Google
This is a digitai copy of a book that was prcscrvod for gcncrations on library shclvcs bcforc it was carcfully scannod by Google as pari of a project
to make the world's books discoverablc online.
It has survived long enough for the copyright to expire and the book to enter the public domain. A public domain book is one that was never subjcct
to copyright or whose legai copyright terni has expired. Whether a book is in the public domain may vary country to country. Public domain books
are our gateways to the past, representing a wealth of history, culture and knowledge that's often difficult to discover.
Marks, notations and other maiginalia present in the originai volume will appear in this file - a reminder of this book's long journcy from the
publisher to a library and finally to you.
Usage guidelines
Google is proud to partner with librarìes to digitize public domain materials and make them widely accessible. Public domain books belong to the
public and we are merely their custodians. Nevertheless, this work is expensive, so in order to keep providing this resource, we have taken steps to
prcvcnt abuse by commercial parties, including placing lechnical restrictions on automated querying.
We also ask that you:
+ Make non-C ommercial use ofthefiles We designed Google Book Search for use by individuals, and we request that you use these files for
personal, non-commerci al purposes.
+ Refrain fivm automated querying Do noi send aulomated queries of any sort to Google's system: If you are conducting research on machine
translation, optical character recognition or other areas where access to a laige amount of text is helpful, please contact us. We encouragc the
use of public domain materials for these purposes and may be able to help.
+ Maintain attributionTht GoogX'S "watermark" you see on each file is essential for informingpcoplcabout this project and helping them lind
additional materials through Google Book Search. Please do not remove it.
+ Keep it legai Whatever your use, remember that you are lesponsible for ensuring that what you are doing is legai. Do not assume that just
because we believe a book is in the public domain for users in the United States, that the work is also in the public domain for users in other
countiies. Whether a book is stili in copyright varies from country to country, and we cani offer guidance on whether any specific use of
any specific book is allowed. Please do not assume that a book's appearance in Google Book Search means it can be used in any manner
anywhere in the world. Copyright infringement liabili^ can be quite severe.
About Google Book Search
Google's mission is to organize the world's information and to make it universally accessible and useful. Google Book Search helps rcaders
discover the world's books while helping authors and publishers reach new audiences. You can search through the full icxi of this book on the web
at|http: //books. google .com/l
Google
Informazioni su questo libro
Si tratta della copia digitale di un libro che per generazioni è stato conservata negli scaffali di una biblioteca prima di essere digitalizzato da Google
nell'ambito del progetto volto a rendere disponibili online i libri di tutto il mondo.
Ha sopravvissuto abbastanza per non essere piti protetto dai diritti di copyriglit e diventare di pubblico dominio. Un libro di pubblico dominio è
un libro clie non è mai stato protetto dal copyriglit o i cui termini legali di copyright sono scaduti. La classificazione di un libro come di pubblico
dominio può variare da paese a paese. I libri di pubblico dominio sono l'anello di congiunzione con il passato, rappresentano un patrimonio storico,
culturale e di conoscenza spesso difficile da scoprire.
Commenti, note e altre annotazioni a margine presenti nel volume originale compariranno in questo file, come testimonianza del lungo viaggio
percorso dal libro, dall'editore originale alla biblioteca, per giungere fino a te.
Linee guide per l'utilizzo
Google è orgoglioso di essere il partner delle biblioteche per digitalizzare i materiali di pubblico dominio e renderli universalmente disponibili.
I libri di pubblico dominio appartengono al pubblico e noi ne siamo solamente i custodi. Tuttavia questo lavoro è oneroso, pertanto, per poter
continuare ad offrire questo servizio abbiamo preso alcune iniziative per impedire l'utilizzo illecito da parte di soggetti commerciali, compresa
l'imposizione di restrizioni sull'invio di query automatizzate.
Inoltre ti chiediamo di:
+ Non fare un uso commerciale di questi file Abbiamo concepito Googìc Ricerca Liba per l'uso da parte dei singoli utenti privati e ti chiediamo
di utilizzare questi file per uso personale e non a fini commerciali.
+ Non inviare query auiomaiizzaie Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo della
traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti
invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l'uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto.
+ Conserva la filigrana La "filigrana" (watermark) di Google che compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo progetto
e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca Libri. Non rimuoverla.
+ Fanne un uso legale Indipendentemente dall'udlizzo che ne farai, ricordati che è tua responsabilità accertati di fame un uso l^ale. Non
dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di
altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un
determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può
essere utilizzato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le violazioni del copyright possono essere molto severe.
Informazioni su Google Ricerca Libri
La missione di Google è oiganizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e finibili. Google Ricerca Libri aiuta
i lettori a scoprire i libri di tutto il mondo e consente ad autori ed editori di raggiungere un pubblico più ampio. Puoi effettuare una ricerca sul Web
nell'intero testo di questo libro dalhttp: //books. google, comi
^^^^OB A 3 9015 2 ■■■
]r^ ^>'X
Y"
r
f
*
/7
0
\
\
_ -■*■-»■' 1XW.A
I
ANNO ss;
ANNALI UNIVERSALI
DI'
MEDICINA
FONDATI DAL DOTTORE ANNIBALE OMODEI
CONTINUATI E . DIRETTI DAL DOTTORE .
ROMOLO GRIFFINI*
GAY. DEL R. ORD. MAURIZIANO E DELLA LEQ. D' ONORE ; MEMBRO
DEL CONSIGLIO DEGLI ORFANOTROFI E LL. PP. ANNESSI; MEM-
BRO DELLA COMMISSIONE ESECUTIVA DELLA ASSOCIAZIONE MEDICA
ITALIANA ; MEDICO PRIMARIO PRESSO L' OSPEDALE MAGGIORE DI
MILANO; DIRETTORE F. F. DELLA PIA CASA DEGLI ESPOSTI E DELLE
PARTORIENTI A S. CATERINA ALLA RUOTA; SOCIO DI VARIE ACCA-
DEBflE NAZIONALI ED ESTERE.
1867.
Volume COI.
SERIE QUARTA. VOL. LXV.
Luglio, Agosto e Settembre 1867.
MILANO
PRESSO LA SOCIETÀ PER LA PUBBLICAZIONE DEGLI ANNALI UNIVERSALI
DELLE SCIENZE E DELL* INDUSTRIA
Nella Galleria De- Cristo foris
1867.
^
fi
(
^ttmmÉméàm^mi^mm^
9
h
AMALI UNIVERSALI DI lEDMINA
VoL. CCI. — Fa8c. 601. — LvQUO 1867.
Seffiri cliiilel di medleliia operati va ijp^r BOTTIMI
dott. BiiBico« chirurgo capo operatore e profes--
sore cT ostetricia presso lo Spedale Maggiore della
Carità in Novara. ( Continuazione della pag. 319
del voi. 200, fase, di maggio e giugno 1867, e Fine ).
JLa esportazione di un tumore ovarico colle proprie ap-
pendici è senza dubbio una delle più audaci e formidabili
imprese terapeutiche. Uomini eccelsi per sapere ed intra«
prendimento non si peritarono nel chiamare la ovariotO'-
mia un folle e temerario esperimento. Morgagni, Saba-
tier, Dupujtren e Cooper si pronunziarono senza reticenze
di simile avviso, né fa difetto oggigiorno^ l'autorità di
nomi per biasimarla, per lo che sia per la diflScoltà del
diagnostico, ovvero pei pericoli cui espone, fatto è che
pochi ebbero l'ardire di assumersi la risponsabilità dei-
Tatto. Solo i chirurghi inglesi poco curanti delFostraci-
smo, cui sembrava rilegata la ovariotomia, colla perti-
nacia di propositi propria della loro razza, ripresero il
tema abbandonato dai loro avi, lo coltivarono con mira-
ci bile ardore, fino a presentarlo fornito dell* aur^o^a del
l> ; successo. Nò tardarono le prove a convincere, solennemente
che a guisa delle altre ardite imprese, cui si onora 1* arte
' nostra, la ovariotomia aveva pien diritto di sedere fra le
legittime operazioni.
395885
4
Ed invero Nélaton , Koeberlé , Verneuil , Courty in
Francia, Krassówsky in Russia, Tracy nell'Australia,
Montet in Svizzera , Mootooswmy Moodelly nelle Indie ,
riprodussero al naturale i fatti incredibili ^ nari*ati da Ba-
ker-Brown, Clay di Manchester, Tyler Smith, Keith,
Spencer Well e Bryant. Ed i risultamenti favorevoli,ìungi
dallo sgomentare per la loro eccessiva parsimonia, furono
per converso quelli che meglio convinsero col loro facile
eloquio. Valga a comprovare una simile aflFermazione la
seguente statistica tolta dall'opera di Churchill (« Disea-
ses of Women »).
1.** Clay (di Manchester) fino all'agosto 1863 aveva
eseguite 105 ovariotomie ottenendo 72 guarigioni perfette.
2.® Courty verso la medesima epoca annoverava 22
successi sovra 50 operate.
3.*^ Tyler Smith fino allo scorcio del 1864 sovra 21
ovariotomie riportava 16 guarigioni complete:
4.^ Bird al 1860 sovra 12 estirpazioni complete di tu-
mori ò varici, segnava 8 risultati favorevoli.
5.^ Keith al 1863 sovra 9 operazioni di ovariotomia
deplorava soltanto 3 casi di morte.
6.^ Spencer Wells al 30 novembre 1864 aveva prati-
cate 114 estrazioni complete di tumori ovarici, ottenendo
76 guarigioni e 38 esiti funesti.
7.** Koeberlé, che spinse l'audacia alla temerità, reci-
dendo la intera porzione sovra vaginale dell' utero, le due
ovaja ; non che un tumore fibroso endo-addominale del
peso di 7 chilogrammi con esito felice , al 1 864 avea
praticate 12 ovariotomie , lamentando tre soli rovesci.
L'ardito chirurgo di Strasburgo nella Memoria pubbli-
cata a cotesto riguardo (« De l'ovariotomie ». Paris
1865) riferisce ad una ad una tutte le osservazioni, cor-
redandole de' maggiori particolari , e per fermo scor-
rendo le medesime si rimane meravigliati della moderata
reazione che tenne dietro ai casi felici, uso come è Kfte-
5
berle a sparare il ventre dalla appendice ensiforme al
pube, in modo da aprire la cavità addominale come si
dischiudono le persiane di una finestra.
8.^ A quanto aflFerma Herrera Vegas, Nélaton a buona
parte del 1864 aveva di già eseguito 8 operazioni di ova-
riotomia, con 4 risultati favorevoli.
9.** Bryant nel « Lancet », 19 gennajo 1867, rapporta
7 osservazioni particolareggiate di ovariotomie da esso
lui eseguite, ottenendo 6 guarigioni compiute, ed 1 solo
rovescio.
In faccia ad una statistica cotanto eloquente, non ab-
biamo altro dilemma a proporre: od accettare per vere le
cifre sovra esposte, ed in tal caso la ovariotomia non ri-
chiede alcuna altra argomentazione per essere accetta ,
ovvero rifiutare la veridicità dei fatti sovra esposti, ed
allora rovesciare d' un colpo la base sovra cui la mede-
sima si eleva.
Convengo io pure che non tutte le operazioni fu-
neste saranno state consegnate, epperò la statistica può
essere infedele nelle proporzioni, d'onde uno squilibrio fra
i risultati favorevoli e gli infausti; ma ciò non scema di
un atomo l'effettivo dei successi ottenuti.
Vorremo noi discendere privi di prove contradditorie
ad oppugnare la onestà e la fede di chi produsse simili
osservazioni? È conforme al vero che uomini preclari per
dottrina e fama si sieno vergognosamente da più punti
del globo stretti a patto segreto per celebrare un as-
surdo? Con qual diritto potremo poi appoggiati a pochi
esperimenti infruttuosi imporre l' insuccesso ad altri che
già annoverano centinaja di casi volti a bene? Sarebbe
boriosa arroganza ed un inconsulto vandalismo operato
nel patrimonio della osservazione, che è quanto di me-
glio esatto ci rimane nella tradizione delle nostre di-
scipline.
Non niego che ove si trattasse di un argomento te-
6
rapeutico che avesse operati miracoli, puta il caso con-
tro il cholera, la epilessia, 1* idrofobia, potremmo di-
scutere se i tali 0 tal* altri casi erano davvero pretto
cholera , epilessia, od idrofobia conclamata. La semiot-
tica è cosi elastica, che solo nell* esagerare anche di poco
la fenomenia morbosa, si può generare e travedere un
diverso fatto patologico.
Nella fattispecie però 1* abbaglio non può avere co-
tale scaturigine, perocché trattasi in ogni caso di fatti
concreti ed uniformi neir essenza, vale a dire, tutte
le donne operate di ovariotomia subirono il fendimento
del ventre, e l'esportazione d*un tumore o varice dal me-
desimo, loccbò costituisce il momento causale della mag-«
giore gravità, ed il solo che possa animare delle contro^
versie. Sarebbe uno specioso argomento invocare come un
privilegio il clima, la topografia, la costituzione fisica, ecc. ,
quantochè vediamo la ovariotomia riescire colla stessa fa-
cilità tanto sulle sponde del Tamigi, che sulle rive della
Senna e del Reno. Solo allorquando noi avremo raccolto
un numero rilevante di osservazioni infruttuose, saremo
autorizzati i^d ammettere, che T ovariotomia , mentre ha
pien diritto di sedere nei fasti della medicina operatoria ,
in Italia soltanto non è eseguibile, opponendosi al buon
andamento della medesima, cause a noi sconosciute nella
loro essenza ma di certo insite in cotesta contrada.
Ecco, a mio avviso, dove ci devono condurre, oltre-
ché un savio apprezzamento « la logica ed il rispetto ai
nostri confratelli d' oltre Alpe e d' oltremare.
Insistetti ad arte isulla attendibilità dei risultamenti
pòrti dair ovariotomia , onde invogliare i chirurghi ita-
liani ad essere più proni neir esperire una risorsa tera-
peutica, che mentre torna di molto lustro all'arte no-
stra, riesce di inapprezzabile vantaggio all'umanità, nel
combattere un' affezione, contro cui poco prima eravamo
pienamente disarmati.
7
La letteratura ginecologica di questi, ultimi anni è
feracissima di nozioni particolareggiate sovra cotesto ar-
gomento, il perchè disquisire sovra il medesimo sarebbe
ritrarre con pallide tinte, quanto già è notato a tale ri-
guardo; soltanto vorrei muovere un quesito, non ben
sciolto dagli ovariotomisti, vale a dire, se noi dobbiamo
operare tutti i tumori ovarici di qualsiasi mole dessi
sieno 1
Scorrendo le osservazioni di Koeberlé , Baker-Brown ,
Spencer Well , scorgesi che i medesimi hanno operate ci-
sti ovariche contenti un solo o due litri di liquido. Ba-
ker-Brown dappoi ne operò una semplice con entro 700
grammi di siero, senza che dalla narrazione d'ogni sin-
golo caso emerga quali gravi fenomeni morbosi, tali
neo-produzioni abbiano suscitato.
Il volume della cisti e le molestie che dessa accagio-
na non sono, a mio avviso, epifenomeni di poco momen-
to, ma per converso l'indice fedele sovra cui dobbiamo
dirizzare la nostra condotta, poiché sono fortemente com-
preso che l'amore dell'arte non ci debba ottenebrare al
punto da sparare il ventre ad ogni donna affetta da in-
significante tumore óvarico. La bara cadaverica apprende
ben di sovente come tali cisti si possano trovare, non
dirò nelle ovaja, ma nei reni, nel fegato, nei polmoni,
organi , la cui importanza fisiologica è di gran lunga mag-
giore, senza che cotesto neoproduzioni abbiano dato in
vita il menomo sentore di loro presenza. Laonde sarebbe
più che riprovevole quel chirurgo , che si peritasse ad
esporre tanto da vicino i giorni d'una donna, per libe-
rarla da un neoplasma , dalla economia tollerato o con
indifferenza, ovvero con pochi disagi. Il precetto formu-
lato dai recenti progressi dell'anatomia patologica, che si
abbia a demolire ogni neoproduzione anche d' indole la
più innocente « quanto che costituisce una minaccia al-
l'organismo, si per le offese che può muovere agli organi
8
limitrofi, che per le perniciose metamorfosi cui può an-
dar soggetta, non regge nelle fattispecie, dappoiché non
trattasi di escidere un bitprzoletto cutaneo od un cistoma^
inserto sovra V apparato tegumentale, ma di aprire V ad-
dome arrecando con questa sola lesione uno dei più gravi
attentati air esistenza. AfSnchè 1* idrovario abbia a richie-
dere una misura cotanto grave, bisogna che risvegli tali
fenomeni da rendere intollerabile od impossibile il pro-
seguimento della vita.
Ordinariamente i tumori che promuovono tali noci-
menti, sono quelli di maggior mole, sia per la compres-
sione che esercitano sovra gli organi capiti nel cavo ad-
dominale, e talvolta anche in quelli contenuti nel tora-
cico, non che per la eccessiva perdita di sostanze albumi-
noidi. Comprendo benissimo che invocata a questi estremi
la ovariotomia, si otterranno forse risultamenti nelle pro-
porzioni meno lusinghieri , non pertanto essa cesserà di
essere una grandiosa risorsa, foriera di bene, nelle inelut-
tabili strette della morte. Vogliamo un momento osser-
vare da vicino le cose, figuriamoci, a mò d'esempio, di
aver presente una giovane donna, di costituzione sana
e robusta , afietta da un voluminoso idrovario , che da
molti mesi la confina in un letto di miserie, dopo averla
stenuata al punto che le membra colla loro eccessiva esi-
lità fanno col tronco uno de' più strani contrasti.
In costei la tolleranza dei visceri addominali , com-
pressi oltre misura da cotesto parassita enorme, è giunta
al culmine; ancora poche settimane e la corda di sover-
chio tesa si dovrà infrangere, la puntura, se solleva gli
organi dalle distrette in cui sono coarcevati, estenua la
economia per V eccessiva perdita di sostanze proteiche , op-
però evitando Scilla si cadde in Cariddi.
Quale ò l'avvenire di questa povera tapina ? Un esito
irrevocabilmente letale 1' attende tra pochi mesi d' una
protratta agonia.
9
Vediamo ora quali pericoli e quali vantaggi a lei pos-
sano pervenire dalla ovariotomia.La donna può soccom-
bere sotto l'operazione o poco dopo, in tal caso anticipò
il proprio fine, e possiamo con molta verosimiglianza as-
severare che senza l'operazione la donna avrebbe di certo
vissuto ancora per due o tre mesi. Ma quale esistenza ha
perduto? È forse il caso di chiedere se per essa la morte
fu un bene od un male. Può anche avvenire l'opposto, vale
a dire la donna può sopravvivere all'operazione, ed in tal
caso dopo pochi giorni ritorna piena di salute e di vita
nel grembo della società , senza il menomo postumo del
sofferto malore. Un cosi fatto avvenimento , che invola
una vittima alla bara, allorquando ogni speranza sembrava
svanita , è tale un conforto che meglio d' osteggiare la
ovariotomia, siamo costretti dall'indole dei fatti a tenerla
in onore di una preziosa risorsa. Di contro a simile dua-
lismo, cui da un lata avvi nulla o ben poco a pèrdere ,
dall' altro moltissimo a vincere , non si può essere peri-
tosi nella scelta. Eseguita la ovariotomia per converso
in casi di cisti piccole e poco moleste, vengono invertiti
i pesi sulla bilancia, imperocché si corre pericolo di per-
dere moltissimo per guadagnare assai poco. Per noi fino
a tanto che la osservazione ci avrà appreso, che in Italia
soltanto la ovariotomia non è praticabile, seguiteremo*
ognora nelle contingenze sovra esposte ad esercitarla, per-
suasi di rispondere con rettitudine al nostro ministerio.
Nelle due operazioni da me praticate, ebbi a convincermi
che il diagnostico differenziale dell' idro vario voluminoso,
è argomento arduo e molto delicato, appoggiando un tale
problema sulla semplice valutazione dei commemorativi
e sulla semiotica, difettando l'affezione in discorso di ca-
ratteri patognomonici.
Per quanto sia raccolta e bene ponderata la sindrome
fenomenologica, per quanto la verisimiglianza del concetto
patologico sia delle più rassicuranti, nuUameno punge un
10
dubbio, il difetto cioè della certezza assolata del fatto
morboso emerso dalla induzione nelFapprezzamento sinte-
tico delle manifestazioni fisio-patologiche.
Un'operazione cotanto ardita, ove resistenza è cosi
compromessa, esige di sua natura un conoscimento fedele
delle contingenze che la consigliano, onde non incappare
in un errore di giudicio.
La ovariotomia annovererebbe maggiori fautori allor-
quando si giungesse a trovare caratteri se non patogno-
menici deiridrovario, almeno maggiormente espressivi di
quelli fino ad ora conosciuti.
Giova sperare che la osservazione accurata del cistoma
ovarico, lo studio diligente e perseverante della fisio-
patologia del medesimo, apporteranno maggiori lumi sul
diagnostico, e la terapia, sorretta da migliori convinci-
menti, potrà incedere verso il proprio fine con passo se-
curo, senza trepidare per gli abissi che può incontrare
per via.
Nel secondo tumore ovarico da me operato premendo
la cisti ricoperta dalle pareti addominali , risvegliavasi
un crepitio di cuojo nuovo ^ assai bene contraddistinto
sovra ogni punto della massa morbosa. Non pertanto io
reputo che simile fenomeno possa tenersi in pregio di si-
gnificante valore, desso, a mio avviso, ò interamente for-
tuito, e lo si deve ripetere nella fattispecie al rilevante
spessore deirinvolucro cistico^ che raggiungeva quello d*un
utero in istato di gestazione. E per vero ove si fatto, fe-
nomeno fosse se non comune ad ogni idre vario, almeno
una concomitanza ovvia ad osservarsi, non si giunge-
rebbe a spiegare come non T abbiano avvertito coloro,
che in particolar modo fecero tema dei loro studj un si-
mile argomento.
Ora che appalesai in modo succinto il mio modo di
vedere sovra cotesto arduo problema di medicina opera-
toria, mi farò ad esporre la storia nosologica diciasche-
11
dun caso, attenendomi scrupolosamente alla narrativa pura
e semplice dei f^tti occorsi <
Osservazione L — CisH ovarica plurilocolare sinistra.'^
Estirpazione incompleta. Morte dopo 20 ore. *—
Autossia.
La signora B., nativa di Torino , domiciliata in No-
vara^ ha 33 anni, sana e robusta, e nasconde sotto forme
piuttosto esili una vitalità piena di brio.
Ebbe la prima mestruazione a 12 anni, si maritò a
22, figliò 4 volte con gravidanze e parti regolari. Nel
1859 rimase per la quinta volta incinta, 1* esordire della
gestazione venne conturbato da sgomenti e patemi d*animo^
accagionati dalle vicende della guerra , per trovarsi la
medesima in località ove occorsero &tti d'armi, nuUameno
proseguendo la gravidanza, la signora B. notò con sor-
presa il ventre assumere forma ed atteggiamento diverso
da quello delle gravidanze trascorse, cioè le sembrava il
globo uterino più pronunciato a destra, e prominente al-
rinnanzi. Non per questo ebbe a patire alcun incomodo,
e sullo scorcio del 9.° mese con parto precipitoso diede
alla luce un quinto figlio vivo e ben conformato.
Nel lasciare per la prima voltali letto, dopo un puer-
perio normale, eseguendo un movimento rapido si lagnò
d'una sensazione dolorosa, come di una vescica che si
fosse rotta nel basso fondo della pelvi, ed il liquido con-
tenuto a lei pareva che fluisse qual lava infuocata verso
la regione lombale sinistra.
Decorsi alcuni giorni da simile accidente il ventre
si fece tumido e progressivamente globoso, si accesero
acutissimi dolori addominali, accompagnati da fitte lanci-
nanti al collo uterino. La copropoesi divenne tarda e ma-
lagevole, e molto stentata la emissione volontaria della
orina, comparve dalla vagina uno scolo muco-sieroso,
talvolta commisto a strìscie sanguigne e poco a poco
Tutero si abbassò formandosi un manifesto prolasso, at-
talchè l'ammalata stessa colle dita riesciva ad aflferrarne
la cervice all' orificio vulvo -vaginale.
Al volgere di pochi mesi il tumore endo-addominale
raggiunse il volume di un utero al 6.® mese di gestazione;
nel decubito laterale V ammalata vedeva il tumore loco-
muovcrsi per raggiungere il punto più declive, fenomeno
ch'ella molte volte ebbe a ripetere volgendosi rapidamente
sul lato opposto ; a quest* epoca comparvero in scena le
emorroidi, non che Tedema alle estremità inferiori.
In sulle prime non fece molto caso alle proprie sof-
ferenze, credendo d'essere novellamente gravida, e tale si
fu la 3ua illusione , che una ser^ essendo attaccata da
forti doglie ventrali,, si fece assistere da una levatrice e
da un chirurgo ostetrico , giudicando quei dolori i pro-
dromi del soprapparto.
Amaramente delusa, ricorse ai benefici dell'arte, da
cui però trasse sterili conforti ; solo provò un fugace
miglioramento nell' estate 1862, epoca in cui per copiosi
sudori vide scemare alquanto il volume del tumore.
Ma r immegliare dell' estate cessò cdle prime brezze
autunnali ; soppressa per queste l'azione della cute, il tu-
more si accrebbe di bel nuovo e con celerità, quasi vo-
lesse ricuperare il tempo perduto.
In breve fece significanti progressi, per modo da su-
perare il volume di un utero nell'ultimo mese di gravi-
danza ; si ricorse allora alla paracentesi , evacuando 22
litri di un liquido brunastro a consistenza sciropposa. Il
sollievo della paracentesi fu breve, dappoiché al volgere
di 2 mesi vi si dovette ricorrere di bel nuovo, togliendo
24 litri di liquido meno denso. Riprodottasi la raccolta
dopo alcune settimane, venne attaccata coi drastici, che
fruttarono un deciso beneficio, attalchè credendosi la B.
guarita, e sperando maggiore conforto dall'aria fina, passò
13
alcuni mesi sui monti di Varallo, Ma. si dolci illusioni
furono invano accarezzate, poiché ripullulato il male, fu
costretta a riparare in òittà, ove nel mese di novembre
1866 le venne praticata una terza paracentesi estraendo
airincirca 40 litri di liquido.
Tali sono i commemorativi raccolti per, bocca della
paziente stessa; li esposi ad arte in modo particolareg-
giato, affine di segnare a larghi tratti il cammino di una
afiFezione che forma oggigiorno uno dei temi più interes-
santi della chirurgia (1).
Vidi per la prima volta l'ammalata al 2 dicembre in
consultazione coi signori dottori cavalieri Belletti e Caire,
medici curanti; al solo vederla si leggeva nella di lei
fisonoraia uno dei migliori tipi della facies ovarica, cosi
bene delineata da Spencer Wells.
Uemaciazione non era troppo significante, ove si voglia
por mente che la signora B. fu sempre di forme piutto-
sto esigue, occhio vivo e lucente, guancie rosee, condi-
zioni fisiologiche negli apparati del circolo è del respiro,
intelligenza aperta , parola franca e spedita con accento
vibrato come in persona sana. La mestruazione che in
tutta r epoca della malattia fu quasi sempre regolare ,
era trascorsa dal suo periodo appena da otto giorni. Il
tubo intestinale , ad eccezione dell* ultima porzione del
retto, era in ottime condizioni, appetito buono, digestioni
regolari, sete normale, nelFultima porzione del retto eravi
un leggier grado di coprostasi, in Lei abituale, che ob-
bligava l'ammalata a ricorrere ogni due giorni all'uso* di
(1) Le osservazioni di ovariotomia consegnate sui giornali
inglesi peccano a vero dire di una brevità troppo succinta^ so-
vra un argomonto troppo vitale. Perchè i pratici possano giu-
dicare ed apprezzare la condotta di un loro collega , conviene
che l'osservazione non sia un riassunto dei fatti precipui , ma
Tesposizione regolare dei medesimi.
14
clisteri » le orine a crasi normale erano un pò scarse ed
emesse a maggiori riprese.
La parete anteriore della vagina emergeva dalla yulra,
con prolasso uterino, e lieve obliquità della matrice
da sinistra a destra , gli arti inferiori leggermente ede-
matosi, conviene però osservare che Tammalata si alzava
quotidianamente, e non si coricava che ad ora molto
inoltrata per alzarsi di buon mattino.
Il ventre presentavasi di un volume, diciamolo pure
senza esagerazipni , enorme, loccliè faceva uno strano
contrasto colle esili appendici al medesimo inserte. Le
vene epigastriche e circonflesse iliache superficiali si de^
signavano a guisa di lividi cordoncini, qua e là segnati
da flebectasie molteplici , sopra un fondo bianco lucente
formato dalla cute distesa ad oltranza.
La fluttuazione era manifestissima sovra ogni punto
deiraddome; colla percussione rilevasi: un suono timpa-
nico alle regioni epigastrica ed ipocondriaca destra , in
particolar modo verso il lato posteriore di quest'ultima ;
mutezza completa sovra qualsiasi altro punto.
Giudicata Taffezione per un idrovario^ si ventilarono
conseguentemente le risorse della cura palliativa ^ le
speranze ed i pericoli della radicale ^ lasciando libera la
ammalata di scegliere, dopo matura riflessione, a quale
partito volesse appigliarsi.
Dopo 4 giorni venni di bel nuovo chiamato per sen-
tire la signora 6. ripetermi reiteratamente il vivissimo
desiderio che ella aveva di essere operata. Temperato Ten-f-
tusiasmo e frenate le illusioni» dipingendole un quadro
a tinte molto oscure sui pericoli, cui essa si esponeva,
nullameno fu irremovibile, aggiungendomi: ch'ella pre-^
feriva mille volte la morte, anziché proseguire in si^
mili condizioni.
Proposi allora, che per meglio chiarire ed avvalorare
il diagnostico e le indicazioni terapeutiche, venisse inteso
15
altro giudizio di persona autorevole, cosa cui si annui di
buon grado, facendo appello all'ottimo mio maestro il chia-
rissimo professore cav. Paravicini. Ed infatti al 29 di-
ò^bre si tenne una seconda consultazione coirintervento
dei medici curanti e del prof. Paravicini. Questi dopo un
diligente ed accurato esame ^ convenne sul diagnostico e
sulle indicazioni terapeutiche da noi, proposte, aggiungendo
di sollecitare T operazione appena trascorso il periodo
mensile.
Comparsa la^ mestruazione al 10 gennajo , cessò in
modo regolare al 15; preparato il locale ad una tempe-
ratura di più 16^ ed ^gni altera cosa giusta le cautele
consigliate dagli ovariotomisti inglesi, si attese la prima
giornata di ciel sereno per eseguire 1* operazione. Il 17
gennajo, dopo ifivere a più riprese ammonita la ammalata
ed i congiunti a lei più prossimi (madre e marito) dei
pericoli cui si esponeva , e nuUameno avutane da ogni
parte il più ampio consentimento che si potesse deside-
rare, si procedette aireseguimento della ovariotomia colla
cooperazione degli egregi colleghi signori dottori cav. Sei-
letti, medico primario nello Spedale di San Giuliano, Crosa,
Villani, Parona, chirurghi astanti presso lo Spedale mag-
giora della Carità; ne avrei chiesto un numero maggiore,
ma a ciò ostavano il vivo desiderio dell'ammalata di esporsi
il meno possibile^ e l'angustia del locale.
Cloroformizzata per bene l'operanda, si esordi con
una incisione tegumentale, a valle del bellico estesa per
otto centimetri lungo la linea alba verso il pube, ed ap-
profondando sempre più il taglio sulla guida della sonda
scannellata a grado a grado si raggiunse il peritoneo,
le cui superfici erano quasi a mutuo contatto per l'enorme
distendimento della cisti.
Isolato per ogni verso il peritoneo parietale dal tu-
more, per. quanto lo permetteva 1' angustia dello spazio,
si passò alla puntura; ma non appena trafitta la cisti
16
il liquido esci con impeto dalla cannula, e come questa
non bastasse scorreva fra la cannula e roriflcio di pene-
trazione.
Evacuato il liquido, ed ampliata la incisione in alto
ed in basso, si rinvenne una seconda cisti encistica della
capacità dì oltre sei litri , venne alla sua volta punta e
prosciugata , accanto a questa se ne osservarono altre
due grosse quanto un ovo di gallina, vennero incise ed
il liquido assorbito con spugne molto fine. Finito il se-
condo periodo dell'operazione senza il menomo accidente,
si passò al terzo, cioè quello dell' estrazione delle cisti :
la metà destra del tumore e tutta la porzione inferiore
era quasi libera, per modo che venne estratta con somma
facilità, le cose andarono ben diversamente dal lato sini-
stro, plaga ove erano state praticate le paracentesi. Dap-
prima trovammo semplici aderenze di tessuto connessivo
lamellare, indi queste si mutarono in vincoli di tessuto ino-
dulare , finalmente versò la regione epicolica divennero
apertamente vascolari, per cui dopo più di un' ora di pa-
zienti pruove , allacciando man mano i più piccioli va-
sellini offesi, convenne desistere dall'estrazione completa
delle cisti e limitarsi alla escisione della porzione tratta
/uori, costituente ad un di presso i tre quinti del sacco.
Nessuna ansa intestinale venne a molestarci , la fe-
rita estesa per ben 18 centimetri venne riunita con 6
punti di sutura metallica, l'operazione durò quasi tre
ore, estenuando operatore ed assisteùti. Il liquido rac-
colto venne misurato , e risultò di 65 litri , tre o quat-
tro litri andarono perduti , 1' analisi chimica lo dimostrò
formato in massima parte da albumina, coli' indagine mi-
croscopica vedevansi alcune cellule di epitelio pavimen-
toso, commiste a granellazioni grassose, e detriti orga-
nici amorfi.
L' operata trasferita in un altro letto riprese ben
tosto i sensi, volle essere ragguagliata d' ogni particolare
17
dell* operazione subita^ prese una pillola d' oppio. Per un
sentimento che molto li onora, i medici assistenti si of?-
fersero di vegliare per turno V operata, onde essere pronti
nel provvedere al menomo bisogno.
Verso le 2 del pomeriggio l'operata si svegliò come
da un placido sonno , accusando un vivo bisogno d' ori-
nare , cui si soddisfece col cateterismo ; i polsi dapprima
piccoli e sfuggevoli, si rianimarono ; la temperatura della
cute divenne normale.
Alle 4 pom. volle prendere un pò di brodo, che ag-
gradi molto, poscia riprese sonno.
Alle 10 divenne inquieta, si lagnò di un fijrte dolore
alla regione dei lombi, polso a 120, termogenesi elevata,
suffusa^ nel volto ; le venne prescritta una forte soluzione
di codeina. Verso mezzanotte parve un pò più calma,
forse eflFetto del narcotico , perchè dopo un' ora circa ri-
tornò il dolore ai lombi, l'agitazione, affanno di respiro;
alle 7 del mattino mori dopo essere in brevi ore passata
dall' agme della reazione all' abbattimento dell' agonia.
Necroscopia 32 ore dopo la morte. Per un sentimento
fàcile a concepirsi, la famiglia ci pregò vivamente di li-
mitare le nostre osservazioni al solo ventre, preghiera
cui annuimmo di buon grado, essendo quello il teatro più
importante delle nostre investigazióni. Alla autossia as-
sistettero tutti i medici che presenziarono l'operazione.
Tolti i fili metallici, si dovette usare una discreta forza
per disgiungere le labbra dell'incisione addominale, di
già riunite in gran parte per coalito adesivo. Ampliata
in alto ed in basso la divisione, si apri l' intero cavo ad-
dominale , nel cui fondo raccoglièvasi un litro circa di
siero sanguigno, senza però trovare il più piccolo coagulo
in grembo al medesimi). Le intestina leggermente distese
da gaz stavano stipate nella regione epigastrica ed ipo-
condriaca destra , celando il fegato di molto atrofizzato.
Tutto il peritoneo era fortemente congesto per iperemia
Annali. Voi. CCL 2
18
statica, il rimanente della cisti ricopriva V ipocondrio sh
Bistro e parte della regione epicolica omonima.
Le adesioni fra cisti e peritoneo erano cosi fitte che
si lacerava il contesto delle cisti anziché dividersi.
L^ovajo dèstro mostravasi in condizioni normali; sulla
tuba falloppiana sinistra riscontravansi due piccole cisti
del volume di un'avellana, eh* erano sfuggite durante
V operazione. Sulla superficie posteriore ed inferiore del
corpo della matrice ebbesi a rilevare un tumore grosso
quanto un piccolo arancio, che al taglio mostravasi pa-
lesemente fibroso, ed al microscopio , apparve una iperpla-
sia del contesto uterino.
I reni e la milza erano leggermente atrofici, sulla
superficie corticale del rene destro osservavasi una pic-
cola cisti sierosa; nulla di rimarchevole negli altri organi
contenuti nel cavo ventrale.
Per tali reperti cadaverici puossi con molta verosi-
miglianza ritenere che la donna mori per esaurimento
vitale, non avendo avute forze sufficienti per resistere al-
l'esordire della peritonite.
Seconda storia (T ovariotomia.
V
Monociste ovarica proUgera. — Estirpazione com--
pietà. — Morte in 4.* giornata per peritonite
violenta.
Bertaria Teresa , d' anni 28 , contadina da Sozzago ,
( prov. di Novara) entra V 8 aprile nella 1.* sezione chi-
rurgica , affetta da idrope^ovarico^sinistro* È donna di
sana e robusta costituzione, di statura piuttosto elevata,
ha genitori tuttora vivi, ed è scevra da ogni precedente
gentilizio. Fu mestruata in modo regolare a 14 anni, di-
venne amenorroica a 17 in seguito a forte sgomento ,
dopo cinque mesi ricomparve il flusso mensile, dapprima
scarso, indi affatto normale. À 18 anni passò a marito.
19
da cai però non ebbe prole, quantunque sieno decorsi ben
10 anni; in questo lasso di tempo ebbe a soffrire alcune
lievi indisposizioni al tubo gastro-enterico, oltre una ri-
sipola alla faccia, affezioni che scomparvero prontamente
senza lasciarle verun ricordo. ^
Nel maggio 1866 essendo la Bertaria occupata nel-
r allevamento dei bachi, senza causa per lei apprezzabile»
venne sorpresa da un acutissimo dolore alla regione iliaca
sinistra, che si dissipò in capo a due giorni dietro 1* ap-
plicazione di un vescicante. Trascorse alcune settimane
di perfetto benessere , ricomparve il dolore addominale ,
più intenso di prima, diffondendosi alla regione iliaca
destra. À si misterioso accidente questa volta tenne die-
tro la comparsa di un corpo endo-addominale globoso ,
mobile, indolente alla pressione, oscillante verso il punto
più declive.
ÀI volgere di quattro mesi il tumore raggiunse il
volume d*un utero gestante al 6.^ mese, senza però ar-
recarle serie molestie. Ricoverò in una delle sezioni me-
diche di cotesto stabilimento, ove venne curata colla ap-
plicazione di vescicanti al ventre , drastici e diuretici ,
senza fruttare alla malata alcun sollievo.
Propostale dal medico curante la paracentesi, essa vi
si rifiutò, preferendo di ritornare in fstmiglia, cosa che
mandò ad effettuazione; ma al volgere di poche setti-
mane , accresciutosi notevolmente il tumore « e comparse
in scena gravi incomodità nella uro e copro-poesi, riparò
di bel nuovo nello spedale^
Accolta nella 1.^ sezione chirurgica, vidi per la prima
volta la Bertaria, che trovai nel seguente stato: Bma*-
ciamento significante nella moti superiore del tronco,
meno appariscente nell* inferiore , faccia scarna, tinta da
un pallore giallastro, fisonomia prostrata, solcata da ru-
ghe precoci, occhio profondamente incavato, sguardo lan-
guido ed incerto. Sete moderata, appetito normale, dige-
20
stióni facili, integri gli organi' del circolo e del respiro,
coprostasi ostinata, attalchò ogni tre o quattro giorni per
avere secesso d* alvo V ammalata è costretta ricórrere a
clisteri di cloruro sodico.
La secrezione dell'orina è sensibilmente diminuita,
800 gr. nelle 24 ore; la crasi ne ò leggermente alterata per
difetto d* acqua e maggior copia di sali terrosi ( fosfato
sodico, ed ammonio-magnesiaco ), nessuna traccia d* albu-
mina, bisogno di mingere ad ogni due ore. Dolori addo-
minali ricorrenti, maggiormente sensibili alle regioni
lombali, senso molesto di peso e stiramento agli inguini,
spossatezza e torpore alle estremità inferiori.
Il ventre ò fortemente disteso, in -modo da superare
il volume di una gravidanza a termine , d' aspetto piri-
forme colla base in alto,' T apice in basso ^ la circonfe-
renza del medesimo presa sovra T equatore dell* ombelico
misura 1 metro e 9 centimetri , la distanza dall' appen-
dice xifoide al pube è di 5S centimetri. La cute offresi
d' aspetto normale , facilmente locomobile , solo le Tene
appariscono un pò accentuate per V effetto della pressione.
Palpando il tumore, lo si sente manifestamente fluttuante;
colla percussione riviensi mutezza completa sovra ogni
punto dell'addome, ad eccezione delle regioni epigastrica
edjpocondriaca destra, ove havvi un palese suono tim-
panico. Col decubito laterale tanto destro che sinistro
rimangono invariabili i resultati della percussione, solo
si nota che il rumore timpanico si estende a tutta la
superficie posteriore della regione ipocondriaca destra.
Premendo sovra punti opposti del tumore, risvegliasi un
mormorio di cuojo nupvo, molto palese in ogni direzione ;
tale fenomeno è tanto pid signiflcante quanto maggiore
è la forza impiegata nel promuoverlo.
I pudendi esterni sono leggermente tumidi per edema,
la parete anteriore della vagina è prolassata in modo da
celare il meato orinario, avvi pure notevole abbassamento
ed obliquità laterale destra della matrice.
21
Giudicata Taffezipae un idrovario, vennero esposti al-<
r ammalata i conforti ed i pericoli della cura tanto m-
dicale^ che palliativa; essai non frappose il menomo dub^
bio e scelse tosto la cura radicale, aggiungendo che sol-r
tanto a cotesto, effetto erasi determinata di ricoverare
nel nostro comparto.
NuUameno prima di prendere in seria considerazione
un tale divisamente , lo abbiamo lasciato maturare per
tre giorni , incitando la suora addetta air infermeria a
volerle significare meglio i pericoli cui essa si esponeva,
e raccogliere il di lei verdetto spoglio da ogni pressione
e da ogni riflesso di impegni precedenti.
Scelta e decisa la ovariotomia , venne apparecchiata
V operanda^ locale e mezzi, giusta i precetti formulati
dai chirurghi inglesi, avendo noi avuta somma cura di
attenerci con scrupolo anche ai particolari i ^ iù spe-
ciosi.
Il mattino infatti del 17 aprile , coir intervento dei
signori dottori Binaghi medico-divisionale, Brezzi medico
di reggimento nel corpo sanitario militare qui di stanza,
Montalenti medico esercente nella città. Villani,, Crosa,
Bardeaux, Parona, Martelli, medici addetti allo stabili-
mento, dopo avere per bene cloroformizzata la pa^Jente,
si procedette air ^seguimento dell* operazione, che mt farò
a tratteggiare in ogni suo particolare.
Postomi al lato destro , praticai lungo la linea alba
una incisione, che iniziata a 2 centimetri a valle deU^om-
belico, si estendeva per 10 all'inoirca verso il pube ; rag-
giunto a strati il peritoneo, ne sollevai una piega colla
pinzetta, che recisi orizzontalmente col bistori, sgorgarono
tosto dalla incisione oltre due bicchieri di siero citrino
molto tenue. Ampliata sulla guida della sonda scannel-
lata , in alto ed in basso la divisione del peritoneo fino
a raggiungere gli estremi della ferita tegumentale, giunsi
coir indice della [mano destra a circuire liberamente la
22
superficie anteriore della cisti, che rassomigliava pel con-
testo fibroso delle pareti ad un globo uterino. Punto il
sacco col trequarti di Spencer Wells, e ritirato il pun-
teruolo, fluiva a stento un liquido mielifòrme, quasi pol-
tiglia minutamente granellosa. La più valida compres-
sione esercitata sul tumore mediante due lenzuolo incro-
cicchiate ed embriciate sul ventre, non valeva ad accre-»
scere lo sgorgo, per cui dopo avere due o tre volte
inutilmente attraversata la cannula con un catetere di
gomma elastica , si ricorse a due injezioni di acqua tie-
pida, da cui si ebbe qualche vantaggio. Evacuata la ci-
sti, locchò. richiese oltre un' ora di tempo, venne estratta
colla maggiore facilità senza incontrare il più lieve osta-
colo, ad ecceaiione di una duplicatura del mesoretto adesa
alla superficie posteriore e laterale sinistra del tumore.
Raccolta la pagina peritoneale, vei^ine allacciata con ro*-
busto filo e divisa dalla cisti. Fino a questo punto To-
peràzione era andata a meraviglia, non essendosi ofieso
il più piccolo vaso, nò avendo avute molestie per la emi-
grazione di alcun* ansa intestinale, ma le cose cangiarono
d* un tratto d'aspetto allorché si venne alla legatura
dello stelo. La cisti era quasi sessile , e le pareti cosi
•
voluminose che non era possibile formare un peduncolo
artificiale; provammo ad applicare il clamp, ma lo stelo
nemmeno per sogno poteva essere capito nel vano dello
stromento ; si ricorse alla legatura manuale, che non cor-
rispose, quantochò l'elasticità dei tessuti elideva la stretta
praticata, il perchè non trovando altra escita si dovette
impiegare la catena dello schiacciatore lineare di Chas-
saignac, col qual mezzo in trenta minuti si divise in-
teramente lo stelo, senza promuovere il più lieve ge-
mizio di sangue. La porzione uterina del peduncolo venne
abbandonata nel ventre , ove la si lasciò in osservazione
per cinque minuti all' incirca, affine di vedere se il ca-
lore della cavità addominale valesse a risvegliare al-
cuna emorragia, cosa però che non avvenne.
23
Prosciugato 11 ventre, la ferita fu rammarginata.
<*.on cinque punti di sutura metallica, indi si esegui
una moderata compressione suir addome mediante ben--
daggio fatto con una fascia di lana lunga 10 metri. Ri^
portata la donna sul proprio letto, le si sospesero sul ven-
tre due pesche di gomma elastica ripiene di una miscela
frigorifera, fatta con ghiaccio e sai marino.
L' operazione terminò a mezzogiorno, avendo cosi du-
rato per circa 3 ore. <
Esame del tumore.
1 . *
Il liquido evacuato pesa 18 chilogrammi, il peso, spe-
cifico è 1320, desso è costituito in massima parte da al-
bumina; esaminato al microscopio, osservansi molteplici
squame epiteliche atialoghe a quelle della vescica orina-
rla, molti nuclei liberi commisti a globuli crassosi ed a
corpuscoli granellosi (granular corpuscles di Beale); nel
liquido rimasto aderente alla superficie interna della ci-'
sti si trovarono numerosi cristalli di albuminato sodico.
Prosciugata la cisti e messala sovra il piattello d'una bi-
lancia , pesava 3055 grammi ; le pareti presentano lo
spessore di un centimetro e mezzo ; aperta la cavità, os-
servasi verso la inserzione del peduncolo una cisti secon-
daria del volume di ùu grosso arancio, a pareti relativa-
mente molto sottili, distese da un liquido analogo a quello
contenuto nella cisti; madre ; sulla inserzione dello stelo
ove questo si espande per costituire V inviluppò cistico
trovasi un ammasso dì inumerevoli cisti secondarie di
vario volume, a pareti trasparenti e molto delicate, ri-
piene di un umore interamente identico e quello trovato
nelle maggiori. La superficie posteriore esterna del sacco è
solcata da vene voluminose , convergenti sotto forma di
un grosso fascio verso lo stelo. La integrità delle pareti
era cosi perfetta, che chiusa con un piccolo compressore
24
r apertura artificiale, ed enfiata la cisti col gazometro,
non perdeva un Alo d'aria. Essa venne esÈ^iccata previa
imbibizione nelF acqua fenizzata^ ed ora viene conservata
nel museo di patologia chirurgica dello stabilimento.
Per calmare U dolore prodotto dalla operazione ed
in pari tempo narcotizzare il tubo intestinale» le vennero
prescritti sette centigrammi d' oppio , formando 6 pillole
da somministrarsi una ogni due ore. Verso le 2 pom. venne
presa da conati di vomito, che cessarono dopo mezza ora
circa sotto V uso del ghiaccio per bocca. Alle 8 di sera
r operata era in piena calma, aveva dormito per un paja
d* ore , polso largo, ondoso, a 84 , cute leggermente ma-
dida, temperatura normale. .
18.** Nella notte ebbe due emissioni volontarie hK
urina , dormi per quasi sei ore di seguito , beneficiò
di cui era priva da alcuni mesi. Si sente un pò debole^ le
si concedono tre brodi con tuorlo d'uova^ e due dita di
vino generoso, si prosegue neU' applicazione del fomento
ghiacciato sul ventre. A mezzogiorno viene molestata da
impeti di tosse, che le suscitano dolori vivissimi .air ad-
dome T— leggier reazione febbrile.
Nella sera si ammorzano alquanto i fenomeni insorti
nel pomeriggio, 1* amm;ilata è calma, polso a 90^.
19.^ Passò la notte insonne a motivo della tosse che
riprese verso le 10 pojQeridiane. Si lagna di dolori ad*
dominali; polso a 120, febbre ardente, non può tollerare
le posche sul ventre. Ghiaccio per bocca ed oppio a dose
maggiore.
Nella sera insorge una molesta ortopnea , complicata
da impeti di tosse convulsiva.
Nella notte calma con tendenza al sopore, disturbato
solo da qualche raro accesso di tosse; ventre teso^ meteo-
ritico, vivamente doloroso alla pressione.
Alle 11 antimeridiane viene sorpresa da un intenso
brivido di freddo.
25
Alle 2 pomeridiane prostrazione generale, delirio, polsi
piceolissimi e frequenti a 120, ambascia, raffreddamento
periferico; questi sintomi vanno aggravandosi fino alle 5
pomeridiane, ora in cui l'operata muore.
Autossia. -— Dimagratone notevole, ventre disteso,
meteorico^ Al dorso e sulle natiche osservansi larghe
chiazze ardesiacbe per ipostasi cadaverica. Rigidità mu-
scolare persistente, la ferita addominale è riunita inte-
ramente per coalito adesivo.
Capo. -— Injezioue minuta alle meningi, iperemia pun-
teggiata della massa encefalica, in particolar modo della
sostanza midollare. Deficienza di siero -nei ventricoli.
. Collo. — Nulla di rimarchevole, ove si voglia eccet-
tuare un leggier grado di iperemia della mucosa laringo-
tracheale.
Torace. -— Aderenze di antica origine alla superficie
posteriore delle due pleure, polmoni e cuore in condizioni
normali — vòlta diaframmatica molto accentuata, in par-
ticolar modo dal lato destro, ove il culmine della mede-
sima raggiunge quasi il livello del margine inferiore della
quinta^ costa vera.
Ventre. — Aperto largamente l'addome, vedesi la in^
cisione praticata per la ovariotomia perfettamente ram-
marginata con forti aderenze al grande omento, che non
sì giunge a vincere, lacerandosi nell'atto del distendimento
prima il contesto omentale.
Le anse intestinali mostransi iperemiche e distese da
gaz, alcune anse sono fra loro adese per essudato cru-
poso.
Il peritoneo mostrasi in ogni punto Vivamente infiam-
mato, la sua superficie è per ogni dove spalmata da tra-
sudamento gelatinoso a tinta biancastra (osservato al mi-
croscopio trovasi pressoché interamente costituito da glo-
buli marciosi).
Rimosse le intestina, vengono, raccolte nel basso fondo
26
della pelvi circa 200 grammi di siero sanguinolento; os-
servasi la base dello stelo reciso già cosparsa da una tela
regolare di bottoncini carnei, veggonsi àncora alcuni zaffi
fibrinosi che otturano T orificio dei vasi diVisi dallo schiac-
ciatore lineare, ali* intorno del moncone non si trova il
più piccolo coagulo sanguigno. L*utero è normale ^fiatto
e trovasi nella sua giacitura naturale; suU'ovajo sinistro
si riscontra una piccola cisti del volume di una avellana
ripiena di siero molto tenue.
Tutti gli altri organi del cavo addominale offrono
nulla di abnorme, ad eccezione del rene destro^ com-
presso dal fondo del tumore, che è ridotto alla metà
del sinistro, per atrofia.
La prima di queste osservazioni nulla prova contro la
ovariotomia, in quantochè essa venne' eseguita nelle con-
dizioni le più sfavorevoli al buon esito della operazione.
Nel deliberarne T eseguimento fummo mossi oltrechÀ
dalla compiacenza nell* accedere ad un vivissimo deside-
rio della malata di voler tentare cotesta ultima prova,
da un omaggio ai consigli pòrti dalle migliori autorità
chirurgiche sovra si fatto argomento.
Baker-Brown confessa d*essere stato trascinato a pra-
ticare ovariotomie in condizioni le più gravi, e non ostante
afferma < di avere ottenute guarigioni in casi che sem-
» bravano non offrire alcuna speranza ». Spencer Wells
formola un precetto che armonizza a pennello colla no-
stra condotta. < Se una donna , egli dice, la quale non
» abbia alcune settimane od alcuni mesi di vivere in
» mezzo a sofierenze atroci > reòlami il soccorso del chi-
» rurgo, ove il caso non fosse assolutaìnente disperato,
» e non vi fosse che una probabilità di successo sovra
» dieci, nullameno non dovrebbe egli esitare a compro-
» mettere la sua riputazione col tentare una operazione
» che può offrire alla paziente questa sola probabilità di
27
» saccesso. ( Perozzi. « L' ovariatomia in Italia » , pa-
> gina 276).
La morte nella fattispecie avvenne indubitamente per
la offesa arrecata dair indole dell* operazione subita, non
avendo Tammalata avuta la resistenza vitale necessaria
onde reagire al traumatismo sofferto, come si osserva di
frequente succedere in alcune gravi operazioni» quali la
isterotomia addominale, la disarticolazione ed amputazione
della coscia; almeno a cotale versione ci conducono i re-
perti cadaverici.
Nella seconda osservazione le condizioni generali e lo-
cali erano, giova ammetterlo, le migliori che si potessero
desidapare, anzi nella donna a nostro avviso si trovava
quella riunione di circostanze che noi vorremmo desi-
gnare come tipo indicativo deirovariotomia; la unica
difficoltà che si. ebbe a rinvenire si fa il volume e T ac-
corciamento eccessivo dello stelo; non pertanto si ebbe a
deplorare verun accidente, quantochò Vécraseur, meglio
di quanto non fece col Peruzzi (1) , valse, a prevenir^ il
più insignificante stillicidio sanguigno.
La morte avvenne per peritonite diffusa ^ accidepte
verso cui erasi rivolta la più energica profilassi, mante«
nendo costantemente sul ventre una temperatura molto
abbassata, onde produrre il tetano termico nei vasi pe-
ritoneali , nullameno non si giunse a scongiurare la in-
flammazioiie, che volse in breve ad un esito letale.
Volendo speculare nella interpretazione eziologica di
cotesta complicazione, quantunque si ribocchi di cause ef-
ficienti, pure non si può negare, che se lo schiacciatore
di Ghassaignac ebbe valore di potente emostatico, espose
(i) Nella ovariotomia eseguita da Peruzzi, avendo questi di-
viso il pedwieolo coU'éoraseur, ed a maggior salvaguardia messo
un laccio sul cordone reciso, non ostante insorse la etnorragia.
28
per proprio conto la cavità addominale oltre mezz'ora
air azione dell* aria atmosferica , ed il peritoneo al con-
tatto di corpi stranieri , circostanze che non si possono'
escludere come straniere alla violenta reazione che ne
ebbe a conseguitare. Il perchè in casi analoghi sarà cosa
consigliera ricorrere al compressare cauterizzante di
Chambers ( Ghambers* s cautery clamp ) recentemente
usato da Gurling e Knaggs col più significante van-
taggio. (« The Lancet. » June 1, 1867, pag. 663) (1).
E per fermo cotesto stromento offre la pregevole ri-
sorsa di riunire in sé la rapidità di azione del bistorl ,
alla virtù emostatica dello scbiacciatore lineare jiella
dieresi chirurgica, locchè riesce di vantaggio non indif-
ferente, in una operazione, ove T ideale della terapeutica
si è di scemarne il 4>iù possibile il traumatismo.
Per quanto la chirurgia italiana non abbia finora
sovra questo terreno raccolto che i fiori dello sconforto^
nuUameno , informandosi a più elevati concetti , dessa è
tenuta a coltivare con maggior ardore l'argomento, onde
ammassare un numero tale di prove da poterne dedurre
calme e savie illazioni, dappoiché, amo ripeterlo, contro
i risultati favorevoli che ogni giorno sempre più ingros-
sano nelle mani dei nostri confratelli stranieri, non si
potrebbe opporre una seria diga nelle peregrine espe-
rienze da noi istituite.
Svuotamento dello stemo per estrazione
,di palla da moschetto. — Rigenerazione ossea.
Rapportò la seguente osservazione nelV intendimenti
di aggiungere una novella pruova al tema della ripro-
duzione ossea, argomento vitale, che or sono pochi mesi
(i) Noi ora possediamo tali stromenti costrutti sovra mo-
[dello deirAutore, dai valenti Lollini di Bolojgfna.
29
valse ad animaire una vivace controversia in seno alla
Società imperiale di chirurgia in Parigi , ove la. 4isputa
rimase indisciolta per deficienza di un corredo signifi-
cante di fatti; non che per avvalorare una volta più la
grande tolleranza deirorganfsmo a qualsiasi traumatismo
operatorio , inteso a liberarla da un ospite al medesimo
insofierente.
Lo studio diligente dei fatti ci persuade ad avanzare
cotesto aforisma di terapia chirurgica, cioè che in casi « di
» intolleranza organica si può ricorrere alle più ardite
» risorse, senza accendere quelle formidabili reazioni,
» che ordinariamente tengono dietro a gravi lesioni.
È un prezioso riflesso valevole ad animare i chirurghi
verso imprese, che per fermo non si potrebbero impune-
mente effettuare senza 11 concorso di una simile conco-
mitanza, ove r arte con maggiore sollecitudine e migliore
efficacia raggiunge lo stesso fine, cui erano intese le forze
della natura.
Borlotto Michele, d*anni 30, dà Recetto (provincia di
Novara), soldato in congedo temporario, viene accolto il
giorno 11 febbrajo 1867 nella 1.* Sezione chirurgia per
piaga fistolosa alla regione dello sterno.
Nel fatto d'arme di Custozà (1866), venne colpito da
palla nemica alla regione superiore dello sterno; al mo-
mento ebbe grave ortopnea, che poco dopo scomparve
senza ulteriore disturbo all'organo del respiro.
Trasportato prigioniero in Verona, da'sanitarj atten-
denti a quello spedai militare si tentò più volte V estra-
zione del projettile, ma infruttuosamente; eguale resul-
tato si ebbero congeneri esperimenti fatti dai chirurghi
militari dello spedale di Innsbruck, ove venne inviato
dopo un mese di soggiorno in Verona.
Ricoverato dopo l'armistizio in uno degli spedali mi-
litari di Milano colla piaga alla regione sternale tuttora
iipavta, vaiiaero ripatato le ricerche sul corpo etraaiera,
fioiua lilouu vanUggio, per cui rammalato fu dimesso co*
Hil^t(*i<i^tu I le cose non cangiarono punto , la piaga
Oiiutiuuuvi^ A fornire copiose marcie , e al dire del pa-
iiii»ute ( lu quattro mesi immagri in modo sorprendente ;
\\\ Ul^ f)«Attempo venne contaminato da ulceri sifilitiche
iA\^ \^ Ml^liuero a chiedere asilo in cotesto stabilimento ^
ri^nentU^ U plaga allo sterno dopo tanti iterili esperi-
uimUÌi n^iperlore ad ogni risorsa deirarte.
AUoiM|uando venne a noi, trovavasi «nelle seguenti con-
(iUttJtul: nmlgrado il Borlotto accusi un notevole grado di
numohiMlone, non pertanto mostrasi ancora di forme at-
lutli^h^i ^ non tutti i caratteri d*una robustezza poco co-
m\\\^\ In corrispondenza al margine inferiore del manu-
brio eternale, icorgesi una piaga di forma circolare , del
diametro d* una moneta da 5 franchi, dal cui fondo pul-
lulano lussureggianti ipersarcosi; alla periferia della so-
lusione di continuità veggonsi molte cicatrici lineari vòlte
in vario senso, vestigia delle indagini fatte nel ricerca-
manto del corpo straniero. Frugando collo specillo nel
fondo della plaga, si penetra in un tramite leggiermente
sinuoso, della lunghezza di circa tre centimetri, con di-
rezione dall'alto al basso» da destra a sinistra.
Lungo tutto il tragitto fistoloso si avvertono segni
manifesti di carie, il. fondo appare dappoi formato da un
corpo duro, compatto, a resistenza maggióre del contesto
osseo.
L* indole della lesione e la storia del caso mi con-
vinsero meglio della sintomatologia obbiettiva della pre-
senza del projettile, impegnato ancora nelle ossa dello
sterno , per cui a mio avviso la indicazione non poteva
essere dubbia, doversene senza alcuna dilazione ten^
tare il rimovimento, e ciò nel riflesso di inaridire d'un
colpo la scaturigine d'una profusa suppurazione, che mal-
31
I
grado la eccezionale robastezzadell*individuo, aveva nul-
lameno di già fatta sentire la sua perniciosa influenza
sulla economia, non che distorre il pericolo, che il prò-
jettile profondamente ubicato, favorito dalle leggi di
gravità, e da un più breve itinerario, avesse ad aprirsi
un varco nel cavo toracico, e quivi accendere disastri
irreparabili.
Il mattino del 12 febbrajo, trasportato il paziente nel
teatro chirurgo e sottoposto al cloroformio, si esordi Tope-
razione con una incisione a croce estesa a tutto il peri-
metro della piaga; disseccati i quattro lembi cosi scolpiti, si
mise a nudo lo scheletro della regione! L* apertura scolpita
nella teca ossea era per modo angusta da lasciare a stento
transitare una sonda del diametro di una penna di corvo.
Collo svuotatore angolare impresi a scavare una breccia
nello spessore dell* osso, dirigendomi lungo T andamento
del tramite fistoloso. A 3 centimetri circa di profondità
rinvenni il proiettile, di cui ebbi avviso poco prima da
frammenti metallici esportati collo svuotatore.
In questo punto deiroperaziorìe sorsero delle serie diffi-
coltà pel rimovimento del corpo straniero ; non era pru-«
denziale attaccare direttamente il proiettile con tira palle
0 tira fondo, in quanto che si correva un grave pericolo
di spingerlo per converso nel cavo toracico; non lo si po-
teva afferrare con mollette o qualsiasi altro arnese con-
genere , poiché avendo il canale pareti . òssee non si po-
tevano aprire le ^ branche dello stromento; né meno si po-
teva pensare ad un maggiore ampliamento della breccia,
per essere già quasi a ridosso delle articolazioni sterno
clayeari per una parte e per T altra alla inserzione ster-
nale delle coste. A dir vero era un duro supplizio veder
la palla, toccarla colle dita, aggirarla come sospesa ad
un perno, senza riescire a fare una sufficiente presa so-
vra la medesima. Esigendo ed il bene del pa^^iente ed il
decoro dell* arte che 1* operazione fosse proseguita fino al
32
suo compimento^ deliberai di scolpire collo svuotatore nel
corpo dello sterno e lungo la linea mediana del medesimo
una specie di doccia diretta al di sotto del proiettile; per
tal modo giunsi a sollevarlo dall' interno ali* esterno, ed
allora presolo con una pinzetta semplice» lo estrassi con
tutta facilità. Ma appena levato il corpo . straniero, si vide
tosto dalla ferita escire con impeto un flusso di sangue
animato da ritmica pulsazione isocrona ai battiti cardia-
ci ; tale emorragia si arrestò spontaneamente e quasi al-
l' istante , però il fondo della ferita continuò a pulsare
con impeto.
Si medicò la ferita a piatto , . dopo avere ricolma la
breccia con filacele imbevute nella soluzione emostatica
del Piazzi.
Il proiettile era juna palla da carabina del peso di !$4
grammi, schiacciata per modo da presentarsi con forma
circolare, a margini circolari e frastagliati, del diametro
di una moneta da un soldo. Non erano trascorse quattro
ore che V ammalato viene sorpeso da grave lipotimia, sus-
seguita da languore, ed affievolimento notevole del polso ;
verso sera però le forze a poco a poco si rianimano, ri-
torna la flsonomia ed il colorito naturale — internamente
vengono prescritte alcune pìllole d* oppio, 5 centrgrammi.
13. Nella sera si accese una moderata reazione feb-
brile, che scomparve nelle prime ore del mattino. L'ope-
rato è calmo ed. apiretico affatto.
Si procede alla prima medicazione. Tolte le filacele e
detersa con aqua fenizzata la piaga, scorgesi il fondo della
medesima pulsare con impeto vibrato, per modo che
messa di contro la punta di uno specillo, viene con vio-
lenza respinta. Le considerazioni di anatomia, topografica
sovra cotesto fenomeno, ci conducono all'idea che debba
ripetersi dalla pulsazione dello stelo anteriore dell'arcata
aortica. Da ciò si deve ritenere che la superficie centrale
del proiettile fungeva le veci di parete toracica, con molta
X
sa
probabilità per logoraaza successiva della lamina interna»
locchò apprende con molta Yerosimiglian^a come il lavo-
rio di eliminazione lo avrebbe fatto cadere in breve tempo
nella cavità del petto, in cui lo si sarebbe spirito alla
più leggiera pressione che sovra il medesimo si fosse eser-
citata.
16. Il fondo della piaga è di molto rialzato, il canale si
restringe, T impulso del fondo è meno accentuato; fino ad
ora r operato non ebbe a lagnarsi del più lieve disturbo
negli organi del respiro.
Appetito vivo. — Dieta terza.
Medicazione con vino aromatico.
28. La piaga è pressoché superficiale, cessarono le pul«-
' fazioni, il generale è immegliato in modo sorprendente.
Nessuna variazione nella cura.
6 Aprile. Cicatrice completa; la fossa scavata nello
spessore dello sterno , è ora ricolma da un tessuto sti-
pato; il generale assunse il miglior aspetto d* una ve-
getazione rigogliosa , si congeda V operato dall* infer-
meria.
14 Maggio. Ebbi una visita dal Borlotto intesa ad ot-
tenere un attestato della patita lesione^ onde valersene
presso il Governo per una ricompensa ; approfittai del- ^
l'occasione favorevole per esaminare la parte.
La cicatrice presentasi soda e compatta; premendo e
percuotendo colle dita sulla medesima, si avverte un tes-
suto duro e resistente analogo al contesto osseo degli al-
tri punti dello sterno.
Annali. Voi CCL
34
nae e««i d^infeslone paraleata coarléì col «ol-
Hti I Lettera del dottor GiaVAivivi ferrimi at
chiarissimo dottore commendatore Giaeawno Ca-
Bieinuo^Oj medico di S. M. il Re d* Italia ^ in Fi--
renze.
Oebbene anch* io ammetta che le idee nuove percorrono
lentamente il loro cammino, pure io aveva pensato non
essere più necessario di scrivere sui vantaggi della me^
dicina solfitica, avendo questa già guadagnati sufR--
cienti proseliti, e le esperienze essendo state ripetute su
tal àumero di malati, che i suoi favorevoli successi do-
vrebbero avere trionfato pienamente dei contrarj giudizi.
Nondimeno, essendomi occorsi due fatti d' infezione pu^
rulenta, ^estremamente eloquenti in favore' di questi far-
maci, ho creduto utile di non lasciarli andare perduti pel
bene dell* umanità e della scienza. E tanto più volentieri
li narro, dedicandoli a te, si per darti novella prova della
mia stima , si per eccitarti neir istesso tempo a rendere
di pubblica ragione quei brillanti risultati che tu pure
ottenesti con questi medicamenti in alcuni gravissimi
^morbi , e de' quali mi tenesti discorso V anno passato , e
si finalmente afl5nchè anche gli altri nostri colleghi sap-
piano raccogliere la loro attenzione intorno ad un ordine
vasto di fatti , intenderne la complessiva significanza , e
fare trionfare la splendida scoperta del Polli, della quale,
a buon diritto, la sapiente Commissione esaminatrice
pel primo grande premio Riberi (1864), di cui era rela-
tore r illustre clinico Timermans, disse : « sarà una glo-
ria della scienza italica, e tanto più ammirabile per la
conquista terapeutica che al Polli è interamente do-
vuta (1) ». Ed eccomi, senza più, ai casi clinici. ,
(1) Sul premio Riberi : t Relazione della Commissione esami-
35
Oasàrvazióne Iv -^ Giuseppe Pac, di Malta / d' anni 40,
carrozziere , di costitazione linfatico-nervosa , un . mattino del
mese d'agosto 1806, volendo entrare nella casa di un sao co-
noscente, fu assalito da un grosso can^ arabo^ che lo morse in
un ginocchio.
Quantunque ne riportasse forte dolore, pure zoppicando
camminò tutta quella giornata, e verso sera prese un bagno di
mare. Attese alle sue occupazioni per altri cinque o sei giorni,
ma le sue sofferenze crescendo , il giorno 10 agosto iù\ fa chia-
mare premurosamente per intraprendere^ la cura. Lo trovo feb-
bricitante, con sete molesta, con dolore vivo, gonfiezza edema-
tosa a tutto r arto inferiore destro , sul quale serpeggia un
rossore non uniforme , ed in alcuni punti violacea, massime
verso la parte inferiore esterna della gamba , ed i gangli lin-
fatici sono pure gonfi e dolorosi. Si trattava d' un flemmone
diffuso. Prescrivo 50. mignatte lungo T arto e bevande diluenti.
11 Agosto. Il dolore à eccessivo, tanto all' inguine e a tutta
la coscia, quanto alla gamba; continua la febbre con agita*
zione e delirio. Gli prescrivo cataplasmi ammollienti con em-
brocazioni di laudano, e bevande rinfrescative.
12 detto. Isella notte ebbe brividi di freddo ripetuti e pro-
lungati , ai quali succede forte reazione con delirio contiguo,
smania , respiro .affannoso , sintomi che diminuirono verso il
mattino con abbondanti e fetidi sudori. Ha la lingua rossa ai
lati, ricoperta d' un intonaco fuliginoso , alito disgustevole , e
sete insaziabile. Scorgonsi qua e là lungo V arto vescichette
ripiene d' un liquido siero-sanguinolentò. Prescrivo mez^' oncia
di solfito di magnesia addolcito con zucchero , diviso in quat-
tro pacchetti da prendersi nella giornata, e pratico lungo Tarto
varie incisioni, alquanto estese, ed interessanti la grossezza del
derma, onde togliere l' ostacolo meccànico alla libera circola-
zione collaterale, cagione diretta della gangrena, e si continuano
i cataplasmi ammollienti.
Alla sera sopravvengono nuovi e ripetuti brividi con vomito
natrice, approvata dalla Reale Accademia medico-chirurgica di
Torino », pag. 36.
36
bilioso; ha il respiro alquanto affannoso, e le orine sono cari"
ch6i 6 fetenti , il polso piccolo e celere^ L' infezione purulenta,
essendo chiara, propongo un consulto, che non viene accettato;
si continua Tistessa cura.
13 detto. La notte fu 'gravissima ; il paziente , sempre de*
lirante, ebbe frequenti brividi di freddo con vomiturìzione, sete
ardente, affanno di respiro , e diarrea fetente. Trovo 1* amma-
lato assai abbattuto , con polso piccolo a 110, e pelle urente.
Esamino Tarto, e parmi riscontrare alla parte esterna e me-
dia della gamba un* oscura fluttuazione. Pratico una profonda
ed ampia incisione, dalla quale sgorga pus mai elaborato , che
somiglia piuttosto ad una sanie rossastra. Faccio continuare
V applicazione dei cataplasmi ammollienti , e prescrivo cinque
dramme di solfito magnesiaco zuccherato, con 10 grani di pol-
vere di Dower, per combattere la diarrea; divido il tutto in 5
pacchetti, da prendersi uno ogni du^ ore.
Alla sera la diarrea è alquanto diminuita; vi ha sudore, non
delirio ; il polso è a 85 ; qualche brivido nella giornata , ma
passaggiero. Dalla praticata incisione esce pus un pò meglio ela-
borato, con pezzi di tessuto cellulare cancrenato.
14 detto. Verso il mattino ebbe forti orripilazioni, e tre
evacuazioni alvine nella notte, ma meno fetenti. Alle ore 8 ant^
lo trovo in uno stato comatoso , senza affanno né tosse ; colla
percussione toracica riscontro , ottusità alla parte posteriore
Inferiore d* dmbo i lati , ma più a sinistra ; coU* esplorazione
acustica rilevo, deficienza di soffio respiratorio in ambo i poi*
moni, e più nel sinistro, con sibili diffusi nell'albero bronchiale.
Polso piccolo, e a 112. Osservo alla parte media della gamba >
in vicinanza della praticata incisione, un' escara gangrenosa di
forma irregolare , alquanto estesa ; al terzo superiore esterno
della coscia riscontro un'oscura fluttuazione, per cui pratico
un'incisione profonda, della lunghezza di cinque centimetri, dalla
quale sgorga pus icoroso , misto a pezzi di tèssuto cellulare
cancrenato. Dell' istesso tessuto ne esce anche dalla prima in-
cisione, ma con vero pus sciolto. Faccio continuare i cataplas-
mi di 1 inseme, e medicare l' escara cangrenosà con filacele in-
trise in una soluzione di solfito di sodOy cioè un' oncia in otto
d' acqua.
37
Prescrivo 6 dramme di solfito magnesiaco zuccherato, colia
solita dose di polvere Dower, divìso in 6 pacchetti da prendenti
uno ogni due ore. Parto dal malato facendo quasi un sinistro pro-
nostico. Malverso sera si sciolse lo stato ' comatoso, con un ^h-
bondante sudore vischioso, alquanto oscuro e d* odore nauseante,
che continuò più ore. Ebbe nella flciornata una soia evacuazione
alvina. Lo riconosco assai sollevato e col polso a 82. Sgorga da
entrambe le praticate incisioni vero pus sciolto e sieroso con
brani di tessuto cellulare ^angrenato.
15 detto. Dopo varie notti agitatissime ed insonni , il m&«
lato ebbe qualche ora di vero sonno riparatore, però allo sve-
gliarsi appare ancora leggiero vaniloquio. Ebbe una sola eva-
cuazione alvina , non fetente , verso il mattino , dopo di che
trovò calma. Ha lingua rossa ed umida , febbre con* mediocre
sudore, e quasi inodoro; non lagnasi di. dolore lungo l'arto, e
soltanto dice di sentirselo assai pesante. Dalle incisioni conti-
nua ad escire un pus sieroso, sempre misto a brani di tessuto
cellulare mortificato. L' escara gangrenosa comincia ad elimi-
narsi. Solfito magnesiaco zuccherato a 7 dramme ,- diviso in 7
prese , colla solita dose di polvere Dower , da prendersi nella
giornata ; si continua la medicazione esterna colla soluzione di
solfito sodico, e cataplasmi di lìnseme ; si coUcedonq frequenti
brodi per nutrimento. Verso sera ebbe un leggiero brivido con
lieve aumento di sete. — Eguale medicazione.
16 detto. Il malato riposò tranquillo la maggior parte della
notte , la febbre è leggiera , V orina abbondante , sedimentosa ,
senza alcun odore ; il pus che . sgorga dalle aperture è meno
sieroso e sempre associato a brani di tessuto cellulare mortifi-
cato. L'escara cangrenosa è tutta elirùinatà. — Solfito magnesiaco,
un' oncia , divisa in otto prese , da prendersi nella giornata ,
senza le polveri di Dower, perchè non ha evacuato l'alvo da
34 ore. Solita cura esterna, ed una minestrina di pane grattu-
giato per nutrimento.
17 detto. Dormi la notte, ed ebbe due evacuazioni figurate
verso il mattino. Lo trovo assai rianimato , sebbene si man-
tenga ancora un leggiero movimento febbrile. Dalla praticata
incisione alla coscia sgorga soltanto poco pus, e da quella della
gamba alquanto di più, con piccoli brani di tessuto cellulare
S8
mortificato { BeirimpiAgamento multato dall' escara cancrenosa
comincia il processo di cicatrìizazione. Eguale cura, e si ripete
la minestrina.
Dai 18 al 22 detto. Miglioramento progressivo , cosicché il
32 il paziente era completamente apiretico. Si riduce; il solfito
tnagneeiaeo alla dose di 6 dramme al giorno; si continua la
medesima cura esterna , e si concedono tre minestrine nella
giornata.
Dal 23 al 25 detto. L' apertura alla coscia è cicatrizzata;
da quella della gamba persiste lieve stillicidio di marcia, e Tim-
piagamenta prodotto dalla elimipata escara gan^renosa, prose-'
gue verso la cicatrizzazione. Vi è una forte emaciazione, ma il
malato comincia a gustare qualche alimento. — Si riduce la dose
di solfito 'magnesiaco a tre dramme, ed esternamente sono so-
spesi i cataplasmi, continuando soltanto la soluzione del solfito
sodito.
8 Settembre. L' ammalato è in piena convalescenza : anche
l'apertura alla gamba è cicatrizzata completamente, ciònono^
stante continuasi il solfito magnesiaco a due dramme il giorno,
perchè ane6ra persiste l' impiagamentó lasciato dall' escara gan-
grenosa, che Éaedicasi tre volte al: giorno colle fìlàccie inzuppate
nella soluzione^ di solfito di soda,
i6 detto. Pac comincia a fare alcuni passi nella camera, e
le forze muscolari vanno gradatamente riprendendo vigore. So -
spendesi'' il solfito magnesiaco perchè, a suo dire , lo fa molto
orinare,- massime nella notte, e si continua all' esterno la solu^
zionè di solfito di soda fino allfi perfetta cicatrizzazione del*-
r impiagamentó, che avvenne soltanto al 13 ottobre, epoca nella
quale lo congedo guarito.
Bue mesi dopo il Pac fu da me, e lo trovai in òttimo stato
di salute..
La quantità dei 9o {/Iti impiegati durante questa cura fu di
dicciàssette onde e fnezzo di solfito magnesiaco internamente, e
di circa dadici onciè dì solfito sodico per uso esternò.
Osservazione 2.' — - Un mussulmano, di mèdia età, di tem*'
peramento iinfatico-biliosp , lavorante nella fabbrica del pane
che viene fornito alle truppe, la mattina, del 26 settembre 1866
39
venne per negligenza trascinato fra S denti e Tincastratura 4i
due grandi ruote di ferro, messe in azione dalla macchina a
vapore , riportandone le seguenti lesioni: Alla parte superiore
esterna del braccio un taglio trasversale della lunghezza di nove
centimetri, dividendo la pelle ed interessando profondamente il
muscolo deltoide nella parte naedia. Un lungo , largo é spesso
lembo cutaneo della p^rte posteriore del ginocchio ed inferiore
della coscia sinistra per T estensione d*un palmo in lunghezza,
e sei centimetri, circa,. di larghezza è esportato. Tutta la re-
gione toracica è coperta d* escoriazioni, ma la lesione di mag-
gior importanza era all'arto inferiore destro, cioè fracassamento
della rotula, dei capi articolari della tibia, del perone e del terzo
inferiore del femore, con lacerazioni delle parti molli, per cui
porzione dei muscoli sartorio, retto-anteriore esterno ed interno
della coscia e del semi-tendinoso stanno giù penzoloni* Questi
erano i guasti ch^ioj riscontrai in quel disgraziato alla presenza
del medico fiscale signor dottor Clemente che per il primo lo
vide.
L' indicazione deiramputs^zìone essendo troppo chiara, ordi-
nai che subito fosse trasportato ' ali* ospedale mussulmano , vi-
cino, e che fosse preparato il tutto per Toperazione. Poco tem-
po dopo, recatomi all'ospedale, medicai le prime lesioni sovrac-
cennate\ ed assistito dagli egregi colleghi Cotton , Bensason e
Olement, feci l'amputazione dello coscia, alla p^rte media; ope-
razione che il paziente sopportò coraggiosamente , senza, emet-
tere un grido. Coricatolo quindi sopra un pancaccio , con un
semplice cuscino senza materasso,, perchè gli amministratori di
questo ospedale, calpestando tutti i principj di umani tàj se ne
mangiano le rendite, lasciando mancare di tutto il bisogne-
vole i pochi infermi che vi ricoverano, questo pòvero pa<-
ziente versava in pessime condizioni igieniche ; egli era senza ca-
micia, e con un lacero bernus di lana, intriso di sangue, che gli
dovette servire di coperta per più giorni. Per conseguenza,
tutto preso in considerazione, il pronostico che dai colleghi fu
pronunziato, e che veramente trovai ragionevole, fu che quer
st' uomo perirebbe per tetano o per infezione purulenta. Frat^
tanto ad ovviare, alla meglio, il primo pericolo, ordinammo che
si mettessero i vetri nelle finestre, che n'erano prive,. e pre-
40
8crivemno una pozione laudaniczata per rialzare alquanto i polei
agsai abbattuti. Per prevenire il secondo pericolo, prescrissi tre
dramme di solfito magnesiaco zuccherato, diviso in tre parti,
da prendersi nella giornata susseguente; bevande diluenti e
brodo per le prime 24 ore, durante le quali sì mantenne api-
retico.
27 detto. Continua ad essere apiretico, ed ha incominciata
la cura solfitica.
28 detto. Yerso mezzogiorno comincia una leggiera reazione
febbrile, che continua anche alla sera; altre tre dramme di
solfito magnes%aec(^ diviso in tre parti, che fu preso nella gior-
nata.
29 dettp. È apiretico e dice d'aver fame ; continuasi l'istessa
dose di solfito^ e gli si permette una piccola zuppa di pane.
Alla sera insorge altro picpolo movimento febbrile.
30 detto. È apiretico. Mi accingo ad aprire Tapparecchio di
medicatura del moncone, e lo trovo coperto di verrai, tanto era
vecchio e sudicio il cuscinetto su cui riposava ; fortunatamente
questi non erano penetrati nella rferita.' Levato l* apparecchio ,
con sorpresa mia e dei colleghi Còtton , Bensason > e Clement ,
troviamo adesione per prima intenzione d* una gran parte del
manichette , con poca suppurazione e di buona qualità , che
viene medicato con semplice filaccia. Nella leeone della regione
posteriore del ginocchio sinistro trovasi piccola porzione di
lembo di pelle mortificata che vien tosto esportato; la ferita
del muscolo deltoide suppura pus di cattiva qualità^/ e si medi-
cano queste lesioni con filaccia bagnate in una soluzione di
un'oncia di solfito di soda in otto d'acqua. Continuasi l'istessa
dose di solfito magnesiaco internamente e concedesi piccola i^uppa
per nutrimento. Alla sera alcuni brividi di freddo e sete, poscia
forte reazione. — Solita medicatura.
. 1.® ottobre. Apiretico^ La ferita del moncone progredisco
bene, non così quella della piegatura del ginocchio, nella quale
presentasi escara gangrenosa, diffusa, ed un punto cancrenoso
riscontrasi anche nella lesione del deltoide. Si medicano queste
lesioni colia soluzione di solfito sodico^ da rinnovarsi più volte
al giorno, e si prescrivono quajbtro dramme di solfito magne-
siaco , diviso in quattro parti , da prendersi in quattro volte
41
nella fornata, e solo brodo per nutrimento (1). Alla sera bri'-
vidi dì freddo e febbre ; è maggiormente estesa V escara gan-
grenosa, tanto alla piegatura del ginocchio, che alla lesione del
deltoide. — Si contìnua la stessa medicatura.
2 detto. L'ammalato non ha dormito nella notte: contìnua
la febbre, ha sete viva, la lingua è rossa, e coperta d'un leg-
giero intonaco giallastro; le escare cancrenose sopracòennate
cominciano ad eliminarsi, ma se ne scopre un'altra, che dalla
"parte esterna del^ ginocchio sinistro estendesi fino alla parte
inedia ed esterna (Iella coscia. La ferita dell'arto amputato pro-
gredisce di bene in meglio. — - L'istessa cura solflUca esterna e
cinque dramme di solfito magnesiaco zuccherato, diviso in cin*^
que parti, da prendersi nella giornata, e il solito brodo.
Alla séra esacerbazione febbrile, ma miglioramento negli im*
piagamenti gangrenosi; si continua biella stessa cura.
3 detto. Ha dormito alcune ore, nella notte; è apiretico, con
mediocre sudore; le escare cancrenose, tanto al deltoide che alla
piegatura del ginocchio, sono tutte eliminate, e quella della co-
scia si è limitata. La ferita dell'arto amputato progredisce sem-
pre verso la cicatrizzazione. — Si aumenta la dose a sei dram-
me del solfito magnesiaco^ diviso in sei pacchetti, da prendersi
nella giornata; solita medicatura esterna e solito brodo per
nutrimento. Verso sera brividi di freddo ''con fèbbre; lo stato
locale è lo stesso. — Si Continua l'eguale medicatura.
4 detto. Leggermente febbricitante con madore alla pelle.
L'escara cancrenosa alla coscia comincia ad eliminarsi , gli al-
tri impiagamenti migliorano. — Istessa cura interna ed esterna.
— Verso sera il paziente è apiretico, ed ha un'abbondante eva-
cuazione alvina, chn fu la prima dopo i nove giorni dell'ampu-
tazione.
5 detto. Ha dormito tutta la notte, è perfettamente apire-
tico', e finalmente dopo reiterate domande, viene adagiato su
di un piccolo materasso che era stato promesso fin dal giorno
delia disgrazia. Tutti gl'impiagamenti progrediscono in bene e
(i) Finalmente riceve una coperta di lana da sos tituirsi a^
fetente bemus.
42
l'escara cancrenosa alla coscia è tutta separata. — Si prosegue
1' eguale cura aolfitica interna ed esterna , e si concedono due
minestrine nella giornata. Alla sera continua i'apiresaia e Tarn-
malato dichiara di sentirsi assai meglio.
6 detto. È apiretico e 4)a8sò una buona notte ; tutti gli im-
piagamenti suppurano alquanto meno , ed il pus è di buona
qualità. — Comincio a passare la matita di nitrato d'argento aul-
r impiaga mento del moncone^ continuando colla solita medica-
tura sugli altri ìmpiagamenti (1). Riduco a 5 dramme il sol-
fito magnesiaco da, prendersi nella giornata, e continuasi cpl-
l'istesso nutrimento.
7 detto. Tutto progredendo in meglio, riduco a tre dramme
il solfito magnesiaco^ ma viene continuata la solita medicatura
esterna, ed alle minestrine viene associata- un pò di carne.
15 detto. Cade un laccio dai vasi crurali nell'arto amputato;
e sugli ìmpiagamenti, che tutti progrediscono verso la cicatriz-
zazione, passo la matita di nitrato d'argento, proseguendo nel-
ristessa cura interna ed esterna.
19 detto. Nell'arto amputato cade il laccio della femorale
profonda. Progressivo miglioramento negli Ìmpiagamenti. — So-
lita cura e nutrimento , riducendo però a sole due dramme al
giorno il solfito magnesiaco,
2 novembre. L' impiagamento della coscia amputata è per-
fettamente .cicatrizzato. .Sospendesi il solfito magfiesiaco; con-
tinuasi però la soluzione del solfito sodica sugli altri Ìmpiaga-
menti, che progrediscono in .meglio, e l' ammalato viene messo
a pieno vitto.
. 17 detto. Cicatrizzazione del. muscolo deltoide. L'ammalato
comincia a mettersi in carne. .
23 detto. Guarigione dell' impiagamento alla piegatura del
ginocchio sinistro.
18 dicembre. Non avvenne che a questo giorno la perfetta
cicatrizzazione dell'impiagamento de}la coE^cia sinistra, quantun-
(1) Da questo giorno in poi, tutte le sere, fu medi-
cato dal collega sig. dott. Clement, che Io trovò sempre api-
retico.
43
que si fosse sempra continuata la medicatura colla soluzione di
solfito di soda,
21 detto. L'ammalato fu licenziato in ottimo statò di salute,
ed un mese dopo lo rividi » ma siffattamente ingrassato , che
dapprima noi riconobbi.
La quantità dei solfiti impiegati durante questa cura fu di
i3 oncie e^due dramme di solfito magnesiaco^ e di circa nove
oncie di solfito di soda per uso esterno.
I
Considerazioni.
II principio patologico dal quale si parte nella tera-
pia sol/ltica^ sta neir ammettere come causa principale
dell'infezione purulenta un' alterazione del sangue per
l'introduzione nel medesimo d'un fermento putrefatti vo o
corruttivo della materia organica. E se in , ciò noi ci sco-
stiamo dai sentieri già battuti neU' interpretazione teore-
tica dataci: da uomini sommi, si è perchè, quantunque gli
studii di Boerhaave, Vanswieten, De Haen e Stoll, sino a
quelli di Sédillot, Dance^ Blandin, Velpeau , Cruveilhier ,
e quelli ancor più recenti di Virchow e suoi seguaci, sve-
lino qualche parte di verità, pure^ci lasciano ancora in
molti punti dubbiosi , cosicché a buon diritto il chiaris-^
Simo professore Cortese scriveva: « Chiunque guarda con
occhio attento e spassionato nel lavorò si lungamente mor-
bifero di una pioemia, dovrà di ragione persuadersi, che
non al semplice fatto d'una flebite, nò all'altro molto
comune di una trombosi, si devono attribuire le esclusive
radici di questa pericolosa infermità. Egli è mestieri che
si generi nella crasi del sangue un elemento diffluente,
venefico, la cui presenza ne guasti la composizione e ne
corrompa i principj costituenti » (1).
Infatti, ormài, malgrado la diversità dei punti di par*^
(1) Vedi Cortese: e Guida del medico militare ».
44
tenza del processo morboso, medici e anatomo-patologici
s'accordano a ritenere l'essenza àéiV infezione-puru^
lenta consistere in un'alterazione dei principj chimici e
istologici del sangue, cioè in una specie di sepficoemia^
che equivale a dire , trattarsi di un intosslcamento nel
sangue, che corrisponde appunto ad una malattia zimo-
fica ; e per cui , se vi ha nella clinica interna una vera
indicazione pei sol/iti, la è precisamente questa. I diversi
fenomeni morbosi, cagionati dall'avvelenamento sanguigno
nei due casi narrati, ci permettono di trarne alcuni pra-
tici corollarj ai quali diamo qualche importanza^ perchò
andiamo persuasi che nulla avvi di buono in medicina,
come arte, che non discenda e si risolva in precetti utili
nell'atto pratico.
Noi constatiamo che nel primo caso, oltre i fenomeni
dinamici o vitali, come li chiama Burggraeve, vi furono
anche i fenomeni organici ohe misero il malato in grave
pericolo di vita; e si mio credere sarebbe morto, se i sol^
fiti non avessero dato alla materia organica superstite una
maggiore stabilità e resistenza alla decomposizione; ciò che
limitando il turbamento delle funzioni dipendenti dairinqui-
namento prodotto dall'infezione purulenta, permise all'or-
ganismo di compiere le sue sanative eliminazioni; mentre
nel secondo caso , essendo stati impiegati i solfiti come
mezzi preventivi, prima che sorgesse l' infezione, resero
l'organismo quapi refrattario airinfluenza della medesima,
cioè ne arrestarono gli efifetti in maniera inaspettata , e
non presumibile, con tanti focolari purulenti e detriti
necrotici che stavano in grembo ai tessuti feriti.
Mancarono perciò i fenomeni organici o per cosi dire
terziarii della pioemia, che tanto erano palesi nel primo
caso; ed anche i fenomeni dinamici furono di assai mi-
nore intensità di quelli del caso antecedente.
Egli è dell'infezione pioemica come degli altri avve-
lenamenti; è al principio dell'azione del veleno che i soc-
corsi dell'arte hanno tutta la loro potenza.
45
Per ciò stesso i solfiti sono più sicuri rimedj pro^
filattici che curativi, ed il chirurgo che nelle gravi ope-
razioni li impiegherà subito, in maniera preventiva^ avrà
infezioni purulente di minore gravità, o non ne avrà; men-
tre la terapia aspettante, che interviene inerte, o che
intervieni tardi^ vedrà il maggior numero di pioemie, e
quasi tutte mortali.
Il lieve grado di sinton^i morbosi nella seconda osser-
vazione potrebbe forse inclinare alcuni ad escludere in
questo caso la eststenza à^W infezione purulenta. Ma
le orripilazioni o accessi di freddo, per me , indicarono i
fenomeni essenzialmente dinamici , che soglionsi manife-
starsi nella pioemia ; tali sintomi sono per me la senti-
nella che ci avverte dell'assorbimento purulento , e per-
ciò, a buon diritto, in casi simili, dice T illustre clinico
professore! Trousseau: « Ckaque frisson est un avertisi
sement de la pénétration du pus dans le sàng » (1).
Forse qualcuno mi dirà che il felice risultato di que-
sto caso devesi alla virtà del clima. Io . non voglio ne*
gare la benefica influenza di questo clima sulle operazioni
chirurgiche , e prova ne sia che nel 1856 ne scrissi un
articolo in proposito (3) ; e nel 1860 insistetti maggior-
mente (^), come tu , amicò carissimo , facesti altrettanto
nelle tue belle Osservazioni medico-^fisiche sul clvna
e sugli abitanti di Tunisi, e d' altre parti d' Africa»
(« Ann.'univ. di med. >), .
Ed infatti noi vedemmo nel secondo caso narrata una
rapida guarigione dell* arto amputato, a preferenza delle
(1) Vedi. « Clinique medicale de l' Hòtel-Dieu de Paris ».
Tome 3. pag. 635.
(2) < Influenza del clima sull'esito delle operazioni chirur-
giche ». Vedi tf Gazzetta medica italiana lombarda »j maggio 1856.
(à) € Saggio sul clima e sulle precipue malattie di Tunisi e
del Regno ». Milano, pag. 132.
46
altre lesioni; ma nelle condizioni esternamente sfavore-
voli in cui trovasi questo individuo, per cui il presagio
più certo, al dire dei colleghi tutti che lo videro, era la
morte per infezione pioì^tnicay è oltremodo logico il ere-*
dere che i fenomeni morbosi si siano mantenuti entrò i
limiti descritti mercè la cura preventiva solfitica.
E se il clima di Tunisi è assai favorevole nelle ordina-
rie operazioni chirurgiche , nulla può contro V infezione
purulenta, quando questa è insorta.
Un altro fenomeno diametralmente opposto nei duA
narrati casi, e che attirò la nostra attenzione, è che du-
rante r amministrazione dei solfiti nel primo caso ebbe
luogo la diarrea^ che dovetti arrestare colle polveri del
Dower , mentre nel secondo vi fu stipsi protratta. Ciò
prova, a mio credere, che le evacuazioni di ventre possono
essere mosse da particolare idiosincrasia , o dalla stessa
condizione morbosa, massime se la mucosa intestinale è
in un lavoro di eliminazione, come accade nei gradi avan-
zati della pioemia; ma che Fazione purgativa dei solfiti non
è la vera, intrinseda- e principale loro azione. Questi farmaci
sono più diuretici che catartici, tutta l'azione terapeutica
di questi medicamenti dipende dalle loro proprietà antifer-
mentative e dulie riducenti , proprietà che non isplegano
mai così completamente che allorquando sono assorbiti
in circolo. — Ma qui mi si potrebbe fare un'obbiezione,
ed è forse la più forte che gli avversarj possono fare alla
dottrina del- Polli, ed è : per provare V azione antifermen-
tativa de' solfiti bisognerebbe che la natura delle fer-
mentazioni , nelle svariate malattie discrasiache , . fosse
sempre identica, o fosse prodotta sempre dallo stesso
fermento. L' obbiezione sarebbe giusta , se il Polli avesse
preteso che i solfiti agissero dirèttamente contro i feri-
menti morbiferi, uccidendoli od annullandoli; ma in-
vece egli fece conoscere più e più volte chiaramente che
detti sali agiscono , non modificando direttamente il fer-
/
47
mento, ma solo togliendogli il mezzo di sviluppo, cioè mo-
dificando la materia fermentativa in modo che essa possa
resistere alla sua azióne. Cosicché , col linguaggio co-
mune , direbbesi che questi farmaci agiscono sulle parti
sane dell'organismo proteggendole o garantendole contro
razione morbosa dei fermenti, i quali muojono coir an-
dar del tempo, confinati , per cosi dire , ^élla loro sede
primitiva per difetto d'alimento.
Tale spiegazione parmi risponda in maniera chiara,
precisa e soddisfacente circa al modo di comportarsi .di
questi medicamenti. B prova ne siano le esperienze del
Polli siigli animali, che ciascuno può ripetere, cioè: pren-
dere, come egli fece, due animali, per esempio, due cani,
nutrirli egualmente per pochi giorni, ma ad uno dare 10
grammi di solfito di soda al giorno, all' altro nulla. Macel-
lati nell'istesso momento , esposti quindi alle stesse coa-
dizióni, vedrassi che i tessuti e gli umori del solfitato re-
sistono parecchi giorni a- quegli agenti corruttori d' o-
gni fatta, e che avranno già putrefatto 1' altro.
E questa resistenza dei tessuti fa appunto assai pa-
lese , massime nel Secondo nostro caso narrato , essendo
stato queir individuo solfitato preventivamente.
'Quale conclusione dovremo dunque noi trarre dalle due
osservazioni che formarono l'argomento di questa scrittu-
ra? Io non ne vedo-che una sola ragionevole, e penso che
dev' essere quella di tutti i medici assennati : il tratta-
mento che offre la più grande probabilità di successo nel-
r infezione purulenta, è quello basato sui solfiti, non sola-
mente perchè in teoria deve essere il più utile, ma perchè
nella pratica fu trovato che è tale.
Tutti! libri medici classici, parlando dell'infezione pioe-
mica, sono unanimi nel ritenere questa malattia quasi sem^
pre mortale; e parlando della cura, debbo dirlo, sono as-
sai poco espliciti e concordi. Gli uni consigliano una te-
rapia sintomatica, specialmente riguardo alle localizza-
48
zioni; altri le bevande leggermente stomatiche ed ecci-
tanti» per sostenere le forze dell* organismo ; altri le be-
vande acide o alcaline ; altri finalmente i diaforetici ed i
purgativi, neirintento di incitare gli atti critici impiegati
dalla natura medicatrice.
Vedemmo c\^e nella prima osservazione, malgrado l'ar-
resto della diarrea colle polveri di Dower, il malato mi-
gliorò e fu condotto a salvamento; e che ristesse stato
comatoso, che per alcuni sarebbe stato una contro-indi-
cazióne alle polveri del Dower / si sciolse malgrado la
continuazione delle medesime, producendo appunto l'ef-
fetto desiderato, cioè quello di fare restare e penetrare
i solfiti in tutte le parti del l'or ganistno, al quale riusci-
rono a compartire una valevole resistenza.
Che diremo del solfato di chinina consigliato dalla
maggior parte degli autori moderni 1 Questo sale non può
valere che contro l'elemento di periodicità e d'intermittenza
nei brividi, esso protegge dinamicamente la, innervazione.
Che diremo dell'alcoolaturo d'aconito consigliato da altri?
Vi vediamo un'analoga azione nervina, ma non crediamo
che valga ad arrestare il cammino dell'infezione, fintanto
che il pus continua ad essere mescolato col sangue, od a
dare alla compage organica norniale maggiore resistenza di
mistione per permettere di lottare il tempo necessario a
trionfare dell'infezione ; ciò che appunto possono, fare i sol-
fiti, i quali, come provò il Polli , non subiscono nel ven-
tricolo alcuna decomposizione , ma vengono assorbiti nel
circolo . si mescolano alla massa del sangue , penetrano
in tutti i tessuti, ed escono con tutte le secrezioni. Quindi,
a buon diritto^ il chiarissimo professare Cantani scrisse:
« Bisogna confessare che in nessun' altra . afiezione sarebbe
più che non qui necessario un efficace antifermentativo » (1).
I
(i) c Patologia e terapeutica speciale b ; 4^1 prof. Niemeyer.
Traduzione italians^ del dott. Cantani* Ediz. 1.*, voi. 2Jf pag. 823.
49
Perciò prima della' scoperta del Polli la terapìa del-
l' infezione purulenta era un vero destderatum^ avvegnac-
chè anche una delle più grandi celebrità mediche della Fran-
cia, il Cruveilhier, dopo aver passato in rivista tutti i mezzi
per combattere quejsta micidiale malattia, concluse:
< Tutti questi mezzi hanno fallito si nelle mie mani,
che in quelle degli altri. Infatti non abbiamo gtlcun far-
maco da opporre con qualche certezza di risultato a que-.
sto terribile fattore morboso, tutte le pretensioni dell'arte
riduoendosi per lo più a disinganni ; tutti i trionfi delle
droghe essendo effimeri , o per lo meno problematici. E
in verità, tutto quanto fu promulgato intorno alla virtù
dei farmaci, contro la pioemia, fu l'effetto di una buona
fede illusa, basata su alcuni fatti mala interpretati ornale
interrogati col metodo curativo , poiché quei pochissimi
fatti fortunati appartenevano alla sola natura medica-
trice, che servi a provare la curabilità dell'infezione pu-
rulenta che in passato era messa in dubbiò, ed il profés-
sore Sédillot fu uno dei primi a provare questa curabi-
lità (1) >.
Contuttociò io non voglio asserire che i solfiti siano
rimedj infallibili nelVinfezione purulenta, perchè di-
cendo ciò ognuno sarebbe in diritto di mettere in dubbio
la mia osservazione , non essendovi una sola fra le^ nu-
merose sostanze di cui può disporre 1' arsenale terapeu-
tico che possa meritare la qualificazione d'infallibile.
Lo stesso chinino, per esempio, guarisce la febbre in-
termittente, è vero; ma ciononostante la febbre intermit-
tente miasmatica non può sempre essere guarita dal chi-
nino. Anche la medicina solfitica io la vidi mancare al-
lorquando parevami formalmente indicata, e ne attendevo
i benefici effetti colla massima confidenza.
(1) « De rinfection purulente, ou pyohémie». Paris, 18(l&.
Annali. Voi. CCI. 4
50
Ecco ii perchè delle obbiezioni si faranno a questa te-
rapia^ anche, neir infezione purulenta. Serie obbiezioni,
però, io non credo le si possane muovere, perchè essendo
pur rigorosi nella scelta dei fatti simili, che i periodici
medici già registrarono, adoperando pure la maggior se-
verità di critica, opponendo il maggiore scetticismo, pas-
sandoli air analisi piti, minuziosa , ve ne resterà sempre
un numero di talmente convincenti e persuasivi da non
lasciare superstite il dubbio. E tra questi credo siano
anche i due fatti da me narrati; che non potranno ri-
manere sterili, muti, insignificanti, innanzi ai medici ri-
flessivi di qualunque scuola e di qualunque nazione essi
siano.
Sapresti ora tu dirmi , egregio collega , quale sia la
ragione della decisa discrepanza tra T eloquenza convin-
cente dei fatti, e r espressione negativa sconfortante di
certi avversar] alla medicina solfiticaì
Io credo essere una sola, e mi upiegi). Tu sai meglio
di me che avvi una differenza capitale tra il fare una
cosa e il farla bene. È precisamente biò che ha luogo
neir amministrazione à'&i solfiti, che vengono spesso con-
sigliati senza le giuste regole, cioè amministrati senza o
contro indicazione, a dose tin^ida ed insufficiente, in con-
fusione con altri farmaci di contraria, o di differente ef-
ficacia.
Vi sono ancora dei medici, ed io ne conosco varj, che
malgrado i savj suggerimenti dati più volte dall'illustre
professore Polli/ amministrano il solfito magnesiaco senza
farvi soprabevere una sufficiente quantità d'acqua per la
sua completa soluzione.
Mentre il solfito di soda è molto solubile, cioè in sole
quattro parti d' acqua , quello di magnesia esige almeno
venti volte il proprio peso di acqua per la sua perfetta
soluzione; cosi accade, che questo non essendo accompa-
gnato da bastevole solvente^ produce un sen«) di peso
51
molesto allo stomaco, al quale si associa facilmente un
dolore frontale gravati vo, per cui presto se ne sospende
l'uso, adducendo per ragione che l'ammalato non lo può
tollerare e che gli riesce più dannoso che utile.
Altri poi non raccomandano sempre la precauzione
di non accompagnare mai, o fere seguire i solfiti da 6e-
vande acide , le quali si appropriano la base e mettono
in libertà l'acido solforoso, per cui l'ammalato non tol-
lera il rimedio, e quel poco che ritiene non è più sol/Ito^
ma un altro sale, dal quale non si possono aspettare gli
effetti proprj dei solfiti.
I soli ammalati che veramente non tollerano i solfiti
(ed in queste contrade se ne riscontrano non rare volte)
sono quelli che hanno abituali agrezze di stomaco, od
una particolare condiziono morbosa per la quale l'indi-
viduo ha prevalente acidità dei succhi gastrici. In que-
sti stomachi i solfiti sono più o meno completamente de-
composti con svolgimento di acido solforoso. Ma si ovvia
a tale inconveniente coli' aggiungere al solfito magne*-
siaco un pò di magnesia caustica , per es. , come sugge-
risce il Polli , mezzo gramn^o sopra 2 o 3 grammi di
solfito magnesiaco, ed al solfito di soda un pò di car-
bonato 0 bicarbonato di soda. -^ Qualche medico poi pre-
scrive coi solfiti, per qualche medicazione partibolare, il
calomelano. Quanto sia grande Tincompatibilità fra que-
sti farmaci, io lo sperimentai tre anni or sono in un ma-
lato di febbre gastrica, in cui si manifestarono sintomi
decisivi di un avvelenamento corrosivo, e subito par-
lai in proposito di questa incompatibilità a varj colleghi,
fra gli altri al nostro egregio amico dott. Schembri.
Queste considerazioni del più alto interesse, per ben
dirigere la cura solfitica, pur troppo sovente son messe
in non cale. Ma il vero segreto delle cure brillanti coi
solfili , che tu ben sai, e che non pochi medici ignora-
no, sta nella generosa propinazione dei medesimi ; ed in-
52
fatti io credo ohe gli effetti veramente curativi oon si
sarebbero manifestati, massime nel malato della nostra
prima osservazione , se non avessi spinta la dose del sol-
fito di magnesia fino ad un'oncia al giorno.
E tanto più ciò si può fare, inquantochè, oltre ad
essere benissimo tollerati per lungo tempo dall' organismo
senza alcun inconveniente: < essi sono, al dire dello stesso
Polli, di un'azione antifermentativa più energica dei già
noti antisettici metallici, fenici o cianici, senza essere, co-
me quelli, tossici ». Perciò questi sali sono in varie gravi
malattie, ed in ispecie neirinfezione pioemica^ divenute le
mie armi di predilezione , e crederei di mancare al più
sacro dovere verso l'umanità, se convinto come sono della
massima utilità dei medesimi, io dessi ad altri farmaci la
preferenza, od affidassi la cura alle sole risorse della na-
tura; giacché, se ciò si può fare, senza mancare al pro-
prio dovere nelle malattie che non hanno gravità, quan-
do si ha di fronte un pericolo , e noi crediamo d* avere
nelle nostre mani un rimedio che lo possa scongiurare,
la coscienza ce lo deve fare impiegare senza esitazione.
4c Ogni sanitario^ diceva giustamente Tegregio dott. Ri-
dolfi, che trascura V esibizione dei solfiti nei casi in cui
si sospetta T assorbimento purulento, ne è responsabi--
le » (1). In verità io credo . fermamente che nella pioe-
mia i solfiti non abbiano per ora altri presidj terapeu-
tici rivali che possano far loro una concorrenza vitto-
riosa; ed ognor più mi convinco d'aver detto con ra-
gione nella mia prima Memoria su questi farmaci: < I
solfiti neir infezione purulenta devonsi considerare come
un vero dono della Provvidenza > (2).
(1) Vedi « Gazzetta medica italiana lombarda s, giorno 4
aprile 1865.
(2) «e Annali universali 'di medicina », fascicolo di febbrajo
1863,
53
Perdona, o amico, se ho sorpassato i limiti che m*ero
prefissi in questa . lettera ; ma sapendoti per tue proprie
esperienze partigiano tu pure di questi &rmaci, provai
una dolce compiacenza neiresternarti quanto pensavo sulr
Tuso dei medesimi nelle gravi malattie pioemiche, di cui
t'intrattenni^ ed alle riflessioni di cui le accompagnai
venni spìnto dalla sentenza del grande filosofo dei tempi
nostri, Bernard: « Per fare buone osservazioni, non basta
constatare dei fatti, ma bisogna ragionarvi sopra ».
Gradisci, ecc.
Tunisi, li 29 aprile 1867.
Qsservaxloni raeeoKe sopra ire cosfitnzlonl at-
mosfferlt^lte UBorbose darante il corso della
carriera pratica. C^e^ dott. FlOBAVANTfi BOSSI.
L
IO studio delle morbose costituzioni atmosferiche, che
sogliono accadere ogni qual tratto di tempo nelle diverse
stagioni deiranno, e talvolta anche quasi nell'intiero suo
corso, e che ponno durare, più anni di seguito, apprez-
zato in addietro dai migliori cultori dell' arte nostra ,
ora sembra quasi dimenticato. Si decantano nei giornali
nuovi scoperti rimedi per guarire le malattie, che messi
alla prova dal medico ecclettico, non corrispondono poi
alla vantata virtù, e si trascura invece la ricerca della
cause che le generano , dalle quali soltanto si può de-
durne la natura, e sceglierne la vera terapia.
Sappiamo dalla storia, che il primo esempio di que-
sto studio l'abbiamo avuto da Ippocrate, e forse da altri
prima di lui, benché non si rinvengano memorie che
lo rivelino. Come poi sia stato in seguito negletto , lo
si spiega coi rivolgimenti politici dell'antichità e colle
continue guerre ed invasioni che hanno agitato l'Europa,
54
e {Principalmente la Grecia e T Italia, le quali sconvolsero
e interruppero le tradizioni scientifiche e costrinsero la
scienza a ricoverarsi in chiostri romiti. A farlo dimenti-
care maggiormente concorsero i vari sistemi medici sorti
nei secoli posteriori, che sviarono le menti dalle traccio
segnate dai padri della medicina, dalle quali non avreb-
bero dovuto allontanarsi senza pregiudizio della scienza
e della pratica. L'umorismo, 1* animismo, la chimica, la
meccanica^ il brownianismo, la diatesica riforma italiana,
non che il mesmerismo e Tomeopatia, traviarono i princi-
pali ingegni, invitandoli a pascersi di ipotesi e di chimere,
intanto che la osservazione pratica si trovava in mano di
uomini ignoranti ed empirici , abili più a farla retrocedere,
che progredire.
Ristorata finalmente la scienza dalla civiltà e ddla
pace , protetta dai Governi e dai Principi , incominciò
a svolgersi in tutta la sua libertà. Gli ingegni mi-
gliori si diedero con maggior lena a questi studi, inda-
gando le cause delle infermità e il modo migliòre di
guarirle. Ippocrate fu la loro stella polare ; tutti lo imi-
tarono in queste ricerche, e messisi airindagine delle di-
verse costituzioni atmosferiche, degli elementi che le costi-
tuivano, e delle cause che le producevano, adunarono alla
perfine un cumulo di cognizioni pratiche^ che quantunque
raccolte in mezzo alle oscurità patologiche, risultarono am-
mirabili e prodigiose.
Un tempo la pratica medica era tutta basata sulla os-
servazione, sulla ricognizione delle cause che producevano
le malattie , dei sintomi che presentavano , e degli ef-
fetti dei rimedi sui corpi malati. Da qui emerse quel-
l'ampia suppellettile pratica che i nostri maggiori ci
lasciarono in ,eredità. Le teorie improvvisate dall'ar-
dente fantasia, o basate sopra qualche fenomeno veroi
a cui sottoponevansl tutti gli altri , che molti ed infi-
niti ponno presentarsi dall'organismo infermo, non fé-
55
cero che ritardare il progresso della pratica medica , per-
chè basate tutte sopra instabile arena, caddero V una dopo
l'altra, lasciando appena la sterile ricordanza della loro
effimera esistenza.
In Germania si lavora da qualche tempo con immenso
zelo da uomini grandi ad innalzare^ un altro edificio me-
dico^ il quale non ha di comune coi sistemi caduti, che
la forma, non la entità. È lo studio minuto delle par-
venze e delle alterazioni materiali, spinto alle più dili-
genti investigazioni atomistiche , specialmente coir ajuto
del microscopio. È vero che collo scoprire i più intimi
cangiamenti della materia organica nello stato morboso
la scienza viene a dilatare i suoi confini, anzi, direi quasi
a completarsi ed a scoprijre dei fatti dapprima ignorati
Ma qui si chiede: quale ò il compito della medica scien-
za? Non è forse quello di sollevare 1* umanità dai mali
che r affligge. Ecco appunto dove le attuali pretese si ar-
restano, dove gli ingegni più grandi si umiliano. È an-
cora r antica sapienza che li soccorre nella pratica.
Tornando- all'argomento delle costituzioni morbose, era
indispensabile che un uomo grande sorgesse a scuoterla
da quel letargo, e facesse obliare le vane fole che mante-
nevano nelle tenebre dell'ignoranza l'arte nostra. Que-
st' uomo fu r inglese Sydenham , la cui prudente e pro-
fonda intelligenza in questo scibile pratico, gli ha meri-
tato il nome di Ippocrate inglese. Osservando egli, che
non in tutte le singole stagioni, . né in tutti gli anni le
malattie erano uguali, indagò con accuratezza singolare
le cause di tali differenze, e le riconobbe non solo nella
atmosfera , ma anche ne' suoi vari sconcerti , e nella
stessa sua alterazione o nella congiunzione di altri ele-
menti cosmo-tellurici, atti ad offendere l'umana econo-
mia, e ad infirmarla. I quali introducendosi nell'organi-
smo, 0 colla respirazione polmonale, o peli' assorbimento
cutaneo, 0 pel tubo alimentare, ovvero anche per disgu-
56
stosa impressione sulla cute, danno origine, a norma della
loro natura, a quelle varie specie di mali che sogliono in-
contrarsi nelle diverse costituzioni.
Le preziose osservazioni di Sydenham incominciarono
Tanno 1661, e terminarono il 1675. Egli descrisse tutte
le specialità morbose osservate, il metodo curativo ado-
perato, le risultanze ottenute. Le quali, a dir vero, fu-
rono cosi splendide, da meritare T ammirazione di tutti i
medici sommi di quell'epoca, e insieme la loro appro-
vazione.
E di vero appena comparve alla luce quella sua
immortale fatica, tutte le nazioni civili la vulgarono
nel loro idioma, e i primi ingegni di Francia, di Ger-
mania e d'Italia applaudirono non solo alle massime ivi
contenute, ma al fatto stesso della costituzione mor-
bosa, da non rimanersi ultimi ad indagarlo, tanto ne fu-
rono persuasi. <
Chi si pone ad osservare le diverse infermità che ac-
cadono nelle varie stagioni dell'anno, non può a mano
di prestar fede a quella inimica influenza che ciascuna di
esse possiede. Imperocché, alloraquando decorrono le sta-
gioni per alcuni anni regolari , si hanno quasi sempre le
stesse malattie, cioè le flogistiche d'inverno, le flogisto-
reumatiche di primavera , siano pure febbri remittenti ,
d'estate le gastriche, le enteriche e i loro flussi d'au-
tunno, le periodiche legittime o miasmatiche secondo i luo-
ghi, le tifoidee, non senza escludere alcune eccezioni spo-
radiche , che una malattia di una ^ stagipne possa insor-
gere anche in altra.
M91 quando le stagioni decorrono irregolari, ed ele-
menti perversi ingenerati dalla terra e dall' aria 0 da al-
tre sostanze si immischiano all' atmosfera , niun dub-
bio che anche le malattie non siano più quelle delle co-
stituzioni normali, ma diverse a norma della acquisita
nociva influenza dell' ària stessa, e degli estranei e nocivi
57
elementi che vi si sono introdotti. I quali agendo in modo
specifico deleterio sui corpi animali , producono le speciali
malattie di cui èssi sono capaci.
É cosa indubitata, e ammessa da tutti gli agronomi,
che le perverse stagioni agiscono malamente sopra i ve-
getabili. Se ciò è vero, perchè non potranno esse morbo-
samente influire anche sopra di noi? Non siamo noi forse
esseri organici viventi sottoposti allo speciale influsso del-
r atmosfera t E se i vegetabili vanno soggetti per le in-
temperie a molte crisi e alterazioni, perchè non vi do-
vremmo sottostare anche noi?
Colpiti da si saggie e naturali considerazioni , non fu-
rono tardi que* sommi uomini a seguire ed investigare
le diverse costituzioni atmosferiche morbose, a notarne
le diflÌBrenze, e il loro maggiore o minore influsso e no-
cumento suir economia animale , non che a trarne de-
duzioni vantaggiose nella cura dei malati.
Ciò che fa senso di {hù nella lettura degli scritti di
Sydenham, ò il metodo curativo, che il suo fino crite-
rio sapea scegliere ed usare, difierenziandolo assai da
quello degli altri medici suoi contemporanei , che imbrat-
tati dalla pece arabistica e greca ,, non scorgevano nelle
malattie che acrimonie ed abbattimento, e quindi non som-
ministravano che rimedi acidi o alcalini, oppure alessi-
farmaci e stimolanti, i quali riuscivano più di nocumento
che di vantaggio agli infermi ; mentre egli attenendosi
costante al metodo antiflogistico, adattato al grado e alla
natura del male, ne ritraeva i migliori vantaggi. Il che
gli meritò il titolo di. sommo pratico e maesro neirarte
di curare le umane infermità.
Che siano sempre avvenute, e che si verifichino ogni qual
tratto di tempo delle anormali costituzioni atmosferiche^
nocive non solo agli uomini, ma anche agli stessi vege-
tabili, è tale verità che ninno può mettere in dubbio.
La primavera e Testate dell* anno 1815, anno memorando
58
per politiche avventure, e per dispotici assestamenti di
popoli, di Provincie e di nazioni, furono due stagioni per-
verse sotto ogni riguardo , per freddo protratto ^ per
venti rigidi e pioggie frequenti. Le messi di rado ri-
scaldate dal sole, la terra sempre imbevuta di eccedente
umidità, mai animata dal calore, quasi non vegetarono,
e il grano turco cosi abbondante nelle nostre terre ^
fu scarso affatto, e in certe località dove la terra era
asciutta ed argillosa, o, come dicono i contadini, fred-
da, fu quasi nullo, per non essere arrivata la maggior
parte a maturazione, per cui nel venturo anno 1816 ac-
cadde quella terribile carestia, che estesa a tutta la nor-
dica e media Italia, cagionò frequenti morti per fame,
massime nei poveri montanari delle Alpi e degli Apen-
nini, dove il suolo è ingrato ed infecondo. Nacque poi
dalla carestia quel tifo micidiale contagioso, che lasciò
immensi lutti, ed amare rimembranze in molte famiglie.
'Dalle annuali costituzioni atmosferiche di già tra-
scorse, venendo a quella che tuttora vige da noi da 16
anni, da poche buone annate interrotta, infesta ali* uo-
mo, agli animali ed ai vegetabili, chi può calcolare i
danni arrecati dal suo deleterio influsso? La petecchia
nei bachi da seta, Toidium nelle uve, la ruggine nel
frumento e nella segale, Tinsolital abbondanza del car-
bone nel grano turco o frumentone, le nebbie nei frutti
da distruggerli quasi del tutto, sono fatti accaduti sotto
i nostri occhi. Aggiungasi ancora la mortalità dei gam-
bari o granchi, un tempo cosi abbondanti nelle nostre
acque correnti, quella dei pesci in certi stagni, e si
avrà un complesso di mali, particolare e nefasto all'epoca
nostrs^. .
Riguardo poi alle diverse malattie che cotesta lunga^
perversa, e non ancora estinta costituzione atmosferica
ha prodotte, ne verrà discorso a suo luogo.
Chi primo fra i medici italiani si accinse a seguire
59
r importante iniziativa dell* immortale Sydenham , fu il
prof. Ramazzini modenese. E questo era a) certo compito
spettante a si grand*uomo, il quale dedicatosi allo studio
delle malattie che colpiscono le diverse classi della società,
dovea con altrettanta cura indags^re le cause di quelle
provenienti da una costituzione atmosferica morbosa.
Innanzi però di applicarsi a questo difficile esame , volle
osservare quali infermità sogliono indurre le stagioni
normali , e quale natura e andamento sogliono tenére le
malattie sotto un contrario influsso.
Incominciò egli a scandagliare gli anni 1686, 87 e
88, prosperi sotto ogni aspetto, per la regolarità delle
stagioni di primavera e di estate, turbate mai nò da
freddo, né da pioggie continue, pei venti di primavera,
che esportano Tumidità dalla terra, per le pioggie risto-
ratrici alternanti con mite balere, onde le messi ven-
nero a prosperare, e Tuman genere fu risparmiato da
molte peculiari infermità.
Osservando poi T inverno del 1689 decorrere mite ed
asciutto, e la primavera seguente invece fredda e pio-
vosa, ingombra di nebbie, di rado puro e sereno il cielo,
pregno sempre di umidi vapori, incominciò a temere, che
ciò dovesse sinistramente influire tanto sugli uomini che
sui vegetabili, e preparare agli uni e agli altri delle
morbosità inaspettate»
Nemmeno V estate di queir anno conservò' la necessa-
ria regolarità per la sanità e maturanza delle messi,
ma fu tratto tratto turbata da frequenti squilibri di
temperatura, da giorni temporaleschi e freddi, da pioggie
e tempeste, per cui la compagna non prosperò punto, nò
i corpi umani poterono sottrarsi alle febbri intermittenti
di luglio, iniziate da fortissimi parossismi, da estrema
prostrazione di forze , da debolezza generale , protratta
talora a più giorni. Nota egli che il metodo antiflo-
gistico era più dannoso in quelle febbri che utile, e
60
serviva piuttosto a cangiarle da quotidiane e terzane,
in quartane e viceversa , e ad accrescere sempre piti la
debolezza de* corpi cbe le aveano sofferte. Frustranea, a
suo dire, fu pure esperimentata la china, mentre riusciva
efficace il vino generoso, perchè, oltre al ristorare le forze
infralite, molti sottraeva alle fauci di morte.
Effetti ancora più nocivi derivavano, secondo lui, dal
salasso, il quale non serviva se non se ad accrescere viep-
più la debolezza, a produrre più presto il pericolo della
vita, in causa delle frequenti lipotimie che ne seguivano,
dei vomiti nervosi e di altri fenomeni ancora più allar-
manti, che gettavano gli infermi nell* agonia.
Né molto diverse furono le epidemie costituzionali
del 1690 , 91 , 92 , 93 e 94 ; solo che in esse le febbri
intermittenti obbedivano di più alla china, dopo pur-
gati i corpi da >quella interna acrimonia ( era il lin-
guaggio dei tempi) che le fomentava. Congiunte a que-
ste febbri decorrevano "le gastriche e le nervose , le
quali riuscivano la maggior, parte a buon tel*mine me-
diante il prudente metodo antiflogiético , col salasso cioè
in principio , colle coppette scarificate alla nuca è alla
schiena, coi purganti, còlle bevande antiflogistiche, ò coi
rivellenti.
Dietro le vestigia di questo sommo , altri chiari in-
gegni italiani si dedicarono allo studio delle costituzioni
morbose, e ce ne lasciarono particolareggiate descrizioni.
Ma io non m* intratterrò su di esse, limitandomi ad
esporre le tré epidemie da me osservate nel corso della
mia carriera medica.
La prima costituzione epidemica ebbe principio l'anno
1827 e terminò V anno 1832. Essa, per quanto a me con-
sta, non abbracciava la stretta sfera della mia condotta,
ma ben oltre si estese nel Cremonese, nel Mantovano
e nel Bresciano, come ebbero ad asserirmi diversi colle-
RI
ghi di quelle provincie, e a confermarlo a voce ed in iscritto
r illustre collega ed amico prof. Geromini.
Nell'anno 1827 la primavera fu tardiva, fredda e
piovosa, Testate turbato da frequenti piog'gie e tempo-
rali , e da cielo nuvoloso. ÀI mattino , massime dopo le
pioggie e un insolito freddo, una fitta nebbia stende vasi
sopra la campagna , , per cui il raccolto del frumento fu
minore d'assai del consueto, molte erano le spiche vuote,
altre affette da carbone , nò fu abbondante come al so-
lito il grano turco. Anche nei tre anni successivi quelle
due stagioni furono quasi mai regolari, poiché o la pri-
mavera continuava fredda , ritardando la germinazione
vegetabile, e ancbe nocendole; ovvero incominciava calda
in marzo ed in aprile, per terminare fredda in maggio ed
in giugno. -
La malattia principale che segnalò quella epidemia
costituzionale fu una febbre intermittente anomala, os-
sia larvata, che decorrendo ora sotto forma quotidiana,
ora terzana, ed ora quartana, còl sostenersi sempre forte
e continua fino ad internarsi nel successivo parossismo,
accompagnata da sintomi eminenti gastrici ed infiamma^
tori, simulava la febbre continua gastrica. E per verità
richiedevasi somma attenzione per distinguerla e clas-
sifiòarla^ giacché si nascondeva intieramente sotto quelle
ingannevoli apparenze, né avea seco alcun sintomo, che
la qualificasse diversamente. Incominciato il parossismo
febbrile, non . desisteva mai dalla sua intensità, e si insi-
nuava nel seguente e nei successivi colle identiche ma-
nifestazioni, onde accadde che molti medici ne rimanesserp
illusi, scambiandola per febbre continua gastrica infiam-
matoria.
I sintomi proprj dei parossismi erano una smania
sempre crescente da non lasciare riposo al malato se non
dopo molte ore , né comodità in qualunque posizione si
mettesse ; una sete intensa quasi inesauribile nel prin-
62
cipio deir acowo , da chiedere bevanda ad ogni istante ;
lingua sucida coperta di alta patina giallastra ; arsura
continua delle fauci; in alcuni tosse secca e molesta;
anoressia completa, rutti fetidi con senso di vomiturazio-
ne; polsi stretti e frequenti^ cute calda, urente e secca;
nessun sudore, nò madore ; stitichezza ; poca sensibile re-
missione della febbre verso la fine del parossismo, tranne
la diminuzione della sete»
Quasi tutti i medici che assistettero a quella febbre,
siano vecchi, siano giovani, la giudicarono a primo aspetto
una febbre gastro-infiammatoria, ed io pure nei primi casi
fui di quel numero, e la curava con metodo antiflogistico
e purgativo, colle decozioni tamarindate e colla dieta. Ma
non tardi m* accorsi deirerrore, pel nessun vantaggio del
metodo debilitante , anzi pel suo nocumento , e pel ces-
sare della sete verso la fine del parossismo , e V insor-
gere di nuovo col rincrudire della febbre nel ^seguente.
Insistendo nei salassi, ne susseguiva prostrazione di
forze , vomito , lipotimie frequenti , e vaniloquio, e se le
sottrazioni sanguigne erano continuate, ne insorgevano
tremori degli arti, da incutere timore nel malato e
nella famiglia. Con una maggiore insistenza in quel me-
todo , la febbre .da larvata passava in nervosa.
K di vero, per quanta attenzione si prestasse a quella
f(AÌ)bre , non si poteva a meno di non ammetterla tra le
intUmmatorle gastriche, e di sentirsi spinti a ricorrere
(^^HM\tamsnt6 ai salassi , ai purganti , e ad ogni sorta di
^ntiAoglatioi. Nò pei sintomi gastrici chiari e spiegati
^N!^ tU localizzarsi altrove , che air apparato gastro-en-
^^HCv^. trattandola col tartaro stibiato, coir ipecacuana ,
v^ vVJi »Un rimedi deprimenti e purgativi. Quantunque
(v\vva^K> avvertiti del poco frutto di questo metodo, pure
!vk \u^ùa» \a sete, il caler generale, i polsi celeri e stretti,
('K^sviui^^ r intenso apparato flogistico, tutto ci indicava
U (K>r8à:itere in esso, spinti anche dall'esempio di quei
ea
casi febbrili , che ai primi giorni di cura attiva non si
ammansano , e talvolta sembrano esacerbarsi , ma che
in seguito col medesimo metodo finalmente volgono a
miglioramento. Ed è certo che se quei nocivi efifetti non
si fossero di nuovo e con insistenza ripetuti, ed anzi
accresciuti, non cosi facilmente mi sarei ricreduto.
Ma il sintomo che più di tutti fermò la ihia atten-
zione , e mi fece dubitare della bontà del trattamento
ih corso, fu la sete. Intensa prima, e nel maggior corso
del parossismo , cedeva mano mano che si accentava
alla fine, per riaccenderai neir accesso seguente , ciò che
non si osserva nelle febbri continue infiammatorie^ le
quali non hanno quasi mai intermissione chiara e co-
stante. ^ Questo criterio mi fu poi di guida in tutte le
altre costituzioni epidemiche , siccome quello che più di
ogni altro sintoma è indicatore della vera ìndole del
male.
Acciò il lettore abbia una nozione precisa di quella
febbre , verrò ora riportando alcune istorie , che meglio
ne rischiareranno la forma e il trattamento opportuno.
Osservazione 1.* — Il mio genitore, d'anni 54", ro-
busto, scevro di; ogni discrasia, di temperamento sangui-
gno, che godè quasi sempre di buona salute , si ammala
di forte febbre sulla fine del settembre 1838, ed è assi-
stito da due medici esperimentati ed abili, uno più vec-
chio, r altro meno, ma di più svegliato ingegno. En-
trambi la dichiararono una febbre gastro-infiammatoria, e
dato mano al metodo antiflogistico, erano arrivati neiriL*
giornata a 6 salassi , non minori di libbra , e aveano
somministrati diversi purganti e decozioni di tamarindo ,
il tartaro stibiato, il siroppo di ipecacuana, ed altrettanti
argomenti indicati in dette febbri. E già la mattina del
giorno della mia venuta si era buccinato di una settima
cacciata per la sera , sempre che la febbre aumentasse ,
o anche insistesse nello stesso grado del mattino.
64
Laureato da un anno in medicina e chirurgia, mi
trovava a coprire la Condotta di Pessina -con quattro
altri Comuni uniti , ove mi era installato dall' ottobre
passato , e già avea avuto campo di curare molte febbri
di questo genere » e di scoprirne T indole insidiosa ed oc-
culta.
Sino dai primi anni di pratica nelF Università di Pa-
via, lo studio delle febbri intermittenti legittime ed anor-
mali mi avea di molto interessato , onde prepararmi al-
l' esercizio medico futuro , ed a saper discernere più - fa-
cilmente tutte quelle oscure varietà febbrili , notate dai
principali classici , ed insegnate dalla cattedra , sicchò
trovandomi in sTflfatle emergenze , potessi rettamente di-
rigermi. E su ciò mi aveano particolarmente ammaestrato
le opere dei sommi Torti , Borsieri e Frank , dei quali
anche la generazione presente non ha dimenticato gli au-
rei precetti e la buona pratica.
Chiamato adunque in fretta a casa mia dalla madre,
trovai il genitore in grave pericolo di vita, e i parenti e
la famiglia nella più crudele ambascia, poiché già gli erano
stati amministrati i confòrti di religione. Innanzi di venire
a colloquio coi medici curanti , volli esaminare miniita-
mente il genitore, ed essere informato dalla madre, donna
attentissima, dell'andamento genuino delia febbre. Ed essa
mi narrò che ad ogni quarto giorno al punto della mezza-
notte, la febbre incalzava maggiormente col caldo, dedu-
cendolo dalla smania continua, dal rossore del viso, dalla
sete insaziabile, dal^a insofferenza delle coltri, dal calore
generale, e dall'aumentarsi seoipre più al mattino, e man-
tenersi viva sempre e sostenuta sino al seguente paros-
sismo , febbre che non l' aVea abbandonato mai da II
giorni, tempo del decubito a letto.
Intervenuti i medici della cura, descritta esattamente
la febbre con tutti i sintomi che presentava , 1' aveano
giudicata di natura gastro-infiammatoria, e come tale
65
aveano fatto uso del metodo antiflogistico per abbatterla.
Il quale, benché non avesse ancora arrecato quei vantaggi
che aveano sperato , pure e per V insistenza de' sintomi
primitivi e per il gastricismo permanente , lusingayansi
ohe alla perfine^ con qualche modificazione che fosse ri*
chiesta dal caso, l'avrebbe indubbiamente fugata.
Io allora feci rimarcare ai colleghi il periodo febbrile
ad ogni quarto giorno a mezzanotte, il che indicava non
essere ^ià continua la febbre , ma intermittente ; il nes-
sun giovs^mento,. anzi il peggioramento del male col mè-
todo finora praticato; l'abbandono delle forze del malato
che non permetteva di proseguire nella cura incomin-
ciata; la sete intensa nel principio del parossismo, e la ces-
sazione verso la fine. Questi dati mi somministrano, dissi
con franchezza, l'indizio il più sicuro, che la febbre non sia
gastro-infiammatoria, benché ne vesta tutte le apparenze,
ma una quartana sotto larva di gastrica, da trattarsi
all' incontro coi chinacei.
Che di tali febbri, io continuava, ne siano accadute,
e ne accadano ogni qual tratto di tempo ^ sotto anormali
condizioni dell' atmosfera , è un fatto ammesso da tutti
i classici, nelle cui opere yeggonsi chiaramente delineate,
e quantunque io non mi abbia ancora acquistato quella
pratica sicura, che solo il tempo e favorevoli circostanze
possono dare, pure per quella esperienza poca che ho fatto
air Università e nella Condotta sotto il dominio dell'at-
tuale influenza atmosferica , me ne potrei quasi assicurare,
ed in questo caso poi non esiterei un momento a mettere
in Udo lo specifico peruviano.
Non valsero le mie ragioni, per quanto a me sem-
brassero fondate , a rimovere dal loro proposito i due
colleghi, massime il più giovane, intanto che il vec-
chio rimaneva intento al nostro colloquio senza proferir
verbo , q far segno di approvazione. « E giacché , con-
ÀKNALI. VoU CCL 5
co
» tinuò il più giovane, non vedo probabilità di un ac-
» cordo, io mi ritiro^ per non essere nò complice, nò
» testimonio di una cura , della quale non sono per-
» suaso, e che ali* incontro ritengo dannosa, fors*an«*
» che micidiale >. L* altro collega pregato a rimanere e
ad assistermi, annui per favore, e insieme, come egli si
espresse, allo scopo di cerziorarsi e di istruirsi col fatto.
La cura adunque, per essere già antec/edentemente
stato purgato il malato , fu incominciata a dirittura col
chinino a grani 12 in cartin^e quattro , e per sei giorni ^
continuata, nel qual intervallo la febbre diminuì, e infine
cessò del tutto. Il mio genitore al giorno 24 di malattia
toccava la convalescenza, e in breve la salute, con som-
ma meraviglia del collega assistente.
Non ò da dimenticare, che dopo un mese circa questo
medico mi annunciò in iscritto, di aver osservato in con-
sulto un altro caso simile nel paese di Pralboino , prò-*
vinola di Brescia, in una giovane sposa, che venne gua-
rita oollo stesso rimedio. ' ,
Osserv* 2.^ — Il Commissario distrettuale di Neparolo,
»lg. R. , rimase preso da ugual febbre V anno 1831 in
(\utuuno , con tipo oscuro terzane. Il medico di quella
Qondatta G, « . . ., imprese a curarlo per una febbre ga-
Htru-lnflmnmatoria , come ne offriva tutti i caratteri, e
quindi col metodo antiflogistico, dietro il quale V infermo
02^Ud<) in tale prostrazione di animo e di forze, da cre-
derai d£^gU astanti, dalla famiglia, e da lui stesso in grave
pericola di vita, La febbre serba vasi sostenuta dal prin-
cipio alla fine del parossismo sino al successivo, da giudi-
carla quasi identica a quella detta dagli antichi continua
ooatineute. Si riproduceva ogni secondo giorno a tardo
\o:il>ro nel modo il più oscuro ed impercettibile, senza dar
ouUuu 0 aotìpetto di intermittenza.
l vimodi adoperati furono 5 salassi , sanguisughe al-
l o^Kiiviìitrio , purganti, decozioni di tamarindo, ed altre
67
bibite refrigeranti acidule , con dieta austera. Anche iu
questar febbre la sete era intensa in principio sino a metà .
corso del parossismo, e non scompariva affatto mai sino
alla fine , per ridestarsi più viva al nuovo parossismo.
Questo sintomo lo feci rimarcare^ al collega, ma egli non vi
prestò r attenzione che meritava, nò gli attribuì impor-
tanza di sorta.
Esposto il quadro sintomatico di quella febbre, ed in-
dicata minatamente la cura e i rimedi adoperati, la di-
chiarò apertamente continua, di natura infiammatoria,
e pei sintomi di saburra gastrica che l^accompagnavano,
le assegnava il posto di febbre gastro-infiammatoria.
Edotto dell'influsso generale dominante da alcuni an-
ni , per aver osservato molte di tali febbri larvate, volli
prima minutamente interrogare il malato e chi Tiassi-
steva sopra tutti i sintomi e i cangiamenti accaduti nel
corso della malattia, ed informato che verso la notte di
ogni secondo giorno^ T accesso aumentava con smania e
sete, calor generale, insonnia e vaniloquio, e che que-
sti fenomeni si ammansavano verso il mattino delS.*
giorno, non però affatto, per ripetersi nuovamente colla
stessa intensità al nuovo parossismo, io soggiunsi che
per questi particolari caratteri, la febbre non mi sem-
brava continua, nò infiammatoria, ma piuttosto una
intermittente terzana larvata, e come tale da doversi
trattare, non già col metodo debilitante, ma colla china.
Opponendosi il collega con ogni sorta di argomenti al
mio giudizio, per convincerlo gli addussi t* influsso epi-
demico dominante , V aumento della febbre ogni seconda
sera, e ciò che avrei bramato tacere, il danno notabile
che avea ricevuto l'infermo dalla sua cura; essere per-
ciò indispensabile un altro metodo per arrestarla, il che
non si potea ottenere che col chinino.
In onta alle addotte ragióni, il collega si schermiva
con ogni sorta di pretesti, per cui riconosciuto impose
68
sibila ogni accordo, dissi alla famiglia, che spedisse tosto
a Cremona per altra medico, acciò esaminato l'infermo^
vagliate le singole opinioni , si venisse a stabilire una
cura , che fosse a tutti di soddisfazione , di conforto e
salute al malato. Ma sia che 1* infermo avesse condultato
sé stesso e la famiglia, sia che temesse la tarda venuta del
medico , impossibile sino al mattino seguente e ad ora
tarda, p fosse stato persuaso più dalle mie ragioni, che di
quelle del collega, mi ingiunse di intraprendere la cura
a modo mio, persuadendo il collega ad unirsi meco nel pra-
ticarla.
Ricorsi allora al chinino alla dose di 12 granii con-
sumati quella stessa notte, e ad altrettante dosi per 5
giorni di seguito, scorsi i quali la febbre era cessata del
tutto , ed al 25.® giorno dal principio della malattia , il
signor commissario riprese il suo ufficio.
Vengo ora con una terza osservazione, la quale dimo-
strerà che il dominio di quella febbre non era ristretto
nella piccola sfera della mia condotta^ ma si estendeva
al di là, ed in luoghi posti a qualche distanza.
Osserv. 3.*— T. B., figlia dell'oste di S. A., donna
ancora in bella età (anni 31) e conjugata, di tempera-
mento robusto e sanguigno, si ammalò Tanno 1830 in
Vescovato, mentre si trovava in casa de* suoi parenti,
e fu presa in cura dal dottor condotto C La febbre
sul nono giorno divenne grave e pericolosa ; perciò al-
larmati i genitori ed i parenti, mi pregarono di conferire
col medico della cura, onde combinare un metodo tera-
peutico j che assicurasse la salute dell'inferma. Portatomi
quindi in Vescovato, ed entrato prima nella casa del col-
lega, gli esposi il motivo della mia comparsa.
Accolto graziosamente dc^ lui, mi informò egli di ogni
sintomo di quella febbre, e del trattamento usato. Disse
che era esordita senza pregressa indisposizione, e quasi ad
un tratto, ma con molta veemenza, che d'allora in
69
poi non avea punto diminuito di intensità, che anzi
le si erano aggiunti alcuni sintomi particplari , che la
facevano temere esiziale. ^
L' apparato fenomenologico era sempre quello di una
febbre gastro-injSamm^toria, quindi smania , veglia quasi
continua , cefalea ricorrente , sete intensa , anoressia
completa, lingua intonacata di patina giallastra, tendenza
al vomito, stitichezza, polsi molli frequenti, e negli ul-
timi giorni vaniloquio nella notte del parossismo. 'Ag-
giunse di averla assalita con salassi, con sanguisughe
all'epigastrio e al capo, purganti òccoprotici con l'ag-
giunta del tartaro stibiato^ bibita antiflogistica e dieta.
Recatici ambidue dalla malata , essa mostravasi pallida
assai, segno insolito nella sua fisoiiomia sempre ròsea e
vivace ; anoressia ^ lingua sporca ^ tosse secca e rara ,
polsi frequenti , molli e vuoti , pelle calda j arida , voce
bassa, ecc.
Interrogata l'assistente che la vegliava nella stessa ca-
mera > e che non erasi mai staccata da lei, come avesse
decorso quella febbre, e decorresse tuttora, quali .cangia-
menti presentasse lungo la giornata, rispose che ogni
sera a tarda ora la febbre aumentava con molta sete ed in-
quietudine, ma senza freddo; che nel mattino continuava
forte sempre , il che compr6nde;vasi dalla sete , dalla
accensione de} volto, e dalte smanie, senza mai diminuire
sino alle ore, 4 pomeridiane, nel qual moménto calmavasi
anche la sete , per riaccendersi più tardi come le altre
sere ; che da qualche natte la paziente avea /incomin-
ciato a vaneggiare nei suoi brevi sonni , e alcun tempo
an,che dopo svegliata, che lagnavasi sempre • di oppres-
sione di respiro e che sotto le escrezioni alvine era presa
dà deliquio.
Nessun motto feci al collega in quell'istante del mio
giudizio sulla natura della febbre, e dopo alcuni discorsi
intorno alla cura istituita a convenienza, ed altre prò-
70
poste velate sul da farsi, escimmo della stanza colla
promessa di presto ritornarvi.
Appena fummo soli , esposi francamente la mia opi-
nione suir indole della febbre, e sul trattamento che
essa a parer mio richiedeva. Non ricordo bene le strane
meraviglie eccitate dall' esposto giudizio , e tutte le op-
posizioni poste in campo per convincermi del contra-
rio. Questa febbre , pronunciò francamente il collega ,
è continua, non intermittente; la sua natura è gastro-
saburrale flogistica^ e non altrimenti, giacché ninno ar-
riverà mai a persuadermi diversamente, nò a trat^rla con
metodo opposto a quello da me già intrapreso. E chi
osasse in questo caso adoperare. la china, non farebbe
che aggravare ed accendere la febbre (opinione allora. di
molti che la china fosse stimolante), e quindi sagrificare
una yita che si può salvare.
Dopo molti ragionamenti prò e contro cotesto argo-
mento, non fu possibile di addivenire ad un accordo, on-
dalo gli proposi, forse con troppa imprudenza, di accettare
sopra di jne tutta la responsabilità della cura, tanto mi
credeya sicuro del fatto mio.
Una proposta cosi franca e., ricisa fece molto senso
suiranimo del collega, il quale, stupito del mio ardi-
mento « convinto del mio carattere e della mia since-
rità, d'altro canto considerato che una più ostinata op-
posizione potea mettere a repentaglio il suo onore, e in
pericolo 1^ vita della malata: « Ebbene, rispose, giacchò
» vedo in te tanta persuasione, prescrivi secondo i tuoi
» pensamenti^ ed io saìrò fedele esecutore delle tue or-
> dinaziohi ». Amministrato quindi il chinino a 12 grani
al giorno in polvere^ per soli quattro giorni di seguito,
perchò la signora B. pel rapido miglioramento sospese da
sé le ultime due dosi, essa acquistò in breve la salute,
e fece ritorno alla sua famiglia che l'accolse giuliva in
seno.
71
Ho esposto le tre annunciate istorie, non per disdoro
de' medici che, fuorviarono nella cura, ma per dimostrare
ai colleghi la necessità di non porre in non cale lo studio
delle costituzioni morbose atmosferiche, sì frequenti e
prolungate talora da percorrere una serie d'anni, come
verrà dimostrato parlando diffusamente dell' ultima at-
tualmente dominante, in cui ci troviamo da 16 anni.
Tale studio non solo apre alla mente nostra e della
gioventù medica la giusta via per conoscere molte oc-
culte cause morbose, che generano speciali malattie, ma
r abituano altresì ad indagini più recondite e severe
sopra le infermità che sogliono dall' atmosfera provenire.
Come delle umane cose, mutabili sempre all' infinito , cosi
suole accadere della atmosfera e delle meteore , e delle
condizioni climatologiche della zona terrestre da noi abi-
tata; le cui variazioni ed influenze importa assai di co-
noscere , onde saper apprestare con maggior sicurezza
quei soccorsi dall' indole spaiale della costituzione ri-
chiesti.
Così accadde di quella febbre larvata, la quale del
resto non isfuggì a tutti i medici che ebbero occasione
di osservarla ed assisterla, ed anzi fu da taluni ricono-
sciuta agevolmente. Queglino stessi che si mantennero
più a lungo dubbiosi sulla sua natura, poterono convin-
cersene dappoi, curandola felicemente colla china-china.
Le tre osservazioni presentate mi sembrano più che
sufficienti a dimostrare la subdola natura della febbre
in discorso, e insieme i fenomeni sotto i quali si nascon-
deva all'occhio dei curanti. Promiscuamente a tali feb-
bri, altre pure dominavano della stessa forma e natura,
e diversamente complicate, ed anche legittime intermit-
tenti, le quali non sembravano intieramente sottratte alla
costituzionale influenza, che maltrattava gli abitanti del-
l'inferiore provincia Cremonese, ed esse pure obbedivano,
tolte le complicazioni, alla china.
72
Oltre le accennate febbri di primavera, altre se ne
aggiunsero in estate di diversa forma ed indole, che
imponenti nella loro invasione, cedevano air emetico» al-
lorché vi era manifesta saburra gastrica, e al salasso.
Ma quando non cedevano a questi due sussidii entro le
40 ore, come sogliono decorrere le effimere, che in tutto
le simulavano, assumevano un corso continuo o infiam-
matorio, 0 gastrico, o nervoso. Nel dubbio. che la mag-
gior parte fossero veramente effimere, e potessero ces*
sare da sé dopo le 24 o 40 ore^ volli curarne alcune
coi soli purganti, e coi decotti antiflogistici, e in caso
di imbarazzo gastrico, col solo emetico, o.come vomi-
tivo , 0 come alterante purgativo ; ma dovetti convin-
cermi dopo replicate prove, che questo non .era il più
sicuro trattamento, giacché poche e rare erano le effi-
mere, molte le continue gastriche infiammatorie, e an-
che nervose, onde mi trovai pentito di non averle trat-
tate col salasso e coir emetico, unica medela richiesta
per arrestarle.
Nella stagione invernale prevalevano sempre le ma-
lattie flogistiche, e principalmente le polmonie, le pleuro-
polmonie , le pleuriti , le bronchiti , le catarrale , le an-
gine, le febbri reumatiche e le artritiche, e non era raro
il caso di scorgere una remittenza nei dolori pleuri-
tici , 0 artritici , e di cogliere quindi V indicazione della
china , la quale troncava la malattia come per incanto ,
mentre laddove là remittenza mancava , e i sintomi
erano continui , occarrevaao i salassi , ed ogni sorta di
debilitanti.
L* inverno ^el . quale abbondarono ~ maggiormente le
polmonie, fu quello del 1829 al 30,. stagione freddissima,
nella quale il termometro si abbassò al 10.^ grado sotto il
zero, e after nò quasi sempre tra il 7.® e il 9.° senza mai
innalzarsi, al contrario del verno precedente che fu mite,
secco, spesso sereno, quasi senza ghiaccio e brine. Sotto
73
quella rigida temperatura accaddero .moltissime pleuro-
polmonie, da produrre in alcuni malati la morte al 3.^ o
4." giorno di malattia. I vecchi e le persone . affette di
asma e di catarro cronico bronchiale , di rado poterono
sfuggire alla morte. Nell'inverno antecedente le malattie
flogistiche furono tutte miti, cedevoli alla cura, e in gen-
najo e febbrajo eransi osservate delle intermittenti legit-
time proprie della stagione autunnale.
L'ultima febbre larvata fu da me notata nel dicembre
1832 in una giovane contadina di 17 anni non ancora
menstruata. Essa decorse sotto forma di saburrale, con
tosse secca e frequente ; sulla fine dell'accesso, cessando la
sete e la tosse, il parossismo riprendeva la stessa inten-
sità. Questi soli sintomi bastarono a rivelarmene Tindole,
e venne fugata col chinino.
Trascorsa la enunciata costituzione , le infermità as-
sunsero a poco a poco la forma e la natura ordinaria,
nò più in seguito si osservarono di simili febbri, a talchò
allorquando mi occorse qualche caso dubbio, e volli
sperimentare il chinino, rimasi deluso.
Nell'autunno poi di quello stesso anno ebbi ad assi-
stere in Villa Rócca due casi di perniciosa cholerica, i quali
sembravano prenunciare quella terribile epidemia, che ci
sorprese quattro anni dopo, e misero in molta appreur
sione la nobile famiglia Gastelbarco, che là appunto tro-
vavasi a villeggiare e si disponea a partire o per Cremona
o per Milano, se non fosse stata assicurata a rimanersi,
che il cholera distava ancor molto da noi^ mentre quelle
febbri erano, sporadiche, o miasmatiche, solite a compa-
rire sulla fine dell'estate e in autunno, perchè in paese
prossimo a risaje e a terreni bassi e paludosi situati sulla
destra sponda dell' Oglio.
La maggior parte di noi può ancora rammentare le
stragi che il cholera menò sulle popolazioni lombarde
l'anno 1836. Questa malattia, trovando rilasciate le di-
74
scipline sanitarie , e aperto 1* adito , e quasi impreparati
i medici, passò sopra queste belle contrade, lasciandovi
traccio rovinose e mortali , senza che verun ostacolo vi
opponesse il Governo.
E giacché son giunto a parlare di questo flagello,
il quale quantunque studiato con tanta alacrità da uo-
mini chiarissimi nostri e stranieri, sembra tuttora co-
perto di densissimo velo, chiedo venia, se ardisco di
proferire la mia debole opinione riguardo alla sua na-
tura contagiosa o meno , ed esporre francamente quel
poco che ho raccolto nelle tre epidemie da me osser-
vate, del 1836, 1849 e 1855, di utile per la sua cura.
Dietro le più attente osservazioni, ini sembra fuor di
dubbio che il cholera sia un morbo eminentemente cour
tagioso , benché ciò abbia dato luogo a contrasti infiniti.
Tenendo dietro a* suoi passi, si può tracciarne l'itinera-
rio,, da uno ad altro luogo, da una ad altra città, scor-
gendone le orme impresse nei paesi e nelle ville inter-
medie, e quasi di casa in casa, di tugurio in tugurio.
Tutti fummo testimoni di un fatto, che quando il cho-
lera arriva ad introdursi in una casa, o in una contrada,
è raro che non si- appigli ad altro individuo della stessa
famiglia, oppure non si apprenda ai vicini, e cosi esten-
dendosi per qualche tratto, non ne colga diversi. Il che
prova il diflFondersi la malattia secondo gli umani con-
tatti e commerci, e quindi la sua trasmissibilità.
Nel piccolo comune di Canova-Olzano , di circa 300
anime, accadde il prim^o caso di cholera sulla fine di giu-
gno 1836, quando già infieriva crudelmente^ in Sor esina, e
fu in un contadino, che andando e ritornando ogni giorno
a provvedere ih questo borgo per sé e per altrui, venne
cólto un dopo pranzo dal cholera. Chiamato in fretta in
quel paese, dove nulla si era di^osto per tale cala-
mità, sciegliemmo col primo deputato a locale provvi-
sorio l'abitazione del custode della chiesa, che consisteva
75
a piano terreno in una cucina abbastanza vasta e aereata
con a lato un angusto e basso stanzino che serviva
di cantina, e al piano superiore in una sola stanza
grande tutta ingombra di legna, di paglia, e di suppellet^
tili, con un letticciuolo logoro e sudicio , illuminata da
due buchi quadrati e ristretti, da non mandare nò luce
né aria a sufficienza. Allestiti in fretta due letti, uno
pel malato , V altro per i due infermieri , li posammo
nella cucina, e provveduto l'occorrente per le medicine
e pel vitto, adagiammo il malato nel suo letto, prescri-*>
vendo agli infermieri di non alterare in verun modo il
disposto, di assistere l'infermo come loro veniva ordi-
nato, di eseguire le frizioni, e di apprestare a cucchiai
una mistura anodina.
Tornato il mattino ad Olzano , viddi con meraviglia
alterate le disposizioni del giorno addietro. Il malato, per
maggior comodo degli assistenti, era stato collocato nella
cantina col suo letto, intorno al quale non era possibile
girare liberamente per la medicazione. Rimproverati gli
infermieri dell'atto arbitrario, ed avvertiti che quello
era il vero modo di pregiudicare al malato e a sé stessi,
venne subito levato l'infermo da quel luogo e riposto nella
cucina, ove per due ore lo feci assistere alla Inia presenza
con un bagno, frizioni irritanti sopra varie parti del corpo
e mattoni caldi avvolti in panno lana a lato delle cesoie
e delle gambe, e colla somministrazione della mistura a
cucchiai , dopo di che me ne partii. Alla visita del dopo
pranzo lo rinvenni nel massimo stato di gravezza, cioò
nella cianosi e nel coma, e verso sera spirò. Non pas-
sati tre giorni, i due infermieri vennero presi quasi si-
multaneamente dal cholera, sotto il quale uno soccombet-
te , superandolo l' altro più per prodigio di natura che
dell'arte. E chi dietro questo fatto potrebbe negare il
contagio al cholera? Lo giudichi il lettore.
Introdottosi per tal modo il cholera in quel Comune,
76
colpi in 8 0 10 giorni più di 60 persone. In una delle
cascine che fu maggiormente visitata dal morbo, per es-
sere entrato lo spavento negli abitatori, si videro suc-
cessivamente attaccate le varie famiglie, in altra delle
quali composta di 8 individui, un solo fanciullo di 8 anni
fu salvo. Singolare poi fu Tosservare che durante il do-
minio della epidemia, non apparisse altra morbosità spora-
dica 0 stazionale ali* infuori del cholera.
Che poi la materia infezionante o contagiosa sia
costituita di sporule, di alghe, di funghi, di vibrioni,
come vorrebbero il prof. Thomson di Londra , Pacini di
Firenze ed Emiliani di Roma, oppure provenga dalla
evaporazione del liquido diarroico, o dalle sostanze emesse
per vomito, o dall'alvo, non che dal sangue o dalla tra-
spirazione cutanea, ciò deve formare oggetto di ulteriori
indagini, quantunque al presente tali concetti si diano da
molti per positivi.
Da quanto raccolsi nelle tre epidemie cholerose alle
quali ho assistito nel 1836, 1849 e 1855, mi sono con-
vinto , che il miglior momento di curare il cliolera , e
fors*anche, se non in tutti i casi, in molti però di arre-
starlo, è nella diarrea premonitoria, la quale avverte il
paziente che il morbo sta per investirlo. Il non rimediare
prontamente a questo flusso e, quel che è peggio, aumen-
tarlo improvvidamente con cibi o bevande , a cui il
popolo facilmente si abbandona, è il lasciarlo in balia di
sé stesso , è favorirlo ed accrescerlo , e quindi lasciarlo
progredire al vomito, e ai crampi , agli stadj più infre-
nabili e fatali della malattia.
L* arrestare la^ diarrea cholerosa non è opera diffi-
cile, purché il malato si privi di ogni cibo e bevanda pel
tempo necessario, il quale non è più lungo di cinque o
sei giorni , o anche minore , se viene sussidiato con
una mistura anodina presa ò cucchiaj in principio ad
un'ora di distanza > e a norma che il flusso diminuisce,
77
ad ogni due o tre ore, il che accade' dopo il secondo o
terzo giorno. Arrestata la diarrea, si somministrano pri-
ma con mano sospesa dei brodi di vitello o di pollò per
un giorno, indi dei pantriti, dei vermicelli, salendo alle
zuppe, alle minestre, alle carni, fino a che la funzione
digerente non siasi affatto ristabilita.
Devesi avvertire che se i termini ventrali, le scari-r
che alvine , avessero a ricomparire , si dovrà tosto ri-
prendere la cura e la dieta , attendendo maggior tempo
per concedere di nuovo cibo e bevanda. In questa malat-
tia tollerano i malati la dieta, più che in qualunque altra,
e non ho veduto mai alcun sinistro accadere, per quanto
sia stata rigorosa e lunga.
Restituito alla salute, T individuo dovrà per alcuni
giorni ancora usare una regola severa, astenendosi dai
cibi indigesti, dalle verdure, dalla frutta, dalle carni sa-
late, ecc. , che potrebbero promuovere facilmente una ir-
ritazione enterica diarroica o dissenterica. Questa mi-
sura serve intanto a sopire la morbosa sensibilità della
membrana villosa intestinale e del plesso solare, il quale
sembra il più compromesso nel cholera.
Ma nel basso volgo, che è anche il più soggetto alla
malattia pel vitto pravo e pei disordini che suole, com-
mettere, r ottenere siffatta privazione non è facile com-
pito. Quel senso di languore, di sfinimento, i tremori
negli arti inferiori e la debolezza generale che tien die-
tro alla grave perdita intestinale, suscitano un forte bi-
sogno di riparazione, che soddisfatto innanzi tempo o so-
verchiamente, è causa di. gravi successioni morbose.
Alcuni asseriscono , che il cholera insorga talvolta
senza diarrea premonitoria, il che limiterebbe alquanto
il valore del metodo da me raccomandato. Si parlava sin
dal 1836 di cholera secco, ossia senza diarrea, e ne
hanno discorso i nostri antichi ^ diligentissimi in ogni
ricerca diagnostica. Io stesso ho ricevuto allo Spedale
78
provvisorio di queir epoca dei cholerosi spediti dai me«
dici di faori sotto questo nome. Essi mi giungevano nel
cholera compiuto con stitichezza. Interrogati i parenti
se realmente sapessero che quei malati erano caduti nel
cholera ad un tratto e senza , diarrea \ da ^alcuni udiva
confermarlo, da altri porlo in dubbio, e furonvi anche
di quelli nei quali la diarrea èra stata breve e taciuta.
L'anno 1855, non trovandomi impegnato nello Spedale
provvisorio, e raccogliendo i malati per ispedirveli, potei
osservare alcuni casi di cholera pronto e grave, che sem-
bravano confermare l'esistenza del cholera secco, ma in-
dagati scrupolosamente i casi tanto sui malati stessi
che sui parenti, memori dell'accaduto, venni in taluni a
sapere di certo che la diarrea più o men breve non era
mancata dòpo qualche cibo o bevanda, che però il male
èra cresciuto ad un tratto con vomiti, crampi e stiti-
chezza.
Io non impugnerò giammai, che il cholera non possa
nascere senza diarrea , giacché anche il dott. Molden a
Parigi ( « Annali universali » ) ne ha osservati diversi
esempii nello Spedale di S. Antonio , e sarebbe un con-
trastare dei fatti da uomini rispettabili osservati. Dirò
soltanto che trovandosi il medico assente alla comparsa
della diarrea o del cholera, deve riportarsi a relazioni
spesso incomplete , che non ponno assicurarlo sui prece-
denti. Ammesso pur reale il fatto del cholera secco, deve
essere certamente assai raro, e il metodo suggerito ad
arrestare la diarrea a prima giunta e speditamente, deve
tornar utile alla maggior parte dei pazienti.
Per non dilungarmi di troppo sopra un argomento
estraneo a questo scritto, riporterò soltanto alcuni fatti
fra i molti che ho raccolti nell'assistenza dei cholerosi.
In una famiglia alla quale era morto dappresso un
choleroso da 4 giorni , una donna vien presa insieme
ad una sua figlia malaticcia di 12 anni, da diarrea cho-
79
lerica , indicata dalla frequenza delle scariche , dalla
fluidità torl^ida e chiara di queir escremento, quasi ino-
doro , e da altri caratteri speciali. Impongo ad ambe*
due la dieta assoluta, ossia .la privazione del cibo e
delle bevande, e prescrivo una mistura di oncie 4 di
acqua di camomilla e goccie 50 di laudano da prendere
ad un cucchiajo ogni ora, e diminuendo la diarrea, ad
un'ora e mezza , a due e tre ore , non senza avvertirle
del pericolo se declinavano dalle mie ordinazioni, ed am-
bedue al 7.° giorno erano salvate.
Un individuo di una clerta educazione, ma imprudente
nei suoi atti, posto nel mio spedale provvisorio a sorve-
gliare gli infermieri ed assistere i malati nella flebotomia
e all'esatta distribuzione dei medicamenti, vien preso un
giorno di luglio 1836 verso sera dalla diarrea cholerica.
Chiamato ad osservare il fluido emesso , e dichiaratolo
molto sospetto, gli ordinai la cura prescritta alle due
donne sopra notate,, avvertendolo del pericolo in cui
poteva incorrere, se trascurava le mie prescrizioni. Alla
sera , varcati i cancelli dello steccato , dal quale era
circondato e [chiuso il mio spedale, in compagnia di
un chirurgo suo amico sig. Giovanni Clementi , si reca
ad una locanda, dove mangia pochi vermicelli e qual-
che biscotta nel vino da bottiglia. Alle 12 di notte
sono svegliato dal capo infermiere per un choleùoso che
sta male e desidera la mia presenza. Era lui, e quando
lo vidi e m' accostai , trovavasi già nel secondo stadio
del vomito e dei crampi. Sollecito allora tutti i mezzi
esterni ed interni valevoli a soccorrerlo: bagno gene-
rale , frizioni di linimenti irritanti , frizioni secche dopo
due ore con spazzola sopra tutte le parti del corpo, se-
napismo alla regione ipogastrica, pillole di bismuto e
oppio , dieta assoluta. Tutto venne eseguito con preci-
sione , ma alle 9 ore del mattino non era più.
Un uomo presso ai 60 anni mi fece chiamare con sol-
80
lecitudine presso al mezzogiorno; era affetto da diar^
rea cholerosa, che potei osservare, e saa moglie mi disse
che avea evacuato l'alvo più di 60 volte in due ore , e
che non faceva altro che bere. Era alzato e stava per
mangiare una panata preparata al momento dalla moglie,
le quale lo consigliava a cibarsene. Gli impongo di astener-
sene; ma la moglie sperando di ristorarlo della debolezza
che lamentava, persiste a persuaderlo di pascersene. Io
allora dissi al malato: « se cedete alla moglie in breve
sarete choleroso del tutto ». Prescrivo la dieta asso-
luta e una mistura anodina, indico il modo di servirsene,
rinnovo T avvertimento e me ne partp. Dopo due ore
piombava nel ^holera spiegato ed alle ore 11 di notte era
cadavere.
Premendomi di sapere come i miei ordini fossero
eseguiti , interrogai dopo qualche giorno un figlio pre-
sente alla mia visita, e mi rispose che quella panata era
stata mangiata soltanto in parte per .mancanza di fa-
me, e che la mistura non era stata provveduta. È inu-
tile che insista a riportare altri casi per convalidare i
sopra allegati. Chi avrà fatte le stesse osservazioni , ne
sarà convinto.
Oltre essere indispensabile la dieta assoluta nella diar-
rea premonitoria, è parimenti necessaria nel cholera con-
fermato ; altrimenti il vomito insiste di npoyo, la diarrea
aumenta, i crampi investono le estremità, la cute si an-
nerisce, le unghie si fanno cerulee, Tinfermo si assopisce,
un gelo marmoreo si impossessa di tutto il corpo, i sin*-
gulti frequentano e la vita deirinfermo a poco a poco si
estingue.
Ho osservato alcuni cholerosi , riavutisi da quel le-
targo di morte , e porgenti indizio favorevole di g-uari-
gione, i quali per essersi posti tostamente a mangiare,
sperando di ricuperare più presto le forze, ricaddero nel
male, e vi perderono per ignoranza la vita.
81
Ho letto essere stati suggeriti da alcuni i purganti nel
cholera. Quanto a me non trovo una ordinazione più in-
consulta di questa, perchè l'organismo trovandosi abbattuto
ed alterato dalle precedenti scariche, non ponno esse che
favorire e sollecitare quella pericolosa irritazione intesti-
nale, che soltanto la dieta e i sedativi valgono a calmare.
Tutt'al più potrebbero essere indicati nel cholera secco,
ma anche in questo caso preferirei sempre i clisteri.
La cura del 2.® e del 3.** stadio, se presenta qualche
diversità con quella della diarrea premonitoria, deve con-
sistere nella maggiore attività dei rimedi interni ed
esterni, principalmente degli ultimi. Però bisogna conve-
nire, che poco o nulla abbiamo di che lusingarci tanto
degli uni che degli altri. L'azione letifera del cholera
pare schernirsi di ogni metodo e di ogni rimedio e non
avvi impedimento che la arresti, se non vi concorre lo
stesso organismo con una reazione salutare, cioè quella
forza medicatrice della natura si scarsamente Valutata
al di d'oggi dai ministri d'Igea.
A giustificazione della nostra impotenza troviamo ,
che nemmeno i medici inglesi ed indiani, testimoni della
sua origine, ci sanno indicare un metodo o un rimedio
che valga ad abbattere il cholera. Nato nel Delta del
Gange, scorrazzò nel principio di questo secolo non solo
l'Asia e l'Europa, ma l'Africa e l'America, e tutto il
mondo conosciuto, seguendo le grandi vie commerciali e
le carovane nel deserto, e dovunque si è esteso, non ha
trovati ostacoli , né discipline , né medele che Y abbiano
arrestato , se non dopo essersi estinto da sé.
Per quanto consta dalle relazioni avute sulle cura del
cholera, risulta che tanto l'acido fenico proposto dal prof.
Pacini di Firenze, quanto il cloruro di carbonio del prof.
Tommasi, e i solfiti del prof. Polli di Milano, e tanti altri
rimedii vantati sin qui da diversi autori, benché non man-
chino ciascuno dei loro successi, nulla finora han dato
Amnall Voi. CCI. 6
82
di positivo , da poterli adoperare con fiducia nel cholera
asiatico.
Nondimeno tutti questi tentativi sono da incoraggiare^
pf)tendo un giorno o Taltro venir scoperto uao specifico
o un rimedio atto a guarirlo , giacchò , come ben diss9
tempo fa un celebre medico francese, essendo il cholera
una malattia specifica, deve, anche avere il suo rimedio
specifico. Cosi le moderne ricei^che microscopiche sul con-
tagio cholerico non sono da spregiarsi, perchò giunti ad
assicurarci della sua natura^ ossia dei materiali elementi
che lo compongono, potremo con maggior fondamento
scoprire i mezzi per dissiparli e distruggerli.
Ma basti di si triste ed umiliante argomento. Lascia-
molo più diffusamente trattare da altri esperti più di noi,
e a maggior portata di sviscerarlo, come i medici inglesi
è indiani , per trovarsi sul campo delle osservazioni , e
sorvoliamo sopra un'altra epidemia costituzionale , nella
sua, generale apparenza non contagiosa, detta grippe da-
gli inglesi e francesi, da noi costipazione o raffr^dore o
bronchite epidemica, che si apprende tenacemente alla te-
sta, alla gola, o al petto, con tosse aspra, ovvero a tutte
tre quelle parti insieme, congiunta a somma spossatezza
di corpo. ' /
La grippe da me osservata era di un grado comune-
mente leggiero e di corso breve, benché non si limitasse
sempre a quelle tre località. In, alcuni casi furono attac-
cate le tonsille, le fauci, la trachea, i polmoni e le me-
ningi. Però rare vittime fece quel male, né arrecò molta
apprensione nel popolo. Il suo miglior metodo curatilo
era l' antiflogistico moderato e il sudorifero , qualche
volta il sanguisugio alla gola o alle tempia, pochi salassi
a togliere le diverse congestioni, bibite mucilaginose al-
l' interno , blandi purgativi e qualche rivellente.
Grande fu il numero degli individui a cui si apprese
cotesto male, ed in alcune regioni ne furono cólti la mag-
83
gior parte simultàneamente e in breve tempo. I giovani
erano a prefeìrenza assaliti , benchò non vi fosse età né
sesso da lui risparmiato. La sua durata non fu più lunga
di quattro mesi.
Dalle notizie fornite dai giornali medici , sembra che
fosse pervenuto dall'Inghilterra, dove si sarebbe mo-
strato grave, ed in alcuni casi anche funesto. Entrato in
segì;iito in Francia, l'avrebbe attraversata lasciando molte
orme di sé, non però lagrime voli, come nella sua culla.
Finalmente discesa in Italia , parve quasi destituita di
ogni gravezza, da non meritare una paurosa ricordanza.
{La fine nel prossimo fascicolo).
0««eF¥a«ioiiÌ chtrar^itehe del dott BEBIVARDIfVO
li Alienili, Chirurgo Capo presso F Ospedale Mag-
giore di Vercelli. ( Continuazione della pag. 368
del voi. 200, fase, di maggio e giugfko ÌSQ7 ).
VI.
^ V
Antica ernia crurale sinistra intestinale , libera , incarcera^
tasi; falliti tentativi di riduzione coli' antica taxis ; non
potuto eseguire sfiancamento sovracutaneo del ligamento
del Gimhernat ; incisione dei varii strati velamentari del
tumore; incisione limitata del sacco 'peritoneale; sfianca-
mento sottoperitoneale dell* anello costrittore , riduzione
dell* intestino ernioso; sutura dei margini cutaneo-cellU'
losi deW incisiolie ; pronta cicatrizzazione delle parti in"
cise ; celere guarigione; considerazioni.
I
^iomazza Maria, contadina^ d'auni 42, da Palestro, ^provenìfii^ts
dallo stesso luogo , è accolta neìV Ospedale maggiore degli in-
fermi di Vercelli ai numeri d'ordine generale 1254 e del letto
92 nella sera del 4 settembre 1864 ; è operata il 5 settembre
aìie ore 8 antimeridiane ; ed esce compiutamente' cicatrizzata
rincisione il 17 settembre 1864.
48
Settembre 5 , ore 7 antimeridiane. — É questa la' prima
volta che viaito rinferma, la quale narra essere da lungo tempo
affetta da tumore uscente ed entrante Uberamente alla regione
superiore anteriore delia coscia i che nel mattino antecedente
fuorescito quello, non potendo più farlo rientrare, mandò tosto
pek chirurgo , il quale , tentata invano la riduzione riescìtagli
altre volte, si fece premura di farla trasportare airospedale.
Riconosco il tumore essere più grosso quasi d' un ovo di
gallina e sentendolo dotata di massima elasticità^ faccio diagnosi
di ernia crurale intestinale non accompugnata da omento. Sin-
ghiozzo e vomito di materie fecali martoriano Tinferma, i polsi
non sono minimi, chiuso è V alvo. Tentai ridurre Ternia colla
antica tazis, ma dessa eminentemente elastica respinse i maneggi
di compressione fatti intorno e contro di lei e non cedette ne
punto né poco. Tentai di sfiancare Panello del Gimbernat, ma
non mi fu possibile sentirlo, quantunque colla più grande di-
ligenza girassi colla punta del pollice intorno alla parte supe-
riore ed Interna del tumore; perciò tornati inutili i tentativi
coir antico e col nuovo metodo di riduzione , determinai di ri-
correre all'istante al taglio.
Fu mio divisamente che Tincisione si estendesse egualmente
a destra ed a sinistra del tunciore , posto a traverso ed un pò
obliquamente all' asse della coscia , e quasi parallelo air arcata
crurale;, esso venne cosi a trovarsi nel bel mezzo deirincisione
della cute, sollevata prima in forma di piega perpendicolare al
tumore, fu poi quella prolungata a mano sospesa air indentro
ed air infuori. Colle forbici condotte sul solco della sonda fu-
rono incisi i vatii strati del tumore , ed il sacco peritoneale ,
lasciandone intatta Ja porzione interna e superiore.. Inciso il
sacco, comparve Tintestino ernioso nero ma. senza abrasione vi-
sibile ad occhio nudo. Cercai, col pollice destro di penetrare fra
V anello costrittore ed il budello, e mi fu dato di penetrarvi
un pò air indentro verso il cielo dell' anello costrittore , ed in
questa direzione spinto il pollice oltre 1' anello , lo sfiancai , e
potei quindi fare la riduzione dell' intestino. Apposi quattro
punti di sutura intercisa con filo di lino ai margini cutaneo-
cellulosi dell' incisione , e conveniente apparecchio comprimente
sostenuto da fasciatura a spiga. Prescrissi vino nero grammi
85
400 con à\tcì gp^ccie di laudano, .ed un grammo p mezzo di
gialappa per clistere. Nella sera l'inferma non è "ancora andata
di corpo I ma i suoi polsi sono rialzati, ed è ridente la di lei
fisionomia.
Settembre 6. — L'inferma non è ancora andata di corpo, si
ripetè il clistere, non ripeto più il vino col laudano. Dò il quarto
del vitto in continuazione.
Settembre 7, — Nella notte antecedente l'inferma andò di
corpp, i margini dell'incisione sono approssimati, ed un pò ri-
sipelatosi, estraggò il filo esterno ed il filo interno.
Settembre S. — Escono alcune goccie di pus dai seni dei
fili e fra mezzo all' incisione, minore è la risipola.
Settembre 9. — Tolgo i fili centrali, esce^ un pò di suppu-
razione dal centro dell' incisione.
Settembre 10. — La suppurazione è un pò maggiore, è di
color grigio , ed ha odore di materie fecali ; l' inferma di poi
che si sciolse il ventre andò sempre regolarmente di corpo ogni
di, la suppurazione diminuì sempre più , si presentavano solo
alcune goccie di suppurazione inodora nel giorno 13 settembre ;
completata la cicatrizzazione nel giorno 16 settembre, l'inferma
abbandonò l'ospedale nel giorno successivo.
Considerazioni ed analisi de IF atto operativo.
Riusciti inefficaci i tentativi di riduzione coU' antica
taxis, non potuto eseguire lo sfiancamento sovracutaneo
deir anello costrittore praticati nel primo istante che vi-
sitai r inferma, subito subito' ricorsi al taglio. L* àncora'
di salvezza sta nel bene , ma paranco nel prontissimo
operare.
È la^ prima volta dopo il 1856 , dalla quale 0poca
pratico lo sfiancamento sovracutaneo dei cingoli costrit-
tori, che mi sia occorso di non avere potuto sentire Fa'*-
nello del Gimbernat, ed è pure la prima volta d* allora
in poi che io sia stato obbligato ad operare un* ernia
crurale incarcerata col taglio. L'estremità del mio poi-'
lice destro era ancora convalescente di . recente paté-
86
reccio» e rinnovamento dell* unghia , per ciò forse non si
prestava convenientemente al delicato ufGicio: forse an-
che r intestino ingrossato nelle sue pareti, e gonfio pei
gaz contenuti nella sua cavità, copriva di troppo ed ol-
trepassava r anello crurale , ed impediva V approccio al
cercine costrittore.
Praticai una larga incisione dall' esterno air interno
deir arcata crurale , campo lungo e largo è campo spic-
cio e sicuro. Scoperto T intestino, e visto che per la sua
condizione dovea essere introdotto, tentai di ridurlo pri-
ma colla compressione ; non avendo potuto ridurlo con
questa, doveva ricorrere allo sflancamento sottoperito-
neale del legamento del Gimbernat, o porzione prossima
deir arcata crurale, il che fu fatto col pollice mosso dal-
l'avanti all' indietro, e dall'esterno all'interno: rispar-
miai cosi di ricorrere allo sfiancamento mediato colla leva,
ed allo sfiancamento coli' indice vólto ad uncino verso
r arcata crurale , mezzi più complicati ; risparmiai pur
anco il taglio del legamento del Gimbernat , che è sem-
pre sicura cosa evitare nell'ernia crurale strozzata^ Sono
circa dieiotto anni che cominciai ad operare lo sfiaiica-
mento sottopèritoneale nell'ernia crurale, mentre ado-
pero solo dal 1856 il metodo dello sflancamento sovra-
cutaneo nelle ernie inguinali e crurali. Non il più piccolo
inconveniente sorse a disturbare il buon esito della cura,
due giorni dopo l' atto operativo l' inferma aveva il
quarto del vitto, non vi fu febbre, ai primi- di novembre
la rividi; facendola tossire senti vasi contro la cicatrice
fortissimo l'urtò del retroposto budello.
La suppurazione sempre poca, putì per alcuni giorni
di materie feeaU , alla vista ed all' odorato porzione di
esse era frammista al pus. Visitai l'inferma un anno, e
due anni dopo l'atto operativo, facendola tossire sentivo
distintamente l'intei^tino gonfio e ripieno di gas, aderente
alle pareti del ventre; intestino e pareti addominali for-
87
manti un corpo solo sentivo aderenti alla cute , onde la
gangrena parziale dell* intestino e V aderimento di questo
divennero due fatti accertati.
Nella peritonite, il peritoneo che vèste le pareti ad-
dominali, e quello.che copre i visceri si trova nella con-
dizione più opportuna che sia possibile per contrarre
adesioni ; nei morti per questa malattia noi vediamo so-
venti tutti gli intestini tenui o parte di essi adesi fra di
loro, talvolta sono agglutinati all' omento, tal' altra inte-
stini tenui e grassi aderiscono al peritoneo parietale ,
linfa plastica copre tutti i visceri, ecc. In questi casi il
peritoneo delle parejti addominali, ed il peritoneo viscerale
è diventato, mi si permetta il motto, glutinoso, appiccatic-
cio, è caduto il velo super ficialissimo di, esso ( probabil-
mente la porzione superficiale dell' epitelium pavimentoso
^dei microscppisti).
Nel caso di ernia strozzata abbiamo peritonite visce-
rale, sovente anche peritonite parietale, sono adunque
presenti tutte le condizioni favorevoli per l' adesione de-
gli intestini erniosi fra di loro, ed alle pareti addominali.
Quando V intestino è diventato nero come il carbone e
prossimo a gangrenarsi^ è ancora glutinoso ed appiccatic-
cio, e voi lo sentite appiccicarsi alla vostra dita che ten-
tano riporlo nella cavità del ventre. Talmente forte è
questa facoltà adesiva, che non cessa neppure per la gan-
grena dell'intestino. Già dessa ha invasò la tonaca mu-
cosa, e la tonaca muscolare, ma salvo è ancora da morte
ir peritoneo per il suo tessuto congiuntivale , onde an-
cora potente la di lui facoltà adesiva. Cessata completa-
mente la vita,^ l'escara ancora è glutinosa ed appiccatic-
cia , e siccome strato di gomma e di colla può appici-
carsi ed agglutinarsi alle pareti addominali ; quandp poi
r escara si stacca per intiero e cade nell' intestino , le
parti prossime all' escara rigogliose già si sono compiuta-
mente aderite al peritoneo delle pareti dell' addome. Tal-
88
Yolta^ quantunque ciò accada ben più di rado, la porzione
gangrenata del budello si appiciccò ad altra prossima dello
stesso budello e con essa contrasse salvatrice adesione.
Per questo merayiglioso ma^stero la natura ripara la
breccia da gangrena, .impedisce il versamento fatale delle
materie fecali nella cavità del ventre, e salva agli infer-
mi la vita. Nel nostro caso una porzione piccola di bu-
dello si gangrenò ; quando cadde I* escara , fluirono per
alcuni giorni le materie fecali per la ferita : ma le parti
prossime all' escara si aderirono prontamente al perito-
neo delle pareti addominali, e chiusa la piccola breccia,
la Liomazza non solo fu salva , ma guari prontissima-
mente.
VII.
Ernia crurale sinistra antica intestinale libera ma sempre
fuor eseita , incarceratasi da ore 76 , rientrante alla mi-
nima compressione, ma uscente di nuovo appena tolta la
medesima, anello crurale ristretto ed ingrossato, più che
probabile gangrena dell' intestino protruso , paralisi inte-
stinale, Sfiancamento e parziale rottura della porzione
superiore dell'anello crurale. Incisione della cute e della
lamina adiposa contuse nell'operare lo sfiancamento. Ces-
sazione della paralisi intestinale. Permanenza perenne del
tumore protruso fra le parti incise. Probabile aderenza fra
sacco ed intestino, Verminazione. Guarigione. Considera-
zioni.
t
Bracchi Petronilla , d* anni 21, da Lodi nuovo^ proveniente
da San Germano, merciaja girovaga, è ricoverata nell'Ospedale
di Vercelli ai numeri d'ordine generale 475, e dei letto 94, il
15 aprile 1867 mezz'ora dopo mezzodì, è operata tre ore dopo,
ed esce guarita il 19 maggio 1867.
Aprile 15. -^ Alle ore 3. l/^ pomeridiane io visito per la
prima volta l'inferma ; è dessa affetta da. quattro anni da ernia
crurale sinistra libera: siamo in lunedì, e l'ernia si inparcerò
89
nel mattino del venerdì antecedente, portando la donna attorno
la cesta delle chincaglierie ; sabbato, domenica, lunedi fu tor-
mentata da vomito continuo, non vomitò però mai materie fe-
cali , non consultò alcuna persona dell* arte , noa furono fatti
tentativi di riduzione prima che entrasse nell'ospedale, non prese
alcun rimedio eccettuato leggiero rinfrescante.^ Appena fui
presso alla meschina, sentii il di lei alito. avere odore ^di gan-
grena. L'addome è tumido, dolente, rimbombante al più leggiero
tocco , è meteorizzato e teso in tutta la sua estensione , e spe-
cialmente alla regione inferiore sinistra. Appena percettibili
sono i polsi, fredda marmorea la cute; ha inoltre piccola ernia
ombelicale libera, e tumore venoso inferiormente al^ernia cru*
rale fatto da varice della safena interna.
Il tumore ernioso incarcerato è piccolo , non più grosso di
una castagna, mia desso appena si scorge attraverso alla pelle
per la grassezza della persona e della regione: il tumore appena
tocco rientrò ( da ciò deducesi che l'ernia è formata da intestino
solo ) , r indice destro seguì il movimento regressivo di lui , e
penetrò dietro a quello nell' anello crurale. Colà penetrata la
punta dell'indice, sentì l'anello non già tagliente al suo lato
interno (legamento del Gimbernat), ma arrotondato ed ingros-
sato tutt'all'ingiro, il che prova l'antica data dell'ernia.
Trasportata l' inferma presso al margine sinistro del letto ,
io mi postai colla parte anteriore della persona rivolta verso
il di lei fianco sinistro, e vis a vis del tumore ernioso. Pene-
trata la punta dell'indice nell'apertura inferiore del canale cru-
rale, la spinsi più in dentro, sentivo col polpastrello dell'indice
la superficie supcriore e triangolare del pube e dell' ilion ; tentai
sfiancare l'anello all' infuori, all' insù, all'indentro, ma non vi
riuscii ; all'indice feci succedere la punta del pollice^ ma il ten-
tativo riesci pure inutile : feci divaricare la coscia sinistra del-
l' ammalata fuori della sponda del letto , mi posi' fra la coscia
sinistra e la coscia destra, e tentai di sfiancare l'anello coll'in-
dice, e colla punta del pollice; ma se dilatai alquanto l'anello,
non potei sfiancare ne rompere pure in questo modo il me-
desimo.
Visto che non potevo sfiancare l'anello stando al lato sini-
stro del letto, feci tramutare l'inferma sulla sponda, destra del
90
letto , mi vi portai io pure , mi vi fissai in corrispondenza del
capo di essa*, colla pftrte anteriore della persona rivòlta verso
i piedi della lettiera: introdussi la punta dell'indice nell'aper-
tura del canale erurale , la rivolsi ad uncino , e tirai all' insù
la parte superiore dell'anello, i tentativi non riuscirono ancora;
la feci tirare più in basso verso i piedi della lettiera , onde
essere più in sulla vita, e tirai nuovamente ad indice uncinato
'all'insu, ed all'infuori l'anello crurale, sentii il crac del fran-
gersi parziale dello stesso; l'anello non si ruppe per intiero,
ma in buona pai*te si lacerò al lato suo superiore ed interno:
l'indice penetrò nella cavità addominale , accanto all'indice de-
stro feci pure scorrere l'indice sinistro; ed ambo appajatl , io
credo, arrivarono nella cavità addominale.
