questione  che  abbiamo  toc- 
»  c^to  di  sopra.  Conviene  conservare  le  febbri^  (  Inten- 
sa dasi  bene,  l'Autore  dice  la  febbre  come  morbo).  Quelli 

>  che  si  pronunciano  per  l' affermativa ,  insistono  sopra 
»  una  distinzione  che  fanno  nelle  malattie  febbrili,  fra  i 
»  sintomi  locali  e  i  sintomi  generali.  Certo  nella  gastro^ 
»  enterite  esistono  dei  sintomi  locali  eh'  indicano  l' in- 
»  fiaramazione  di  un  organo.  Oggidì  si  riconosce  tal  cosa, 
»  dopo  di  averla  lungamente  negata ,  e  si  convien  che 
»  rinfi^ramazione  del  canal  digerente  è  il  fenomeno  fon- 


527 

»  damentale  e  locale  per  eccellenza  dal  quale  dipendono 
»  certi  sintomi  {ocalL  Ma.i  sintomi  generali^  quali  son 
»  essi  e  come  devono  esser  considerati?  Date  voi  tal 
»  nome  alla  febbre  restringendo  il  senso  di  tal  nome 
»  alla  accelerdzione  del  corso  del  sangue  ?  Ma  essa 
»  non  è  che  l'effetto  delV irritazione  trasmessa  al  cuore 
»  o  Veffetto  della  sopraeccitazione  di  quest'organo.  Lo 

>  darete  voi  -alla  fatica  delle  membra  ed  alle  differenti 
»  sensazioni  dolorose  provate  nell'apparecchio  locomoto- 
»  re?  Ma  questi  fenomeni  non  sono  che  un  addoloramento 
»  per  uno  stimolo  che  si  propaga  dal  cervello  e  dal  mi- 
»  dolio  nei  nervi  di  quest' apparecchio ,' ed  il  cui  primo 
»  punto  di  partenza  è  in  uno  o  più   organi   infiammati. 

>  La  prova  di  ciò  sta  nel  farli  cessare  od  aumentare , 
»  calmando  o  stimolando  tali  organi ....    Voi   non  pò- 

>  trete  perciò  chiamare  tali  cose  un  sintoma  generale. 
»  Chiamerete  voi  forse  cosi  la  prostrazione?  Ma  il  cuore 

>  che  batte  j^ìxi  forte,  il  polso  accelerato,  lo  stomaco  che 

»  assorbe  o  che  vomita  non  sono  in  prostrazione 

»  Vorreste  forse  considerare  sintomi  generali  la  secchez- 
»  za  ed  il  sudore  della  pelle?  Ma  queste  non  sono  le- 
»  sioni  della  pelle;  e  poi  la  pelle  alcune  volte  secerne, 
»  altre  no.  Vorreste  forse  che  fosse  l'alterazione  dell' o- 

>  rina?  Essa  dipende  dai  reni,  essa  varia  come  il  sudore; 
»  e  tali  due  prodotti  sono  in  ragione  inversa  V  un  dal- 
»  r  altro.  Vi  piacerebbe  forse  di  cosi  ritenere  uno  stato 
»  flogistico  considerato  generale^  Ma  il  cadavere  non 
»  vi  mostra  traccie  che  nei  punti  ove  la  flogosi  esi- 
»  steva.  E  poi  nella  economia  non  esìste    una    modifica- 

j 

»  zione  identica  che  possa  essere  collocata  nella  linea 
»  dell'infiammazione.    Quando  la  mucosar  gastro-intesti- 

>  naie  è  infiammata,  tutto  il  corpo  è  infiammato;  quan- 
»  do  essa  secerne  troppo ,  tutto  il  corpo  non  secerne 
»  egualmente;  nò  tutto  il  corpo  s'injetta  o  si  decolora 
»  con  essa.  —  Sarebbero   forse   gli  umori  che  costituì- 


528 

>  rebbero  dei  fenomeni  generali?  Allorché  havvi  un*in- 
»  fiammazione,  gli  umori  senza  dubbio  devono  esser  can- 
»  giati;  rematosi  non  si  opera  più  egualmente  bene;  ven- 
»  gono  introdotti   fluidi   acquosi  e  medicamentosi  ;  si  fa 

>  riassorbimento  di  materie  putride,  ecc.  Ma  ciò  non  po- 

>  tra  mai  esser  detto  un  fenomeno  generale  caratteri- 
»  stico  dell'essenzialità  febbrile;  poiché  tale  alterazione 
»  umorale  è  fenomeno  comune  a  tutte  le  flemmasie . , .  . 

>  Cosi  le  parole  sintomi  generali  non  danno  significato 
»  alcuno  quando  se  ne  voglia  approfondar  il  senso  .... 

»  Noi  abbiamo  ad  esaminar  altra  pretensione.  Qual- 
»  che  persona  sostenne  che  conveniva  adottare  il  nome 
»  di  febbre  y   come   rappresentante  il  fenomeno   il  piic 

>  generale  delle  malattie   febbrili.   Esse  si  sono  appog- 

>  giate  sopra  una  distinzione  stabilita  da  lungo  tempo 
»  tra  le  febbri  e  le  infiammazioni.  Tutti  i  giorni ,  essi 
»  hanno  detto,  si  vede  la  febbre  manifestarsi  senza  che 
»  siavi  alcun  segno  di  infiammazione  locale,  e  diminuire 

>  di  mano  in  mano  ch'essa  si  localizza.  La  febbre  e  Tin- 
»  fiammazione  sono  quindi  distinte,  e  la  prima  é  la  prin- 
»  cipale.  Si  chiameranno  quindi  febbri,  anziché  infiam- 
»  mazioni ,    tutti   tali   stati   febbrili  ;  e  per  tener  conto 

>  nello  stesso  tempo  dell'infiammazione,  quando  essa  esi- 

>  stesse,  si  aggiungerebbe  all'espressione  generale  febbre 
»  un  epiteto  tratto  dall'organo  che  si  trovasse  infiam- 
»  mato.  Cosi  noi  avremmo  delle  febbri  encefaliche  o  ce- 
»  rebralì,  delle  febbri  polmonari,  catarrali,  bronchiali,  ecc. 

>  —  Dovremo  forse  adottare  tali  nomi  e  la  pretesa  sulla 
»  quale  si  fondano  ?  Io  non  lo  credo.  Ed  in  fatto  1'  m- 
»  fiammazione  può  esistere  o  produrre  anche  dei  grandi 
»  disordini  senza  che  siavi  febbre^  mentre  éhe  la  /fe6- 

>  bre  non  può  esistere  senza  che  siavi  qualche  va-' 
Ut  rietà  d' infiammazione.  Questo  é  il  fatto  fondamentale, 
»  e  quella  non  é  che  una  circostanza,  un  accidente,  un 

>  semplice  efietto.  Per  la  qual  cosa  non  converrà  subor- 


529 

>  dinaro  T  infiammazione  alla  febbre  nò  accostumarsi  a 
»  non  riconoscere  la  prima  se  non  se  per  la  seconda  ;  poi- 
»  che  ciò  y'ì  condurrebbe  a  dei  gravi  errori  di  diagnosi 

>  e  di  terapeutica.  Considerando  rinfiammaziune  come  di- 
»  pendente  dalla  febbre,  voi  non  aspettere|;e  per  combat- 

>  terla  che  la  febbre  comparisca  • . . .  Quando  al  contra- 
»  rio  vedrete  comparire  febbre,  potrete  dire,  senza  tema 
»  di  errare,  che  in  qualche  parte  vi  esisterà  un'  inflam- 

>  mazione;  e  che  non  si  tratterà  che  di  trovarne  la  se- 
»  de.  Percorrendo  le  diverse  funzioni,  e  scoperta. che  la 

>  si  abbia,  attaccando  essa  si  distruggerà  anche  la  feh- 
»  bre  ....  » 

«  Tale  modo  di  ravvisare  la  febbre  e  Tinfiàmmazione 
»  ci  condusse  a  stabilire  una>  linea  ài  demarcazione  fra 
»  le  infiammazioni  senza  febbre  e  le  infiamYn(iziQni 

>  colla  febbre;  ciò  che  è  di  una  grande  importanza  pel 

>  successo  del  trattamento;  poiché  alle  volte  succede  che 

>  un'infiammazione  pria  di  essere  acuta  e  febbrile^  resti 

>  lungamente  apiretica  e  latente;  e  che  se  per  cómbat- 
»  terla  si  aspetti  che  la  febbre  comparisca,  qualche  volta 
»  è  troppo  tardi,  la  disorganizzazione  è  compiuta  e  l'am- 
»  malato  perduto.    Per  la  qual   cosa   V  ordine   naturale 

>  delle  cose  vi  obbliga  di  subordinare  la  febbre  all'  in- 
»  fiammazione  e  non  l'infiammazione  alla  febbre  ....  » 

«  E  giacché  siamo  a  parlar  della  febbre,  cerchiamo  i 
»  differenti  significati  di  tal  voce  e  rimontiamo,  s'è  ne- 
»  cessarlo,  fino  all'antichità.—  Per  Ippocrate  la  febbre 
»  era  uno  stato  dell'economia  caratterizzata  da  una  vio- 
»  lenta   effervescenza   del   sangtie  e  degli   umori;   come 

>  una  spocie  di  incendio  generale.  Nelle  sue  storie  par- 
»  ticolari  egli  vi  dice  =  Arrivai    presso   un  tale ,    egli 

>  avea  della  febbre,  più  o  meno  di  calore,  di  delirio,  ecc.; 
»  ma  egli  non  specificava  punto  la  febbre.  Ippocrate  era 
»  saggio  e  non  conghietturava  :  egli  raccontava  ciò  che 
)►  vedea.  Per  giudicarlo  bene  converrebbe  separare  quanto 

Annali.  Voi.  CCI.  34 


530 

»  egli  scrisse  da  quello  che  gli  si  attribuisce;  e  si  ve- 

>  drebbè  che  di  tutti  gli  autori. antichi  egli  ò  quello  che 
»  ha  il  meno  di  pregiudizj.  Egli  collocava  in  prima  li- 
»  nea  Y  osservazione  dei  fatti , .  ed  avea  messo  in  esecu- 
»  zione,  senza  dirlo ,  ciò  che  Descartes  e  Bacone  racco- 

>  mandarono  tanti  secoli  dopo.  E  ciò  ò  quello  che  lo  col- 
»  loca  si  alto  nella  gerarchia  dei  saggi  dell' antichità,  e 
»  che  deve  farlo  considerare  come  il  primo  di  tutti.  -^ 

>  Per  qualche  tempo  si  camminò  sulle  sue  traccio,  ma 
»  nel  seguito  venne  la  scuola  di  Alessandria.  Erasistrato 

>  stabili  una  differenza  fra  la  febbre  propriamente  detta 
»  e  le  febbri,  Galeno  prese  per  carattere  delle  febbri 

>  particolari  gli  epiteti  usati  avanti  di  lui;  ma  fra  esso 

>  ed  Ippocrate  erano  comparse  varie  dottrine;  e  fra  esse 

>  si  distingueva  quella  dei  quattro  elementi,  insegnata 
»  da  Platone,  che  conservò  le  divisioni  generali  di  Era- 
»  sistrato  ;  riferi  le  febbri  ai  4  elementi  ed  ai  sintomi  ; 
»  e  nominò  le  une  essenziali  e  le  altre  sintomatiche.  Le 
»  prime  sono  rimaste  fino  a  noi  e  si  componevano  di  flem^ 
y>  massie  di  cui  non  si  avea  determinata  la  sede.  In  al- 
»  lora  ser vivasi  delle  divisioni  scolastiche,  chiare  in  ap- 
»  parenza,  che  sembravano  proprie  a  riposar  lo  spirito, 
»  ma  che  in  fondo,  non  significavano  cosa.  Cosi  si  rico- 
»  nosce vano  delle  febbri  semplici,  delle  febbri  sinoohe^ 
»  ielle  putride,  sanguigne,  continenti^  continue,  re^ 

>  mittenti,  intermittenti  con  accessi  regolari  separati  da 

>  perfetta  apiressia,  e  si  spiegavano  cogli  umori,  bile, 

>  sangue,  flemma,  i^trabile  umor  immaginario,  o  pel 

>  disordine  degji  spiriti.  —  Tali  divisioni  sono  conformi 
»  alla  marcia  dello  spirito  umano  che  si  attacca  subito 

>  agli  oggetti  più  salienti;  ma  siccome  che   questi  sono 
»  lungi  dallo  rispondere  a. tutte  le  forme  dello  stato  feb- 
»  brile,  se  ne  stabilirono  altre  dietro  i  sinton^i.  —  E  si 
»  ebbero  perciò  le  ardenti  che  spiegavano  per  l'eccesso 
»  delk  Wle  0  del  sangue:  e  quelle  dove  predominavano 


631 

»  le  evacuazioni,  che  si  disisero  colUquative,  espressione 
»  che  rimonta  a  Galeno.  •—  Air  epoca  in  cai  io  stesso  se- 
»  dea  ancora  sulle  paniche,  le  febbri  Golliquative  occu- 

>  pavane  ancora  assai  gli  spiriti ,  nò  si  sapea  quale  idea 
»  formarsi  di  esse  che  rappresentavano  il  corpo  fonden- 
»  tesi  come  una  massa  di  burro  al  sole.   Sono  stato  io 

>  che  scrissi ,  io  pel  primo  che  mostrai  che  tali  colliqua- 
»  zioni  accompagnate  da  diarree  abbondanti  sulla  fine 
»  delle  malattie,  non  erano  che  enterocoliti  consecutive 
»  sopravvegnenti  a  degli  sfortunati  eh*  erano  ridotti  agli 

>  estremi.  Io  non  so  se  qualche  erudito  abbia  ciò  visto  in 
»  qualche  lato;  ma  per  mio  conto,  non  Io  trovai  certo 

>  in  nessuno  ». 

E  qui  fermiamoci  e  riflettiamo.  •—  Cotesta  logomachia 
la  condoniamo  al  celebre  medico  ;  poiché  formante  parte 
di  lezioni  fatte  a  giovani  scolari. 

Il  predicare  come  cosa  recente  e  tutta  nuova  la  di- 
stinzione, nella  gastroenterite,  dei  sintomi  locali  dai  gè-- 
nerali,  e  precisamente  un  piantar  carote.  —  Che  in  tali 
circostanze  debbano  ritenersi  come  espressivi  òx^'à,  febbre 
i  sintomi  generali,  la  prostrazione,  la  fatica,  la  secchezza 
della  cute  od  il  sudore,  ecc.,  non  lo  crediamo,  poiché  nes- 
suna medica  autorità  abbia  cosi  creduto.  —  Che  cosi 
possa  esser  ritenuta  X  accelerazione  del  circolo  vi  fu- 
rono molti,  ma  di  essi  abbiamo  detto.  Che  cosi  alcuno 
abbia  pensato  dell*  infiammazione ,  considerata  quale 
stato  generale,  anche  lo  sappiamo,  ma  di  ciò  si  parlò 
abbastanza. 

Che  la  febbre  debba  esser  tenuta  morbo  perchè  tal- 
Tolta  si  presenta  senza  infiammxizione ,  è  altro  argo- 
mento discusso  dal  nostro  professore  ;  ed  è  confutato  dallo 
stesso  dalla  riflessione  che  Vinfiam'inazione  ^kMm^  volte 
si  presenta  senza  febbre,  la  quale  si  manifesta  poscia  ed 
allorché  il  morbo  siasi  reso  molto  potente.  Donde  nei  casi 
febbrili   dovrassi   ritenere ,  secondo  lui ,   T  infiammazione 


532 

come  sempre  esistente;  ed  ancorchi  non  si  arrivi  a 
scoprirla,  la  si  dovrà  considerare  come  latente;  poichò 
tale  fatto  ò  di  somma  importanza  ed  utilità  nella  te- 
rapia. 

Noi  una  tale  questione  la  considereremo  dietro  quanto 
TAutore  stesso  ebbe  ad  ammetterò,  e  dietro  quanto  Te- 
sperienza  ci  mostra. 

Vi  sono  certi  casi,  senza  dubbio,  nei  quali  una  con- 
dizione flogistica  latente,  difficile  e  talvolta  impossibile  a 
scuoprirsi,  sta  come  morbo  primario  ;  non  essendo  la  con- 
dizione piretica  che  un  fenomeno  di  esso.  —  Ma  bisogna 
tener  mente  che  vi  sono  jnoltissimi  altri  casi  dove  un*af- 
fezione  locale,  non  flogistica,  o  non  ancora  tale,  porta 
una  piressia  per  irritazione  comunicata  al  cuore  ;  poi- 
ché le  irritazioni  trasmesse  al  cuore  precipitando  la 
sua  azione  ed  aumentando  la  circolazione,  ed  aumen-^ 
tando  il  calore,  producono  ciò  che  dicesi  febbre.  —  E 
bisogna  tener  mente  che  le  irritazioni  non  sono  solo 
flemmasie,  ma  subin/iammazioni  e  nevrosi. 

Ora  ritenuto  ciò,  e  ritenuto  che  molti  casi  ci  si  pre- 
sentano nei  quali  la  febbre  certamente  non  si  trova  nò 
preceduta ,  nò  accompagnata  da  infiammazione ,  dovremo 
dire ,  che  se  ò  di  grande  entità  nella  cura  di  uno  stato 
febbrile  il  tener  di  mira  alla  possibilità  dell'  esistenza  di 
una  flogosi  latente ,  devesi  pur  anche  aver  presente,  per 
confessione  dello  stesso  Brouss9.i&,  che  nel  trattamento 
dell'  irritazione  quando  non  si  ha  in  vista  che  Vinfianf^ 
mazione  si  commettono  errori. 

In  quanto  poi  alle  altre  cose ,  nulla  diremo  ;  poichò 
già  instruiti  dalle  discussioni  antecedenti  si  scorga  a 
colpo  d' occhio  la  loro  futilità.  E  solo  ci  fermeremo  alla 
voce  colliquativa. 

Parlando  del  medico  di  Pergamo  non  abbiamo  fatto 
menzione  delle  febbri  colliquative ,  poichò  le  abbiamo 
fatte  una  accidentalità  dell'  etica,  la  cui  natura  rabbia- 


538 

mo  mostrata  flogistica  colle  stesse  dottrine  dei  medico 
antico.  —  Ed  in  fatto  ecco  cosa  Galeno  scrive  sopra  dì 
esse. 

Dopo  di  aver  detto  che  si  chiama  carne  quella  sola 
sostanza  che  forma  il  muscolo,  mentre  quanto  si  osserva 
nei  visceri  lo  si  dice  grecamente  parenchima,  quasi  in- 
fusione, e  che  quello  che  fotma  gl'intestini,  il  ventri- 
colo ,  lo  stomaco ,  V  utero ,  fu  lasciato  senza  nome  ^  cosi 
seguita  :  <  Tu  non  tratti  dei  nomi  ;  tu  intendere  dovrai 
»  piuttosto  che  la  sostanza  delle  singole  parti  »  sia  for-^ 
»  mata  di  tale  natura  che  possa  e  perire  e  riprodursi. 
»  Ma  né  le  parti  fibrose,  né  le  nervose,  né  le  membra- 
»  uose  hanno  la  medesima  natura.  Non  è  necessario  che 
»  le  fibre  di  tali  singole  partii  nelle  febbri  maligne, 
»  vadano  liquefatte  come  le  carni  ;  òonciossiachè  V  ani- 
»  male  muoja  prima  che  sieno  del  tutto  inaridite.  Han- 
»  novi  queglino  che  egregiamente  chiamano  marasmodi 

>  tutte  le  febbri  che  liquefanno;  ma  che  differiscono 
»  in  ciò  che  in  queste  le  carni  liquefatte  vanno  digerite 

>  a  modo  di  vapore  ^  mentre  in  quelle  fluiscono  pel 
»  ventre.  ...  Al  modo  stesso   nelle  febbri  validissime , 

>  se  le  carni  fossero  umide  e  molli  con  grande  copia'  di 

>  adipe,  tu  le  vedresti  co' tuoi  sensi  liquefarsi;  diversa- 
»  mente  tu  le  impareresti  gassare  a  febbri  marasmodi. 
»  —  Con  tale  argomento  chiarissimo  tu  intendi  esservi 
»  infermi  che  emettono  per  l' alvo  quanto  fluidificano  ;  i 
»  quali  se  non  vadano  a  mancare  i^er  la  violenza  del 
»  morbo  o  per  l' ignoranza  del  medico,  finiscono  in  febbri 

>  con  marasmo  ».  (De  meth.  med.,  lib.  X). 

Ma  perciocché  ciò  accada,  é  necessario  un  grande 
incendio  nei  solidi  e  negli  umori,  lo  dice  lo  stesso  me- 
dico greco.  Ed  un  grande  incendio  dei  solidi  e  degli  umori 
noi  sappiamo  cosa  debba  esser  tenuto. 

Siccome  però  tale  fenomeno  delle  diarree  óo  Ili  quali* 
ve,  lo  si  vede  nelle  febbri  pestilenti,  nelle  perniciose  e 


534 

nelle  sintomatiche ,  cosi  crediamo  che  pratapaiico  tal* 
Tolta  debba  essere  considerato  ed  effetto  di  una  infiam- 
mazione intestinale;  ma  tale  altra  sintomatico  della 
stessa  causa  straniera  or  che  cagiona  nel  tempo  stesso  e 
la  febbre  ed  i  suoi  molti  e  svariati  fenomeni,  per  la  sua 
azione  materialmente  diffusa,  o  diffusa  per  simpatia»  per 
sinergia,  per  antagonismo,  ecc.,  producendo  qualche  volta 
flogosi  secondarie,  ma  le  molte  altre  semplici  condizioni 
irritative. 

Tuttavia^  siccome  non  ben  chiaramente  il  medico  di 
Pergamo  fu  inteso,  secondo  noi^  nelle  sue  dottrine  ri- 
dotte alla  vera  pratica,  cosi  noi  non  negheremo  al  ce- 
lebre francese  il  merito  di  aver  localizzato  il  sintoma  che 
fece  epitetare  di  colliquative  molte  febbri.  Ma  nel  con- 
cedere un  tale  inerito  rifletteremo  che  la  diarrea  secondo 
le  antichissime  dottrine  dovea  portare  la  mente  del  me* 
dico  air  organo  ammalato,  cioè  agli  intestini  ;  e  che  .una 
febbre  continente^  o  continua^  o  remittente  (non  di 
natura  pestilenziale  o  p^mzcjiosa)  avrebbero  indicato 
uno  stato,  senza  dubbio  flogistico.  —  Ma  nel  concedere 
il  merito  dovuto  facciamo  la  esclusione,  lo  ripetiamo^ 
delle  pestilenti  e  à^We ,  perniciose  ;  perciocché  non  cre- 
diamo sempre  dipendenti  da  flogosi  intestinali  né  le 
diarree ,  né  le  dissenterie  che  si  osservano  in  tali  tre- 
mende affezioni  ; .  ciò  che  si  ricava  dalle  febbri  con  sm- 
iomi  delle  dottrine  antiche  non  smentite  neppur  dalla 
odierna  esperienza. 

Seguitiamo  il  Broussais. 

«  Noi  abbiamo  altri  sintomi  che  dovettero .  colpire  lo 
»  q)ìrito.  Noi  abbiamo  delle  febbri   nelle  quali  predomi- 

>  nano  il  brivido  ed  il  freddo:  *esse  le  si  chiamarono 
»  algide ,  orrifiche  ;  e  le  si  spiegarono  pella  mescolanza 
»  della  bile  o  del  sangue,  colla  flemma^   Essendo  questa 

>  fredda  e  quelli  caldi,  nel  dibattersi ,' se  questa  sia  su- 
»  periore,  il  freddo  si  fa  predominante.  —  Non  ridiamo. 


535 

»  ebbimo  ancor  noi  le  nostre  bi zzarle ,  e  potremmo 
»  dirci  :  Quid  Rross  ?  De  te  fabula  narrat.  —  Febbre 
Ti^  assode,  ò  an' fuoco,  un  principio  acre  che  si  à^ita  pei 

>  nervi.  —  Febbre  elode,  è  un  sudore  che  emana  pei 
»  pori.  —  Febbre  sincopale ^  è  la  bile,  dicea  Galeno, 
»  che  stimola  T  orificio  dello  stomaco  e  fa  cadere  in  de- 
»  bolezza  ». 

Ma  anche  più  rifletteremo  che  non  cosi  semplicemente, 
come  lo  fece  il  Broussais,  dovrebbe  esser  detto;  poiché  il 
lettore  non  potrebbesi  per  questo  modo  formare  una  idea 
esatta  delle  antiche  dottrine. 

Per  le  algide ,  per  le  orrifiche,  per  le  assode  riman- 
diamo alle  dottrine  galeniche,  specialmente  dove  parlam- 
mo deiremitriteo,  del  causone,  della  lipiria;  non  che  dove 
scrivemmo  sulle  febbri  con  sintomi.  ^^  Per  la  qual  cosa 
noi  non  possiamo  convenire  col  Broussais  che.  sempre 
«  tali  febbri  corrispondono  a  flemniassie  locali  non 
»  conosciute.  Si  vorrebbe  anche  oggidì  persuadervi  (se- 

>  guita  r  illustre  prof.  )  che  in  molte  di  tali  malattie 
»  rinfiammazione  sia  generale,  ma  ciò  non  è  ;  come  jnon 
»  lo  era  la  corruzione  e  la  putridità  voluta  dal  Galeno. 
»  Non  havvi  infiammazione  <ii  tutto  il  sistema  sangui- 
»  gno,  come  non  havvi  generalità  per  la  bile,  pel  sangue, 

>  pollo  zolfo,  e  per  l'umor  putrido  vettureggiato  pei  va- 
»  si,  ecc.,  tutto  ciò  è  falso  egualmente  ». 

P^^ssa  quindi  a  nominare  i  Van  Helmont^  i  Boerhaave, 
i  Baillou,  i  Willis,  i  Baglivi,  cÀe  aveano  tratto  le  loro 
dottrine  dal  Galeno ,  ma  che  tendevano  verso  la  loca" 
lizzazione  :  poscia  cita  i  Bonnet,  i  Rivière,  i  (jrlissòn,  i 
Sydenham,  i  Pringle,  i  Lind,  i  Mead  e  tutti  gli  epidemi- 
sti,  che  non  attribuendo  la  febbre  agli  umori,  non  videro 
nelle  epidemie  che  qualche  cosa  di  straordinario  e  di 
incomprensibile. 

Successivamente  le  malattie  se  ne  risentirono  del- 
l'irWteftiKtó  dell' Haller,  dello  strictum  e  laxum  anti- 


.  a«,  J«iì  imtuto  De  fibra  motrice  del  Bagli?! ,  della 
.t.\'.^4^a  •  dello  spasmo  dell' Hofifmann ,  che  adottato 
.Uù  Oiileu»  modificato  dal  meccanismo,  e  àe\Y animismo 
a  dui  HcHv»»ìi$t»)0»  finiva  nel  sistema  Browniano,  dove  si 
u\^\s>  «QK^lu^  la  febbre  né  si  spiegò  pid  cosa. 

bV^iudo  nel  seguito  a  parlare  delle  febbri  del  Pinel, 
vH>iuiucia  dalla  febbre  infiammatoria  che,  non  potendo 
^kv^oi't)  uu'  iufiammazione  dei  visceri,  dovrà  tenersi  per  un 
én/ian^rniJk^ione  dei  vasi?  Sia  pure,  ma  ciò  non  si  vedrà 
\ii>  iu  xxn'^/fimera,  né  in  una  sinoca  non  putrida.  Piutto- 
^t^  AurÀ  il  oominciamento  di  flogosl  in  un  viscere  o  in  un 
uUiv»  uon  però  grave,  e  in  tal  caso  localizzata  nel^  canal 
Uig^iH^ut^;  e  precisamente  nella  superficie  gastrica  e  nella 
iiu;^  v^i^  capillare  sanguigna.  E  dessa  sarà  una  flemmas- 
.^1.^  <\\  primo  ordine,  come  la  si  vede  nel  principio  degli 
aciwui  disile  febbri  intermittenti.  Un  tale  stato,  egli  lo 
ilic^  Ui>u  può  essere  che  una  congestione  irritativa,  non 
uncih^  p<4!i^ata  allo  stato  infiammatorio  propriamente 
Ui'tto, 

\^urliindo  della  febbre  biliosa,  mostra  che  non  è  una 
i/uaii'ìto  POH  soprasecrezione  biliosa;  ma  uno  stato  ir- 
t'itutii\>  fii^ffistico  dello  stomaco,  del  duodeno  e  del  /e- 
ijatiX 

Ut^^i^ente  decompone  lo  stato  mucoso  quale  un'tr- 
l'Uu^iì^HO  d€|i  follicoli  mucosi;  e  V entero-mesenterico 
K\\\\\W  m^  jfmtro-enterite  ;  e  Vatassico  e  V adinamico  o 
U/iniiiV  O(MU0  una  gastro-enterite  con  irradiazione  en^ 

K\^\  elimina  la  febbre  cerebrale  pel  motivo  che  non 
\\\\\A\\  ^\^\M\^w^  che  ad  una  flogosl  encefalica.  —  Cose 
^^  vlUW^MHiui^nte  trattate  nel  suo  Ecoamen. 

\.\  /i4^br^  nervosa  degli  alemanni  non  è  che  una  ^a- 
\hv  CHU't'it^  utassica  od  adinamica. 

Ij^Ùudi  panHa  in  esame  la  cfo^in^nfonfe  od  z7  j^z/b;  mo- 
mì^'ìAiuIo  ohe  tali  due  stati  non  dipendono  dall'affezione 
'tri  foUMi. 


687 

E  quindi  riassumendo  e  ripetendo  che  ur^  infiamma-' 
zione  può  esistere  senza  febbre^  ma  che  nessuna  febbre 
continua  può  esistere  senza  infiammazioxie  (idea  anti- 
chissima) si  fa  e  riassumere  i  motivi  pei  quali  escluse  (^ome 
causa  dello  stupore  Veruzione  dei  follicoli  mucosi  dissemi- 
nati ed  agglomerati,  necessaria^  fatale j  a  marcia  fissa,  a 
periodi  circoscritti ,  di  bottoni  come  i  vajuolosi,  negli 
intestini;^  ciò  come  segue: 

<  1.°  Tale  eruzione  non  è  necessaria  ai  sintomi  ti- 
»  foidei  od  adinaroici,  poiché  i  sintomi  proprii  della  feb- 
»  bre  putrida,  adinamica,  tifoide,  maligna,  atassica^  non 
»  sono  legati  airaflfezione  dei  follicoli,  ma  bensì  alla 
»  sofferenza  della  materia  nervosa  che  concorre  alla 
»   formazione  della  membrana  mucoso-villosa, 

<  2.**  Tali  bottoni  non  hanno  marcia  necessaria:  il 
»  medico  può  arrestarne  lo  sviluppo  ».  E  qui  afferma 
che  nei  primi  anni  che  trattava  il  principio  delle  ga- 
stro-enteriti coi  vomitivi,  e  non  traeva  sangue  dall'epi- 
gastrio ,  e  che  era  spaventato  dai  sintomi  di  debolez- 
za, e  dava  tonici  e  brodi  fortificanti,  il  tifo  abbonda- 
va nelle  sue  sale.  —  Alla  quale  dichiarazióne  noi  op- 
porremo la  domanda:  erano  gli  emetici  che  promovevano  il 
tifo  ?  Vi  risponda  la  illustre  esperienza  del  Rasori  e  di 
quelli  che  lo  seguirono  ;  e  vi  risponda  Galeno  allorché , 
parlando  della  cura  da  tenersi  contro  la  continente  ap- 
pai*tenente  al  gènere  della  diaria,  nota  di  massimo  pre- 
sidio il  salasso  pel  primo  e  la  successiva  somministrazione 
dei  purganti  o  dei  vomitivi,  aggiungendo:  «  Di  coloro  che 

>  febbricitavano  di  sola  ostruzione  se  furono  salassati, 

>  nessuno  cadde  in  febbre  putrida.  Ciò  che  deve  esser 
»  fatto  se  le  forze  e  l'età  lo  permettano  ». 

Per  la  qual  cosa  noi  crederemmo  che  il  tifo^abbon-- 
dasse  nelle  sale  dell'illustre  medico  per  l'ommissione  del 
salasso  a  tempo  e  per  1'  uso  di  altri  tonici ,  non  .  per  la 
prescrizione  dei  vomitivi. 


538 

Saocessivamente  rimarca  che  non  tutti  i  tifi  mostrano 
Tafiezione  follicolare:  che  molte  gastro^enteriti  trattate 
coi  tonici  e  cogli  stimoli  possono  cangiarsi  in  tifoidee: 
che  le  gastro-enteriti  che.  si  mostrano  con  diarrea  sono 
quelle  ove  i  follicoli  sono  afietti. 

Alle  quali  riflessioni  crede  di  aggiungere  sulla  que- 
stione delle  febbri  quanto  segue: 

«  Tutte  le  volte  che  i  fenomeni  di  uno  stato  febbrile 

>  partono  da  un  punto  determiuato,  egli  è  certo  che  non 
»  possono  esser  considerati  effetti  di  un'affezione  generale 
»  dei  fluidi,  0  quali  febbri  essenziali.  Le  sole  affezioni 

>  che  avrebbero  qualche  diritto  di  conservare  tale  ti- 
»  toh  sarebbero  quelle  «dipendenti  da  un*  irritazione  o 
»  un  assorbimento  di  un  veleno ,  d*  un  virus ,  o  dì  un 
»  miasma^  come  il  vajuolOy  la  rosolia ^  la  peste,  la  feb- 

>  bre  gialla  y  il  tifo,  ecc.  Ma  richiamatevi  ciò  che  ab- 

>  biamo  detto  nei  nostri  preliminari.  Quantunque  sia  il 
»  veleno  che  sia  stato  introdotto  nel  corpo,  la  malattia 
»  non  può  consistere  nell*  affezione  dei  fluidi.  Fino  a  che 
»  questi  sono  i  soli  affetti,  voi  non  ne  avrete  segno  al- 
»  cuno.  L*  individuo  che  non  soffre ,  o  la  cui-  salute  non 

>  non  si  altera  per  T assorbimento  di  un  virus,  lo   as- 

>  sorbe  egualmente  che  quello  che  soffre  >... 

»  E  passando  al  trattamento,  dice  esplicitamente: 
<  Convien  attaccar  la  malattia  nel  suo   principio ,    e 

>  conoscere  che  ogni  irritazione  gastro-enteHca  (in- 

>  tendano  coloro  èhe  alterano  le   opinioni   altrui  )  ogni 

>  irritazione  gastro-enterica  può  diventar   gastro-en^ 

>  terite  in  ogni  età,  quantunque  la  si  abbia  avuta  più 

>  volte  >.  . 

Onde  trovare  le  altre  febbri,  passeremo  alle  infezioni 
generali  per  sostanze  deleterie  e  putride, 

A  Quando  vi  si  unisce  la  febbre,  esse  prendono  il  nome 
»  di  tifo  per  contagio,  il  quale  ha  tale  rapporto  col  tifo 
»  sporadico  che  non  è  da  stupirsi  se  per  secoli  siensi  fatti 


539 

»  invano  sforzi  per  distinguerli  l'uno  dall'aìtro.  Essendo 
»  ammalati  gli  stessi  organi^  com^  volete  voi  che  i  ^in- 
«  tomi  non  sisieno  sempre  rassomigliati?  h^  distinzione 

>  non  è  possibile  che  pel  nostro  metodo ,  che  ammétte 
»  nelle  malattie  delle  gradazioni  di  tinta  e  di  grado , 
»  e  che  prende   in  considerazione  la  differenza  delle 

>  cause  e  degli  agenti.  (Cose,  diciamo  noi,  che  trovano 

>  il  fondamento  loro  nelle  antichissime  teorie).  Il  tifò  da 
»  contagio  non  differisce  dallo  sporadico  che  per  mag- 

>  gior  intensità  e  per  la  natura  dell'agente- che  lo  pro-^ 
»  dusse.  Tutti  i  volumi  scritti  fino  ad  oggi  per  distin- 
»  guere  tali  due  affezioni  non  possono  che  gettar  con- 
»  fusione  se  non  s*  abbia  presente  allo  spirito  questa  pro- 
»   posizione:  che  l'uno  è  in  piii  ciò  che  F altro  è  in  meno. 

>  Aggiungete  eh'  essi  consistono  tutti  e  due  in  una  in- 
»  fiamm^zione  del  canal  digestivo,  e  che  il  canal  di" 
»  gestivo  infiammato  agisce  sempre  sul  sistema  ner^ 

>  voso  nello  stesso  modo  ^.'-^ISiVTOTe,  secondo  noi,  mas- 
simo. 

Passa  poi  a  noverare  i  diversi  gradi  di  potenza  del 
principio  virulento;  ed  allorché  è  meno  attivo  nota,  che 
assorbito  che  sia ,  produce  un'  infiammazione.  Fra  le 
cause  novera  la  unione  di  uomini  sani  ed  ammalati  in 
luoghi  ristrettr:  i  gas  emanati  da  decomposizioni  di  ma- 
terie animali  :  la  trasformazione  della  gastro-enterite  or- 
dinaria, cosa  che  si  osserva  nelle  armate  :  la  gastro-en- 
terite nata  da  marcie  forzate  ,  dal  freddo ,  dalla  fatica , 
dalle  privazioni:  l'aK^o  ed  il  contatto  con  un  ammalato 
di  tifo:  l'inoculazione  di  pus  corrotto  o  di  sanie.  Questo 
ultimo  fatto  egli  lo  dice  provato  da  esperienze  fatte  ad  Al- 
fort  sopra  dei  cavalli,  e  scrive:  e  s'injettò  loro  del  pus  feti- 
»  do  e  della  materia  gangrenosa,  nei  vasi,  e  ne  risultarono 
»  delle  gastroenteriti.  Ditemi,  vi  prego,  perchè  mò  non 
»  ne  risultarono  delle  pleurisie,  dei  flemmoni,  dei  catarri, 
»  delle  pneutnonie,  delle  infiammazioni  sierose,  ecc.  ?  Per 


"*«^"^'»^;  ma  a  fette  è  costante:  le  ma- 

^  •    '"•«^•iido  nel  sangae  in  gran  quantità 

A  >«^i^ro-eiiterite  a  forma  di  tifo;  e  que- 

,    ****  ^»olta  SYilappata,  reagisce  successiTa- 

^    ,.^s«**^  nerToao  ch'è  esposto  ad  infiammarsi 

^    jk  ^.à^r^^-'eoterito  ordinaria;  con  tele  differenza 

,  -^A  più  presto  alla  perdite  od  alla  dissipa- 

. ,  ji  sua  iiwerTazione  ». 

s    V  à^  calde  e  intertropicali  la  putreGstzione  è  pib 

^  :i  duàiMli  moltiplicatemente  più  numerosi:  ivi  i 

0^   KAludi  sono  più  animali  che  y^etebili  :  ivi  que- 

uuuft«itU  sono  velenosissimi,  ed  i  corpi  umani  più 

se  i  a(^getti  non  sieno  acclimatiz- 


1 


.V  sH  ctó  congestioni  irritative  ed  infiammazioni  vi- 
.V  v**^*^  ^^  rapide  nel  loro  corso;  alle  volte contmue, 
^  .v.uv  iviwitteati  pel  freddo  notturno  ^  e  sempre  dan- 
^  Hs>»!^x  ^^^^^^  quali  i  fenomeni  nervosi  sono  moltiplicati 
^  v^  U"^  s^K^^mento  deirinnervazione  assai  più  presto  che 
>,  iu>i  uvKs.t;iv  tifo  indigeno  »* 

La  '«'^v^^v  gialla^  nate  per  le  emanazioni,  non  è  che 
uuA  ;*K^^»v-<H*mte  od  un'infiammazione  generale  del 
,w.%v;*  Mih'^'^^te;  1»  cui  colorazione  si  avvicina  a  quella 
vU\  ci>s^wv<à  »orti  nel  periodo  tifoide;  a  meno  che  le  de- 
>0M4s'a:  iKM^  ^^1)0  stete  copiose^  e  che  il  canal  digerente 
uv^à  x^vv  s^^^^>  lavato  da  bevande  abbondanti.  Nel  cervello 
^v  uv'«i^  u^)\)j^i  si  veggono  congestioni  semplici;  poiché 
l  >uiKviui^vii^«>  non  ebbe  tempo  di  formarsi.  —  «  Duran- 
>^  uv>  V^à  ^^M^ro  di  anni  il  trionfo  delle  dottrine  di  Brown, 
>^  .s^uà/.i^,^i^^►  dii^l  Pine],  fece  della  febbre  gialla  pegli  eu- 
^  iv'iKì^  ^^t^  il^udavano  in  America,  il  più  terribile  flagello. 
\  U^  i^v^  vit^i  Wddioi  testimonii  oculari  delle  sue  stragi  al- 
\  r  V\v^M<j^  <^Y^  appena  se  ne  salvava  t«no  sopra  25o30. 

^v^i^Uudo  tele  opinione  dell*  Autore ,  crediamo  che 
ù  V^KVà>^  ^prA  riflettere  che  se  V  aria  rinchiusa  e^  vi- 


541 

ziata,  se  i  gas  emanati,  se  ralito  di  un  f ifoso ,  se  T  ino- 
calazione  di  pus,  porteranno  una  gastro-enterite,  questa 
non  sarà  il  solo  effetto  delle  cause  suddette.  Ed  in  fatto 
perchà  mò  attribuir  quello  stupor  attonito  che  si  osserva 
nel  tifo  alla  gastro-enterite,  e  non  all'azione  particolare 
delle  cause  sul  sistema  nervoso  ;  se  tutte  le  infiamma- 
zioni intestinali  genuine  e  pure  non  riflettono  egual- 
mente ed  egualmente  non  agiscono  sul  centro  cerebro- 
spinale? Successivamente  allorché  tratteremo  l'argomento 
nella  seconda  parte  ci  estenderemo  maggiormente  su  di 
esso.  ' 

Rispetto  alla  febbre  gialla ,  noi  la  sappiamo  morbo 
irritativo,  ne'  suoi  primordj  ;  è  ciò  anche  per  opinione  del 
nostro  illustre  professore. 

Da  altra  parte  le  molte  autorità  da  noi  riportate  ci 
insegnano  col  fatto  una  tale  distinzione  pegli  effetti  stessi 
delle  cura  prestate. 

Il  tempo  ed  il  modo  di  fare  non  sono  conosciuti  da 
tutti,  specialmente  in  affezioni  che  nel  loro  corso  e  svi- 
luppo cangiano  nella  natura  dei  loro  effetti;  o  che  man- 
tenendo anche  la  natura  stessa  producono  estensioni  e 
diffusioni  morbose  che  controindicano  ai  mezzi  che  nel 
principio  erano  indicati ,  e  ne  comandano  altri  ben  di- 
versi. ^  Non  tutti  i  medici  quindi ,  anzi  ben  pochi ,  ih 
tali  affezioni,  sono  per  noi  autorità. 

Passa  poi  a  parlare  della  peste  del  Levante,  deter- 
minandola come  un  nostro  tifo  ma  di  estrema  intensità, 
caratterizzato  da  violenta  irritazione  gastrointestinale 
e  cerebrale,  da  bubboni,  da  carbonchi,  da  antraci,  da 
petecchie',  notando  che  per  gradazione  di  intensità  mo- 
strasi talvolta  non  diverso  dalle  febbri  maligne. 

Quindi  arriva  alle  flemmassie  eruttive  che  dice 
dipendenti  àsi.  un'  infiammazione  interna  che  precede 
V  eruzione,  e  che  risulta  da  un  veleno  assorbito  e  dis^- 
seminato  nell'economia  per  via  della  circolazione;  ve- 


^ 


648 

lena  il  cui  primo  effètto  è  quello  di  produr  conge^ 
stione  ed  infiammazione  in  un  organo  interno..^  ia 
una  membrana  mucosa....  dello  stomaco  e  degli  intestini 
nel  vqjuolo^  degli  occhi  e  dei  bronchi,  nella  rosolia... 
della  gola  e  dello  stomaco»  nella  scarlattina,  ecc. 

In  questa  classe  pone  il  pemfigo,  il  sudar  anglicano, 
la  miliare. 

Come  flogistici  calcola  la  rabbia  ed  il  morso  della 
vipera  e  del  serpente  a  sonaglio. 

Rispetto  alla  sua  opinione  sulle  malattie  eruttive»  di- 
remo osservare  la  grande  rassomiglianza  di  essa  con  quella 
del  Tommasini:  rispetto  poi  al  sudore  anglicano,  alla  mig- 
liare,  alla  rabbia,  al  morso  degli  animali,  diremo  che 
scrisse  avventatamente* 

Soddisfatti  tali  argomenti,  troviamo  che  ci  dà  istru- 
zione sulla  natura  della  subinfiamm^zione.  Ecco   cosa 
scrive  sopra  tale  argomento: 
.    «.  Questa  classe  di  malattie;  che  ho  creduto  di  dover 

>  istabilire,  merita  la  vostra  attenzione  tanto  più  quanto 
»  che  fa  contrariata.  Lungi  dal  lamentarne,  ciò  è  anzi 
»  una  prova  della  sua  importanza.  D*  ordinario  non  si 
»  contrastano  dei  puri  sogni  ;  ed  è  buona  cosa  che  ogni 
»  verità  soffra  la  prova  della  contraddizione.  -^  Le  sw6- 
»  infiammazioni  sono  delle  irritazioni  vascolari  che 
»  PROLUNGATE  perdono  il  carattere   sanguigno ,   o  non 

é  

»  Vhanno  mai  avuto ,  o   che .  affettano  principalmente , 

>  ma  non  unicamente,  sui  fluidi  bianchi.  Non  è  possi-- 

>  bile,  secondo  noi,  di  collocare  tali  malattie  nella 
»  categoria  delle  infiammazioni ,  né  attribuirle  vaga- 
»  mente  ad  un  vizio  di  nutrizione.  Per  farsene  un*  idea 
»  non  basta  di  metterle  in  rapporto  coi  modiflcatori.  che 
»  le  produssero,  e  con  quelli  che  le  guariscono.  Conviene 
»  studiarle  particolarmente,  vedere  come  nascono ,  in  che 
»  ^iffi^riscano  dalle  infiammazioni  ;  come  esse  cangino  e 
»  snaturino  alla  lunga  il  tessuto  d^Ii  organi  ;  come  sieno 


543 

>  modificate  nella  loro  marcia,  ecc.  I  loro  primi  elementi 
»  sono  lo  stimolo  nervoso  interno  ed  esterno;  lo  stimolo 
»  sanguigno  che  soventi  sparisce  ;  ed  allora  sono  conse-s» 
»  cuti  ve,  la  congestione  umorale,  lo  stravasamento,  i  corpi 
»  stranieri,  i  prodotti  organizzati  ed  eterogenei.  I  carat- 
»  teri  variano  secondo  la  sede....  »  E  più  innannzi. 

4c  Le  subinfiammazioni  sono  delle  irritazioni  y  che 
»  invece  di  aceumiUare  e  ritener  il  sangue  nelle  parti, 
»  il  sangue  eh'  è  capace  di  produrre  il  pus  flemmonoso , 

>  accumulano  è  ritengono  i  fluidi  bianchiy  la  linfa,  la 
»  gelatina,  l'albumina,  la  fibrina,  ecc. 

«  Malgrado  il  carattere  pòco  sanguigno  di  tali  malat- 
»  tie,  nel  principio  vi  si  trovano  gli  elementi  dell'infiam- 

>  mazione,  la  tumefazione,  il  calore,  il  dolore,  ed  assai 
»  sovente  un  lieve  rossore...  Alle  volte  sono  secondarie 
»  ad  uno  stimolo  che  disparve;  ovvero  si  formano  per 
»  congestione  umorale,  immediata,  o  per  una  irritazione 
»  che  occasionano  corpi  stranieri,  o  prodotti  eterogenei 
»  che,  dopo  di  essere  stasi  generati  da  un^infiammazione, 
»  alla  lor  volta  la  producono  ». 

Parlando  dell'Etiologia  di  tali  affezioni;  egli  dice  che 
un  primo  fatto  costante  è  quello  che  nei  paesi  caldi  e 
secchi  non  esistono.  E  secchi^  ripete  ,  intendete  voi  %  e 
vi  aggiunge:  «  Forse  non  avrei  mai  fatto  tali  confronti 
»  (fra  i  paesi  caldi  e  secchi,  e  freddi  umidi)  se  non  avessi 
»  seguito  le  armate  prima  nei  paesi  freddi  ed  umidi,  poi 
»  nei  caldi  e  secchi  ;  e  se  non  avessi  veduto  gli  stessi  uo- 
»  mini  sommessi  alternativamente  alle  influenze  degli  uni 
»  e  degli  altri-,  ricalcate  e  concentrate  per  così  dire  in 
»  essi  stessi,  nelle  prime  regioni,  schiuse  ed  in  qualche 

>  modo  dilatate  nelle  seconde  ». 

E  più  innanzi  SLncora.:  4:  Le  subinfèammazioni  hanno 
»  quindi  per  cause  principali  il  freddo,  che  le  fanno  pre- 
»  dominare  interamente  ». 

Lasciando  andare  quelle  affezioni  tutte  che  a  tale  classe 


544 

appartengono  »  ma  che  non  spettano  al  nostro  argomento , 
passeremo  direttamente  a  quanto  e*  interessa  ;  vale  a  dire 
alle  irritazioni  intermittenti. 

«  Voi  avete  veduto  Vinfiammazione  continua  alFe- 
»  sterno  ed  all'  interno»  ed  essa  vi  ha  presentato  tinte  e 

>  gradi  diversi,  dalla  semplice  irritazione  che  non  è 
»  ancor  infiammatoria ,  a  che  si  prasenta  nel  principio 

>  di  tutte  le  flemmassie^  fino  2l\V  infiammazione  fi^m^ 
»  monosa.  Voi  la  vedrete  ora  intermittente^  e  sotto  que- 
»  sta  forma  essa  vi  presenterà  le  stesse  tinte  e  gli  stessi 
»  gradi.  Le  idee  deirinfiammazione  continua  si  applicbe- 

>  ranno  anche  dXV  infiammazione  intermittente  \  e  co- 
»  me  che  questa  tiene  della  natura  nervosa  e  che  noi 

>  abbiamo  studiato  le  infiammazioni  deirapparecchio  aer- 
»  voso^  voi  potete  considerarvi  come  sufficientemente  ap- 
»  parecchiati  allo  studio  delle  irritazioni  intermittenti  ». 

«  Si  domanda  prima  di  tutto  quale  sia  la  loro  na- 
»  tura  %  Ma  questa  domanda  può  farsi  anche  sulle  irri-^ 

>  tazioni  continue  la  cui.  natura  è  pure  incognita  >. 

Crede  ancora  che  le  infiammazioni  y  quando  fnon 
sieno  acute,  diano  delle  intermittenze  e  delle  remitten- 
ze  :  fatto  che  non  ha  altra  spiegazione  che  sulla  poca 
intensità  della  irritazione  ;  per  cui  non  potendo  essa  man- 
tenere una  reazione  sostenuta  j,  la  natura  si  adira  e 
si  irrita,  si  calma  e  si  riposa  alternativamente  (  lin- 
guaggio deir  Helmont  )  ;  e  ciò  per  leggi  che  ci  sono 
incognite. 

€  Vi  hanno  delle  circostanze  e  delle  cause  estèrne  che 

>  rendono  tale  intermittenza  un  fenomeno  predominante 
»  e  di  primo  ordine.  Tali  circostanze  sono  le  alternative 

>  del  freddo  e  del  caldo,  del  freddo  umido  sopratutto^ 

>  alternato  col  caldo  o  con  una  temperatura  moderata. 
»  Egli  è  eerto  che  quando  viviamo  sotto  V  influenza  di 
»  tali  condizioni   atmosferiche ,   siamo  disposti  ^alle  afie- 

>  zioni  intermittenti,  che  di  spesso  le  affezioni  continue 


645 

>  cominciano  con  tale  forma ,  e  dopo  trattate  'Cogli  an- 
»  tiflogistici,  ritornano  intermittenti:  di  modo  che  la 
»  continuità  e  Y  intermittenza  sono  due  fenomeniche 
»  si  legano  e  s*  incatenano  in  un  modo  rimarcabile,  -— 

>  V  intermittente  la  si  vede  negli  stati  congestivi  del- 
»  l'esterno  e  dell* interno,  primitiva,  sotto  T influenza 
»  del  freddo  umido  mescolato  col  caldo  ;  e  non  esige  mi- 
»  nimamente  terreni  bassi  e  paludosi  o  miasmi  di  stagni 
»  per  la  sua  produzione.  La  proposizione  contraria  è  un 
»  vecchio  errore.  Io  1*  ho  verificato,  un  tal  £sttto,  in  una 
»  folla  di  climi  e  di  luoghi.  In  Ispagna,  dove  il  terreno 
»  è  variatissimo ,  le  febbri  intermittenti  sono  estrema- 
»  mente  comuni.  Io  credo  che  più  che  noi  ci  avanziamo 
»  al  mezzodì,  più  le  si  vedono  frequenti  ;  sopratutto  ove 
»  i  terreni  son  umidi ,  sulle  rive  de*  fiumi  e  delle  ri-f 
»  viere.  Io  le  ho  vedute  regnare  sopra  terreni  elevati  e 
»  di  roccia,  ove  non  cre^cea,  quasi  a  dire,  che  del  musco. 
»  Io  le  ho  vedute  in  tutte  le  posizioni   geografiche  pos^ 

>  sibili,  sopratutto  nelle  stagioni  delle  pioggie  dirotte  b 

>  negli  equinozj,  nel  mese  di  marzo  allorché  la  tempera- 

>  tura  varia  da  un  istante  ali*  altro ,  e  che  sovvengono 

>  burrasche,  venti  freddi  e  pioggie ,  e  dopo  un  sole,  bru- 
»  ciante.  Egli  ò  per  me  un  fatto  costante  ed  avverato, 

>  che  un  vento  freddo  ed  umido  ^  con  degli  intervalli 
»  di  men  freddo ,  o  di  calori  assai  pronunciati ,  è  la 
»  causa  della  intermittente.  —  Da  ciò  voi  concepite 
»  come  le  paludi  sieno  favorevoli  al  loro  sviluppo ,  per 
»  mezzo  delle  evaporazioni  abbondanti   che   forniscono 

>  «otto  r  influenza  del  calore  del  dì ,  e  per  la  preci" 
»  pitazione  dei  vapori  e  pel  raffreddamento  dell'aria 

>  che  ne  risulta  nella  notte.  Basta  alle  volte  di  esporsi 
»  un'  ora  a  questi  vapori  freddi  per  contrarre  una  /feft* 
»  bre  intermittente.  Tali   sono   le  cause   evidentemente 

>  più  attive  quivi  e  nei  paesi  secchi. 

»  Ma  alle  irritazioni  interMttenti  le  paludi  vi  ag- 

Annali.  Voi.  CCL  35 


546 

»  giungono  anche  un*  infezione  miasmaUca  che  le  com- 

»  plica»  le  rende  più  gravi,  e  dà  loro  il  nome  di  perni-- 

»  ciose.  Tale  infezione  è  prodotta   dai  gaz  che  risultano 

»  dalla  decomposizione  di  sostanze  animali  e  vegetabili 

»  ammonticchiate  nelle  paludi.  Tuttavia  le  non  miasmor'  j 

>  tiche  possono  avere  la  gravità  delle  miasmatichey  per 
»  una  viscerale  predisposizione  morbosa,  e  per  un  cattivo 
à-  trattamento. 

»  Per  r  intermittenza^  propriamente  detta ,  ritenete 
»  bene  questo  fatto  :  che  non  kavvi  minimamente  bi- 
»  sogno  di  miasmi  per  produrla  ;  e  che  sono  sufficienti 
»  le  alternative  di  caldo  e  di  freddo ....  ». 

Egli  divide  le  irritazioni  intermittenti: 

<  1.®  In  quelle  che  sono  sémplici  senza  affezione 
antecedente  di  visceri: 

»  2.°  In  quelle  che  sono  complicate  a  male  disposi^ 
zioni  : 

»  3.°  In  quelle  che  sono  complicate  ad  avvelenamento 
miasmatico. 

>  Le  fLemmSiSsiiò  intermittenti  de IF  estemo  del  corpo, 
»  cui  dìedesi  il  nome  di  larvate ,  cioè   mascherate ,  na~ 

>  scoste ,  '  sono   precisamente  le  più  evidenti   di  tutte ,  e 

>  dovrebbero  piuttosto  esser  appellate  non  larvate  o  sma- 

>  scherate.  Esse  sono  :  le  oftalmie  che  compariscono  sotto 
»  r  influenza  di  una  costituzione  di  febbri  intermittenti 
»  viscerali,  che  si  arrestano  e  si  dissipano  in  qualche 

>  ora<j  e  ricompariscono  tutti  i  giorni  alterni  od  i  quar- 
»  ti  ;  per  conseguenza  terzane  e  quartane  ;  esse  sono 
»  delle  resipole,  dei  mali  di  denti,  dei  dolori  ischiatici, 
»  delle  flogosi  di  gola ,  che  offrono  i  medesimi  caratteri 
»  e  seguono  la  stessa  marcia.  ...  La  febbre  le  accom- 
»  pagna  o  nò,  secondo  T estensione  dell'infiammazione... 
»  si  veggono  di  tali  irritazioni  ò  congestioni  periodiche 

>  negli  organi  nascosti,  sotto  forma  di  cefalalgia,  di  pal- 
»  pitazioni,  di  bronchite,  di  coliche,  ecc. 


547 

È  inutilevogni  commeato  :  le  teorie  antiche,  che  tratto 
tratto  si  precedettero  fino  al  Puccinotti,  qui  si  osservano 
trasfuse.  Che  tali  infiammazioni  intennittenti  non  sieno 
infiammazioni,  già  si  disse  e  si  mostrò. 

»  Nelle  irritazioni  febbrili  intermittenti  comuni  deve 
»  rimarcarsi  che  frequentemente,  per  non  dir  sempre,  i 
»  fenomeni  sono  mantenuti  da  un  focolare  permanente 
»  di  irritazione,  il  quale  può  esistere  all'  esterno  ed  al- 
»  r  interno. 

»  Air  estemo  vi  hanno  esempi  molti  di  febbri  inter^ 
»  mittenti  mantenute  da  resipole,  che  qualche  volta  sono 
»  pustolose;  da  impetiggine  permanente  alla  cute;  da 
»  ulcera;  da  una  sonda  in  vescica^  ecc.  Tali  fatti  non 
»  sono  più  dubbiosi  :  se  voi  togliete  la  sonda,  se  guarite 
»  la  resipola^  V impetigine,  V ulcera,  ecc.,  gli  accessi 
»  non  ritornano  più.  Ho  pubblicato  cinque  fatti  di  tal 
»  genere.  («  Annali  della  medicina  fisiologica  ».  T.  1.^ 
»  pag.  500.  —  III,  pag.  353). 

»  Air  interno,  II  focolare  permanente  dell'  irritarione 
»  è  99  sopra  100  nel  canale  digerente  :  sia  stomaco,  sia 
»  duodeno,  sieno  intestini  tenui. 

»  Può  essere  ancora  nel  polmone,  nel  fegato,  ecc — 
»  Ma  esistono  poi   dei  casi   di  intermittenti   in  cui  iion 

>  abbiavi  infiammazione  in  parte  alcuna  f  lo  lo  credo, 
»  ed  è  in  tali  casi ,  per  dirlo  prima ,  che  io  amministro 
»  la  china  senza  aver  usato  di  nessun  altro  mezzo  pr&- 
»  paratorio. 

