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Full text of "Antonio Flaminio e le principali poesie dell'autografo vaticano 2870"

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STUDI E TESTI. 

1. 



DoTT. MARCO VATTASSO 

SCKITTORE DELLA BIBLIOTECA VATICANA 



ANTONIO FLAMINIO 



E LE PRINCIPALI POESIE 



DELL'AUTOGRAFO VATICANO 2870 




ROMA 



TIPOGRAFIA VATICANA 


1900 











IMPRIMATUR: 

Fp. Albertus Lepidi, 0. P., S. P. A. Magister. 
losEPHUS Ceppetelli Arcliiep. Mjr., Vicesgerens. 



6 VITA ED OPERE 

successivi, ed il fatto eh' esso era già passato alla Vaticana prima 
del 1531, diciassett' anni cioè soltanto dopo la morte dell'autore ^ 
Le poesie quasi tutte in distici sono bene spesso in lode, e 
talora in biasimo de' personaggi più celebri della società romana 
della fine del secolo XV e del principio del secolo successivo, 
cantano talvolta gli avvenimenti più strepitosi di quell' epoca, e 
tal altra inneggiano alla Vergine ed a santi. Ben piccolo però è il 
pregio artistico di tutti questi carmi; e se non tutti son meschini, 
non valgono tuttavia i pochi riusciti a giustificare la fama, onde 
godette il Flaminio presso i suoi contemporanei. Ma se dal lato 
dell' arte essi non meriterebbero di uscir dall' oblio , in cui giac- 
ciono da quasi quattro secoli, l' importanza, che hanno alcuni di essi 
in grazia dell'argomento che trattano, ci autorizza a prendere in 
qualche considerazione la vita di questo umanista poco fin qui co- 
nosciuto, ed a pubblicare un saggio delle sue poesie più interes- 
santi. 

* * 

Di Antonio Biaxander, conosciuto comunemente sotto il nome 
accademico di Flaminio ^, scrisse con entusiasmo il suo compatriotta 
ed amico il Marineo, il quale ne esaltò i pregi e le virtù ^, e cercò 



* Il nostro ms. infatti trovasi già registrato al f. 293^ dell' indice de' codici della Bi- 
blioteca Palatina, che conservasi manoscritto nella Vaticana colla segnatura Vat. lat. 3951. 
Quest' indice fu composto da' custodi Fausto Sabeo e Niccolò de Maioranis, i quali 
lo inviarono il 31 Agosto 1531 al vescovo di Fiesole Monsignor Braccio Martelli. 
Prima adunque di questa data l'autografo flaminiano era già entrato nella Biblioteca 
Vaticana. 

' Che il Nostro si chiamasse Biaxander si desume dal seguente passo d'una 
lettera del Marineo indirizzata a Giovanni Tommaso Zacco: € Reddita... mihi fuerunt 
exempla duarum epistolarum, quarum altcram Antonius Biaxander, qui nunc ut 
mihi dicitur Flaminius cognomìnatur, ad Antonium Catonem, alteram ad Antonium 
Muratorium iampridem scripserat » (Marinaci episiolarum familiarium libri XIV, 
Vallisoleti, 1510, lib. Ili, dinO. 

3 Leggasi infatti tra i molti altri, in cui scrive dell'amico, questo passo d'una 
lettera a Cataldo Parisio: « Sed quis mihi fìdem adhibebit si dixero Antonium Flami- 
nium Siculum, qui Roniao nunc est, cunctos mortales qui sunt hodie et qui fuerunt 
unquam omni genere doctrinae longe superare? Quem quióem ego propter eius vitae 
honestatem et sanctissimos mores inter sanctos sine dubio spero reponendum > (ed. cit., 
lib. V, e vii; cf. inoltre lib. HI, diiii^; lib. VI, fu). 



DI ANTONIO FLAMINIO. / 

di diflfonderne il nome per tutta la Spagna '; e di lui fece anche 
grandi encomi il Cantalicio, che gli fu pure amico affezionato ^. Ma 
intorno alla sua vita ed alle relazioni, eh' egli ebbe co' suoi contem- 
poranei poco, anzi pochissimo ci venne tramandato dagli storici 
della nostra letteratura. Infatti son troppo brevi i cenni, che ce ne 
ha dato il Pierio ^, e che furono poscia copiati più o meno lette- 



^ < Quot annos igitur - scriveva egli al Flaminio, in data 15 Ottobre 1502 - tu 
Roniae, mi Flammini eh arissi me, tot ego sum commoratus in Hispania: ubi nullus fere 
dies mihi praeteriit sine vera debitaquo praedicatioae virtutis eruditionis et sapien- 
tiao tuae: dicam etiara sanctitatis: qiiam in te maximam suspexi semper et veneratus 
sum. Te itaquo non minus hodie tota colit Hispania: quara vel nostra Sicilia vel Italia. 
Nam ego, vir integerrime, magnas et admirabilos virtutcs tnas et omne scientiao genus 
vitaequo sanctimoiiiam non possum non praedicare quotidie, non admirari, non efierre 
continuo praeconio. Qiiod eo libentius facio et dura vivam facturus sum: quo magis 
debeo tibi, qui olim me ad virtutem, ad littorarnm studia fìdolissimis atque amantis- 
siniis consiliis accendebas > (ed. cit, lib. XII, fin). 

Se ancora prostiam fede al Marineo la fama della dottrina del Flaminio aveva entu- 
siasmato talmente uno spagnuolo di nobile famiglia, che imitando egli T esempio di 
quel suo compatriotta il quale venne da Cadice a Roma sol per conoscere di pre- 
senza il più celebre storico romano, si parti da quella nazione e si recò neiralma 
città unicamente per vedere il nostro scrittore (loc. cit., 1 in). 

* Ce ne fa fede una poesia, che il Cantalicio rivolse al Flaminio per incorag- 
giarlo a sopportare T invidia de* suoi nemici. Essa leggesi al f. Ill^ del cod. vat. 2870, 
in fronte allo poesie del nostro autore. Essendo essa, per quanto io mi sappia, scono- 
sciuta ed inedita, credo utile pubblicarla qui per intero. 

Flaminio suo oratorum poetaì^mque maxima, 

< Quidam, credo niihi, si de triviahbus esses 

Alquo ageret Musas crassa Minerva tuas, 
Sivo fores nostri Bavius vel Choerilus aevi. 

Et streperes canta si velut anser iners. 
Nulla tuas segetes sterilis rubigo feraces 

Laoderet aut studiis laota vi reta tui. 
Sed quia Maeonides huius tu tem|)oris unus, 

Instar et immensi quod Ciceronis habes, 
Et sapis antiqui solus quod dogma Platonis; 

Et tibi quod caeli non latuere plagae, 
Invidiae fclix liventia pectora pascis, 

Et rabidae pinguis factus es esca famis. 
Tu vero invidia vatum, pater optime, gaude; 

Esse quidem felix qua sino nomo potest. 
Et mea si quicquid prò te suifragia possunt 

Utero Cantalyco nocte dicque tuo ». 

3 De litteratorum infelicitate, Venetiis, 1620, lib. I, p. 23. 



8 VITA ED OPERE 

Talmente dallo Spera *, dal Bayle *, dal Renazzi ^ e dal Tirabo- 
sebi ^; e la biografia intessutaci dal Mongitore ^, il quale si può 
considerare finora come l'unico storico del Flaminio, e si meritò 
d'essere seguito dal Fabricio ^, dal Wolf ^, dal Caruso ^ e dal 
Carafa ^, non solo non è compiuta, ma è ancora in alcuni punti 
errata. La ragione per cui egli non riuscì nel compito suo è duplice: 
anzitutto perchè non fece la dovuta attenzione alle lettere del Ma- 
rineo e del Flaminio, e secondariamente perchè non ebbe tra mani 
alcun' opera del nostro umanista. Una più attenta lettura di queste 
lettere, e la nostra scoperta delle poesie flaminiane ci porgono ora 
il mezzo di correggere alcune date, di chiarire alcuni punti della 
vita del Flaminio, e di dimostrare anche quanto fossero esagerate 
le lodi, ond'egli venne ricolmo da' suoi contemporanei. Con tutto 
ciò non crediamo di poter esaurire l' argomento, ma nutriamo ferma 
speranza che, quand'anche si riescano a scoprire altre opere del 
nostro autore, rimarrà sempre vera una gran parte di quanto stiamo 
per scrivere intorno alla vita ed al carattere del Flaminio, alle sue 
relazioni co' personaggi del suo tempo, ed al valore letterario delle 
sue poesie. 



* De nobilitate professorum grammaticae et humanitatis uiritisque linguae, Nea- 
polì, 1G41, lib. IV, p. 466. 

^ Diclionnaire historique et critique, Basle, 1741, tom. II, p. 474. Qui mette 
conto di osservare che lo notizie, che vi si leggono intorno al Flaminio, furono copiate 
quasi alla lettera dalla Nouvelle biographie generale ed. Firmin Didot, Paris, tom. 17 
[1856], p. 837. 

3 Storia delV Università degli studi di Roma, Roma, 1803, p. 237. 

* Storia della letteratura italiana, Milano, 1833, voi. II, p. 648. 

* Bibliotheca siculo, Panormi, 1707, tom. I, p. 67. 

^ Bibliotheca latina mediae et infimoe latinitatis cum supplemento Chrisliani 
Schoettgenii, Florentiae, 1858 alla voce Flaminius. 

' Pauli Colomesii Rupellis, Italia et Hispania orientalis sive Italorum 
et Hispaniarum qui linguam hebraeam vel alias orientales excoluerunt vitae.,, notis 
instructae a Ioan. ChristOphoro Wolfio, Hamburgi, 1730, p. 17 nota a. 

* Memorie storiche di quanto è accaduto in Sicilia dal tempo dei suoi primi 
abitatori sino alla coronazione del Re Vittorio Amedeo, Palermo, 1742-1744, part III, 
voi. I, pp. 91-92. 

^ De Gymnasio romano, Romae, 1751, lib. I, p. 174. Non sarà inutile di sog- 
giungere come il celebre Niccolò Antonio (Bibliotheca Hispana nova, Matriti, 1788i 
voi. II, p. 366 sg.) confonda Antonio Flaminio col suo omonimo Lucio, e della vita 
de* due personaggi ne faccia una sola. 



DI ANTONIO FLAMINLO. 9 



* 
4c ^ 



Nacqae Antonio Flaminio a Mineo in Sicilia da madre oriunda 
della Dalmazia, e da padre greco \ In qual anno vid'egli la luce 
è incerto, ma da alcune espressioni del Marineo si può con grande 
probabilità, per non dire certezza, inferire eh' egli fu o coetaneo, o 
di poco più attempato del poeta bizinese. Già il Mongitore ^, basan- 
dosi soltanto sopra uno di que' passi, aveva sospettato tal cosa, ma 
non ebbe il coraggio di dar per certa la sua supposizione, essendo- 
gliene sfuggiti due altri della massima importanza. Ricorre il primo 
di essi in una lettera indirizzata allo stesso Flaminio, e suona cosi: 
< Caeterum ego te primum Panormi longa atque familiari consuetu- 
dine cognovi, quum tecum et cum Antonio Catone quasi contuber- 
nalis utriusque lacobum Mirabellum in litteris graecis praeceptorem 
habui » ^; ed il secondo leggesi in una lettera a Tommaso Zacco, ed è 
concepito in questi termini : < Fuit (Flaminius)... meus olim contu- 
bernalis, cuius ingenium magnum foelix mirabile et rerum 
omnium capax quamvis adolescentis, me quidem non modo 



' Che sia nato in Sicilia Tattesia esplicitamente egli stesso nelle lettere ad 
Antonio Catone, dove rispondendo ali* amico che T esortava a rimpatriare, non solo 
manifesta il vivo suo desiderio di far ritorno <addulces penates, ad amicorum siiavis- 
sima colloquia, convictus et optatissimos amplexus, ad commune natale solum charum, 
gratum atque iucundum », ma soggiunge ancora: < Ego me lesu in Sicilia voluti in 
elysio vcllem maxime conquìescere » (Marinaci epist. , lib. Ili, diiii^-v). Che poi 
la sua città natale sia Mineo e non Bizino, come erroneamente scrivo il Renazzi 
(op. cit., voi. II, p. 237), lo deduciamo dall'attestazione del Marineo il quale scrivendo 
allo stesso Flaminio cosi si esprime: « la Sicilia Bizinum mihi patria est, quae a 
Minoo tuo foelicissimo natali solo distat fere passuum milia decem > (Marinnei episL^ 
lib. XII, 1 III), dove Minoo, comò giustamente osserva il Mongitore (op. cit, tom. I, p. G7), 
sta ori-oneamonto invece di Mineo. 

La provenienza infino de* genitori dol Flaminio la si conosce dal distico seguente: 

< Dalmata Flaminium Campanis mater in oris 
Edidit ac dederunt regna Pelasga pater > 

nel quale, appena è il caso di dirlo, l'elocuzione < Campanis in oris > comprende in 
senso largo anche la Sicilia. 

• < Antonium Flaminium - scriv'egli - Marineo aequalom, immo seriorero fuisso 
suspicor,' nam Antonius consiliis suis Marineum exstimulavit ut ex epistola Marinei 
lib. 12 ad ipsum Antonium ait: olim me ad virtutem, ad literarum studia fidelissimis 
atque amantissimis consiliis accendebas > (loc. cit.). 

* Mannaei epistolae, lib. XII, 1 ni. 



10 VITA ED OPERE 

mirifice delectavit veram etiam plurimum iuvit > *. Se dunque il Fla- 
minio fu condiscepolo del Marineo nell'apprendimento del greco, e se 
era addescens quando l' amico suo nella verde età di diciott' anni tro- 
va vasi a Palermo, parmi si possa senza tema di sbaglio asserire 
che ambedue questi studiosi siciliani erano a un di presso della 
medesima età. Ma è noto che il Marineo nacque verso il 1460: 
a tal anno quindi, o poco più innanzi^ va posta la nascita del nostro 
autore. 

Fissato cosi il tempo più probabile della sua venuta al mondo, 
passiamo ad investigarne gli altri periodi della vita. Se non che 
qui pure accanto ad una luce più o meno viva troveremo delle 
tenebre più o meno dense, di guisa che, invece della certezza sto- 
rica, dovremo di quando in quando accontentarci della probabilità 
della congettura. 

E nelle tenebre appunto trovasi avvolta l'infanzia del nostro 
umanista. Ma è assai verosimile la supposizione ch'egli, al pari 
del Marineo, abbia passati gli anni più belli della sua vita nella 
casa patema; ed abbia ricevuto a Mineo la sua prima educazione 
intellettuale, si perchè non era difficile trovare in quella città chi 
sapesse impartire una tale istruzione, sì perchè non trovandosi i suoi 
parenti liell' agiatezza *, non si sarebbero facilmente lasciati indurre 
a fare una spesa inutile col mandare il loro figlio in altra più cele- 
bre città, mentre poteva essere istruito egualmente bene nella patria 
terra. 

Finiti peraltro i primi studi, e non offrendogli più la città 
natale il mezzo di perfezionarvisi , si recò a Palermo, ov' erano in 
fiore le lettere greche e le latine per la fama, a cui le aveano innal- 
zate Giacomo Mirabello e Giovanni Nasone. La perspicacia e la ver- 
satilità del suo ingegno, la diligenza nello studio, e singolarmente 
la morigeratezza della vita gli acquistarono in breve l' ammirazione 



« Ibid., lib. Ili, d iiii\ 

' Lo dico lo stesso Flaminio in una lettera indirizzata nel 1489 ali* amico suo 
Antonio Catone. Ed ecco com'egli si esprime: € Veliera ego occurrere eorum tenui- 
tati. Sed vix possum meae; quandoque illa eorum quomodo non mea?> (Marinnei epist., 
lib. Ili, dv**). Cf. ancora il cod. vat. 2870, dove al f. 13 in un carme dedicato ad Eu- 
sebio card, il poeta parla delle poche sue ricchezze. 



DI ANTONIO FLAMINIO. 11 

de' compagni, alcuni de' quali presero ad amarlo con tutto il cuore, 
e gli furono poi sempre amici affezionati. A Palermo egli si per- 
fezionò non solo nel greco, sotto la direzione del valente Mirabello \ 
ma eziandio nella lingua latina, di cui fu ognora cultore appassio- 
nato. Ed ecco com' egli impiegò il suo tempo in quel soggiorno, se- 
condo la testimonianza del Marineo, suo compatriotta e condiscepolo: 
< Erat totus deditus musis, totus artibus ingenuis et immortalitati 
consecratus > ^. 

Moriva intanto verso il 1479 Giovanni Nasone, ed il Marineo, 
rinunziando a succedergli nell'insegnamento, s'imbarcava alla volta 
di Roma, per venirvi ad udire le celebri lezioni di Pomponio Leto 
e di Sulpizio Verulano ^. Se anche il Flaminio si partisse in quell'anno 
dalla capitale di Sicilia non sappiamo : certo è però che già verso 
il 1481 egli aveva lasciato quella città, poiché il Marineo mentre 
ricorda all'amico il tempo passato con lui, non accenna menoma- 
mente al periodo, in cui dal 1481 al 1485 insegnò a Palermo. 

Verso il 1486 lo troviamo a Napoli ^, ov'è probabile che, dopo 
alcuni mesi di soggiorno in patria, siasi recato fin dalla sua dipar- 
tita da Palermo. Il mecenatismo di Ferdinando d'Aragona, che se- 
guendo le orme del genitore ^, accordava a' dotti favori e privilegi , 

* Marinaci epist, lib. XII, 1 ni. 

« Ibid., lib. Ili, diiiiv. 

3 Ibid., lib. VI, fi. 

^ la quel tempo appunto egli s* imbattè nel Marineo che stava per salpare 
alla volta di Spagna. L'incontro ci vien descritto dall* amico suo in questi termini: 
« Doinde cum e Panormo Neapolim traiecissem navigaturus in Hispaniam te conveni 
non sine maxima tua roeaque laeticia; quum tu quoque Romam profìcisci iam desti- 
naveras. Quot annos igitur tu Romae, mi Flammini carissime, tot ego 
sum commoratus in Hispania> {Marinaci episiolie, lib. XIII, lui). Intorno 
all'anno in cui il Marineo passò in Spagna cf. Ti rabeschi, Storia d. letter, italiana, 
voi. IV, p. 90. 