La cute della regione erurale restò livida, ne feci una pie-
gatura perpendicolare all' arco Crurale , ed incisi la cute e lo
strato adiposo.
Per l'atto dello sfìancamento rimase squarciato lieve tratto
dell'aponuerosi cbe copriva il tumore.
Fra mezzo i margini dell'incisione e fra lo squarcio dell'apo-
neurosi si innalza tumoretto orbicolare , grosso come una noc-
ciola, è desso la porzione centrale ed inferiore del tumore er-
nioso coperto dal sacco ; il dito indice scorre liberamente in-
torno intorno a lui essendo d'ogni parte isolato ; non feci com-
pressione alcuna sul medesimo; applicai due pezze piegate a
triangolo unte d'olio, e le ritenni con apparecchio triangolare.
L'inferma non ha che anni '21, pare ne abbia molti più: è
il dolore che la ha ad un tratto invecchiata; il di lei sguardo
è fisso e direi esterefatto , Immobilizzata la di lei fisionomia ,
bionda la capigliatura, aita la fronte, non femminili furono i
di lei lamenti durante la dolorosa manovra dello sfiancamento,
pronte , recise le risposte date dalla medesima , virili i di lei
propositi. Altra volta farà lo stesso ? Domenica potrò escire
dall'ospedale?
Sono circa 76 ore che l'ernia è incarcerata^ quale sarà l'esito
della malattia ? Vi è odore di grangrena intorno alla misera ,
questa fu la prima desolante sensazione che io ricevetti alio
approssimarmi alla meschina. Prescrissi vino nero grammi 300,
alcool grammi 30, laudano goccio 10, a cucehiaj, ghiaccio ad
91
libitum e gialappa grammi uno con fosso d' avo stemprato, in
decotto emolliente per due clisteri, uno subito, Paltro alle ore
sei pomeridiane. Fu subito inviato per avere il rimedio uno
degli infermieri alta farmacia, e questi arrivato diedi io stesso
alcune cucchiaiate del vino medicato ali-inferma, le quali non
furono vomitate, ma prima che l'infermiere giungesse, grave
incessante singhiozzo la tormentò. Fu sottoposto cuscino tra-
sversino ai popliti. Quarto del vitto.
Aprile 46. Mane, — I polsi sono ancora piccoli, il ventre
è ancora teso e dolente al minimo tatto, Tinferma respinge dal
ventre il lenzuolo che sopra lo stesse si era posto onde coprirla
nel tempo della medicazione. Avvi ancora singhiozzò, ii volto è
ancora un pò livido, lo sguardo meno spaventato^ l'inferma non
è 'ancora ahdata di corpo, beve tutto il vjno prescritto. Misu-
rata r incisione risultò essere di millimetri' 47. Il tumorétto
sporgente fra i margini dell* incisione è un pò livido, appena
il toccai colla punta dell'indice ; se lo avessi compresso anche
in questa mane, sarebbe probabilmente rientrato, per uscire di
nuovo tolta la pressione. Dietro al sacco sta l'intestino siccome
si deve dedurre dall'elasticità del tumorétto. Domina in ora il
periodo della ' paralisi intestinale, probabilmente succederà ano
contro natura , ossia il versamento delle materie fecali air in-
fuori dell'inciso parti : si eviterà di sicuro il versamento delle
materie fecali entro la cavità peritoneale , e la paralisi potrà
essere' vìnta dalla natura e dall'arte ; ma ì polsi in questa mane
ancora bassissimi , la dolorificazione e tensione del ventre an-
cora continuanti, provano che la risoluzione della paralisi non
è ancora vicina. Feci trasportare l' inferma al num. 93 perchè
più difeso dalle correnti d'aria»
Aprile 46. Ore 3. ^j^ pomeridiane. — I polsi non sono più
eotantò piccoli, fisionomia meno"^ abbattuta. L'inferma no|i è
ancora andata di corpo, ha ancora singhiozzo e vomita materie
biliose amare , prese poco vino medicato , prescrissi e diedi io
stesso per bocca gialappa grammo uno con miele. Il ventre è
ancora teso e dolente, in una parola istessi sintomi del mattino,
se non forse in minor grado.
Aprile 17. Mane, — L'inferma- cominciò jeri sera ad andare
di corpo, ed emise in abbondanza materie liquide, addome non
92
più cotanto teso, non più dolente, tumoretto siccome jerl spor-
gente, polsi rialzati 9 non più fredda la ente , fisionomia natu-
rale ; cessata è adunque la paralisi intestinale. — » Vino bianco
grammi 200 , rbum grammi 20 in continuazione ; sostituii il
vino bianco al nero perchè questo non piaceva all'inferma.
I (fue margini cutanei distano fra di Loro nel centro del-
l'incisione circa millimetri 15, il tessuto laminare adiposo ri-
masto scoperto fra ì margini dell' incisione presentasi a vista,
direi, inerte, il tumoretto presenta la sua porzione superfi-
ciale, ed esposta all' aria, essiccata ; lo toccai appena coli' in-
dice, lo sentii però ancora elastico. I due margini della in-
cisione , le di lei commissure e le parti a loro prossime sono
rilevanti e sporgenti, hambéesy per l'intestino ernioso gonfio che
sta dietro loro: esso intestino sporgeva fuori dell'anello quando
l' inferma venne all' ospedale , e restò perennemente fuori del-
l' anello anche dopo operato lo sfiancamento : io noto questi
particolari perchè da es^i deduco che vi era aderenza^ fra l'in-
testino e porzione del sacco.
In. questa mane al primo sogguardare l'inferma, al sentire
dischiuso il di lei alvo, al vedere appianato il ventre, l'animo
mio non solo si aprì alla speranza, ma inclinò a credere certa
la guarigione della meschina , ma non credei ancora potersi
evitare 1' ulcerazione dell' intestino attraverso l' anello crurale.
Aprile 18. Mane, -<- L' inferma andò ancora profusa^iente
dì corpo materie molli, addome non solo non più tumido, ma
regolare, non più dolente alla compressione, polsi picciolini ma
buoni, fisionomia tranquilla, non più singhiozzo.
Aprile 18. Ore S. ^/^ pomeridiane, — L'escara fra le inci-
sioni comincia a staccarsi, era dessa la parte che di^si supe-
riormente essiccata.
Aprile 19. Mane. — 'L'inferma andò profusamente di corpo
nella giornata di jeri dopo la visita pomeridiana, e nella notte;
jeri sera mangiò poco pane pesto, e poco pollo. È caduta in
gran parte l'escara, l'intestino ernioso è meno sporgente al di-
sopra e al disotto dei margini dell'incisione, sono leggiermente
suppuranti la faccia posteriore dei margini e lembi , il tumo-
retto, sporgente, tuttora, è coperto di ristrettissima escara, e
conserva ancora la sua elasticità, e lascia perciò in me la spe-
93
l*anza che Tin teatino che è dietro si possa cicatrizzare col sacco
e guarire senza che si faccia l'ano artificiale.
Aprile 20. — L'escara presso alla commissura interna sta
per staccarsi, l'escara sopra il tumoretto è ancora appiccicata,
ma non più sì aderente. Volli comprimere leggermente il tu-
moretto a fine di esaminarlo, ma quantunque il toccassi molto
leggiermente, l'inférma qmise alto grido, e così non potei com-
pierne l'esame. L'inferma andò regolarmente di corpo; il tumore
ernióso è molto più appianato; al disopra del lembo superiore
dell' incisione sentesi attraversò alla cute , direi quasi , il di
lui collo.
Aprile 21.' — Il campo fra i due margini dell'incisione è
tutt' affatto sgombro dalle escare , al lato estern.o , al lato in-
terno di esso l'aponeurosi o fascia superficiale è coperta di rossi
bottoni, fra mezzo allo squarcio del l'aponeurosi, il tumoretto è
pure coperto degli stessi bottoni , l' inferma da jeri andò due
volte di corpo, volto^ polsi, addome di persona sana.
Aprile 23. — Le granulazioni sono ancoja piùr rigogliose ,
ponendo le dita contro i margini deirincisione sentesi volumi-
noso e potente l' intestino sotto la tosse , 1' inferma appetisce
ghiaccio, andò sei volte di corpo nella giornata di jeri, e nella
notte sovrastante al mattino di questo dì.
Aprile 25. Mane. — Jeri sera V inferma vomitò materie
amare, l'addome è un pò dolente , il tumore ernioso è sempre
ni solito fuorescito. Cataplasma addominale. Clistere con già-
lappa.
Aprile 26. Mane. — La cicatrizzazione progredisce sempre
più. Non avvi dolore al ventre , l' inferma andò tre volte di
corpo materie molli.
Aprile 28. Mane. — Il campo fra i due margini è .molto
più ristretto, Tinferma vomitò lombrici dopo la visita pomeri-
diana d'jeri. Corallina grammi 6 per infusione in acqua bol-
lente ripetuta fino al 2 maggio.
Maggio 1. Mane, — L' inferma stamane vomitò altro lom-
brico ; prima di rigettarlo ebbe vomito ed inquietudine ^omma.
La faccia posteriore dei lembi non è ancora aderente.
Maggio 3. -^ Il vomito è quasi sempre continuo. Laudano
goecie 10. Acqua di melissa grammi 100.
ÌÌ«IDIÌ« 8* ^ Tumore ernioso appianato, i margiai dmì ta*
<>^4HMAe iono appianati, è già aderente il superiore , non è an-
9sM^ eioatrliisto l'inferiore : dicendo tossire l'inferma il tu^iore
«IH^rge fuori molto grosso.
Maggio 14. — Pare cicatrizzato anche il margine inferiore,
tlnferma non va di corpo G|a due giorni. Infusione di rabarbaro.
Maggio 17. — Cpmpiuta l'aderenza della superficie poste-
riore del due lembi e margini.
Maggio 19^— La distanza fra i due margini, ossia il campo
a cicatrizzarsi non è alto più di 5 millimetri, non è lungo più
di 80 millimetri. — L'inferma esce in questo dì.
Considerazioni.
Io sfiancai e rappi l' anello crurale. Era ciò necessa-
rio ì Se non avessi sfiancato e rotto T anello, essendo pre-
sente intestino che sempre stette fuori dello stesso anello,
ove l'inferma fosse venuta a morie, se ne sarebbe incol-
pato il curante per non avere tolto lo strozzamento,' e
cagionato per questa grave mancanza la morte dell'am-
malata.
Sfiancai e ruppi T anello, e l'inferma guari; se
fosse morta , grave, responsabilità avrebbe potuto cadere
sul chirurgo il quale operato avendo lo strozzamento
avrebbe potuto togliere , lacerare le aderenze già presso
a compiersi fra sacco ed intestino, avrebbe potuto contun-
dere maggiormente V intestino già troppo contuso.
In verità, il confesso, è questo il punto più culminante,
più delicato della cura praticata , pure se non lo avessi
fatto, il farei ancora, ed in simile caso farò Io stesso. Io
era convinto e sicuro che sotto le mie dita non si tro-
vava budello neir atto che operai lo sfiancamènto : era
pure convinto che ulteriore compressione su intestino in
per mancanza fuorescito sarebbe stata fatale all' intestino
ed alla paziente. L' alito di gangrena emanante 4alla me-
schina era certo segno che l'intestino ernioso si era in
95
qualche pùnto gangrenato, il grave stato dell* ammalata»
la timpanite , la decomposizione del volto tutto indicava
che gravissimo era stato lo incarceramento; non vi era
adunque luogo ad esitare, la minima ulteriore compres-»
sione poteva essere fatale, e feci opera prudente a sfian-
care il ristretto ed indurato anello.
L' aderenza dell' intestino al sacco salvò e preservò
r inferma dal danno di ano artificiale. Il metodo di cura,,
eccitante continuato sino al fine fu quello che richiedeva
il basso stato delle forze , e la poca vita che rimaneva
air inferma. /
vm.
Ernia crurale destra intestino-omentale non voluminosa, sorta
all'istante dopo urto della- parete, inferiore del joentre
contro lo spigolo di un tavolo, incarcerata da^ ore 96 ; f e/t-
tativi infruttuosi di riduzione coli' antica taxis ; sfianca^
mento della colonna inferiore dell' arcata crurale ; dimi'-
nuzione del tumore ernioso; probabile riduzione delVinte»
stino ; cessazione del singhiozzo e del vomito di i/naterie
fecali; novella uscita dell* intestino che si ferma nel sacco,
rottura della colonna in prima sfiancata-, paralisi inte-
stinale; apertura dell'alta; stabile rientrata dell'ansa in^
testinale nella cavità del ventre; dispiegatura dell'ansa
intestinale, cessazione della paralisi degli intestini, aper-
tura dell' alvo, adesione delV intestino ernióso alla parete
interna del ventre, gangrena parziale di esso, caduta del-
l'escara, ascesso stercoraceo e di lui apertura per mezzo
di incisione infracrurale , conservazione di tutta la cute
minacciata da gangrena per mezzo di altre incisioni pa-
rallele ed inferiori alla prima, uscita di tutte le materie
fecali dell'ano contro -natura, ricostituzione del corso delle
materie fecali per l' ano. naturale , cicatrizzazione quasi
completa della breccia intestinale e dell'ano contro-natura
ridotto a piccol seno. Considerazioni,
Resteilì Giiiseppe, d'anni 65, da Ronsecco, proveniente idem,
96
contadino, ammogliato, è accolto neiP Ospedale Maggiore degH
infermi di Vercelli ai numeri d'ordine generale 3659, e del
letto 191 , alle ore 7 antimeridiane del 29 ottobre 1866 , per
ernia crurale destra istfin tanca, ridotta subito collo sfianca mento
della colonna inferiore deirai:cata crurale ed. esce guarito TU
dicembre 1866.
È desso antico pellagroso , completamente sordo , di bassa
statura, più istecchito che magro, a sistema muscolare spiccato;
non il più leggiero indizio di adipe sottocutaneo o fra i suoi
muscoli, tutto annuncia in lui forte originaria costituzione cui
non valsero a debellare miseria e pellagra; il suo voltò è im-
pallidito pel dolore, piccoli e bassi i polsi ; il di lui figlio narra,
ed il padre confermò di poi , che nel mattino del 25 ottobre
attendendo frettoloso alle faccende domestiche^ urtò forteroeute
della parte anteriore superiore della coscia, e parte destra infe-
riore del ventre contro lo spigolo d'un tavolo; all'urto tenne die-
tro tumore; sorsero tosto singhiozzo e vomito di ^lateri6 fecali;
chiamata persona dell'arte, prescrisse alcune bevande, fece leg-
gieri tentativi di riduzione durante quattro giorni , inviò al
quinto dì l'infermo all'Ospedale. Vi è ernia crurale destra, in-
carcerata da ore 96, il tumore ernioso è meno grosso d'un ovo
di gallina, lo esploro, non lo sento elastico è desso direi un pò
pastoso^ non è bernoccoluto , non respinge l'urto delle dita che
lo comprimono, perciò faccio diagnoei di ernia omento-intesti-
nale.
Quale sarà r effetto, la sequela della pressione sofferta dai
visceri erniosi? Colonna inferiore dell'arcata crurale, legamento
falcato del Gimbernat, lamina cribrosa, collo del sacco, compres-
sero inteatino e omento per ore 961 Grande aevi spatium per mi-
sero affetto da ernia strozzata. L'ernia è recentissima, si fece in
un istante, tutte le parti costringenti conservano perciò vivissimo
il tagliente loro filo, maggiore adunque anche perciò^ il danno
della pressura; prostrate le forze, grave l'età deH'infermp mar-
toriato per soprappiù dalla pellagra. Che mai sarà? Franca-
mente il devo dke , non dubitai un istante di esito felice. È
inevitabile la gangrena dell'intestino, vi sarà ascesso stercoraceo,
ano contro natura, gangrena e caduta dell'omento, l'esperienza
dei casi antecedenti tutto questo mi suggeriva ed insegnava,
ma sarà salva la vita dell' ammalato.
67
• Sono circostanze favorevoli i lievi tentativi fatti ft domici-
lio , il non essere stati praticati né salassi ne sanguisugi ^ il
non trovarsi echimosi di sorta intorno e contro il tumore , se
grave Tetà, forte l'originaria costituzione^ assalita non infranta
dalla pellagra ; non vi è timpanite, e perciò non è ancora ac-
caduto travasamento di materie fecali nella cavità peritoneale.
Tutto adunque lice sperare.
Ecco il piano operativo che adottai. L' intestino essendo o
gangrenato o prossimo a gangrenarsi, non devo fare sul tumore
che la minore possibile compressione; perciò farò appena legge-
rissima taxis al metodo antico, questa non riescendo, cercherò
di togliere la strozzatura, sfiancando a rompendo le parti co-
stringenti che incontrerò: meditai- un istante sui vantaggi e
pericoli dell'atto operativo col taglio, lo paragonai con quello
della riduzione per sfìancàmento e rottura dei cing:oli costrit-
tori, mi appigliai a quest'ultimo, convinto essere desso meno
grave e seco avere maggiore arra di guarigione.
Presa questa determinazione, dissi meco, dovrò io sfiancare
il legamento del Gimbernat-o la colonna inferiore dell'arcata
crurale od ambedue? Risposi a me stesso , sfiancherò la parte
costringente che prima incontrerò. Fo tirare l' infermo più in
basso verso i piedi della lettiera per essere piò in sulla vita ,
e rivolto col lato destro della mia persona verso il fianco- del-
l'ammalato, procedo all'incontro ed all'approccio della parte co-
stringente. Faccio per alcuni istanti moderatissima pressione
contro ed intorno al tumore secondo le regole per l'antica ta-
xis ; i leggeri tentativi non essendo riesciti, giro colla punta
del pollice destro intorno alla .parte superiore ed interna del
tumore, arrivo a sentire la colonna inferiore dell'arcata crurale,
la spingo direttamente in addietro , la sfianco ; ciò fatto , rin-
novo la compressione come sovra , non sentii né gorgoglio di
liquidi, né umori di gas scorrenti dal sacco nelle cavità inte-
stinali, non avvertii variazione sensìbile nel tumore; rinnovo
lo sfiancamento della colonna, rinnovo la compressione intorno
e contro il tumore; neppure questa volta sentii rumore o gor-
goglìo alcuno , roa il tumore ernioso resta impicciolito di un
terzo, é inoltre meno teso e più molle di quello il fosse pri-
ma dell' atto operativo ; viva fu la resistenza che oppose la
Annali. Voi. CCI. 7
98
Goioana inferiore, tua essa dovette eedere all'urto preponderante
del pollice.
Prescrissi vino grammi 200 — gialappa gramma 1, in de-
cotto emolliente grammi 200 per due clisteri.
Ottobre 29. Ore tre pomeridiane, — Il tumore ernioso ha
di nuovo ripreso il volume che avea prima dell'atto operativo;
introduco la punta delTindice sotto la colonna inferiore dell'ar-
cata crurale, sfiancata nel mattino, e coir indice rivolto ad un-
cino la stiro e lacero. I polsi sono tardi , ma abbastanza svi-
luppati , V alvo non è ancora aperto , dò io stesso all' infermo
gialappa centigrammi 50 con miele.
Ottobre 30. Mane, — Quasi naturale è la fisionomia deU
l'infermo, non andò ancora di corpo, l'addome non è dolente, i
polsi nori^alì, anche in questa mattina l'intestino è fuorescito;
poso la mano destra piatta sul tumore e l' intestino rientra ,
cessò il vomito dopo l'atto operativo, l'infermo dormi tutta la
notte come assicura l'ammalato a lui vicino.
Ottobre -30. Ore tre pomeridiane, — L'intestino è di nuo-
vo fuorescito , e come nel mattino 11 faccio di nuovo rientrare
nella cavità addominale posando leggermente le dita contro il
medesimo.
Ottobre 31. Mane, -^ Nella notte antecedente l'infermo co-
minciò ad andare di corpo materie liquide. L'intestino è fuore-
scito al solito, non lo rientrai più. La cute presenta sul centro
del tumore lividura non più estesa di un centimetro quadrato
(sito compresso e contuso dall'ugna nell'operare lo sfìancamen-
to) in ogni altra di lui parte è roàea, i polsi sono alzati, na^
turale la fisionomia, acqua zuccherata in continuazione.
Novembre 1. Mane. — L'infermo andò profusamente di
corpo materie liquide; alti i polsi, la parte inferiore dell'addome
è tesa e presenta globo addominale simile a quello prodotto dalle
orine nell'iscuria. Il tumore ernioso crurale è un pò accresciuto,
comprimendolo leggermente a manp piatta , una parte dello
stesso si senti scivolare e rientrare dentro 1' addome; percossa
leggermente la residua parte dello stesso, si sente liquido flut-
tuante dall'una all'altra parte del sacco. Risipola sul tumore.
Novembre 1. Ore tre pomerediane, — L'infermo dorme, lo
sveglio dolcemente, dalla visita del mattino a quest' ora andò
99
una volta di corpo materie, liquide. Il tumore è di molto au-
mentato , si è pure sempre più estesa la risipola ; siccome nel
mattino si sente distintamente il liquido fluttuante. Cataplasma
di linseme irrorato d'acqua vegeto-minerale suiraddome.
Novembre 2. Mane. — > L'ascesso aumenta sempre più, que-
sta mane il tumore occupa non solo la regione crurale, ma par
anco la parte interna della inguinale, risipelatosa è la cute di
tutto il tumore che stamane non percossi , V infermo andò di
corpo emettendo copiosissimamente materie liquide , sete vivis-
sima, ,1' addome non è teso, è un pò dolente alia compressione
fatta contro al colon trasverso^ polsi e fisionomia normali, acqua
zuccherata a richiesta. La sete è prodotta dalla diarrea.
Novembre 3. Mane. — Tumore stercoraceo. — Polsi e fl-
sionomia sempre normali , V ascesso, del quale non avvi alcun
dubbio che non sia stercoraceo , è ancora più prominente di
jeri, .si dilatò pure di più verso il lato esterno delle regioni
crurale ed inguinale, lo percuoto leggero leggero colla punta
deirindice destro, il sento pieno di liquido. I pensieri della notte
e dei giorni antecedenti mi avevano reso certo che vi era rac-
colta di materie fecali entro il sacco dilatato. Incido la cute e
la membrana dell' ascesso a mano sospesa e fatto appena bre-
vissimo taglio, sgorgarlo gas e materie fecali liquide in gran-
dissima quantità;' dilatai colle forbici l'apertura e rimane così
incisione di contro alla parte inferiore della regione crurale
interna , lunga circa centimetri cinque ; esploro coli' indice la
parte più prominente del cavo, non incontro né omento, nò in-
testino.
Novembre 3. Ore tre pomeridiane, — Il tumore ò appia-
nato, le materie fecali escono in' parte per l'ano naturale. Mi-
nore è la sete.
Novembre 4. — Le materie fecali molli e miste a gas sgor-
gano per intiero dairincisione, nessuna porzione delle medesime
esce dall'ano, naturale, quieta è la fisionomia, rialzati i polsi ^
non vi è meteorismo, poca la sete.
Novembre 5. — L' incisione che fu fatta il 3 novembre è
situata due dita trasverse al di sotto dell'arcata femorale. Sento
tumidezza flemmonosa al di sopra della porzione orizzontale
dell'osso iliaco destro, sorgente dalla parte inferiore e profonda
100
deììtL cavità addominale destra. Dairincisione infracrurale gemo-.
ITO feci meno liquide . L'infermo ha un pò di tosse, effetto delia
rigida stagione. Vino nero grammi 200.
Novembre 6. — Non vi è febbre, ma avvi raccolta di mar-
cia alla parte più alta ed interna della coscia; feci altro taglio
trasversale più b&sso di quello fatto il 3 novembre, esci mar-
cia in grande copia.
Novembre 6 e 7. -^ Vino nero grammi 200.
Novembre 10, li e 12. -^ Citrato di chinina centigr. 20.
Novembre 7. — * Non vi è meteorismo , ma vasto ascesso
flemmonoso circum e sovra crurale,- le materie fecali escono non
più liquide ma molli dalle due incisioni infracrurali , i polsi
sono $ostenuti , V infermo già magro alla sua venuta si istec-
chisce sempre più.
Novembre 8. — L' ascesso è superfìcialissimo nel sito che
corrispondeva al centro del tumore ernioso nel primo dì , là
dove si scorge lo stigma dell'ugnata per cui operai la ridu-
zione , faccio sullo stesso stigma incisione ■ trasversale di circa
millimetri quindici dirimpetto all'arcata crurale; si sente sem-
pre la tumidezza sovrap ubica suddetta prodotta dal flemmone
che circonda l'intestino ernioso ridotto.
Novembre 9. Mane. -^ I polsi sono sempre un pò deboli ,
r infermo decombe da più giorni sul lato destro , positura de-
clive che facilita l'escita delle feci dalle incisioni, la tumidezza
flemmonosa sovrapnbica circumìntestinale è di molto diminuita,
continua la lieve tosse.
Novembre 10. — È dessa un pò afflitta la fisionomia, op-
pure avvi illusione ottica prodotta dall'incerta luce der matti-
no? La cute fra le due incisioni trasversali, infuori all'arcata
crurale, è sottile e distaccata ; sottile pure e distaccata è quella
della parte interna e superiore della coscia; ad impedire di que-
sta la imminente gangrena faccio incisione longitudinale discen-
dente alla parte interna e superiore della coscia.
. Novembre 11. — Già da jeri sporge fuori dall'incisione in-
fracrurale superiore fatta il 3 novembre, tessuto a frangia bian-
co-gialliccio che pare omento gangrenato
Novembre 12» Mane. — Il corpo fuorescito non è più at-
taccato che per piccolo peduncolo.
101
Novembre 12. Ore tre pomeridiane. — Tirato il tessuto
sporgente^ ne venne fuori un tratto lungo centimetri 6, ne ri-
mase altra porzione fuori pendente , pongo suli' acqaa la por-
zione estratta, la si spiega , è dessa di sicufo parte d'omento.
Novembre 13. — Caduta della porzione d'omento rimasta
jeri fuori pendente. '
Novembre 15. — 11 tumore inguino-ct^urale è appianatissi-
mo, comprimendo sovra l'inguine escono materie fecali dall& in-
cisioni trasversali. La fisionomia dell'infermo è in ora bella e
naturale, è desso uomo di ferro, l'incisione infracrurale supe-
riore è affatto sgombra da omento.
Novembre 17.- — A detta dell'infermo le materie fecali da
jeri sejra a questa mattina più non uscirono dall' ano contro
natura, anzi comincia a riordinarsi a periodi fissi l'uscita delle
feci per l'ano naturale.
Novefnbre 19. — Da alcuni giorni la cicatrizzazione della
parete dell'ascesso è bene avviata.
Novembre 25. — Le incisioni e l'ascesso sono quasi per in-
tiero cicatrizzati , l' infermo già da alcuni giorni va di corpo
per l'ano naturale ètandó però in letto. Questa mane cominciò
ad andare alla seggetta, comprimendo la regione inguinale più
non escono materie fecali; del vasto ano contro natura più non
rimangono che breve seno e piccoletta apertura sul sito del-
l'ugnata, e solo quello geme feccia nell' atto della defecazione.
Novembre 27. — Jeri non vi furono evacuazioni, nella notte
neppure, quindi escita intermittente di materie fecali dal seno.
Dicembre 4. — ^ Faccio tossire l'infermo, sotto i colpi della tosse
sento l'urto deirintestint) contro la regione inguinale e contro
il seno, lo stesso urto però sentesi anche al sito corrispondente
dell'altro lato del ventre quantunque non vi sia ernia. L'aper-
tura esterna del seno è di circa tre millimetri, il resto della
piaga è per intiero cicatrizzato, se ne togli leggera ulcera sul
confine della coscia col lato destro dello scroto. Non esplorai il"
seno che si protende dalla cute all' intestino , comprimendo al
di sopra di quello escono alcune goccio di umor trasparente
tinte in giallo. - ' ,
Dal 7 novembre a questo dì prescrissi quasi quotidianamente
60 .grammi di conserva di cornioli. Conicèdeira^e. volta all'in-
102
fermo di alssni dal letto perchè la posixione verticale favorito
avrebbe l'uscita delle materie fecali dall'ano contro natura; esso
desidera ripatriare, il che io pure consiglio, ad evitare i danni
di lungo soggiornò nell'Ospedale.
Il Restelli ritorna il 20 gennajo 1867, ed è ritirato ai nu-
meri d'ordine generale 218 e del letto 198. Egli è relativamente
ben pasciuto , presenta alla regione crurale una cicatrice che
dal di lei mezzo discende ad arcata convessa verso lo scroto;
al di sopra del centro della cicatrice sta 1' apertura dell' ano
contro natura in guisa di forelUno, dal quale gemono a pic-
colo zampillo sotto la tosse materie fecali liquide. Al di so-
pra della porzione orizzontale dell'osso iliaco, più non sentesi
la colonna iaferiore dell'arcata crurale, si sente colà tumore
aderente alla cute che si ingrossa nel tossire, e che respinge
la mano posta contro di esso; è l'intestino che fu ernioso, e
che col palpare diligentemente si riconosce essersi sfiancato ,
ipertrofizzato e dilatato. Introdussi la punta di cilindro acu-
minata d'azotato d'argento per tre millimetri dentro il seno, la
lasciai colà un solo istante e la ritirai; l'escara della cauteriz-
zazione cadde poco a poco , e ridotta a ben poca cosa 1' uscita
delle materie fecali , l' infermo lascia 1' Ospedale il giorno 11
febbrajo 1867.
Constderazicmi. Esame dell' atto operativo.
L'infermo era stato posto in letto alla mia pre-
senza alle ore sette antimeridiane, pochi minuti dopo era
di già operato, non si perdette, non si dovea perdere un
sol momento , ve ne era estrema necessità. Sfiancata la
colonna inferiore, compresso il tumore, esso diminuì di
un terzo, rimase nel sacco Tomento. Calcolai che la di-
minuzione del tumore fosse dovuta all' introduzione del-
l' intestino fuorescito, non mi ingannai; pensai che sfian-
cata la colonna sarebbe cessata la strozzatura, mi apposi
al vero , difatti cessò subito il vomito di materie fecali ,
e poco dopo il singhiozzo ; si rialzarono i polsi e le forze
dell* infermo, quantunque l' alvo rimanesse ancora chiuso:
103
ma l'intestino ridotto nel mattinò, era di nuovo fuori
escito nel pomeriggio dello stesso di; temendo novella
strozzatura, e ne aveva ben d'onde, ruppi la colonna in-
feriore dell'arcata crurale che avevo^di già sfiancata
nel mattino , ciò esigeva prudenza , come dimostrerò fra
poco.
Lasciai nel sacco l' omento. Non praticai alcuna ma-
novra a farlo rientrare, avrei potuto colla punta del pol-
lice retro spingerlo nella cavità addominale , ma a dire
il vero non me ne venne pure la tentazione, volli a po-
sta lasciarlo colà , mi èra giustamente imposto il pre-
cetto di non fare che la minima compressione sul tu-
more, questa era l'ancora della possibile guarigione, le
manovre per introdurre l'omento avrebbero potuto viep-
più comprimere l' intestino già cotanto compresso , per
esse avrei potuto lacerare o togliere tutt'aflFatto le ade-
renze già compiute o presso a compiersi , e cagionare il
crepaccio dell' intestino, ed il travasamento delle materie
fecali nella cavità addominale; era fisso nella mia mente
ed a ragione, che erano inevitabili gangrena dell'intestino
ed ascesso stercoraceo, lasciai perciò fuori l' omento, non
feci alcun tentativo di riduzione. Cosi facendo operai sa-
viamente.
Forse per l' imminenza della gangrena, per l'inevita-
bilità dell'ascesso stercoraceo, non avrei neppure dovuto
fare la compressione o la taxis per ridurre l' intestino
nel mattino del 29 ottobre, e certa cosa è che si può
porre il quesito, se in casi simili non sia giusto consiglio
operare solamente \o «fiancamento o la rottura della co-
lonna inferiore dell'arcata crurale, o del legamento del
Gimbernat , o della lamina cribrosa , di tutte le parti
costringenti in una sola parola, e non fare assolutamente
alcuna compressione nell'intestino, il quale si può rom-
pere, 0 se anehe si riduca, è, là per uscire di nuovo come
lo prova il caso nostro.
104
Si dovevano incidere la cute e la lamina superficiale
contuse per F ugnata.
Ogni qnal yojta che la cute e le parti sottocutanea
restarono per la sfiancazione o rottura dei cingoli costrit-
tori compresse e contuse, sempre usai, dalla prima epoca
che adoperai tale metodo , incidere largamente la cute e
,la lamina superficiale. Nel mattino del 29 ottobre, sic-
come dopo lo sfiancamento della colonna inferiore la cute
non riteneva traccie visibili d' ammaccamento, io non la
incìsi ; nel pomeriggio avendo rotta la colonna coirindic^
rivolto ad uncino, e perciò la cute e le parti sottoposte
non avendo riportato grave offesa sensibile ad occhio nudo,
anche questa volta tralasciai di inciderle. Fu questo Ter-
rore ed ommissione più grave che io abbia commesso
nella cura del Restelli, e ciò per le seguenti ragioni: è
ben vero che V ugnata non era stata molto forte , ma
siccome io sapevo ed ero presso che certo, che erano ine-
vitabili la gangrena dell* intestino e V ascesso stercorario^
cosi doveva subito dopo lo sfiancamento fare T incisione
suddetta per prevenire la gangrena della cute e parti
sottocutanee, e contenere entro limiti circoscritti il pros-
simo ascesso stercoraceo. Né solo doveansi incidere le dette
parti, ma praticata 1* incisione delle medesime, io dovea
cauterizzare col cilindro d* azotato d* argento le parti
incise , e specialmente i loro margini , e cosi si sarebbe
contenuto fra più stretti limiti T ascesso* Si lieve cosa
è incidere la cute e le partì sottoposte ammaccate ed
ammortite, si grandi gli avantaggi che ne derivano, che
il chirurgo deve assolutamente inciderle dopo lo sfian-
camento. .V
Tarda apertura delV ascesso stercoraceo.
Nel mattino 1 novembre esplorando e maneggiando
il tumore, sentii scivolare T intestino ernioso entro la
105
cavità addominale, percossa quindi la residua parte del
tumore sentii liquido fluttuante entro di esso. Che djvea
fare ? Incidere all'istante l'ascesso; ne diflFerii l'apertura
sino al mattino del 3 novembre , e 1' ascesso stercorario
si diffuse, le materie fecali ulcerarono probabilmente il sacco
peritoneale, e si infiltrarono sotto la lamina superficiale.
Le incisioni che io feci di poi sotto-crurali superiore ed
inferiore, la contro-crurale, ia crurale longitudinale, più
non furono sufficienti che a salvare la cute dall'immi-
nente gangrena, e la cute a vero dire fu salva per in-
tiero, ma fatte nel novembre, avrebbero impedita la dif-
fusione dell' ascesso.
Ascesso nel sacco peritoneale consecutivo alla stroz'-
zatiira, lento se prodotto da gangrena dell' omento,
velocemente diffusivo se stercorario.
Nei casi di ernia crurale in cui la strozzatura era
durata molti giorni , alcuni giorni dopo 1' atto operativo
vidi sorgere ascesso dentro il sacco peritoneale. Que-
st' ascesso talvolta è prodotto dalla sola gangrena del-
l' omento . talvolta non solo è prodotto da questa , ma
specialmente dalla gangrena dell' intestino e consecutivo
travasamento dentro il sacco delle materie fecali. So non
vi è che gangrena dell'omento, l'ascesso procede lenta-
mente, neir altro caso 1' ascesso èssendo stercorario cre-
sce rapidamente , ed ulcerato il sacco si diffonde còlla
massima rapidità.
U omento fuor escito non si deve toccare.
Non toccai nò punto né poco 1' omento quando fé ca-
polino dall' incisione, il reciderlo o tirarlo fuori forzata-
mente sono gravi errori , io il lascio sempre cadere da
sé, e quando é compiutamente isolato^ e là sta corpo
mofto, lo tiro fuori perchè cadavere.
106
Non si deve arrestare la diarrea consecutiva
air incarceramento ed alla paralisi intestinale.
Non feci nulla per arrestare la diarrea, che sorse e
durò alcuni giorni dopo V atto operativo. Io avea pre-
scritto gialappa per clistere, ed un pò di gialappà per
bocca dopo l'operazione. Le materie fecali si accumularono
negli intestini durante le 94 ore di incarceramento , e
dopo r atto operativo finché ne durò la paralisi ; inoltre
parte delle materie fecali si è assorbita durante i periodi
dello strozzamento e della paralisi.
Per la strozzatura si produsse gravissima congestione
nell'intestino strozzato, e nella porzione d'intestino su-
periore ed inferiore, prossima alla strozzatura, aggiungi i
principii deleterii sviluppati ed assorbiti pei* la gangrena
e vedrai la diarrea essere il mezzo impiegato da natura
per eliminare e togliere tutti questi malori.
Finché i polsi furono bassi, lievi le forze e non com-
parve viva febbre , diedi vino a rincorare l' infermo. Il
pòco vitto subito dòpo 1' atto operativo lasciai a di lai
scelta.
Prima della ridwzione V intestino ernioso non conte-
neva gas ; questi discendendo nelV intestino ridotto,
lo spinsero di nuovo nel sacco peritoneale.
L* ansa intestinale erniosa non conteneva nel suo cavo
né gas , né materie fecali , io non sentii né gorgoglio di
aria e di liquidi quando operai la riduzione ; quando gas
e materie fecali stanno nell' intestino fuorescito , l' ernia
è eminentemente elastica e respinge vigorosa i tentativi
di riduzione ; in questi casi se si ottiene la riduzione, il
fenomeno che la precede o la accompagna è il gorgoglio
dei gaz e materie liquide che dall' intestino ernioso pas-
sano nel resto degli intestini, situati nella caviti del ven-
tre: nel caso nostro questo gorgoglio e suono, che aem-
107
pre è distintissimo quando ha luogo, non si senti nò
punto , né poco , onde è d* uopo arguire che Y intestino
facente ernia non conteneva né gaz, né materie fecali.
Appéna ridotto Tintestino, probabilmente subito esci di
nuovo; alle ore tre pomeridiane del giorno in cui si compi
Fatto operativo, l'intestino era di nuovo nel sacco, e quivi
stette di continuo finché sovravvenne la diarrea. I gas
che si accumularono nella porzione intestinale situata al
di sopra della strozzatura , tolta questa , .discendono nel
tratto di intestino ernioso, e fuori lo spingono di nuovo,
e quivi restano finché dura la paralisi ; quando questa
cessa, ed ha luogo la diarrea, in allora Tintestino rientra
stabilmente nella cavità addominale.
La porzione intestinale erniosa era prossima al cieco.
L'esperienza ci insegna che la porzione dell' intestino
tenue prossima al cieco é quella che si fa comunemente
erniosa ; nel nostro caso ciò pure é comprovato dalla
consistenza delle materie fecali uscenti dall'ano contro
natura prossimo a cicatrizzarsi, poiché è solamente nel-
r ultimo tratto di intestino tenue che le materie fecali
si fanno consistenti e sode.
Restringimento delP intestino in corrispondenza della
cicatrice ; dilatazione dello stesso al disopra della
cicatrice, e restringimento delV intestino inferiore'
mente alla cicatrice. Sforzi della natura a ri"
durre le diverse porzioni delVintestino al naturale
loro diametro e stato.
Rientrato l' intestino ernioso, essendo desso glutinoso,
si appiccicò alle pareti addominali e con queste si cica-
trizzò, e potè in questo modo conservare la continuità
del suo cavo, ma la cicatrizzazione [non può compiersi
che con ristringimento della parte in cui si effettua, e
108
cosi. alla diminuzione dd diametro dell* intestino dovuto
air escara ed alla gangrena , si deve aggiungere pure
quella occasionata dalla cicatrice : che tale restringimento
abbia avuto luogo nel caso di cui trattiamo , resta pro-
vato dalla dilatazione che sub! V intestino tenue al di
sopra della strozzatura o cicatrice. La seconda volta che
r infermo venne air ospedale^ ponendo la mano al di so-
pra della porzione orizzontale dell' osso iliaco e facendo
quello tossire , sentimmo V intestino tenue enormemente
dilatato,^ aderente per grande area alle pareti addominali,
lo sentimmo pure bene superficiale^ diremmo quasi, sot-
tocutaneo.
È probabile che V intestino non solo si sia dilatato ,
ma che pur anco inspessate si sieno le di lui pareti. La
porziorle ali* opposto dell' intestino situata al disotto della
strozzatura e della cicatrice dovette restringersi ed in
parte atrofizzarsi perchè cessò per alcun tempo di essere
percorsa dalle materie fecali ; dovettero pure alquanto
restringersi perciò anche il cieco e gli intestini crassi.
Ma queste mutazioni non j)ossono essere perenni , resti-
tuito e normalizzato il corso delle materie fecali, il tratto
intestinale che si cicatrizzò colle pareti addominali tende
poco a poco ad acquistare J' antico naturale suo diame-
tro , e ciò succedendo , la porzione di intestino che si
sfiancò e dilatò torna poco a poco a restringersi , e le
porzioni di intestino situate al di sotto della cióatrice
che si restrinsero, vengono nuovamente a dilatarsi alla
giusta misura; è natura che aspira alla restaurazione, e
la compie.
Posando la mano sulla porzione orizzontale dell' osso
iliaco, più non sentii traccia della colonna inferiore del-
l'arcata crurale. ' .
Breccia intestinale piuttosto larga.
V Non si può precisare quanta sia. stato estesa la por^
109
zione di intestino che si gangrenò, e cadde ridotta in
escara, né quanto larga fòsse, la breccia prodotta dalla
caduta dell'escara; introducendo l'indice dentro l'ascesso
stercoraceo , si sarebbe potuto esplorare la breccia del-
l'intestino, ma ciò facendo avrei soddisfatto a curiosità
scientifica forse con danno dell' inffermo, e perciò non volli
fare l'esplorazione; le materie fecali sortirono per in-
tiero per molti giorni dalla breccia ed ano contro natura,
ninna porzione di esse più passando per V ano naturale ,
e perciò non ristretta essere dovette la breccia dell' in-
testino
Probabilmente il lato che si gangrenò , e le porzioni
di intestino che si aderirono alla parete del ventre, for-
mavano il lato nell'intestino opposto al mesenterio. Pro-
babilmente la gangrena non attaccò V intestino in^ tra-
verso, se ciò avesse avuto luogo era inevitabile là cica-
trice ad angolo sagliente dei due tronchi intestinali, e
perenne od almeno inguaribile da sé l'ano contro na-
tura.
Per la dispiegatura dell' ansa intestinale
si cicatrizzò V intestino e l'ano contro natura.
Quando l'ansa intestinale é stabilmente rientrata
nella sua sede naturale, la cavità dell'addome, essa, direi
tK)si, non ha più ragione di conservare la sua ripiegatura,
la si allunga , la si distende , la si dispiega , e distesa e
dispiegata si appiccica alle pareti addominali e quivi ade-
risce. Nel caso nostro noi abbiamo una prova dell'avve-
nuta e completa dispiegatura dell' intestino nella relati-
vamente celere cicatrizzazione della breccia intestinale e
guarigione dell' ano contro natura ; se l' intestino piegato
ad ansa nel sacco erniario avesse Conservato la sua ri-
piegatura nella cavità addominale , 1' ano contro natura
sarebbe stato perenne, in allora i due tubi dell' ansa in-
110
testinale aceollatti od appiccicati^ le materie fecali ascenti
dal tronco superiore noa avrebbero potuto essere rice-
vute dal tronco inferiore, i due estremi dei troacU
intestinali si sarebbero cicatrizzati ad angolo saliente
{sperone) e perenne sarebbe stato il flusso delle mate-
rie fecali dal tronco superiore mentre rin£driore non ne
avrebbe né punto né poco ricevuto. Certo che Tintestino
ernioso doveva gaiigrenarsi , io rivolsi tutti i miei pen-
sieri ad ottenere la completa dispiegatura dell* intesti-
no, perciò quando nel pomeriggio del 29 ottobre io ri-
trovai di nuovo r intestino nel sacco erniario, non esitai
a rompere coli* indice la colonna inferiore dell' arcata
crurale: era duopo togliere ogni ostacolo alla rientratura
deir intestino , esso non solo dovea rientrare, ma dovea
pur anco dispiegarsi , tutto si dovea operare a 'che ces-
sasse la ripiegatura deir intestino; se questa si fosse con*
servata, se V ansa soggiornando più oltre nel sacco avesse
fra le due parti che la compongono contratta perma-
nente adesione, era inevitabile lo sperone^ ed il perenne
versarsi delle materie fecali dalla regione crurale, im-
menso danno che si scongiurò.
IX..
Tibia morta. Tibia riprodotta.
Ascesso sottoperiosteo ossia necrosi della tibia sinistra* P«-
riostio non ancora ingrossato, in alcune parti staccato, in
altre aderente all'osso morente. Incisioni ciftaneo-periostee
a salvare il periostio dalla gangrena* Non voluta ad arte
eseguire estrazione sottoperiostea della tibia morta* Rispet"
tate ad arte le aderenze del periostio all'osso morente con^
siderato quale modello dell'osso a sorgere.
Regolare e pronta riproduzione della tibia nuova invaginante
l'antica. Differita estrazione del sequestro.
Poggi Andrea, d'anni 13, servo di campagna, da Rebbio,
Ili
proveniente idem, entrato il 27 luglio ed escito il. 5 novembre
1866.
È ragazzino ^ pelle bruna, a capelli neri^ ad occhi nerìs-
simi, vivo, magro, che al suo dire ha la gamba sinistra ii\fer-
ma solo da alcuni giorni» Sulla superficie dorsale della tibia
sinistra alla metà della di lei altezza e presso al di lei mar-
gine posteriore od interno sta ulcere o foro rotondo del dia-
metro circa di nove a dieci millimetri. Compressi coirindice le
vicinanze del foro in alto ed in basso, e sentii il periostio di-
staccato dall' osso. Nel giorno 6 agosto introdotta la punta di
catetere di gomma elastica dentro al foro penetrò ben adden-
tro sotto il periostio in su ed in giù. Avvi adunque ascesso
aottoperiosteo- ossia necrosi della tibia; la cute ed il periostio
s\h tutta la superficie anteriore della tibia morta nulla presen-
tano di anormale , il periostio non è punto ancora inspessito ,
solo tasteggiando periostio e superficie dorsale della tibia quello
sentesi distaccato da questa. L'esplorazione eseguita in questo di
confermò la diagnosi che avevo fatto mentalmente dal primo
momento che avevo visitato l'infermo. È necrosi della tibia che
si estende dall'una all'altra estremità di lei, eccettuate l'una e
l'altra vòlta articolari.
Che deve fare l'arte? ciò che fa natura. Abbiamo una tibia
morta, ecco il primo primissimo stadio dèlia malattia; morta
la tibia primitiva, che nacque contemporanea nell'utero alle al-
tre ossa, deve sorgere una tibia di novella o di seconda forma-
zione. La morte della tibia di prima formazione è I' enuncia-
zione del problema, il sorgere della tibia di seconda formazione
è la risoluzione disilo stesso , sono due fattori di un fenomeno
che data l'esistenza del primo deve avere ed ha luogo l'esi-
stenza del secondo. La natura tutto ha preparato in questi casi
meravigliosi, pochissimo rimane a fare agl'arte, e questo poco
lo si esprime coi dettati più antichi djella scienza. È un ascesso
profondo, e per parlare un linguaggio meno incompleto, è un
ascesso sottoperiosteo della tibia che abbiamo a curare, e l'arte
conduce e governa gli ascessi collo opportune incisioni (1). Non
(i) Vedi Operazioni sottoperiostee e $ottoeaisulari, del dott. * :
112
soffrii neppure la tentazione di fare l'estrazione sottoperiostea.
Negli anni addietro 1847 e 1854 io feci l'estrazione sottope-
riostea della tìbia e del perone, ma quelle ossa ehe io estrassi
non erano ossa primitive, ma bensì ossa di seconda formazione
cresciute ad enorme volume e peso , perchè lasciato senza go-
verno l'adcesso sottoperiosteo contemporaneo alla loro riprodu-
zione. L' arte deve procurare il colo facile alle marcie , impe-
dirne l'assorbimento, ecc., deve puranco procurare che si con-
servi tutto il periòstio, che non se ne perda, non se ne gan-
greni la roinimat parte, perchè desso è l'organo produttore del-
l'osso che deve sorgere; ciò si ottiene per mezzo delle incisioni
fatte secondo le regole per la cura degli ascessi.
In quest' istesso giorno 6 agosto palpai il margine interno
della tibia, al di sopra ed al di sotto del seno e foro mediano
cutaneo-periosteo ; là dove sentii i tessuti incavarsi aliic com-
pressione, qui dove puranco la cute era un pò cerulea, feci in-
cisioni, una superiore al di sotto della tuberosità interna della
tibia, r altra inferiore al di sopra del malleolo interno , ambo
cutaneo-périostee e penetranti cosi sino alla cavità rinchiudente
l'osso morto. Consigliai all'infermo di sorgere dal letto e passeg-
giare ogni dì , feci dare (ilio stesso le stampelle e prescrissi in
continuazione l'olio di merluzzo.
Verso la metà di agosto ponendo la punta dell'indice den-
tro al seno mediano, sentivo già le parti periferiche dello stesso
indurarsi, ed essere al tatto cartilaginee.
Eravamo al 10 di settembre, e già la tibia di seconda for-
mazione era "bellamente disegnata e conformata , la punta del-
l'indire che io ponevo dentro al seno medio toccava campo di
consistenza più che cartilaginea , la serie delie dita che ten-
gono dietro al pollice , fatta scorrere sul margine anteriore o
cresta del novello osso sentiva indurarsi il medesimo, la tibia
nuova tutt' all' ingiro cresceva ingrossata direi a vista, quando
nel 15 settembre trovo l'infermo con febbre leggera, la di lui
gamba è un pò calda, le mani ardenti, eravi ascesso retro ed
Larghi. « Giornale della Reale Accademia di medicina e chi-
: : rurgia di Torino *, 1856.
• * "
113
infra-malieolare interno, feci subito lunga incisione. Osservai
bene la gamba inferiormente, e presi fra le dita la novella ti-
bia sinistra in corrispondenza e sopra dei malleoli, era dessa il
doppio della tibia destra.
Nel corso del resto di settembre si formò superiormente y
ma ancora in contiguità del seno mediano, altro seno.
' Siamo al fine di settembre, la tibia di novella formazione è
tutt'affatto completata. Appena al di sotto del seno mediano avvi
punto livido in cui i tessuti sono distaccati, faccio quivi inci-
sione jcutaneo-periostea lunga circa millimetri quindici , a con-
servare il periostio, e così abbiamo tre seni presso al mezzo del
margine interno della tibia, gli uni agli altri contigui, formanti
una sola ulcera od apertura.
La tibia di novella formazione , già completata ai primi di
ottobre, più non crebbe, più non si ingrossò.
Ogni giorno lavai la tibia morta e la tibia novella facendo
cadere per i seni delle estremità, e pel seno del centro, acqua
semplice in prima, e poi poca soluzione di 1 a 100 d'azotato
d'argento; ogni giorno tappai i fori o Reni oon filacciche, tal-
volta esploravo e percuotevo colla punta di pinza ad anelli la
superficie anteriore o dorsale dell'antica tibia morta e cosi con-
tinuai finché l'infermo rimase all'Ospedale.
Arrivammo al 16 di ottobre, e la novella tibia guardavo e
palpavo con compiacenza, pur pensando che dessa cominciava già
a restringersi su sé stessa, scorrevo colle dita sui di lei margini
ben conformati anteriore e posteriore, quando uno degli infer-
mieri, il Roncarolo, esclamò^ la gamba e T osso sono impiccio-
liti di già ; esso avea completami^nte ragione, era già bene av-
viato il periodo di coartazione o di consolidazione della tibia
novèlla.
Nel giorno 5 novembre l' infermo volle uscire, ed ecco le
misure della tibia sinistra novella e quelle dell'antica tibia
destra :
Annali. Voi. CCI. 8 • i'
IH
Tibia
sinistra o di seconda destra o primitiva,
formazione.
Diametri trasversali.
Medii.
Centimetri Millimetri Centimetri Millimetri
7 00 3 00
Infracondiloidei.
6 00 3 00
Sovràmalleolari.
6 00 4 00
Considerazioni.
Fu questa la prima volta che io assistetti ai primi
istanti del nascere di una novella tibia; molte volte
avea governato infermi in cui la novella tibia era di già
cresciuta rigogliosa intorno all'antica morta , solo in
questo caso mi fu dato di osservare V infermo nei primi
giorni nei quali la tibia antica stava direi morendo , il
periostio era in parte già -staccato, e si andava successi-
vamente distaccando nelle altre regioni dell' osso. Il piano
semplicissimo di cura concepii dal^ primo istante, ne com-
binai, nella mia mente i diversi particolari nelle notti
successive. Non si poteva eseguire metodo di cura più
semplice. Se fossero stati a mia disposizione bagni di
acqu 1 corrente, quelli ayreì dato all' infermo, che al certo
migliore refrigerio ed adjutorlo di essi non è possibile
né dare, né immaginare in questi casi.
Io non feci a bella posta che pochissime esplorazioni;
nei primi giorni d' entrata dell' infermo, toccavo la gamba
sovra e sotto il seno medio, sentivo il periostio distaccato
e teso, ecco , io diceva fra di me, necrosi della tibia , il
periostio che è distaccato sulla superficie anteriore della
^ tibia, sarà egli distaccato, sarà egli aderente nelle altre
• e • •
115
regioni dell' osso ? Il distacco del periostio avrà egli luogo
solo intorno al seno medio , o si estenderà all' insù sino
alla calotta articolare verso il femore, ed all' ingiù sino
alla calotta articolare verso l' astragalo ?
Tali erano i pensieri che volgevo nella mente nelle
prime notti dopo l' entrata dell' infermo all' Ospedale.
Pensavo fra di me , il corpo della tibia ha punto pecu-
liare e proprio di ossificazione, quando si forma nella
vita uterina: nella morte ha luogo ta stessa legge e suc-
cessione, dunque probabilmente la necrosi si estenderà sino
presso le ultime estremità arliicolari della tibia antica:
ma a questi pensieri succedevano le riflessioni seguenti*
Devo io distaccare il periostio da quelle parti dell' osso
antico in ,cui non ò ancora distaccato 1 Stétti dubbioso
un istante , e mi decisi fermamente di non distaccare
punto il periostio, e di lasciare cosi ^intieramente il ma-
gistero deir osso novello alle leggi della natura. La ti-
bia morta ( e nel caso nostro la tibia è morta, o sta per
morire tutt' all' ingiro, in su ed in giù ), deve servire di
madre forma, su cui si deve modellare la tibia novella.
Io adunque non devo, distaccare punto tibia morta da
tibia sorgente , ossia dal periostio. Se lascio intatte le
aderenze della tibia morta col periostio, la tibia novella
crescerà regolare e perfetta sul modello dell' antica ; le
aderenze adunque che vi sono ancora io devo rispettare,
e le aderenze rispettai.
L'arte deve procurare che la tibia novella nqn solo
cresca, ma che cresca bella, rigogliosa e regolare, il che
avrà luogo, se non si distaccherà il periostio. È un ascesso
sotto periosteo, giova il ripeterlo, che l' arte deve curare
e governare, e quelle regole che 1' arte conosce ab anti-
quo per la cura degli ascessi profondi , per là cura dei
paterecci , sono le necessarie all' uopo. Appena appena
una parte di cute minacci gangrena , io prontamente
cute e periostio inciderò,, onde .non si gangreni nes-
V^i
V N
i..^vr# d^Ua novella riproda-
^ .^. M K> praticai prontissima*-
.. w i ;)i;^no, al centro ed alle
. v«.>.u tutto il periostio del cen«-
^ .». ocicjow L* ascesso sotto periosteo
.vaa t);»tremità di lui fu dùnque
^.lOK^.Oi *ilvo fu tutto il periostio, e
.v.v<^r^ deir osso novello. Io ottenni
. , ,1^ >> 5^ v^iC^anì regolarissima ; se io avessi
vv.vNjsH^v^ ^<*Uo air ingiro dell'osso morto,
, v>s v.%s> SfcWvV<.H)ia intorno air osso morto , e
V *N\i Àxsfi^tv succeduti guaj, sarebbe cresciuta
*x\i wiK^ tibia regolare modulata suir antica,
^va%^ vNv^Wk orribile a vedersi: se pronto non
V Nvw^ky lucìsHÙoni, si sarebbe formata una enor-
^ ,v\ ;aWviHK^ alla vecchia tibia, come accade nelle
j^^^,^^ ^jj^ i»At^feccio , e r ossificazione non solo
* "! ^vl vMWxotuv i * wole enorme , ma molte porzioni di
""^ Iv^vAsMv^^ÌHKV V^^r# cadute gangrenate: ogni guajo
r A\»vsit\^v g\*^^*Wvammo le aderenze del periostio
'^r ' 4 v<^i^^ i^^'U » facemmo le necessarie incisioni ,
V J^ \'^^****^v^ <^^^ ^ *^^**'' ^ naturali rapporti di contatto
r vW ui.vixtvw ^ \' cwo sorgente, e la novella ossifica-
avv;4x^ »uwt xvv*^|v«»^Hto^*^"^^°*® regolare; noi secondam-
ùùv U uA^ur<i ^'^^^^^ *f^"^ ' ®* ®^^^ bellamente ci cor-
* Hi^'ivlv^ V l^fc^^^^^ chiese di uscire, stetti un istante
^v'iv^xv^ ^^ v^^^^^^^ *^ ^' ^^ accondiscendere alla di lui do-
u. vkUv yì vku^»^ ^^Wtt rturò che un istante , erano tre
ui"' \Ì ^Kh^^V ^<v^H\i ohe dimorava all'ospedale, dissi
vuiC^s'uv V^J^^ ^V^^V^ * i>TmviU. venne su bella e rego-
',, V V * b^^ ^^v**^<^ ^' ^* ^®^ P®^^^^^ consolida-
M s l V >Av^mv^ U^^W\to arte e natura possono fare e
^u..u.wv. ^^^N'^M^ ^au«ivi« r infermo fra i suoi.
117
Che dovifiasi fare relativamente alla tibia morta?
La tibia morta, considerata siccome modello $u oui si
doveva conformare la tibia novella, stette là a suo posto
a conformare la tibia di seconda formazione. Ma que-»
st* ultima intieramente formata e completata, giunta dessa
al periodo di consolidazione in cui comincia a restringersi
su di sé stessa , la tibia morta è completamente inutile ,
ed essa assume diversa condizione o stato. Non ò più so-*
lamente la tibia morta che Tarte ha sott*occhio, ma dessa
è isolata in c^ni sua parte tutt* air ingiro , si ò distac*
cata intieramente dalla novella, essa è di già enorme-
mente impicciolita^ è divenuta più breve, ò diventata
meno grossa in ogni verso, essa presentasi in quello stato
che tutto descrive un motto antico della scienza, è un
sequestro. Dal di che sovravvenne la morte alla tibia, la
parte morta subì e subisce progressivo deperimento. L'arte
perciò saggiamente operò nel non distaccare la tibia
morta dal periostio, natura ha compiuto in modo mera-
viglioso non solo il distacco, ma la consumazione, la con-
sunzione deir osso antico morto, mentre provvedeva alla
risurrezione dell' osso novello.
Ecco cosi il perchè non volli nei, primi giorni di lu-
glio fare V estrazione sotto periostea quando sentivasi
r osso morto : ecco il perchè non volli fare V estrazione
deir osso morto quando la tibia novella era cresciuta ri-
gogliosa intorno air antica. La natura è dessa che prov-
vede alla consunzione dell' osso necrosato , è dessa che
procura nel modo il più regolare la sua sequestrazione ,
ossia ne forma il sequestro. L' arte dovea tenere aperti
i seni che apri natura (seno medio) e quelli che fece
colle incisioni cutaneo -periostee , poiché per essi la na-
tura elimina la massima parte delle ossa morte, col pro-
cesso che chiamasi esfogliazione. La natura, pensai fra
di me, questo sequestro (che è ora ben poca cosa se si
118
paragoni al volume della tibia nei primi giorni della sua
morte) fr^a pochi mési avrà ridotto a minimi termini,
forse fra poco sarà eliminato per intiero, quando una
minima parte di esso, od una parte anche grossa rima-
nesse ancora invaginata neir osso di nuova formazione ;
vi sono tre seni medii , due seni alle estremità , ed un
seno presso al malleolo interno che penetrano nel cavo
in cai sta rinchiuso il sequestro. Che devesi fare ì Forse
un' incisione sul mezzo della faccia dorsale della tibia
novella che corra di seno in seno, di ponte in ponte, e
che si estenda lunga, o quasi lunga, quanto il sequestro 1
Mai no. La natura secondata dalF arte crebbe un osso
novello intorno airantico, Tarte il deve rispettare. Mai dal
1842, epoca dalla quale esercito la chirurgia, io non pra-
ticai incisione sulle ossa lunghe per estrarre i sequestri.
Considerai sempre grave errore il fare la minima in-
cisione , r antica operazione pel sequestro eseguita per
mezzo di incisioni o spaccatura dell* osso nuovo ridussi
alla fragmcntazione del sequestro, sia nelle ossa lunghe,
sia nei casi di malattie delle ossa ed articolazioni ; la
fragmcntazione dei sequestri osseo-articolari facilitai , e
resi più sicura e più pronta coli' introduzione dei cilin-
dri d'azotato d'argento, e colla introduzione di soluzione
dello stesso sale a diverse dosi : l' incidere un osso nuovo
per estrarre il sequestro fu sempre errore che evitai, vi
era forse necessità di estrarlo ' intero ? I diver§i sefni
osseo-articolari considerai sempre come le vie fcoperte
operate da natura per procedere dentro le ossa ed arti-
colazioni per fragmentarne i sequestri, per fare di essi la
litotrizia, i quali fragmentati e litotriziati, l' arte espelle
colle injezioni, ecc., e la natura prontamente da sé. Ora (1)
io non dubito che il sequestro dell' antica tibia entro la
nuova, non sia cosa ben da poco, sarà sequestro che
— — — ^■'^— —1^— — — — »i— M^»- 1 III I I ■ Il ■ ■' ' ■ » ■
(1) Maggio 1867.
119
romperò o con pinza o con spugne introdotte nel cavo
dell'osso nuovo, e cosi sicuramente ed in bel modo ottenni
la riproduzione della tibia novella, ed otterrò se non si è di
già fatta per opera della natura,, l'eliminazione dell'antico
sequestro. Io feci molto bene a differire V estrazione del-
l'osso morto. Difatti mentre l'osso morto è ancora aderente
all'osso sorgente, ossia al periostio, primo periodo della
sua morte, esso è ancora voluminoso quasi come quando
era vivo ; poco a poco mentre 1' osso novello cresce ri-
goglioso, r antico osso morto si distacca del tutto, e poco
a poco si impicciolisce e si consuma. Se si operasse V e-
strazione dell' osso morto nella prima epoca , esso è an-
cora troppo voluminoso, e sarebbe d'uopo ricorrere a
lunga incisione scorrente su tutta quasi la superficie dor-
sale della tibia nuova ; quand' anche si potesse fare senza
dell' incisione o spaccatura dell' osso novello, ed estrarre
r osso recentemente morto dai seni naturali od artificial-
mente fatti , la bisogna sarebbe sempre grave , perchè
l'osso morto è ancora voluminosissimo': all'opposto ri-
tardando l'atto operativo, la tibia morta passò allo stato
di sequestro , ed in qiiesto stato è diminuita immensa-
mente di volume, la tibia morta si è di già, direi cosi,
vuotata^ évidée, di per sé stessa. È in questo stato o con-
dizione che si deve operare il sequestro delle ossa lunghe,
in allora il sequestro si è impicciolito, è »di venuto fra-
gilè fragile, ed una pAza retta o meglio un pò curva
come (fuella dei polipi delle cavità nasali, introdotta pei
seni sovraindicati, riduce l'attenuato sequestro in minime
parti; lo fragmenta, ne fa direi la litotrizia. Giova puranco
introdurre dentro il cavo delle spugne, le quali non solo
servono a dilatare i seni,- ma pur anco servono mirabil-
mente a rompere il già fragile sequestro ; si può anco
adoperare una fascia comune, la si ripiega per lo lungo ,
la si fa entrare per uno dei seni, la si fa sortire per un
altro seno, la si lascia in sito per alcuni giorni ; essa col
120
soggiornare nel cavo si ingrossa, ed estraendola estraete
0 rompete con essa il sequestro ridotto a fragmenti. Ciò
ohe conviene per la^ tibia conviene pur anco nel sequestro
da) femore e delle altre ossa larghe. Cosi la estrazione
dei sequestri resta di molto semplicizzata, riducendola al-
l' operazione tardiva della fragmentazione di essi nel
proprio cavo.
Ma anche quest'atto operativo deve essere soventi
yolte tralasciato , ^nche della fragmentazione dei seque-
stri possiamo fare senza. L'arte deve procurare di te-
nere sempre aperti e dilatati i seni osseo-articolari, essi
sono le vìe per cui la natura elimina Tosso morto: te-
nendo sempre aperti i seni, poco a poco il sequestro si
consuma 9 si annulla per opera della natura ed esce o a
fragmenti o.per isfogliazione. Ciò sanno bene i chirur-
ghi dalla più alta antichità, ed in questo stadio i bagni
di acqua corrente, le leggiere soluzioni di azotato d'ar-
gento, che impediscono la suppurazione, sono ajuti pre-
ziosi alla natura.
In questo modo per il passato io estrassi i sequestri
fragmentati della tibia> e la storia è ancora a pubblicarsi;
nello stesso modo operai su mandibola necrosata , non
praticai più incisioni , mi servii dei seni osseo-articolari
in vicinanza dell* articolazione temporo-mascellare per
estrarre il sequestro del condilo, mi servii dei seni arti-
colari situati inferiormente all' ai^lo inferiore della man-
dibola per introdurre spugne, pinze, setone entro ii cavo
mandibolare, e cosi ruppi e fragméntizzai la porzione
ascendente della mandibola necrosata, non praticai alcuna
incisione , rispettai , non disturbai l'ossificazione novella
già bepe avviata e l' istoria già pubblicai.
Ciò che ottenni per la mascella inferiore, usai pur
anco in caso di necrosi per la mascella superiore e V i-
storia non ancora pubblicai.
Già dagli anni 1848 io avea operato ed agito nello
121
stesso modo nei casi di tumori bianchì del piede e della
mano e dell'art icolazione omero-^cubitale, siccome già pab-
blicai nel « Giornale delle scienze mediche della Reale
Accademia medieo-ohirurgica di Torino » nell'anno 1856,
e ne pubblicai le istorie particolarizzate nella « Gazzetta
medica Italiana di Torino >, 1^61, .1862.
JPuccinoiii JFÉranceMco W^§*binaie. — attoria della
Medieina. Volume I: Medicina antica. Livorno ^
presso Massimiliano Wagner, editore, 1850, /n-8*^
pag. 748 oltre l'Indice. — Volume IL Medicina del
medio evo. Parte prima. Livorno, ecc., 1855, pagi-
ne 394 e ccLxra. — Parte seconda. Livorno, ecc.,
1859, pag. 848 (1). — Esame critico del prof. AL-
FONSO CORRADI.
F
ra le molte pecche di cui è accusata la moderna let-
teratura, v' ha pur quella della soverchia fretta ntìl pro-
durre ; di guisa che le opere sue per difetto di sufficiente
meditazione appajono poco profonde, né abbastanza pur-
gate, la lima non avendo avuto tempo di compiere il suo
lavoro. Di questo mal vezzo non può certo accusarsi
r illustre prof. Puccinotti ; avvegnacchè que' tre volumi
della Storia della Medicina sono il frutto di 17 anni di
studio. Né di tale lentezza siamo noi qui per dolercene,
se dessa non fosse per avventura ( come v' ha ragione di
temere, V editore ed il luogo di stampa non essendo sem-
pre stati i medesimi ), più che della volontà dell'Autore,
effetto di altre cagioni, e della difficoltà cioè che v' ha fra
(1) La stampa di questa 2/ parte non fu finita che nello
scorso anno in Firenze, essendone editore Angelo UsiglL
122
noi di condurre innanzi opere alcun poco gravi e volu-
minose; del disamore agli studj che richieggono vaste
cognizioni , pazienti indagini , severa critica ; del torto
giudizio che alla medicina moderna nulla giovi T erudi-
zione e la storia delle sue vicende, che il sapere com* ella
cadde negli errori, come se ne ritrasse, non le possa es^
sere di ammaestramento per il presente, di guida nel
progresso.
De* predetti tre volumi non prenderò qui in esame
che le due parti le quali comprendono la medicina del
Medio Evo ; perciocché troppo spazio bisognerebbe s* io
volessi su tutti ugualmente intrattenermi. D'altronde il
1.^ volume rispetto agli altri ha minore importanza ; ed
oltre a ciò fu già di lui ih qualche modo discorso in
questi medesimi Annali dal prof. Pozzolini. Pertanto ba-
sterà accennarne semplicemente, o poco più, le partizioni
principali, ossia i Libri ne' quali è distribuito, onde ne ap-
paja r orditura, ed insieme i documenti che lo corredano
per. dimostrarne la ricchezza.
Ma innanzi converrà dire delle idee, o dei concetti
generali che V Autore tenne per g'uida dell' opera sua ; e
ciò farò brevemente,, esaminando il Pi^oemio in cui quelle
sono esposte (1).
Secondo che pensa V illustre scrittore , il capo della
Storia della Medicina deve trovarsi nel principio igienico
di ogni sua età, l'origine della scienza derivando egli da
(1) Tale Proemio è diviso nei seguenti 7 paragrafi. — De-
finizione e scopo della storia. — Delle origini della .medicina.
— Delle forme primitive assunte dalla medicina. — Dei tipi
storici principali. — La teoria dei tipi storici contiene la filo-
sofia della storia della medicina. — La filosofia della storia ri-
conosce sé stessa per la vera filosofia della scienza. — La filo-
sofia della storia della medicina giastifica la scienza dinanzi
alla società ( pag. 3-29 )•
123
una tradizione igienica , che V uomo sano compose col
dovere di soccorrere il proprio simile, e pose come guida
della sua intelligenza, e come impulso alla sua opero-
sità (I): e però igienica è la medicina primitiva (pag. 7).
Considerando quindi che appo i Greci ed i Romani l'i-
giene tanto perdette di valore, quanto perderono éguaU
mente di forza e di grandezza le virtù civili; ei veniva
in pensiero, che se dovessero procedere del pari nell' av-
venire , il perfezionamento dell' umanità e quello della
scienza della salute , quest' ultimo sarebbe rappresentato
da una perfetta igiene , che dovrèbbe saper ridurre al
minor numero possibile i bisogni delia medicina terapeu-
tica ( pag. 227 ). Bellissime parole , auspicatissimi vpti ;
ma che ognor più ci fanno dubitare che igienica sia la
medicina primitiva.: ed oggi pure vediamo intere tribù
nelle quali la medicina è tuttora in quelle forme (mitica^
jeratica; demotica) che il Puccinotti chiama prescienti-
fiche, ossia anteriori al suo stato di scienza completa
( pag. 8 ) , senza che vi sia vestigia d' igiene ; quando
questa pur non si voglia confondere con que' precetti che
sono piuttosto tutele di politico reggimento, che provvi-
denze per la pubblica incolumità. Anche tuttodì vediamo,
che quando si gode buona salute, e la si vede ferma il più
delle volte, malgrado gli strapazzi e le maggiori fatiche,
poco preme di sapere come conservarla.
(1) L' elemento sanitario, insieme air elemento morale ed al
civile, è una manifestazione dell'idea del bene assolute; la
quale , come emanazione della volontà divina , presuppone al-
trettante missioni obbligatorie trasmesse all' umanità. « Ora se
a conservare l' ordine morale e civile , vi volle una missione
suprema imperativa, d'onde ebbero origine i doveri, e i diritti
sociali, e l'ordinamento primario dei popoli; altrettanto im-
portò per la preservazione , e ordinamento della salute loro
(pag. 6) ».
124
D* altronde che sappiamo noi per tradizione intorno
la salubrità e V insalubrità delle cose naturali , innanzi
che r esperienza ci abbia delle medesime ammaestrato % Il
Puccinotti insiste dicendo , che innanzi che V esperienza
avesse trovato le medicine, la ragione aveva ricavato
dair igiene il regime dietetico da apprestarsi ne]le malat-
tie ( pag. 8 ) : ma pur vediamo, che più presto s'apprende
a svuotare lo stomaco soverchiamente ripieno, che a con-
tenere r appetito vorace. La medicina , quegli continua ,
non nacque nel malato , né dal suo istinto ; ma nacque
neir uomo sano, nella coscienza di lui di una missione
superiore a soccorrere il proprio simile, e fu an impera-
tivo affidato al sentimento di carità in ordine al princi-
, pio di socialità nelle umane creature ( pag. 6 ). ÀI che
pare si debba replicare, che quella coscienza, queir impe-
rativo, se spinge l'uomo sano a soccorrere chi soffre, non
gli addita già il soccorso ; questo gli è chiesto istintiva^
mente dal malato, oppure ei deve apprènderlo per T os-
servazione delle soluzioni spontanee dei morbi , per V e-
sperienza delle cose che nuocono.e che giovano; lo deve
indurre per un lavora di ragione e di confronto. Non è
vero che V istinto non possa dir altro nelF uomo malato
che soccorretemi^ talché ei non divenga ch-e un' occasione
all'ajuto dell'arte esistente fuori di lui, e non l'origine
dell' arte stessa : ed in veto anche l' ignaro fanciullo
estuante per febbre anela la fresca bevanda , ed ha a
schifo gli alimenti ; e la mano ratta corre alla fronte
per calmarne, premendola , il dolore. Certo che V istinto
non basta , egli stesso dovendo pur essere guidato ; ma
non può negarsi che in noi medesimi non sia in certo
modo l'arte, dacché v' hanno ne' viventi de' poteri mode''
ratori^ una tendenza conservativa, la vecchia natura
medicatrice. Forse che nel nosce te ipsum non si ri-
solve gran parte dell' igiene individuale, la quale ò altresì
fondamento della pubblica? E quest'origine, diremo in^
125
teriore fdeWs, medicina, più che da altri dovrebbe essere
ammessa dal Puccinotti, il quale partisce la Storia della
Medicina considerata come scienza in tre principali epo-
che 0 tipi : 1.^ Epoca del predominio illimitato della na*
tura suir arte ; 2.° Epoca del predominio illimitato del-
l'arte sulla natura; 3.° Epoca della riconciliazione fra
le leggi di natura e i poteri dell' arte. Intorno la quale
divisione l'Autore avverte, che dessa non scinde la storia
' j
immobilmente ili tre epoche, né si. lega immobilmente ad
un periodo di tempo. « Essa è tolta da noi come una
tricotomia mobile, e progressiva, che va via rinnovando
sé stessa nel procedimento della scienza, presentandosi
sempre in più larga sfera, e racchiudendo per conseguenza
nel suo avanzamento la promessa dell'avvenire (pag. 16) ».
Imperocché questi corsi e ricorsi non sottopongono, come
parrebbe, la medicina ad un fatalismo al di là del quale
le fosse da inevitabile necessità interdetto di progredire:
invece a chi ben considera le riconciliazioni che mano a
mano si vanno facendo tra la natura e l'arto^, segnano
un ingrandimento si negli studj della natura che nei poteri
dell' arte. D' altronde cotesti grandi e solenni periodi di
riconciliazione non sono molto* frequenti ; in ventitré se-
coli se ne contano, a mente del Puccinotti, appena quat-
tro, 0 poco più, senza il periodo che oggi corre, il quale
tende evidentemente anch' esso alla medesima riconcilia-
zione. Sarà questa l'ultima, egli dimanda? 0 quante al-
tre ancork ne dovranno seguire , precedute e provocate
da sistemi nuovi e sempre più poderosi, che si tireranno
dietro la gran mole della scienza ? < Certo é che questa
non si arresterà, finché non abbia raggiunto il suo fine
ultimo, che ò di elevare 1' arte alla maggior potenza pos-
sibile, e la cognizione delle leggi di natura alla maggior
perfezione possibile, onde fra loro l' equipollenza e 1' ar-
monia sieno stabili, e non periture (pag. 15) ».
L'andeggiamentp complessivo e continuo de' sumento-
126
vati tipi storici forma il campo della filosofia della sto-
ria della medicina, la quale, su tale fondamento misto
di fatti e di pensieri, s' innalza a quelle tre primalitd ,
che, come formano astrattamente la scienza, cosi servono
di guida agli esami ed ai ravvicinamenti storici; e cioò
ella si volge: 1.^ airidea della natura, ossia al carattere
delle causalità; 2.^ air idea dell* arte, ossia al carattere
dato alle potenze che s'impiegano per mantenere e resti-
tuire lo stato sano; 3.® al metodo, ossia alla cognizione
e air ordinamento di attinenza tra le cause e gli efietti
(p. 19). E poiché nello studio della natura organica la
causalità ultima cui saler la ragione per determinare
una teoria della vita, e quindi discendendo informare la
scienza, è la vita stessa (ossia la forza, il principio
donde i fenomeni traggono V origine e la qualità loro);
avviene che la teoria di questa appaja nella storia il
contrasségno filosofico della teoria data alla medicina.
Parimente dal modo di concepire la vita dipende per lo
più il concetto delle proprietà caratteristiche delle poten-
ze medicamentose; e quindi pure è modificata l'idea del-
l'arte, la quale è soverchiamente operosa od inerte secon-
do che ammetta illimitata l'attività interna curatrice, o
la neghi affatto. Ma ad imprimere carattere diverso alla
scienza concorre, con l'idea determinata della vita, ezian-
dio il metodo; il quale perchè dia un completo ed uni-
versale sistema di connessioni tra cause ed efietti, deve
appunto comporre le connessioni reali de' fenomeni co'mo-
delli e tipi di attinenza esistenti nell'intelletto: imperoc-
ché; sono parole del nostro Autore, il vincolo necessario
dei fatti della natura e la determinazione di una legge,
altro non esprimono, che il rischiaramento dato a quei
modelli intellettuali la mercè di sufficienti, osservazioni
ed esperienze, e il perfetto combaciare di essi col lavoro
e col resultamento esperimentale (p. 21). Ma se la teoria
dei tipi storici contiene la filosofia della Storia della Me-
127
dicina, poco poi diffatti di essi e della loro triplice par-
tizione si giova il Puccinotti nel!' ordinamento del suo
grave ed importante lavoro : giacché le prime divisioni
di esso sono cronologiche ( Medicina antica, del Medio £! vo,
e moderna), e le suddivisioni, od i libri, non sono rego-
late da un principio costante ; ina quando diremo geogra^
fiche od etnologiche, come nel 1.° volume, quando per
iscuole e dottrine^ o meramente di tempo negli altri due.
Egli osserva poi che le scienze metafisiche e le scienze
naturali hanno un punto di partenza fra loro diviso, e
che male avviene se Y una all' altra si voglia imporre
come arbitra e dominatrice: elleno debbono continuare
distinte anche nel loro Cammino, confortandosi per altro
a vicenda, la metafisica della realtà sperimentale, e la
fisica delle leggi razionali ; ed egualmente preservandosi
a vicenda , la prima dal materialismo , dall' idealismo la
seconda ( pag. 24 ), Ma non più di tanto ; più stretti ab-
bracciamenti produrrebbero un fatale miscuglio. E la
filosofia sperimentale sbarrazzatasi di quello della metafl<«
sica, ha ripreso come punto di partenza l' idea archeti^
pa d' una forza attiva : « considerando che 1' atomo è
nulla se non è concepito come un centro di forza, e che
i processi e le metamorfosi non sono che gruppi di forze
cooperanti ad un fine (pag. 23) ». La materia, è detto un
pò più innanzi, non può dare- che materia: raffinatela
quanto vi piace , riducetela alla più impercettibile mole-
cola o cellula elementare , ella non sarà mai altro che
materia : le forze che la compongono, che la conformano
e la trasformano soli fuori di essa ; ad es^a unite , ma
non con essa confuse. E come non può confondersi forza
e materia, neppure possono identificarsi le forze tutte fra
loro : e' è armonia ma non identità ( pag. 28 ). NuUadi-
meno intorno la natura di questa forza della vita il Puc-
cinotti non fa maggiori dichiarazioni ; ma per le cose
128
dette, può ben argomentarsi eh* egli non ò di quella Scuola
la quale considera la vita morale come un* opera singo^
lare di quel medesimo principio vitale donde procedono
anche le altre funzioni fisiche. E quantunque egli porti
per intero quel lungo brano della Chimica applicata alla
fisiologia ed alla patologia, dove il Liebig conchiude che
la forza vitale è una forza di specie particolare, non per
tanto non abbraccia la costui sentenza ; essendo che sul
chiudersi del proemio aflFerma la materia non essere
che lo strumento passivo della manifestazione della
immensa attività delle forze ^ ossia della vita d^gli
esseri y della vita fisica del mondo. Parrebbe adunque
che , oltre la forza prima creatrice , due. forze soltanto
si dovessero tenere ben distinte : la forza morale , e la
virtù attiva della vita. Àmendue sono limitate ; e cotesta
è limitazione di natura e di ragione, la quale diviene al-
tresì norma dell'arte.
L'arte pertanto sorretta dalla scienza, non licenziosa
ma ragionevolmente libera, dev'esser messa in accordo con
le leggi naturali: con ciò le verrà fatto di operare in una
sfera sempre più estesa di gradi di miglioramento. Ecco
quanto la Società può esigere da noi ; quanto la scien^
za può giustificare e promettere innanzi ad essa
( pag. 29 ).
Le quali cose premesse, diciamo senz'altro che siano
le materie trattate nel 1.^ volume, e come vi stiano per
sommi capi ripartite.
La medicina antica forma argomento di questo volu-
me, che l'Autore, in quel tempo professore di Storia della
Medicina nell'Università di Pisa , volle dedicato al Gran
Duca Leopoldo IL Esso comprende 4 Libri — della Me-
dicina Orientale — della Greca — dell'Alessandrina —
della Romana: ciascuno di questi racchiude parecchi capi-
tali consacrati all' igiene considerata nelle leggi, nei mo-
129
numenti e nelle istituzioni presso i diversi popoli (1). Il
quale diligente studio delle cose alla salute pubblica per-
tinenti non fu già dall* Autore intrapreso con lo scopo
di formare una completa storia dell* igiene, bensì per cor-
roborare quel suo pensiero che la scienza medica derivi da
una tradizione igienica, e che la storia di essa abbia capo
nel principio igienico di ogni sua età.
Fra i documenti (pag. 711-736) trovasi: 1.^ V Index
sanskrito^latinus plantarum arborumque in Susru^
tae Ayurveda obviarum tratto dal T. Ili della traduzione
del Susruta deirHessler. 2.^ e 3.^ Due lettere, una del
dott. Calder ini, Taltra del cardinale Maj intorno al Com-
mento ai Pronostici d'Ippocrate attribuito ad Erofilo; Co-
dice che conservasi nell'Ambrosiana di Milano, e che già
fu di Girolamo Mercuriale, il quale anche lo arricchì di
postille. 4.® Altra lettera del celebre Bartolomeo Borghesi
sulla voce x^vftov del libro de Corde nel Codice ippocra-
tico , nella quale approvasi la traduzione di Foesio del
tov «/»x«iov x6fffiay per institutum vetus, dentro il quale gli
Asclepiadi, anteriormente ad Ippocrate, facevano, secondo
(1) L. I, C. III. Della medicina degli Indiani. Leggi di
Manu. — C. XII. Dell'igiene pubblica presso gli Egiziani. -^
C. XXII. Della imbalsamazione. — L. II, C. V. De'Ginnasj. —
G. VII. L' igiene pubblica de' Greci considerata nelle leggi di
Licurgo e di Solone. — L. IV , C. II. Dell* igiene etrusca. —
C. IV, Precetti igienici delle leggi papiriane, delle XII tavole,
e di altre leggi consolari^ — C. V. Istituzioni e monumenti
igienici de' Romani. — C. VI. Precetti d' igiene ricavati da
Catone il Maggiore, e M. Terenzio Varrone. — C. VII. di Cice-
rone, di Vitruvio, — C. XXII. Galeno, scrittore di materie igie-
niche, dietetiche e medico-legali.
Della medicina e dell' igiene ebraica il Puccinotti non fa
un capitolo a parte , ma ne porge un cenno discorrendo d«i
destini della medicina egizia. ( Cap. XXIV del lib. I ).
Annali. Voi. CCI 9
130
che dice il Puccinotti, stuo^, osservazioni , sezioni, e
sperienze anatomiche (pag. 414). 5.^ Discorso secondo
inedito di Antonio Cocchi sopra Asclepiade: il qaale di-
scorso fu quindi stampato in testa del successivo volume;
dichiarando per altro d'averlo trovato già pubblicato,
conforme V autografo posseduto dal marchese Gino Cap-
poni, dal dott. Margheri nell'Antologia di Firenze (1).
Il Puccinotti nulladimeno ristampollo, perciocché gli parve
(fra il Codice Palatino di cui egli giovavasi e lo stam-
pato nell'Antologia correndo molte varianti) necessario
ed utile alla storia che il detto Discorso fosse ripurgato
e ridotto alla sua migliore lezione. Questo 2.^ Discorso
tratta della Fisiologia del medico di Bitinia, ma non è
completo, perchè non contiene realmente tutta la mate-
ria ; ned ha , come il primo , le citazioni dei luoghi di
tutti quegli scrittori alla cui autorità il Cocchi si riporta
nel sostenere le sue sentenze. Segue una tavola delle
classificazioni antiche e moderne delle opere del Codice
della scuola di Coo ; presa tra le antiche quella del Mer-
curiale , tra le moderne quella del Littró e dell'Autore.
Il quale scostandosi dalle sentenze generalmente ricevute,
ed ammettendo che i libri del Codice ippocratico ritenuti
fin qui per posteriori siano tutti anteriori a quelli ge-
nuini d'Ippocrate, ne propone una nuova classificazione ,
non ritenendo per opere legittime d'Ippocrate e de'disce-
poli suoi contemporanei che le seguenti : Aphorismi —
Le Fracturis — Le Articulis — Le Vulneribus cor-
pitis — Moklikon — Epidemiorum libri septem —
Le Aere locis et aquiSj le quali formano nel nuovo or-
dinamento la IV classe (2). Ma per conoscere le ragioni
(1) A. 1824, settembre, N. XLV.
(2) Dei libri Epidemiorum^ due soli (I e III ) appartengono
ad Ippocrate ; gli altri sono lavori de* discepoli che fecero parte
delle Missioni epidemiche y presiedute dallo stesso Ippocrate.
131
speciali di ciascuna di queste quattro divisioni, ò indi-
spensabile la lettura del libro II dal (Saip. XIV sino al
XVIII. Qui solo diremo che il carattere distintivo delle
opere poste nell'anzidetta IV classe è: 1.^ la massima
semplicità terapeutica : 2.^ la eliminazione di ogni filoso-
fia speculativa, e la sostituzione del metodo sperimenta-
te (1). Viene per ultimo il quadro cronologico della me-
dicina antica (2).
(1) Secondo F. Z. Ermerins, Ippocrate non sarebbe autore
che del I e del III libro delle Epidemie all' infuori di alcuni
passi interpolati — del libro dell'Aria^ dell'Acqua e dei Luoghi
— deli' altro della Regola di vitto nelle malattie acute ( meno
alcune spurie addizioni ) — delle Ferite della testa. Nelle Coo'
cae Praenotiones e nel Prognostieorum liber, troverebbersi pure
inscritti non pochi brani di uno o più scritti d'Ippocrate, senza
che per altro dessi si possano ben determinare < Idem fere sta-
tuendum videtur de Iure iurando: scilicet certo id Divino Seni
tribuere non audeo, sed probabile est apud veteres Coos id exsti-
tisse et in usu fuisse ( Iinrox/Bdhfovc luU SkXwt Ut/mt ftaXcifiv Xtl^at.
Hippo'cratis et aliorum medicorum veterum reliquiae. Mandata
Academiae regiae disciplinarum quae Amstelodami est edidit
F. Z, Ermerins. Trajecti ad Rh. 1864. Voi. Ili, § 43) >.
(2) Vi sono eziandio alcune note addizionali (p, 703*709).
In una di queste si parla de' Lettisternj considerati come prov-
vedimento sanitario, il segnale iniziativo della popolare di"
spensa delle vettovaglie. Ma se i Lettisternj aveano un signifi*
cato igienico , non è quello che il Puccinotti loro attribuisce ;
imperocché non è vero che quelli s' apprestassero solamente
nelle epidemie precedute o accompagnate dal caro dell'annona;
anzi avvenne che il primo Lettisternio, dei successivi esempio,
si celebrasse in Roma, quando dopo gelidissimo inverno, per la
rapida mutazione nella contraria stagione, seguì una pestilente
state per ogni sorta d'animali. Le vettovaglie perciò non mu-
tarono pregio, dice Tito Livio ( Histor. V, 13 A., 397-96 av.
C. ), per il buon apparecchio fatto innanzi.
132
Apresi il II volume con un Proemio , dove , dato un
prospetto analitidb della medicina del medio evo, vuoisi
provare: Che il crede ut intellegas della metafisica cri-
stiana è legge imposta alla ragione, simile a quella della
esperienza e del calcolo nella filosofia delle scienze natu-
rali. •— Che la storia della medicina, attraversando il medio
evo, continua il suo procedimento senza recedere nò ar-
restarsi (pag. 45-51 ). Seguono tre libri : il 1.® riguarda
la medicina de* Santi Padri e de* Filosofi Alessandrini avcmti
gli Arabi; il 2.° la medicina dei Greci posteriori e dei Bi-
zantini; il 3.^ la medicina salernitana.
Il prof. Puccinotti è d'avviso che i Santi Padri e gli
scrittori ecclesiastici del medio evo avanti gli Arabi, ben-
ché non trattassero esplicitamente di scienza medica, ab-
biano giovato nondimeno come conservatori e depuratóri
dei buoni e sani elementi di essa; sia mantenendo il con-
cetto della forza attiva della natura e dell' impero di essa
sulla materia, connettendolo colla cosmogonia e colla crea-
zione; sia conservando meglio de' Greci posteriori il te-
soroi benché sc^i:sO| delle cognizioni fisiologiche che l' e-
sperienza e X induzione aveano saputo raccogliere nelle
scuole greche e romane. Eglino poi celebrando la magni-
ficenza del creato ampliarono vieppiù lo studio della na-
tura; ed oltre alle false filosofie de* pagani e degli ere-
siarchi, respinsero sempre dalla scienza del vero le bu-
giarde e perniciose dottrine degli astrologhi , le magie e
le alchimie. La medicina de* Santi Padri è argomento
quasi nuovo nella storia della scienza nostra ; ed il no-
stro Autore si compiace d'averne dato il primo un sag-
gio, bastante per altro a far conoscere, ei dice, che senza
questa parte di storia, manca la scienza della continua-
zione del suo procedimento, e dello spirito nuovo che as-
sunse nel suo periodo di restaurazione , e manca princi-
palmente il fondamento sul quale si eresse la nobiltà e
la santità dell' arte. Imperocché questa , come scienza di
133
umana gloria o come mestiere fruttifero, non avea sen-
tito la purità del dovere ; il quale , purificato dalla ca-
rità, valse d'impulso morale al progresso e collocò la
scienza nel suD vero posto civile (pap. 62). Ma dèi ca-
rattere morale della. medicina nel medio evo verrà oc-
casione di dire qualche cos' altra in appresso: intai^to ri-
cordiamo (senza nùUadimeno sospettare della buona fede
del Puccinotti ) òhe fin dal 1643 un medico di S. Agata
di Puglia, Giacinto Giordano , poscia frate Domenicano ,
pubblicava in Napoli il 1.® volume- d'un' opera intitolata:
Theorica medicinae sancii Thomae doctoris Angelici
aliorum SS. Pàtrum et sacrae scripturae locis illu^
sfrata. In quatuor partes phisiologicam aethiologicam
therapeuticam et pathologicam distincta {1).
Sarebbe stato altresì molto giovevole indicare donde
que' Padri trassero le loro notizie di fisiologia, di medi-
cina e di scienze naturali; ma l'esposizione de' passi pa--
ralleli , come per Isidoro Ispalense procurava di fare il
dott. Spengler (2) , avrebbe portato troppo in lungo , e
l'Autore non volle dare che un saggio (3).
■«O— — ^— ^i»— »— ^— — — ^M»— ^— »-»^— ^^— I" III 1—»^-^ I I I ■ . <. Il ■ . ■ .Hill
(1) Opus sane, è pur detto nel frontispizio, aegris^ philoso»
phis et theologis praesertim thomistis apprime jucundum, me-
dicis vero , ut simul medica facultate et Christiana pietate
imbuantur, satis perutile.
Il Toppi dica che il Giordano fu dottor eminente in medi-
cina, dopo profondo filosofo e teologo, maestro e reggente nello
studio di S Domenico di Napoli. (Bibliot. napolet, pag. 106).
(2) Isidorus Hispalensis in seiner Bedeutung fur die Natur-
wissenschaften und Medicin. (In;Janus. Breslau, 1848, III, 54-90).
(3) Questo saggio comprende V igiene di Clemente Alessan^
dro ; la fisiologia quale trovasi in Dionisio Areopagita , in Ne-
mesio, in Lattanzio Firmiano ed Aurelio ÀgoaUno ; la patologia
d'Isidoro Ispalense; le selenite naturali secondo che sono nelle
opere di san Basilio, di sant'Ambrogio e di sant'Isidoro (Cap. II,
al X, pag. 63-1 33 )>
J34
Come punto di transizione tra i Padri e Tultimo drap*
pello de*fllosofi del gentilesimo (Plotino, Porfirio, Proclo,
Jamblico, Filone d'Alessandria, Numenio d*Apamea) vien
posto, benché d'alquanti anni anteriore, Plutarco da Che-
ronea; il quale se cominciò dall'essere socratico e cato-
niano , nel mezzo del suo cammino filosofico spuntò al-
quanto la stoica austerità, lasciandosi in fine vincere an-
ch' egli dalle tendenze orientali , e cosi nell' ultime sue
opere manifestavasi la decadenza del pensiero ellenico e
del romano, mentre vi sbocciava quelFinnovazione filoso-
fica, la quale poco dopo era assunta e composta in un
completo edifizio di astrattezze dal mistico Plotino (I).
Ma la filosofia e la medicina nella Scuola d' Alessandria
degenerarono in demonologia^ astrologia giudiziaria, ca-
balistica, magia ed alchimia (cap. XIV) ; impuri fonti da
cui trassero la proteiforme loro filosofia i medici arabi. E
se malgrado che in quella Scuola fossero coltivate le mate-
matiche, la ragione scientifica non fu trattenuta nei giusti
limiti, nò diretta al vero ; ciò derivò principalmente dall'es-
sere state quelle assoggettate alle fetlse e vuote filosofie
dominanti. La matematica è di per sé, soggiunge il Puc-
cinotti, la vera e l'unica filosofia direttrice nelle scienze
naturali; ned egli vede perchè quella, come oggi taluno
di bel nuovo vorrebbe, si debba rimettere sotto la dire-
zione e l'impero delle filosofie speculative. < Nò in Ales-
sandria la teologia cristiana contemporanea, quaqtunque
luminosa di nuove verità fondate sulla fede, poteva sup-
plire al difetto delle matematiche nello studio della na-
tura; e sia pure che le verità di sopra e di sotto si fac-
(1) Il prof. Centofanti, nel Discorso premesso airnltima edi-
zione delle opere di Plutarco pubblicate da Le Mounier, ha mo-
strato con molta dottrina esservi un ordine cronologico in tali
opere, donde le varie età e le modificazioni della filosofia del
Cherpnese.
i
135
ciano specchio le une alle altre ; ma la differenza sta in que-
sto che airinfuori delle prime che ci ha rivelato Dio stesso,
le altre è mestieri che se le trovi da sé la ragione umana
tra gli angoli, le misure e i numeri (1) ». E a questo fine,
ei domanda, cosa serve che la ragione si chiuda in sé me-
desima, e si fabbrichi da sé una scienza dì sè^ che poi
chiami scienza universale dell'essere ? E qual benefizio
dovrebbe arrecare cotesta scienza universale dell' essere
alla matematica , quando questa ha in sé medesima il
vero , quando il metodo per trovarlo ella 1' apprese alla
stessa filosofia , e le sue dimostrazioni sono maniere più
efficaci di provarlo che le logiche e le dialettiche (2)1
Alle perniciose influenze della filosofia Alessandrina
sulla medica scienza, altro argine opposero i Greci po-
steriori e Bizantini , piCi assai diligenti che ingegnosi ,
meno per non volerle che per non comprenderle. Oltre
questo merito , eglino ebbero anche V altro di aver con-
servato la storia dei lavori fatti da Galeno sino ai tempi
loro. Ma dalle opere galeniche eglino non trassero che il
necessario, lasciandone da parte le sottigliezze e le con-
troversie, profittando eziandio di altri scrittori , che per
essere meno prolissi più erano al caso. Eglino facevano
ciò che oggi vediamo farsi dai fabbricanti di manuali e
di enciclopedie: non guardando molto sottilmente alle
differenze di dottrine, insieme abborracciavano libri di
autori diversi secondo che meglio loro conveniva. Que-
sta schiera di medici dal IV secolo giunge sino al XIII,
cioè fino ad Attuario; e quantunque cosi distanti di tem-
po , possono benissimo essere insieme considerati ; impe-
rocché in tutti é un carattere storico uniforme: del non
essere altro che compilatori, e del ricopiarsi l%n T altro
(1) pag. 164. — La tradizione igienica di cui sopra di-
cemmo, sarebbe dunque fra le prime verità rivelate?
(2) Cap. XV. Digressione sulle matematiche.
136
a vicenda, senza uscire dal sentiero tracciato dal primo
di essi, che fu Oribasio.
Per tali ragioni il Puccinotti de' medici compilatori
fsL un libro intermediario tra la medicina del pagon
nesimo che cessa e quella del cristianesimi che inco-
mincia (1), cioè tra la medicina alessandrina e la saler-
nitana.
Tra i Greci posteriori annovera Oribasio, Àezio d\\-
mida, Alessandro di Tralles, Paolo d'Egina. De* medici
Bizantini , ossia dell' imperò cristiano in Costantinopoli ,
forma tre categorie. La 1.^, senza teorie, è solamente e
bassamente empirica : ed il carattere della sua terapeutica
dimostra, nella sola parte superstiziosa, un' aderenza tut-
tavia resistente colle teurgie pagane sia cabalistiche o
astrologiche, e un passaggio alle medesime sacrileghe me-
scolanze coi riti del cristianesimo. La ^.^ poste da parte
queste ultime profanazioni delle cose sacre cristiane, tenta
di riprodurre con compilazioni e commenti un'ombra dlp-
pocratismo. La 3.^ nella ripetizione delle nosografie e dot-
trine de'Greci posteriori, comincia a manifestare Tinfluenza
delle arabiche scuole. Marcello di Sida , ì due Samonichi ,
padre e figlio, Teodoro Prisciano, Sesto Placido Papiriense,
Marcello di Bordeaux appartengono alla prima: Teofilo e
Stefano d'Atene, Palladio, Nono e PseUo, Niceta, Simeone
Seth appartengono alla seconda: Sinesio, Attuario, Ni-
colao di Alessandria, Demetrio Pepagomeno alla terza.
Ma su questa classazione occorre di fare alcune av-
vertenze. Rispetto a Marcello di Sida notiamo ch'egli fu
anteriore ad Oribasio e ad Aezio, giacché questi due au-
tori ci hanno conservato quel curioso suo frammento w^
Xìnm^pimw ^ de homine se lupum putante , nelle loro
(1) L. II, C. I-V. Medicina de' Greci posteriori e de* Bi-
zantini.
137
opere (1); diffatti egli visse, non fra il III ed il IV se-
colo, come afferma il Puccinotti, ma nelll, e probabil-
mente sotto gl'imperatori Adriano ed Antonino il Pio, e
però non potrebbe far parte de' medici. compilatori, se di
questi se ne voglia far capo l'archiatro ed amico di Giu-
liano l'Apostata. Latini sono i due Sammonici (2) , come
pure Teodoro Prisciano (3) , Sesto Placido e Marcello
di Bordeaux, detto V empirico: e quindi meglio sarebbe
stato che questo libro , anzi che de' Greci posteriori e
de'Bizantini, fosse stato chiamato ie' medici compilatori
in grazia appunto dell'uniforme carattere storico che il
Puccinotti loro concede. Anteriori a Paolo Egineta sono
Teofilo Protospa tarlo e Stefano Ateniese, giacché eglino vis-
sero nel principio del VII secolo, e quello sul declinare
imperando Costantino Pogonato. Piti antico ancora sa-
rebbe Palladio, detto il Jatrosofista, giacché egli visse, se
non sicuramente nel IV, certo prima del VII secolo.
(1) Orihas,, Synops. 1. Vili, e. 10, — AeU, Tetra bibl. II,
Serm. II, C. 11. — li Puccinotti inclinerebbe a credere, poiché
qualche fenomeno simile fu veduto anche nel delirio di alcuni
dei nostri pellagrosi , che i licantropi di cui dice Marcello non
fossero che lebbrosi, messi in quel particolare delirio dalla leb-
bra ( pag. 190).
(2) Il nostro Autore non pare abbia conosciuto le due pre-
gevoli Epistole del Morgagni intorno Sereno Samonico; la prima
delle quali comparve neir edizione cominiana della medicina di
Celso (Patavii, 1722), e poscia tutte due riunite nelle succes-
sive edizioni di Celso del 1750 (Padova) e del 1763 (Venezia);
non che neW Opuscoh miscellan, dello stesso Morgagni parte 1.*
(Neapol. 1763, pag. 191).
(3) Teodoro Prisciano, detto anche Ottavio Oraziano, scrisse
in latino , e fu discepolo di Vindiciano archiatro di Valenti-
niano I imperatore d' Occidente: che vivesse nella Corte di Co-
stantinopoli Io sospetta Sprengel, e solamente perchè fra le let-
tere di Sinesio una ve n'ha (ep. 115) diretta ad un Teodoro.
138
Palladio, dice Puccinotti, ò breve e robusto ne*suoi scolj
sopra Ippocrate, e spesso coglie il vero senso si filolo^
gico che clinico negli Epidemj, di cui non illustra che
il VI libro: ma non avverte che questo valente maestro
insegnava in Alessandria, in quella scuola cioè che egli
chiamò d*ogni buona filosofia e medicina infausta corrom-
pitrice (i). Teofane Nonno per lo contrario sarebbe po-
steriore; giacché, avendo egli scritto il suo epitome De
curatione morborum per ordine di Costantino Porfiro-
geneta, che imperò dall'anno 945 al 959; non può ap-
partenere alla fine del secolo Vili. Simeone Seth, prò-
tovestiario o gran-mastro della guardaroba imperiale,
piuttosto che nella 2.^ categoria andrebbe collocato nella
3.*, dalla quale invece v'ha tolto Demetrio Pepagomeno,
che nel libro della podagra parve superiore al suo
tempo (2).
Questa specie di autori^ questa serie di mediche com^
pilazioni, potrebbero agevolmente essere aumentate; ma
il Puccinotti noi fa; perchè tali aggiunte valgono lo stesso
e forse meno delle opere rammentate. Ei dice benissimo:
soltanto non andava dimenticato Michele Psello Rumore,
il quale quantunque non medico , era uomo coltissimo ,
tanto che potò scrivere un' Enciclopedia ( Mmnmkim «or»-
To^airi la quale incomincia con la teologia e lenisce con la
culinaria (3) : v'hanno pure di lui altre opere, una delle
quali nfni 9uUmt di cui può vedersi l'elenco presso il di-
ligentissimo Ghoulant (4). Di Michele Psello lungamente
(1) Del Palladio v' ha nella Laurenziana un codice di cui
gli storici non fanno menzione, ed è: In Galeni librum de Sec-
tis enarrationes.
*(2) Visse in Costantinopoli aUa corte di Michele Paleologo
(1261-1283).
(3) Fa&Wc, Bibl. gr. ed. vet., tom. V., pag. 51 e seg.
(4) e Handbuch der Bùcherkande fùr die altere Medicìn »
Leipzig, 1841, pag. 147.
139
e con la solita dottrina ha discorso V Hecker nel tom. II
della sua Oeschichte der Heilkunde (1).
Fra 1 medici compilatori meritava pure di essere ri-
cordato il celebre Fozio, il quale con il suo Myriohiblon,
avuto riguardo alle caligini del IX secolo , cosi della me-
dicina che degli altri studj si rese benemerito: il Geissler
scrisse una dissertazione De Photii patriarchae Constan-
tinopoU scientia medica (2). Finalmente quel libraccio
farmacologico, che va sotto il nome di Herharium seu
de medicaminibus herbàrum, non è come crede il no-
stro storico opera di Lucio Apulejo di Madaura, lo scrit-
tore elegante e piacevole dell' Asino doro ; ma di uri
Lucio Apulejo Barbaro, detto anche Platonico, che pro-
babilmente visse nel IV secolo (3).
Discorrendo di Aezio, tocca il Puccinotti della famosa
peste di Procopio o di Giustiniano (4), e ne tocca perchò
a lui pare che quella sia la medesima di cui ò parola nel
(1) Berlin 1829, pag. 290 e seg. — li Puccinotti avvisato
che ridir/Mx6y attribuito a Psello è Io stesso epitome di Teeo-
fane Nonno poche righe più sopra citato ; nuli' altro dice di
quest'Autore, né delle opere sue. Certo è ch'egli non visse ai
tempi di Nonno, essendo morto più che ottuagenario nel il 05.
(2) Lipsiae, 1746, 4.*
(3) Intorno quest'Autore veggasi la Dissertazione dell'Hen*
schei a Der àlteste medicinische Cedex der Breslauer Universi*
tàtsbibliothek >, nel 1.^ volume del Janus, pag. 639.
(4) Questa peste, non fu già tra il IV ed il V secolo, bensì
nel VI; e nel 543 e 558 menò indicibile strage in Costantino-
poli, d'altronde Aezio fu appunto del sesto secolo.
Il Puccinotti poi avverte che la descrizione dì questa peste
può vedersi in Procopio, in Sprengel, in Ozanam e De Renzi:
ma perchè non ricordare l'erudito lavoro delP Hecker cr Die Pest
des sechsten Jahrhundert »; che anche tradotto in nostra lingua
dal Passetta apparve in Venezia nel 1834, e quindi nell* Anto-
logia di Brera ?
140
1 .• del Tetrabibilion al cap. XII. Indi soggiunge che in
Francia il morbo pestilenziale si mostrò con molte e sva-
riate eruzioni esantematiche , che furono dette milinae ,
variolae, corales pustolae (pag. 180). Ma queste efflo-
rescenze, piuttosto che sintomi della peste bubbonica, deb-
bonsi riguardare come malattie distinte, come vcyuolo,
secondo c\e il Kra'use fra gli altri ha sagacemente pen-
sato (1).
Una nota particolare è consacrata alla collezione Bi-
zantina intitolata gli Efodi (2). « Gli efodi sono una com-
pilazione di medici dettami e di pratiche prescrizioni ad
uso de' medici viaggiatori o periedeuti, i quali hanno bi-
sogno d'un breviario o d'un manuale per ajuto della me-
moria neir esercizio girovago della professione. Gli Efodi
tradotti in arabo presero il nome di Zad el Moucafir (3),
in latino ebbero quello di Viaticum peregrinantium >.
Gli Efodi adunque non sarebbero opera dell' arabo Abu
Dschafer Ahmed, bensì opera greco-bizantina che esi-
steva prima del X secolo : i medici arabi , e fra questi
il predetto Abu Dschafer , per la difficoltà di avere l' o-
riginale completo , raccolsero e riunirono di nuovo in-
sieme gli sparsi trattati del greco testo , e li tradussero
in arabo. Per altro egli consente che i trattati arabi
fossero dì bel nuovo vólti in greco: ma se il Daremberg,
continua il Puccinottì, ha dimostrato incontrastabilmente
che alcuni codici greci a noi pervenuti e rimasti degli
Efodi sono traduzioni quasi tutte in origine dall'arabo;
esso non ha potuto in maniera altrettanto convincente ,
(1) < Ueber das Alter der Menschenpocken ». Hanno verM 825,
pag. 134 e seguenti. — Veggansi anche i miei Annali delle epi-
demie in Italia sotto gli anni 569, 571, 580.
{2) Forma il cap. VII: nel VI è detto degli Ippiatri greci
minori.
(3) Leggasi piuttosto Zàd el Mosafer.
141
per mancanza delToriginale arabo di Abu Dschafer, dimo^
strare che questo fu il primo originale autore degli Efodi
(pag. 221).
1 greci posteriori ed i Bizantini, quantunque di Ales-
sandria ritraessero gli avanzi, non della filosofia, ma delle
credenze e delle superstizioni greco-egizie ne*primi anni e
ne'primi scrittori; erano pur sempre, com'abbiamo veduto,
i più prossimi conservatori della scienza clinica greco-la-
tina, e però le scuole d'Occidente abbracciarono questi
modelli e ristabilirono sopra essi la loro istruzione. An-
che l'Oriente volle continuare la sua medicina. « I Ne-
storiani, gruppo di dotti profughi ribellatisi dalla chiesa,
aprirono scuole in Persia con forme jeratiche anch' essi,
e quivi s'instruirono gli Arabi che riattaccaronsi, per la
filosofia e tutti i suoi parti mostruosi, alla alessandrina
ermetica e talmuddica, e per la clinica cavarono essi
pure dai materiali bizantini le loro regole. Sicché la
legge della continuazione fu questa: che dalla medicina
dell'Oriente cristiano in Bisanzio due tronchi si divisero,
r uno orientale che si trasformò in medicina arabistica ,
r altro occidentale di scuole monastiche e di clinica Xe-
nodochiale negli Ospedali annessi ai pii instituti mede-
simi , alle diaconie , ai tempii , alle magioni , e diretti
dalle prime monastiche società , per assumere in seguito
la forma laicale in Ginnasii, Università e Nosocomii, fab-
bricati, protetti e mantenuti dallo Stato (I) ». La grande
difierenza fra i due rami consistette nei primi educatori:
che gli occidentali ebbero le vestigia de'Padri nella scienza
e nella filosofia, e gli orientali le ebbero dalle filosofie
alessandrine, greco-egizie e greco-giudaiche. Ma se pres-
so i monaci, ne'monasterj o ne' loro ospedali ottener do-
(1) Pag. 226, L. III. Medicina Salernitana. Gap. Il, Monaci
e Ospedali.
142
vea la medicina la sua nuova depurazione, spogliarsi di
tutto il simbolico e superstizioso delle false scuole pa-
gane, ritemprarsi nello spirito di carità (pag. 225) ; per-
chè tutto questo, può chiedersi al Puccinotti, precisa-
mente nel tronco occidentale della medicina bizantina
dev* esser avvenuto. Perchè non piuttosto nelV orientale^
quando appunto TOriente fu culla ed il pid vasto teatro
del monachismo. Vero è che poco appresso l'assoluta sen-
tenza è alquanto modificata (pag. 229) : anzi il nostro Au-
tore è d'avviso, che dagli ospedali monastici deirOriente
venisse passo a passo a quelli d'Occidente la mu>va medi-*
dna, alla cui povertà scientifica suppliva la filosofia pra-
tica e l'impulso della carità.
Invece negli ospedali laicali, che pur esistevano in
buon numero, era ancora delF asiatico; imperocché è da
credere che i medici che li governavano, quantunque igno-
riamo chi fossero^ non altra medicina esercitassero in fuori
di quella che ci è nota dei bizantini; medicina la quelle
ritiene sempre un cotal poco delV asiatico e indietreg^
già verso le alessandrine scuole.
Ma che sappiamo noi della medicina degli ospedali mo-
nastici d'Oriente, se dessa non ebbe letteratura, né col"
lezioni cliniche proprie, né forma ginnasiale f II nostro
storico dice che in questi ospizj la medicina era meno
fastosa che altrove, più semplice , né si atteneva ad al-
tre regole pratiche, che a quelle di qualche compendiata
medicina latina, e ciò perché erano diretti da monaci
(pag. 230). La quale ragione, oltre che non appaga, fa-
rebbe pur credere che tutt' altra fosse quella medicina,
quando leggiamo ne' Cronisti di che sorta fossero le cure
che facevansi nelle chiese, e nei chiostri della stessa Europa;
dove la superstizione, per quanto fosse grande, anche nei
secoli più tenebrosi, non giunse al grado che toccò nel-
l'Oriente, padre di ogni superstizioso vaneggiamento. D' al-
tronde frati e preti fanno parte delle suddetta schiera dei
143
medici compilatori o bizantini, i cui amoreggiamenti con
le dottrine asiatiche più e più volte il Paccinotti ha cen-
surato (1). Che se coU la cosa fosse stata come a questo
piace supporre, allora la medicina cristiana non sarebbe
venuta in Occidente soltanto iu getme ( pag. 230), ma
del tutto formata, perchè in niun altro luogo come in
Oriente trovava la medicina antica miglior modo e più
larghi mezzi per rinnovarsi, purificandosi nel monachismo^
se questo ne dovea essere il salutare lavacro. E valga il
vero: i discepoli di S. Antonio, di S. Ilarione, di S. Ba-
silio, dopo aver popolato le arene della Libia, le solitudini
della Tebaide, della Palestina, del Ponto, riversarono le
prolifiche loro colonie in tutte le città del Nilo, del Bo-
sforo ed in quelle persino dell'Etiopia. La filosofia dei Pa-
dri, quella che dovea reggere la scienza cristiana, s'inse-
gnava nella celebre scuola catechetica d'Alessandria, in
Antiochia, in Cesarea, in Nisibi, in Edessa, in Seleucia ed
in tanti altri seminarj. Gli ospedali monastici fin dalla metà
del IV secolo numerosi s aprivano all' arte benefica dalla
carità santificata; e dei cento e più monasterj esistenti in
Costantinopoli dai primi anni dell'impero sino alla fine,
rammentati dagli storici bizantini, parecchi di essi conte-
nevano nosocomj. I monaci poi, oltre che per l' immenso
numero, erano per ricchezze e per credito potentissimi,
può dirsi eh' eglino regolassero si la vita domestica, che
le faccende dello Stato. Simeone Stilita, il povero pastore
della Siria, dall'alto della sua colonna vedeva Teodosio
il Giovine venirgli innanzi per chiedergli consiglio; tor-
me di pellegrini giungere da lontane regioni per venerarlo,
ed intere tribù disputarsi coU'armi l'onore della sua be-
(1) P. es. Melezio monaco di Tiberiopoli nella Frigia, Mer-
curio monaco greco, Niceforo patriarca^ Giovanni vescovo pri-
sdrianense , Massimo Pianude monaco , ecc.
144
nedizione. Grandissima pure era la potestà del clero; ed
i patriarchi della tempera d* un Cirillo disputavano agli
ufficiali il governo delle provincie, o la facevano da pa-
droni in corte. — Tutto adunque concorreva perchè la
medicina ecclesiastica soprastasse alla laicale: nò, se que-
sta fosse stata sostanzialmente diversa dalFaltra, lo spi-
rito d'intolleranza Tavrebbe sofferta, bensì come eretica
condannata.
Non per tanto, malgrado le tante chiese ed i tanti
conventi, di cui uno anche per gli eunuchi (1), la medi-
cina non ebbe in Bisanzio, sono parole del Puccinotti,
filosofia che la reggesse^ e di cristiano altro non tenne
che l'ostentazione del prodigioso nei medicamenti! Ed
anche soggiunge che quella nel fasto delle corti di Co-
stantino, di Giustiniano, de' Micheli, de*Comneni, de'Pa-
leologhi non potè assumere tutto il suo vero carattere
cristiano ( pag. 224). Ma più che il fasto, che dappertutto
non poteva essere, erano le condizioni civili e morali del-
l' impero bizantino , le tendenze degl' intelletti , lo stato
degli animi che tenevano care le superstizioni, dilettevoli
le sofisticherie; che alla semplice ricerca del vero, alla
vita operosa anteponevano garrule dispute, gonfie fanta-
sie, sterili speculazioni. Erano principi teologi e contro-
versisti , ora iconoclasti , or iconolatri ; ma presso che
sempre tiranni soggetti alla loro volta a femmine ambi-
ziose , a cupidi eunuchi , a monaci fanatici e litigiosi :
erano sudditi ognora schiavi, ma che pur prendevano
le armi per regolare il computo pasquale e la durata
del digiuno quaresimale; che con indifferenza vedevano
avanzarsi i barbari ed ogni giorno qualche provincia
andare perduta, mentre che s' infervoravano per le
(1) Fabbricollo Leone VI, detto il Filosofo. (Incerti contin.
Thcophanis Chronogr. Hist. Byzant. Ed. Venet. , XIV, 467).
145
querele dogmatiche , e volevano pregustare le celestiali
beatitudini contemplando la divina luce del monte Tabor,
e cercando Tanima neir ombellico. Orsù, qual novello im-
pulso, qual soffio di vita potè vane ricevere la scienza? I
Greci eransi fermati, anzi arretrati, intanto che i Latini
facevano rapidi progressi; progressi animati dallo spirito
di emulazione e d* indipendenza « onde il piccolo mondo
racchiuso entro i limiti dell* Italia contenea più popola-
zione e parti d*industria che non V impero spirante di Co-
stantinopoli (1) ». Il Puccinotti dovea tener conto di que*
ste condizioni sociali e deirindole stesàa intellettuale dei
popoli latini; egli che pur ammise che la medicina, pu-
rificatasi una prima volta passando dair antico Oriente
nella Grecia^ una seconda depurazione religiosa, ed in-
sieme rigenerazione civile e scientifica, incontrasse nella
Roma pagana.
Laonde non parrebbe che gì* insegnamenti dei Padri
fossero stati cosi efficaci, come si vuole, nel promuovere
r auspicato depuramento della scienza della salute (2). E
d* altra parte se la medicina monastica orientale non si
atteneva ad altre regole pratiche, che a quelle di qual^
che compendiata medicina latina , siccome fu detto di
sopra, che bisogno e* era di cercare il germe della me-
dicina occidentale de* tempi di mezzo nei cenobj della Te-
baldo, 0 negli eremi della Mesopotamia? Quando mai la
medicina abbandonò 1* Occidente perchè più tardi vi fa*
cesse ritorno (3)? E poiché la scuola d*Oribasio non in-"
(i) Gibbon, Stor. della Decad. dell'impero Romano ». C. LXVL
(2) Ricordiamo pure le precitate parole dei Puccinotti, che
in Alessandria la teologia cristiana non poteva supplire ai di-
fetto delle matematiche nello studio delia natura.
(3) li 1.^ capitolo di questo III libro è intitolato: «Ritorno
della medicina in Occidente ». — Un pò sopra fu anche detto
che medici latini erano tra i Compilatori.
AiWALi. Voi. COL io
!46
tendeva filoso/la, era rimosso il pericolo ch'ella, quan*
tunque laicale, fosse bandita dagl' instituti religiosi; che
se nella terapeutica serbavasi alessandrina e supersti^
ziosa, ciò non &cea difetto: < posti da parte gli Dei, i
semidei, gli eonj e i demiurghi, si convertirono i simboli
e prodigj del nuovo culto, e i nomi dei Santi e dei Re
sottentrarono nella credulità farmaceutica ad assumere
r ideale e portentosa forza di medicare (1) ». Di .fatti
tale medicina dovea parere si poco eretica o pagana, che
i vescovi, mentre agli ospedali (nosocomj), ed agli ospizj
per i poveri e pellegrini ( xenodochj ) preponevano preti
0 monaci, chiamavano laici a curare gì* infermi. Su tale
proposito non so trattenermi dal ricordare come S. Gio-
vanni Grisostomo , data la direzione degli ospedali ch^
aperse in Costantinopoli a due pii. sacerdoti, chiamò me^
dicos et coquos atque bonos opifices e coelibum or^
dine ad eorum ministerium, ut advenientes hospiles
et morbo correpti ourarentur (2). Parimente non erano
chierici que' servi e que' medici che nel xenodochio di Me-
rida prestavano l'opera e le cure loro ai pellegrini ed agli
infermi ; ed ai quali il vescovo Masona ordinò che, andando
ognora attorno per la città, quemoumque servurri, seu li^
berum, Christianum seu Judaeum reperissent aegrum,
ulnis suis gestantes ad Xenodochium deferrent: stra-
minibus quoque lectulis itidem praeparati eumdem in-*
firmum ibidem superponentes cibos delicatos, et nitidos
eousque praeparantes , quosque cum deo aegroto ipsi
salutem pristinam reformarent (3). La qual cosa fa-
(1) Pag. 224. — Ivi è pur detto che a' Greci posteriori il
nuovo culto , invece di correggere , servì loro di mezzo per
mantenere le esagerazioni terapeutiche.
(2) Palladii, Episcopi Helenopoiìtani, De vita S. ChrTsostomi.
Dialogus. Luteciae Parisior. 1680, pag. 46.
(3) Paulli Diaconi. < De vita Patram Emeritensium Opuse.
147
rèbbe pur credere che entro i monastèrj non s* educas-
sero medici in tanto numero, che ai bisogni degli ospe-
dali YescoYÌli bastassero. Stando invece al Puccinotti nel
grande ospitale di Cesarea sarebbe stata una scuola o
clinica medica 9 dove S. Basilio istruito nella medicina
era il primo medicatore ed agli altri maestro ( pa-
gina 227).
Ma le parole di S. Gregorio Nazianzeno, se attestano
che quel pio e dotto uomo conobbe la medicina, come
filosofia e come scienza, nello stesso modo che aveva ap-
preso l'astronomia, la geometria e Taritmetica, non con-
fermano ch'esercitasse la medicina; imperocché veramente
non può dirsi medico colui che , ammaestrato dai proprj
mali, sa ai medesimi procacciare alcun sollievo (1): nò
parmi che espressione dell'amor fervido dell'arte fos-
sero i baci che il nobilissimo vescovo dava ai malati
siccome a' fratelli; bensì dello spirito di carità ch'esso
voleva trasfondere in colóro che gl'infermi stessi doveano
curare. « Verum per philosophiam suam hoc aliis prae-
scribens, ut ad aegrorum corporum curationem accedere
non vererentur (2) >. '
Gap. IX.». In Aguirre, Gollect. Concilior. Hisp., II, 647 (Ro-
mae, 1694), e qaindi riferito dall' Heusinger nell' e Ein Beitrag
zur àltesten Geschichte der Krankenbàuser im Occidente (Janus I,
771) ». — Masona fu vescovo dal 573 circa fino al 606.
(1) S. Gregor. Nazian. , Op. omn. Coloniae 1620, T. I,
Orat. XX, pag. 333. — Lo stesso S. Basilio scriveva , essendo
già vecchio, ch'egli sin dalla prima infanzia era stato ognora
malaticcio. (Epist. CCIII. In Op. omn. Paris, 1730, III, 299).
(2) S. Gregor. Nazianz., Op. e, pag. 360. — Crede il PUc-
cinotti di essere., stato il primo de' medici a ricordare che S.
Basilio fu medico e filosofo , ed a lui si deve la fondazione
d'un grande ospitale nei sobborghi di Cesarea: ma , oltre che
r Eloy registrava nel suo Dizionario il vescovo di Cesarea ,
148
Con ciò per altro non vuoisi negare che nei monasterj
orientali non si coltivasse la medicina; solamente dob*
biamo guardarci dall' esagerarne l'importanza. Del che
accortosi eziandio il nostro Autore nel IV capitolo in cui
parla < Del genere sempre misto della medicina jeratica e
laicale tanto presso i monaci che presso i cavalieri geroso-
lomitani », conchiudeva: che come la medicina jeratica, non
potò sempre star chiusa nei Serapei e negli Àsclepj , ma
da questi i medici escivano a curare al di fuori , dal di
fuori i medici entravano a curare e ad ammaestrarsi ivi
entro; lo stesso e più prestamente avvenne negli ospe*
dali monastici del medio evo. E però ai troppo favoreg-
giatori del monachiamo non tace, che i sodalizj mona-
stici nosocomiali ebbero perpetua ed assoluta necessità di
ajuti dai medici laici. < Allorché adunque si parla di me^'
dicina monastica, si parla di una medicina non esclusi-
va, ma confederata alla laicale, ed assunta dai monaci
per renderla caritatevolmente più diffusa e più benefica
nella classe povera, e per immedesimare colla scienza il
carattere del nuovo spirito .religioso (p. 243) ».
Negli Ordini equestri del medio evo ei trova la ra-
gione e la forma del transito della medicina monastica
alla laicale (pag. 242), colla quale infine quella si con-
fonde. Il sacerdote medico, il sacerdote che assume ogni
ordine di sapienza civile, appare tanto ne' secoli di civiltà
r Hecker fin dai 1834 nella Medicin. Zeitung dea Vereins far
Preu89en (N. 21) pubblicava: < Nachrichten aber den Ursprung
der christlichen Krankenpflege insbesonder ùber die vom beili-
gen BasiliuB in IV Jabrhundert gegrundeten Krankenanstalten
in Kappodocien >. -^ Di tale ospizio, o ptocotrofìo, e del mona-
stero che v'era unito fu fatto rettore vir eaxù/tiae virtutiSy Sa*
eerdos nomine; e S. Basilio v'andava spessissimo tanto ut paifr
perum curam gereretj quanto ancora ut monasterium inviseret»
(Vita S. BasiliL Io S. Basilii Op. orna. , III, p, CXV).
149
incipiente , che negli altri , come il medio evo, di civiltà
trasformantesi per rinnovamento di religione. Ma viene
il tempo in cui la civiltà fatta adulta, o trasformata,
non più consente che il reggimento politico, il religioso
ed il sanitario stiano nella stessa mano. À sentire il Puc-
cinotti i chierici senza dolersene deposero le molteplici
potestà « fissi senza posa mirando al fine eh* era quello
di stampare indelebilmente e sopra ogni cosa r impronta
cristiana, nel resto invocavano e prendevano, confederan-
dosi, ajuto in tutto e da tutti (pag. 243) ». Rara inge-
nuità, 0 singolare oblio della storia! E quando questa
noi dicesse, come può credersi che la chierisia, la quale
avea detto ogni umana creatura dover esserle soggetta
per ottenere salute (1) , a malincuore non vedesse sorgere
la potenza laicale , e non s* adoprasse di contrastarle il
dominio ì
Ma i Cavalieri di S. Giovanni, di S. Lazzaro e di
S. Benedetto se , dedicandosi co* monaci alla cura de* pel-
legrini infermi e de' militi crociati feriti , ripresero Varte
medica e chirurgica e rinascer fecero i fatti nella pu^
rezza loro (p. 47), ben presto ebbero d'uopo di medici
che all'ordine non appartenevano. Lo statuto dei Gioan-
niti, compilato nel 1181, ammetteva che per l'ospitale di
Gerusalemme fossero stipendiati quattro esperti medici
che sapessero conoscere le qualità dell'orina, le diverse
malattie, ed anche preparare i medicamenti (2).
(1) «... Porro sabesse Romano Pontifici (diceva Bonifa-*
zio Vili nella famosa Bolla Unam sanctam, ecc.) omnem ha-
manam creaturam declaramus, dicimus, et defìnimus omnino
esse de necessitate salutis (In Dupuy, « Hist. du différend
d'entre le pape Boniface Vili et Philippe le Bel , roy de Fran-
ce, etc. >. Paris, 1665. Preuves, pag. 54. — Tosti, a Storia di
Bonifazio Vili ». Monte Cassino, 1846, tom. II, pag. 153) ».
(2) Haeser, e Geschichte cristlicher Krankenpflege und Pfle-
gerschaften >. Berlin, 1857, pag. 116-119.
1«0
Rispetto air origine degli ospedali^ il Paceinotti scrive
che gli eterici e* ingannano quando dicono che quelli co-
minciarono dai cristiani. « I cristiani li aprirono a tutte '
le classi sociali e massimamente ai poveri: vi fecero en-
trare la croce e la carità; ma come stabilimenti per gli
infermi, Xenodochia, Nosocomia, essi esistevano già in
tutti i Serapei, gli Àsclepii e i Ginnasii dell' antichità*
E quando Basilio ne eresse e converti il primo alle opere
di carità cristiana in Cesarea, sussistevano ancora in Ales-
sandria, in Pergamo^ in Atene, Smirne, benché disastrati
e in rovina, i Xenodochii dei gentili (p. Ili) ». Avrebbe
potuto altresì aggiungere, che molto prima dell'era nostra
presso gl'Indiani trovansi instituti che ai nostri rico-
veri ed ospitali benissimo corrispondono ; non già che i
cristiani, come vorrebbe l'Heusinger, da quelli derivas-
sero i loro zenodochj e nosocomj (1): egli dimenticava i
Valetudinarj de' Romani, e che la misericordia e la ca-
rità non sono unicamente inspirate dal Buddismo, ma
sorgono pure spontanee dal cuore umano. Anche nell'an-
tico Messico erano ospitali e ricoveri per i soldati inva-
Udi (2).
Come la pensi l'illustre nostro storico intorno l'ori-
gine della Scuola Salernitana (argomento sul quale gli
(1) In. Janus I, 855; II, 393.
(2) a I must not omit, dice Prescott, to notice here on insti-
tution, the introduction of wich, in the Old World is ranged
among the beneficient fruits of Christianity. Hospitais were està-
blished in the princìpal cities for cure of the sick, and the per-
manent refuge of the disables soldier; and surgeon were pla-
ced over them < vho were so far beter than those in Europe »,
says an old chronìcler, that they did not protract the cure, in
order to increase the pay (a History of the Gonquest of Mexico ».
New-Yorck, 1843, I, 48. — » Aztec Civilization », pag. 309.
Account of Montezuma) ».
151
storici della medicina hanna lungameute, ed in questi ul-
timi giorni ancora con molto calore disputato) per le cose
dette agevolmente può arguirsi; ma i lettori degli An^
nuli debbono altresì saperlo, perchè io ne toccai discor-
rendo del libro del Dareraberg La Médecine, Histoire
et doctrines (1). Il bibliotecario della Mazzarina, dividendo
r opinione del nostro De Renzi (2) e di Enrico Haeaer, pro-
fessore a Breslavia (3), crede che laicale fosse T origine e
laicale la costituzione della celebre scuola , benché mo-
naci e preti secolari abbiano praticato ed insegnato la
medicina a Salerno, e v* abbiano composto opere. Il Puc-
cinotti invece sostiene che la medicina salernitana è il pro-
dotto delle scuole Benedettine di Monte Cassino e di Sa-
lerno, e più precisamente < la Scuola detta Salernitana è
Benedettina e Cassinense di origine, è Benedettina dal se-
sto al duodecimo secolo, e da questa monastica scuola di
genere misto , dai medesimi institutori aperta prima in
Monte Cassino, poscia in Salerno, venne fuori la forma
completa laicale che assunse la Scuola Salernitana nel
secolo decimoterzo ». Né soltanto su questo punto il pro-
fessore di Storia della medicina nell* Istituto di Firenze è
discorde dal professore del Collegio di Francia: cosi men-
tre quegli dà merito al monaco Costantino d'avere scritto
del proprio parecchie opere, fra le quali il Viaticum^ e
fors' anche i libri De Choitu e De Anatomia (4) ; questi
(1) « Ann. univ. di Med. », voi. CXCIII.
(2) e Stor. docum. della scuola medica di Salerno » ; ateoinda
edizione, pag. 147.
(3) e Ueber die mediciniscbe Lehranstalt zu Salerno and
ifar Verfa<ntss za den Mdnóhsdchulen des Mittelalters ». (In
Jan US N. F. Gotha, 1851, I, 88).
(4) C. XIX. Se il Viaiieum di Oostantino sia opera origi-
nale : •— Viatici peregìHnantium (gli Efodi) fragmentum ex
Cod. 4) piut. 75. Bihliothecae Mediceo^ Laurentianae (in gre*^
152
invece assevera che Costantino nulla o qaasi nulla ha
composto di «uo, che tutte le sue opere sono traduzioni
0 plagj destramente mascherati, e finalmente ch'egli ha
tradotto dall'arabo e non dal greco. E poichò il Pucci-
notti dichiara essere cosi convinto, massimamente per
Tesarne ed il confronto fatto del Viatico latino del Co-
dice Riccardiano col Viatico greco del Codice della Bi-
blioteca Laurenziana; vedremo se lo stesso Daremberg,
pubblicando le sue Lezioni di Storia della medicina, tenga
sempre ferma, malgrado le nuove ragioni, la prima sua
opinione, cioè che il Viaticum Costantiniano sia la tra-
duzione latina dell'arabo Viaticum peregrinantium , che
veramente sarebbe l'originale, secondo che anche più so-
pra fu enunciato: nò in altro modo che per l'attento
confronto dei varj codici può questo decidersi. Inoltre
per il Puccinotti , Costantino non solo è autore originale
ma anche capo scuola ; il quale allargò le teoriche gale-
niche sicché fossero affatto escluse le antiche traccio di
metodismo sino allora conservate dagli scrittori salerni-
tani (1). E notisi che la questione dei meriti del monaco
Cassinense dal nostro storico con ingegnoso artifizio ò
co). Viatieum Costantini 4x Codice Riccardiano^ 922, a. 5 (lo
stesso frammento in latino).
C. XX. Di altri due libri forse originali di Costantino: il
libro De Chòitu e 1* altro De Anatomia. Frammento intitolato:
Costantini Anathomia.
(1) "^a scuola di Costantino forma, secondo il Puccinotti,
il 3.^ periodo delia Scuola Salernitana che da Garioponto va
iìao a tutto il secolo XII, la sua Scuola non si eccUssa che
quando Varabismo soperchia, e la filosofia scolastica sommerge
la scienza nel frastuono di vani argomenti e parole (p. 317).
— Il 1.® periodo è V empirico e nosocomiale della Medicina de*
Monaci; il 2.^ da lui detto periodo de' Codici Cassinensi , va
dal IX al principio dell' XI secolo ed è chiuso da Garioponto*
(4) Pag. 318, 331.
(2) P. e. Simone da Genova che fa cappellano di Nicolò IV.
(3) « De vìribas illustris Gassinensibus ». In Graeviì, < The-
saa^, antiq. et histor. ». Tom. IX, P. I,. 368.
153
collegata con T altra dell* origine della Scuola di Salerno:
questa, ei dice, si ò voluta laicale, e quello affatto an»
nientare per la stessa tendenza morale del secolo no-
stro, r avversione ai monaci ed al monachismo (1). Ma
quei biasimi non sono nuovi; e nel secolo XIII e XIV
glieli mossero anche uomini di chiesa (2): crede poi dav-
vero il Puccinotti che sia giudizio di storia imparziale
chiamare Costantino, siccome fece il suo confratello Pie-
tro, diacono da Monte Gassino, orientis et occidentis ma"
gister, novusque effulgens Hippocratesf (3). Per altro
non può negarsi che la critica, si antica che nuova, non
siasi, quasi con certa compiacenza, sbracciata intorno al 'j
povero monaco Cassinense, mentre con altri fu meno cu- '-
riosa, 0 più indulgente. j
Ma è pur bene sentire con le parole stesse del ohia- |
rissimo storico come la Scuola Salernitana finisse, e quali
ne fossero i meriti. < Egidio di Corbeil , Matteo Salomone
e Ruggero da Parma abbandonano la cadente scuola mo-
nastica per recarsi a diffonderne altrove i ricevuti am-
maestramenti, e rappresentano il trasportarsi della stessa
scienza dal Didascaleon cassinense e salernitano nelle
Università e negli ospedali laicamente condotti. La sto-
ria non considera più la medicina salernitana che come
uno studio municipale. Essa ha perduto per sempre la
sua generale influenza sull'andamento della scienza in
Europa. Ma essa fu la conservatrice della igiene cristiana
già fondata da Clemente Alessandrino, ed ha il merito di
aver retto questo supremo principio della scienza sanitaria
che si lega colla legge e con Dio. EBsa ha il merito di
aver conservato il principio della forza attiva della vi-
154
ta , rilevato dalle dipinture ippocratiche dello stato mor-
boso, e valutato nelle cure e nei concetti delle digestioni
ed espulsioni della morbosa materia, fondamento anche
esso di cristiana filosofia, poiché il principio attivo della
vita porta con sé la prova della creazione. Ricca di mezzi
e potente di relazioni la monastica scuola organizzò e
sostenne ne* secoli i più oscuri il medico sodalizio con
isplendidezza di opere e d* insegnamento. Raccolse dal
prossimo greco impero tutti i migliori avanzi della me-
dicina greco-latina e li adunò ne* suoi Godici. Apri e so-
stenne farmacie ed ospedali e balnearj stabilimenti, dove
empiricamente prima e colla scienza Galenica dopo, ven-
nero praticate la medicina e la chirurgia con limitato sa-
pere; ma con illimitato zelo e carità. A differenza de* Bi-
zantini e de' minori Greci, ì monaci e laici maestri si
Cassinensi che Salernitani , come accesi di vero spirito cri-
stiano, respinsero cabale, magie, astrologie ed altre scienze
false dalla loro arte medica. Furono insomma conserva**
tori e depuratori della medicina bizantina, ed i primi che
offerirono air Europa il modello d* un monastico institu-
to, che era insieme Ginnasio di medicina nosocomiale cat-
tedratica (pag. 383) ».
I meriti della Scuola Salernitana sono grandi senza
dubbio, e noi italiani dobbiamo considerarli come patria
gloria: nulladimeno non dobbiamo innamorarcene da pa-
rere, nell'esporli, più che storici , panegiristi. Ducimi
che i limiti imposti mi vietino di fermarmi anche per
poco intorno le principali opere dei maestri salernitani,
onde mostrarne i reali pregj. Neppure prenderemo lo
spasso di rammentare come nella Civitas hippocratica
s'insegnasse il modo d'accattare riputazione, di cogliere
tutto l'onore della cura se felice, e di schivare ogni bia-
simo se sfortunata. Per la stessa ragione, e fors' anche
per fare omaggio al pudore, taceremo i precetti che da
quei bravi professori e da quelle venerande matrone
155
(giacché queste pure vi tenevano cattedra, siccome un
pò più innanzi vedremo) erano dati onde tentare di te-
ner fermo il volubile Cupido, di rendere Venere feconda,
e di accrescere gli amorosi diletti. Altrove ebbi occa-
sione di mostrare, che se la Scuola Salernitana ha il me-
rito grandissimo di avere consertato la buona medici'*
na, i suoi discepoli non sempre praticarono Varte eoa
illimitato zelo e carità (1). E per vero nel Flos medi'^
cinae della Scuola di Salerno è al medico raccomandato
di chiedere il prezzo delle sue cure allora che maggiore
è lo spasimo, anzi di voler pegno che assicuri le promesse
strappate di mezzo allo strazio de* visceri (2) : e perchè
queste raccomandazioni son fatte anche da Egidio Cor-
beil, Tarcb latro di Filippo Augusto di Francia, che fa
il cantore dell* ultimo periodo della medicina salernitana,
dee credersi che quella fosse usanza non di un individuo
ma dell' intera scuola. La quale specie d' estorsione vo-
levano que* barbassori anche onestare siccome mezzo ad
praecavendam aegrotorum ingratitudinem!
Ma eziandio il Puccinotti avrebbe voluto qualche cosa
di più dai Benedettini medici e dalla Scuòla di Costan-
tino: egli avrebbe voluto che, invece di dare al mondo
tanta copia di trattati o di antidotarj, tutti somiglianti
fra loro, si che lettone uno si sono letti tutti, avessero
raccolto altrettanta copia di cliniche osservazioni ne* loro
ospedali, e ci avessero dato^ o libri foggiati sul modello
degli Epidemj d' Ippocrate^ o raccolte di storie di malat-
tie, che pur tante dovettero vederne e trattarne. Con
ciò, egli dice, i Salernitani avrebbero reso maggior van-
taggio alla scienze, ed insieme si sarebbero salvati dal-
(1) Corradi, e Della Medicina nell'ordine morale 9. In Os-
servai, med. di Palermo. A. 1864.
. (2) Coliect. Salem. Y, 103.
156
Tobblio in che caddero appresso (p. 384). Ma osservare
e dar conto dell* osservato è già creare; ed il tempo di
creare in medicina non era per anco ritornato! Chieder
tanto in allora è troppo: nutladimeno per esser giusti ò
pur d' uopo di dire, che anche su questa via tentarono di
mettersi i Salernitani, e siane esempio la Pratica di mae-
stro Bartolomeo.
Quantunque gli avanzi di biblioteche antiche e di
farmacie presso altri monasterj ed ospedali, e Tingente
numero di antichi codici di medicina passati da cote-
sti pii luoghi alle biblioteche regie e degli Stati persua-
dano che molte altre simili mediche scuole vi fossero in
Europa e in Italia; tuttavia è consentaneo alle cele'-
brità del luogo, dei maestri e della scuola il rappre^
sentare questo periodo storico di medicina occidentale
col titolo di Medicina Salernitana ^ giacché la storia
non conosce instituto più celebre del Cassinense e del Sa-
lernitano (pag. 227). Ma perchè a Salerno e non altronde
dove pure erano abbazie cassinensi, e quindi scuole me^
diche e ospedali ed altro che occorre alV ammaestra^
mento della medicina, tanta fama e tanto splendore! Per-
chè di Francia , d* Inghilterra e di Germania vanno ad
istruirsi nella Civitas hippocraticaì Cos*è che li attrae :
forse Varia salubre, e la bella vista del golfo ^ No di
certo , risponde il Daremberg , ce sont les legons des
mattres , et aertainement aussi les visites at^ Ut du
malade. Del pari nel cinquecento i grandi maestri aveano
fatto di Padova una novella Salerno, e le lezioni di Ve-
salio, di Fallopia, di Colombo erano ascoltate da gio-
vani accorsi da ogni parte d'Europa.
Il Daremberg scostandosi dal primo suo avviso, pare
abbia deposto il pensiero di sciogliere il problema delle
origini della Scuola di Salerno ; intorno le quali, siccome
rispetto al nascere d*ogni altra scuola, nulla sappiamo di
sicuro. € Aucune de ces. écoles ne surgit à jour flxe ou
157
dans une circonstance déterminée ; c'est un^ oeuvre da
temps , et le résultat du concours successif d*UQ grand
nombre de personnes et d'évènements; au moment où le
nom et la renommée d*une école entrent dans le domaine
de rhistoire, les traces authentiques des premières ori-
gines sont déjà effacées. Ges créations sont le produìt
naturel et presque spontané du milieu medicai que nous
trouYons partout si fécond , en dépit de Vignorance et
de la superstition (l) ». Egli ricorda che fra il I e il III
secolo libri latini di medicina sono stati scritti » compi-
lati 0 tradotti sopra libri greci ; che in Italia , in Ispa-
gna, nella Gallia, in Germania, in Inghilterra le scuole
imperiali, modelli delle scuole palatine dei re Merovingi
e Carlovingi, sussistevano con parte della loro dote fino
alla metà del VII secolo. A lato di queste due specie di
scuole, altre ne sorgevano esclusivamente clericali; ma
queste poscia soprastarono, e mentre che a principio ebbero
un carattere quasi privato, divennero istituzioni pubbli-
che stando pur sempre né' chiostri e nelle chiese , pro-
teggendo ad un tempo le lettere ed i letterati. Nel Co^
dice longobardo troviamo parecchi nomi di medicine di-
* verse prove che la medicina fu consultata nel dettare
quelle leggi. I re Merovingi e Carlovingi avevano i loro
archiatri; nei Capitolari dell'anno 805 e 827 Carloma-
gno rammenta, come nel giuramento d'Ippocrate, che bi-
sogna esser iniziato alla medicina fin dall'infanzia; un ma-
noscritto di Milano dimostra che fin dall' Vili secolo da-
vansi a Ravenna lezioni pubbliche di medicina; nello stesso
tempo il Trattato di Botanica d'Apulejo era tradotto in
anglo-sassone; parimente neirVIII secolo a S. Gallo tra-
^^^— ^■— ^ III . I ■^■—M — — — — — .— «W>
(1) « Résumé de l'Histoire de la Médecine dépuis le VIII
siede après J. C. ju8qu*au XV ». Le^on d'ouverture, le 14 dèe*
1866 (« Union medicale », 1866).
158
scrireransi lotnoseritti medici ; le Badie di Monte Cassino
e di Einsiedeln ne serbano tuttora alcuni che risalgono
al IX, X e XI secolo; il cronista Richero, nel X seco-
lo, viaggiava in cerca di Codici medici , e loda special-
mente quelli trovati a Chartres; Ozanam, De Renzi e lo
stesso Daremberg hanno raccolto moltissimi nomi di mon-
dici , quasi tutti laici , dair Vili al XIII secolo negli ar-
chivj di Lucca, di Cremona, di Pistoja, di Napoli, della
Cava, di Monte Cassino o nelle cronache. Pertanto in
tutte le vaste regioni che già formarono V impero ro*
mano, e poscia divennero regni de* barbari, i medici fu-
ron sempre, e con loro continuò la medicina e T insegna-
mento medico^ i manoscritti medici e le storie ne fanno fe-
de. < C^est pour avoir méc'onnu l'existence de Tenseigne-
ment medicai et des livres médicaux durant la première
periodo du mojen àge qu*on s*est mépris sur le caractòre
de Técole de Salerno, qa*on a cherché à cotte èco le des
origines précises, et qu*on Ta considerée comme une ex-
ception >. Le quali considerazioni deir illustre storico ri-
confermano le cose da noi sopra dette.
Il Puccinotti tutto intento ad assicurare Torigine mo-
nastica della scuola di Salerno , non si ò punto curato *
di spargere maggiore luce sulla medicina laicale, quan-
tunque ammetta, che resistenza di questa sia incontra-
stabile come neirOriente cosi neirOccidente cristiano ne-
gli stessi secoli (1). E veramente nel suo sistema che i
(1) Malgrado ciò, malgrado che ammdtta una continuazione
non mai interrotta della medicina demotica, non parla il Puc-
cinotti delle scuole imperiali, delle leggi in proposito dell'impera-
tore Valentiniano, degli Archiatri, dei Collegium Archiatrorum
e delle cose che nel Codice Teodosiano e nelle Pandette di Giusti-
niano riguardano Tesercizio della medicina, la polizia medica e la
medicina legale. Il Codice Longobardo, il Furo Juzgo dei Visigoti
di Spagna, e le altre Legea Barharorum sotto tale rispetto
159
monaci soltanto (portando in Monte Cassino la medicina
de' Padri della Chiesa che sino da Alessandria si ado^
perarono a trasceglierla e spogliarla delle pagane filo*
sofie, e quella dei greci minori che la parte pratica an-
tica conservarono, e V ultima de' bizantini già penetrata
dallo spirito del nuovo culto) abbiano conservata e
mantenuta interrotta la connessione della scienza tra il
passato e V avvenire ; in tale^ sistema , dico , Y opera dei
medici laici si annulla, o rimane affatto nell'ombra. I me-
dici laici, incalza il medesimo, non poterono in Europa nò
dare, né restituir vita alla scienza: e se il potevano, certo
è che noi fecero; fu solamente quando incorporati entro ai
sodalizj cenobitici, ivi trovarono ospedali, ivi biblioteche, ivi
insomma tutti i mezzi atti ad escire dal ruolo de*mestieranti,
ed entrare in quello de* scienziati (pag. 249).
Ma qui è da chiedere: i monaci portarono davvero la me-
dicina in Occidente? Il Puccinotti lo dà per sicuro, ammet-
tendo che S. Benedetto trasse la sua Regola da quella dei
Basiliani, già stabilitisi, secondo il Mabillon, nel monastero
di Classe in Ravenna, il cui istitutore, istruito nella medi-
cina, era nell'ospedale di Cesarea il primo medicatore ed
agli altri maestro (p. 227). Se non che noi più sopra ve-
demmo come S. Basilio non avea fatto della medicina che
uno studio speculativo; e qui aggiungiamo che nella sua
Regola non appare punto il precetto di medicare (1). In
doveano par essere consultate. Egli dice soltanto che appo i
Franchi, i Goti, i Longobardi trovansi leggi riguardanti me*
dici, chirurghi, ostetricanti e farmacisti (p. 238).
(1) Al 286® capitolo della Regola breve è quistione se am-
malando un prete in convento in hoapitalem domum abducendua
8it; e si risponde Habenda est ratio loci cujusque, et finis^ qui
accomodetur ad communem utilitatem, ad gloriam Dei fS. Ba»
$iliiy Op. omn.^ IL, 516). Nelle Regulce fusius tractatas è discorso
pure della medicina, ed anche è detto, che, quando sia ragie-
160
appoggio della sua tesi il Paecinotti cita il capitolo XXXVI
della Regola Benedettina: ma in questo (De Infirfnis
Fratibus) non è punto detto, che i religiosi infermi dai
confratelli medici fossero medicati ; e che il Santo pre-
scrivendo Infirmorum cura ante omnia et super omnia
adhibenda est, intendesse, e non altro, che 1 malati amo-
rosamente doveano essere ajutati e serviti dagli altri
monaci , apertamente lo dice con le parole che seguono:
ut sicut revera Christo, ita eis serviatur (1): cosi pure
intesero i commentatori della Regola cominciando dai più
antichi. Nò in altra parte della Regola stessa troviamo
che la medicina sia imposta come speculazione, o come
pratica.
Negheremo perciò che i Benedettini medicina studias-
sero ed esercitassero ? No di certo : eglino poterono, poi-
ché il loro fondatore aveva fervorosamente raccomandati
gli studj, comprendere fra questi eziandio la medicina, e
quindi esercitarla, avendo per precetto di servire agi* in-
nevole , medicum advocemus purché non abbandonisi quella
speranza che dee aversi in Dio. La medicina è eziandio lodata
perchè contribuisce a mantenere la continenza e la sobrietà;
perchè essa pure con li suoi precetti mezzo diviene di mortifi-
cazione (ivi, p. 400) : e ciò forse era detto per mitigare quegli
austeri, o piuttosto inumani eenobiti, i quali volevano che alle
infermità del corpo non si prestasse rimedio che non fosse spi-
rituale.
(i) « Quibus fratribus infirmis /é pur detto nello stesso Ca-
f itolo) sit cella super se deputata , et servitor timens Deum ,
et diliflfen^ ac sollicitus.... Curam autem maximam habeat abbas
ne finfirmi/ a cellerariis aut servitoribus negligentur 9. — Nelle
Regole di Sant* Antonio , di S. Macario, di S. Pacomio questa
amorosa sollecitudine de* malati è pure raccomandata. < Celle-
rarius fsi legge nel Cap, 25 della Regola Orientale / nihil aegro-
tantium desiderìis neget, ex bis quae habuerit, quantum necesse
fuerit ».
161
fermi. Soltanto non può concedersi che nella Regola di
Monte Cassino sia riprodotta ed effettuata la legge di
continuazione della scienza medica nel trasferirsi dal^
V Oriente cristiano all' Occidente , come se in quella
Tesercizio e lo studio della medicina fosse essenzialmente
congiunto* La medicina vi entrava chiamata dalie umane
necessità, in servizio della carità che sola è impotente
a vincere le malattie, pur giovandosi delle paterne sol-
lecitudini del cellerario (1). E poiché lo Statuto Bene-
dettino ne* primi anni volle , che non piìi di 12 monaci
fossero ne' chiostri dell'ordina (2); il bisogno di medici
sussidiarj ben tosto, per confessione dello stesso Pucci-
notti , si dovè far sentire : e que' laici erano chiamati
dalle città vicine secondo il merito e la riputazione
loro (p. 249). Ora dunque cotesti medici entrando negli
ospedali del cenobio quali dottrine e quali pratiche cu-
rative vi potevano arrecare se non le apprese in iscuole
che non erano quelle dell'ordine? Ed ecco che fin dal
suo esordio la medicina monastica (quando una tal me-
dicina come specie si voglia tenere distinta) è già mista
e vincolata con la laicale. D'altra parte i medici laici vi-
dero fra breve il campo de'loro studj e delle loroosser-
yazioni, gli ospedali, in mano della chieresia ; imperocché
fin dal principio del IV secolo il Concilio di Nicea avea
decretato, che in ogni città fosse un luogo separate^ per
i pellegrini, per i malati ed i poveri ; il quale xenodochio
era sotto la dipendenza del vescovo per modo, che a lui
spettava di nominarne il Rettore purché fosse qualche
eremita, ex fratribus, cioè, qui habitant in deserto (3).
(1) Al Cellerario era ingianto di essere siccome padre di tutta
la Congregazione « Infirmorum , infantium , hospitumque cum
omni sollecitudine curam gerat v.
(2) Mabillon, « Annal. Benedict. », L. II., C. II.
(3) « Qui sit etiam vìr probus , et hunc praeficiat xenodo*
Annali Voi. CCI. 41
162
I monasteri farono solleciti di aprire alla loro porta il
pellegrinario e Tospizio de'poveri, imperocchò la benefica
opera era eziandio remissio peccatorum, solutio iniqui-'
tatis, et approptnqtiatù) ad Dewn. Ma il xenodochio na-
turalmente diveniva nosocomio; e tanto più lo diveniva
che i valetudinarj erano chiusi, né le caritatevoli istitu -
zioni de*gentili da altre erano sostituite. Dove gli eccle-
siastici si persuadevano^ come avvenne dei Benedettini»
che Talleanza della scienza accresce i frutti della carità;
i medici laici trovavano nel monastero, nell'episcopio, non
solamente de'malati, ma uomini che ben volentieri si face*
vano loro compagni nello studio e nella pratica, e che per
giovare all'uno ed all'altra a canto il Rituale e la Bibbia
ponevano negli scaffali gli Aforismi d'Ippocrate, i Com-
mentarj di Galeno, i Trattati ginecologici dei compilatori
di Sorano (1). A Salerno Ja cosa sarebbe andata appunto
cosi : < i pochi medici laici esistenti in Salerno si uniscono
ai monaci^ e cooperano insieme e danno origine alla Scuola
Salernitana (p. 272) ». E allora perchè alquante pagine
prima il Puccinotti dice cosi assolutamente , che questa
scuola fu benedettina e cassinense d'origine, sempre
benedettina dal sesto al duodecimo secolo (p. 247) %
Ma neppure questa conciliazione di scuola mona^^fco-^atca/^
potrebbe accogliersi, giusta il De Renzi; il quale al no-
stro* storico fa riflettere , che mentre non vi è alcuna
chio, qui in eo faciat lectos, et quaecumque infirmis et paupe-
ribus opus sunt ( Concil. Nicaeum generale , A. 325 C. LXX.
In. Concilior. omn. ampliss. Collect Florent. 1759, II. 976).
(1) Il Puccinotti ignora che tutta 1' opera di Sorano frtfl
y^M»xf/oiv irc5iiv è stata finalmente trovata e pubblicata so-
pra un mss. greco di Parigi e della Barberina di Roma dal
Dietz e dal Lobeck a Kdnigsberg nel 1838 e Sorani Ephesii de
Arte obstetricia raorbisque malìerum quae supersunt. Ex apo-
grapha F. Rainholdi Dietz nuper fato perfuncti primum edita >.
163
prova positiva che i Èeneclettini abbiano fondato la scuola
di Salerno; vi sono per l'opposto molte prove negative:
d'altronde la scuola non si ò mai raccolta nei cenobjdei
Benedettini in Salerno, ma nella chiesa di S. Pietro ad
Curtim che ò stata la cappella dei principi da Arechi
avversario di Carlomagno in poi (1).
In ogni modo la medicina secolaresca diveniva , se
vuoisi, monastica od ecclesiastica perchè ne'monasteri e
appo le chiese era obbligato d'esercitare, non già che en-
trata in que' luoghi e nelle novelle funzioni si mutasse
per effetto di una dottrina o di un sistema da lei preso
per guida. « Dès les temps les plus anciens, je ne trouve,
dice il Daremberg, que des livres et des autorités lalques :
la Somme medicale (Pratica di Petroncello) est un ou-
vrage tire des sources classiques (2) ». E Gassiodoro, sog-
giungo io, ai monaci che dovevano curare i malati con-
sigliava di leggere Dioscoride^ Ippocrate e Galeno, voltati
in latino, se di greco non sapevano. Celio Aurelio (Au-
reliano), ed una compilazione di diversi autori (3).
Che l'amore e la carità del nuovo culto si trasfon-
desse parimente in coloro che la medicina esercitavano ,
niun dubbio; imperocché anche i medici hanno cuore e
sono uomini. Che i beneflcj dell'arte per ciò stesso dive-
nissero ognor più universali, concediamo ancora: ma che
Yelemento religioso, che tramezza ed equilibra il po^
sitivo romano e lo speculativo greco, e quindi è nuo-
va equipollenza di antichi elementi, rappresenti nien-
temeno che il metodo e sia teorica e pratica insieme, per
modo che la medicina col solo venire tra i cristiani ab-
bia ripreso , come scienza , novella vita ( pag. 278 ) ;
(ì) 3tor. Docum., ecc., p. CLXXL
(2) Daremberg < La médecine », ecc., p. 132.
(3) De Instit. divin. litterar. C. 31 ( Op. omn. Venet. 1729
II. 526).
164
questue, dico, che al Puccinotti non può concedersi. Nò
per contrastare a siffatto suo pensiero ricercheremo fino
a qual punto nella nuova religione sia una guarentigia
di quel metodo di scuoprire la verità nello 'studio
della natura, da lui chiamata filosofia matematica; bensì
opporremo il fatto, più sopra accennato, che gli effetti di
tale influsso non si mostrarono nò dove, nò in que*tempi
in cui desso era maggiore. Assai tardi le menti si per*-
suasero che nello studio dei fenomeni naturali bisogna
prendere per punto di appoggio l'esperienza ed il calcolo,
e quest'è si vero, che il nostro medesimo Autore protrae
il medio-evo. della medicina, contro la consuetudine, fino
al sorgere di Galileo , che apri la storia moderna delle
scienze naturali dimostrando^ la filosofia della squadra^
del compasso e del numero essere la sola che con-*
venisse agli stué^ della fisica del mondo (pag. 56).
D'altra parte in que' primi secoli dell'era nostra non
trattavasi di rilegare le libertà licenziose del pensiero
de'medici.
Oribasio ed i suoi seguaci non sapevano di filosofia,
compilavano somme e rioettarj, e con questi e quelle, invo-
cando Galeno oppure da semplici empirici, si conducevano
nella pratica. Quelli stessi che imbottavano nebbia, specu-
lando intorno gli occulti influssi degli astri e degli spiriti,
non vagavano liberamente ; si tenevano stretti a Plotino,
a Porfirio ed alla sua scuola ; imperocché V autorità sog-
giogava le menti anche nei trascorsi della fantasia e
nelle superstizioni. Finalmente, e noi avremo occasione
di vederlo in appresso, si giunse a credere che buon cri-
stiano si era tuttavia tirando l'oroscopo, o consultando
l'aspetto degli astri per sapere quando fosse il momento
propizio per prender i medicamenti , o per celebrare le
nozze. Marsilio Ficino , il buon canonico , tentò pur di
mostrare che le visioni Plotiniane fossero non al tutto
discordi dalla cristiana filosofia.
165
Fa meraviglia poi come il nostro Autore delle cose
ecclesiastiche tanto studioso, e tanto tenero deirorto*
dossia , non siasi accorto, o non faccia menzione delle
leggi canoniche, le quali sin dai primi tempi proibivano,
che i chierici la medicina, e più ancora la chirurgia,
esercitassero. Giova in proposito rammentare quello che
Paolo , vescovo di Emerita o Merida in Ispagna nella
metà del IV secolo , rispondeva al gentiluomo che sup-
plicavalo^ siccome nella medicina espertissimo, di soccor-
rergli la moglie gravida, ed in pericolo di morte non
potendo partorire. < Mihi quod hortatis facere non licet ,
qui etsi indignus , sacerdos Domini sum et sacrificium
manibus meis offero Domino, et ideo qiiod dicis non pos-
sum ìmplere: postmodum poUutas sacris altaribus ma-
nus inferam et divinae potestatis mox furorem incur-
ram. Et adjecit: Ibimus in nomine Domini. Visitabimus
eam et dabimus medicos ecclesiae (1) , qui illi adhibeant
medicinam , et in quantum scimus , ostendemus qualiter
cura fiat. Nos tamen facere manu propria minime possu^
mus (2) ». Ma il marito insistendo vieppiù, poiché in niun
altro medico era da mettere speranza, il vescovo si de-
cise d*intraprendere V operazione , i predetti medici della
chiesa avendogli promesso che ninno di loro avrebbe par-
lato (3). Il divieto ai chierici di esercitare medicina fu nei
(1) Ecco nuova prova che i medici eccleaicutiei, o addetti
alla chiesa, non erano sacerdoti.
(2) PauUus Diaconus, Op. cit, cap. IV. Paolo Diacono scri-
veva alla metà del VII secolo.
(3) Questa fu l'operazione, «r Manus in nomine Domini su-
per infirmam imposuit , in spe Dei mira subtllitate incisionem
subtilissimam subtiii cum ferramento fecit atque ipsum infan-
tulum, jam putridum membratim compendiatim (in pezzi) ab-
straxit, mulierem vero jam pene mortuam, ac semivivam, adni-
tente Deo , viro suo confestim incolumem reddidit». L' Heusin-
166
secoli succdssivi mantenuto, e particolarmente nel XII
riconfermato. Nel Concilio di Clermont, celebrato nel
1130, papa Innocenzo II lamentava, che canonici e mo-
naci spreta beatorum Benedicti et Angustino regula (1),
ne g leda animarum cura^ ordUnis sui propositum nut^
latenus attendentes prò detestanda pecunia sanitatem
pollicentes, humanorum curatores se faciunt eorporum.
Cumque impudicus oculus impudici cordis sit nuncius^
illa etiam, de quibus loqui erubesci honestas, non de-^
bet re ligio pertractare ». Pertanto volendo che gli or-
dini religiosi nel santo loro institùto si conservassero, ne
hoculterius praesumatur^ per apostolica autorità veniva
interdetto (2). NuUadiméno Tabuso continuò, non solo nel
basso clero ma anche ne* prelati; per esempio nel secolo
seguente noi troviamo il vescovo Teodorico di Cervia fra
i più adoperati chirurghi. Per altro deve pur credersi che
quella proibizione, rinnovata Tanno dopo nel Concilio di
Rheims, e nel Lateranense del 1139, limitasse T eser-
cizio dell'arte medica fra gli ecclesiastici, essendo che mi-
nacciavansi insieme i vescovi, gli abbati ed i priori di
spogliarli decloro onori se a tantgi enormità consentisi*
sero.
Ecco adunque che anche nel sistema del Puccinotti
non sarebbe stata del tutto spontanea la cessione della
scuola da parte de' Benedettini di Salerno a' medici laici.
ger, che pel primo ha fatto conoscere ai medici qaest' interes-
sante documento, ritiene che quella fosse una laparotomia per
gravidanza extt^a-uterina. (Ueber Paulus Àrzt und Bisc.hof von
Emerita der zuerst den Kaiserschnitt an einer Lebenden verrichtet
haben soli (In Janus, I, 764).
(1) Questo convalida ciò che più sopra dicemmo, e cioè che
nella regola benedettina non v'ha il precetto di medicare.
(2) Mansi, Coli. Concil., XXI, 437.
167
quando V educa^tione monastica ebbe completato il suo
ufficio. Se non che Egidio di Corbeil adduce bea altre ca^
gioni della decadenza della celebre scuola; essa non era
più la Civitas Hippocratica, né più v'insegnavano mae-
stri che valessero a mantenerle Tantico splendore:
« Ouimis a ritu veterum, si dicere fas est.
A recto quoque judicio censura Salerni
Devia, cum tolerat, animo cum sustinet aequp
Nondum maturas medicorum surgere plantas,
Impubes pueros Hippocratica tradere jura
Atqne Machaonicas sancire et fundere leges,
Doctrina quibus esset opus ferulaeque flagello
Et pendere magis vetuli doctoris ab ore,
Quam sibi non dignas cathedrae praesumere laudes ».
Ma anche prima che tanto lume di scienza si oscu-
rasse, brutte voci correvano sulFonestà de'nostri medici.
Un poeta tedesco nella corte di Rinaldo, Arcivescovo di
Colonia (1), cosi cantava ritornando da Salerno dov* era
andato per imparare medicina:
€ Laudibus eternum, nuUus negat esse Salernum,
lUuc prò morbis totus circumfluit orbis.
Nec debet sperni, fateor , doctrina Salerni,
Quam vis exosa mihi sit gens il la dolosa (2) ».
E gli era esosay a quel che pare, perchè gravemente
malato, poco caritatevolmente n*era stato soccorso. Quei
medici avendolo anche dato per morto; ma egli non si fa
beffe, malgrado lo sbagliato pronostico, della scienza sa-
lernitana; bensì lamenta di essere stato ridotto alla mi-
seria:
< Nec me nudavit ludus neque fur spoliavit, prò solo
(1) Negli anni 1162-1164.
(2) Jaffé Philip. , De arte medica saeculi XII. Dis^. inaug,
Berolini, 1853, pag. 16.
168
victu sic sum spoliatas amictu prò victu vestes cou-
sampsi^ dii mihi testes ».
Perchè poi tacere delle medichesse di Salerno, di
Abella, di Mercuriade, di Rebecca, di Trotula, della fa-
mosa Trotula di Ruggiero, moglie, secondo il De Renzi,
di Giovanni Plateario il vecchio, il primo stipite d*una
&miglia di medici 1 E benché col sistema adottato dal-
l' Autore Je donne e le professoresse punto si accordino ,
nulladimeno credo che tale silènzio non sia di proposito,
ma semplice effetto di dimenticanza.
La qual cosa credo tanto più volentieri^ che veggo
dimenticati altri scrittori, che ben doveano essere ricordati
da chi con tanto amore e dottrina ha procurato di met-
ter in bella luce i meriti de* monaci e de' sacerdoti nelle
scienze e nella medicina. Tali sono il venerabile Beda,
Rabano abate di Fulda e arcivescovo di Magonza (1) ,
Walafrido Strabo abate di Reichenau, Ottone di Meudon
0 di Morimont (noto sotto il nome di Macer Floridus)
abate di Beauprai, Marboldo vescovo di Rennes in Bre-
tagna. Poteva eziandio ricordare la famosa Ildegarda ba-
dessa nel monastero di Rupertsberg presso Bingen , dal
Carpzovio posta fra i santi medici , ed i cui libri subii-
litatum diversarum naturarum creaturarum furono an-
che ristampati nella Patrologia Christiana del Migne (2).
(1) Il .chiarissimo P. Bart. Sorio ha pubblicato testé una
dissertazione e Rabano Mauro abate di Fulda e Dante Alighieri
nell'uso dell'arte cabalistica », nella quale mostra come il sommo
nostro poeta imitasse in alcuni luoghi del Paradiso una scrit-
tura in versi del Fuldense ( De laudibus sanctae Crucis). L' i-
stiitazione fu da suo pari , cioè recando la cosa imparata alla
maggior eccellenza poetica. (In Opusc. relig. letter. e mor. di
Modena, 1867, IX, pag.218-248).
(5>) Tom. CXCVII.
169 •
Se a questa Physica il Puccinotti avesse fatto attenzione,
si sarebbe persuaso che anche nei monasterj la medicina
non si era sufficientemente depurata; il lapidarius od
il libro de lapidibus pretiosis del vescovo Marboldo fu
tradotto per .molta parte da ser Zucchero Bencivenni, e
su di lui furono composti i varj trattatelli della natura
e virtù delle pietre preziose che correvano fra il popolo ;
onde poscia fu possibile al Boccaccio di dire che Calandrino
credeva, avendo addosso TElitropia, non essere da chi
che si fosse veduto. E tanto basti.
Venti Documenti,, che occupano non meno di 263 pa-
gine, corredano questo volume di cui accrescono il pre-
gio, mentre che ne rendono vieppiù benemerito l'Autore.
Ma per la maggior parte appartengono essi ai secoli di
cui è discorso nel volume seguente. Il Puccinotti ne an-
ticipò la stampa per accorciare gì' intervalli troppo lun-
ghi, che correvano tra la pubblicazione d' un fascicolo e
r altro del testo ; e perchè leggendo questo il lettore po-
tesse avere sott' occhio i documenti che mano a mano vi
si riferiscono. Oltre di che essendovi oggi , egli dice ,
molta gara fra gli storici nello scoprire e mettere in luce r'
le pergamene ed i codici del medio evo, facendoli troppo
a lungo riposare, è facile di vederli pubblicati prima da
altri, e perdere cosi il conforto di essere stati i primi a
notificarli ; che è il solo compenso morale delle fatiche e
delle spese incontrate in simili indagini. Finalmente pre-
mevagli di dare un pubblico testimonio di gratitudine
agli amici e corrispondenti che furongli di ajuto nelle
ricerche, nelle trascrizioni e nei consigli.
Per altro qui non sarà menzione che di due do-
cumenti, perchè eglino soli appartengono ai tempi che
abbraccia il presente volume ; de' rimanenti a suo luogo.
Il primo (VI della serie) è un ampio ragguaglio
d* un Codice di medicina salernitana esistente nell' Ospe-
dale di Santa Fina in Sangimignano scritta fra il XII e
i
170
il XIII secolo; assai pregevole perchò, oltre alquante
varianti del Regimen Sanitatis (1) , comprende tre in-
teri trattati. Il 1.® ò il Compendium Salenti più com-
pleto, meno scorretto, e più ordinato che non ò quello
che si conserva in un manoscritto della Laurenziana, e che il
De Renzi, per non averne altri migliori, fu costretto suo
malgrado di pubblicare nella Collectio Salernitana (2).
(1) Questi versi sono riportati a pag. LXXIX benché pochi
siano quelli ehe^ confrontati con la più copiosa ediaione del
Regimen data dal De Renzi, in essa non si trovino.
(2) Anche il De Renzi è d' accordo col Puccinotti intorno il
maggior pregio del Codice Sangimignanese. ( Stor. docum. ,
pag. 313); ma non sa consentirgli che l'epoca in cui il Sa-
lerno fioriva sia alquanto più bassa che quella da lui stabilita
(dal 1150 al 1167). E ben volentieri il Puccinotti avrebbe
veduto d' altri tempi cotesto maestro , giacché un medico Sa*
lerno fu incolpato di avere con insidia avvelenato in Palermo
nel 1167 un illustre infermo. Anzi per torre questo grande ob*
brorio dalla Scuola salernitana , egli conchiude che il Salerno
delinquente fu per certo un altro Salerno, di que' molti che in
que' luoghi e tempi e medici e non medici aveano un tal nome,
e va cancellato dal ruolo de' medici salernitani ( pag. LXVI ).
Il De Renzi a sua volta soggiunge, che come è vero il Salerno
predetto essere il dotto maestro salernitano, altrettanto è dub-
bioso il delitto che gli oppone lo storico Falcando : ma quan-
d' anche questo vero fosse, neppure troverebbe ragione di creare
un nuovo Salerno autore diverso dal Salerno apprestator di
veleni. ( Op. e. , pag. 31 5 ). Oltre che noi vedemmo più sopra
come appunto in questo secolo della probità della Scuola gran-
demente sospettavasi, e , se prestar fede si volesse ad Ottone,
Vescovo di Frisinga, anche al di lui fratello Corrado III re di
Germania sarebbe stata afllrettata la morte da alcuni medici
italiani , assai probabilmente di Salerno , che venuti in corto
furono corrotti da Ruggiero re di Sicilia che con il principe
tedesco avea nimicizia. ( Vita Friderici I. Lib. I. C. 6:t ). Tutta-
171
Il 2.® trattato è la Practica Magistri Bartholomei, trat-
tato intero che contiene di inediti molti capitoli, cioè
tutti quelli deir introduzione e delle neurosi, in aggiunta»
agli altri che si trovano nel codice di Breslavia, trovato
e illustrato dall' Henschel (1). Il 3-^ trattato è il Viali-
cum Constantini, il quale pure, benché assai conosciuto
per manoscritti o edizioni , offre una serie di note e di
varianti, che potrebbero essere, secondo che pensa il Puc-
cinotti, materia non inutile a sciogliere le calde questioni
suir originalità o sul plagio di quest' opera del monaco
Cassinense. Dei primi 2 trattati sono dati T indice, il
prologo e varj capitoli.
L* altro documento (XX) che si riferisce è il raggua-
glio d'un Codice manoscritto in pergamena del Passiona-
no di Garioponto, esistente nella Biblioteca Agostiniana
detta r Angelica di Roma. Questo codice, scritto dal ca-
dere del XIII secolo al principio del XIV , è il migliore
che si abbia di cotesto medico salernitano ; il quale men-
tre nel codice di Basilea figura come semplice emenda-
tore di una medica sinopsi antica che riuniva il Passio-
narlo di Galeno , e i libri di Alessandro Tralliano , di
Teodoro Prisciano e di altri ; nel romano invece appare
autore del Passionarlo istesso con l'ajuto di Teodoro e
di Alessandro. Il titolo stesso del codice dell'Angelica,
osserva il De Renzi , ha un' altra autenticità , quella di
essere perfettamente uniforme al titolo che gli dà Si-
i
\
via in simili casi, come disse il Muratori, i sospetti e le dice- |.
rie del popolo sono a buon mercato. \^
(1) Questa copia di Sangimignano è molto più esatta e più
compiuta di quella stessa di Venezia, pubblicata nel T. IV della
Cùlleetio Salernitana y e dal Puccinotti allora non conosciuta.
Spiace che al De Renzi non sia stato concesso di farne cono-
scere , siccome aveva in animo , le importantissima varianti
(pag. 249).
172
mone da Genova (op. cit pag. 173). Lo stesso De
Renzi mercè due documenti trovati nell* Archivio Covense,
che riguardano il figlio ed il nipote di questo medico il-
lustre, ha levato ogni dubbio sul nome, suir origine, sulla
patria e sul tempo in cui esso visse e fiori. Guarimpoto^
siccome lo chiamava S. Pier Damiano, ne è il vero nome;
fu di Salerno o di que* dintorni, probabilmente di stirpe
longobardica; fioriva dal 1010 al 1050 (1). Di un altro
codice del Passionarlo, che trovasi nella Laurenziana, &
menzione il Puccinotti (2) notandone la singolarità del
titolo. Guarimpoto non vi è chiamato per il suo nome o
con altro afSne, ma per quello invece di Nausomate
< Nausomatis libri VII Practicae medicinalis, etc. », donde
gli pareva, non conoscendo allora i nuovi documenti del
De Renzi, che qualche appoggio ne venisse alla conget-
tura dell'Henschel che Garioponto fosse Greco, od origi-
nario di Grecia (3).
In altro articolo dirò del III volume, ovverossia della
II parte del II volume con la quale si chiude la storia
della medicina del medio evo.
Palermo, 15 aprile 1867.
(1) Stor. Docum., pag. i69, 471.
(2) Pag. 287 del Testo.
(3) Tale Codice Laurenziano è del sec. XIII, ed ha lo stesso
prologo dell| Agostiniano, prologo che non trovasi nelle edizionii
^a ha 8 capitoli meno di questo , terminando al cap. de mal'*
factionibu9.
173
Al vista idroloffleai del dotU PLlIilO fiCHIVARDff.
Hardt. Bagni con l'idrofero; Esperienze fisiologiche ed osser-
vazioni cliniche. 1.^ trad. italiana del dott. Paoni. Napoli,
1865; di pag. 54.
Garelli. Delle acque minerali d'Italia. Torino, 1864. Un toI.
in 4.^ di pag. 516. Con Carta geografica.
Manetti. Le acque minerali ferruginose di Levico nel Tren-
tino» Un opuscolo di pag. 107 con due tavole.
Faes. Guida medica alla fonte semitermale di Cornano nel
Trentino, Un opuscolo di pag. 155 con tavola.
Castoldi. Refazione del trattamento fatto nel 1806 eoi bagni
marini degli scrofolosi, Milano, 1867.
Pescetto. Guida igienica pei bagni di mare, Genova, 1862.
Un voi. di pag. 271.
Chiminelll Recoaro e le sue fonti minerali. Un volume dì
pag. 131. Bassano, 1864.
Franchini, La febbre termale, 2.* ed. Torino, 1864.
ÀBBENE. Relazione suW acqua di S, Vincent in Aosta, (Dal
a Giornale della R. Accad. di Torino », N. 15 e 16 del
1864).
Notice sur les bains de Pfeffers, S. Gali , 1866. Un libriccino
di 40 pag. in-32.^
Casella cav. Giuseppe. La fonte acidulo-marziale'alcalina di
S, Caterina, Un volumetto di pag. 158. Milano, 1867.
Robert Aimé. Notice sur les eaux, etc. — Notizia sulle acque
termali solforose di Schinznach, Strasburgo, 1865.
Rotureau. Des principales eaux minérales de l'Europe. — Delle
principali acque minerali d' Europa, Voi. 3 in-8L,'. Paris ,
1858-64.
James. Guide pratique aux eaux minérales frangaises et étran-
gères, 7.* ediz. Paris, 1867.
Dott. Candido. Delle acque termo-minerali del Balneolo, Na-*
poli, 1867.
Prof. Cotta e Padre Bertazzl Analisi dell* acqua salino'ter-
male del Masino in Valtellina, Milano, 1864. •
L
a stagione è propizia. Tutti si affrettano ai bagni, alle
174
noqutt ai fanghi. Tatti cercano le fonti cristalline, i la-
vacri salatari, le bibite corroboranti. L* affranto organi*-
•mo umano vuol riprendere nnove forze tufiandosi nel
seno a Teti, e abbandonando per poco il divino liquore
attenersi alle chiare, fresche e dolci acque che sgor-
gano dai crepacci dei monti. Ed è giusto ! Fra i molti
rimedj che la medicina adopera per la cura delle malat-
tie, r acqua in tutti i tempi ed in tutte le scuole fu ri-
tenuta come uno dei più vantaggiosi. La natura ha sparso
con magnificente profusione T acqua semplice, onde abbia
a non mancare questo primo alimento, ma volle anche
che Vacqua minerale qua e là sgorgasse, d*un*efficacia e
di un vantaggio ancora maggiore, e volle talora dotarla
di alta temperatura onde il calore contribuisse a ren-
derla efGcace. Anche passando sotto silenzio 1* influenza
potente che producono in qualunque cura il cambia-
mento di clima, di vitto, i viaggi e altre condizioni ma-
teriali e morali, è un fatto che forse per nessuna medica-
zione la scienza nostra può gloriarsi di tanti successi come
per quella delle acque minerali. Ed è quindi naturale che
ogni anno vediamo accorrere in folla i malati agli stabili-
menti e conquistarvi guarigioni, che colFordinaria terapia
ben difficilmente si avrebbero potuto ottenere.
È ammesso non potersi razionalmente determinare
razione terapeutica di un* acqua minerale dalla sola sua
chimica composizione. Il pratico che unicamente su questo
criterio si basasse, correrebbe rischio di cadere in gravi
errori. Conviene valutare gli eflFetti che si ottengono in
quelle malattie nelle quali si esperimentano. La chimica
può servire a far conoscere la natura in genere delle
acque , a farcele classificare , a interpretare convenien-
temente gli effetti salutari che se ne ottengono, a imi-
tarle fabbricandone di artificiali. Ma in molti casi la chi-
mica non giunge a spiegarci i loro effetti curativi , me-
ravigliosi, e ci lascia nell'imbarazzo sul da chi farli di-
pendere.
175
Di più in molti casi somministrando, anche ad alta
dose, le singole sostanze che entrano in una data acqua,
non si hanno gli effetti da quest* ultima operati , benché
essa li contenga in dose infinitamente maggiore. Un'acqua
che possegga 4 a 6 centigrammi di carbonato di ferro o di
solfuro di sodio in un litro d'acqua bevuta alla sorgente
per più giorni di seguito produce effetti assai più sensi-
bili di quelli cagionati da dosi grandemente superiori di
quei medesimi medicamenti. È questo uno dei misteri
della natura che la scienza non ha saputo ancora spiegare.
Vi furono quindi alcuni che non potendo comprendere
come dalle tenuissime dosi di sostanze medicinali, che si
trovano nelle acque minerali, possano derivare risultati,
senz'altro negarono loro qualsivoglia facoltà terapeutica,
e la attribuirono al cambiamento di clima, alFabbandono
degli affari, alla quiete dell' animo ^ al respirare un* aria
salubre, all'esatta regola del vivere che vi si tiene. Per
quanto poi riguarda le acque termo-minerali, attribuirono
costoro i buoni risultati ottenuti con loro, non agli ele-
menti mineralizzatori che contengono, ma al calore che
hanno, che eccitando la secrezione cutanea sbara^ano il
corpo dai principj morbo9Ì, e risolve le croniche alte-
razioni.
In questi ultimi anni alcuni sostennero che oltre il
calorico vi potesse esistere anche un altro imponderabile,
l'elettricità. Già nel 1861 il barnabita fisico P. Timoteo
Bertelli, bolognese, insieme col Paolini, direttore delle
Terme Porrettane, eseguirono con quest'ultima acqua delle
esperienze, che furono rese pubbliche soltanto nel 1866 (1),
dopoché lo Scoutetteii in Francia avea già presentato
alla Accademia di Medicina di Parigi un proprio lavoro
(1) Sulla elettricità delle acque minerali. Memoria del
prof. Paolini. Bologna, 1866.
176
in proposito (1). Assai intensa risolto al fisico Barnabita
la corrente elettrica 'propria delle sorgenti termo-minerali
di Porretta. Ed il Scoutetten sostenne essere Telettricità
la recondita cagione della attività delle acque minerali ;
che le acque di fiume e le potabili manifestano - una rea-
zione elettrica positiva, mentre le acque minerali fredde
e calde sono più cariche di elettricità e sempre negativa,
e che quindi la loro attività dipende da una modificazione
molecolare del liquido determinata dall'azione prolungata
della elettricità.
Noi però, per quanto siamo disposti ad accordare alla
elettricità una gran parte dei fenomeni fisici che avven-
gono nel creato, non ci sentiamo tuttavia molto disposti
a spogliare d'ogni attività i principj mineralizzatori d' un*
acqua minerale^ per accordarla invece alla elettricità che
contiene. Forse si potrebbe attribuire ad essa V azione
benefica che esercitano alcune acque minerali sopra varie
affezioni nervose, azione che non è possibile spiegarsi col-
Tesame dei componenti chimici delle stesse; anzi farebbe
d^uopo esaminar queste in particolar modo, per vedere
se forse la quantità d'elettrico che contengono è supe-
riore a quella esistente nelle altre. Ma attribuire alla
elettricità la guarigione della diatesi scrofolosa , urica ,
reumatica, erpetica , lo sgorgo delle varie congestioni vi-
scerali, delle effusioni sierose, delle lente affezioni arti-
colari, ecc. , ne sembra un'ipotesi impossibile.
Eppure qualche cosa deve esservi. Perchè Plombières,
Gastein, Wildbad, Pfeffers, ecc., che presentano la mine-
ralizzazione delle nostre acque semplicemente potabili ,
anzi una minore , hanno a possedere tante virtù tera-
peutiche? E alle notate fonti aggiungiamo pure Loéche,
(1) Della Memoria dello Scoutetten abbiamo già dato
lunffo estratto in auesti Annali.
un
Ingo estratto in questi Annali.
177
Lucca, Schlangenbad, Tòplitz e molte altre che non ces-
sano di giustificare con guarigioni indubitate, la confidenza
e la voga di cui godono da secoli.
Nelle fonti poi nelle quali l'elemento mineralizzatore
non lascia incertezza j altra meraviglia eccita la tenuità
delle dosi. Nelle acque ferruginose, dove il ferro è sciolto
naturalmente, esso acquista in minima dose una potenza
d'azione ben superiore a quella delle nostre migliori pre-<
parazioni officinali. A Spa, Pyrmont, Pejo, S. Caterina, ecc.
non si constatò più di 5 a 6 centigrammi dì carbonato
di ferro per litro , eppure alcuni - bicchieri bevuti ogni
giorno producono efietti. Cosi dicasi delle sorgènti solfo-
rose. Il principio è netto, sicuro. Eppure qual diflferenza
per gli efietti fra un bagno solforoso naturale ed uno ar-
tificiale! E il primo contiene 7 ad 8 grammi di solfo, il
secondo 120 a 150! Con tutta la perfezione dei nostri
apparecchi, colle nostre analisi spettrali, con tutti i no-
stri studj , noi siamo ben lungi dall' aver trovato quel
quid divinum, che anima un'acqua minerale^ e sarà me-
glio che anche noi come gli antichi vediamo in ogni fonte
una dea pietosa, cho somministra la salute.
Per ora dunque limitiamoci a confessare la nostra
ignoranza , e ad ammirare anche nelle acque minerali
quella medesima potenza arcana, che comunica il profumo
al fiore, l'aroma al vino, il fascino alla bellezza!....