»  Indipendentemente   da   tali   focolari   permanenti  di 

>  irritazione ,  accade  che  gli  accessi  ripetendosi ,  pro^ 
»  ducano  varii  effetti  sinistri;  e  ciò  pella  violenza 
»  delle  congestioni  che  se  ne  formano. 

»  Come  cause  che  fanno  recidivare  furono  notate,  le 
»  indigestioni,  i  bagni  freddi,  i  salassi  ed  i  purgativi, 
»   come  le  principali. 

»  Le  intermittenti   possono    prolungarsi   in  gastrO" 


548 

»  enteriti  coiittntie,  sopratatto  la  qnoticKana  a  le  remlt- 
»  tenti. 

»  Dopo  tre  o  quattro  accessi  V  intermittente  può 
»  produrre  V  idrope  senza  infiammazione  né  congestione 
»  apparenti.  Questi  casi,  di  cui  parlano  poco  gli  autori, 
»  li  vidi  solo  a  Xeres  neirAndalusia.  « 

»  L*  intermittente  può  prontamente  produrre  delle 
»  grosse  milze  e  dei  grossi  fegati  con  congestioni  dolo- 
»  rose,  che  diventano  infiammazioni. 

»  L*  intermittente  prolunoa^ndosi  può  produrre  una 
»  gastroenterite  cronica^  come  nel  principio  un^ acuta; 
»  e  se  persista ,  gli  accessi  si  presentano  irregolari  e 
»  ne  risulta  una   specie  di   febbre   etica.    Dopo   di  aver 

>  prodotto  tale  gastroenterite  cronica ,  essa  può  compK^ 
»  carsi  con  altra  flemmassia,  con  una  bronchite,  con  una 

»  pneumonite,  con  una  pleurite,  con  una  peritonite,  ecc.  ^ 
»  Per  bene  osservare  tali  complicazioni ,   che  di  rado  si 

>  offrono  nelle  cliniche  uniformi  di  una  capitale,  convien 
»  viaggiare  con  delle  masse  d*  uomini ,  per  climi  varii , 
»  ed  osservarli  soggetti  a  tutte  le  vicissitudini  e  sotto 
»  l'influenza  delle  cause  che  producono  le  intermittenti. 

»  Nella  primavera  le  intermittenti  sono  più  flogisti- 
»  che  e  tendono  alla  continuità  per  il  trattamento  sti- 
»  molante  e  per  la  china.  . .  .  Nella  state ,  se  mai  fosse 
»  secco  e  caldo,  si  sciolgono  sole  per  sudori.  ...  In  au- 
»  tunno  e  nel  verno  si  complicano  facilmente  con  bron- 
»  chiti,  pneumoniti,  ecc.  — >  Nei  paesi  caldi  le  congestioni 
»  sono  più  vive,  le  grosse  milze  più  facili,  le  gastriti 
»  considerabili.  -—  Nei  freddi  ed  umidi,  nei  temperati  ed 
»  umidi,  vi  sono  meno  gastriti ,  ed  il  trattamento  è  più 
»  facile. 

»  Come  tali  malattie  diventano  mortali  ì  , 
>  1.*^  Per  la  violenza  delle  congestioni  e  delle  emor- 
»  ragie  nei  primi  accessi,  senza  che  abbiano  nulla  di  per- 
»  nicìoso  : 


549 


»  8,"*  Convertendosi  in  continuo  : 

»  B."  Producendo  delle  gastroenteriti  croniche  : 

>  4.»  Per  infiammazioni  successive  che  le  complicano: 

>  5."  Per  idropisie ,  deterioramento  nei  vasi  ed  affe- 

»  zioni  scorbutiche.  ;    , 

»  Trattamento Convien  sempre  cercare  di  n- 

»  stabilir  il  più  presto  possibile  le  funzioni  in  istato  nor- 

>  male,  ciò  per  altro  se  non  havvA  ostacolo  infiammar 
»  torio.  Ma  richiamatevi  che  esiste  quasi  sempre  un'  ir- 

»  ritazione  continua  che  mantien  l' accesso Togliete 

»  la  sonda guarite  la  resipola,  ecc.  In  primavera 

»  quando  passano  a  continuità,  generalmente  si  salassa  ; 
»  ma  si  fa  meglio  di  salassar  localmente,  a  meno  che  non 

>  siavi  pletora.  Ma ,  voi  direte ,  le  vostre  sanguisughe 
»  sono  inevitabili  ;  voi  volete  sempre  sanguisughe  ? 

>  Io  voglio  ciò  che  i  fatti  mi  sforzano  dì  volere,  e  trovo 

>  che  per  tale  metodo  ho  pochissimo  bisogno  di  febbri- 
»  fughi  ;  e  che  si  ripara  alle  recidive  ed  alle  gastriti  cro^ 
»  niche  ;  chtf  se  poi  sovvenga  l'  abitudine  intermittente 

>  la  si  attacca  più  sicuramente  collo  stimolo  della  china. 
»  I  partigiani  del  metodo  contrario  vi  parlano  di  guari- 
»  gioni  immense  ottenute  per  tale  sola  medicina  data  ad 
»  alte  dosi;  ma  non  vi  dicono  cosa  delle  sue  vittime,  in 
»  qualche  circostanza ,  tanto  numerose.  È  meglio  e  pìii 
»  sicuro  togliere  la  gastroenterite   e  le  altre   infiamma* 

>  zioni,  come  se  fossero  indipendenti  dalla  intermittente; 

>  poiché  questa  cede  poi  a  dosi  di  chinina  più  lievi.  Con 

>  due,  quattro,  sei  grani  di  solfato  di  chinina,  io  gua- 

>  risco  comunemente  le  intermittenti  di  Parigi ....  >• 
Non  possiamo  tacere  poi  il  caso  nel  quale  dice  di  aver 
ottenuto  successi  dal  chinino  incorporato  col  midollo 
di  bue  ed  applicato  per  frizione  sulla  colonna  verte- 
brale :  poiché  non  sapremmo  decidere  se  dovesse  tenersi 
mezzo  curativo  il  chinino  o  le  frizioni. 

Poscia  egli  parla  di  altro  caso  pratico ,   quello  cioè 


560 

delle  febbri  troppo  bruscamente  soppresse  pel  chinino  senza 
r  oso  di  preventive  evacuazioni.  Voi  leggerete,  ei  scrive, 
negli  autori  che  tale  metodo  espone  ad  ostruzioni  ^  a 
torpori  viscerali^  a  paralisi ^  e  che  devesi  rimediare 
provocando  il  ritomo  degli  ctccessi  purgando^  facendo 
vomitare  y  e  poi  amministrando  metodicamente  il  chi- 
nino..  .  .  .  Io  vidi  fra  gli  altri  un  uomo  giovane,  at-^ 
toccato  dalla  intermittente ,  che  dopo  aver  preso  in 
una  volta  del  chinino,  divenne  impotente  nelle  sue 
gambe.  Ciò  era  a  Xeres  neir Andalusia,  lo  non  facea 
grande  uso  di  sanguisughe  in  quel  tempo,  poiché 
avrei  dovuto  applicarne  in  buon  nufnero  all'  addome; 
ne  applicai  poche,  ma  lo  salassai,  gli  diedi  degli  am- 
mollienii,  vuotai  il  canale  intestinale  con  lavativi, 
amministrai  qualche  lieve  sudorifero ,  ed  in  seguita 
la  china.  In  quattro  o  cinque  di  fu  guarito. 

Vidi  altri  casi  nei  quali  i  malati  erano  attaccati 
da  meteorismo  pronto  per  aver  preso  troppo  brusca-* 
mente  il  chinino  ;  altri  aveano  una  peritonite ,  una 
gastrite  che  causavano  quindi  disordini.  Cosa  signifi-- 
cava  ciò  f  Che  si  avea  messo  la  chinina  in  organi 
ammalati. 

Convien  sempre,  voi  il  vedete,  ritornare  ai  nostri 
principi]:  distruggere  le  irritazioni  colle  sottrazioni 
locali^  cogli  ammollienti,  i  raddolcenti,  ed  amministra- 
re i  febbrifughi  nel  dappoi.  Se  r  intermittente  è  gra-* 
ve,  si  porta  il  chinino  sulV  organo  che  lo  può  ricc" 
vere ,  non  tralasciando  però  di  pensare  che ,  passato 
in  circolo,  non  soprairriti  lo  stomaco.  Allora  lo  si 
sospende  e  lo  si  rimpiazza  con  altri  febbrifughi.'  Si 
ha  f  OPPIO  che  può  essere  associato  ai  mucilaginosi\ 
ai  gommosi,  ai  sudoriferi. . . .  ecc. 

Passa  di  poi  a  parlare  delle  perniciose  miasmatiche; 
e  quivi  avverte  che  le  perniciose  non  sono  tutte  miasma^ 
ttche,  essendo  poi  certo  che  le  miasmatiche  offrono  piii 


551 

perniciose  delle  altre.  —  «  La  causa  sta  evidentemente 
»  nei>  miasmi  paludosi  che  aggiungono  al  freddo  umido 
»  alternante  coi  calori,  V avvelenamento.  Ma  tutte  lo  pa- 
»  ludi  non  comunicano  poi  la  stessa  malignità;  e  ve  ne 
»  sono  di  quelle  che  non  agiscono  che  per  Valternativa 
»  del  freddo  umido  e  del  calore  >. 

Empedocle  s' immortalò  per  aver  deviato  il  corso  di 
due  ruscelli  infetti  che  m^zntenevàno  in  Selinunte  (in 
Sicilia  dove  Apollo  tenéa  un  oracolo)  delle  febbri  per-- 
niciose.  Tutti  vi  languivano  e  le  femmine  partorivano 
pria  del  termine.  Dopo  il  risanamento  del  luogo,  fatto 
da  questo  grande  filosofo,  la  salute  pubblica  fu  ot-- 
iima. 

Discorso  qualche  cosa  sulle  località  come  causa  di  tali 
febbri,  passa  ai  sintomi.  «  Tali  febbri  hanno  maggiore  ir- 
»  regolarità  delle  comuni;  ed  il  principio  di  reazione 
»  sembra  impedito  dal  veleno y  da  cui. ne  risultano  con- 
»  gestioni  violenti  o  viziosamente  aumentate  in  varii  or- 

>  gani.  • 

»  Nelle  febbri  comuni  la  reazione  che  scioglie  può 

>  essere  impedita  da  un  focolare  flogistico  antico  che 
»  mantenga  la  congestione  e  la  febbre  dopo  l'accesso .... 

>  E  bene!  nel  caso  attuale  non  havvi  bisogno  alcuno 

>  di  flemmassia  antica,  e  nemmeno  di  disposizionB'  /fo- 
»  gistica  per  dare  alla  febbre  un  carattere  pernicioso. 

>  L'avvelenamento  miasmatico  solo  è  sufficiente . . .  >. 

Dopo  di  ciò  parla  della  divisione  delle  perniciose^  e 
poscia  delle  necroscopie.  «  Nei  soggetti,  egli  scrive^  morti 

>  rapidamente  per  febbri  perniciose,  si  trovano  delle  con" 

>  gestioni  senza  infiammazioni.  In  Italia  ed  in  Ispagna 

>  ho  aperto  di  tali  soggetti,  e  vi  ho  trovato  delle  con- 
»  gestioni  0  nel  canal  digerente ,  o  nel  polmone ,  o  nel 
»  capo ,  ecc.  Quando  eranvi  stati  più  accessi  ia  infianir' 

>  mazione  era  caratterizzata  >. 

La  cura  la  divide  come  nelle  semplici.  Quivi  però  non 


982 

tarda  tanto  nella  somministrazione  della  china  o  del  ehi- 
aino;  poiché  rimediato  T  accesso  o  col  trattamento  anti" 
fiogistico^  0  coi  rive llenti,  cogli  stimoli,  ecc.,  comanda 
subito  in  buona  dose  il  chinino  per  1*  una  via  o  per  V  al- 
tra a  seconda  che  sia  permesso;  e  soggiunge  che  T am- 
ministrazione di  esso  deve  esser  fatta  le  plus  tòt  pos^ 
stòle  •  k  •  •  • 

Di  sopra  parlando  della  febbre  etica  trovammo  che 
egli  si  compiacque  assai,  ed  a  ragione^  di  aver  messa  in 
chiaro  queir  affezione.  —  Che  questa  morbosità  rabbia 
colpito  fin  dapprincipio  de*  suoi  studj ,  lo  troviamo  nella 
sua  operetta  Ricertie  sulla  febbre  etica,  stampata  fin 
dal  1803  e  dedicata  air  illustre  Pinel. 

Quantunque  queir  opuscolo  non  porti  1*  impronta  au- 
torevole del  Broussais  professore,  perchè  scritto  da  esso 
lui  giovane  ancora  e  non  istruito  da  quella  pratica  e  da 
quegli  studj  che  lo  resero  nel  dappoi  cosi  celebre  ;  pure 
in  quel  primo  scritto  noi  non  lo  veggiamo  servile,  e  cor- 
tigiano, e  vi  troviamo  fatti  non  immeritevoli  df  tutta  la 
considerazione  medica.  — *  E  ponendo  da  parte,  ripetia- 
mo, tutte  quelle  considerazioni  e  tutte  quelle  argomen- 
tazioni che  provengono  dal  modo  diverso  di  ravvisare  i 
fatti,  noi  non  considereremo  che  i  fatti  stessi;  e  di  essi, 
quelli  ove  meno  possano  cadere  sospetti  od  equivoci. 

Per  es.,  noi  troviamo  uiìa  donna  di  50  anni  portata 
all'ospizio  di  Varsavia  nel  marasmo  il  più  completo  con 
degli  accessi  di  lenta  febbre.  Una  dieta  succulenta  la  ri- 
stabilisce prontamente,  poichò  la  ipiseria  T avea  condotta 
a  quel  punto.  Oss.  4.*. 

Heistero  vide  la  figlia  di  un  consigliere  di  18  anni , 
magrissima  ed  assai  soggetta  ad  emorragie  nasali.  Essa, 
senza  causa  conosciuta,  cadde  in  una  febbre  etica ,  dalla 
quale  fu  guarita  col  succo  di  cedro,  colle  acque  minerali 
e  col  vino  usato  moderatamente.  Caso  dove  vedesi  un'ana- 
logia causale  con  altro  osservato  da  Riedlin ,  e  con  altro 
osservato  dal V  Hofmann.  Osd.  17.\ 


653 

Un  teologo^  piissimo,  studiosissimo,  sapientissimo,  cad- 
de nel  marasmo,  essendo  lontano  dal  suo  paese;  e  provò 
una  febbre  lenta,  a  dir  vero,  ma  sensibile.  Il  suo  medi- 
co, dopo  un  esame  scrupoloso,  non  potò  attribuirla  che 
allo  studio,  e  vedendo  che  si  prolungava  per  va^ie  set- 
timane, lo  consigliò  a  ritornare  alla  patria,  alla  dieta 
lattea  ed  al  riposo  intellettuale.  — -  Pria  di  ritornare  alla 
patria  guari.  Oss.  18.*. 

Un  fanciullo,  figlio  di  un  Prefetto  militare,  fu  da  suo 
padre  confidato  ad  un  colonnello.  Non  ancor  distante  sei 
miglia  dal  suo  paese,  ansietà  precordiali,  inquietudini^ 
perdita  di  appetito  e  sintomi  febbrili  non  equivoci.  Dopo 
molto  tempo  trovato  che  ciò  dipendea  dal  desiderio  di  ri- 
tornare alla  sua  casa,  trovato  inutile  ogni  altro  mezzo, 
si  accondiscese;  ed  il  giovane,  ridotto  all'agonia,  guari 
perfettamente.  Oss.  25.*. 

Questi  fatti,  secondo  il  ipio  credere,  domandano  molta 
considerazione;  poiché  non  credo  che  in  essi  potrebbesi 
ritenere  con  tanta  facilità  come  causa,  una  infiamma- 
zione di  qualche  localià. 

Molti  altri  fatti  tratti  dalla  stessa  opera  del  Brous- 
sais  potremmo  registrare,  ma  in  essi  T esclusione  di  una 
località  a£fetta  non  sarebbe  cosi  netta  e  precisa  da  poter 
perfettamente  tranquillare  il  medico  osservatore. 

Anche  noi  ebbimo ,  sono  già  molti  anni ,  a  prestar 
l'opra  nostra  ad  una  donna  gravida  in  quinto  mqse  che, 
febbricitante  di  piressia  continua,  non  lasciava  scoprire 
sede  alcuna  morbosa.  Ogni  indagine  ci  riusci  inutile  «  ogni 
mezzo  usato  colla  più  grande  cautela  fu  invano  adope- 
rato ».  Non  riposo  e  dieta  austera;  non  salassi  piccoli  e 
ripetuti;  non  digitale  e  nitro;  non  altre  sostanze.  Arri- 
vato il  momento  naturale  del  parto,  la  donna  disimpe- 
gnava questo  atto  regolarmente,  come  lo  avea  fatto  molte 
altre  volte.  Eseguito  il  parto,  ne  segui  lo  scolo  dei  loc- 
chj  normali,  e  si  ebbe  la  cessazione  totale  della  febbre 
che  mai  più  ricomparve^ 


554 

In  questo  easo  sembra  chiaro  che  la  cagione  della  feb- 
bre possa  esser  creduta  una  condizione  subflogistica  del* 
r  utero  ;  ma  nei  casi  di  sopra  riportati  non  credo  cosi  fa- 
cile il  ritrovarne  una. 

E  quantunque  parlando  delle  etiche  di  Galeno  noi 
abbiamo  detto  che  quelle  febbri  si  devono  ritenere  dipen- 
denti da  «fia  condizione  flogistica  di  qualche  parte;  pure 
onde  scrupolosamente  trattare  T argomento,  non  possia- 
mo fare  a  meno  di  notare  le  suddette  eccezioni  le  quali 
domandano  una  considerazione  matura  ed  una  soluzione 
non  precipitata  ;  specialmente  se  ad  esse  si  aggiunga  V  opi- 
nione del  grande  BàglivL 

Riassumendo  questo  Caposcuola,  oltre  alle  osservazioni 
ed  ai  rimat*chi  fatti  tratto  tratto,  noi  crediamo  essenziale 
la  distinzione  della  irritazione  dalla  infiammazione  e 
dalla  subinfiammazione.  La  prima  può  esser  fatta  da 
qualsiasi  agente,  e  può  presentare  una  quadruplice  for- 
ma: la  seconda  e  la  terza  sono  forme  particolari  di  essa. 

L' irritazione  si  trasporta,  dice  l'Autore ,  ma  per  non 
cader  in  errore  e  prevedendo  che  V  irritazione  infiam^ 
matoria  e  V  irritazione  emorragica  non  si  trasportano , 
aggiunge:  se  però  tale  linguaggio  non  vi  piace,  diremo 
che  nata  un'  irritazione  in  una  parte ,  molte  volte  si 
vede  contemporaneamente  in^sorgere  un  simile  disordine 
in  altra  parte:  ciò  che  è  ben  diverso,  diciamo  noi,  po- 
tendo avvenire  o  per  simpatia  sinergetiea,  o  per  diffu" 
sione f  0  per  trasporto  di.  materia  morbosa:  ed  è  bea 
difierente,  ripetiamo,  poicbè  espressivo  di  natura  e  di  pre- 
cetti terapeutici  diversi. 

Nò  crediamo  poi  che  quell'illustre  credesse  in  fatto 
che  V irritazione  e  Vinfiammazione  fossero  sorelle;  poi- 
ché avendo  detto  che  V  irritazione  non  ha  una  marcia 
ed  un  corso  fissi  ;  questo  tanto  egli  non  potea  averlo  cer- 
tamente esteso  alla  vera  infiammazione,  specialmente  dopa 
quanto  di  grande  e  di  vero  ebbe  provato  il  nostro  Tom- 
masini. 


555 

V  irritazione  che  produce  una  febbre  è -una  lieve 
differenza  dell*  infiammazione  ;  e  là  febbre  è  una  irrita* 

ZIONE   CARDIACA    PRlMiriYA  0   SIMPATICA. 

Ecco  quindi  che  TAutore  materializza  la  febbre  in 
una  morbosità  cardiaca;  e  cosi  volendo  dissenziali zzar- 
la, ne  forma  di  essa  un*  Ente,  contro  quanto  professia- 
mo noi.  Ed  in  vero  ritenendola  un  calore  morboso,  non 
la  diciamo  che  un  fenomeno:  ma  non  antecipiamo. 

Le  febbri  essenziali  si  riducono  a  gastroenteriti  sem- 
plici 0  complicate. 

E  siccome  le  irritazioni  possono  essere  continue  con 
esacerbazieni,  cosi  anche  le  febbri  essenziali  saranno  ga- 
stroenteriti con  esacerbazioni. 

La  intermittente  è  una  gastroenterite  in  cui  V  irri- 
tazione si  sposta  e  si  trasporta  agli  esalanti  cutanei  dando 
una  crise  per  sudore.  Le  remittenti  sono  quelle  dove  Vir- 
ritazione  non  si  sposta  completamente. 

Ora  come  mai  Yinfiammazione,  processo  che  non  si 
sposta,  sarà  la  causa  delle  intermitttentil  Noi  troviamo 
poca  verità  in  tal  fatto;  e  diciamo  poca,  poiché  esso  non 
è  che  r  esagerazione  di  quello  professato  dal  Galeno,,  che 
noi  né  sempre,  né  tutto  assolutamente  possiamo  ammet- 
tere: fatto  che,  mutatis  mutandis,  venne  copiato  dal- 
l'italiano Giacomini  e  venduto  da  esso  come  frutto  di 
sua  esperienza ,  e  come  sua  invenzione.  —  E  noi  non  lo 
possiamo  ammettere,  perché  il  valore  dei  fatti  e  la  sco- 
perta della  china  l'ebbero  infirmato.  Ciò  che,  speriamo, 
saremo  per  dimostrare. 

Le  perniciose  non  differiscono  dalle  semplici  che  pella 
violenza  e  pel  danno  delle  congestioni.  Ma  tale  proposi- 
zione che  si  legge  fra  quelle  che  trovansi  premesse  al 
suo  Examen ,  deve  essere  modificata  per  quanto  insegna 
la  sua  patologia. 

Quivi  troviamo  di  fatto  che  le  perniciose^  altre  sono 
miasmaticìie,  altre  nò.  Quindi  la  proposizione  ammessa  nel 


556 

suo  Examen  sarà  attendibile  o  no  per  le  non  miasmatu' 
che;  ma  per  quelle  che  sono  tali,  hayyi  ancora  T altra 
potente  causalità,  1*  avvelenamento  miasmatico  che  ba- 
sta egli  solo. 

Nei  morti  per  tali  malattie,  il  nostro  Autore  scrive 
che  si  trovano  congestioni  senza  infiammazioni,  se  la 
morte  sia  avvenuta  rapidamente;  ciò  che  significa  che 
la  malattia  non  è  primitivamente  e  per  sua  natura , 
flogistica. 

Nello  stesso  Trattato  troviamo  spiegata  la  causa  della 
periodicità  colle  alternative  del  caldo  e  del  freddo;  teo- 
rica non  recente,  e  sostenuta  molto  prima  dal  Pucci- 
notti. 

Non  possiamo  poi  menargli  buona  la  definizione  della 
voce  diatesi.  Ed  in  fatto  cosi  scrive:  «  V irritazione 
»  TENDE  a  propagarsi  per  similitudine  di  tessuto  e  di 
»  sistema  organico:  ciò  è  quello  che  costituisce  le  diate^ 
»  si  »  da  cui  si  vede  eh'  egli  per  diatesi  intese  una  ten^ 
denza,  un*  inclinazione,  un*  attitudine,  non  un  atto  ed 
un  fatto  compiuto. 

Dal  tutto  detto  ci  sembra  che  il  Broussais,  ben  me- 
ritevole di  elogio,  di  stima  e  di  riconoscenza,  non  possa 
però  esser  detto  inventore;  ma  acuto,  esperto  e  grande 
coordinatore  di  quanto  trovava  fatto  dagli  altri  e  che 
avea  verificato  colla  propria  esperienza.  —  E  tale  illu- 
stre, ricco  di  erudizione,  non  dobbiamo  tenerlo  plagio  de- 
gli italiani,  come  volle  alcuno  ;  ma  come  quegli  che  istruito 
dallo  splendore  dei  fatti  e  delle  dottrine  altrui,  seppe  can- 
giarle in  suo  proprio  succo  e  presentarle  ai  suoi  studenti 
unitamente  al  frutto  della  sua  vasta  e  molta  pratica  e 
de*  suoi  profondi  studj. 

Il  modo  franco  del  suo  insegnamento  improvvisato; 
la  sua  logica  stretta  e  severa; Ma  relazione,  l* analogia 
e  la  coordinazione  dei  fatti  presenti  in  appòggio  del  suo 
dire;  lo  fecero  eminente  e  duce  di  molti  illustri»  fra  i 
quali  citeremo  i  principali^ 


657 

Boiss&ÀU.  -«  Quésto  celebre  medico,  conosciuto  quale 
benemerito  alla  scienza,  sostenne  la  medicina  fisiologi^ 
ca,  specialmente  nella  classe  Febbri. 

Nel  1824  pubblicava  una  sua  opera:  Pir etologia  fisio- 
logica, cbe  varie  volte  veniva  ristampata  ed  ottenea 
r  approvazione  generale. 

In  questa  opera,  da  tutti  conosciuta,  troviamo  intanto 
che  la  malattia  viene  stabilita  una  lesione  di  uno  o  ptic 
organi;  per  cui  meglio  del  Broussais  vi  comprende  cosi 
la  causa  prossima  e  1* alterazione  da  essa  prodotta:  infe- 
riore però  a  quella  degli  antichi,  poiché  non  ogni  lesione 
di  organi  alteri  le  funzioni,  e  non  ogni  lesione  sia  morbo. 

E  qui  però  conviene  che  ci  facciamo  contro  del  no- 
stro illustre  francese,  quando  dice:  I  diversi  gruppi  na-- 
turali  od  artificiali  hanno  ricevuto  il  nome  di  malat- 
tie; e  che  diciamo  esser  questo  un  errore  non  abbrac- 
ciato dalla  generalità ,  ma  solo  professato  da  coloro  che, 
poco  filosofi,  intesero  assai  male  le  dottrine  de'  nostri  pre- 
decessori. -1-  I  diversi  gruppi  di  sintomi  furon  detti  szn- 
drome,  come  egregiamente  egli  notò;  ma  sindrome  presso 
gli  antichi  non  fu  mai  morbo;  e  chi  volesse  sostenere  un 
tale  errore,  potrebbe,  esser  rimandato  a  studiare  un  pò 
meglio  quei  codici  che  polverosi  ed  inutili  contengono 
tanti  studj ,  tanti  sudori  e  tante  sementi  lasciate  infeconde 
dalla  generale  poltronla. 

Egli  fa  la  distinzione  della  irritazione,  nevrosi  ste-- 
nica^  dal  suo  grado  un  pò  maggiore  che  ammette  anco 
un  lieve  disordine  vascolare  sanguigno;  e  da  uno  mag- 
gióre ancora  eh'  è  l' infiammazione  co'  suoi  prodotti. 

Egli  scrive  che  fino  ad  oggi  si  usò  di  dare  il  nome 
di  infiammazione  ad  uno  stato  di  una  parte  che  pre- 
sentava rossore,  calore,  dolore,  tumefazione;  che  potea 
cosi  essere  ancor  detta  purché  non  si  fosse  ritenuto  uno 
stato  sui  geheriSy  ma  solo  un  grado  di  irritazione. 

Dice  irritazione  nen^osa  quella  de'  filamenti  nervosi 


558 

che  si  erede  accompagnare  gli  nltimi  rami  vascolari.  Dare 
il  nome  di  infiammazione  ali*  irritazione  dei  vasi  sanguigni 
capillari;  e  ritenere  subinfiammazione  1* irritazione  de- 
gli esalanti,  è  mettere  la  questione  fuori  de*  nostri  sensi 
e  nella  ii)otesi;  è  fare  una  distinzione  riprovata  dalla  lo- 
gica perchè  sconosciuta  dall* anatomia  patologica.  Ne- 
vrosi, infiammazione,  subinfiammasione,  emorragia, 
non  rappresentano  malattie,  ma  gruppi  di  sintomi,  effetto 
di  irritazione,  varietà  di  essa. 

Noi  però  diciamo  che  tale  distinzione  non  può  essere 
antilogica  pel  motivo  eh*  è  sconosciuta  dalla  anatomia  pa- 
tologica. Ed  in  fatto  se  le  suddette  forme  morhose  sono 
diverse,  devA  anche  ammettersi  diversità  di  luogo.  D'al- 
tra parte  la  logica  va  assai  di  spesso  oltre  ai  sensi  ed  al 
microscopio. 

Una  distinzione  migliore  crede  TAutore  che  sia  quella 
àeW irritazione  continua,  remittente  ed  intermittente; 
e  qui  loda  molto  il  Pinel,  il  quale  fece  fare  un  grande 
passo  alla  scienza,  additando  che  una  malattia  non 
cangia  di  natura  anco  cangiando  di  tipo.  Cosa,  secondo 
noi,  falsamente  attribuita  al  Pinel,  quando  si  voglia  in 
cx)scienza  intender  bene  il  modo  di  spiegazione  degli  ac- 
cessi dato  da  Galeno:  modo  che  fu  dopo  lui,  e  come  suo, 
ripetuto  da  tutti  i  medici  fino  al  secolo  XVII. 

Egli  crede  sfuggiti  ali* attenzione  del  Broussais  due 
fatti:  1.®  che  un'irritazione  acuta  o  cronica  possa  pro- 
durre Vastenia  del  tessuto  e  dell'organo  ammalato,  tanto 
se  i  segni  locali  o  simpatici  dell'irritazione  persista- 
no, quanto  se  cessino  con  essa:  —  2.°  che  i  fenomeni 
simpatici  dell'irritazione  possono  continuare  anche 
cessata  l'irritazione. 

Noi  però  troviamo  che  tali  due  fatti  non  possono  es- 
sere stati  dimenticati  da  un  medico  teorico  si,  ma  emi- 
nentemente pratico,  come  fu  il  Broussais.  Ed  in  fatto  il 
primo  non  ò  che  T  effetto  di  quanto  si  osserva  in  molte 


559 

malattie  flogistiche.  Guarito  il  morbo,  la  parte  non  en- 
tra sabito  nello  stato  normale;  ma  passa,  per  fasi  molta 
e  successive  di  debolezza,  di  maggiore  e  minore  sensibi- 
lità, di  funzione  più  o  meno  inceppata  ed  imperfetta,  a 
seconda  delle  varie  idiosincrasie  delle  parti  ammalate  e 
delle  cure  prestate.  Questo  fatto  di  transizione  fra  la  ma- 
lattia e  la  salute,  conosciuto  dal  Broussais  come  da  ognu- 
no, non  fu  chiamato  dall'illustre  prof,  di  Val-de-Gràce 
una  irritazione;  poiché  tale  noli  era,  né  tale  veniva  dai 
fenomeni  dimostrato. 

Il  secondo  fatto  non  significa  altro  che  una  parte,  ca- 
duta ammalata  per  consenso,  seguita  ad  esserlo  ancorché 
guarita  la  primitiva  affezione.  Ora  quando  un  sommo  pra- 
tico scrive  che  gli  argani  simpaticamente  irritati  possono 
contrarre  Y  irritazione  ad  un  grado  superiore  a  quello 
del  primo  organo  affetto,  indica  ancora  che  il  disordine 
simpatico  puote  esistere  sopra  il  primitivo  e  continuare 
da  sé  indipendentemente  da  esso.  —  Ora  tali  due  fatti 
compresi  nei  canoni  generali  di  tutte  le  medicine  di  que- 
sto mondo,  inspirati  anche  dal  solo  buon  senso,  e  le 
mille  volte  provati  dalla  pratica,  possono  mai  essere  stati 
dimenticati  da  un  uomo  come  si  fu  il  Broussais  ? 

E  qui  seguitando  noi  T analisi  della  sua  introduzione, 
faremo  al  prof.  Boisseau  lo  stesso  rimarco  che  femmo  al 
sig.  prof;  Lepelletier,  vale  a  dire  che  egli  non  comprese 
perfettamente  cosa  sia  metodo  derivante  e  cosa  revel- 
lente.  Ed  in  fatto  cosi  egli  scrive: 

<  A  tali  mezzi  che  costituiscono  il  metodo  anti-irri- 
»  tativo  propriamente  detto  altrimenti  nominato  antifio^ 
»  gistico,  devonsi  di  sovente  aggiungere  l'impiego  degli 
»  irritanti  messi  a  contatto  di  un  tessuto  piti  o  msno 
»  lontano  dall'organo  irritato.  Questi  irritanti  sono: 
»  1.®  i  rubefacenti,  i  vescicanti  e  gli  escarotici  della  pel- 
»  le;  2.^  i  vomitivi  ed  i  purgativi,  gli  stimoli  diffusivi, 
»  gli  stimoli  fissi  ed  i  tonici  delle  membrane  mucose.  Tali 


500 

»  meizi  appartengono  al  metodo  derivativo,  qaando  Tor- 
»  gano  col  quale  si  mettono  a  contatto  non  sia  Tor- 
»  gano  irritato  ».  —  Ora  chi  non  vede  che  viene  ap- 
pellato derivativo  il  metodo  chiamato  dalla  più  alta  an- 
tichità revellenteì 

Parlando  delle  febbri  in  generale,  comincia  egregia- 
mente osservando  che  gli  antichi  tenevano  la  febbre  co- 
me un  fenomeno,  come  un  sintomo;  ma  poscia  cade  su- 
bito nella  ignoranza  delle  opere  antiche,  dicendo  che  fu 
dal  Galeno  che  un  tale  nome  venne  tenuto  quale  una 
malattia  ;  mentre  sappiamo  che  Galeno  ci  disse  chiaramente 
r  opinione  degli  antichi  e  la  propria  in  termini  ben  di- 
versi. 

Parlando  della  febbre  infiammatoria,  nota  che  tre 
sono  le  sue  varietà,  almeno  secondo  i  pratici:  I.^  effi^ 
mera;  2.®  sinoca  infiammatoria  propriamente  detta; 
3.^  sinoca  od  infiammazione  grave.  —  Poi  soggiunge: 

«  Queste  tre  varietà  non  differiscono  solo  neirm^^h- 
sità,  ma  anche  per  la  sede  ».  Ora  (M>me  mai  tre  febbri 
che  differiscono  di  intensità  e  di  sede  possono  essere  inesse 
quale  varietà  di  una  sola?  Come  mai  dire  che  una  feb- 
bre dove  il  cuore  stesso  puote  essere  infiami^ato,  non  è 
che  una  varietà  dell*  altra  ove  il  cuore  non  è  che  trrt- 
tato  ed  anche  simpaticamente?  Mentre  che  sappiamo  la 
differenza  immensa  che  passa  fra  irritazione  ed  infian^ 
mazione.  E  ciò  lo  diciamo  in  onta  agU  sforzi  fatti  dai 
medici  francesi  onde  fare  apparire  una  sola  gradazione 
di  fenomeno,  ciò  eh*  eglino  stessi  stabilirono  di  natura  dif- 
ferente. 

Per  la  qual  cosa  noi  non  ammetteremo  mai  che  una 
effimera  non  sia  che  una  varietà  della  sinoca  grave; 
varietà,  cioè,  della  cosi  detta  febbre  infiammatoria;  e 
condanneremo  sempre  air  anatema  che  ees  variétés  ne 
sont  évidemment  que  de  nuances  des  degrés,  ou  le  ré^ 
sultat  de  Vextension  de  la  méme  maladie^ 


561 

Sentasi foi  come  chiaro  ed  esplicito  scrive  questo  dotto: 

«  Oggidì  sulla  natura  di  questa  febbre  (infiammatòria) 

»  non  havvi  che  una  Toce.  Si  conviene  che  t  fenomeni 

»  che  la  caratterizzano  dipendano  da  una  stenia,  da  un 

»  eccitamento,  da  vin' irritazione,  da  un' angiostenia,  da 

>  una  iperemia,  da  \xn' in/tammazione ,  termini  sinO'" 
»  nimi  che  tutti  designano  un  eccesso  di  vitale  atti- 

>  vita  »r 

Noi  per  dir  véro  rendiamo  tante  e  tante  grazie  al 
*  professore  di  una  tale  lezione  di  sinonimia.  Stenia  sino- 
nimo di  infiammazione ,  di  angiostenia ,  ài  iperemia  f 
Ma,  egli  forse  soggiungerà,  tali  affezioni  o  sintomi ,  non 
domandano  forse  un  trattamento  simile  1  Certo,  noi  ri- 
sponderemo, ma  per  quanto,  simile  possa  essere  il  tratta- 
mento, noi  diremo  eh*  egli  non  forma  da  so  stesso  il  cri- 
terio sulla  natura  del  morbo  e  s.ulla  sua'  sede  ;  e  ripete- 
remo che  stenia  non  ò  iperemia,  che  questa  non  è  an^^ 
giostenia,  che  queste  tutte  non  sono  infiamamzionù 

E  per  aggiungere  forza  alla  sua  opinione  ci  seguita  a 
raccontare  che  gli  autori  concordi  nella  natura ,  non  lo 
sono  però  nel  luogo  affetto.  —  Tanto  è  vero,  noi  Hpe- 
teremo ,  che  gli  effetti  della  causa  morbosa  noà  furono 
mai  riscontrati  nella  loro  sede. 

Noi  quindi  concederemo  solo  che  per  febbre  infiam-' 
matoria  debbasi  intendere  quella  che  viene  eccitata  da 
qualche  affezione  flogistica  di  una  parte  qualsiasi,  non 
concedendo  un  tal  nome  a  quelle  febbri  tutte  che  cosi 
furono  erroneamente  chiamate  dagli  autori  —  e  perciò 
sempre  sintomatica. 

Visto  cosi  come  V  efflmera  sia  stata  erroneamente 
fatta  della  stessa  natura  deWinfiammatoria,  attendiamo 
air  esame  della  febbre  gastrica. 

Rispetto  a  tal  febbre  egli  mette  nella  stessa  olasie 
Y  imbarazzo  gastrico,  V  imbarazzo  intestinale,  Vimbor 
razzo  gastrointestinale,  la  febbre  biliosa,  il  cheterà* 

àmiLu  Voi.  CCI.  36 


562 

Le  cause  di  tali  affezioni  sono  :  V  età  adulta ,  la  vec- 
chieeza»  il  temperamento  bilioso,  la  debolezza ,  uii*  eeces- 
sira  sensibilità,  i  climi  caldi  ed  umidi;  i  luoghi  paludosi, 
gli  ospitali,  le  prigioni»  i  vascelli»  i  campi»  Testate  sul 
declinar  dell' autunno»  T  eccesso  negli  alimenti  di  natura 
indigesta  ed  irritante,  i  funghi  velenosi,  il  frutto  delTa- 
nanas,  ir  ber  freddo  quando  si  ò  in  sudore,  le  bibite  aU- 
cooliche,  i  vomitivi»  i  purgativi»  gli  antimoniali ,  1*  arse- 
mce»,  la  verminazione»  ecc.,  trasportando  cosi  testualmente 
il  Pinel.  ^  .  .  .  ' 

Da  Galeno  in  poi ,  dice  l' Autore ,  la  produzione  di 
tali  malattie  fu  attribuita  alla  bile  acre  o  in  quan- 
tità. Cullen  non  feoe  giustizia  di  tale  errore,  il  quale  fu 
anche,  diviso  dal  Tissot ,  da  Finke,  da  Selle ,  dallo  StolL 
—  Secondo  l'Autóre  fu  Pinel  e  Fordyce  che  ne-  stabili- 
rono la  sede  nello  stomaco ,  nei  duodeno ,  e  nei  visceri 
secretori  della  bile  e  del^ucco  pancreàtico.;  ma  non  vi 
videro  che  una  irritabilità  ^é&rt te.  Tommasini  stabiliva 
tal  febbre  in  una  flogosi  del  fegato  e  delle  prime  parti 
•intestinali.  Ciò  fu  una  felice  rettificazione  ^  egli  scri- 
ve ,  deir  opinione  del  Galeno  che  avea  riconosGiuto 
un'irritazione  delle  prime  ^  vie.  Broussais  andò,  più, 
oltre  e  provò  che  lo  stomaco  era  là  vera  sede. 

Sopra  un  tale  argomento  parlando  del  Meli  dicemmo 
già  abbastanza;  come  anche  allorché  parlammo  del  Tom- 
masìni  ;  donde  ogni  lungheria  inutile. 

Passa  quindi  a  parlare  della  febbre  mucosa ,  sulla 
qua/le  dice  che  non  è  più  necessario  rifiutare  le  supposi- 
zioni di  Galeno,  di  Carlo  Le  Poiz,  dello  Selle,  dello  Sàr- 
cone,  del  Roederer  e  Wagher,  di  Pietro  Frank,  sul  giuoco 
che  tengono  la  sierosità,  il  glutine,  la  pituita,  nella  pro- 
duzione di  tal  febbre  ;  perciocché  lo  studio  fisiologico 
delle  cause  non  conduce  ad  ammettere  come  causa  pros- 
sima di  una  tal  fiebbre  che  un'  irritazione  gastrointesti- 
nale. Ed  è   così  che' dimostrano  i  sintomi   non    equi-- 


563 

voci  di  gastroenterite  che  si  osservano  in  qualsiasi 
febbre  mucosa ...  ed  è  cosi  che  dimostrano  V  apertura 
dei  cadaveri. 

Trattando  àe\\à  febbre  cuUnamiea  mostrai  ad  uno  ad 
uno,  che  i  sintoori  non  esprimono  adinamia. 

E  parlando  sali' alteratone  del  sangae  mostrata  da 
MM.  Gaspard-e  Magendie,  anche  ritenuta,  scrive:  <  nul- 
»  laostante,  dietro  le  loro  ricerche,  ne  risulta  ohe  nella 
T^  febbre  adinamica  ìlsl^sì  gastroenterite,  cardite,  pneu^ 
»  munite;  o  eh' è  per  tali  infiammazioni,  e  sopratutto 
»  per  la  prima,  che  la  maggior  parte  dei  soggetti  peri-^ 

>  scono  per  tale  febbre  ;  e  che  per  conseguenza  conviene 
»  coinbatterlà  pei  mezzi  appropriati  al  trattamento  di  tali 
»  flemmassie,  salvo  le  modificazioni  relative  alla  causa  prò- 
»  duttrice,  insegnate  dall'osservazione  di  tanti  secoli  e 
»  non  per  le  esperienze ,  d' altronde  ingegnose,  di  questi 
»  fisiologi  ». 

Nota  che  il  Laénnèc  ebbe  ad  osservare  il  rammollii 
mento  ed  il  colar  violaceo  del  cuore ,  nelle  febbri  es^ 
senziali  e  specialmente  nelle  adinamiche:  che  il  Ribes 
ritenne  queste  febbri  quale  effetto  àeìV infiammazione  della 
porta  ventrale ,  della  epatica  che  va  talvolta  fino  al- 
iV  orecchietta  destra  del  cuore.  Il  quale  ultimo  Autore 
fino  dal  1816  avea  annunciato  aver  avuto  egli  fonda- 
mento di  ritenere  che  le  vene  ed  il  sangue  venoso  fos- 
sero principalmente  affetti  nelle  febbri  adinamiche.  —  Ma 
noi  però  rimarchiamo  che  lo  stesso  Autore  per  ispiegare 
la  cosa  avea  detto  :  <  Si  incontrano,  è  vero,  dei  soggetti 

>  nei  quali  le  traccio  dell'  infiammazione  venosa  sono  poco 
'»  marcate  ;  ma  sì  sa  con  quale  rapidità  esse  smariscono 

>  sul  cadavere  per  1'  effetto    della  morte.    Se  si   esamini 
»  la  parte  affetta  da  resipola  in  un  individuo    morto  da 

>  tale  malattia^  le  traccio  dell'  infiammazione  sono  quasi 
»   tutte  scomparse  :  lo  stesso  è   dell'  infiammazione   delle 

>  vene Cosi  per  me  resta  provato  che    negli  indi- 


564 

»  Tidui  morti  di  febbre  adioamica,  per  quanto  leggiera 
»  che  sia  in  apparenea  la  infiammazione  degli  intestini  » 
»  havvi  sempre  infiammazione  della  porta  ventrale. ...  »• 
—  E  rimarchiamo  questo  fatto  e  queste  ragioni  le  quali 
fiEuino  manifesto,  che  mentre  si  vuole  riconoscere  resi- 
stenza di  un*  alterazione  sanguigna,  forse  molte  volte  pri- 
mitiva alle  flogosi  delle  varie  parti ,  e  che  tale  altera- 
zione la  si  deve  ritenere  capace  di  pungere,  di  mordere, 
di  irritare  e  di  flogosare  i  solidi;  si  dimentica  o  si  mi- 
sconosce razione  che  tale  sanguigna  alterazione  avrebbe 
da  esercitare  sulle  fibre  nervose  encefalo  spinali,  disordi- 
nandone per  tal  modo  le  funzioni. 

Parlando  del  trattamento  di  tale  afiezione ,  dopo  di 
aver  detto  che  il  Botallo,  che  Guy  Patin,  che  Hecquet, 
che  Chirac,  e  Bagli  vi,  e  lo  Swieten,  ed  il  De  Haen,  e  Sj- 
denham,  ed  Huxham  e  Stoll  aveano  ristretto  il  numero 
degli  ammalati  nei  quali  i  tonici  erano  indicati,  nota  che 
il  Brown  avea  gettato  i  medici  fuori  dell*  esperienza  ;  poi 
seguita:  «  Un  primo  passo  incerto  fu  fatto  in  Italia, 
»  verso  un  miglioramento  divenuto  molto  necessario,  dai 
»  signori  Rasori  e  Tommasini  ;   ma  fu  in  Francia  e  dal 

>  Broussais  ohe  fu  decisamente  sciolto  il  problema  della 
»  natura  delle  febbri  adinamiche.  ...» 

Ma  se  il  sig.  Boisseau  avesse  badato  bene  a  quanto 
scriveva  lo  stesso  Broussais,  non  avrebbe  certo  cosi  par- 
lato. Ed  in  fatto  noi  troviamo  che  il  prof,  di  Val-de- 
Gràce  diceva: 

«  Tuttavia  una  giustizia  è  dovuta  ai  nostri  confra" 
»  telli.  di  oltre  alpi.  Essi  ci  hanno  preceduto  nella  pub-^ 

>  blicazione  di  una  grande  verità  :  essi  hanno  procla- 
»  mate  che  la  maggior  parte  delle  febbri  che  Brown 
»  chiama  asteniche^  che  i  medici  del  Nord  qualificano  di 
;►  nervose  ^  e  che  i  nostri  medici  francesi  infine  hanno 
»  riunito  sotto  ì  due  titoli  di  adinamiche  ed  atossiche, 
»  devono  essere  trattate  col  metodo   raddolcente  ed  an- 


565 

»  che  antiflogìstico.  Essi  barino  anche  il  vantaggio  per 
»  qualcheduna  delle  febbri  lente  che  noi  diciamo  etiche^ 
»  per  qualche  affezione  ghiandolare ,  e  per  la  maggior 
»  parte  delle  nevrosi,  come  T  ipocondria,  T  isteria  ed  al- 
»  tre  molte.  Effettivamente  fu  nel  1805  che  Tommasini 
»  proclamava  queste  importanti  verità  ;  e  la  Storia  delle 

>  infiammazioni  non  fu  pubblicata  che  nel  1808.  Tut- 
»  tavia  la  mia  opera  non  fu  calcata  sopra  quelle  di  que- 
»  sti  autori,  di  cui  non  avevo  conoscenza  alcuna  f'es- 

>  sendo  che  io  praticava  in  Udine,  nel  Friuli,  unicamente 
»  occupato  nel  mio  Ospitale  militare ,  e  non  avevo  idea 
»  alcuna  di  quanto   passava  a   Bologna   ed  a   Milano  e 

>  nelle  principali  città  della  bella  Italia  ». 

Ed  a  tale  dichiarazione  del  Broussais  noi  prestiamo 
intera  fede  ;  poiché  egli  fu  uomo  eminentemente  onorato. 
In  secondo  luogo  nella  sua  opera  sulle  infiammazioni  si 
vede  chiaramente  ch'egli  non  era  istruito  nella  scuola 
italiana. 

Se  adunque  cosi  parlava  il  Broussais  e  dava  agli  ita- 
liani r  onore  di  averlo  preceduto  ;  perchè  mò  il  sig.  Bois- 
seau  vorrebbe  spogliare  gì*  italiani  di  tale  onore  per 
darlo  air  illustre  francese  che  spontaneamente  lo  attri- 
buiva a  noi? 

Le  lezioni  tenute  pubblicamente  dal  Rasori  e  la  de- 
scrizione dell'  epidemia  di  Genova ,  mostrano  ancor  me- 
glio la  giustizia  del  sig.  Broussais  verso  gli  italiani.  — 
E  per  dir  vero  pochi  quanto  questo  illustre  fecero  ra- 
gione alla  nostra  medicina. 

Parlando  della  febbre  atassica  il  sig.  Boisseau  cosi 
disse:  <  Vi  sono  casi  di  febbre  atassica  in  seguito  alla 
»  quale  non  si  trova  assolutamente  traccia  alcuna  di 
»  lesione^  non  solo  nel  cervello^  non  solo  negli  oraani 
»  digerenti,  ma  in  nessuna  altra  parte  :  e  questi  sono 
»  i  meno  numerosi.  Tuttavia  non  sono  cosi  rari  quanto  le 
»  febbri  adinamiche  senza   traoda  di  gastroenterite  \ 


566 

»'  quantunque  sieno  meno  comuni  di  quanto  generalmente 

»  si  pensa  ». 

Ora  se  noi  poniamo  a  confronto  questi  fatti  coi  due" 
cento  e  più  casi  sezUmati  da  Prost ,  nei  quali  trovò 
costantemente  la  gastroenterite^  dovremo  certo  congbiet- 
turare  V  una  delle  due  :  o  la  febbre  classica  non  essere 
una  gastroenterite ,  od  i  casi  osservati  dal  Prost  non 
essere  stati  febbri  atossiche.  —  C!osi  ci  sembra  dover 
argomentare  »  perciocché  cosi  ci  sembra  ,<  secondo  quanto 
disse  il  Rasoriy  d*  esser  consoni  a  quella  semplicità  eh'  è 
propria  della  verità  e  del  ragionar  giusto. 

Per  guarir  tale  affezione ,  cK  è  assai  difficile ,  con- 
vien  combattere  V  irritazione  delF  encefalo  tirando  san- 
gue dal  capo  e  dalie  estremità  inferiori;  applicando  del 
ghiaccio  sul  primo,  immergendo  nel  bagno  caldo  le  seconde  ; 
e  dando  air  interno  delle  bevande  tiepide  o  fredde. 

Se  lo  stomaco  sia  infiammato^  sanguisughe  air  epi- 
gastrio con  fomenti  tiepidi  air  addome  :  se  siavi  diarrea, 
sanguisughe  air  ano  e  lavativi  ammollienti  ed^  anodini  : 
se  dolore  in  qualche  punto  addominale ,  sanguisughe  so- 
pra di  esso. 

^  Gli  stimoli  diffusibili  dello  stomaco  e  degli  intestini,  i 
vescicanti  e  gli  eccitanti  dèlia  pelle  che  muovono  vivo 
dolore^  saranno  severamente  allontanati.  I  rubefacienti  si 
useranno  a  fine  di  promuovere  lieve  rossore. 

^Tale  si  è  il  metodo  generale  che  deve  esser  seguito. 
Se  egli  non  è  sempre  coronato,  è  almeno  appropriato 
alla  natura  ed  alla  sede  del  male.  * 

Vi  sono  dei  casi. in  cui  iUsangue  deve  essere  tratto 
in  abbondanza  :  degli  altri  dove  si  deve  usare  grande  par- 
simonia :  e  degli  altri  nei  quali  il  salasso  è  severamente 
proibito.  , 

Se  i  vomitivi  sono  il  più  ordinariamente  nocivi  nella 
febbre  adinamica,  meglio  lo  sono  nella  a^assica.  I  pur- 
gativi possono  essere  usati  nei  casi  ove  non  havvi  irrita- 


567 

«ione  apparente  delle  vie  digerenti.  —  Il  sig.  Roche  li 
ebbe  ad  usar  molile  volte  con  arditezza  e  se  n'  ebbe  a  lo-r 
dare:  mai  a  pentirsene. 

Dopo  di  ciò  seguita: 

Il  non  veder  che  una  gastroenterite,  come  alcuni  fa^ 
nàticij  nella  febbre  gastroata^ica  o  nelle  atassiche  tut4e, 
reca  danno  ;  poiché  in  tal  caso  dovrebbesi  limitare  la  cara 
air  applicazione  di  sanguisughe.  ^ —  Dall'  altro  iato,  se  al- 
l' esempio  di  Marcus,  Rasori,  Clutterbuck,  Georget  non  si 
vedesse  in  tali  febbri  che  meningiti  ed  encefaliti,  Yir^ 
ritazione  delle  vie  digerenti  resterebbe  sconosciuta  e  ne- 
gletta. 

Ora  indovinatela,  diremo  noi  :  casi  di  febbre  atossica 
non  mostrarono  lesione  alcuna  nò  degli  organi  di^erenti^ 
né  del  cervello^  né  di  altre  parti  :  lo  dirigere  sottrazioni 
di  sangue  ^d  una  cura  antiflogistica,  contro  il  capo  e 
contro  r  addome,  costituisce  un  metodo  curativo  appro- 
priato alla  natura  ed  alla  sede  dei  male  :  fanatico  è 
chi  vede  una  gastroenterite:  poco  conoscitore  chi  sola 
una  meningite  :  -,  i  vomitivi  sono  contrari!,  perché  aggra- 
vano il  capo  :  i  purganti  sono  utili  contro  V  irritazione 
e  la  flogjosi  delle  vie  digerenti.  ' 

Indovinate  voi,  diciamo,  queste  contraddizioni  e  queste 
false  verità  scolastiche.  • 

Parlanda  del  tifo  egli  riferisce  T  epidemia  di  Roche- 
fort  del  1694  trasmessaci  dal  Chirac.  —  In  queir  incon- 
tro ia  malattia  si  presentava  con  un  freddo  glaciale,  con 
cefalea  e  pesantezza  al  capo  e  con  abbattimento  straordi- 
nario :  il  polso  si  faceva  appena  sentire.  Poi  succedevano 
nausee  e  vomiti  .quasi  continui,  quindi  diarrea  di  materie  f 

sierose,  o  miste  di  giallo,  verde,  cafife,  nero,  e  soventi  san- 
guinosissime. —  Il  polso  si  rilevava  difficilmente  :  gli 
ammalati  si  riscaldavano  appena,  e  nei  due  primi  di^  non 
riacquistavano  il  calor  naturale.  Alcuno  moriva  in  tal 
tempo  e  nel  freddo.  Generalmente  il  polso  spiccava  foco 


588 

fino  al  4.®  di  in  cai  diventava  o  naturale»  o  frequentis- 
simo e  debolissimo  ;  e  cosi  restava  fino  alla  fine  del  morbo. 

Apparivano  macchie  purpuree  fino  dal  4.^  di,  o  nei  se- 
guenti. La  febbre  raddoppiava  nella  sera.  Nel  4.^  e  5.^ 
di  gli  ammalati  deliravano  od  assopivano.  Il  ventre  si 
tendeva  e  V  ipocondrio  destro  si  £9u»va  dolorosissimo.  Su- 
dori nói  7."",  UJ"  e  14.^  —  Epistassi  molte. 

Necroscopia.  —  Cervello  sempre  ingorgato  di  sangue 
nero  fisso  o  livido.  Fegato  infiammato  ed  ingorgato. 
Stomaco  ed  intestini  rossi^  infiammati  con  macchie  livide. 
Vasi  centrali  pieni  di  sangue. 

Dopo  di  questa  descrizione  passa  alle  osservazioni  del 
Pringle  che  noi  conosciamo;  quindi  alla  narrativa  del 
tifo  del  1757  che,  sviluppato  nella  squadra  deirammira- 
glio  Dubois  de  la  Mothe,  invase  Brest.  Tale  narrativa  è 
tratta  dal  Poissonier-Desperriòres. 

In  tale  incontro  la  malattia  cominciava  con  lassezza, 
pesantezza  oppressiva,  cefalea  gravativa ,  debolezza  delle 
facoltà  intellettive,  tendenza  air  assopimento.  Poi  polso 
molle,  piccolo  ;  inquietudine  ;  yomiti  ;  bocca  cattiva  e  flato 
fetido  ;  occhi  abbattuti  od  animati  e  vivi  ;  infiammazione 
della  congiuntiva,  lagrimazione ,  brividi  irregolari,  disp- 
nea ;  volto  livido  e  piombino.  .Nel  progresso  calor  acre 
alla  cute,  polso  piccolo  e  concentrato,  o  più  forte  e  rial- 
zato, od  intermittente  ed  irregolare.  Nella  sera ,  esacer- 
baziene febbrile  con  freddo  a  tipo  doppio  terzanarie  ;  do- 
lor allo  stomaco  ed  al  fegato;  vomiti  di  materia  porra- 
cea e  giallastra  ;  tensione  degli  ipocondri  e  dell'  addome. 
—  Alcuni  con  ventre  libero ,  altri  con  ventre  chiuso.  — 
Delirio  quieto  o  furioso;  pelle  secca;  odore  dei  sudori 
insopportabile  ;  materie  fecali  fetidissime  ;  lingua  secca , 
nera;  sete  da  principio,  poi  minore;  convulsioni;  carfo- 
logia  ;  macchie  purpuree,  livide,  nere  ;  alcuna  volta  sor- 
dità ed  anco  amaurosi. 

Dopo  il  7«^  di  afte  gangrenose;  alla  bocca  ed  alla  gola; 


569 

sudori  vischiosi  e  freddi  ;  dispnea  ;  singhiozzo  ;  agitazione  ; 
dejezioni  orrihihnente  fetide;  escoriazioni;  alle  volte 
antrax:i  ;  soventi  petecchie  e  miliare. 

Necroscopia.  —  Malgrado  i  sintomi  cerebrali ,  in 
venti  cadaveri  il  cervello  non  mostrò  lesione  veruna,  se 
si  eccettui  un  qualche  piccolo  ingorgo  in  veruna.  Ma  la 
cosa  stessa  non  si  ebbe  nei  visceri  addominali  ;  poiché , 
fegato  livido;  epiploon  quasi  fuso  donde  non  se  ne  rin- 
veniva che  qualche  (traccia  ;  canale  intestinale  in  sfacelo; 
e  qualche  volta  suppurazioni  gangrenose  ed  ingorghi  del 
polmone.  —  Rispetto  al  cuòre,  il  sangue  che  lo  riempiva 
era  di  color  nero  e  sciolto. 

Il  Boisseau  quindi  scrive  : 

<  Il  Poissonier  conchiude  che  la  malattia  era  dovuta 
»  ad  un*  infiammazione  seguita  sovente  da  gangrena  e, 
»  secondo  lo  spirito  del  tempo ,  dipendente  da  una  so- 
»  stanza  acerrima  e  putrefatta,  e  poscia  nel  seguito  egli 
»  non  vede  più  in  tale  flemmasia  una  vera  infiamm^a^ 
>  zione  ». 