^ Rispetto alla liberalità di Ferdinando I di Napoli verso i letterati e gli studiosi, 
così scrisse il Fontano nel De liberalitate (Opera omnia soluta oratione composita, 
Venetiis in aedibus Aldi et Andreae Socori, 1518-1519, voi. I, f. 112): < Ferdinandus Rex 
grandem pecuniae summam quotannis ex aerario pendendam statui t Rhetoribus, Medicisj 
Philosophis, Theologis, qui publice Neapoli docerent, egregie sane factum, ac perpetua 
commendatione dignum, ingenia prosequi, yirtutes ornare et ad excolendos animos exci- 
tare iuventutem >. Una cura speciale ebbe questo principe della Real Biblioteca, ove 
oltre ad alcuni impiegati addetti a rigare le pergamene ed a* custodi, v* erano ben venti 
scrittori occupati a copiar codici, e quindici miniatori (cf. Minieri-Riccio, Cenno storico 
deir Accademia Alfonsina, istituita nella città di Napoli nel i442, Napoli, 1875, p. 1 ^^^Y 



12 VITA ED OPERE 

nonché la fama, ond' erano celebri il Fontano, il Gravina ed altri, 
dovettero indurre il Flaminio a recarsi in quel centro di studi 
nella speranza di farvi fortuna. Entrò egli allora neir Accademia 
pontaniana ' ; ma non riuscì , a quanto pare , ad ottenere alcuna 
carica dal suo sovrano. 

Deluso per tal modo nelle sue speranze, egli rivolse i suoi pen- 
sieri a Roma, ove l'attiravano oltre le reminiscenze de' classici anti- 
chi, la fiorente Accademia di Pomponio Leto ^ e la liberalità de' 
principi verso i letterati. Ed a Roma egli si recò verso la fine dello 
stesso anno 1486 ^. Datosi all'insegnamento*, non incontrò in sul 
principio buona fortuna, vuoi perchè il suo nome non era abbastanza 
conosciuto, vuoi perchè come cittadino del Regno di Napoli non do- 
veva ispirare troppa confidenza alla corte d'Innocenzo Vili, col quale 
il suo re era stato gran tempo in lotta ^, vuoi finalmente perchè con 
molta probabilità il Flaminio, per un sentimento d' amor patrio, eh' era 
in lui assai profondo, non avrà neppure cercato di mettersi nel nu- 
mero de' poeti cortigiani del pontefice di casa Cibo. 

L'avversa fortuna non lo scoraggi, anzi gli fu di sprone a 
continuare con maggior lena nell' intrapresa carriera, la quale gli 
valse col tempo ad ottenere la cattedra di retorica all'Università 
romana*. E tal nomina egli ottenne probabilmente verso il 1493, 



* Cf. Teleiico degli Accademici, che ci è dato da Pietro Giannone, Istoria civile 
del regno di Napoli, Milano, 1823, toni. Vili, p. 374. 

' Cf. P. YìW&rì, Niccolò Machiavelli e i suoi tefìipi, Milano, Hoepli, 1895-1897^ 
voi. 1, p. 150 8g. 

3 Cf. il passo della lettera del Marinco riportato a p. Il, nota 4. 

* Intorno a* primi anni del suo inseghamento in Roma cosi riferiva lo stesso 
Flaminio ad Antonio Catone: < Ego summos viros imitatus amavi in Latio erudire 
iuvenes aliquos; non imbuere nudas et teneras mentes, sed tanqaam veteranos exco- 
lere: sic legimus Aristotilem sapientiao auctorem, sic divinum Platonem, sic Ciceronem 
non ludum aperientes. Ita licet naturae faccre satis. Sed hic auditores ut ob- 
scurus habeo perpaucos et quod deterius indoctos. Si quos tamen ìnge- 
niosos et peritos fuerim nactus, lectionom aliquam praeclaram et illustrem cudam, 
cuius enarratio prodita litteris tuum subactissimum ingenium viset eruditionis ple- 
num et ponderis > (Marinaei epist,, lib. Ili, d v^*). 

s Cf. Pastor, Geschichte der Pdpste, voi. Ili, 3» e 4» ediz., p. 190 sgg. 

^ Cf. Carafa, op. cit , voi. I, p. 184, e Renazzi, op. cit., voi. I, p. 237. Sull'atto- 
stazione di questi due autori abbiam detto che la cattedra ottenuta dal Flaminio fu 
quella di retorica. Ma la cosa non è ben chiara, nò i carmi di lui servono gran che 
a diradare le tenebre. Abbiamo bensì due distici « De Lucretiana lectione », i quali 



DI AKTONIO FLAMINIO. 13 

e certamente non prima del 1489, e non dopo il 1494. Abbiam 
detto « non prima del 1489 », poiché il Flaminio nell'Aprile di 
queir anno istesso si lamentava con Antonio Catone della poca for- 
tuna, che aveva avuto neir insegnamento, e gli notificava che non 
aveva per allora alcuna speranza di migliorare la sua condizione ^ ; 
abbiam soggiunto «non dopo il 1494 >, perchè Bertrando di Va- 
queiras in un'epistola al Flaminio, scritta certamente prima della 
fine di quell'anno, si esprime in modo da non lasciar luogo a du- 
bitare che l'amico suo era già professore all' Università romana ' ; 
opiniamo infine che ciò sia avvenuto verso il 1493, sì perchè in 
quel tempo si mosse al Flaminio una guerra accanita, si perchè 
appunto allora molti mormoravano della nomina da lui avuta ^. 
Nel nuovo suo officio, che tenne fino alla morte, riscosse gli applausi 
di tutti, ed acquistò sì bella fama di valente professore che Pierio 
Valeriano, scrivendo di lui, non dubitò di asserire che delle lezioni 
del Flaminio < Roma longa annorum serie nihil habuit eruditius > ^. 

Se nel suo soggiorno a Roma abbia egli abbracciato lo stato 
ecclesiastico è incerto. Ben è vero che il Mongitore, appoggiato 
al passo seguente della lettera indirizzata dal Flaminio nel 1489 
ad Antonio Catone : < Non mihi parentes obliti erunt, non excidunt 
amici, obversabitur oculis meis patria; occursabit soror, astabitque 
in conspectu nostro, cuius incepta vix minor. Quam sane asseris non 



e* inducono a credere che il Flaminio prediligesse, anzi commentasse in iscuola il De 
rerum natura, ma ognun sa che il poema di Lucrezio poteva anche essere com- 
mentato in una scuola di astronomia: epperciò questi due distici non valgono a cac- 
ciar via il sospetto che il Nostro abbia* invece ottenuto la cattedra d* astronomia, 
nella qual scienza sentiva por quel tempo molto innanzi, come ce lo attesta il fatto 
d*aver egli scritto due volumi De accentricis, epicyclis et absidibus. Ecco ora i di- 
stici che si leggono l'uno al f. 27^ e T altro al f. 56: 

« Cuius erat salebrosa Camoena, Lucreti 
Flaminius docti nobile cudit opus. 
Candida quae latuit sublimis Musa Lucreti 
Flaminio varias auspice pandit opes >. 

* MaHnaei epist., lib. HI, dv. 

* Cf. Appendice, vors. 95 sg. 

^ Cf. Appendice, vei-s. 107 sgg. 

* Op. cit., lib. I, p. 23. 



14 VITA ED OPERE 

satis toleranter ferre seiunctionem nostrani, atque ita ut nullo pacto 
velit creari sacerdos > ', è indotto a credere eh' egli sia stato ordinato 
sacerdote, ma è vero pure che questa sola attestazione prova ben 
poco; anzitutto perchè il passo surriferito non accenna al fatto com- 
piuto, ma soltanto air intenzione di compierlo; e secondariamente 
perchè né ne' carmi * né nelle lettere del Flaminio, né nelle altre 
notizie, che di lui ci tramandarono i suoi contemporanei, si trova il più 
piccolo accenno a questa cosa. Che anzi come alcune poesie erotiche ^, 
così specialmente un carme intitolato < Ad Sponsam > ^ fan nascere 
naturalmente il sospetto eh' egli abbia invece abbracciato lo stato 
matrimoniale. Potrebbe, è vero, quest'ultimo carme essere stato scritto 
per commissione, ma è molto probabile che in tal caso non avrebbe 
il poeta saputo infondervi quella vivezza di sentimento e quella sem- 
plicità, che ne fanno uno de' suoi carmi più belli. Checché sia di ciò, 
noi non possiamo per ora dir l'ultima parola intorno a questo punto 
della vita del Flaminio: ci preme peraltro avvertire che qualora si 
riescisse a provare ch'egli abbia preso moglie, bisognerebbe anche 
ammettere, per il suo modo strano di vivere negli ultimi suoi giorni, 
ch'essa l'abbia preceduto alla tomba. 

L'anno in cui morì il Flaminio si può fissare con tutta pro- 
babilità al 1513 ^. Infatti ch'egli vivesse ancora in tal anno 



* Mariruiei epist., lib. Ili, dr. 

* Un solo distico infatti potrebbe a prima vista far pensare ch'egli abbia otte- 
nuto, mercè la protezione del cardinal di Siena, un benefìzio ecclesiastico, ma esso 
esaminato più attentamente vien solo a significare che il Flaminio, per la benevolenza 
del cardinal suddetto, trovavasi noi numero de* poeti suoi cortigiani. Ecco qui i duo 
versi co' quali si chiude la poesia che ha per titolo Cardinali Senensi: 

< At nos qui sane ti s, te auctore, meremus in aris 
Nempo tui proprior numinis ardor habet > (carro. XIX). 

' Carm. Ili,- cod. cit., f. 35^ 

^ Cairn. XXXVIII. 

^ II Mongitore (op. cit, voi. I, p. 67), che conobbe soltanto l'edizione delle lettere 
del Marinco, argomenta dalle medesime che il Flaminio viveva ancora a Roma nel 1502. 
Egli però, se le avesse esaminate più attentamente, avrebbe trovato che il Nostro tro- 
vavasi ancora in questa città il 21 Novembre 1508, poiché in una lettera di Alfonso 
Segurano a Lucio Marineo colla data suddetta si legge: « Utinam aut cum Flam- 
minio, aut certe tecum, mi Luci, omiies meos annos viverem, ut tibi similis Flamminio 
non essem omnino dissiniilis » (Marinaci epist., lib. VI, f ir). 



DI ANTONIO FLAMINIO. 15 

si ricava dalla sua penultima poesia dedicata a Leon X, il quale, com' è 
noto, fu appunto eletto pontefice nel 1513; ch'egli poi cessasse di vi- 
vere sulla fine di quest'anno stesso, lo si deduce dal ruolo de' pro- 
fessori dell'Archiginnasio romano del 1514, nel quale il nome del 
Flaminio non figura K E siccome questo ruolo, che dovea farsi 
ogni anno, si leggeva pubblicamente a' 18 Ottobre *, si può legittima- 
mente aflfermare che nell' Ottobre del 1513 il Flaminio era già pas- 
sato all'altra vita. 

L' improvvisa sua morte ci ricorda quella del Petrarca , es- 
sendo anch' egli, al pari di questo, stato trovato esanime in mezzo 
a' suoi libri. Così invero scrive il Pierio: « Antonius... Flaminius 
natione Siculus... inopinata praeventus morte a caupone viciniae, 
qui quotidiana edulia homini venditabat, contationem admirante, quod 
iam triduum non apparuisset, et per hortuli fenestellam quandam 
ingresso inter libros, quos humi stratos stratus et ipse lectitare con- 
suerat, sempiterno oppressus somno repertus est > *. 



* * 



Ebbe il Flaminio un animo facilmente irascibile *, ma buono, 
aperto in genere a' sentimenti gentili, e chiuso a' sentimenti cattivi. 
Vissuto in un'età di pervertimento politico, morale e religioso; in 
un'età, in cui l'ambizione, l'orgoglio e l'immoralità regnavano 
sovrani, egli seppe mantenersi abbastanza puro da' vizi del suo secolo, 
e meritarsi per i suoi morigerati costumi e l'illibatezza della vita 
r ammirazione ed il plauso de' buoni ^. 

Avverso per natura al vizio, non solo non applaudì mai ad 
esso, ma lo combattè ne' suoi versi, dove esprime la massima che 
ognuno deve mirare al conseguimento della sapienza e non al 



* Cf. Gaetano Marini, Lettei'a a Mons. Giuseppe Papazzurn fjià Casali, nella 
quale s'illustra il ruolo de* professori delV Archiginnasio romano per Vanno 1514, 
Roma, 1797. 

5 Ibid , p. 8. 

' De litteratorum in felicitate, lib. I, p. 23. 

< Cf. il caini. V ed il cod. cit, ff. 22. 29. 

•''• Marinaci epist., lib. V, e vii; lib. VI, fii\ 



16 VITA BD OPERE 

soddisfacimento delle proprie passioni ^ ; e dove consiglia V amico a 
reprimere in snl sorgere gli affetti cattivi per non cader più tardi 
vittima de' medesimi ^. Nello scagliarsi contro il mal costume non 
risparmia neppure le persone, come quando rinfaccia a Giulio II i 
vizi, onde lo ritiene macchiato ^. 

Fu in lui profondo il sentimento religioso, come ce l'attestano 
da una parte le testimonianze de' suoi contemporanei ^, e dall' altra 
le sue poesie alla Vergine ed a' santi. Con ciò non voglio negare 
che avesse anch' egli i suoi difetti, uno de' quali fu appunto il non 
aver saputo frenare l' ira e lo sdegno, eccitati in lui dall' invidia 
de^ maligni e dall' ingratitudine di qualche suo discepolo. Ma questo 
difetto, congiunto a quello della presunzione de' suoi meriti, venne 
superato dalle altre sue virtù, e, quantunque deturpi alquanto la sua 
figura di cristiano non esclude però che nella maggior parte de' suoi 
giorni abbia egli condotto una vita immacolata. 

In beli' armonia col sentimento religioso troviamo in lui l' amor 
di patria. La calata di Carlo VII! in Italia aveva gettato da per 
tutto lo sgomento ed il terrore ^. In Roma i danni fatti dalle truppe 
francesi in quella circostanza furono aggravati senza paragone dalla 



^ Ecco il distico: 

€ Sidereo redi ture polo cape sensa Mìnervae 

Neu CypridoB blandis pectore subde dolis > (f. 58^). 

« Cod. vat 2780, f. 1^. 

3 Cf. Carni. LIV. LVI. XVII ed il cod. cit., ff. 58.59. In questi epigrammi il pontefice 
di casa Della Rovere, in cui lode il Flaminio aveva pure scritto alcuni versi nell* occasiono 
della sua elezione al soglio pontifìcio, vien appellato Arpyia, Bacchus, ficus nuididus, arse* 
nocaetes ed arsenotheles. Da ciò si vedo che il poeta aveva ritenuto per vera la diceria che 
correva in circoli maldicenti intorno alla condotta morale di Giulio II. É giusto però 
avvertire che in questi versi non è del tutto estranea la passione politica. Il Flaminio 
infatti fu partigiano de* Veneziani, ed è quindi naturale eh* egli, il quale in politica la 
pensava assai diversamente da Giulio II, abbia avuto 1* animo alquanto predisposto ad 
accettar per vere certo brutte storielle di fonte specialmente veneziana, che si raccon- 
tavano di quel pontefice. Con ciò io non intendo di entrare di pro[)osito nella dibat- 
tuta questione sulla condotta morale di Giulio II, e u)' accontento di rimandare, a questo 
riguardo, a quanto scrivo il prof V. Cian nel Gìortiale stor. delhi letter. ital., XXIX, 
p. 43C sg., ed al Pastor, loc. cit, p. 044, nota 2. 

* Marinaci episL, lib. V, ovii. 

^ Cf. Pastor, loc. cit., p. 333. 



DI ANTONIO FLAMINIO. 17 

terribile inondazione del Dicembre 1495 \ Ed il Flaminio non ebbe 
il cuor chiuso a queste patrie sventure; anzi, mentre si rifiutava di 
dar ascolto ad un patrizio romano che lo invitava a rasserenar la 
fronte e a darsi all' allegria ^, così esprimeva ad un amico il vivo 
desiderio di porre un argine allo straripare di tante calamità: 

€ Nobiscum patriae casus indignaris acerbos, 
Ardemus studio cuius uterque pari. 
Discupimus pariter lapsis accurrere rebus 
Fatorum et tetricas flectere voce colos > . 

Il grido « fuori i barbari > , che la tradizione attribuì a Giu- 
lio II, già prima era stato emesso dal Flaminio, quando in una poesia 
al card. Giovanni Colonna esclamava 

< . . . tandem numina laeta dabunt 
Omnis ut Oenotris sit barbarus exul ab oris » ^. 

Meritano anche di essere qui ricordate le poesie, che il Flaminio indi- 
rizzò al duca Valentino ^. Al pari del Machiavelli ^, egli credeva che la 
patria avrebbe trovato in Cesare Borgia il suo liberatore; ond'egli 
ne cantò il valore e fé' voti che, tagliata finalmente la testa all' idra 
della discordia, riuscisse a regnare pacificamente sull' Italia. Ma quando 
vide che le sue speranze erano state mal fondate, e che la stella 
del duca, colla morte di Alessandro VI, volgeva rapidamente al tra- 
monto, allora egli pose gli occhi su Venezia, le cui conquiste e 



* Cf. Pastor, loc. cit., p. 362-364. 

* Ecco qui la sua risposta: 

< Laeta sequi suades, insomnes ponere curas, 
Sed Veuus iratas mollis adhorret aquas. 
Horrent mansuetas et ferrea saecla sorores 
Nosque malis onerant publica damna suis >. 

(Cod. vat. 2780, f. 2). 

3 Carni. XLI. Intorno al celebre motto «fuori i barbari» cf. G. Fumagalli, 
Chi Vha detto? Milano, 1895, n. 916. 

< Carm. XV. XXI; cod. cit, ff. 32\ 59^ 

s Cf. Cian, loc. cit, p. 433; A. Gaspary, Stor. della letter. ital. trad. dal ted. 
da N. Zìngarelli e da V. Rossi, Torino, 1887-1891, voi. II, part li, p. 3 sgg. 



18 VITA ED OPERE 

fortunate imprese gli davano a sperare eh' essa avrebbe potuto eflfet- 
tuare la liberazione d'Italia. Ricordò egli allora l'accanita battaglia 
di Fornuovo \ cantò in epigrainmi la sconfitta dell'imperatore Mas- 
similiano ^, cercò di difendere i diritti de' Veneziani, e ne esaltò le 
virtù, augurandosi che la patria sotto il loro governo potesse vivere 
tranquilla e felice ^. 

Ebbe anche il Flaminio il cuore aperto a' più soavi sentimenti 
dell' amicizia : ed a questo riguardo errò il Pierio scrivendo eh' egli 
€ nuUius unquam ncque docti ncque indocti familiaritate commer- 
ciove delectatus est > ^. 