Bagni con V idrofero ; Esperienze fisiologiche ed osservazioni
cliniche del prof. Hardt. 1.* versione italiana del doti. Paoni.
Napoli, 1865, di pag. 54.
Anche Tidrofero è uno dei più bei acquisti della terapeutica
in quest'ultimo seiennio. Esso fu già accolto e provato in Italia
in varj stabilimenti ed ospedali e funziona con plauso generale.
Ve ne ha a Napoli, a Firenze, a Venezia, ecc. Il nuovo sistema
balneare infatti che si eseguisce con esso offre già subito due
grandi vanta ggi, l'uno di permettere i bagni in ogni stagione,
l'altro di fare una grande economia di liquido. Non è più ne-
Annali. Voi, CCI. 42
178
cessano quindi' di recarsi in una data stagione ed a una
data fonte per eseguire bagni minerali. Nella vostra stanza voi
potete prendere i bagni, come a Ischia, Venezia, Genova, Yi<
chy, ecc. Vi mancherà, è vero, il cielo di Mergellina, lo splen-
dido panorama della città dei dogi , il soggiorno in una opu-
lenta città .... ma l'effetto terapeutico lo raggiungerete egual-
mente.
Ben fece il dott. Paoni , direttore d' uno stabilimento idro-
terapico a Napoli, a far conoscere ancor più in Italia il nuovo
istrumento, traducendo e divulgando il libro del prof. Hardy,
nel quale è esposto tutto ciò che lo riguarda.
La prima idea dell' ìdrofero la dobbiamo a Mathieo ( de la
Dròme ), a quel meteorologista che si rese famoso per le sue
profezie non sempre riuscite.
Nel culto della sua scienza, studiando la pioggia, egli si era
domandato se il metodo dell'immersione per i bagni era proprio
il migliore e se l'affusione sotto forma di precipitazioni di una
estrema tenuità non poteva rimpiazzare con vantaggio l'acqua
stagnante della vasca. Nessuno porrà in dubbio che un uomo
esposto nudo per un'ora ad una forte pioggia non rimanga ba-
gnato perfettamente fino all'osso, come si suol dire. Ora questo
risultato può essere ottenuto con 3 a 4 litri di liquido, mentre'
la vasca esige 2 a 3 ettolitri. L' acqua che tocca immediata-
mente il corpo è la sola che agisce, tutto il resto è superfluo.
Quest'ordine di idee lo condusse ad ideare un apparecchio de-
stinato a riprodurre artificialmente in una camera di legno i
fenomeni delia pioggia. Non si poteva pensare a mandarvi
Tacqua minerale in vapore, perchè evaporizzandosi avrebbe per-
duto i corpi fissi, che ne costituiscono il valore terapeutico. Ri-
corse dunque alla polverizzazione. Stritolando, dice egli, l'acqua
di mare, l'acqua di Vichy, di Barèges, ecc., e riducendola in
polvere, questa porterà seco e distribuirà sopra il corpo della
persona bagnata non solamente le sostanze solubili, ma anche
l,e materie che il medico può prescrivere di mescolare nell'acqua
del bagno.
Conveniva però vedere se il nuovo istrumento riusciva nella
pratica, conveniva sperimentarlo sopra i malati. Delle esperienze
furono intraprese all'ospedale Saint-Louis dal distinto dcrmato-
179
logo Hardy ^ e le speranze che T idrofero avea fatto concepire
si realizzarono. Pochi mesi dopo Parigi possedeva uno stabili-
mento di bagni, nel quale erano riunite tutte le ricchezze idro-
logiche di Francia !
< Mathieu (de la Dróme) però presentando al corpo medico il
suo istrumento, lo accompagnava colle seguenti parole che me-
ritano encomio. Lo si sappia però bene, Vidrofero è destinato
a servire la scienza e non V industria..,, ogni bagno con Vidro-
fero non surà amministrato senza l'ordine del medico e fin-
ché dureranno i miei diritti d'intentore, i diritti del pratico
tecnico saranno rispettati.
Ecco ora il processo. La persona sta seduta in una camera
di legno ; per un' apertura praticata nel coperchio può tener
fuori la testa se lo desidera. Un getto d'acqua polverizzata pe-
netra nella detta camera all'altezza dei ginocchi, indi si eleva
sviluppandosi verso la sommità dell' apparecchio per ricadere
sul corpo allo stato molecolare. L'acqua è infranta da una cor-
rente d' aria compressa per mezzo di mantici che un uomo fa
muovere.
Un solo uomo può alimentare ad un tempo dieci camere di
polvere acquosa e dare così da 70 ad 80 bagni al giorno.
Le esperienze a Saint-Louis furono molteplici e di gran ri-
sultato. Si studiarono gli effetti fisiologici del nuovo bagno ,
cioè lo stato del polso prima e dopo, lo stato delle orine prima
e -dopo , il suo modo d' agire e l' influenza che esercitava sullo
stato generale. Poi si studiarono gli effetti terapeutici col ba-
gno amìdato, col bagno di solfuro di potassio, acqua di Oon-
dìllac, acqua di mare e bagno mercuriale col sublimato.
Si portano in seguito nell'opuscolo 9 osservazioni cliniche,
cioè 1 di eczema, 3 di psoriasi, 1 di pitiriasis versieolor, 1 di ec-
zema allo scroto, 1 di prurigine e 2 di scrofola, guarite tutte
0 migliorate assai coiridrofero.
Allora si trasse la conclusione che i bagni coll'idrofero hanno
effetti fisiologici simili a quelli dei bagni ordinarj , ma che
quanto ai terapeutici essi nei nuovi bagni sono maggiori ,
perchè V acqua rinnovellandosi continuamente distacca e seco
trascina con più facilità le squame e le materie estranee ade-
renti alla superfìcie cutanea ; il malato può esporre la testa
180
come il resto del corpo airasione del bagno, e da alttmo questo
ha V alto pregio di non essere debilitante. Si comprovò infln»
che con 3. Vi ^^^^'i ^^ P"^ ^^^^ ^^ bagno della durata di un'
ora. L' Accademia di medicina alla quale fu presentato pel
suo giudizio il nuovo sistema lo dichiarò una vera eanquiita
terapeutica.
Delle acque minerali d' Italia e delle laro applicazioni fera*
peutiche; per Giovanni Garilli. Torino 1864. Un volume in 4.^
piccolo di pag. 516 con carta idrologica d'Italia.
L* egregio Garelli volle far conoscere agli italiani una ric«
chezza nazionale ancora poco nota, quella delle acque minerali.
Il nostro paese per la costituzione geologica presenta in quasi
tutti i punti della sua superficie delle sorgenti minerali, di cui
alcune antichissime. Noi possedevamo un bel numero di mono-
grafie delle singole nostre sorgenti, ognuna delle quali con no«
menclatura idrologica propria , con analisi chimiche in tutti i
pesi e misure. Alcuni aveano già cercato di fondere assieme
questa vasta copia di materiali, ma il compito era grave.
Il Garelli volle addossarselo , volle ritrarre come in un sol
quadro e con disegno identico le principali sorgenti minerali di
tutta Italia. Tentò una storia naturale completa di esse, trat-^^
tando della loro costituzione, dei loro modi d* applicazione, e
delle loro condizioni topografiche, non che delle indicazioni tera-
peutiche. Ed a completare il lavoro studiò una carta topografica
d'Italia tutta, nella quale le acque minerali sono ripartite se-
condo la addottata classificazione, ed ogni acqua segnata con
una differente tinta di colore mostra a prima vista la propria
natura.
Molte lodi merita il Garelli per questo suo faticoso lavoro ,
che per il primo intraprendeva in Italia, per la copiosa rac-
colta di dati, analisi chimiche, descrizioni, applicazioni che egli
seppe procacciarsi e distribuire equabilmente nelle quattro pcirti
in cui suddivise l'opera sua.
Noi non vogliamo dire per questo che essa sia riuscita per-
fetta, che l'Italia non abbia più bisogno d'altro per rilevare le
sue ricchezze anche in questo ramo. Vi furono confusioni ed om-
missioni. E fra queste non possiamo tacere di una gravissima,
181
quella cioò che riguarda la nostra celebre fonte di S, Caterina,
Chi non conosce quest' acqua, che scaturisce a 8 chilometri da
Bormio nella Val Furva, in provincia di Sondrio, scoperta fin
dai primordj del secolo scorso? Chi non sa che racchiude gas
acido carbonico libero e carbonato di ferro, chi non conosce la
sua limpidezza e freschezza, il suo sapore acidetto di un grato
piccante, ed alquanto stitico come la sorella di Pejo, che dalle vi-
scere dello stesso monte deriva.
Chi non apprezzò l'azione sua benefica sui sistema orinario,
i successi mirabili nella renella, nei disordini mestruali, nei car«
diopalmi nervosi, nelle aflezioni di fegato 1 Quante fanciulle clo-
rotich^ ritornate per essa al vivo incarnato delle gote non ar-
derebbero votivi incensi alla marziale vergine Caterina! (1)
Delle nostre nel Lombardo-Veneto ommise Sacile, in pro-
vincia d'Udine, scoperta nel 1834, salino-ferruginosa. S, Barta-
lomeo che fin dal secolo XV era ritenuta fra le più famose
del padovano, e che sebbene sia ora frequentata solo da con-
tadini ha ancora la sua importanza ; S. Colombano per errore
di stampa dicesi appartenere a Colico e non a Collio , terra
bresciana; S. Daniele, acqua solforosa molto usata sul veneto.
Il bel sesso deve esser poi adirato col Garelli per aver om-
messo, parlando delle acque del Masino, la loro benefica influenza
nelle malattie uterine, quando difficile, scarsa o dolorosa è la
mestruazione, nelle leucorree, ecc., per cui meritaronsì il titolo
di bagni delle signore^ o molto più poi per aver dimenticato
la loro fama antica , di render prolifici i maritali amplessi !....
Anche la fonte salso-jodica di Miradolo , nel circondario di
Lodi, proprietà dell* Ospedale Maggiore di Milano, illustrata con-
venientemente dal P. 0. Ferrarlo e dal Verga, meritava un po-
sto nelle acque minerali d'Italia.
Il dott. Garelli ha poi voluto fare della politica. Il povero
Trentino non fu da lui considerato parte d' Italia, e le fonti di
Pejo in Val di Sole, e di Rabbi in Val di Non , furono escluse
(i) Vedi la esatta ed estesa descrizione datane dal chiaris-
simo Balardini, nella sua e Topografìa statistico-medica della
Valtellina ». Milano, 1834.
182
dalle ftcqoe minerali d'Italia. Così quelle non meno importanti
di C^nutno nelle Giudicane , e di Levieo in Valsngana. Con-
soliamoci però, che non ha mancato di metterci quelle della
campagna romana!...
La* vasta opera del Garelli è divisa in 4 parti. Nella prima
stanno accolte le noiumi generali sulle aeque ^ nella seconda
si tratta delle aeque minerali d'Italia in particolare. Egli le
divide in cinque classi , che formano altrettanti capitoli , cioè
solforate, clorurate, bicarbonato, solfate e ferruginose. Ognuna
di queste ha poi delle sotto- dì vision i^ essendo difficile distri*
buirle tutte equabilmente. L' Italia viene per maggior facilità
di distribuzione da lui suddivisa in 3 regioni, nella Italia set-
tentrionale, nella centrale e nella meridionale. Nella parte terza
trovansi accolte in capitoli le applicazioni delle aeque minerali
ed una patogenia delle malattie croniche in rapporto a que-
sta medicazione, con degli aforismi teorico-pratiei.
Nella parte quarta in un unico capitolo riunì la legislazione
sulle aeque minerali^ coi documenti relativi. Noi in Italia ab-
biamo per ogni paese ancora una legislazione diversa per que-
ste, e quel che più è, assai imperfetta. Il segretario Borromeo
nel 1861 avea chiesto informazioni a tutti gli stabilimenti, ma
r appello fu infruttuoso. Il Garelli pubblica quindi un progetto
di legge sulle acque minerali d'Italia, lavoro del Trompeo, al
quale fa seguire tutto il più importante della legislazione fran-
cese. Nulla però fu fatto, e per il bene dell'umanità ci augu-
riamo che fra noi si voglia finalmente pensare anche alla legi-
slazione delle acque minerali del regno.
»
Le acque minerali ferruginose di Levieo nel trentino. Cenni
storici, geografici, terapeutici del dott. Luigi Manetti. Trento
1861. Un opuscolo di pag. 107 con 2 tavole litografiche.
Queste acque, notevoli per la dose dei principj mineralìzza-
torì ohe contengono , per la efficacia medicamentosa che spie-
gano, meritano di essere maggiormente conosciute fra noi, poi-
ché dapprima potevansì usufruire soltanto sul luogo ove scatu-
riscono. Ora però che senza perder punto valore si condussero a
Levieo, grossa borgata sulla postale da Trento a Bassano^ e che
vi si eresse uno spazioso stabilimento, è necessario che esse oc-
183
cupino 11 posto che loro compete. Ben fece dunque il dott. Ma-
netti, che è un chimico e medico distintissimo, a darci un'analisi
dettagliata ed i medici di Levico a pubblicare questi cenni.
Ciò che v*ha d'importante si è che un medico lombardo, il
dott. Finali, fin dal 1816 avea dichiarato contener esse l'arse-
nico. I malati non badarono alla in allora spaventevole dichia-
razione e continuarono ad affluirvi e guarire. Ora le analisi
chimiche non solo di questa fonte ma di tutte le ferruginose
dimostrarono contener sempre arsenico , e nessuna cattiva in-
fluenza esso esercitare. Il dott. Manetti lo determinò e dosò
colla massima facilità; trovò che se ve ne trova 0,00102 gram-
mi in un chilo d'acqua, allo stato però d'acido arsenioso. Quanto
al ferro, essa ne è a dovizia fornita, poiché su 100 grammi d'ac-
qua ve ne trovò grammi 1,819 di ferro puro, cioè libero dal-
l'ossigeno trovandosi allo stato d'ossido. È dunque la più forte
marziale dell'alta Italia. Questo per Vacqua da bagno della Ca-
verna del vetriolo che contiene in abbondanza il solfato ferroso,
e non meno ne contiene l'acqua per bibita della Caverna del-
VOcra, Questa distinzione delle fonti è necessaria, perchè l'acqua
che è tanto profittevole per bagno, non potrebbe che riuscire pe-
ricolosa per bibita. Quella da bìbita scarseggia però assai di acido
carbonico e contiene carbonato ferroso , per cui è impossibile
trasportarla e convien usarla alla fonte.
Quest'acqua dunque contiene solfato ferrico e ferroso, acido
arsenioso e solfato di rame, forse combinato al solfato rameico
in istato di speciale costituzione. La circostanza di un sale a
doppia base è un ottimo carattere per le acque minerali , che
allora si mostrano di maggiore efficacia. Ed a questo fatto at-
tribuisce il dott. Avancini la guarigione di certe malattie, cioè
delle spiniti incipienti, perchè egli inclina a credere che il sol-
fato rameico abbia una elettività di azione sui nervi spinali e
sul paidollo, che combinata all'azione del solfato ferroso porta
un risultato decisivo.
La cura a Levico consiste dunque nei bagni e nelle bibite.
Per bagni se ne fanno da 20 a 30; quanto alle bibite si co-
mincia con due a tre bicchieri e si aumenta progressivamente
fino a 2 litri al giorno.
184
Guida medica alla fonte nemi-termale di Cninano nel trentino;
del doti. Antonio FàKs, coiranalisi del doti. Manbtti. Trento
1862. Un opuscolo con tavola.
Lungo il magnìfico stradale che dal confine bresciano al Caf-
faro mette a Trento attraverso le Giudicane, vicino ad un punto
detto le Sarche in cui sbocca lo stradale che proviene da Riva,
giace in una magnifica posizione Cornano. La sua fonte, che sem-
bra fosse conosciuta fino dai tempi romani, era andata perduta,
quando nel 1807 per caso tornossi a trovare, e V esperienza fu
la prima maestra che ne additò le virtù terapeutiche.
L'acqua appena attinta è limpida, trasparente, senza colore
ed odore. Immergendo una mano in essa risentési un dolce te-
pore, e si svolgono numerose bollicine. La pelle resta più mor-
bida e liscia. Non ha essa sapore ben distinto, ma non è però
molto piacevole. Alla temperatura esterna fra -)- 10 e + 15
G. l'acqua offre da 26^ a 28^ I risultoti forniti al dott. Ma-
netti dall'analisi quantitativa non lo autorizzano, dice, ad as-
segnare un posto ben determinato a quest' acqua fra le altre.
Troppo scarsa, dice, è la quantità dei principj che la mineraliz-
zano, e nessuno di questi vi predomina in modo da bastare per
sé solo a caratterizzarla. Essa offre rassomiglianza con Plom-
bières, che è pure efficace e che pure contiene dosi forse minori
di principj salini.
Nei primi anni della scoperta V uso era limitato alla cura
degli scabbiosi (o forse per meglio dire degli affetti da pruri-
gine, cosi facilmente con essa confusa). Poi per analogìa vi tras-
sero gli erpetici. Non vi ha erpete, dice il dott. Faes, dalla
forma più semplice a quella più grave ed ostinata, che rimanga
indifferente all'azione di quest'acqua.
Lavando gli occhi con essa , guariscono le ottalmie scrofo-
lose; nelle affezioni artritiche e reumatiche mostrò una singo-
lare efficacia. Riuscì pure nelle gastro-enteriti lente e negli in-
dividui emaciati.
Relazione del trattamento fatto nel 1866 eoi bagni marini in
Voltri degli scrofolosi di Milano , per cura del dott. cav.
Castoldi. Milano 1867. Un opuscolo di pag. 31.
La gentile Toscana fu la prima in Italia, per opera princi-
185
palnaente del cav. Barellaj, ad istituire fino dal 1853 un Ospi-
zio marino sulle ridenti rive del Tirreno, a Viareggio, dove si
mandano ogni anno più di 100 bambini scrofolosi. I buoni ef»
fetti colà ottenuti spinsero il dott. Barellaj a farsi i' apostolo
di 'questa istituzione, ed a percorrere 1* Italia animando dap-
pertutto i medici a farsene iniziatori.
Ecco la storia della istituzione milanese, che noi compilam-
mo sulle cinque relazioni del diligentitsimo segretario del Co-
mitato dott. Castoldi.
La Giunta, la Congregazione di Carità, la Cassa di Rispar-
mio, la Banca ed altri Istituti beneficarono la nascente istitu-
zione. L' amministrazione dell' Ospedale Maggiore concorse in
qualche modo a prò deiristituzione, pagando al Comitato la pen-
sione degli scrofolosi cronici che dal nosocomio passavano diretta-
mente ai bagni. La Direzione delle ferrovie accordò il gratuito
0 quasi passaggio sulle ferrovie. La sottoscrizione aperta in
tutti i giornali cittadini fruttò subito una egregia somma. E
così Milano , che ha già una splendida pagina negli annali
della beneficenza, inaugurava degnamente l'Ospizio marino.
Nel primo anno, 1862, gli infermi furono spediti all' Ospe-
dale di Veltri, ma riconosciutivi alcuni inconvenienti, fra i quali
l' insufficienza dei locali , si accolsero in un ospizio apposita-
mente a quest'uopo allestito dal dott. De Rossi, a Orevari, un
chilometro a ponente da Voltri, ed in riva al mare.
Nel primo anno 1862 gli scrofolosi che furono spediti ad
esperire i buoni effetti dell'acqua marina furono 14. Di questi
6 guarirono, 8 migliorarono. Nel secondo 1863 furono 51 , dei
quali 24 guarirono , 24 migliorarono , 3 rimasero stazionarj.
Nel terzo 1864 furono 53 , di cui 20 ricuperarono una inspe-
rata salute , 29 si trovarono migliorati , e 3 rimasero ancora
refrattari. Qui il risultato fu un pò meno lusinghiere , e ciò
perchè nell' immenso numero dei petenti si scelsero i più gravi.
Nel 1865 se ne spedirono 61 , e di questi 25 guarirono , 36
migliorarono, ninno fu refrattario. Nel 1866, a dispetto della
guerra, se ne spedirono 54 , dei quali 47 ebbero una cura di
42 giorni, e 7 di giorni 84, 22 tornarono guariti, 30 quasi, 2
refrattarj. Queste cifre provano ad esuberanza l' importanza
scientifica di quella cura. Le cure cominciarono al 1.® giugno
e proseguirono a tutto agosto.
186
Il doti. Castoldi traeva fin dai 1864 il corollario, che Taria
ed il bagno di mare sono di una incontestabile utilità nella
cura della scrofola , specialmente in quanto regolarizzano le
funzioni vegetative ed animali, e modificano il misto organico
sempre alterato nei scrofolosi. Questa doppia efficacia è, secondo
lui, costante in tutti gli scrofolosi indistintamente, ma più mar-
cata nei casi di scrofola non ereditaria. Egli crede che i mari
dei climi caldi riescano più vantaggiosi di quelli dei climi freddi,
per la maggior copia di sali che tengono in dissoluzione, e per
la più alta temperatura che permette un bagno più prolun-
gato.
In tutte le forme locali della scrofola trovaronsi vantaggiosi
i bagni di mare , ma non in tutte nell' identica proporzione.
Eccone la scala : affezioni gangliari del sistema linfatico , affe-
zioni delle mucose, affezioni della pelle , affezioni dei capi arti-
colari, affezioni delle ossa.
L' uso interno dell'acqua di mare, per la sua proprietà ir-
ritante sulla mucosa intestinale, non pare opportuno nella cura
della scrofola. |1 bagno caldo di mare possiede una potente
azione disciogliente , ma non che tonico, è controstimolante, e
come tale meno indicato di quanto sia il bagno freddo. L'aria
di mare e i beneficj che apportano i bagni, aumentano in tutti
gli ammalati in modo straordinario 1' appetito, e perciò nascono
spesso disordini gastrici. Il curante deve quindi andar molto
guardingo. In genere però il vitto degli scrofolosi durante la
cura balnearia deve essere lauto ed azotato.
La vantaggiosa modificazione che i bagni di mare arrecano
al misto organico, continua ad appalesarsi anche dopo finita la
cura, con una maggiore obbedienza delle affezioni locali all'or-
dinario trattamento, ed una conseguente facilità alla cicatriz-
zazione delle piaghe.
La benefica istituzione degli ospizj marini , dopo i buoni
saggi di Toscana e Milano , fu imitata nel resto d' Italia. Nel
1863 Modena, nel 1864 Pavia e Bergamo; Modena, Bologna,
Ferrara mandano sulle sponde deirAdriatico i loro infermi in
un vasto e comodo ospizio a Fano.
L' opera italiana ebbe un felice contraccolpo all' estero. Al
Congresso di Gand del 1864 il dott. Janssens, reduce dall' Ita-
187
Ha, ne parlò molto favorevolmente e fu incaricato dell'istitu-
zione d' un ospizio per il Belgio. La Francia stessa ci imitò e
TAmministrazione della assistenza pubblica parigina fondò nel
1864 uno stabilimento ospitaliero sulle coste della Manica, a
Berck. Dapprima fu costrutto un locale in legno , ma poi ve-
dendo i risultati sorpassare le previsioni , gli fu dato un più
stabile assetto ed ora prospera.
Il dott. Barellaj volle anche in Roma promuovere questa
santissima istituzione, alla quale da molti anni ha consacrato
tutte le sue forze e che non gli è contestata neppure dagli
stranieri, perchè nella Gazette hebdomadaire, N.^ 13, 1867, si
legge : C'est au prof, Barellaj qui revient l'honneur d*avoir
concue Videe dea Hoapioes maritimea et d'avoir par son éner-
gique initiative réalisé une dea inatitution philantropiques
doni l'Italie peut a^enorgueillir.
Rilevo ora dal Giornale di Roma ( Aprile 1867 ) che egli
vi ebbe prospere accoglienze, e che tutto lasciava sperare per
la riuscita.
Così ritalia possiede ora 6 ospizi marini, quattro sul Medi-
terraneo, Viareggio, Livorno, Voltri e Sestri levante ; due sul-
l'Adriatico, Fano e S. Benedetto del Tronto. Venti città italiane
hanno già adottato la benefica istituzione; eccole in regola d'an-
zianità. Firenze, Prato, Pistoja, Siena, Montalcino, Montepulcia-
no, Arezzo, Poscia, Lucca, Pisa, Milano, Bologna, Modena, Reg-
gio, Ferrara, Bergamo, Pavia, Cremona, Ascoli-Piceno, Fermo,
Roma.
L' aria e 1' acqua del mare sono utili nelle malattie scrofo-
lari. Ma le forme più gravi della scrofola si manifestano nelle
casupole, sur pagliaricci dell' infima plebe, e vi languiscono o
si spegnono all' ospedale. Questi poveri figli della miseria non
aveano ancora esperimentato il benefizio del mare ! E questa è
la vera democrazia ! Non quella che assorda con tribunesche
frasi nelle colonne dei giornali, ma quella che erige le case per
gli operaj, che apre le scuole serali e festive per il popolo, che
soccorre a domicilio la povere madri allattanti i proprj bimbi,
che raccoglie ed educa i figli abbandonati, e li cura coi mezzi
dei ricchi.
Se però a Milano nel 1863 introitaronsi per questa santis-
188
•ima istituzione 8200 lire, nel 1864 11,300, nel 1865 9400, nel
1866 furono appibna 5500. È una prospettiva tutt' altro ehe
lusinghiera, dice il relatore Castoldi, che dopo aver lavorato
per cinque anni onde fondare stabilmente questa nuova bene*
flcenza , per intento e per felici risultamenti non inferiore ad
alcun' altra, si debba cessare per mancanza di fondi. No, an-
che noi, vogliamo sperare, che un' opera pia, riconosciuta van-
taggiosissima, abbia a perire, e facciamo voti affinchè rifulga
più viva la carità cittadina a favore degli Ospizi marini.
Guida igienica pei bagni di mare; del dott. cav. G. B. Pb-
SCETTO. Genova, 1862. Un voi. di pag. 271 in 8.®
La costumanza di prendere il bagno nel mare era usitatis-
sima anche presso gli antichi ; ne parlano Omero e Svetonio.
Ma colle famose Terme , che costituivano la delizia e il lusso
dei nostri padri, i romani, durante la barbarie medioevale cad-
dero anche i bagni di mare in disuso, ed anche dopo convenne
aspettare che 1* Inghilterra soltanto verso la metà del secolo
scorso li chiamasse dall' obblio. La Germania vide sorgere il
suo primo stabilimento solo sulla fine del secolo; successero
Ostenda nel Belgio^ Dieppe a Bouiogne in Francia, e da ultimo
ritalia. Sull'Adriatico ebbe: Venezia, Rimini, Ancona, Pesaro,
Fano, Sinigaglia ; sul Mediterraneo : Napoli , Ischia , Castelia-
mare, Civitavecchia, Livorno, Viareggio, Spezia, Genova, Sa-
vona, Mentono, Nizza. Poco però fruttavano. In Genova fino ai
1830 fu sufficiente un solo stabilimento ; il bagno era ricercato
più a scopo di refrigerio e di solazzo che per cura. Come mezzo
igienico e terapeutico era raramente prescritto. In oggi invece
sono saliti in tanta estimazione da eguagliare, se non superare,
quella dei più rinomati bagni minerali e idropatici.
Il dottor Pescetto ebbe quindi la bella idea di dotare anche
il nostro paese di un Manuale teorico-pratico atto a servire di
norma ai bagnanti per una retta applicazione dei bagni ma-
rini, come ne aveano fatto il Barzilai (Venezia, 1853); il Mala-
godi (Fano, 1860) e lo Squarci (Livorno, 1865).
Questo suo lavoro riesce utile ai bagnanti non solo , ma
fornisce ai medici , che vivono lontani dal mare , una istru-
zione capace a guidarli nella scelta dei casi che richieggono
l'uso di questi bagni.
189
In un primo capitolo parla dell' atmosfera marina e delle
qualità tìsico-chimiche dell'acqua ; in un secondo di alcuni spe-
ciali fenomeni del mare, come la marea, la fosforescenza ; nel
terzo discorre del modo di prendere il bagno , nel quarto del
bagno caldo , nel quinto dell'uso interno dell' acqua , nel sesto
del bagno sotto forma solida. Seguono capitoli sugli effetti fisio-
logici dell'acqua di mare, sulle norme igieniche da seguirsi per
esso, poi viene alle malattie nelle quali l'acqua di mare spiega
in modo prevalente la sua efficacia. In primo luogo pone la scro-
fola, per la quale dice avere un'azione specifica e ne propone
l'uso interno ed esterno ; la rachUide, la clorosi, la leucorrea,
le malattie uterine, E qui distingue giustamente. Se, dice egli,
l'irregolarità della funzione mestruale è mantenuta da qualche
malattia cronica dei visceri, i bagni sono nonché inutili , dan-
nosi; ma se dipende da cagioni generali ed accidentali^ come co-
stituzione debole, isterica, nervosa, o da causa improvvisa, allora
il bagno marino , principalmente con semicupi caldi, è un sus-
sidio efficace e pronto. Fra le malattie uterine curabili pone
le lente deviazioni, gli abbassamenti dell'utero, gli ingorghi con
0 senza escoriazioni, e le granulazioni.
Fra le malattie in cui 1' acqua di mare spiega una minor
efficacia, enumera la sterilità, l'ischialgia e la nevralgia in genere,
i morbi chirurgici locali.
Fra le malattie cutanee dice ottenere qualche buon risultato
quelle a forma secca. U Appendice della Guida è destinata ai
touristes. Vi sono indicati i principali stabilimenti della Ligu-
ria ; descritte le ville famose di Pallavicini, Rostan , Doria ; il-
lustrate le gite a Pra, Voltri, Sestri, ecc.
Recoaro e le sue fonti minerali; piccola Guida del dott. Luigi
Chiminelli. Un volumetto di pag. 131. Bassano, 1865.
Fu un conte Lelio Piovene, patrizio vicentino, che nel 1694
rese nota al pubblico questa celebre fonte, la quale poi dal suo
nome fu detta Lelia. L'esperienza ha dimostrato in seguito la sua
alta efficacia e 1' ha posta fra le più celebrate analoghe fonti.
È de.ssa acidulo-salino-ferruginosa, e si approssima assai per la
qualità e proporzione dei suoi elementi, alle estere di Spa, Pyr-
mont , Marienbad , Schwalbaoh , alle nostrane di Rabbi, Pejo,
190
S. Caterina, S. Colombano. Quelle di Reeoaro sono un pò più
lassative e più tollerate dallo stomaco di parecchie fra le citate.
Reeoaro è un ricco comune di 5600 abitanti , costituisce
r ultimo confine all' ovest della provincia di Vicansa, in fondo
ad una amenissima valle , al piede delle montagne dolomiche
che separano quella provincia dal trentino, che lo recingono
difendendolo dai venti di N. e N-0., a guisa di magnifico anfi-
teatro.
Si trovarono queste acque molto proficue nelle lente irrita-
zioni gastro-intestinali, con inappetenze, dispepsie, rutti acidi,
stitichezze ostinate , diarree croniche ; nelle affezioni emorroi-
darie, sia dell'ano che della vescica orinarla ; nelle affezioni epa-
tiche. Secondo il dottor Chiminelli, 1' opinione troppo general'
mente ammessa che per le malattie cutanee non giovino che
le acque minerali solforose, le alcaline e le solfo-iodate e nulla
le ferruginose, è smentita dalla giornaliera esperienza, perchè
si trovarono utili quelle di Reeoaro nelle lente affezioni cuta-
nee, come nella orticaria cronica, nella prurigine, gotta rosacea,
erpete.
Le marziali più importanti dell'Alta Italia sono Reeoaro, Pe-
jo, e S. Caterina. Ma queste ultime hanno una maggior quan-
tità di ferro e d' acido carbonico libero , sono scevre dal gesso
che contiene Reeoaro, contengono per di più carbonato di soda
e cloruro sodico, ottimi ingredienti. Reeoaro favorita da felice
posizione e facile accesso ha più grande concorso di ammalati
sul luogo. Pejo troppo alpestre e remota supera per bontà di
prineipj mineralizzatori e si spaccia in bottiglie in gran quantità.
La febbre termale ; brevi cenni del dott. Franchwi Eugenio,
seconda edizione. Torino, 4864. Un opuscolo di pag. 46.
L'Autore ha voluto studiare quello stato febbrile, caratte-
rizzato da anoressia, peso all'epigastrio, agitazione, insonnia,
acceleramento di polso , che di spesso si manifesta in coloro
che si assoggettano ad una cura termale , o alcalina , o solfo-
rosa. Essendo stato addetto al servizio sanitario nello stabili-
mento termale militare d'Acqui, ebbe campo di studiare l'affe-
zione là appunto ove è più frequente per la natura di quelle
acque.
191
Egli è quiadi pervenuto a stabilire che la febbre termale
è un'affezione speciale: sui generis ; che è distinta dalla febbre
gastrica e gastro-reumatica , con cui Ja si volle confondere ,
perchè ha un decorso regolare suo proprio, fisionomia sua pro-
pria , un' eruzione sintomatica ; perchè non colpisce che quelli
che fanno uso delle acque , o che da poco le hanno sospese, e
non incoglie che una sol volta i bagnanti.
L' Autore però invano ne ricercò la causa prossima. Essa
ci sfugge. È certo che l'elevata temperatura la favorisce ; che
il vitto eccitante quasi totalmente carneo, i cibi mal cucinati,
i vini alterati, le frutta immature sono pure motivi di sviluppo.
L'uso delle bevande solforose lo è pure. Molti ammalati invece
di cominciare a berle a poco a poco, le bevono subito in quan-
tità, nella falsa speranza di far più presto a guarire.
Talora questa febbre scompare con meraviglierà celerità ,
talora invece persiste a lungo. Astensione dalle acque , dieta ,
riposo a letto, bevande acidule, bastano di solito a guarirla.
Relazione fatta al Municipio di S, Vincent f Aosta J intorno
air acqua minerale acidulo- ferruginosa e salina, che sca^
turisce da una rinomata sorgente in vicinanza di detto
comune , e nuova chimica analisi della medesima ; del
comm. Angelo Abbene ( e Gìorn. della R. Accad. med. di
Torino », N. 15 e 16 del 1864).
Leggermente purgante senza arrecare incomodi intestinali,
diuretica , litontritica e disostruente , sorse il dubbio che
r acqua medesima non fosse più nelle condizioni del passato e
che, 0 per infiltrazione di altr'acqud semplice, o per altre cir-
costanze ne fosse variata la composizione^ epperciò la efficacia.
Il Consiglio municipale di S. Vincenzo deliberò di far procedere
ad una nuova chimica analisi, a mezzo del comm. Abbene. Esa-
minò questi le due sorgenti , superiore ed inferiore , e trovò
che esse hanno fra di loro molta analogia, e che la sola diffe-
renza fra la prima e la seconda consiste nel contenere la se-
conda traccie di acido solfidrico o di un solfuro solubile , un
pò meno di gas carbonico libero e di carbonato di ferro ed
un pò più di solfato di soda. — Non vi riscontrò composti
arsenicali. — Trovò in entrambe la presenza dell' iodio allo
192
stato di joduro , ciò che rende anche ragione della efficacia di
quest'acqua. — Trovò infondate le voci sparse circa la sua virtù,
e la confermò maggiore, colla nuova analisi.
I
Sorgente superiore.
Gas addo carbonico
» ossigeno libero traccio \ 0^900
» azoto traccie
Solfato di soda \
» B potassa traccio | '
Bicarbonato di soda 1,347
» » calce
» » magnesia
^ 9 ferro 0,100
Cloruro di sodio o sai marino
Joduro » » traccie molto sensibili
Bromuro traccie appena sensibili, silice e allumina é
Tur * .I- ♦ • 1 0,100
Materia di natura organica I '
Acqua 990,850
I 1,600
0,876
Sorgente inferiore.
4000,000
I 4,483
Gas acido carbonico
» ossigeno libero traccie molto dubbiose f q ^qa
» azoto ' '
» solfidrico traccie appena sensibili
Solfato di soda
» » potassa traccie
Bicarbonato di soda 1,477
» 9 calce
» » magnesia
» f ferro 0,050
Cloruro di sodio o sai comune ]
Joduro di sodio traccie assai sensibili I 0,880
Bromuro traccie appena sensibili j
Silice e allumina \ n^nn
Materia di natura organica ) '
Acqua 999,920
1,500
1000,000
1^93
Confrontando V analisi Àbbene con quelle già antiche d\
Gìoannetti e^Cantù , si trova ehe la quantità dei: materiali d^
neralizzatori della sorgente superiore fu da Abbono trovata cor»
rispondente al 9,15 per mille -— delia inferiore, del 0,08 — ^ e
che in quella Gioannetti e Cantù corrisponde al 9,11 per mille
grammi di acqua.
Notice sur les bains de Pfeffers , etc. — Notizia sui bagni di
Pfeffers, ad U90 dei bagnanti e dei v̀tggiatori. St^Gall^ 1866.
PfelTers è un villaggio nel cantone svizzero di S. Gallo, ce-
lebre per i suoi bagni termali e per la magnifica posizione. La
sorgente è situata in mezzo ad un orrido spettacoloso; vi si di-
scende per un sentiero molto erto e lungo 1 chilometro e^ Tacqua
scaturisce da rupi , che costituiscono una delle vedute più no^
tabili della Svizzera. Nessun altro luogo in questa e forse in Eu-
ropa, può secondo il dott. Ebel, essere paragonata colla natura
selvaggia della Gorge de Pfeffers. Lo stabilimento dei bagni è
posto in una valle molto stretta formata da un torrente impe-
tuoso, la Tamina, e non può comprendere più di 300 persone.
Si trova all'altezza di 2130 sul livello del mare. L'aria vi è
pura, imbalsamata dalle benefiche esalazioni dei boschi di coni-
feri.
Non vi ha mai polvere, e la posizione dello stabilimento in
mezzo alle roccia lo mette al coperto dai venti, e dai rapidi
cambiamenti dì temperatura. Il clima quindi d'estate è dei più
dolci ed aggradevoli. L' acqua non scola che l'estate, ha la tem-
peratura di 30.^ R., è senza odore, senza sapore, senza colore,
non dà alcun sedimento e si conserva bene entro le bottiglie.
Pfeffers ha una fama europea da qualche secolo , e le sue
acque si prendono per bagno e per bevanda dalla metà di giu-
gno al principio di settembre a qael stabilimento fornito di tutti
i comodi e assai frequentato. L' acqua presa per bevanda ca-
giona vertigini. La durata della cura si calcola di 3 settimane.
I composti che 1' acqua di Pfeffers contiene sarebbero spe-
cialmente solfato di soda e di calce, carbonato di magnesia e
di calce. È strano, perchè il primo e il terzo sono due leggieri
purganti , il secondo e il quarto rappresentano uno il gesso ,
r altro il marmo. E per di più vi sono anche dei silicati. Ep*
Annall Val. CCr 13
194
pure quanto famose quest'acque nelle malattie nervose e cu-
•^anefl, nedle afiBzioni deU*a|^pareccbÌQ digerente e urinario!
Pfeffers è dunque cotte €hi8teia« Plombiòrei , eoe. , ed ba il
vantaggio che la sua acqua bevendola non desta quella sen*
sazione disgustante, cbe provoca V aoqua ordinaria calda , ma
invece una sensazione di calore dolce e aggradevole nello sto-
maco. Si digerisce presto e facilmente. In Italia Bormio po-
trebbe competere con Pfeffers, e mentre questi contiene più
cloruri , quello contiene più sai amaro e di già ubero. In Bor-
mio però manca il -carbonato di magnesia di PfefTers , cbe è
Boetituito dai carbonato di calce. La temperatura di Bormio è
la medesima di Pfeffers.
Rflgaz è un villaggio presso la fonte, colla stessa orrida ma-
gnificenza e non è composto che di alberghi. L'acqua però ar-
rivandovi perde del suo calore e della sua fòrza. I veri amma*
lati vanno quindi a Pfeffers, gli altri restano a Ragaz.
La fonte actdulo-marzìAle-aicalma di S, Caterina; stndj del
dott. cav. G. Casella. Milano, Brigola, 1867. Un volumetto
di pag. 158 con due carte geogràGche e una veduta.
Da molti anni frequentando il dott.. Casella questa nostra
celebre fonte, ha potuto raccogliere varie osservazioni fatte
aia su sé stesso j sia sugli altri , onde stabilire^ un logico cri-
tfcrio sugli effetti suoi. Comincia quindi col descrivere il viag-
gio per recarvisi. Essa, come già dissi, giace in una vallt» detta
Furva, ohe si trova in Valtellina, dopo passato Bormio. Il va-
sto altipiano su cui giace S. Caterina trovasi a metri 1768 sul
livello del mare.
L'acqua, è limpidissima, senza odore, di sapore acido piccante;
zampilla appena attinta ,> <nel beveria produce il pizzicore in
bocca che proviamo colle ordinarie acque gazose. La tempera-
tura è di 6.^4 C. per cui è la. più fredda di tutte le marziali.
La quantità d'acqua fluente perenne dal foro di un larice tra-
panato in un' ora è di litri 200, quindi nella giornata di 4800.
Oltre la molta quantità di gas acido carbonico, contiene mag-
gior copia di ferro di tutte le acidule conosciute; esso into-
naca subito le pareti dei vaso in cui si raccoglie l'acqua. Il
ferro è alio stato 'di perossido ^ combinato coli' acido carbonico.
'. . I
195
Btilla recehtissigaa analisi fatta dal ehiarìsslmo Pave9Ì| profas-.
sore di chimica alla Università di Pam,; quest'acqua va aniio^
varata fra le piji ricche ferruginose* Conterrebbe una quantità
di ferro doppia delle ^cque di Pejo, tripla dì quelle di Recoaro
e S. Maurizio. 01tr<e a ciò vi si trova in proporJiiQne relativa-
mente gran4e anche la soda^ in gran parte allo stato di sol-
fato, ed in parte allo stato di cloruro e bicarbonato, ond'è che
S. Caterina va pure annoverata fra le acque debotoente alca*
line.
Per cui volendo il dott. Casella manifestare un giudisio pro-
porzionale sulla virtù delle varie fonti marziali in base ai com-
ponenti ed agli studj pratici, stabilisce la seguente graduazione :
S« Caterina, Pejo, Eabbi, S. Maurizio, $,. Bernardino, ReCoaro,
Tartavalle.
Il dott* Casella passa in seguito a dimostrare qual sia ra-
zione meccanica e dinamica delle acque marziali, per venire poi
ad esporre la natura delle malattie nelle quali è. indicata quella
di S. Caterina, il tempo e il modo con cui beveria e altre in-
dicazioni importanti.
Quanto alle afiEezioni, quest'acqua è molto indicata nelle ma-
lattie del tubo gastro-intestinale, come dispepsie, gastralgie, pi-
rosi, catarro cronico, vizi emorroidarj, ecc., nelle malattie ttte*
rine, principalmente poi nella clorosi e nell'isterismo ; nelle ma*.
lattie dell'apparato uro-pojetico, come cistiti croniche, catarri
vescicali, concrezioni calcolose, renella. Chiude da ultimo il suo
bel lavoro il dott. Casella col ricercare se queste acque possano
essere utili nelle malattie degli organi del respiro. Accennato
alla discrepanza esistente negli autori riguardo all' efficacia
delle acque marziali in esse , aggiunge crederle bensì inutili
nelle bronchiti e tubercolosi a stadio avanzato, ma giovevoli in
coloro che manifestano debolezza di costituzione, temperamento
linfatico , abituale tendenza alle infreoklature ed alla iperemia
polmonare.
Notice sur les eaux, etc. — Notizia sulle acque termali tal-
f or ose di Schinznach; per A.. Robert. Strasburgo, 1865.
Con 4 tavole.
Nel Cantone d' Àrgovia , in una delle più ridenti contrade
196
della Sviuera, tulle rive dell' Aar, in fertilissima pianura , tì-
eina al luogo dove gU Habsbourg ebbero culla , giaee Schinz-
nach. Ivi scaturisce un'acqua solforosa la più riccamente prov-
vista di gas acido solfidrico fra tutte quelle che si conoscono,
e delle più famose, poiché la sua proporsione è superiore a
quelle di Aiz in Savoja, di Aiz-la-Ghapelle, di Eaux-Bonnes nei
Pirenei.
Il dott. Robert, ricordando questa speciale ricchesza, si do-
manda il perchè Schinsnach non goda finora .della fama delle
fonti su ricordate per la cura delle affezioni polmonari e perchò
si seguiti ancora a mandare gli infermi soltanto a quelle. Ed
è appunto a colmare simile lacuna che è diretto il suo libric-
cino. La fama di Schinsnach nelle dermatosi le più inveterate,
nelle malattie scrofolose le più varie, è stabilita su numerosis-
sime guarigioni ; restava a determinare le indicazioni e ad
usarla nelle affezioni polmonari. A questo scopo occorreva una
nuova installazione. Occorrevano sale d' inalazione , apparecchi
perfezionati , insomma tutto l' arsenale speciale destinato alli
differenti modi d'amministrazione delle acque solforose. Lo sta-
bilimento subì ora questa trasformazione, fu munito di tutti
gli strumenti i più perfezionati.
Le acque solforose vengono di solito distinte in solforose
sodiche e solforose calciche. Le prime sono poco mineralizzate,
le seconde molto. Le prime di solito calde , le seconde spesso
fìredde. Schinznach appartiene alle prime , è termale da 32® a
35". Svolge una gran quantità di gas solfidrico , è riccamente
mineralizzata.
Esso come Pfeffers , Loéche , Baden in Svizzera , che sono
acque solfate deboli, come i bagni di mare, producono subito Ve»
santema termale^ efflorescenza di cui non si conosce ancora la
causa.
Secondo il dottor Hermann , Schinznach sarebbe poi un
reattivo della sifilide, perchò richiama alla cute le manifesta-
zioni cutanee sifilitiche nei casi in cui la malattia sembrava
guarita ed era latente.
Ì97
Bes principales eaux minerales, eie. — Delle principali (i^que
minerali d'Europa; del dott. Armano Rotureau. Voi. 3, in 8.^
Paris, Ì858-64.
Il primo volume di quest' opera è conBàcrato all' acque di
Germania e Ungheria. L'Autore dopo aver raccolto documenti
e note in abbondanza mediante yarj viaggi e studj, ha creduto
cominciare la sua pubblicazione colle sorgenti tedesche , poco
conosciute, dice, in Francia, dove il professore di terapeutica
non può accordar loro nell' insegnamento che un ben piccolo
posto per mancanza di tempo.
Egli comincia quindi con una osservazione generale riguar-
dante r esattezza delle analisi chimiche , facendo notare che i
chimici tedeschi non segnalano di solito la presenza dei bicar-
bonati nelle loro acque minerali, e dice che si è qualche volta
tentati di rimproverar loro questa grave ommissione. Un tale
rimprovero, aggiunge , non è però fondato , poiché questa ap-
parente ommissione tiene al modo con cui essi indicano la quan-
tità del gas acido carbonico contenuto nelle sorgentL Essi di-
stinguono infatti: i.* il gas allo stato libero, 2.* il gas allo
stato di soluzione , 3.® il gas allo stato di semi-combinazione ,
4.® il gas allo stato di completa combinazione. Ora siccome le
proporzioni di gas acido carbonico allo stato di semi-combina-
zione fanno precisamente dei bicarbonati , essi in seguito a
quelle indicazioni debbono farli figurare come carbonati neutri.
Abbandonando ogni classificazione delle acque basata sui
composti chimici , il signor Rotureau si attenne alla posizione
geografica degli stabilimenti. Preso per punto di partenza Test
della Francia, continuò le sue esplorazioni rimontando verso il
nord, per ridiscendere al sud della Germania e poi neirUngheria,
e ne creò XII Capitoli , che divise poi in sezioni. Fece prece-
dere a questa parte una prima , nella quale trattò le genera-
lità sulle acque minerali in Y Capitoli.
Non tutte le fonti minerali però vengono descritte, perchè
sono troppe. L'Austria sola ne possiede più di 3 mila I Egli si
limitò a quelle dove esistono stabilimenti, e che hanno una
vera fama terapeutica. Di più rinchiuse in un capitolo appo-
sito le acque minerali trasportate^ quali Sedlitz, Saidschùtz,
PùUna, ecc.
198
Quanto al-t'Azione terapeuticft tn getier^, l'Àutoro giusta-
mente riguarda eomc refrattftrj all'azione delle aeque minerali :
il cancro, il tubercolo, la sifilide, 1' epilessia, le affezioni orga-
niche del euore , e la gotta arrivata all' ultimo grado con toft
che deformano le piccole articolazioni.
Se le acque sono in Germania numerose e benefiche, non
risulta che siano tenute bene. Esse sono quasi sempre raccolte
in tinozze di legno di quercia, per cui i principj mineralizza-
'tori hanno un'azione sul tannino e sulla resina del legno. Non
sono quasi mai protette da un coperchio^ non chiuse al pubblico,
per cui nelle ore in cui non le si beve servono talora ad in-
dostrie disgustanti. Crediamo però che dal i858 in poi, epoca
del primo libro, questi inconvenienti saranno scomparsi. I bagni
invece , dice l' Autore* , sono in generale piantati con maggior
lusso in Germania^ che in Francia.
Il secondo volume dell'estesissima opera del Rotureau pub-
blicato nel 18^9 fu dedicato all'ac^u^ minerali dèlta Francia,
Il terzo invece comparso soltanto nel 4864 fu riservato ialle
aeque minerali dell' Inghilterra , Belgio, Spagna, Portogallo,
Svizzera , Italia ^ ed a questo modo il vasto argomento era
completato.
Dell'Inghilterra trovansi descritte 8 fonti, cioè la quasi ab-
bandonata Cheltenhàm dove il Municipio fa pagare un sceU
lino per ogni bicchier d'acqua che si beve; l'antichissima Bath,
le cui sorgenti termali hanno fama mondiale , amministrando
50 mila bagni all'anno^ e che rivaleggia con qualunque mi-
gliore stabilimento di Germania e Francia ; la solforosa Lea-
mingtoH; l'acidulo-ferru^inosa Buxton; la cloruro-sodica Har-
rowgate ; 1' acidulo-ferruginosa Tunòridge-Wells ; la abbando*
nata e amarissima Epsom, che non serve ora che all'estrazione
del solfato di magnesia nella vicina Birmingham ; la acidula
Clitfon, presso Bristol, della temperatura di 20* R.
Del Belgio non vi è accennato che l'unita suo stabilimento
minerale, Ift notissima Spà , acidulo-ferruginosa, con fanghi
composti d' un deposito ocraceo delle fonti , e d' una terra ne-
rastra che si trova ne'suoi contorni.
Delle italiane vi si trovano descritte 20 delle più impor-
tanti ed abbastanza esattamente. Della Svizzera 13.
199
Chiude l'opera un' appendice contenente le |ieggi e Decreti
concernenti le fonti e le acque termali in Franefa. Facciami
di nuovo voti perchè anche fra noi vengano regolate con isti*
tuzioni uniformi.
Guide pratique , etc. -^ Guida pratica alle acque minerali
francesi ed estere; del dott. Gostàntin James. 7.' edizione.
Parigi , Masson , 1867.
È questa un'opera non meno utile al medico, che al bagnante
ed al tou rista. Eseguita in una splendida edizione», con una
carta itineraria , con numerose vignette in acciajo rappresen-
tanti i più rinomt^ti stabilimenti, essa è nelle mani di tutti ed
è veramente una guida pratica necessaria. Però nella carta
itineraria , per quanto detta delle acque dell' Europa , manca
l'Inghilterra e metà Italia, e non si seguì l'esempio del nostro
Garelli di colorire diversamente le località a seconda della na-
tura dell'acqua, onde a prima vista conoscerne la composizione.
Il dottor James adottò una divisione delle acque basata sulla
loro composizione chimica, che è la più accetta, cioè in solfo-
rose, ferruginose , alcaline , gazcse , bromo-iodurate , saline.
Divide poi quelle della Fraoeia in ^5^ regioni geografiche: cen-
tro^ mezzodì, est, ovest, nord; trattando in capitoli speciali
quelle di Savoja e della Corsica^ e dedicando due aj^pendici,
una alla visita della famosa Grande- Chartreuse , l'altra ai
bagni a vapore di trementina. La prima ha un' impoi*tanza
touristica per la selvaggia bellezza del così detto Deserto in
cui si trova, ed una importanza finanziaria per il prezioso li-
quore che fornisce. Semplici locata rj oggi della casa che fu la
culla del loro ordine , ridotti ad essere i fittabili d' un suolo ,
che non era loro patrimonio legittimo e di cui non furono^
indegnamente spogliati, come piace dire al dottor Jam^s , <na
dall'influenza della grande rivoluzione francese e della civiltà
aumentante privati delle enormi loro ricchezze con ogni mezzo
accumulate, i Certosini vi si dedicano all'umile, ma proficuo me-
stiere del liquorista! Quanto ai bagni di vapore terebentinati,
è nel dipartimento della Dròme che sembra siansi questi co-
mineiati ad usare. Da più di un secolo gli operai occupati
ad estrarre la resina (X&ì forni, che servono alla vifi fabbrica*
eoo
zioae, aveaiio osservato che colora che erano affetti da catarri,
guarivano. Ma tali guarigioni non aveano oltrepassato quei
confini , finché il dott. Chevandier ne fece argomento di una
interessante pubblicazione. Allora il metodo si volgarizzò. Il
forno per la pece è una cavità ovoide , profonda due metri ,
larga un metro e mezzo , sotterranea , dove i ritagli di pino
vengono nella notte trattati con un fuoco ardente. Il vapore
balsamico che svolgesi dal forno viene condotto in casse , dove
si mettono i malati e dove si può graduare la temperatura »
ma dalle quali si sorte in sudore profuso. Si giunge in queste
stufe a sopportare da 60 a 80* C.
Parlando delle acque minerali della Svizzera, il dott. James
non manca di dare dettagli anche sulla cura col siero di latte,
e sulla cura dei latte d'asina fermentato che da tanto tempo
vi si pratica.
Fra le acque minerali del Belgio annovera^ oltre Spa, an-
che le dimenticate Caufontaine e Tongres, l'ultima delle quali
ebbe Talto onore d' essere citata con elogi da Plinio col nome
di Tungri civitas Gallice.
Seggono le acque minerali di Germania e d* Austria ^ non
che un cenno sulla cura, deir uva, che praticasi in Germania,
a completare razione delle acque minerali, ed anche da sola.
La chiamano un trattamento rinfrescante e la credono utile ai
tisici.
Dopo le acque minerali d'Italia descritte abbastanza bene,
e un'ascensione al Vesuvio, e una visita alle stufe di Nerone,
alla Grotta del Cane ed alla Grotta d'ammoniaca (1), viene
uno studio sui Bagni marini, e poi sull' Idroterapia,
Segue un piccolo trattato terapeutico dello malattie per le
quali si va ai Bagni , diviso in cinque capitoli : malattie ner-.
vose, di petto, di ventre, chirurgiche e generali^ come scrofola,
cachessie, ecc. Un capitolo apposito è dedicato alla gotta, e uno
alla sifilide^
(1) Il dott. G. James è cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro,
è membro corrispondente delle Società mediche di Torino, Mi-
lano, Firenze, Napoli, ma ciò non toglie che parli con compia-
cenza del giovane re di Napoli, che si è immortalato colla
sua eroica campagna difendendo i suoi diritti a Gaeta!
261
Ghiade il libro un capitolo sulle acque minerali artificiali^
tanto per quelle destinate come bevande, quanto per quelle de-
stinate all'uso esterno.
Una dimenticanza strana abbiamo trovato in questo libro y
d'altronde così perfetto. — Non vi ha cenno delle acque mine-
rali d'Inghilterra.
Delle aeque iermo'fninerali del Balneolo; del dott. Antonio Can-
dido. Napoli, 1867. Op. di pag. 112.
Sotto il pseudonimo di Candido si nasconde un distinto si-
filografo napoletano, il quale oltre avere edificato un grandioso
stabilimento a Baja, in quel golfo magnifico di cui Orazio ebbe
a dire che : nullus in orbe locus Baiis praelucet amoenia.,,. e
non aver ommesso cura onde accoppiasse il vantaggio sanitario
all' agiatezza ed eleganza , ha voluto anche illustrare la fonte
con questo libriccino.
In quei luoghi famosi della Campania, che tanti avvenimenti
memorabili, la storia, la poesia, la favola resero immortali, dove
la dolcezza dell'aere, lo splendido panorama del mare, i colli ri-
denti e coronati di pampini , d' uliveti e di balsamici fiori ....
litora quae fuerunt castie inimica puellis (Properzio).... nu-
merosissime erano le terme^ e se ne trovano descritte 31 negli
autori romani.
Un fortunato evento fece rinascere a vita una terma già
decantata e perduta. Il sifilografo Patamia nel dissodare il ter*
reno, onde trapiantarvi le viti , trovò i ruderi dell' antico pa-
lazzo romano^ del prisco Balneolum, una fonte d'acqua e lì vi-
cino eresse il suo nuovo stabilimento. A mezz'ora da Napoli
sulla strada che mena all'incantevole spiaggia dei bagnoli, esso
ha dirimpetto Nisida, a destra Pozzuoli, Baja, e l'isola di Capri
— prigione e paradiso a Tiberio — di dietro, ed a sinistra colli
vaghi ed ameni, ed è posto lunghesso il lido. Lo stabilimento
contiene 30 vasche di marmo ad acqua corrente , in eleganti
stanzini dipinti alla pompejana, e forniti di ogni comodità pel
bagnante. Vi sono due piscine per il nuoto^ una per sesso, ali-
mentate d'acqua minerale vergine.
Sebbene basti in quei luoghi praticare dei fori artesiani non
più che alla profondità di 5 metri per avere in abbondanza ac-
202
qua minerale, tattayia tre fonti sole osansi allo stabilimento.
L' una elorurata-sodica a 42.^ C. e alimenta la piscina ; le al-
tre due alcaline; la più calda a 50.® C, provvede bagni e docce,
la meno calda 25® C. si beve. Per cui le due ultime si usarono
con successo nelle affezioni addominali, vescicali, uterine; la ciò-*
rurata-sodica nella clorosi, anemia, scrofola, rachitismo.
Analisi dell* aequa salino 'termale del Masiz^o in Valtellina.
Un opuscolo in 8.® grande di pag. 32. Milano 1864.
Il padre Gallicano Bertazzi fu incaricato dell'analisi di questa
fonte molto pregiata fra noi, in occasione che una nuova polla
vi veniva scoperta. Risultò dalle sue indagini, che quest'ultima
è nei caratteri e negli elementi identica all'antica, cioè salino-
termale. All'uscita infatti ha una temperatura di 38® C. es-
sendo r aria esterna a 25* C, è perfettamente limpida, non dà
bolle, è senza odore e sapore. Contiene in abbondanza solfato
di soda, poi solfato di magnesia e di calce , cloruro di sodio ,
carbonato di calce e di magnesia. La nuova polla fornisce 1200
litri d'acqua all'ora, la vecchia 2400.
All'analisi del P. Bertazzi seguono alcune pratiche annota-*
zioni, sotto forma di lettere ad un amico, del compianto prof.
Gotta, che per tanti anni diresse lo stabilimento. Sono quattro.
Nella prima fa un cenno della posizione dello stabilimento ; nella
seconda espone i primi effetti ohe l'acqua in bibita o per bagno
produce; nella terza ^numera le malattie nelle quali le acque
del Masino furono riconosciute vantaggiose, l primi organi che
risentono l'efficacia dell'acqua bevuta sono gli intestini, ed
essa giova nelle enteriti lenti, nei disordini digestivi, nelle en-
teralgie , nelle diarree. Qaest' acqua esercita poi una benefica
particolare influenza nel riordinare le funzioni del fegato. Ma
dove ha ottenuto una grande celebrità, da meritarsi, come dissi,
il tìtolo di Bagno delle signore^ titolo che non merita nò la località
ne la vita che vi si conduce, è nelle malattie uterine. I disor-
dini funzionali di quest'organo vengono o tolti o diminuiti dal-
l'uso di queste acque per bibita o per bagno. Altre indicazioni
trovano poi nelle malattie della pelle, e del sistema glandolare, e
nelle affezioni nervose. Nella quarta lettera tratta delle cautelo
203
che si debbono usare tanto nel bavere l'acqua, come nel prendere
il bagno.
Masino ha molta rassomiglianza con Karlsbad, Pfeffers, ecc.
y
Manuale di ocailstlca pratleai e2e A. STELIi^rAG
▼on CARRlOFV. Prima versione italiana dalla se^
conda edizione tedesca per cura del prof. Anionio
Quagiino. Milano ^ 1864-66; 1 voi. m-8.® massimo
di pagp 976 con fìg. — Analisi hibliografica del
doti* €iiofDanni HanpninU ( Continuazione della
pag. 659 del voi. 198, fase, di dicembre 1866).
i3e non ho trovato fin qui che parole d' encomio pel modo
spedito, conciso, sintetico, con cui lo Stelwag ha trattato nel suo
aureo libro le infiammazioni della cornea, della iride, della co-
roidea, della retina e del nervo ottico, dopo la lettura dell' ar-
ticolo sul Glaucoma dovrei raddoppiare gli encomii , trovando
in queir articolo svolte colla più efficace evidenza tutte le que-
stioni che risguardano la condizione patologica, la sintomatolo-
gia obbiettiva e subiettiva, il vario modo di decorrere e di ter-
mihare e le risorse terapeutiche di quella terribile affezione ,
della quale pochi anni or sono ci era nota appena imperfetta-
mente la fisonomia esterna, e solo sapevamo dì certo, che essa
traeva costantemente ad una completa ed irreparabile cecità.
Tuttavia hannovi dei punti in cui l'Autore o combattendo opi-
nioni d' altrui od esponendo le proprie intorno alla patogenesi
di questa malattia non finisce di persuadermi, ed a quei punti
mi permetterò di aggiungere alcune riflessioni , che abbandono
al giudizio dei lettori.
Lo Stelwag distingue tre forme principali di glaucoma —
il glaucoma infiammatorio — il glaucoma semplice — e V af-
fezione glaucomatosa del nervo ottico. — L' infossamento della
papilla ottica che è più o meno appariscente, più o meno pronta
a manifestarsi, ma pur sempre costante in ciascheduna di que-
ste forme, costituisce un primo carattere che le identifica tra di
loro. Il fatto che tanto V affezione glaucomatosa quanto il sem-
204
plice glaucoma, oltre al presentare dorante il loro decorso aU
meno temporanei aumenti della pressione endoculare, transiscono
spesso nel glaucoma infiammatorio ovvero s' incontrano assiema
a quest'ultimo sviluppandosi in un occhio questa, e nell'altro
quella forma, ed il fatto altresì che il glaucoma infiammatorio
col cedere dei sintomi flogistici ed anche quelli della pressione
può assumere temporariamente il carattere del glaucoma sem-
plice e persino dell' affezione glaucomatosa del nervo ottico ,
sono tutte prove 4^11' analogia di processo che le qualifica. —
Finalmente V identico valore che spiega in ciascheduna di esse
una sola e medesima terapia ( V iridectomia ), purché adoperata
in tempo utile , conferma 1* identità di natura dello tre forme
morbose. Gli è perciò che l'Autore prima di segnare le parti-
colarità che s' incontrano nel primo sviluppo e nel successivo
andamento delle speciali forme accennate e delle loro molte-
plici varietà, definisce e spiega i principali sintomi o caratteri
che ponno essere comuni a ciascuna di esse in qualche periodo
almeno delia malattia e che costituiscono , per così dire la fisio-
logia patologica del glaucoma.
Il processo glaucomatoso non è, secondo lui, che una specie
particolare d' infiammazione i cui prodotti sono di natura sie-
rosa 0 secretoria , e la cui più decisa tendenza è 1' atrofia de-
generativa delle parti che primitivamente o secondariamente
vengono influenzate dal processo. — Non si verifica 'vero au-
mento di sostanza, se non che nell' umor vitreo od all' aumen-
tata copia di questo ultimo è specialmente dovuto queir eccesso
di pressione endoculare che determina la paralisi funzionale
della retina e dell' apparecchio accomodatore , che suscita le
esterne congestioni e le nevralgie ciliari che si verificano in
certi stadii 0 varietà della malattia, cagionando finalmente l'a-
trofia di tessuto in tutte le membrane ohe quasi passivamente
ne subiscono l' influenza ( retina e papilla ottica — iride e co-
roidea — cornea e congiuntiva ).
Ma quali sono le condizioni che rendono così funestamente
potente l' eccesso di pressione endoculare* — In primo luogo
l'anormale rigidità della sclerotica talora congenita od eredi-
taria, talora dovuta all'involuzione senile o ad un processo flo-
gistico molto analogo al processo necrobiotico di degenerazione
205
àteromatosa delle tonache ar^riose, dà alla sclerotica aiìa pa re-
ticolare resistenza all'urto dell' umor vitreo aumentato, che devd
quindi esercitare tutta la sua influenza sulla papilla ottica , e
sulle interne membrane vascolari, impedendone la libera circo-
lazione e l'esercizio delle rispettive funzioni fisiologiche. In se-
condo luogo la coincidenza frequentissima della ateromasia par-
ziale od estesa delle arterie endoculari rendendo irregolare l'ir-*
rigazione arteriosa, occasiona stasi venose permanenti o progres-
sive, le quali mentre facilitano le essudazioni sierose intraocu-
lari, pongono ostacolo al riassorbimento delle medesime. Dalla
costante e progressiva influenza di tutte queste condizioni che
mantengono 1' eccessiva pressione endocnlare, deve necessaria-
mente venirne l' atrofia dei tessuti che la subirono.
L' atrofia parziale o totale dei tessuti oculari è infatti 1' e-
sito finale del glaucoma abbandonato a sé stesso, sìa quando
alla degenerazione atrofica degli interni tessuti oculari susse-'
gue il corrugamento degli involucri esterni del bulbo^ cornea e
sclorotica, che non parteciparono nello stesso grado alla flogosi
endoculare, sia quando l'interna pressione endoculare ha tron
vato un elaterio nella infiammazione suppurativa della cornea^ o
nei parziali processi di sclerotico-coroideite, che determinano le
ectasie sclero-coroideali.
L'Autore non è persuaso dell' idea recentemente emessa dal^
Donders, sostenuta dal Yeker e da molti altri, alla quale prò-'
pende anche il nostro Quaglino , che cioè 1' aumento del corpo
vitreo, anziché essere di natura flogistica, rappresenti un'ano-
malia di secrezione prodotta da un morboso stato irritativo dei
nervi che presiedono alle secrezioni intraoculari. Ma a dir il
vero, mentre mi seduce assai quest' ultimo concetto, anche come
viene espresso dallo Stelwag, non mi sembrano invece abbastanza
convincenti le ragioni che egli oppone contro codesta ipotesi
teorica per sostenere l'indole flogistica del processo in questione.
L' infiammazione secondo il concetto del Donders sarebbe nel
glaucoma qualche cosa dì secondario, di sopraggiunto, una com-
plicazione , che trova un .attivissimo momento predisponente
negli anormali rapporti della pressione. Si comprende quindi
benissimo come le proliferazioni flogistiche si possano verificare
nelle più diverse parti costitutive del bulbo, secondo lo Stelwag
206
ci assicura, esaminando massime col microscopio occhi glauco'»
matosi che nell' individuo vivente non presentarono sintomi sen-
sibili d' infiammazione , senza che ciò valga a provare falsa la
teoria che attribuisce l' aumento di volume del vitreo ad un'al-
terazione 0 diremmo meglio ad un' irritazione speciale dei nervi
secreto! ii. Né mi par giusto pretendere dai reperti anatomici
o microscopici la prova positiva di codesta alterazione funzio-
nale dei UHrvi secretorii , giacché i mutamenti molecolari che
devon certo avvenire in un punto o nell' altro del sistema ner-
voso ogni qualvolta si determinano particolari stati nevrosici ,
sfuggono il più delle volte ai nostri mezzi d' investigazione.
D'altronde nel caso concreto , se si trovassero nei cosi detti
nervi secretorii delle alterazioni considerevoli , anziché gli ef-
fetti di anormale eccesso di loro attività, avrebber dovuto pre-
cedere i segni del loro paralizzamento e quindi una diminuzione
od un arresto delle secrezioni anziché 1' aumento delle medesi-
me, quale si osserva nel processo glaucomatoso.
Quando infatti in conseguenza della prolungata pressione
endoculare cagionata dall' ipersecrezione del vit.reo si determina
r atrofia delle interne membrane vascolari , la degenerazione
degli elementi del cristallino , V ulcera paralitica o lo sfacelo
corneale, ovvero una lenta riduzione atrofica dello intero biilbo^
si può essere certi di riscontrare 1' atrofia più o meno notevole
dei tronchi o dei rami nervosi ciliari, come avvenne di osser-
vare al Graefe, al Donders e fra noi al prof. Magni di Bologna.
Del resto, se allo Stelwag non piace l'ipotesi annunciata, per-
chè non è dimostrabile mercè alcun sintoma positivo, non sem-
bra nemmeno che le neoplasie flogistiche riscontrate nella cor-
nea 0 in altri tessuti di occhi glaucomatosi, che nell' individuo
vivente non presentarono alcun sintoma sensibile di infiam-
mazione , siano prova sufficiente che V infiammazione rappre-
senti l'elemento genetico principale od essenziale dell' ipersecre-
zione ^del vitreo come degli altri mutamenti che caratterizzano
il processo glaucomatoso. Nessuno può contestare , . gli è vero ,
che ogni marcato attacco fiogistico , sia che inizii il processo
glaucomatoso, oppure si sviluppi nell'ulteriore decorso del glau-
coma semplice o della affezi<me glaucomatosa del. nervo ottico ,
proceda con un notabilissimo aumento della pressione, giacché
207
è naturale che sia V aumento congestivo come le essudazioni
sierose e le proliferazioni cellulari^ che segnano 1' attacco flogi-
stico debbano aggiungere altri elementi a quelli che già costi-
tuivano r esagerata pressione endoculare. — * Tuttavia non è
meno vero che V aumento della pressione endoculare apre
spesse volte la scena del processo giaucomatoso costituendo
il primo sintoma dimostrabile dell' affezione , e eh' esso non
di rado si mantiene per anni e può a poco a poco rag-
giungere i gradi più elevati, senza che in qualsivoglia epoca
siansi mostrate traccio manifeste d' infiammazione. Tale obbie-
zione positiva hon è certo risolta dal fatto addotto dallo Stelwag,
che cioè, bene osservando , in ogni caso si possono riconoscere
con certezza infiammazioni almeno intercorrenti , le quali si
danno a conoscere mercè leggieri intorbidamenti dei mezzi diot-
trici, ed ancor più mercè consecutive alttM'azioni degli organi
infiammati , giacché questo non prova che negli intervalli in
cui queste infiammazioni intercorrenti non sono manifeste, de-
vonsi attribuire 1 progressi del glaucoma ad una specie di in*
fiammazione latente , non meno ipotetica e non meno difficil-
mente dimostrabile della presunta affezione dei nervi secretorii,
o diremmo forse meglio dei nervi che presiedono alle azioni
trofiche delle membrane e degli umori endocularì.
Speciosa poi più che persuasiva mi sembra la risposta del-
l'Autore all'altra obbiezione; che cioè l'anormale rapporto della
pressione persiste a lungo dopo gli attacchi flogistici ed in op-
posizione a queste spesse volte diventa permanente^ mentre in
altre condizioni morbose gli aumenti della pressione dipendenti
dalla infiammazione cedono sotto l'assorbimento. Tale obbiezione,
egli dice , si può affievolire colla osservazione , che durante il
processo giaucomatoso un aumento della pressione provocata
dalla fiogosi può mantenerH mercè la associatavi stasi venosa.
In primo luogo si può contro rispondere che la stasi venosa si
può altresì constatare in altri processi di coroidoite o sclerotico-
coroideite, senza eh' essa presenti un ostacolo serio al possibile-
riassorbimento dei materiali morbosi che aumentaront) tempo-
raneamente la pressione endoculare. In secondo luogo si può
osservare , che se nel processo giaucomatoso la stasi venosa è
uno dei momenti che rendono inerte l'assorbimento ilei mi-
208
teriali che contribuiscono a costituire V eccesso di pressione
endoculare, gli è forse appunto perchè nel glaucoma, più che
in altri processi a lui affini, i vasi venosi trovansi passivamente
dilatati per una vera paresi o paralisi dei nervi che presiedono
nlla tonicità delle loro pareti , e perciò trovansi in condizioni
opportune agli stravenamenti, ed affatto insufficienti alla fisio-
logica loro facoltà d* assorbimento.
A tale ipotesi non si oppone certo V opinione dell' Autore ,
che r arresto di attività dell' assorbimento caratteristico della
afTózione glaucomatosa tenga ai disturbi circolatorii endoculari
anche per rapporto alla degenerazione ateromatosa delle arterie
peri od intraoculari, che si osserva comunemente nei soggetti
glaucomatosi. Imperocché egli stesso ritiene codesta alterazione
delle tonache arteriose costituita da un vero processo necrO'
biotico di degenerazione adiposa, attribuibile il più delle volte
airinvoluzione senile, quantunque riscontrando alterazione ana-
loga anche nella sclerotica degli stessi soggetti, si senta trasci-
nato dalla preconcezione teorica a considerarla qui come il ri-
sultato di un processo flogistico. . ,
Ma a me pare anzi che codesto processo necrobiotico che
rende rigide le arterie come la sclerotica dei soggetti glauco-,
matosi , lo si possa ritenere legato con quel profondo dissesto
delia innervazione trofica che si rivela non soltanto nei tessuti
oculari, ma ben anco neir intero organismo dell' immensa mag-
gioranza almeno dei soggetti glaucomatosi.
A tutto ciò puossi aggiungere che le principali cause che
sogliono determinare o preparare la affezione glaucomatosa ,
quali sono la diatesi artritica, i gravi depauperamenti dell'orga-
nismo, e i profondi o molteplici patimenti dell'animo, pare sieno
le più adatte a recare una speciale influenza perturbatrice sulla
generale innervazione, la quale spiega, secondo me, e l'aspetto
di precoce senilità che presentano quasi sempre i soggetti glau-
comatosi, e r annichilamento talora quasi fulmineo della fun-
zione visiva, sproporzionato alle apparenti alterazioni organiche
che si verifica in certe forme di questa malattia , ed il celere
0 progressivo dissestò nutritivo che avviene nei tessuti più im-
portanti alla visione senza un imponente apparato di sintomi
esterni, anche in quei casi in cui la malattia tiene lento od
apparentemente mite decorso.
209
Da tutto ciò parmi poter concludere , in onta a quanto
sostiene lo Stelwag, che come sembra alquanto plausibile l'idea
che r aumento del vitreo nel glaucoma tenga ad una partico-
lare irritazione dei nervi secretorii , così le stasi venose , e la
tendenza alta atrofia di tessuto che si osservano più che mai
caratteristiche di tale affesione, trovano un importante momento
eziologico in uno stato di paresi e di vera paralisi dei nervi
trofici che regolano gli atti nutritivi delle parti a cui si distri-
buiscono.
Dietro tale concetto, io apparentemente mi avvicino alle idee
espresse in proposito dal prof. Magni di Bologna, il quale con-
sidera il glaucoma come un particolare processo atrofico delle
interne membrane oculari subordinato ali' atrofia dei nervi ci-
liari. Ma in realtà vi ha una notevole differenza tra il mio
modo di vedere e quello dell'illustre clinico di Bologna. Egli in-
fatti nega assolutamente che v'abbia nel glaucoma aumento di
volume del vitreo e crede anzi che questo pure subisca un certo
grado di riduzione, anche per addattarni al corrugamento atro-
fico che avviene secondo lui durante il processo negli involucri
membranosi del bulbo. Ma egli poi non spiega né prova come
si determini primitivamente l'atrofia dei nervi ciliari, alla quale
pare attribuisca quasi esclusivamente i disordini idraulici nu-
tritivi e funzionali che rappresentano le evoluzioni progressive
del glaucoma. Oltre a ciò non si può spiegare secondo il suo
concetto né lo sviluppo primitivo dell'affezione glaucomatosa del
nervo ottico , né la genesi del glaucoma acuto infiammatorio ,
durante il quale oltre i sintomi evidenti deir infiammazione ,
che non ponno certo essere effetto dell'atrofia dei nervi ciliari,
si verificano atroci nevralgie, che certo non si manifesterebbero,
ove i nervi ciliari fossero atrofici.
Secondo il mio modo di vedere invece, ammettendo che la
causa primordiale dell'affezione glaucomatosa stia in un dissesto
dell'efficienza funzionale di quella sfera nervosa che serve nel-
l'occhio a regolare le secrezioni e gli atti nutritivi dei diversi
tessuti che lo compongono, non trovo difficile di concepire come
nella maggior parte dei casi gli effetti principali di tale dis-
sesto consistano in una i per secrezione dell' umor vitreo ed in
una specie di ingorgo passivo del sistema venoso coroideale che
Annali. Voi. CCL 14
210
dispone a continue. o ricorrenti essudazioni sierose endoculail,
di cui specialmente per l'anzidetta anomalia del circolo viene
reso diffìcile od impossibile il riassorbimento. E mi spiego coma
per la costante coincidenza della rigidità sclerotidea , che non
si può negare, come il professor Magni nega la frequente coe-
sistenza deir arteriasi peri od intraoculare ammessa da altri ,
presentando la sclerotica una resistenza invincibile all' eccesso
morboso della pressione interna, questa debba esercitarsi sulla
retina per paralizzarne la funzione , sulla papilla ottica per
contribuire al di lei caratteristico infossamento, e contempcra*
neameiite o successivamente sul corpo ciliare e su 11' iride , per
ivi indurre fenomeni congestivi o flogistici accompagnati da do-
lori più 0 meno, forti e da offuscamento degli umori endocularl,
ovvero semplici stasi del circolo accompagnate da fenomeni pa*-
ralitici, quali sono Tastenopia e Tiperpresbiopia, il restringersi
della camera anteriore per arresto di secrezione dell' aqueo, la
midriasi immediata o progressiva e l'anestesia completa od in-
completa della cornea.
Ammettendo del resto che dato il primordiale dissesto del-
l'innervazione trofica, l'elemento attivo del processo glaucoma-
toso stia nell'eccesso di pressione endoculare, si spiega come a
seconda del grado di codesta pressione e delle resistenze che
dessa incontra, ed a seconda che la si determina repentinamente
od in modo lento od intermittente, diverso debba essere il modo
di reazione che presentano i vasi , i nervi e gli elementi isto-
logici dei tessuti che ne subiscono l'influenza. E di qui la va-
rietà dei quadri sintomatici che presentano, o nelle prime ma-
nifestazioni, 0 lungo il decorso della malattia, le diverse grada-
zioni del glaucoma infiammatorio, e le così dette forme di glau-
coma semplice. Che se codesta pressione dura a lungo od è in-
tensa per la straordinaria rigidità della sclerotica, per l'irrego-
larità del circolo coroideale mantenuta dalle stasi venose od an-
che dalla sclerosi delle arterie, e per Tinerzia dell'assorbimento
cagionata dalle anomalie del circolo e dallo squilibrio dell' in-
nervazione trofica, è naturale che la conseguenza ultima della
eccessiva pressione endoculare debba essere l'atrofia più o meno
completa dei tessuti che maggiormente la subiscono.
Se quindi anche i nervi ciliari negli occhi glaucomatosi fu-
211
roa trovati più o meno dstesamente atrofici dal Magai e da altri,
ciò vuoi dire ìseooado me che anche i nervi ciliari hanno su-
bito in qaei casi la conseguenza naturale della straordinaria o
prolungata pressione endoculare, ma non è lecito inferirne che
un primitivo processo atrofico di quei nervi meriti d'essere con-
siderato come causa primordiale delle paralisi funzionali e delle
consecutive atrofie di tessuto che rappresentano Tafifezione glau-
comatosa.
Probabilmente invece è da attribuirsi specialmente all'atro-
fia già consumata di detti nervi ciliari il completamento della
anestesia corneale, la malacia o l'ulcera paralitica della cornea,
che sono sequele del glaucoma conclamato tutt' altro che co-
stanti, forse appunto perchè tutt' altro che costante è la vera
atrofia dei nervi ciliari. Oltre a tutto ciò se pensiamo ai van-
taggi, almeno temporanei, che arrecano durante il processo glau-
eomatoso le ripetute evacuazioni dell' umor acqueo, ed alla in-
contestabile utilità che presenta il più delle volte V iridectomia
eseguita a tempo opportuno, gli è ben difficile concepire come
questi mezzi valgano ad arrestare il presunto processo atrofico
dei nervi ciliari. Mentre non è possibile negare che colle para-
centesi corneali si diminuisca temporaneamente l'eccesso di pres-
sione da cui è oppressa la retina fra la coroìdea anormalmente
ingorgata e l'umor vitreo relativamente aumentato, è ragionevole
ammettere, che mediante l'iridectomia rompendosi la continuità
di quel cingolo vascolp-membranoso che serra da tutte parti la
retina contro l'umor vitreo aumentato , si toglie l'eccessiva ten-
sione delle interne membrane vascolari e forse perciò si rendono
in esse più liberi e più attivi i rapporti circolatorii , che sono
necessari! a ristabilire l'equilibrio tra le secrezioni e l'assorbi-
mento. Il processo morboso può per tal modo arrestarsi o re-
gredire , e regredisce di fatto o si arresta quando però il dis-
sesto della innervazione trofica , che lo ha primitivamente in-
coato, non si annidi per avventura nei centri nervosi. In questo
caso se quel dissesto rimane immutato o progredisce spontanea-
mente, o subisce una recrudescenza per qualche causa occasio*^
naie, può accadere che l' atrofia glaucomatosa del nervo ottico
progredisca anche dopo le modificazioni ottenutesi colla iridec-
tomia nelle membrane e negli umori endoculari, ovvero che si
212
determinino quelle recidive, o quegli ostinati progressi deiraf*
fezione glaucomatosa che si mostran ribelli anche alle ripetute
iridectomie, e che talvolta per le straordinarie molestie che ar-
recano e per 1* irritazione simpatica che soglion destare neU
l'altro occhio rendono necessaria perfino la enucleazione del bulbo.
Ma tornando allo Stelwag, dobbiamo notare come anche nel-
r altro sintomo patognomonico del glaueoma — V infossamento
della papilla ottica — egli trovò gli indizii del processo flo-
gistico. La causa precipua dell'escavazione sta nella retrazione
della membrana cribrosa e questa devesi probabilmente non solo
allo aumento della pressione intraoculare , ma viene prodotta
eziandio da una diminuita resistenza della lamina cribrosa, che
dal canto suo dovrebbe piuttosto provenire da un processo flo-
gistico. Tale sua opinione è appoggiata airosservazione di casi
in cui r escavazione sviluppasi completamente sotto una dure-
vole mancanza di notabile aumento delia pressione , ed al-
l'altro fatto che non assai di raro la pressione intraoculare ri-
mane in considerevole aumento senza che abbia luogo un'esca-
vazione. Quantunque sopra buon numero di glaucomi da me
osservati non abbia mai avuto occasione di confermare codesti
due fatti , pure non oserei certo mettere in dubbio quanto lo
Stelwag asserisce. Osservo però come puossi benissimo conce-
pire che la anormale cedevolezza della membrana cribrosa di-
pendente 0 da vizio congenito , o da involuzione senile , o da
morbosa alterazione nutritiva, debba risentire facilmente V in-
fluenza della pressione endoculare aumentata , quantunque in
grado non molto considerevole, e che detta membrana cribrosa
in condizioni affatto opposte possa resistere anche a lungo ad
un grado di pressione assai forte , senza che si debba ammet-
tere che nel primo caso il processo flogistico s'incaricò di pre-
viamente stabilire in essa un processo di rammollimento, men-
tre nel secondo limitò la sua produttività dissolvitrice alle
membrane ed agli umori endocularì. Quanto poi all'altro fatta
annunciato dallo Stelwag, che nei glaucomi infiammatori! pri»
marii l'escavazione dopo i primi attacchi flogistici spesse volte
manca malgrado una assai forte pressione , mentre invece svi-
luppasi più tardi e talora lentamente solo allorché la pressione
è notabilmente scemata di nuovo, se è una prova che 1' esca-
213
va2ione papillare non è sempre né esclusivamente dovuta alla
pressione endoculare, non è però argomento sufficiente a pro-
vo re che 11 rammollimento della lamina cribrosa e la consecu-
tiva retrazione del fondo papillare sia una conseguenza secon-
daria dei ripetuti attacchi flogistici dal momento che la si vede
determinarsi lentamente e in epoca lontana dagli episodii in-
fi.immatorii. Farmi del resto molto naturale che quando durante
il turgore flogistico la pressione endoculare estende la sua in-
fluenza contro le pareti anteriori e laterali del bulbo , il polo
posteriore di esso debba relativamente risentirne assai meno
gli effetti , e che quando invece cessa il diffuso turgore infiam-
matorio e diminuisce senza cessare la pressione endoculare ,
questa appunto perchè insufficiente a vincere la morbosa resi-
stenza della sclerotica, valga a concentrare tutta la sua azione
sul punto che presenta una cedevolezza r elati vanien te maggiore,
ed a provocare quindi il lento ma progressivo infossamento della
papilla. Sembrami al contrario piuttosto difficile a comprendere
come le stesse alterazioni nutritive di natura flogistica, secondo
l'Autore, che inducono nella sclerotica una rigidità particolare
che la rende straordinariamente resistente all'urto degli. umori
endoculari , possano invece nella lamina cribiosa , altra delle
provinole della sclerotica , determinare uno speciale rammolli-
mento, che la rende più facilmente cedevole alla pressione en-
doculare e quindi meglio disposta al progressivo infossamento.
Infine, se è vero quanto aggiunge lo Stelwag, che le iridec-
tomie eseguite nei prim9rdii del glaucoma prima dello sviluppo
deir escavazione, scemano bensì la pressione intraoculare, ma
non impediscono sempre V ulteriore sviluppo della escavazione ,
è altresì vero , com' ebbi receAtemente a constatare in un mio
operato, che quando T escavazione è recente e quasi esclusiva-
mente cagionata dalla pressione endoculare subita specialmente
dalla papilla ottica , dopo V iridectomia scompaiono quasi com-
pletamente tutti i segni ottalmoscopici dell* infossamento pa-
pillare.
Laddove quindi dopo Tiridectomia si manifesta l'infossamento
papillare che prima non esisteva, o in altri termini si determina
Taffezione glaucomatosa del nervo ottico, mentre non esiste più né
il turgore coroideale, né ripersecrezione del vitreo, ciò jion vuol
214
dir altro se non che la malattia ha mutato di fase o <li forma, ha
mutato il substratum. E ciò lascia più ragionevolmente supporre
che l'incognita causa primordiale del processo glancomatoso stia
in un'affezione più o meno estesa o profonda dei nervi che re*
golano nel bulbo oculare la tonicità dei vasi e le secrezioni, e
che presiedono agli atti nutritivi dei diversi tessuti dell'occhio.
Noi conosciamo finora solamente il mezzo di togliere uno degli
effetti di quell'incognito alteramento d' innervazione, che è ap-
punto l'eccesso di pressione endoculare per turgore coroideale
<^d ipersecrezione dell'umor vitreo. Ma quando il dissesto nutri-
tivo 0 primitivamente o successivamente si va fissando per pro-
gredire nella lamina cribrosa o nel tessuto connettivo e negli ele-
menti nervei della retina e del nervo ottico, allora né l'iridec-
tomia, né altri mezzi fra i conosciuti valgono a frenare il fa-
tale progresso della malattia. Ed é soltanto nei c§i8i in cui la
affezione glaucomatosa incominciata nel nervo ottico si arresta
qui per transire invece alle membrane ed agli umori endocu*
lari, determinando tutta quella serie di mutamenti che rappre-
sentano la più 0 meno eccessiva pressione endoculare , allora
soltanto può ancora trovare indicazioni opportunissime l'iridec-
tomia , quantunque però in tali circostanze essa non valga ad
arrecare quel radicale e durevole ristabilimento della funzione
visiva che suole indurre quando le alterazioni glaucomatose
piuttosto recenti rimasero limitate alle membrane ed agli umori
endoculari.
Dopo gli appunti che mi son permesso di fare in opposi-
zione alle idee emesse dallo Stelwag intorno alla fisiologia pa-
tologica del glaucoma, mi affretto a dire come egli descriva
assai bene il quadro dei sintomi che caratterizzano le diverse
varietà di questa malattia. Incomincia da quelli che qualificano
le molteplici gradazioni di escavazione della papilla, per passare
a quelli che rappresentano l'aumento della pressione endoculare
e le sue progressive conseguenze (durezza dei bulbo — pulsazioni
dei vasi centrali della retina — restrizione della camera ante-
riore — dilatazione, inerzia, od immobilità della pupilla — dimi-
nuzione dell'ampiezza della accomodazione, e del valore refrat-
ti vo dell'apparato diottrico — anestesia della cornea — stasi ve-
nose negli organi centrali « nell'episclera). Indi descrive a parte
215
J fenomeni obbiettivi della così detta infiammazione glaucoma-
tosa, ì quali hanno molta analogia con quelli di una coroideite
sierosa associata all'ialite ed anche airiritide. E chiude il qua-
dro sintomatico colla descrizione ragionata dei disturbi visivi
caratteristici, attribuendo la visione della nebbia e la percezione
dell'alone iridescente intorno alle fiamme, allo intorbidamento
dei mezzi diottrici. Siccome poi quest'ultimo fenomeno svanisce
ove si restrìnga la pupilla, ciò prova secondo lui ch'esso è ba-
sato suir interferenza dei raggi , e che in questa sono special-
mente interessati i raggi più fortemente deviati che passano
attraverso le parti periferiche degli umori. La percezione degli
offuscamenti caliginosi del campo visivo e in ispecie i veri oscu-
ramenti di quest'ultimo non sarebbero, come già si credeva, puri
effetti dell'aumento della pressione intraoculare, ma conseguenza
immediata dei disturbi circolatori! sull' apparato senziente la
luce^ e la pressione intraoculare vi entrerebbe solo come causa
che contribuisce a disturbare il circolo. Le circoscrizioni del
campo visivo e il finale acciecamento amaurotico li considera
come conseguenze dello stiramento e della degenerazione delle
fibre nervee nel distretto della escavazione, come anche del lento
progresso della atrofia nell' interno del bulbo e nei due nervi
ottici.
Il rischiaramento subiettivo, del campo visivo che illude
non rare volte i glaucomatosi già irreparabilmente amaurotici,
è, secondo l'Autore, espressione della eccitazione infiammatoria,
nella quale vengono mantenuti gli elementi del nervo ottico
dal processo glaucomatoso , che progredisce gradatamente in
essi in direzione centripeta.
Chiama sintomi concomitanti, vale a dire non costanti, del
glaucoma, la cromopsia, la fotopsia, i dolori. — I primi due li
ritiene in nesso coi disturbi cìrcolatorii — quanto ai dolori che
sono quasi esclusivamente proprìi delle forme infiammatorie,
non dice se rappresentino una affezione idiopatica dei nervi
ciliari , od un patimento secondario alla pressione endoculare
aumentata od ai disturbi circolatorii.
Rapporto all'eziologia del glaucoma, l'Autore è piuttosto bre*
viloquente; accenna le cause principali notate da tutti gli au-
tori come disponenti a codesta malattia, ma è assai parco nello
216
spiegare il nesso che si paò vedere fra quelle cause e i loro
eifetti, e il lettore rimane poco soddisfatto di questa severa cir-
cospezione dell'Autore.
La rigidità della sclerotica e delle pareti vascolari^ spesso
ereditaria, talvolta solo congenita, il più delle volte acqusita o
per involuzione senile , o pel precoce marasmo fig)io della mi-
seria 0 delle ripetute malattie, o per conseguenza della diatesi
artritica, rappresenterebbe, secondo TAutore, quella determinata
disposizione, la quale fa sì che avvengano con maggiore facilità
anomalie nei rappòrti di circolazione e nutrizione del bulbo, e
che una volta date, queste si dissipino più difficilmente che non
in circostanze diverse. Le nominate disposizioni sarebbero ca-
paci di influenzare e modificare in modo speciale i processi
morbosi già esistenti, oppure di svilupparne idiopaticamente dei
Buovi con una impronta affatto speciale. Nel primo caso si spie-
gherebbe lo sviluppo del glaucoma secondario o consecutiyo ,
che può aver luogo nel decorso di una cheratite, di una irite,
e massime di una irido-coroideite spontanea o successiva a
traumi accidentali ed operatorii, nel secondo si avrebbe lo svi-
luppo del glaucoma primario, vale a dire indipendente da cause
esteriori sufficienti. Se però si osserva che codeste anomale di-
sposizioni del circolo , come la diminuzione di distensìbilità di
tutti i tessuti elastici , e tutte le altre condizioni che rappre-
sentano l'involuzione senile e nei tessuti dell'occhio e nella ge-
nerale economia sono spesso considerate dall'Autore stesso qual
momento eziologico d' altre malattie dell' occhio , anche affatto
diverse dal glaucoma, e ponno d'altronde esistere senza prepa-
rarne né determinarne alcuna , vi ha luogo di dubitare della
particolare o quasi esclusiva importanza eziologica che si vuol
loro attribuire nella genesi del glaucoma. Rimane quindi sempre
ragionevole l' ipotesi che il momento causale più immediato e
più imponente di quusta affezione stia in un alteramento più o
meno profondo dell'innervazione trofica generale o locale, di cui
ponno essere altrettanti effetti anche le accennate disposizioni
anormali dei vasi e dei tessuti, alteramento dell'innervazione,
che alla sua volta può essere stata determinata , e dal fomite
artritico, e dai gravi patemi d'animo, e dalle lunghe cure de-
bilitanti, come dalla miseria, o da precedute malattie dell'asse
spinale.
217
Parlando del decorso del glaucoma, l'Autore descrive come
in altrettanti quadri le diverse varietà delle tre forme princi-
pali di questa malattia, quali vennero da lui distinte. In uno
di essi viene delineato il modo talora subdolo e lento, talora ad
esacerbazieni e remissioni od intermissioni , con cui si manife-
stano i sintomi funzionali della semplice affezione glaucomatosa
del nervo ottico caratterizzata dalla progressiva escavazione pa-
pillare. Nel suo progredire però anche quest' affezione semplice
si associa o durevolmente o temporariamente ai diversi feno-
meni che rappresentano l'esagerata pressione endoculare.
Ma non di rado si aggiungono veri attacchi infiammato rii, i
quali ponno retrogradare completamente e ricomparire più tardi
ed a più riprese, circoscrivendo e paralizzando progressivamente la
sensibilità retinica, o ponno anche d'un tratto chiudere coiramau-
rosi completa la serie dei fenomeni glaucoma tosi.
In altro quadro è descritto il cosi detto glaucoma fulmi-
nante, la cui natura sempre flogistica, egli deduce dall'intor-
bidamento immediato dei mezzi trasparenti, determinato secondo
lui da vere proliferazioni degli elementi istologici degli umori,
mentre ponno forse essere spiegati anche da trapelamenti sie-
rosi misti a sostanza pigmentosa od a cruore sanguigno prove-
niente dalla coroidea. In questo modo anzi si spiega il perchè
i veri fenomeni di esagerata pressione endoculare e special-
mente la nevralgia e i sintomi congestivi dell' episclera , non
si rendano manifesti che dopo la già avvenuta amaurosi.
Mentre se quegli intorbidamenti fossero devoluti a produzioni
morbose dei mezzi trasparenti, per necessità dovendo queste au-
mentare il contenuto del bulbo , i fenomeni di pressione endo-
culare aumentata dovrebbero avere una precedenza. Se invece
si ammette che quegli intorbidamenti pervennero dalla coroidea
e dal corpo ciliare, si spiega e la precoce cecità e la tarda ma-
nifestazione della esagerata pressione endoculare. Imperocché
quei trapelamenti, mentre ledono più o meno vivamente il tes-
suto retinico, devono altresì sgorgare almeno temporaneamente
la coroidea, e perciò l'eccesso di pressione endoculare non può
manifestarsi se non quando anche per la presenza di quegli
clementi eterogenei nella compage del vitreo si renda morbo-
samente più attiva la secrezione o la formazione della vi-
treina.
218
uesta forma è propria, secondo V Autore, dei soggetti che
hanno varcato il 55 anno di vita, o di quelli che sono predi-
sposti al glaucoma per eredità.
In altri quadri descrive i sintomi precursori che con sva-
riata vicenda precedono, talvolta per mesi, talvolta per anni, lo
sviluppo delie diverse gradazioni del glaucoma primitivamente
infiammatorio lento ed acuto , notando le differenze e le ana-
logie sintomatiche che esse hanno tra loro nel modo di decor-
rere, e terminando colla pittura caratteristica del glaucoma
conclamato.
Anche queste fedeli descrizioni però, che rivelano le bizzarre
anomalie che presenta codesto processo nelle sue varietà di tipo
e di decorso , in confronto alle altre forme morbose infiamma-
torie delle membrane esterne ed interne dell'occhio, convincono
sempre più. come nell'affezione giaucomatosa si abbiano talvolta
le parvenze o le complicazioni del processo infiammatorio , ma
non permettono rigorosamente di ammettere ch'esso altro non
sia che una specie particolare d'infiammazione.
Quanto alla cura, secondo 1' Autore, la prima e più impor-
tante indicazione si è l'abbassamento della pressione intraocu-
lare anormalmente aumentata mediante V iridectomia , a rim*
petto della quale, secondo lui, tutti gli altri agenti finora usati
sono per la grandezza e probabilità del risultato inferiori di
tanto che ponno considerarsi quali deboli ausiliari. Con tale
enunciato per altro, che noi riteniamo del resto giustissimo,
r Autore sembra contraddire a sé medesimo. E infatti ha
dichiarato fin dal principio dell'articolo, che uno degli argo-
menti , che provano esservi identità di natura o di processo
nelle più svariate forme della affezione giaucomatosa , sta ap-
punto nell'identico valore che manifesta una sola e medesima
terapia. Mentre ha poi fatto seguire dei ragionamenti in prova
che nella cosidetta affezione giaucomatosa del nervo ottico non
esiste aumento di pressione endoculare e che anche nelle forme
di glaucoma semplice codesta circostanza si verifica talvolta
molto tardi o soltanto a ricorrenze , e dopo che 1' escavazione
caratteristica della papilla e la circoscrizione o diminuzione di
acuità visiva si son già rese manifeste, mentre l'eccesso di pres-
sione endoculare non è mai tunto grave e manifesto e funesto
219
come nelle forme che chiama infiammatorie a decorso acuto o
lento.
Come mai dunque nell'affezione glaucomatosa del nervo ot-
tico, in cui non vi ha eccesso di pressione endoculnre che me-
riti di essere abbassata, potrà essere indicata 1* iridectomia , e
come mai i vantaggi che quest' ultima per avventura appor-
tasse potranno far prova che un tal mezzo ottiene in tutte le
forme glaucomatose allo stesso modo il medesimo intento, sic-
ché da ciò si possa indurre alla identità di natura ch'esse hanno
tra loro?
E se è vero che anche nelle forme di glaucoma semplice ,
r aumento di pressione endoculare può tardare a manifestarsi
ed essere anche posteriore a turbamenti funzionali ed organici
già gravissimi , come mai si spiegherebbero i vantaggi che
per avventura si ottenessero dalla iridectomia eseguita per
prudenza clinica ancor prima che fossero manifesti tutti i se-
gni della esagerata pressione endoculare? Dirassi forse che si
è tolto con quel mezzo un fatto morboso che ancora non esi-
steva ?
Io credo che l'unica vera prova che l'affezione glaucomatosa
del nervo ottico, se non è materialmente identica, ha però una
affinità intima colle altre forme di glaucoma, si è questa che
in un gran numero di volte si osserva la transizione di una
forma nell'altra, e la coincidenza di due forme diverse della
stessa malattia in un medesimo individuo. — Se quindi può
essere indicata l' iridectomia nei casi di affezione glaucomatosa
del nervo ottico, essa non può avere che un effetto profilattico,
di prevenire cioè il passaggio del processo dal nervo agli in-
terni tessuti del bulbo o di rendere per meglio dire men gravi
e meno funesti gli effetti dello eventuale aumento della pres-
sione endoculare.
Se poi è utile l'iridectomia nel glaucoma semplice, che si pa-
lesa (parole dell'Autore) mercè il temporario o durevole aumento
m
delia pressione intraoculare e medianto il lento sviluppo del*
V escavazione caratteristica, o si ha la più o meno evidente e
più 0 meno grave pressione endoculare, e in tal caso l' iridec-
tomia ha la sua diretta indicazione , o Aon si ha aumento di
pressione di sorta né accidenti infiammatorii, e in tal caso non
220
81 tratta più di glaucoma semplicei ma dell'affezione glaticoma-
tosa del nervo ottico, e allora i' iridectomia non ha , come dis-
simo più sopra, che una indicazione profilattica.
Che se infine è più che mai utile Tiridectomia, purché ese-
guita per tempo nelle forme glancomatose dette infiammatorie
a decorso lento od acuto, perchè invece di stasi venose e di
essudazione sierose coroideali con iperformazione di vitreina vi
hanno vere congestioni più o meno attive con tendenza a pro-
liferazione di elementi nuovi nelle membrane endoculari e nel
corpo vitreo,. ciò vuol dire che la iridectomia vale a diminuire
la tensione della trama uveale ingorgata, a rilasciare quella spe-
cie d4 strozzamento che quest' ultima esercita sulla retina , a
frenare 1* attività proli feratoria negli organi interni del bulbo
ed a rendervi per tal modo più libero il circolo sanguigno e
più facile il risolvimento di quegli elementi morbosi che rap-
presentavano Teccesso di pressione endoculare.
Dopo tutto ciò ^ra ovvio di aggiungere che se si eseguisca
la iridectomia nei casi di escavazione papillare puramente sin-
tomatica dì atrofìa progressiva dei nervo ottico per neurite o
meningite basilare, o se la si eseguisca troppo tardi nelle al-
tre forme di glaucoma semplice od infiammatorio, tonando è già
avanzata o completa la degenerazione atrofica del nervo ottico
della retina o della trama irido-coroideale , dessa non può va-
lere a reintegrare la facoltà visiva, ma solo talvolta a far ces-
sare le moleste nevralgie che per il costante eccesso di pres-
sione endoculare possono anche conseguitare alla amaurosi con-
sumata.
Il nostro Autore invece perchè ha voluto, nello spiegare la
fisiologia patologica del glaucoma , menomare V importanza at-
tribuita dal Graefe allo eccesso di pressione endoculare , e ne-
gare all'elemento nervoso forse primitivamente alterato quella
influenza sulla genesi dei principali momenti patologici del glau-
coma , che Donders ed altri gli attribuiscono , sforzandosi di
tutto assegnare ad esplicazioni latenti o manifeste del processo
infiammatorio, il nostro Autore si è per tal modo preclusa la via
di giustificare il suo primo asserto, che cioè V iridectomia è il
mezzo curativo più opportuno e più utile in tutte tre le prin-
cipali forme di glaucoma da lui distinte.
221
Che anzi nei dettagli dell' iridectoraia non parla nemmeno
della sua applicazione nella cosi detta affezione glaucomatosa
del nervo ottico. Dice soltanto eh' essa è specialmente utile nella
forme infiammatorie acute o subacute, che essa presta i mag-
giori servigi quanto più presto viene eseguita e quanto minori
sono le alterazioni materiali sofferte dagli organi interni del
bulbo, e che nelle forme di glaucoma semplice non flogistico
preceduto da prodromi, la si può differire fino a quando diven-
gono più frequenti gli attacchi di oscurazione del campo vi-
sivo.
Del resto non si attenta nemmeno di spiegare né con ra-
gionamenti né con ipotesi quale sia presuntivamente il modo
di agire dell'iridectomia. Ma è invece altrettanto più scrupo-
loso e abbondante nel riferire i molti casi e le molte circo-
stanze in cui essa é precariamente utile od affatto impotente ,
anche se ripetuta. E vi ha anzi un punto in cui senza appog-
giare l'asserto a ragioni convincenti, accusa Viridectomia pra*
ticata nei primi periodi di un glaucoma infiammatorio acuto
come capace di accelerare V esplosione della malattia neir altro
occhio.
e Mentre d'ordinario nel glaucoma flogistico acuto, i pri-
mi attacchi infiammatorii manifesti nell'uno e nelV altro oc-
chiù sogliono essere separati da intervalli di alcuni mesi ed
anche di anni , dopo V iridectomia il secondo occhio ammala
frequentemente già entro le prime 4 settimane, anzi persino
dopo trascorsi 4 od 8 giorni. Prescindendo dal fatto negativo
che osservai sopra buon numero di glaucomatosi che vidi ope^
rare e che operai io stesso , davvero non so capacitarmi come
mai quello stesso mezzo, che a detta dello stesso Autore ha la
potenza di ovviare o di rimediare agli effetti simpatici che eser-
citano sull'altro occhio certe affezioni iridee od irido-coroideali
monoculari che hanno molta affinità col glaucoma , adoperato
invece nella cura di un occhio glaucomatoso, abbia ad ottenere
precisamente l'effetto opposto.
Fortunatamente però 1' Autore stesso attenua la triste im-
pressione, che arreca al lettore codesto suo asserto, osservando
come r accennato svantaggio viene abbondantementts compen-
sato dalla circostanza, che cioè l* iridectomia promette appunto
222
«
durante i primi periodi ddl glaucoma acuto i più splendidi ri-
sultati, e questi ponno essere usufruttati tanto nell' occhio at-
taccato pel primo quanto nell'altro.
Duolmi del resto di non leggere nell' Autore nemmeno un
cenno sul reale e costante e talora persino immediato 8van*>
taggio che arrecano nella cura di questa malattia le sottra-
zioni sanguigne e in genere tutti i rimedii debilitanti, cosa oho
non si osserva mai in tutte altre le affezioni prettamente in-
fiammatorie dell'iride e della coroidea, e che aggiunge molta
ragione a dubitare sull' indole infiammatoria , eh' egli ama di
attribuire al processo glaucomatoso. Nò mi piace la assoluta
mancanza di considerazioni sulle condizioni generali che quasi
sempre specializzano i soggetti glaucomatosi , nelle quali sta
forse il segreto della particolare ostinatezza che ha pur molte
volte codesta malattia, anche se venne temporaneamente arre-
stata da quell'atto operativo che, come vedemmo più sopra,
vale soltanto a modificare più o meno durevolmente uno dei
fattori principali che la costituiscono. Gli è nello studio clinico
serio di quelle condizioni generali, e delle molteplici o svariata
circostanze eziologiche che le sogliono preparare e non sola-*
mente nei responsi di ulteriori indagini di istologia microsco-
pica e di anatomia patologica , che noi forse troveremo altri
lumi suir intima natura di quella malattia ed altre ispirazioni
sui mezzi profilattici e curativi più opportuni ad allontanare
almeno nel maggior numero dei casi le fatali di lei conse-
guenze. ( Continua ).
Clorato di fepro e 41 ammoniaca. — Giornali me-
dici e non medici parlano a gara di questa panacea. Sono ap-
punto le panacee che trovano più difficile accesso nel nostro
giornale. Senonchè , noi non vorremmo neppure farle il sover-
chio onore dell'ostracismo, e nel mostrarci spregiudicati incap-
pare nel pregiudizio opposto. Ben venga dunque anche il ci-
trato di ferro-ammonico , augurandogli che faccia nien triste
figura de' suoi predecessori , o risponda almeno come in alcuni
fiussi diarroici rispondono egregiamente il percloruro e il sol-
fato e le stesse pillole di sottocarbonato del Vallet, senza avere
223
perciò mai accampato diritti a brevetti d* invenzione o a me-
daglie più o meno grandi di Esposizione mondiale.
Il distinto chimico Raspini , senza farsi sostenitore di que-
sto farmaco quale specifico di cholera , annunciando i fatti ri-
portati dal Guglielmi e da vari! medici napoletani , narra che
anche in Bergamo e Provincia venne esperito con qualche
successo. Crede perciò opportuno, a maggiore guarentigia di
chi volesse esperirlo , che debba essere preparato con identico
processo e quindi abbia ad avere gli identici caratteri , essen-
dosi pur troppo verificato che non tutti i citrati usati erano
irreprensibili, Epperò noi riassumiamo quanto egli scrive in
proposito.
e I. Il citrato di ferro ammoniacale deva essere perfetta-
mente solubile neiracqua.
II. La sua soluzione non deve aver sapore stìtico, ma grato;
non deve far deposito anche conservata per più giorni.
III. Mescolando il citrato doppio colla calce viva, in mortajo
di porcellana, deve svolgersi dell'ammoniaca libera, riconoscibile
all'odore, o accostando al miscuglio una carta tìnta di torna-
sole arrossata dagli acidi, riprender deve tosto la sua tinta bleu.
Questo citrato è privo del sapore stitico che generalmente
accompagna tutti i preparativi marziali.
La sua soluzione si conserva per più giorni senza alterarsi.
L'aggiunta dell'ammoniaca gli fa perdere il suo sapore sapido
astrìngente, senza nuocere alle sue proprietà medicinali.
Citrati di ammoniaca e di ferro che non presentano questi
caratteri cardinali si devono rigettare come mal preparati (1).
Ora veniamo ai particolari intorno al modo di farne uso ,
quali indica il dottor Guglielmi di Napoli, cui di tale applica-
zione spetterebbe, a quanto sembra, il primato.
(1) Qui notiamo per incidenza che nel nuovo Codice far-
maceutico francese , di cui abbiamo dato negli e Annali di
Chimica w un'analisi, è riportato il processo per ottenere il ci-
trato di ferro e di ammoniaca , quàl rimedio obbligatorio , ma
che i redattori si sono dimenticati niente meno che di ripor-
tare i caratteri fisico-chimici che questo sale deve avere!
Ruspini.
224
Primo stadio del cholara , ossia manifestazione dei primi
sintomi assai sospetti, quale la diarrea sierosa ed abbondante,
vomiturazione o nausea, oppressione o stringimento al petto,
senso di stanchezza alle membra, ecc.
L'ammalato si ponga a letto, bene coperto. Gli sia ammini-
strato per tre volte ogni ora una dose di cinquanta centi"
grammi (10 grani ) di citrato di ferro sciolto in poca acqua
fredda zuccherata.
D'ordinario dopo pochi minuti i sintomi cessano, e nasce un
abbondante sudore su tutta la superficie della pelle. Se non
Cessano , si insiste a somministrare il rimedio. Anche ottenuto
l'effetto, sarà bene continuare per tre giorni l'uso del citrato,
in dose di venticinque centigrammi una sol volta al mattino.
Secondo stadio. — Cresciuto il vomito e la diarrea e Top-
pressione, la comparsa dei crampi, del freddo all'estremità, la
soppressione dei polsi, ecc., si darà un grammo (uno scrupolo)
di citrato di ferro, sciolto nell'acqua fredda zuccherata ogni ora,
o più spesso , secondo la pertinacia del vomito , e degli altri
sintomi, ed insistendo con questa jiorma fino a guarigione ot-
tenuta. Conseguita questa, si continuerà il rimedio in dose mi-
nore, ed a più lunghi intervalli, per qualche giorno.
Terzo stadio, — Diarrea sfrenata di materie liquidissime ,
biancastre , vomito incessante , angoscia estrema , freddo mar-
moreo, pelle livida, occhiaje infossate, cianosi, ecc. Si propinerà
allora un grammo e mezzo di citrato di ferro ammoniacale a
brevi intervalli, e si ripeterà la dose se subito dopo sopravviene
il vomito. Insistere fino a scomparsa di sintomi per diminuire
gradatamente la dose, ed allargare gli intervalli fra una dose
e l'altra fino a guarigione completa.
Ultimo stadio, — Asfissia ed imminenza della morte. Se
l'infermo può sopravvivere il tempo che basti per sentire T ef-
fetto del rimedio, può ancora salvarsi (!). In questo caso, quasi
disperato , si fa ingojare una dose di grammi due di citrato
di ferro e ammoniaca ogni mezz'ora, ed altrettanto se ne am-
ministra per clistere. Se l' ammalato rinviene alquanto, si di-
scende alle dosi del primo stadio.
È necessario avvertire poi :
i.® Che i clisteri di citrato di ferro ajutano molto, tanto
nel secondo quanto nel terzo stadio.
225
2.^ Cile noa bisogna mai dare bìbite acquose all'infermo
subito dopo la somministrazione del rimedio. |Tatt'al più per
moderargli la sete ardente concedergli qualche pezzetto di
ghiaccio.
3.^ Ohe in tutti i casi, e principalmente nei più gravi, bi-
sogna insistere a dare il rimedio senza esitazione fino a. che
sia vinto il morbo e non disanimarsi se reffetto non è pronto.
4.® Dirò io finalmente, il citrato da impiegarsi sia dotato
dei caratteri che abbiamo più sopra descritti ; in questo caso
di applicazione speciale come antidoto del cholera, è giusta la
esigenza dei caratteri indicati da Béral pel suo citrato , che è
pur quello usato da Guglielmi d. (c Annali di Chimica ». Giù*
gno 4867).
— Aggiungiamo per ultimo la formola con cui il citrato viene
prescritto dal Guglielmi e fautori, e cosi si potrà dire che la
nostra fiducia , molto scrollata dalle epidemie antecedenti , non
ci rese però ingiusti verso il citrato , come non ci aveva reso^
per avventura, parziali né verso l'acido fenico, né verso il tri-
cloruro di carbonio et reliqua.
Per U80 interno.
Acqua stillata grammi 180;
Citrato di ferro ammoniacale di Béral, grammi 6;
Zucchero bianco grammi 6.
Da dividersi in sei prese, una ogni ora.
Per clistere.
Acqua di fonte grammi 300.
Citrato di ferro solubile grammi 6.
Per due clisteri. ( Gazz. MeéL It Prov. ven,, N.* 27 del
4867 ).
Dlslnfealoiil proposte nel eholera dal Direte
t«ivio deirAssisteosa palililieA di Parisi,, di eon-
eerto eolla Dlrealone delle farmaeie degli «pe-
dali. -—4.® Purificazione della biancheria proveniente dal
Annali. Voi Cd. 45
226
letto di inalati, delle tele dei materassi, della lingeria di corpo
dei cholerosiy ecc. Lavacro con
Ipoclorito (cloruro) di soda 1 litro
Acqua, circa 9 f
2.^ Disinfezione dei bacini, dei vasi da notte, ed altri uten-
sili. Vuotarli, poi immergerli immediatamente in una tinozza ,
contenente
Ipoclorito (cloruro) di calce secco . . 500 grammi
Acqua, circa . 9 litri
Stemperarvi il sale con cura, e agitarvi il deposito col mezzo
deir immersione. I vasi devono essere passati in un secchio di
acqua comune, poi asciugati prima di essere rimessi in servizio.
Alla fine della giornata versare il contenuto del recipiente
nel lavatojo o nel cesso, e rinnovare la soluzione.
3.^ Disinfezione dei pozzi neri, delle latrine e dei pisciatoi.
Dove esistono latrine perfezionate basterà di lavare la seggetta
0 i pitali col seguente miscuglio di cloruro di calce, e mattina
e sera gettare nell' orifizio del canale della latrina un secchio,
ossia 10 litri, circa, della seguente soluzione:
Solfato di ferro 500 grammi
Acqua .* 10 litri
Acido fenico a ^/i^^ 100 grammi
La lavatura della superficie si farà col miscuglio già in-
dicato di ipoclorito di calce secco 50 grammi, e acqua 9 litri.
4.® Disinfezione della sala anatomica, della stanza mortua-
ria , della stanza di deposito della biancheria sporca , dei con-
dotti di estrazione dell'aria dalle sale dei cholerosi (dove è in
attività un sistema di ventilas;ione) , delle tramoggie per la
' biancheria sporca. Miscuglio in un vaso di grès:
1 litro di acido pirolegnoso con 5 litri di acqua.
Durante la giornata aggiungervi 250 grammi di cloruro di
calce. Si otterrà cosi uno sviluppo abbondante e permanente di
cloro.
5.® Rinsanamento delle sale dei chirurghi. Mettere in que-
ste sale numerosi piatti con cloruro di calce leggermente inu-
midito di acqua. Si possono anoqra operare fumigazioni di acido
fenico col seguente miscuglio:
227
Acqua • ... 10 litri
Aloool i litro
Acido fenico ... ; . . . . '. . 5Q gramipi
Questo liquido sarà distribuito entro terrine , poste neUe
sale, in ra|a;iooe di 5 terrine di due litri per og^i sala di 30 a
40 malati, ossia una terrina per ogni 6 a 8 letti.
6.* Nel momento di chiudere la bara si spargono 2 chilo-
grammi di cloruro di calce solido, sotto sopra e ai lati del ca-
davere. Si getta sul corpo 1 litro di segatura di legno impre-
gnata di 10 grammi di acido fenico.
7.* Per ogni fossa si impiega, secondo Veiè^ dei decessi, dà
2 a 6 chil. di ipoclorito di calce, divisi in due frazioni^ come è
detto di sopra. {Joum. de pharm, ^ da chitnie e Ann, 4i
chim, (1), maggio 1867).
(1) Ricordiamo ai nostri lettori le interessanti esperienze di
Barker, che vennero fatte conoscere negli e Annali di Chimi*
ca » (voi. XLIII, pag. 81 e 142), e dalle quali è dimostrata
l'efficacia disinfettante anche di altri agenti, che qui enume-
riamo :
L'ozono^ ottenuto eolla lenta combustione del fosforo in vi-
cinanza dell'acqua e svolgendo del permanganato potassico.
Viodio e il bromo allo stato di vapore, nei luoghi rinchiudi,
per ottenere un'azione disinfettante continua.
Il cloruro e il tolfato di zinco in soluzione e inzuppandone
la segatura di legno^ per disinfettare i corpi solidi.
La temperatura di 100" C. per purificare e disinfattare i
vestimenti.
Ricordiamo del pari come , sia in queste sperienze , sia in
quelle di Fasoli , il solfato di ferro si trovò pochissimo effi-
cace disinfettante, e come siasi pure constatata la polvere di
carbone^ checché ne sia della generale opinione contraria.
Il K
228
Maoaale di Osloloffla i del cav. prof. EUSEBIO
Ofiflii. Milano , 1867. ( In corso di puhbticazio-
ne ). — Cenno bibliografico.
1 progressi fatti in questi uYtimi tempi dalla fisiologia, special-
mente in Germania, ed i lumi che dessa offre al moderno indi-
rizzo della medicina pratica, la resero maggiormente splendida
e sommamente importante.
Essa oggi traendo vitale nutrimento dalle scienze naturali,
e^ dalle vive sezioni degli animali, e profondamente occupandosi
delle leggi e dei mutamenti della composizione organica , per-
venne già a stabilire il posto che occupa 1' uomo nelPuniverso
vivente e a conoscere i rapporti che tra il medesimo e l'universo
stesso intercedono.
E non solo in Germania esimii cultori di questa disciplina
adoperano incessantemente al di lei progresso, ma pure sotto il
.bel cielo di questa terra si cerca a tutta possa di estenderla ,
illustrarla e condurla al punto suo più culminante.
E già valentissimi uomini italiani e stranieri furono chia-
mati ad insegnarla, e questi, giovati da novelli gabinetti e da
distintissimi allievi ed assistenti , soddisfano pienamente all'ar-
duo compito. Che se sgraziatamente quasi non mancassero al-
l'Italia trattati di fisiologia portati all'altezza della scienza, e
la scienza fosse più vigorosamente sostenuta dal governo, anche
più agevolmente ed estesamente feconderebbero negli alunni tale
nobilissima istruzione. E dissi quasi mancano all'Italia trattati
di fisiologia già fondati sui recenti progressi dell' esperienza ,
{>oichè nulla invero possediamo, se si eccettui il Trattato pub-
blicato dal Tommasi e la Guida allo studio della fisiologia del-
l'Albini, di cui fu interrotta la pubblicazione.
A riempiere questa manifesta lacuna si accinse con vivo
proposito r infaticabile professore cav. Eusebio Oehl. Questo
chiaro ed erudito maestro , lodato in Italia e fuori per distinti
lavori scientifici, ora pubblica in Milano coi tipi del tipografo
signor Francesco Zannetti (Via del Senato, N. 26) il libro man-
cante, e per modestia lo intitola e Manuale dì Fisiologia ft. Di
esso furono già date in luce varie dispense.
229
Pel solo motivo di favorirà gli alunni della sua numerosa
scuola, fece precedere la pubblicazione della seconda parte del-
l' opera a quella della prima. Queste due parti formeranno un
volume a sé di fisiologia generale e di fisiologia sperimentale
delle azioni vegetative. In appresso pubblicherà la fisiologia spe-
ciale delle azioni animali.
La seconda parte, la quale presto verrà per intero pubbli-
oata, comprende i trattati del sangue , della circolazione, della
respirazione e ossidazione, delle secrezioni e della termogenesi.
A questa terrà dietro la prima parte, la quale comprenderà la
generalità della fisiologìa e i trattati degli alimenti , della di-
gestione e dell'assorbimento.
Il nostro Autore coi trattati del sangue , della circolazione
e della respirazione esposti nelle prime quattro dispense , pre-
senta con ordine , chiarezza e somma erudizione le quistioni
principali e proprie di quelli argomenti ; combatte magistral-
mente alcuni errori, disvela importanti verità, e al lume della
chimica , della fisica e dei progressi più splendidi della mo-
derna fisiologia , eleva quelle dottrine a somma luce*
L' opera viene corredata di buone tavole sparse opportuna-
mente qua e là nel testo ; sono disegni istologici , disegni
schematici, i quali aiutano a comprendere taluni atti fisiologici^
oppure ritraggono alcuni stromenti , che si debbono ben cono-
scere, essendoché produssero molti progressi della moderna fisio-
logia, e chiarirono l'importanza della loro applicazione alla me-
dicina pratica. Tali sono il kimographion , l' emadrometro di
Yalkmann, il pneumatometro, lo spirometro, ecc., ecc.
Onninamente superfluo sarebbe il raccomandare al pubblico
quest'opera, poiché lo splendido insegnamento dell'Autore, la sua
operosità e la fama di cui gode ne assicurano il felice successo.
E noi crediamo per tutto ciò , che dessa segnerà un novello
progresso nella scienza e apporterà nuova gloria al nostro
paese , già ricco di scoperte e di potenti ingegni.
G. G.
\
GttONACA
Im epidemia ehMcvIea del 1969 te Italia. — Er-
rori e presladlall popolari* -^ Mlaare preven-
CITO proflorltfO dal CUiTOrno* applicate dalia
II. Prefettura di Mllatto* «» Intervento del
Clero e della pnbMIea benefleensa. — €)on-*
eoroo del Parlamento eon mesal eeonomiel e
morali. - Prosetto di leiri;e per le pensioni
da aeeordarsi alio vedove ed al O^U dei me-
diel e ehlrnri;hl morti in oervlalo dolio Stato
per 1* aflfllstensa al eholerool* — Onorifleensa
•peolale*
I
ì cholefa, dopo àyere indugiato qualche tempo alle nostre por»
te, è proprio entrato in città. Il primo caso si è avverato il 14
giugno, e all'ora in cai scriviamo (9 agosto) la nostra statistica
ci presenta casi 148^ guariti 17^ morti 108, in cura 23. Come si
vede da queste cifre, si è avanzato pian piano, con molta cir-
cospestone, e fu sempre tenuto in rispetto , e quasi a dire , in
sòggesione, da coloro che presiedono alla tutela della pubblica
salute , e si mostrano così degni del grave ufficio che tengo-
no (1). A Milano, come è noto ài nostri lettori, prevale la opi-
nione dei contagionisti, e su questa opinione, corraggiosamente
pfFOpugnata dalla classe medica , s' informano le misure tutte
mniiarie e pi^eventive contro il temuto flagello. La popolatione
le asseconda con bastante fiducia e docilità, ancor che non man-
chino fra noi di quando in quando certe mostre d' ignoranza ,
eerti tratti incivili, certe stolide ottuse verso i medici, le quali
(1) La Commissione straordinaria di sanità, presieduta dal
Sindaco, si compone, in Milano, dei signori dottori: Angelo
Tizzoni, presidente delegato; Cesare Todesdiini, Antonio Tar-
chini Bonfanti, Pietro Chiapponi, Giacomo Ambrosoli e Luigi
Bono.
231
ei provano come siavi ancor molto da fare in materia di istru-
zione , e come certi pregiudizi! ed errori che parevano d* altri
tempi, abbiano tuttora profonde radici. Che se appena varchia-
mo i confini della città , se ci avanziamo non molto lungi nel
nostro territorio, senza spingerci sino alla lontana Sicilia, trovia-
mo con profondo rammarico, che l'ignoranza e il pregiudizio
trasmodano in esplosioni brutali e feroci, delle quali poco mancò
non fosse per rimaner vittima qualche egregio collega. Comun-
que sia, il corpo sanitario sta saldo , qui come altrove , e tien
fermo al suo posto^ al suo dovere ; parato non solo ai pericoli
del morbo, ma alle amarezze che provengono dalle altrui im-
prontitudini. Contumacie , isolamenti , sequestri , espurghi su
larga scala, sono fra noi all' ordine del giorno. Il trasporto de-
gli infermi agli ospedali soccorsuali dei cholerosi incontra per
avventura minori difficoltà fra le mura del capoluogo che nella
campagna, ove la popolazione ha maggiore avversione per gli
ospedali in sé stessi , ove sono più tenaci i vincoli famigliari ,
maggiori le diffidenze e i sospetti verso le classi superiori, e il
timore del contagio ad arte generato , del propinato veleno e
delle insidie mortali più tenacemente radicato (1).
Come superare queste difficoltà ? Come rischiarare le menti
ottenebrate? Prevenendo ir male, educando le moltitudini, per-
suadendole coir esempio efficace, colla abnegazione , col sagrifi-
cio di se medesimi. Quest' ultimo è il compito speciale di noi
medici, e non vi manchiamo.
Il Governo , che nella passata epidemia stette spettatore
l>oco operoso della sua importazione, della sua rapida e quasi
fulminea diffusione, si è ora scosso dalla passata letargia, e
«ente un pò più la propria responsabilità, i propri doveri.
Le quarantene per le provenienze marittime vennero solle-
eitamente ordinate mano mano lo richiedeva il bisogno, e non
si trascurarono afbtto le vie di terra , per le quali il mòrbo
(1) La Casa soccorsuale a S. Michela ai Nuovi Sepolcri è
affidata ai signori dottori Giorgio Rotondi, qual medico prima-
rio , e Giuseppe RestelUni , qual medico-chirurgo assistente. — ^
L'Ispettorato speciale pel cholera presso T Ospedale Maggiore ,
ai signori dottori Antonio Pedretti e Antonio Rezzonico.
0*^0
può ora propagarsi quasi con altretUnta prestazza, attesi i ra-
pidi messi di comunicazione , di cui ci ha dotati la presente
civiltà. Due grandi centri di attrazione erano aperti quest'anno
al concorso dei popoli : Parigi e Roma. Da una parte la scienza
e r industria , i miracoli del lavoro e della operosità umana.
Dall'altra la fede, la tradizione, la seduzione della idea reli-
giosa, delle pompe ecclesiastiche , la città eterna che il mondo
cattolico vuol contrastare alla nazione, per farne centro di rea-
zione e di opposizione al progresso, alla indipendenza, alla li-
bertà. Siccome i germi del cbolera rimasti latenti e indistrutti
in Italia ed in Francia, qua e là miravano a ripullulare, era
ben naturale che oltre agli inconvenienti soliti a seguire alle
grandi agglomerazioni d' uomini, si avesse a temere lo scoppio
disastroso d' una epidemia cholerica.
È di Roma che il Governo mostrò di temere maggiormente
-*- almeno in linea sanitaria. Lo scontrarsi dei centomila pel-
legrini venuti da ogni banda alle feste 'pel Centenario di S. Pie-
tro, e il loro disperdersi dappoi attraverso il nostro paese, era-
no tali circostanze da metterci in pensiero, sotto T aspetto della
salute pubblica. — e II Governò del Re ( così la circolare 1.^
luglio del Ministero dell' Interno alle Prefetture del Regno)
ha assunte le più accurate notizie per accertarsi se il cholera
serpeggi e si sviluppi in Roma, e avutane la certezza, ha cre-
duto suo preciso dovere di adottare per quel fatto straordina-
rio e contro quel pericolo straordinarii provvedimenti. Sotto-
porre a contumacia in Lazzaretti improvvisati migliaja e mi-
glia] a di persone per una o più settimane sarebbe stato impos-
sibile , e quindi si pensò come potere. con accurate ispezioni
mediche e disinfezioni, e coli' immediato isolamento e sequestro
dei sospetti o malati di cholera ragfl:iungere lo scopo di impe-
dire che persone infette potessero circolare nel Regno e diffon-
dervi la malattia. Il Consiglio Superiore di Sanità , richiesto
del suo parere, suggeriva i seguenti provvedimenti, che il Mi-
nistero affrettavasi ad adottare, dandone immediato avviso alle
tre Prefetture nella cui giurisdizione stanno le frontiere del
Regno in comunicazione cello Stato Romano :
« 1.^ Sottoporre ai confini tutti i proveni>^nti da quello
Stato , a rigorosa visita medica , e ritirare in appositi locali
j
23a
d' osservazione e di cura i sospetti o riconosciuti malati di
eh olerà.
< 2.^ Sottoporre alle stesse visite e ad una accurata disin-
fezione uomini e bagagli in ciascuna stazione del Regno , ove
avessero ad interrompere il loro viaggio e fermarvisi.
L'effettuazione di questo secondo provvedimento fu racco-
mandata a tutti i Prefetti, perchè lo facessero eseguire dalle
singole stazioni della loro giurisdizione , dandone V incarico e
la responsabilità ai Municipii rispettivi. E però in ciascuna di
queste Stazioni si tenne pronto ad ogni arrivo di convoglio
proveniente dallo Stato romano un medico visitatore, e un lo-
cale di ricovero o lazzaretto provvisorio per ritirarvi i sospetti
o malati di cholera. Devesi in parte a tali disposizioni , appli-
cate dai Municipii di Milano e dei Corpi Santi colla usata fer-
mezza, se la città e il vasto comune che la circonda , si pre-
munirono contro la diffusione del cholera , principalmente per
opera di più centinaja di braccianti dell* alto milanese, reduci
a frotte dalla linea in costruzione Foggia-Benevento, devastata
dal coptagio. Certamente in ciò fare s' incontrarono delle dif-
iìcoltà ed anche della resistenze , in ispecie per la disugua-
glianza di trattamento, e per la irregolarità della applicazione
a fronte delle provenienze diverse. Ma è incontestabile che un
nuovo ostacolo venne frapposto alla diffusione del morbo.
Nella sua campagna anti-cholerica il Governo avrebbe vo-
luto far la guerra ai pregiudizii ed alla barbarie che questo
fatai morbo ha il privilegio di sommuovere e * di portare a
galla, scuotendo le immaginazioni ed empiendo le menti del
volgo di paure e di diffidenze. Epperciò diede incarico alle
Prefetture d' intervenire autorevolmente col consiglio e coli' o-
pera presso le popolazioni più ricalcitranti alle misure sanita-
rie ; e più inferocite contro medici e farmacisti , allo scopo di
ammansarle e di far loro intender ragione. Né limitandosi ai
gradi inferiori della scala sociale, portò i suoi colpi un pò più
in alto, destituendo con efficacissimo esempio, e rimovendo dai
loro scanni quei magistrati, sindaci, notaj e pubblici ufficiali ,
indegni della loro posizione, disertori e fuggiaschi in faccia al
pericolo.
La Prefettura di Milano, interpretando a dovere le iatru-
234
sioni ministeriali , ha spedito una Circolare ai Sindaci della
Provincia, affinchè attivino la più attenta sorveglianza su co-
loro che hanno il mal vezzo di diffondere voci allarmanti ri-
guardo al cholera e dispongano perchè si proceda contro i me-
desimi. E aggiungendo il fatto alle parole , non lasciò mai di-
fettare il concorso della forza pubblica, ovunque ne fu sentito
il bisogno , onde prestar mano efficace alla applicazione delie
misure sanitarie. Molti , arrestati alle porte stesse della città,
stanno già meditando al sicuro sopra gli effetti del veleno cho-
lerico e delle busse date o minacciate agli agenti della sanità,
e come il pescare nel torbido non sia sempre il miglior modo
di accattare fortuna e impunità. — Anche il commercio degli
stracci , uno dei più infesti in tempo di cholera , chiamò 1* at-
tenzione della R. Prefettura , la quale ritornò in vigore le mi-
sure ristrettive così bene consigliate nelle epidemie degli anni
scorsi.
Alle accennate disposizioni, la Prefettura di Milano altre ne
aggiunse allo scopo di impedire 1* importazione del cholera, e la
sua maggiore diffusione nei paesi infetti. Prescrisse col Decreto
14 luglio che agli operai addetti alle filande ed opifici, fino a che
perdurano le presenti condizioni sanitarie , non possa essere
prolungato il giornaliero lavoro oltre le óre 12, e sia concesso
un riposo a metà giornata non minore di ore due; — che i
proprietarj e conduttori di detti stabilimenti si assicurino che
gli operaj si nutrano di cibi salubri e in sufficiente quantità,
e provveggano a che venga loro somministrata una minestra
calda; — che sia esercitata la necessaria soryeglianza perchè
vengano trasportate ogni giorno ed al più presto dalle filande
le acque putride , le crisalidi e le struse o cascami , e in ge-
nere le materie putride, che dovranno essere riposte in luoghi
aereati e lontani dagli abitati e dagli opifici. Finalmente tornò
a raccomandare le più ampie disinfezioni ai locali, alle latrine,
alle persone, inculcando ripetutamente il seguente articolo :
« Quando il cholera si avvicinasse, e crescessero per conse-*
guenza i pericoli dell' invasione, si dovranno sopprimere le fiera
ed i mercati, chiudere le scuole, impedire le solennità o sagre
festive, minorare possibilmente la soverchia afQuenza della po«
polazione alle chiese, mediante opportuno riparto delle funzioni
235
religiose , e in generale togliere di ineszo ogni causa che pro-
duce concorso od affollamento di persone ».
Ma non è solo col rigore e colla limitazione delle libertà
pubbliche e private, che si rattiene la diffusione del morbo e
si risana il paese. Questi mezzi sono insufficienti senza il con-*
eorso della carità e della influenza educativa eh' essa esercita
dulie masse. Alle Circolari della Prefettura, fa riscontro una
Pastorale di Monsignore di Calabiana , Arcivescovo di Milano »
Senatore del Regno , il quale incita il Clero ad unire la sua
Voce a quella delle Autorità civili, onde diradare le tenebre che
Offuscano la intelligenza del popolo e spazzarne gli errori. Era
tempo che dal pergamo scendesse una parola di conforto e di
ajuto; che la religione servisse alla sua missione civilizzatrice.
In generale, nelle presenti circostanze, il concorso dei Ministri
dell'altare y facevasi piuttosto desiderare. Non vogliamo sup*
porre che lo spirito di parte, che una tendenza alla reazione
verso gli ordini attuali, accecasse al punto il nostro Clero, da
renderlo sobillatore e provocatore di eccessi funesti. Confi-
diamo che le raccomandazioni dell' illustre suo Capo , lo trar-
ranno dalle oblique vie della inerzia e della resistenza ad ap-
poggiare Toperosità del Corpo sanitario.
La Congregazione di Carità di Milano, allo scopo di venire
colla necessaria sollecitudine in soccorso alle famiglie colpite
dal cholera ed agli orfani e derelitti, ha istituito un'apposita
Commissione fra i proprj Delegati di beneficenza. A Firenze
si è pure costituito un Comitato di soccorso in prò dei chole-
fosi. Il suo programma , imitato dappoi in una Circolare del
Ministero dell'interno, è di prestarsi in ajuto delle classi di-
seredate dalla fortuna, le quali soggiacciono ai colpi più vio-
lenti del morbo; di apprestare tutti i mezzi che valgano a le-
nire le angoscio dell'agonia ai morenti, ed a strappare le ve-
dove e gli orfani infelici agli stra^ delia miseria. — Il Co^
mitato, in un suo manifesto pubblicato nella Riforma, ha fatto
appello alla carità degli Italiani , la quale non mancò mai ,
quando fu debitamente invocata a sollievo di pubbliche e pri-
vate sventure. -^ Esso è costituito dai signori: Vincenzo Sy-^
los Labini, Senatore del Regno; Mauro Macchi, Oreste Regnoli,
236
Agostino Bertani, Giacomo Giuseppa Alvini, Francesco Salaris,
commendatore Giacomo Rattazzi, Deputati al Parlamento.
E il Parlamento, per quanto assorto nelle gravi questioni
di Stato e di Finanze, smessa ogni grettezza ed ogni malinteso
spirito di economia, si è lasciato scuotere dalla imperante crisi
cholericB, e con una serie di voti e di provvidenze, ha mostrato
di prendersi a cuore la tutela delle vite e degli interessi dei
cittadini. L' ammirabile contegno dell' esercito, nelle plaghe d'I»-
talia pili travagliate dal morbo, ha destato dovunque la rico-
noscenza della Nazione. È noto che in Sicilia specialmente , in
mezzo alla dissoluzione d' ogni ordine e d* ogni vincolo sociale,
i bravi nostri ufficiali e soldati, sono intervenuti, come una
vera provvidenza, ad assistere gli infermi, a seppellire i morti,
a distribuire i viveri, a preparare persino il pane pei cittadini,
a reggere e a disimpegnare gli ufficii tutti, deserti o privi di
funzionarli per i' imperversare dell' asiatico flagello. Il Ministro
della Guerra, generale di Revel, encomiò meritamente V esercito
in un ordine del giorno , per la generosa condotta per ogni
dove serbata in occasione del cholera. — e È noto al Governo,
disse il generale di Revel, che specialmente nei Comuni di Si-
cilia, ove il morbo si manifestava con maggiore fierezza, e dove
pi£i scarsi erano i mezzi di ajuto, non vi è sagrifìcio, abnega-
zione e carità, cbe non abbiano posto in opera i distaccamenti
di truppa, a cominciare dagli ufficiali accorsi in presidio della
Autorità Municipale, e venendo ai soldati sobbarcantisi al pie-
toso ufficio di trasportare i malati e dar sepoltura ai morti ».
— Nella seduta del 29 luglio la^ Camera dei Deputati si asso-
ciava agli encomii del Ministro, e votava un ordine del giorno
in onore dell' esercito per la sua abnegazione durante la inva-
sione del cholera in Sicilia. Oltre a ciò furono messe a dispo-
sizione del Ministro dell' interno lire centomila , portate in ap-
presso a maggior somma , per concorrere alle spese richiesto
dalla epidemia nei Comuni più poveri del Regno. Finalmente
si diede soddisfazione ad una antica aspirazione della Associa^
zione Medica Italiana : si presentò , si studiò , si discusse un
progetto di Legge per concedere pensioni alle vedove ed ,ai fi-
gli dei medici che perdono la vita nella cura degli ammalati
nei casi di epidemia. Fu un nostro concittadino, 1' egregio De-
237
putato Curti, appoggiato da un altro non meno benemerito De-
putato Lombardo, il sìg. Mauro Macchi, che interpellò l'onore-
vole Presidente del Consiglio dei Ministri in pieno Parlamento,
sulle provvidenze da prendersi contro il contagio ; sulle repres-
sioni e sulle distinzioni da pronunciarsi ad aggravio od a pre-
mio degli immeritevoli o di coloro che meglio si distinguono
nella assistenza ai cholerosi ed alla cosa pubblica^ laddove mag-
giormente il morbo infierisce ; sulla convenienza di estendere ai
medici, i quali sarebbero vittime del morbo che combattono ed
alle loro famiglie , le disposizioni portate dagli articoli 2 e 24
della Legge 14 aprile 1864, le quali riguardano le pensioni da
accordarsi alle famiglie degli impiegati morti neir esercizio delle
loro funzioni.
Già fin dal 23 gennajo di quest'anno, la Camera aveva fa-
vorevolmente accolto un sifatto pensiero, e Tex-ministro Ricaso li
aveva preso V impegno di presentare in proposito una legge ,
eh' egli intendeva di subordinare al voto della Commissione
incaricata del Codice sanitario. Alla animata eloquenza del de-
putato Curti non riesci disagevole il dimostrare come alle at-
tuali circostanze si richieggano provvidenze immediate, ad in-
coraggiare singolarmente i medici che sono disposti a morire
sulla breccia nella cura dei cbolerosi. Il Presidente del Consi-
glio prese nella giusta considerazione tutti i punti svolti dal-
l'onorevole Curti. Mostrò di saper castigare i colpevoli e di vo^
lere degnamente rimeritare i benemeriti. Promise di presentare
indipendentemente del progetto del Codice sanitario, uno schema
di legge per la concessione di una pensione a favore di quei
medici che avessero perduta la vita per causa della assistenza
prestata ai cholerosi.
Mentre il Presidente del Consiglio dei ministri stava elabo-
rando lo schema in discorso, i signori deputati Macchi, Pala-
sciano, Salvagnoli, Prus, Morelli Carlo, Greco Antonio e Curti,
presentavano dal canto loro il seguente progetto di legge:
« Art. 1 Le vedove e i figli dei medici e chirurghi morti
di cholera in servizio dello Stato , sì fisso che temporaneo ,
avranno diritto ad una pensione annua.
€ Art. 2. Se la vedova non ha figli, la pensione- vitalizia
sarà di lire 400^ e cesserà quando passi a seconde nozze.
238
e Art. 3. Se la Tedova ha figli propri o lasciati dal maritft
di moglie precedente, la pensione sarà di lire 1000, che s'intende
debba dividersi fra la vedova e tutti gli orfani.
e La pensione si devolverà ai soli figli sia del primo che
del secondo letto, quando la vedova passi a seconde nozze,
t La pensione sarà ridotta per la vedova a lire 400 quando
i figli avranno raggiunta V età maggiore.
t Art. 4. Nel caso che i figli restassero orfani anco di madre
avranno diritto alla pensione di lire 1000, divisibile fra loro.
€ La pensione cesserà quando raggiungano Tetà maggiore»
e Art. 5. I comuni e provincie avranno facoltà dì segoire
queste norme a favore delle famiglie dei medici e chirurghi
morti di cholera in loro servìzio ».
Questo progetto, d'iniziativa parlamentare, ma consentito
dal Ministero e dalle varie parti della Camera, venne in qual*
che modo rimaneggiato dalla Commissione, composta dai De->
putati Righi, Macchi, Morpurgo, Bruno, Zanini, Ruggiero,
Bertani , Paini , Folti. «^ € La Nazione , disse il relatore
Mauro Macchi, seute il bisogno e il dovere di manifestare
la propria riconoscenza a quei generosi cultori dell' arte sa-
lutare , che , air infuriare del morbo , messa in non cale ogni
domestica cura, e postergando perfino ogni più soave affetto di
famiglia, accorrono a sollievo dell'umanità ove più ferve il pe*
ricolo e perdono la vita nel magnanimo esercizio dello scientii-
fico ed umanitario loro apostolato. A compiere questo dovere
che ha la Nazione verso le vedove e gli orfani di cotesti gene-
rosi, mira il progetto di Legge formulato da alcuni nostri col»
leghi. La Commissione l'approvò con cordiale ed unanime con-
senso. Parecchi Commissarj avrebbero anzi voluto renderne un
pò meno esigui i beneficii, e soprattutto farne più estesa l'ap-
plicazione .... Introdotta qualche modificazione piuttosto nella
forma che nella sostanza di alcuni articoli, la Commissione vi
esorta ad approvare col vostro suffragio una legge che tende a
togliere la cura più aspra dall' animo di quei medici , i quali
cadono in una grande battaglia, cui essi si cimentano a van-
taggio deirumanità. A questa battaglia, bisogna dirlo ad onor
loro, già accorrono con mirabile zelo i nostri medici. Ma è
troppo giusto il dare loro l'affidamento, che se, per disavven-
239
tura, avessero a soccombere, le loro vedove e gli orfani non
languirebbero nella miseria. È troppo giusto che , se la legga
accorda una pensione alle famiglie degli ufficiali che cadono sul
campo di battaglia , non la neghi ai superstiti di coloro che ,
martiri del proprio ufficio, sacrificano la vita propria, non per
togliere ma per salvare V altrui. Per il che V approvazione di
questa legge ci sembra, o Signori, il compimento di un grande
dovere sociale ».
Nella sedata del 31 luglio questo Progetto era appro-
vato dalla Camera con alcuni miglioramenti , concordati dalla
Commissione ed accettati dal Ministero. Se non che, per di-
savventura, scioltosi il Parlamento, veniva a mancare la de-:
finitiva sanzione al complesso della legge. È forza perciò subire
una dilazione, la quale non potrà in ogni caso essere a detri-
mento di coloro che militano nella presente campagna cholerio
ca. È dichiarato nella Legge eh' essa avrà effetto a contare dal
i.® gennajo 1867. — - Coraggio adunque^ ottimi eoUeghì^ degni
sacerdoti d* Igea. Neil* affrontare i pericoli d' ogni sorta che vi
circondano, nell'esporvi eroicamente alle offese e alla morte, vi
conforti il pensiero , non solo di adempiere al sacro dovere di
cittadino, ma ancor quello di non abbandonare nella miseria la
moglie e i figli vostri!
Più fortunati i superstiti, oltre alla pubblica stima ed alla
gratitudine di coloro cui avranno salva la vita, potranno aspi-
rare ad uno speciale segno di onore , alla cosi detta medaglia
delle epidemie. Noi non sappiamo davvero comprendere la ne*
cessità di un nuovo distintivo onorifico , in un paese che pos-
siede fra tanti ordini cavallereschi , il Real Ordine Civile di
Savoja , la Medaglia al merito civile. Si è detto che i vigenti
Statuti non permettono di conferire la medaglia al merito ci-
vile a coloro che si acquistano una speciale benemerenza per
servigi prestati in occasione di epidemie. In questa lacuna ,
veramente singolare, avremmo trovato piuttosto la ragione di
riformare e completare tali Statuti, che non il bisogno di creare
una medaglia , alla quale aggiungerà poco pregio V essere , o
meno , portatile. Specializzando di troppo le ricompense accor-
date alle varie maniere di prestazioni, si viene, a nostro avviso,
quasi a favorire la divisione fra i varii ordini di cittadini , i
240
quali tatti dovrebbero confondersi neiramore al paese, e nella
generosa emulazione di servirlo in tutti i modi. La classe men-
dica, per avventura, non abbisogna di stimoli per fare il do*>
ver suo. Essa accetterà nondimeno con riconoKcenza quanto
sarà fatto a suo favore, senza falsa modestia 0 malinteso or-
goglio.
Non chiuderemo questa Cronaca senza una parola di rin-
graziamento a coloro che hanno cosi bene propugnata la no-
stra causa in Parlamento; al Presidente del Consiglio dei mi-
nistri, agli onorevoli nostri concittadini, Deputati Curti e Mac-
chi^ e a quegli illustri colleghi Bruno, Zanini, Palasciano, Sai-
vagnoli, Bertani, torelli, i quali nel rappresentare la Nazione
non si sono. dimenticati di essere rappresentanti eziandio della
scienza e dell'arte medica.
■■biBEam
Volume 200.
Errata Corrige
Pag.
282,
lìn.
19 — sabacee
sebacee
284
9
47 — vaginale
vescicale
298
:»
30 — pieghe
piaghe
390
»
22 — conformità
uniformità
403
»
3 — Dufaw
Dufour
422
»
43 — esterna
estrema
426
»
4 — gravi
grandi
435
»
25 — 806
306
493
9
47 — intraperiodici
sottoperiostei
494
»
il — ostematoma .
otematoma
Il Direttore e Gerente reiponsabile
Dott. Romolo Griftini.
241
ANNALI UNIVERSALI DI MEDICINA.
VoL. CCI. — Faso. 602. — Agosto 1867.
liul fforelpe aslmnietrlco o.retro-forelpe^ di Jfa-
Mtatf ^ Relazione del doti. AWTOivio TEOOldi al
Comitato medico di Casalmag giove.
0
norevoli colleghi. — Nella tornata del 23 marzo p. p.
il nostro egregio Presidente mi onorava dell' incarico di
esprimere un giudizio sopra un nuovo strumento da qual-
che anno adoperato da alcuni ostetrici francesi in sosti-
tuzione al forcipe comune, che dal suo autore dott. Ha-
mon venne chiamato forcipe asimmetrico o retro-forcipe.
Il compito che mi è stato affidato è per me dei più
gravi, ed io che so quid valeant humeri , quid ferro re-
cusint, avrei volentieri declinato lo spinoso mandato^ se
il nostro onorevole Presidente, di cui tutti dobbiamo lo-
dare r alacrità e la solerzia, compreso dalla nobile e sa-
piente ambizione di rendere utili i nostri convegni, non
avesse frattanto rivolta la sua attenzione ad occuparci
d'argomenti scientifici. E n'era ben d'onde. Poiché se è
vero che la medica nostra Associazione dall' epoca della
sua instituzione sino al presente, ha fatto notevoli passi
ne' suoi morali e materiali interessi, è altrettanto vero
che molti dei medici Comitati, e non ultimo il no-
stro , traggono una vita fiacca , inerte , indifierente. E
questo per certo non è il miglior modo di interessare
Annali. VoU CCI 16
242
favorevolmente la società verso di noi ; la quale se pure
deve prendere in giusta considerazione la nostra Associa-
zione, fa d'uopo vi sia spinta* non solo dalla incontestata
sua propria utilità, ma ben anco dalla conveniente leg-
gittima estimazione che noi avremo saputo meritarci,
e dalla profonda convinzione che nel porre al loro vero
livello le mediche instituzioni ed i loro membri , essa è
per compire un atto doveroso, indeclinabile, che la civiltà
non deve mai obbliare a danno di coloro che con tutte
le proprie forze si resero yerso di essa benemerenti.
Ecco il perchè io, sebbene non troppo adatto, ho as-
sunto volontieri di adempire all' incarico ricevuto. Preoc-
cuparci dei nostri interessi è cosa ragionevole e legit-
tima, ma non dobbiamo posporre 1* arte e la scienza , le
quali alla fine de* conti costituiscono la più valida , la
più potente tutela di quelli.
Ecco il perchè inchinevole e fidente mi sono sobbar-
cato a trattare un argomento alquanto per me arduo e
difficile ; né V ho fatto certo per bramosia di lodi ; che
questo limite so già di non lo potere raggiunger mai :
solo è mio desiderio che accettata da me la prova ed
iniziato l'esempio, voi colleghi volonterosi, saggi e capaci,
vogliate seguire la via che V onorevole Presidenza intende
prefiggersi onde illustrare ed avvantaggiare nell'opinion
pubblica il Comizio. Quando voi abbiate fatto astrazione
di questo per me impellente motivo, non mi resta che
invocare la vostra temperanza e mitezza.
In una seduta dell'Accademia medica di Parigi del-
l'agosto 1864, il dott. Hamon, di Fresnay sur Sarthe,
comunicava una nota nella quale col proposito di conver-
tire il forcipe comune in una leva di terzo genere, e di
prevenire gli inconvenienti che sono inevitabili coli' in-
crocicchiamento delle branche del forcipe comune , deli-
neava uno strumento ohe non è che una semplice modi-
ficazione del forcipe di Coutouly, di Thenance e del Mat-
243
tei, à branche paralella artioolate su di un manico oriz-
zontale alla loro estremità manuale. L* Autore confessa
sino dalle prime che tale idea non è del tutto nuova ,
e che hen lontano dal rivendicare una scoperta ad altri
dovuta, si limita ad aggiudicarsi il merito di aver saputo
toccare nel suo strumento il supremo grado di sempli-
cità, e di aver contribuito alla conoscenza e diffusione di
uno strumento che deve avere indubbiamente in non lon-
tana epoca uno fra i primi posti negli armamentarj oste-
trici.
La descrizione che il dott. Hamon porge del suo nuovo
strumento non è a mio dire fra le più. precise : io però
mi farò a riassumerla colla maggiore diligenza e brevità,
onde possiate far vene il più chiaro e più possibilmente
esatto concetto.
Esso consiste in due cucchiaj a finestra con curva
alquanto marcata sulla loro parte piana della lunghezza
di metri 0,16, terminati da un'asta retta, lunga metri
0,14: sull'estremità manuale dell* asta uno de* cucchiaj
ha un unico foro, l' altro ne ha due paralelli, tutti per-
pendicolari air asse delle branche, e sono destinati a dar
p$tssaggio ad una caviglia di ferro per assicurarle.
Le branche sono articolate sopra un manico metal-
lico assai semplice, che consiste in una specie di placca
di ferro lunga 0,12, larga 0,02 e dello spessore di 0,006.
Essa è munita di sei aperture o fori, quattro a distanze
paralelle perfettamente eguali con uno spazio intermedio
di 0,085 nella parte mediana del manico, due delle quali
corrispondenti alla branca destra sono circolari , e per-
mettono air asta che vi è unita di muoversi liberamente
sul suo asse, due sono riferibili alla branca sinistra» sono
di forma quadrata e danno passaggio ali* asta che vi cor-
risponde, tenuta quivi al sicuro da una bietta o copiglia
di ferro. Per impedire ogni scostamento della branca de-
stra, basta passare una seconda bietta di ferro nell* asta
244
paralellamente alla bietta inferiore e al disopra del ma^
nico. Le due altre aperture molto pib piccole sono situate
air estremità del manico , ed hanno per unico scopo di
fornire un punto d'attacco ad un cordoncino cui sono
assicurate le due biette o copiglie. Queste poi non sono
che due pezzi di ferro cilindrico che servono a fissare al
(li sopra del manico le branche dell' istroraento una volta
introdotto traverso le aperture sopra menzionate.
In seguito ad ulteriore pratica ostetrica il sig. Hamon
apportava al suo strumento alcune modificazioni, la più
importante delle quali, e che merita di essere accennata,
è quella di permettere un più libero movimento alle
branche.
La branca destra per mezzo di una rotella a quattro
fori che servono ad articolarla per mezzo di una piccola
leva al disotto del manico^ avrebbe un più sensibile mo-
vimento intorno al proprio asse, e perciò V ostetrico fran-
cese la chiama pivotante : la sinistra oltre a questo mo-
vimento ne avrebbe un altro quasi ondulatorio da destra
a sinistra, dall' indietro all' avanti e viceversa, e la de-
nominò perciò branca basculante. Tale movimento è do-
vuto ad un bottone a bajonetta che la articola sopra il
manico, e ad una vite che limitando a volontà dell' ope-
ratore il moto della branca, la assicurerebbe, e la ren-
derebbe nello stesso tempo solidissima.
La descrizione che ofire il dott. Hamon del suo for-
cipe, e che credo avere fedelmente riassunto, non lascia
nella mente dell* ostetrico una abbastanza esatta nozione,
e di ciò probabilmente accortosi l'Autore, ha tentato nelle
successive sue pubblicazioni di porgere più soddisfacenti
dettagli e spiegazioni, mediante confronto d' analogia sulla
sua azione meccanica.
Per fare uno stromento , egli dice , concepito rarfo-
nalmente , bisogna imitare la natura , che , come organo
di presa , ci forni delle mani ; le quali mobili ed artico-^-
245
late come 3ono, potrebbero rendere inutili il forcipe, se
non vi si opponesse una duplice condizione, vale a dire,
il loro eccessivo volume, e la deficienza di forze neces-
sarie air estrazione del feto. A questi due difetti delle
mani l'Autore crede di avere ovviato col suo forcipe a
branche paralelle, mobili ed articolate.
Continuando in seguito il dott. Hamon in questo con-
fronto delle mani col forcipe, svela le più importanti od
attendibili qualità attribuite da lui al suo forcipe.
Col forcipe a branche paralelle, mobili ed articolate,
ottiensi, a suo dire, il rilevante vantaggio di poterle ap-
plicare ciascuna sopra qualunque parte della testa del
feto ; e da ciò il nome di asimmetrico che dà al suo for-
cipe: questo aggiunto chiarisce il concetto ostetrico del-
l'Autore, che cioè non fe d' uopo che le branche del for-
cipe per estrarre la testa siano applicate come col for-
cipe comune alle i^rti della testa diametralmente oppo-
ste fra loro. Egli ne dà le ragioni appoggiandosi sempre
sull'argomento di confronto colle mani, ed anzi a spie-
gare meglio il suo concetto si fa da sé stesso una do-
manda, che per altro chiama tosto, non solo oziosa, ma
assurda.
Si crede forse di assoluta necessità, domanda l'Autore,
per attrarre a sé un corpo sferoidale, di prenderlo colle
mani ai due lati simmetrici opposti? Se si trae a sé
una palla supposta della grossezza di una testa di feto,
la cosa è perfettamente possibile anche con una sola mano,
ed in questo caso il corpo o la palla è presa evidente-
mente in maniera tutt' altro che simmetrica. Se invece di
una mano si adoperassero entrambe tenendole anche vicine
runa all'altra, si arriverà allo stesso risultato, quand'an-
che si operasse, se lo si giudichi conveniente in causa
d* una posizione sfavorevole della palla, in modo asimme-
trico. Or bene, seguita 1' Autore, al contrario delle idee
passate in giudicato attualmente in ostetricia, succede cosi
24«
d6l forcipe e della testa, come delle mani e della palla.
Non si possono poggiar simmetricamente i cacchiaj sopra
la volta del cranio ÌÌÈ circostanza sfavorevole, d* accor-
do ; ma diasi una posizione qualunque che assicuri ai cuc«
chiaj una presa più o meno valida , V istromento agirà
con precisione forse meno matematica , ma per poco che
sia convenientemente intesa la sua azione, si potrà con-
tare sulla medesima se si avrà cura di regolarla con un
pò di discernimento e di ben calcolato indirizzo.
Ecco a brevi tratti delineata con ogni possibile esat-
tezza la teoria del forcipe del dott. Hamon, il quale, come
si scorge, non è altro che una copia alquanto imperfetta
dei nostri organi di presa.
Per avvalorare questa sua teoria il dott. Hamon chia-
ma in sussidio Tatto pratico, ed ammette un esempio di
presentazione del feto occipito-iliaca-sinistra-anteriore.
In questa posizione la branca sinistra, cioè la branca
basculante, introdotta nelle parti muliebri, per necessità
andrà a corrispondere alla regione temporale corrispon-
dente del feto, mentre la destra , cioè la pivotante , la-
sciandola seguire la direzione verso cui tende, andrà alla
parte posteriore laterale destra del bacino a poggiar sulla
fronte del feto, limitandosi còsi i due cucchiaj ad una di-
stanza fra loro di un quarto di cerchio.
Ora, dice il dott. Hamon, in questo caso sembrerebbe
impossibile r estrazione del feto , ma al contrario la di-
chiara effettuabilissima^ ed afferma di aver in tal posizione
compiuta felicemente Toperazione^lO volte su 20. È quindi
vantaggiosissima la posizione asimmetrica, egli esclama, ^e
tanto è ciò vero, che se si osserva la testa appena sor-
tita, è di regola il constatare <5he uno de' cliochiaj, quelk)
che avrà avuto la maggior parte nell' estrazione, ha fatto
presa su idi una delle regioni temporali^ il secondo o sulla
fronte, 0 sulla nuca, a seconda che ia- posizione àarà stata
occipito-ilìaca-sinistra o déstfa.
247
L'Autore chiedendo a sé stesso in che consistono i
vantaggi della posizione asimmetrica de'cucchiaj, li dichiara
issofatto immensi^ e ciò al punto di vista della facilità
delle manovre tanto per i . vecchi quanto per i giovani
operatori. Egli non esita ad assicurare che coli' applica-
zione del forcipe asimmetrico ha quasi sempre estratto il
feto con facilità ed in qualunque posizione si trovasse ;
in ogni caso poi ha sempre evitato di dover ricorrere
alla craniotomia, della quale operazione non rade volte si
presenta la necessità neir uso del forcipe comune. E qui ri*
calcando il suo argomento ripete che i cucchiaj del suo for-
cipe agiscono qualunque sia la loro posizione rispettiva,
giacché le due leve per mezzo della vite d' assicurazione
che limita il movimento di rotazione sul suo asse della
branca destra sono di una solidità perfetta in tutte le
situazioni che possono essere loro assegnate dalla forza
delle cose.
In altra delle sue pubblicazioni il sig. Hamon, volendo
dare una idea più precisa del meccanismo del suo forcipe
asimmetrico, svolge un altro argomento dedotto dalle pra-
tiche risultanze, cioè che contrariamente a ciò che ha
luogo per tutti gli altri forcipi, la sfera d' azione elettiva
de' suoi due cucchiaj asimmetrici si esercita nella parte
posteriore del bacino: da ciò anche il nome di re-
troforcipe che dà al suo strumento. Questa condizione, e
r Autore lo rimarca con insistenza, facilita singolarmente
le manovre dell' istromento , poiché è verso appunto la
regione posteriore che le branche del forcipe hanno tutta
la tendenza naturale di collocarsi. A sostegno di ciò in-
voca la pratica eseguita sul modello ostetrico, colla quale
tosto si convince, come poste le branche in queste posi-
zioni posteriori, sia molto agevole lo imprimere alla testa
del feto artificiale ogni genere di riduzione possibile, an-
che allorquando i cucchiaj fossero avvicinati in modo da
quasi toccarsi.
248
Ma onde passare in completa rassegna tutte le argo-
mentazioni colle quali TÀutore fiancheggia la preminenza
del suo forcipe, non ommetterò quelle che egli fa risul--
tare da un minuzioso confronto fra il nuovo ed il vecchio
forcipe.
In primo luogo ammette come dato favorevole al suo
forcipe il poter condurre nella gran parte de* casi il parto
a termine senza ricorrere ad ajuto straniero, ad onta di
difficili posizioni e di ostacoli gravi. E qui si fa a deplo-
rare il bisogno di una grande forza di trazione che oc-
corre nell'uso del forcipe simmetrico, pel quale, fatta la
presa sulla testa, la quìstione è precisamente e solamente
di forza, vale a dire di uno o più assistenti robusti che
soccorrano l'operatore nell'estrazione del feto. Epperò
chiama spregevoli e degne di una arte meccanica vol-
gare le esperienze di Putégnat e di Delore, i quali asse-
riscono aver avuto talfiata ricorso alla forza di 210 chi-
*
logrammi e tal' altra anche di 300, dopo avere premesso
che la forza di un uomo senz' appoggio è di 40 chilo-
grammi e di 80 quella con appoggio.
Col forcipe asimmetrico al contrario si opera con o
senz'appoggio, ma sempre soli; talvolta basta un solo
braccio : del resto suggerisce di saper attendere , poiché
la testa in causa della sensibile curva delle branche ,
avendo qualche libertà di moto, può prendere la sua po-
sizione regolare.
Ferma in seguito l'Autore la propria attenzione sulle
facili e deplorabili conseguenze del parto esaurito con
tanto consumo di forze: fra le quali annovera la lace-
razione del perineo, le metroperitoniti acute e fatali, gli
ascessi iliaci, le flegmasie albedolenti, la frattura delle
ossa del cranio del feto , e la morte frequentissima del
medesimo , conseguenze che vengono quasi sempre evi-
tate col forcipe asimmetrico.
Riassume quindi il dott. Hamon i difetti del forcipe
249
crociato, che egli chiama strumento brutale e detestabile,
ed asserendo in prima luogo che ha le branche troppo
vicine tra loro , per cui resta facilmente compressa e
schiacciata la testa del feto , rileva pur anco che ha i
cucchiaj troppo lunghi , facilmente flessibili , ed insuffi-
cientemente arcuati , per il che si adatta male alla testa
del feto, la quale perchè è corpo sferoidale deve risen-
tirne rilevantissimi danni.
Il forcipe a branche paralelle invece coi suoi cuc-
chiaj molto arcuati si adatta meglio alla figura del capo,
non lo comprime , ma lo attira spingendolo dair indietro
air avanti e proteggendolo anche contro le parti dure
del bacino » e siccome le posizioni dei due cucchiaj del
forcipe è raramente simmetrica , se non quando la testa
è discesa in piena escavazione, cosi ne risulta che la
testa conservando fra i cucchiaj und certa libertà d' a-
zione, può d' ordinario accomodar meglio i suoi diametri
con quelli del bacino; ed è questa, assicura l'Autore,
una condizione preziosa che non può verificarsi a mezzo
del forcipe crociato, ir quale estrae brutalmente la testa
nella stessa posizione che Tha afferrata.
Fra gli argomenti di confronto addotti , non dubita
l'Autore di ricorrere anche alla statistica, onde vie me-
glio comprovare la superiorità del forcipe asimmetrico. Fra
le tante operazioni eseguite, e devono essere effettivamente
molte, giacché il dott. Hamon si dichiara partigiano della
dottrina del parto per l'arte, un solo triste accidente ebbe
a lamentare in quanto alla madre, e fu la rottura tra--
sversale dell'uretra. Del resto non ebbe che qualche rot-
tura del perineo, la quale poi si produce quasi sempre
nei parti condotti a termini col forcipe crociato , e tal-
volta anche nei parti fisiologici. Queste rotture perineali
non interessarono mai le fibre muscolari dello sfintere e
guarirono assai presto. Da ciò l'opinione dell'Autore che
il forcipe asimmetrico sia molto più atto a prevenirle
250
tanto col moderare gli sforzi espulsivi , chQ dirigendo
convenientemente la testa nel momento che passa per la
filiera della pelvi.
In quanto al feto, la statistica del dott. Hamon pre«
senta pare attendibilissimi risultati. In molte applica*
zioni di forceps, di cui egli per altro non dà il numero,
asserisce di non aver avuto a deplorare che due casi di
morte. Il primo avvenutogli allorachè adoperava per le
prime volte il suo forcipe , e perciò quando non ancora
era ridotto alla sua perfezione attuale , per il che crede
sinceramente che 1* operazione avrebbe avuto esito mi-
gliore collo strumento più perfezionato. Il secondo nel
quale.il feto trovavasi allo stretto superiore; in questo
caso egli non potè avere la spiegazione della inutilità
delle più difficili manovre se non allora che la testa era
scesa neir escavazione. Conobbe solo in quel momento la
presenza attorno al collo del cordone ombellicale che era
cortissimo: il feto venne alla luce asfissiato e dopo 11
ore moriva, lasciando dubbio all'operatore se quella vita
perduta doveva esser messa a conto del forcipe, oppure
di qualche vizio interno di conformazione incompatibile
colla vita.
L'Autore è persuaso che questa cifra di esiti infelici
sarebbe stata molto superiore se avesse fatto uso del for-
cipe comune, poiché con questo strumento più frequente
si incontra la necessità di ricorrere alla craniotomia , il
che non gli avvenne mai col suo forcipe asimmetrico. Del
resto nessun altro infortunio ebbe a deplorare il dott.
Hamon, dopo che una pratica estesa gli suggerì di per-
fezionare lo strumento, ed egli si fece più destro nel-
r operare.
Dopo tutto questo, il nostro instancabile Autore, com-
preso da forte, invitto, quasi religioso convincimento, pre-
dica la crociata contro il forcipe classico, e vivamente rac-
comanda il suo per le ragioni già adotte, e perchè le qua-
251
lità di cui va fornito nessun altro strumento possiede; per
le quali è reso di facilissima applicazione anche per le mani
le meno esercitate. Esorta gli amici a farsi apostoli del pro-
gresso, e battere -in breccia la vecchia e volgare pratica
delle classiche tradizioni che riguardano il forcipe.
Sembrami, onorevoli Colleghi, aver esaurito tutto ciò
che spetta a questo nunvo forcipe del dott. Hamon, cosi
per quello che riguarda la descrizione ed il suo mecca-
nismo, come -per quello che si riferisce ai vantaggi che
gli sono attribuiti dall'Autore. In ciò mi sono attenuto
strettamente a quanto egli ha pubblicato nelV Abeille, es-
sendomi affatto ignote le altre pubblicazioni che TÀutore
afiSdava ad altri giornali medici francesi.
È quindi sulle nozioni che io ho potuto fermi per la
lettura di quelle pubblicazioni , che io procurerò , per
quanto il permettono le mie forze, di avanzare un' opi-
nione suir utilità 0 meno dello strumento e sulla sua
preferibilità.
Ma prima di venire a ciò, fa d'uopo dirigersi alcune
domande ed emettere alcune considerazioni, dalla solu-
zione ed apprezzamento delle quali può dipendere in gran
parte il giudizio che sono in debito di formulare. E pri-
ma di tutto la descrizione che il dott. Hamon dà del suo
strumento è dessa abbastanza chiara da potersene formare
un preciso concetto? Il dott. Hamon ha svolto a suffi-
cienza ne' suoi : articoli il modo di azione di questo for-
cipe, ed 'ha solidamente concretato potersi col medesimo
imprimere con facilità alla testa del feto i movimenti ne-
cessarj onde seguire le leggi del parto naturale che pur
fa d'uopo imitare anche nei parti artificiali? In breve e
con altre parole ha egli messo in chiara luce, che la sua
pratica ha sempre avuto di guida i principj indiscutibili
dell'arte?
^ Io no^n dubito rispondere negativamente tanto al primo
ohe ài secondo quesito.
252
La descrizione che il dott. Hamon porge del suo istror
menta è alquanto oscura, e se non ajutasse il confronto
del forcipe coi nostri organi di presa, difficilmente ci pp-
tressimo capacitare dei congegni del suo strumento e del
fine cui possono tendere. I nomi da lui dati alle due bran*
che pivotante e basculante lasciano desiderare qualche
cosa di più esatto e distinto. Forse egli avrà accennato
meglio al motO' diverso di cui van fornite le branche ed
all'utilità di questo difierente modo di muoversi in altri
giornali; neìVAbeille si dura certamente fatica a com^
prenderlo. E di ciò ho fatto cenno, non per esagerata ten-«
denza a minuziosi dettagli, ma perchè trattandosi di uno
strumento nuovo e di un nuovo meccanismo, il quale an^
che a parere di molti medici francesi deve apportare delle
utili modificazioni alla pratica ostetrica, stimo che una de-
scrizione scrupolosa e facilmente intelligibile ne agevoli di
molto la perfetta cognizione, il suo modo di azione e quindi
la pronta propagazione. Ed io sono d'avviso che fra lei cause
che hanno ritardato in Francia la di£fusione del forcipe asim-
metrico, oltre quelle accennate dall'Autore, cioè la difficoltà
che hanno tutti gli ostetrici provetti di emanciparsi dalla
loro famigliare ed inveterata pratica» e la posizione mo-
desta di medico condotto impotente a diffondere innova-
zioni anche utilissime a fronte di quella di un professore
posto in ampio e conosciuto teatro scientifico, siavi senza
dubbio quella dell' imperfetta maniera colla quale il dott.
Hamon presentava ai proprii coUegbi il suo forcipe asim-
metrico.
Anche per ciò che concerne il secondo quesito siamo
alquanto hell' oscuro. Le operazioni d* ostetricia noi sap-
piamo che fa d'uopo condurle quasi matematicamente. In
fatti cos' è mai la ostetricia istromentale e quale scopo
ha dessal La natura ha dato due corpi, uno concavo,
l'altro convesso, ha assegnato a ciascuno diametri di
pressoché eguali misure, coincidentisi i minori coi mag-
253
giori mediante certo inyarìabìli evoluzioni in modo da
succeder il parto naturale; il parto istromentale deve
seguire le leggi della natura , le quali non si possono
dispregiare che sotto il rimorso di gravi sagriftcii ap-
portati 0 alla madre , od al feto , o ad entrambi. Ora
esaminando gli articoli del dott. Hamon sono rimasto
sorpreso di aver trovato quasi mai cenno del debito che
ha un ostetrico operatore di seguire scrupolosamente le
leggi dettate invariabilmente dalla natura. Applicate il
mio forcipe, egli ripete, di spesso , applicatelo in tutt^
quelle circostanze in cui usereste del forcipe crociato, e
prontamente , e vi convincerete della facilità d' applica**
zione nella maggior parte dei casi, della robustezza e va-
lidità della presa, della riduzione facilissima, e della bre-
vissima durata deiroperazione!! Ma mi dà egli una chiara
ed esatta descrizione dei movimenti che imprime alla te-
sta del feto col suo strumento, delle manovre necessarie
nelle singole operazioni ? Mi assicura egli coiruso del suo
forcipe della indispensabile coincidenza dei diametri mi-
nori della testa coi maggiori della pelvi, osservata con-
ciantemente dalla natura ne* suoi parti? Mi parla egli
con precisione in qual modo Tapplicazione asimmetrica dei
cucchiaj vale più della simmetrica del vecchio forcipe ,
del come egli riduce nelle posizioni cardinali naturali
mediante i moti impressi alle branche le posizioni anor-
mali del feto ? Mi chiarisce egli in qual modo le sue
branche poste quasi sempre posteriormente nella pelvi
agiscono meglio che collocate lateralmente?
Su questi punti che pure meritano un' ampia diluci-
dazione , il dott. Hamon sorvola facilmente ; talfiata di-
chiara che le classiche tradizioni sul forcipe comune fa
d' uopo abbandonarle per accingersi all' uso del suo for-
cipe e convincersi deir utilità della sua proposta; tal' al-
tra assicura gratuitamente che il forcipe asimmetrico agirà
forse con minore precisione matematica^ ma che ciò non
254
ostante si ottiene con molta maggiore &cilità la fiduzioae
della testa e quindi la sua estrazione.
A fianco però di queste gravi lacune^ che il dott. Ha^
mon non ebbe cura di convenientemente appianare, ei pos*
sono apporre delle pregevoli ed attendibilissime verità.
Il forcipe del nostro Autore, costituito come è , deve
essere per certo di pronta e &cile applicazione ; la leg*-
gerezza, la piccola dimensione dello strumento, T artico^
lazione delle branche, la circostanza del collocamento asim-
metrico di esse alla parte posteriore del bacino, e quindi
la introduzione loro dove minori si presentano gli osta*
coli, sono condizioni tali che Tostetrico il più accalorato
neir antico forcipe, non può né deve disconoscere, ma
solo potrà rigettare quando una meno fortunata stati-
stica potrà prevalervi contro.
Né bisogna facilmente passare sopra alle profonde
convinzioni del dott. Hamon che transpajono a chiare
note da tutti i suoi scritti , da tutte le sue frasi , le
quali non lasciano concepire il menomo dubbio sulla ve-
rità di quanto va esponendo, nò sulla rettitudine del
suo carattere , che ovunque spira la più irrefragabile
( inébranlable ) delle persuasioni. Questi sono i lati più
apprezzabili delle pubblicazioni sul forcipe asimmetrico del
dott. Hamon, che affievoliscono certamente e perdonano
alla deficienza di uno studio minuzioso profondo ma nec-
cessario di comparazione delle leggi naturali del parto
colle indispensabili manovre che vi devono essere con->-
sentanee , acciò possano anche i giovani allievi convin-
cersi vie maggiormente della preferibilità del suo for-
cipe.
Premesse queste considerazioni, che io ho creduto ne-
cessario accennare perchè possono essere di qualche guida
ad un retto giudicare , verrò ora a toccare V argomento
nel suo lato più intimo, più per noi interessante, vale a
dire nella sua parte pratica, mettendolo cosi a paralello
255
coi veri principii deH'arte. Volontieri a ciò io mi accingo,
ma prima, onorevoli colleghi, domando a voi un non co-
mune grado di benevolenza» poiché a quest*ora vi sarete
già capacitati quanto gravi difficoltà mi siensi afiacciate
e mi abbiano reso difficile il cammino.
Prima di tutte, e divisa forse su molti di noi, si è la
limitata pratica ostetrica: voi ben sapete a qual piccolo
numero di casi essa si riduce in un circondario di con-
dotta : una seconda e non del minore momento è Taver
avuto cognizione del forcipe asimmetrico solamente dagli
scritti dell'Autore, senza averne mai avuto in possesso
un esemplare , ed in ultimo e di necessaria conseguenza
la deficienza assoluta di pratica col nuovo istromento.
Ho fiducia che voi apprezzerete colla debita convenienza
questi ostacoli, che a me sembrano di grave importanza,
e ehe quindi sarete indulgenti sulF elaborato che vi pre-
sento, il quale per certo non potrà riescir che iropet*-
fetto e manchevole.
Rassicurato della vostra condiscendenza, trovo utile il
richiamare che l'applicazione del forcipe asimmetrico, chia-
mato anche dall'Autore retroforcipe , perchè nella gran
parte dei casi le sue branche vanno a situarsi alla parte
posteriore del bacino, ha come fu detto sin da principio
per sua precipua condizione .quella di appoggiare le sue
branche sulla testa in modo non simmetrico, ma sibbene
in qualunque punto della medesima. Ora passando alla
sua pratica applicazione ed ammesse le posizioni cardi-
Mali del feto a due come vogliono gli ostetrici, cioè la
cervico-iliaca sinistra, e la cervico-iliaca destra colle
loro modificazioni per ciascuna, di anteriore, laterale, po-
steriore, noi per formarci un concetto preciso del mec-
canismo del forcipe del dott. Hamon dobbiamo consta-
tare su quali parti della testa del feto debbano appog-
giare le branche, e se, fattane una valida presa, si possa
con ben condotti movimenti compire il parto felicemente.
250
Risulta chiaro che nella prima posizione » cioè nella
cervico-iliaca sinistra anteriore o laterale la branca si-
nistra si porterebbe a far presa suU* occipite , mentre la
destra andrebbe ad appoggiare sulla parte temporale si-
nistra della testa per i minori ostacoli che essa incon-
trerebbe nella sua introduzione. Posti cosi asimmetrica-
mente i cucchiaj, trovo già a priori facile, come anche
asserisce T Autore, la riduzione deiroccipite air arco del
pube. Su di un modello che io feci allestire onde insti-
tuire delle esperienze in proposito, ho potuto convincermi,
usando delle branche del forcipe comune staccate, che
tale riduzione non doveva presentare grandi difficoltà ne
anche nella donna in attualità di parto. Con alcune lievi
trazioni e con qualche movimento laterale da sinistra
a destra eseguito colla branca destra , e con moto dal-
r indietro air avanti della branca sinistra; ho potuto ot-
tenere la rotazione della testa del feto e ridurre in tal
modo Toccipite all'arco del pube. Rinnovata la stessa ope-
razione colle branche incrociate incontrai maggior difficol-
tà, non senza notare che fu anche più lunga. Ciocché ho
detto della posizione cervico-iliaca sinistra, si può applicare
all'altra cervico-iliaca destra anteriore e laterale, nelle
quali invece la branca sinistra andrebbe a poggiare sulla
fronte, e la destra sulla regione temporale sinistra della
testa del feto. Anche in questo caso, modificati i movi-
menti è le trazioni a seconda della posizione , la ridu-
zione deiroccipite al pube riesci di somma prontezza. Ed
io sono d'avviso che minori ancora avrei avuti gli osta-
coli alla riduzione della testa nella posizione voluta dalla
natura, se invece delle branche del forcipe comune stac-
cate, avessi potuto usare del forcipe asimmetrico, conve-
nendo pienamente col dott. Hamon che la maggior curva
data alle branche lasciando qualche libertà di moto alla
testa , la riduzione sia maggiormente ajutata dalla con-
formazione naturale delle parti.
257
Ho detto che se la riduzione mi fu agevole adoperando
le branche staccate del forcipe comune , mi sarebbe an-
cora stata più facile se avessi praticata V esperienza col
forcipe asimmetrico : e ciò appoggio colle seguenti osser-
vazioni. Primieramente perchè il nuovo forcipe avendo le
branche articolate e potendosi imprimere speciali movi-
menti a ciascuna , stimo che V operatore possa trarne
grande vantaggio. Nel forcipe crociato il moto che si comu-
nica allo strumento è conforme ed eguale in tutte le sue
parti, poiché non posso muovere una branca se non confon-
dendone il moto con quello dell'altra; e questo certamente
non è la più favorevole delle condizioai per cambiare le
posizioni del feto; mentre invece col forcipe a branche
articolate parallele, con quelle lievi gradazioni di moto
che si possono imprimere a ciascuna si potrà più possi^
bilmente cito, tuto, et jucunde ottenere la riduzione della
testa al pube ed eseguirne l'estrazione. Anzi sono d'opi-
nione che l'articolazione delle branche costituisca nelle
mani di un esperto ostetrico il segreto della facilità di
eseguire quest^atto operativo. Con qualche caso pratico
mi proverò a soccorrere questo mio asserto*
Partendo ancora dalla posizione del feto anteriormente
accennata, cioè la cervico-iliaca sinistra anteriore o late-
rale, colla branca sinistra afferro la testa alla regione
occipitale, colla branca destra alla regione temporale si-
nistra. Ora non è egli vero che col mezzo dell'articola-
zione delle branche potrò dirigere meglio il movimento
proprio a ciascuna, facendole entrambe servire come leve
di terzo genere , e combinando il movimento da sinistra
a destra della branca sinistra con altro da sinistra a de-
stra e dall'indietro all'avanti della branca destra ottenere
con soddisfacente prestezza 1' occipite all' arco del pube ì
Con queste semplici e brevi manovre non è egli certo che
otterrò il mio scopo senza gravi danni alla madre ed al
feto, mentre col forcipe crociato , dovendo appena presa
An.nali. Voi. CCI. 17
258
la testa (ciò che è abba^itanza arduo ) rotarla verso il
pube, incontro certamente maggiori difficoltà, rendo pid
lunghe e dolorose le manovre e posso produrre più fa-
cilmente delle tristi conseguenze? A ciò aggiungi che se
trovassi qualche ostacolo al movimento combinato delle
branche, potrei anche agire con una sola ed ottenere con
tutta probabilità il medesimo felice risultato.
Altra volta ho accennato che in ogùi operazione istro-
mentale di ostetricia da eseguirsi col forcipe T operatore
deve aver di mira di seguire le leggi del parto fisiolo-
gico: ammettiamo ora una posizione non naturale della
testa, nella quale il diametro occipito-frontale che conta 4
pollici ed un quarto, fosse in corrispondenza col sacro-
pubico dello stretto superiore che conta qualche cosa meno
di 4 pollici, diminuiti soprappiù dallo spessore delle partì
molli : in questa posizione del feto potrebbe essere impos-
sibile il parto senza ricorrere all'applicazione del forcipe.
L'applicazione del forcipe crociato in questo caso in
cui le branche devono essere portate ai lati della pelvi ed
appoggiate alle regioni temporali del feto, potrà essere di
somma facilità ; non cosi l'estrazione del feto, per la quale
occorrerebbero delle forti trazioni mediante le quali venga
diminuito il diametro occipitn-frontale . in Confronto al
sotto-pubico. Coir uso invece del forcipe asimmetrico che
pure riescirebbe spedito , e colle sue branche appoggiate
una alla fronte^ l'altra alla regione temporale, con un lieve
moto di trazione della branca destra sul fronte combi-
nato con un moto laterale della branca sinistra sulla
tempia, si può , e ne sono convinto , senz' alcun ostacolo
ridurre quella posizione irregolare in una affatto natu-
rale e compiere cosi il parto o colle sole forze della na-
tura, ovvero con lievi ed insignificanti ajuti.
Ho fiducia, onorevoli colleghi, di avere sufiicientemente
dimostrato colla scorta di alcune pratiche, contingenze la
utilità e la preminenza che in molti casi può offrire il
259
forcipe asimmetrico sul fòrcipe oomuae. Ma per* ciò faremo
noi, come T Autore, tabula rasa di quest* ultimo strumento,
che. tutti i trattatisti da Cbamberlein a Levati e Pasto-
rello stimarono sonunamente efOicace e di grande vantag-
gio in molteplici casi si per la donna che per il feto ,
sino a ritenerlo Tistrumento ostetrico piti benemerito verso
Tumanità, e la gemma più preziosa di tutto Tarmamen-
tario chirurgico t Seguiremo noi T Autore nell'idolatria
del suo forcipe^ e ci assooieremo a lui nel condannare al-
l'ostracismo il forcipe crociato e nelle invettive lanciate
contro la pratica dei sommi luminari dell'arte, solo perchè
non hanno saputo o non sanno emanciparsi dalle vecchie
tTadiziooi .classiche sul medesimo % In fine lo confineremo
noi fra le rugginose ferravecchie solo a vergognosa te-
stimonianza dei danni che ebbe per esso a sofirire la po-
vera umanità t
Negli scritti del dott. Hamon, o per meglio dire nelle
pubblicazioni eonseg^ate nelV Abeille che voi mi daste ad
esame, non trovo svolto l'argomento sotto tutti i punti
di vista , sotto tutte le possibili emergenze , e perciò mi
spuntava nell'animo il dubbio sull'efficacia della sua uni-
versale applicazione. Nel mentre apertamente professo che
il forcipe asimmetrico può essere adoperato preferibilmente
nell'inchiodamento della testa, nell'inerzia dell'utero, nella
soverchia resistenza offerta al passaggio delle parti molli
della donna, ed in qualsiasi altro pericoloso accidente che
domandi la pronta estrazione del feto, dubito molto che
la sua applicazione debba essere preposta in quei .oasi in
cui la indicazione del forcipe ò designata da sensibile spro-
porzione fra la testa del feto e la pelvi , cosi allora, che
la testa fosse troppo voluminosa o per eccessivo sviluppo
e per altra causa morbosa qualunque, come se al contra-
rio la pelvi presentasse i diametri suoi troppo ristretti
iti confronto ai normali della testa.