Noi  rtrasanderetno  Pinel  riportato  dall'Autore,  come 
pure  trasanderemo  THildebrand^  come  quegli  che  nella  sua 
descrizione  non  sia  stato  veritiero  ed  abbia  contemplato 
nel  tifo  regolare  una  malattia  da  nessun  mai  veduta;  e 
n^\[*  irregolare  od  anomalo  i  casi  varii  dalla  pratica 
presentati. 

Critica  il  Broussais  che  non  ammise  il  tifo  sporadico  ; 
poiché  tale  affezione  dipende  da  un  miasma  che  agisce 
violentemente  sul  sistema  nervoso,  lo  fulmina  e  lo  pa- 
ratizza,  e  può  ammazzare  in  pochi  istanti  senza  per^ 
mettere  reazione:  ciò  eh' è  contrario  a  quanto  vedemmo. 
Che  il  Broussais  abbia  poscia  fatto  poco  risultare  la  con- 
dizione morbosa  encefalica,  ciò  è  vero,  e  noi  pure  siamo 
dell'  avviso  del  sig.  Boisseau.  Intendasi  bene  :  la  condi- 
zione morbosa,  non  V  infiammazione. 

Rimarca  poscia  che  nei  tifi  furono  osservati,  oltre  che 


570 

macchie,  flemmoni,  bubboni,  parotidi  e  carbonchi  ;  per  ci 
tali  affezioni  assunsero  talvolta  il   nome  di  febbre  pur^ 
purea,  di  febbre  petecchiale  e  di  febbre  pestilenzicde. 

Riconosce,  quale  cagione  particolare,  i  miasmi  insorti 
dair  agglomeramento  di  uomini  e  di  ammalati,  nieijcampi 
di  battaglia,  negli  ospitali,*  nelle  prigioni,  ecc.;  ma  ri- 
tiene che  tale  malattia  si  sviluppi  anche  dietro  le  cause  che 
producono  le  febbri  adinamiche  e  le  atassiche  sporadi" 
che  /  come  p.  e.  gli  alimenti'  insalubri,  W  umidità,  i  timori, 
la  paura,  circostanze  senza  cui  i  miasmi  tifici  restano  il 
più  ordinariamente  inattivi  ;  e  che  anche  senza  tali  mia-* 
smi  determinano  primitivamente  le  epidemie.  —  M.  De- 
sgenettes  ha  osservato ,  nota  T  Auore  stesso ,  che  T  umi- 
dità prolungata  basta  per  aggiungere  ai  fenomeni  del 
tifo  qualcheduno  di  quelli  della  peste. 

IJuale  sia  V  organo  dove  agiscano  primitivamente  tali 
miasmi  non  crede  sia  facile  stabilire.  Tuttavia  ritiene 
che  questo  sia  il  luogo  di  richiamare  che  F  infezione  di 
sostanze  animali  putrefatte  nelle  vene,  determina  infiam- 
mazioni dei  visceri.  v 

SegHiitando  lo  stesso  argomento,  passa  ài  trattamento 
della  malattia. 

4c  Ribattere  il  calore  e  la  rarefazione  del  sangue  e 
»  prevenire  il  suo  inspessim^nto  ;  dare  una  scossa  al 
»  fegato  ed  al  polmone  i  render  per  vii  i  vasi  che  traspor- 
»  tano  la  bile  e  la  &nno  scolare.;  diminuire  la  distensione 
»  dei  vasi  e  rimediar  alla  flogistica  disposizione .  dei  vi- 
»  sceri  ed  alle  infiammazioni  interne  ed  esterne  ;  pre- 
»  servare  il  sangue  dalle  alterazioni  che  possono  fargli 
»  provare  le  cattive  fermentazioni  dello  stomaco  e  degli 
»  intestini  ;  prevenire  finalmente  la  rottura  dei  vatì  ce- 
»  rebrali ,  del  fegato  e  del  canale  intestinale  e  la  ero^ 
»  siane  delle  membrane  di  quest'ultimo;  tali  sono  le  in- 
»   dicazioni  date  dal  Chirac  ». 

Quindi  salasso  al  piede,  purganti,  emetici,  bibite  mu- 


571 

cilaginose'  e  leggiermente  aromatiche ,  o  preparate  dai 
succhi  antiscorbutici  ;  gli  oleosi  ;  poscia  gli  stimoli,  qual- 
che astringente  ed  assorbente. 

Nel  principio,  quando  la  reazione  non  era  stabilita, 
prescriveva  il  giglio,  la  Confezione  jacintina,  lo  zaflFerano, 
il  laudano ,  il  sa.le  ammoniaco ,  il  sale  volatile  -di  vipera. 
Quando  il  calore  avev^  inv^^a  la  cute  ,  dava  il  decotto  di 
robbia,  di  chelidonia  maggiore,  di  lingua  cervina,  di  cerfo- 
glio, ecc.  ;  come  anco  usava  i  tartrati ,  i  solfati,  i  nitrati, 
il  salasso. 

Quest'ultimo  mezzo  doveva  esser  fatto  nel  principio 
tanto  più  abbondante,  quanto  più  la  debolezza  delle  fun- 
zioni dei  visceri  i  più  interessanti  era  grande  ;  e  lo  si 
conveniva  più  volte  reiterare  nelle  24  ore  ed  anco  nelle 
12 ,  tirando,  4-5  scodellette  di  sangue  di  tre  ore.  in  tre 
ore  fino  a  che  il  polso  si  fosse  fatto  più  tesq.  Salassi  meno 
copiosi  e  meno  numerosi  erano  dannosissimi,  secondo  Chi- 
rac  ;  e  perciocché  fossero  più  revulsivi  conveniva!,  aprir 
sempre  la  safena,  non  le  v^ne  del  braccio  ò  del  collo. 
Onde  ischivare  la  sincope,  V  ammalato  era  tenuto  a  capo 
basso,  mettendogli  in  bocca  un  pò  d'acqua  o  di  vino,  e 
lasciando  scolare  due  oncie  di  sangue  per  volta  se  ne  ti- 
rava 12-14  oncie  in  un. quarto  d'ora  od  in  un'ora. 

Ai  soggetti  vigorosi,  subito  dopo  il  salasso,  nel  1.^  o 
2.®  di,  dava  4-6  grani  di  emetico  in  4-5  cucchiaj  di  brodo; 
ai  diUcati,  4  grani  in  2-3  oncie  di  manna.  Poscia  bibite 
mucilaginoso-aromatiche. 

Allorché  l' ammalato  era  male  nutrito  ed  avea  il  polso 
debole  e  molle,  senza  fare  salassi,  ricorreva  all'emetico. 

Se  l'ammalato  dopo  tali  mezzi  diveniva  pallida,  livido, 
cogli  occhi  appannati,  infossati,  col  polso  piccolo,  fre^ 
quente,  ineguale,  freddo,  e  con  diarrea  o  con  dissente- 
ria ,  ricorreva  al  giglio,  al  sale  ammoniaco ,  al  zaflfera- 
no,  ecc. 

Chi  crederebbe ,    esclama  il  Boisseau  ,  [_dopo  ciò   che 


572 

il  Chirac  volesse  che  i  medici  fossero  «  attentissimi  ^ 
»  prevenire  con  molto  senno  Viti/laminazione  gangr^ 
»  uosa  dello  stomaco  e  degli  intestini,  e  quelle  del  cer« 
»  vello  e  del  fegato?  ». 

Il  Chirac  biasimando  1*  uso  dei  grandi  cordiali  e  dei 
grandi  diaforetici,  seguita  sempre  il  Boisseau,  si  levava 
con  forza  contro  la  pratica  dei  medici  inglesi  ed  alemanni 
della  sua  età,  che  non  vedevano  nelle  febbri  maligne  che 
gli  effetti  di  un  sottile  veleno  e  prodigavano  gli  alessi-- 
ieri  ;  mentre  egli  nel  caso  di  nausee  e  di  vomiti ,  insi-> 
steva  nel  salasso  e  nell'uso  dei  vomitivi  ;  e  cosi  per  me  Z'^ 
za  della  piii  felice  contraddizione,  vietava  che  si  des- 
sero alimenti  ed  ancora  brodo. 

Egli  ò  quindi  evidente  che  Chirac,  cieco  per  una  teo- 
ria chimico-umorale  (  sempre  scrive  il  Boisseau  )  non 
seppe  approfittare  dei  preziosi  rimarchi  che  avea  fatto 
nelle  sue  ricerche  di  anatomia  patologica  ;  e  che  in  luogo 
di  togliere  dal  trattamento  delle  febbri  di  Rochefort  il 
guazzabuglio  polifarmaco  combinato  da'  galenisti  e  da'  pa- 
racelsisti ,  ei  si  limitò  ad  insistere  sul  salasso  più  che 
non  era  stato  fatto  fino  a  lui  ....  ed  è  da  ciò  che  si 
può  spiegare  il  successo  che  il  Chirac  ottenne  dalla  sua 
pratica. 

Rispetto  al  Boissonier,  scrive  il  Boisseau,  egli  volea 
che  nei  soggetti  vigorosi  si  cercasse  di  condizionare  il 
sistema  vaiscolare  in  modo  che  formasse  il  sangue*  untuoso 
onde  dovesse  operare  una  crisi  salutare;  e  che  nei 
predisposti  alla  discrasia  scorbutica  si  combattesse  questa 
e  si  opponesse  alla  depravazione  ulteriore  dei  succhi.  -— 
Per  ciò  emetici^  salassi,  purganti,  e  nel  seguito  la  china. 
Consigliava  ancora  l'etere  solforico  preso  a  goccio  nello 
zucchero,  e  le  bibite  acidule. 

Ora  sulle  cose  dette  una  qualche  riflessione. 

Necroscopìe  contradditorie:  tutti  sono  persuasi  che 
tali  affezioni  sieno  prodotte  da  un  miasma  ^  da  un  prin- 


573 

cipio  deleterio  e  venefico;  come  pure  alcuni  sono  persuasi 
che  tali  affezioni  nascano  anche  spontaneamente. 

Dopo  quanto  abbiamo  professato  parlando  della  medi- 
cina Rasoriana  e  Tommasiniana,  epe. ,  noi  non  potremmo 
certo  ammettere  che  le  flogosi  in  queste  affezioni  sieno 
franche  e  pure,  e  non  sostenute  da  un  principio  irritante. 
Questo  è  il  motivo  che  la  cura  di  tali  affezioni  non  è 
sempre  cosi  semplicemente  antiflogistica,  e  sempre  eguale  ; 
donde  alcune  domandarono  il  salasso,  altre  lo  proibirono: 
alcune  vollero  i  purganti,  altre  nò:  alcune  i  controsti- 
moli, altre  in  certi  incontri  ed  in  certi  momenti  gli  sti- 
moli, ecc. 

Nella  cura  del  sig.  Chirac  poi  noi  non  troviamo  quel 
fatras  ài  medicine,  cosi  nominato  dal  Boisseau  :  noi  non 
troviamo  quella  pretesa  contraddizione  felice  neir  uso 
del  salasso  e  dell'emetico;  noi  non  veggiamo  una  idea 
torta  0  rovescia  nel  domandare  ai  medici  la  loro  atten- 
zione onde  non  nascano  infiammazioni  gangrénose  visce- 
rali. Noi  anzi  siamo  tanto  persuasi  che  il  sig.  Chirac 
fosse  un  eccellente  pratica;  che,  viva  Dio,  preferiremmo 
d' esser  curati  da  un  Chirac  che  da  un  Boisseau.  —  Il 
tifo  non  è  una  flogosi  franca  ;  e  le  flogosi^  in  tale  ma- 
lattia, si  formano  nel  corso  e  sono  a  base  irritativa; 
non  sono  semplici  e  schiette^  perchè  sopra  solidi  privi 
della  plasticità  naturale  ed  annaffiati  da  umori  inquinati. 
Passando  alla  febbre  gialla ,  leggiamo  che  con  tale 
nome  intendesi,  secondo  Currie,  una  varietà  della  sinoca, 
secondo  Villiam,  della  febbre  biliosa  ;  secondo  Devèze,  della 
infiammatoria  putrida  ;  secondo  Macbride ,  della  putrida  ; 
secondo  Waron,  della  maligna;  secondo  il  Sauvagcjjs,  del 
tifo  ;  secondo  Chisholm  della  pestilenziale  ;  secondo  Pine], 
della  gastrica  atassico-adinamica. 

'  Ora  se  da  tali  opinioni  si  dovesse  inferire  qualche  ar- 
gomentazione ,  noi  non  vedremmo  che  un  dilemma ,  vale 
a  dire:  o  che  la  sinoca,  la  biliosa,  \^  putrido^inflam-- 


574 

ìnatoria,  la  putrida,  la  maligna,  il  tifo,  la  pestilenziale^ 
la  gastrica  atassico-^adinamica,  sono  una  varietà  di  una 
stessa  malattia  e  con  esse  anco  la  febbre  gialla;  o  che 
i  suddetti  autori  hanno  certamente  errato  nell*  unire  ma- 
lattie diverse  riferendole  ad  uno  stesso  genere. 

Noi  ci  crediamo  dispensati  dallo  trasportare  la  descri- 
zione dei  sintomi,  poiché  già  li  conosciamo. 

L'Autore  si  fa  la  domanda  se  tale  febbre  sia  essen-^ 
ziale ,  e  vi  risponde  che  noi  crede.  Lasciamo  gli  argo- 
menti che  ci  pajono  assai  poco  validi,  essendo  ndi  per- 
suasi per  altro  che  uno  dei  cardini  della  medicina  sia  Io 
stabilire  la  localizzazione  del  morbo.  —  Riducendo  a  tale 
uopo  quanto  l'Autore  stesso  ci  riferisce  sùlli  ritrovati 
necroscopici,  noteremo  che  : 

Rally  attesta  che  i  cadaveri  non  offrono  alcun  sog^ 
getto  di  osservazione  quando  la  morte  sia  arrivata  dal 
primo  al  terzo  di. 

Che  M.  Rochoux  dice  di  aver  trovato  del  sangue  sparso 
nel  tessuto  cellulare  intermuscolare  —  ma  eh'  è  T  addo- 
me che  mostra  più  costantemente  lesioni ,  e  per  accordo 
dì  tutti  i  medici,  la  mucosa  gastro-duodenale,  per  flogosi, 
ulceri,  gAngrene. 

Che  M.  Chevrin,  avendo  gustato  sovente  le  materie 
differenti  contenute  dallo  stomaco,  credette  di  aver  sen-* 
tito  il  gusto  del  sangue,  altre  ^olte  Tamaro,  l'acre,  il 
corrosivo.  Il  fegato  sepondo  lo  stesso  quasi  sempre  è  vo- 
luminoso, ingorgato  di  sangue,  ecc.,  e  di  rado  con  trac- 
eie  di  suppurazione. 

Che  M.  Rochoux  trovò  i  reni  infiammati  in  un  quarto 
dei  morti. 

Che  M.  Dalmas  ebbe  a  trovare  affetto  il  solo  cervello, 
od  il  solo  polmone. 

Che  le  necroscóple  fatte  a  Barcellona  dal  Bolles,  dal 
Francois  e  dal  Pariset  nel  1821  ci  diedero:  color  giallo 
della  pelle  e    petecchie  —   aracnoide   cerebrale   di    rado 


575 

opaca  —  ventriGoli  laterali  con  poca  quantità  di  siero  — 
alcuna  Tolt^  spandimento  di  sangue  fra-  la  dura  madre 
ed  il  cranio  —  la  protuberanza  anulare  senza  lesione  — 
la  fine  del  naidoUo  spinale  imbevuta  di  siero  giallo,  lim- 
pido—non rossore  nella  dura  madre,  non  opacità  nel- 
r  aracnoide  —  non  infiammazione  nella  pia  madre. 

La  pleura,  la  mucosa  bt'onchiale,  il , polmone,  il  pe- 
riQardio,  qualche  yolta  con  qualche  traccia  flogistica  — 
il  cuore  con  grumo  albuminoso,  giallo,  trasparente,  spe- 
cialmente nel  destro  ventricolo;- e  ciò  costantemente. 

Lo  stomaco  in  pochi  casi  senzja  infiammazione, 

I  tenui  partecipanti  della  condizione  dello  storùaco  ; 
ed  i  crassi,  di  rado. 

Sette  decimi  in  19  cadaveri  (13.  Vi^!?)  contenevano 
liquido  bruno  con  fiocchi  abbondanti  simili  a  feccia  di  caffè, 
od  a  sego  diluito  nell'acqua  ;  fegato  più  voluminoso  e  co- 
lor rabarbaro. 

Che  M.  Àudouart  nella  stessa  epidemia  trovò  le  cose 
stesse. 

Che  M.  Thomas  in  dieci  cadaveri,  nel  1822  nella  nuova 
Orléans,  trovò  nel  maggior  numero  spandimento  di  san- 
gue nero  nel  midollo  spinale  e  nei  muscoli  circostanti  ;  un 
color  rosso  nelle  membrane;  e  traccie  non  equivoche  di 
flogosi  di  stomaco. 

Tali  risultati  mostrano,  secondo  l'Autore,  che  l'infiam- 
mazione della  mucosa  dello  stomaco  fa  la  principal  parte 
nella  febbre  gialla\  come  fanno  anche  presumere  che  il 
midollo  spinale  ne  sia  di  frequente  partecipe. 

Ed  allo  stesso  Autore  sembra  che  Tom,masini  -sia  stato 
il  primo  ad  ammettere  idee  sane  sulla  natura  è  sede  del 
male. 

M.  Dubreuil  dalle  sue  ricerche  fu  condotto  a  stabilirla 
wxiz.  .^stro^nterite  atassica  o  adinamica,  dovuta  ad  una 
causa  deleteria  o  ad  un  virus  sui  generis;  non  come  una 
flemmassia  franca,  ma  piuttosto  maligna. 


676 

Urbain  Coste  crede  che  per  febbre  gialla  3Ìeiio  state 
descritte  varie  malattie  aventi  di  comune  un' infiammch- 
zione  ed  nn*  itterizia. 

Se  tali  cose  le  aggiungiamo  a  quanto  dicemmo  allora 
che  parlammo  del  Tommasini,  credo  che  meglio  limpida 
risulterà  la  nostra  opinione.  Ove  le  necroscopie  non  sono 
in  perfettissimo  accordo^  e  le  cure,  mutatis  mutandis 
tutti  gli  indicati  che  non  fossero  permessi  dal  caso,  dal- 
l'individuo,  dalle  concomitanze,  ecc.,  e  le  cure,  ripetiamo, 
neppure  ;  crediamo  che  la  ragione  stia  dalla  nostra  parte. 

M.  Devòze  crede  che  la  febbre  gialla  non  sia  conta- 
giosa. Il  maggior  numero  dei  medici  degli  Stati  Uniti  e 
delle  Àntille  hanno  adottato  tale  opinione. 

M.  Bally  crede  ali*  f>nporto;;zV>n^  ed  al  contagio  ^  e 
ciò  per  la  sua  osservazione  a  Barcellona.  Molti  medici  di 
quella  città  sono  di  opinione  contraria. 

Secondo  M.  Urbain  Coste  l'opinione  più  accreditata 
in  Andalusia  ò  che  V  importazione  sia  dimostrata,  ma 
senza  rapporto  al  contagio. 

L'essere  affetti  i  primi  che  visitano  un  naviglio  pro- 
veniente dalle  Colonie  fa  credere  che  Varia  della  febbre 
gialla  (el  ayre  de  la  calentura  amarilla)  sia  portata  dal 
vascello.  Il  contagio  non  porta  l'idea  di  un  virus  spe- 
cifico, ma  r avvelenamento  per  un  gaz,  e  cosi  la  sua 
propagazione.  . 

Una  verità  rassicurante,  per  le  contrade  settentrio- 
nali d'  Europa ,  è  che  al  di  là  del  43®  di  latitudine  bo^ 
reale  non  si  dilatò  mai. 

Un  gran  numero  di  volte  si  osservò  dopo  il  1684  al 
Brasile,  al  Perù,  alla  Gujana,  a  Darien ,  alla  Nuova  Gra- 
nata, alle  Antille,  a  S,  Domingo,  al  Messico,  all'  Avana, 
nella  Luigiana,  nella  Florida,  negli  Stati  Uniti ,  alle  Ca- 
narie, in  Africa,  in  Spagna,  a  Livorno  nel  1804;  giam- 
mai in  Francia,  se  non  fu  nei  Lazzaretti. 

In  più  parti  dell'  America  essa  regna  più  o  meno  tutto 


677 
Tanno  ;  ma  specialmente  con  certi  calori.  Al  di  là  dei  tro- 
pici essa  cessa.  Mai  si  manifesta  qnando  il  termometro  non 
arriva  a  15*  ó  16^  R. 

In  America  attacca  di  rado  i  creoli,  i  negri,  i  mulatti. 
Di  rado  un  individuane  resta  due  volte  afTetto, 

Di  rado  porta  le  sue  stragi  al  di  là  di  12  le^he  dalla 
si^iaggia  del  mare  ;  fatta  eccezione  la  via  di  fituni  consi- 
derevoli. Non  sembra  aver  passato  catene  di  montagne.  In 
America  mai  si  vide  nelle  altezze. 

La  febbre  gialla  si  sviluppò  anche  a  bordo  di  va- 
scelli che  non  avevano  comunicato  con  terra.  Ciò  non 
nacque  che  fra  i  tropici. 

I  venti  del  sud,  dell'ovest  sembrano  favorirla. 

Se  r  abbassamento  di  temperatura  prolungata  arresti 
le  stragi  della  malattia ,  una  corrente  momentanea  di 
aria  fresca  è  la  condizione  più  favorevole  al  suo  svi- 
luppo. Così  si  esacerba  dòpo  una  pioggia  che  rinfresca  ; 
e  per  una  causa  opposta  Tinsolazione  la  determina  fre- 
quentissimamente. 

La  febbre  gialla  del  1823  al  Porto  del  Passaggio 
in  Spagna ,  vicino  S.  Sebastiano  ,  fu  portata  dal  brick 
Donostierra.  Essa  non  fu  contagiosa  alla  città;  ed  i  sog- 
getti che  andarono  a  morire  nei  dintorni  non  propaga- 
rono la  malattia.  Essa  attaccò  85  persone,  di  cui  37  uo^ 
mini  e  38  donne.  Venti  guarirono  prima  dello  stabili- 
mento del  cordone.  Sui  65  rimasti  al  Porto  del  Passag- 
gio 24  morirono. 

L'epidemia  di  Gibilterra  del  1828  in  cui  3S00  fu- 
rono gli  attaccati,  dei  quali  1660  morirono,  fa  stabilita 
dal  signor  Cbevrin,  che  vide  molte  epidemie  del  nuovo 
mondo,  identica  alla  febbre  gialla. 

Essa  fu  opinione  che  abbia  dipenduto  dai  numerosi 
condotti  che  passano  sotto  le  vie  di  Gibilterra.  Essa 
non  fu  contagiosa. 

Col  signor  Chevrin  furono  mandati  due  forti  conta- 

Annvll  Voi.  CCJ  37 


578 

gionisti,  M.  Louis  e  M.  Trousaeaa.  Malgrado  tutti  i  loro 
sforzi,  questi  signori  non  poterono  pronunciarsi,  né  sul- 
Torigine  locale,  nò  pel  suo  contagio. 

B  per  dar  maggior  peso  e  valore  aggiunge  che  soli 
tre  medici  inglesi  si  sono  pronunciati  contrariamente , 
vale  a  dire  : 

M.  Pym,  sopraintendente  generale  delle  quarantene 
in  Inghilterra. 

M.  Broadfoot  medico  delle  Quarantene  in  Gibilterra. 

M.  Barry  uno  dei  più  caldi  partigiani  dell'origine  lo- 
cale e  della  non  contagione  prima  dell*  arrivo  del  sign<>r 
Pym. 

Vale  a  dire  due  interessati  ed  un  aspirante  corti- 
giano. 

Tutte  queste  osservazioni  le  si  uniscano  con  quelle 
di  sopra  portate  dell*  Humboldt ,  e  veggasi  mò  quanta 
differenza  facciano  fra  la  febbre  gialla  e  le  tante  febbri 
di  cui  la  si  vorrebbe  specie:  e  veggasi  mò  se  verisimile 
molto  sia  che  sotto  tale  titolo  siano  state  portate  varie 
affezioni:  e  veggasi  mò*  se  sia  da  rigettarsi  V  idea  che 
proveniente  il  morbo  da  una  causa  straniera^  possa  egli 
a  seconda  delle  concomitanze  causali  degli  individui,  dei 
luoghi,  dei  cieli,  delle  stagioni,  prendere  forma  morbosa 
m^ititrice;  mentitrice  àìovakmo,  perchè  non  eguale  in  tutti 
i  tempi  del  morbo,  ed  espressiva  perciò  una  natura  mor- 
bosa diversa  ed  una  complicazione  di  cagioni  e  di  effetti. 

Parlando  del  trattamento,  noteremo  solamente  come 
il  Balles  abbia  rimarcato  che  i  vomitivi  riuscirono  di 
rado  in  America.  Egli  ordinava  colà,  nei  due  primi  di, 
dei  lavativi  anodini,  dei  mucilaginosi,  dei  lassativi  quando 
il  meteorismo  e  la  tensione  ipogastrica  erano  pronunciati. 
Vi  aggiungeva  canfora  e 'chinino  a  dosi  forti  se  mostra- 
vasi  prostrazione,  ed  alcuna  volta  aceto  per  prevenire  la 
decomposizione.  —  Il  laudano  e  la  teriaca  erano  utili  nel- 
l'alvo troppo  scorrevole. 


579 

Sally  trovò  po$sente  ausiliare  il  bagno  tiepido ,  nel 
quale  faceva  stare  Tammalato  per  ore  diverse  e  ripetu- 
tamente. 

Il  Boisseau  nota  come  usato  dai  negri  il  bagno  freddo 
con  successo  tale  da  autorizzare  a  ricorrervi;  ma  .sog- 
giunge eh' egli 'si  determinerebbe  ^  difficilmente  a  prescri- 
verlo in  un  ammalato  che  fosse  minacciato  al  capo  ed 
al  petto.  (Ciò  che  mostra  quanto  poco  pratico  e  poco 
buon  teorico  egli  sia). 

Il  Bally  usò  spesso  bagni  freddi  al  capo  con  pediluvii 
caldi  e  senapati. 

Questo  stesso  medico  trovò  che  i  fomenti  caldi  all'epi- 
gastrio, che  gli  epitemi  di  canfora,  di  oppio  e  le  frizioni 
eteree,  ivi  usati,  moderavano  i  vomiti. 

H  vescicante,  al  contrario,  e  le  coppette  secche  dove- 
vano proibirsi. 

Nei  casi  poi  di  grandi  emorragie  erano  utili  le  bibite 
fredde  ed  acidnlate  cogli  acidi  minerali,  il  decotto  di  china  , 
di  serpentaria,  acidulati  essi  pure,  ecc,  ecc. 

Il  Boisseau  ducisi  che  Tesperienza  non  abbia  peranco 
pronunciato  decisiva  sentenza  sul  salasso.  -^  Quasi  tutti 
i  medici  lo  rigettano,  egli  dice;  e  Bally  trovò  che  i 
salassati  morivano  due  di  prima. 

Mentre  che  Devèze,  Dalmas,  Moseley,  Rochoux  lo 
ammettono  nel  principio.  Non  devesi  dimenticare  che  le 
ferite  delle  sanguisughe  scolano  sangue  che  non  cosi  spon- 
taneamente può  esser  fermato. 

Neir  epidemia  del  Porto  del  Passaggjk)  M.  /ourdan 
ebbe  ad  accertarsi:  che  il  salasso  fu  funesto  nei  più  ^- 
che  i  vomitivi  aggravarono  la  malattia  —  che  i  lavativi 
d*  acqua  salata  o  con  aceto  furono  dannosi  •—  che  ad- 
dolcenti e  mucilaginosi  ed  oleosi  diedero  buoni  effetti  — 
che  le  sanguisughe  applicate  subito  airepigastrio  arresta- 
rono il  morbo  —  che  gli  stimoli  esterni  sono  stati  utili 
nel  secondo  periodo  del  male. 


580 

E  sopra  tutto  quanto  fu  detto  del  trattamento  non 
possiamo  fare  a  meno  di  rimarcare,  e  specialmepte  ai 
giovani,  che  tutti  tali  precetti  messi  cosi  assoluti,  pro- 
vengono dalla  poca  capacità  artistica,  poiché  essi  tutti 
devono  essere  Soggetti  al  modo  con  cui  presentasi  il 
morbo ,  e  secondo  gli  individui.  --  E  ciò  specialmente 
perchè  trattasi  di  malattia  causata  dati*  influenza  di 
principii  stranieri  e  disaffini,  che  variamente  attaccano 
gli  organismi  e  diversamente  sono  da  questi  sentiti:  in- 
dipendentemente anco  dair  essere  essi  mascherati  da  al- 
tre cause  morbose  concomitanti ,  che  fanno  prendere  al 
morbo  una  forma  diverta. 

Ecco  r -errore  del  maggior  numero  dei  pratici  e  di 
quasi  tutti  i  teorici  :  quello  cioè  di  voler  formare  un 
caso  concreto  di  contingibilità  variate  e  diverse. 

Vorreste  trattare  foTse  istessamente  un  caso  dì  feb'^ 
bre  gialla,  tanto  se  si  presentasse  nelle  due  prime,  quanto 
nella  terza  maniera  notate  dal  Palloni  a  Livorno)  Trat- 
tereste forse  egualmente  tanto  la  malattia  con  piressia 
continua  quanto  quella  con  piressia  intermittente  :  mo- 
tivo per  cui  la  china  in  Vera-Grux  non  diede  risultati, 
mentre  ne  ebbe  dati  alle  Antille  ed  in  Spagna  :  motivo 
per  cui  il  Clark  e  V  Harles  furono  indotti  ad  ammettere 
diversità  di  morbo? 

Passiamo  alle  febbri  intermittentù  —  Cosi  comincia 
questo  scrittore: 

4c  Allorché  Pinel  riuni  le  febbri  intermittenti  •  slìe 
»  continue,  in  un  piccolo  numero  di  ordini,  pel  cui  sta- 

>  bilimentp  non  ebbe  riguardo  al  tipo ,  non  si  conobbe 

>  il  servizio  eminente  che  rendeva  alla  patologia.  Anche 
»  oggidì  molti  medici  sono  lontani  più  che  mai  dalla  sua 
»  opinione,  poiché  sperano  di  trovare  nella  storia- delle 
»  intermittenti  degli  argomenti  contro  la   nuova  teoria 

>  delle  febbri  in  generale;  altri  affine  di  farsi  perdonare 

>  la  loro  adesione  alle  nuove  dottrine  in  quanto  risguarda 


581 

>  le  febbri  contìnue.  Qualclie  partigiano  titnìdo  del  nuovi 
»  prrncipj  prova  una  specie  d*  imbarazzo,  (juandb  si  do- 
»  manda  ad  esso  se  si  applicano  facilmente  alle  febbri  pe« 
»  riodiche:  tali  sono  i  motivi  che  mi  determinano  a  trat- 
»  tare  particolarmente  di  queste  malattie  ». 

Il  nostro  signor  Boisseau  crede  che  siccome  tutte  le 
intermittenti  si  possono  cangiare  le  òine  nelle  altfe^,  cosi 
il  tipo  non  sia  che  una  circostanza  secondaria. 

Nota  che  oltre  al  venir  distinte,  dagli  autori,  le  febbri 
dal  tipo;  vennero  anche  divise  in  febbri  di  primavera  e 
di'  autunno  ;  in  squisite  o  legittime  e  prolungate  ;  in  sa- 
lubri ed  insalubri  ;  in  benigne  e  perniciose.  Soggiungendo 
che  la  distinzione  non  gli  sembrò  inutile,  poiché  fa  cono- 
scere che  quelle  di  primavera  hanno  sintomi  flogistici  non 
equivoci:  che  la  seconda  consacrò  un  errore,  vale  a  dire 
-òhe  la  febbre  possa  essere  curativa:  che  la  quarta  è 
utile  emineiì temente  nella  pratica;  e  che  la  seconda  ò 
puramente  scolaìstica. 

Nota  ancora  che- il  Pinel  penetrato  dalla  verità  che 
il  tipo  debba  esser  preso  in  considerazione  meno  assai 
del  carattere,  cioè  dei  sintomi  {Indole ì),  avvicinò  le  in- 
termittenti alle  continue ,  e  le  divise  in  infiammatorie , 
gastriche,  mucose,  adinamiche,  atasaiche. 

«  Le  interTfiittenti  infiammatorie ^  seguita  egli,  furono 
»  osservate  dal  Sydenham' ,  dal  Pringle  ,  dall'  Huxham  , 
»  dal  Selle.  M.  Fizeau  ci  forni  degli  eseinpj  cosi  spec- 
»  eh  iati  che  mi  rincresce  non  poterli .  riportare; 

«  Alcune  volte,  ed  il  più  sovente,  dipendono  da  un* 
»  irritazione  poco  profonda  dello  stomaco . . .  altre  da 
»  un'  insolazione  ;  ed  allora  sono  l' effetto  di ,  un'  irrita-' 
»  zione  encefalica  più  o  meno   partecipata  alle  vie  di- 

»  gerenti In  qualche  circostanza  dipendono  da  un'tV- 

»  ritasione  momentanea  dell'utero  nelle  figlie  giovani 
»  e  nell€f  femmiine  pletoriche...  presso  i  giovani  che  abu- 
»  sano  del  coito ,  dipendono   da   un'  irritazione   bron-* 


682 

»  cfnale  o  pleuritica  che  può  dar  origine  ad  una  tisi... 
»  Cosi  fra  le  intermittenti  deyono  esser  collocati  i  casi 
»  che  arriyano  per  una  irritazione  della  vescica  dalla 
»  presenza  di  una  sonda  o  da  ritenzione  di  orina  cau-^ 
»  sata  da  stringimenti  uretrali,  o  da  altre  cause  meccani- 
»  che  esistenti  in  altre  parti  dei  visceri  addominali  ». 

Sopra  il  sopradetto  crediamo  osservare  che  la  divisione 
delle  febbri  intermittenti  in  spurie  ed  isquisite^  la  quale 
riposa  sopra  la  divisione  degli  antichissimi,  ha  un  immenso 
valore  in  terapeutica;  poiché  stanno  in  tale  distinzione  le 
indicazioni  della  china  o  meno  ;  e  ciò  perchè  si  danno  delle 
intermittenti  che  subcontinue  e  subintranti^  sono  nàl- 
laostante  squisite  e  domabili  dalla  china.  È  vero  che  vi 
sono  delle  intermittenti  perfette  e  precise  che  non  sono 
domabili  dalla  china ,  e  perciò  da  ritenersi  spurie  :  ma  è 
appunto  sopra  un  tale  fenomeno  di  \ycCintermittenza 
domabile  o  nd,  di  una  subcontinuità  domabile  o  nò  dalla 
china ,  che  regna  ancora  in  patologia  ed  in  terapeutica 
una  grande  confusione:  la  quale  conviene  che  confessia- 
mo che  sta  non  nella  natura  dei  fatti,  ma  neir  imperfe- 
zione deir  arte  nostra  nel  discernerli  e  spiegarli.  -^  Non 
crediamo  per  esempio  che  se  una  affezione  intermittente 
periodica  non  sarà  toglibile  dalla  china,  dipenderà  sem- 
pre perchè  il  suo  momento  causale  sarà  amovibile  ed 
indestrnttibile  da  quel  farmaco,  e  ciò  perchè  di  natura 
primitivamente  diatesica  vascolare  anziché  nervósa. 
Vale  a  dire  che  la  ripetizione  degli  accessi  dipenderebbe 
da  un'affezione  dei  soUdi  e  della  vtzscolarità  in  partico- 
lare, che  irradierebbe  di  tempo  in  tempo  al  sistema  ner- 
voso la  sua  influenza;  invece  che  xxtC affezione  nervosa 
primitivamente  e  specialmente  trarrebbe  in  consenso  il 
sistema  vascolare. 

Oltre  a  ciò  troviamo  che  il  signor  Boisseau  si  espresse 
amftf^rMamente  ed  accumulò  fatti  impropriamente.  Ambi-' 
guarnente  quando  nominò  le  intermittenti  infiammatorie^ 


583 

poiché  non  si  sa  se  abbia  voluto  intendere  intermittenti 
ASSOCIATE  ad  una  condizione  flogistica  locale,  cosa  fa- 
cilissima; ossivero  V infiammazione  essa  stessa  intermit- 
tente —  vera  contraddizione  di  termini.  —  Impropria^ 
m^nte ,  perchè  uni  sotto  il  nome  di  irritazione  un  cu- 
mulo di  fatti  ben  diversi.  Ed  in  vero  un'  insolazione ,  un 
sopraéccitamento  dell'utero,  un'irritazione  bronchiale,  ecc., 
non  possiamo  tenerli  tutt'  una  cosa;  specialmente  sotto 
la  voce  irritazione^  che  pei  francesi  abbraccia  un  campo 
estesissimo. 

2.^  La  febbre  intermitente  gastrica  segue'  soventi 
la  febbre  gastrica  continua. 

Chi  potrebbe  non  conoscere  una  gastro-enterite 
ne  ir  un^ -mentre  la  riconosce  nelV  altra  ì  —  Tale  con- 
fronto e  tale  conseguenza,  cosi  naturali  pel  prof,  francese, 
ci  sembrano  affatto  avventate.  Ed  in  vero  cóme  conse- 
guenza, non  di  recente  ritrovato ,  ma  di  fatti  e  4i  teo- 
riche antiche,  ammetteremo  per  poco  la  febbre  gastrica 
in  tutti  i  casi  quale  una  gastro-enterile. 

«  Allorché  siamo  attaccati  da  corùj^a  (  troviamo  nei 
»  codici  antichi,  quale  esempio  visibile  e  palpabile)  e  so- 
»  praggiunga  dalle  narici  uno  scolo  d'  umore,  sa  la  co- 
»  rizza  continui,  lo  scolo   diventa   acre;  e  nella   parte 

>  che  licquista  somma  caldura  nasce  tumefazione.  Che 
»  se  più  a  lungo  òorra  la  cosa,  segue  anche  l'  esulce- 

>  razione  delle  parti  molli.  —  L' ardore  poi  delle  na- 
»  rici  diminuisce,  non  quando  si  fa  la  flussione,  né 
»  quando  esiste  l'infiammazione,  ma  allorché  l'umore 
»  si  fa  più  crasso,  piii  concolto  e  meno  acre  ». 

.  Ora  trasportiamo  questo  naturalissimo  e  speccchiàtis- 
sìmo  esempio  alla  febbre  gastrica  intermittente  che  se- 
gue la  febbre  gastrica  continua,  ossia  la  gastro-ente- 
rite.  —  Allorché  siamo  attaccati  da  flussione  alla  mu- 
cosa gastro-enterica ,  nasce  da  essa  una  secrezione.  Se 
tale  reuma  (infiammazione  con  flussione)  continui,    lo 


584 

scolo  diventa  più  acre;  e  nella  parte  che  acquista  som- 
ma caldura  nasce  tumefazione*  Che  se  più  a  lungo  corra 
la  cosa,  segue  anche  resulcerazione,— In  tutto  questo  tempo 
la  febbre  sintomatica  sarà  continua;  poiché  mentre  du- 
rerà l'ardore  e  Tinflammazione  locale,  anche  la  febbre  non 
potrà  che  rimettere.  L'ardore  intestinale  poi  diminuirà 
non  quando  si  farà  la  flussione,  non  quando  esisterà 
V  infiammazione ,  ma  allorchò  V  umore  diventerà  più 
crasso,  piii  concotto  e  meno  acre;  vale. a  dire  nel  ter^ 
minare  V  infiammazione.  Ora  egli  sarà  appurato  in  tal 
tempo  che  la  febbre  rimetterà  grandemente  ed  intermet- 
terà. 

E  sarà  in  questo  tempo  stesso  che  noi  sosteniamo  che 
la  flogosi  non  più  esisterebbe;  giacché  la  vera  infiamma- 
zione implica  non  una  sola  flussione  sanguigna ,  ma  una 
condizione  ancora  energetica  dei  solidi ,  che  non  soffra 
nessuno  degli  agenti  che  mettano  la  fibra  ad  uno  stato 
di  eccitamento  .  e  donde  nasca  il  consenso  universale. 
Ma  perchè  possa  accadere  V  intermittente y  converrà  che 
vi  concorra  il  quid  divinum,  vale  a  dire  la  costituzione 
dominante. 

'  Ora  se  nella  corizza  passata  alla  condizione  di  dare 
una  secrezione  catarrale  matura^  crassa  e  concotta,  sarà 
permesso  di  usare  sostanze  che  irritano  la  parte  con  utile 
della  stessa  (cosa  che  sarebbe  contraria  se  la  parte  fosse 
flogosata)  noi  ci  crediamo  in  autorità  di  dire  che  la  con- 
dizione della  mucosa  non  sarà  certamente  la  stessa.  E  co- 
me nella  corizza ,  cosi  anche  nella  gastro-enterite. 

Per  la  quel  cosa  se  tali  due  stati  locali  saranno- emi- 
nentemente diversi,  perchè  curabili  diversamente ,  noi  di- 
remo che  sarà  anche  eminentemente  diversa  la  febbre  che 
sarà    per  accompagnarli. 

3.®  Le  cose  stesse  noi  le  diremo  anche  rispettiva- 
mente alla  febbre  intermittente  mucosa ,  sola  varietà 
della  gastro-enterite  che  costituisce  la  febbre  mucosa 
continua. 


585 

4.®  Noi  non  faremo  critica  della  febbre  intermittente 
adirtamica;  poiché  la  stessa:^ scuola  fisiologica  la  dice  aiw 
Cora  fondata  sopra  fatti  poco  numerosi. 

5."  Né,  dopo  quanto  dicemmo  parlando  delle  febbri 
d'accesso  degli  altri  autori,  ci  crederemo  obbligati  a  par- 
lare della  atossica  rappresentante  le  perniciose. 

Cosa  diremo  del  tifo  intermittente  d^U*  Hildebrand  ? 
Còsa  della  intermittente  gialla  del  Devèze?  Noi  ci  te- 
niamo autorizzati  sopra  di  ciò  a  rimandare  .  il  lettore 
alla  storia  di  tanti  secoli  ed  a  quanto  abbiamo  detto 
e  diremo  sulla  febbre  gialla  e  sulla  perniciosa.  E 
solo  ripetiamo  che  il  tifo  intermittente  e  la  febbre 
gialla  intermittente  ,  non  sono  né  ciò  che  si  addo- 
manda  tifo  dalle  scuole^  né  ciò  che  si  dice  febbre  gial^ 
la;  conciossiachò  la  forma  morbosa  non  sia  la  stessa  né 
sia  lo  stesso  il  metodo  di  cura.  E  ciò  lo  ripetiamo  per 
quelle  stesse  ragioni  che  nel  1.^  volume  mostrarono -es- 
sere un  massimo  errore  che  il  cholera  intermittente  sia 
il  cholera  spontaneo,  sporadicOy  endemico,  virulento, 
asiatico, 

<  Può  essere ,  aggiunge  il  Boisseau  ,  che  si  arrivi 
»  un  giorno  a  mostrare  che  molte  febbri  intermittenti 

>  sono  dovute  aXV  irritazione  periodica  di  altri  organi 
»  oltre  a  quelli  di  cui  parlai;  ma  fino  a  qui  nulla  prova 
»  che  il  fegato,  il  pancreas,  la  milz^,  i  gangli  mesenterici, 
»  possano  primitivamente  essere  irritati  in  tali  malattie. 

«  Tutto  ciò  che  Galeno,  Baillou,  Spigelio,  Senac,  dis- 
»  sero  sulla  parte  che  fanno  tali  località  nel  produrre  la 
»  febbre  intermittente  in  generale,  deve  attualmente  es- 
»  sere  applicato  alla  gastro-enterite,  od  almeno  all'  irri- 
»  tazione  secondaria  che  esse  subiscono  sotto  l'influenza 
»  di  tale  infiammazione,  senza  che  d'  altra  parte  possasi 
»  accusar  di  falsità  contro  i  risultati  ulteriori  dell'  os- 
»  jservazione.  Qualche  fatto  mi  porta  a  pensare  che  certe 

>  febbri  intermittenti  sieno  dovute  all'  infiammazione  dei 
»  tenui  0  del  colon  solamente  ». 


586 

Se  la  storia  possa  cosi  autorizzarci,  lo  dica  Tingenuo 
lettore  che  ci  avrà  seguito  mano  mano  nella  rivista  delle 
fatiche  dei  nostri  grandi  maestri. 

Il  nostro  Autore  fa  la  domanda  se  le  irritazioni  poi" 
monari  sieno  si  sovente  la  causa  di  periodiche  ?  E  ri- 
sponde che  in  più  di  100  casi  di  intermittenti  il  signor 
Roche  non  vide  che  un  solo  caso  di  pneumonite  inter^ 
mittente.  Ma  sopra  tal  fatto  noi  domanderemo  perchè  ab- 
bia egli  cangiata  V  irritazione  in  infiammazione  f  Cre- 
derebbe forse  sufdciente  il  Boisseau  per  caratterizzare 
una  pneumonite  resistenza  di  un  rantolo  crepitante? 
Noi  non  lo  crediamo.  E  non  lo  crediamo,  poiché  teniamo 
sufficiente  alla  produzione  di  un  tale  fenomeno  una  sola 
angioidesi  capillare.  Né  crediamo  che  una  sola  angioidesi 
attiva  basti  a  stabilire  che  un*  affezione  debba  essere  ca- 
ratterizzata  aria  flogosi. 

Il  nostro  scrittore  crede  che  V  intermittenza  dei  fe- 
nomeni morbosi,  designati  per  febbre,  provi  solo  che  di- 
pendono da  un'affezione  organica  intermittente ,  ó  sog^ 
getta  a  dei  raddoppiamenti  caratterizzati  da  tali  fé- 
nomeni.  Ma  nulla  però  prova  che  tale  affezione  debba  es- 
sere una  flogosi. 

Nota  quindi  l'opinione  del  Willis,  del  De  le  Boè,  del 
Borelli,  del  Torti,  del  Boerhaave,  dello.  Stòll,  del  Selle,  del 
Franck  e  del  Reil,  sullo  sviluppo  di  una  materia  fermen- 
tabile nel  sangue  ;  dell'introduzione  del  succo  pancreatico 
troppo  acido  ;  dell'  irritazione  dell'  estremità  nervose,  dei 
nervi ,  del  cervello,  e  del  cuore,  dipendente  da  un'acri- 
monia del  succo  nervoso  ;  di  un'affezione  inesplicabile  ner- 
vosa e  specialmente  delle  prime  vie;  e  di  oscillazioni  gior- 
naliere ed  esacerbantisi  nella  sera,  dipendenti  dàHe  varie 
funzioni  e  specialmente  della  nutrizione.  —  Ne  sorpassa 
l'idea  del  Roche  (che  la  storia  dice  non  sua)  che  la  causa 
della  intermittenza  dipenda  dall'intermittenza  dell'azione 
delle  cause  che  si  ripetono  e  che  influenzano  1'  abitudine  ; 


587 

che  sono  il  caldo  diamo  ed  il  freddo  umido  della  notte, 
e  lo  svilappo  di  materie  putride  animali  e  Tegetabili  in 
date  ore,  ed  il  loro  ritorno  alfe  superficie  terrestre  in 
date  ore. 

E  l'Autore  crede  che  pensando  alle  febbri  intermit- 
tenti che ,  per  mezzo  delle  subintranti  si  uniscono  alle 
continue  ;  ed  alle  intermittenti  che  spesso  nelle  contiìitte 
si  permutano;  egli  crede  migliore  la  credenza  e  la  de- 
cisione fatta  dalla  scuola  francese  che  le  collocò  tutte  in 
una  classe. 

E  se  alcuni  medici  dicessero  che  le  intermittenti  sono 
puramente  nervose,  ci  dicano,  egli  scrive,  perchè  le  feb^ 
bri  nervose  sieno  intermittenti  e  come  queste  differi-* 
scano  dalle  nervose  continue? 

E  vuole  il  lettore  vedere  ancora  per  qual  turno  di 
ragionamenti  il  Boisseau  si  faccia  forte  per  sostenere  la 
sua  opinione  ? 

Pinel,  egli  dice,  provò  che  le  febbri  intermittenti 
che  si  dicevano  senza  infiammazione ,  sembravano  tali 
perchè  erano  neL  loro  principio  o  nella  loro  declinazione; 
e  poscia  aggiunge  :  non  havvi  intermittente  senza  sintomi 
di  irritazione  predominante  in  qualche  parte  ;  e ,  non 
fessevi  che  quella  del  cuòre,  noi  non  saremo  autorizzati 
a  disconoscerla  e  perciò  a  collocare  la  sua  sede  vaga- 
mente nel  sistema  nervoso. 

M.  Guérin  de  Mamers,  seguita  il  nosti'o  scrittore, 
pensa  che  i  centri  cerebro^^^spinali  facciano  senza  dubbio 
la  loro  parte ,  e  la  principale  ;  ma  traendo  in  simpatia 
le  funzioni  del  circolo.  Dunque  il  sistema  sanguigno  fa 
una  parte  necessaria ,  eh'  è  il  trasporto  e  l' accumula-- 
mento  del  sangue  sugli  organi  ammalati.  Non  puossi 
quindi  dire  assolutamente  che  V  intermittente  abbia  sua 
sede  nel  sistema  nervoso. 

Il  Guérin  divide  le  febbri  in  quelle  che  dipendono  da 
una  primitiva  eccitazione  dei  centri  cerebro-spinali,  ed  in 


588 

quelle  dove  tale  eccitazione  non  ò  che  simpatta  di  altre 
parti.  Le  prime  danno  subitamente  Y  intermittenxa  ;  le 
seconde»  da  principio  continue,  si  trasformano  in  inter^ 
mittente 

Quindi  conchiude: 

€  Che  i  medici  poco  numerosi,  che  pretendono  ancora 
»  che  nelle  intermittenti  siavi  qualche  cosa  di  specifico; 
»  e  perciò  che  sieno  essenziali,  ci  dicano  in  che  consista 
»  questa  qualche  cosa  ;  che  ci  facciano  conoscer  la  camusa, 
»  la  natura,  e  le  indicazioni  che  ne  seguono.  E  fino  allora 
»  noi  continueremo  a  vedere  nelle  intermittenti,  delle 
»  irritazioni  d*uno  o  più  organi  che  danno  luogo  a  dei  fé- 
»  nomeni  intermittenti.  Egli  è  tempo  che  il  cognito  prenda 
»  il  passo  sopra  Y  incognito  ». 

E  poscia  orgoglioso  seguita  : 

«  Perciocché  tali  febbri  sono  intermittenti,  si  pretese 
»  che  non  potessero  dipendere  da  un*  infiammazione.  Ma 
>  nessuno  disse  che  fossero  dovute  ad  un'  infiammazione 
»  cosi  intensa  quanto  quella  del  tessuto  cellulare  ;  poiché 
»  è  sufficiente  di  crederle  dipendenti  da  una  loro  varietà 
»  sia  leggiera  sia  intensa  di  tale  stato  morboso.  Io  non  mi 
»  arresterò  a  p'f^ovar  contro  il  sig,  Tommasinì  che  Vin- 
»  fìammazione  la  meglio  caratterizzata  può  mostrarsi 
»  col  tipo  intermittente  ;  faccio  appello  all'  esperienza  dei 
»  pratici  ed  all'erudizione  dei  medici  istruiti,  e  perciò  a 
»  lui  stesso.  Il  sig.  Toramasini. crede  di  non  aver  mai  visto 
»  flemmasie  intermittenti,  perchè  egli  ha  preso  per  febbri 
»  essenziali  quelle  che  si  sono  offerte  nel  corso  della  sua 
»  pratica. 

»  Se  ho  mostrato  che  le  febbri  intermittenti  non  diffe- 
»  riscono  dalle  continue  che  pel  tipo,  e  che  una  differenza 
»  di  tipo  non  annuncia  differenza  specifica  della  natura  del- 
»  r  alterazione  organica  ;  egli  resta  provato  che  le  une  e 
»  le  altre  dipendono  da  un'  irritazione  locale,  la  cui  esten- 
»  sione  e  profondità  è  a  desiderarsi  che  venga  studiata  con 
»  più  senno  di  quanto  si  usò  finora  >. 


589 

Quantunque  V  elemento  etiologicó,  il  patologico,  ed  il 
terapeuticp  non  sieno  d'accordo  con  tale  dottrina,  pel 
sig.  Boisseau  non  è  cosa  di  grande  entità.  —  Ma  prose- 
guiamo. , 

Per  curare  le  intermittenti  la  prima  cosa  è  informarsi 
di  tutto  quello  su  cui  vive  il  soggetto.  Per  es.  «  Se  T  indi- 
»  vidùo  viva  in  mezzo  di  emanazioni  paludose,  invano 
»  si  prodigheranno  i  mezzi  curativi  i  piit  energici; 
»  essi  mancheranno  e  dovranno  essere  impiegati  con 
»  un'  attività  le  cui  conseguenze  non  potranno  essere  che 
»  funeste ,  anche  nel  caso  che  si  ottenesse  la  cessazione 

>  di  ciò  che  si  chiama  febbre  ;  cioè  dei  sintomi  simpatici 

>  intermittenti  di  una  lesione  che  si  renderà  continua  a 

>  forza  di  droghe.  Il  cangiamento  di  luogo,  d'abitazione,  di 

>  cibo,  di  professione,  i  viaggi,  guariscono  più  intermittenti 
»  che  le  medicine.  Può  dirsi   altrettanto   delle  emozioni 

>  vive^  delle  affezioni  gaje,  della  passioni  che  portano  l'a- 
»  zione  vitale  alla  periferia  ». 

Rispetto  alla  prima  parte,  diremo  che  per  ammetterla 
bisognerebbe  essere  ben  ignoranti  e  senza  pratica.  Ri- 
spetto alla  seconda ,  diremo  eh*  ella  sarebbe  una  ma- 
niera di  medicare  molto  giocondamente  e  facilmente  le 
infiammazioni  intestinali  e  quella  dei  visceri  addominali, 
o  di  altre  parti.^  Peccato  che  tutte  le  malattie  non  pos- 
sano esser  ridotte  a  tali  infiammazioni. 

Ed  aggiungeremo  poi  per  un'  esperienza  di  molti  anni 
che  pochi  furono  i  casi  nei  quali  le  medicine  abbiano 
mancato  al  nostro  desiderio,  senza  bisogno  di  ricorrere  a 
cangiamento  di  luogo,  viaggi,  ecc. 

«  Gli  antichi  che  non  conoscevano  la  china,  seguita 
»  il  nostro  Cicero  prò  domo  sua ,  trattavano  le  intera 
»  mittenti  come  le  continue  :  essi  salassavano ,  poi  eva- 
»  cuavano,  in  seguito  tornavano  al  salasso  per  evacuare 
»  di  poi;  e  cosi  di  seguito.  Una  astinenza  severa  si  or- 

>  dinava  nei  primi  di  ».  (  Noi  non  sappiamo  dove  il  0ig. 


590 

Bouseau  abbia  imparato  tali  fandoDie,  e  come  non  abbia 
arrossito  nel  raccontarle  ).  «  Facevano  frizioni  con  forza 
»  pél  corpo  degli  ammalati ,  facevano  bagni  ;  poi  si  pre- 
»  scriveva  il  vino  a  dosi  progressive  maggiori.  Neil'  istan- 
»  te  che  r accesso  era  per  manifestarsi,  riscaldavano  il 
»  corpo  con  tutti  i  mezzi  possibili ...... 

E  sono  questi  forse  i  mezzi  che  guariscono  le  infiam- 
»  mazioni  dei  visceri  interni  1  Per  Iddio  santissimo,  noi 
non  sappiamo  ber  tanto  a  garganella  ! 

Allorché  la  chinina  fu  portata  in  Europa  trovò  par- 
tigiani e  contrarli.  Il  suo  uso,  dalle  perniciose,  fu  esteso 
alle  continue.  —  «  É  incontestabile,  dice  il  Boisseau, 
»  che  tale  medicina  renda  inapprezzabili  servizj  nelle  in- 
»  termittenti.  E  tali  servizj  sono  cosi  evidenti ,  quanto 
»  lo  sono  le  vittime  del  suo  uso  nelle  febbri  continue  ». 
Ed  in  onta  a  tale  verità  suprema,  da  esso  confessata,  il  sig. 
Boisseau  tenne  ottima  la  classificazione  delle  intermit" 
tenti  nelle  continue. 

Dopo  aver  discorso  sul  modo  di  usare  la  china  secondo 
il  Pinel,  il  Sydenham,  il  Pringle ,  ecc. ,  passa  ali*  azione 
di  tale  medicina. 

<  L*  azione  della  china  fu  oggetto  di  molte  discus- 
»  sionì. 

>  1.^  Gli  uni  pretendono  che  agisca  come  specifico  : 
»  confesso  che  non  intendo  nulla  assolutamente  di  questa 
»  asserzione,  ed  abbandono  ai  più  abili  lo  rischiaramento, 
»  la  discussione  e  sopratutto  la  dimostrazione. 

»  2.^  Altri  pensano  che  guarisca  aumentando  le  forze 
»  vitali.  Io  non  credo  che  le  forze  vitati  sieno  suscet^ 
tibili  di  aumento  assoluto. 

»  3.^  I  terzi  pensano  con  ragione  che  guarisca  stimo- 
»  landò  la  membrana  mucosa  digestiva. 

»  Convenuto  che  il  chinino  guarisca  le  intermittenti 
>  stimolando  lo  stomaco,  qualcheduno  credesi  autorizzato 
»  a  conchiudere  che  V  intermittente  non  sia  ìxtìsl  gastro^ 


591 

»  enterite  ;  poiché  un  irritante  come  mai  guarirebbe 
»  un'  irritazione  ?  Broussais  risponderebbe  :  opponendo 
»  irritazione  ad  irritazione^  ciò  che  equivale  a  nulla  ». 
Ma  eccoci  alla  spiegazione  deirAutore.  Essa  merita 
che  la  trascriviamo  ;  poiché  é  un  magnifico  lavoro  di 
ragionamenti  e  di  conghietture.  «  Che  mi  si  accordi  pre- 
»  venti vamehte  che  due  fatti  dimostrati  non  cessano 
»  d' esser  incontestabili,  perché  s' ignora  come  succedano, 
»  e  che  la  mancanza  di  una   buona   spiegazione   del  le* 

>  game  clue  può  esistere   fra   essi ,  ed  anco   V  apparente 

>  contraddizione  che  ne  risulterebbe  dal  difetto  della 
»  spiegazione ,  non  autorizzano  a  negare  né  V  uno  né 
»  r  altro.  Ciò  posto  potrò  dire  :  La  febbre  intermittente 
»  gastrica  è  evidentemente  un'  irritazione  delle  vie  ga- 
»  striche  ;  la  china  aumenta  V  azioh  vitale  dei  tessuti 
»  cui  va  a  contatto  ;  questa  febbre  cessa  sovente  dopo 
»  r  amministrazione  di  tale  medicina  ;  né  si  cerchi  di 
»  conciliare  tale  contraddizione  :  essa  non  é  che  appa- 
»  rente,  poiché  nella  natura  non  hav vi  contraddizione  ». 

Se  il  nostro  scrittore  parli  bene  nel  ritenere  come 
cosa  dimostrata  che  la  febbre  intermittente  gastrica  sia 
un^  irritazione  delle  vie  gastriche,  e  che  la  china  au- 
menti Tazion  vitale;  giudicherà  il  lettore  secondo  la 
propria  religione  e  la  propria  fede. 