Mentre infatti le lettere del Marineo ^ ci attestano l' amicizia 
de' due poeti, e quelle del Flaminio l'intima relazione di lui con 
Antonio Catone, con Antonio Muratori e con Matteo Cuppardo ^ , le 
sue poesie ci rivelano T immenso affetto che l'avvinceva al senatore 
Tacito Paolo ^ e la famigliarità eh' egli ebbe col Cantalicio ^. Né 
voglionsì lasciar da parte i carmi scritti per un giovanetto di nome 
Marcello ^ , del quale pianse in bei versi la morte immatura , e 
neanche quelli ad un suo amico per nome Marco '^, a Giulio Tacito 
patrizio e poeta ", a Mons. Girolamo Porcaro '^ e ad un certo Marco 
Fausto non ignobile cultor di versi '^, perchè ci dimostrano quanto 
fosse vivo nel cuore del nostro umanista il nobile sentimento del- 
r amicizia. Sarà dunque stata infelice la vita del Flaminio, ma non 



* Cairn. XLVI. 

' Carm. XLVII. XLVIII; cod. cit., f. 54. Qui poro corno altrove, e specialmente 
no' distici scritti in occasione dell'elezione di Giulio II, abbiamo delle provo fatte dal- 
Tautoro nell'intento di riuscire a scrivere un distico perfetto sull'argomento trattato. 

3 Carm. LI-LIII. 

^ De litteratorum infelicitaiey lib. I, p. 23. 

"^ Mnrìrìnei epist., lib. Ili, div; lib. XII, lui. 

Ibid., lib. Ili, d iY\ V. 

" Carm. IV; cod. cit, f. 7. 

8 Carm. XX : v. anche la poesia qui pubblicata a p. 7, nota 2. 

^ Cod. cit., ff. 2. 7^. Segue la poesia la dedica FUimmius Antonius (eraso) 
nberibus \ cum lacrumis Catilinae Marcello amico dulcissimo. 
«0 Cod. cit., f. 1^ 
** Carm. XVI-XVIII. 
*« Cod. cit, f. 1)^ 
'3 Ibid., f. b\ 



DI ANTONIO FLAMINIO. 19 

ne fa causa certamente la mancanza di amici, né l'amor suo alla 
solitudine, come mostra di ritenere il Pierio, sibbene l'odio e l'in- 
vidia de' nemici e le amare delusioni, eh' egli ebbe a provare spe- 
cialmente negli ultimi suoi anni. Se non che anche nella sventura 
ebb'egli le sue consolazioni, le quali gli furono date dalla fedeltà 
e dalla riconoscenza di alcuni suoi allievi \ 

Seguendo l'uso del tempo, il Flaminio fece spesso argomento 
delle sue poesie i personaggi più celebri della sua età. Per tal 
modo egli esaltò il nome del card. G. Battista Orsini ^, di lacovacci 
de' Faceschi ^, del card. Oliviero Carafa ^, di Giulio II ^, del card. Gio- 
vanni Colonna ^, di Giovanni della Rovere ^, prefetto di Roma , di 
Francesco Marco Vigerlo, prefetto della mole Adriana ^ e di altri. 

Ma se si eccettuano gli amici, tre soltanto sono i personaggi che 
il Flaminio celebrò in modo speciale ne' suoi versi: Cesare Borgia, 
il card. Raffaele Riario e Pio III. 

Grande ammiratore di quest' ottimo pontefice fin da quando era 
ancora cardinale, il Flaminio indirizzò a lui ne' brevi ventisei giorni 
del suo pontificato ben quattordici tra distici e poesie, alcune delle 
quali riboccanti d'ammirazione e d'affetto. Né ci fa meraviglia, poiché 
la elezione di questo pontefice non solo era stata accolta colla più 
viva gioia da tutto il popolo romano ^, che riponeva in lui le mi- 
gliori speranze, ma eziandio da tutti i buoni ^^ specialmente d'Italia, 
i quali si ripromettevano dal novello papa la riforma della chiesa 
ed il ripristinamento della pace. Pur troppo la morte troncò in 
sul più bello sì liete speranze, e gettò nel duolo gli ammiratori 
di lui, i quali accorsero numerosissimi a dargli 1' ultimo tributo di 
venerazione e d' affetto ". Anche il Flaminio non tacque in questa 

* Cf. r appendice. 
2 Cod. cit., f. 3. 

8 Ibid., f. 48^ 

* Ibid., ff. 44^ 45^ 46. 

^ Ibid., ff. 41. 45. 49: carm. XXXI. XXXllI-XXXVI. 

« Carm. XLI; cod. cit., ff. 00^ 61. 

■^ Cod. cit , f. 23. 

« Ibid., f. 42^ 

^ Pastor, loc. cit, p. 550. 

*^ Cf. G. Palrnieri-Nuti, Lettera di Sigismondo Tizio^ Siena, 1877, p. 15. 
** Cf. Rinaldi, Ann. ecclesiastici accedunt notae chronolof/icae, criticae etc, auctore 
I. D. Mansiy voi. XI [Lucao, 1754] ad annum 1503; e Pastor, loc. cit., Appendice, n. 56. 



20 VITA ED OPERE 

luttuosa circostanza; e come prima aveva seguito con trepidazione il 
progredire della malattia del pio pontefice, così ora ne deplorò in 
versi la prematura dipartita. 

Ma se giusta e degna d'alto encomio fu l'ammirazione del 
Flaminio per Pio III, non certo commendevole fu l'ammirazione, 
eh' egli provò per il Duca Valentino. Valgono però a scusare il poeta 
sia le tristi condizioni di quel tempo, sia l'ardente suo desiderio di 
veder felice la patria sventurata, sia specialmente il non aver egli 
approvato mai, per quanto ci consta, i mezzi illeciti adoperati da 
Cesare Borgia per riuscire nel suo intento. 

Mecenate del Flaminio fu il card. Raffaele Riario ^ Come tutti i 
principi italiani di queir età, i quali si ripromettevano una fama im- 
mortale col proteggere i letterati, amò anch' egli di circondarsi d'uno 
stuolo di artisti e di poeti ^. Pare anzi da' versi del Flaminio eh' egli 
avesse nel suo palazzo una scuola di pittura, dove faceva istruire 
que' giovani i quali davano di sé belle speranze ^. Molte son le poesie, 
che il Nostro dettò in lode del Riario ; ed è a credere che questi 
non vi fosse indifferente, anzi mostrasse di gradirle sinceramente. 
Non pare però ch'egli sia andato al di là d'una semplice appro- 
vazione, poiché il poeta in uno degli ultimi suoi carmi si lamenta 
con un amico che i numi erano avversi alle sue muse ^. 

Come in generale tutti gli umanisti, anche il Flaminio ebbe 
una grande presunzione di sé e del suo valore artistico ^ : presun- 
zione per altro affatto ingiustificata. Imperocché egli non fu un 

* Cf. carm. XXXII. XLII; cod. cit, ff. 26. 40^ 

' Intorno aUe benemerenze di questo cardinale riguardo al risorgimento del 
dramma antico in Roma cf. Gregorovius, Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter, 
voi. VII [Stuttgart, 1894], p. 619 sg.; D'Ancona, Origiìii del teatro in Italia, Torino, 
1891, li, pp. 66-68; intorno poi aU'amor suo per l'arte cf. Pastor, loc. cit., p. 542. 

3 Cf. carm. XXXII; cod. cit., f. 406. 

* Cf. carm. LV. 

■^ Cf. cod. cit, ff 9^. 22. Un saggio della sua presunzione o ad un tempo della 
sua bile si ha nell'epigramma seguente, che ha per titolo: 

De invido qui vatibus non bene optabat, 

«Te caput infandum pollat mare, flamina, tellus; 
Nec vehat in stygios baris adunca lacus, 
Lurida quoi livent tristi praecordia felle 
Qui mea sperasti numina posse mori » (f. 12). 



DI ANTONIO FLAMINIO. 21 

grande poeta , anzi non merita neppure un tal nome ; ed è molto se 
possiamo annoverarlo tra i non mediocri verseggiatori. Le sue poesie 
invero, sebbene manifestino nel!' autore una non piccola conoscenza 
della lingua latina, e specialmente delle opere di Virgilio, di Orazio, 
di Catullo, di Ovidio, di Properzio, di Lucrezio, di Plauto e di 
Terenzio, non hanno però quella sentita ispirazione, quella elegante 
semplicità e quella profondità di pensiero, che distinguono il vero 
poeta. La sua è una musa povera, ed alcune volte bassa e volgare. 
Ma se poche son le poesie di lui, le quali si possono dire riuscite, 
e se la maggior parte di esse valgono poco dal lato dell'arte, esse 
hanno però una qualche importanza per le notizie che ci riferiscono. 
Per esse invero ci rivivono dinanzi molte figure di quel tempo ed 
alcuni fatti storici, che levarono allora un gran rumore. Così noi ve- 
niamo ad avere una fonte storica, piccola si, ma non priva di im- 
portanza per alcuni fatti degli ultimi anni del sec. XV e de' primi 
del XVL 

Non solo il Flaminio sentì molto innanzi nella lingua latina, 
ma conobbe ancora assai bene il greco ^ e probabilmente anche 
l'ebraico, poiché Pietro Galatino, il quale dice il nostro autore dot- 
tissimo in tre lingue, lascia ragionevolmente sospettare che una di 
queste sia stata appunto l'ebraica ^. 

Oltre alle poesie ed alle due lettere pubblicate nell' episto- 
lario del Marineo ^, scrisse il Flaminio un trattato De accentricis, 
epicyclis et absidihus in due volumi. È questa l'opera giovanile del 
nostro autore, al quale costò ben dieci anni di fatiche \ Stando 
all' attestazione di Pietro Galatino, parrebbe eh' essa debba trovarsi 



* Mongitore, op. cit, voi. I, p. 67. 

* De arcanis catholicae veritatis, Basileae, 1550, p. 100, dovo si legge: € Haec 
nomina divina ego sic omnino punctata pluribus in locis inveni, et praesertim Romae 
in Bibliotheca summi Pontificis, eo in loco, ubi libri Flaminei viri quondam trium 
linguarum peritissimi, reconditi sorvantur >. 

^ Marinaci epist., lib. ITI, d iv^-v. 

^ Lo desumiamo dal passo seguente della lettera indirizzata dal Flaminio il 21 
aprile 1489 ad Antonio Catone: < Itaque tum si Romae annum aut biennium ad sum- 
mum ac duo volumina mihi octo annos pervestigata de accentricis, 
ut vocant, epicyclis et absidibus, quao in urbe esse iam pridem odoramur; ubi 
enotaverimus nihil erit atque restaverit quod nos a patriis laribus depellat > (ibid. 
lib. Ili, d v). 



22 VITA ED OPERE 

nella Biblioteca Vaticana ; ma non ostante le più diligenti ricerche, 
in cui venni pure aiutato dal dottissimo P. Ehrle, al quale m'è 
grato render qui i più vivi ringraziamenti , non riuscii a scoprir 
nulla : e me ne duole, perchè V esame di quest' opera avrebbe potuto 
darci un' idea chiara e precisa della cultura del Flaminio nella scienza 
astronomica. 

D'un' altra opera ci dà ancora l'indicazione il cod. vat. lat. 3951 
al f. 296, dove si legge: Antonij Flaminij paragraphis (l) in duodeci- 
mum metJmphisice : ma è molto probabile, stavo per dire certo, eh' essa 
non sia del nostro autore, sibbene di Marc' Antonio Flaminio *; e sia 
quella stessa che vide la luce nel 1536 a Venezia col titolo Paraphrasis 
in XII librortim Aristotelis de prima philosophiae. Ad ogni modo 
anche su questo punto non possiam dire l' ultima parola, non essen- 
doci riuscito di rintracciare il codice contenente la « paraphrasis > 
suddetta. Altre cose è probabile abbia ancora scritto il Flaminio , 
se prestiam fede alla lettera più volte citata ad Antonio Catone *, 
durante gli anni in cui insegnò all'Università, ma anche di esse 
non ci rimane traccia alcuna. 



* 
* * 



Ed ora poche parole intorno alla tavola della contenenza del 
ms., ed al metodo seguito nella pubblicazione delle poesie. Nella 
tavola abbiam creduto bene di dare non solo il titolo, ma ancora il 
primo verso d' ogni carme, emendato d'ogni errore ortografico, con- 
trassegnando con un asterisco quelli che constano di un solo distico, 
e soggiungendo per quelli da noi pubblicati il numero, eh' essi hanno 
nella nostra pubblicazione. Diamo poi in nota alcune spiegazioni re- 
lative a' personaggi, cui sono indirizzate le poesie, quando non sia 
facile arguirle dal semplice titolo delle poesie medesime; ed indi- 
chiamo pure le correzioni, le rasure o le cancellature de' titoli. 

Perciò che riguarda la trascrizione avvertiamo che abbiamo 
sostituito la V alla u consonante, sciolti i nessi e le abbreviature, 
sostituito il dittongo oe od ae secondo il caso alla e: non abbiam 

* latorno a questo autore cf. lo studio del prof. Krcole Cuccoli , Marc' Antonio 
Flaminio f Bologna, 1897. 
2 Cf. p. 12, nota 4. 



DI ANTONIO FLAMINIO. 23 

tenuto conto delle maiuscole, seguendo in ciò l'ortografia moderna; 
ed abbiamo finalmente corretta la punteggiatura antica, dove ordi- 
nariamente i due punti stanno per la virgola od il punto e virgola, 
ed il punto fermo per i due punti oppure per il punto fermo. Nel 
resto abbiam seguito la grafia del codice. 



II. 

Tavola dell' autografo flamìnìano. 

1 (f. 1). Nolano pontifici Acaderaiae Roraanae praefecto *. Inc. Quo 
libi laurigeris compiei pietà atria ceris. 

*2 (ibid.). Functus Corae magistrata insignia relinquit ex consuetudine. 
Inc. Iraperii mos signa petit, raelioraque nostri. 

*3 (ibid.). lulio Tacito patricio Romano Musarum lumini *. Inc. Alma 
Ceres fecit, Pilumnus munera finxit. 

*4 (ibid.). Lympha lustralis. Inc. Neu pia tabificae furiant in viscera 
pestes. 

5 (f. l""). Marci criminatio quod amici Consilio ^ flammis insurgen- 
tibus non obstiterit. Inc. Aversum toties consulti pectora vatis. 

6 (f. 2). Marcello suo. Inc. Caerula nimbiferis dum sunt obnoxia 
cauris. 

7 (ibid.). lulio suo Tacito patricio Romano Musarum deliciis *. Inc. 
luli, Romulidum specimen, quo sospite priscos (carm. I). 

8 (f. 2"^). Alcibiadi | j! patricio Romano Musarum decori ^. Inc. Quum 
te, Alcibiades, aequent tot munera caelo. 

* Le prime parole < Nolano Pontifici » son cancellate con tratti di penna oriz- 
zontali. Il personaggio, cui è dedicata la poesia, è Orlando Orsini creato vescovo di 
Nola il 15 Dicenobre 1475, nominato preside del r Università di Roma nel 1495 e morto 
nei 1505 (cf. oltre al Renazzi , op. cit., voi. II, p. 205 ed al Burchardi Diarìum, ed. 
Thuasne, I, p. 510; II, p. 112 e pàssim; ili, pp. 3. 193 e passim; Ughelli, Italia sacra, 
od. cit, voi. VI, col. 200). 

* Tutto il titolo, tranne la prima parola, è molto oraso. 
^ Lo parole amici Consilio son cancellate. 

* Tutto il titolo, eccetto lulio, è eraso. 

^ Tranne la prima parola, tutto il titolo è eraso. 



24 TAVOLA dell'autografo FLAMINIANO. 

*9 (ibid.). Caesaris caput. Ino. Quera spoetare cupis domiturn miratus 
et orbem. 

*10 (ibid.). Inundationis signum. Inc. Ripam indignatus, nivibus turae- 
factus et imbri. 

* 11 (ibid.). Ili i Taci torura aedes inundante Tibri cinctae. Inc. Clara domus 
felix semper, nunc insula, sedes. 

*12 (f. 3). Amici epitaphium. Inc. Christophorus virtute gravis, spe- 
ctatus et arriiis. 

13 (ibid.). Mariano A.... patricio Romano *. Inc. Italiae, Mariane, 
decus, spes ampia Quiritum. 

14 (ibid;). In sacrosanctae Crucis titulum. Inc. Certa salutiferi cernis 
monumenta triumphi (carm. II). 

15 (f. 3"^). Personatus loquitur. Inc. Nostra Dionaeis pascuntur viscera 
flammis (carm. III). 

16 (ibid.). Ad cardinalem * ||||. Inc. Victurae laudes et summi prin- 
cipis artes. 

17 (ibid). Ad cardinalem Ursinum ^ Inc. Antiqui splendor Latii, spes, 
gloria, numen. 

18 (f. 4). Ad vatem qui sacra canit. Inc. Quum bene sacra canis 
creperum committere Martem. 

*19 (f. 4""). Venator. Inc. Spumantem seu frangit equo, seu conficit 
aprum. 

20 (ibid.). Odorata pulvis, munus Tacito Paulo. Inc. Quos spirat dum 
fata novat Phoebeùs odores (carm. IV). 

21 (ibid.). Aequum iudicem sacerdotes s. Petri munorant. Inc. Lar- 
gifluos aperis fontes et mistyca legum. 

22 (f. 5). De Cluvieno. hic. Conto fulmineum traiectum diximus 
aprum. 

23 (f. 5"^). Pyrrho *. Inc. Aeneadum stirps alta ducum, quem sanguine 
Mavors. 

24 (ibid.). Villa. Inc. Dulcis Hamadriadum sedes et amoena sororum. 

25 (ibid.). Tacito lulio de temporis iniuria *'. Inc. Ignibus aethereus 
rapidis incanduit axis. 



^ La prima parola soltanto non ò orasa. 

' li nomo del Cardinale è eraso; od era forse quello del card, di s. Giorgio, 
Raffaele Riario. Intorno al qnale cf. Ciacconio, Vìtae Pontificumf Romae, 1677, III, 
col. 70-76; Pastor, loc. ci(., p. 95 e passim). 

^ Il nome « Ursinum » è molto eraso ed alquanto cancellato. Intorno a questo 
cardinale rinchiuso e morto in Castel s. Angelo sotto Alessandro VI cf. Ciacconio, op. 
cit., voi. Ili, col. 85-80; Tastor, loc. cit., p. 181 e passim. 

* Il nome Pynho è in rasura, dove si può leggere a stento M. Fausto. 

^ Il nome Tacito lidio è in rasura: Tacito fu di bel nuovo cancellato 



TAVOLA DELL AUTOGRAFO FLAMlNIANO. 25 

26 (f. 6). Fabii eulogiura. Inc. Mente catus celeri, generosis efife - 
rus armis. 

27 (ibid.). Tacito Flavio *. Inc. Maturarli teneris laudem quis cre- 
deret annis. 

*28 (f. G"), Haedi xenium. Inc. Ubera siccabant foetus tibi piena 
capellae. 

29 (ibid.). Pyrrho. Inc. Gloria Pieridum Musis pete sidera, Pyrrhe. 

30 (ibid.). Tacito Paulo Musarura gloriae *. Inc. Phryxeo xenium 
ditior haedulus. 

*31 (ibid.). Celso. Inc. Gelse, feros equites, et duri praelia Martis. 