Ognuno che per poco sia istrutto dei principj elemen-
260
tari d* ostetricia conosce che il forcipe connine nella sua
maggiore distanza fra le branche conta poco più di circa
due pollici e mezzo. Scopo di questa breve distanza è
quello^ nel caso di sproporzione fra la testa ed il catino,
di diminuire convenientemente sotto la presa i diametri
della testa del feto in modo da poter effettuare il parto
anche con una pelvi relativamente ristretta.
Abbiamo noi questa felice condizione nel forcipe asim-
metrico? Nulla affatto. Il forcipe asimmetrico del dottor
Hamon per avere la vecchia curva alquanto più marcata
che nel forcipe comune e quindi le branche troppo di-
stanti tra loro in modo da lasciare, come dice T Autore,
qualche sensibile libertà di movimento alla testa, non può
ridurre assolutamente i diametri del capo del feto anche
allorquando la posizione anormale del medesimo esigesse
un*applicazione simmetrica delle branche; molto meno poi
nelle circostanze di una posizione obliqua nelle quali il
forcipe nuovo deve essere applicato asimmetricamente.
Se una delle principali condizioni per T effettuamento
del parto nei casi dì sproporzione di volume fra la testa
e la pelvi ^ è la riduzione col forcipe dei diametri della
testa affine di metterli in giusta correlazione con quelli
della pelvi, coll'uso del forcipe asimmetrico tale condizione
manca affatto, e manca per due ragioni: per la confor-
mazione stessa dello strumento per la quale non si può
ottenere una diminuzione nei diametri della testa, e per
la sua applicazione asimmetrica, per cui non è possibile,
fatta la presa, comprimerla in modo da ottenere la ridu-
zione necessaria al passaggio.
Questa osservazione che mi sovveniva alla mente lor-
chò leggeva le prime pubblicazioni del dott. Hamon, ven-
nemi poi in seguito luminosamente confermata dalle suc-
cessive pubblicazioni dello stesso Autore , che il nostro
diligentissirao e benemerito Presidente ebbe cura di farmi
tenere durante questo mio studio sul fòrcipe asimmetrico.
261
In esse vengono narrati due casi avvenuti a due oste-
trici francesi, il primo di presentazione del vertice allo
stretto superiore con diametri della pelvi alquanto ri-
stretti y il secondo colla testa allo stretto superiore, con
diametri della pelvi pure minori e con apertura della
bocca deir utero di 5 a 6 centimetri soltanto. In amen-
due le contingenze Y uso del forcipe asimmetrico ebbe a
fallire^ le branche sotto forti trazioni abbandonarono
la presa , e il parto fu condotto . a terinine felicemente ,
nel primo col forcipe comune , nel secondo col rivolgi-
mento.
Egli è bensì vero che il dott. Hàmon volle affibbiare
quest* esito infelice a cause àfiatto straniere al suo for-
cipe, ma ragion vuole che si debbano attribuire al mede-
simo: onde evihcesi che il foroipe asimmètrico non è per
nulla adatto ^lla estrazione del feto nei casi di spìroporzio^
' ne fra i diametri della testa e quelli d^l bacino, nei quali
invece fa d' uopo senz* altro ricorrere al forcipe comune
quale unica àncora di salvezza in queste difficilissime con-
tingenze.
E qui , egregi colleghi , £accio pùnto : poiché per me
ora ò veramente il caso di ingenuamente confessare —
nemo dat quod non habet. -^ Ma non prenderò com-
miato da voi che mi foste tanto cprtesi senza prima for-
mulare in brevi conclusioni ciocché ho detto sin qui ,
e perciò:
I.** Il forcipe del dott. Hamon non é che una modi-
ficazione di altri, forcipi a branche paralelle:
2.® La descrizione che ne dà 1' Autóre nelle sue me-
morie è alquanto imperfetta ed insufficiente a darne una
esatta nozione.
3.® Le pubblicazioni sul forcipe asimmetrico del dottor
Hamon lasciano un forte convincimento sulF utilità del
medesimo, sebbene TÀutore non T abbia confortata colla
262
rainnta descrizione delle manovre necessarie a compiersi
onde seguire ie leggi del parto naturale.
4.^ Ad onta di ciò si può ritenere quasi a priori che
il forcipe asimmetrico può in alcuni casi essere preferito
al forcipe comune.
5.^ Che i casi ne' quali può prestare maggiore utilità
deir altro sono quelli in cui T estrazione del feto è . indi-
cata da condizioni estranee air eccessivo sviluppo della
testa del feto, od a deficiente misura dei diametri della
pelvi.
6.® In questi casi di sproporzione fra la testa e la
pelvi è indispensabile ricorrere al forcipe comune, come
il solo strumento atto ad ottenere la riduzione e la
estrazione del feto.
Questo é il concetto che io mi sono £sitto del forcipe
del dott. Hamon ; so che 1* argomento doveva essere
svolto più largàn^ente , ma come farlo privo dello stru-
mento sul quale doveva studiare, e della relativa pratica
dalla quale deve scaturire la sicurèzja del giudizio! Ho
lusinghiera speranza che in non lontana epoca potrò con
più' estese cognizibni ritoccare V argomento. Allora più
sicuro che non lo fui in questo giorno mi ripresenterò a
voi ^ducioso che T opinione che potrò emettere otterrà il
tòstro benevole e sapiente suffragio.
r
Deir Innesto e della |i;alTanl«xaxl0ne del centri-
eoioi Note sperimentali del prof. paoi«o maiv-
TBGAZZil (1).
JCj noto essere uno degli acquisti più preziosi della scienza
medica moderna la cognizione piti esatta dell'idea della
" ' ' ' , ' I I I . M ■ ■ ,
(i) Queste note furono redatte dal mio ftmico ed assistente
r egregio dott. Giulio Bizzozero.
263
vita e delle condizioni in cui la vita stessa sì compie.
Ora è ben dimostrato che i. fenomeni che presentano i
corpi vivi hanno la loro prima origine nei singoli ele-
menti che li compongono , e che ogni elemento pos-
siede una vita propria ed indipendente dal corpo di cui
fa parte. Quindi, come un organo anche molto complesso
e voluminoso consta della riunione di molti elementi va-
riamente aggruppati, così una qualsiasi funzione trova
direttamente la sua origine nella somma delle singole
funzioni degli elementi di cui consta l'organo funzio-
nante.
Ciò non ci autorizza però a conchiudere che un ele-
mento anche isolato può continuare a vivere ed a fun-
zionare. Anche la esperienza più semplice ce lo dimostra:
se noi isoliamo una fibra muscolare od un gruppo di cel-
lule, le vediamo soggiacere a quelle alterazioni che si com-
prendono sotto il nome di putrefazione; gli elementi ana*
tornici si scindono in elementi chimici. -^ Perchè un or-
gano od un elemento continui a funzionare , è necessa-
rio ch'essi siano posti in certe determinate' condizioni,
le quali permettono quello scambio molecolare che è ne-
cessario al mantenimento della vita : modificando queste
condizioni, le manifestazioni della vita potranno alterarsi,
sospendersi o cessare completamente. Ciò possiamo os-
servare tanto nel corpo vivo che fuori di esso : nel
primo caso abbiamo tutte le alterazioni patologiche e
quindi le malattie; nel secondo abbiamo tutti quei feno-
meni che ci presentano le parti tolte ad animali viventi
prima di perdere i pochi avanzi della lóro vitalità.
Per diretta conseguenza un organo conserverà meglio
le sue proprietà fisiologiche quanto più le condizioni in
cui lo si mette saranno uguali a quelle in cui è solito
trovarsi nell'animale vivente.
Un muscolo cui siano stati tagliati i nervi conser-
verà più perfette e più a lungo le facoltà di nutrirsi e
264
contrarsi di un muscolo a cui ad un tempo siano stati
recisi i nervi e legati i vasi; ovvero che sia stato tratto
dal corpo e conservato in una atmosfera umida e ad un
grado conveniente di temperatura. Se si potessero ri-
produrre artiflcialmeute tutte le condizioni in cui si tro-
vavano gli organi nell'animale vivo, si potrebbero otte-
nere delle vite, per cosi dire di una durata indefinita, e
gli organi continuerebbero nelle loro manifestazioni fun-
zionali e nutritive cosi bene come quando non erano che
parte di un corpo intero,
Da ciò si può ben comprendere l'importanza che deve
avere lo studio delle alterazioni che hanno luogo nelle
parti vive in seguito alle modificazioni dei mezzi in cui
vivono, poiché se ne potrebbero trarre alcune conclusioni
che ci avvierebbero alla conoscenza delle cause essenziali
delle malattie e che ci servirebbero di più in questa terra
incognita della medicina.
Da poco tempo in qua molti sperimentatori diressero
le loro indagini su questo argomento , e benché non se
ne sappia ancora che pochissimo, pure dobbiamo ralle-
grarcene, perchè il poco ottenuto ha dimostrato la ric-
chezza dei risultati che se ne potranno ottenere.
Nel mio lavoro sugli innesti animali (1) ho studiato
i mutamenti che avvengono in un tessuto, quando sia tra^
piantato, mentre non ha ancora perduta le proprietà vi-
tali, in grembo ad un organismo che è nell'esercizio della
vita. Jo metteva gli organi tolti ad un animale vi-
vente nelle condizioni più favorevoli alla conservazione
delle loro proprietà fisiologiche; non interrompeva ohe la
corrente dei. nervi e la comunicazione diretta dei vasi ;
del resto dava adito allo scambievole contatto per mezzo
(1) « Degli innesti animali e della produzione artifiniale delle
eellule »* Milano, 1865.
265
del plasma, e cosi si conservavano al naturale la tempera-
tura, r umidità, ecc. Usando di questo metodo, in alcuni
tessuti osservai la degenerazione grassa rapidissima; in
altri potei constatare conservata la nutrizione flsiologic>a,
anzi alcuni continuarono a crescere anche al di là del loro
limite normale; in altri pochissimi infine verificai conser-
vata non solo la facoltà nutritiva, ma altresì la funzio-
nale. A questo riguardo l'esempio più brillante mi venne
dato dallo stomaco. Il ventricolo isolato da ogni comuni-
cazione vascolare e nervosa potò conservare per quasi un
mese la facoltà di secernere muco e di digerire; tutti i
ventricoli trapiantati furono distesi dal muco, ed in al-
cuni pareva che esso volesse farne scoppiar le pareti; ho
potuto ottenere digestioni artificiali tanto coi ventri-
coli trapiantati nello stesso animale come in quelli
portati da un animale alt altro; ma nei primi il po-
tere digerente era piti robusto; anzi cosa singolaris-
sima^ fu assai più forte che in due ventricoli tolti ap-
pena allora da rane viventi e sane..
Questo fatto eccitò vivamente la mia attenzione , ed
avrei certamente moltiplicato le esperienze onde compro*
vario, se non fossi stato costretto a rivolgermi ad altri
studj. Onde togliere però a me ed agli altri ogni dub-
bio sul suo costante ripetersi, incaricai il signor Marchioli
studente di medicina, che frequentò assiduamente que-
st'anno il mio laboratorio , di rinnovare gli sperimenti.
Ebbi il contento di vedere confermate dalle sue le mie
osservazioni ; e valgano ad esempio queste tre esperienze
che traggo dalle sue note:
Esperienza 1. — 8 Gennajo 1867. Si tuglie ad nna rana
vivente lo stomaco, lo si lega al cardias ed al piloro e lo si in-
troduce nel cavo addominale di un' altra rana ben robusta.
La ferita cicatrizza assai presto, e la rana vive assai bene
fino al febbrajo. — La si trova morta il 22 verso le due po-
meridiane.
266
Le si apre la cavità addominale, e si trova lo stomaco in-
nestato tenacemente aderente al peritoneo vicino alla grande
curvatura dello stoioaco proprio della rana. — Entrambi sono
vuoti e non contengono che poco muco. — Ad entrambi si ra-
schia la mucosa^ e la poltiglia che se ne ottiene si pone in due
discinti bicchierini, aggiungendo 5 centigr. di acqua distillata
ed una goccia di acido cloridrico. In questo liquido finalmente
si immerge un cubettino d' albume d' uovo cotto del peso di
Ogr.206.
23. Febbrajo. Nel bicchierino contenente la raschiatura dello
stomaco incestato si osserva l'albume già in incipiente digestione.
Nell'altro il processo è appena cominciato.
25 Febbrajo. L' albume del primo bicchierino è quasi com-
pletamente disciolto; l'altro non è digerito che per poco più
della metà.
Il 26 febbrajo nel bicchierino dello stomaco innestato non
si osservano più traccio d'albume ; mentre neli' altro 1' albume
non si trova dìsciolto in totalità che il 28.
Temperatura media durante l'esperienza: 14® C.
Differenza di durata della digestione : 48 ore.
Esperienza 2^ e 3^. — Il 28 gennajo si innestano due sto-
maci nel cavo addominale di due grosse e' robuste rane.
Muojono il 10 marzo. Le raschiature dei due stomaci inne-
stati e dei due proprii vengono poste in 4 bicchierini, segnando
con A i bicchierini contenenti la raschiatura, degli stomaci in-
nestati e con B gli altri. A tutti s'aggiungono l'acqua, l'acido
cloridrico e 1' albume come nell' esperienza antecedente.
Nei giorni 11 e 12 si osserva che nei bicchierini A la di-
digestione è più avanzata, ed è completa il 13 marzo; mentre
il 14 nei bicchierini B si avevano ancora traccio d'albume.
Temperatura media: 15® C.
Differenza di durata della digestione: 40 ore.
Accertato cosi che il ventricolo innestato, benché viva
per sola osmosi, e sia sottratto airinfluenza dei nervi, pure
gode di una facilità digerente maggiore di quella degli sto-
maci normali, consigliai al signor Marchioli di continuare
267
le sue ricerche studiando gli effetti dell' elettricità appli-
cata direttamente allo stomaco. Ecco alcune delle sue espe-
rienze :
Esperienza 1*. — 9. Geanajo. Metto allo scoperto lo sto-
maco di due rane; sottometto Io stomaco di una di esse all'a-
zione di una corrente indotta prodotta da una pila di Grove di
media grandezza agente suir apparato a slitta di Dubois-^Rey-
mond.
Uno degli elettrodi è applicato al cardias, V altro al piloro;
la durata deirapplioazìone è> di mezz'ora. Frattanto l'altra rana
rimane semplicemente collo stomaco allo scoperto.
Il 10 e ril gennajo ripeto la galvanizzazione.
Il 12 uccido le rane , e proTO la forza digerente dei due
stomaci col metodo delle esperienze precedenti.
13 Gennajo. Il bicchierino contenente la raschiatura della
mucosa galvanizzata presenta già il cubo di albhme ìik dige»
stione incipiente ; nell' altro V albume è ancora lAtatto.
15. È quasi interamente avvenuta la digestione dello sto-
maco galvanizzato ; nell' altro ci ha ancora molto albume so-
lido.
16 La digestione del primo bicchiere è completa; l'albume
del secondo bicchierino non è perfettamente disciolto che il 19.
Differenza di durata della digestione: 72 ore.
Esperienze 2 e 3. — 22 Gennajo. In queste due esperienze
le mucose galvanizzate sciolsero l' albume in 4 giorni ; quelle
non galvanizzate in 6. — Il metodo tenuto per la galvanizza-
zione e per la digestione è eguale a quello adoperato per le
esperienze antecedenti.
Differenza di durata della digestione: 48 ore.
Esperienze 4, 5, 6 1, 8, 9. — 1,16, 24 febbrajo. Per queste
esperienze vennero impiegate rane di diversa grossezza. In
tutte però il risultato fu costante; la differenza media di du-
rata della digestione fu di 36 a 48 ore.
Da queste esperienze si può quindi conchiudere:
La raschiatura della mucosa di uno stomaco di rana,
266
che venne galvanizzato per tre giorni consecutivi per Isl
durata di mezz*ora^ allungata con 5 centimetri cubici di
acqua distillata acidulata con una goccia di acido elori*
dricoy scioglie completamente un cubetto di albume d* uo-
vo del peso di Ogr.200 in un tempo che varia dai 4 ai
6 giorni.
La raschiatura della mucosa di uno stomaco di rana
che venne posto nelle identiche condizioni del precedente,
ma che non venne galvanizzato , allungata colla stessa
quantità d* acqua egualmente acidulata scioglie la stessa
quantità d'albume da 36 a 48 ore più tardi.
Ricerche sperlnientall intorno ali* asione della
temperatura del narcotici e dei cenaplsnii
sulla cenclbilltà tattile; di VITTORIO €AVA-
cmil«i- {Dal Laboratorio di patologia sperimen-^
tale dell' Università di Pavia ).
Xj azione dei diversi gradi di temperatura sopportabili,
dei narcotici e dei senapismi sulla sensibilità tattile non
fu finora argomento che di pochi studj sperimentali.
Tuttavia, per quel che riguarda i narcotici e i gradi di-
versi di temperatura^ essa è universalmente conosciuta ,
poiché nessuno ignora che la sensibilità tattile nella sta-
gione invernale è meno vivace, è meno pronta che nella
estiva. I narcotici, oltre all'essere adoperati come tor-
penti del sensorio comune, trovano pure una applica-
zione nelle atroci nevralgie che si curano anche topi-
camente e colle spalmature di sostanze narcotizzanti è
colle injezionl sottocutanee delle sostanze stesse; e la
nevralgia ed il dolore sono appunto fatti di sensibilità
tattile. Non ignoro: che il Brown--Séquard ed altri di-
stinguono e differenziano la sensibilità tattile, la sensibi-
269
lità dolorifica, ecc., e le considerano a sé, come aventi e sede
e substratutn differenti ; ma la maggior parte dei fisiologi
non accettarono questa opinione. I senapismi poi vengono
usati localmente per risvegliare la circolazione, cutanea e
per altri scopi; ma la loro azione sulla sensibilità tat-
tile non venne mai, credUo, usufruttata. Egli è ben vero
che rinfluenza di questi agenti è in questi casi molto com-
plessa, e che sono molte le condizioni di cui conviene tener
conto per avere una esatta e completa spiegazione degli
stessi casi; ma non è men vero che il fatto capitale sia
appunto costituito dall' azione della temperatura e dei
narcotici sulla sensibilità. Quest'azione è però solo gros-
solanamente ed incompletamente conosciuta nelle sue ma-
nifestazioni culminanti (1), resta invece oscura nelle sue
più intime e minute particolarità.
Il Weber non ha esaurito e neppur toccato l'argo-
mento, poiché, come il titolo stesso dei due capitoli: «De
subtilitate tactus » e.« Summa doctrinae tactus », che pom-
pongouo appuQto 1' opera di Ernesto Enrico Weber « De.
Tactu », lo dice, il Weber non ebbe altro di mira nei suoi
pazientissimi studii che di stabilire lo stato della sensi-
bilità tattile nei diversi punti del corpo e il diverso
grado* di apprezzamento dei pesi e dei gradi di tempe-
ratura. Cosi queilopera completissima riguardo a questo,
lascia un vuoto circa Y azione sulla sensibilità tattile
nonché dei narcotici è degli eccitanti , ma eziandio dei
diversi gradi di temperatura, vuoto ch'io credo non sia
stato mai colmato dai fisiologi che imperfettamente dalle
ricerche di Czermak, di Wroblewsky, di Fick, di Valen-
tin e di Eulenburg.
Io ho dunque avvertito un bisogno , ho sentito un
(1) Per i diversi gradi di temperatura e per i narcotici : per
i senapismi non si può neppur dir questo.
270
desiderio, e per quella irrequietudine ohe guida airinve-»
atigazione, ho cercato di soddisfare al primo, di appagare
il secondo; ed ho perciò istituito alcune ricerche spe-
rimentali allo scopo di ridurre a leggi l'anione sulla
sensibilità tattile dei dirersi gradi di temperatura sop-
portabili, dei narcotici e dei senapismi.
È solo la costanza dei risultati che ottenni, quella che
mi spinge a pubblicare queste ricerche.
Queste esperienze si dividono in due serie a seconda
dell'argomento su cui versarono: quelle della prima ri*
guardano Tazione sulla sensibilità tattile dei diversi gradi
di temperatura sopportabili, quelle della seconda sono di-
rette allo studio deir azione sulla sensibilità tattile dei nar-
cotici e dei senapismi.
Il metodo tenuto nel condurre le esperienze della prima
serie fu il seguente.
L'istrumento di cui mi servii fu Testesiometro del Sie-
wekìng modificato dal Brown-Séquard, che è una forma del
compasso ài Weber e la sua forma giustifica quasi questo
nome. — È generalmente noto, giova però richiamarne la
struttura. Ecco con quali parole lo fa conoscere ai suoi
lettori il Weber. « Constat hoc — l'estesiòmetro — e ferro
prismatico longo et recto , cui duo apices sub recto an*
gulo impositi et adjuncti sunt. Hi apices recta lìnea re-
moveri et admoveri possunt ». Soggiunge poi che ci è
una vite « ut crura plus minusve distantia quolibet loco
firmare et immobilia reddere liceret ». Questa asta di
ferro prismatica, lunga e retta che entra neirestesiome-
tro, è divisa in tanti centimetri colla suddivisione in mil-
limetri, per cui le misure che segnano le distanze, di cui
in seguito terrò parola, rappresentano appunto altrettanti
millimetri quanti indica il numero. Essendo poi chiaro che
queste esperienze, avendo soltanto un valore generale e
non un valore localizzato e relativo ai diversi punti del
corpo, cioè avendo esse di mira lo studio degli effetti che
271
i diversi gradi di temperatura producono sulla sensibilità
in genere e non già sulla sensibilità di questo e di quel
punto, non dovevano ripetersi su tutti i punti del corpo ;
ma restava lìbera la scelta di quella località che sarebbe
sembrata più conveniente air uopo. Ed io ho scelto due
località, le quali per avere caratteri comuni permettono
che si traggano dalle esperienze eseguite identiche con-
seguenze e presentando anche punti di divergenza pon-
gono opportunità di dedurre conseguenze non sprege-
voli relative appunto a questi caratteri che le distin-
guono. Queste due località sono il punto di mezzo del
palmo della mano e T avambraccio al latq anteriore a
cinque centimetri di distanza dall* articolazione radio-
carpica. Il palmo della mano, nel suo mezzo è, secondo
la credenza comune, confermata dalle inappellabili espe-
rienze di Weber, una fra le località più provviste di pa-
pille tattili e che più facilmente ed esattamente distin-
gue le impressioni esterne; per usare una sola parola
è una parte molto sei>sibile. Io stesso lo riseppi da espe-
rienze che istituii su questo oggetto, non perchè dubitassi
del risultato di Weber , ma per semplice curiosità. Non
le riferisco neppure, perchè dopo il pazientissimo lavoro
di Weber una mia parola su quest' argomento sarebbe
affatto oziosa. Le differenze quindi di sensibilità anche
minime sopravvenute in questa regione per qualunque
causa ci saranno più facilmente verificabili, e razione
anche debole di qualunque agente vi si potrà più esat-
tamente studiare. L* avambraccio poi, nel punto sopra da
me indicato , presenta un grado notevole di sensibilità e
d' altronde offre differenze rimarchevoli riguardo a pa-
recchi punti in confronto coi dati forniti dalle espe-
rienze eseguite sulla mano, differenze che sarebbe qui
fuori di luogo accennare , ma che indicherò nel seguito
di questo lavoro. Non sorse neppure il dubbio che V e-
sperienza su due soli punti non autorizzasse a trarne
\
«>7*>
conseguenze, poiché essendo identiche in tutti i punti le
condizioni per cui la sensibilità ha luogo, devono pur es-
aero eguali le condizioni per cui la sensibilità stessa si
modifica.
L' esposizione poi di queste due località rende molto
, comodo e facile 1* interrogarle nelle manifestazioni delle
loro proprietà. — Ho preferito V avambrac<5Ìo e la ma-
no sinistra, perchè stando ancora ai risultati di Weber
r arto sinistro , e la mano dello stesso specialmente , è
più sensibile del destro, perchè più risparmiato in gene-
rale dagli agenti esterni ottundenti la sensibilità; quan-
tunque esso pure al pari del destro sia educato alla
coltura della sensibilità stessa. Non voglio con queste
espressioni pregiudicare adesso la questione se V uso
d*una parte valga ad accrescerne od a scemarne la sen-
sibilità: ne parlerò in seguito. Sta intanto il fatto in-
dicatoci da Weber , e la osservazione dello stesso è pur
facile. Anche su quest'argomento tralascio alcune espe-
rienze da me istituite; ma accenno solo di passaggio che
questo fatto non è costante, e la ragione di questo è
r uso deir arto superiore sinistro prevalente sul destro
in taluni individui, cioè nei mancini. Dunque anche que-
st* eccezione alla regola esposta da Weber . non fa che
avvalorare vieppiù la spiegazione data dal Weber stesso
deiraumentata o scemata sensibilità per il minore o mag-
gior uso d' una parte.
Versando questa prima serie di esperienze intorno
air azione dei diversi gradi di temperatura sopportabili
sulla sensibilità, era necessario portare a contatto delle
località scelte corpi che avessero quei dati gradi di
temperatura di cui si voleva appunto studiare V azione
sulla sensibilità tattile, poiché non si poteva modificare
cosi di seguito e repentinamente la temperatura dell'am-
biente, come il corso delle esperienze richiedeva. A. que-
sto scopo si usò una bottiglia in cui si metteva dell'ac-
273
qua portata a quel grado di temperatura di cui si voleva
studiare V azione , e quindi si chiudeva la bottiglia con
un pezzo di vescica di majale sottilissima che si assicu-
rava alla bottiglia stessa. Si applicava quindi la bot-
tiglia sulla parte per mezzo della vescica, per cui l'ac-
qua era mediatamente applicata^ ma il mezzo, cioè la
vescica, per la sua sottigliezza e per la sua massima
tensione, non impediva nò moderava Fazione dell'ac-
qua. Si lasciava cosi applicata la bottiglia, la quale
alla apertura mediante la quale si praticava 1* applica-
zione presentava il diametro di cinque centimetri, on-
d'era una larga superficie quella per cui si esercitava l'a-
zione dei diversi gradi di temperatura pel tempo che in
seguito verrà determinato, cioè 1', 2', 5' a seconda delle
esperienze. Quindi si toglieva la bottiglia e si esplorava
coU'estesiometro lo stato della sensibilità indotto dall'ap-
plicazione dell'acqua. Le modalità poi praticate nell'esplo-
rare coU'estesiometro, seguendo in gran parte ì precetti
di Weber, furono le seguenti. L'individuo su cui si espe-
rimenta deve allontanare gli occhi dalla parte su cui si ap-
plica r cstesiòmetro per non essere influenzato in alcun
modo nelle risposte che deve dare.
Quest'individuo si fa sedere lateralmente allo speri-
mentatore; egli abbandona il suo braccio su d'una tavola;
il palmo della mano sinistra non è coperto dalle dita che
sono distese, ma senza sforzo, come nel sonno. Quindi dopo
aver fatta previamente V applicazione della bottiglia , si
applicano leggermente, senza esercitare molta pressione,
contemporaneamente e trasversalmente all'asse trasver-
sale dell'arto le punte dell' cstesiometro, e si avvicinano
e si allontanano finché l'individuo, sentendo chiaramente
r applicazione delle due punte, le avverta. E si deve più
volte ripetere il contatto per assicurarsi che quello ac-
cennato è veramente il limite di distanza minima a cui
Annali Voi. Cd. 18
274
l' individuo sente due punte: al di là di questo limite
egli non sente T impressione che di una sola punta. Si
capisce bene che tutto questo deve esser fatto presta^
mente e in modo che Fazione dei diversi gradi di tem-
peratura non abbia a sperdersi e ad essere neutralizzata
dalla temperatura dell'ambiente. Tutte queste avvertenze,
tutte queste condizioni sono essen^pali e devono in ogni
esperienza essere conservate assolutamente, perchè le espe-
rienze stesse sieno comparabili fra di loro, e perchè razione
spiegata dai gradi diversi di temperatura sia reale e non
soltanto apparente. Quando non se ne tenga conto o quan-
do solo incompletamente si avverino queste condizioni, Te-
sperienza non ha valore, poiché, trattandosi d*un elemento
cosi difficile a ben calcolare, come è la sensibilità, con-
viene evitare almeno per quanto si possono tutte le fonti
di errori.
La temperatura dell* ambiente ha in tutte queste ri-
cerche segnato dai 13^ ai 15^.
Perchè la durata dell* applicazione dell* acqua portata
ai diversi gradi di temperatura fosse la stessa, conveniva
stabilire una unità di tempo e quest'unità fu di un mi-
nuto primo.
Era necessario prima di addentrarsi nelle esperienze
conoscere il limite massimo e minimo della temperatura
sopportabile senza molestia dagli individui su cui si ese-
guivano le esperienze. Il limite massimo lo trovai al 60^
del termometro centesimale. Erano pochissimi gli indivi-
dui che potessero sopportare la temperatura di 65^, pa-
recchi anzi non tolleravano neppure il 60^, per cui sta-
bilii che il massimo limite sopportabile era a 60**. Anzi
in generale già a 60^ l'impressione che si riceveva de-
stava una sensazione non indifferente, ma un pochino
molesta. È poi abbastanza chiaro che non ci era nessun
interesse d' occuparsi di temperature che producono do-
lore, perchè sono sprovviste di pratico interesse e d'ai-
«75
tronde avrei trovato pochi individui che avessero voluto
soggiacere a simili esperimenti — ed anche per questo le
esperienze avrebbero perduto di valore. Il limite minimo
poi lo trovai a 0^ e T applicazione del ghiaccio stesso
che si fondeva nella bottiglia produceva già qualche mo*
lestia.
Primo risultato adunque delle mie esperienze fu : il
limite massimo della temperatura sopportabile senza do-
lore è il 60?, il limite minimo è a 0^.
La serie delle mie esperienze restava cosi limitata
fra 0« e 60^
Ora volli conoscere appunto lo stato di sensibilità
indotto dair azione di questi gradi che segnano i limiti
estremi: intrapresi perciò le relative esperienze. Queste
ascesero a 50: ebbene ho la compiacenza di poter dire
che diedero tutte gli stessi risultati. Sono esse registrate
nella tavola A.
Dalle stesse risulta adunque che V individuo che nor-
malmente avvertiva le due punte dell* cstesiometro chia-
ramente, quando queste erano alla distanza di 10 milli-
metri, dopo r applicazione tanto del ghiaccio come del-
l'acqua a 60^ avvertiva le due punte non più alla di-
stanza di 10 min. ma solo alla distanza di 11, di 12, ecc.,
mill. ; per cui resta provato che 1* azione della tempera-
tura di 0^ e di quella di 60^ sulla sensibilità tattile ò
identica e si risolve nello scemare, neirottundere la sen-
sibilità stessa. Anche V azione quantitativa di questi due
gradi di temperatura si può affermare essere eguale,
poiché ora è maggiore neiruno ed ora nell'altro. E si
può anche dire senza tema d' errare che la sensibilità
tattile al di là del 60^, e già in taluni individui quasi a
60^, è sempre ottusa, e l'individuo non risente che una im-
pressione confusa, confusissima ; qualunque sia la distanza
delle due punte dell' cstesiometro : procedendo poi anche
di poco , cioè quando la temperatura è a tal grado da
276
provocare dolore, la sensibilità tattile resta completamente
distrutta.
Volli in seguito ricercare lo stato di sensibilità tat-
tile indotto dair azione dei gradi di temperatura inferiori
a quella del nostro corpo. Le esperienze f&tte su quest'ar-
gomento non ammontarono che a 30. Veggansi nella ta-
vola Bi. Come ben si scorge, il tatto restava, il ch(9 già
era provato dalle esperienze comprese nella tavola A. ,
ottuso di molto per 1* applicazione del ghiaccio, poi si
rialzava coir applicazione di acqua portata a gradi supe-
riori di temperatura, finché si restituiva allo stato nor-
male verso il 36* 0 37* — ma più spesso il 37** — e si
rendeva già più squisito verso il 38** in molti casi, sem-
pre poi verso i 40®. A 40* adunque la sensibilità tattile
era superiore, era già più acuta che normalmente ; ed a
60* — - ce lo dice la tavola A — era più ottusa. Nasceva
adunque il bisogno di sapere, come restasse modificata la
sensibilità tattile per Y azione dei diversi gradi di tem«
peratura compresi fra 40^ e 60*. Le relative esperienze
(veggasi la tavola C) in numero di 30 mi condus-
sero alla conclusione che la sensibilità tattile divenne
sempre più acuta sotto razione di temperature che dal
40* si avvicinavano al 45* e generalmente trovava il
suo maximum a quest' ultimo grado — 45* — per de-
crescere hi seguito e trovare il suo minimum a 60*.
Questi due ultimi corollarii trassi solo da 30 esperienze:
ma queste trenta mi davano diritto a conchiudere, per-
chè la unanimità dei risultati elideva qualunque dub-
bio. Pervenuto alla fine di tali ricerche, sorse in me
il dubbio che fosse insufficiente lo spazio di tempo di
r perchè le diverse temperature potessero spiegare la
loro azione completamente e quindi i risultati ottenuti
fossero cosi incompleti od anche erronei : conveniva per-
ciò risolvere questo dubbio. Dopo aver fatto buon nu-
277
mero di esperienze, durando V applicazione della bottiglia
contenente V acqua prima 2\ poi 3* e 4\ quindi ò\ sono
stato portato a conchiudere che V azione della tempera-
tura era stata la stessa e che i risultati ottenuti erano
identici a quelli di prima, salyo quelli che riguardano gli
estremi limiti delle temperature sopportabili: cioè T ap-
plicazione del ghiaccio e dell* acqua a 60® che duri più di
r è dolorosa e toglie, quando questa durata giunga ai
3* , ai 4\ ecc. , quasi affatto le sensibilità tattile , cioò
r individuo ha coscienza d* un corpo che sta sulla parte
su cui si appoggiano le due punte dell* estesiometro ,
ma non può precisarne la forma nò mai arriva a distin-
guere le due punte. Del resto la sensibilità tattile èra
sempre illesa a 55® od a 50, durando T applicazione del-
r acqua anche 5*.
Esaurita cosi la prima, passo alla seconda serie delle
mie ricerche sperimentali.
Comincio dai narcotici. Sul principio di questo lavoro
ho già accennato che gli effetti dell'uso topico dei nar-
cotici in terapia ci fanno prevedere V azione degli stessi
sulla sensibilità tattile. Ad ogni modo le relative espe-
rienze, siccome quelle che sono proprio dirette allo stu-
dio di quésta loro azione, possono tornar utili a preci-
sarla. Ho scelto due sostanze delle più narcotizzanti fra
i narcotici — se mi è permesso il bisticcio ; cioò il lau-
dano di Sydenham e la belladonna ( estratto acquoso ).
— ^U metodo tenuto in queste esperienze fu come quello
con cui furono condotte le esperienze della prima serie :
ne differenzia solo per questo, che invece di fare Tappli-
cazione della bottiglia contenente acqua, con un pennello
intriso nel laudano o nella belladonna si stende un sot-
til velo sulla parte di cui si vuole esplorare la sensi-
bilità tattile , che è ancora il palmo della mano sini-
stra e r avambraccio sinistro. Nelle prime esperienze ho
?7S
\M$fn$to «Drwfs 16* prima di tentar lo stato di sen-
cibUità indotto , nelle ultime solo 5* : trovai gli efifetti
Mia stessa inteositi. Invece lasciando scorrere dalFap-i
plìoatkiM pia di 40\ V effetto era scomparso e non si po«
t»Tm più oogUero differenza fra lo stato normale della
•SKibiìiti e lo stato di sensibilità dopo V applicazione dei
iiMr<Kilki La tavola D, in cai sono appunto registrate
)• «sfierìente relative ai narcotici , mi jfe concludere che
<|iiii$li hanno una azione identica a quella che hanno le
f«^pi^r«iture di 0^ e di 60®. È poi anche chiaro che la
MWk^na ed il laudano tengono press' a poco la stessa
inh^u^U di azione ottundente della sensibilità tattile. Per
(s^lH^r^ ì) dubbio che questi risultati si dovessero al velo
MUl^ v>K<^ i\ narcotico costituiva per la spalmatura che
)i»^ Hi^ ^^m fiotta, con un panno si levava leggermente il
iiifciw^iw e ai procedeva poscia all' esplorazione coli' este-
Quaiito a) senapismi , io non trovai differenza alcuna
H^ l'ìjiulUtì ottenuti dall'applicazione degli stessi semi
dì 5àoa^p0 pWktati con acqua in forma di cataplasma ,
Okù vi*uU<fcM avuti dall'applicazione dei narcotici. (Veg-
g^^ì U tavola K ). Conviene notare che quanto più il
.vM»c4piv>iiUsv W^ forte , tanto più la sensibilità tattile si
ivml\^\u v^ttusa* L* azione poi del senapismo sulla sensi-
bihtiV mutilo dura pochi minuti — non più di 5' —
vK^H^h^ Hi Wyò dalla parte il senapismo stesso. Ecco
.\vUuujw<^ uiK^ diflferenza riguardo alla durata dell' azione
\\4 \xu\ii> di queste esperienze ho pure osservato i
Wii.u^^u ftvUi. l luwtieri degli individui su cui si esplora
V VMv^iv^ vk>llH ^v^billtà tattile non implicano nò traggon
v>\v/ CvuUsV Uit{^>^u«a riguardo ai limiti massimi e mi-
'i.u;. U ìkv<i^\^uA^ dei gradi di temperatura e circa le
V Hx^xv 'AVK4 dWrMiwe della temperatura stessa nei suoi
279
varii gradi. Giunsi a questa conseguenza, esaminando lo
stato della sensibilità tattile di parecchi facchini nelle
sue varie modificazioni per la temperatura e confrontando
i risultati ottenuti sopra giovani studenti. — Le espe-
rienze riportate nelle singole tavole furono tutte fatte su
studenti.
Il limite massimo e minimo di temperatura sopportabile
è più circoscritto nei luoghi ove la pelle è più fina, quan-
tunque la sensibilità tattile possa negli stessi essere in-
feriore, meno acuta che non in siti a pelle grossa. Cosi
se al palmo della mano il limite massimo sopportabile di
temperatura è a 62®, questo limite massimo è a 60** al-
l' avambraccio , dove la pelle è più fina e dove la sensi-
bilità tattile è meno acuta : si dica lo stesso del limite
minimo di temperatura sopportabile. Ho voluto aggiun-
gere anche questi due fatti per mantenere le promesse
espresse riguardo agli stessi nelle prime pagine di questo
lavoro , a cui io dò termine , ringraziando di cuore il
professore Mantegazza al quale io devo la possibilità di
aver incominciate e proseguite queste ricerche.
I ' p
Al palmo iella mano tinislra.
All'ava
itbraccio iinittro.
^3
il
■ 'E o
a.
11=
-S Sto
^1
3.
■a '5 o
a.
il
S|
III
il
m
11-
h
■o-^
-s-s
ll
^-.-
•s-s
m a
|l
ll'^
|l
il'
i
8
10
10
22
26
25
2
10
11
11
18
21 .
22
3
7
11
10
21
24
25
i
9
11
13
23
27
28
6
4
6
7
14
17
18
6
6
8
7
19
21
23
7
3
7
6
13
17
15
8
4
6
7
22
25
27
8
40
12
11
27
29
32
10
6
7
8
21
54
25
U
6
7
7
30
32
37
1%
7
10
12
21
24
23
13
8
11
9
25
29
28
14
n
15
14
28
31
SO
15
7
8
8
21
25
24
16
5
8
8
14
17
19
17
4
7
6
15
17
16
18
9
11
11
21
25
24
19
4
S
6
17
19
21
ao
a
13
14
28
31
32
21
9
12
H
21
23
23
22
7
9
8
28
33
31
23
6
«
8
27
31
29
24
10
13
13
29
34
37
25
n
14
15
25
29
28
Al palmo della mano «timtra.
All'avambraccio
sinistro.
■S ^
■s
.-^ o
o
»a
il 3
^■fs
£^
^l.s
=11
li
«1
:ll
sii
.2 1
l-s
1*'
26
4
7
6
21
23
25
27
9
12
11
24
26
25
28
10
13
12
27
29
30
29
g
13
H
25
29
31
30
8
12
10
22
25
27
3)
5
8
7
20
25
27
32
10
13
12
25
28
29
33
10
i3
12
30
32
37
34
10
12
13
26
28
29
35
9
H
10
19
24
26
36
8
Ì2
9
19
24
22
37
13
17
16
33
37
36
38
8
14
12
25
28
29
38
9
12
11
25
28
30
40
5
7
6
20
24
22
41
4
7
6
25
28
26
42
10
12
14
23
27
26
43
5
7
9
12
15
16
44
4
6
6
13
17
16
45
5
9
8
19
23
24
46
9
H
12
21
26
25
47
. 8
10
11
25
29
31
48
4
7
5
14
17
16
49
3
5
7
12
15
16
50
6
9
8
22
26
27
Al palmo della mano atnittra.
-=
-rf
■3
S
-ti
«•2
S.2%,
ésh
1.1%
i li
Ì|fe
^ 1?-
£.2 «!
i3 cj
« "
li
°-l"
il d
|| ^
11^
= p, -
"4:
il-
'i:
Hi
'^ w
d £=.
« o, §
« O, 3
^ Q. 3
d £ 3
=: a a-
H ti
1| — a
^— u
^■- 3
■S"" a
l-f
■s- s
■a" a
^-i
m "S
1'"
2 g-:g
3|^
s-s^
2 l=S
2-a
1*"
-S ^\
1
4
8
7
7
6
5
4
4
3-1
2
5
9
8
7
7
6
5
4 V.
4
3
4
6
6
5
5
4
4
4
3'l
4
7
10
9
9
9
' Vi
7
7
B !
5
12
18
17
15
15
14
12 Vs
12
11 1
6
5
8
7
7
6
5
4 V
4
4
7
7
10
9
9
9
8
7
6
8
12
13
13
i2 1/,
12
12
12
11
9
7
8
7 V«
7
7
6 Va
6 V.
fi
10
10
12
12
12
H
10
3 Vi
9
H
12
14
13
12
12
12
11
10
12
5
7
7
« Vi
6
5
■• Vi
4
13
7
' V»
■^ V»
"/!
7
6 1/,
«vi
6 ''
14
5
6
6
6
5 Vi
5
IV.
4
15
6
7
7
«'/>
6'
6
0
5'/
16
13
17
15
15
14%
13 ■;
13
13
13'/
17
10
13
13
12
12
11
10
9
9
18
7
11
10
10
9
8
7
7
6'/
19
4
6
5
*'/.
4
4
3 Vi
3V
20
7
S
' Vi
' vi
7
6 V,
6 ■!
6
21
4
6-
5
*•!
4
4
4
3'{
22
6
8
8
7
6 V,
6 Vi
6
S'
23
12
14
13
12 ■/,
12
11
il
10 '!^
24
8
10
10
9
8 Vi
8-
8
7
25
10
10 Vi
10 Vs
10
10
10
9
9
26
g
12
10
9 vi
9
9
8 V»
8
3
27
8
12
10
9
9
9
8
8
7
28
7
10
10
9
9
8
7
8 Vi
6
29
6
8
8
7
7
6 >/,
6
e
5
30
5
8
7
7
'
'•1.
6
5
4 'il
283
?.
iin' avambraccio Ministro.
■
.08
^
^
^
^
^
r08
«08
.13 o
.13 o
.t5 9
.13 ©
.13 (0
.13 9
s *
•
•"S S-s.
.*;: fle
.'S fle
•- S«
rs d e
r? ^ e
•p4 ^ a
.':? d 0
ale
litJ
"2*
-^ 2 o
mm^ .«^ ^^
5 N Ti
ja .0 0
imi *l-^ iSs
OT N co
-0 .2 i>
•5 2 co
'i-iS
'fi 2 0
♦"^ T! 2m
CO N •*1'
S3
§.2«
fl * ^
g 0 OS
d A
o.w 08
§ 0 08
«3 S rf
^ S -
t^ tn
<0 '-^ flS
W «b4
co ^M
<0 0mm
« #-• ^
co ^^
W .-M
co «^
§ e:
^ s
_ »« «8
Oi 08
_ a, 08
Oi ^
a« 08
Oi 08
a» 08
« S
03 O. g^
ti O4 0
08 Oi P
08 CL a
08 Oi ss
«8 CL 0
ai eu ^
j2 o« d
o «**
S OS 0*
S 03 O*
S 08 o«
=: OS 0*
S ca 0*
^ 08 cy
.-M 08 0*
V^
>« ^ s
© ^ 0
0) 1- 0
© * 0
» ^ 2
0> ^ V
4> ;i4 0
q, • 0
cs ^
T3 "
'C 08
«O e8
•a 08
•a ^ «
n3 03
•a 08
•d 01
o .ja
^ 0 _•
0 _
0 _
0 ^
0 _
0 ^
0
"S 0 ^
"2 0 ^
0 o*'.;^
lo'
ti 0 ^
t3 0 ^
13 0 ^
^-^
5-d
5 *«
3-^
3 •«
5-^
il 'O
5-3
OJ
«3
e»
«3
co
CQ CQ
02
d4
19
18
18
17
15
14
14
13
21
27
25
25
24
21
21
20
19
23
29
28
25
24
23
23
22
21
21
27
25
24
22
21 Va
21
20
20
23
28
28
25
24
24
. 23
23
22
29
38
38
34
32
31 Va
31
29
27
27
32
30
30
30
29
27
26
25
19
27
26
26
24
22
19
18
16
22
29
28
26
25
23
22 Va
23
20
19
22
22
21
20
20
19
19
17
20
25
22 V^
22
22
21
20
19
19
23
30
28
28
25
23
22 V»
22 Va
21 V»
22
28
25
24
23
22
22
21
21
28
33
30
30
30 .
28 .
27 Vs
26
26
31
37
35
34
32
31
31
30
30
29
34
30
30
29 V«
29
28 V,
28
27
28
32
30
30
29
28
27 1 ,
27
27
25
32
31
31
29
26
ff *■
25
25
23
26
30
30
29
28
27
26
26
24
26
32
31
30
28
26
25
25
24
21
27
26
24
, 22
271/,
33
21
20
20
19
27
30
30
29
27
26 Va
26
25
32
36
34
34
32
31 iK
31
31
26
31
30
28
27
27
27
26
25 V»
29
33
31
29 Vs
29 Vs
29
29
28
26
24
31
30
27
25
24
24
23
22 V»
22
30
30
2»
27
25
23
22
1 4V
20
23
29
27
25
25
23 Vs
23
23
22
25
28
26
26
25
f m
25
24
24
22
1 22
26
25
24
24
22 V,
22
21
20 Va
284
•
f
Al palino della mano
tinUtra.
•a
3«
«08
t.
«08
^
A ^ e
.-3 Se
.-= a*
^ Se
•5 9©
.*? c^
rs s«
S'S
'O.S^
,0.2 Si
-^.2<o
•^.g t*
«S.S o
'O.S^
pO 0 ^
es :=:
•s S-*
•s g-*
•3 M •*
» S"*
'm nia
•5 N W5
'S *M a
8'^
SB m
S S fls
1-2 «
gSo,
OQ •*-«
s-§-
«B ;3
CU «
Ci« es
Ot 08
O. 08
^0.08
O4 03
a.4
^ s
OS P« 9
c8 Q« 9
08 O. 9
08 a* 9
« CI. 9
08 0« 9
es Q,:
o «
:s « o*
S « 9*
Z3 08 o*
=: « cr
S OS cr
::s 08 0*
^ a t
w
o ^ o
« ^ U
_3> t-i «
o ^ u
4> 2m U
« ;l, 0
« * i
tf OS
•a «8
•« OS
•« 08
'D 08
'O 08
•«08
•a e
•3 S3
^3
ll'^s
5|«
o
o o«:3
ll'-s
li-'s
0
0 S«**3
|l^
5*0
5-0
5*0
5'«
a-tj
5-9
5 -§
GQ
03
GQ
GQ
CQ
OQ
CQ
1
6
5
^Va
4
5
6 V»
8
9
2
5
5
4
4 Va
5
7
7 Va
8
3
9
8
7
7 Va
8
10
11
11 >/
4
4
3 Va
3
3
3 Va
4V»
5
6»)
5
11
10
9
8 V.
10
12
12
14
6
7
6
^Va
4V.
5
7
8
9 Vi
7
8
7
7
6 V»
7
8 V.
9
11
8
3V,
3 Va
3
3V,
4
5
5 Va
6
9
4
4
3
3 V.
4
5
6
6 Vi
10
6
6
5
6
6
8
8
9
41
5
4 Va
4
5
6
6
6 V'a
7
12
7
7
6
7 V.
7 Va
8
9
9 Vi
13
9
8
8
7
7 Va
9
9
lo Vi
14
8
8
7
7 V.
8
9
9 Va
io Vi
15
11
10
10
9
10
12
12
i3Vl
16
^7»
4
4
3 Vi
■» v«
5 V>
6
9 Vi
17
7 Va
7
6
6V,
7 V.
8 V«
9
io Vi
18
11
10
9
8 V>
9 V.
11
12 Va
14
19
8
7
6
7 V.
8
8 V.
9 Va
^^ >
20
^!(«
4
3 Va
4
5
5V,
6
Ti
21
6 Va
6
5
6 V.
7
8V»
8 Va
10
22
5
4 1/,
4
3V.
* V»
5V«
7
7V
23
7
6 Va
6
6
7
8
8 Va
9V
24
9
8
6 Va
7
8
9
11
13
25
8
7
6
7 V«
8 V>
9V.
10
n Vi
26
4 Va
4
3
3 V.
^V.
5V«
6
7
27
6
5
4
4 V.
5 1,
7
7 Va
9
28
• 11 Va
10 Va
9
9*/t
40
12
12 ig
u
29
10 Va
10
8 V,
9
10
, 11
12
14
30
7
6
5
*V.
6
7
8
11
285
C.
V
• AlV avambraccio sinistro.
•cs ^
^
«08
.«8
^
«08
«08
.ie « ^
.■:5 «
.-;? o
^ o
•ti o
•3 ®
ago
•t? a>
^« -4-»
08 -Ji
rs a^
r:: c«
.T: Se
•"^ s*
rs Co
•"SS®
5 -2 2
•5 S»n
J3.2&
■3 3àO
^ o o
•3*5§
norm
ensibi!
G 09
(3 03
e fls
e «s
e 08 _
e: ^
e o8
S:S°'
« O 08
§.2 «
S V 08
S.2 «
co >S
co «-«
0) O 06
09 ;s
_ CU C8
_ CU flS
CU 08
_ cu 08
CU €8
0# OC
cu 08
^ P« S
^ Oi 9
08 CU 9
08 cu 9
08 CU 9
08 CU 9
«8 cu 9
o ^
n OS o*
S OS cri
S 08 cr
;s 08 cr
S 08 cr"
S 08 cr«
z: cs 9*
3 ^
« 2- O
« * o
0) ^^ o
a> :u u
a> 2^ o
Q> ^ CJ
9) ;;^ o
03 ^
TS 08
73 C8
'O 08
•O 08
'O "^ oJ
'^ o8
'9 08
-•J zz
_ O
o _
o
o
o _
O _
-. ® —
•a
Is-'-s
l^'-^
ti o ^
l§"^
O CUZ3
•2 o ^
5 CU^rt
S'è
a-o
08 .§
«•§
3 '^
a-s
5'9
CQ
e»
QQ
CQ
CQ
02
02
22
15
27
23
31
30
25
17
19
24
26
31
37
24
29
22
26
33
38
21
19
19
25
24
31
32
18
31
24
19
7s
7i
'A
'/
SI
20
15
26 V,
Vi
7.
23
30
30
24
16
18
22
25
30
34
22 Vi
29
20
24
30 Vi
19
18
17
23
22
30
30
15
30 V^
20
17
Vs
Vj
Vs
Vs
20
13
25
21
30
28
22
15
17
21
25
27
32
21
27
19
22
30
36
17
15
14
20
19
27
27
13
28
20
14 Vi
Vi
Vi
i
V
Vi
20 Vi
13
25 Vi
22
28
28
23
14
16
22
24
27 -,,
32 Vi
20
26
18
23
32
36
16
16
15
21
20
25
27
14
28 %
19
14
Vi
/i
Vj
Vi
'ì
27
14
28
24
30
29
25
16
18
26
24
28
35
22
28
20
27
34
38
19
18
18
27
23
28
29
19
31
21
17
Vi
Vi
'ì
V,
•A
28
28
17
17 Vi
28 ~
29
25
25 Vi
32
32 Vi
29 Vi
32
27
28
18 V,
21
21
24
26 t/j
28
27-
29
31
34 Vi
40
42 i/,
2S
28
31
34
22
25
27 Vi
29
38
38 Vi
41
44
22
25
22
23
21
23
27 V,
29
25
28
31
34
33
34
21
24
34
37
26
27 Vi
21
27
29
19
31
28
34
35
31
23
26
29 y,
29 Vi
37
45
31
37
28
31
39
46
28
25
24
83
31
38
37
26
37 Vi
28
28
'Z86
•
Tavola D.
*
Al palmo della mano ainiitra.
All'avambraccio iiniatro.
rOS
^
^
•«8
S «
.t2 o
.tS 4>
.te O
^
.•s fl
.%3 a
-.'fi
••= s
^ 5
•
OS n=
5 2 «
S N e
•A 2
«NO
08. -a
:2.2 g
S M e
»o O
S M o
> norm
sensib
Ha sen
applica
eUadon
Ila sen
applica
laudan
> norm
sensib
Ha sen
applica
elladon
Ha sen
applica
laudan
55
% jS
» ^ _
'«0--3
co o>
5 o«*«
5 o*
CQ IS
o o*"^
o P*
•«
«5
B-s
-tì
5-0
«5
co
«2
co
02
1
4
5
6
14
19
18
2
7
9
8
21
30
28
3
9
11
11
20
24
26
4
9
10
11
34
38
40
5
11
13
14
40
50
48
6
8
11
10
16
22
21
7
3
4
5
13
18
19
8
11
13
13
23
27
28
9
4
7
6
17
21
25
10
7
9 •
8
19
25
26
14
9
12
11
27
38
35
12
6
8
9
19
21
23
13
6
8
7
23
32
30
14
6
9
8
21
27
25
15
7
9
9
19
25
24
16
9
11
11
25
29
31
17
5
6
7
21
29
27
18
11
14
13
32
38
41
19
7
9
10
26
38
35
20
6
8
10
19
31
28
21
10
11
10 Va
29
34
37
22
8
10
9 m
9
28
34
37
23
4
5
6
17
19
22
24
7
8
9
19
28
29 •
25
9
11
10
32
43
41
1
.^^
287
Tavola E.
Al palmo della mano sinistra. I AW avambraccio sinistro.
•
■
=sa
Stato
Stato
Stato
della
Stato
della
normale
sensibilità
normale
sensibilità
dopo
dopo
della
l'applicazione
. deUa
l'applicazione
sensibilità
del
sensibilità
del
senapismo
senapismo
1
7
10
32
48
2
6
7
19
28
3
8
11
21
25
4
4
5
16
19
5
5
7
15
19
6
11
13
29
32
7
13
14
31
35
8
10
12
29
34
9
7
9
28
32
iO
5
8
21
26
il
6
9
19
27
12
6
8
22
25
13
4
7
13
19
14
8
11
27
32
15
3
5
13
17
16
10
11
29
33
17
7
9
28
35
18
9
11
25
29
19
6
8
22
25
20
5
8
20
28
21
7
8
23
28
22
8
10
29
38
23
10
12
29
33
24
12
14
26
29
25
5
8
19
28
288
Prospetto «llnleo della B« Heaola di ostetrieliè
in Milano diretta» dui prof, l^ieitr^ JLttttaii
per Tanno tsiie< compilato dal doti, csabtawo
CAHATi, 2.® assistente alla medesima. — Anno
quarto.
Ci questo il quarto anno, nel quale pubblico il Prospetto
Clinico della R. Scuola di Ostetricia in Milano, e la buona
accoglienza che finora «ricevettero questi lavori fanno si
che fiducioso mi riponga air opera, sperando di far cosa
gradita ai cultori della scienza ostetrica, che vi trovano
larga messe di fatti pratici e di osservazioni cliniche rac-
colte al gran libro della natura sotto la direzione del-
l'egregio Professore Lazzati, cui mi legano stima gran-
dissima e gratitudine perenne per le vaste cognizioni,
onde sempre mi fu largo in ogni e qualunque circostan-
za. Ma prima di dare cominciamento alla esposizione cli-
nica, mi credo in dovere verso tutti coloro, che mi leg-
geranno , di dire due parole del perchè nella redazione
di questo Prospetto io mi sia alcun poco allontanato dalla
via seguita negli antecedenti rendiconti, adottando cioè
una strada più breve, più concisa, meno abbondante di
osservazioni cliniche e di dettagliate storie, sicché men-
tre negli altri trovansi una ricca raccolta ed esposizione
di fatti pratici, in questo invece ve ne sarà solo un pic-
colo numero, e questo pure compreso entro brevi confini.
A ciò fare spinsero il desiderio di non dilungarsi trop-
pò, e ridea, che mentre prima, trattandosi di una scuola
retta da metodi e principii nuovi, abbisognava far cono-
scere colla pratica alla mano la giustezza e le buone rie-
scite dei principii insegnati del Professore Lazzati , ora
invece basta la esposizione sommaria di quanto avvenne,
perchè non è che una riprova di quanto fu detto e fu
scritto negli anni precedenti e di quanto giornalmente
289
Tiene insegnato e dimostrato. Per conseguenza ne risulterà
anche assai minore la mole del lavoro» ma sarà desso non
meno interessante e proficuo, perchè vi staranno compen-
diate le cose principali e più utili a conoscersi, come non
vi mancherà, lo spero, nulla perchè non abbia a riescire in-
sufficiente in alcune sue parti , o indegno di quelli che )p
precedettero. L* ordine generale seguito sarà lo stesso ,
identiche le tre divisioni principali in gravidanza, par-
to, puerperio; forse qua e là si troveranno delle brevi
digressioni, dei riepiloghi, dei confronti con quanto suc-
cedette negli anni precedenti ,. il che riescirà piìi dilette-
vole che il voler fare come negli scorsi anni narrazioni
semplici, che se, come ho detto, precedentemente, pote-
vano farsi , anzi si richiedevano necessarie pei primi an-
ni, ora penso non più doversi praticare, perchè ne manca
la ragione principale.
Gravidanza,
Le gravide esistenti nell* Ospizio al 1.^ gennajo 1866
erano 33, e 516 ne entrarono durante Tannata, formando
cosi un complessivo numero di 549 donne gestanti, che
richiesero la nostra assistenza ; fra queste 478 partori-
rono, 21 tuttora gravide o ritornarono alla propria ca-
sa, o per speciali circostanze vennero trasferite allo Spe-
dale Maggiore, e 50 rimanevano gravide nell'Ospìzio alla
mezzanotte del 31 dicembre 1866.
Le accettazioni suddivise a seconda dei mesi si effet-
tuarono nel modo seguente:
Annali. Voi. CCL 19
S90
Gennajo .
. . N.* 49 Luglio . .
. N.^
40
Febbrajo .
. . . » 40 Agosto . .
»
48
Marzo . .
...» 50 Settembre
. . »
48
Aprile
...» 45 Ottobre . .
4 »
35
Maggio .
. . . » 37 Novembre
»
38
Giugno .
. . . » 42 Dicembre ^ .
»
44
'
Totale N.« 516.
Da cui risulta che la massima accettazione si elSettaò
nel mese di marzo , la minima nell* ottobre , e in ordine
decrescente starebbero i mesi di gennajo, T agosto e set-
tembre^ l'aprile, il dicembre;^ il giugno, il febbrajo e luglia,
il novembre ed il maggio , e questo risultato che punto
non si accorda coi risultamenti aruti negli anni decorsi
1863, 1864, 1865, tranne pel meige di marzo negli anni
1865 e 1866, ci prova come non sia possibile fissare un
dato certo, per poter dire in quali mesi, e per quali cir-
costanze avviene presso di noi la massima affluenza di
gestanti.
Come fu minore il numero delle accettazioni avvenute
nel 1866 in confrontò all'anno precedente, in cui si eb-
bero 555 accettazioni , cosi minore fu il numero delle
donne gravide che si ammalarono, e questa cifra delle
donne malate fu proporzionalmente inferiore anche cal-
colate le minori accettazioni ; infatti nel 1865 sopra un
totale di 601 gestanti ^ comprese le esistenti al primo
gennajo, si ebbero 181 malate, mentre nel 1868 sopra
un complessivo di 549 se ne ebbero sole 139. Ma sic-
come la proporzione loro diversificò a seconda dei mesi,
cosi credo bene l'istituire il seguente prospetto, come già
venne fatto nell'anno precedente, nel quale sinotticamente
si trovano esposti i dati principali, cioè quante esiste-
vano già malate nell'Ospizio, quante pervennero malate
dalla propria casa , quante se ne ammalarono nell' Ospi-
zio cogli esiti relativi.
291
Movimento generale delle gravicie ammalate.
Mese
s
Entrate
dalla propria
casa
Entrate
dalle gravide
sane
9
Passate |
ra le puerpere H
malate ||
' Uscite H
dall'Ospizio
•
o
o
1
co
«4
a
i *
' 1
<M
'
'
•
Gennajo. . ..
5
3
9
8
2
Febbraio . .
6
9
2
Marzo . • . :
3
5
4
6
2 ,
•
Aprile. . . .
6
4
4
a
'
Maggio ...
\
5
5
4
4
■
Giugno . . .
5
12
13
7
Luglio . . .
6
10
8
6
1
Agosto . . .
4
. 7
5
6
•
Settei^bre. .
6
< 11
, 8
7
-
Ottobre . . .
S
6
6
4
Novembre. .
3
6
6
3
■
Dicembre . .
5
1
9
4
78
V
4
1
3
44
90
54
*
4
3
139
139
1
-
Il decorsae la natura delle malattie anche quest' anno
si può dire abbiano corrisposto presso a poco a quanto
io già esponevo nel precedente mio Prospetto clinico
nel 1865, cioè le affezioni da cause reumatizzanti nel-
l' inverno , . nel principio di primavera e alla fine del-
l'autunno, mentre di prevalenza si notarono le forme con-
gestive al capo, e gli edemi, segnatamente parziali alle
gambe, nei mesi caldi. Del resto, come si vedrà dalla ta-
vola nosologijca che or ora andrò esponendo, si notarono
molte malattie delle gravide che certamente non prove-
nivano da influenze cosmo-telluriche, perchè talune erano
causate dallo stato di gravidanza, altre acquisite o abi-
tuali all'individuo che le portava e affatto indipendenti
dalla gestazione.
292
Le precauzioni e le misure profilattiche di cui già
ho parlato nel Prospetto Clinico pel 1865, quando fummo
minacciati dal cholera-morbus, vennero pure subito messe
in opera quest* anno alle prime avvisaglie del terribile
male , e sebbene la nostra città non sia stata colpita che
in due sole vittime, pure le misure adottate vennero
continuate fino a che fu tolto ogni timore di manifesta-
zione di questa malattia, in quanto nel nostro Ospizio
potevano in allora accedere gestanti provenienti da un
sito qualunque d* Italia , il che più non avverrà per le
nuove regole di accettazione iniziate al principio dell* an-
no 1867.
Anche le misure addottate nello scorso anno 1865 ven-
nero pure seguite nel 1866 allo svilupparsi di qualche
caso di vajuolo, cioè il pronto trasporto della ammalata
nell'apposito comparto presso lo Spedale Maggiore, e la
rivaccinazione delle altre ricoverate, per cui non si ebbe
alcun caso di trasmissione di tale malattia « ad altre don-
ne, come una pronta separazione delle scabbiose valse a
far si che in altre non si propagasse quésta schifosa ma-
lattia.
Come ho detto , di diversa natura furono le malat-
tie che colpirono le nostre gravide durante il decorso
anno 1866, e tranne alcuni pochi casi, i quali special-
mente erano legati allo stato di gravidanza, quali Tana-
sarca, l'eclamsia, l'emorragia cervico-placentale, il vomito
infrenabile, Ù edema polmonale, T osteomalacia , gli altri
non presentarono gravezza di sintomi, e cedettero sotto
i sussidii di una terapia razionale e giusta. Ecco frattanto
il quadro sommario delle malattie presentate da queste
132 gestanti.
Denominazione Numero
delle delle gravide
malattie \ ^ malate
Denominazione
delle
malattie
293
Numero
delle gravide
malate
Febbre reumatica .
Febbre intermittente
Febbre gastrica .
Febbre miliare . .
Ca^ngestioae cerebrale
Pletora uterina . .
Bronchite . ...
Bronco-polmonite .
Angina to.n&illare .
Gastrite . . . . .
Enterite ^ . . •
Mastite
Diarrea . , . .
Dissenteria . .. .
Tubercolósi . . .
Podartrocace destro
Patereccio. • . .
Cardiopatia- • . •
Cloro-anemia . . .
Isterismo . . • .
Epilessia ....
2 Eclampsia . . ^ . . . 4
2 Edema senza albuminuria 10
2 Edema con albuminuria . -7
1 Anasarcà senzsi albuminu-
14 ria ...... . 3
2 Edema polmonale ... 1
19 Osteomalacia 3
1 Asma 1
1 Forme veneree e sifilitiche 16
2 Vomito incoercibile . . 1
3 Eczema alle mammelle 2
2 Eczema sparso .... 1
6 Yajuolo i
1 Scabie ........ 2
4 Varici ....... 4
2 Piaghe. '. 1
2 Congiuntivite reumatica . 2
1 Emorragia eervico-placen-
2 tale . 4
3 Melanconia ..... 2
3 Metrorragia ...... 1
^ Pellagra 1
72 —
67
Totale N.» 139.
Tra queste diverse affezioni morbose, di cui talune
tennero decorso assai breve per V indole stessa della ma-
lattia, 0 perchè, sviluppatesi pqco prima del parto, ces-
sarono nei primi giorni del puerperio, non trovo molto a
dire. Epperò mi limiterò ad accennare solamente di al-
cune che giudico le più importanti, seguendo nella espo-
sizione loro r ordine con cui vennero registrate nella ta-
vola nosologie a.
294
I due casi di mastite, che interessavano la iHam-
mèlla sinistra, passarono entrambi all'esito della sup-
purazione, che richiese l'incisione col Ustori, e l'uso
di continuati cataplasmi, mantenendosi tuttora la malat-
tia all' epoca del parto, come giornalmente e quasi sem-
pre si osserva nelle mastiti, che si sviluppano in gravi-
danàsa^ segnatamente poi negli ultimi mesi.
II podartrocace destro, susseguito a caduta o piutto-
sto ad improprii maneggi fatti da una donna aggiustar^
ossa allo scopo di ridurre una lussazione, che forse in
origine non esìsteva , affliggeva una giovane ( N.^ 202 )
di 33 anni, di aspetto delicato, gracile, di temperamento
linfatico, già altre 'volte madre, la quale ci provenne in
corso di tabe dallo Spedale Maggiore, dove era stata ri-
coverata qualche mese prima per la malattia al piede.
Durante la sua dimora in questo comparto ostetrico
(giorni ventotto) si manifestarono a varie riprese esa-
cerbazioni di processi flogistici locali, risipole alla coscia
e gamba corripondente, accompagnate a flemmoni parzi^^li,
a febbri remittenti, a smagrimento progressivo e rapido
della gestante, per cui: vedendosi lo stato di questa mi-
sera dcHina sempre t>itc aggravarsi, sia nelle condizioni
generali, come nelle locali, e temendo che anche lo stato
di gravidanza contribuisse a peggiorare la malattia col-
r edema che si era andato formando nell'arto inferiore
destro, e per la remora di sangue causato dalla pressione
dell'utero gravido, si decise il Professore di passare alla
provocazione artificiale del parto alla fine dell* ottavo
mese mediante la siringa elastica introdotta fra l'utero
e le membrane : il parto si effettuò naturalmente ^ fa-
cilmente, e nacque un bambino di sesso masoolino^ vivo
e sano, che passò al Luogo Pio degli Esposti. In seguito
la donna si mostrò un pò piii calma , in quanto prima ,
essendo di squisita sensibilità fisica e morale, era conti-
nuamente cruciata dal pensiero del parto e del bambino
2§5
che portava in grembo: in 6.' giornata' 4al puerperio
persistendo il podartrocace , è progredendo il marasmo,
venne trasferita in una sala chirurgica dello Spedale Mag-
giore, dove ci consta mori qualche mese dopo.
La eclamsia in donne gravide si manifestò quattro
volte, e né formarono soggetto le iscritte ai N.*' 491 del
1865, J17, 200 e 472 del 1866; diremo brevemente due
parole di queste quattra donne.^
* • • '
La iscritta al N^V 49i , d'anni. 22, presentavnsi con gravi-
danza gemellare, anasaroatica, ma senza alikiminia nelle odne;
dimorava neir Ospizio dal 13 novei^ìbre 1865, quiando il giorno
1 7 febbrajo 1866 verso le ore 7 pomeridiane si destò travaglio
di parto, avvenendo subito la rottura della borsa. Ma il trava-
glio progrediva lento per contrazioni irregolari e poco espul-
sive, per cui alle 10 antim. del 18 venne salassata, avendosi
dilatazione di un pollice della bocca uterina b la testa fetale
impegnata all' apertura superiore in 2.^ posizione dell'occipite ì
ciò nonostante il parto non progrediva ed anzi ver^o le 2. ^/^ pom.
sussistendo le stesse condizioni si ripetè il salasso, ma con poco
giovamento. Verso le 5 pomeridiane com^pare un primo accesso
eclamsico , ed^ essendo allora dilatata quasi completamente la
bocca uterina, si estrae col forceps il aprirne bambino, sperando
si sospendessero gli accessi. Così fu, ma il parto non progre--
diva ed il 2.^ bambino che pur si presentava per 1' occipite ma
in 1.* posizione non avanzava nel canale pelvico, laonde te-
mendo si rinnovasse l' eclamsia per la durata del travaglio
( ore 8. ^/j pom. ) si estrae anche questo col forceps. Il primo
era un maschio, il secondo una femmina, ambedue vivi e bene
sviluppati. Il secondamento fu pronto. Ma un' ora circa dopo
l'operazione comparve un 2.® accesso eclamsico, però breve, ac-
compagnato ad emorragia consecutiva da inerzia, che cedette ai
soliti mezzi. Erano svanite le conseguenze della eclamsia, quando
una febbre puerperale ribelle ad ogni cura la tolse di vita alle
ore 5 ^/i antim. del 23 febbrajo. L' àutossia> rilevò isoliti esiti
della peritonite , nessuna altei^azione ai reni. Si notò iche que-
sta donna, la qualé^ non avea mai avuto albumina nelle urine
296
dafftnta la gravidanza^ sebbene anasareatica, la preientò In so-
praparto e fino al 3.^ giorno di puerperio.
r
!
La seconda psservazione si riferisce ad una epilettica , che
trasferitaci dall' Ospedale Maggiore in travaglio di parto , pre-
sentò dopo essere qui giunta due accèssi di eclamsia bene de-
cisi: presentandosi il bambino colla estremità cefalica !e proci-
denza del cordone ombelicale \ occipite 11* posizione ) si estrasse
col rivolgimento, tuttora vivo. Dopo il parto si rinnovò nn 3.^
accesso , e quin^ . sopraggiunto delirio clamoroso e pericoloso
venne trasferita alla sala deliranti dello Spedale Maggiore il
giorno stesso (13 marzo ) verso le 4 pomeridiano , cinque ore
dopo la operazione ; questa donna era gravida per la 7.^ volta,
non aveva edema e mancava l'albumina nelle orine.
u'
V
t ' •
Più grave ci si offerse la eclamsia nella iscrìtta al K.^ 200,
che primipara edematosa agli arti inferiori , albuminnrica in
alto grado , fu còlta tuttora gravida nel corso del 1? mese da
un primo accesso eclamsico, susseguito in breve corso di tempo
da altri due, sebbene salassata e applicato il ghiaccio al capo.
In seguito si destò^ travaglio di parto, e sia per facilitarlo, sia
per tentare di sospendere gli accessi, si passò alla rottura ar-
tificiale della borsa, ma inutilmente, perchè nello spazio di dieci
ore erano sopravvenuti 17 accessi. Appena la bocca uterina il
permise, si passòr alla estrazione del bambino settimestre col
forcipe. Ma il male non cessò ; altri dieci accessi si mostrarono
dopo il parto, persistendo un continuo coma, ed alle ore 10. ^/|
antim. del 22 maggio, cioè- sei ore dopo lo sgravio, sebbene si
ricorresse a cacciate di sangue, vescicanti, senapismi, ecc., ces-
sava di vivere. La autossia non valse a spiegare la morte
avvenuta per eclamsia : i reni presentaronsi congesti.
L'ultimo caso ci venne offerto dalla iscritta al N.^ 472,
primipara, anasarcatica ed albuminurica. Sopraggiunse il primo
accesso primachè si manifestasse' travaglio di parto, che si di-
chiarò poco dopo : ebbe subito un salasso ed il ghiaccio al capo,
poi sanguisughe, ed ammoniaca internamente: si notarono 17
accessi eclam^ici dalle ore 10 antim. alle 11. ^/| pom. in cui
297
fu possibile estrarre ir bambino coi forcipe : altri due accessi si
mostrarono subito dopo l'operazione. In seguito il puerperio fu
disturbato da ingorgo con edema polmónale e da tiroidite che
minacciava passare a suppurazione, per cui tredici giorni dopo
il parto fu trasferita allo Spedale Maggióre. Le orine cessarono
dallo essere albuminose in 4.*' giornata.
Riepilogando queste quattro osservazioni troviamo che :
1.^ tre erano primipare, edematose, albuminuriche ;
una gravida per la 7.^ volta ma epilettica dall* infanzia,
e quanto sia facile il tramutarsi della epilessia in eclamp-
sia nelle gravide e partorienti non è necessario il dimo-
stri; .
2.® in due Teclarnsia si manifesrfò prima che si di-
chiarasse travaglio di parto, che vi sussegui subito dopo,
in due in sopraparto; ^
3.® in tutte e quattro si ricorse alla terapia antiflo-
gistica^ ai rivellenti, alla liberazione artificiale col forceps
in tre, col rivolgimento in un caso;
4.® in un caso si tentò con vantaggio anche la am-
moniaca, che non valse in altro caso ;
5.® si notò un caso di gravidanza gemellare, e tre di
gravidanza semplice;
6.® gli esiti avuti in queste donne furono la cessa-
zione completa della eclamsia in tre, mentre in una sola
fa causa di morte , in quanto nelle altre sopraggiunse o
la febbre puerperale , che le tolse di vita , o la tiroidite
suppurata, o il delirio che necessitarono il trasporto allo
Spedale Maggiore.
7.® Dei bambini, tre vennero estratti vivi, due morti.
G]ià abbastanza mi dilungai nei miei precedenti|Pro-
spetti clinici e in altro mio lavoro . intorno a questo ar-
gomento^ perchè ora mi voglia ancora arrestare in pro-
posito ; piuttosto parlerò di altre malattie che, proprie della
gràvidahza, presentaroro interesse dal lato ostetrico e ri-
chiesero la nostra assistenza.
'I
298
Emorragia cermco^placentale. Quattro volte fa dato
di osservare questa anormale inserzione della placenta^sal
segmento inferiore delVutero, sempre centrale, e ci venne
offerta dalle ricoverate 97, 188; 205 e 260 ; pluripare, entra-
te tre in sopraparto ed una cinque giorni prima, perchè già
visitata ripetutamente da emorragie ricorrenti od abbon-
danti ; in tre si premise il tamponamento praticato o al
loro domicilio o nell'Ospizio, e si ultimò il parto sempre
artificialmente col rivolgimento appena la bocca uterina
il permetteva; due volte accadde nel corso del settimo mese»
una volta nell'ottavo mese, ed una volta nel nono mese; si
estrassero tre bambini vivi ed uno morto , ma quest' ul-
timo erar mostruoso per idrocefalia, spina bifida ed incom-
pleto sviluppo di alcune parti del corpo. In tutte susse-
gui air estrazione emorragia arrestata colla segale cor-*»
nuta , ghiaccio , ed injezioni acidulaté, ed il puerperio in
una fu regolare, in altra morboso per febbre miliare, ed
in altra per cistite, che già Tavea travagliata anteceden-
temente, é di cui guari, liella quarta per febbre puerperale
che fu letale. In nessuna fu causa diretta di morte la cat-
tiva inserzione della , placenta^ e questo buon risultato de-
vesi ascrivere alla regola sanzionata dalla lunga e feliise
esperienza del Professore Lazzati di passare subito al tam-
ponamento appena la perdita sanguigna dimostra trattarsi
di questo pericoloso accidente , facendovi tener dietro la
estrazione del bambino e lo svuotamento deirutero, quando
destatesi le contrazioni uterine, la bocca della matrice per*»
mette la introduzione della mano per la versione e suc-
cessiva estrazione del bambino. Seguendo questa via si po-
terono ottenere tali risultamenti abbastanza soddis¢i
per le madri e pei bambini.
La osteomalacia, che pure avvenne di riscontrare iti
tre donne, merita che io vi spenda alcun tempo, perchè dua
volte presentò indicazioni ad atti operativi; ne formarono
substrato le inscritte ai numeri 237^ 2S& e 396. Prove-
299'
Bienti queste tre donne da paesi affetti da miseria, sof-
ferenti fin nella alimentazione, due erano pluripare ed una
primipara, il che è ben raro ad avvenire: in tutte e tre'
si notavano, deformazioni nello scheletro e segnatamente
nella pelvi, ma quella che ci offeriva le Maggiori defor-
mità era la iscritta al N. 396.
La ricoverata n.® 237 viziata nel diametro rotto dell' aper-
tura superióre, ridotto a pollici 3.2 =i 0"",086, svegliatosi il parto
spontaneamente nel corso dell* 8.^ mese di gestazione, essendosi
fatto procidente il cordone ombellicale colla presentazione del-
l'occipite 1/ posizione, fu liberata mediante il rivolgimento ed
il puerperio decorse morboso per miliare , cui si associava la
preesistente osteomalacia^ per il che fu in seguito trasferita allo
Spedale Maggiore.
j r
I
Nella ricoverata* N. 282, gravida per la 5.' volta, si provocò
il parto al principio del 9.® mese di gestazione, in quanto la
preesistente viziatura pelvica andava rendendosi sempre mag-
giore col progredire della gravidanza e già all'epoca della pro-
vocazione del parto aveasi il diametro retto dell' apertura su*
periore ridotto a pollici 2. 11 =« 0™,079, diminuiti considere-
volmeiite gli spazii sacro-cotiloidei , e la distanza fra le tu-
berosità ischiatiche. Il parto si compi naturalmente e facil-
mente 15 ore e mezzo dopo la introduzione della siringa ela-
stica eiitro la cavità uterina è la contemporanea rottura della
borsa, contro cui avea urtata la siringa appéna introdotta. Il
puerperio fu regolare , e la donna che prima ' del parto quasi
non poteva règgersi in piedi , otto giorni dopo camminava da
sé per le sale delle puerpere.
Più importante fu il caso presentatoci dalla ricoverata
n.* 396. Questa donna, d'anni 34, aVea avuti tre parti na-
turali facili a termine di gestazione, sebbene qualche dolore
alle ossa del bacino avesse cominciato a soffrire nella 1.* gra-
vidanza , nella quarta risenti maggiorì i dolori alle ossa , se-
gnatamente dèlia pelvi, che andò deformandosi iti modo che',
entrata nel settembre 1862 in questo Ospizio , destatosi spon*
300
taneo il travaglio, fu operata di rivolgimento: ìnr allora già
8i notavano deformazioni nella pelvi , essendo il diametro retto
della apertura superiora ridotto a tre pollici »» Q",081 , con inci- ;
piente depressione nelle pareti cotiloidee. Si sospese in puer/
perio l'osteomalacia, finché di nuovo gravida nel 1865, questa
ricomparve, ma fortunatamente svegliatosi il parto nel corso
del 7.® mese, si compì naturalmente e facilmente ; ben diversa
però doveva decorrere la bisogna nella sua 7/ gravidanza, cioò
l'attuale.
I dolori e la malattia delle ossa, che aveano fatto tregua
durante il tempo in cui non era stata gravida, sebbene ad in-
tervalli si mostrassero metrorragie più o meno abbondanti , si
rinnovarono maggiori in qtiesta gravidanza! e la deformazione
della pelvi non solo, ma di tutto lo scheletro, andò rapidamente
progredendo, in modo che di conseguenza vennero disturbi al-
l' apparato circolatorio e respiratorio, per cui cercò ricovero in
questo Ospizio, dovo giunse in tale stato da far quasi dubitare
ad ogni istante di sua esistenza. Ischeletrita, ^ con dispnea ricor-
rente, tos^e, difficoltà al parlare, voce rauca, impossibilità a qua-
lunque movimento, che le riesciva eziandio causa di atroci do-
lori, i quali si esacerbavano al più piccolo palpamento, vedovasi
talora farsi cianotica o livida in volto, con minaccia di soffoca-
zione.
In questo stato allarmante e perióoloso decorse il breve tem-.
pò che rimase fra noi, ed anzi ogni giorno più andava aggra-
vandosi nelle condizioni generali per l'impedito circolo sangui-
gno, e per le deformazioni della pelvi e dell'ossatura in gene-
raloj che crescevano in questa misera donna, per cui il Profes-
sore si decise di provocarle il parto, sebbene appena nel corso
del sesto mese. Qui l' indicazione proveniva non già dalla vi-
ziatura pelvica , ma sibbene dallo stato generale gravissimo
della donna, che faceva ad ogni istanto temere de' suoi giorni,
e che era inerente allo stato, di gestazione ( osteomalacia che
progrediva rapidamente, impedito circolo da^ pressione del^utero
gravido, dalla deformazione generale dello scheletro, è partieo-
laf mente delle pareti ossee del torace, conseguenza del rammol-
limento delle ossa): permettendolo gli orificii, si praticola pun-
tura delle membrane: ma appena destatesi le contrazioni ute-
301
rine sembrò ancor» più aggravarsi lo stato generale, la dispnea
era continua, talora face vasi vera ortopnea, cianosi ricorrenti e
gravi, ambasi^ia eontinua, perfrigerazioni generali, segnatamente
agli arti, ecc., finalmente 38 ore ^/^ dopo la puntura, della mem-
brane compivasi naturalmente il parto colla nascita di bambino
morto semestr^B, che si era presentato per le natiche 2.* posi-
zione.
Al parto sussegui una breve ed illusoria calma, perchè ri-
presi poco dopo gli stessi fenomeni di impedita circolazione,
cessava di vivere 27 ore dopo lo sgravio. La autossia non ri-
levò nulla di notevole al capo ; la cavità toracica era assai an-
gusta, schiacciata ai Iati, lo sterno prominente in avanti assu*
mova la forma^ della carena di una nave , edemazia e conge-
stione passiva polmonale, mucosità nei bronchi, ipertrofia con-
centrica del cuore , ingorgato di sangne nella sua parte de-
stra.
Ài vèntre nessuna anomalia. Tutto lo scheletro era defor-
mato in modo considerevole: nella colonna vertebrale notavansi
cifosi alla parte superiore della porzione dorsale , scoliosi alia
parte mediana ed inferiore dorsale , lordosi alla regione lom-
bare : la pelvi presentavasi triangolare alla apertura superiore : il
diametro retto superiore utilizzabile era di pollici 1. 7 t=3^0",043 ,
sporgentissimo il promontorio sacrale: lo spazio fra questo e la
parete cotiloidea destra, era' di poliici 1,6 «i 0™,041 e di pol-
lici 1, 4 =» 0"',037 dalla parte sinistra, deforme pure la aper-
tura inferiore.^ £ come prova della fragilità somma delle ossa
stava una frattura a sghembo del femore destro, causata nel
muoverla pel letto, mentre si passava alla rottura spontanea
della borsa.
Questa donna ci ofifrl uno degli esemplari più mira-*
bili delle conseguenze tristi che può portare la osteoma-
lacia per sé stessa colla deformazione pelvi^ca e per le al»
tre conseguenze che, proveniènti dalla medesima malattia
delle ossa, quando si estende a tutto lo scheletro, apporta
agli apparati circolatorio e respiratorio. Qui infatti ab-
biamo avuto le frequenti dispnee^ che aumentavano col
progredire della gestazione, Tutero che tutto fuori della
302
pelvi comprimeva i va9i addominali è pelvici, onde le
edemazie agli arti, la conseguente ipertrofia di cuore, che
in questo caso va considerata quale una necessaria conse-
guenza deirimpedito circolo, perchè il cuore dovendo fare
maggiori sforzi per cacciare il sangue ai polmoni ed a
tutto il corpo, necessariamente doveva aumentare di azione,
donde un maggiore suo sviluppo. Xa edemazia e la conge-
stione passiva dei polmoni ci si mostrano ^ pure quali de-
rivazioni di questo generale stato di irregolare ed insuf-
ficiente circolazione, cui non valse a ristabilire lo svuo-
tamento artificiale dell'utero. Questo caso per noi è una
delle prove più potenti e chiare dei disturbi che la grà^
vidanza può arrecare colla osteomalada giunta ai \suoi
gradi estremi , disturbi che non solo si devono riferire
alla alterazione delle ossa pelviche, ma sibbene alle con-
seguenze che ne ponno derivare ali* intero organismo , e
per questo abbiamo creduto bene il soffermarci più di
quanto forse avevamo prestabilito sul principio. General-
mente la osteomalacia viene studiata solo dal lato essen-
zialmente ostetrico : la pelvi colle deformità che ne conse-
guitano, ecco quanto troviamo nei libri di ostetricia, ma
poco 0 nulla vi si dice delle conseguenze che ne derivano
all'intero organismo, e se noi studiamo un certo numero
di donne osteomalaciche, vediamo che quanto più la ma-
lattia progredisce, altrettanto vanno di pari passo cre-
scendo i disturbi generali, e dà questi e non dalle sole
alterazioni del bacino deve l' bstetricante trarre indica-
zioni ad atti operativi. Quanto forse non può essere
giustificato dalla viziatura pelvica , . molte volte lo di-
venta dalle condizioni generali dipendenti dalla stessa
gravidanza, e se noi trascorriamo i Prospetti clinici de-
gli anni precedenti, vediamo come alla osteomalacia altre
volte $i combinarono disturbi agli apparati circolatorii e
respiratorii apportati dalla gravidanza stessa, per cui si
passò a provocazioni di parto, ad atti operativi diversi..
303
E poiché il diie(Hrso gì condusse a parlare delle alte-
razioni di circcrfo e di respiro , che la gravidanza in-
duce nelle donne, oredo conveniente il far notare , come
raramente si presentino presso di noi quelle gravi alte-
razioni, che sono un vero portato di questo stato, e tali
da mettere a pericolo la ' vita delle nostre ricoverate.
Fra noi generalmente ricorrono donne sane , robuste ,
nel fior degli anni e della salute, e per conseguenza tro-
viamo annotate poche affezioni che sieno realmente ri-
petibili dalla gravidanza (edemi, anassarca, ecc»). Questi
disturbi nei pochi casi avuti cessarono tutti col cessare
della gravidanza e nei primi giorni del puerperio, ed anche
la albuminuria prontamente svaniva collo svuotarsi del-
r utero, come già ebbi occasione di far notare più detta-
gliatamente, negli scorsi anni.
Un vofnito infrenàbile si mostrò nella ricoverata
N. 485:
Secondipara, d'anni 27, entrava nell* Ospizio il giorno 10 di-
cembre 1866; di aspetto delicato e gracile^ raccontava come
Fattuale gravidanza, incominciata nell'aprile, avesse sempre pas-
sato con disturbi di stomaco e segnatamente con vomito quasi
infrenabile , per cui già a cask sua avea subito diversi tratta-
menti ( sanguisughe , revellenti , rimedii interni , ecc. ) senza
averne giammai ritratto deciso vantaggio; per qualche giorno il
vomito sembrava cessato^ quindi riprendeva coii maggiore forza,
e nel frattempo si notavano in lei un progressivo smagrimento ed^
un indebolirsi di tutta quanta la persona, per cui ài era decisa
di riparare in questa cllnica. Prima dello stato di gravidanza
non avea mai sofferto di vomito, e la salute, sebbene non flo-
ridissima , pure le avea permesso di attendere alle occupazioni
sue di servente. * f
Come ho già detto, al suo ingresso mostra vasi deperita sen-
sibilmente , occbio languido ed incavato , volto pallido ' e soÉFe-
rente, polsi sempre bassi, talora frequenti e febbricitanti, dolori
quasi continui all' epigastrio, linguA sudicia, malinconia conti-
nua, vomito ricorrente. 'Si tentiirono nell'Ospìzio il magistero di
304
bismuto, il bicarbonato dì soda, gli oppiati, i nervini, i re-
vellenti, la dieta svariata, tutto inutilmente: il vomito facea
qualche breve tregua, poi rìcomparìva forse maggiore, certo di
maggiore aiione sulla gestante, .anzi verso la fine di dicembre
si fece esso tanto grave, da mettere in gran pericolo la vita della
ricoverata, che per soprappiù era anche affetta da forme sifiliti-
che al pudendo, per cui si usò qualche rimedio locale; la tabe-
scenza aumentava. Per tutto ciò il Professore, pensando che
forse cosi abbandonata a sé la gravidanza, la donna non avreb-
be assai probabilmente potuto sopravvivere, e con essa avrebbe
corso un pericolo sicuro anche il bambino, decise di provocare
artificialmente le doglie del parto. Infatti dopo due giorni di
un vomito ostinatissimo, che si ripeteva a brevissimi intervalli
e con sempre crescente forza, sicché non una goccia di acqua
veniva tollerata da questa povera donna ^ il Professore si de-
cise di passare alla provocazione del parto, qualora continuasse
ancora per qualche giorno , come diffatti avvenne , e sebbene
passasse alla puntura delle membrane il 1.® gannajo 1867, pure
lo accenno qui in quanto i fatti principali riferibili a questa
gestante* si svolsero nel 1866. Otto ore dopo praticata la pun-
tura, si effettuava naturalmente e facilmente il parto, essendosi
il bambino presentato per 1* occipite 1/ posizione: il neonato
era sano, non molto sviluppato, di circa mesi otto e mezzo, di
sesso mascolino, e pesava grammi 2600. In puerperio cessò £1
vomito, ma vi fu febbre miliare con delirio, per cui in 15.* gior-
nata venne trasferita allo Spedale Maggiore*
Dei PartL
il numero totale dei parti avvenuti nel 1866 fu tii 478,
di cui 424 si osservarono in donne, che da un certo tempo
più 0 meno lungo dimoravano nelV Ospizio, e 54 in donne
entrate in travaglio di parto. Quindi ne risulta che nel com-
plesso si ebbe un numero di parti molto inferiore che ne-
gli scorsi anni 1863 (n.« 507), 1864 (n.« 554) e 1865
{n.^ 535).
Divisi i parti a seconda dei mesi in cui avvennero
avremmo:
Totale. N. 478.
305
Gennajo . . .
N.
37.
Laglio . .
. N.
32.
Pèbbrajo . . ^.
»
35. .
Agosto . .
»
37.
Marzo. . . «
•
55.
Settembre -.
»-
47.
Aprile. ...
»
42.
Ottobre . .
.»
45.
Maggio . . •
45. ^
Novembre .
»
26.
Giugno . . .
»
42.
Dicembre .
»
35.
Dove troviamo il /nassimo dei parti avvenuto nel marzo
come nel 1863 e colla, stessa cifra di 55, a differenza di
quanto occorse nel 1864 e 1865, ma crediamo ciò eÌBfetto
piuttosto del caso, che di circostanze speciali, né ci ap-
poggiamo à ciò per potérne trarrò conseguenze statistiche,
né rintracciamo la vera causa, per dire quali sieno i mesi
più fecondi delVanno. Coinè fatto costante troviamo però
che i primi sei mesi delVanno ci diedero sempre un nu-
mero maggiore di parti che gli ultimi sei: infatti nel 1.®
semestre del 1863 si ebbero parti 265, nel 3.® semestre
parti 242; nel 1.® semestre 1864 parti 294 , nel 2.* se-
mestre 260; nel 1.® semestre 1865 parti 276, nel 2.® se-
mestre 259; nel 1.® semestre 1866 parti 256, nel 2.® se-
mestre parti 222. Per il che si potrebbe moverci la do-
manda , àe tale fatto provenga dall* epoca della feconda-
zione delle donne , se , cioò , corrisponda ad un maggior
numero di concepimenti ^nei mesi di aprile, maggio, giu-
gno, luglio, agosto e settembre, o debbasi piuttosto at-
tribuire al maggior numero di donne , che entrano nel-
l'Ospizio per isgravarsi, semplicemente per la ragione che
vi ha più miseria, o mancanza di lavoro al difuorì.
Infatti queste cifre, non conoordei'ebbero perfettamente
con quanto si osserva comunemente nel nostro paese. Se
noi consultiamo V ultimo lavoro : « Statistica del Regno
d' Italia. Movimento dello stato civile nell' anno 1864 »,
pubblicato per cura del Ministero di agricoltura e com*-
Annali. Voi. CCL 20
306
mercio, troviamo che le nascite ridscirono più numerose
in genaajo, cui tennero dietro il febbrajo ed il marzo,
mentre il giugno fu il mese più sterile, il che trove-
rebbe la sua spiegazione rimontando air epoca dei con-
cepimenti, che sarebbero avvenuti nell* aprile, maggio
e giugno, i quali sono i corrispondenti al gennajo, feb«
brajo e marzo. In quei me$i, come giustamente osserva
il citato libro, le forze produttive della natura sono nel
massimo^ rigoglio, mentre al giugno corrisponderebbe per
la minima dei concepimenti il settembre, il quale come è
il mese d^l massimo esaurimento di ogni attività vegetale,
cosi tale si mostra in riguardo al mondo animale. E que-
sto avvenne anche in Francia, e si osservò pure negli anni
addietro in . Firenze, consultando i registri battesimali dal
decimoquinto secolo ii^fino a noi, dove si trov^ che i mesi
più fecondi f aprono l'aprile, il maggio, il giugno, più ste-
rili il settembre e l'ottobre. Abbisogna quindi che circo-
stanze speciali , tra le quali ripongo la fredda stagione ,
la mancanza di alimentazione ed altre che non occorre
accennare; faccìalno sgravare più donne nel nostro Ospizio
nel primo semestre dell'anno anziché nel secondo.
Riguardo al numero di gravidanze offerte dalle no-
stre ricoverate, la cifra maggiore venne rappresentata
dalle primipare , cui susseguirono le gravide per la se-
conda volta; una sola donna si mostrò gravida per la
13.^ vòlta. L' età delle nostre ricoverate oscillò fra i
16 e di 43 anni. Bastino questi brevi cenni in luogo delle
lunghe e dettagliate tavole presentate negli scorsi anni,
in quanto ess,eudo le risultanze complessive pressoché
eguali, mi credo autorizato ad^ ometterle , ed a porgere
all'incontro ai lettori una idea sommaria di quanto av-
venne, di più interessante.
Considerando i parti secondo l'opera di gestazione, il
modo di effettuazione^ il numero dei feti, avremmo :
307
abortivi ... n.' ^1
Epoca in eui avvennero prematuri ...» 591478
< maturi .... » 4111
00 I
G /Modo di effettua-
"•'-"«is» : : • . "•: *!:} «'
9mt
u
478
^ zione. \ ^^^ /manuali • • » ^8l ,.
^ I i naturali (istromentali. » 231
Numero dei feti .\ . ^^"'P'^^J. • • : U*^^ol478
I composti (bigemmah) » 12 (
Da cui risulta, confrontando questi risiiltamenti con
quelli notati neil 1865, un maggior numero di parti abor-
tivi e gemelli ^ un minoì* numero di prematuri e di na-
turali difficili, un' eguale cifra di parti non! naturali.
Riguardo poi alle presentazioni e posizióni, si ottiene
il s^uente prospetto, che poco diversifica dai precedenti
riguardo alle proporzioni.
Od
o
Q ... (1.* posizione (cervioo-iliacajBinistra) n.
p .... J2 • posizione (ceryico-iliacai^ destra) i
N t* hft M * P^""®**® (sacro-iliaca $inÌ8tra)
* * * ' ) 2.* posizione (sacro-iliaca destra) .
o
N
O
M
O
b
04
Spalla
. . . 11.* posizione (òefaio-ili
smittra i^ * *^ • • ) ri m-
(2. posizione (cefalo-ili
al l i ' i 11. posizione (cefalo-iliaca sinistra)
iliaca idestra ) .
. . Ai'.* posizione (cefalo-iliaca isinistra)
^ '2.* posizione (cefalo-iliaca destra) .
P . |1.* posizione (frouto-iliaca isinistra)
^^^^ ri.* posizione (frohto-iliaca destra) .
325
126
i8
li
1
3
3
Giusta la pratica seguita negli scorsi anni, faremo ora
susseguire la tavola dimostrante le ore di travaglio im-
piegate dalle donne che si sgravarono naturalmente du-
rante il 1866; distinte le primipare dalle pluHpare, vi sono
comprese, come per l-addietro, solo quelle che ebbero parti
naturali, sieno dessi stati facili o difficili, escludendosi tutti
i parti non naturali manuali od istromentali, in quanto
r andaiàento di essi non sembra tale t pei^ cui potessero
essere compresi in questa tavola.
308
Primipare
.1
I
I
Pluripare
Ore
Numero
Ora
\ *
Numero
delle donne
delle donne
di travaglio
che partorirono
di travaglio
che partorirono
1
4
' - -r
1
1
2
1
2
14
3
5
3
16
4
17
4
24
5
24
5
25
6
18
6
19
7
28
1
7
23
8
34
8
9
, 9
24
9
8
10
20
10
15
li
16
11
6
12
15
12
6
. 13
12
13
8
14
16
14
5
15
6
15
2
16
3
16
3
17
6
17
18
3
18
id
2
19
20
—
24
21
3
26
22
1
28
1'
23
1
29
24
1
36
25
i
37
1 ■
26
2
44
27
•i-
28
1
>■
20
1
•
30
1 .
1
32
2
' 58
1
•
\
309
Dei patii abortivi e prematuri. — Come si vide^ 8
furono i parti abortivi e 59 i prematuri , e si effettuai^
roDo una volta nel 4.o mese , un'altra volta nel 5.^ sei
nel 6.®, quindici nel 7.®, e quarantaquattro nelFottavo. Pre-
messo che diciotto parti (uno abortivo e diciassette nel-
l'ottavo mese) vennero provocati ad arte (vedi l'apposito
paragrafo), ne risultano 49 pei quali è importante ricer--
care la causa dello spontaneo destarsi innanzi tempo delle
doglie del parto. Per dieci fu impossibile rintracciare la
causa ocsitocica, sebbene da un certo lasso di tempo di-
moranti neir Ospizio ; altre sette entrarono nella Clinica
già in .travaglio di parto é per esse pure la anamnesi fu
imperfetta o affatto nulla. Fra le altre troviamo che otto
erano sifilitiche, due èrano state affette in gravidanza da
congestione cerebrale, che richièse Baiassi ed altri rime-
dii interni , in cinque vi era gravidanza gemellare, una
era ammalata di bronchite, una di cloro-anemia, una di
anassarca accompagnante la gravidanza composta, tre con
emorragia cervico-placentale, due di eclan^sia, una di tu-
bercolósi in terzo stadio, una di dìarrea,^ una di osteoma-
lacia, una di sifilide con gravidanza gemelU^ un'altra di
sifilide con diarrea, una di diarrea con anassarca, una di
pellagra , e due ammalarono in gravidanza di vajuolo. La
placenta, traniie nei casi di anormale inserzione già in-
^dicati, non si mostrò causa di parto abortivo o prema-
turo con sue speciali alterazioni patologiche^
In questi 67 parti si ebbero 74 presentazioni, in quanto,
come si è visto, vi furono 7 gravidanze gemelle, e si
trovò presentato l' occipite in una prima o seconda posi-
zione 54 volte, le natiche 1 7 volte, e la spalla tre volte,
per cui confrontando queste cifre coiì quelle dei parti
a termine, nelle quali si ottenne 397 volte l'occipite,
12 volte le natiche, una volta la spalla, e 6 volte la
faccia, avressimo nei parti abortivi o prematuri, che
giammai si presentò la faccia, e che le presentazioni
810
delle Daticher e della spalla si incontrarono in una pro-
porzione maggiore che nei parti va termine. Infatti pei
parti innanzi tempo la proporzione della presentazione
delle natiche sarebbe^ 17 sa, 7.4, o del 22,9. per 100,
ossia di 1 sU 2,3, e della spalla di 3 su 75 o di 4,0&
per 100, 0 di 1 su .24^4, mentre pei parti a termine si
avrebbe per le natiche la proporzione di 12 su 416, o 2,8
per 100, osi^a l su 39,5^ e per la spalla di 1 su 416,
ossia 0,2 per 100. Le quali proporzioni quasi identiche
coi risultamenti ottenuti^ negli anni precedenti, ci dimo-*
strano indubbiamente una maggiore frequenza della pre-
sentazione delle natiche e della spalla nei parti abortivi
o prematuri, in oonfironto a quella dell' occipite, mentre
8ucc(»de il contrario nei parti a termine.
Parti gemelli. — ^ Dodici furono i parti gemelli , ci-
fra che dimostra la frequenza di questa gravidanza comp(K
sta, avendoci fornito più del due per cento, il che supera
le proporzioni ammesse dagli autori.
Seguendo poi la regola adottata negli anni precedenti,
ho racchiiKKi entro un quadro mottico quanto può iute-*
ressare in questi dodici parti gemelli.
311
a>
M
s
Età
Cd
U '-*
« >
—
a g
^ W)
Anni
*">4
«
•o
Epoca
di
gravidanza
Genere e specie
di parto
Modo
di
elTettuazione
del
parto
Tempo
trascorso
tra la
nascita
del
l.«e2.®
bambinp
Neonato
Sesso
o ;-i
> o
^ a
22
1.»
35
9.*
26
2.»
37
10.»
22
1/
16
\*
36
3.»
23
2."
35
\?
34
1.*
28
1.»
30
4.*
a termine
!
OccÌ4pite 2/ posiz.
Occipite i." posiz.
. . • f Natiche 2.* .posiz.
a termine J q^^.^j^^ ^ . ^^^j^
-, . I Occipite 2.* pòsiz. r
a termine ,j ^^^^4^ ^ , J^^^
< Occipite 1.* posiz.
ottimestre J j^^^.^^^ g^, J^^.^
. . c Occipite 2.* posiz.
a termine } Natiche i.« J0SÌ2.
» •
... . f Natiche i.^ posiz.
settimestre f xr„.. , * a •..
I Natiche 1. posiz.
... . ( Occipite 2.* posiz.
ottimestre < ^ .*^.. ^ a •
i Occipite 1.*^ posiz.
xi.' * N Natiche 2.* posiz.
ottiinestre < t^^.. ^^ >• a •
/ Natiche 1.* posiz.
... . 1 Natiche 1.* posiz.
settimestre l ^ ... ^ a
I Occipite 1. posiz.
ottimestre I S^^Pif" ?•; '°«!^-
f Natiche 1." posiz.
. . I Occipite 2.*
a termine | ^J^^^^ ^ .
ii- ^ f Natiche i.* pi
settimestre \ g^^,,^ ^j„ 2.*
poéiz.
posiz.
posiz.
* pos.
Forcipe
Forcipe
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
, ^ <
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Forcipe
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Estrazione
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Naturai facile
Rivolgimento
Ore 2 %
Mezz'ora
Un quar-
to, d'ora
Un quar-
to d*ora
Un quar-
to d'ora
Mezz'ora
Mezz'ora
.j
Un quar-
to d'ora
Mezz'ora
Un quat-
to d'ora
Ore tre
Un quar-
to d'ora
Masch.
Femm.
Femm.
Femm.
Masch.
Femm.
Femm.
Femm.
Masch
Femm.
Femm.
Femm.
Femm.
Femm.
Masch.
Masch.
Femm.
Masch.
Femm.
Femm.
Femm.
Masch.
Masch.
Femm.
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
Vivo
312
Le due applicazioni di forcipe nella ricoverata N.^ 491
del 1865 vennero praticate per eclamsia , essendo la te-
sta nella prima applicazione appena impegnata alla aper-
tura superiore e nella seconda applicazione discesa alla
inferiore^ Nella ricoverata 157 si ricorse al forcipe per
languidezza di contrazioni, essendo la testa del primo bam-
bino tuttora libera alla apertura superiore. L'estrazione
nella ricoverata N.® 255 venne fatta per minacciata vita
del feto. II. rivolgimento nella ricoverata N.* 391 trovò
la sua indicazione nella presentazione del bambino^
In un caso di presentazione delle natiche 1.^ posizione
( 391 ) si ebbe procidenza del cordone ombelicale , ina
compitosi il parto prontamente, il bambino nacque fortu-
natamente vivo.
Delle viziature pelviche. --^ Nei Prospetti clinici per
gli anni 1864 e . 1865 a questo paragrafo io presentai
una tavola, nella quale erano indicate singolarmente le
misure di tutte le pelvi , che p^ rachitide o per osteo-
malacia mostiravansi deficienti nei diametri più impor-
tanti a conoscersi alla apertura superiore, indicava il modo
con cui si era efiettuato il parto, r epoca di gravidanza
in cui questo si era colpito. Tali tabelle, se da una parte
riescivano interessanti per le numerose risultanze prati-
che che se ne aveano , d' altra parte però peccavano di
un difetto, quello cioè di non riéscire abbastanza chiare,
segnatamepte se noi le volevamo studiare dal lato del
parto, 0 deir epoca in cui questo era avvenuto. Per
conseguenza ho pensato quest' anno di battere una nuova
strada più spedita e più breve : vale a dire dividere le
viziature pelviche per deficienza di diametri in t^e se-
zioni principali, cioè di primo, secondo e terzo grado, te-
nendo la regola comunemente seguita^ facendovi susse-
guire alcune osservazioni sulle altre viziature o deforma-
zioni, del bacino.
Fra le 478 donne sgravatesi durante V anno 1866 si
313
osservarotio 47. volte vissiatard pelviche di primo grado ^
in cui cioò il diametro retto della apertura superiore ,mi-
surava tra i pollici 3,3 — O"*,088 e i pollici 2*9 = 0"»,074.
Tra queste ebbimo:
pollici 3.3 = 0»,088 — n.<> 4 volte,
pollici 3.2 = 0»,086 — » 12 volte,
pollici 3.1 =: 0»,083 — » 2 volte,
pollici 3. = 0",08l — » 7 volte, .
pollici 2.11 = 0»,079 — » 8 volte,
pollici 2.10 = 0« 076 — » 4 volte,
pollici 2.9 === 0» 074 — » 10 volte. ,
Questa misura si era sempre ottenuta col dito, mediante
il riscontro vaginale, non lasciando per altro di usa^e in
ogni caso anche la pelvimetria esterna col compasso del
Baudeloque, che ci serviva per darci il diametro retto
superiore esterno ed i due obliqui. Riguardo al diametro
retto esterno , corrispondevano quasi sempre le itìisure
esterne con quelle ottenute . internamente col dito^ men-
tre per gli obliqui esterni si > ebbe una oscillazione fra i
pollici 9 = 0»,243 ed i pollici 7 = 0^,312 e la diffe-
renza fra r uno e V altro obliquo esterno appartenente
allo stesso bacino non superò mai le linee 6 = 0™,0I3.
Però in qualche caso di. bacino , che pei diametri della
apertura superiore apparterrebbe ^lle viziature di 1.^ grado^
si osservò una viziatura di 2.^ grado alla apertura infe-
riore , segnatamente nel diametro biischiatico , come av-
venne nella iscritta al N.^ 312, nella quale il diametro
retto superiore era di pollici 2.9 = 0",074 , mentre il
biischiatico misurava pollici 2.3 =: 0°^^061. Nelle donne
appartenenti a queste serie, diversamente si effettuò il
parto, essendo stato in alcune naturai facile, in altre stro-
mentale, in altre provocato ad arte nel corso dell' 8.® o
al principio del nono mese.
Le viziature di 2.® grado, cioò ì casi in cui il dia-
metro retto superiore si estendeva fra i pollici 2.8 = 0'',072
S14
e i pollici 2.3 = 0",061 si osservarono sei Tolte , ossia
il diametro retto superiore presentava pollici 2.8 = 0",072
in cinque casi, pollici 2.3 =: 0^061 in un caso, mentre
il diametro biischiatico in un caso misurava pollici 2.10
= 0",076, in altro pollici 2.8 =: 0^072, in uno pòllici
2.7 = 0»070, in uno pollici 2.6 = 0«,068, es*
sondo superiore ai tre pollici = 0«,081 negli altri - due
casi. In questi sei casi il parto fu o istromentale^ o pro-
vocato. '
Le viziature pelviche di 3.** grado ci si presentarono
due sole volte e fornirono indicazioni e gastro^ìsteroto-
mia essendo U feto vivo , e quindi ne discorreremo aU
trove. . . '
Le cause principali, anzi uniche, ohe deformarono la
pelvi nelle nostre ricoverate , furono la osteomalacia in
tre donne , la raòhitide nelle altre. Delle ire donne de^
formate per osteomalacia già ebbimo occasiqne di parlare
a proposito di questa malattia. Dicemmo allora, come si
sia effettuato il parto, descrivemmo le deformazioni più
importanti avvenute , ricordando anche qualche cosa di
anamnestico, sicché per ora mi limito a parlare delle ah
tre deformate dalla rachitide. Taluno ci potrà doman-
dare se tutte realmente (Queste donne viziate lo erano per
rachitide, se non vi erano state altre cause di deforma-^,
zione. Ma la anamnesi, l! esame delle donne , la diagnosi
differenziale, il genere di deformazione pelvica ci porta-
rono alla conclusione che erano state cosi maltrattate
per rachitide. Tutte o quasi tutte ricordavano di avere
ritardato a camminare sin dopo il 3.®, 4.®, 5.^ o 6.*^ anno
di vita; di avere superato nella in&nzia una grave ma--
lattia, che , le rese inferme per mesi ed anni ; che già ìn-f
cominciavano a camminare da sole, quando sopraggiunse
loro quella malattia, che comunemente chiamano col nome
di fèbbre acuta ^ la quale malattia le rese inferme; che
dovettero per lunga pezza girare carponi , o appoggiate
315
alle natiche e perfino osare di gruccie ; ebe già diritte ,
videro incurvarsi i lóro arti inferiori , inf olpandone per
la massima parte le nutrici, e non risovvenendo^i^ come
accadde in varii casi, che anche il fratello, o le sorelle, o il
padre erano rachitici, o chte vivevano in siti umidì, male
aereati, mancando ben di sovente anche della necessaria
alimentazione, o quanto , meno essendo questa insufficiente
e poco nutriente. Oltre il bacino presentavano queste donne
deformazioni negli arti inferiori contorti in vario senso ,
oppure ingrossamento dei capi articolari delle ossa lunghe
(cubiti, ginocchia, articolazioni delle mani e dei piedi )i
ovvero il viso specifico di rachitico colla mascella infe*
riore prominente, denti cariati , apofisi zigomatiche prò-
annoiate, torsioni e gi^bbosità alla colonna vertebrale,
sterno carenato , ecc. Il genere di deformazione della
pelvi , specialmente nel senso antere-posteriore , con de-
pressioni in taluni casi delle pareti cotiloidee o diminu-
zione nel diametro trasverso della apertura inferiore ,
ricordava talune volte le deformità indotte dalla osteo^
malacia, mentre ci mancavano tutti quei dati che avreb-
bero valso a farci ritenere tali deformazioni provenienti
da un'altra causa congenita, o accidentale (fratture»
lussazioni ). • In niun caso ci fu. possibile riscontrare o
sospettare almeno la pelvi obliquo-ovalare di Naegele;
non mai produzioni delle ossa ci apportarono impedimenti
alla efiettuazione del parto (esostosi, tumori osteo-car-
tilagineì, balli deformi,' ecc. ).
Ho detto che specialmente ci fu dato rilevare le al-
terazioni del bacino delle rachitiche nel senso antero-
posteriore della apertura superiore. Questo è quanto co-
munemente si osserva e ci dicono gli ostetrici, ma se
tale deformazione o deficienzia di misura nel senso an-
tero^posteriore ò la prima ad essere rilevata^, pure ben
di sovente ci imbattemmo in pelvi, nelle quali la deforr
mazione generale o parziale ad una delle due aperture
SI6
di ingresso o di sortito rendeva la pelvi più. ristretta
di quanto a pVima vista si poteva ritenere. Le depres-
sioni delle pareti cotiloidee generalmente d* ambo i lati ,
talora più da una parte che dall'altra^ apportano ne-
cessariamente una diminuzione nello spazio sacro-*coti-
loideo; se la depressiojie è grande, questo spazio va sem-
pre più scemando , finché ridotto a poco , cioè scemato
sino ad un certo punto , fa si che tutto lo spazio com-
preso lateralmente al di là. delia linea sacro-cotiloidèa
è perduto e quindi ne consegue una diminuzione no-
tevole nella capaòità del bacino , che resta maggior-
mente viziato. ' In allora la* circonferenza del bacino al-
l'apertura superiore non deve più essere misurata se-
guendo la linea di incoronamento , spia bensì calcolando
solamente lo spazio che resta compreso da una linea che
partendo dalla parete posteriore della sinfisi pubica si
porta alla parete cotiloidea di un lato, donde va diretta-
mente al punto più vicino del promontorio sacrale , per
quindi ritornare nello stesso modo alla sinfisi pubica pas-
sando dietro la paréte cotiloidea opposta , e non girando
tutto intorno alla linea di incoronapaento. Arrogi che nei
cas^i di depressione delle pareti cotiloidee, il pube viene spin-
to all'avanti, ravvicinandosi tra loro le branche orizzontali
dei pubi , i punti di congiunzione delle branche ischio-
pubiche, le pareti cotiloidee, donde provengono una ri-
strettezza della arcata pubica^ una perdita dL spazio nel
diametro antero-posteriore , in quanto se le pareti coti-
loidee si avvicinano ed il pube viene spinto air avanti ,
ne deriva che anche lo spazio tra la parete posteriore
della sinfisi pubica e le pareti cotiloidee ò quasi tutto
perduto o nullo per V atto del parto, e^ da difalcarsi dalle
misure già prese col dito ó collo stromento del Baude-
loque; Mentre vi hanno altri casi , nei quali la misura
che noi prendiamo internamente col dito, segna la reale
distanza che intercede tra il promontorio del sacro e la
\
317
pai^ete posteriore della sinfisi pubica, cioè il vero diàme-
tro antero*posteriore della apertura superiore, e per cui
non bisogna fare la deduzione delle sei linee comune-*
mente ammesse per avere la conjugata vera intema dalla
misura ottenuta col dito. In questi casi , in cui il dito
va a toccare il promontorio iii direzione orizzontale non
ascendente , perchè il promontorio trovasi allo stefiso li-
vello della parte inferiore della - sinfisi pubica , se pur
qualche volta non le è più basso, il difetto è causato da
quella speciale alterazione conosciuta sotto il nome dì spon-
dilolistesi, che venne illustrata da Eilian, Eiwisch, Bar-
nes ed altri, e che è indotta da una lussazione sponta-
nea delle ossa del bacino, specialmente di quelle che for-
mano r articolazione sacro- vertebrale , ma che può però
in taluni casi andare congiunta alle viziature per rachi-
tide, come ce ne fornirono parecchi esemplari le donne
ricoverate nell* Ospizio, e come lo dimostrano talune
delle pèlvi conservate < in questo gabinetto anatomo-pa-
tologico. A far rilevare questa viziatura pelvica al' pri-
mo presentarsi della donna , gioverà un esame esterno ,
r uso del pelvimetro di Baudeloque,' il quale come serve
a darci i diametri esterni, cosi ne segna la inclinazione
pelvica, mancante in questi casi, poi la direzione che do-
vremo dare al dito internamente per toccare il promon-
torio. Da tutto resposto conseguita che nelle indica-
zioni alle operazioni da intraprendersi, si ebbe di mira
non solamente quanto ci poteva essere fornito dalla pel-
vimetria esterna ed interna del diametro retto e dei due
obliqui, poi del biiscbiàtico e del pube-cocci geo , ma si
osservò pure la forma generale del bacino, la depressione
ò meno delle pareti cotiloidee , la simmetria delle aper-
ture e della escavazione, la sporgenza del promontorio e
in quale direzione, la direzione delle branche ischio-pu-
biche, orizzontali e discendenti del pube, la risultante
ampiezza dell' arcata, che ristretta laddove si trovano i
318
pùnti di congiunzione dell* isehio col pube/, può impedire
al dito, che deve seririre di perimetro interno, di spin^
gersi col suo bordo radiale sino al dissotto della sinfisi
pubica, ma lo arresta al punto ristretto della arcata pu-
bica, per cui la. risultante misura non segna realtnente
ia distanza tra il promontorio e la parte inferiore della
sinfisi pubica, ma sibbene tra il promontorio e il sito di
restringimento dell' arcata pubica. E questo deve èssere
<3alcoIato tanto net fissare la misura del diametro antere^
posteriore, cotne nello stabilire Tatto operativo, o nel far
diagnosi di parto, avendosi altrimenti una misura , che
non è la vera, e potendo questa deformazione apportare
ostacolo alla efiettuazione del parto. Le viziature del-
Tarcata, della apertura inferiore, le assìmmetrie pelviche,
forse non vennero per anco studiate , come • si conviene.
Molti atti operatorii non riesciti, molti giudizìi su' stro-
menti che fallirono alla prova pratici;, molte ingegnose
proposte caddero, perchè non sì studiò quanto era ne-
cessario questo argomento saliente nell'arte di assistere
i parti; Quante volte un minuto esame del bacino sa
spiegare un manpato moto S\ rotazione (depressione di
una branca ischio-pubica, ristrettezze dell'arcata pubica),
una sortita tli parte presentata in direzione obliqua an-
ziché diretta, un arresto nel progresso della parte (Pre-
sentata alla apertura superiore, nella escavazione, od alla
apertura inferiore, e sa proporre 1' una anziché l'altra
risorsa operatoria, o ci invita ad operare, sebbene a pri-
mo aspetto tutto sembrerebbe fatto per il parto naturale
più facile e pronto ! Anche la diversa direzione e forma
del sacro o del coccige , la sporgenza di una delle false
vertebre sacrali, o dei loro punti di congiunzione, o una
sporgenza della punta del sacro, laddave questo si unisce
al coccige, bastarono più di una volta ad arrestare iTn
parto e a farci ricorrere ad atti operatorii, sebbene la
pelvi sembrasse bene conformata e fosse di giuste misure^
319
talvolta anche ampia. Nei miei Prospetti clinici prece-
denti e in questo se ne trovano esempii, cui accenne rò ,
se occorre, più avanti.
. Tra le difficoltà alla effettuazione del parto o per Io
meno fra le cause posisibili di travaglio irregolare, o ritar-
dato, o di conseguenza dannosa nel puerperio^ sono pure
annotate dagli autori le ampiezze della pelvi. Pochissimi
furono i casi di ampiezza pelvica occorsi quest* anno , e
io questi non si ebbe mai una misura che superasse il
pollice, vuoi nel diametro retto superiore, vuoi negli obli-
qui, o ci si presentarono causa di distocia.
Discordo cosi succintamente delle viziature pelviche,
delle cause che le hanno ' prodotte nelle . nostre donne
(rachitide ed osteomalaci.a), nonché dei riguardi e delle
regole a seguirsi in questi casi , avrei a dire delle ope-
razioni che si intrapresero nell* annata per queste cause
e dei loro risultati. Ma di alcune .già parlammo , delle
altre ci verrà occasione di dire a proposito dei varii atti
operativi messi in attività, e che corrisposero sempre alle
idee^ che si erano prestabilite. Quindi tronco questo ar-
gomento per passare a quello che riguarda il cordone
ombellicale, nei casi in cui si fa precidente.
Della procidenza del cordone ombellicale. — Già
negli anni 1864 e 1865 io faceva rimarcare la frequenza
della procidenza del cordone ombellicale, avendosene avuti
12 casi su 554 parti nel 1864, e 9 casi su 535 parti nel
1865, e tale proporzione superava già di molto le tavole
proporzionali che ci danno gli autori. Quest' anno la
proporzione fu ancora maggiore , essendo stata di 18 su
478, ossìa di 1 su 26,5: tra queste 18 donne tre sole
entrarono in travaglio di parto, le altre dimoravano da
un maggior o minor tempo nell' Ospizio. Di conseguenza
calcolato da una parte il numero di tutte le donne che
si sgravarono nell' Ospizio , comprese le entrate in tra-
vaglio di parto , e dall' altra il numero delle proci-
WìpmfMì^^ paossi ammettere la
A )$M 478, 0 di 1 su 26,5
imU^^p^f^ come si era praticato in
|M»fintiWt fra le dimoranti nello
in aofraparto.
^fcolifalit procidente si presentò undici
dall'occipite in !.• posizione,
0cospitB in 2.* posizione, tre volte colle
. Si tentarono sei riduzioni colla
ootta «rìnga, giusta il metodo di Du-
T <!aBì JBtno due non riuscirono, per
r- TìMiTere poco dopò al rivolgi-
OL taibino vivo. Nel caso in cui
.^n'tm . i bambino nacque morto , co-
li "«dia ì due in cui si us^ la si--
jtt. «a riéscita la riduzione colla
^ 1^ # «tenne entrate in sopraparto il
'^ «^M&Mle all'atto del loro ingresso,
,:v* 'lyiiàafeo in cui alla procidenza del
cessazione der battiti delle sue
. ♦ » -j
•-» *
. s
^.*xì<tói* ^ Abero sette parti naturali facili
. . X, • r^ librazioni òon altrettanti bambini
. , 4^:ittÉM<ì con tre bambini vìvi, due cra-
^ , x^;*4v>W4» (1) , donde viene la conferma
. N,s.^\^ /4IMI0 scorso, che, cioè, la pronta
i ovi^ .i il ittexzo migliore di salvargli la
^ .^ N,j.w^/ sMti^ pulsazioni del cordone ne in-
•vvuj^ ^>,:^Ml>ri nelle donne circostanze per le
^ . ..v;s^ V ^5ii> operatorio, e sperabile un buon
\v%wwv;'M o^mpleta o dilatabilità della bocca
. . %v«4^ ^ tt (duftilotrisie furono necessarie per vi-
* >»
321
uterina, cedevolezza del canal vaginale, pelvi non vizia-
ta, ecc. ; in quanto i tre bambini nati vivi nei parti naturali
facili lo furono essendo il travaglio progredito assai ra-
pidamente , tentata con buona riescita la riduzione colla
mano in due casi.
La lunghezza del cordone ombelicale precidente non
superò in nessun caso i 32 pollici = 0",864. Altre alte-
razioni del cordone ombelicale degne di rimarco non si
presentarono, in quanto di poco momento furono i casi,
in cui il cordone si presentò con uno, due e perfino tre
giri intórno al collo del feto, sul quale non esercitò in-
fluenza dannosa.
Scolo anticipato delle acque. — Di questo accidente
nel parto intendo solo alludere a casl^ in cui lo scolo delle
acque precedette il destarsi delle contrazioui uterine, non
quando destatesi queste da maggiore o minor tempo ,
si ruppero le membrane primachè avvenisse la completa
dilatazione della bocca uterina, ossia alla fine del primo
stadio : 58 volte si presentò questo accidente ed i parti
del resto decorsero naturali e' facili in 51 casi. In due
furono naturali difficili per irregolarità di contrazioni e
resistenza del collo uterino, al che avrà contribuito l'an-
ticipato scolo delle acque ; dei^ bambini nati da questi due
ultimi parti V uno nacque vivo, l' altro morto. In tre si
praticò la estrazione, presentandosi le natiche, per minac-
ciata vita del feto , che venne sempre estratto vivo, ed
in due si ricorse al forcipe, una volta per eclamsia e il
bambino fu vivo, V altra per irregolarità di contrazioni
da improprio uso di segale cornuta data alla donna, men-
tre ancora si trovava alla propria casa prima di venire
nel nòstro Ospizio, dove entrò in travaglio di parte da
XQolte ore e col • feto già morto.
Dei parti naturali.
Come lo significa la espressione stessa di parti non
Annali. VoU CCl 21
322
turali facilij non trovamino nulla di notevole in questa
classe di partii solo osserveremo come in due casi di pre-
sentazione della spalla^ essendo V un feto di mesi sei sol-
tanto , r altro di mesi quattro , il parto si compi natu-
ralmente, effettuandosi la evoluzione spontanea. Pure scarsi
e di poco momento furono i parti naturali diffìcili^ che
raggiunsero la tenue cifra di. 14, e le cause che resero
il parto naturai difiScile furono :
La resistenza del collo uterino^ cinque volte.
La resistenza del collo uterino combinata ad irrego-
larità di contrazioni ed anticipato scolo delle acque, una
volta.
La resistenza del collo uterino congiunta a ristret-
tezza pelvica di \P grs^do, essendo il diametro retto
superiore di pollici 3 = 0",081, una volta.
La resistenza del coUo uterino con irregolarità di
contrazioni e leggiera viziatura pelvica, essendo il dia-
metro retto dell'apertura superiora di pollici 3.5 = 0",093,
due volte.
La resistenza del collo uterino , con irregolarità di
contrazioni, anticipato scolo delle acquee viziatura pel-
vica di 1.® grado, essendo il diametro retto superiore di
pollici 3,2 = 0^086, una volta.
La languidezza, irregolarità e nessuna espulsività delle
contrazioni, tre volte.
Fra le 14 donne che ebbero parto naturai difficile, si
notarono undici primipare, di cui una d'anni 21, quattro
{\\ 83. una di 28, una di 29, una di 31^ una di 32, una
^\ a8 ed una di 40,; una secondipara di 30 anni; una
^ir^vida per la quarta volta di j39 anni , ed una per la
iiwta volta di 36 anni : tre erano entrate iji travaglio, due
^\u\o edematose ma non albuminuriche. Dei bambini nac-
^WWO vivi dodici e due soli morti : ebbervi cinque puer-
y<vxnv morbosi, cioè tre per metrite, uno per febbre mi^
W^Vi ^ uno per febbre puerperale nel dicembre. Nessuna
J^^i»>-^ venne a morte.
3^
Sui soccorsi prestati allo scopo di vincere la resistenza
del collo uterino, o la irregolarità, o la nessuna espulsività
delle contrazioni, che riconosoeYano per eausa uno stato
congestivo dell* utero, valsero il bagno generale tiepido,
il semicupio od il salassò, come già ebbi occasione di dire
negli altrr Prospetti clinici. In nessun caso si ricorse
alla segale cornuta, ad incisioni della bocca uterina, ad
unzioni con estratto di belladonna , a bagni torpenti ^ in
quanto' i mezzi sovraindicati bastarono ili ogni occasione.
Dei pctrti non, naturali.
Eguale per numero fu la cifra dei parti non natu-
rali avuti nel 1865 e nel 1866, ma siccome in questo
ultimo anno minore fu il complesso dei parti , cosi ne
venne una proporzione maggiore, cioè di 41 sopra 478, il
che rappresenta circa la proporzione deir8,5 per 100, pro-
porzione rimarchevole se non vi fosse il fatto, che da noi
entrano mólte donne, sia in travaglio di parto, sia durante
la gravidanza, perchè sanno essere loro necessaria una
operazione manuale od istromentale.
Divisi questi 41 parti non naturali a seconda delle
operazioni richieste^ si avrebbero :
Manuali ) Estrazioni ......... n.® 7
n.* 18. ) Rivolgimenti • . »il
fi
OS
0
air apertura superiore ...» 9
Forcipe { all'apertura inferiore o nella esca- *
vaslone ...«•«.» 3
52 \ , ^ ì Con istromenti i craniotomie ...» 5
« ] /«,*T<>"J«»: ' applicati
§ j tali n. Zó. \ g^j ^^^^ I cefalotrizie ...» 4
Con istromenti
& \. l applicati \ gastro-isterotomie
l \ sulla madre l
n.« 41
324
Parti mantialù
Le estrazioni Tennero praticate due volte per proci*
denza del cordone ombelicale , due volte per sospensione
di travaglio , e minacciata vita del feto , una volta per
gravidanza gemellare, una volta per irregolarità di con-
trazioni uterine e sviluppo estranormale del feto ,^ una
volta per arresto del capo fetale all'apertura superiore »
essendovi ristrettezza nel diametro retto superiore di
pollici 2^9 =s 0^,074, e questo avveniva nella iscritta al
N.® 294 f in cui si era pirovocato il parto per viziatura
del bacino.
I rivolgimenti vennero eseguiti quattro volte per
emorragia cervico-placentale , tre volte per procidenza
del cordone ombelicale, una volta per eclamsia, due volte
per presentazione della spalla sinistra in 2.* posizione ed
una volta per travaglio languido^ colla presentazione
deir occipite 1,^ posizione e procidenza del piede destro,
per cui il rivolgimento riesci cosa di poco rilievo, essen-
dosi respinta la parte presentata e &tte delle trazioni
blande sul piede procidente. Tra questi rivolgimenti i più
importanti furono quelli eseguiti per condizioni patologi-
che inerenti alla madre, vale a dire in causa della abnor-
me . inserzione della placenta o della sopraggiunta eclam-
sia, e di questi già dissi qualche parola neir articolo sulla
gravidana^, per cui ora mi taccio e parlo invece del
/
Parti istromentali.
Comincio dal forcipe ^ mediante il quale stromento,
convenientemente applicato, non si ledono nò le parti
della madre , nò q\}elle del feto. Qu^ta tenaglia venne
applicata nove volte , essendo la testa fetale tuttora li-
bera 0 impegnata alla apertura superiore. Tra le indica-
zioni di essa vi furono :
325
La ristrettezza pelvica fra i pollici =s 3. 2 0^,08^ ed
i pollici 2. 9 = 0"*,074 combinata ad irregolarità di con-
trazioni uterine . . . - . . . • . . . 4 volte
La eclamsia. 2 »
Lo sviluppo preternaturale della tes^ del feto 1 volta
La irregolarità di contrazioni da stato con-
gestivo , • 1 »
La gravidanza gemellare con languidezza di
contrazioni ......••...,. 1 >
Tre volte venne il forcipe applicato essendo la. testa
fetale già scesa nella escavazione o arrivata alla aper-
tura inferiore. Tali applicazioni furono richieste: 1.® dalla
^lamsia; 2.^ da poca espulsi vita delle contrazioni uterine
e depressione tlella branca ischio-pubica destra che impe-
diva il moto di rotazione della testa ; 3.* da irregolarità
delle contrazioni uterine per improprio uso di segale cor-
nuta amministrata alla partoriènte, mentre ancora stava
al proprio domicilio prima di entrare nel nostro Ospizio,
dove giunse già in travaglio di parto avanzato.
Le regole seguite neiruso di questo str omento, tanto
nei casi di applicazione all' apertura superiore, come nella
escavazione od^lla apertura inferiore, furono sempre quelle
da noi già indicate negli anni precedenti^ cioè di applicare le
cucchiaja del forcipe sulle regioni temporo-parietali della
test^ fetale , in modo da afferrare il capo nella dire-
zione del diametro più riducibile, il biparietale, tenendo
sempre la nuova curvatura ^diretta verso quella parte del
capo fetale che doveva essere ricondotta al dissotto della
sinfisi pubica , cioè alla nuca del feto , che erasi sempre
presentato in questi casi coiroccipite collocato in una 1.^
o 2.^ posizione anteriore. È quest* anno ebbimo una nuova
conferma della bontà del forcipe costrutto dietro le idee
del Professore Lo vati di Pavia, cioè più lungo di quello
comunemente adoperato, per cui riescono e bene e spedite
le applicazioni di questo stromento anche quando la te-
326
sta fetale trovasi tuttora libera all'apertura superiore, al
conseguimento del quale scopo non valgono i forcipi che
misurano una lunghezza di uno o due pollici di meno nel
tratto dal perno alle estremità delle cucchiaja. E preci-
samente per la cortezza del forcipe troviamo spiegata la
ragione, perchè molti ostetrici stranieri preferiscano il
rivolgimento al forcipe e sacrifichino molti bambini colla
craniotomia, adducendò a causa di ciò la difficoltà od
impossibilità di afferrare col forcipe la testa tuttora li-
bera alla apertura superiore.
Di queste dodici donne, tre erano entrate in travaglio
di parto , le altre dimoravano nello Ospizio. Vi furono
nove primipare, una gravida per la terza volta, una
per r ottava volta: l'età oscillò fra i 32 ed i 42 anni.
Una sola fu travagliata da metrorragia consecutiva al
parto, del resto percorse con un'altra il puerperio af-
fatto regolare ; una ebbe piaga gangrenosa al pudendo y
di cui guari, e in due, entrate in sopraparto dopò un
travaglio lunghissimo ed inutili tentativi di rivolgimento
e di forcipe a domicilio , rimase per postumo una fistola
vescico- vaginale ; tre ammalarono di febbre puérperale;
in una continuò la óclam^a, in altra^ la bronco-pòl-
monia ed in altra ancora V anassarca con diarr^ , che
le molestava anche in gravidanza ; una sofirl di rammol-
limento alle, sinfisi pelviche. Guarirono sei , due vennero
trasferite allo Spedale Maggiore^ e quattro morirono, cioè
3 per febbre puérperale ed una per eclamsia.
Bei bambini estratti tre soli nacquero morti, gli altri
VIVI.
Craniotomie.
Cinque furono le craniotomie eseguite nelUanno 1863
e cioò per idrocefalia . . una volta
per ristrettezza pelvica quattro volte.
Nel caso di idrocefalia occorso nella rivoverata n.°37l.
327
pluripara, arrivata nello Ospizio a travaglio di parto di-
chiaratò, e dopo aver subito a domicilio inutili tentativi
di rivolgimento e di forcipe , essendoci accorti della esi-
stente lesione del feto, ih cui mancavano i segni della
vita, si praticò colla forbice dello Smelile la apertura del
cranio, colla quale si diede esito alla molta acqua òapita
nel capo; Bastarono in seguito pòche trazioni colla sola
mano , ajutata- dalle forze espulsive dell' utero materno ,
ad estrarre un bambino molto sviluppato, il cui capo di-
mostrava di esàere stato idrocefàlico in alto grado. La
donna percorse puerperio regolare e venne dimessa in 8.*
giornata.
Nelle donne aflFette da ristrettezza pelvica, in cui si
richiese la craniotomia, il diametro retto dell'apertura
superiore misurava pollici 2. 11 =; 0",079 in un caso,
poli. 2.9±=0™,074 in due casi, e pollici 2.6 = 0^068 in
un terzo. In tutte, segnatamente nella maggiormente ri-
stretta e in cui si era provocato il parto ad arte, si no-
tava eziandio una maggiore o minore depressione di am-
bedue 0 di una sola delle pareti cotiloidee.
L'istromento usato per eseguire la craniotomia fu sem-
pre la forbice dello Smellie. La craniotomia veniva pra-
ticata dopoché la testa era stata afferrata dal forcipe,
che serviva a mantenerla fissa contro l'apertura superiore
ed a praticare in seguito le necessarie trazioni per l'estra-
zione del capo tagliato traverso la ristretta trafila pel-
vica. In Un sol caso, avendo il forcipe lasciato la presa,
si ricorse con giovamento al cranioclaste di Simpson, ado-
perato qual mezzo di presa e di trazione. Delle quattro
donne operate di craniotomia per ristrettezza pelvica, tre
erano arrivate nello Ospizio a travaglio di parto dichia-
rato, due erano primipare, una gravida per la seconda
volta, ed una per la terza volta. La più giovane contava
27 anni, la più vecchia 31; due ebbero puerperio affatto
regolare, una fu disturbata da leggiera febbre miliare,
ed una da metrite con miliare : tutte risanarono.
328
Cefalotrixie.
Limitato, come succedette anche negli anni prece*
denti, fu U numero delle celalotrizie praticate, cioè quat-*
tro, e tutte riconobbero per indicazione la ristrettezza
del bacino, compresa in quella di 2.* grado. Due volte
il diametro retto della apertura superiore misurava pol-
lici 2. 8 = (r,072 , una volta pollici 2. 5 = 0",065 , ed
una volta poli. 2.3= 0"^,061. In tutte poi si associava
i^na deformazione del bacino per depressione più o meno
notevole delle pareti cotiloidee , e conseguente diminu*
zione negli spazii sacro-cotiloidei, sporgenza o deviazione
del promontorio del sacro verso Y uno dei . due Iati de-
stro e sinistro , diminuzione nel diametro biiscfaiatico a
pube-coccigeo.
Due di queste donne erano entrate nelF Ospizio a
travaglio dì parto durante già da molte ore; in una
che stava da qualche tempo neir Ospi^zio si era provo-
cato ad arte il parto, e la quarta era giunta nello sta-
bilimento pochi giorni soltanto prima del parto già alla
fine del nono mese di gestazione e quindi ^d epoca di
gravidanza troppo inoltrata, perchè si potesse sperare di
evitare una grave operazione al momento del parto spon--
taneo, ricorrendo invece alla provocazione artificiale di
esso. Tre erano primipare, una gravida per la terza valta.
L'età loro era di 23 anni in uba, di 30 in due, e di 3&
nella quarta. L* unica che si ^ammalò e che poi mori di
febbre puerperale fu la più avanzata in età, che era pri-
mipara ed entrata , nello stabilimento in sopraparto: le al-
tre tre percorsero puerperio affatto regolare sen^^a alcuna
conseguènza dairattcf operatorio.
La cefalotrizia venne sempre eseguita di conserva
colla craniotomia , e quando dopo praticato lo schiac-
ciamento del capo il cefalotritore di Depàul , prefe-
rito e giustamen^ dalla Scuola ., lasciava la presa nel
329
mentre si facevano le necessarie trazioni per l'estrazione
del. capo fetale, si ricorse con vantaggio al cranioclaste
ài Simpson,, che giova tanto ad estrarre 41 capo quale $tro*
mento di trazione, come anche a compire lo sfrantuma-
mento , quando una sola , cefalotrizia non abbia suffi-
cientemente > ridotta la> testa del feto*
Non si ebbe in nessuna circostanza a rilevare alcuna
triste conseguenza dalFuso dello stromento compressore
di Depaul, il quale è comodo a maneggiarsi ed applicarsi,
ha sufficiente forza per schiacciare qualunque siasi capo,
difficilmente lascia la presa. La craniotomia deve neces-
sariamente ed in ogni caso precedere la cefalotrizia. Que-
sta regola adottata dal Professore Lazzati nelle molte
cefalotrìzie praticate nello Stabilimento durante .questi
ultimi quattro anni , credo sia stata una delle ragioni
per cui le nostre cefalotrìzie vennero generalmente co-
ronate di buon esito. Il caso di morte verificatosi que-
st'anno per febbre puerperale, non devesi ascrivere alle
conseguenze della operazione eseguita, ma sibbene a ra-
gioni insite nella donna stessa. Essa giungeva nello sta-
bilimento già in gravissime condizioni generali , avvi-
lita e prostrata di forze, con polsi piccoli, bassi, frequen-
tissimi , meteorismo esagerato. In travaglio di parto da
43 ore circa, al momento dell' ingresso . nell' Ospizio le
colava dal pudendo un liquame bruno-sporco, fetentissimo.
Il feto era morto da tempo , e subito operata cominciò
a star male e moriva coi sintomi di febbre puerperale
violentissima 23 ore dopo la operazione , per cui è a
credere che in questa donna già si era ordito un processo
deleterio e morboso precedentemente allo svuotamento
dell' utero , il quale non fece che accelerare lo svolgersi
della febbre puerperale. La autossia rilevò i soliti esiti
della peritonite suppurata. Dalla morte ài questa ricove-
rata ebbe principio la febbre puerperale, che si rese epi-
demica nel mese successivo, essendoché questa donna era
330
morta il 25 novembre e prime ad esserne prese furono
le donne che vi giacevano dappresso, e ne risentirono to-
stamente la influenza, sebbene al primo indizio della af-
fezione la si facesse trasferire in apposito e separato
stanzino, dove si accolgono le puerpere gravemente am-
malate. Si può dire che questa dònna ci portò il male
puerperale nello Ospizio , dopoché da quasi undici mesi
ne era andato affatto immune.
Gastro-isterotomie.
Due sole e nella stessa cifra quindi che nel 1865 e
1864 furono le gastro-isterotomie, che sfortunatamente
si dovettero praticare neir annata. Ambedue riconosce-
vano per causa della grave operazione una notevolissima
ristrettezza pelvica di 3.* grado , causata da rachitide ,
che avea considerevolmente deformata la pelvi , dopo
averla ristretta in tutti i suoi diametri.
Le donne che formarono soggetto di queste due ope-
razioni furono le iscritte ai N. 497 del 1865 e 484 del
1866 ; ambedue primipare.
La prima avea 28 anni^ era di piccola statura, misurando
pollici 47,5 =s i^fié nella sua altezza totale. Il bacino pre-
sentava le seguenti misure , che vennero confermate sul cada-
vere.
Distanza su le due spi^e iliache ante-
riori superiori. ......... poli. 7, 4.«= 01",Ì98.
Distanza fra la sommità delle due cre-
ste iliache .......... ^ poli. 8. 4 = 0", 225.
Diametro antere- posteriore superiore, poli. 5. 6 »» 0™, 149.
misurato col compasso di spessore.
Diametro obliquo destro ..... poli'. 7. 3 = 0",196.
Diametro obliquo sinistro poli. 7.6=» 0",203.
Diametro retto interno superiore (fat-
ta la debita deduzione ) poU. 2. 2 =» O^jOSO.
331
Diametro biischiaiìco polL 1 . 6 «= 0",040.
Diametro pube-coccigeo . . . . . poli. 2. 4 « 0™,063*
Inoltre la cresta iliaca destra era più alta e più sviluppata
della sinistra, accartocciate ambedue «opra sé stesse ,:e tutte
piegate dall'indietro àiravantL:Ml trocantere destro meno spor*
gente del sinistro , e quest' ultimo ' di poca più elevato del-
l'altro: pube piegato ali' indietro ad angolo acuto con grande
depressione delle branche ischio-pubiche: arcata pubica ristret-
tissima in modo che dall'alto della arcata pubica sino alla con-
giunzione delle branche ischio-pubiche sta appena l'apice del dito
indice, quindi dopo il punto di congiunzione le due branche ischio-
pubiche divaricavano fra loro e formavano quasi un x. Colonna'
vertebrale con due curvature, l'una colla convessità in avanti e
l'altra colla convessità divergente versoi destra; gravissima in-
sellatura lombare, congiunzione sacro» lombare fortemente de-
pressa, promontorio spinto leggiermente a destra; sacro forte-
ménte ricurvo, inclinazione pelvica notevolissima.
L' esame interno rilevava che la sinfisi del pube era acu-
minata e piegata verso destra, depressione notevole delle pa-
reti cotiloidee, sacro coi promontorio baséo , occupante grande
parte della apertura superiore, spingendosi assai all' avanti,
quasi come una gibbosità che si prolungava per un certo tratto
in basso.
Destatesi in questa donna leggiere le doglie del parto alle ore
mattutine del 21 marzo, essendo giunta a termine di gravidanza,
fu sottoposta alla operazione verso le 8. ^/^ pomeridiane del giorno
stesso, avendo il travaglio progredito nella giornata, integre le
membrane , vivo il feto , scomparso il collo , 1' orificio uterino
aperto circa un pollice. Si estràsse una bambina viva, sana e
Sviluppata. Nessuno accidente disturbò la operazione. La pa-
ziente mori per emorragia consecutiva alla ferita 23 dopo
l'operazione. I^a autossia rilevò nel bacino le alterazioni sovra-
notate.
L'altra ricoverata n.® 484 del 1866 era d'anni 34, di statura
piccolissima, misurando soli pollici 34.5 =» 0™,932 nella totalità
del capo. Le principali misure ottenute tanto colla pelvimetria
esterna che interna furono le seguenti:
332
Dìstansa fra le due ipine Uiaehe*aote-
riori-superiori . • , polt 7. — 0*,188.
Distanza fra le eommità delle dae creste, poli. 7. «• 0^,188.
Diametro retto superiore esterno, . . polL 5. «• 0^435.
Diametro obliquo destro ..... poli. 6. 1 *-» (JF^ÌÒÒ*
Diametro obliquo-sinistro ...... poli. 5. 6 *-».0"',l^^*
Diametro biischiatico ..<•.• poli. 2 ìp* 0'',054«
Diametro pube-coccigeo poli. 2.7 >«■ 0'^,070.
Diametro retto interno (fatta la de-
bita deduzione) ........ r . poli. 2n>0'',0454.
Aggiunn^si che l'arcata pubica era foggiata a omega ri-
stretto in modo che poco più di un dito stava collocato nella
sommità dell'arco pubico ; pareti cotiloidee depresse Verso il pro-
montorio, particolarmente la destra, che da quest'ultimo punto di-
stava un dito trasverso circa, un pb più la sinistra; curvo assai
il sacro in modo che la puata era avvicinata alla base e spinta,
in avanti; pelvi inclinatissima; deviazione considerevole laterale
sinistra, quindi destra della colonna vertebrale, che rappresen-
tava come una S.
Sopraggiunti i dolori del parto verso il .mezsogiorno del 13
dicembre , ed avendo il travaglio progredito nella giornata, fu
sottoposta verso le 9 pomeridiane del giorno stesso alla gastro-
isterotomia, con cui si estrasse un bambino vivo, bene svilup-
pato, di sesso mascolino. Il puerjperio venne turbato da emor-
ragie ricorrenti e da peritonite, per cui la operata mori verso le
10 antimeridiane del 15 dicembre.
All'autossia si riscontrò che il diametro retto superiore , il
bischiaticò, il pube-coccigeo j corrispondevano colle misure prese
sulla donna viva. Inoltre si ebbero le seguenti n^isure^
Diametro obliquo destro. .... poli. 2.ÌÌ ^ 0^,079.
Diametro obliquo sinistro . . . v poli. 2. 10 « 0",O77.
Distanza dal promontorio alla parete
cotiloidea destra . • poli. 1.1 = 0"',028.
Distanza dal promontorio alla parete
cotiloidea sinistra .....:.. poli. 1 ■— 0"',026.
Parti provocati artificialmente.
Ventidue furono i parti- che nella annata si provoca-
tm
333
rono, B cioè venti volte per viziatura pelvica, due volte
per malattia della gestante.
Fra le venti cause di viziatura pelvica, 19 volte que-
ste erano prodotte da rachitide , una volta, da osteoma-
lacia. Delle nìalattie che indicarono . la provocazione del
parto abbiamo già discorso trattando della gravidanza,
come allora trattammo anche del caso di osteomalacia »
che richiese la provocazione del parto. Quindi ora non
faremo che passare in rassegna le indicazioni al parto
provocato proveniente da rachitide, e siccome la enumera-
zione e descrizione particolareggiata di ciascuna deformità
pelvica sarebbe cosa troppo minuta, ci limiteremo a stu-
diare le misure del bacino, che indicarono tali maneggi
operativi.
Il diametro retto della apertura superiore era di pol-
lici 1.3 = 0",061 in un caso, di pollici 2. 6 = 0», 068 in
un caso, di poli. 2. 8 = 0",072 in tre, di poli. 2, 9 = (y»,074
in tre, di poli. 2. 10 = 0'»,076 in uno, di poli. 2. 11 = 0«,079
in cinque, di polL 3 =r0",081 in tre, di poli. 3. 1 = 0",083
in uno, ed in un altro di poli. 3. 3 = 0"^, 088.
Fra queste 23 donne, tredici erano primipare, una gra-
Vida per la seconda volta, due per la terza volta, tre per
la quarta, due per la quinta, ed una per la decima volta.
L'età loro oscillò fra i 18 ed i 41 anni. Quattordici per-
corsero puerperio regolare, una ebbe in puerperio gastrite,
un'altra {ebbre miliare con piaga gangrenosa al pudendo
che si notò anche . in un' altra , una sofferse di grave
ortopnea, una di rammollimento alle sinfisi pelviche, una
dì febbre puerperale, un'altra di podartrocace destro con
tabe, una di osteomalacia. Tutte guarirono, meno quella
affetta da podartrocace, che venne trasferita allo Spedale
Maggiore, quella malata di ortopnea con osteomalacia
che venne a morte, e quella che colpita da febbre puer-
perale mori per questa micidiale affezione morbosa.
Riguardo ai metodi usati per provocare le contrazioni
uterine furono:
334
La smnplice puntura . ... . . . una volta
La sola spugna due volte
La spugna combinata colla siringa elastica quattro volte
La laminaria digitata colla spugna . . una volta
hsL, laminaria digitata colla siringa elastica una volta
La spugna, e siringa elastica che causò accidentalmente
la rottura della borsa quattro vplte
La spugna, la siringa elastica e la rottura artificiale
della borsa ^ • . . • cinque volte
La siringa elastiòa che causò rottura di borsa una vplta
La sola siringa elastica . . . . . . . una volta
Fra tutti questi metodi, tranne i casi in cui si vo-
leva ottenere subito una pronta diminuzione del volume
dell' utero, al cui scopo si arrivava colla puntura, corri-
sposero meglio la spugna combinata colla siringa elastica,
cioè ottenere prima mediante Tueo di pezzetti di spugna
una certa dilatatone della bocca uterina e possibilmente
la scomparsa del collo, quindi introdurre tra Tutero e le
membrane la siringa elastica destinata a destare le contra*
zioni uterine non ancora risvegliate col primo mezzo im-
piegato; che se già si notava una certa preparazione del
collo e degli oriflcli uterini , allora a dirittura si intro-
duceva la siringa elastica.
Gli esperimenti scarsi in numero istituiti finora colla
laminaria digitata non ci autorizzano ancora a por-
tare un valido giudizio intorno la maggiore o minore
utilità di questa sostanza, destinata a surrogare la spu-
gna preparata nella dilatazione della bocca uterina. ÀI dire
di chi la consigliò, essa avrebbe \ vantaggi note voli • sulla
spugna , quali sarebbero il poter servire in più casi , il
non assorbire e quindi emanare i fetidi odori che talora
si notano coir uso delia spugna, il ridursi di volume ap-
pena tolta dalla bocca uterina o dalle parti pudende in-
terne della donna, ecc.
Giova notare che da noi là laminaria digitata si è do-
335
I
vuta usare quale è venuta naturalmente , mancando fi-
nora chi la sappia preparare convenientemente per l'u-
so ostetrico ; d' altronde la spugna compressa , quale la
si può avere dalle nostre officine farmaceutiche , corri-
sponde tantp bene all'uso in discorso» che davvero non
lamentiamo di troppo la mancanza della laminam pre-
parata.
Riguardo al modo di effettuazione dei parti, diciassette
furono naturali^ facili. Si fecero una estrazione per pre-
sentazione delle natiche , e due applicazioni di forcipe
alla apertura superiore , provocandosi il parto a gesta-
zione inoltrata, per risparmiare operazioni più gravi a
termine. E cosi dicasi della craniotomia col forcipe, e della
cefalotrizia resesi necessarie all' atto dello sgravio.
Dei bambini 14 nacquero vivi, 2 nacquero agoniz-
zanti e morirono dopo ia nascita , 6 nacquero morti ;
dei nati vivi uno mori per asfissia sette ore dopo il par-
to , ed uno nove ore dopo pei* sussistente apertura del
foro del Botallp, 10 passarono agli esposti, e 2 abban-
donarono l'Ospizio colle loro madri.
Riguardo all'epoca di gravidanza , in cui venne pro-
vocato il parto, una volta lo fu nel corso del sesto mese
per grave dispneia defila gestante, che era la ricoverata
N. 396 affetta da osteomalacia , diciotto volte verso la
fine dell' ottavo mese , tre volte al principio del nono
mese. La indicazione intorno all'epoca di gravidanza in
cui provocare il parto si deduceva dalla maggiore o mi-
nore ristrettezza pelvica, nonché dalle condizioni generali
fisiche , in cui si trovava la gestante , e , come fu . detto ,
talora a gravidanza alquanto inoltrata, per evitare a ter-
mine danni maggiori per la madre è per il feto, essendo
l'epoca della provocazione del parto obbligata dal momento
dell'ingresso delle gestanti nell'Ospizio.
336
Bambini.
Éntro uno specchio sinottico raccoglieremo i dati prin-
cipali che rigaardano le Ticende còrse dai bambini nati
dalle 478 ricoverate, che si sgravarono nell* Ospizio da-*
rante Tannata, nonché dei bambini che esistevano al primo
gennajo 1866.
Esistenti
il 31
gennajo
Nati vivi.
•
Nati
morti
Sortiti
•
dallo
Ospizio
Passati
al L. P.
degli
Esposti
Morti
Nati
morti
"3
• ^4
CQ
. 08
a
Od
1
•a
co
—
JO
a>
9
«
«
a>
1 9
«
o
.a
a
a
• ••4
-g
• ^4
• ^4
•li*
JS
e
o
co
a
o
aa
B
s
e
IO
s
o
«0
a
o
«a
a
o
0»
a
o
CQ
a
08
a
o8
B
9
08
s
08
a
08
a
S
a
08
a
08
a
^
fe H
Cbì
(Si
b
fe ^ 1
Ex
PBI
6
•
2
226
225
16
23
18
19
199
193
15
1416
23
1
É
1
1
451
3
9
37
392
29
39
i
■«■■■
498
498
Fra i 490 bambini nati nel 1866 ve ne erano 423
nonimestri , 44 ottimestri , 15 settimestri , 6 semestri ,
uno quinquemestre ed uno quadrimestre. Dei 29 venuti
a morte si notarono 9 nati agonizzanti o che morirono
subito dopo la nàscita per apoplessia o asfissia susse-
gua . al parto ; altri 4 morirono per asfissia alcune ore
dopo la nascita, come ne perirono 2 per apoplessia,
uno per scleriasi, uno per idrocefalia con ascite,.uiio per
mostruosità per idrocefalia e deficienza di parti, uno per
sussistente apertura del foro del Botalto , 8 per pre-
337
maturanza,, uno per anencefalia , ed uno per pemfigo si-
filitico.
Tra le alterazioni di primitiva conformazione si ri-
scontrarono due anencefalie , due idrocefalie , una delle
quali voluminosissima , una mancanza dell' orecchio sini-
stro, ed un interessante caso di spina bifida con idroce-
falia, mancanza della lingua, labbro leporino composto e
complicato, spostamento delle orecchie, ecc.
Alle autossie praticate in tutti i bambini venuti a
morte si presentarono le solite alterazioni della apoples-
sia , del morbo ceruleo , ecc ; in quelle dei bambini pe-
riti per prematuranza o asfissia, nessuna alterazione ne-
gli organi interni come nei bambini mostruosi, mentre nel
bambino affetto da pemfigo sifilitico si notarono suppura-
zione del timo, iperplasie del connettivo polmonale, mac-
chie al fegato.
Le malattie principali osservate nel breve tempo di
dimora fatto da questi bambini nel nostro comparto, fu-
rono la scleriasi, V ottalmo-blennorrea, le enteritidi, qual-
che raro caso di risipola ombellicàle o di mastite o di
scolo vaginale : non fu dato di osservare neppure una
anghectasia , e nessun bambino nacque ricoperto di mi-
liare , come neir anno 1865 , il che attribuisco al non
avere avuto durante V annata , e solo nel dicembre, epi-
demia di febbre puerperale e miliari, come avvenne nel-
r anno precedente.
Riguardo al secondamento , non abbiamo a dire che
poche parole intorno ad un caso di straordinaria ade-
renza della placenta colla parete interna dell'utero, os-
servatosi nella ricoverata N.* 156 , la quale, d' anni 46 ,
gravida per la quinta volta, partorì felicemente e natu-
ralmente un bambino vivo , maschio , nonimestre , bene
sviluppato, che si era presentato per l'occipite 1.^ posi-
zione : il travaglio avea durato 7 ore e mezzo prima
Annali. Voi, COL 22
338
dello scolo delle acque, un*opa dopo di esso. Ma escito il
bambino, rimaneva la placenta, ed anzi si era incominciata
una abbondante emorragia, per cui invano tentate le tra-
zioni sul funicolo ombellicale, si andò colla mano alla ri-
cerca della placenta. Si trovò che questa si era quasi im-
medesimata colla superficie interna dell'utero, dove avea
fatto la sua inserzione, e non fu possibile staccarla in
totalità, ma solo raschiando colle dita quel punto che
sembrava il sito di inserzione della placenta, si riesci a
staccarne dei piccoli frammenti, e ripetendo più volte que-
sta operazione, si giunse ad arrestare la perdita, al cui
raggiungimento giovarono eziandio delle injezioni intra-
uterine gelide ed acidulate, la applicazione della vescica
con ghiaccio sul fondo dell'utero, dove contemporanea-
mente sì praticarono fregagioni, e V amministrazione per
bocca di un grammo di segale cornuta. Arrestatasi cosi
la perdita , senza che la donna dimostrasse fenomeni di
abbattimento, non si rilevarono in puerperio sintomi in-
fiammatorii air utero , ma solo una mite febbre miliare ,
con lochi fetenti, che le permise di restituirsi alla propria
dimora perfettamente guarita. Riuniti i frammenti coti-
ledonari della placenta, non formavano nel loro complesso
che un quarto o tutto al più il terzo del volume nor-
male di una placenta.
Nel resto le emorragie osservatesi nelle nostre don ne»
tranne quelle dipendenti da inserzione morbosa della pla-
centa alla bocca uterina, non avvennero che quando già
il secondamento era compito ; di vere , estrazioni di pla-
centa non se ne praticarono mai , solo in , molti casi fu
duopo favorire la uscita delle secondine.
Alterazioni speciali di queste furono le solite osser-
vate negli scorsi anni, cioè le deposizioni scirrotiche, la de-
generazione adiposa, e gli induramenti da probabile iper-
plasia del tessuto connettivo nelle placente appartenenti
a donne sifilitiche.
339
Riguardo alla placenta in gravidanze gónellari, se ne
osservarono di varia specie, cioò con due sacchi e due
placente aderenti tra loro ma non comunicanti; con due
sacchi e due placente distinte ; giammai si notò la co-
municazione tra loro delle due placente , o una sola pla-
centa pei due bambini con un sacco unico.
Puerpèrio.
4
Le puerpere esistenti nello stabilimento al primo gen-
najo 1866 erano in numero di dodici, di cui dieci sane e
due ammalate, e nel corso dell'anno ne entrarono 478,
come risulta dal prospetto dei parti effettuatisi: per cui
a 490 sali il numero delle puerpere assistite nell'annata.
Di queste ve ne furono 336 che abbandonarono T Ospizio
0 perfettamente guarite^ o migliorate, chiamate alla pro-
pria casa da circostanze speciali di famiglia, o trasferite
allo Spedale Maggiore per malattie che per la loro na^
tijra erano di incomodo o pericolo alle altre ricoverate,
e che non presentarono alcun interesse dal lato ostetrico;
127 passarono quali nutrici al Luogo Pio degli Esposti,
19 sole vennero a morte, ed otto rimanevano nello sta-
bilimento alla mezzanotte del 31 dicembre 1866.
Nel redigere il Prospetto clinico per l'anno 1865, io
presentava una tavola sinottica nella quale dimostrava
il movimento generale delle puerpere sane ed ammalate.
E questo faceva perchè avendosi avuto nell'annata una
quasi continua epidemia di febbre puerperale con di-
verse recrudescenze ed esacerbazioni, desiderava far cono-
scere i rapporti relativi fra le puerpere sane od amma-
late, e dimostrare come si fosse presentata questa malat-
tia, in quali mési avesse maggiormente infierito. Ma que-
st' anno fortunatamente la febbre puerperale , troncata
con le savie misure igienico-profilattiche adottate dal
profossore Lazzati nel dicembre 1865 , e di cui a lungo
340
mi intrattenni, risparmiò per undici Duoni me^ì u nostro
Ospizio, e non fu che nel dicembre 1866 che incominciò
a &rsi dominatrice, e a colpire un certo numero delle
donne che aveano cercato ajuto da noi. Durante Tanno
ben è vero che si ebbero alcuni pochi casi sporadici di
febbre puerperale, taluni mortali, ma le pronte separa-
zioni praticate valsero sempre a limitare, anzi ad arre-
stare il malefico fomite puerperale, e, come dissi, non ci
si presentò che nel dicembre con qualche violenza. In<-
fatti durante tutti gli undici mesi dal gennajo al novem-
bre non si contarono che undici soli casi di vera febbre
puerperale con otto morti; mentre nel dicembre se ne
ebbero 12 con 5 morti, e si noti che delle dodici amma-
latesi nel dicembre alcune vennero a morte nel successivo
gennajo 1867.
Per tali ragioni credo inutile quest'anno il dare
la tavola generale denotante il movimento delle puer-
pere sane ed ammalate : essa sarebbe priva affatto di in-
teresse scientifico. La massima parte delle malattie che
presentarono le nostre puerpere furono di indole mite,
come risulterà dalla tavola nosologica che andrò espo-
nendo, e delle poche interessanti mi riservo a dire qualche
parola in particolare. Del resto ecco la tavola nosologica
generale delle malattie delle puerpere avute nel 1866.
Denominazione
delle
malattie
Numero
delle
ammalate
Denominazione
delle
malattie
341
Numero
delle
ammalate
Febbre puerperale . . • 23
Febbre miliare .... 20
Febbre intermittente . • 2
Metrite . 6
Metrite con miliare . . 5
Metro-peritonite ... 1
Metrite con risipola . . 1
Flebite destra .... 2
Bronchite 6
Bronco-polmonite ... 1
Gkistrite ...... 4
Mastite 3
Infiammazione alla sinfisi
sacro-iliaca destra . • i
Peritonite con bronchite • 1
Congestione cerebrale. . 1
Tubercolósi 2
Convulsioni 1
Epilessia 1
Melanconia ..... 1
Delirio ....... 1
Pellagra ,.,... 4
Ascite i
Diarrea ... . . .
Diarrea con anasarca . .
Dissenteria con miliare .
Piaghe al pudendo. . .
Podartrocace con tabe .
Patereccio
Edema .......
Anassarca ......
Anassarca con tubercolósi
Osteomalacia . • . . .
Osteomalacia con miliare
Metrorragia . . . . .
Metrorragia in 7.* giornata
— in 4.* giornata
Fistola vescico-vagihale .
Forme veneree e sifilitiche ,10
Eclampsia 6
Emorragia da gastro-iste-
rotomia 2
Emorragia da placenta pre-
via 2
Edema polmonale . . .
Escoriazioni gravi ai ca- .
pezzoli 1
85
Totale N.*> 131.
46
A chiunque mi abbia seguito nella lettura dei Pro-
spetti clinici della R. Scuola d' ostetricia , questa ta-
vola nosologica dimostra subito il piccol numero di puer-
pere ammalate avute nello scorso anno 1866. Infatti
se noi la confrontiamo con quanto ebbimo ad osser-
vare nel triennio 1863-64^65, troviamo di molto infe-
342
riore il numero e con esso anche la gravità delle for-
me morbose. Inoltre molte delle malattie presentate da
queste donne erano affatto indipendenti dallo stato puer-
perale, altre non rappresentavano che una conseguenza o
un seguito di affezioni proprie alla preceduta gravidanza,
a poche si riduce il numero delle vere forme puerperali»
delle malattie inerenti allo stato puerperale proprio alla
donna, che si è liberata dal prodotto del concepimento.
E questo scarsissimo ammalare di affezioni realmente di
indole ed eziologia puerperale, devesi per la massima
parte ascrivere alle saggie misure profilattiche ed igie^
niche adottate dairegregio professore Lazzati sullo scor-
cio del 1^65 , di cui mi intrattenni a lungo nel mio
precedente Prospetto clinico. Come già dissi, nei primi
undici mesi del 1866 la febbre puerperale quasi vi fu
sconosciuta , o se pur vi dominò , lo fu in qualche
raro e scarso caso sporadico , e con essa furono scar-
seggianti le metriti con o senza miliare , le febbri mi-
liari essenziali, le flebiti, che tutte assieme costituiscono,
secondo me , quel complesso di malattie conosciute col
nome di morbi puerperali. Per me la febbre puerperale
rappresenta il prototipo di queste malattie zimotiche pro-
prie alla puerpera, destata. da cause speciali miasmatiche
finora sconosciute, mentre invece le metriti a decorso
subdolo , non permanente , infiammatorie , accompagnate
nella pluralità dei casi da miliare, le febbri miliari es-
senziali, le flebiti agli arti inferiori, non rappresente-
rebbero che una minore acutezza del male , ma sa-
rebbero dipendenti dalla stessa causa zimotica. In&tti
sé vogliamo una prova luminosa di ciò, non abbiamo
che a consultare i miei Prospetti clinici, franca e ve-
ritiera narrazione di quanto succede nell' Ospizio. In
ragione dei casi di febbre puerperale stanno' pure quelli
delle malattie sovraindicate. Esse si vedevano prece-
dere, accompagnare, susseguirne le epidemie. Quando
S43
la febbre puerperale fu troncata bruscamente nel 1865
colle disinfettazioni , colle segregazioni , si videro ces-
sare anche tali malattie; nascevano queste, e la feb-
bre puerperale faceva capolino, ma sempre però prece-
duta dalle medesime, ben inteso nello insorgere delle
epidemie puerperali , non nello svilupparsi di casi spo-
radici. Si videro molte ammalare primamente di sem-
plice febbre miliare essenziale , presentare nei primi
giorni gli identici sìntomi, sudori ricorrenti e profusi,
febbri a freddo remittenti , sensazioni vaghe pel corpo ,
nessun fenomeno addominale , utero indolente , nessuna
sensibilità agli inguini, lochi regolari per qualità e quan-
tità ; poi in alcune sintomi di febbre puerperale , dolori
al ventre , meteorismo , vomito, alterazione di qualità e
quantità nei lochi , polsi celerissimi e piccoli , ambascia
e finalmente la morte , ed all' autossia si riscontravano
i soliti esiti della febbre puerperale (peritonite sup-
purata, ecc. ). In altre, che pur si erano ammalate co-
gli stessi fenomeni di febbre miliare, progrediva questa
malattia senza che si manifestasse un dolore ali* utero
od al ventre ; ed altre pure se ne ebbero che al con-
trario presentarono al principio della malattia fenomeni
di febbre puerperale: si vinceva questa, e le malate of-
ferivano un decorso di febbre miliare. La stessa te.-
rapia (vescicanti, calomelano, ecc.), giovava tanto per
r una come per V altra forma , naturalmente di effi-
cacia minore per la febbre puerperale che per le altre
malattie , in quanto in quella , come ho detto , vediamo
rappresentato il prototipo della infezione, I bambini nati
da queste donne vedevansi egualmente ammalare e mo-
rire , molti essere espulsi già cadaveri., Di conseguenza ,
esaminando il quasi contemporaneo svilupparsi della feb-
bre puerperale e delle altre malattie, il modo di decor-
rere di queste , il loro avvicendarsi , il susseguirsi se la
febbre puerperale epidemica non veniva troncata bru-
344
scamente, ma cessava lentamente e spontaneamente, men*
tre accadeva il contrario se tronca vasi ad un tratto,
r utile della stessa terapeutica , gli stessi fenomeni nei
bambini , tutto ciò mi. conferma nella idea non essere le
medesime che manifestazioni diverse per grado e per in-
tensità di una identica, malattia zimotica prodotta dalle
stesse cause. Quanto succede nello Ospizio avviene pui^e
in città , dove riscontriamo le febbri miliari , le metriti
spurie spesseggiare nelle operate, in cui più frequenti si
contano i casi di febbre puerperale.
Con ciò non vogliamo dire che le febbri miliari , le
metriti, manchino assolutamente nelle epoche, in cui ,^ion
si mostra la febbre puerperale; vogliamo solo inten-
dere che in allora scarseggiano , non si mostrano collo
aspetto quasi epidemico con cui si hanno in quegli altri
tempi. Fu parimenti osservato che anche un semplice spes-
seggiare di febbri miliari essenziali veniva accompagnato
della comparsa di qualche caso di febbre puerperale, co-
me ne ebbimo ripetute prove, mentre allo irrompere della
epidemia puerperale tacciono quasi affatto le febbri mi-
liari 0 le metriti. Di ciò occorse la prova nello scorso
anno, nel quale nei primi undici mesi si. ebbero 19
casi di febbre miliare essenziale , uno di metrite ac-
compagnata a risipola , cinque di metrite con miliare ,
sei di metrite semplice , uno di metro-peritonite , con
undici casi di febbre puerperale , mentre nel solo dicem-
bre si contarono 12 casi di febbre puerperale con una
sola febbre miliare , e neppure uno di metrite. Sembra
che r azione influenzante e terribile del quid epide-
mico puerperale agisse cosi sinisliramente e profonda-
mente sulle nostre puerpere , che , ammalandosi , assu-
mevano tosto r impronta fatale della febbre puerperale.
Rilevasi dalle tavole mortuarie , che la maggiore mor-
talità avvenne nelle epoche in cui imperversò la feb-
bre puerperale. E poiché V argomento ci trae ai decessi.
345
dirò come fra le 19 venute a morte , tredici lo furono
per febbre puerperale , di cui 5 nel solo dicembre, due
per emorragia in conseguenza di taglio cesareo, una per
sincope in donna affetta da òsteomalacia, una per eclam-
sia , una per edema polmonale con anassarca , una per
metro-peritonite.
La poca mortalità, Tessersi presentata la febbre puer-
perale <5on intensità solo al finire dell' anno, non mi per-
mettono di estendermi,, come feci lo scorso anno, in-
torno alla febbre puerperale e di dare come nel 1865
dei quadri statistico-clinici delle donne ammalatesi di
questa forma morbosa, indubbiamente contagiosa. Di essa
ammalavansi di preferenza le donne che giacevano pres-
so ad altre puerpere già colpite da questa malattia ,
non risparmiando né l'età, né la costituzione, né il ge-
nere di parto. La fenomenologia era identica, come si
segui la stessa terapia. Bandito il salasso generale, si
ricorse in quasi, tutti i casi , al calomelano , ai vesci-
canti, raramente a qualche sanguigna generale, e si può
dire con franchezza che questo trattamento giovò in sva-
riati casi anche gravi, e che facevano pronunciare una
prognosi infausta.
Le autossie praticate in tutte le donne morte di feb-
bre puerperale fecero sempre riconoscere gli esiti della
peritonite suppurata. Non mai ci si presentò la forma
setticoemica, che ritengo debba essere, almeno presso di
noi , assai rara , perchè sopra tante donne che si am-
malarono di febbre puerperale durante questo quadrien-
nio, non mi si presentò che una sola volta la vera forma
setticoemica , una volta la risipola con gangrena , in
tutti gli altri la peritonite suppurata, mentre se noi in-
terroghiamo i resoconti delle Cliniche,, segnatamente di
Germania e Russia, vediapio marcati frequentemente
i casi di febbre puerperale setticoemica, la quale poi
346
deve essere ancora più grave , che la forma perito^
neale (I).
OsserTaKlonl raeeoKe sopra tre «•■tltaslonl «t-
mosferlehe morbose damate II eorso delln
earrlerift pratica del dott FIORA V ANTE BOMBII.
( Continuazione della pag. 83 del precedente fa--
scicolo , e Fine ). ^
Lia seconda maggiore costituzione epidemica si è pre-
sentata Tannò 1842 ed ebbe termine Tanno 1844, quan-
tunque alcune stagioni si fossero variate in peggio sin
dalTautunno 1839, nel qual anno per copiosissime pioggie
autunnali e freddi precoci accadde nella nostra Lombardia
una strabocchevole innondazione de' principali fiumi , e
del Po in ispecie, che apportò vasti stravasamenti e danni
gravissimi alla campagna, ai paesi e alle cascine prossime
alla riviera, da esportar seco in alcuni luoerhi terreni,
case, ambenti, masserizie, uomini, animali e quanto Tonda
furiosa incontrava sul suo passaggio.
Ma nell'anno 1842 fu la primavera che si spiegò si-
nistramente, con un freddo fuor delT usato, aere di fre-
quente nuvoloso è pioggie quasi continue, da far temere
gravi mali alT umanità e disastri alle messi , sinché alla
metà di giugno si spiegò un moderato calore , che per-
mise la seminagione del grano turco, e si accrebbe in luglio
(1) Veggansi in proposito i nostri tre precedenti Prospetti
clinici e le mie Riviste ostetriche 4.* e 7/ in cui si passò in
rassegna quanto fu scritto sulla febbre puerperale lUegli anni
1863, 64 , 65 e 66. (V. < Ann. univ. di medicina ji , fase, di
giugno 1864 e fase, di agosto 1866).
347
ed in agosto. Sia per tali sconcerti atmosferici, sia per altri
nocivi elementi cosmo-tellurici, atti ad indurre nei corpi
una predisposizione, verso la metà di giugno comparvero
alcune febbri intermittenti larvate, ora sotto fenomeni
gastrici, ora reumatici ed ora nervosi, che misero in qual-
che* imbarrazzo il medico curante. E siccome i sintomi va-
riavano a norma della complicazione che aveano seco, cosi
il malato, ora mostrava lingua sucida, inappetenza, vo-
miturizione, stitichezza, inquietudine, cefalea, talvolta va-
niloquio notturno, sete ; ora dolori articolari e muscolari,
lombaggine, emicrania. Il sintomo che scoperse Uindole della
febbre non fu questa volta la sete^ ma un leggier madore
cutaneo alla notte e una certa calma mattutina^ benché
sussistesse ancora il processo febbrile, e nelle ore pome-
ridiane aumentasse col caldo , in modo però cosi oscuro
da fuorviare facilmente Tattenzione di chi presiedeva alla
sua assistenza.
Tali febbri, trattate con un metodo antiflogistico, che
sembrava reclamato dai loro fenomeni, passavano facil-
mente in nervose, come è accaduto a me in qualche
caso , e mi venne confermato da alcuni sinceri colleghi.
Acciò fossero prontamente arrestate, previo sempre un
purgativo , si dovea ricorrere al chinino , nella stessa
dose e col metodo adoperato nella febbre larvata gastrica
sopra descritta.
Quelle febbri continuarono in buon numero sin quasi
alla fine di agosto, tranne qualche caso isolato comparso
in settembre, dopo di che cessarono intieramente, per la-
sciare il posto ad altre febbri d'indole peggiore, cioè
alle nervose o tifoidee. Le quali comparvero in numero
straordinario, giacché da tre a quattro solite ad avve-
nire ogni anno nel mio quartiere, nel corso di circa quat-
tro mesi salirono a 23; dopo il qual tempo cessarono
quasi affatto.
Benché queste febbri nervose si distinguessero per una
348
serie di sintomi propri , alcuni però dei principali in oasi
diversi, o mancavano, o erano sostituiti da sintomi inso-
liti. Talora^ iti luogo della soccorrenza , era vi una tale
stitichezza, da dover ricorrere ai blandi purgativi e ai
clisteri per mantenere libere le prime vie. La cefalea,
facile ad osservarsi sin dal principio di queste febbri ,
lasciava molti degli infermi interamente liberi, in onta
anche alla presenza di alcuni sintomi capitali. Il va-
niloquio 0 il delirio consueti dejl pari anche nei casi
meno gravi, massime il primo, in alcune non esistevano,
o erano si miti da non meritare seria attenzione. Le orine
in genere scarse o rosse, o quasi sanguigne, talvolta erano
abbondanti e chiare come quelle delle isteriche.
Tutte quelle febbri, rispetto al grado, si poteano dividere
in due serie, miti e gravi. Le prime, benché per propria
natura sempre gravi, pur non aveano seco l'intiero appa-
rato fenomenologico delle seconde. Della prima serie, che
furono 13, se ne salvarono 12. La vittima fu una giovane
contadina di 16 anni, non menstruata, quantunque ben
disposta nel fisico ; nel decorso del male vennero in scena
dei sintomi polmonali, tosse secca, respirazione affannosa,
più tardi espettorazione copiosa, escreati verdastri, in se-
guito purulenti, febbre etica, e infine la morte. Alla se-
zione fu scoperta una tubercolosi alla. sommità del polmone
sinistro. Delle seconde, che furono 10, ne soccombettero
tre, e nelle due autopsie instituite si rinvennero le lesioni
della dotinenterite di Brétonneau.
Né in tutte queste febbri si associò l'esantema milia-
re, riconosciuto da quel peculiare odore, che tramandano
i corpi malati, e da esili vescicoline bianche, diafane, tal-
volta sole, 0 miste a papule rosse, opache e consistenti.
Allorché la miliare era rara , e svolgevasi con qualche
diflScoltà , la febbre era sempre viva , la cute del ma-
lato arida ed urente, i sintomi nervosi più manifesti con
vaniloquio o delirio. Invece nella miliare confluente la
' 349
traspira;5Ìone era più fetida e copiosa, il malato più quie-
to, benché qualche voKa si lamentasse di oppressione, la
sua mente di raro turbata, con sete molesta di ripara-
zione. Dal che sembrava che l'esantema, allorché era im-
pedito a svòlgersi nella sua interezza, reagisse maggior-
mente sulla febbre , mentre Y eruzione facile ed abbon-
dante era generalmente di sollievo all'infermo.
Dei 23 casi avuti in quell'anno, in 14 scoppiò la mi-
liare, copiosa e confluente in 9, più rara in 5; in due
di questi , benché emanassero l' odore specifico , non si
vide che qualche papula isolata o vescicolina. la questi
ultimi la malattia fu anche più grave , il capo sempre
ingombro, l'oppressione di respiro continua, qualche sor-
dità, vaniloquio o delirio che aumentavano nella notte.
Tutti questi casi furono gravissimi, ^essendosi ag-
giunta la dotinenterite, Unita alla meningite. La diarrea
era facile ed anche copiosa, fluida, di odore fetidissimo, mi-
sta a flocchi di muco. L' apertura di alcuni cadaveri ap-
palesò nella villosa dell' ileo-intestino, e in qualche parte
anche del crasso, delle placche qua e là più meno gran-
di , da un piccolo centesimo a mezzo scudo, di color rosso,
o rosso scurò, le cui papille sembravano, sottoposte alla
lente , prive di epitelio , ed in alcuni punti anche scom-
parse.
La cura prestata non fu uguale in tutti gli infermi,
ma modiflcata secondo i sintomi, le complicazioni e gli
individui, in sostanza però la solita ad usarsi in que-
ste febbri. Nei 12 malati di febbre più mite, il chinino
trionfò presso che in tutti , premesso nella prima ot-
tava un prudente metodo antiflogistico, alcuni salassi
nei più robusti anche nel secondo settenario, il sanguisu-
gio al capo 0 all'epigastrio, talvolta anche intorno al
bellico , blandi purganti oleosi , clisteri emollienti o so-
lutivi nella stitichezza, bibite refrigeranti ghiaccis^te e
subaeide, il ghiaccio sul capo come ripercussivo se eravi
350
delirio, i rivellenti vescicatori, i sinapismi fissi e volan-
ti, i bagni sinapizzati sino alle coscio.
Allorché era vi associata la miliare, ricorreva ai sa-
doriferi, e quando esisteva gastricismo e stitichezza, a
qualche grano di tartaro stibiato sciolto in un veicolo
tepido, anche per favorire la diaforesi; al chinino o s^l
decotto di china quando doveva sostenere le forze ab-
battute, e per tal modo mi apportò molti utili servigi.
Il solfato di chinino era poi reclamato maggiormente
allorquando la febbre appalesava della remittenza, o il
vaniloquio, qualche leggier delirio, indicavano una in-
termittenza marcata, con mente tranquilla e serena nel
tempo della calma, non diarrea, ed orine chiare o acquee.
La dose era di 14 a 16 grani al giorno, secondo Tetà»
o in pillole, o in polvere, o in soluzione a norma della tol-
leranza del malato, proseguendolo senza interruzione sino
alla fine della febbre, il che accadeva di solito verso il
termine della quarta settima, o anche più in là, non mai
prima.
Devesi notare che due febbri nel loro principio ani-
messe nel novero delle leggiere, assunsero più tardi l'a-
spetto delle letifere, e ciò io credo, o per diposizione pro-
pria, ovvero, come pare più probabile, per disordini na-
scostamente commessi; e devo aggiungere che in questi
casi riusciti a buon fine, trionfò più la i^atura che l'ar-
te, perocché alcuni giorni prima io avea perduto ogni
speranza.
Nei 9 casi più gravi il mètodo antiflogistico in prin-
cipio venne richiesto maggiormente attivo , in causa
della febbre ardente) del vaniloquio e del delirio^ della
inquietudine generale con intensa sete. Ma in qualche
caso ho dovuto restringerlo e limitarlo , atteso il poco
frutto che produceva, imperocché tanto la febbre che
i sintomi capitali continuavano non ostante sempre al-
larmanti , anche dopo le sottrazioni sanguigne generali e
351
locali. Sicché dopo averne instituite alcune, dovetti arre-
starmi, incerto se fossero più dannose che utili, limi-
tandomi alle coppette alla nu^a, ai vescicanti alle brac-
cia e alle sure, al ghiaccio al carpo e internamente,
alle decozioni di tamarindo , e infine ai senapismi fissi e
volanti , ai bagni senapizzati alle estremità inferiori.
In onta alla presenza di tanto apparato nervoso^ ten-
tai nondimeno il chinino in molte di quelle febbri , poi-
ché, riflettea tra me, se questo rimedio giova nelle più
miti, perchè non potrà giovare nelle maggiori? A.vver-
tirò che in tre di questi malati , apparendo maggior-
mente spiccati i sintomi nervosi ed enterici , la migliare,
il delirio quasi continuo, i tremori degli arti, la car-
fologia, credetti di sospenderlo, non come dannoso, bensì
come impotente rimedio, e gli infermi subirono T astremo
fato.
Il pronostico si offriva in queste febbri quasi sempre
incerto nel suo principio , non cosi nel secondo e terzo
settenario. Imperocché non fu raro il caso di alcune
febbri, che leggiere nella invasione, divennero gravissime
liei loro corso. Né altrimenti accadeva di alcune altre,
che, gravi nel loro principio, facevansi a poco a poco mo-
derate, e pervenivano senza impedimento ad una risolu-
zione favorevole. I segni che lo rendevano dubbio o fune-
sto erano il delirio quasi continuo, la diarrea insistente
profusa e fetida, T esantema miliare che vi si era compli-
cato, i tremori delle estremità, la carfologia; ed allora
i malati non isfnggivano che di rado alla morte. La man-
canza di questi sintomi lo dettavano assai più favorevole.
Nella primavera del 1843, le febbri intermittenti com-
parvero in febbrajo^ la maggior parte complicate, o al-
r elemento flogistico^ o al gastrico, o al reumatico, que-
sta però più frequente ; con fortissimi parossismi invaso-
ri, accompagnati non dr rado da vaniloquio, e in alcuni
anche da frenesia passaggiera, che si ammansala facil-
352
mente col salasso, col sanguisugio al capo, coi purgan-
ti, ecc. Allorché poi il rematismo si applicava ai mu-
scoli intercostali o lungo il dorso , tanto più il malato
si rendeva inquieto, chiedeva il salasso per respirare, le
coppette incise per muoversi più liberamente nel letto^
e neirostinazione del dolore, anche le sanguisughe in qual-
che copia, le unzioni oleose con sopra flanelle calde, e di
frequente cambiate..
Se tali mezzi venivano adoperati con prontezza , an-
che i malati raggiungevano più presto la convalescenza ,
e fu raro il caso che apparisse la indicazione del chinino,
perchè le si vedevano ammansarsi da sé.
Alcune però di queste febbri negli individui robusti e
pletorici sul quarto o quinto giorno assumevano un corso
continuo reumatico-infiammatorio, da dover aumentare il
metodo antiflogistico, e con questo i malati al 12 o al 14
giorno di cura raggiungevano la convalescenza. Se poi
con questo metodo, eleminate le complicazioni flogistico-
reumaticfae, la febbre si rendeva semplice periodica, al-
lora era agevole fugarla col chinino. Soltanto verso la
metà di maggio quelle febbri intermittenti deposero le
complicazioni, e un metodo più semplice le arrestava.
Ma ecco nello stesso anno, e verso la metà di lu-
glio, presentarsi di nuovo delle febbri nervose, e in mag-
gior numero dell* antecedente , che dapprima leggiere, o
sotto forma gastrica, assumevano in seguito tutti i ca-
ratteri delle tifoidee o nervose dei nostri antichi. Dall'e-
steriore forma fenomenologica e dal grado si potevano
dividere come le altre in miti e gravi. Delle prime com-
parvero 15, delle seconde 12, in tutto 27. Notisi che
due ammesse tra le leggiere, divennero gravi in causa
dell'esantema miliare, e mantennero un lungo corso
prima di toccare la convalescenza , una ai 45 giorni ,
r altra ai 52; e che la china-china apprestò il migliore
soccorso.