«  I  medici  che  pretendono  che  la  febbre  intermit- 
»  tente  guarisca  per  T  azione  specifica  della  china  elu- 
»  dono  la  difficoltà  che  ci  oppongono  ;  essi  negano  Y  a- 
»  zione  eccitante  della  china,  benché  ciò  sia  un  fatto ^ 
»  mentre  si  tratta  di  difender  la  loro  teoria  ;  mentre  che 
»  ci  oppongono  tal  fatto  quando  trattasi  di  attaccar  la 
»  nostra.  Senza  creare  nessuna  ipotesi,  senza  nulla  sup« 
»  porre,  e  senza  alcuna  sottigliezza,  io  penso  che  possasi 
»  render  conto  dell'  azione  della  china  nelle  febbri  inter- 
»  mittenti  anche  gastriche,  cosi  bene  come  (ii  ogni  altro 
»  medicamento  in  ogni  altra  malattia,  limitandosi  a  rav- 
»  vicinare  ed  a  generalizzare  i  fatti. 


592 

»  I.  Nel  caso  dove  si  riesce  meglio ,  la  china  è  appli- 
»  cata  allo  stomaco  durante  T apiressia,  e  perciò  quando 
»  lo  stomaco  non  è  irritato:  questo  è  il  primo  fiitto. 

A  questo  primo  fatto  noi  opponiamo  che  in  qualsiasi 
tempo  che  si  somministri  il  chinino  si  ottiene   Teffetto: 
che  i  tempi  migliori  sono  o  sul  finire  dell*  accesso  o  poco 
prima  che  incominci  :  molte  volte  dopo  il  chinino  il  primo 
accesso  ritorna,  ciò  che  specialmente  accade  quando  il  chi- 
nino venga  somministrato  in  sulla  metà  del  tempo  del- 
r apiressia.  Sopra  tale  rapporto  ho  avuto  lunga  esperien- 
za. Io  ho  fermato  febbri  somministrando  il  chinino  men- 
tre r ammalato  cominciava  a  sentire  i  primordii  dell'ac- 
cesso^ somministrandolo  però  a  dose  piena,  in  soluzione 
ed  in  una  volta:  vale  a  dire  da  uno  scrupolo  a  mezza 
dramma  a  peso  austriaco.  —  A  questo  primo  fatto  op- 
poniamo r  esperienza  di  tanti  medici  che  nelle  subconti^ 
nue  e  nelle  subintranti   somministrano   il  chinino   du- 
rante la  febbre.  Ammessa  anche  V  irritazione  dello  sto-' 
maco  (che  sarebbe   sempre  da  provarsi)  questo  primo 
fatto  non  è  vero. 

«  IL  La  china  non  riesce  o  non  agisce  che  incom- 
»  pletamente,  quando  la  si  somministri  nel  tempo  che  lo 
»  stomaco  è  ancora  irritato  :  secondo  fatto. 

Questo  secondo  fatto  merita  di  esser  delucidato.  L'Au- 
tore dice:  se  lo  stomaco  sia  irritato.  Se  fer  irritazione 
egli  intese  infiammazione ,  in  tal  caso  sarà  da  provarsi 
che  V  intermittente  sia  dipendente  dall' aflFczione  dello  sto- 
maco. Se  intese  irritato  per  condizioni  saburrali  o  per 
simpatia  nervosa,  donde  egli  si  trovi  in  uno  stato  di  di- 
sordine, di  sensibilità  e  di  motilità;  in  tal  caso  non  ne- 
gheremo il  fatto;  e  diremo  che  Fazione  della  china  non 
si  spiegherà  perchè  la  china  verrà  rigettata,  o  percioc- 
ché sarà  per  produrre  disordini  colla  azione  locale  che 
potranno  possibilmente  impedire  il  suo  effetto ,  non  ve- 
nendo forse  anco  digerita  e  portata  in  circolo. 


593 

»  III.  La  ohinà  aggrava  Io  stato  4eir ammalato  quar^do 
1^  la  si  dia  poco  tempo  prima  dell' invasione  dall'accesso; 
»  e  più  ancora  quando  la  si  somministri  durante  Y  acces-^ 
>  so;  nel  primo  caso  lo  stomaco  ò  già  irritatissimo»  nel 
»  secondo  egli  lo  è  al  più  alto  grado:  terzo  fatto  ». 

Questo  terzo  fatto  noi  lo  diremo  contro  V  esperienza  ; 
perchè  anzi  il  chinino,  come  abbiamo  detto,  spiega  mag* 
giore  attività  dato  sul  terminar  dell*  accesso  o  poco  prima. 

Rispetto  al  terzo  momento,  sappiamo  che  nelle  pernia 
dose  i  pratici  esperti  e  prudenti  non  guardano  il  tempo. 

Se  r Autore  crede  che  lo  stato  dell'ammalato  sia  ag-- 
gravato,  perchè  dando  il  chinino  a  piena  dose  nell'acces- 
so ;  od  in  momento  in  cui  non  abbia  potuto  spiegar  la  sua 
azione  e  troncare  la  febbre;  e  l'ammalato  perciò  provi  e 
le  molestie  dell'accesso  morboso  e  le  molestie  del  chini- 
no; in  tal  caso  noi  diremo,  con  nostro  dispiacere,  che  il 
sig.  Boisseau,  o  parlò  senza  pratica,  o  dietro  un  pratica 
poco  esperta. 

»  Da  tali  tre  fatti,  oonchiusi  che  la  china  guarisce  le 
»  intermittenti  gastriche  perchè  eccita  lo  stomaco ^  es- 
»  sendo  assente  1*  irritazione  che  si  manifesta  uell'ac- 
>  cesso  febbrile*  Tale  proposizione  non  è  che  l'espres- 
»  sione  generale  dei  tre  fatti  che  ho  indiòati  ». 

Noi  lasciamo  il  giudizio  di  questi  ragionaménti  e  di 
queste  conseguenze  al  medico  che  sarà  per  leggere  que- 
ste cose,  purché  sia  abbbastanza  esperto  nella  cura  di 
tali  affezioni. 

Tuttociò  però  non  è  ancora  sufficiente.  Sentiamo  il 
nostro  Professone,  poiché,  assolutamente  lo  merita,  nel  | 

seguito  delle  sue  dottrine.  ^  i 

<  Resta  che  esaminiamo  come  l'eccitazione  medica-  ' 

»  trice  che  la  china  sviluppa  nello  stomaco,  prevenga  lo 
»  sviluppo  dell'  irritazione  morbosa  ;  la  quale  stabilendosi 
»  in  questo  viscere,  determina  i  sintomi  febbrili;  e  come 

Annali.  Voi.   Cd.  38 


604 

»•  agiflct  nel  omo  in  oai  T  irritasione  delle  Tie  jdigerenti 

»  tlhé  dà  luogo  egli  accessi ,  continui  durante  Tapiree-  1 

>  sia  ....  1^'. 

<  I.  Alcune  infiammazioni  continue  guariscono  sotto 

>  r  impéro  degli  irritanti  applicati  direttamente  sulla 
»  parte  infiammata:  egli  ò  cosi  che  si  fifuarisoe  Tottal- 

>  mia  per  Vaìlume,  l'uretrite  pel  solfato  cU  zinco,  la 
»  resipola  pel  vescicatorio.  Se  un*  irritazione  continua 
»•  guarisce  per  T influenza  di  un  irritante,  perchè  non 
«  nascerà  la  cosa  stessa  «  ed  a  più  forte  ragione  «  rispetto 
%  ad  un* irritasione  intermittente;  specialmente,  se  per 
»  applicare  tale  stimolante»  si  cerca  ristante  in  cai  essa 
»  nen  esiste  t 

Primieramente  il  sig.  Boisseau  epiteta  con  molta  1^- 
gierezza:  per  esso  T  allume,  il  solfato  di  zinco  e  le  can- 
taridi sono  imYoM^i  tutti  egualmente;  e  la  loro  azione 
irritante  viene  poi  trasformata  in  attimolante. 

Secondariamente  egli  dovrebbe  aver  conosciuto  le  molte 
insorte  dispute  farmacologiche;  poiché,  secondo  alcuni,  li 
suddetti  mezzi  »9ono  irritanti,  per  altri  astringenti  i  due 
-primi  ^irritante  la  terza  ;  per  i  terzi  sono  invece  tutti 
e  tre  controstimoli. 

In  terzo  luogo  noi  non  crediamo  che  T allume,  il  sol*- 
fato  di  zinco  ^  il  vescicante  guariscano  T  affezione  nel 
medesimo  medo;  poiché  il  vescicante  trasporta  «fuori  quan- 
4ità  fi^rte  di  siero  e  di  materia;  ciò  che  non  fanno  i  due 
primi  mezzi. 

In  quarto  luogo  nen  si  otterranno  gli  stressi  efibtti, 
6enza  dubbio,  se  in  un  collirio,  per*  esempla,  di  due  on- 
de d'acqua  si  scioglieranno  un  grano,  due,  cinque,  die- 
ci, venti  degli  stessiseli;  poiché  a  dose  cosi  alta  certa- 
mente si  porterebbe  datino  anziché  utilità.  Conseguenza 
ed  illazione  diretta  e  strettamente  logica  che<  i  venti ,  i 
dieci ,  i  cinque ,  i  due  grani  ed  il  grano  t  sciolti  nella 
stessa  quantità  di  veicolo,  non  portano  la  stessa  azione. 


995 

«  II.  Un'  irritaziqneiniens3L:]^rQvood,t%  ifx  nn  .testato 
»  organico ,  impedisce  di  contrarre  un'  irritazione  men 
»  viva^  di  risentire  l'impressione  di  un  irritante  relati- 
»  vamente  meno  possente;  razione,  localizzante  di  un  /o- 
»  nico  astringente  può  for  cessare  razione  generalizzante 
;^  di  un  eccitamento  espansivo^  Cosi  aUorcli^  la  meinbrana 
»  mucosa  della  bacca  fu  resa . infiammata  e  dolorosa  àaX^ 
-^  razione  del  sangue,  l'acquavite  la  più  forte  non  sem- 
»  brerà,  che  un  dolce  liquore,  l'aceto  si  f^rà  appena  jsen-f 
»  tire,  gli  amari  sembrerà  non  ayer  più  sapore  >. 

Parlando  della  medicina  antica  al  Canone  4,^  della  Te^ 
rapeutica  di  Galeno,  abbiamo  mostrato  come  altro  sia  che 
noi  non  percepiamo  l'azione  di  una  sostanza,  altro  ch0 
tale  sostanza  non  agisca  in  noi.  Che  se  una  parte  irri- 
tata non  potrà  cadere  in  irritazione  perchè  già  irritata; 
non  perciòi  s^  verrà  atta^ccata  da  nuove  potenze  irritan- 
ti, ancorchà  più  leggiere  della  prima,  non  sentirà  la  Ix>rQ 
azione* 

4<  III.  S'egli  è  vero  che  la  febbre  continua  sia  un 
>  preservativo  contro  la  febbre  intermittente^  è  con^ra^^ 
»  gione  che  Pujol  disse-cfae  l<a  china  guarisce  ]a  febbre  in- 
p  termittente  eccitando  una  specie  di  febbre  continua  t^. 
—  Copia  perfetta  di  quanto  avea  detto  Hahnemann. 

Tale  ragionamento  sarebbe  simile  come  se  si  dicesse: 
una  potenza  qinqu:inta  spinge  una  palla  a  balzi,  ed  una 
poteinza^  a^nto  la  spinge  ad  una  lunga  parabola.  Ora  ;se 
la  palla  non  correrà  a  balzi,  ipa  starà  ferma,  sarà  per^ 
ciocché  ayrà  ^gito  sopra  di  essa  la  potenza  cento.  — 
Modo  nuovo  di  ragioi^are. 

«IV.  Se  lo  stomaco  non  sarà  sede  ieW  irrita zion^e , 
»  la  china  guarirà  V intermittente  come  guarisce  un'of- 
»  talmia,  una  nevralgia  periodica  e  tutt' altra  irrita- 
la zione  intermittente  esterna  ».  —  Producendo  forse 
tali  malattie  continue? 

€  V,  La  china  guarisce  le  intermittenti ,  sia  stabi- 


506 

»  lendo  sullo  stomaco  unMrritazione  che  impedisca  che 
»  egli  risenta  V  influenza  delle  loro  cause  allorchò  si  di- 
»  rigono  Terso  tal  Tiscei^e,  sia  determinando  nello  sto* 
»  maco  un*  eccitazione  derivativa^  allorchò  tale  influenza 
»  si  diriga  verso  un  altro  organo  ». 

Qui  noi  troviamo  confuso  il  derivativo  col  revel* 
lente  e  confermato  quanto  abbiamo  detto  al  IV. 

«  VL  Se  si  persista  che  la  china  agisca  come  speci- 
»  fico  contro  la  periodicità  ^  V  abitudine ,  V  intermitten-' 
>  za,  ^i  dovrà  convenire  eh* essa  dividerà  la  sua  pro- 
»  prietà  colla  gioja,  col  terrore,  col  l'arsenico,  coirop- 
»  pio»  col  giusquiamo,  coir  emetico  e  con  tutti  gli  agenti 
»  che  guariscono  le  afibzioni  periodiche  ». 

Tali  sono  gli  argomenti  eh*  egli  fa  militare  in  favore 
della  propria  opinione. 

Abbiamo  poi  sommo  piacere  eh'  egli  abUa  rammen- 
tato «  un  mezzo  poco  generalizzato,  già  raccomandato 
»  dal  Silvio  (volle  forse  dire  dal  Willisf)  impiegato  con 
»  successo  dal  Lallemand  per  la  guarigione  delle  inter- 
»  mittenti;  quello,  cioò,  delle  legature  fortemente  ser- 
»  rate  alle  membra  ».  Mezzo  come  vedesi  eccellente  per 
guarire  le  irritazioni  (infiammazioni)  dello  stomaco,  e 
senza  dubbio  comodissimo. 

Viste  cosi  le  sue  idee  sulle  intermittenti  semplici, 
dovremo  passare  a  quanto  scrive  sulle  perniciose  t  Ma 
siccome  egli  si  riferisce  all'Àlibert,  cosi  noi  non  lo  se- 
guiremo. 

^  Egli  crede  che  possasi  continuare  ad  usare  la  voce 
FEBBRE  in  quelle  malattie  che  consistono  in  una  pires- 
sia sen-a  localizzazione,  {Continua). 


:697 

'Vhe  Mééioruiive  Tt/*eufM$emi  of  JPftetfiitoitla*  — - 
lia  eara  rlstoraiiCe   dt^llA  polmonla  %   del  Prof. 

UGO  BK»:%KTT.  —  Edimburgo,  1866;  op.  di  pa- 
gine 110.  —  Traduzione  del  Dr.  C  TuànbuiHni. 


p 


ubblico  questa  Memoria  allo  scopo  di  far  >  sempre  meglio 
conoscere  a'  miei  collega ,  la  grande  importanza  pratica  delle 
questioni  che  risguardano  l'efficacia  della  cura  della  polmonite 
per  mezzo  dei  ristoranti*  Questo  lavoro  consiste  essenzialmente 
di  una  tavola  emessa  la  prima  volta  nella  quarta  edizione  dèi 
miei  Principles  and  Praetice'  of  Medicine  (Principj  e  pratica 
della  Medicina);  di  una  maggior  estensione  data  ai  fatti  stati- 
stici ed  alle  conclusioni  che  se  ne  possono  dedurre;  e  di  ri- 
sposte alle  osservazioni  fatte  da  alcuni  medici  distinti  a  diversi 
argomenti  compresi  in  questa  serie  di  ricerche,  lo  spero  che  la 
conoscenza  di  questa  tavola,  persuaderà  i  medici  addetti  agli  ospe- 
dali e  gli  altri,  ad  ajutarmi  nella  collezione  di  casi  di  polmo- 
nite acuta  raccolti  con  tutta  diligenza,  disposti  in  tavole  come 
la  mia ,  cnde  i  vantaggi  della  pratica  vengano  o  confermati  o 
negati  dall'esperienza  generale.  Farmi  che  a  questo  modo,  verrà 
una  volta  definito  un  punto  fondamentale  di  medicina  pratica , 
si  a  lungo  controverso. 

Ogni  lucida  mente  deve  ammettere  che  la  sola  vera  prova 
di  un  dato  metodo  in  pratica  medica,  sta  nelle  guarigioni  ot- 
tenute per  esso.  Semplice  còme  può  riuscire  codesta  proposi- 
zione ai  non  iniziati ,  è  noto  come  in  medicina  nulla  sia  pia 
difficile  che  lo  stabilire  la  vera  facoltà  curativa  di  un  par- 
ticolar  piano  di  cura.  Provate  che  una ""  malattia  cammina 
bene  da  sé,  cioè,  che  la  massima  parte  delle  volte  segue  un 
certo  andamento ,  e  termina  favorevolmente ,  una  delle  due 
può  accadere  :  o  che  vengano  esaltati  quali  mezzi  pei  quali  si 
ottenne  il  risultato ,  molli  ri^edj  per  quanto  opposti  nel  loro 
modo  d'azione,  e  quantunque  tutti  inerti,  dipendendo  in  fatti 
la  guarigione  dalle  forze  «  della  natura  ,  oppure  :  non  essendosi 
propinato  alcun  rimedio  ed  abbandonata  a  sé  medesima  la  ma- 
lattia ,  nascerà  la  questione  :   con   qual  trattamento  o  in  quali 


59$ 

condMMl  il  iiiSSperà  nel  ffèr  bf«Te  tempo  poMiblld  ?  Diversa 
malattie,  generalmente  parlando,- procedono  bene  da  loro  Mede- 
sime» tra  codeste»  il  deiirinm  tremens  non  complicato,  IMpertosse, 
rerisipela*  8onTÌ  d'altronde  altre  malattie,  eba  sokio  considerate 
assai  pericolose  e  che  danno  sempre  un  buon  numero  di  casi 
fatali,  qualunque  sia  il  sistema  di  cura  adottato  per  esse.  Tra 
queste ,  la  polmonite ,  la  quale ,  per  la  freqi^«nxa  ,  pei- sintomi 
violenti  che  T  aecompagnano  e  per.  T ansietà  cui  sempre  dà 
luogo,  deve  occupare  T  osservazione  dei  pubblico  e  del  pratico. 

La  polmonite  ha  per  altro  questiO  vantaggio,  che  Tosserva* 
tione  combinata  dei  aiatomi  funaionali  e  dei  segni  fisici  ce  la 
rivela  in  modo  sicuro,  a  ci  allontana  le  fonti  di  errore  inerenti 
alla  diagnosi  di  molte  altre  affezioni.  Questa  malattia  fu  sog- 
getto recentemente  di  nomerose  osservazioni  negli  ospedali  di 
questo  e  di  altri  paesi,  si  raccolsero  diligenti  annotaeicni  sul 
corso  e  sulla  mortalità  di  esia  trattata  con  diversi  sistemi  di 
cura,  di  modo  che  è  lecito  aspettarsi,  che  la  discussione  di  codesto 
argomento  abbia  a  dare  conclusioni  un  pò  più  positive  che  in 
ogni  altra  questione  in  medicina*  È  appunto  per  tali  idee  che 
io  credetti  meritevoli  di < attenzione  .  i  risultati  della  -  mia  pra- 
tica negli  scorsi  sedici  anni  al  Royal  Infìrmary  of  Edinburgh  j 
tanto  più  che  oltre  all'  essere  assai  soddisfacenti  riguardo*  alla 
guarigione  ,  sono  basati  su  una  serie  di  fatti  annotati ,  la  cui 
esattezza,  io  credo,  Aon  sarà  messa  in  dubbio. 

La  tavola  segùtmte  comprende  tutti  i  casi  di  polmonite  acuta 
che  furono  ammessi  alle  Sale  Cliniche  del  Royal  Infìrmary  in 
mia  cura  dal  i  ottobre  1848  al  3i  gennajo  1865.  Durante 
questo  tempo  il. mio  servìzio  era,  prima  di  quattro  mesi  al- 
l'anno, poi  in  anni  alternati,  di  sei  e  di  tre  mesi.  Così  io  eser- 
citai la  mia  pratica  nelle  sale  per  75  mesi,  ossia  6  ai^ni^  e  ^/|. 
La  tavola  espone  i  fatti  presentati  dai  casi ,  in  modo  da  met- 
tere sotto  al  giudizio  del  lettore  gli  effetti  del  metodo  di  cura 
che  si  è  seguito.  Le  colonne  indicano  $  1^  il  nuiaana  del  caso; 
2^  il  nome  del  paziente;  D  significa  un  caso  doppdo;  N  un  caso 
non  soddisfacente  riguardo  alia  durata  dalla  malattia;  3^  l'età; 
4®  la  salute  antecedente,  buona,  grama,  o  in'  qual  modo  parti- 
colarmente alterata  ;  5®  il  giorno.,  d'  ammissione  contando  dal 
giorno  del  brivido,  che    indica  il   principio  della  malattia;    6* 


i 


599 

la  dorata  tleltcì  malattia,  ossia  U  pmcipio'  d^lla.epi^Yal^^OifH^za^, 
7®  il  nu^«r,o  dèi.  giorni  4\  d^geaza  neirosp^dale,  contando  (lai 
brivido;  8®  la  frequenza  e  il  carattere  del  polso  all'atto  del- 
l'ingresso; 9^  il  numero,  il  carattere  delle  respirazioni  al  momento 
dell'ingresso;  iO^  il  lato  afiWHo,  e  l'esteauone  di  polmone  inte- 
ressato;  l}**  se  la  polmonite  è  complicata  con  altra  malattia  è 
segnata  cosi:  X;  1.2*; la  cura;  43**  osservazioni  generali;  e  16® 
il  volume  e  la  pagina  dove  fu  registrato  il  òaao. 

Faccio  notare  che  i  casi  non  furono  raccolti  riferii)] Imente 
ad  una  ricerca  statistica ,  ma  ne  hanno  redatte  le  annotazìoìii 
i  miei  assistenti ,  al  letto  dell'  ammalato ,  com^  ^i  usa  qui  da 
lungo  tempo.  Queste  annotazioni  hanno  quindi  un  valore  assai 
diverso  l'una  dall'  altra  ,  anzi  in  alcune  poche  le  informazioni 
su  certi  punti  sono,  deficienti;  là.bo  19 esso,  nella  tavola  un ^ 
punto  di  interrogazione.         > 

La  t^-vola  fu  incominciata  dal  mio  primo  egregio  medico 
residente,  il  Dr.  Glen,  fu  continuata  dai  Dottori  Smart,  Duck- 
v^orth  e  Macdonald^  pur  e&si  miei  medici  résidefiti  j  dell'  ospe- 
dale durante  gli  anni  1863  ,  1864  ,  0  1865  ,  ai  quali  io  sono 
obblig  itissimo  pur  il  lavoro  che  fecefo  qui.  Il  fatto  che  la  tavola 
fu  redatta  e  diligentemente  Hvedata  d$.  me  stesso  non  solo,  ma 
da  ciascuno  di  questi  quattro  signori  successivamente^  è  là  prova 
la  più  convincente  della  esattezza  dei  pairticolari  in  essa  «éoiih 
tenuti. 


000 


Tavoia  di  tutti  i  casi  di  Polmonite  acuta  trattati  nelle  Sale  clinick 

in  75  mesi  di  serpizio  dell'Autore ,  ossia  I 


"1 


s 

a 

o 

Zi 


Nome 


Salute 


antece- 


dente 


Giorni 


> 


22 


o 


I 

o 


9 
B 


Polso 

al 

principio 

deUa 

cura 


u 
a 

N  "O 
U    O 


8  g 

«.2 


Estensione 


e  lato 
interessato 


J.  Aikencross 


B.  Ring 


J.  Foremann 


J.   Rell 


6 


J.  M^ntyre 


R.  Hogg 
D  i 


8 


F.  Farrell 


W.  Hamilton 


30 


40 


54 


40 


Toste 
invernale 
da  3  anni 


Buona 


52 


18 


9 


J.  Conolly 


53 


38 


Buona 


Buona 


8 


Buona 


Debole 


Buona 


14 


14 


16 


14 


8 


14 


32 


30 


17 


19 


21 


55 


2 


19  Vigorosa 


8 


23 


U 


30 


64 


92  ? 


112  duro 


100  pieno 
e  duro 

100  va- 
lido 


80  valido 


Naturale 


25 


32 


14      34 


iOO  pieno 
e   duro 

100  pieno 


30  diffi- 
cile 


5/4  inf.  Destro 


Breve 


7jj  inf.  D. 


Dispnea 


Accelera- 
ta e  breve 


Dispnea 

Nessuna 
dispnea 


V3  inf.  S. 


7,  inf.  S. 


Va  inf.  S. 


Ambìdue    ? 


Dispnea 


Facile 


Va  s«P-  ^• 


Va  sup.  D. 


9Ò   pieno 


Vi  infer.  D 


eoi 

et  Royal  Jnfirmary ,   dal  1  ottóbre  1848  al  31  gennajo  \9&ò , 
tini  e  Vi-  —  Numero  dei  letti:  40  in  media. 

UNI. 


Cura 


• 

■   '       ''  T •" T" '-^ — — \ 

Osservazioni.  — ^  Natura  del  caso.  —  Com- 
plicazioni. —  Violenza  dei  sintomi.  — 

ni  che  si  ri- 
to al  registro 
i|la  sala 

V 

{    Particolarità   dei  segni  fisici.  — 

.2  3^ 

NO 

• 

C5     » 

Conseguenze,  ecc. 

o^ 

f 

t                      _ 

Sala  ! 

Salassato  prima  dell' ingresso , 
non  si  sa  in  quale  quantità.  Anti- 
moniali 1-16  gr.  ogni  2  ore.  Ve- 
scicanti dopo.  Vino  une.  vi  e  nu- 
trienti. 

Salassato  dnll*assiste~  te  dopo  l'in- 
gresso ad  une.  xn.  Antimoniali  1-8 
gr.  ogni  ora.  Poi  vescicanti.  Nu- 
trienti. 

Antim.  i  gr.  ogni ,  ora.  *  Poi  mi- 
stura espettorante,  nutrienti  e  vino. 

Antimonio  i  gr.  ogni  due  ore , 
poi  ogni  ora.  Dopo  opiati  per  con- 
ciliare sonno  e  une.  iii  di  acquavite 
al  giorno. 

Atitim.  1  gr.  ogni  ora;  poi  i-16 
gr.  ogni  quattro  ore,  insieme  a  diu- 
retici. Più  tardi  vescicanti. 

Salassato  ',  purgato  ,  vescican' 
ti,  ecc.,  prima  dell*  ingresso.  Sa- 
lini, vino  une  iv,  nutrienti.  Poi 
astringenti  ed  opiati  per  frenare  la 
diarrea. 

V2  gr.  antim.  ogni  3  ore;  yino 
une.  iv;  nutrienti.  •         .      ^ 


Operajo  robusto,  con  letrgier  pfeurisia  v 
soggetto  alla  toss*3  nelT  inverno.  Dopo  il 
'salasso  entrò  nell'ospedale  sfinito. 


Entrò  una  settimana  dopo  che  fu  presta 
dalla  malattia.  Era  stato  salassato;  avev;i 
preso  antimoniali. 

Uomo  robusto  ,  entrato  appena  "^ malato 
Non  sfinito. 

Uomo  robusto' pletorico,  dedito  al  bere 


Coppe  ad  une.  vm.  Antim.  */|  gr. 


La  convalescenza    cominciò   tosto    dopo 
r  ingresso,  ma  fu  prolungata. 

Giovane  debole,'  maestro,  trattato  anti 
[logisticamente  prima  dell'ingresso;   con 
valescenza  prolungata  per  la  sopraggiunta 
diarrea.  ^ 


Voi    2, 
p.  t20i 


Voi.  3, 
p.  6 


Voi.     Ar 

p.  441 

Voi.     4r 

p.  466 


Voi.  5, 
p.  419 

Voi.   5, 
p.  93 


La    malattia    occupava    prima    il  terzo 
^medio  del  polmone  destro ,  poi   si    estese 
al  terso  superiore.    ' 

Diminuendo  ia  polmonite ,  si  notò  pro- 
ognt  4  ore.  Vino  une.  vt.  Vesci-1  un  gatta  espirazione  e  rantolo  sibilante  al- 
iante. Chinino  1  gr.  tre  volte  al  1' apice  ;  convalescenza  prolungata, 
giorno. 

Sulla  guarigione    s'  ebbe  un  accesso  di 
reumatismo  che  prolungò  la  degenza. 


Vj  grano  antim.  ogni  3  ore.  Nu- 
trienti. Dolori  reumatici  trattati  col* 
r  aconito  localmente. 


I 


Voi.  fi, 
p.  429 

Voi.  7, 
p.  Ili 


Voi.  8, 
p.  174 


WIt 


10 

E.  LanoQ 
ù  2 

11 

J.   Kelly 

12 

J.  Stewart 

13 

T.  Monro 

14 

H.  MTbiiips 
D  3 

15 

D.  Taylor 

16 

A.  Millar 

17 

W.   Gray 

18 


19 


J.  Donaldson 


20      1.   Scott 


17 


40 

34 
16 


42 


54 


17 


Vigorosa 


Grama 


VigcroBa 


Debole  e 
gottoso 
Buona 


14 


2 
4 


S.  MacBonald        25 


26 


38 


Tosse 
ìnvei^nale 
da  22  an- 
>    ni 

Buona 


Buona 


Bugna 


Buona 


Ccittiva 
da  quatt 
!   anni 


6 


14 


20 


21 
12 


14 


la 


10 


16 


48 


14 


21 

1 

? 

33 
34 


106  forte 


Facile 


72  natu-  '  Dispnea 
rale 


100  pieno 
<e  forte' 

76  natu- 
rale 
100  fort« 


:• 


24 


Accelera- 
ta 


31 


i8 


83 


69 


100  pieno 
e  forte 


100  picco- 
io  e  molle 

,106  va- 
lido 

106  pieno 


128  va- 
lido 


26  diffi- 
•   Cile 


Dispnea 


inf.  D. 
«/3  inf.  D. 
Tutto  il  S. 


Va  inf.  D. 

Vs  i«f-  S.,  Vi 
inf.  D. 


7ji  inf.  S. 


Dispnea 


32  diffi- 
cile 

46  acce- 
lerata 

Accelera- 
ta 

Dispnea 


7j  inf.  S. 


Va  inf.  D. 


Va  sup.  D. 


Vt  inf.  E 


V»  inf.  D. 


m 


r- 


■BBS 


Cura 


r      » 


•   2 

•r*  ** 

co 


Osservazioni.  —  Natura  del  caso.  —  Com-  *«  *bo  _ 

plicazioni.  —  Violenza  dei  sintomi.  —       «  «  " 

Particolarità  dei  segni  fisici.^  — ^  '1  1  "^ 

Conseguenze,  ecc.  Oc2^ 

Sala  I. 


■1.n«i 


Salini/  vescicanti)  nutrienti. 


Salini ,  vino  colchico  ,  nutrienti. 

Salasi,  une.  xii  per  sollevare  la 
dispnea.  Poi  12  sanguisughe.  Sa- 
lini;  poi  nurienti  e  vino. 

Pulv.  opii  gr.  ss  ogni  due  ore. 
Nutrienti,  vino. 

Antimon.  ^/g  di  gr.  ogni  tre  ore, 
combinato  con  it5  gr.  di  opioNper 
allevia  re  1*  insonnia  e  il  dolore 
gra  ve. 

V4  S^*  ^^  antim.  ed  opio  ogni 
tre  ore. 


^U  S^'  ^^  antim.  ed  opio  ogni 
due  ore. 

i/g  gr.  aumentato  poi  a  ^/^  di 
gr.  di  antimonio,  ogni  tre  ore. 

1  gr.  antimonio  ogni  due  ore. 
Poi  8  sanguit^ughe  e  un  vescicante. 

Salini  ;  vino  utic.  vm-  e  nu- 
trienti. 

Antimonio  Yt  gr.  ogni  quattro 
Dre.  Coppe  incise  ad  une.  vi.  Succes- 
sivamente  un  vescicante. 


Giovane  opera jo  rotyisto ,  con  polso  vi- 
goroso e  rapida  guarigione ,  quantunque 
aifetti  ambi  i  polinoni. 

Uomo  forte  muscoloso,  soggetto  da  lun- 
go a  tos&e  e  reumatismo. 

Il  salasso  migliorò  la  dispnea,  ma  pro- 
lungò la  convaltiscenza ,  della  quale  non 
si  sa  la  lunghezza. 

Soggetto  debuie,  d' abito  gottoso ,  trat- 
tato con  opio. 

Stava  bene   18    giorni    prima    di   esser 
dimesso;  non  sì  notò  il  perchè  di  questa 
prolungata  degenza. 
,   > 

Complicato  con  bronchite  ed  enfisema. 


Uomo  sano.  Guarigione  rapida. 


Era  convalescente  14  giorni  prima  di 
essere  dimesso  ;  non  si  notò  il  perchè  della 
prolungala  degenza. 

Trattenuto  nell'ospedale  6  giorni-  dopo 
la  completa  guarigione. 

Guarì  dalla  polmonite  10  giorni  dopo 
r  accettazione.  Trattenuto  73  dì  di  più  per 
[febbre  continua. 

Era  questa  la  quartsl  polmonite  in  quat- 
tro anni.  La  prìm»-^fu  curata  antiflogisti- 
camente. Convalescenza  -lentissima  con 
bronchite. 


Voi.  9, 
p.  41 

Voi.   9, 

p.  76 

Voi.  9, 

p.  186 

V.  11, 

p.  39 

V.  14, 

p.  141 


V.  14v 
p.  153 


V.  14, 
p.  183 

V.  17, 
p.  35 

V.  18, 
p.  137 

V.  19, 
p.  21 

V.  20, 

P.  les 


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e 

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di 


22 


23 


24 


25 


27 


28 


29 


30 


81 


32 


Nome 


««8 


Salute 
antece- 
dente 


Giorni 


o 


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Polso 

al 

principio 

della 

cura 


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.2  13 

OS  E 

CU 


Estensioni 

e  lato 
interesstJ 


J.  L«ggat 

M.  Muhon 

N  1 

J.  Murray 


J,  M^Xaughton 
D  4 

J.  Shopherd 


20      P.  Clarke 


P.  Convy 
D  5 

J.    Proudfoot 
D  6 

C.   Bangs 


R.  Simpson 
A.  M'Naughton 


J.  M'Queir 


19 
12 

53 

l34 

23 


22 


22 


30 


41 


53 


2" 


19 


Quona 
Buona 

Tosse  da 
tempo 

Grama 


Buonis- 
MÌuia 


Poco 
buona 
Tosse  da 
6  setti- 
mane 
Tosse  da 
6  setti- 
mane 
Reuma- 
tica 

Buona 

Buona 


Grama 


5 
5 


8 


8 
4 

8 


12 
? 

22 

21 

17 


12 


28 


24 


130  pieno 

1 48  pieno 
e  forte 

112  va- 
lido 


34     120  de 

bole 


20 


14 
16 

21 

13 

13 
14 

14 


8 


23 


49 


37 


15 


13 


29 


84    molle 


30    breve 
56 


Dispnea 


44    diffi- 
cile 

.  24 


104  forte 
1 1 2  molle 


100  pieno 
e  furto 

80  valido 


92    forte 
? 

100  pieno 


Dispnea 
32 


32    diffi- 
cile 


Tranquil- 
la 
24 


1/,  sup.a 

Tutto  il  S. 
8/,  inf.  l 


''  j  iati 

«l3iuf.s: 


1/,  sop.  I^' 

«/,  inf.  S., 
apice  V' 


''  i  lati 


Tatto 


il  DI 


1/,  inf.^' 


42  acce- 
lerata 


l 


Tutto 


'il 


«05 


Cura 


Osservaiioni.  —  Natura  del  caso.  —  Com- 
plicazioni. -^-  Violenza  dei  sintonrii.  — 
Particolarità  dei  segni  fisici.  — 
Conseguenze,  ecc. 


1 

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08 

-  ■« 

co 

Sala  r. 


^U  E^'  antimon.  ogni  ora-;  più 
.ardi  ogni  du^»  ore. 

Antimonio  */^  gr.  ogni  tre  ore; 
)oi  nutrienti. 

Antim.  i/i  gr.  ogni  due  ore.  Ve- 
scicanti,'  diuretici,  une.  ii  vino, 
lutrienti. 

1/3  gr.  antimonio  ogni  due  ore. 
Diuretici,  une.  vi  vino,  nutrienti. 

Salassato  prima  dell^  ingresso  ad 
une,  XX,  e. purgato,  Vi  ff*"'  antim. 
s  gocce  3  di  Sol.  Mur.  Morpti. 
}gni  due  ore. 

1/1  gr*  di  antim.  ogni  due  ore  ; 
;)oi  nutrienti. 

^/i  gr*  di  antim.  ogni  quattro 
ore;  diuretici^  vino  une*  iii,  nu- 
trienti. 

1^2  gr.  di  antim.  ogni  quattro 
ore.  Vino  e  gin.  ana  une.  ni,  e  nu- 
trienti. 

1/3  gr.  di  antim.  ogni  tre  ore. 
Espettoranti  ;  poi  astringenti  pnr 
Trenarela  diarrea. 

1/1  gr.  di  antim.  ogni  tre  ore  ; 
poi  stimolanti  ed  espettoranti. 

^/t  Sr.  di  antim.  e  gocce  10 
sol.  inur.  morpb.  ogni  quattro  ore; 
vescicanti. 


Giovane  vigoroso.  Guarigione  rapida. 

Ragazzo  sano  ;  mancando  le  annotazioni 
giornaliere ,  non  si  potè  determinare  la 
data  della  convalescenza. 

Guarigione  ritardata  per  bronchite  cro- 
nica. 

Uomo  debole  di  abitudini  temperate. 
Entrò  nella  casa^  esaurito.  Guarigione 
tarda. 

Giovane  vigoroso  in  perfetta  salute.  II 
salasso  alleviò  la  dispnea  ,  ma  protrasse 
la  convalescenza. 

Salute  generale  affievolita  da  precedente 
malattia.  Guarì  ancora  bene. 

L'  antimonio  produsse  diarrea  e  fu  so- 
speso. Trattenuto  una  settimana  dopo 
guarigione  completa. 

Dedito  da  lungo  tempo  all'acquavite, 
con  salute  grama.  Convalescenza    tediotsa. 

Uomo  disordinato,  con  reumatismo  ero 
nico.    Trattenuto    nella   casa  per    diarrea 
ostinaUi. 

Caso  semplice  in  uomo  sano,  terminato 
colla  guarigione  al  13.®  giorno. 

Decorso  naturale  di  una  polmonite  sem- 
plice in  nomo  sano. 

Giovane   dissoluto   con   tisi   incipiente. 


Salassato  due  volte  prima  del' 
V  ingresso  ad  une,  xvm  ogni  volta  ;  Convalescenza  ritardata. 

antim.    ^2    ?^'  •  P^'  Va    K**»  ogni 
tre  ore.  j 


V. 

21, 

p- 

36 

V. 

21, 

p. 

92 

V. 

22, 

p. 

135 

V. 

22, 

p- 

131 

V. 

22, 

p. 

141 

V. 

23, 

p 

.  1 

V. 

23, 

p- 

104 

V. 

23, 

p. 

127 

V. 

24, 

p 

K   Ò 

V. 

24, 

p. 

166 

V, 

25, 

p 

.  17 

V. 

26, 

p. 

173 

006 


o 
u 

a 


33 
34 
35 
36 

37 


38 


39 


40 


41 


42 


43 


44 


Nome 


R.  Jude 

D  7 

J.  Cogana 

D  8. 

R.  MacFarlanA 

A    Bathgate 
D  9 

D.  M'PhaU . 


P.  Robertson 
D    10 

S.  Scongie 


J.  Adams 


E.  Sanders 


Flannighan 
T.  Doyley 


J.  M'Farlane 
D   11 


Salute 
antece- 
dente 


Giorni 


§■1 


N    O 


0; 

co 

O 


^     O    :  fi 


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0 

Polso 

o  . 

al 

one 
ella 

Estensioni 

•5  -o 

principio 

e  Iato  ; 

della 

Resp 
incip 

interessi 

cura 

36 
23 

20 


•  Buona 
Buona 
Buona 


23  Non  buo 
na 


U 


51 


38 


Debole 


Robusta 


Buona 


40!  Qualche 
volta  di- 
sordinata 

20   Disordi- 
nata 

ÌS     Buona 

40     Buona 


30  Soggetto 
da   lungo 
a  tosse. 


0 
4 

5 

7 


a 


8 


8 


iir> 


14 
18 

12 
18 

10 


11 


20 


14 


11 


14 
14 


9 


23 
38 
15 

33 

45 


9 


24 


12 


16 

9 

18 
31 


96  debole 

93  forte 

104  forte 

120  pieno 
e  duro 

120  de- 
bole poi 
120  duro 
«.piccolo 
100  de- 
bole 

95  debole 


llOpicoOr 

lo  e  debo- 
le 

108 'pìcco- 
lo e  debo 

le 

100  molle 

■  I 

9.0  buono, 

valido 

95  pieno 
e  forte 


30 
? 

24    facile 
40 

.     36 


40 


Dispnea 


Molta 
diepnea 

36  tran- 
quilla 

? 

? 


40    difa- 
cile 


H 

IL  inf.  mi 

i  lati 
Vj  medio  S,*j 
inf.  D. 
i/^iafJ. 


s 


'/jSup-D.,'! 
sup.  S. 

1/,  inf.  D. 


«/3  inf.  Do  V 
iof.  S. 

1/,  inf.  D. 


2/3  iaf.  S. 

Tutto  il  ^ 
1/3  inf.  8' 


aipice 


M 

J). 


607 


^M|H 


Cura 


OseervasuianL  —  Natura  dd  caso.  —  Com- 

plicazioni.  *-  Violenza  dei  sintomi.  — 

Particolarità   dei  segni  fisici  «  — 

Óunseguenze,  ecc. 


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—  «.s 

e   ®  S3 
5  e  T> 

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NO 

«   2 

Sala  I. 


vp«* 


Salivazione  profusa  prima  del- 
l'ingresso. Poi  diuretici. 

Salini;  vino  une.  u^  e  nutrienti. 

Salini ,  poi  diuretici  eoe  col- 
chico. 

Salini  ;  diuretici    con     colchico  ; 

vino. une.  iv;  e  nutrienti. 

Salini,  vescicanti,  autrienti;  in 
fine  chinino  e  olio  di  fegato  di  mer- 
luzzo. 

.  Nutrienti  e  stimolanti  ;  vino  une. 
IV  ;  cataplasmi  ai  lato  siniatra  Ri* 

poso. 

Salassato  ad  une,  xvm.  Cura  àn» 
timoniale  prima  dell*  ingiresso.  Poi 
vino  une.  ii,  quindi  une.  iv  e  nu- 
trienti. 

Brodo  ;  errosto  onc.  vi^  vino  une. 
iij  giornalmente.  , 


Salini,  nutrienti  e  vino  une.  in. 


•  Appetito  tardo,  coavs^les^enza  ritardata. 

Complicata  pon  thypbus  fcver,  che  prò 
lungo  la  convalescenza. 

Caso  onlinario,  compieta  guarigione. 

Uomo  debole,  disordinato.  La  polmonite 
a  sinistra  sopravvenne  al  7.®  giorno  dopo 
quella  a  destra. 

Era  un  caso  di  pleurisia.  La  polmonite 
sopravvenne  in  sala  al  7.®  giorno.  Conva- 
lescente al  17.^  giorno  di  polmonite,  ma 
coiitinuo  la  pleurisia. 

Uomo  forte,  con  gran  dispnea  e  lìvido- 
re  della  faccia  che  minacciava   soffocazio 
ne^  e  che  diminuì  in  due  giorni.     ' 

La  cura  prima  deir  accettazione  con- 
dusse alla  prostrazione  ed  a  prolungamento 
della  convalescenza. 

In  un'  altra  polmdhite  a  Glascow  7  mesi 
prima  fu  salassato^  mercuria  lizza  to,  ecc., 
e  guarì  lentamente  con  gran  debolezza. 
Questlt  volta  guarì  rapidamente* 

Soggetto  debole. 


Salini,  vino  unc.m  e  nutrienti. 

Salini  combinati  ai  diuretici;  vino 
ano.  IV  e  nutrienti^ 

Dapprima    1-16  gr.  antim.  tart. 
ocn    drach.    ss    sol.    ammon.    acet. 


V.  29, 
p.  135 
V.  29, 
p.  161 
V.  iSS, 

p.  2 
V.  35, 

p.  37 

V.  35, 
p.  192 


Or  non  si    trova    più  il    registro    dove 
sta  questo  caso; 
Caso  semplice. 


Soggetto  e^ile,  gracile.  Kbbe  tid  cronica 
per  10  anni.    Tutti  i  sintomi  pneumonici 


ugni  sei  ore.  Coppe  incise  al  costatolviolenti ,  i  segni  fisici  ben   distinti  (  ca<ol 


V. 

32, 

p* 

213 

Sai 

a  2, 

V. 

8, 

P. 

16 

Sala  2, 

,v. 

1, 

P- 

20 

Sala  1» 

V. 

39, 

P» 

37 

V. 

41, 

P. 

li 

V. 

41, 

P 

.  4 

608 


8 


45 


46 

47 

48 

49 

60 
31 

52 


Nome 


1^ 


Salute 

antece* 

dente 


Giorni 


o 

rs 


N    P 

8  > 

ss. 

o 


N   eS 


Polso 

al 

princìpio 

della 

cura 


e 

0 
O 

o  "3 

CU  a« 


EstensioDe 

e  lato 
interessato 


Ed.  Nugent 


J.  Tait 
N    2 

A.  Robertson 
D    12 

J.  O'Donnel 


R.  Kay 
D    13 

P.  M*Shim 
D    14 
W.  Purdie 
D    15 

W.  Sword 
D    16 


28 


47 


asura  ed 

emottisi 


Buona 


UbbrJa< 
cone 


42  Debole  da 
15  mesi 

14:    Buona 


18 

56 
17 

31 


Buona 

Buona 
Buona 

Buona 


? 


14  )  19 


6 

6 

3 
2 


12^ 

11 

10 
10 

15 


53 


24 


08  debole 


?  faticosa 


15 

13 

26 
13 

15 


72  piccolo 
e  debole 

112  debo- 
le 

120  debo- 
le . 

100  p'reno 
e  forte 

90  debole 

120  pieno 
e  molle 

90  debole 


?   gran 
dispnea 

?  dispnea 


i/^  inf.  S. 


48 


40 


28   op- 
p  restia 
46  accele- 
rata 

44 


i/,  ifl/.  S. 


1/  suP'  d'i 
''   iUti 


i/j  sup.  D. 

IL  inf.  S.,  ^1 
''  inf.  D. 


7,  inf.  d' 
''   i  lati 

1/3  inf.  D-»' 
inf.  S. 


D.,  •/»  '"' 


_--H 


609 


Cura 


Osservazioni  —  Natura  del  caso.  —  Com- 
plicazioni. —  Violenza  dei  sintomi.  — 
Particolarità  dei  segni  fisici.  — 
Conseguenze,  ecc. 


i  2 

a>  a 

Sala  I. 


estraendo  une.  iv  di  sangue  per 
alleviare  la  dispnea.  Più  tardi  une 
tv  di  vino  giornalmente  con  nu- 
trienti. Reumatismo  trattato  cogli 
alcalini  interni. 

Stimolanti  per  alleviare  lo  spa- 
smo e  vincere  il  collasso  ;  poi  nu- 
trienti e  vino  une  iv  giornalmente. 


tipo) 9  seguito  da  reumatismo  acuto,  che 
ne  prolungò  la  degenza  nella  casa. 


Une.  IV  vino  ed  une.  ii  di  ac- 
quavite in  24  ore.  Nutrienti  ad  li- 
bit. 

Diuretici;  une.  iv  vino  e  nu- 
trienti. 

Vino  une.  iv  giornalmente  ;  nu- 
trienti liquidi  libit.  ;  salini  leg- 
gieri. 

Salini,  nutrienti,  vino  une  iv. 


Salini;  brodo  succoso  ;  vino  une. 
[V,  aumentato  poi  ac^  une.  vnu 
Salini;  brodo  succoso;  vino  une.  iv. 


Uomo  forte  e  robusto.  Ebbe  spasmo  dello 
stomaco  e  gran  debolezza.  Entrò  nella  casa 
un'ora  dopo.  Si  riebbe  col  riposo  e  co- 
gli stimolanti.  Ai  terzo  giorno  si  determi- 
nò la  polmonite.  ÌGruarigione  rapida  e  com- 
pleta. 

Trattenuto  nella  casa  per  reumatismo 
cronico  e  lióhen  acuto. 

Segni  di  etisia  precedettero  l'attacco  che 
poi  scomparve. 

• 

La  polmonia  era  all'apice,  ma  guarì 
rapidamente. 

La  polmonite  incominciò  e  fu  assai  gra- 
ve a  sinistra.  Vi  fu  una  leggier  pleurisia. 

Ritar(lata  la  dimissione  per  mancanza 
di  indumenti  iO  giorni. 

Ritardata  due  giorni  l'  uscita  per  man- 
canza di  indumenti 


V.  40, 
p.  1 


Diuretici  leggieri.    Vino  ,  prima      Debolissimo  all'  accettazione  ;  salvato  co- 
line. I   ogni    due  ore  ,  con  un  pie-  gli  stimolanti, 
colo  cucchiajo  di  acquavite  per  com-j 
battere  la  prostrazione  ;  portato  dopo 
ad  une.  iv  al  giorno.  Brodo  succoso' 
ad  libit. 


V.  43, 
p.  i69 

V.  40, 
p.  68 

V.  40, 
p.  75 

V.  42, 
p.  137 

V.  45, 

p.  185 

V.  46, 

p.  1 

V,  46, 
p.  23 


Annvli.   Voi.  CCI 


39 


010 


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611 


S£ 


Cara 


Osflervaaioiìi.  —  Natura  del  caso.  —  Com- 
plicazioni. —  Violenza  dei  sintomi.  — 
Particolarità  dei  segni  fisici.  — 
Conseguenze,  ecc. 


•  2 

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§  c-ó 

NO 
08    w 


Sala  I. 


Salini;* vino  une.  iv;  nutrienti. 

Salini;    vino   une.  xn    diminuito 
poi  ad  une.  vm  con  poca  acquavite. 

Salini,  nutrienti,  vino  une.  ti. 

Salini,  diuretici,  vino  une.  vm. 


Salini,  nutrienti,  vino  une.  tv. 


Salini,  nutrienti,  vino  une.  iv. 


Salini,  nutrienti,  vino  une.  iv. 

Salini,  diuretici,  nutrienti^  vino 

une.  TV. 

Salini,  leggieri  diuretici  con  col- 
chico, vino  une.  vi,  nutrienti. 

Salini ,  brodo  succoso ,  vino 
une.  VI. 

Salini,  nutrienti,  vino  une.  tv. 

Salini,  nutrienti,  vino  une.  tv. 


•  M    * 


Salini,  nutrienti. 
Salini,  ecc.,  vino  une.  tv. 


Salini,  nutrienti,  vino  une.  vi. 


Soggetto  forte,  vigoroso. 

Leggier  pleurite  a  sinistra.  Grande  esau- 
rimento al  5.®  giorno ,  d'  onde  rinvenne 
cogli  stimolanti. 

Giovane  vigoroso. 

Soggetto  da  lungo   a  tosse,  palpitazio 
ne ,  dispnea.  Reumatismo  9  anni  '  prima. 
Rigurgito  mitrale.    > 

Giovane  robusto. 


Soggetto  robusto,  con  guarigione  ra- 
pida. La  malattia  occupò  tutto  un  pol- 
mone. 

Giovane  robusto  ;  guarigione  rapida. 

Uomo  disordinato  ;  delirio  ;  guarigione. 

Caso  gravissimo. 

Senza  tisi;  guarigione  completa. 

Guarigione  rapida,  ebbe  leggier  diarrea. 

Non  tisi,  guarigione  completa. 

Bronchite;  bronco-polmonite. 

Uomo  vigoroso. 


Uomo  forte.  Febbre  tifoide  marcata.  Con- 
valescenza lenta. 


V.  -47, 
p.  24 

V.  46, 
p.  39 

V.  47, 

p.  160 

V.  46, 

p.  56 

V.  46, 
p.  74 

V.  47, 
p.  66 

V.  46, 
p.  80 
V.  46, 
p.  86 
V.  46, 
p.  157 
V.  46, 
p.  i61 
V.  48, 
p.  170 
V.  48. 
p.  137 
V.  50, 
p.  77 
Perdu- 
to il  V. 

V.  53, 
p.  31 


Giorni 

t 

Saluto 

Polso 

S 

Eileniìoi. 

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principio 
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1 

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A.   Huirhead 

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10 

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J.  Potter 

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1     Buona 

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74 

J.  Potter               i 

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104  debo- 
le 

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75 

J.    HillAQ                         1 

4    Buona 

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10 

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66 disp- 

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D   23 

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W.  Smith               2 

2    Buona 

1 

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le 

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Ralph  Gathrie       3 

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12 

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7     Buona 

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nea 

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9 

G.  Fleming            2 

2  Non  buo- 

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9 

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98  debole 

30 

V.  w.  i 

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J.  Devine                 2 

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7 

10 

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98  debole 

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1 

A.  Heodorson        l 

2    Buona 

8 

13 

13 

96  pieno, 

24   nes- 

•;,  iaf.  s. 

valido      sana  di- 

epnea 

613 


«A 

e 

o 


Cura 


Osservazioni.  —  Natura  del  caso.—  Com- 
plicazioni. —  Violenza  dei  sintomi.  — 
Particolarità  dei  segni  fisici.  — 
Conseguenze,  ecc. 


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Sala  I. 


X 


Salini,  nutrienti,  vino  une.  iv. 
Nutrienti,  vino  une.  z. 


X 


Salini,  nutrienti,  vino  une.  vt. 

Salassato  prima  deW  ingresso 
ad  une,  xx.  Salini ,  nutrienti,  vino 
une.  vili. 

Coppe  e  purgante  prima  delV  ac- 
cettazione. Nutrienti,  vino  une.  xvm. 

Vino  une.  xii;  nutrienti. 

Coppe  prima  delV  ingresso,  fino 
a  qual  quantità  non  si  sa.  Vino 
une.  VI,  nutrienti. 

Nutrienti,  vino  une.  vi. 


Nutrienti,  vino  une.  rv. 
Nutrienti,  ecc.,  vino  une.  vi. 


Nutrienti,'  vino  une.  vi. 
Nutrienti,  vino  une.  vi. 
Nutrienti,  vino  une.  vi. 
Nutrienti,  vino  une.  iv. 


Caso  semplice,  guarigione  rapida,  sog- 
getto forte. 

Pleurisia  cronica  con  effusione  comin- 
ciata sei  settimane  prima  dell' accettazio- 
ne. Non  si  potè  determinare  il  principio 
della  polmonite. 

Giovane  forte  ;  cominciò  a  destra  poi  si 
manifestò  k  sinistra. 

Debolezza  estrema.  Convalescenza  lenta. 
Dimesso  con  leggiero  indurimento  deira- 
pice  a  destra. 

Caso  di  febbre  tifoide  con  ulcerazioni. 
Guarigione  lenta. 

Esaurito  da  una  settimana  di  dieta  pri- 
ma deir  ingresso. 

Lo  stesso  caso  del  N.^  71.  Ebbe  altro  at- 
tacco. Dimesso  con  indurimento  ancora  del- 
l'apice destro. 

Giovane  vigoroso,  guarigione  rapida. 


Leggierissima  pleurisia. 
Leggier  pleurisia  con  effusione. 


Operajo  vigoroso,  giovane. 

La  polmonite  tenne  dietro  ad  una  grave 
e  prostrante  rubeola. 

Uomo  robusto,  guarigione  rapida. 

Soggettò  sanò  e  robusto.  Diarrea  alPac- 
cettazione,  scariche  come  fermento  di  birra 
per  15  giorni  dopo  l'accesso  di  freddo. 


V.  53, 
p.  75 

V.  52, 
p.  43 


V. 

54, 

p. 

69 

V. 

54, 

p- 

95 

V. 

55, 

p. 

99 

V. 

52, 

p. 

112 

V. 

54, 

p. 

213 

V. 

55, 

p. 

103 

V. 

55, 

p- 

127 

V. 

58, 

p 

.  7 

V. 

57, 

p- 

55 

V. 

57, 

p- 

25 

V. 

57, 

p- 

71 

Salalo 

V. 

4, 

p. 

13 

Giorni 

Polso 

1 

■ 

s 

Salute 

2 

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al 

S  — 

Estensioni 

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Nome 

3 

antece- 
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principio 
della 

II 

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42 

Buona 

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83 

J.  Dutlie 

19 

Bronchite 
a  quando 
a  quando 

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28 

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Hich.  Brannen 

16 

Buona 

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11 

14 

90  debol« 

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85 

J.  Bell 

32 

Buona 

15 

96  valido 

48  diap- 

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S.  Fljnn 
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14 

Malata  da 
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Dispnea 

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87 

M.   Diion 
N    6 

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Malata  da 

Ssettinia- 

ne 

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19 

32 

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88 

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D    24 

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A.  Connor 

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8 

21 

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D    25 

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A.  Donally 

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Bronchite 
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10 

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Dispnea 

•/,  ijt.  1 

91 

H.  Cowan 

N   7 

26 

dispnea 
da  8  mesi 

ì 

V 

32 

100  debo- 
la 

Diapnea 

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92 

M.    Carle 

15 

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5 

10 

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Dispnea 

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615 


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ri- 

stro 

Osservazioni.  —  Natura  del  caso.  —  Com- 

0)  d 

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OS 
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plicazioni.  —  Violenza  dei  sintomi.  — 

Cura 

V 

5  e  T 

S 
o 

• 

Particolarità  dei  sejgni  fisici.  — 

O 

( 

Conseguenze,  ecc. 

Cita 
feris 

Sala  ] 

Salini,  cataplasmi,  une  iv  di  vino 
per  due  giorni  ,  poi  vescicante  al 
iato  malato. 

•Salini,  brodo. 


Salini,  nutrienti,  une.  vi  vino. 
Salini,  nutrienti  j  une.  viii  vino. 


Uomo  sano  dedito  al  liquori  ;   ebbe  già 
pleuro*polmonite. 

Bronchite  viva,  che  scomparve  comple- 
tamente. ' 

V 

Bronchite    viva ,    esaurito    dàlia    dieta 
precedente  V  accettazione. 

Seconda  polmonite,  vita  disordinata. 


Sala  1 

V. 

60 

P- 

7^ 

V. 

59 

P- 

li 

V. 

61 

P- 

21 

V. 

60 

P- 

15 

NE 


Salai 


Salasso  ad  une,  tir  all'  ingres- 
so ;  ^/ji  gr.  antim.  tàrt.  ogni  dye 
ore. 

Salini,  vescicanti. 


1/2  gr.  antim.  tart.  ogni  due  ore  ; 
vescicanti. 

Tint.  digit,  gutt.  V  ogni  quattro 
ore  ;  lassativi  ;  3  sanguisughe  al 
lato  malato  per  alleviare  il  dolore. 

8  sanguisughe,  1  gr.  antim.  tart. 
ogni  ora,  con   ^^   gr.  pulv.  opii. 

Vino  onc.  iv;  ^/^  gr.  antim.  tart. 
ogni  quattro  ore  ,  8  sanguisughe 
per  alleviare  il  dolore. 