32 (f. 7). Tacito Paulo. Inc. Dardanidum spes fida patrura, qui Per- 
gaina solus. 

33 (f. 7^). Pyrrho ^ Inc. Nobiscura patriae casus indignaris acerbos 
(p. 17). 

34 (ibid.). In foribus novo hospiti. Inc. Damnans Menalidos scele- 
rata pericula mensae. 

*35 (ibid.). Stesichori palinodia. Inc. Ule fuit rumor vanus nec Tyn- 
daris altis. 

36 (ibid.). Gatilinae Marcello eulogiura. Inc. Priscorum, Marcelle, 
dolor, decus, aura Quiritum. 

37 (f. 8). Albio Vati. Inc. Hactenus aeterno numquam cessure Maroni. 

38 (f. 8""). Ad cardinalem S. Georgii *. Inc. Musa, verecundo claros 
tetigisse penates. 

39 (f. 9). In Musarura sacris nonnisi bonos rite versari. Inc. Ce- 
cropiis quicumque sacris iuratus amoeni. 

40 (f. 9""). Porcio Hieronymo ^. Inc. Longo romuleos comples qui 
sanguine fastos. 

*4I (ibid.). Visens sanctae Virginis aedem primis tenebris amici gar- 
rulitate detinetur. Inc. Parce, precor, fando castis occurrere rebus. 

42 (f. 10). Sancto Hieronymo Carmen saeculare. Inc. Maior immenso 
meritis Olympo. 

43 (f. 10"). Mox eidem. Inc. Dum mea Pipleis sanctos operatur 
ad ignes. 

*44 (f. 11). Sancto Antonio. Inc. Da pater aetereis, Antoni, nomen 
ab oris. 

* la rasura: del titolo primitivo si veggono le traccio di M. Fausto. 

' Il nomo Pyrrho è in rasura, come sopra. 

^ Le parole musarum gloriae erase. 

^ Il titolo del cardinale è eraso. 

s È questi Girolamo Porcaro, d'origine romana, vescovo d'Adria, uditor di rota 
e castellano di Cesena (cf. Ughelli, op. cit, voi. VII, col. 932; Burchardi Diarium, 
voi. II, p. 63 e pa.<;sim,* voi. Ili, p. 132 e passim). 



26 TAVOLA dell'autografo flaminiano. 

45 (ibid.). Ad Leatulura. Inc. Augusturn terris si saecula nostra 
tulissent. 

46 (ibid.). Imprecatio. Inc. Nulla quies fesso, non utilis unda, Lyaeus 
(carm. V). 

47 (f. ir). De Tigello. Inc. Quum matutina pinguis mihi fronte 
Tigellus. 

48 (f. 12). Agapito apotheosis. Inc. Ignea qui raris accendens mo- 
ribus basta. 

49 (ibid.). Ascanii quum cytharae novam formam excogitasset laudatio. 
Inc. Prisca trium passim memorant spectacula rerum. 

50 (f. 12""). Post peractam Amphitruonem. Inc. Vos istec excipite 
quae in rem vostram sient (carm. VI). 

51 (f. 13). Eusebio cardinali ^ Inc. Vecta per audaces tenui fert mur- 
mure versus. 

*52 (f. 14). Consilium. Inc. Me duce frugiferae tuto iace semina terrae. 
53 (ibid.). Patronus litigantes allicit. Inc. Aequus Apollineo miles qui 
pulvere certas. 

*54 (ibid.). Idem. Inc. Tuta licet capias fluctu iactate forensi. 

55 (ibid.). Duo patroni ad reos. Inc. Causarum scitus, sancti iustis- 
simus aequi. 

56 (f. 14"). Rusticatus monitu nubis suos ad urbem solicitat. Inc. 
Rara pruinoso glomerantur veliera caelo. 

57 (ibid.). Saldoni jsuo. Inc. Quoi sacra dat rarum Saldo constantia 
nomen. 

58 (f. 15). Febris Pamphili. Inc. Ardor inaccessas tentasti, perfide, 
venas. 

59 (ibid.). Personatus candelas venditat. Inc. Caeca cupidineis, quos 
obruit umbra tenebris. 

60 (f. 15""). De llll Mio. Inc. Quot tenebris fati inclementia mei'sit 
avari. 

*61 (ibid.). Tre epigrammi col titolo Confector. Il primo com. Spi- 
cula lunato stringit gortynia nervo. 

*62 (f. 16). Apollinis signum. Inc. Nervo Hecata beletes, pharetraque 
insignis et auro. 

*63 (ibid.). Tonstrina. Inc. Foecunda auricomus fruticetur origine 
crinis. 

* 64 (ibid.). Futurus Pontifex Maximus. Inc. lam caput in roseo sacrum 
radiatur honore. 



* II nomo è evidcntemento fittizio perchè al tempo del Flaminio non vi fu alcun 
cardinale di tal nome. Qual cardinale adunque si nasconde sotto il nome di Eusebio 
non ci consta, ma opiniamo che sia il Riario il quale fu mecenate del poeta. 



TAVOLA dell'autografo flaminiano. 27 

65 (ibid.). Due poesie col titolo Astrologo. La prima com. Am- 
phractus rimate poli, dubiumque vagantur. 

66 (f. 16''). Marcello. Inc. Lumina Romuleae, spes ac certissima gentis. 

67 (ibid.). Pontifici. Inc. Praeradiat rutilos dura Titan aureus ignes. 

68 (ibid.). Due carmi col titolo De pica inepto. Il primo com. 
Insulsus ca... ecce pica cartham. 

69 (ibid.) Sacrosancta virgo Maria cura insita culpa non nascitur; 
et de libro Herediae Pauli. Inc. Diva, salutifero colimus data pignora partu 
(carm. VII). 

70 (f. IT'). Ensis Pauli argumentum. Inc. Auspiciis pubes raelioribus 
acta parentis. 

71 (f. 19''). Tacito Paulo. Inc. Paule, magnanimi nitor senatus. 

72 (f. 20). Pliniis Comum statuas ponit. Inc. Alma parens Comum 
generosa prole s«perbit (carm. Vili). 

73 (ibid.). Non dolendum bono poetae quod malus ei carminum quos- 
dam libros surripuit. Inc. Neu sacrum tangat pectus, violare sinistra. 

74 (ibid.). Nolano pontifici numini suo *. Inc. Capripedes quondam 
salebroso Carmine Fauni. 

75 (f. 21). De crine delibuto. Inc. Mollia quid nitidos vitiant follata 
capillos (carm. IX). 

76 (ibid.). De Taciti * lulii febri. Inc. Quid, dea, Pierium torres quid 
fervida corpus? 

77 (f. 2V). De Alpheni musica. Inc. Amnis, avis, pecudes, pastor, 
fera, robora, cautes. 

78 (f. 22). Aurelii epitaphium \ Inc. Aurelius, quem sanguis, Charites. 

79 (ibid.). De invido qui vatibus * non bene optabat. Inc. Te caput 
infandum pellat mare, flamina, tellus (p. 20, nota 5). 

80 (ibid.). Bellum Ursinum. Inc. Parrhasias iara saeva arces petit 
ira Tonantis ^. 

81 (ibid.). De pace ^. Inc. Tranquillae nobis tribuis quod rannera pacis. 

82 (f. 22"^). Sanctae Virgini Dei Genitrici votum. Inc. Terrarum cae- 
lique salus et gloria, Virgo (carm. X). 

83 (f. 23). Curius praefectus cohorti, noctu per insidias caesus, in 



* Moiis. Orlando Orsini. Accanto al titolo surriferito si trova Acadeiniae romanae 
praeside del pari che il primo titolo cancellato. Segue quindi il titolo seguente: Aca" 
demiae praefecto. 

* Il voc. Taciti è cancellato. 
^ Non è in versi. 

* Vatibus in rasura. 

* Tutto il verso è in rasura. 

* In lode di Alessandro VI e di Cesare Borgia. 



9ft^ TAVOLA dell'autografo FLAMINIANO. 



■*■»- 



Tyberim deiicitur. Inc. Curia progeaies , divura genus , aspera Martis 
(carm. XI). 

84 (f. 23). lovis ira. Inc. Qui potui deciìnis trucis undis Enaosigaei. 

*85 (ibid.). Vates faetus causi dicus sperai reditum ad Musas. /ne. Me 
fora si rabulis miscent, habet arder avaro. 

86 (f. 23''). Eiusdem Curii casus: eius gentis t$urus erat insignia. 
Inc. Non proavi, non forma mihi rerumque potestas (carm. XII). 
• '• ^87 (f. 24). Amico qui florera dedit. /ne. Nunc tua sed varios messis 
quae mittit odores. 

* 88 (ibid). Due epigrammi col titolo Litterae. Il primo com. Ae- 
ternae decoris custodes, pignora Cadmi. 

* 89 (ibid.). Ursa *. Inc. Non modo stellanti virgo mìcat aurea caelo. 
&0 (ibìd.). Praefecto urbis *. Inc. Rerum certa salus Christi qui sacra 
Tonantis. 

. 91 (f. 24"^). Inundatio Tyberis. Inc. Tybri pater glauca frontem velate 

* - 

corona (carm. XII). 

*92 (f. 24''). Apollo ad Flaminium redit. Inc. lam sua acersocomes 
Smmthéus oracula visit. 

• *-93 (ibid.). Tacito Paulo. Inc. Si tua securae parerent, Paulo, Vacunae. 

94 (ibid.). De ludo. Inc. Ingenuus poterit rugosas tergere curas. 
.95 (f.*25). De Plauti Aulularia Tacito Paulo. Inc. Dives erat cu- 
pidis fulvum quae condidit aurum (carm. XIV). 

96 (ibid.). Innocentii tumbae inscriptio et artiflcis laus. Inc. Aere, 
auro spirant, argento et marmore vultus. 

97 (ibid.). Ursa ^ Inc. Aeternum fiammata suìs rubet ursa sub astris. 
9S{2S'). Artifices fratres eodem tumulo. Inc. Ars, genus et virtus, 

astri quos bora benigni. 

. 99 (ibid.). Mendosae Lasso Garsiae * Hispani regis oratori. Inc. Heroas 
mirata canit, quos alta vetustas. 

*100 (f. 26). In sacrae aquae fontem. Inc. Perlue rorali nunc tetra 
piàcula lympha. 

* Piima stava scritto Ursinorum laudatio Nolano pontifici. Questo titolo fu 
quindi cancellato e sostituito col surriferito. Il distico è in lode di Mons. Orlando 
Orsini. 

' Giovanni della Rovere. 

^ Il poeta prima aveva scritto: Ursinoì'um laudatio Nolano Pontifici che can- 
cellò e sostitni col titolo surriferito. 

** Garsiae è eraso. Di Lasso Garcias ambasciator di Spagna presso la s. Sede parla 
più volte il Burcardo {Diarium, voi. II, pp. 274. 278. 279. 290. 421. 429. 525). Egli però 
omette sempre il cognome Mendosa, del qual cognome ricorda soltanto i sei perso- 
naggi seguenti: 1° Diego Ilurtado, patriarca d'Alessandria, arcivescovo di Siviglia, e 
cardinale prete del titolo di s. Sabina (voi. I, p. 169; lì, 386; III, 57. 77. 69. 82. 
199. 332. 333. 446); 2° Fernand y Talavera, vesc. d'Avila (voi. I, p. 555); 3° Inigo 



TAVOLA Dell'autografò flaminiano. 89 

* 101 (ibid.)« Appositura Raphaélis imagini prò cardinali Senensi: Inc. 
Arte potens medica florentes principis artus. 

102 (f. 26"). Ad Cardinalem *. /ne. Bissenos solitus divos .audir^ 
senatus. 

103 (ibid.). Ad cardinalem s. Georgii *. Inc. Quem sua Maecenas 
aeternat gloria princeps. 

104 (f. 27). Varia artiflcis laus et virtus. Inc. Accepit non unus opes, 
quas luppiter uni. 

105 (f. 27^). Antoniae casti tas ^ Inc. Aeneadas specta.<5se fuit te, 
Antonia, matres. 

*106 (ibid.). De Lucretiana lectione. Inc. Cuius erat quondam sale- 
brosa Camoena, Lucretì (p. 13, in nota). 

*107 (f. 28). Lustralis aquae fons. Inc. Te mala pallenti neu dent 
contagia diti. 

*108 (ibid.). De longo scabioso ariete paedagogorum. /ne. Bàlantes 
scabidus duxit si quando maritus. 

* 109 (ibid.). ApoUinis mora. Inc. Blanda Panomphaeo ne concidat agna 
Tonanti. 

*110 (ibid.). Quattro distici col di'telo Ut stella quae duxit magos car- 
dinalem efficiat pontificem maximum. Il primo com. Stella precor ducibus 
tunc praevius ignis. 

*111 (f. 28"). Somni imago Tacito Paulo. Inc. Blanda soporiferum 
ni fundant cornua rorem. 

*112 (ibid.). De llll nuptiis ad Parcas. Inc. Servatis quae fata notis ada- 
mante severis. 

*113 (ibid.). Apollinis reditus. /ne. Tota Panomphaeo iara cadat agna 
Tonanti. 

*114 (ibid.). Il I lulio quod ominsi Apollinem non tangunt. Inc. Ecquid 
faticanum consternant emina Phoebum. 

"^115 (f. 29). Pro Tacito * lulió seteria. Carna fave, Charites, Sais, 
Cypri, Phoebe, Sorores. 

*116 (ibid.). Improbitas febris quod Phoebum tentare audeat |il| Tulio. 
Inc. Ah sacros, medicosque ferox dea sustinet artus. 



Lopez, vesc. di Coria (voi. Ili, p. 324); 49 Inigo Lopez, conte di Tendella , vice re 
di Granata (voi. I, p. 210 e passim; li, pp. 4. 27. 81); 5° Fedro Salazar (voi. H, p. 237); 
6° Fedro Gonzalez, arciv. di Toledo, card, del tit. di s. Croce in Gerusalemme (voi. I, 
pp. 4. 246. 449. 555. 579; II, 25 e passim; III, 3. 36 e passim). 

* Il primitivo titolo, che fu poi cancellato, era Nolano Pontifici suo numini. 
' Il titolo del cardinale è eraso. 

^ Sotto castitas leggesi molto eraso Taciti Pauli seguito da sororvt Ums. 

* Il nomo Tacito è molto eraso. 



30 TAVOLA dell'autografo flaminiano. 

*117 (ibid.). In ingratuin discipulura. Inc. Te fera, te feriat fulmea, 
stellaeque minaces. 

*118 (ibid). Mensa studii. Inc. Fhoebe, cupressiferi tibi filia, docte, 
Cytori. 

*119 (ibid.). Exheredatio. Inc. Quod sua devovit violentus pignora 
Theseus. 

*120 (ibid.). De Scrofa sordido. Inc. Arrilatores quod, sordide Scrofa, 
sequaris. 

121 (f. 29""). De Fabricio. Inc. Livida, spurca fera, ignava, impia, 
perfida, crassa. 

123 (ibid.). De Scrofa qui bracatura Acin sequitur. Inc. Acin amas, 
Acinam potius ranamque tabernae. 

122 (ibid.). Lupo cardinali *. Inc. Martius infesto Romanas pulvere 
turmas. 

124 (f. 30""). Tacito Flavio. Inc. Flavi, gratia lumen, et sororum. 

125 (ibid.). Caesari duci. Inc. Certa deum proles, Caesar dux inclite, 
cuius (carm. XV). 

126 (f. 30^). Tre carmi indirizzati a « Tacito Tulio > (carm. XVI- 
XVIII) *. Il primo com. Tristificas, si fles, geniali carmino flammas. 

127 (f. 31). Cardinali Senensi. Inc. Cynthia fraterno radians ar- 
gentea vultu (carm. XIX). 

*128 (ibid.). Due distici col tìtolo lubilaeus. Il primo com. En tibi 
rauca notant quem cornua, fulserit annus. 

*129 (ibid.). Ad Musas ut l'il Apollinem ornent. Inc. Pegasides vernos 
philyra iam texite flores. 

*130 (f. 3V) Tacito lulio *. Inc. Culta memor luli floret Piplea per 
aevum. 

131 (ibid.). Tre carmi col tìtolo De vate facto trapezita. Il primo 
ine. Pierios sensus caelesti nectare dignos. 

132 (f, 32). Xenium. Inc. Dona bifrons patribus ponebat dulcia lanus. 

133 (ibid.). Cantalyco ^ Inc. Cantalyci Aonios solers pete. Musa, 
penates (carm. XX). 

134 (f. 32^). Caesari duci. Inc. Fata parant placidas rerum tibi, 
Caesar, habenas (carm. XXI). 

135 (ibid.). De Flaminii * poemate ad ducem. Inc. Flaminii aeterno, 
Caesar, fera praelia cantu. 

* È questi Giovanni Lopez di Valenza (cf. Ciacconio, op. cit, voi. Ili, col. 186; 
Pastor, loc. cit, p. 315 e passim). 

* Il nome Tacito è molto eraso. 

' Seguono il titolo surriferito due parole erase e cancellate. 

* Il nome Flaminii sta sopra un primitivo Cantalyci. 



TAVOLA dell'autografo FLAMINIANO. 31 

136 (f. 32). Flaminius Cantalyco respondit. Inc. Iure Aganippei de- 
derunt tibi nomina cantus. 

137 (ibid.). Georgii religiosi monumentum. Ine, Roma deum sedes 
tenuit nos, inclita lumen. 

138 (f. 33"). Camillae balteus. Ine, Aureae redit aureus Camillae. 

139 (ibid.). Ursa ^ Ine, Flammea palladio quae cingitur ursa dracene. 

140 (f. 34). De Adriani poemate. Ine, Sacra modos, Adriane, tuos 
bibit aure corona. 

141 (ibid.). Prosperi monumentum. Ine, Romulidas toties proprio 
sanguine Mavors. 

*142 (ibid.). Magdalenae monumentum. Ine, Casta viri cineres servans 
mortalia tempsi. 

*143 (f. 34'-35''). Dodiei disliei eoi titolo Ceras rhinoceros xe- 
nium. Il primo eom. Perfida qui prodit mensis aconita dicamus. 

*144 (f. 35^. Xantho. Ine, Auratam dat, Xanthe, chelyn quei Delius, 
afflant. 

*145 (ibid.). Ex aetrusco Carmine. Ine, Flaminius Musis, ingens dux 
fulgurat armis (carm. XXII). 

*146 (ibid.). De Paridis imagine. Ine. Quod superis heu, dire, paras 
imisque labores. 

*147 (ibid.). Pio Pontifici Maximo: eius tabella virtutibus comitata 
xenium. Ine, Virtutum stipate choro, Pie maxime, templis (carm. XXIII). 

*148 (ibid.). Personatus vinctus ad dominam. Ine. Incipe, diva, precor 
saevas extinguere flammas. 