353
L'esantema miliare comparve in queir anno in 17 ca-
si; cioè in 6 delle leggiere e IO delle gravi, non com-
prendendo un caso di queste ultime, nel quale sì aveva ro-
dere specifico ma non la presenza dell'esantema. In tutti
i casi leggieri, presente la miliare, il chinino* fu il ri-
medio più, efficace, e laddove eravi bisogno d'innalzate le
forze del malato , era utile il decotto delia corteccia pe-
ruviana.
La terapia delle forme più gravi dovette essere più at-
tiva, a norma dei sintomi che presentavano. Il salasso ed
il sanguisugio ripetuti erano indicati tanto nel primo che
nel secondo settenàrio, non che i blandi purganti e i clisteri
se i malati erano stitici , le bibite refrigeranti , la dieta
austera, o tutt'al più, e tardi, dei brodi di vitello o di
pollo, di solo burto nei poveri, o anche di vacca.
Se nel frattempo compariva il delirio, dopo le sot-
trazioni sanguigne generali e locali, ricorreva alle ri-
percussioni col ghiaccio sul capo, ai vescicanti alla nuca
o dietro alle orécchie, e alle sure, ai sinapismi alle pian-
te. Né altrimenti venivano combattute cotesté febbri a
stadio un pò più inoltrato; solo che il metodo era più
prudente e circospetto, e in relazione alle forze dell' in-
dividuo. Il chinino non venne quasi mai dimenticato an-
che in quest'anno, pressoché in tutte le febbri.
La cura delle leggiere, si intende da sé, era sostenuta
blanda e prudente a norma dei sintomi. D'ordinario in
principio qualche salasso, se l'accesso febbrile era risentito ;
degli eccoprotici , delle bevande di tamarindo , limonate
semplici se il secesso era facile; sanguisugio alle tempia
se eravi cefalea. In appresso il chinino era il rimedio
più reclamato, e la guarigione, anche quando non avve-
niva prima del quarto settenario, era quasi immancabile.
Quando si aveva complicazione di miliare, la malattia si
protraeva sino al 40.® o ^0.® giorno e con lunga con-
valescenza.
Ankali. Voi. CCJ. 23
354
Nei 12 casi gravi la perdita fa di 5 individui, e la morte
avvenne tra il 14.® e 24.® giorno, . eccetto una paziente che
soccombette neirS.*^ giorno, tanta fa la ferocia spiegata
nei primordi della febbre. Trattavasi di una giovane ro-
busta, di 23 anni« regolarmente mestruata, presa da
delirio furioso, che a stento poteva essere trattenuta
da diverse persone , sinchò dopo 69 ore si ebbe il coma
e la morte.
L'autopsia discopri ingorgati assai i vasi della dura
madre, pieni i seni laterali, rossa Taracnoide e la me-
ninge, consistente la sostanza corticale, injettata la mi-
dollare, poche goccie di siero nei ventricoli laterali e nella
base del cranio.
Nei casi leggieri non avvenne che di rado qualche po-
stumo sfavorevole che ritardasse la cura, e in seguito la
guarigione, tranne in un giovane, nel quale dopo aver
disordinato nel cibo , spintovi da fame straordinaria , ed
essersi troppo presto esposto al^aria, la febbre comparve
con tipo quotidiano fortissimo, da simulare una perniciosa
cefalica, che bastarono due dosi di chinino ad arrestare.
Negli altri più gravi la guarigione venne ritardata
da una diarrea ostinata* consecutiva a disordini dietetici,
per cui la vita del paziente fu posta a pericolo e la
guarigione si fece aspettare, in un caso sino al 52.^ gior-
no, in un altro al 63.^
In tre degli infermi gravi si manifestò la parotite, che
retrocesse in uno da so, seguendone somma recrudescenza
dei sintomi capitali, e dopo pochi giorni la morte. Negli
altri due la parotide suppurò, e finita questa crisi salu-
tare, i malati poterono sottrarsi ad ogni pericolo.
In nessuno dei malati sbucciarono bubboni agli in-
guini, o alle ascelle, e nemmeno furoncoli od altro, uà
tempo credati estremo sfogo dal corpo del principio mor-
boso; soltanto in una donna occorse lo stomacace^, che
si estese alle gengive e airinterna superficie della guan-
355
eia sinistra, con pericolo di perdere alcuni denti. L"* ul-
cerazione óicatrizzò^ coi collutori di miele rosato e acido
solforico, allungati in una decozione d'orzo, colle bibite
acidule internamente, colle carni bianche, col vino gene-
reso, ecc.
Sotto il dominio delle febbri nervose si osserva-
rono anche molte febbri intermittenti autunnali di ogni
tipo , e qualche perniciosa. La maggior parte guari-
rono con addatta cura purgativa, ed antiperiodica. Una
perniciosa algida divenne mortale per essere stato chia-
mato il medico intervento solo al terzo parossismo. Dalle
informazioni raccolte seppi , che il malato provò il pri-
mo giórno un leggier freddo, che passò quasi inosser-
Tato, ponendosi al fuoco circa mezz'ora ; nel secondo gior-
no, ritornato il freddo alla stessa ora, dovette porsi a letto,
non potendo reggersi in piedi, e per quanto la moglie si
ingegnasse a riscaldarlo, con panni caldi e scaldaletto, noa
riusci quasi a ristorarlo; nondimeno egli proibì alla moglie
di chiamarmi, sperando che quel freddo non avesse sinistre
conseguenze. Il terzo parossismo poi fu cosi intenso, che
diceva di trovarsi in un mare di ghiaccio, sua espressione,
e allora raccomandò agli astanti di procurargli il pronto
soccorso medico. Durava l'accesso circa mezz'ora, quando
mi accostai al letto del malato ; non eravi calore bastante
che lo scaldasse, il suo corpo era di ghiaccio, la pelle umida
del sudòr freddo vischioso del moribondo, i polsi scomparsi,
la cute rugosa, inelastica come nel cholera asiatico, la re-
spirazione lenta , interrotta da profondi sospiri , la voce
fioca e bassa, il gemito appena sentito, l' occhio semichiuso
bagnato di gelida lagrima, pupilla coperta dalla palpebra
superiore. Vani furono i tentativi adoperati per richia-
mare il calore : bagno caldo , mattoni riscaldati posti ai
lati e tramezzo alle gambe, frizioni secche con spazzola
6 con flanella di lana, linimento volatile: tutto fu vano,
dòpo tré ore spirò.
356
L* inverno che segui produsse per sua natura molte
infermità flogistiche polmonali, bronchiali» pleuritiche
ed artritiche , angine legittime e reumatiche , vinte la
maggior parte con metodo attivo antiflogistico. Tre pleu-
ro-polmoniti , ed una bronchite catarrale divennero le-
tali , probabilmente per essere stati soggetti gli infer-
mi più volte alla stessa malattia; la morte dei primi
avvenne tra il 6.* e il 1(X® giorno. La bronchite catar-
rale si apprese ad un vecchio settuagenario, afietto da
catarro cronico, dopo espostosi a freddo intenso e a folta
neve con vento, sotto la quale si bagnò lungo un viaggio
di tre^ miglia a piedi. Mori nel 15.® giorno di malattia
per sopraggiunta paralisi polmonale.
Anche Tanno 1844 riesci fecondo in estate ed autunno
di febbri tifoidee, dopo il predominio delle febbri inter-
mittenti vernali, che furono molte e complicate ai soliti
elementi flogisto-reumatici. La primavera non fu rego-*
lare, alternando i freddi notturni e mattutini, col calore
pomeridiano in aprile. In maggio temporali quasi gior-
nalieri ; estate caldo e secco. Sulla fine di agosto 1* at«
mosfera sì fece fresca, poi fredda, il cielo di frequente
nuvoloso , e anche piovoso da non permettere la sta-
gionatura del grano turco quarantino , che per garan-
tirlo da inevitabile alterazione fu stagionato colle stufe
aeree.
I casi di febbre nervosa o tifoidea furono queir anno
25, dei quali 9 gravissimi e 16 leggieri. Dei primi ne
morirono tre, ed uno dei secondi.
É inutile ricordare i singoli casi, e i cangiamenti av-
venuti in quelle febbri, giacché ognuno nel rispettivo
grado offerse qual più qual meno i fenomeni morbosi
degli anni passati^ cioè la migliare in 17, la frenesia in
5 colla dotinenterite di Brétonneau.
Ma la costituzione morbosa atmosferica più nociva ai
corpi umani e alla vegetazione fu quella, che incomin-
357
eiata Tanno 1850 prosegue, eoa poche interruzioni tut-
tora , né da Indizii di voler cessare. Da queir epoca le
stagioni si sono invertite dair ordine naturale. Il ^erno,
destinato al freddo e al riposo della terra, un tempo
somministrava brine, g^li e nevi, acciò si maturasse, e a
nuova e prolifica veget^ione si coavertisse. In questi
inverni ali* incontro il termometro R. si è abbassato di
raro alcuni gradi dallo zero, rimase più. di frequente a
zero , e anche sopra , per il che alla terra sono mancate
le brine e i geli, elementi necessari per prepararla, come
si disse, a maturare, onde acquistasse quella natura che
le è necessaria. Anzi imbevuta di umidità apportata dalle
nebbie e dalle pioggie d* autunno, e invernali, nò più
rasciugata dai venti primaverili fattisi da molti anni e
rari, e brevi, conservò tale umidità e divenne, direi qu;asi,
ammalata.
Sorto finalmente il calore, i raggi del sole attraendo
dalla terra gli umori corrotti per lunga dimora nel
suo seno, si innalzano al mattino nei bassi strati del-
r aria^ arrecano fortissimi danni alle messi e alle frutta.
Questa opinione, che non è mia, ma degli stessi contadini,
mi è parsa abbastanza attendibile ed ingegnosa. Sicché
appena osservano sul mattino quelle nebbie distendersi
sui seminati e sui frutteti, si sgomentano, e accorrono
in. fretta ad accendere dei falò qua là a non lunga di-
stanza , acciò quella fiumana venga assorbita e dispersa
dalle fiamme. Anche Ippocrate soleva ordinare nelle epi-
den^e e nei contagi questi fuochi per distruggere il
principio deleterio, e pare che se ne conservi la tradi-
zione.
L'aria degli strati superiori all'incontro, è più pura
e sana di quella degli inferiori , raccogliendo questa in
maggior numero dei materiali organici e inorganici,
emanati dalla terra, o sviluppati dalle umane industrie,
Jnollecole nocive ai corpi umani e principalmente alla
358
respirazione e alla inaliaione cotanea. Ad iiqpedire o a
minorare cotesti nocivi effetti , V igiene pubblica ha sta*
bilito delle provvidenze, assegnando distanze e luoghi ap-*
positi lungi dair abitato per le risaje , per le maceratoje
del lino e del canape, per la conciatura delle pelli, ac.<-
ciò' non resti offesa la popolazione.
Non altrimenti deve accogliere V aria quei nocivi va*-
pori che emanano dai luoghi bassi e paludosi, che imbrat^
tano r atmosfera , formando le cosi dette mefiti , tanto
feconde di febbri periodiche miasmatiche e perniciose.
A proposito delle mefiti son note le esperienze insti-^
tuite sopra V atmosfera circolante nelle paludi dai dotr
tori Gratiolet e Lemaire in Francia. Raccogliendo essi
i vapori condensati sopra le pareti di un vaso pieno di
ghiaccio, vi scoprirono, col mezzo del microscopio, delle
sporule , degli infusorii , e i detriti d* una sostanza ani-
male e vegetale in putrefazione.
D'altra parte il dott. Salisburi di Nuova York (« Jour-
nal of medicai science di Nuova York ») , che ha poco
dopo ripetuti i medesimi esperimenti , scopri anch' egli
col microscopio nell'aria delle paludi in vicinanza di
Lancaster nell'Ohio, dei corpuscoli composti di una pic--
cola cellula longitudinale, somiglianti ad alghe estrema-^
mente piccole, che constavano di un nucleo attorniato
da una parete cellulare. Di questi corpuscoli l'Autore ne
scoprì nella saliva di quelli abitanti, che sono pallidi,
scoloriti, infievoliti, e travagliati dalle febbri intermit-
tenti. (Vedi « Bollettino delle scienze mediche di Bolo^
gna », fascicolo di settembre 1866, p. 198).
Ora adunque se corpuscoli organizzati furono col mi^-^
croscopio scoperti in un'atmosfera maremmana, o palu-
dosa, e di simili o quasi simili si sono rinvenuti nell'a-
ria dei cholerosi (Vedi Thomson, Pacini, Emiliani)
questo prova che i corpi organici in uno stato morboso
sono suscettibili di fermento. Quindi non a torto il prof.
S59
Polli di Milano considera le febbri intermittenti miasma-
tiche ed il cholera malattie da fermento morbiflco. Ma re-
sta a vedersi poi se i solfiti guariscano tali malattie. Sulle
febbri nostre intermittenti autunnali non miasmatiche si
hanno prove non scarse della * loro efficacia. Io stesso né
istituiva replicati esperiinenti sino'^dagli anni 1863,* 64 e
65, e potei convìncermi della loro utilità, mentre debbo
confessare al tempo stesso di aver guarite talune di
queste febbri col solo metodo antiflogistico e purgativo
continuato più giorni, o in casi in cui erano stati inu-
tilmente adoperati ì solfiti , di aver dovuto ricorrere al
chinino. Ciò però non infievolisce punto la dottrina del
chimico milanese, esistendo in suo favore fatti non pochi
e luminosi.
Spiace d' ignorare come abbiano corrisposto nel cho-
lera i solfiti. Fra coloro cui vennero raccomandati dal
prof. Polli nell'epidemia di Ancona, non fu che il dott.
Velia che se ne è dichiarato soddisfatto, senza discendere
a particolari. ( « Ann. universali di medicina » ).
Questi corpuscoli organici sparsi nell'aria, venuti in
contatto dei corpi umani, hanno dessi una azione spe-
ciale secondo i luoghi e le circostanze , in modo da su-
scitare negli abitanti delle paludi le febbri miasmatiche ,
altrove il cholera , e da riprodursi e moltiplicarsi , tra--
sportate a distanza 1 Benché nulla al presente si possa
proferire di certo in tale questione, ben esaminato però
il fatto, a me non sembra improbabile. Ma ritorniamo
air argomento della costituzione atmosferica accennata.
Ad ognuno ò noto lo stato degli animi dopo il 1848.
Sotto r incubo di una forza brutale, del terrore dello stato
d'assedio, di barbare e talora ingiuste esecuzioni capi-
tali, sotto le previsioni di enormi gravezze, si passava
una vita tutta piena di pericoli e di incerto avvenire.
Aggiungansi gli sconcerti atmosferici comparsi V anno
1850, infesti ai corpi umani e alla vegetazione, onde sem-
360
brava che cielo e terra congiurassero uniti contro di
noi. D'allora in poi non più stagioni r^olari, non pri*
ma vere seguite da graduati tepori, non ordine nella
separazione delle stagioni, ma imprpvvisi cangiamenti
atmosferici, passaggi repentini dal caldo al freddo, e vi-
ceversa, f
Quasi ogni anno il cielo in primavera veniva ingom-
bro da nebbie, che oscuravano la luce del sole, e i ca-
lici, le corolle dei fiori, abbassando il capo appassite,
si staccavano dallo stelo, lasciando isterilite le piante.
Le nebbie mattutine non apparivano soltanto in prima-
vera, ma anche in estate, il che era ritenuto sempre di
triste augurio, non solo per le messi, ma anche per la
pubblica salute.
Né stette molto ad alterarsi l'ordine col quale le
malattie, a norma delle stagioni e del loro influsso, so-
gliono presentarsi ; ad aggiugnersene altre diverse , ov-
vero a peggiorare ed a preponderare le più. comuni. Il
reumatismo infatti inqominciò a prevalere sotto tutte le
forme , né ha cessato ancora d' imperversare. In princi-
pio furono le febbri reumatiche, le angine reumatiche,
ora semplici, ora complicate al gastricismo o all'ele-
mento flogistico. Più tardi il reuma vesti articolazioni
e muscoli, non che le interne membrane sierose , e siero-
fibrose; infine si apprese agli involucri nervosi, presen-
tando tutte le forme nevropatìche di cui sono capaci
quei tessuti. Inoltre nen vi fu quasi febbre, o flogosi
viscerale , che non avesse seco il reumatismo ; infine
poi ha tanto prevalso da far scomparire alcuni tipi feb-
brili legittimi, come le gastriche, le infiammatorie sem-
plici ,- ovvero da oscurarle affatto , complicarle, o sosti-
tuirle. .
Le pia frequenti invero furono le febbri reumatiche,
da superare di molto tutte le altre febbri prese insieme;
le angine reumatiche ora senza, ora con gastricismo. Le
361
prime irrompevano sempre nel primo accesso con qualche
brivido di freddo, di rado col solo caldo ^ coq calore ge-
nerale, qualche volta con sudore in principio, e questo
piuttosto scarso, e non mai critico, da doverlo più
tardi promuovere coi sudoriferi. Gli altri accessi esordi-
vano sempre col calore, il che dinotava la continuità
della febbre, la quale accompagna vasi alla . sete, a dolori
al capo , zi lombi , al dorso , alle coscio. I malati dice-
vano di sentirsi il corpo ammacato; la lingua era im-
paniata ed umida; inappetenza, calore cutaneo, polsi ampi
e duri.
Dietro queste febbri venivano le angine reumatiche,
invadenti con forte febbre non remittente , cefalea gra-
ve, mai con brividi, piuttosto con sete, che i malati
si astenevano di appagare per la difficoltà di deglutire ;
il dolore di capo si estendeva alle orecchie, alle tempia;
voce rauca ^ confusa , ingrossamento della gola , tonsille
tumide, coi^ cupo rossore che dal palato si estendeva alle
fauci ; dolori reumatici in diverse parti del corpo , polsi
duri e frequenti, anoressia completa.
La cura di tali malattie fu V antiflogistica , che riu-
sci sempre utile di modo che non si ebbe a deplorare
che qualche rara vittima in vecchi ed ammalorati, or-
ganismi. Il salasso generale, i purganti, i sudoriferi
erano i rimedi somministrati nelle prime; né molto di-
versiScava il metodo nelle seconde , tranne il sanguisu-
gio al collo , allorquando la infiammazione alla gola era
molto grave, ricorrendo in questo caso ai cataplasmi mol-
litivi, alle emulsioni oleose, alla cassia, al latte allun-
gato coir acqua.
Quanto alle sottrazioni sanguigne, due o al più tre
bastavano per le più forti, e poco più nelle angine gra-
vi. Se poi nella prima settimana quelle febbri non cede-
vano , entro la seconda compivano quasi sempre il loro
corso, tranne rare eccezioni, cioè quando si associava la
361^
miliare. Le angine si riaolverano di solito tra la decima
e la dodicesima giornata, oppnre passavano alla suppu-
razione.
Coteste affezioni reumatiche febbrili sono sempre com-
parse in tutto r andamento della costituzione attuale, né
hanno fin qui cessato, forse per esservi i corpi grave-
mente predisposti.
Nò r elemento reumatico si limitò a queste due fer*^
me febbrili, ma estendevasi al> petto, ora investendo a
preferenza i muscoli intercostali, ora la pleura costale, ora
la polmonale. E anche in questi casi la cura non dovea
essere pronta ed attiva, come nelle pleuriti, e nelle pleu-
ro-polmoniti veramente flojfistiche , poiché cedevano non
difficilmente ad un moderato metodo sottraente e debili-
tante. Rare volte sono arrivato ai quattro o cinque -sa-
lassi nelle polmonie e pleurisie reumatiche, e quasi sem-
pre con esito fortunato.
I reumi intercostali sono stati infiniti nel basso po-
polo, per essere male coperto d' inverno, o pel facile spo-
gliarsi sotta le fatiche. Allorché erano veementi, bastava
il sanguisugio , i rivellenti quando erano ostinati , molti
essendo svaniti anche coi soli linimenti irritanti , e colle
unzioni oleose con sovrapposta flanella di lana.
Dopo avere il reumatismo decorso sotto forma febbrile,
e investite diverse località in modo acuto, a poco a poco
prese un andamento lento ed affebrile , ora innestandosi
sopra articolazioni piccole e grandi, ora abbraccianda mù*-
scoli, 0 membrane. Frequentissimi furono i reumi al dorso
( lombaggini ), quelli dei muscoli della coscia e del braccio,
e frequenti pure furono quelli delle articolazioni (artri-
tidi) da tormentare i malati con lunga ed ostinata pre-
senza.
Persino i plessi ischiatico e crurale subirono la stessa
lenta irritazione reumatica, e non fu risparmiato sempre
mai il plesso bracchiale. Cosicché le cotiliti, le ischiadi
363
antica e postica, furono numerosissime; nò altrimenti un
vivo dolore nel braccio , che rimetteva a certe ore , fu
incontrato più volte nella mia pratica.
Convien notare ^he se i malati ; toccata la convale-*
scenza, e anche poco più tardi ^ non usavano sommi ri«-
guardi a non esporsi air aria o alla campagna , la recir-
diva era presso che inevitabile , e se il reuma non avea
di ritorno sollevata la febbre , si diffondeva in seguito
lento ih varie parti del corpo, nei muscoli, o nelle arti*
òolazioni, tormentando in vari modi gli infermi.
Un uomo sui 30 anni, robusto, rimasto sempre sano
in sua vita, cadde malato verso la metà di gennajo 1867^
di febbre reumatica coh dolori in molte parti del corpo,
più forti alle ultime vertebre lombari in modo da non po-
ter scendere dal letto, nò cambiare di posizione, costretto
a giacervi come un tronco. Il trattamento fu antiflogi-
stico generale unito ài purganti Ovai sudoriferi; sull'S.®
giorno, per la marcata remittenza della febbre e dei do-
lori reumatici, ogni sintomo cessò quasi del tutto col
chinino^ tranne una soffribile dolenza lombare, sedata
coi linimenti irritanti nel corso stesso della cura. Dopo
due giorni di benessere, credendosi guarito, recavasi ad
una cascina lont^Eina un miglio in cattiva giornata, per*
contrattarvi del lino come mediatore; ma accortosi della
sua imprudenza , si pose di nuovo a letto.
Non era trascorso il giorno appresso, che alle 4 pome-
ridiane senti insorgere la lombaggine e i dolori estendersi
lungo la coscia e la gamba sinistra. Non avea febbre e
nondimeno i dolori sussistevano forti anche il di seguente.
Riconoscendo ch'egli non osservava la regola prescritta,
che voleva alzarsi , mangiare a capriccio , e serviva in
bottega da fruttivendolo, a danno della, salute, lo ritirai
nello spedale.
Forti erano ancora i dolori ai lombi e all'anca sini-
stra, che estendevansi sino al ginocchio, con gonfiezza e
364
rossore di questa parte. La prima ordinazione fa un
salasso, il sangue era molto cotennoso; prescrìssi un-
zioni oleose sulle parti malate, e sul ginocchio; il di se-
guente le sanguisughe. Sedati in parte i dolori, il malato
nondimeno dovea guardare ancora il letto senza poter di-
scendere pe'suoi bisogni
Alla mattina i dolori erano accresciuti, e dovetti ri-
correre ad un altro salasso, ugualmente cotennoso, che
sedò alquanto i dolori. Ma non erano per anco cessati, che
il reumatismo insorse nell'anca e coscia destra sino al
ginocchio, rosso e gonfio ali* interno. Trattate queste
parti con unzioni oleose , sanguisugio al ginocchio , e
colle pappe, dopo tre giorni di cura tutto scomparve.
Il malato si lusingava di aver toccata la guarigione,
e di sortire dallo spedale pe* fatti suoi, quando dopo
due giorni nel passeggiare per la sala calda ad 8 gradi
R. senti dei dolori vivi nel ginocchio e polpaccio sini-
stro, pei qaali dovette porsi a letto, e chiedere qualche
rimedio ali* infermiere. Questi si restrinse alle unzioni
oleose, coprendo di flanella calda le parti, acciò passasse
meo triste la notte. Alla visita del mattino trovai rosso
e gonfio neir interno il ginocchio sinistro, e dolente il
polpaccio dello stesso lato. Ordino ir sanguisugio ^ e le
pappe in ambe queste partii e al dopo pranzo tutto era
diminuito. Le frizioni di limento Opodeldok all'anca e
alla coscia non erano mai. state dimenticate.
Il malato due giorni appresso torna ad alzarsi, cam-
mina a stento colle gruccie. Dopo quattro giorni il gi-
nocchio e il polpaccio sinistri erano Uberi, tranne una
lieve gonfiezza edematosa ai malleoli in tutte e due le
gambe. Trascorsi iZ giorni di cura, sorte dallo stabili-
mento, senza più recidiyare.
Ho posto innanzi al lettore questo caso per mostrare
quanto siano stati protervi i reumatismi in questa costi-
tuzione morbosa, da non averne avuti esempi uguali fi-
365
nora. Il numero delle lombaggini, delle ischiadi, dei reumi
intercostali ed articolari è stato straordinario ; anche die-,
tro regolare e pronta cura^ resistevano a lungo e di fre-
quente recidivavano. Mi conforta però il ricordare che
in onta a tanta difficoltà e ostinazione, la cura antiflo-
gistica e rivellente ha sempre trionfato.
Alle aflfezioni reumatiche altre se ne aggiunsero non
meno singolari , e furono le- gastriti. Quantunque non
sembrassero partecipare dell'indole reumatica, e avessero
tutta r apparenza di una malattia sui generis ^ attesa la
la loro caparbietà e la recrudescenza maggiore in certe
stagioni , convien credere ne subissero la influenza.In prin-
cipio gli incomodi digestivi erano tollerati dagli individui ,
0 quasi trascurati come leggieri , ma in seguito a poco
à poco crescevano a tanto da riuscire insopportabili. I
malati non tolleravano il minimo cibo, e nemmeno po-
chi sorsi di acqua* Era un senso di péso all'epigastrio,
appena ingojati i cibi o le bevande , come se. una mano
0 una pietra comprimesse quella regione , . sicché i ma-
lati li abborrivano ; non fame , non sete , arsura alle
fauci, vomiturizione ed anche vomito; lingua rossa ai
niargini , impaniata nel centro , talvolta intieramente
rossa con papille rialzate , o cosi liscia da simulare
una fetta di carne appena tagliata. Il passaggio delle
poche sostanze ingollate era assai tardo, accompagnato
da rutti , da acidità , da ruminazione.
La causa di questa malattia non la saprei rinvenire
se non nella cattiva qualità dei cibi e delle bevande al-
terate dalla mala influenza atmosferica , di cui si tratta
in questa Memoria, senza pretendere di determinarla. In
questo caso non doveano concorrere soltanto a ledere lo
stomaco, il vino e i cereali, ma le stesse carni degli ani-
mali e dei volatili , i quali vivendo di erbe , di grani e
di insetti a norma della specie, pascevansì di sostanze
che dovevano essei;e parimenti alterate.
386
Avendo curato nella lunga mia pratica molte ga-
striti acute e lente, prodotte da altre cause generali,
assicuro di non averne per lo innanzi assistita pur una
che a queste somigliasse, e pei si ritorni, e per la cura, e
per Tesito talvolta letale. Pòco o nulla giovarono in esse
i rimedj, eccetto il sanguisugio all'epigastrio, al princi-
pio del male. Una indicazione franca e sicura , non mi
fu dato di cogliere. Asserire che dipendessero da legitn
tima irritazione o da flogosi, mm erami concesso; soste-
nere che fossero di debolezza^ nemmeno; perchè il più
lieve stimolo le esacerbava e perfino gli stessi amari
ed il bismuto. Il vino anche in minima quantità ho do-
vuto abbandonarlo. Il cibo il più semplice e fluido in
certi momenti non era tollerato, tanto meno il solido ed
il carneo, mentre queste sostanze mi avevano giovato
nelle croniche gastriti in ultimo stadio. Di che natura
erano dunque tali gastriti? Io certamente confesso di
ignorarlo, e mi limito a crederle specifiche, se è lecito
servirmi di questa parola, perchè mosse da cause indub-
biamente specifiche.
Queste gastriti hanno incominbiato Tanno 1855; svi-
luppavansi di preferenza in coloro che si nutrivano di
cibi grossolani, come i contadini é i poveri artieri. Le
donne ne erano prese più di frequenti , perchè di fibra
più delicata. Però non mancavano d'infastidire anche gli
uomini , e fra quelli che usavano cibi migliori. I ma-
lati nel raccontare le loro pene portavano sempre la
mano all'epigastrio, asserendo di sentirvi come, una fascia
che lo comprimesse, ed una certa oppressione di respiro.
Le donne doveano tener larghe le vesti alla cintola, per-
chè erano loro di fastidio ; dicevano che appena mangiato,
il senso di oppressione si accresceva a doppi, e protesta-
vano che avrebbero mangiato mai , se ciò fosse stato
possibile.
Il male , dapprima leggiero , aumentava di giorno in
307
giorno, di mese in mese, di anno io anno, e qaan^
tuoque fosse il dolore talvolta isolato, non era infre-
quente di scorgerlo complicato al reumatismo, o ad air
cune febbri, le quali, anche tolta la gastrite, continua-
vano. Ne andarono maggiormente travagliate le donne
soggette alle indigestioni e alFisterismo, e gli uomini ma-
laticci 0 di tempra delicata.
Se una generosa applicazione di sanguisughe air e-
pigastrio non era sufficiente a porre in calma la ga-
strite, e dopo tre, quattro o sei giorni comparivano di
nuovo i primi incomodi-, conveniva ricorrere ad una se-
conda, ed anche ad una terza^ e sempre collo stesso nu-
mero, fin tanto che fos8^ tutto cessato. Nelle forme piìi
gravi conveniva insistere più a lungo, tu una donna nella
quale si era giunti airoitava applicazione, ha giovato un
largo vescicante tenuto aperto diverse settimane con un-
guento epispastico indolente. Favorita ed ottenuta la ri-
soluzione, cambiai la dieta tenue in asciutta e carnea,^ch6
era digerita molto bene, ed a corroborare il ventricolo
concorsero le decozioni amare, il bismuto, i marziali.
In alcune gastriti gravi complicate a febbre reumatica
a irritativa , ovvero a saburra gastrica od alla miliare ,
la cura era più lunga. La miliare fu sempre d'incerto
pronostico. Una donna di 36 anni , madre di 6 figli an-
cora in tenera età, molto povera, venne ricoverata
presso un suo fratello che le usava molte premure; ma
r angustia della casa , la difficoltà di trovare assistenti
durante T allevamento dei bachi, la lunghezza della ma-
lattia, la costrinsero a ricoverarsi allo spedale. Essa avea
febbre viva reumatica da 20 giorni, cefalea grave, lingua
rossa ed arida, con papille rialzate nel centro, tosse leg-
giera 0 appena qualche conato di tosse inconcludente ,
anoressia, dolore acuto all' epigastrio sotto lieve pres-
sione, senso continuo di languore, inquietudine generale,
stitichezza, polsi stretti frequenti^ pelle calda urente, sete
368
moderata. Meno (](Qalche blando eccoprotico o qualche
clistere per la stitichezza, nò brodi né bevande prenderà
la malata^ perchè tatto le pesava^ tutto la in&stidiva, e
talvolta anche vomitava, occorrendo delle ore a che le
sostanze passassero nelle intestina.
Ostinata insisteva sempre la gastrite , e questa osti<-
nazione mi facea temere della miliare, che per buona
ventura non comparve. Ordinai per tre volte il sangui-r
sugio airepigastrio, e insistetti nel tamarindo, nel ghiac-
cio per bocca. Appena la febbre' .cessò , ricorsi al bagno
tepido, che per debolezza la paziènte non potò tollerare
più di iin quarto d* ora. Si incominciò allora coi brodi ,
coi pantriti, coi vermicelli, e mano mano che là dige-
stione, confortata sempre cogli amari, si ristabiliva, ài
sali alle uova, alle carni bianche^ al riso ristretto, ecc.
La convalescenza fu lunga , forse non meno della cura ,
ma la salute fu tanto stabile, da lìon venire più mole-
stata da incomodi.
Una signora, verso i 35 anni, con figli, era già da di-
versi mesi incomodata da disturbi di digestione, e suo marito
che era farmacista tentò sopra lei varie medicine, ed al-
tre ancora stategli suggerite non so da chi. Stanca in-
fine della loro inefficacia, mi invitò ad assisterla. Prima di
incominciare la cura volli essere informato di tutto, cioè
dello stato anteriore, e delle prescrizioni esaurite, le
quali consistettero in purganti blandi , nel rabarbaro ,
nella china, e nelle bibite di siroppo di tamarindo allun-
gato coir acqua, non senza aver tentato qualche amaro
inutilmente. Dal racconto conobbi che la cura venne fatta
senz'ordine e precisione.
Era apiretica,' benché sostenesse di avere la febbre, per
un certo calóre interno che provava, e alcune vampe iste-
riche che le salivano al capo ; mi narrò che i suoi in-
comodi datavano da diversi mesi , tollerati senza la^
mento, e quasi all'insaputa del marito, ma quando lo
369
stomaco incomincid a tatto rifiutare , allora glieli feca
palesi. La regione epigastrica era doleiitissima ; costretta
a tenere aperte le vesti sai petto , non v* era cibo fluido
o solido che potesse tollerare, e quando per timore della
debolezza e dell' inedia ne assumeva* alcuno, sentivasi su-
bito male.
La prima ordinazione furono le sanguisughe m numero
di 16, che la paziente aumentava a 20, le quali le ap-
portarono, un subitaneo sollievo.; ÀlFindomani gustava già
una pronta salute, quando dopo 5 o 6 giorni il senso mo-
lesto ritornò, ma scomparve ugualmente con una seconda
applicazione di s^nghisughe; e questa volta il sollievo
durò maggior tempo. In questo intervallo volle far uso
di alcuni pantriti e panatelle da me proibite , sperando
di ristorarsi da uno sfinimento che la teneva in angu-
stia, ma presto si persuase che la dieta assoluta era ne-
cessaria, e che non dovea romperla, poiché il peso allo
stomaco ricomparve, onde promise di non più interrom-
perla senza mio ordine.
Ricorsi allora ad un terzo sanguisugio con 16 mi-
gnatte, e ne ebbe un sollievo tale^ da credersi libera in-
tieramente. Però le sue parole non mi assicuravano in-
tieramente, e non ristetti d^llo esprimere i miei dubbi, e
di avvertirla di porre attenzione allo stomaco. Infatti sul
decimo giorno si destò ali* epigastrio, non più un dolore,
ma una semplice molestia, pari ad una pienezza, ben-
che lo stomaco non contenesse né cibo né bevanda, e se
alcuno le parlava di nutrirsi , essa medesima rispondeva
non esserne tempo ancora, e non desiderarlo nemmeno.
Onde liberarla anche da queir incomodo , le applicai un
largo vescicante alla ragione epigastrica, che mantenni
aperto più di tre mesi, colla pomata di Sainbois, e le som*
ministrai una decozione amara di legno quassia, coi quali
rimec^ si riebbe alquanto. In luglio prese le acque di Re-
Annali. VoU CCL 24
370
coaro, dalle quali provò giovamento. In seguito le con-
cessi il cibo asciutto, che non potò continuare a lungo per
esserle pesante, e infine risoluta di stare ai cibi buoni di
famiglia, ora si sente libera del tutto.
Un caso che ebbe' esito funesto, e che dimostrò all'e-
videnza la caparbietà di quelle gastriti, accadde in una
donna verso i 50 anni, ancora robusta. Erano già diversi
mesi che soffriva di indigestione e di inappetenza con di-
sturbi isterici, e tollerava a stento i cibi della sua cucina.
Sorpresa un giorno da febbre reumatica, sembrava che
tutto r elemento morboso si fosse scaricato sul ventri-
colo, imperocché e rutti e acidità, vomit unzioni e vomito
la molestavano appena prendeva qualche sorso di acqua»
e peggio ancora se le bevande erano o di tamarindo, od
acidule, per quanto grate. Nemmeno la più leggiera pres-
sione era tollerata all' epigastrio , e sina le coltri del
letto le davano fastidio.
Instìtuita una sanguigna generale , èssa fu sollevata
alquanto dalla febbre, non cosi al ventricolo, insofferente
ancora di ogni Qosa ingesta, onde il di appresso feci ap-
plicare buon numero di sanguisughe a quella regione. Il
vantaggio alla parte fu pronto , e la malata si trovò
ristorata per alcuni giorni , sicché potè prendere brodi
e medicine senza essere disturbata. Ma al 7.^ giorno si
vide necessaria una seconda applicazione, dalla quale ri-
mase sollevata intieramente. Proseguita poi la oìitb, della
febbre sino al 21.^ giorno, essa cessò, incominciando al-
lora la convalescenza. Dopo alcuni giorni la paziente si
alzò dal letto, e postasi ad una finestra chiusa da cri-
stalli, ad un tratto senti un fracasso tale ed un tremito
a tutta la casa , come se crollasse.-^ Spaventata discese
dalla sala nella corte per osservare cosa fosse avvenuto,
e vide una parte del tetto caduto sopra la stanza vicina,
da essa abitata. Fu tale il suo spavento, che le si desta-
rono delle convulsioni, le sopravvenne la febbre, il peso
371
e il dolore air epigastrio , 1* inappetenza,, e si rimise in
corso tutto l'apparato «della antecedente malattia, e
per di più una impressionabilità morbosa mai sofferta
prima.
La nuova cura intrapresa £ece cessare dopo diversi
giorni la febbre e le convulsioni, ma rimase T inappe-
tenza , quella prima impressionabilità , ed una sinistra
prevenzione, che dicea di non poter bandire dalla mente.
Nondimeno si pose ad alzarsi , ad appetire qualche co-
sa, quando ad un tratto giuntale ali* orecchio la no-
tizia della risoluisione improvvisa deir unico suo figlio
di volersi arruolare volontàrio sotto le bandiere del
generale Garibaldi pel riscatto della Venezia, fu tale
la scossa del suo animo, che le ritornò la febbre, si rin-
novarono le convulsioni ,. 1* inappetenza , i disturbi allo
stomaco , da non poter ricevere nò cibo né bevande ,
che tutto rigettava col vomito. A nulla valsero le san-
guisughe air epigastrio, a nulla le medicine apprestate, i
rivellenti, che al 16.® giorno di quest'ultimo stato dovette
soccombere.
La sezione del cadavere non mi fu accordata, né potei
ottenerla in altro caso simile, onde rimase insoddìs/atto il
mio desiderio di conoscere la condizione morbosa dell' in-
terna membrana dello stomaco.
In alcune gastriti, allorché furono lunghe e con feb-
bre , comparve anche la miliare , il che riusciva sempre
di grave imbarazzo , e spesso aiiche di pericolo all' in-
fermo. Questo esantema , rarissimo da noi verso la fine
dello scorso secolo, poco frequente anche in principio del
presente, mentre dominava nel mantovano e nel veneto,
ora si é reso famigliare anche nel territorio cremonese,
proveniente dal comasco e dal ìnilanese, non essendosi
osservato cosi frequente mai prima che fossero infestate
quelle due provinole superiori. Osservato per lo addietro
soltanto in qualche febbre puerperale o nervosa, ora lo
372
si incontra in quasi tutte le malattie febbrili, persino
nelle polmonie e nelle intermittenti^ purchò il loro corso
si protragga oltre il consueto, prolungamento che sem-
bra procedere più dall' esantema^ miliare , che dalla feb-
bre stessa.
Nel 1861 la miliare mi. offri maggior numero di casi
e prevalse nei mesi di luglio, agosto, settembre e ot-
tobre. La genuina febbre miliare si presentò io due soli
casi; negli altri, o fa una complicazione, o un sintomo,
e si associò alle febbri nervose, alle puerperali, alle ga-
striche , alle reumatiche , alle artritiche , alle intermit-
tenti prolungate, ' e perfino ad alcune polmonie reuma-
tiche.
La prima miliare legittima si presentò con remittenza
terzana, sempre senza freddo,, tranne nel primo accesso,
che fu di pochi brividi ; negli altri non vi fu che calore
e sudore discreto. Il giorno della remittenza il malato
assicurava di sentirsi bene, benché vi fossero alcuni se-
gni della febbre, il calore, cioè, della cute, e qualche fre-
quenza dei polsi, e in quel giorno una parte delFesantema
si avvizziva, per> ricomparire più diffuso neir accesso se-
guente Cosicché la febbre indicava la parziale eruzione
della miliare; la remittenza, la parziale disseccazione.
Le miliari che si associavano alle febbri gastriche e
alle nervose non soltanto complicavano le febbri, ma le
rendevano pertinaci e diuturne, costretto il paziente,
dopo superata la malattia, a percorrere una lunga e sten-
tata convalescenza piena di riguardi. Un*artritide reu-
matica con miliare, giunse sino al 45° giorno in una
giovane robusta, e la sua convalescenza non fu al certo
meno breve della stessa malattia , tanto fu il dimagra-
mento e la debolezza cui venne ridotta.
Non occorre avvertire, che la cura di quelle febbri
fu varia a norma della natura delle affezioni alle quali la
miliare si associava. Nelle gastriche erano indicati i blandi
373
purgativi» qualche salasso pritnà dell'esantema, il sangui-
sugio air epigastrio nel dolore di questa regione, Tipeca*
cuana a piccole dosi, il tartaro stibiato quando la lingua
era' coperta di sitrato saburrale, le decozioni di tamarindo;
e non fu infrequente il bisogno del chinino quando la feb-^
fore segnava un corso remittente con qualche sudore, ciò
che fu osservato in alcuni casi.
La indicazione del chinino fu maggiore nelle febbri
reumatichìs, nelle artritiche e nelle nervose con miliare ,
tanto più se mostravano della r^missione. Allorché in
queste ultime compariva il vaniloquio, o qualche pesan-
tezza al capo, ricorreva alle lozioni fredde sulla parte
ed anche al ghiaccio chiuso in vescica, senza smettere
mai il chinino.
Un'altra forma morbo3a che si rese molto frequente
dopo le miliari, furono le nevropatie del 5.*^ pajo cere-
brale, e del 3.® Tra le principali si distinsero le frontali,
le quali incominciando al mattino terminavano verso le ore
3 0 4 pomeridiane, oppure quietavano di giorno e compa-
rivano suir incominciare della notte per cessare al mat-
tino, lasciando nella parte una leggiera sensazione dolorosa
indifferente. Erano fitte lancinanti, tormentose, momenta-
nee, dapprima leggiere e staccate, in seguito più frequenti
e ^ravi, da costringere il malato a chieder istantaneo soc-
corso. Premesso un purgante, talvolta il sanguisugio
dietro V orecchio , il chinino coli* oppio a dose generosa ,
usato due, tre, quattro e più giorni di seguito nella osti-
nazione del male, giungeva ad arrestarle. Apprestato a
dose minore, e non ripetutamente, il male mitigavasi in
sul principio, 'ma presto ricompariva co* suoi tormenti.
Una nevropatia frontale assai cruciante avea colpito
un robusto contadino affittuale, che assistito da mio figlio
con purgante, sanguisughe ed un rivellente dietro Torejc-
•chio dallo stesso lato , poscia con due dosi di chinino ed
-oppio, ne era stato presto liberato. Il malato non avendo
374
in seguito usato i dovuti riguardi Impostigli, ed essen-
dosi esposto in giorni freddi ed umidi alla campagna ,
ricadde subito nello stesso male , e con tale forza , che
le sue grida si udivano da lungi e movevano a pietà.
Cresciuta la dose dA chinino e dell* oppio, il primo ad un
grammo, il secondo a 16 centigrammi al giorno, ottenne*
dopo sei dosi la guarigione, senza più incontrare la reci-
diva, quantunque fosse ritornato ai lavori dei campi.
Un caso di nevralgia facciale ( tich douloureux de*
francesi) accadde in una donna di circa 30 anni, madre
di più figli , robusta. Esso non serbava in principio né
ordine, nò' intermittenza, ma dopo tre giorni assunse il
tipo notturno con incredibile fierezza. Le grida della pa-
ziente svegliavano ì vicini di casa, che mossi a pietà, si
alzavano per soccorrerla. Occorsero più di 14 giorni di
cura sedativa con chinino ed oppio a larga mano dispen-
sati, per sollevarla del tutto.
Dopo le retro notate nevropatie reumatiche, molte al-
tre della stéssa natura, e non meno gravi, ne insorsero
alla regione temporale , dette dal volgo flussioni , alle
quali si univano di frequente le odontalgie, derivanti
dair inferior ramo del 5.® pajo cerebrale, di straordinaria
forza , da indurre i malati a chiedere con molta istanza
un pronto soccorso. In principio sembravano mantenere
un corso quasi continuo , perchè gli accessi si accosta-»
vano e si fondevano tra loro, e in allora riusciva a mera-
viglia il metodo antiflogistico , dopo di che il chinino e
l'oppio, proseguiti più giorni, le troncavano nettamente.
Oltre le flussioni reumatico-nervose , a compire V i-
liade de' mali di quella costituzione morbosa, altre ne
insorgevano in diverse parti del corpo con insolita fie-
rezza e caparbia. Erano artralgie reumatiche che intac-
cavano la sommità delle spalle, o il plesso ischiatico,
distendendosi lungo la muscolatura della coscia sino al
ginocchio, 0 dal deltoide a tutto il braccio sino al cu-
375
bito, intaccaado anche le articolazìoiH. Tutte queste afife-
zioni serbavano generalmente un corso re^iittente, e più
tardi, dopo una cura preventiva antijflpgistica e. riyellente,
l'intermittente.
Per esse occorrevano il salasso , o il sanguisugio se
vi era febbre, le frizioni oleose, qualche linimento irri-
tante mattina e, sera, ovvero, neirostinaaione dei dolori,
r unguento di china in frizione, non che il chinino col-
r oppio alF interno , quando i parossismi erano chiari e
staccati.
Considerando cotesto malattie tanto nella loro forma
e raoltiplicìtà, quanto nella loro natura, chi noa rileva in
esse la medesima causa, e quindi non le fa derivare tutte
dal principio reumatico, originato dalla generale influenza
atmosferica che ha dominato fin qui , e che continua ad
assalire i nostri corpi ?
Oltre le nevropatie reumatiche, altre ne comparvero di
non diversa indole, ancor più gravi per. la fornaa, l'ostina-
zione, la gravità, e il morale abbattimento che inducevano.
Quattro ne avvennero per sventura nel mio quartiere ,
che meritano di essere riportate. La prima comparve
r anno 1864 in estate , in una signora d' anni 28 circa ,
madre di tre figli, di robusta costituzione. fisica, sempre
stata sana, senza dispiaceri famigliari. «
La malattia nel complesso presentava quattro paros-*
sismi nelle ^4 ore. Il primo compariva alle 2 antimeri-
diane, il secondo tra le 9 e le 10 del mattino,, il terzo
tra le 3 e le 4 pomeridiane, ed il quarto tra le 9 e le
10 di sera. Duravano ciascuno da un' ora ad un' ora e
mezza. 11 primo e 1' ultimo erano . uguali nella forma e
nel grado, minori in confronto del 2.® e del 3.^, per es-
ser questi violentissimi.
Ai due parossismi leggieri primo ed ultimo precorreva
isempre un senso di malessere, di prostrazione generale ,
di moti convulsivi fntemi, accompagnati da sinistra pre-
376
venzione di morire, a cui suss^uiva un affanno grave di
respiro, una forte oppressione di stomaco con senso di
Tornito, che non si effettuava, un sussurro delle orecchie
e nell'interno del capo, come di vento che dentro vi
scorresse con fracasso, ed anche di fiamma., che dallo
stomaco salisse al capo , che facevale momentaneamente
smarrire V udito e la vista. Questi fenomeni erano tal-
volta accompagnati da tosse secca, e da balordaggine.
Gli altri due parossismi più forti , il secondo ed il
terzo, oltre l'aumento esorbitante de* sintomi sopra anoun*
ciati, aveano seco delle contrazioni crampiehe nelle mani
e nei piedi , e sino nelle gambe , da doverle stringere ed
allentare per &rle cessare; un certo smarrimento de* sensi
e dejla mente, da scuotere di frequente il capo e la per-
sona* per riaversi ; delle vertigini tali da far credere al*
Tinferma si rovesciasse il letto seco lei insieme alla stanza.
Le espressioni di morire erano incessanti : « sig. dott. io
muojo » , diceva essa , « mi ajuti che io muojo », e al
comparire di qualche persona amica o parente , chiedea
perdono se per avventura le avesse offese. L'apparato
morboso durava un* ora circa senza interruzioni, dopo di
che diminuiva a rilento, senza che il parossismo si fosse
estinto affatto , poichò gli abbagliamenti della vista , le
contrazioni muscolari alle gambe , alle dita delle mani e
dei piedi ed il formicolio , il timore di morire sussiste-
vano sempre , e la inferma versava in continuo timore ,
e in paurosa aspettativa del nuovo parossismo.
Nove giorni erano passati senza che il male dasse se«
gni di diminuzione, in onta alla cura insistente ed attiva.
In principio, considerata la robustezza della paziente, fu
instituito un salasso , il sanguisugio ali* epigastrio e alle
tempia, furono dati purganti ed antelmintici, si applicarono
i vescicanti dietro le orecchie. Ma scorgendo l'inefficacia
loro, e d'altra parte rilevando in quella malattia una na-
tura eminentemente nervosa, ricorsi allora alla china unita
377
ai calmanti. La prima prescrizione fu di an grammo di
chinino con 20 gòccie di laudano liquido in un veicolo di
75 grammi di acqua con grammi 40 di siroppo semplice.
Dopo due giorni, non osservando una diminuzione de'sin-
tomi, aumentai il chinino a 125 grammi con 25 goccia
di laudano liquido in un veicolo di 80 grammi di acqua
comune, e con 50 di siroppo semplice. In questo inter-
vallo vennero chiesti varii consulti, ma i pareri furono
discordi ; chi sosteneva esservi bisogno ancora di metoda
antiflogistico e purgativo antelmintico; chi facea riflettere
alla troppa dose del chinino e del laudano; chi infliie, e
questi fu il più sincero, non si volle dichiarare né per
r una , né per l' altra opinione , per non aver osservato
mai un caso di tanta gravità» e di forma cosi singolare,
rimettendosi a me come il più provetto. Tutti i medici
invitati convennero di non aver osservato, mai un caso
di tanta imponenza.
Avendo sin da principio preopinato per la natura ner*-
vosa di tale aSezione, indotto anche dalla influenza domi-
nante, e considerato che i fenomeni morbosi non ayeano
mai variato che nella intensità, non mi volli rimovere dalle
prime prescrizioni; anzi, riflettendo al crescente aumento
del male e alla sua ostinazione, portai il chinino a 1,50
centigrammi, ed a 30 goccie il laudano.
Applicato un largo vescicante ali* epigastrio, e ammi-
nistrata la mistura colla solita norma, senza osservarne
un effetto favorevole, raccomandai air assistente di ab«
breviare il tempo della presa del rimedio. A ciò aggiun-
gendosi la premura della malata, la seconda dose pre-
scritta alla sera era esaurita alle ore 9 e Vs del mattino.
Il marito scorgendo il vaso vuoto, si recò in fretta alla
fE^rmdcia a procurarne un* altra dose , la quale alle 6
ore pomeridiane era parimenti esaurita. Cosicché la ma-
lata in poco più di 26 ore prendeva tre grammi di chini-
no, e 60 goccie di laudano liquido.
378
Nella notte incominciò a gustare qualche sonno ^ in-
terrotto da sogni inquieti, che comparvero ancora per
altre due notti. In seguito, diminuito il rimedio giornal-
mente, ricuperò la salute senza interruzione.
Occorre di notare che non tutti i fenomeni morbosi
svanirono intieramente colla guarigione, perocché al-
cuni si mantennero anche in appresso, ma in grado
assai minore; ed erano la rigidezza delle dita e delle
mani, quell'aura che saliva dallo stomaco al capo ed
oscurava i sensi, dei leggieri stordimenti, onde temevasi
che il male potesse 4i nuovo ricomparire. Ora è affatto
risanata.
Un altro caso Tha offerto una donna di 44 anni, con
7 figli viventi , di costituzione- fisica robusta e sana , in
concordia colla famiglia, maritata con un oste del pae-
se. Il parossismo di quella nevropatia era unico e ter-
zano di tipo, compariva alle ore due dopo mezzanotte
immancabiUnente, e durava continuo più di un' ora. Erano
interni movimenti di tutto il corpo, sotto forma convul-
siva, che dalle estremità inferiori salivano all' epigastrio,
poscia al capo con sensi dì vertigine, di soffocazione, di
formicolio e tremori alle estremità, cardiopalmo, frequenti
sospiri, accompagnati da un timore grave di morire. Sotto
queste morbose impressioni essa era molto inquieta pel
suo stato, e chiedeva ajuto al marito e a quanti le si
avvicinavano, pregandoli che andassero in traccia del
medico e del sacerdote.
Alla mattina, chiamato per tempo a visitarla, la rin-
venni molto abbattuta ed avvilita. Appena alla sua' pre-
senza pronunciò delle parole in questo senso: « Sig. dot-
» tore, sono perduta ! Che se oggi o domani questo male
» ritorna, non potrò al certo sopravvivere, perchè non
» mi sento forte abbastanza per sostenerlo. Se Ella fosse
> stato presente questa notte, se ne sarebbe persuaso, e
» fors'anche l'avrebbe alleggerito. Mio marito non ha vo-
379
» luto alzarsi per non sregliare la famiglia , e per non
« disturbarla, avuto riguardo alla di Lei «età* e alle fa-?
» tiche che sostiene tutto il giorno. Quando a Dio piac-
» que, il male se n' è dipartito, non però affatto, giac^
» cfaè sento- ancora alcuni di quelli incomodi, sebbène in
> minor grado ».
Considerata la robustezza dell'inferma, la sospensione
da diversi mesi dei corsi lunari, benché non fosse gravida,
e r abitudine che aveva ai salassi per qualche difficoltà
di respiro nelle stagioni di inverno e di primavera, e per
cefalee ricorrenti, le prescrissi un salasso, l'infuso las-
sativo, due piediluvi sinapizzati mattina e sera, e stetti
ad osservare cosa accadesse. L'avvertii di chiamarmi to-
sto che fosse aggredita dar male, ed a qualunque ora,
per osservarlo in tutta la sua forma sintomatica. Nella
notte successiva nessun accesso , tranne qualche veglia
prodotta più dal timore di essere aggredita di nuovo ,
che da altro.
Alla mattina successiva avea mangiato una pana^ella
due ore dopo il purgativo, e visto trascorrere un giorno
senza male, gustava già la speranza che più non ritor-
nasse. Il polso era normale, la cute fresca, la lingua
impaniata, minori le impressioni nervose lasciate dal pa-
rossismo della notte scorsa. Il medesimo stato al dopo
pranzo.
Collocatasi a letto alla sera , si addormentò . subito
senza sogni inquieti, ma alla stessa ora, ossia alle due
dopo mezza notte , si sveglia con inquietudine , si sente
soffocare, manda un grido, insorgono i tremori negli arti.
Il marito destatosi, corre tosto a chiamarmi.
Accostatomi a lei, la trovo mesta, lagrimosa, in mezzo
alle ponvulsioni; le sue parole erano quelle della rasse-
gnazione ; diceva di non guarire più , perchè un male si
grave, non è sopportato nemmeno dalle bestie; che se ri-
tornasse un'altra volta, ritiensi irreparabilmente perduta.
380
Mi chiede un rimedio pronto ed energico, e le prescrivo
una soluzione satura di morfina* da prendere a cucchiaj
ad ogni ora, allo scopo di calmare intanto il male, ed
il suo animo. Esamino il polso, e lo trovo stretto e fre-
quente ; alquanto convulse le braccia , nessuna sete, lin-
gua umida e normale^ non appetito, stitichézza, orine
chiare.
Propongo il chinino, ma lo rifiuta, addùcendo che le
ingombrerebbe maggiormente il capo e le aumenterebbe
r interno calore. Insisto sulla necessità di questo rimedio,
e di riuovo lo respinge, perchè il suo stomaco mal tolle-
rerebbe queir ingrato sapore , e lo rigetterebbe al certo
per vomito. Per giunta il marito non le fa animo a
prenderlo. Persisto ed aggiungo essère il chinino l'unico
rimedio che le può apportare la guarigione. Ad ogni buon
conto lascio la ricetta sul tavolo , ed indico come debba
• esser preso, e Consumato nella giornata.
Alle due ore pomeridiane avea già preso un terzo
della soluzione, composta di un grammo di chinino con
16 goòcie di laudano, dose che ripetuta il giorno ap-
presso, al dopo pranzo era già terminata.
II terzo parossismo ritornò con tutti i sintomi degli
altri due accessi, non però cosi intensi; la malata era
alquanto tranquilla. Prosegui gli altri due giorni a pren-
dere la stessa soluzione , ed il quarto parossismo fu an-
cora più mite. Raccomandai di non desistere dal rime-
dio per altri due giorni , ed il 5.® parossismo riapparve
appenat percettibile.
La non totale scomparsa degli accessi mi persuade
che il male non è intieramente vinto, e perciò scorgo la
necessità di dover insistere nel rimedio, e lo impongo.
Ma la paziente non mi ubbidisce intieramente, e ne avan-
za buona parte. Sopraggiunte il sesto parossismo, espon-
go i miei dubbi sulla presa del medicamento , dubbj che
non tardano a verificarsi. Con quella pertinacia di prò-
38
posito, ctie in questi casi è il pi'imo dovere del medico ,
la riprendo della sua trascuratezza, e le dichiaro ch^essa
pone a repentaglio, non. solo la salute, ma resistenza.
Onde scusarsi soggiunse, che quella mistura le era di-
venuta intollerabile , e che il suo stomaco la rifiutava.
Promisi di cambiare la formola, e prescrivere il rimedio
in pillole, aggiunti al bisogno i clisteri sedativi per av-
valorarne l'azione, assicurandola non esservi altro mezzo
per raggiungere la guarigione.
Persuasa finalmente a sottomettersi, assume le pillole
indicate per 8 giorni di. seguito, e gli accessi morbosi in
quel frattempo cessarono del tutto. Devesi notare, che
anch* essa continuò a soffrire per un certo tempo delle
turbe nervose , e ne soffre tuttora dopo due anni , ben-
ché più non le destino le impressioni sospette di prima.
Per questi ultimi incomodi essa non ha dimenticato
di chiedere consigli dai medici di città e della stessa Mi-
lano, senza averne ,^ come mi ha assicurato più volte,
ottenuto alcun vantaggio, ed ora è persuasa che solo il
tempo possa apportarle la calma assoluta.
Il terzo caso mi è stato offerto da una donna di 34
anni » maritata , con 7 figli , senza discrasia , di ottimo
temperamento e carattere, ma di squisita sensibilità.
Nell'agosto 1865, un giornp verso le ore tt pomeridiane
si trovò investita da malinconia profonda, con sinistra
prevenzione di morire; da oppressione di respiro, da tre-
mori degli arti, da palpitazione di cuore, e da un movi-
mento convulsivo interno, che non sapea spiegare, ma che
le offuscava i sensi e Fintelletto. Il parossismo le durava
circa un* ora. e mezza. Nel rimanente del giorno quelle
morbose sensazioni facevansi assai minori , ma 1* agitava
forte il timore d'incontrare di nuovo lo stesso male, e di
morirne. La sua intelligenza non era alterata, e se il suo
buon umore primitivo era scemato d'assai, non era però
perduto, perchè appena godesse di qualche calma, ritornavi^
382
tosto allegra. Àirincontro quando era sorpresa dagli inco-
modi nervosi, q*era preoccupata, e passava facilmente
in malinconia.
Premesso un blando purgativo, passai alle pillole di
chinino e di oppio , che prese otto giorni di seguito, non
sen2a qualche ripugnanza. L* accesso convulsivo spari.
Ma come nei narrati due casi, rimasero vive anche in lei
alcune sensazioni morbose, che la mantenevano in sinistra
apprensione
Desiderando liberarsi anche da quelle molestie, volle
recarsi a casa sua;, lontana circa 9 miglia, a consultare
il suo vecchio medico, ed altri ancora dèi vicinato, e
dopo 15 giorni di assenza, ritornò, non so con quali con-
sigli e medicine, insoddisfatta.
Quei leggieri incomodi convulsivi non erano ancora
cessati da sei mesi^ ma solo diminuiti, e per quanto mi
a£fannassi a persuaderla della loro innocuità , e che non
si sarebbero fatti maggiori, non giungeva a convincerla.
Prescrissi pillole di assafètida, fiori di zinco, ed altri an-
tispasmodici, ma senza pronto ed evidente sollievo. Onde
la paziente fini a disgustarsene e ad abbandonarle.
Ora osservando che dopo 20 mesi i s^uoi disturbi sono
più tollerabili , ne attende con calma la totale scompar-
sa. Incontratala un giorno per via, la rinvenni tran-
quilla e convinta che solo dal tempo poteva sperare il
suo ricomponimento.
Il quarto caso poco dissimile dai precedenti fu pre-
sentato da una giovane di 23 anni , sana , ma di fibra
delicata, e di esaltata fantasia , la quale soffre da 14
mesi di un dolore quasi continuo al costato sinistro in-
feriore, e air esterno della mammella, sul qi;iale vennero
applicate sanguisughe, rivellenti, e unguento di china con
morfina. Esagerando i suoi patimenti, essa si dice amma-
liata e consunta; ma è pur vero che il suo male, come
383
nel caso antecedente, mostrò una grande ostinazione, «
non cedette che imperfettamente alla stessa . terapia.
Durante cotesta costituzione atmosferica morbosa si
ebbero negli ultimi anni altre più formidabili malattie.
Sino dal 1864 si sono osservate delle morti improvvise
più del solito numerose, delle apoplessie con emiplegie di
frequente mortali, delle congestioni cerebrali, molte verti-
gini da stramazzare a terra, alcune delle quali finik*ono
con esito letale.
Le morti improvvise furono sequela di antiche e re-
centi alterazioni del cuore, e dei grossi vasi arteriosi,
indiziati molto tempa prima dai disordini funzionali del
centro ilella circolazione, e gli accessi asmatici ne erano
sempre di funesto preludio.
Gli assalti apopletici erano, come ho accennato , se-
guiti da paralisi di uno dei lati del corpo, e spesso delu-
devano la cura più pronta ed attiva, seguendone al 2.®
o 3.** giorno il coma, e dopo qualche giorno la morte.
I soggetti che caddero nella pazzia, in parte non
erano pellagrosi. Quantunque alcuni fossero agricoli, non
si rinvenne in essi traccia di pellagra, e nemmeno l'eredi-
taria predisposizione alla medesima. Sembrava che bastasse
una causa morale per sviluppare il dissesto mentale, come
la paura, 1* amore deluso, una superstiziosa impressione,
un forte patema di animo.
Una giovane contadina, di 19 anni, ben nutrita e
menstruata , con genitori scevri da pellagra , venne ac-
colta nello Spedale lo scaduto mese di marzo 1867 per
alterazione mentale. Questa giovane, essendo indisposta ,
narrava alquanti giorni prima i suoi incomodi ad un
empirico , il quale le avea prescritte le sue ordinazioni.
Interrogatane in appresso, se le aveva adempite, alla di lei
negativa risposta, quell'impostore esclamava: Vattene, tu
non guarirai più finché vivrai ; il che la avea straordina-
riamente turbata. Al suo ingresso all'ospedale, la malata
3S4
non accusava nessuna molestia al capo, ma dal turgore
del viso, dagli occhi rossi ed injettaii» dal calore in
tutto il capo sensibile alla mano esploratrice , si dino-
tava lo stato di pongestione cerebrale. Essa avea tratto
tratto dei subitanei movimenti e sussulti di tutto il cor-
po, da sollevarlo a scosse dal letto; lo sguardo bieco,
sempre rivolto ad un dei lati della sala; appena acco-
stavasi alcuno, indicandolo col dito : spaccia, scaccia, gri*
dava, è là quell'uomo che mi guarda, scaccialo, scac^
cialo, che mi fa paura. Sembrava diffi^tti.che nelle sue
allucinazioni rivedesse T individuo, le cui parole, credute
vere , aveano fatto tanta impressione suU* animo sup.
Constatata la congestione cerebrale, incominciai a
trattarla con metodo antiflogistico, cioè due salassi, san-
guisugio in copia alle tempia e dietro le orecchie, ghiac-
cio sul capo, vescicante alla nuca, purgativi col tartaro
stibia to: Con tali mezzi dopo 10 giorni le allucinazioni
scomparvero; non più parole incongrue, non più il tur-
gòre del viso e degli occhi, il calore al capo, e la ma-
lata si avviava già alla convalescenza. Quando dopo una
settimana, verso il pomeriggio insorsero^ fitte dolorose
alla sommità del capo, dirigeutisi ora alla fronte, ora
verso le tempia, che rare e leggiere il primo giorno, al-
r indomani alla stessa ora divennero frequenti e crudeli,
obbligando la paziente ad empire colle sua grida la sala,
e cessando la sera.
Il sanguisugio al capo, e due mosche dietro le orec-
chie non fecero che esacerbare la malattia, perocché il
seguente accesso fu ancora più intenso del primo. Al-
lora ricorsi tosto al chinino coir oppio per cinque giorni
continui, amministrato in polvere^ dopo il qual tempo la
nevropatia cessò del tutto.
Due giovani contadine, una di 25 anni^ Taltra di 22,
vennero accolte nello scorso dicembre 1866 nello spedale
a 24 giorni di distanza V una dall' altra , affette da ma-
385
nìa. Nella prima la pazzia era furiosa. Gredesi che la
causa sia stato spavento riportato da due cani mastini
a guardia di un mulino, accorsi impetuosamente, a suo
credere, per afferrarla, dai quali si salvò in una folta
macchia di spine. Curata con metodo antiflogistico, fu
spedita il terzo giorno al manicomio di Cremona^ donde
ritornò guarita dopo due mesi di cura.
La seconda presentava una forma malinconica ; con
caparbietà insuperabile rifiutava i rimedi ed i cibi, chiu-
dendo fortemente la bocca» Stava sempre coperta leg-
germente, seduta sul. letto, benché la sala non supe-
rasse il 7.® grado R., senza mai lagnarsi di fi^eddo; mor-
morava tra so parole inintelligibili , faceva strani gesti ,
e non obbediva ad alcun comando. Però la infermiera
incaricata di assisterla, pervenne. a rilevare, che la causa
della sua pazzia era T amore ^deluso. Nessuno della sua
famiglia era stato pazzo. Allontanatasi per cangiamento di
d omicilio dall'uomo che amava, né più vedendolo compa •
rire, cadde in profonda malinconia. Parlava poco, tal-
volta non rispondeva , o rispondeva astrattamente alle
domande che le erano dirette , tant* era immersa nella
sua idea fìssa. Si portava di frequente sulla porta della
casa, altra volta girava solitaria per la campagna, evi*-
tando di essere veduta. Infine ad un tratto si spiegò in
lei la vera pazzia.
Accolta nello spedale, ed osservato che la malattia
era piuttosto profonda e grave, dopo due giorni di assi-
stenza fu condotta al manicomio di Cremona. Ella vi
mori dopo qualche mese di dimora.
Tra le congestioni sanguigne cerebrali si distinse
quella toccata ad una certa Bonfantì^ nubile, d*anni 24,
contadina, robusta ed attiva al lavoro, sempre stata sana
in sua vita. Soffriva da qualche tempo un dolore di capo,
che aumentava di di in di, senza manifestarlo ai parenti ,
Annvli. Yoh CCJ 25
386
i quali accortisi di malessere, e di insolito sbalordimealo»
le ordinarono di farsi visitare dal medico del quartiere,
senza che ella obbedisse. Condotta dalla madre quasi a
forza a casa mia , la riconobbi affetta da grave conge-
stione cerebrale. Àvea testa calda e grave, accusava sulla
sommiti del capo la sensazione come di un corpo che vi
pesasse sopra fortemente ; pupilla dilatata, stupidità tanto
nella fisonomia, che nelle risposte; confessò inoltre di
soffrire tali vertigini, che le sembrava di cadérsene a
terra ^ se presto non si appoggiava ad un corpo fermo
e sodo. I suoi polsi erano stretti e lenti, fredde le estre-
mità ; non avea fame , uè sete. Riconosciuta la gravità
del caso , raccomandai di inviarla subito allo spedale ,
e vi giunse contro sua voglia il di seguente.
Ivi accolta , fu prescritto tosto un salasso generoso ,
un purgante attivo dopo mezz* ora dalla sottrazione san-
guigna, ed un leggier infuso d'orzo con tartaro stibiato. Al
dopo pranzo 18 sanguisughe al capo. Al mattino seguente
era rischiarata di molto nelle facoltà mentali, sussisteva
l'inappetenza, e la lingua sporca. Non essendo ancora ces-
sato il calore e il peso al capo, ripeto il sanguisugio, e
proseguo la sola soluzione stibiata, che avea apportato
delle scariche.
Al dopo pranzo era marcato il miglioramento ; le sue
facoltà presentavansi, si può asseverarlo, normali; si di-
ceva guarita, pregando di lasciarla partire dallo spedale.
A stento e con plausibili ragioni la si trattiene ancora
due. giorni. Al sesto di della cura viene consegnata alla
madre , che la conduce ai patetni focolari.
Appena a casa , senza frapporre indugio , ritorna al
lavoro della campagna , mentre spirava un forte vento
d' oriente, e continua ad esporsi quattro altri giorni sen-
za alcuna precauzione. Al 7.** giorno il dolore di capo
ritorna, le si confonde la mente, succedono le vertigini,
•3 all'indomani la malata v-aneggia. Accorre mio figlio
387
ad assisterla ) fa oso dei salassi, prescrive il sanguisu-
gio, che riesci in numero insufficiente per la povertà della
famiglia, pone alla nuca un largo vescicante , ricorre al
tartaro stibiato, e nondimeno la malata continua a peg-
giorare , e in questo statò è di nuovo ricevuta nello
spedale.
La sua iBsonomia era stupida, in grado assai mag^
giore di prima; poco sapeva di so e de' suoi atti; scossa
ed interrogata ad un tempo, si svegliava, riconosceva, ma
rispondeva con tronchi detti, e qualche volta con cenni
del capo ; mandava frequenti e pil^ofondi sospiri dal petto ;
i isuoi occhi erano sempre chiusi; portava spesso la mano
al capo , la fronte e la testa erano caldissimi ; alzata la
palpebra superiore, lai'ga era la pupilla,, e poco sensibile
alla luce; i polsi erano piccoli e stretti, pallido il viso, il
ventre stittico da tre giorni. Ordino nondimeno un salasso,
che viene instituito air istante, e sedici sanguisughe 8
ore dopo il salasso, due larghi senapismi alla nuca e alle
piante, un infuso lassativo pel mattino, tartaro stibiato
in decotto d'orzo.
Alla visita del 30 marzo scorgo del sollievo nell'in-
ferma ; più chiara la fisionomia , qualche intelligenza ,
rispondei alle domande con lentezza, gli occhi sono apet^
ti, e larga ancora la pupilla, accusa gravezza al capo,
polsi alquanto più liberi. Due scariche alvine dì qualche
consistenza. ÀI dopo pranzo un' altra scarica , maggiore
intelligenza ; ha grave però ancora il capo , e continua
a portarvi sopra la mano destra, i polsi tardi e stretti.
Altro sanguisugio. Si continuano 1 senapismi alla nuca
e alle piante; bibita di siroppo di tamarindo rafireddata
col ghiaccio , tartaro stibiato , ghiaccio al capo con ve-
scica.
Al mattini) del giorno 31 si presenta maggior sopore,
che incominciato alle quattro pomeridiane , termina alla
mezza notte. Scossa, non risponde; altre ÌZ sanguisughe
388
alla testa, si rinnovano i senapismi alle piante, si man-
tengono aperti i vescicanti dietro le orecchie. Al I.^
aprile subentra il collega dott. Fortis, e la trova alquanto
svegliata.
' Il trattamento non ò cambiato di un punto , il col-
lega riconoscendo la necessità di insistere in esso. Al 7
di aprile la paziente muore.
Meritano pure di essere ricordati due casi di conge-
stione grave cerebrale, causa di pronta morte, accaduti
nello stesso mese di marzo 1867, a 15 giorni di di-
stanza tra loro. Erano due spose contadine, di circa 20
anni di età, da pochi mesi conjugate. Da diversi giorni
soffrivano di dolore intenso al capo, che non palesava-
no ai mariti, né alla famiglia in cui erano entrate, ma
soltanto ad alcune amiche in secreto. L* ultima sera fu
crudelissimo, e noi potendo più sopportare» dal convegno
della stalla furono condotte a letto. Ambedue chiamavano
il medico, che per essere a qualche distanza arrivò quan-
d'erano già estinte.
Nel tempo stesso, e anche prima e dopo, furono cosi
nunferose le cefalee , la pienezza sanguigna di capo e le
vertigini , da non averne osservate altrettante mai nel
corso della costituzione attuale; noii v*era febbre che
non avesse seco questi sintomi in grado eminente. Tali
congestioni, o si dissipavano colla cura della malattia
principale, o se rimanevano^ come accadeva di frequente,
assumevano d'ordinario un corso remittente, o intermit-
tente, ed allora il chinino le disperdeva intieramente.
Non tacerò di altre malattie di diverso genere, ma di
non minore importanza, apparse in quasi tutto il corso
della corrente costituzione morbosa. E queste furono le
efflorescenze cutanee, ora sotto forma di eritemi , di pic-
cole e grandi vescicole somiglianti al pemfigo, di pu-
stole , di furoncoli suppuranti , come pure di fuoco sa-
cro , e di resipole che hanno imbrattato la cute di vec-
380
chi e di giovani senza distinzione di età e di sesso, eru-
zioni che dopo avere secreto umori sierosi e purulenti ,
lasciavano sulle parti delle croste ed escare dure , e
delle ulceri, o macchie oscure alla loro caduta.
Se poi la eruzione si apprendeva alle gambe , ne
conseguivano talvolta delle ulceri, allo stato cronico. Un
giovane di 18 anni entrato in questo spedale con varii
furoncoli alla gamba sinistra, ne ebbe al lor luogo ul^
ceri cosi ostinate, che la cura costò quasi due mesi per
ottenere, una solida cicatrizzazione.
Singolare poi era V incontrare ad ogni qual tratto per
istrada delle donne con bambini lattanti coperti la faccia
ed il corpo di piccole pustole , o furoncoli , che li ren-^
deano quasi mostruosi e ributtanti.
Di frequente uomini e donne mi arrestavano, mostran*
domi e braccia, e piedi, e spalle, e petto coperti di que-
sti sfregi, alcuni dei quali larghi e approfonditi nei tes-
suti.
La cura che ho trovato migliore per queste eruzioni
cutanee, era V uso di topici emollienti , di bagni locali e
generali di acqua di malva tepida, e nelle abrasioni e
nelle ulcerazioni di unguento di olio e cera finché du-
rava la fiogosi , di empiastri molli tivi quando erano con-
fluenti , come nel fuoco sacro. Allorché poi si forma-
vano delle vere ulcere, aperte da qualche tempo, e cal-
mato era il processo flogistico , ricorreva all' unguento
essiccante di cerussa , o alla soluzióne di estratto di sa-
turno sulle parti. Nel tempo stesso ordinava ai poveri
di prendere internamente il decotto di gramigna col
cremore di tartaro e lo succo di limone con zucca po ,
bevanda che era pure somministrata facilmente anche ai
piccoli fanciulli.
Nelle risipole usava internamente le polveri risol-
venti di tartaro stibiato e cremore di tartaro a dosi re-
fratte, ricorrendo insieme all' unguento di Velpeau , che
300
le dissipata in pochi giorni insieme alla lebbre ohe le
aocompagiiava.
Come avvengano sifibtte eruzioni » agli antichi era
agevole spiegarlo colla dottrina umorale. Supponevano
che un principio eterogeneo venisse introdotto bA sangae
mediante le sostanze alibili, ovvwo spontaneamente si gè*-
nerasse neir economia animale, e venisse deposto dal sau'p
gue nella cute, a mezzo delle suddette eruzionL Per gua*
rirle, secondo essi, era d*uopo espellere dal corpo quel
principio morboso, quella acrimonia, con sostanze a ciò
adatte, ovvero neutralizzarlo, onde renderlo indifferente
alla fibra animale. I moderni, combattendo la dottrina
dell'erpetismo, e considerando le malattie della pelle co-
me semplici manifestazioui ed alterazioni locali, hanno
resa più difficile la spiegazione di certe forme , die evi-
dentemente si collegano ad uno stato generale, diatesico*
Come adunque, o òsi qual causa insorsero le molte-
plici eruzioni cutanee, che quasi dal principio alla fine
di questa influenza atmosferica hanno continuato a com-
parire? Sono esse derivate da un principio inaffine alla as-
similazione e alla nutrizione, che la natura tenta di espel-
lerè per la cute?
Benché la risposta a tali domande non sia facile
e sicura, mi si presenta una spiegazione. Si è accen-
nato che la costituzione epidemica in corso ha agito
morbosamente tanto sui corpi animali , che sui vegeta-
bili , e massime sopra questi, in modo da conseguirne al-*
terazione e distruzione dei frutti e dei grani che nutrono
le popolazioni. Ora quando i prodotti vegetabili hanno
sofferto nella loro compage, è raccomandato dairigiene di
non farne uso , o scarso e corretto , per essere nocivi»
Ma il popolo fa poco caso di questo divieto, astretto
dalla miseria, talvolta dair ingordigia, o dall'avarizia.
Inoltre non va pel sottile nella scelta delle sostanze ali-
mentari, purché siano a buon mercato, nò riflette air in-
fluenza patita, nò ha cognizioni bastanti per distinguerne
le qualità, massime quando poca ò la differenza noi ce^-*
ratteri esterni fra le qualità sane e le avariate* :
Che i grani e le frutta alterate facciano male ai corpi
e producano anche delle malattje> egli è un fatto certo e
comprovato. La segale nelle regioni settentrionali si altera
per gli sconcerti atmosferici, per la umidità e pél freddo
prolungato, cambia la sua forma, presenta uno sperone
allungato, e si converte in veleno. I popoli dell'estremo
Nord che vivono quasi di pesci, talvolta alterati e gua-
sti per lunga conservazione, vanno soggetti a certe cu-
tanee eruzioni. Nella Colombia e neiralto Messico, dove
il grano turco alterato è somministrato,, nella, prima re-
gione ali*" uomo, nella seconda ai cavalli: nei primi pro-
duce la caduta dei capelli, detta da quel popolo pèllet
efeno;. nella seconda V emmaisadura. (V. « Annali Uni-
versali di medicina >, fascicolo di febbrajo 1866, Memo-
ria del dott. Pellizzari).
Se questi sono incontestabili esempi dell* azione fune-
sta delle cattive sostanze alimentari sui corpi viventi ,
ci sarà permesso di considerare come tali anche gli esempi
che si offersero alla nostra osservazione, di malattie con-
secutive air uso costante di alimenti incongrui od- alte^^
rati. I quali per opera della digestione e dell' assorbi-
mento inquinando T organismo di principj disaffini e de^
leterj , lo disposero a speciali forme morbose, e suscita-
rono le salutari reazioni ed eliminazioni della natura me-
dicatrice. Con ciò si spiegherebbero molte delle derma-
tosi da noi accennate, senza ricorrere alla antica ipotesi
delle acrimonie, e dissotterrare principj scientifici sepolti
da qualche secolo.
Tutti gU osservatori convengono che il reumatismo
è malattia, che può attaccarsi a quasi tutte le parti
dell' organismo , e le può una dopo V altra investire.
E benché prediliga la tela fibrosa, o fibro-ligaraentosa ,
39È
che riveste muscoli , visceri , articdazioni , non rispar-
mia gli involucri del cervello^ del midollo spinale, e per-
fino le stesse guaine dei rami nervosi sino alle loro
estremità.
Quanto sia soggetto il cuore , viscere muscolare per
eccellenza, al reumatismo, tutti i patologi lo sanno e il
provano abbastanza la endocardite e la pericardite, affe-
zioni tanto comuni.
Nò altrimenti devesi ritenere dei reumatismi ohe as-
salgono i muscoli intercostali^ si diffondono per conti-
guità 0 continuità di tessuto alla pleura ed ai polmoni,,
e sono poi causa di gravi malattie e successive aftera-
zioni organiche e funzionali.
Quanto alle malattie cerebrali, le meningi, membrane
siero-fibrose, sono tessuti che il reumatismo sembra pre-
diligere. Lo attestano le emicranie, gli stordimenti, le
vertigini , le cefalee , malattie che seguono facilmente le
mutazioni deir atmosfera , non, che la remittenza e la
intermittenza loro^ segni che non mancano mai, o quasi
mai, nel reumatismo si acuto che cronico.
Quasi tutte le malattie febbrili, hanno serbato in
questa costituzione nel loro decorso una remittenza che
non è mancata nelle variate forme del reumatismo. Quanto
alla cura di queste infermità osservate nel loro complesso,
si è veduto che il chinino è stato il rimedio a, cui ebbe
ricorso la maggior parte dei pratici, e che ha superato
in virtù gli altri rimedi.
Oggi giorno però devesi lamentare, che troppo facil-
mente si ricorra al chinino da taluni , anche quando ne è
incerta la indicazione , o quando con altri mezzi di mi-
nor costo per il povero, è dato arrivare agli stessi utili
risultati. Questa troppa confidenza nel chinino sembra
derivata dall'incontrare in esso quasi mai, o ben di rado,
una azione nocevole, anche quando non giova, od è som-
ministrato ad abundantiam.
895
Io pure credo alla innocenza del chinino in dlcune
malattie flogistiche, innocuità che sembra derivare dalla
sua azione sedativa specifica sui movimenti vitali mor-
bosi, che non ha dello stimolo, come si ammetteva in
passato. Ad ogni modo sé non giova, non nuoce però, a
meno che non si voglia lamentare il tempo perduto nel-
r amministrarlo e nell' attenderne gli efifetti. Un tale in-
dugio potrebbe permettere alla tìogosi vera di erigersi a
maggior grado, senza che il rimedio vi abbia influito per
sé stesso.
Aggiungerò un altro riflesso , che non merita meno
r attenzione del patologo , ed è che il chinino si è tro-
vato utile e fors' anche indispensabile in quasi tutte le
malattie generate dalle tre costituzioni atmosferiche so-
pra descritte. Il che porta, a considerare cotesto stato del-
r^tmosfera poco dissimile da quello delle maremme, delle
paludi, delle risaje, e di tutti i luoghi dove hanno origine
le febbri intermittenti e miasmatiche. Donde nascerebbe
la illazione che le narrate peculiari forme morbose sono
il prodotto dei frequenti squilibri di temperatura, conso-
ciati allo sviluppo di principj deleterii emanati dalla terra
soverchiamente impregnata di umidità.
Rimane per ultimo di accennare ad una febbre reuma-
tica insorta nei bambini e nei fanciulli , ed in alcuni
anche con straordinaria imponenza nella scorsa prima-
vera 1867. Decorrendo a parossismi come negli adulti ,
in alcuni associavasi all'angina, alla parotite. I piccoli
pazienti mostravano una deglutizione assai difficile, por-
tavano le mani alla bocca , dirigendo le dita verso le
fauci, come se vi trovassero un qualche impedimento. Al-
tri dinotavano congestione cerebrale, dalla cefalea fron-
tale, dai moti del cape , dal calore esagerato alla fronte
ed al vertice, dagli occhi suffusi, o dalla sonnolenza; vivi
eran pure i dolori al tronco ed alle estremità.
I più adulti indicavano con maggior chiarezza la sede
394
e le maniféstaùoni del male. ^Aletmi avetuio una tosse
umida e catarrosa, altri secca ed irritativa, più iosisteate
di notte; con affanno di respiro, sete, anoressia, lingua
sordida, cefalea, polsi duri e frequenti, agitazione gene-*
rale. La febbre investiva sempre con calore verso il po-
meriggio, qualche volta nella notte. Ài mattino, o più
tardi , gli infermi erano sollevati alquanto , secondo che
la febbre invadeva sul vespro o di notte. Di rado man-
cava la verminazione^ facile a rimuoversi cogli antelmin-
tici, e specialmente colla santonina data alla sera, fattovi
susseguire un purgante al mattino successivo. La febbre
sembrava attenere con insistenza alla verminazione , e
non cedeva, se prima non si era rimossa tale complica-
zione. Quando mpstravasi ribelle anche a questo genere
di cura, era d*uopo dar mano al salasso od al sanguisu-
gio , secondo V età ; al chinino , se più manifeste rende-
vansi la remittenza o la intermittenza.
Nel dar compimento a questo lavoro , prego il beni-
gno Lettore ad iscasarmi se non gli sono venuto innanzi
con novità peregrine e con arditi concetti. Esponendo
con tutta la sincerità delle mie convinzioni il poco che
ho raccolto nel mio lungo esercizio sul tema antichissimo,
e non mai esaurito , delle costituzioni morbose , ho cre-
duto di giovare alla buona pratica, e di richiamare l'at-
tenzione dei medici sopra un argomento che non merita
di esser posto in non c^le.
895
Opinioni di Illustri Autori «imnlerl Intorno al
cholera (t>«
il-
!.• Eighth Report of the Medicai Officer of the Privy Council,
i865. Blue Book, i866.
Ottavo Rapporto ^dell'Autorità medica del Consiglio di Gabi-
netto, 1865.
2.* Report of the Committee on Cholera , Royal College of
Physicians of London. Containing Instructions for Captàins
of Merchant Vessels. London. 1866.
Rapporto del Comitato sul cholera del Collegio reale di Lon-
dra; con istruzioni pei capitani di navi mercantili.
3." The Antidotal Treatment of the Epidemie Cholera; by
John Parkin , M.D. , late Medicai Inspector for Cholera in
the West Indies. 3rd Edition. London.
La cura antidotale del cholera epidemico ; per J. Parkin, già
medico ispettore del cholera nelle Indie orientali.
4.® The Epidemie JDiarrhcea and Cholera; their Nature, and
Treatment. By George Johnson , M.D. Lond. , F.R.C.P. ,
London.
Diarrea epidemica e cholera; loro natura e cura. Per Giorgio
Johnson.
5." On the Treatment of Asiatic Cholera. By Archibald Bil-
LiNG, M.D., A.M., F.R.S., New Edition. London, 1866.
Sulla cura del cholera asiatico. Per Archibald Billing.
6.* Remarks on the Pathology of Cholera. By G. H. Barlow,
M.D., Med. Times and Gaz. 1866.
Osservazioni sulla patologia del cholera. Per G. H. Barlow^
dalla Med, Times and Gazette.
7.® A Visit to Amiena to see the Cholera. By R. D. Med. Ti-
mes and Gazette. 1866.
(1) ff Dalla Briti3h and Foreign Medico- Chirurgical Re-
view », july 4867. — Il !.• articolo sopra lo stesso argomento,
trovasi inserito nel fase, di ott. 1866 degli < Ann. Univ. di
Med. ».
396
Una visita ad Aroiens per osservarvi il cholera. Per R. D. ,
dalla Med. Time$ and Gazette.
-8." A simple Esplanation of Cholera , and a rational Mode
of Treating it. By Yod, M.D. London. i866.
Semplice spiegasione del cholera e modo rasi<male di curarlo.
Per YoD.
9.^ Malaria, the Common Canee of Cholera, Intermittent Fé-
ver and ite Alliee. By A. T. McGowan , L.R.C.P. ,
London.
Malaria, causa comune del cholera, della febbre intermittente
ed affini. Per A. T. McGowan.
iO." Clinical Lecturea and Reports hy the Medicai and Sur-
gical Staff of the London Hospital, Voi. IH. i866. London.
Lezioni cliniche e rapporti del personale medico-chirurgico
del London Hospital.
11." Scritti varjdel: Medicai Times and Gaiette, Lance t, Me-
dicai Press cmd Circulary British Medicai Journal, Glascow
Medicai Journal , Half-Yearly Abstract of the Medicai
Sciences, L* Union Medicale, Medicai Record, etc.
12.^ Debate in the Harveian Medicai Society of London on
Cholera, etc. 1866.
Discussione che ebbe luogo nell'Harveian Società medica di
Londra sul cholera.
13.^ Microscopical Researches on Cholera. By L. S. Beale, M.
B., F.R.S.,, Med. Times and Gaz. 1866.
Ricerche microscopiche sul cholera. Per L. S. Beale.
14.*^ Reports of the Registrar- General, and Letter ofprofes»
sor Frankland.
Rapporto deirUfficio statistico e Lettera del prof. Frankland.
15.* Officiai Memorandum of the Medicai Officer of the Pri-
vy Council, July, 1866.
Mepaorandpm officiale dell' Autorità medica del Consiglio di
Gabinetto, luglio, 1866.
16.* On the International Sanitary Conference, and the Pre-
servation of Europe from the Cholera. By E. Goqdeve ,
M. B., Surgeon-Major Bengal Army , etc. A Paper read
before the Epidemiologica! Society. 1866.
Sulla conferenza sanitaria internazionale, e sul preservamento
397
dell'Europa dal cbalera. Per E. Goodeve, obìrurgo maggiore
neir Armata del Bengala. Memoria letta alla Società epi-
demiologica.
17.^ Il cholera epidemico. Per M. Bordier. Arcb. Génér. de
Medie. 1867.
Idom. Per M. J. Besnibr. ivi. 1866.
18." Memorie di Glaìsher a del prof. Rollestom nel Time$ ,
Spectatory etc. 1866.
19.* Sanitary Meoaures and their Resulti. By Thos. Shapter,
M.D., F.R.C.P., etc. 1866. 3rd Edit Exeter.
Misure sanitarie e loro risultati. Per T. Shapter.
20.® Treatise on Asiaiic Cholera. By John C. PetbR8, M.D,
New York. 1866.
Trattato sul cholera asiatico. P^r J. C. Psters.
21.® Cholera and iis^ Treatment. By Wabben Stone , M.D.
New Orleans Med. and Surgical Journal. 1866.
Il chQlera e cura di esso. Per Warren Stone ^ dal New Or*
leane Med. and Surg. Journ. .
^2.® Statistical, Sanitary, and Medicai Reports, Army Medi-
cai Department, 1866. Blue Book.
Rapporti statistici, ' sanitarj e medici del Dipartimento medico
militare, 1866. Dal Blue Book.
23.® Epidemie Cholera and Epidemie Biarrhcea: can theae
Liseases he prevented? By W. Camps^ M. D. London. 1866.
Cholera epidemico e diarrea epidemica; queste malattie si
possono prevenire? Per W. Camps.
24.® A Scientific Inquiry into some of the Causes alleged to
produce Asiatic Cholera. By the Rey. Samuel Hauqhton ,
M.D. , F.R.S. , etc. Med. Timès and Gaz. 1867.
Ricerca scientifica su alcune cause che si ritengono produt-
trici del cholera asiatico. Pel Rey. Samuel Hauqhton. Dal
Med. Times and Gazette.
25." Do Smallpox and Cowpox afford qny Protection from
Asiatic Cholera? By A. Blagklock, Surg.-Major, etc. Lon-
don. Lewis.
Il vajaolo ed 11 vaccino proteggono dal cholera asiatico? Per
A.Blacklock, Cfair. Magg.
26.® Essay on the Nature and Treatment of Cholera, Fever,
Md G^l« PUigué, and on Public Health. Bf D.r Tucker.
Dublia. 1865.
Saggio tttlU natura e tulla cura del cholera, della febbre e
(hib peele bovina, e sulla salute pubblica. Del dott. Tuckbr.
a?.* Th0 ChoUra Map of Ir eland: wiih Obiervations. By Sir
Dominio Corrigan, Bart., ete. Dublin. i866.
OaHa del cholera di Irlanda , con osservazioni. Di Sir Dcw.
CORRIQAM. *
M,* On Malignant (Colera, ete. By Edward Crisp, M. D. Lon-
don. 1863.
Su) oholera maligno, eco. Di E; Orisp.
»,♦ Cheterà : ite Seat , Nature , ete, By C. Srrdipton , M. D.
London, i866. ^
ChoUra; sua sede, iiatnra, ecc. Di C. Srrimpton.
SO,* The Arrest and Prevention of Cholera, ete. By A. E.
Sansom, M. B. Lond. London. 1866.
n oholera fermato e prevenuto, ecc. Di A. E. Sansoh.
ai,* Diarrhcea and Cholera, ete. By John Chapman, M. D., ete.
9nd Bdit. London. 1866,
Diarrea e cholera, ecc. Di J. Chapiìan.
89,* Cholera; a New Theory. By C. Dudley Kinssford, M. D.
London. 1866.
Nuova teorìa sol cholera. Di C. Dudlky Kinosford. r^
33,' Heehanical Treatment of Cholera. By a Physician. Lon-
don, 1866.
Cura meccanica del cholera. Di un modico.
84.* Notee on Cholera. By C. Morehabd, M,D., F.R.C.P. , ete.
Note sul cholera. Di C. Morehaeb.
85.* Thoughi9 on the Preaent Theories of the Algide Stage
of Cholera. By John Cocklb, M.D., ete. London. 1866.
Pensieri sulle attuali teorie del periodo algido del cholera.
Di J. OOOKLE.
Th9 Infiuenoe of the Diaeharges and Nervou$ Shock on the
àollap9e of Cholera. By the same Autbor. « Med. Press
and Oircular ». 1867.
L* influenia delle scariche e della scossa nervosa sul collasso
del oholera. Dello stesso Autore. Dalla Med. Press and
Ciré.
39»
36.® Cholera: its Cati^se and Tnfallible Cure, etc, By /. M.
HoNiQBERàER. Calcutta, 1861.
Il cholera; causa e cura infallibile di esso, ecc. Di J. M. Oó-
NIOtfEROCIU
G,
là nello scorso anno abbiamo presentato ai nostri .lettori
alcuni cenni sulle recenti pubblicazioni intorno al cholera; qui
ci accingiamo à completare , 1* argomento , che ora acquistò
maggior importanza, anche pel fatto che in oggi lo si considera
non solo come di interesse medico, ma anche internazionale, per
non dire politico:-
Dal rapporto or ora pubblicato dalPuffìciale medico del Pri-
vy Council, citiamo il seguente brano:
e L'infezione cholerica d'Egitto nello scorso maggio, al ri-
torno dei pellegrini musulmani dalla Mecca doye la malattia
era epidemica, il conseguente svilupparsi della stessa infezione
lungo ciascuna delle linee di comunicazione segnate dai battelli
a vapore divergenti da Alessandria qual-^centro, ai porti mag-
giori del Levante e dell' Europa* meridionale , e dà questi nel-
r ihtemo allo stesso modo , tutto ciò costituì una sequela di
eventi di sinistro augurio per la salute pubblica dell' Inghil-
terra. Al presente una prima onda di infezione toccò le nostre
spiagge , quantunque per fortuna non in modo da metterci in
allarme. Per la prima volta il cholera approdò alla costa me-
ridionale, non come le altre volte nei nostri porti verso il Bal-
tico; bensì a Southampton, il porto che ha traffico più diretto
col Mediterraneo e fors'anche (per quanto possa essere per via
secondaria) Weymouth, Portland, Dorchester.
Non tenterò "di dare qui gli innumerevoli e spesso intricati
particolari del progresso epidemico ora accennato sommaria-
mente , né di paragonare l'andamento presente della malattia
coi passi che segnò nelle visite antecedenti. Per ordine delle
loro Signorie ( Lordshif ) richiesi al sig. Radcliffe , segretario
onorario della Società Epidemiologica, un rapporto speciale su
questo argomento, ponendo nelle sue mani l'abbondante mate-
riale fornito alle loro Signorie dal Ministero degli Esteri. L'ela-
borato rapporto consegnatomi da poco e eh' io metto per esteso
400
nell'Appendice, espone tutte le informazioni che si ottennero fi-
nora sul progresso epidemico , paragona la presente invasione
colle antecedenti, e ci dà qualche interessante nozione supple-
mentaria sni pellegrinaggi maomettani , relativamente al nostro
argomento. Vedi l'Appendice N.® 13.
Questi sono i punti salienti della poca parte eh' ebbe finora
l'Inghilterra nell'epidemia. Si osservò a Southampton il 10 lu-
glio, poi ad intervalli in soggetti sospetti provenienti da Ales-
sandria, da Malta, da Gibilterra. Alla metà di agosto, una gio-
vane in città ebbe un accesso cbolerico di dubbia natura; il
22 settembre si osservò in un opera jo il vero cholera asiatico,
pel quale mori ; da allora per circa sei settimane , si osserva-
rono casi di cholera in piccol numero dentro e intorno a
Southampton, in modo che al 4 novembre, epoca in cui si ri-
tenne cessata l'epidemia', si avevano avuti in. tutto 60 casi, con
35 morti. È dubbio se il morbo abbia raggiunto Weymouth o
Portland, o Dorchester, in agosto o settembre , procedendo da
Southampton o da altra via più diretta. Non mi consta che
siasi determinata tale infezione; so però che un signore, dimo-
ratosi una settimana sni principio di agosto a Weymouth e di
là visitando Portland e Dorchester , contrasse in questa setti-
mana una diarrea, la quale, ritornato a casa, sviluppossi in cho-
lera grave. Nel settembre si osservarono nei dintorni di Lon-
dra questi fatti di speciale interesse in questione. Mr G. e sua
moglie abitanti a Theydon-Bois presso Epping , dimorarono a
Weymouth 1 7 giorni dall' 8 settembre , visitarono Portland il
22 e Dorchest^er il 23, e ritornarono a casa il 25. Alla sera del
23 il sig, G. ebbe diarrea, nausea e crampi, che continuarono
più 0 meno il giorno appresso , perdurando il malessere fino
alia mattina del 25. Egli però ritornò ad Epping egualmente
colla moglie. Durante il viaggio anche essa ebbe qualche di-
sordine addominale, che al ritorno in casa si sviluppò a poco a
poco in diarrea fino al cholera , pel quale (durante la febbre
secondaria) mori Vìi ottobre. Il 30 settembre, mentre la ma-
lata era ancora in collasso, una figlia di essa, di 8 anni, ebbe
cholera e mori in poche ore. Nella stessa notte un servo di
casa ebbe cholera e potè appena salvarsi. Il 2 ottobre mori di
cholera il medico che li aveva curati, dopo 10 ore di malattia.
401
Il 3 ottobre s'ammalò di choiera an'aitra figlia di 16 anni, ohe
guari, dopo una febbre consecutiva. Il 5 una servente si am^
malo di diarrea, stette un pò meglio, poi ammalò e divenne eho-
lerosa l' 8 ; dopo qualche speranza di guarigione , cadde nella
febbre secondaria e morì. Il 5 un operajo che lavorava sui
fondi, ma che viveva a parte, ebbe diarrea seguita da choiera
e collasso, e morì il giorno dopo. Il 6, il capo di casa, Mr. G.
che si era ammalato a Weymouth, e che d'allora aveva, sem-
pre avuto movimento di corpo , ricadde in un nuovo accesso
acuto e mori dopo quindiòi ore. Lo stesso giorno suo figliò si
ammalò di diarrea, il giorno dopo era in collasso, ma si riebbe
e alla fine guari. Il 6 la nonna della casa ammalò nello stesso
modo, e, quantunque riavutasi dal collasso, morì il 14. Il 18,
un a donna che abitava vicino,^ il cui solo rapporto coi casi an«
tecedenti era stato quello di assistere al seppellimento del la-
vorante, s' ebbe diarrea cholerìca, poi collasso e il giorno dopo
mori. Così in una quindicina, in si breve circolo, undici per-
sone ebbero choiera — ^^ madre,' padre,' nonna, due figlie; il figlio,
il medico, un servo, una servente, un lavorante, una contadi-
na; e non ne sopravvissero che tre, il figlio, una figlia e il ser-
vo. Più tardi si verificò un altro caso fatale nella famiglia
della contadina. È certo che la causa ' determinante di questa
serie di fatti fu, in un modo o neir altro, il ritorno dei geni-
tori da Weymouth, il padre con qualche diarrea cholerica an-
cora in corso, la madre cui principio della stessa malattia. Ciò
non è che una parte di codesta storia , il resto ci è di grave
lezione. Tutta l'acqua potabile della casa proveniva da un poz-
zo praticato sotto al pavimento del lavatojo ; in questo pozzo
era abituale Tinfiltramento dal cesso.
Non si sa ancora , in patologia intima , se vi siano diffe-
renze essenziali tra il choiera che uccide su lar^^ scala e il
choiera che uccide singoli individui, cosicché diventa inutile il
discutere, in questione separata, se la malattìa di G. contratta
a Weymouth e trasportata ad Epping fosse, choiera epidemico,
sporadico , asiàtico od inglese , e come dissi sopra , non posso
provare che questo sia pervenuto dall'epidemia di Southampton
0 sia di origine mediterranea. Certo è che da quando i signori
G. ritornarono a casa in malessere , le secrezioni corporali di
Annali. VoL CCJ. 26
402
ossi inquinarona parileolarntenU Tae^ua di casa già altriraeQtì
Garrotta » in modo che ogni individuo cho beveva queir aequa ,
beveva acqua che conteneva in so il fermento di materie diar-
roiche in decompoBizione»
Oltre a queste manifestazioni, d'altronde poco considerevoli,
di cholera epidemico rn Inghilterra, colla direzione dei Signori
del Consiglio ( Lords of the Council ),' si rilevarono le seguenti
notizie :
Coir assistenza del Dr. Parkes , Professore di igiene mili-
tare al Netley Hospital , potei esservare il progredire dell* epi-
demia a Southampton , indirizzando alle autorità locdli le do*
mande -necessarie. -Tosto che arrivò la notizia dello spiacevole
caso di Theydon-Bois , incaricai il sig. Radcliffe di investigare
i fatti, e dare quei provvedimenti eh' egli credesse del caso. Il
Prof. Parkes ricercò diligentemente tutte le circostanze colle-
gate col cominciare dell* epidemia in Southampton, non che
'' le relazioni tra 1* una causa e 1' altra ; unisco nell* Appendice
N.® 14 il suo rapporto per esteso, non solo per. le informa-
zipni positive che vi si contengono, ma anche per utile illustra-
sione deli* estrema difficoltà che e* è sempre in tali cose^ a pro-
vare o non provare relazioni contagionali. Del rapporto del
sig. Radcliffd, metto nell'Appendice (N.^ 15) la sezione che de-
scrive dettagliatamente le circostanze dell'acqua infetta. E qui
termina, pel 1865^ la storia del cholera in Inghilterra., Quali
possano essere i fatti del 1866, o quale sarà la parte dell' In-
gjiilterra nella presente diffusione pandemica del morbo , sono
questioni sulle quali non si hanno ancora materiali per un
criterio esatto; ad ogni modo le speranze prevalgano sulle pre-
dizioni ».
Questo interessante estratto non è che una piccola parte
dell' importantissimo materiale raccolto nel rapporto. Nel rapr
porto del sig. Simon, si parla a lungo del cambiamento di strada
del progredire del morbo nello scorso anno , cui noi facemmo
allusione nel precedente numero della < British and Foreign Me-
dico-chirurgical RevitìW B , e dell' aumentata rapidità per la
quale le moderne linee dei battelli a vapore facilitano il mi-
grare del cholera. A pag» 369 di quel rapporto troviamo il se-
guente brano : . -
4(»
. « Kdl chi«d#re qoMto whffoHó^ ibi si' {^eflBefta di aggian^
gere, che la malattia nel decorso e nei sintomi non dilferisoè
ojra in iMaftUn |»artiooUrtt esstnziaie éàUe i»[lidemie precèdenti :
forse non si sviluppò si largamente fra le popodasioni ehe ne
erano già state visitate ; ma gli esiti, a morbo pienatnente svi-
luppato^, furono altrettanto fatali^ il. decorso altrettanto rapido,
quanto nelle precedenti epidemie >.
La malattia non erasi sviluppata nel Regno Unito quando
si pubblicò il rapporto del sig. Simon. - •
t < La proporaioné delle morti ai casi di ehòlera durante la
presente epidemiin fu la seguente : '
Brahilov . . . ... • • . . 47.0 per cento
Odessa . ^ , . • 50.4 »
. Malta 60.3 »
Gibilterra ......... 54.0 i
Parigi .( ospedali ) • v • • . . • 51.6 ».
Ancona ( città e dinj^omi ) . • . . 57.1 »
Inghilterra, 1853-54.
Massima e minima . . • 41.0 «-^ 5i.O >
Media 45.2 >
India settentrionale, 1861.
Truppe europee '. • . . 63.8 >
Simoti osset*vò che la diarrea caratterizza ancora il principio
della malattia nella maggior parte dei casi, e mostra la grande
importanza di riconoscere e curare subito questo èomuiiisìBimò
sintomo prodrono^^co.
e La grande verità che insegnarono le epidemie del i 847-48 j
e 1858*54, ci viene ripetuta ancora dall'epidemia, presente,
cioè: che U trattamento. del ùholera riesce tanto più, quanto
mctggiormente vien diretto ai èintomi 'prodromici e partiùO'^
larmente alla diarrea prodromica ( o premonitoria come si
dice comunemente), .'
Le misure tanto pubbliche che private , ohe si richieggono
per scongiurare la minacoia o mitigare la presenza di una epi-
demia di cholera, sono tra i più certi, e definiti 'mez^i che ci
insegna Iq medicina. Possiamo confidare in essi, come ci dimo*
strarono completamepte le iepidemie. 1846-40,' 1853-1855 ».
Codesti mezzi igienici od altro, si trovano lafgslmente eftpo-
404 .
sii nei rapporti «fUeiali mi cboUra ora aitati , e nei libri me-
diei di testo.
Nell'appendice del rapporto troyati nna itoria importante ,
aatentiea, del trasporto maomettano del morbo per mesao dei
pellegrini Javanesi alla Mecca per la via di Yemen , Gonfandi
e Sait; il lettore vi troverà molti fatti importanti ed interes*
santi, e cenni particolareggiati del morbo in Sontbampton,
Epping^ eoe. , nello scorso autunno.
In Liverpool e in molti altri siti dove n manifestò il morbo,
si organissarono lodevoli sistemi di soccorsi medici ; invece in
una 0 due località si verificò molta lentezza nei provvedimenti,
e una malintesa economia ft danno della salute pubblica.
Prima di chiudere. l'argomento della profilassi, vogliamo
accennare ancora il gran vantaggio che deriva dall' evitare
qualunque delle note cause predisponenti alla malattia : disor-
dini 4ì regiine, di vita, dì dieta, ecc. ; condizioni errato di nu-
trimenti, di aria, d* acqua, di lavoro , di abiti ; di pulizia ; più
r influenza delle località paludose , mal ventilate , ristrette , le
esalazioni delle fangose rive di fiumi i eanali , ecc. , nell' ali-
mentare il morbo in Europa come nei climi più caldi.
Il Dr. Billing considera il cholera* còme una- specie dì feb-
bre ; è favorevole all' uso del tartaro enietico e del solfato di
magnesia a dosi convenienti ; evita il calore esterno e i fo-
menti caldi, eco. ; invece il calomelano alla dose di cinque granì,
il chinino, dieta sci^rsa nutriente, frizioni secche , eco. Questo
autore discorda, a quanto pare con ragione, d^ alcuni precetti
emanati dal Board of Health del 1848; egli dice che la proi-
bizione di frutti e vegetali anche maturi e cotti fatta dtfl Board
ò sbagliata , poiché questi utili articoli di dieta « buoni vege-
tali e frutti maturi, mantenendo in condizioni sane e sangue e
secrezioni,^ ajutano a resistere contro una influenza epidemica i(.
Il Dr. J. Parkin propone 1' uso interno del carbonio , o in
forma semplice o come addo carbonico ; egli lo ritiene quale
specifico, caratterizzando il suo sistema di cura di : cura anti-
dotalé del eholera epidemico. Un anonimo invece propone l' uso
interno dell' acqua come sola cura , e ritiene che il carbonio
neir organismo sia la causa della malattia.
Il Dr. Galvey di toulon (L'Union medicale 28 luglio
40§
Ì866)y risene €;ontagio$o il cholera, soatienè lo quarautene ma-
rittime, essendo meglio jchiudere una porta ali* avvicinarsi, .d^l
nemico, poiché s* «sao ci viene da terra non possiamo far nulla^
Le fatte ricerche oonvalidano l'opinione che T acqua (i) for-
nita alla parte orientale di Londra ^ia stata un agente mate-
riale del cholera colà sviluppatosi ( Medicai Times, aifcd ga-
llette > aett. 8 , 1866 ).
MacGowan e Fergus condannano i purgativi. Il primo so-
stiene gli emetici stimolanti, il chinino endermicamente, il sale
internamente, ecc.
La risposta del Cholera Committee del London College of
Physicians ai Lprds deLPrivy Couneil, per guida dei capitani
di vascelli mercantili ( quando manchi il personale medico^) nel
caso di cholera sviluppatosi a bordo , raccomanda 1' uso dei
e blandi aperienti, come 1' olio di ricino o il rabarbaro ; il sai
di Glauber e il sai d*£psom sono pericolosi; % erronea la cre-
denza comune che non si debba alterare la prolungata costipa-
zione quando domina il cholera >. Sia cura del capitano di ye-
ri^care il primo periodo (diarrea) del morbo, e nel caso si
ponga a^ letto il malato , lo si tenga caldo, e gli si somministri
una mistura di acqua con poca menta piperita o acquavite ed
acqua con xlieci grani ,di polvere aromatica di carbonato di
calce ed oppio, o, in mancanza di questa, cinque gocce di lau-
dano. , ' ^
Si eviteranno le larghe dosi di oppio e gli spiriti forti. Se
la diarrea proviene da cibi. grami od indigesti, si dia una dose
di uno dei blandi lassativi indicati. La dieta limitata al brodo,
polenta o riso. Se le materie diarroiche rassomigliano alla de-
cozione di riso, accompagnate da vomito e da freddo , si so-
spendano gli oppiati ed i liquori spiritosi ; acqua ed aria fresca,
ealdo ai piedi ed alle gambe, senapismi allo stomaco, ecc^
(1) Erasi già stampato, questo parafì^rafo allorché la dili-
gente considerazione dei fatti osservati nel!' epidemia di Lon-
dra orientale, riesci alla conclusione che e' era un qualche cosa
di contradditorio riguardo all' influenza dell* acqua potabile sul-
r eziologia del cholera , come si dimostra nei Rapporti del
London Hospital, 1866.
406
> Nm è necessario di rip«rtàrt qui pi« » luago le altre gki-
disiose istraeioai coateoote nelle. repliche del Genìtato del Col-
lei^ of PhyBiotans. Ripetiamo solo di cercare r-assitstensa me-
dica appepa si può, palisia, ventiiaaione, disinfezione, dietrug-
^re ogni materia emessa, aver cara delPacqua potabile, ecc.
Nell'Ac<!e4emia di medicina Belga, il Dr. Segherà disse
(maggio 4866), che siccome, non poche erano state le vittime
del eholera nell'Olanda e nella Prnssia, TAccademia doveva,
sena» ritardo , emanare le necessarie e convenienti misure pél
caso che il morbo si manifestasse nel Belgio. Ripetè quanto
impegna da lungo tempo T esperienza circa il vantaggio di se-
parare gli ammalati, circa le misure igieniche memo in vigore
prima e dopo il principiare del morbo, Citò l'esempio di Saint^
Nicdlas, dove per olt^e trentanni, in nna epidemia di febbre
r
'tifòide , e poi in due di cholera , se' he erano ottenuti grandi
vantàggi ; perchè in oltre 25,000 abitanti, dei ^i^ali da 10 a
12,000 erano poveri ed operaj, -si erano appéna -verificati trenta
casi dr cholera j quantunque vi fossero nella città molte strade
e ftiolte abitazioni malsane; Dimostra validamente la grande
importanza del sistema di ricoverare la persone provenienti da
località infette in appesiti locali isolati, per alcuni giorni.
Molti dèi nostri contemporanei eòstennero già la necessità
grande di misure come quelle esposte dal' Dr. ^eghers. Que-
8t' ultimo, dice che devesi appunto a consimili misure adottate
dal- Ministero dell* interno Belga, se 'la pèste bovina siasi ar-
restata sui principio e poi ad ogni ricomparsa ,' mentre in In-
ghilterra e in Olanda la tardanza di tali misure fu causa di
danni deplorabili. Dobbiamo amméttere con questo autore, che
nòli poco danno deHvè dalla mancanza di accordo tra i medici
Delle questioni di contagio , ecc. Egli insistè sulla contagiosità
della malattia , trovando il peso dell' evidenza in favore di co-
desta opinione. Le sue idee collimano con quelle già emesse
anni sono da Graves , da Alison , ed altri nostri connazionali,
cioè, che vi sia* dapprima un centro di malattia stabilito in un
sito qualunque, e dt là la malattia, od epidemica od epizootica,
si distende; non si può operare una diminuzione di malati o
di vittime; che dai meszi igie^ioi. Raccomanda 1' uso dei tonici
e degli aromatici , in piccola quantità di gin , e prese presto ,
407
osservando che ciò è utilissimo anche nelle febbri intermittenti
sì frecfuehtl presso Anversa^, ecc. ; in breve , questo autore rit
pete le abitudini e la pratica dei medici inglesi nelle Indie oc-
cidentali ed orientali, in Africa, ecc. •
EgJi combatte T opinione emessa da Meyne nella Topogra-
phie Medicale de la Belgique , che vi sia un antagonismo tra
eholera e febbri intermittenti ; afferma che 1* esperienza Inngo
i banchi dello Scheldt e in altre località paludose, dimostra la
coesistenza di eholera e di febbri intermittenti ; crede che. vi
sia una specie di identità tra il eholera , la febbre gialla e la
febbre intermittente perniciosa; visto la loro natuia, la lord
origine- e la sede loro ; sono prodotte 4alle stesse cause , cioè
da miasmi ^contagiosi provenienti da materie vegetali ed ani-
mali in putrefazione ; neir interno dei paesi ove il suolo neh è
paludoso la malattia non. esiste, e dappertutto dove si è tras-
formato il terreno la malattia non ricoinparve. È dunque il
clima e la costituzione atmosferica ch<» imprimono a qneste
malattie il loro carattere specifico, poiché 1 prodromi presentano
a un dipresso gli stessi fenomeni morbosi ; dunque il cholet'a
è una specie ^i febbre perniciosa e contagiosa. ^
Whitly Stok^es opina* che parecchie malattie dei olimi tro-
picali hanno molti tratti caratteristici in' comune con quelle
delle nostre latitudini. Macartney ritiene che il eholera sia una
forma di febbre col periodo di freddo prolungato ;flartley Ken-
nedy ha idee consimili; Baly , Smith, G. F. Moore e Byrne
tutti notano qualità e^ tendenze comuni alle, febbri ed al. eho-
lera. Munro descrive gì} accantonamenti di Peshawur come lo-
calità appropriate per ingenerare la febbre in,termittente : la
febbre da malaria e il eholera incominciarono dapprima nei
quartieri degli uomini.
Ma il terreno paludoso , le spiagge dei porti assai popolati,
e le rive dei fiumi , non sono i soli luoghi dove si generino
facilmente febbre e eholera ; le sostanze animali e vegetiili in
decomposizioni, il contenuto delle fogne, ecc., sono per sé stessi
più che sufficienti a favorire ed anche a produrre febbre e eho-
lera. Troviamo una conferma di. questo in un rapporto pub-
blicato alcuni anni sono,, su una irruzione di eholera nel 1853
sviluppatosi in prossimità di un deposito di spazzature in Du-
408
t
blino ; sappiamo di un altro fatto di febbre fatale a due su
quattro casi in una famiglia, in prossimità di nq simile depo-
sito in un' altra parte di Dublino, come pure di un gran, numero
di altri casi di febbre, ed alcuni or non è molto di diarrea, cram-
pi, ecc. A maggior conferma di queste osservazioni del Dr. Segber,
citiamo l'autorità di Pettenkofer, Budd ed altri, come pure il
punto . stabilito or non è molto ( British Medicai Journal lu-
glio 7, 18C6 ) nella Camera dei Comuni , che il typhus fever
prevalse sempre in prossimità di un deposito di spazzature in
Liverpool , contemporaneamente all' esistenza ài cbolera in un'
altra parte del porto.
Nella Medicai Times and Gazette si pubblicò un rapporto su
Amiens,cbe presenta certo una grave lezione di causa éd^effetto per
le trascurate condizioni sanitarie della città, dove il cbolera fu as-
sai fatale. Circa otto noni della mortalità colpi le classi infime che
vivono in condizioni così espresse nel rapporto: — Amiens è pres-
soché a£follata da una popolazione povera di operaj, fabbricata
in una vaile piatta ò paludosa dove la Somme si suddivide in
numerosi rami o rivièr'ea che circondano delle isole calcaree. Case
vecchie, umide, cadenti, sovrastanti alle acque, paludi, nessun in-
canalamento di acque; numerosi stagni guastano il suolo da ge-
nerazioni, ogni immondizie va nel fiume, latrine sporche, avanzi
vegetiill che marciscono al sole. Le classi inferiori, miserabili,
mal nutrite , sporche all' estremo. Anche la miseria nel riscal-
damento è capsa di grave danno, poiché si usano stufe invece
di foeplaj aperti; quindi il povero vive in un'atmosfera rilas-
sante, soffocante, e vi vive affocato. Quantunque l'acqua fornita
agli abitanti sia buonissima, molti usano indiiferentemente l'ac-
qua della Somme, che contiene le colature per io meno dalla
cucina e dalla pulizia. Questa popolazione vive inoltre in mez-
zo alle esalazioni del fiume, onde è chiaro che il cbolera trovò
ad Amiens le antiche abitudini , le antiche vittime, abitazioni
basse., sporche , sulle rive di acque contaminate dalle cloache,
abitate da una popolazione mal nutrita, sucida , mal aereata ,
impoverita d'organismo. Senza dubbio il cholera fu portato ad
Amiens in autunno , e da allora il veleno andò serpeggiando
nel limaccioso sedimento delle rioières,
< Fin là (osserva il corrispondente della Medicai Tin^es ano
409
Gazette ) possiamo dipingerci il cholera algido, che esiste as-
solutamente come malattia inizialo, non dipendeteti da verano
tangibile disordine antecedente di intestini e d'altro, e che passa
ili uno stato rassomigliante a febbre tifosa (o paludosa), carat-
teristici della quale sono: freddo, debolézza, secrezioni soppresse,
disturbi cerebrali. Evidentemente però c'era un'altra condizione,
la. presenza della quale conduceva al cholera algido, raggiun-
gendolo per gradi insensibili senza interruzioni, e qùeata con-
dÌEÌone era la diarrea >.
I casi segnati da diarrea prodomlca senza dolori, lingua netta,
debolezza , nessuna cefalea, si consideravano ad Amiens conve-
nienti per una cura oppiata astringente. D'altra parte i casi pre-
eedtrti da
e Embarras gaatrique, che intenderemo per disordine di sto-
maco e di fegato, lingua sporca, grossa, edematosa, coU'impronta
dei denti, mancanza di appetito, nausea, eruttazioni, cefalea
frontale^ possono trapassare in cholera sènza diarrea , ma con
costipazione. Sono questi i casi nei quali gli inglesi incomib-
eierebbero probabilmente con una dose di calomelano ».
Ciò conferma l'opinione di coloro che credono che il cholera,
come la febbre colla quale certamente ha molti tratti di rasso-
miglianza, richieda una cura a seconda di ciascun caso ^ delle
circostanze , della località , ecc. , nelle quali nacque.
La suette, un prodromo, o coincidente, o complicazione di
cholera osservato lo scorso anno ad Amiens , è cosi descritto :
e Debolezza , emharras gaatrique , lingua spòrca , e traspira-
zioni fredde, copiose, periodiche ».
< La suette è il vero quantunque degenerato discendente
dell' antico sweating sickness ( sudor anglicanus ) , e come il
cholera, segue le stesse abitudini , e distrugge le . stesse vittime.
Tre quarti de'suoi sintomi seno di emhari^as^gastriqiiey con osti-
nata costipazione — cioè imbarazzo del canale alimentare, la
cui membrana epiteliarer, sotto l'influenza palustre' e limacciosa
e quella della miseria, cresce fuor del naturale, e'(coiripotesi di
un veleno cholerico) può essere il nidua e il punto di partenza
di un vero cholera. Certo che uno sguardo alia suette fornisce
viste più larghe e più vere sulla natura e sulle relazioni del
eholei:*a ».
410
Evitando la dibattuta questione della cara della diarrea du-»
rante un' invaaione di cholera , il Dr. Barlow indica V asione
dell* acqua quale veicolo per rimuovere le corrotte sostanze del
sangue dair organismo , abilmente dimostrando gli effetti in
diversi organi dei cambiamenti , che più o meno arrestano il
processo depurativo che si effettua nello stato normale dell'or-
ganismo. Prima, dimostra il grado di somiglìansa tra cholera
e quelle malattie che arrestano o diminuiscono r accesso d'ac*
qua all'organismo, in generale; poi il grado di somigliansa %ta
la malattìa di cui trattiamo, e quelle che affrettano la sottrasione
d'acqua dall'organismo, citando ad esempio specialmente la ma-
lattia di Brighi e il cholera inglese. Il Dr. Barlow procede a
dimostrare come sia dannosa airorganismo la sottrazione d'acqua,
e come Finjezione dall^ vene vi supplisca fino ad un certo punto,
ma anche in qual modo, col ripetersi del vomito e della diarrea
e quindi con nuova perdita di fluido, il paziente soccomba.
« Possiamo -cosV riassamere i fatti. L' impedito accesso di
fluido alla circolazione è causa di coilassa, con tendenza all' a-
sfissia, «oppressione di orina , e quindi alcuni sintomi di avve-
lenamento uremico. Se 1' impedim«nto si spinge innanzi nel
corso della circolazióne , per esempio nel 'fegato, cagiona scar-
sezza di orina , e nei oasi estremi si possono verifipare. alcuni
sintomi di avvelenamento uremico. Ancor più innanzi si avreb-
be lividore, orine scarse , nei casi gravi il polso di minaociata
asfissia, e la circolaziono trova un sollievo coU'effusione di siero
nel peritoneo, e in qualche raro caso parzialmente colla diarrea.
Ma se il fluido passa Iibera|nente. dall'organismo ai reni, e trova
una libera uscita, se questi sono malati, passa fuori nondimeno
lasciandosi dietro la. materia escretoria che i reni debbono eli-
minare, e ne resultano i sintomi di avvelenamento uremico. Se
però vi è una rapida corrente di fluido che si precipita fuori
dall'organismo come nei casi di diarrea, abbiamo non solo av-
velenamento uremico, ma collasso ed altre . conseguenze di defi-
cienza di fluido nella circolazione gli effetti sono gli stessi,
sia che la deficienza derivi da impedito accesso di fluido, come
nelle malattie del duodeno, o da eccessiva e grave diarrea t.
Kon ci è concesso di esporre più in lungo le osservazioni
del Dr. Barlow; egli cita diversi casi per provare i fatali ef-
411
fetti éell*olk> di ricino in qawU malattia e gli effetti, della
purga incidoi) te .nella, malattia. Testtmonii del morbo in patria
e nei paesi caldi, non, possiamo a meno di: sentirci più pho ìrir
quieti al nome di olio di ricino legato con questo morbo, e non
ne avremmo parlato' qui ancora, se. non ci fossimo di nuovo
convinti, se ci si passa l'espressione, della. grave, responsabilità
che incombe a chiunque permette che si promulghino ^siffatte
dottrine; og^i giorno T esperienza pratica negli ospedali e su
individui inclinatissimi al morbo per vita im provvidente e sre-
golata , artigiani e classi infime , ci convince del gran dann9
che deriva dalla ostinata difesa di tale trattamento \ quantun-
que ciò possa avere assai poca influenza su. coloro che già si
provarono nella cura di questo morbo, non dimentichiamo chp
gran- numero di giovani confratelli non ne ^ sono abbastanza
preammoniti dall' esperienza; non dimentiohiamo. quanti han-
no seguito, senza riflessione , tutto quello che si disse di in-
gegnoso su cib. Alla lieta, (li casi citati dal Dr. Barlow, ne
.potremmo aggiungere altri e 4i altri autori, per provare i danni
della cura con olio di rìcino; ci accontentiamo di raccomandar^
ai nostri lettori le utilissime relazioni . del I>r. Barlow , lette
all'Hunt^eriau Society.
In un caso di morte per cholera , il Dr,.Stokes (1) dice di aver
notato, dopo poche ore di collasso, un soffio intenso alla parte su-
periore e media della regione stemale, in uji giovane che godeva
prima ottima salute. Questo soffio continue fino alla morte; alia
sezione si trovò un grosso coagulo nel ventricolo sinistro , che
si estendeva attraverso l'orifizio aòrtico, nell'arco dell'aorta, l^e
val-vole del cuore e le pareti erano perfettamente sane ; non
e* era quindi alcun dubbio che il. soffio fosse, di data recente e
risultante' dalla presenza del coagulo <:he inceppava l' azione
delle valvole aortiche-
Il Medicai Times and Oazatte cosi parla della opinioni di
M^ Worms : — < Con LIebig , Worms crede ohe perdendo co^i
i suoi cloruri, il sangue perde eon essi la fàooltà di produrre
urea, e facendosi sempre più denso, diventa aempre meno atto
(i) On Diseases of the Heart and Aorta, pag. 124.
412
mila eìreakaioii9. A tei perioda dolla maUtlia U viU organica ,
p#r coMÌ dir« , eetsa; la deeomposisioiia orgiinioa procede eeoia
reelUttBÌone» il sangue AMome quasi interamente i( carattere
arenoso » » e lo sviluppo del calorico è troppo scarso per sup-
plire a quello che yiene disperso per irradiazione.
Worms considera il veleno cholerioOy come -un fermento al-
calino , la cui astone è resa facile da tutte quelle circostante
che ritardano una completa osMdasione del sangue, e che con-
tribuiscono a sovraearicarlodi prodotti idro-carbonici, impar-
tendogli un carattere venoso. I due grandi sistemi che sono
Ibnte dello sviluppo del velelio cholerìco, sono il sanguigno e il di*
gerente, e Worms ritiene che il sangue sia il primo ad alterarsi,
e che i disordini del sistema digerente siano consecutivi alle al-
teraitonl subite da questo fluido. Una ragione, secondo lui, e
che il feto in utero può ammalarsi di cholera, è che allora
vediamo costantemente V essudato specifico aegli intestini , co-
me in altri soggetti. Opina che ci vjene suggerita la stessa con-
clusione dairordinario graduato svilupparsi di un decorso di cho;
lera, che di solito e preceduto da prodromi, durante il qual periodo
precursore ha luogo una lenta e progressiva inflltrasione dei
tessuti e dei follicoli intestinali, preparando la via per lo
eoarico dei costituenti acquei del sangue. Più è debole la causa
deir avvelenamento , più ò lenta neir agire , altrettanto più
lunga sarà la durata dei fenomeni precursori; quanto. più vio-
lento è ravvelenaraentO) altrettanto più breve sarà il prpcesso
preparatorio. Egli chiama stadio .di restituzione il periodo di
reazione. Asserisce quanto fu già messo innansi nel 1854 (1),
che molti effetti della malattia, dipendevano dall' urea nel ean-^
gue, e, dice Wprms , è precisamente .così del fluido cerebro*spi-
nale, della milza,, del cervello^ dei 'muscoli delle estremità infe-
riori , del cuore. Il tessuto cerebrale è quello che ne contiene
di più. Avviene l'opposto per così dire, del flusso acqueo ri-
spetto agli intestini ; il fluido vien tratto nel sangue e quello
che entra nel sistema della porta è immediatamente applicato
(1) Vedi: The Cholera at Finglaa, per C. F. Moore, e : Du-
blìn Quarterly Journal of Medicai Science, . nov. 1854*
413
alls secrezione dèlia bil«. Fa notare la gravezza del ca9o quando
avviene la sonnolenza dopo ineomineiata la reazione,- quando gli
sforzi dei muscoli del petto diventano visibili , quando ritorna
il collasso, ecc. Àceenna anche all'eruzione cutanea^ ed alla de-
squamazione notata da altri autori, come accennammo' nella nò-
stra Rivista di luglio. Chiama l'attenzione sulla distinzione tra
staio tifoide ^ tifoide choleriea ^ e periodo di coma uremico*
Devono essere diligentemente distinti secondo la loro natura e
secondo le loro indicazioni terapeutiche , e questa ò lo scopo
principale del "lavoro deirAutore.
La sonnolenza nt>n è «marcata dalla sete febbrile molto pro-
nunciata, né da alcuna alterazione notabile della lingua; egli la
ritiene appena analoga allo stato tifoide. Non è come il coma delle
febbri perniciose, né come quello deUe idropi fatali ; in questi due
il corna invade d'un tratto, mentre nel nostro morbo il paziente
perde le facoltà mentali a poco a poco. La mancanza d'ogni fe-
nomeno di disturbo nervoso o circolatorio e l'andamento lento
dell'affezione, ' esclude ogni idea. di uremia. Il rossore sanguigno
di tutta la congiuntiva, la durezza e protuberanza del globo del-
l'occhio^ accompagnano lo stato di sonnolenza, e predicono una
grave reazione. Tosto dopo succede lo sguardo incerto, come di
ebbro, e l'abbassamento dellia palpebra superiore: l'ottarmoscopio
ci indica uno sviluppo Venoso enorme del fondo dell'occhio. Worms
ritiene questi fatti dipendènti dall' eccesso del processo di ripara-
zione; le vene si inturgidiscono, mentre il sangue arterioso vien
spinto nel cervello in larga quantità. In questi casi, dopo morte
trovoBsi turgescenza del cervello, con-effusione sierosa tra le cir-
convoluzioni etra il cervello e la scattola ossea ;>gli umori del-
l'occhio^ specialmente il vitreo, più abbondanti del solito, Worms
trovò assai vantaggioso l'epitema tiepido alla regione, frontale,
tagliandone via i capegli se fet bisogno. La sua formola era la
seguente: Spirito canforato 150 grammi, soluzione di ammoniaca
da 20 a 35 grammi, infusione d'arnica iOO grammi, idroclorato
di ammoniaca 45 grammi. Di solito bastavano da 48 a 72 ore
di questa applicazione, ma certe volte si richiedettero otto a dieci
giorni. Su 65 casi gravi di reazione, riuscì bene questo rimedio
in 51. Passata questa fase di reazione, subentra la fase tifoide
o il periodo uremico, intendendo con questo termine un processo
414
Mbril6 che ha per eausa e fine Péliminazioné dal sangue, e pét
mezzo di esso, del detrìtus organico del quale V urea ò il rap-
presentante più apprezzabile. Worms diee che prpbabilmente il
salasso dalla vena o qualcb'altro mezzo consimile possano forse
combattere la sonnolenza; però egli non rollo adottare il salasi
80 ; egli combinò col fomento alla testa, i vescicanti alle estre-
mità inferiori, le bevande calde moderatamente aromatlcbe^ il
solfato di chinino, e qualche volta anohe il nitrato di potaesa;
propone la limonea acido-solforica nella diarrea prodromica e
nei primi momenti di malattia confermata. Preferisce l'isola*
mento dei casi di eh olerà, immediate disiafezioni delle materie
emesse con una soluzione forte di solfato di ferro, tratta le
biancherie con acqua bollente. Oosì gli assistenti del malato si
salvanoi, egli crede, dagli attacchi . del morbo.
Il London Hospital sussidiò un gran numero di choierosi nel
1866.' Prima del finire dell'agosto si erano necettati 509 casi di
cholera confermato, 54.9 per cento dei quali morirono. Si erano
disposti 138 letti, ma non vi furono mai neir ospedale più di 114
casi in una sol volta. Tutti i cessi addetti alle infermerie di chele*
rosi furono chiusi, e gii eù^ereta si ricevevano in vasi contenenti
acido carbolico, e si trasportavano dall'ospedale aggiungendovi
ancora dell' acido carbolieo ( ^/^ oncia di addo concentrato per
ogni litro d'acqua circa), poi venivano sotterrate a cinque piedi.
Si spargeva per le sale dell'acido carbolieo in polvere ; le infer-
miere se ne lamentavano come che cagionasse dolot di testa e
mal di gola. Tutte le biancherie provenienti dalle sale di cho-
ierosi venivano- posti in tubi con cloruro di calce, e dopo che
ne erano imbevute i, si lavavano con sapone d'acido carbolieo -
per questo processo le biancherie non furono danneggiate.
Sotto i 10 anni di età 66 guarirono, e 56 morirono
> 20
^
44
40
» 30
50
56
» 40
41
52
» 50
17
39
• ]|
> 60
8
20
in là . .
• •
. 2
18
228 281
415
DI 20 casi drogai 6tà, curati prima del Ì9 luglio, 17 mo-
rirono; di 30 curati nell* ultima settimana di agosto, morirono
soli 12. Dei 509 ca«i, H 47 per cento erano d(Mine. La mortalità
decrebbe di settimana in settimana dall' 85 per cento nella prima
s&ttimana, al 35 per cento nell' ultima^. Il 22 per cento degli
ammessi, presi in massa, erano al di sotto dei 10 anni. Sul prin-
cipio della epidemia, i malati per la maggior parte venivano
portati air ospedale già nel massimo collasso , e morivano quindi
poco dopo, o sul principio. della reazione. La febbre oonsecu*
ti va , che rassomigliava al tifo peri molti rapporti, riesci fatale
in un gran numero di casi ; ed anche in quelli che ne guari-
vano, la convalescenza orlar assai lun:ga. In questa epidemia,
più che nelle precedenti, la gravezza dei crampi fu maggiore;
forse vi influì il non uso dell'oppio in questa epidemia^ para-
gonata a quella del 49. Si ebbero casi nei quali mancò alcuno
dei sintomi soliti di cholera , e allora il carattere principale
era il collasso, mancando il vomito e la diarrea od uno di' que-
sti ; in altri il Vomito fu gravissimo ed incessante, spesso fa-
tale, specialm^te durante la febbre consecutiva. Nella diagnosi
si ebbe la massima cura di distinguere i casi di diarrèa e quelli
di cholera. Nel Londoi^ Hospital non si ebbero casi -fatali di
diarrea propriamente detta. La diarrea 'non precedette sempre
il cholera.
Fino alla fine di agosto si sussidiarono dal London Hospital
circa 10,000 casi esterni di diarrea. Se questa durava da qualche
tempo con scariche acquose, isi davano gli astringenti, e con
buoni risultati , se vogliamo giudicare dal numero compara-
tivamente piccolo che furono poi accettati come ^pazienti nel-
l'ospedale. Quando c'erano dolori forti di ventre, con poca
diarrea ed evacuazioni dolorose, olio di ricino con poche goc-
ce di tintura di oppio, cui seguivano gli astringenti se era ne-
cessario. • '
In un personale numeroso di servizio, solo cinque infermiere
ebbero cholera, e quattro di queste morirono. Di undici lavan-
daje una, e morì. Tre dei casi fatali tra le prime non erano
residenti nell'ospedale, e così la lavandaja. In tutto il resto del-
l'ospedale dove stavano gli ammalati generali, un sol caso di
cholera, e fu un ragazzo che era stato trasportato in un at-
416
lieo do^e si ora rieoyarato il primo caso di eholera ricevuto;
morì.
Il Br. Fraser . opina che le injeEiom saliae con una piccola
quantità di alcool , come usava Little > siano una risorsa nel
collasso estremo, quando il canale alimentare ha perduta 0|^i
facoltà di assimilaziona.
Little (London Hospital) accenna alia necessità di far uso
di injezioni nelle vene prima che il collasso duri da un pezso,
net qual caso si formano subito dei coaguli nel cuòre, che si
estendono lontano nelle vene.
e Non si injettarono che i malati che non lasciavano più
alcuna -speranza — casi di estremo collasso — tutti senza polso
radiale, lividi , colla temperatura esterna abbassata, e che ave-
vano perduta una quantità di fluido , o per diarrea o per ve-
mito, per lo più per ambe le vie. I fluidi adoperati erano san-
gue defibrinato, siero, salini e salini con alcool. Si fece uso del
sangue di pecora, mantenuto coir immergere il vaso che lo con-
teneva nell' acqua calda , defibrinato col batterlo , poi filtrato.
Adoperai il sangue defibrinato ad istanza del Pr. H. Jacl^son ,
ma solo in due casi assai gravi. Non sUebbe infl'uenza favore-
vole nemmeno temperarla, e sembrò imbarazzare ed affrettare
la respirazione«> Da questi casi non si può trarre alcuna con-
clusione quanto all'impiego del sangue ».
Anche lo siero adoperato era di pecora. In un sol caso, usato
puro, riesci giovevole; ma l'età del paziente, 64 anni, gli fu
probabilmente fatale. Little usò un fluido salino per injezione;
cloruro di sodio 60 grani, cloruro di potassio 6 grani, fosfato
di soda 3 grani, carbonato di soda 20 grani, acqua distillata
20 once. Queste proporzioni con 2 dramme dì alcool puro in
qualche coita meno di ^/^ litro (1 pint) di acqua, furono usate
poche volte e in tutti i casi riesciti bene, e ciò fin dal 1849*
Il liquido era a 110^ F. o li presso, tenendo calcolo di un pò
di raffreddamento passando lungo T apparecchio di injezione.
Dapprima si usò una siringa , poi un tubo di gomma ^ la-
sciando che il fluido penetrasse per gravità. Little dà i ri-
sultati di 1 5 casi , 4 dei quali felici ;. cita altri casi favorevoli
verificatisi dopo la stampa del suo rapporto. Il Dr. Woodman
incaricato del servìzio del Limehouse District Hospital y- Wap-
417
pihg, riferisce in sènso favorevole snirinjezione salina, e se ne
valse tre volte con molto vantaggio temporaneo ogni volta, e
con una guarigione. I soggetti di questi casi erano senza pol-
si, ed uno anzi insensibile. Little sceglieva una vena al go-
mito :
a In genere non era difficile il trovare una v«na, ma qual-
che volta però non se ne poteva scoprire attraverso la cute.
Allora io metteva la Vena alle scoperto passandovi sotto uno spe-
cillo prima di aprirla.' Il fluido proveniente dall'apparecchio
lava via il sangue dalla ferita e l'operatore non può sbagliarsi
neir introdurvi il becco del tubo, ed evita di farlo penetrare o
nel tessuto cellulare, o nella guaina della vena ».
Il Dr. Fraser del London Hospital, ritiene che un vero
caso di collasso cholerico presenta naso, lingua, respiro freddi,
orina soppressa, e la voce mancante, a In tali condizioni il ma-
lato assai di rado può guarire Quando mancano, si può
avere a un di presso lo stato seguente, e allora si può sperare la
guarigione: non si ode l'azione del cuore, manca il polso, pelle
raggrinzata , mano da bugandaja , cute coperta da un sudore
freddo di agonizzante^ vomito, diarrea^ crampi, ecc. — Que-
sta epidemia incominciò d'un tratto^ si fece tosto assai inten-
sa, arrivò rapidamente al massimo, e declinò rapidamente, co-
me già altre volte fece il cholera, ecc. — Non si osservarono
nuovi sintomi, ma una gran varietà nei diversi casi; per esem-
pio, in alcuni i crampi costituirono il sintomo principale ». Ri-
peto il fatto che in quest'occasione come prima, furono vit-
time del morbo principalmente i sucidi e mal nutriti, e in par-
ticolare quelli che vivevano in abitazioni luride, malsane. Gli
astringenti e gli stimolanti non godettero gran simpatia. An-
cor meno l'olio di ricino, il tartaro emetico e il solfato di ma-
gnesia , in piccole dosi. Si preferì la linionea salina. Giovò
il mercurio con creta con piccole dosi di ipecacuana e pol-
vere del Dower. e I bagni alla temperatura di 98® a 104®F.
furono utilissimi in circa 130 dei casi peggiori ». In alcuni
casi di estremo collasso i bagni caldi non giovarono nulla; e
qui osserviamo che tale fu l' esperienza del marzo scorso in
Parigi. Per il vomito incessante si tentò ogni sorta di rimedio;
Annali. Voi. CCI. 27
•uitri#aii giovarono poeo; le pillole di creosoto rie-
. ' .(UÌKi^uuMa bone in tre casi, il bismuto e l'acido idre*
o lu uu caao, in molti il ghiàccio. Un ragacso di 12 anni
1^ Nv>muò \>gai liquido appena ingerito , cercò del pane con
>K4>u»t \\> &ì concedette e reetò nel ventricolo. Parve giovasse
,^.io^U4 tWukola: solfato di chinino i grano, tinct. ferr. mar. 1&
^v^co^ «k^^)^A i oncia. Il trattamento solito del periodo di rea*
4ÌVV110 Ifu U polvere grigia, ipecacuana e polvere del Dower, be-
va lU^ «on clorato di potassa e liraonee saline, e attenzione allo
^iJkW ileUe vie intestinali e alla dieta. Manifestandosi l' assopi-
i^aul^i fE^ooia accesa, congestione delle congiuntive, eec.^ giovano
amaì i senapismi o i vescicanti alla nuca. Nella cefalea grave
\\\\ dal principio, giova V irrigazione fredda. Il collasso declinò
«pesso insensibilmente in reazione. Di 52 morti, uomini, 25 pe-
rirono in collasso, 27 nel periodo di reazione ; di 55 casi fatali
di donne, 33 lo furono al collasso, i2 nella reazione.
t La viva reazione era caratterizzata da distinte^ placche
roiso-souro alle guance, molta congestione della congiutativa,
aspetto sonnolento, abbandonato, collo sguardo, vagante della
febbre, occhi socchiusi , pupille rivolte all' insù od all' interno ,
lingua dura, secca, denudata di epitelio, labbra e denti fulig-
fvinosi, respirazione faticosa , nei bambini e nei giovinetti la
posizione prona di preferènza. Ebetudine della mente, dalla quale
il paziente non si poteva sollevare, in qualche caso delirio vio-
lento, condizione che di solito finiva coli' essere fatale )».
Le variazioni di temperatura in questo stadio furono degne
di osservazione. Il termometro provò che la temperatura non
poteva «ssere debitamente valutata dal tatto. Gli estremi di
temperatura furono 91.2 e 105.6. Nella reazione la tempera-
tura era al di sotto del solito , qualche volta ancor più bassa
di quel che fosse ai primi momenti dei morbo. Nella reazione
favorevole fuvvi di frequente un distinto abbassamento di polso,
per lo più 54. Un ragazzo di nove anni, che. pareva avviarsi
benei, aveva il polso a 45. Spesso diventava intermittente nel
periodo di reazione maligna ; in un caso fatale mancò sempre
la settima battuta ; nulla spiegò questo fatto nel reperto ca-
daverico.
Gii estremi di respirazione furono 12 e 44. In alcuni casi
419
favorevoli comparve Qua «ruzioné r08éol»ré nel-partodo di yea^
tion&, osservando >ch*e ta' alcuni casi era pi*èc6dnto da un au-
mento di temperatura, che tosto declinava col dissiparsi dei-
r.erusione; Un ragasso che aveva erusione roseotare -con rea-
BÌòne violenta e che morì poi, presentò edema dei piedi, e spa--
smi alle mani ed ai piedi. Una ragazzi essa pure con roseota,
non ebbe edema, ma spasmi nelle mani e nei piedi, e guari.
Gome- notammo nel nostro estratto del rapporto sul cholera
ali'Hòpital S. Antoin&^i dove si osservò V ingrossamento e ìx
suppurazione della ghiandola parotide e della sotto-masoellare
in alcuni casi consecutivi di cholera, anche nel London Hospital
si osservarono simili affezioni in condizioni eguali. Tra i pò*
stami di cholera , il Dn Ogle al St. George ed altri osserva-
tori, notarono V urticaria ed altre eruzioni. ^
Al London Hospital parecchi casi di cholera indussero aborto,
riuscendo tutti fatali;. una donna partorì a termine naturalménte
e guarì ; tre altre quasi a termine di gravidanza morirono prima,
del parto ; un bambino nacque morto a tarmine, come altri tre
venuti in luce per operazione cesarea immediatamente dopo (a
morte della madre. La secre'zione d^l latte continuò in quattro
«asi di nutrici, e furono assai gravi La storta sùsseguento dei
bambini non la si conosce ; madri e bambini venivano tosto se*
parati col manifestarsi dèi cholera. Si notò spesso la sensai^ione
di rumori nella testa^ e in uh caso fii questo il primo sintomo.
GomUni le affezioni della cornea , esposte a lungo per la par-
ziale apertura continuata delie palpebre; una bambina fu cieca
completamente per rapida ulcerazione -di ambe le cornee. Nella
reazione si ebbe di frequente la corizza , specialmente nei ra-
gazzi. La mestruazione continuò in quelle donne che 1' avevano
In corso all' irrompere dell' accesso cholerico. Tutte le donne
ebbero una secrezione vaginale muco-purulenta ; macòhiata di
sangue nelle adulte , quantunque non al periodo di mestrua-
zione ; inr un caso si ebbe una considerevole quantità di sangue.
Nel periodo di reazione e di guarigione, la gravità specifica
deir orina oscillò da 1005 a 1017 colla media generale di 1006.
La gravità specifica deiPorina fu assai bassa, anche al ritornare
di codesta secrezione dopo eh' era soppressa da , parecchi dì. È
Bène ricordare clie la secrezione dell' orina si ristabili sovente
^i9
prìna dolla faoottà di evacuarla. Qaagi tempre , orine acide >
cella mateima acidità sol paesaggio verso la reasione. Quasi
naelà del casi presentarono albume in quantità diverse ; questo
acompariva presto, tranne dove ci fu ragione a sospettare un'
antica malattia renale. In, molti casi te orine trattate coU'acido
nitrico diedero un brillante color rubino. In un terzo circa dei
casi si trovarono urati e cristalli di acido urico in quantità.
Non si osservarono ossalati. Nella maggior parte dei casi, epi-
telio dai reniji dagli ureteri, dalla vescica ; e nelle donne, epi-
telio vaginale, come se colla reasione si stabilisca una generale
desquamazione. In tutte lo orine esaminate si trovarono cellule
in decomposizione, frammenti di epitelio granulare , jalino , di
rado integro ; molta inclinazione alla decomposizione deirorina,
e tendenza a riempirsi delle più minute forme della vita ani-
male e vegetale. '
Le secrezioni intestinali rassomigliavano assai all'acqua di
riso, separabili o collegate in un fluido lattiginoso supernatante,
e sedimento fioccoso ; il fluido era grigiastro, semi-trasparente,
in alcuni casi conteneva dell' albume ; il sedimento era costi-
tuito da fiocchi di muco coagulato , contenenti numerose mole-
cole e granuli — molte con moti attivi' — e cellule di diverse
dimensioni ed a periodi diversi di sviluppo o di decomposizione;
Alcune rassomiglianti ai corpuscoli scoloriti del sangue : altre
grandi il doppio o il triplo con nuclei manifesti senza 1* azione
di reagenti; alcune ripie>ne di granuli rifrangenti, non distin-
guibili dalle note cellule-granuli. Si trovarono anche delle masse
cilindriche ben (iistinte di materia grsnulare, probabilmente
frammenti di follicoli, ma senza alcun che di rassomigliante alla
membrana mucosa. L* epitelio normale dell' intestino mancò
f uasi sempre nelle evacuazioni in vita. La secrezione di sangue
dalle vie intestinali fu sempre indizio di risultato fatale. Il vo-
mito conteneva epitelio della bocca e della faringe , . materia
granulare, e diverse cellule vegetali provenienti dai cibi.
Mr. Mackenzie , medico residente assistente al London Ho-
spital, osservò che i crampi gravi raggiungevano la tempera-
tura dell' ascella di 2^ F. Quanto più frequente la respirazione,
tanto maggiore la temperatura, esaminata nel retto, nella va-
gina. Un bambino ohe mori in reazione imperfetta , ebbe la in-
421
solita temperatura di 101.8 esternamente e 106.2 internamen-
te. Mr. Mackentie ritiene che l' aumentò della temperatura post-
tnorterHy corrisponda alla durata della malattia ed al periodo nel
quale diventò fatale. Gita casi di spasmi negli arti dopo la
morte, ed osserva che si verificano nelle parti affette da crampi
in vita. (Questi spasmi post-mortem possono involgere questioni
medico-legali, in qualche caso estremo ). Sono comuni le piaghe
aftose e le vesciche della bocca , delle labbra , della lingua , e
r angina, specialmente nei casi accompagnati da roseola chò-
lorica. Nei periodo di reazione è pur comune un dolor grave
air epigastrio. Si osservò non di rado la bronchite capillare ^
con pus denso nei tubi minuti ; essa costituiva una gravissima
complicazione del • periodo di reazione. In alcuni casi si ebbe
ulcerazione della cornea. L' atropina e la fava del Calabar agi-
scono sulla pupilla nel cholera. Lo stato della pupilla varia
molto nei cholera; nel collasso non è largamente dilatata, come
nel periodo algido.
IL Dr. Woodman , all'interessante rapporto del quale sul
Limehouse Cholera Hospital alludemmo già, dice :
e I risultati dei nostri reperti cadaverici sono in gran parte
contraddi torj. Contro la generale opinione, i polmoni dei malati
morti nel collasso erano spesso congesti ; in un caso morto nella
reazione , erano contratti, e senza sangue. Il cuore conteneva
sangue in ambedue le cavità ( specialmente il destro ) ; si ebbe
un caso di ventricoli contratti e vuoti. La cistifelea sempre
piena. I follicoli mucosi degli intestini in genere assai promi-
nenti. Le malattie renali croniche ebbero molta iufluenza sulla
mortalità^ specialmente su quelli che morirono nel periodo di
reazione >.
Il Dr. Letheby nel suo rapporto suU' epidemia di Londra
del 1866 , dimostra le difficoltà che si incontrano quando si
tenti, di localizzare la malattia. La gran mortalità che si rife-
risce alla sregolatezza della domenica, si verifica al martedì,
come si desume dalle tavole costrutte sui rapporti del Regi-
«trar-General pel 1866. Ciò si osservò pure a Dublino e in al-
tre località nella presente epidemia, come nelle epidemie prece-
denti.
Il Dr. Lionel S. Beale crede probabile che le vittime dei
422
ctiolera fossero ìndividnì ' soffrentr di altèraiioni croniclie di
stmtturft nei tessuti degli intestini, da mesi e in alcniìi casi da
anni.
Il choTera è tempre legata alla perdita di e|>itelio dlindrio(y
' dai villi. < Quantunque non- ci sia diarrea pel momento , que*
■to epitelio trovasi poi in àbbondansa negli intestini del cada*
vere s. In alcuni casi di morte sopraggiunta rapida e per sa*
titaneo arresto di sangue nei capillari degli organi importanti^
non e* è nemmeno tempo perchò T epitelio- possa distaccarsi dai
villi, precisamfente come possiamo avere la morte per vajaolo e
scarlattina senza eruzione alcuna ».
€ Il processo affetta la mucosa della cistifelea e dei condotti
epatici maggiori, della vescica, degli ureteri, della pelvi renale,
delle tube fallopiane , dell* utero , della vagina. Pare insomma
ehe r epitelio delle superfici molli ed umide tenda a cadere f
non già T epitelio specialmente compreso neìV eliminazione y
bensì quello che riveste i condotti d^Ue ghiandole e delle
cavità che si possono comprendere nella categoria della porzione
di condotto delle diverse ghiandole secretorie ».
Il Dr. Beale aggiunse:
« I follicoli delia mucosa dello stomaco e dell' intestino, delle
ghiandole salivari, del pancreas ; i tubi del fegato , dei* reni e
«ti altre ghiandole, serbano Tepitelio; nò io potei dimostrare
alcuna forma speciale al ckolera in queste varietà di epitelio
ghiandolare. E, per quanto io potei osservare, sarebbe assai
difficile il distinguere molte cellule secerneBti tolte dal cada*
vere di un oboleroso , da cellule perfettamente sane ».
D* altra parte il Dr. Parkes e il Dr. Gairdner asseriscono
che la separazione delle cellule epiteliari risulta da macerazione
meccanica post-mortem. .'
Il Dr. Austin Flint del Bellevue Hospital , Nuova York ,
'' pubblicò una bellissima confutazione della cosi detta teoria d'e-
«Hminazione del cholera. E conclude così :
a L' importanza degli argomenti che sostengono la teoria di
eliminazione nella dura del cholera, non ha gran valore. Accet*
tando questa teoria, non bisogna opporsi al vomito, alla diar-
rea, anzi si devono favorire. Il solo pensiero del risultato pra-
tico di questa teorie , deve colpire non poco chi è d' opinione ,
y
423
che la maggior fonte di pòricojio nel cholera, sta nella perdita
dei costituenti dd) sangue contenuti nell* effusione cholerica.
C è da temere che V influenza degli ingegnosi scritti dei pro-
fessor Johnson, abbia a condurre alla perdita di non poche vit-
time.
Un altro fatto pratico segue legittimamente 1' accettazione
della teoria di eliminazione , che cioè non si deve frenare la
diarrea prodromica. Non è necessari^ una lunga considerazione
di questo precetto per rifiutare la teoria. Certo è che non y'è
fatto meglio, stabilito nella pratica di questo, che arrestando la
diarrea che sì spésso precede lo sviluppo del morbo, sì previene
il cholera. Possa questo fatto pratico pesare quanto basti nelle
riflessioni dei medici sulla teoria d' eliminazione. La impossibi-
lità di conciliare questo fatto coli* altra teoria, fa si che questo
non possa reggere ».
La Conferenza Sanitaria Internazionale pubblicò i suoi rap-
porti e consigli per preservare TÈuropa dal cholera ; dobbiamo
al Dr. Goodeve.un interessante sommario degli atti della con-
ferenza. Vi si comprendono misure onde prevenire lo sviluppo
e il divamparsi del chplera mediante la purificazione, le misura
sanitarie, e T isolamento.,. La Commissione, onde migliorare le
condizioni delle località infette dai morbo più o meno endemico^
desidera V esercizio di. un controllo sanitario attivo sui pelle-
grini e^ sulle piazze di affluenza centrale , sui battelli ed altri
mezzi di trasporto, ed una sorta -di quarantena di sorveglianza
sui viaggiatori di mare e di terra — quest' ultima da esten-
dersi anche . ai casi di diarrea come a quelli di cholera, ed alle
persone provenienti da siti infetti; — queste idee partono dal
principio^ generalmente ammesso, della trasmissibilità del morbo
da individuo ad individuo.
Il tratto più importante che fu considerato dalla Commis-
sione, è Taumentata frequenza dèi cholera in Persia, dove negli
undici anni dal 1851 al 1862 si ebbero dieci epidemie. Aggiun-
giamo che anche in Egitto si osserva la stessa tendenza, quan-
tunque non a tal punto.
Non nascondiamo che T effettuazione di queste misure in-
contra molte difficoltà e molte spese; ma i benefizj che deri-
vano dal prevenire o dal fermare il morbo, compensano alta-
424
niente dei sacrifizj fatti, né s'ha a dimenticare il vantaggio che
deriva, anche dal lato dell'educazione, per la grande importanza
data alle migliorate misure sanitarie. Gli ultimi rapporti del-
l' Egitto supcriore suli' irrompere del morbo , sulla immensa
mortalità e sullo stato di degradazione degli schiavi , V orren-
do fatto che i cadaveri dei cholerosi si gettano tutti nel
Nilo, la sorgente generale d' acqua per tutti i bisogni di tutto
l'Egitto, invocano un pronto ed energico intervenire deli' Eu*
ropa in questo paese di schiavitù e di abbominazioni, come lo
chiama un nostro collega (1). Questo intervento lo si desidera
anche per l' India , ancor più vicina a noi per cosi dire ;
speriamo che la Commissione sanitaria in quel paese abbia
ad ottenere grandi miglioramenti. La Persia diede già un bel-
r esempio col proibire due volte i pMiegrinaggi in tempo dì .
cholera.
Il Dr. Warren 25tone ritiene che il cholera non sia per-
sonalmente contagioso , e che non lo sì possa troncare colla
quarantena. Credo , egli dice , che le lordure e gli escrementi
dei cholerosi, in uno spazio limitato, possano generare la ma-
lattia. Cita parecchi esempj importanti di propagazione di cho-
lera, per essersi esposti all'atmosfera di un battello dove erano
stati dei casi di cholera. Ritiene che la causa della febbre scar-
lattina, del morbillo, del vajuolo ed anche della semplice feb-
bre intermittènte, non sia meno oscura di quella del cholera.
Crede che il riferire il cholera ad un avvelenemento del san-
gue ajuti a rischiarare l'argomento, e che lo spiegare la malat-
tia facendola derivare dal gr^an simpatico, sia uno spiegare un
fenomeno Jnesplicabile con una teoria inesplicabile, in altre pa-
role, per puro assunto. Ammette caldamente l'importanza di
una attività regolata, della dieta vegetale con buoni cibi e
una quantità sufficiente di stimolanti ., in tempo di cholera ;
r eccesso di cibi malsani e di bere , predispongono al morbo.
Nei primi disturbi intestinali somministra chinino , calome-
lano ed oppio, e mette a letto il paziente; brodo di carne
ed acqua con poca acquavite. Se le emissioni si fanno co-
N
(1) Lancet 23 feb. i867.
425
pìose ed esaurenti^ gli astrìngenti, chinino e dosi moderate di
oppio. Le sostanze stimolanti e riscaldanti disturbano ed esau-
riscono il inalato; giovano molto le piccole dosi di calome-
lano , mezzo grano, un grano , ogni mezz' ora ed anche più di
frequente , fino a prenderne dieci o dodici grani. Pà molta
importanza alla spugnatura fredda, ed all'uso interno d'ac-
qua fredda o ghiaccio. Ricordiamo però che il nostro Autore
scriveva a New Orleans, e che si deve quindi tener conto del
clima di quel>^sito.
Non possiamo convenire coli' «sserto che la patologia del
cholera non abbia carattere anatomico. In -complesso lo scritto
del Dr. Stono merita di esser letto.
Simon, nel suo Memorandum officiale (1), si ferma sulla im-
portanza massima di tosto disinfettare tutte le materie emesse
dal paziente, e prevenire che vadano a mescolarsi con altre so-
stanze e con fluidi, poiché ne risulterebbe molto maggior danno
da queste materie quali mezzi di propagazione del cholera, an-
che diffusi in larghi volumi di acqua. Il paziente, le bianche-
rie di esso, gli abiti, ecc. , possono tutti nello stesso modo pro-
pagare la malattia. Il Memorandum dimostra , come le circo-
stanze locali agiscano potentemente nel favorire lo sviluppo
della malattia, dato che anche un sol caso, fosse leggiero, siasi
sviluppato nelle vicinanze. Il solo salvaguardia durevole st^
nell'assoluta pulizia, e nei lavori ben diretti delle cloache, delle
colature e d^ll' acqua. Nel Memorandum trovansi utili istru-
zioni per disinfettare l'acqua potabile, ecc. I migliori sono l'e-
bollizione e l'uso del fluido disinfettante rosso Condy ; il pro-
cesso devesi applicare ogni giorno alla quantità d' acqua da
consumarsi in quel giorno. Non si può fidarsi della filtrazione,
quantunque sia un'utile aggiunta ai mezzi suesposti.
Glaisher fece delle ricerche sulla profondità da cui deriva
i' acqua nei tempi di epidemia , onde verificare quanto disse il
Professore Pettenkofer riguardo al nesso di dipendenza tra l'epi-
demia e la profondità ^ello strato. È un fatto che certe forme
(1) Officiai Memorandum of the Medicai- Officer of the Privy
Council, luglio 1866,
426
di febbri osservate nei distretti paludosi dell' Inghilterra , di-
pendono dalla siccità; è nota 1» fatalità della febbre nelle no-
stre troppe durante la guerra peninsulare, quando marciavano
nel letto asciutto di un fiume. Non vogliamo però diminuire
per nulla il merito dell' erudito professore per le sue impor-
tantissime ricerche.
Il Prof. Rolleston di Oxford , pubblicò non è molto una
bellissima lettera sullo Spectator, esponendo con molta chia-
rezza molti punti importanti di igiene. Passa in rivista, le
cinque condizioni di Pettenkofer per lo sviluppo dui cholera ,
due delle quali dipendono da cause personali e tre dalle locali*
e La prima condizione personale è la presenza nel sito
dove deve svilupparsi il cholera, del particolare e specifico ve-
leno cholerico, cellula o fermento, che origina dai rejectamenta
dei cholerosi , ed anche degli escreti di persone sane che pro-
vengono da siti infetti. La seconda condizione personale è la
recettività e suscettibilità, spesso procuratasi da sé stessi, della
persona all' infezione, lia prima condizione locale è la porosità
e la permeabilità del primo strato di terreno all'aria ed all'ac^
qua. La seconda , è la presenza ad una maggior o minor pro-
fondità dalla superficie dello strato poroso , di quello che Pet-
tenkofer chiama Grundwasser -^ quantunque egli ci dica che
i suoi oppositori non adotteranno la sua nomenclatura — e
che noi chiamiamo sorgente od acqua sotterranea. La seconda
condizione locale è specialmente fatale quando il livello delle
sorgenti cade insolitamente al basso , dopo essere ^tato insoli-
tamente alto. La terza, senza della quale è impossibile la dif-
fusione del cholera, è la presenza, più o meno diffusa nello
stato poroso , di quelle sostanze organiche che le cloache mo-
derne portano fuori dai nostri recinti, ma che l'antica incuria
lasciava putrefare intorno alle case, nelle fogne e nei letamai.
Qui, come in tanti altri casi, le colpe dei padri sono scontate
dia figli, e il suolo può ritenere' per un tempo quasi indefinito
r impurità organica che vi si lasciò colare da molte genera-
zioni ».
Non bisogna aspettarsi che appena adottate le misure sa-
nitarie si abbia l'immunità contro il cholera; in tutti i casi
427
però si può sperare di andarne esenti , purché queste misure
siansi già messe in pratica da tempo.
I Dr. Peitenkofer , Griesinger e Wunderlieh pubblicarono
in un pìccolo volume alcune importanti osservazioni , e il Pro-
fessore Rolleston ne diede un breve sunto. Essi raccomandano
specialmente il solfato di ferro, per ragioni chimiche ed econo-
miche, a disinfettare le cloache^ « insieme ad un acido, a pre-
ferenza del cloruro di ealce , che possiede e produce una rea-
zione alcalina. L'esperienza ha dimostrato che il germe chole-
-rico ha bisogno di una particolare atmosfera per vivere, e que-
sta atmosfera particolare è fornita dall' esalazione alcalina dei
secessi umani in decompozione. In questa operetta come negli
scritti pubblicati nel Zeitschrift si raccomanda di stabilire 06-
'servirungs-spitah per le persone afiette da diarrea prodromica.
'Solo il quattro per cento di codeste persone confinate in case
di osservazione , passarono in cholera dichiarato- -^ risultato
'sufficiente per confermare la raccomandazione fatta. Al giorno
^'^Sg^ 9 mentre i pratici e le dottrine > inglesi hanno opinioni
così diverse, riguardo al trattamento, è importante il dire che
i tedeschi, come la maggior parte dei^ medici in India, racco-
mandano le- piccole dosi di oppio quale rimedio migliore pei sin-
tomi-precursori ».
Mentre i tedeschi ritengono che gli escreti cholerici siano
4a fonte del cholera, credono altresì che l'impurità dell'acqua
favorisca la diffusione dèi morbo , più che non sia veicolo del
germe eh clerico specifico. E nello stesso tempo non si dichia*
rano positivamente in questo opuscolo , quali oppositori delia
spiegazione del Dr. Snow, dei fatti ricordati ultimamente dal
Registrar-Gen eral.
II Prof. Rolleston parla altresì con giusto elogio degli im-
portanti' lavori del Dr. Budd di Bristol e di adtri medici inglesi,
su argomenti sanitarj.
M. Bordier (1), allievo del Dr. Gublei^^ ritiene che la diarrea
(1) « Archives Générales de Médecine » feb. 1867; Epidemie
Cholériqué de 1866 à THòpital Beaujon, par A. Bordiei*, Interne
des Hòpitaux.
428
prodromiea sia una prova della resistenia dell'organisma al yeleno
cholerico. Egli chiama cholera quei casi di profonda e ^subitanea
invasione deK veleno. La malattia presenta tre fasi; 1*, spoliation
par des voies variables, che probabilmente si può interpretare
per privazione di fluido vitale per vie diverse; 2^, galvanizza-
zione dei filamenti vaso^motori del simpatico; 3*, consecutivo
rilassamento dei vaso-motore. Cholerina quando è mite , cho-
lera se grave, è detta anche choléroide, cioè, quando è modifi-
cata da malattia precedente. Il cholera può presentare tali ca-
ratteri da poterlo classificare in sudorale , meningeo , sincopale
foudroyante , tetanico, tifoideo. I crampi variano di frequenza
e intensità in ragione inversa dell'età e in ragione diretta dalla
muscolosità del malato. Cedono spesso ai senapismi ed all' elet-
4
tricità (o, aggiungiamo, al cloroformio applicato su delle filacce
o air opio internamente , od alle inalazioni di cloroformio. -—
Reviewer),
La diarrea e il vomito .spesso alternano , la prima abbatte
più presto dell' altro. Sempre acido in principio , il fluido del
vomito diventa poi alcalino, affatto bilioso, e costituisce allora
un vero flusso di bile — cholirrhée. Cessato questo, spesso so-
lfara v viene l'itterizia. '
I secessi sono alcalini, contengono elementi albuminosi, ras-
somiglianti a siero, quantunque ne siano diversi. Vi si trovano
molte specie di animali infuso rj che muojono col freddarsi della
materia. Le evacuazioni sono susseguite da secchezza delle mu"*
cose e delle sierose. A tal punto la pelle facilmente si esulcera
e si sfacela, per l'anestesia e la mancanza di elasticità.
N^l periodo algido, se si ottiene un pò di orina , questa si
cangia in azzurro coU'aoido nitrico ; (1) vi si trova anche molto
albume. Nella reazione scompariscono e 1' azzurro e l'albume.
Sono allora in eccesso l'acido urico e 1' urea, risultati di com-
piata ossidazione, qualche volta lo zuccaro. La glicosuria dipende,
senza dubbio, dall'iperemia passiva del fegato, spesso ingrossato
(1) Violetto, porpora, in qualche caso quasi nera, o colori
diversi ; Dr. H. Weber , Medicai Times and Gazette , agosto
1866.
429
a questo periodo. La eìstlfelea distessi dà liquido mucoso. In-
grossata amiche la milza. Complicazione frequente e quasi sem-
pre fatale è la paralisi progressiva della bocca e delle pinne
nasali, poi sopraggiunge l'asfissia meccanica. «- Terminazione
osservata da M. Bordìer e non mai prima descritta.
Una considerevole iperemia delle sinovie accompagna qual-
che volta la reazione ; le mucose , nella reazione , secernono
spesso del pus in copia.
La convalescenza viene qualche volta ritardata dalla con-
trazione delle estremità, e dalla paralisi del sistema muscolare
(paralyaie amyhotrophique).
I rimedj che sembravano più utili nelle formidabili conge*
stioni del periodo di reazione, furono 11 solfato di chinino, il
caffè, la sottrazione di sangue, e la belladonna.
Dal primo manifestarsi dal cholera a Southampton nel 1865,
dall'interessante rapporto del progredire di esso in Gozo (i),
dalla relazione dall' irrompere del morbo a Dublino (2), e dalle
relazioni d' altri siti , rileviamo fatti che confermano la conta-
giosità di esso, ossia la portabilità da persona a ' persona, e la
tendenza ad attaccarsi alle località o agli individui disposti, per
così dire, a riceverlo. L'epidemia recente òhe aticora (3) ser-
peggia in alcune località dell'Inghilterra, dell'Irlanda, ecc., pre-
sentò' delle particolarità diverse da quelle dell'epidemia, del 1849
e 1854; Pare che in complesso la malignità (4) del morbo sia
piuttosto aumentata, che la mortalità sia stata maggiore in un
tempo relativamente breve, che si siano ottenuti i migliori risul-
tati in Londra generalmente, per le attive misurò igieniche addot-
tatevi da qualche anno; mentre, come si osserva dal Registrar-
General, la n'egligenza e 1' ignoranza , dovunque esistano, sono
causa di immenso numero di morti in casa e fuori.
II Dr. Gamps sostiene l'uso del chinino, della salicina , o
dell'arsenico, quali profilassi contro il cholera e la diarrea epi-
(1) Statistica! Sanitary, and Medicai Reports of the Àrmy
^M^dical Department, voi. VI, 1866.
(2) Medicai Times and Gazette, die. 15, 1866.
(3) Dicembre, 1866.
(4) Ciò si riferisce appena al 1849.
430
demica. Il Chirurgo Maggiore Blacklock emesse l' idea che la
vaccina e il vajuolo possano proteggere dal cholera. Tucker
opina pAl trattamento del cholera mediante i salini, come pro-
pose già da molto tempo , il Dr. Stevens. 11 Dr. Dudiey
Kingsford ahbatte il cholera mediante il fosforo < in una
qualche forma ! » Il Dr. Konigberger sostiene V innesto della
quassia come^ cura del cholera.
Un medico dice di tenere il sangue in circolazione nel cho«
lera mediante il moto meccanico (per rimescolamento o ondu-
lazione; e visto che «il resto della cura di codesto autore ano-
nimo, sta n^l porre il malato in un hagno alla temperatura di
120^,150* T. fregando il corpo con salamojai ci si scuserà se
noo raccomandiamo il resto di tal pratica).
Il Dr. Howe riferisce all'influenza lunare le epidemie .del
1831-32, 1848-49, e 1866, lasciando fuori quella del 1854. Pare
che quest'ultima non s* accomodi coi periodi necessarj alla per-
fezione della sua teoria.
Ancorché cessata V epidemia, i pochi casi isolati richiedono
ancora la vigilante attenzione delie autorità. Questa è una le-^
zione di quest'anno; mentre il cholera infieriva presso la Tower^
r Isie of Dogs , e Victoria Park , suH' area attraversata dalla'
Blackwall Railway, e dalla Great East^rn Railway, fino a Stratford
e West Ham, frammezzo a una popolazione in continuo attrito
di comunicazione , entro contrade strette e lungo il Regent' s
Canal e il Tamigi, e nel rimanente di Londra e dei vicini di-
stretti cui si erano rifugiati molti e molti che abitavano V est
di Londra , il ihorbo si limitò strettamente entro definiti con-
fini , e non si estese più^ in là , quantunque gli spostamenti
della popolazione fossero liberi come V aria. La futilità delle
quarantene è ormai cosi nota, che non si pensò nemmeno di
proporle in Londra. Si tolse l'acqua impura; aumentò la dili-
genza degli ingegneri delle acque; si attivarono le fogne più
di quanto si facesse prima e le si praticarono anche nel Sud
di Londra; gli ufficiali sanitarj aumentarono di vigilanza; si
curò la diarrea prodromica; ogni caso veniva tosto portato a
pubblica notizia^ gli escreti ^holerosi distrùtti coli' acido car-
bolico e con altri disinfettanti. In pochi casi la malattia si co-
municò mediante contatto col veleno; la diffusione generale fu
431
però arrestata. Questo è il s<^gr«to che frenò iti- Londra un epi*.
demla sì fatale, nello stesso anno, nelle città del continente.
L*01d Ford reservòir fornisce l'acqua a sei quartieri (districts)
dell'est di Londra ed ai sobborghi West Ha m e Stratford , con
una popolazione di 531,921 persone, 4104 delle quali, morirono
di cholera nelle 23 settimane dal 30 giugno al 1.^ dicembre,
colla proporzione di 77 morti su 10,000 aniine. Il resto di Lon-
dra , tranne i quartieri ora indicati , non alimentato dall' Old
Ford, contiene 2,566,882 persYvne, 1819 solo dei quali morirono,
di cholera nello stesso periodo di tempo , con una media di 7
su 10,000. Poiché il risultato generale dslla dispendiosa opera
delle fogne e dell' incanalatura, e della migliorata somministra-
zione d'acqua in Londra riesci tanto soddisfacente, è bene che
sia stata instituita una Commissione per esaminare lo stato dei
nostri fiumi, delle fogne^ ecc.
Il Dr.. Ghevers (1) pubblicò una descrizione spaventosa ma
pur vera delle cause locali del morbo nel Delta del' Gange. E^ fatto
importante, da quel gorgo di morte, il cholera non solo esce fuori
di tempo in tempo a seminar strage nelle più remote regioni,
ma non vi cessa mai. Nello scritto di Chevers si trova indicato
un lavoro importante del Dr. J. Moore sulla grande impurità
delle acque del Bengala iil generale.
Un largo numero di distinti medici, compresi i presidenti
del Royal College of Physicians e del General Medicai Council|
i direttori generali dell'Army and Navy Medicai Departments, ecc.
formularono cosi una risposta al Consiglio dell'Epidemiologica!
Society: 1.® Che in fine, non è prudente l'ammettere cholerosi
nelle sale ordinarie degli ospedali generali. 2.® Che i cholerosi
si possono benissimo collocare in sale speciali negli ospedali ge-
nerali, colle dovute precauzioni; e che è quindi desiderabile
che le autorità di codeste istituzioni ne concedano al pubblico
il benefizio , disponendo così di un provvido mezzo di ricovero
per i miserabili che vengano colpiti dal morbo. 3.^ Che sarà
(1) Indian Ànnals of Medicai Science , 1866. — Half-
Yearly Abstract of the Medicai Sciences, 1866 , voi. XLIV ,
pag. 5.
432
Spasso necessario che si isiitaiscano ospedali speciali in ag-
giunta 0 invece degli ospedali generali.
It Consiglio raccomanderebbe altresì che all'apparire del cho-
lera , i poveri abitanti in luoghi ed in case malsane potessero
rifugiarsi in luoghi speciali, ancorché non presi da choUra.
Il Dr, Crisp , alludendo alla teoria spasmodica del Dr.
George Johnson, dice che e è un puro assunto, non sostenuto
da prove ». Ma ammesso anche che la teoria del Dr. Johnson
dello spasmo delle piccole arterie sia giusta, in qual labirinto di
difficoltà non ci troveremo, esaminando la questione da questo
punto? Se queste arterie polmonari hanno fibre muscolari, e sono
in spasmo, che di meglio dell'oppio per mettervi riparo? I difen-
sori della cura coU'oppio, se appartengono alla teoria spasmo-
dica di Johuson, non potrebbero trovare miglior prova dell'e-
sattezza di codesta tooria. Ma, sfortunatamente per loro, il Dr.
Johnson ignora e l'oppio e il bagno caldo, ecc. Il Dr. Crisp ag-
giunge poi, che l'iperemia ciie si osserva in alcuni organi de-
vesi piuttosto alla mancanza di vis a tergo^ all'indebolita a^zione
del cuore, ed allo stato inspessito del sangue,* ecc. Si ferma an-
che sugli effetti importanti del non' passaggio della bile (in ge-
nerale nel cholera) negli intestini.
Il Dr. Shrimpton asserisce che il cholera rion è contagioso;
i poveri si possono curare in casa, tranne i casi più gravi, da
trasportare all'ospedale. Non ha fiducia nei disinfettanti^ ap-
prova altamente la pulizia.
Il Dr. Peters insiste per la quarantena prolungata e rigo-
rosissima, per la pulizìa, la disinfczione, quali mezzi atti a pre-
venire il diffondersi del morbo. Quantunque vi si trovino le opi-
nioni di molti celebri autori e di altri meno noti , l' opera di
Peters non è esatta in alcuni punti. A pag. 156, per esempio,
dice: — Uno dei caratteri più distinti del cholera è che tutte
le scariche sono acide, non se ne trovarono mai di alcaline, le
scariche alvine, come quelle del vomito, ecc* -^ Queste asser-
zioni non si trovano d'accordo colle ricerche di Bordier, di Pet-
terikofer e di altri. Aggiungiamo che le idee del Dr. Peters
sulla quarantena, non sono praticabili coi mezzi moderni di lo-
comozione.
Il Dr. Haugton accenna l' idea di alcuni , che il cholera
433
n«l 1832, i849 e 1866 fosse in relazione eon fenomeni meteo-
rici, ricorrenti ad intervalli di diciassette ^nni (1).
e Quantunque j»^ice il Dr. Haughton te non si possa negare
l'influenza di queste periodiche cause astronomiche nel volgere
una malattia endemica in malattia epidemica , semplicemente
perchè ciò né si può provare né si può negare, è pure incon-
sistente colle leggi della scienza induttiva, l'ammettere per un fe-
nomeno una causa che è solo una causa possibile, fin quando esi-
ste una causa probabile di reale influenza. Possiamo quindi ri-
gettare tali cause fino a che possiamo assegnare cause più prò
babili al fenomeno, che in caso di cholera é sempre possibile; e
d'altronde le cause astronomiche del cholera si ridurrebbero a
cause meteorologiche di influenza diffosrva ; poiché le fasi me-
teoriche e le altre influenze astronomiche, non si possono far
sentire che influenzando la costituzione di larghe regioni d*at<
inosfera ».
Su queste idee si spiegano i fatti dal primo apparire del
cholera a Dublino nel 1866; in quell'anno si ebbero 1193 vit-
time. Il Dr. Haughton traccia lo sviluppo del morbo fin dal
caso di Magee, una donna « che importò il cholera da Liver-
pool , nel luglio , 26 » ; siamo certi che gli scritti susseguenti
di questo osservatore chiaro e scientifico,- aggiunti a quanto già
pubblicò, costituiranno un assieme importante di cognizioni sul
terribile . morbo.
A Parigi nel 1865 i bagni caldi pei cholerosi non riuscirò no.
Il Dr. A. Clarke , medico al London Hospital, li ritenne bene^
ficL L' infezione nelle vene fu approvata da alcuni per gli estremi
casi di collasso, altri non la ammisero. M. lules Besnier (2) at-
tribuisce l'asfissia del cholera, alla congestione polmonare e al
deposito di una sostanza rossiccia, viscosa, una specie di geU*
tina, sulla superficie della mucosa bronchiale. In questa sostanza
tenace, il microscopio rivelò un numero considerevole di cellule,
(1) Il Dr, Howe, Fautore di codesta idea, ignora l'epide-
mia del 1854 ; essa avrebbe imbrogliata la teoria. — Reviewer.
<2) Archives Générales de Médecine^ sett. 1866.
Annali. Voi CCI. 28
434
•
alcane strette ed allungate, altre larghe ed irregolari, ambe le
sorta provvedute di ciglia vibratili ad una estremità.
La braiae de houlanger (1), che è il carbone che risulta dalle
fascine colle quali si riscaldano i forni, fu impiegata in Francia
per filtrare 1' acqua. Per disinfettare le fossea d'ai$ance$ , le
fogne, ecc., si usò il solfato di ferro. In onta alle idee di Pet-
tenkofer , si raccomandò l' ammoniaca come gas disinfettante.
Ad ogni apertura di locale dove stanno cholerosi si dovrebbe
porre dall'acido carbolico.
Sir Henry Cooper crede di prima importanza l'arrestare il
periodo della diarrea cholerica cogli astringenti:
<r È dovere dell'autorità , nei tempi di epidemia cholerica ,
di cercare e troncare tutti i casi di diarrea, instituendo all'uopo
una polizia sanita^ria per rintracciare la malattiti, e curarla sui
primi stadj ».
Si propose qual rimedio la fava del Calabar , ma tosto fa
abbandonata , perchè causa di emorragia enterica , aggravando
quindi il caso.
Il Dr. Morehead si oppone al dogma che « in India si do-
vrebbe seguire la regola di curare ogni choieroso in una ten-
da » ; il caldo , secondo lui , il freddo , la siccità e 1' umidità ,
come pure il buon nutrimento e la ventilazione, devono essere
molto considerati, specialmente in un paese com'è l'India, così
esteso, così variato e variabile di cliuia, di superficie, ecc.
Nell'opuscolo del Dr. Morehead sonvi altri punti che me-
ritano attenzione.
Alcuni pratici attribuirono .un certo vantaggio al clistere
caldo nel cholera , mezzo d' altronde non nuovo. Il- Dr. Men-
zies adoperò in India con qualche beneficio il ghiaccio in pie-
cole proporzioni. ( In qualche caso giovò anche qui in Inghil-
terra ). Il Dr. M'Cloy di Liverpool raccomanda la cura con
olio di ricino del Dr. Johnson , e condanna il ghiaccio lungo
la spina quale « miserabilmente senza riuscita ]>. I risultati
della cura con olio di ricino istituita per un certo tempo da
(1) Gazette des Hòpitaux , sett. 22 , 1866. — Med. Times
and Gazette, ,sett. 29, 1866.
435
ailcani giovani medici di Dublino furono si fatali , che alcuni
altri medici di ospedal; pei eholerosi dichiararono che non ri-
ceverebbero più casi trattati in tal modo.
' L' operetta di Sanson contiene alcune regole pratiche sulla
disinfezione e sui materiali da adoperare. Egli riferisce il treno
dei sintomi di choiera ali' influenza di un e veleno reale , at-
tuale » irritante il gran simpatico* Cerca di combatterne gli
effetti col solfito di soda e coll'acido carbolico, dati internamente
a dosi debitamente diluite. Questo autore* dà troppa importanza
alle condizioni anatomiche del sistema vascplare , del che non
abbiamo prova alcuna; gli agenti indicati sono di un' azione
troppo debole per la malattia della quale ci occupiamo ora. Me-
ritano di essere ricordati molti consigli riguardo alla dieta, al
nutrimento, ecc.
Il Professore Franklànd in una sua relazione al Registrar-
General , riferisce il risultato delle ^ sue ricerche sulla natura
delle evacuazioni choleriche. L' acqua può essere seriamente
contaminata da materia oholericay senza che l'analisi chimics^
la possa scoprire; l'acqua così contaminata non viene comple-
tamente privata della sua impurità né per filtrazione né attra-
versando uno strato di carbone animale. Resta ancora a deter-
minare a quale speciale costituente delle deiezioni cl^oleriche
devesi la propagazione del morbo; è naturale che se la materia
propagante è un germe o un organismo, dev' essere in sospen-
sione e non in soluzione.
Sir Dominio Corrigan, senza negare il contagio nel choiera,
ma notando Ih relativa non frequenza della diffusione del morbo
nel 1848 e 49 nell'Ulster e Leinster, e il fatto che ogni città nel
Connaught e quarantadue su quarantasette città nel Munster
furono visitate dal morbo, argomenta che questi fatti stiano con-
tro la teoria del contagio , poiché questi ultimi distretti sono
remoti dalle vie principali del traffico. Però considerando che
la maggior parte di quelli che van^o e vengono dalle città e
dai distretti dell' Inghilterra per la mietitura, ecc., e con abitu-
dini di vita che li dispongono non poco al morbo, abitano nel
Connaught e nel Munster, ci pare che ciò favorisca più che al*
tro la teoria del contagio.
Non sarà mai abbastanza impressa nella mente del pubblico,
436
la raccomandafeione cha fa questo autora, buìF importanza mas-
sima di migliorare per qaflnto è possibile la salace generale
d' ogni individuo in tempo di cholera.
Da lango tempo è noto alla medeeina il Dr. Shapter di
Exeter , come scrittore in argomento di cholera , specialmente
per quanto riguarda Exeter. Egli spera molto nella pronta cura
della diarrea che di solito precede la malattia , ed accenna al
gran valore delle misure sanitarie. Ritiene la febbre consecu-
tiva ' piuttosto un accidente che una parte necessaria della ma-
lattia , poiché spesso t i casi peggiori di collasso guariscono
rapidamente e senza codesta febbre ». e II collasso da altre
cause, per esempio per azione prolungata del freddo, è spesso
seguito da una forma di febbre precisamente simile nella mag-
gior parte dei caratteri ». Secondo la sua esperienza prescrisse
r oppio sul pruìcipiò della malattia, e più innanzi il mercurio
con 0 senza oppio. Nel collasso inoltrato o nella febbre conse-
cutiva, r oppio è immediatamente dannoso. Giovano però una'
dose o due di oppio se persistono la nausea o il vomito.