Mancano  le  annotazioni.  Non  si  può  de- 
terminare il  principio  della  convalescenza. 

Non  si  notò   il   principio    della    polmo- 
nite. 

Non  si  notò  la  salute  antecedente. 

Grande  esaurimento  ed    insolita  azione 
del  cuore. 

Forze  in  buone  condizioni  air  ingresso. 

La  precedente  malattia  rese  indetermi- 
nato il  principio  della  polmonite. 


Voi.  1 
p.  Il 

Voi.  1 
p.  13 

Voi.  : 

p.  6( 

Voi.  : 

p.  IC 

Voi.  ( 
p.  IS 
Voi.  < 
p.  2C 


12  sanguisughe  al  luogo  del  doA     Dolpre    puntorio    acuto  ,  alleviato  colle|  Voi. 
love  ;  ^/g  gr.  antim.  tart.  ogni  tre|sanguìsughe. 
ore  ;  vescicante. 


M 

»    I 


*S  Ih- 


Hi' 
=  1° 


19 

25 

104   vaU- 
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15 

26 

120  pieoo 
e   forti 

10 

25 

120  molle 
debole 

Ifi 

23 

80    forte 
e  pieno 

18 

24 

66  debole 

9 

14 

80    forte 

19 

102 

100  mo- 
derato 

16 

26 

53 
23 

104  debo- 
le 
78  debole 

U 

18 

96    forte 

18 

43 

106  debo- 
le 

,2  "3 


Dispnea 

grave 


Dispnea 

Accelers- 


Estensione 

e  lato 
interessato 

«/,  int  D. 

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i  lati 

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Tutto  il  S. 

Tutto  il  S. 

»/s  inf.  D. 

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Va  inf.  S. 


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617 


risqe 


Osservikziofii.  —  Natura  del  caso.  —  Com- 

plìcazioni.  —  Violenza  dei  sintomi.  -— 

Particolarità  dei  segni  fisicL  — 

Conseguenze,  ecc. 


1  9. 

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Sala  II. 


l 


Vs  S^*  antimonio  con  Vs  fi»^*  ^P^^ 
per  alleviare  il  dolore,  diuretici,  12 
sanguisughe  e  due  vescicanti. 

Salini,  8  sanguisughCy  vescicante, 
vino  une.  vi. 

1  gr.  antim.  ogni  due  ore ,  so- 
speso dopo  24  ore ,  12  sanguisu- 
ghe ^  vino  une.  vi,  vescicanti. 

Salini,  8  sanguisughe^  vescicanti. 


1  gr.  di  antim.  ogni    4  ore,  e 
un  yescicante  al  lato  malato. 

Salini;  une.  m  vino  e  nutrien- 

^M  ^/e  S^*  ^^^'  emetico.  Vescicante 
a  destra. 
Salini  e  nutrienti. 


Vs  S^*  antim.  ogni  quattro  ore; 
vescicante;  vino  une.  iv  aumentato 
ad  une.  vi,  nutrienti.  11  reumati- 
smo fu  curato  con  diuretici  ed  ano- 
dini. 

Salini  con  piccole  dosi  di  mor-. 
fina  ;    vescicanti  ;    une.  vm  vino. 

^U  S^'  ^^^^*  ci^et.;  3  gr.  calom. 
ogni  giorno  per  una  settimana  ;  4 
sanguisughe  ;  ialini  ;  vino  une.  vi  ; 
7  sanguisughe  ;  nutrientL 

Salini  leggieri  ;  vescicante  ;  vino 
une.  111.  , 

Va  S^*  antim.  ogni  due  ore;  ve- 
scicanti; diuretici. 


Non  si  notò  la  salute  antecedente. 


Non  si  notò  la  salute  antecedente. 

Salute  probabilmente  indebolita  per  an- 
tecedente allattamento,  debolissima  dopo 
òessati  i  sintomi  febbrilL 

Polmonite  semplice  con  guarigione  non 
ritardata  ;  nessuna  annotazione  quanto  al 
vino. 

Brividi  e  tosse,  ma  nessun  segno  fisico 
all'accettazione.  Si  manifestarono  al  quarto 
giorno. 

Soggetta  a  quando  a  quando  a  tosse  e 
dolore  al  petto  prima  dell'  accesso. 

Non  fu  curata  prima  dell'ingresso,  quan- 
tunque fossero  corsi  10  giorni  dal  brìj- 
vide. 

Reumatismo  acuto  e  malattia  di  cuore. 
La  pleuro-polmonite  incominciò  due  giorni 
dopo  r  ingresso  nell'  ospedale. 


'  Diarrea  nel  corso  della   convalescenza , 
la  qual'  ultima  fu  protratta. 

Già  di  salute  grama.  Periodo  di  tempo 
lungo  prima  che  incominciasse  la  conva- 
lescenza. 

Polmonite  semplice  in  donna  sana. 


Soggetto  debole  che  fu  lasciata  langui- 
|re  neir  ospedale  troppo  a  lungo. 


Voi.  8, 
p.  93 

Voi.  9, 

p.  7 
Voi.  9, 
p.  110 

V.  11, 
p.  14 

V.  12, 
p.  46 

V.  12, 
p.  119 

V.  13, 
p.  152 

V.  14, 

p.  28 


V.  16, 

p.  74 

V.  17, 

p.  120 


V.  17, 

p.  165 

V.  19, 

p.  15 


618 


105 
100 


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110 

Ili 
1!^ 

4ia 

114 

115 

110 
117 


C.  M'Lean 
M.  M'Donald 


107      J*  Gordon 


J.  Jackson 

J.  Douglas 
D    27 


M.  Armstrong 

A..  Mitckay 

1)    28 

U.  Dickson 

N    0 

E.  Drnmmond 

l)   29 

J.  Dunlop 

S.  Hamiln 


B,  OUtrke 
D    30 

U.  Robertson 


16 
40 

58 

26 
22 


Buona 
Deboia 


Buona 


Non  buo- 
na 
id. 


28 
42 
60 
20 

17 
17 

15 

70 


Robusta 


Debole 


Cattiva 


Buona 


Grama 


Buona 


Tosse    da 
un  anno 

Bronchite 


11 


17 

8 

11 

14 
15 


7 
18 

? 
19 

9 
15 

14 


5      14 


42 
31 

86 

18 

81 


120  molle 

130  pieno 
e  forte 

112 


08  non 

folte 

92    molle 


12 

24 

8 

19 

19 
17 

26 
49 


32  a  36 
accelera- 
ta 
40  acce- 
lerata 

.  Dispnea 

52  fatico- 
sa 


105  com- 
pressibile 
120  debo- 
le 
88  debole 

96  debole 


120debo^ 

le 
96  debole 


1 50  picco- 
lo 

100  picco- 
lo e  debo- 
le 


«/j  inf.  D. 
«/a  inf.  S. 


Vs  inf.  S. 


Va  sup.  D. 

V,  inf.  S.,2/ 
inf.  D. 


22    facile 

Dispnea 

grave 

Dispnea 

30  disp- 
nea 

Dispnea 
'   id. 


56  disp- 
nea   gra- 
ve 
Dispnea 


«/s  inf.  D. 

Vi  inf.  D. ,  V 
med.  S. 
2/3  inf.  D. 

Va  inf.  S. ,  « 
inf.  D. 

Vs  inf.  D. 
Tutto  il  S. 


Va  inf.  S.,1 
siip.  D. 


Va  inf.  D. 


I 


619 


■VS^^E 


o 

'a, 

a 

o 
O 


Cura 


Osservazioni.  —  Natura  del  caso.  —  Com- 

plicazioni.  —  Violenza  dei  sintomi.  — 

Particolarità  dei  segni  fisici.  — 

Conseguenze,  cec. 


co 

O     OS 

OS 

e    <=»5 
NO 

*  .2 


Sala  IL 


X 


Vs  S^*  stillila*;  diuretici. 

*/s  gr.  antim.  ogni  tre  ore  ;  poi 
diminuito  ad  ^/^  ogni  quattro  ore  ; 
8  sanguisughe, 

1/3  gr.  antim.  ogni  ora  y  10  san- 
guisughe e  un  vescicante,  diarrea, 
trattata  con  astringenti. 

Salini,  espettoranti,  nutrienti. 

Il  reumatismo  acuto  e  la,  peri- 
cardite in  questo  caso  si  curarono 
con  alcali  e  diuretici;  la  polmonite 
con  vescicanti ,  stimolanti  e  nu- 
trienti. 

Vino  une.  vi  e  nutrienti. 

Vino  une.  vi,  nutrienti  ? 
Diuretici,  vescicante,  vino  une.  iv. 
Nutrienti  ;  vino  une.  ni. 


Salini;  nutrienti;  vino  une.  iv. 

Salini  con  etere  nitrico;  une.  i  di 
vino  ogni  due  ore,  e  brodo  sostan- 
zioso ad  lib. 

Salini ,  poi  diuretici  ;  une.  ss  di 
vino  ogni  mezz'ora;  latte  e  brodo 
sostanzioso  ad  lib. 

Espettoranti ,  vino  une.  vi  ;  nu- 
trienti. 


I 


Trattenuta  neir  ospedale  per   pleurisia. 

Questa  donna  era  una  infermiera  nottur- 
na e  soffriva  di  debolezza  e  leucorrea. 

Donna  robusta  che  guarì  rapidamente, 
ma  che  per  incuriam  rimase  neir  ospe- 
dale due  mesi  dopo  la  convalescenza. 

Tosse  ed  espettorazione  per  12  anni,  con 
qualche  emottisi. 

Gaso  di  reumatismo  acuto  e  vizio  di 
cuore.  La  polmonite  fece  il  suo  corso  in 
15  giorni. 


Sopravvenne  una  grave    erisipela  della 
faccia  5  giorni  dopo  T  ingresso. 
Soggetta  a  tosse  da  tre  anni. 

Complicata  con  albuminuria  e  delirio. 

Poca  febbre.  Polmonite  lieve  al  lato  si- 
nistro che  tosto  si  dissipò.  Densa  epatiz- 
zazione  a  destra. 

Complicato  con  bronchite  e  tisi. 

Debolissima  all'  accettazione. 


Caso  tipo  di  polmonite  doppia.  Molta 
debolezza  e  dispnea.  Salvata  colla  mez- 
z'  oncia  di  vino  ogni  mezz'  ora. 

Complicata  con  insufficienza  mitrale  e 
bronchite. 


V.  19, 
p.  ^28 
V.  19, 
p.  15^ 

V.  20, 
p.  2 

V.  22, 
p.  27 

V.  23, 
p.  89 


V.  23, 
p.  Ili 

V.  28^ 
p.  69 

V.  29, 
p.  66 

V.  29, 

p.  200 

V.  33, 
p.  26i 

V.  33, 
p.  29 

V.  34, 

p.  38 

V.  32, 
p.  205 


620 


O 

u 

s 

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Nome 


Salute 
antece- 
dente 


Giorni 


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Polso 

al 

principio 

della 

cura 


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li* 


Estensione 

e  lato 
interessato 


^ 


118      A.  Withe 


119  A.  English 

120  A.  Rianiburgh 


121      E.  Bruco 
192      A.  Aitken 


123      E.  Ainslie 


124  Jessie  Baxter 

125  C.  M'Pherson 


15 


28 


19 


27 


17 


37 


30 


48 


Debole 


Buona 

Tosse 

da  lungo 

tempo 

id. 

Buona 

Buona 

Buona 

Buona 


8 


8 


8 


11 


12 


16 


15 


11 


11 


12 


23 


49    115  vali* 
do 


79 
23 

50 
11 
13 

16 
21 


102  debo- 
le 

108  debo- 
le 

92  debole 

118  mo- 
derato 
106  debo- 
le 
120  debo- 
le 
100  molle 
debole 


36 

Ortopnea 
id. 


36  tran- 
quilla 
22 

65  disp- 
nea 
35  id. 


Tutto  il  D. 

1/4  inf.  D.    I 
«/3  inf.  D. 

1/3  inf.  S.    I 
i/,  inf.  D. 
V,  inf.  D. 

Tutto  il  D. 

Tutto  il  D. 


CASI 


Estensione 

e 
lato  affetto 


Complicazioni 


I 


126 

127 
128 
129 


T.  Morrison  18 

Marg.  Currie  37 

D.  Murray  43 

Marg.  Lamont  46 


,  1/2  sup.  D. 


Vs  inf.  D. 
8/4  inf,  D. 


Tutto  il  D, 


-  Fin  dal  principio  diarrea  infrenabile» 
rita  in  5  giorni  non  ostante  V  uso  di  as 
air  epatizzazione  del  polmone  ,  ingrossa 
Aveva  albuminuria  ;  cominciò  con  dolor 
prav venne  delirio,  e  mori  il  giorno  dopo 
Dopo  due  giorni  di  degenza  sopravven 
acuta. 

Stava    guarendo  della   polmonite  .  nia 
'  un«*  tica. 


621 


4 

s 

a 

> 
) 


Cura 


Osservazioni.  —  Natora  del  caso.  —  Com- 
plicazioni. —  Violenza  dei  sintomi.  — 
Particolarità  dei  segni  fisici.  — 
Conseguenze,  ecc. 


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Sala  II. 


i 


Salini  ;  vino  une.  ni  ;  carne. 


Salini;  brodo;  vino  une.  vi. 
Brodo;  vino  une.  iv. 


Brodo;  vino  une.  tv. 

Brodo;  vino  une.  vi. 

Brodo;  vino  une.  iv. 

Salini  ;  vino  une.  iv  ;  nutrienti. 

Vino  une  IV  e  une.  vi;  nutrien- 
ti ;   salini  ;  con  yino  colchico. 


La  polmonite  di  tutto  il  lato  destro  si 
dissipò  completamente.  Poi  condensazione 
tubercolare  all'apice  destro. 

Preceduta  da  aborto  e  accompagnata  da 
bronchite  e  tisi. 

Tosse  da  17  anni  dopo  una  roseola. 
Pleurisia. 

Tosse  da  lungo  tempo.  Tisi.  Pleurisia. 

Complicata  con  pleurisia. 

Polmonite  semplice. 

Curata  prima  per  un  ascesso  all'ascella. 


V.  36, 
p.  33 

V.  38, 
p.  229 
V.  38, 
p.  245 

V.  40, 
p.  118 
V.  44, 
p.  63 
V.  44, 
p.  118 
V.  42. 


p.  165 
Donna  sana,  ma  assai  debole  all'ingres-  V.  48, 


so  neir  ospedale. 


P.  1 


FATALI 


causa  di  morte 


Citazioni 
dei   registri 


probabilmente  destata  da  purganti  prima  dell'accettazione.  Cadde  esau- 

tringenti ,  opiati ,  nutrienti  e  da  ultimo  stimolanti.  Alla  seziona,  oltre 

mento  ed  ulcerazione  estesa  dei  follicoli  del  digiuno  e  dell'ileo. 

li  testa  e  vomito.  Entrò  nell'ospedale  all' 8.^  giorno  di  polmonite,  so- 

l'ingresso.  Non  si  poterono  raccogliere  dati  necroscopici. 

ne  confusione  di  mente,  e  morì  delirante  3  giorni  dopò  per  meningite 

<il  13.'^  giorno  comparve  meningite    fatale.  Aveva    anche  aneurisma  di 


Voi.  24,  p.  78, 
Sala  1 

V.  1,  p.  159, 

Sala  11 
V.  19,  p.  37, 

Sala  1 

Si  smarrì  il 

registro 


«22 

Riguardo  alla  cara  si  osserverà  che  nei  primi  casi  si  ordi- 
narono maggiori  dosi  di  tartaro  emetico  che  non  nei  poste- 
riori ,  e  che  negli  ultimi  casi  questa  sostanza  non  si  ordinò 
affatto.  Per  salini  si  deve  intendere:  piccole  dosi  di  acetato  di 
ammoniaca  con  ^/^i  di  grano  di  tartaro  emetico.  Per  diure- 
tici: drach.  j  per  dose  di  Sp.  ^th.  Nit.,  qualche  volta  assieme 
a  gutt.  X  Tr.  Vin.  Sem.  Colch.  Per  nutrienti  :  brodo  e  latte 
sul  principio ,  poi  carne  di  manso  e  di  castrato  arrosto  ed 
uova  appena  che  il  malato  può  mangiare.  Nei  primi  casi  fu- 
rono associati  anche  ad  altra  cura,  e  quantunque  non  special- 
mente menzionati  erano  nondimeno  somministrati.  Negli  ultimi 
costituirono  tutta  la  cura. 

Quanto  alla  mortalità,  è  necessario  osservare ,  che  oltre  ai 
quattro  casi  fatali  citati  nella  tavola,  trovai  nei  registri  pato- 
logici dell'  ospedale  redatti  dai  Dott.  Gairdner,  Haldane  e  Grain- 
ger Stewart,  tredici  altri  casi  nei  quali  la  polmonia  si  pre- 
sentò come  fatale  complicazione  dì  precedenti  affezioni  cere- 
brali,  spinali,  cardiache,  epatiche,  renali  croniche,  o  d'altre 
malattie  del  polmone  come  la  tisi  e  la  bronchite ,  cronica.  Nes- 
suno di  questi  casi  si  potrebbe  rigorosamente  considerare  qual 
caso  di  polmonite  primitiva  od  acuta.  Stanno  registrati  dagli 
assistenii  nei  registri  delle  sale  quali  rammollimenti  cerebrali 
o  spinali,  morbus  cordis,  tisi,  malattia  di  Bright,  cirrosi  del  fe- 
gato, od  altra  lesione,  per  la  quale  il  paziente  entrò  nel- 
r  ospedale  e  vi  fu  curato.  La  maggior  parte  fu  la  pnenmo- 
nie  des  agonizans  dei  francesi,  e  in  tutti  fu  la  polmonite  con- 
secutiva cronica  o  latente  degli  autori. 

Questi  sono  tutti  i  casi  di  polmonite  acuta  che  entrarono 
nelle  sale  dell'ospedale  e  in  cura  mia,  durante  gli  ultimi  16 
anni.  Ogni  caso  fu  trattato  pubblicamente,  e  chiunque  ne  può 
vedere  le  annotazioni  sui  registri  delle  sale.  La  mortalità  di 
tutti  i  casi  di  polmonite  acuta,  complicata  o  no,  trattati  da  me 
fino  al  febbrajo  1865,  è  di  1  morto  su  32  casi  e  i/|.  Prendendo 
'  solo  i  casi  di  polmonite  non  complicata  105,  non  ne  mori  uno, 
quantunque  parecchi  siano  stati  assai  gravi,  in  15  casi  fu  in- 
teressato tutto  un  polmone ,  in  26  casi  porzione  di  ambidue  i 
polmoni.  Nei  quattro  casi  fatali ,  la  morte  procedette  chiara- 
mente da  complicazioni  indipendenti  dalla    polmonite  ;    devonsi 


623 

ritenere  quali  accidenti  patologici,  poiché  in  nessuno  di  questi 
casi  si  può  dire  ch^  la  polmonite  abbia  veramente  indotta  Ta 
morte.  La  tavola  dimostra  che,  in  diversi  casi  di  debolezza  mag- 
giore che  non  negli  altri,  la  polmonite  trascorse  rapidamenie  i 
suoi  staJj  naturali.  Giù  rigando  ora  alla  vera  statistica  riguardo 
alla  cura ,  è  necessario  eliminare  questi  quattro  casi ,  come  si 
fece  da  molti  altri  autori,  e  fissare  Tattenzione  nostra  sui  pri- 
mi 125  casi  del  nostro  quadro. 

Sesso.  —  Di  questi  425  casi,  85  furono  uomini,  e  40  donne. 

Età,  —  L*  età  media  degli  uomini  fu  di  anni  31   ^/j  ;  Tetà 
media  delle  donne  anni  28^/2;  l'età  media    complessiva    anni 
30  Va-  Fra  i  5  e  i  1 5  anni  vi  fu  1  caso  —  una  ragazza  ; 
fra  i  10  e  i   20  vi  furono  29  casi  —  12  donne 


^  20  — 

SO 

— 

35 

—  —  44 

—  30  — 

40 

— 

23 

• 

—  —  7 

—  40  — 

50 

— . 

24 

—  —  6 

—  50  — 

60 

— 

14 

—  —  -4 

—  60  — 

70 

— 

1 

—  —  4 

—  TO- 

80 

1 

4 

—  —  4 

Si  poterono  conoscere  le  condizioni  di  salute  antecedente 
alla  polmonite  in  448  casi  ossia  84  uomini  e  34  donne;  da  ciò  si 
ha  a  determinare  l'influenza  esercitata  dalla  salute  generale,  sulla 
durata  della  malattia ,  sulla  durata  della  convalescenza.  Degli 
84  uomini,  57  godevano  buona  salute,  27  erano  grami.  La  du- 
rata media  della  malattia  nei  primi ,  fu  di  42  giorni ,  nei  se- 
condi 16  ^/g*  Delle  34  donne,  12  godevano  buona  salute,  le  al- 
tre 22  erano  grame.  La  durata  media  della  malattia,  nelle  pri- 
me 14  giorni,  nelle  seconde  16.  Nel  determinare .  l' influenza 
della  salute  sulla  convalescenza,  è  necessario  dedurre  dai  57 
uomini,  quelli  che  rimasero  nell*  ospedale  per  gravi  complica- 
zioni ,  per  mancanza  di  abiti ,  0  per  altro  motivo  non  legato 
alla  polmonite,  e  furono  10.  Dei  47  che  restano  ,  parecchi  , 
quantunque  godessero  buona  salute  prima  della  malattia,  erano 
assai  sfiniti  quando  entrarono  nell*  ospedale,  45ia  per  sanguigne 
precedute  sia  per  la  dieta.  La  durata  media  della  convalescenza^ 
compresi  questi  casi,  fu  di  giorni  15  ^/j.  Per  la  stessa  ragione, 
deducendo  5  casi  dai  28  che  si  notarono  quali  deboli  di  salute 
air  atto  deir  ingresso,  o  che  ebbero  tosse,  reumatismo  od  altra 


624 

malattia  debilitante  prima  della  polmonite ,  la  dorata  itaedia 
della  convalescenza  nei  rimanenti  23  casi  fu  di  giorni  23  i/|. 
Delle  34  donne,  la  media  di  convalescenza  nelle  12  notate  come 
robuste  antecedentemente  fu  di  14  giorni.  Delle  22  donne  di 
salute  debole  prima  della  malattia  ,  dedotte  6  per  residenza 
cagionata  da  complicazioni,  la  media  delle  rimanenti  16  fu  di 
giorni  23  '/i. 

Polmonite  semplice  q  non  complicata.  •—  Dei  125  casi,  105 
furono  semplici,  20  complicati.  Dei  primi,  74  erano  uomini,  31 
donne;  79  furono  polmoniti  singole,  29  doppie.  Su  6  di  codesti 
casi  r  assistente  omise  di  segnare  V  esatto  giorno  del  brivido  o 
della  convalescenza ,  cosi  che  non  posso  trarne  alcuna  conclu- 
sione sulla  durata  della  malattia.  Dei  rimanenti  99  casi,  73  fu- 
rono singoli,  26  doppj  ,  e  la  media  di  malattia ,  complessiva- 
mente giorni  14  ^j^. 

La  durata  della  malattia  nei  73  casi  di  polmonite  singola 
non  complicata^  calcolando  dal  giorno  del  brivido  al  principio 
della  convalescenza  fu  come  segue: 

3  casi  guarirono  in  16  giorni 

— '  —  —  17  — 

—  —  —  18  — 
_  —  .-  19  — 

—  _  _  20  — 
_  —  —  21  — 
.-  —  —  22  — 

—  _  —  23  — 
_  «.  —  26  — 

La  durata  media  fu  di  giorni  13  ^/i^. 

La  durata  della  malattia  nei  26  cast  di  polmonite  dop-^ 
pia  non  complicata,  calcolando  dall'epoca  del  brivido  fino  al 
principio  della  convalescenza,  fu  come  segue  : 


2  casi 

guarirono 

in     5 

giorni 

3 

4  — 

— 

—     7 

— 

3 

5  — 

— 

—     8 

— 

3 

2  — 

-« 

—     9 

t 

1 

6  — 

—  . 

—  10 

2 

7  — 

-~ 

—  11 

.^^ 

3 

7  — 

-— 

—  12 

^— 

1 

4  — 

— - 

—  13 

— * 

2 

3  — 

• 

—  14 

— .  ' 

1 

2  — 

... 

—  15 

^_ 

2  casi  guarirono  in 


8  giorni 

9  — 


2  casi  guarirono  in  16  giorni 


2 
2 
1 
1 
4 
i 


—  10  — 

—  11  — 

—  12  — 
-^  13  - 

—  14  — 

—  15  — 


1 


2 
2 
1 
3 
1 
1 


18 
19 
20 
21 
27 
55 


625 

La  durata  media  fu  di  giorni  16  ^/|.  Volendo  però  dedurre 
il  caso  di  Hogg  (N.®  6),  giovane  debolo,  estenuato  dalle  san- 
guigne e  dal  metodo  antiflogistico  prima  dell'  ingresso,  la  cui 
malattia  durò  quindi  55  giorni,  la  durata  media  di  questi  casi 
doppj  sarebbe  di  soli  14  giorni. 

Effetti  del  salasso.  —  Nei  105  casi  semplici  o  non  complicati, 
vi  furono  9  casi  con  salasso  dalla  vena  e  assoggettati  a  metodo 
antiflogistico  prima  dell*  ingresso  od  appena  entrati,  ma  prima 
che  li  vedessi  io.  La  quantità  di  sangue  cavato  fu  dalle  12  alle 
30  once,  quest'ultima  quantità  in  due  salassi.  Non  fu  notata- 
la durata  di  un  caso.  Degli  altri  8  la  durata  fu    come  segue  : 


1  caso  guarì  in     7  giorni 

2  —  — \  —  14  — 
1  —  —  —  16  — 
1  —      —     —  17      — 


1  caso  guarì  in  20  giorni 
1     —      —     —  27       — 
1     —      —     —  55       ^' 


La  durata  media,  fu  di  giorni  21  ^J^. 

Oltre  a  questi  9  casi  salassati  dalla  vena,  ve  ne  furono  al- 
tri 16  cui  si  applicarono  le  coppette  o  alcune  sanguisughe,  la 
maggior  parte  quali  palliativi.  Non  era  necessario  per  me  di 
riferire  codesti  casi  per  illustrare  gli  effetti  del  salasso  nella 
polmonite  ;  ma  siccome  questi  casi  furono  ingegnosamente  ag- 
giunti da  un  critico  ai  9  casi  precedenti,  derivandone  così  che 
25  de'  miei  casi  furono  salassati,  ossia  il  20  per  cento  del  to- 
tale (British  Med.  Journ. ,  nov.  18 ,  1865 ,  p.  532),  mi  è  ne- 
cessario stabilire  i  fatti  quali  sono.  Di  due  di  questi  Casi  non 
saprei  dire  quanto  sangue  perdessero  colle  coppette  (  casi  72  e 
74  della  tavola  ),  e  in  2  casi  non  fu  determinato  il  giorno  della 
convalescenza  (casi  72  e  91).  Negli  altri  casi  la  quantità  di 
sangue  perduta  e  il  giorno  della  convalescenza,  furono  come  se- 
gue ,  ammesso  che  abbiano  perduta  mezz'  oncia  di  sangue  per 
ogni  sanguisuga  applicata  :  1  caso  perdette  oncia  1  ^/^  di  san- 
gue e  guarì  in  21  giorni  ;  6  casi  perdettero  once  4  di  sangue, 
e  sottratto  1  caso  del  quale  non  si  determinò  la  con  vai  essenza, 
gli  altri  5  guarirono  in  1 0  giorni  in  media  ;  1  caso  perdette 
5  once  di  sangue  e  guarì  in  11  giorni;  1  caso  perdette  5  once 
e  V2  P^^  ^^®  applicazioni  di  sanguisughe  (  caso  102  )  e  guarì 
in  26  giorni;  4  casi  perdettero.  6  once  di  sangue  e  guarirono 
in  23  giorni  in  media  ;  e  1   caso  perdette  8  once    di  sangue  e 

Annali.   Voi.  CCI.  40 


r 


628 

guarì  in  i4  giorni.  La  durata  media  della  malattia  nei  i4  casi 
salassati  colle  coppe  o  colle  sanguisughe,  nei  quali  si  notò  il 
giorno  di  guarigione,  fu  di  giorni  15  '/||. 

La  durata  di  degenza  nell'  ospedale  dei  casi  di  polmo- 
nite singola  non  complicata,  —  esclusi  i  2  casi  dei  quali  si 
omise  la  data  e  furono  77  —  fu  in  media  di  giorni  23  '/.y.  Per 
gli  uomini  (52)  giorni  18  '/j,  e  per  le  donne  (25)  giorni  27  ^/y 
Dei  26  casi  doppj  non  complicati,  la  durata  media  della  de- 
genza neir  ospedale  fu  di  giorni  23  >/,.  Per  gli  uomini  (20) 
giorni  23  ^''/go  ;  per  le  donne  (6)  giorni  22  «/,. 

Tutte  queste  medie  sono  alte,  come  si  rileva  subito  osser- 
vando la  colonna  Osservazioni  nella  Tavola  ai  N.  14, 17, 18, 19, 
27,  29,  50,  51,  100,  104,  105,  107,  109,  tutti  i  quali,  tratte- 
nuti per  varie  ragioni  non  dipendenti  dalla  polmonite,  presen- 
tano un  periodo  di  residenza  troppo  lungo  in  proporzione  di 
quello  della  malattia. 

La  durata  media  della  residenza  neir  ospedale,  negli  8  casi 
salassati  dalla  vena  sul  principio  della  malattia  (eseluso  il  9 
perchè  non  si  segnò  il  giorno  in  cui  fu  dimesso  ) ,  fu  di  32 
giorni.  .  . 

L' estensione  del  tessuto  polmonare  involto  dalla  polmonite 
fu  determinata  diligentemente  colla  percussione  e  coir  ascolta- 
zione, alla  mutezza,  al  crepitio,  alla  respirazione  tubarla,  e 
all'aumentata  risonanza  vocale,  in  ogni  caso.  La  durata  me- 
dia della  malattia  nei  95  casi  singoli,  dedotti  i  10  non  soddi- 
sfacenti, calcolando  dal  brivido  al  principio  della  convalescenza, 
fu  come  segue  : 

1/4    del  polmone    2  casi,  durata  media  giorni  8  ^/^ 

1/3  —  12  —  —  —  —  12 

Vs  -  25  -  -  -  -  15  3/, 

8/3  —  34  —  —  —  —  14 

3/^  -  6  -  ^  -  «  14«/, 

4/3  -  1  _  _  «  _  12 

tutto  —  15  —  —  —  —  10  3/^ 

In  questi  95  casi,  il  polmone  destro  fu  interessato  in  58,  e 
il  sinistro  in  37. 

La  polmonite  limitata  al  lobo    superiore  si   verificò  in  11 


627 

dei  05  casi  singoli ,  ossia  circa  1  su  9  in  complesso;  la  du- 
rata  media  della  malattia  in  essi  fu  di  13  giorni ,  e  quella  di 
residenza  nell'  ospedale  di  giorni  14  ^/g. 

Casi  complicati  di  polmonite,  —  Dei  20  casi  complicati  di 
polmonite,  16  furono  singoli  e  4  doppj,  e  la  durata  media  della 
malattia  fu  di  giorni  15  Va*  ^^^  ^^  <^^si  singoli  complicati,  in 
3  non  si  determinò  la  durata  della  malattia.  Dei  13  casi  rima- 
nenti, la  durata  fu  come  segue: 


1  caso  guarì  in    7  giorni 

2  —      ^    —    9      — 
1    —      —     —  10      — 

1  —      —    —  12      — 

2  —      —    —  14      — 


1  caso  guari  in  15  giorni 

2  ^  -^  ^  16  -- 
2  —  ^  ^  19  -- 
1    —     —      —  48     — 


La  durata  media,  16  giorni. 

Dei  4  .casi  di  polmonite  doppia  complicata^  1  caso  guari  in 
9  giorni,  1  caso  in  14,  1  in  15,  ed  1  in  18.  Durata  medi»  14 
giorni. 

Un  diligente  studio  dei  fatti  ora  esposti,  varrà  a  stabilire  al- 
cune nuove  verità,  ed  a  correggere  diversi  errori  che  corrono 
riguardo  alla  polmonite.  A.  coloro  che  sono  pur  sempre  scettici 
quanto  al  valore  del  trattamento  ristorante,  e  che  potessero  mai 
pensare V  che  alcuni  di  codesti  casi  non  fossero  polmoniti,  ricor- 
derò che  tutti  furono  diagnosticati  e  curati  pubblicamente  al 
Royal  Infirmary  ;  furono  esaminati  non  solo  da  me ,  ma  anche 
dai  miei  assistenti,  e  formarono  soggetto  di  lezioni  cliniche 
e  di  commentarj  fatti  al  letto  dell'ammalato.  Di  tutti  si  no- 
tarono esattamente  e  con  particolarità  i  segni  fisici  e  i  sin- 
tomi funzionali;  onde  v' è  la  certezza  positiva  che  in  ciascuno 
di  questi  casi  si  trattava  di  un  esempio  genuino  di  polmonite, 
non  solo,  ma  che.  durante  il  periodo  indicato  nella  tavola,  non 
si  ebbe  altro  caso  di  polmonite  che  quelli  indicati  nel  quadro. 
Devo  pur  dire  che  alcuni  pochi  casi  furono  trattati  in  parte  dai 
miei  colleghi  o  prima  ch'io  assumessi  il  servizio,  o  dopo  che  lo 
lasciai,  nei  troppo  frequenti  cambiamenti  che  avvengono. nei 
professori  clinici  di  questa  Università;  questi  casi  non  furono 
esposti  nel  quadro;  e  due  o  tre  casi  pervenuti  sfiniti  nello  sta- 
bilimento ,  condottivi  dalla  polizia  e  morti  prima^  che  li  ve- 
dersi, non  furono  inseriti.  È  importantissimo  T  accennare  que- 


628 

ste  circostanze,  perchè  servono  a  calcolare  le  differenze  che  ci 
devono  sempre  essere  tra  le  statistiche  di  un  ospedale  e  quelle 
di  una  clinica.  Grisolle  si  riferì  inginstamente  a  codesta  diffe- 
renza neir  ospedale  di  Vienna ,  allo  scopo  di  spargere  la  diffi- 
denza sulle  conclusioni  di  Dietl.  (2.*  ediz.,  pag.  564,  565).  Ma 
ogni  medico  d' ospedale  deve  sapere  che  le  annotazioni  della 
sala  mortuaria  o  di  un  ospedale  generale ,  non  segnano  alcun 
indice  sul  numero  delle  polmoniti  acute  trattate  clinicamente , 
poiché  vi  si  comprendono  non  solo  le  polmoniti  consecutive,  la- 
tenti, o  croniche,  ma  sovente  casi  di  polmonite  che  entrarono 
nello  stahilimento  moribondi,  e  che  non  furono  trattati  per 
nulla. 

1.*  Il  primo  gran  fatto  che  si  desume  dalle  esposte  consi- 
derazioni, è:  che  la  polmomite  semplice  iniziale,  singola  o  dop- 
pia, trattata  col  metodo  ristorante,  non  è  una  malattia  fatale. 
E  certamente  105  casi  consecutivi,  dei  quali  26  doppj,  bastano 
a  stabilire  codesta  proposizione ,  tanto  più  se  si  considera  che 
questi  casi  furono  osservati  in  16  anni,  ed  in  tutte  le  stagioni. 
Tra  questi,  non  meno  di  15  casi  presentarono  tutto  il  polmone 
interessato  ,  in  molti  i  sintomi  furono  assai  gravi.  Né  quanto 
si  disse  riguardo  alla  robustezza'  della  costituzione  o  al  cam- 
biato tipo  nella  malattia  potrà  spiegare  il  nostro  risultato , 
poiché  diversi  casi  erano  lavoratori  sani  e  robusti,  ed  altri  erano 
cucitrici  gracili  e  di  costituzione  grama.  In  ciascuno  e  in  tutti 
i  casi  f  la  malattia  segue  il  suo  andamento  naturale ,  purché 
r  organismo  non  sia  troppo  esaurito  o  per  fatto  naturale  o 
per  opera  del  medico,  e  purché  si  segua  un  giudizioso  tratta- 
mento restorante. 

2.^  Come  regola  generale  la  prostrazione ,  le  complicazioni 
0  i  rime4j  che  indeboliscono,  non  solo  allungano  il  periodo  della 
malattia,  ma  ne  prolungano  specialmente  la  convalescenza.  Ve- 
dansi  i  numeri  6,  20,  71,  100,  101  ,  104,  118,  119  nella  ta- 
vola. L*  esame  analitico  di  tutti  i  casi ,  mostra  che  le  donne 
anche  di  salute  buona,  guariscono  più  tardi  degli  uomini,  e 
che  quando  la  salute  é  scadente,  nell'uno  o  nell'altro  sesso  la 
diversità  di  durata  della  malattia  e  della  convalescenza  é  assai 
pronunziata,  specialmente  negli  uomini.  Così  in  media,  la  ma- 
lattia dura  8  giorni  e  ^/|  di  più  in  un  uomo  gracile  che  in  uno 


629 
robusto,  e  U  perìodo  della  convalescenza  è  più  ììingo  di  8  giorni 
e  Vi'  ^^l^  donne  le  gracili  furono  più  numerose  delie  robuste, 
e  in  esse  la  malattia  duraya  2  giorni  di  più,  la  convalescenza 
9  Vi  in  media. 

3^.'  Si  supponev  generalmente  che  l'estensione  di  polmone  slT^ 
fette  dalla  polmonite  debba  influire  sul  risultato  e  sulla  durata 
della  malattia.  Quanto  al  risultato ^  tutti  i  miei  casi  guarirono, 
anche  i  15  casi  nei  quali  era  interessato  tutto  ijin  polmone,  come 
i  26  nei  quali  erano  malati  ambidue  i  polmoni  in  parte.  In  un 
caso  complicato  (N.*  56)  tutto  il  polmone  destro  e  due  terzi  del 
polmone  sinistro  furono  interessati  simultaneamente ,  non  la^ 
sciando  che  un  terzo  del  polmone  per  respirare;  eppure  senza 
cavar  sangue,  ma  coi  nutrienti  e  cpi  restoranti,  il  malato  fu  con^ 
valescente  al  quattordicesimo  giorno,  e  lasciò  sano  lo  stabili^ 
mento,  dopo  sedici  gior^  di  residenza.  Quanto  alla  durata,  V  e- 
stensione  della  malattia  non  esercita  tutta  queir  influenza  che 
generalmente  si  suppone.  Se  non  è  malato  che  un  quarto  di 
un  polmone,  la  guarigione  può  aver  luogo  in  8  giorni;  e  non 
pare  che  ci  sia  gran  differenza  anche  quando  è  interessata  la 
metà  o  tutto  un  polmone  o  i  due  te^zi  di  ambidue.  In  media 
i  casi  di  mezzo  poimone  pneumonico  guarirono  in  15  giorni, 
con  due  terzi  di  polmone  malato  in  14,  tutto  un  polmone  in  10, 
una  parte  di  ambidue  i  polmoni  in  24. 

4.*^  Dopo  le  osservazioni  di  Louis,  si  suppose  che  la  polmo- 
nite deir apice  del  polmone  fosse  più  fatale  e  più  lunga  che. non 
quella  della  base;  ed  è  così  diffatti  seguendo  un  metodo  di  cura 
antiflogistica.  Ma  con  un  trattamento  ristorante,  i  fatti  prece- 
denti mostrano  che  in  11  casi  nei  quali  la  malattia  era  limi- 
tata airapice,  la  guarigione  ebbe  luogo,  in  tutti,  al  tredicesimo 
giorno  in  media. 

5.*^  Nessuno  dei  miei  casi  di  polmonite  acuta  degenerò  nella 
forma  cronica  o  divenne  gangrenoso  ^  nemmeno  gli  11  casi  di 
polmonite  dell' apice.  Parecchi  casi  però  entrarono  nella  casa 
già  cronici ,  o  per  trascuranza  o  per  mancanza  di  nutrimento 
o  per  risultato  di  un  metodo  depauperante. 

6.®  In  tutti  i  miei  casi,  le  morti  procedettero  da  gravi  com- 
plicazioni, circostanza  che  mi  induce  a  credere  che  con  un  me- 
todo   ristorante   incominciato   fin   dall' esordire   del   caso,   T  ii)' 


630 

fluenzaddlPetà  •  del  sesso  sulla  mortalità  noo  è  calcolabile. 
Nò  la  durata  della  malattia  subisce  grande  iniuensa  per  la  com- 
plleasionei  per  quanto  la  salute  generale  non  sia  lesa. 

7.*  Quantunque  dai  pochi  casi  salassati  dalla  vena  risulti 
a  sulBdensa  il  fatto  che  questo  messo  prolunga  la  convale- 
scensa  nel  debole  ed  ò  sensa  utilità  nel  robusto  (vedi  Appen- 
dice, casi  IH)  VI,  Vili),  non  si  può  derivare  alcuna  conclusione 
dai  miei  casi  quanto  ai  risultati  dei  salassi  limitati  (da  3  ad  8 
once),  nò  riguardo  alla  influenia  di  essi  sul  decorso  della  ma- 
lattia, né  riguardo  alla  utilità  loro  anche  come  palliativi. 

Statistiche  comparate  del  metodo  di  cura 
della  polmonite  acuta. 

Onde  il  paragone  tra  i  miei  casi  e  quelli  di  altri  pratici  sia 
esatto  e  fàcile  più  che  si  può,  non  mi  riferirò  che  a  un  eguale 

0  maggior  numero  di  casi.  Per  la  stessa  ragione  non  confon- 
derò l'esperienza  di  diversi  pratici. insieme,  né  mescolerò  le  sta- 
tistiche di  tutto  un  ospedale  comune  con  quella  di  una  pratica 
individualità.  Condenserò  in  primo  luog^  brevemente  i  risultati 
di  ciascuno;  poi  darò  le  statistiche  di  polmoniti  di  ospedali  co- 
muni; e  da  ultimo  metterò  a  paragone  il  complesso  colla  mia 
pratica. 

I.  Risultati  del  salasso  nella  polmonite.  —  Il  nuYnero  to- 
tale, dei  casi  citati  da  Louis  è  di  107  (i).  Ne  morirono  32,  ossia 

1  su  3  ^/s*  In  78  di  questi  casi  osservati  alla  Gharité,  si  pra- 
ticò il  salasso  dal  primo  al  nono  giorno,  e  le  morti  furono  28, 
ossia  i  su  3  y<}.  La  durata  della  malattia  nei  casi  che  guari- 
rono fu  di  giorni  15  ^1^.  Nei  rimanenti  27  casi  occorsi  alla 
Pitie,  il  salasso  fu  praticato  sul  principio,  cioè  durante  i  pri- 
mi 4  giorni,  e  ne  morirono  soli  4,  ossia  1  su  7  ^Z^.  La  durata 
della  malattia  nei  guariti  fu  di  giorni  18  ^Ig.  Louis  attribui- 
sce questa  diminuita  mortalità  e  ritardata  guarigione,  al  sa- 
lasso non  così  largo,  ed  alle  grandi  dosi  di  tartaro  emetico  im- 
piegato. D*  onde  egli  cerca  di  stabilire  la  proposizione,   ohe  il 


(1)  Recherches  sur  les  efifets  de  la  saignée;  Paris,  1865. 


631 

salasso,  quantunque  abbia  una  limitatissima  influenza  sulla  pol- 
monite, deve  essere  praticato  assai  presto.  Riguardo  ai  risultati 
di  Louis,  devesi  ricordare,  i.  Che  i  casi  sfavorevoli  per  prece- 
dente gracilità  di  salute  o  per  altri  motivi,  furono  esclusi,  co- 
sicché tutti  i  suoi  pazienti  erano  in  piena  salute  quando  si  am-^ 
malarono  ;  2.  Ch'essi  non  erano  complicati,  e  che  la  durata  della 
malattia  si  calcolò  dai  sintomi  febbrili  fino  a  quando  si  inco- 
minciava a  dare  qualche  cibo ,  ciò  che  generalmente  avveniva 
tre  giorni  dopo  cessata  la  febbre. 

IL  La  relazione  di  Bouillaud  (1)  sul  suo  trattamento  del  sa- 
lasso coup'Sur^coup  è ,  che  di  102  casi  curati  da  lui  dal  1831 
al  1834  le  morti  furono  12,  cioè  1  morto  su  8  casi  e-'/s. 

in.  In  una  Memoria  di  Briquet  (2)  c'è  qualche  confusione 
di  cifre.  Egli  dice  che  i  casi  furono  141  (T.  7,  p.  477),  ma  nel 
dare  Tetà  di  essi  enumera  144  casi  (T.  7,  p.  479);  e  parlan- 
do dell'influenza  dell'età  sulla  mortalità,  i  suoi  casi  sono  sóla- 
mente 140  (T.  9y  p.  28).  Di  questi  140  casi,  29  morirono;  cioè 
vi  fu  una  mortalità  di  più  di  1  su  5  casi.  Quasi  tutti  questi 
casi  furono  salassati  a  seconda  delle  forze  del  paziente  (  T.  8, 
p.  283  ).  In  tre  quarti  dei  casi  si  adoperarono  anche  i  vesci- 
canti e  il  tartaro  emetico, 

IV.  GrisoUe  (3)  sta  per  un  più  moderato  sistema  di  salas- 
sare; la  sua  coscienza  presente  già  l'abbandono  completo  della 
sezione  della  vena  (p.  561).  Egli  analizza  75  casi  di  Bouillaud, 
segnando  che  soli  49  furono  trattati  col  sistema  del  salasso 
coup'Sur-coup \  ma  ùe  morirono  6,  ossia  1  su  8.  casi,  risultato 
favorevole  eh'  egli  attribuisce  alla  giovinezza  dei  pazienti.  Dei 
suoi  proprj  casi ,  un  gruppo  di  50  furono  salassati  solo  sul 
primo  periodo  della  malattia;  ne  morirono  5  ossia  1  su  10.  I 
casi  di  morte  furono  salassati  abbondantemente;  ciascuno  per- 
dette circa  4  libbre  e  4  once  di  sangue  in  salassi  successivi. 
Tutti  i  casi  di  questo  gruppo  furono  non  complicati  e  dell'età 
media  di  40  anni.  Nei  45  guariti,  la  convalescenza  cominciò  al  10 
giorno,  e  ritornarono  alle  loro  occupazioni  il  21  giorno,  in  me- 


(1)  Artic.  Pneumonie,  Dict.  de  Medicine  en  15  voi.,  1835. 

(2)  Archiv.  Gén.  de  Medicine,  3  sèrie,  tom.  7,  8,  .9,  1840. 

(3)  Traité  pratique  de  la  Pneumonie,  Paris,  1841. 


«32 

dia.  Dei  i82  casi  che  farono  «alassati  al  secondo  periodo,  32 
morirono,  ossia  più  i  sa  6.  Anche  qni  i  casi  di  morte  fui*ono 
salassati  largamente;  i  salassi  variarono  in  complesso  dalle  8 
o  12  once  alle  otto  libbre;  la  quantità  media  di  sangue  estratto 
fa  di  3  libbre.  Tutti  i  casi  di  questo  gruppo  furono  non  com- 
plicati e  dall'  età  media  di  35  anni.  Nei  i50  casi  che  guari- 
rono, la  convalescenza  cominciò  al  i7  giorno,  e  ritornarono  alle 
loro  occupazioni  il  22  giorno ,  in  media.  Egli  ammette  che  la 
polmonite  non  può  mai  essere  jugulata  col  salasso.  Dei  232 
casi  in  complesso,  37  morirono,  ossia  1  su  6  ^st  >*isultato  ge- 
nerale della  pratica  d' ospedale  di  Grisolle,  mortalità  quaù 
metà  di  quella  di  Louis,  quantunque  le  circostanze  nelle  quali 
avvenne  fossero  le  stesse,  tranne  il  trattamento  non  così  eroico. 
Anche  Laénnec,  che  salassava  solo  moderatamente  sul  principio 
della  malattia,  ebbe  la  mortalità  di  i  su  6  ad  8  casi  (1). 

Nel  1864  Griselle  pubblicò  un'altra  edizione  della  sua  opera, 
nella  quale  sono  ripetute  senza  alcun  cambiamento  questa  stesse 
statistiche,  senza  che  vi  si  noti  alcuna  impronta  degli  immensi 
miglioramenti  fatti  dall'  arte  e  dalla  scienza  durante  il  lungo  pe- 
riodo di  28  anni.  Ciò  che  sorprende  è  questo,  ch'egli  desidera 
s'abbia  a  ritenere  che  il  suo  metodo  antiflogistico  con  una  mor- 
talità di  1  su  6  casi,  sia  ancora  il  migliore. 

V.  Acerbi  (2)  salassò  largamente  ed  abbondantemente  in  142 
casi,  dei  quali  16  morirono,  ossia  1  su  9.  Dei  morti  4  furono 
salassati  tre  o  quattro  volte;  5  da  cinque  ad  otto  volte;  e  7  da 
nove  a  tredici  volte;  30  dei  142  casi  furono  salassati  dà  dieci 
a  venti  volte,  estraendo  12  once  di  sangue  ogni  volta,  ossia  da 
120  a  240  once.  Si. davano  anche  giornalmente  da  4  ad  B  grani 
di  tartaro  emetico. 

VI.  Dietl  trattò  85  casi  coi  larghi  salassi;. ^nje  morirono  17, 
ossia  1  in  5.  ' 

VII.  Nel  1842  ildott.  Hughes  <3)  pubblicò  la  relazione  di 
101  casi  trattati  per  la  massima  parte  antiflogisticamente  al 
Guy's  Hospital;  ne  morirono  24  ossia  1  su  4  ^s-  ^^^^  47  però 


(1)  Traduz.  ingl.  di  Forbes,  4.*  ediz.,  pag.  237. 

(2)  Med.  Chir.  Review,  lugJio  1858,  p.  11. 

(3)  Guy's  Hospital  Reports,  voi.  VII. 


633 

furono  trattati  attivamente  col  salasso,  Tantimonio,  calomelano, 
opio ,.  ecc.  In  37  non  si  praiicò  il  salasso  generale.  Le  compli- 
cazioni, escluse  pleurite,  e  bronchite,  furono  27,  i  casi  doppj  19. 
Vili.  Il  miglior  risultato  della  cura  della  polmonite  col  me- 
todo del-salasso,  si  trova  nella  relazione  di  Wossidlo  (1),  che 
curò  112  casi,  dei  quali  4  morirono,  ossia  1  su  28.  Non  vi  fu- 
rono che  11  complicazioni,  compresi  4  di  tubercoli,  2  di  blennor- 
rea,  1  di  catarro,  2  di  gravidanza,  1  di  sciatica,  ed  1  di  atro- 
fia mesenterica.  Però  50  di  codesti  casi  erano  al  dissotto  di  20 
anni  di  età;  44  erano  ragazzi  di  meno  di  10  anni.  A  questi, 
pare,  non  si  applicarono  che  poche  sanguisughe.  Non  si  parla 
della  proporzione  del  cibo  e  del  sangue  estratto  negli  adulti. 

IX.  Il  Dr.  Glen,  mio  primo  assistente  stabile,  ebbe  la  gen- 
tilezza di  disporre  in  quadro  per  me,  tutti  i  casi  di  polmonite 
dell'armata,  riferiti  dal  Colonnello  TuUoch  (2).  Queste  rela- 
zioni non  dicono  il  come  fu  determinata  la  diagnosi ,  o  quale 
sia  stata  la  cura.  Il  risultato  favorevole  di  1  morto  su  13 
casi ,  che  secondo  il  Dr.  Glen  è  il  risultato  generale ,  si 
suppone  dipendere  da  ciò  ,  che  i  salassi  furono  fatti  sul  prin- 
cipio ed  in  soggetti  giovani  e  vigorosi, 

X.  Cura  colle  larghe  dosi  di  tartaro  emetico,  —  Rasori  (3) 
neir  Ospedale  Maggiore  di  Milano  curò  648  casi  di  polmonite 
con  larghe  dosi  di  tartaro  emetico,  555  guarirono,  143  mori- 
rono, ossia  1  su  4  ^Z).  Rasori  dice  che  questo  risultato  è  più 
favorevole  di  quello  che  si  ottiene  col  metodo  del  salasso. 

XI.  Griselle  curò  154  casi  col  tartaro  emetico;  ne  morirono 
29  ossia  1  su  5  ^j^. 

XII.  Dìetl  trattò  100  casi;  ne  morirono  22  ossia  poco  più 
di  1  su  5. 

XIII.  Von  Wah),  in  sei  anni  a  S.  Petersburg  curò  354  casi; 


(1)  Schmidt's  Jahrbùcher  Band,  Bd.  51  ,  1846  ,  p.  125.  — 
Brit.  and  For.  Med.  Chir.  Rev.,  luglio  1858,  p.  16. 

(2)  Governement  Statistical  Reports  on  Mortality  amen g  the 
Troops.  1853, 

(3)  Da  una  analisi  della  pratica  di  Rasori,  Annales  de  Thè- 
rap.,  genn.  1847. 


634 

ne  morirono  34  ossia  1  su  4  '/^  (i).  Non  furono  salassati  che 
quelli  che  presentavano  molta  congestione;  nella  maggior  parte 
dei  casi  si  diede  il  tartaro  emetico  a  larghe  dosi  fin  dal  prin- 
cipio. 

XIV.  Thielbmann  (2),  nell'ospedale  S.  Pietro  e  Paolo  a  S.  Pe- 
tersburg,  trattò  a  larghe  dosi  di  tartaro  emetico  i  10  casi  di  pol- 
monite; ne  morirono  12  ,  ossia  1  su  9  ^J^,  Si  diede  1*  opìo  per 
frenare  la  diarrea. 

'  Trattamento  aspettativa  o  dietetico,  — >  Questo  metodo  con- 
siste essenzialmente  nel  lasciare  che  la  malattia  proceda  per  la 
sua  strada  naturale.  Durante  lo  stadio  della  febbre,  la  dieta  è 
leggiera  o  nulla  affatto,  e  acqua  fresca  per  bevanda;  più  tardi 
si  concede  Una  dieta  migliore,  ed  anche  il  vino  certe  volte,  se- 
condo la  natura  dei  sintomi.  Qualche  volta  un  trattamento  die- 
tetico si  converte  in  un  trattamento  aspettative,  quando  si  danno 
rimedj  per  riuscire  a  certi  sintomi,  come  nella  pratica  di  Skoda 
all'ospedale  della  Carità  di  Vienna. 

XV.  Il  Dr.  Giorgio  Balfour  ce  ne  diede  una  relazione  ;  egli 
rilevò  dai  registri  deli'  ospedale  che  in  tre  anni  e  cinque  mesi 
cominciando  col  1843,  furono  trattati  392  pazienti,  dei  quali  54 
morirono,  ossia  1  in  7  ^|^.  Alcune  volte  si  diede  l'opio  quando 
c^era  molto  dolore,  la  sezione  della  vena  sul  principio  nei  casi 
di  dispnea,  e  gli  emetici  se  l'espettorazione  dava  un  muco  den- 
so. G.  Balfour  diede  anche  qualche  statistica  dell'ospedale  omeo- 
patico di  Vienna ,  ma  con  certi  dati  da  mettere  il  dubbio  sn 
ogni  caso,  onde  non  sono  paragonabili  alle  statistiche  degli  altri 
-ospedali.  È  certo  però  che  molti  casi  gravi  di  polmonite  gua- 
rirono con  un  sistema  di  cura  che,  parmi,  la  maggior  parte  dei 
medici  debba  considerare  essenzialmente  dietetico.  Le  migliori 
statistiche  omeopatiche  sono  quelle  di  Tessier  (3)  che  ebbe  3  morti 
in  41   casi,  e 

XVI.  Quella  di  Wurmb  di  Vienna  (4),  che  in  119  casi  ebbe 
8  morti,  ossia  circa  1  in  15. 


(1)  Petersburg  Med.  Zeit.,  I.  6, 1861.  Canstatt,  1861,  p.  237. 

(2)  Canstatt,  1852;  III,  p.  231. 

(3)  Homceopatic  Treatment  of  Pneumonia,  8.®  New  York,  1855. 

(4)  Brit.  Journ.  of  Honjoeopathy,  voi.  IV^p.  75. 


635 

XVII.  Dietl  pubblicò  nel  1848  una  relazione  di  189  casi , 
trattati  colla  dieta  solamente,  14  dei  quali  morirono,  ossia  1  su 
13  Vs-  Q^^  segue  la  sua  tavola  di  380  casi,  per  mostrare  il 
risultato  delle  tre  sorta  di  cura: 

Sezione  della  vena     Tartaro  emetico  Dieta 

Guariti  68  84  .175 

Morti  17  22  14 


85  106  189 


Per  cento 

20.4 

20.7 

7.4 

Morti 

1  su  5 

1  su  5.  22 

1  su  131/2. 

Notisi  che  degli  85  casi  trattati  col  salasso,  7  dei  casi  fatali 
erano  non.  complicati ,  mentre  nei  189  casi  trattati  dietetica- 
mente ,  nessuno  dei  morti  era  caso  non  complicato.  Nel  1852 
Dietl  diede  il  risultato  di  750  casi,  trattati  dieteticamente;  ne 
morirono  67  ossia  1  su  10.9. 

Grisolle  (2.*  ediz.,  pag.  570)  ci  dice  ch^  Legendre,  dopo  aver 
trattata  la  polmonite  dei  bambini  solo  col  salasso  e  gli  antiflo- 
gistici^ lasciò  una  Memoria  che  si  pubblicò  pdi  postuma  (1),  nella 
quale  cercò  di  dimostrare  che  ti  trattamento  dietetico  era  assai 
preferibile.  Le  sue  idee  fondate  su  15  soli  casi,  furono  pòi  so- 
stenute anche  da 

XVIII.  Barthez,  che  VS  aprile  1862,  riferi  all'Accademia  im- 
periale di  medicina,  che  di  212  ragazzi  dai  2  ai  15  anni  trattati 
da  lui  all'ospedale  St.  Eugénie,  ne  morirono  soli  2.  In  ^/^  però 
dei  casi  si  spiegò  un  metodo  leggiermente  attivo.  Neiraccettare 
codesto  importante  risultato,  Grisolle  non  vi  vede  che  la  confer- 
ma del  fatto,  che  la  polmonite  nei  soggetti  giovani  tende  alla 
spontanea  guarigione,  ma  nega  che  un  tal  metodo  di  cura  con- 
venga in  una  età  più  innoltrata. 

Metodo  misto.  —  In  questi  ultimi  tempi  si  trattarono  le 
polmoniti  anche  con  un  metodo  misto ,  secondo  la  natura  dei 
sintomi ,  ma  senza  veri  vantaggi  di  importanza.  Riferirò  quali 


(1)  Archi V.  Gén.  de  Médecine,  septem.  1859. 


636 

esempi  di  questi  sistemi  i  risultati  di  Lebert ,  Huss ,  Bamber- 
ger,  Flint,  Rigler  e  Morehead. 