*149 (ibid.) De se. Ine. Dalmata Flaminium campanis mater in oris 
(p. 9, nota 1). 

150 (f. 36). Sette epigrammi in lode di Pio III. Il primo eom* 
Proh, divi, servate Pium qui numine terras (carm. XXIV). 

151 (f. 36'). De astrologiae libro. Ine, Te duce sidereos fas est pe- 
netrare recessus (carm. XXVIII). 

152 (f. 36"). Sei eamii ' in lode di Pio III, Il primo eom. Si 
nostrae movere preces pia numina membris (carm. XXIX). 

153 (f. 37''). lulio Pontifici Maximo. Ine, Igni, ferro totum et san- 
guine lulius orbe (carm. XXXI). 

154 (f. 38). Pictor ad cardinalem s. Georgii * in cuius aedibus pictu- 
ram didicit. Ine, Noster Apellea si quid micat arder in arte (carm. XXXII). 



* Il titolo primi tivo i>oscìa cancellato era: Ursinoì'um laus. Anche questi versi 
sono in lode di Orlando Orsini. 

^ Tranne il terzo ed il settimo, constano di un solo distico. 
^ I quattro ultimi constano di un solo dìstico. 

* Il titolo s. Georgii è cancellato. 



32 TAVOLA deli/ AUTOGRAFO FLAMINIANO. 

*155 (f. 38-40). Ventotio distici col titolo lulio Pont. Max. Il primo 
com. Nullus erit tandem, scelerìs quem vincula nectant (carm. XXXIII). 
156 (f. 40""). Eidem. Inc. Nilus Alexandri, Babylon et Peras Hy- 
daspes (carm. XXXVI). 

*157 (f. 40'). Xantho. Inc. Xante, sub Aonio tibi iam libethrìdes 
antro. 

158 (ibid.). Pictor ad cardinalem s. Georgii *, in cuius aedibus pictu- 
ram didicit. Inc. Mi peperit decus ostro quae flammatur et auro. 

159 (f. 41). Cinque distici in lode di Giulio II col titolo Quercus. 
Il primo com, Aetas unde cibum perceperit aurea, pendent. 

160 (f. 4r). Ad Sponsara. Inc. Si te pulchra Venus, Charites et 
Musa venustat (carm. XXXVII). 

*161 (f. 41'). Tre distici in lode di Giulio II col titolo lulio Pont. 
Max. Il primo com. Ante fames, tenebrae. discordia, bella, tyrannis. 

162 (f. 42). ladrensi Pontifici *. Inc. Donec ab aetherea quercumodu- 
leris Apollo. 

163 (ibid.). Auri flator flandi munus a cardinale petit. Inc. Ut mea 
perpetuo quercum manus exprimat auro (carm. XXXVIII). 

*164 (ibid.). De presbytero Bacche ^ Inc. Quod ficus madidus, quod 
perfidus arsenocaetes. 

165 (f. 42'). Adrianae arci praefecto *. Inc. Quum te tot cumulent 
dotes, clarissime princeps. 

*166 (f. 43). Due epigrammi col titolo Lapis rotundus .colorum 
omnium in ruinis Romae inventus. Il primo com. Omniparens nusquam 
naturae efTudit habenas (carm. XXXIX). 

*167 (f. 43). Quattro distici col titolo Baculus eburnus lulio Pont. 
Max. xenium. Il primo com. Moesta diu iacuit tenebris et carcere, luli. 

* 168 (ibid.). Canis. Inc. Erro canis laribus, niveae sine crimine numen. 

*169 (f. 43^^). Sei epigrammi col titolo Vox vulgaris. /i primo com. 
Aut nihil, aut Caesar dicens urgetur utroque. 

170 (f. 44). Tre carmi col titolo In Ganiraedis imaginem. llpriìno 
com. Phoebus, Mercurius cunctis me dotibus auctant. 



* Le parole s. Georgii son cancellate. 

* La poesia rimase incompleta probabilmente in causa della morte del perso- 
naggio, cui era dedicata. Chi sia però questo personaggio non sappiamo, perchè tre 
arcivescovi si succedettero a Zara in breve, lasso di tempo: e questi sono: Giovanni III, 
Robellb, Alessandro e Giovanni Cipico (cf. Gams, Series episcoporum, p. 426). 

^ Quest'epigramma contro Giulio II fu aggiunto dal Flaminio nello spazio ri- 
masto vuoto dopo che già era stato scrìtto il f. 56 del nostro cod. 

* Francesco Maria Vigerlo, vescovo siifFraganeo di Bologna, prefetto della molo 
Adriana e nel 1505 cardinale del tit. di S. Maria in Trastevere (cf. UghoUi, li, 876 sg.). 



TAVOLA dell'autografo flaminiano. 33 

*171 (ibid.). Maminius Tacito respondit. Inc. Flaminio Tacito num- 
quid continget amore. 

*172 (ibid.). In Ganimedis imaginem. Inc. Ista lovis nutu processit 
gloria divis. 

173 (f. 44^). Cardinali Columnensi. Inc. Aeterno generosa minans ada- 
mante colurana (carm. XLI). 

*174 (f. 45). Quattro distici col titolo Libra insignia cardìnalis Nea- 
politani: eius inscriptio: hoc fac et vive. Il primo com, Aethereae quis- 
quis librae momenta sequaris. 

*175 (ibid.). lulio Pont. Max. Inc. Cum love qui terras et divus tem- 
perat astra. 

176 (f. 45^). Repertum in vetusto marraore. D. M. Inc. Quae tibi 
cumque mei potuerunt pignora amoris (C. I. L., Roma, VI, 28810). 

177 (ibid.). Flaminii responsio. D. M. Inc. Mei grata est pietas, patriei 
monumenta doloris. 

*178 (f. 45^). Quattro distici col titolo Insignia Card. Neapolitani. 
Il primo com. Carraphae generosa vides insignia gentis. 

*179 (f. 46). Quattro epigrammi col titolo Equi duo in ludis con- 
fligentes pereunt. Il primo com. Vis bellatores, et qualem Phillira sensit. 

180 (f. 46'). Ad card. s. Georgii de imagine fortunae atque pruden- 
tiae. Inc. Quae faveas fortuna tuis, clarissime princeps. 

181 (ibid.). Virtutis imago sub fortunae pedibus ro.sam attoUentis. 
Inc. Numine cuncta meo pendebant nostraque quondam (carm. XLII). 

182 (f. 47). Due canni col titolo Speculura xenium. Il primo com. 
Hoc paphiae toties, Charitumque gloria formae. 

*183 (ibid.). Rosae suavitas *. Inc. Omnia divino tandem complebit 
odore. 

184 (f. 47"). Pictoris xenium ad cardinalem *. Inc. Artifices aluit 
digitos rosa Cypria nostros (carm. XLIII). 

*185 (f. 47"^). Quattro distici col titolo Causa ruboris rosae *. Il primo 
com. Dum ferus ah teneros cupidus temeraret araores. 

*186 (f. 48). Cinque distici col titolo Speculum. Il primo com. Quot 
nitor effingit vitreus, formosior exit. 

187 (f. 48''). Academiae Romanae novo praefecto *. Inc. Argolicae 
quicquid iuris sanxere tabellae. 

*188 (f. 48""). De magistro porcone. hic. lara pinguis, foeda tennis 
qui cesserat urbe. 



* In lode del card. Raffaele Riario. 

• Domenico lacovacci de' Faceschi, nominato coadiutore di Rota addì 7 Gen- 
naio 1493, e rettore dell'Università di Roma nel 1505 (cf. Durchardi Diarium, voi. II, 
p. 32, e passim; Renazzi, op. cit., voi. IT, p. 205) 



34 TAVOLA dell'autografo flaminiano. 

*189 (f. 49). Rosa*. Ine, Purpureo niveos accendit diva cruore. 
*190 (f. ibid.). Quercus *. Ine, Saturni quondam, quercus nunc lulia 
nutrit. 

191 (ibid.). Puer canit in nuptiis. Ine, Unanimes cuncti dulces secte- 
raur amores. 

192 (ibid.). De motu terrae. Ine, Anguipes aeternura cuneus tentavit 
Olympum. 

* 193 (f. 49^). Pictor cardinali *. Ine, Nostra tuis virtus templis quae 
ponit honores. 

194 (ibid.). Felici lulii pontiflcis maximi filiae pictor Palladis for- 
mam defert. Ine, Te tibi deferimus, faveas, Tritonia virgo (carm. XLIV). 

*195 (f. 50). Cinque epigrammi eoi iilolo De Philoctete. Inc. Gru ra 
Philoctetis liventi vipera morsu. 

196 (f. 50"). De Felicis eiusdem nuptiis ad eandem. Ine, Alma Venus 
stabiles zona coniungere thàedas (carra. LXV). 

*197 (f. 51-52). Sedici epigrammi, lutti, tranne il quarto, composti 
d'un sol distico col titolo Severi Marcelli monumentum ^ Il primo com. 
Severus raptus Marceli us principe vixi. 

*198 (f. 51). De Cybele. Ine. Sacra, deum monitu repetuntur Din- 
dyma, regnet. 

*199 (f. 52). Horologium. Inc. Hora volans grave quaerit opus, mor- 
talia caelum. 

*200 (f. 52"). Venetorum Victoria de Gallis. Inc. Bmcatos gelidas 
Venetum fugat acer ad Alpes (carra. XLVI). 

*201 (f. 52'). De figura continente duos isopleuros. Inc. Communis 
gemino radii quae clauditur orbe. 

*202 (ibid.). Magnus vir non temnit versus si puer male scripserit. 
Inc. Ecquid Pieridura fastides munera, lapsu. 

203 (ibid.). Imago temporis. Ine, Armata vastat tempus raortalia destra. 

*204 (f. 53). Immortali viro tenendum vulgus. Ine, Sordida te cape- 
rent brutae si taedia turbae. 

*205 (ibid.). Tre epigrammi col titolo De Scarampo ut supra. Inc. 
Marcello * fratres terram iniecere Severo. 

206 (ibid.). De ventrone qui verbere pinguescit. Inc. Bacchi dira 
lues, alienae horrenda culinae. 



' In lode del card. Raffaele Riario. 

• In lode di Giulio II. 

^ In luogo di Marcelli stava scritto prima Renaldi, che anche nelle poesie fu 
sostituito con Marcello. 

* II poeta aveva prima scritto Renaldo. 



TAVOLA deli/ AUTOGRAFO FLAMINIANO. 35 

*207 (f. 53'). De iuvene imperiura romanum instaurare cupiente. 
Inc. Quid patriae veteres arabis reparare secures. 

*208 (ibid.). Fabii raonuraentum. Inc. Moesta parens saevum nunquara 
solata dolorera. 

*209 (ibid.). Quare leonis statua prò foribus templorura. Inc. Luce 
solens patula blandos leo carpere somnos. 

*210 (ibid.). De Ruga qui theologiam canit. Inc. Non Martera, non 
fui*ta sonas, sed dogmata Christi. 

*211 (ibid.). Marcelli* monuraentum. Inc. Marcelli sanctis hic fra- 
trum tristior umbris. 

*212 (f. 54). Nove distici col titolo Venetorum Victoria de Teuto- 
nibus. Il primo com. Perfida Teutonico rabies accensa furore (carm. XLVII). 

*213 (f. 54"). De Pauli navigatone. Inc. Festa dies tandem nobis 
et candida fulsit. 

*214 (ibid.). De Philoctete ut supra. Inc. Nat liquidum dum tuta 
suis avis aethera pennis. 

*215 (f. 55). De Pauli Carmine per Martem facto. Inc. Paule, tibi 
Cipris et cantant numina ponti. 

*216 (f. 55). De hominum quisquiliis, et bipedum nequissimis atque 
spurcissimis. Inc. Cur asinos docui, cur mistica sacra retexi. 

*217 (ibid.). Causa quare rosa subrubet *. Inc. Subrubuit teneros pueri 
quum plecteret artus. 

*218 (ibid.). Herculis monumenta in Italia. Inc. Antonii Herculeos 
servant Fabiique labores. 

*219 (ibid.). De Cupidinis statuis in fontibus. Inc. Ad fontis tenerum 
liquidos qui flnxit amorem. 

220 (f. 55"). Ad Phoenicem. Inc. Adsis, diva, precor, nam sic raihi 
numina destra (carm. XLIX). 

*22l (f. 55"^). De magistro ventrono ebrio. Inc. Siccando vomuit quod 
te natura trienti. 

*222 (ibid.). De discipulis ingratis. Inc. Quisquilias bipedum furient 
mala pignora noctis. 

*223 (ibid.). Rufi monumentum. Inc. Clarus avis, virtute potens, sub- 
latus iniquo. 

*224 (f. 56). De Lucretiana lectione. Inc. Candida quae latuit sublimis 
Musa Lucreti (p. 13, in nota). 

*225 (f. 56). Due distici col (itolo De ferrea etf lulia quercu *. // 
primo com. Ferrea quae duro nutricem dente secabat. 



* III luogo di Marcelli stava prima scritto Scarampi. 

* In lode di Giulio li. 



36 TAVOLA dell' AUTOGRAFO FLAMINIANO. 

226 (ibid.). Divae Phoenici; de eius adventu. Inc. Omnia, diva, tuo 
laetantur lumine; moesla (carm. L). 

227 (f, 56"^). De magistris ventrone et porcone animalium omnium 
spurcissimis. Inc. Porco ventroni, porcini ventro mariscas. 

*228 (ibid.), De Teutonihus. Inc. Barbarus ingentis succumbit Marte 
leonis. 

229 (ibid.). Leo est domus stellarum regionis, quomodo senatus Ve- 
netus est domus imperii totius orbis. Inc. Aureus aethereos qui regnat 
Phoebus in ignes (carm. LI). 

230 (f. 57). Omnes reges et imperatores Veneto imperio subiici. 
Inc. Induperatores quondam regesque creabat (carm. LII). 

231 (ibid.). Erraret si quis putet Venetos alienis incubare: deque 
Veneti imperii aeternitate. Inc. Consultis, meritis, armìs auroque paravit 
(carm. LUI). 

*232 (f. 57"). Quadro distici col titolo Augustae gentis sepulcrum, 
Ursinorum tabernaculum. A* due primi precede la imbinca: < Poeta loqui- 
tur > ; a' due ultimi < Suburbanum loquitur >. Il pynmo com. Augustos 
cineres servabat, laetioV ursae. 

233 (ibid.). De Brochi magistratu. Inc. Magnanimus sancti revocat 
monumenta senatus. 

* 234 (f. 58). Quattro distici col titolo Ursinum suburbanum. Il primo 
com. Lucus eram Augusti, nunc et qui continet Ursi. 

*235 (ibid.). Intra ebdomada mater et filia puellae moriuntur. Inc. 
Signiferi ternas lustrat dum Cynthia formas. 

*236 (ibid.). De eisdem letargo sublatis ex vicinis sepulcris. Inc. Nata 
parens stupidi pressae torpore letargi. 

*237 (f. 58). Quercus lulia \ Inc. Fas, pietas, candor, vii*tus, saturnia 
quercus. 

*238 (f. 58"). Sapientiam non voluptatem sequendam. Inc. Sidereo 
rediture polo cape sensa Minervae (p. 16, nota 1). 

*239 (ibid.). De presbitero Bacche *. Inc. Tempia ruunt Petri, volitans 
Harpyia per orbem (carm. LIV). 

*240 (ibid.). De eodem vulgi famam aucupante *. /ne. Perpetuo Bac- 
chus, Ikcchus sit tempore vulgo. 

241 (ibid.). Parcae. Inc. Parcae throno candent sublimi, sindone 
tectae. 

242 (ibid.). Laetatur amici studio. Inc. Phoebus laetifico referat si 
tempora vultu (carm. LV). 

*243 (f. 59). Due epigrammi col titolo De presbitero Baccho *. Il primo 
com. Cuncta ca... Bacchus quom presbyter arsenotholes (carm. LVI. LVII). 

* In biasimo di Giulio II. 



TAVOLA dell'autografo flamin/ano. 37 

*244 (ibid.). Due epigrammi col titolo Esse virurn boaurn capitale 
regnante Baccho *. // primo com. Audita Bacchus tollit virtute cachinnum. 

*245 (ibid.). Quercus*. Inc. Quercus alit porcos et flaramas improba, 
signat. 

246 (f. 59). De Frathoinao et presbytero cucca. Inc. Dii male te per- 
dant iam iam Frathomae nefande. 

*247 (ibid.). De magistro cacammarone. /ne. Oedipus Oedippus quod 
stulte, cacaramaro, narras. 

*248 (f. 59'') De Bacche K Inc. Artocopis Bacchus, cauponibus atque 
magi ri s. 

*249 (ibid.). Dice epigrammi col titolo Bacchi quercus *. Il primo 
com. Aligero diffracta lovis pete tartara, quercus. 

*250 (ibid.). De Prospero Pontiflcis Max. ab epistolis. Inc. Temno ego 
nubiferas Hyadas vel triste capellae. 

251 (ibid.). Caesari Duqì. Inc. Omnia ìaeta vigent, cum Caesare lup- 
piter orbem. 

*252 (ibid.). De fonte Viturriae. Inc. Sume salutiferos sacro de fonte 
liquores. 

253 (f. 60). De peste. Inc. Maximus annalem Davum panxisse sacerdos. 

*254 (ibid.). Due distici col titolo Rosa rubore tenui *. Il primo com. 
Casta rosis teneros herois saevit in artus. 

255 (ibid.). Epigramma col titolo Mantuani principis Catella \ Inc. 
Aulai deliciae. 

*256 (ibid.). Aqua lustralis. Inc. Quisquis mente polum tentas et limina 
divuni. 

*257 (f. 60''. 61). Tredici distici col titolo Columna Pompeius arcem 
fundat, urbis insigne cerberus columnae haerens. Il primo com. Invicto 
solidae nitens adamante columna. 

258 (f. 61). Leoni pontifici maxime. Inc. Aligero diffracta lovis pete 
tartara, quercus. 

259 (f. idV). Angelae monumentum. Inc. Angela romani specimen 
rarumque pudoris. 

*260 (ibid.). Gentis Fabiae gloria, ine. Magnanimi Herculeo Fabii gens 
sanguine florens. 

' In biasimo di Giulio IL 

* III lode del card. RafTacle Riario. 

^ Non è in versi. 



III. 



Scelta di poesie. 



I. 