L'operetta del Dr. Cockle è un sunto importante delle
r
principali teorie del chòlera, e vi si scorge un'accurata erudi-
zione in materia.
e Vediamo alcuni casi procedere bene con o senza soccorsi,
perchè il cholera ha le sue forme plus e minus. Ma , faccia a
faccia col morbo nella forma sua più grave , V occhio testimo-
nio della nota influenza delle scariche, spesso spaventose, ci la-
scia forse l'impressione che queste siano uno sforzo della na-
tura verso la guarigione, o che abbiano in esse un carattere di
salvezza? Ci dicono i pazienti, ad ogni emissione di fluido,
eh' essi sentonsi meglio o che acquistano forze ? Poiché la sca-
rica eliminati va o critica ci deve dare questi risultati. Se cosi
credono alcuni, V occhio li inganna stranamente. In tale stato,
comunque noi consideriamo il morbo , febbre o flusso , irrita-
zione 0 veleno, comunque sia il modo di curarlo , calomelano
per restaurare la bile , salini a moderare la congestione, oppio
ed astringenti a reprimere, ci appìgliamo pur sempre ali* indi-
cazione sintomatica, è crediamo, ciascuno sulla sua strada, di
fare il meglio, frenando vomito e diarrea, come sintomi e pe-
437
«
Ficolp del cholera epidemico (1), È questa pura rotiiia, p stabi-
lita convinzione di ragionata esperienza ? Se abbiamo torto ,
abbiamo almeno per consolarci T esempio dei migliori; vedete
il Dr. Graves medico di fama più che comune , oppure guar-^.
tlate più in là e cercate altre opiniimi (2) ; dinnanzi a tali am-
maestramenti ci vuole una. completa evidenza per giustificare
un opposto procedere ; quando le teorie si urtano , sola guida
deve essere l'esperienza dei migliori. Un ultimo argomento in
favore del metodo astringente sta nelle condizioni della mem-
brana epiteliare del condotto gastro-enterico; più larghe la
scariche , e maggiore è 1^ distruzione > e più lungo e difficile
il ripararvi ».
La discussione sul cholera tenutasi. all'Harveian Society of
London , fu pubblicata. Contiene le opinioni in proposito dei
diversi autori, ciò che per altro sarebbe difficilissimo di esporre
in una rivista. Parecchi dei membri sostennero V importanza di
buone misure sanitarie. L' introduzione tenuta dal segretario
(1) A meno che non prevalga qualche singolare errore, il
trattamento astringente (arrestive) dà i migliori risultati. Se-
condo Boudin , Traité de Géograph. etStatist. Medie , p. 366
(1857), la mortalità media sarebbe questa:
Trattamento evacuante , 71.7 per 100
» stimolante 54 »
» alterante 36 » '
» astringente . ' 20 »
(Per una maggiore cognizione di codeste tavole vedasi
r opera originale ).
(2) Ainsi , en general , plus les évacuations sont copieuses
et prolongées , et , plus . le choléra est fatai. — Magendie ,
pag. 133.
C'est aurtout à diminuer ies évacuations qui doivent tendre
les indications symptomatiques. Rien ne méne plus rapidement
à la ruine des forces , rien ne bète davantage le progrès des
plus redoutables symptòmes, que la fréquence des vomissements
et des selles. Non^seulement alors toute médicatioii , tonte ré-
paratìon, sont impossibles, mais il en resulto encore un épuise-
ment general et une porte absolue de toute résistanee vitale ,
par les déperditions et par la lassitude que causent les beàòins
sans cesse renaissants de ces déjéctions continuelles. Rapport
de TÀcademie Roy< de Paris, pag. 77.
438
della Società , il 9r. Drysdale , contiene ano sehino dei traUt
principali della malattia.
I professori Petteokofer , Griesinger e Wunderlich , e il
Dr. Macpherson eonvongono perfettamente che il eholera si
propaghi per via delle acqae sotterranee.
II Dr. Klob, secondo informazioni da Vienna, e con un mi-
croscopio deir ingrandimento di 800 a 1000, trovò nelle evacau-
kioni di riso milioni di funghi microscopici, di aspetto poco di-
verso delle forme comuni europee ; ormai non^ e' è quasi più
dubbio, eh' essi formino la base della terribile malattia , e che
il eholera facilmente si propaghi per mezzo loro ».
Quasi a stampare una profonda impressione negli uomini
dell'arte, della grande importanza di insistere sulle forze
più attive a promuovere una medicina preventiva o di stato,
si raccolgono relazioni ogni di , le quali mostrano la gran
necessità di misure tali che diminuiscano la crescente ten-
denza di morbi fatali. Così sappiamo che in alcune parti
delle Indie orientali dominano ad un tempo ,, eholera , febbre
gialla, vajuolo ; a Napoli infierisce il vajuolo (1); a Jersey (2)
e in altri siti più vicini a noi irruppe il eholera. Come avvenne
r alano scorso in altri luoghi , parecchi casi di Jersey ebbero
origine neir infermiere che assistette d due primi cholerosi ; ne
morirono non meno di dieci tra quelli che assistettero l' infer-
miere.
Quantunque la malattia sia stata prevalente presso St. Brieux
in Bretagna, non si notò importazione alcuna in Jersey.
Il Dr. Chapman asserisce che il rimedio della diarrea e
del eholera À il ghiaccio alla spina ; egli ragiona sulla teoria
che queste malattie dipendono da condizione vascolare del mi-
dollo spinale, quindi la facoltà del ghiaccio a moderare questa
condizione. Ora noi domandiamo le prove di questa condizione
del midollo spinale. L'Auiore non tien calcolo dei cambiamenti
del sangue , che avvengono in quei casi eh' egli asserisce in*-
fluenzati dal ghiaccio alla spina. Non è nuovo del resto che i^
(i) Lancet, 23 feb., 1867.
(2) Ivi.
J
439
freddo alla spina abbia un' influenza neir iperemia del cordone
spinale. Il Dr. Chapman avrà veduto, assai prima d'ora, che
i risultati relativamente buoni dei casi classificati per chòlera
in Russia^ non dipendono dal clima più freddo, come dice lui ,
ma dal, principio che si segue là di classificare per cholera ,
casi, di diarrea cholerica. Dopo aver vantata l'efficacia del suo
metodo in quasi tutte le < malattie di cui va «rode la carne »
aggiunge: < io mi. aspetto che i molti argomenti esposti in
questa sezione riguardo ar metodo curativo in questione, sa-
ranno generalmente accolti con scetticismo , e forse anche col
ridicolo , ecc. ». Noi non possiamo ritenerlo come autore di
quB^nto egli chiama < una legge generale nuovamente seo*
porta ».
Il Dr. Oockle non nega la contagiosità del cholera in certe
condizioni , dubitando solo che ciò sia pel medium dei recenti
excreta. Crede che il cholera sia il risultato di qualche speciale
agente che modifica profondamente la funzione dei tubo gastro-
enterico, irradiando rapidamente una inlluenza paralizzante sui
maggiori ganglj nervosi connessi coi centri spino-simpatici, e
sottraendo rapidamente dal circolo , in tanta depressione , una
gran quantità dei costituenti del sangue, ecc.
Sommario. — L' importanza delle molte questioni nate per
la ricorrenza del cholera, fu causa di molti pensieri, di molti
scnitti , di una Conferenza europea , e trasse in azione corpi
scientìfici e politici.
Come nelle precedenti epidemie, anche ora emerge V impor-
tanza di togliere quelle condizioni che favoriscono la produzione
e la diffusione del morbo, quanto 1* arrestare le prime fasi della
malattia, nelle quali 1' esperienza d* oggi , come quella di altri
tempi, ci insegna 'essere riposta tutta la speranza di guari-
gione.
L' intrepido coraggio della professione^ lo zelo e la perseve-
ranza di essa in faccia ai pericoli ed alle difficoltà , ci frutta-
rono moltissime cognizioni intorno alia malattia ed alle conse-
guenze di essa, r ^ '
Tra queste ultime troviamo spesso manifestamente interes-
sati i centri nervosi ; non si sa però bene se questo disordine
sia da attribuirsi alla malattia per se stessa, od ai serii cam-
440
^n«iiti ohe avvengono nei costituenti del sangue, e loro per^
dita ooQsiderevole.
Nel sintomi concomitanti e consecutivi (eruzioni cutanee, ecc.),
o*è molto per supporre che il cholera sia legato nella natura sua
ai risultati di irritazione dello stomaco, del sistema nervoso per
Ingésta velenosi; e al tempo stesso pare possegga molta rela-
lione con alcune malattie d'origine di malaria, come con quelle
classificate negli esantemi.
Secondo r opinione -dèlia International Sanitary Conference
e di molti altri osservatori , i cessi non dovrebbero mai -essere
nell'interno delle case, nò queste in comunicazione colle fogne*
La Conferenza raccomanda il e sistema a secco » invece delle
latrine ad acqna (water-closets).
Quasi tutti ammettono che le comunicazioni tra gli uomini
siano i mezzi di diffusione del morbo.
Le cause predisponenti al morbo sono di due sorta: indivi-
duali e locali.
Al giorno d'oggi nessun popolo che viva in istato di alta
civilizzazione , si può tenere immune dal cholera.
È dovere d'ogni paese di fare ogni sforzo per diminuire, e
se è possibile , e più presto che può, togliere le fonti donde na-
sce o si diffonde la malattia.
Non è di poca importanza Tessersi manifestata, in alcune
parti degli Stati Uniti una forma di malattia, assai general-
mente fatale in poche ore, accompagnata da disordine profondo
deir organismo, da collasso, e spesso con manifesti indizj sin-
tomatici e postumi, di una malattia del cervello e del midollo
spinale, con sintomi certe volte più o meno tetanici, senso
di estremo freddo e vomito, in alcuni casi diarrea, numerose
placche rosso-scuro di sangue effuso o appena sotto la cuticola,
o nello spessore degli integumenti. Alcuni di questi casi pre-
sentano anche uno sfacelo di porzioni di integumenti o di al-
tre parti. Questa forma di malattia si manifestò principalmente
nei soggetti di giovane età ed anche più indietro, con molti
punti di rassomiglianza col cholera. I sintomi cominciano spesso
di notte o sulle prime ore del mattinò e invadono d'un tratto.
Apparentemente legata a certe località, alcune delle quali in
grame condizioni igieniche, pare che questa malattia non abbia
441
fornite molte prove di contagiosità. Parecchi casi di tal natura
si verificarono sul principio dello scorso anno. In alcuni si os-
servò una forma distinta di urticaria mista a vesciche (1) di
discreto volume, con prurito intenso fino a far piangere il, pa-*
ziente.
Di natura a quanto pare ce rebro- spinale ^ questa malattia
ha una sufficiente * analogia col cholera per averla dovuta ac*
cennare qui; lo studio di essa legato a quello 4ei diversi pe-
riodi del^cholera e della febbre consecutiva di questo, promette
di rischiarare ambedue le forme di malattia.
Oggi siamo inclinati a considerare le malattie da più vasti
punti di vista, tenendo calcolo delle modificazioni indottevi dal
clima, dalla razza, ecc. Anche il cholera merita di esere atten-
tamente studiato a questo modo da osservatori diligenti, con*
vinti dell'importanza del morbo, non solo come una delle pia-
ghe più fornddabili dell'umanità, ma j^nche perchè pare che lo
studio di esso abbia a portar luce sull'azione morbosa di altre
malattie.
M^e tu M^ériOBiUen etc. — Delln periostite e del-
ia necrosi fosCorien< del dott. HAIìTE^HOFP
GIORGIO. Zurigo, 1866. — Estratto del dott
Cegufe JFuwnagutti.
Q
'uesta malattia tutta particolare delle ossa della faccia venne
ad accrescere il lugubre e già abbastanza vasto quadro noso-
logico soltanto dopo che si introdusse la fabbricazione dei zol-
fanelli fosforici, dei quali l'invenzione rimonta all'anno 1834.
Non fu peraltro che nel 1845, che Lorinser e Heyfelder in Ger-
mania, e Strohl in Francia segnalarono i primi casi di siffatta
malattia, la quale sviluppavasi negli operaj di queste fabbriche,
accusandone fin d'allora siccome unica cagione T influenza dei
vapori fosforici. Nuove osservazioni sopravvenute , suscitarono
(1) Vedi Hebra, Diseases of the Skin, New Sydenham So*
ciety, 1866, voi. I, pag. 395. .
442
questioni assni importanti , che la scienza trattò con vivissimo
interesse.
A Bibra e Geist si attribaisce 1' accertamento definitivo del
rapporto causale tra questa malattia e le emanazioni fosforiche.
Per buona ventura la frequenza di questa malattia è an-
data scemando in grazia delle fnisUre sanitarie, e dei perfezio-
namenti tecnici adottati all'uopo, non che delle cautele adope-
rate dagli stessi opera j, edotti dei pericolo cui vanno incontro.
L' opinione in oggi più favoreggiata ammette una influenza
locale e diretta dei gas^del fosforo sugli organi del cavo orale
e segnatamente sul periostio delle mascelle.- Le molecole gasose
formate essenzialmente dagli ossidi del fosforo si sciolgono nella
saliva , e provocando una irritazione , di solito insensibile ma
prolungata, suscitano alla lunga un' infiammazione ed un ram-
mollimento delle gengive, soprattutto intorno al colto dei denti.
Il tessuto fibroso gengivale cosi rammollito s' imbeve dì saliva;
la flogosi propagasi allotta al periostio degli alveoli e del mar-
srine alveolare. Gli è a questo periodo della malattia , che si
manifestano i fenomeni morbosi più gravi, ed è d' allora che i
pazienti sogliono datare il principio del loro male. Son le gen-
give, come sostiene Trélat nella sua dotta tesi di concorso pub-
blicata a Parigi nel 1857 ( < De U nécrose causée par le pho-
sphore » ), che hanno una disposizione a subire la speciale in-
fluenza dei vapori fosforici , e non già questi che esercitino
un' azione elettiva sulle medesime.
Il tempo, durato dagli operaj in quelle fabbriche senza che
contraggano siffatta malattia chimica, varia assaissimo. Secondo
le nostre osservazioni, il periodo minimo fu di 8 mesi , il mas-
simo di 17 anni. Queste cifre per altro, siccome osserva sag-
giamente il prof. Billroth, non ^anno alcuna importanza per
r eziologia della periostite , attesa là incostanza e la diversità
delle condizioni igieniche in cui vivono gli operaj.
Il sesso^ e P età non ispiegano del pari alcuna speciale in-
fluenza, né ci permettono di trarne illazione di sorta, tanto più
che in certi paesi, com' è noto, vengono nella fabbricazione dei
fiammiferi di preferenza occupate le donne , 'ed in altri invece
gli uomini.
Più che il sesso e l'età, meritano tutta la gravità della no-
443
Btra^ attenzione le malattie precedenti e le disposizioni indivi-
duali, cioè r abito scrofoloso, la tubercolósi e soprattutto le af^
fezioni del sistema osseo, cosi pur troppo frequenti fra il basso
popolo, e nella prima età della vita.
Dalle tavole statìstiche risulta ad evidenza, che questa ma-
lattia suole att(£ccare la mascella inferiore più spésso che la
superiore ; rarissimo è il caso, che ne vadano simultaneamente
affette ambedue^ La saliva si raccoglie e soggiorna pel proprio
peso maggiormente sulla' mandibola inferiore , la quale rimane
perciò più esposta ali' azione delle sostanze chimiche senza dub-
bio diffuse nella saliva stessa.
Il fenomeno, che più colpisce V anatomo-patologo in codesta
malattia, si è la produzione di strati osteofitici sulla superficie
dell* osso , la quale suole principalmente preferire la mascella
inferiore. Dopo i lavori moderni suU' anatomia patologica del
sistema os$eo, che posero in evidenza la virtù osteoplastica dei
tessuti fibrosi, gli ostebfìti della necrosi fosforica perdettero il
prestigio della sorpresa. Gli è quindi inutile il ricorrere a teo-
rie più o meno speciose e sottili per ispiegare questo fatto. Ma
ciò che davvero ci sorprende, si è il manifestarsi tardivo della
necrosi, e nei casi di necrosi parziale, 1' apparire assai tardi del
limite di demarcazione tra la porzione d' osso mortificato e quella
rimasta sana. La necrosi non è, a parer nostro, che una conse-
guenza remota dell'azione, dei vapori fosforici; il carattere pa-
tologico della m'alattia in discorso si h veramente la periostite.
Gli osteofiti subiscono, nel corso ulteriore del male , ad un
dipresso le stesse influenze patologiche come 1' osso.
Quando il periostio, per affievolimento di tutte le forze del
paziente ha perduto la sua facoltà plastica , non si incontra
air atto deìV operazione o in caso di morte, all' autossia del ca-
davere, che appena qualche traccia di riparazione dell' osso.
Là periostite fosforica può diffondersi ad altre ossa del cra-
nio che non limitano le cavità della bocca ; alle ossa zigomati-
che ; alle palatine ; al vomere ; al temporale ; all' etmoide ed
anche all'occipitale. Ma questo divampare della malattia non
avviene che per ragione di continuità o di vicinanza, né dipende
che indirettamente dalla causa prima. La periostite incomincia
soltanto dalle ossa mascellari.
444
I primi sintomi cbe V individuo avverte sono d' ordinario
r odontalgia periodica^ la flussione. Per consueto egli si fa estrar*
re dei denti guasti, che crede causa de' suoi dolori, e continua
ad attendere al suo pernicioso mestiere. In capo a qualche
tempo sviluppasi un ascesso alle gengive , o nel tessuto cellu-
lare sotto-cutaneo della guancia, oppure in grembo agli alveoli
dei denti perduti ; formansi delle fistole ; la salivazione au-
menta ; r alito e le marcie assumono un odore putrido ; il pus
appare ora giallo e denso, ora commisto a sangue, sieroso, gru-
moso. I denti talvolta ancor sani , si dissodano e rendonsi va-
cillanti (periostite alveolare^ alterazione del cemento); poco a
poco il margine alveolare si denuda per la distruzione e il re-
trarsi delle gengive, il che scorgesi più pronunciato alla ma-
scella superiore. Fin dal 2.® o 3.^ mese , neir esplorare i seni
fistolosi^ mercè la tenta, sentesi denudato V osso, la cui superfi-
ficie liscia dapprima , divien poscia di sovente rugosa per la
carie consecutiva. L' esame della mascella dalla parte della bocca,
spesse fiate malagevole per la tumefazione dei tessuti, ci rivela
un ingrossamento più o meno considerevole della medesima.
La successione cronologica di questi differenti fenomeni mor-
bosi non è regolare. Nei primi mesi ponno avverarsi delle re-
missioni. Una volta entrato che sia il male nella fase dell* o<-
steite e della necrosi , la denudazione dell' osso si accresce ; le
gengive divengono fungose, talvolta ulcerate ; ricorrenti ascessi
danno luogo a nuove fistole ; i denti sani o guasti ponno ca-
dere spontaneamente. Se formasi il sequestro , l' osso denudato
sembra sollevarsi verso la cavità della bocca ; alla fine rendesi
mobile, se la necrosi si è perfettamente circoscritta.
Nei casi ordinarj , non suole insorgere la febbre ; ma nei
pazienti di fibra delicata, una febbricciattola vespertina segue il
progredir del male , e qualche volta veste eziandio il carat-
tere etico. Provansi dolori quando continui, e quando intermit-
tenti ; talvolta lievi, tal' altra sì fieri da togliere il sonno al
povero infermo, che non ottiene calma o tregua nemmeno dal*
r oppio e dagli altri rimedj narcotici.
Se la digestione non fu turbata, prima dello sviluppo della
malattia delle ossa, dall' azione sola dei vapori fosforici , dessa
si altera ben di spesso per effetto delle marcie che si mescolano
i
I
i
i
I
I
I
445
in un cogli alimenti o che son deglutite insieme alla saliva du-
rante il sonno. Inappetenza, nausea, diarrea, o, per contro, sti-
tichezza, ne sono le tristi conseguenze. Essendo resa impossibile
la masticazione, l'ammalato vedesi pur ridotto a non potersi
alimentare che di cibi liquidi e vivande tritate. La tempra più
gagliarda non può a meno di assottigliarsi coli' andar del tempo
sino al màrasmo. Gli è allora , che V aspetto di questi infelici
risponde fedelmente al lugubre quadro che ne tracciano gli
Autori. Ma ella è una buona ventura che al chirurgo sia dato
quasi sempre di demolire il corpo nocivo e sottrarre le povere
vittime di cosi esiziale mestiere al triste ultimo fine.
In quelli che soccombono al progredir del male , si scopre
talvolta , sparandone il cadavere , una degenerazióne lardacea
( chiamata aniiloide da Yirchow ) dei visceri addominali, o vi si
trovano i segni d' una nefrite , còme in altre affezioni croniche
e suppurative.
Oltre che dalla tisi e da queste profonde alterazioni visce-
rali, la morte può essere prodotta dalla necrosi della base del
cranio, dal semplice marasmo, da risipola od altra malattia in-
tercorrente, di rado da emorragia.
Si danno però dei casi , nei quali la salute generale si
mantiene piuttosto .buona, o ne soffre in grado assai lieve,
in onta ad un' estensiotie rilevante del guasto locale; ma que-
sti casi voglionsi considerare siccome vere e rarissime ecce-
zioni.
Dagli esperimenti di avvelenamento fosforico ^intrapresi da
Bibra sui conigli, pareva risultare che V azione prolungata dei
vapori fosforici potesse favorire lo sviluppo di tubet*coli nei
polmoni o almeno provocare titia specie di polmonia cronica con
degenerazione caseiforme del prodotto flogistico. Ravvicinando a
questo risultamento le osservazioni di gravi bronchiti , acute e
croniche, fatte da Gendrin sugli operai di fabbriche di zolfa-
nelli, e la frequenza relativa delle complicazioni tubercolari nelle
malattie del sistema osseo, saremmo tentati di presumere, per
la necrosi fosforica una disposizione particolare alla tuberco*
lòsi. Ma la cosa non è così , come dimostrò benissimo il già
citato dott. Trélat. Non v'ha dunque un nesso speciale fra le
due malattie, come affermasi da taluni.
440
La periofiite fwforìea tieoe un dacorio cronico e non Ur-
mina ebo lentisdmaniettte colla neeroai e coli' eflninazione dei
•equestri*
La diagnofi non riesce ponto difficile , ed è assolntamente
impossibile cadere in abbaglio; essa si appoggia alla cognizione
dei sintomi e della canea occasionale.
Secondo il già citato dott. Trélat, pressoché la metà degli
ammalati soccombe al male chimico. Tale si era inlatti il rìsol-
tamento statistico fornito dalle prime osservazioni* Laonde la
necrosi fosforica Yeniya collocata nello stesso rango di gravezza
delle malattie epidemiche più micidiali. Se non che noi andiam
ben lieti di poterei chiamare più fortunati dei nostri predeces-
sori. E per fermo di 24 ammalati, accolti nell'Ospedale Canto-
nale di ZarigOy non se ne .contarono che 4 mortL Due di essi
soccombettero per tisi tubercolare; an terzo cessò per grave ri-
sipoia, essendo già affetto da malattia di Bright , la quale da
sola avrebbe bastato a portarlo al sepolcro; e solamente nel-
r ultimo caso i progressi della necrosi verso le ossa del cranio
furono cagione di una meningo-encefaiite i naturalmente mor-
tale. Escludendone altri due, 1' uno non peranco guarito e l'al-
tro in cui il male non si è ancora arrestato, si ha, la ragguar-
devole cifra di 18 guariti.
Siffatto avventuroso risultamento non ad altro di certo è
dovuto che all'adottamento di provvide misure igieniche. Que-
ste saggio misure, se non riescono bastevoli ad impedire lo svi-
luppo e la recidiva di sì fiero malore, valsero però, senza dub-
bio, a diminuirne la frequenza dei casi e a renderli meno pe-
ricolosi. Ma non si può a meno di attribuire questi risulta-
menti felici in gran parte eziandio ad una cura razionale, so-
lerte ed energica a un tempo.
La profilassi contro la necrosi fosforica comprende un assieme
di questioni tecniche ed igieniche, sulle quali a noi non è dato
soffermarci, rimandando il lettore ai lavori affatto proprj di que-
sto rilevante tema, ed in ispecie agli studj di Tardieu inserti
negli < Annali di Igiene e di medicina legale », tom. VI , lu-
glio 1856.
Egli sembra che nell* ioduro potassico adoperato per uso
esterno ed interno siasi scoperto un rimedio abortivo della ne-
447.
erosi fosforica. La sua proprietà solvente e rlis^^orbente spiega
un salutare effetto ; ma è d'uopo amministrarlo ad alte dosi e con
molta perseveranza. Del resto un'alimentazione tonica e di facile
digestione, sotto una forma che non rìchiegga né masticazione-
né molta saliva (uova, latte, zuppe, carne triturata, caffé, vino,
generoso) ajuterà l'organismo a meglio sopportare le influenzo
debilitanti del male, I bagni , le- passeggiate all' aria libera , o
almeno il respirare un aere vivido e fresco , eserciteranno un'
efficacia tanto più salutare quanto gli infermi ne andavano più
0 meno completamente privi durante il lavoro nelle fabbriche. Se
lo stato del male o le circostanze individuali lo assentono ^ si
mandino questi pazienti per qualche tempo a bearsi del soffio
animatore de'liberi campi ; imperocché l'ospedale, ancorché versi
nelle migliori condizioni igieniche , é pur sempre un ospedale ,
e r atmosfera vi sarà sempre impregnata di nocive esalazioni.
I diversi preparati di ferro, di china; le sostanze amare e
stomatiche valgono a combattere 1' anemia , la febbre etica, e
le saburre così frequenti in siffatta malattia: giova però l'av-
vertire, che l'olio di fegato di merluzzo non viene che assai
difficilmente tollerato dagli stomachi illanguiditi di siffatti in-
fermi.
I dolori continuati ed atroci vogliono esser calmati dalla
morfina , amministrata internamente , od anche per infezione
ipodermica nel luogo , dov' essi si svegliano. Gli unguenti col-
r oppio o col cloroformio , i cataplasmi emollienti valgono ad
assopire .i dolori meno acerbi. I frequenti gargarismi di acqua
clorurata o di una soluzione di clorato di potassa sono indi-
spensabili a pulire e rinfrescare la bocca e a togliere la puzza
delle marcie: al qual uopo gioverà ancor meglio una soluzione
leggera d'ipermanganato di soda. Anche l'acido fenico, non ha
guari introdotto nella pratica chirurgica , debitamente diluito
nell'acqua, riesce un eccellente rimedio disinfettante e vale al-
tresì a moderare alquanto la suppurazione.
Intorno alla cura operativa di siffatta malattia, due opposto
opinioni disgiungono tuttora i chirurghi. Gli uni raccomandano
il metodo aspettative, quello cioè di attendere tranquillamente
la demarcazione della necrosi. Una volta poi fattosi mobile il
sequestro , si accontentano di agevolarne l'estrazione col rom-
448
perlo In pezzi d collo tbrjgliarlo dalle aderenze che per. avven-
tura tenesse colle parti vicine. Questi erano i principj curativi
di Lorinser, sostenuti poi anche da Trélat. Altri per contro, co-
me Langenbeck, Bfaisonneuve , Blandin , Pitha e Billroth avvi-
sano dovere il chirurgo spesse volte, operare durante il decorso
naturale della necrosi. Gli è certo che talvolta il metodo aspet-
tative è permesso ed anzi reclamato dalla condizione della ma-
lattia, massime poi quand'essa è lieve. Ma questi casi non for-
mano la regola, bensì Teccezione. Nel eorso della necrosi fosfo-
rica , il chirurgo può ricorrere ad un'operazione, sia per sal-
vare i giorni del paziente, sia anche per agevolargli una rige-
nerazione dell' osso , possibilmente atta a compiere le funzioni
fisiologiche che gli incombono. .
Quando il chirurgo, in onta alle sue cure, vede progredire
senza posa il male e con esso assottigliarsi sempre più le forze
dell'infermo, non gli è lecito starsene più oltre colle mani alla
cintola. Questo suo procedere, questo suo indugiare, sarebbe uno
spìngere oltre i limiti la logica dei principj.
L'estrazione della porzione d'osso necrosato , intrapresa ad
un'epoca ben presceUa, non è susseguita da gravi inconvenien-
ti (1). Egli è ammissibile a priori^ che la resezione della por-
(1) (l cav. Gherini comunicò all' Accademia Fisio-medico-
statistica nella seduta del 4 gennajo 1855, un cenno storico di
un caso di necrosi delle ossa mascellari cagionata da vapori
fosforici, che gli occorse nell' ospedale ; e presentò all'assemblea
il pezzo necrosato che con lievissimi sforzi e poco dolore del pa-
ziente riuscì ad estrarre. Questo pezzo risulta di pressoché tutta
l'arcata alveolare, cioè dal 3.® dente molare- sinistro al quarto
destro, di quaui tutto il palato e di porzione dell'apofisi ascen-
dente dell'osso mascellare superiore destro.
Ecco in succinto la storia narrata dal dott. Gherini, che tro-
vasi inserta nel Diario e negli Atti della prefata Accademia.
Un tal Barbetta Giovanni, d^ anni 31, lavorante in una fab-
brica di zolfanelli fosforici di questa città, presentossi la mat-
tina del 26 febbrajo 1854 alla visita chirurgica del dott. Ghe-
rini neir Ospedale Maggiore , onde chiedere un sollievi) al suo
male. Narrava, che già da 5 anni attendeva appunto alla con-
fezione della pasta fosforica. Soggiungeva egli inoltre , che in
primavera dell' anno antecedente fu travagliato da fiero dolore
449
zione dell'osso primitivamente affetto , praticata abbastanza in
tempo utile e che giunga sino alla porzione sana, può impedire
i progressi della necrosi.
L'istfomento più adatto per segar l'osso, si è fuor di dub-
bio, la sega a catena.
Ogni volta che sia possibile, si prescelga estrarre i seque-
stri per la via della bocca, senza taglio esterno. Nei casi , nei
quali la necrosi dapprima parziale , assuma un carattere pro-
gressivo, si può ripetere una o più volte codesta operazione,
conforme lo stato delle parti e ie speciali indicazioni; ad essa
non suole tener dietro una gagliarda reazione.
al primo dente molare destro-superiore, che si fece estrarra
anche perchè cariato ; che in seguito là dove esisteva il dente,
formossi una fistola ; che da queir epoca in poi andò sempre
molestato da dolori alle ossa mascellari superiori in onta al-
l'uso di svariati rimedj ; e infine che i denti incisivi , i canini
ed alcuni molari fattisi vacillanti, caddero spontaneamente o gli
vennero levati.
Le ossa mascellari apparivano necrosate, mobilissime; tumide,
lividastre, le gengive gemevano fetentissima marcia. Allora ten-
tata qualche lieve trazione, riusci facile al dott. Gherini l'estrar-
re una gran porzione di dette ossa necrosate.
Insignificante fu la perdita di sangue, susseguita a^ questa
operazione; imperocché bentosto s' arrestò con un gargarismo
d' acqua fredda acidulata. Ed infatti il paziente dopo brevi
istanti ritornò a casa sua. Solo per appagare il desiderio
espressogli dal dott. Gherini, pertossi di nuovo all' Ospedale il
giorno 28 , e prese stanza nella sala da lui in allora diretta.
In queir operato non apparivano che i disturbi inerenti alla
perdita del palato osseo, cioè voce nasale, rigurgito di cibi e
specialmente di bevande per la via dei naso ; se non che ben
lieto di essersi liberato dai fetore delle marcie, d^Ha gonfiezza
e dalla penosissima sensazione di mobilità delle ossa necrosate,
lasciava la sala il giorno 5 del successivo marzo, confortato al-
tresì dall'idea dei vantaggi che avrebbe evenuto mediante l'ap-
plicazione di un palato artificiale.
Il dott. Gherini, riveduto sul principio d'aprile e più tardi
ancora il suo operato, ne avverò appieno la perfetta guarigione.
Costui , giova soggiungere , aveva abbandonato quel pericoloso
mestiere , eh' egli un giorno non prevedeva dovesse riescirgU
indomita cagione di si grave malore. F.
Amnjlli. Voi. CCJ. 29
450
Ba|ip«rt« detto CeaimlMilette toesHeato di mtut^
. dlare 11 piane •rcaniée del HattieeNj prevlai-
eiali^ per deliberemleiie del Censiclie Previai-
etole di lliieiiè^ presentate alla enerevele
Depatamiene ed ai CTenslsHe Previnelale nelln
seMlene erdinarla dei t86V.
r
ja Commissione incaricata di esaminare la e Proposta di
Piano organico generale della gestipne pel mantenimento dei
mentecatti a carico della Provincia di Milano » , elaborata dai
Direttore cav. Cesare Castiglioni, e di riferire sulla medesima ,
8Ì fa ora un dovére di esporre airOnor. Deputazione ed al Con-
sigilo Provinciale il risultato de' suoi lavori e de' suoi studii ,
e i motivi che la guidarono ad esso.
Nel compiere il suo mandato, per quanto delicato e difficile,
la Commissione, procedendo sulle orme predisposte dal Direttore
Castiglionii interpretando le leggi che reggono il nostro paese,
gli antecedentf già stabiliti dal Consiglio e dalla Deputazione,
i bisogni della presente civiltà, e gli esempi dati da altre illu-
stre nazioni , non ebbe ad incontrare ostacoli insuperabili , o
problemi troppo ardui a risolvere. Essa aveva sotto gl'occhi
Telaborato del Direttore Castiglionì, opera per sé assai pregevole,
il cui merito intrinseco era già stato riconosciuto dal Consiglio
Sanitario Provinciale , e da una Commissione eletta d' urgenza
al principio della Sessione autunnale 1866 e composta dei me-
dici appartenenti al Consiglio Provinciale d' allora , i signori
dottori Pogliaghi, Todeschini, Strambio e Romolo Griffìni. Tale
Commissione ebbe anzi il vantaggiò di proporre e di far accet-
tare al cav. Direttore Cesare Castiglioni alcune modificazioni al
suo progetto , le quali riguardando in massima parte le que-
stioni sanitarie e spientifìche, ben poco lasciarono ad innovare
sotto questo rapportò. A tal che il compito della Commissione
riferente venne ad essere di molto ristretto ed agevolato.
La proposta del Direttore Castiglioni, informata alle idee svolte
dairÀutore in una sua Memoria presentata air Istituto Lom-
bardo sui Manicomii Provinciali del Regno d'Italia, e nel pro-
getto di Regolamento del Manicomio succursale di Mombello,
451
è appoggiata ad una larga motivazione, la quale dimostra l'in-
gegno distinto , le vaste cognizioni in argomento e lo spirito
d* ordine e di disciplina, che sono le doti principali di quell'in-
signe alienista. À giusta ragione potè egli dichiarare di <r aver
mirato al bene di tanti infelici, segnando senza prevenzioni la
via del progresso, e curando che ne venisse onore al paese ».
Neir applicare i proprii concetti, concretandoli in altrettanti
articoli di Regolamento, il Direttore Castiglioni suddivise la sua
proposta in varii Capitoli, che ebbero da lui ad ora ad ora la
denominazione di Statuto Organico pei Manicomii Provinciali;
di Regolamenti parziali ; di Organizzazione del Personale Sa-
nitario e di servizio superiore, colle Norme per il detto Perso-
nale; di Norme per il Personale di servizio inferiore.
La Commissione si propose di fondere tutta la parte Sta-
tuaria e Regolamentare in un solo complesso, riassumendo an-
che i principii generali t;he guidarono alla formazione della
Pianta morale dei due l^tabilimenti , e i cardini più eminenti
delle norme dìscipliìiari, per costituirne ciò che essa venne a
chiamare il Regolamento Organico dei Manicomi Provineiali.
Di tal modo fu tolto il campo a molte ripetizioni ; si designa-
rono le linee generali che abbracciar debbono la sfera d' azione
dei Manicomi! ; gli obblighi della Provincia ; le facoltà del Con-
siglio e della Deputazione Provinciale ; gli attributi della Dire-
zione e degli Ufficii dipendenti ; i diritti e doveri degli impie-
gati. Cosi venne pure lasciato sgombro il terreno a tutta quella
serie di istruzioni interne, che verranno emanate in appresso,
sia dalla Deputazione Provinciale, sia dalla Direzione colla ap-
provazione della Deputazione, per sistemare i diettagU della
Amministrazione, la Contabilità, la tenuta dei Registri , i do«
veri del Personale di basso servizio, e va dicendo.
Del resto la Commissione, anche procedendo in via di con-
centrazione , e tenendosi maggiormente sulle generali , ha se-
guito a un dipresso la distribuzione adottata dal Direttore Casti-
glioni ed ha ripartito il suo Regolamento nei seguenti capi :
Manicomii Provinciali , loro scopo , posizione , amniinistra-
zione ; '
Mentecatti, loro eategorie, accettazione, dimissione^ decessi;
Proventi e ^peae ;
462
Personale dei Manicomiì, Concorsi e nomine ;
Vacanze ;
Pensioni ;
Direttore ;
Segretario ;
Mudici-cbinirghi ;
Economi ;
Aggiunto Economo;
Protocollista -Archivista-Scrittore ;
Scrittori-Contabili ;
Scrittori ;
Cappellani ;
Personale di servizio inferiore;
Disposizioni generali e transitorie.
Nel sostituire un nuovo progetto di Regolamento al piano
già formulato dal Direttore Castiglioni, la Commissione è ben
lontana dal metterlo in disparte e dal presumere di fare opera
totalmente nuova. Il Direttore Castiglioni si accinse alia impresa
senza istruzioni speciali da parte della Deputazione Provinciale;
mossane richiesta, fu invitato a dar compimento al lavoro, uni-
camente colla scòrta de' suoi talenti, della sua esperienza e dei
desiderio del pubblico bene. Non è meraviglia adunque che la
Commissione, maggiormente istrutta delle intenzioni della De^
putazione Provinciale ^ della necessità di una amministrazione
di questa natura , d^lia interpretazione che è forza dare alla
Legge , trovasse di apportare in alcuni punti delle mutazioni
radicali, in altri delle modificazioni o delle soppressioni di qual-
che entità. La proposta del Direttore Castiglioni rimane qual'ò,
coi suoi pregi e colle sue qualità intrinseche, come termine di
confronto e come documento di molto valore.
Venendo ora ai particolari, la Commissione, seguendo l'or-
dine stabilito, additerà le ragioni che la indussero alle accen-
nate mutazioni, almeno alle più importanti fra esse , lasciando
che dalla comparazione dei due progetti scaturisca per se stessa
la convenienza e la opportunità delle nuove formule adottate.
Per quanto la Commissione , a proposito del Manicomio la
Senavra, divida il giudizio del Direttore Castiglioni sulle pessime
453
j^ue qualità e le sue speranze circa la edificazione di u& nuovo
Manicomio principale, non credette tuttavia di potersi dipartire
dal fatto presente e di stigmatizzare in un Regolamento Orga-
nico uno Stabilimento, che è pur forza di usufruttuare per una
serie d* anni indeterminata. Non è qui il luogo di addentrarsi
nelle cause che impedirono di dar corso alla deliberazione Con-
sigliare del 1862 sulla costruzione del Manicomio di Desio. La
incertezza della legislazione circa la competenza dello Stato, del
Dominio o della Provincia nelle spese dei Mentecatti prima del
1866 ; le nuove gravezze toccate alla Provincia ; 1' orrore ddi
prestiti che la Commissione le augura di coltivare per un pezzo ;
erogazioni d' altra natura e non meno utili al paese , porsero
ostacolo alla stanziata edificazione del Manicomio di Desio. Tut-
tavia in questo lungo intervallo la Provincia di Milano ha pur
pensato a qualche cosa a favore dei Mentecatti, e il Manicomio
succursale di Mombello è là por attestarlo. Ognuno può am-
mirare in esso uno Stabilimento modello, che fa onore non solo
alla Provincia^ ma al distinto funzionario che ne propose l'ac-
quisto , che' ne ideò e ne compi V orgfinizzazione in un tempo
assai circoscritto , e che ora pone V ultima mano alla sua de-
stinazione per 300 ricoverati.
Mombello però non deve far dimenticare il Manicomio prin-
cipale, ove appunto stanziano i più infelici fra gli infelici per
eccellenza , coloro che maggiormente abbisognano di perfetta
assistenza , di ottima località , di aere salubre. Senza pregiudi-
care la questione, se debba, o meno , effettuarsi integralmente
la deliberazione Consigliare del 1862, la Commissione ama qui
di ripetere che la Senavra vuol essere abbandonata, e che sol-
tanto per oira essa funziona da Manicomio provinciale. — Re-
lativamente al Manicomio di Mombello, ed al suo modo speciale
di funzionare, la Commissione ha ammesso 1* ordine stabilito
dal Direttore Castiglioni. La Casa di Mombello non è destinata
ad accogliere che i Mentecatti che vi si fanno tradurre dal Ma
nicomio principale, per essere specialmente dedicati al lavoro
dei campi.
La superiore amministrazione e vigilanza dei Manicomii Pro-
vinciali spettando per legge alla Deputazione Provinciale , la
Commissione ha creduto di sopprimere il Consiglio di vigilanza
454
e d' a$Mnini$traziofie §up$r\9re ima^aginato dal Direttore Casti-
gUoni eome intermediario fra la Direzione Medica e la Depu-
taiione Provinciale. Con ciò essa intese; di semplificare la gè*
stione dei Manicomii ; di togliere di mezzo una saperfetazlone,
nna ruota che avrebbe potuto renderla intralciata e sconnessa;
di antivenire conflitti d'influenza e di poteri. La Deputazione,
quale Autorità amministratrice della Provincia, considerata
come corpo morale, possiede per l'organizzazione propria e de-
gli ufficii da essa dipendenti, tutte le qualità richieste per at-
tendere alla amministrazione dei Manicomii Provinciali. Al che
si lusinga di avere bastantemente .provvisto la Commissione ,
rimovendo ogni oistacolo, ogni restrizione, che per avventura
potesse offendere le ampie facoltà spettanti alla Deputazione. La
Direzione è V organo principale della Deputasiene Provinciale
per la gestione interna dei Manicomii, e ne ha la rappresen-
tani^a relativa, la relativa responsabilità. Resta sempre che la
Deputazione non può spogliarsi delle sue attribuzioni, ch'essa
è direttamente responsabile verso il Consiglio Provinciale , il
Governo ed il Paese, della buona gestione e tenuta degli Isti-
tuti Provinciali.
Menzionando partitamente i Manicomii Provinciali , il loro
scopo e la loro posizione, la Commissione lasciò di accennare
ad un altro modo di collocamento jlei Mentecatti, indicato nella
proposta Castiglioni, ossia al loro mantenimento anche fuori del
recinto dei Manicomii. La Commissione non osa pronunziarsi in-
torno al sistema del collocamento dei pazzi presso privati alle-*
valori, e non vuol consacrare né riprovare così di passaggio un
principio fecondo di tante conseguenze morali ed economiche é
^he richiederebbe nei Regolamento un apposito sviluppo. Essa
lascia intatta la questione, che potrà riprodursi in altra occa^
sione , quando il tempo e più maturi studii V avranno risolta
rispettivamente alle condizioni della Provincia, e si limita a
redigerò il Regolamento dei Manicomii e pei Manicomii.
Il capo che riguarda Taccettazione e la dimissione dei Menr
técatti fu completamente rimaneggiato dalla Commissione. — *-
Essa determinò che a carico della Provincia abbiano ad accet-
tarsi i soli Mentecatti poiieri ansoettibili cU cura, o bisognosi
di custodia jperchè pericolosi ja so ed agli altri; intendendo
455
di eseludere con ciò la schiera molteplice dei Mentecatti incu-
rabili ed inolTensivi, che indebitamente verrebbero a cadere ad
aggràvio dell'Erario Provinciale, quali, à mò d' esempio, i ere-
tinosi e gli idioti tranquilli , i cronici dementi in conseguenza
d'altre malattie o di senilità, i paralitici, gli apoplettici, e via
discorrendo. Servendosi dalla antica formula « pericolosi a sé
ed agli altri » la Oommission^ intese comprendervi anche quei
Mentecatti che sono di pericolo alia moralità, alla sicurezza ed
air ordine pubblico. ^
Riconosciuta la opportunità di amm'ettere nei Manicomii Pro-
vinciali Mentecatti a spese dell' Erario Militare , delle Autorità
Giudiziarie e dei Corpi morali, la Commissione ridusìse ad una
sola le tre classi di paganti a carico proprio a delle famiglie ,
proposte dal dottor Castiglioni. La pensione dei Mentecatti sol-
venti deve corrispondere alla retta o risultante generale delle
spese sostenute dallo stabilimento per ogni ricoveralo, e il loro
trattamento essere per conseguenza eguale a quello di tutti gli
altri confratelli di sventura.. Si riservò alla Deputazione Pro-
vinciale, sopra proposta della Direzione , <y dietro istanza delle
parti interessate , la facoltà' di accordare in casi speciali una
diminuzione della pensione giornaliera pei solventi. Di tal modo
anche le più mediocri fortune potranno trovare un comodo asilo,
senza frodare la Provincia di un equo compenso, e senza sotto-
stare a gravi sacrifici per sé e per le loro famiglie. — Quanto
agli agiati ed ai ricchi,' è sempre aperto ad essi il ricorso ai Ma-
nicomii privati, di cui abbonda la città nostra. La Commissione
avvisò che la disparità di trattamento, oltre all'essere molesta
in uii vasto istituto, non lascierebbe un margine sufficiente di
gaadagno per giustificare la concorrenza ai Manicomii privati,
e volte riservato ai poveri io spazio già per essi dis%idatto e in-
sufficiente. Che se alcuno volesse osservare essersi còsi ristretto
il campo allo studio deglL alienisti, la Commissione risponderà
coir esperienza , che di persone educate o prestanti un tempo
per altezza di posizione e per fortuna, non difettano pur trop-
po i pubblici' Manicomii, ove hanno ricetto buon numero di in«
felici non nati né cresciuti nella miseria, ma piombati improv-
visamente nella privazione di ogni bene materiale, antecedente-
mente o per conseguenza stessa della perdita della ragione.
s
456
Lontana da ogni idea di grettezza e di egoismo provinciale,
la vostra Commissione pese il principio che i Mentecatti d' al-
tre Provincie non sieno da accogliere nei Manicpmi milanesi;
che ricevuti d' urgenza o per necessità di dimora temporanea ,
abbiano ad essere sollecitamente restituiti alla Provincia cui ap-
partengono ; che finalmente, nei casi di non trasportabilità, ab-
biasi a conteggiare la pensione a carico di detta Provincia , a
meno che, dietro particolari convenzioni , non siasi pattuita la
reciprocità. A cui sembrassero troppo ristretti tali concetti, la
Commissione si permette d'osservare che da lungo tempo suolsi
abusare per ogni verso della beneficenza milanese, e soprattutto
del Brefotrofio, della Maternità e dei Manicomii, e che conviene
oramai porre uà termine ad una larghezza troppo onerosa alla
nostra Provincia. La Commissione avrebbe desiderato inoltre de-
terminare colla precisione e colla chiarezza opportune in simili
argomenti V appartenenza alla Provincia di Milano dei Mente-
catti che debbono accogliersi nei Manicomii provinciali; ma sa-^
pendo come la nostra Deputazione Provinciale , seguendo l' in-
vito di quella di Bologna, abbia aperto trattative in proposito
col maggior numero delle Provincie sulla- base della stabile di-
mora, credè che nulla di meglio le restasse a fare, dello inscri-
vere tale principio nel Regolamento, affidando alla saggezza
della stessa Deputazione il fissare i criteri della stabilità di di-
mora. Quanto alle Provincie che ricusassero le trattative, par^e
conveniente attenersi al principio della parità di trattamento.
Per gli stranieri, la Commissione dispose ohe non vengano per
massima generale accettati , se non se presentati ai Manicomii
provinciali d'ordine delle Autorità di Pubblica Sicurezza, e salvo
il diritto di rifusione a carico di chi di ragione. Ognuno vede
quanto queste precauzioni siano necessarie in una materia oltre-
modo scabrosa, che può dar luogo a trattazioni, a reclami ed a
vertenze internazionali.
La Commissione ha definito con diligenza e semplicità a chi
compe^ il diritto di istanza pel ricovero di un Mentecatto ; da
quali documenti debba essere corredata la istanza; come debba
contenersi in proposito la Direzione. Salvo i casi d'urgenza, la
Commissione prescrisse che per l' ammissione al Manicomio
debba sempre richiedersi una esplicita dichiarazione della Au-
457
torità di Pubblica Sicarezza , e dove questa non esista in Co-
mune, del Sindaco ) nella sua vèste d'ufficiale del Governo. In
tutti g^li atti di accettazione e di dimissione dei Mentecatti, la
Commissione tenne sempre fisso Io sguardo al rispetto ed alla
protezione della libertà individuale 3 e sancì nel Regolamento
quelle massime' che non potranno a meno di venir consacrate
dalla Legge generale dello Stato sugli alienati , legge che an-
cor si aspetta, e che sull'esempio di altre nazioni civili vorrà
essere sancita dal nostro Parlamento. — Il diritto di libertà in-
dividuale rivive nel Mentecatto subito che ven^ dichiarato gua<
rito e dimissibile ; opperò la Commissione tolse ogni ostacolo al
suo pronto licenziamento, sorvolando agli indugi frapposti alla
riconsegna da parte dei terzi , con quelle cautele che la Dire-
zione crederà di adottare, datone avviso in ogni caso alla Au-
torità locale di Pubblica Sicurezza.
La Commissione non ha creduto di poter accollare ai Co-
muni la spesa di traspòrto a domicilio dei Mentecatti dimessi
guariti e non ritirati dalle loro famiglie , appoggiandosi alla
legge che attribuisce alle Provincie l'obbligo del mantenimento
dei Mentecatti con tutte le sue conseguenze. Per la stessa ra-
gione ritenne che la Direzione dei Manicomii Provinciali non
possa rifiutarsi di accettarvi i Mentecatti, debitamente qualifi-
cati pel ricovero. Se per avventura nei Manicomii Provinciali
mancassero delle piazze disponibili, i Mentecatti potranno sem-
pre trovare temporaneamente un asilo presso V Ospedale Mag-
giore di Milano. À tal uòpo sono già intervenuti degli accordi
fra la Deputazione Provinciale, la R. Prefettura e il Consiglio
degli Istituti Ospitalieri. Conviene ritenere che , disponendo la
Provincia di più di 800 piazze ripartite fra i due Manicomii, possa
coi soli suoi mezzi sopperire a tutti i bisogni. In ogni modo la
Commissione ha trovato di prescrivere che nella ammissione dei
Mentecatti al Manicomio centrale, sia data generalmente la pre-
ferenza agli individui provvisoriamente degenti presso I' Ospe-
dale Maggiore di Milano. È indubitato che nel grandioso no-
stro Nosocomio si troverà sempre una carta stazione di alie-
nati; sia perchè vi si raccolgono i deliranti in esperimento di
cura; sia perchè molti ricoverati per altre malattie vi 9i chia-
riscono 0 divengono poi Mentecatti ; e sia finalmente perchè
458
r Ospedale Maggiore , essendo più alla portata del pubblico e
delle Autorità, è preferito nei casi d' urgenza.
Il capitolo sui proventi e sulle spese abbisogna pur esso di
qualche illustrazione. La Commissione volle ridurlo a miglior
lezione, disponendolo in relazione ai prineipii superiormente ac-
cennati e. ad un più chiaro assegnamento delle attribuzioni della
Deputazione Provinciale e della Direzione. ^ Prescrisse il tempo
utile per la presentazione dei preventivi e dei consuntivi dei due
Manicomii; demandò alla Deputazione in via generale i contratti
per le somministrazioni e provviste ordinarie occorrenti ai Ma-
nicomii; assegnò un congruo fondo all'Economo, a disposizione
della Direzione, per le spese giornaliere imprevedute e non vin-
colate a contratto. Non riprodusse il Regolamento per i provénti
e per le spese^ trovandosi nel capitolo^ dedicato all'Economo già
ricordati i precetti cardinali d' una buona amministrazione in-
terna, é sotto ogùi altro rapporto prescegliendo lasciar libera
la mano alla Deputazione Provinciale di organizzare questo ra-
mo di servizio secondo i sistemi addottati e seguiti dagli Ufficii
e dalla Ragioneria Provinciale.
Trattandosi dei concorsi e delle nomine, la Commissione ha
invertito in alcuni punti il progetto Castiglioni , trasportando
alla- Deputazione Provinciale facoltà largite alla Direzione. Così
i concorsi per il Personale Superiore sono ; sempre aperti dalla
Deputazione Provinciale , e spetta a quest' ultima la nomina
delle Commissioni esaminatrici, la cui presidenza, per un giusto
e doveroso riguardo, si è attribuita al Direttore dei Manicomii.
Si affidarono alla Direzione le nomine e destinazioni ai posti del
Personale di servizio inferiore nella categoria degli amovibili, per
delegazione della Deputazione Provinciale. Si stabilì il massimo
di età per l'ammissione del personale inferiore e superiore, fatte
In esso le differenze ed eccezioni.
Statuito che gl'impiegati dei Manicomii Provinciali acqui-
Nt^no il grado di impiegati provinciali e sottostanno ai Rego-
Umonli che reggono la Provincia, si applicarono le norme re*
Itittve ai capitoli Vacanze e Pensioni.
La Commissione riconoscendo una particolai'e benemerenza
nel servizio dei medici addetti ai Manicomii , accettò per essi
il principio di un trattamento di pensione , migliore di quello
469
accordato dalla Legge dello Stato , estesa agli impiegati pro-
vinciali. Tuttavia per ragioni che nulla tolgono ai meriti spe-
ciali del Personale sanitario , condannato ai Manicomii ad una
vita di abnegazione e di sagrificio continuo , non scevra da pe-
ricoli, la Commissione don potò applicare questo principio nella
misura avanzata dal dott. Castiglioni. Accordando ai medici dei
Manicomii provinciali l' aumento di un quarto sulla cifra , che
loro dovrebbe competere a tenore della menzionata Legge, sì as-
sicurò ai medesimi un vantaggio non irrilevante, il quale viene
a procurare a un dipresso il godimento di- una pensione corri-
spondente ai soldo intiero ; ciò che non è mai concesso .dalla
Legge dello Stato, le cui pensioni non possono eccedere i '/$
della media degli stipendii, anche con' 40 anni di servizio. —
La Commissione ommise di tener calcolo dei casi d'infermità o
di lesioni contratte in servizio, in quanto che la Legge 14 aprile
i864, agli articoli 2 e 21, li contempla per un trattamento spe-
ciale, alle quali disposizioni giova sperare che potremo fra non
molto aggiungere le provvidenze speciali discusse in Parlamento
sulle morti procurate da malattie contagiose e dal cholera.
In un paragrafo delle sue Disposizioni Transitorie^ il dott.
Castiglioni propose una clausola a favore del Personale superiore
ed inferiore, che dalla Senavra venisse trasferito ad altra sede.
La Commissione la trovò pel momento superflua, e troppo im-
pegnativa per l'avvenire. Il Consiglio Provinciale vorrà a suo
tempo discutere la pianta morale del nuovo Manicomio, che si
avesse ad erigere, sia a Desio, sia altrove. Essendo libero ad
ognuno di accettarla, o di cessare dal posto occupato coi diritti
portati dagli anni di servizio prestati alla Senavra^ la Commis-
sione non poteva guarentire che il diritto di trasferta a coloro
i quali -avessero a trasmutare.
Esposte così ler idee che guidarono la Commissione nel ri-
fondere e nel ricostrurre l'opera del dott. Castiglioni per co-
stituire ciò che essa chiama il Regolamento dei Manicomii Pro-
vineÌ€Uiy non prenderà a giai^tiiicare paratamente le minori va^
rianti introdotte nella seconda parte del suo lavoro, volendo con-
siderare la prima come la più impor^nte, e per così dire, sta-
tutaria. I capitoli riguardanti i diritti e doveri dei singoli
funzionarii, riproducono quasi tutti i concetti colle parole stesse
400
adoperate nella propoeta Castiglioni, coù quelle poche modi-
ficasioni richieste dal caso. Si conservarono al Direttore quasi
tutti gli attributi essenziali ad esso conferiti nel menzionato
Progetto y essendo unanime la Commissione nel ritenere che
una sola mente ^ una sola volontà ahbia a governare i Mani-
comii, ad imprimere un solo indirizzo all'azienda sanitaria ed
economica interna ed alle applioasioni della scienza psichiatrica.
Soltanto la Commissione ha riservato alla Deputazione Provin-
ciale il diritto di pubblicare i consuntivi dei Manicomii, diritto
che è per essa un dovere imprescindibile verso il pubblico ed
il Consiglio Provinciale.
Si è ammesso, secondo le vedute del Direttore Castiglioni ,
che il Manicomio Principale non solo debba, restare la sede
della Direzione, ma sia considerato come il centro di tutto le
evoluzioni e le operazioni concernenti eziandio il Manicomio
succursale a Mombello , dal che derivano reciproci vantaggi e
mutuo appoggio al vero prosperamento di ambedue. — Non si
è vincolata ad alcuna norma prefissa la presenza del Direttore
nel Manicomio succursale, ov' egli è libero di recarsi ogni qual-
volta lo creda opportuno , onde esercitarvi la necessari^ sorve-
glianza e la sua autorità.
La Commissione ha accettato le idee del sig. Direttore Ca-
stiglioni sul riparto dei Medici nella proporzione di uno per
ogni 100 ricoverati ali* incirca nel Manicomio Principale e per
150 nel Succursale, attesa V indole e la natura dei Mentecatti
accolti neir uùo e nell' altro. Convinta della importanza in oggi
acquistata dalla anatomia-patologica, dalla microscopia e dalla
istologia , essa confida che nel personale sanitario addetto ai
Manicomii Provinciali non mancheranno i cultori di questi im-
portantissimi rami della medicina. In ogni modo essa impegna
sin d' ora la Deputazione e il Consiglio Provinciale a voler pre-
miare, sia nei concorsi, sia nelle promozioni, coloro che si distin-
guono nello studio e danno guarentigia di far concorrere al
lustro ed al progresso della scienza gli abbondanti materiali
offerti dai Manicomii Provinciali.
Prescindendo dalle regole particolareggiate sino ai minimi
dettagli, colle quali il Direttoi*e Castiglioni volle disegnare gli
incumbenti del Personale di servizio inferiore, la Commissione ne
4ei
raccolse in un solo capitolo lo schema e la distribuzione, coi do*
veri emergenti per gli uni e per gli altri, commettendo alla De-
putazione Provinciale di approvare le singole Istruzioni discipli-
nari. Al quale proposito essa raccomanda sin d' ora alla Depu-
tazione le Norme presentate dal Direttore Castiglioni , siccome
quelle che nulla lasciano a desiderare^ se pur non peccano per
soverchia minutezza nella affermazione di ciò che è nella na-
tura stessa delie cose.
Un laVoro di questo genere è per sé stesso mutabile e su-
scettivo di molti miglioramenti. La Commissione , nel trasmet-
terlo alla Deputazione Provinciale , giustamente si aspetta di
vederlo emendato e corretto. Il Consiglio Provinciale accordan-
dogli r onore di una profonda discussione , saprà portarlo più
dappresso a quella perfezione, che idealmente tutti vagheggia-
mo. Ad ogni modo , la Commissione si limita ad esprimere il
voto che il Regolamento dei Manicomii Provinciali venga sot-
toposto anche alla sanzione del tempo e della esperienza, e ri-
formato, ove occorra, ad epoca determinata (1).
La Commissione,
Avv. Giuseppe Piolti De Bianchi^ Presidente. — Avv. Grtu-
seppe Borgomanero. — Rag. Francesco della Porta. —
Dott. Carlo Ferrario. — Dott. Romolo Griffini, rela-
tore.
BIBLIOGRAFIA MEDICO - CHIRURGICA ITALIANA.
nL GENO e ToMATi. Aggiunte alle Considerazioni sullo stato attuale
della interna amministrazione e del servizio sanitario degli
ospedali civili di Genova. — Due parole alla Commissione
amministrativa degli ospedali civili di Genova. — Genova ,
1867; 4 voi. di pag. 435.
Agosti Giuseppe, La commozione e lo stupore generale in rap-
(4) Segue a questa Relazione il Progetto di Regolamento ,
che pubblicheremo quale verrà sanzionato dal Consiglio Pro-
vinciale.
4dS
porto air amputazione istantanea. — Oonsiderazioni teorico-
pratiche sopra un caso d'amputazione immediata alla g&nihn^
con brevi cenni sulle varie teorie e pensieri dell'Autore sulla
patogenesi della pioemia. Napoli, 1866; op. di pag. 50.
Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Anno II. Mo-
dena, 1867; 1 voi. in-8.* di pag. 194.
AuiUTi Giuseppe. Sopra una epidemia di morbillo. Studio teo-
rico-clinico. Napoli, 1867; 1 voi. in-8.® di pag. i37. (Dal
Giornale e La Medicina »).
BALESTREtu F. M. La costituzione medica di Genova nel 1866
e il cholera. Osservazioni. Genova, 1867; op. di pag. 31.
(Dalla e Liguria medica »).
Barbieri Agostino, Della ferita delia arteria vertebrale; del
dott. Ambrogio Gherini. Analisi critica ed osservazioni. Mi-
lano, 1867 ; op. di pag. 13. ( Dalla e Gazz. med. It. Lomb. »).
Belluzzi Cesare. Nuovi fatti in appoggio dell'estrazione del
feto col parto forzato durante l'agonia delle donne incinte,
onde salvare più facilmente il feto stesso in sostituzione a
tale operazione o al taglio cesareo post mortem. Bologna ,
1867; Memoria di pag. 19. (Dalle e Memorie dell' Accad.
delle scienze dell' Ist. di Bologna » ).
Betti prof. Leopoldo. La teoria fisiologica e la teoria-empirico-
razionale della malattia rispetto all'ontologismo della scienza
medica. Firenze, 1865; op. di pag. 85 ( e Dallo Sperimen-
tale » ).
B^TTi prof. Leopardo. I^atologia e fisiologia. -*- Oonsiderazioni
pratiche sul fondamento della scienza medica, Firenze, 1866;
op. di pag. 49. ( Dalla « Sperimentale 9).
BoNUGGi Francesco, Delle malattie mentali curate nel Manico-
mio di S. Margherita di Perugia gli anni -1864-65-66. Re-
lazione triennale. Perugia, 1867; 1 voK di pag. 59.
Botta prof. Gian Lorenzo. Sulla doppia irido-enclesL Oomuni-
cazioné agli onorevoli Membri del Congresso sanitario degli
spedali di Genova. Genova, 1867; op. di pag. 12. (Dalla
e Liguria medica » ).
Brep^tàno Paolo. L'omiopatia in Italia. Rivista annuale. Anno II.
Milano, 1867; 1 ,vol. di pag. 490.
Casanova cav. Achille. La critica della patologia cellulare di
Virchow e del nichilismo antiflogistico di Niemeyer^ Trous-
seau. Orsi, Tommasi, Schivardi , ecc., in base ad un rias-
sunto della nostra riforma delle dottrine le più ricercate
sulla genesi della flogosi e della cotenna (riforma che emerge
dalle opere segnate con asterisco nella coperta) con estesi
appunti alle belle opere di Graves, Uh le e Wagner ed un'Ap-
46S
pendice intorno i preservativi e curativi del cbolera-roorbus
in relazione alla teoria microzoocistica sui contagi, ecc. ecc.
Milano, 1867; 1 voi. di pag. 175.
OifiRASi Filippo. Essenza e patogenia del diabete mellito. Roma,
1867; op. di pag. 24. (Dal « Giornale medico di Roma).
Chiara. Osservazione di Cefalotrissia per difetto grave alla
coniugata sacro-pubica. Torino, 4867; op. di pag. 14.
CoMissETTi comm. Antonio. Annotazioni sull' attitudine degli
Italiani al servizio militare e sulle principali imperfezioni
fisiche od infermità che motivarono le riforme negli inscritti
delle leve degli anni 1862, 1863 e 1864. Firenze, 1867 ; op.
di pag. 37 con tav.
Contini Antonio. Istruzione al popolo per conoscere e curare
il cholera-mbrbus asiatico. Chiari, 1867; op. di pag. 13.
Contini Antonio. Trattato e Istruzione popolare sul cholera*
morbus asiatico. Chiari, 1867; op. di pag. 45. (Vendibile al
prezzo di cent. 50, presso il tipografo-librajo Francesco Buf-
foli in Chiari ).
Cortese comm. Francesco. Relazione della campagna combat-
tuta dalle armi italiane nel 1866, risguardante lo stato sa-
nitario deir esercito. Venezia, 1867 ; op. di pag. 75.
De Marchi Antonio. Di un nuovo fenomeno morboso dell'ence-
falo appellato cerebro-cerebelloso e spiegazione del suo mec-
canismo. Promemoria. Sarzana, 1867; op. di pag. 101.
De Vita cav. Achille. A proposito del cholera. Precetti igienici
e profilattici. — Presidii curativi. — Provvidenze dei Co-
muni. Catanzaro, 1867; op. di pag. 10.
Fasoli e Gcerri. Il cholera e i disinfettanti. Nuovi studj speri-
mentali eseguiti nel R. Laboratorio di chimica farmaceutica
in S. M. Nuova di Firenze. Firenze, 1867; op. di pag. 13.
Gherini Ambrogio. Della ferita dell'arteria vertebrale. Milano,
1867 ; op. di pag. 43.
Giordano prof. Scipione. Zolfo e cholera. Considerazioni pre-
sentate nella seduta del 28 luglio della R. Accad. med. di
Torino, 1867; op. di pag. 20. (Dal e Giorn. della R. Accad.
med. di Torino).
Granara jRomoZo. Cenno retrospettivo riguardante la gestione
direttiva sanitaria per l'Ospedale di Pammatone durante il
triennio 1864-67. Genova, 1867 ; op. di pag. 20.
Landi prof. Pasquale. I malati della clinica chirurgica di Bolo-
gna nell'anno accademico 1865-66 ricordati ai suoi scolari.
Fano, 1867; op. di pag. 59. (Dall' « Ippocratico » ).
Landi prof. Pasquale. Una lezione sulla trasfusione del sangue.
Fano, 1867; op. di pag. 27. ( Dall' « Ippocratico »).
464
La Scienza del Popolo. Raeeolta di Letture scientifiche popò*
lari fatte in Italia, in piccoli Tolami di circa 50 pag. l'uno,
al prezzp invariabile di 25 centesimi in Firenze e 30 in
provincia franco di posta. — All'estero le spese postali in
più. — Si aprono abbonamenti per serie di 6 voi. ciascuna,
al prezzo totale di L. i. 50 franco di posta per tutto il Re*
gno. — Dirigere la domanda col relativo prezzo in vaglia,
biglietti 0 francobolli, alla Direzione della Scienza del Po'
polo presso gli Stabilimenti Civelli a Firenze, Milano, To*
rino. Verona. — I volumi sinora pubblicati sono i seguenti :
1.® La pila di Volta ; pel sen. prof. Carlo Matteucci. —
2.® I vermi parassiti; pel dott. Pietro Marchi. — 3.^ Vita di
Giorgio Stephenson; pel prof. G. Saredo. — 4.® Il tipo-tele-
grafo ; pel cav. G. Bonelli. — 5.® La misura del tempo in
geologia ; pel prof. Igino Cocchi. •— 6.® Igiene del sistema
nervoso ; pel prof. G. Generali. — ?.• La voce ed altri feno-
meni attinenti alla respirazione; pel prof. Giacinto Namias.
— 8.^ I miaKmi e le epidemie contagiose; pel dott. P. Lioy.
— 9.^ Storia naturale del colera ; pel prof. Giacinto Namias.
Le condizioni dell* Auministrazìone degli Spedali civili di Ge-
nova esposte dalla Commissione amministrativa al Prefetto
della Provincia ed al Sindaco. Genova, 1867; 1 volume di
pag. 71.
Magari Francesco. Cholera in Aosta nel 1867. Torino, 1867.
Mantegazza prof. Paolo. Delle alterazioni istologiche prodotte
dal taglio dei nervi. Nuove, esperienze. Milano, 1867; op. di
pag. 15. (Dalla e Gazz. med. 1%. Lomb. »).
Marcacgi prof. Giosuè, Séttantatrè nuovi esperimenti fatti con
alcuni coagulanti il sangue e più particolarmente col per-
cloruro ferro-manganico. — Considerazioni intorno alla più
comune maniera di guarigione degli aneurismi, corredate di
140 osservazioni, pratiche. Siena, 1867; 1 voi. in 8.® di
pag. 345.
Mattioli G. jB. La fava del Calabar. Padova, 1867; op. di pag. 31.
MmAQLiA cav. B. G. Relazione fatta alla Commissione ammini-
strativa del R. Manicomio di Aversa , nella tornata del 27
febbrajo. Aversa, 1867 ; op. di pag. 58. ( Dagli e Annali
Frenopatici Italiani 9 ). -
MoNTEFORTÈ Gaetano, Risultati clinici raccolti nel Sifilicomio di
Palermo negli anni 1865 e 1866. Palermo, 1867; op. di
pag. 59 con fig.
Il Direttore e Gerente responsabile
Dott. Romolo Griffini.
465
ANMLI RIVERSALI DI HEDIGIIVA.
VoL. COL — Fasc. 603. — Settembre 1867.
OmerTiksloiil chlrarfflehe del doti. BBBWAIlDlMO
iiAReHi^ Chirurgo Capo presso F Ospedale Mag-
giare di Vercelli.
X.
Panereccio aottoperioateo, necrosi delVultima falange dell'in-
dice deatro , recisione sottoperiostea e riproduzione della
medesima.
R
. N., appr«nditrice sarta, d'anni 13, di costituzione eminente-
mente scrofolosa, a labbro superiore tumidissimo, viene accom«
pagnata dalla sorella il 4 maggio 1862 nel mio studio; è affetta
da giorni i5 da profondo panereccio sottoperiosteo dell'ultima
falange dell'indice destro la di cui estremità è orrendamente in-
grossata quar otre; sento raccolta tutt' intorno, giudico necro-
sata e nuotante nella marcia l'ultima falange. Una puntura d'ago
cagionò probabilmente là malattia. Non sentii, movendo le parti,
scrichiolare l'ultima falange sulla seconda, perciò giudicai sana
la loro giuntura.
Perchè tanto tardaste o giovinetta a farvi visitare? Per paura.
Divisi le carni dell'ultima falange in lembo dorsale ed in lembo
palmare, il coltello passò fra il periostio e la superficie palmare
della falange, la quale rimase fra mezzo alle parti divise; diva-
ricati i due lembi, con tenaglie ^incisive recisi la base della fa-
langC) speriostata dalla malattia, ben presso all'articolazione.
La pagina dorsale del periostio era aderente al lembo
dorsale, la palmare al lembo corrispondente, vi fu poca emor-
ragia, non feci allacciatura alcuna. Il periostio distaccato tutto
Annali, Voi. CCl 30
466
airintorno della falange , meno nella oorona ariic^re , 8i era
dilatato in enorme saccoccia piena di marcia, entro la quale nuo*
tava r osso necrosato ; probabilissiiAamente non vi fu rottura
in alcun punto della saccoccia periostea , ma io non feci mi-
nuto esame delle palpitanti parti per pietà dell' inferma. Posi
in contatto i due lembi con due cuscinetti di compresse» Tuno
dorsale l'altro palmare. Prescrissi all'inferma di tenere immersa
nell'acqua tiepida la mano destra durante un'ora, prima di farsi
visitare nei giorni avvenire.
Maggio 5, mane. — Il dito infermo è di già di molto disen-
fiato, un pò di sangue aggrumato sta fìra l'uno e l'altro lembo, i
.quali tenni di nuovo combaciati coi due cuscinetti e con fascia-
tura circolare.
Maggio 6. — L'incisione si estende sino oltre al livello della
base dell'unghia, i due margini e le due commissure sono tu-
midi, l'unghia non è più sollevata.
Maggio 7 a 16. -— L'unione dei due lembi ebbe luogo re-
golarmente.
Maggio 22. — L'estremità dell'indice è più larga e più
spessa dell' estremità del pollice della stessa mano, 1' unghia ò
compiutamente fissa: la novella falange è di già consistente,
fra i due margini dell'incìse parti vi è tratto alto circa due
millimetri o poco meno, rienpiuto di carni sode. Corre in oggi
il decimo, ottavo giorno da che l'inferma fu operata, e la falange
novella è già in via di avanzata riproduzione, e la medesima
(parte vecchia e parte nuova ) si muove molto bene sulla se-
conda.
• * f
Maggio 28. -^ È compiuta la riproduzione.
La parte dell'indice destro che contiene 1' ultima falange ò
molto più grossa della corrispondente parte dell'indice sinistro.
L' incisione è compiutamente cicatrizzata , sono conservati per
intiero i movimenti della terza falange sulla seconda;
Giugno 2. -— Incomincia il periodo di decrescimento del-
l'osso novello.
L'estremità dell'indice destro operato è più grossa e più tozza
e più corta di circa due millimetri dell'estreufità dell'indice si-
nistro, cosi un pò più breve restò la falange che si rinnovellò e
si riprodusse.
467
Da qtiQsto giorao ine»]itiaci& il dedreseiteeiito dell' osso , il
q^uale fattosi gradatameate più pieoolo, ritenne presso a poco
il volame dell'osso sinistro corrispondente, rimanendo però sem-
pre un pò più breve ed un pò più grosso. L' unghia antica si
rinnovò essa pure caccjiata dalla novella.
Aprile 8y 1867. — Stato attuale deW eetremità operata.
Indice
Sinistro sano. Dentro operato.
centimetri millimetri centimetri millimetri'
Lunghezza della falange.
2 03 \ 2 . 00
Lunghezza dell' unghia.
1 05 i 01
Larghezza dell' unghia.
1 00 1 04
Lunghezza del dito alla radice dell' unghia.
1 06 2 02
La punta dell'indice destro ò tozza e quadra, presenta •solco
di cicatrice che circonda il suo apice e si estende ai lati sino
in corrispondenza della radice dell'unghia, e ritiene cosi la trac-
cia dei due lembi fatti nell'atto operativo. La punta del dito si
ingrossa un pò più^ oltrepassata la giuntura della seconda colla
terza falange^ ed in luogo della forma conica all'apice, presenta
un cono a rovescio colla punta del cono verso la giuntura e colla
base verso l' apice dell' indice. Cosi l' ossificazione ciò che per-
dette in lunghezza acquistò in larghezza. La giuntura delia terza
e seconda falange eseguisce i suoi movimenti in modo naturale.
Considerazioni. — Avendo diagnosticato dal primo
istante che la falange necrosata nuotava in un campo
di marcia, fendei di botto 1* estremità operanda o. punta
deir indice in due lembi, Tuno dorsale, e l'alta palma-
re: operando in questo modo lasciai intatta la super fi-
408
oÌ6 donale dell' estremiti dell* indice; non toccai nh pùn-
to, nò poco r unghia. Nei casi di estrazione deirnltima
falange, dessa non deve essere estratta, perchè serve di
sostegno alla falange novella, è una assicella naturale
che impedisce la maggiore retrazione delle parti. L* estre-
mità di un dito ai quale sia stata estratta la falange tende
sempre a raccorciarsi, e Tarte deve studiare ogni mezzo
dì renderne minore il raccorciamento , e perciò si deve
conservare T unghia , quantunque dessa fosse un pò sol-
levata. Restò pure intatta la superficie palmare dell'estre-
mità dell* indice, la volli rispettare, e conservare intatta
perchè sede precipua del tatto, e parte primaria per la
presa dei corpi.
Una sol volta, 1862, per estrarre la falange trovando
sollevata l'unghia, la distaccai, vidi alcuni seni sul dorso
deir estremità del pollice, feci incisione dorsale, ma la no-
vella falange e Y unghia novella crebbero con margine sa-
liente dorsale e due superficie laterali^ abbandonai per-
ciò questo metodo che vidi difettoso (I).
Il panereccio sottoporiosteo deirultima falange del pol-
lice e delle altre dita nasce soventi volte alla regione pal-
mare/ quindi la necessità di fare T incisione cutaneo-pe-
riostea nella regione palmare. In ogni panereccio V àncora
della cura è la prontissima incisione; come è riconosciuto
dai primi tempi quasi della chirurgia.
Io sempre pratico T incisione cutaneo-periostea nel pri-
mo istante che visito T infermo. Non procedo alla dissec-
cazione della falange; se essa è distaccata esce da sé, aq
non è per intiero distaccata, si distacca intieramente col
tempo, fatta V incisione sino air osso, Tarte ha fatto tutto
quanto si dovea fare; verso alcune goccio di soluzióne
(1) Vedi « Operazicioi sottoperiostee ». < Giornale dell' Ac-
cademia medico-chirurgica di Torino », 1856*
460
d'azotato d'argento 1 a 100, o cauterizzo leggerijKsìma--
tnente le parti incise per abortire il processo infiamma--
tprio» per abortire la suppura2;ione » ecc. , non faccio al-
cuna manualità per estrarre la falange necrosata.
Quantunque la falange antica non sia ancora total-
mente distact'yata dal periostio, tuttavia la falange novella
è già in via di formazione (1), e perciò la falange antica
considero come madre forma della falange che sta per
crescere, e quindi spaccato il panereccio sottoperiosteo»
lascio alla natura liberarsi dair antica falange necro-
sata.
Nel caso nostro, diciotto giorni dopò T estrazione del-
r antica, la novella falange era già in via di innoltrata os-
sificazione. Questo fatto prova quanto sia celere la ripro-
duzione delle ossa. È ben vero però che la. riproduzione
dell* ultima falange dell* indice non cominciò dal momento
che fu fatta l' estrazione, ma bensì dall* istante che il pe-
riostio della stessa si ingrossò , ossia dai primi istanti del
panereccio : è duopo considerare che la malattia non du-
rava che da quindici di, e cosi in giorni trenta di lavo-
rio la natura ajutata dall'arte aveva già portato la 9^0-
vella ossificazione ad un grado ben avanzato.
Quando fatta T incisione cutaneo-periostea, l'ultima fa-
lange esce in grande parte neprosata, appena Compiuto il
taglio, io non dubito di introdurre (siccome indicai nel-
l'opera sovracitata e qui giova ripetere) entro il cavo
periosteo alcuni stuelli di filaciche, e ciò faccio onde con-
servare e far ritenere al cavo periosteo la sua lunghezza ,
ossia per impedire il raccorciamento di detto cavo, senza
di che la falange nuova , accorciatosi e raggrinzatosi il
cavo periosteo, cresce e si forma molto più corta della fa-
lange antica. Nel caso nostro nel termine di un mese si
(1) Vedi opere sovracitate.
470
compi pure I* unione, ossia adesione della, porzione antica
della falange alla porzione novella della medesima, unione
ed anchilòsi che prora la meraTÌgliosa e prontissima ri-
produzione delle ossa. Feci bene a non esportare T unghia
antica, essa cadde col tempo, e la sua presenza servi
ad ottenere la falange novella, lunga quasi <^me la an-
tica.
Per l'avvenire, ogniqualvolta troverò gangrenata la
prima e la seconda falange del pollice , la prima e la se*
conda falange del dito grosso, non farò Y estrazione com-
piuta delle medesime , mi limiterò a fare un* incisione
cutaneo-periostea sulla regione dorsale o sulla parte la-
terale più conveniente e voluta dal caso, distaccherò al-
quanto il periostio dai margini dell' incisione, ma mi guar-
derò ben bene di compiere ad un tratto l'estrazione; è
desisa opera troppo manesca, da cui deve rifuggire la
chirurgia. Lascierò in sito la prima e la seconda falange,
perchè desse sono il naturale sostegno delle falangi novelle
che la natura sta facendo risorgere. Ciò è detto pei casi in
cui vi sia necrosi delle ossa, senza seni che si aprano al-
l'esterno; se vi sono seni, non &ccio neppure l'incisione,
introduco da lustri i cilindri d'azotato d'argento dentro le
ossa piccole, dentro le ossa grandi, distruggo Tosso an-
tico, ajuto l'atrofia delTosso antico, e servendomi dei seni,
faccio la litotrizia dei sequestri , siccome pratico da anni ,
e già pubblicai nei giornali di Torino « Gazzetta dell'As-
sociazione Medica degli ex Stati Sardi, 1862 » e « Gior-
nale della Reale Accademia medico-chirurgica di Tori-
no, 1856 ». .
471
XI. '
Tumore eisticiyorbitO'palpebrO'àoptaciliare sinistro, tumoretto
non cistico , grosso come un grano di riso posato suW a-
pioe della porzione anteriore del primo , ambo situati
dietro il muscolo orbicolare. Incisione breve cutaneo-mu-
scolare , estirpatione del tumoretto , puntura della cisti ,
leggera e auteriit azione della parete interna della cisti
colla punta di cilindro d^ azotato d* argento. Leggerissime
successive cauterizzazioni, progressivo iràpicciolimento del
tumore, avvizzimento progressivo delle pareti della ci-
sti , adesione e cicatrizzazione completa della medesima ,
nessuno o leggerissimo segno di cicatrice superficiale.
Numero d'ordine generale 332. Numero del letto 86.
Micheletti Francesca, d'anni 19, contadina, nubile, da Tron*
zano, proveniente idem. Entrata 11 marzo, operata 12 marzo,
uscita guarita 27 marzo 1867.
A dire dell'inferma essa porta da dieci a undici ^ anni tu-
more cistico alla palpebra superiore sinistra; ^ desso grosso
come nocciola , sta, direi', fra sopraciglio e palpebra , posa in
parte sul margine sopracigliare; il tumore ha spostato un pò
in basso la parte esterna del sopraciglio e la parte esterna «
margine inferiore della palpeJ)ra superiore, è cistico, e il direi
trasparente ; è situato dietro il muscolo' orbicolare della pal-
pebra.
Porta suir apice della porzione anteriore altro tumoretto ,
grosso come un ' grano di riso, sottocutaneo , superficiale e mo-
bile. Il tumore cistico non è mobile , non si sposta , porzione
di esso si riconosce fare corpo col periostio del sopracciglio e
della vòlta orbitale. Rinchiude nel suo seno umore così detto
sebaceo,
I pratici ben sanno di qual genere siano questa sorte di
tumori.
Io il credo originato dalla" ipertrofìa d' una delle ghiandole
mucipare che si trovano presso le aperture delle cavità del corpo
umano, ma l'istologia del medesimo non tocco che di volo , il
processo operativo è quello che attira la mia attenzione.
472
Base del progetto operativo. — L'atto operativo deve es-
sere circoscritto al tumore, ed essere rinchiuso entro il mede-
simo; tutti i tessuti della palpebra, del sopracciglio, delForbita
non devono essere non solamente tocchi , ma neppure esposti
all'atto, ed ai danni dell'operazione formolata colle seguenti pa-
role.
Breve incisione cutaneo-muscolare sul centro del tumore.
Estirpazione del tumore grosso come un grano di riso.
Puntura a picco col cilindro appuntato d'azotato d'argento
e penetrazione della punta dello stesso dentro la cavità della
cisti. Cauterizzazione della superficie interna del tumore mentre
è ancora distesa da porzione della, materia che contiene entro
di so.
Sale comune so.vra l'incisione.
Questo fu il piano che ideai nella notte, o per meglio dire,
che pratico da lunghi anni e lustri, siccome già. indicai nelle
mie opere.
Marzo 12, esecuzione, — Fatta breve incisione cutaneo-mu-
scolare di contro il tumoretto , lo estrassi colla pinza Bonino ,
ossia lunga pinza a branche arcuate (1). Forai con bistorì la
cisti , e mentre ancora esciva dalla piccola apertura 1' umore
sebaceo di quella , escito dalla cisti circa un quarto del suo
contenuto, introdussi la punta del cilindro d'azotato dentro la
cavità del tumore , lasciai colà la medesima un istante , e la
estrassi; sparsi di sale comune l'incisione (prima leggera caute-
rizzazione).
Marzo 13, ma^e, '— Non vi è febbre, non risipola, la palpe-
bra è distesa e leggermente edematosa, il tumere ha il volume
di prima.
Marzo 12, 13. — Citrato di chinino centigrammi 50 a fine
preventivo.
Marzo 15. — La parte esterna del margine palpebrale dhe
era un pò declive all'inbasso ed all'infuori è r^lzata. L'apice del
tumore è roseo, ancora chiusi ed adesi sono i margini dell'in-
cisione.
(1) <r Gazzetta medica italiana di Torino 1860-61 », diret-
ta dal cav. Borelli.
473
Marzp 46. — Divaricai ì margini dell' incisione, ruppi l'a-
desione, fuor esci taraceiolo conico di materie sebacee, e detritas
della cauterizzazione; introdussi la punta del cilindro e la tenni
accollata alla parete anteriore del tumore.
(Seconda leggera cauterizzazione)
Mano i 7. — Non risipola sul tnmore,^ escara aderente.
Marzo i8. — Tutto tace intorno al tumore, l'escara è ancora
aderente, comprimo il tumore che ha il volume che avea prima
dell'atto operativo, e ne esce il turàcciolo conico ; come sovra in-
troduco dentro il tumore il cilindro e lo levo subito ( Terza leg-
gerissima cauterizzazione).
, Marzo 20. — Escara sporgente ; comprimendo ai disopra del
tumore si fa escire e cadere l'escara, ed anche la porzione più
profonda dello stessa ; restano beanti i margini ed il contorno
del cavo^ si scorge il fondo conico di lui, ne tocco col cilindro
la parete superiore (Quarta leggerissima cauterizzazione). L'in-
ferma non va di corpo. Infusione di rabarbaro.
Marzo 2i. — Tumore impicciolito. — Pressione, escita al so-
lito del detritus delU cauterizzazione misto all' umore sebaceo
(Quinta leggerissima cauterizzazione).
Marzo 22. — IL tumore non è più sporgente, compresso alla
parte superiore, esce pus sciolto,- faccio compressione più forte
e faccio escire l' escara, la quale distacco per intiero colla punta
della pinza, empio il cavo di soluzione 1 a 100 di azotato d'ar-
gento, e per aumentare la facoltà cauterizzante del liquido, im-
mergo per un istante la punta del cilindro nel liquido colato e
ritenuto nella cavità del tumore.
Marzo 23. — Il margine palpebrale si trova ancora un pò
obliquato in basso, il tumore è appianato, sono adesi i margini
dell'incisione, li divarico e faccio escire la piccola escara, ed in-
troduco un istante la punta del cilindro, e vedo al solito la ca-
vità rimpicciolita (Sesta leggerissima cauterizzazione).
Marzo 24. — Si sente per intiero il tumore, ridotto a pic-
colo sacco, di cui direi, si . toccano le due pareti approssimate e
combaciate. Escita dell' escara per la compressione. Velatura
col cilindro.
Marzo 25* •— Le pareti del tumore sono appianate , faccio
escire l'escara, ed introduco il cilindro per un istante.-
474
Marzo 27. La eicatrìztazione anche airinterno è presso che
compiuta, al posto del tumore si sente corpo o meglio cicatrice
piatta, dura, sottocutanea, segno della cicatrizzazione e comba-
ciamento fra di loro delle pareti del tumore. Il margine della
palpebra superiore non si obliqua più in basso,, ma ha ripreso
la sua naturale positura. Eseita dairinferma.
Considerazioni. «^ L* atto operativo non esce., anzi
è rinchiuso dentro la cavità del tuniore. Restano illesi i
tessuti entro-orbitali , breve , se non nulla la cicatrice ,
non può avere luogo diffusione, assorbimento, tutto ò
circoscritto. Collo stesso metodo si operano gozzi cistici,
e tumori cistici, e non cistici di variò genere, con esso,
invece di estirpare, si atrofizza il bulbo dell'occhio, ecc.,
siccome pratico da lustri e da lustri pubblicai nei gior-
nali italiani e stranieri. Valete.
XIL
Cisti del cordone spermatico destro , e tumore càrneo spor-
genie dai cordone nella parte superiore della cisti, infra-
inguinali, diagnosticati per ernia in un villaggio ; rùvidi'
ed incongrui maneggi di riduzione, flemmone consecutivo
delle porzioni scrotale , inguinale e pelvica del cordone.
Incisione della cisti, snocciolamento del tumore, sopra-ve-
nieriza di idrope nella vaginale del testicolo destro, inci^
sione della vaginale , ascesso scroto-ingùino-pelvico del
cordone, evacuaziane delle marcie dal profondo della pelvi
per mezzo di catetere introdotto dall' incisione fatta per
la cisti; tarda incisione dell'ascesso circoscritto all'in-
gu ine. Guarigione,
Pollini Angelo, segatore, d'anni 37, è accolto nell'Ospedale
ai numeri d'ordine generale 2955, e del letto iS9 , il 16 no-
vembre 1862 , è operato il 2Ò novembre^ ed esce guarito il 4
gennajo 1863. ^
L' infermo presenta tumore orbicolare nella parte destra e
superiore dello scroto. Il tumore non risiede nella cavità della
475
vaginale, sta al di sopra di lei in quel tratto del cordone sper-
matico che vi è fra V anello inguinale inferiore e la. vaginale
del testicolo, se si comprime y: si sente fluttuazione profonda: il
'cordone spermatico al disopra di esso è duro ed ingrossato ,
r ingrossamento si sente pur anco nella regione inguinale , e
comprimendo la regione inferiore dell' abdome si sente che l'in-
grossamento continua nella cavità della pelvi. Il diametro bila •
• terale interno-esterno del tumore è di centimetri quattro e
millimetri cinque, egual misura ha il diametro anteriore poste-
riore del tumore > essendo desso orbicolare ; è sano il cordone
spermatico sinistro. Facendo tossire l' infermo non si sente
urto di visceri all' anello inguinale destro. La malattia dóru da
anni ed anni, V infermo non ha mai sofferto malattie sifilitiche,
e non ha mai avuto gonorrea. Compiutamente sani sono i te-
sticoli destro e sinistro, Consultò, alcuni giorni prima di por^
tarsi all'Ospedale, un chirurgo in un villaggio, il quale giudicò
il tumore un'ernia inguinale, fece incongrui' e ruvidi tentativi
di riduzione, e consigliò l' applicazione d' un cinto erniario. Ai
maneggi ruvidi tennero dietro dolori alla regione lombare de-
stra, e r ingròssamonto della porzione scrotale inguinale e pelr-
vica del cordone destro. i
L' inferma ha buona costituzione , non presenta' sintomi dì ,
malattia di cuore e di polmoni, ha neri i peli di tutto il corpo,-
nera e folta la barba ed i capelli, olivastra la tinta del volto e
del corpo , quale s'addice agli individui di temperamento cosi
detto epatico , ha sommo timore pel suo male , massima incer-»
tozza suli' esito dello stesso, e manca assolutamente di coraggio.
Qual' è la malattia dell' infermo ? Il tumore dello scroto è iso^
lato, è circoscritto in verità, ma l' ingrossamento del cordone si
continua oltre il tumore orbicolare , si innalza all' inguine , e
dentro all' inguine , e giù si sprofonda nella pelvi. Il tumore
orbicolare è fatto da quella malattia che fu detta idrope sac-
cato del cordone : il cordone in altri termini presenta nella re-
gione dello scroto una cisti a pareti non spesse, e contenente
probabilmente liquido sieroso. L' ingrossamento del cordone può
essere dipendente da flemmone del tessuto cellulare dello stesso,
che può essere stato originato dai maneggi che si fecero per
ridurre il tumore, tanto più, che l'infermo non desistette dai
suoi faticosi lavori di segatore»
47 ({
NovemÌMré 20. — Fatta la diagnosi di tumore od idrope
aistieò del cordone, e di ingorgo flemmonoso esteso alle regioni
scrotale, inguinale e pelvica di esso, decisi di operare il tumore
per incisione. Fermato T infermo, compresso il tumore colla mano»
sinistra dell' operatore, dall' indietro in avanti feci incisione lon-
gitudinale sulla parte anteriore del tumore, paralella all'asse
di lui e del cordone, lunga millimetri ventiquattro; scoprii la
membrana più profonda del tumore , e visto il colore cilestro
delle acque trasparenti attraverso alla membrana, forai questa
oon scalpello a punta rotonda; uscì Umor acquoso ,< introdussi
l'indice pel forame, dilatai coli' indice l'incisione; e penetrai
ooir indice in sacco rivestito di liscia membrana; percorrendo
la parte superiore dello stesso sentii far capolino dalla parte
superiore dello stesso, un tumore (quasi come fa il collo deiru*
toro che si sente per. la vagina ) ; girai coll'indice intorno intorno
al tumore; constatato e riconosciuto così il tumore, coll'indice
portato intorno intorno allo stesBo lo i|iolai , penetrai al di là
del sacco ben più di quindici millimetri, staccai il tumore per
intiero, eccettuato un piccolo peduncolo il quale non potè esr
sere distaccato perchè privo di resistensa ; es traisi coli' indice
il tumore, legai il peduncolo, e lo recisi al di qua di un cen-
timetro del laccio. Il pj^duncolo non presentava pulsazione al-
cuna , ma mi parve prudente cosa l' allacciarlo , onde essere
sicuro da ogni pericolo di emorragia. Non vi fu emorragia,
riempiì il sacco ed.il cavo con filacciche. Appena avea inciso il
sacco, feci tossire di nuovo l'infermo, non vi era comunica-
zione alcuna colla cavità addominale : feci tossire nuovamente
r infermo dopo 1' estrazione del tumore , posi l' indice entro la
cavità d'onde fu estratto il tumore e si senti non esservi al-
cuna comunicazione colla cavità addominale, non si senti urto
di^viscere contro la parete d' onde avea estratto il tumore.
Novembre 21. — Leggero edema allo scroto , scarificazioni
superficiali, poca febbre^ maggiore intumescenza al cordone sper-
matico, leggerp dolore al ventre.
Novembre 19, 20, 21. — Corallina grammi tre, persolfato
di chinina centigrammi cinquanta. Boccone con miele, preven-
tivo.
Novembre 22. r— Vi è edema dello scroto, vi è edema del
477
pi^epuzio, febbre moderata; t'infermo assume tinta itterica ge-
nerale, più forte di quella a lui abituale. Non vi ò dolore al
ventre , incisioni cuti^nee allo scroto ed al prepuzio. L' ineir
sione e la cavità della cisti non suppurano ancora. Infusione
di rabarbaro.
Novembre 23. -^ È incominciato il periodo di decremento,
del flemmone traumatico operativo alla scroto'. Tolsi le filacciche
dal cavo , noii compressi il cordone all' addome. Decotto di ta-
marindi.
Novembre 24. — Lo scroto quantunque diminuito di vo-
lume è ancora ben pesante^ poco pus misto ad aria esce dal-
l'intorno del laccio e dal fondo del cavo della cisti, l'infermo
è senza febbre. ,
Novembre 25. — - Lo scroto ò molto. grosso, sentesi raccolta
di liquido nella parte destra dello stésso,^ pratico incisione sulla
regione anteriore dello scrota, scopro idrocele della vaginale
destra, pongo la vaginale.
Novembre 27. — I margini dell'incisione della vaginale e
della cavità della cisti del cordone sono coperti di carni fun-
gose e velate di pàtina biancastra; leggera cauterizzazione dei
medesimi ; tumore scrotale decrescente ; non diminuisce ancora
l'intumescenza soprastante al laccio, non vi è febbre.
Novembre 26, 27. — Soluzione di gomma arabica.
Novembre 28. — Diminuito il volume dello scroto, leggera
cauterizzazione col cilindro dei margini delle due incisiopi.
Novembre 29, mattina» — Velatura delle due incisioni col
cilindro d' azotato d' argento. '
Novembre 29 , ore tre pomeridiane. — La regione inferiore
destra dell' addome è gonfia ; si sente molto ingrossato tutto
il tragitto del cordone , dall' incisione della cisti alla porzione
contenuta nel canale inguinale ; la pressione fatta colla mano
sinistra sul tragittò addominale del cordone fa uscire un pò di
marcia dall'incisione della cavità della vaginale. La marcia è
bianca, spessa , cremosa e come dicono i chirurghi di buona
qualità.
Vi fu adunque flemmone ed ascesso lungo il cordone , il
flemmone era già in corso quando l'infermo venne all'Ospedale,
come si poteva argomentare dall'ingrossamento di quella por-
zione del cordone che si sprofonda nella cavità della pelvi.
478
Novembre 30. — > Dolènte, gonfio è il cordono nell* addome ,
la prertsione sulla parte addominale dello stesso fa escire un
mezzo cucchiajo di marcia della stessa indole di quella di jeri.
Cataplasma risolvente in continuazione. Jeri od avanti jeri
cadde nel tempo della medicazione il laccio che avea posto in-
torno al peduncolo del tumore del cordone spermatico. ,
Decembre 1. — - La suppurazione aumenta alquanto, alcuni
cucchiai di suppurazione si trovaho sulla faccia del cataplasma,
essa però conserva sempre gli stessi caratteri. L'infermo ò senza
febbre.
Decembre % mattifia. ^— Feci alzare in piedi l'infermo nel
momento della medicazione, comprimendo l'addome, gocciolò dal*
l'incisione del cordone molto maggior quantità di marcia,
Decembre 2 , ore 3 pomeridiane, — Accesso di freddo dopo
la visita del mattino, citrato di chinina gramma uno.
Decembre 3, mattina. -— Suppurazioi^e abbondante, citrato
dì chinina centigrammi 50; è diminuito il volume del cordone
nel canale inguinale, in questo mattino non vi è febbre.
Decembre 4, mattina. — È cresciuta di molto la suppura-
zione che viene dalla pelvi, se ne raccolse nel mattino circa un
bicchiere.
Decembre 4. 5. — » Citrato di chinina centigrammi 50.
Decembre 7. — > Molta, puzzolente, spessa è la marcia che
esce dalla pelvi.
Decembre 6 ad 8. — Corallina grammi 2 , citrato di - chi-
nina centigrammi 50.
Decembre 6. — • L'incisione della vaginale è cicatrizzata^
suppurazione pelvica molta e puzzolente. Cordone all'addome
tumido, quasi ascesso alla regione addominale del cordone, non
vi è febbre. .
Decembre 7. — > Egualmente enfiato è il cordone , ma la
suppurazione non ò più spessa.
Decembre 8 a 25. -— Corallina grammi 2 , citrato di chi-
nina centigrammi 20. Boccone con miele. -
Decembre 8, mattina, — È elevata la regione addominale
del cordone, non escono che alcune goccio di pus dall'incisione
della cisti. Esplorai con sonda conica di gomma elastica introdotta
peli' incisione della cavità della cisti, e su inoltrata adagio ada-
479
gio penetrò dentro il seno tutta quanta, era lunga (centime-
tri 34), feci alzare l'infermo in ginocchio, tolsi la aonda, colò
poca marcia dall'incisione.
Decemhre S, ore tre pomeridiane^ — L'addome è rialzato
in forma d'ascesso lungo ì{ cordone. La pressione fa escire
poca marcia, la quale puzza di merda. L'incisione allo scroto è
molto ristretta, introduco nel seno «Iella stessa spugna cerata,
Decemhre 9, mattincu — All'inguine, e sopra all'inguine
nella regione addominale del cordone si sente, comprimendo,
gorgoglio di liquido. Introdussi la sonda conica di gomma ela-
stica per aprire la via, ed a questa faccio succedere grosso ca-
tetere di gomma elastica , ed esci gran quantità di marcia che
puzzava di merda.
Dec/embre 9 ,r ore ire pomeridiane, — Rialzo all'inguine ed
alla inferior parte dell'addome. Introduco come sovra sonda e
catetere evacuatore, l'ascesso è compiutamente v&otato della >
marcia che sorte in parte all'intorno del catetere, ed in parte
per la cavità dello stesso. Non vi è febbre.
Decemhre 10, mattina, — Vuotai l'ascesso nell'istesso mo-
do, le marcie hanno sempre colore ed odore di merda.
Deceynhre 40, ore ire pomeridiane, — Vuoto al solito l'a-
scesso. Superficialmente l'ascesso si estende dal pube alla tu-
berosità superiore ed anteriore dell'osso illiaco, si sente in basso
verso il pube il gorgoglio del liquido, più in alto si sente l' in-
duramento del tessuto cellulare.
Decemhre 11. — La maggiore intumescenza è al di sopra
della branca orizzontale del pube, si vuota al solito l'ascesso,
l'infermo non ha febbre, ha un pò di diarrea.
L' essere penetrata la sonda pel tratto di centimetri 34 prova
che l'ascesso si continua nella piccpla pelvi, il gorgoglio presso
il pube prova che l'ascesso è pur anco superficiale, e l'odore
di merda prova che la cavità dell'ascesso k, in vicinanza degli
intestini. Del resto non vi è febbre..
Decemhre 12. — La marcia estratta al modo solito non ha
più l'odore della merda, è meno puzzolente, e spessa, non vi
è febbre.
Decemhre 13. — L'incisione cutanea sovrastante alla va-
ginale è cicatrizzata , l' incisione della cisti non presenta più
480
ehe un adito • seno a pareti rosee jper cui si fanno scorrere la
tonda ed 11 catetere evacuatore, la punta del quale penetra nel-
l'ascesso e lo evacua a centimetri 12 più in su dell'apertura.
La marcia in questa mattina era bianca e spessa.
Decemhre 14. — Si sente una durezza sottocutanea che a
guisa di fascia si stende dalla spina iliaca anteriore superiore al
pube (è il tessuto sottocutaifeo indurato). Vi era raccolta moderata
di marcia, la quale fu evacuata col solito mezzo. Non vi è febbre.
Deeembre 15. — L'incisione della cisti si restringe sempre
più, poca elevazione al pube, escita di poca marcia, evacuata
al solito modo, si consiglia all'infermo di alzarsi dal letto.
Deeembre 18. — Sino al giorno 15 la marcia fu evacuata
mattina e sera, da questo dì jion si evacua che nel mattino.
Deeembre 19. — Marcia abbondante, spessa e grigia.-
Deeembre 20. — La suppurazione era molto spessa, chiù*
deva gli ochielli del catetere evacuatore, feci incisione cutaneo-
laminare, lunga circa millimetri 18 al di sopra dell'arco del Po-
parzio, parallela allo stesso, situata nel mezzo della distanza
fra la spina anteriore superiore dell'osso iliaco e la spina del
pube, esci molta marcia spessa, dall'incisione, e gocciolai nel-
l'ascesso aperto soluzione 1 a 100 d' azotato d* argento per
mezzo del catetere ad imbuto superiore.
Deeembre 21. — Il cavoMlell' ascesso parmi non molto este-
so, divaricai i margini dell'incisione, e lasciai cadere entro di
quello alcune goccio di soluzione d'azotato d'argento.
Deeembre 22. — Elscirono dall'incisione sovra l'arco del Po-
parzio poche goccie di suppurazione, divaricando i margini del-
l' incisione foci gocciolare dentro al cavo, che parve piccolo, po-
che goccie di soluzione d'azotato d' argento.
Deeembre 23. — Non esce più goccia di pus; rimane solo
leggera durezza del tèssuto cellulare al di sopra dell' incisione.
Deeembre 24. — Non escono dall' incisione che poche goc-
cio di umore limpido come linfa.
Considerazionù — Non si errò nella diagnosi , ma
parte della malattia sfaggi alla diagnosi, vi era idrope, os-
sia cisti del cordone, vi era ingorgo flemmonoso già forse
vólto ad accesso della porzione sotto-inguinale, inguinale
481
e pelvica del ' cordone ; e queste parti della malattia fu-
rono precisamente diagnosticate; ma si trovò dentro al
cavo della cisti e superiormente ad esso, piccolo tumore.
Poteva desso indovinarsi \ A dire il vero il cordone sper-
matico al di sopra della cisti présentayasi ingrossato :
esaminato e leggermente compresso non dava segno di
raccolta entro di esso , ma \ intumescenza nor^ essendo
circoscritta, sentendosi penetrare nel canale inguinale e
giù sprofondarsi nella piccola pelvi , la credetti prodotta
da ingorgo flemmonoso esteso lungo tutto il cordone.
Fu primo ^ a comparire il tumore , o comparve prima
la cisti saccata del cordone ? Par mi che primo a compa-
rire fosse il tumore, e che dalla pressione del medesimo
sugli elementi del cordone possa essere nato l' idrope sac-
cato, seppure non furono contemporanei , oppure se non
fu al contrario della credenza SQvra esposta.
Natura del tumore. — Io non esaminai il tumore
al microscopio. Il tumore estratto non era cistico , non
era tumore sanguigno, non era un tubercolo, non era
formato da tessuto gangrenato , pareva , esaminato come
dice Virchow, all' ingrosso, della natura delle ghiandole
che si trovano sul corso dei vasi linfatici.
Atto operativo, — Trattandosi di cisti del cordone
spermatico , si poteva operare come V idrope della vagi-
nale del testicolo, per incisione, o per injezione. Io pre-
ferii di operare per incisione perchè non mi pareva pru-
dente cosa r operare per injezione di qualunque liquido.
Il liquido poteva espandersi per screpolatura della cisti ,
poteva spandersi dietro al peritoneo, ecc., quindi parve-
mi aver fatto bene ad operare per incisione.
Estrazione del tumore. — Il tumore fu riconosciuto
nel momento che esplorai la cavità della cisti, e fu snoc-
ciolato coir indice portato intorno intorno allo stesso. Io
credo che non si potesse operare T estrazione del tumore
con metodo più adatto ; operarlo per incisione era esparsi
Annali. Yol. CCl 31
482
a ledere le vene, I* arteria spermatica ed il condotto de-
ferente ; quand* anche si fossero evitati qaesti pericoli, era
un atto dilicato e non facile ad essere compiuto^ al con-
trario, il tamore facendo capolino nella parte superiore
del cavo, non vi era assolutamente metodo più semplice
che quello di snociolarlo coir indice, con questo mezzo si
era sicuri di non offendere 1* arteria, la vena ed il con*
dotto deferente. Lo snocciolamento colle dita è il mezzo
più congruo per esportare tumori circondati da vasi esi-
mii, esposti in vicinanza d* organi, che devono rimanere
illesi.
Fui indeciso per alcuni giorni di operare, da un lato
parevami pòco prudente V operare la cisti del cordone ,
mentre la parte del cordone, superiore appena al tumore
operando, la parte inguinale e pelvica dello stesso erano
affette da ingorgo flemmonoso ; dalF altro lato pensavo ,.
che difiScilmente mi sarei indotto ad operare dopo il corso
di ascesso inguinale e pelvico del cordone spermatico.
Sarebbe potuto risolversi T ingorgo flemmonoso del
cordone, ma essendo desso stato determinato da ripetuti
maneggi sul medesimo, parevami poco probabile la riso-
luzione, onde, d*ogni consiglio e cosa pesato il contro ed
il prò, mi decisi ad operare.
Perchè fu ritardata V apertura de ir ascesso, — Io
feci ben tardi V apertura di questo ascesso, e solo quando
la praticai, gocciolai soluzione di nitrato d'argento entro
il cavo deir ascesso.
L' ascesso scroto-inguino-pelvico era ascesso direi
traumatico. Nel suo principio era più vasto, era profon-
do, non volli esporre al contatto dell' aria atmosferica si
vasta cavità, fattasi di recente. La cavità essendo da
ascesso traumatico, dovea col tempo restringersi, quando
credei cicatrizzata , o fatta meno estesa la parte dell* a-
scesso che si estendeva nella piccola pelvi dietro al pe-
ritoneo, allora l'aprii, e mi parve, cosi avendo fatto, d|
avere operato secondo le regole dell'arte.
483
XIII.
Tumore circum- femorale sinistro da ascesso freddo , lussa-
zione contemporanea inferiore della testa del femore si-
nistro ; puntura sulla linea centrale e media della re-
gione femorale posteriore , infezioni ripetute di soluzione
d* azotato d* argento dentro il cavo dell'ascesso; guarigione
dell'ascesso, e ritomo del capo fuoresoito del femore nella
sua nicchia.
Morello Pietro , servo di campagna , d' anni 12 , da Castel-
letto Monastero, proveniento idem, entra nelTOspedale Maggiore
di Vercelli, ai numeri d'ordine generale 126 e del letto 204, il
16 gennajo 1862, ed esce guarito il 18 marzo 1862. L'infermo
è giovinetto a capelli biondi , a cute bianchissima , di costitu-
zione linfatica, a sistema muscolare tenue, a cuore ed arterie
poco sviluppate, a viva Intelligenza; è affetto da enorme in-
grossamento della coscia sinistra , la quale ha perduto la re-
golare di lei conformazione ed ha assunto la figura di una
zucca. La parte posteriore del tumore , che è pur quella della
coscia, presenta la cute marmoreggiata da vene sviluppatissime;
hanno pure l'aspetto venoso le regioni anteriore e laterali della
coscia e del tumore, quantunque in minor grado. La malattia
non è recente, dura da mesi, evidente e certa è la fluttuazione
entro il tumore ; non si sente in tutto 1' ambito dello stesso
pulsazione alcuna. Feci tosto diagnosi di tumore da a&cesso, cosi
detto, freddo. La gamba sinistra è più bassa della gamba de-
stra , il malleolo intèrno sinistro , approssimando una gamba
contro r altra, viene a trovarsi sotto il malleolo destro. Il tu-
more occupa quasi tutta la coscia sinistra, non fanno parte del
tumore la parte infima e la estrema superiore della medesima.
Circonferenza misurata alla metà della loro altezza delle cesoie
Sinistra inferma e Destra sana
centimetri
40 30
Diametro bilaterale interno-esterno misurato alla stessa altezza
10 . 7
Diametro antero-posteriore misurato alla stessa altezza
12 5
484
Altezza del tumore
Al lato esterno della coseia centimetri S^
Al lato^ anteriore ...;..'- » 22
Al lato interno » 16
Al lato posteriore » 24
La costitazioné dell'infermo, il lento svilupparsi del tumore,
la fluttuazione chiara ed evidente, la mancanza di pulsazione ,
Tessere sovravvenuto il tumore senza precedente causa trauma*
tica, ecc., fanno credere che desso sia del genere dei tumori
detti ascessi freddi, l^le era la diagnosi che facevo di botto.
Ma perchè il malleolo sinistro interno è più basso del malleolo
interno destro ? Che è ciò ?
La spina ilìaca-anteriore superiore, e la spina-iliaca poste-
riore sinistra sono allo stesso livello delle destre, non vi è per-
ciò spostamentp dell'iliaco sinistro dal sacro.
Vi ha egli lussazione antica, spontanea del capo de\ femore?
Quale correlazione ha la lussazione coU'ascesso che circonda il
femore? Vi ha talvolta, e mi ricordo d'aver letto negli anni
addietro negli e Annali Universali di medicina di Milano », una
Memoria di illustre autore di cui obbliai il nome , nella quale
erano riferite istorie di lussazioni ed abbassamento recente della
testa del femore, e quindi abbassamento del malleolo corrispon-
dente senza grave lesione dell'articolazione, e pronta loro gua-
rigione.
L'Autore di quella Memoria ragionatissima ripeteva la lus-
sazione dall'eccessiva quantità di liquido rinchiuso nella cavità
articolare ileo-femprale, e spiegava il pronto ritorno della testa
del femore nella sua nicchia pel pronto assorbimento del li-
quido eccedente.
Non volsi e rivolsi al miserello la coscia in varii sensi,
mi parve ciò poco pietoso, sperai , credei che tale fosse la ca-
gione dell'abbassamento del malleolo sinistro, credei esservi idrar-
to ileo-femorale, e non grave lesione osseo-articolare di quella
giuntura. Era quella la mia credenza e speranza. Ma se ciò non
fosse stato, se invece la giuntura ileo-femorale fosse stata gra-
vemente offesa ? Ciò parevami poco probabile , è vero , ma
pure era una cosa possibile e possibilissima; pensai, in tale
caso , p vi è comunicazione, o non vi è punto comunicazione
dell'ascesso colla cavità articolare femoro-iliaca.
486
Era egli probabile che questo ascesso comunicasse colla ar^^
ticolazione ileo-femorale? Non lo credei; rarticolasione è molto
profonda ) è vero ,. ma se vi fosse comunicazione dell' ascesso
colla cavità della giuntura , la malattia della giuntura do-
vrebbe essere antichissima » avanzatissima ^ e ciò non è. Ar^
trocace antico ileo-femorale ha seni al margine esterno e su-
periore della coscia e dell* iliaco , ha seni alla parte posteriore
della coscia e, dell'anca, porta con sé lussazione completa e più
avanzata del femore > cioè il capo del femore non solo è fuor
escito dalla sua nicchia ed abbassato^ ma sortito dalla sua nic-
chia , e venuta per alcun tempo più lunga la gamba , là lus-
sazione da inferiore si converte in superiore e posteriore, e per •
ciò la gamba rimane più corta^ L'assenza adunque dèi seni,
l'esservi stata discesa, ma non retro-ascesa del capo del femore,
facevano credere che non vi fosse comunicazione fra l'ascesso e
la giuntura ileo-femorale.
Furono queste le riflessioni che feci appena esaminai la prima
volta l'infermo. Ciò osservato, pensai al metodo di cura, esso deve
essere quale si conviene per gli ascessi frejddi, ma nello stesso
tempo deve essere tale òhe convenga in qualunque dei casi che
ho superiormente accennato.
Quale sarà la condizione del femore che sta entro a quest'
ascesso enorme della coscia sinistra? Anche su questo partico-
lare sperai non fosse leso il femore. Femore affetto da antica
necrosi non può non essere sen^a seni al lato interno, e lungo
la linea aspra esterna dello stesso. Poteva essere la malattia un
ascesso caldo sottoperiosteo ?
Questo caso non potrebbe esistere senza essere recente, vi
sarebbe febbre ardita , vi sarebbe condizione semi-flemmenosa
del tessuto celluioso della coscia , vi sarebbe strozzatura dei
tessuti, ecc. ; era dunque probabile, so non certo, ( che la chi-
rurgia come la medicina è sovente solo arte induttiva) che il
femore non fosse affetto da necrosi. Poteva egli esistervi in-
grossamento enorme e rammollimento del femore? Questo caso
restava escluso dalla non profonda fluttuazione, ecc.
Giudicata per tanto la malattia, probabile e probabilissimo
ascesso freddo, pensai* di fare piccola puntura ad evacuare l'a-
scesso, e quindi per il seno della puntura fare injezioni di so-
486
lozione d'aioiaio d'argento. Una puntura piccola, e sinuosa, iàtta
press' a poco al metodo sottocutaneo non dà facile accesso net
primi giorni all'aria atmosferica, la cauterizzazione operata dal
liquido^ incettato subito dopo la puntura, impedisce l'assorbimen-
to, e favorisce l'adesione delle pareti.
Gennaio 21. -— Decisi di fare la piccola puntura alla re-
gione posteriore centrale e media della coscia, ove sentivasi de-
cisa fluttuazione : cercai di fare una piega trasversale della cute
della coscia sul tumore, ma la cute essendo troppo tesa, ciò non
mi fu possibile; perciò la feci nel sito indicato col trequarti della
parancentesi addominale; feci camminare sottocutaneo l'istru-
mento in alto per il tratto di circa millimetri quindici, e quindi
ne rivolsi la punta contro la parete posteriore dell'ascesso ; esci
la marcia solita, verdognola, diffluente degli ascessi freddi, e vuo-
tato in massima parte l'ascesso^ injettai soluzione i a 20 d'a-
zotato d'argento colla sciringa. Tolta la cannula del trequarti,
esci un pò di liquido dell' in jezione ; il tumore riteneva press'a
poco il suo primiero volume.
Gennajo 18 a 21. — Assafetida grammi uno, citrato di ferro
centigrammi venti;
Gennajo 22 a 28. — Corallina grammi tre, citrato di chi-
nina centigrammi venjbicinquo , boccone con miele a fine pre-
ventivo.
Qetmc^io 23. — La febbre è molto leggera.
Gennqjo 24. — Non vi è febbre, faccio escire il liquame
dell' injezione dei giorno 21 gennajo, e spinga nuova infezione
d'azotato d'argento colla siringa, e chiudo il seno con tappo di
filaccie:
. Gennc^o 25. — L' apertura e la parte esterna del seno sono
ostruite da escara, la quale si staccò nelle ore pomeridiane dello
stesso dì, esci il liquame, feci nuova injezione al solito, e chiusi
come sovra il seno.
Gennaio 26. -— Questa mane vuotai l'ascesso del liquame ,
quindi esaminati e palpai il femore, esso non è di molto ingros-
sato. Posi, dentro a grammi cento d'acqua stillata, grammi sei
d'azotato d^argento, ed injettai dentro all'ascesso le tre quinte
parti del liquido, l'ascesso non pareva poterne contenere di più.
La capacità dell'ascesso è di già di ben molto diminuita. [Le pa-
J
487
reti dì esso non sono calde, non flemmonose, non edematose, fatta
1
l'injezione tappai l'apertura deirascesso.
Gennaro 27. — Vuotai Tascesso, lo riempii con acqua stillata
grammi cerato ed azotato d'argento grammi quattro, ma l'in-
jezione fuggi metà dal cavo.
Non vi è febbre , non locale infiammazione , tutto procede
bene.
Gennajo 28. — Vuotai Tascesco del liquame, ed injettai ac-
qua stillata grammi cinquanta, azotato d'argento grammi due,
tappai l'apertura del cavo.
Gennc^o 29. — ' Non vi è reazione né locale ne generale,
Injezione come jeri.
Gennajo 30. — - Il cavo si stringe sempre più , injezione
al solito.
Gennt^o 31. -— Esaminando come al solito ogni dì il tumore,
alle ore tre pomeridiane sentii crepitare sotto la cute il tes-
suto celluioso del tumore ; stetti un istante sopra pensiero, se
fosse avvenuto una crepa nella parete posteriore di esso; le in-
iezioni erano state sempre fatte colla scirlnga ; fui dubbio un
istante se il crepitio fosse dovuto a versamento di liquido , o
ad aria penetrata nel tessuto laminare. Non vi essendo rea-
zione locale, non vi essendo minaccia di gangrena , credetti la
crepitazione da aria atmosferica, e nulla feci.
Febhrajo 1. — In questa mattina più non si sente il cre-
pitìo sovraccenato, lascio la scirlnga e faccio gocciolare la stessa
soluzione entro l'ascesso per mezzo di catetere gocciòlatore.
Febhrajo 2. — Gocciolai al modo istesso la soluzione entro
il cavo, il quale si restringe sempre più.
Febhrajo 3. — E moltissimo diminuito il tumore, non avvi
più che una leggera intumescenza all'altezza del grande trocan-
tere, e presso di esso.
Febbrafo 6. — Gocciolai soluzione al modo istes60. Il cavo
è ridotto a ben poca cosa.
febhrajo 7. — Non vi è più quasi cavo, palpando con di-
ligenza la coscia, si sente leggero ingrossamento del femore alla
regione posteriore dello stesso, inferiormente al grande trocan-
tere. Feci injezione di poca soluzione colla sciringa, il becco del
catetere stentando a passare pel seno ristretto del. tumord. Del
488
resto in questa mattina non vi era qaasi umore di sorta nel
piccolo cavo.
Febbraio 8* — Il cavo molto ristretto non dà che poche
goccie di suppurazione. Injezione come jeri.
Febbraio 9, 40, il, 12, 13, 14, 15. — Infezione di poca
soluzione colla sciringa.
Febbrajo 13. -^ L'ascesso è ridotto a piccol seno^ e purezza
circoscritta nella vidnanza del grande troncatere.
Da questo giorno faccio alzare dal letto quotidianamente l'in-
fermo.
Febbrajo 19. — Si sente un tantino grossa la regione po-
steriore e superiore del femore. Cataplasma di semi di lino ir-
rorato d'acqua vegeto-minerale in continuazione.
Febbrajo 20 a marzo 18. — Olio di merluzzo in continua-
zione.
Marzo 2. — È chiuso il seno.
La gamha sinistra che era più hassa , poco a poco ritorna
all'altezza della destra; quando feci alzare l'infermo^ il malleolo
interno sinistro era a livello del malleolo interno destro.
Marzo 17. — Rimaneva leggiero inzuppamento dei tessuti
profondi alla regione posteriore del femore , il quale aveva
sede probahilmente nel tessuto laminare circumperiosteo del
femore*
Mano 18. -— Escita dell'infermo dall'ospedale j non lo ri-
vidi, r .,
Considerazioni. ^-^ L'esito della cura fu felice, vol-
gasi il pensiero sul modo con cui fu condotta. È sempre
grave malattìa un ascesso lento, profondo che circondi il
femore. La diagnosi fu precisa, il pronto e facile ritorno
del capo del femore nell'acetabolo da cui era disceso, pro-
va che non era profonda l'alterazione della giuntura
ileo-femorale.
L'esito non poteva essere più felice, senza guai, senza
febbre, né suppurazione, né flemmoni, nò risipole, l'ar-
te potè in breve condurre a guarigione si grave malat-
tia. Sta presente ancorai alla mia mente quella coscia
489
pavonazza tutta screziata di v^ne, avente la configura-
zione di un otre, la cui cute era tesa oltremodo, il mem-
bro più lungo, Temaciazione del delicato infermo, l'im-
possibilità al miserello di servirsi del membro ammalato ;
ed il quadro quanto vero, diventa altrettanto pietoso. Il
metodo riusci a puntino , non ebbe luogo alcun sintomo
di assorbimento.
Io non feci la puntura con pìccolo trequarti per li
seguenti motivi :
Una piccola puntura, quale lo richiede il metodo sot-
tocutaneo, non si presenta bene alla pronta evacuazione
delle materie dell'ascesso, la cannula del piccolo trequarti
si. ostruisce ad ogni istante, quindi lungo tempo a vuo-
tare l'ascesso. Se il chirurgo è disposto ad impiegare il
tempo che si richiede, il , servizio generale in un ospedale
ha le gravi sue esigenze. Nei primi giorni l'escara tap-
pava compiutamente il cavo, e l'aria non penetrò dentro
allo stesso. Con apertura più larga della sottocutanea
tutte le materie del cavo escono facilménte. Il contatto
della soluzione d'azotato d'argento procura il restringi-
mento del cavo e l'adesione delle pareti dello stesso. Col
metodo usato evitammo un' incisione estesa , la quale è
sempre, oltre gli altri iuconvenienti, un grave indelebile
ricordo che porta l'infermo dell'arte chirurgica, un ascesso
inciso non si cauterizza colla- facilità di un ascesso chiu-
so, ecc. Cosi diagnosi precisa, e ragionato metodo di cura
furono coronate da felicissimo esito, ossia dalla guarigione
di gravissimo e profondo ascesso freddo circumfemorale
in delicatissimo ragazzino.
490
XIV.
ReBetione sottocaBiulo-perioitea del ginocchio per mezzo di
incisione sul margine articolare superiore anteriore e la'
terali della tibia, — Osservazione letta nella seduta 21
giugno 1867 della R. Accad, medico-chirurgica di To-
rino (1).
La gamba è flessa sulla coscia. Si riconoscono il tubercolo
della tibia, ed il margine articolare del condilo interno, e del
condilo esterno della tibia.
Esecuzione, — L' operatore colla punta della lama trian-
golàfe scorteccia, procedendo dal basso all' alto , il tubercolo
della tibia (inserzione del legamento inferiore della rotula):
distaccata la corteccia del tubercolo , pratica due incisioni cu-
taneo-periostee che su ascendono pai^alelle , e quasi tangenti i
margini laterali del legamento della rptula sino al centro del
ciglio articolare della tibia ; quivi giunto apre la cassula arti-
colare ; scorre di poi con incisione al lato interno sul margine
articolare del condilo interno, ed incide d'un tratto cute, apo-
neurosi, estremità inferiore del tendine del tricipite interno, e
porzione corrispondente della cassula ; scorre con incisione al
lato esterno sul margine articolare del condilo esterno , ed in-
cide d' un tratto cute, aponeurosi ed estremità inferiore del tri-
cipite esterno, e porzione corrispondente della cassula.
Occorre appena di osservare che 1' operatore deve scortec-
ciare il ciglio articolare della tibia, e così, distacca re per in-
tiero r estremità dei tendini , della cassula , e dei legamenti.
Mentre V operatore fa quanto sovra si è indicato , V assistente
deve flettere sempre più la ^amba, e le parti restando tese per
la flessione , facilissimo riesce il distacco di tutti i tessuti dal
margine articolare. Aprendosi frattanto sempre più la giuntura
per opera della flessione , 1' operatore colla punta della lama
triangolare distacca la corteccia della spina della tibia (inser-
(1) ff Giornale della Reale Accademia di medicina di Tori-
no », 15 agosto 1867; pag. 129.
491
ziond delle cartilagini 8emi*lunari , e dei legamenti incro-
cichiati ). L' articolazione por il distacco delle parti or ora dette
sì apre maggiormente ancora, e frattanto V operatore prosegue
al lato interno , e distacca 1' estremità inferiore del legamento
laterale interno, e porzione corrispondente della cassala ; pro-
segue al lato esterno^ e distacca l'estremità inferiore del lega-
mento laterale esterno dalla testa del perone, e porzione corri-
spondente della cassula ; l'assistente flettendo sempre più la
gamba , V operatore compie il distacco della parte posteriore
dell' inserzione dei ligamenti incrocichiati , se pure non furono
di già per intiero distaccati.
L'articolazione è in ora ampiamente aperta, si distacchi il
periostio dai condili del femore, e si agisca sul femiore secondo
i. precetti dell' arte.
Se è d' uopo si distacchi il periostio dai condili della tibia,
oppure si eseavino i condili della tibia, o si lascino intatti
ftecondo il caso ed i precetti dell' arte.
Esame dell* atto operativo.
Nessun muscolo, nessun tendine fu offeso , l' incisione passò
lontana dai vasi e dai nervi poplitei ,*M1 legamento posteriore
della giuntura non fu tocco. L' articolazione fu aperta nel suo
sito più naturale.
Neil anno 1856 , < Giornale della Reale Accademia
medico-chirurgica di Torino .», fascicolo N.® 18, 30 set-
tembre, descrissi metodo col quale attaccai la giuntura
per incisione laterale esterna, scorrendo sulla linea
aspra esterna del femore, e giù scendendo per la. lìnea
aspra del condilo femorale esterno alla parte esterna
del ciglio articolare del condilo esterno della tibia, ed
alla parte esterna del tubercolo della stessa. È metodo
per sua natura ed essenza difettoso quello di attaccare
la giuntura pel suo lato esterno. Difatti V agire late-
ralmente è sempre diffidi cosa ; V incisione è lunghis-
sima, dovendosi estendere per lungo tratto di femore, e
per lungo tratto della tibia. È d'uopo distaccare Te-
492
stremità superiore del miucolo gemello esterno, che deve
rimanere intatta; non è errore, è sproposito, lussare la
gamba al Iato interno.
La gamba, nelf operare la lussazione del ginocchio non
deve essere lussata internamente, ma deve' essere flessa
dair avanti ali* indietro. Attaccando la giuntura per la
faccia anteriore, facciamo Tincisione la meno estesa che sia
possibile, flettiamo la gamba nel suo verso più naturale,
apriamo la giuntura, nel sito in cui è più facile ad es-
sere aperta, nel sito in cui sono più lontani i vasi ed i
nervi poplitei, e perciò più consono a natura è il metodo
per incisione anteriore.
XV.
Estrazione sottoperiostea' dei polipi nfUO' faringei e tumori
profondi delia-cavità delle nari per l'apertura aixteriore
delle ossa mascellari superiori , eseguita dietro il labbro
superiore, rovesciato.
L'apertura anteriore delle ossa mascellari superiori
è la via più naturale per Testrazione dei polipi naso-fa-
ringei, e dei tumóri profondi delle cavità delle nari; vi
si arriva rovesciando in alto ed in addietro il labbro su-
periore, e facendo incisione gengivale-periostèa al di so-
pra del margine alveolare sulla faccia anteriore e late-^
rale dei due mascellari superiori, distaccandone il perio^
stit), e sollevando colla leva la spina nasale anteriore ed
inferiore.
Se il caso V esige, si innalza e si distacca colla leva
Tinserzione inferiore del setto osseo cartilagineo, e si spo*
sta all'uno od all'altro lato siccome meglio conviene.
Quando per la grossezza del tumore l'apertura sdvra-
detta non fosse ahipia a sufiScienza, il margine dei ma-
scellari essendo sottile e già svestitp del periostio, facile
cosa è l'esportarne quel tanto che fla d'uopo.
Operando in questo modo non si tocca 1' esterno del
403
volto , non si guasta il palato , i quali erano offesi coi
metodi anteriori.
(V. Seduta della Reale Accademia medico-chirurgica
di Torino, 23 maggio 1866. « Giornale della Reale Ac-
cademia di Torino », N.'* 6, pag. 326, an. 1866).
XVI.
Gozzo cistico , mediano , comunicante col mediastino poste-
riore, . • ^ ■
Marina Giovanni, da Palazzo, circondario d'Ivrea, contadino,
d'anni 43, entra nell* Ospedale di VerceUi il 9 giugno 1867/ e
ne esce il 23 dello stesso mese.
L'infermo ha enorme gozzo cistico, di colore violaceo, fatto
probabilmente dal lobo medio della tiroidea; esso è asmatico,
completamente sordo, ed è obbligato pel volume del tumore a
portare in addietro il capo, ed a tenere sollevato il mento.
Al Iato destro e sinistro del collo e del tumore stanno tu-
midissime, e grosse come il dito indice di un adulto, le due vene
giugolari ; all'uno ed all' altro lato del collo avvi pure grossa
vena tiroidea trasversale , la quale mette capo nelte giugolari
verso la metà della clavicola, esse purè sont> molto turgide e
grosse quasi come le giugolari.
Il gozzo presenta nella sua parte inferiore , e sulla linea
centrale, appena sopra allo sterno, un'ulcera rotondeggiante del
diametro di circa 25 a 30 millimetri.
Diametri del gozzo, — Antero-posteriore, misurato dal cen-
tro della superficie posteriore del collo al centro anteriore del tu-
more Cent. 20. Millim. 00.
Bilaterale misurato alla metà
del tumore ........ » i4. » 00.
Sterno-mentoniero .... » 12. d 00.
La piaga era spoglia di cute ed occupata da tessuto, detto
alla buona, e tecnicamento Jardaceo.
Posi la punta dell'indice sinistro sul centro della piaga, feci
legiJTera compressione, l' indice penetrò a poco a poco dentro il
tumore, ne uscirono fiotti di marcia. U dito, attraversati! tes-
494
suti sitaati ^Ua regione anteriore del tumore penetrò in caviti
superficiale, indi passò, direi, per uno stretto, e penetrò in se-
guito in cavità pia profonda; toccavo coli' indice dentro ai tu-
more la parte posteriore dell'articolazione clavicolo-»ternale si-
nistra, e sentivo collo stesso le enormi pulsazioni delle carotidi
e delle succlavie. Comprimendo la parte laterale sinistra del tu-
more colla mia mano destra, mentre un assistente faceva leg-
gera compressione sulla parete destra dello stesso, un fiotto di
marcia esci va di nuova, dall'ulcera.
L' indice mio era tutto penetrato dentro al tumore sino
al metacarpo : nel penetrare coli' indice entro il cavo non feci
la minima lacerazione, estratto il dito, vidi empiersi il cavo di
sangue venoso. Non ripetei più mai l'esplorazione coU'indice.
Con catetere di gomma elastica, munito di imbuto, fatto con
tela spalmata di diaquilon , versai acqua del Pagliari entro la
cavità del tumore, escita dal tumore 1' acquai del Pagliari ver-
sai per due volte entro lo stesso soluzione 1 a 1 00. d' azotato
d'argento. Il catetere dell'istrumento gocciòlatore entrò dentro
per il tratto di centimetri 10, millimetri 5. L'infermo ha sem-
pre avuto gozzo.
Il comune di Palazzo è paese a popolazione gozzuta, siccome
situato non lungi dalla Dora Balcea, ed a piedi delle Alpi.
Pare che il gozzo si sia cominciato ad infiammare verso il
5 aprile scorso, cioè circa duo mesi prima del presente dì. Fu-
rono fatti a domicilio salarsi due. Presi, per quanto potei, mi-
nute informazioni dal fratello che accompagnava il nostro in-
fermo, e quello asserì che il tumore non avea mai per l'addie-
tro versato marcie dalla piaga, né in poca né in molta quan-
tità. Pei fiotti di marcia che uscirono, il tumore si fece mc>lto
più piccolo, ma riprese* quasi il primiero volume, appena fatta
colare entro il medesimo la soluzione d'azotato d'argento..
Pare che il tumore sia gozzo cistico centrale , di cui si sia
gangrenata la parte inferiore sulla linea mediana.
Giugno 9, vespere. — Il tumore è meno sporgente, e meno
livido. L'asma é meno forte , minoico la febbre , uscita non in*
ter rotta delle marcie, verso di nuovo soluzione d'azotato d' ar-
gento entro il tumore.
Gingno 10, mone. •— L'asma è continuo sempre, ma in mi-
495
nor grado, non vi, è febbre, gemizio continuo delle, marcie mi-
ste a coaguli delia cauterizzazione, faccio leggera^ compressione
sui lati del tumore per fare escire le marcie, e verso di nuovo
soluzione d'azotato d' argento , la qualo lascio in parte escire
naturalmente, e facilito 1' uscita della «poca rimanente parte di
quella con leggerissima pressione laterale.
Cosi feci per due^ volte , la terza volta lasciai la soluzione
entro il cavo, e non bompressi il tumore.
Il tumore in questi dì era meno sporgente e meno livido di
jeri. '
Giugno 10, 41. — Corallina grammi 3.
Persolfato di chinina » 1.
Boccone preventivo.
Giugno 10, vespere. — Versai due volte- entro il tumore
soluzione d'azotato d'argento.
Giugno 11. — Versai due volte la stessa soluzione. L' in-
fermo ha fisionomia tranquilla, il colore dei tumore non è più
pavonazzo.
Giugno 12. — Sotto leggera compressione ai lati del tu-
more, ed anche senza di essa, esce dall'ulcera umore oleoso air
l'aspetto, simile alla sinovia. Due volte riempii la cavità del
tumore colla soluzione azotata, e ne procurai l'uscita come in
addietro. '
Giugno 14-. — Il gozzo ha colore naturale, è molto 4tnpic-
ciolito , una larga falda di tessuto gangrenato sta fuori spor-
gente dal mezzo dell'ulcera.
^ Diametri del gozzo. ^ Cent. Millim.
Antero-posteriore k* • ^^' ^^'
Bilaterale medio ....... 10. 00.
Sterno-mentoniero 9. 00.
Introdussi la punta del catetere entro il tumore , esso pe-
netrò giù giù sino all'imbuto^ ritirai, e misurai quindi la por-
zione di catetere penetrata entro il cavo, era lunga centimetri 26.
Io avea introdotto il catetere per .versare al solito la soluzione
azotata, ma visto che era penetrato cotanto, da quel momento
più non versai liquido entro la cavità del tumore. Ove penetrò
il catetere? Senza alcun du|)bio nel mediastino posteriore.
Giugno 15. — Introduco catetere grosso quanto il mignolo
496
di un adulto, entro la cavità dèi tumore, esso pure penetra den«
tro centini. 26.
La distanza del margine superiore dello sterno dell' amma-
lato all'appendice zifoide dello stesso è di soli centimetri 17.
Ài lati dell'appendice zifoide non si sente menomamente la
punta del catetere; questo adunque penetrato per breve tratto
dall'Avanti air addietro , si diresse quindi in basso , e percorse
il suo cammino lungo l'esofago, e si protese all'ingiù. Le varie
sezioni del tumore cominciano ad essere distinte.
Il tumore è fatto precipuamente dal lobo medio della ti-
roidea.
Adoperai in questo dì^ enei giorni successivi, il grossissimo
catetere di cui parlai, per potere estrarre con maggiore facilità
le marcie, le quali sotto respirazione ascendevano per il cavo
del medesimo sino entro l'imbuto.
Giugno 15, vespe fé, — Capovolsi Tiiifermo; esso fu posto,
e tenuto a capo basso , a tronco eretto, a mani poggianti per
terra per alcuni secondi^ vennero fuori alcune goccio di ^more
dall'ulcere, ma non di più. L'infermo si alza e passeggia per
il cortile dell'ospedale dal giorno di jeri.
Giugno 21. — Ogni giorno mane ^ e vespere, estrassi alcune
cucchiajate di marcie per mezzo del catetere.
Il lobo destro della tiroidea concorre in ben poca parte alla
formazione del gozzo. In esso distinguonsi due tumoretti di cui
uno superiore minore, l'altro inferiore meno piccolo arriva ap-
pena al volume di una castagna spogliata dal suo riccio. Bea
poco sensibile anzi atrofico è il lobo sinistrò.
Giugno 21, 22. — Spugna usta grammi 1 in quattro parti
con miele.
Giugno 23. — Diametri del tumore. Cent. Millim. "
Bilaterale medio ,5. 00.
Sterno-mentoniero 6. 00.
Considerazioni. — * A parlare propriamente non vi fu
né gozzo destro , né gozzo sinistròv^ fu il lobo medio
della tiroidea che si ipertroflzzò, si converti in enorme
tumore, divennero spesse le di lui pareti, e vasta la di
lui cavità.
497
>
La parte destra, ed inferiore del tumore si gangre-
Dò, e fu divaricata dal chirurgo nel primo istante che
visitò l'infermo. L'infermo volle uscire nel giorno sud-
detto, quantunque vivamente io lo consigliassi a fer-
marsi alcuni giorni ancora all'Ospedale, ma egli assolu-
taménte vi si rifiutò. Quando parti , il tumore era di
molto impicciolito» ed al dissotto della cute e del tessuto
laminare ancora inturgiditi, séntivasi il tumore tiroideo
centrale che impicciolivasi ogni giorno più.
Quando esplorai il gozzo del Marina coli' indice sini-
stro, sentii di essere penetrato in una prima cavità, era
questa la cavità della cisti del gozzo; quindi l'indice passò
per uno stretto, era questo formato dalla parete poste-
riore del gozzo; entrò successivamente in cavità più pro-
fonda, situata dietro il gozzo, e davanti la colonna ver-
tebrale, comunicante col mediastino posteriore.
La punta del catetere, con cui versavo la soluzione
azotata, era stata smussata, onde l'uscita del liquido
fosse diretta; il catetere di gomma elastica era flessibi-
lissimo^ onde resta escluso ogni sospetto che esso abbia
potuto lacerare menomamente le parti. L'esplorazione col-
r indice fu fatta in modo delicatissimo, onde è d'uopo de-
durre, che si gangrenò parzialmente la parete posteriore
del gozzo, siccome si era gangrenata la parete anteriore
dello stesso.
Il liquido^ raccolto e cresciuto oltre misura nella ^ca-
vità della cisti, fu la causa probabile della gangrena di
porzione delle pareti dèlia medesima , e^ ciò a ragione della
compressione e distensione esercitata su di lóro.
La malattia lebbe origine in prima nel tessuto della
tiroidea, o nel tessuto laminare circondante la medesima?
oppure si destò contemporaneamente neiruno e nell'al-
tro tessuto? È questione che io non posso e non voglio
neppure toccare , non avendo dati sufficienti per poJ-
Annali. Voi. CCl 32
498
sarta , perchè non fui presente ai primi istanti della
malattia.
La grosaez^ del catetere mi venne molto a taglia
per r evacuazione delle marcie; prudenza esigeva che io
piii non avessi adoperato il dito indice; T avere sentito
una volta con esso i terribili battiti dei tronchi brachio-
cefalico , delle carotidi e delle succlavie fa passare la vo*
lenta di sentirli per la seconda volta; il tenere dietro al*
r estrazione dell' indice una sorgiva di sangue venoso, era
altra ragione più che sufficiente di non più ripetere simile
esplorazione. , .
Quando le marcie eranp ascese per il cavo del cate-
tere sino dentro, e su per T imbuto, io schiacciavo la
parte inferiore dell* istrumento , ed impedivo cosi il ri-
flusso delle medesime sotto T inspirazione , e reclinando
r imbuto , versavo le marcie.
Nel primo istante che vidi T infermo, feci diagnosi di
gozzo cistico costituito dal lobo medio della tiroidea. Feci
la diagnosi appoggiato a casi simili anteriori. L'infermo ve-
niva coricato all'ora della visita del mattino, egli si avan-
zava per r infermeria cogli occhi spalan^ti, esterefatti, i
movimenti di inspirazione, d'espirazione, erano accompa-
gnati da un rantolo mandante un tristissimo suono, il tu-
more era enorme , terribile 1- ansia dalla quale era tormen-
tato, tumido il volto e di colore pavonazzo: non. era quello
istante di palpare e comprimere il tumore ; si aggiunga
la tumefazione del tessuto laminare sottocutaneo, la. quale
si estendeva a tutto quanto il gozzo , e ciascheduno ve-
drà quanto fosse imponente e grave lo spettacolo. Misu-
rai Il tumore, e visto l'ulcere situata alla parte inferiore
di quello . pensai di botto che vi era tumore cistico me-
diano, e ,che grave ed abbondante dovea essere la rac-
colta dell' umore entro la cisti , che fra mezzo ai tessuti
dell' ulcera io avrei potuto introdurre l' indice entro il
cavo, e cosi dare escita pronta ai liquidi della cisti, e
499
sollevare V infermo. Il pensiero tradussi all' istante in at-
to, ed il liquido fu prontamente evacuato.
La pratica che ho di questi tumori , la sua posizione
centrale, l'asma grave che non cessava un istante, mi
fecero credere senza dubbio che si trattasse di tumore
del lobo medio. Successivamente vuotato il tumore dalle
marcie, diminuito il suo volume, gessato T edama sotto-
cutaneo, la ferma mia credenza divenne assoluta certez-
za, le dita avendo potuto separatamente distinguere e ri-
conoscere i due piccoli tumoretti del lobo destro, e Tatro-
fia del lobo sinistro della tiroidea.
XVIL . '
Ernia inguinale destra, omentO'intestinale ^ antica^ in parte
irreducibile^ incarceratasi da ore quarantotto ; leggeri tea-
tativi di riduzione , infruttuosi ; sfiancamento dell* anello
superiore del canale inguinale^ tentativi di riduzione, leg-
gera diminuzione del volume del tumore ernioso , cessa-
zione del vomito , ingrossamento del tumore , restituzione
del corso naturale delle materie fecali, rientramento del-
l' intestino ernioso nella cavità del ventre , permanenza
dell'omento nella cavità del sa>cco. Guarigione.
Olivetti Andrea^ contadino, d'anni 24, da Fabbrica, prove-
niente da Villarboit.
Entrato alle ore 11 antimeridiane del 30 maggio 1867. Ope-
rato alle ore 3. ^/^ pomeridiane dello stesso di. Escito 2 gingno
1867.
Maggio 30, ore 3. ^/^ pomeridiane. — Visito per la prima
volta r infermo, il quale è robusto contadino di colore olivastro,
a capelli nerissimi , con poca barba nera al volto , a sistema
muscolare bene sviluppatole affetto da ernia inguinale destra
appena un p5 più grossa d'un ovo di piccione. Il testicolo
giace inferiormente al tumore. Narra che è ernioso da circa
otto anni, che V ernia si incarcerò due giorni addietro alle ore
quattro pomeridiane in seguito a forte starnuto. Da quell'ora
non andò più di corpo, nelle poche ore che è all'Ospedale vò-
500
mito materia vordastre, an lombrico, non vi)mitò materia fecali.
Il di lai ventre è leggermente meteoriccato , ma non dolente.
Appena fn coricato, si sottoposero cuscini traversini ai popUti,
a cataplasma ali* addome.
Feci tirare l* infermo sulla sponda destra del letto, compressi
leggermente il tumore, sentii un pò di gas penetrare nel resto
degli intestini situati nella cavità dell* addome ; il tumore leg-
gerissimamente diminuì ; ne tentai la riduzione colla tazis an-
tica , agendo in particolare sul di lui collo ; non cedette più
oltre in minima parte : posi il pollice al lato interno di esso ,
sfiancai il primo cingolo che incontrai , tentai la tazis , il tu-
more non rientrò ; girai coi pollice, coir indice all' insù, aU'in-
fuori del tumore, tentai la tazis ancora, ma inutilmente.
Girai di nuovo all' interno, all' insu^ all' infuori del tumore
coir indice, arrivai ben in alto , pervenni dentro all' anello su-
periora del canale inguinale , lo sfiancai coli' indice , lo' sfiancai
col pollice , giunsi di sicuro coli' indice dentro la cavità addo-
minale, rinnovai la tazis sul tumore; mi parve al fine un pò
più rimpicciolito ; era di sicuro meno elastico e più molle di
quello che il fosse prima dell' atto operativo. Dimandai all' in-
fermo se fuori restava per lo passato permanentemente una
porzione del tumore, mi rispose, che maneggiato e compresso
colle dita rientrava"^ per uscire di nuovo, tolta la compressione ;
replicai la dimanda, feci toccare il rimanente 'tumore all'infer-
mo , e rispose ohe il tumore rimaneva sempre per l' addietro
grosso, come lo è in- ora.
Più non feci ulteriori tentativi.
Prescrissi un grammo di già lappa stemperata in rosso d'ovo,
e diluito in decotto emolliente per due clisteri. Ghiaccio in con-
tinuazione a volontà dell' infermo, quarto del vitto.
Maggio 3i, mane, -«- Stavo medicando altro inferma su-
periore all' Olivetti , ed a questo, lontano ancora alcuni passi,
volgevo il mio jsguardo. Egli giaceva tranquillo nel suo letto
in queir abbandono, che indipa essere cessato ogni dolore , ed
ogni pericolo. La sua fisionomia è ilare ed aperta. Da quest'i-
stante fui sicuro della pronta di lui guarigione ; venutogli presso,
ricoposco che non è ancora andato di corpo , la regione sovra-
Inguinale e pubica sono ancora un pò dolenti, i polsi sono forti.
sai
n vomito era- cessato subito dopo 1* atto operativo. Il tumore
ernioso è alquanto più grosso di quello che il fesse prima dei*
Tatto operativo. Si continua il cataplasma addominale^ si ri*
pete il clistere. Non tocco né punto né poco il tumore.
Maggio 31 , ore 3. */g pomeridiane, — L' infermo non è
ancora andato di corpo. Faccio per un istante compressione sul
tumore, ma esso non cede né punto né poco ; polsi forti, pelle
calda, febbre un pò viva, si ripete il solito clistere. Farmi che
il tumore comprenda un pò di omento.
Giugno 1, mane. — L' infermo andò jeri sera abbondante?
mente di corpo, ventre appianato, fisionomia tranquilla, polsi
di persona sana. Compresso il tumore , pare sia desso formato
in totalità da omento, perché facendo tossire V inférmo non si
comunica alcun movimento al tumore. Nel 30 maggio dopo Tatto
operativo cessò subito il vomito; nel 31 maggio, sera, cessò la
paralii^i intestinale , si sciolse il ventre, la guarigione é perciò
assicurata. Acqua zuccherata. Mez^o vitto.
Giugno 2, mane. — L' infermo andò ancora jeri abbondan-
temente di corpo. Scntesi distinto ed isolato il fondo del sacco
erniario. Sentesi Tintestino battere contro la regione inguinale
destra sotto T impeto del tossire , ma il movimento non é tra-
smesso al corpo che sta permanente entro il sacco, onde si deve
dedurre che il corpo che sta tuttora attualmente entro il sacco
è fermato dal solo omento. Uscita dell* infermo..
Considerazioni. -^ La base dell* ernia di cui trat-
tiamo, mi si permetta il motto, è Tomento. Per ^uscita
di esso dalla sua sede naturale ebbe principio la malat-
tìa. Al fomento si aggiunse Tintestino, e di questo forse
la porzione più prossima al cieco; colla compressione
colle dita Tintestino rientrava, ed usciva fuori di nuovo,
tolta la medesima; ma T ultima volta che usci, non potò
colla solita manovra essere introdotto, e si incarcerò.
Ernia antica ha anello costrittore ingrossato ed in-
durato , e tale e non diverso poteva essere T anello su-
periore del canale inguinale, onde non tenue forza fu ne-
cessaria per sfiancarlo e dilatarlo.
502
Sfiancato Fanello saperiore, in cai risiedeva la causa
precipua se non unica dello strozzamento; il chirurgo
reiterò leggeri tentativi di riduzione; il tumore ernioso
pei diversi atti operativi si era ben alquanto impicciolito,
era diventato meno elastico» più molle, ma non si ridus-
se, n chirurgo fece opera prudente a non insistere e, di-
rei cosi, ostinarsi per ottenerne la riduzione; ulteriori
manovre avrebbero potuto essere pericolose; d'altronde
si dovea riflettere che mediante lo sflancamento del cin-
golo costrittore inferiore, e dell* anello superiore del ca-
nale inguinale, era stata tolta ogni ragione costringente,
e non vi poteva più esistere strozzamento in modo al-
cuno. L'intestino è ben vero non era ancora rientrato
nella cavità addominale, esso ancora stava nel sacco^ ma
ciò era dipendente dalla paralisi intestinale; i gas e le
materie fecali, che riempivano la porzione di budello^ su-
periore al tratto di budello ernioso, erano quelli che mec-
canicamente lo spingevano fuori, e ne impedivano il rien-
tramento. L'avere adunque sospeso ogni manovra ulte-
riore di riduzione, mi si permetta il ripeterlo , fu opera
savia; difatti cessò all'istante il vomito, uno dei più
gravi segni e sintomi di incarceramento. Nel mattino del
31 maggio, ossia diciassette ore dopo l'atto operativo,
r infermo àvea di già riassunto la quiete e filare fisio-
nomia dell'uomo non più sofierente; nella sera del 31
maggio essendo l'infermo andato copiosamente di corpo,
era già passata la paralisi, ^ sciolta direi la malattia.
Nel mattino del 31 maggio trovammo il tumore più
grosso di quello che il fosse prima dell'atto operativo;
era naturale l' ingrossarsi del tumore , essendo stata al-
largata la filiera per cui passava il viscere. L'intestino
in seguito si ridusse completamente, restò permanente-
mente nel sacco l' omento ; fu sciolto 1' unico dubbio che
ancora rimaneva, quello della composizione del tumore, e
cosi la di lui composizione omento-intestinale fu per ogni
parte dimostrata.
503
L'omento avrebbe potuto rientrare? Per sciogliere
questa questione, per ottenere , se possibile cosa , questo
intento, io avrei desiderato che Tinfermo si fosse fermato
ancora alcuni giorni airospedale, ma spinto della neces-
sità del vivere, egli volle assolutamente lasciarci.
Breve Istoria di aita /t*alftftHi della nòia di 5
mesi data^ ilial eomiuessa e non bene eonso-
lidata n ifaarita eon la riduzione ipradnata e
eon la pressione diretta sol frammento supe-
riore sporto In fuori; p^t* A. DB VITA <!>•
1.® — Un 'caso occorsomi in privato di clinica chirurgica
mi porge occasione di mostrare anche una volta Teffica*-
cia degli apparecchi amovo-inamovibili , non che (deiU
diretta pressione su certe fratture * ancor non saldate o
mal commesse, sieno pur congiunte alla paralisi smista
od atrofica del membro ; e quando le qualità della lesione
ed i suoi accidenti sembrino a prima vista contrastare le
più note risorse dell' arte. Servirà questo esempio ad in-
coraggiare il giovane chirurgo calde ^on ismarrisca a fronte
delle difficoltà che gli presenta il caso in ispecie , ed a
rammentargli in pari tempo che nelle malagevolezze della
pratica egli deggia non di rado improntare dal proprio
intuito ed ingegno quei semplici e pur efficaci soccorsi
che invano si ricercherebbero nei trattati classici della
scienza. Proverò dunque con una breve istoria di lesione
traumatica quanto sia vero ciò che io dissi altrove in
una aforisma del mio trattatello di chirurgia militare
«%MWOTM
(i). Letta nella conferenza scientifica tenutasi il ì,^ agosto
1867 presso V Ospedale Divisionario in Catanzaro.
y
504
sulle ferite per arma da fuoco ; ed il qiiale è cori conc^
pito. « L* immobilitazione condotta secondo arte, la po-
» stura intelligente del membro o della parte ferita im*
» pediscono i movimenti e contengono nei giusti confini
> le carni o£fese e le ossa tagliate o frante ; fiaccano il
» vigore infiammatorio, i dolori attutano e gli spasmi
» con r uguale e piacevole pressione , muovono e ridu*
» cono gli umori guasti alla bocca della piaga, avviano
» per di fuori i proietti e le scbQggie ossee, tolgono
» ragione alle saccaie ed ai seni fistolosi; francano le
» membra dalle deformità e gli usi ne conservano sem--
» pre che si accompagnino a tempo con T esercizio gra-
» duato dei movimenti; restringono in fine di molto il
» numero delle amputazioni ».
2.^ — ^ Saverio Principe,.) da Catanzaro, giovane diciot-
tenne, da caldo amor di patria mosso s* involò il caduto
anno ai parenti ed agli amici ^ e corse volontario alle
armi che si combattevano nel Tirolo. Addi 16 luglio nella
fazione di Gondino egli toccò una ferita per arma da
fuoco alla regione media della gamba destra, per cui ne
rimase di netto la tibia franta sul luogo e stritolata.
Raccolto nello spedale di Brescia, fu da principio curato
con r irrigazione continua nell* apparecchio di Scultetò ,
appresso coi moUitivi e , caduta la infiammazione con
fuori^uscita di qualche scheggia, si cercò per mezzo dei
caustici di rammarginare la piaga, ciò cbe non avvenne
per le ragioni che si diranno più sotto. Il 27 sèttetnbre
successivo il ferito lasciò lo spedale a fine di proseguire
la cura in casa particolare , dove furono continuate* le
cauterizzazioni alternate coi moUitivi , e benché altre
scheggie fossero venute fuori in virtù del lavorio suppu-
rativo , nondimeno quando la piaga mostrava di cliiu-
dersi, il più piccolo movimento dell'arto era sufficiente a
riaprirla. Maninconioso finalmente il Principe di rimanere
più oltre fuori di casa, e sotto una cura che face vaio
505
disperare della guarigione, il 1.® dicembre volle re^atituirsi
in famiglia e nella patria * nativa. Poiché passarono pochi
di da che egli fu giunto in Catanzaro , non essendo che
un povero operaio e solo vivente col lavoro dell' ago ,
supplicò questo Comando Generale perchè io ne impren-
dessi la cura^ augurandosi che la mia assistenza ed i miei
consigli avrebbero per lo meno migliorato le sue deplo-
revoli condizioni.
3.® — L' invito del signor generale Amulfo e la pietà
che mi scaldava per il generoso combattente del Tirblo
mi resero gradito e prezioso T offertomi assunto, ed ap-
pena vistolo mi feci da principio ragionevolmente ad in-
vestigare la natura e la qualità della lesione per isco-
prire il vero e reale impedimento di salute. Ecco in breve
lo stato della lesione: Parto inferiore destro talmente
rissecchito da non raggiungere , in volume la metà del
sinistro od omonimo ; completa anestesia cutanea del me-
desimo,^ si che i più gagliardi pizzichi non erano sentiti ;
la gamba piegata permanentemente sulla coscia ad angolo
ottuso per la forzata contrazione dei muscoli fles$ori ; il
frammento superiore della frattura sporto in avanti avan-
zava il sottano od inferiore per cinque o sei millimetri
circa, in forma di scaglione o di orlo tagliente, e sovra-
stavale una cicatrice mendace ed ingannevole covante di
sotto la piaga, come argomentare lo facevano i suoi ca-
ratteri, essendo sottile, tenera, fluttuante e di colore tur-
chiniccio, non maggiore in dimensione al diametro di un
soldo comune ; il piede corrispondente a volta a volta si
gonfiava. Essa cicatrice, a detto del paziente, ordì vasi a
stento col lungo riposo ddl'arto, ma non tardava a ria-
prirsi tostochè nel muoversi egli fosse costretto a trasci-
narsi appresso sospesa la gamba.
4.® — Dai caratteri anatomo-patologici testé passati in
rassegna, di leggieri s'intende come fosse impossibile la
cicatrizzazione di una piaga, di continuo tormentata dalla {
606
sporgenza acata del frammento tibiale saperiore, e forse
ancora da altre scheggiuzze che si trovaTano per avTen*
tura incassate neirosso disotto^ ed i fatti susseguenti il
dimostrarono, e che il lento lavorio della suppurazione
non era abbastanza per distaccarle. Ignoro se per negli^
genza o per la fatale necessità dell* affollarsi di molti
feriti negli ospedali e nelle ambulanze dopo le mischie
non fosse applicato ali* arto del Principe, ricomposta
previamente la frattura,' uno apparecchio più accomodato
d* immobilitazione che non fu certamente quello di Seul-
teto. Se non era ciò omesso, la guarigione della ferita sa-
rebbe riuscita intera ed in breve tempo ottenuta. Per
contro abbandonati i frammenti della tibia agli istintivi
0 volontarii movimenti in ragion composta della loro de-
viazione e delle trazioni dei muscoli propellenti, non cessa
lo spostamento, le scheggie rimasero sporgenti frammezzo
alla stroncatura , si perpetuò la suppurazione , e non
venne mai a termine una soda e durevole cicatrice^ La
flessione della gamba sulla coscia per il continuo tirare
dei muscoli flessori si accentuava da vantaggio, non im-
pedita dai muscoli antagonisti; mentre che la ferita, la
contusione o la commozione sofferta dai nervi misti del-
l'* arto aprivano la via alla paralisi difesso, manifesta per
la quasi completa anestesia e dal vistoso dimagramento.
5.0 .^ Due erano le medicazioni che a bella prima si
pararono alla mia mente e le sole permesse; ed intende-
vano a raddrizzare Tarto anchilosato, ed a livellare i fram-
menti scomposti: la resigazione della sporgenza ossea, o
la postuma riduzione della frattura. Serbai la prima ad
estremo espediente, siccome atto operativo lungo e dolo-
roso, nò scevro da accidenti; e mi affidai del tutto alla
seconda, augurandomene la felice riuscita dalla considera-
zione che il callo in cammino era ancor tenero ed io aveva
fra mano piuttosto una spostatura che un reale accaval-
lamento delia tibia dirotta. Però contrastavano la cfairur-
507
gica tnedicazioùe il già ben avviato coalito e la salda re-
trazione della gamba, e perciò dovendo rinunciare alla vio-
lenta ed istantanea ricomposizione dei frammenti, contro
la quale sarebbe riuscito vano ogni sforzo, io mi risolsi
invece di procacciarla gradatamente, con l'opera del tempo,
in apparecchio accomodato e congiunta alla pressione di-
retta sulla sporgenza dell* osso. Innanzi tratto mi feci ad
immobilitare la gamba ferita con gambale imbottito ed ami-
dato, disteso dal garretto sino alla noce del piede, avvi-
sando che sino a quando il paziente per casa e per fuora
appresso a lui Tarto sospeso trascinasse, il solo peso di
esso ed il soffregar della stroncatura avrebbero sempre
tenuto deviati i frammenti ed impeditane la regolare
coesione. In pari tempo immaginai un mezzo sospensivo
della gamba misto a pressione diretta sulla parte offesa,
foggiandolo sul legame omero-tibiale di Mayor, il quale
mentre alFarto intero vietasse ogni scossa o movimento,
per il peso e resistenza di questo premesse sulla spor-
genza morbosa, al ferito concedendo di vacare ^uUe
grucce alle proprie faconde , raccomandandoglisi giorna-
liere passeggiate. L'apparecchio componevasi di una staffa
di cuojo venti centimetri larga che abbracciando il mezzo
della; gamba di contro alla stroncatura vi si allacciava con
le fimbrie di essa, venendo quindi sospesa per mezzo di
lunga correggia a tracolla. sostenuta dall' omero . opposto.
Per l'uso di detto apparecchio accadeva che la gamba an-
chilosata appoggiasse ad agio sulla staffa, e questa di con-
verso prèmesse sulla sporgenza per il peso della gamba e
la contro «stensione esercitata sulla spalla.
6*^ — Le previsioni non rimasero deluse. Dopo circa
15 di fu uopo rimuovere il gambale amidato a fine di
mutarne l'ovatta, fattasi fradicia per la marcia gemuta
dalla riaperta piaguzza, il cui grave lezzo ne fece la spia
e presso la quale si rinvenne una scheggetta lineare^
acuta e lunga 5 centimetri; la sporgenza era già rien-
508
trata per due millimetri. L'apparecchio disseccato di die-
tro il polpaccio, ripulito e direnato bivalve, si riapplicò
sulla gamba, medicata a seisco previamente la pifiga con
faldella di filaccia. Di là ad 8 giorni si riapri Tapparec-
chio ed ebbesi a riscontrare un'altra scheggetta meno
lunga, più larga e voluminosa della prima; poca marcia;
la piaga ristretta ed inchinata a sicura cicatrizzazione;
di altri 3 millimetri ridotto il frammento superiore ti-
biale: era raggiunto quasi lo scopo. Si rimise la gamba
neirapparecchio, affidandosi il complemento della cura al
ligume a staffa ed al tempo. Finalmente dopo 12 giorni
fu rimosso il legame , poi che la piaga fosse già solida-
mente saldata, quasi per intiero livellata la frattura,
vinta la flessione forzata ed il ferito potesse il piede a
terra poggiare senza nessuna pena o pericolo. Ora inte-
ressava esercitare i movimenti dell* arto. Eccomi da ul-
timo al bilancio, o resoconto, della cura praticata nella
lesione del Principe e dei risultati che se ne ottenne-
ro^ potendosi essi sulla di lui persona verificare met-
tendo a fronte le condizioni presenti con le passate.
La piaga è chiusa per sempre , il callo è sodo ed ag-
giustato, la sofierta frattura non si presume se non da
un leggiero avvallamento, sparita la flessione forzata
sulla coscia, Fazione dei museali estensori equilibratasi
con quella degli antagonisti -flessori; restituitasi all'arto
in parte la sensibilità, altro non resta se non a combat^
tere l'atrofia ancora appariscente delFarto e la debolezza
seguitane per la diminuita contrattilità muscolare, la sola
e vera ragione perchè il giovanetto non possa ancora da
sé lungi gittare le grucce , comunque non gli sia tolto ,
quando il voglia sforzatamente , da un luogo ad un al-
tro pprtarsi sorreggendosi ad un bastone.
7.® — Contro la paralisia atrofica e T infievolimento
dell' arto molti e varii sono i presidi! curativi dall' arte
suggeriti, e qui non giova per punto annoverarli, e nem»
609
meno ad uno ad uno imprenderne le prove, come gli em-
pirici fanno, poiché la medicina razionale confortata re-
centemente da incontestabili sperimenti ci apprendano es-
sere il più efficace è poderoso fra quelli la faradizzazione
locale dei nervi misti, sieno essi stati per avventura con-
tusi, scommossi o recisi. La felice influenza dell* agente
elettrico per induzione nello paralisi traumatiche nes-
suno oggi pone in dubbio dopp gli studii e le luminose
sperienze del Duchenne e di altri jatroelettrici di fama.
Il ritorno della sensibilità lungo i nervi periferici, la
migliorata condizione nei movimenti e nella nutrizione
deir arto , la natura della paralisia nel caso speciale in-
ducono fondatamente la fiducia della completa^ guari-
gione. Ma poiché non si trova nel paese e nello stabi-
limento nessuno apparecchio elettrico di induzione od
altra macchina accomodata al bisogno; e dovendosi per-
ciò rinunciare airefScace e virtuosa influenza di un
tale mezzo, fu in quello scambio pensato di proporre
il Principe alle acque termo-minerali d* Ischia , le quali
pur varranno, giova almeno sperarlo, con la loro azio-
ne eccitante , a restituire per intiero la sopita vitalità
dei nervi, a rimpolpare i muscoli dell* arto ed a rido-
nare loro la scemata contrattilità delle fibre. E poiché
saranno distrutte e dileguate le ultime reliquie dell* ono-
rata ferita, e con essa le afGlittite rimembranze, la
medaglia dei prodi che gli splende sul petto ricorderà ai
suoi compatriotti che anche ferito e sanguinante sulle
aspre vette del Tiròlo, l'ardito volontario non desisteva
dal combattere e dal ferire gli antichi nemici d* Italia (l).
Catanzaro y 15 agosto 1867.
(1) P. £>. Dopo due mesi da che era scritta la presente Re-
lazione, venne solamente jeri a sera, e di nuovo osservato l'arto
offeso del Principe. Fu piacevole la sorpresa notando essersi
510
UladJ Miedlel «alle felibri « del dott. OOMBNIOO
AWIMIBA BBNIBR^ di Chioggia. Sezione IV, da
Brown sino a noi. ( ContintMzione della pag. 171
del voi 104).
B
ronpsalM* -^ Volendo trasportare il nostro sguardo
oltre alpi, noi ci sentiamo attratti da un genio grande ,
figlio di popolo di stirpe latina, nostro fratello, e risplen-
dente cosi d* intelletto come d* impero. Seguitando V epoca
che abbiamo lasciato quando tenemmo parola del Pinel ,
troyiamo un grande medico pratico e teorico molto be-
nemerito alla sua patria ed alla repubblica misdica.
Questi, gigante, atterrò, distrusse, fece risorgere dog-
mi. conosciuti , e presentò, fatti sotto un aspettp artistico
e scientifico di utilità. — E se noi non lo potremo ap-
pellare inventore, lo diremo certo illustre coordinatore :
che che ne dicano menti sofistiche, beffarde, ghignose e
sprézzatrici di tutto :
« A Dio spiacenti ed a* nemici sui ».
Questo illustre è Broussais Francesco, Giuseppe, Sa-
verio, onore della Francia. Nato nel 1772, di grande in-
telligenza e focoso, abbracciava la vita militare; poscia
quella dello studio della medicina. — Ritornato nel 1799
a Parigi per completare i suoi studii, ebbe per precettori
gli illustri Chaussier, Pinel, Cabanis, Bichat. — Medico
^
restitnitp alla natura la complessione è volume , avere quasi
per intero la libertà dei movimenti, e tutta quanta la sensi-
bilità. Nel luogo corrispondente alla frattura la cicatrice tro-
va vasi, come pur oggi si vede, in minima parte riaperta ed
appena bagnata da un certo siero sottile ^ rossigno; accidente
che sarà per essere tolto dalla ripresa del noto legamo a stalfa,
0 dalla virtù ipedicatrice delle Terme.
511
nel 1S03, partiva coli' armata e percorrea i Paesi Bassi,
roianda, TAlemagna , V Italia , la Spagna , studiando ed
esercitando sempre negli ospitali. .
Primo risultato. fu l'opera sua sulle Infiammazioni
croniche, la quale, quantunque non senza mende dal lato
patologico e terapeutico, pubblicata nel 1808, sarà sem-
pre un grande saggio del suo spirito osservatore.
Secondo frutto fu il suo celebre Esame delle dot--'
trine mediche, pubblicato nel 1816, dove si vede l'uomo
conoscitore della verità ;
« Che *1 perder tempo, a chi più sa, più spiace ».
Rimarchevole è anche la. sua Fisiologia, non che la
sua Patologia e terapia generale. Acuta è la sua opera
svlW Irritazione e la follia pubblicata nel 1828, e che
dopo la sua morte ( 1839 ) venne ristampata , rifusa in
gran parte sopra le basi del sistema di Gali, da esso lui
tanto stimato, e cosi dalla sua possente parola splendida-
mente insegnato, da fargli decretare da* suoi studenti en-
tusiastici una medaglia d' oro coli' inscrizione : AlV illu"
stre autore della medicina fisiologica e dei corsi di
frenologia, i suoi discepoli riconoscenti, 1836.
Tanto egli era filosofico, elegante, brioso nelle sue le-
zioni , e nutrito ai severi studj , che molte volte fece
credere e tenere per nuove cose vecchie , e proprie le
altrui. Cosi bene seppe egli apprenderle e digerirle; e
tanto seppe convertirle in so stesso, o sé stesso in quelle!
Siccome nel suo trattato dell' Irritazione e della Fol-'
Ha troviamo le basi della sua teorica e le fondamenta
quasi rifuse , cosi da essa né trarremo i principj. — Se-
condo essolui la voce irritazione presenta al medico l'a-
zione degli irritanti e lo stato delle parti viventi irri-
tate. Si chiamano irritanti tutti i modificateri della no-
stra economia che esaltano V irritabilità e la sensibi-
lità dei. tessuti vivi , e che portano tali fenomeni al di
sopra del grado normale.
512
La voce irritazione quindi è applicabile a tutti i
corpi vivi, poiché sono tutti dotati di irritabilità; ma
in medicina non la si adopra che per indicare 1^ esalta^
zione anormale di tale proprietà vitale o di quella
della sensibilità.
La sensibilità appartiene ali* io neìV uomo arrivato
ad un certo grftdo di sviluppo ; ma V irritabilità ò pro-
pria di tutte le fibre del corpo. — Una parte offesa da
un corpo straniero puote pruovare movimenti senza che
r io ne abbia la coscienza ; ma se F to prova modifica-
zione, in tal caso Tuomo tlice io sento. Havvi quindi
sensibilità poiché havvi irritabilità; quella quindi non
sarà che conseguenza di questa. In altri termini, per es-
sere sensibile converrà essere irritabile.
h* irritabilità appartiene a tutti i viventi, dal vege-
tabile air uomo , mentre la sensibilità è propria degli
animali ; non è continua e non si manifesta che a condi-
zione di un apparecchio nervoso unito in un centro ( cer-
vello ), e di uno istato particolare di tale apparecchio.
La facoltà, di un tessuto vivente, di sentire V impres-
sione di uno stimolo, senza la coscienza animale, la si
era elevata a proprietà; la si era nominata sensibilità
organica. Ma come che il movimento del tessuto stimo-
lato è il solo fenomeno apparente: e siccome non si
dice mai che il tale tessuto ha sentito se non perchè si
è mosso: siccome infine la voce sentire non può ormai
rappresentare altra cosa che una funzione cerebrale;
cosi la sensibilità organica non resta che un' astrazio''
ne superflua , non ammissibile nella lingua severa di un
fisiologo filosofo, ed entra nella vocq irritabilità.
Le voci eccitazione, stimolo, eccitanti , stimolanti ,
indicano le condizioni normali , le quali se sortano dai
limiti naturali, vengono cangiate in quelle 4i irritazione
e di irritanti.
E qui prima di passar oltre non possiamo a meno di
513
considerare, che se il Broussais avesse chiamato irri-
tanti le sole sostanze che portano al di sopra del grado
naturale i movimenti della fibra ; ed appoggiato in certa
guisa alla irritabilità Halleriana , avesse nominato ir-
ritazione lo stato esaltato e morbóso dei movimenti di
essa; ancor ancora egli sarebbe stato in qualche modo
attaccato al valore di una voce in allora messa ed ac-
cettata dair uso per la fibra muscolare. Ma siccome molti
altri tessuti sono anch* essi dotati di movimenti , abben-
chò non constino di fibra muscolare , cosi noi la diciamo
inesatta nel senso del Broussais, vale a dire come com*
prendente anche là sensibilità organica.
Secondariamente se il Broussais ebbe a scrivere che
havvi sensibilità perchè havvi irritabilità , noi potremo
rovesciare l' asserto e dire : che se nelle parti vi è mo-
vimento, egli vi esiste perchè le parti sentendo l'azione
degli agenti interni ed esterni si muovono; donde se le
parti si muovono lo fanno perchè sensibili. Ed in fatto
egli stesso disse, che nói diciamo che un tessuto ha sen-
tito solo perchè si è mosso.
Le voci irritazione ed irritanti dell' illustre fran-
cese corrispondono a quelle di stimolo e stimolanti de-
gli italiani, i quali, ritenendo Yecitam^nto e gli eccitanti
come voci spettanti ai sani, affibbiarono quelle di stimolo
e stimolanti ad uno stato -preternaturale; e quelle di
irritazione ed irritanti a quanto spetta a potenze per
natura loro straniere e nemiche. Avendo cosi trasportato
nel linguaggio medico voci già usate moralmente e nello
stesso senso.
Non si creda però che la voce irritazione sia stata
trasportata dall' uso comune in quello di medicina solo
nei tempi recenti ; poiché dai medici dei passati secoli la
troviamo abbondantemente usata, e specialmente presso i
medici che tennero in molto conto gli umori. — Essi di-
cevano che gli acidi \ gli alcalini , ecc. , preternaturali.
Annali. YoU CCI. 33
514
potenze straniere e nemiche al nostro organismo» lo pun-
gevano, lo urtavano , lo irritavano in quella o quell'al-
tra parte ; in quello o in queir altro viscere, ecc. — * Cosi,
p. e., il Beccari, prof, in Bologna, cha fioriva sulla metà
del secolo scorso, nel suo consulto 201 per un* asma,
scrivea, che la causa non era umorale poiché non esi-
steva nessun umore straniero: non convulsiva perchè
non V* era motivo onde sospettar d' alcun principio ir^
ritante, il quale o portato al medesimo pobnone od a
qualcheduna delle parti, e principalmente nervose ,
che in qualche modo con esso concorrono alla respi--
razione, potesse cagionarvi spasmodiche angustie e
stirature. Né diversamente usava tal voce il celebre
Cocchi ; nò rHoffmann ; né il Baglivi e tanti altri. Ed in
vero cosa è lo sdegno, cosa il furore deirArcbeo del*
r Helmont , che succedevano allorché una potenza stra-
niera avea penetrato e violato il terreno vitale ?
L* illustre nostro francese, per dir vero, facendo la
storia ieìY irritazione 9 ebbe già dichiarato ohe prima a
metterla in campo era stato il Van Helmont, quando dava
ridea deirinfiammazione; perciocché ivi secondo lui u^ fer-
mento, che stava sempre a disposizione deirArcheo, irri-
tava i tessuti, chiamava il sangue, ecc. -» Ma noi già eb-
bimo veduto Terroneità di questa idea^ poiché il Ballonio
che lo avea preceduto di ben mezzo secolo, avea opinato
egualmente; e non per propria invenzione, ma dietro la
massima antica ubi dolor ibi flìixuSy cosi egregiamente
spiegata nel suo meccanismo dal celebre Mercuriale.
E parlando della scuola italiana abbiamo accennato
che la voce irritazione non dovea significare diversa-
mente da quanto i^ Greci espressero colla voce eretismo.
Né spiaccia che a corroborare ed a mostrar chiara-
mente la nostra premessa, portiamo quanto il Fuchsio,
ben anteriore al Ballonio di quasi otto lustri ed a Mer-
curiale di sei, scrivea sopra questo argomento.
515
Là dove il Galeno ( « De sympt. Cons. > ) scrive :
« Siccitas vero rursus immoderatior, ^c calor, velut in
» phrenitide, propter humorenr quempiam mordacem et
> calidum, vel irritationes, vel vigilias, quae neque per
> tristitiam , neque curas consistunt , inferre solent ».
(Trad. del Fuchsio); il celebre bavarese così osserva:
< Avendo il Galeno esposto^ le cause del sonno e dello
> stupore, si mette poscia a spiegare le cause dei sintomi
» contrarli ; delle veglie e delle irritazioni. Come la fred-
> dezza e Tumidità sogliono ambedue apportare sonno e
» stupore; cosi la siccità e lo calore^ smodati, eccitano
> le veglie e le irritazioni..... Che possano le veglie e
» le irritazioni essere eccitate dal calore e dalla sec-
» chezza , lo insegna coir esempio della f renitide , nella
> quale U sangue caldo, bilioso e molto mordace^ pro-
♦ duce senza dubbio i sintomi suddetti.
« Per la qual cosa la causa di tali sintomi non sarà
» da attribuirsi al travaglio ed alla tristezza. Del resto
» per irritazioni, da Galeno chiamate {^f5i9fi6tK> dobbia-
» mo incendere i movimenti frequenti e diversi
> che Galeno stesso altrove nomino «olvxiyiilv/a?. Insom-
> ma Y irritazione è ciò che sta diametralmente airigna-
> via detta dal celebre patologo «<i5/Mr«raB.
Ora chi è che non vede che 1* idea dell' eretismo e
dell' irritazione trasportata all' organismo non può altro
esprimere che xm^ esaltazione od un disordine di mo-
vimenti sollecitata da qualche causa nemica straniera
che aizza le parti? Ma siccome una tal voce esprime i
movimenti impetuosi e disordinati dell' organismo in ge-
nerale, e non quelli soli di relazione; cosi essa sarà ap-
plicabile tanto alla facoltà animale quanto alla natu-
rale, la quale comprende le funzioni attrattrice^ riten-*
trice, alterante, espellente; e quelle ancora della fa-
coltà vi tofe appartenente al sistema cardiaco-vascolare;
conciossiacchè se lo stromento animale, secondo i libri
516
antichi, vien fatto dagli organi del senso e del moto ih)-
lontario , pei quali l'animale differisce dal non animale ,
gli stromenti naturale e vitale vengono costrutti dal-
Y arteria y dalla vena, dai visceri e da tattociò che or-
dina ed apparecchia pella nutrizione.
Per la qual cosa nella dottrina del Broussais noi non
troviamo novità alcuna, se non quella di aver dato ad
una voce un senso diverso da quello inteso già ed am->
messo, cominciando dagli antichissimi ed arrivando fino
alla scuola italiana.
Ciò per altro non sia creduto che lo diciamo per to-
gliere il merito all'illustre professore, ma solo per no-
stro pieno convincimento ; essendo d' altra parte sicuri
che ben pochi francesi abbiano concepito tanto rispetto
e tanta stima pel celebre uomo, quanto noi stessi. Ma
una è la verità ed immutabile.
L'azione degli oggetti, secondo il celebre professore, si
eseguisce non solo sulle superfici esterne, ma eziandio sulle
interne; e più precisamente sul sistema nervoso in esse
distribuito. Esse vengono dette dall'Autore super fid
di rappòrto^ Le 'azioni ivi portate vengono trasmesse
all' apparecchio nervoso , il quale o per' mezzo dei nervi
soltanto, 0 del cervello, o der midollo spinale le riflette
nella trama di tutti i tessuti^ senza eccettuare le super-
fid di rapporto. Per la qual cosa queste due superfici
sono fra due agenti eccitanti, gli oggetti esterni ., ed il
cervello od il midollo.
Donde si hanno potenze eccitanti o stimolanti che pro-
ducono eccitamento convergente sui péntri e divergente
da questi: eccitamento portato dal moto di tutti i fluidi
assimilati o no : influenza degli organi gli uni sugli al-
tri a mezzo del cervello o dei nervi.
Potenze stimolanti sono pure i cangiamenti moleco^
lari degli umori ; lo sviluppo del calorico che si effettua
in ragion diretta della ricchezza dell' innervazione ^ della
517
circolazione^ delV azione e dello sviluppo delV elettri-
cità titalei
Idee certo non nuove» che il celebre Gallini prò*
fessava fra noi molti anni prima, ma non il primo , e che
trovavano un forte propugnatore nel celebre Cabanis.
Ma che dico mai di questi celebri luminari recenti^
Il Willis forse non avea chiaramente professato che molte
affezioni derivarono da stimoli e da irritazioni portate
sulle estremità ne^^vose esterne ed internet E cos'era
mai la malinconia ipocondriaca degli antichi , se non
se un* affezione encefalica mossa da pretematuralità dei
visceri ipocondriaci % B cosa era mai la epilessia sim'^
patica conosciuta fino dalla più alta antichità 1 E Ta-
nima concupiscibile e Yirascibile di Platone non espri-^
mevano forse il senso interno derivante dai visceri ipo-
condriaci e cardiaci^ Ecco quindi fino a dove rimontano
i semi di tali idee che certo furono più cospicuamente
determinate e sviluppate di mano in mano che T anato-
mia e la fisiologia ebbero rischiarato la nostra organiz-
zazione colla loro risplendente face.
Il nostro celebre francese ammette la contrattilità
nelle fibre tutte indipendentemente dal sistema nervoso ,
e legata alla loro organizzazione. Che la sostanza ani-
male sia sotto forma fibrinosa^ gelatinosa y od albumi-
nosa, non monta; la contrattilità non vi manca.
Ma lasciando il suo Trattato sulla irritazione e la
follia e portandoci al suo Examen, troviamo che « Vas-
» similazione è un fenomeno di primo ordine che non
> saprebbe spiegarsi per l'azion della sensibilità e con^
> trattilitd..*. eh' egli dipende in primo luogo dalla affl-
» nità della chimica viva; in secondo luogo dall'esercizio
» della sensibilità e della contrattilità ». Prop. 20, 2L
Ove si vede che 1' Autore quantunque creda che le
funzioni naturali e vitali dipendano intieramente dalla
sensibilità (proprietà dell' encefalo) e dalla contrattilità
518
(proprietà di tutti i tessati)^ vengano però mosse da quella
prima facoltà per cui la pietra calamita attrae il ferro;
e poscia restino mantenute da una sensibilità latente e
connaturale ad ogni fibra come lo è la contrattilità. E
tali facoltà ambedue unite, comprese nella voce irritati'»
litày messe in atto più o meno dall'esercizio delle mutue
affinità dei fiuidi circolanti e dalF esercizio di altre fun«*
zioni di simpatia e di antagonismo, costituiscono le pre-
dette antiche funzioni naturali e vitali.
Ivi troviamo che la malattia risulta dalla irregola^
rità di funzioni Prop. 67, per cui la si confonde facil-
mente coi sintomi. — Là troviamo che V irritazione si
manifesta sotto quattro forme principali: quella di ne^
vrosi; quella di infiammazione ; quella dì emorragia;
quella di subinfiammazione (Exam., ediz. 3.*, p. 523). ^—
Notisi bene però che Y irritazione non ha durata né corso
fiìssi, § 97.
Quando Virritazione accumula sangue in un tessuto,
con tumore, rossore e calore straordinario, capaci di di-
sorganizzare la parte , tale stato porta il nome di iw-
fiammazione. Prop. 11.
Le irritazioni intense di organi trasmesse al cuore,
precipitando la sua azione ed aumentando la circolazione,
ed aumentando il calore, producono ciò che dicesi febbre.
Prop. 111.
Donde la febbre non è che un risultato di un'tVW-
tazione cardiaca primitiva e simpatica (Prop. 112). —
Ogni irritazione intensa così che produca la febbre , è
una lieve differenza de\Vinfiammazione{i^. 113). —
Tutte le febbri essenziali degli autori si riferiscono alla
gastro-enterite semplice o complicata (p. 139). — L'eV-
ritazione morbosa può essere continua in un apparec-
chio ed esacerbarsi periodicamente. Quand'è iuoderata
non eccita che poche simpatie: quand'è esacerbata ne
sviluppa un gran numero: ciò che costituisce le febbri
519
remittenti, le subintranti, ^<5c., degli autori (pag. 219).
— Le irritazioni intermittenti e remittenti sono sem-
pre accompagnate da esaltazione di sensibilità e di con-
trattilità, e perciò da congestione sia nel luogo protopa-
tico, sia nei luoghi di simpatia (p. 220). Le irritazioni
intermittenti e remittenti sono sempre flemmassie, emor-
ragie,, nevrosi, o subinfiammazioni che si spostano e ter-
minano spontaneamente per metastasi critiche; se ces-
sano di spostarsi, si trasformano in flemmasie, emorra-
gie , nevrosi , o subin'fiammazioni continue acute o cro-
niche (pag. 221). — Le febbri intermittenti e remittenti
sono gastro-enteriti periodiche (p. 222). — Ogni accesso
regolare di febbre intermittente è il segnale dì una gastro-
enterite^, la cui irritazione va poscia trasportata sugli
esalanti cutanei, ciò che dà la crisi. Se Virritazione non si
sposta completamente, si ha una febbre remittente. Se
non si sposta affatto, la febbre si fa continua (223 ). —
Le febbri larvate sono irritazioni periodiche di diflTe-
renti apparecchi e sistemi, interni od esterni, nelle quali
il cuore è meno influenzato , ed il calore generale poco
o punto (224). — Le perniciose non difieriscono che per
la violenza e pel danno delle congestioni ( 225 ). — ;- La
causa della periodicità di c^rti dolori e di certe convul-
sioni che si ripetono per lungo tempo non è conosciuta
( 228 ).
Prendendo in esame il suo Corso di patologia e te-
rapia generale, non spiaccia letteralmente considerare di
nuovo quanto Tillustre prof, ci dice sulla sua prima idea
dell' irritazione.
« Il corpo, stimolato, in una certa misura da agenti
> conformi, agisce in modo normale, si compone e si de-
» compone, e vive in armonia. Ecco l'idea la più gene-
» rale dello stimolo che non è minimamente irritazione,
» Se il corpo è stimolato oltre la suddetta misura , o da
» agenti non conformi, le sue funzioni restano disordi-
520
» nate e diventano anormali : i fenomeni di composizione
» e di decomposizione deviano e formasi lo stato morbo-
i» so. Se alcuno voglia negare eh* egli sia per essere stato
> troppo stimolato, o troppo poco, od in modo non coh'^
» forane, che il corpo divenga ammalato, io non muo^
» vero contese. Io mi accontenterò di dire: se il corpo è
» ammalato, io non posso intenderlo che per una irritazio-
» ne, che per uno stimolo differente da quello che ha luo-
» go nello stato normale ; e che per me assume il nome
» di irritazione, ovvero per una diminuzione dello stimolo
> normale al disotto del suo grado abituale. — Perchè
» mò, forse mi si domanderà, pretendete voi di non pò-
» ter conoscere altrimenti tale stato? Ciò dipende dal
> fatto che egli è il solo movimento che colpisce i miei
» sensi. Poco importa per dove la causa morbosa sia ar-
» rivata; la malattia non diventa un frutto indubbio pel
» mio intelletto che per Vaumento, o per la diminuzio-'
p ne, 0 V anomalia dello stato di stimolo. — L* aumento
» è una irritazione; la diminuzione, una sotto-ecoita^
» zione; Yanoptalia vedremo ciò eh' è. Per la qual
» cosa V irritazione in pm od in nienOy e V irritazione
» anormale, ci forniranno la diagnosi delle malattie e
» ci guideranno nel loro trattamento. Questa irritazione
» ci dirà,, nelle malattie irritative, quale sia l'organa
» primitivamente affetto ; quale lo sia secondariamente ;
» e quale sia l'azione delle nostre medicine. . — Quelli
» che hanno veduto trattare ed hanno trattato tali ma-
)» lattie, possono richiamarsi che se il medicamento abbia
» prodotto vantaggio, l'ammalato è meno irritato; e che
» egli lo è, al contrario, di più se la medicina sia stata
» svantaggiosa.