XIX.  Dai  222  casi  di  polmonite  carati  da  Lebert  (1) ,  de- 
dottine 17  che  morirono  nel  giorno  stesso  di  ingresso  nell'ospe- 
dale di  Zurigo,  0  nel  giorno  susseguente ,  rimangono  205  casi 
ch'egli  curò  nel  corso  di  cinque  anni:  15  di  questi  morirono, 
ossia  1  su  13  '/j,  4  casi  erano  complicati  e  morirono.  Gli  altri 
201  erano  non  complicati,  e  ne  morirono  11  ossia  1  in  18.  Nel 
complesso  furonvi  22  casi  doppj.  Il  trattamento  consistette  nel 
salasso  locale  e  generale  nella  maggior  parte  dei  casi  ;  quando 
vi  era  prostrazione,  V  antimonio  a  larghe  dosL  Si  adoperarono 
anche  diversi  altri  rimedj  per  indicazioni  speciali,  quali  sareb- 
bero le  unzioni  mercuriali,  il  muriate  d*  ammoniaca ,  V  acetato 
di  piombo,  r  opio,  il  chinino,  la  canfora ,  il  benzoe ,  ecc.  Negli 
ultimi  stadj  con  debolezza,  gli  stimolanti,  nutrimento  e  vino. 

XX.  La  più  importante  Memoria  pubblicata  recentemente 
è  quella  del  prof.  Huss  di  Stocolma  (2),  che  adoperò  il  salasso 
e  i  rimedj  eroici  nei  primi  stadj,  e  negli  ultimi  T  antimonio,  il 
mercurio,  e  diversi  rimedj  ;  tra  questi ,  la  trementina ,  la  can- 
fora, la  morfina,  il  chinino.  Nel  corso  di  16  anni  il  numero  di 
casi  trattati  fu  2661,  281  dei  quali  morirono,  cioè  1  in  9  ^j^. 
1  casi  non  complicati  furono  1657;  96  morirono,  ossia  1  su  17, 
I  casi  complicati  furono  959  ;  .ne  morirono  185  ossia  1  in  5. 
Furonvi  384  casi  di  polmonite  doppia;  88  morirono,  più  di  1  pu 
4  7s*  Il  metodo  di  cura  fu  modificato,  come  si  credette,  meglio 
a  seconda  dai  casi,  e  lo  si  potrebbe  chiamare  antiflogistico  piodi- 
ficato  ;  parecchi  casi  non  furono  salassati.  È  abbastanza  defi- 
nita la  superiorità  di  questo  metodo  sul  sistema  antiflogistico 
rigido  ed  anche  su  quello  di  Grisolle. 

Nei  primi  8  anni  solamente  si  praticò  il  salasso  generale  e 
locale.  Dei  1040  trattati  allora,  120  morirono,  ossia  1  su  9  ; 
uei  seguenti  8  anni,  si  curarono  1576  casi,  ne  morirono  161, 
ossia  1  su  .10.  La  diflìerenza  non  è  grande,  ma  pure  Huss  con- 


(1)  Handbuch  der  praktischen  Medicin,  Band  11,  p.  69,  1859. 

(2)  Die  Behandlung  der  Lungen-entzandung ,   etc.  Leipzig , 
1861. 


637 

elude  che  il  salasso  è  dannoso  alla  riuscita  della  guarigione 
(  pag.  158  ).  Trovò  anche  che  «i  prolungava  cosi  di  3  giorni  la 
malattia  (pag.  160).  Solo  nei  primi  due  stadj  si  dava  una 
dieta  limitata.  ^    ' 

XXI.  Bamberger  (1)  trattò  186  casi  senza  salasso  gene- 
rale nel  Julius  Hospital  di  Wurzburg.  In  alcuni  casi  si  appli- 
carono sole  poche  sanguisughe  e  qualche  fomento,  internamente 
r  infusione  di  digitale,  che  come  egli  dice  diminuisce  la  tempe- 
ratura e  il  polso,  in  modo  da  doverla  ritenere  come  una  medi- 
cina importante  nella  febbre.  Per  facilitare  1'  espettorazione,  il 
tartaro  emetico ,  il  chermes  minerale ,  V  ipecacuana  e  i!  sale 
ammoniaco,  a  piccole  dosi.  Si  amministrarono  alcune  volte  gli 
emetici  e  i  narcotici,  per  sollevare  il  paziente  dall*  inquietudine 
e  favorire  il  sonno.  Nelle  forme  adinamiche  si  prescrissero  po- 
ligdla,  arnica,  benzoe ,  il  vino  d'antimonio,  chinino,  canfora, 
muschio  ed  altri  rimedj\  Non  si  dice  nulla  della  dieta  e  del 
vino,  ^nè  dei  casi  complicati.  Di  questi  casi  21  morirono,  ossia 
1  su  9.  '  ^  ^ 

XXtl.  Flint  (2)  diede  il  risultato  di  133  casi  curati  da  lui 
nel  corso  di  12  anni,  nelle  città  della  Nuova  Orleans,  Louisville 
e  Buffalo,  negli  Stati  Uniti  ;  ne  morirono  35  più  1  su  4.  Dei 
112  casi  non  complicati  19  morirono,  e  dei  21  complicati,  16. 
Furònvi  li  casi  di  polmonite  doppia,  e  ne  morirono  8  ;  37  casi 
di  polmonite  di  tutto  il  polmone  destro,  e  ne  morirono  19  ;  9 
casi  di  tutto  il  ^sinistro,  e  ne  morì  1  ;  in  complesso  57  casi  nei 
quali  la  polmonite  si  estese  a  due  o  più  lobi ,  e  ne  mori  un 
terzo.  Degli  altri  casi  non  complicati  morirono  2  soli.  La  cura 
cambiò  secondo  il  caso;  12  furono  salassati,  12  trattati  col 
tartaro  emetico  ;  100  presero  opio  a  dosi  diverse  ;  49  di  costóro 
lo  presero  a  larghe  dosi  e  ne  morirono  11.  In  alcuni  casi  si 
ricorse  anche  agli  stimolanti  alcoolici  ed  al  chinino. 

XXnr.  Rigler  (3)  nel  General  Hospital  di  Gratz,  trattò  119 
casi,  20  dei  quali  morirono,  ossia  1  su  6.  Il  salasso  della  vena 


(1)    Wiener    Wochenschrift  ,    N.<>  50 ,    1857;   e   Oanstatts 
Jahresberficht,  1858,  III,  pag.  284. 

('2)  American  Journal  òf  Med.  Science,  luglio  1859. 
(3)  Canfetatt,  1858,  III.  p.  285. 


638 

8i  praticò  solo  in  4  casi  — .  a  parecchi  si  applicarono  sangui- 
sughe per  togliere  il  dolore  locale.  Si  tentò  di  diminuire  la 
febbre  con  un  regime  dietetico  rigoroso  ^  e  se  la  polmonite  si 
estendeva,  si  dava  il  tartaro  emetico  fino  ad  un  graQo  al  giorno. 
Si  impiegarono  pure  le  misture  demulcenti,  le  frizioni  delle 
estremità  e  la  morfina.  La  durata  della  malattia  fu  di  21  giorni 
in  media.  Dei  il9  casi,  14  furono  doppj;  16  con  pleurite;  10  con 
pericardite;  2  con  grave  catarro  intestinale  (diarrea?)  ed  1 
con  albuminuria. 

XXIV.  Dal  1848  al  1853,  il  Dr.  Morehead  (1)  nel  Jamsetjee 
Jejeebhoy  Hospital  di  Bombay ,  trattò  103  casi  ;  ne  morirono 
32,  ossia  1  su  3  ^/g.  Egli  dice  che  gli,  indigeni  indiani  siano 
di  costituzione  debole  ;  onde  soli  3  furono  salassati  dalla  vena, 
ma  si  applicarono  salassi  locali  in  57  casL  In  66  casi  si  diede 
il  tartaro  emetico  da  un  sesto  a  mezzo  grano ,  ogni  seconda , 
terza,  o  quarta  ora  ;  il  mercurio  in  21  casi  ;  i  vescicanti  in  52  ; 
si  diedero  anche,  chinino,  liquor  potass»  e  stimolanti  Dei  71 
casi  che  guarirono,  14  furono  dimessi  in  10  giorni  ;  23  tra  gli 
11  e  i  20  giorni;  16  tra  i  21  e  i  30;  18  oltre  i  31.  Non  si 
dice  nulla  delia  dieta ,  ma  parlando  degli  stimolanti ,  TAutore 
dice  che  dovrebbero  adoperarsi  quando  il  polso  si  deprime,  ecc. 

XXV.  Cura  col  ferro  e  col  rame,  —  Kissel  (2)  di  Eilen- 
burg,  trattò  112  casi  di  polmonite,  5  dei<>quali  con  complica- 
zioni morirono,  ossia  1  su  22.  Quando  V  orina  era  alcalina , 
egli  dava  un'  oncia  di  tintura  di  acetato  di  ferro  giornalmente  ; 
quando  era  acida ,  dava  una  dramma  e  mezza  ogni  giorno  di 
tintura  di  acetato  di  rame.  La  durata  della  malattia  fu  da  2 
a  9  giorni;  ma  complicata  a  fenomeni  tifosi,  arrivò  fino  a  16 
giorni.  Il  sommario  di  Canstatt  non  dice  se  questi  casi  siano 
stati  trattati  in  un  ospedale,  né  la  natura  delle  complicazioni, 
né  la  dieta  seguita. 

XXVI.  Cura  cogli  stimolanti.  -~  Il  defunto  Dr.  Todd  (3) , 
abbandonò  il  metodo  di    cura  della    polmonite    i^ediante  i  sa- 


(1)  Clinical    Researcbes   of   Diseases    of    India,    voi.    II  , 
p.  315. 

(2)  Canstatt,  1852,  III,  p.  229. 

*(3)  Clinical  Lectures,  by  Beale,  p.  310. 


639 

lassi  e  gli  aatiflogistici,  ali*  incirca  quando  lo  feci  io  pure,  ma 
egli  si  avviò  a  poco  a  poco  verso  un  sistema  stimolante.  Egli 
opinava  che  V  alcool  dato  a  piccole  dosi  ripetute  sia  un  nu- 
triente, e  prescriveva  un'  oncia  di  acquavite  (  brandy  )  da  darsi 
ogni  mezz'  ora,  ogni  ora  o  due  ,  secondo  V  urgenza  del  caso. 
Egli  sosteneva  i  malati  coi  nutrienti ,  e  fin  dal  principio  dava 
dei  buoni  brodi.  In  53  casi  ebbe  6  morti,  pssia  1  su  9. 

Statistica  degli  ospedali  generali. 

Dicemmo  già  che  le  statistiche  degli  ospedali  generali  o  <#- 
mnni  che  dir  si  voglia,  non  servono  al  paragone  del  numero 
dei  casi  di  polmonite  acuta  trattati  clinicamente.  È  evidente 
che  negli  stabilimenti  dove  esercitano  tanti  medici  che  trattano 
i  loro  casi  ciascuno  a  modo  loro,  mischiando  insieme  i  loro  casi 
e'  è  poco  da  imparare  quanto  al  metodo  di  cura.  Onde  le  varie 
statistiche  degli  ospedali  generali  si  devono  paragonare  fra  di 
loro,  ma  non  si  hanno  mai  a  tenere  qual  mezzo  di  confronto 
colla  pratica  individuale  di  dati  medici. 

Statistica  delle  polmoniti  al  Royal  Infirmary  di  Edimbuv' 
go.  —  Il  Dr.  Thorburn,  mio  primo  assistente,  ebbe  la  compia- 
cenza di  rivedere  208  registri  dell'ospedale,  dall'annuo  1812 
ai  1837 ,  ed  appartenenti  a  dodici  medici  che  praticavano  il 
metodo  antiflogistico.  Trovò  che  di  103  casi  di  polmonite ,  55 
guarirono,  41  morirono,  e  7  migliorarono  —  cioè  1  morto  su 
2  casi  e  mezzo.  Il  Dr.  Thorburn  riesaminò  questi  103  casi,  e 
lasciò  fuori  tutti  quelli  che  erano  incompleti,  o  non  si  presen- 
tavano chiaramente  quali  polmoniti.  Gli  altri  egli  *  dispose  in 
tavola,  e  si  può  dire  con  certezza  che  questi  ultimi  erano  poU 
moniti  od  infiammazioni  acute  del  petto  assai  prossime  a  que- 
sta malattia  ;  ecco  il  riassunto  della  tavola.  Gasi  50,  morti  19, 
guariti  o  migliorati  31,  ossia  più  di  1  morto  su  3  casi.  Dal  1 
luglio  1839  i  casi  di  polmonite  furono  regolarmente*disposti  a 
tavola;  eccono  i  risultati,  quali  me  li  comunicò^il  sig.  M'Dou- 
gall  : 


640 

Casi  di  polmonite  trattati  nel  Royal  In/trmary  dal  1  ottobre  1839  al 
ì  ottobre  1865,  comprese  le  bronco^polmoniti,  le  pleuro^polmoniti^ 
e  le  bronco^lèuro-^lmoniti. 


Numero 

Casi  di  polmonite 

totole 

« 

Anni 

dei  casi 

1     <  • 

-— ^^.-'-— — — ~ 

Statisti 

entrati 

oeir  ospe- 

Totale 

Miglio- 

• 

dale 

curati 

rati 

Morti 

1 

i.    luglio 

1839    111  1 

.  ott.    1841 

7,969  (•) 

139 

90 

49 

Dr.  J.  Reid 

i.    ott. 

1841          1 

\             1842 

3,587 

42 

26 

16 

\  Dr.  T.  Peacock 

» 

1842  al  1. 

luglio  1843 

2,760 

41 

26 

15 

i.    luglio 

1843  al  1. 

ott.     1844 

6,977  O 

31 

20 

11 

1 

i.   ott. 

1844          1 

»            1845 

3,252 

50 

37 

13 

/ 

1845          ] 

»            1846 

3,638 

67 

51 

16 

>  Dr.  H.  Bennett 

1846          1 

►            1847 

7,435  O 

93. 

52 

41 

( 

1847          3 

»            1848 

7,064  (*) 

104 

.60 

44 

\ 

1848          J 

»            1859 

3,686  (1) 

88 

71 

17 

Sig.  M'Dougall 

1849          J 

>            1850 

3,078 

81 

65    ' 

16 

1850          \ 

>            1851 

4,637 

73 

52 

'   21 

1851           J 

>            1852 

4,341 

106 

86 

20 

1852          J 

>            1853 

4,262 

84 

63 

21 

9 

1853          1 

^            1854 

4,211 

47 

54 

13 

1854          ] 

\            1855 

3,990 

64 

53 

11 

1855          i 

)             1856 

'  3,816 

68 

56 

12 

1856          1 

)             1857 

3,358  («) 

39 

36 

3 

1857          X 

»             1858 

3,465 

61 

56 

,5 

1858          ] 

»•           1859 

3,718 

50 

43            7 

1859          I 

>            4860 

3,8^4 

54 

43     !     11 

1860          1 

)             1861 

3,937 

7g 

70 

8 

1861           1 

>            1862 

3,892 

73 

63 

10 

9 

1862          1 

>            1863 

4,384 

86 

75          11 

m 

1813          1 

^            1864 

4,253 

59 

49          10 

1864          ) 

»             1865 

1 

4,585 

48 

42 

1 

6 

1 

{*)  In  questo  tempo  si  notarono  grandi  epidemie  di  febbre. 

(^)  A  quest'epoca  si  ebbero  considerevoli  cambiamenti  nel  personale  supe- 
riore deirospedale,  e  l'Autore  primo  incominciava  un  trattamento  ristorante. 

(')  Ora  incomincia  la  controversia  sul  salasso,  per  la  quale  si  pose  tanta 
attenzione  al  trattamento  curativo. 


'  641 

Questi  casi  si  dividono  naturalmente  in  tre  periodi.  Nei 
primo,  innanzi  il  1848,  era  in  uso  neU' ospedale  l'antico  me- 
todo antiflogìstico  ;  il  risultato  fu  questo,  che  di  567  casi,  205 
morirono,  ossia  i  su  2  ^j^.  Al  principio  del  secondo  periodo , 
che  occupa  otto  anni,  io  incominciai  a  funzionare  quale  profes- 
sore clinido,  e  fu  allora  insegnato  e  praticato  da  me  stesso  il 
trattamento  senza  salasso  e  coi  ristoranti  ;  di  611  casi ,  131 
morirono,  ossia  qualche  cosa  meno  di  1  su  4  ^/j.  Sul  principio 
del  terzo  periodo,  nel  1856-57,  Tattenzione  del  pubblico  medico 
si  fissò  sull'  argomento  della  polmonite ,  per  le  discussioni  che 
ebbero  luogo  tra  il  Dr.  Alison  ,  me  stesso  ,  ed  altri,,  ed  ebbe 
luogo  la  così  dett»  controversia  del  salasso.  Questo  periodo 
giunge  fìno  a  noi  —  nove  anni,  —  durante  il  quale  il  metodo 
antiflogistico  fu  una  eccezione,  quantunque  qualche  medico  del- 
l'ospedale abbia  pur  dato  il  tartaro  emetico  a  tolleranza,  altri 
l'opìo,  ed  altri  il  calomelano.  Di  548  casi,  soli  71  morirono, 
ossìa  1    su  7  ^/i. 

L*  esperienza  adunque  di  nove  anni  nel  Royal  Infirmary  di 
Edimburgo  sulla  cura  della  polmonite  ci  dà  la  mortalità  di  1  su 
casi  7  ^/i;  quella  antecedente  al  1848  fu  di  1  su  2  ^j^.  Il  risul- 
tato colpisce,  e  pare  che  oggi  guarisca  circa  il  triplo  di  quello 
di  una  volta.  Io  non  dubito  che  la.  mortalità  diminuirà  ancora 
di  più,  quando  si  saranno. completamente  abbandonate  le  larghe 
dosi  di  antimonio,  di  calomelano,  di  opio,  e  il  trattamento  misto, 
quando  diventerà  regola  generale  il  rigoroso  metodo  ristorante. 
Fino  ad  allora  le  cifre  ora  esposte,  stanno  in  favorevole  contra- 
sto con  quelle  di  qualch'  altro  ospedale.  Secondo  il  Dr.  Arturo 
Mitchell  (1),  il  numero  dei  casi  di  polmonite  entrati  nelFospedale 
generale  di  Vienna  dal  1847  al  1858  compreso,  ossia  in  10  anni, 
fu  di  5909;  ne  morirono  1439,  ossia  1  su  4.1.  Il  Dr.  Arnold  ,von 
Franque  (2)  riferisce  che  in  16  anni ,.  dal  1849  al  1855  com- 
preso, entrarono  nel  Julius  Hospital  di  Wùrzburg  874  casi  di 
polmonite,  e  ne  morirono  176,  ossia  1  su  5  casi.  Queste  pro- 
porzioni da  allora  si  alterarono  pochissimo,  perchè  noi  troviamo 


(1)  Edin.  Med.  Journ.,  voi.  Ili,  p.  399. 

(2)  Inaugurai  Dissertation,  Wùrzburg,  1855,  p.  42. 

Annali.   Voi.  CCI.  41 


642 

cbe  nel  Witdeii  HospìUl  di  Vienna»  secondo  Dinstl  (i),  in  5 
anni,  dal  1857  al  1861,  in  33,557  malati,  si  trattarono  1212 
casi  di  polmonite ,  dei  qaali  277  morirono  ,  ossia  1  su  4  */|, 
proporzione  che  il  referente  considera  favorevole.  Durante  un 
egual  periodo  di  cinque  anni ,  dal  1856  al  1860  nel  General 
Hospital  della  stessa  città,  si  curarono  3014  casi  di  polmoniti  ; 

748  morirono,  ossia  qualcosa  più  di  1  su  4  casi. 

> 

Conelusiani  desunta  dalle  eepoéte  Btatiatiehe. 

Onde  le  ricerche  che  faccio  siano  per  quanto  è  possibile  esat- 
te, lasciai  fuori  della  lista  precedente  i  risultati  di  tutte  quelle 
pratiche  che  non  potevano  correre  di  pari  passo  colla  mia  quanto 
a  vastità  q  ad  altre  circostanze,  tranne  il  metodo  di  cura  cogli 
stimolanti,  e  ciò  perchè  le  statistiche  date  dal  defunto  Dr.  Todd 
sono  le  sole  pubblicate  sugli  effetti  di  questi,  rimedj.  Per  la 
stessa  ragione  non  compresi  le  recenti  ricerche  di  Hannover 
su  1382  casi  di  infiammazioni  di  petto  (2)  ,  poiché,  dal  sunto 
datone  nel  Canstatt  non  si'  può  determinare  V  esatta  mortalità 
e  il  trattamento  della  polmonite  messa  assieme  alle  altre  af- 
fezioni toraciche.  Lasciai  fuori  un  gran  numero  d*  altri  scritti 
importanti  snli'  argomento  ^  mi  basta  però  il  sapere  che  nulla 
-aggiungono  di  essenzialmente  importante  ai  fatti  citati  altrove. 

Tutto  questo  prova  evidentemente: 

1.  Che  a  un  metodo  estremamente  antiflogistico  tenne  sempre 
dietro  una  gran  mortalità,  1  morto  su  3  c^si  ;  ma  che  modifi- 
'candolo  in  diversi  modi,  o  .col  diminuire  la  quantità  dei  rimedj 
deprimenti,  o  sciegliendo  i  casi  di  soggetti  giovani  e  vigorosi , 
la  mortalità  varia  da  1  morto  su  4  Vs  (^^I)  (?)  ^^  ^  su  43 
casi  (IX). 

2.  Quando  metà  dei  casi  sono  ragazzi  o  individui  al  di  qua 
dei  venti  anni^  con  una  cura  deprimente  leggiera,  la  mortalità 
diminuisce  fino  ad  1  morto  su  28  casi  (Vili). 


V 


(1)  Canstatt,  1862,  III,  p.  219. 

(2)  Canstatt,  III,  p.  224,  1864. 

(3)  Questi    numeri  romani  si  riferiscono  a  quelli  delle  pa- 
gine precedenti  dove  si  dà  un  sunto  dei  diversi  metodi. 


643 

3.  La  cura  con  larghe  dosi  di  tartara  emetico  diede  una 
mortalità  oscillante  di  1  morto  su  4  Vs  (^)  &  i  su  9  Ve  (XIV). 

4.  Il  metodo  dietetico  od  aspettative  di^e  una  mortalità  di 
i  morto  Bu  7  1/4  <XV)  a  1  su  iO.9  (XVII).  Nei  bambini,  se- 
condo Bartbec  (XVIII),  la  mortalità  è  quasi  miUa. 

5.  I  risultati  di  un  metodo  misto,  nel  quale  si, impiegarono 
diversi  rimedj ,  secondo  la  natura  del  caso  e  lo  stadio  della 
malattia,  danno  una  mortalità  di  1  su  3  ^1^  (XXIV)  ad  1-  su 
i3  «/j  (XIX). 

6.  La  cura' tonica  con  ferro  e  rame,  seoondo  Kissel»  diede 
una  mortalità  di  1  su  22  (XXV>.) 

7.  La  cura  cogli  stimolanti,  secondo  Todd,  diede  una^  mor- 
talità di  1  su  9  (XXVI). 

8.  Il  trattamento  ristorante  dell'Autore^  diede -nnantortaiità 
di  solo  1  su  32  Ys)  ^^  ^  quindi  il  ihù  soddisfacente,  linetra 
pubblicato.  Oonsiderando  poi  che  i  4 -morti  erano  complicazioni 
patologiche  ]M^n>  legate  alla  polmonite,  si /può  dire  che  questo 
metodo  dia  una  mortalità  nulla  nei  casi- di  vera  polmonite. 

9.  Che  i  105  casi  non  complicati,. raccolti  consecutivamente 
nelle  «ale  del  Royal  Infirmary  durante  i6  anni  4i  mia  cura , 
siano  guariti  tutti ,  è  un  fatto  da  doversi  ascrivere  solaoMnte 
alla  natura  del  trattamento ,-  come  %i  rileva  confrontando  i  ri'- 
sultati  di  questo  metodo  con  quelli  di  un  metodo  deprimente, 
aspettative,  misto,  0  specifico. 

'^O.  Quanto  più  gli  «Itri  metodi  si  avvicinano  al  principio 
del  ristorante-  ed  evitano  di  impoverire  V  organismo,  tanto  mì^ 
gliori  sono  1  risultati.  Osservisi  Inoltre  che  anche  evitando  un 
metodo  direttamente  debilitante,  ma  tenendo  assai  limitata  la 
dieta,  0  dando  V  optò  largamente,  0  la  digitale,  a  V  aicpoi  >  •  od 
altre  sostanze  che  tendono  ad  indebolire  T  organisnio  e  a  di- 
minuire r  appetito,  non  si  ottengono  grandi  vantaggi. 

11.  Le  variazioni  che  sembrano  susseguire  lo  stesso  metiOido 
praticato  da  diversi  medici ,  si  possano  spiegare  col  gradi)'  di 
debolezza  del  paziente,  o  per  mezzo  delle  circostanze  del  metodo 
che  cagionano  debolezza,  quali  sarebbero  la  .di^ta  baìssa,  il  sa- 
lasso, il  tartaro  emetico,  i  narcotici ,  ecc.  Ne  segue  che  iX  so- 
stenere e  ristorare  (non  Io  stimolare),  i  poteri  nutritiivi  dell'orga- 
nismo, e  l'evitare' ogni  rimedio  debilitante,  fostituisce  il  metodo 
da  seguire  nella  cura  della  polmonite. 


644 

Patùloffià  della  polmonite  acuta» 

> 

La  polmonite  è  una  lesione  consistente  in  questo  Aitto  che  il 
liquor  sangninis  si  versa  nelle  vescichette  aeree,  nei  l>iccoK  tubi 
bronchiali,  e  nel  parenchima  del  polmone.  'Il  precesso  essuda- 
tivo può  essere  assai  limitato,  ansi  ristretto  a  poche  vescichette 
aeree  e  ai  piccoli  tubi  bronchiali  compresi  fra  esse.  Questa  è 
la  polmonite  vescicolare.  Sappiamo  che  può  occupare  un  lobulo 
o  un  lobo  intero ,  e  costituisce  allora  la  polmonite  lobulare  e 
la  lobare,  in  ogni  caso  si  determinò  il  fenomeno  essenziale 
ddir  infiammazione,  cioè  V  essudato,  e  lo  si  distingue  coll'esame 
diligente  del  tessuto  polmonare ,  perchè  chiude  le  vescichette 
eeree  con  una  sostanza  finamente  molecolare.  Qualche  volta  si 
scopre  1*  essudato  col  premere  fra  la  mano  il  polmone  ,  e  si 
sentono  dei  piccoli  indurimenti  del  volume  di  un  grano  di  mi- 
glio a  quello  di  un  pisello^  spesso  -  rossi,  qualche  volta  gialli,  e 
allotta  assai  rassomiglianti  a  tubercoli.  Questi  piccoli  induri- 
menti alla-  fine  si  rammolliscono  e  si  convertono  in  pus ,  come 
nelle  forme  lobari  e  lobulari  della  polmonite^ 

L*  esame  microscopico  del  temuto  polmonare  ci  mostra  in 
primo  luogo ,  che  le  vescichette  aeree ,  i  piccoli  bronchi ,  e  il 
tessuto  areolare,  sono  infiltrati  da  un  essudato  molecolare,  gra- 
nulare, che  spesso  forma  un' getto  o  raccolta  delle  vescichette 
e  dei  bronchi  che  con  facilità  sì  separano  meccanicamente  colla 
lavatura  e  calla  pressione.  Non  di  rado,  come  osservò  Remak , 
questi'  getti  vengono  espettorati  interi ,  e  si  possono  sciogliere 
dalla  sostanza  gelatinosa  dove  stanno  col  versare  il  contenuto 
delta  sputacchiera  nell'acqua,  e  agitando  i  filamenti  ramosi. 
Questi,  ingranditi ,  presentano  un  essudato  fibroso ,  nel  quale 
stanno  dei  corpuscoli  di  pus  in  formazione  con  un  certo  nu* 
mero  di  cellule  epiteliari.  Tali  porzioni  di  essudato  che.  ri- 
mangono nel  polmone  si  trasformano  in  pus ,  si  disintegrano 
alla^  fine  e  vengono  assorbiti  nel  sangue,  dove  si  cambiano  chi- 
micamente, e  alla  fine  vengono  espulsi  dall*  organismo,  speda !-< 
mente  dai  reni.  Se  per  V  estensione  delia  malattia  o  per  la 
debolezza  dei  paziente  questo  processo  viene  troncato,  il  ma- 
lato può  morire,  o  per  l'incapacità  di  secernere  la  sostanza  così 
trasformata  che  sta  nel  sangue,  o  per  l'interruzione  delle  funzioni 


f)45 

respiratorie.  .Se  T  etssudato  si  limita  in  e^tons.Lone,  q  si  versa 
lentamente  fin  dal  principio,  diventa  cronico.  In  tali  cirqostaji- 
ze,  i  corpuscoli  epìteU^ri  e  di  pus  del  gessato  polmonare  pos* 
sono  subire  la  degenerazione  adiposa,,  e  si  hanno  per  risultato 
numerose  cellule  granulari  composte.  Se  si  ebbe  stravaso  di 
sangue  mescolato  alle  altre  formazioni  or  descritte,  vi  si  tro- 
veranno spesso  dei  cristalli  rossi  di  ematina ,  dei  corpuscoli 
sanguigni  circondati  da  uno ,  strato  albuminoso  e  che  presen- 
tano le  numerose  trasformazioni  che  subiscono  come  si  sa  dopo 
lo  stravaso. 

Osserva  il  Dr.  Todd  (1)  che  <  quando  un  paziente  soffre/di 
polmonite,  il  polmone  tende  a  diventar  solido  ,  poi  a  generare 
il  pus,  e  da  ultimo  la  struttura  polmonare  infiltrata  di  pus 
tende  a  frangersi  e  a  disciogliersi.  Cosi  avviene  nei  casi  sfa- 
vorevoli. Altrimenti  si  ha  la  guarigione,  o  pel  processo  non 
completo  di  solidificazione,  o  pel  rapido  passare  di  essa^  o  per 
l'assorbimento,  q  medi^Ate  un  processo  di  soluzione  e  scaricarsi 
del  nuovo  materiale  che  formò  il  solido  del  polmone  ».  Io  osser- 
vai specialmente  in  che  modo  si  assorbe  V  essudato,  ed  esami- 
nai spesso  dei  polmoni  nel  cadavere  -allo  stadio  di  epatizza- 
zione  rossa  per  morte  determinata  da  emorragia  cerebrale  o 
da  altra  malattia.  In  alcuni  polmoni  e'  era  stata  polmonite  a 
tutti  gli  stadj ,  incipiente  in  alcuni  punti ,  solidificata  e  rossa 
in  altri  punti,  grigia  e.  purulenta  in  altri  ancora,  la  tutti  que<* 
sti  punti  si  poteva  notare  una  gradazione  nella  formazione  del 
pus.  Nella;  epatizzazione  più  solida  si  possono  vedere  le  giovani 
cellule  di  pus  che  incominciano  a  formarsi;  cosicché  io  sono 
convinto  cho  l'essudato^  degenera  sempre  per  aziona  della  foi^- 
mazione  di  pus,  in  breve  .questo  è  il  processo  normale.  Non  ho 
mai  visto  un  essudato  .coagulato  disintegrarsi  ed  essere  assor- 
bi^to  senza  lo  sviluppo  di  cellule  di  pus^  e  concepisco  come  ogni 
analogia  e  T  osservazione  diretta  siano  opposti  a  tale  suppo- 
«izione. .  Ne  se^ue  che  la  formazione  del  pus  lungi  dall'  essere 
un  indizio  di  uno  sfavorevole  andamento  della  malattia,  è  la 
regolare  e  necessaria  trasforjmazioi^  dell'  essudato  solido ,  per 
la  quale  r  essudato  stesso  si  scioglie  e  viene  assorbito. 

-(1)  Beale,  Arch.  of  medicine.  N.*  1,  p.  2. 


/ 


046 

Qaesta  idea,  basata  gu  numerose  e  diligenti  oaservasioai 
istologiche  di  pohnoni  pneamonici ,  sascettibilissima  di  *  dimo- 
Btrasione  con  ogni  reeente  esempio  della  malattia  in  discorso , 
eome  pure  cui  molti'  preparati  della  mia  raccolta,  scosse  le  no- 
zioni di  certi  patologi  delfa  scada  francese*  Qriselle  or  non  è 
molto  così  osserva  in  proposito  ;  e  Io  non  posso  accettare  una 
dottrina  che  nen  è  gfnstificata  da  alcuna  prova  diretta,  contro 
la  quale  il  Senso  clinico  in  certo  qual  mòdo  si  rivolta,  e  cbo  è 
maliìifestainente  contraria  'a  qnanto  fu  insegnato  e  si  insegna 
tuttodì ,  dalla  più  semplice  osservazione  di  medici  di  tatto  il 
mondo  (1)  ».  Se  Grisolle  j  prima  di  scrivere  codesta  critica 
avesse  investigato  l'argomento  nella  sola  via  coh veniente,  cioè 
col  microscopio,  avrebbe  veduti  néir  epatizzazione  rossa^  corpu- 
scoli del  pò»  ad  ogni  epoca  -  di  formazione ,  e  così  si  sarebbe 
'convinto  di  una  verità  la  quale,  long!  dal  rivoltare  il  senso 
dittico,  presenta  nuovi  ed  importanti  argomenti  per  ana  pra- 
tica migliore,  come  si  vedrà  col  tempo.  Il  microscopio  dimo- 
strò che  molti  dei  cosi  d%tti  fluidi  purulenti  non  erano  puru- 
lenti affatto  ;  mentre  dimostra  chiaramente  che  la  disaggrega- 
zione ,  il  rammollimento ,  e  il  liquefarsi  deir  essudato  plastico 
nella  polmonite,,  prooessi  ammessi  da  Griselle,  sono  in  realtà  il 
risultato  di  una  vitate  formazione  di  cellule  di  pus  ;  favorendo 
la  quale  possiamo  indurre  la  guarigione  nei  nostri  pazienti , 
diminuendola  o  interrompendola  aameotiamo  la  mortalità  nei 
maiali  stessi.  La  prova  diretta  che  cerca  il  sig.  GrisoHè  ,  egli 
stesso  la  può  ottenere  mediante  alenne  sezioni  di  un  polmone 
pneumonico  fatto  col  coltello  di  Valentin,  ed  esaminandole  poi 
diligentQmente,  primo  ad  un  ingrandimento  di  25,  poi  di  250 
diametri  lineari,  e  allora  vedrà:  i,  l'essudato  molecolare  nelle 
vescichette  aeree;  2  ,  il  passaggio  di  questo  in  eellule  di  pus 
per  coalescenza  molecolare,  e  3>  la  formazione  e  1»  susseguente 
degenerazione  di  tali  cellule.  È  così  costante  la  formazione  del 
pus  nella  polmonite,  e  lo  si  può  vedere  formarsi  per  aggrega- 
zione molecolare  indipendentemente  di  ^  cellule  preesistenti ,  in 
Bkodo  così   chiaro ,    da  offrire  un  pieno    rifiu^  della   dottrina 


(1)  Traité  de  la  Pneumonie,  2.»  ed.  1864,  p.  53. 


di  Virchow,  omnis  cellula  «  callula,  detta  cpmanemente  patolo- 
gia cellulare. 


Trasfennatosi  l'essudato  in  cellule  di  pus  queste  dopo  un 
certo  tempo  diventano  adipose,  sì  rompono  si  slegano  si  li- 
quefanno  ,  e  vengono  assorbite  nel  sangue  d  onde  sono  poi 
espulse  dagli  emuntorj,  ma  specialmente  dai  roiij,  allo  stato  di 
orati. 

La  patologia  di  questa    malattia ,  cosi  spiegata ,   mi  spinse 


«  Fig.  1.*  Sesione  verticale  della  parte  esterna  di  un  polmone 
affetto  da  pleuro-pohnonite  ;  ingrandimento  dì  35  diametri  li- 
neari. —  Esternamente,  I'  essudato  sulla  superficie  ha  formata 
un  denso  strato  di  fibra  molecolari,  a  si  vedono  i  villi  che  di- 
ventando vascolari  assorbono  il  fluido  sieroso.  La  metà  infe- 
riore della  figura  mostra  le  vescichette  aeree  del  polmone  tu- 
rate dall'essudato  molecolare  coagulato. 

Fig.  2.*  Due  vescichette  aeree  ad  epatizxauone  rossa  dal 
polmone ,  ingrandimento  250  diametri  lineari,  a ,  vescichetta 
piena  di  essudato  moleoolare,  che  si  raccoglie  in  piccole  masse 
a  formare  corpuscoli  di  pus.  6,  una  vescichetta  aerea  vicina, 
nella  qualx  l'essudato  trovasi  ad  uno  sviluppo  piò  avanzato,  e 
"i  si  formano  delie   rulUilo-niis. 


648 

molti  anni  bodo  alla  convinzione  che  il  salasso  e  gli  antiflogi- 
stici dovevano  essere  dannosi.  Le  cellule  del  pus  devono  rite- 
nersi come  corpi  vivi,  e  come  tali  e'  è  bisogno  di  un  eccesso  di 
sangue,  di  una  buona  nutrizioni^,  e  di  una  esagerata  forza  vi- 
tale per  affrettarne  lo  sviluppo  e  portarli  successivamente  at- 
traverso i  naturali  stadj  della  loro  esistènza.  Se  la  risoluzione 
djilla  polmonite  consistesse  semplicemente  in  un  processo  regre- 
diente, in  una  cosi  detta  necrosi  dell'  essudato,  il  metodo  anti- 
flogistico ,  favorendo  codesto  processo ,  dovrebbe  far  migliorare 
rapidamente  il  polmone  e  guarire  la  malattia.  Ma  la  mia  con- 
vinzione che  tale  espulsione  sia  dipendente  da  vitali  processi 
di  formazione^  mi  condusse  ad  un  metodo  opposto ,  ad  evitare 
cioè  di  troncare  la  malattia  o  di  indebolire  il  polso  e  le  forze 
vitali,  e  al  contrario  a  favorire  i  necessarj  cambiamenti  che 
deve  subire  V  essudato  onde  venire  pienamente  espulso  dall'e- 
conomia. A  questo  fine,  durante  il  periodo  di  eccitamento' feb- 
brile, mi  limito  ai  salini  a  piccole  dosi  air  intento  di  diminuire 
la  viscosità  del  sangue.  Sul  principio  della  cura  ,  prescrivo 
brodo,  latte  ed' altri  nutrienti  quanti  se  ne  fanno  prendere,  e 
tostochè  il  polso  cede^  cibo  solido,  e  vino  ogni  giorno  da  4  ad 
8  once.  All'  avvicinarsi  del  periodo  critico  prescrivo  un  diure- 
tico, mezza  dramma  di  etere  nitrico,  e  qualche  volta  dieci  gocce 
di  vino  colchico  tre  volte  al  giorno  per  favorire  V  escrezione 
degli  urati.  Se  la  crisi  si  determina  con  sudori  o  movimento 
intestinale,  ho  cura  di  non  disturbarla  in  nessun  modo.  Ritengo 
che  i  salini  e.  i  diuretici  -non  fanno  altro  che  ajutare  il  'pr(4- 
gresso  naturale  della  malattia.  La  parte  essenziale  della  cura 
consiste  nel  riposo,  nel  nutrimento,  e  nel  sostenere  le  forze  del 
corpo. 

Lo  scopo  di  questo  metodo  fu  assai  frainteso,  e  più  che  da- 
gli altri,  da  Griselle,  il  quale  lo  chiama  un  trattamento  aspet- 
tative. A  me  pare  che  ne  differisca  completamente  nella  cura 
che  si  deve  avere  di  nutrire  l'organismo  indebolito,  fin  dal 
principiOy  e  così,  secondo  le  idee  patologiche  già  espresse,  aju- 
tare le  forze  vitali  a  modificare  1'  essudato  coagulato,  dapprima 
in  una  nuova  formazione  (  pus  ),  poi  in  un  fluido  capace  di  es- 
sere assorbito.  Non  posso  chiamarlo  un  metodo .  dietetico ,  poi- 
ché questa  denominazione  fu  applicata    sul  continente  a  signi- 


649 

flcare  una  limitazione  di  dieta ,  piuttosto  che  una  concessione  ; 
la  diète  absoliie  dei  francési,  vuol  dire  sfinimento  per  fame. 
Questo  fatto  spiega  il  fatale  risultato  della  pratica  e  special- 
mente il  mal  esito  di  Grisolle ,  quando  provò  T  aspettare ,  o, 
com'  egli  intende  questo  metodo,  il  proibire  ogni  nutrimento ^ 
mentre  al  tempo  stesso  si  agisce  sul  tubo  intestinale  con  inje- 
zioni  d*  olio  di  ricino  (4).  La  mia  patologia  su  questo  rapporto 
pare  strana,  e  inutile  il  parlarne  (2)  ;  ma  poiché  mi  con- 
dusse a  guarire  ogni  caso  di  polmonite  singola  e  doppia  non 
complicata,  mentre  il  metodo  di  Grisolle  dà  4  morto i| ogni  6 
casi ,  io  spero  mi  si  permetterà  di  credere  che  la  mia  tedria  è 
meglio  fondata  suir  osservazione  di  quello  eh'  egli  f supponga , 
poiché  la  mia  pratica  la  sostiene  in  modo  nonjdisputabile. 

Qui  mi  fermar  assai  poco  'sulla  patologia  della  polmonite  , 
poiché  nello  stato  presente  della  scienza  per  intender  comple- 
tamente questa  patologia ,  bisognerebbe  addentt*arsi  assai  nel 
grande  argomento  dell*  infiammazione.  Era  mio  scopo  di  dimo- 
strare che,  per  quanto  concerne  la  mia  pratica,  vi  fui  indottò 
da  scientifiche  ricerche.  Ora,  dopo  avere  diligentemente  osser- 
vati e  tenuto  nota  di  casi  per  diciassette  anni  nelle  sale  di  un 
ospedale,  io  mi  arrischio  a  credermi  giustificato,  sostenendo  che 
la  verità  in  pratica  coincide  colla  verità'  in  teoria,  e  che  Tuna 
sostiene  e  conferma  V  altra  (3). 

Obbiezioni  e  risposte. 

In  una  questione  di  grande  importanza  pratica  come  la  pre- 
sente ,  nella  quale  si  raccomanda  uji  procedere  molto  opposto 
alla  pratica  p&ssata   ed  alle  opinioni  di  molti  ed  abili  medici, 


(1)  Traité  de  la  Pneumonie,  2.^  ed.,  p.  559. 

(2)  Idem,  p.  568. 

(3)  Per  una  migliore  consid.ìrazione  della  pntologin  delTAu- 
tore  su  questo  argomento  vedasi  la  quarta  edizione  dei  :  Prin- 
ciples  and  Practice  of  Physic,  1865,  deirAutore  stesso,  special- 
mente agli  argomenti  :  Molecular  and  Celi  Theories  of  Orga- 
nisation,  p.  115;  InHammation  ,  p.  155;  The  naturai  Progress 
of  Diseases,  p.  295  ;  On  the  Diminished  Employment  of  Blood- 

^tting  and  Antiphlògistic  Remedies,  etc.,  p.  302. 


650 

«rano  da  aspettarsi  non  poche  ebbieiionl.  Infatti  ie  furono  emesse 
liberamente,  poiché  le  idee  che  pubblico  qui  erano  già  note  al 
pubblico  per  le  mie  lesioni  ed  altri  miei  scritti.  Senza  riferir- 
mi a  nessuno  individualmente,  mi  propongo  di  rispondere  a 
queste  obbiezioni  separatamente. 

« 
Obbiezione  I.  -*  Ne$9un  piano  di  cura  della  polmonite 
può  eeeere  applicabile  a  tutti  i  cosi. 

Una  obbiezione  generalissima  che  si  fa  al  metodo  ristorante 
nella  cura  delia  polmonite,  ò  fondato  sul  supposto  buon  risul- 
tato di  metodi  antecedenti  in  casi  specialmente  addatti  per  essi. 
Non  è  possibile,  dicesi,  che  un  dato  trattamento  riesca  in  tutti 
i  casi  di  polmonite,  poiché  alcuni  casi  si  verificano  in  robuste  co- 
stituzioni ed  altri  in  organismi  deboli.  Come  pure  la  malattia 
si  osserva  in  circostanze  diverse  di  età,  di  sesso,  di  clima,  di 
costituzione,  ecc.  ;-  può  pres^tare  grandi  diversità  di  fenomeni 
circa  il  dolore,  Tinsonnio,  Taffanno,  l'espettorazione,  e  via;  più 
r  estensione  della  malattia  e  delle  sue  complicazioni  le  dà  dei 
caratteri  speciali  ;  e  tutti  questi  richiedono  delle  modificazioni 
nel  trattamento.  Tutte  queste  asserzioni  ci  si  presentano  non 
solo  aJOTascioanti,  ma  anche  assai  ragionevoli.  Alcuni  che  furono 
obbligati  ad  ammettere  la  fatalità  del  salasso  generale^  del  tar- 
taro emetico  e  degli  antiflogistici,  dicono  che  la  colpa  sta  nel 
non  averli  saputo  impiegare  a  dovere  ;  essi  opinano ,  che  pra- 
ticato il  salasso  solo  in  certi  casi,  e  somministrato  l'antimonio, 
Topio,  e  la  digitale  solo  in  certi  altri,  si  avrebbe  avuto  altro 
risultato.  Queste  asserzioni  costituiscono  degli  assunti  affatto 
mancanti  di  "prove. 

D'altra  parte  ,  ovunque  medici  giudiziosi  hanno  praticato 
con  tali  idee ,  quantunque  con  distinto  miglioramento  dell'  an- 
tico sistema  antiflogistico,  pure  s'ebbe  ancora  una  considerevole 
mortalità  ,  la  quale ,  messa  a  confronto  col .  trattamento  risto- 
rante, rende  più  rilevante  la  vasta  superiorità  di  quest'ultimo. 
Non  possiamo  mettere  in  dubbio  che  codeste  viste  siano  state 
abilmente  sostenute  da  Lebert,  Huss,  Bamberger,  Flint,  Rigler 
e  Moreheud;  eppure  esponemmo  già  come.il  miglior  successo, 
che  fu  quello  ottenuto  da  Lebert,  sia  di  1  morto  in  13  a^«'    ; 


661 

.secottdo  Hiiss,  anche  i  casi  non  complicati  curati  cost^  danno 
una  martalità  di  1  8U  17  casi.  A  me  pertanto  riesce  certo  che 
i  tentativi  diretti  a  niirgliorare  particolari  sintomi  per  mezzo  di 
rimedj  che  impoveriscono  le  /forze  e  diminuiscono  Tappetil^o,  siano 
contrastabili,  e  che  quantunque  alcuni  pazienti  se  ne,  trovino 
meglio,  questa  pratica,  posta  quale  regola,  debba  evitarsi. 

Nel  ragionare  con  medici  che  sostengono  l'obbiezione  or  ac- 
cennata, troverete  sempre  che  i  loro  argomenti  ripqsano  su  casi 
speciali.  Dimostrammo  che,  dove  s'aveva  per  regola  una  stretta 
pratica  antiflogistica,  in  ogni  tre  casi  di  polmonia  cosi  curata 
c'era  un  morto.  Bisogna  ammettere  che  questa  è  una  mortalità 
spaventosa,  tanto  più  che  la  si  nota  in  una  scelta  di  casi  non 
complicati,  i  quali  tutti  si  possono  ora  guarire  mediante  un  trat- 
tamento ristorante.  Ma  se  uno  moriva  su  tre,  due  su  tre  gua- 
ri  vano  ;  di  sessanta  casi  curati ,  quaranta  andavano  bene ,  e  il 
pratica ,  riandando  negli  anni  successivi  i  risultati  della  ,8ua 
pratica,  enumera  con  tutta  compiacenza  la  lista  degli  individui 
ch'egli  salvò  cella  lancetta;  questi  fecero  viva  impressione, 
i  morti  si  dimenticano.  Egli  è  evidente  che  non  si  arriva 
a  nessuna  retta  conclusione  riguardo  all'  esito  di  un  tratta- 
mento^ se  non  si  prendono  in  considerazione  tutti  i  casi,  se 
non  si  paragonano  i  casi  fatali  coi  guariti.  Quando  si  partì 
dal  punto  che  gli  individui  vigorosi  o  pletorici  affetti  da  pol- 
monite debbano  essere  salassati ,  mentre  solo  i  deboli  si  deb- 
bano sostenere,  dov'è,  io  domando,  la  prova  di  un  tal  dogma? 
Cosi  pure,  quando  si  asserisce  che  l'eccessiva  dispnea,  o  il  caso 
della  malattia  in  ambi  i  polmoni,  richiedono  il  salasso,  dov'è, 
io  domando,  la  prova  ?  Mi  appello  ai  fatti  esposti  nella  Tavola 
dove  si  dimostra  che  e  deboli  e  forti  migliorano  facilmente  coi 
ristoranti ,  e  che  il  grado  di  dispnea  o  la  malattia  in  uno  o 
in  ambidue  i  polmoni ,  non  Jinfluiscono  in.  nessun  modo  sulla 
mortalità.  ^ 

Parecchi  autori  provarono  che  vi  sono  diverse  circostanze 
che  aumentano  o  diminuiscono  assai  la  mortalità  e  la  durata 
della  polmonite,  e  meglio  d'ogni  altro  lo  provò  il  Dr.  Sibson 
nel  suo  dotto  articolo  pubblicato  nella  Brit.  ai|d  For.  Med. 
Ohir.  Review,  del  luglio  1858. 


652 

Le  circostanse  cui  egli  allude  specialmente  sono  V  età ,  il  . 
sesso,  e  la  costituzione  del  paziente ,  la  stagione,  il  clima,  Tan- 
tecedente  debolezza  del  malato,  la  negligenza  sul  principio,  della 
malattia,  Testensione,  il  carattere  e  lo  stadio  della  malattia,  le 
complicazioni,  il  cambiamento  di  tipo,  e  le  condizioni  della  vita 
deirospedale.  Parecchie  delie  sue  conclusioni,  vedute  alla  luce 
dei  fatti  che  ora  pubblicai,  debbono  essere  modificate,  special- 
mente quelle  che  si  riferiscono  airinfluensa  deirestensione  della 
malattia  e  al  cambiamento  di  tipo ,  che  in  verità  danno  poco 
effetto  sul  decorso  della  polmonite.  Tutte  le  altre  circostanze 
si  possono  radunare,  credo,  sotto  un  sol  capo,  cioè,  cause  diverse 
producenti  debolezza.  Perchè  la  malattia  sia  meno  fatale  nei  gio* 
vani  al  di  sotto  dei  venti  che  non  negli  adulti,  sta  evidente- 
mente in  questo,  eh'  essi  sono  più  vigorosi  e  in  loro*  i  processi 
nutritivi  sono  più  Attivi.  Vedemmo  pure  che  nelle  donne  ,  più 
deboli  degli  uomini,  la  malattia~si  prolunga  di  più.  Cosi  pure,  , 
il  trascurare  la  malattia  sul  principio,  la  debolezza  della  costi- 
tuzione, come  nelle  razze  indiane,  sono  di  effetti  dannosi.  De- 
vesi  notare  che  le  osservazioni  del  Dr.  Sibsen  e  di  altri  com* 
montatori,  sui  trattamento  passato,  si  riferiscono  per  la  mag- 
gior parte  ai  risultati  di:  un  trattamento  antiflttgistico,  aapetta- 
tivo,  o  misto.  Mostrammo  che  con  un  trattamento  ristorante,  mol- 
tissime di  codeste  circostanze  che  si  volle  iniluenzassoro  sfavore- 
volmente la  polmonite,  vengono  tolte  d'un  tratto.  Il  gran  fatto 
che  tutti  i  miei  casi  guarirono,  tranne  i  quattro  che  morirono 
per  meningite  fatale,  per  ulcerazione  degli  intestini,  o  per  ma- 
lattia rfinale ,  vuoi  din^  che  in  questo  clima  ,  coi  ristoranti, 
r  età ,  il  sesso  ,  la  stagione  e  la  costituzione  del  malato  non 
hanno  veruna  influenza  sulla  mortalità  ,  quantunque  in*  certo, 
grado  influiscano  sulla  durata  della  malattia. 

Non  v' è  forse  circostanza  che  influispa  stilla  mortalità  e  U 
decorso  della  polmonite  ,  più  della  trascuranza  del  primo  pe- 
riodo della  malattia.  Le  classi  inferiori  non  sólo  soffrono  la  fame 
dopo  rinvasijiie  della  fdbbre,  ma  non  di  rado  continuano  nei 
loro  mestieri,  fino  a  che  esauriti  affatto  ricorrono  all'ospedale. 
Son  qiK^sti  quei  casi  che  si  trovano  moribondi  fin  dalla  prima 
visita,  e  che  se  non  muojono,  hanno  una  convalescenza  prolun- 
gata. È  singolare  il  vedere  come  di  sovente  questi  individui  poif 


r 

653 

i^ano  riaversi  e  trionfare  della  malattia  coi  ristoranti.  E  così  men- 
tre i  robusti  con  un  metodo  ristorante  superano  sicuri  ed  in  breve 
la  malattia,  i  deboli  trovano  in  questo  il  solo  mezzo  di  sfuggire 
alla  morte  e  di  assicurarsi  la  guarigione. 

Obbiezione  2.*  —  Il  risultato  del  trattamento  ristorante  dipende 
da  un  cambiamento  che  è  avvenuto  nel  tipo  della  malattia. 

Non  appena  nel  1848,  cominciai  ad  esperimentare  il  metodo 
ristorante  nella  polmonite  nelle  sale  cliniche  del  Boyal  Infir- 
mary,  il  mio  distintissimo  collega  Profess.  Alison,  ne  venne  in 
cognizione  necessariamente.  Parve  colpito  dai  risultati  così  con- 
trarj  alle  nozioni  eh' egli  aveva  fìi^o  allora,  e  finì  concludendo 
che  questi  risultati  non  si  potevano  spiegare,  tranne  che  sup- 
ponendo che  il  tipo  delie  malattie  infiammatoriev  avesse  cam- 
biato dai  giorni  di  GuUen  e  di  Gregory.  Egli  pel  primo  emise 
quest'idea  nelle  sue  lezioni  cliniche  nel  1850  e  1852,  ma  par- 
ticolarmente in  un  lavoro  pubblicato  nel  1,856  (1),  al  quale  io 
risposi  nel  1857  (2).  L'ultimo  di  questi  lavori  diede  origine  alla 
così  detta  controversia  del  salasso  del  1857  in  questo  paese , 
cui  prèsero  parte  il  continente  e  gli  Stati  Uniti  d'America. 

La  teoria  emessa  dal  Dr.  Alison  era,  che  l'alterata  pratica 
nella  polmonite  e  in  altre  malattia  acute ,  non  risulta  da  un 
maggior  sapere  o  da  un  avanzamento  di  diagnosi  e  di  patologia, 
ma  dall'  essersi  cambiate  le  m  ilattie  stesse.  Per  esempio  .  egli 
pensava  che  l'infiammazione  ora,  non  è  quella  stessa  dei  tempi 
di  Gullen  e  di  Gregory;  che  la  costituzione  umana  (  come  poi, 
non  spiegava  )  è  fondamentalmente  alterata  e  fattasi  piò  de- 
bole; cosicché  il  medico  aveva  ragione  di  trattare  la  malattia 
col  salasso  allora,  come  ha  ragione  di  astenersene  ora.  Questa 
teoria  sembrò  così    soddisfacente  al  fondatore  di  essa ,    eh'  egli 


(1)  Refl^tions  on  the  results  of  experience  as  to  the  sym- 
ptoms  of  internai  inflammations,  and  the  effects  of  blood-letiing, 
during  the  last   forty  years.  (Edin.  Med.  Journal). 

(2)  Observations  on  the  results  of  an  advanced  dfagnosis 
and  pathology ,  applied  to  the  management  of  internai  inflam- 
mations, etc.  {Edin.  Med.  Journal,  voi.  II.  p.  769). 


654 

invocò  la  dignità  di  un  latto  nltimo  o  di  nn  Mtioma.  I  cam- 
biamenti di  tipo,  dice  Alison,  nelle  malattie  infiammatorie,  co- 
stituiscono una  e  parte  delle  generali  dispensazioni  dMla  Prov- 
videnza riguardo  a  quelle  malattie,  e  sono,  un  fatto  ultimo  netta 
loro  storia  i.  Il  Dr.  Waston,  con  altrettanta  enfasi  neirultima 
edizione  della  sua  opera  sulla  Practice  of  Physic  dice:  e  lo 
sono  fermamente  persuaso,  per  osservazioni  mie  e  per  i  ricordi 
della  medicina,  che  vi  sono  delle  onde  di  tempo  nelle  quali  pre- 
valgono successivamente  i  caratteri  stenioo  ed  astenico  della  ma- 
lattia; e  che  oggi  ci  troviamo  in  una  delle  fasi  adinamiche  ». 

Or  vediamo  per  un  momento  cosa  implichi  questa  teoria  — 
cioè ,  che  la  costituzione  del  genere  umano  divenne  p4ù  debole 
e  meno  capace  ora  di  sopportare  la  deplezione;  che  il  polso 
umano,  che  è  il  mezzo  per  verificar  ciò,  batte  meno  vigorosa- 
mente quand'è  malato  di  quello  che  fosse  centinaja  d'  anni 
prima  di'Cullen  e  di  Gregory;  che  quando  nn  uomo  robusto, 
oggi,  s'ammala  di  un'infiammazione,  presenta  tutti  i  fenomeni 
che  di  solito  si  osservano  in  un  debole;  in'  breve,  che  la  razza 
umana  degenerò  così  negli  scorsi  trentacinque  anni,  che  la  rea- 
zione che  avveniva  una  volta  nell'economia  non  c'è  più,  e  non 
si  può  più  sopportare  così  bene  la  deplezione. 

Questa  idea  non  ha  altro  fondamento  che  la  supposizione; 
perchè ,  esaminando  gli  effetti  delle  feirite  dopo  la  battaglia  di 
Waterloo  e  dopo  quella  di  Alma,  li  troviamo  identici,  nell'  ar- 
mata Britannica.  Come  pure  non  si  osservò  alcuna  modifica- 
zione in  proposito  negli  ospedali  civili.  Aggiungasi  che  invece 
il  popolo  è  meglio  nutrito,  meglio  coperto  ed  alloggiato  d'una 
volta;  i  conforti  e  i  godimenti  della  vita  sono  assai  più  divul- 
gati. È  facile  il  dimostrare  che  la  forza  intellettuale ,  V  intra- 
prendere commerciale,  il  valore  marziale,  il  vigore  del  corpo, 
non  sorpassarono  mai,  in  questo  paese,  il  grado  cui  si  trovano 
ora  —  fatti  completamente  opposti  alla  teoria  emessa. 

La  cura  dell'infiammazione  senza  antiflogistici  fu  introdotta 
anche  nella  pratica  veterinaria.  Dovrebbesi  quindi  dedurne  che 
i  nostri  cavalli  e  la  razza  bovina,  per  effetto  della  civilizzazione 
abbiano  degenerato,  e  che  in  essi  pure  siasi  alterato  il  tipo  della 
malattia?  Portano  ancora  le  stesse  some,  arano  colla  stessa  pro- 
fondità di  solco,  corrono  come  prima,  se  non  meglio. 