Tulio suo Tacilo palricio Romano Mu^arum deliciis *. 

luli, Romulidum specimen, quo sospite priscos 

Solari cineres inclita Roma potest, 
Quae mihi Pieria tribuis modulatus in umbra 

Cuncta tuo large flumina fonte cadunt. 
Laeta sequi suades, insomnes ponere curas; 

Sed Venus iratas mollis adliorret *) aquas. 
Horrent mansuetas et ferrea saecla sorores; 

Nosque malis onerant publica damna suis. 
Lassa catenatos **) si quicquam Musa labores 

Laxabit, facilis tradita signa feret; 

^ Il titolo, tranne il nome Tulio, è quasi complotamento eraso. Chi si nasconda 
sotto il nome accademico di Mulio Tacito* non sappiamo: certo è però che qui si tratta 
di un patrizio romano, versificatore ed amico del Flaminio. Il nome suo ci fa pensare 
a* due sonetti di Giuliano Perleoni indirizzati appunto ad un Tacito Romano, 
che leggonsi a carte XXX e XXXV dell' incunabolo stampato a Napoli per Aiolfo de 
Cantono da Milano, a di X de tnartio M.CCCC.LXXXII, ed intitolato: « Compendio 
di Sonccti et altre Rimo de varie tcxture, | intitolato | lo Perleone, | racolte tra lo 
opere | anti- | che et moderne del | humile discipolo et imitatore de- | votissimo de* vul- 
gari poeti I Giuliano Perleonio dicto | Rustico Romano, minimo tra | regi i 
cancelleri, et de | presente date in luce, | ad persuasione et | mandato de rillu- | stris- 
sirao suo S. lo I S. Infante Don Federico do Ara- | gonia P. d'Alta- | mura, duca | d'An- 
dri et- I e, et com- | placen- | tia de alcu- | ni amici >. Vero è che in questi sonetti non 
vi è alcun accenno alla nobiltà del personaggio, ma sembra probabile che il 'Tacito' 
del Perleoni sia il ' lulio Tacito' del Flaminio. Intorno al Perleoni cf. E. Peroopo, 
Nuovi documenti su gli scrittori e gli artisti dei tempi aragonesi in Archiv. st. nap.^ 
voi. XIX [1894], p. 757 sgg. 

a) Non ho trovato ne classici alcun esempio di adhorrere in senso attico. Anzi 
una volta sola ed in senso neutro ricorre questo verbo presso Albinovano Pedone nel 
verso Ipse pater flavis Tiberinus adhorruit undis I, 221, dove altri però legge inhorruit. 

l>) Nel iìis. cathenatos. 



SCELTA DI POESIE. 39 

Deliciae, Charites et gaudia blanda sequentur. 
Cecropia incoptum diva secundet iter (f. 2). 



IL 



In sacrosanciae crucis tiiulum 



Certa salutiferi cernis monumenta triumphi, 

Et lacrimis felix ^) immadet ara piis. 
lam canit Ausonia *»), et clarae testantur Athenae ^), 

Lingua deùm, rauco gutture ructat anus % 
Lucet Agenoreis gelido fera *^) vertice nautis 

Cymba, sed hibernum sentit adunca salum. 
Naufraga non referet madida cura veste tabella 

Quisquis in hoc salsas sidere ^) verrit aquas (f. 3). 



IIL 



Personatus loquilur. 

Nostra Dionaeis pascuntur viscera ilammis. 

Et ferus, accensis ossibus, urit amor. 
Ora vel exanguis deformat tristia pallor, 

Purpura nec teneras pingit ut ante genas. 
Nec mihi grata Ceres, capiunt nec laeta Lyaei «) 

Munera, nec somnus lumina moesta fovet. 
Dat laetum cupido vultu tuus ignis honorem, 

Tuque Ceres, Liber, tu mihi grata quies (f. 3"^). 



^ Die argomonto a questo carme la scoperta del titolo della croce fattasi in 
Roma il 30 Gennaio 1492 (cf. Sigismondo dei Conti, Storie de* suoi tempi, Roma, 1883, 
voi. I, p. 375). 

») Nel ms, foelix. 

b) Glossa latina lingua. 

e) Glos. graeca lingua. 

^) Glos. hebraea. 

e) Glos. urea. 

f) Glos. titulo crucis. 
K) Nel ms, liei. 



40 SCELTA DI POESIE. 

IV. 

Odorala pulvis munus Tacito Paulo *. 

Quos spirai dum fala novat Phoebeus odores 

Ales *'), quos Syriae rura benigna ferunt: 
Rura coloratis messis quod mittit ab Indis; 

Quod non maturo rorat ab axe die; 
Prataque quod vernis ridentia floribus halant, 

Arbor odoratas quas lacrimatur opes; 
Cuncta simul nostrum fragrai tibi munus; et oro 

Si qua iument residente lurida scabra nitent. 
Fumicai et redolens ^), posila rubigine, iersum 

Deniis orontea pulvere candet ebur (f. 4^). 

V. 

Imprecatio. 

Nulla quies fesso, non utilis unda, Lyaeus 

Officiai, flatus lenis et aura negei; 
Vexeni flammiferae noctis mala semina diriie, 

Frigidus incepiura frangai et anguis iter. 
Lactani Hyrcanae ^) tigres, Marpesia cautes 

Edidit in sanctos qui struis arma viros: 
Namque fovent superi cognataque numina vates; 

Flavus et Aonia pectora Phoebus amai (f. IT). 

VI. 
Posi peractam Amphihnionem *. 

Vos istec excipite quae in rem vostram sieui: 
Quaeque optumus iucunda luppiier iubei 



* Intorno a questo eminonte personaggio che il 3 Febbraio 1488 venne creato, 
da Innocenzo Vili senatore di Roma, oltre a' varii cenni del Flaminio (cod. vat. 2870, 
ff. 6^ 7. 19. 24^) cf. Buìcnrdi Diarium, ed Thuasno, voi. I, pp. 289-290; ibid., p. 300 sg. 
^ La poesia fu scritta - a nostro avviso - verso il 1492; ed è un ampliamento 
della licenza che doveva esser fatta dal cantar alla fino della rappresentazione. Quindi 
essa non è - come potrebbe far credere il titolo - una prova che quella comedia plau- 
tina sia stata veramente recitata in Roma nella seconda metà del scc. XV. 

») Glos. phoonix. 

^) Tra le linee nani. 

^) Nel 7H.i, hircanae. 



SCELTA DI POESIE. 41 

Me, spectatores, attuturn nunc farier. 

Vos hoc venisse spectatum volt lubenter 

Vostri animi causa, non obsonatum geni. 

Nec contuberni ura ullum Baccho cum Menerva est: 

Proin luppiter et Mercurius valere vos, 

Quos auctare volunt cunctis maxurae 

Bonis ac lucris, per me modo iubent: bonusque 

Horunc grex benevolens comicus ubi amicust: 

Atque ita credite, cedite, plaudite, bonum fuat (f. 12^). 

VII. 

Sacrosancla virgo Maria cum insita culpa non nascilur: 

et de libro Herediae Pauli *. 

Diva, salutifero colimus data pignora partu, 

Et cadit in templis bestia multa tuis: 
Sacra refert, cumulatque novis altaria donis, 

Datque vaporatis mystica vina focis 
Qui *) patrio ^) pugnat tabe ^) cecidisse minores ^)\ 

Nec tu libato palmite gemma tumes. 
Aere ruens pelagus preme Victor, Heredia, poiium, 

Dum foedam generis non trahit ®j illa notam *"). 
Ibis, docte liber; sceleratas urere mentis 

lam potes, et tetricos pervolitare viros (f. 17). 

Vili. 
Pliniis Comum slatuas ponit. 

Alma parens Comum ^) generosa prole superbiti 
Debet honorato non minus illa solo: 



^ Di questa poesia fu occasione il libro di Paolo Heredia: « Coronam regiam ad 
Innocentium Vili Pontificom Maximum prò intemerata conceptione Mariae Virginia ». 
Intorno a questo ebreo convertito al cristianesimo, delle cui massime fu zelante osser- 
vatore, ed alle opere da lui pubblicate, v. Niccolò Antonio, Dibliotheca hispana vetus, 
Matriti, 1788, voi. II, p. 330, n. 788-791. 

a) Nota ììiar ghiaie Virgo Maria concopta sine peccato originali. 

b) Glos, adae. 

e) Glos, peccalo. 

^) Glos. posteros Adae. 
«) Glos. Virgo. 

f) Glos, peccatum originale. 

e) In margine Comum col segno delVo Inreve, 



42 SCELTA DI POESIE. 

Haec dare caelesti virtuti praemia gaudet: 
Haec didicit raros edere terra viros. 

Sic alit aethereas sublimis adorea mentis; 
Àeternat magnos inclita ^) fama duces (f. 20). 



IX. 



De enne delibuio *. 

Mollia quid nitidos vitiant foliata capillos? 

Nativum perdit aurea forma decus. 
Alterai ingeuuos nullo medicamine cirros, 

Qui periit facie lusus ab ipse sua ^): 
Nec puer indigno quum saeva peremerit aura ®): 

Nomina qui roseo flore cruenta notat **): 
Raptus amatrici nimiumque vocatus in unda 

Flaventis nullo fucat odore comas. 
Non nisi conspicuus forraosos pulvere crines 

Aeacides forti fulminat arma manu: 
Gaesariem numquam fundit ceronia comantem 

Martigenae, fulvum sed micat aere caput ®). 
Blanda comam indocili tibi, casta Luci*etia, cultu 

Per matronales ventilat aura genas. 
Quare si quid liabes cordis vitato Sicambros; 

Barbarica quorum cincinnus ^) arte nitet. 
Malobathrum fugies, naturaeque assere morem »); 

Auricomas violent non alabastra iubas (f. 21). 



' Vi si consiglia Lucrezia Borgia a non ungersi il biondo crine. Intorno alla 
condotta morale di questa donna, a cui il Nostro dà l'epiteto di casta, cf. Gian, 
Giornale stor. d, leti, ital,, voi. XXIX, pp. 424-426,0 Pasto r, loc. cit., p. 307, nota 4. 

a) Nel ms. inclyta. 

^) Glos, Narcisus. 

e) Glos. Hyacintus. 

d) Glos. Hylas. 

e) Glos. Romuhis. 

f) Nel ms. cincinus. 

s) Nel ms. Gulippeis cancellato. 



SCÈLTA DI POESIE. 43 



X. 

Sanctae Virgini Dei Genitrici votum *. 

Terrarum caelique salus et gloria, Virgo, 

Aeterni genitrix ter veneranda Dei, 
Per te Tartareas non formidabimus umbras, 

Per te siderei ianua aperta poli. 
Nauta potest dubio per te se credere porto; 

Effugit •) horrisonas naufraga puppis aquas. 
Et nos, qui vario iactamur turbine rei'um, 

Ac soliti grata voce piare focos, 
Quique tuas toties praesentes sensimus aras, 

Numinibus cupimus solvere vota tuis (f. 22''). 



XI. 

* 

Curiìis praefectics cohorli, noctu per insidias caesus, 

in Tyberim deiicilur *. 

Curia progenies, divum genus, aspera Martis 

Bella gerens hosti maximus horror eram. 
Securus fidara gestabar nocte per urbem; 

Turma suum stipat nulla secuta ducem, 
Perfldus Etrusca ripa quura ferverei ensis. 

Arma caput peterent insidiosa meum. 
Me genitor flavis rapuit Tyberinus in undis, 

Et tribuit regni iura beata sui (f. 23). 

' É certo una delle poesie più belle del nostro autore. 11 pensiero è schietta- 
mente cristiano, e prova che avevano ragione i contemporanei del Flaminio, i quali 
lo tennero sempre in concetlo di uomo di virtù e di specchiata pietà. 

' Vi si narra la tragica morto di Giovanni Borgia, duca di Gandia, avvenuta 
nella notte dal 14 al 15 Giugno 1407. Intorno a quest'assassinio cf. Gregorovius, Lu- 
crezia Borgia^ trad. di Raffaele Mariano, Firenze, 1874, p. 381, doc. n. XllI,* Luzio- 
Uonier, Relazione inedita sulla morte del duca di Gandia in Arch. della R. Società 
Romana di storia patria, voi. XI, pp. 296-393; Renier, Due sonetti relativi alla morte 
del Duca di Gandia^ in Giornale stor. d. lett, ital.y voi. XII, pp. 306-308; Uzielli, 
Paolo del Pozzo Toscanelli, Firenze, 1892, p. 183,* Pastor, loc. cit. , pp. 375 sgg.; 
B. Feliciangeli, Sull'acquisto di Pesaro fatto da Cesare Borgia, Camerino, 1900, 
doc. XVH, vors. 7-8. 

*) Poscia fu corretto Et fugore. 



44 SCELTA DI POESIE. 



XII. 

Eiusdem Curìi casus: eius geniis taurus erat insignia. 

Non proavi, non forma mihi rerumque poteslas, 

Non aberant animi, splendor, amicus, opes. 
Sangui nis est auctor '') priscis quae Curia fastis 

Gens atavos gaudet enumerare suos ; 
Stelliger auratis taurus qui cornibus ardet, 

Curiadis longa nomina fecit avis. 
Suscipiunt Charites ortum doctaeque puellae, 

Mars alit et forti bellica virgo sinu. 
Mitis eram positis, sumptisque ferocior armis, 

Spirabatque meo Maii;ius ore furor. 
Mersit cuncta mihi (quid non sors invida versas?) 

Haec in Avernales mors properata lacus. 
Fatifera insidiis nocturnis occupat, et me 

Non expectato confodit ense manus. 
Saeva meo nec dum vis est satiata cruore. 

Corpus in Etruscas ^) praecipitavit aquas. 
Exitus is noster, rebus quem saepe secundis 

Mirala es soi*tis inscia turba doli. 
Discite, mortales, fluxis non credere rebus: 

Maturum ad superos tendere praestat iter (f. 23''). 

XIII. 
Inundaiio Tyberis *. 

Tybri pater, glauca frontem velate corona. 

Quid defrenato flumine volvis aquas? 
Alta fluentisono stagnantur Pergama fluctu : 

Unda rapit sanctos expaciata focos. 
Sic puer auratam Phryx ^) incliiiaverat urnam 

Quum tolum Ogygio mersit ab imbre ^) solum. 

' Di questa inondazione, avvenuta il 1 Novembre 1500, parlano molti contem- 
poranei, tra cui Lippo Brandolini, il Burcardo e Marin Sanudo (cf. Pastor, loc. cit., 
p. 512). 

a) Nel ììis. autor. 

^) Nel ms. aotruscas. 

^) Nel ms, Phrix. 

^') Nel tìis. hynibre, che fu [joscìa corretto in himbre. 



SCELTA DI POESIE. 45 

Subsidant decimae iara tandem gurgitis undae: 
Sic faveat votis llia casta tuis (f. 24*). 

XIV. 
De Plauti Aulularia * Tacito Paulo. 

Dives erat cupidis fulvum quae condidit aurum, 

Sed raihi caelestis nectaris aula fuit: 
Sitque; precor, virides Nereus dura temperai undas; 

Sidereumc^ue ingens aethera torquet Atlas (f. 25). 

XV. 

■ 

Caesari duci *. 

Certa deum proles, Caesar dux inclite, cuius 
Horrida bellipotens iain pavet arma deus, 

Ecce laboriferi tandem tibi venit Echidna 
Herculis et flammis saeva domanda tuis. 

Hydra ^), venenatls damno foecunda colubris, 
Centena Herculeo da fera colla duci (f. 30). 

XVI. 
Tacito Mio ''). 

Tristificas ^) si tles geniali carmino flammas, 
Et Venus et Charites et tibi cantat Amor. 

' Il carme, che fa scritto assai probabilmente verso la fine del 1497, alcun 
tempo dopo 1* uccisione del Duca di Gandia, è importante per la notizia che ci dà ìn- 

It, torno alla recita àeW Aulularia fattasi in quel tempo a Roma. Già sapevamo da Paolo 

Cortese che sulla fine del secolo XV erasi recitata sul Quirinale l'Àsinaria di Plauto 
e rippolito di Seneca. Ma nessuno ancora ci aveva parlato doìV Aulularia. Intorno al 
risorgimento del dramma antico a Roma nel sec. XV cf. Gregorovius, Geschichte der 
Stadt Rom im Mittelalter, voi. VII [Stuttgart 1894], p. 619 sg.; D'Ancona, Origini del 
teatro in Italia, Torino, 1891, voi, II, pp. 06-68. 
• Cosare Borgia, 
b) Nel ms. Hidra. 

b) // nome Tacito, come nelle due poesie seguenti, A del lutto eraso, 
e) Glos. elegia. 



1 



46 SCELTA DI POESIE. 

Fama *) cothurnato quae nam cessisset Homero 

Si tua vexasset Pergama moesta tuba: 
Clivoso numen si quod despectat ^) Olympo 

Et legerent virides carmina rara dei, 
Quique feros montes, vestitos ^) quique pererrant 

Dii cuperent cascara linquere, Faune, chelyn '^). 
Dive» precor, curis rapiens tara eulta profanis •) 

Assere Leucadiae pectora, Phoebe, lyrae (f. 30''). 

XVII. 
Tacito lulio. 

Percutit aethereum libi iara Polynmeia pectus, 

Dividis Aonia carmina tersa lyra. 
Perpetuum hoc superi praestarent: aurea sensus 

Idia nectareo sed rapit ore tuos (f. 3(r). 

XVIII. 
Tacito lulio, 

Quod suspirantes ^) non est defendere curas 

Mi fugit altisonam tendere musa fldem. 
Nec tibi mordaces tangunt praecordia curae 

Et Clario dives vena favente fluit (f. 30^). 



XIX. 
Cardinali Senensi *. 

Cynthia fraterno radians argentea vultu, 
Lucifero reliquum vincit honore iubar: 

' É a tutti nota la prolezione accordata a* letterati dal card, di Siena, Fran- 
cesco Piccolomini. Como Io zio Pio II fu egli pure in relazione co* dotti del suo 
tempo, co* quali si trovò spesso in commercio epistolare. In lui sperava molto il 
Flaminio, ed a lui indirizzò parecchie poesie piene d* affetto nel breve tempo, che 
col nome di Pio III tenne il pontificato. Intorno a questo pontefice cf. Giacconio, op. 
cit., voi. II, col. 1048-1050; Pastor, loc. cit., pp. 75. 171. 454. 498. 525. 556-562. 907; 
E. Piccolomini, De codicibus Pii II et Vii III deque hiblioiheca Ecclesiae Cathedralis 
Senensis in Bullettino Senese di Storia patria, an. VI, fase. Ili, 1899. 

a) Glos. heroicus. 

^) Glos. providentia. 

e) In marg. Cic. bene vestire. 

d) Nel ms. chelim. 

«) Nel ms. prophanis. 

In viarg. Contemplationis otium. 



SCELTA DI POESIE. 47 

Cynthia praesigaem quae te, Francisce, bicornis 

Efficit atque tuis stemmata signat avis. 
Sic Vaticanum perfundis luce Senatum, 

Moribus et fruitur Bardana Roma tuis. 
Dives et ingenium, varias et pectoris artes, 

Miraturque oris flumina larga tui. 
At nos qui sanctis, te auctore, meremus in aris 

Nempe tui proprior numinis arder habet (f. ST). 

XX. 

Canlalyco *. 