» Dove vi si presenta V irritazione? quali sono i tes-
» suti che ce la mostrano? Noi la vediamo prima nelle
» parti mobili, non incrostate di sostanze saline. Più vi
> sarà di nervi e di vasi sanguigni capillari in una par-
521
» te, e meglio ye la distingueremo ; soprattutto se la parte
» stessa fosse esterna. Ma se poi fosse nascosta, se il pri-
> mo movente del fenomeno che osserviamo non fosse
» sotto i nostri occhi, come che arriva nelle malattie
» interne, per qual modo conosceremo noi Virritazio^
> nei Noi la riconosceremo per quei fenomeni ch'essa
» ha costume di produrre quand' è visibile, e che sono
» per noi come la sua ombra. Egli è perciò che comin-
» cieremo dallo studiare il corpo esternamente, per fa-
> migliarizzarsi coi suoi fenomeni.
» Ma, prima di procedere, voi ci domanderete , forse,
» che vi parli dei fluidi. — Io vi acconsento tanto più.
» volentieri che in questi tempi è meno permesso di tra-
» scurarli; pel motivo che non può nascere modifica--
> zione nei solidi senza che i fluidi vi partecipino;
» perciocché questi sono essi che, cangiando di stato,
» si trasformano in solidi; e pella ragione eh' égli è
> pel rapjporto dei fluidi coi solidi che si operano tutte
» le secrezioni normali e anormali, e tutte le trasfor-
» mazioni della materia animale; e C/onciossiacchò tutte
> le volte che il corpo sia in istato morboso , i fluidi sieno
» alterati, ecc. — Osserviamo se tali alterazioni, che
> sono indubbie, possano fornirci mezzi di riconoscere la
» malattie.
» I fluidi possono servire di veicolo alle cause mor-
» bose. I virus, quelli almeno la cui esistenza non può
» esser negata, come il vajuolo ^d il vaccino, che cono-
» sciamo per deduzione, penetrano il corpo per mezzo dei
» fluidi; ciò è senza dubbio. Ma fino a tanto che non sono
» che nei fluidi, non si avrà segno di malattia; e la sola
» loro presenza nei fluidi non costituirà certo una ma-
» lattia. Essi entrano tanto in una persona il cui corpo
» non soffre minimamente, cl^e in quella che ne prova
» un disordine. Oserete voi dire che i fluidi d' una per-
> sona sieno alterati prima che il senso ed il moto ve
522
» ne dieno l'avviso? Non è forse certo che degli indivi-
» dui non s'infettano punto pel vajuolo e pel vac-
» cinot
» Esaminiamo altri virus, quelli per es., delle affezioni
> tifoidee prodotte da miasmi putridi. Dite forse che il
» tangue delle persone che non ne sono punto inco-
» modate, e che nullaostante li assorbono per tutte le
> vdej sia alterato quando non differisce minimamente dal
> sangue reputato il più sano? Voi vedete tuttodì degli
» individui che assorbono i gaz più fetidi, e che li ren-
» dono per respirazione, per eruttazioni, per mezzo del-
» r aria che va per la parte inferiore , per la pelle , in
» modo da infettare quelli che li avvicinano, e che nulla
> ostante non sono ammalati. — Onde essi lo divengano,
» conviene che nasca un disordine nell'azione dei solidi,
»,ed è Y irritazione che ve ne dà il segnale, ed è solo
» allora che esiste la malattia
» Riassumo: senza disconocere l'alterazione dei fluidi
» nelle malattie, e convenendo che il corpo abbia comin-
» ciato per esser fluido: senza pretendere che l'zrrtYa-
» zione sia la causa unica delle malattie , cosa che non
» ho mai detta e che nessun fisiologo vero ebbe avan-
> zata: senza negare che una causa morbifica possa ri-
» siedere nei fluidi, quantunque nulla ancora la manife-
» sti, noi diciamo che Y irritazione deve essere in pa--
» tologia la nostra guida, e che noi ne abbiamo bisogno
» di essa come mezzo diagnostico, e come regola tera-
» peutica, e come segno dei cangiamenti che avvengono
» nelle malattie. Essa è la fiaccola alla luce della quale
» il medico deve marciare. Ecco la mia professione di
» fede sull'irritazione ».
I tessuti nei quali si manifesta l'irritazione, e che ci
danno l' idea di essa sono due : I. Il sistema nervoso , di-
viso in tessuti nervosi centrali, in nervi sensitivi e mo-
tòri, ed in nervi gangliari. II. Il tessuto vascolare che
523
si divide in vascolare sanguigno, in vascolare linfatico,
suddivisi in tessuti assorbenti, ganglionari, secretori ed
escretori, areolari e sierosi. — Hannovi ancora ì tessuti
erettili che risultano del vascolare , del nervoso, del lin-
fatico e qualche volta del secretorio.
Prima però di procedere, crediamo di rimarcare l'uni-
formità delle idee e delle espressioni del celebre francese
con quelle del Tommasini , tanto i'ispetto alla difesa della
considerazione ^che deve aversi dei solidi , quanto sulla
professione di fede. Idee messe in voga tante volte , e
tante volte combattute e difese. Noi quindi non le dire-
mo del Broussais, come non le diremo del Tommasini,
poiché diremmo errore. Ed in fatto uno dei luminari della
medicina pratica e molto stimato dal Broussais stesso, fu
grande propugnatore di tali dottrine. Vogliam dire il
grande Baglivi, a pochi certo secondo.
Ed allorché il mèdico francese diceva che la via da
seguirsi, pel ritrovamento del morbo, era il linguaggio
dei sintomi , ombra del morbo ; e stava nel valutare le
affezioni interne ed invisibili confrontandole colle esterne
e visibili; quanto non mostravasi egli discepolo vero delle
antiche dottrine?
E tale riflessione sia solamente fatta onde mostrare
la verità di quanto dissi , parlando degli antichi ; vale a
dire che la medicina fisiologica ha le sue radici ed i suoi
cardini nella medicina antica; è per mostrare come l'il-
lustre Gallo abbia convertito le vecchie dottrine in sé
stesso, 0 sé stesso in quelle. Seguitiamo.
« L'irritazione può accantonarsi in ciaschedun tes-
» suto in una maniera veramente meravigliosa, estender-
> si, svilupparsi, trasportarsi di luogo , causare una folla
» di fenomeni di cui cercherò di presentarvi una detta-
si gliata idea.
» Nei nervi l'irritazione produce dolori, convulsio-
» ni, esaltazione delle facoltà intellettive e, progredendo,
> la loro abolizione o la loro anomalia.
524
» Neil* apparecchio sanguigno produce la congestione
» sanguigna, il calore aumentato, alterazioni dei liquidi
» e dei solidi. Nei tessuti non sanguigni genera la con-
»^ gestione non colorata di sangue con la temperatura
» elevata; e la condizione morbosa è meno attiva di quella
» dei capillari sanguigni.
» Io però non penso che ogni congestione sia pro^
» dotta necessariamente da una irritazione ^ o che sia
» necessaria sempre una irritazione per produrla.
» Essa può essere causata da un ostacolo al movimento
» dei fluidi; e qualunque sia la causa che li trattengano
> nella parte, essi irritano quasi sempre piii o meno.
» — La congestione può aver luogo per difetto di con-^
» trattilità: allora ò minore. — Essa può arrivare dal
> predominio delle leggi fisiche sulle vitali, come si
» vede sulla fine delle malattie ^
» Ora voi che avete un'idea sommaria àeW irrita-
> zione considerata localmente, conviene che sappiate che
» essa si trasmette; e che, nata in un^unto, si tra^
» sporta ad altri. Ma se voi trovaste che tale maniera
> di 4ire non sia conveniente , diremo che all'occasione
» che nasce un' irritazione in un punto, ne accade un'al-
» tra altrove. Questo è un fatto primo che nessuno può
» contestare. Veggiamone altri.
» Il sangue in moto per un'irritazione^ sopratutto
» per quella del cuore, .può accumularsi in altri organi;
» e se essi sono disposti a tenerlo, vi si formano con-
> gestioni secondarie.
» I fluidi alterati da\V altera zione di un organo o di
» un apparecchio, possono, penetrando gli organi, svilup-
> parvi un' irritazione. Ciò arriva quando le radichette
» venose o linfatiche bevono in qualche focolare di de-
» composizione di pus o di altra materia irritante e la
> trasportano nell'economia
^ Quando havvi irritazione, certi fluidi si arrestano
525
> nei vasi ; altri si versano e stagnano nelle areole ; vi si
> organizzano tessuti, e ve se ne decompongono, e nasce
» alcuna volta la decomposizione dei solidi; poiché Tin-
> fluenza della vita vi si trova snaturata. In tal- caso vi
» è alterazione dei fluidi e dei solidi simultanea
» L'irritazione può predominare nei sistemi areola-
» ri, non sanguigni nello stato normale^ ma che lo di-
> vengono dopo di ciò,, da cui ne risulta il flemmone.
» Essa può predominare in tessuti ch'hanno altra de-
» stillazione, oltre a quella del cìrcolo, vale a dire nei
» varii secretori. Allora, con vien determinare se Virrita"
> zione sia più potente nei vasi Sanguigni o nei secre-
» tori. Hannovi altre varietà di irritazione cui converrà
» dare un nome particolare. È molto tempo che noi ah-
> biarriù proposto quello di subinfiammazione. Alcuni lo
» hanno addottato, gli altri lo hanno rigettato; la più
> parte ii§tessamente del medici fisiologi hanno creduto
» di dover applicare il nome di infiammazione alle ir-
» ritazioni ohe sono con predominio cfe' capillari san--
» gnigni. Quello che hanno detto sopra tale riguardo non
» mi convinse. Egli è necessario, per classificare le ma-
» lattie, e sópratufto per trattarle, di sapere che esi^
> stono irritazione al disotto della vera infiamm^zio^
» ne; poiché la storia dell' m/?amma;2;fon^, propriameìi te
» detta, non ci dà quella della subinfiammazione; ed
» allorché in tali malattie non si ha in vista altro che
> Vinfiammazione, si commettono errori. — Con vien
» quindi ammettere una irritazione vascolare ch'é poco
»'o nulla àfiatto sanguigna, la quale ordinariamente è
> più fissa, più tenace che l'infiammazione, e che disor-
» ganizza in una manierar sua propria. Essa può essere
» anche mobile. —
» Egli è evidente che Virritazione può predominare
» nell'apparecchio nervoso tanto quale fenomeno ftogi-
» stico, quanto per altro modo; poiché voi avete delle
526 .
» follie in seguito alle quali non trovate infiammazioni,
» ma uno stato di densità con bianchezza della sostanza
» cerebrale.
» Nelle estremità nervose, o nei filetti nervosi ri-
» dotti alla capillari tà, vi hanno irritazioni puramente
» nervose e che non possono collocarsi neir infiamma-
» zione, che non hanno lo stesso corso, e che non do-
> mandano lo stesso trattamento. Egli è per aver in-^
> teso male tali fatti ^ che sovente furono male a prò-
» posito applicati gli antiflogistici; ciò che causò rim-
> prò veri non meritevoli al metodo fisiologico ».
Considerate tali cose passa a dividere le malattie in
sette ordini,
L Infiammazioni acute e croniche.
IL Subinfiammazioni.
III. Nevrosi.
IV. Alterazioni organiche.
V. Alterazioni dei fluidi.
VI. Debolezza.
VII. Anomalie. ^
Nella quale divisione si vede che la sola irritazione
non forma la base morbosa, e si scorge confessata, pur
troppo, la imperfezione della nostra scienza.
Portandoci al nostro argomento, troviamo che l'Au-
tore cosi scrive :
« Passiamo ad un'altra questione che abbiamo toc-
» c^to di sopra. Conviene conservare le febbri^ ( Inten-
sa dasi bene, l'Autore dice la febbre come morbo). Quelli
> che si pronunciano per l' affermativa , insistono sopra
» una distinzione che fanno nelle malattie febbrili, fra i
» sintomi locali e i sintomi generali. Certo nella gastro^
» enterite esistono dei sintomi locali eh' indicano l' in-
» fiaramazione di un organo. Oggidì si riconosce tal cosa,
» dopo di averla lungamente negata , e si convien che
» rinfi^ramazione del canal digerente è il fenomeno fon-
527
» damentale e locale per eccellenza dal quale dipendono
» certi sintomi {ocalL Ma.i sintomi generali^ quali son
» essi e come devono esser considerati? Date voi tal
» nome alla febbre restringendo il senso di tal nome
» alla accelerdzione del corso del sangue ? Ma essa
» non è che l'effetto delV irritazione trasmessa al cuore
» o Veffetto della sopraeccitazione di quest'organo. Lo
> darete voi -alla fatica delle membra ed alle differenti
» sensazioni dolorose provate nell'apparecchio locomoto-
» re? Ma questi fenomeni non sono che un addoloramento
» per uno stimolo che si propaga dal cervello e dal mi-
» dolio nei nervi di quest' apparecchio ,' ed il cui primo
» punto di partenza è in uno o più organi infiammati.
> La prova di ciò sta nel farli cessare od aumentare ,
» calmando o stimolando tali organi .... Voi non pò-
> trete perciò chiamare tali cose un sintoma generale.
» Chiamerete voi forse cosi la prostrazione? Ma il cuore
> che batte j^ìxi forte, il polso accelerato, lo stomaco che
» assorbe o che vomita non sono in prostrazione
» Vorreste forse considerare sintomi generali la secchez-
» za ed il sudore della pelle? Ma queste non sono le-
» sioni della pelle; e poi la pelle alcune volte secerne,
» altre no. Vorreste forse che fosse l'alterazione dell' o-
> rina? Essa dipende dai reni, essa varia come il sudore;
» e tali due prodotti sono in ragione inversa V un dal-
» r altro. Vi piacerebbe forse di cosi ritenere uno stato
» flogistico considerato generale^ Ma il cadavere non
» vi mostra traccie che nei punti ove la flogosi esi-
» steva. E poi nella economia non esìste una modifica-
j
» zione identica che possa essere collocata nella linea
» dell'infiammazione. Quando la mucosar gastro-intesti-
> naie è infiammata, tutto il corpo è infiammato; quan-
» do essa secerne troppo , tutto il corpo non secerne
» egualmente; nò tutto il corpo s'injetta o si decolora
» con essa. — Sarebbero forse gli umori che costituì-
528
> rebbero dei fenomeni generali? Allorché havvi un*in-
» fiammazione, gli umori senza dubbio devono esser can-
» giati; rematosi non si opera più egualmente bene; ven-
» gono introdotti fluidi acquosi e medicamentosi ; si fa
> riassorbimento di materie putride, ecc. Ma ciò non po-
> tra mai esser detto un fenomeno generale caratteri-
» stico dell'essenzialità febbrile; poiché tale alterazione
» umorale è fenomeno comune a tutte le flemmasie . , . .
> Cosi le parole sintomi generali non danno significato
» alcuno quando se ne voglia approfondar il senso ....
» Noi abbiamo ad esaminar altra pretensione. Qual-
» che persona sostenne che conveniva adottare il nome
» di febbre y come rappresentante il fenomeno il piic
> generale delle malattie febbrili. Esse si sono appog-
> giate sopra una distinzione stabilita da lungo tempo
» tra le febbri e le infiammazioni. Tutti i giorni , essi
» hanno detto, si vede la febbre manifestarsi senza che
» siavi alcun segno di infiammazione locale, e diminuire
> di mano in mano ch'essa si localizza. La febbre e Tin-
» fiammazione sono quindi distinte, e la prima é la prin-
» cipale. Si chiameranno quindi febbri, anziché infiam-
» mazioni , tutti tali stati febbrili ; e per tener conto
> nello stesso tempo dell'infiammazione, quando essa esi-
> stesse, si aggiungerebbe all'espressione generale febbre
» un epiteto tratto dall'organo che si trovasse infiam-
» mato. Cosi noi avremmo delle febbri encefaliche o ce-
» rebralì, delle febbri polmonari, catarrali, bronchiali, ecc.
> — Dovremo forse adottare tali nomi e la pretesa sulla
» quale si fondano ? Io non lo credo. Ed in fatto 1' m-
» fiammazione può esistere o produrre anche dei grandi
» disordini senza che siavi febbre^ mentre éhe la /fe6-
> bre non può esistere senza che siavi qualche va-'
Ut rietà d' infiammazione. Questo é il fatto fondamentale,
» e quella non é che una circostanza, un accidente, un
> semplice efietto. Per la qual cosa non converrà subor-
529
> dinaro T infiammazione alla febbre nò accostumarsi a
» non riconoscere la prima se non se per la seconda ; poi-
» che ciò y'ì condurrebbe a dei gravi errori di diagnosi
> e di terapeutica. Considerando rinfiammaziune come di-
» pendente dalla febbre, voi non aspettere|;e per combat-
> terla che la febbre comparisca • . . . Quando al contra-
» rio vedrete comparire febbre, potrete dire, senza tema
» di errare, che in qualche parte vi esisterà un' inflam-
> mazione; e che non si tratterà che di trovarne la se-
» de. Percorrendo le diverse funzioni, e scoperta. che la
> si abbia, attaccando essa si distruggerà anche la feh-
» bre .... »
« Tale modo di ravvisare la febbre e Tinfiàmmazione
» ci condusse a stabilire una> linea ài demarcazione fra
» le infiammazioni senza febbre e le infiamYn(iziQni
> colla febbre; ciò che è di una grande importanza pel
> successo del trattamento; poiché alle volte succede che
> un'infiammazione pria di essere acuta e febbrile^ resti
> lungamente apiretica e latente; e che se per cómbat-
» terla si aspetti che la febbre comparisca, qualche volta
» è troppo tardi, la disorganizzazione è compiuta e l'am-
» malato perduto. Per la qual cosa V ordine naturale
> delle cose vi obbliga di subordinare la febbre all' in-
» fiammazione e non l'infiammazione alla febbre .... »
« E giacché siamo a parlar della febbre, cerchiamo i
» differenti significati di tal voce e rimontiamo, s'è ne-
» cessarlo, fino all'antichità.— Per Ippocrate la febbre
» era uno stato dell'economia caratterizzata da una vio-
» lenta effervescenza del sangtie e degli umori; come
> una spocie di incendio generale. Nelle sue storie par-
» ticolari egli vi dice = Arrivai presso un tale , egli
> avea della febbre, più o meno di calore, di delirio, ecc.;
» ma egli non specificava punto la febbre. Ippocrate era
» saggio e non conghietturava : egli raccontava ciò che
)► vedea. Per giudicarlo bene converrebbe separare quanto
Annali. Voi. CCI. 34
530
» egli scrisse da quello che gli si attribuisce; e si ve-
> drebbè che di tutti gli autori. antichi egli ò quello che
» ha il meno di pregiudizj. Egli collocava in prima li-
» nea Y osservazione dei fatti , . ed avea messo in esecu-
» zione, senza dirlo , ciò che Descartes e Bacone racco-
> mandarono tanti secoli dopo. E ciò ò quello che lo col-
» loca si alto nella gerarchia dei saggi dell' antichità, e
» che deve farlo considerare come il primo di tutti. -^
> Per qualche tempo si camminò sulle sue traccio, ma
» nel seguito venne la scuola di Alessandria. Erasistrato
> stabili una differenza fra la febbre propriamente detta
» e le febbri, Galeno prese per carattere delle febbri
> particolari gli epiteti usati avanti di lui; ma fra esso
> ed Ippocrate erano comparse varie dottrine; e fra esse
> si distingueva quella dei quattro elementi, insegnata
» da Platone, che conservò le divisioni generali di Era-
» sistrato ; riferi le febbri ai 4 elementi ed ai sintomi ;
» e nominò le une essenziali e le altre sintomatiche. Le
» prime sono rimaste fino a noi e si componevano di flem^
y> massie di cui non si avea determinata la sede. In al-
» lora ser vivasi delle divisioni scolastiche, chiare in ap-
» parenza, che sembravano proprie a riposar lo spirito,
» ma che in fondo, non significavano cosa. Cosi si rico-
» nosce vano delle febbri semplici, delle febbri sinoohe^
» ielle putride, sanguigne, continenti^ continue, re^
> mittenti, intermittenti con accessi regolari separati da
> perfetta apiressia, e si spiegavano cogli umori, bile,
> sangue, flemma, i^trabile umor immaginario, o pel
> disordine degji spiriti. — Tali divisioni sono conformi
» alla marcia dello spirito umano che si attacca subito
> agli oggetti più salienti; ma siccome che questi sono
» lungi dallo rispondere a. tutte le forme dello stato feb-
» brile, se ne stabilirono altre dietro i sinton^i. — E si
» ebbero perciò le ardenti che spiegavano per l'eccesso
» delk Wle 0 del sangue: e quelle dove predominavano
631
» le evacuazioni, che si disisero colUquative, espressione
» che rimonta a Galeno. •— Air epoca in cai io stesso se-
» dea ancora sulle paniche, le febbri Golliquative occu-
> pavane ancora assai gli spiriti , nò si sapea quale idea
» formarsi di esse che rappresentavano il corpo fonden-
» tesi come una massa di burro al sole. Sono stato io
> che scrissi , io pel primo che mostrai che tali colliqua-
» zioni accompagnate da diarree abbondanti sulla fine
» delle malattie, non erano che enterocoliti consecutive
» sopravvegnenti a degli sfortunati eh* erano ridotti agli
> estremi. Io non so se qualche erudito abbia ciò visto in
» qualche lato; ma per mio conto, non Io trovai certo
> in nessuno ».
E qui fermiamoci e riflettiamo. •— Cotesta logomachia
la condoniamo al celebre medico ; poiché formante parte
di lezioni fatte a giovani scolari.
Il predicare come cosa recente e tutta nuova la di-
stinzione, nella gastroenterite, dei sintomi locali dai gè--
nerali, e precisamente un piantar carote. — Che in tali
circostanze debbano ritenersi come espressivi òx^'à, febbre
i sintomi generali, la prostrazione, la fatica, la secchezza
della cute od il sudore, ecc., non lo crediamo, poiché nes-
suna medica autorità abbia cosi creduto. — Che cosi
possa esser ritenuta X accelerazione del circolo vi fu-
rono molti, ma di essi abbiamo detto. Che cosi alcuno
abbia pensato dell* infiammazione , considerata quale
stato generale, anche lo sappiamo, ma di ciò si parlò
abbastanza.
Che la febbre debba esser tenuta morbo perchè tal-
Tolta si presenta senza infiammxizione , è altro argo-
mento discusso dal nostro professore ; ed è confutato dallo
stesso dalla riflessione che Vinfiam'inazione ^kMm^ volte
si presenta senza febbre, la quale si manifesta poscia ed
allorché il morbo siasi reso molto potente. Donde nei casi
febbrili dovrassi ritenere , secondo lui , T infiammazione
532
come sempre esistente; ed ancorchi non si arrivi a
scoprirla, la si dovrà considerare come latente; poichò
tale fatto ò di somma importanza ed utilità nella te-
rapia.
Noi una tale questione la considereremo dietro quanto
TAutore stesso ebbe ad ammetterò, e dietro quanto Te-
sperienza ci mostra.
Vi sono certi casi, senza dubbio, nei quali una con-
dizione flogistica latente, difficile e talvolta impossibile a
scuoprirsi, sta come morbo primario ; non essendo la con-
dizione piretica che un fenomeno di esso. — Ma bisogna
tener mente che vi sono jnoltissimi altri casi dove un*af-
fezione locale, non flogistica, o non ancora tale, porta
una piressia per irritazione comunicata al cuore ; poi-
ché le irritazioni trasmesse al cuore precipitando la
sua azione ed aumentando la circolazione, ed aumen-^
tando il calore, producono ciò che dicesi febbre. — E
bisogna tener mente che le irritazioni non sono solo
flemmasie, ma subin/iammazioni e nevrosi.
Ora ritenuto ciò, e ritenuto che molti casi ci si pre-
sentano nei quali la febbre certamente non si trova nò
preceduta , nò accompagnata da infiammazione , dovremo
dire , che se ò di grande entità nella cura di uno stato
febbrile il tener di mira alla possibilità dell' esistenza di
una flogosi latente , devesi pur anche aver presente, per
confessione dello stesso Brouss9.i&, che nel trattamento
dell' irritazione quando non si ha in vista che Vinfianf^
mazione si commettono errori.
In quanto poi alle altre cose , nulla diremo ; poichò
già instruiti dalle discussioni antecedenti si scorga a
colpo d' occhio la loro futilità. E solo ci fermeremo alla
voce colliquativa.
Parlando del medico di Pergamo non abbiamo fatto
menzione delle febbri colliquative , poichò le abbiamo
fatte una accidentalità dell' etica, la cui natura rabbia-
538
mo mostrata flogistica colle stesse dottrine dei medico
antico. — Ed in fatto ecco cosa Galeno scrive sopra dì
esse.
Dopo di aver detto che si chiama carne quella sola
sostanza che forma il muscolo, mentre quanto si osserva
nei visceri lo si dice grecamente parenchima, quasi in-
fusione, e che quello che fotma gl'intestini, il ventri-
colo , lo stomaco , V utero , fu lasciato senza nome ^ cosi
seguita : < Tu non tratti dei nomi ; tu intendere dovrai
» piuttosto che la sostanza delle singole parti » sia for-^
» mata di tale natura che possa e perire e riprodursi.
» Ma né le parti fibrose, né le nervose, né le membra-
» uose hanno la medesima natura. Non è necessario che
» le fibre di tali singole partii nelle febbri maligne,
» vadano liquefatte come le carni ; òonciossiachè V ani-
» male muoja prima che sieno del tutto inaridite. Han-
» novi queglino che egregiamente chiamano marasmodi
> tutte le febbri che liquefanno; ma che differiscono
» in ciò che in queste le carni liquefatte vanno digerite
> a modo di vapore ^ mentre in quelle fluiscono pel
» ventre. ... Al modo stesso nelle febbri validissime ,
> se le carni fossero umide e molli con grande copia' di
> adipe, tu le vedresti co' tuoi sensi liquefarsi; diversa-
» mente tu le impareresti gassare a febbri marasmodi.
» — Con tale argomento chiarissimo tu intendi esservi
» infermi che emettono per l' alvo quanto fluidificano ; i
» quali se non vadano a mancare i^er la violenza del
» morbo o per l' ignoranza del medico, finiscono in febbri
> con marasmo ». (De meth. med., lib. X).
Ma perciocché ciò accada, é necessario un grande
incendio nei solidi e negli umori, lo dice lo stesso me-
dico greco. Ed un grande incendio dei solidi e degli umori
noi sappiamo cosa debba esser tenuto.
Siccome però tale fenomeno delle diarree óo Ili quali*
ve, lo si vede nelle febbri pestilenti, nelle perniciose e
534
nelle sintomatiche , cosi crediamo che pratapaiico tal*
Tolta debba essere considerato ed effetto di una infiam-
mazione intestinale; ma tale altra sintomatico della
stessa causa straniera or che cagiona nel tempo stesso e
la febbre ed i suoi molti e svariati fenomeni, per la sua
azione materialmente diffusa, o diffusa per simpatia» per
sinergia, per antagonismo, ecc., producendo qualche volta
flogosi secondarie, ma le molte altre semplici condizioni
irritative.
Tuttavia^ siccome non ben chiaramente il medico di
Pergamo fu inteso, secondo noi^ nelle sue dottrine ri-
dotte alla vera pratica, cosi noi non negheremo al ce-
lebre francese il merito di aver localizzato il sintoma che
fece epitetare di colliquative molte febbri. Ma nel con-
cedere un tale inerito rifletteremo che la diarrea secondo
le antichissime dottrine dovea portare la mente del me*
dico air organo ammalato, cioè agli intestini ; e che .una
febbre continente^ o continua^ o remittente (non di
natura pestilenziale o p^mzcjiosa) avrebbero indicato
uno stato, senza dubbio flogistico. — Ma nel concedere
il merito dovuto facciamo la esclusione, lo ripetiamo^
delle pestilenti e à^We , perniciose ; perciocché non cre-
diamo sempre dipendenti da flogosi intestinali né le
diarree , né le dissenterie che si osservano in tali tre-
mende affezioni ; . ciò che si ricava dalle febbri con sm-
iomi delle dottrine antiche non smentite neppur dalla
odierna esperienza.
Seguitiamo il Broussais.
« Noi abbiamo altri sintomi che dovettero . colpire lo
» q)ìrito. Noi abbiamo delle febbri nelle quali predomi-
> nano il brivido ed il freddo: *esse le si chiamarono
» algide , orrifiche ; e le si spiegarono pella mescolanza
» della bile o del sangue, colla flemma^ Essendo questa
> fredda e quelli caldi, nel dibattersi ,' se questa sia su-
» periore, il freddo si fa predominante. — Non ridiamo.
535
» ebbimo ancor noi le nostre bi zzarle , e potremmo
» dirci : Quid Rross ? De te fabula narrat. — Febbre
Ti^ assode, ò an' fuoco, un principio acre che si à^ita pei
> nervi. — Febbre elode, è un sudore che emana pei
» pori. — Febbre sincopale ^ è la bile, dicea Galeno,
» che stimola T orificio dello stomaco e fa cadere in de-
» bolezza ».
Ma anche più rifletteremo che non cosi semplicemente,
come lo fece il Broussais, dovrebbe esser detto; poiché il
lettore non potrebbesi per questo modo formare una idea
esatta delle antiche dottrine.
Per le algide , per le orrifiche, per le assode riman-
diamo alle dottrine galeniche, specialmente dove parlam-
mo deiremitriteo, del causone, della lipiria; non che dove
scrivemmo sulle febbri con sintomi. ^^ Per la qual cosa
noi non possiamo convenire col Broussais che. sempre
« tali febbri corrispondono a flemniassie locali non
» conosciute. Si vorrebbe anche oggidì persuadervi (se-
> guita r illustre prof. ) che in molte di tali malattie
» rinfiammazione sia generale, ma ciò non è ; come jnon
» lo era la corruzione e la putridità voluta dal Galeno.
» Non havvi infiammazione <ii tutto il sistema sangui-
» gno, come non havvi generalità per la bile, pel sangue,
> pollo zolfo, e per l'umor putrido vettureggiato pei va-
» si, ecc., tutto ciò è falso egualmente ».
P^^ssa quindi a nominare i Van Helmont^ i Boerhaave,
i Baillou, i Willis, i Baglivi, cÀe aveano tratto le loro
dottrine dal Galeno , ma che tendevano verso la loca"
lizzazione : poscia cita i Bonnet, i Rivière, i (jrlissòn, i
Sydenham, i Pringle, i Lind, i Mead e tutti gli epidemi-
sti, che non attribuendo la febbre agli umori, non videro
nelle epidemie che qualche cosa di straordinario e di
incomprensibile.
Successivamente le malattie se ne risentirono del-
l'irWteftiKtó dell' Haller, dello strictum e laxum anti-
. a«, J«iì imtuto De fibra motrice del Bagli?! , della
.t.\'.^4^a • dello spasmo dell' Hofifmann , che adottato
.Uù Oiileu» modificato dal meccanismo, e àe\Y animismo
a dui HcHv»»ìi$t»)0» finiva nel sistema Browniano, dove si
u\^\s> «QK^lu^ la febbre né si spiegò pid cosa.
bV^iudo nel seguito a parlare delle febbri del Pinel,
vH>iuiucia dalla febbre infiammatoria che, non potendo
^kv^oi't) uu' iufiammazione dei visceri, dovrà tenersi per un
én/ian^rniJk^ione dei vasi? Sia pure, ma ciò non si vedrà
\ii> iu xxn'^/fimera, né in una sinoca non putrida. Piutto-
^t^ AurÀ il oominciamento di flogosl in un viscere o in un
uUiv» uon però grave, e in tal caso localizzata nel^ canal
Uig^iH^ut^; e precisamente nella superficie gastrica e nella
iiu;^ v^i^ capillare sanguigna. E dessa sarà una flemmas-
.^1.^ <\\ primo ordine, come la si vede nel principio degli
aciwui disile febbri intermittenti. Un tale stato, egli lo
ilic^ Ui>u può essere che una congestione irritativa, non
uncih^ p<4!i^ata allo stato infiammatorio propriamente
Ui'tto,
\^urliindo della febbre biliosa, mostra che non è una
i/uaii'ìto POH soprasecrezione biliosa; ma uno stato ir-
t'itutii\> fii^ffistico dello stomaco, del duodeno e del /e-
ijatiX
Ut^^i^ente decompone lo stato mucoso quale un'tr-
l'Uu^iì^HO d€|i follicoli mucosi; e V entero-mesenterico
K\\\\\W m^ jfmtro-enterite ; e Vatassico e V adinamico o
U/iniiiV O(MU0 una gastro-enterite con irradiazione en^
K\^\ elimina la febbre cerebrale pel motivo che non
\\\\\A\\ ^\^\M\^w^ che ad una flogosl encefalica. — Cose
^^ vlUW^MHiui^nte trattate nel suo Ecoamen.
\.\ /i4^br^ nervosa degli alemanni non è che una ^a-
\hv CHU't'it^ utassica od adinamica.
Ij^Ùudi panHa in esame la cfo^in^nfonfe od z7 j^z/b; mo-
mì^'ìAiuIo ohe tali due stati non dipendono dall'affezione
'tri foUMi.
687
E quindi riassumendo e ripetendo che ur^ infiamma-'
zione può esistere senza febbre^ ma che nessuna febbre
continua può esistere senza infiammazioxie (idea anti-
chissima) si fa e riassumere i motivi pei quali escluse (^ome
causa dello stupore Veruzione dei follicoli mucosi dissemi-
nati ed agglomerati, necessaria^ fatale j a marcia fissa, a
periodi circoscritti , di bottoni come i vajuolosi, negli
intestini;^ ciò come segue:
< 1.° Tale eruzione non è necessaria ai sintomi ti-
» foidei od adinaroici, poiché i sintomi proprii della feb-
» bre putrida, adinamica, tifoide, maligna, atassica^ non
» sono legati airaflfezione dei follicoli, ma bensì alla
» sofferenza della materia nervosa che concorre alla
» formazione della membrana mucoso-villosa,
< 2.** Tali bottoni non hanno marcia necessaria: il
» medico può arrestarne lo sviluppo ». E qui afferma
che nei primi anni che trattava il principio delle ga-
stro-enteriti coi vomitivi, e non traeva sangue dall'epi-
gastrio , e che era spaventato dai sintomi di debolez-
za, e dava tonici e brodi fortificanti, il tifo abbonda-
va nelle sue sale. — Alla quale dichiarazióne noi op-
porremo la domanda: erano gli emetici che promovevano il
tifo ? Vi risponda la illustre esperienza del Rasori e di
quelli che lo seguirono ; e vi risponda Galeno allorché ,
parlando della cura da tenersi contro la continente ap-
pai*tenente al gènere della diaria, nota di massimo pre-
sidio il salasso pel primo e la successiva somministrazione
dei purganti o dei vomitivi, aggiungendo: « Di coloro che
> febbricitavano di sola ostruzione se furono salassati,
> nessuno cadde in febbre putrida. Ciò che deve esser
» fatto se le forze e l'età lo permettano ».
Per la qual cosa noi crederemmo che il tifo^abbon--
dasse nelle sale dell'illustre medico per l'ommissione del
salasso a tempo e per 1' uso di altri tonici , non . per la
prescrizione dei vomitivi.
538
Saocessivamente rimarca che non tutti i tifi mostrano
Tafiezione follicolare: che molte gastro^enteriti trattate
coi tonici e cogli stimoli possono cangiarsi in tifoidee:
che le gastro-enteriti che. si mostrano con diarrea sono
quelle ove i follicoli sono afietti.
Alle quali riflessioni crede di aggiungere sulla que-
stione delle febbri quanto segue:
« Tutte le volte che i fenomeni di uno stato febbrile
> partono da un punto determiuato, egli è certo che non
» possono esser considerati effetti di un'affezione generale
» dei fluidi, 0 quali febbri essenziali. Le sole affezioni
> che avrebbero qualche diritto di conservare tale ti-
» toh sarebbero quelle «dipendenti da un* irritazione o
» un assorbimento di un veleno , d* un virus , o dì un
» miasma^ come il vajuolOy la rosolia ^ la peste, la feb-
> bre gialla y il tifo, ecc. Ma richiamatevi ciò che ab-
> biamo detto nei nostri preliminari. Quantunque sia il
» veleno che sia stato introdotto nel corpo, la malattia
» non può consistere nell* affezione dei fluidi. Fino a che
» questi sono i soli affetti, voi non ne avrete segno al-
» cuno. L* individuo che non soffre , o la cui- salute non
> non si altera per T assorbimento di un virus, lo as-
> sorbe egualmente che quello che soffre >...
» E passando al trattamento, dice esplicitamente:
< Convien attaccar la malattia nel suo principio , e
> conoscere che ogni irritazione gastro-enteHca (in-
> tendano coloro èhe alterano le opinioni altrui ) ogni
> irritazione gastro-enterica può diventar gastro-en^
> terite in ogni età, quantunque la si abbia avuta più
> volte >. .
Onde trovare le altre febbri, passeremo alle infezioni
generali per sostanze deleterie e putride,
A Quando vi si unisce la febbre, esse prendono il nome
» di tifo per contagio, il quale ha tale rapporto col tifo
» sporadico che non è da stupirsi se per secoli siensi fatti
539
» invano sforzi per distinguerli l'uno dall'aìtro. Essendo
» ammalati gli stessi organi^ com^ volete voi che i ^in-
« tomi non sisieno sempre rassomigliati? h^ distinzione
> non è possibile che pel nostro metodo , che ammétte
» nelle malattie delle gradazioni di tinta e di grado ,
» e che prende in considerazione la differenza delle
> cause e degli agenti. (Cose, diciamo noi, che trovano
> il fondamento loro nelle antichissime teorie). Il tifò da
» contagio non differisce dallo sporadico che per mag-
> gior intensità e per la natura dell'agente- che lo pro-^
» dusse. Tutti i volumi scritti fino ad oggi per distin-
» guere tali due affezioni non possono che gettar con-
» fusione se non s* abbia presente allo spirito questa pro-
» posizione: che l'uno è in piii ciò che F altro è in meno.
> Aggiungete eh' essi consistono tutti e due in una in-
» fiamm^zione del canal digestivo, e che il canal di"
» gestivo infiammato agisce sempre sul sistema ner^
> voso nello stesso modo ^.'-^ISiVTOTe, secondo noi, mas-
simo.
Passa poi a noverare i diversi gradi di potenza del
principio virulento; ed allorché è meno attivo nota, che
assorbito che sia , produce un' infiammazione. Fra le
cause novera la unione di uomini sani ed ammalati in
luoghi ristrettr: i gas emanati da decomposizioni di ma-
terie animali : la trasformazione della gastro-enterite or-
dinaria, cosa che si osserva nelle armate : la gastro-en-
terite nata da marcie forzate , dal freddo , dalla fatica ,
dalle privazioni: l'aK^o ed il contatto con un ammalato
di tifo: l'inoculazione di pus corrotto o di sanie. Questo
ultimo fatto egli lo dice provato da esperienze fatte ad Al-
fort sopra dei cavalli, e scrive: e s'injettò loro del pus feti-
» do e della materia gangrenosa, nei vasi, e ne risultarono
» delle gastroenteriti. Ditemi, vi prego, perchè mò non
» ne risultarono delle pleurisie, dei flemmoni, dei catarri,
» delle pneutnonie, delle infiammazioni sierose, ecc. ? Per
"*«^"^'»^; ma a fette è costante: le ma-
^ • '"•«^•iido nel sangae in gran quantità
A >«^i^ro-eiiterite a forma di tifo; e que-
, **** ^»olta SYilappata, reagisce successiTa-
^ ,.^s«**^ nerToao ch'è esposto ad infiammarsi
^ jk ^.à^r^^-'eoterito ordinaria; con tele differenza
, -^A più presto alla perdite od alla dissipa-
. , ji sua iiwerTazione ».
s V à^ calde e intertropicali la putreGstzione è pib
^ :i duàiMli moltiplicatemente più numerosi: ivi i
0^ KAludi sono più animali che y^etebili : ivi que-
uuuft«itU sono velenosissimi, ed i corpi umani più
se i a(^getti non sieno acclimatiz-
1
.V sH ctó congestioni irritative ed infiammazioni vi-
.V v**^*^ ^^ rapide nel loro corso; alle volte contmue,
^ .v.uv iviwitteati pel freddo notturno ^ e sempre dan-
^ Hs>»!^x ^^^^^^ quali i fenomeni nervosi sono moltiplicati
^ v^ U"^ s^K^^mento deirinnervazione assai più presto che
>, iu>i uvKs.t;iv tifo indigeno »*
La '«'^v^^v gialla^ nate per le emanazioni, non è che
uuA ;*K^^»v-<H*mte od un'infiammazione generale del
,w.%v;* Mih'^'^^te; 1» cui colorazione si avvicina a quella
vU\ ci>s^wv<à »orti nel periodo tifoide; a meno che le de-
>0M4s'a: iKM^ ^^1)0 stete copiose^ e che il canal digerente
uv^à x^vv s^^^^> lavato da bevande abbondanti. Nel cervello
^v uv'«i^ u^)\)j^i si veggono congestioni semplici; poiché
l >uiKviui^vii^«> non ebbe tempo di formarsi. — « Duran-
>^ uv> V^à ^^M^ro di anni il trionfo delle dottrine di Brown,
>^ .s^uà/.i^,^i^^► dii^l Pine], fece della febbre gialla pegli eu-
^ iv'iKì^ ^^t^ il^udavano in America, il più terribile flagello.
\ U^ i^v^ vit^i Wddioi testimonii oculari delle sue stragi al-
\ r V\v^M<j^ <^Y^ appena se ne salvava t«no sopra 25o30.
^v^i^Uudo tele opinione dell* Autore , crediamo che
ù V^KVà>^ ^prA riflettere che se V aria rinchiusa e^ vi-
541
ziata, se i gas emanati, se ralito di un f ifoso , se T ino-
calazione di pus, porteranno una gastro-enterite, questa
non sarà il solo effetto delle cause suddette. Ed in fatto
perchà mò attribuir quello stupor attonito che si osserva
nel tifo alla gastro-enterite, e non all'azione particolare
delle cause sul sistema nervoso ; se tutte le infiamma-
zioni intestinali genuine e pure non riflettono egual-
mente ed egualmente non agiscono sul centro cerebro-
spinale? Successivamente allorché tratteremo l'argomento
nella seconda parte ci estenderemo maggiormente su di
esso. '
Rispetto alla febbre gialla , noi la sappiamo morbo
irritativo, ne' suoi primordj ; è ciò anche per opinione del
nostro illustre professore.
Da altra parte le molte autorità da noi riportate ci
insegnano col fatto una tale distinzione pegli effetti stessi
delle cura prestate.
Il tempo ed il modo di fare non sono conosciuti da
tutti, specialmente in affezioni che nel loro corso e svi-
luppo cangiano nella natura dei loro effetti; o che man-
tenendo anche la natura stessa producono estensioni e
diffusioni morbose che controindicano ai mezzi che nel
principio erano indicati , e ne comandano altri ben di-
versi. ^ Non tutti i medici quindi , anzi ben pochi , ih
tali affezioni, sono per noi autorità.
Passa poi a parlare della peste del Levante, deter-
minandola come un nostro tifo ma di estrema intensità,
caratterizzato da violenta irritazione gastrointestinale
e cerebrale, da bubboni, da carbonchi, da antraci, da
petecchie', notando che per gradazione di intensità mo-
strasi talvolta non diverso dalle febbri maligne.
Quindi arriva alle flemmassie eruttive che dice
dipendenti àsi. un' infiammazione interna che precede
V eruzione, e che risulta da un veleno assorbito e dis^-
seminato nell'economia per via della circolazione; ve-
^
648
lena il cui primo effètto è quello di produr conge^
stione ed infiammazione in un organo interno..^ ia
una membrana mucosa.... dello stomaco e degli intestini
nel vqjuolo^ degli occhi e dei bronchi, nella rosolia...
della gola e dello stomaco» nella scarlattina, ecc.
In questa classe pone il pemfigo, il sudar anglicano,
la miliare.
Come flogistici calcola la rabbia ed il morso della
vipera e del serpente a sonaglio.
Rispetto alla sua opinione sulle malattie eruttive» di-
remo osservare la grande rassomiglianza di essa con quella
del Tommasini: rispetto poi al sudore anglicano, alla mig-
liare, alla rabbia, al morso degli animali, diremo che
scrisse avventatamente*
Soddisfatti tali argomenti, troviamo che ci dà istru-
zione sulla natura della subinfiamm^zione. Ecco cosa
scrive sopra tale argomento:
. «. Questa classe di malattie; che ho creduto di dover
> istabilire, merita la vostra attenzione tanto più quanto
» che fa contrariata. Lungi dal lamentarne, ciò è anzi
» una prova della sua importanza. D* ordinario non si
» contrastano dei puri sogni ; ed è buona cosa che ogni
» verità soffra la prova della contraddizione. -^ Le sw6-
» infiammazioni sono delle irritazioni vascolari che
» PROLUNGATE perdono il carattere sanguigno , o non
é
» Vhanno mai avuto , o che . affettano principalmente ,
> ma non unicamente, sui fluidi bianchi. Non è possi--
> bile, secondo noi, di collocare tali malattie nella
» categoria delle infiammazioni , né attribuirle vaga-
» mente ad un vizio di nutrizione. Per farsene un* idea
» non basta di metterle in rapporto coi modiflcatori. che
» le produssero, e con quelli che le guariscono. Conviene
» studiarle particolarmente, vedere come nascono , in che
» ^iffi^riscano dalle infiammazioni ; come esse cangino e
» snaturino alla lunga il tessuto d^Ii organi ; come sieno
543
> modificate nella loro marcia, ecc. I loro primi elementi
» sono lo stimolo nervoso interno ed esterno; lo stimolo
» sanguigno che soventi sparisce ; ed allora sono conse-s»
» cuti ve, la congestione umorale, lo stravasamento, i corpi
» stranieri, i prodotti organizzati ed eterogenei. I carat-
» teri variano secondo la sede.... » E più innannzi.
4c Le subinfiammazioni sono delle irritazioni y che
» invece di aceumiUare e ritener il sangue nelle parti,
» il sangue eh' è capace di produrre il pus flemmonoso ,
> accumulano è ritengono i fluidi bianchiy la linfa, la
» gelatina, l'albumina, la fibrina, ecc.
« Malgrado il carattere pòco sanguigno di tali malat-
» tie, nel principio vi si trovano gli elementi dell'infiam-
> mazione, la tumefazione, il calore, il dolore, ed assai
» sovente un lieve rossore... Alle volte sono secondarie
» ad uno stimolo che disparve; ovvero si formano per
» congestione umorale, immediata, o per una irritazione
» che occasionano corpi stranieri, o prodotti eterogenei
» che, dopo di essere stasi generati da un^infiammazione,
» alla lor volta la producono ».
Parlando dell'Etiologia di tali affezioni; egli dice che
un primo fatto costante è quello che nei paesi caldi e
secchi non esistono. E secchi^ ripete , intendete voi % e
vi aggiunge: « Forse non avrei mai fatto tali confronti
» (fra i paesi caldi e secchi, e freddi umidi) se non avessi
» seguito le armate prima nei paesi freddi ed umidi, poi
» nei caldi e secchi ; e se non avessi veduto gli stessi uo-
» mini sommessi alternativamente alle influenze degli uni
» e degli altri-, ricalcate e concentrate per così dire in
» essi stessi, nelle prime regioni, schiuse ed in qualche
> modo dilatate nelle seconde ».
E più innanzi SLncora.: 4: Le subinfèammazioni hanno
» quindi per cause principali il freddo, che le fanno pre-
» dominare interamente ».
Lasciando andare quelle affezioni tutte che a tale classe
544
appartengono » ma che non spettano al nostro argomento ,
passeremo direttamente a quanto e* interessa ; vale a dire
alle irritazioni intermittenti.
« Voi avete veduto Vinfiammazione continua alFe-
» sterno ed all' interno» ed essa vi ha presentato tinte e
> gradi diversi, dalla semplice irritazione che non è
» ancor infiammatoria , a che si prasenta nel principio
> di tutte le flemmassie^ fino 2l\V infiammazione fi^m^
» monosa. Voi la vedrete ora intermittente^ e sotto que-
» sta forma essa vi presenterà le stesse tinte e gli stessi
» gradi. Le idee deirinfiammazione continua si applicbe-
> ranno anche dXV infiammazione intermittente \ e co-
» me che questa tiene della natura nervosa e che noi
> abbiamo studiato le infiammazioni deirapparecchio aer-
» voso^ voi potete considerarvi come sufficientemente ap-
» parecchiati allo studio delle irritazioni intermittenti ».
« Si domanda prima di tutto quale sia la loro na-
» tura % Ma questa domanda può farsi anche sulle irri-^
> tazioni continue la cui. natura è pure incognita >.
Crede ancora che le infiammazioni y quando fnon
sieno acute, diano delle intermittenze e delle remitten-
ze : fatto che non ha altra spiegazione che sulla poca
intensità della irritazione ; per cui non potendo essa man-
tenere una reazione sostenuta j, la natura si adira e
si irrita, si calma e si riposa alternativamente ( lin-
guaggio deir Helmont ) ; e ciò per leggi che ci sono
incognite.
€ Vi hanno delle circostanze e delle cause estèrne che
> rendono tale intermittenza un fenomeno predominante
» e di primo ordine. Tali circostanze sono le alternative
> del freddo e del caldo, del freddo umido sopratutto^
> alternato col caldo o con una temperatura moderata.
» Egli è eerto che quando viviamo sotto V influenza di
» tali condizioni atmosferiche , siamo disposti ^alle afie-
> zioni intermittenti, che di spesso le affezioni continue
645
> cominciano con tale forma , e dopo trattate 'Cogli an-
» tiflogistici, ritornano intermittenti: di modo che la
» continuità e Y intermittenza sono due fenomeniche
» si legano e s* incatenano in un modo rimarcabile, -—
> V intermittente la si vede negli stati congestivi del-
» l'esterno e dell* interno, primitiva, sotto T influenza
» del freddo umido mescolato col caldo ; e non esige mi-
» nimamente terreni bassi e paludosi o miasmi di stagni
» per la sua produzione. La proposizione contraria è un
» vecchio errore. Io 1* ho verificato, un tal £sttto, in una
» folla di climi e di luoghi. In Ispagna, dove il terreno
» è variatissimo , le febbri intermittenti sono estrema-
» mente comuni. Io credo che più che noi ci avanziamo
» al mezzodì, più le si vedono frequenti ; sopratutto ove
» i terreni son umidi , sulle rive de* fiumi e delle ri-f
» viere. Io le ho vedute regnare sopra terreni elevati e
» di roccia, ove non cre^cea, quasi a dire, che del musco.
» Io le ho vedute in tutte le posizioni geografiche pos^
> sibili, sopratutto nelle stagioni delle pioggie dirotte b
> negli equinozj, nel mese di marzo allorché la tempera-
> tura varia da un istante ali* altro , e che sovvengono
> burrasche, venti freddi e pioggie , e dopo un sole, bru-
» ciante. Egli ò per me un fatto costante ed avverato,
> che un vento freddo ed umido ^ con degli intervalli
» di men freddo , o di calori assai pronunciati , è la
» causa della intermittente. — Da ciò voi concepite
» come le paludi sieno favorevoli al loro sviluppo , per
» mezzo delle evaporazioni abbondanti che forniscono
> «otto r influenza del calore del dì , e per la preci"
» pitazione dei vapori e pel raffreddamento dell'aria
> che ne risulta nella notte. Basta alle volte di esporsi
» un' ora a questi vapori freddi per contrarre una /feft*
» bre intermittente. Tali sono le cause evidentemente
> più attive quivi e nei paesi secchi.
» Ma alle irritazioni interMttenti le paludi vi ag-
Annali. Voi. CCL 35
546
» giungono anche un* infezione miasmaUca che le com-
» plica» le rende più gravi, e dà loro il nome di perni--
» ciose. Tale infezione è prodotta dai gaz che risultano
» dalla decomposizione di sostanze animali e vegetabili
» ammonticchiate nelle paludi. Tuttavia le non miasmor' j
> tiche possono avere la gravità delle miasmatichey per
» una viscerale predisposizione morbosa, e per un cattivo
à- trattamento.
» Per r intermittenza^ propriamente detta , ritenete
» bene questo fatto : che non kavvi minimamente bi-
» sogno di miasmi per produrla ; e che sono sufficienti
» le alternative di caldo e di freddo .... ».
Egli divide le irritazioni intermittenti:
< 1.® In quelle che sono sémplici senza affezione
antecedente di visceri:
» 2.° In quelle che sono complicate a male disposi^
zioni :
» 3.° In quelle che sono complicate ad avvelenamento
miasmatico.
> Le fLemmSiSsiiò intermittenti de IF estemo del corpo,
» cui dìedesi il nome di larvate , cioè mascherate , na~
> scoste , ' sono precisamente le più evidenti di tutte , e
> dovrebbero piuttosto esser appellate non larvate o sma-
> scherate. Esse sono : le oftalmie che compariscono sotto
» r influenza di una costituzione di febbri intermittenti
» viscerali, che si arrestano e si dissipano in qualche
> ora<j e ricompariscono tutti i giorni alterni od i quar-
» ti ; per conseguenza terzane e quartane ; esse sono
» delle resipole, dei mali di denti, dei dolori ischiatici,
» delle flogosi di gola , che offrono i medesimi caratteri
» e seguono la stessa marcia. ... La febbre le accom-
» pagna o nò, secondo T estensione dell'infiammazione...
» si veggono di tali irritazioni ò congestioni periodiche
> negli organi nascosti, sotto forma di cefalalgia, di pal-
» pitazioni, di bronchite, di coliche, ecc.
547
È inutilevogni commeato : le teorie antiche, che tratto
tratto si precedettero fino al Puccinotti, qui si osservano
trasfuse. Che tali infiammazioni intennittenti non sieno
infiammazioni, già si disse e si mostrò.
» Nelle irritazioni febbrili intermittenti comuni deve
» rimarcarsi che frequentemente, per non dir sempre, i
» fenomeni sono mantenuti da un focolare permanente
» di irritazione, il quale può esistere all' esterno ed al-
» r interno.
» Air estemo vi hanno esempi molti di febbri inter^
» mittenti mantenute da resipole, che qualche volta sono
» pustolose; da impetiggine permanente alla cute; da
» ulcera; da una sonda in vescica^ ecc. Tali fatti non
» sono più dubbiosi : se voi togliete la sonda, se guarite
» la resipola^ V impetigine, V ulcera, ecc., gli accessi
» non ritornano più. Ho pubblicato cinque fatti di tal
» genere. (« Annali della medicina fisiologica ». T. 1.^
» pag. 500. — III, pag. 353).
» Air interno, II focolare permanente dell' irritarione
» è 99 sopra 100 nel canale digerente : sia stomaco, sia
» duodeno, sieno intestini tenui.
» Può essere ancora nel polmone, nel fegato, ecc —
» Ma esistono poi dei casi di intermittenti in cui iion
> abbiavi infiammazione in parte alcuna f lo lo credo,
» ed è in tali casi , per dirlo prima , che io amministro
» la china senza aver usato di nessun altro mezzo pr&-
» paratorio.
» Indipendentemente da tali focolari permanenti di
> irritazione , accade che gli accessi ripetendosi , pro^
» ducano varii effetti sinistri; e ciò pella violenza
» delle congestioni che se ne formano.
» Come cause che fanno recidivare furono notate, le
» indigestioni, i bagni freddi, i salassi ed i purgativi,
» come le principali.
» Le intermittenti possono prolungarsi in gastrO"
548
» enteriti coiittntie, sopratatto la qnoticKana a le remlt-
» tenti.
» Dopo tre o quattro accessi V intermittente può
» produrre V idrope senza infiammazione né congestione
» apparenti. Questi casi, di cui parlano poco gli autori,
» li vidi solo a Xeres neirAndalusia. «
» L* intermittente può prontamente produrre delle
» grosse milze e dei grossi fegati con congestioni dolo-
» rose, che diventano infiammazioni.
» L* intermittente prolunoa^ndosi può produrre una
» gastroenterite cronica^ come nel principio un^ acuta;
» e se persista , gli accessi si presentano irregolari e
» ne risulta una specie di febbre etica. Dopo di aver
> prodotto tale gastroenterite cronica , essa può compK^
» carsi con altra flemmassia, con una bronchite, con una
» pneumonite, con una pleurite, con una peritonite, ecc. ^
» Per bene osservare tali complicazioni , che di rado si
> offrono nelle cliniche uniformi di una capitale, convien
» viaggiare con delle masse d* uomini , per climi varii ,
» ed osservarli soggetti a tutte le vicissitudini e sotto
» l'influenza delle cause che producono le intermittenti.
» Nella primavera le intermittenti sono più flogisti-
» che e tendono alla continuità per il trattamento sti-
» molante e per la china. . . . Nella state , se mai fosse
» secco e caldo, si sciolgono sole per sudori. ... In au-
» tunno e nel verno si complicano facilmente con bron-
» chiti, pneumoniti, ecc. — > Nei paesi caldi le congestioni
» sono più vive, le grosse milze più facili, le gastriti
» considerabili. -— Nei freddi ed umidi, nei temperati ed
» umidi, vi sono meno gastriti , ed il trattamento è più
» facile.
» Come tali malattie diventano mortali ì ,
> 1.*^ Per la violenza delle congestioni e delle emor-
» ragie nei primi accessi, senza che abbiano nulla di per-
» nicìoso :
549
» 8,"* Convertendosi in continuo :
» B." Producendo delle gastroenteriti croniche :
> 4.» Per infiammazioni successive che le complicano:
> 5." Per idropisie , deterioramento nei vasi ed affe-
» zioni scorbutiche. ; ,
» Trattamento Convien sempre cercare di n-
» stabilir il più presto possibile le funzioni in istato nor-
> male, ciò per altro se non havvA ostacolo infiammar
» torio. Ma richiamatevi che esiste quasi sempre un' ir-
» ritazione continua che mantien l' accesso Togliete
» la sonda guarite la resipola, ecc. In primavera
» quando passano a continuità, generalmente si salassa ;
» ma si fa meglio di salassar localmente, a meno che non
> siavi pletora. Ma , voi direte , le vostre sanguisughe
» sono inevitabili ; voi volete sempre sanguisughe ?
> Io voglio ciò che i fatti mi sforzano dì volere, e trovo
> che per tale metodo ho pochissimo bisogno di febbri-
» fughi ; e che si ripara alle recidive ed alle gastriti cro^
» niche ; chtf se poi sovvenga l' abitudine intermittente
> la si attacca più sicuramente collo stimolo della china.
» I partigiani del metodo contrario vi parlano di guari-
» gioni immense ottenute per tale sola medicina data ad
» alte dosi; ma non vi dicono cosa delle sue vittime, in
» qualche circostanza , tanto numerose. È meglio e pìii
» sicuro togliere la gastroenterite e le altre infiamma*
> zioni, come se fossero indipendenti dalla intermittente;
> poiché questa cede poi a dosi di chinina più lievi. Con
> due, quattro, sei grani di solfato di chinina, io gua-
> risco comunemente le intermittenti di Parigi .... >•
Non possiamo tacere poi il caso nel quale dice di aver
ottenuto successi dal chinino incorporato col midollo
di bue ed applicato per frizione sulla colonna verte-
brale : poiché non sapremmo decidere se dovesse tenersi
mezzo curativo il chinino o le frizioni.
Poscia egli parla di altro caso pratico , quello cioè
560
delle febbri troppo bruscamente soppresse pel chinino senza
r oso di preventive evacuazioni. Voi leggerete, ei scrive,
negli autori che tale metodo espone ad ostruzioni ^ a
torpori viscerali^ a paralisi ^ e che devesi rimediare
provocando il ritomo degli ctccessi purgando^ facendo
vomitare y e poi amministrando metodicamente il chi-
nino.. . . . Io vidi fra gli altri un uomo giovane, at-^
toccato dalla intermittente , che dopo aver preso in
una volta del chinino, divenne impotente nelle sue
gambe. Ciò era a Xeres neir Andalusia, lo non facea
grande uso di sanguisughe in quel tempo, poiché
avrei dovuto applicarne in buon nufnero all' addome;
ne applicai poche, ma lo salassai, gli diedi degli am-
mollienii, vuotai il canale intestinale con lavativi,
amministrai qualche lieve sudorifero , ed in seguita
la china. In quattro o cinque di fu guarito.
Vidi altri casi nei quali i malati erano attaccati
da meteorismo pronto per aver preso troppo brusca-*
mente il chinino ; altri aveano una peritonite , una
gastrite che causavano quindi disordini. Cosa signifi--
cava ciò f Che si avea messo la chinina in organi
ammalati.
Convien sempre, voi il vedete, ritornare ai nostri
principi]: distruggere le irritazioni colle sottrazioni
locali^ cogli ammollienti, i raddolcenti, ed amministra-
re i febbrifughi nel dappoi. Se r intermittente è gra-*
ve, si porta il chinino sulV organo che lo può ricc"
vere , non tralasciando però di pensare che , passato
in circolo, non soprairriti lo stomaco. Allora lo si
sospende e lo si rimpiazza con altri febbrifughi.' Si
ha f OPPIO che può essere associato ai mucilaginosi\
ai gommosi, ai sudoriferi. . . . ecc.
Passa di poi a parlare delle perniciose miasmatiche;
e quivi avverte che le perniciose non sono tutte miasma^
ttche, essendo poi certo che le miasmatiche offrono piii
551
perniciose delle altre. — « La causa sta evidentemente
» nei> miasmi paludosi che aggiungono al freddo umido
» alternante coi calori, V avvelenamento. Ma tutte lo pa-
» ludi non comunicano poi la stessa malignità; e ve ne
» sono di quelle che non agiscono che per Valternativa
» del freddo umido e del calore >.
Empedocle s' immortalò per aver deviato il corso di
due ruscelli infetti che m^zntenevàno in Selinunte (in
Sicilia dove Apollo tenéa un oracolo) delle febbri per--
niciose. Tutti vi languivano e le femmine partorivano
pria del termine. Dopo il risanamento del luogo, fatto
da questo grande filosofo, la salute pubblica fu ot--
iima.
Discorso qualche cosa sulle località come causa di tali
febbri, passa ai sintomi. « Tali febbri hanno maggiore ir-
» regolarità delle comuni; ed il principio di reazione
» sembra impedito dal veleno y da cui. ne risultano con-
» gestioni violenti o viziosamente aumentate in varii or-
> gani. •
» Nelle febbri comuni la reazione che scioglie può
> essere impedita da un focolare flogistico antico che
» mantenga la congestione e la febbre dopo l'accesso ....
> E bene! nel caso attuale non havvi bisogno alcuno
> di flemmassia antica, e nemmeno di disposizionB' /fo-
» gistica per dare alla febbre un carattere pernicioso.
> L'avvelenamento miasmatico solo è sufficiente . . . >.
Dopo di ciò parla della divisione delle perniciose^ e
poscia delle necroscopie. « Nei soggetti, egli scrive^ morti
> rapidamente per febbri perniciose, si trovano delle con"
> gestioni senza infiammazioni. In Italia ed in Ispagna
> ho aperto di tali soggetti, e vi ho trovato delle con-
» gestioni 0 nel canal digerente , o nel polmone , o nel
» capo , ecc. Quando eranvi stati più accessi ia infianir'
> mazione era caratterizzata >.
La cura la divide come nelle semplici. Quivi però non
982
tarda tanto nella somministrazione della china o del ehi-
aino; poiché rimediato T accesso o col trattamento anti"
fiogistico^ 0 coi rive llenti, cogli stimoli, ecc., comanda
subito in buona dose il chinino per 1* una via o per V al-
tra a seconda che sia permesso; e soggiunge che T am-
ministrazione di esso deve esser fatta le plus tòt pos^
stòle • k • • •
Di sopra parlando della febbre etica trovammo che
egli si compiacque assai, ed a ragione^ di aver messa in
chiaro queir affezione. — Che questa morbosità rabbia
colpito fin dapprincipio de* suoi studj , lo troviamo nella
sua operetta Ricertie sulla febbre etica, stampata fin
dal 1803 e dedicata air illustre Pinel.
Quantunque queir opuscolo non porti 1* impronta au-
torevole del Broussais professore, perchè scritto da esso
lui giovane ancora e non istruito da quella pratica e da
quegli studj che lo resero nel dappoi cosi celebre ; pure
in quel primo scritto noi non lo veggiamo servile, e cor-
tigiano, e vi troviamo fatti non immeritevoli df tutta la
considerazione medica. — * E ponendo da parte, ripetia-
mo, tutte quelle considerazioni e tutte quelle argomen-
tazioni che provengono dal modo diverso di ravvisare i
fatti, noi non considereremo che i fatti stessi; e di essi,
quelli ove meno possano cadere sospetti od equivoci.
Per es., noi troviamo uiìa donna di 50 anni portata
all'ospizio di Varsavia nel marasmo il più completo con
degli accessi di lenta febbre. Una dieta succulenta la ri-
stabilisce prontamente, poichò la ipiseria T avea condotta
a quel punto. Oss. 4.*.
Heistero vide la figlia di un consigliere di 18 anni ,
magrissima ed assai soggetta ad emorragie nasali. Essa,
senza causa conosciuta, cadde in una febbre etica , dalla
quale fu guarita col succo di cedro, colle acque minerali
e col vino usato moderatamente. Caso dove vedesi un'ana-
logia causale con altro osservato da Riedlin , e con altro
osservato dal V Hofmann. Osd. 17.\
653
Un teologo^ piissimo, studiosissimo, sapientissimo, cad-
de nel marasmo, essendo lontano dal suo paese; e provò
una febbre lenta, a dir vero, ma sensibile. Il suo medi-
co, dopo un esame scrupoloso, non potò attribuirla che
allo studio, e vedendo che si prolungava per va^ie set-
timane, lo consigliò a ritornare alla patria, alla dieta
lattea ed al riposo intellettuale. — - Pria di ritornare alla
patria guari. Oss. 18.*.
Un fanciullo, figlio di un Prefetto militare, fu da suo
padre confidato ad un colonnello. Non ancor distante sei
miglia dal suo paese, ansietà precordiali, inquietudini^
perdita di appetito e sintomi febbrili non equivoci. Dopo
molto tempo trovato che ciò dipendea dal desiderio di ri-
tornare alla sua casa, trovato inutile ogni altro mezzo,
si accondiscese; ed il giovane, ridotto all'agonia, guari
perfettamente. Oss. 25.*.
Questi fatti, secondo il ipio credere, domandano molta
considerazione; poiché non credo che in essi potrebbesi
ritenere con tanta facilità come causa, una infiamma-
zione di qualche localià.
Molti altri fatti tratti dalla stessa opera del Brous-
sais potremmo registrare, ma in essi T esclusione di una
località a£fetta non sarebbe cosi netta e precisa da poter
perfettamente tranquillare il medico osservatore.
Anche noi ebbimo , sono già molti anni , a prestar
l'opra nostra ad una donna gravida in quinto mqse che,
febbricitante di piressia continua, non lasciava scoprire
sede alcuna morbosa. Ogni indagine ci riusci inutile « ogni
mezzo usato colla più grande cautela fu invano adope-
rato ». Non riposo e dieta austera; non salassi piccoli e
ripetuti; non digitale e nitro; non altre sostanze. Arri-
vato il momento naturale del parto, la donna disimpe-
gnava questo atto regolarmente, come lo avea fatto molte
altre volte. Eseguito il parto, ne segui lo scolo dei loc-
chj normali, e si ebbe la cessazione totale della febbre
che mai più ricomparve^
554
In questo easo sembra chiaro che la cagione della feb-
bre possa esser creduta una condizione subflogistica del*
r utero ; ma nei casi di sopra riportati non credo cosi fa-
cile il ritrovarne una.
E quantunque parlando delle etiche di Galeno noi
abbiamo detto che quelle febbri si devono ritenere dipen-
denti da «fia condizione flogistica di qualche parte; pure
onde scrupolosamente trattare T argomento, non possia-
mo fare a meno di notare le suddette eccezioni le quali
domandano una considerazione matura ed una soluzione
non precipitata ; specialmente se ad esse si aggiunga V opi-
nione del grande BàglivL
Riassumendo questo Caposcuola, oltre alle osservazioni
ed ai rimat*chi fatti tratto tratto, noi crediamo essenziale
la distinzione della irritazione dalla infiammazione e
dalla subinfiammazione. La prima può esser fatta da
qualsiasi agente, e può presentare una quadruplice for-
ma: la seconda e la terza sono forme particolari di essa.
L' irritazione si trasporta, dice l'Autore , ma per non
cader in errore e prevedendo che V irritazione infiam^
matoria e V irritazione emorragica non si trasportano ,
aggiunge: se però tale linguaggio non vi piace, diremo
che nata un' irritazione in una parte , molte volte si
vede contemporaneamente in^sorgere un simile disordine
in altra parte: ciò che è ben diverso, diciamo noi, po-
tendo avvenire o per simpatia sinergetiea, o per diffu"
sione f 0 per trasporto di. materia morbosa: ed è bea
difierente, ripetiamo, poicbè espressivo di natura e di pre-
cetti terapeutici diversi.
Nò crediamo poi che quell'illustre credesse in fatto
che V irritazione e Vinfiammazione fossero sorelle; poi-
ché avendo detto che V irritazione non ha una marcia
ed un corso fissi ; questo tanto egli non potea averlo cer-
tamente esteso alla vera infiammazione, specialmente dopa
quanto di grande e di vero ebbe provato il nostro Tom-
masini.
555
V irritazione che produce una febbre è -una lieve
differenza dell* infiammazione ; e là febbre è una irrita*
ZIONE CARDIACA PRlMiriYA 0 SIMPATICA.
Ecco quindi che TAutore materializza la febbre in
una morbosità cardiaca; e cosi volendo dissenziali zzar-
la, ne forma di essa un* Ente, contro quanto professia-
mo noi. Ed in vero ritenendola un calore morboso, non
la diciamo che un fenomeno: ma non antecipiamo.
Le febbri essenziali si riducono a gastroenteriti sem-
plici 0 complicate.
E siccome le irritazioni possono essere continue con
esacerbazieni, cosi anche le febbri essenziali saranno ga-
stroenteriti con esacerbazioni.
La intermittente è una gastroenterite in cui V irri-
tazione si sposta e si trasporta agli esalanti cutanei dando
una crise per sudore. Le remittenti sono quelle dove Vir-
ritazione non si sposta completamente.
Ora come mai Yinfiammazione, processo che non si
sposta, sarà la causa delle intermitttentil Noi troviamo
poca verità in tal fatto; e diciamo poca, poiché esso non
è che r esagerazione di quello professato dal Galeno,, che
noi né sempre, né tutto assolutamente possiamo ammet-
tere: fatto che, mutatis mutandis, venne copiato dal-
l'italiano Giacomini e venduto da esso come frutto di
sua esperienza , e come sua invenzione. — E noi non lo
possiamo ammettere, perché il valore dei fatti e la sco-
perta della china l'ebbero infirmato. Ciò che, speriamo,
saremo per dimostrare.
Le perniciose non differiscono dalle semplici che pella
violenza e pel danno delle congestioni. Ma tale proposi-
zione che si legge fra quelle che trovansi premesse al
suo Examen , deve essere modificata per quanto insegna
la sua patologia.
Quivi troviamo di fatto che le perniciose^ altre sono
miasmaticìie, altre nò. Quindi la proposizione ammessa nel
556
suo Examen sarà attendibile o no per le non miasmatu'
che; ma per quelle che sono tali, hayyi ancora T altra
potente causalità, 1* avvelenamento miasmatico che ba-
sta egli solo.
Nei morti per tali malattie, il nostro Autore scrive
che si trovano congestioni senza infiammazioni, se la
morte sia avvenuta rapidamente; ciò che significa che
la malattia non è primitivamente e per sua natura ,
flogistica.
Nello stesso Trattato troviamo spiegata la causa della
periodicità colle alternative del caldo e del freddo; teo-
rica non recente, e sostenuta molto prima dal Pucci-
notti.
Non possiamo poi menargli buona la definizione della
voce diatesi. Ed in fatto cosi scrive: « V irritazione
» TENDE a propagarsi per similitudine di tessuto e di
» sistema organico: ciò è quello che costituisce le diate^
» si » da cui si vede eh' egli per diatesi intese una ten^
denza, un* inclinazione, un* attitudine, non un atto ed
un fatto compiuto.
Dal tutto detto ci sembra che il Broussais, ben me-
ritevole di elogio, di stima e di riconoscenza, non possa
però esser detto inventore; ma acuto, esperto e grande
coordinatore di quanto trovava fatto dagli altri e che
avea verificato colla propria esperienza. — E tale illu-
stre, ricco di erudizione, non dobbiamo tenerlo plagio de-
gli italiani, come volle alcuno ; ma come quegli che istruito
dallo splendore dei fatti e delle dottrine altrui, seppe can-
giarle in suo proprio succo e presentarle ai suoi studenti
unitamente al frutto della sua vasta e molta pratica e
de* suoi profondi studj.
Il modo franco del suo insegnamento improvvisato;
la sua logica stretta e severa; Ma relazione, l* analogia
e la coordinazione dei fatti presenti in appòggio del suo
dire; lo fecero eminente e duce di molti illustri» fra i
quali citeremo i principali^
657
Boiss&ÀU. -« Quésto celebre medico, conosciuto quale
benemerito alla scienza, sostenne la medicina fisiologi^
ca, specialmente nella classe Febbri.
Nel 1824 pubblicava una sua opera: Pir etologia fisio-
logica, cbe varie volte veniva ristampata ed ottenea
r approvazione generale.
In questa opera, da tutti conosciuta, troviamo intanto
che la malattia viene stabilita una lesione di uno o ptic
organi; per cui meglio del Broussais vi comprende cosi
la causa prossima e 1* alterazione da essa prodotta: infe-
riore però a quella degli antichi, poiché non ogni lesione
di organi alteri le funzioni, e non ogni lesione sia morbo.
E qui però conviene che ci facciamo contro del no-
stro illustre francese, quando dice: I diversi gruppi na--
turali od artificiali hanno ricevuto il nome di malat-
tie; e che diciamo esser questo un errore non abbrac-
ciato dalla generalità , ma solo professato da coloro che,
poco filosofi, intesero assai male le dottrine de' nostri pre-
decessori. -1- I diversi gruppi di sintomi furon detti szn-
drome, come egregiamente egli notò; ma sindrome presso
gli antichi non fu mai morbo; e chi volesse sostenere un
tale errore, potrebbe, esser rimandato a studiare un pò
meglio quei codici che polverosi ed inutili contengono
tanti studj , tanti sudori e tante sementi lasciate infeconde
dalla generale poltronla.
Egli fa la distinzione della irritazione, nevrosi ste--
nica^ dal suo grado un pò maggiore che ammette anco
un lieve disordine vascolare sanguigno; e da uno mag-
gióre ancora eh' è l' infiammazione co' suoi prodotti.
Egli scrive che fino ad oggi si usò di dare il nome
di infiammazione ad uno stato di una parte che pre-
sentava rossore, calore, dolore, tumefazione; che potea
cosi essere ancor detta purché non si fosse ritenuto uno
stato sui geheriSy ma solo un grado di irritazione.
Dice irritazione nen^osa quella de' filamenti nervosi
558
che si erede accompagnare gli nltimi rami vascolari. Dare
il nome di infiammazione ali* irritazione dei vasi sanguigni
capillari; e ritenere subinfiammazione 1* irritazione de-
gli esalanti, è mettere la questione fuori de* nostri sensi
e nella ii)otesi; è fare una distinzione riprovata dalla lo-
gica perchè sconosciuta dall* anatomia patologica. Ne-
vrosi, infiammazione, subinfiammasione, emorragia,
non rappresentano malattie, ma gruppi di sintomi, effetto
di irritazione, varietà di essa.
Noi però diciamo che tale distinzione non può essere
antilogica pel motivo eh* è sconosciuta dalla anatomia pa-
tologica. Ed in fatto se le suddette forme morhose sono
diverse, devA anche ammettersi diversità di luogo. D'al-
tra parte la logica va assai di spesso oltre ai sensi ed al
microscopio.
Una distinzione migliore crede TAutore che sia quella
àeW irritazione continua, remittente ed intermittente;
e qui loda molto il Pinel, il quale fece fare un grande
passo alla scienza, additando che una malattia non
cangia di natura anco cangiando di tipo. Cosa, secondo
noi, falsamente attribuita al Pinel, quando si voglia in
cx)scienza intender bene il modo di spiegazione degli ac-
cessi dato da Galeno: modo che fu dopo lui, e come suo,
ripetuto da tutti i medici fino al secolo XVII.
Egli crede sfuggiti ali* attenzione del Broussais due
fatti: 1.® che un'irritazione acuta o cronica possa pro-
durre Vastenia del tessuto e dell'organo ammalato, tanto
se i segni locali o simpatici dell'irritazione persista-
no, quanto se cessino con essa: — 2.° che i fenomeni
simpatici dell'irritazione possono continuare anche
cessata l'irritazione.
Noi però troviamo che tali due fatti non possono es-
sere stati dimenticati da un medico teorico si, ma emi-
nentemente pratico, come fu il Broussais. Ed in fatto il
primo non ò che T effetto di quanto si osserva in molte
559
malattie flogistiche. Guarito il morbo, la parte non en-
tra sabito nello stato normale; ma passa, per fasi molta
e successive di debolezza, di maggiore e minore sensibi-
lità, di funzione più o meno inceppata ed imperfetta, a
seconda delle varie idiosincrasie delle parti ammalate e
delle cure prestate. Questo fatto di transizione fra la ma-
lattia e la salute, conosciuto dal Broussais come da ognu-
no, non fu chiamato dall'illustre prof, di Val-de-Gràce
una irritazione; poiché tale noli era, né tale veniva dai
fenomeni dimostrato.
Il secondo fatto non significa altro che una parte, ca-
duta ammalata per consenso, seguita ad esserlo ancorché
guarita la primitiva affezione. Ora quando un sommo pra-
tico scrive che gli argani simpaticamente irritati possono
contrarre Y irritazione ad un grado superiore a quello
del primo organo affetto, indica ancora che il disordine
simpatico puote esistere sopra il primitivo e continuare
da sé indipendentemente da esso. — Ora tali due fatti
compresi nei canoni generali di tutte le medicine di que-
sto mondo, inspirati anche dal solo buon senso, e le
mille volte provati dalla pratica, possono mai essere stati
dimenticati da un uomo come si fu il Broussais ?
E qui seguitando noi T analisi della sua introduzione,
faremo al prof. Boisseau lo stesso rimarco che femmo al
sig. prof; Lepelletier, vale a dire che egli non comprese
perfettamente cosa sia metodo derivante e cosa revel-
lente. Ed in fatto cosi egli scrive:
< A tali mezzi che costituiscono il metodo anti-irri-
» tativo propriamente detto altrimenti nominato antifio^
» gistico, devonsi di sovente aggiungere l'impiego degli
» irritanti messi a contatto di un tessuto piti o msno
» lontano dall'organo irritato. Questi irritanti sono:
» 1.® i rubefacenti, i vescicanti e gli escarotici della pel-
» le; 2.^ i vomitivi ed i purgativi, gli stimoli diffusivi,
» gli stimoli fissi ed i tonici delle membrane mucose. Tali
500
» meizi appartengono al metodo derivativo, qaando Tor-
» gano col quale si mettono a contatto non sia Tor-
» gano irritato ». — Ora chi non vede che viene ap-
pellato derivativo il metodo chiamato dalla più alta an-
tichità revellenteì
Parlando delle febbri in generale, comincia egregia-
mente osservando che gli antichi tenevano la febbre co-
me un fenomeno, come un sintomo; ma poscia cade su-
bito nella ignoranza delle opere antiche, dicendo che fu
dal Galeno che un tale nome venne tenuto quale una
malattia ; mentre sappiamo che Galeno ci disse chiaramente
r opinione degli antichi e la propria in termini ben di-
versi.
Parlando della febbre infiammatoria, nota che tre
sono le sue varietà, almeno secondo i pratici: I.^ effi^
mera; 2.® sinoca infiammatoria propriamente detta;
3.^ sinoca od infiammazione grave. — Poi soggiunge:
« Queste tre varietà non differiscono solo neirm^^h-
sità, ma anche per la sede ». Ora (M>me mai tre febbri
che differiscono di intensità e di sede possono essere inesse
quale varietà di una sola? Come mai dire che una feb-
bre dove il cuore stesso puote essere infiami^ato, non è
che una varietà dell* altra ove il cuore non è che trrt-
tato ed anche simpaticamente? Mentre che sappiamo la
differenza immensa che passa fra irritazione ed infian^
mazione. E ciò lo diciamo in onta agU sforzi fatti dai
medici francesi onde fare apparire una sola gradazione
di fenomeno, ciò eh* eglino stessi stabilirono di natura dif-
ferente.
Per la qual cosa noi non ammetteremo mai che una
effimera non sia che una varietà della sinoca grave;
varietà, cioè, della cosi detta febbre infiammatoria; e
condanneremo sempre air anatema che ees variétés ne
sont évidemment que de nuances des degrés, ou le ré^
sultat de Vextension de la méme maladie^
561
Sentasi foi come chiaro ed esplicito scrive questo dotto:
« Oggidì sulla natura di questa febbre (infiammatòria)
» non havvi che una Toce. Si conviene che t fenomeni
» che la caratterizzano dipendano da una stenia, da un
» eccitamento, da vin' irritazione, da un' angiostenia, da
> una iperemia, da \xn' in/tammazione , termini sinO'"
» nimi che tutti designano un eccesso di vitale atti-
> vita »r
Noi per dir véro rendiamo tante e tante grazie al
* professore di una tale lezione di sinonimia. Stenia sino-
nimo di infiammazione , di angiostenia , ài iperemia f
Ma, egli forse soggiungerà, tali affezioni o sintomi , non
domandano forse un trattamento simile 1 Certo, noi ri-
sponderemo, ma per quanto, simile possa essere il tratta-
mento, noi diremo eh* egli non forma da so stesso il cri-
terio sulla natura del morbo e s.ulla sua' sede ; e ripete-
remo che stenia non ò iperemia, che questa non è an^^
giostenia, che queste tutte non sono infiamamzionù
E per aggiungere forza alla sua opinione ci seguita a
raccontare che gli autori concordi nella natura , non lo
sono però nel luogo affetto. — Tanto è vero, noi Hpe-
teremo , che gli effetti della causa morbosa noà furono
mai riscontrati nella loro sede.
Noi quindi concederemo solo che per febbre infiam-'
matoria debbasi intendere quella che viene eccitata da
qualche affezione flogistica di una parte qualsiasi, non
concedendo un tal nome a quelle febbri tutte che cosi
furono erroneamente chiamate dagli autori — e perciò
sempre sintomatica.
Visto cosi come V efflmera sia stata erroneamente
fatta della stessa natura deWinfiammatoria, attendiamo
air esame della febbre gastrica.
Rispetto a tal febbre egli mette nella stessa olasie
Y imbarazzo gastrico, V imbarazzo intestinale, Vimbor
razzo gastrointestinale, la febbre biliosa, il cheterà*
àmiLu Voi. CCI. 36
562
Le cause di tali affezioni sono : V età adulta , la vec-
chieeza» il temperamento bilioso, la debolezza , uii* eeces-
sira sensibilità, i climi caldi ed umidi; i luoghi paludosi,
gli ospitali, le prigioni» i vascelli» i campi» Testate sul
declinar dell' autunno» T eccesso negli alimenti di natura
indigesta ed irritante, i funghi velenosi, il frutto delTa-
nanas, ir ber freddo quando si ò in sudore, le bibite aU-
cooliche, i vomitivi» i purgativi» gli antimoniali , 1* arse-
mce», la verminazione» ecc., trasportando cosi testualmente
il Pinel. ^ . . . '
Da Galeno in poi , dice l' Autore , la produzione di
tali malattie fu attribuita alla bile acre o in quan-
tità. Cullen non feoe giustizia di tale errore, il quale fu
anche, diviso dal Tissot , da Finke, da Selle , dallo StolL
— Secondo l'Autóre fu Pinel e Fordyce che ne- stabili-
rono la sede nello stomaco , nei duodeno , e nei visceri
secretori della bile e del^ucco pancreàtico.; ma non vi
videro che una irritabilità ^é&rt te. Tommasini stabiliva
tal febbre in una flogosi del fegato e delle prime parti
•intestinali. Ciò fu una felice rettificazione ^ egli scri-
ve , deir opinione del Galeno che avea riconosGiuto
un'irritazione delle prime ^ vie. Broussais andò, più,
oltre e provò che lo stomaco era là vera sede.
Sopra un tale argomento parlando del Meli dicemmo
già abbastanza; come anche allorché parlammo del Tom-
masìni ; donde ogni lungheria inutile.
Passa quindi a parlare della febbre mucosa , sulla
qua/le dice che non è più necessario rifiutare le supposi-
zioni di Galeno, di Carlo Le Poiz, dello Selle, dello Sàr-
cone, del Roederer e Wagher, di Pietro Frank, sul giuoco
che tengono la sierosità, il glutine, la pituita, nella pro-
duzione di tal febbre ; perciocché lo studio fisiologico
delle cause non conduce ad ammettere come causa pros-
sima di una tal fiebbre che un' irritazione gastrointesti-
nale. Ed è così che' dimostrano i sintomi non equi--
563
voci di gastroenterite che si osservano in qualsiasi
febbre mucosa ... ed è cosi che dimostrano V apertura
dei cadaveri.
Trattando àe\\à febbre cuUnamiea mostrai ad uno ad
uno, che i sintoori non esprimono adinamia.
E parlando sali' alteratone del sangae mostrata da
MM. Gaspard-e Magendie, anche ritenuta, scrive: < nul-
» laostante, dietro le loro ricerche, ne risulta ohe nella
T^ febbre adinamica ìlsl^sì gastroenterite, cardite, pneu^
» munite; o eh' è per tali infiammazioni, e sopratutto
» per la prima, che la maggior parte dei soggetti peri-^
> scono per tale febbre ; e che per conseguenza conviene
» coinbatterlà pei mezzi appropriati al trattamento di tali
» flemmassie, salvo le modificazioni relative alla causa prò-
» duttrice, insegnate dall'osservazione di tanti secoli e
» non per le esperienze , d' altronde ingegnose, di questi
» fisiologi ».
Nota che il Laénnèc ebbe ad osservare il rammollii
mento ed il colar violaceo del cuore , nelle febbri es^
senziali e specialmente nelle adinamiche: che il Ribes
ritenne queste febbri quale effetto àeìV infiammazione della
porta ventrale , della epatica che va talvolta fino al-
iV orecchietta destra del cuore. Il quale ultimo Autore
fino dal 1816 avea annunciato aver avuto egli fonda-
mento di ritenere che le vene ed il sangue venoso fos-
sero principalmente affetti nelle febbri adinamiche. — Ma
noi però rimarchiamo che lo stesso Autore per ispiegare
la cosa avea detto : < Si incontrano, è vero, dei soggetti
> nei quali le traccio dell' infiammazione venosa sono poco
'» marcate ; ma sì sa con quale rapidità esse smariscono
> sul cadavere per 1' effetto della morte. Se si esamini
» la parte affetta da resipola in un individuo morto da
> tale malattia^ le traccio dell' infiammazione sono quasi
» tutte scomparse : lo stesso è dell' infiammazione delle
> vene Cosi per me resta provato che negli indi-
564
» Tidui morti di febbre adioamica, per quanto leggiera
» che sia in apparenea la infiammazione degli intestini »
» havvi sempre infiammazione della porta ventrale. ... »•
— E rimarchiamo questo fatto e queste ragioni le quali
fiEuino manifesto, che mentre si vuole riconoscere resi-
stenza di un* alterazione sanguigna, forse molte volte pri-
mitiva alle flogosi delle varie parti , e che tale altera-
zione la si deve ritenere capace di pungere, di mordere,
di irritare e di flogosare i solidi; si dimentica o si mi-
sconosce razione che tale sanguigna alterazione avrebbe
da esercitare sulle fibre nervose encefalo spinali, disordi-
nandone per tal modo le funzioni.
Parlando del trattamento di tale afiezione , dopo di
aver detto che il Botallo, che Guy Patin, che Hecquet,
che Chirac, e Bagli vi, e lo Swieten, ed il De Haen, e Sj-
denham, ed Huxham e Stoll aveano ristretto il numero
degli ammalati nei quali i tonici erano indicati, nota che
il Brown avea gettato i medici fuori dell* esperienza ; poi
seguita: « Un primo passo incerto fu fatto in Italia,
» verso un miglioramento divenuto molto necessario, dai
» signori Rasori e Tommasini ; ma fu in Francia e dal
> Broussais ohe fu decisamente sciolto il problema della
» natura delle febbri adinamiche. ...»
Ma se il sig. Boisseau avesse badato bene a quanto
scriveva lo stesso Broussais, non avrebbe certo cosi par-
lato. Ed in fatto noi troviamo che il prof, di Val-de-
Gràce diceva:
« Tuttavia una giustizia è dovuta ai nostri confra"
» telli. di oltre alpi. Essi ci hanno preceduto nella pub-^
> blicazione di una grande verità : essi hanno procla-
» mate che la maggior parte delle febbri che Brown
» chiama asteniche^ che i medici del Nord qualificano di
;► nervose ^ e che i nostri medici francesi infine hanno
» riunito sotto ì due titoli di adinamiche ed atossiche,
» devono essere trattate col metodo raddolcente ed an-
565
» che antiflogìstico. Essi barino anche il vantaggio per
» qualcheduna delle febbri lente che noi diciamo etiche^
» per qualche affezione ghiandolare , e per la maggior
» parte delle nevrosi, come T ipocondria, T isteria ed al-
» tre molte. Effettivamente fu nel 1805 che Tommasini
» proclamava queste importanti verità ; e la Storia delle
> infiammazioni non fu pubblicata che nel 1808. Tut-
» tavia la mia opera non fu calcata sopra quelle di que-
» sti autori, di cui non avevo conoscenza alcuna f'es-
> sendo che io praticava in Udine, nel Friuli, unicamente
» occupato nel mio Ospitale militare , e non avevo idea
» alcuna di quanto passava a Bologna ed a Milano e
> nelle principali città della bella Italia ».
Ed a tale dichiarazione del Broussais noi prestiamo
intera fede ; poiché egli fu uomo eminentemente onorato.
In secondo luogo nella sua opera sulle infiammazioni si
vede chiaramente ch'egli non era istruito nella scuola
italiana.
Se adunque cosi parlava il Broussais e dava agli ita-
liani r onore di averlo preceduto ; perchè mò il sig. Bois-
seau vorrebbe spogliare gì* italiani di tale onore per
darlo air illustre francese che spontaneamente lo attri-
buiva a noi?
Le lezioni tenute pubblicamente dal Rasori e la de-
scrizione dell' epidemia di Genova , mostrano ancor me-
glio la giustizia del sig. Broussais verso gli italiani. —
E per dir vero pochi quanto questo illustre fecero ra-
gione alla nostra medicina.
Parlando della febbre atassica il sig. Boisseau cosi
disse: < Vi sono casi di febbre atassica in seguito alla
» quale non si trova assolutamente traccia alcuna di
» lesione^ non solo nel cervello^ non solo negli oraani
» digerenti, ma in nessuna altra parte : e questi sono
» i meno numerosi. Tuttavia non sono cosi rari quanto le
» febbri adinamiche senza traoda di gastroenterite \
566
»' quantunque sieno meno comuni di quanto generalmente
» si pensa ».
Ora se noi poniamo a confronto questi fatti coi due"
cento e più casi sezUmati da Prost , nei quali trovò
costantemente la gastroenterite^ dovremo certo congbiet-
turare V una delle due : o la febbre classica non essere
una gastroenterite , od i casi osservati dal Prost non
essere stati febbri atossiche. — C!osi ci sembra dover
argomentare » perciocché cosi ci sembra ,< secondo quanto
disse il Rasoriy d* esser consoni a quella semplicità eh' è
propria della verità e del ragionar giusto.
Per guarir tale affezione , cK è assai difficile , con-
vien combattere V irritazione delF encefalo tirando san-
gue dal capo e dalie estremità inferiori; applicando del
ghiaccio sul primo, immergendo nel bagno caldo le seconde ;
e dando air interno delle bevande tiepide o fredde.
Se lo stomaco sia infiammato^ sanguisughe air epi-
gastrio con fomenti tiepidi air addome : se siavi diarrea,
sanguisughe air ano e lavativi ammollienti ed^ anodini :
se dolore in qualche punto addominale , sanguisughe so-
pra di esso.
^ Gli stimoli diffusibili dello stomaco e degli intestini, i
vescicanti e gli eccitanti dèlia pelle che muovono vivo
dolore^ saranno severamente allontanati. I rubefacienti si
useranno a fine di promuovere lieve rossore.
^Tale si è il metodo generale che deve esser seguito.
Se egli non è sempre coronato, è almeno appropriato
alla natura ed alla sede del male. *
Vi sono dei casi. in cui iUsangue deve essere tratto
in abbondanza : degli altri dove si deve usare grande par-
simonia : e degli altri nei quali il salasso è severamente
proibito. ,
Se i vomitivi sono il più ordinariamente nocivi nella
febbre adinamica, meglio lo sono nella a^assica. I pur-
gativi possono essere usati nei casi ove non havvi irrita-
567
«ione apparente delle vie digerenti. — Il sig. Roche li
ebbe ad usar molile volte con arditezza e se n' ebbe a lo-r
dare: mai a pentirsene.
Dopo di ciò seguita:
Il non veder che una gastroenterite, come alcuni fa^
nàticij nella febbre gastroata^ica o nelle atassiche tut4e,
reca danno ; poiché in tal caso dovrebbesi limitare la cara
air applicazione di sanguisughe. ^ — Dall' altro iato, se al-
l' esempio di Marcus, Rasori, Clutterbuck, Georget non si
vedesse in tali febbri che meningiti ed encefaliti, Yir^
ritazione delle vie digerenti resterebbe sconosciuta e ne-
gletta.
Ora indovinatela, diremo noi : casi di febbre atossica
non mostrarono lesione alcuna nò degli organi di^erenti^
né del cervello^ né di altre parti : lo dirigere sottrazioni
di sangue ^d una cura antiflogistica, contro il capo e
contro r addome, costituisce un metodo curativo appro-
priato alla natura ed alla sede dei male : fanatico è
chi vede una gastroenterite: poco conoscitore chi sola
una meningite : -, i vomitivi sono contrari!, perché aggra-
vano il capo : i purganti sono utili contro V irritazione
e la flogjosi delle vie digerenti. '
Indovinate voi, diciamo, queste contraddizioni e queste
false verità scolastiche. •
Parlanda del tifo egli riferisce T epidemia di Roche-
fort del 1694 trasmessaci dal Chirac. — In queir incon-
tro ia malattia si presentava con un freddo glaciale, con
cefalea e pesantezza al capo e con abbattimento straordi-
nario : il polso si faceva appena sentire. Poi succedevano
nausee e vomiti .quasi continui, quindi diarrea di materie f
sierose, o miste di giallo, verde, cafife, nero, e soventi san-
guinosissime. — Il polso si rilevava difficilmente : gli
ammalati si riscaldavano appena, e nei due primi di^ non
riacquistavano il calor naturale. Alcuno moriva in tal
tempo e nel freddo. Generalmente il polso spiccava foco
588
fino al 4.® di in cai diventava o naturale» o frequentis-
simo e debolissimo ; e cosi restava fino alla fine del morbo.
Apparivano macchie purpuree fino dal 4.^ di, o nei se-
guenti. La febbre raddoppiava nella sera. Nel 4.^ e 5.^
di gli ammalati deliravano od assopivano. Il ventre si
tendeva e V ipocondrio destro si £9u»va dolorosissimo. Su-
dori nói 7."", UJ" e 14.^ — Epistassi molte.
Necroscopia. — Cervello sempre ingorgato di sangue
nero fisso o livido. Fegato infiammato ed ingorgato.
Stomaco ed intestini rossi^ infiammati con macchie livide.
Vasi centrali pieni di sangue.
Dopo di questa descrizione passa alle osservazioni del
Pringle che noi conosciamo; quindi alla narrativa del
tifo del 1757 che, sviluppato nella squadra deirammira-
glio Dubois de la Mothe, invase Brest. Tale narrativa è
tratta dal Poissonier-Desperriòres.
In tale incontro la malattia cominciava con lassezza,
pesantezza oppressiva, cefalea gravativa , debolezza delle
facoltà intellettive, tendenza air assopimento. Poi polso
molle, piccolo ; inquietudine ; yomiti ; bocca cattiva e flato
fetido ; occhi abbattuti od animati e vivi ; infiammazione
della congiuntiva, lagrimazione , brividi irregolari, disp-
nea ; volto livido e piombino. .Nel progresso calor acre
alla cute, polso piccolo e concentrato, o più forte e rial-
zato, od intermittente ed irregolare. Nella sera , esacer-
baziene febbrile con freddo a tipo doppio terzanarie ; do-
lor allo stomaco ed al fegato; vomiti di materia porra-
cea e giallastra ; tensione degli ipocondri e dell' addome.
— Alcuni con ventre libero , altri con ventre chiuso. —
Delirio quieto o furioso; pelle secca; odore dei sudori
insopportabile ; materie fecali fetidissime ; lingua secca ,
nera; sete da principio, poi minore; convulsioni; carfo-
logia ; macchie purpuree, livide, nere ; alcuna volta sor-
dità ed anco amaurosi.
Dopo il 7«^ di afte gangrenose; alla bocca ed alla gola;
569
sudori vischiosi e freddi ; dispnea ; singhiozzo ; agitazione ;
dejezioni orrihihnente fetide; escoriazioni; alle volte
antrax:i ; soventi petecchie e miliare.
Necroscopia. — Malgrado i sintomi cerebrali , in
venti cadaveri il cervello non mostrò lesione veruna, se
si eccettui un qualche piccolo ingorgo in veruna. Ma la
cosa stessa non si ebbe nei visceri addominali ; poiché ,
fegato livido; epiploon quasi fuso donde non se ne rin-
veniva che qualche (traccia ; canale intestinale in sfacelo;
e qualche volta suppurazioni gangrenose ed ingorghi del
polmone. — Rispetto al cuòre, il sangue che lo riempiva
era di color nero e sciolto.
Il Boisseau quindi scrive :
< Il Poissonier conchiude che la malattia era dovuta
» ad un* infiammazione seguita sovente da gangrena e,
» secondo lo spirito del tempo , dipendente da una so-
» stanza acerrima e putrefatta, e poscia nel seguito egli
» non vede più in tale flemmasia una vera infiamm^a^
> zione ».
Noi rtrasanderetno Pinel riportato dall'Autore, come
pure trasanderemo THildebrand^ come quegli che nella sua
descrizione non sia stato veritiero ed abbia contemplato
nel tifo regolare una malattia da nessun mai veduta; e
n^\[* irregolare od anomalo i casi varii dalla pratica
presentati.
Critica il Broussais che non ammise il tifo sporadico ;
poiché tale affezione dipende da un miasma che agisce
violentemente sul sistema nervoso, lo fulmina e lo pa-
ratizza, e può ammazzare in pochi istanti senza per^
mettere reazione: ciò eh' è contrario a quanto vedemmo.
Che il Broussais abbia poscia fatto poco risultare la con-
dizione morbosa encefalica, ciò è vero, e noi pure siamo
dell' avviso del sig. Boisseau. Intendasi bene : la condi-
zione morbosa, non V infiammazione.
Rimarca poscia che nei tifi furono osservati, oltre che
570
macchie, flemmoni, bubboni, parotidi e carbonchi ; per ci
tali affezioni assunsero talvolta il nome di febbre pur^
purea, di febbre petecchiale e di febbre pestilenzicde.
Riconosce, quale cagione particolare, i miasmi insorti
dair agglomeramento di uomini e di ammalati, nieijcampi
di battaglia, negli ospitali,* nelle prigioni, ecc.; ma ri-
tiene che tale malattia si sviluppi anche dietro le cause che
producono le febbri adinamiche e le atassiche sporadi"
che / come p. e. gli alimenti' insalubri, W umidità, i timori,
la paura, circostanze senza cui i miasmi tifici restano il
più ordinariamente inattivi ; e che anche senza tali mia-*
smi determinano primitivamente le epidemie. — M. De-
sgenettes ha osservato , nota T Auore stesso , che T umi-
dità prolungata basta per aggiungere ai fenomeni del
tifo qualcheduno di quelli della peste.
IJuale sia V organo dove agiscano primitivamente tali
miasmi non crede sia facile stabilire. Tuttavia ritiene
che questo sia il luogo di richiamare che F infezione di
sostanze animali putrefatte nelle vene, determina infiam-
mazioni dei visceri. v
SegHiitando lo stesso argomento, passa ài trattamento
della malattia.
4c Ribattere il calore e la rarefazione del sangue e
» prevenire il suo inspessim^nto ; dare una scossa al
» fegato ed al polmone i render per vii i vasi che traspor-
» tano la bile e la &nno scolare.; diminuire la distensione
» dei vasi e rimediar alla flogistica disposizione . dei vi-
» sceri ed alle infiammazioni interne ed esterne ; pre-
» servare il sangue dalle alterazioni che possono fargli
» provare le cattive fermentazioni dello stomaco e degli
» intestini ; prevenire finalmente la rottura dei vatì ce-
» rebrali , del fegato e del canale intestinale e la ero^
» siane delle membrane di quest'ultimo; tali sono le in-
» dicazioni date dal Chirac ».
Quindi salasso al piede, purganti, emetici, bibite mu-
571
cilaginose' e leggiermente aromatiche , o preparate dai
succhi antiscorbutici ; gli oleosi ; poscia gli stimoli, qual-
che astringente ed assorbente.
Nel principio, quando la reazione non era stabilita,
prescriveva il giglio, la Confezione jacintina, lo zaflFerano,
il laudano , il sa.le ammoniaco , il sale volatile -di vipera.
Quando il calore avev^ inv^^a la cute , dava il decotto di
robbia, di chelidonia maggiore, di lingua cervina, di cerfo-
glio, ecc. ; come anco usava i tartrati , i solfati, i nitrati,
il salasso.
Quest'ultimo mezzo doveva esser fatto nel principio
tanto più abbondante, quanto più la debolezza delle fun-
zioni dei visceri i più interessanti era grande ; e lo si
conveniva più volte reiterare nelle 24 ore ed anco nelle
12 , tirando, 4-5 scodellette di sangue di tre ore. in tre
ore fino a che il polso si fosse fatto più tesq. Salassi meno
copiosi e meno numerosi erano dannosissimi, secondo Chi-
rac ; e perciocché fossero più revulsivi conveniva!, aprir
sempre la safena, non le v^ne del braccio ò del collo.
Onde ischivare la sincope, V ammalato era tenuto a capo
basso, mettendogli in bocca un pò d'acqua o di vino, e
lasciando scolare due oncie di sangue per volta se ne ti-
rava 12-14 oncie in un. quarto d'ora od in un'ora.
Ai soggetti vigorosi, subito dopo il salasso, nel 1.^ o
2.® di, dava 4-6 grani di emetico in 4-5 cucchiaj di brodo;
ai diUcati, 4 grani in 2-3 oncie di manna. Poscia bibite
mucilaginoso-aromatiche.
Allorché l' ammalato era male nutrito ed avea il polso
debole e molle, senza fare salassi, ricorreva all'emetico.
Se l'ammalato dopo tali mezzi diveniva pallida, livido,
cogli occhi appannati, infossati, col polso piccolo, fre^
quente, ineguale, freddo, e con diarrea o con dissente-
ria , ricorreva al giglio, al sale ammoniaco , al zaflfera-
no, ecc.
Chi crederebbe , esclama il Boisseau , [_dopo ciò che
572
il Chirac volesse che i medici fossero « attentissimi ^
» prevenire con molto senno Viti/laminazione gangr^
» uosa dello stomaco e degli intestini, e quelle del cer«
» vello e del fegato? ».
Il Chirac biasimando 1* uso dei grandi cordiali e dei
grandi diaforetici, seguita sempre il Boisseau, si levava
con forza contro la pratica dei medici inglesi ed alemanni
della sua età, che non vedevano nelle febbri maligne che
gli effetti di un sottile veleno e prodigavano gli alessi--
ieri ; mentre egli nel caso di nausee e di vomiti , insi->
steva nel salasso e nell'uso dei vomitivi ; e cosi per me Z'^
za della piii felice contraddizione, vietava che si des-
sero alimenti ed ancora brodo.
Egli ò quindi evidente che Chirac, cieco per una teo-
ria chimico-umorale ( sempre scrive il Boisseau ) non
seppe approfittare dei preziosi rimarchi che avea fatto
nelle sue ricerche di anatomia patologica ; e che in luogo
di togliere dal trattamento delle febbri di Rochefort il
guazzabuglio polifarmaco combinato da' galenisti e da' pa-
racelsisti , ei si limitò ad insistere sul salasso più che
non era stato fatto fino a lui .... ed è da ciò che si
può spiegare il successo che il Chirac ottenne dalla sua
pratica.
Rispetto al Boissonier, scrive il Boisseau, egli volea
che nei soggetti vigorosi si cercasse di condizionare il
sistema vaiscolare in modo che formasse il sangue* untuoso
onde dovesse operare una crisi salutare; e che nei
predisposti alla discrasia scorbutica si combattesse questa
e si opponesse alla depravazione ulteriore dei succhi. -—
Per ciò emetici^ salassi, purganti, e nel seguito la china.
Consigliava ancora l'etere solforico preso a goccio nello
zucchero, e le bibite acidule.
Ora sulle cose dette una qualche riflessione.
Necroscopìe contradditorie: tutti sono persuasi che
tali affezioni sieno prodotte da un miasma ^ da un prin-
573
cipio deleterio e venefico; come pure alcuni sono persuasi
che tali affezioni nascano anche spontaneamente.
Dopo quanto abbiamo professato parlando della medi-
cina Rasoriana e Tommasiniana, epe. , noi non potremmo
certo ammettere che le flogosi in queste affezioni sieno
franche e pure, e non sostenute da un principio irritante.
Questo è il motivo che la cura di tali affezioni non è
sempre cosi semplicemente antiflogistica, e sempre eguale ;
donde alcune domandarono il salasso, altre lo proibirono:
alcune vollero i purganti, altre nò: alcune i controsti-
moli, altre in certi incontri ed in certi momenti gli sti-
moli, ecc.
Nella cura del sig. Chirac poi noi non troviamo quel
fatras ài medicine, cosi nominato dal Boisseau : noi non
troviamo quella pretesa contraddizione felice neir uso
del salasso e dell'emetico; noi non veggiamo una idea
torta 0 rovescia nel domandare ai medici la loro atten-
zione onde non nascano infiammazioni gangrénose visce-
rali. Noi anzi siamo tanto persuasi che il sig. Chirac
fosse un eccellente pratica; che, viva Dio, preferiremmo
d' esser curati da un Chirac che da un Boisseau. — Il
tifo non è una flogosi franca ; e le flogosi^ in tale ma-
lattia, si formano nel corso e sono a base irritativa;
non sono semplici e schiette^ perchè sopra solidi privi
della plasticità naturale ed annaffiati da umori inquinati.
Passando alla febbre gialla , leggiamo che con tale
nome intendesi, secondo Currie, una varietà della sinoca,
secondo Villiam, della febbre biliosa ; secondo Devèze, della
infiammatoria putrida ; secondo Macbride , della putrida ;
secondo Waron, della maligna; secondo il Sauvagcjjs, del
tifo ; secondo Chisholm della pestilenziale ; secondo Pine],
della gastrica atassico-adinamica.
' Ora se da tali opinioni si dovesse inferire qualche ar-
gomentazione , noi non vedremmo che un dilemma , vale
a dire: o che la sinoca, la biliosa, \^ putrido^inflam--
574
ìnatoria, la putrida, la maligna, il tifo, la pestilenziale^
la gastrica atassico-^adinamica, sono una varietà di una
stessa malattia e con esse anco la febbre gialla; o che
i suddetti autori hanno certamente errato nell* unire ma-
lattie diverse riferendole ad uno stesso genere.
Noi ci crediamo dispensati dallo trasportare la descri-
zione dei sintomi, poiché già li conosciamo.
L'Autore si fa la domanda se tale febbre sia essen-^
ziale , e vi risponde che noi crede. Lasciamo gli argo-
menti che ci pajono assai poco validi, essendo ndi per-
suasi per altro che uno dei cardini della medicina sia Io
stabilire la localizzazione del morbo. — Riducendo a tale
uopo quanto l'Autore stesso ci riferisce sùlli ritrovati
necroscopici, noteremo che :
Rally attesta che i cadaveri non offrono alcun sog^
getto di osservazione quando la morte sia arrivata dal
primo al terzo di.
Che M. Rochoux dice di aver trovato del sangue sparso
nel tessuto cellulare intermuscolare — ma eh' è T addo-
me che mostra più costantemente lesioni , e per accordo
dì tutti i medici, la mucosa gastro-duodenale, per flogosi,
ulceri, gAngrene.
Che M. Chevrin, avendo gustato sovente le materie
differenti contenute dallo stomaco, credette di aver sen-*
tito il gusto del sangue, altre ^olte Tamaro, l'acre, il
corrosivo. Il fegato sepondo lo stesso quasi sempre è vo-
luminoso, ingorgato di sangue, ecc., e di rado con trac-
eie di suppurazione.
Che M. Rochoux trovò i reni infiammati in un quarto
dei morti.
Che M. Dalmas ebbe a trovare affetto il solo cervello,
od il solo polmone.
Che le necroscóple fatte a Barcellona dal Bolles, dal
Francois e dal Pariset nel 1821 ci diedero: color giallo
della pelle e petecchie — aracnoide cerebrale di rado
575
opaca — ventriGoli laterali con poca quantità di siero —
alcuna Tolt^ spandimento di sangue fra- la dura madre
ed il cranio — la protuberanza anulare senza lesione —
la fine del naidoUo spinale imbevuta di siero giallo, lim-
pido—non rossore nella dura madre, non opacità nel-
r aracnoide — non infiammazione nella pia madre.
La pleura, la mucosa bt'onchiale, il , polmone, il pe-
riQardio, qualche yolta con qualche traccia flogistica —
il cuore con grumo albuminoso, giallo, trasparente, spe-
cialmente nel destro ventricolo;- e ciò costantemente.
Lo stomaco in pochi casi senzja infiammazione,
I tenui partecipanti della condizione dello storùaco ;
ed i crassi, di rado.
Sette decimi in 19 cadaveri (13. Vi^!?) contenevano
liquido bruno con fiocchi abbondanti simili a feccia di caffè,
od a sego diluito nell'acqua ; fegato più voluminoso e co-
lor rabarbaro.
Che M. Àudouart nella stessa epidemia trovò le cose
stesse.
Che M. Thomas in dieci cadaveri, nel 1822 nella nuova
Orléans, trovò nel maggior numero spandimento di san-
gue nero nel midollo spinale e nei muscoli circostanti ; un
color rosso nelle membrane; e traccie non equivoche di
flogosi di stomaco.
Tali risultati mostrano, secondo l'Autore, che l'infiam-
mazione della mucosa dello stomaco fa la principal parte
nella febbre gialla\ come fanno anche presumere che il
midollo spinale ne sia di frequente partecipe.
Ed allo stesso Autore sembra che Tom,masini -sia stato
il primo ad ammettere idee sane sulla natura è sede del
male.
M. Dubreuil dalle sue ricerche fu condotto a stabilirla
wxiz. .^stro^nterite atassica o adinamica, dovuta ad una
causa deleteria o ad un virus sui generis; non come una
flemmassia franca, ma piuttosto maligna.
676
Urbain Coste crede che per febbre gialla 3Ìeiio state
descritte varie malattie aventi di comune un' infiammch-
zione ed nn* itterizia.
Se tali cose le aggiungiamo a quanto dicemmo allora
che parlammo del Tommasini, credo che meglio limpida
risulterà la nostra opinione. Ove le necroscopie non sono
in perfettissimo accordo^ e le cure, mutatis mutandis
tutti gli indicati che non fossero permessi dal caso, dal-
l'individuo, dalle concomitanze, ecc., e le cure, ripetiamo,
neppure ; crediamo che la ragione stia dalla nostra parte.
M. Devòze crede che la febbre gialla non sia conta-
giosa. Il maggior numero dei medici degli Stati Uniti e
delle Àntille hanno adottato tale opinione.
M. Bally crede ali* f>nporto;;zV>n^ ed al contagio ^ e
ciò per la sua osservazione a Barcellona. Molti medici di
quella città sono di opinione contraria.
Secondo M. Urbain Coste l'opinione più accreditata
in Andalusia ò che V importazione sia dimostrata, ma
senza rapporto al contagio.
L'essere affetti i primi che visitano un naviglio pro-
veniente dalle Colonie fa credere che Varia della febbre
gialla (el ayre de la calentura amarilla) sia portata dal
vascello. Il contagio non porta l'idea di un virus spe-
cifico, ma r avvelenamento per un gaz, e cosi la sua
propagazione. .
Una verità rassicurante, per le contrade settentrio-
nali d' Europa , è che al di là del 43® di latitudine bo^
reale non si dilatò mai.
Un gran numero di volte si osservò dopo il 1684 al
Brasile, al Perù, alla Gujana, a Darien , alla Nuova Gra-
nata, alle Antille, a S, Domingo, al Messico, all' Avana,
nella Luigiana, nella Florida, negli Stati Uniti , alle Ca-
narie, in Africa, in Spagna, a Livorno nel 1804; giam-
mai in Francia, se non fu nei Lazzaretti.
In più parti dell' America essa regna più o meno tutto
677
Tanno ; ma specialmente con certi calori. Al di là dei tro-
pici essa cessa. Mai si manifesta qnando il termometro non
arriva a 15* ó 16^ R.
In America attacca di rado i creoli, i negri, i mulatti.
Di rado un individuane resta due volte afTetto,
Di rado porta le sue stragi al di là di 12 le^he dalla
si^iaggia del mare ; fatta eccezione la via di fituni consi-
derevoli. Non sembra aver passato catene di montagne. In
America mai si vide nelle altezze.
La febbre gialla si sviluppò anche a bordo di va-
scelli che non avevano comunicato con terra. Ciò non
nacque che fra i tropici.
I venti del sud, dell'ovest sembrano favorirla.
Se r abbassamento di temperatura prolungata arresti
le stragi della malattia , una corrente momentanea di
aria fresca è la condizione più favorevole al suo svi-
luppo. Così si esacerba dòpo una pioggia che rinfresca ;
e per una causa opposta Tinsolazione la determina fre-
quentissimamente.
La febbre gialla del 1823 al Porto del Passaggio
in Spagna , vicino S. Sebastiano , fu portata dal brick
Donostierra. Essa non fu contagiosa alla città; ed i sog-
getti che andarono a morire nei dintorni non propaga-
rono la malattia. Essa attaccò 85 persone, di cui 37 uo^
mini e 38 donne. Venti guarirono prima dello stabili-
mento del cordone. Sui 65 rimasti al Porto del Passag-
gio 24 morirono.
L'epidemia di Gibilterra del 1828 in cui 3S00 fu-
rono gli attaccati, dei quali 1660 morirono, fa stabilita
dal signor Cbevrin, che vide molte epidemie del nuovo
mondo, identica alla febbre gialla.
Essa fu opinione che abbia dipenduto dai numerosi
condotti che passano sotto le vie di Gibilterra. Essa
non fu contagiosa.
Col signor Chevrin furono mandati due forti conta-
Annvll Voi. CCJ 37
578
gionisti, M. Louis e M. Trousaeaa. Malgrado tutti i loro
sforzi, questi signori non poterono pronunciarsi, né sul-
Torigine locale, nò pel suo contagio.
B per dar maggior peso e valore aggiunge che soli
tre medici inglesi si sono pronunciati contrariamente ,
vale a dire :
M. Pym, sopraintendente generale delle quarantene
in Inghilterra.
M. Broadfoot medico delle Quarantene in Gibilterra.
M. Barry uno dei più caldi partigiani dell'origine lo-
cale e della non contagione prima dell* arrivo del sign<>r
Pym.
Vale a dire due interessati ed un aspirante corti-
giano.
Tutte queste osservazioni le si uniscano con quelle
di sopra portate dell* Humboldt , e veggasi mò quanta
differenza facciano fra la febbre gialla e le tante febbri
di cui la si vorrebbe specie: e veggasi mò se verisimile
molto sia che sotto tale titolo siano state portate varie
affezioni: e veggasi mò* se sia da rigettarsi V idea che
proveniente il morbo da una causa straniera^ possa egli
a seconda delle concomitanze causali degli individui, dei
luoghi, dei cieli, delle stagioni, prendere forma morbosa
m^ititrice; mentitrice àìovakmo, perchè non eguale in tutti
i tempi del morbo, ed espressiva perciò una natura mor-
bosa diversa ed una complicazione di cagioni e di effetti.
Parlando del trattamento, noteremo solamente come
il Balles abbia rimarcato che i vomitivi riuscirono di
rado in America. Egli ordinava colà, nei due primi di,
dei lavativi anodini, dei mucilaginosi, dei lassativi quando
il meteorismo e la tensione ipogastrica erano pronunciati.
Vi aggiungeva canfora e 'chinino a dosi forti se mostra-
vasi prostrazione, ed alcuna volta aceto per prevenire la
decomposizione. — Il laudano e la teriaca erano utili nel-
l'alvo troppo scorrevole.
579
Sally trovò po$sente ausiliare il bagno tiepido , nel
quale faceva stare Tammalato per ore diverse e ripetu-
tamente.
Il Boisseau nota come usato dai negri il bagno freddo
con successo tale da autorizzare a ricorrervi; ma .sog-
giunge eh' egli 'si determinerebbe ^ difficilmente a prescri-
verlo in un ammalato che fosse minacciato al capo ed
al petto. (Ciò che mostra quanto poco pratico e poco
buon teorico egli sia).
Il Bally usò spesso bagni freddi al capo con pediluvii
caldi e senapati.
Questo stesso medico trovò che i fomenti caldi all'epi-
gastrio, che gli epitemi di canfora, di oppio e le frizioni
eteree, ivi usati, moderavano i vomiti.
H vescicante, al contrario, e le coppette secche dove-
vano proibirsi.
Nei casi poi di grandi emorragie erano utili le bibite
fredde ed acidnlate cogli acidi minerali, il decotto di china ,
di serpentaria, acidulati essi pure, ecc, ecc.
Il Boisseau ducisi che Tesperienza non abbia peranco
pronunciato decisiva sentenza sul salasso. -^ Quasi tutti
i medici lo rigettano, egli dice; e Bally trovò che i
salassati morivano due di prima.
Mentre che Devèze, Dalmas, Moseley, Rochoux lo
ammettono nel principio. Non devesi dimenticare che le
ferite delle sanguisughe scolano sangue che non cosi spon-
taneamente può esser fermato.
Neir epidemia del Porto del Passaggjk) M. /ourdan
ebbe ad accertarsi: che il salasso fu funesto nei più ^-
che i vomitivi aggravarono la malattia — che i lavativi
d* acqua salata o con aceto furono dannosi •— che ad-
dolcenti e mucilaginosi ed oleosi diedero buoni effetti —
che le sanguisughe applicate subito airepigastrio arresta-
rono il morbo — che gli stimoli esterni sono stati utili
nel secondo periodo del male.
580
E sopra tutto quanto fu detto del trattamento non
possiamo fare a meno di rimarcare, e specialmepte ai
giovani, che tutti tali precetti messi cosi assoluti, pro-
vengono dalla poca capacità artistica, poiché essi tutti
devono essere Soggetti al modo con cui presentasi il
morbo , e secondo gli individui. -- E ciò specialmente
perchè trattasi di malattia causata dati* influenza di
principii stranieri e disaffini, che variamente attaccano
gli organismi e diversamente sono da questi sentiti: in-
dipendentemente anco dair essere essi mascherati da al-
tre cause morbose concomitanti , che fanno prendere al
morbo una forma diverta.
Ecco r -errore del maggior numero dei pratici e di
quasi tutti i teorici : quello cioè di voler formare un
caso concreto di contingibilità variate e diverse.
Vorreste trattare foTse istessamente un caso dì feb'^
bre gialla, tanto se si presentasse nelle due prime, quanto
nella terza maniera notate dal Palloni a Livorno) Trat-
tereste forse egualmente tanto la malattia con piressia
continua quanto quella con piressia intermittente : mo-
tivo per cui la china in Vera-Grux non diede risultati,
mentre ne ebbe dati alle Antille ed in Spagna : motivo
per cui il Clark e V Harles furono indotti ad ammettere
diversità di morbo?
Passiamo alle febbri intermittentù — Cosi comincia
questo scrittore:
4c Allorché Pinel riuni le febbri intermittenti • slìe
» continue, in un piccolo numero di ordini, pel cui sta-
> bilimentp non ebbe riguardo al tipo , non si conobbe
> il servizio eminente che rendeva alla patologia. Anche
» oggidì molti medici sono lontani più che mai dalla sua
» opinione, poiché sperano di trovare nella storia- delle
» intermittenti degli argomenti contro la nuova teoria
> delle febbri in generale; altri affine di farsi perdonare
> la loro adesione alle nuove dottrine in quanto risguarda
581
> le febbri contìnue. Qualclie partigiano titnìdo del nuovi
» prrncipj prova una specie d* imbarazzo, (juandb si do-
» manda ad esso se si applicano facilmente alle febbri pe«
» riodiche: tali sono i motivi che mi determinano a trat-
» tare particolarmente di queste malattie ».
Il nostro signor Boisseau crede che siccome tutte le
intermittenti si possono cangiare le òine nelle altfe^, cosi
il tipo non sia che una circostanza secondaria.
Nota che oltre al venir distinte, dagli autori, le febbri
dal tipo; vennero anche divise in febbri di primavera e
di' autunno ; in squisite o legittime e prolungate ; in sa-
lubri ed insalubri ; in benigne e perniciose. Soggiungendo
che la distinzione non gli sembrò inutile, poiché fa cono-
scere che quelle di primavera hanno sintomi flogistici non
equivoci: che la seconda consacrò un errore, vale a dire
-òhe la febbre possa essere curativa: che la quarta è
utile emineiì temente nella pratica; e che la seconda ò
puramente scolaìstica.
Nota ancora che- il Pinel penetrato dalla verità che
il tipo debba esser preso in considerazione meno assai
del carattere, cioè dei sintomi {Indole ì), avvicinò le in-
termittenti alle continue , e le divise in infiammatorie ,
gastriche, mucose, adinamiche, atasaiche.
« Le interTfiittenti infiammatorie ^ seguita egli, furono
» osservate dal Sydenham' , dal Pringle , dall' Huxham ,
» dal Selle. M. Fizeau ci forni degli eseinpj cosi spec-
» eh iati che mi rincresce non poterli . riportare;
« Alcune volte, ed il più sovente, dipendono da un*
» irritazione poco profonda dello stomaco . . . altre da
» un' insolazione ; ed allora sono l' effetto di , un' irrita-'
» zione encefalica più o meno partecipata alle vie di-
» gerenti In qualche circostanza dipendono da un'tV-
» ritasione momentanea dell'utero nelle figlie giovani
» e nell€f femmiine pletoriche... presso i giovani che abu-
» sano del coito , dipendono da un' irritazione bron-*
682
» cfnale o pleuritica che può dar origine ad una tisi...
» Cosi fra le intermittenti deyono esser collocati i casi
» che arriyano per una irritazione della vescica dalla
» presenza di una sonda o da ritenzione di orina cau-^
» sata da stringimenti uretrali, o da altre cause meccani-
» che esistenti in altre parti dei visceri addominali ».
Sopra il sopradetto crediamo osservare che la divisione
delle febbri intermittenti in spurie ed isquisite^ la quale
riposa sopra la divisione degli antichissimi, ha un immenso
valore in terapeutica; poiché stanno in tale distinzione le
indicazioni della china o meno ; e ciò perchè si danno delle
intermittenti che subcontinue e subintranti^ sono nàl-
laostante squisite e domabili dalla china. È vero che vi
sono delle intermittenti perfette e precise che non sono
domabili dalla china , e perciò da ritenersi spurie : ma è
appunto sopra un tale fenomeno di \ycCintermittenza
domabile o nd, di una subcontinuità domabile o nò dalla
china , che regna ancora in patologia ed in terapeutica
una grande confusione: la quale conviene che confessia-
mo che sta non nella natura dei fatti, ma neir imperfe-
zione deir arte nostra nel discernerli e spiegarli. -^ Non
crediamo per esempio che se una affezione intermittente
periodica non sarà toglibile dalla china, dipenderà sem-
pre perchè il suo momento causale sarà amovibile ed
indestrnttibile da quel farmaco, e ciò perchè di natura
primitivamente diatesica vascolare anziché nervósa.
Vale a dire che la ripetizione degli accessi dipenderebbe
da un'affezione dei soUdi e della vtzscolarità in partico-
lare, che irradierebbe di tempo in tempo al sistema ner-
voso la sua influenza; invece che xxtC affezione nervosa
primitivamente e specialmente trarrebbe in consenso il
sistema vascolare.
Oltre a ciò troviamo che il signor Boisseau si espresse
amftf^rMamente ed accumulò fatti impropriamente. Ambi-'
guarnente quando nominò le intermittenti infiammatorie^
583
poiché non si sa se abbia voluto intendere intermittenti
ASSOCIATE ad una condizione flogistica locale, cosa fa-
cilissima; ossivero V infiammazione essa stessa intermit-
tente — vera contraddizione di termini. — Impropria^
m^nte , perchè uni sotto il nome di irritazione un cu-
mulo di fatti ben diversi. Ed in vero un' insolazione , un
sopraéccitamento dell'utero, un'irritazione bronchiale, ecc.,
non possiamo tenerli tutt' una cosa; specialmente sotto
la voce irritazione^ che pei francesi abbraccia un campo
estesissimo.
2.^ La febbre intermitente gastrica segue' soventi
la febbre gastrica continua.
Chi potrebbe non conoscere una gastro-enterite
ne ir un^ -mentre la riconosce nelV altra ì — Tale con-
fronto e tale conseguenza, cosi naturali pel prof, francese,
ci sembrano affatto avventate. Ed in vero cóme conse-
guenza, non di recente ritrovato , ma di fatti e 4i teo-
riche antiche, ammetteremo per poco la febbre gastrica
in tutti i casi quale una gastro-enterile.
« Allorché siamo attaccati da corùj^a ( troviamo nei
» codici antichi, quale esempio visibile e palpabile) e so-
» praggiunga dalle narici uno scolo d' umore, sa la co-
» rizza continui, lo scolo diventa acre; e nella parte
> che licquista somma caldura nasce tumefazione. Che
» se più a lungo òorra la cosa, segue anche l' esulce-
> razione delle parti molli. — L' ardore poi delle na-
» rici diminuisce, non quando si fa la flussione, né
» quando esiste l'infiammazione, ma allorché l'umore
» si fa più crasso, piii concolto e meno acre ».
. Ora trasportiamo questo naturalissimo e speccchiàtis-
sìmo esempio alla febbre gastrica intermittente che se-
gue la febbre gastrica continua, ossia la gastro-ente-
rite. — Allorché siamo attaccati da flussione alla mu-
cosa gastro-enterica , nasce da essa una secrezione. Se
tale reuma (infiammazione con flussione) continui, lo
584
scolo diventa più acre; e nella parte che acquista som-
ma caldura nasce tumefazione* Che se più a lungo corra
la cosa, segue anche resulcerazione,— In tutto questo tempo
la febbre sintomatica sarà continua; poiché mentre du-
rerà l'ardore e Tinflammazione locale, anche la febbre non
potrà che rimettere. L'ardore intestinale poi diminuirà
non quando si farà la flussione, non quando esisterà
V infiammazione , ma allorchò V umore diventerà più
crasso, piii concotto e meno acre; vale. a dire nel ter^
minare V infiammazione. Ora egli sarà appurato in tal
tempo che la febbre rimetterà grandemente ed intermet-
terà.
E sarà in questo tempo stesso che noi sosteniamo che
la flogosi non più esisterebbe; giacché la vera infiamma-
zione implica non una sola flussione sanguigna , ma una
condizione ancora energetica dei solidi , che non soffra
nessuno degli agenti che mettano la fibra ad uno stato
di eccitamento . e donde nasca il consenso universale.
Ma perchè possa accadere V intermittente y converrà che
vi concorra il quid divinum, vale a dire la costituzione
dominante.
' Ora se nella corizza passata alla condizione di dare
una secrezione catarrale matura^ crassa e concotta, sarà
permesso di usare sostanze che irritano la parte con utile
della stessa (cosa che sarebbe contraria se la parte fosse
flogosata) noi ci crediamo in autorità di dire che la con-
dizione della mucosa non sarà certamente la stessa. E co-
me nella corizza , cosi anche nella gastro-enterite.
Per la quel cosa se tali due stati locali saranno- emi-
nentemente diversi, perchè curabili diversamente , noi di-
remo che sarà anche eminentemente diversa la febbre che
sarà per accompagnarli.
3.® Le cose stesse noi le diremo anche rispettiva-
mente alla febbre intermittente mucosa , sola varietà
della gastro-enterite che costituisce la febbre mucosa
continua.
585
4.® Noi non faremo critica della febbre intermittente
adirtamica; poiché la stessa:^ scuola fisiologica la dice aiw
Cora fondata sopra fatti poco numerosi.
5." Né, dopo quanto dicemmo parlando delle febbri
d'accesso degli altri autori, ci crederemo obbligati a par-
lare della atossica rappresentante le perniciose.
Cosa diremo del tifo intermittente d^U* Hildebrand ?
Còsa della intermittente gialla del Devèze? Noi ci te-
niamo autorizzati sopra di ciò a rimandare . il lettore
alla storia di tanti secoli ed a quanto abbiamo detto
e diremo sulla febbre gialla e sulla perniciosa. E
solo ripetiamo che il tifo intermittente e la febbre
gialla intermittente , non sono né ciò che si addo-
manda tifo dalle scuole^ né ciò che si dice febbre gial^
la; conciossiachò la forma morbosa non sia la stessa né
sia lo stesso il metodo di cura. E ciò lo ripetiamo per
quelle stesse ragioni che nel 1.^ volume mostrarono -es-
sere un massimo errore che il cholera intermittente sia
il cholera spontaneo, sporadicOy endemico, virulento,
asiatico,
< Può essere , aggiunge il Boisseau , che si arrivi
» un giorno a mostrare che molte febbri intermittenti
> sono dovute aXV irritazione periodica di altri organi
» oltre a quelli di cui parlai; ma fino a qui nulla prova
» che il fegato, il pancreas, la milz^, i gangli mesenterici,
» possano primitivamente essere irritati in tali malattie.
« Tutto ciò che Galeno, Baillou, Spigelio, Senac, dis-
» sero sulla parte che fanno tali località nel produrre la
» febbre intermittente in generale, deve attualmente es-
» sere applicato alla gastro-enterite, od almeno all' irri-
» tazione secondaria che esse subiscono sotto l'influenza
» di tale infiammazione, senza che d' altra parte possasi
» accusar di falsità contro i risultati ulteriori dell' os-
» jservazione. Qualche fatto mi porta a pensare che certe
> febbri intermittenti sieno dovute all' infiammazione dei
» tenui 0 del colon solamente ».
586
Se la storia possa cosi autorizzarci, lo dica Tingenuo
lettore che ci avrà seguito mano mano nella rivista delle
fatiche dei nostri grandi maestri.
Il nostro Autore fa la domanda se le irritazioni poi"
monari sieno si sovente la causa di periodiche ? E ri-
sponde che in più di 100 casi di intermittenti il signor
Roche non vide che un solo caso di pneumonite inter^
mittente. Ma sopra tal fatto noi domanderemo perchè ab-
bia egli cangiata V irritazione in infiammazione f Cre-
derebbe forse sufdciente il Boisseau per caratterizzare
una pneumonite resistenza di un rantolo crepitante?
Noi non lo crediamo. E non lo crediamo, poiché teniamo
sufficiente alla produzione di un tale fenomeno una sola
angioidesi capillare. Né crediamo che una sola angioidesi
attiva basti a stabilire che un* affezione debba essere ca-
ratterizzata aria flogosi.
Il nostro scrittore crede che V intermittenza dei fe-
nomeni morbosi, designati per febbre, provi solo che di-
pendono da un'affezione organica intermittente , ó sog^
getta a dei raddoppiamenti caratterizzati da tali fé-
nomeni. Ma nulla però prova che tale affezione debba es-
sere una flogosi.
Nota quindi l'opinione del Willis, del De le Boè, del
Borelli, del Torti, del Boerhaave, dello. Stòll, del Selle, del
Franck e del Reil, sullo sviluppo di una materia fermen-
tabile nel sangue ; dell'introduzione del succo pancreatico
troppo acido ; dell' irritazione dell' estremità nervose, dei
nervi , del cervello, e del cuore, dipendente da un'acri-
monia del succo nervoso ; di un'affezione inesplicabile ner-
vosa e specialmente delle prime vie; e di oscillazioni gior-
naliere ed esacerbantisi nella sera, dipendenti dàHe varie
funzioni e specialmente della nutrizione. — Ne sorpassa
l'idea del Roche (che la storia dice non sua) che la causa
della intermittenza dipenda dall'intermittenza dell'azione
delle cause che si ripetono e che influenzano 1' abitudine ;
587
che sono il caldo diamo ed il freddo umido della notte,
e lo svilappo di materie putride animali e Tegetabili in
date ore, ed il loro ritorno alfe superficie terrestre in
date ore.
E l'Autore crede che pensando alle febbri intermit-
tenti che , per mezzo delle subintranti si uniscono alle
continue ; ed alle intermittenti che spesso nelle contiìitte
si permutano; egli crede migliore la credenza e la de-
cisione fatta dalla scuola francese che le collocò tutte in
una classe.
E se alcuni medici dicessero che le intermittenti sono
puramente nervose, ci dicano, egli scrive, perchè le feb^
bri nervose sieno intermittenti e come queste differi-*
scano dalle nervose continue?
E vuole il lettore vedere ancora per qual turno di
ragionamenti il Boisseau si faccia forte per sostenere la
sua opinione ?
Pinel, egli dice, provò che le febbri intermittenti
che si dicevano senza infiammazione , sembravano tali
perchè erano neL loro principio o nella loro declinazione;
e poscia aggiunge : non havvi intermittente senza sintomi
di irritazione predominante in qualche parte ; e , non
fessevi che quella del cuòre, noi non saremo autorizzati
a disconoscerla e perciò a collocare la sua sede vaga-
mente nel sistema nervoso.
M. Guérin de Mamers, seguita il nosti'o scrittore,
pensa che i centri cerebro^^^spinali facciano senza dubbio
la loro parte , e la principale ; ma traendo in simpatia
le funzioni del circolo. Dunque il sistema sanguigno fa
una parte necessaria , eh' è il trasporto e l' accumula--
mento del sangue sugli organi ammalati. Non puossi
quindi dire assolutamente che V intermittente abbia sua
sede nel sistema nervoso.
Il Guérin divide le febbri in quelle che dipendono da
una primitiva eccitazione dei centri cerebro-spinali, ed in
588
quelle dove tale eccitazione non ò che simpatta di altre
parti. Le prime danno subitamente Y intermittenxa ; le
seconde» da principio continue, si trasformano in inter^
mittente
Quindi conchiude:
€ Che i medici poco numerosi, che pretendono ancora
» che nelle intermittenti siavi qualche cosa di specifico;
» e perciò che sieno essenziali, ci dicano in che consista
» questa qualche cosa ; che ci facciano conoscer la camusa,
» la natura, e le indicazioni che ne seguono. E fino allora
» noi continueremo a vedere nelle intermittenti, delle
» irritazioni d*uno o più organi che danno luogo a dei fé-
» nomeni intermittenti. Egli è tempo che il cognito prenda
» il passo sopra Y incognito ».
E poscia orgoglioso seguita :
« Perciocché tali febbri sono intermittenti, si pretese
» che non potessero dipendere da un* infiammazione. Ma
> nessuno disse che fossero dovute ad un' infiammazione
» cosi intensa quanto quella del tessuto cellulare ; poiché
» è sufficiente di crederle dipendenti da una loro varietà
» sia leggiera sia intensa di tale stato morboso. Io non mi
» arresterò a p'f^ovar contro il sig, Tommasinì che Vin-
» fìammazione la meglio caratterizzata può mostrarsi
» col tipo intermittente ; faccio appello all' esperienza dei
» pratici ed all'erudizione dei medici istruiti, e perciò a
» lui stesso. Il sig. Toramasini. crede di non aver mai visto
» flemmasie intermittenti, perchè egli ha preso per febbri
» essenziali quelle che si sono offerte nel corso della sua
» pratica.
» Se ho mostrato che le febbri intermittenti non diffe-
» riscono dalle continue che pel tipo, e che una differenza
» di tipo non annuncia differenza specifica della natura del-
» r alterazione organica ; egli resta provato che le une e
» le altre dipendono da un' irritazione locale, la cui esten-
» sione e profondità è a desiderarsi che venga studiata con
» più senno di quanto si usò finora >.
589
Quantunque V elemento etiologicó, il patologico, ed il
terapeuticp non sieno d'accordo con tale dottrina, pel
sig. Boisseau non è cosa di grande entità. — Ma prose-
guiamo. ,
Per curare le intermittenti la prima cosa è informarsi
di tutto quello su cui vive il soggetto. Per es. « Se T indi-
» vidùo viva in mezzo di emanazioni paludose, invano
» si prodigheranno i mezzi curativi i piit energici;
» essi mancheranno e dovranno essere impiegati con
» un' attività le cui conseguenze non potranno essere che
» funeste , anche nel caso che si ottenesse la cessazione
> di ciò che si chiama febbre ; cioè dei sintomi simpatici
> intermittenti di una lesione che si renderà continua a
> forza di droghe. Il cangiamento di luogo, d'abitazione, di
> cibo, di professione, i viaggi, guariscono più intermittenti
» che le medicine. Può dirsi altrettanto delle emozioni
> vive^ delle affezioni gaje, della passioni che portano l'a-
» zione vitale alla periferia ».
Rispetto alla prima parte, diremo che per ammetterla
bisognerebbe essere ben ignoranti e senza pratica. Ri-
spetto alla seconda , diremo eh* ella sarebbe una ma-
niera di medicare molto giocondamente e facilmente le
infiammazioni intestinali e quella dei visceri addominali,
o di altre parti.^ Peccato che tutte le malattie non pos-
sano esser ridotte a tali infiammazioni.
Ed aggiungeremo poi per un' esperienza di molti anni
che pochi furono i casi nei quali le medicine abbiano
mancato al nostro desiderio, senza bisogno di ricorrere a
cangiamento di luogo, viaggi, ecc.
« Gli antichi che non conoscevano la china, seguita
» il nostro Cicero prò domo sua , trattavano le intera
» mittenti come le continue : essi salassavano , poi eva-
» cuavano, in seguito tornavano al salasso per evacuare
» di poi; e cosi di seguito. Una astinenza severa si or-
> dinava nei primi di ». ( Noi non sappiamo dove il 0ig.
590
Bouseau abbia imparato tali fandoDie, e come non abbia
arrossito nel raccontarle ). « Facevano frizioni con forza
» pél corpo degli ammalati , facevano bagni ; poi si pre-
» scriveva il vino a dosi progressive maggiori. Neil' istan-
» te che r accesso era per manifestarsi, riscaldavano il
» corpo con tutti i mezzi possibili ......
E sono questi forse i mezzi che guariscono le infiam-
» mazioni dei visceri interni 1 Per Iddio santissimo, noi
non sappiamo ber tanto a garganella !
Allorché la chinina fu portata in Europa trovò par-
tigiani e contrarli. Il suo uso, dalle perniciose, fu esteso
alle continue. — « É incontestabile, dice il Boisseau,
» che tale medicina renda inapprezzabili servizj nelle in-
» termittenti. E tali servizj sono cosi evidenti , quanto
» lo sono le vittime del suo uso nelle febbri continue ».
Ed in onta a tale verità suprema, da esso confessata, il sig.
Boisseau tenne ottima la classificazione delle intermit"
tenti nelle continue.
Dopo aver discorso sul modo di usare la china secondo
il Pinel, il Sydenham, il Pringle , ecc. , passa ali* azione
di tale medicina.
< L* azione della china fu oggetto di molte discus-
» sionì.
> 1.^ Gli uni pretendono che agisca come specifico :
» confesso che non intendo nulla assolutamente di questa
» asserzione, ed abbandono ai più abili lo rischiaramento,
» la discussione e sopratutto la dimostrazione.
» 2.^ Altri pensano che guarisca aumentando le forze
» vitali. Io non credo che le forze vitati sieno suscet^
tibili di aumento assoluto.
» 3.^ I terzi pensano con ragione che guarisca stimo-
» landò la membrana mucosa digestiva.
» Convenuto che il chinino guarisca le intermittenti
> stimolando lo stomaco, qualcheduno credesi autorizzato
» a conchiudere che V intermittente non sia ìxtìsl gastro^
591
» enterite ; poiché un irritante come mai guarirebbe
» un' irritazione ? Broussais risponderebbe : opponendo
» irritazione ad irritazione^ ciò che equivale a nulla ».
Ma eccoci alla spiegazione deirAutore. Essa merita
che la trascriviamo ; poiché é un magnifico lavoro di
ragionamenti e di conghietture. « Che mi si accordi pre-
» venti vamehte che due fatti dimostrati non cessano
» d' esser incontestabili, perché s' ignora come succedano,
» e che la mancanza di una buona spiegazione del le*
> game clue può esistere fra essi , ed anco V apparente
> contraddizione che ne risulterebbe dal difetto della
» spiegazione , non autorizzano a negare né V uno né
» r altro. Ciò posto potrò dire : La febbre intermittente
» gastrica è evidentemente un' irritazione delle vie ga-
» striche ; la china aumenta V azioh vitale dei tessuti
» cui va a contatto ; questa febbre cessa sovente dopo
» r amministrazione di tale medicina ; né si cerchi di
» conciliare tale contraddizione : essa non é che appa-
» rente, poiché nella natura non hav vi contraddizione ».
Se il nostro scrittore parli bene nel ritenere come
cosa dimostrata che la febbre intermittente gastrica sia
un^ irritazione delle vie gastriche, e che la china au-
menti Tazion vitale; giudicherà il lettore secondo la
propria religione e la propria fede.
« I medici che pretendono che la febbre intermit-
» tente guarisca per T azione specifica della china elu-
» dono la difficoltà che ci oppongono ; essi negano Y a-
» zione eccitante della china, benché ciò sia un fatto ^
» mentre si tratta di difender la loro teoria ; mentre che
» ci oppongono tal fatto quando trattasi di attaccar la
» nostra. Senza creare nessuna ipotesi, senza nulla sup«
» porre, e senza alcuna sottigliezza, io penso che possasi
» render conto dell' azione della china nelle febbri inter-
» mittenti anche gastriche, cosi bene come (ii ogni altro
» medicamento in ogni altra malattia, limitandosi a rav-
» vicinare ed a generalizzare i fatti.
592
» I. Nel caso dove si riesce meglio , la china è appli-
» cata allo stomaco durante T apiressia, e perciò quando
» lo stomaco non è irritato: questo è il primo fiitto.
A questo primo fatto noi opponiamo che in qualsiasi
tempo che si somministri il chinino si ottiene Teffetto:
che i tempi migliori sono o sul finire dell* accesso o poco
prima che incominci : molte volte dopo il chinino il primo
accesso ritorna, ciò che specialmente accade quando il chi-
nino venga somministrato in sulla metà del tempo del-
r apiressia. Sopra tale rapporto ho avuto lunga esperien-
za. Io ho fermato febbri somministrando il chinino men-
tre r ammalato cominciava a sentire i primordii dell'ac-
cesso^ somministrandolo però a dose piena, in soluzione
ed in una volta: vale a dire da uno scrupolo a mezza
dramma a peso austriaco. — A questo primo fatto op-
poniamo r esperienza di tanti medici che nelle subconti^
nue e nelle subintranti somministrano il chinino du-
rante la febbre. Ammessa anche V irritazione dello sto-'
maco (che sarebbe sempre da provarsi) questo primo
fatto non è vero.
« IL La china non riesce o non agisce che incom-
» pletamente, quando la si somministri nel tempo che lo
» stomaco è ancora irritato : secondo fatto.
Questo secondo fatto merita di esser delucidato. L'Au-
tore dice: se lo stomaco sia irritato. Se fer irritazione
egli intese infiammazione , in tal caso sarà da provarsi
che V intermittente sia dipendente dall' aflFczione dello sto-
maco. Se intese irritato per condizioni saburrali o per
simpatia nervosa, donde egli si trovi in uno stato di di-
sordine, di sensibilità e di motilità; in tal caso non ne-
gheremo il fatto; e diremo che Fazione della china non
si spiegherà perchè la china verrà rigettata, o percioc-
ché sarà per produrre disordini colla azione locale che
potranno possibilmente impedire il suo effetto , non ve-
nendo forse anco digerita e portata in circolo.
593
» III. La ohinà aggrava Io stato 4eir ammalato quar^do
1^ la si dia poco tempo prima dell' invasione dall'accesso;
» e più ancora quando la si somministri durante Y acces-^
> so; nel primo caso lo stomaco ò già irritatissimo» nel
» secondo egli lo è al più alto grado: terzo fatto ».
Questo terzo fatto noi lo diremo contro V esperienza ;
perchè anzi il chinino, come abbiamo detto, spiega mag*
giore attività dato sul terminar dell* accesso o poco prima.
Rispetto al terzo momento, sappiamo che nelle pernia
dose i pratici esperti e prudenti non guardano il tempo.
Se r Autore crede che lo stato dell'ammalato sia ag--
gravato, perchè dando il chinino a piena dose nell'acces-
so ; od in momento in cui non abbia potuto spiegar la sua
azione e troncare la febbre; e l'ammalato perciò provi e
le molestie dell'accesso morboso e le molestie del chini-
no; in tal caso noi diremo, con nostro dispiacere, che il
sig. Boisseau, o parlò senza pratica, o dietro un pratica
poco esperta.
» Da tali tre fatti, oonchiusi che la china guarisce le
» intermittenti gastriche perchè eccita lo stomaco ^ es-
» sendo assente 1* irritazione che si manifesta uell'ac-
> cesso febbrile* Tale proposizione non è che l'espres-
» sione generale dei tre fatti che ho indiòati ».
Noi lasciamo il giudizio di questi ragionaménti e di
queste conseguenze al medico che sarà per leggere que-
ste cose, purché sia abbbastanza esperto nella cura di
tali affezioni.
Tuttociò però non è ancora sufficiente. Sentiamo il
nostro Professone, poiché, assolutamente lo merita, nel |
seguito delle sue dottrine. ^ i
< Resta che esaminiamo come l'eccitazione medica- '
» trice che la china sviluppa nello stomaco, prevenga lo
» sviluppo dell' irritazione morbosa ; la quale stabilendosi
» in questo viscere, determina i sintomi febbrili; e come
Annali. Voi. Cd. 38
604
»• agiflct nel omo in oai T irritasione delle Tie jdigerenti
» tlhé dà luogo egli accessi , continui durante Tapiree- 1
> sia .... 1^'.
< I. Alcune infiammazioni continue guariscono sotto
> r impéro degli irritanti applicati direttamente sulla
» parte infiammata: egli ò cosi che si fifuarisoe Tottal-
> mia per Vaìlume, l'uretrite pel solfato cU zinco, la
» resipola pel vescicatorio. Se un* irritazione continua
»• guarisce per T influenza di un irritante, perchè non
« nascerà la cosa stessa « ed a più forte ragione « rispetto
% ad un* irritasione intermittente; specialmente, se per
» applicare tale stimolante» si cerca ristante in cai essa
» nen esiste t
Primieramente il sig. Boisseau epiteta con molta 1^-
gierezza: per esso T allume, il solfato di zinco e le can-
taridi sono imYoM^i tutti egualmente; e la loro azione
irritante viene poi trasformata in attimolante.
Secondariamente egli dovrebbe aver conosciuto le molte
insorte dispute farmacologiche; poiché, secondo alcuni, li
suddetti mezzi »9ono irritanti, per altri astringenti i due
-primi ^irritante la terza ; per i terzi sono invece tutti
e tre controstimoli.
In terzo luogo noi non crediamo che T allume, il sol*-
fato di zinco ^ il vescicante guariscano T affezione nel
medesimo medo; poiché il vescicante trasporta «fuori quan-
4ità fi^rte di siero e di materia; ciò che non fanno i due
primi mezzi.
In quarto luogo nen si otterranno gli stressi efibtti,
6enza dubbio, se in un collirio, per* esempla, di due on-
de d'acqua si scioglieranno un grano, due, cinque, die-
ci, venti degli stessiseli; poiché a dose cosi alta certa-
mente si porterebbe datino anziché utilità. Conseguenza
ed illazione diretta e strettamente logica che< i venti , i
dieci , i cinque , i due grani ed il grano t sciolti nella
stessa quantità di veicolo, non portano la stessa azione.
995
« II. Un' irritaziqneiniens3L:]^rQvood,t% ifx nn .testato
» organico , impedisce di contrarre un' irritazione men
» viva^ di risentire l'impressione di un irritante relati-
» vamente meno possente; razione, localizzante di un /o-
» nico astringente può for cessare razione generalizzante
;^ di un eccitamento espansivo^ Cosi aUorcli^ la meinbrana
» mucosa della bacca fu resa . infiammata e dolorosa àaX^
-^ razione del sangue, l'acquavite la più forte non sem-
» brerà, che un dolce liquore, l'aceto si f^rà appena jsen-f
» tire, gli amari sembrerà non ayer più sapore >.
Parlando della medicina antica al Canone 4,^ della Te^
rapeutica di Galeno, abbiamo mostrato come altro sia che
noi non percepiamo l'azione di una sostanza, altro ch0
tale sostanza non agisca in noi. Che se una parte irri-
tata non potrà cadere in irritazione perchè già irritata;
non perciòi s^ verrà atta^ccata da nuove potenze irritan-
ti, ancorchà più leggiere della prima, non sentirà la Ix>rQ
azione*
4< III. S'egli è vero che la febbre continua sia un
> preservativo contro la febbre intermittente^ è con^ra^^
» gione che Pujol disse-cfae l<a china guarisce ]a febbre in-
p termittente eccitando una specie di febbre continua t^.
— Copia perfetta di quanto avea detto Hahnemann.
Tale ragionamento sarebbe simile come se si dicesse:
una potenza qinqu:inta spinge una palla a balzi, ed una
poteinza^ a^nto la spinge ad una lunga parabola. Ora ;se
la palla non correrà a balzi, ipa starà ferma, sarà per^
ciocché ayrà ^gito sopra di essa la potenza cento. —
Modo nuovo di ragioi^are.
«IV. Se lo stomaco non sarà sede ieW irrita zion^e ,
» la china guarirà V intermittente come guarisce un'of-
» talmia, una nevralgia periodica e tutt' altra irrita-
la zione intermittente esterna ». — Producendo forse
tali malattie continue?
€ V, La china guarisce le intermittenti , sia stabi-
506
» lendo sullo stomaco unMrritazione che impedisca che
» egli risenta V influenza delle loro cause allorchò si di-
» rigono Terso tal Tiscei^e, sia determinando nello sto*
» maco un* eccitazione derivativa^ allorchò tale influenza
» si diriga verso un altro organo ».
Qui noi troviamo confuso il derivativo col revel*
lente e confermato quanto abbiamo detto al IV.
« VL Se si persista che la china agisca come speci-
» fico contro la periodicità ^ V abitudine , V intermitten-'
> za, ^i dovrà convenire eh* essa dividerà la sua pro-
» prietà colla gioja, col terrore, col l'arsenico, coirop-
» pio» col giusquiamo, coir emetico e con tutti gli agenti
» che guariscono le afibzioni periodiche ».
Tali sono gli argomenti eh* egli fa militare in favore
della propria opinione.
Abbiamo poi sommo piacere eh' egli abUa rammen-
tato « un mezzo poco generalizzato, già raccomandato
» dal Silvio (volle forse dire dal Willisf) impiegato con
» successo dal Lallemand per la guarigione delle inter-
» mittenti; quello, cioò, delle legature fortemente ser-
» rate alle membra ». Mezzo come vedesi eccellente per
guarire le irritazioni (infiammazioni) dello stomaco, e
senza dubbio comodissimo.
Viste cosi le sue idee sulle intermittenti semplici,
dovremo passare a quanto scrive sulle perniciose t Ma
siccome egli si riferisce all'Àlibert, cosi noi non lo se-
guiremo.
^ Egli crede che possasi continuare ad usare la voce
FEBBRE in quelle malattie che consistono in una pires-
sia sen-a localizzazione, {Continua).
:697
'Vhe Mééioruiive Tt/*eufM$emi of JPftetfiitoitla* — -
lia eara rlstoraiiCe dt^llA polmonla % del Prof.
UGO BK»:%KTT. — Edimburgo, 1866; op. di pa-
gine 110. — Traduzione del Dr. C TuànbuiHni.
p
ubblico questa Memoria allo scopo di far > sempre meglio
conoscere a' miei collega , la grande importanza pratica delle
questioni che risguardano l'efficacia della cura della polmonite
per mezzo dei ristoranti* Questo lavoro consiste essenzialmente
di una tavola emessa la prima volta nella quarta edizione dèi
miei Principles and Praetice' of Medicine (Principj e pratica
della Medicina); di una maggior estensione data ai fatti stati-
stici ed alle conclusioni che se ne possono dedurre; e di ri-
sposte alle osservazioni fatte da alcuni medici distinti a diversi
argomenti compresi in questa serie di ricerche, lo spero che la
conoscenza di questa tavola, persuaderà i medici addetti agli ospe-
dali e gli altri, ad ajutarmi nella collezione di casi di polmo-
nite acuta raccolti con tutta diligenza, disposti in tavole come
la mia , cnde i vantaggi della pratica vengano o confermati o
negati dall'esperienza generale. Farmi che a questo modo, verrà
una volta definito un punto fondamentale di medicina pratica ,
si a lungo controverso.
Ogni lucida mente deve ammettere che la sola vera prova
di un dato metodo in pratica medica, sta nelle guarigioni ot-
tenute per esso. Semplice còme può riuscire codesta proposi-
zione ai non iniziati , è noto come in medicina nulla sia pia
difficile che lo stabilire la vera facoltà curativa di un par-
ticolar piano di cura. Provate che una "" malattia cammina
bene da sé, cioè, che la massima parte delle volte segue un
certo andamento , e termina favorevolmente , una delle due
può accadere : o che vengano esaltati quali mezzi pei quali si
ottenne il risultato , molli ri^edj per quanto opposti nel loro
modo d'azione, e quantunque tutti inerti, dipendendo in fatti
la guarigione dalle forze « della natura , oppure : non essendosi
propinato alcun rimedio ed abbandonata a sé medesima la ma-
lattia , nascerà la questione : con qual trattamento o in quali
59$
condMMl il iiiSSperà nel ffèr bf«Te tempo poMiblld ? Diversa
malattie, generalmente parlando,- procedono bene da loro Mede-
sime» tra codeste» il deiirinm tremens non complicato, IMpertosse,
rerisipela* 8onTÌ d'altronde altre malattie, eba sokio considerate
assai pericolose e che danno sempre un buon numero di casi
fatali, qualunque sia il sistema di cura adottato per esse. Tra
queste , la polmonite , la quale , per la freqi^«nxa , pei- sintomi
violenti che T aecompagnano e per. T ansietà cui sempre dà
luogo, deve occupare T osservazione dei pubblico e del pratico.
La polmonite ha per altro questiO vantaggio, che Tosserva*
tione combinata dei aiatomi funaionali e dei segni fisici ce la
rivela in modo sicuro, a ci allontana le fonti di errore inerenti
alla diagnosi di molte altre affezioni. Questa malattia fu sog-
getto recentemente di nomerose osservazioni negli ospedali di
questo e di altri paesi, si raccolsero diligenti annotaeicni sul
corso e sulla mortalità di esia trattata con diversi sistemi di
cura, di modo che è lecito aspettarsi, che la discussione di codesto
argomento abbia a dare conclusioni un pò più positive che in
ogni altra questione in medicina* È appunto per tali idee che
io credetti meritevoli di < attenzione . i risultati della - mia pra-
tica negli scorsi sedici anni al Royal Infìrmary of Edinburgh j
tanto più che oltre all' essere assai soddisfacenti riguardo* alla
guarigione , sono basati su una serie di fatti annotati , la cui
esattezza, io credo, Aon sarà messa in dubbio.
La tavola segùtmte comprende tutti i casi di polmonite acuta
che furono ammessi alle Sale Cliniche del Royal Infìrmary in
mia cura dal i ottobre 1848 al 3i gennajo 1865. Durante
questo tempo il. mio servìzio era, prima di quattro mesi al-
l'anno, poi in anni alternati, di sei e di tre mesi. Così io eser-
citai la mia pratica nelle sale per 75 mesi, ossia 6 ai^ni^ e ^/|.
La tavola espone i fatti presentati dai casi , in modo da met-
tere sotto al giudizio del lettore gli effetti del metodo di cura
che si è seguito. Le colonne indicano $ 1^ il nuiaana del caso;
2^ il nome del paziente; D significa un caso doppdo; N un caso
non soddisfacente riguardo alia durata dalla malattia; 3^ l'età;
4® la salute antecedente, buona, grama, o in' qual modo parti-
colarmente alterata ; 5® il giorno., d' ammissione contando dal
giorno del brivido, che indica il principio della malattia; 6*
i
599
la dorata tleltcì malattia, ossia U pmcipio' d^lla.epi^Yal^^OifH^za^,
7® il nu^«r,o dèi. giorni 4\ d^geaza neirosp^dale, contando (lai
brivido; 8® la frequenza e il carattere del polso all'atto del-
l'ingresso; 9^ il numero, il carattere delle respirazioni al momento
dell'ingresso; iO^ il lato afiWHo, e l'esteauone di polmone inte-
ressato; l}** se la polmonite è complicata con altra malattia è
segnata cosi: X; 1.2*; la cura; 43** osservazioni generali; e 16®
il volume e la pagina dove fu registrato il òaao.
Faccio notare che i casi non furono raccolti riferii)] Imente
ad una ricerca statistica , ma ne hanno redatte le annotazìoìii
i miei assistenti , al letto dell' ammalato , com^ ^i usa qui da
lungo tempo. Queste annotazioni hanno quindi un valore assai
diverso l'una dall' altra , anzi in alcune poche le informazioni
su certi punti sono, deficienti; là.bo 19 esso, nella tavola un ^
punto di interrogazione. >
La t^-vola fu incominciata dal mio primo egregio medico
residente, il Dr. Glen, fu continuata dai Dottori Smart, Duck-
v^orth e Macdonald^ pur e&si miei medici résidefiti j dell' ospe-
dale durante gli anni 1863 , 1864 , 0 1865 , ai quali io sono
obblig itissimo pur il lavoro che fecefo qui. Il fatto che la tavola
fu redatta e diligentemente Hvedata d$. me stesso non solo, ma
da ciascuno di questi quattro signori successivamente^ è là prova
la più convincente della esattezza dei pairticolari in essa «éoiih
tenuti.
000
Tavoia di tutti i casi di Polmonite acuta trattati nelle Sale clinick
in 75 mesi di serpizio dell'Autore , ossia I
"1
s
a
o
Zi
Nome
Salute
antece-
dente
Giorni
>
22
o
I
o
9
B
Polso
al
principio
deUa
cura
u
a
N "O
U O
8 g
«.2
Estensione
e lato
interessato
J. Aikencross
B. Ring
J. Foremann
J. Rell
6
J. M^ntyre
R. Hogg
D i
8
F. Farrell
W. Hamilton
30
40
54
40
Toste
invernale
da 3 anni
Buona
52
18
9
J. Conolly
53
38
Buona
Buona
8
Buona
Debole
Buona
14
14
16
14
8
14
32
30
17
19
21
55
2
19 Vigorosa
8
23
U
30
64
92 ?
112 duro
100 pieno
e duro
100 va-
lido
80 valido
Naturale
25
32
14 34
iOO pieno
e duro
100 pieno
30 diffi-
cile
5/4 inf. Destro
Breve
7jj inf. D.
Dispnea
Accelera-
ta e breve
Dispnea
Nessuna
dispnea
V3 inf. S.
7, inf. S.
Va inf. S.
Ambìdue ?
Dispnea
Facile
Va s«P- ^•
Va sup. D.
9Ò pieno
Vi infer. D
eoi
et Royal Jnfirmary , dal 1 ottóbre 1848 al 31 gennajo \9&ò ,
tini e Vi- — Numero dei letti: 40 in media.
UNI.
Cura
•
■ ' '' T •" T" '-^ — — \
Osservazioni. — ^ Natura del caso. — Com-
plicazioni. — Violenza dei sintomi. —
ni che si ri-
to al registro
i|la sala
V
{ Particolarità dei segni fisici. —
.2 3^
NO
•
C5 »
Conseguenze, ecc.
o^
f
t _
Sala !
Salassato prima dell' ingresso ,
non si sa in quale quantità. Anti-
moniali 1-16 gr. ogni 2 ore. Ve-
scicanti dopo. Vino une. vi e nu-
trienti.
Salassato dnll*assiste~ te dopo l'in-
gresso ad une. xn. Antimoniali 1-8
gr. ogni ora. Poi vescicanti. Nu-
trienti.
Antim. i gr. ogni , ora. * Poi mi-
stura espettorante, nutrienti e vino.
Antimonio i gr. ogni due ore ,
poi ogni ora. Dopo opiati per con-
ciliare sonno e une. iii di acquavite
al giorno.
Atitim. 1 gr. ogni ora; poi i-16
gr. ogni quattro ore, insieme a diu-
retici. Più tardi vescicanti.
Salassato ', purgato , vescican'
ti, ecc., prima dell* ingresso. Sa-
lini, vino une iv, nutrienti. Poi
astringenti ed opiati per frenare la
diarrea.
V2 gr. antim. ogni 3 ore; yino
une. iv; nutrienti. • . ^
Operajo robusto, con letrgier pfeurisia v
soggetto alla toss*3 nelT inverno. Dopo il
'salasso entrò nell'ospedale sfinito.
Entrò una settimana dopo che fu presta
dalla malattia. Era stato salassato; avev;i
preso antimoniali.
Uomo robusto , entrato appena "^ malato
Non sfinito.
Uomo robusto' pletorico, dedito al bere
Coppe ad une. vm. Antim. */| gr.
La convalescenza cominciò tosto dopo
r ingresso, ma fu prolungata.
Giovane debole,' maestro, trattato anti
[logisticamente prima dell'ingresso; con
valescenza prolungata per la sopraggiunta
diarrea. ^
Voi 2,
p. t20i
Voi. 3,
p. 6
Voi. Ar
p. 441
Voi. 4r
p. 466
Voi. 5,
p. 419
Voi. 5,
p. 93
La malattia occupava prima il terzo
^medio del polmone destro , poi si estese
al terso superiore. '
Diminuendo ia polmonite , si notò pro-
ognt 4 ore. Vino une. vt. Vesci-1 un gatta espirazione e rantolo sibilante al-
iante. Chinino 1 gr. tre volte al 1' apice ; convalescenza prolungata,
giorno.
Sulla guarigione s' ebbe un accesso di
reumatismo che prolungò la degenza.
Vj grano antim. ogni 3 ore. Nu-
trienti. Dolori reumatici trattati col*
r aconito localmente.
I
Voi. fi,
p. 429
Voi. 7,
p. Ili
Voi. 8,
p. 174
WIt
10
E. LanoQ
ù 2
11
J. Kelly
12
J. Stewart
13
T. Monro
14
H. MTbiiips
D 3
15
D. Taylor
16
A. Millar
17
W. Gray
18
19
J. Donaldson
20 1. Scott
17
40
34
16
42
54
17
Vigorosa
Grama
VigcroBa
Debole e
gottoso
Buona
14
2
4
S. MacBonald 25
26
38
Tosse
ìnvei^nale
da 22 an-
> ni
Buona
Buona
Bugna
Buona
Ccittiva
da quatt
! anni
6
14
20
21
12
14
la
10
16
48
14
21
1
?
33
34
106 forte
Facile
72 natu- ' Dispnea
rale
100 pieno
<e forte'
76 natu-
rale
100 fort«
:•
24
Accelera-
ta
31
i8
83
69
100 pieno
e forte
100 picco-
io e molle
,106 va-
lido
106 pieno
128 va-
lido
26 diffi-
• Cile
Dispnea
inf. D.
«/3 inf. D.
Tutto il S.
Va inf. D.
Vs i«f- S., Vi
inf. D.
7ji inf. S.
Dispnea
32 diffi-
cile
46 acce-
lerata
Accelera-
ta
Dispnea
7j inf. S.
Va inf. D.
Va sup. D.
Vt inf. E
V» inf. D.
m
r-
■BBS
Cura
r »
• 2
•r* **
co
Osservazioni. — Natura del caso. — Com- *« *bo _
plicazioni. — Violenza dei sintomi. — « « "
Particolarità dei segni fisici.^ — ^ '1 1 "^
Conseguenze, ecc. Oc2^
Sala I.
■1.n«i
Salini/ vescicanti) nutrienti.
Salini , vino colchico , nutrienti.
Salasi, une. xii per sollevare la
dispnea. Poi 12 sanguisughe. Sa-
lini; poi nurienti e vino.
Pulv. opii gr. ss ogni due ore.
Nutrienti, vino.
Antimon. ^/g di gr. ogni tre ore,
combinato con it5 gr. di opioNper
allevia re 1* insonnia e il dolore
gra ve.
V4 S^* ^^ antim. ed opio ogni
tre ore.
^U S^' ^^ antim. ed opio ogni
due ore.
i/g gr. aumentato poi a ^/^ di
gr. di antimonio, ogni tre ore.
1 gr. antimonio ogni due ore.
Poi 8 sanguit^ughe e un vescicante.
Salini ; vino utic. vm- e nu-
trienti.
Antimonio Yt gr. ogni quattro
Dre. Coppe incise ad une. vi. Succes-
sivamente un vescicante.
Giovane opera jo rotyisto , con polso vi-
goroso e rapida guarigione , quantunque
aifetti ambi i polinoni.
Uomo forte muscoloso, soggetto da lun-
go a tos&e e reumatismo.
Il salasso migliorò la dispnea, ma pro-
lungò la convaltiscenza , della quale non
si sa la lunghezza.
Soggetto debuie, d' abito gottoso , trat-
tato con opio.
Stava bene 18 giorni prima di esser
dimesso; non sì notò il perchè di questa
prolungata degenza.
, >
Complicato con bronchite ed enfisema.
Uomo sano. Guarigione rapida.
Era convalescente 14 giorni prima di
essere dimesso ; non si notò il perchè della
prolungala degenza.
Trattenuto nell'ospedale 6 giorni- dopo
la completa guarigione.
Guarì dalla polmonite 10 giorni dopo
r accettazione. Trattenuto 73 dì di più per
[febbre continua.
Era questa la quartsl polmonite in quat-
tro anni. La prìm»-^fu curata antiflogisti-
camente. Convalescenza -lentissima con
bronchite.
Voi. 9,
p. 41
Voi. 9,
p. 76
Voi. 9,
p. 186
V. 11,
p. 39
V. 14,
p. 141
V. 14v
p. 153
V. 14,
p. 183
V. 17,
p. 35
V. 18,
p. 137
V. 19,
p. 21
V. 20,
P. les
«M
e
8
di
22
23
24
25
27
28
29
30
81
32
Nome
««8
Salute
antece-
dente
Giorni
o
\'
„ 8.Ì:
© :2 ^
te a-
Polso
al
principio
della
cura
fi
s £
.2 13
OS E
CU
Estensioni
e lato
interesstJ
J. L«ggat
M. Muhon
N 1
J. Murray
J, M^Xaughton
D 4
J. Shopherd
20 P. Clarke
P. Convy
D 5
J. Proudfoot
D 6
C. Bangs
R. Simpson
A. M'Naughton
J. M'Queir
19
12
53
l34
23
22
22
30
41
53
2"
19
Quona
Buona
Tosse da
tempo
Grama
Buonis-
MÌuia
Poco
buona
Tosse da
6 setti-
mane
Tosse da
6 setti-
mane
Reuma-
tica
Buona
Buona
Grama
5
5
8
8
4
8
12
?
22
21
17
12
28
24
130 pieno
1 48 pieno
e forte
112 va-
lido
34 120 de
bole
20
14
16
21
13
13
14
14
8
23
49
37
15
13
29
84 molle
30 breve
56
Dispnea
44 diffi-
cile
. 24
104 forte
1 1 2 molle
100 pieno
e furto
80 valido
92 forte
?
100 pieno
Dispnea
32
32 diffi-
cile
Tranquil-
la
24
1/, sup.a
Tutto il S.
8/, inf. l
'' j iati
«l3iuf.s:
1/, sop. I^'
«/, inf. S.,
apice V'
'' i lati
Tatto
il DI
1/, inf.^'
42 acce-
lerata
l
Tutto
'il
«05
Cura
Osservaiioni. — Natura del caso. — Com-
plicazioni. -^- Violenza dei sintonrii. —
Particolarità dei segni fisici. —
Conseguenze, ecc.
1
O
»mm
u
tm
co
*mm
»tm
00
*x
V
c3
o
u
^•^
o
09
a
e
O
c
mi
o
«
fm
o
Ti
^a
o
08
- ■«
co
Sala r.
^U E^' antimon. ogni ora-; più
.ardi ogni du^» ore.
Antimonio */^ gr. ogni tre ore;
)oi nutrienti.
Antim. i/i gr. ogni due ore. Ve-
scicanti,' diuretici, une. ii vino,
lutrienti.
1/3 gr. antimonio ogni due ore.
Diuretici, une. vi vino, nutrienti.
Salassato prima dell^ ingresso ad
une, XX, e. purgato, Vi ff*"' antim.
s gocce 3 di Sol. Mur. Morpti.
}gni due ore.
1/1 gr* di antim. ogni due ore ;
;)oi nutrienti.
^/i gr* di antim. ogni quattro
ore; diuretici^ vino une* iii, nu-
trienti.
1^2 gr. di antim. ogni quattro
ore. Vino e gin. ana une. ni, e nu-
trienti.
1/3 gr. di antim. ogni tre ore.
Espettoranti ; poi astringenti pnr
Trenarela diarrea.
1/1 gr. di antim. ogni tre ore ;
poi stimolanti ed espettoranti.
^/t Sr. di antim. e gocce 10
sol. inur. morpb. ogni quattro ore;
vescicanti.
Giovane vigoroso. Guarigione rapida.
Ragazzo sano ; mancando le annotazioni
giornaliere , non si potè determinare la
data della convalescenza.
Guarigione ritardata per bronchite cro-
nica.
Uomo debole di abitudini temperate.
Entrò nella casa^ esaurito. Guarigione
tarda.
Giovane vigoroso in perfetta salute. II
salasso alleviò la dispnea , ma protrasse
la convalescenza.
Salute generale affievolita da precedente
malattia. Guarì ancora bene.
L' antimonio produsse diarrea e fu so-
speso. Trattenuto una settimana dopo
guarigione completa.
Dedito da lungo tempo all'acquavite,
con salute grama. Convalescenza tediotsa.
Uomo disordinato, con reumatismo ero
nico. Trattenuto nella casa per diarrea
ostinaUi.
Caso semplice in uomo sano, terminato
colla guarigione al 13.® giorno.
Decorso naturale di una polmonite sem-
plice in nomo sano.
Giovane dissoluto con tisi incipiente.
Salassato due volte prima del'
V ingresso ad une, xvm ogni volta ; Convalescenza ritardata.
antim. ^2 ?^' • P^' Va K**» ogni
tre ore. j
V.
21,
p-
36
V.
21,
p.
92
V.
22,
p.
135
V.
22,
p-
131
V.
22,
p.
141
V.
23,
p
. 1
V.
23,
p-
104
V.
23,
p.
127
V.
24,
p
K Ò
V.
24,
p.
166
V,
25,
p
. 17
V.
26,
p.
173
006
o
u
a
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
Nome
R. Jude
D 7
J. Cogana
D 8.
R. MacFarlanA
A Bathgate
D 9
D. M'PhaU .
P. Robertson
D 10
S. Scongie
J. Adams
E. Sanders
Flannighan
T. Doyley
J. M'Farlane
D 11
Salute
antece-
dente
Giorni
§■1
N O
0;
co
O
^ O : fi
c8
U
0
Polso
o .
al
one
ella
Estensioni
•5 -o
principio
e Iato ;
della
Resp
incip
interessi
cura
36
23
20
• Buona
Buona
Buona
23 Non buo
na
U
51
38
Debole
Robusta
Buona
40! Qualche
volta di-
sordinata
20 Disordi-
nata
ÌS Buona
40 Buona
30 Soggetto
da lungo
a tosse.
0
4
5
7
a
8
8
iir>
14
18
12
18
10
11
20
14
11
14
14
9
23
38
15
33
45
9
24
12
16
9
18
31
96 debole
93 forte
104 forte
120 pieno
e duro
120 de-
bole poi
120 duro
«.piccolo
100 de-
bole
95 debole
llOpicoOr
lo e debo-
le
108 'pìcco-
lo e debo
le
100 molle
■ I
9.0 buono,
valido
95 pieno
e forte
30
?
24 facile
40
. 36
40
Dispnea
Molta
diepnea
36 tran-
quilla
?
?
40 difa-
cile
H
IL inf. mi
i lati
Vj medio S,*j
inf. D.
i/^iafJ.
s
'/jSup-D.,'!
sup. S.
1/, inf. D.
«/3 inf. Do V
iof. S.
1/, inf. D.
2/3 iaf. S.
Tutto il ^
1/3 inf. 8'
aipice
M
J).
607
^M|H
Cura
OseervasuianL — Natura dd caso. — Com-
plicazioni. *- Violenza dei sintomi. —
Particolarità dei segni fisici « —
Óunseguenze, ecc.
.i e
m
— «.s
e ® S3
5 e T>
••* o ^J
NO
« 2
Sala I.
vp«*
Salivazione profusa prima del-
l'ingresso. Poi diuretici.
Salini; vino une. u^ e nutrienti.
Salini , poi diuretici eoe col-
chico.
Salini ; diuretici con colchico ;
vino. une. iv; e nutrienti.
Salini, vescicanti, autrienti; in
fine chinino e olio di fegato di mer-
luzzo.
. Nutrienti e stimolanti ; vino une.
IV ; cataplasmi ai lato siniatra Ri*
poso.
Salassato ad une, xvm. Cura àn»
timoniale prima dell* ingiresso. Poi
vino une. ii, quindi une. iv e nu-
trienti.
Brodo ; errosto onc. vi^ vino une.
iij giornalmente. ,
Salini, nutrienti e vino une. in.
• Appetito tardo, coavs^les^enza ritardata.
Complicata pon thypbus fcver, che prò
lungo la convalescenza.
Caso onlinario, compieta guarigione.
Uomo debole, disordinato. La polmonite
a sinistra sopravvenne al 7.® giorno dopo
quella a destra.
Era un caso di pleurisia. La polmonite
sopravvenne in sala al 7.® giorno. Conva-
lescente al 17.^ giorno di polmonite, ma
coiitinuo la pleurisia.
Uomo forte, con gran dispnea e lìvido-
re della faccia che minacciava soffocazio
ne^ e che diminuì in due giorni. '
La cura prima deir accettazione con-
dusse alla prostrazione ed a prolungamento
della convalescenza.
In un' altra polmdhite a Glascow 7 mesi
prima fu salassato^ mercuria lizza to, ecc.,
e guarì lentamente con gran debolezza.
Questlt volta guarì rapidamente*
Soggetto debole.
Salini, vino unc.m e nutrienti.
Salini combinati ai diuretici; vino
ano. IV e nutrienti^
Dapprima 1-16 gr. antim. tart.
ocn drach. ss sol. ammon. acet.
V. 29,
p. 135
V. 29,
p. 161
V. iSS,
p. 2
V. 35,
p. 37
V. 35,
p. 192
Or non si trova più il registro dove
sta questo caso;
Caso semplice.
Soggetto e^ile, gracile. Kbbe tid cronica
per 10 anni. Tutti i sintomi pneumonici
ugni sei ore. Coppe incise al costatolviolenti , i segni fisici ben distinti ( ca<ol
V.
32,
p*
213
Sai
a 2,
V.
8,
P.
16
Sala 2,
,v.
1,
P-
20
Sala 1»
V.
39,
P»
37
V.
41,
P.
li
V.
41,
P
. 4
608
8
45
46
47
48
49
60
31
52
Nome
1^
Salute
antece*
dente
Giorni
o
rs
N P
8 >
ss.
o
N eS
Polso
al
princìpio
della
cura
e
0
O
o "3
CU a«
EstensioDe
e lato
interessato
Ed. Nugent
J. Tait
N 2
A. Robertson
D 12
J. O'Donnel
R. Kay
D 13
P. M*Shim
D 14
W. Purdie
D 15
W. Sword
D 16
28
47
asura ed
emottisi
Buona
UbbrJa<
cone
42 Debole da
15 mesi
14: Buona
18
56
17
31
Buona
Buona
Buona
Buona
?
14 ) 19
6
6
3
2
12^
11
10
10
15
53
24
08 debole
? faticosa
15
13
26
13
15
72 piccolo
e debole
112 debo-
le
120 debo-
le .
100 p'reno
e forte
90 debole
120 pieno
e molle
90 debole
? gran
dispnea
? dispnea
i/^ inf. S.
48
40
28 op-
p restia
46 accele-
rata
44
i/, ifl/. S.
1/ suP' d'i
'' iUti
i/j sup. D.
IL inf. S., ^1
'' inf. D.
7, inf. d'
'' i lati
1/3 inf. D-»'
inf. S.
D., •/» '"'
_--H
609
Cura
Osservazioni — Natura del caso. — Com-
plicazioni. — Violenza dei sintomi. —
Particolarità dei segni fisici. —
Conseguenze, ecc.
i 2
a> a
Sala I.
estraendo une. iv di sangue per
alleviare la dispnea. Più tardi une
tv di vino giornalmente con nu-
trienti. Reumatismo trattato cogli
alcalini interni.
Stimolanti per alleviare lo spa-
smo e vincere il collasso ; poi nu-
trienti e vino une iv giornalmente.
tipo) 9 seguito da reumatismo acuto, che
ne prolungò la degenza nella casa.
Une. IV vino ed une. ii di ac-
quavite in 24 ore. Nutrienti ad li-
bit.
Diuretici; une. iv vino e nu-
trienti.
Vino une. iv giornalmente ; nu-
trienti liquidi libit. ; salini leg-
gieri.
Salini, nutrienti, vino une iv.
Salini; brodo succoso ; vino une.
[V, aumentato poi ac^ une. vnu
Salini; brodo succoso; vino une. iv.
Uomo forte e robusto. Ebbe spasmo dello
stomaco e gran debolezza. Entrò nella casa
un'ora dopo. Si riebbe col riposo e co-
gli stimolanti. Ai terzo giorno si determi-
nò la polmonite. ÌGruarigione rapida e com-
pleta.
Trattenuto nella casa per reumatismo
cronico e lióhen acuto.
Segni di etisia precedettero l'attacco che
poi scomparve.
•
La polmonia era all'apice, ma guarì
rapidamente.
La polmonite incominciò e fu assai gra-
ve a sinistra. Vi fu una leggier pleurisia.
Ritar(lata la dimissione per mancanza
di indumenti iO giorni.
Ritardata due giorni l' uscita per man-
canza di indumenti
V. 40,
p. 1
Diuretici leggieri. Vino , prima Debolissimo all' accettazione ; salvato co-
line. I ogni due ore , con un pie- gli stimolanti,
colo cucchiajo di acquavite per com-j
battere la prostrazione ; portato dopo
ad une. iv al giorno. Brodo succoso'
ad libit.
V. 43,
p. i69
V. 40,
p. 68
V. 40,
p. 75
V. 42,
p. 137
V. 45,
p. 185
V. 46,
p. 1
V, 46,
p. 23
Annvli. Voi. CCI
39
010
•^■^ r* V »«;»H<»r
»..
T • tri w ««tt^ti^ x-
K^ .» 'r «^V^:
lUvii^m 4^
;w\*fV
^'«.•j:
-* f^OMm ^
J
M !«:
»
•jr ^* i*i$:
a^ atS.
-^ SOD-
'*f^ T96»
V- .—.>.«
:- t^
o%ì^
a. i
1. A
V ^ \****fc«s'W
^"S t^o.'
.'W^f.
611
S£
Cara
Osflervaaioiìi. — Natura del caso. — Com-
plicazioni. — Violenza dei sintomi. —
Particolarità dei segni fisici. —
Conseguenze, ecc.
• 2
•r* ^
co
co 00 _
0) C3
« fc. —
tm ce
o ce *"
§ c-ó
NO
08 w
Sala I.
Salini;* vino une. iv; nutrienti.
Salini; vino une. xn diminuito
poi ad une. vm con poca acquavite.
Salini, nutrienti, vino une. ti.
Salini, diuretici, vino une. vm.
Salini, nutrienti, vino une. tv.
Salini, nutrienti, vino une. iv.
Salini, nutrienti, vino une. iv.
Salini, diuretici, nutrienti^ vino
une. TV.
Salini, leggieri diuretici con col-
chico, vino une. vi, nutrienti.
Salini , brodo succoso , vino
une. VI.
Salini, nutrienti, vino une. tv.
Salini, nutrienti, vino une. tv.
• M *
Salini, nutrienti.
Salini, ecc., vino une. tv.
Salini, nutrienti, vino une. vi.
Soggetto forte, vigoroso.
Leggier pleurite a sinistra. Grande esau-
rimento al 5.® giorno , d' onde rinvenne
cogli stimolanti.
Giovane vigoroso.
Soggetto da lungo a tosse, palpitazio
ne , dispnea. Reumatismo 9 anni ' prima.
Rigurgito mitrale. >
Giovane robusto.
Soggetto robusto, con guarigione ra-
pida. La malattia occupò tutto un pol-
mone.
Giovane robusto ; guarigione rapida.
Uomo disordinato ; delirio ; guarigione.
Caso gravissimo.
Senza tisi; guarigione completa.
Guarigione rapida, ebbe leggier diarrea.
Non tisi, guarigione completa.
Bronchite; bronco-polmonite.
Uomo vigoroso.
Uomo forte. Febbre tifoide marcata. Con-
valescenza lenta.
V. -47,
p. 24
V. 46,
p. 39
V. 47,
p. 160
V. 46,
p. 56
V. 46,
p. 74
V. 47,
p. 66
V. 46,
p. 80
V. 46,
p. 86
V. 46,
p. 157
V. 46,
p. i61
V. 48,
p. 170
V. 48.
p. 137
V. 50,
p. 77
Perdu-
to il V.
V. 53,
p. 31
Giorni
t
Saluto
Polso
S
Eileniìoi.
o
a]
i
1
Nome
2 antece-
di: n te
1^
li
s t
-1
principio
delU
II
eUte
inUTSinto
1
68
A. Huirhead
9 Buona
4
10
11
105 debo-
le
33 4taf-
oek
•/, iel. ».
60
A. Stass
1 Debole
?
t
51
74 debole
38 dlip-
Tali» il ».
N 3
noa
70
L. Shorthouse
3 Buona
3
14
26
100 debo-
SO «.p-
'I.MS.,'!,
D 21
le
nea
s.,. ».
71
J. Potter
7 Buona
: s
27
38
106 debo-
42 gra?«
Tutto il ».p 'li
D 22
le
dispnea
lil.S
72
B. Goldie "
9 Buona
8
?
44
HO debo-
Brere a
i;,i.t.».
N 4
le
«etere
73
R. Linda»; i
1 Buona
8
17
23
66 debole
V,i.t.»
74
J. Potter i
7 Debole
3
21
32
104 debo-
le
Dispnea
V.irf»-
75
J. HillAQ 1
4 Buona
3
9
10
120 debo-
66 disp-
1/, inf.Il..'/i
D 23
le
nea gra-
iaf. S.
76
W. Smith 2
2 Buona
1
5
7
100 vaU-
do
45 dìfBci-
le
1/, me» »■
7
Ralph Gathrie 3
2 Tosse da
6
12
28
94 debole
26
•;, ÌDl ».