655 

D'  altronde  non  devesi  dimenticftfft  che  il  metodo  antiflogi  - 
stica  fa  di  una  pratica  fatale;  nella  polmonite  acuta  diede  1 
morto  in  3  a  6  casi  (L- IV).  Nelle  mie  sale  non  vi  furono 
morti  in  simili  casi  non  complicati,  mediante  il  metodo  risto- 
rante. Per  provare  che  questo  è  il  risultato  del  metodo  e  non 
di  cambiamento  di  tipo,  basta  considerare  che  in  Spagna  e  in 
Italia  dove  si  segue  ancora  l'antico  sistema,  si  hanno  gli  stèssi 
risultati.  Non  fummo  noi  colpiti  dalla  morte  del  conte  Cavour 
seguita  dopo  cinque  salassi  per  una  febbre?  Non  si  dirà  certo 
che,  mentre  i  popoli  delia  Brettagna,  della  Francia  e  della  Ger- 
mania hanno  degenerato,  quelli  della  Spagna  e  delPItalia  abbia- 
no serbato  il  loro  primo  vigore.  A  Parigi,  Bouillaud  continua  nel 
suo  sistema  di  salassare  eaup-aur-coup.  E\^\ì  è  il' solo  in  quella 
capitale.  Dovremo  credere  che  nelle  sue  sale  il  tipo  della  ma- 
lattia non  abbia  cambiato  come  dev'essere  avvenuto  negli  altri 
ospedali?  Noi  troviamo  che,  dovunque  si  pratica  in  òggi  il  sa- 
lasso largamente,  si  ha  ancora  la  stessa  gran  mortalità  di  pri- 
ma —  il  che.  prova  che  la  malattia  non  cambiò. 

Si  disse  che  le  febbri  epidemiche  cambiano  di  tipo  ,  e  av- 
viene così  in  fatti ,  ma  non  ne  segue  che  si  comportano  allo 
stesso  modo  le  malattie  organiche.  I  veleni  morbosi  atmosferici 
nascono  da  fonti  diverse,  e  spno  più  potenti  in  un  periodo  che 
in  un  altro^  e  inducono  sintomi  di  diversa  intensità  non  solo,  ma 
diversi  fra  loro ,  come  vedesi  nel  tifo  e  nella  febbre  tifoide. 
Sono  questi  ultimi  cambiamenti  che  costituiscono  la  differenza 
di  tipo.  Furonvi  uomini  robusti  e  uomini  deboli  in  tutti  i  tem- 
pi; gli  insulti,  le  lesioni  e  i  cambiamenti  di  temperatura  agirono 
su  di  loro  allo  stesso  modo ,  producendo  sintomi  proporzionati 
al  loro  vigore  corporale,  ma  senza  che  i  sintomi  stessi  modifi- 
cassero di  carattere.  Il  cancro,  il  tubercolo  ed  altre  alterazioni 
di  struttura  ,  cambiarono  di  tipo  ?  Le  malattie  tubercolari  dei 
polmoni,  fino  a  questi  ultimi  tempi  si  credettero  quasi  sempre 
fatali;  ora,  iu  virtù  di  un  metodo  migliorato  si  sa  che  guari- 
scono spesso.  Dovremo  dunque  credere  che,  mentre  gli  indivi- 
dui ammalati  d*  infiammazione  sono  più  deboli ,  quelli  malati 
di  tisi  e  di  scrofola  sono  più  forti  di  quel  che  erano  un  tempo? 

Si  disse  che  il  polso  ha  cambiato;  una  volta  era  più  vigo- 
roso ed  ora  è  comparativamente  debole.  Il  perchè  poi  negli  ul- 


656 

timi  veaticiiiqu6  anni  la  natura  abbia  cambiato  il  polso  deiraomo 
e  dogli  animali ,  non  saprei.  GrVadicando  dallo  circostanze  cui 
mi  riferii,  specialmento  la  maggior  .larghesza  di  cibo  e  la 
prosperità  generale ,  dovrebbesi  avere  invece  un  polso  più  va- 
lido. Non  mancò  chi  mettesse  fuori  ragioni  per  spiegare  il  sup- 
posto fatto.  Così  si  è, detto  che  l'uso  del  the  invece  del  liquore 
preparato  coir  orzo,  gli  spiriti ,  e  il  vino ,  rendano  V  individuo 
più  debole  e  più  nervoso;  che  l'uso  delle  paiate,  che  le  ferro- 
vie, vi  contribuirono  per  qualche  cosa.  Watson  opina  che  ciò 
si  debba  attribuire  alle  epidemie  choleriche,  l^  quali,  in  un 
modo  tale  ch'egli  non  cerca  di  spiegare  f  lasciano  traccia  della 
loro  azione  sulla  salute  e  sulla  vitalità,  anche  lungo  tempo  dopo 
che  cessarono  di  dominare  come  epidemie  ».  {Pneumonia^  vo- 
lume IL,  p.  97).  Robertson  di  Manchester  si  dichiara  soddisfatto 
per  via  d'esperienza  che  l'epidemia  fu  causa  di  questo  naturale 
cambiamento  di  tipo.  Altri  suppongono  che  dipenda  dalle  alte- 
rate r«jlazioni  fra  le  nostre  popolazioni  cittadine  e  rurali.  Non 
sarebbe  molto  meglio  che  coloro  che  stanno  disputando  suUe 
cause  di  un  cambiamento  di  tipo  che  è  lungi  dall'  essere  evi- 
dente, non  sarebbe  meglio  che  si  domandassero  innanzi  tutto , 
come  mai  stabiliscano  il  fatto  del  cambiamento  subito  dal 
polso  ? 

È  inutile  dire  che  la  memoria  e  la  sola  opinione  in  tali 
casi  non  sono  di  molta  importanza.  Quanto  sovente  i  sensi  ci 
ingannano ,  cogli  oggetti  alla  mano;  quanto  poco  bisogna  con- 
fidarvisi  quando  si  asserisce  semplicemente  che  secondo  la  me- 
moria di  un  dato  pratico,  un  polso  era  più  valido  venti  anni 
sono  di  ora!  Eppure  a  spiegare  un  cambiamento  di  pratica, 
non  abbiamo  altro  motivo  di  questo,  emesso  dai  sostenitori  di 
una  teoria  che  parte  dal  fatto  fondamentale  che  la  forza  vi- 
tale labbia  diminuito  nel  cuore  e  nel  polso  dell'  uomo  e  degli 
animali.  Ora  vediamo  che  risponda,  la  scienza  e  la  positiva  os- 
servazione a  queste  idee.  Non  e'  è  altro  argomento  in  fìsiolo- 
gia ,  sul  quale,  come  su  questo  del  polso,  si  possa  dire  di 
avere  più  elaborate  e  più  esatte  informazioni.  Nel  1732  Ste- 
phen Hales  pubblicò  una  serie  notevole  di  esperimenti  sulla 
forza  statica  del  polso  e  sulla  rapidità  del  sangue  nelle  ar|;e- 
rie  di  diverso  calibro.    Nel   1828-20    Poisseulle   ripetè  osserva- 


657 

zioni   simili    mediante    un    istrumento    inventato   a  tale  scopo 
eh'  egli  chiamò    emodi namometro,  e  che  lo  condusse  alle  stesse 
conclusioni  già  ottenute  da  Hales.  In  questi  esperimenti  si  de- 
terminò la  forza  del  polso  dall'  altezza  cui  l' impulso  del  san- 
gue poteva  innalzare  una  colonna  di  mercurio.    Ne  risulta  che 
la  forza  statica  colla  quale    vien    spinto  il    sangue    nell'  aorta 
umana,  uguaglia  la  pressione  di  4  libbre  e  4  once  su  un  pol- 
lice quadrato  ;  nel  polso  radiale    è    eguale  a    circa  4  dramme. 
Valentino  confermò  questi  risultati  nel  1844,  Ludwig  nel  1847, 
e  Vierordt  nel  1855  ;  ed  ecco  come  non  solo  manca  ogni  fatto 
per  sostenere  l'assunto  che  il  polso  umano  e  degli  animali  sia 
diventato  più  debole,  ma  le  esperienze  ora  citate,  instituite  ad 
epoche  diverse  e  lontane ,  ci   dicono  positivamente  che  da  130 
anni  il  polso  non  è  punto    diminuito  di  vigore.    La    teoria  del 
cambiamento  di  tipo,    lungi    dall'essere    fondata  su  fatti  noti, 
è  invece  erronea  ,    ed    affatto  in  opposizione  coi  dati    diligenti 
che  ci  fornì  nei  tempi  moderni  l'istologia,  la  fisiologia,  la  pa- 
tologia. 

Ai  lettori  che  si  interessano  in  codesto  argomento,  riesci rà 
gradita  1'  analisi  degli    scritti    che  vennero  in  luce  durante  la 
controversia  del  sdlasso  del   1857  ,    e    che    trovasi   nella  terza 
edizione  de' miei:  Principles  ad  Practice  of  Medicine,  1859,  pa- 
gina 297.  Il  sommario  precedente  è  tolto  dalla  quarta  edizione 
1865.  Durante  la  stampa  di  queste  pagine  ,  il  Prof.   Stokes  di 
Dublino  aggiunse  il  suo  nome  illustre  a  quello  degli  altri  medici 
che  combatterono  validamente  per  un  cambiamento  di  tipo  nella 
polmonite  durante  gli  ultimi  trenta  o  quarant'anni.  Egli  dice: 
c  Mi  ricordo  benissimo  di  aver  osservato  il  frequente  presentarsi 
dei  fenomeni  accennati  da  Ghristison  —  l'azione  veemente  del 
cuore ,  la  non  compressibilità  del  polso ,  il  rosso  vivo  del  san- 
gue venoso  e  la  forza  colla  quale  zampillava  quasi  per  saltum 
dall'orifizio  della  vena.  (Address  in  Medicine  to  the  Britisb  Me- 
dicai Association,  1865)  >.  E  mentre  il  profess  Stokes  di  Dublino 
ricorre  alla  memoria  per  sostenere  la  teoria    del  cambiamento 
di  tipo ,  il  Dr.  G.  Balfour  pubblica  uno  scritto  nel   quale  cita 
casi  di  Cullen  e  di   Gregory,  tolti   da    annotazioni    fatte    alle 
loro  lezioni,  e  conservate  nelle  librerie  deir  Edinburgh  College 
of  Physicians  e  della  London  Medico-Chirurgical  Society.  Que- 

Annali.  Voi.  CCI  42 


658 

«te  annotazioni  di  casi  fatte  in  allora ,  provano  chiaramente 
cbe  la  polmonite  quale  ti  osservava  a  quei .  giorni ,  presentava 
esattamente  lo  stesso  tipo  della  polmonite  d'  oggi.  Nella  mag- 
gior parte  dei  casi  il  polso  era  molle  ;  ansi  quanto  al  polso , 
lungi  dall' essere  valido  e  resistente,  come  dovrebbe  essere 
secondo  ie  memorie  di  Gbrietison  o  di  Stokes ,  il  Dr.  Gregory 
pone  come  regola  che  t  riguardo  alla  pienezza  del  polso  nella 
polmonite,  sul  principio,  prima  che  il  paziente  venga  salassato, 
non  è  solo  molle  e  anche  piccolo ,  ma  generalmente  ,.  dopo  sa- 
lassato diventa  più  pieno ,  quantunque  mantenga  sempre  la 
eua  mollezza  (1)  *.  Certo  che  codesti  fatti  scritti  al  letto  del- 
l'ammalato  durante  la  vita  del  paziente,  sono  di  un  valore 
senza  paragone  rispetto  alla  sola  rimembranza  del  passato  ,  in 
medici  per  quanto  eminenti.  Onde  ripeto  che  il  cambiamento 
di  metodo  -nei  tempi  moderni,  non  si  può  far  dipendere  da  un 
cambiamento  del  polso  e  da  un  tipo  tifoide  della  malattia,  co- 
me ^i  volle  supporre. 

Credo  che ,  bene  esaminato  un  altro  degli  assunti  del  Dr. 
Stokes^  anche  questo  non  riuscirà  a  sostenere  la  sua  dottrina. 
Parlando  degli  esemplari  di  polmonite  presentati  alla  Patholo- 
gical  Society  of  Dublin  in.  questi  tempi,  e  paragonandoli  a 
quelli  degli  anni  1820-30 ,  egli  dice  :  e  In  generale  questi 
esemplari  mostravano  tutti  degli  indiq'  di  diminuito  grado  di 
energia  patologica..  NelU  polmonite,  per  esempio,  il  rossore,  la 
durezza,  la  densità,  e  il  determinato  confine  del  polmone  solidi- 
ficato si  vedevano  di  rado  ^  e  quello  stato  di  aridità  e  di  infe- 
zione scs^rlatto  vivo  cui  io  darei  il  nome  di  primo  stadio  della 
polmonite,  diventò  rarissimo.  In  luogo  di  questi  caratteri, .  ave- 
vamo una  condiziona  più  vicina  alla  splenizzazione ,  le  parti 
affette  porpora,  non,  rosso  brillante;  friabile,  non  sodo;,  umido 
noU)  secco;  e  il  tutto  quale  risultato,  piuttosto  di  diffusa  che  di 
energica,  e  concentrata  infiammazione,  oppure  avevamo  un'altra 
forma,  cui  il  Dr.  Corrigan  diede  il. nome  di  polmonite  azzurra, 
nella  quale  la  struttura  rassomigliava  a  quella  di  un  polmone 
.carnoso   immerso;. nel  sangue    venpso  ».    Accettando  i  fatti  coi 


(1)  Edinburgh  Medicai  Journal,  Seplember,  1865,  p.  216. 


659 

particolari  esposti  dal  Dr/  Stokes^  posaiaitto  darne  dna  fi»eile'«Frìe- 
gnztone,  senza  la  neceseità  di  supporre' che',  nei  teaipi  TeeeiHi  le 
alterazioni  organiche  delia  macchina  nmana  abbiano -sub Hb 'aen* 
sibilo  modificazione  nei  caratteri  fisici.  In  primo  iuogoy  pel.  mi<- 
gliorato  trattamento  pochissimi  mnojono  ora  nel  primo  st^io 
di  polmonite,  circostanza  più  che  «uflfieicate  a  ispiègare  e«m& 
sia  rara  quella  solida  e  distinta  epatizcazione  rossa  44l  pphnone 
cui  accenna  il  Dr.  Stokes.  Ogni  patologo  d'.altro»4e  W^  ohe 
quand'egli  esamina  una  polilotonite  'semplice  )eadenaii»W  «al  primo 
stadio,  presenta  precisamente  ora  lo  stesso  aspelto  ^  gU  ^t^si 
caratteri  di  quelli  d*uaa  voltai  in^ secondo  luogo,  6^  t)eif io . ohe 
il  maggior 'numero  di  esami  cada  vei*iei .  che  si  fondalo. 'Ona;,  e,  la 
maggior  attenanone  che  si  pose  all' anatomia  patologìe*,  mi«aro. 
in  luce  lesioni  che  priintei  si  eomprendsifano  pooo ,  qna^i  karob- 
blro  la  splenizzazione ,  la  carnifionzioaie  e  -  il  eoHassodftt  spol- 
moni. È  cosa  evidente  però,  che  il  dtminnito 'HutHerlo  doveri 
esempj  di  epatiszazione  rossa  e  dura ,.  e*  T  apparente  Aumento 
delle  splenizzazìoni  e  di  lesioni  pia  molli  degli  oi^gani  oosi 'fre- 
quenti nelle  febbri,  non  ò' prova  di  nn - dambidmeiito  4eUa  le* 
sione  stessa^  ma  piuttosto  della  diminuita  mortalità  di  una  ma* 
lattia   e  di  conseguente  aumentò  relativo  di  aHre«        .  ' 

Il  Dr.  Stokes  nega  altresì  ohe  u»a  pia  avansalna  (diagnosi  e 
patologia  abbiano  avuta  iniluehza  alcuna  nel  rtdunrd  la  iaoiria-» 
lità  dei  oasi  di  polmonite' acuta.  Quanta  alla  diàgnosi,  atseuìsce 
che  da  LaAnnec  ih  poi  non  si  ebbe  islcun  taigtioramenfa.  Ifa 
ammettendo  ciò  hel  senso  che  Laènn^cd  podi i-suei^egiiad' po- 
tevano rioonosoere  fisicamente  la  polnuonite 'conio  lo  lasfo  i  me- 
dici  d'oggi ,  bisogna  concadere  che  F  abilità' di  ìoèloroiè  al  "pfe 
sente  assai  più  diffusa  tr^  il  medici,'  e  .'Che  ifi  prat&c^r,  oociesla 
estensione  di -facoltà 'diagnostica  oontribaì  adsai,  aita'preciaiane 
nel  ricom>scens  la  malattia  in •  discòitsoi  '  >r<>        .       •!     , 

Quanto  poi  all' influenia  esercì tàia>  qui' -dalla  patologia  cbI" 
tuia  re ,  io  sostenni  fin  dai  prinoipro- ehe  fui  condotto' .a  ^modifirr 
care  la  mia  pratica,  >coBsrderaado''ctte'  l6!'CeU-ttloi4i  ^ivrlsoae 
formazioni  vitali  par  via- delle :^ualt'YÌeairimotfsQ>r<«S[S4i4aUr. 
Parò  questa  patologia  ,  come  dissi ,  non  ha  nulla  a  che  fare 
colla  patologia  cellulare  di  Yirchow ,  colla  quale  fu  strana- 
mente mescolata  da  Stokes.  La  dottrina   di  Yirchow  è  fondata 


G60 

sul  concetto  che  ogni  collala  nasce  da  una  cellula  preesistente,  e 
in  nessan  altro  modo ,  e  che  non  dobbiamo  trasferire  la  sede 
di  reale  processo  in  nessun  altro  punto  fuori  della  cellula.  A 
questa  dottrina  io  fui  sempre  opposto,  e  dimostrai  come  vi 
siano  lucidi  fatti  che  provano  V  esistenza  di  processo  vitale 
scusa  cellula,  in  modo  da  far  piegare  l' ipotesi  di  Vircbow  — 
si  può  facilmente  dimostrare  cbe  le  cellule  del  pus  per  esempio 
cbe  infiltrano  il  polmone  nvlla  polmonite,  hanno  origine  indipen- 
dentemente di  cellule  preesistenti.  Qui  non  è  necessario  l'adden- 
trarsi di  più  in  codesto  argomento;  mi  riferisco  invece  ad  una 
serie  di  lesioni  che  pàbblteai  nel  Lancet  i863,  sulla  fisiologia 
molecolare,  la  patologia,  e  la  terapeutica,  e  ad  un  breve  cenno 
delle  teorie  cellulare  e  molecolare  di  organissaxione ,  alla  pa- 
gina 115  dell'ultima  edisione  de' miei  Principles  and  Practice 
of  Medicine.  È  cbiaro  che  alla  legge  di  nutrizione  fatta  nota 
per  via  deiristologia,  noi  dobbiamo  la  presente  teoria  dell'in- 
iiammasiotté   e  la  pràtica  favorevole  che  vi  s^  fondò  sopra. 

In  tutta  questa  discussione  evitai  di  diro  cosa  alcuna  che 
potesse  ferire  coloro  che  '  pei  primi  impiegarono  gli  antiflogistici 
nella 'curai 'ddla  polmonite.  Non  eral  mio  scopo  di  dimostrare  — 
come  parrebbe  credere  il  "mio  distinto  amico  Dr.  Stokes  —  cbe 
e  i  nostri  predecessori  mancavano  nell'  osservasione  ed  erano 
erronei  ilella  pratica-  K.Orèdo  al  càntrario  che  1  medici  di  una 
volta  tesero  plénamenie  ooscieUsiosi  ed  agissero  in  perfetta 
armonìa  colla  ]|»a'toiogia-dei  giorni  loro  e  collo  stato  di  sapere 
di  allora.  Ma  or  che*  la  patologia  ha  progredito  e  cbe  il  no- 
stro sapere  si  è  estesò,  pur  esso  ,  invece  di  rimanere  schiavi 
dell' autorità  dei  nostri  padri,' bisogna  che  li  imitiamo  almeno 
in  questo,  di  portare  la  teoria  e  la  pratica  nostra  in  armonia 
runa  coli' altra.  Il  iniò  vero  scopo  era  quello  di  dimostrlAre, 
che  la  conoscenza  nostra  dei  procèssi  morbosi  ci  condusse  ad 
un  metodo  di  cura  che  diminuì  d'  assai  la  mortalità  delle  in- 
fiàilìmazioni  acute;  se  vi  sono  riuscito  sarò  contento,  mentro 
mi  dorrà  itempre  che  gU  illustri  homi  di  Allson ,  Ghristison , 
WatMn  e  Stokes  non  siano  della  iliia  opinione. 


661 

Obbiezione  3.  —  In  certe. circostanza  devesi  ricorrere  . 

ancora,  al.  etilaeso 


'  >  ». 


Nel  mio  layoro  pubblicato  nel  1857^  dirnostrando  gli  ^fa^ 
vorevoli  effetti  del  salasso  e  degli  antiflogistici  «uUa  mortalità 
e  sulla  durata  delia  polmonite  »  dovetti  indicare  che  questi  rir 
medj  senza  dubbio  miglioravano  i  sintomi  o  che  si .  patevanp 
quindi  impiegare,  cautamente,  quali  palliativi.  <  Mentre,  i  lar* 
ghi  e  ripetuti  salassi,  diceva  allora,  praticati  >allo  acopo  di-ar^ 
restare  la  malattia  mi  sembrano  opposti  ;ai  precetti .  di  una 
sana  patologia  ,  i  salassi  piccoli  e  moderati ,  .diretti  %  palliare 
certi  sintomi  e  specialmente  il  dolore  eccessivo  e .  la  dispnea., 
si  possono  ancora  adoperare  con  ragione  e  ,  seaza  fkéricolo  di 
recar  danno,  a  meno  che  non  ci  «la  gran  deboleeia.  Fui  sor^ 
preso  sovente  nel  vedere  il  miglioramiento  che  si  otteneva 
con  piccole  emissioni  di.  sangue,  specialmente  4)uando  tali  sin*' 
tomi  dipendevano  da  vasti  aneurismi  .toracici.  Si  può  sperare 
di  ottenere  lo  stesso  risultato  in  altri  <sasi,.. quando  ^ieonge^ 
stione  è  passiva  ed  anche  quando  questa  ò  associata  a  ré- 
plezione  attiva  di  sangue,  seguita  da  essudato.  Accenna  ap- 
pena che  questo  semplice  palliativo  del  salasso .  non  costituisce 
la  base  sulla  quale  si  deve  fondare  il  pratico  ;  e  oh  et  qaestp 
punto  di  vista  ha  bisogno  di  essere  diversamente  spiegato.  -^ 
— •  *-  Vi  sono  dei  casi,  che  una  volta  si  prendevano  spesso  per 
infiammazione,  nei  quali  si  può  ancora:  adqperare  .<  il  salasso  ; 
quando  per  esempio  nel  cuore  e  nel  polmone  esiste. un i)stacolò 
alla  circolazione  dipendente  da  eccessiva  diatensiebe  >  del  cuor 
destro,  quando  e' ò  congestione  venosa  ,..ingergò:.e  forse) edema 
del  polmone;  così  pure  in  certi  casi  di bcoiichite  ohe  impedisce 
Taereazione,  nei  ce^si  di  aneurisma  e  ;  di  asfissia*  Ed.  iMiche  qui 
non  si  è  ancora  limitato  esattamente  il,  vero  vÀl^e  del  .«occor- 
so; ogni  caso  speciale,  richiede  un.  esame  più  diligente  deil'op-^ 
portunità  del  rimedio  ,  richiede  che.  si  determiAiao  .  i  priacipj 
meccanici  che  giustificano  questa  pratica.  Jl  benefi«cio:  tempora** 
neo  che  si  ottiene  in  molti  di  questi  casi  coli'  emissione  di  una 
piccola  quantità  di  sangue  è  spesso  ,  come  dicemmo ,  assai  di- 
stinto. Ho  veduto  spesso  dei  casi  di  dùspnea  e  d^  do^ori^  ^cc^ssivi 
cagionali  da  aneurismi  toracici  in  soggetti. vigorosi, .'diminuire 


682 

e  urigiionire  d'assai  per  la  dorata  di  13  a  24  ore,  con  un  sa- 
lasso di  soie  cinqae  onee.  Pare  probabile  che  ciò  dipenda  dalla 
diminuita  tensione  di  tutto  il  sistema  vascolare.  Qualunque  sia 
la- spiegatomi  dì  questo  Atto,' io  ritengo  che',  quale  palliativo 
e  adoperato  nei  «oli  eaàl  esenti  da  deboleita,  si  possa  ancora 
far  aso  4sl  salasso.- Così  pure  deglè  antimoniali  ;  a  larghe  dosi 
affievoli^eobo  ài  cuore,  diminuMoooo  la  forza  del  polso  e  non 
gioivano ,  ma  a  desi  pia  *picoolf  insieme  •  ad  altri  sali  neutri , 
poesokio  a jatarO' a  diminuire  la  •viscosità  del  sangue  e  favorire 
le  «eoÉezìoiii  della  pelle-  e  dei  reni  '^.  A  queste  i4ee  io  aderisco 
ancora^  quantunque  da  qualche  anno  non  mi  sia  trovato  nella 
necesrità  di  ricorrere  al  salasso  nemmeno  come  palliativo,  avendo 
trowito  cht  i  cataplasmi  caldi  applicati  localmente  giovano  lo 
stesso*'  Mei  'oao  scritto  del  iB57  e'  è  un  altro  brano  che  me- 
rita di' essere  «citato  q«i  :.  «  Si  opinò  che  i  benefici  effetti  del 
salassò  giustificassero  da  pratica*  £  questa  una  -  questione  te- 
rapeuitica.  iinportàntissiikia^  «  che  io  credo  «on  ancora  suffieien* 
temente^  pondera^,  1  Sensa  4ubbio  che-il  dolore  è  un  grave 
danno ,  t  ¥  «orna  cerca  ^ì  evitarlo  a  qualunque  cestp  sovente» 
Ma  se  il  godimento  della  viti^  è  un .  vantaggio  ,*  non  lo  si  ha 
spesso i ohe  «-.presso  àk  .privazione  e  di  dolore  ;  eotto  questo 
punto  dt  vista;  la  malattia  i si  può  «onsideraro  non  di  raro  come 
un  benefiaio  eian  gran  bene*  atto  a  riconciliare  T  uomo  colla 
morte  in  molte  circostanze^  conae  eoo  un  sollievo»  Questo- peri^ 
non  è  il  lato  teviipentioo  delia  >^uestioae;  ppimo  dovere  dd  me-t 
dico  è  guarire,  •  o  se  non  vi  riesce,  alleviare.  Se  si  può  ottenfore 
i'  uno  e  l'altro  tanto  mèglio  $  ma  se  i  messi  per  alleviare  sono 
opposti 'a  quelli  4>er  guarire^  bisogna  senza  esitare  sacrificare  ì 
primi  per  ottenere  gii  èfttti*  dei  secondi.  Altrove  (1)  indicai 
quanto'  -sia'  >^state  irasoorato  questo  principio  tteUa  cura  del 
consunzioae  polmonare;  ed  ancho  là  lo  fu  meno  ohe  nelP  in- 
fiammazione: Ammeeso  (che  in  certi  casi  il  dolore  si  allevia  col 
salaseo, .  &  che  nella  polosonite  questo  mezzo  rende  temporanea- 
mente più  libera  la  respirazione,  a  quale  prezzo  non  si  otte»- 


^ 

é 


(i)  The  Pathòlogy  and  IVeat.  of  Pulmon.  Gonsumption,  del- 
l'Autore, Edinb.  1850,  «."  ed.,  p.  143.  . 


.663 

gono  questi  giovamenti  quando  si  è  poi  ridotto  il. inalato  a  nom 
potersi  più  riavere!  E  quand'anche  t' avwii  poi  bene, •  1 -salassi 
quasi  sempre  protraggono  la  malattia.  Non  credo  necessario.. di 
citare  casi  per  provare  il  fatto,  che  in  molti  esempj  il  salasso  fu 
di  gran  danno;  ciò  ammetterà  facilmente  ogni  medico  onesto  j>. 

Recentemente  il  Dr.  Markham  ammise  che,  nelle  circostanze 
più  sopra  accennate,  il  salasso  dalla  vena  continuato  lino  a  che 
il  paziente  ne  migliora  o  fino  all'abbattimento,,  non  sia  solo 
uri  palliativo»  ma  un  rimedio  sovrano  e  salutare.  Secondo  mete 
dannoso  e  inutile  lo  spingere  a  tanto  il  salasso  ;  bastano  dalle 
4  alle  8  once.  In  un  uomo»  robusto  di  36  anni  con  *pleurapoi- 
monito  doppia ,  con  dolore  e  dispnea  (  non  si  dice  nulla  ded 
polso),  il  Dr.  Markham  estrasse  16  once  di  sangue  dalla  vena 
con  grande  ed  immediato  vantaggio ,  a  una  settimana  di  dato 
della  malattia.  Il  dolore  a  destra  ritornò  la  sera»  e  ai  applica;- 
rono  otto  o  dieci  sanguisughe.  La  mattina  appresso. il  malato 
stava  meglio  di  prima,  a  Ma  /  si  osserva  poi,  io  non  intendo 
seguire  la  storia  di  questo  malato  per  tutta  la  lunga  convale- 
scenza. Aggiungerò  solo  che  oltre  alla  polmonite  .doppia  ebbe 
poi  pericardite,  e  che  più  tardi  ebbe  un  asaesso  pleuritico  a 
destra  che  si  aprì  e  si  scaricò  nei  poloìoni  e  per-  la  trachea  ». 
Invece  di  avere  dei  dubbj  sul  valore  del  rimedio  in  questo  cas^v 
ci  si  dice  in  confidenza  che  m  il  malato  sarebbe  Unovtot  se  non 
lo  si  avesse  salassato  ».  ... 

La  lezione  clinica  del  Dr.  Markham  su  questo  e  su  un  alturo 
caso  concludono  cosi:  <  Che  nessuna  argomentazione  teoretica 
ci  tragga  lontano  dal  fatto  lucido  ohe  vedemmo  coi  nosiri.ocr 
chi.  Si  è  visto  un  .  uomo  ,  in  extremis ,  combattere  disuguale 
battaglia  colla  malattia;,  noi  lo  troviamo  a/Tetto  da  pleupopql- 
monito;  vediamo  che  il  salasso  pone  qua  e  là  u^a  ferrpataialla 
violenza  del  morbo;  vediamo  il  paziente  riaveJTsi  dal  momente 
del  salasso;  lo  udiste  dichiarare  lui  stesso  che  il  salasso  fu  ila 
salvezza  sua,  per  quanto  leniate  poco  conto  delle  4icbiaraaioni 
di  un  malato  su  questo  punto.  Bisogna  essere  veramente  scet^ 
tico,  assai  poco  ragionevole  e  senza  senso  comune  per  rifiutare 
di  connettere  V  effetto  colla  causa,  la  conseguenza  coir  antece- 
dente, la  guarigione  della  malattia  col  salasso,  nei  casi  che  vi 
ho  riferiti.  E,  lasciatemi  dire  anche  questo,  qxial  altro  rimedio 


601 

ui  |N>UU  eiur«  vU  sotto  alla  laea  do!  «ole,  eapaeo  di  dmro 
to— diitamoftt»  qua  •  là  tali  rónltatl  in  una  malattia  sì  for* 
nidabiJat  (i)  ». 

Qttsata  ponposa  loda  dal  salasso  è  ooma  qaella  che  si  asò 
traat*aaBt  sono,  a  risalta  da  ona  ossanraxione  simile  dell' im- 
flMdiato  miglioramanto  prodotto  dal  rimedio  senza  considerarne 
i  parieoll  a  la  eoosogaense.  B  la  lunga  eonvalescensa  Dell'uomo 
robttsto  di  S6  anni»  e  la  pericardite  sussegaente ,  e  T ascesso 
plaaritieoy  ai  rilengono  accidenti  di  poca  iroportansa.  Si  am- 
matla  che  la  polmonite  è  ona  malattia  formidabile;  che  la 
dispnea,  cosi  cornane  nei  casi  doppj  dal  quarto  al  settimo  gior- 
no» ridaoe  il  pallente  in  0xtr0mi$  ;  poi  l' inegaaie  battaglia 
colla  nulattia,  la  violenta  del  morbo ,  tatto  qoesto  arrestato 
dal  salasso  I  Secondo  me  il  Toro  pencolo  che  minacciò  quel  ma- 
lato nacque  dalla  pericardite ,  dall'  ascesso  pleuritico  e  dall'  e- 
^urìmento  sosseguente.  Perchè  un  uomo  robusto  incontra  co- 
desta serie  di  mali?  Furono  essi  causati  dal  salasso  e  dalle 
sanguisughe  applicate  al  settimo  giorno,  quando  il  soggetto  era 
già  prostrato  da  sette  giorni  di  febbre?  Non  bastavano  quat- 
tro o  cinque  once  di  sangue  a  dare  tutto  l'effetto  palliativo 
che  si  ottenne  con  tanta  perdita?  Un  cataplasma  caldo  locale^ 
qualche  bevanda  spiritosa  e  on  pò  di  nutrimento,  non  lo  avreb- 
bero portato  la  mattina  seguente ,  in  discrete  condizioni,  senza 
salasso?  Come  si  può  dire  che,  colla  lunga  convalescenza,  colla 
sQssegnente  pericardite  e  coli' ascesso  pleuritico,  si  ebbe  giova- 
mento dal  salasso?  Non  sarebbe  più  conforme  ai  precetti  della. 
rmgion0  e  del  Men9o  comune,  l'argomentare  che  il  y^^  nesso 
di  effetto  e  di  causa  dimostrano  che  il  paziente  acquistò  un 
miglioramento  temporaneo  a  rischio  della  vita? 

Per  rispondere  a  codeste  questioni,  abbandoniamo  le  suppo- 
sitioni  e  le  calde  descrizioni,  e  scendiamo  ai  severi  fatti  espo- 
sti nel  nostro  quadro.  Colà  troviamo  trenta  casi  di  polmonite 
doppia,  tutti  guariti  ;  in  essi  vedesi  1*  effetto  del  salasso,  scor- 
rendo quelli  distinti  colla  lettera  D  nella  seconda  colonna.  È 
questo  un  fatto  assai  istruttivo,  che  ogni  qualvolta  si  fece  salasso 


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! 

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(1)  Brit.  Med.  Journ.,  voi.  I,  1865,  p.  107. 


065 

sopravvenne  la  prostrazione  a  si  prolungò  di  molto  la  convale- 
scenza ;  mentre  ogni  caso  di  individuo  robusto ,  come  sarebbe 
quello  del  Dr.  Markham ,  non  ostante  la  grave  dispnea  e  il 
dolore,  ottenne  rapida  e  completa  guarigione  coi  ristoranti. 
(Vedi  i  casi  VI.,  XLIV.,  e  LXXL,  confrontandoli  coi  casi  X., 
XIV.,  XXXVIII.,  L.,  LI.,  LIV.,  LVIL,  LXX.,  LXXV.,  e  OXIII  ). 

Quale  contrapposto  al  caso  del  Dr.  Markham  possiamo  citare 
il  caso  XXXVIII.  Uomo  robusto,  di  51  anni,  ammalati  ambidue 
i  polmoni,  faccia  livida,  dispnea  intensa  ;  di  costui  pure  si  po- 
teva dire  essere  in  extremis  ,  combattendo  disugual  battaglia 
col  morbo  ;  non  fu  salassato,  ebbe  nutrienti  e  stimolanti,  e  in- 
vece di  una  protratta  convalescenza  con  pericardite  ed  ascesso 
pleuritico ,  stava  poi  perfettamente  bene ,  lasciando  l*  ospedale 
in  nove  giorni.  (  Vedi  Appendice,  casi  V.  —  Vili  ). 

Ma  dalle  descrizioni  di  pochi  casi  non  si  possono  tirare,  in 
medicina,  solide  conclusioni  ad  illustrare  un  metodo  qualunque 
di  cura.  Si  vogliono  fatti  severi ,  bene  autenticati  e  messi  in 
quadro,  con  tutti  i  fenomeni  che  accompagnano  la  malattia, 
alccu ratamente  osservati  e  notati.  Sovente  per  giungere  alia 
verità,  è  necessaria  una  serie  di  casi  dove  si  possono  conside- 
rare i  risultati  e  favorevoli  e  sfavorevoli,  evitando  ogni  sforzo 
ipotetico  e  rettorico,  e  appoggiandosi  solo  sui  particolari  completi 
ed  esatti. 

In  un  lavoro  susseguente  su  codesto  argomento,  (1)  il  Dr. 
Markham  dice  eh'  egli  salasserebbe  solo  in  quei  casi  di  polmo- 
nite nei  quali  la  respirazione  è  gravemente  oppressa.  Egli  cerca 
poi  di  fare  una  distinzione  tra  il  salassare  con  dieta  assoluta  o 
meno,  e  certamente  se  questo  procedere  in  ciascun  caso  è  ri- 
provevole, lo  è  doppiamente  in  ambidue  i  casi.  Markham  però 
crede  che  il  salassare  nell'  ultimo  caso  ,  quando  cioè  la  dieta 
non  è  assoluta,  lungi  dall'  essere  riprovevole  ,  è  «  un  rimedio 
altamente  sovrano  e  che  salva  la  vita  ».  Ciò  io  non  posso  am- 
mettere, poiché  dinnanzi  ai  fatti  che  abbiamo  riferito,  non  si 
può  dimostrare  che  questo  metodo  salvi  la  vita.  Allevia  tempo- 
raneamente il  dolore  e  la  dispnea,  ma  se  prolunga  la  convale- 


(i)  Brit.  Med.  Journ.,  voi.  I,  1865,  p.  477. 


C66 

se0az«  ad  è  origine  di  pericardite  ed  ascesso  pleuritico,  può 
dirsi  esente  da  pericolo  ? 

Il  Dr,  Markbam  osserva  più  innansL  e  Quando  il  Prof. 
Benaett  parla  dei  danni  che  derivano  dalla  perdita  di  poche 
once  di  sangue  nella  polmonite ,  io  non  posso  a  meno  di  do- 
mandargli ,  come  mai  noi  vediamo  ogni  giorno  tanti  ammalati 
neir ospedale  e  di  medicina  le  di  chirurgia,  gracili  e  robusti, 
pei*dare  largh>3  quantità  di  sangue  senzu  danno  apparente,  e 
spesso  —  specialmente  nelle  malattie  di  polmone  e  di  cuore 
— •  con  grande  vantaggio?  Qual  prova  si  può  trarre  da  questi 
numerosi  fatti  che  ci  stanno  quotidianamente  sotto  gii  occhi , 
che  vi  sia  pericolo  nella  perdita  dì  poche  once  di  sangue?  ». 

Questo  modo  di  argomentare  e  di  disput<ire  è  fatto  per  so- 
stenere la  peggior  pratica  che  ci  sia  mai.  Abbiamo  già  detto 
(  pug.  650)  che  quando  moriva  1  individuo  ogni  3  di  polmonite, 
il  grosso  numero  dei  guariti  veniva  costantemente  ^  messo  in- 
nanM  a  sostegno  del  metodo  antiflogistico.  L'idea  parta nto  che 
i  salassi  fino  al  punto  istesso  del  Dr.  Jid^rkhai'Q  (  cioè  a  fino 
a  che  si  manifestano  segni  di  miglior$im]8ì\to  o  fino  allo  sveni- 
mento »  ),  si  possano  praticare  impunemente,  non  parliamo  di 
vantaggi ,  è  un'  idea  condannata  da  tutti  i  fatti  che  si  .cono- 
scono, e  non  la.  si  può  voltare*  in  vaghi  assunti  e  farne  dipen- 
dere il  gran  numero  di  guariti.  (Vedi  Appendice,  caso  Vili). 
La  questione  non  sta  nel  come  guariscano  »  bensì  •  nel  come 
muojono  !  E  se  il  Dr.  Markham  mostrerà,  100  casi  di  polmonite 
con  dispnea  nel  suo  ospedale,  salassati  com'egli  dice,  e  senza 
un  morto,  allora  egli  avrà  fatto  molto  ed  avrà  .quasi  sciolto  la 
questione  pratica.  Ed  anche  allora,  per  dire  che  tal  metodo  è 
superiore  a  un  metodo  ristorante  senaa  salasso,  sarà  necessario 
dimostrare  che  il  grado  di  miglioramento  ottenuto,  compensa 
ad  usura  la  debolezza  che  rende  si  lunga  la  degenza  nell'  ospe- 
dale. 

Il  complesso  di  questa  discussione  ci  indica  quanto  sia  ne- 
cessario r  emanciparsi  da  confidenti  plausibilità  e  da  fallaci 
assunti.  Quando  un  medico  rispettato  e  provetto  nell*  espe- 
rienza asserisce  di  aver  trovato  vantaggioso  questo  o  que- 
st'  altro  metodo ,  cosa  dice  con  ciò  ?  Dovrà  indicare  in  qual 
modo    e    fino   a   qual    punto  ò  vantaggioso ,    e  come    esso    in- 


667 

fluisca  sulla  mortalità  e  sulla  dui^ata  della  malattia.  JSppure 
come  di  raro  avviene  così  !  Non  si  possono  trovare  maggiori 
autorità,  nomi  pia  illustri  in  mediciaa  di  quelli  che  sostennero 
il  salasso  e  gli  antiflogistici  nella  polmonite.  Eppure  le  prove 
più  rigorose  ci  mostrarono  ch'essi  erano  affatto  inconacii  della 
grande  mortalità  nei  casi  da  essi  curati ,  e  ritenevano  quindi 
qual  trionfo  dell*  arte  loro  la  guarigione  di  2  casi  su  8.  Ond*è 
che  per  determinare  dei  risultati  dobbiamo  contare  i  nostri 
casi,  numerare  i  felici  e  gli  sfortunati,  ed  invece  di  esaminare 
il  metodo  da  un  sol  lato,  quello  che  pare  più  favorevole,  cal- 
colare severamente  anche  il  lato  sfortunato.  Questo  mi  conduce 
a  considerare  V 

Obbiezione  IV.  —  Le  statistiche  non  possono  determinare 

il  valore  di  un  metodo  di  cara. 

Non  e'  è-  argomento  -come  quello  delle  statistiche  mediche  , 
che  faccia  vedere  tanto  saliente  il  carattere  contradditorio  del 
ragionamento  medico  ;' porche,  mentre  ogni  pratico  tenta  co- 
stantemente di  moltiplicare  i  casi  che  gli  sembrano  prove  della 
buona  riuscita  del  suo  metodo  ,  accoglie  con  aversione  tutto 
ciò  che  gli  rammenta  una  mancanza.  Nulla  di  più  comune  di 
vedere  ogni  sorta  di  rimedj  raccomandatici  sulla  fede  di  pochi 
casi  apparentemente  felici^  mentre  nulla  di  più  raro  di  >una  dili- 
gente relazione  di  una  data  cura  in  una  serie  di  casi,  compresi 
quelli  che  le  riesc irono  negativi.  È  quanto  è  comune  T  inclina- 
zione ad  ascrivere  guarigioni  all'  arte  medica,  riferendo  le  morti 
agli  inevitabili  progressi  della  malattia!  Quantunque  medici  fi- 
losofi abbiano  in  tutti  i  tempi  indicata  la  fallacia  di  queste 
credenze^  esse  governano  ancora  quasi  universalmente  la  medi- 
cina. Le  descrizioni  degli  autori  sistematici  di  medicina  tendono 
ad  alimentare  questo  stato  di  cose;  in  essi  troviamo  relazioni 
di  malattie  nettamente  divise  in  istadj,  forme  e  varietà,  e  con- 
sigliata una  cura  —  detta  vantaggiosa  secondo  V  esperienza  — 
ciò  che  provato  clinicamente  si  riconosce  tosto  inconsistente 
colla  realtà.  Non  e'  è  che  un  sol  metodo  per  scioglierci  da  co- 
deste diffiix>kà  ^  numerizzando  cioè  ed  analizzando  casi  raccolti 
in  completo.  Ih  ogni  proposizione  che  risguarda  la    cura  della 


rt68 

malattia,  non  possiamo  avitare  la  consldarasione  dalla  statistica. 
Questa  deva  essere  esatta  «ai  casi  si  devono  raccogliere  dili* 
gentemente  e  con  rigore  ed  analitsarit  criticamente.  In  nessun 
altro  modo  possiamo  difenderci  dalle  idee  dei  sanguinar],  dalle 
generalitxasioni  basate  su  dati  imperfetti,  dalle  asserzioni  e  da* 
gli  assunti  fondati  sulla  m<)moria  della  riuscita  e  sulla  dimen- 
ticanza della  non  riusita. 

La  fiorando  obbiezione  che  si  fa  alle  statistiche  mediche^  è  il 
numero  limitato  dei  fatti  dai  quali  si  tirano  le  conclusioni.  Si 
vuole  che  nessun  osservatore  sìa  capace  di  raccogliere  un  suf- 
ficiente numero  di  casi  da  poterne  derivare  informazioni  esatte. 
Il  Dr.  Barclay  in  un*opéra  intitolata  e  Medicai  Errore  >,  tentò 
recentemente  di  sostenere  quest'  idea  mediante  una  formola  al- 
gebrica, ai*rivando  alla  conclusione  che,  se  esistono  circostanze 
variiibìti  rispetto  al  numero  15  in  ogni  data  malattia  ,  non  ci 
vogliono  meno  di  32,000  casi  per  incontrarci  in  due  esatta- 
mente simili.  Dice  che  queste  circostanz<3  variabili ,  differenze 
di  tempo,  di  plaga,  di  età  e  simili ,  sono  di  ostacolo  insorpas- 
sabile  ad  ottenere  somii^lianza  di  ca^i.  Ma  si  può  don^andare, 
questn  esattezza  è  sempre  specialmente  necessaria  ?  Perchè  se 
è  cosi,  si  potrebbe  ragionevolmente  argomentare  che  dobbiamo 
evitare  di  paragonare  casi  di  diversi  paesi  non  solo,  ma  di  case 
diverse,  ed  anche  di  letti.  Il  modo  di  argomentare  del  Dr.  Bar- 
clay si  può  applicare  all'evenienza  di  incontrarsi  colla  stessa 
combinazione  di  numeri  gettando  i  dadi,  ma  è  completamente 
inapplicabile  e  fuori  di  posto  rispetto  ai  casi  medici.  Louis  (1) 
osservò  benìssimo,  che  una  volta  ben  descritta  la  foglia  di  un 
albero ,  la  si  può  sempre  riconoscere  ;  or  non  è  necessario  di 
paitigonare  un  albero  con  un  altro  per  trovare  che  oiasouna 
foglia  sia  identica  di  forma  e  di  dimensione.  È  così  delle  malat- 
tie ;  i  caratteri  essenziali  permettono  di  riconoscerle  e  così  pa- 
ragonarle l'una  coU'altra  in  modo  da  poter  formare  delle  leggi 
generali,  confermate  poi  dall'  enperienza  quotidiana. 


(i)  Vedine  la  bella  Memoria  sul  metodo  numerico,  nel  pri- 
mo volume  delle  MémùireB  de  la  8oe,  Mèdie,  d'Observation  p 
pag,  38. 


669 

Il  Dr.  Barclay  dichiara  che  il  tentativo  fatto  or  non  ò 
molto,  per  ottenere  un  grosso  numero  di  casi  di  polmonite, 
còll'ajuto  deir Associazione  Medica  Britannica,  non  può  riuscire 
di  alcun  vantaggio;  perchè,  fra  le  altre  ragioni,  e  la  polmo- 
nite acuta  è  precisamente  una  di  quelle  malattie  nella  quale 
un  certo  numero  di  individui  muojono  in  onta  ad  ogni  metodo 
di  cura  conosciuto ,  mentre  un  certo  altro  numero  guariscono 
abbandonati  completamente  a  loro  stessi  ».  Gli  assunti  conte- 
nuti in  questa  sola  sentenza  sono  un  esempio  eccellente  di  ra- 
gionamento slegato,  e  della  necessità  di  quella  conoscenza  sta- 
tistica che  l'Autóre  condanna.  Che  autorizza  Barclay  a  dire  che 
un  certo  numero  di  polmoniti  muojano  in  onta  ad  ogni  metodo 
di  cura  conosciuto  ?  È  un'  asserzione  gratuita  e  che  domanda 
la  soluzione  della  questione.  L'  esattezza  di  essa  è  infirmata  dai 
fatto  che  105  casi  consecutivi  di  polmonite  iniziale  e  non 
complicata  guarirono  tutti  con  una  cura  ristorante.  E  invece 
di  opporsi  air  uso  della  statistica  fra  i  membri  dell'Associazione 
medica  britannica,  non  dovrebbe  egli,  secondo  il  suo  argomen- 
tare, insistere  perchè  questi  membri  assecondino  i  miei  tenta- 
tivi ?  Poiché,  secondo  i  suoi  calcoli,  se  abbisognano  32,000  casi, 
essendo  2500  i  membri  dell'Associazione,  dato  che  ciascuno  di 
essi  ne  fornisca  solamente  13  invece  dei  129  dati  da  me,  il 
problema  sarebbe  sciolto,  sempre  secondo  lui.  Io  credo  però , 
che  100  casi  consecutivi  bene  raccolti  ^  in  corti  esempj  anche 
la  metà  numero,  siano  ampiamente  suflicienti  a  provare  il  va- 
lore di  qualunque  rimedio  terapeutico. 

Il  Dr.  Barclay  dopo  aver  indicata  la  necessità  della  massima 
somiglianza  nei  casi  da  paragonare,  e  dopo  aver  ammesso  pie- 
namente la  convenienza  di  non  e  mescolare  le  diverse  espe- 
rienze e  i  casi  di  pratici  diversi  »  ,  parla  del  lavoro  del  Dr. 
Sibson  il  quale  raccolse  statistiche  di  polmoniti  da  varie  fonti, 
e  le  pubblicò  in  tavole  divise  in  due  colonne  intitolate  :  Me- 
todo del  salasso.  Metodo  del  non  salasso.  Barclay  dice:  «  Quan- 
tunque il  Dr.  Sibson  derivi  diverse  conclusióni  da  una  stret- 
ta analisi  di  tutto  quanto  ammette ,  non  somma  le  figure  ^ 
ch'egli  dà  in  totale  >.  Ciò  che  Sibson  quale  buon  statistico 
non  fece,  conoscendo  benissimo  l'assurdità  di  somoiare  in- 
sieme casi  che,  salassati  o  no,  sono  d'altronde  completamente 


6T0 

diversi  per  riguardo  alla  cura,  questo  fece  Barclay  con  tali  ri- 
sultati: e  In  1750  pazienti,  curati  con  salasso  abbondante  o 
ripetuto,  la  mortalità  fu  di  18.5  per  cento.  In  circa  1000  cu- 
rati con  pochi  e  piccoli  salassi  fu  di  13.5  per  cento.  Prese  as- 
sieme queste  due  serie,  i  casi  nei  quali  il  salasso  era  elemento 
di  cura,  diedero  una  media  di  164  morti  su  1000;  mentre 
10,000  casi  curati  quasi  senza  salasso ,  diedero  una  mortalità 
media  di  203  su  1000  >.  Donde  si  oonclude  che  il  salasso  nella 
polmonite  non  dà  che  164  morti  per  1000,  mentre  il  non  sa- 
lassare aumenta  la  mortalità  a  203  per  1000.  E  così  Barclay 
all'  intento  di  mostrare  la  fallacia  delle  statistiche  mediche  « 
viola  le  regole  eh'  egli  stesso  ammette  necessarie,  e  poi  arriva 
a  una  conclusione  assurda  a  giustificazione  del  suo  argo- 
mento. 

Questo  modo  di  ragionare  quantunque  comunissimo ,  è  af- 
fatto fallace,  e  condusse  T autore  dei  Medicai  Errors  ad  una 
delle  più  erronee  donclusioni  cui  si  sia  mai  giunti  in  questi 
tempi.  Ciò  che  tosto  si  ammetterà  osservando  ,  che  fra  i  casi 
eh*  egli  mette  insieme  quali,  curati  col  metodo  del  non  salas- 
sare, il  trattamento  per  altro  lato  era  tutt'  affatto  diverso.  Al- 
cuni furono  curati  cogli  antimoniali  a  larghe  dosi,  altri  col  ca- 
lomelano, coli*  opio ,  colla  digitale  ,  col  cloroformio  ,  coi  tonici 
metallici,  colla  dieta '>  asso  luta,  coi  ristoranti.  Innanzi  tutto, 
(iella  sua  lista  di  casi  non  salassati,  più  di  metà  furono  tolti  dai 
rendiconti  generali  di  oapedali  comprendendo  molti  casi  di  en- 
trati moribondi ,  onde  la  mortalità  in  questa  classe  è  ingente. 
Mettendo  assieme  questi  materiali  incongroi,  ne  risulta  che  la 
mortalità  sembra  minore  nei  casi  salassati.  Una  tale  statistica 
applicata  a  determinare  il  valore  del  salasso  o  meno  nella  pol- 
monite, non  può  che  indurre  in  errore;  non  si  può  tirare  nes- 
suna buona  conclusione  da  una  serie  di  casi  alcuni  salassati 
altri  no ,  con  una  mortalità  iafluensata  da  altri  rimedj  e  da 
altro  modo  di  cura.  Invece  di  far  vedere  con  questo  esempio  la 
fallacia  della  statistica  medica,  il  Dr.  Barclay  dimostra  Terrore 
che  ne  risulta  applicandola  male. 

Il  Br.  Barélay  fi|»pone.  aHe  miountatisticbe  «  oh*  egli  è  im- 
possibile trovare  una.  oircéstanza  qualunque  %n^ariaJ>%imBn>te 
presenta  od  assente  nella  serie  di  guarigioni  o  di  morti  ohe  in 


671 

minima  grado  spieghi  Tuno  o  l'altro  degli  esiti  t,  (i)  Egli  dice 
prima  -^  Probabilmente  tutti  ebbero  natrienti ,  pei  quali  io 
suppongo  brodo ,  latte  »  ecc. ,  insomma  del  cibo.  Ma  il  fatto  è 
accennato  )^er  alcuni  e  non  per  altri.  —  È  certo  che  il  Dr. 
Barclay  non  osservò  un  passo  che  si  riferisce  alla  tavola  ,  pa- 
gina 622 ,  nel  quale  dico  cosa  io  intendo  per  nutriente ,  e 
che ,  quantunque  non  indicati  in  questo  modo  speciale  furono 
somministrati  in  tutti  i  casi.  Questo  è  il  fatto  costante  ch'egli 
cerca  e  che  spiega  neir opinion  mia  il  largo  numero  di  guari- 
gioni, come  esposi  distesamente  nella  risposta  airobbieaione  pri- 
ma. Io  credo  che  la  riuscita  si  debba  a  questo,  poiché  i  diversi 
rimedj  adoperati  o  furono  innocenti  o  palliativi,  oppure ,  come 
quando  si  ricorse  ai  deprimenti  ed  alla  dieta  assoluta ,  dimi- 
nuendo le  forze,  ritardavano  la  guarigione.  Le  morti  come  ve* 
demmo,  non  furono  causate  dalla  polmonite,  ma  da  fatali  com« 
plicazioni  in  altri  organi. 

Tanto  Barclay  che  Markham  fanno  delle  osservazioni  ad  al- 
cune riserve  che  feci  nella  mia  Statistica.  —  Perchè,  dicon  essi, 
certi  oasi  parzialmente  trattati  da  un  collega  sono  rifiutati,  men- 
tre si  comprende  un  caso  salassato ,  con  vescicanti ,  e  purgato 
prima  dell'accettazione?  A  ciò  rispondo,  ch'io  non  poteva  co- 
scienziosamente comprendere  nella  mia  serie  esenipj  di  polmo- 
nite nei  quali  il  metodo  da  me  difeso  ,  o  non  era  stato  pro- 
vato od  era  stato  annullato.  Per  esempio:  Nell'assumere  il  ser- 
vizio della  clinica  ,  trovo  un  malato  sfinito  ch'era  stato  curato 
antiflogisticamente  e  largamente  salassato  da  un  collega.  Dopo 
muore  nel  mio  servizio,  e  presente  all' esame  cadaverico  ve- 
rifico trattarsi  di  un  caso  di  polmonite  semplice  ,  fatale  nelle 
mie  mani.  Certo  che  il  Dr.  Barclay  non  vorrà  sostenere  esser 
questo  una  bella  illustrazione  degli  effetti  della  mia  pratica. 
Ancora:  Si  accetta  un  caso  in  mia  cura  e  va  procedendo  bene^ 
ma  nel  consegnare  le  sale  ad  un  collega,  quel  caso  viene  curato 
con  calomelano  ed  opio,  e  ne  segue  una  convalescenza  prolun- 
gata. Di  questo  io  non  ho  alcuna  responsabilità  e-  non  posso 
considerarlo  un  caso  trattato    da    me.    Ma    quando   entrano  in 


(i)  Brit.  Med.  Journ^,  nov.  li,  1865. 


«72 

mia  eur«  {ndividai  mal  ridotti  dal  salasso,  dal  purgante  o  dai 
mercuriali,  e  migliorano  e  guariscono  coi  ristoranti ,  allora  io 
li  considero  come  legittimamente  appartenenti  alla  mia  serie. 
Certo  che  alcuno  dirà  che  la  causa  della  guarigione  bisogna 
cercarla  nell*  antecedente  trattamento  deprimente  —  opiniope 
che  può  solo  essere  confermata  od  annullata  collo  studiare  al- 
tri casi,  e  moltiplicando  le  osservazioni. 

Vuoisi  perb  che  i  casi  siano  diligentemente  osservati  e  rac- 
colti in  modo  uniforme  dai  medici  addetti  ad  ospedali.  Credo 
che  riguardo  al  trattamento ,  i  fatti  indicati  nelle  schede  di- 
stribuite ai  membri  della  British  Association  sono  più  che  suf- 
ficienti e  facilmente  annotati.  Sono  precisamente  lo  stesso  di 
quelle  nelle  quali  notai  i  miei  casi.  Se  altri  volesse  seguire  il 
medesimo  piano,  si  potrebbero  istituire  dei  confronti ,  e  si  al- 
lontanerebbe ogni  fonte  di  errore. 

Non  posso  a  meno  di  pensare  che  il  piccolo  incomodo  che 
si  richiede  e  la  generale  freddezza  per  tali  cose  da  parte  di 
individui  già  sopraccarichi  di  occupazioni ,  siano  le  vere  cause 
che  fecero  riuscir  vano  il  tentativo  del  1863.  Soli  15  membri 
della  British  Medicai  Association  mi  ritornarono  le  schede , 
con  45  casi  di  polmonite.  Alcuni  altresì  erano  in  dubbio  se  dO' 
ve  vano  registrare  solo  i  casi  di  pura  polmonite  non  complicati 
da  pleurisia,  da  bronchite,  e  da  altra  malattia.  È  raro  che  una 
polmonite  sia  indipendente  da  qualche  affezione  di  bronchi  o  di 
pleura;  ma  se  questa  è  lieve,  non  altera  per  nessun  modo  il 
risultato.  Se  al  contrario  è  intensa  in  modo  che  la  polmonite 
è  seconda  in  importanza  ,  si  accenni  questo  fatto  neirapposita 
colonna    e  si  eviterà  ogui  errore. 