Cantalyci Aonios solers pete, Musa, penates, 

Quem peperit Clario Pieris una Doo; 
Clio facundis adraovit et ubera labris; 

Castaliis Erato membra rigavit aquis: 
Diva sinu fovet Armipotens, opulentaque fundit 

Cornua, quae tenero clara capella lovi: 
Inter cognatas cernes vigilare sorores 

Borgiadum grandi carmino gesta ducum. 
Carmen Cantalyci senibus memorabitur annis, 

Serus et extoUet Enthea corda nepos. 
Flaminiumque (suos animus quod cessit in artus) 

Die sino se media vivere parte putet (f. 32). 

XXI. 

Caesari duci *. 

Fata parant placidas rerum tibi, Caesar, habenas, 
Fiammifero strepitant Caesaris arma polo; 

Ima tremit tellus, laetatur stelliger axis: 
Terrificas niveis numina vectus equis. 

Horret Gradivus, turbatur bellica virgo, 
Cum tua letali ^) fulminat ense manus. 

* Seguono due vocaboli cancellati. Intorno alla bibliografia di G. Battista Canta- 
licio cf. Giovanni Zanno ni, Il Cantalicio alla Corte di Urbino \u. Rendiconti della 
reale Accademia dei Lincei^ Serie X, voi. IH, p. 485, nota 1. 

^ La poesia è tutta piena di adulazione verso Cesare Borgia, del quale celebra 
il valore neirarmi e le inaprese guerresche. 
a) Nel ms, laetali. 



48 SCELTA DI POESIE. 

Hydra dedit tandem liventia colla venenis: 
Igaibus liaec caecira *) raonstra domanda tuis. 

Caesar Caesareos vicerunt, dive, triumphos. 
Pectoris et dextrae Martia gesta tuae. 

Ergo quem superis miscet iam gloria, terras 
Imperio vastas et sine fine reges (f. SS''). 

XXII. 
Ex aelrusco Carmine. 

Flaminius Musis; ingens Dux fulgurat armis: 
Romulidum vincit hoc decus arma, togam (f. SS^). 

XXIII. 
Pio Pont. Max, * eius tabella virtutum comitaia, xenium. 

Virtutura stipate choro, Pie maxime, templis, 
Dexter ades, voveo spemque fldemque tuis (f. 35""). 

XXIV. 
De Pii Pont. Max. aegriludine. 

m 

Proli, divi, servate Pium qui numine terras 
Servans cognato misceat et superis (f. 30). 

XXV. 

De eodem. 

Cum sonibus pueri, tetricae cum virgine matres, 
Proque Pio studeat casta litare nurus (f. 36). 

XXVI. 
Pio Pont. Maximo. 

Laeta Pii plaudit clementi numine Roma; 
Plaudit, et in claro stemmate luna micat. 



* É quasi superfluo notare che tutte le poesie del Flaraìaio col titolo Pio Pon^ 
tifici Maximo sono dedicate a Pio IH. 

a) Non trovo né presso i classici né nella bassa latinità questo avverbio; che 
si debba corrcgfjere caesim^ 



SCELTA DI POESIE. 49 

Principe iura Pio florent pia, casta fldesque: 

Ipsa Pio tellus sospite sospes erit: 
Ante Pii candor veteris * pia pectora formans. 

Quid mirura peperit si pietate Piura? (f. 36). 

XXVI I. 
De Pii morte. 

Fatales, propere trahitis quid pensa, sorores? 
Ah spes cura magno quanta sepulta Pio! (f. 36''). 

XXVIII. 
De aslrologiae libro. 

Te duce sidereos fas est penetrare recessus, 

Metiri ardentis sidera fulva poli: 
Flamraiferos potuit Phaethon •) rexisse iugale?; 

Duxisset rapidas orbita certa rotas (f. 36""). 

XXIX. 
Pio Pont Maximo. 

Si nostrae movere preces ^) pia nuraina membris 

Paeoniam sacris flexa tulistis opera ; 
Posset et ut tandera raortalibus aequa dedistis 

Claudere sidereas et reserare fores. 
Nos modo respiciens vultu, quo cuncta serenat, 

Luce diu terras sospitet ipse sua (f. 36""). 

XXX. 

Pio Pont. Maximo. 

Laeta Pii plaudit praesenti ^*) numine Roma: 
Stellantis ludunt sidera clara poli. 



* Pio II, zio di Pio III. 

a) Nel ms. phaeton. 

*>) Nel ms. proces. 

e) Nel ms. presenti. 



50 SCELTA DI POESIE. 

Et pater auriferis Tibris lascivit arenis ; 

Ducunt Ausoniae stamina fulva nurus *). 
Ac festo tellus plausu quoque grata resultat: 

Floribus et vernant arva benigna suis ^): 
Aequoreis virides divae ^) laetantur in undis, 

Quasque tegit variis arbor opaca '^) comis. 
Principe iura Pio florent; facinusque nefasque •) 

Sorbet et umbriferum cetera ^) raonstra chaos »). 
Horrendus foribus lanus claudetur ahenis ^), 

Pandeturque poli ianua laeta Piìs. 
Blanda quies, placidis et pax ^) circumvolat alis: 

Religio ^), pietas, aurea virgo, fldes "): 
Non sacrara poterunt rabidae quassare procellae °), 

Non astra, undisoni non maris ira ratem. 
Rara Pii pietas caelestia numina terris 

Devocat: humanum tollit ad astra genus. 
Sancta Pii pietas coetu stipata sororum 

PoUet; et Aoniis cuncta rigantur aquis *»). 
Flaminiusque Pii praesens iam numen adorat: 

Atque Pii sanctis fert pia thura focis (f. 37). 



XXXI. 

tulio Pont Maximo. 

Igni, ferro, totum et sanguine Julius orbem 
Contulit, at placido lulius ore regit: 

Iure feros, pietate bonos qui temperat; artes 
Maximus egregias tollit, iniqua premit. 

A) In marg. fi^Iicitas temporum inundatione aurea, 
b) In marg. filis. 

e) In marg» terra, mare. 

^) In marg. Aniadriadis arbor. 

«) In tnarg. virtus. 

f) Nel tns. vitia. 

g) In marg. cetera. 

h) In marg. bella cessant et. 
>) In marg. pax. 
^) Nel ms. rei ligio, 
ni) In marg. virtutes. 
") Glos. cimba sancti Petri. 
o) In marg. studia. 



SCELTA DI POESIE. 51 

Gloria magnanimi luli, quae Caesaris *) exstat ^) 

Clarior, et fastis non moritura .suis : 
Clarior et quantum fulgentia sidera flammis, 

Phoebe, tuis cedunt, visque caduca Deo. 
In lulì voluit Proles prius alma ^) Tonantis 

Strideret aetherea cardine versa foris ^): 
Nunc tandem virtute ingens animoque profundum, 

Tartara cura terris lulius astra tenet (f. 37''). 

XXXII. 
Pictor ad card. S. Georgii % in cuius aedibus picturam didicit. 

Noster Apellea si quid micat ardor in arte 

Hoc aluit Cypriae blandior aura rosae *; 
Utque meo quercus nunc lulia fulget honore, 

Sic rosa mi vernet tempore pietà suo (f. 38). 

XXXIII. 
lulio Pont. MaaÀmo. 

Nullus erit tandem, sceleris quem vincula nectant ^); 
Pascit caelestes ») lulia quercus oves (f. 38). 

XXXIV. 
Eidem, Quercus lulia vaticana. 

Fulmine terribilis qui, luppiter, arce tonabas 
lam Vaticano cede, superbe, lovi (f. 38). 



^ È noto come i Riarii avessero per arma uno spaccato dì azzurro e d*oro, alla 
rosa del secondo posta nel primo (G. B. di Crollalanza, Disionario storico-blasonicOf 
Pisa, 1888, voi. II, pp. 413-414). 

a) Nel ms. Coesaris. 

*>) Nel ms, extat. 

e) In marg. Christi voluntato cardinalis. 

d) Nel ms. fores. 

«) Il nome è cancellato^ ma non si che non si possa leggere, 

In marg. Cardinalis s. Petri ad vincula etc. È noto come Giulio II sia stato 
card, del titolo di s. Pietro in Vincoli. 

«) Nel ms. coelestes. 



52 SCELTA DI POESIE. 



XXXV. 

Eidem. 

Saturnus proavos, nos lulius arbore pascit; 
Utraque seda suo sunt pretiosa *) duce (f. 39^). 



XXXVI. 
Eidem. 

Nilus Alexandria Babylon ^) et Persis Hydaspes ^) 
Datque gravi domitrix Graecia colla iugo: 

Caesaris ^) imperiis ah tecum, maxima Roma, 

^ Paret Afer, Ganges, Sarraata, Gallus, Hiber! 

Sed nova siderei venerantur numina luli 
Arma, duces, Manes, aequora, terra, polus (f. 40'). 



XXXVII. 
Ad Sponsam. 

Si te pulcra Venus, Charites et Musa venustat; 

Terpsiciiore ®) fldibus si canit ipsa tuis; 
Nubila iucundo vultu si corda serenas, 

Si tibi sidereo lumine vernat amor, 
Collaque formosi radiant per lactea crines, 

Oreque si roseo dulcia verba sonant, 
Moesta cupidineae torrent mihi pectora flammae. 

Ah fera visceribus iam rape tela meis! (f. 4V). 



a) Glos. marg. aetas aurea. 

b) Nel ms, Babilon. 
e) Nel ms. Hìdaspes. 
d) Nel ms. Coesa ri s. 

o) Nel ms, Terpsicore. 



SCELTA DI POESIE. 53 



XXXVIII. 
Atiri flalor flandi munus a cardinali * petit. 

Ut mea perpetuo quercum manus exprimat auro 

Fosco litatura numina tanta prece. 
Nec tibi magnanimum pretio iuvat angere pectus; 

Sunt animo ingenii munia grata tuo. 
In tabulis viget et nostris natura metallis, 

Munera quae laribus debeo cuncta tuis. 
Seraper in officiis in te versabor honestis, 

Et tibi virtutum praemia scraper erunt. 
Ista tuae petimus (non aurura) pondera vocis. 

Non (tua si faveant nuraina) pauper ero (f. 42). 

XXXIX. 

Lapis rotundus colorum omniuyn in ruinis Romae inventus. 

Omniparens nusquam natura effudit habenas; 
Arcanae varium protulit artis opus (f. 43). 

XL. 
Idem, 

Accendit variis lapidem natura venenis 
Oinnis ut exiguo vernet in orbe color (f. 43). 



*■ Questa poesia, come si rileva dal primo verso, fu scritla evidentemente per 
un cardinale di casa della Rovere. Qiial sia però questo cardinale è incerto, anzitutto 
perchè, quantunque il carme venga quasi immediatamente dopo altri indirizzati a 
Giulio II, non si può con tutta certezza affermare eh* esso non sia stato composto 
prima dell'elezione di quel pontefice, non avendo Fautore seguito sempre nella trascri- 
zione delle poesie Tordine strettamente cronologico, e poi perchè quand* anche ammet- 
tessimo che fosse stato scritto no* primi anni del pontificato di Giulio II, non potremmo 
sapere con precisione quale de* quattro cardinali della Rovere, che vivevano in quel 
tempo, sia quello a cui allude il poeta. Io opino peraltro che qui si tratti di Giu- 
liano della Rovere e che la poesia scritta per commissione poco prima dell* elevazione 
di questo cardinale al soglio pontifìcio, sia stata trascritta alcun tempo dopo dal Fla- 
minio nel codice delle sue poesie. 



&4 SCELTA DI POESIE. 



XLI. 

Cardinali Columnensi *. 

Aeterno, generosa, mìnans adamantOi columna, 

Qua Mars, qua virtus, gloria nixa, viget; 
Horret barbaries; qua sospite, Roma superbii: 

Quoi toties Gallus perfida terga dedit: 
Cuius consultis ac armis debet Hiberus 

Parthenopen: tandem nuraina laeta dabunt 
Omnis ut Oenotris sit barbarus exul ab oris; 

Imperet Àusoniis alta columna suis. 
Flaminium interea Musasque amplectere dextro 

Numine, qui titulos tollet ad astra tuos (f. 44"^). 

XLIL 
Virtutis imago sub foriunae pedilms rosam atlollentis *. 

Numine cuncta meo pendebant; nostraque quondam 

Sceptra, decus, fasces, munera, currus, opes. 
Hei ! nunc sede ruens, vanae ludibria sortis, 

Calcor magnorum limine pulsa ducum ! 
Sed cui constanti stabit fortuna tenore 

Una virens celsae spes manet aura rosae. 
Res, rosa, perpetuo iam quae vernabis honore, 

Aspice praesenti numine, diva, meas (f. 46''). 

XLIII. 
Picloris xenium ad cardinalem \ 

Artifices aluit digitos rosa Cypria nostros; 
Iam sumat partus munera grata sui. 

^ E questi Giovanni Colonna creato nel 1480 card, diacono del titolo di s. Maria 
in Aquino (Ciacconio, op. cit., voi. IH, col. 80; Pastor, loc. cit., p. 17G e passim). La 
poesia fu scritta probabilmente verso il 1504, in cui gli Spagnoli, dopo avere sconfitti 
in più scontri i Francesi, restarono padroni del regno di Napoli. 

' In lodo del card. Raffaele Riario. 

^ Raffaele Riario. 



SCELTA DI POESIE. 55 

Fert raea, quae rerum modulans moaumenta flgurat, 
Nunc manus; hanc foveat aura serena rosae. 

Quum Vaticano tandem florebit honore, 
Omnia divino fundet odore rosa (f. 47''). 

XLIV. 

Felici *) lulii Pont, Mdximi /<(iliae)> * piclor Pallados 

formam defert. 

Te tibi deferimus, faveas, Tritonia virgo, 

Et litet accensis thurea fiamma focis. 
Divino aethereos quae pectore concipis ignes, 

Fecundo summi vertice prompta ^) lovis, 
Quaeque ^) notant solido sortes adamante sorores, 

Fortunes statuunt numine cuncta tuo. 
Conscius ^) et fati rebus qui nomina mandat 

Indicat arcanum numinis arbitrium. 
Virtutum, Felix, terras superosque secundas, 

Et vario, Phoenix, lumino rara micas. 
Fluctivagum rerum liceat, Dea, sumere clavum; 

Omnia ^) florebunt numine laeta novo. 
Aeternat virtus heroidas inclita, cunctas 

Obscurat superas et tua fama deas. 
Quotque deos cumulant virtutum munera et imos, 

Cuncta tua, Phoenix, unica mente vigent (f. 49"^). 

XLV. 
De Felicis eiusdem nuptiis. Ad eandem. 

Alma Venus stabiles zona coniungere taedas ^) 
Felici voluit, lunoque dextra favet. 



' Intorno a madonna Felice che il 26 Maggio 1506 andò sposa a Oiovanni 
Giordano, capo degli Orsini di Bracciano cf. V. Gian, Il Cortegiano del conte BaU 
desnr Castiglione annotato e illustrato, Firenze 1894, p. 318, e Fast or, loc cit., 
pp. 600. 601. 637. 752. 928. 

a) Nel ms. il vocabolo felix sempre coir e. 

*j) Nel ms. promta. 

e) In marg. parcarum libri adamantini. 

d) In marg, non impiorum deorum nutu. 

e) Glos. respublica felix rectione sapientis. 
Nel ms, thedas. 



56 SCELTA DI POESIE. 

Haec pater altitonans firmet connubia, cornu 

Omnia quo *) Felix divite fundat ope. 
Imperiis antiqua tuis Oenotria terras, 

Et tecum rutilans temperet ursa polo. 
Ursa polo radians, Felici ^) numine laeta, 

E capitolinis det pia iura iugis. 
Roma iterum populos, felicibus ^) aucta triumphis, 

Aeternura Felix ^) et simul ursa reget. 
Cura placida volucris vigeat concordia pace. 

Religio *). probitas, aurea virgo, fides. 
Te duce Pierides, Bromii cura numine Phoebus, 
• Artibus et regnet eulta Minerva suis. 
Phoebus, Pierides, quorum tua fonte rigantur 

Ora, decus, virtus et bona cuncta fluunt. 
Ingeniumque meum tua quo monumenta perennai 

Te quoque felicem *") sentiat esse deam (f. 50""). 

XLVI. 
Venelorum Victoria de Gallis *. 

Bracatos «) gelidas Venetum fugat acer ad Alpes 
Miles, et Ausonia suscitai imperium (f. 52'). . 

XLVII. 
Venelorum Victoria de Teulonibus *. 

Perfida Teutonico rabies accensa furore 

Barbarico Venetara sanguine foedat liumum (f. 54). 

' Allude alla battaglia di Fornuovo. Intorno alla poesia italiana su questa bat- 
taglia oltre alle oliere di cui dà 1* indicazione il Pastor (loc. cit., p. 360, nota 2) cf. 
A. Medin, / poemetti sulla calala di Carto Vili e la battaglia di Fornuovo in 
Rassegna bibliografica, Luglio 1899. 

' Allude probabilmente alla vittoria riportata nel 1508 da* Veneziani sopra Mas- 
similiano re di Germania, 
a) Glos. ut. 
^) Nel ms. felici, 
e) Nel ms. felici bus. 

d) Nel ms. Felix. 

e) Nel ms, Relligio. 
Nel ms, felicem. 

g) Nel ms Brachatos. 



SCELTA DI POESIE. 57 



XLVIIL 
Idem. 

Effera Teutonicis furiis madefacta Lyaeo 

Barbaries Veneto Marte momordit humum (f. 54). 

XLIX. 
Ad Phoenicem *. 

Adsis, diva, precor, nam sic mihi numina dextra 

Semper erunt, Phoenix, numine cuncta tuo. 
Aris quique tuis uro devotus odores 

Sentio iam laetus numen adesse mihi. 
Laeti etiam canimus tandem quod lulius hoste 

In niveis domito fulminai altus equis. 
Imperio iam, Roma, tuo parebit et orbis, 

lulius et Phoenix quod tibi, diva, favent (f. 55""). 

L. 
Dicae Phoenici; de eius adoentu. 

Omnia, diva, tuo laetantur lumino, moesta 

Quae fuerant piceis tecta prìus tenebris. 
Prataque nunc rident vario gemmantia flore; 

Dulcisono modulans gutture vernat avis. 
Aethere iam ludunt et sidera clara sereno; 

Ista tulit superis gaudia quanta dies! 
Laetus ego ante alios, mecum iua Roma triumphat. 

Virgo, nurus, matres, vir, puer atque senes. 
Et rogo si quicquam cupiant tua numina, tantae 

lussa mihi liceat semper obire deae (f. 56). 

LI. 

Leo est domus slellamm regionis quomodo senatus Venetus 

est domus impeini totius orbis. 

Aureus aethereos qui regnai Phoebus in ignes 
Aeterna Herculei tecta leonis init: 

' Sotto questo nomo si nasconde la suddetta madonna Felice. 