1
S meaì
8
Mark Stedman 1
7 Buona
6
12
11
HO debo-
le
50 dlil>-
nea
»/, 8up. »•
9
G. Fleming 2
2 Non buo-
T
9
25
98 debole
30
V. w. i
0
J. Devine 2
na
7
10
8
98 debole
40 diep-
nea
•;, ini "
1
A. Heodorson l
2 Buona
8
13
13
96 pieno,
24 nes-
•;, iaf. s.
valido sana di-
epnea
613
«A
e
o
Cura
Osservazioni. — Natura del caso.— Com-
plicazioni. — Violenza dei sintomi. —
Particolarità dei segni fisici. —
Conseguenze, ecc.
« o
CO
09
bO
«>
C3
V
u
^~*
"«
Cd
■ f^
C3
a
o
O
s
o
N
o
u
73
08
tf>
—4 u
Sala I.
X
Salini, nutrienti, vino une. iv.
Nutrienti, vino une. z.
X
Salini, nutrienti, vino une. vt.
Salassato prima deW ingresso
ad une, xx. Salini , nutrienti, vino
une. vili.
Coppe e purgante prima delV ac-
cettazione. Nutrienti, vino une. xvm.
Vino une. xii; nutrienti.
Coppe prima delV ingresso, fino
a qual quantità non si sa. Vino
une. VI, nutrienti.
Nutrienti, vino une. vi.
Nutrienti, vino une. rv.
Nutrienti, ecc., vino une. vi.
Nutrienti,' vino une. vi.
Nutrienti, vino une. vi.
Nutrienti, vino une. vi.
Nutrienti, vino une. iv.
Caso semplice, guarigione rapida, sog-
getto forte.
Pleurisia cronica con effusione comin-
ciata sei settimane prima dell' accettazio-
ne. Non si potè determinare il principio
della polmonite.
Giovane forte ; cominciò a destra poi si
manifestò k sinistra.
Debolezza estrema. Convalescenza lenta.
Dimesso con leggiero indurimento deira-
pice a destra.
Caso di febbre tifoide con ulcerazioni.
Guarigione lenta.
Esaurito da una settimana di dieta pri-
ma deir ingresso.
Lo stesso caso del N.^ 71. Ebbe altro at-
tacco. Dimesso con indurimento ancora del-
l'apice destro.
Giovane vigoroso, guarigione rapida.
Leggierissima pleurisia.
Leggier pleurisia con effusione.
Operajo vigoroso, giovane.
La polmonite tenne dietro ad una grave
e prostrante rubeola.
Uomo robusto, guarigione rapida.
Soggettò sanò e robusto. Diarrea alPac-
cettazione, scariche come fermento di birra
per 15 giorni dopo l'accesso di freddo.
V. 53,
p. 75
V. 52,
p. 43
V.
54,
p.
69
V.
54,
p-
95
V.
55,
p.
99
V.
52,
p.
112
V.
54,
p.
213
V.
55,
p.
103
V.
55,
p-
127
V.
58,
p
. 7
V.
57,
p-
55
V.
57,
p-
25
V.
57,
p-
71
Salalo
V.
4,
p.
13
Giorni
Polso
1
■
s
Salute
2
U
al
S —
Estensioni
è
tu
Nome
3
antece-
dente
p
il
lì
principio
della
II
e l&to
interessai'
h
T3
82
J. Welch
42
Buona
3
10
u
70 mollo
27
1/, inf. i
83
J. Dutlie
19
Bronchite
a quando
a quando
6
g
10
108 forte
28
>/, inf, e.
tu
Hich. Brannen
16
Buona
ti
11
14
90 debol«
34
»/, inf, D.
85
J. Bell
32
Buona
15
96 valido
48 diap-
«/, inf, S,
nea
tOK
S6
S. Fljnn
N 5
14
Malata da
3 mesi
6
?
18
120 pic-
cola
Dispnea
.,,«.!.
87
M. Diion
N 6
4-2
Malata da
Ssettinia-
ne
?
19
32
121 molle
?
.;,tó».
88
E. M'Cormack
D 24
40
?
8
20
20
126 duro
Soppres-
•;, M. a,'
MS.
8»
A. Connor
S
Non buo-
8
21
42 132 molla
■/, wii-.'
D 25
ciata
ta
gup. S.
90
A. Donally
ilo
Bronchite
da lungo
1
10
12
100 pieno
Dispnea
•/, ijt. 1
91
H. Cowan
N 7
26
dispnea
da 8 mesi
ì
V
32
100 debo-
la
Diapnea
•/, HI. >
92
M. Carle
15
?
5
10
8
100 pieno
Dispnea
./.tot.».
615
'
ri-
stro
Osservazioni. — Natura del caso. — Com-
0) d
•4^
OS
O
plicazioni. — Violenza dei sintomi. —
Cura
V
5 e T
S
o
•
Particolarità dei sejgni fisici. —
O
(
Conseguenze, ecc.
Cita
feris
Sala ]
Salini, cataplasmi, une iv di vino
per due giorni , poi vescicante al
iato malato.
•Salini, brodo.
Salini, nutrienti, une. vi vino.
Salini, nutrienti j une. viii vino.
Uomo sano dedito al liquori ; ebbe già
pleuro*polmonite.
Bronchite viva, che scomparve comple-
tamente. '
V
Bronchite viva , esaurito dàlia dieta
precedente V accettazione.
Seconda polmonite, vita disordinata.
Sala 1
V.
60
P-
7^
V.
59
P-
li
V.
61
P-
21
V.
60
P-
15
NE
Salai
Salasso ad une, tir all' ingres-
so ; ^/ji gr. antim. tàrt. ogni dye
ore.
Salini, vescicanti.
1/2 gr. antim. tart. ogni due ore ;
vescicanti.
Tint. digit, gutt. V ogni quattro
ore ; lassativi ; 3 sanguisughe al
lato malato per alleviare il dolore.
8 sanguisughe, 1 gr. antim. tart.
ogni ora, con ^^ gr. pulv. opii.
Vino onc. iv; ^/^ gr. antim. tart.
ogni quattro ore , 8 sanguisughe
per alleviare il dolore.
Mancano le annotazioni. Non si può de-
terminare il principio della convalescenza.
Non si notò il principio della polmo-
nite.
Non si notò la salute antecedente.
Grande esaurimento ed insolita azione
del cuore.
Forze in buone condizioni air ingresso.
La precedente malattia rese indetermi-
nato il principio della polmonite.
Voi. 1
p. Il
Voi. 1
p. 13
Voi. :
p. 6(
Voi. :
p. IC
Voi. (
p. IS
Voi. <
p. 2C
12 sanguisughe al luogo del doA Dolpre puntorio acuto , alleviato colle| Voi.
love ; ^/g gr. antim. tart. ogni tre|sanguìsughe.
ore ; vescicante.
M
» I
*S Ih-
Hi'
= 1°
19
25
104 vaU-
do
13
5
92 foru
15
26
120 pieoo
e forti
10
25
120 molle
debole
Ifi
23
80 forte
e pieno
18
24
66 debole
9
14
80 forte
19
102
100 mo-
derato
16
26
53
23
104 debo-
le
78 debole
U
18
96 forte
18
43
106 debo-
le
,2 "3
Dispnea
grave
Dispnea
Accelers-
Estensione
e lato
interessato
«/, int D.
'/i inf. d'ambi
i lati
»/* inf. D.
Tutto il S.
Tutto il S.
»/s inf. D.
i/a inf. D.
Va inf. S.
•/. "<■
s.
>;, Int.
s.
■/. i»f-
S.
■;. inf.
s.
617
risqe
Osservikziofii. — Natura del caso. — Com-
plìcazioni. — Violenza dei sintomi. -—
Particolarità dei segni fisicL —
Conseguenze, ecc.
1 9.
co
{« tao .
o 9 «
^a o
d M
Sala II.
l
Vs S^* antimonio con Vs fi»^* ^P^^
per alleviare il dolore, diuretici, 12
sanguisughe e due vescicanti.
Salini, 8 sanguisughCy vescicante,
vino une. vi.
1 gr. antim. ogni due ore , so-
speso dopo 24 ore , 12 sanguisu-
ghe ^ vino une. vi, vescicanti.
Salini, 8 sanguisughe^ vescicanti.
1 gr. di antim. ogni 4 ore, e
un yescicante al lato malato.
Salini; une. m vino e nutrien-
^M ^/e S^* ^^^' emetico. Vescicante
a destra.
Salini e nutrienti.
Vs S^* antim. ogni quattro ore;
vescicante; vino une. iv aumentato
ad une. vi, nutrienti. 11 reumati-
smo fu curato con diuretici ed ano-
dini.
Salini con piccole dosi di mor-.
fina ; vescicanti ; une. vm vino.
^U S^' ^^^^* ci^et.; 3 gr. calom.
ogni giorno per una settimana ; 4
sanguisughe ; ialini ; vino une. vi ;
7 sanguisughe ; nutrientL
Salini leggieri ; vescicante ; vino
une. 111. ,
Va S^* antim. ogni due ore; ve-
scicanti; diuretici.
Non si notò la salute antecedente.
Non si notò la salute antecedente.
Salute probabilmente indebolita per an-
tecedente allattamento, debolissima dopo
òessati i sintomi febbrilL
Polmonite semplice con guarigione non
ritardata ; nessuna annotazione quanto al
vino.
Brividi e tosse, ma nessun segno fisico
all'accettazione. Si manifestarono al quarto
giorno.
Soggetta a quando a quando a tosse e
dolore al petto prima dell' accesso.
Non fu curata prima dell'ingresso, quan-
tunque fossero corsi 10 giorni dal brìj-
vide.
Reumatismo acuto e malattia di cuore.
La pleuro-polmonite incominciò due giorni
dopo r ingresso nell' ospedale.
' Diarrea nel corso della convalescenza ,
la qual' ultima fu protratta.
Già di salute grama. Periodo di tempo
lungo prima che incominciasse la conva-
lescenza.
Polmonite semplice in donna sana.
Soggetto debole che fu lasciata langui-
|re neir ospedale troppo a lungo.
Voi. 8,
p. 93
Voi. 9,
p. 7
Voi. 9,
p. 110
V. 11,
p. 14
V. 12,
p. 46
V. 12,
p. 119
V. 13,
p. 152
V. 14,
p. 28
V. 16,
p. 74
V. 17,
p. 120
V. 17,
p. 165
V. 19,
p. 15
618
105
100
i08
iOO
110
Ili
1!^
4ia
114
115
110
117
C. M'Lean
M. M'Donald
107 J* Gordon
J. Jackson
J. Douglas
D 27
M. Armstrong
A.. Mitckay
1) 28
U. Dickson
N 0
E. Drnmmond
l) 29
J. Dunlop
S. Hamiln
B, OUtrke
D 30
U. Robertson
16
40
58
26
22
Buona
Deboia
Buona
Non buo-
na
id.
28
42
60
20
17
17
15
70
Robusta
Debole
Cattiva
Buona
Grama
Buona
Tosse da
un anno
Bronchite
11
17
8
11
14
15
7
18
?
19
9
15
14
5 14
42
31
86
18
81
120 molle
130 pieno
e forte
112
08 non
folte
92 molle
12
24
8
19
19
17
26
49
32 a 36
accelera-
ta
40 acce-
lerata
. Dispnea
52 fatico-
sa
105 com-
pressibile
120 debo-
le
88 debole
96 debole
120debo^
le
96 debole
1 50 picco-
lo
100 picco-
lo e debo-
le
«/j inf. D.
«/a inf. S.
Vs inf. S.
Va sup. D.
V, inf. S.,2/
inf. D.
22 facile
Dispnea
grave
Dispnea
30 disp-
nea
Dispnea
' id.
56 disp-
nea gra-
ve
Dispnea
«/s inf. D.
Vi inf. D. , V
med. S.
2/3 inf. D.
Va inf. S. , «
inf. D.
Vs inf. D.
Tutto il S.
Va inf. S.,1
siip. D.
Va inf. D.
I
619
■VS^^E
o
'a,
a
o
O
Cura
Osservazioni. — Natura del caso. — Com-
plicazioni. — Violenza dei sintomi. —
Particolarità dei segni fisici. —
Conseguenze, cec.
co
O OS
OS
e <=»5
NO
* .2
Sala IL
X
Vs S^* stillila*; diuretici.
*/s gr. antim. ogni tre ore ; poi
diminuito ad ^/^ ogni quattro ore ;
8 sanguisughe,
1/3 gr. antim. ogni ora y 10 san-
guisughe e un vescicante, diarrea,
trattata con astringenti.
Salini, espettoranti, nutrienti.
Il reumatismo acuto e la, peri-
cardite in questo caso si curarono
con alcali e diuretici; la polmonite
con vescicanti , stimolanti e nu-
trienti.
Vino une. vi e nutrienti.
Vino une. vi, nutrienti ?
Diuretici, vescicante, vino une. iv.
Nutrienti ; vino une. ni.
Salini; nutrienti; vino une. iv.
Salini con etere nitrico; une. i di
vino ogni due ore, e brodo sostan-
zioso ad lib.
Salini , poi diuretici ; une. ss di
vino ogni mezz'ora; latte e brodo
sostanzioso ad lib.
Espettoranti , vino une. vi ; nu-
trienti.
I
Trattenuta neir ospedale per pleurisia.
Questa donna era una infermiera nottur-
na e soffriva di debolezza e leucorrea.
Donna robusta che guarì rapidamente,
ma che per incuriam rimase neir ospe-
dale due mesi dopo la convalescenza.
Tosse ed espettorazione per 12 anni, con
qualche emottisi.
Gaso di reumatismo acuto e vizio di
cuore. La polmonite fece il suo corso in
15 giorni.
Sopravvenne una grave erisipela della
faccia 5 giorni dopo T ingresso.
Soggetta a tosse da tre anni.
Complicata con albuminuria e delirio.
Poca febbre. Polmonite lieve al lato si-
nistro che tosto si dissipò. Densa epatiz-
zazione a destra.
Complicato con bronchite e tisi.
Debolissima all' accettazione.
Caso tipo di polmonite doppia. Molta
debolezza e dispnea. Salvata colla mez-
z' oncia di vino ogni mezz' ora.
Complicata con insufficienza mitrale e
bronchite.
V. 19,
p. ^28
V. 19,
p. 15^
V. 20,
p. 2
V. 22,
p. 27
V. 23,
p. 89
V. 23,
p. Ili
V. 28^
p. 69
V. 29,
p. 66
V. 29,
p. 200
V. 33,
p. 26i
V. 33,
p. 29
V. 34,
p. 38
V. 32,
p. 205
620
O
u
s
Zi
Nome
Salute
antece-
dente
Giorni
o
fl8 «7*
co
U
o
o
9
S o
«
S S- '-5 S
Polso
al
principio
della
cura
■ ' I
' c8
u
o
o %
N t3
fi
CU o«
co «2
li*
Estensione
e lato
interessato
^
118 A. Withe
119 A. English
120 A. Rianiburgh
121 E. Bruco
192 A. Aitken
123 E. Ainslie
124 Jessie Baxter
125 C. M'Pherson
15
28
19
27
17
37
30
48
Debole
Buona
Tosse
da lungo
tempo
id.
Buona
Buona
Buona
Buona
8
8
8
11
12
16
15
11
11
12
23
49 115 vali*
do
79
23
50
11
13
16
21
102 debo-
le
108 debo-
le
92 debole
118 mo-
derato
106 debo-
le
120 debo-
le
100 molle
debole
36
Ortopnea
id.
36 tran-
quilla
22
65 disp-
nea
35 id.
Tutto il D.
1/4 inf. D. I
«/3 inf. D.
1/3 inf. S. I
i/, inf. D.
V, inf. D.
Tutto il D.
Tutto il D.
CASI
Estensione
e
lato affetto
Complicazioni
I
126
127
128
129
T. Morrison 18
Marg. Currie 37
D. Murray 43
Marg. Lamont 46
, 1/2 sup. D.
Vs inf. D.
8/4 inf, D.
Tutto il D,
- Fin dal principio diarrea infrenabile»
rita in 5 giorni non ostante V uso di as
air epatizzazione del polmone , ingrossa
Aveva albuminuria ; cominciò con dolor
prav venne delirio, e mori il giorno dopo
Dopo due giorni di degenza sopravven
acuta.
Stava guarendo della polmonite . nia
' un«* tica.
621
4
s
a
>
)
Cura
Osservazioni. — Natora del caso. — Com-
plicazioni. — Violenza dei sintomi. —
Particolarità dei segni fisici. —
Conseguenze, ecc.
I o
b ■*»
co
•»* •-*
« bO _
JS *
CO -;2
o 9 «
N O ^^
OS CO
Sala II.
i
Salini ; vino une. ni ; carne.
Salini; brodo; vino une. vi.
Brodo; vino une. iv.
Brodo; vino une. tv.
Brodo; vino une. vi.
Brodo; vino une. iv.
Salini ; vino une. iv ; nutrienti.
Vino une IV e une. vi; nutrien-
ti ; salini ; con yino colchico.
La polmonite di tutto il lato destro si
dissipò completamente. Poi condensazione
tubercolare all'apice destro.
Preceduta da aborto e accompagnata da
bronchite e tisi.
Tosse da 17 anni dopo una roseola.
Pleurisia.
Tosse da lungo tempo. Tisi. Pleurisia.
Complicata con pleurisia.
Polmonite semplice.
Curata prima per un ascesso all'ascella.
V. 36,
p. 33
V. 38,
p. 229
V. 38,
p. 245
V. 40,
p. 118
V. 44,
p. 63
V. 44,
p. 118
V. 42.
p. 165
Donna sana, ma assai debole all'ingres- V. 48,
so neir ospedale.
P. 1
FATALI
causa di morte
Citazioni
dei registri
probabilmente destata da purganti prima dell'accettazione. Cadde esau-
tringenti , opiati , nutrienti e da ultimo stimolanti. Alla seziona, oltre
mento ed ulcerazione estesa dei follicoli del digiuno e dell'ileo.
li testa e vomito. Entrò nell'ospedale all' 8.^ giorno di polmonite, so-
l'ingresso. Non si poterono raccogliere dati necroscopici.
ne confusione di mente, e morì delirante 3 giorni dopò per meningite
<il 13.'^ giorno comparve meningite fatale. Aveva anche aneurisma di
Voi. 24, p. 78,
Sala 1
V. 1, p. 159,
Sala 11
V. 19, p. 37,
Sala 1
Si smarrì il
registro
«22
Riguardo alla cara si osserverà che nei primi casi si ordi-
narono maggiori dosi di tartaro emetico che non nei poste-
riori , e che negli ultimi casi questa sostanza non si ordinò
affatto. Per salini si deve intendere: piccole dosi di acetato di
ammoniaca con ^/^i di grano di tartaro emetico. Per diure-
tici: drach. j per dose di Sp. ^th. Nit., qualche volta assieme
a gutt. X Tr. Vin. Sem. Colch. Per nutrienti : brodo e latte
sul principio , poi carne di manso e di castrato arrosto ed
uova appena che il malato può mangiare. Nei primi casi fu-
rono associati anche ad altra cura, e quantunque non special-
mente menzionati erano nondimeno somministrati. Negli ultimi
costituirono tutta la cura.
Quanto alla mortalità, è necessario osservare , che oltre ai
quattro casi fatali citati nella tavola, trovai nei registri pato-
logici dell' ospedale redatti dai Dott. Gairdner, Haldane e Grain-
ger Stewart, tredici altri casi nei quali la polmonia si pre-
sentò come fatale complicazione dì precedenti affezioni cere-
brali, spinali, cardiache, epatiche, renali croniche, o d'altre
malattie del polmone come la tisi e la bronchite , cronica. Nes-
suno di questi casi si potrebbe rigorosamente considerare qual
caso di polmonite primitiva od acuta. Stanno registrati dagli
assistenii nei registri delle sale quali rammollimenti cerebrali
o spinali, morbus cordis, tisi, malattia di Bright, cirrosi del fe-
gato, od altra lesione, per la quale il paziente entrò nel-
r ospedale e vi fu curato. La maggior parte fu la pnenmo-
nie des agonizans dei francesi, e in tutti fu la polmonite con-
secutiva cronica o latente degli autori.
Questi sono tutti i casi di polmonite acuta che entrarono
nelle sale dell'ospedale e in cura mia, durante gli ultimi 16
anni. Ogni caso fu trattato pubblicamente, e chiunque ne può
vedere le annotazioni sui registri delle sale. La mortalità di
tutti i casi di polmonite acuta, complicata o no, trattati da me
fino al febbrajo 1865, è di 1 morto su 32 casi e i/|. Prendendo
' solo i casi di polmonite non complicata 105, non ne mori uno,
quantunque parecchi siano stati assai gravi, in 15 casi fu in-
teressato tutto un polmone , in 26 casi porzione di ambidue i
polmoni. Nei quattro casi fatali , la morte procedette chiara-
mente da complicazioni indipendenti dalla polmonite ; devonsi
623
ritenere quali accidenti patologici, poiché in nessuno di questi
casi si può dire ch^ la polmonite abbia veramente indotta Ta
morte. La tavola dimostra che, in diversi casi di debolezza mag-
giore che non negli altri, la polmonite trascorse rapidamenie i
suoi staJj naturali. Giù rigando ora alla vera statistica riguardo
alla cura , è necessario eliminare questi quattro casi , come si
fece da molti altri autori, e fissare Tattenzione nostra sui pri-
mi 125 casi del nostro quadro.
Sesso. — Di questi 425 casi, 85 furono uomini, e 40 donne.
Età, — L* età media degli uomini fu di anni 31 ^/j ; Tetà
media delle donne anni 28^/2; l'età media complessiva anni
30 Va- Fra i 5 e i 1 5 anni vi fu 1 caso — una ragazza ;
fra i 10 e i 20 vi furono 29 casi — 12 donne
^ 20 —
SO
—
35
— — 44
— 30 —
40
—
23
•
— — 7
— 40 —
50
— .
24
— — 6
— 50 —
60
—
14
— — -4
— 60 —
70
—
1
— — 4
— TO-
80
1
4
— — 4
Si poterono conoscere le condizioni di salute antecedente
alla polmonite in 448 casi ossia 84 uomini e 34 donne; da ciò si
ha a determinare l'influenza esercitata dalla salute generale, sulla
durata della malattia , sulla durata della convalescenza. Degli
84 uomini, 57 godevano buona salute, 27 erano grami. La du-
rata media della malattia nei primi , fu di 42 giorni , nei se-
condi 16 ^/g* Delle 34 donne, 12 godevano buona salute, le al-
tre 22 erano grame. La durata media della malattia, nelle pri-
me 14 giorni, nelle seconde 16. Nel determinare . l' influenza
della salute sulla convalescenza, è necessario dedurre dai 57
uomini, quelli che rimasero nell* ospedale per gravi complica-
zioni , per mancanza di abiti , 0 per altro motivo non legato
alla polmonite, e furono 10. Dei 47 che restano , parecchi ,
quantunque godessero buona salute prima della malattia, erano
assai sfiniti quando entrarono nell* ospedale, 45ia per sanguigne
precedute sia per la dieta. La durata media della convalescenza^
compresi questi casi, fu di giorni 15 ^/j. Per la stessa ragione,
deducendo 5 casi dai 28 che si notarono quali deboli di salute
air atto deir ingresso, o che ebbero tosse, reumatismo od altra
624
malattia debilitante prima della polmonite , la dorata itaedia
della convalescenza nei rimanenti 23 casi fu di giorni 23 i/|.
Delle 34 donne, la media di convalescenza nelle 12 notate come
robuste antecedentemente fu di 14 giorni. Delle 22 donne di
salute debole prima della malattia , dedotte 6 per residenza
cagionata da complicazioni, la media delle rimanenti 16 fu di
giorni 23 '/i.
Polmonite semplice q non complicata. •— Dei 125 casi, 105
furono semplici, 20 complicati. Dei primi, 74 erano uomini, 31
donne; 79 furono polmoniti singole, 29 doppie. Su 6 di codesti
casi r assistente omise di segnare V esatto giorno del brivido o
della convalescenza , cosi che non posso trarne alcuna conclu-
sione sulla durata della malattia. Dei rimanenti 99 casi, 73 fu-
rono singoli, 26 doppj , e la media di malattia , complessiva-
mente giorni 14 ^j^.
La durata della malattia nei 73 casi di polmonite singola
non complicata^ calcolando dal giorno del brivido al principio
della convalescenza fu come segue:
3 casi guarirono in 16 giorni
— ' — — 17 —
— — — 18 —
_ — .- 19 —
— _ _ 20 —
_ — — 21 —
.- — — 22 —
— _ — 23 —
_ «. — 26 —
La durata media fu di giorni 13 ^/i^.
La durata della malattia nei 26 cast di polmonite dop-^
pia non complicata, calcolando dall'epoca del brivido fino al
principio della convalescenza, fu come segue :
2 casi
guarirono
in 5
giorni
3
4 —
—
— 7
—
3
5 —
—
— 8
—
3
2 —
-«
— 9
t
1
6 —
— .
— 10
2
7 —
-~
— 11
.^^
3
7 —
-—
— 12
^—
1
4 —
— -
— 13
— *
2
3 —
•
— 14
— . '
1
2 —
...
— 15
^_
2 casi guarirono in
8 giorni
9 —
2 casi guarirono in 16 giorni
2
2
1
1
4
i
— 10 —
— 11 —
— 12 —
-^ 13 -
— 14 —
— 15 —
1
2
2
1
3
1
1
18
19
20
21
27
55
625
La durata media fu di giorni 16 ^/|. Volendo però dedurre
il caso di Hogg (N.® 6), giovane debolo, estenuato dalle san-
guigne e dal metodo antiflogistico prima dell' ingresso, la cui
malattia durò quindi 55 giorni, la durata media di questi casi
doppj sarebbe di soli 14 giorni.
Effetti del salasso. — Nei 105 casi semplici o non complicati,
vi furono 9 casi con salasso dalla vena e assoggettati a metodo
antiflogistico prima dell* ingresso od appena entrati, ma prima
che li vedessi io. La quantità di sangue cavato fu dalle 12 alle
30 once, quest'ultima quantità in due salassi. Non fu notata-
la durata di un caso. Degli altri 8 la durata fu come segue :
1 caso guarì in 7 giorni
2 — — \ — 14 —
1 — — — 16 —
1 — — — 17 —
1 caso guarì in 20 giorni
1 — — — 27 —
1 — — — 55 ^'
La durata media, fu di giorni 21 ^J^.
Oltre a questi 9 casi salassati dalla vena, ve ne furono al-
tri 16 cui si applicarono le coppette o alcune sanguisughe, la
maggior parte quali palliativi. Non era necessario per me di
riferire codesti casi per illustrare gli effetti del salasso nella
polmonite ; ma siccome questi casi furono ingegnosamente ag-
giunti da un critico ai 9 casi precedenti, derivandone così che
25 de' miei casi furono salassati, ossia il 20 per cento del to-
tale (British Med. Journ. , nov. 18 , 1865 , p. 532), mi è ne-
cessario stabilire i fatti quali sono. Di due di questi Casi non
saprei dire quanto sangue perdessero colle coppette ( casi 72 e
74 della tavola ), e in 2 casi non fu determinato il giorno della
convalescenza (casi 72 e 91). Negli altri casi la quantità di
sangue perduta e il giorno della convalescenza, furono come se-
gue , ammesso che abbiano perduta mezz' oncia di sangue per
ogni sanguisuga applicata : 1 caso perdette oncia 1 ^/^ di san-
gue e guarì in 21 giorni ; 6 casi perdettero once 4 di sangue,
e sottratto 1 caso del quale non si determinò la con vai essenza,
gli altri 5 guarirono in 1 0 giorni in media ; 1 caso perdette
5 once di sangue e guarì in 11 giorni; 1 caso perdette 5 once
e V2 P^^ ^^® applicazioni di sanguisughe ( caso 102 ) e guarì
in 26 giorni; 4 casi perdettero. 6 once di sangue e guarirono
in 23 giorni in media ; e 1 caso perdette 8 once di sangue e
Annali. Voi. CCI. 40
r
628
guarì in i4 giorni. La durata media della malattia nei i4 casi
salassati colle coppe o colle sanguisughe, nei quali si notò il
giorno di guarigione, fu di giorni 15 '/||.
La durata di degenza nell' ospedale dei casi di polmo-
nite singola non complicata, — esclusi i 2 casi dei quali si
omise la data e furono 77 — fu in media di giorni 23 '/.y. Per
gli uomini (52) giorni 18 '/j, e per le donne (25) giorni 27 ^/y
Dei 26 casi doppj non complicati, la durata media della de-
genza neir ospedale fu di giorni 23 >/,. Per gli uomini (20)
giorni 23 ^''/go ; per le donne (6) giorni 22 «/,.
Tutte queste medie sono alte, come si rileva subito osser-
vando la colonna Osservazioni nella Tavola ai N. 14, 17, 18, 19,
27, 29, 50, 51, 100, 104, 105, 107, 109, tutti i quali, tratte-
nuti per varie ragioni non dipendenti dalla polmonite, presen-
tano un periodo di residenza troppo lungo in proporzione di
quello della malattia.
La durata media della residenza neir ospedale, negli 8 casi
salassati dalla vena sul principio della malattia (eseluso il 9
perchè non si segnò il giorno in cui fu dimesso ) , fu di 32
giorni. . .
L' estensione del tessuto polmonare involto dalla polmonite
fu determinata diligentemente colla percussione e coir ascolta-
zione, alla mutezza, al crepitio, alla respirazione tubarla, e
all'aumentata risonanza vocale, in ogni caso. La durata me-
dia della malattia nei 95 casi singoli, dedotti i 10 non soddi-
sfacenti, calcolando dal brivido al principio della convalescenza,
fu come segue :
1/4 del polmone 2 casi, durata media giorni 8 ^/^
1/3 — 12 — — — — 12
Vs - 25 - - - - 15 3/,
8/3 — 34 — — — — 14
3/^ - 6 - ^ - « 14«/,
4/3 - 1 _ _ « _ 12
tutto — 15 — — — — 10 3/^
In questi 95 casi, il polmone destro fu interessato in 58, e
il sinistro in 37.
La polmonite limitata al lobo superiore si verificò in 11
627
dei 05 casi singoli , ossia circa 1 su 9 in complesso; la du-
rata media della malattia in essi fu di 13 giorni , e quella di
residenza nell' ospedale di giorni 14 ^/g.
Casi complicati di polmonite, — Dei 20 casi complicati di
polmonite, 16 furono singoli e 4 doppj, e la durata media della
malattia fu di giorni 15 Va* ^^^ ^^ <^^si singoli complicati, in
3 non si determinò la durata della malattia. Dei 13 casi rima-
nenti, la durata fu come segue:
1 caso guarì in 7 giorni
2 — ^ — 9 —
1 — — — 10 —
1 — — — 12 —
2 — — — 14 —
1 caso guari in 15 giorni
2 ^ -^ ^ 16 --
2 — ^ ^ 19 --
1 — — — 48 —
La durata media, 16 giorni.
Dei 4 .casi di polmonite doppia complicata^ 1 caso guari in
9 giorni, 1 caso in 14, 1 in 15, ed 1 in 18. Durata medi» 14
giorni.
Un diligente studio dei fatti ora esposti, varrà a stabilire al-
cune nuove verità, ed a correggere diversi errori che corrono
riguardo alla polmonite. A. coloro che sono pur sempre scettici
quanto al valore del trattamento ristorante, e che potessero mai
pensare V che alcuni di codesti casi non fossero polmoniti, ricor-
derò che tutti furono diagnosticati e curati pubblicamente al
Royal Infirmary ; furono esaminati non solo da me , ma anche
dai miei assistenti, e formarono soggetto di lezioni cliniche
e di commentarj fatti al letto dell'ammalato. Di tutti si no-
tarono esattamente e con particolarità i segni fisici e i sin-
tomi funzionali; onde v' è la certezza positiva che in ciascuno
di questi casi si trattava di un esempio genuino di polmonite,
non solo, ma che. durante il periodo indicato nella tavola, non
si ebbe altro caso di polmonite che quelli indicati nel quadro.
Devo pur dire che alcuni pochi casi furono trattati in parte dai
miei colleghi o prima ch'io assumessi il servizio, o dopo che lo
lasciai, nei troppo frequenti cambiamenti che avvengono. nei
professori clinici di questa Università; questi casi non furono
esposti nel quadro; e due o tre casi pervenuti sfiniti nello sta-
bilimento , condottivi dalla polizia e morti prima^ che li ve-
dersi, non furono inseriti. È importantissimo T accennare que-
628
ste circostanze, perchè servono a calcolare le differenze che ci
devono sempre essere tra le statistiche di un ospedale e quelle
di una clinica. Grisolle si riferì inginstamente a codesta diffe-
renza neir ospedale di Vienna , allo scopo di spargere la diffi-
denza sulle conclusioni di Dietl. (2.* ediz., pag. 564, 565). Ma
ogni medico d' ospedale deve sapere che le annotazioni della
sala mortuaria o di un ospedale generale , non segnano alcun
indice sul numero delle polmoniti acute trattate clinicamente ,
poiché vi si comprendono non solo le polmoniti consecutive, la-
tenti, o croniche, ma sovente casi di polmonite che entrarono
nello stahilimento moribondi, e che non furono trattati per
nulla.
1.* Il primo gran fatto che si desume dalle esposte consi-
derazioni, è: che la polmomite semplice iniziale, singola o dop-
pia, trattata col metodo ristorante, non è una malattia fatale.
E certamente 105 casi consecutivi, dei quali 26 doppj, bastano
a stabilire codesta proposizione , tanto più se si considera che
questi casi furono osservati in 16 anni, ed in tutte le stagioni.
Tra questi, non meno di 15 casi presentarono tutto il polmone
interessato , in molti i sintomi furono assai gravi. Né quanto
si disse riguardo alla robustezza' della costituzione o al cam-
biato tipo nella malattia potrà spiegare il nostro risultato ,
poiché diversi casi erano lavoratori sani e robusti, ed altri erano
cucitrici gracili e di costituzione grama. In ciascuno e in tutti
i casi f la malattia segue il suo andamento naturale , purché
r organismo non sia troppo esaurito o per fatto naturale o
per opera del medico, e purché si segua un giudizioso tratta-
mento restorante.
2.^ Come regola generale la prostrazione , le complicazioni
0 i rime4j che indeboliscono, non solo allungano il periodo della
malattia, ma ne prolungano specialmente la convalescenza. Ve-
dansi i numeri 6, 20, 71, 100, 101 , 104, 118, 119 nella ta-
vola. L* esame analitico di tutti i casi , mostra che le donne
anche di salute buona, guariscono più tardi degli uomini, e
che quando la salute é scadente, nell'uno o nell'altro sesso la
diversità di durata della malattia e della convalescenza é assai
pronunziata, specialmente negli uomini. Così in media, la ma-
lattia dura 8 giorni e ^/| di più in un uomo gracile che in uno
629
robusto, e U perìodo della convalescenza è più ììingo di 8 giorni
e Vi' ^^l^ donne le gracili furono più numerose delie robuste,
e in esse la malattia duraya 2 giorni di più, la convalescenza
9 Vi in media.
3^.' Si supponev generalmente che l'estensione di polmone slT^
fette dalla polmonite debba influire sul risultato e sulla durata
della malattia. Quanto al risultato ^ tutti i miei casi guarirono,
anche i 15 casi nei quali era interessato tutto ijin polmone, come
i 26 nei quali erano malati ambidue i polmoni in parte. In un
caso complicato (N.* 56) tutto il polmone destro e due terzi del
polmone sinistro furono interessati simultaneamente , non la^
sciando che un terzo del polmone per respirare; eppure senza
cavar sangue, ma coi nutrienti e cpi restoranti, il malato fu con^
valescente al quattordicesimo giorno, e lasciò sano lo stabili^
mento, dopo sedici gior^ di residenza. Quanto alla durata, V e-
stensione della malattia non esercita tutta queir influenza che
generalmente si suppone. Se non è malato che un quarto di
un polmone, la guarigione può aver luogo in 8 giorni; e non
pare che ci sia gran differenza anche quando è interessata la
metà o tutto un polmone o i due te^zi di ambidue. In media
i casi di mezzo poimone pneumonico guarirono in 15 giorni,
con due terzi di polmone malato in 14, tutto un polmone in 10,
una parte di ambidue i polmoni in 24.
4.*^ Dopo le osservazioni di Louis, si suppose che la polmo-
nite deir apice del polmone fosse più fatale e più lunga che. non
quella della base; ed è così diffatti seguendo un metodo di cura
antiflogistica. Ma con un trattamento ristorante, i fatti prece-
denti mostrano che in 11 casi nei quali la malattia era limi-
tata airapice, la guarigione ebbe luogo, in tutti, al tredicesimo
giorno in media.
5.*^ Nessuno dei miei casi di polmonite acuta degenerò nella
forma cronica o divenne gangrenoso ^ nemmeno gli 11 casi di
polmonite dell' apice. Parecchi casi però entrarono nella casa
già cronici , o per trascuranza o per mancanza di nutrimento
o per risultato di un metodo depauperante.
6.® In tutti i miei casi, le morti procedettero da gravi com-
plicazioni, circostanza che mi induce a credere che con un me-
todo ristorante incominciato fin dall' esordire del caso, T ii)'
630
fluenzaddlPetà • del sesso sulla mortalità noo è calcolabile.
Nò la durata della malattia subisce grande iniuensa per la com-
plleasionei per quanto la salute generale non sia lesa.
7.* Quantunque dai pochi casi salassati dalla vena risulti
a sulBdensa il fatto che questo messo prolunga la convale-
scensa nel debole ed ò sensa utilità nel robusto (vedi Appen-
dice, casi IH) VI, Vili), non si può derivare alcuna conclusione
dai miei casi quanto ai risultati dei salassi limitati (da 3 ad 8
once), nò riguardo alla influenia di essi sul decorso della ma-
lattia, né riguardo alla utilità loro anche come palliativi.
Statistiche comparate del metodo di cura
della polmonite acuta.
Onde il paragone tra i miei casi e quelli di altri pratici sia
esatto e fàcile più che si può, non mi riferirò che a un eguale
0 maggior numero di casi. Per la stessa ragione non confon-
derò l'esperienza di diversi pratici. insieme, né mescolerò le sta-
tistiche di tutto un ospedale comune con quella di una pratica
individualità. Condenserò in primo luog^ brevemente i risultati
di ciascuno; poi darò le statistiche di polmoniti di ospedali co-
muni; e da ultimo metterò a paragone il complesso colla mia
pratica.
I. Risultati del salasso nella polmonite. — Il nuYnero to-
tale, dei casi citati da Louis è di 107 (i). Ne morirono 32, ossia
1 su 3 ^/s* In 78 di questi casi osservati alla Gharité, si pra-
ticò il salasso dal primo al nono giorno, e le morti furono 28,
ossia i su 3 y<}. La durata della malattia nei casi che guari-
rono fu di giorni 15 ^1^. Nei rimanenti 27 casi occorsi alla
Pitie, il salasso fu praticato sul principio, cioè durante i pri-
mi 4 giorni, e ne morirono soli 4, ossia 1 su 7 ^Z^. La durata
della malattia nei guariti fu di giorni 18 ^Ig. Louis attribui-
sce questa diminuita mortalità e ritardata guarigione, al sa-
lasso non così largo, ed alle grandi dosi di tartaro emetico im-
piegato. D* onde egli cerca di stabilire la proposizione, ohe il
(1) Recherches sur les efifets de la saignée; Paris, 1865.
631
salasso, quantunque abbia una limitatissima influenza sulla pol-
monite, deve essere praticato assai presto. Riguardo ai risultati
di Louis, devesi ricordare, i. Che i casi sfavorevoli per prece-
dente gracilità di salute o per altri motivi, furono esclusi, co-
sicché tutti i suoi pazienti erano in piena salute quando si am-^
malarono ; 2. Ch'essi non erano complicati, e che la durata della
malattia si calcolò dai sintomi febbrili fino a quando si inco-
minciava a dare qualche cibo , ciò che generalmente avveniva
tre giorni dopo cessata la febbre.
IL La relazione di Bouillaud (1) sul suo trattamento del sa-
lasso coup'Sur^coup è , che di 102 casi curati da lui dal 1831
al 1834 le morti furono 12, cioè 1 morto su 8 casi e-'/s.
in. In una Memoria di Briquet (2) c'è qualche confusione
di cifre. Egli dice che i casi furono 141 (T. 7, p. 477), ma nel
dare Tetà di essi enumera 144 casi (T. 7, p. 479); e parlan-
do dell'influenza dell'età sulla mortalità, i suoi casi sono sóla-
mente 140 (T. 9y p. 28). Di questi 140 casi, 29 morirono; cioè
vi fu una mortalità di più di 1 su 5 casi. Quasi tutti questi
casi furono salassati a seconda delle forze del paziente ( T. 8,
p. 283 ). In tre quarti dei casi si adoperarono anche i vesci-
canti e il tartaro emetico,
IV. GrisoUe (3) sta per un più moderato sistema di salas-
sare; la sua coscienza presente già l'abbandono completo della
sezione della vena (p. 561). Egli analizza 75 casi di Bouillaud,
segnando che soli 49 furono trattati col sistema del salasso
coup'Sur-coup \ ma ùe morirono 6, ossia 1 su 8. casi, risultato
favorevole eh' egli attribuisce alla giovinezza dei pazienti. Dei
suoi proprj casi , un gruppo di 50 furono salassati solo sul
primo periodo della malattia; ne morirono 5 ossia 1 su 10. I
casi di morte furono salassati abbondantemente; ciascuno per-
dette circa 4 libbre e 4 once di sangue in salassi successivi.
Tutti i casi di questo gruppo furono non complicati e dell'età
media di 40 anni. Nei 45 guariti, la convalescenza cominciò al 10
giorno, e ritornarono alle loro occupazioni il 21 giorno, in me-
(1) Artic. Pneumonie, Dict. de Medicine en 15 voi., 1835.
(2) Archiv. Gén. de Medicine, 3 sèrie, tom. 7, 8, .9, 1840.
(3) Traité pratique de la Pneumonie, Paris, 1841.
«32
dia. Dei i82 casi che farono «alassati al secondo periodo, 32
morirono, ossia più i sa 6. Anche qni i casi di morte fui*ono
salassati largamente; i salassi variarono in complesso dalle 8
o 12 once alle otto libbre; la quantità media di sangue estratto
fa di 3 libbre. Tutti i casi di questo gruppo furono non com-
plicati e dall' età media di 35 anni. Nei i50 casi che guari-
rono, la convalescenza cominciò al i7 giorno, e ritornarono alle
loro occupazioni il 22 giorno , in media. Egli ammette che la
polmonite non può mai essere jugulata col salasso. Dei 232
casi in complesso, 37 morirono, ossia 1 su 6 ^st >*isultato ge-
nerale della pratica d' ospedale di Grisolle, mortalità quaù
metà di quella di Louis, quantunque le circostanze nelle quali
avvenne fossero le stesse, tranne il trattamento non così eroico.
Anche Laénnec, che salassava solo moderatamente sul principio
della malattia, ebbe la mortalità di i su 6 ad 8 casi (1).
Nel 1864 Griselle pubblicò un'altra edizione della sua opera,
nella quale sono ripetute senza alcun cambiamento questa stesse
statistiche, senza che vi si noti alcuna impronta degli immensi
miglioramenti fatti dall' arte e dalla scienza durante il lungo pe-
riodo di 28 anni. Ciò che sorprende è questo, ch'egli desidera
s'abbia a ritenere che il suo metodo antiflogistico con una mor-
talità di 1 su 6 casi, sia ancora il migliore.
V. Acerbi (2) salassò largamente ed abbondantemente in 142
casi, dei quali 16 morirono, ossia 1 su 9. Dei morti 4 furono
salassati tre o quattro volte; 5 da cinque ad otto volte; e 7 da
nove a tredici volte; 30 dei 142 casi furono salassati dà dieci
a venti volte, estraendo 12 once di sangue ogni volta, ossia da
120 a 240 once. Si. davano anche giornalmente da 4 ad B grani
di tartaro emetico.
VI. Dietl trattò 85 casi coi larghi salassi;. ^nje morirono 17,
ossia 1 in 5. '
VII. Nel 1842 ildott. Hughes <3) pubblicò la relazione di
101 casi trattati per la massima parte antiflogisticamente al
Guy's Hospital; ne morirono 24 ossia 1 su 4 ^s- ^^^^ 47 però
(1) Traduz. ingl. di Forbes, 4.* ediz., pag. 237.
(2) Med. Chir. Review, lugJio 1858, p. 11.
(3) Guy's Hospital Reports, voi. VII.
633
furono trattati attivamente col salasso, Tantimonio, calomelano,
opio ,. ecc. In 37 non si praiicò il salasso generale. Le compli-
cazioni, escluse pleurite, e bronchite, furono 27, i casi doppj 19.
Vili. Il miglior risultato della cura della polmonite col me-
todo del-salasso, si trova nella relazione di Wossidlo (1), che
curò 112 casi, dei quali 4 morirono, ossia 1 su 28. Non vi fu-
rono che 11 complicazioni, compresi 4 di tubercoli, 2 di blennor-
rea, 1 di catarro, 2 di gravidanza, 1 di sciatica, ed 1 di atro-
fia mesenterica. Però 50 di codesti casi erano al dissotto di 20
anni di età; 44 erano ragazzi di meno di 10 anni. A questi,
pare, non si applicarono che poche sanguisughe. Non si parla
della proporzione del cibo e del sangue estratto negli adulti.
IX. Il Dr. Glen, mio primo assistente stabile, ebbe la gen-
tilezza di disporre in quadro per me, tutti i casi di polmonite
dell'armata, riferiti dal Colonnello TuUoch (2). Queste rela-
zioni non dicono il come fu determinata la diagnosi , o quale
sia stata la cura. Il risultato favorevole di 1 morto su 13
casi , che secondo il Dr. Glen è il risultato generale , si
suppone dipendere da ciò , che i salassi furono fatti sul prin-
cipio ed in soggetti giovani e vigorosi,
X. Cura colle larghe dosi di tartaro emetico, — Rasori (3)
neir Ospedale Maggiore di Milano curò 648 casi di polmonite
con larghe dosi di tartaro emetico, 555 guarirono, 143 mori-
rono, ossia 1 su 4 ^Z). Rasori dice che questo risultato è più
favorevole di quello che si ottiene col metodo del salasso.
XI. Griselle curò 154 casi col tartaro emetico; ne morirono
29 ossia 1 su 5 ^j^.
XII. Dìetl trattò 100 casi; ne morirono 22 ossia poco più
di 1 su 5.
XIII. Von Wah), in sei anni a S. Petersburg curò 354 casi;
(1) Schmidt's Jahrbùcher Band, Bd. 51 , 1846 , p. 125. —
Brit. and For. Med. Chir. Rev., luglio 1858, p. 16.
(2) Governement Statistical Reports on Mortality amen g the
Troops. 1853,
(3) Da una analisi della pratica di Rasori, Annales de Thè-
rap., genn. 1847.
634
ne morirono 34 ossia 1 su 4 '/^ (i). Non furono salassati che
quelli che presentavano molta congestione; nella maggior parte
dei casi si diede il tartaro emetico a larghe dosi fin dal prin-
cipio.
XIV. Thielbmann (2), nell'ospedale S. Pietro e Paolo a S. Pe-
tersburg, trattò a larghe dosi di tartaro emetico i 10 casi di pol-
monite; ne morirono 12 , ossia 1 su 9 ^J^, Si diede 1* opìo per
frenare la diarrea.
' Trattamento aspettativa o dietetico, — > Questo metodo con-
siste essenzialmente nel lasciare che la malattia proceda per la
sua strada naturale. Durante lo stadio della febbre, la dieta è
leggiera o nulla affatto, e acqua fresca per bevanda; più tardi
si concede Una dieta migliore, ed anche il vino certe volte, se-
condo la natura dei sintomi. Qualche volta un trattamento die-
tetico si converte in un trattamento aspettative, quando si danno
rimedj per riuscire a certi sintomi, come nella pratica di Skoda
all'ospedale della Carità di Vienna.
XV. Il Dr. Giorgio Balfour ce ne diede una relazione ; egli
rilevò dai registri deli' ospedale che in tre anni e cinque mesi
cominciando col 1843, furono trattati 392 pazienti, dei quali 54
morirono, ossia 1 in 7 ^|^. Alcune volte si diede l'opio quando
c^era molto dolore, la sezione della vena sul principio nei casi
di dispnea, e gli emetici se l'espettorazione dava un muco den-
so. G. Balfour diede anche qualche statistica dell'ospedale omeo-
patico di Vienna , ma con certi dati da mettere il dubbio sn
ogni caso, onde non sono paragonabili alle statistiche degli altri
-ospedali. È certo però che molti casi gravi di polmonite gua-
rirono con un sistema di cura che, parmi, la maggior parte dei
medici debba considerare essenzialmente dietetico. Le migliori
statistiche omeopatiche sono quelle di Tessier (3) che ebbe 3 morti
in 41 casi, e
XVI. Quella di Wurmb di Vienna (4), che in 119 casi ebbe
8 morti, ossia circa 1 in 15.
(1) Petersburg Med. Zeit., I. 6, 1861. Canstatt, 1861, p. 237.
(2) Canstatt, 1852; III, p. 231.
(3) Homceopatic Treatment of Pneumonia, 8.® New York, 1855.
(4) Brit. Journ. of Honjoeopathy, voi. IV^p. 75.
635
XVII. Dietl pubblicò nel 1848 una relazione di 189 casi ,
trattati colla dieta solamente, 14 dei quali morirono, ossia 1 su
13 Vs- Q^^ segue la sua tavola di 380 casi, per mostrare il
risultato delle tre sorta di cura:
Sezione della vena Tartaro emetico Dieta
Guariti 68 84 .175
Morti 17 22 14
85 106 189
Per cento
20.4
20.7
7.4
Morti
1 su 5
1 su 5. 22
1 su 131/2.
Notisi che degli 85 casi trattati col salasso, 7 dei casi fatali
erano non. complicati , mentre nei 189 casi trattati dietetica-
mente , nessuno dei morti era caso non complicato. Nel 1852
Dietl diede il risultato di 750 casi, trattati dieteticamente; ne
morirono 67 ossia 1 su 10.9.
Grisolle (2.* ediz., pag. 570) ci dice ch^ Legendre, dopo aver
trattata la polmonite dei bambini solo col salasso e gli antiflo-
gistici^ lasciò una Memoria che si pubblicò pdi postuma (1), nella
quale cercò di dimostrare che ti trattamento dietetico era assai
preferibile. Le sue idee fondate su 15 soli casi, furono pòi so-
stenute anche da
XVIII. Barthez, che VS aprile 1862, riferi all'Accademia im-
periale di medicina, che di 212 ragazzi dai 2 ai 15 anni trattati
da lui all'ospedale St. Eugénie, ne morirono soli 2. In ^/^ però
dei casi si spiegò un metodo leggiermente attivo. Neiraccettare
codesto importante risultato, Grisolle non vi vede che la confer-
ma del fatto, che la polmonite nei soggetti giovani tende alla
spontanea guarigione, ma nega che un tal metodo di cura con-
venga in una età più innoltrata.
Metodo misto. — In questi ultimi tempi si trattarono le
polmoniti anche con un metodo misto , secondo la natura dei
sintomi , ma senza veri vantaggi di importanza. Riferirò quali
(1) Archi V. Gén. de Médecine, septem. 1859.
636
esempi di questi sistemi i risultati di Lebert , Huss , Bamber-
ger, Flint, Rigler e Morehead.
XIX. Dai 222 casi di polmonite carati da Lebert (1) , de-
dottine 17 che morirono nel giorno stesso di ingresso nell'ospe-
dale di Zurigo, 0 nel giorno susseguente , rimangono 205 casi
ch'egli curò nel corso di cinque anni: 15 di questi morirono,
ossia 1 su 13 '/j, 4 casi erano complicati e morirono. Gli altri
201 erano non complicati, e ne morirono 11 ossia 1 in 18. Nel
complesso furonvi 22 casi doppj. Il trattamento consistette nel
salasso locale e generale nella maggior parte dei casi ; quando
vi era prostrazione, V antimonio a larghe dosL Si adoperarono
anche diversi altri rimedj per indicazioni speciali, quali sareb-
bero le unzioni mercuriali, il muriate d* ammoniaca , V acetato
di piombo, r opio, il chinino, la canfora , il benzoe , ecc. Negli
ultimi stadj con debolezza, gli stimolanti, nutrimento e vino.
XX. La più importante Memoria pubblicata recentemente
è quella del prof. Huss di Stocolma (2), che adoperò il salasso
e i rimedj eroici nei primi stadj, e negli ultimi T antimonio, il
mercurio, e diversi rimedj ; tra questi , la trementina , la can-
fora, la morfina, il chinino. Nel corso di 16 anni il numero di
casi trattati fu 2661, 281 dei quali morirono, cioè 1 in 9 ^j^.
1 casi non complicati furono 1657; 96 morirono, ossia 1 su 17,
I casi complicati furono 959 ; .ne morirono 185 ossia 1 in 5.
Furonvi 384 casi di polmonite doppia; 88 morirono, più di 1 pu
4 7s* Il metodo di cura fu modificato, come si credette, meglio
a seconda dai casi, e lo si potrebbe chiamare antiflogistico piodi-
ficato ; parecchi casi non furono salassati. È abbastanza defi-
nita la superiorità di questo metodo sul sistema antiflogistico
rigido ed anche su quello di Grisolle.
Nei primi 8 anni solamente si praticò il salasso generale e
locale. Dei 1040 trattati allora, 120 morirono, ossia 1 su 9 ;
uei seguenti 8 anni, si curarono 1576 casi, ne morirono 161,
ossia 1 su .10. La diflìerenza non è grande, ma pure Huss con-
(1) Handbuch der praktischen Medicin, Band 11, p. 69, 1859.
(2) Die Behandlung der Lungen-entzandung , etc. Leipzig ,
1861.
637
elude che il salasso è dannoso alla riuscita della guarigione
( pag. 158 ). Trovò anche che «i prolungava cosi di 3 giorni la
malattia (pag. 160). Solo nei primi due stadj si dava una
dieta limitata. ^ '
XXI. Bamberger (1) trattò 186 casi senza salasso gene-
rale nel Julius Hospital di Wurzburg. In alcuni casi si appli-
carono sole poche sanguisughe e qualche fomento, internamente
r infusione di digitale, che come egli dice diminuisce la tempe-
ratura e il polso, in modo da doverla ritenere come una medi-
cina importante nella febbre. Per facilitare 1' espettorazione, il
tartaro emetico , il chermes minerale , V ipecacuana e i! sale
ammoniaco, a piccole dosi. Si amministrarono alcune volte gli
emetici e i narcotici, per sollevare il paziente dall* inquietudine
e favorire il sonno. Nelle forme adinamiche si prescrissero po-
ligdla, arnica, benzoe , il vino d'antimonio, chinino, canfora,
muschio ed altri rimedj\ Non si dice nulla della dieta e del
vino, ^nè dei casi complicati. Di questi casi 21 morirono, ossia
1 su 9. ' ^ ^
XXtl. Flint (2) diede il risultato di 133 casi curati da lui
nel corso di 12 anni, nelle città della Nuova Orleans, Louisville
e Buffalo, negli Stati Uniti ; ne morirono 35 più 1 su 4. Dei
112 casi non complicati 19 morirono, e dei 21 complicati, 16.
Furònvi li casi di polmonite doppia, e ne morirono 8 ; 37 casi
di polmonite di tutto il polmone destro, e ne morirono 19 ; 9
casi di tutto il ^sinistro, e ne morì 1 ; in complesso 57 casi nei
quali la polmonite si estese a due o più lobi , e ne mori un
terzo. Degli altri casi non complicati morirono 2 soli. La cura
cambiò secondo il caso; 12 furono salassati, 12 trattati col
tartaro emetico ; 100 presero opio a dosi diverse ; 49 di costóro
lo presero a larghe dosi e ne morirono 11. In alcuni casi si
ricorse anche agli stimolanti alcoolici ed al chinino.
XXnr. Rigler (3) nel General Hospital di Gratz, trattò 119
casi, 20 dei quali morirono, ossia 1 su 6. Il salasso della vena
(1) Wiener Wochenschrift , N.<> 50 , 1857; e Oanstatts
Jahresberficht, 1858, III, pag. 284.
('2) American Journal òf Med. Science, luglio 1859.
(3) Canfetatt, 1858, III. p. 285.
638
8i praticò solo in 4 casi — . a parecchi si applicarono sangui-
sughe per togliere il dolore locale. Si tentò di diminuire la
febbre con un regime dietetico rigoroso ^ e se la polmonite si
estendeva, si dava il tartaro emetico fino ad un graQo al giorno.
Si impiegarono pure le misture demulcenti, le frizioni delle
estremità e la morfina. La durata della malattia fu di 21 giorni
in media. Dei il9 casi, 14 furono doppj; 16 con pleurite; 10 con
pericardite; 2 con grave catarro intestinale (diarrea?) ed 1
con albuminuria.
XXIV. Dal 1848 al 1853, il Dr. Morehead (1) nel Jamsetjee
Jejeebhoy Hospital di Bombay , trattò 103 casi ; ne morirono
32, ossia 1 su 3 ^/g. Egli dice che gli, indigeni indiani siano
di costituzione debole ; onde soli 3 furono salassati dalla vena,
ma si applicarono salassi locali in 57 casL In 66 casi si diede
il tartaro emetico da un sesto a mezzo grano , ogni seconda ,
terza, o quarta ora ; il mercurio in 21 casi ; i vescicanti in 52 ;
si diedero anche, chinino, liquor potass» e stimolanti Dei 71
casi che guarirono, 14 furono dimessi in 10 giorni ; 23 tra gli
11 e i 20 giorni; 16 tra i 21 e i 30; 18 oltre i 31. Non si
dice nulla delia dieta , ma parlando degli stimolanti , TAutore
dice che dovrebbero adoperarsi quando il polso si deprime, ecc.
XXV. Cura col ferro e col rame, — Kissel (2) di Eilen-
burg, trattò 112 casi di polmonite, 5 dei<>quali con complica-
zioni morirono, ossia 1 su 22. Quando V orina era alcalina ,
egli dava un' oncia di tintura di acetato di ferro giornalmente ;
quando era acida , dava una dramma e mezza ogni giorno di
tintura di acetato di rame. La durata della malattia fu da 2
a 9 giorni; ma complicata a fenomeni tifosi, arrivò fino a 16
giorni. Il sommario di Canstatt non dice se questi casi siano
stati trattati in un ospedale, né la natura delle complicazioni,
né la dieta seguita.
XXVI. Cura cogli stimolanti. -~ Il defunto Dr. Todd (3) ,
abbandonò il metodo di cura della polmonite i^ediante i sa-
(1) Clinical Researcbes of Diseases of India, voi. II ,
p. 315.
(2) Canstatt, 1852, III, p. 229.
*(3) Clinical Lectures, by Beale, p. 310.
639
lassi e gli aatiflogistici, ali* incirca quando lo feci io pure, ma
egli si avviò a poco a poco verso un sistema stimolante. Egli
opinava che V alcool dato a piccole dosi ripetute sia un nu-
triente, e prescriveva un' oncia di acquavite ( brandy ) da darsi
ogni mezz' ora, ogni ora o due , secondo V urgenza del caso.
Egli sosteneva i malati coi nutrienti , e fin dal principio dava
dei buoni brodi. In 53 casi ebbe 6 morti, pssia 1 su 9.
Statistica degli ospedali generali.
Dicemmo già che le statistiche degli ospedali generali o <#-
mnni che dir si voglia, non servono al paragone del numero
dei casi di polmonite acuta trattati clinicamente. È evidente
che negli stabilimenti dove esercitano tanti medici che trattano
i loro casi ciascuno a modo loro, mischiando insieme i loro casi
e' è poco da imparare quanto al metodo di cura. Onde le varie
statistiche degli ospedali generali si devono paragonare fra di
loro, ma non si hanno mai a tenere qual mezzo di confronto
colla pratica individuale di dati medici.
Statistica delle polmoniti al Royal Infirmary di Edimbuv'
go. — Il Dr. Thorburn, mio primo assistente, ebbe la compia-
cenza di rivedere 208 registri dell'ospedale, dall'annuo 1812
ai 1837 , ed appartenenti a dodici medici che praticavano il
metodo antiflogistico. Trovò che di 103 casi di polmonite , 55
guarirono, 41 morirono, e 7 migliorarono — cioè 1 morto su
2 casi e mezzo. Il Dr. Thorburn riesaminò questi 103 casi, e
lasciò fuori tutti quelli che erano incompleti, o non si presen-
tavano chiaramente quali polmoniti. Gli altri egli * dispose in
tavola, e si può dire con certezza che questi ultimi erano poU
moniti od infiammazioni acute del petto assai prossime a que-
sta malattia ; ecco il riassunto della tavola. Gasi 50, morti 19,
guariti o migliorati 31, ossia più di 1 morto su 3 casi. Dal 1
luglio 1839 i casi di polmonite furono regolarmente*disposti a
tavola; eccono i risultati, quali me li comunicò^il sig. M'Dou-
gall :
640
Casi di polmonite trattati nel Royal In/trmary dal 1 ottobre 1839 al
ì ottobre 1865, comprese le bronco^polmoniti, le pleuro^polmoniti^
e le bronco^lèuro-^lmoniti.
Numero
Casi di polmonite
totole
«
Anni
dei casi
1 < •
-— ^^.-'-— — — ~
Statisti
entrati
oeir ospe-
Totale
Miglio-
•
dale
curati
rati
Morti
1
i. luglio
1839 111 1
. ott. 1841
7,969 (•)
139
90
49
Dr. J. Reid
i. ott.
1841 1
\ 1842
3,587
42
26
16
\ Dr. T. Peacock
»
1842 al 1.
luglio 1843
2,760
41
26
15
i. luglio
1843 al 1.
ott. 1844
6,977 O
31
20
11
1
i. ott.
1844 1
» 1845
3,252
50
37
13
/
1845 ]
» 1846
3,638
67
51
16
> Dr. H. Bennett
1846 1
► 1847
7,435 O
93.
52
41
(
1847 3
» 1848
7,064 (*)
104
.60
44
\
1848 J
» 1859
3,686 (1)
88
71
17
Sig. M'Dougall
1849 J
> 1850
3,078
81
65 '
16
1850 \
> 1851
4,637
73
52
' 21
1851 J
> 1852
4,341
106
86
20
1852 J
> 1853
4,262
84
63
21
9
1853 1
^ 1854
4,211
47
54
13
1854 ]
\ 1855
3,990
64
53
11
1855 i
) 1856
' 3,816
68
56
12
1856 1
) 1857
3,358 («)
39
36
3
1857 X
» 1858
3,465
61
56
,5
1858 ]
»• 1859
3,718
50
43 7
1859 I
> 4860
3,8^4
54
43 ! 11
1860 1
) 1861
3,937
7g
70
8
1861 1
> 1862
3,892
73
63
10
9
1862 1
> 1863
4,384
86
75 11
m
1813 1
^ 1864
4,253
59
49 10
1864 )
» 1865
1
4,585
48
42
1
6
1
{*) In questo tempo si notarono grandi epidemie di febbre.
(^) A quest'epoca si ebbero considerevoli cambiamenti nel personale supe-
riore deirospedale, e l'Autore primo incominciava un trattamento ristorante.
(') Ora incomincia la controversia sul salasso, per la quale si pose tanta
attenzione al trattamento curativo.
' 641
Questi casi si dividono naturalmente in tre periodi. Nei
primo, innanzi il 1848, era in uso neU' ospedale l'antico me-
todo antiflogìstico ; il risultato fu questo, che di 567 casi, 205
morirono, ossia i su 2 ^j^. Al principio del secondo periodo ,
che occupa otto anni, io incominciai a funzionare quale profes-
sore clinido, e fu allora insegnato e praticato da me stesso il
trattamento senza salasso e coi ristoranti ; di 611 casi , 131
morirono, ossia qualche cosa meno di 1 su 4 ^/j. Sul principio
del terzo periodo, nel 1856-57, Tattenzione del pubblico medico
si fissò sull' argomento della polmonite , per le discussioni che
ebbero luogo tra il Dr. Alison , me stesso , ed altri,, ed ebbe
luogo la così dett» controversia del salasso. Questo periodo
giunge fìno a noi — nove anni, — durante il quale il metodo
antiflogistico fu una eccezione, quantunque qualche medico del-
l'ospedale abbia pur dato il tartaro emetico a tolleranza, altri
l'opìo, ed altri il calomelano. Di 548 casi, soli 71 morirono,
ossìa 1 su 7 ^/i.
L* esperienza adunque di nove anni nel Royal Infirmary di
Edimburgo sulla cura della polmonite ci dà la mortalità di 1 su
casi 7 ^/i; quella antecedente al 1848 fu di 1 su 2 ^j^. Il risul-
tato colpisce, e pare che oggi guarisca circa il triplo di quello
di una volta. Io non dubito che la. mortalità diminuirà ancora
di più, quando si saranno. completamente abbandonate le larghe
dosi di antimonio, di calomelano, di opio, e il trattamento misto,
quando diventerà regola generale il rigoroso metodo ristorante.
Fino ad allora le cifre ora esposte, stanno in favorevole contra-
sto con quelle di qualch' altro ospedale. Secondo il Dr. Arturo
Mitchell (1), il numero dei casi di polmonite entrati nelFospedale
generale di Vienna dal 1847 al 1858 compreso, ossia in 10 anni,
fu di 5909; ne morirono 1439, ossia 1 su 4.1. Il Dr. Arnold ,von
Franque (2) riferisce che in 16 anni ,. dal 1849 al 1855 com-
preso, entrarono nel Julius Hospital di Wùrzburg 874 casi di
polmonite, e ne morirono 176, ossia 1 su 5 casi. Queste pro-
porzioni da allora si alterarono pochissimo, perchè noi troviamo
(1) Edin. Med. Journ., voi. Ili, p. 399.
(2) Inaugurai Dissertation, Wùrzburg, 1855, p. 42.
Annali. Voi. CCI. 41
642
cbe nel Witdeii HospìUl di Vienna» secondo Dinstl (i), in 5
anni, dal 1857 al 1861, in 33,557 malati, si trattarono 1212
casi di polmonite , dei qaali 277 morirono , ossia 1 su 4 */|,
proporzione che il referente considera favorevole. Durante un
egual periodo di cinque anni , dal 1856 al 1860 nel General
Hospital della stessa città, si curarono 3014 casi di polmoniti ;
748 morirono, ossia qualcosa più di 1 su 4 casi.
>
Conelusiani desunta dalle eepoéte Btatiatiehe.
Onde le ricerche che faccio siano per quanto è possibile esat-
te, lasciai fuori della lista precedente i risultati di tutte quelle
pratiche che non potevano correre di pari passo colla mia quanto
a vastità q ad altre circostanze, tranne il metodo di cura cogli
stimolanti, e ciò perchè le statistiche date dal defunto Dr. Todd
sono le sole pubblicate sugli effetti di questi, rimedj. Per la
stessa ragione non compresi le recenti ricerche di Hannover
su 1382 casi di infiammazioni di petto (2) , poiché, dal sunto
datone nel Canstatt non si' può determinare V esatta mortalità
e il trattamento della polmonite messa assieme alle altre af-
fezioni toraciche. Lasciai fuori un gran numero d* altri scritti
importanti snli' argomento ^ mi basta però il sapere che nulla
-aggiungono di essenzialmente importante ai fatti citati altrove.
Tutto questo prova evidentemente:
1. Che a un metodo estremamente antiflogistico tenne sempre
dietro una gran mortalità, 1 morto su 3 c^si ; ma che modifi-
'candolo in diversi modi, o .col diminuire la quantità dei rimedj
deprimenti, o sciegliendo i casi di soggetti giovani e vigorosi ,
la mortalità varia da 1 morto su 4 Vs (^^I) (?) ^^ ^ su 43
casi (IX).
2. Quando metà dei casi sono ragazzi o individui al di qua
dei venti anni^ con una cura deprimente leggiera, la mortalità
diminuisce fino ad 1 morto su 28 casi (Vili).
V
(1) Canstatt, 1862, III, p. 219.
(2) Canstatt, III, p. 224, 1864.
(3) Questi numeri romani si riferiscono a quelli delle pa-
gine precedenti dove si dà un sunto dei diversi metodi.
643
3. La cura con larghe dosi di tartara emetico diede una
mortalità oscillante di 1 morto su 4 Vs (^) & i su 9 Ve (XIV).
4. Il metodo dietetico od aspettative di^e una mortalità di
i morto Bu 7 1/4 <XV) a 1 su iO.9 (XVII). Nei bambini, se-
condo Bartbec (XVIII), la mortalità è quasi miUa.
5. I risultati di un metodo misto, nel quale si, impiegarono
diversi rimedj , secondo la natura del caso e lo stadio della
malattia, danno una mortalità di 1 su 3 ^1^ (XXIV) ad 1- su
i3 «/j (XIX).
6. La cura' tonica con ferro e rame, seoondo Kissel» diede
una mortalità di 1 su 22 (XXV>.)
7. La cura cogli stimolanti, secondo Todd, diede una^ mor-
talità di 1 su 9 (XXVI).
8. Il trattamento ristorante dell'Autore^ diede -nnantortaiità
di solo 1 su 32 Ys) ^^ ^ quindi il ihù soddisfacente, linetra
pubblicato. Oonsiderando poi che i 4 -morti erano complicazioni
patologiche ]M^n> legate alla polmonite, si /può dire che questo
metodo dia una mortalità nulla nei casi- di vera polmonite.
9. Che i 105 casi non complicati,. raccolti consecutivamente
nelle «ale del Royal Infirmary durante i6 anni 4i mia cura ,
siano guariti tutti , è un fatto da doversi ascrivere solaoMnte
alla natura del trattamento ,- come %i rileva confrontando i ri'-
sultati di questo metodo con quelli di un metodo deprimente,
aspettative, misto, 0 specifico.
'^O. Quanto più gli «Itri metodi si avvicinano al principio
del ristorante- ed evitano di impoverire V organismo, tanto mì^
gliori sono 1 risultati. Osservisi Inoltre che anche evitando un
metodo direttamente debilitante, ma tenendo assai limitata la
dieta, 0 dando V optò largamente, 0 la digitale, a V aicpoi > • od
altre sostanze che tendono ad indebolire T organisnio e a di-
minuire r appetito, non si ottengono grandi vantaggi.
11. Le variazioni che sembrano susseguire lo stesso metiOido
praticato da diversi medici , si possano spiegare col gradi)' di
debolezza del paziente, o per mezzo delle circostanze del metodo
che cagionano debolezza, quali sarebbero la .di^ta baìssa, il sa-
lasso, il tartaro emetico, i narcotici , ecc. Ne segue che iX so-
stenere e ristorare (non Io stimolare), i poteri nutritiivi dell'orga-
nismo, e l'evitare' ogni rimedio debilitante, fostituisce il metodo
da seguire nella cura della polmonite.
644
Patùloffià della polmonite acuta»
>
La polmonite è una lesione consistente in questo Aitto che il
liquor sangninis si versa nelle vescichette aeree, nei l>iccoK tubi
bronchiali, e nel parenchima del polmone. 'Il precesso essuda-
tivo può essere assai limitato, ansi ristretto a poche vescichette
aeree e ai piccoli tubi bronchiali compresi fra esse. Questa è
la polmonite vescicolare. Sappiamo che può occupare un lobulo
o un lobo intero , e costituisce allora la polmonite lobulare e
la lobare, in ogni caso si determinò il fenomeno essenziale
ddir infiammazione, cioè V essudato, e lo si distingue coll'esame
diligente del tessuto polmonare , perchè chiude le vescichette
eeree con una sostanza finamente molecolare. Qualche volta si
scopre 1* essudato col premere fra la mano il polmone , e si
sentono dei piccoli indurimenti del volume di un grano di mi-
glio a quello di un pisello^ spesso - rossi, qualche volta gialli, e
allotta assai rassomiglianti a tubercoli. Questi piccoli induri-
menti alla- fine si rammolliscono e si convertono in pus , come
nelle forme lobari e lobulari della polmonite^
L* esame microscopico del temuto polmonare ci mostra in
primo luogo , che le vescichette aeree , i piccoli bronchi , e il
tessuto areolare, sono infiltrati da un essudato molecolare, gra-
nulare, che spesso forma un' getto o raccolta delle vescichette
e dei bronchi che con facilità sì separano meccanicamente colla
lavatura e calla pressione. Non di rado, come osservò Remak ,
questi' getti vengono espettorati interi , e si possono sciogliere
dalla sostanza gelatinosa dove stanno col versare il contenuto
delta sputacchiera nell'acqua, e agitando i filamenti ramosi.
Questi, ingranditi , presentano un essudato fibroso , nel quale
stanno dei corpuscoli di pus in formazione con un certo nu*
mero di cellule epiteliari. Tali porzioni di essudato che. ri-
mangono nel polmone si trasformano in pus , si disintegrano
alla^ fine e vengono assorbiti nel sangue, dove si cambiano chi-
micamente, e alla fine vengono espulsi dall* organismo, speda !-<
mente dai reni. Se per V estensione delia malattia o per la
debolezza dei paziente questo processo viene troncato, il ma-
lato può morire, o per l'incapacità di secernere la sostanza così
trasformata che sta nel sangue, o per l'interruzione delle funzioni
f)45
respiratorie. .Se T etssudato si limita in e^tons.Lone, q si versa
lentamente fin dal principio, diventa cronico. In tali cirqostaji-
ze, i corpuscoli epìteU^ri e di pus del gessato polmonare pos*
sono subire la degenerazione adiposa,, e si hanno per risultato
numerose cellule granulari composte. Se si ebbe stravaso di
sangue mescolato alle altre formazioni or descritte, vi si tro-
veranno spesso dei cristalli rossi di ematina , dei corpuscoli
sanguigni circondati da uno , strato albuminoso e che presen-
tano le numerose trasformazioni che subiscono come si sa dopo
lo stravaso.
Osserva il Dr. Todd (1) che < quando un paziente soffre/di
polmonite, il polmone tende a diventar solido , poi a generare
il pus, e da ultimo la struttura polmonare infiltrata di pus
tende a frangersi e a disciogliersi. Cosi avviene nei casi sfa-
vorevoli. Altrimenti si ha la guarigione, o pel processo non
completo di solidificazione, o pel rapido passare di essa^ o per
l'assorbimento, q medi^Ate un processo di soluzione e scaricarsi
del nuovo materiale che formò il solido del polmone ». Io osser-
vai specialmente in che modo si assorbe V essudato, ed esami-
nai spesso dei polmoni nel cadavere -allo stadio di epatizza-
zione rossa per morte determinata da emorragia cerebrale o
da altra malattia. In alcuni polmoni e' era stata polmonite a
tutti gli stadj , incipiente in alcuni punti , solidificata e rossa
in altri punti, grigia e. purulenta in altri ancora, la tutti que<*
sti punti si poteva notare una gradazione nella formazione del
pus. Nella; epatizzazione più solida si possono vedere le giovani
cellule di pus che incominciano a formarsi; cosicché io sono
convinto cho l'essudato^ degenera sempre per aziona della foi^-
mazione di pus, in breve .questo è il processo normale. Non ho
mai visto un essudato .coagulato disintegrarsi ed essere assor-
bi^to senza lo sviluppo di cellule di pus^ e concepisco come ogni
analogia e T osservazione diretta siano opposti a tale suppo-
«izione. . Ne se^ue che la formazione del pus lungi dall' essere
un indizio di uno sfavorevole andamento della malattia, è la
regolare e necessaria trasforjmazioi^ dell' essudato solido , per
la quale r essudato stesso si scioglie e viene assorbito.
-(1) Beale, Arch. of medicine. N.* 1, p. 2.
/
046
Qaesta idea, basata gu numerose e diligenti oaservasioai
istologiche di pohnoni pneamonici , sascettibilissima di * dimo-
Btrasione con ogni reeente esempio della malattia in discorso ,
eome pure cui molti' preparati della mia raccolta, scosse le no-
zioni di certi patologi delfa scada francese* Qriselle or non è
molto così osserva in proposito ; e Io non posso accettare una
dottrina che nen è gfnstificata da alcuna prova diretta, contro
la quale il Senso clinico in certo qual mòdo si rivolta, e cbo è
maliìifestainente contraria 'a qnanto fu insegnato e si insegna
tuttodì , dalla più semplice osservazione di medici di tatto il
mondo (1) ». Se Grisolle j prima di scrivere codesta critica
avesse investigato l'argomento nella sola via coh veniente, cioè
col microscopio, avrebbe veduti néir epatizzazione rossa^ corpu-
scoli del pò» ad ogni epoca - di formazione , e così si sarebbe
'convinto di una verità la quale, long! dal rivoltare il senso
dittico, presenta nuovi ed importanti argomenti per ana pra-
tica migliore, come si vedrà col tempo. Il microscopio dimo-
strò che molti dei cosi d%tti fluidi purulenti non erano puru-
lenti affatto ; mentre dimostra chiaramente che la disaggrega-
zione , il rammollimento , e il liquefarsi deir essudato plastico
nella polmonite,, prooessi ammessi da Griselle, sono in realtà il
risultato di una vitate formazione di cellule di pus ; favorendo
la quale possiamo indurre la guarigione nei nostri pazienti ,
diminuendola o interrompendola aameotiamo la mortalità nei
maiali stessi. La prova diretta che cerca il sig. GrisoHè , egli
stesso la può ottenere mediante alenne sezioni di un polmone
pneumonico fatto col coltello di Valentin, ed esaminandole poi
diligentQmente, primo ad un ingrandimento di 25, poi di 250
diametri lineari, e allora vedrà: i, l'essudato molecolare nelle
vescichette aeree; 2 , il passaggio di questo in eellule di pus
per coalescenza molecolare, e 3> la formazione e 1» susseguente
degenerazione di tali cellule. È così costante la formazione del
pus nella polmonite, e lo si può vedere formarsi per aggrega-
zione molecolare indipendentemente di ^ cellule preesistenti , in
Bkodo così chiaro , da offrire un pieno rifiu^ della dottrina
(1) Traité de la Pneumonie, 2.» ed. 1864, p. 53.
di Virchow, omnis cellula « callula, detta cpmanemente patolo-
gia cellulare.
Trasfennatosi l'essudato in cellule di pus queste dopo un
certo tempo diventano adipose, sì rompono si slegano si li-
quefanno , e vengono assorbite nel sangue d onde sono poi
espulse dagli emuntorj, ma specialmente dai roiij, allo stato di
orati.
La patologia di questa malattia , cosi spiegata , mi spinse
« Fig. 1.* Sesione verticale della parte esterna di un polmone
affetto da pleuro-pohnonite ; ingrandimento dì 35 diametri li-
neari. — Esternamente, I' essudato sulla superficie ha formata
un denso strato di fibra molecolari, a si vedono i villi che di-
ventando vascolari assorbono il fluido sieroso. La metà infe-
riore della figura mostra le vescichette aeree del polmone tu-
rate dall'essudato molecolare coagulato.
Fig. 2.* Due vescichette aeree ad epatizxauone rossa dal
polmone , ingrandimento 250 diametri lineari, a , vescichetta
piena di essudato moleoolare, che si raccoglie in piccole masse
a formare corpuscoli di pus. 6, una vescichetta aerea vicina,
nella qualx l'essudato trovasi ad uno sviluppo piò avanzato, e
"i si formano delie rulUilo-niis.
648
molti anni bodo alla convinzione che il salasso e gli antiflogi-
stici dovevano essere dannosi. Le cellule del pus devono rite-
nersi come corpi vivi, e come tali e' è bisogno di un eccesso di
sangue, di una buona nutrizioni^, e di una esagerata forza vi-
tale per affrettarne lo sviluppo e portarli successivamente at-
traverso i naturali stadj della loro esistènza. Se la risoluzione
djilla polmonite consistesse semplicemente in un processo regre-
diente, in una cosi detta necrosi dell' essudato, il metodo anti-
flogistico , favorendo codesto processo , dovrebbe far migliorare
rapidamente il polmone e guarire la malattia. Ma la mia con-
vinzione che tale espulsione sia dipendente da vitali processi
di formazione^ mi condusse ad un metodo opposto , ad evitare
cioè di troncare la malattia o di indebolire il polso e le forze
vitali, e al contrario a favorire i necessarj cambiamenti che
deve subire V essudato onde venire pienamente espulso dall'e-
conomia. A questo fine, durante il periodo di eccitamento' feb-
brile, mi limito ai salini a piccole dosi air intento di diminuire
la viscosità del sangue. Sul principio della cura , prescrivo
brodo, latte ed' altri nutrienti quanti se ne fanno prendere, e
tostochè il polso cede^ cibo solido, e vino ogni giorno da 4 ad
8 once. All' avvicinarsi del periodo critico prescrivo un diure-
tico, mezza dramma di etere nitrico, e qualche volta dieci gocce
di vino colchico tre volte al giorno per favorire V escrezione
degli urati. Se la crisi si determina con sudori o movimento
intestinale, ho cura di non disturbarla in nessun modo. Ritengo
che i salini e. i diuretici -non fanno altro che ajutare il 'pr(4-
gresso naturale della malattia. La parte essenziale della cura
consiste nel riposo, nel nutrimento, e nel sostenere le forze del
corpo.
Lo scopo di questo metodo fu assai frainteso, e più che da-
gli altri, da Griselle, il quale lo chiama un trattamento aspet-
tative. A me pare che ne differisca completamente nella cura
che si deve avere di nutrire l'organismo indebolito, fin dal
principiOy e così, secondo le idee patologiche già espresse, aju-
tare le forze vitali a modificare 1' essudato coagulato, dapprima
in una nuova formazione ( pus ), poi in un fluido capace di es-
sere assorbito. Non posso chiamarlo un metodo . dietetico , poi-
ché questa denominazione fu applicata sul continente a signi-
649
flcare una limitazione di dieta , piuttosto che una concessione ;
la diète absoliie dei francési, vuol dire sfinimento per fame.
Questo fatto spiega il fatale risultato della pratica e special-
mente il mal esito di Grisolle , quando provò T aspettare , o,
com' egli intende questo metodo, il proibire ogni nutrimento ^
mentre al tempo stesso si agisce sul tubo intestinale con inje-
zioni d* olio di ricino (4). La mia patologia su questo rapporto
pare strana, e inutile il parlarne (2) ; ma poiché mi con-
dusse a guarire ogni caso di polmonite singola e doppia non
complicata, mentre il metodo di Grisolle dà 4 morto i| ogni 6
casi , io spero mi si permetterà di credere che la mia tedria è
meglio fondata suir osservazione di quello eh' egli f supponga ,
poiché la mia pratica la sostiene in modo nonjdisputabile.
Qui mi fermar assai poco 'sulla patologia della polmonite ,
poiché nello stato presente della scienza per intender comple-
tamente questa patologia , bisognerebbe addentt*arsi assai nel
grande argomento dell* infiammazione. Era mio scopo di dimo-
strare che, per quanto concerne la mia pratica, vi fui indottò
da scientifiche ricerche. Ora, dopo avere diligentemente osser-
vati e tenuto nota di casi per diciassette anni nelle sale di un
ospedale, io mi arrischio a credermi giustificato, sostenendo che
la verità in pratica coincide colla verità' in teoria, e che Tuna
sostiene e conferma V altra (3).
Obbiezioni e risposte.
In una questione di grande importanza pratica come la pre-
sente , nella quale si raccomanda uji procedere molto opposto
alla pratica p&ssata ed alle opinioni di molti ed abili medici,
(1) Traité de la Pneumonie, 2.^ ed., p. 559.
(2) Idem, p. 568.
(3) Per una migliore consid.ìrazione della pntologin delTAu-
tore su questo argomento vedasi la quarta edizione dei : Prin-
ciples and Practice of Physic, 1865, deirAutore stesso, special-
mente agli argomenti : Molecular and Celi Theories of Orga-
nisation, p. 115; InHammation , p. 155; The naturai Progress
of Diseases, p. 295 ; On the Diminished Employment of Blood-
^tting and Antiphlògistic Remedies, etc., p. 302.
650
«rano da aspettarsi non poche ebbieiionl. Infatti ie furono emesse
liberamente, poiché le idee che pubblico qui erano già note al
pubblico per le mie lesioni ed altri miei scritti. Senza riferir-
mi a nessuno individualmente, mi propongo di rispondere a
queste obbiezioni separatamente.
«
Obbiezione I. -* Ne$9un piano di cura della polmonite
può eeeere applicabile a tutti i cosi.
Una obbiezione generalissima che si fa al metodo ristorante
nella cura delia polmonite, ò fondato sul supposto buon risul-
tato di metodi antecedenti in casi specialmente addatti per essi.
Non è possibile, dicesi, che un dato trattamento riesca in tutti
i casi di polmonite, poiché alcuni casi si verificano in robuste co-
stituzioni ed altri in organismi deboli. Come pure la malattia
si osserva in circostanze diverse di età, di sesso, di clima, di
costituzione, ecc. ;- può pres^tare grandi diversità di fenomeni
circa il dolore, Tinsonnio, Taffanno, l'espettorazione, e via; più
r estensione della malattia e delle sue complicazioni le dà dei
caratteri speciali ; e tutti questi richiedono delle modificazioni
nel trattamento. Tutte queste asserzioni ci si presentano non
solo aJOTascioanti, ma anche assai ragionevoli. Alcuni che furono
obbligati ad ammettere la fatalità del salasso generale^ del tar-
taro emetico e degli antiflogistici, dicono che la colpa sta nel
non averli saputo impiegare a dovere ; essi opinano , che pra-
ticato il salasso solo in certi casi, e somministrato l'antimonio,
Topio, e la digitale solo in certi altri, si avrebbe avuto altro
risultato. Queste asserzioni costituiscono degli assunti affatto
mancanti di "prove.
D'altra parte , ovunque medici giudiziosi hanno praticato
con tali idee , quantunque con distinto miglioramento dell' an-
tico sistema antiflogistico, pure s'ebbe ancora una considerevole
mortalità , la quale , messa a confronto col . trattamento risto-
rante, rende più rilevante la vasta superiorità di quest'ultimo.
Non possiamo mettere in dubbio che codeste viste siano state
abilmente sostenute da Lebert, Huss, Bamberger, Flint, Rigler
e Moreheud; eppure esponemmo già come.il miglior successo,
che fu quello ottenuto da Lebert, sia di 1 morto in 13 a^«' ;
661
.secottdo Hiiss, anche i casi non complicati curati cost^ danno
una martalità di 1 8U 17 casi. A me pertanto riesce certo che
i tentativi diretti a niirgliorare particolari sintomi per mezzo di
rimedj che impoveriscono le /forze e diminuiscono Tappetil^o, siano
contrastabili, e che quantunque alcuni pazienti se ne, trovino
meglio, questa pratica, posta quale regola, debba evitarsi.
Nel ragionare con medici che sostengono l'obbiezione or ac-
cennata, troverete sempre che i loro argomenti ripqsano su casi
speciali. Dimostrammo che, dove s'aveva per regola una stretta
pratica antiflogistica, in ogni tre casi di polmonia cosi curata
c'era un morto. Bisogna ammettere che questa è una mortalità
spaventosa, tanto più che la si nota in una scelta di casi non
complicati, i quali tutti si possono ora guarire mediante un trat-
tamento ristorante. Ma se uno moriva su tre, due su tre gua-
ri vano ; di sessanta casi curati , quaranta andavano bene , e il
pratica , riandando negli anni successivi i risultati della ,8ua
pratica, enumera con tutta compiacenza la lista degli individui
ch'egli salvò cella lancetta; questi fecero viva impressione,
i morti si dimenticano. Egli è evidente che non si arriva
a nessuna retta conclusione riguardo all' esito di un tratta-
mento^ se non si prendono in considerazione tutti i casi, se
non si paragonano i casi fatali coi guariti. Quando si partì
dal punto che gli individui vigorosi o pletorici affetti da pol-
monite debbano essere salassati , mentre solo i deboli si deb-
bano sostenere, dov'è, io domando, la prova di un tal dogma?
Cosi pure, quando si asserisce che l'eccessiva dispnea, o il caso
della malattia in ambi i polmoni, richiedono il salasso, dov'è,
io domando, la prova ? Mi appello ai fatti esposti nella Tavola
dove si dimostra che e deboli e forti migliorano facilmente coi
ristoranti , e che il grado di dispnea o la malattia in uno o
in ambidue i polmoni , non Jinfluiscono in. nessun modo sulla
mortalità. ^
Parecchi autori provarono che vi sono diverse circostanze
che aumentano o diminuiscono assai la mortalità e la durata
della polmonite, e meglio d'ogni altro lo provò il Dr. Sibson
nel suo dotto articolo pubblicato nella Brit. ai|d For. Med.
Ohir. Review, del luglio 1858.
652
Le circostanse cui egli allude specialmente sono V età , il .
sesso, e la costituzione del paziente , la stagione, il clima, Tan-
tecedente debolezza del malato, la negligenza sul principio, della
malattia, Testensione, il carattere e lo stadio della malattia, le
complicazioni, il cambiamento di tipo, e le condizioni della vita
deirospedale. Parecchie delie sue conclusioni, vedute alla luce
dei fatti che ora pubblicai, debbono essere modificate, special-
mente quelle che si riferiscono airinfluensa deirestensione della
malattia e al cambiamento di tipo , che in verità danno poco
effetto sul decorso della polmonite. Tutte le altre circostanze
si possono radunare, credo, sotto un sol capo, cioè, cause diverse
producenti debolezza. Perchè la malattia sia meno fatale nei gio*
vani al di sotto dei venti che non negli adulti, sta evidente-
mente in questo, eh' essi sono più vigorosi e in loro* i processi
nutritivi sono più Attivi. Vedemmo pure che nelle donne , più
deboli degli uomini, la malattia~si prolunga di più. Cosi pure, ,
il trascurare la malattia sul principio, la debolezza della costi-
tuzione, come nelle razze indiane, sono di effetti dannosi. De-
vesi notare che le osservazioni del Dr. Sibsen e di altri com*
montatori, sui trattamento passato, si riferiscono per la mag-
gior parte ai risultati di: un trattamento antiflttgistico, aapetta-
tivo, o misto. Mostrammo che con un trattamento ristorante, mol-
tissime di codeste circostanze che si volle iniluenzassoro sfavore-
volmente la polmonite, vengono tolte d'un tratto. Il gran fatto
che tutti i miei casi guarirono, tranne i quattro che morirono
per meningite fatale, per ulcerazione degli intestini, o per ma-
lattia rfinale , vuoi din^ che in questo clima , coi ristoranti,
r età , il sesso , la stagione e la costituzione del malato non
hanno veruna influenza sulla mortalità , quantunque in* certo,
grado influiscano sulla durata della malattia.
Non v' è forse circostanza che influispa stilla mortalità e U
decorso della polmonite , più della trascuranza del primo pe-
riodo della malattia. Le classi inferiori non sólo soffrono la fame
dopo rinvasijiie della fdbbre, ma non di rado continuano nei
loro mestieri, fino a che esauriti affatto ricorrono all'ospedale.
Son qiK^sti quei casi che si trovano moribondi fin dalla prima
visita, e che se non muojono, hanno una convalescenza prolun-
gata. È singolare il vedere come di sovente questi individui poif
r
653
i^ano riaversi e trionfare della malattia coi ristoranti. E così men-
tre i robusti con un metodo ristorante superano sicuri ed in breve
la malattia, i deboli trovano in questo il solo mezzo di sfuggire
alla morte e di assicurarsi la guarigione.
Obbiezione 2.* — Il risultato del trattamento ristorante dipende
da un cambiamento che è avvenuto nel tipo della malattia.
Non appena nel 1848, cominciai ad esperimentare il metodo
ristorante nella polmonite nelle sale cliniche del Boyal Infir-
mary, il mio distintissimo collega Profess. Alison, ne venne in
cognizione necessariamente. Parve colpito dai risultati così con-
trarj alle nozioni eh' egli aveva fìi^o allora, e finì concludendo
che questi risultati non si potevano spiegare, tranne che sup-
ponendo che il tipo delie malattie infiammatoriev avesse cam-
biato dai giorni di GuUen e di Gregory. Egli pel primo emise
quest'idea nelle sue lezioni cliniche nel 1850 e 1852, ma par-
ticolarmente in un lavoro pubblicato nel 1,856 (1), al quale io
risposi nel 1857 (2). L'ultimo di questi lavori diede origine alla
così detta controversia del salasso del 1857 in questo paese ,
cui prèsero parte il continente e gli Stati Uniti d'America.
La teoria emessa dal Dr. Alison era, che l'alterata pratica
nella polmonite e in altre malattia acute , non risulta da un
maggior sapere o da un avanzamento di diagnosi e di patologia,
ma dall' essersi cambiate le m ilattie stesse. Per esempio . egli
pensava che l'infiammazione ora, non è quella stessa dei tempi
di Gullen e di Gregory; che la costituzione umana ( come poi,
non spiegava ) è fondamentalmente alterata e fattasi piò de-
bole; cosicché il medico aveva ragione di trattare la malattia
col salasso allora, come ha ragione di astenersene ora. Questa
teoria sembrò così soddisfacente al fondatore di essa , eh' egli
(1) Refl^tions on the results of experience as to the sym-
ptoms of internai inflammations, and the effects of blood-letiing,
during the last forty years. (Edin. Med. Journal).
(2) Observations on the results of an advanced dfagnosis
and pathology , applied to the management of internai inflam-
mations, etc. {Edin. Med. Journal, voi. II. p. 769).
654
invocò la dignità di un latto nltimo o di nn Mtioma. I cam-
biamenti di tipo, dice Alison, nelle malattie infiammatorie, co-
stituiscono una e parte delle generali dispensazioni dMla Prov-
videnza riguardo a quelle malattie, e sono, un fatto ultimo netta
loro storia i. Il Dr. Waston, con altrettanta enfasi neirultima
edizione della sua opera sulla Practice of Physic dice: e lo
sono fermamente persuaso, per osservazioni mie e per i ricordi
della medicina, che vi sono delle onde di tempo nelle quali pre-
valgono successivamente i caratteri stenioo ed astenico della ma-
lattia; e che oggi ci troviamo in una delle fasi adinamiche ».
Or vediamo per un momento cosa implichi questa teoria —
cioè , che la costituzione del genere umano divenne p4ù debole
e meno capace ora di sopportare la deplezione; che il polso
umano, che è il mezzo per verificar ciò, batte meno vigorosa-
mente quand'è malato di quello che fosse centinaja d' anni
prima di'Cullen e di Gregory; che quando nn uomo robusto,
oggi, s'ammala di un'infiammazione, presenta tutti i fenomeni
che di solito si osservano in un debole; in' breve, che la razza
umana degenerò così negli scorsi trentacinque anni, che la rea-
zione che avveniva una volta nell'economia non c'è più, e non
si può più sopportare così bene la deplezione.
Questa idea non ha altro fondamento che la supposizione;
perchè , esaminando gli effetti delle feirite dopo la battaglia di
Waterloo e dopo quella di Alma, li troviamo identici, nell' ar-
mata Britannica. Come pure non si osservò alcuna modifica-
zione in proposito negli ospedali civili. Aggiungasi che invece
il popolo è meglio nutrito, meglio coperto ed alloggiato d'una
volta; i conforti e i godimenti della vita sono assai più divul-
gati. È facile il dimostrare che la forza intellettuale , V intra-
prendere commerciale, il valore marziale, il vigore del corpo,
non sorpassarono mai, in questo paese, il grado cui si trovano
ora — fatti completamente opposti alla teoria emessa.
La cura dell'infiammazione senza antiflogistici fu introdotta
anche nella pratica veterinaria. Dovrebbesi quindi dedurne che
i nostri cavalli e la razza bovina, per effetto della civilizzazione
abbiano degenerato, e che in essi pure siasi alterato il tipo della
malattia? Portano ancora le stesse some, arano colla stessa pro-
fondità di solco, corrono come prima, se non meglio.
655
D' altronde non devesi dimenticftfft che il metodo antiflogi -
stica fa di una pratica fatale; nella polmonite acuta diede 1
morto in 3 a 6 casi (L- IV). Nelle mie sale non vi furono
morti in simili casi non complicati, mediante il metodo risto-
rante. Per provare che questo è il risultato del metodo e non
di cambiamento di tipo, basta considerare che in Spagna e in
Italia dove si segue ancora l'antico sistema, si hanno gli stèssi
risultati. Non fummo noi colpiti dalla morte del conte Cavour
seguita dopo cinque salassi per una febbre? Non si dirà certo
che, mentre i popoli delia Brettagna, della Francia e della Ger-
mania hanno degenerato, quelli della Spagna e delPItalia abbia-
no serbato il loro primo vigore. A Parigi, Bouillaud continua nel
suo sistema di salassare eaup-aur-coup. E\^\ì è il' solo in quella
capitale. Dovremo credere che nelle sue sale il tipo della ma-
lattia non abbia cambiato come dev'essere avvenuto negli altri
ospedali? Noi troviamo che, dovunque si pratica in òggi il sa-
lasso largamente, si ha ancora la stessa gran mortalità di pri-
ma — il che. prova che la malattia non cambiò.
Si disse che le febbri epidemiche cambiano di tipo , e av-
viene così in fatti , ma non ne segue che si comportano allo
stesso modo le malattie organiche. I veleni morbosi atmosferici
nascono da fonti diverse, e spno più potenti in un periodo che
in un altro^ e inducono sintomi di diversa intensità non solo, ma
diversi fra loro , come vedesi nel tifo e nella febbre tifoide.
Sono questi ultimi cambiamenti che costituiscono la differenza
di tipo. Furonvi uomini robusti e uomini deboli in tutti i tem-
pi; gli insulti, le lesioni e i cambiamenti di temperatura agirono
su di loro allo stesso modo , producendo sintomi proporzionati
al loro vigore corporale, ma senza che i sintomi stessi modifi-
cassero di carattere. Il cancro, il tubercolo ed altre alterazioni
di struttura , cambiarono di tipo ? Le malattie tubercolari dei
polmoni, fino a questi ultimi tempi si credettero quasi sempre
fatali; ora, iu virtù di un metodo migliorato si sa che guari-
scono spesso. Dovremo dunque credere che, mentre gli indivi-
dui ammalati d* infiammazione sono più deboli , quelli malati
di tisi e di scrofola sono più forti di quel che erano un tempo?
Si disse che il polso ha cambiato; una volta era più vigo-
roso ed ora è comparativamente debole. Il perchè poi negli ul-
656
timi veaticiiiqu6 anni la natura abbia cambiato il polso deiraomo
e dogli animali , non saprei. GrVadicando dallo circostanze cui
mi riferii, specialmento la maggior .larghesza di cibo e la
prosperità generale , dovrebbesi avere invece un polso più va-
lido. Non mancò chi mettesse fuori ragioni per spiegare il sup-
posto fatto. Così si è, detto che l'uso del the invece del liquore
preparato coir orzo, gli spiriti , e il vino , rendano V individuo
più debole e più nervoso; che l'uso delle paiate, che le ferro-
vie, vi contribuirono per qualche cosa. Watson opina che ciò
si debba attribuire alle epidemie choleriche, l^ quali, in un
modo tale ch'egli non cerca di spiegare f lasciano traccia della
loro azione sulla salute e sulla vitalità, anche lungo tempo dopo
che cessarono di dominare come epidemie ». {Pneumonia^ vo-
lume IL, p. 97). Robertson di Manchester si dichiara soddisfatto
per via d'esperienza che l'epidemia fu causa di questo naturale
cambiamento di tipo. Altri suppongono che dipenda dalle alte-
rate r«jlazioni fra le nostre popolazioni cittadine e rurali. Non
sarebbe molto meglio che coloro che stanno disputando suUe
cause di un cambiamento di tipo che è lungi dall' essere evi-
dente, non sarebbe meglio che si domandassero innanzi tutto ,
come mai stabiliscano il fatto del cambiamento subito dal
polso ?
È inutile dire che la memoria e la sola opinione in tali
casi non sono di molta importanza. Quanto sovente i sensi ci
ingannano , cogli oggetti alla mano; quanto poco bisogna con-
fidarvisi quando si asserisce semplicemente che secondo la me-
moria di un dato pratico, un polso era più valido venti anni
sono di ora! Eppure a spiegare un cambiamento di pratica,
non abbiamo altro motivo di questo, emesso dai sostenitori di
una teoria che parte dal fatto fondamentale che la forza vi-
tale labbia diminuito nel cuore e nel polso dell' uomo e degli
animali. Ora vediamo che risponda, la scienza e la positiva os-
servazione a queste idee. Non e' è altro argomento in fìsiolo-
gia , sul quale, come su questo del polso, si possa dire di
avere più elaborate e più esatte informazioni. Nel 1732 Ste-
phen Hales pubblicò una serie notevole di esperimenti sulla
forza statica del polso e sulla rapidità del sangue nelle ar|;e-
rie di diverso calibro. Nel 1828-20 Poisseulle ripetè osserva-
657
zioni simili mediante un istrumento inventato a tale scopo
eh' egli chiamò emodi namometro, e che lo condusse alle stesse
conclusioni già ottenute da Hales. In questi esperimenti si de-
terminò la forza del polso dall' altezza cui l' impulso del san-
gue poteva innalzare una colonna di mercurio. Ne risulta che
la forza statica colla quale vien spinto il sangue nell' aorta
umana, uguaglia la pressione di 4 libbre e 4 once su un pol-
lice quadrato ; nel polso radiale è eguale a circa 4 dramme.
Valentino confermò questi risultati nel 1844, Ludwig nel 1847,
e Vierordt nel 1855 ; ed ecco come non solo manca ogni fatto
per sostenere l'assunto che il polso umano e degli animali sia
diventato più debole, ma le esperienze ora citate, instituite ad
epoche diverse e lontane , ci dicono positivamente che da 130
anni il polso non è punto diminuito di vigore. La teoria del
cambiamento di tipo, lungi dall'essere fondata su fatti noti,
è invece erronea , ed affatto in opposizione coi dati diligenti
che ci fornì nei tempi moderni l'istologia, la fisiologia, la pa-
tologia.
Ai lettori che si interessano in codesto argomento, riesci rà
gradita 1' analisi degli scritti che vennero in luce durante la
controversia del sdlasso del 1857 , e che trovasi nella terza
edizione de' miei: Principles ad Practice of Medicine, 1859, pa-
gina 297. Il sommario precedente è tolto dalla quarta edizione
1865. Durante la stampa di queste pagine , il Prof. Stokes di
Dublino aggiunse il suo nome illustre a quello degli altri medici
che combatterono validamente per un cambiamento di tipo nella
polmonite durante gli ultimi trenta o quarant'anni. Egli dice:
c Mi ricordo benissimo di aver osservato il frequente presentarsi
dei fenomeni accennati da Ghristison — l'azione veemente del
cuore , la non compressibilità del polso , il rosso vivo del san-
gue venoso e la forza colla quale zampillava quasi per saltum
dall'orifizio della vena. (Address in Medicine to the Britisb Me-
dicai Association, 1865) >. E mentre il profess Stokes di Dublino
ricorre alla memoria per sostenere la teoria del cambiamento
di tipo , il Dr. G. Balfour pubblica uno scritto nel quale cita
casi di Cullen e di Gregory, tolti da annotazioni fatte alle
loro lezioni, e conservate nelle librerie deir Edinburgh College
of Physicians e della London Medico-Chirurgical Society. Que-
Annali. Voi. CCI 42
658
«te annotazioni di casi fatte in allora , provano chiaramente
cbe la polmonite quale ti osservava a quei . giorni , presentava
esattamente lo stesso tipo della polmonite d' oggi. Nella mag-
gior parte dei casi il polso era molle ; ansi quanto al polso ,
lungi dall' essere valido e resistente, come dovrebbe essere
secondo ie memorie di Gbrietison o di Stokes , il Dr. Gregory
pone come regola che t riguardo alla pienezza del polso nella
polmonite, sul principio, prima che il paziente venga salassato,
non è solo molle e anche piccolo , ma generalmente ,. dopo sa-
lassato diventa più pieno , quantunque mantenga sempre la
eua mollezza (1) *. Certo che codesti fatti scritti al letto del-
l'ammalato durante la vita del paziente, sono di un valore
senza paragone rispetto alla sola rimembranza del passato , in
medici per quanto eminenti. Onde ripeto che il cambiamento
di metodo -nei tempi moderni, non si può far dipendere da un
cambiamento del polso e da un tipo tifoide della malattia, co-
me ^i volle supporre.
Credo che , bene esaminato un altro degli assunti del Dr.
Stokes^ anche questo non riuscirà a sostenere la sua dottrina.
Parlando degli esemplari di polmonite presentati alla Patholo-
gical Society of Dublin in. questi tempi, e paragonandoli a
quelli degli anni 1820-30 , egli dice : e In generale questi
esemplari mostravano tutti degli indiq' di diminuito grado di
energia patologica.. NelU polmonite, per esempio, il rossore, la
durezza, la densità, e il determinato confine del polmone solidi-
ficato si vedevano di rado ^ e quello stato di aridità e di infe-
zione scs^rlatto vivo cui io darei il nome di primo stadio della
polmonite, diventò rarissimo. In luogo di questi caratteri, . ave-
vamo una condiziona più vicina alla splenizzazione , le parti
affette porpora, non, rosso brillante; friabile, non sodo;, umido
noU) secco; e il tutto quale risultato, piuttosto di diffusa che di
energica, e concentrata infiammazione, oppure avevamo un'altra
forma, cui il Dr. Corrigan diede il. nome di polmonite azzurra,
nella quale la struttura rassomigliava a quella di un polmone
.carnoso immerso;. nel sangue venpso ». Accettando i fatti coi
(1) Edinburgh Medicai Journal, Seplember, 1865, p. 216.
659
particolari esposti dal Dr/ Stokes^ posaiaitto darne dna fi»eile'«Frìe-
gnztone, senza la neceseità di supporre' che', nei teaipi TeeeiHi le
alterazioni organiche delia macchina nmana abbiano -sub Hb 'aen*
sibilo modificazione nei caratteri fisici. In primo iuogoy pel. mi<-
gliorato trattamento pochissimi mnojono ora nel primo st^io
di polmonite, circostanza più che «uflfieicate a ispiègare e«m&
sia rara quella solida e distinta epatizcazione rossa 44l pphnone
cui accenna il Dr. Stokes. Ogni patologo d'.altro»4e W^ ohe
quand'egli esamina una polilotonite 'semplice )eadenaii»W «al primo
stadio, presenta precisamente ora lo stesso aspelto ^ gU ^t^si
caratteri di quelli d*uaa voltai in^ secondo luogo, 6^ t)eif io . ohe
il maggior 'numero di esami cada vei*iei . che si fondalo. 'Ona;, e, la
maggior attenanone che si pose all' anatomia patologìe*, mi«aro.
in luce lesioni che priintei si eomprendsifano pooo , qna^i karob-
blro la splenizzazione , la carnifionzioaie e - il eoHassodftt spol-
moni. È cosa evidente però, che il dtminnito 'HutHerlo doveri
esempj di epatiszazione rossa e dura ,. e* T apparente Aumento
delle splenizzazìoni e di lesioni pia molli degli oi^gani oosi 'fre-
quenti nelle febbri, non ò' prova di nn - dambidmeiito 4eUa le*
sione stessa^ ma piuttosto della diminuita mortalità di una ma*
lattia e di conseguente aumentò relativo di aHre« . '
Il Dr. Stokes nega altresì ohe u»a pia avansalna (diagnosi e
patologia abbiano avuta iniluehza alcuna nel rtdunrd la iaoiria-»
lità dei oasi di polmonite' acuta. Quanta alla diàgnosi, atseuìsce
che da LaAnnec ih poi non si ebbe islcun taigtioramenfa. Ifa
ammettendo ciò hel senso che Laènn^cd podi i-suei^egiiad' po-
tevano rioonosoere fisicamente la polnuonite 'conio lo lasfo i me-
dici d'oggi , bisogna concadere che F abilità' di ìoèloroiè al "pfe
sente assai più diffusa tr^ il medici,' e .'Che ifi prat&c^r, oociesla
estensione di -facoltà 'diagnostica oontribaì adsai, aita'preciaiane
nel ricom>scens la malattia in • discòitsoi ' >r<> . •! ,
Quanto poi all' influenia esercì tàia> qui' -dalla patologia cbI"
tuia re , io sostenni fin dai prinoipro- ehe fui condotto' .a ^modifirr
care la mia pratica, >coBsrderaado''ctte' l6!'CeU-ttloi4i ^ivrlsoae
formazioni vitali par via- delle :^ualt'YÌeairimotfsQ>r<«S[S4i4aUr.
Parò questa patologia , come dissi , non ha nulla a che fare
colla patologia cellulare di Yirchow , colla quale fu strana-
mente mescolata da Stokes. La dottrina di Yirchow è fondata
G60
sul concetto che ogni collala nasce da una cellula preesistente, e
in nessan altro modo , e che non dobbiamo trasferire la sede
di reale processo in nessun altro punto fuori della cellula. A
questa dottrina io fui sempre opposto, e dimostrai come vi
siano lucidi fatti che provano V esistenza di processo vitale
scusa cellula, in modo da far piegare l' ipotesi di Vircbow —
si può facilmente dimostrare cbe le cellule del pus per esempio
cbe infiltrano il polmone nvlla polmonite, hanno origine indipen-
dentemente di cellule preesistenti. Qui non è necessario l'adden-
trarsi di più in codesto argomento; mi riferisco invece ad una
serie di lesioni che pàbblteai nel Lancet i863, sulla fisiologia
molecolare, la patologia, e la terapeutica, e ad un breve cenno
delle teorie cellulare e molecolare di organissaxione , alla pa-
gina 115 dell'ultima edisione de' miei Principles and Practice
of Medicine. È cbiaro che alla legge di nutrizione fatta nota
per via deiristologia, noi dobbiamo la presente teoria dell'in-
iiammasiotté e la pràtica favorevole che vi s^ fondò sopra.
In tutta questa discussione evitai di diro cosa alcuna che
potesse ferire coloro che ' pei primi impiegarono gli antiflogistici
nella 'curai 'ddla polmonite. Non eral mio scopo di dimostrare —
come parrebbe credere il "mio distinto amico Dr. Stokes — cbe
e i nostri predecessori mancavano nell' osservasione ed erano
erronei ilella pratica- K.Orèdo al càntrario che 1 medici di una
volta tesero plénamenie ooscieUsiosi ed agissero in perfetta
armonìa colla ]|»a'toiogia-dei giorni loro e collo stato di sapere
di allora. Ma or che* la patologia ha progredito e cbe il no-
stro sapere si è estesò, pur esso , invece di rimanere schiavi
dell' autorità dei nostri padri,' bisogna che li imitiamo almeno
in questo, di portare la teoria e la pratica nostra in armonia
runa coli' altra. Il iniò vero scopo era quello di dimostrlAre,
che la conoscenza nostra dei procèssi morbosi ci condusse ad
un metodo di cura che diminuì d' assai la mortalità delle in-
fiàilìmazioni acute; se vi sono riuscito sarò contento, mentro
mi dorrà itempre che gU illustri homi di Allson , Ghristison ,
WatMn e Stokes non siano della iliia opinione.
661
Obbiezione 3. — In certe. circostanza devesi ricorrere .
ancora, al. etilaeso
' > ».
Nel mio layoro pubblicato nel 1857^ dirnostrando gli ^fa^
vorevoli effetti del salasso e degli antiflogistici «uUa mortalità
e sulla durata delia polmonite » dovetti indicare che questi rir
medj senza dubbio miglioravano i sintomi o che si . patevanp
quindi impiegare, cautamente, quali palliativi. < Mentre, i lar*
ghi e ripetuti salassi, diceva allora, praticati >allo acopo di-ar^
restare la malattia mi sembrano opposti ;ai precetti . di una
sana patologia , i salassi piccoli e moderati , .diretti % palliare
certi sintomi e specialmente il dolore eccessivo e . la dispnea.,
si possono ancora adoperare con ragione e , seaza fkéricolo di
recar danno, a meno che non ci «la gran deboleeia. Fui sor^
preso sovente nel vedere il miglioramiento che si otteneva
con piccole emissioni di. sangue, specialmente 4)uando tali sin*'
tomi dipendevano da vasti aneurismi .toracici. Si può sperare
di ottenere lo stesso risultato in altri <sasi,.. quando ^ieonge^
stione è passiva ed anche quando questa ò associata a ré-
plezione attiva di sangue, seguita da essudato. Accenna ap-
pena che questo semplice palliativo del salasso . non costituisce
la base sulla quale si deve fondare il pratico ; e oh et qaestp
punto di vista ha bisogno di essere diversamente spiegato. -^
— • *- Vi sono dei casi, che una volta si prendevano spesso per
infiammazione, nei quali si può ancora: adqperare .< il salasso ;
quando per esempio nel cuore e nel polmone esiste. un i)stacolò
alla circolazione dipendente da eccessiva diatensiebe > del cuor
destro, quando e' ò congestione venosa ,..ingergò:.e forse) edema
del polmone; così pure in certi casi di bcoiichite ohe impedisce
Taereazione, nei ce^si di aneurisma e ; di asfissia* Ed. iMiche qui
non si è ancora limitato esattamente il, vero vÀl^e del .«occor-
so; ogni caso speciale, richiede un. esame più diligente deil'op-^
portunità del rimedio , richiede che. si determiAiao . i priacipj
meccanici che giustificano questa pratica. Jl benefi«cio: tempora**
neo che si ottiene in molti di questi casi coli' emissione di una
piccola quantità di sangue è spesso , come dicemmo , assai di-
stinto. Ho veduto spesso dei casi di dùspnea e d^ do^ori^ ^cc^ssivi
cagionali da aneurismi toracici in soggetti. vigorosi, .'diminuire
682
e urigiionire d'assai per la dorata di 13 a 24 ore, con un sa-
lasso di soie cinqae onee. Pare probabile che ciò dipenda dalla
diminuita tensione di tutto il sistema vascolare. Qualunque sia
la- spiegatomi dì questo Atto,' io ritengo che', quale palliativo
e adoperato nei «oli eaàl esenti da deboleita, si possa ancora
far aso 4sl salasso.- Così pure deglè antimoniali ; a larghe dosi
affievoli^eobo ài cuore, diminuMoooo la forza del polso e non
gioivano , ma a desi pia *picoolf insieme • ad altri sali neutri ,
poesokio a jatarO' a diminuire la •viscosità del sangue e favorire
le «eoÉezìoiii della pelle- e dei reni '^. A queste i4ee io aderisco
ancora^ quantunque da qualche anno non mi sia trovato nella
necesrità di ricorrere al salasso nemmeno come palliativo, avendo
trowito cht i cataplasmi caldi applicati localmente giovano lo
stesso*' Mei 'oao scritto del iB57 e' è un altro brano che me-
rita di' essere «citato q«i :. « Si opinò che i benefici effetti del
salassò giustificassero da pratica* £ questa una - questione te-
rapeuitica. iinportàntissiikia^ « che io credo «on ancora suffieien*
temente^ pondera^, 1 Sensa 4ubbio che-il dolore è un grave
danno , t ¥ «orna cerca ^ì evitarlo a qualunque cestp sovente»
Ma se il godimento della viti^ è un . vantaggio ,* non lo si ha
spesso i ohe «-.presso àk .privazione e di dolore ; eotto questo
punto dt vista; la malattia i si può «onsideraro non di raro come
un benefiaio eian gran bene* atto a riconciliare T uomo colla
morte in molte circostanze^ conae eoo un sollievo» Questo- peri^
non è il lato teviipentioo delia >^uestioae; ppimo dovere dd me-t
dico è guarire, • o se non vi riesce, alleviare. Se si può ottenfore
i' uno e l'altro tanto mèglio $ ma se i messi per alleviare sono
opposti 'a quelli 4>er guarire^ bisogna senza esitare sacrificare ì
primi per ottenere gii èfttti* dei secondi. Altrove (1) indicai
quanto' -sia' >^state irasoorato questo principio tteUa cura del
consunzioae polmonare; ed ancho là lo fu meno ohe nelP in-
fiammazione: Ammeeso (che in certi casi il dolore si allevia col
salaseo, . & che nella polosonite questo mezzo rende temporanea-
mente più libera la respirazione, a quale prezzo non si otte»-
^
é
(i) The Pathòlogy and IVeat. of Pulmon. Gonsumption, del-
l'Autore, Edinb. 1850, «." ed., p. 143. .
.663
gono questi giovamenti quando si è poi ridotto il. inalato a nom
potersi più riavere! E quand'anche t' avwii poi bene, • 1 -salassi
quasi sempre protraggono la malattia. Non credo necessario.. di
citare casi per provare il fatto, che in molti esempj il salasso fu
di gran danno; ciò ammetterà facilmente ogni medico onesto j>.
Recentemente il Dr. Markham ammise che, nelle circostanze
più sopra accennate, il salasso dalla vena continuato lino a che
il paziente ne migliora o fino all'abbattimento,, non sia solo
uri palliativo» ma un rimedio sovrano e salutare. Secondo mete
dannoso e inutile lo spingere a tanto il salasso ; bastano dalle
4 alle 8 once. In un uomo» robusto di 36 anni con *pleurapoi-
monito doppia , con dolore e dispnea ( non si dice nulla ded
polso), il Dr. Markham estrasse 16 once di sangue dalla vena
con grande ed immediato vantaggio , a una settimana di dato
della malattia. Il dolore a destra ritornò la sera» e ai applica;-
rono otto o dieci sanguisughe. La mattina appresso. il malato
stava meglio di prima, a Ma / si osserva poi, io non intendo
seguire la storia di questo malato per tutta la lunga convale-
scenza. Aggiungerò solo che oltre alla polmonite .doppia ebbe
poi pericardite, e che più tardi ebbe un asaesso pleuritico a
destra che si aprì e si scaricò nei poloìoni e per- la trachea ».
Invece di avere dei dubbj sul valore del rimedio in questo cas^v
ci si dice in confidenza che m il malato sarebbe Unovtot se non
lo si avesse salassato ». ...
La lezione clinica del Dr. Markham su questo e su un alturo
caso concludono cosi: < Che nessuna argomentazione teoretica
ci tragga lontano dal fatto lucido ohe vedemmo coi nosiri.ocr
chi. Si è visto un . uomo , in extremis , combattere disuguale
battaglia colla malattia;, noi lo troviamo a/Tetto da pleupopql-
monito; vediamo che il salasso pone qua e là u^a ferrpataialla
violenza del morbo; vediamo il paziente riaveJTsi dal momente
del salasso; lo udiste dichiarare lui stesso che il salasso fu ila
salvezza sua, per quanto leniate poco conto delle 4icbiaraaioni
di un malato su questo punto. Bisogna essere veramente scet^
tico, assai poco ragionevole e senza senso comune per rifiutare
di connettere V effetto colla causa, la conseguenza coir antece-
dente, la guarigione della malattia col salasso, nei casi che vi
ho riferiti. E, lasciatemi dire anche questo, qxial altro rimedio
601
ui |N>UU eiur« vU sotto alla laea do! «ole, eapaeo di dmro
to— diitamoftt» qua • là tali rónltatl in una malattia sì for*
nidabiJat (i) ».
Qttsata ponposa loda dal salasso è ooma qaella che si asò
traat*aaBt sono, a risalta da ona ossanraxione simile dell' im-
flMdiato miglioramanto prodotto dal rimedio senza considerarne
i parieoll a la eoosogaense. B la lunga eonvalescensa Dell'uomo
robttsto di S6 anni» e la pericardite sussegaente , e T ascesso
plaaritieoy ai rilengono accidenti di poca iroportansa. Si am-
matla che la polmonite è ona malattia formidabile; che la
dispnea, cosi cornane nei casi doppj dal quarto al settimo gior-
no» ridaoe il pallente in 0xtr0mi$ ; poi l' inegaaie battaglia
colla nulattia, la violenta del morbo , tatto qoesto arrestato
dal salasso I Secondo me il Toro pencolo che minacciò quel ma-
lato nacque dalla pericardite , dall' ascesso pleuritico e dall' e-
^urìmento sosseguente. Perchè un uomo robusto incontra co-
desta serie di mali? Furono essi causati dal salasso e dalle
sanguisughe applicate al settimo giorno, quando il soggetto era
già prostrato da sette giorni di febbre? Non bastavano quat-
tro o cinque once di sangue a dare tutto l'effetto palliativo
che si ottenne con tanta perdita? Un cataplasma caldo locale^
qualche bevanda spiritosa e on pò di nutrimento, non lo avreb-
bero portato la mattina seguente , in discrete condizioni, senza
salasso? Come si può dire che, colla lunga convalescenza, colla
sQssegnente pericardite e coli' ascesso pleuritico, si ebbe giova-
mento dal salasso? Non sarebbe più conforme ai precetti della.
rmgion0 e del Men9o comune, l'argomentare che il y^^ nesso
di effetto e di causa dimostrano che il paziente acquistò un
miglioramento temporaneo a rischio della vita?
Per rispondere a codeste questioni, abbandoniamo le suppo-
sitioni e le calde descrizioni, e scendiamo ai severi fatti espo-
sti nel nostro quadro. Colà troviamo trenta casi di polmonite
doppia, tutti guariti ; in essi vedesi 1* effetto del salasso, scor-
rendo quelli distinti colla lettera D nella seconda colonna. È
questo un fatto assai istruttivo, che ogni qualvolta si fece salasso
I
I
I
I
!
I
I
I
I
(1) Brit. Med. Journ., voi. I, 1865, p. 107.
065
sopravvenne la prostrazione a si prolungò di molto la convale-
scenza ; mentre ogni caso di individuo robusto , come sarebbe
quello del Dr. Markham , non ostante la grave dispnea e il
dolore, ottenne rapida e completa guarigione coi ristoranti.
(Vedi i casi VI., XLIV., e LXXL, confrontandoli coi casi X.,
XIV., XXXVIII., L., LI., LIV., LVIL, LXX., LXXV., e OXIII ).
Quale contrapposto al caso del Dr. Markham possiamo citare
il caso XXXVIII. Uomo robusto, di 51 anni, ammalati ambidue
i polmoni, faccia livida, dispnea intensa ; di costui pure si po-
teva dire essere in extremis , combattendo disugual battaglia
col morbo ; non fu salassato, ebbe nutrienti e stimolanti, e in-
vece di una protratta convalescenza con pericardite ed ascesso
pleuritico , stava poi perfettamente bene , lasciando l* ospedale
in nove giorni. ( Vedi Appendice, casi V. — Vili ).
Ma dalle descrizioni di pochi casi non si possono tirare, in
medicina, solide conclusioni ad illustrare un metodo qualunque
di cura. Si vogliono fatti severi , bene autenticati e messi in
quadro, con tutti i fenomeni che accompagnano la malattia,
alccu ratamente osservati e notati. Sovente per giungere alia
verità, è necessaria una serie di casi dove si possono conside-
rare i risultati e favorevoli e sfavorevoli, evitando ogni sforzo
ipotetico e rettorico, e appoggiandosi solo sui particolari completi
ed esatti.
In un lavoro susseguente su codesto argomento, (1) il Dr.
Markham dice eh' egli salasserebbe solo in quei casi di polmo-
nite nei quali la respirazione è gravemente oppressa. Egli cerca
poi di fare una distinzione tra il salassare con dieta assoluta o
meno, e certamente se questo procedere in ciascun caso è ri-
provevole, lo è doppiamente in ambidue i casi. Markham però
crede che il salassare nell' ultimo caso , quando cioè la dieta
non è assoluta, lungi dall' essere riprovevole , è « un rimedio
altamente sovrano e che salva la vita ». Ciò io non posso am-
mettere, poiché dinnanzi ai fatti che abbiamo riferito, non si
può dimostrare che questo metodo salvi la vita. Allevia tempo-
raneamente il dolore e la dispnea, ma se prolunga la convale-
(i) Brit. Med. Journ., voi. I, 1865, p. 477.
C66
se0az« ad è origine di pericardite ed ascesso pleuritico, può
dirsi esente da pericolo ?
Il Dr, Markbam osserva più innansL e Quando il Prof.
Benaett parla dei danni che derivano dalla perdita di poche
once di sangue nella polmonite , io non posso a meno di do-
mandargli , come mai noi vediamo ogni giorno tanti ammalati
neir ospedale e di medicina le di chirurgia, gracili e robusti,
pei*dare largh>3 quantità di sangue senzu danno apparente, e
spesso — specialmente nelle malattie di polmone e di cuore
— • con grande vantaggio? Qual prova si può trarre da questi
numerosi fatti che ci stanno quotidianamente sotto gii occhi ,
che vi sia pericolo nella perdita dì poche once di sangue? ».
Questo modo di argomentare e di disput<ire è fatto per so-
stenere la peggior pratica che ci sia mai. Abbiamo già detto
( pug. 650) che quando moriva 1 individuo ogni 3 di polmonite,
il grosso numero dei guariti veniva costantemente ^ messo in-
nanM a sostegno del metodo antiflogistico. L'idea parta nto che
i salassi fino al punto istesso del Dr. Jid^rkhai'Q ( cioè a fino
a che si manifestano segni di miglior$im]8ì\to o fino allo sveni-
mento » ), si possano praticare impunemente, non parliamo di
vantaggi , è un' idea condannata da tutti i fatti che si .cono-
scono, e non la. si può voltare* in vaghi assunti e farne dipen-
dere il gran numero di guariti. (Vedi Appendice, caso Vili).
La questione non sta nel come guariscano » bensì • nel come
muojono ! E se il Dr. Markham mostrerà, 100 casi di polmonite
con dispnea nel suo ospedale, salassati com'egli dice, e senza
un morto, allora egli avrà fatto molto ed avrà .quasi sciolto la
questione pratica. Ed anche allora, per dire che tal metodo è
superiore a un metodo ristorante senaa salasso, sarà necessario
dimostrare che il grado di miglioramento ottenuto, compensa
ad usura la debolezza che rende si lunga la degenza nell' ospe-
dale.
Il complesso di questa discussione ci indica quanto sia ne-
cessario r emanciparsi da confidenti plausibilità e da fallaci
assunti. Quando un medico rispettato e provetto nell* espe-
rienza asserisce di aver trovato vantaggioso questo o que-
st' altro metodo , cosa dice con ciò ? Dovrà indicare in qual
modo e fino a qual punto ò vantaggioso , e come esso in-
667
fluisca sulla mortalità e sulla dui^ata della malattia. JSppure
come di raro avviene così ! Non si possono trovare maggiori
autorità, nomi pia illustri in mediciaa di quelli che sostennero
il salasso e gli antiflogistici nella polmonite. Eppure le prove
più rigorose ci mostrarono ch'essi erano affatto inconacii della
grande mortalità nei casi da essi curati , e ritenevano quindi
qual trionfo dell* arte loro la guarigione di 2 casi su 8. Ond*è
che per determinare dei risultati dobbiamo contare i nostri
casi, numerare i felici e gli sfortunati, ed invece di esaminare
il metodo da un sol lato, quello che pare più favorevole, cal-
colare severamente anche il lato sfortunato. Questo mi conduce
a considerare V
Obbiezione IV. — Le statistiche non possono determinare
il valore di un metodo di cara.
Non e' è- argomento -come quello delle statistiche mediche ,
che faccia vedere tanto saliente il carattere contradditorio del
ragionamento medico ;' porche, mentre ogni pratico tenta co-
stantemente di moltiplicare i casi che gli sembrano prove della
buona riuscita del suo metodo , accoglie con aversione tutto
ciò che gli rammenta una mancanza. Nulla di più comune di
vedere ogni sorta di rimedj raccomandatici sulla fede di pochi
casi apparentemente felici^ mentre nulla di più raro di >una dili-
gente relazione di una data cura in una serie di casi, compresi
quelli che le riesc irono negativi. È quanto è comune T inclina-
zione ad ascrivere guarigioni all' arte medica, riferendo le morti
agli inevitabili progressi della malattia! Quantunque medici fi-
losofi abbiano in tutti i tempi indicata la fallacia di queste
credenze^ esse governano ancora quasi universalmente la medi-
cina. Le descrizioni degli autori sistematici di medicina tendono
ad alimentare questo stato di cose; in essi troviamo relazioni
di malattie nettamente divise in istadj, forme e varietà, e con-
sigliata una cura — detta vantaggiosa secondo V esperienza —
ciò che provato clinicamente si riconosce tosto inconsistente
colla realtà. Non e' è che un sol metodo per scioglierci da co-
deste diffiix>kà ^ numerizzando cioè ed analizzando casi raccolti
in completo. Ih ogni proposizione che risguarda la cura della
rt68
malattia, non possiamo avitare la consldarasione dalla statistica.
Questa deva essere esatta «ai casi si devono raccogliere dili*
gentemente e con rigore ed analitsarit criticamente. In nessun
altro modo possiamo difenderci dalle idee dei sanguinar], dalle
generalitxasioni basate su dati imperfetti, dalle asserzioni e da*
gli assunti fondati sulla m<)moria della riuscita e sulla dimen-
ticanza della non riusita.
La fiorando obbiezione che si fa alle statistiche mediche^ è il
numero limitato dei fatti dai quali si tirano le conclusioni. Si
vuole che nessun osservatore sìa capace di raccogliere un suf-
ficiente numero di casi da poterne derivare informazioni esatte.
Il Dr. Barclay in un*opéra intitolata e Medicai Errore >, tentò
recentemente di sostenere quest' idea mediante una formola al-
gebrica, ai*rivando alla conclusione che, se esistono circostanze
variiibìti rispetto al numero 15 in ogni data malattia , non ci
vogliono meno di 32,000 casi per incontrarci in due esatta-
mente simili. Dice che queste circostanz<3 variabili , differenze
di tempo, di plaga, di età e simili , sono di ostacolo insorpas-
sabile ad ottenere somii^lianza di ca^i. Ma si può don^andare,
questn esattezza è sempre specialmente necessaria ? Perchè se
è cosi, si potrebbe ragionevolmente argomentare che dobbiamo
evitare di paragonare casi di diversi paesi non solo, ma di case
diverse, ed anche di letti. Il modo di argomentare del Dr. Bar-
clay si può applicare all'evenienza di incontrarsi colla stessa
combinazione di numeri gettando i dadi, ma è completamente
inapplicabile e fuori di posto rispetto ai casi medici. Louis (1)
osservò benìssimo, che una volta ben descritta la foglia di un
albero , la si può sempre riconoscere ; or non è necessario di
paitigonare un albero con un altro per trovare che oiasouna
foglia sia identica di forma e di dimensione. È così delle malat-
tie ; i caratteri essenziali permettono di riconoscerle e così pa-
ragonarle l'una coU'altra in modo da poter formare delle leggi
generali, confermate poi dall' enperienza quotidiana.
(i) Vedine la bella Memoria sul metodo numerico, nel pri-
mo volume delle MémùireB de la 8oe, Mèdie, d'Observation p
pag, 38.
669
Il Dr. Barclay dichiara che il tentativo fatto or non ò
molto, per ottenere un grosso numero di casi di polmonite,
còll'ajuto deir Associazione Medica Britannica, non può riuscire
di alcun vantaggio; perchè, fra le altre ragioni, e la polmo-
nite acuta è precisamente una di quelle malattie nella quale
un certo numero di individui muojono in onta ad ogni metodo
di cura conosciuto , mentre un certo altro numero guariscono
abbandonati completamente a loro stessi ». Gli assunti conte-
nuti in questa sola sentenza sono un esempio eccellente di ra-
gionamento slegato, e della necessità di quella conoscenza sta-
tistica che l'Autóre condanna. Che autorizza Barclay a dire che
un certo numero di polmoniti muojano in onta ad ogni metodo
di cura conosciuto ? È un' asserzione gratuita e che domanda
la soluzione della questione. L' esattezza di essa è infirmata dai
fatto che 105 casi consecutivi di polmonite iniziale e non
complicata guarirono tutti con una cura ristorante. E invece
di opporsi air uso della statistica fra i membri dell'Associazione
medica britannica, non dovrebbe egli, secondo il suo argomen-
tare, insistere perchè questi membri assecondino i miei tenta-
tivi ? Poiché, secondo i suoi calcoli, se abbisognano 32,000 casi,
essendo 2500 i membri dell'Associazione, dato che ciascuno di
essi ne fornisca solamente 13 invece dei 129 dati da me, il
problema sarebbe sciolto, sempre secondo lui. Io credo però ,
che 100 casi consecutivi bene raccolti ^ in corti esempj anche
la metà numero, siano ampiamente suflicienti a provare il va-
lore di qualunque rimedio terapeutico.
Il Dr. Barclay dopo aver indicata la necessità della massima
somiglianza nei casi da paragonare, e dopo aver ammesso pie-
namente la convenienza di non e mescolare le diverse espe-
rienze e i casi di pratici diversi » , parla del lavoro del Dr.
Sibson il quale raccolse statistiche di polmoniti da varie fonti,
e le pubblicò in tavole divise in due colonne intitolate : Me-
todo del salasso. Metodo del non salasso. Barclay dice: « Quan-
tunque il Dr. Sibson derivi diverse conclusióni da una stret-
ta analisi di tutto quanto ammette , non somma le figure ^
ch'egli dà in totale >. Ciò che Sibson quale buon statistico
non fece, conoscendo benissimo l'assurdità di somoiare in-
sieme casi che, salassati o no, sono d'altronde completamente
6T0
diversi per riguardo alla cura, questo fece Barclay con tali ri-
sultati: e In 1750 pazienti, curati con salasso abbondante o
ripetuto, la mortalità fu di 18.5 per cento. In circa 1000 cu-
rati con pochi e piccoli salassi fu di 13.5 per cento. Prese as-
sieme queste due serie, i casi nei quali il salasso era elemento
di cura, diedero una media di 164 morti su 1000; mentre
10,000 casi curati quasi senza salasso , diedero una mortalità
media di 203 su 1000 >. Donde si oonclude che il salasso nella
polmonite non dà che 164 morti per 1000, mentre il non sa-
lassare aumenta la mortalità a 203 per 1000. E così Barclay
all' intento di mostrare la fallacia delle statistiche mediche «
viola le regole eh' egli stesso ammette necessarie, e poi arriva
a una conclusione assurda a giustificazione del suo argo-
mento.
Questo modo di ragionare quantunque comunissimo , è af-
fatto fallace, e condusse T autore dei Medicai Errors ad una
delle più erronee donclusioni cui si sia mai giunti in questi
tempi. Ciò che tosto si ammetterà osservando , che fra i casi
eh* egli mette insieme quali, curati col metodo del non salas-
sare, il trattamento per altro lato era tutt' affatto diverso. Al-
cuni furono curati cogli antimoniali a larghe dosi, altri col ca-
lomelano, coli* opio , colla digitale , col cloroformio , coi tonici
metallici, colla dieta '> asso luta, coi ristoranti. Innanzi tutto,
(iella sua lista di casi non salassati, più di metà furono tolti dai
rendiconti generali di oapedali comprendendo molti casi di en-
trati moribondi , onde la mortalità in questa classe è ingente.
Mettendo assieme questi materiali incongroi, ne risulta che la
mortalità sembra minore nei casi salassati. Una tale statistica
applicata a determinare il valore del salasso o meno nella pol-
monite, non può che indurre in errore; non si può tirare nes-
suna buona conclusione da una serie di casi alcuni salassati
altri no , con una mortalità iafluensata da altri rimedj e da
altro modo di cura. Invece di far vedere con questo esempio la
fallacia della statistica medica, il Dr. Barclay dimostra Terrore
che ne risulta applicandola male.
Il Br. Barélay fi|»pone. aHe miountatisticbe « oh* egli è im-
possibile trovare una. oircéstanza qualunque %n^ariaJ>%imBn>te
presenta od assente nella serie di guarigioni o di morti ohe in
671
minima grado spieghi Tuno o l'altro degli esiti t, (i) Egli dice
prima -^ Probabilmente tutti ebbero natrienti , pei quali io
suppongo brodo , latte » ecc. , insomma del cibo. Ma il fatto è
accennato )^er alcuni e non per altri. — È certo che il Dr.
Barclay non osservò un passo che si riferisce alla tavola , pa-
gina 622 , nel quale dico cosa io intendo per nutriente , e
che , quantunque non indicati in questo modo speciale furono
somministrati in tutti i casi. Questo è il fatto costante ch'egli
cerca e che spiega neir opinion mia il largo numero di guari-
gioni, come esposi distesamente nella risposta airobbieaione pri-
ma. Io credo che la riuscita si debba a questo, poiché i diversi
rimedj adoperati o furono innocenti o palliativi, oppure , come
quando si ricorse ai deprimenti ed alla dieta assoluta , dimi-
nuendo le forze, ritardavano la guarigione. Le morti come ve*
demmo, non furono causate dalla polmonite, ma da fatali com«
plicazioni in altri organi.
Tanto Barclay che Markham fanno delle osservazioni ad al-
cune riserve che feci nella mia Statistica. — Perchè, dicon essi,
certi oasi parzialmente trattati da un collega sono rifiutati, men-
tre si comprende un caso salassato , con vescicanti , e purgato
prima dell'accettazione? A ciò rispondo, ch'io non poteva co-
scienziosamente comprendere nella mia serie esenipj di polmo-
nite nei quali il metodo da me difeso , o non era stato pro-
vato od era stato annullato. Per esempio: Nell'assumere il ser-
vizio della clinica , trovo un malato sfinito ch'era stato curato
antiflogisticamente e largamente salassato da un collega. Dopo
muore nel mio servizio, e presente all' esame cadaverico ve-
rifico trattarsi di un caso di polmonite semplice , fatale nelle
mie mani. Certo che il Dr. Barclay non vorrà sostenere esser
questo una bella illustrazione degli effetti della mia pratica.
Ancora: Si accetta un caso in mia cura e va procedendo bene^
ma nel consegnare le sale ad un collega, quel caso viene curato
con calomelano ed opio, e ne segue una convalescenza prolun-
gata. Di questo io non ho alcuna responsabilità e- non posso
considerarlo un caso trattato da me. Ma quando entrano in
(i) Brit. Med. Journ^, nov. li, 1865.
«72
mia eur« {ndividai mal ridotti dal salasso, dal purgante o dai
mercuriali, e migliorano e guariscono coi ristoranti , allora io
li considero come legittimamente appartenenti alla mia serie.
Certo che alcuno dirà che la causa della guarigione bisogna
cercarla nell* antecedente trattamento deprimente — opiniope
che può solo essere confermata od annullata collo studiare al-
tri casi, e moltiplicando le osservazioni.
Vuoisi perb che i casi siano diligentemente osservati e rac-
colti in modo uniforme dai medici addetti ad ospedali. Credo
che riguardo al trattamento , i fatti indicati nelle schede di-
stribuite ai membri della British Association sono più che suf-
ficienti e facilmente annotati. Sono precisamente lo stesso di
quelle nelle quali notai i miei casi. Se altri volesse seguire il
medesimo piano, si potrebbero istituire dei confronti , e si al-
lontanerebbe ogni fonte di errore.
Non posso a meno di pensare che il piccolo incomodo che
si richiede e la generale freddezza per tali cose da parte di
individui già sopraccarichi di occupazioni , siano le vere cause
che fecero riuscir vano il tentativo del 1863. Soli 15 membri
della British Medicai Association mi ritornarono le schede ,
con 45 casi di polmonite. Alcuni altresì erano in dubbio se dO'
ve vano registrare solo i casi di pura polmonite non complicati
da pleurisia, da bronchite, e da altra malattia. È raro che una
polmonite sia indipendente da qualche affezione di bronchi o di
pleura; ma se questa è lieve, non altera per nessun modo il
risultato. Se al contrario è intensa in modo che la polmonite
è seconda in importanza , si accenni questo fatto neirapposita
colonna e si eviterà ogui errore.
Spero ancora che le idee contenute in queste pagine pos-
sano avere la sanzione di un largo numero di fatti, onde defi-
nire una volta cotanto argomento di medicina pratica. Spero
che ricerche simili possano condurre a risultati attendibili in
altre malattie ; così la pratica dell' arte nostra si avvicinerà
sempre più air uniformità. Bisogna ammettere che l* asser-
zione e r opinione sole non bastano a definire una quistione
qualunque di medicina pratica. Non dobbiamo discutere ciò
che crediamo o pensiamo , né sul come sia , o come possa o
debba essere, ma su quello che é; ritengo che non vi si può
6>3
giungere se non per via di osservazioni diligenti , raccoglien-
done i risultati in tavole. Prima otteniamo i fatti, poi impare-
remo a leggerli. « Non mi sta — dice il Dr. Barclay — i- di
fare alcuna opposizione ad un lodevole sforzo , non ostante la
mia convinzione che ciò sia lavoro gettato ». Ora, nessuno
sforzo lodevole può esser mai fatica gettata ; che cosa può es*
sere più degno di riguardo per noi, del desiderio di stabilire
su solide basi , opposti e perplessi dati in medicina pratica ?
Ammessa la difficoltà e la facilità di sbagliare , è certo che
uno sforzo unito deve far molto. Le difficoltà si potranno al-
lora sorpassare , gli errori si correggeranno , quando i medici
addetti agli ospedali occuperanno i loro assistenti a raccogliere
i casi in tavole uniformi. Sono fermamente convinto che in tal
modo la cura della polmonite può essere stabilita su basi tanto
sicure quanto Io è la profilassi dal vajuolo mediante la vacci-
nazione. Non domandansi che i risultati in tavole; e se ogni
membro della professione mi vorrà ajutare in questo tentativo,
mi farò un dovere di fornirgli delle schede stampate, dove con
pochissimo incomodo potrà contribuire non poco al desiderato
scopo. Nello stesso tempo, confido che i medici non si lasce-
ranno indurre a diffidar troppo delle statistiche mediche ; am-
mettendo la facilità di sbagliare , si faccia uno sforzo supre-
mo, e con una vasta esperienza le si pongano su tali basi che
l'arte del guarire possa per esse progredire. (La fine al prot*
Mimo fascicolo ).
Circolare al «Isnopi Prefetti del Besno Intorno
alia medaglia al benemeriti della pubblica
«alnte»
Firenze, 29 Agosto 1867*
Ps
er manifestare in solenne guisa le riconoscenza e T ammira-
zione del paese a coloro che con carità , abnegazione e corag-
gio si adoperarono a sollievo delle popolazioni travagliate dal
cholera, fu ieri istituita da S. M. un' apposita medaglia.
Importando ora dare sollecito eseguimento al relativo R. de-
creto, reputo sia utile che tutte le prefetture nel contribuire a
Annali. Voi. CCL 43
674
tale 8Copo osservino eguaglianza di metodo nelle proposte, e di
norme nell* applicare le disposizioni sovrane ; cosicché ad eguali
meriti possa corrispondere premio eguale, e più agevole riesca
al Ministero non solo di provvedere ma di decidere sulle pro-
poste che in tanta differenza di luoghi, di azioni e di persone
saranno trasmesse.
A tal fine dichiaro che della medaglia possano essere insi-
gnite anche le donne le quali, benché mosse da naturale istinto
di pietà a confortare la sventura , non hanno meno degli uo-
mini ragione per aspirare ad una ricompensa: fu anzi non ul-
timo fra i motivi che consigliarono V emanazione del suddetto
R. decreto quello di premiare anch* esse e le persone di umile
condizione, cui non poteva darsi una decorazione cavalleresca.
Dichiaro inoltre che la medaglia non può essere distribuita per
fatti anteriori al gonna jo 1867^ essendo che negli anni trascorsi
il terribile morbo non giunse ad avere intensità e diffusione come
nel corrente» e le belle azioni cui diede origine vennero già in
altra maniera rimunerate.
Dovrei ora dire quale esser debba la benemerenza corrispon-
dente a ciascuna delle tre classi di medaglie^ ma non sarebbe
prudente né forse possibile il farlo. Converrà quindi che a ciò
abbiasi grandissimo riguardo nelle proposte e che spiegazione
sia data d'ogni differenza, tanto più particolareggiatamente
quanto più elevata sarà la. classe della medaglia. Che se non
possono essere determinate norme immutabili , non è però dif-
fìcile giudicare in ogni singolo caso giovandosi dei confronti e
delle speciali condizioni di ciascun fatto. Cosi ad una classe
maggiore può dar diritto lo stesso fatto più volte ripetuto , la
maggiore o minore sua spontaneità, il maggiore o minor grado
di abnegazione necessario per compierlo. Così per la medaglia
d'oro, può dirsi, parlando generalmente, non basterà il solo pe-
ricolo, ma converrà che questo siasi corso più volte , e che la
carità del prossimo più che il debito dell' ufficio o della pro-
fessione ne sia stata la principale cagione. Certo anche il pub-
blico funzionario, il medico, Tinfermiere possono aver dato tale
esempio di sagrificio da meritare la maggiore delle ricompense,
ed il Governo la concederà; ma sarà giusto valutar, prima di
tutto, quanto incombeva loro di fare.
675
Non potrebbesi dire di più per classifiiuire i meriti da pre-
miare : il giudizio del pubblico che intende ed ama il bene del
paese come il proprio sarà quasi sempre la miglior norma nelle
proposte : i testimoni quotidiani dei coraggiosi e dei caritate-
voli concittadini sanno essi meglio d' ogni altro quale valore
debba attribuirsi al coraggio e alia carità di eìaseuno, e la loro
testimonianza deve tenersi in gran conto. Perocché ogni azione
umana ha speciali circostanze che i lontani più diffìcilmente dei
vicini possono conoscere od apprezzare; e chi le disconoscesse o
le ignorasse potrebbe, badando all'apparenza identica dei fatti,
cadere in errore giudicandoli egualmente. Ove tatti furono co^
raggiosi e pii , ove le popolazioni prestaronsi docili ai consigli
ed alle cure, non è grave certamente il peso del sagrifizio: ove
i più fuggirono, ove ai benefattori minaccia vasi la vita e le so-
stanze, può esser degno di ricompensa anche il solo adempimento
preciso del proprio dovere. La molta o poca intensità del male^
r abbondanza o la scarsità dei mezzi con cui alleviare ì peri-
coli e i patimenti, possono pure essere cause di <lifférenze: ma
non tutte le cause potrebbero ora determinarsi od anche solo
indicarsi. Conseguentemente le circostanze d'ufficio, di persona,
di tempo , di luogo , di ajuti , saranno fra i principali criterii
delle proposte; quindi si avrà considerazione al giudizio delle
popolazioni, quando non sia di quelle cui la ignoranza o la ma-
levolenza fece temere nella indomabile malattia l'opera dell'uo-
mo. Perciò di tutte queste circostanze o considerazioni dovrà te-
nersi ricordo negli atti relativi.
Tali norme codesta prefettura porrà dinanzi alle Commis-
sioni che in ogni circondario giusta 1' articolo 4»* del R. de-
creto vennero istituite, manifestando però alle medesime ehe^ il
Governo lascia loro amplissima libertà di giudizi! e di pro-
poste.
Ed in eseguimento dell'articolo ora citato oodeeta prefet-
tura, appena ricevuta Ja presente :
1.* Darà notizia ai funzionari e magistrati nominati nel-
Tarticolo medesimo dell'incarico loro commesso da^. M» e spe-
dirà a ciascun di essi un esemplare del R. decreto ;
2.* Avvertirà i presidenti dei tribunali civili e eoirrezionali
ed i procuratori del Re che essi nei capoluoghi di' sottoprefet-
676
Urs eoraprasi otila glttrì«tiiioii«, ma fuori dell» tede del loro
irtbaiiaU, poMono dolegaro U propria attrìbaiioni ad altro fuo-
tioaario fiodisiario colà raaidonto;
3.* lodieherà al NiniiUro la portona che dovrà avere l'uf-
llcio di segretario deila Commissioae , scegliendola , quando si
possa, fra gli impiegati In disponibilità o fra pensionati di
grado non miaoro a quello di segretario , oppure fra i citta*
dini pia aoti per amore del pnbbiioo bene: il Ministero invierà
a eiaseun d'essi un atto di delegasione ;
4.* Inviterà tutti i sindaci dei comuni nei quali abbia fatto
vittime il cholera, a convocare la Giunta municipale e sotto-
porre alla deliberasione della medesima i nomi di coloro che
giusta Tarticolo 1.* del Regio decreto sarebbero degni di ricom-
pensa; avvertendo i sindaci, che per ogni premiando occorrerà
una deliberasione speciale od un estratto speciale delle delibe-
rasioni relative, e che nelle deliberasioni dovrà essere:
a) Indicato il nome, cognome, 1* età, la professione, lo stato
di famiglia del premiando;
6) Descritta ogni asione da lui compiuta durante il morbo,
la quale si ravvisi degna di lode;
o) Accennata ogni circostansa che possa aumentare o dimi-
nuire il pregio dell'asione generosa;
d) Proposta la ricompensa;
e) Allegato 0|;(ni documento , dichiarazione o testimonianza
che alla Giunta municipale sembri opportuna alle decisioni suc-
cessive;
5.° Inviterà i sindaci a spedire queste deliberazioni nel ter-
mine più breve che sarà possibile alla Commissione istituita nei
rispettivi circondari;
6.* Radunerà nel capoluogo della provincia e farà radunare
nei capoluoghi di circondario , non appena sarà raccolto buon
numero delle deliberazioni delle Giunte, le Commissioni esami-
natrici ;
7.* Curerà che le deliberazioni delle Commissioni siano scrìtte
in conformità dell* esemplare qui allegato ;
8.* Trasmetterà finalmente al Ministero ogni quindici giorni
le deliberasioni delle Commissioni esaminatrici annettendovi
quelle delle Giunte municipali e quegli altri documenti che si
fbssero dopo raccolti.
677
Spero che seguendo quest^ordine si potrà facilmente ed esat-
tamente procedere e che non sarà ritardato più di quanto sarà
necessario il premio a coloro i quali in tanta sventura porsero
nobile esempio di carità cittadina.
Pel Ministro: Monzani.
liB medtelna all^ Espoststone onlTepsale di Pa-
risi < Lettera agli egregi Redattori della Gazzetta
Medica Italiana ^ provincie venete.
Parigi , 17 Agosto.
3^uesta benedetta città par fatta a posta per non lasciar tempo
di attendere a nulla, tanto la ti occupa tutto il giorno^ volere
o non volere, e la ti manda la sera a casa così stanco ed af-
faticato da non vagheggiare che il letto fino al domani. Ag-
giungete ora quella piccola appendice della Esposizione, aggiun-
gete in questi due giorni passati 1' altra delle feste peli' onoma-
stico dell' Imperatore, e poi ditemi con che cuore potrete pro-
verbiarmi per avere tanto tardato ad inviarvi, non una rela-
zione, che tale non oserei chiamarla, ma alcune note sugli og-
getti che più possono interessarci come medici. E , abbiatevelo
per detto e ricordato , da questa cerchia della medicina non
esco , pena la vita ; poiché 1' avventurarsi un dito , una lìnea
sola al di là, mi caccierebb'e nel gurgite vasto, dal quale ritor-
nerei con molte più cose in mente, ma con molta più diflicoltà
di raccapezzarmi le poche attinenti alla medicina. Dunque in-
tendiamoci : medicina e nulla più.
E qui permettetemi eh' io mi congratuli con voi, che la vo-
stra Padova, la vostra Università^ s' ebbe i primi onori e la
più gran voga nella medica Esposizione. Egli è perciò che ben
di buon grado prendo le mosse dalla anatomia, che fu appunto
il campo de' vostri successi. ^
Anatomia. — L' anatomia non figura che con un piccolo
contingente di espositori ; ma la qualità fa dimenticare la scar^
sozza delle cose esposte. Il medico non può a meno di non in-
teressarsi vivamente a tale categoria , la quale comprende pa^
«78
rceehi metodi di eonservAtione , dei quali taluno assolutamente
nuovo.
In questa rivista il primo posto adunque si compete ineon •
trastabilmente al professore della vostra Università, dott. Lo-
dovico Brunetti.
I suoi preparati esposti si raccomandano all' attenzione per
doppia guisa, cioè pel metodo di conservazione e per alcuni casi
importantissimi di anatomia patologica.
II metodo sembra tuttavia un secreto : dicesi però sia stato
comunicato sotto suggello di segretezza ad una triade scianti-
fisa, composta di Liebig , Tardieu e Milne-Edwards. Una delle
qualità e diremo anzi dei pregi di cotesti preparati , si è di
mantenere alle parti una certa tal quale elasticità, una specie
di erettismo permanente, sicché ramoscelli vascolari, cellule di
polmoni, tubuli belliniani, condotti glandulari, restano patenti
e nettamente discernibili, come e meglio che se fossero in vita.
Il poter poi agevolmente farne spaccati e sezioni anche mi-
nutissime, gioverà per sottoporre questi preparati a qualche
ingrandimento, che riveli più intimamente la tessitura degli
organi.
Serbati inoltre questi organi nella naturale loro postura e
quivi quasi sorpresi e immobiliiszati dalla potenza conservatrice,
si prestano eziandio egregiamente allo studio dell' (anatomia to-
pografica, nella stessa, ma molto più comoda guisa, dell' irrigi-
dimento ottenuto per congelazione.
Sembra che il metodo non sia molto dispendioso, e sollecito
così da ridurre con una prima applicazione il pezzo imputre*
scibile, per poter poi essere preparato con maggior agio e tempo.
I pezzi sono inodori e possono essere maneggiati senza troppe
cautele.
Tutti i preparati del prof. Brunetti si trovano nella Gal-
leria delle Arti liberali Italia , a tramontana della rue de
Russie.
Comprendono : i . Polmoni normali , e via via una serie di
casi e di fasi di tubercolósi, da' primi stadii all'ultima distru-
zione dell'organo.
2. Cuore umano normale ( una delle più belle, se non forse
la più perfetta delle preparazioni esposte). Gasi di ipertrofia e
679
alcune placente umane. Vizii cardiaci varii, di stenosi, di atro-
fia, di aneurisma.
3. Reni normali, cistici, calcolosi e con ascessi. *
4. Varii tratti del sistema circolatorio prima e dopo la na-
scita. Inoltre vescica orinaria umana.
5. Articolazione del cubito egregiamente riuscita e mobile ,
altre del ginocchio, del femore, ecc., con casi di lussazione e di
frattura.
6. Trasposizione di visceri toracici e perfino inversione delle
stesse cavità del cuore.
7. Fegato e milza normali , nonché casi di iperemia e di
cirrosi de' visceri medesimi.
8. Organi toracici umani normali al rispettivo loro posto.
Bellissimo preparato e prezioso per l' insegnamento.
9. Due teste di donne.
iO. Alcuni saggi di anatomia comparata, ed altri di anato-
mia patologica umana, di alterazioni intestinali ulcerose^ tifose,
dissenteriche, ecc.
Tale è la ricca e svariata collezione che ci venne dalla vo-
stra Università, e per la quale s'ebbe giustamente il Brunetti
uno de' grandi premii « le congratulazioni di moltissimi ammi-
ratori, fra cui di talune celebrità.
Lavori commendevolissimi da un tutt' altro punto di vista
sono i preparati anatomici del prof. Hyrtl di Vienna. Dissezioni
maravigliose delle parti le meno accessibili allo scalpello, quali
scheletri di pesci rari, organo interno dell' udito , injezioni fi-
nissime del fegato, dei polmoni , de' reni. Finalmente , alcuni
preparati microscopici dei capillari, che stanno a paraggio de-
gli altri preparati dell' insigne anatomico.
Sono inoltre da ricordarsi le serie de' cranii di mammiferi
e le injezioni di linfatici del -prof. Teichmann di Cracovia, non-
ché altri preparati di anatomia normale e patologica di Polit-
zer di Vienna, Ruedinger di Monaco, Ziegler di Friburgo, Bris-
sand e Laskowsky di Parigi, Oehl di Pavia.
Non dimenticheremo finalmente i pezzi di anatomia elastica
in caoutchouc del dott. Auzoux, nonché le fotografie niicrogra-
fiche americane e belghe.
Fisica. — Il compartimento della fìsica ci offre a rifascio
6^0
mieroscopii ed otUliQO»copii ^ il mlografion e sfigmografion di
Marey , un ionometro per misarare Ih tensione del globo del-
l' oochio , nonché apparati diversi per l' applicazione dell* elet-
tricità. Ricordiamo gli ottalmoscopii di Nachet , V ettometro di
Javal per misurare il grado dell' astigmatismo. Gli ottalmosco-
pii inglesi ( Ro«s e Beck ) hì distinguono per la precisione, anzi
perfezione: quelli di Berlino (Gundlach) pel buon mercato.
Circa agli apparati elettrici resta sempre in prima linea
Ruhmkorff, e quindi Gaiffe, Hardy col suo termoscopio, la nota
macchina di Holtz , quella del tutto nuova di Thomsens sotto
il nome di polarisation'i batterie^ ma non applicata finora, a
quanto so, che alle linee telegrafiche.
Terminiamo col ricordare i finitissimi strumenti di acustica,
fabbricati da Kdnig , sotto la direzione di Helmholtz per gli
esperimenti descritti nel celebre suo trattato : La percezione
de' Buoni.
Chirurgia, ^- Anche in questa partita V Italia figura con
onore^ mercè gli strumenti chirurgici dei fratelli LoUini di Bo-
logna, a lato de' quali, se più curati e meglio esposti, avreb-
bero potuto figurare quelli del vostro Toffoli di Padova, mentre
così passano affatto, o quasi, inosservati. Vengono poi gli stru-
menti chirurgici di Barbieri e Carrai! di Pisa, di Beltrami di
Piacenza, nonché di Baldinelli e Gennari di Milano.
Al proposito dei quali stromenti chirurgici dei fratelli Lol-
lini, non posso esimermi dal riportare un cenno molto oppor-
tuno , steso dal vostro compatriotta dott. Antonio Vio-Bonato
ed inserito neWAbeille Medicale , giornale , a quanto so , non
molto diffuso in Italia.
f La fabbrica degli stromenti chirurgici acquistò in Francia,
in Inghilterra tanta estensione e tanto credito sui mercati del
mondo intero, che si ha preso agevolmente V abitudine di con-
siderarla quasi monopolio esclusivo di quelle due grandi nazioni,
riguardando siccome nulle od accessorie le produzioni analoghe
degli altri paesi ».
e II giuri delle ricompense, che ha il dovere di emanciparsi
dalla influenza di tali giudizii , é stato più illuminato e più
giusto. Riconobbe che aveanvi parziali sforzi ds incoraggiare ,
progressi da segnalare, opere infine degne della sua alta di-
stinzione ».
681
« Questa frazione della Esposizioae italiana sembra essere
stata più specialmente 1' oggetto della sua attenzione, e percor-
rendo la lista delle ricompense , abbiamo verificato con viva
soddisfazione che la equità della Commissione oltrepassò le spe-
ranze del nostro patriottismo , al quale si vorrà perdonare un
pò di parzialità e di indulgenza ».
ff Noi siamo lieti che un verdetto cosi solenne abbia potuto
far conto a tutti, che malgrado i suoi sconvolgimenti politici,
malgrado le crisi inevitabili del grande movimento che 1* ha
trasformata, 1* Italia ha potuto figurare, così nell'industria come
nelle arti e nelle scienze, fra le nazioni le pid avanzate in ci-
viltà ».
e Non possiamo quivi entrare in particolari , ma non sa-
premmo dispensarci dal richiamare T attenzione pubblica sulla
esposizione dei fratelli Lollini di Bologna^ poiché essa riassume
perfettamente, a nostro avviso, il carattere della fabbrica ita-
liana, e a questo titolo offre un' attrattiva particolare a coloro
che 8i interessano delle differenze del genio nazionale perfino
nelle sue gradazioni meno spiccate ».
« Esaminando , infatti , gli stromenti imaginati dai dott.
Rizzoli, Belluzzi , Malagodi, ecc., si rileva che vive ancora in
essi la tradizione dei Morgagni, dei Valsalva, dei Scarpa, ecc.,
mentre la eleganza e la semplicità della costruzione ricorda che
l'Italia fu sempre una grande scuola dell'arte e del gusto ».
e Fra i molti prodotti , esposti dai fratelli Lollini , distin-
guasi un nuovo modello di forcipe sfenotribo, che serve a ren-
dere pili sicura e meno pericolosa la terribile operazione alla
quale è destinato. Noi ne daremo un' idea sufficiente , dicendo
che il suo meccanismo ricorda lontanamente gli stromenti, coi
.quali Civiale praticava le suo prime operazioni di litotrizia ».
e Havvi ancora una serie molto interessante di stromenti
ostetrici degna di particolare menzione, inventati dal prof. Riz-
zoli di Bologna ; cefalotribo, forcipe, forcipi cranioclasti, cranio-
tomo, tira-piede, tira-testa, ecc., tutto V arsenale in una parola
dell' ostetricia. Inoltre osservasi dello stesso professore un tra-
eheotomo, il quale sopprime il tempo più difficile della opera-
zione, semplificando in pari tempo l' apparecchio stromentale
col rendere inutile l'impiego del dilatatore ; un percussore curvo,
applicabile nei casi di litotrizia ».
6^2
f Fanno bella mostra infloe una molto ingegnosa modifica-
zione del compasso di Baudelocqae, del dott. Belluzzi di Bolo-
gna, delle leve ostetriche del prof. Fabbri, pure di Bologna,
degli stromenti di litotrizia del prof. Malagodi, lo speculnm del
prof. Corradi di Firenze per la operazione delle fistole vescico-
vagìnali, ecc. >.
e Aggiungiamo che i firatelli LoUini , di Bologna , furono
onorati della medaglia d'oro ».
Liberi dalla gara degli strumenti inglesi ( i quali, si ignora
il perchè , mancano del tutto ali* Esposizione ) i francesi con
Gharrière e Mathieu hanno inondato vittoriosamente i compar-
timenti. Descriverli o anche soltanto enumerarli sarebbe ardua
e nello stesso tempo nojosa cosa : è innegabile che brillano per
la novità e la eleganza.
Altro nome e altra provenienza italiana , benché si possa
dire naturalizzato francese, si è il napoletano Galante, il quale
con una numerosissima e sceltissima esposizione di oggetti in
caontcbouc vulcanizzato , ha veramente dimostrato a quante
svariate applicazioni si presti cotesto trovato, e come possa so-
stituirsi a prodotti e sostanze di prezzo molto più elevato.
In analoghe produzioni e per eguale e forse maggior buon
mercato sono a ricordarsi i prodotti, egualmente in caoutchouc
solidificato , di Leiter di Vienna. Figuratevi che una sciringa
di Pravaz che costa da* 20 a* 25 fr., si vende da 7 ad 8. Cosi
ricordiamo i modelli e gli apparati ortopedici dell* Istituto di
Nuova- York, gli apparati di Pischel, prussiano, per la galvano-
caustica, gli occhi artificiali di Boissoneau e i denti della fab-
brica di S. White di Filadelfia , che sono incontrastabilmente
superiori a tutti, compresi gli inglesi, che non raggiunsero mai
quella pellucidità, quella semi-trasparenza degli americani.
La chirurgia militare si presenta all'Esposizione internazio-
naie del Parco in modo imponente. La guerra americana vi
portò il maggior contingente, e le Società internazionali di soc-
corso pe' feriti in guerra hanno posto in mostra tutto il loro
dovizioso e filantropico arsenale. Qui non possiamo propria-
mente che enumerare di volo gii oggetti di servizio sanitario
di campagna, cioè quelli che servono a raccogliere, trasportare,
a<iagiare e curare i feriti. Quindi trasporto, sia sulle ferrovie,
683
sia sai bastimenti, sia su vetture speciali, sia su barelle a ruote,
sia a dorso di mulo, sia a mano. Inoltre tende, letti da campo,
stoffe impermeabili, cuscini ad aria, utensili per la fabricazio-
ne del ghiaccio, apparecchi di riscaldamento, apparecchi idro-
terapici e a vapore, ecc. Aggiungi tavoli da operazione co'loro
accessori! , astucci di strumenti , piante medicinali compresse ,
membri artificiali, stampelle d'ogni foggia e misura^ bisaccie,
sacchi pegli infermieri , carri d' ambulanza pel trasporto del
materiale. Citiamo finalmente libri^ disegni^ fotografie^ esposte
sia sotto forma di biblioteca di operette, sia per rappresentare
il servigio di coloro che si occupano nel prestare volontaria-
mente V opera loro a feriti » e i mezzi dei quali possono di-
sporre.
L' Italia non manca neppure a questa appendice, o come la
chiamerei , episodio deirEsposizione , che è appunto fornita in
parte dal Ministero della guerra, in parte, ed anzi per la mas-
sima parte, dal Gomitato di Soccorso pe* feriti, di Firenze e di
Milano , nonché da qualche privato. V ha la bibliografia com-
posta de' recenti lavori di Cortese, Quagliotti, Commissetti, Ba-
roffio, Bonaventura, Giudice ed altri ; del resoconto de' Comitati
di Firenze e di Milano ; di un dizionario per l' infermiere vo-
lontario in tempo di guerra, in lingua italiana, francese e te-
desca. Oltre e ciò una serie di basti , di letti , di bisaccie , di
barelle, di lettighe, di brande, di vetture, di cui abbiamo già
accennato più sopra.
Igiene. — L' igiene , la ginnastica , la farmacologia sono ,
come di ragione , non indegnamente rappresentate nel palazzo
deirEsposizione. Funzionano ivi gli apparati idroterapici di Geor-
ges Charles e di Muller che si raccomandano siccome semplici,
solidi e taluno ingegnosissimo. Gli apparati ginnastici, sia nelle
loro naturali dimensioni, sia in modelli di proporzioni ridotte ,
non sono né molto varii, né gran fatto nuovi. Rispetto poi alla
farmacologia , io non saprei come addentrarmi in questa selva
di prodotti chimici, se non limitandomi a notare due magnifi-
che raccolte di corteccia di china e di varietà di oppio e suoi
derivati, fra quali a me suonarono nuovi, non so a voi, un'al-
caloide, la eriptopina e V acido ieholattico. Oltre a ciò è a no-
tarsi una lunga e svariata serie di olii di pesile. Non vi parlo
684
poi dalla infinità di sostanze alimentari conservate frasche, non
che estratti di carne, polvere di latte , di uova , ecc. , quali si
ammirano nella sezione inglese e americana, perchè sarebbe da
non finirla mai più.
Precipuo argomento igienico è senza dubbio la ventilazione,
e qui ne abbiamo una grande applicazione nella ventilazione
del palazzo medesimo dell' Esposizione. Tale ventilazione viene
mantenuta da una grande galleria sotterranea circolare con se-
dici sotterrenei , bonvergenti dalla periferia al eentro e comu-
nicanti a mezzo di una infinità di pertugi colla cinta del pa-
lazzo. L* aria è non solo mossa continuamente da una potente
locomobile a vapore, ma viene eziandio con un polverizzatore
d' acqua, saturata di quella quantità di umidore, che si addice
ad un ambiente più salutare.
L' igiene deve non solo e non tanto co' suoi perfezionamenti
rendere più agiata e salubre la dimora del ricco, ma deve inol-
tre e più preoccuparsi deiT abitazione del povero. Tale questione
delle case operaje a buon mercato, fu studiata dal lato econo-
mico, politico e industriale, ma deve esserlo altrettanto dal lato
igienico. L' aereazione a mezzo di tubi nelle pareti, ì pavimenti
di tavole, il riscaldamento ottenuto col combustibile necessario
a cuocere gli alimenti per una famiglia di sei individui , la
soppressione di granajo o soffitta , che di solito diventano ìm-
mondezzai permanenti e nidi di insetti e di schifosi animali, la
disposizione delle stanze la più opportuna, ecco gli avvedimenti
igienici applicati a tali fabbricati. I quali vengono a costare da
1800 fino a 5000 fr. a seconda che sono o meno provveduti di
un tratto di terreno ad uso dì ortaglia. V è già noto siccome
9
V operajo con una piccola aggiunta al prezzo di affitto, aggiunta
non gravosa neppure al meschino bilancio di un artiere , può
diventare in una ventina d' anni proprietario della casa mede-
sima. Alle case della popolazione sana e labortojsa stanno presso
le case pegli alienati ; un modello delle quali si ammira nel
parco austriaco, ed è dovuto ali* alienista dott. Mundy di Mo-
ravia, il quale lo ha eziandio corredato di più vasti piani e di
altri progetti.
La serie di lettere che voi vi attendevate da me sull'Espo-
sizione, temo si riassumerà in quest' una sintetica, comprensiva.
685
epilogare, con tutto ciò di più estrattivo e di più concentrato
potevate mai irnaginare. D' altra parte ritenete che le minu-
ziose descrizioni, per quanto esatte , non valgono un' occhiata
sul luugo ; e io sarei stato ben lieto di avervi qui e servirvi
di guida e vedervi ritornare a Padova onusti di appunti e di
annotazioni per la vostra Gazzetta. Comprendo però e apprezzo
altamente i motivi pe' quali non volete abbandonare il vostro
paese sotto la minaccia di una invasione epidemica. Ad ogni
modo, forse che alla mia troppo sommaria enumerazione, sop-
perirà in qualche parte il giornale che qui si pubblica col titolo
Vltalia alla Esposizione Universale di Parigi , e che dal primo
fascicolo promette molto e, lasciatemelo dire, troppo bene di sé.
Lodo, commendo e approvo la diligenza, la venustà, la finitez-
za, il lusso di questo primo fascicolo, ma ahimè ! tutto ciò non
lo compenserà di giungere tardo e di tardamente procedere ;
sicché TEsposizione , temo, si chiuderà e la pubblicazione non
sarà ancora a mezzo. Rimarrà, si dice, rimarrà documento e
monumento di quanto T Italia, appena risorta, potè presentare
ad un* Esposizione mondiale. Ma di quanto non sarà allora sce-
mato il nu(nero dei lettori e la voga del giornale ? Ma di ciò
basti, e voi e i lettori vostri compatitemi per ciò che promisi
e non attenni, e per ciò che, non chiamato , sciorinai su que-
st' ultimo argomento. Addio. ( Gazz, Med, It, Prov. Venete ,
N.» 34 del 1867 ). Vostro aff. G.
BIBLIOGRAFIA MEDICO -CHIRURGICA ITALIANA.
A
NNALi Frenopatici ITALIANI. Giornale del R. Manicomio di
Aversa e della Società frenopatica italiana, diretti dal dott.
cav. B. G. Miraglia. Voi. IV. Anno IV. Aversa, 1866; 1 voi.
in-8.® di pag. 177 con tav.
Annuario Statistico o Calendario generale dell'Isola di Sarde-
gna per Tanno 1866. Cagliari, 1867; 1 voi. di pag. 326,
con tav.
Barzanò Luigi. La teoria del dott. Frommhold sulla cura de-
gli aneurismi. Osservazioni critiche. Milano, 1867; op. di
pag. 8. (Dalla « Gazz. med. It. Lomb. »).
Bertazzi Gallicano. Analisi dell' acqua salino-termale del Masino
in Valtellina, con pratiche osservazioni del prof. cay. Carlo
Cotta. Milano, 1864; op. di pag. 32.
Bilanci Consuntivi 1864 e 1865 degli Istituti Ospitalieri di Mi-
lano. Milano, 1867; in-4.® gr. di pag. 155.
BoROHETTi Carlo. Le acque ferruginose di Pejo nel Tirolo Ita-
liano. Brescia, 1867; op. di pag. 8.
686
CANoroo Antonio. Delle aeque termo-minerali del Balneolo. Na-
poli, 1867 ; 1 voi. di pag. 112.
Cantani prof. Arnaldo» Istitazìoni di materia medica e tera-
peutica basate specialmente sai recenti progressi della fi-
siologia e della clinica. Trattato pratico ad nso dei medici
esercenti, dei farmacisti e degli studenti. Milano , 1867. In
corso di associaz. presso il dott. Francesco Vallardi , tipo-
grafo-editore. L* opera consterà di 1 voi, in-8.* massimo di
circa 1000 a 1200 pag. Si pubblica per disp. di pag. 48,
al prezzo di it. L. 1 ciascuna. — Esci te finora disp. 13.
Casella, cav. Giuseppe. La fonte acidulo-marziale alcalina di
Santa C»terina in vai Furvia sopra Bormio. Milano, 1867,
1 voi. di pag. 155 , con carte geografiche e veduta dello
stabilimento.
Castoldi cav. Ezio. Relazione del trattamento fatto nel 1866
coi bagni marini in Voitrì degli scrofolosi di Milano. Milano,
1867 ; op. di pag. 31.
Giornale di Elettroterapia , compilato dal dottore Giuliano
Manca^ insegnante libero di elettroterapia nel R. Istituto di
studii superiori pratici e di perfezionamento in Firenze. Fi-
renze, 1867. Anno 1.®, si pubblica ogni tre mesi. L*associaz.
è obbligatoria per un anno, al prezzo di it. L. 10, e si ri-
ceve presso il compilatore. Piazza Pitti, N.^ 13.
GiRARDiN. Lezioni di chimica elementare applicata alle arti
industriali, recate in italiano dai farmacisti A. Gibertini
e C. AsPERTL Opera illustrata da 700 figure incise e da
molte altre colorate. Parma, 1867. In corso di associa-
zione. L'opera consterà di 4 voi. in 8.® gr. di 600 pag.
circa ciascuno divisi in 20 disp. al prezzo di L. 1. 50 per
ogni dispensa. Le associazioni si ricevono in Parma presso
i traduttori, ed anche alla tipografia Cavour.
Il Regio Istituto Tecnico di Milano. Notizie e Dati raccolti
dal Consiglio dei professori per la Esposizione Universale
che si terrà in Parigi Tanno 1867. Milano, 1867; 1 voi. di
pag. 128 con tav.
Inzani G. Compendio d'anatomia descrittiva; 2 voi. di circa 800
pag. in 8.® gr. con atlante di 30 tavole. Parma , 1866-67.
Vendibile in Milano presso la Società Editrice degli Annali
Universali, in Galleria De Cristoforis, al prezzo di it. L.23. 50.
La Salute. Giornale d' Igiene popolare e di altre cognizioni
utili > compilato e diretto dal dott. prof. Giovanni Du Jar-
din. Anno III. Genova , 1867. Si pubblica in 16 pag. tutte
le domeniche. Il prezzo d'assoc. pel Regno d'Italia è di an-
nue L. 5 anticipate. L'associazione comincia col mese di set-
tembre ed è obbligatoria per un .anno.
-^p>
687
Pétreqin. Dell* uso terapeutico dei lattati alcalini nelle malat-
tie funzionali dell* apparecchio digestivo, 2.* ediz. con nota
supplementare sul lattato doppio di soda e di magnesia.
Parigi, 1867; op. di pag. 28.
PfiRUZZi Domenico: Storia di una lussazione traumatica doppia
del piede sinistro peroneo-tibio-tarsea ali* infuori e medio-
tarsea inferiore; cura ed esito; deduzioni nosografìche ed
eziologiche. Bologna , 1867 ; op. di pag. 16 con fig. ( Dal
<r Bollettino delle scienze mediche di Bologna » ).
Petrilli Raffaele, Rapido cenno sulla clinica oftalmica della R.
Univ. di Napoli diretta dal prof. Raffaele Castorani. Na-
poli, 1867; op. di pag. 23. (Dalla a Riforma Clinica »).
Rapporto sulle misure preventive e preservative del cholera
asiatico nella prov. Cremonese, proposte, discusse ed appro-
vate dal Comitato medico Cremonese nella seduta straordi-
naria del 20 aprile 1867. Cremona, 1867 ; op. di pag. 24.
Regolamento per le Case di soccorso e di Contumacia ed Istru-
zione Popolare in tempo del cholera-morbus, con note di un
membro della Commissione Municipale di Sanità in Cremona,
op. di pag. 72. Cremona, 1867.
Relazione al Senatore conte Cambray-Digny , sindaco di Fi-
renze, sulla scelta di località atta ad una necropoli generale.
Firenze, 1867; op. di pag. 8.
Ricordi Amilcare. Nuovo apparecchio per le injezioni intra-
uterine. Milano, 1867; op. di pag 12 con fig. (Dal « Giorn.
it. delle malattie veneree e delle mal. della pelle »).
RisiGA Giuseppe* Caso di medicina operatoria. Ferrara, 1867;
op. di pag. 23.
Rivista Farmaceutica Italiana. Questa effemeride , diretta dal
cav. dott. Michele Bancheri, riprende le sue regolari pub-
blicazioni , interrotte da un anno e più per questioni in-
sorte fra il proprietario e gli editori. Esce in due dispense
mensili, al prezzo di it. L. 10 per un anno ossia per 24
fascicoli. È r organo ufficiale della associazione generale dei
farmacisti italiani. Dirigersi in Genova, Tipografia Sociale,
Stradone S. Agostino, N.^ 22.
Rizzoli prof. comm. Francesco. Della compressione e di altri
mezzi chirurgici adoperati nella cura di varii aneurismi
esterni nel corso di oltre 30 anni. Bologna, 1867 ; Memoria
di pag. 85. (Dal 3 Bollettino delle scienze mediche di Bo-
logna » ).
Rizzoli prof. comm. Francesco. Intorno ad un enorme calcolo
vescicale avente per nucleo alcune ossa fetali ed a due mo-
struosità per inclusione, in cui l'individuo ceppo si potè
6S8
porre in coudizioni normali. Bologna, 1867; op. di pag. 28
con flg. (Dalle e Memorie dell'Accad. delle scienze dell' Jst.
di Bologna »).
Rizzoli prof. comm. Francesco. Uretrooisi interna negli ottura-
menti del canale uretrale. Bologna, 1867; Memoria di pag. 38.
( Dal e Bollettino delle scienze mediche di Bologna » ).
Santanerà Venanzio, La cura lattea. Torino, 1867; op. di
pag. 36.
SoNSiNO Prospero, Di un nuovo metodo di praticare la respira-
zione artificiale consigliato dal prof. Filippo Pacini. Firenze,
1867 ; op. di pag. 8. ( Dall' e Imparziale » ).
Taruffi prof. Cesare, Compendio di anatomia patologica gene-
rale, compilato per cura del dott. Cesare Trebbi. Bologna ,
1867. In corso di pubbliòaz. Vendibile presso Marsigli e
Rocchi.
ToMMASi Corrado. Il cholera di Palermo nel 1866. Relazione.
Palermo, 1867, in fol. di pag. 32 con tav.
Vecchietti Edoardo, Sulla corea. Bologna , 1867 ; Memoria di
pag. 88. ( Dal e Bollettino delle scienze mediche di Bolo-
gna » ).
ERRATA CORRIGE
Fascicolo di liOsHo.
Pag. 96, Un. 24 Diagnoei Diagnosi
» 97 » 23-24 fianco dell'ammalato fianco destro dell'am-
malato
» 105 » 11 nel novembre nel 1.* novembre
» 116 > 6 della delle
• 120 » 4 larghe lunghe
Fosoloolo di Asosto.
Pag. 398, Un. 27 e 28 Morehaed Morehead
B 399 » 32 Lordshif Lordship.
Il Direttore e Gerente responsabile
Dott. Romolo Griffini.
689
I nr D I € e
DBLLB MATBRIB CONTBIVUTB llf QUB8T0 YOLUKB.
§ f • Memorie ed Osscrvaslonl orl||;lnall.
B
OTTiNi. Saggi clinici di medicina operativa . . . pag. 3
Cisti ovarica plurilocolare sinistra. -^ Estirpazione in-
completa. — Morte dopo 20 ore. — Autossia . . » 11
Monociste ovarica proligera. -^ Estirpazione completa. —
Morte in 4." giornata per peritonite violenta . • » 18
Svuotamento dello sterno per estrazione di palla da mo-
schetto. — : Rigenerazione ossea . » 28
Gastati. Prospetto clinico della R. Scuola di ostetricia in
Milano diretta dal prof. Pietro Lazzati , per V anno
1866 , » 288
Cavagnis. Ricerche sperimentali intorno ali,' azione della
temperatura , dei narcotici e dei senapismi sulla sen-
sibilità tattile » 268
Db Vita. Breve istoria di una frattura della tibia di 5
mesi data, mal commessa e non bene consolidata, gua-
rita con la riduzione graduata e con la pressione di-
retta sul frammento superiore spòrto in fuori . . » 503
FkRRmi. Due casi d' infezione purulenta guariti coi solfiti
— Lettera al comm. Giacomo Castelnuovo ... j» 34
Griffini. Rapporto della Commissione incaricata di stu-
diare il Piano Organico dei Mauicomii provinciali, per
deliberazione del Consiglio Provinciale di Milano; pre-
sentato alia Onorevole Deputazione ed al Consiglio
Provinciale nella sessione ordinaria del 1867 . . » 450
Larghi. Osservazioni chirurgiche » 83 , 465
Mantboazza. Dell'innesto e delia galvanizzazione del ven-
tricolo. . • 262
44
f^
C90
Renier. Studj medici sulle f bbri. — Sezione IV, da Brown
sino a noi. — Continuazione pag. 510
Rossi. Osservazioni raccolte sopra tre costituzioni atmosfe-
riche morbose durante il corso della sua carriera pra-
tica » 53 , 346
Tbdoldi. Sui forcipe asimmetrico o retro-forcipe di Hamon.
Relazione al Gomitato medico di Casalmaggiore . » 241
§ 2. Analisi di Opere, DlfmertaslonK
Atti di A€€iidenile« ecc.
BENNBtT» The ReBtoraiiife Treatment of Pneumoniaé —
La cura ristorante della polmonia. — Traduzione del
dott. C. Tamburini » 597
Bibliografia medico-chirurgica italiana .... » 462 , 685
Òircoiare ai signori Prefetti del Regno intorno alla meda-
glia ai benemeriti della pubblica salute «... » 673
Cronaca — dei Compilatore » 230
Disinfezioni proposte nel cholura dal Direttorio dall* assi-
stenza pubblica di Parigi, di concerto colla Direzione
delle farmacie degli Spedali » 225
Errata-Corrige » 240, 688
Haltbnhqff. De la Périaàtite , ete. — Della periostite e
della necrosi fosforica. — Estratto del dott. Cesare Fu-
magalli » 441
La medicina all' Esposizione universale di Parigi . . » 677
Oehl. Manuale di fisiologia. <^-- Annunzio bibliografico » 228
Opinioni di illustri autori stranieri intorno al oholera » 39»
Ottavo Rapporto deli' Autorità medica del Consiglio di
Gabinetto. — Rapporto del Comitato del cfaolera del
Collegio Reale di Londra; con istruzioni pei Capitani
di navi mercantili. — ParkVn. La cura antidotale del
cholera epidemico. — Johnson. Diarrea epidemica e
eholera; loro natura e cura. — Billinq. Sulla cura
del cholera asiatico. -^ Barlow. Osservazioni sulla pa-
tologia del cholera. -— Una visita ad Amiens per os-
servarvi il cholera. — Tod. Semplice spiegazione del
eholera e modo- razionale di curarlo^ — McGov^tan. Ma-
•*~?
691
larià, causa comune del cholera, della febbre intermit-
tente ed affini. — Lezioni cliniche e rapporti del per-
sonale medico-chirurgico del London Hospital. — Scritti
varj sul cholera nei giornali medici. — Discussione
che ebbe luogo nell' Harveian Società medica di Lon-
dra sul cholera. ^- Beale. Ricerche microscopiche sul
cholera. — Rapporto d<iir Ufficio statistico e Lettera
del Prof. Frankland. ^^ Memorandum officiale dell' Au-
torità medica del Consiglio di (Gabinetto, lugUo, 1866.
^- GooDEVE. Sulla conferenza sanitaria internazionale
e sul preservamento dell'Europa dal cholera. Memoria
letta alla Società epidemiologica. -— Bordier. Il cho-
lera epidemico. «^ Glaisheb e Rolleston. Memorie sul
cholera. — Shapter. Misure sanitarie e loro risultati.
— Peters. Trattato sul cholera asiatico. — Stone. Il
cholera e cura di esso. -^ Rapporti statistici, «anitarj
e medici del Dipartimento medico militare. -— Oamps.
Cholera epidemico e diarrea epidemica; queste malat-
tie si possono prevenire? — Haughton. Ricerca scien-
tifica su alcune cause che si ritengono produttriM del
ehòlera asiatico. — Blacklock. Il vajttolo ed il vac-
cino proteggono dal cholera asiatico? — Tugker. Sag-
gio isulla natura e sulla cura del cholera, della febbre
e della' peste bovina, e sulla salute pubblica. — CoR-
RiGAN. Carta del cholera in Irlanda, con osservazioni.
— Crisp. Sul cholera maligno. — Sansom. Il cholera
fbrmato a prevenuto. — Chapman. Diarrea e cholera.
KiNOSFORD. Nuova teoria sul cholera. — Cura mecca-
nica' del cho^e^a. — Morehead. Note sul cholera. — *
CocEXE. Pensieri sulle attuali teorie del periodo del
cholera. — Cockle. LMnfluenza delle scariche e della
scossa nervosa sul collasso del cholera. — flomasER-
OER. Il cholera ; causa e cura infallibile di esso.
PucciNOTTi. Storia della medicina. — Esame critico del prof.
Alfonso Corradi pag. 151
Rivista idrologica — del dott. Plinio Schivardi . . » 173
Arsene. Relazione fatta al Municipio di S. Vincent (Ao-
sta) intorno all'acqua minerale acidulo-ferruginosa a
.• -5 , ' <f jy ^- <^ **■ ^'
-" ")'^-.