Spero  ancora  che  le  idee  contenute  in  queste  pagine  pos- 
sano avere  la  sanzione  di  un  largo  numero  di  fatti,  onde  defi- 
nire una  volta  cotanto  argomento  di  medicina  pratica.  Spero 
che  ricerche  simili  possano  condurre  a  risultati  attendibili  in 
altre  malattie  ;  così  la  pratica  dell'  arte  nostra  si  avvicinerà 
sempre  più  air  uniformità.  Bisogna  ammettere  che  l*  asser- 
zione e  r  opinione  sole  non  bastano  a  definire  una  quistione 
qualunque  di  medicina  pratica.  Non  dobbiamo  discutere  ciò 
che  crediamo  o  pensiamo  ,  né  sul  come  sia ,  o  come  possa  o 
debba  essere,  ma  su  quello   che  é;   ritengo  che  non  vi  si  può 


6>3 

giungere  se  non  per  via  di  osservazioni  diligenti ,  raccoglien- 
done i  risultati  in  tavole.  Prima  otteniamo  i  fatti,  poi  impare- 
remo a  leggerli.  «  Non  mi  sta  —  dice  il  Dr.  Barclay  — i-  di 
fare  alcuna  opposizione  ad  un  lodevole  sforzo ,  non  ostante  la 
mia  convinzione  che  ciò  sia  lavoro  gettato  ».  Ora,  nessuno 
sforzo  lodevole  può  esser  mai  fatica  gettata  ;  che  cosa  può  es* 
sere  più  degno  di  riguardo  per  noi,  del  desiderio  di  stabilire 
su  solide  basi ,  opposti  e  perplessi  dati  in  medicina  pratica  ? 
Ammessa  la  difficoltà  e  la  facilità  di  sbagliare ,  è  certo  che 
uno  sforzo  unito  deve  far  molto.  Le  difficoltà  si  potranno  al- 
lora sorpassare ,  gli  errori  si  correggeranno ,  quando  i  medici 
addetti  agli  ospedali  occuperanno  i  loro  assistenti  a  raccogliere 
i  casi  in  tavole  uniformi.  Sono  fermamente  convinto  che  in  tal 
modo  la  cura  della  polmonite  può  essere  stabilita  su  basi  tanto 
sicure  quanto  Io  è  la  profilassi  dal  vajuolo  mediante  la  vacci- 
nazione. Non  domandansi  che  i  risultati  in  tavole;  e  se  ogni 
membro  della  professione  mi  vorrà  ajutare  in  questo  tentativo, 
mi  farò  un  dovere  di  fornirgli  delle  schede  stampate,  dove  con 
pochissimo  incomodo  potrà  contribuire  non  poco  al  desiderato 
scopo.  Nello  stesso  tempo,  confido  che  i  medici  non  si  lasce- 
ranno indurre  a  diffidar  troppo  delle  statistiche  mediche  ;  am- 
mettendo la  facilità  di  sbagliare ,  si  faccia  uno  sforzo  supre- 
mo, e  con  una  vasta  esperienza  le  si  pongano  su  tali  basi  che 
l'arte  del  guarire  possa  per  esse  progredire.  (La  fine  al  prot* 
Mimo  fascicolo  ). 


Circolare  al  «Isnopi  Prefetti  del  Besno  Intorno 
alia  medaglia  al  benemeriti  della  pubblica 
«alnte» 

Firenze,  29  Agosto  1867* 


Ps 


er  manifestare  in  solenne  guisa  le  riconoscenza  e  T  ammira- 
zione del  paese  a  coloro  che  con  carità  ,  abnegazione  e  corag- 
gio si  adoperarono  a  sollievo  delle  popolazioni  travagliate  dal 
cholera,  fu  ieri  istituita  da  S.  M.  un'  apposita  medaglia. 

Importando  ora  dare  sollecito  eseguimento  al  relativo  R.  de- 
creto, reputo  sia  utile  che  tutte  le  prefetture  nel  contribuire  a 

Annali.   Voi.  CCL  43 


674 

tale  8Copo  osservino  eguaglianza  di  metodo  nelle  proposte,  e  di 
norme  nell*  applicare  le  disposizioni  sovrane  ;  cosicché  ad  eguali 
meriti  possa  corrispondere  premio  eguale,  e  più  agevole  riesca 
al  Ministero  non  solo  di  provvedere  ma  di  decidere  sulle  pro- 
poste che  in  tanta  differenza  di  luoghi,  di  azioni  e  di  persone 
saranno  trasmesse. 

A  tal  fine  dichiaro  che  della  medaglia  possano  essere  insi- 
gnite anche  le  donne  le  quali,  benché  mosse  da  naturale  istinto 
di  pietà  a  confortare  la  sventura ,  non  hanno  meno  degli  uo- 
mini ragione  per  aspirare  ad  una  ricompensa:  fu  anzi  non  ul- 
timo fra  i  motivi  che  consigliarono  V  emanazione  del  suddetto 
R.  decreto  quello  di  premiare  anch*  esse  e  le  persone  di  umile 
condizione,  cui  non  poteva  darsi  una  decorazione  cavalleresca. 
Dichiaro  inoltre  che  la  medaglia  non  può  essere  distribuita  per 
fatti  anteriori  al  gonna jo  1867^  essendo  che  negli  anni  trascorsi 
il  terribile  morbo  non  giunse  ad  avere  intensità  e  diffusione  come 
nel  corrente»  e  le  belle  azioni  cui  diede  origine  vennero  già  in 
altra  maniera  rimunerate. 

Dovrei  ora  dire  quale  esser  debba  la  benemerenza  corrispon- 
dente a  ciascuna  delle  tre  classi  di  medaglie^  ma  non  sarebbe 
prudente  né  forse  possibile  il  farlo.  Converrà  quindi  che  a  ciò 
abbiasi  grandissimo  riguardo  nelle  proposte  e  che  spiegazione 
sia  data  d'ogni  differenza,  tanto  più  particolareggiatamente 
quanto  più  elevata  sarà  la.  classe  della  medaglia.  Che  se  non 
possono  essere  determinate  norme  immutabili ,  non  è  però  dif- 
fìcile giudicare  in  ogni  singolo  caso  giovandosi  dei  confronti  e 
delle  speciali  condizioni  di  ciascun  fatto.  Cosi  ad  una  classe 
maggiore  può  dar  diritto  lo  stesso  fatto  più  volte  ripetuto ,  la 
maggiore  o  minore  sua  spontaneità,  il  maggiore  o  minor  grado 
di  abnegazione  necessario  per  compierlo.  Così  per  la  medaglia 
d'oro,  può  dirsi,  parlando  generalmente,  non  basterà  il  solo  pe- 
ricolo, ma  converrà  che  questo  siasi  corso  più  volte  ,  e  che  la 
carità  del  prossimo  più  che  il  debito  dell'  ufficio  o  della  pro- 
fessione ne  sia  stata  la  principale  cagione.  Certo  anche  il  pub- 
blico funzionario,  il  medico,  Tinfermiere  possono  aver  dato  tale 
esempio  di  sagrificio  da  meritare  la  maggiore  delle  ricompense, 
ed  il  Governo  la  concederà;  ma  sarà  giusto  valutar,  prima  di 
tutto,  quanto  incombeva  loro  di  fare. 


675 

Non  potrebbesi  dire  di  più  per  classifiiuire  i  meriti  da  pre- 
miare :  il  giudizio  del  pubblico  che  intende  ed  ama  il  bene  del 
paese  come  il  proprio  sarà  quasi  sempre  la  miglior  norma  nelle 
proposte  :  i  testimoni  quotidiani  dei  coraggiosi  e  dei  caritate- 
voli concittadini  sanno  essi  meglio  d'  ogni  altro  quale  valore 
debba  attribuirsi  al  coraggio  e  alia  carità  di  eìaseuno,  e  la  loro 
testimonianza  deve  tenersi  in  gran  conto.  Perocché  ogni  azione 
umana  ha  speciali  circostanze  che  i  lontani  più  diffìcilmente  dei 
vicini  possono  conoscere  od  apprezzare;  e  chi  le  disconoscesse  o 
le  ignorasse  potrebbe,  badando  all'apparenza  identica  dei  fatti, 
cadere  in  errore  giudicandoli  egualmente.  Ove  tatti  furono  co^ 
raggiosi  e  pii ,  ove  le  popolazioni  prestaronsi  docili  ai  consigli 
ed  alle  cure,  non  è  grave  certamente  il  peso  del  sagrifizio:  ove 
i  più  fuggirono,  ove  ai  benefattori  minaccia  vasi  la  vita  e  le  so- 
stanze, può  esser  degno  di  ricompensa  anche  il  solo  adempimento 
preciso  del  proprio  dovere.  La  molta  o  poca  intensità  del  male^ 
r  abbondanza  o  la  scarsità  dei  mezzi  con  cui  alleviare  ì  peri- 
coli e  i  patimenti,  possono  pure  essere  cause  di  <lifférenze:  ma 
non  tutte  le  cause  potrebbero  ora  determinarsi  od  anche  solo 
indicarsi.  Conseguentemente  le  circostanze  d'ufficio,  di  persona, 
di  tempo ,  di  luogo  ,  di  ajuti ,  saranno  fra  i  principali  criterii 
delle  proposte;  quindi  si  avrà  considerazione  al  giudizio  delle 
popolazioni,  quando  non  sia  di  quelle  cui  la  ignoranza  o  la  ma- 
levolenza fece  temere  nella  indomabile  malattia  l'opera  dell'uo- 
mo. Perciò  di  tutte  queste  circostanze  o  considerazioni  dovrà  te- 
nersi ricordo  negli  atti  relativi. 

Tali  norme  codesta  prefettura  porrà  dinanzi  alle  Commis- 
sioni che  in  ogni  circondario  giusta  1'  articolo  4»*  del  R.  de- 
creto vennero  istituite,  manifestando  però  alle  medesime  ehe^  il 
Governo  lascia  loro  amplissima  libertà  di  giudizi!  e  di  pro- 
poste. 

Ed  in  eseguimento  dell'articolo  ora  citato  oodeeta  prefet- 
tura, appena  ricevuta  Ja  presente  : 

1.*  Darà  notizia  ai  funzionari  e  magistrati  nominati  nel- 
Tarticolo  medesimo  dell'incarico  loro  commesso  da^.  M»  e  spe- 
dirà a  ciascun  di  essi  un  esemplare  del  R.  decreto  ; 

2.*  Avvertirà  i  presidenti  dei  tribunali  civili  e  eoirrezionali 
ed  i  procuratori  del  Re  che  essi  nei  capoluoghi  di'  sottoprefet- 


676 

Urs  eoraprasi  otila  glttrì«tiiioii«,  ma  fuori  dell»  tede  del  loro 
irtbaiiaU,  poMono  dolegaro  U  propria  attrìbaiioni  ad  altro  fuo- 
tioaario  fiodisiario  colà  raaidonto; 

3.*  lodieherà  al  NiniiUro  la  portona  che  dovrà  avere  l'uf- 
llcio  di  segretario  deila  Commissioae ,  scegliendola ,  quando  si 
possa,  fra  gli  impiegati  In  disponibilità  o  fra  pensionati  di 
grado  non  miaoro  a  quello  di  segretario ,  oppure  fra  i  citta* 
dini  pia  aoti  per  amore  del  pnbbiioo  bene:  il  Ministero  invierà 
a  eiaseun  d'essi  un  atto  di  delegasione  ; 

4.*  Inviterà  tutti  i  sindaci  dei  comuni  nei  quali  abbia  fatto 
vittime  il  cholera,  a  convocare  la  Giunta  municipale  e  sotto- 
porre alla  deliberasione  della  medesima  i  nomi  di  coloro  che 
giusta  Tarticolo  1.*  del  Regio  decreto  sarebbero  degni  di  ricom- 
pensa; avvertendo  i  sindaci,  che  per  ogni  premiando  occorrerà 
una  deliberasione  speciale  od  un  estratto  speciale  delle  delibe- 
rasioni  relative,  e  che  nelle  deliberasioni  dovrà  essere: 

a)  Indicato  il  nome,  cognome,  1*  età,  la  professione,  lo  stato 
di  famiglia  del  premiando; 

6)  Descritta  ogni  asione  da  lui  compiuta  durante  il  morbo, 
la  quale  si  ravvisi  degna  di  lode; 

o)  Accennata  ogni  circostansa  che  possa  aumentare  o  dimi- 
nuire il  pregio  dell'asione  generosa; 

d)  Proposta  la  ricompensa; 

e)  Allegato  0|;(ni  documento ,  dichiarazione  o  testimonianza 
che  alla  Giunta  municipale  sembri  opportuna  alle  decisioni  suc- 
cessive; 

5.°  Inviterà  i  sindaci  a  spedire  queste  deliberazioni  nel  ter- 
mine più  breve  che  sarà  possibile  alla  Commissione  istituita  nei 
rispettivi  circondari; 

6.*  Radunerà  nel  capoluogo  della  provincia  e  farà  radunare 
nei  capoluoghi  di  circondario ,  non  appena  sarà  raccolto  buon 
numero  delle  deliberazioni  delle  Giunte,  le  Commissioni  esami- 
natrici ; 

7.*  Curerà  che  le  deliberazioni  delle  Commissioni  siano  scrìtte 
in   conformità  dell*  esemplare  qui  allegato  ; 

8.*  Trasmetterà  finalmente  al  Ministero  ogni  quindici  giorni 
le  deliberasioni  delle  Commissioni  esaminatrici  annettendovi 
quelle  delle  Giunte  municipali  e  quegli  altri  documenti  che  si 
fbssero  dopo  raccolti. 


677 

Spero  che  seguendo  quest^ordine  si  potrà  facilmente  ed  esat- 
tamente procedere  e  che  non  sarà  ritardato  più  di  quanto  sarà 
necessario  il  premio  a  coloro  i  quali  in  tanta  sventura  porsero 
nobile  esempio  di  carità  cittadina. 

Pel  Ministro:  Monzani. 


liB  medtelna  all^  Espoststone  onlTepsale  di  Pa- 
risi <  Lettera  agli  egregi  Redattori  della  Gazzetta 
Medica  Italiana  ^  provincie  venete. 

Parigi ,  17  Agosto. 

3^uesta  benedetta  città  par  fatta  a  posta  per  non  lasciar  tempo 
di  attendere  a  nulla,  tanto  la  ti  occupa  tutto  il  giorno^  volere 
o  non  volere,  e  la  ti  manda  la  sera  a  casa  così  stanco  ed  af- 
faticato da  non  vagheggiare  che  il  letto    fino  al    domani.  Ag- 
giungete ora  quella  piccola  appendice  della  Esposizione,  aggiun- 
gete in  questi  due  giorni  passati  1'  altra  delle  feste  peli'  onoma- 
stico dell' Imperatore,  e  poi  ditemi  con  che  cuore  potrete  pro- 
verbiarmi per  avere  tanto  tardato  ad  inviarvi,  non  una    rela- 
zione, che  tale  non  oserei  chiamarla,  ma  alcune  note  sugli  og- 
getti che  più  possono  interessarci  come  medici.  E ,  abbiatevelo 
per  detto  e    ricordato ,  da  questa    cerchia   della  medicina  non 
esco ,  pena  la  vita  ;  poiché  1'  avventurarsi  un  dito  ,  una    lìnea 
sola  al  di  là,  mi  caccierebb'e  nel  gurgite  vasto,  dal  quale  ritor- 
nerei con  molte  più  cose  in  mente,  ma  con  molta  più  diflicoltà 
di  raccapezzarmi  le  poche  attinenti  alla  medicina.   Dunque  in- 
tendiamoci :  medicina  e  nulla  più. 

E  qui  permettetemi  eh'  io  mi  congratuli  con  voi,  che  la  vo- 
stra Padova,  la  vostra  Università^  s'  ebbe  i  primi  onori  e  la 
più  gran  voga  nella  medica  Esposizione.  Egli  è  perciò  che  ben 
di  buon  grado  prendo  le  mosse  dalla  anatomia,  che  fu  appunto 
il  campo  de'  vostri  successi.  ^ 

Anatomia.  —  L'  anatomia  non  figura  che  con  un  piccolo 
contingente  di  espositori  ;  ma  la  qualità  fa  dimenticare  la  scar^ 
sozza  delle  cose  esposte.  Il  medico  non  può  a  meno  di  non  in- 
teressarsi vivamente  a  tale  categoria  ,  la  quale  comprende  pa^ 


«78 

rceehi  metodi  di  eonservAtione ,  dei  quali  taluno  assolutamente 

nuovo. 

In  questa  rivista  il  primo  posto  adunque  si  compete  ineon  • 
trastabilmente  al  professore  della  vostra  Università,  dott.  Lo- 
dovico Brunetti. 

I  suoi  preparati  esposti  si  raccomandano  all'  attenzione  per 
doppia  guisa,  cioè  pel  metodo  di  conservazione  e  per  alcuni  casi 
importantissimi  di  anatomia  patologica. 

II  metodo  sembra  tuttavia  un  secreto  :  dicesi  però  sia  stato 
comunicato  sotto  suggello  di  segretezza  ad  una  triade  scianti- 
fisa,  composta  di  Liebig  ,  Tardieu  e  Milne-Edwards.  Una  delle 
qualità  e  diremo  anzi  dei  pregi  di  cotesti  preparati ,  si  è  di 
mantenere  alle  parti  una  certa  tal  quale  elasticità,  una  specie 
di  erettismo  permanente,  sicché  ramoscelli  vascolari,  cellule  di 
polmoni,  tubuli  belliniani,  condotti  glandulari,  restano  patenti 
e  nettamente  discernibili,  come  e  meglio  che  se  fossero  in  vita. 

Il  poter  poi  agevolmente  farne  spaccati  e  sezioni  anche  mi- 
nutissime, gioverà  per  sottoporre  questi  preparati  a  qualche 
ingrandimento,  che  riveli  più  intimamente  la  tessitura  degli 
organi. 

Serbati  inoltre  questi  organi  nella  naturale  loro  postura  e 
quivi  quasi  sorpresi  e  immobiliiszati  dalla  potenza  conservatrice, 
si  prestano  eziandio  egregiamente  allo  studio  dell' (anatomia  to- 
pografica, nella  stessa,  ma  molto  più  comoda  guisa,  dell'  irrigi- 
dimento ottenuto  per  congelazione. 

Sembra  che  il  metodo  non  sia  molto  dispendioso,  e  sollecito 
così  da  ridurre  con  una  prima  applicazione  il  pezzo  imputre* 
scibile,  per  poter  poi  essere  preparato  con  maggior  agio  e  tempo. 
I  pezzi  sono  inodori  e  possono  essere  maneggiati  senza  troppe 
cautele. 

Tutti  i  preparati  del  prof.  Brunetti  si  trovano  nella  Gal- 
leria delle  Arti  liberali  Italia  ,  a  tramontana  della  rue  de 
Russie. 

Comprendono  :  i .  Polmoni  normali ,  e  via  via  una  serie  di 
casi  e  di  fasi  di  tubercolósi,  da'  primi  stadii  all'ultima  distru- 
zione dell'organo. 

2.  Cuore  umano  normale  (  una  delle  più  belle,  se  non  forse 
la  più  perfetta  delle  preparazioni  esposte).  Gasi  di  ipertrofia  e 


679 

alcune  placente  umane.  Vizii  cardiaci  varii,  di  stenosi,  di  atro- 
fia, di  aneurisma. 

3.  Reni  normali,  cistici,  calcolosi  e  con  ascessi.  * 

4.  Varii  tratti  del  sistema  circolatorio  prima  e  dopo  la  na- 
scita. Inoltre  vescica  orinaria  umana. 

5.  Articolazione  del  cubito  egregiamente  riuscita  e  mobile , 
altre  del  ginocchio,  del  femore,  ecc.,  con  casi  di  lussazione  e  di 
frattura. 

6.  Trasposizione  di  visceri  toracici  e  perfino  inversione  delle 
stesse  cavità  del  cuore. 

7.  Fegato  e  milza  normali ,  nonché  casi  di  iperemia  e  di 
cirrosi  de'  visceri  medesimi. 

8.  Organi  toracici  umani  normali  al  rispettivo  loro  posto. 
Bellissimo  preparato  e  prezioso  per  l' insegnamento. 

9.  Due  teste  di  donne. 

iO.  Alcuni  saggi  di  anatomia  comparata,  ed  altri  di  anato- 
mia patologica  umana,  di  alterazioni  intestinali  ulcerose^  tifose, 
dissenteriche,  ecc. 

Tale  è  la  ricca  e  svariata  collezione  che  ci  venne  dalla  vo- 
stra Università,  e  per  la  quale  s'ebbe  giustamente  il  Brunetti 
uno  de'  grandi  premii  «  le  congratulazioni  di  moltissimi  ammi- 
ratori, fra  cui  di  talune  celebrità. 

Lavori  commendevolissimi  da  un  tutt'  altro  punto  di  vista 
sono  i  preparati  anatomici  del  prof.  Hyrtl  di  Vienna.  Dissezioni 
maravigliose  delle  parti  le  meno  accessibili  allo  scalpello,  quali 
scheletri  di  pesci  rari,  organo  interno  dell'  udito ,  injezioni  fi- 
nissime del  fegato,  dei  polmoni ,  de'  reni.  Finalmente ,  alcuni 
preparati  microscopici  dei  capillari,  che  stanno  a  paraggio  de- 
gli altri  preparati  dell'  insigne  anatomico. 

Sono  inoltre  da  ricordarsi  le  serie  de'  cranii  di  mammiferi 
e  le  injezioni  di  linfatici  del  -prof.  Teichmann  di  Cracovia,  non- 
ché altri  preparati  di  anatomia  normale  e  patologica  di  Polit- 
zer  di  Vienna,  Ruedinger  di  Monaco,  Ziegler  di  Friburgo,  Bris- 
sand  e  Laskowsky  di  Parigi,  Oehl  di  Pavia. 

Non  dimenticheremo  finalmente  i  pezzi  di  anatomia  elastica 
in  caoutchouc  del  dott.  Auzoux,  nonché  le  fotografie  niicrogra- 
fiche  americane  e  belghe. 

Fisica.  —  Il  compartimento  della  fìsica    ci  offre  a    rifascio 


6^0 

mieroscopii  ed  otUliQO»copii  ^  il  mlografion  e  sfigmografion  di 
Marey ,  un  ionometro  per  misarare  Ih  tensione  del  globo  del- 
l' oochio ,  nonché  apparati  diversi  per  l' applicazione  dell*  elet- 
tricità. Ricordiamo  gli  ottalmoscopii  di  Nachet ,  V  ettometro  di 
Javal  per  misurare  il  grado  dell'  astigmatismo.  Gli  ottalmosco- 
pii inglesi  (  Ro«s  e  Beck  )  hì  distinguono  per  la  precisione,  anzi 
perfezione:  quelli  di  Berlino  (Gundlach)  pel  buon  mercato. 

Circa  agli  apparati  elettrici  resta  sempre  in  prima  linea 
Ruhmkorff,  e  quindi  Gaiffe,  Hardy  col  suo  termoscopio,  la  nota 
macchina  di  Holtz ,  quella  del  tutto  nuova  di  Thomsens  sotto 
il  nome  di  polarisation'i  batterie^  ma  non  applicata  finora,  a 
quanto  so,  che  alle  linee  telegrafiche. 

Terminiamo  col  ricordare  i  finitissimi  strumenti  di  acustica, 
fabbricati  da  Kdnig  ,  sotto  la  direzione  di  Helmholtz  per  gli 
esperimenti  descritti  nel  celebre  suo  trattato  :  La  percezione 
de'  Buoni. 

Chirurgia,  ^-  Anche  in  questa  partita  V  Italia  figura  con 
onore^  mercè  gli  strumenti  chirurgici  dei  fratelli  LoUini  di  Bo- 
logna, a  lato  de'  quali,  se  più  curati  e  meglio  esposti,  avreb- 
bero potuto  figurare  quelli  del  vostro  Toffoli  di  Padova,  mentre 
così  passano  affatto,  o  quasi,  inosservati.  Vengono  poi  gli  stru- 
menti chirurgici  di  Barbieri  e  Carrai!  di  Pisa,  di  Beltrami  di 
Piacenza,  nonché  di  Baldinelli  e  Gennari  di  Milano. 

Al  proposito  dei  quali  stromenti  chirurgici  dei  fratelli  Lol- 
lini,  non  posso  esimermi  dal  riportare  un  cenno  molto  oppor- 
tuno ,  steso  dal  vostro  compatriotta  dott.  Antonio  Vio-Bonato 
ed  inserito  neWAbeille  Medicale ,  giornale  ,  a  quanto  so  ,  non 
molto  diffuso  in  Italia. 

f  La  fabbrica  degli  stromenti  chirurgici  acquistò  in  Francia, 
in  Inghilterra  tanta  estensione  e  tanto  credito  sui  mercati  del 
mondo  intero,  che  si  ha  preso  agevolmente  V  abitudine  di  con- 
siderarla quasi  monopolio  esclusivo  di  quelle  due  grandi  nazioni, 
riguardando  siccome  nulle  od  accessorie  le  produzioni  analoghe 
degli  altri  paesi  ». 

e  II  giuri  delle  ricompense,  che  ha  il  dovere  di  emanciparsi 
dalla  influenza  di  tali  giudizii ,  é  stato  più  illuminato  e  più 
giusto.  Riconobbe  che  aveanvi  parziali  sforzi  ds  incoraggiare , 
progressi  da  segnalare,  opere  infine  degne  della  sua  alta  di- 
stinzione ». 


681 

«  Questa  frazione  della  Esposizioae  italiana  sembra  essere 
stata  più  specialmente  1'  oggetto  della  sua  attenzione,  e  percor- 
rendo la  lista  delle  ricompense ,  abbiamo  verificato  con  viva 
soddisfazione  che  la  equità  della  Commissione  oltrepassò  le  spe- 
ranze del  nostro  patriottismo  ,  al  quale  si  vorrà  perdonare  un 
pò  di  parzialità  e  di  indulgenza  ». 

ff  Noi  siamo  lieti  che  un  verdetto  cosi  solenne  abbia  potuto 
far  conto  a  tutti,  che  malgrado  i  suoi  sconvolgimenti  politici, 
malgrado  le  crisi  inevitabili  del  grande  movimento  che  1*  ha 
trasformata,  1*  Italia  ha  potuto  figurare,  così  nell'industria  come 
nelle  arti  e  nelle  scienze,  fra  le  nazioni  le  pid  avanzate  in  ci- 
viltà ». 

e  Non  possiamo  quivi  entrare  in  particolari  ,  ma  non  sa- 
premmo dispensarci  dal  richiamare  T  attenzione  pubblica  sulla 
esposizione  dei  fratelli  Lollini  di  Bologna^  poiché  essa  riassume 
perfettamente,  a  nostro  avviso,  il  carattere  della  fabbrica  ita- 
liana, e  a  questo  titolo  offre  un'  attrattiva  particolare  a  coloro 
che  8i  interessano  delle  differenze  del  genio  nazionale  perfino 
nelle  sue  gradazioni  meno  spiccate  ». 

«  Esaminando ,  infatti  ,  gli  stromenti  imaginati  dai  dott. 
Rizzoli,  Belluzzi ,  Malagodi,  ecc.,  si  rileva  che  vive  ancora  in 
essi  la  tradizione  dei  Morgagni,  dei  Valsalva,  dei  Scarpa,  ecc., 
mentre  la  eleganza  e  la  semplicità  della  costruzione  ricorda  che 
l'Italia  fu  sempre  una  grande  scuola  dell'arte  e  del   gusto  ». 

e  Fra  i  molti  prodotti ,  esposti  dai  fratelli  Lollini  ,  distin- 
guasi un  nuovo  modello  di  forcipe  sfenotribo,  che  serve  a  ren- 
dere pili  sicura  e  meno  pericolosa  la  terribile  operazione  alla 
quale  è  destinato.  Noi  ne  daremo  un'  idea  sufficiente ,  dicendo 
che  il  suo  meccanismo  ricorda  lontanamente  gli  stromenti,  coi 
.quali  Civiale  praticava  le  suo  prime  operazioni  di    litotrizia  ». 

e  Havvi  ancora  una  serie  molto  interessante  di  stromenti 
ostetrici  degna  di  particolare  menzione,  inventati  dal  prof.  Riz- 
zoli di  Bologna  ;  cefalotribo,  forcipe,  forcipi  cranioclasti,  cranio- 
tomo,  tira-piede,  tira-testa,  ecc.,  tutto  V  arsenale  in  una  parola 
dell'  ostetricia.  Inoltre  osservasi  dello  stesso  professore  un  tra- 
eheotomo,  il  quale  sopprime  il  tempo  più  difficile  della  opera- 
zione, semplificando  in  pari  tempo  l' apparecchio  stromentale 
col  rendere  inutile  l'impiego  del  dilatatore  ;  un  percussore  curvo, 
applicabile  nei  casi  di  litotrizia  ». 


6^2 

f  Fanno  bella  mostra  infloe  una  molto  ingegnosa  modifica- 
zione del  compasso  di  Baudelocqae,  del  dott.  Belluzzi  di  Bolo- 
gna, delle  leve  ostetriche  del  prof.  Fabbri,  pure  di  Bologna, 
degli  stromenti  di  litotrizia  del  prof.  Malagodi,  lo  speculnm  del 
prof.  Corradi  di  Firenze  per  la  operazione  delle  fistole  vescico- 
vagìnali,  ecc.  >. 

e  Aggiungiamo  che  i  firatelli  LoUini  ,  di  Bologna ,  furono 
onorati  della  medaglia  d'oro  ». 

Liberi  dalla  gara  degli  strumenti  inglesi  (  i  quali,  si  ignora 
il  perchè ,  mancano  del  tutto  ali*  Esposizione  )  i  francesi  con 
Gharrière  e  Mathieu  hanno  inondato  vittoriosamente  i  compar- 
timenti. Descriverli  o  anche  soltanto  enumerarli  sarebbe  ardua 
e  nello  stesso  tempo  nojosa  cosa  :  è  innegabile  che  brillano  per 
la  novità  e  la  eleganza. 

Altro  nome  e  altra  provenienza  italiana ,  benché  si  possa 
dire  naturalizzato  francese,  si  è  il  napoletano  Galante,  il  quale 
con  una  numerosissima  e  sceltissima  esposizione  di  oggetti  in 
caontcbouc  vulcanizzato ,  ha  veramente  dimostrato  a  quante 
svariate  applicazioni  si  presti  cotesto  trovato,  e  come  possa  so- 
stituirsi a  prodotti  e  sostanze  di  prezzo  molto  più  elevato. 

In  analoghe  produzioni  e  per  eguale  e  forse  maggior  buon 
mercato  sono  a  ricordarsi  i  prodotti,  egualmente  in  caoutchouc 
solidificato ,  di  Leiter  di  Vienna.  Figuratevi  che  una  sciringa 
di  Pravaz  che  costa  da*  20  a*  25  fr.,  si  vende  da  7  ad  8.  Cosi 
ricordiamo  i  modelli  e  gli  apparati  ortopedici  dell*  Istituto  di 
Nuova- York,  gli  apparati  di  Pischel,  prussiano,  per  la  galvano- 
caustica, gli  occhi  artificiali  di  Boissoneau  e  i  denti  della  fab- 
brica di  S.  White  di  Filadelfia  ,  che  sono  incontrastabilmente 
superiori  a  tutti,  compresi  gli  inglesi,  che  non  raggiunsero  mai 
quella  pellucidità,  quella  semi-trasparenza  degli  americani. 

La  chirurgia  militare  si  presenta  all'Esposizione  internazio- 
naie  del  Parco  in  modo  imponente.  La  guerra  americana  vi 
portò  il  maggior  contingente,  e  le  Società  internazionali  di  soc- 
corso pe'  feriti  in  guerra  hanno  posto  in  mostra  tutto  il  loro 
dovizioso  e  filantropico  arsenale.  Qui  non  possiamo  propria- 
mente che  enumerare  di  volo  gii  oggetti  di  servizio  sanitario 
di  campagna,  cioè  quelli  che  servono  a  raccogliere,  trasportare, 
a<iagiare  e  curare  i  feriti.  Quindi  trasporto,  sia  sulle  ferrovie, 


683 

sia  sai  bastimenti,  sia  su  vetture  speciali,  sia  su  barelle  a  ruote, 
sia  a  dorso  di  mulo,  sia  a  mano.  Inoltre  tende,  letti  da  campo, 
stoffe  impermeabili,  cuscini  ad  aria,  utensili  per  la  fabricazio- 
ne  del  ghiaccio,  apparecchi  di  riscaldamento,  apparecchi  idro- 
terapici e  a  vapore,  ecc.  Aggiungi  tavoli  da  operazione  co'loro 
accessori! ,  astucci  di  strumenti  ,  piante  medicinali  compresse  , 
membri  artificiali,  stampelle  d'ogni  foggia  e  misura^  bisaccie, 
sacchi  pegli  infermieri ,  carri  d'  ambulanza  pel  trasporto  del 
materiale.  Citiamo  finalmente  libri^  disegni^  fotografie^  esposte 
sia  sotto  forma  di  biblioteca  di  operette,  sia  per  rappresentare 
il  servigio  di  coloro  che  si  occupano  nel  prestare  volontaria- 
mente V  opera  loro  a  feriti  »  e  i  mezzi  dei  quali  possono  di- 
sporre. 

L' Italia  non  manca  neppure  a  questa  appendice,  o  come  la 
chiamerei ,  episodio  deirEsposizione ,  che  è  appunto  fornita  in 
parte  dal  Ministero  della  guerra,  in  parte,  ed  anzi  per  la  mas- 
sima parte,  dal  Gomitato  di  Soccorso  pe*  feriti,  di  Firenze  e  di 
Milano ,  nonché  da  qualche  privato.  V  ha  la  bibliografia  com- 
posta de'  recenti  lavori  di  Cortese,  Quagliotti,  Commissetti,  Ba- 
roffio,  Bonaventura,  Giudice  ed  altri  ;  del  resoconto  de'  Comitati 
di  Firenze  e  di  Milano  ;  di  un  dizionario  per  l' infermiere  vo- 
lontario in  tempo  di  guerra,  in  lingua  italiana,  francese  e  te- 
desca. Oltre  e  ciò  una  serie  di  basti ,  di  letti  ,  di  bisaccie  ,  di 
barelle,  di  lettighe,  di  brande,  di  vetture,  di  cui  abbiamo  già 
accennato  più  sopra. 

Igiene.  —  L' igiene ,  la  ginnastica  ,  la  farmacologia  sono  , 
come  di  ragione ,  non  indegnamente  rappresentate  nel  palazzo 
deirEsposizione.  Funzionano  ivi  gli  apparati  idroterapici  di  Geor- 
ges Charles  e  di  Muller  che  si  raccomandano  siccome  semplici, 
solidi  e  taluno  ingegnosissimo.  Gli  apparati  ginnastici,  sia  nelle 
loro  naturali  dimensioni,  sia  in  modelli  di  proporzioni  ridotte , 
non  sono  né  molto  varii,  né  gran  fatto  nuovi.  Rispetto  poi  alla 
farmacologia ,  io  non  saprei  come  addentrarmi  in  questa  selva 
di  prodotti  chimici,  se  non  limitandomi  a  notare  due  magnifi- 
che raccolte  di  corteccia  di  china  e  di  varietà  di  oppio  e  suoi 
derivati,  fra  quali  a  me  suonarono  nuovi,  non  so  a  voi,  un'al- 
caloide, la  eriptopina  e  V  acido  ieholattico.  Oltre  a  ciò  è  a  no- 
tarsi una  lunga  e  svariata  serie  di  olii  di  pesile.  Non  vi  parlo 


684 

poi  dalla  infinità  di  sostanze  alimentari  conservate  frasche,  non 
che  estratti  di  carne,  polvere  di  latte ,  di  uova  ,  ecc. ,  quali  si 
ammirano  nella  sezione  inglese  e  americana,  perchè  sarebbe  da 
non  finirla  mai  più. 

Precipuo  argomento  igienico  è  senza  dubbio  la  ventilazione, 
e  qui  ne  abbiamo  una  grande  applicazione  nella  ventilazione 
del  palazzo  medesimo  dell'  Esposizione.  Tale  ventilazione  viene 
mantenuta  da  una  grande  galleria  sotterranea  circolare  con  se- 
dici sotterrenei ,  bonvergenti  dalla  periferia  al  eentro  e  comu- 
nicanti a  mezzo  di  una  infinità  di  pertugi  colla  cinta  del  pa- 
lazzo. L*  aria  è  non  solo  mossa  continuamente  da  una  potente 
locomobile  a  vapore,  ma  viene  eziandio  con  un  polverizzatore 
d' acqua,  saturata  di  quella  quantità  di  umidore,  che  si  addice 
ad  un  ambiente  più  salutare. 

L' igiene  deve  non  solo  e  non  tanto  co'  suoi  perfezionamenti 
rendere  più  agiata  e  salubre  la  dimora  del  ricco,  ma  deve  inol- 
tre e  più  preoccuparsi  deiT  abitazione  del  povero.  Tale  questione 
delle  case  operaje  a  buon  mercato,  fu  studiata  dal  lato  econo- 
mico, politico  e  industriale,  ma  deve  esserlo  altrettanto  dal  lato 
igienico.  L'  aereazione  a  mezzo  di  tubi  nelle  pareti,  ì  pavimenti 
di  tavole,  il  riscaldamento  ottenuto  col  combustibile  necessario 
a  cuocere  gli  alimenti  per  una  famiglia  di  sei  individui  ,  la 
soppressione  di  granajo  o  soffitta ,  che  di  solito  diventano  ìm- 
mondezzai  permanenti  e  nidi  di  insetti  e  di  schifosi  animali,  la 
disposizione  delle  stanze  la  più  opportuna,  ecco  gli  avvedimenti 
igienici  applicati  a  tali  fabbricati.  I  quali  vengono  a  costare  da 
1800  fino  a  5000  fr.  a  seconda  che  sono  o  meno  provveduti  di 
un  tratto  di  terreno  ad  uso  dì  ortaglia.  V  è  già  noto  siccome 

9 

V  operajo  con  una  piccola  aggiunta  al  prezzo  di  affitto,  aggiunta 
non  gravosa  neppure  al  meschino  bilancio  di  un  artiere  ,  può 
diventare  in  una  ventina  d'  anni  proprietario  della  casa  mede- 
sima. Alle  case  della  popolazione  sana  e  labortojsa  stanno  presso 
le  case  pegli  alienati  ;  un  modello  delle  quali  si  ammira  nel 
parco  austriaco,  ed  è  dovuto  ali*  alienista  dott.  Mundy  di  Mo- 
ravia, il  quale  lo  ha  eziandio  corredato  di  più  vasti  piani  e  di 
altri  progetti. 

La  serie  di  lettere  che  voi  vi  attendevate  da  me  sull'Espo- 
sizione,  temo  si  riassumerà  in  quest'  una  sintetica,  comprensiva. 


685 

epilogare,  con  tutto  ciò  di  più  estrattivo  e  di  più  concentrato 
potevate  mai  irnaginare.  D'  altra  parte  ritenete  che  le  minu- 
ziose descrizioni,  per  quanto  esatte ,  non  valgono  un'  occhiata 
sul  luugo  ;  e  io  sarei  stato  ben  lieto  di  avervi  qui  e  servirvi 
di  guida  e  vedervi  ritornare  a  Padova  onusti  di  appunti  e  di 
annotazioni  per  la  vostra  Gazzetta.  Comprendo  però  e  apprezzo 
altamente  i  motivi  pe'  quali  non  volete  abbandonare  il  vostro 
paese  sotto  la  minaccia  di  una  invasione  epidemica.  Ad  ogni 
modo,  forse  che  alla  mia  troppo  sommaria  enumerazione,  sop- 
perirà in  qualche  parte  il  giornale  che  qui  si  pubblica  col  titolo 
Vltalia  alla  Esposizione  Universale  di  Parigi ,  e  che  dal  primo 
fascicolo  promette  molto  e,  lasciatemelo  dire,  troppo  bene  di  sé. 
Lodo,  commendo  e  approvo  la  diligenza,  la  venustà,  la  finitez- 
za, il  lusso  di  questo  primo  fascicolo,  ma  ahimè  !  tutto  ciò  non 
lo  compenserà  di  giungere  tardo  e  di  tardamente  procedere  ; 
sicché  TEsposizione  ,  temo,  si  chiuderà  e  la  pubblicazione  non 
sarà  ancora  a  mezzo.  Rimarrà,  si  dice,  rimarrà  documento  e 
monumento  di  quanto  T  Italia,  appena  risorta,  potè  presentare 
ad  un*  Esposizione  mondiale.  Ma  di  quanto  non  sarà  allora  sce- 
mato il  nu(nero  dei  lettori  e  la  voga  del  giornale  ?  Ma  di  ciò 
basti,  e  voi  e  i  lettori  vostri  compatitemi  per  ciò  che  promisi 
e  non  attenni,  e  per  ciò  che,  non  chiamato ,  sciorinai  su  que- 
st'  ultimo  argomento.  Addio.  (  Gazz,  Med,  It,  Prov.  Venete , 
N.»  34  del  1867  ).  Vostro  aff.  G. 


BIBLIOGRAFIA  MEDICO -CHIRURGICA  ITALIANA. 


A 


NNALi  Frenopatici  ITALIANI.  Giornale  del  R.  Manicomio  di 
Aversa  e  della  Società  frenopatica  italiana,  diretti  dal  dott. 
cav.  B.  G.  Miraglia.  Voi.  IV.  Anno  IV.  Aversa,  1866;  1  voi. 
in-8.®  di  pag.  177  con  tav. 

Annuario  Statistico  o  Calendario  generale  dell'Isola  di  Sarde- 
gna per  Tanno  1866.  Cagliari,  1867;  1  voi.  di  pag.  326, 
con  tav. 

Barzanò  Luigi.  La  teoria  del  dott.  Frommhold  sulla  cura  de- 
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pag.  8.  (Dalla  «  Gazz.  med.  It.  Lomb.  »). 

Bertazzi  Gallicano.  Analisi  dell'  acqua  salino-termale  del  Masino 
in  Valtellina,  con  pratiche  osservazioni  del  prof.  cay.  Carlo 
Cotta.  Milano,  1864;  op.  di  pag.  32. 

Bilanci  Consuntivi  1864  e  1865  degli  Istituti  Ospitalieri  di  Mi- 
lano. Milano,  1867;  in-4.®  gr.  di  pag.  155. 

BoROHETTi  Carlo.  Le  acque  ferruginose  di  Pejo  nel  Tirolo  Ita- 
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686 

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Cantani  prof.  Arnaldo»  Istitazìoni  di  materia  medica  e  tera- 
peutica basate  specialmente  sai  recenti  progressi  della  fi- 
siologia e  della  clinica.  Trattato  pratico  ad  nso  dei  medici 
esercenti,  dei  farmacisti  e  degli  studenti.  Milano ,  1867.  In 
corso  di  associaz.  presso  il  dott.  Francesco  Vallardi ,  tipo- 
grafo-editore. L*  opera  consterà  di  1  voi,  in-8.*  massimo  di 
circa  1000  a  1200  pag.  Si  pubblica  per  disp.  di  pag.  48, 
al  prezzo  di  it.  L.  1  ciascuna.  —  Esci  te  finora  disp.  13. 

Casella,  cav.  Giuseppe.  La  fonte  acidulo-marziale  alcalina  di 
Santa  C»terina  in  vai  Furvia  sopra  Bormio.  Milano,  1867, 
1  voi.  di  pag.  155  ,  con  carte  geografiche  e  veduta  dello 
stabilimento. 

Castoldi  cav.  Ezio.  Relazione  del  trattamento  fatto  nel  1866 
coi  bagni  marini  in  Voitrì  degli  scrofolosi  di  Milano.  Milano, 
1867  ;  op.  di  pag.  31. 

Giornale  di  Elettroterapia  ,  compilato  dal  dottore  Giuliano 
Manca^  insegnante  libero  di  elettroterapia  nel  R.  Istituto  di 
studii  superiori  pratici  e  di  perfezionamento  in  Firenze.  Fi- 
renze, 1867.  Anno  1.®,  si  pubblica  ogni  tre  mesi.  L*associaz. 
è  obbligatoria  per  un  anno,  al  prezzo  di  it.  L.  10,  e  si  ri- 
ceve presso  il  compilatore.  Piazza  Pitti,  N.^  13. 

GiRARDiN.  Lezioni  di  chimica  elementare  applicata  alle  arti 
industriali,  recate  in  italiano  dai  farmacisti  A.  Gibertini 
e  C.  AsPERTL  Opera  illustrata  da  700  figure  incise  e  da 
molte  altre  colorate.  Parma,  1867.  In  corso  di  associa- 
zione. L'opera  consterà  di  4  voi.  in  8.®  gr.  di  600  pag. 
circa  ciascuno  divisi  in  20  disp.  al  prezzo  di  L.  1.  50  per 
ogni  dispensa.  Le  associazioni  si  ricevono  in  Parma  presso 
i  traduttori,  ed  anche  alla  tipografia  Cavour. 

Il  Regio  Istituto  Tecnico  di  Milano.  Notizie  e  Dati  raccolti 
dal  Consiglio  dei  professori  per  la  Esposizione  Universale 
che  si  terrà  in  Parigi  Tanno  1867.  Milano,  1867;  1  voi.  di 
pag.  128  con  tav. 

Inzani  G.  Compendio  d'anatomia  descrittiva;  2  voi.  di  circa  800 
pag.  in  8.®  gr.  con  atlante  di  30  tavole.  Parma  ,  1866-67. 
Vendibile  in  Milano  presso  la  Società  Editrice  degli  Annali 
Universali,  in  Galleria  De  Cristoforis,  al  prezzo  di  it.  L.23.  50. 

La  Salute.  Giornale  d' Igiene  popolare  e  di  altre  cognizioni 
utili  >  compilato  e  diretto  dal  dott.  prof.  Giovanni  Du  Jar- 
din.  Anno  III.  Genova  ,  1867.  Si  pubblica  in  16  pag.  tutte 
le  domeniche.  Il  prezzo  d'assoc.  pel  Regno  d'Italia  è  di  an- 
nue L.  5  anticipate.  L'associazione  comincia  col  mese  di  set- 
tembre ed  è  obbligatoria  per  un  .anno. 


-^p> 


687 

Pétreqin.  Dell*  uso  terapeutico  dei  lattati  alcalini  nelle  malat- 
tie funzionali  dell*  apparecchio  digestivo,  2.*  ediz.  con  nota 
supplementare  sul  lattato  doppio  di  soda  e  di  magnesia. 
Parigi,  1867;  op.  di  pag.  28. 

PfiRUZZi  Domenico:  Storia  di  una  lussazione  traumatica  doppia 
del  piede  sinistro  peroneo-tibio-tarsea  ali*  infuori  e  medio- 
tarsea  inferiore;  cura  ed  esito;  deduzioni  nosografìche  ed 
eziologiche.  Bologna  ,  1867  ;  op.  di  pag.  16  con  fig.  (  Dal 
<r  Bollettino  delle  scienze  mediche  di  Bologna  »  ). 

Petrilli  Raffaele,  Rapido  cenno  sulla  clinica  oftalmica  della  R. 
Univ.  di  Napoli  diretta  dal  prof.  Raffaele  Castorani.  Na- 
poli, 1867;  op.  di  pag.  23.  (Dalla   a  Riforma  Clinica  »). 

Rapporto  sulle  misure  preventive  e  preservative  del  cholera 
asiatico  nella  prov.  Cremonese,  proposte,  discusse  ed  appro- 
vate dal  Comitato  medico  Cremonese  nella  seduta  straordi- 
naria del  20  aprile  1867.  Cremona,  1867  ;  op.  di  pag.  24. 

Regolamento  per  le  Case  di  soccorso  e  di  Contumacia  ed  Istru- 
zione Popolare  in  tempo  del  cholera-morbus,  con  note  di  un 
membro  della  Commissione  Municipale  di  Sanità  in  Cremona, 
op.  di  pag.  72.  Cremona,  1867. 

Relazione  al  Senatore  conte  Cambray-Digny ,  sindaco  di  Fi- 
renze, sulla  scelta  di  località  atta  ad  una  necropoli  generale. 
Firenze,  1867;  op.  di  pag.  8. 

Ricordi  Amilcare.  Nuovo  apparecchio  per  le  injezioni  intra- 
uterine. Milano,  1867;  op.  di  pag  12  con  fig.  (Dal  «  Giorn. 
it.  delle  malattie  veneree  e  delle  mal.  della  pelle  »). 

RisiGA  Giuseppe*  Caso  di  medicina  operatoria.  Ferrara,  1867; 
op.  di  pag.  23. 

Rivista  Farmaceutica  Italiana.  Questa  effemeride ,  diretta  dal 
cav.  dott.  Michele  Bancheri,  riprende  le  sue  regolari  pub- 
blicazioni ,  interrotte  da  un  anno  e  più  per  questioni  in- 
sorte fra  il  proprietario  e  gli  editori.  Esce  in  due  dispense 
mensili,  al  prezzo  di  it.  L.  10  per  un  anno  ossia  per  24 
fascicoli.  È  r  organo  ufficiale  della  associazione  generale  dei 
farmacisti  italiani.  Dirigersi  in  Genova,  Tipografia  Sociale, 
Stradone  S.  Agostino,  N.^  22. 

Rizzoli  prof.  comm.  Francesco.  Della  compressione  e  di  altri 
mezzi  chirurgici  adoperati  nella  cura  di  varii  aneurismi 
esterni  nel  corso  di  oltre  30  anni.  Bologna,  1867  ;  Memoria 
di  pag.  85.  (Dal  3  Bollettino  delle  scienze  mediche  di  Bo- 
logna »  ). 

Rizzoli  prof.  comm.  Francesco.  Intorno  ad  un  enorme  calcolo 
vescicale  avente  per  nucleo  alcune  ossa  fetali  ed  a  due  mo- 
struosità per  inclusione,    in  cui    l'individuo    ceppo  si  potè 


6S8 

porre  in  coudizioni  normali.  Bologna,  1867;  op.  di  pag.  28 
con  flg.  (Dalle  e  Memorie  dell'Accad.  delle  scienze  dell' Jst. 
di  Bologna  »). 

Rizzoli  prof.  comm.  Francesco.  Uretrooisi  interna  negli  ottura- 
menti del  canale  uretrale.  Bologna,  1867;  Memoria  di  pag.  38. 
(  Dal  e  Bollettino  delle  scienze  mediche  di  Bologna  »  ). 

Santanerà  Venanzio,  La  cura  lattea.  Torino,  1867;  op.  di 
pag.  36. 

SoNSiNO  Prospero,  Di  un  nuovo  metodo  di  praticare  la  respira- 
zione artificiale  consigliato  dal  prof.  Filippo  Pacini.  Firenze, 
1867  ;  op.  di  pag.  8.  (  Dall'  e  Imparziale  »  ). 

Taruffi  prof.  Cesare,  Compendio  di  anatomia  patologica  gene- 
rale, compilato  per  cura  del  dott.  Cesare  Trebbi.  Bologna , 
1867.  In  corso  di  pubbliòaz.  Vendibile  presso  Marsigli  e 
Rocchi. 

ToMMASi  Corrado.  Il  cholera  di  Palermo  nel  1866.  Relazione. 
Palermo,  1867,  in  fol.  di  pag.  32  con  tav. 

Vecchietti  Edoardo,  Sulla  corea.  Bologna ,  1867  ;  Memoria  di 
pag.  88.  (  Dal  e  Bollettino  delle  scienze  mediche  di  Bolo- 
gna »  ). 


ERRATA  CORRIGE 

Fascicolo  di  liOsHo. 

Pag.  96,  Un.  24     Diagnoei  Diagnosi 

»     97     »  23-24  fianco  dell'ammalato      fianco  destro  dell'am- 
malato 
»    105     »     11     nel  novembre  nel  1.*  novembre 

»    116     >       6     della  delle 

•    120     »       4     larghe  lunghe 

Fosoloolo  di  Asosto. 

Pag.  398,  Un.  27  e  28  Morehaed  Morehead 

B     399     »     32        Lordshif  Lordship. 


Il  Direttore  e  Gerente  responsabile 
Dott.  Romolo  Griffini. 


689 


I  nr  D  I  €  e 

DBLLB    MATBRIB     CONTBIVUTB    llf     QUB8T0     YOLUKB. 


§  f  •  Memorie  ed  Osscrvaslonl  orl||;lnall. 


B 


OTTiNi.  Saggi  clinici  di  medicina  operativa .     .     .    pag.      3 
Cisti  ovarica    plurilocolare   sinistra.  -^  Estirpazione  in- 
completa. —  Morte  dopo  20  ore.  —  Autossia  .     .     »     11 
Monociste  ovarica  proligera.  -^  Estirpazione  completa.  — 
Morte  in  4."  giornata  per  peritonite  violenta      .     •     »     18 
Svuotamento  dello  sterno  per  estrazione  di  palla  da  mo- 
schetto. — :  Rigenerazione  ossea .     »     28 

Gastati.  Prospetto  clinico  della  R.  Scuola  di  ostetricia  in 
Milano   diretta  dal   prof.  Pietro   Lazzati ,   per   V  anno 

1866 , »  288 

Cavagnis.  Ricerche  sperimentali  intorno  ali,'  azione  della 
temperatura ,  dei  narcotici  e  dei  senapismi  sulla  sen- 
sibilità tattile »  268 

Db  Vita.  Breve  istoria  di  una   frattura   della  tibia  di  5 
mesi  data,  mal  commessa  e  non  bene  consolidata,  gua- 
rita con  la  riduzione  graduata  e  con  la  pressione  di- 
retta sul  frammento  superiore  spòrto  in  fuori  .     .     »  503 
FkRRmi.  Due  casi  d' infezione  purulenta  guariti  coi  solfiti 

—  Lettera  al  comm.  Giacomo  Castelnuovo  ...  j»  34 
Griffini.  Rapporto  della  Commissione  incaricata  di  stu- 
diare il  Piano  Organico  dei  Mauicomii  provinciali,  per 
deliberazione  del  Consiglio  Provinciale  di  Milano;  pre- 
sentato alia  Onorevole  Deputazione  ed  al  Consiglio 
Provinciale  nella  sessione  ordinaria  del  1867    .     .    »  450 

Larghi.  Osservazioni  chirurgiche »     83 ,  465 

Mantboazza.  Dell'innesto  e  delia  galvanizzazione  del  ven- 

tricolo.     . •  262 

44 


f^ 


C90 

Renier.  Studj  medici  sulle  f  bbri.  —  Sezione  IV,  da  Brown 
sino  a  noi.  —  Continuazione pag.  510 

Rossi.  Osservazioni  raccolte  sopra  tre  costituzioni  atmosfe- 
riche morbose  durante  il  corso  della  sua  carriera  pra- 
tica       »     53 ,  346 

Tbdoldi.  Sui  forcipe  asimmetrico  o  retro-forcipe  di  Hamon. 

Relazione  al  Gomitato  medico  di  Casalmaggiore    .     »  241 

§  2.  Analisi   di  Opere,    DlfmertaslonK 
Atti  di   A€€iidenile«  ecc. 

BENNBtT»  The  ReBtoraiiife  Treatment  of  Pneumoniaé  — 
La  cura  ristorante  della  polmonia.  —  Traduzione  del 

dott.  C.  Tamburini »  597 

Bibliografia  medico-chirurgica  italiana    ....     »  462 ,  685 
Òircoiare  ai  signori  Prefetti  del  Regno  intorno  alla  meda- 
glia ai  benemeriti  della  pubblica  salute   «...     »  673 

Cronaca  —  dei  Compilatore »  230 

Disinfezioni  proposte  nel  cholura  dal  Direttorio  dall*  assi- 
stenza pubblica  di  Parigi,  di  concerto  colla  Direzione 

delle  farmacie  degli  Spedali »  225 

Errata-Corrige »  240,  688 

Haltbnhqff.  De  la  Périaàtite ,  ete.  —  Della  periostite  e 
della  necrosi  fosforica.  —  Estratto  del  dott.  Cesare  Fu- 
magalli      »  441 

La  medicina  all'  Esposizione  universale  di  Parigi    .     .     »  677 
Oehl.  Manuale  di  fisiologia.  <^--  Annunzio  bibliografico      »  228 
Opinioni  di  illustri  autori  stranieri  intorno  al  oholera     »  39» 
Ottavo  Rapporto   deli'  Autorità    medica  del  Consiglio  di 
Gabinetto.  —  Rapporto  del  Comitato  del   cfaolera    del 
Collegio  Reale  di  Londra;  con  istruzioni  pei  Capitani 
di  navi  mercantili.  —  ParkVn.  La  cura  antidotale  del 
cholera   epidemico.  —  Johnson.    Diarrea   epidemica  e 
eholera;    loro  natura  e  cura.  —  Billinq.    Sulla    cura 
del  cholera  asiatico.  -^  Barlow.  Osservazioni  sulla  pa- 
tologia del  cholera.  -—  Una  visita  ad  Amiens  per  os- 
servarvi il  cholera.  —  Tod.    Semplice   spiegazione  del 
eholera  e  modo-  razionale  di  curarlo^  —  McGov^tan.  Ma- 


•*~? 


691 

larià,  causa  comune  del  cholera,  della  febbre  intermit- 
tente ed  affini.  —  Lezioni  cliniche  e  rapporti  del  per- 
sonale medico-chirurgico  del  London  Hospital.  —  Scritti 
varj  sul  cholera  nei  giornali  medici.  —  Discussione 
che  ebbe  luogo  nell'  Harveian  Società  medica  di  Lon- 
dra sul  cholera.  ^-  Beale.  Ricerche  microscopiche  sul 
cholera.  —  Rapporto  d<iir  Ufficio  statistico  e  Lettera 
del  Prof.  Frankland.  ^^  Memorandum  officiale  dell' Au- 
torità medica  del  Consiglio  di  (Gabinetto,  lugUo,  1866. 
^-  GooDEVE.  Sulla  conferenza  sanitaria  internazionale 
e  sul  preservamento  dell'Europa  dal  cholera.  Memoria 
letta  alla  Società  epidemiologica.  -—  Bordier.  Il  cho- 
lera epidemico.  «^  Glaisheb  e  Rolleston.  Memorie  sul 
cholera.  —  Shapter.  Misure  sanitarie  e  loro  risultati. 

—  Peters.  Trattato  sul  cholera  asiatico.  —  Stone.  Il 
cholera  e  cura  di  esso.  -^  Rapporti  statistici,  «anitarj 
e  medici  del  Dipartimento  medico  militare.  -—  Oamps. 
Cholera  epidemico  e  diarrea  epidemica;  queste  malat- 
tie si  possono  prevenire?  —  Haughton.  Ricerca  scien- 
tifica su  alcune  cause  che  si  ritengono  produttriM  del 
ehòlera  asiatico.  —  Blacklock.  Il  vajttolo  ed  il  vac- 
cino proteggono  dal  cholera  asiatico?  —  Tugker.  Sag- 
gio isulla  natura  e  sulla  cura  del  cholera,  della  febbre 
e  della'  peste  bovina,  e  sulla  salute  pubblica.  —  CoR- 
RiGAN.  Carta  del  cholera  in  Irlanda,  con  osservazioni. 

—  Crisp.  Sul  cholera  maligno.  —  Sansom.  Il  cholera 
fbrmato  a  prevenuto.  —  Chapman.  Diarrea  e  cholera. 
KiNOSFORD.  Nuova  teoria  sul  cholera.  —  Cura  mecca- 
nica' del  cho^e^a.  —  Morehead.  Note  sul  cholera.  — * 
CocEXE.  Pensieri  sulle  attuali  teorie  del  periodo  del 
cholera.  —  Cockle.  LMnfluenza  delle  scariche  e  della 
scossa  nervosa  sul  collasso  del  cholera.  —  flomasER- 
OER.  Il  cholera  ;  causa  e  cura  infallibile  di  esso. 

PucciNOTTi.  Storia  della  medicina.  —  Esame  critico  del  prof. 

Alfonso  Corradi pag.  151 

Rivista  idrologica  —  del  dott.  Plinio  Schivardi      .     .     »  173 
Arsene.  Relazione  fatta  al  Municipio  di  S.  Vincent  (Ao- 
sta) intorno  all'acqua  minerale  acidulo-ferruginosa  a 


.•  -5  ,  '  <f     jy     ^-   <^     **■    ^' 


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