58 SCELTA DI POESIE. 

Qui populis dat sacra piis duce iura leone, 
Imperium Venetus iure senatus habet (f. 56''). 



LII. 
Omnes reges et imperalores Veneto imperio subiicL 

Induperatores quondam regesque creabat. 
In quos nunc Venetus iura senatus habet: 

Unus et in vasto Venetus sanctusque senatus 
Orbe, Dei salvas sanguine, servai oves. 

Terrarum Venetis omnis parere potestas; 
Et debet patria vivere tuta manu (f. 57). 



LUI. 

Erraret si quis putel Venelos alienis incubare; 
deque Veneti imperii aetemitate. 

Consultis, meritis, arrais auroque paravit, 

Temperai aethereus quae sua regna leo. 
Barbarus ah! rerum dominos et Marte potentes 

Mitteret Ausonios sub iuga foeda viros, 
Ni pater Hesperiae Venetus servare labantis 

Reliquias *) statuat: certa salus patriae 
Fluctivagae stabiles tandem moderatus habenas 

Italiae, cunctis iura dabit populis. 
Iure igitur totus Veneto parebit et orbis 

Imperio, iuste quod parat atque tenet. 
Aeternoque suae pennae fulgebit honore: 

Et Venetus terras, lupiter astra reget (f. 57). 



LIV. 
De preshylero *•) Baccho *. 

Tempia ruunt Petri, volltans Harpyia per orbem 
Presbytero ^) Baccho fulva metalla refei^t (f. 58''). 



^ In biasimo di GiuUo II. 
a) Nel ms. Relliquias. 
*>) Nel ms. presbitero. 



SCELtA DI POESIE. 59 



LV. 
Laetatur amici studio. 

Phoebus laetiflco referat si tempora vultu, 

Quom rapitur quaestu sordida turba suo! 
Àuricomas sequeris Pimpleidas audio; noctis 

Si piceae campos pallia fusca tegunt, 
Officio certe iucundi laetor amici, 

Numina sed Musis angor iniqua meis. 
Si roseis Titan lustrat mortalia flammis, 

Ignea si facilis astra chorea tenet, 
Undique distringunt aerumnae pectus edaces, 

Tranquillosque aniraos impia fata negant (f. 58'). 

LVI. 
De pvesbylero *) Baccho *. 

Cuncta ca... Bacchus quom presbyter arsenotheles, 
Hinc bipedes pullos, inde requirit equos (f. 59). 

LVir. 
De eodem *. 

Gypsatus Maurus; Cotys **) altera faucibus praedam 
Barbaricis Bacchus prodidit Àusoniam (f. 59). 



' In biasimo di Giulio II. 

a) Nel ms. qui e nel verso seguente presbiter. 

b) Una glossa che si trova al f. 53 dice Cotys dea turpitudinum. 



APPENDICE 



10 



Berirandus de Vaqueirassio Antonio Flaminio *. 

Hanc tibi devotus Bertrandus scribit alumnus, 

Non milii quo scribas, sed magis ipse veni. 
Roma fuit doctis multis privata diebus, 

Non fuerant tantis praemia digna viris. 
Utinara pestis cum primum venit in urbem 

Obruta fulgetris esset ab arc€f lovis! 
Non ego, neglectis infausto tempore Musis, 

lam quererer multos perdere posse dies, 
Nec mihi conantì cantu celebrare Camoenas 

Ducerit indoctas inscia penna manus. 
Quando ego non timui nocturna pericula brumae? 

Res est non minimo digna labore decus. 
Correptus somno mediis ut noctibus ibam, 

Possem Pompon! scribere verba senis. 
At quotiens tonitrus, horrenda et fulgura coeli 

Pertimeo et largis imbribus udus eo. 



^ Leggasi questa poesia al f. 100 del codice vai. 2836, che contiene ancora 
due altre poesie di Bertrando, delle quali la prinna s* intitola: Berirandus de Vaquei' 
rassìo in suam sortem: breois querela^ e com. (f. 94») Quisquis es infaustis héminem 
qui cernere farìs ; e la seconda porta il titolo; Barnabae Christina, In domo domini 
Camilli de bene in bene, ed ine. (f. 94^) Barnaba, qua carco Berirandus ipse salute. 
Il cod. è cartaceo, miscellaneo, di fogli 326 (-[- ff- 94». 95» trascurati dal primo ama- 
nuense) e di mm. 297X217. Sul dorso della legatura porta gli stemmi di Pio IX e 
del card, bibliotecario A. Mai. 

La poesìa, riboccante di affetto e piena di reminiscenze classiche, fu scritta dopo 
la pestilenza che imperversò a Roma dall'autunno 1493 all'autunno 1494 (cf. Pastor, 
loc. cit., p. 365, nota 2). In essa l'autoj-o invita caldamente il Flaminio, che stavase.io 
in campagnn, a far ritorno a Roma dove era ansiosamente aspettato dagli amici e 
dalla popolazione, gli parla della cessazione della peste e del ritorno in città di quelli 
che se n'erano allontanati per timore dell'epidemia, e lo informa de* letterati e dei 
discepoli che gli non rimasti fedeli, e della guerra che a lui e a loro si muove dai 
nemici 



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20 



•a 



30 



40 



45 



50 



APPENDICE. 61 

Frigidus algebam saepe, atque rigentia membra 

Fervida lentescunt, saepeque lassa cadunt. 
In me contingo violentis ensibus iri 

Dum cupio ad ludos protinus ire domo. 
Denique tam paveo tenebrosis noctibus umbras 

Quam metuo variis proditus esse dolis. 
Sed melius vertit deus, omnem namque timorem 

Expulit et sedes sic quoque sospes eo. 
Invaluit pestis, multum saevivit et arsit. 

Ad nihilum est, dextro numine, versa tamen. 
Pontifices rediere: patres, iam supplice voto 

Pergite et ad patrios munerà ferte deos. 
Vota ferunt nuptae prò vivis mutiera natis, 

Inque vicem nati fert et uterque parens. 
Laetantur iuvenes, gaudent reducesque puellae, 

Amplexu coniunx pressit et ora viri, 
lamque aliquis posita narrat sua praedia mersa, 

Fingit et in minimo praedia multa solo. 
Hortulus liic fuerat, sunt hic rorantia prata, 

Garrulus hinc medias rivus agobat aquas. 
Collis et hic vites, campique et pinguia rura, 

Sunt etiam faeto pascua laeta gregi. 
Iliic non vehemens dat gratos aura salubris 

Spiritus, hic aegris redditur ipsa salus. 
Villa quoque e summo prospectu solis ad ortum 

Vergit, et irriguis fontibus ^) exit aqua, 
Quam vallis medium complet stagnantibus undis 

Hic vario liquidae pisce natantur aqua e. 
Valle sub umbrosa nemus est genus omne ferarum; 

Turdus et est perdix, est avis omne genus. 
Illic venator dum cautus retia tendit, 

Nunc capit hic cervos, nunc quoque fallit apros. 
Omnia namque tuus Thomas **) te quaerere missus 

liettulerat Marso *, Marsus at ipse mihi. 
Rettulit ut iaculis cervos ursosque sagittis 

Confodis, ut frendens saucius ibat aper. 
Ausus es et silvis et saltibus atque cavernis 

Retia nocturno tendere saepe dolo. 



* Pietro Marso. 

a) Nel tns, fiinlibu». 

b) Nel ms, Tomas. 



60 



65 



70 



62 APPENDICE. 

^ Totque die mactare feras, tot fallere noctu; 

At bene tutus eras, et memor ipse loci. 
Usque metu latuere ferae dum montibus altis 

Observant homines, dispositique canes. 
Sed latuisse nihil prodest, tandemque repertas 

Caedis ^) et immensas dilacerasque feras. 
Usque adeo oblectant te rus, campi quoque, luci 

Urbanas ut spernas? Rusticus esse velis? 
At mihi quae spes est? tibi vel quae cura docendi 

Denique, si nullo fine carendus abes? 
Mitia sunt aliis, unum me tempora vexant, 

Dura cupio Musas, tempus inane queror. 
lam seges est totisque arvis annona reposta^ 

Rumpitur et tenero germino pinguis humus. 
Vinderaia magnis spumavit undique labris, 

Cogitur et pieno ^) reddere musta lacu. 
Quodque novum fuerat modo vinum, Bacche, vetustura 

Dicitur, et fiunt nomine sacra tuo. 
Poma quoque et fructus iam quidquid coxerat aestas 

CoUigitur, tuto cluditur atque penu. 
Tardus abes: nec nosse tuis quam magna morandi 

Caussa licet, nec ^) quo saxeus orbe lates. 
Undeque conveniat peregrinus quisquis ad urbem, 

De te an quid scierit protinus ipse rogo. 
Reddere quam curet chartam ^) tibi, si sciat usquam, 

Deque mea scriptam suscipit ille manu. 
Nos Veios primum, dehinc Volscos, inde Faliscos 

Misimus; at nulla est cognita fama tui. 
Misimus ad Ligures adsuetos fallere furtis "); 

Hos apud es nullo visus adesse loco. 
Ah ^) tibi nobiscum pestis commune penclum 

Esse velim, votis fallar et ipse meis! 
Quid faceres scirem saltem per tempus et horas, 

Et mihi cura variis spesque raetusque foret. 
Orania iara timeo; timeara quid nescio certi; 

Sed meus ad curas campus apertus adest; 



73 



80 



85 



90 



a) Nel ms. cedis. 

*») In ms, pieno. 

e) Scine quis cancellato. 

^) Nel ms. Cartam. 

e) dolis cancellato. 

Nel ms. Ha. 



95 



100 



105 



HO 



APPENDICE. 63 

Quaeque sinistra cadunt, quidquid mortalibus obstat^ 

Gaussa diuturnae sit reor ipsa morae. 
' Haec laevis, haec aio : dura me mea pectora vexant, 

Est alio addictus, captus amore loci. 
Sed quereris forsan tenuis quod sit tibi merces, 

Quodque habeas tardos discipulosque rudes. 
Decipiar voto potius, tenuesque per umbras 

Diffugiat scelus hoc, hinc ut abesse velis. 
Gymnasii rector, consors tibi quisque docendi, 

Quam servo meritis, increpat usque fldem. 
Àrguar usque licet, doctrinae semper alumnus, 

Perpetuoque cliens tyróque fldus ero. . 
Quisque tamen pietate mea verbisque modestis 

Flectitur, atque animum lenii abinde suum. 
Mordaces satyri *), stoici quoque frigida turba 

Saepe ruunt in me, gens inimica ioci. 
Deque tuo resonant suggestu pulpita ludi, 

Voceque raucidula tristia verba canunt. 
Quid tibi iam cinicos referam, barbaque pretensa 

Squalentes alios atque alios referam? 
Quos omnes scieras verbis mordacibus in te 

Saepius invectos, saepe parasse dolos. 
Hoc magis inflantur turgentque animique feroces 

Quo, quasi iam timeas, tardius ipse venis. 
Tres tibi fideles sumus; ast ego viribus impar, 

Petrus adest Marsus, Bellus ^) et ille tuus. 
Saepe per insidìas nobisque nocere parati, 

Accipiunt telis vulnera facta suis. 
Dii precor hoc faciunt ut fausto sidere tandem 
*^ Hostibus ignavis terror adesse velis. 

Hoc etiam docti, quos tu virtute parasti, 

Fautores optant, discipulique tui. 
Magnus at ille boni semper Pomponius auctor *, 

Hostibus invitis, fert quoque fidus opem. 
** Spero fere ut veniant latera et firmissima Thomae % 

Sed tamen in tantos vix satis unus erit. 

* Pomponio Leto. 

a) // vocabolo Satyri occorre due volte, ma la prima volta è cancellato, 

b) In una parte della minuta (f. 97) in luogo di Bellus leggesi Tomas. Intorno 
a Francesco Bello soprannominato Cieco per la sua cecità cf. Tiraboschi, Stor. d. lett. 
Hai., voi. Ili, p. 175. 

e) Nel ms. Tomae. 



115 



64 APPENDICE. 

Te mihi quo tuerer vires doctrina negavit, 

Bine tibi plus tua nunc quam mea culpa nocet. 
Tu citius redeas nobis et portus et aura, 
^ Tu citius redeas ancora firma tuis. 

Sunt tibi, sintque precor, iuvenes factique provecti, 

Quos dederas studiis artibus quoque bonis. 
Té cives, te plebs *), te coetus ^) doctior omnia, 

Te quoque venturum vulgus et omne cupit. 
Aspice quod nunc est de te expectatio tanta, 

Nomine sed caveas ne extenuepe mora. 

Vale. 



^) Nel ms. plaebs. 
b) Nel ms. cactus. 



135 



INDICE ALFABETICO 



Adriano p. 31, n. 140. 

Agapito p. 26, n. 48. 

Albio p. 25, n. 37. 

Alcibiade p. 23, n. 8. 

Alessandro VI p. 27, n. 81. 

Alfeno p. 27, n. 77. 

Angela p. 37, n. 259. 

Antonia p. 29, n. 105. 

Antonio, s. p. 25, n. 44. 

Apollo p. 26, n. 62,- p. 28, n. 92; p. 29, 

u. 109. 113,- p. 30, n. 129. 
A Scanio p. 26, n. 49. 

Borgia, Cesare p. 27, n. 81*, p. 30, n. 125. 

134. 135; p. 37, n. 251. 
Borgia, Giovanni p. 27, n. 83; p. 28, n. 86. 
Borgia, Lucrezia p. 27, n. 75. 
Bello, Francesco p. 63, vers. 116. 
Bertrando de Vaqueiras p. 60. 

Camilla p. 31, n. 138. 

Cantalicio p. 7, nota 2; p. 30, n. 133; p. 31, 

n. 136. 
Carafa, Oliviero p. 33, n. 174. 178. 
Celso p. 25, n. 31. 
Cesare p. 24, n. 9. 
Cluvieno p. 24, n. 22. 
Colonna, Pompeo p. 33, n. 173 ; p. 37, u. 257. 
Cristoforo p. 24, n. 12. 

Eusebio p. 26, n. 51. 

Fabio p. 25, n. 26; p. 35, n. 208. 

Fabricio p. 30, n. 121. 

Filottele p. 34, 195; p. 35, u. 214. 



Flaminio p. 28, n. 92; p. 30, n. 135; p. 31, 
n. 136. 149; p. 33, n. 171. 177. 

Ganimede p. 32, n. 170; p. 33, n. 172. 

Giorgio p. 31, n. 137. 

Girolamo, s. p. 25, n. 42. 43. 

Giulio p. 26, lì. 60; p. 29, n. 114. 116. 

Giulio II I). 31, n. 153; p. 32, n. 155. 156. 
159. 161. 164. 167; p. 33, n. 175; p. 34, 
n. 190; p. 35, n. 225; p. 36, n. 237. 239. 
240. 243 ; [). 37, n. 244. 245. 248. 249. 

lacovaccl de'Faceschi, Domenico p.33,n. 187, 
Innocenzo Vili p. 28, n. 96. 

Lentulo p. 26, n. 45. 

Leone X p. 37, n. 258. 

Lopez di Valenza, Giovanni p. 30, n. 122. 

Maddalena p. 31, ii. 142. 

Marcello p. 23, n. 6; p. 27, n. 66. 

Marco p. 23, n. 5. 

Maria, s. p. 27, n. 69. 82. 

Mariano, A. p. 24, 13. 

Marso, Pietro p. 61, vere. 50; p. 63, vers. 1 16. 

Orsini p. 36, n. 232. 234. 
Orsini, Battista p. 24, n. 17; p. 29, n. 102. 
Orsini, Orlando p. 23, n. 1; p. 27, n. 74; 
p. 28, n. 89. 97; p. 31, n. 139. 

Pamphili p. 26, n. 58. 
Paride p. 31, n. 146. 

Piccolomini, Francesco p. 29, n. 101 ; p. 30, 
n. 127. Vedi Pio III. 



66 



INDICE ALFABETICO. 



Pio III p. 31, n. 147. 150. 152. 

Pirro p. 25, n. 29. 33. 

Plinio il Vecchio, e il Giovane p. 27, n. 72. 

Plauto, Amphitruo p. 26, n. 50,* Aulularia 

p. 28, n. 95. 
Pomponio Leto p. 60, vers. 14; p. 63, 

vers. 123. 
Prospero p. 31, n. 141. 

Riario, Raffaele p. 24, n. 16; p. 25, n. 38; 

p. 29, n. 103; p. 31, n. 154; p. 32, n. 158; 

p. 33, n. 180. 181. 183-185; p. 34, n. 189. 

193; p. 35, n. 217; p. 37, n 254. 
Rovere, Felice della, p. 34, n. 194. 196; 

p. 35, n. 220; p. 36, n. 226. 
Rovere, Giovanni della, p. 28, n. 90. 



Rovere, Giuliano della, p. 32, n. 163. Vedi 

Giulio IL 
Rufo p. 35, n. 223. 

Santo p. 31, n. 144; p. 32, n. 157. 
Scarampi, Marcello p. 34, n. 197. 205; p. 35, 

n. 211. 
Severo, vedi Scarampi. 

Tacito, Flavio p. 25, n. 27; p. 30, n. 124. 
Tacito, Paolo p. 24, n. 20; p. 25, n. 30. 32; 

p. 27, n. 70. 71 ; p. 28, n. 93. 95; p. 29, 

n. Ili; p. 35, n. 213. 215. 
Tommaso p. 37, n. 246. 

Vigerio, Francesco Maria, p. 32, n. 165. 



INDICE 



Cap. I. Vita ed opere di Antonio Flaminio. — Il codice vaticano 
latino 2870, 5-6. — Bibliografia riguardante il Flaminio, 6-8 — Anno 
probabile della sua nascita a Mineo in Sicilia, 9-10. — Suoi studi a 
Palermo, 10-11. — Sua dimora a Napoli ; e sua iscrizione tra gli acca- 
demici pontaniani, 11-12. — Suo viaggio a Roma nel 1486: vi si dà 
all'insegnamento, 12. — Ottiene la cattedra dì retorica all'Univer- 
sità, 12-13. — Se abbia abbracciato lo stato sacerdotale, 13-14. — Sua 
morte nel 1513, 14-15. — Suo carattere, 15-16. — Suo sentimento 
religioso, 16. — Suo amor di patria, 16-18. — Suo affetto verso 
gli amici, 18-19. — Sue relazioni co* personaggi più celebri del suo 
tempo, 19-20. — Pregi e difetti de' suoi carmi, 20-21. — Sua cono- 
scenza del latino, del greco e dell'ebraico, 21. — Sue opere, 21-22. 
Metodo seguito in questa pubblicazione, 22-23. 

Gap. II. Tavola dell'autografo flaminiano pag. 23 

Cap. III. Scelta di poesie > 38 

Appendice > 60 

Indicealfabetico » 65 



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